LE VOCI DI BREAKING DAWN

di ila74cullen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 5 ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 6 ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 7 ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 8 ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 9 ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO 10 ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO 11 ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO 12 ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO 13 ***
Capitolo 14: *** CAPITOLO 14 ***
Capitolo 15: *** CAPITOLO 15 ***
Capitolo 16: *** CAPITOLO 16 ***
Capitolo 17: *** CAPITOLO 17 ***
Capitolo 18: *** CAPITOLO 18 ***
Capitolo 19: *** CAPITOLO 19 ***
Capitolo 20: *** CAPITOLO 20 ***
Capitolo 21: *** CAPITOLO 21 ***
Capitolo 22: *** CAPITOLO 22 ***
Capitolo 23: *** CAPITOLO 23 ***
Capitolo 24: *** CAPITOLO 24 ***
Capitolo 25: *** CAPITOLO 25 ***
Capitolo 26: *** CAPITOLO 26 ***
Capitolo 27: *** CAPITOLO 27 ***
Capitolo 28: *** CAPITOLO 28 ***
Capitolo 29: *** CAPITOLO 29 ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1 ***


Ciao a tutti!!! Credevate fossi scappata a Timbuctù vero??? Invece eccomi qua, con la mia versione di Breaking Dawn. Coloro che speravano scrivessi un POV EDWARD forse ne resteranno delusi (Vi giuro che ho provato ma il risultato è stato orribile!!!!), spero però vogliano dare ugualmente una possibilità a questa FF. Il titolo dice tutto, racconterò i fatti di BD dal punto di vista dei vari personaggi che hanno popolato il libro tra i quali ci sarà anche il nostro Eddino.

Spero di poter essere puntuale nel postare, ma sappiate fin d’ora che non posterò ogni settimana, spero di riuscire a farlo ogni 15, max 20 giorni. Purtroppo sia io che la mia Beta siamo incasinatissime, quindi è inutile promettere l’impossibile.

Adesso mi rimetto a voi… il primo capitolo sarà tutto di Charlie, Buona lettura!!!

 

 

Cap.1

 

Charlie

 

Era stata una giornata durissima.

Sebbene l’attività di sceriffo in una piccola cittadina come Forks non fosse mai frenetica per tutto il giorno mi ero sentito come un animale in gabbia.

Al mattino mi ero svegliato con la terribile sensazione che qualcosa di tremendo stesse per abbattersi sulla mia testa, l’agitazione del mio stato d’animo mi aveva continuato a tormentare senza motivo. Rendendomi inspiegabilmente irascibile.

Ma adesso, finito il lavoro, quando potevo cercare di rilassarmi a casa davanti ad una bella partita di baseball, mi resi conto che le mie pene non erano finite.

Il mio personale tormento era ancora lì, in casa mia.

La sua macchina, chiaro segnale della sua presenza, era parcheggiata lungo il ciglio della strada.

Possibile che non avesse mai fretta di tornarsene a casa sua??

L’astio che provavo nei suoi confronti era ampiamente corrisposto. Per amore di Bella cercavamo di tollerarci, lui ci riusciva meglio di me, dovevo ammetterlo e, questo, mi indisponeva ancora di più.

Non sopportavo di passare davanti agli occhi di mia figlia come un padre senza cuore, ma per colpa sua era scappata di casa per ben due volte e questo non era da lei.

Si era completamente allontanata dai suoi compagni di scuola e anche dal suo grande amico Jacob.

Nonostante gli ultimi eventi mi avessero fatto ricredere sulla sua maturità, non era corretto da parte sua interrompere i rapporti in quel modo, solo perché “IL SUO RAGAZZO” era tornato da lei con la coda tra le gambe.

Non riuscivo ad accettare che escludesse dalla sua vita il resto del mondo annullandosi in QUEL modo per QUEL ragazzo. Era troppo giovane e questo tipo di fissazione era pericolosa.

Questi erano i momenti in cui, più che mai, avvertivo la necessità della presenza di sua madre.

Io non ero in grado di convincerla, né tantomeno di farla ragionare.

Le avevo suggerito più volte di andare a Jacksonville dopo il diploma, solo qualche giorno non per sempre, giusto poche settimane, per riposarsi e rilassarsi un po’ dopo le fatiche dell’esame e, principalmente, per stargli un po’ lontana, ma questo non glielo avrei mai detto.

Niente, nulla.

Non c’era stato modo di smuoverla nemmeno di un millimetro: senza Edward non faceva un passo e lui era eternamente impossibilitato ad allontanarsi da Forks…

Cosa avesse mai avuto sempre da fare, Dio solo lo sa!

Fatto sta che erano inseparabili… come i pappagallini…

“Basta mugugnare Charlie! Non puoi stare per ore seduto nell’abitacolo della macchina di servizio nella speranza che lui esca di casa prima del tuo rientro… non lo farà mai! Rassegnati…”

Riavviai il motore e percorsi gli ultimi metri che ancora mi separavano dalla mia destinazione.

Parcheggiai nel vialetto davanti casa, trassi un profondo respiro, infilai le chiavi nella toppa e aprii la porta.

Nessun rumore in sottofondo, nessun movimento sospetto… mi augurai di non trovarli in qualche “atteggiamento intimo” perché oggi non ero in grado di rispondere delle mie azioni…

Anche se, a dirla tutta, coglierli in flagrante poteva essere un bel pretesto per metterla in punizione e levarmelo di torno per qualche giorno…

Avvertii un borbottio sinistro e poi la sua voce FALSA come una banconota da 1000$ mi salutò.

«Ciao, Charlie» Come sapeva che ero io??… ovvio chi altro poteva frequentare questa casa a quest’ora …

Altri borbottii… Che cosa stava succedendo in quella stanza?

Per fortuna che era un ragazzo all’antica… Ma chi voleva prendere in giro… Comunque in casa mia certe cose NO!

Non mi tolsi nemmeno l’uniforme e accelerai il passo verso il salotto, questa volta li avrei colti di sorpresa… cercai di essere il più silenzioso possibile e d’improvviso sbucai da dietro lo stipite della porta.

«Ciao, ragazzi. Come va?» Salutai, sfoderando il mio miglior sorriso, certo che stessero ancora risistemandosi e…

Niente.

Tranquillamente seduti l’uno accanto all’altra sul divano, vicini, troppo appiccicati per i miei gusti, ma nulla che mi desse lo spunto per poterlo cacciare di casa a pedate.

Sulle loro facce, però, c’era un’ammissione di colpa… a chi volevano darla a bere!

Stavano tramando, oppure, avevano già tramato qualcosa; ed ero sicuro che qualunque cosa fosse non mi sarebbe piaciuta.

Bella era nervosa, la vedevo sulle spine… conoscevo bene mia figlia e capivo quando qualcosa non andava.

Nonostante la delusione per il fallimento della mia incursione cercai ugualmente di continuare a sorridere mostrando indifferenza circa il loro strano comportamento.

 

«Abbiamo una cosa da dirti», esordì lui, con un gran sorriso stampato in faccia. Era il ritratto della felicità. «Buone notizie» incalzò soddisfatto.

L’espressione del mio viso, adesso, era sicuramente molto più vicina ad una smorfia di dolore…

Cosa intendeva LUI per “Buone notizie”??

«Buone notizie?», mi trovai a ringhiargli contro. Cosa era successo di così importante per richiedere tutta questa formalità?

«Siediti, papà». Passarono alcuni secondi da quando percepii il suono della sua voce a quando riuscii a dare un senso compiuto alle sue parole …

“È incinta… incinta…”

Quella parola si materializzò nella mia mente in un baleno e continuò a rimbombarvi come un’eco coprendo qualsiasi altro rumore.

Vedevo la sua bocca muoversi, stava continuando  a parlare, ma non percepivo alcun altro suono se non il mio cervello che continuava a gridare la stessa parola.

“Incinta… incinta…”

Ma Cristo santo!! Suo padre è dottore, possibile che non gli abbia spiegato un bel niente!!!

Avvertii improvvisamente le ginocchia cedere… un appiglio… avevo urgente bisogno di un punto fermo. La poltrona mi sembrò un traguardo irraggiungibile, ma a grandi falcate riuscii a raggiungerla; una volta seduto mi sembrò che il cuscino fosse pieno di spilli e rimasi in bilico sulla punta della stessa; se ci fossi sprofondato non avrei avuto abbastanza slancio per potergli saltare al collo nel momento più opportuno.

«Non scaldarti, papà. È tutto okay». La sentii continuare a ripetere.

Cercai di dare un contegno alla mia espressione e mi focalizzai su mia figlia.

“Ok?” «Certo che sì, Bella, certo che sì. Se tutto va così alla grande, perché sei sudata fradicia?».

«Non sto sudando».

Bugiarda.

Abbassò lo sguardo.

Tipico comportamento di chi sa di essere colpevole.

La vidi rannicchiarsi vicino a lui e persi il lume della ragione. «Sei incinta!», esplosi, infine, dando libero sfogo a tutta la mia rabbia. «Sei incinta, vero?». E ora che l’avevo detto mi sentivo più leggero.

La domanda era rivolta a lei, ma la risposta la pretendevo da LUI. L’impulso di estrarre la pistola era irrefrenabile.

«No! Certo che no!», gridò Bella appena in tempo.

“Come no?!” rimasi interdetto dalla sua negazione. Le orecchie lentamente smisero di rimbombare, cercai di razionalizzare le sue parole, ma era riuscita a prendermi alla sprovvista «Ah. Scusa», fu l’unica cosa che riuscii a rispondere.

«Scuse accettate». Mugugnò, indignata.

“E adesso?... perché continuano ad osservarmi in quel modo?... Ok, non è incinta, non sono nonno e questa è senza dubbio una gran bella notizia, ma cosa hanno, allora, da nascondere?”

Continuavo a guardarli a turno. Tanto tranquillo e sereno era lui, quanto agitata e tesa era lei. Se aspettavano che parlassi io, se lo potevano scordare. Loro mi avevano chiamato in causa e, comunque, sapevo che qualunque cosa avessero da dirmi, a questo punto, sarebbe stata una sciocchezza a confronto di ciò che poteva essere.

«Charlie, mi rendo conto di aver affrontato la questione nel modo sbagliato. Secondo la tradizione, avrei dovuto chiederlo a te per primo. » esordì, all’improvviso, il mio incubo personale, con una tonalità nella voce talmente calma, che tremai al solo pensiero di quale tranello potesse celarsi. «Non voglio mancarti di rispetto, ma dal momento che Bella ha già detto di sì non voglio sminuire il valore della sua scelta, e anziché chiederti la sua mano, chiedo la tua benedizione. Ci sposiamo, Charlie. La amo più di ogni cosa al mondo, più della mia stessa vita, e, grazie a chissà quale miracolo, lei mi ricambia in tutto. Ci darai la tua benedizione?».

“NO! NO! E ANCORA NO!” Cosa diavolo gli era saltato in testa a questi due?! Sicuramente o avevo capito male, oppure mia figlia era vittima di un qualche virus che le aveva danneggiato il cervello facendole perdere la ragione.

Non le era servita a nulla l’esperienza dei suoi genitori?

Il mio sguardo si spostò automaticamente da lui a lei ed alla sua mano… un anello… poco prima mi era sfuggito questo dettaglio… se avevano già deciso tutto… cosa volevano da me adesso?!? Se speravano davvero nella mia benedizione avevano pensato male!

Sicuramente doveva essermi spuntato un terzo occhio in fronte, mi fissavano frastornati… lui credo abbia detto qualcosa, ma in questo momento non mi interessava minimamente…

Dovevo solo capire perché … ma non un semplice “PERCHE’”, era ovvio che, contro ogni logica, si amavano; anche se non capivo la loro reciproca ossessione.

Il “PERCHÉ” che dovevo scoprire era quello legato alla loro necessità di accelerare così tanto i tempi.

Se non c’era un effettivo bisogno, non era meglio si conoscessero più a lungo? Non appoggiavo la convivenza, ma il matrimonio era un passo troppo importante per prenderlo con leggerezza d’animo… è un momento che ti segna per la vita; a mie spese ho pagato i frutti della mia impulsività giovanile…

Cercavo di intuire dalle loro espressioni qualche dettaglio in più, un segreto non detto, una smorfia di titubanza… ma più li osservavo, più la determinazione riempiva i loro sguardi…

Visti i precedenti, se mi fossi opposto con tutte le mie forze, con molta probabilità sarebbe scappata nuovamente di casa, e non credo che, questa volta, sarebbe tornata… non mi restava che cedere… dovevo rassegnarmi… avevo le mani legate.

«Tutto sommato non sono così sorpreso», brontolai alla fine. «Sapevo che prima o poi avrei dovuto fare i conti con qualcosa del genere… Siete sicuri?». Chiesi, infine, squadrando mia figlia.

Anche se nella domanda avevo usato il plurale, la domanda era esclusivamente per lei.

«Di Edward sono sicura al cento per cento», esattamente ciò che temevo.

«Ma perché sposarsi? Che fretta avete?». Doveva esserci una spiegazione… Bella non era il tipo che prendeva decisioni così impulsive e irrazionali… anche se, ultimamente, LUI me l’aveva completamente mutata; se c’era una cosa che non ammettevo da lei erano le menzogne.

In un simile argomento ESIGEVO sincerità. Vedevo che si stava arrovellando. Come se avesse qualche altro crimine da confessare.

«Andremo a Dartmouth insieme quest'autunno, Charlie», puntualizzò Edward come se volesse levarla da una situazione difficile. “Non ho chiesto la TUA spiegazione! MIA figlia sa parlare da sola.” «Ecco, ci terrei a fare le cose per bene. Fa parte della mia educazione». Continuò con quell’aria innocente da serial-Killer ben educato.

Riusciva sempre a rigirare la versione a suo favore.

Non potevo certo dirle che avrei preferito che vivessero nel peccato dopo una simile giustificazione, questo suo comportamento lezioso e perbenista aveva la capacità di irritarmi a morte.

«Sapevo che sarebbe successo», mi resi conto di mormorare ad alta voce. C’era da immaginarselo che prima o poi mi sarebbe arrivata una mazzata simile tra capo e collo.

Mentre rimuginavo su ogni possibile strategia per evitare questa tragedia, focalizzai i miei pensieri sull’unica persona che l’avrebbe scoraggiata dai suoi propositi, facendola desistere da questa pazzia: sua madre.

Renée doveva essere informata, in un modo o nell’altro, non poteva essere tenuta allo scuro del matrimonio di sua figlia.

E quale miglior soluzione se non imporre a quest’ultima di divulgarle la lieta novella.

L’avrebbe stroncata.

Ne ero certo.

Renée considerava il matrimonio in giovane età come la peggiore delle pestilenze.

L’effetto devastante che aveva avuto sulle nostre vite l’aveva fatta ricredere sulle illusioni che l’amore romantico crea.

Personalmente ero ancora convinto dell’importanza e del valore dello stesso, ma la mia opinione aveva sempre contato ben poco. Vivere a Forks non era per lei e vederla sprofondare nell’insofferenza giorno dopo giorno mi aveva logorato dentro. Il divorzio era stata la soluzione migliore. Adesso che sua figlia stava per compiere il suo stesso errore potevo avere la certezza matematica che non si sarebbe data pace finché non fosse riuscita a dissuaderla dai suoi propositi.

«Papà?», richiamato alla realtà dalla voce titubante di Bella esplosi di gioia per l’idea che avevo appena avuto.

«Ah! Ah, ah, ah! Okay, perfetto! Sposatevi.» Continuai completamente infervorato, Edward sogghignava… credeva di averla avuta vinta, ma non sapeva che il bello doveva ancora arrivare «Però...».

«Però cosa?», incalzò bella.

«Però devi dirlo tu a tua madre! Io non ne farò parola con Renée: è tutta tua!». E completamente ebbro di entusiasmo riuscii finalmente a sprofondare, soddisfatto, nella mia adorata poltrona.

Bella impallidì.

 

---

 

Pochi giorni dopo le certezze che avevo crollarono come un castello di carte, insieme all’ultima speranza di fermare la follia che aveva colpito mia figlia.

Renée... aveva mantenuto una calma impressionante, si era addirittura rammaricata che Bella non l’avesse avvisata per prima!!!

In questi ultimi giorni stava continuamente al telefono complottando con la futura consuocera sull’organizzazione della cerimonia.

Dopo aver parlato con Bella mi telefonò infuriata accusandomi di fare pressioni sulle decisioni di nostra figlia.

IO?!?  FARE PRESSIONI?!?

Si era convita che le titubanze che aveva avvertito parlando con lei fossero frutto delle mie paranoie, non del suo comportamento irresponsabile, ma solo ed esclusivamente delle mie paranoie!

CHI E’ CHE HA SEMPRE PARLATO DEL MATRIMONIO COME DEL PEGGIORE DEI MALI??’CHI??? NON IO!!

La seconda parte della telefonata si diresse direttamente sul nostro regalo, e fu l’unica cosa che riuscii a condividere della conversazione.

 

Come se non bastassero i problemi che avevo con mia figlia, si era aggiunta anche l’inspiegabile fuga da casa di Jacob. Ero quasi sicuro che di mezzo ci fosse ancora una volta la rivalità con la mia personale “spina nel fianco”.

Sicuramente non aveva preso bene la notizia del matrimonio. Ma da questo, a scappare chissà dove, mi sembrava davvero eccessivo ed immaturo da parte sua. Questo Jacob non me lo doveva fare! Io l’avevo sempre appoggiato, adesso era diventato indifendibile.

Il tempo passava e le sue infruttuose ricerche mi stavano esasperando; il comportamento di suo padre, invece, mi irritava ogni giorno di più e mi era incomprensibile.

Possibile che non fosse minimamente preoccupato per quel povero ragazzo.

Come faceva a mantenere la calma sapendo che suo figlio era in giro per il mondo senza dare notizie di sé?

Era grande e grosso, ma aveva pur sempre sedici anni; fondamentalmente era un ragazzino, a conferma bastava vedere come si era ridotto guidando la moto senza un minimo di responsabilità o come si stesse comportando ora nei confronti di un padre, per di più, disabile …

 

Il mondo stava impazzendo, ed io ero nell’occhio del ciclone. Tutto ciò che stavo vivendo non era reale, presto mi sarei svegliato da questo incubo e la vita avrebbe ricominciato a scorrere placidamente come aveva sempre fatto.

Nonostante fossi fermamente convito che tutto questo fosse solo un’illusione tutto mi costringeva a considerarlo la realtà.

Compresa la sorella di Edward che mi torturava, giorno dopo giorno, con il rituale della prova dell’abito… uno smoking… grigio pallido per di più… mi sentivo un vecchio pinguino imbalsamato.

Insomma, un perfetto cretino.

 

 

Che ne dite continuo???

Chi pensate parlerà, o vorreste che parlasse, nel prossimo?

 

 

 

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 2 ***


Ma ciaoooooo!!!! GRAZIE GRAZIE GRAZIE INFINITE A TUTTI!!! 135 Visite, 7 recensioni al solo primo capitolo davvero non me lo aspettavo!!!

Volevo ringraziare Federica che ha pazientemente betato questi capitoli e, dato che in settimana la mia Sorellina Bonny compie gli anni, voglio dedicare questo capitolo a lei!!!! AUGURONI BONNY!!!

 

E adesso eccoci al capitolo, questa volta parleranno in tre…

Buona lettura!!

 

Cap.2

 

Jasper

 

Cercavo di mantenere un atteggiamento distaccato, era la soluzione migliore per sopravvivere alle follie di Alice.

Adoravo la sua esuberanza, quel carattere talmente opposto al mio, tutto ciò riusciva a farmi sentire vivo, ma quando passava in modalità “Wedding Planner”, rischiavo la pazzia!

L’euforia della mia dolce metà stava raggiungendo vette inimmaginabili ed, al contempo, agitazione e panico riempivano gli stati d’animo del resto della famiglia …

Emmett si defilava non appena ne aveva l’occasione, come biasimarlo, doveva scontrarsi oltre che con Alice anche con Rose che, nonostante non fosse al massimo della gioia, si era lasciata trascinare da Alice in questo vortice di follia.

In più se quel piccolo demonio, con me, si era limitata a tirarmi in causa solo se strettamente necessario, Rose pretendeva da Emmett una presenza costante, proprio adesso gli stava facendo rivoluzionare per l’ennesima volta la disposizione dei tavoli nel giardino. Non che provassimo fatica, ma dopo aver cambiato versione per ventitre volte, anche un santo avrebbe iniziato a perdere la pazienza.

Fortunatamente eravamo agli sgoccioli: domani, finalmente, si sarebbe celebrato quello che lei aveva definito “Il matrimonio del secolo”. In cuor mio speravo che gli sposi decidessero di non volerlo inscenare nuovamente fra qualche anno, perché non sarei stato in grado di affrontare questo caos una volta di più! Conoscendo Edward ero più che sicuro che la sceneggiata del matrimonio fasullo non rientrava nelle sue priorità.

«JASPER!!!!»

Appunto, la pace era finita.

«Tu ed Emmett…» esclamò perentoria, puntando l’indice verso di noi «…SUBITO! a casa di Bella! VELOCI!» incalzò, vedendo la nostra esitazione.

«È ancora presto Alice.» tentai di mediare «Abbiamo detto a Edward che saremmo passati verso mezzanotte per “l’addio al celibato”.» risposi mimando con le mani le virgolette sulle ultime parole.

«NO! HO DETTO SUBITO! Se non vi sbrigate, vi assicuro che non ce ne sarà più bisogno …» io ed Emmett ci guardammo straniti «Nessun matrimonio! Avete capito??? Credo che Bella abbia deciso di attentare definitivamente allo stoico autocontrollo di nostro fratello!»

Rimasi basito.

Emmett, rientrato non appena si era sentito nominare, scoppiò in una fragorosa risata.

«HO DETTO DI MUOVERSI!!» Tuonò la mia micetta esasperata e, come se fossimo stati richiamati sull’attenti, scattammo ad eseguire il nostro dovere.

Mai scommettere contro Alice Cullen.

 

Edward

 

«Già mi manchi». Sussurrò al mio orecchio tra un bacio e l’altro.

“Ti prego non provocarmi …” «Non sono obbligato ad andarmene. Posso restare». Risposi prontamente.

«Mmm».

“Non fare così …” Rimasi a fissarla perdendomi in quegli occhi splendidi.

Dovevo calmarmi.

Il suo respiro accelerato, i gemiti che uscivano all’unisono dalle nostre bocche, il battito impazzito del suo cuore, mi stavano trasportando in un’altra dimensione e avvertivo il progressivo allontanamento dalla realtà. Dovevo trovare il modo di frenare i miei istinti, mancava poco … domani finalmente sarebbe diventata mia moglie, non potevo capitolare proprio adesso …

Lei di sicuro non mi aiutava nel mantenere saldi i miei propositi; in quest’ultimo mese, con la scusa “dell’allenamento”, aveva inferto duri colpi al mio autocontrollo, ero riuscito ad arrivare alla vigilia delle nozze e non avevo ancora idea di come avessi fatto.

Raccogliere le mie forze per allontanarmi da lei richiese uno sforzo sovrumano, spostai i miei baci lungo il collo per poi risalire lentamente fino all’orecchio … il suo profumo era talmente inebriante … aprii gli occhi solo un istante respirando a pieno quella dolce fragranza, era la mia droga, avessi potuto, sarei morto di overdose per lei. In quel momento schiuse i suoi occhi e i nostri sguardi s’incrociarono per un istante interminabile … nessuno parlava … l’unico rumore: i nostri respiri.

Avrei dato la vita per conoscere i suoi pensieri in quell’istante.

Possibile diventasse ogni giorno più bella? Possibile avesse scelto veramente me?

Fece per tirarmi nuovamente a lei e persi in lume della ragione.

«Resto qui», mormorai con tono fermo e deciso.

Al diavolo Emmett, Jasper e la farsa dell’addio al celibato. Non sarebbero riusciti a tirarmi fuori da quella stanza nemmeno con le cannonate.

«No, no. È il tuo addio al celibato. Devi andarci».

“Peccato che il tuo corpo non sia esattamente sulla stessa lunghezza d’onda del tuo cervello …” pensai, mentre la sentivo stringersi, con sempre maggior forza, a me.

In quel momento ringraziai il plaid che, per proteggerla dal mio corpo gelido, segnava un chiaro confine tra i nostri corpi. Se non ci fosse stato lui a quest’ora…

Meglio non pensarci.

«Gli addii al celibato sono fatti per quelli che rimpiangono i propri giorni da scapoli. Io non potrei essere più impaziente di lasciarmeli alle spalle. Quindi la cosa non ha senso». Replicai, carezzandole il volto

«Giusto». Mi mormorò sul collo.

La sua mano passò, con una lentezza esasperante, dalla mia schiena al petto … un brivido di piacere mi percorse il corpo, la vista si era completamente annebbiata e subito la mia bocca ritrovò la sua.

Cosa mi stava prendendo? Mancava così poco. Se non fossi riuscito a fermarmi l’indomani, non ci sarebbe stato nessun matrimonio!

La certezza di ciò era inversamente proporzionale al desiderio smodato che avevo di lei. Se non fossi già morto ci sarebbe riuscita questa lenta e sublime tortura. Quando avvertii la sua lingua sfiorarmi le labbra feci appello a quel poco di sanità mentale che ancora mi era rimasta e tentai di allontanarmi.

«Aspetta.» Tentativo inutile.

Liberò una gamba dalle coperte e la strinse attorno ai fianchi «È tutta questione di esercizio».

“Sì, certo, continua a chiamarlo allenamento …” Ridacchiai tra me. «Be', mi pare che di esercizio ne abbiamo fatto abbastanza ormai, no? Hai dormito qualche ora nell'ultimo mese?».

«Ma questa è la prova generale …», “Addirittura …” e quella tecnica quando c’era stata? Me l’ero persa? «…e non abbiamo ancora ripassato tutte le scene. Vale la pena di correre il rischio».

“Rischio …”

Quella parola da sola riuscì a riportarmi sul pianeta terra.

Era un’eventualità che non poteva, anzi, non doveva esistere. Nessun rischio, NON doveva esserci nessun rischio, e lasciarsi trasportare in questo modo dall’istinto non avrebbe facilitato la cosa.

Non che avessi idee migliori su come renderla meno pericolosa, ma di sicuro quello non era né il momento né il luogo più adatto per pensarci.

Non ero concentrato … o forse lo ero anche troppo … ma su una cosa …

«Bella», sussurrai.

«Non ricominciare un accordo è un accordo».

Determinata e cocciuta di una donna. Non avevo vie d’uscita.

«Non so. È troppo difficile concentrarmi quando stai con me così. Non ... non riesco a pensare. Potrei non controllarmi. Ti farai male».

«Andrà tutto liscio».

“Perché non riesco a crederti?” «Bella».

Una strana inquietudine iniziò a invadermi completamente, velocemente iniziò a trasformarsi in paura e poi in panico …

Un attacco di panico?

Poteva un vampiro soffrire di attacchi di panico? Probabilmente sì. Vederla esanime tra le mie braccia era un pensiero troppo forte per essere scacciato in un batter d’occhio, la sola immagine era capace a devastarmi, non ero più in grado di razionalizzare.

La stavo baciando ma la mia testa era altrove … e lei aveva capito …

«Sssh!». Sussurrò posando le sue labbra sulle mie.

Il solo contatto fu un balsamo per i miei nervi.«Come vanno le gambe?», domandai per distoglierla dal riflettere sui miei pensieri.

«Non tremano più».

“A me invece, sì …” «Davvero? Niente ripensamenti? Non è tardi per cambiare idea». “A chi la vuoi darla a bere Edward Cullen … hai una paura fottuta di ciò che potrà essere …”, ero talmente sicuro che non avrebbe accettato che quando rispose sì, ero talmente fuori di me dalla gioia da scordarmi tutte le future conseguenze.

«Stai cercando di mollarmi?». Chiese con quel tono innocente ed al contempo malizioso che riusciva a mandarmi in stand-by il cervello e ridacchiai al solo pensiero di quali idee potessero frullare il quel momento nella sua testolina. «Tanto per essere certo. Non voglio che tu faccia niente di cui non sei sicura».

Dissi, cercando di spostare il fulcro del discorso da me a lei.

«Di te sono sicura. Al resto posso sopravvivere».

“Sicura amore?”. Ogni qualvolta il fantasma di Black tornava a frapporsi tra noi, il mio umore scendeva ai minimi storici, non solo per la feroce gelosia che nutrivo ancora nei suoi confronti ma anche perché, nonostante tutto, ero più che convito che Bella stesse ancora sbagliando nelle sue scelte.

Ero certo che mi amasse, ma il suo orgoglio spesso le impediva di prendere le decisioni, valutando in modo razionale le implicazioni che queste avrebbero generato.

«Davvero?», domandai cauto «Non parlo del matrimonio: a quello sono convinto che sopravvivrai, malgrado i tuoi scrupoli. Ma dopo, come farai con Renée, con Charlie?». Aggiunsi, cercando di aggirare l’ostacolo.

«Mi mancheranno». “e basta?” dovevo insistere, un ultimo tentativo, fosse stato mai che la vicinanza del matrimonio riuscisse a scuoterla «Angela, Ben, Jessica e Mike».

«Anche i miei amici mi mancheranno». Un attimo di esitazione … una flebile speranza, poi un sorrisetto ironico. «Soprattutto Mike. Oh, Mike! Come farò senza di lui?».

“Basta! Ci rinuncio.” Bofonchiai tra me.

 «Edward, ne abbiamo parlato e riparlato. So che sarà difficile, ma è ciò che voglio. Voglio te e ti voglio per sempre. Una vita sola non mi basta, punto».

“Come vorrei riuscire a farti riflettere …” «Per sempre sospesa nei tuoi diciott'anni», sussurrai malinconico.

«Il sogno di ogni donna».

“Non sono cose su cui scherzare …” «Senza cambiare né crescere mai».

«Che vuol dire?».

«Ricordi quando abbiamo detto a Charlie che ci saremmo sposati? Lui ha creduto che tu fossi incinta». Risposi lentamente, dopo aver raccolto i miei pensieri.

«E gli è venuta la tentazione di spararti», concluse ridendo. «Ammettilo: per un istante ci ha pensato sul serio».

Un brivido mi passò da parte a parte. Non poteva nemmeno immaginare quanto desiderassi una possibilità di poter costruire con lei qualcosa di “normale”, di semplice e scontato: una famiglia.

Dovevo smettere di pensarci, quei tipi di sogni non mi appartenevano e non mi sarebbero mai appartenuti era anche inutile continuare a soffermarcisi … lei però … lei avrebbe dovuto … e per colpa mia… «Che c'è, Edward?». Sussurrò riportandomi alla realtà

«Be', ecco... mi dispiace che non sia come pensava Charlie».

Sbuffò.

Ignorai la sua insofferenza e proseguii nel mio ragionamento, doveva ascoltarmi, adesso faceva più male a me che a lei, ma un giorno, avrebbe capito.

«Sempre che potesse andare così. Che noi avessimo quel genere di possibilità. Detesto l'idea che sia fra le cose di cui ti priverò».

Silenzio.

«So quello che faccio».

Non sai quello che dici …” «Come fai a dirlo, Bella? Guarda mia madre, guarda mia sorella. Non è un sacrificio facile come immagini».

«Esme e Rosalie se la cavano alla grande. Se poi sarà un problema, faremo come Esme: adotteremo qualcuno».

“Non puoi nemmeno immaginare il loro dolore … ma in questo momento non sei abbastanza lucida da parlarne … e comunque …” . «Non è giusto! Non voglio che tu debba sacrificarti per me. Voglio darti tutto e non privarti di nulla. Non voglio rubarti il futuro. Se io fossi umano ...». E la sua mano mi zittì.

«Tu sei il mio futuro. Adesso basta. Smettila di mugugnare, altrimenti chiamo i tuoi fratelli e ti faccio venire a prendere. Forse un addio al celibato è proprio quello che ti serve».

“Ti amo …” «Scusa. Sto mugugnando, vero? Dev'essere il nervosismo».

«Non dirmi che le gambe tremano a te».

“Sì, mi tremano le gambe … ma il mio orgoglio di uomo m’impedisce di dirti la verità.” Dovevo tergiversare «Non in quel senso. È da un secolo che aspetto di sposarti, signorina Swan. L'attesa della cerimonia nuziale è l'unica cosa che ...».

“Eddinoooo??? Ci sei??? Stiamo arrivando rivestiti!!!”

“Emmett?!?” ma che ore erano? «Oh, per l'amor del cielo!».

“Scusaci Edward ma conosci Alice, vero? Non siamo riusciti a posticipare …” Intervenne Jasper.

Alice.

Dovevo immaginarmelo.

«Che succede?».

«Non darti pena di chiamare i miei fratelli. Pare che stanotte Emmett e Jasper non ammettano defezioni». Sussurrai ringhiando …

Maledizione ad Alice …

 

 

 

Emmett

 

Come volevasi dimostrare …

Mio fratello si era completamente rammollito … erano anni che gli dicevo che tutta quell’astinenza, alla fine, gli avrebbe fatto male e, infatti, eccolo là … completamente perso … l’unico vampiro al mondo capace di farsi comandare a bacchetta … da una semplice umana, diabolica nel suo genere, ma pur sempre un’umana. Poteva cercare di far credere quello che voleva, ma comunque l’aveva sempre vinta lei…

 

“Ti pare possibile che, nonostante ti avessimo avvisato, ti fai trovare ancora appiccicato come una cozza sullo scoglio? Se continui di questo passo, Alice ha ragione, la consumerai prima delle nozze”.

Grattai sul vetro per attirare l’attenzione. Sapevo che mi aveva sentito, ma il suo ignorarci deliberatamente mi mandava in bestia. «Se non fai uscire Edward, veniamo a prendercelo!» sibilai determinato.

«Vai, prima che mi facciano a pezzi la casa».

Bene. Almeno Bellina aveva capito l’antifona!!

Non era normale che lo requisisse così, per noi da averlo sempre tra i piedi a non vederlo quasi mai il passo era troppo grande.

Quel vampiro era troppo inesperto … dovevo farci quattro chiacchiere, da fratello a fratello, il prima possibile. Altrimenti si sarebbe fatto mettere i piedi in testa dalla mogliettina subito dopo aver detto sì! Come se non fosse già così…

“Dai Eddino muoviti!!! Tra poche ore sarete ANCORA insieme … e chi vi scolla più …” In un lampo mi fulminò con lo sguardo, iniziò a rivestirsi … certo che la cognatina, a giudicare da dove era finita la camicia, doveva essere davvero focosa.

Altra occhiata di fuoco.

“Ultime coccole … bacetto della buona notte … scambio di battute … EDDAI EDWARD!!!” Gridai mentalmente prima di atterrare con un balzo giù dalla grondaia, un istante dopo era lì con me.

«Soddisfatto?!» ringhiò.

«Dai fratellino da domani sarete insieme per sempre … un po’ di svago ti fa bene … ti vedo palliduccio!». “Bellina ti consuma è?”

«Emmett!! Basta!!».

«Che succede t’imbarazza?». Sghignazzai sicuro di aver fatto centro.

«Ti prego Emmett!!». Era stizzito … avevo colpito nel segno.

«Ah! Capito! Sei preoccupato per la tua virtù!! Non ti preoccupare ci penserà la tua mogliettina a levarti dall’imbarazzo!!». Vedere sulle spine Mr. autocontrollo era impagabile.

«Ti conviene smettere di insistere!!» si stava scaldando.

Ottimo.

«Comunque non te la devi prendere con noi se sei stato disturbato sul più bello … Alice era terrorizzata di avere una sposa con le occhiaie domani … Infondo, interrompervi, non è mica stato la morte di nessuno… e …».

Silenzio.

Nessuna replica.

Molto strano. Il dubbio di aver detto una parola di troppo attraversò la mia mente.

«Edward?».

Mi voltai convinto di trovarlo al mio fianco e lo vidi, invece, al limitare del bosco. Sguardo basso. Pugni serrati.

«Edward?». Lo chiamai nuovamente.

«poteva esserlo …». Sussurrò «Stavo perdendo il controllo … Poteva morire … ed io …».

“Accidenti alla mia lingua lunga!” «Ma non è successo. Quindi nessun problema. Dai andiamo a caccia. Jasper ci raggiungerà …».

«Cosa mi devo aspettare?». Domandò, prendendomi di sprovvista.

«Eh?».

«Io … io non so cosa devo aspettarmi … sono travolto da talmente tante sensazioni … perdo il controllo con la realtà … come potrò controllarmi … come potrò non ucciderla.»

“E adesso cosa gli racconto?!” Tutto ciò a cui ero in grado di pensare in quel momento era Rose e …«Non posso dirti cosa aspettarti, dal sesso. Beh! Ognuno lo vive a modo suo, per me non c’è niente di più esaltante di quando Rose …».

«Ok! Ok! Ho capito perfettamente grazie!!!». Si affrettò a dire, in effetti, i miei pensieri si erano spinti ben oltre le mie parole e lui era sempre il solito puritano!!

«Te la caverai alla grande.» lo rassicurai poggiandogli la mano sulla sua spalla «Vi amate, non potrà accadere niente di sbagliato, già una volta sei riuscito a fermarti».

«Era diverso … in quei momenti … io …».

«Non le accadrà nulla, Alice l’avrebbe visto.» intervenne Jasper, non appena giunse alle nostre spalle «non dare ascolto a quest’orso pervertito, è quanto di bello e intenso possa esistere tra due persone che si amano. Me lo avessero detto prima di incontrare Alice non avrei prestato ascolto a queste parole, ma quando hai la fortuna di trovare l’altra parte del tuo cuore e della tua anima, tutto assume un altro significato.».

Adesso mi avevano offeso.

«Vorresti dire che non amo Rose?».

«Assolutamente no! Volevo dire che ti stavi limitando a descrivere il punto di vista puramente carnale, tralasciando ciò che invece lo deve spingere ad andare oltre i suoi istinti.».

«Solo perché non so esprimermi elegantemente, come voi, non potete pensare che io e …».

«Non lo pensa nessuno!!» esclamò Edward dandomi una pacca sulla spalla.

La tensione si era alleggerita, mi sarei dovuto sdebitare con Jasper … mi stavo incartando con le mie stesse parole, il suo aiuto era stato provvidenziale.

«Adesso, però, a caccia!! Hanno avvistato degli orsi un po’ più a nord, se continuiamo a chiacchierare come donnicciole si farà giorno e non avremo ancora concluso nulla!! Domani è un gran giorno Fratellino, devi stare in forze …» sghignazzai «Ricordati che devi affrontare Tania!!!».

«Preferisco non pensarci! Andiamo!».

E scuotendo la testa s’incamminò davanti a noi.

  

 

Piaciuto???

Vi aspettavate qualcosa di diverso?? Si apre il totoscommesse per il prossimo capitolo, chi parlerà??

Lo saprete solo fra 2 settimane!!! ahahahaha

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 3 ***


Salve a tutti!! Non starò a dilungarmi troppo, avete già atteso abbastanza... colgo solo l'occasione per ringraziare tutti coloro che hanno letto, commentato, inserito nelle preferite e anche coloro che si sono affacciati silenziosamente.

Grazie a tutti e buona lettura

 

Cap.3

 

Rose

 

Eravamo alle ultime battute, ormai.

Tra pochissime ore mio fratello si sarebbe sposato.

 

Non ero entusiasta di questo matrimonio, ma non ero riuscita a tenermi in disparte per i preparativi; Alice mi aveva talmente tormentata che, per non sentire più il suo assillante squittire, alla fine avevo capitolato. Voleva che fossi parte attiva nell’organizzazione, esattamente come stava facendo Esme, ma il massimo che riuscivo a fare era obbedire passivamente alle sue direttive e controllare che quei due vagabondi di Emmett e Jasper facessero lo stesso.

Non poteva chiedermi di più.

Non sarei stata,comunque, in grado di farlo.

Riuscita a scappare dalle grinfie di quell’indemoniata di mia sorella con la scusa di dover fare una doccia, me ne stavo sdraiata sul letto della mia camera cercando di rilassare i nervi; intorno a me solo silenzio.

Non avevo idea di dove fosse finito quel terremoto, ma era sicuramente lontano dalla mia portata; in casa avvertivo solo Esme, era appena rientrata. Lei e Renèe erano diventate una persona sola ultimamente; già le telefonate che erano intercorse, nei mesi precedenti, tra le due future consuocere si erano dilungate oltre ogni umana immaginazione, adesso, poi, che la madre di Bella ci aveva raggiunto a Forks, non passava giorno che non confabulassero qualcosa di nuovo per cui avessero necessità di vedersi.

Non capivo Renèe.

Nonostante la sua pessima esperienza matrimoniale non aveva scoraggiato sua figlia. Tra loro sembrava esserci un legame molto particolare, forte, più forte del comune; eppure non aveva percepito alcun pericolo per lei, una madre avrebbe dovuto capirlo subito, in loro si sviluppa un sesto senso naturale … “Che stupida che sei Rose! Tua madre ti ha mandata in pasto ai lupi senza battere ciglio!!” rispose da sola la mia mente a quello stupido ragionamento.

Scattai improvvisamente a sedere sul letto, presi il cuscino e lo scagliai con rabbia contro lo specchio della toelette davanti a me, lasciandomi cadere, poi, a peso morto sul materasso, sperando che la voce del mio subconscio smettesse di tormentarmi. Non fu così. Riuscii solo a frantumare tutto ciò che si trovava sopra il comò.

Dov’era Emmett… avevo bisogno di lui … quando la mia malinconia prendeva il sopravvento, era l’unico in grado di farmi sentire bene … amata … protetta … sicura.

Maledetto stupido matrimonio! Anche di questo mi privava! Emmett era andato con Jasper a recuperare Edward per festeggiare “l’addio al celibato”, che tremenda sciocchezza! Potevano dire che sarebbero andati a caccia e festa finita.

Non eravamo più umani.

Era inutile, quindi, comportarci come tali, se non per le cose strettamente indispensabili.

Potevamo sforzarci quanto volevamo, ma non lo saremo mai stati realmente.

Mai più.

Ed era meglio insistere nel farlo presente anche a colei che ancora non comprendeva il peso insostenibile dell’immortalità.

Se ne pentirà.

E quando lo capirà, sarà troppo tardi.

«ROOOOOOOOOOOOSEEEEEEEEE!!!!!!! Ho bisogno di te!!!». Questo era un incubo senza fine. Possibile fosse già tornata?

«Alice, ora non posso.» risposi, cercando di non alterare il mio tono di voce. Non era necessario urlare come faceva lei, eravamo in grado di sentirci anche con un semplice sussurro.

La porta si spalancò.

«Vuoi o NON vuoi che domani sia un giorno PERFETTO???». Esclamò, piantandosi le mani sui fianchi con uno sguardo feroce esattamente al centro della porta.

La odiai con tutta me stessa.

Possibile che non capisse come mi sentivo?

Eppure mi conosceva bene!

Per me era sempre stata come una vera sorella, mi aveva capita, aiutata e confortata per tanti anni, ma adesso era quanto di più lontano esistesse dall’Alice che pensavo di conoscere.

«Ti ricordo che domani si sposa NOSTRO FRATELLO. Deve essere tutto PERFETTO!!». Continuò imperterrita, con quel tono da dittatore.

«Basta Alice. Smettila.» replicai, mantenendo la mia flemma «Non sarà perfetto. Nulla è perfetto, ed è bene che Bella lo capisca subito e non si faccia illusioni.».

La vidi rilassare la postura e, con passetti delicati, avvicinarsi a me.

«Rose …»

«Non ho voglia di parlare Alice.»

«Fallo per Edward …»

«BASTA! NON PUO’ ESSERE PERFETTO!! NIENTE È PERFETTO!!» gridai isterica, rimanendo sconvolta io stessa per la tonalità raggiunta dalla mia voce.

«Rose …»

«Il MIO era PERFETTO … avrebbe dovuto esserlo … ma non lo è stato …» Sussurrai tra me.

«Io voglio solo che per Edward e Bella sia un giorno speciale … che ricorderanno in eterno … e se …». Tentò di giustificarsi.

«Intendiamoci Alice! Una volta per tutte!» sbottai, interrompendo il suo sproloquio e cercando di riprendere un contegno, ma profondamente alterata da quell’intrusione nella privacy. «Non ho nulla contro Edward. Anche se tra noi gli inizi non sono stati idilliaci, gli voglio bene, è mio fratello e sono felice che abbia trovato la sua anima gemella. Bella non è certo il massimo, ma lo ama, e se lo renderà felice ne sono più che contenta. Ma se lui ha la maturità di un uomo nel corpo di un ragazzo, lei, nonostante la sua determinazione, è ancora una ragazzina a TUTTI gli effetti. Ho provato a farla ragionare, non ha la benché minima idea di come potrà essere pesante, con il passare degli anni, l’immutabilità del suo corpo … mentalmente crescerà e sarà una donna, ma non potrà mai essere completa … lei è convinta che il loro amore le basterà per sempre … l’eternità è lunga Alice …» e proprio perché infondo volevo bene anche a lei non tolleravo l’ostinazione del voler perseverare nella sua scelta.

«Bella sa perfettamente a cosa va incontro e …».

«Parlare con te è perfettamente inutile … esattamente come parlare con lei!».

«NON CREDERE CHE NON COMPRENDA IL TUO DOLORE!» esclamò all’improvviso. «Io non ho idea di cosa voglia dire sentirsi umana … non lo ricordo. Forse è per questo che a me non pesa questa vita. Bella ha fatto le sue scelte, non credere che Edward non abbia cercato di convincerla, si vede che per lei l’istinto materno non è predominante …»

Sbuffai pesantemente.

«Forse non sembra, ma Bella è spaventata … non vedrà più la sua famiglia … almeno per domani cerca di esserle amica, falle capire che non sarà mai da sola nell’affrontare tutto quello che l’aspetta.»

«Avrà Edward al suo fianco. È tutto ciò che vuole!» Sentenziai acida.

«Gli uomini non bastano e lo sai bene; avrà bisogno di amiche e sorelle nei momenti più duri e vorrei che sapesse fin da subito che potrà contare sulla sua nuova famiglia e che …» fece per alzarsi e la vidi traballare.

«Alice?!» I vampiri non perdono l’equilibrio «Alice ?!? Tutto ok? Che succede?».

«N-niente … è stato solo un attimo … va tutto bene …». La sua risposta non mi piacque.

«Hai avuto una visione? Cosa succede?»

«A dire il vero … non ho visto nulla … buio assoluto. Ero impreparata, tutto qui. Ti aspetto giù … se te la senti, raggiungimi. Altrimenti fai come ti pare!» e, in un istante, sparì.

 

Alice

 

Scesi nel salone a passo umano, riflettendo su quanto appena accaduto. Il comportamento di Rose, anche se avevo visto in anticipo la nostra discussione, mi aveva turbata; non volevo farle un torto, ma ci tenevo veramente tanto che questo giorno per Edward e Bella fosse indimenticabile.

Per Bella sarebbe stato anche un addio … perché non voleva capire e, soprattutto, perché non voleva ammettere che ci teneva pure lei agli sposi; il suo modo di fare mi stava facendo soffrire, in lei cercavo un appoggio, una complicità che solo una sorella può darti ed, invece, mi aveva fatta sentire di troppo … adesso, poi, erano anche arrivati questi improvvisi blackout … sperai in cuor mio che Rosalie non avesse dato peso a quanto accaduto, non osavo immaginare la reazione di Edward se ne fosse venuto a conoscenza, non potevo prevederla.

Era la seconda volta che mi capitava una cosa simile, per di più nel giro di poche ore. Stavo sistemando le rifiniture delle decorazioni sulle scale quando l’immagine di Edward e Bella che si baciavano appassionatamente sul letto della sua cameretta aveva improvvisamente richiamato la mia attenzione, poi, una frazione di secondo dopo, tutto scomparso.

Il buio più assoluto.

Come se il loro futuro non comprendesse nient’altro.

Presa dall’inquietudine avevo mandato Jasper ed Emmett ad interromperli, senza dar loro troppe spiegazioni, Edward le avrebbe subito recepite. Era fin troppo teso in questo periodo, ci mancava solo angosciarlo con le mie inutili “non visioni”.

Solo che, quella di pochi istanti fa, non me la sarei assolutamente aspettata.

Edward, adesso, era con i ragazzi, non poteva succedere niente di male, ma era come se ci fosse un’interferenza che bloccava l’arrivo delle mie premonizioni.

Continuai a riflettere mentre sistemavo gli ultimi addobbi, ma non riuscii a darmi una spiegazione e alla fine attribuii la colpa alla presenza dei licantropi alla cerimonia del giorno successivo. Ogni volta che c’erano loro in mezzo, non vedevo più nulla e domani sarebbe stato presente Seth e, con molta probabilità, anche Jacob. Non che fossi stata in grado di prevederlo, ma avevo sentito Seth confabulare con Edward, avevo capito che lui stava tornando e sapevo che quello sciocco di mio fratello, già da qualche tempo, lo aveva invitato formalmente.

Decisi di ignorare temporaneamente il problema e mi concentrai su Bella, tra poco si sarebbe svegliata e sarebbe stata in uno stato pietoso. Voleva fare la superiore ma era emozionata e tesa anche lei e stava passando una pessima nottata.

Ciò che la terrorizzava di più non era la cerimonia in sé, ma il dover essere inevitabilmente sotto gli occhi di tutti e, più di ogni altra cosa, temeva il confronto. Nell’ultimo periodo aveva chiesto più volte, con disinvoltura, notizie in merito ai nostri cugini, in particolare di Tanya … ero rimasta sul vago, raccontando solo aneddoti personali di poco conto. Non osavo chiederle cosa sapesse esattamente, sia perché doveva parlargliene il suo fidanzato, sia perché, in fondo, c’era ben poco da sapere: Tanya aveva cercato più volte di irretire il mio fratellone e lui le aveva dato il due di picche in più riprese, mantenendo al sicuro la sua “preziosa virtù”, per usare le parole di Emmett, ma la cosa doveva disturbarla più del dovuto … che sciocca, oggi, in particolar modo, non ci sarebbe stata donna o vampira più bella di lei. Poteva starne certa.

 

Giunta di fronte a casa Swan stavo ripassando il contenuto della valigia di Bella per il viaggio di nozze quando, ancora una volta, mi trovai cieca.

Sentivo Bella e Charlie parlare in cucina, ma davanti ai miei occhi non vedevo niente. Un muro.

“Maledetti Licantropi!” imprecai tra me e me. Il buio scomparve, come le altre volte, in un istante, presi un profondo respiro e continuai il mio cammino; appena ci sarebbe stata un po’ di calma ne avrei dovuto parlare con Carlisle.

«Pensi di passartela male» la sentii borbottare «Io starò tutto il giorno come una bambolina fra le mani di Alice».

“Ingrata!” si sarebbe ricreduta dopo aver visto che capolavoro avrei compiuto su di lei e sfoderando il mio miglior sorriso, suonai il campanello.

L’immagine che mi si mostrò davanti era ancora più sconvolgente di quanto avessi potuto vedere nelle mie visioni. UN DISASTRO!

Per portare a termine la mia opera d’arte sarebbe servito un miracolo! Salutai frettolosamente Charlie la spinsi nella Porsche, ed esplosi!

«Oh, accidenti, guarda che occhi! Cos'hai fatto? Sei stata sveglia tutta la notte?».

«Quasi».

«Non ho molto tempo per renderti strepitosa, Bella: avresti potuto trattare meglio la mia materia prima».

«Nessuno si aspetta che io sia strepitosa. Il vero rischio è che mi addormenti durante la cerimonia e non riesca a dire "sì" al momento giusto, facendo scappare Edward».

«Quando arriva il momento, ti tirerò addosso il mio bouquet». Le risposi ridendo. «Avrai anche troppo tempo per dormire domani, in aereo».

Silenzio.

La guardai di sottecchi e la vidi riflettere. “Accidenti alla mia linguaccia!”

Forse mi ero sbilanciata un po’ troppo. Se avesse capito la destinazione, Edward, non me l’avrebbe mai perdonata. «È tutto pronto per la partenza», provai a dire per distrarla.

Sembrò funzionare «Alice, avresti almeno potuto lasciarmi fare le valigie!»

«Ti avrei dato troppi indizi».

«E ti saresti negata un'occasione di fare shopping».

«Fra sole dieci ore ufficialmente sarai mia cognata... direi che è ora di superare quest’ avversione per i vestiti nuovi». Stranamente non ribatté e il silenzio calò nuovamente nell’abitacolo.

«È già tornato?» domandò.

«Non preoccuparti, arriverà prima che inizi la musica. Ma presto o tardi che sia, non devi vederlo. Rispettiamo la tradizione.»

«La tradizione!», bofonchiò sbuffando. Possibile che non ne capisse l’importanza?

«Anche se gli sposi non sono tradizionali.»

«Lo sai anche tu che ha già sbirciato.»

«Invece no, e questo è il motivo per cui sono stata l'unica a vederti con il vestito. Ho fatto molta attenzione a non pensarci mai, con lui nei paraggi».

«Be', vedo che hai riciclato le decorazioni della festa per il diploma», mormorò acida. Se l’avessimo condotta al patibolo, sarebbe stata più allegra.

«Il risparmio è il miglior guadagno. Goditi queste, perché non vedrai le decorazioni all'interno fino all'ultimo». Sentenziai, mentre parcheggiavo in garage, volevo che gli addobbi fossero una sorpresa, anche per lei! Ero sicura che lo sarebbero stati, com’ero anche sicura che avrebbe tirato fuori qualche altra battutina acida nei loro confronti che non avevo voglia di sentire. Durante la cerimonia sarebbe stata troppo frastornata per protestare.

Coprirle gli occhi mi costò dieci abbondanti minuti di polemiche ma sapendo quando fosse “complicata” la mia futura cognatina, temevo che alla vista dei fiori esplodesse in una sfuriata isterica, quindi preferii limitare i suoi sensi facendole sentire solo i profumi, anche perché temevo che per un “olfatto umano” quell’insieme di fragranze potessero essere sgradevoli.

Il suo entusiastico apprezzamento mi rincuorò e il fatto che ne avesse anche riconosciuta qualcuna m’inorgoglì.

 

Il passaggio fu veloce, ma per sicurezza le scoprii gli occhi solo quando arrivammo nella mia camera.

Come sempre osservò sbigottita gli innumerevoli prodotti che avrei usato su di lei … se anche mi fosse venuto qualche dubbio, per com’era ridotta sarebbero serviti sicuramente tutti e forse anche di più.

L’assenza di sonno aveva lasciato dei segni profondi sul suo viso.

«È davvero necessario? Accanto a lui sembrerò comunque insignificante». Miagolò disperata.

«Nessuno oserà dire che sei "insignificante" dopo che avrò finito». Ribattei, mentre la spingevo a sedere sulla poltroncina, tentò di replicare ulteriormente, ma la stanchezza stava avendo la meglio e i massaggi che le stavo facendo contribuirono a farla appisolare un po’.

Uscii dal bagno ed entrai in camera, avevo visto Rose arrivare e, dopo neanche un secondo, come avevo previsto, era lì.

«Volevo scusarmi» disse ancor prima che aprissi bocca. «Non voglio rovinare la festa a nessuno, tantomeno a Edward.»

«Lo so.» risposi sorridendole.

«Sono ancora in tempo per farmi perdonare?»

«Certo che lo sei!» dissi stringendola in un abbraccio «Ho proprio bisogno di una parrucchiera per l’acconciatura … ma prima preparati, c’è ancora tempo e Bella si sta rilassando.»

La vidi sorridere e tirai un sospiro di sollievo, dietro la sua maschera di freddezza nascondeva un cuore d’oro, doveva solo avere l’occasione giusta per farlo emergere.

 

Dopo pranzo Rosalie si avvicinò nuovamente a noi, fingendo indifferenza ci avvisò del ritorno dei ragazzi.

«Non farlo entrare!». Ordinai all’istante.

Ci mancava soltanto che ci gironzolasse intorno per il resto del tempo e sarebbe stata la fine. Il pisolino di Bella aveva ritardato la tabella di marcia, ma non c’era altro modo per attenuare quelle orribili occhiaie.

«Oggi non ti si avvicinerà» disse decisa Rosalie. «Non gli va di rischiare la vita. Esme li ha mandati a finire i preparativi sul retro. Serve aiuto? Posso farle i capelli». Domandò, guardandomi titubante.

«Certo!», risposi ignorando il suo imbarazzo per non crearle altro disagio e iniziai a spiegarle il tipo di pettinatura che avevo in mente. Finii di truccarla e insieme valutammo che era stato un gran bel lavoro di squadra. La vidi sorridere e mi si allargò il cuore; poteva farcela, il suo orgoglio stava vacillando. Aveva fatto grandi passi avanti ed ero veramente entusiasta di lei.

 

Mentre sistemavo gli ultimi ritocchi al trucco andò a prendere la custodia con il vestito e le chiesi di ricordare a Jasper l’UNICO COMPITO che gli era stato assegnato: andare a prendere Renée e Phil. Se avessi aspettato che se lo fosse ricordato da solo avevo già visto che non sarebbero mai arrivati in tempo, Emmett riusciva sempre a distrarlo!

Bella doveva ancora indossare il vestito e già sapevo che stava per avere una crisi di panico e, senza Jasper a disposizione, dovevo calmarla IO!!! Che tra le tante cose non mi ero ancora preparata, ma prima di pensare a me avevo bisogno che tutti fossero al posto giusto nel momento giusto e, solo dopo, mi sarei potuta sistemare.

L’unica che poteva fare le mie veci e di cui mi fidavo ciecamente era solo lei.

Mia sorella.

Ed ero contenta che fosse tornata.

 

Renée

 

Come concordato tre ore prima della cerimonia uno dei fratelli di Edward passò a prenderci per accompagnarci alla villa.

Un’organizzazione perfetta, niente da eccepire. Durante il tragitto osservavo quel bellissimo ragazzo biondo alla guida conversare con Phil su una delle ultime partite del campionato maggiore di baseball, era incredibile quanto quei ragazzi fossero somiglianti, sebbene fossero tutti adottati, era come se avessero un comune denominatore che li legava l’uno all’altro e non solo per la bellezza ma anche per i loro modi di altri tempi. Tutti così educati, raffinati …

Essendo arrivata da una decina di giorni, Phil mi aveva raggiunta solo da un paio, avevo potuto osservarli bene: Edward lo conoscevo era un ragazzo meraviglioso, in tutti i sensi, ma volevo anche farmi un’idea della sua famiglia infondo affidavo Bella a loro … non avrei potuto desiderare di meglio e, anche se lui l’aveva fatta soffrire in passato, non potevo certo fargliene una colpa, sono solo dei ragazzi … credo fosse solo spaventato dai suoi stessi sentimenti. Ora come ora vedevo solo un ragazzo follemente innamorato di mia figlia e non potevo che esserne felice.

Dal mio arrivo a Forks avevo cercato di dedicare a Bella più tempo possibile, nel tentativo di rinsaldare quel rapporto che, con la lontananza, aveva subito qualche contraccolpo, ma ero stata trascinata nel vortice dei preparativi: era impossibile non farsi coinvolgere da Alice ed Esme e il tempo era volato: si stava per sposare, la mia bambina … non stava partendo per la guerra, ma avevo come la sensazione che stessi per perderla.

Che sciocchezza!

Eppure per me era così, erano quasi due anni che si era trasferita a Forks, ma mai come in questo momento avvertivo il dolore per il suo distacco e contemporaneamente una punta di gelosia nei confronti di Esme …

Subito tra noi era sorta una naturale empatia, era bastata una telefonata per conoscersi e andare subito d’accordo; conoscerla personalmente aveva confermato il primo impatto che avevo avuto: una persona squisita e, cosa più importante, adorava Bella, lo capivo da come ne parlava, lo vedevo in ogni suo gesto e in tutte le piccole attenzioni che aveva per lei.

Ero felice perché avevo la sicurezza che nella sua nuova famiglia non le sarebbe mancato l’affetto, ma, allo stesso tempo, ero cosciente che si sarebbe allontanata sempre di più da me. Se mai avesse avuto un problema, non sarei stata più io la madre a cui avrebbe chiesto consiglio o conforto … nel corso degli anni spesso il nostro rapporto si era ribaltato: io ero l’adolescente e lei la persona matura, ma questo non significava nulla, se aveva bisogno di me io c’ero …

«Siamo arrivati.» ci avvisò Jasper, parcheggiando davanti all’ingresso della villa.

“Che cavaliere … roba d’altri tempi” pensai imbarazzata, quando mi aprì la portiera della macchina, non mi era mai capitato. Subito una voce dolcissima richiamò la mia attenzione

«Renée! Finalmente sei arrivata! Temevo che Jasper si fosse perso …» era impeccabile, bellissima … mi sentii in difficoltà «… Tu devi essere Phil, Bella mi ha parlato molto di te, è un vero piacere conoscerti! Accomodatevi, Bella è al piano di sopra, in camera di Alice, è quasi pronta …» la sua voce sembrava commossa, la punta di gelosia fece ancora una volta capolino «… Non sai come sono felice ed emozionata per i nostri ragazzi; ti accompagno da lei.»

Appena messo piede in casa rimasi scioccata da come l’avevano trasformata, era già una bellissima villa ma adesso era diventata una reggia, degna di nozze principesche.

Salimmo la scalinata e dopo aver percorso il corridoio, ci trovammo davanti a quella che dedussi, essere la stanza di Alice.

Aprii la porta piano, per la prima volta ero emozionata ad un matrimonio e, dopo che la vidi, anche commossa.

«Oh, Bella!», la mia voce usci stridula dalla bocca, talmente ero emozionata e confusa … “la mia bambina …” «Oh, tesoro, sei un incanto! Sono così commossa! Alice, sei straordinaria! Tu ed Esme dovreste mettervi in affari come organizzatrici di matrimoni. Dove hai trovato il vestito? È sontuoso! Così aggraziato ed elegante. Bella, sembri uscita da un romanzo di Jane Austen. Che idea creativa, lo stile è lo stesso dell'anello di fidanzamento. Che cosa romantica! E pensare che appartiene alla famiglia di Edward da due secoli!».

Non avrebbero potuto scegliere ambientazione migliore, la mia bambina d’altri tempi ed il suo cavaliere, due anime antiche che avrebbero suggellato il loro amore.

 

«Renée, Esme dice che dovete finire di sistemare giù» mi voltai per cercare Esme e, quando vidi un impacciato ed elegantissimo Charlie che imbarazzato se ne stava sulla porta senza trovare il coraggio di entrare, ne rimasi piacevolmente colpita, era ancora un gran bell’uomo e quel completo gli cadeva a pennello, non era un caso se l’avevo sposato … anche se, forse, avrei dovuto approfondire di più altri aspetti, l’impulsività si paga e in alcuni casi il prezzo è molto caro.

A quei pensieri un brivido mi percorse la schiena, guardai mia figlia con timore e … No, la storia non si sarebbe ripetuta, anche se emozionata e intimorita nei suoi occhi c’era un’altra determinazione; conosceva esattamente il valore e l’importanza della scelta che stava per compiere.

Non avrebbe commesso i miei stessi errori.

 

Charlie

 

«Ehi, Charlie, sei uno schianto!», esclamò Renée. Oggi davvero nessuno si risparmiava nei commenti … tutti quei complimenti iniziavano ad irritarmi. L’avevo detto ad Alice che sarei stato ridicolo.

«Alice mi ha beccato.»

«Davvero è già ora? Il tempo è volato. Mi gira la testa». Era tesa … avrei riconosciuto quell’inflessione nella sua voce tra mille … voleva far credere di essere forte e indistruttibile, ma era tesa almeno quanto me … la conoscevo troppo bene. Eppure a suo tempo non l’avevo capita …

Diede un ultimo abbraccio a Bella e fece per uscire, quando, si bloccò improvvisamente, come folgorata da una verità assoluta.

«Oh, santo cielo, quasi mi stavo dimenticando! Charlie, dov'è la scatola?».

“Cielo! Stavo per dimenticarlo!!” Avevamo fatto restaurare i due fermacapelli d'argento di Nonna Swan. Istintivamente iniziai a frugarmi in preda all’ansia, eppure l’avevo presa … ricordavo esattamente di averla tirata fuori dal cassetto e messa nella giacca … ma dove era finita quella stupida scatoletta … se non la trovavo Renée mi avrebbe sbranato vivo, i suoi occhi puntati addosso mi stavano già mettendo in ansia, quando finalmente, in una tasca interna, avvertii un rigonfiamento: ERA LEI! Prontamente gliela porsi.

«Qualcosa di blu», disse porgendola a Bella.

«E di vecchio, direi. Erano di nonna Swan», mi sentii di aggiungere cercando di trattenere le lacrime «Abbiamo fatto sostituire gli Strass originali con degli zaffiri.»

«Mamma, papà... non dovevate.»

«Alice non ci ha lasciato fare nient'altro», rispose Renée. «Ogni volta che ci provavamo, sembrava che volesse sgozzarci.»

Riuscire a farle quel regalo era stata una dura, durissima lotta. Alice era una gran cara ragazza, ma, in alcuni momenti, diventava … inquietante, e se anche lei, che non l’aveva avuta come sua sarta personale, se ne era resa conto, cosa avrei dovuto dire io?

In quello stesso istante si materializzò “ma non era uscita?”

«Abbiamo qualcosa di vecchio e qualcosa di blu …. E il tuo vestito è nuovo ... perciò ...». La sentii bofonchiare per poi estrarre uno strano pezzettino di stoffa bianca.

“Un fazzoletto?...” cercai di capire osservandolo attentamente e quando Bella lo analizzò “UNA GIARRETTIERA?!?!?” ebbi improvvisamente caldo. Da quando in qua mia figlia si metteva quelle cose?? Era proprio necessario?? Volevo parlare … protestare … OPPORMI! Ma le parole mi morirono in gola nello stesso istante mi diedi dell’idiota da solo.

Si stava sposando … era cresciuta … c’era da immaginarselo che prima o poi … era già tanto che, a detta loro, avessero aspettato … continuavo a fissare quel minuscolo pezzettino di stoffa e iniziai a boccheggiare, feci scorrere un dito tra il collo e il colletto della camicia, quella strana sensazione di soffocamento non accennava a passare.

«Renée, è ora di scendere». Disse Alice, ma la sua voce giunse alle mie orecchie talmente ovattata che iniziai a credere di stare per svenire. Non sentii nemmeno la risposta di Renée.

«Charlie, prendi tu i fiori, per favore?». Percepii il mio nome, la guardai un attimo e compresi anche il resto della sua richiesta. Mi stava offendo una via di fuga.

Non me lo feci ripetere due volte.

I bouquet erano appoggiati su un tavolo un fondo al corridoio, me la presi comoda … dovevo riprendermi, tutti quei pensieri mi avevano portato in un'altra dimensione e dovevo calmarmi, Bella aveva bisogno di me. Sapevo perfettamente quanto odiasse stare sotto l’attenzione di tutti, almeno quanto me, in fondo era mia figlia. Presi i due mazzolini di fiori e tornai da loro.

La musica iniziò a suonare. Il momento era arrivato.

Mi affacciai alla stanza e lessi il panico nei suoi occhi, doveva aver realizzato anche lei che ormai non c’era più tempo.

«Su, Bells», le dissi avvicinandomi piano.

«Non ha una bella cera. Pensi che ce la farà?». Chiesi ad Alice, mentre la studiava con attenzione.

«Le conviene.» Non osai replicare. «Concentrati, Bella. Giù c'è Edward che ti aspetta» disse cercando di farle riacquistare lucidità.

Riprese pian piano a respirare.

Ottimo.

La musica si trasformò lentamente in una nuova melodia.

«Bells, entriamo in campo.» le dissi, porgendole in braccio.

Nessuna reazione.

«Bella?», domandò Alice.

«Sì», squittì. Quindi era ancora viva. «Edward. Okay».

Almeno aveva capito cosa le era stato detto.

Alice intrecciò il suo braccio al mio e mi fece cenno di iniziare a uscire. Lentamente iniziò a muovere qualche passo.

Sulle note della marcia nuziale di Wagner, o almeno credo fosse quella, Alice iniziò a scendere. Si voltò un istante e mi fece cenno di prepararmi.

All’ennesimo cambio di musica riconobbi il segnale convenuto durante le prove.

«Non lasciarmi cadere, papà», sussurrò, e mi sentii nuovamente importante, come quando da piccola si stringeva a me dopo aver fatto un brutto sogno. Sarebbe stata sempre la mia Bells.

“Non ti lascio tesoro” Presi la sua mano sottobraccio e la strinsi forte e mossi il primo passo …

 

Edward

 

Poteva un vampiro soffrire d’ansia e crisi di panico?

Sì, poteva.

Io ne ero la prova vivente.

Ormai gli inviatati erano arrivati quasi tutti, li avevo ricevuti e salutati, TUTTI. Ma, avessi dovuto raccontare anche una sola parola di quello che avevano detto o pensato, non ne sarei stato in grado.

Charlie stava salendo al piano superiore, il momento si stava avvicinando.

Passò un lunghissimo quarto d’ora.

Cosa stava succedendo? Con il caos che regnava in casa, non ero in grado di separare nella mia mente i pensieri e le parole di ognuno. Mi stavo irritando.

Forse si era fatta male … aveva indossato i tacchi ed era inciampata nel vestito … o peggio: si era pentita della sua scelta.

Scorsi Renée scendere le scale. Era commossa ma tranquilla, questo significava che Bella stava bene.

Cosa stava aspettando allora?

Trascorsero lentamente altri cinque minuti.

Mi sentivo la gola secca.

Sentii una musica e mi voltai di scatto. Rose era al piano.

Le gambe mi si paralizzarono.

“Edward, ci siamo. Avviciniamoci al Reverendo” Mi guardai intorno spaesato, non capendo chi mi stesse parlando. Una mano si posò sulla mia spalla e subito mi voltai.

«Figliolo, calma. Sei teso come la corda di un violino.» “non sembri neanche un vampiro.” disse mio padre cercando di tranquillizzarmi.

«Perché non scende Carlisle? Cosa aspetta?» domandai quasi balbettando.

«Tranquillo non è successo niente. Alle donne piace farsi attendere e comunque è in perfetto orario.» aggiunse con un sorrisetto divertito. «Avviciniamoci al Pastore, ormai è quasi ora.»

E, continuando a tenere la sua mano sulla mia spalla, andammo a prendere posizione.

 

Rose iniziò a suonare la marcia nuziale di Wagner.

Alice iniziò a scendere la scalinata.

Ancora un’interminabile manciata di secondi e la vidi.

Apparve in cima alla scalinata e fu una visione: non avrei mai immaginato potesse essere ancora più bella di quanto già fosse.

Sembrava spesata, terrorizzata. Esattamente come me. Anche lei si guardava intorno senza rendersi conto di nulla. I suoi occhi vagarono da un lato all’altro del salone fino a quando incrociarono i miei.

Fu in quel momento che tutto cambiò. La moltitudine di pensieri che affollava la mia mente sembrò bloccarsi all’istante e nella mia testa ci fu il vuoto, contemporaneamente sparirono anche dalla mia vista.

Nei miei occhi e nella mia mente c’era solo LEI.

Bellissima. Unica. MIA.

E sulla mia bocca comparve spontaneamente il sorriso che la tensione dei minuti precedenti aveva oscurato.

Ero convinto di aver sentito il cuore battermi nuovamente nel petto e mi sentii vivo, catapultato indietro nel tempo a quel 1918, dove sarei stato pronto ad affrontare quella vita che mi era stata negata insieme all’unica persona che avessi mai voluto al mio fianco; esattamente come fu per i miei genitori … il pensiero volò a mia madre. L’idea che potesse vedermi non mi aveva mai sfiorato. Non credevo a certe cose, ma in quel momento lo sperai … le sarebbe piaciuta, l’avrebbe adorata, esattamente come Esme, esattamente come me.

 

Concentrato unicamente su di lei, la vedevo incedere lentamente, traballante … sarei voluto andare da lei, sorreggerla; nemmeno vidi Charlie che la stava accompagnando.

Conoscendola la scalinata e i tacchi le stavano sicuramente dando il tormento e un sorriso mi si disegnò sul volto, ma subito un fremito di terrore per la sua innata capacita di attirare catastrofi e per la sua scarsa coordinazione mi fece sprofondare nuovamente nell’angoscia più cupa.

I nostri sguardi restarono incatenati, la sua visione celestiale riempiva tutto il mio orizzonte, ad ogni passo la vedevo arrossire dall’imbarazzo, ma anche dall’emozione; credo si rendesse perfettamente conto di quanta gente fosse presente e la stesse guardando in quel momento, ma sembrava comunque in trance, come me; nessuno dei due riusciva a distogliere lo sguardo dall’altro.

“Bellissima.”

Quei pochi metri erano diventati interminabili.

“Bellissima.”

Se non fosse stato per gli invitati umani, sarei corso da lei, l’avrei presa tra le mie braccia e colmata di baci mettendo così fine al protrarsi di quella tremenda agonia.

“Bellissima.”

La mia mente ormai somigliava a un disco rotto. Più si avvicinava e più stentavo a rimanere lucido; non avrei mai creduto fosse possibile provare una simile emozione.

“Bellissima.”

Quando in fine giunsero davanti a me, dovetti smettere di respirate. Il profumo del suo sangue mischiato a tutte le emozioni che in quel momento mi stavano attraversando rischiava di farmi impazzire.

“Bellissima.”

Charlie le prese la mano posandola sulla mia. Non disse una parola ma lo sguardo con cui mi salutò fu l’eco dei suoi pensieri.

“È quanto di più caro abbia al mondo. Te l’affido.”

D’istinto annuii “La proteggerò a costo della mia stessa esistenza” rispose la mia mente nell’attimo esatto che i nostri occhi s’incrociarono. Da come mi guardò, aveva capito.

 

Il Reverendo Weber iniziò la cerimonia, ci scambiammo le promesse di rito, dove avevamo chiesto come unica modifica di poter sostituire la formula tradizionale con «fino a quando entrambi vivremo» perché mai in nessuna coppia tali parole avrebbero assunto maggior significato.

Il pastore recitò il suo sermone, avvertii un singulto strozzato, voltai lo sguardo su di lei e … era commossa … felice e … trionfante. Questo fu il più bel regalo potessi ricevere: la certezza che fosse completamente sicura della sua scelta era lì, in quel momento, nei suoi occhi, che mi fissavano incantati, facendo sì che i miei diventassero subito lo specchio dei suoi. Il nostro amore così folle e pericoloso, a dispetto di tutto, aveva trionfato.

Il suo «Sì» appena sussurrato da una voce rotta dal pianto, riuscì a darmi i brividi e, allo stesso tempo, il coraggio di pronunciare il mio, forte e chiaro in modo che ognuno sapesse che ci saremmo appartenuti per l’eternità.

«Vi dichiaro marito e moglie.» concluse il Reverendo. Talmente forte era l’urgenza di averla tra le mie braccia che senza nemmeno aspettare il permesso di rito accolsi il suo viso tra le mani.

“Mia.”

Non avrei mai creduto né sperato di meritarmi tanto.

“Mia.”

E lo sarebbe stata per l’eternità.

Gli occhi pungevano talmente forte che maledissi per l’ennesima volta la mia orribile natura che non mi permetteva nemmeno di commuovermi per così tanta felicità.

“Mia.”

Feci per avvicinarmi e come sempre mi stupì, alzandosi sulle punte e gettandomi le braccia al collo precedendomi in quel bacio: lento, dolce, colmo di amore e desiderio, che riuscì a farmi perdere la cognizione del tempo e dello spazio.

Eravamo solo noi due e il nostro immenso ed eterno amore.

 

Bene bene bene... spero vi sia piaciuto. peril prossimo capitolo posso anticiparvi che a grande richiesta parlerà Tanya ... ma non sarà sola ...

a presto!!

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 4 ***


Salve a tutti! Eccoci puntuali al nostro aggiornamento, avete atteso anche troppo quindi non mi dilungherò grazie infinite a tutti, a chi lascia una recensione e a chi legge silenzioso.

Un grazie speciale a Serena che da questo capitolo in poi mi ha fatto da Beta.

 

Buona lettura.

 

Cap.4

 

Edward

 

Gli abbracci degl’ invitati ci riportarono alla realtà, avevo cercato di ignorare i leggeri colpi di tosse e i pensieri sarcastici della folla circostante, Newton compreso, ma quando Alice minacciò di rendere nota la destinazione del nostro viaggio se non avessimo iniziato a considerare i nostri ospiti mi decisi a malincuore a staccarmi da lei e, in un attimo, fummo sommersi.

Il nostro momento era finito.

Come travolta da un fiume in piena, vidi sua madre trascinarla all’aperto, senza smettere un attimo di abbracciarla. Alice aveva calibrato i tempi della cerimonia perché tutto finisse con l’arrivo del crepuscolo, in modo tale che potessimo uscire anche noi all’aperto insieme agli altri ospiti.

Mancava poco ormai, il sole stava lentamente scendendo dietro gli alberi. La osservavo al di là della vetrata muoversi da perfetta padrona di casa. Contando i secondi che ancora mi separavano da lei, quella barriera stava diventando un ostacolo insormontabile.

La vidi voltarsi in cerca del mio sguardo, che non riusciva a staccarsi da lei. Le luci degli addobbi iniziarono ad accendersi lentamente, gli invitati ancora nel salone confluirono nel giardino, dove erano stati allestiti il buffet e la pista da ballo.

Con un’estenuante lentezza umana uscii da casa e finalmente fui da lei. Averla di nuovo tra le mie braccia fu come una boccata di aria fresca e ci preparammo a ricevere i nostri ospiti.

 

Billy Black

 

Seth spingeva la mia carrozzina e con spavalderia salutava gli sposi. Mi limitai a porgere i miei auguri con un sorriso di circostanza, oggi sorridere mi riusciva particolarmente facile.

Anche se era in corso una tregua, tutta questa sua ammirazione per i Cullen era oltremodo eccessiva. Potevamo tollerarci, ma simpatizzare mi sembrava ancora fuori luogo. Almeno nei confronti di sua madre che si guardava intorno con imbarazzo e timore, poteva cercare di dominarsi.

Come membro del consiglio degli anziani dei Quileute, per tutta la mia vita, avevo cercato di mantenere vivo l’insegnamento che i nostri avi ci avevano lasciato. Le tradizioni e le leggende erano parte della nostra anima, non eravamo nulla senza di esse.

Ma i tempi erano cambiati.

Mai avrei immaginato che sarei stato debitore nei confronti di un freddo. Per anni avevo capeggiato il boicottaggio dell’ospedale di Forks da parte degli abitanti di La Push, solo e soltanto perché il Dott. Cullen lavorava là. E lui senza alcuna remora non si era fatto alcuno scrupolo nel curare mio figlio. Se non fosse stato per il suo intervento, Jacob, sarebbe morto o peggio, sarebbe rimasto storpio a vita. Non potevo che essergliene riconoscente.

Avevo ancora molta diffidenza a rapportarmi con loro ma dopo quanto successo iniziavo a valutare con altri occhi la nostra posizione.

Sia noi che i Cullen avevamo un segreto da nascondere. Eravamo reciprocamente indispensabili gli uni per gli altri. Nessuno dei ragazzi del branco, da quando il gene della trasformazione si era nuovamente innescato, avrebbe mai potuto curarsi in un comune ospedale, sarebbero sorte troppe domande, alle quali non sarebbe stato possibile dare una risposta … lui poteva aiutarci. Noi li avremmo supportati in battaglia qualora dei nemici inaspettati avessero messo a rischio l’incolumità loro e degli abitanti della zona.

L’idea che Bella, la figlia del mio migliore amico, sposasse coscientemente uno di loro, m’infastidiva, ma cercai comunque di farmene una ragione; oggi nulla sarebbe riuscito a scalfire la mia felicità.

Jacob stava tornando.

Sam aveva avvertito i suoi pensieri questa mattina, era a poche miglia dalla riserva. Con molta probabilità sarebbe arrivato durante la serata.

Il figlio di Cullen l’aveva invitato … non capivo questo suo comportamento al limite del masochismo, ciò non toglie che se era riuscito a farlo tornare, imponendogli di affrontare i suoi problemi, non potevo che essergliene grato.

Ancora una volta ero in debito con loro.

«Grazie anche a voi. Per aver lasciato venire Seth. Per essere accanto a Bella oggi». Ci ringraziò lo sposo.

«Prego», risposi di rimando. “Grazie per aver fatto in modo di far tornare mio figlio” pensai.

Poteva sentirmi, lo sapevo. E ci tenevo che sapesse che gli ero riconoscente. “Non è una posizione semplice la sua. Probabilmente si presenterà in serata, ho chiesto a Sam di vigilare. Spero non crei problemi.”

Edward annuì.

In cuor mio sperai che finalmente mio figlio fosse cresciuto …

Seth abbracciò il freddo, scherzando con lui e Bella come se fosse stato suo fratello, come se fosse la cosa più normale del mondo.

Forse lo era.

Forse era il caso di mettere in discussione molte cose …

 

Il mondo che conoscevo stava cambiando, dovevo accettarlo.

 

Tanya

 

Il nostro arrivo a casa Cullen non passò ovviamente inosservato.

Ce lo aspettavamo: eravamo estranei, misteriosi e bellissimi. Carlisle ed Esme ci vennero incontro, Edward mi lanciò una rapida occhiata ma preso da altri ospiti non si avvicinò … o forse non volle avvicinarsi.

Se non fosse stato per l’impellente necessità di vedere come fosse fatta questa insignificante umana che era riuscita a far suo il mio Edward e creare tensione nel rapporto che si era instaurato tra le nostre famiglie, me ne sarei anche rimasta in Alaska, insieme con Irina.

Che cosa aveva in più rispetto a noi? A me?

Rimasi in disparte insieme alla mia famiglia fino all’inizio della cerimonia, i Cullen, a turno ci fecero compagnia, tranne Edward. Lo vedevo assorto, a tratti preoccupato. Tensione, la mia mente si rifiutava di chiamarla emozione, trasformava il suo volto perfetto e immutabile in qualcosa di estremamente … umano.

La cerimonia iniziò e occupammo posto tra i parenti dello sposo.

Lo osservai attentamente, da quando la sposa si affacciò sulla scalinata a quando prese posto al suo fianco, vidi il suo viso trasformarsi in preda a una moltitudine tale di emozioni alle quali non ero nemmeno in grado di dare un nome, l’espressione giusta era, forse, raggiante.

Una stilettata al cuore avrebbe fatto meno male.

In quasi un secolo di conoscenza non lo avevo mai visto così felice, appagato e sereno. L’ Edward malinconico e tormentato che conoscevo fin troppo bene aveva lasciato il posto ad un essere nuovo. Nei suoi occhi scorsi la stessa luce di quel giorno di quasi un anno e mezzo prima, quando dopo essere venuto a cercare pace da noi, tornò poche ore dopo a Forks … da lei.

 

Restai impassibile a fissarli per tutta la cerimonia. Adesso era sereno ma, dove avrebbe portato questa follia, era cosciente di cosa lo aspettasse? Sapevo che era nelle sue intenzioni trasformarla, era davvero convinto che tutto rimanesse magico come adesso? Sembrava non ricordasse come fossero i primi periodi dopo la trasformazione …

Immersa nei miei ragionamenti quasi non mi resi conto che la cerimonia si era conclusa sotto i miei occhi che pungevano dal tremendo desiderio che avevo di piangere … raramente mi era capitato.

Sentii Kate prendermi per mano e mi lasciai guidare da lei al centro della sala, era la resa dei conti, dovevo affrontare i miei problemi e i miei fantasmi a testa alta, non potevo fare altrimenti. Davanti a noi un vecchio su una carrozzina, una donna e un ragazzo, a giudicare dal fetore doveva trattarsi di uno dei loro nuovi amici. Socializzare con i nostri eterni avversari … Anche questo era dovuto a LEI? I lupi avevano ucciso Laurant, e i Cullen si erano alleati con loro incuranti dei sentimenti di mia sorella … tutto per LEI … sempre e solo LEI… quel gruppetto di cani ci lasciò il posto e ci trovammo finalmente una dinanzi all’altra.

Mi guardava, e non respirava. Mi stava studiando, esattamente come io stavo facendo con lei. L’impulso di riabbracciare Edward fu più forte di me. Con la coda dell’occhio le vidi una smorfia di … nausea.

Perfetto.

Almeno adesso sapevo che i nostri sentimenti erano reciproci.

Che piacere rivederti, l’ultima volta eri così teso, tormentato ed ora sei cosi felice, sono proprio contenta.” «Ah, Edward, mi sei mancato».

Ridacchiò e si sciolse dall’abbraccio. Avevo osato troppo? Forse. Ma dovevo pur avere una piccola rivincita su quell’ esserina insignificante. Lo conoscevo da quasi un secolo, ci eravamo confidati e confortati più di una volta, per me eravamo sempre stati molto più che amici. Non credeva seriamente che mi sarei tirata in disparte in silenzio.

«Ne è passato di tempo, Tanya. Ti trovo bene».

Non è tutto oro quello che luccica…” «Anch'io».

«Lascia che ti presenti mia moglie». Disse cingendole la vita «Tanya, questa è la mia Bella». La soddisfazione con cui pronunciò quelle misere parole, mi devastò tanto che esplosi in una risata isterica, che per fortuna mia sorella e gli altro tentarono di coprire unendosi anche loro alla mia insolita ilarità.

Non sai cosa ti aspetta piccola insignificante Bella, l’eternità è lunga …” pensai inchiodandola con lo sguardo.

«Benvenuta in famiglia, Bella». Dissi porgendole la mano dopo aver stampato sul mio viso un sorriso di circostanza. «Noi ci consideriamo la famiglia allargata di Carlisle e mi dispiace davvero che di recente non abbiamo, ehm... onorato la parentela. Avremmo dovuto conoscerci prima. Saprai perdonarci?».

«Ma certo. Sono felice di conoscervi». Rispose d’un fiato con una vocina simile ad un rantolo.

«Ora i Cullen sono tutti accoppiati. Magari fra un po' toccherà anche a noi, eh, Kate?». Dissi a mia sorella cercando di allentare la tensione che sentivo, si stava creando. Mi restava sempre difficile relazionarmi con il potere di Edward e a giudicare da come mi osservava, forse mi ero spinta veramente oltre.

«Continua a sognare», rispose Kate separandomi da Bella e porgendole la mano a sua volta «Benvenuta, Bella».

«Io sono Carmen, lui è Eleazar. Siamo tutti molto lieti di conoscerti, finalmente». Si presentarono in fine gli altri.

«An-anch'io», balbettò.

Che donna insignificante … mi voltai distrattamente e vidi il capannello di ospiti in attesa di salutare gli sposi che ci fissava incuriosito. Forse era in caso di rimandare i nostri convenevoli ad altri momenti.

«Ci conosceremo meglio più avanti. Abbiamo un'eternità per farlo!», risi ancora tirata in volto e seguita dal resto della mia faglia, mi congedai.

 

«Ti sei vista? La stavi per incenerire con lo guardo.» mi mormorò Kate appena ci fummo allontanate.

«E allora?»

«Edward se n’è accorto. Se la tua intenzione era metterci in imbarazzo. Ci sei riuscita.»,

«La mia intenzione era far capire a quell’insignificante umana, la differenza che c’è tra noi due.» ribattei acida.

«Sono sicura che abbia capito. E anche Edward, infatti, l’ha sposata.» rispose mollando la presa dal mio braccio e allontanandosi lasciandomi in mezzo al salone.

Sola.

E sempre sola raggiunsi il nostro tavolo, fingendo di gradire il buffet, osservai attonita tutta la scena che si svolgeva dinanzi a me. Ero esterrefatta che Edward, il mio Edward, si stesse abbassando a tanto. Una cosa era fingere per confondersi nella folla, un’altra era dare spettacolo di sé. Tagliarono la torta sotto una raffica di flash, per poi imboccarsi a vicenda con disinvoltura.

«Non sapevo che il nostro Edward avesse cambiato dieta … questa umana deve avere qualche potere davvero speciale!» sghignazzò Eleazar, lo fulminai con lo sguardo.

Dopo il lancio del bouquet al quale mi rifiutai di partecipare nonostante l’insistenza di Alice, ci fu il lancio della giarrettiera, dove iniziai a credere di avere le allucinazioni quando lo vidi sfilargliela con i denti per poi lanciarla direttamente in faccia ad uno scialbo e anonimo biondino che guardava la scena inebetito.

Lo conoscevo troppo bene per non sapere che dietro a quel gesto in apparenza insignificante c’era una qualche piccola rivincita.

Non avessi saputo cosa fosse realmente, avrei potuto giurare con certezza che fosse un qualunque stupido diciassettenne innamorato. Iniziò la musica … gli sposi come da tradizione diedero inizio alle danze. Mi mancò l’aria. Mi alzi dal tavolo di scatto sotto gli occhi esterrefatti di mia sorella e degli altri, presi a camminare verso una zona più isolata del giardino, avevo bisogno di riprendere lucidità …

 

Edward

 

«Ti stai divertendo, signora Cullen?», le sussurrai stringendola ancor più forte a me.

«Ci vorrà un po' per abituarmi». E il timido sorriso che le illuminò il volto mi mandò in estasi.

«Di tempo ne abbiamo», le risposi mentre lentamente mi avvicinai di nuovo alle sue labbra, completamente incurante del pubblico che avevamo intorno e consapevole che l’eternità sarebbe stata sempre troppo poca da vivere insieme a lei.

Mi accorsi che la musica era cambiata solo quando Charlie reclamò un ballo con la sposa, inaspettatamente mi sorrise, nei suoi pensieri solo Bella, nessun improperio nei miei confronti e rispondere a quel sorriso fu finalmente un piacere. Cercai Esme e la trovai in disparte a parlare con Carmen. Era stata tutto il giorno presa dagli ultimi preparativi, per non parlare dei giorni precedenti, sicuramente non era un comportamento da adulto, ma avevo bisogno di mia madre vicino a me e lentamente mi feci avanti.

«Mi concedi questo ballo?» le chiesi porgendole la mano appena la vidi voltarsi verso di me.

«Non aspettavo altro tesoro.» rispose con uno di quei suoi splendidi sorrisi carichi d’amore ed emozione.

Non potete capire la gioia che mi avete dato tu e Bella, specialmente tu …”

Non riuscii a risponderle, gli occhi le brillavano, era il massimo che ci fosse concesso e la sua emozione pervase anche me.

Ho pregato tanto che potessi trovare la tua anima gemella che ti donasse tutta la pace e la serenità che meritavi e finalmente le mie preghiere sono state esaudite. È una gioia vederti così felice …” continuò appoggiando la testa sul mio petto.

«Ti voglio bene… mamma.» riuscii a sussurrare a malapena.

«Lo so tesoro. L’ho sempre saputo.» con un filo di voce.

«Ho paura.»

Scostò la testa per guardarmi negli occhi.

«Non devi. Supererete ogni ostacolo ne sono sicura.» e lasciandomi in silenzio un bacio sulla guancia continuammo a volteggiare.

 

Fu poi il turno di Alice, Carmen e Kate. Non finivano più e tra una dama e l’altra cercavo il suo sguardo e quando lo incrociavo, vi leggevo la mia stessa urgenza: tornare insieme. Quando davanti mi comparve Jessica, diedi forfait, il mio cervello si spense da sé, cercando di ignorare completamente le oscenità che la mente di quell’invasata riusciva a partorire … iniziai una ricerca sempre più spasmodica di MIA MOGLIE … Iniziai a soffocare, Jessica sebbene non aprisse bocca, era asfissiante … possibile non provasse il minimo imbarazzo per i suoi pensieri? Il mio sguardo vagò disperato per la sala fin quando si aprì un varco tra gli ospiti che riempivano la pista da ballo e la scorsi, stava ballando … CON MIKE?!?!?

No, questo non lo potevo tollerare. Non lui. La sola idea che la potesse stringere tra le braccia mi dava alla testa ottenebrando completamente la mia lucidità. Neanche Jacob riusciva ad irritarmi a tal punto. Forse perché amandola i suoi pensieri, non le mancavano comunque di rispetto. Newton invece era la volgarità allo stato puro, l’impulso di sbatterlo fuori a pedate stava avendo la meglio su di me. Piantai in asso Jessica e in un istante fui alle spalle di Newton. Non servirono parole, staccai le sue mani dalla vita di Bella e al loro posto subentrarono le mie. Incrociai i suoi occhi guardarmi allibiti. Avrebbe voluto protestare, ma il mio sguardo fu più convincente del suo, abbassò la testa e si dileguò tra la folla.

«Mike ancora non ti va giù, eh?», commentò sghignazzando non appena fu al sicuro nel mio abbraccio.

«Non quando mi tocca ascoltare i suoi pensieri. Gli è andata bene che non l'ho cacciato via. O peggio».

«Eh, sì».

«Non sei ancora riuscita a vedere come stai?».

«Uhm, no, direi di no. Perché?».

«Perché forse non ti sei ancora resa conto che stasera sei di una bellezza mozzafiato. Non mi sorprende che Mike fatichi a trattenere pensieri impuri su una donna sposata. E m'infastidisce molto che Alice non abbia fatto in modo da costringerti a passare davanti allo specchio». la sua autostima sarebbe volata alle stelle, come il mio cuore …

«La tua è un'opinione di parte, lo sai». Forse … ma se avesse potuto ascoltare i pensieri dei presenti, si sarebbe ricreduta.

Preferii non risponderle e in silenzio la feci voltare verso le vetrate in modo da poter ammirare in esse il suo riflesso.

«Di parte, dici?». Le sussurrai indicando la coppia che ne veniva riflessa. Nulla poteva rappresentare la bellezza come lei in questo istante e rimasi incantato dall’espressione incredula che comparve sul suo viso e, se possibile, ancora più innamorato di lei.

 

Edward, ci siamo. È arrivato. Io ed Emmett siamo già pronti.” Il pensiero di Jasper arrivò dritto come un pugno nello stomaco.

«Oh!», esclami turbato.

Jacob era arrivato.

Di cosa mi lamentavo? L’avevo inviato io, fino all’ultimo ero rimasto in contatto con Seth per sapere se ci fosse speranza nella sua presenza ed ora mi saliva la tensione.

Era il mio regalo per Bella.

Sebbene non tollerassi la sua presenza, non potevo ignorare che per lei fosse importante. Non ne avevamo più parlato ma sapevo che chiedeva di lui, che stava in pena per la sua fuga, che le mancava …

Aveva scelto me, era sicura e convinta della sua scelta, mi aveva reso l’uomo più felice del mondo, mai avrei immaginato di poter ambire e provare una tale felicità nella mia buia esistenza.

Glielo dovevo.

La sua felicità non sarebbe mai stata completa se lui non si fosse presentato.

Sam aveva garantito che insieme con altri del branco avrebbero vigilato, io avevo chiesto ai miei fratelli si supervisionare comunque tutta la situazione. Avevo deciso di lasciar loro la giusta privacy allontanandomi ma non avevo intenzione di correre alcun rischio. Emmett e Jasper avrebbero vigilato a distanza ed io avrei visto nelle loro menti, come quando cercavo di capire il suo pensiero esplorando le menti dei nostri compagni di scuola.

«Che c'è?», domandò percependo subito la tensione sul mio viso.

«Un regalo di nozze a sorpresa». Risposi sorridendole orgoglioso mentre cercavo di riprendere in mano il mio autocontrollo.

«Eh?».

Riprendemmo il ballo e tra un volteggio e l’altro la condussi lontano dalle luci e dai nostri ospiti.

Quando giungemmo sul lato buio di un grande cedro in fondo al giardino, mi fermai e dopo alcuni secondi quella massiccia figura iniziò a farsi avanti dal buio del bosco fermandosi a pochi passi da noi.

«Grazie», dissi guardando dritto davanti a me. «Sei stato molto... gentile».

«"Gentile" è il mio secondo nome», la sua strafottenza era immutata. “Sei contento ora sanguisuga?” «Posso intromettermi?».

«Jacob!», ansimò traballando sulle sue stesse gambe, se non l’avessi sorretta, sarebbe svenuta. «Jacob!».

«Ciao, Bella».

Cercò di recuperare le forze e mosse i primi passi verso il buio, quando avvertii il calore delle sue mani sulla sua vita, lasciai la presa. In quel preciso istante la trascinò a sé circondandola con il suo abbraccio e una fitta di dolore mi traversò il petto.

«Rosalie non mi perdonerà se non le concedo il giro di pista che le devo», mormorai cercando di non tradire le mie emozioni e mi allontanai.

 

Iniziò in quell’istante la parte più difficile di tutta la giornata. Mai come in questo momento, con le emozioni che avevo provato, mi era difficile mantenere la calma.

«Credo sia giunta l’ora del nostro ballo». Disse Rose venendomi incontro “Almeno nessuno farà caso alla tensione che hai dipinta in faccia!”

«Vorrei sapere cosa ti è saltato in mente quando hai deciso di invitare Fido.» esclamò acida.

«Non sono questioni che ti riguardano.»

«Ti sbagli. Hai coinvolto Emmett in quest’ assurda storia del controllo a distanza, senza tenere conto delle possibili conseguenze. Sono eccome questioni che mi riguardano.»

«Emmett e Jasper non rischiano niente. Non devono intervenire, se valutassero la possibilità di qualche rischio, interverrei personalmente.»

La risposta non le piacque e continuò con il suo sproloquio che ignorai senza farmi troppi problemi.

 

Stavano ballando, la teneva tra le braccia.

Jasper controllava il suo stato d’animo: era tranquillo. Preferivo non frugare direttamente nella mente del cane, i suoi pensieri erano irritanti e in questo momento non sarei stato in grado di tollerarli, filtrarli attraverso gli occhi dei miei fratelli rendeva tutto più digeribile.

Bella sembrava felice. Il mio scopo era stato raggiunto, questo bastava.

Poi vidi Jacob portarsi la mano di Bella al petto e con l’altra carezzarle la schiena. Sempre più in basso … un fremito mi scosse da parte a parte e il desiderio do massacrarlo co le mie mani divenne una necessità impellente.

«Sei proprio un masochista.» Sbuffò Rose. Aveva smesso di parlare dopo che si era accorta che la stavo ignorando, ma percependo la mia tensione non riuscì a trattenersi.

«Basta Rose!»

Continuavano a parlare, non avevo idea di cosa si dicessero ma sembrava che il cane riuscisse a trattenersi.

Ancora un altro ballo … la gioia nei suoi occhi era per me croce e delizia, ma ero orgoglioso del mio gesto.

 

Improvvisamente come un flash, la sua espressione cambiò: rabbia e indignazione sconvolsero quel volto perfetto.

Ci siamo Edward, la tensione aumenta” mi avvisò prontamente Jasper e in un istante mi staccai da Rose che mi fissò con il terrore negli occhi.

«Che succede?» bisbiglio.

«Tranquilla, non preoccuparti.» e mi dileguai.

 

Arrivai dietro al cedro, esattamente dove l’avevo lasciata solo pochi minuti prima.

«Bella! Sei impazzita? Non puoi essere così stupida! Dimmi che stai scherzando!». Esclamò strattonandola con rabbia.

«Jake, basta!». La sua voce un lamento.

Dovetti impormi la calma. Se avessi seguito il mio istinto e gliel’ avessi strappata di mano, la sua reazione sarebbe stata altrettanto violenta ed il rischio per Bella troppo alto.

«Levale le mani di dosso!». Ringhiai.

«Jake, fratello, allontanati». Mi fece eco Seth comparso alle sue spalle. Era stato sicuramente avvisato dal branco. «Stai perdendo la testa. Così le fai male. Lasciala».

«Subito!», incalzai.

Jacob lasciò cadere le mani sui fianchi e in meno di un secondo la riportai da me ponendomi davanti a lei in modo da farle scudo con il mio corpo, due lupi del branco si frapposero tra me e lui mentre Seth, alle sue spalle lo stringeva tra le braccia cercando di immobilizzarlo e allontanarlo allo stesso tempo.

«E dai, Jake. Andiamo». Ma le sue parole si persero nell’aria.

«Ti ammazzo» gridò in preda alle convulsioni della trasformazione «Io ti ammazzo con le mie mani! Ora!».

Sta cedendo dì a Seth di allontanarsi” ringhiò Sam. Stava diventando pericoloso, se si fosse trasformato per il ragazzo, sarebbe stata la fine.

«Seth, allontanati», sibilai.

Un nuovo strattone e una smorfia di dolore sulla faccia di Seth che non riuscì a spostarlo se non di pochi centimetri.

«Non farlo, Jake. Vieni via. Andiamo». “Tranquillo Edward non lo lascio! Porta via Bella!” Doveva essere una prerogativa dei lupi essere così ostinati. Perché non voleva dare ascolto!

Sam si alzò in tutta la sua imponenza e andò in suo aiuto spingendolo con la testa verso l’oscurità. L’altro lupo li seguì a ruota, un ringhio sommesso mentre ci passò accanto “SARETE SODDISFATTI ADESSO! SMETTETE DI FARLO SOFFRIRE!!”

«Mi dispiace», sussurrò addolorata mentre anche l’ultimo lupo si muoveva lento al seguito di quella triste processione.

«Ora va tutto bene, Bella», mormorai stringendola a me.

Da questo momento penseremo noi a lui. Restatene fuori!” un altro ringhio, i suoi occhi fissi nei miei, finché il buio non lo avvolse. «Va bene», mormorai appena certo che mi avesse capito. «Torniamo».

«Ma Jake...».

«È nelle mani di Sam. Se n'è andato».

«Edward, mi dispiace tanto. Sono stata stupida... ».

«Non hai fatto niente di male... ».

«Non sono capace di star zitta! Perché mai... Non avrei dovuto farmi trascinare così. Cosa mi è passato per la testa?».

«Non preoccuparti». Le sussurrai carezzandole il volto ancora turbato da tanta emozione. «Dobbiamo tornare al ricevimento prima che qualcuno si accorga della nostra assenza».

Si guardò intorno spaesata come se avesse perso la cognizione del tempo.

«Lasciami due secondi ancora». Disse sistemandosi in fretta il vestito «L'abito?».

«A posto. Non hai un capello in disordine».

Prese un bel respiro e partì. «Okay, andiamo». La presi tra le braccia e come se non avessimo mai smesso di ballare tornammo sulla pista confondendoci con il resto degli invitati.

 

C’è mancato veramente poco fratello!” pensò Jasper osservandoci dal bordo della pista, con ancora la tensione dipinta in faccia.

Spero per te che Rose non s’infuri, perché altrimenti saprai davvero da chi devi scappare!” Possibile che Emmett, grande e grosso, com’era non riuscisse a tenere testa a sua moglie?

Con un cenno impercettibile col capo li ringraziai e tornai a concentrarmi su Bella, anche se non voleva darlo a vedere era ancora scossa da quanto appena successo, ero stato un irresponsabile.

«Stai...».

«Sto bene, sul serio. Non posso credere di aver fatto una cosa del genere. Cos'ho che non va?».

«Tu proprio niente». Io, semmai, ero stato talmente scellerato da metterla volontariamente in pericolo, oltretutto dovevo anche ammettere che Jacob aveva ragione, cosa credevo di fare? Non mi sarei mai potuto permettere una luna di miele normale. Mi stava dando di volta il cervello? Perché insistevo nell’illudermi?

«È finita, Non pensiamoci più, per stasera». Esclamò allegra.

Come se fosse semplice …”

«Edward?».

«Ha ragione Jacob», sussurrai, e chiudendo gli occhi per trovare il coraggio di parlare appoggiai la fronte contro la sua. «Che diavolo mi passa per la testa?».

«Invece no. Jacob ha troppi pregiudizi per essere imparziale».

«Avrei dovuto farmi uccidere, per aver pensato ...». Mormorai a me stesso.

«Smettila», ribatté decisa prendendo il mio volto tra le mani. Quel calore sul mio viso mi scaldò dentro, riuscendo a darmi il coraggio di riaprire gli occhi. «Tu ed io. Questo è tutto ciò che importa. L'unica cosa cui hai il permesso di pensare. Hai sentito?».

«Sì», sospirai.

«Dimentica l'apparizione di Jacob». Era surreale, lei cercava di fare coraggio a me. «Fallo per me. Prometti che lascerai perdere».

Non potevo darle anche questo peso, quanto avrebbe dovuto affrontare era già abbastanza enorme «Promesso».

«Grazie. Edward, io non ho paura».

«Io sì», sussurrai. Ed era la pura verità, non ero mai stato tanto terrorizzato dal mio futuro come in quel momento.

«No, per favore». Rispose sorridendo. «A proposito, ti amo».

«È il motivo per cui siamo qui». Le risposi cercando di sorridere anch’io, nella vana speranza che quel piccolo gesto alleggerisse il peso che portavo sul cuore.

 

Esme

 

Due braccia forti mi cinsero la vita, persa nei miei pensieri, sussultai.

«Un penny per i tuoi pensieri.» mi sussurrò all’orecchio Carlisle.

«Sto guardando il nostro ragazzo. Ho sempre creduto che anche per lui ci fosse un’anima altrettanto pura disposta ad amarlo sopra ogni cosa, apprezzandolo per quello che realmente è e non per ciò che voleva mostrare agli altri. Doveva solo arrivare il momento e la persona giusta. Bella lo è. L’ha trasformato facendo riaffiorare quanto di più bello teneva nascosto dentro di sé.».

Silenzio. Poi un sospiro.

«Più volte ho pensato a quando sua madre me lo affidò chiedendomi di salvarlo. Il pensiero di non aver rispettato le sue ultime volontà mi ha tormentato per quasi un secolo. Oggi sono convinto di aver compiuto il mio dovere.», disse Carlisle stringendomi nel suo abbraccio.

«Ha paura. Non sa cosa lo aspetta. Sono preoccupata per lui.».

«Edward è più forte di quanto creda. Nemmeno lui si rende realmente conto di quando sia forte la sua volontà. Lei è la sua Cantante e già una volta è riuscito a fermarsi in tempo. Non succederà nulla, non ne sarebbe mai in grado. Ne sono sicuro.», la sua sicurezza riusciva sempre a infondermi serenità e stretta nel suo abbraccio continuai ad ammirare quella giovane coppia che nonostante le loro diversità, le difficoltà affrontate e quelle che erano coscienti di dover a breve superare, sorridevano felici al loro futuro.

 

Rimasi ad ammirarli fin quando non scorsi Alice partire all’attacco per far rispettare la sua serratissima tabella di marcia, il momento di salutarli si stava avvicinando. Insieme con Renée l' aspettammo al piano di sopra per aiutarla a cambiarsi per la partenza.

Rimasi in disparte, leggermente in imbarazzo di trovarmi lì, in quel momento così privato tra madre e figlia. Invidiai la commozione di Renée e allo stesso tempo ebbi compassione di lei che molto probabilmente non avrebbe più rivisto sua figlia, in quell’istante le promisi che avrei avuto cura di sua figlia esattamente come se fosse stata mia.

Alice cercò di sdrammatizzare il momento, trascinando Bella fuori dalla stanza ma non riuscì a separarla da sua madre nemmeno sulla scalinata, sembrava avesse capito che quello era un addio e cercasse di allontanare il più possibile il momento.

«Ti voglio bene, mamma», le sentii sussurrare e mi si strinse il cuore. «Sono davvero contenta che tu abbia Phil. Abbiate cura di voi».

La vidi guardarsi intorno spaesata, Edward la stava aspettando ai piedi dello scalone, ma non erano i suoi occhi che stava cercando in quel momento.

Sta cercando Charlie. Edward non potete partire se prima non riesce a salutarlo …” gridai con tutta la forza del mio pensiero affinché mio figlio riuscisse a sentirmi in quel marasma di persone e applausi.

Lo vidi sorridermi e tirai un sospiro di sollievo.

La prese per mano e tra due ali di folla arrivarono nell’angolo più solitario del salone, dove un emozionatissimo Charlie cercava di nascondere i suoi occhi arrossati per la commozione.

Un abbraccio, poche parole appena sussurrate rotte dalla comune commozione.

E poi via.

Un bacio sulla porta di casa.

Uno scroscio di applausi.

La corsa verso l’auto sotto una pioggia di riso e sparirono incontro al loro destino.

 

Fermi sulla veranda, iniziammo a salutare gli invitati quando un ululato straziante riecheggiò nella foresta.

Un brivido mi percorse la schiena.

Era dolore, sofferenza allo stato puro.

Carlisle non si lasciò sfuggire il mio turbamento e cingendomi le spalle mi portò a sé.

«Arriverà anche il suo momento, ne sono sicuro. Ognuno ha un ruolo ben preciso in questo mondo, Jacob deve ancora trovarlo, quando lascerà da parte il suo rancore, riuscirà a scorgerlo chiaramente e tutto acquisterà un altro significato.»

Appoggiai la testa al suo petto e pregai che quel momento arrivasse anche per lui il prima possibile.

 

 

Ci vediamo tra 15 giorni!!! Commentate!!!

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 5 ***


Salve a tutti!! Questo è un capitolo tutto Edward (se lo meritava!!), so che alcuni si aspettavano un rating rosso fuoco … mi dispiace … questo al massimo sarà un arancione intenso (o rosso sbiadito, se preferite) non sono riuscita a fare di meglio … spero apprezzerete comunque!!

 

Buona lettura!!

 

Cap.5

 

Edward

 

Ci lasciammo alle spalle Forks, direzione: Aeroporto di Seattle. L’inizio della nostra eternità.

Un ululato straziante fu l’ultimo ricordo che ci portammo con noi. Finsi indifferenza.

Lei fece lo stesso. Ma sapevo che per Bella non era stato così, percepivo nell’aria la sua malinconia. Era stata unicamente colpa della mia ostinazione che tutto fosse perfetto, se lei soffriva.

Jacob, anche.

Che cosa avevo ottenuto?

Entrambi non meritavano quest’inutile tortura. Che diritto avevo io per infliggere loro una tale sofferenza? Jacob era scappato nel tentativo di soffocare il suo dolore ed io, incurante di tutto gli avevo chiesto comunque che avvenisse questo incontro.

Cosa si celava dietro il desiderio di rendere felice Bella esaudendo il suo sogno inconfessato? L’avevo fatto veramente per lei o avevo voluto solo sbattere in faccia a Jacob la mia vittoria?

Ero solo un egoista.

Mi sarei meritato il loro disprezzo. Il SUO disprezzo. Invece era lì, accanto a me, che cercava di nascondere la sua malinconia pur di non farmi soffrire.

Non la meritavo.

Appoggiò la testa sulla mia spalla e sospirò. Mi voltai e i suoi occhi furono subito nei miei.

Avrei fatto i conti con la mia coscienza poi; adesso c’era solo lei.

«Stanca?» domandai.

«No. Curiosa. Qual è la nostra destinazione?» chiese a bruciapelo.

«Seattle.» risposi senza scompormi.

Mi guardò di traverso è sbuffò indispettita.

«Questo lo immaginavo.» borbottò, e riuscii a stento a trattenere una risata «Ciò che volevo sapere io, era dove è diretto il volo che prenderemo da Seattle.»

«Siamo un po’ troppo curiose Signora Cullen, Devi imparare ad avere pazienza.» sogghignai.

Indispettita dalla mia risposta, tornò sul suo sedile fingendo indignazione.

Splendida.” Quando faceva l’offesa, era stupenda.

«Houston?», domandò inarcando le sopracciglia non appena lesse la nostra destinazione all'imbarco a Seattle.

«È soltanto una tappa», la rassicurai sorridendo divertito. Salimmo sull’aereo, non eravamo ancora decollati che si appisolò. Una volta arrivati a Houston, svegliarla non fu una cosa semplice … l’avrei lasciata dormire ma girare per il terminal con i bagagli a mano e una ragazza in spalla avrebbe attirato un po’ troppa attenzione.

Quando arrivammo al terminal degli imbarchi internazionali e vide il nome della tappa successiva, una luce balenò nei suoi occhi.

«Rio de Janeiro?», domandò trepidante.

«Un'altra tappa», risposi vago. Non l’avrebbe spuntata così facilmente.

Finalmente seduti nei nostri posti in prima classe, la accolsi tra le mie braccia e ancor prima di decollare era nuovamente nel mondo dei sogni.

 

La strinsi nel mio abbraccio per tutto il viaggio. Una miriade di pensieri si affastellarono nella mia mente … una ciocca di capelli ribelle le cadde sugli occhi … senza nemmeno sfiorarle il viso gliela sistemai dietro l’orecchio … com’era bella, non mi sarei mai stancato di ammirarla … il battito tranquillo del suo cuore mi faceva compagnia, se il mio avesse battuto ancora, sarebbe schizzato fuori dal petto tanta era l’agitazione che albergava dentro di me.

Cosa mi aspettava?

Che cosa dovevo fare adesso? Cioè tecnicamente era tutto molto chiaro nella mia mente, ma all’atto pratico ero nel panico più assoluto … Emmett l’avrebbe chiamata “ansia da prestazione”, non era quello il problema … o forse sì … in minima parte forse era anche quello, ma la mia angoscia derivava dal fatto che non avevo assolutamente idea di come avrei reagito … sarei riuscito a mantenere il mio autocontrollo in quel momento? Lei sottovalutava quanto la potessi desiderare … dal momento esatto in cui avevo capito di amarla, non avevo desiderato altro che stringerla tra le mie braccia … per sempre … sarei potuto morire abbracciato a lei. Resisterle per tutto questo tempo aveva richiesto uno sforzo inimmaginabile, e Bella non mi aveva certo facilitato il compito … Parlare con Emmett e Jasper non era stato di alcun aiuto … Non avevano fatto altro che accrescere i miei tormenti, Carlisle invece, era talmente sicuro fossi in grado di dominarmi che non aveva nemmeno contemplato l’ipotesi che potesse accaderle qualcosa “ho la massima fiducia in te Edward, già una volta ti sei fermato in tempo, non vedo come tu possa perdere il controllo ora… Non devi sottovalutare l’amore fisico … ma questo già lo sai …” sembrava che l’unico che non si fidasse di me fossi proprio io …

Borbottò il mio nome e si accomodò meglio sul mio petto, con una mano le carezzai la schiena …

Non la meritavo … ma contro ogni regola del buon senso aveva scelto me e non sarei stato in grado di oppormi al suo volere nemmeno se l’avessi voluto con tutte le mie forze.

 

L’annuncio dell’imminente atterraggio la svegliò, alzò lo sguardo verso di me e con gli occhi ancora abbottonati dal sonno mi regalò uno dei suoi splendidi sorrisi.

Splendida” era l’unica parola che la mia mente riusciva a proferire.

No. Non sarei stato in grado di fare a meno di lei …

«Ben svegliata.»

«Ciao …» sbadigliò portandomi le braccia al collo. Non me l’aspettavo … così … davanti a tutti … il profumo del suo sangue mi ottenebrò la mente “Si comincia bene Edward Cullen … se per solo un abbraccio vai già in ebollizione, dopo cosa farai?” Dovevo smettere di pensare … aveva ragione Alice … Tutti questi ragionamenti non giovavano per niente al mio stato d’animo …

 

Atterrammo a Rio, convinta che avremmo preso un altro aereo, rimase stupita quando attraversammo con un taxi le chiassose strade della capitale brasiliana per raggiungere il porto.

Un silenzio carico di tensione e imbarazzo riempiva l’abitacolo del taxi, rotto soltanto dal rumore dei nostri flebili respiri. Mano nella mano, ci scambiavamo soltanto sguardi complici e pieni di amore. Attraversammo un viale costeggiato da alberghi di lusso, i suoi occhi saettavano da un lato all’altro della strada, immaginai credesse che ci saremmo fermati in uno di loro per la notte … pensava davvero che avrei scelto un albergo per la nostra luna di miele … Il suo viso fu attraversato da una smorfia di panico … non ero il solo ad essere in tensione, ma se fosse stata preoccupata, un decimo soltanto di quanto lo ero io in quel momento: avrebbe gridato.

Il taxi ci lasciò alla banchina, dove era attraccata la nostra imbarcazione. Caricai le valige, la aiutai a salire a bordo e puntammo a tutta velocità verso l’orizzonte.

 

Il vento che mi sferzava il viso mi faceva sentire più leggero, la velocità riusciva a lenire la tensione e mi accorsi che finalmente sul mio volto era arrivato un sorriso.

«Manca ancora molto?», domandò. Facendomi tornare improvvisamente alla realtà.

Tensione, paura, agitazione.

«Solo un'altra mezz'ora». Le risposi cercando di nasconderle il mio tormento, quando vidi le sue mani che stringevano il sedile, compresi che nella sua mente c’erano in miei stessi pensieri e le sorrisi nella speranza di alleviarle il tormento.

Il silenzio tornò a fare da padrone fino a quando una ventina di minuti dopo apparve all’orizzonte la nostra meta.

«Bella, guarda là». Dissi indicando un’ombra scura proprio davanti a noi.

Si avvicinò al mio fianco e un brivido mi percorse la schiena. La vidi sporgersi in avanti strizzando gli occhi, forse era ancora troppo presto perché la sua vista potesse scorgere qualcosa; quando, finalmente.

«Dove siamo?», mormorò meravigliata mentre iniziavo a cambiare rotta per avvicinarmi al pontile di attracco.

«Questa è l'Isola Esme». Risposi sorridendole.

Rallentai per avvicinarmi al pontile e attraccai. Spensi il motore e in quel momento il silenzio fu assoluto. Solo lo sciabordio tipico delle onde che s’infrangevano contro la barca faceva in modo da ricordarci che eravamo ancora sulla terra.

Una lieve brezza creava un fruscio sommesso tra le palme, ma non era abbastanza da stemperare l’aria afosa e umida che regnava sull’isola.

Tutto sommato avevo scelto bene … se non altro il freddo del mio corpo sarebbe stato mitigato dal caldo tropicale.

«Isola Esme?».sussurrò, intimorita dalla sua stessa voce.

«Un regalo di Carlisle: Esme ha proposto di prestarcela». Risposi automaticamente. Lei si limitò ad annuire studiandomi accuratamente.

Deglutii per l’imbarazzo e iniziai a scaricare le valige.

Una volta posate sul pontile tornai da lei, la presi in braccio e, con un salto, arrivai sulla terra ferma.

«Non dovresti aspettare fino alla soglia di casa?», domandò emozionata. «Lo sai che sono pignolo». Afferrai le valige con la mano libera e m’incamminai lungo il sentiero che portava verso la nostra destinazione … casa …

La nostra prima casa.

In quel preciso istante il suo cuore impazzì, avesse potuto, il mio l’avrebbe imitato. Mi soffermai sul suo sguardo, dritto davanti a sé, senza guardare nulla di preciso, il suo respiro appena percepibile anche per il mio udito.

Non avevo bisogno di sapere cosa pensasse, dalle sue reazioni ero riuscito a farmi un’idea abbastanza precisa, anche perché io ero nelle sue stesse condizioni: in preda al panico.

 

Senza dire una parola giungemmo sotto la veranda.

Appoggiai le valige a terra.

Continuai, però, a tenerla tra le mie braccia. Non ero sicuro che le sue gambe fossero in grado di sostenerla, ed ero invece certissimo della necessità che avevo di sentirla vicino a me.

Aprii la porta d’ingresso e la guardai. “Ti prego … sei ancora in tempo … ”

Ovviamente ignorò la mia angoscia. Mi guardò dritto negli occhi e si appoggio al mio petto.

 

Una dopo l’altra, in silenzio, le mostrai tutte le stanze della casa. Non riuscivo ad articolare né pensieri né parole di senso compiuto, mi muovevo come un automa nei corridoi della casa. Come se fossi in trance, fino ad arrivare all’ultima stanza...

Quando l’aprii, mi mancò il fiato. Non che non sapessi cosa celasse, la conoscevo bene, solo che adesso trovarsi lì, con lei, con quell’enorme letto davanti ai miei occhi, implicava tutta una serie di cose che ancora non sapevo se ero in grado di affrontare e gestire con lucidità.

 

La lasciai scendere «Vado... a prendere le valigie». Dissi senza avere il coraggio di guardarla, e tornai sui miei passi.

Codardo! Sei solo un codardo Edward Cullen!” continuai a ripetermi mentre percorrevo nuovamente il tragitto fino alla porta d’ingresso. Una volta recuperati i bagagli, tornai nella stanza e vidi che aveva mosso soltanto pochi passi verso il letto, al mio ingresso non si mosse, sicuramente non mi aveva sentito arrivare.

Arrivato alle sue spalle, rimasi inebetito a fissarla “Fai qualcosa, qualunque cosa ma sblocca questa situazione” gridava la mia mente.

«Fa un po' caldo qui», “Complimenti! Gran bella frase d’effetto!” esordii infine scusandomi impacciato. «Pensavo... fosse meglio così».

«Pignolo» mormorò sottovoce. E non trattenni una risatina nervosa

«Mi sono sforzato di rendere tutto... più facile», confessai quasi colpevole.

Deglutì.

L’angoscia prese in sopravvento. Avevo bisogno d’aria.

«Mi chiedevo», mormorai imbarazzato «se... prima... ti andasse un bagno di mezzanotte con me?». Ce l’avevo fatta! Ero riuscito ad articolare una frase di senso compiuto.

Il più era fatto.

Presi un bel respiro e continuai «L'acqua è molto calda. Questo è il genere di spiaggia che ti piace».

«Bell'idea». Replicò secca.

Ero spacciato.

«Immagino che ti servano un paio di minuti da umana... il viaggio è stato lungo». Temporeggiare era diventato il mio obiettivo principale.

Annuì irrigidendosi. Non ero il solo in imbarazzo. Le sfiorai il collo con un bacio leggero, un brivido la percorse, il profumo del suo sangue mi fece vacillare ma cercai di mantenermi saldo sulle gambe, “Svenire non serve a niente in questo momento” pensai «Non metterci troppo, signora Cullen» dissi ridacchiando dell’improvvisa sfacciataggine con cui mi erano uscite quelle parole.

Ancora un tremito sulla sua pelle.

Calmati Edward”, pensai mentre prolungavo fin sulla spalla quella scia di baci. «Ti aspetto in acqua». Dissi, infine, staccandomi da lei.

Finalmente una buona idea Cullen” pensai complimentandomi con me stesso per la fermezza che ero riuscito a mantenere e togliendomi la camicia, uscii dalla portafinestra per raggiungere l’oceano.

 

Non avevo ricordo fosse così caldo … di solito i vampiri non sentono caldo … io stavo soffocando … con solo i pantaloni indosso raggiunsi la battigia.

Iniziai a camminare nervosamente avanti a indietro.

Carlisle era assolutamente convito che sebbene le emozioni che avrei provato sarebbero state potenti ed estremamente coinvolgenti, avrei trovato dentro di me la forza per non farle del male.

Illuso”

Jasper sosteneva fosse un’esperienza intensa, ma mai quanto bere il sangue umano.

Schietto e concreto”

Emmett aveva descritto il tutto come un vortice di sensazioni estreme, pronte a sconvolgerti nel profondo, interrompendo il contatto con la realtà tanto che quando pensi di non poterne più, ecco che ti portano con sé in una dimensione parallela.

Sincero”

La versione di Emmett era quella che mi aveva turbato più di tutte … chissà come mai ero convito fosse quella che più si avvicinava alla realtà di ciò che avrei vissuto.

 

Quanto tempo era passato da quando avevo lasciato la camera? 1 minuto? 1 ora? 2 giorni? L’attesa iniziava a logorarmi.

Cosa stava facendo Bella? Forse si era sentita male? Forse dovevo andare da lei?

NO!

Forse dovevo SOLO calmarmi! Non poteva esserle accaduto nulla, era in camera, salvo che non si fosse messa a fare bungee jumping dall’armadio non le sarebbe mai potuto succedere niente.

Mi fermai di scatto e fissai quell’immensa distesa d’acqua davanti ai miei occhi. L’idea di fare una nuotata per allentare la tensione mi sembrò essere una grande trovata.

Lasciai i pantaloni sul ramo di un albero non distante dalla riva e mi tuffai.

Nuotai più veloce che potevo, tendendo i muscoli fino allo spasimo … l’isola era diventata minuscola ai miei occhi. Ripercorsi la stessa distanza fino alla riva … avvertivo la tensione sciogliersi lentamente … la nuotata era stata utile … forse.

 

Arrivato quasi alla riva, intravidi in controluce il suo profilo che usciva dalla porta finestra della camera. Un tremito mi percorse lungo tutta la schiena e i benefici della nuotata andarono a farsi benedire.

Voltai le spalle all’isola e rivolsi lo sguardo al mare aperto, imponendomi di respirare profondamente per mantenere calma e lucidità.

Nonostante camminasse lentamente ed il rumore dei passi fosse attutito dalla sabbia, avvertivo distintamente il suo incedere traballante … quasi insicuro.

Silenzio.

Doveva essersi fermata, forse un guizzo di lucidità le aveva fatto cambiare idea e stava per tornare sui suoi passi e … no … qualcosa era caduto sulla sabbia, ne avevo percepito il rumore ovattato quasi inconsistente.

I passi ripresero, lenti, cadenzati, sempre più vicini.

Era sulla battigia, il rumore che percepivo era appena più cupo.

Era entrata in acqua, il gorgoglio delle piccole increspature che l’acqua generava sul suo corpo che avanzava m’indicavano quanto fosse vicina.

Adesso era lì. Accanto a me.

Il suo respiro mi rimbombava in testa come un tamburo.

Ero completamente paralizzato dal terrore quando la sua mano si posò sulla mia che galleggiava sul pelo dell’acqua, ed intrecciate insieme vi sprofondarono dentro.

«Bellissima», disse e le vidi con la coda dell’occhio alzare lo sguardo verso la luna.

«Niente male», risposi a fatica cercando di nascondere la mia angoscia.

Cullen, reagisci! Non puoi ridurti così!” racimolai il poco coraggio che mi era rimasto e mi voltai. E davanti ai miei occhi apparve la cosa più bella che avessi mai visto.

Bella era lì.

Davanti ai miei occhi increduli.

Era nuda.

Certo avrei dovuto aspettarmelo … ma trovarmela “così” senza alcun preavviso davanti, sbriciolò ogni residuo di buon senso, istintivamente le sarei voluto saltare addosso “Cerca di usare quel poco di raziocinio rimasto Edward!” esordì la voce della mia coscienza e mi limitai a intrecciare più forte le dita della sua mano con le mie.

Scottava.

Ed in quell'istante bruciai anch’io.

Il mio cervello si scollegò dal resto del corpo e senza rendermene conto sentii il suono della mia voce nelle orecchie «Però io non userei la parola "bellissima", non se il confronto è con te».

Un timido sorriso le illuminò il viso e poi cogliendomi come sempre di sprovvista fece un gesto che mai mi sarei immaginato: sollevò l’altra mano, finora nascosta sotto l’acqua, fino a posarla sul mio petto, senza mai distogliere il suo sguardo dal mio.

Un altro fremito mi scosse, il respiro agitato tradì il mio stato d’animo.

«Ho promesso che ci avremmo provato», sussurrai, non riuscendo più a nascondere il mio nervosismo. «Se... se faccio qualcosa che non va, se ti faccio male, dimmelo subito».

Annuì guardandomi dritto negli occhi e ancora una volta mi stupì avvicinandosi a me fino a posare il capo sul mio petto.

«Non temere», mormorò. «Noi ci apparteniamo».

Travolto dalla verità di quelle parole, lasciai che l’istinto mi guidasse e l’abbracciai stretta a me.

Non so come ci riuscì, ma quelle semplici parole furono in grado di abbattere tutti i muri che la mia mente aveva eretto: era la cosa giusta da fare, non c’era momento più perfetto di quello.

«Per sempre» sussurrai al suo orecchio mentre, lentamente, lasciandomi trascinare dalla corrente feci scorrere le mie mani lungo la sua schiena.

 

***

Il bacio che ne seguì, dapprima dolce e delicato si trasformò in violento e passionale non appena le sue mani s’intrecciarono nei miei capelli. L’urgenza e il desiderio che avvertivamo entrambi stava diventando irrefrenabile, sciolsi l’abbraccio e prendendola tra le mie braccia tornai, alla nostra camera; lentamente, nonostante il desiderio di lei fosse così dirompente, non volli perdermi nemmeno un attimo di quegl’istanti preziosi.

La adagiai sul letto interrompendo il nostro bacio. L’ultimo spiraglio di buonsenso prese la parola

«Sei … sei sicura?» sussurrai. Mai la mia voce era stata talmente roca.

Non rispose.

Portò ancora una volta le mani alla mia nuca attirandomi a sé, per riprendere da dove avevamo interrotto.

Fu il punto di non ritorno.

Sentivo le sue mani scorrere lungo la mia schiena. Il suo corpo bruciare e quello stesso calore riscaldare anche me. Accarezzavo il suo corpo come se fosse il più delicato dei cristalli, come se potesse sgretolarsi nelle mie mani da un momento all’altro … ed in effetti era proprio così … ma la frenesia di esplorare ogni parte di lei era diventata ingestibile, le mie mani si muovevano da sole non rispondendo più ai comandi logici impartiti dal cervello. Le accarezzai i seni e un gemito uscì dalla sua bocca, forse non era così complicato come avevo fin’ora creduto, una mano si staccò dal suo seno solo per cedere il posto alla bocca … e proseguì il suo tragitto lentamente lungo l’addome, i fianchi, la coscia per poi risalire proprio lì al centro esatto della sua femminilità. Iniziai a carezzarla, dapprima lentamente, poi sempre con maggiore intensità … un altro gemito, più forte del primo ed il suo abbraccio mi strinse ancor più a lei.

Il silenzio dell’isola era rotto soltanto dai nostri respiri affannati; il suo irresistibile profumo di donna saturava completamente la stanza, era così dannatamente dolce ed erotico da offuscare quasi quello del suo sangue, fino a quando quest’ultimo non mi colpì violento come uno schiaffo in pieno volto. Percepii il suo corpo irrigidirsi e un mugolio, questa volta di dolore, uscire dalla sua bocca.

Le mie labbra, già sul suo collo, si spalancarono mostrando quanto di più letale avessi in possesso: i miei canini, affilati e pronti a dilaniare tutto ciò che ostacolava il mio accesso al quel nettare dolcissimo e così tremendamente invitante, l’istinto del predatore stava schiacciando la ragione e l’amore, un richiamo primordiale difficile da contenere. I canini premevano sulla sua pelle quando avvertii un fastidio sulla mia schiena, una pressione appena accennata; un sussurro quasi impercettibile arrivò al mio orecchio.

«Ti … Ti amo … Edward …» nella sua voce, un misto di dolore ed estasi.

Rimasi impietrito.

Davanti agli occhi le immagini della nostra storia: l’aula di biologia, la radura, il suo abbraccio a Volterra, la notte che mi disse “Sì”, fino ad arrivare a soltanto un giorno fa quando i suoi occhi commossi davanti all’altare mi avevano fatto tremare per l’emozione …

«Stringimi Edward … di più … stringimi …» continuò a sussurrare al mio orecchio. Non so se fu l’effetto di quei ricordi o il suono della sua voce rotto dal piacere che mi fecero affondare il viso nei cuscini su cui era adagiata, li morsi con una ferocia inaudita, riducendoli a brandelli, sfogando su di loro tutta la frustrazione che il mostro portava con sé, senza mai smettere di abbracciarla, e stringerla a me: finalmente uniti come una cosa unica e indissolubile.

Raggiungemmo il culmine insieme, stretti nel nostro abbraccio e rimanemmo così fin quando gli ultimi spasmi di tutto quel piacere non si attenuarono, fino a dissolversi, lasciando in noi un senso di appagamento totale. Rotolai su un fianco e la portai sopra di me.

«Ti … amo.» farfugliò prima di accoccolarsi sul mio petto e crollare in un sonno profondo.

«Anch’io …» risposi, ormai a me stesso, dopo alcuni secondi, ancora incredulo di quanto era appena accaduto e del dramma che ero riuscito a scongiurare.

Beandomi del calore che il suo corpo mi donava chiusi gli occhi, rivivendo tutto come un sogno.

 

---

 

Solo poche ore dopo davanti ai miei occhi la cruda verità.

 

Mostro.

Ero un Mostro. Della peggior specie.

Come avevo solo potuto immaginare di non poterle fare del male.

Bella dormiva appoggiata sul mio petto, il suo respiro regolare mi faceva supporre che non stesse soffrendo, almeno per il momento.

Era tutta la notte che osservavo quelle terribili impronte sul suo corpo perfetto trasformarsi da semplici arrossamenti a macchie sempre più violacee.

Era tutta la notte che la stavo accarezzando, come se potessi lavare via dal suo corpo le tracce della mia follia che adesso sotto la luce del sole, sembravano ancora più scure.

Il suo respiro cambiò ritmo e avvertii un debolissimo brivido sulla sua pelle.

Si stava svegliando.

Come potevo ancora guardarla negli occhi dopo ciò che le avevo fatto. Si era fidata di me, concedendosi senza il minimo timore … ed io avevo tradito la sua fiducia e ... le sue braccia mi strinsero in un abbraccio!?!

L’odio nei miei confronti raggiunse i massimi livelli.

Cercando di dominare la rabbia che mi stava logorando dentro, mantenni il silenzio e continuai ad accarezzarla fin quando il suo stomaco gorgogliò e una risatina sommessa ruppe quel silenzio assordante.

«Che c'è di buffo?», mormorai. La mia voce uscì talmente seria ed impostata che faticai io stesso a riconoscerla.

Altro gorgoglio, altra risatina, questa volta più decisa. «Che più di tanto non si può fingere di non essere umani». Rispose con una tale ilarità nella voce da sembrare quasi fuori luogo.

Rimasi impassibile.

Nulla in quella situazione riusciva a suscitarmi la benché minima allegria.

E Bella se ne accorse.

La sentii muovere, non ero ancora in grado di incrociare il suo sguardo iniziai così a fissare un punto indefinito nel baldacchino.

«Edward, che c'è? Che c'è che non va?» Domandò in apprensione.

«E te lo chiedi?», risposi secco. Non spostando di un millimetro il mio sguardo.

La vista del suo corpo deturpato era insostenibile.

Ma ancora di più fu il silenzio che ne seguì, carico di tensione, amarezza. Non so quanto tempo trascorse forse solo una manciata di secondi, abbassai lo sguardo sul suo viso e l’insicurezza che vi lessi mi spiazzò completamente.

«A cosa pensi?», sussurrai lisciando con un dito le rughe di espressione che si erano formate sul suo volto.

«Sei arrabbiato. Non capisco. Ho...?». Non riuscì a finire.

Il dolore doveva essere insopportabile. «Senti molto dolore Bella? Voglio la verità, non fare finta che non sia nulla».

«Dolore?» Domandò con voce stridula.

Bluffava.

Come sempre.

Non avrebbe mai ammesso di stare male in quel momento. Alzai un sopracciglio soppesando con lo sguardo ogni sua mossa. Iniziò a stiracchiarsi, mosse più volte le articolazioni di braccia e gambe, soffermandosi a valutare ogni movimento l’espressione sul suo viso passò nel giro di un minuto, dallo stupore alla rabbia.

«Perché ti sembra che dovrei star male? Non mi sono mai sentita meglio». Disse tutto d’un fiato.

Questo è veramente troppo!” «Piantala». Sentenziai duro dopo aver chiuso gli occhi nel vano tentativo di mantenere saldi i miei nervi.

«Piantala cosa.

«Piantala di fingere che io non sia stato un vero mostro».

«Edward!», sibilò furiosa, finalmente si era accorta di ciò che le avevo fatto?

«Non dirlo mai più».

Evidentemente no.

E ormai incapace di posare lo sguardo sulla mia vergogna continuai a non guardare.

«Guardati, Bella. E dimmi che non sono un mostro». Riuscii a farfugliare. Se veramente voleva negare l’evidenza, non gliel’ avrei permesso. Non questa volta.

«Perché sono coperta di piume?» domandò stupita.

Con tutti i segni che ho lasciato sul tuo corpo, ti preoccupi delle piume?” Sbuffai ormai al limite della sopportazione . «Ho morso un cuscino. O forse più d'uno. Ma non è di questo che parlo».

«Hai... morso un cuscino? E perché?».

Possibile tu non capisca?!” «Guarda, Bella!». Ruggii spalancando gli occhi mentre le afferravo una mano, cercando allo stesso tempo di essere delicato, almeno più di quanto lo ero stato la notte precedente, nel tentativo di mettere fine a quell’inutile farsa, le mostrai il suo braccio «Guarda qui».

Scrutò attentamente, si liberò dalla mia presa iniziando ad analizzare le macchie violacee che costellavano il suo corpo ed infine capì.

Quasi con terrore avvicinai la mia mano al suo braccio dimostrandole che i segni che stava osservando corrispondevano esattamente con la mia mano … come un marchio impresso sulla pelle … «Oh», fu tutto ciò che disse, e iniziò a riflettere.

«Mi... dispiace, Bella, davvero», sussurrai non riuscendo a distogliere lo sguardo da quelle orribili macchie violacee «Avrei dovuto saperlo. Non era il caso di... ». “sono un mostro che non merita che il tuo disprezzo” Borbottai dando voce alle grida della mia mente «Non trovo le parole per dirti quanto mi dispiaccia», conclusi alzando nuovamente la voce mentre dalla vergogna sprofondai il viso nelle mie mani.

Calò il silenzio, sperai che finalmente iniziasse a capire, quando sentii la sua mano sul mio braccio, scivolare fino al polso provando a scostarmele dal viso.

Ma la mia vergogna era talmente forte che non ero in grado di sostenere il suo sguardo.

«Edward».

Ti prego smettila …” Non reagii.

«Edward?».

BASTA!! CON LA TUA FINTA PIETA’!”

«A me non dispiace, Edward. Io sono... non riesco neanche a dirtelo. Sono talmente felice. E questo non offusca la mia felicità. Non prendertela. No. Sto davvero b...».

NO! NON DOVEVA NEMMENO OSARE DIRE UNA COSA SIMILE!” «Non pronunciare la parola "bene". Se ti sta a cuore la mia salute psichica, non dirmi che stai bene».

«Ma è così», sussurrò.

«Bella». Mugolai in un lamento. «Basta».

«No. Tu basta, Edward». Spostai un braccio, incrociai il suo sguardo, la determinazione nei suoi occhi m’intimorì.

«Non rovinare tutto», disse quasi in una preghiera. «Io. Sono. Felice».

«Ho già rovinato tutto», sussurrai.

«Piantala», alla sua replica testarda digrignai i denti e un ringhio uscì dal mio petto.

«Uffa! Perché non sei ancora capace di leggermi nel pensiero? È davvero fastidioso essere una muta mentale!».

Sgranai lo sguardo, completamente spiazzato dalla sua affermazione. «Questa è nuova. Sei sempre stata felice che non ti leggessi nel pensiero».

«Non oggi».

«Perché?» chiesi nel tentativo di studiare il suo comportamento. In quel momento la sua mano mi colpì con rabbia il petto.

«Perché capiresti quanto tutta quest’ angoscia sia completamente inutile se solo potessi vedere come sto adesso! O cinque minuti fa, ecco. Ero perfettamente felice. Totalmente e completamente beata. Adesso... ecco, più o meno mi hai fatto incazzare».

«È giusto che tu ce l'abbia con me». “Il motivo è irrilevante …”

«Be', ora è così. Ti senti meglio?». Replicò acida.

Sospirai avvilito. «No. Non c'è niente che potrebbe farmi sentire meglio, adesso».

«Ecco», sbottò. «Ecco perché sono così arrabbiata. Stai uccidendo la mia euforia, Edward».

Questa poi …” pensai alzando gli occhi al cielo.

Avvertii i suoi occhi addosso, prese un profondo respiro e riprese a parlare.

«Sapevamo che stavamo rischiando. Lo davo per scontato. E invece, be', è stato molto più facile di quanto pensassi. E questo non è niente, davvero». L’irritazione nella sua voce aveva lasciato il posto alla dolcezza, mi accarezzò il braccio e riprese a parlare. «Secondo me, per essere la prima volta, senza sapere cosa ci aspettava, ce la siamo cavata alla grande. Con un po' di esercizio ... ».

ADESSO STAI RASENTANDO LA PAZZIA!!” pensai guardandola talmente sconvolto che l’espressione sul mio viso parlò da sola, arrestando immediatamente il flusso insensato delle sue parole.

«Scontato? Ti aspettavi tutto questo, Bella? Avevi messo in conto che ti facessi del male? Pensavi sarebbe andata peggio? Consideri l'esperimento un successo solo perché sei sopravvissuta? Niente ossa rotte uguale vittoria?». Gridai, ormai sull’orlo di una crisi di nervi.

Restò impassibile a guardarmi. Lo sguardo impenetrabile. Cercai di calmarmi. «Non sapevo cosa aspettarmi, ma di sicuro non mi aspettavo che... che... fosse così meraviglioso e perfetto» sussurrò con un filo di voce spostando lo sguardo sulle sue mani, era in imbarazzo. «Cioè, non so com'è stato per te, ma per me è andata così».

Ottimo. Oltre ad averti riempita di lividi ho distrutto anche la sua autostima di donna! Complimenti Edward! Meglio non potevi fare.” Cercando di rimediare almeno in parte ai miei errori tentai di calmarmi ulteriormente e provai a parlarle. Ci mancava altro che credesse non mi fosse “piaciuto”, avrei ricominciato in quello stesso istante se ciò non avesse messo in pericolo ancora una volta la sua vita.«È di questo che sei preoccupata?», dissi sollevandole il mento con un dito. «Che io non mi sia divertito.

«So che non è la stessa cosa. » continuò ancora a sguardo basso «Tu non sei umano. Stavo solo cercando di spiegare che, per un essere umano, be', non riesco a immaginare che la vita vada meglio di così».

Rimasi a guardarla, sconvolto dalle sue parole, vergognandomi come il peggiore dei criminali.

L’avevo mortificata.

Nel tentativo di farle capire le mie ragioni, l’avevo ferita.

Non l’avevo capita.

Avevo completamente ignorato i suoi sentimenti.

Ero un mostro.

«A quanto pare ho altro di cui scusarmi». Risposi cupo. «Forse davo per scontato che, a causa della mia reazione, pensassi che stanotte non fosse stata... be', la notte migliore della mia esistenza. Ma non voglio che la pensi così, non nel momento in cui...».

«Davvero? La migliore in assoluto?» chiese con un filo di voce e dal tono della stessa potevo avvertire il sorriso nascere sul suo viso.

Le presi il viso fra le mani e continuai. «Dopo che tu ed io abbiamo stretto il nostro accordo, ho parlato con Carlisle, sperando nel suo aiuto. Ovviamente mi ha avvertito che tutto questo poteva essere molto pericoloso per te. Però ha aggiunto che si fidava di me, una fiducia che non ho onorato». Impedendole di replicare continuai, dovevo parlare, liberarmi del peso che avevo addosso.

«Gli ho anche chiesto cos' avrei dovuto aspettarmi. Non sapevo come sarebbe stato per me... per la mia natura di vampiro». Sorrisi senza entusiasmo. «Carlisle mi ha detto che sarebbe stato qualcosa di molto potente, di unico. Mi ha detto di non prendere alla leggera l'amore fisico. La nostra indole è piuttosto stabile e le emozioni forti possono alterarla in modo permanente. Ma di questo, secondo lui, non dovevo preoccuparmi, perché tu mi hai già alterato completamente». Il pensiero di come Bella mi aveva trasformato mi strappò un sorriso più vero e continuai «Ho parlato anche con i miei fratelli. Mi hanno raccontato che è un piacere grandissimo. Secondo soltanto al sapore del sangue umano … Ma io ho assaggiato il tuo, e non esiste sangue più potente di quello... Secondo me si sbagliano, davvero. Per noi è qualcosa di diverso. Qualcosa di più».

«Certo che sì. Per noi è tutto».

«Ma ciò non mette in discussione il fatto che sia sbagliato. Anche ammesso che tu ti sia davvero sentita così».

«Ma cosa dici? Pensi che finga? Perché?».

«Per farmi sentire meno in colpa. Non posso ignorare i fatti, Bella. O le volte in cui hai tentato di giustificarmi dopo che ho commesso degli errori …».

Replicando il mio stesso gesto accolse il mio viso tra le sue mani, facendo quasi sfiorare i nostri volti «Stammi a sentire, Edward Cullen. Non sto fingendo un bel niente per far piacere a te, okay? Non immaginavo neanche di doverti consolare, finché non hai iniziato con i tuoi lamenti. Non sono mai stata così felice in vita mia, nemmeno quando mi hai detto che mi amavi più di quanto volessi uccidermi, nemmeno il primo mattino in cui ti ho trovato ad aspettarmi al mio risveglio... Nemmeno quando ho sentito la tua voce nella scuola di danza», e al ricordo trasalii ma lei continuò decisa «e nemmeno quando hai detto "sì" e ho capito che, in un modo o nell'altro, sarei riuscita ad averti per sempre. Questi sono i miei ricordi più belli, ma nessuno vale quanto stanotte. Fattene una ragione».

«Sei triste per colpa mia. Non voglio». Mormorai sfiorandole le sopracciglia.

«Allora non essere triste tu. È l'unico particolare sbagliato».

La squadrai un attimo, presi un profondo respiro e annuendo mi rilassai. «Hai ragione. Il passato è passato ed io non posso fare nulla per cambiarlo. Non ha senso che il mio malumore contagi anche te. Farò tutto il possibile per renderti felice». Risposi sorridendole.

«Proprio tutto?». Chiese nell’istante esatto in cui il suo stomaco reclamò nuovamente attenzione.

«Hai fame», risposi scattando giù dal letto, alzando così una nuvola di piume.

«E perché mai avresti deciso di rovinare i cuscini di Esme?», domandò alzandosi.

«Non sono sicuro di aver "deciso" qualcosa, stanotte», mormorai quasi imbarazzato mentre tentavo di scrollarmele di dosso «Per nostra fortuna, erano i cuscini e non te». Scossi la testa, cercando di spazzare via il ricordo di quel terribile momento dalla mia mente; e fingendo noncuranza continuai a sorriderle. Tutti i miei sforzi di mostrarmi sereno si vanificarono nel momento in cui la vidi nuda in piedi accanto al letto con il corpo costellato di lividi.

Mi voltai istintivamente nel tentativo di nascondermi a lei, serrando i pugni per la rabbia. Trattenendo il respiro per non esplodere.

«Ti sembro così repellente?», domandò con tono leggero. “Hai già fatto abbastanza danni per oggi Cullen … Non ricominciare, non si merita anche questo.” Lentamente ripresi a respirare, ma non riuscii a trovare la forza di voltarmi e, a passo umano, mi avviai verso la cucina.

Quando un lamento proveniente dal bagno mi levò il respiro. Nella frazione di un secondo fui da lei.

«Bella?».

«Non riuscirò mai a togliermele tutte dai capelli!». Piagnucolò cercando di rimuovere il groviglio di piume e capelli che le incorniciava il volto.

Forse in un'altra dimensione, con un altro stato d’animo avrei trovato quella situazione esilarante.

Ma non in quel momento. «Proprio dei capelli ti preoccupi», brontolai iniziando ad aiutarla.

«Come fai a non ridere? Sono ridicola».

Evitai di risponderle. Il silenzio m’impedì di sputare fuori tutta la rabbia che covavo dentro al solo pensiero di come e del perché tutte quelle piume si annidassero tra i suoi capelli. Ma non sarebbe più accaduto.

Non l’avrei permesso.

Non fino a quando non fosse diventata come me.

«Così non va», sospirò. «Sono tutte appiccicate. Devo cercare di lavarle via». Si voltò di scatto cingendomi la vita. «Mi aiuti?».

E non sarebbe stato facile.

«Meglio che vada a prepararti da mangiare», dissi a bassa voce reprimendo il desiderio devastante che avevo di lei e, sciogliendo l’abbraccio, tornai in cucina.

 

Quando si presentò in cucina era già tutto pronto.

«Ecco», dissi sorridente mentre le porgevo il piatto con l’omelette. Si sedette al tavolo e iniziò a divorare la sua colazione. Seduto dalla parte opposta del tavolo, la osservavo incantato e colpevole.

«Non ti do da mangiare abbastanza spesso». Constatai ad alta voce la mia ennesima mancanza.

«Stavo dormendo. A proposito, sono molto buone. Niente male, per uno che non mangia». Rispose dopo aver inghiottito un enorme boccone.

«La prova del cuoco», precisai sfoderando il sorriso che sapevo adorava, nel tentativo di rasserenarla un po’.

«Dove hai preso le uova?».

«Ho chiesto ai domestici di riempire il frigo. Una novità, in questa casa. Dovrò chiedere loro di occuparsi anche delle piume...». Ma il discorso morì lì. Mi vergognavo troppo anche solo a ricordarlo.

Restai, così, in silenzio a guardarla spolverare con gusto il suo pasto, fino all’ultima briciola.

«Grazie», disse. Ma quando me la ritrovai a pochi millimetri da me in attesa di un bacio trasalii serrando le mascelle, ancora sconvolto da ciò che era stato e mi scostai da lei. «Non mi toccherai più finché staremo qui, vero?». Non era una domanda. Era un’accusa.

Ancora una volta mi vergognai.

Abbozzai un sorriso, carezzandole una guancia. Il suo viso si poggiò sul mio palmo e un calore intenso m’ invase.

«Lo sai che non è quello che vorrei». Sospirai scostando la mano.

«Lo so. Ma è così».

Non hai nemmeno idea di quanto mi costi” sollevai il capo e con decisione ribadii la mia posizione, che le piacesse o no avremmo fatto come volevo io. «Non farò l'amore con te finché non ti sarai trasformata. Non voglio farti del male, mai più».

 

 

E con questo vi saluto, chiudo per ferie. Il prossimo capitolo arriverà puntuale il 12 settembre.

BACIONI E BUONE VACANZE A TUTTI!!!!

 

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Capitolo 6
*** CAPITOLO 6 ***


Bentornatiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Passate bene le vacanze?

Non mi dilungo in chiacchiere, avete aspettato fin troppo!!!

 

Buona Lettura.

  

Cap.6

 

Alice

 Era passato un giorno da quando il mio fratellone e la mia nuova sorellina avevano lasciato Forks con destinazione: Isola Esme!! Splendida destinazione, le manie di perfezionismo di Edward avevano rasentato l’eccellenza e, a giudicare da quanto avevo intravisto sbirciando nel loro immediato futuro, era stata un’ottima scelta.

Anche Emmett era giunto alle mie stesse conclusioni e sostenendo la tesi secondo cui Edward, con il suo potere, violava costantemente la nostra privacy, lui era autorizzato a impicciarsi dei fatti suoi adesso che era lontano.

Tutte balle.

Aveva scommesso con Jasper ed era ansioso di sapere. La curiosità aveva avuto facilmente la meglio sulla sua, già carente, buona educazione rendendolo così più assillante di una mosca Tsé-Tsé.

Seduta sul divano, sfogliavo distrattamente l’ultimo numero di Vogue cercando di ignorare l’orso impiccione che mi girellava intorno con il solo scopo di carpire in anteprima dalle mie espressioni se avevo qualche succulenta novità dalla luna di miele dei nostri piccioncini.

L’unica visione degli ultimi minuti mi aveva solo anticipato che la sua fastidiosa presenza sarebbe durata ancora per poco.

«Hei Emm!» lo chiamò Jasper «Smettila di ciondolare da un lato all’altro della sala e andiamo a caccia.» era un po’ che lo stava osservando e sapeva, anche senza prevedere il futuro, che avrei, entro breve, perso la pazienza se non me lo avesse tolto di torno il prima possibile.

«Mmmmm … arrivo» mugugnò avvilito «… però NON È GIUSTO che LEI sappia e NOI no!».

«Vorrai di dire: che IO sappia e TU no.» replicai sfoderando il mio miglior sorriso.

«Insinui che sono geloso??»

Colpito e affondato!” «Geloso forse no. Ma curioso e impiccione, SICURAMENTE SI!»

«Ma sentitela!!!! Sono solo preoccupato di ciò che potrebbe accadere. … Insomma Edward è … inesperto … aveva una fifa blu … e …».

«Dì piuttosto che vuoi sapere se ha mantenuto alta la fama dei Cullen.» intervenne Rosalie raggiungendoci in salotto.

«Ma cosa?!?!?! Rose!!! Ma per piacere!!! … Voi due vi siete coalizzate!!!» sbottò furibondo per essere stato colto in castagna «Edward vi ha corrotto vero?? »

«Dai Emmett, rinuncia. Non otterrai nulla se continui così, dammi retta, mai mettersi contro Alice Cullen. Andiamo a caccia.» Alle parole di Jasper chinò il capo e rassegnato si avviò con lui verso la porta finestra che dava sul bosco.

«Finalmente in pace!!» sospirai con sollievo sorridendo a Rose che mi strizzava l’occhio con complicità quando «NOOOO!!!!» gridai terrorizzata scattando in piedi senza alcun controllo. D’improvviso davanti ai miei occhi si materializzò l’immagine di Edward: il volto trasfigurato, irriconoscibile, le zanne scoperte premevano sul collo di Bella.

Poi fu in buio.

Sei occhi mi guardarono terrorizzati senza comprendere il perché del mio attacco di panico. Avvertii le braccia di Jasper circondarmi e mi lascia cadere ancora scossa da tremiti di terrore.

 

Restai come in trance per non so quanto tempo. I miei occhi vedevano le persone intorno a me agitarsi preoccupate, le loro voci mi arrivavano ovattate ma percepivo la loro apprensione, dal canto mio ero come paralizzata.

«Alice!! Alice ti prego rispondi!!» era Rose … provai ad aprire la bocca ma non ne uscì alcun suono. Non riuscivo a parlare, l’immagine di Edward che stava mordendo Bella si era impressa nella mia mente e non riuscivo a capacitarmi di come fosse potuto accadere.

Era colpa mia. Bella era morta ed era tutta colpa mia … c’erano stati dei segnali, quegl’ improvvisi blackout nelle visioni prima del matrimonio … non ne avevo parlato con nessuno, avevo incolpato i lupi … ma adesso … Rose aveva ragione, questo matrimonio era sbagliato, non le avevo dato ascolto e adesso Bella era morta, conoscendo nostro fratello i sensi di colpa l’avrebbero distrutto, non avrebbe esitato a cercare nuovamente la morte anche lui.

«È t-tutta … c-colpa mia.» farfugliai in preda ad una serie di singulti simili al pianto.

«Di cosa Alice?» era di Jasper la voce che sentivo in quel momento, ma i miei occhi non vedevano più nulla. Scandagliavo il futuro alla ricerca di qualcosa che mi desse delle speranze, ma era il buio assoluto. «Che cosa è successo? Cosa hai visto?» sbattei più volte, con insistenza, le palpebre e lentamente ripresi lucidità.

«Edward … ho visto Edward… mordere … Bella.» dissi infine «Poi più niente. Ho paura che sia accaduto qualcosa di tremendo».

Un silenzio gelido calò nella stanza. Alcuni secondi dopo vidi Emmett armeggiare con il cellulare.

«Non risponde.» sentenziò un istante dopo «è staccato.»

«Ovvio! Ti pare logico che lo tenga acceso? Sono in luna di miele!» la ripresa acida Rose.

«Erano … » sospirai, e Jasper mi strinse al suo petto.

«Tesoro, prima hai detto che c’erano stati dei segnali. Di cosa si tratta? Perché non hai detto niente?»

Nascosi il viso tra le mani dalla vergogna e iniziai a raccontare delle interferenze nelle visioni nei giorni antecedenti il matrimonio.

Alla fine del racconto nessuno ebbe il coraggio di dire nulla.

Rimanemmo immobili nel silenzio opprimente che quell’ultima visione aveva generato.

«Potrebbe esserci un errore.» sussurrò Jasper con un filo di voce. «Anche quando Bella si tuffò dalla scogliera, credesti fosse morta …»

«Ma c’era un licantropo vicino a lei.» mugolai disperata «adesso: sono. solo. loro. due. Quale altra motivazione potrei dare …»

«Dobbiamo parlarne con Carlisle.» disse Rose. «adesso è in città con Esme. Li avviso di rientrare immediatamente.»

«Hai ragione.» intervenne Jasper «con molta probabilità lui è l’unico a sapere come mettersi in contatto con Edward in caso di necessità.»

 

Al loro rientro furono subito messi al corrente della situazione. Esme si accasciò su una sedia con un’espressione indecifrabile sul volto. Un misto di dolore e rabbia, così rara sul suo viso …

Carlisle mi guardò incredulo e come il resto della famiglia rimase in silenzio a riflettere su tutto quell’orrore.

Passarono parecchie ore, tentai più volte di scrutare nel loro futuro ma la coltre nera che era scesa su entrambi non faceva che avallare sempre di più la mia ipotesi.

Bella era morta e, con molta probabilità, anche Edward.

«No. Non ci credo.» disse infine nostro padre con quel suo tono calmo e rassicurante di sempre «conosco mio figlio e sono convito che non è accaduto niente di così tremendo.» avrei tanto voluto credergli «Nella malaugurata ipotesi che mi stia sbagliando, non sarei comunque in grado di mettermi in contatto con lui; dobbiamo aspettare sue notizie … Ma continuo a rifiutare l’idea che Edward le abbia fatto del male.» disse stringendo la mano sulla spalla di Esme.

Ancora silenzio.

«IO PARTO! Devo sapere!» annunciai, infine, con decisione alzandomi di scatto, ma la mano forte e decisa di Jasper mi trattenne afferrandomi il polso. «Non arriveresti comunque in tempo. Ci vuole più di un giorno di viaggio per arrivare a Isola Esme.»

Non potei che arrendermi alla realtà dei fatti: avevo avuto l’occasione di salvare la vita a entrambi e l’avevo sprecata, non c’era più nulla che potessi fare ormai.

 

Le ore successive sembrarono un’eternità, la tensione che regnava in casa diventava ogni istante più insopportabile. Non sentire il sottofondo delle battutine di Emmett rendeva tutto ancora più reale e drammatico. Eravamo ancora in salotto, fermi nella stessa posizione da non so nemmeno quanto tempo ormai, come congelati dall’orrore della tragedia che si era consumata sotto i nostri occhi impotenti. Ormai in Brasile doveva essere mattina inoltrata …

Carlisle si lasciò cadere sul divano e sprofondò il viso tra le mani.

Non ebbi il coraggio di dire niente, e mi rannicchiai ancor di più sul petto di Jasper. “Perché … perché non ho dato ascolto hai segnali di pericolo … tutto per assecondare le mie manie di protagonismo …” Una cosa era certa: non avrei potuto più vivere con un tale peso sulla coscienza. Non appena realizzai quel pensiero, sentii le labbra di Jasper sui miei capelli. «Non è stata colpa tua …» sussurrò appena.

Il mio dolore lo faceva soffrire ancora di più. Non c’era via d’uscita.

Un tonfo sordo e pesante ci scosse dal torpore facendoci voltare verso la sua origine. «Basta! Non ne posso più. Devo uscire.» esclamò Emmett dopo aver scagliato un pugno contro il muro su cui era appoggiato incrinando la parete.

«Vengo con te.» aggiunse Rose fulminandomi con gli occhi. Si voltò di scatto e uscì.

«Le passerà, non ti preoccupare …» cercò di consolarmi Esme. Ma il suo sguardo spento non era certo di gran conforto.

«Non credo.» risposi con un filo di voce «Ha ragione ad avercela con me … potevo impedire tutto questo … e invece …».

«Non avevi idea del perché dei blackout e …» m’interruppe Jasper.

«E avrei potuto pormi delle domande in più. Non cercare di giustificarmi Jasper, non ho attenuanti.»

E restando stretta nel suo abbraccio lasciai che il tempo continuasse a trascorrere, lento e inesorabile.

Ogni minuto un’eternità.

Un’attesa logorante del nulla.

 

Quando, come un fulmine a ciel sereno, le visioni tornarono «SONO VIVI! SONO VIVI!» gridai senza freni, schizzando in piedi e saltando come una matta.

 

«Sei sicura?!» chiese Jasper afferrandomi per le spalle.

«SI!»

«Stanno bene?» farfugliò incredula Esme.

«SI SI!!»

«Sapevo che ce l’avrebbe fatta …» sentii commentare tra sé Carlisle alzando il viso dal suo rifugio.

Rose ed Emmett, appena usciti, erano stati richiamati dalle mie grida isteriche «Cosa hai visto?» incalzò Rose «Parla! Non farci stare sulle spine!»

«Ho visto … ecco …»

«Alice ti prego!»

«Li ho visti … passeggiare nella giungla che circonda la casa …»

Una serie di sospiri seguirono la mia affermazione.

«Certo che con tutte le “attività” che potrebbero praticare là, proprio i Boy-Scout nella giungla si sono messi a fare quei due?!?!?!?» sentenziò Emmett tutto d’un fiato «Al suo ritorno dovrò fare una lunga chiacchierata con il fratellino …».

E finalmente liberi dall’angoscia che ci aveva tenuti con il fiato sospeso nelle ultime ore, esplodemmo tutti in una sonora risata liberatoria.

 

Emmett

 Completamente ripresi dallo shock dei giorni precedenti, la vita riprese il suo corso. Più o meno …

Gli strani “annebbiamenti” nelle visioni di Alice continuavano. Il resto della famiglia si perdeva in una miriade di elucubrazioni mentali nel tentativo di dare una spiegazione plausibile, io avevo più volte esternato l’idea che Alice dovesse solo darsi una calmata, era troppo agitata, prendersi una bella vacanza e tutto si sarebbe sistemato. Quella vampira pensava troppo e troppo velocemente! Il suo cervellino non reggeva più lo stress. La mia semplicissima spiegazione, purtroppo, non era stata apprezzata dal resto della famiglia avevo quindi DECISO di non dispensare più nessuna delle mie preziose intuizioni. Jasper se l’era sposata, era un problema suo risolverle i problemi e tenerla tranquilla!!

 

Tra un vuoto e l’altro giungevano dal Brasile notizie confortanti … oddio, dipende dal punto di vista … negli ultimi giorni sembrava che la nuova attività di Edward fosse di giocare all’esploratore.

Le sue decisioni oscillavano tra il bird-watching e lo snorkeling …

POSSIBILE CHE NON RIUSCISSE A PENSARE AL ALTRO?!?!?! Io forse propendevo un po’ all’altro estremo ma LUI ERA PREOCCUPANTE!!!

Esme si era convita che dovessero solo conoscersi meglio … le solite menate da madre apprensiva: “Hanno avuto un sacco di problemi, è la prima volta che stanno tanto tempo da soli …”.

MA SE ERANO QUASI DUE ANNI CHE PASSAVA TUTTE LE NOTTI NELLA SUA CAMERA??? E il fatto che ancora non avessero combinato niente mi lasciava alquanto perplesso …

Comunque fosse, nostra madre, aveva deciso che avevano bisogno della loro intimità e si era messa in testa, spalleggiata da quella pazza di Alice di risistemare un vecchio cottage abbandonato dall’altra parte del fiume e regalarlo ai piccioncini al loro rientro.

Chi era stato scelto per i lavori di fatica?

Che domanda sciocca.

«Emmett! Che cosa fai lì imbambolato? Conti le farfalle?» Ovviamente anche Rose collaborava a quest’ennesima follia «devi sistemare il laghetto del giardino prima di sera. Domani dobbiamo piantare le rose e non voglio vedere tutto questo caos sul retro della casa e ricordati di controllare il tiraggio del camino e …»

«Ma Jasper che fine a fatto?» domandai tanto per far notare che stavo lavorando SOLO IO.

«Ha accompagnato Alice ed Esme a prendere la tappezzeria.»

«Certo. Lui fa l’autista e a me tocca fare il manovale … non c’è giustizia.»

«Zitto! E sbrigati.»

«Ma avete preso in esame il MIO consiglio, di rialzarla di un paio di piani?»

«No.»

«Un porticato sul retro?»

«No.»

«Almeno una torretta!!»

«Basta Emmett!»

«Ma questa casa non durerà nulla!!!»

«Emmett, ti ricordo che questa sarà la casa di Edward e Bella … non la nostra.»

«Già … visti i presupposti … resterà intatta. Però …»

«Va bene così Emmett, credimi.» Intervenne Esme dal limitare del bosco «Sono convita che a Bella piacerà.»

«M-mm … se lo dite voi.» replicai poco convinto, ma vedendo avvicinarsi Alice, seguita a ruota da un cumulo di stoffe con le gambe, cercai di cambiare argomento «Novità?»

«Niente. Oggi c’è stata la visita alle grotte subacquee.» rispose avvilita.

«Quel Vampiro mi preoccupa.» Sentenziai scuotendo il capo.

«Domani la scelta sarà ardua: barriera corallina o tartarughe marine?» intervenne Jasper lanciandomi un’occhiata complice «Si accettano scommesse!»

Almeno qualcuno che la pensava come me c’era, non ero così “malato” in fin dei conti.

«Basta ragazzi! Qui la faccenda è seria.» ci riportò all’ordine Alice con un tono stranamente preoccupato. «Non so cosa sia successo quella sera, evidentemente niente di grave dato che Bella è viva e vegeta e lo segue nelle sue “escursioni”… ma qualcosa non va …»

Alleluia!” «Secondo me è andato in bianc… EHI!» gridai dopo che Rose mi aveva assestato una gomitata nel fianco. «Che ho detto di male questa volta!»

«Smettila di fare il pervertito una volta ogni tanto!»

«Quella che mi stupisce è Bella. Ho riempito la sua valigia di tutto ciò che poteva essere “UTILE” a una sposina durante il viaggio di nozze … insomma in altri momenti l’ho vista parecchio intenzionata a carpire la virtù del nostro fratellone … non capisco cosa sia accaduto … NON MI PUO’ DELUDERE COSI’!!!» e puntando i piedi a terra come una bimbetta di due anni se ne andò, seguita a ruota da Esme e Rose.

 

«… io sono convito che ha fatto cilecca. Dieci a uno che quando tornano Bella chiede il divorzio.»

«Ci sto.» disse Jasper stringendomi la mano.

E le tappezzerie di Esme rotolarono sul prato.

 

Edward

 Era più di venti minuti che trafficava in bagno … il momento umano stava diventando un po’ troppo lungo … “Forse si sente male … No, a cena, stava bene … magari si è addormentata … forse sto esagerando …”. Bella non approvava la mia decisione di rimandare il sesso a dopo la sua trasformazione ed ogni scusa era buona per tentare un assalto. Trattenermi diventava sempre più complicato, sinceramente non avevo idea di come fare se le sue avances fossero continuate con questo ritmo. La mia forza di volontà stava raggiungendo i minimi storici. L’unica soluzione che avevo trovato per temporeggiare era di stancarla fisicamente con ogni tipo di attività possibile.

Alcune sere era crollata ancor prima di toccare il cuscino. I sensi di colpa per averla sfinita così, erano attenuati solamente dal pensiero che fortunatamente, anche per quella notte, non l’avrei uccisa. Negli ultimi giorni, però, dovevo aver veramente esagerato. Cadeva in un sonno profondo che durava fino a dodici ore. Davvero insolito. Come insolito era il suo appetito: mai vista mangiare così e soprattutto così tante uova.

Se non fossi stato più che certo della mia sterilità, avrei giurato si trattasse di voglie. Che sciocchezza! Sarebbe stato comunque troppo presto. Era solo stanca sfinita, mangiava per tenersi in forza e dormiva per recuperare energie. Sì, dovevo rallentare un po’ il ritmo.

In quell’istante la porta del bagno si aprì …

CRISTO SANTO!” E sicuramente il mio viso fu lo specchio di quel pensiero.

«Che ne pensi?», domandò sfilando davanti ai miei occhi con indosso una sottoveste di pizzo nera che lasciava ben poco spazio all’immaginazione. “Penso che avrei voglia di strappartela di dosso in questo stesso istante. Penso che ucciderò Alice con le mie mani per averti consegnato quest’arma impropria e penso di dover cercare di riprendere possesso delle mie facoltà mentali prima di subito, se voglio ancora averti al mio fianco!” Non contenta, per farmela apprezzare meglio, fece anche una giravolta su se stessa. Come se ce ne fosse stato bisogno!

Mi schiarii la gola, cercando di nascondere la mia agitazione e riposi a denti stretti. «Sei bellissima. Come sempre».

«Grazie», il tono acido.

Mi preoccupai.

Quel comportamento così audace non era da lei.

Con tutta tranquillità si sdraiò sulle coperte e, abbracciandola, la portai a me. “Calma Edward … respira e stai calmo … ora si addormenta.”

«Ti propongo un patto», farfugliò con la voce già impastata dal sonno.

Come supponevo. Era tutto premeditato! La lingerie, la sfilata, la finta indifferenza maliziosa. “Complimenti! Mi hai preso quasi in contropiede, ma non hai ancora vinto!” «Non ho intenzione di stringere patti con te», risposi perentorio.

«Non sai neppure cosa sto per offrirti».

«Non importa» “Non ho intenzione di cedere!”.

«Vai a quel paese. E dire che volevo... Non fa nulla». E sbadigliando chiuse gli occhi

Perché? Perché ti diverti a stuzzicarmi così! Non è leale far leva sulla mia curiosità!” «Va bene. Cosa vuoi?».“Fanculo, alla mia forza di volontà”

«Ecco, pensavo... so che la faccenda di Dartmouth dovrebbe essere soltanto una copertura, ma, sinceramente, non credo che un semestre di college mi ucciderà», disse, con una vocina fintamente innocente «Scommetto che Charlie andrà matto per gli aneddoti su Dartmouth. Certo, sarà imbarazzante se non riesco a tenere il passo di quei secchioni. Però ... diciotto, diciannove anni. Non c'è una differenza enorme. Nel giro di dodici mesi non mi verranno le zampe di gallina».

Voleva ripagarmi con la stessa moneta.

Non volevo fare sesso con lei fino a quando non fosse stata vampira e adesso voleva farmi impazzire con l’attesa. No.

Questa volta non l’avrebbe spuntata! Anche se sicuramente sarei esploso entro breve. «Preferisci aspettare. Preferisci restare umana». Dissi a voce bassa misurando le parole.

Silenzio.

In un certo senso mi sentii ferito, come se l’amore per me fosse passato in secondo piano: Aveva ottenuto ciò che desiderava ed ora poteva tornare tranquillamente alla sua vita. Ignorando i miei sentimenti, come se non contassi nulla, come se il desiderio che provavo per lei potesse essere acceso e spento a piacimento come con un telecomando. «Perché mi fai questo?», sibilai con rabbia «Non è già abbastanza difficile?». Incalzai sventolandole davanti agli occhi un lembo del pizzo di guarnizione della sua camicia da notte. L’attesa che mi ero imposto diventava una tortura sempre più atroce e l’impulso di strapparle di dosso quel mucchietto di stoffa inutile, mi stava facendo perdere la ragione; indugiando lo sguardo sul suo corpo più del lecito, scorsi le ombre, ormai giallastre, dei lividi che le avevo provocato e scosso dal senso di colpa riacquistai lucidità, m’imposi di sembrare rilassato e tranquillo e continuai «Non importa. Non stringerò alcun patto con te».

«Voglio andare al college».

«No, invece no. E non c'è niente per cui valga la pena di rischiare ancora la tua vita. Di farti del male». Ero terrorizzato dall’idea di perderla. Avevo accettato a malincuore di trasformarla pur di averla sempre con me, l’idea di poter stare insieme per l’eternità si era insinuata nella mia mente lentamente e l’aveva invasa; adesso lei stava posticipando!

Non ero psicologicamente in grado di affrontare una cosa simile. Non dopo l’altra notte. Non se non potevo sapere con certezza quando avrei nuovamente fatto l’amore con lei. Sarebbe potuta capitarle qualsiasi cosa. Una semplice influenza avrebbe potuto strapparla da me in qualsiasi momento.

No. Adesso ero io che non volevo posticipare la trasformazione … sebbene però trasformarla senza il suo totale consenso non mi faceva impazzire come idea, dovevo farla ragionare.

«Ma io ci voglio andare. Be', non è esattamente il college che m'interessa... Voglio restare umana ancora per un po'».

Sbuffai con rabbia. “Adesso stai esagerando!” «Mi stai facendo impazzire, Bella. Non ne abbiamo già discusso un milione di volte, quando m'imploravi di trasformarti in vampira il più in fretta possibile?».

«Sì, ma... ecco, ora ho un motivo in più per restare umana».

«Quale?».

«Indovina», disse avvicinandosi lentamente al mio viso e cominciando a baciarmi.

Non potevo leggere i suoi pensieri, ma il linguaggio del suo corpo era più che eloquente e prima che quella parte di me che si stava agitando prendesse il sopravvento, interruppi il bacio e l’abbracciai.

«Sei così umana, Bella. Schiava dei tuoi ormoni». Sussurrai ridacchiando. Ormai era un libro aperto per me.

«Questo è il punto, Edward. Quest’aspetto dell'essere umana mi piace. Non sono ancora disposta a perderlo. Non voglio aspettare chissà quanti anni da neonata assetata di sangue, prima che qualcosa di tutto questo riaffiori». Replicò tra uno sbadiglio e l’altro.

«Sei stanca. Dormi, amore». Mormorai sorridendo della sua logica contorta e lentamente iniziai a intonare la sua ninna nanna.

«Chissà perché sono così stanca. Impossibile che faccia parte del tuo piano, o quel che è».

Sorrisi “A quanto pare sono un libro aperto anche per te.”

«Perché pensi che più sarò stanca e meglio dormirò».

Non è esattamente in questi termini, ma ci sei andata vicino” «Mentre dormi sembri morta, Bella. Da quando siamo qui, non hai mai parlato nel sonno. Per fortuna russi, perché potrei scambiarlo per coma profondo». Le risposi scherzando.

«Non mi sono mai agitata? Strano. Di solito quando ho gli incubi mi muovo per tutto il letto. E urlo».

Incubi?”

«Hai avuto incubi?»

«Molto vividi. Mi stancano parecchio». Farfugliò sbadigliando. «Non posso credere di non aver blaterato tutte le notti».

Già … strano.” «Ma cosa sogni?».

«Varie cose, però si assomigliano tutti per via dei colori».

«Colori?»

«Sono luminosi, realistici. Di solito sono cosciente che sto sognando. Questi invece m'ingannano. E mi spaventano ancora di più».

Tutto ciò non era normale, se fossero continuati, forse sarebbe stato il caso di parlarne con Carlisle. «Cosa ti spaventa?».

Un fremito la scosse. «Più che altro ...».

«Più che altro?». Incalzai preoccupato.

«I Volturi», sussurrò.

Come avevo fatto a non pensarci.

E d’impulso la strinsi ancor più forte. «Non saranno più un problema per noi. Presto sarai immortale e non avranno scusanti».

Restò in silenzio a fissare un punto immaginario davanti a sé, un misto di paura e rassegnazione. Ero stato uno sciocco a sottovalutare la paura che i Volturi le incutevano. L’urgenza nel chiedermi di trasformarla era principalmente causa loro, era logico che stesse lottando con il suo desiderio di umanità. «Come posso aiutarti?» chiesi angosciato di non sapere in che modo confortarla.

«È solo un sogno, Edward». Ottimo. Era lei che faceva coraggio a me.

Ero perfettamente inutile.

«Vuoi che ti canti qualcosa? Canterò per tutta la notte, se serve a tenere alla larga gli incubi».

«Non tutti sono incubi. Faccio anche bei sogni. Molto... colorati. Sott'acqua, con i pesci e i coralli. Sembra tutto vero - non mi accorgo di sognare. Forse il problema è quest'isola. Qui è tutto così luminoso».

«Vuoi tornare a casa?».

«No. No, non ancora. Non possiamo restare ancora un po'?».

Quanto desideri, amore mio” «Possiamo restare quanto vuoi, Bella».

«Quando inizia il semestre? Non me lo sono annotato».

Non ti arrendi mai, vero?” e, sospirando rassegnato, ripresi a cullarla, un istante dopo era già sprofondata nel sonno.

 

Accoccolata sul mio petto la guardavo incantato.

Non meritavo quest’angelo. Avrei fatto qualsiasi cosa pur di renderla felice ma, inevitabilmente, fallivo. Ciò che più desiderava era l’unica cosa che non ero in grado di offrirle, almeno per ora. Ne ero sempre stato convinto e adesso che avevo provato potevo dire di averne la certezza assoluta: ero pericoloso e lei poteva morire.

Sicuramente riuscivo a mascherare bene, ma da questo, a credere che non la desiderassi ci correva un abisso. Dio solo sapeva quanto fosse forte e pressante il desiderio di lei specialmente quando non cercava di sedurmi esplicitamente. Esattamente come pochi istanti fa.

Si mosse appena come per sistemarsi meglio, un sorriso incantato si disegnò sulla sua bocca. Almeno stanotte non stava avendo incubi. Quando improvvisamente la sentii mugolare, erano diverse notti che non accadeva, cercava di parlare, apriva la bocca ma non usciva nessuna parola, sentii il suo corpo scosso dai brividi ed infine un lamento, simile a un pianto.

«Bella?», sussurrai in apprensione cercando di farla uscire da quel limbo che c’è tra il sogno e la realtà «Tutto bene, amore?».

«Oh», balbettò quasi delusa di trovarsi dov’era. Un attimo dopo scoppiò in un pianto disperato.

«Bella!», il mio tono era salito di un paio di ottave. Non capivo se fosse solo impaurita dall’incubo o si stesse sentendo male; e come sempre ne rimasi spiazzato. «Che c'è che non va?». Chiesi cercando di asciugarle inutilmente le lacrime.

«Era solo un sogno». Ancora singhiozzi, ancora lacrime.

Quel senso d’impotenza mi distruggeva.

«Tutto okay, amore, stai bene. Sono qui». Dissi cercando di rassicurare sia lei che me. «È stato un altro incubo? Non c'è niente di vero, niente».

«No, non era un incubo». “Prego?…” «Era un bel sogno». Cercò di asciugarsi le lacrime ma il pianto riprese vigore.

Non credo di aver capito bene …” «E allora perché piangi?», domandai ormai nella più totale confusione.

«Perché mi sono svegliata», strillò, aggrappandosi con tutta la sua forza al mio collo.

«Va tutto bene, Bella. Respira a fondo». Le sussurrai mentre ridacchiavo delle mie inutili apprensioni. Dovevo cercare di essere più razionale altrimenti, alla fine, mi avrebbero internato.

«Era così vero», singhiozzò. «Volevo che fosse vero».

«Raccontamelo, magari ti aiuta».

Mi fissò un instante, e dopo un’altra serie convulsa di singhiozzi cominciò «Eravamo sulla spiaggia ...» Interrompendosi subito dopo, squadrandomi attentamente quasi cercasse di analizzare ogni mia più piccola espressione.

«E?», le esortai impaziente di capire cosa le avesse scatenato quel pianto inarrestabile.

«Oh, Edward ...». sussurrò sofferente.

«Raccontami, Bella», ormai la stavo implorando. Non avrei retto ancora per molto senza capire cosa le stesse provocando tanto dolore. Non potevano essere solo i Volturi, doveva esserci dell’altro. E per tutta risposta mi si gettò al collo baciandomi con forza, non con desiderio bensì con disperazione.

Era disperata.

Improvvisamente la verità fu talmente evidente che riuscì a schiacciarmi: io ero la causa della sua disperazione. Il mio rifiuto, che voleva solo proteggerla, la stava straziando dal dolore.

Nonostante tutto, nonostante non sopportassi di vederla in quello stato; nonostante il desiderio quasi folle che avevo di lei, non ce la facevo.

AVEVO.PAURA.DI.ME.

Cercando di essere il più delicato possibile sciolsi l’abbraccio.

«No, Bella», la rassegnazione con cui si arrese mi turbò ancor di più.

«S-s-scusa», mormorò. Quella parola aveva la consistenza di un macigno che non fece altro che farmi affondare sempre di più nel baratro dei miei sensi di colpa.

Mi stava chiedendo scusa …

Ti sto torturando e mi chiedi scusa …” era un circolo vizioso dal quale era impossibile trovare una via di fuga. «Non posso, Bella, non posso!», la mia voce era un rantolo ormai. E come se temessi di poterla perdere in quello stesso istante, la strinsi ancor più forte a me.

«Per favore», singhiozzò «Per favore, Edward».

 

Impietrito davanti a tutto il dolore che le avevo scatenato non so dire con esattezza quale fu la causa scatenante della fine del mio autocontrollo se il suo viso stravolto dal pianto, la disperazione con cui mi aveva baciato solo pochi istanti prima, il fuoco che stava ardendo dentro di me per il bisogno disperato che avevo di lei, di essere, ancora una volta, una cosa sola; fatto sta che persi completamente il controllo delle mie azioni, accolsi il suo viso tra le mani e la baciai. Mano a mano che il bacio prendeva vigore il fuoco che sentivo dentro di me divampò in un incendio. Le sue mani furono subito tra i miei capelli, quasi temesse che mi sarei allontanato ancora una volta da lei … non era possibile … non ero in grado di farlo... non questa volta, per poi scivolare sulla schiena non appena le mie si staccarono dal suo viso per tornare alla lenta riscoperta del suo corpo.

Le carezze lasciarono il posto ad una lenta scia di baci che dalla bocca scesero sul collo e ancora più giù, soffermandosi sui seni mentre con una mano le sostenevo la schiena con l’altra ero già alla sua intimità e più di un gemito ruppe il silenzio di quella notte.

Non sarebbero mai stati abbastanza, riempivano l’aria e m’ipnotizzavano il cervello come un canto di sirene.

Improvvisamente con le mani mi bloccò il viso, non me l’aspettavo e cercai i suoi occhi che trovai lì colmi di passione e desiderio a fissarmi con determinazione.

«Ti voglio Edward. Adesso.» ansimò senza distogliere lo sguardo dal mio.

Quanto accadde dopo fu solo passione, estasi e amore. Scossi all’unisono dai tremiti dell’orgasmo, l’unica cosa che ricordo fu che per non stringerla con violenza a me mi attaccai alla testiera del letto, sbriciolandola come burro nelle mie mani. Per ricadere subito dopo al suo fianco

 

Si stava svegliando … sdraiata sul mio petto, fingeva inutilmente di dormire. Dopo l’ultima volta era chiaro come il sole che avesse paura della mia reazione.

Osservavo il soffitto fingendo di non considerarla, ma la vidi ugualmente sbirciare le espressioni del mio viso dagli occhi socchiusi. Se mi avesse letto nel pensiero, avrebbe capito che ero completamente in estasi, il mio volto invece era il ritratto dell’inespressività. Farla stare un po’ sulle spine era il minimo dopo l’agguato della sera precedente. Non che mi fosse dispiaciuto, intendiamoci.

«Quanto brutta me la sto passando?», domandò a mezza voce, dopo essersi infine rassegnata ad alzarsi dalla sua posizione.

«Tantissimo», risposi secco, “Ti stai preoccupando?” completamente in balia dei suoi occhi tormentati non fui in grado di reggere più di tanto la mia finta indifferenza e le sorrisi compiaciuto.

«Mi dispiace, davvero», sospirò. «Non volevo... Be', non so bene cosa sia successo stanotte».

Non mentire, non ti riesce. Lo sai perfettamente cosa è accaduto stanotte” «Non mi hai ancora detto cosa stavi sognando». “Abbi il coraggio delle tue azioni tesoro …”

«È vero... però mi sembra di avertelo dimostrato».

«Ah», “Bravo Edward, la perspicacia è proprio il tuo forte!” Pensai ridacchiando tra me. «Interessante».

«È stato proprio un bel sogno», mormorò. Era sulle spine e questo giochetto tra noi due mi stava piacendo molto. «Sono perdonata?».

«Ci sto pensando». Sogghignai. “Sto prendendo in considerazione una punizione esemplare.

Lanciandomi uno sguardo di sottecchi si spostò dal mio petto e fece per mettersi seduta, ricadendo però quasi subito sui cuscini.

«Ehi... che capogiro».

«Hai dormito tanto. Dodici ore». Le dissi accogliendola subito tra le mie braccia.

NON.DEVI.PREOCCUPARTI.” dopo molte ore sdraiati, alzarsi di scatto poteva causare delle vertigini. Era normale.

«Dodici?». Domandò esaminandosi il corpo.

Perfetto. Anche a lei non torna aver dormito tutte queste ore. COME FACCIO A NON PREOCCUPARMI SE ANCHE A TE SEMBRA STRANO AVER DORMITO COSI’ TANTO!” «Inventario completo?» domandai cercando di non far trapelare le mie perplessità. L’argomento lividi non mi creava problemi, avevo già verificato durante il suo sonno: nessuna nuova traccia, ma tutto questo sonno e i capogiri mi lasciavano interdetto.

«A quanto pare i cuscini sono sopravvissuti». Disse soddisfatta.

«Purtroppo non posso dire altrettanto della tua, ehm, camicia da notte». Le risposi indicando un cumulo di straccetti neri ai piedi del letto. Al ricordo di come avevo fatto a ridurli così sarei arrossito all’istante, se solo avessi potuto.

«Peccato», disse con aria maliziosa, «mi piaceva».

«Anche a me». “Parecchio aggiungerei … te ne regalerò molte altre …”

«Altre vittime?», continuò con sarcasmo.

«Dovrò comprare un telaio nuovo per il letto di Esme», confessai, nuovamente in imbarazzo, lanciando uno sguardo alla testiera del letto alle nostre spalle.

«Mmm … Secondo te, me ne sarei dovuta accorgere?».

Non credo … ho faticato parecchio anch’io a rimanere lucido …” «A quanto pare diventi straordinariamente sbadata, quando la tua attenzione gravita altrove».

«Ero un po' distratta», ammise, arrossendo di vergogna.

Un’improvvisa nostalgia mi assalì, accarezzai quel rossore quasi con rispetto e sospirai la verità. «Questo mi mancherà sul serio».

«Tu come stai?». Domandò dopo avermi scrutato attentamente.

Quanta paura nelle sue parole. “È l’ora di finire quella stupida commedia” pensai ridendo tra me. Non resistevo nel vedere quell’espressione colpevole sul suo viso. In fondo ero complice anch’io.

«Che c'è?»

«Hai l'aria di una che si sente in colpa dopo aver commesso un crimine».

«Sì, mi sento in colpa», mormorò.

«Be', hai sedotto un marito consenziente. Non è un reato capitale». La stuzzicai.

«La parola sedotto implica un certo grado di premeditazione».

Perché non lo era?” «Sì, forse è la parola sbagliata».

«Non sei arrabbiato?».

«Non sono arrabbiato». Le risposi sorridendo.

«Perché no?».

«Be'...». Presi un profondo respiro. «Per prima cosa non ti ho fatto del male. Stavolta è stato più semplice controllarmi, incanalare gli eccessi», “Diciamo che sono riuscito a convogliare il tutto in altre direzioni …” «forse perché avevo un'idea più precisa di cosa aspettarmi».

«Te l'avevo detto che era tutta questione di esercizio». Ribadì illuminandosi di uno splendido sorriso.

Già … tutta questione di esercizio …” E sarei tornato in palestra seduta stante se solo il suo stomaco non avesse gorgogliato ricordandoci le sue necessità «È ora di colazione per gli umani?», ridacchiai.

«Grazie», rispose alzandosi di scatto dal letto troppo in fretta, però, perché l’ennesima vertigine la riportò tra le mie braccia appena in tempo per evitare la collisione con l’armadio.

NON È NIENTE. CALMATI. Alle donne capita SPESSO di avere le vertigini se si alzano troppo in fretta.” «Stai bene?».

«Se nella prossima vita non avrò un senso dell'equilibrio migliore, voglio essere rimborsata». E salutandomi con una linguaccia si avviò in cucina, iniziando a spadellare sui fornelli … ancora uova … Dio solo sa quante ne aveva mangiate in quella settimana … non ricordavo le piacessero così tanto …

«Da quando ti piacciono le uova all'occhio di bue?», domandai perplesso.

«Da adesso».

«Sai quante ne hai buttate giù questa settimana?». Le domandai mostrandole il bidone della spazzatura pieno di scatole da sei, vuote.

Dovevo stare più attento alla sua alimentazione. Tutte quelle uova non le facevano bene, doveva variare di più.

«Strano», ma non accennò a smettere di mangiare. «Questo posto mi sta stravolgendo l'appetito. Eppure mi piace. Però dovremo andarcene presto se vogliamo iniziare puntuali a Dartmouth, vero? Ehi, mi sa che dovremo trovarci anche una casa in cui stare e quello che ci occorrerà».

«Puoi anche smettere di fingere che il college t’interessi, ora che hai ottenuto ciò che volevi. Non abbiamo stretto nessun patto, è tutto alla luce del sole». Provai a dirle accomodandomi vicino a lei.

«Non ho fatto nessuna finta, Edward. Io non passo il tempo a tramare, come fa qualcun altro. Cosa possiamo fare oggi per stancare Bella?», disse scimmiottando maldestramente la mia voce. «Davvero vorrei, passare ancora un po' di tempo da umana». La sua voce diventò un sussurro mentre, avvicinandosi a me, la sua mano arrivò a sfiorarmi il petto. «Non ne ho ancora abbastanza».

Nemmeno io, amore” «Di questo?», domandai ingenuamente, sfiorandole la mano quasi a chiedere conferma, del “perché” stesse scendendo sempre più in basso sul mio ventre. «Il sesso è sempre stata la chiave di tutto?». “… e ammetto che avrei dovuto darti ascolto …”. «Chissà perché non ci ho pensato prima», mormorai sarcastico. «Mi sarei risparmiato un sacco di discussioni».

«Forse sì». Ridacchiò guardandomi negl’ occhi con uno sguardo dolcissimo, colmo d’amore e di complicità.

Ti amo da impazzire, per come sei … per il rossore delle tue guance quando ti imbarazzi, per la tua forza e la tua fragilità … perché sei tu.” «Sei così umana», ripetei a voce alta sovrappensiero.

«Lo so».

«Andiamo a Dartmouth? Sul serio?». Domandai ancora incredulo che avrei avuto ancora per un po’ la mia Bella. Adesso che avevo capito che non avrei dovuto rinunciare a niente, l’argomento aveva tutta un’altra prospettiva.

«Probabilmente non supererò il primo semestre».

«Ti aiuterò io». “Non dovrai preoccuparti di niente”. «Il college ti piacerà».

«Pensi che riusciremo a trovare ancora un appartamento?».

«Be', abbiamo già una specie di casa laggiù. Sai com'è». Ci avevo sperato talmente tanto che mi ero già organizzato.

«Hai comprato casa?».

Adesso non cominciare la polemica …” «Gli immobili sono un buon investimento».

«Perciò, siamo pronti». Disse evitando ogni commento sulle mie spese immobiliari.

«Devo capire se possiamo tenerci ancora un po' la tua macchina del "prima"...».

«Eh sì, guai a me se non ci sarà nulla a proteggermi dai carri armati».

Potresti anche evitare di farmi sentire un idiota. L’ho fatto solo per te”

«Quanto possiamo restare ancora?», domandò.

«Abbiamo tempo. Qualche altra settimana, se vuoi. E possiamo passare a trovare Charlie prima di trasferirci nel New Hampshire. A Natale potremmo andare da Renée...» la normalità di quella conversazione mi diede un’incredibile euforia.

Una vita normale. Più di quanto mi sarei mai aspettato.

«Sì, qualche settimana», sorrise maliziosa «Ecco, pensavo... hai presente quel che dicevo poco fa a proposito dell'esercizio?».

Sì ho presente. Quella parola mi si è scolpita nella mente e …. NO! ORA NO!” «Resta lì e non perdere il filo. Ho sentito una barca. Devono essere i domestici».

 

Kaure

 Erano parecchi anni che i padroni dell’isola non soggiornavano più da noi. Quando fummo avvisati che “il figlio” del Dott. Cullen avrebbe trascorso alcune settimane sull’isola con sua moglie per la luna di miele, rimasi sconcertata. Normalmente chiedevano di dare aria alla casa e rassettare. Le provviste che ci chiedevano di comprare erano sempre esigue.

Questa volta fu chiesto di fare una scorta che avrebbe tranquillamente sfamato un villaggio intero.

Forse speravano di confonderci le idee.

La mia famiglia era alle loro dipendenze da ormai quattro generazioni. Né io né Gustavo li avevamo mai visti ma dai racconti degli anziani della nostra tribù la loro descrizione e le loro abitudini erano rimaste immutate nel tempo …

Si diceva non fossero umani, che avessero venduto l’anima al diavolo, che fossero dei Lobishomen.

Noi non dovevamo temere, non ci sarebbe mai stato fatto del male, i vecchi facevano sacrifici ogni anno perché questo non avvenisse, ma il timore restava.

 

Bussammo con timore alla porta d’ingresso della grande casa e quando ci fu aperto, rimasi abbagliata dalla bellezza surreale di quel giovane, ma il suo pallore richiamava la morte e un senso di disagio iniziò ad agitarmi.

Nel momento in cui, tutto orgoglioso, ci presentò la sua sposa, il disagio divenne sorpresa: perché mi resi conto che quella giovane non era come lui; preoccupazione: perché dovevo in qualche modo avvertirla del pericolo; paura: perché ero perfettamente cosciente che non sarei stata in grado di sottrarla alla sua sorte e temetti anche per la mia.

Lui era un Lobishomen e lei era la sua prossima vittima.

Sicuramente era stata plagiata e portata su quest’isola sperduta per farne perdere le tracce.

Mai avevano osato tanto.

Si raccontava fossero sempre stati accompagnati da femmine della loro specie. Dovevo avvisare gli anziani.

Tutto ciò era contro natura e di cattivo auspicio. Presto sarebbe accaduta una disgrazia.

 

Seguii come in trance Gustavo mentre il padrone ci accompagnava nella stanza in fondo al corridoio. Entrammo e lo spostamento d’aria che la porta, aprendosi, provocò, alzò una bufera di piume.

Mai viste così tante piume svolazzare in una stanza.

Si giustificò, fintamente imbarazzato, che alcune sere prima avevano fatto la lotta con i cuscini … francamente vedevo più probabile si fosse consumato qualche strano rituale, ma non mi costava nulla, per la nostra sicurezza, far finta di credergli.

E lo sguardo che gli restituii quando uscì dalla stanza disse più di mille parole.

 

Lottare con quelle cosine inconsistenti fu più complicato del previsto, riuscii a riempirne un saccone, ma quelle che mi ritrovai addosso erano molte di più. Incurante del mio aspetto cercavo di finire il mio lavoro velocemente, spinta dall’impellente necessità di andarmene da quella casa, il prima possibile. Presi i sacchi della spazzatura e feci per avviarmi alla barca quando scorsi il demone con la faccia d’angelo avventarsi su quell’ignara ragazza.

Un grido strozzato uscì dalla mia gola.

Colto in flagrante, lasciò andare la ragazza e mi sorrise.

Non mi restò altro che pregare per l’anima di quella poverina.

 

Sollecitai Gustavo perché si velocizzasse nel suo lavoro e cercai di evitare di incrociare nuovamente quell’essere, sebbene cercasse di ostentare normalità guardando un film alla televisione, preferii tenermi alla larga da lui.

Quando finalmente Gustavo si congedò, potei tirare un sospiro di sollievo.

 

Emmett

 

Erano trascorsi tre giorni da quando avevamo scommesso sul futuro della vita matrimoniale del nostro fratellino e, stando al “Bollettino Alice”, la passione per le escursioni di Edward non accennava a passare.

Avevo la vittoria in pugno.

Jasper era fiducioso che la situazione si sarebbe sbloccata presto. Personalmente conoscevo bene la caparbietà di quel vampiro, ed ero più che certo che se aveva deciso di far voto di castità nulla l’avrebbe fermato.

«Smettila di sogghignare!» mi riprese improvvisamente Rose.

«Perché?! Ridevo della trasmissione in televisione …» tentai di giustificarmi.

«Stai guardando una televendita di tappeti Emmett! Smettila di gioire sulle disavventure degl’ altri!»

«Ma stiamo solo scherzan …»

«Se qualcuno avesse scommesso su dite come l’avresti presa?»

«Io bene! Il problema era il suo! Io non vado in bianc …»

«Attento non ti faccia andare io, in “Bianco”, tesoro!»

«Ma Rose …» iniziai a supplicare.

«Attento a te caro! Comunque ero venuta ad avvisarti che esco con Alice. Passeremo dal centro commerciale per scegliere alcuni arredi per il Cottage e … ricomprare un letto.»

«Del letto potete farne anche a meno, tanto quei due non ne hanno bisogno.» sghignazzai.

«Il letto NON è per il Cottage, è per la villa sull’isola …» disse sventolando la mano in segno di saluto.

Rimasi interdetto, ma la lampadina che si accese all’improvviso mi sconvolse.

«Cosa? Cosa? Cosa?» farfugliai piombandole improvvisamente davanti impedendole il passaggio.

«Hai capito benissimo!» cinguettò soddisfatta Alice al suo fianco.

«VOGLIO.I.DETTAGLI!!»

«C’è poco da dire ...» farfugliò con aria di superiorità « ... Ho visto la stanza blu … in “disordine” e una parte della testiera del letto era sgretolata …»

«Fiuuuuuuuuuu non credevo che al vecchietto piacesse il sesso violento.»

«Beh, ti eri sbagliato …» intervenne Jasper alle mie spalle «… ti conviene iniziare a saldare il tuo debito perché a giudicare dalle visioni che ha avuto Alice, direi che gli piace e anche parecchio!» e strizzando l’occhio a quel mostriciattolo di sua moglie se ne andò.

Rimasi solo nel salone a tentare di immaginare la scena, piacevolmente stupito dell’improvvisa intraprendenza di nostro fratello.

Dopo alcuni minuti di perplessità scoppiai in una fragorosa risata.

«Tutto bene Emmett?» chiese Esme affacciandosi dal giardino preoccupata.

«OH Sì! Tutto bene!!!» esclamai continuando a ridere «Ma credo ti convenga prendere in esame le mie idee per ampliare la casetta degli sposini!»

 

Avevo perso la scommessa, ma almeno non dovevo più preoccuparmi del comportamento anomalo di mio fratello. E in fin dei conti: ero felice per lui.

 

 

A presto e commentate!!!!!

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Capitolo 7
*** CAPITOLO 7 ***


Ciao a tutti, grazie infinite a tutti per l'affetto dei vostri commenti, e per il solo fatto che la seguite anche solo silenziosamente. Spero che questo possa rallegrare la settimana appena cominciata...

Buona Lettura

Cap.7

Edward

A malincuore mi ero dovuto separare da lei. Se volevo continuare a “fare allenamento”, per usare una sua espressione, dovevo necessariamente nutrirmi molto più spesso di quanto non avessi fatto fin ora. Ma rinunciare era improponibile ormai.

Le avevo lasciato un messaggio sul cuscino perché non si preoccupasse della mia assenza, anche se, ultimamente, non c’era pericolo si svegliasse d’improvviso. Il sonno profondo in cui sprofondava per tutta la notte e oltre, in alcuni casi, era a prova di cannonata, potevamo saltare in aria con tutta l’isola e non si sarebbe mossa. Questo suo nuovo ritmo della giornata mi lasciava alquanto perplesso … forse era solo il cambiamento d’aria e di abitudini … se fosse continuato anche al nostro ritorno a Forks un check-up generale, non gliel’ avrebbe levato nessuno.

Ormeggiai il motoscafo al porticciolo e scesi. Sull’isola regnava il silenzio più totale, eccezion fatta per un lieve brusio: la televisione.

Si era svegliata.

Il solo fatto che si fosse svegliata senza trovarmi vicino a sè mi riempì di tristezza. Purtroppo avrei dovuto iniziare a vivere con quel senso di inadeguatezza, non ero abbastanza per lei, anche volendo non avrei potuto essere sempre al suo fianco, in un futuro, quando fosse stata immortale come me, la parola inseparabile avrebbe acquisito sicuramente maggior significato. Per il momento io ero il vampiro e lei l’umana; e non potevamo condividere tutto. La mia natura m’imponeva dei limiti.

Entrai in casa e avvertii odore di fritto. La finestra di cucina era aperta e anche un’altra a giudicare dalla leggera brezza che scorreva per casa.

Doveva esserle venuta fame e si era preparata qualcosa, certo il fritto in piena notte non era il miglior spuntino che si potesse fare, ma ultimamente non mi stupivo più delle stranezze che mangiava a tutte le ore.

La trovai nel salotto a pianterreno, la televisione sfrigolava, il film nel lettore dvd doveva essere finito già da un po’. Lei era lì, sdraiata sul divano.

Addormentata.

Bellissima.

Probabilmente non ne aveva visto nemmeno un minuto. Con il caldo soffocante che c’era in casa ed il fritto sullo stomaco era un miracolo dormisse così tranquilla.

Il respiro un po’ affannato, le carezzai il viso, quella pelle così chiara resa appena dorata dal sole, la rendeva, se possibile, ancor più bella … la sfiorai appena e mi resi conto di quanto fosse sudata. Era il caldo asfissiante che regnava in casa a farla sudare così, sicuramente era per quello che si era svegliata. Mi sedetti vicino a lei e circondandola con le braccia, me la portai sul petto. Se non altro potevo almeno darle refrigerio.

Lentamente la sua temperatura corporea si normalizzò.

Ero stato un irresponsabile a non pensare che il caldo e l’umidità tropicale potessero darle noia. Noi non percepivamo la temperatura come gli umani, per loro era assolutamente necessario un condizionatore.

Appena si fosse fatto giorno avrei chiamato per farne installare uno in ogni stanza.

Se non fosse stato per un paio di sporadici mugolii che finalmente le sentii emettere, avrei potuto pensare fosse morta. Da che l’avevo appoggiata sul mio petto, sollevandola come un peso morto, non si era più mossa.

Ormai era quasi mezzogiorno.

Si rigirò dalla sua posizione fetale con insofferenza e fastidio.

Il caldo doveva essere soffocante per lei.

Lentamente aprì gli occhi, la strinsi ancor di più nel mio abbraccio. Se anche si era svegliata nel cuore della notte, da sola volevo farle sentire che ero lì con lei adesso, che lo ero sempre stato; ma il suo corpo s’irrigidì improvvisamente. Non era quella la reazione che mi aspettavo, forse l’avevo stretta troppo.

«Scusa», mormorai carezzandole la fronte ancora madida di sudore. «Altro che pignolo. Non pensavo che senza di me avresti sofferto il caldo. Prima di andarmene farò installare un condizionatore …».

«Ti prego!», m’interruppe tossendo, cercando di divincolarsi dalla mia stretta.

Impreparato e scioccato della sua reazione sciolsi subito l’abbraccio. «Bella?».

Non finii nemmeno di dire il suo nome che era scappata dalla stanza coprendosi la bocca con una mano.

Stava male.

Si sentiva male.

Un istante dopo ero da lei, a sorreggerla mentre, piegata sul water, era preda ad un violento attacco di vomito.

Due lauree in medicina dovevano quanto mento darmi la possibilità di valutare il tipo di malessere che aveva, ma angosciato com’ero nel vederla stare male non sarei stato in grado neanche di attaccarle un cerotto, figuriamoci di farle una diagnosi.

Dovevo portarla da un medico, A Rio avremmo sicuramente trovato una persona competente.

Intanto i conati di vomito non accennavano a finire.

«Bella? Che ti prende?».

«Maledetto pollo avariato»,brontolò sfinita.

«Ti senti bene?». Che domanda idiota. Era lampante che stesse male.

«Sì», boccheggiò. «È soltanto un’intossicazione alimentare. Non sei obbligato a guardarmi. Vattene».

Cosa????”«Neanche per idea, Bella».

«Vattene», urlò con voce strozzata rialzandosi dal pavimento dove si era accasciata. Ignorando le sue stupide proteste la sorressi finché non si fu sciacquata la bocca, la presi in braccio e la portai a letto sdraiandola con la massima delicatezza, fra le mie braccia.

«Intossicazione alimentare?».

«Sì», gracchiò. «Stanotte ho cucinato del pollo. Sapeva di marcio e l'ho buttato via. Ma ne avevo già mangiato un po'».

Una simile reazione ti avrebbe dovuto far salire la febbre”«E adesso come stai?» le chiesi posandole una mano sulla fronte per verificare la temperatura. “No. Niente febbre. Almeno per ora.”

«Tutto a posto. Un po' affamata, forse». Rispose un attimo dopo.

Ancora una volta uova.

Non ci fu modo di convincerla a cambiare menù, dopo un simile disturbo sarebbe stato meglio se avesse mangiato qualcosa di più leggero e non uova fritte.

Fu irremovibile.

Tutto ciò che ottenni fu di posticipare il pranzo di un paio d’ore in modo da rendersi conto se fosse veramente stato un disturbo passeggero o no.

 

Divorato il pranzo con una voracità degna del guinness dei primati, ci accomodammo in salotto, e accoccolata sul mio petto, iniziò a sonnecchiare.

Mentre le carezzavo i capelli, cullandola nel sonno, cercai di convincermi che forse mia sorella aveva ragione: ero troppo iper ansioso. Dovevo tranquillizzarmi. “Questi tipi di disturbi sono frequenti in coloro che non vivono nelle zone tropicali” … le guance erano nuovamente rosee, il respiro regolare … dovevo smettere di andare nel panico ogniqualvolta le accadeva qualcosa … aveva deciso di restare umana ancora per un po’ e queste cose potevano capitare.

Dovevo farmene una ragione, altrimenti avrei reso la vita impossibile anche a lei.

È più semplice a dirsi che a farsi …” commentai tra me carezzandole la schiena. “un soffio di vento può portarmela via in ogni istante …”.Alzò la testa guardandomi con quel suo sguardo colmo d’amore, come se avesse percepito la mia preoccupazione e volesse confortarmi, lentamente iniziò ad avvinarsi fin quando … esattamente come poche ore prima, si coprì la bocca con una mano e schizzò via.

Questa volta la soccorsi al lavandino di cucina.

«Forse dovremmo tornare a Rio da un medico», osai suggerirle ansioso, mentre si sciacquava.

Ostinata come poche scosse la testa in senso di diniego «Mi lavo i denti e vedrai che starò meglio». E impettita, puntò dritta verso il bagno.

Esitai nel seguirla ancora.

Ero troppo apprensivo. Dovevo moderarmi, controllarla ma non farle sentire il fiato sul collo.

No. Non era per niente semplice.

Ma forse la vita di coppia era anche questo. Avevamo passato molto tempo insieme, ma mai completamente soli io e lei.

Forse era normale tutta questa suscettibilità.

Dal bagno provenivano strani rumori, stava rovistando dentro qualcosa, forse stava solo cercando qualche medicinale per fermare i conati, il kit del pronto soccorso doveva essere là …

Cinque minuti …

Ok, il bagno era grande, ma non immenso. Era impossibile non l’avesse ancora trovato …

Silenzio.

Un quarto d’ora di silenzio.

Troppo.

«Tutto bene?», domandai bussando, forse, un po’ troppo vigorosamente sulla porta chiusa. «Ti viene ancora da vomitare?».

«Sì e no», sembrava soffocasse.

No questa non è la risposta che volevo sentire.”«Bella? Posso entrare, per favore?». Mi stavo agitando.

«O...kay».

L’indecisione della sua voce NON era buon segno. Entrai con cautela, analizzando ogni dettaglio. Lei era seduta a gambe incrociate sul pavimento accanto alla valigia, lo sguardo vuoto e fisso davanti a sè.

Adesso ero preoccupato.

La sua espressione sconvolta mi stava autorizzando a preoccuparmi.

Ma poiché dovevo mostrarmi calmo, quantomeno a lei, presi un profondo respiro e mi sedetti al suo fianco sfiorandole la fronte.

Niente febbre, quindi non stava peggiorando.” «Cosa c'è che non va?».

«Quanti giorni sono passati dal matrimonio?», sussurrò.

«Diciassette», risposi automatico cingendole le spalle con il bracco. «Bella, che c'è?».

Forse mi ero scordato qualcosa … una di quelle cose che le donne ricordano sempre e gli uomini no … no impossibile.

Ma come se nulla fosse, iniziò a contare.

Una volta.

Due volte.

Feci per parlare ma fui zittito all’istante con un dito. Ed i conteggi ripresero.

Tre volte.

Quattro volte.

ADESSO BASTA!” «Bella!»,sussurrai per non sembrarle irruento, fremevo dentro dall’impazienza.«Mi stai facendo saltare i nervi».

Deglutì.

Strinsi i pugni per non esplodere e convogliare altrove la mia ansia.

Si sporse verso la valigia e dopo avervi frugato dentro, ne estrasse una scatolina di assorbenti e me la mostrò.

A che gioco stiamo giocando? Non mi sembra il momento Bella!! Calma, devo mantenere la calma.”«Che? Stai cercando di dirmi che è colpa della sindrome premestruale?».

«No», ansimò. Brutto, anzi, pessimo segno. «No, Edward. Sto cercando di dirti che ho un ritardo di cinque giorni».

Devo aver capito male.”

«Non credo sia stata un'intossicazione», aggiunse.

Ma il ronzio che mi era esploso improvvisamente in testa m’impediva di comprendere distintamente il suono delle sue parole: “un ritardo di cinque giorni …”aveva detto.

ritardo … cinque giorni … ritardo …” ero cosciente che stesse ancora parlando ma quelle tre parole mi stavano martellando il cervello “cinque giorni … ritardo … cinque giorni …”

«… … Oh. Oh. … Oh!».Gemette

OH Cazzo! NO NON.È.POSSIBILE!” La sua mano si posò sullo stomaco. “DEVE ESSERCI UN ERRORE. IO.SONO.UN.VAMPIRO!”

«Oh!», strillò mentre rialzandosi, si sfilò dal mio abbraccio.

Che rimase bloccato com’era.

Non riuscivo a muovere nessun muscolo.

Il mio cervello stava ancora elaborando la notizia e vagliando l’entità del problema; non era materialmente in grado di svolgere altre funzioni, neppure le più elementari.

incinta … aspetta un bambino …” Per la frazione di un secondo vidi Bella con in braccio un fagottino rosa, una bambina di rara bellezza, come sua madre … gli stessi occhi.

Fu solo un flash. Vidi Bella, davanti ai miei occhi, sollevarsi la camicetta e analizzare il lieve rigonfiamento del suo ventre.

DEVE essersi sbagliata.”

Annullai quell’immagine dalla mia mente. Non era possibile. Non lo sarebbe mai stato, NON DOVEVA ESSERE.

«Impossibile», mi sembrò di sentirle sussurrare.

Sì! GIUSTO! IMPOSSIBILE! I VAMPIRI.SONO.STERILI. ED IO SONO UN VAMPIRO.” Le mie poche certezze stavano vacillando … NON POTEVA ESSERE INCINTA.

I vampiri NON POSSONO procreare” ma lei continuava a studiarsi il corpo “Anche nella remota, quanto IMPOSSIBILE, ipotesi che lo fosse non poteva essere così tanto incinta, dopo solo cinque giorni …”

«Impossibile», ribadì,

ESATTO! È quello che dico io: IMPOSSIBILE.” Perché mi stava guardando? Cosa stava pensando?

Perché non parlava più? Ah sì, forse aspettava le dicessi qualcosa.

Vuoto completo.

La mia mente aveva fatto tabula rasa di ogni pensiero.

Non ero in grado di dirle assolutamente niente. Non avevo idea di cosa stesse succedendo, di conseguenza cosa dire …

non può essere già così visibile” pensai improvvisamente mentre la vidi premere, con cautela, le dita sul ventre.

Il suo sguardo improvvisamente cambiò.

Il cellulare squillò improvvisamente … Solo una persona avrebbe potuto chiamare in quel momento … fu il panico … e il mio stato di shock raggiunse il punto di non ritorno.

Alice

 Solo quando spalancai la porta dello studio di Carlisle mi resi conto di quanto avevo rischiato di far saltare la nostra copertura per non essermi mossa con discrezione nel tragitto fino all’ospedale; la prima volta avevo rischiato di perderli entrambe ma per fortuna era andata bene, non potevo sperare una seconda volta della stessa fortuna.

Ero a caccia con Jasper quando l’immagine di Bella si materializzò davanti ai miei occhi: esanime su un lettino di ospedale, in un lago di sangue.

Questa volta ci saremmo messi in contatto con lui in tutti i modi a costo di far irruzione armata sull’isola! Scattai all’istante verso l’Ospedale di Forks mentre Jasper avvisò nostro padre dell’emergenza e del mio arrivo.

«CARLISLE!» gridai sulla porta del suo studio.

«Ho appena finito di parlare con Jasper. Chiudi la porta e parliamo un attimo.»

Feci come disse e mi sedetti sulla poltroncina davanti alla sua scrivania.

«Quanto tempo abbiamo prima che si avveri la tua visione?» domandò cercando di nascondere l’ansia.

«Una decisione è stata presa nel momento esatto in cui ho visto Bella ridotta in quello stato … non ho idea da chi sia dipesa … forse un paio di settimane, tre al massimo.»

«Quindi abbiamo margine di tempo per rintracciarli e farli rientrare.»costatò tra sé «Proviamo a chiamare Edward.»

Senza nemmeno aspettare che finisse di parlare avevo già composto il numero.

Squillava, questo era già un fatto positivo.

Dopo cinque squilli iniziai a farmi prendere dallo sconforto.

«Squilla a vuoto.» mormorai.

Carlisle non rispose.

Quando improvvisamente «Ciao, Alice», rispose con un rantolo Bella, inutile schiarirsi la voce per tentare di camuffare: era successo qualcosa.

«Bella? Bella, stai bene?». “Ti prego dì di sì …”

«Sì. Ehm. C'è Carlisle?».

Ovvero … no.” «È qui. Qual è il problema?» provai ad insistere.

«Non sono sicura... al cento per cento».

No sorellina. Questo tono della tua voce NON MI PIACE.” «Edward sta bene?», chiesi spaventata. Non avevo avuto visioni in merito ma, ultimamente, non le ritenevo così attendibili da poter essere certa che non mi fosse sfuggito qualcosa.

Feci cenno a Carlisle di avvicinarsi ma continuai a cercare di ottenere delle risposte. Il solo pensiero che fosse successo qualcosa a Edward mi mandava nel panico. «Perché non ha risposto lui?».

«Non lo so».

«Bella, che succede? Ho appena visto...».

«Cosa?». M’interruppe bruscamente.

La sua voce tremava, e mi pentii immediatamente di averle fatto intuire qualcosa, ma evidentemente avevo ragione: qualcosa di grave era appena accaduto.

Onde evitare che la mia linguaccia facesse ulteriori danni, scelsi di tacere.«Ti passo Carlisle», dissi, infine, in preda allo sconforto.

 Carlisle

 «Bella, sono Carlisle. Che succede?».

«Io...». Pochi secondi di interminabile silenzio mi diedero subito la conferma che le notizie non sarebbero state delle migliori «Sono un po' preoccupata per Edward... È possibile che un vampiro cada in stato di shock?».

Signore ti prego fa che non sia accaduto nulla a mio figlio.”«È ferito?». Domandai tradendo la mia impazienza.

«No, no. Soltanto... colto di sorpresa».

Dio ti ringrazio.”Solo che adesso avevo bisogno di tutte le spiegazioni del caso «Non capisco, Bella».

«Penso, be', penso che forse... potrei essere...», la sentii prendere un profondo respiro, il mio si fermò all’istante. «incinta».

Dio mio …” fu tutto ciò che il mio cervello riuscì a dire in quel momento.

Non era possibile. I vampiri non potevano procreare. Ci doveva essere un’altra spiegazione, Bella non era una sprovveduta ma magari aveva scambiato alcuni sintomi di qualche altro disturbo per quelli della gravidanza. Anche se fosse,sarebbe comunque troppo presto per essersene accorta.

Era chiaro come il sole che si stesse sbagliando.

Alzai lo sguardo, una frazione di secondo e vidi Alice guardarmi sconvolta.

Ok. Manteniamo la calma”«Quando è iniziato il tuo ultimo ciclo mestruale?».

«Sedici giorni prima del matrimonio». “Quindi c’è un ritardo …”«Come ti senti?».

«Strana», “… questo non qualifica …”«Ti sembrerà una follia ma, ascolta, so che è troppo presto. Forse sono davvero pazza. Ma continuo a fare sogni strani, a mangiare, piangere e vomitare, e... e... giuro che qualcosa si è mosso dentro di me un attimo fa». La voce era rotta dal pianto.

Troppo presto per delle crisi emotive, e troppo presto per sentire i movimenti del bambino … sempre che fosse un bambino … un cassetto nel fondo della memoria si aprì all’improvviso riportandomi alla mente alcune leggende che parlavano di donne che avevano concepito figli da vampiri … non avevo mai conosciuto nessuno che me ne avesse parlato di persona pertanto avevo sempre considerato questi racconti come dicerie popolari … a quanto pare mi stavo sbagliando poteva esistere questa remota possibilità …

 Edward

 “Carlisle… è Carlisle … al telefono.” Cercai di concentrarmi sul mio braccio, era pesantissimo … tutto il mio corpo era diventato tremendamente pesante “Devo parlargli … lui sicuramente avrà una spiegazione per tutto ciò …perché DEVE.ESSERCI.UNA.SPIEGAZIONE.”E con uno sforzo sovrumano allungai la mano per farmi passare il cellulare.

Bella farfugliò ancora qualche incomprensibile parola e me lo passò

«È possibile?», sussurrai senza nemmeno aspettare che parlasse.

«Temo di sì. Ci sono alcune antiche leggende che raccontano di fatti simili, evidentemente il feto ha caratteristiche genetiche più simili a quelle del padre che non a quelle della madre, ciò spiegherebbe il perché della crescita accelerata e …»

«E Bella?», domandai stringendola al mio fianco. Non avrei potuto affrontare la risposta senza sentirla accanto a me.

«Non si tratta di un parto normale. Il feto è più forte della madre già dal suo concepimento, secondo quanto narrato nelle leggende, il bambino viene alla luce dilaniando dall’interno il grembo materno …»

Un muro nero calò davanti ai miei occhi.

«Per la madre non ci sono speranze.» sentenziò infine, la sua voce giungeva alle mie orecchie lontanissima. «dobbiamo farla abortire. Il prima possibile. È in gioco la sua vita, ogni istante è prezioso. Rientrate immediatamente.»

«Sì. Sì, certo che sì». E chiusi la comunicazione.

«Che dice Carlisle?» domandò impaziente.

«Secondo lui sei incinta» risposi con un filo di voce. Il solo pronunciare quella parola dava la nausea anche a me.

«Chi stai chiamando adesso?»chiese titubante.

«L'aeroporto. Torniamo a casa.» Il tono con cui le risposi non ammetteva repliche e un silenzio di ghiaccio calò nella stanza.

 

Come se mi fossi liberato dalle catene che mi avevano imprigionato fino a pochi istanti prima fui invaso da una scarica di adrenalina pura.

Iniziai a organizzare il rientro, fortunatamente era già pomeriggio inoltrato, mancavano si e no un paio d’ore al crepuscolo saremmo potuti partire in serata e avrei potuto attraversare Rio senza dare nell’occhio. Telefonavo, preparavo le valige e cercando di controllare ogni sua mossa. Mi muovevo come un automa senza soffermarmi più del necessario su quanti facessi.

Possibile che sia così complicato trovare un volo per stanotte!”imprecai dentro di me dopo che mi avevano passato il quinto operatore della compagnia aerea, quando sentii un fruscio e mi voltai di scatto, Bella mi fissava impaurita.

Ovvio. Era nuovamente in pericolo di vita, e ce l’aveva messa proprio colui che avrebbe dovuto proteggerla.

Che fosse sotto shock era il minimo.

In un attimo mi accorsi che era ancora in pigiama. Presi il primo completo che mi capitò a portata di mano e lo lanciai sul letto.

Intanto al telefono mi avevano passato il sesto operatore.

Mentre raccoglievo le nostre cose, vidi che si era cambiata. Bene. Almeno si era mossa dallo stato catatonico in cui mi osservava.

L’urgenza di rientrare era diventata pressante. Non avremmo trascorso sull’isola un minuto di più del necessario. Se le fosse accaduto qualcosa non me lo sarei perdonato. Come avevo potuto agire con una tale leggerezza … certo nessuno poteva immaginare … ero stato troppo sicuro di me.

Se fosse morta … questa volta nessuno mi avrebbe fermato, vivere senza di lei non avrebbe avuto più senso, e scontare la mia colpa per l’eternità non sarebbe stato comunque abbastanza.

Cercai il suo sguardo e mi resi conto che era sparita.

Come avevo fatto a non rendermi conto che era uscita dalla stanza?

Nuovamente il senso di panico iniziò a rimbombarmi in testa come un tamburo.

Setacciai tutte le stanze della villa fino a che non la trovai in cucina, intenta a fissare il vuoto dalla finestra sopra il lavello, un pacchetto di ciambelline appena aperto, una mano sul ventre.

Mi sentii morire.

«Bella?» domandai cauto. Non sapevo cosa aspettarmi: sbalzi d’umore, altre nausee … una cosa era certa qualunque cosa la facesse stare in quello stato, riusciva a paralizzarmi all’istante.

Si voltò e le lacrime che le inondarono il viso mi misero K.O.

«Bella! Stai male?». Domandai stringendo il suo viso tra le mani

«No, no...».

«Non temere. Sedici ore e saremo a casa. Andrà tutto bene. Carlisle è pronto ad accoglierci. Ce ne occuperemo noi e tu guarirai, guarirai». La rassicurai cullandola nel mio abbraccio.

«Ce ne occuperemo noi? In che senso?»

Come in che senso??? Non penserà mica di andare ad abortire in un comune ospedale??”«Dobbiamo tirare fuori quella cosa prima che possa farti del male. Non temere. Non permetterò che ti faccia del male» le confermai guardandola negl’occhi.

«Quella cosa?»,esclamò con un tono che forse non avrei dovuto sottovalutare, ma i rumori che provenivano dall’esterno catalizzarono la mia attenzione.

«Maledizione! » “Un altro problema da sistemare” «Ho dimenticato che oggi doveva passare Gustavo. Mi sbarazzo di lui e torno subito». Come diavolo avevo fatto a scordarmelo. E in un istante fui da loro.

 Alice

 La notizia della gravidanza di Bella, fu accolta con non poco stupore e preoccupazione, specialmente riguardo l’evolversi così rapido della stessa.

Persino Emmett si era astenuto dal fare commenti.

Inutile dire che dopo la mia visione eravamo già preparati al peggio. Ovviamente Edward non ne era ancora informato.

L’unica che sembrava più irritata che dispiaciuta da tale evento era Rosalie.

Le motivazioni erano purtroppo note a tutti e solo per quelle veniva tollerato il suo comportamento.

«Io vado a caccia, se volete stare qui a compiangere Bella non ci sono problemi. Posso andare anche da me», soltanto Emmett si alzò per accompagnarla. «Porta il cellulare con te, riceverai una chiamata.» le dissi prima che uscisse.

«Non aspetto chiamate.» sentenziò acida.

«Eppure la riceverai, non so da chi, ma accadrà entro breve.» le risposi cercando di mantenere un distacco. Mi fissò per un lungo istante, sbuffò e se ne andò.

 Kaure

 Quei suoi modi gentili e raffinati poco si confacevano all’espressione del suo viso.

Stava dicendo a Gustavo che erano in partenza. Perché?

Non c’era spiegazione per quella partenza frettolosa, sennonché il sacrificio di quella fanciulla si fosse appena compiuto … Non mi diedi per vinta finché non ottenni il permesso di entrare.

Dovevo sapere.

Mi era stato detto di vigilare anche per la nostra sicurezza e non me ne sarei andata finché non avessi ottenuto tutte le risposte che cercavo.

Ma mai mi sarei immaginata di trovarmi davanti ad una tale realtà.

Con il mio pretesto d’ingresso stretto tra le braccia, entrai in casa seguendo il demone a debita distanza fino alla cucina dove, fortunatamente, vidi la giovane donna ancora viva ma, a giudicare dal suo aspetto, e dalle lacrime che doveva aver appena versato, ancora per poco …

Dovevo aver interrotto qualcosa, e ne andai fiera.

«Non credere che non sappia cosa stai per farle! Ti stiamo controllando!» gli dissi in un improvviso slancio di coraggio mentre posavo sul tavolo il pranzo che avevo“appositamente preparato” per loro.

«Sei entrata. Hai visto ciò che volevi vedere, adesso sparite entrambi da questa casa. Non ho tempo da perdere con le vostre paranoie.»

Ignorandolo completamente feci per andarmene quando lo vidi scattare verso la ragazza, mi voltai per capire cosa fosse successo e la vidi riversa sul lavandino a vomitare … lui che cercava di soccorrerla e nello stesso tempo di togliere di mezzo il cibo che le avevo portato …

L’odore le aveva dato la nausea …

No … non era possibile …

Ma quando vidi le sue mani posarsi sul ventre, non ebbi più dubbi …

Era incinta … di quel demonio …

Assassino …”fu il mio primo pensiero e come se lo avesse percepito si voltò verso di me proteggendo la donna che aveva appena abbracciato.

«SEI UN MOSTRO!! UN DEMONE DEL MALE!!! NON SOLO LA VOLEVI SACRIFICARE MA HAI PRETESO CHE GENERASSE UN ALTRO DEMONE COME TE!! ASSASSINO!!» gridai con tutto il fiato che avevo in gola.

Lo vidi avanzare verso di me, ero pronta a subire l’impatto di tutta la sua ira, forse sarei morta, ma almeno non sarei stata una codarda.

Riuscì a sorprendermi.

«Hai ragione, sono un mostro.»disse parlando perfettamente il dialetto della mia tribù «credimi se ti dico che non era mia intenzione farle alcun male … io la amo più della mia stessa vita … ti assicuro che non avevo idea che potesse accadere tutto ciò … » la sua voce era talmente intrisa di dolore che non ebbi la forza di replicare «Non so come porvi rimedio … non ho idea di cosa le accadrà …»

La sua era una supplica.

Mi stava chiedendo di dirgli cosa sarebbe accaduto alla sua sposa …

Antiche leggende narravano di rari casi in cui i Lobishomen che avevano concepito figli con delle donne umane …

«Ti prego se sai qualcosa, dimmelo … ho bisogno di salvarla …» insistette ancora.

«Dovevi riflettere prima sulle tue gesta!» risposi ancora in preda alla collera.

Per quelle povere donne non c’era stata via di scampo. «Non sopravvivrà … ciò che porta in grembo la divorerà …»

«NO! Tirerò fuori quella cosa dal suo ventre e lei VIVRA’!»

Ero scioccata dall’accanimento con cui quell’essere voleva che la donna vivesse. Forse l’amava davvero … Mi avvicinai alla giovane,

«Quando e successo?» gli domandai

«Due settimane fa.» rispose secco.

«Quando ve ne siete accorti?»

«Non più di un’ora fa.»

«Avete aspettato troppo. Lui è forte, molto più forte di lei. Non farai in tempo …» risposi addolorata. Il suo volto trasfigurò in una maschera di dolore.

«NO! Deve esserci una via d’uscita … partiremo questa sera stessa … non permetterò che muoia …»gli sentii sussurrare come se avesse bisogno di convincersi che tutto sarebbe andato per il meglio.

Provai un’immensa pena per entrambe.

Mi avvicinai alla giovane donna che ci guardava parlare di lei senza, probabilmente, capire ciò che ci stessimo dicendo e posandole una mano sul ventre dissi, nel mio inglese stentato, una delle poche parole che conoscevo della loro lingua «Morte» sibilai piano, guardandola negli occhi, sperando che con quello avesse capito la gravità della sua situazione, diedi loro le spalle e me ne andai.

 Edward

 Quel verdetto così secco ed esplicito m’impietrì. Solo quando la sentii allontanarsi ripresi conoscenza.

«Dove vai?». Le sussurrai afferrandola per una spalla.

«A lavarmi i denti un'altra volta».Rispose atona.

«Non badare a ciò che ha detto. Sono soltanto leggende, vecchie bugie inventate per passare il tempo».

«Non ho capito niente»

non è vero …” «Ti ho messo lo spazzolino in valigia. Vado a prenderlo». Dissi precedendola in camera.

Queste frasi di circostanza mi stavano uccidendo.

«Ce ne andiamo presto?». Il suo tono era, ormai, glaciale.

«Appena sei pronta». Andò in bagno per tornare subito dopo con lo spazzolino in mano «Porto i bagagli sulla barca».

«Edward...».

Mi voltai di scatto. «Sì?».

«Ti va di... portare via anche qualcosa da mangiare? Sai com'è, potrebbe tornarmi la fame».

«Certo», vederla così impaurita, mi finì di annientare «Non preoccuparti di nulla. Fra qualche ora saremo da Carlisle. Presto sarà tutto finito».

 Rose

 Stavo facendo la doccia quando il cellulare prese a squillare. Uscii trafelata dal bagno e lo afferrai soffermandomi sul display: EDWARD.

Che cosa voleva adesso da me quello sciagurato irresponsabile.

Mi sembrò di un estremo cattivo gusto volermi parlare in questo momento; pretendeva forse che lo aiutassi nei suoi folli propositi?

La mia opinione non era stata richiesta e quindi mi ero guardata bene dall’esprimerla ma, dai preparativi di Carlisle, avevo già capito quali fossero le loro intenzioni … Aveva bisogno di un’assistente per l’intervento? Avevano sentito il parere di Bella? Sicuramente lei era d’accordo … erano fatti della stessa pasta quei due …

Il telefono non accennava a smettere di squillare … Questa volta mi avrebbe sentita!

«Pronto?», risposi aprendo lo sportellino con rabbia.

«Rosalie?», sussurrò l’unica voce che non mi sarei mai aspettata di sentire. «Sono Bella. Ti prego. Devi aiutarmi».

 

 

A presto e commentate!!!!

 

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Capitolo 8
*** CAPITOLO 8 ***


Grazie ancora a tutti per la vostra pazienza e per i numerosi messaggi che mi avete inviato sia su efp che in privato.

Buona lettura!

 

Cap. 8

Rose

Chiusi la chiamata e mi sdraiai sul letto … tutti mi sarei aspetta meno che LEI. La sua telefonata mi aveva sorpreso almeno quanto il favore che mi aveva chiesto.

La notizia della gravidanza di Bella era stata una doccia fredda, e l’avevo subito considerata come la più grande offesa che mi avesse mai potuto arrecare. A lei non interessava avere figli, era pronta a rinunciare a tutto e le era toccata una delle gioie più grandi che una donna potesse avere; io che avrei venduto anche l’anima per la stessa opportunità mi ero vista negare tutto, per l’eternità. Dov’era la giustizia divina di cui Carlisle parlava tanto, in tutto ciò?? L’idea che volesse abortire mi aveva mandata completamente fuori di senno. Per calmarmi avevo abbandonato tutti in casa, compreso Emmett, che implorava di accompagnarmi, ed ero andata nel bosco a sfogare la mia rabbia nella caccia. Come poteva solo pensare di ripudiare una simile fortuna, non mi era mai stata particolarmente simpatica e l’avevo invidiata, adesso invece la odiavo.

Con tutta me stessa.

Ma mai avrei immaginato come potesse evolversi tutta questa storia.

Il fatto che mi avesse cercato, lasciava da pensare che avesse capito la piega che stava prendendo questa situazione, non era una stupida, anche se, in svariate occasioni aveva dimostrato il contrario e, indubbiamente conosceva bene suo marito che, insieme a nostro padre, ora come ora, mi scatenava, con i suoi folli ragionamenti, una rabbia furiosa!

Avevo accettato di aiutarla, ma ancora dovevo decidere se sentirmi lusingata o offesa della sua richiesta. Mi aveva scelta perché sapeva di poter fare leva sulla mia debolezza … conosceva bene anche me … e questo non era leale.

Avrei chiarito questa cosa a tempo debito. Ora come ora le avevo promesso il mio aiuto e non era da me rimangiarmi la parola data.

Da quando eravamo venuti a conoscenza della sua maternità, ovvero solo poche ore fa, solo Edward ci aveva reso partecipi della sua opinione in merito. Nessuno aveva idea di come la pensasse Bella … almeno fino a questo momento.

Direi che è giunto il momento di rendere pubblico il suo pensiero …” pensai alzandomi di scatto dal letto per cominciare a prepararmi.

Sarebbero arrivati tra circa sedici ore … non potevo portare avanti questa crociata da sola, avevo bisogno di un supporto che riuscisse a mettere dei freni non solo ad Edward ma anche a Carlisle … dovevo parlare con Esme.

Bella

Non so chi mi avesse dato il coraggio di fare quella chiamata, ma in quel momento avevo avuto l’illusione che fosse la mia unica via d’uscita.

Poche parole e misurate, Edward sarebbe potuto tornare in qualsiasi momento.

Una frazione di secondo di esitazione nella sua risposta, sembrò tenermi col fiato sospeso per un’eternità.

«Parla.» disse con tono sostenuto.

Immaginai che la notizia della mia gravidanza fosse già di dominio pubblico, quindi andai subito al punto.

«Voglio tenere questo bambino. Edward non è d’accordo. Sei l’unica che possa aiutarmi. Ti prego.»

Un altro interminabile silenzio di una frazione di secondi mi tenne in bilico tra la vita e la morte.

«Ok. Conta su di me. Sarò all’aeroporto, al vostro arrivo. Poi parleremo.» rispose concisa, e senza dire altro chiuse la chiamata.

Mi sentii improvvisamene sollevata dallo sconforto in cui ero sprofondata, presi un profondo respiro e riposi il cellulare nell’esatto punto in cui l’avevo trovato.

 

Edward tornò in cucina alcuni secondi dopo e pregai con tutta me stessa che non avesse sentito.

Si fermò sulla soglia della stanza mi guardò, tensione rabbia e disperazione si alternarono nel suo sguardo.

«Come ti senti?» mugolò.

«Abbastanza bene … non ho più rimesso … stavo … stavo guardando cosa prendere nel caso avessi fame.» la mia voce tremava, non sapevo mentire e non avevo avuto abbastanza tempo per preparare un risposta adeguata. Sperai che non facesse caso alla titubanza nella mia voce, incolpando le circostanze della mia agitazione, e così fu.

«Sì … certo … tutto quello che vuoi … le valige sono sul motoscafo … se te la senti, partiamo subito … oppure …»

«No … no, adesso … va bene.»Sì, adesso poteva andare bene.

«Non trovo il cellulare.» disse con lo stupore nella voce, doveva essersi reso finalmente conto di quanto tutta questa storia lo avesse sconvolto e, come avevo già notato io in precedenza, non era da lui. Silenziosamente glielo porsi. .

«È qui.» risposi porgendoglielo con disinvoltura.

«Ah … bene … grazie» rispose mal celando l’imbarazzo per la sua disattenzione «allora, andiamo.» lo fece scomparire nella tasca del jeans e cingendomi con un braccio le spalle uscimmo da casa.

 

Il viaggio non fu dei migliori.

Il tragitto in motoscafo fino a Rio non si poté certo definire un toccasana per le mie nausee, e ogni volta che davo di stomaco l’espressione di Edward diventava sempre più tesa.

Lo stesso fu in aereo.

Cercai di mantenere la calma per non fare trapelare il mio piano, mentire, specialmente a lui, era una cosa insopportabile, ma non c’erano alternative.

Ci scambiammo forse quattro parole in tutto, ogni volta che provavo a mettere in bocca qualcosa, pochi minuti dopo iniziavo a vomitare, Edward mi accompagnava in bagno per aiutarmi e ne uscivo sempre più esausta. E come se recitasse una litania, lo sentivo borbottare ogni sorta d’improperio contro se stesso.

Il suo sguardo colpevole era ciò che mi faceva soffrire di più.

“Come stai?” e “Cerca di riposare.” Venivano ripetute come un disco rotto ogni volta che mi vedeva portare le mani sul ventre. Cercava di mantenere la calma ma conoscevo troppo bene le espressioni del suo viso per non capire cosa nascondesse quella sua imperturbabile facciata di neutralità.

A tratti era di una dolcezza infinita, poi la rabbia divampava in lui trasformandolo in un demone deturpando i suoi lineamenti perfetti.

Non avevo mai preso in considerazione l’idea di una gravidanza, ma indubbiamente non avrei mai immaginato che il futuro padre la prendesse così male … certo non era una gravidanza normale … ma anche i genitori non erano“tradizionali”.

Forse l’istinto materno che era esploso tutto d’un tratto in me, mi spingeva a proteggere il mio piccolo brontolone oltre ogni misura, e sicuramente sottovalutare questa maternità così particolare mi faceva peccare di un’eccessiva incoscienza; ma anche la sua iperansiosità era eccessiva e, sinceramente, mi stava spaventando, c’erano instanti in cui le sue espressioni rasentavano la cattiveria.

Stando a queste premesse, Edward, non avrebbe assecondato la mia decisione di tenere il bambino, scontrarsi contro un muro di marmo sarebbe stato più semplice che scontrarsi contro la sua volontà … non sarebbe certo stata la prima volta che avevamo opinioni discordanti … ma questa volta non era in gioco solo la mia vita, e questo pensiero mi mandava nel panico, non avevo idea del punto fino cui mi sarei potuta spingere ma il fatto che Rose fosse dalla mia parte mi dava sicurezza, anche se sapevo perfettamente che non sarebbe stata una passeggiata di salute. Per cercare di non pensare a ciò che avrei dovuto fare da lì a poche ore, e non incrociare lo sguardo di Edward, decisi di provare a sonnecchiare un po’.

 

«Stiamo atterrando.» sussurrò baciandomi la fronte, lentamente aprii gli occhi e incontrai i suoi.

Sempre più tristi.

Sempre più angosciati.

Era tremendo vederlo così. Mi stiracchiai appena e senza dire una parola mi preparai allo sbarco.

Una volta recuperati i nostri bagagli ci dirigemmo verso l’uscita.

Cosa avrei fatto quando avessi visto Rose … Si sarebbe accorto del nostro piano in anticipo … Saremmo mai riusciti a coglierlo di sorpresa … le mie sicurezze cominciarono a vacillare, e cercando di non tradire alcuna emozione, riposi in Rose ogni speranza. Lei sicuramente aveva un piano.

All’esterno dell’aeroporto, la famiglia Cullen al completo, ci stava aspettando. Accadde tutto nella frazione di qualche secondo, vidi Rose strizzarmi l’occhio e capii che era il momento. In un attimo fui al sicuro tra le sue braccia. L’azione era stata talmente veloce che non aveva dato modo ad Edward di focalizzarsi sui pensieri di nessuno in particolare, eravamo riuscite a giocare di anticipo e questo lo aveva spiazzato. Non ebbi il coraggio di guardarlo ma, i ringhi che percepii, riuscirono a darmi un quadro abbastanza preciso di quanto fosse furioso.

«Edward, calmati …» sentii dire da Carlisle

«Tu non capisci! Lei si sta approfittando della situazione!» ringhiò verso Rose.

«Parliamone a casa. Questo non è il luogo adatto.» insistette Carlisle.

«Bella, saliamo in macchina.» mi esortò Rose carezzandomi la schiena, mai la sua voce era stata così dolce nei miei confronti.

«Vengo con voi!» tuonò Edward

«NO! NON TI AVVICINARE!» lo minacciò Rosalie

«NON MI PROVOCARE ROSE!»

Perfetto, stavo diventando veggente come Alice, stava accadendo esattamente ciò che avevo previsto.

«Edward calmati!» disse Emmett con un tono che non ammetteva repliche; quasi stentavo a riconoscere l’Emmett gioviale e burlone che avevo sempre conosciuto.

«IO.VENGO.IN.MACCHINA.CON.VOI.»

«NO!» replicò secca mia cognata stringendomi ancora di più a sé.

«Vi prego basta.» mugolai piano«Rose non ti preoccupare, va tutto bene. Può venire con noi.» e senza dire una parola salimmo sulla loro Jeep.

Il resto della famiglia ci seguì sulla Mercedes di Carlisle.

Seduta sul sedile posteriore, stretta tra due fuochi mi sentivo nell’occhio del ciclone. Le mani di Edward si stringevano a pugno, talmente forte che sembrava tremasse, sicuramente era furioso per la mia decisione e stava pensando a come trovare una scappatoia per portare a termine i suoi propositi, lo sguardo fisso fuori dal finestrino sembrava perso nel vuoto, solo per un istante si voltò di scatto verso Rose, sicuramente qualche suo pensiero non era stato di suo gradimento, … avesse potuto, l’avrebbe incenerita … sarebbe stato molto più difficile di quanto avessi mai immaginato.

Quando mi vide rannicchiarmi tra le braccia di sua sorella per lo spavento, chinò il capo e si voltò di nuovo, non degnandoci più di uno sguardo fino a casa.

Durante il tragitto, in quel silenzio surreale che si era venuto a creare, ebbi modo di riflettere su Alice. Il suo comportamento mi aveva lasciata completamente disorientata: appena usciti dall’aeroporto, nella manciata di secondi che mi erano serviti per realizzare dove fossero e correre tra le braccia di Rose, l’avevo intravista appoggiata alla macchina di Carlisle con Jasper al suo fianco guardarmi con aria spiritata, sofferente. Non fossi stata più che certa che i Vampiri non potevano ammalarsi avrei giurato stesse male … qualunque cosa l’avesse ridotta in quello stato doveva essere terribile, mi sarei aspettata comunque almeno un abbraccio, ma nell’esatto instante in cui formulai quel pensiero, realizzai che la causa del suo malessere potessi essere proprio io …

 

Arrivammo a casa, Rose mi accompagnò nella camera, che da oggi in poi sarebbe diventata la nostra, ovvero quella che solo fino a poche settimane prima era stata la camera di Edward..

Quando vidi il letto, tirai un sospiro di sollievo, avevo dormito in aereo ma ero lo stesso stanchissima, come se mi fosse passato addosso uno schiacciasassi.

Rose mi aiutò a coricarmi e appena fui comoda si sedette accanto a me.

«Lasciaci soli.» ordinò perentorio Edward, fermo sull’ingresso.

«No.»

«Rose non ti conviene continuare con questo atteggiamento.»

«Bella mi ha chiesto aiuto ed io ho accettato di aiutarla, perché con te non si sentiva al sicuro.»replicò mia cognata, lo sguardo sofferente di Edward mi trafisse l’anima «Deve essere lei a chiedermi di allontanarmi.»

«Bella, ho bisogno di parlare con te.» Disse questa volta guardandomi dritta negli occhi, sebbene non fossi tranquilla al cento per cento a rimanere da sola con lui, decisi di dargli una possibilità, infondo l’avevo tenuto allo scuro delle mie intenzioni e si era trovato davanti al fatto compiuto, almeno un tentativo di chiarimento doveva pur esserci.

«Rose, lasciaci soli un momento.»le chiesi stringendole la mano nel tentativo che capisse di non allontanarsi più di tanto, e così fu.

«Come vuoi, ma resterò qua fuori, per qualsiasi cosa chiamami.» Sollevata dal fatto che sarebbe rimasta nei paraggi, mi preparai allo scontro.

 

Edward

 

«Perché?» i preamboli erano inutili e puntai dritto alla richiesta della spiegazione di cui avevo bisogno.

«A cosa ti riferisci?» rispose impassibile.

«Lo sai benissimo non fare la finta tonta.»

«No che non lo so. Vuoi sapere perché ho deciso che terrò questo bambino, oppure vuoi sapere perché ho chiesto l’aiuto di Rose o eventualmente perché ho deciso di mentirti?»

«Bella smettila di comportarti come una bambina. Non hai idea di cosa comp …»

«NO! SMETTILA TU!» mi gridò in faccia all’improvviso «So esattamente cosa comporta una maternità tutte le maternità anche le più tranquille hanno una percentuale di rischio, sia per la madre che per il piccolo.»

«Bella, non starmi a parlare di percentuali di rischio, nel tuo caso abbiamo la certezza assoluta che morirai … io non posso permetterlo.»

«Stammi bene a sentire, una volta per tutte. Nel momento esatto in cui ho capito di aspettare un bambino è stato come se le dimensioni del mio cuore fossero raddoppiate, e che tutto lo spazio in più che si era creato fosse già occupato. Prima c'era soltanto una persona della quale ero certa non potessi fare a meno, adesso sono due. Per me questo bambino è necessario come l’aria per respirare, perché siamo tu ed, io insieme, in un unico essere, e non m’interessa cosa dovrò sopportare.»

Non è un gioco Bella …”doveva sicuramente avere la febbre alta questi ragionamenti erano solo deliri insensati. «I tuoi ragionamenti non hanno senso. Questa … questo … feto …» e fu uno sforzo disumano chiamarlo in quel modo « … non è normale, è pericoloso. DEVI INTERROMPERE LA GRAVIDANZA!»

«NO! E NON INTENDO PIU’RIPARLARNE.» sbraitò Bella, quasi paonazza in volto e, in quell’istante, entrò Rose.

«Per oggi l’hai già fatta innervosire abbastanza, ha bisogno di stare tranquilla e di riposare.» “Mi occuperò io di lei, tu non sei in grado”

«So esattamente a cosa stai mirando e non ti permetterò di sfruttare la vita di Bella per realizzare la tua follia.»

«Credi di essere onnisciente perché leggi nel pensiero?» sputò con rabbia «ti sbagli.»

«Basta per favore.» mugolò Bella, la voce quasi rotta dal pianto.

Non ebbi il coraggio di insistere.

«Bella ha ragione.» intervenne Carlisle dall’ingresso della stanza «questo non è il momento né il luogo per discutere,la state facendo solo agitare. TUTTI E DUE.»

«Carlisle …» dissi con un filo di voce.

Edward, non posso fare niente, Esme le difende a spada tratta … ho le mani legate … non c’è stato modo di farla ragionare. L’unica cosa che posso provare è parlarle molto onestamente di ciò cui va incontro, nella speranza di farle cambiare idea. Ma so già che parlerò al vento.”

Annuii in silenzio.

 

Carlisle

 

«Bella, mi permetti di visitarti?»domandai avvicinandomi al letto. Rose s’intromise facendole scudo con il proprio corpo «Rose se vogliamo provare a fare qualcosa per aiutarla dobbiamo visitarla. Abbiamo necessità di sapere qualcosa di più su questa gravidanza così particolare e, cercare, di valutarne il decorso.»

Bella guardò Rose impaurita.

Evidentemente temeva il mio comportamento. Come darle torto, sposavo le idee di Edward in tutto e per tutto, ero stato il primo a suggerire l’aborto. Purtroppo però non avevo fatto i conti con Esme. Fino a quando Rose non l’aveva fatta partecipe della decisione di Bella, era rimasta turbata della decisione che era stata presa, ma non aveva espresso nessun tipo di commento,indubbiamente tutto ciò l’aveva scossa nel profondo.

Non avevo dato peso al repentino cambiamento di umore delle ultime ore, stavo predisponendo la sala operatoria nel mio studio in modo da poter intervenire non appena fossero arrivati; non aveva mai avuto segreti per me, non credevo sarebbe mai arrivata a nascondermi qualcosa, ma così era stato. Quando li vedemmo uscire dall’aeroporto, feci per andargli incontro ma fui fermato dalla sua presa sul mio braccio.

«Bella, vuole questo bambino. Qualunque cosa decidiate di fare tu ed Edward sarà come se la faceste a me. E non ve lo perdonerò. MAI.»

In quel momento vidi Bella tra le braccia di Rose e capii che si erano alleate per combattere questa folle crociata.

Non me l’avrebbe mai perdonato … Non avrei potuto più vivere sapendo che le avevo arrecato un tale dolore, dopo tutto quello di cui la vita l’aveva già privata.

E dovetti arrendermi al suo volere.

 

«È necessario Bella.» disse Edward riportandomi al presente. «Io sarò presente. Non la lascio nelle vostre mani.» Disse infine Rose con decisione.

«Certamente, se questo può rendere Bella più tranquilla.» La vidi annuire senza mai mollare la presa dalla sua mano «Bene. Per favore accompagnatela nel mio studio, ho attrezzato un piccolo ambulatorio per ogni necessità, proveremo a farle un’ecografia.»

 

Gli esami furono un fallimento dietro l’altro. La membrana che copriva il feto era troppo spessa per riuscire a fare un’ecografia, anche quella interna non ebbe risultati migliori.

Le analisi del sangue mostrarono una serie di valori completamente fuori dai parametri, aveva il metabolismo totalmente stravolto.

Dalle misurazioni che le avevo fatto, si trovava all’incirca al quarto o quinto mese di una gravidanza normale.

«Allora?» domandò mentre Rose l’aiutava a rivestirsi.

«Sarò sincero Bella.» dissi sedendomi sul lettino vicino a lei «sono molto preoccupato.»

«Sta male? Il bambino non sta bene?»

«No, sono preoccupato per te.» aggiunsi prendendo un profondo respiro. «Sai perfettamente che la penso esattamente come Edward circa l’interruzione della gravidanza …»

«NO!»

«Tranquilla, non ho intenzione di obbligarti. Hai fatto la tua scelta, non la condivido ma la rispetto;solo voglio che tu sappia esattamente come stanno le cose.»

Annuì silenziosamente.

«La sacca che protegge il feto è molto spessa e ciò impedisce di effettuare un’ecografia che ci permetta di capire con più esattezza a che punto della gravidanza tu sia. Le tue analisi del sangue sono le peggiori che io abbia visto da parecchi anni a questa parte. Ciò è dovuto sicuramente al fatto che non riesci ad assimilare ciò che mangi, ma oltre ciò è come se qualcosa ti stesse risucchiando da dentro …»

«Quindi?»

«In conclusione, credo che nel DNA di questo feto sia predominante la parte vampira anziché quella umana, è ben protetto e molto forte, anche perché attinge dalla tua stessa linfa vitale …»

Una porta sbatté alle mie spalle.

«Edward!»

«Devi capirlo Bella. Tu pretendi di essere capita, devi cercare di fare lo stesso con lui.»

«Ti prego, continua Carlisle …» Sospirò chinando il capo rassegnata.

«Stavo dicendo, possiamo provare a nutrirti con delle flebo per vedere se riesci a trattenere nell’organismo maggiori sostanze. E proporrei un parto cesareo.»

Rose ringhiò, Bella si strinse al suo braccio e iniziò a tremare.

«No. Non voglio … voi volete solo …»

«Ascoltatemi tutte e due.» quella delle due che mi lasciava più sconcertato era Rose. Era laureata in medicina possibile che non se ne fosse resa conto? «Bella il tuo corpo non è in grado di sopportare questo tipo di gravidanza. Gli vengono imposti dei cambiamenti che normalmente si articolano nei nove mesi di una gestazione normale. Non ho idea di quanto potrà resistere. Tenete anche presente che dalle poche informazioni che sono riuscito a reperire circa casi simili a questo il feto uscirà dal grembo materno dilaniandolo a morsi dall’interno.»

Silenzio.

Forse ora potevamo iniziare a ragionare.

«La corporatura minuta di Bella potrebbe compromettere la nascita naturale, d’altro canto la nascita naturale la ucciderà sicuramente. Se programmassimo un cesareo all’incirca all’ “ottavo mese” forse potremmo avere delle speranze di salvare entrambi.»

«Ma … il mio bambino … che rischi …»

«Bella, pensaci bene, quanti bambini nascono prematuri anche di sette mesi, e sopravvivono ugualmente. Questo feto è già molto più forte dei suoi coetanei … normali»

«Allora abbiamo delle speranze …»

«Bella, questa soluzione può essere presa in considerazione solo SE arriverai all’ottavo mese … Vuoi veramente fare questo a Edward? Pensaci …» era inutile darle false speranze. Molto probabilmente non sarebbe sopravvissuta fino a quel momento.

 

Rose

 

Bella rimase in silenzio trattenendo a stento le lacrime, la presi in braccio per non farla affaticare e la portai a letto.

«Devi decidere con la tua testa e il tuo cuore, Bella.» dissi mentre le sistemavo le coperte «è una scelta difficile ed è soltanto tua. Se decidi di proseguire io ti starò accanto. Se volessi interrompere la gravidanza … non dico che approverò la tua scelta, ma non ti biasimerò.»

«No. La mia decisione l’ho già presa.» rispose senza un attimo di esitazione «Non credevo che l’istinto materno potesse nascere così … all’improvviso … è stato come per il matrimonio: finché non mi sono sposata non mi ero mai resa conto di quanto mi potesse piacere, allo stesso modo ho desiderato diventare madre nel momento esatto in cui ho scoperto di essere incinta … vorrei solo non essere sola …»

«Ci sono io.» le sussurrai carezzandole i capelli.

«Lo so …»

«Ma non è la stessa cosa …»aggiunsi dando voce al suo pensiero inespresso.

«Se tu fossi al mio posto, vorresti Emmett vicino a te giusto?»

Distolsi lo sguardo imbarazzata,«Posso sapere perché hai chiesto proprio il mio aiuto?» domandai in modo da rompere il silenzio imbarazzante che si era creato e al tempo stesso avere le risposte che cercavo da quando mi aveva telefonato. «tu ed io non siamo mai state … “in sintonia”… non mi sarei stupita se tu avessi fatto la stessa richiesta ad Alice.»

«Immaginavo che me lo avresti chiesto prima o poi …» prese un profondo respiro e continuò «Posso sembrare pazza a voler portare avanti questa gravidanza, ma ti giuro che sono consapevole di tutti i rischi che sto correndo. Carlisle ha parlato chiaro, ma sapevo già che sarei andata incontro alla morte. Un’indigena sull’isola mi aveva diagnosticato questa fine … se sopravvivrà qualcuno da questa storia è quasi sicuro che sarà il mio piccolo e non io … non so cosa farà Edward a quel punto. La logica vorrebbe che si occupasse di suo figlio, ma sta rifiutando quest’idea con tutte le sue forze tanto da non farmi presagire niente di buono … se così fosse devo fare in modo che il piccolo sia al sicuro e so che affidarlo a te è la scelta migliore. Promettimi che se mi accadrà qualcosa sarai tu sua madre, cercherai di far cambiare idea a Edward, ma che comunque proteggerai mio figlio. Per questo voglio che tu viva questa gravidanza insieme a me … voglio che lo senta anche un po’ tuo …»

Rimasi scioccata ed imbarazzata allo stesso tempo dalla sua richiesta. Mi stava cedendo suo figlio. Voleva che gli facessi da madre. Mi riteneva l’unica persona in grado di proteggerlo … anche da suo padre.

Rimasi a fissarla imbambolata non so nemmeno per quanto tempo, cercando di identificare quello strano sentimento che sentivo agitarsi dentro di me, era qualcosa di strano, qualcosa di simile alla gratitudine.

Sì le ero immensamente grata di aver riposto in me una tale fiducia, non so in che modo me la fossi meritata, tenendo conto dell’acredine che c’era sempre stata nel nostro rapporto, ma sicuramente non l’avrei delusa.

«Te lo prometto.» risposi guardandola dritta negli occhi.

Il suo viso s’illuminò di un sorriso sereno, chiuse gli occhi lasciandosi andare ad un sospiro liberatorio e lentamente si addormentò.

 

Edward

 

Ero scappato da quella stanza per non far esplodere la rabbia cieca che mi rodeva dentro davanti agli occhi di Bella. Emmett e Jasper avevano provato ad avvicinarmi, ma dopo avergli ringhiato contro, desistettero dai loro propositi.

Era passata quasi un’ora quando tornai in camera.

Bella dormiva, Rose era vicino a lei.

«Puoi anche andare, resto io con lei.»

«Scordatelo.»

«Non è in questo modo che realizzerai i tuoi desideri.»

«Taci. Bella mi ha chiesto di rimanere al suo fianco, ha paura di te.» rimasi impietrito «e di ciò che potresti fare, a lei ed al bambino.»

Paura di me.

Aveva paura di me.

A così tanto eravamo arrivati?

«Tu menti. Bella sa benissimo che non le farei mai del male.»

«In questo momento non ne è così sicura.» disse sprezzante fulminandomi con gli occhi «Cerca di farti piacere questa situazione, e stalle vicino. Se continui a sparire in questo modo aggiungerai ulteriori preoccupazioni al suo stato d’animo e questo le procurerà solo altro dolore. Ficcatelo bene in quella zucca super intelligente.»

Mi accasciai al suolo e non risposi.

Più volte nella notte chiamò il mio nome … era tanto che non lo sentivo … era quasi una supplica che straziava il cuore.

«Lei ha bisogno anche di te. Ricordatelo.» sussurrò Rose nel silenzio.

 

Rimasi tutta la notte seduto in terra ad osservarla accudire mia moglie. I suoi pensieri erano intrisi di egoismo. Si preoccupava per lei,le stava vicino amorevolmente ma fissa nella sua mente era l’immagine di Bella che le chiedeva di occuparsi di quella … creatura.

Il pensiero che Bella potesse sopravvivere non era nemmeno contemplato. In effetti, come avrebbe potuto esserlo … non c’era via d’uscita,Bella sarebbe morta dando alla luce quel mostro … ed io l’avrei persa per sempre … non potevo oppormi in nessuna maniera alla sua decisione, aveva fatto in modo, con Esme e Rose dalla sua parte di essere intoccabile. Non sarebbe servito a nulla continuare a oppormi, dovevo dare atto a Rose: aveva bisogno di me … come io di lei … non avevo idea di quanto ancora le potesse restare da vivere, forse un paio di settimane al massimo. Non potevo sprecare il poco tempo che l’ era ancora concesso standole lontano … procurandole altra angoscia … le avevo fatto già abbastanza male. Tutto pur di non farla soffrire ancora di più …

Poi, quando non ci sarebbe più stata, l’avrei raggiunta.

 

Bella

 

Erano passati quasi tre giorni dal nostro rientro e la situazione non accennava a migliorare:

Avevo una gran fame, mangiavo, ma non riuscivo ad assimilare nulla, il mio organismo rifiutava tutto. Per ora l’unico mezzo di sostentamento erano le flebo.

Odiavo gli aghi e le punture, ma non potevo permettere che mio figlio morisse di fame perché non gli arrivava nutrimento e, silenziosamente, accettai quella tortura.

Rose rimaneva costantemente al mio fianco, durante il giorno stavo nel salone sdraiata sul divano, almeno riuscivo a vedere un po’ di movimento.

Edward era sempre nella stanza vicino a me ma al contempo era lontano mille miglia. Quanto mi mancavano i suoi sorrisi …

Alice era l’altra mia spina nel fianco. Passava ogni mattina dalla mia stanza per vedere come stavo, mi dava un bacio sulla fronte e subito dopo si dileguava. Non riusciva a vedere niente … c’erano stati dei buchi nelle sue visioni, mi aveva raccontato Rose, non si sapeva da cosa dipendessero finché non era giunta la notizia della mia gravidanza. Alice riusciva a vedere il futuro dei vampiri perché lei era un vampiro, vedeva quello degli umani perché era stata umana, ma con gli ibridi tipo i licantropi o i mezzi vampiri come probabilmente sarebbe stato mio figlio non riusciva ad ottenere niente, il senso di impotenza e frustrazione che ne derivava le faceva esplodere la testa. Essendo il piccolo ancora dentro di me non riusciva a vedere in nessun modo neanche il mio futuro e questo non era certo rincuorante … mi mancava anche lei …

 

Nel tardo pomeriggio lo squillo improvviso del telefono squarciò il silenzio spettrale che regnava nella casa. Vidi Esme affrettarsi a rispondere e dopo uno scambio di battute anonime capii con chi stava parlando.

Era Charlie, che chiedeva se avevamo nostre notizie dal Brasile.

«Per favore fatemi parlare con lui …» supplicai.

«Non è il caso che sappia che siamo rientrati.» mi rispose glaciale Edward «verrebbe qua e spiegare tutto questo …»

«Ho diritto di salutare mio padre. Forse non lo rivedrò mai più. Per favore.»

«Io credo si possa fare.» disse Rose carezzandomi la guancia «Lo chiamerai domani, gli diremo che siete rientrati all’improvviso perché hai contratto … una rara malattia tropicale … contagiosa … e che per ora non puoi ricevere visite perché Carlisle ti ha messa in quarantena. Mi sembra un’ottima scusa non ti pare Edward?»

«Fate come vi pare, tanto per la considerazione che avete della mia opinione potete fare anche a meno di chiedermi approvazione.» e stanco in volto, come se avesse sostenuto una guerra da solo, uscì.

«Non ti preoccupare.» cercò di consolarmi Rose.

«Sono convinta che gli passerà … non ho idea del tempo che ci possa volere ma gli passerà… Voglio crederci.» sussurrai cercando di convincermi delle mie stesse parole, in tutta sincerità ci credevo pochissimo. Vederlo sempre più disperato con quell’espressione di eterna colpevolezza in volto era peggio di una stilettata al cuore. Cercavo di sforzarmi di far sembrare tutto normale, sotto controllo, ma in certi momenti proprio non resistevo al dolore ed alla nausea tremenda che non mi abbandonava un attimo.

Forse dovevo solo sforzarmi di più.

Non doveva soffrire così, non potevo permetterlo.

 

Charlie

 

Sprofondato nella mia poltrona preferita cercavo di concentrarmi sulla partita di Baseball che la televisione stava trasmettendo. Erano più di due settimane che quei ragazzi erano partiti per la luna di miele, possibile non avessero ancora voglia di tornare?

Che domanda stupida mi stavo ponendo! Erano su un’isola tropicale, soli, giovani, innamorati … non sarei voluto tornare nemmeno io se fossi stato al posto loro … e mentre valutavo tutte queste variabili, sentendomi terribilmente vecchio, il telefono squillò.

Mi alzai goffamente dalla poltrona e andai a rispondere. Chi mai poteva cercarmi a quell’ora?

«Pronto, Casa Swan.»

«Ciao papà.» sentii rispondere dall’altro capo dell’apparecchio, ed il cuore mi arrivò in gola dalla gioia.

«Bella, tesoro! Che gioia sentirti, dove siete? Siete rientrati finalmente, allora come è stato? Vi siete divertiti? Ma certo che vi siete divertiti, che domande faccio, raccontami qualcosa dai! Quando ci vediamo? Non partirete subito per il College vero? Vorrai passare un po’ di tempo con il tuo vecchio … domani passo a trovarti …»

«Papà! Aspetta papà, non è il caso.» la sua voce era stana, quasi affaticata. Doveva avere ancora sulle spalle il peso del viaggio.

«Sì certo, giusto, siete appena arrivati sarete stanchi … passo dopodomani allora.»

All’altro capo del telefono silenzio.

«Bella? Sei ancora in linea?»

«Papà mi dispiace, ma per il momento non possiamo vederci. Siamo rientrati prima del tempo perché … non mi sono sentita bene.»

Quelle ultime parole furono una doccia fredda.

«Cosa vuole dire non ti sei sentita bene?!? Cosa è successo Bella? Sei ferita? Edward dov’era?!? Ti lascio sola con lui per più di due giorni e mi torni ferita. Bel modo di prendersi cura di te!» sbottai in preda al panico.

«Charlie calma! Non sono ferita, ho solo … ho solo contratto un … un virus … un virus tropicale, anche Edward non si è sentito bene, ma lui l’ha preso in forma più lieve. Carlisle ritiene sia contagioso e preferisce che stia in quarantena.»

«Come in quarantena?» figuriamoci se non potevo vedere mia figlia per altri quaranta giorni!

«Sì, non posso ricevere visite finché non sarò … guarita.»

Mi ci volle qualche istante per metabolizzare il concetto di non poter essere vicino a mia figlia che non stava bene.

«Quindi non possiamo vederci …»risposi con un lamento.

«No papà, mi dispiace, c’è il rischio di contagio … potrebbe scoppiare un’epidemia …»

«Ma tesoro …»

«Volevo solo salutarti e farti sapere che ero tornata … ti chiamo domani ok?»

No che non è ok! Ma evidentemente non ci sono alternative …” «Ok. Cerca di riposarti e dai ascolto a Carlisle.»

«Certo papà, ti voglio bene, ti abbraccio forte.»

«Ti voglio bene anch’io tesoro.»

Chiusi la chiamata restando con l’amaro in bocca. Quelle ultime parole sembravano trattenere il pianto … Perché non potevo vederla? Era così grave? … La voce durante la telefonata si era affievolita sempre di più … Possibile non potessi far nulla per lei?

Decisi di aspettare il giorno successivo e poi sarei andato da Carlisle.

 

Come promesso il giorno seguente mi chiamò, come anche quello dopo e quello dopo ancora.

La sua voce era sempre più flebile, quasi un sussurro.

Carlisle era irremovibile: NIENTE VISITE. Ero stato anche in ospedale, per parlarci di persona, e per la prima volta lo vidi stanco e preoccupato, seriamente preoccupato … aveva contratto un virus molto raro, stavano cercando un vaccino ma i tentativi fatti finora erano stati vani. Non avrebbe permesso nessun contatto con persone esterne il rischio era troppo altro per la comunità.

«COSA VUOI CHE ME NE FREGHI DEL RESTO DELLA COMUNITA’ SE MIA FIGLIA STA PER MORIRE ED IO NON POSSO VEDERLA!!! » sbraitai spazientito battendo i pugni sulla scrivania del suo studio; Nonostante ciò non ne cavai un ragno dal buco.

Oltretutto mi aveva anche pregato di non diffondere la notizia a Forks per evitare di scatenare il panico … Io invece avevo bisogno di urlare, di sfogarmi, anche di piangere se questo mi avesse fatto sentire un po’ meglio, non me al sentii di chiamare Renèe, nonostante la miriade di telefonate giornaliere che mi faceva, mi aveva chiesto di avvisarla appena ci fossero state novità, sapevo che Bella aveva chiamato anche lei, più volte, e che cercava di non farla stare in pensiero, se le avessi aggiunto anche tutta la mia preoccupazione, sarebbe arrivata come un treno e allora sì che si sarebbe scatenato il finimondo; e Bella aveva bisogno di riposo … Era trascorsa una settimana dal loro rientro … ed io stavo perdendo la testa ormai e, per non diventare pazzo completamente, decisi che era necessario anzi, obbligatorio sfogarmi. E chiamai Billy Black.

 

 

Spero vi sia piaciuto ... A presto!!

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Capitolo 9
*** CAPITOLO 9 ***


Scusatemi per il ritardo, Buona lettura e buona domenica

 

Cap.9

Alice

Sdraiata sul letto, invidiai, per la prima volta nella mia vita, gli umani.

Loro quando avevano mal di testa prendevano un analgesico o due e tutto passava, forse nel mio caso ne sarebbero serviti anche cinque o sei, io invece non potevo! Si era scatenato nel momento in cui avevo iniziato a scandagliare il suo futuro, dopo la notizia della gravidanza: vedevo tutto confuso come evanescente per un attimo, poi più niente. Da quando poi Bella e Edward erano rientrati a casa il dolore si era amplificato, fino quasi a farmi impazzire. Avevo provato a non concentrarmi su di lei ma non c’erano stati miglioramenti, Jasper accanto a me, cercava, silenziosamente, di farmi rilassare, purtroppo i suoi sforzi, finora, erano stati vani, ma non avevo il coraggio di demoralizzarlo ancora di più. Tutta la tensione che si respirava in casa era già abbastanza massacrante per lui, se gli aggiungevo anche il fallimento nei mie confronti sarebbe stato decisamente troppo.

Sospirai sconfortata quando ad un tratto, tutto cessò di colpo.

La mia testa era, improvvisamente, vuota e silenziosa.

Mi alzai di scatto, colta da un profondo senso di angoscia.

«Che succede Alice?» chiese subito Jasper in apprensione,

«Ni … niente … è solo che…» ma non riuscii a finire la frase, l’orrore di quello che vidi mi lasciò senza fiato «NO! NOOOO!!! È pazzo! Non posso permetterlo» e come una furia schizzai fuori dalla stanza, ma prima che raggiungessi la scala per scendere nel salone una mano mi bloccò il polso fermando la mia corsa.

«Cosa hai visto?» domandò con tono risoluto e terrorizzato insieme «Prima che tu faccia qualche sciocchezza, pretendo che mi racconti tutto.»

Aveva ragione.

Non era il caso agire d’impulso, specialmente con Edward in quello stato. Non era lucido. Non sarebbe servito a nulla provare a parlargli.

Chinai il capo e tornai verso la nostra camera.

Mi sedetti sul letto e sprofondai il viso nelle mani.

«Ti prego tesoro, raccontami cosa hai visto … non posso vederti in questo stato.» sussurrò inginocchiandosi davanti a me.

Presi un profondo respiro, alzai gli occhi dal loro nascondiglio e parlai.

«Io non so perché sto così male, ho creduto che fosse dovuto al fatto che la creatura che porta in grembo Bella è un ibrido, come i lupi del branco e che, esattamente come accade con loro, quando si avvicinano a qualcuno il suo futuro sparisce dal mio controllo. E questo è ciò che, sono convinta, mi crei, in parte, interferenze sul futuro di Bella, ma poco fa … ho avuto una visione … la prima da giorni .. e credo perché sia stata presa una decisione … il precario stato di salute in cui si trova Bella lascia la sua vita in un limbo fino al momento decisivo e questo vale anche per tutte le persone che le stanno vicine … finché non si risolve la situazione tutte le nostre vite sono in attesa degli eventi … ma Edward ha preso una decisione …nonostante tutto …»

«Decisione di che tipo?»sussurrò con il terrore dipinto in volto.

«Credo voglia trovare il modo di contattare Jacob … non so … forse nella speranza che lui riesca a farla ragionare …»

«Se funzionasse …»

«Il problema è che ho visto il lupo aggredire Edward, che senza nemmeno reagire si lascia fare a pezzi … temo voglia chiedergli di ucciderlo quando Bella … OH MIO DIO …» sospirai sprofondando nuovamente il viso nelle mie mani.

«Non … non può fare … una cosa simile» farfugliò incredulo.

«Già una volta ha tentato il suicidio …» gli ricordai alzando gli occhi per cercare i suoi e in quel momento vidi l’uomo calcolatore che era, elaborare qualcosa.

«È inutile parlare con Edward. Devi parlare con Bella, dille tutto ciò che hai visto, èl‘unica in grado di farlo ragionare».Non che ci sperassi molto ma Jasper aveva ragione,purtroppo, però, non sarebbe stato semplice nemmeno convincere lei.

 

Edward

 

Non esistevano parole per descrivere il mio stato d’animo al momento. Mi sentivo allo stesso tempo svuotato, sfinito e carico all’inverosimile di una rabbia che se fosse esplosa sarebbe stata più devastante di un uragano. Bella era rannicchiata sul divano e il suo esile corpicino spariva completamente inghiottito dai cuscini che la circondavano. Non voleva stare in camera, si ostinava a voler far credere al mondo, o forse a me in particolare, che tutto stesse andando per il meglio … non avevo nemmeno idea di come si fosse convinta che ciò potesse farmi stare meglio.

L’unica cosa in grado di farmi star bene era lei, sana e viva al mio fianco … per sempre …e adesso invece mi restavano solo pochi miseri giorni da poter passare con lei …

Una volta dicesti di voler passare l’eternità con me … cosa è cambiato?” pensai guardandola respirare a fatica. A quanto pare non la pensavamo più allo stesso modo.

 

Rose le ronzava costantemente intorno con fare protettivo. Poteva raccontare ciò che voleva al mondo ma sapevo perfettamente a cosa mirava, e ciò che più mi irritava era: NON POTER REAGIRE.

Almeno finché Bella non ci fosse più stata …

Comunque avevo trovato la mia soluzione.

Rapida.

Indolore.

Poco mi importava che Alice avesse visto tutto.

Avevo sentito la sua discussione con Jasper e, francamente, la sua opinione su cosa volevo fare della mia esistenza era l’ultimo dei miei problemi al momento. Presto sarebbe passata all’attacco, la conoscevo troppo bene, e la sua mente era un libro aperto; infatti in quell’istante la vidi, con la coda dell’occhio, scendere a passo di marcia dalla scalinata. Sapevo che mi stava fissando, anche senza alzare gli occhi per guardarla,poteva dire quello che voleva a me, l’importante e che non facesse agitare Bella, perché in quel caso non sarei stato capace di dominarmi.

Con lei nei paraggi non era il caso di allontanarsi e, comunque, non sarei stato in grado di staccarmi da Bella nemmeno per un secondo … non potevo … non ne avevo la forza … non sapevo per quanto ancora mi fosse concesso di stare con lei …

Puah. Vampiri puzzolenti. Di sicuro sanno già che sono arrivato … meglio così … una fatica in meno” ed è proprio quando sei più sicuro di qualcosa che tutto gioca a tuo sfavore … «Sta arrivando Jacob.» Il momento non era dei migliori per parlargli in disparte ma almeno non avrei perso tempo per andarlo a cercare. «Carlisle, per favore …»

«Certamente figliolo.»rispose mio padre avvicinandosi alla porta

«Per favore Edward, mi farebbe piacere vederlo.»

«Non credo sia il caso, amore.» “Anche perché vorrei poterci parlare prima io … in privato.”

«Perché? Avere qualche visita non può farmi stare peggio.»

«Non ti devi affaticare Bella, potresti agitarti troppo e questo…»

«Perché no? Abbiamo dei segreti anche per Jacob? Che motivo c'è?».

«Ti prego Bella…»

«Jacob, entra pure» gridò con quanto più fiato avesse in gola; rassegnato, mi misi da parte.

 

Non mi sforzai nemmeno di guardarlo in faccia, i suoi pensieri erano già abbastanza esaustivi, l’analisi dello splendido quadretto familiare che gli si era presentato dinanzi agli occhi, non poteva essere più precisa; specialmente sulla strana simbiosi che si era creata tra Rose e Bella, era più intelligente di quanto avessi mai sospettato … solo a Bella, evidentemente sfuggiva quanto fosse surreale tutta quella situazione.

Ancora riflettevo che fu scossa da un nuovo conato di vomito, non feci in tempo ad avvicinarmi per darle conforto che l’avvoltoio era già su di lei pronto per tenermi a distanza.

Hai perso la tua occasione Edward. Ci penso io a lei”,aveva ragione … aveva perso la fiducia in me … non contava niente che volessi solo alleviarle la sofferenza … aveva paura di me.

Mi accasciai in ginocchio accanto a lei sprofondando nelle sue ginocchia, le carezze con le quali cercava di darmi conforto, in questo momento, erano peggio di una pugnalata, ognuna era peggio di una stilettata al cuore.

La presenza di Jacob alle mie spalle si faceva sempre più opprimente avvertivo nei suoi pensieri angoscia e tormento distintamente, mentre suoni e voci mi arrivavano alle orecchie ovattati e confusi. L’unica cosa certa era l’incredulità, e la paura nella mente del mio rivale, che in quel momento era diventato la mia unica speranza.

Era anche lui in ginocchio davanti a lei, quasi che stessimo recitando la medesima preghiera, si limitò allo scambio di poche parole.

Fin quando Bella sorretta dalla sua “compassionevole aguzzina” si alzò, mostrando orgogliosa la causa della sua sofferenza.

Completamente sopraffatto dalla mia vergogna sprofondai il viso nei cuscini … avessi potuto essere risucchiato nelle viscere dell’inferno in quello stesso istante, non mi sarei tirato indietro. perché l’orrore e disgusto nei pensieri di Jacob non fecero che confermarmi quanto il mio essere fosse mostruoso e immorale, incapace di poter donare felicità ma solo sofferenza e dolore.

È un mostro. Come suo padre. E la ucciderà” Mai parole furono più vere ma, una cosa era esserne conviti, un’altra era sentirlo dalla voce altrui.

Quello era il momento.

Adesso che sapeva, che aveva visto e che, per una volta, avremmo avuto le stesse idee, provare a chiedergli ciò di cui avevo bisogno sembrava molto più semplice.

Mi alzai di scatto e guardandolo ancora in ginocchio davanti a lei, ringhiai «Usciamo, Jacob».

 

Alice

 

Immobile infondo alla scalinata li seguii con lo sguardo finché la porta non si chiuse alle loro spalle, aspettai un tempo ragionevole perché si fossero allontanati abbastanza dalla casa e iniziai a guardarmi intorno: Rose seduta sul divano accanto a Bella le carezzava la testa cercando di rilassarla; Carlisle insieme ad Emmett si erano spostati in cucina, Esme anche lei al fianco di Bella sfogliava una rivista cercando di tenere conversazione per alleggerire la tensione; Bella guardava fissa la porta d’ingresso, lo sguardo crucciato e assente nei confronti di quanto le gravitasse intorno, i lineamenti del volto erano tesi, evidentemente le rassicurazioni che le aveva fatto Edward non l’avevano convinta … forse non era così cieca …,un attimo dopo: un gemito ed a seguire un nuovo conato di vomito.

Volevo, anzi DOVEVO, parlarle …ero furibonda per tutta questa storia … ma … vederla in quello stato, faceva troppo male e, ignorando i miei propositi, mi diressi verso la porta finestra che dava sul retro, forse un po’ d’aria avrebbe giovato al mio mal di testa.

Passai furtiva dietro il divano ero quasi arrivata alla meta, quando …

«Alice!»

Mi girai di scatto sfoderando la più neutrale delle espressioni. Sei paia di occhi erano puntati su di me.

«Perché non resti un po’con me, è tanto che non parliamo un po’.»

È proprio quello che volevo evitare in questo momento …”«Magari … più tardi. Forse è il caso che ti riposi un po’…»

«Io credo sia il caso di parlare ora…» replicò decisa. La strana luce nel suo sguardo mi suggerì non volesse fare solo quattro chiacchiere tra amiche.

«Bella, oggi ti sei già affaticata abbastanza, forse sarebb …» provò a intervenire Rose.

«Non ti preoccupare Rose, non ho intenzione di muovermi da qua, voglio solo scambiare due parole con Alice. Vi spiacerebbe lasciarci da sole qualche minuto.»

«Ma tesoro …» supplicò Esme

«Se ho bisogno vi chiamo, non preoccupatevi ... Con Alice non può accadermi nulla!» insistette sfoderando uno stentato sorriso.

Dopo una manciata di secondi e uno scambio complice di sguardi mia madre e mia sorella lasciarono la stanza, seguite da Jasper che, prima di lasciare la stanza mi sorrise strizzandomi l’occhio, cercando a modo suo di infondermi il coraggio necessario per affrontare quel tremendo argomento.

Presi un profondo respiro e mi voltai verso Bella che affinando lo sguardo non lo aveva spostato di un millimetro da me.

«Cosa c’è che non va Alice?» chiese a bruciapelo.

«Niente. Ho solo un forte mal di testa.»

«Balle. Da quando sono tornata mi stai evitando. Non sono scema, me ne sono accorta.»

«Io non …»

«Non mentire Alice. Non con me. Da te non lo sopporterei, non in questo momento. Hai visto qualcosa? Cosa hai visto? Ti prego dimmelo …» chiese iniziando a singhiozzare.

Restai a fissarla immobile non so nemmeno per quanto tempo, fino a quando esplosi.

«Niente. Non riesco a vedere assolutamente niente, il mezzosangue che hai lì dentro mi rende cieca esattamente come quando sei in compagnia dei lupi. Nessuno, in questo momento, è in grado di prendere una decisione e questo produce una fase di stallo che non permette al futuro di evolversi. Tutto qua.»

Ovviamente non le bastò come spiegazione …

«Non ti credo. Ho visto un flash negli occhi di Edward quando siete scesi. Tu sai qualcosa! Hai visto qualcosa nel futuro di Edward! Ti prego dimmelo non voglio che gli accada nulla.»

Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Se fino a quel momento ero riuscita a mantenere la calma sentire quelle parole proprio da lei mi fece uscire fuori dai gangheri.

«NON OSARE DIRMI CHE ADESSO TI PREOCCUPI PER EDWARD!! NON HAI NEMMENO IDEA DI COSA GLI FRULLI NEL CERVELLO!! Non riesco a capacitarmi che due anime che si amano come vi amate voi si stiano volontariamente distruggendo per … per …per una follia. Tu sai quanto sono legata ad Edward, tu per me sei come una sorella io non posso nemmeno immaginare di perdervi tutti e due per inseguire questa tua utopia!»

«No. La mia vita è a rischio, non quella di Edward. EDWARD NON PUO’ MORIRE! Nostro figlio ha bisogno di lui … » I suoi occhi divennero lucidi.

«Lui non può vivere senza di te. Ormai dovresti conoscerlo abbastanza per sapere che è capace di farlo…»

«NON PUO’!! Adesso …Adesso … è diverso, non siamo più in due …»

«Lui non la pensa così …»

«NO!»

«Sta chiedendo a Jacob di ucciderlo, quando tu …»

«NO!»

«È l’unica decisione che è stata presa in questi ultimi giorni, è l’unica cosa che ho visto con chiarezza. Non voglio perdervi, nessuno dei due … e non ce la faccio proprio a restare qua a guardarti distruggere minuto dopo minuto la vostra felicità.»

«Alice …»

«Mi dispiace Bella, non approvo ciò che stai facendo e non ce la faccio … mi dispiace.»

E senza darle il tempo di replicare me ne andai.

 

Bella

 

Edward stava chiedendo a Jacob di ucciderlo … Non sarebbe tornato dai Volturi, loro non avrebbero mai esaudito il suo desiderio, con Jacob avrebbe avuto la certezza di raggiungere il suo scopo.

Speravo ogni istante che il suo atteggiamento nei confronti di nostro figlio potesse cambiare, ma evidentemente mi stavo sbagliando … ciò però non mi avrebbe impedito di mettere al mondo questa piccola creatura, non a caso avevo deciso di affidarlo a Rose, l’unica che potesse dargli tutto l’amore di cui aveva bisogno, senza riserve. Anche se non volevo accettarlo, conoscevo la caparbietà di Edward, ma più riflettevo su l’assurdità di questa situazione, più l’amarezza della sensazione di sentirsi abbandonata da colui che in quel momento avrebbe dovuto più di ogni altro starmi vicino, fece scendere incontrollabili le lacrime dai miei occhi …

 

Rose

 

«Non penserai mica di cavartela così!!!» Ringhiai alle sue spalle dopo averla inseguita per più di un miglio nel bosco circostante.

«Rose, ti prego … non è il caso di …» sussurrò Alice con tono seccato, girandosi lentamente.

Questo è davvero troppo!” «“Non è il caso” lo dico io! Che tu sia in combutta o meno con quello sciagurato di nostro fratello non mi interessa, ma sappi che non ti permetterò di far soffrire ulteriormente Bella con i tuoi inutili sproloqui. STALLE ALLA LARGA!!»

Silenzio.

Poi con una lentezza insolita per il suo modo di fare, mi si avvicinò fino quasi a sfiorarmi.

«Sei una egoista. Desideri così tanto un figlio che non ti interessa nient’altro. Per te non conta niente che i suoi genitori siano due estranei o i tuoi stessi fratelli, l’importante è realizzare il tuo sogno, costi quel che costi, non t’importa nemmeno se Emmett sia o meno d’accordo. Prendersi cura di un figlio è una decisione che si prende in due! Ma tu lo hai completamente ignorato, già sapendo che pur di vederti felice ti avrebbe assecondata in tutto e per tutto. Quante persone hai ancora intenzione di ignorare per raggiungere i tuoi obiettivi? Sbaglio o eri proprio te che volevi sopra ogni cosa che la famiglia restasse unita?»

La freddezza e la calma imperturbabile con cui proferì la sua arringa, mi lasciarono talmente spiazzata che la rabbia, fino a quel momento repressa dentro di me, passò in secondo piano.

Era davvero questo che pensava di me?

Egoista e approfittatrice senza il minimo scrupolo e sentimento.

Era questa l’impressione che davo al resto del mondo?

Dovevo ammettere che in più di una occasione mi ero comportata come tale, ma su un simile argomento come poteva solo immaginare che fossi felice per quella situazione.«Nella tua vita umana non hai potuto vivere l’amore, né desiderare di creare insieme con l’uomo che amavi una famiglia. La tua vera vita è questa e mi rendo conto che per te sia difficile da capire un tale desiderio. Io l’ho provato e non ho potuto realizzare il mio sogno. È un bisogno che nasce all’improvviso in una donna, e sono felice che Bella abbia modo di provarlo. Era ciò che maggiormente temevo potesse rimpiangere un giorno … quando sarebbe stata come noi. Con questo non credere che sia contenta per la sua sorte, né per quella di nostro fratello, che nonostante i suoi anni, si comporta come un adolescente, rifiutando di trovare una qualsiasi soluzione alternativa o cercando anche solo di non farla preoccupare. Sta lì a commiserarsi senza esserle del minimo aiuto. Bella sa perfettamente a quali rischi va incontro, e conosce Edward, non era necessario raccontarle la tua visione, era già consapevole che Edward è fuori controllo. Ma come ogni donna che diventa madre la sua prima preoccupazione, adesso, è diventata il suo piccolo e, non potendo fare affidamento sul padre, ha chiesto aiuto a chi, secondo lei, fosse in grado di dare al suo piccolo, l’affetto di una famiglia. Le sono infinitamente grata di avermi dato la possibilità di poter condividere con lei questo momento, se dovesse accaderle qualcosa …»

«Morirà …»

«È probabile … ma può essere certa che a suo figlio non mancherà mai una famiglia. Proprio perché è figlio di mio fratello. Non è mia intenzione sostituirmi ai suoi reali genitori, ma può stare sicura che sarò alla sua altezza. Una madre che si sacrifica per suo figlio non è una madre da dimenticare.»

Alice mi fissò con un’espressione indecifrabile sul volto.

«Spero che Edward se ne renda conto. Sua madre fece lo stesso supplicando Carlisle.»

Senza nemmeno aspettare una risposta me ne andai.

 

Esme

 

Alice aveva esagerato, non era quello il modo di trattare Bella, specialmente adesso, nelle sue condizioni. Rose le era corsa dietro come una furia, non appena l’aveva sentita uscire; avvertii i singhiozzi provenire dal salotto e subito mi precipitai da quella povera ragazza.

«Tesoro …» sussurrai carezzandole i capelli.

«Non sono buona a niente …reco solo dolore a chi mi sta intorno …»

«Ma cosa stai dicendo, Alice è sotto pressione come tutti … non voleva dirti quelle parole …»

«Voi state male … Edward sta perdendo la ragione … ed io … io sento che sto facendo la cosa giusta … nonostante tutto …»

«Ma certo che stai facendo la scelta giusta, nessun uomo può capire il legame che si instaura tra una madre ed il proprio figlio e fino a dove questo si può spingere…» le dissi cercando di asciugarle le lacrime

«Nessun uomo sarà mai in grado di comprenderlo, e questo li spaventa, più di ogni altra cosa: essere tagliati fuori dalla loro posizione di privilegio è per loro incomprensibile, ed Edward non è da meno degli altri, è spaventato … ma sono sicura che cambierà …conosco troppo bene mio figlio per pensare che non sia in grado di assumersi le sue responsabilità … »

«Vorrei tanto crederti …»mormorò tra i singhiozzi sprofondando nel mio abbraccio.

E continuando a confortarla cercai di convincermi io stessa delle mie parole.

 

Edward

 

Ancora non mi capacitavo di essere arrivato a tanto … solo la forza delle mia disperazione era riuscita a farmi formulare una simile richiesta a Jacob.

Lui era sconvolto almeno quanto me.

Forse di più.

Nonostante tutto, mai eravamo stati così vicini come pensiero. Entrambi odiavamo quella creatura mostruosa che la stava lentamente uccidendo, entrambi stavamo perdendo progressivamente la ragione: io facendo certe richieste e lui ad accettarle. Tutti e due avevamo, l’impressione di vivere in un film dell’orrore di infima categoria.

Sotto certi punti di vista capiva Bella molto meglio di me, anche se dovevo ammettere avesse ragione quando sosteneva che sicuramente non gli avrebbe dato ascolto.

Non ascoltava mai i consigli di nessuno ….

Ma non avevo altre speranze.

Entrammo in casa, erano tutti raccolti al suo capezzale, tranne Alice, non aveva tenuto per sé le mie intenzioni e adesso aveva preferito sparire dalla mia vista. Gli sguardi indagatori che mi squadrarono non appena varcai la soglia furono solo l’eco dei pensieri che preferii ignorare. Primi fra tutti gli insulti di Rose.

Chi era lei per decidere cosa dovevo fare della mia esistenza.

Mi fermai al centro della stanza, gli occhi di Bella iniziarono a saettare tra me e Jacob. Unico segnale vitale che colsi in lei … in quei pochi minuti di distacco sembrava fosse ulteriormente peggiorata e non era solo una mia impressione.

Possibile che Alice non riuscisse MAI a tenere per sé i suoi pensieri!

Avrei fatto i conti con lei a tempo debito, per il momento c’erano cose più importanti a cui pensare.

Presi un profondo respiro e cominciai.

«Lasciamo Jacob e Bella da soli, devono parlare in privato», dissi cercando di non tradire alcuna emozione.

Tu ed Alice avete deciso di darle il colpo di grazia oggi?!”«Prima dovete passare sulle mie ceneri», sibilò Rosalie.

La ignorai.

«Bella, Jacob vuole parlarti. Hai paura di restare da sola con lui?».

Bella, confusa, mi fissò quasi volesse leggermi dentro cercando di capire che tipo di tranello stessi ordendo.

«Rose, è tutto a posto. Jake non ci farà del male. Vai con Edward». Disse infine convinta.

«Potrebbe essere un trabocchetto»

«Mi pare improbabile»,rispose serenamente.

«Potrai tenere me e Carlisle sott'occhio, Rosalie», dissi infine «Siamo noi che le facciamo paura» e in quello stesso istante mi resi conto di quanto rancore era uscito insieme a quelle poche parole.

«No! No, Edward. Io non...».i suoi occhi già lucidi dalle lacrime contribuirono ad allargare ancora di più la ferita nel mio cuore.

Stava diventando sempre più difficile mantenersi distaccato.

Scossi la testa cercando di cancellare con un tiepido sorriso la mia sconsideratezza, e tentai per quanto possibile di rimediare «Mi sono espresso male, Bella. Tranquilla, io sto bene. Non preoccuparti per me».

Quelle parole suonarono finte tanto a me quanto a lei, ma preferii soprassedere.

«Tutti», dissi incalzando i miei familiari a lasciarli soli «Per favore».

Solo Rose non accennava ad uscire.

«Rose voglio che tu vada». La esortò piano Bella.

Non so cosa hai in mente, ma sappi che sei un illuso se speri di convincerla!”pensò fulminandomi con lo sguardo mentre, mi passò davanti precedendomi nell’uscita dal salone.

 

Rose

 

Serrati in cucina, regnava un macabro silenzio.

Carlisle aveva accompagnato Esme sulla veranda, pur rimanendo sempre visibile al mio controllo, Emmett al mio fianco si guardava intorno con aria inebetita. Mi augurai solo che non esordisse con qualcuna delle sue battutine stupide perché in questo momento non avrei risposto di me.

Edward, appoggiato al muro della parete opposta a quella dove ero io, se ne stava a capo chino e braccia conserte, in ascolto, come tutti noi del resto, di quanto stesse accadendo nel salone.

Il botolo la stava prendendo larga, con battutine e complimenti ironici stava girando intorno al vero motivo di quella chiacchierata, ma sentivo dal tono della sua voce che stava avvicinandosi inesorabilmente al punto di non ritorno.

«Credi davvero che se incontrassi una sconosciuta e avessi l'imprinting, questo aggiusterebbe tutto? Allora dimmi a cosa è servito, Bella! Che senso ha avuto amarti? Che senso ha avuto il tuoamore perlui? Pensi che quando morirai tutto tornerà a posto? Che senso avrà avuto tanto dolore, mio, tuo, suo!? Non che me ne importi, ma finirai per uccidere anche lui. E a quel punto, la tua perversa storia d'amore a cosa sarà servita? Bella, se tu ci vedi un senso, per favore, mostralo anche a me, perché da solo non ci arrivo proprio».

Sta esagerando!”pensai scattando dalla mia posizione.

«NO. Rimani. dove. sei.»ringhiò Edward senza scomporre la sua posa.

«Stupido che non sei altro!»sibilai tornando sui miei passi.

Appoggiai le spalle al muro e con lo sguardo puntato su quello stupido di mio fratello tornai in ascolto.

Immobile nella sua posa, gli occhi avevano perso il loro colore dorato da diversi giorni ormai e seganti da profonde occhiaie, davano l’impressione fosse realmente morto.

Non riuscivo a capacitarmi di come potesse ridursi in quello stato invece di cercare di fare il possibile per non dare preoccupazioni a Bella.

«Non lo so, Jake. Ma sento... che tutto questo porterà a qualcosa di buono, anche se ora non riusciamo a vedere cosa. Penso che sia quella che chiamano fede».

«Stai morendo per niente, Bella! Per niente!».Udimmo dal salone, ed in quel momento vidi il suo corpo fremere di rabbia, le mani stringersi a pugno tanto da renderle ancora più bianche di quanto già non fossero.

«Non morirò» sentii sussurrarle «Il mio cuore continuerà a battere. Sono forte abbastanza».

«Stronzate, Bella. È troppo tempo che cerchi di tenere il passo del soprannaturale. Nessun umano può farcela. E tu non sei abbastanza forte».

«Posso farcela. Posso farcela» farfugliò, e Edward si lasciò cadere a terra, scuotendo la testa mentre una mano passava sul suo viso come se volesse cancellare dalla sua mente qualche orribile visione.

Pena.

Ecco quello che provavo per lui in questo momento: una grande immensa pena.

Era mio fratello e, nonostante non la pensassimo quasi mai alla stessa maniera, adesso stavo male per lui.

Sentii un braccio cingermi la vita, mi voltai ed Emmett mi strinse a sé baciandomi sulla fronte.

Cosa avrei fatto se lo avessi perso? … senza nemmeno riflettere mi resi conto che mi sarei ridotta esattamente come Edward, inutile negare l’evidenza, anche se non approvavo minimamente il suo comportamento, capivo il suo dolore.

«A me non pare proprio. Allora dimmi, qual è il tuo piano? Spero che tu ne abbia uno»Continuavano a parlare nell’altra stanza.

«Lo sapevi che Esme si è buttata da una scogliera quando era ancora umana?».

«Quindi?».

«Era più morta che viva, tanto che non si sono nemmeno presi la briga di portarla al pronto soccorso: è finita dritta all'obitorio. Però il cuore le pulsava ancora quando Carlisle l'ha trovata...».

«Quindi non è in forma umana che pensi di sopravvivere», il botolo era più sveglio di quanto credessi.

«No, non sono stupida fino a quel punto. Ma presumo che tu la veda in maniera diversa».

«Pronta vampirizzazione»

«Con Esme ha funzionato. E anche con Emmett, con Rosalie, e pure con Edward. Nessuno di loro era in forma smagliante, sai? Carlisle li ha trasformati perché se non lo avesse fatto sarebbero morti. Lui non mette fine alle vite, le salva».

«Sei tu che le hai messo in testa questa speranza VERO?!?». Esplose Edward alzando il viso dal suo nascondiglio, incenerendomi con lo sguardo.

«Potrebbe essere una soluzione…» tentai di rispondere

«TI RENDI CONTO CHE IL SUO CUORE POTREBBE FERMARSI ANCORA PRIMA DI AFFRONTARE IL PARTO? HAI PENSATO A QUESTA EVENTUALITA’???».

«Edward cerca di calmarti …».Lo interruppe Emmett.

«NO! Non riesco a stare calmo! Sembra che nessuno si renda conto che potrebbe andarsene da un momento all’altro … nessuno …».

«Non lo ucciderò»sentenziò Bella con decisione; e il pugno che Edward scagliò contro la parete incrinandola, rimbombò come un tuono nel silenzio,

«Cosa c'è sotto, Bella? Ero convinto che non desiderassi altro che il tuo vampiro. E ora che fai? Ci rinunci? Non ha senso. Da quand'è che sei così smaniosa di diventare mamma? Se ci tenevi tanto, perché mai hai sposato un vampiro?».

Dove vuole andare a parare?” pensai cercando di intuire il senso di quell’assurdo preambolo.

«Non è così. Non m'importava di avere un figlio. Non ci pensavo neanche. Non si tratta di avere un bambino. Si tratta di, be', di questobambino».

«È un assassino, Bella. Guarda come ti ha ridotta».

«No, non è un assassino. Dipende da me. Sono debole e umana. Ma tengo duro, Jake, posso...».

«Oh, avanti! Sta' zitta, Bella. Puoi incantare il tuo succhiasangue, ma non puoi infinocchiare me. Sai benissimo che non ce la farai».

«No che non lo so …Ovviamente sono preoccupata».

«Preoccupata»,ripeté ironico il sacco di pulci.

La credeva veramente così stupida da non essersi resa conto del suo stato di salute, stupido randagio?!?

Avvertii un debole lamento, il piccino doveva essersi mosso e Bella aveva accusato il colpo … era troppo debole … possibile non ci fosse il modo di nutrirla adeguatamente …

«Bella, non farlo».

«Jake...».

«Ascoltami. Non ti arrabbiare, okay? Sta' solo a sentirmi. E se...?».

«E se cosa?».

«E se ci fosse una possibilità? Se ci fosse un'alternativa? Se dessi retta a Carlisle, da brava, e sopravvivessi?».

«Io non...».

«Non ho ancora finito. Intanto sopravvivi e poi si vedrà. Pensa che per questa volta non è andata. E magari, più in là, ci riproverai».

«Non capisco... Cosa vuol dire ci riproverai? Non penserai che Edward mi permetterà...? E che differenza farebbe? Sono sicura che qualsiasi bambino...».

«Sì sarebbe lo stesso con qualsiasi suo bambino».

Ma che Diavolo… Non ci posso credere, non può avergli chiesto una cosa simile…”

«Cosa?».

«Oh. Bleah! Ti prego,Jacob. Pensi che dovrei uccidere il mio bambino e sostituirlo con un surrogato? Magari ricorrendo all'inseminazione artificiale? Perché dovrei volere il figlio di uno sconosciuto, come fosse la stessa cosa? Pensi che un bambino valga l'altro?».

«Non intendevo questo»,farfugliò. «Non il figlio di uno sconosciuto».

Ero sempre più sbigottita.

«Allora cos'è che stai dicendo?».

«Niente. Non sto dicendo niente. Tanto per cambiare».

È impazzito … Edward sta impazzendo … e quel cane lo sta assecondando …”

«Come ti è venuto in mente?». Chiese completamente sconvolta-

«Lascia perdere, Bella».

«È stato lui a mettertelo in testa?».

«No».

«È stato lui, vero?».

«No, fidati. Non ha parlato di qualcosa di artificiale».

«Farebbe qualsiasi cosa per me. E io lo sto facendo soffrire così... Ma cosa crede? Che scambierei questo, con quello di uno sconosciuto...».

Guardai Edward senza riuscire a dire niente. Non c’erano parole per commentare quanto avevo appena sentito. Aveva chiesto a Jacob di convincere Bella ad abortire e come contentino di provvedere lui a darle un figlio …

Rimasi a fissare sconvolta mio fratello sprofondare il viso nelle ginocchia, e sperai per la vergogna di aver soltanto immaginato una simile semplicistica soluzione alternativa.

 

Bella

 

Guardai Jacob uscire dalla porta principale senza nemmeno voltarsi. Di tutti gli addii che ci eravamo dati quello era forse il più doloroso; ma la scelta più difficile doveva ancora essere affrontata.

Dovevo decidere tra la vita di mio figlio e la sanità mentale di mio marito …

Non credevo sarei mai arrivata a questo punto.

 

 

Alla prossima!

 

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Capitolo 10
*** CAPITOLO 10 ***


Ciao a tutti, scusate come sempre lo strepitoso ritardo … A questo punto è doverosa una spiegazione, per me questo è un periodo un po’ complicato, molto bello, ma incasinatissimo!!! A marzo avrò anch’io una piccola Nessie tutta mia e in questi mesi sono in un turbinio di viste, analisi, lavori in casa più la normale routine … la sera arrivo a casa cotta come un fegatello e mi addormento dopo 5 minuti; senza contare che Serena (la mia beta) è sotto trasloco quindi incasinatissima pure lei. Tutto questo per chiedervi di portare pazienza, finirò questa ff in tutti i modi, lo prometto, e spero di riuscirci prima di entrare in un vortice di pannolini e biberon dal quale sarà un casino venire fuori per diversi mesi; ma purtroppo non sono in grado di postare con regolarità, cercherò di fare il possibile ma non prometto nulla…

 

Per ora vi ringrazio e buona lettura.

 

Cap.10

 

Edward

 

Appena sentii Jacob uscire dalla porta principale rientrai nel salone, seguito a ruota da colei che, ormai, era diventata la mia ombra.

Aveva capito cosa avevo chiesto a Jacob, non aveva detto una sola parola … ma i suoi pensieri erano stati più che eloquenti; non che m’importasse gran che di farle pena … in questo momento non m’interessava niente che non fosse la sopravvivenza di Bella, qualunque soluzione fosse utile alla causa non sarebbe rimasta intentata.

Purtroppo sapevo già il responso di quel misero tentativo e, con l’uscita di scena di Jacob, si erano spente anche le mie ultime, flebili, speranze.

Entrai nel salone convinto di trovarla seduta sul divano, esattamente dove l’avevo lasciata neanche mezz’ora prima, ma non vidi niente … solo il flebile sussurro di un respiro … non mi resi nemmeno conto della velocità con cui raggiunsi il suo capezzale.

Vederla accasciata sul divano completamente priva di sensi, mi fermò il respiro.

«Bella! BELLA! Rispondi ti prego!»supplicai stringendole la mano e accarezzandole il volto; fu in quel momento che mi accorsi che prima di svenire doveva aver pianto.

Ancora una volta a causa mia.

Sentivo il suo cuore battere sempre più debolmente come se stesse aspettando per dirmi addio …

«Che cosa ti ho fatto …»mormorai sfiorandole la fronte con le labbra. Quanto avrei avuto bisogno di piangere in quel momento …

«Fammi passare Edward.» ordinò perentoria Rosalie dopo che aveva già provveduto a farsi spazio da sola, rubando quel posto che era mio di diritto. Paralizzato dalla disperazione e dal terrore non riuscii ad oppormi … Mi ero sbagliato, quel posto non mi apparteneva più.

«I suoi battiti sono troppo rallentati, chiama Carlisle! SUBITO!» ordinò ad Emmett, che scattò all’istante mentre noi le restammo accanto.

 

Neanche un minuto dopo Carlisle la stava visitando.

La diagnosi fu rapida, purtroppo, qualcosa le aveva causato un forte stress emotivo, forti emozioni o preoccupazioni potevano alterare irreparabilmente il suo fisico, già molto provato, doveva restare per quanto possibile rilassata e tranquilla.

Ovviamente anche lui aveva potuto sentire il tenore della sua conversazione con Jacob. “Non entro nel merito del perché, sai che condivido la tua opinione, ma la richiesta che hai voluto che Jacob le facesse è stata pura follia … nessuna donna avrebbe mai preso in considerazione una simile offerta. È stato davvero troppo per lei …”

Sconfitto, chinai il capo dalla vergogna. Qualunque cosa facessi non le aggiungevo altro che sofferenza, stava diventando un circolo vizioso, più cercavo di trovare una soluzione più peggioravo le cose.

«Le faremo delle flebo …» disse Carlisle a Rosalie che subito lo squadrò mettendosi sulla difensiva«… zuccheri, sali minerali e nessun tipo di medicinale.» continuò rispondendo a tono alla sua domanda inespressa, ma palesemente leggibile in volto.

«Dobbiamo darle qualcosa che le dia un po’ di forze, è troppo debole per mangiare qualcosa di solido e comunque rimetterebbe tutto entro pochi minuti.»

Rose non batté ciglio.

«Spero solo che il suo fisico regga il nutrimento per endovena … Emmett, Jasper portate l’attrezzatura e i macchinari che sono arrivati questa mattina. Dobbiamo sistemare tutto il prima possibile.» Lo guardai perplesso, non mi ero nemmeno accorto che quella mattina avessero consegnato qualcosa. «Immaginavo che prima o poi saremmo arrivati a questo punto, ho provveduto a ordinare tutto quanto fosse necessario per poter allestire una clinica qua, in casa. in modo da poterla monitorare quanto più possibile minuto dopo minuto. È troppo debole perfino per essere spostata in una delle camere … non ci sono alternative». Mi disse poggiandomi una mano sulla spalla.

Sconfitto da me stesso mi accasciai al suolo.

Il salone in una decina di minuti si trasformò in uno dei più attrezzati ospedali che potessero esistere. Deposi Bella in uno di quei lettini tipici da ospedale, sembrava ancora più piccola attaccata a quegli enormi marchingegni; li guardavo ma non riuscivo a estrapolarne nessuna informazione, tutta la mia conoscenza era svanita completamente, come se, rendendosi conto che non era utile a niente, avesse deciso di scioperare ad oltranza.

Ero in balia degli eventi.

Era solo questione di ore, forse anche meno …

 

La flebo era quasi finita quando un sussurro mi scosse dal mio torpore «E… Edw …ard…»

«Sono qui amore, non mi allontano, riposa adesso.»

«Mi … m … i disp … iace far …ti sof … frire.» riuscì a dire a fatica.

«Questo non è importante, pensa solo a riposarti. ». la mia voce cominciava a risultare estranea anche alle mie orecchie, talmente era tesa e senza la minima inflessione.

Mi stavo annientando.

«Sc … usa … no …n ho scelta.»ansimò.

«Una scelta c’era» sussurrai rendendomi conto troppo tardi di aver dato fiato al mio pensiero, non era da me, stavo veramente avvicinandomi alla pazzia; ma ciò che fece più male fu vedere i suoi occhi guardarmi compassionevoli per poi riempirsi nuovamente di lacrime prima di farle perdere nuovamente i sensi.

«SARAI CONTENTO ADESSO! CONTINUA A COMPORTARTI COME UNO SCONSIDERATO E BELLA CI LASCERA’ ANCORA PRIMA CHE SIA GIUNTA LA SUA ORA!» tuonò inferocita Rosalie e fu in quel momento che persi completamente il controllo di me, accecato dalla rabbia la feci volare dalla parte opposta del salone, stavo per avventarmici addosso che quattro braccia riuscirono a fermarmi.

«BASTA EDWARD! CALMATI» gridava Emmett trattenendomi a destra.

«Portiamolo fuori! Giusto il tempo che sbollisca.» incalzò Jasper dall’altro lato.

Forse guidato dalla rabbia avrei potuto sovrastare Jasper, ma con Emmett non ce l’avrei mai fatta, era inutile anche lottare. In un attimo mi ritrovai sul porticato, guardato a vista dai miei fratelli.

Seduto sui gradini, con le mani tra i capelli cercai di riprendere possesso del mio autocontrollo.

Nonostante avessi tentato di porre fine all’esistenza di Rose, non ci fu nei pensieri di Emmett alcun tipo di rancore nei miei confronti, solo commiserazione e pena.

Jasper in silenzio cercava di calmarmi.

Mi sentii ancora più spregevole.

«Edward, come ti senti?» Chiese Emmett sedendosi al mio fianco.

«Scusa.» fu tutto ciò che riuscii a rispondergli.

«A volte Rose è un po’esasperante, ma non credere che non vi voglia bene.» evitai di commentare, per quel giorno avevo fatto già abbastanza danni, sebbene non condividessi neanche una parola di ciò che aveva appena detto, non me la sentii di offenderlo ulteriormente con la mia collera.

La porta di casa si aprì alle nostre spalle, Carlisle ed Esme uscirono. I loro volti provati sembravano invecchiati di almeno vent’anni.

Alzai gli occhi verso di loro ma non ebbi il coraggio di chiedere.

«È stabile. Non si è accorta di nulla. Noi abbiamo bisogno di nutrirci, cercheremo di essere veloci e rimarremo nei dintorni. Per qualsiasi cosa abbiamo il cellulare con noi.» disse prima di inoltrarsi nella foresta “Coraggio figliolo, ti capisco ma non giova a nessuno tutta questa rabbia, tanto meno a Bella.”

Già … lo sapevo benissimo, ma era tutto ciò che mi era rimasto per cercare di sopravvivere …

 

Immobile nella mia posizione trascorsi non so quanto tempo a fissare il vuoto, ma forse furono solo poche ore. Tutto intorno era silenzio, sembrava che anche la foresta avesse deciso di non disturbare il suo sonno; fu per questo che quando avvertii i pensieri di Seth e Jacob rimasi sorpreso.

Forse dovremmo pensare qualcosa del tipo: «Veniamo in pace».”

Fallo.”

Edward?”,azzardò Seth con prudenza. “Edward, ci sei? Okay, ora mi sento proprio uno scemo.”

È quello che sei.”

Secondo te ci sente?”

Si stavano avvicinando velocemente, i loro pensieri erano di secondo in secondo sempre più nitidi.

Credo di sì. Ehi, Edward. Se mi senti... stai in campana, succhiasangue. Hai un problema.”

Abbiamo un problema”,lo corresse Seth.

Poco dopo sbucarono dal fitto degli alberi, proprio davanti a noi. «Jacob? Seth? Che succede?». Chiesi stanco anche solo di immaginare quali altri problemi potessimo avere in quel momento.

Fu peggio di quanto avessi mai potuto immaginare.

Jacob ripercorse con il pensiero quanto era successo dopo che aveva lasciato la nostra casa quel pomeriggio; quando il branco era venuto a conoscenza della gravidanza di Bella, aveva immediatamente deciso che era pericolosa e andava eliminata. Potevo trovarmi d’accordo per eliminare quell’essere che le stava succhiando la vita, ma che volessero portarmela via prima del tempo non l’avrei permesso.

«Vogliono uccidere Bella?»,ringhiai alzandomi di scatto non riuscendo però a modulare la mia voce e i miei fratelli scambiarono la mia domanda per un’affermazione e si schierarono in posizione di attacco verso i lupi.

«Emm, Jazz, non loro! Gli altri. Sta arrivando il branco».

«Che problema hanno?»,domandò Emmett ricomponendosi all’istante, mentre Jasper, ancora poco convito, continuava a tenerli d’occhio.

«Lo stesso che ho io», sibilai.«Ma hanno un piano diverso. Raduna gli altri. Chiama Carlisle! Lui ed Esme devono tornare subito!».

Non sono in casa?”Guaì Jacob. Sembrava preoccupato.

«Non sono lontani», risposi con lo stesso tono monocorde di prima.

Vado a dare un'occhiata”,disse Seth. “Perlustro il perimetro occidentale.”

«Non ti metterai nei guai?»chiesi.

Non credo”,pensarono assieme. “Ma forse dovrei andare io, nel caso...” Aggiunse poi Jacob.

È più improbabile che attacchino me”,precisò Seth. “Per loro sono ancora un moccioso”.

Sarà stato anche un moccioso, ma di sicuro non era uno stupido.

Perché lo sei, un moccioso.”Insisté Jacob

Vado. Tu devi rimanere qui con i Cullen per coordinare le manovre.” E prima che il suo alfa ci ripensasse, sparì.

Mentre Emmett avvisava Carlisle di rientrare immediatamente e Jasper iniziava a elaborare le sue strategie di difesa; rimasi immobile circondato dal buio che solo la foresta è in grado di creare, ma nonostante tutto davanti ai miei occhi era come se fosse pieno giorno, guardavo Jacob e non potevo fare a meno di leggere nella sua mente i ricordi della giornata: si era messo contro il branco, in virtù di quel diritto di discendenza che faceva di lui, il vero Alfa del branco era riuscito a staccarsi da loro … dalla sua famiglia … tutto questo per difendere Bella.

Non era la prima volta che si opponeva al volere del capobranco per schierarsi dalla nostra parte; non sarebbe bastata un’eternità per sdebitarmi del suo enorme sacrificio.

Assorto nei miei ragionamenti, mi resi a mala pena conto dell’arrivo di Alice, che fortunatamente mi girò alla larga andando diretta da suo marito.

«Non è la prima volta che devo esserti riconoscente, Jacob», sussurrai. «Non ti avrei mai chiesto tanto».

Invece sì.” Rispose ricordando la nostra conversazione di solo poche ore prima.

Sì, quanto gli avevo chiesto nel pomeriggio, era veramente tanto. «Sì, forse hai ragione».

Be', anche questa volta, non è per te che lo faccio.”

«Vero», mormorai “ma l’importante è che tu lo abbia fatto”.

Mi dispiace di non aver raggiunto lo scopo, oggi. Te lo avevo detto che non mi avrebbe dato ascolto.”

«Lo so. Non credevo che lo avrebbe fatto. Ma...».

Dovevo provarci. Capito. Sta un po' meglio?”

Parlando con lui ero riuscito a distrarmi per un paio di minuti ma quella misera domanda era riuscita a riportarmi nel mio vortice di disperazione «Peggio», gemetti.

Stavo per crollare nuovamente quando intervenne Alice, che stizzita perché non era riuscita a seguire la conversazione tra me e il lupo, si sentiva tagliata fuori e pretendeva considerazione.

«Jacob, ti scoccia trasformarti? Voglio sapere cosa succede». Chiese al lupo, ignorandomi.

Ovviamente Jacob non assecondò il suo capriccio.

«Deve restare in contatto con Seth». Tentai di spiegarle, cercando di dominare il mio sistema nervoso; ultimamente sembrava che le donne della famiglia si fossero coalizzate contro di me.

«Bene, allora saresti così gentile da dirmi tu cosa sta succedendo?».

Presi un profondo respiro, feci appello a tutto il mio autocontrollo e cominciai a spiegare. «Il branco crede che Bella sia diventata un problema. Temono che ciò che... ciò che porta in grembo sia troppo pericoloso. Perciò si sentono in dovere di eliminarlo. Jacob e Seth hanno abbandonato il branco per avvertirci. Gli altri attaccheranno stanotte».

Perfetto ci mancava solo il branco!” pensò Alice allontanandosi sibilando di rabbia. Stava superando ogni limite di buon senso, la tolleravo unicamente perché in un momento simile non potevamo giocarci Jasper, ma, francamente, non sapevo quanto ancora avrei resistito.

E noi saremo pronti ad attenderli!” pensarono all’unisono i miei fratelli; per fortuna che almeno loro erano più ottimisti di me …

Non c'è nessuno in giro,tutto tranquillo sul fronte occidentale.” Ci avvisò Seth appena rientrato.

Potrebbero aver cambiato direzione”. Suggerì Jacob

Vado a fare un giro completo.”

«Carlisle ed Esme stanno per arrivare», annunciò Emmett, «fra venti minuti al massimo».

«Dobbiamo prepararci alla difesa»,decretò Jasper.

E sarà meglio avere le idee molto chiare, anche perché saremo in netta inferiorità.”Pensai tra me riflettendo sulle sue parole.

«Rientriamo» sussurrai infine, sempre più demoralizzato, tornando verso casa.

Cominciai a riflettere su quanto fosse complicata la nostra situazione: Io sarei rimasto vicino a Bella e dubitavo che Rose si sarebbe schierata in prima fila al fianco di Emmett, Alice non potendo vedere le mosse dell’avversario era come se fosse cieca e le sue potenzialità erano ridotte di un terzo; Carlisle ed Esme non erano certo portati per la lotta corpo a corpo, praticamente gravava tutto sulle spalle di Emmett, Jasper e i due lupi disertori … anche a volere essere ottimisti a tutti i costi c’era poco da stare allegri.

Mi unisco a Seth. Se mi allontano troppo e non riesci a intercettare i miei pensieri, ascolta l'ululato.” Disse Jacob prima di sparire per seguire le orme di Seth.

«Va bene».

 

Rientrammo in casa, Bella dormiva ancora, il respiro, sempre più affannato, si percepiva appena così come il battito del suo cuore; gli sguardi gelidi di Alice e Rose, la prima furiosa per come si erano messe le cose la seconda perché vedeva in pericolo il realizzarsi del suo sogno più grande; ci inchiodarono con lo sguardo all’istante e, senza perdere tempo in inutili convenevoli, Rose sbottò «Allora? Cosa pensate di fare?»

«Per ora aspettiamo il rientro di Carlisle ed Esme poi, tutti insieme, cercheremo di studiare una strategia.» Rispose Jasper anticipandomi nella risposta, sicuramente aveva percepito la rabbia che stavo covando dentro e aveva cercato di evitare ulteriori, inutili, discussioni.

«Potrebbe essere troppo tardi, non possiamo sempre aspettare …»

«Rose, NO...» questa volta a interromperla fu Emmett “Ci penso io Edward, non ti scaldare.”«Carlisle è stato avvisato e tra massimo un quarto d’ora sarà qui, quindi prima di fare qualsiasi mossa, ne parliamo con lui.»

Sbuffando contrariata, tornò al capezzale di Bella.

Era raro vedere mio fratello contrastare sua moglie, ma sicuramente aveva intuito che se non fosse intervenuto e avessi risposto io, ci saremmo ritrovati come poche ore prima e che era meglio una sfuriata di Rose all’alternativa di rimanere vedovo.

 

Carlisle ed Esme arrivarono nel giro di una decina di minuti. Avevano già avuto modo di incontrare Seth che, in parte, gli aveva spiegato il problema che si era creato con il branco.

Quando gli feci il quadro completo del sacrificio che entrambe avevano fatto per noi, ne rimase profondamente turbato.

Non saremo mai in grado di sdebitarci …”rifletté tra sé profondamente addolorato per ciò che questa situazione aveva comportato.

Scontrarsi con i loro fratelli, le loro stesse famiglie; era follia anche solo pensarci.

In quel mentre un ululato, lungo, straziante.

«Ci siamo. Stanno arrivando. Questo è il segnale.» dissi senza la minima inflessione nella voce. Ero arrivato ad un punto tale che ogni evento mi scivolava addosso senza riuscire a scalfirmi in alcun modo; li assecondavo e basta.

Dovevano essere ancora parecchio lontani perché non percepivo nessun pensiero, pensai guardando dalla finestra verso il bosco.

«Bene! Non aspettavo altro!»esclamò Emmett scrutando l’oscurità dalla vetrata del salone.

«Strano, non avverto niente. Ma per sicurezza blocchiamo la vetrata del salone, almeno da là non avranno accesso.» commentò dubbioso Jasper.

Falso allarme, falso allarme. Scusate. Seth è giovane. Non riflette. Non arriva nessuno. Falso allarme.” Gridò in quel momento Jacob nella mia testa. Pochi istanti dopo sbucò dalla foresta davanti ai miei occhi.“Non c'è nessuno là fuori... capito?”

Annuii. Ma non potei permettermi niente di più, un rantolo arrivò dal letto dove Bella riposava.

Non riusciva a respirare, mi sentii mancare la terra sotto i piedi e un brivido percorse il mio corpo

Il momento si avvicinava sempre più rapidamente ed io non ero pronto a restare senza di lei. Non lo sarei mai stato; riflettei mentre mi precipitavo al suo fianco.

Pochi istanti e tutto tornò come prima e solo in quel momento mi resi conto di aver scacciato Jacob come se fosse stato una zanzara fastidiosa.

Quel momento era mio e di nessun altro, ma ciò non m’impedì di sentirmi ugualmente meschino, specialmente dopo quanto aveva fatto per noi.

«Era un falso allarme», spiegai riprendendo possesso delle mie facoltà mentali. «Seth pensava ad altro e si è dimenticato che aspettavamo un segnale. È molto giovane».

«Che fortuna avere dei cucciolotti a presidiare la fortezza», brontolò Emmett.

«Ci hanno fatto un grosso favore stanotte, Emmett», disse Carlisle. «E a costo di un sacrificio personale».

«Sì, lo so. Sono solo invidioso. Vorrei essere là fuori anch'io».

«Seth non pensa che Sam ci attaccherà», spiegai meccanicamente «Non ora che siamo stati avvertiti e che ha dovuto rinunciare a due membri del branco».

«Jacob che ne pensa?», chiese Carlisle.

«Non è altrettanto ottimista».

 

 

Renesmee

 

Tu-tum… Tu-tum … Tu-tum … Tu-tum … Tu-tum … Tu-tum … Tu-tum …Tu-tum … Tu-tum … Tu-tum … Tu-tum …”

 

Calmo costante rassicurante … mi sentivo protetta, cullata.

Poi lentamente iniziò a sparire …

 

Tu-tum… … Tu-tum … … Tu-tum … … Tu-tum … … … Tu-tum … … … Tu-tum … … … Tu-tum … … … Tu-tum … … … …Tu-tum … … … … Tu-tum … … … … …. Tu-tum … … … … … … Tu-tum … …. … … … … … Tu-tum … … … … … … Tu-tum … … … … …. … … Tu-tum … … …. ….… … … Tu-tum … … … … … … Tu-tum … … … … … … Tu-tum … …. … … … … … Tu-tum … … … … …Tu-tum …”

 

No, non doveva andarsene … ebbi paura …

Dovevo raggiungerlo … avevo bisogno di lui … ma non avevo spazio …

 

Edward

 

E nuovamente calò il silenzio. Fin quando un nuovo sussulto scosse il corpo esanime di Bella; allungai una mano per carezzarla, per farle sentire che ero lì con lei ma fui bloccato prima ancora di poterla sfiorare.

«Non la toccare! La sveglierai»,mormorò ferocemente Rosalie.

Nemmeno una carezza mi è permessa adesso.” sospirai avvilito.

«Rosalie», sussurrò nostro Carlisle, mai avevo sentito la sua voce così irritata.

«Non cominciare, Carlisle. Fin'ora ti abbiamo lasciato fare, ma adesso basta».

«Credi mi faccia piacere, non sapere come alleviare le sue sofferenze? Forse è il caso che tu esamini meglio i fatti invece di credere che chiunque sia pronto a farle del male. Anche se non condivido la sua scelta, non potrei mai andare contro la sua volontà. E non credere che sia entusiasta nel vedere che non riesce ad assimilare nemmeno le flebo. Se hai delle soluzioni alternative, sono pronto ad ascoltarti.»

Ovviamente non ottenne risposta.

 

Continuai a vegliare a distanza il suo sonno agitato. Respiri affannati e rantoli si susseguivano ininterrottamente ed ogni volta che provavo ad avvicinarmi venivo allontanato, in malo modo tanto che Emmett si trovò costretto più volte a frapporsi tra me e sua moglie.

«Non stanotte, Edward. Abbiamo già preoccupazioni a sufficienza».

Aveva ragione; ma stavo impazzendo nel vederla in quello stato senza poter nemmeno farle sentire che le ero vicino. Divorato da una rabbia incontenibile, mi allontanai, fu in quel momento che scorsi un lupo rossiccio osservarci dalla finestra, nella frazione di secondo che i nostri sguardi s’incrociarono, potei scorgervi la mia stessa insostenibile disperazione.

 

Alice

 

Il sonno di Bella si stabilizzò quando ormai albeggiava e la tensione accumulata nella nottata iniziò ad attenuarsi. Il branco non avrebbe mai attaccato in pieno giorno, non che per noi fosse differente, vedevamo distintamente anche di notte ma il rischio che un branco di giganteschi lupi venisse scoperto ad aggirarsi nel bosco intorno alla città da qualche escursionista di passeggio era troppo alto.

Stanca di assistere al braccio di ferro tra Edward e Rosalie tornai nella mai stanza; avevo un bisogno disperato di silenzio e tranquillità.

Nel giro di una mezzora Jasper ed Emmett mi raggiunsero.

Forse, per poter raggiungere il mio scopo, sarebbe stato più utile espatriare.

«È arrivato Jacob.» disse Jasper accomodandosi accanto a me «Carlisle è con lui.»

«Va riconosciuto che sono dei cucciolotti di valore, non mi sarei mai aspettato un gesto simile.»commentò Emmett.

«L’ha fatto unicamente per Bella… non credo che il resto della famiglia rientri nelle sue simpatie…» commentò Jasper «È una situazione complicata, specialmente per Edward.»

«Sì certo, ma hanno fatto comunque un favore a tutti noi.»

«Tanto sarà tutto inutile …»commentai un po’ troppo ad alta voce e due paia di occhi mi guardarono esterrefatti. «No. Non ho avuto nessuna visione, ma mi pare ovvio che il fisico di Bella non reggerà ancora per molto. Non ce la fa a nutrirsi, il cuore è sempre più debole, e subire i colpi di quella … creatura, diventa ogni secondo più rischioso. Mi aspetto il peggio … da un momento all’altro.»

«Non riesco nemmeno a immaginare lo stato d’animo di Edward … se dovessi perdere Rose, io … io …»

«Pensa al peggio Emmett, non sarà mai abbastanza …» mormorò piano Jasper, il suo tono così sofferente mi riempì d’angoscia.

«Vuole tornare dai Volturi?»

«No. Vuole essere sicuro di riuscirci … questa volta» rispose drastico Jasper.

«Abbiamo il sospetto che cerchi qualche soluzione più efficace.» sibilai con rabbia.

«Alice, ieri ha avuto la prima visione da giorni. Sembra che nostro fratello abbia chiesto questo“favore”a Jacob …»

«Buon Dio …» esclamò Emmett sgranando gli occhi.

«Sempre che il branco non ci attacchi prima …» mormorai sempre più avvilita.

«Quei sacchi di pulci spelacchiati non mi fanno paura! Non vedo l’ora che ci sia un po’ di movimento!!»

«Aspetta a cantare vittoria e cerca di ragionare, Emmett. Anche volendo difendersi quanto tempo è che non andiamo a caccia … Edward e Rose in particolar modo, siamo troppo deboli. Per non parlare di me che, senza il mio potere, sono completamente cieca di fronte al nemico … non c’è modo di venirne fuori…»

 

Edward

 

Era sveglia da quasi tre ore, ma non aveva il fiato nemmeno per parlare; solo qualche parola sconnessa, e gemiti di dolore. Durante tutta la notte il sonno era stato agitato e tormentato dai continui movimenti del feto. Stava crescendo rapidamente e non trovando lo spazio adeguato intorno a sé, si muoveva in continuazione. Provocando ogni volta lividi ed emorragie all’interno del corpo martoriato di Bella.

Le flebo che Carlisle le aveva somministrato non avevano sortito alcun effetto, era quasi una settimana che non mangiava e ormai era ridotta ad un mucchietto d’ossa rivestito da un velo sottilissimo di pelle.

Ogni ulteriore movimento del feto poteva esserle fatale, per questo non me l’ero sentita di allontanarmi da lei nemmeno per andare a ricevere Jacob, pregando Carlisle di farlo al posto mio, dopo ciò che stava facendo per Bella, non potevamo ignorare la sua presenza.

Ulteriori problemi con il Branco non c’erano stati, potevo leggerlo nei suoi pensieri ed a lui e Seth, si era unita anche Leah … le motivazioni che l’avevano spinta non erano certo di solidarietà nei nostri confronti, ma non potevamo sottilizzare, ogni aiuto era di vitale importanza.

 

Immobile, rannicchiata nella sua posizione fetale, teneva a fatica gli occhi aperti. Mentre Rose controllava assiduamente i vari monitor a me, era concesso solamente tenerle la mano … era ancora più gelida della mia.

Cercando di ignorare i pensieri di mia sorella cercai di concentrarmi sulla conversazione che si stava svolgendo all’esterno.

«Il feto è incompatibile con il suo corpo. Prima di tutto è troppo forte, anche se probabilmente lei potrebbe resistere ancora per un po'. Il problema maggiore è che non le permette di sostentarsi come dovrebbe. Il suo corpo rifiuta qualsiasi forma di nutrimento. Sto tentando di alimentarla per endovena, ma non assorbe niente. La guardo... Guardo lei e il feto morire di fame. Non solo non posso fermare tutto questo, ma non posso nemmeno rallentarlo. Non riesco a capire cosa vuole».Disse Carlisle con voce rotta.

Quel mostro non si accontenta di farle passare le pene dell'inferno, no. Deve anche farla morire di fame. Probabilmente cerca qualcosa in cui affondare i denti: una gola da prosciugare. Finché non diventerà grosso abbastanza per uccidere qualcun altro, le succhierà la vita... Brama soltanto: morte e sangue, sangue e morte.” Pensò Jacob, e qualcosa scattò improvvisamente nella mia testa.

“Cerca qualcosa in cui affondare i denti … Le succhierà la vita …” aveva pensato, e quelle parole cominciarono a rimbombarmi nella mente come un’eco.

«Vorrei tanto avere un'idea più precisa di cosa sia»,continuò mormorando Carlisle. «Il feto è molto protetto. Non sono stato in grado di fare un'ecografia. Dubito che sia possibile introdurre un ago attraverso la sacca amniotica e in ogni caso Rosalie non mi lascerebbe neppure provare».

Ed in quel momento una lampadina nel mio cervello si accese! Come avevo fatto a non pensarci! Se avessimo potuto fare un’amniocentesi, avremmo capito quale patrimonio genetico era predominante nel feto e se fosse come ha pensato Jacob …

Improvvisamente riuscii a intravedere una possibilità di salvezza per Bella, ma avevo bisogno di avere delle conferme.

«Torno subito, Bella. Devo parlare con Carlisle. Ehm, Rosalie, vieni con me?» Le dissi staccandomi delicatamente da lei.

Spero che non sia un’altra delle tue grandiose idee.”Pensò Rose fulminandomi con gli occhi. Non era il momento di darle soddisfazione, decisi così di ignorarla, perdere tempo con lei poteva compromettere ancora di più la salute di chi mi stava più a cuore.

«Che c'è, Edward?», sussurrò Bella.

«Niente di cui tu debba preoccuparti, amore. Ci metto un attimo. Rose, ti prego!» La incalzai vedendo che mi aveva completamente ignorato.

Mi auguro per te che sia un motivo più che valido …” «Esme?»,chiamò Rosalie. «Mi dai il cambio con Bella?».

«Certo», rispose Esme scendendo subito nel salone. “Tesoro cosa è successo? C’è una luce diversa nei tuoi occhi.” Pensò guardandomi dritta negli occhi.

Le sorrisi appena, ero ancora troppo concentrato a seguire i miei ragionamenti per poter cantare vittoria; e seguito da Rosalie uscii sul portico, chiudendo la porta alle nostre spalle.

«Carlisle», mormorai.

«Cosa c'è, Edward?».

«Forse abbiamo affrontato la cosa nel modo sbagliato. Stavo ascoltando la vostra conversazione e quando parlavi di ciò che vuole il... feto, Jacob ha avuto un'intuizione interessante; non abbiamo ancora valutato il problema da quell’angolazione»,proseguii. «Fin'ora abbiamo sempre pensato a ciò di cui ha bisogno Bella. Ma il suo corpo reagisce più o meno come reagirebbero i nostri. Forse dovremmo prendere in considerazione i bisogni del... feto. Forse, se riuscissimo a soddisfarlo, potremmo aiutare lei in maniera più efficace».

«Non ti seguo, Edward», disse Carlisle.

«Pensaci, Carlisle. Se la creatura è più vampiro che umano, cos'è che desidera ardentemente... cos'è che non gli diamo? Jacob ci è arrivato».

Concessi loro pochi secondi per riflettere, Jacob era sempre più stralunato, fino a quando ripercorrendo passo dopo passo tutta la conversazione, giunsero entrambe alla medesima conclusione.

«Oh», disse, sorpreso Carlisle.«Pensi che abbia sete?».

Finalmente un’idea intelligente! Come abbiamo fatto a non pensarci prima; era l’ora che facessi ragionare la tua testolina, invece di crogiolarti nella disperazione!” «Certo»,mormorò Rose mettendo finalmente da parte quell’irritante atteggiamento di continuo sospetto. «Carlisle, abbiamo tutto lo 0 negativo che tenevamo da parte per Bella. È una buona idea».

«Uhm». Carlisle si portò la mano al mento, perso nei pensieri. «Mi chiedo quale sarebbe il metodo di somministrazione migliore».

«Non c'è tempo per la creatività.»“Dobbiamo essere rapidi ogni istante è prezioso!”«Direi di cominciare in maniera tradizionale».

«Aspetta un attimo», sussurrò Jacob con il disgusto stampato in volto. «Un attimo solo. Stai dicendo. .. stai dicendo che Bella dovrebbe bere sangue?».

«È stata una tua idea, cane»,ribatté Rose torva.

«È semplicemente...», non riuscì a trovare la parola esatta per completare la frase.

«Mostruoso?», suggerii.«Ributtante?».

«Abbastanza».

«Ma se servisse ad aiutare lei?»,sussurrai.

Non ce la può fare, è capace di svenire alla vista di una sola goccia … come pensi possa fare a berne litri e litri …”Pensò scuotendo con rabbia la testa. «Che cosa vuoi fare? Ficcarle una cannula in gola?».

«Le chiederò cosa ne pensa. Però volevo accennarlo a Carlisle, prima».

Rosalie annuì. «Se le dici che potrebbe fare del bene al bambino, sarà disposta a tutto. Pure se si rendesse necessario alimentarla con una sonda».

Pur di far nascere quel mostro succhiavita sarebbe pronta a tutto … nemmeno lo volesse tutto per sé …” era strabiliante come Jacob senza conoscere minimamente Rose ne avesse fatto un’analisi così dettagliata; e senza rendermene quasi conto mi trovai ad annuirgli confermando ogni sua intuizione.

È strabiliante come quel pezzo di ghiaccio possa covare tutto questo istinto materno … vuole il figlio che non può avere da sola …” Centro anche questa volta, la perspicacia di questo ragazzo mi stupiva sempre di più.

«Be', il tempo fugge. Non possiamo restarcene qui seduti a discutere», disse Rosalie impaziente. «Che ne pensi Carlisle? Possiamo provarci?».

«Chiederemo a Bella». rispose dopo aver preso un profondo respiro.

E come se fossimo a una processione, rientrammo tutti e quattro silenziosamente in casa.

«Che succede?», chiese Bella con voce stridula; proteggendosi istintivamente il ventre.

«Jacob ha avuto un'idea che potrebbe aiutarti», disse Carlisle. «Non sarà piacevole, ma...».

«Ma aiuterà il bambino»,s'intromise impaziente Rosalie. «Abbiamo scoperto una maniera migliore di nutrirlo. Forse».

«Non sarà piacevole?», ripeté sottovoce. «Grande novità!». Ma finalmente un flebile sorriso le illuminò il volto cadaverico.

Mi avvicinai a lei sempre sotto il vigile controllo di Rosalie, e prendendole la mano cercai con tutta la serietà che potevo di spiegarle le nostre intenzioni.

«Bella, amore, stiamo per farti una richiesta mostruosa», dissi ricorrendo agli stessi aggettivi che avevo usato con Jacob. «Ributtante».

«È tanto brutto?» chiese sconcertata.

«Pensiamo che l'appetito del feto sia più simile al nostro che al tuo. Può darsi che abbia sete».Rispose Carlisle

«Oh. Oh».

«Le tue condizioni... le vostre condizioni, ecco, peggiorano rapidamente. Non c'è tempo da perdere, non possiamo permetterci il lusso di affannarci alla ricerca di un metodo più invitante. Il modo più veloce per verificare che la nostra teoria...».

«Devo berlo», mormorò Bella. E annuendo appena continuò «Posso farcela. E nel frattempo mi alleno per il futuro, no?». Aggiunse guardandomi, nel tentativo di regalarmi un sorriso che non fui in grado di ricambiare.

Rosalie iniziò a battere il piede con impazienza. Quanto era irritante! Mi chiesi come avrebbe reagito se avessi ceduto all'impulso di scaraventarla contro il muro.

«Allora chi è che va a cacciarmi l'orso?», sussurrò Bella.

Non c’è tempo per il sangue animale, è troppo debole e non le darebbe abbastanza nutrimento”pensò Carlisle guardandomi.

«Che c'è?», incalzò Bella.

«Perché il test sia efficace, non dobbiamo prendere scorciatoie, Bella», disse Carlisle.

«Se il feto brama il sangue», le spiegai, «non si accontenterà del sangue di un animale».

«Bella, non ti accorgerai nemmeno della differenza. Non pensarci», la incoraggiò Rosalie.

Bella spalancò gli occhi. «Chi?»,ansimò e il suo sguardo si posò su di me.

«Non sono venuto qui per immolarmi come donatore, Bells», borbottò schifato Jacob. «E poi quella cosa vuole sangue umano, perciò non credo proprio che il mio faccia al caso suo...».

«Abbiamo del sangue a portata di mano», s'intromise Rosalie interrompendolo bruscamente. «Per te. Non si può mai sapere. Non preoccuparti di niente. Andrà tutto bene. Me lo sento, Bella. Sono sicura che il bambino starà molto meglio».

Bella si portò la mano alla pancia.

«Bene», sussurrò con tono stridulo. «Io sto morendo di fame, per cui suppongo che anche lui non veda l'ora di mangiare». Ci incitò cercando poi di fare una battuta. «Forza. Sarà il mio primo gesto da vampira».

 

Bella

 

L’idea in sé era rivoltante e in cuor mio non credevo che avrebbe risolto qualcosa; ma vedere finalmente una scintilla di speranza negl’occhi di Edward mi diede coraggio. Avrei dato qualsiasi cosa pur di vedere ancora il suo splendido sorriso illuminargli il volto.

 

 

A presto … spero…

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Capitolo 11
*** CAPITOLO 11 ***


Postare questo capitolo stava diventando una “missione impossibile” ma incredibilmente sono riuscita farcela, anche perché ci tenevo a ringraziarvi con tutto il cuore per la pazienza che state dimostrando aspettando così pazientemente...

Augurandovi di passare delle bellissime feste con chi più amate, vi abbraccio forte tutti quanti, sia chi commenta che chi legge silenziosamente … Buon Natale, Buon Anno e … perché no … anche Buona Befana!!!

AUGURI A TUTTI!!!

 

Cap.11

Edward

 

La sensazione che finalmente qualcosa potesse girare per il verso giusto iniziò a farsi strada nella mia mente. Certo non ne avevamo ancora la certezza, ma la teoria mi convinceva: potevamo farcela.

Mi avvicinai a lei stringendole la mano, era gelida persino per me. Eravamo ancora in tempo? Oppure eravamo arrivati troppo tardi? Questo dubbio bastò a farmi sprofondare nuovamente nel mio baratro di angoscia.

Carlisle e Rosalie, al piano di sopra discutevano se fosse il caso di scaldare o meno il sangue che Bella avrebbe dovuto bere, in tutta sincerità non potevo biasimare nemmeno i pensieri di Jacob, quello era l’ultimo dei problemi da affrontare al momento, il dubbio più grosso era capire se Bella fosse stata in grado o meno di berlo, la naturale repulsione che nutriva nei suoi confronti non era certo incoraggiante, ma sembrava che quei due se ne fossero completamente dimenticati.

«Non trasparente,Rosalie», mormorai, alzando gli occhi al cielo, quando vidi nei suoi pensieri cercare un bicchiere. Con tutta la prosopopea che aveva, non era tollerabile le sfuggissero certi dettagli, pensai scuotendo la testa sotto lo sguardo incuriosito di Bella.

«È stata una tua idea?»,sussurrò Bella, sforzandosi di rendere la sua voce normale.

«Non è con me che devi prendertela. È stato il tuo vampiro a rubarmi certi commenti maligni dalla testa». Le rispose avvicinandosi a noi e sul suo viso apparve per un istante un timido e fugace sorriso.

«Non mi aspettavo di rivederti».

«Già, neanch'io», ammise; e un brivido di terrore mi percorse la schiena.

«Edward mi ha detto cosa hai dovuto fare. Mi dispiace».

«È tutto a posto. Probabilmente era solo questione di tempo. Prima o poi mi sarei ribellato a Sam», “forse solo di giorni …”.

«Anche Seth», biascicò Bella.

«A dire il vero, lui è molto felice di aiutarci». Mormorai nella speranza di poter alleggerire quel discorso.

«Detesto essere la causa dei tuoi guai».

Appunto …”costatai tra me. Sempre pronta ad accollarsi i problemi di tutti, senza considerare l’entità dei suoi.

«Immagino che non sia una novità, vero?» Cercò di scherzare lei a fatica.

«No, in effetti, non lo è».

«Non sei costretto a guardare», sussurrò a mala pena.

«Francamente non saprei nemmeno dove andare» le rispose, cercando di non tradire la sensazione di disgusto che gli aggrovigliava stomaco. «Da quando Leah si è unita a noi, la faccenda dei lupi è molto meno allettante».

«Leah?», rantolò spaventata.

«Non gliel'hai detto?»domandò stranito, ma la reazione di Bella mi parve più esaustiva di ogni mia possibile risposta; non c’era un gran feeling tra loro due, anzi a dire il vero Bella si sentiva molto a disagio in sua presenza, non mi era sembrato il caso di nominargliela in questo momento.

«Perché?», ansimò guardandomi.

Come volevasi dimostrare si sta agitando.” «Per tenere d'occhio Seth». Rispose prontamente Jacob, limitandosi a dare la versione ufficiale e non ufficiosa di quella scelta.

«Ma Leah ci odia», mormorò.

«Leah non darà fastidio a nessuno». “Escluso me”. «Appartiene al mio branco», “Dio che parola orribile”«perciò fa quello che le dico di fare».

Silenzio.

Conoscendola, la spiegazione non le era bastata.

«Hai paura di Leah ma sei diventata l'amichetta del cuore della bionda psicopatica?» esclamò Jacob dopo aver riflettuto alcuni secondi.

E solo perché non volevo che si creassero ulteriori tensioni m’imposi di non alzarmi stringergli la mano per l’acuta osservazione!

«No. Rose mi capisce».Rispose Bella cupa in volto

Rose capisce solo se stessa … lo sai anche te.” Avrei voluto ricordarle, ma decisi di trattenermi.

«Già», grugnì Jacob.«Capisce che stai per morire e non gliene importa un bel niente. Per lei conta solo che il mutante si salvi la pelle».

parole sante!”se non altro almeno lui poteva sbatterle in faccia la realtà delle cose.

«Smettila di fare lo scemo, Jacob», sussurrò.

«Lo dici come se fosse possibile» e sul suo viso comparve uno stentato sorriso, per quanto fosse bello vederlo illuminarle nuovamente, non potei che invidiare a morte la capacità che aveva Jacob di riuscire ad ottenerlo anche in questo momento.

Ci siamo! Sono certa che questa è la soluzione!”pensò esaltata Rosalie ancora in cucina, comparendo un attimo dopo nel salone insieme a Carlisle che teneva in mano un bicchiere di plastica di quelli con il coperchio e la cannuccia pieghevole. Lo trasportava come un tesoro e guardandolo avvicinarsi pregai che lo fosse veramente.

 

Bella

 

Li guardai avvicinarsi e ringraziai Edward di aver ricordato loro di utilizzare un bicchiere chiuso e non trasparente. Mi tornò in mente quella mattina di più di un anno prima quando alla lezione di biologia svenni per il solo odore, sarei stata in grado di berne un intero bicchiere?

Quel giorno ci fu Edward a starmi accanto in infermeria, spostai lo sguardo su di lui, concentrato sull’arrivo di Carlisle, con un’espressione indecifrabile in volto: dolore … preoccupazione … angoscia … conoscendolo si stava colpevolizzando più del dovuto; infondo non era stata una sua idea. Carlisle si avvicinò titubante, quasi imbarazzato; dovevano averlo sigillato davvero bene quel bicchiere, di quel tremendo e nauseante odore di ruggine neanche l’ombra. Mi porse il bicchiere e ci vollero alcuni secondi per prendere il coraggio di porgergli le mani per prenderlo.

«Possiamo provare con un altro metodo», disse Carlisle conciliante.

«No», sussurrai cercando di essere il più risoluta possibile. «No, prima proverò così. Non c'è tempo...».

Fissai il bicchiere, che Carlisle stava ancora porgendomi e trassi un profondo respiro.

Devo riuscirci per noi due …” pensai “… e per il nostro piccolo EJ”

Presi il bicchiere offertomi da Carlisle.

Nelle mie mani un lieve tremore.

Cercai di mettermi a sedere e sentii l’abbraccio di Rose aiutami e sostenermi.

«Grazie», sussurrai.

Avrei tanto voluto che in quel momento ci fosse Edward al suo posto, che impassibile continuava a fissarmi.

«Non fare caso a loro»,m’incoraggiò Rosalie.

E lentamente lo avvicinai alla bocca.

Strano … mi ricordavo un odore diverso, questo era quasi dolciastro e, tutto sommato, invitante …

Sicuramente era la fame che stava alterando la mia percezione del gusto … avrei mangiato qualsiasi cosa mi avessero dato, il problema veniva dopo, quando il mio stomaco si sarebbe rifiutato di digerirlo ….

«Bella, tesoro, possiamo trovare un modo più semplice», disse Edward, cercando di riprendere il bicchiere che ancora fissavo preoccupata.

«Tappati il naso», mi suggerì Rosalie, fulminandolo con lo sguardo.

Se questa cosa del sangue avesse funzionato, forse, sarebbe diminuito anche l’attrito che serpeggiava tra loro due.

«No, non è questo. È solo che...», sussurrai quasi vergognandomi del languore che quel profumo mi aveva scatenato . «Ha un buon odore».

«Ottimo, allora», disse Rosalie, con fervore. «Vuol dire che siamo sulla strada giusta. Forza, assaggia». “lo spero …” pensai aggrappandomi alla speranza del suo entusiasmo “Coraggio Bella! Vuoi o no diventare come loro?!, Da qualcosa dovrai pur iniziare!” Portai la cannuccia alle labbra, strizzai gli occhi e arricciai il naso; cercando di prepararmi mentalmente ad accogliere nel mio corpo quel liquido denso e vischioso che tanto detestavo.

Succhiai profondamente e quando sentii quel liquido caldo e denso scendermi in gola e ne rimasi estasiata, appagata … era buono, buonissimo … cosa mi stava succedendo?

«Bella, amore ... ». Sussurrò Edward che ormai era due passi da me, confuso, agitato e pronto per crollare nell’ ennesimo attacco di panico.

«Va tutto bene», sussurrai. Aprendo gli occhi e cercando i suoi. «Ha anche un buon sapore»aggiunsi titubante e in preda alla vergogna.

«Bene, benissimo», gioì Rose. «Ottimo segno».

Ma i miei occhi cercavano Edward, era teso preoccupato, quanto avrei voluto avere il suo dono in quell’istante … chissà cosa pensava di me adesso … in quel momento la sua mano si posò sulla mia guancia, lo presi per un incoraggiamento, “coraggio Bella, ancora un sorso, non è poi così male …”accostai nuovamente le labbra alla cannuccia e succhiai avidamente, come se fosse la cosa più buona che avessi mai bevuto, e una scarica di pura energia entrò nel mio corpo.

«Come va lo stomaco? Hai la nausea?», chiese Carlisle.

«No, affatto», sussurrai.«C'è sempre una prima volta, eh?».

«Magnifico!» La gioia di Rose era incontenibile ormai e, forse, complice l’energia che sentivo diffondersi dentro di me, iniziavo a sentirmi contagiata, anche se le mie forze non mi permettevano ancora di fare capriole cominciavo a sentirmi meglio.

«Credo sia ancora presto per dirlo, Rosalie», mormorò Carlisle, ma incurante del suo timore, continuai a bere, mi piaceva e stavo meglio, ogni sorso di più. L’unico mio dubbio era Edward.

«Questo intacca il mio punteggio?» sussurrai. «Oppure iniziamo a contare dopo che sarò diventata una vampira?».

«Non c'è nessun punteggio, Bella. E comunque nessuno è morto per questo». Disse fingendo un falso sorriso «La tua fedina penale è ancora immacolata». Volevo farlo sorridere, non c’era cosa che mi potesse rendere più felice che vedere il suo dolcissimo sorriso.

Ma non ci riuscii

«Te lo spiego dopo.» gli sentii sussurrare appena, sicuramente aveva risposto al pensiero di qualcuno.

«Cosa?», domandai a fatica.

«Parlavo fra me», rispose mentendo … ormai lo conoscevo ma non avevo alcuna, voglia né la forza, di intavolare una discussione su una cosa così sciocca, e continuai a concentrarmi sul mio pasto, fin quando lo sentii ridacchiare … Qualcuno era riuscito dove poco prima avevo fallito?

«Qualcosa di divertente?»,mormorai.

«Jacob», rispose.

Non a caso è il mio sole personale …”«Jacob è una sagoma», concordai sorridendo delle sue mosse da giullare e, tra una sorsata e l’altra, arrivai alla fine del bicchiere.

«Fatto», dissi compiaciuta.«Se lo trattengo, Carlisle, mi togli tutti gli aghi?».

«Al più presto», promise.«Del resto, là dove sono non servono a molto».

 

Rose

 

Eravamo sulla strada giusta, sulle sue guance era comparsa una lievissima sfumatura rosa, invisibile all’occhio umano ma non per noi, persino il suo respiro era più regolare. Mi avvicinai carezzandole la fronte, anche la sua temperatura sembrava salita di un paio di gradi. Bella mi rivolse uno sguardo pieno di speranza, che non potei che ricambiare. Ce l’avrebbe fatta, ce l’avrebbero fatta entrambi, sicuramente c’era ancora molta strada da fare ma le percentuali di riuscita si erano impennate. Senza contare che anche nello sguardo di Edward era tornata una scintilla di vita, se le cose fossero migliorate ulteriormente forse avrebbe finalmente capito che era ora di crescere e lasciarsi alle spalle, almeno in senso teorico, i suoi diciassette anni e capire che lui poteva avere realmente l’opportunità di crescere, diventando padre.

«Ne vuoi ancora?» la sollecitai nella speranza di poter cogliere qualche ulteriore miglioramento che mi desse la certezza che la cura fosse quella giusta.

Nemmeno a dirlo Edward non fu d’accordo.

«Non devi berne subito dell'altro».

«Sì, lo so. Ma ne ho voglia»,ammise cupa afflosciandosi sulle spalle.

«Non devi sentirti a disagio, Bella. Il tuo corpo ne ha una voglia matta. Lo capiamo tutti». La rassicurai carezzandole i capelli il suo imbarazzo era più che comprensibile, anche a causa del disgusto che il cane aveva dipinto in faccia. «Chi non lo capisce non dovrebbe stare qui».

«Torno subito». Disse Carlisle prendendole il bicchiere di mano per poi tornare verso la cucina.

«Jake, hai un pessimo aspetto», mormorò Bella.

Mah … francamente non noto differenze con le altre volte …”

«Senti chi parla».

«Sul serio... quando è stata l'ultima volta che hai dormito?»

«Uhm. Non lo so di preciso.»

Bene, allora sparisci per un po’ e liberaci dal tuo fetore!”

«Oh, Jake. Adesso t'incasino anche la salute. Non comportarti da stupido.»

Mi sembra impossibile che una persona potenzialmente sana di mente riesca a farsi venire i sensi di colpa per un essere simile, volontariamente …”

«Riposati un po', per favore»,proseguì. «Di sopra ci sono le stanze da letto... puoi scegliere quella che vuoi».

Ci manca altro che impesti anche tutto il resto della casa!!!!!”pensai cercando di mantenere un contegno anche se, sicuramente, la mia espressione, fu sufficientemente esaustiva.

«Grazie, Bells. Ma preferisco dormire per terra. Lontano dalla puzza, sai».

Finalmente un’idea intelligente …”

«Giusto». Mormorò quasi amareggiata, sinceramente non so come potesse Edward continuare a tollerare questo suo assurdo comportamento.

In quell’istante Carlisle rientrò con un nuovo bicchiere, da sola allungò la mano e iniziò a succhiare.

Stava decisamente meglio.

Ero corsa in suo aiuto non appena l’avevo vista tentare di alzarsi, solo pochi istanti prima si sarebbe accasciata in un istante ma, questa volta, il mio soccorso fu finalmente inutile.

Ottimo.

Nel giro di poche sorsate, terminò anche il secondo bicchiere.

«Come ti senti?», le chiese Carlisle.

«Non ho la nausea. Anzi, ho un po' fame. Però, non sono sicura se sia fame o sete,sai?».

«Carlisle, guardala»,borbottai trionfante. «È ovvio che è quello che vuole il suo corpo. Dovrebbe berne dell'altro».

«È ancora umana, Rosalie. Ha bisogno anche di cibo. Diamole un po' di tempo per vedere che effetto le fa e intanto possiamo provare a farle mangiare qualcosa. C'è niente che desideri, Bella?».

«Uova», rispose fissando Edward, forse nella ricerca di una qualche approvazione da parte sua, che liquidò il tutto con un sorriso nervoso e stentato, preferendo continuare a insistere con Jacob perché utilizzasse la nostra casa come cuccia.

Stupido vampiro testardo!”

Finché due ululati squarciarono il silenzio della foresta circostante facendolo finalmente sparire dalla mia vista.

 

Edward

 

Lasciando solo l’eco della sua rabbia si lanciò fuori dalla porta per ricongiungersi con il suo branco. Sperai solo che non fossero stati attaccati di sorpresa.

«Ho sentito l’ululato di Seth. Cosa è successo?» Chiese Carlisle rientrando nel salone insieme ad Esme.

«non ne ho idea, Jacob si sta ricongiungendo al suo branco, sto aspettando di avvertire il racconto di Seth nella sua mente.»

Pochi istanti dopo tutto iniziò ad essere più chiaro.

«Sembra che una delegazione del branco di Sam si stia avvicinando … non sembra un attacco. Vogliono parlare uno si sta trasformando …»

Speriamo non sia una trappola” pensò Carlisle interpretando perfettamente il mio timore

«Li ha raggiunti … solo uno è in forma umana, sono sulla difensiva … Jacob non è ancora sicuro delle loro intenzioni, non si è ancora trasformato …»

Emmett e Jasper sono già allertati.”

«Gli stanno offrendo di tornare con loro … Sam si sente in inferiorità e per ora preferisce non attaccare … non può più contare sull’effetto sorpresa … aspettano solo che la situazione … volga al peggio …»sussurrai con il magone in gola «Sono convinti che in quel caso, se Jacob tornasse con loro, sarebbe il primo a scagliarsi contro di noi.» cosa che non avrei escluso a priori.

«Si è trasformato anche lui. Stanno nuovamente tentando di convincerlo. Sperano di far tornare con loro almeno Seth e Leah … Stanno facendo leva sui problemi di adattamento di Leah alle privazioni della vita da lupo …»

Povera ragazza, dobbiamo fare qualcosa per lei …” Rifletté Esme turbata.

«stanno cercando di far leva sul senso di colpa nei confronti delle loro famiglie … Jacob ha risposto per le rime … gli emissari di Sam stanno esagerando, Leah si è scaldata … Jacob li sta congedando, è stato fin troppo diplomatico. Se ne stanno andando … Resteranno in attesa degli eventi … ma pur sempre all’erta … Sam comunque non si fida, ha paura che altri del suo branco seguano per amicizia Jacob e li tiene a distanza … Jacob sta tornando qua.»

«Edward, ho bisogno di parlarti, solo un istante … è importante …» chiese Esme appena finii la telecronaca dell’incontro “Preferirei che Bella non sentisse, puoi seguirmi in cucina?” senza dare nell’occhio annuii e la seguii nell’altra stanza.

«Quei poveri ragazzi, mi fanno pena.» iniziò senza troppi preamboli «sono là fuori soli, al freddo, lontani dalle loro famiglie … senza contare i disagi di Leah. Sono davvero in pena per loro. Vorrei che parlassi con Jacob, ho preparato alcuni vestiti che dovrebbero andargli giusti, nel caso avessero bisogno di cambiarsi … con quello che stanno facendo per noi, offrirgli la nostra casa per le loro necessità, è il minimo che possiamo fare … se avessero bisogno di nutrirsi meglio … ecco … ci terrei ad aiutarli … come se fossero di famiglia …»

«hai ragione … avrei già dovuto offrire la nostra disponibilità a Jacob … sono stato imperdonabile …»

«Abbiamo avuto molti pensieri, non è colpa tua.»

«appena torna, parlerò con lui»

«Grazie tesoro.»

 

Bella

 

Riapparvero dalla cucina, cercando di non fare caso alle loro espressioni preoccupate e guardando Edward piena di apprensione, domandai cercando di sembrare indifferente

«Cosa è successo? Ci sono problemi?»

«No, niente di cui preoccuparti, cerca di stare rilassata, Carlisle mi diceva che i tuoi valori stanno rientrando lentamente alla normalità e pensava, che forse, si potrebbe smantellare un po’ di questi macchinari e riportarli nel suo studio … »

«Davvero!?! Adesso?? Subito???»

«Si Bella, adesso. Un ambiente più familiare ti aiuterebbe a stare meglio » rispose Carlisle sorridendomi compiaciuto e Jasper ed Emmett cominciarono a smontare.

 

Un sorriso, sebbene ancora forzato, gli distese per un istante il viso, riempiendomi il cuore di gioia, avrei dato qualsiasi cosa perché non sparisse in un batter d’occhio.

In pochi minuti tutto tornò alla normalità, Alice portò Jasper ed Emmett al piano di sopra, il profumo del sangue fresco stava iniziando ad essere davvero troppo per loro, specialmente perché erano più di due settimane che non cacciavano e tutto diventava per loro un’atroce sofferenza.

Carlisle ed Esme si appartarono in terrazza ed io rimasi nel salone, nuovamente sul divano con Rose ed Edward che non mi perdevano di vista un secondo.

«Come ti Senti?» sussurrò Rose carezzandomi i capelli. «Stai tremando, forse abbiamo smantellato tutto troppo frettolosamente e …»

«Ho solo un po’ di freddo, la debolezza lo fa …»

Non feci in tempo a finire di parlare che Edward aveva acceso il fuoco nel camino, preso un paio di piumoni e iniziato ad arrotolarmeli addosso.

Nell’immediato fu un sollievo, ma una loro sola misera carezza era capace di farmi rabbrividire fin dentro le ossa. Cercai quindi di non muovermi per non disperdere il calore accumulato; Edward sicuramente aveva già capito e, in silenzio, si mise a sedere infondo al divano con i miei piedi infagottati in grembo.

Rose si sedette per terra vicino a me.

Lo fissavo in cerca di una sua qualsiasi nuova espressione che mi facesse capire che era ancora lì con me, ma niente comparve sul suo viso, era lontano anni luce dal suo corpo e avrei dato qualsiasi corsa per conoscere i suoi pensieri, poi d’un tratto alzò gli occhi e sorrise, e ne rimasi abbagliata. Quando, poi, Jacob apparve sulla porta, con indosso i vestiti di Emmett capii il perché … mi pareva scortese ridergli in faccia e cercai di trattenermi, sicuramente quella era stata un’idea di Esme, ed aveva fatto bene, ma non era decisamente il suo stile … e a giudicare dall’espressione divertita di Edward anche lui doveva pensarla nella mia esatta maniera.

«Volevano solo parlare»,mormorò a fatica, non l’avevo mai sentito così esausto. «Niente attacchi in vista».

«Sì», rispose Edward. «Ho sentito quasi tutto».

«Come?».

«Ormai ti sento con più chiarezza: è una questione di familiarità e concentrazione. E poi, quando hai sembianze umane mi è più facile carpire i tuoi pensieri. Perciò ho afferrato quasi tutto quello che è successo là fuori».

«Ah». Normalmente, conoscendolo, avrebbe perso le staffe per quell’intrusione nella sua privacy ma la stanchezza stava avendo la meglio su di lui. «Bene. Odio ripetermi».

«Ti direi di andare a dormire un po'», provai a suggerirgli, «ma ho l'impressione che fra non più di sei secondi sverrai qui per terra, quindi non ne vale nemmeno la pena».

Mi squadrò un istante attentamente, come avesse bisogno di registrare ogni mio più piccolo cambiamento poi, contando i secondi, si voltò verso la porta ed uscì. «Un Mississippi... due Mississippi...».

«Attento a non cadere nel fiume, cagnaccio», borbottò Rosalie.

«Sai come si fa ad annegare una bionda, Rosalie?», le chiese senza fermarsi né voltarsi a guardarla. «Basta incollare uno specchio sul fondo di una piscina».

«Già sentita», urlò lei di rimando.

Non appena Jacob si chiuse la porta alle spalle sentii Edward ridacchiare di gusto, non credevo avrei più sentito quel dolce suono nella mia vita, e completamente presa da quella splendida sensazione mi estraniai da tutto per ammirarlo finché, Edward incurante della stanchezza altrui lo prese in disparte per parlare di alcune cose …

Un comportamento certamente inusuale per lui, a meno che non ci fossero altri problemi …

 

Rose

 

Mi alzai di scatto dalla mia posizione e le sistemai coperte e cuscini, Edward aveva seguito fuori il cane schifoso per fare da ambasciatore alle richieste di Esme, ci mancava solo di fare beneficenza ai cani adesso … dovevo riconoscere però che se non fosse stato per Jacob non avremmo trovato la soluzione di come nutrire Bella e il bambino, senza contare che quel suo modo di fare, tipico del giullare, di corte metteva di buon umore Bella, Edward si tranquillizzava e ciò si ripercuoteva sullo stato d’animo di Bella come una reazione a catena. La strana complicità che era nata tra mio fratello e quel sacco di pulci era a dir poco inquietante, ma sembrava che portasse ottimi frutti e questo era l’unico motivo per cui tolleravo la sua presenza nella mia casa.

«Sono contenta stiano diventando più o meno amici.» sussurrò Bella mentre cercavo di sistemarla meglio sul divano. La mia opinione era un po’ diversa al riguardo … forse più che amici erano alleati, un fronte unico contro il bambino … ma se l’idea della loro presunta amicizia migliorava il suo stato d’animo, non potevo che assecondarla, stava già troppo male per infierire su di lei con ulteriori preoccupazioni.

«Già …» risposi cercando di troncare il discorso meglio che potevo.

«Sono convinta che tutto questo porterà qualcosa di buono …» mormorò tra sé accarezzandosi il pancione «vero piccolino mio …» Gli occhi cominciarono a pungere, per fortuna non potevo piangere.

Non so con quale criterio Bella pensasse che Edward si sarebbe occupato di loro figlio se lei non fosse sopravvissuta al parto … nello stato in cui era, anche se si stava riprendendo, probabilmente sarebbe riuscita a partorire ma dubitavo potesse sopravvivere …

«Aahh ...» gemette improvvisamente. Non si era mossa, eppure …

«Cosa succede Bella?»

«Una fitta tremenda qui …»rispose indicando un punto sotto il seno. «mi leva il respiro …»probabilmente si era incrinata una costola, giusto la frazione di secondo necessaria per avvicinarmi a lei per impedirle ulteriori movimenti, che Carlisle ed Edward erano nuovamente con noi.

Carlisle si avvicinò cauto cercando di verificare l’entità del danno; Edward: una statua di cera. Continuava a fissarla stringendo rabbiosamente i pugni.

«Dammi un secondo, Carlisle»,rantolò Bella nel tentativo di riprendersi dal dolore.

«Ho sentito il rumore di qualcosa che s'incrinava. Devo dare un'occhiata». Rispose Carlisle ansioso, sebbene una costola rotta fosse una cosa da nulla c’era sempre il rischio che se la rottura non fosse netta, qualche frammento potesse arrivare fino ai polmoni perforandoli.

Ci manca solo una complicazione ai polmoni.”Pensai preoccupata e lo sguardo feroce di Edward mi trapassò da parte a parte.

Dovevi immaginartelo, caro il mio sottuttio!! Se Bella si rimette in forze, il bambino fa lo stesso!! È inutile che fingi di essere stupito!”

«Quasi sicuramente...»,ansimò, «una costola. Ahi. Sì. Qui». Indicò un punto sul suo lato sinistro, badando bene a non toccare.

«Devo farti una lastra. Potrebbero esserci dei frammenti. Non vogliamo che ti perfori qualcosa».

Bella fece un respiro profondo.«Okay».

Con cautela la sollevai più delicatamente possibile «L'ho già presa». Ringhiai ad Edward che solo ora si avvicinava per prenderla in braccio e, senza perdere altro tempo, la portai nello studio di Carlisle.

Alice in cima alle scale ci fissò con terrore, continuando a massaggiarsi le tempie.

Possibile che tutti se ne restino a guardare senza muovere un dito!! Propongono soltanto di togliere di mezzo il problema … non c’è che dire, gran bella soluzione …!” e ignorandola proseguii verso la mia destinazione.

Carlisle ed Edward, entrarono subito dopo, la deposi sul lettino e Carlisle preparò la macchina per i raggi e l’avvicinò al lettino. Il ronzio tipico di quel macchinario riempì il silenzio che regnava nella stanza.

«No, fortunatamente la frattura della costola è netta, non ci sono frammenti, Rose aiutami a farle una fasciatura stretta in modo che senta meno dolore a muoversi e …»

«… e dille cosa hai pensato pochi istanti fa. Diglielo Carlisle!» esplose con rabbia Edward.

«Smettila Edward! Così la fai solamente agitare di più!» ringhiai con rabbia.

«Edward, non mi sembra il momento …» osò replicare nostro padre.

«E INVECE NO! DILLE COME STANNO LE COSE!!»

Stupido testone!”

«Carlisle, ti prego, ho bisogno di sapere …»

«Bere il sangue, ti sta rimettendo in forze, è ovvio che se tu stai meglio anche il feto riprende forza, riprende a crescere e si muove … questa volta è andata bene ma la prossima … non potrebbe essere così, il tuo fisico è fin troppo debilitato …»

«Resisterò più che posso!»

«Non dipende solo da te Bella. Inizia a prendere in considerazione l’idea di un cesareo, ciò non toglie che non garantisco tu ce la faccia ad arrivare a quel momento … basta un’altra costola rotta e un suo frammento nei polmoni, senza considerare che il tuo cuore è molto affaticato.»

Senza dire una parola annuì.

Aiutai Carlisle a fasciarla stretta e feci per riprenderla in braccio ma «Vi prego potete lasciarci soli un attimo?» chiese con un filo di voce a me e Carlisle.

Edward guardava il vuoto oltre la vetrata e il mio primo istinto sarebbe stato di lanciarlo fuori dalla stessa, ma repressi questo insano desiderio in nome del buon senso “Edward, cerca di calmarti e stalle vicino … ha bisogno di te …”provai a suggerirgli nel pensiero ma a giudicare dal modo in cui serrava i pugni le mie parole erano state vane e senza insistere oltre lasciai la stanza.

 

Edward

 

Rimanemmo soli, e il silenzio si fece talmente opprimente che avrei scaraventato tutto contro il muro pur di non sentirne la pesantezza.

«Edward …» sussurrò con un filo di voce.

«Ti sta uccidendo Bella, non c’è via di scampo. Non ci sono soluzioni, in un modo o nell’altro; ed io non posso vivere senza di te.» la interruppi bruscamente.

«Avrai per sempre una parte di me. Lui ha bisogno di te.»

«Pensi che veramente potrei amarlo o solamente tollerarlo dopo che ti ha uccisa?»

«Ma non è colpa sua: devi accettare le cose come sono.»

«Perché tu non mi hai dato scelta! Bella, noi dovevamo essere una coppia ma hai deciso di fare tutto da sola, e hai deciso di lasciarmi.»

«Non devi vederla in questo modo.»

«Beh, non ho altro modo di vederla, perché sarò io a perderti e questo non lo scelgo, io non lo scelgo.»e senza nemmeno lasciarle il tempo di replicare uscii dalla stanza livido di rabbia e di rancore.

 

 

 

N.B.: Nell'ultimo Pov Edward ho preso in prestito alcune battute del film, che secondo me erano azzeccatizzime e corenti nel libro originale. Spero non vi dispiaccia.

 

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Capitolo 12
*** CAPITOLO 12 ***


Il mio ritardo è imperdonabile.

Mi scuso infinitamente con coloro (se ancora c’è qualcuno) che sono in attesa di leggere questa ff.

 Buona lettura.

 

Cap. 12

 

Rose

 

Era dura arrendersi all’evidenza ma era lampante che Edward fosse impazzito. Più di una volta in quasi un secolo di convivenza i nostri punti di vista erano stati divergenti.

Ma mai come adesso.

Ammiravo la sua intelligenza ma l’avevo considerato sempre fin troppo all’antica; preciso, puntiglioso fino allo sfinimento ed il più delle volte, anche saccente; come se il suo potere gli permettesse di conoscere perfettamente l’animo umano; indubbiamente era un grosso aiuto, ma ciò non gli aveva certo permesso di imparare a ragionare da solo su chi gli si presentava di fronte. Il risultato era questo: stava distruggendo con le sue stesse mani quanto di più bello potesse essergli mai capitato in tutta la sua esistenza.

Giustificando il suo comportamento in virtù dell’“immenso amore” che provava per lei, stava facendo soffrire, più di chiunque altro, la persona che era riuscita a renderlo, dopo più di cento anni, umano. Togliendogli la maschera di perfezione dietro cui si era trincerato con il passare del tempo. . L’unica cosa che era riuscito a dimostrare era che il suo cervello si era fermato al 1918, ragionando esattamente come ci si aspetterebbe facesse un vero diciassettenne.

Stupido ragazzino egoista!”Per il modo in cui l’aveva trattata, ne dimostrava anche meno.

«Bella, posso entrare?» sussurrai avvicinandomi alla porta dello studio di Carlisle.

Un mugolio strozzato mi diede il consenso.

Ancora sdraiata sul lettino delle radiografie, piangeva silenziosamente.

Mi avvicinai piano e senza dirle niente la abbracciai tenendola stretta sul mio petto finché le lacrime non persero vigore.

«Che dici scendiamo?» sussurrai carezzandole i capelli.

«Ho bisogno di compagnia per sopportare quella motosega di Jacob che dorme sulla nostra soglia di casa.»

Alzando appena lo sguardo annuì e, con tutta la delicatezza di cui ero capace, la riportai nel salone. La adagiai al centro del divano provvedendo a coprirla con le trapunte, era gelata, sicuramente non sarebbero bastate, ma il riscaldamento era già al massimo ed il camino acceso, probabilmente le era salita la febbre.

Le preparai un altro bicchiere di sangue e mi sedetti per terra vicino a lei.

«Posso?» chiese pochi istanti dopo Alice che per tutto il tempo era rimasta immobile a fianco del cane addormentato, non so come facesse a stargli così vicino con il fracasso che faceva russando, meno male aveva mal di testa!

«Come va l’emicrania?» le chiesi appena si sedette al mio fianco. Dalla nostra ultima discussione non avevamo più avuto nulla da dirci, cercavamo di convivere più o meno pacificamente.

«Meglio, grazie. Con la presenza di Jacob sto decisamente meglio.»

«Impressionante! Il cane ultimamente fa miracoli. Con tutto il rumore che riesce a produrre russando ero convinta ti sarebbe peggiorato.»

«È strano, ma c’è qualcosa che accomuna Jacob con il feto. Vicino a lui non vedo niente, esattamente come quando mi concentro sul … sul bambino. » disse sorridendo a Bella con dolcezza, la guardai stupita, era la prima volta che si rivolgeva al piccolo chiamandolo bambino, «… e questo aiuta molto il mio mal di testa, ciò che lo scatena invece è l’incertezza del futuro Bella, è troppo presa da lui …» e un tonfo sordo ci fece voltare tutte e tre all’unisono.

Edward che fino a quel momento si era aggirato come un fantasma per tutto il salone si era accanito con un pugno contro il muro.

L’unico eco a quel rumore fu il sospiro sfinito di Bella.

 

Seth

 

Mi avvicinai cauto alla villa dei Cullen e mi trasformai. Jacob non aveva più dato notizie da quando era andato da loro per fare il resoconto del nostro incontro con gli ambasciatori di Sam, e Leah, era preoccupata. Se non si fidava dei Cullen, doveva rimanere a La Push! E non m’interessava se mi aveva sentito!

Il mio timore era invece che il nostro incontro fosse stato solo un diversivo per attaccarli a tradimento.

Ormai a poche decine di metri, riuscivo già a scorgere distintamente le luci della casa ed il portico senza contare il russare di Jacob che riecheggiava nella notte.

Se non altro stava bene.

Senza rifletterci troppo ripresi sembianze umane. “I vestiti!” imprecai dentro di me trovandomi nudo. “ed ora…” sarei dovuto tornare indietro a riprendere i pantaloni, possibile che non ricordassi mai di portarmeli dietro!

In quel minuto d’indecisione vidi apparire una figura esile sul porticato della casa, deporre qualcosa sugli scalini d’ingresso.

«Seth, sono per te.» disse una voce dolcissima prima di rientrare in casa. Doveva essere Esme.

Mi avvicinai imbarazzato sperando che nessuno mi vedesse, raccolsi il cesto e tirai un sospiro di sollievo trovandoci dentro la soluzione dei miei problemi: vestiti nuovi e puliti!

Sono salvo!”

Mi vestii in fretta e furia ed entrai.

«Permesso …» dissi scavalcando Jacob che ostruiva completamente l’ingresso.

«Seth, caro. Edward mi ha avvisato del tuo arrivo» mi accolse Esme abbracciandomi come se fossi uno di famiglia. «Che piacere vederti qua, non sai come sono contenta, tu sia passato.»

«Ecco … io … noi … eravamo preoccupati per Jacob … grazie per i vestiti.»

«Figurati, è un piacere potervi aiutare è il minimo che possiamo fare per sdebitarci con voi, hai fame?»

«No, cioè, non è necess …»provai a rispondere ma il mio stomaco parlò per me.

«Ti preparo subito qualcosa.»m’interruppe Esme entusiasta di essere d’aiuto.

In quel momento feci finalmente caso alla scena che mi si mostrava dinanzi: Bella addormentata sul divano infagottata sotto una montagna di coperte, eppure in quella casa ci si stava sciogliendo dal caldo. Le sorelle di Edward sedute per terra vicino a lei e lui completamente assente dalla scena.

Era innaturale non vederlo al suo fianco, cosa stava succedendo?

«Ci penso io Esme.» intervenne all’improvviso Edward, passandomi davanti e facendomi segno di seguirlo in cucina. Non mi ero nemmeno accorto della sua presenza sul fondo del salone. Sembrava uno spettro.

Seduto al tavolo, lo guardavo spadellare cercando di capire l’assurdità di quella situazione. Edward stava male soffriva, e ciò che avevo appreso dai pensieri di Jacob non era nulla a confronto con la realtà.

«Non ce la faccio Seth, la vedo morire un secondo dopo l’altro.»

«Avevo capito stesse meglio ora che beveva il sangue …»

«Sì, è migliorata, ma ha ripreso vigore anche il mostro dentro di lei. Cresce troppo velocemente. Non c’è via di scampo, o la fa morire di fame o la uccide dall’interno.»

«Ma …»

«Oggi le ha spezzato una costola. Per fortuna non ci sono state altre conseguenze. Non so se saremo così fortunati la prossima volta …»

«Perché non sei con lei … »

«Io non ce la faccio Seth … io non sono d’accordo con questa sua follia … io non sopporto l’idea di perderla …»

«e la lasci da sola … » risposi risentito come se si fosse trattato di me «… sbaglio o avete promesso in salute e malattia … la stai lasciando sola. Hai promesso finché morte non vi separi.»

Edward si voltò di scatto fissandomi con un’espressione indecifrabile in volto; solo in quel momento mi resi conto di quanto fossero risultate dure le mie parole perfino alle mie orecchie, ma l’impressione di non avere più davanti ai miei occhi la persona che tanto ammiravo mi aveva spiazzato e deluso allo stesso tempo.

Ok, non erano fatti miei e, imbarazzato per il mio stesso comportamento cercai di cambiare discorso.

«Avete valutato l’idea di trasferirvi? Magari dai vostri amici in Alaska … vivere senza la continua tensione di un attacco da parte di Sam, forse, renderebbe tutto più rilassato.»

«Poteva essere una soluzione, ma non possiamo.» rispose tornando a occuparsi della mia colazione «Ci vuole del tempo per installare altrove la strumentazione medica di cui Carlisle dispone qui. Qui abbiamo quello che serve per prendersi cura di Bella e Carlisle ha le credenziali per procurarsi altro materiale, se servisse; specialmente adesso, che stiamo dando fondo a tutte le scorte di sangue 0 negativo. Tramite la posizione che riveste all’ospedale di Forks, riesce a comprarne una discreta quantità e non possiamo rischiare di rimanerne senza.»tirò un profondo sospiro e continuò come se stesse parlando tra sé«e comunque adesso è troppo debole per affrontare un simile viaggio, anche se lievemente migliorata, quel mostro la sta uccidendo dentro … non c’è soluzione …»

In quell’istante la porta si aprì e la bionda entrò andando dritta al frigo dove estrasse una sacca di sangue e iniziò a versarlo in un bicchiere di polistirolo.

«Qualora t’interessi, ha la febbre alta e i brividi di freddo non le danno pace, non so più come scaldarla.» disse acida a Edward senza degnarlo nemmeno di uno sguardo.

«Ci penso io.» Esclamai senza pensarci un attimo di più.

La bionda mi squadrò un istante, tanto che temetti volesse sbranarmi.

«Potrebbe funzionare … proviamo.»disse uscendo con il pasto di Bella tra le mani e senza perder tempo la seguii nel salone sedendomi vicino a Bella in modo da riuscire a passarle un braccio dietro le spalle … non era mai stata enorme, ma adesso era veramente minuscola.

Spariva completamente dentro il mio abbraccio.

Tempo un paio di minuti i suoi denti cessarono di battere e riuscì a prendere in mano il bicchiere per bere. In quell’istante Edward tornò da noi con in mano un vassoio pieno di ogni possibile prelibatezza, e il mio stomaco ringraziò entusiasta.

 

Edward

 

Poggiai il vassoio con la colazione di Seth sulle sue ginocchia e guardai Bella, stava riprendendo colore e il tremito era smesso.

In salute e malattia …”aveva detto Seth, riportando fedelmente le mie parole … l’avevo promesso … davanti a Dio e a lei …

«Va meglio?» le chiesi avvicinandomi al suo viso.

Così ti voglio Edward!”m’incoraggiò Seth, era assurdo pensare che quel ragazzetto riuscisse con la sua schiettezza a farmi riflettere. «Abbiamo trovato una stufetta tutta per te.» dissi prendendole la mano.

«Già …» rispose sorridendomi debolmente «stavo congelando … ma adesso va meglio.»

E il suo solo, flebile, sorriso fu come un raggio di sole dopo secoli di buio.

E lievemente confortato da quel misero miglioramento, mi sedetti ai suoi piedi e la guardai addormentarsi esausta.

Dovevo calmarmi, non era nella mia indole ma non dovevo più esplodere com’era successo poche ore prima, almeno questo, glielo dovevo.

Sto preparando uno spuntino per quella povera ragazza,pensi che Seth possa allontanarsi da Bella giusto il tempo dir portarglielo?”mi chiese Esme ancora in cucina.

«Seth, Esme ha preparato qualcosa da mangiare per Leah, credi di farcela ad andare da lei e tornare qua prima che le si abbassi nuovamente la temperatura?»

«Hei, fratello! Ma lo sai con chi stai parlando, vero? Sarò anche piccolo, ma sono velocissimo!»

«Già …» costatai tra me sorridendo dell’orgoglio di quel ragazzino «Allora vai!, è tutto pronto in cucina.»

«Sarò di ritorno prima che tu lo possa solo pensare!» ed euforico per la missione sparì.

Mi avvicinai a Bella sfiorandole la fronte, la febbre era ancora molto alta, Seth le aveva placato i brividi ma, adesso, scottava. Mi sedetti al suo fianco e l’abbracciai nel tentativo di riportare la sua temperatura corporea a livelli normali, cercando di non pensare che probabilmente era una delle ultime volte che la potevo stringere a me.

Era l’ora ti rendessi utile pure tu!” pensò Rose fulminandomi con lo sguardo.

La ignorai.

 

Seth fu velocissimo, in poco meno di un’ora fu già di ritorno, appena in tempo per prendere il mio posto ora che i brividi stavano nuovamente facendosi avanti. Non potendole somministrare nulla per farle passare la febbre ci limitammo a mantenere costante la sua temperatura alternandoci al suo fianco tutta la notte, finché il chiarore dell’alba non rischiarò il cielo.

L’ennesima giornata stava facendosi avanti e contemporaneamente la costante incertezza di come potesse evolversi era come se aprisse una voragine sotto i miei piedi che, impotente, dovevo solo rimanere in attesa dell’evolversi degli eventi.

«Finalmente», mormorò d’un tratto Rosalie, stizzita. «Cominciavo ad averne abbastanza della motosega».

«Ehi, Jake è tornato fra noi!»,squittì Seth.

Ma che cavolo...?” Pensò Jacob guardandosi attorno. Ovviamente, gli sarebbe piaciuto essere al suo posto.

Non detti peso ai suoi pensieri.

«Era venuto a cercarti.» gli spiegai mentre si alzava. «Ed Esme l’ha convinto a fermarsi per la colazione».

«Sì, Jake. Volevo solo vedere se era tutto a posto, dato che non ti eri ritrasformato. Leah si stava preoccupando. Le ho detto che probabilmente eri crollato dal sonno mentre eri ancora umano, ma sai com'è fatta. Comunque, avevano tutto questo cibo e, cavolo», disse guardandomi, «amico, tu sì che sai cucinare».

«Grazie», mormorai.

Ok non mi riguarda … ma quel braccio intorno alle sue spalle, m’infastidisce … anzi … no, m’irrita.”

«Bella aveva freddo», dissi piano, con tono asciutto e disinteressato.

D'accordo. Non sono affari miei. Lei non è mia.”

«Esatto.» mormorai impercettibilmente, già sapendo che mi aveva sentito.

Seth, completamente a disagio per quel giro di sguardi indagatori, decise che spostare subito il suo braccio dalle spalle di Bella era la soluzione migliore per non alterare ulteriormente il suo Alfa.

«Leah è di ronda?», chiese Jacob ancora assonnato.

«Sì», rispose il cucciolo masticando. «È tutto sotto controllo. Tranquillo. Se succede qualcosa, ci avverte ululando. Ci siamo dati il cambio verso mezzanotte. Ho corso per dodici ore». Rispose orgoglioso come solo un’adolescente può essere.

«Mezzanotte? Aspetta un attimo ... che ora è?».

«L'alba, più o meno». Guardò fuori dalla finestra, per verificare.

Maledizione. Ma quanto ho dormito!”. «Merda. Scusami, Seth. Sul serio. Avresti dovuto svegliarmi a calci».

«Nah, avevi bisogno di dormire. Da quand'è che non ti prendevi una pausa? Dall'ultima notte in cui sei stato di ronda per Sam? Tipo quaranta ore? Cinquanta? Non sei una macchina, Jake. E poi non ti sei perso proprio niente».

Non direi …”pensò avvicinandosi a Bella, appena svegliata, facendole un rapido check-up con lo sguardo.

«Come va la costola?» le domandò.

«Fasciata per bene. Neanche la sento».

Figuriamoci se non sminuiva il problema” ringhiai tra me e dall’espressione di Jacob capii che la pensavamo allo stesso modo. Quel suo modo di fare era irritante e non aiutava.

«Cosa c'è per colazione?» chiese sarcastico. «0 negativo oppure AB positivo?».

«Omelette», rispose facendogli la linguaccia, ma i suoi occhi puntarono dritti sull’ennesimo bicchiere pieno di sangue, già pronto, incastrato tra noi due.

«Va a fare colazione, Jake»,esclamò Seth. «In cucina c'è di tutto. Devi essere affamato».

«Cos'ha avuto Leah per colazione?»domandò preoccupato.

Era strano vederlo in quell’atteggiamento quasi paterno.

«Le ho portato da mangiare prima di soddisfare la mia pancia», si difese. «Ha detto che avrebbe preferito divorare una carcassa putrida, ma scommetto che ha ceduto. Questo tortino alla cannella...».

Ok, come immaginavo, non posso lasciarla da sola”«Allora vado a caccia con lei». E fingendo indifferenza si voltò verso l’uscita.

 

Carlisle

 

«Puoi aspettare un attimo, Jacob?»gli chiesi avvicinandolo, rimanendo, però, sempre ad una distanza tale che non lo facesse sentire oppresso.

Lo stress che anche lui stava subendo in quei giorni non era certo una cosa da poco; dovevo affrontare un argomento piuttosto spinoso, avevo bisogno che rimanesse lucido e, quanto più possibile, obiettivo.

Era in gioco la vita di tutta la mia famiglia.

«Sì?»

«A proposito di caccia», cominciai cercando, con la tonalità della voce, di fargli comprendere l’importanza di quanto stavo per dirgli. «Per la mia famiglia comincia a diventare un problema. Mi rendo conto che al momento la tregua non è in vigore, perciò volevo il tuo parere. Sam ci darà la caccia fuori dal perimetro che hai creato? Non vogliamo correre il rischio di fare del male a un tuo familiare né di perdere qualcuno dei nostri. Se fossi nei miei panni, come procederesti?».

«È un rischio», rispose dopo un attimo di titubanza; forse gli occhi puntati addosso del resto della famiglia lo mettevano in soggezione ma, d’altronde, la sete stava diventando un problema di primaria importanza per tutti noi, specie con tutto il sangue fresco che circolava ultimamente per casa, necessario per il nutrimento di Bella. «Sam ha calmato gli animi, ma sono certo che nella sua testa il patto non vale più. Finché sarà convinto che la tribù, o qualsiasi altro essere umano, sia in pericolo, non si farà tanti scrupoli, non so se mi spiego. Però, tutto sommato, la sua priorità resta La Push. E in realtà non sono abbastanza numerosi per vigilare come si deve sulla gente e contemporaneamente organizzare battute di caccia troppo pericolose. Credo che non si allontanerà molto».

Certo, è ovvio, non vuole disperdere forze ed energie … quindi merita uscire in gruppi, e mantenere una certa distanza da La Push …”riflettei tra me.

«Perciò, se posso dire la mia, uscite tutti assieme, non si sa mai. E magari di giorno, perché noi aspetteremmo il calare della notte. Classiche cose da vampiri. Siete veloci: vi basta superare le montagne e cacciare lontano. È improbabile che mandi qualcuno fin laggiù». Continuò Jacob confermando le mie supposizioni. Soltanto che non avremmo mai potuto fare un’unica sortita, Bella sarebbe rimesta senza protezione.

«E Bella resterà da sola? Indifesa?».

«E noi che ci facciamo qui?»Grugnì con disappunto.

La sua caparbietà mi fece sorridere. «Jacob, non puoi combattere contro i tuoi fratelli»

Senza contare che Bella aveva bisogno di un monitoraggio medico costante e qualcuno in grado di avvisarmi immediatamente qualora (fosse)ci fosse stato qualche ulteriore imprevisto durante il decorso della gestazione.

Si rabbuiò. «Non dico che non sarà dura, ma se venissero per ucciderla sarei in grado di fermarli».

«No, non intendevo dire che non saresti in grado. Ma sarebbe sbagliato. Non posso avere una cosa simile sulla coscienza».

«Non ce l'avresti tu, dottore. Ce l'avrei io. E potrei sopportarlo».

«No, Jacob. Agiremo in modo che non sia necessario. Andremo tre alla volta», “Sì, dovrebbe bastare…”«Probabilmente è la cosa migliore».

«Non lo so, dottore. Separarsi non è esattamente una strategia vincente».

«Useremo le nostre doti per bilanciare l'inferiorità numerica. Se Edward sarà uno dei tre, potrà garantirci la sicurezza nel raggio di qualche chilometro».

Ci voltammo entrambi verso Edward, che fingendo di ignorare i nostri discorsi non aveva distolto un attimo lo sguardo da sua moglie “Pensi di potercela fare figliolo?”pensai continuando ad aspettare una sua risposta.

Si voltò dopo un istante e l’angoscia che lessi nei suoi occhi valse più di mille parole.

Era stata una follia anche solo pensare che si sarebbe allontanato dal suo capezzale … io avrei fatto lo stesso.

«Sono certo che ci siano anche altri modi, naturalmente», aggiunsi senza insistere un secondo di più «Alice, immagino che tu possa vedere quali percorsi dovremmo evitare».

«Facile», annuì Alice, «quelli che scompaiono».

E subito percepii mio figlio rilassare la sua postura.

 

Seth

 

«Bene, allora», esclamò Jacob. «È tutto sistemato. Io mi rimetto in marcia. Seth, ti aspetto al crepuscolo, quindi schiaccia un pisolino, okay?».

«Certo, Jake. Mi ritrasformo appena finisco. A meno che... Hai bisogno di me?». Chiesi titubante a Bella ancora appoggiata al mio braccio.

«Ha le coperte», borbottò spazientito Jacob.

«Sto bene, Seth, grazie», rispose lei.

Sicuramente si era accorta della situazione imbarazzante in cui mi stavo trovando e, confortato dal suo permesso, mi spostai.

 

Esme

 

«Jacob», dissi piano. L’imbarazzo nella mia voce era palese, temevo di offenderlo ed era l’ultima cosa che volevo fare. «So che per te è poco appetitosa l'idea di mangiare qui, per via dell'odore. Ma mi sentirei meglio se portassi con te un po' di cibo. So che non puoi tornare a casa e la colpa è nostra. Per favore... allevia il mio rimorso, almeno in parte. Prendi qualcosa da mangiare». Gli dissi porgendogli il pacchetto che avevo preparato con uno spuntino anche per Leah. “Ti prego, non posso sapervi soffrire gli stenti della vita nel bosco per noi …”

«Certo, certo», farfugliò imbarazzato. «Mi sa... Forse Leah ha ancora fame».

povera ragazza … non è una vita adatta per una donna … le mancherà la madre …”e quando Jacob allungò le mani per prendere quanto gli stavo offrendo, mi si riempì il cuore di gioia. Poter essere utile a questi ragazzi mi faceva sentire meglio, più completa.

«Grazie, Jacob», dissi sorridendogli.

«Ehm, grazie a te», rispose imbarazzato e un lieve rossore gli colorò appena il viso già di suo abbronzato. Finsi indifferenza, la sua facciata da duro avrebbe subito un duro colpo se avessi reso pubblica quella sua debolezza e non volevo certo metterlo in difficoltà, ma ero felice di aver potuto costatare quanto ancora quel ragazzone fosse infondo un bambino bisognoso di attenzioni che solo una madre può dare e che forse troppo precocemente gli erano mancate.

Sapevo che Edward gli aveva già accennato che potevano considerare casa nostra come se fosse loro, ma ci tenevo che facesse presente quest’ opportunità a Leah in particolare, per una donna era tutto più complicato. «Jacob?», lo fermai quindi, prima che uscisse definitivamente da casa; aveva appena salutato Bella promettendole che sarebbe tornato presto, ma la mia richiesta non poteva aspettare. «Ho lasciato una cesta di vestiti in veranda. Sono per Leah. Sono appena lavati, ho cercato di toccarli il meno possibile». “ho usato tutte le possibili precauzioni”«Ti dispiace portarglieli?».

«Pure», bofonchiò prima di scappare a gambe levate e divertita da quel suo bizzarro comportamento da macho, restai a guardarlo sparire nella foresta.

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Capitolo 13
*** CAPITOLO 13 ***


Questa volta sono stata un po’ più brava vero???

Non abituatevi troppo … il prossimo arriverà dopo la mia bimba!!! Ormai siamo agli sgoccioli e non posso promettere niente …

Baci a tutti e Buona lettura

 

Cap. 13

 

Seth

 

Appena Jacob varcò la soglia di casa Cullen ripresi posizione vicino a Bella, mi aveva fulminato con gli occhi appena si era reso conto che la stavo abbracciando e, in tutta sincerità, avevo anche temuto mi volesse sbranare; adesso che era uscito, ed ero nuovamente fuori pericolo, potevo tornare a svolgere il mio compito di “Stufa umana” senza alcun imbarazzo.

Adesso al suo fianco c’era Edward, la febbre stava risalendo e il freddo che emanava il corpo del vampiro, contribuiva ad abbassarla, quando avrebbe ricominciato a tremare sarei nuovamente intervenuto io in suo soccorso per mantenerla costante.

Nonostante Bella fosse accoccolata nel suo abbraccio, lui era lontano anni luce da quel posto; il tormento che lo stava dilaniando non riusciva a dargli pace e il suo viso era come un libro aperto anche per il più inesperto osservatore.

Mi dispiaceva vederlo ridotto così … avessi potuto fare qualsiasi cosa per dargli conforto, l’avrei fatta.

Alzò leggermente lo sguardo e mi sorrise.

Merda!”pensai quando realizzai che aveva sentito tutti i miei ragionamenti, mi ero completamente scordato che leggeva nel pensiero.

Adesso ero ancora più in imbarazzo di prima.

Senza aggiungere una parola, tornò nel suo universo parallelo e il silenzio calò pian piano nella stanza, inghiottendo anche il minimo rumore di sottofondo e lentamente vidi Bella iniziare a sonnecchiare. Con Edward ci alternammo più volte al suo fianco per mantenerle costante la temperatura, purtroppo, nessun farmaco faceva effetto e non c’era altro modo per ovviare al problema, anche Carlisle era in difficoltà: non riusciva a capire se dipendesse dalla gravidanza o fosse una semplice influenza, ciò gli impediva di poterla curare al meglio. Il sonno si mantenne tranquillo per alcune ore fino a quando un sussulto, seguito immediatamente da un grido di dolore, pose fine alla quiete che si era creata.

Non feci in tempo a capire cosa fosse successo che Edward l’aveva già presa in braccio e portata nello studio di Carlisle.

La bionda lì seguì come un’ombra.

 

Anche se non avessi avuto l’udito super sviluppato dei lupi, sarei stato perfettamente in grato di capire quanto fosse accaduto: il bambino aveva spezzato un’altra costola a Bella, Edward non l’aveva presa bene ricominciando a scontrarsi con le decisioni di sua moglie, Rose era intervenuta asserendo che anche i bambini umani quando ancora sono nel grembo materno possono rompere le costole alla madre; Edward aveva reagito malissimo a quest’ennesima intromissione ed era scoppiata una lite furiosa tra i due fratelli. Carlisle era riuscito a sedare gli animi alzando, credo per la prima volta in tutta la sua lunghissima vita, la voce.

Peccato.” Pensai.

Mi sarebbe piaciuto un bel match tra Edward e la sorella.

Tornarono dabbasso pochi minuti dopo, l’aria che si respirava era pesante e, senza dire una parola su quanto avevo appena udito, mi accomodai sul divano in attesa di sapere se ci fosse stato ancora bisogno di me.

Rosalie depose Bella al mio fianco e con voce dolce ma distaccata mi chiese di scaldarla un po’. Senza fiatare obbedii permettendole di accoccolarsi come meglio credeva al mio fianco.

Edward immobile in fondo al salone fissava il vuoto.

Dormì un’oretta appoggiata sulla mia spalla poi, forse a causa del dolore della costola, si svegliò; bevve un altro bicchierone di sangue e chiese a Rose di portarle un telefono perché voleva chiamare Charlie.

«Vorrei rassicurarlo che mi sento meglio.» mi disse accennando un timido sorriso.

Edward si scosse improvvisamente dal suo torpore e sparì in cucina.

 

Edward

 

Cercavo di mantenere la calma, ci stavo provando con tutto me stesso, sapevo che non le faceva bene vedermi sempre arrabbiato e tentavo di dominarmi come meglio potevo, ovviamente se Rose provocava, non potevo certo tacere, ma ogni volta che telefonava a Charlie raccontandogli i suoi“progressi” e facendogli credere che era sulla via della guarigione mi sembrava un’infamia.

In fondo era suo padre, non dico dovesse conoscere per filo e per segno la realtà dei fatti che, per ovvi motivi, non poteva trapelare; ma nemmeno fargli credere che stesse guarendo quando invece ogni momento poteva essere l’ultimo.

Il suo fisico grazie al sangue si stava rafforzando, ma anche il feto faceva lo stesso …

Due costole si erano incrinate, quali altri danni le avrebbe causato …

Bisognava cercare di abituarlo all’idea, che ci fosse un serio rischio di mancata guarigione; anche se, un genitore, non si sarebbe mai dato pace della prematura scomparsa del figlio …

Il problema era come sempre Bella. La sua ostinazione era una montagna insormontabile e il suo sminuire i problemi,pure. Doveva rassicurare il mondo e, non appena cercavo di aprirle gli occhi sulla realtà, tutto si trasformava in tragedia. Specialmente adesso che Rosalie la difendeva a spada tratta. L’unico risultato che avevo ottenuto era stato di agitarla ancora di più, compromettendo ulteriormente la sua salute. Mi ero risolto quindi ad accettare passivamente ogni sua richiesta, pur di averla con me un istante di più …

«Tutto bene? È successo qualcos’altro?» chiese Seth titubante, entrando in cucina.

«No, niente di nuovo, non preoccuparti.» risposi automaticamente, senza riflettere troppo. «Il resto sono problemi ai quali troverò una soluzione dopo.» aggiunsi rassegnato.

«Volevo solo avvisarti che la temperatura sta salendo, forse è il caso che tu prenda il mio posto …»

Alternarci al suo fianco per mantenere la temperatura costante era solo un palliativo … possibile non si capisse cosa le scatenasse la febbre!!

«Grazie, vado subito.» risposi tirando un profondo sospiro «Tu cerca di dormire un po’, ok?» e uscii dalla cucina.

Varcai la soglia della cucina con un nuovo bicchiere di sangue tra le mani, arrivandole alle spalle non si accorse del mio arrivo; era ancora al telefono con Charlie.

«Mi sembra che stai meglio …»Chiese Charlie.

«Infatti, ora sto meglio …»

«Ti ha scombinato tutta la luna di miele …»

«È sì … è così …»

«A parte questo … il matrimonio … va bene? Edward è ancora l’uomo perfetto?»

«Sì … ma … è un po’ diverso, adesso … no?»

«L’importante è che stai meglio e che potrò riabbracciarti presto.»

«Papà … non voglio spaventarti ma … è probabile che parta per un centro medico … in Svizzera …»

«Cosa?? No, no, no, lì non ci vai!! Hai detto che stavi meglio?!?!»

«Sto meglio …»

«Adesso basta! Carlisle mi deve delle spiegazioni, vengo da voi e …»

«No! Papà non venire … per favore … non … non è proprio un centro medico è … è più simile ad un centro benessere … per rimettermi in forma … Non è necessario ti arrabbi papà … per ora, cerca di ricordarmi com’ero, mi farà stare meglio …»

«Bella …»

«Adesso ti saluto ok?»

«Bella …»

«Ti voglio bene …»

E senza permettergli di rispondere chiuse la comunicazione.

Non è la stessa cosa” aveva detto …

Aveva ragione … ero diverso … tutto il mio mondo, le mie certezze, erano crollate in un istante.

Nel momento esatto in cui avevo compreso che Bella era incinta, mi sono visto solo; lei, che era tutta la mia vita, era stata spazzata via in batter di ciglia, dalla mia negligenza e stupidità … avevo sempre temuto di poterle fare del male, credevo infine di aver scongiurato il pericolo ed invece il mostro era lì … in agguato … pronto ad affondare i suoi artigli nella preda. E nello stesso modo in cui non ero stato in grado di scongiurare il pericolo, non avevo saputo aiutarla e starle accanto. Preso dal panico, avevo cercato di imporre in tutti i modi, la mia volontà, ignorando i suoi sentimenti, lasciandola sola ad affrontare tutto, costringendola a cercare aiuto, conforto e comprensione altrove …

Anche se non condividevo in alcun modo la sua scelta, non mi ero certo comportato da marito … a Charlie era bastato il suo tono di voce per capire cosa non andasse.

Non ero mai stato perfetto, non avevo mai preteso di esserlo, non lo sarei mai stato, e in questo momento meno che mai; dovevo però scusarmi … almeno questo glielo dovevo. L’avevo lasciata sola ad affrontare tutto questo chiudendomi a riccio nel mio dolore, vomitandole addosso la rabbia che covavo dentro senza cercare di parlarle, di ragionarne insieme con razionalità, certo lei aveva fatto lo stesso decidendo per entrambi, ma era stata solo una reazione alla mia chiusura, una picca.

Mi avvicinai piano al divano, ero ormai alle sue spalle quando la sentii sospirare e mormorare piano una nenia lenta, dolcissima, carezzandosi il ventre … riconobbi la ninna nanna che avevo scritto per lei … Mi sentii svuotato come se quell’essere stesse rubando una parte di noi, della nostra storia …

«Che succede brontolone?» sussurrò al pancione con una voce talmente dolce che sarebbe stata in grado di sciogliere intere montagne «Stai stretto vero? Manca poco … stai tranquillo andrà tutto bene … la tua mamma e il tuo papà ti aspettano …»

I miei buoni propositi sparirono all’istante, lo amava, Bella amava quel mostro più di se stessa … più di noi … era troppo tardi per sperare in un cambiamento … non aveva senso nemmeno chiederle scusa.

Le porsi il bicchiere e mi sedetti in silenzio al suo fianco cingendola con un braccio per abbassarle la temperatura.

Non poteva realmente credere che avrei amato quell’abominio, cosa le aveva fatto pensare che l’avrei accettato dopo che me l’aveva strappata via?!

Bella mi guardò interrogativa, la mia espressione non era certo rilassata e dopo un profondo sospiro si appoggiò alla mia spalla senza dire una parola.

E così rimase per il resto della giornata.

Uno scalpiccio di piedi in corsa, arrivò alle mie spalle «Perché non mi avete svegliato!!» disse concitato Seth «è notte fonda!! Jake mi aspettava per il crepuscolo.»

«Avevi bisogno di riposarti Seth … » risposi alzando appena lo sguardo «la temperatura, per ora, è stabile, se vuoi raggiungere Jacob, puoi andare …»

«Se avesse voglia di passare a trovarmi … Mi farebbe piacere. » sussurrò Bella, come se avesse solo espresso un pensiero ad alta voce.

«Ottima idea!»esclamò Alice affacciandosi dalla scalinata «Non ne posso più di stare chiusa nell’attico come un pipistrello sul campanile, ho bisogno di lui per il mio mal di testa!»

I suoi ammiratori aumentavano a vista d’occhio … Anche se ultimamente ero più tollerante nei confronti della sua costante presenza, attribuirgli anche proprietà curative mi sembrava davvero eccessivo. Ci mancava solo che anche Alice insistesse per il suo trasferimento in pianta stabile da noi e non avremmo avuto più pace.

Seth sorrise compiaciuto e sparì in un lampo, lasciandoci ancora una volta soli nel silenzio opprimente della casa: io, Bella e Rosalie …

«Non verrà …»mormorò mestamente Bella.

«Ti sbagli. »cercai di rassicurarla, moderando il mio astio per quella situazione.

«Sono d’accordo con Edward … per quanto protesti non può stare troppo lontano da te … verrà sicuramente!» ribadì Rose; questa almeno se la poteva risparmiare.

«Lo sto facendo soffrire troppo …» insistette lei.

«Indubbiamente è masochista … ma non è certo il solo …» aggiunse guardandomi con strafottenza «Fidati, tra poco sarà qui.»

Sorridendo con poca convinzione si rannicchiò sul divano e, cullata dalle carezze di mia sorella, iniziò a sonnecchiare.

«Rose …»sussurrò con un fil di voce dopo poco più di un’ora «ho bisogno del bagno … potresti accompagnarmi?»

«Certo cara …»non feci in tempo a propormi che era già tra le braccia di mia sorella « che ne dici di fare un bel bagno dopo, sicuramente ti rilasserebbe e riposeresti meglio.»

Vidi Bella annuire con un sorriso e appoggiare la testa al suo petto.

Avrei dovuto essere io il suo appoggio, e non lo sarei più stato … Inutile dirlo avevo rimuginato sulle parole che aveva scambiato con suo padre per tutto il giorno; mi avevano segnato più di quanto avessi pensato, il mio primo dovere era stare al suo fianco e non lo avevo adempiuto; come preso da una profonda stanchezza mi accasciai sul divano e nascosi il viso tra le mani.

Dovevo solo vergognarmi.

 

Esme

 

Rientrai nel salone e vidi Edward seduto da solo sul divano con il volto nascosto nelle mani, in lontananza avvertivo scrosciare l’acqua. Bella doveva essere in bagno con Rosalie.

Mi avvicinai piano, sicuramente aveva avvertito la mia presenza ma non si mosse di un millimetro. Mi sedetti al suo fianco e gli cinsi le spalle con un braccio.

Non sopportavo di vederlo in quello stato.

Mi ero schierata con Bella, condividevo la sua scelta in pieno, io avrei fatto lo stesso. Solo che vedere mio figlio soffrire così, mi straziava il cuore.

«Tesoro …»sussurrai.

Non rispose.

«Potessi addossarmi tutta la tua sofferenza, lo farei.»

Ancora silenzio.

«La vita ci mette davanti a scelte e situazioni che ci obbligano a crescere. Dobbiamo affrontare tutto a testa alta, stando il più vicino possibile a coloro, che in quel momento, hanno più bisogno di noi, anche se non condividiamo le loro decisioni … lo dobbiamo fare perché le amiamo …»

«Non ce la faccio …» sussurrò appena, non spostandosi dalla sua posizione «se penso che è solo una mia responsabilità, ma che lei ha deciso da sola senza volerne ragionare nemmeno un po’ …»

«Tu hai fatto lo stesso.»

«Io non voglio perderla.» aggiunse con la voce incrinata da ciò che per noi era simile al pianto «non ce la faccio … non senza di lei …»

«Andrà tutto per il meglio … Ci sono momenti in cui tutto sembra impossibile, come questo, ma sono sicura che tutto si risolverà … devi crederci anche te …»

Il silenzio che seguì era quasi surreale, come se ognuno di noi stesse cercando di trovare le parole per non offendere l’altro.

Alzò un istante lo sguardo e tornò alla sua posizione originaria.

Il rapporto che mi legava ad Edward era più intenso e forte di quello che avevo instaurato con gli altri miei “figli”, c’eravamo sempre capiti senza dover spendere troppe parole; alcune volte era bastato uno sguardo.

In quel momento ebbi l’impressione che tra noi si fosse eretto un muro insormontabile e mi sentii completamente impotente ed inadeguata al mio ruolo.

Potevo solo confortarlo e non ne ero stata capace.

Rimasi immobile con il braccio intorno alle sue spalle, senza aggiungere una parola … con la sola speranza che capisse che per lui ci sarei sempre stata.

 

Edward

 

Non ne ero in grado … Non volevo offendere Esme e preferii tacere.

Avere fede che tutto si risolvesse, in quel momento, era impossibile. Fosse stato chiunque altro, gli avrei sputato addosso tutta la mia rabbia, ma su di lei, su mia madre, no.

Non potevo.

Percepivo perfettamente tutta la sofferenza che questa situazione le procurava e un’esplosione di rabbia incontrollata da parte mia non se la meritava.

Non lei.

Alzai lo sguardo un istante incrociando i suoi occhi resi scuri dalla sete che ormai opprimeva ogni membro della famiglia, ma sempre dolcissimi.

Il silenzio era la scelta più giusta in quel momento e tornai a crogiolarmi nella mia disperazione.

Ero stato uno stupido egoista, l’avevo cacciata in questo guaio e me ne ero lavato le mani, lasciandole, dei suoi ultimi giorni, il ricordo peggiore.

Nei giorni precedenti, prima di chiedere aiuto a Rose, aveva sempre cercato il mio sguardo, sperando forse di cogliere un qualsiasi cambiamento del mio atteggiamento.

Oggi non mi aveva cercato.

Avevo distrutto ogni sua speranza, l’avevo delusa e abbandonata a se stessa.

E lei si era rassegnata.

Ero un mostro.

Ero e sarei sempre stato un mostro. Incapace di donarle felicità, di proteggerla e starle accanto come avrei dovuto fare.

Ed ora che la stavo perdendo cosa sarebbe stato di me … meritavo la solitudine e la sofferenza per l’eternità, anche se non sarei stato in grado di vivere un solo istante in un mondo dove lei non fosse più esistita …

Avrei tanto voluto poter piangere, fin quasi a soffocare.

Ma non mi era concesso.

 

Grandi falcate sul terreno e disordine mentale annunciarono arrivo di Jacob “E ora a noi due stupida oca bionda”pensò entrando spavaldo in casa; riportandomi nella dimensione reale.

Seth era stato velocissimo a rientrare.

Averlo sempre intorno, sebbene gli fossi profondamente grato per quanto stava facendo, non mi entusiasmava particolarmente. Le sue schermaglie con Rosalie riuscivano a strapparmi ogni tanto un sorriso … non so se dipendesse dal fatto che avrei voluto essere al suo posto, o, più semplicemente perché, nonostante lo riprendesse ogni volta, vedevo sorridere anche Bella.

In linea generale il mio grado di tolleranza nei suoi confronti dipendeva dal mio umore al momento, ed in questo momento non ero ben disposto ad averlo tra i piedi.

Bella aveva però chiesto espressamente la sua presenza, quindi non mi restava che accettare passivamente.

Prima che mi tempestasse di tutte le inutili domande che gli frullavano per la testa, non vedendo Bella sul divano, preferii parlare per primo.

«Sta bene»,sussurrai «O meglio, sempre uguale».

«Ciao, Jacob», disse Esme. «Sono contenta che tu sia tornato».

«Anch'io»,aggiunse Alice precipitandosi dalle scale pronta a farsi una dose abbondante della sua nuova medicina.

«Ah, ciao.»rispose senza troppo impegno.«Dov'è Bella?» L’educazione per lui, in certi casi, era un optional.

«In bagno»,rispose mia sorella. «Sai com'è, dieta a base di liquidi. E poi è uno degli effetti collaterali della gravidanza, ho sentito dire».

«Ah».

Adesso eravamo proprio al completo.

Il mio unico desiderio era alzarmi ed andarmene immediatamente da quella stanza. Possibilmente scaraventando per terra tutto ciò che ostacolava la mia strada, ma dal silenzio che arrivava dal bagno, intuii che Rose e Bella dovevano aver finito. I passi leggeri di Rosalie confermarono le mie supposizioni, e restai in attesa, come se mi stesse portando la mia dose di ossigeno.

«Meraviglioso»,borbottò Rosalie avvicinandosi cautamente al divano con Bella fra le braccia. «Mi pareva di aver sentito un cattivo odore».

L’espressione estatica di Bella appena lo vide fu l’ennesima pugnalata al cuore.

Non è giusto.” Pensò di riflesso Jacob.

Solo per quel pensiero avrei voluto abbracciarlo.

«Jacob», ansimò lei. «Sei venuto».

Riuscivo ancora a stupirmi di come non si rendesse conto che entrambi pendevamo dalle sue labbra.

«Ciao, Bells».Rispose, mentre io ed Esme ci alzammo dal divano per permettere a Rosalie di aiutarla a stendersi. Per quanto Rose cercasse di essere delicata nella sua manovra, Bella fu attraversata da una smorfia di dolore che come al solito cercò di reprimere minimizzandola.

Le passai una mano sulla fronte e poi sul collo, “Quanto sei bella …”pensai rassettandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio. La temperatura corporea scendeva ma la fronte era calda; sicuramente le era tornata la febbre.

«Hai freddo?»,mormorai.

«Sto bene».

«Bella, hai sentito cos'ha detto Carlisle», disse Rosalie. «Non devi minimizzare. Non ci aiuta a prenderci cura di voi».

«Okay. Ho un po' freddo. Edward, mi passeresti quella coperta?». Mormorò rassegnata.

«Sbaglio o è il motivo per cui sono qui?». Sbuffò Jacob; in effetti, rendersi utile come stufa era l’unico modo in cui riuscivo a tollerare la sua presenza.

«Sei appena arrivato», disse Bella, «dopo aver corso per tutto il giorno, immagino. Perciò riposati un attimo. Probabilmente mi scalderò nel giro di niente».

Sì, certo … come no ….” Ottimo, anche lui non apprezzava questo suo terribile vizio e ignorando completamente la sua richiesta si sistemò a terra vicino al divano studiando il modo migliore per poterla avvicinare e riscaldare senza farle del male. Era fragile come un cristallo, sebbene un po’ di colore fosse tornato sul suo viso, era ancora scheletrica, dava l’impressione di potersi sgretolare soltanto sfiorandola. Con un po’ di manovre molto delicate riuscì a cingerla con le braccia senza causarle troppo dolore.

«Grazie, Jake»,sussurrò sorridendogli.

Ancora una volta quella fitta in mezzo al petto.

«Già», rispose lui “finché posso, mi accontento … non mi resta altro …”

Esattamente come a me …

Seduto ai piedi del divano vicino ai suoi, mi trovai a fissarla, incantato ed allo stesso tempo disperato, mai come in quel momento ero stato così in sintonia con Jacob: non mi restava nient’altro che starle vicino e guardarla … fin quando il destino me l’avrebbe concesso.

«Rosalie, perché non vai in cucina a prendere qualcosa per Jacob?», squittì Alice da dietro la spalliera del divano.

Rosalie ringhiò … ovviamente.

Voleva fomentare guerriglia? Si stava annoiando?? Quell’esserino stava davvero esagerando.

Sta scherzando vero??”«Grazie, Alice, ma non credo di voler mangiare qualcosa in cui ha sputato la bionda. Scommetto che il mio organismo non reagirebbe tanto bene al veleno», rispose Jacob.

«Rosalie non metterebbe mai Esme in imbarazzo, dando prova di una tale mancanza di ospitalità».

«Certo che no»,fu la risposta acida di nostra sorella, che si alzò e si fiondò fuori dalla stanza.

Calma Edward, so quel che faccio … dobbiamo risollevare un po’ gli animi!” pensò Alice girandosi verso di me.

Aveva scelto proprio la persona giusta, in questo momento non sarei stato in grado di mettere allegria neanche a un moscerino; tutto ciò che potevo fare, era capire cosa avesse in mente Rose per limitare i danni“Qualunque sia il fine di tutto ciò non ho voglia di assistere all’ennesimo battibecco di questi due”pensai sospirando.

«Se lo avvelena me lo dici, vero?», chiese lui a bruciapelo.

Tanto già sapevo quale sarebbe stata la mossa successiva della “Bionda Psicopatica”e fortunatamente non era pericolosa...

«Sì», risposi con noncuranza e tornai ai miei pensieri.

Rosalie rientrò con in mano una ciotola per cani, che riconobbi come un’ex zuppiera d’argento di Esme, sicuramente non avrebbe apprezzato, da lì scaturì l’ennesimo giro di battute di Jacob e risposte acide di Rose … Mi trovai a sorridere … Bella pure … la tensione si allentò … mai scommettere contro Alice … per fortuna.

Bella e Jacob cominciarono a parlottare punzecchiandosi a vicenda … rivangando situazioni che sia io che lui avremmo preferito seppellire nell’anglo più oscuro della nostra mente, le ascoltai con noncuranza cercando di concentrarmi sul suo viso fin quando l’argomento non mi toccò dal vivo. «Allora... uhm... qual è la ehm, data? Cioè, la data prevista per il mostriciattolo». Non potevo fidarmi ciecamente di quel ragazzino, allontanavo quel pensiero per alcune frazioni di secondo e lui subito infilava nuovamente il coltello nella piaga.

«Dico sul serio»continuò, dopo il misero tentativo di Bella di fingersi indispettita … era stato fin troppo educato … io avrei usato altri appellativi.

«Voglio sapere per quanto dovrò restare qui». “Per quanto tu resterai qui”,aggiunse mentalmente.

Un brivido mi percorse e una rabbia tremenda s’impossessò nuovamente di me.

«Non lo so»,farfugliò dopo aver rimuginato un attimo. «Non con precisione. Ovviamente, non segue il corso dei nove mesi e, senza ecografie, Carlisle deve calcolare a occhio, in base a quanto mi allargo. Le donne normali di solito raggiungono i quaranta centimetri … quando il bambino ha completato la crescita. Un centimetro a settimana. Stamattina ero a trenta, e prendo più o meno un paio di centimetri al giorno, a volte anche di più...».

Il conto era semplice persino per lui … era poco, pochissimo … un granello di polvere nell’universo …

Quattro miseri e inutili giorni … non abbastanza per trovare un motivo qualsiasi per farle cambiare idea … non abbastanza per farmi abituare all’idea di non averla più con me … non sarebbe bastata comunque un’eternità … era troppo, non riuscivo neppure a guardarla, cercando di trattenere la mia disperazione distolsi lo sguardo.

Jacob tacque, quel numero pesava come un macigno anche su di lui. Il legame che li univa sembrava rafforzarsi ogni istante di più,quasi fosse collegato con il suo ventre;impossibile “sto impazzendo … è una reazione più che umana sviluppare un sempre maggiore attaccamento verso una persona cara, quando sappiamo che sarà inevitabile perderla …”pensai cercando di dare un senso a quell’assurda sensazione; era come se si completassero a vicenda m’imposi di non gridare.

«Andrà tutto bene», cantilenò Bella dopo un interminabile silenzio. Il tono con cui le uscirono di bocca quelle parole fu peggio che un pugno alla bocca dello stomaco.

La vidi rannicchiarsi al suo braccio per scaldarsi meglio … m’estraniai …

Parlarono ancora un po’, ciò che in parte mi consolava era che anche Jacob non capisse il perché dell’attaccamento che nutrivano l’uno verso l’altra, soffriva per questo, ma non riusciva a venirne fuori e lei, come al solito si colpevolizzava … «... Abbiamo commesso un errore. No, sono stata io. L'ho commesso io l'errore, e abbiamo perso la direzione...».sembrava che tutti i mali del mondo dipendessero dal suo modo di fare avevo rinunciato a capirla, non ne avevo più la forza e in questo momento nemmeno lei. Un attimo dopo crollò in un sonno profondo.

«È sfinita»,mormorai. «È stata una giornata lunga. E faticosa. Pensavo che si sarebbe addormentata prima, ma ti aspettava».

«Seth ha detto che ha un'altra costola rotta». Mi ricordò senza alzare lo sguardo.

«Sì. Fatica a respirare».

«Grandioso».

«Appena diventa di nuovo calda, dimmelo».

«Sì».“il suo braccio è congelato”pensò mentre cercava di scaldarla meglio nel suo abbraccio, un attimo dopo gli porsi una coperta.

Gliela sistemò in modo che ne fosse completamente avvolta e con lo sguardo fisso su di lei tornò ai suoi ragionamenti.

Avevo creduto che la notte peggiore della mia vita fosse stata quando sulla montagna, nella tenda, aspettavamo l’attacco dell’esercito dei neonati sotto la tormenta; non era nulla confrontato a quanto mi si stava prospettando.

In quel momento eravamo rivali, adesso alleati. Stessi pensieri, stesse preoccupazioni, stesso modo di vedere le cose; era ancora peggio.

Stava pensando a Charlie; Indubbiamente gli voleva bene e non approvava la “soluzione” che aveva trovato Bella.

«Sì», ammisi.«Non è una buona idea».

«Allora perché?».“Non è sulla via della guarigione … sta morendo … perché farlo soffrire così …”«Non sopporta che sia così ansioso».

«Quindi è meglio...».

«No. Non è meglio.» “… Ma non ho scelta …”«Non la costringerò a fare niente che non voglia fare, ora come ora. Comportandosi così, si sente meglio. Di tutto il resto mi occuperò dopo».

No, non permetterebbe mai che qualcun altro si occupi della sofferenza di suo padre …”

«È sicura di poter sopravvivere», risposi senza alcuna emozione al suo pensiero inespresso.

«Non da umana»,protestò.

Infatti …” «No, non da umana. Comunque spera di rivedere Charlie».

Grandioso!!!”«Vedere. Charlie». Esclamò palesemente sconvolto, come dargli torto … «Dopo. Vedrà Charlie quando sarà bianchissima e avrà gli occhi rossi? Non sono un succhiasangue, quindi forse mi sfugge qualcosa, ma mi pare che scegliere Charlie come primo pasto sia piuttosto strano».

«Sa che non gli si potrà avvicinare per almeno un anno. Pensa di riuscire a temporeggiare. Dirà a Charlie che deve andare in un ospedale speciale all'altro capo del mondo. Si terranno in contatto telefonico... ». “A dire il vero l’ha già fatto e la reazione di suo padre non è stata delle migliori”risposi sospirando.

«È assurdo».

«Già».

«Charlie non è stupido. Anche se non lo uccide,lui si accorgerà della differenza».

«In un certo senso Bella ci conta». Mi guardò inebetito, le sue elucubrazioni mentali non sarebbero arrivate a niente ed alla fine continuai rassegnato. «Ovviamente lei non invecchierebbe, perciò, qualunque giustificazione si beva Charlie, dovremo darci un limite temporale».“Sempre che ce ne sia l’opportunità …”«Ricordi quando hai cercato di dirle della tua trasformazione? Come l'hai aiutata a indovinare?»

Sarà bene che tu non l’abbia appreso frugandomi nella mente!!” «Te l'ha raccontato lei?». Ringhiò stringendo i pugni. Figuriamoci se avevo voglia di analizzare i suoi pensieri e ricordi più dello stretto necessario … «Sì. Mi ha spiegato la sua... idea. Vedi, non può dire a Charlie la verità, lo metterebbe in pericolo. Ma lui è un uomo sveglio, pragmatico. Bella è convinta che si fabbricherà una spiegazione a suo uso e consumo. E presume anche che sarà la spiegazione sbagliata». Ridacchiai cullandomi nel ricordo di quando pensava fossi qualche specie di super eroe. Era passato poco più di un anno … sembrava trascorso un secolo … «Dopotutto, come vampiri siamo tutt'altro che ortodossi. Farà delle supposizioni sbagliate su di noi, proprio come ha fatto Bella all'inizio, e noi ci adegueremo. Crede che potrà anche andare a trovarlo... di tanto in tanto».

«Assurdo»,ripeté.

«Sì», ammisi per l’ennesima volta. La strana sintonia che si era creata tra noi non era normale … mi turbava ogni istante di più.

Erano troppe informazioni per il suo cervello, ci fu un ennesimo silenzio poi, la sua mente esplose “No, no, no, la debolezza che sta dimostrando non va bene … deve capirlo anche lei … è per il bene di suo padre … non vuole agitarla ma ad un certo punto deve rassegnarsi non può fare sempre come vuole! … Salvo che non ritenga improbabile che questa pazzia possa essere messa in atto … Solo quattro giorni … Dio mio …”

«La prenderò come viene», sussurrai impedendogli la vista del mio viso, non avrei retto la sua compassione. «Per ora non voglio caricarla di altra sofferenza».

«Quattro giorni?», chiese.

«Più o meno».

«E poi?».

«In che senso?».Il finale di questa storia mi appariva abbastanza scontato …

Il momento del parto … come pensano di tirare fuori quel mostro di lì …”

«Stando alle poche ricerche che siamo riusciti a fare, pare che le creature usino i denti per uscire dall'utero», mormorai.

Silenzio.

Il suo cervello era nuovamente scollegato.

«Ricerche?» farfugliò poi.

«È per questo che non vedi in giro Jasper ed Emmett. È ciò di cui si sta occupando anche Carlisle. Tenta di decifrare vecchie storie e antichi miti, per quanto sia possibile con il poco che abbiamo a disposizione, in cerca di qualsiasi informazione possa aiutarci a prevedere il comportamento della creatura».

Allora ci sono stati dei precedenti … potevano sapere … poteva risparmiarla …”

Magari avessi potuto …”«Allora non è la prima volta che succede una cosa del genere?»,chiesi anticipando la sua domanda. «Forse. È tutto molto approssimativo. I miti potrebbero essere semplicemente frutto della paura e dell'immaginazione. Anche se», esitai, «i vostri miti sono veri, no? Forse lo sono anche questi. Sembra siano circoscritti, collegati...».

«Come avete scoperto?».

«Abbiamo incontrato una donna in Sudamerica. Era stata allevata secondo le tradizioni del suo popolo. Aveva sentito qualcosa riguardo a queste creature: avvertimenti, vecchie storie tramandate di generazione in generazione».

«Che genere di avvertimenti?».

«Che le creature devono essere uccise immediatamente. Prima che possano diventare troppo forti». Continuare a parlarne stava diventando insostenibile«Ovviamente quelle stesse leggende dicono altrettanto di noi. Che dobbiamo essere distrutti. Che siamo assassini senz'anima».

Due su due..”Commentò tra sé.

Già …”pensai lasciandomi sfuggire solo una risata nervosa.

 

Rosalie

 

«E cosa dicevano quelle storie sulle madri?».

Adesso basta!” era più di un’ora che ascoltavo i loro ragionamenti, ce ne fosse stato uno che avesse tenuto conto di Bella, dei suoi sentimenti, del bambino.

Quei due erano molto più simili di quanto credessero … forse era per questo motivo che lei non riusciva a fare a meno di averli entrambe con sé …

Comunque, il problema adesso era un altro: tentare in tutti i modi di salvare sia Bella che il bambino.

Che le leggende fossero vere o meno, dovevamo essere razionali.

Il tormento di Edward, la rabbia del cane mi stavano stancando e per mettere finalmente fine a quell’inutile discussione risposi io una volta per tutte. «Niente superstiti, ovviamente», sentenziai a costo di sembrare insensibile, tanto ormai era un’opinione diffusa, ma almeno non davo adito a dubbi o interpretazioni. «Partorire nel bel mezzo di una palude malsana con uno stregone che ti unge il viso di saliva di bradipo per scacciare gli spiriti maligni non è mai stato il metodo migliore. La metà delle volte non andavano a buon fine neanche i parti normali. Nessuno di loro aveva ciò che ha questo bambino. Qualcuno che lo assiste sapendo di cosa ha bisogno e fa di tutto per soddisfare quel bisogno. Un medico con una conoscenza assoluta della natura dei vampiri. Un piano per far nascere il bambino nel modo più sicuro possibile. E il veleno che, se qualcosa andasse storto, sistemerebbe tutto. Il piccolo starà bene. Anche quelle madri sarebbero sopravvissute se avessero avuto tutto questo. E se fossero esistite, prima di tutto. Cosa di cui non sono convinta». Sbuffai infine.

Vidi Edward nel riflesso della vetrata, poteva serrare i pugni fino a farsi del male, tutto questo compiangersi non era d’aiuto a nessuno, tantomeno a Bella ed era l’ora che qualcuno glielo sbattesse in faccia, senza troppi giri di parole, e finalmente soddisfatta mi rannicchiai meglio, dove ero seduta. Chi era nel torto in tutta questa storia era lui ed il suo assurdo comportamento; non c’era nessun motivo per continuare a coccolarlo o compatirlo.

In quell’istante qualcosa mi colpì la nuca e una poltiglia densa e puzzolente iniziò a colarmi sui capelli.

«Stupida bionda»esclamò il botolo pulcioso.

Non poteva essere arrivato a tanto!! “Hai decretato la tua condanna a morte cane rognoso!!”pensai inchiodandolo con lo sguardo. «Mi. Hai. Gettato. Cibo. Nei. Capelli». Ringhiai pronta ad attaccarlo, quando sentii il respiro di Bella farsi più veloce; la risata di quell’idiota l’aveva svegliata.

«Che c'è di tanto divertente?», farfugliò.

«Le ho gettato del cibo nei capelli», rispose continuando a sghignazzare.

«Non me ne dimenticherò cane», sibilai furiosa.“Te lo posso assicurare!!”

«Non ci vuole tanto a cancellare la memoria di una bionda», ribatté. «Basta soffiarle in un orecchio».

«Aggiorna il repertorio», sbottai cercando di calmarmi. Se avessi trucidato il“suo amico”, Bella non l’avrebbe presa bene, quindi dovevo rimandare la mia vendetta.

«Dai, Jake. Lascia in pace Ro...». Disse Bella troncando improvvisamente la frase per poter respirare. Inarcò la schiena dal dolore cercando di riprendere fiato «È lui. Si sta solo... distendendo», ansimò ma in realtà stava cercando di non urlare dal dolore.

Edward fu più veloce di me, lasciò stare la coperta che stava raccogliendo e prendendole il volto tra le mani chiamò Carlisle.

«Sono qui»,rispose nostro padre affacciandosi al salone.

«Okay», fece Bella, il respiro ancora agitato. «Credo sia finita».

 

Bella

 

«Povero piccolo, non ha abbastanza spazio, tutto qui. Sta diventando così grande».Dissi con noncuranza, ma appena vidi Jacob fremere di rabbia, mi sentii in colpa «Sai, Jacob, mi ricorda te», dissi in tono affettuoso, nel tentativo di rimediare il precedente errore.

Grosso, grossissimo errore. Gettare benzina sul fuoco sarebbe stato meno deleterio.

«Non paragonarmi a quella cosa», sputò fra i denti.

«Mi riferivo al tuo sviluppo velocissimo», dissi, cercando di dare una spiegazione plausibile alle mie parole … ormai tutto quello che dicevo, serviva solo per irritare chi mi stava vicino. «Sei cresciuto a vista d'occhio. Ti vedevo diventare più alto un minuto dopo l'altro. Anche lui è così. Cresce in fretta». E mortificata mi accasciai sul divano.

«Mmm», mormorò Carlisle. Ancora non mi aveva visitata ed era già preoccupato? Di bene in meglio, potevo essere soddisfatta di me, stavo battendo tutti i record.

«Cosa?», chiese Jacob.

«Sai che ero curioso di conoscere la composizione genetica del feto, Jacob. Il numero delle coppie di cromosomi».

«Quindi?».

«Be', tenendo in considerazione le vostre analogie ...».

«Analogie?»,ringhiò

Piccolo E.J. non preoccuparti … vedrai che quando ti conosceranno cambieranno idea nei tuoi confronti … devi solo stare tranquillo … ci sono tante persone che ti aspettano e che ti vogliono bene …”

Pensai carezzandomi il pancione.

«La crescita rapida e il fatto che Alice non riesce a vedere nessuno dei due».Riprese Carlisle.

«Insomma, mi chiedo se non significhi che abbiamo trovato una risposta. Magari le analogie hanno radici genetiche».

«Ventiquattro coppie», biascicò Edward a mezza voce.

«Non puoi saperlo».

«No, ma fare congetture è interessante», rispose Carlisle già completamente preso dai suoi ragionamenti.

«Sì, proprio affascinante».

OK, qualunque cosa stessero dicendo andava oltre la mia capacità di comprensione e continuando a carezzare il pancione, nella speranza di calmare il piccolino, mi addormentai tra le braccia di Jacob, sperando che il domani fosse un giorno migliore.

 

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Capitolo 14
*** CAPITOLO 14 ***


Finalmente ce l’ho fatta!!!!!!!!!!!!!! La pupa dorme (e spero per parecchio!!!) e sono riuscita ad accendere il pc e postare!

GRAZIE INFINITE PER LA VOSTRA PAZIENZA!!!!!!!!

Non mi dilungo troppo … ogni minuto è prezioso, quindi Buona lettura e BUONA PASQUA A TUTTI!!

 

 

 

 

Cap. 14

Bella

 

Mi svegliai che stava albeggiando. Al mio fianco c’era Edward. Dovevano essersi dati il cambio durante la nottata. Stropicciandomi gli occhi cercai di stiracchiarmi come meglio potevo; la fasciatura stretta, necessaria per le costole rotte, m’impediva di fare movimenti più ampi e, a dirla tutta, provavo ancora un gran dolore.

Edward non si mosse di un millimetro.

Non voltò nemmeno lo sguardo.

Il giorno prima era stato tremendo, la nuova costola incrinata e la febbre che non si stabilizzava, avevano peggiorato il suo umore fino all’inverosimile, fino a ridurlo a una maschera d’impassibilità. Mi ero addormentata con l’illusione che oggi fosse meglio, e invece qualcos’altro, mentre dormivo, doveva avergli dato il colpo di grazia; forse l’ennesimo diverbio con Rosalie … certo era che ogni momento che passava il suo umore peggiorava sempre di più.

Sicuramente sapeva che ero sveglia, ma non aveva ritenuto necessario nemmeno salutarmi …

La sua caparbietà era ormai, per me, cosa nota; io non ero certo un carattere malleabile, ma adesso stava veramente oltrepassando ogni limite, il fatto che anche Charlie si fosse accorto che qualcosa non andava dal mio solo tono di voce la diceva davvero lunga su come mi sentissi.

Ero delusa, amareggiata e impaurita.

Mai mi sarei aspettata un simile comportamento da parte sua. In un primo momento l’avevo idealizzato, sicuramente capita a tutti coloro che s’innamorano, specialmente per la prima volta, mi resi conto che non era “l’uomo perfetto” molto prima del matrimonio ciononostante, nella sua imperfezione, era perfetto per me; ero convinta che sarebbe stato sempre al mio fianco, che avrei avuto qualcuno con cui affrontare i problemi della vita, avrei avuto una famiglia … quella che mi è sempre mancata. Invece al primo ostacolo Edward ha eretto un muro invalicabile, le uniche volte che siamo riusciti a parlare sono scoppiate liti furiose; costringendomi a chiedere aiuto ad un’altra persona, all’ultima con cui avrei mai immaginato di stringere un’alleanza.

Era inutile che adesso, ogni volta che Rose mi aiutava si sentisse tradito e offeso, forse non leggevo nel pensiero ma il suo viso, le espressioni che lo attraversano, le conoscevo benissimo; ma poteva logorarsi quanto voleva, in questo momento la mia prima preoccupazione era il mio piccolo, suo figlio, e dovevo fare in modo che tutto andasse per il meglio.

Rose stava già raccogliendo il suo veleno; nel caso ci fosse stata qualche emergenza e i normali morsi non fossero bastati, sicuramente ne era al corrente anche lui, ma non ne aveva fatta parola. Il mio desiderio più grande era che fosse lui a trasformarmi, me lo aveva promesso; ma vedendo come progrediva, il suo illogico comportamento non sarei stata così sicura che avrebbe mantenuto la sua promessa e poi, nel caso in cui si trovasse davanti ad una scelta, chi avrebbe salvato tra sua moglie e suo figlio?

Non riuscivo più a fidarmi di lui.

«Buongiorno.» Mi salutò Rose porgendomi la colazione, sia quella tradizionale che quella “alternativa”.

«Grazie Rose.» risposi cercando di accomodarmi meglio sul divano.

Edward si spostò appena.

Mi sforzavo di dare ascolto ai consigli di Carlisle mangiando un po’ di tutto, ma le mie preferenze andavano in tutt’altra direzione e dopo pochi bocconi preferii concentrarmi sul bicchiere di sangue.

Mi sfiorò la fronte e lo sentii sospirare.

«Cosa c’è?» chiesi, stupendomi di quanto fosse diventato piatto il mio tono di voce.

«Controllavo, la febbre, è scesa.»

Conciso e telegrafico.” pensai. La sua diagnosi non poteva essere più asettica.

Finii di mangiare, rannicchiandomi più comodamente sul divano, usai il plaid che Rosalie mi aveva avvicinato per coprirmi il più possibile. Non che sentissi freddo, la febbre sembrava essersi stabilizzata ed Edward si era allontanato per non farmi calare troppo la temperatura, io però avevo bisogno di sentirmi protetta, coccolata, anche Rose, seduta per terra vicino a me si teneva a distanza per non raffreddarmi troppo, e la coperta, in questo momento, era ciò che di più simile ad un abbraccio potessi trovare.

 

Rimanemmo immobili e silenziosi per non so nemmeno quanto tempo.

Edward mi osservava squadrandomi attentamente, sicuramente stava facendo un check-up del mio stato di salute.

Avrei preferito parlasse.

Una qualsiasi sfuriata delle sue sarebbe stata preferibile a questo terribile silenzio.

Sapevo benissimo che accettava passivamente ogni mia richiesta pur di non farmi soffrire o agitare, era tipico da lui; ma avrei preferito mille volte che si opponesse: non gli piaceva come gestivo la situazione con mio padre? Bene, poteva dirlo. Era mio padre e la decisione finale spettava a me, ma una sua qualunque reazione sarebbe stata più apprezzata che questo muro di rassegnazione. Era inutile che acconsentisse in silenzio facendo buon viso a cattivo gioco, per poi sfogare la sua rabbia non degnandomi né di uno sguardo né di una parola. Tanto valeva che esprimesse la sua opinione subito. Non ero poi così sprovveduta, lo conoscevo bene, ed il fatto che avessi deciso di tacere era unicamente perché volevo, e speravo, di vedere in lui un qualsiasi tipo di reazione.

Ogni volta che negli ultimi giorni aveva accennato anche il più piccolo sorriso, era come se tutte le mie sofferenze ed il dolore che provavo fossero spariti all’istante; non avrebbe potuto esserci per me medicina migliore che il suo splendido, per sentirmi subito meglio.

Possibile non se ne rendeva conto?

Il suo ostinato silenzio mi opprimeva come un macigno sul cuore.

Perché non capiva che avevo bisogno di lui, anche se non era d’accordo, poteva cercare di non abbandonarmi così, avevo un bisogno disperato della sua voce, dolce e melodiosa che mi cullava nel sonno, di una carezza, di un suo sorriso.

Invece ero sola, come mai lo ero stata prima; e avevo paura.

«Ohi!» esclamai d’improvviso.

Gli sguardi dei presenti si puntarono subito su di me.

«Che succede?!» esclamò Rose in apprensione.

Edward fremeva, in silenzio.

«Niente, niente, si è mosso e … ha tirato un calcetto».Più che un calcetto sembrava mi avesse scambiato per un pungi ball, ma era tutto relativo no?

«Devi fare il bravo …»sussurrai al pancione carezzandolo piano «… lo so che stai stretto, ma manca pochissimo … resisti e stai buono …» Edward si girò dalla parte opposta, senza dire una parola; ed il silenzio tornò a fare da padrone nella stanza.

Cercai di soprassedere, presi un profondo respiro e mi concentrai sul mio piccolo brontolone, massaggiando lentamente dove sentivo, arrivavano i “colpetti”;era particolarmente agitato oggi, stava crescendo sempre più in fretta e lo spazio, era quello che era.

Forse se mi fossi sgranchita un po’, sarei stata meglio … sempre seduta sul divano sentivo la schiena a pezzi.

«Rose, scusa, mi aiuteresti ad alzarmi? Vorrei provare a fare due passi, non ne posso più del divano».Prima ancora che finissi la frase Rosalie era già al mio fianco per sorreggermi.

Ci volle un minuto abbondante prima di poter assumere la posizione eretta, ma la sensazione era splendida!! Finalmente!!

Mossi appena un paio di passi traballanti che Edward ci bloccò.

«Rosalie, ferma! Hai sentito?»

«Cosa?»

«Ho sentito un crack …»

«Che cosa intendi Edward?» chiese spazientita.

«Qualcosa si è rotto … un osso.»

«No, non credo …» mormorai guadandomi come se dall’esterno si potesse vedere. «le costole stanno bene …»

«Edward, non ho sentito niente …» replicò Rosalie imperturbabile.

«Potrebbe essere il bacino che si è incrinato …».

«Io sto bene …» sussurrai, cercando quasi di discolparmi.

«Stavi traballando!»

«Soltanto perché è tanto che non cammino da sola …» replicai secca.

«Vi assicuro che ho sentito qualcosa spezzarsi! È il caso di fare una radiografia. SUBITO!»

Un’altra …” sospirai sfinita, avevo perso il conto di quante lastre, esami e accertamenti avevo fatto da quando eravamo tornati dal Brasile.

«Magari eravamo distratte e non abbiamo, non ho, sentito lo scricchiolio … » suggerì Rose prendendomi in collo «… forse è il caso di dargli ascolto.»

E senza nemmeno aver aspettato la mia risposta mi trovai nuovamente nell’ambulatorio/studio di Carlisle.

 

Edward

 

Lo studio di Carlisle, negli ultimi giorni, non aveva nulla da invidiare all’ospedale più all’avanguardia degli Stati Uniti, ciononostante non eravamo in grado di capire nulla di più sul feto.

Ci dovevamo limitare a fare l’inventario dei danni interni che provocava muovendosi e assistere, inermi, al suo massacro.

Bella sdraiata sul lettino si stava sottoponendo all’ennesima radiografia, qualcosa si era rotto, ero convinto fosse il bacino, ma era più di mezz’ora che Carlisle osservava lastre e ripeteva esami e nulla confermava la mia diagnosi.«Anche questa è perfetta …» commentò osservandola in controluce«Fortunatamente questa volta è stato un falso allarme».

«Non sono convinto. Ho sentito chiaramente il rumore di qualcosa che si spezzava.»

Sì, forse un ramo in giardino. Cerca di calmarti Edward, le tue paranoie non fanno bene a nessuno e non servono assolutamente a nulla. Ci sono altri modi per aiutare Bella!”Pensò Rosalie fulminandomi con lo sguardo. «Ho voluto darti ascolto Edward, anche se non ero convinta, nel dubbio non si sa mai; ma adesso basta. Rassegnati. Ti sei sbagliato.»

«NON.MI.SONO.SBAGLIATO. So perfettamente cosa ho sentito.» le ruggii addosso.

«Ehi, ti ho detto che non ho sentito nessuno schiocco. Meglio che tu ti faccia controllare le orecchie, Edward». Ribatte subito lei.

«Basta, vi prego …»sussurrò Bella trattenendo a stento le lacrime «Torniamo nel salone … anche se fosse vero che si è incrinato il bacino, non potremmo farci niente comunque, non può essere ingessato … cercherò di stare il più ferma possibile.»

«Forse è il caso che ti sdrai un po’ sul letto.» provai a suggerirle, ma come sempre le mie parole furono ignorate.

«Non sono malata … »borbottò sommessamente.

Questo è opinabile …”pensai guardandola di traverso.

«… Sono solo incinta. Ti prego almeno nel salone c’è un po’ di via vai … in camera è tremendo …» e come al solito, cedetti.

 

Jasper

 

«Basta! Mi arrendo» esclamò Emmett chiudendo con violenza il libro davanti a sé. «Sono giorni che cerchiamo, spulciamo proviamo ad interpretare. Non c’è soluzione.»

«Eppure è impossibile che nei secoli non sia mai accaduto qualcosa di simile.» risposi alzando momentaneamente gli occhi dal computer.

«Hai scandagliato la rete in lungo e largo e la riposta, è sempre la stessa.» Sospirò passandosi le mani tra i capelli «Morte.»

«Esattamente come ha detto quella nativa brasiliana a Edward.» mormorai rassegnato.

Sembrava impossibile ma nulla ci lasciava pensare potesse essere diverso. Bella sarebbe morta mettendo alla luce non si sa bene cosa, e l’avrebbe uccisa proprio quell’essere che desiderava con tutta se stessa … e l’avrebbe fatto in un modo orribile …

Nella mia esistenza avevo assistito alle atrocità più efferate, anche ad opera della mia stessa mano, ma pensare cosa sarebbe toccato a quella povera ragazza mi faceva rabbrividire.

Come se non bastasse, la sofferenza ed il dolore che provava a suo modo ogni membro della famiglia, mi lasciavano spiazzato ed impotente. Non avevo la forza di oppormi e mi lasciavo invadere dalle loro emozioni facendomi portare a fondo con loro; talmente grande e dolorosa era la disgrazia che si era abbattuta sulla nostra famiglia che non me la sentivo di contrastarle, ci sono momenti in cui dobbiamo vivere le sensazioni del momento senza mistificazioni, unicamente perché è l’unica cosa che ci è rimasta e non ne possiamo essere defraudati.

Edward, ormai rassegnato, erano già un paio di giorni che non si aggiornava più sui progressi delle nostre indagini. Era comunque già a conoscenza che nulla si era aggiunto alle informazioni già in nostro possesso. Almeno non ero costretto a specchiarmi nella sua disperazione che, tra tutte, era la più devastante.

«Le sole leggende che si avvicinano al nostro caso, sono di origine Brasiliana.» aggiunsi cercando di distrarmi dai miei precedenti ragionamenti, riconquistare un po’ di lucidità e dare un senso a tutte quelle informazioni «Parlano dei Lobishomen … ma il confine tra realtà e leggenda è molto labile. Potrebbero essere tutto e nulla contemporaneamente e, ovviamente, non ci sono testimoni … nessuno sa che fine abbiano fatto i figli di quelle sventurate … forse era solo un palliativo per nascondere gravidanze scomode … le ultime risalgono al secolo scorso. Non so proprio cosa pensare, troppo vaghe … troppo incomplete. Dovessi iniziare una ricerca, comincerei da là … dal Brasile ... ma non saprei comunque in che direzione andare.»

«Quando torna il lupo?» chiese Emmett sollevando gli occhi completamente neri dalla sete verso di me. I miei non erano certo da meno. «Spero che la sua ricognizione sia breve perché rischio di impazzire. Sta circolando troppo sangue in questa casa. Non voglio nuocere a nessuno, ma sto per cedere.»

Ci eravamo chiusi per le nostre ricerche al terzo piano della casa, il più lontano possibile da Bella. Porte sprangate, finestre spalancate per aerare il più possibile i locali, ma era tutto inutile. Eravamo al limite, il profumo del sangue ci stava ottenebrando la mente, anche concentrarci sulle ricerche, non riusciva a distrarci abbastanza.

«Via libera!» esclamò Alice facendo improvvisamente irruzione nella stanza. «Jacob è tornato ha detto che possiamo andare, fino a Seattle la strada è liberà. Io ed Esme vi spettiamo fuori.»

«Rose?»chiese Emmett preoccupato.

«Non viene. Non vuole lasciare Bella in balia di Edward e Jacob …»

«Non ce la può fare.» sospirai.

«La sua determinazione è la sua più incredibile risorsa. Potete solo immaginare quanto forte sia il suo carattere.» Sentenziò tra l’avvilito e l’orgoglioso e, come lui, sperai che il suo pregio non si trasformasse nel più grosso dei suoi difetti.

 

Edward

 

Anticipando le mosse di mia sorella, riuscii a prendere in braccio Bella prima di lei e con le dovute precauzioni tornammo nel salone, nel mentre era tornato anche Jacob; avevo sentito Alice andare alla porta a riceverlo e avevo avvertito i suoi pensieri, compreso il piano per far fuori Rosalie … In alcuni casi il suo cervello ragionava con una certa abilità e la sua idea non era da sottovalutare.

L’adagiai sul divano cercando di procurarle meno scosse possibili, come suo solito stringeva i denti, ma era chiaro che stesse provando un dolore indescrivibile ormai, non si capiva più da cosa fosse dovuto, se dalle costole, dai movimenti del feto o dal bacino, sicuramente incrinato; stringeva tra le sue mani ossute e tremanti l’ennesimo bicchiere di sangue, l’unica cosa certa era che non aveva quasi più fiato nemmeno per respirare tanto stava trattenendo il dolore.

«Jake», sussurrò cercando di sorridere appena lo vide.

Lui non fece parola

Non puoi assecondarla sempre …” pensò guardandomi di sfuggita. In poco meno di un minuto aveva già capito cosa fosse successo al piano di sopra. Aveva ragione … ma non avevo alternative.

Era indubbiamente un segnale di debolezza, ma come gli avevo già tentato di spiegargli la notte precedente, non mi era rimasto che questo per cercare di alleviare il suo dolore, esattamente come a lui non era rimasto altro che farle visita … fino a quando a entrambi il destino non ce l’avesse strappata via.

«Carlisle», disse appena lo vide scendere dallo scalone, «siamo arrivati a metà strada per Seattle. Non c'è traccia del branco. Potete andare». “Sembra improvvisamente invecchiato di trent’anni …” commentò tra sé, in effetti, aveva ragione, la sete si stava facendo sentire non solo ai miei fratelli ma anche a lui e la sua stoica resistenza era messa alla prova ogni istante di più, i bicchieri di sangue fresco che circolavano costantemente in casa certamente non aiutavano a resistere.

«Grazie, Jacob. È il momento buono. Ne abbiamo davvero bisogno».

«Secondo me, potete partire tranquilli e andare in più di tre alla volta. Sam si sta concentrando su La Push, ci scommetto».

Carlisle annuì. «Se ne sei convinto tu, va bene. Alice, Esme, Jasper ed io andremo ora. Poi Alice tornerà a prendere Emmett e Rose... ».

«Neanche per sogno», sibilò Rosalie. «Emmett viene con voi adesso».

«Dovresti andare a caccia»,le intimò nostro padre con voce ferma ma gentile.

«Andrò a caccia quando ci andrà lui»,ringhiò, voltandosi di scatto verso di me.

Non avrei avuto dubbi.

Ma se sperava che mi sarei allontanato da Bella tanto facilmente si sbagliava di grosso, per quanto mi riguardava, poteva morire dalla sete, non avrei certo sentito la sua mancanza, io non mi sarei assentato.

Spero solo che sia in grado di resistere …”sospirò Carlisle, guardandomi di sfuggita, “Per qualsiasi emergenza ho il cellulare con me.” E questo, almeno in parte, mi confortò.

Jasper ed Emmett furono in un lampo ai piedi delle scale, Alice ed Esme stavano già aspettando sul retro e dopo aver ringraziato Jacob, si dileguarono nel bosco. Lasciandoci soli a gestire l’imprevisto.

 

Io e Rosalie, in questo periodo, non eravamo certo le persone più adatte per collaborare, l’unica cosa confortante era che ancora, con molta probabilità, avevamo tempo e questo, forse, avrebbe impedito di scannarci durante la giornata.

Mi sedetti per terra vicino a Bella e cercai di mantenere la calma; non serviva a nulla fare scoppiare una lite in questo momento, poi c’era già Jacob a stuzzicare mia sorella, era meglio non esagerare.

 

No palla più …”

 

Mi guardai attorno cercando di capire di chi fosse quel pensiero.

«Allora?», chiese Jacob con insistenza. «L'hai già sentita o no?».

Sicuramente era Rosalie esasperata. Anche se quella voce … non era proprio …

«L'ha già sentita?», domandò a me dopo aver capito che Rosalie non gli avrebbe mai dato soddisfazione.

 

Pecché no palla …”

 

Ma cosa ...” Guardai Rosalie fissare la televisione senza degnarlo della minima considerazione. Voleva che rispondessi al posto suo? Jacob sembrava uno di quei bambini nella fase del “perché?”dove ogni risposta dei genitori non fa altro che accrescere la loro curiosità e devastare il sistema nervoso degli adulti. Era più irritante di un rubinetto che perde.

«No». Risposi pur di zittirlo.

«Magnifico. Allora ti piacerà, succhiasangue. I neuroni delle bionde muoiono soli».

Come supponevo il mio tentativo era stato inutile.

«Ho ucciso centinaia di volte più di te, bestia schifosa. Non te lo scordare». Ribatté acida Rosalie senza distogliere lo sguardo dal televisore.

«Un giorno, Miss Universo, ti stancherai di minacciarmi a vuoto. Non vedo l'ora che arrivi, quel giorno».

«Basta, Jacob», disse infine Bella con un filo di voce ma tono deciso.

 

No muovere io … o so …”

 

E questo, cosa voleva dire? Chi aveva parlato adesso?

Stavo impazzendo.

Stupido! Stupido! Stupido! Giuro che non volevo farti arrabbiare!” «Vuoi che me ne vada?». Chiese Jacob capendo forse di aver superato il limite e mortificato dall’improvvisa reazione di Bella.

«No! Certo che no». Si affrettò a rispondere lei.

Se finalmente gli avesse detto di levarsi di torno avrei avuto la certezza che fosse impazzita, invece tutto normale … come sempre.

«Sembri stanco», commentò lei.

«Morto».

«Se vuoi morire davvero fammi un fischio», bofonchiò Rosalie, in modo che Bella non potesse sentirla. Si stava spazientendo … forse, il nostro “amico” era il caso che capisse che doveva darsi una regolata.

 

Pecché no palla più … era bela”

 

No, non è Rosalie, queste frasi non hanno senso … Non può essere Bella …” pensai sospirando, non ero mai riuscito a leggerle il pensiero, ma adesso … non poteva essere nessun altro dei presenti; forse tutto lo stravolgimento che le aveva portato la gravidanza aveva cambiato qualcosa … eppure …

«Hai detto qualcosa?» le chiesi vedendola pensierosa, quasi concentrata.

Ok, Edward che ti prende? Qui non è volata una mosca?” Sì, certo, mancava che anche Jacob mi facesse notare quanto fosse strana questa situazione.

«Io?», rispose Bella dopo un secondo. «Io non ho detto niente». I suoi occhi brillavano di una luce stranissima … intensa. Era bellissima.

 

Bela voce … ancoa …”

 

No. Non era possibile. «Che stai pensando ora?».

«A niente. Che succede?». Il suo viso inespressivo mi lasciò senza fiato … era come se mi temesse, che avesse paura a dire qualsiasi cosa, temendo una mia reazione.

Dio mio, fino a questo punto l’ho impaurita …” pensai vergognandomi di me stesso.

Ma quella strana vocina mi riportò alla realtà.

 

“ … ancoa …”

 

Non poteva essere … era … assurdo …. «A cos'hai pensato un minuto fa?» le chiesi.

«Solo... all'Isola Esme. E alle piume». Mormorò arrossendo.

 

“ … bela …”

 

Incredibile … Impossibile …” «Dì qualcos'altro», mormorai.

«Ma cosa? Edward, che succede?». La voce le tremava.

Un brivido mi percorse la schiena. Aveva capito anche lei.

Cosa diavolo … Edward cosa stai facendo? Cosa succede?” pensò Rose sulla porta della cucina; vedendomi posare le mani sul pancione di Bella.

Le avvicinai piano, quasi con devozione.

«Il fe...». Deglutii. «Al... al bambino» com’era strano chiamarlo per quello che era … suonava bene però … «piace il suono della tua voce».

«Santo cielo, riesci a sentirlo!»gridò Bella, dopo un istante necessario per elaborare quella sconvolgente verità.

Vidi una protuberanza muoversi in alto sulla sua pancia, appena sotto il seno; spostai con delicatezza la mia mano su quel punto e … lo sentivo … era lui …era … mio … mio figlio.

 

“… nooo piano …”

 

«Sssh», mormorai. «Hai spaventato il... lui».

La meraviglia che lessi nei suoi occhi era indescrivibile; lei era bellissima ed io … io … non lo so nemmeno io come mi sentii in quel momento, una quantità indefinita di emozioni mi stava investendo come un tir ed io mi sentivo improvvisamente stordito … felice … euforico …

«Scusa, piccolo». Canticchiò lei tamburellando sulla pancia con le dita.

 

“ … bela …”

 

Avvicinai l’orecchio verso la sporgenza del suo ventre.

«Cosa pensa ora?», domandò impaziente.

 

“ … bela … ancoa …mama … ancoa …”

 

«La cosa... lui, o lei è...».Il mio cervello era andato completamente in tilt, non mi rendevo conto di ciò che stavo dicendo, ero come ipnotizzato, da lei, dal piccolo,dall’atmosfera quasi surreale che la consapevolezza di diventare padre aveva creato. « … Felice», sussurrai incredulo, ricambiando il suo sguardo stupito.

Sul suo viso, si accese uno dei più bei sorrisi che le avessi mai visto e i suoi occhi s’inondarono di lacrime.

 

Bella

 

Lo sentiva … aveva carezzato il pancione … l’aveva chiamato bambino e ne era rimasto incantato …

Improvvisamente non mi sentii più sola.

Il mio Edward era tornato.

Era come se finalmente tutti e tre insieme fossimo diventati una cosa sola, inscindibile e indistruttibile.

In quell’esatto momento ebbi la certezza che saremmo sopravvissuti entrambi; Edward non avrebbe mai permesso che ci succedesse nulla.

«Certo che sei felice, bel bambino, certo che lo sei», canticchiai, massaggiandomi la pancia, le lacrime di commozione che mi rigavano le guance erano ormai(erano)inarrestabili; avevo perso le speranze che potesse accadere. «Come potresti non esserlo, così al sicuro, così al caldo, così amato? Ti amo tanto, piccolo EJ, certo che sei felice».

 

Edward

 

EJ???” «Come lo hai chiamato?», chiesi curioso.

«Gli ho dato una specie di nome. Non pensavo che volessi... be', ecco». Farfugliò arrossendo.

«EJ?».

«Anche tuo padre si chiamava Edward, no?».

«Sì … ma …»

 

Ancoa … bela … palla ancoa …”

 

«Ma cosa...? » Gli piaceva la mia voce?? L’aveva appena sentita è gli piaceva?!?!

M’inorgoglii improvvisamente, aveva percepito chi fossi; e gli piacevo … voleva bene anche a me … Mi trovai a ridere senza nemmeno ricordare quando avevo cominciato.

«Che c'è?».

«Gli piace anche la mia voce».Dissi orgoglioso.

«Certo che gli piace».Gongolò Bella. «Hai la voce più bella dell'universo. A chi non piacerebbe?».

Per come l’avevo trattato fino a pochi istanti prima, non mi sarei stupito che mi odiasse … me lo sarei meritato.

E bravo Edward! Era l’ora che ti comportassi da padre! Questo bambino aspettava solo te.”Pensò Rosalie guardandomi e abbozzando un sorriso soddisfatto e complice. «Avete un piano di riserva?», chiese poi, appoggiandosi alla spalliera del divano. «Che si fa se è una lei?».

«Qualche idea mi è venuta. Pensavo a un misto fra i nomi di Renée ed Esme...». Rispose Bella cercando di asciugarsi le lacrime.

«Resmé?». Azzardò titubante e non troppo convinta.

«Ma no: Renesmee. Troppo strano?».

«No, mi piace», confermò Rosalie. «È bellissimo. E unico, quindi perfetto».

«Comunque, sono convinta che sia un Edward».

In cuor mio sperai di no.

 

mama … è feice …”

 

Ancora un pensiero, capiva tutto quello che stava accadendo fuori dal suo ambiente, percependo chiaramente lo stato d’animo di Bella; era intelligente, molto più intelligente di un bambino umano, sicuramente il suo sviluppo era precoce in tutti i sensi.

«Che c'è?», chiese Bella trasognata vedendomi assorto a fissare il suo pancione. «Cosa pensa?».

 

“… mi piace …. Voio bene mama”

 

Ormai in trance, posi l’orecchio nuovamente sul pancione, dove più o meno credevo fosse l’origine di quei pensieri.

 

No tiste mama … mai…”

 

«Ti vuole bene», mormorai completamente sbalordito. «Ti adora indiscutibilmente».

In quell’istante la voce di un’altra mente entrò prepotente nella mia testa, carica di odio e rancore. “Venduto! Come ho potuto fidarmi di te credendoti mio alleato! Sei solo una schifosa sanguisuga …”Preso da quel momento di euforia, avevo completamente rimosso la presenza di Jacob nella stanza e come me anche Bella e Rosalie si trovarono a fissare il viso di quel ragazzo completamente sconvolto dal furore.

I pugni serrati e il tremore che gli faceva vibrare tutto il corpo erano i segnali che stesse arrivando al limite.

Non lo meritava, nonostante non mi fosse particolarmente simpatico, non meritava di assistere a tutto questo, conoscevo il suo dolore e quanto già stesse soffrendo; questo dovevo risparmiarglielo.

Veloce, come solo un vampiro può essere, presi da un cassetto di un tavolo poco distante da noi la chiave di un’auto e gliela lanciai, offrendogli la possibilità di scappare dai suoi fantasmi.

 

Rosalie

 

Il cane si era dileguato, non era ancora uscito da casa che lo sguardo di Edward era nuovamente puntato sul pancione di Bella.

Bene.

Sembrava che finalmente il caro fratellino avesse deciso di crescere affrontando le sue responsabilità, Non aveva nemmeno idea di quando fosse stato benevolo il destino con lui.

A quelli come noi certe gioie non erano concesse.

Il mio compito era finito, ero decisamente di troppo, adesso dovevano risolvere i loro problemi da soli.

Come una famiglia.

«Vado a prendere una boccata d’aria, la puzza del cane ha affumicato tutta casa … torno tra un po’…» “è il tuo momento Edward … fatti perdonare!” pensai soddisfatta uscendo.

 

Edward

 

Rosalie chiuse la porta dietro di sé, lasciandomi solo, a tu per tu con i miei errori, ne avevo parecchi sulla coscienza … aveva ragione. Mi sarei dovuto scusare anche con lei …

Mi sedetti sul tavolino basso, davanti al divano, mi sentivo piccolo e insignificante davanti a lei, che aveva creduto in questo bambino fin dal primo istante, esattamente come aveva creduto in me, e il piccolo la ricambiava, cercava di muoversi poco e piano, ed era completamente innamorato di lei.

Non sarei mai stato capace di così tanto amore e non mi meritavo il suo, così incondizionato e puro, ma sapevo che per me, adesso, loro erano il mio tutto.

«Scusa se mi sono arrabbiato tanto»

«Chiederei scusa anch’io»

No, non devi …”pensai sospirando «Ti ho lasciata sola ad affrontarlo»

«Il matrimonio …» accennò in un tentativo di essere sarcastica.

Ridacchiai «Dicono che il primo anno è il più difficile …»

«Già …» sussurrò guardandomi negli occhi, con quella luce così speciale che solo lei irradiava.

Rimanemmo così per un tempo indefinito: immobili, le sue mani sul pancione e le mie sopra le sue. Tutti e tre insieme.

 

«Edward …» sussurrò. «Mi abbracci?»

«Ti congelerai Bella, non è il caso … ti è appena passata la febbre …»

«Ti prego … ho bisogno di sentirti vicino a me … ho bisogno di te …»

Non ebbi il coraggio di opporre resistenza, ne avevo un bisogno disperato anch’io, la infagottai il più possibile nella coperta che aveva sulle gambe e mi sedetti accanto a lei, facendola accoccolare tra le mie braccia.

«… Ecco, così è perfetto … sono a casa …» mormorò con la voce già impastata dal sonno.

Già … a casa. Era proprio quella la sensazione che stavo provando anch’io … la mia casa … la mia famiglia.

Sembrava così piccola rannicchiata vicino a me, con le mani sul pancione, quasi volesse difenderlo dal mondo intero, involontariamente la mia mano scivolò sulla sua e le nostre dita s’intrecciarono istintivamente, come un riflesso incondizionato.

Un altro colpetto la fece sussultare.

Stava crescendo in fretta e per la prima volta questa considerazione non mi spaventò, e mi scoprii curioso …

Curioso di vederlo, di tenerlo tra le braccia e di proteggerlo, di sentire il battito del suo cuore come già sentivo i suoi pensieri … ma allo stesso tempo ero preoccupato … sarei riuscito a salvarli entrambi … Rose stava raccogliendo il suo veleno … non si fidava di me e si era mossa per tempo … la sua era stata un’ottima intuizione e anch’io stavo facendo lo stesso da qualche giorno, se si fosse presentato un imprevisto, avremmo dovuto agire tempestivamente e farlo entrare in circolo in più punti contemporaneamente poteva essere una soluzione, mordere non sarebbe bastato.

«Ehi piccolino, mi senti?»sussurrai per non svegliare Bella «Il tuo papà troverà una soluzione, non permetterò che ti succeda nulla … né a te né alla tua mamma … merita che tu la conosca, molto più di me. Io non sono nulla confrontato a lei, ma credimi se di dico che ti amo, anche se l’ho capito troppo tardi.»

Sarei mai riuscito ad occuparmi di lui se Bella non ce l’avesse fatta? L’angoscia che mi assalì fu cancellata dalla discussione che, intanto, era iniziata all’esterno.

«No. Dove credi di andare.»Sentii ruggire improvvisamente Rose.

«Lasciami passare schifosa succhiasangue»

Leah?!? Ma cosa …”.. In quell’istante la porta si spalancò.

«Devo parlare con Bella.»sentenziò entrando; Rose dietro di lei era pronta ad attaccare. Con uno sguardo le feci cenno di mantenere la calma.

Non ero in confidenza con la sua mente, questo mi aveva impedito di prevedere con più anticipo le sue intenzioni, averlo saputo non le avrei mai permesso di entrare.

«Sta riposando. Puoi dire a me?»

«NO.»

«Sono sveglia …» mormorò Bella alle mie spalle.

«Non credo sia il momento per affrontare certi discorsi Leah …» provai a dire per dissuaderla, dopo aver capito cosa l’avesse spinta a questa visita improvvisa, nella speranza di non far scattare un conflitto, ma ignorandomi completamente mi superò arrivando a due passi dal divano.

 

Leah

 

Finalmente ero faccia a faccia con la principessina di Forks. Vedere Jacob fuggire in quel modo mi aveva fatto ribollire il sangue; non era normale scappasse a quella velocità su un’auto non sua. Non si era trasformato e questo voleva dire solo una cosa: non aveva intenzione di renderci partecipi del suo dolore.

Sua altezza doveva avergli inferto l’ennesima mazzata e, dopo tutto quello che stava sopportando e a cui aveva rinunciato per lei, poteva anche usare un po’ più di riguardo nei suoi confronti.

Era bene che capisse che era giunto il momento di scendere dal piedistallo e farle presente che le persone sono dotate di un cuore, hanno dei sentimenti, non come i suoi amichetti vampiri e che, approfittarsi sfruttando spudoratamente i sentimenti che gli altri nutrivano per lei, non era più accettabile.

«Cosa gli hai fatto?» le ringhiai in faccia.

«Non capisco cosa …» iniziò a difendersi, ma il suo succhiasangue preferito s’intromise rispondendo per lei.

«Jacob, aveva solo bisogno di cambiare aria, tutto qua. Gli ho prestato la mia auto perché potesse farsi un giro.»

«Non l’ho chiesto a te. Cosa è successo? Non si è trasformato, sta mantenendo le distanze dal suo branco. Non credo volesse solo farsi due passi.» chiesi nuovamente puntandola dritta negli occhi.

«Io non …»

«Abbiamo sentito i pensieri del bambino. Jacob si è sentito in difficoltà e ha preferito allontanarsi.» rispose nuovamente lui.

«Quindi mentre voi giocavate alla famiglia felice, Jacob assisteva alla scena.» sputai con tutta la rabbia che avevo dentro.

«È stata una cosa improvvisa, io non vol …»

«Tu non vuoi mai, ma ormai è quasi un anno che lo tormenti e lo illudi, con il solo scopo di tenerlo legato a te come cavalier servente. Mi fai schifo.»

«Vattene Leah.» sibilò suo marito.

«Ti sei appoggiata a lui quando il tuo vampiro ti ha lasciata; hai continuato ad illuderlo anche quando è tornato, ha rischiato di farsi ammazzare per te! Non contenta l’hai anche invitato al tuo matrimonio!» Continuai senza freno.

«Non sai quello che stai dicendo Leah. Ma adesso basta, FUORI DA QUESTA CASA.» ruggì la sanguisuga.

«Sembra impossibile che tu sia figlia di una persona corretta e irreprensibile come Charlie Swan. Sei subdola, scorretta, calcolatrice e senza scrupoli; sia nei confronti di Jacob che nei confronti di tuo marito, ma se a lui non disturba, puoi fare ciò che vuoi, con Jacob invece NO, non te lo permetto più. Tu hai fatto le tue scelte, permetti a lui di vivere la sua vita, non lo puoi tenere legato a te in eterno. Il tuo egoismo sta sfiorando la cattiveria. Ha perso tutto per te, la famiglia, la casa, il branco e la dignità, prova ancora una volta a prenderti gioco dei suoi sentimenti che dovrai renderne conto a me.»

I due vampiri iniziarono ad avanzare lentamente. Se avessero voluto attaccare, l’avrebbero sicuramente già fatto, evidentemente la presenza di Sua Maestà li metteva in difficoltà.

Meglio, almeno ero riuscita a levarmi questo peso dallo stomaco.

«Non vi disturbate». Sibilai guardandoli sprezzante «Conosco la strada.» e soddisfatta, me ne andai.

 

  

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Capitolo 15
*** CAPITOLO 15 ***


Eccomi finalmente con un nuovo capitolo, l’unica cosa che vi dico è GRAZIE PER LA VOSTRA IMMENSA PAZIENZA!!!

 

Buona lettura.

 

 

Cap.15

 

Edward

 

«Tutto bene?!?!» gridò Alice spalancando la porta d’ingresso seguita a ruota da Jasper “abbiamo visto Leah in versione lupo allontanarsi da qua, ci è parso strano a entrambi e non vedendo niente ho … abbiamo temuto fosse successo qualcosa … Jacob?”

«Sta bene. Aveva bisogno di cambiare aria. Leah è venuta a “farci visita” solo perché voleva renderci partecipi del suo rancore …» un nuovo singhiozzo di Bella scatenò nuovamente in me la voglia di ripulire il mondo dalla presenza di quella donna.

«Io … non voglio … non ho mai voluto far soffrire nessuno … mi dispiace … io … io … non posso farne a meno … io … non capisco …» riprese a mormorare tra un singhiozzo e l’altro.

«Schhhh … lo so …» le sussurrai stringendola al petto.

A dire il vero non riuscivo a capire il perché del morboso attaccamento che aveva nei confronti di Jacob, era irritante e avvilente allo stesso momento, ma ero anche convinto che Bella non si sarebbe mai comportata così con il solo intento di farci soffrire. Qualcosa al di sopra della sua stessa volontà glielo imponeva … qualcosa che andava anche oltre la mia comprensione; me ne sarei preoccupato dopo … adesso non era il momento.

A giudicare dalla tensione e dalla rabbia che percepisco, immagino che Leah si sia spinta in po’ troppo oltre …”pensò Jasper avvicinandosi alle mie spalle “Nonostante tutto emani una strana euforia fratello, tutto ok?”

Annuii appena, giusto per rassicurarlo.

«Emmett?» chiese Rose guardando Alice.

«È con Carlisle ed Esme. Finito di cacciare si sono spostati verso Seattle per contattare un altro fornitore di sangue. Le scorte in casa si stanno esaurendo velocemente e voleva essere sicuro di averne abbastanza a disposizione, sia per nutrire Bella, che per effettuare un’eventuale trasfusione al momento del parto … non si sa mai cosa possa accadere in certi momenti ... » sospirò Alice, palesemente preoccupata «Per ora ha trovato questo … » Aggiunse aprendo lo zainetto che portava sulle spalle Jasper «vado a sistemarlo nel freezer. Carlisle conta di tornare domani verso mezzogiorno.»

In effetti, la sete di Bella stava aumentando in maniera esponenziale e Carlisle aveva ragione, era bene non rischiare ed essere pronti.

Provai quindi a giocare nuovamente la carta del cesareo, era già favorevole, ma forse era meglio anticiparlo.

Il respiro di Bella si stava normalizzando, la tensione accumulata nelle ultime ore l’aveva sfinita ed esausta, era crollata tra le mie braccia.

Rose le stava controllando la febbre, sul suo viso e nella sua mente non intravedevo l’astio che aveva contraddistinto il nostro rapporto negli ultimi giorni.

Era il momento buono per provare a parlarle.

«Hai valutato l’eventualità di anticipare il cesareo?» mormorai continuando a cullare Bella.

«Se stai ancora provando con i tuoi giochetti, Edward, sappi che …» esclamò mettendosi subito sulla difensiva.

«Nessun giochetto Rose.» la interruppi deciso «Vorrei solo che tu valutassi tutti gli aspetti …»

«Ovvero? Sei così convinto che non m’interessi niente della vita di Bella?» In effetti, in parte, il dubbio rimaneva, il desiderio di maternità di Rose era ciò che si poteva definire il suo “lato oscuro”, ma preferii sorvolare.

«La richiesta di sangue di Bella è aumentata vertiginosamente nelle ultime ore, questo è sintomo che il piccolo sta crescendo più velocemente rispetto alle previsioni di Carlisle. Sto ascoltando i suoi pensieri …»

«Cosa?!?» esclamò improvvisamente Jasper che, ovviamente, non era al corrente delle ultime novità.

«Già … » confermai guardandolo soddisfatto e orgoglioso.

Ora si spiega l’inversione di rotta del tuo stato d’animo …” sogghignò tra sé “Bene, sono contento tu abbia rivalutato la situazione … questo non può che giovare a tutti, Bella in primis!”

Il sorriso che mi si stampò sulla faccia, valse più di mille parole. «Stavo dicendo, il bambino ha capito che muoversi troppo nuoce alla madre e … cerca di limitare i movimenti. Al momento del parto, però, spingere, diventa fisiologico e indipendente anche dalla sua volontà; ho come il sospetto che quel momento arrivi in anticipo rispetto alla data presunta che era stata calcolata … dobbiamo anticipare. Il piccolo è formato, se pensi che capisce perfettamente e ragiona, puoi dedurre che ormai non sia più questione di giorni … forse solo di ore … »

Mi presi una pausa e valutai il silenzio di Rose, che in quell’istante metteva insieme tutte le mie constatazioni.

«Cosa proponi?» chiese infine con un tono decisamente più accondiscendente. Questo mi lasciò sperare.

«Chiedere a Carlisle di anticipare il cesareo. A domani. Appena rientra, sarebbe perfetto. Più tardi potrebbe essere fatale per entrambi. Se riuscissimo a far nascere il bambino con calma, potremmo anche assisterlo meglio. Lo stesso vale per Bella. Si salverebbero entrambi.»

«Sì, è una proposta ragionevole. E non è da sottovalutare. Proverò a parlarne con Bella, non credo che rifiuterà … se può aiutare il bambino.»

«Avete pensato al problema del patto con i Quileute?» chiese Alice dal fondo del salone. «Se non sbaglio il patto, prevede che noi Cullen non si morda nessun umano, indipendentemente dalla sua volontà, come la mettiamo con il branco?»

«Ho pensato di chiedere una deroga al patto.»

Sono previste deroghe al patto??” pensò Jasper guardandomi allibito.

«Sam non concederà deroghe, non importa leggere nel futuro per sapere come andrà a finire.»sospirò Alice.

Cosa hai in mente Edward?” Pensò Rose guardandomi dubbiosa.

«Non spetta a Sam la decisione. Il vero alfa dei lupi Quileute è Jacob, lui come erede di Ephraim Black, che a suo tempo stipulò con noi il patto, è l’unico che possa concedere deroghe. Se Jacob non avesse rinunciato alla carica di alfa, adesso sarebbe l’unico e solo capo branco dei lupi. Rinunciando la scelta è ricaduta sul primo disponibile in ordine di discendenza. Ciò non toglie che le condizioni poste da Ephraim possono essere ritrattate solo da un suo discendente.»

«Potrebbe essere una soluzione …» valutò tra sé Rosalie.

«Jacob ha già dato tanto …» sussurrò Alice «non si è risparmiato in nulla … sei proprio sicuro che te lo concederà?»

«Non farà morire Bella.»risposi convinto «mi costa chiederglielo, conosco il suo dolore … ma è la mia unica possibilità.» Non mi piaceva l’idea di sfruttarlo, ma era la mia unica e ultima speranza.

Bella sussultò nel sonno, era un tremito di tensione, non di freddo. Le baciai la fronte carezzandole dolcemente la schiena, lo stress della discussione con Leah continuava a lasciare i suoi strascichi anche durante il sonno.

Come se non avesse avuto abbastanza preoccupazioni per cui soffrire. Dovevo riuscirci, in tutti i modi dovevo salvarli entrambi, era la mia famiglia, non l’avrei abbandonata.

 

Il rombo di un motore familiare sulla statale annunciò l’imminente ritorno della mia ultima spiaggia. «Sta tornando Jacob.» avvisai.

«Lo aspetterò in garage.»Dissi aiutando Rose ad accogliere Bella tra le sue braccia e uscii. Aggiunsi uscendo.

Prima di chiedergli l’autorizzazione ad infrangere il patto dovevo, però, togliermi il peso di dirgli la mia su Leah; se lui non voleva fare l’alfa, avrei provveduto personalmente a farla tacere, sempre PER SEMPRE, se si fosse nuovamente avvicinata a Bella.

Era bene che ne fosse cosciente anche lui.

 

Alice

 

Mi sedetti sul divano vicino a loro. Nel silenzio, il respiro di Bella, rimbombava come un tuono.

«Puoi restarle accanto te? Non vorrei si svegliasse e si trovasse sola. Vado a prepararle un nuovo bicchiere … la sua sete sta aumentando vertiginosamente specialmente quando si sveglia.» sospirò Rose preoccupata «… Spero che Carlisle faccia presto ...» e lasciandomi il posto sparì in cucina.

Lasciandomi così da sola, a fissare quel che restava della mia sorellina.

Irriconoscibile.

Le guance infossate, le occhiaie così profonde le solcavano il viso facendola assomigliare più ad un cadavere che ad una persona; l’enorme pancione la rendeva ancor più inquietante. Eppure, sul suo viso, era come se fosse sparita ogni traccia di ansia e preoccupazione, era distesa, serena … sembrava … felice.

Anche Edward era cambiato, nell’arco di poche ore sembrava trasformato; era preoccupato e ancora molto angosciato ma nei suoi occhi era come se si fosse accesa una luce di speranza, quasi avesse la certezza che tutto potesse finire bene.

« E … Edward …» sussurrò muovendosi appena dalla sua posizione, non potei che sorridere.«Ahi!» esclamò d’improvviso svegliandosi di soprassalto.

«Bella, che succede?»

«A … Alice … qua … quando sei tornata? Edward dov’è?»

«Edward è con Jacob, è appena rientrato ed aveva bisogno di chiedergli alcune cose. Tu stavi riposando, io e Jasper siamo rientrati un po’ prima per portare le sacche del sangue che siamo riusciti a trovare. Carlisle spera di trovarne altre; rientrerà domani. Rose ti sta preparando lo“spuntino”. Tutto bene? Hai gridato poco fa? Dopo aver … nominato Edward. » aggiunsi sorridendo.

«Niente, non ti preoccupare, EJ deve essersi … svegliato …» Rispose carezzandosi il pancione.

«EJ?» chiesi incuriosita.

«Beh … io credo sia un maschietto.» mormorò arrossendo, per quel poco che il suo colorito permetteva.

Qualcosa era cambiato.

Edward aveva sentito i pensieri del bambino; e in qualche modo si era convinto che tutto questo non era poi così sbagliato.

Chi ero io per giudicarli?

Nessuno.

O forse ero solamente quella che voleva loro più bene al mondo.

Mi ero accanita contro quella creatura unicamente perché li stava distruggendo, non sopportavo di vederli soffrire e non sopportavo la condizione di cecità alla quale mi aveva ridotta. Ero offesa dal loro comportamento, ma adesso … sembravano così felici … non potevo continuare a stare sulle mie posizioni … non che mi facesse piacere … ma non potevo distruggere la loro felicità … dopo così tanto tempo che non erano stati più loro … per quanto fosse mai potuta durare … non potevo.

«Bella … io …» Dissi cercando comprensione nel suo sguardo «… mi dispiace per quello che ti ho detto per come mi sono comportata … io … sono felice di vederti … di vedervi felici … io …»

«Non importa.» mormorò sorridendomi.

«Scusa.»

«So che ci vuoi bene. So che sei stata male anche tu per … per questo.» sussurrò carezzando il pancione « e so che eri solo furiosa perché non riuscivi ad aiutarci … ti conosco sai?»

«Sono, ancora, FURIOSA perché non riesco ad aiutarvi.» sottolineai sorridendole «ma non riesco a starti lontana sorellina.» esclamai abbracciandola stretta.

«Bene, bene, bene.» disse Rose tornando con in mano il nuovo bicchiere «era l’ora che anche tu iniziassi a ragionare.»

«Servirà tutto l’aiuto possibile per questo nipotino! Non possiamo mica lasciarlo da solo, no? Ho in mente tante di quelle cose!!! Gli prepareremo una cameretta tutta celeste!!! Ho già in mente dove andare a fare shopping e …»

«Beh … data l’incertezza, suggerirei un colore neutro ...» m’interruppe Rose porgendole il bicchiere nuovamente pieno.

Bella iniziò a bere con una tale voracità da lasciarmi impressionata. Edward aveva ragione i tempi si stavano stringendo ogni istante di più. Al contrario di lui non ero molto convinta che sarebbe riuscita a vedere suo figlio, ma guardarla sorridere mentre chiacchieravamo della sua gravidanza e del bambino come se fossero le cose più normali del mondo, mi fece aprire gli occhi su quanto bisogno avesse Bella dell’affetto di ognuno di noi e di quanto male le avevamo fatto voltandole le spalle per il suo bene.

 

Edward

 

Non appena percepii le voci dal salone, scattai come fossi stato una molla pronta a saltare. Non mi aspettavo si svegliasse così presto; soprattutto non volevo non mi trovasse al suo fianco; ma tutto mi sarei immaginato tranne che trovarla a chiacchierare tranquillamente con le mie sorelle.

Fu comunque un sollievo: stava ridendo.

«Bella, amore, pensavo che stessi dormendo», Esclamai entrando trafelato. «Scusa, non avrei dovuto lasciarti».

«Non preoccuparti. Mi era solo venuta una gran sete... che mi ha svegliata. » rispose sorridendomi«Meno male che Carlisle ne sta portando altro. Questo bambino ne avrà bisogno quando uscirà da qui».

«Sì, è vero».

«Mi chiedo se non vorrà nient'altro», rifletté.

Già … è proprio questa la mia maggiore preoccupazione …” «Immagino che lo scopriremo». Le risposi cercando di mantenere un sorriso sereno e intanto mi sedetti per terra vicino a lei.

In quel momento esatto il suo viso s’illuminò, era entrato Jacob e come ogni volta che quest’accadeva, la sua felicità era completa. Non credo mi sarei mai abituato.

L’unica differenza questa volta fu che la gioia durò un attimo. La sua espressione si rabbuiò, anche senza leggerle nel pensiero era lampante che le parole di Leah fossero tornate a invadere prepotentemente i suoi pensieri.

Riempirla di schiaffi non sarebbe abbastanza per quello che ha fatto” Anche lui aveva già capito, ovviamente. «Ehi, Bells», disse svelto per non farla pensare troppo. «Come va?».

«Bene», rispose atona.

«Gran giorno oggi, eh? Un sacco di novità».

«Non sei costretto, Jacob».

«Non so di cosa stai parlando», rispose sedendosi sul divano vicino a lei. “o meglio, lo so benissimo e non so come rimediare …”

«Mi dis...». “No! Mi dispiace No. In fondo Leah è una mia responsabilità. Non sopporto che si dispiaccia sempre per responsabilità e decisioni non sue” Pensò chiudendole le labbra fra il pollice e l'indice.

Come se fosse una cosa semplice impedirle di accollarsi i problemi dell’intera umanità.

«Jake», mormorò cercando di liberarsi dalla presa.

«Potrai parlare quando non dirai più stupidaggini».

«Va bene, non lo dico»,mugolò.

«Mi dispiace!», finì tutto d’un fiato appena tolse la mano. Ma stava sorridendo e solo questo fu in grado di riscaldarmi il cuore.

Con mio grosso rammarico non potevo che accettare l’evidenza dei fatti: Jacob le era indispensabile.

Un giorno … questo è il suo ultimo giorno … ma non la perderò per sempre … forse i suoi occhi non saranno … ma il sorriso sarà sempre il suo … Sarà sempre la mia Bella … l’unica in grado di capirmi con un solo sguardo, più di chiunque altro al mondo … la mia migliore amica …”pensò guardandola incantato, e sentire che l’aveva catalogata come “migliore amica”mi recò non poco sollievo. “La decisione è solo mia…” Un brivido mi percorse la schiena.

Eravamo nelle sue mani

Va bene!”Pensò sospirando profondamente come se stesse donando tutto se stesso. “Fate pure. Salvatela. Come erede di Ephraim ti do il mio permesso, la mia parola, che questo non violerà il nostro patto. Gli altri dovranno prendersela con me. Hai ragione: non possono negare che ho tutto il diritto di acconsentire.”

«Ti ringrazio». Sussurrai con gratitudine in modo che lui potesse sentirmi e Bella non potesse chiedere spiegazioni.

Bene … finalmente una buona notizia … potrebbe anche iniziare a restarmi meno antipatico”pensò Rose guardandomi negli occhi.

«Allora? Com'è stata la giornata?» Chiese Bella fingendo disinvoltura.

«Piacevole. Ho fatto un giro in macchina. Ho passato un po' di tempo al parco».

«Ah, bello».

«Certo, certo».

L’attimo di titubanza nella sua risposta mi lasciò stranamente turbato. «Rose».

«Ancora?». “Certo che con tutto il sangue che hai bevuto oggi …”Pensò mia sorella soffocando una risata.

«Credo di aver bevuto sette litri in un'ora», spiegò Bella.

Per quanto potesse essere“comica” la situazione, io vedevo solo la sfumatura preoccupante … tutto quel sangue era davvero troppo. Dovevamo far nascere quel bambino il prima possibile.

Jacob e io ci spostammo mentre Rosalie la aiutò a sollevarsi per accompagnarla in bagno.

«Posso camminare?» disse lei, testarda come sempre. «Sento le gambe indolenzite».

«Sei sicura?», chiesi cercando di mascherare, purtroppo malamente, la mia apprensione. Esattamente come quella mattina, quando le si era incrinato il bacino.

Era così fragile …

«Rose mi prenderà se inciampo. Cosa molto probabile, dato che neanche riesco a vedermi i piedi».

Rosalie, sorreggendola dalle spalle, la aiutò a mettersi in piedi e Bella sospirò stiracchiando le braccia davanti a sé. «Ah, ora sto meglio. Mamma mia, sono enorme».

In effetti, era veramente sproporzionata, fosse stata una gravidanza normale sarebbe stata ben oltre le quaranta settimane. Dovevamo intervenire, o altrimenti non ce l’avrebbero fatta.

Non potevo permetterlo.

«Ancora un giorno», disse tamburellando sul pancione. «Tutto bene, allora. Ops ... oh, no!»esclamò improvvisamente dopo che il bicchiere di sangue le sgusciò di mano, riversandosi immediatamente sul divano.

Tutto ciò che accadde negli istanti successivi, fu come una sequenza scomposta d’immagini e suoni che viaggiavano scollegate tra loro. Completamente sconvolto da ciò che accadeva davanti ai miei occhi, iniziai a muovermi come un automa, guidato soltanto dall’istinto e dal terrore.

Uno schianto smorzato le piegò in due la schiena.

La spina dorsale era spaccata in due.

L’urlo che ne seguì fu agghiacciante e perse i sensi.

Rose riuscì ad afferrarla prima che toccasse il suolo.

«Bella?», la chiamai in preda al panico.

Mezzo secondo dopo un nuovo terribile urlo, preludio di una lunga agonia e subito un insolito gorgoglio esplose dal suo ventre.

Il suo corpo iniziò a contrarsi in preda a spasmi e convulsioni tra le braccia di Rosalie, sembrava sotto l’effetto di un elettroshock e la sua bocca vomitò sangue e qualcosa … nostro figlio … dentro di lei cercava di liberarsi.

 

Il panico che ci colse impreparati a quella scena da film dell’orrore, durò il tempo di un battito di ciglia.

NON C’È PIÙ TEMPO!STANNO MORENDO!”gridò la mente di Rosalie scattando all’istante verso il piano superiore.

Morendo.

Bella … il bambino … stavano morendo …

Non mi resi neanche conto di averla seguita, che mi trovai nello studio di Carlisle. «La morfina!», le gridai furioso e completamente senza controllo. Non poteva farla partorire in quello stato; il bambino le stava spaccando le ossa, non avrebbe resistito.

«Alice! Chiama Carlisle!»,strillò lei passandomi la siringa di morfina che le iniettai subito nel braccio.

 

Cough … Cough …”

 

Dio mio … soffoca!”mi bloccai all’istante.

«Che succede, Edward?».Chiese Rosalie vedendomi paralizzato.

«Il bambino sta soffocando!».

«La placenta deve essersi staccata!».

«Fatelo uscire!» urlò improvvisamente Bella riprendendo i sensi. «NON RESPIRA! Fatelo uscire SUBITO!». Lo sforzo dell’urlo riuscì a spaccarle i capillari degli occhi.

«La morfina... », provai a dire, nel tentativo che capisse che non essendo entrata in circolo avrebbe provato ancora più dolore se incidevamo la carne viva. Non mi fu dato il tempo.

«NO, ADESSO!», ordino drastica mentre l’ennesimo fiotto di sangue le smorzò il grido riempiendole nuovamente la bocca. Fui subito a sorreggerle la testa in modo da non farle ingoiare il rigurgito di sangue.

In quell’istante Alice si lanciò nella stanza come una furia, sistemando all’orecchio di Rose un auricolare.

Ho rintracciato Carlisle.” Pensò guardandomi, piena di speranza “Cerca di mantenere la calma, fallo per Bella …”

Non dovevo essere un bello spettacolo nemmeno io, completamente sconvolto dal panico, ero incapace di prendere una decisione razionale tra operare senza aspettare che l’anestesia facesse effetto salvando così nostro figlio oppure aspettare per non fare soffrire ulteriormente lei, mettendo però a rischio la vita del bambino.

Rose, al contrario, non perse tempo e sotto la guida di nostro padre iniziò a preparare quanto necessario.

 

Cough … Cough …”

 

Non respirava … lo sentivo benissimo dovevamo farlo uscire … ed io ero paralizzato …

 

Cough … Cough …

 

Il corpo di Bella si dibatteva tra contrazioni, spasmi e movimenti del bambino.

 

“No muovo io … Cough …Cough …”

 

Cercava di non muoversi ma era indipendente dalla sua volontà, i bambini sanno nascere e quando arriva il momento non possono fare altrimenti; e un'ombra rosso scuro comparve improvvisamente sotto la pelle del suo ventre.

Emorragia interna. Non c’è più tempo!”sentii riflettere Rosalie ed in quello stesso istante la vidi impugnare un bisturi.

Rabbrividii.

Aveva veramente il coraggio di tagliare il ventre di Bella senza anestesia?!?!?

«Aspetta che entri in circolo la morfina!» gridai furioso e terrorizzato.

«Non c'è tempo», sibilò «Il bambino sta morendo!» “e Bella anche, se non ci sbrighiamo!” pensò posando una mano sulla pancia, iniziando, così, ad incidere con l’altra.

Bella sobbalzò, senza gridare.

Una cascata di sangue sgorgò copiosa da quella misera incisione …

In quell’istante i pensieri di Rose si dissociarono completamente dalle sue azioni, perse la concentrazione e vide solo una cosa:

Sangue … Io non … Sangue …”

Il suo viso iniziò a deformarsi dal dolore, gli occhi neri scintillarono dalla sete e le labbra scoprirono i canini «No, Rose!», ruggii con tutto il fiato che avevo in quel momento, ma non potevo muovermi, se lasciavo Bella, il rigurgito del suo sangue l’avrebbe soffocata.

Ma mentre ancora pensavo, vidi il suo corpo volare violentemente contro la porta, con Jacob sopra di lei che spingendola lontano dal corpo di Bella cercava di bloccarle le vie respiratorie.

Brucia … Sangue … Io non … Sangue … è troppo …”

Continuava a pensare mentre Jacob, con un calcio, la spingeva ancora più lontano.

Fortunatamente la sua razionalità non era stata completamente annientata dalla sete ed incapace di allontanarsi con le sue forze aveva accettato di farsi colpire pur di non cedere alla sete.

Appena fu a terra, Alice la bloccò per il collo «Alice, portala fuori di qui!», gridai ormai disperato. «Portala da Jasper e tienila lì! Jacob, ho bisogno di te!»

Ero solo.

L’auricolare che ci teneva in contatto con Carlisle era andato in frantumi durante lo scontro tra Jacob e Rose.

Tutto dipendeva solo da me e Bella stava perdendo conoscenza.

Una strana razionalità si fece spazio nella mia testa.

Non potevo mollare adesso, erano entrambi nelle mie mani; era come se qualcosa di più forte di me mi spronasse a non mollare, a fare tutto quanto fosse in mio possesso solo per loro.

«Respirazione artificiale?»,ordinai perentorio a Jacob.

Mentre cercavo di far nascere il bambino, doveva mantenere in vita Bella, ed ero certo che lo avrebbe fatto ad ogni costo, la sua volontà di riuscita era forte almeno quanto la mia se non di più, il bambino non era certo una sua priorità.

«Sì!». Rispose dopo un istante di esitazione “Pensi di essere in grado? … ce la puoi fare?...” temeva in una reazione simile a quella di Rosalie; se di una cosa ero certo in quel momento, era la mia volontà di salvare la vita a tutti e due, avevo già vissuto nell’incubo della certezza della sua morte.

Nulla poteva distrarmi dal mio proposito.

«Falla respirare! Devo tirarlo fuori prima che...». Non riuscii a terminare la frase che un nuovo spasmo scosse il corpo di Bella. «La spina dorsale», ansimai inorridito.

Non un urlo uscì dalla sua bocca, era completamente priva di sensi, sdraiata scomposta e innaturale sul lettino grondante di sangue.

Dio mio … cosa le ho fatto …” pensai di fronte a quello spettacolo disumano.

«Tiralo fuori!», ringhiò Jacob riportandomi alla realtà. «Ormai non sente niente!».

Sì, aveva ragione ormai la parte inferiore del suo corpo era completamente dissociata dal resto, era inutile anche usare il bisturi; e mentre Jacob continuava con la respirazione artificiale, iniziai a tagliarle in ventre con i miei denti. Il battito era troppo irregolare, dovevo fare veloce ed estrarre il bambino, altrimenti non sarei riuscito ad iniettarle il mio veleno prima dell’ultimo battito del suo cuore e con i denti sarei riuscito ad incidere meglio e più velocemente.

La pelle del suo ventre era talmente tesa che non appena veniva tagliata, schizzava sangue ovunque dilatandosi in un istante cosicché, in meno di qualche secondo …

 

Cough … Cough …

 

Era lui … lo sentivo, il suo battito veloce fortissimo come quello di un uccellino … e … lo vedevo … era mio … no … mia … era mia figlia … era …«Renesmee». Sussurrai abbagliato.

Era bellissima “Lo sapevo che eri una signorina …” pensai guardandola incantato … era ancora più bella di sua madre, se questo fosse mai stato possibile … gli stessi occhi … dolcissimi …

«Fammi...», ansimò in un sussurro spezzato Bella. «Dammela»

Finii di recidere il cordone e sotto lo sguardo sbalordito di Jacob, la avvicinai al suo viso. Credeva veramente che le avrei negato la gioia di vedere sua figlia dopo tutto quello che aveva sofferto?

«Renes...mee. Sei... bellissima». Sussurrò singhiozzando.

Nonostante il contesto in cui ci trovassimo fosse più simile ad un mattatoio che ad una sala parto, l’immagine di mia moglie con in braccio la nostra bambina fu la cosa più bella che avessi mai immaginato di poter vedere, qualcosa che ti segna per sempre dandoti la certezza che tutto ciò che hai fatto fino a quell’istante fosse giusto, perfetto e finalizzato solo a questo.

Un flebile gemito di dolore mi riportò con i piedi per terra; la piccola aveva trovato, come normale che facesse, il seno della ma e intendeva succhiare, in realtà l’aveva morso.

«No, Renesmee», mormorai riprendendo in braccio la piccina per allontanarla dalla sua tentazione.

In quell’istante qualcosa cambiò nel sottofondo della stanza, mancava qualcosa … mancava … il battito di Bella! Poi no, eccolo nuovamente; stava rallentando … ed era sempre più irregolare … Jacob riprese con la respirazione ed il massaggio cardiaco, ma ormai eravamo alla fine

IL VELENO!”«Cosa aspetti?», gridò, senza smettere di pompare.

«Prendi la bambina», dissi impaziente.

«Buttala dalla finestra».Esclamò continuando a pomparle sul cuore. Non feci nemmeno in tempo a reagire che, alle mie spalle arrivarono i pensieri di Rosalie,“Ci sono io Edward, non preoccuparti.”non sembrava nemmeno la sua voce talmente era mortificata per l’accaduto «Datela a me», chiese con tono dimesso. Un ringhio uscì involontario dal mio petto, dopo il crollo che aveva avuto poco prima come potevo essere sicuro che fosse in grado di farcela, ero ad un bivio e senza nessun cartello per scegliere la direzione esatta.“Sto bene adesso. Salva sua madre, la piccola ha bisogno di lei …”pensò guardandomi negli occhi «È tutto sotto controllo», promise.«Dammi la bambina, Edward. Me ne prendo cura io finché Bella...».

Sì, stava bene. I suoi occhi seppur neri per la sete non potevano mentire e senza esitazioni lasciai Renesmee nelle sue braccia.

Fu come se una parte di me andasse via con lei, ma non potevo permettere che Bella morisse, avevamo bisogno di lei. Tutti e due.

Dal cassetto della scrivania di Carlisle afferrai una siringa in acciaio e mi precipitai sul corpo straziato e privo di sensi di mia moglie; il battito era flebile e sempre più irregolare, ma c’era ancora.

«Togli le mani, Jacob». Gli ordinai, ormai respirazione e massaggio erano inutili.

«Cos'è?» domandò non muovendosi di un millimetro.

Il tempo per le spiegazioni era finito, afferrai le sue mani con forza, le spostai, e conficcai l’ago della siringa direttamente nel cuore di Bella «Il mio veleno»,risposi mentre abbassavo lo stantuffo.

Il suo cuore, come se fosse sotto l’effetto di un defibrillatore, sussultò.

Bene.

Iniettando il veleno direttamente nel cuore ancora pulsante facevo si che venisse spinto più velocemente in ogni altra parte del corpo. Se avessi fatto il contrario non era sicuro che sarebbe arrivato in tempo al cuore.

«Non lasciare che si fermi»,ordinai subito dopo. Se il muscolo avesse riacquistato vigore, la diffusione sarebbe stata ancora più rapida e quello era il momento per dargli la spinta di cui aveva bisogno.

Lo vidi riprendere e mi concentrai sul resto del corpo; iniziando a mordere frenetico in corrispondenza delle vene con maggior afflusso di sangue, più veleno ci fosse stato in circolo, migliore sarebbe stato il risultato. Subito dopo ogni morso cicatrizzavo il tutto sempre con il veleno, se la ferita fosse rimasta aperta ciò che le avevo inoculato sarebbe potuto fuoriuscire insieme a un nuovo rivolo di sangue e sarebbe stato tutto inutile.

Tutta la mia concentrazione era rivolta su Bella, su ogni sua possibile reazione, il silenzio che regnava intorno a noi era rotto solamente dal suo debole cuore che tentava di aggrapparsi a quella misera speranza di vita, fino a quando i pensieri di Jacob mi arrivarono addosso con la potenza di un uragano

È finita … è inutile … e immorale, accanirsi su un cadavere …”Ma stava battendo, il suo cuore batteva ancora … possibile non fosse in grado di sentirlo “siamo rimasti solo noi … è finita … non è rimasto più nulla per me … Lei … lei non c’è più …”

«E allora vattene», sbottai furioso e incredulo. No, il suo non era amore … se ami qualcuno davvero, non ti arrendi, lotti fino alla fine e oltre senza mollare mai. Jacob stava gettando la spugna come se il fulcro della sua attenzione si fosse spostato completamente da un’altra parte. Con tutta la rabbia di cui ero capace, spostai nuovamente le sue mani dal petto di Bella e continuai da solo a far pompare il suo cuore.

Più forte, sempre più forte.

«Non è morta», ringhiai. «Si riprenderà». Credevo di parlare a Jacob ma capii ben presto che stavo parlando a me, cercando di darmi una speranza; la speranza che tutto non fosse perduto …

«Non sei morta … Non sei morta … » mi trovai a supplicare quel corpo senza vita continuando a mordere senza alcun criterio ogni parte del suo corpo «Avanti … Avanti … Funzionerà …» cercai di convincermi mentre non smettevo di pompare frenetico sul suo cuore «… Funzionerà …»perché non reagiva? Non un grido, non un sussulto «Ti prego, ti prego, ti prego …» continuai a supplicare ormai al limite della disperazione «Ti prego … Torna da me amore mio …» mormorai stringendola al petto «Bella … ti prego Bella … non mi lasciare …» avevo fallito … non avevo fatto abbastanza e lei adesso non era più con me ... quando d’un tratto: un palpitare frenetico, un battito accelerato... Un cuore, il SUO cuore, in trasformazione.

Non tutto era perduto.

Ancora grazie e a presto!

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Capitolo 16
*** CAPITOLO 16 ***


Eccomi finalmente qua!!! Questo capitolo (come il prossimo che sto ancora scrivendo) sono inventati di sana pianta, e raccontano di cosa accade durante i 3 giorni della trasformazione di Bella.

Spero vi piaccia!

Con l’occasione vorrei ringraziare tutti quelli che ancora hanno la pazienza di seguirmi sia coloro che commentano che quelli che restano silenziosi. GRAZIE DI CUORE A TUTTI!!

 Buona lettura.

Cap.16

  

1° giorno

 

Alice

 

Entrai nel salone per controllare che non ci fossero altri problemi; Rose aveva detto che stava bene, prima di correre in soccorso a Edward ma una controllatina in più non guastava di sicuro; tutto mi sarei aspettata tranne la scena che si mostrò ai miei occhi.

Roba da non credere.

Rose coccolava la piccina tra le sue braccia e Jacob, alcuni passi dietro le sue spalle che fissava la neonata inebetito.

Era in estasi.

Ciò che mi colpì maggiormente fu Renesmee che ricambiava il suo sguardo. Sembrava si stessero cercando con gli occhi.

Rosalie non si era accorta di nulla talmente era presa dal fagottino rosa che stringeva tra le braccia; a dire il vero nessuno dei tre aveva minimamente considerato il mio arrivo.

Rimasi alcuni minuti a contemplare la scena e giunsi all’unica conclusione possibile, anche se folle: IMPRINTING.

Jacob aveva avuto in quei pochissimi istanti l’imprinting con Renesmee.

Era assurdo … improponibile … ma purtroppo verissimo.

A Edward non piacerà” fu l’unica cosa che la mia mente riuscì a formulare.

«Scusate …»sussurrai in modo da non spaventare nessuno. Erano talmente assorti che un tono di voce appena più alto li avrebbe spaventati a morte; ciononostante bastò quella misera parola per avere tre paia di occhi puntati di scatto verso di me, quasi avessi interrotto qualcosa di magico urlando a squarciagola.

«… ecco … io … »mormorai, forse per la prima volta nella mia esistenza, in imbarazzo«volevo … volevo solo … conoscere la mia nipotina.» aggiunsi avvicinandomi piano.

Non mi sembrava una grande idea mettere al corrente mia sorella dell’imprinting … era meglio lo capisse da sé … finire in mezzo ad una lite tra quei due era l’ultimo dei miei desideri, preferii quindi soprassedere e concentrarmi sulla bambina.

Era bellissima.

Per quel poco che potevo intendermi di neonati ero certa che fosse tra i più belli, se non la più bella, che fosse mai esistita. La pelle era bianchissima, quasi come la nostra; il visino tondo circondato da dei ribelli riccioli rossastri “tutta suo padre …” pensai sorridendo tra me; facevano da cornice a due splendidi occhioni color cioccolato, gli stessi di Bella ... e la cosa più sorprendente fu il suo cuore, batteva veloce, con un ritmo quasi frenetico: era VIVA!

La piccola era viva!

«Beh signorina, si può dire che hai preso il meglio di mamma e papà!» Le dissi mentre Rose me la porgeva per prenderla in collo.

I due occhi più vispi che avessi mai visto mi studiarono per un istante con curiosità, per poi illuminarsi di gioia regalandomi uno splendido sorriso.

Mi conquistò all’istante.

«Ciao tesoro … sono zia Alice … piacere di conoscerti.»

Mai avrei creduto che mi sarei innamorata di una bambina. «Faremo grandi cose, noi due insieme!» Le mormorai completamente rapita dal piccolo tesoro che stringevo tra le braccia, ma in quell’istante accadde l’inaspettato: la piccola iniziò a muovere convulsamente le manine fino ad arrivare a sfiorarmi il viso.

Traballai per l’inaspettata sorpresa.

«Attenta!» mi sgridò Rosalie «la farai cadere!»

«S-sì … Scusa … è che … WOW … non credevo …» farfugliai.

«Cosa? È così strano tenere in braccio un neonato?»

«No è che … non me lo aspettavo … mi ha toccato e … è stata come una magia … una miriade di colori mi ha riempito gli occhi …»

«Alice le tue visioni hanno ancora dei problemi.» rispose scettica.

«Non sono visioni!» e in quel momento l’immagine di Edward da una stranissima prospettiva mi apparve davanti, era quello che aveva visto lei … quando lui l’aveva presa in braccio dopo averla fatta nascere; e subito dopo Bella, completamente stravolta dal parto, e in fin di vita «è lei che mi sta facendo vedere delle immagini … proprio adesso ho visto Edward e poi Bella … credo … credo che voglia i suoi genitori.»

Rosalie mi guardò interdetta.

«Sarebbe una specie di potere?» chiese infine.

 

«Può darsi … Carlisle sicuramente ci potrà dare qualche risposta in più … adesso … adesso vedo … Jacob.» sussurrai quel nome con un fil di voce.

«CHI?!?» esclamò con il previsto disgusto.

«Jacob.» ribadii prendendo un po’ di coraggio. Purtroppo non ero in grado di prevedere la reazione di mia sorella, essendo direttamente collegata al licantropo, ed ero pronta a tutto.

Quasi senza rendermene conto mi girai a guardarlo, era ancora inebetito a fissare la bambina nelle mie braccia.

«Po-posso?» chiese facendosi avanti porgendo le mani in modo da prenderla in braccio.

«NO!» Ringhiò Rosalie al mio fianco.

Ha capito …”pensai cercando di non iniziare a ridere della sua espressione sconvolta e disgustata.

«ASSOLUTAMENTE NO! NON ESISTE!! MANTIENI LE DISTANZE CANE!!»

«Non è colpa mia!! Accade e basta.» cercò di difendersi Jacob.

La situazione si stava scaldando, senza aggiungere alcun commento, rimisi la bambina in braccio a Rose e mi defilai.

La piccola aveva chiesto dei suoi genitori, almeno così avevo interpretato ciò che mi era stato mostrato, ed era il caso che almeno uno di loro le stesse accanto.

 

Edward

 

Era finito.

Era tutto finito, adesso non rimaneva che aspettare. Anche se impossibile, mi sentivo stanco, non fisicamente ma mentalmente ero a pezzi.

Era circa un ora che Renesmee era nata, che il mio veleno era entrato in circolo nel corpo di Bella, e nulla era cambiato. Bella giaceva inerme sul letto in una pozza di sangue e non dava segnali che facessero capire se la trasformazione fosse in corso o no.

Ricordavo bene cosa si provasse durante quegl’interminabili tre giorni, era impossibile restare immobili e silenziosi mentre tutto il tuo corpo ardeva tra le fiamme dell’inferno.

Il panico di aver fallito e che fosse morta, era smorzato solamente dal debolissimo battito del suo cuore che ancora riuscivo a percepire.

«Dove ho sbagliato … Ti prego Bella …» sussurrai implorandola mentre le baciavo la mano che tenevo stretta tra le mie.

«Andrà tutto bene … non preoccuparti.» mormorò Alice alle mie spalle «se può aiutarti, adesso che si è separata dalla bambina, ricomincio nuovamente a vedere il suo futuro … a dire il vero è ancora un po’annebbiato, credo dipenda dal fatto che si sta trasformando … ma sarà bellissima.» cinguettò infine soddisfatta.

Non potei che sorridere, non avrebbe potuto essere altrimenti, per me lo era sempre stata.

«Eppure è così strano …» mugolai «… Dio come vorrei che questi tre giorni passassero in un istante!»

«Credo che forse … forse ti farebbe bene allontanarti un po’.» suggerì tutto d’un fiato.

«NO!» esclamai all’istante. Come poteva solo immaginare che la abbandonassi proprio adesso.

«Ascoltami per una volta, starò io qua e mi prenderò cura di lei, non può svegliarsi e vedersi ancora ridotta in quello stato. Penserà di aver passato la notte con Jack Lo Squartatore se non la sistemiamo un po’. Le faro il bagno e farò in modo che quando si guarderà allo specchio non creda ai suoi occhi!!!»

«Ma io …»

«Tu, invece, potresti prenderti cura di tua figlia!»

«Mia …» era incredibile come quella parola mi facesse tremare.

«Tua figlia, Edward. Renesmee. La piccola ha chiesto dei suoi genitori e in questo momento l’unico disponibile sei tu.»

«Renesmee …»

«Già, proprio lei!»

«C’è già Rosalie che se ne occupa.»

«Vuole te!»

«È una neonata, Alice. Figurati se è in grado di esprimere preferenze.»

«Ti assicuro che è in grado di farsi capire benissimo … a modo suo … te ne accorgerai. Poi … poi c’è un altro problema che … richiederebbe la tua presenza …»

«Che genere di problema?» mugugnai sfinito con non curanza, in quel momento non c’era, per me, niente di più preoccupante che lo stato di salute di Bella.

«Jacob.» sputò tutto d’un fiato Alice.

«Jacob?! Non vedo come possa essere un problema, ha giurat …»

«Magari … non lo è …» m’interruppe lei «… ma credo … credo sia il caso che … che tu valuti da solo … » La reticenza che Alice mostrava nel darmi delle risposte sensate m’indusse, per esasperazione, a frugare nei suoi pensieri. La mia attenzione era concentrata altrove e tutto il resto che mi circondava me

l’ero fatto scivolare addosso senza dargli alcun peso ma in quell’istante ciò che avevo ignorato e che lei non aveva avuto il coraggio di dire a parole, mi venne mostrato dalla sua mente senza il minimo indugio.

Fu peggio di quanto potessi mai immaginare.

«NO!» gridai «NON È POSSIBILE! NON LO PERMETTERÒ!!!»

«Per questo ho detto che era meglio tu valutassi con i tuoi occhi …»

C’era poco da valutare. Jacob aveva avuto l’imprinting con Renesmee « … è solo una neonata …» mugolai tra me, completamente incapace di discernere se questo potesse essere un bene o un male. Tutto ciò che riuscivo a pensare in quel momento era che MIA FIGLIA, nata solo da poche ore, aveva già un destino programmato; e che io avrei avuto Jacob tra i piedi per l’eternità.

«Comunque sia dovresti andare da Renesmee … ha bisogno di te.» sussurrò Alice poggiandomi una mano sulla spalla, riportandomi alla realtà.

«Anche Bella …»provai ad insistere. Forse per cercare anche di procrastinare il più possibile il faccia a faccia con il mio incubo personale.

Sinceramente non avevo la più pallida idea di come affrontare la situazione.

«Bella in questo momento sta lottando per voi due, sono sicura che con quanto ha fatto per la vostra bambina si aspettasse, come minimo, che tu facessi le sue veci.»

Non osai obiettare.

Sapevo che aveva ragione da vendere ma non sopportavo l’idea di lasciarla da sola su quel lettino; dovevo però fare ciò che si sarebbe aspettata da me, ciò che mi aveva chiesto silenziosamente fin dal primo giorno: non abbandonare nostra figlia.

Dopo il modo in cui mi ero comportato, glielo dovevo.

 Lo dovevo a tutte e due.

«Ti lascio in buone mani …» sussurrai baciandole la fronte «Vado da Renesmee … poi ti racconterò …»

Sorrisi ad Alice e lasciai lo studio di Carlisle tornando così alla realtà di ciò che stava accadendo sotto il mio stesso tetto.

«Eddai!!! Solo un momento bionda! Cosa ti costa?!?! Fammela tenere in braccio …»sentii mugolare Jacob. Non lo avevo mai sentito con una voce così melensa.

«NO! SCORDATELO!! NON CHIAMARMI BIONDA E NON TI AVVICINARE!! VEDRAI QUANDO LO SAPRÀ EDWARD!! » sbraitò Rosalie.

Edward lo sa già …” pensai massaggiandomi le tempie “… e la cosa non lo entusiasma per niente …”

«Non l’ho fatto apposta! L’imprinting non viene a comando … e poi non vedi che anche lei mi cerca?!?!»

Perfetto! Il sentimento è corrisposto”grugnii tra me. Non poteva che essere figlia di Bella.

«HO DETTO NO!!»

Avevo sentito abbastanza, se non mi sbrigavo a scendere nel salone non avrei trovato più vivo nessuno.

E fu un bene.

Non appena mi affacciai sulla scalinata, si bloccarono entrambi, fissandomi imbarazzati.

Ti giuro che non l’ha nemmeno sfiorata!”si precipitò a comunicarmi Rose.

«Lo so, tranquilla.»

«Cosa ti ha detto? Qualunque cosa sia NON.È.VERA!! Non le ho fatto niente!! Dai Edward … mi sta accusando di aver manipolato l’imprinting … te sai che non lo possiamo comandare?!? »

«So anche questo Jacob.»

«Visto?!?!?» ghignò in faccia a mia sorella.

«Ciò non vuol dire che la situazione che si è creata mi piaccia.» puntualizzai, giusto per esternare il mio disappunto.

C’avrei scommesso …” pensò strafottente come sempre “non giocarmi qualche brutto scherzo Cullen ti avverto che potrei non rispondere di me”

Ottimo. Stavamo passando alle minacce.

«Ci devo riflettere Jacob.»

«Edward …» sussurrò Rosalie avvicinandosi e porgendomi la bambina « … credo voglia te.» aggiunse mettendomi in braccio il fagottino che stringeva tra le braccia.

Non mi aspettavo che me la mettesse in collo all’improvviso.

Rimasi così, impalato, a fissare quell’esserino minuscolo che mi guardava con ammirazione.

«Hai gli stessi occhi della tua mamma sai?» riuscii a dirle dopo un lungo silenzio, per il resto fu amore a prima vista.

Tutto il resto passò in secondo piano: il cicaleggio di Rose, i borbottii di Jacob, tutto perse di consistenza, fino a dissolversi nel nulla; e come in trance tornai sui miei passi fino a ritrovarmi in camera mia.

Non riuscii a distogliere lo sguardo da mia figlia nemmeno un attimo, fu come una rivelazione, fino a quel momento non avevo realizzato appieno l’idea di essere padre, forse perché da quando avevo iniziato a contemplarla al momento in cui si era realizzata il tempo era stato pochissimo.

Sapevo che c’era, l’avevo fatta nascere io stesso, ero il primo ad averla vista l’istante dopo averla tirata fuori dal ventre di Bella. Sapevo che era bellissima, ma il momento era concitato e non avevo potuto prestarle tutte le attenzioni che meritava; adesso però il momento era tutto nostro, eravamo io e lei soltanto e nell’istante esatto in cui Rosalie me l’aveva messa in braccio avevo realizzato quanto fosse reale, bellissima e tutta nostra.

Non avrei mai creduto di poter amare qualcun altro oltre a Bella ma dovetti ricredermi. Avrei fatto qualsiasi cosa per l’angelo che tenevo stretto a me. Ancora stentavo a credere che una creatura maledetta come me, un mostro, fosse riuscito a dar vita a una creatura così speciale …

«È tutto merito della tua mamma sai?» le sussurrai cullandola nel mio abbraccio «Lei ti ha adorato dal momento esatto in cui ha saputo della tua esistenza. È il suo amore che ti ha resa così bella e speciale. Per come l’ho trattata non meritavo questo dono; perché questo sei: un dono del cielo ed io non vi merito, nessuna delle due, Ma vi amo immensamente.»

Dal suo sguardo potevo capire che aveva seguito parola per parola tutto ciò che le avevo detto. Era intelligente, molto più intelligente di un qualsiasi altro neonato.

Possibile che anche la sua intelligenza avesse avuto uno sviluppo così precoce?

Stavo ancora riflettendo quando la sua piccola e paffuta manina mi sfiorò la guancia. Vidi me stesso nel momento esatto in cui l’avevo fatta nascere.

Rimasi interdetto, ma subito collegai la visione a quanto aveva detto Alice.

«È così che ti fai capire tesoro?» le chiesi dolcemente, e ancora una volta rividi la mia immagine «Sì sono io. Sono il tuo papà.»

Uno splendido sorriso le illuminò il visino. Un attimo dopo vidi Bella, un brivido mi percorse la schiena alla vista dell’unico ricordo che ne aveva la piccola. Rivederla in quello stato mi tolse il fiato «e lei è la tua mamma …» ma vedendo che non smetteva di mostrarmela intuii che mi stesse chiedendo dov’era. Presi un profondo respiro e cercai di spiegarle la situazione «la mamma non sta bene, dopo che sei nata si è sentita male … dovrai aspettare qualche giorno prima di incontrarla.» Mi fisso alcuni istanti turbata, aveva capito.

In quel momento riflettei sull’enorme portata di quella frase e mi sentii un vigliacco.

Senza volerlo le avevo mentito.

Nessuno ci poteva dire come si sarebbe comportata Bella nel suo primo anno da vampira neonata.

Non far vedere ad una madre il proprio figlio è forse il dolore più grande che le si possa infliggere, ma questo era una caso un po’ particolare, l’instabilità tipica dei neonati avrebbe potuto mettere a rischio la piccola; nelle sue vene scorreva sangue non veleno, era viva. Se Bella in preda alla sete l’avesse uccisa ne sarebbe morta lei per prima.

Ma come spiegare tutto questo ad una bambina?

Come fare a non farle sentire la mancanza di sua madre?

L’aveva vista un istante e già chiedeva insistentemente di lei.

Sarei stato in grado di occuparmi di lei?

Davanti a quegl’occhi che non smettevano un secondo di studiarmi, mi sentii improvvisamente inadeguato e impreparato.

Educare e far crescere un figlio non è una cosa facile. Nessuno te la spiega, è qualcosa che cresce e si sviluppa nel corso della vita; e se è difficile per gli umani, per quelli come noi, a causa di tutte le implicazioni che la nostra natura portava, era un’impresa mastodontica.

«Ti giuro che farò del mio meglio … » le sussurrai cullandola « … non ho idea di come si faccia a fare il padre, ma farò l’impossibile perché tu non senta la mancanza della tua mamma. Questa è una promessa tesoro mio, fosse l’ultima cosa che faccio nella mia esistenza.» conclusi baciandole la fronte, era così soffice, profumata.

“Non sembra vera …” pensai completamente rapito da quel piccolo miracolo.

Renesmee continuò a guardarmi incantata per qualche istante ancora, proponendomi le immagini delle sue prime ore di vita, quasi volesse raccontarmi la sua giornata; poi lentamente sfumarono trasformandosi in una girandola di macchie di colore, il braccino le ricadde a peso morto lungo il fianco e tutto cessò.

Mi mancò il fiato.

Stava male?

Perché faceva così?

Stava morendo?

«Renesmee?! Renesmee?!» provai a chiamarla. «Ti prego amore guardami?! Apri gli occhi!»

Niente.

Completamente immobile.

«Carlisle!» provai a chiamare ormai preso dal panico, ma mio padre non era ancora rientrato.

Quanto mancava a mezzogiorno?!?!?

«Che succede Edward?»chiese trafelata Rose, accorrendo al mio disperato richiamo.

«NON SI MUOVE!! Mi guardava, sorrideva poi improvvisamente ha perso i sensi … io … io … non so cosa le ho fatto … Dio mio … sta morendo …»

«Dorme.»

«Dobbiamo rintracciare Carlisle, SUBITO!»

«Sta dormendo, Edward.»

«Dobbiamo salvar …»

«STA.DORMENDO. Smettila di farneticare e ascolta le persone quando ti parlano!» sbottò infine risentita.

Rimasi interdetto e non aggiunsi una parola.

Avessi potuto in quel momento sarei diventato viola dalla vergogna.

«Non cominciare ad essere iperprotettivo e ansioso anche con lei oltre che con Bella perché altrimenti non ne veniamo più fuori.»

Sì certo, come no … era più semplice a dirsi che a farsi. Come se non mi avesse conosciuto …

«Con i bambini ci vuole anche un po’ di praticità, non possiamo stare troppo sull’albero a cantare.» insistette Rosalie prendendola in braccio per cullarla.

Se non altro c’era lei.

Bella aveva scelto bene, come sempre.

Nessuno, durante la sua assenza, sarebbe mai stato in grado di occuparsi della piccola meglio che di Rosalie.

Il destino era stato fin troppo crudele con lei e non lo meritava, farle vivere la possibilità di essere madre anche se per un tempo limitato l’aveva resa improvvisamente più malleabile.

«Grazie.» sussurrai.

Si voltò di scatto guardandomi con stupore.

«Grazie.» ripetei«per tutto quello che hai fatto per Bella nei giorni passati e per Renesmee adesso.»

«Non l’ho fatto per sentirmi dire grazie.» replicò riportando lo sguardo sulla piccola nelle sue braccia “l’ho fatto perché era giusto.”

«Lo so.» risposi «Ma ti devo comunque le mie scuse per come mi sono comportato e ringraziarti per essere stata vicina a Bella quando io … io …»

«Quando tu avevi i deliri di onnipotenza, credendo di aver diritto di decidere per la vita altrui?»

«Esatto.»

«Non eri certo il solo ad essere convinto che ambissi alla morte di Bella per appropriarmi della bambina … viviamo insieme da quasi un secolo ma non mi conoscete ancora abbastanza … ogni bambino ha bisogno della propria madre, nessuno sarà mai in grado di occuparsene meglio di lei. Ciò non toglie che sarei stata pronta a sostituirla se i nostri sforzi per salvarle la vita fossero stati vani; e questo, sia ben chiaro, non per assecondare il mio desiderio di maternità, ma solo e soltanto perché era stata sua madre ad affidarmela.»

«Lo so. E farò in modo che lo capiscano anche gli altri.» mormorai vergognandomi del trattamento che le avevamo riservato.

“Non mi interessa. il solo fatto che tu abbia ammesso di aver sbagliato è più che sufficiente per me.”«Accetto le scuse.» sentenziò senza troppi giri di parole; e in silenzio tornammo a contemplare la bambina.

È cresciuta …” pensò improvvisamente.

«Chi?» chiesi non capendo a chi si riferisse quel pensiero.

«Renesmee … ti sembrerà strano ma da quando l’ho messa nelle tua braccia ad ora, la bambina è cresciuta … forse è solo un’impressione … la nostra vista ci permette di cogliere anche il più minimo cambiamento, ma ho come la sensazione che cresca più velocemente di un bambino normale …»

La guardai basito, ma non osai replicare e osservai Renesmee attentamente, per più di un’ora: il viso si sfilava, i capelli crescevano, la lunghezza aumentava. Era tutto impercettibile ma comunque troppo veloce.

Rose aveva avuto, ancora una volta, ragione.

Come la gravidanza aveva avuto un decorso accelerato adesso anche la crescita seguiva lo stesso ritmo.

Preso dall’emozione di stringerla tra le mie braccia, non avevo fatto caso ai particolari che mia sorella aveva subito notato.

Complimenti Edward, questo è un ottimo inizio nel tuo nuovo ruolo di padre …”pensai mortificandomi.

Un occhio umano sicuramente non ci avrebbe fatto subito caso, ma a distanza di qualche giorno sicuramente sì … dovevo proteggerla … dovevo …«Dio mio … » esclamai dopo un breve ragionamento.

Rosalie mi guardò terrorizzata.

«Se la crescita continua con questa velocità …» iniziai a dire.

«NO!» gridò mia sorella capendo perfettamente la conclusione del pensiero che non avevo avuto il coraggio di esprimere.

«Deve esserci una soluzione.» Sentenziò «Carlisle arriverà tra poche ore … lui … lui sicuramente saprà cosa fare …» mormorò senza avere la forza di guardarmi negli occhi. “Io non posso … non posso pensare che possa verificarsi una simile eventualità” pensò stringendo la bambina al petto.

Non ebbi il coraggio di replicare, in quel momento mi mancò la terra sotto i piedi, come se una parte di me inscindibilmente legata a mia figlia fosse stata ferita a morte; avessi avuto la stessa, se pur flebile, determinazione di mia sorella forse non sarei rimasto schiacciato da quella terribile realtà, e sperai con tutto me stesso di essermi sbagliato.

 

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Capitolo 17
*** CAPITOLO 17 ***


Ciaooo!!! Ecco finalmente con la seconda parte del mio lavoro di fantasia.

Grazie infinite a tutti, sia a chi commenta che a chi resta in silenzio.

Buona Lettura.

 

Cap. 17

 

2° giorno

 

Carlisle

 

«Mai visto niente di simile …» mormorai sconcertato dopo aver visitato la neonata.

Eravamo tornati a casa con un paio d’ore d’anticipo rispetto a quanto previsto, anche perché le telefonate che ci erano state fatte non promettevano nulla di buono.

Bella aveva partorito, Edward era riuscito a trasformarla in tempo prima che il suo cuore cedesse, ed entrambe erano, tutto sommato, sane e salve; nulla sembrava dovesse essere andato storto, eppure Rosalie e Edward premevano che rientrassimo il prima possibile perché nonostante Renesmee stesse bene, c’era qualcosa che non andava e urgeva una visita immediata.

Mai mi sarei immaginato di vedere una simile “patologia”, se di patologia si poteva parlare.

Arrivammo a casa e alla gioia di conoscere quella piccola e splendida creaturina che era mia “nipote”, seguirono a rotta di collo una serie di rivelazioni una più scioccante dell’altra: in primis l’imprinting con Jacob, seguito subito dopo dalla scoperta dello straordinario potere della bambina e in fine, ma per questo non meno importante, l’impressionante velocità di crescita che la piccola aveva.

 

Incredulo, prima di compiere qualsiasi visita, la osservai per alcune ore e rimasi esterrefatto.

Poche cose, ormai, riuscivano a lasciarmi perplesso.

Mia nipote era una di queste.

Oltre che la crescita fisica anche l’intelligenza della piccola aveva lo stesso straordinario sviluppo. La tenni in braccio per osservarla meglio, provai a parlarle, porgendole delle semplici domande alle quali lei rispose e interagì senza alcuna esitazione con quel suo particolare modo di comunicare.

Era meravigliosa.

La mia innata curiosità mi spingeva a studiarla sempre più a fondo, ma il mio nuovo ruolo di “nonno” mi portò a preoccuparmi subito per l’enorme enigma che era il suo sviluppo accelerato.

 

«E quindi?!?!?!?»esclamò Jacob con un tono tra il furioso e il disperato, riportandomi al presente.

Il ragazzo aveva voluto assistere, insieme a Edward e Rosalie alla visita, non ero particolarmente entusiasta di questa cosa, la sua irascibilità mi avrebbe potuto precludere alcuni ragionamenti o riflessioni con i miei figli ma, quando Renesmee ci manifestò lo stesso desiderio, preferimmo assecondarla sperando che così facendo si spaventasse il meno possibile con tutti i macchinari necessari per le varie misurazioni.

«E quindi … sono completamente impotente … » risposi dopo aver preso un profondo respiro.

Edward crollò esausto sulla poltrona della mia scrivania.

Non sapere come comportarmi, vedere mia nipote crescere a vista d’occhio e mio figlio soffrire in quel modo mi spezzò il cuore.

Per non parlare di Jacob non proferì parola, con sguardo sofferente, guardò la bambina, avesse potuto, si sarebbe messo volentieri al suo posto.

Il destino era stato fin troppo crudele, anche con lui.

Mai la mia fede aveva vacillato nel corso dei secoli, ma quel giorno era stata messa a dura prova.

 

Emmett

 

«Ora che avete finito di confabulare posso vedere la mia nipotina?!?!» esclamai andando incontro a braccia aperte al “corteo funebre” che finalmente scendeva dalla scalinata.

Sinceramente mi sarei aspettato delle facce più allegre per festeggiare il nuovo arrivo … Appena rientrati in casa Edward e Rosalie avevano requisito Carlisle imponendogli di visitare urgentemente la bambina.

L’unica cosa che capii era che cresceva in fretta … mah …

Non è certo una novità che i bambini crescono in fretta … lo dicono tutti … quindi sarà vero.”

Edward con le sue paranoie mi stava plagiando Rose … Come se in famiglia un apprensivo non fosse già abbastanza!

«Grazie per la considerazione.» Esclamò Edward fulminandomi con gli occhi.

«Ma te i fatti tuoi mai vero? Comunque è la sacrosanta verità, sei paranoico oltre ogni immaginazione e adesso, che avrai due persone per le quali angosciarti, ci porterai tutti all’esaurimento nervoso!» replicai avvicinandomi a Rose per curiosare nel fagottino che teneva stretto al petto; ma la mia attenzione fu catturata da ben altro …

La mia Rose.

Era bella, lo era sempre stata, ma adesso aveva un non so che, che la rendeva radiosa; gli occhi le brillavano di gioia e la tensione che spesso s’intravedeva nei suoi lineamenti si era come dissolta nel nulla. Non l’avevo mai vista così nemmeno quando mezzo morto, scorsi il suo viso per la prima volta e la scambiai per un angelo, ma infondo quello era: il mio angelo.

Avrei dato la vita per poterle dare un figlio tutto nostro e vedere quella luce sul suo viso ogni giorno della nostra eternità. Non sarei mai stato grato abbastanza con Bella per averle concesso di starle accanto e poter vivere con lei la sua gravidanza.

«Non poteva scegliere persona migliore.» sussurrò Edward passandomi accanto, lo guardai stranito e mi fece l’occhiolino.

Era l’ora che faceste pace!”pensai sorridendo “era insostenibile doversi schierare con uno dei due!! Mi stavate facendo diventare matto!”e sedendomi al fianco di Rosalie iniziai a coccolare quel grazioso frugoletto. Già mi vedevo insieme lei a tormentare di scherzi quel lagnoso di suo padre … certo se fosse stato un maschietto avrei avuto più soddisfazione ma ero già convinto che ci saremmo divertiti da matti insieme; aveva già due occhioni così vispi … non sembrava davvero una neonata di poche ore … “Cavoli! Stai a vedere che il nostro Eddy …” «Diamine Edward!!» esclamai «se non foste due gocce d’acqua, penserei che non è figlia tua!!» e il lupo alle mie spalle sghignazzò «non è che avete sbagliato a fare i conti??? È nata e l’avete tenuta nascosta?!?!?!»

«EMMETT!!»Sbraitò Rose tirandomi una gomitata nel fianco.

«Che cosa ho detto di male?!?! Dì la verità cosa combinavate la notte in casa dello sceriffo!?!?»

«Falla finita Emmett!!»

«Dai Rose, lo sai che scherzo ma non dirmi che non ti sembra grandina per essere una neonata di poche ore!»

«È per questo che l’abbiamo fatta visitare da Carlisle …» mugolò Edward facendosi improvvisamente serio «cresce velocemente … esattamente come veloce è stata la gravidanza di sua madre. Andando avanti di questo passo … la sua vita …»

«Sarà brevissima … Oh cazzo.» mormorai dopo aver terminato la frase.

«Esatto.»confermò Edward.

Ci vollero alcuni minuti perché riuscissi a metabolizzare quella nuova informazione, dopo di che mi sentii un perfetto idiota. «No … cioè … deve esserci una soluzione … una cura che la ferma … Carlisle?»chiesi ormai completamente disorientato.

«Non mi è mai capitato un caso simile. Comincerò oggi stesso a fare delle ricerche. Avrò bisogno del tuo aiuto e di quello di Jasper …»rispose avvilito.

Jasper?!? Ma dove diavolo è finito Jasper?”pensai realizzando in quell’istante che da quando eravamo tornati non l’avevo visto da nessuna parte.

«… intanto terremo sotto controllo la sua crescita …» continuò nostro padre«… la misureremo tre volte al giorno cercando di capire con quale rapidità progredisce.»

Il mio sguardo iniziò a correre frenetico da Rosalie a Edward a Renesmee,ero senza parole … credevo che con la fine della gravidanza di Bella il peggio fosse passato.

Evidentemente mi ero sbagliato.

 

Esme

 

Senza avere il coraggio di dire nemmeno una parola mi sedetti sul divano e presi in braccio la piccola.

Che stranissima sensazione, non avevo più preso in braccio un bambino da quando …

Il mio bambino …” E quella terribile fitta al cuore tornò a squarciarmi il petto. Strinsi la piccolina al petto e iniziai a cullarla, e lentamente anche il dolore si sopì. «Sei un bellissimo miracolo sai piccolina?» le sussurrai con un filo di voce.

Dall’urgenza delle telefonate che aveva ricevuto Carlisle avevo intuito che fosse un problema serio, non credevo però fino a questo punto.

All’idea del destino che era toccato a quel piccolo angioletto, brividi di terrore iniziarono a percorrermi la schiena.

Era come rivivere nuovamente il mio incubo …

Perché il destino era stato così crudele con questi ragazzi? Non avevano affrontato già abbastanza difficoltà? Perché la vita doveva regalarti certe gioie se poi il prezzo da pagare è così alto?

Carlisle troverà una soluzione tesoro, ho piena fiducia in lui. Tu pensa solo a coccolarla e darle tutto il tuo amore, finché la sua mamma non potrà prendersi cura di lei ha soltanto te.”Pensai sapendo che Edward mi avrebbe sicuramente ascoltato, ed il sorriso amaro che mi regalò girandosi me ne diede la conferma.

Non potevo aiutarlo e non riuscivo nemmeno a confortarlo.

Mi sentii inutile e impotente.

Esattamente come lui nei confronti di Renesmee.

«Vado da Bella..»disse passandomi accanto e, lasciandomi una carezza sulla guancia, uscì.

 

Edward

 

«Ciao!» trillò Alice senza nemmeno voltarsi «Ti stavo aspettando. Che te ne pare?»“Il Blu le sta da Dio, e poi so che ti piace”pensò facendomi l’occhiolino.

«Lo so.» risposi senza staccare lo sguardo da mia moglie. «Ci sono stati cambiamenti?» chiesi pur conoscendo già la risposta.

Qualcosa dentro me sperava in un cenno, un piccolo movimento, qualcosa che riuscisse a farmi scrollare di dosso l’ansia di aver sbagliato qualcosa. Allo stesso modo non so se sarei stato in grado di vederla urlare straziata dal dolore che il veleno le stava infliggendo.

Ero in un vicolo cieco.

«No nessun cambiamento. È rimasta immobile per tutto il tempo. Sembra addormentata. Sono convinta dipenda dalla morfina, l’odore nell’aria è ancora forte …»

«Sicuramente ho sbagliato la dose quando gliel’ho somministrata.» “Due lauree in medicina e non sono neanche in grado di somministrarle un antidolorifico …”pensai avvilito.

«Basta Edward!»sbottò improvvisamente Alice facendomi trasalire «smettila di commiserarti stai diventando insopportabile. Andrà tutto bene e, se te lo dico io, CI.DEVI.CREDERE!!» aggiunse fulminandomi con gli occhi « adesso vi lascio soli! La mia nipotina mi reclama!!»cinguettò dileguandosi in un istante.

Aveva ragione. Io stesso non mi sopportavo più, figuriamoci gli altri. Purtroppo però in quel momento mi sentivo sulle spalle tutto il peso dei miei cento e passa anni e il mio stato d’animo attuale era il meglio che potessi offrire loro al momento; con Bella, invece, dovevo fare di più, se mi stava ascoltando, avrebbe sofferto troppo nel sentirmi in quello stato, non potevo permetterlo.

Non potevo darle anche questo dolore.

Presi, quindi, un profondo respiro e mi sedetti al capezzale di mia moglie.

«Ciao.» sussurrai temendo quasi di svegliarla «non so se sei in grado di sentirmi … non ti ho abbandonata … ma questo sono sicuro lo sai già. Ero da Renesmee. È bellissima sai? È un mix perfetto dei suoi genitori, ha il tuo stesso sguardo, quello che mi ha fatto innamorare, e i miei capelli. È intelligente e molto sveglia per essere una neonata … Chiede di te, continuamente. Le manchi … e manchi anche a me. Il pensiero di ciò che stai soffrendo in questo momento mi manda fuori di testa, ma anche vederti così immobile … Dio cosa darei per averti con me ora!» Esclamai sperando quasi di ricevere una risposta. Continuai a fissarla stringendole la mano, carezzandole il volto, avrei voluto farle sapere tutto ciò che mi ribolliva dentro, la crescita accelerata di nostra figlia, l’imprinting con Jacob, ma avevo promesso … non ero convinto di dovergli ancora qualcos’altro … infondo aveva già allungato la mano su mia figlia; ma la situazione era fin troppo tesa e complicata, e con Bella neonata forse una protezione in più per la piccola … scossi avvilito la testa: a chi volevo darla a bere!?! Questa storia dell’imprinting non mi piaceva punto e basta. Il problema era che non avevo la più pallida idea se sarebbe piaciuta a lei « … Ti prego Bella … ho bisogno di te … io … io non riesco ad affrontare tutto questo … ti prego fammi capire che non ho sbagliato, che sei ancora con me …»la mia voce era ridotta ad uno stridulo lamento … se solo avessi potuto piangere.

 

Alice

 

Mi chiusi la porta alle spalle e sospirai.

Non sarebbe cambiato mai, per lui tormentarsi l’animo era diventata una necessità, ultimamente, però stava esagerando, se era vero che i padri pendevano dalle labbra delle loro figlie femmine presto sarebbe diventato insopportabile … come se non lo fosse già!

Scesi nel salone sperando di poter coccolare in pace la mia nipotina ma la terza guerra mondiale “vampiri contro licantropi” era in pieno svolgimento.

Rose teneva stretta la bambina, Jacob le ringhiava contro che era il suo turno di tenerla in braccio ed Emmett in mezzo a loro che cercava di tenerli lontani.

Esme e Carlisle si erano, giustamente, defilati.

«Basta Jacob! Rose ha ancora un quarto d’ora! Poi toccherà a te.» sbraitò Emmett cercando di non farlo avvicinare alla moglie.

Sembrava una di quelle scenette dei vecchi film in bianco e nero e scoppiai a ridere.

«C’è poco da ridere nana!!» sbotto Jacob.

«Scusate.»risposi cercando di ricompormi e reprimere le risate «È che non capisco cosa state combinando? Ma riuscite lo stesso a farmi ridere!»

«Semplice, non si trovavano d’accordo su chi dovesse tenere in collo la bambina.»rispose Emmett con il fiatone «Quindi abbiamo stabilito dei turni. Ci sono però delle “incomprensioni” su chi dovesse cominciare.»

 

«COSA STAI FARFUGLIANDO EMMETT!!! ERA CHIARO CHE DOVESSI INIZIARE IO!!» sbraitò Rose.

«NO! DOVEVAMO ESTRARLO A SORTE MA TU HAI BARATO E TI SEI PRESA LA BAMBINA!!»replicò Jacob.

«IO.NON.HO.PRESO.LA.BAMBINA.A.TRADIMENTO!! STAVA DORMENDO, NELLE MIE BRACCIA QUANDO ABBIAMO DECISO. VOLEVI SVEGLIARLA???»

«Capisco …»dissi cercando di non ridere e di mantenere le distanze da quel battibecco defilandomi con discrezione.

Se anche non la volevano svegliare prima, adesso, con tutte quelle grida non stava certo riposando tranquillamente …” pensai uscendo.

«DOVE.CREDI.DI..ANDARE?!?!? NON VORRAI MICA LASCARMI DA SOLO A DIVIDERE QUESTI DUE???» Supplicò Emmett terrorizzato, appena capì che mi stavo allontanando.

«Io … no … cioè … Diamine!! Sei grande e grosso non dirmi che sei in difficoltà a trattenere una donna e un ragazzino?!?! Io sono così piccola …»

«TU NON SAI DI COSA SONO CAPACI QUESTI DUE!!» replicò «TROVA SUBITOJASPER E DIGLI DI VENIRE A DARGLI UNA CALMATA PERCHÉ NON SO QUANTO RESISTO ANCORA !»

«IO.NON.HO.BISOGNO.DI.UNA.CALMATA!!»replicò Rosalie

«OH SI CHE NE HAI, CREDIMI!!! ALTRIMENTI TI VERRANNO LE RUGHE!!»

«EMMETT!! L’HAI SENTITO?!?!?! LURIDO CAGNACCIO SCHIFOSO!! SE SPERI CHE TI FACCIA PRENDERE IN BRACCIO MIA NIPOTE STAI SOGNANDO!!»

«ALICE SBRIGATI!!» supplicò nuovamente Emmett «È entrato in casa ha guardato la bambina sconvolto ed è schizzato fuori; RIPORTALO QUA!»

Ha guardato la bambina sconvolto … cosa diavolo gli è preso adesso …”e più preoccupata per cosa passasse nella mente di Jasper che della sorte di quei due pazzi furiosi, corsi fuori.

 

Lo trovai appollaiato su un albero a più di un miglio da casa.

«Hei!» lo salutai.

Si girò appena..

«Cosa combini qua? In casa è in corso una lotta all’ultimo sangue tra nostra sorella e il lupo e Emmett ha bisogno di una buona dose di“camomilla” per entrambe.»

«Non credo sia il caso che torni in casa.» sentenziò telegrafico.

«Questa poi!! Cosa ti frulla per la testa?!»

«Niente.»

«Non è vero.»replicai decisa «Avanti sputa il rospo!»

«La bambina … è viva …» rantolò «Il profumo del suo sangue …»

«Non accadrà nulla …» gli sussurrai dolcemente sedendomi al suo fianco «Non farai gli stessi sbagli … lo so.» era in grado di resistere, doveva solo essere spronato a tentare di superare i suoi limiti, ogni volta.

Dopo il disgraziato compleanno di Bella per lui era come se avesse fatto diecimila passi indietro rispetto ai progressi dell’ultimo secolo, si era sentito fallito ed era convinto di avermi deluso. Non era così, per la paura di commettere nuovamente lo stesso errore era diventato molto più attento e pignolo – tipico atteggiamento da militare – doveva solo essere rassicurato.

«non è solo per quello …»

Lo scrutai curiosa.

«I bambini sono pieni di emozioni, più sono piccoli più ne hanno. Tutto suscita in loro emozione ed è sempre fortissima. Ridono o piangono da un momento all’altro manifestando la felicità o il disagio che provano al momento, ed è sempre un cambiamento repentino e potente. Non riuscivo a dominarle … mi hanno investito in pieno … ho avuto paura …»

Rimasi interdetta, mai mi sarei aspettata una simile paura da parte sua.

Certo non era il tipo che coccolava bambini ogni cinque minuti, nessuno di noi lo era, non ne avevamo mai avuta neanche la possibilità, ma saperlo capace di lottare senza timore contro i vampiri neonati non mi lasciava presagire una simile fobia per una creaturina così piccola e indifesa.«Le emozioni non ti devono spaventare, questo lo sai anche da te, non sta certo a me ricordartelo. Quella bambina è incapace di qualsiasi cattiveria, basta guardarla negli occhi, è amore allo stato puro …»

«Questo mi fa paura …»

«Hai paura dell’amore?»

«Ho paura di dove quelle emozioni mi possono trascinare.»

«Se non te la senti, puoi non avvicinarla …» sospirai «nessuno ti giudicherà, lo sai.»

«Ci devo pensare …»

«So che lo farai.» dissi lasciandogli in bacio a stampo sulle labbra.

Forzarlo sarebbe stato inutile, lo conoscevo bene. Per non rimanere schiacciato dal suo stesso potere doveva trovare la forza dentro di sé, da solo.

E sapevo già che ci sarebbe riuscito.

 

 

3° giorno

 

Edward

 

Il buio era ormai calato nella stanza solo un flebile luce rischiarava il letto, dove giaceva inerme Bella; Rose e Jacob non avevano smesso un secondo di contendersi le grazie di mia figlia e soltanto perché ormai Bella avrebbe potuto svegliarsi da un momento all’altro decisi di ignorare la loro assurda discussione. Intanto passi leggeri e pensieri tormentati annunciarono l’arrivo di mio padre.

Ormai dovremmo esserci …”«Nessun cambiamento?». Chiese cercando di mascherare la preoccupazione.

«No». Risposi asettico

«L'odore della morfina non c'è più». Costatò subito dopo, quasi volesse confortarmi.

«Infatti».confermai avvilito.

«Bella? Mi senti?».

Se sperava reagisse, era davvero un illuso … come me del resto.

«Bella? Bella, amore? Riesci ad aprire gli occhi? A stringermi la mano?». Sussurrai per la milionesima volta, stringendole lievemente la mano e cercando di non far trapelare il mio stato d’animo. «Forse... Carlisle, forse ho agito troppo … tardi». Mormorai sempre più afflitto, se mi avesse sentito Alice, sarebbe uscita di senno, ma il tarlo di aver sbagliato qualcosa non smetteva di ossessionarmi.

«Ascolta il suo cuore, Edward. È più forte persino di quello di Emmett. Non ho mai sentito niente di così vitale. Starà benissimo». Tentò nuovamente di rassicurarmi.

«E... la schiena?».

«Le lesioni non erano tanto peggiori di quelle di Esme. Il veleno la guarirà come ha fatto con lei».

«Ma è così rigida. Devo aver fatto qualcosa di sbagliato».

«O qualcosa di giusto, Edward. Figlio mio, hai fatto tutto ciò che avrei fatto io, e anche di più. Non sono sicuro che avrei avuto altrettanta determinazione, né la fede che c'è voluta per salvarla. Smettila di rimproverarti. Bella ce la farà».

«Dev'essere in agonia». Rantolai.

«Non lo sappiamo. Nel suo organismo è circolata tanta morfina. Non sappiamo l'effetto che può aver avuto in questa circostanza».

«Bella, ti amo. Bella, perdonami». Sussurrai carezzandole il braccio.

Ero salito anche per dirti che la situazione fra tua sorella e Jacob sta prendendo una brutta piega … forse sarebbe il caso che tu …”pensò mio padre con il chiaro intento di non farsi sentire dai diretti interessati.

«No, rimango qui», sussurrai. «Troveranno un compromesso» e comunque la loro diatriba era un problema loro e basta. Avevo altro a cui pensare.

«Situazione interessante» rispose Carlisle. «E io che pensavo di aver già visto tutto».

«Ci penserò poi. Ci penseremo insieme».Aggiunsi stringendole la mano.

«Siamo in cinque, sono sicuro che eviteremo che si trasformi in uno spargimento di sangue».

«Non so da che parte schierarmi. » Sospirai «Mi piacerebbe prendere a calci entrambi. Be', per ora lasciamo perdere».

«Chissà cosa ne penserà Bella», borbottò fra sé mio padre.

«Sono sicuro che mi sorprenderà.» dissi abbozzando una risatina «Come sempre».

Probabilmente …” pensò Carlisle stringendomi la spalla con una mano, nel vano tentativo d’infondermi coraggio “… torno a tenere d’occhio quei due. Se ci fossero cambiamenti avvisami.”

Annuii e subito dopo si allontanò.

Solo alcune ore più tardi fu il turno di Alice, ormai la loro era diventata una processione, si alternavano senza sosta per non lasciarci soli.

«Quanto manca?»,chiesi.

«Non molto»,rispose mia sorella mostrandomi il nostro futuro. A dire il vero stentavo ancora a credere che fosse possibile, ma non volevo ferirla ulteriormente, era fin troppo abbattuta per non riuscire a vedere quasi niente di Renesmee che insinuarle anche il dubbio che non mi fidassi di lei era troppo «Vedi com'è tutto più chiaro? Ora la visualizzo molto meglio». Sospirò come se stesse provando un’enorme fatica..

«Ti senti ancora un po' amareggiata?».

«Ehi, grazie mille per avermelo ricordato», brontolò. «Anche tu rimarresti mortificato se ti rendessi conto di essere prigioniero della tua stessa natura. Vedo bene i vampiri, perché sono una di loro; vedo gli umani così, perché lo ero anch'io. Ma non posso vedere questi strani mezzosangue, perché non sono niente che mi riguarda direttamente. Mah!».

«Alice, concentrati». Supplicai. In quel momento era la sorte di Bella che mi premeva in modo particolare.

«Giusto. Ora è fin troppo facile vedere Bella». Rispose, e, in effetti, la vidi, era splendida e mi sorrideva. Eravamo veramente alla fine di questo calvario.

«Sta migliorando sul serio», sussurrai sospirando.

«Certo».

«Non eri così ottimista, due giorni fa».

«Due giorni fa non riuscivo a vederla bene. Ma ora che non ci sono più tutti quei buchi neri, è una pacchia».

Bene. Se per lei questa era una pacchia, allora avevo bisogno di maggiori dettagli, di qualunque cosa che mi desse la certezza assoluta, senza alcun margine di errore. Avevo bisogno di vedere TUTTO.

«Puoi concentrarti un attimo per me? Dammi una previsione... dettagliata».

Alice sospirò.«Quanto sei impaziente. Lasciami un secon...».

La vidi ancora, questa volta non era sola, eravamo insieme, tutti e tre: una famiglia ciò che mai avrei immaginato di poter avere. «Grazie, Alice».

«Diventerà splendida».

«Lo è sempre stata». Bofonchiai finalmente tranquillo.

«Sai cosa intendo. Guardala».Sbuffò seccata. Ma dopo avermi stretto nel suo piccolo ma potente abbraccio, si congedò.

Il silenzio riempì nuovamente la stanza, in sottofondo solo il battito del suo cuore, non saprei dire con esattezza quanto tempo trascorsi in silenzio al suo fianco, stringendole la mano ed immaginando la nostra perfetta eternità; poteva essere passato un minuto come dieci ore, so solo che improvvisamente il ritmo del suo battito cambiò accelerando drasticamente.

«Carlisle»,chiamai. E un istante dopo mi raggiunse assieme ad Alice.

«Ascolta»,dissi.

Il battito del suo cuore rimbombava nella stanza come un martello pneumatico.

«Ah», disse Carlisle. «È quasi finita».

«Manca poco»,concordò Alice impaziente. “Dobbiamo allontanare la bambina, è troppo pericoloso non abbiamo idea delle reazioni che avrà”«Chiamo gli altri. Devo dire a Rosalie...?».

«Sì, tenete lontana la bambina». Confermai a malincuore. Ero certo che la prima cosa che avrebbe voluto vedere sarebbe stata la piccola, ma il suo cuore batteva, era rischioso; in quell’istante un lieve fruscio, le dita di Bella si contrassero sfregando il lettino.

Poteva sentirci.

«Bella? Bella, amore?». Provai a chiamarla stringendole la mano che si era appena mossa.

Niente.

Forse era stato solo uno spasmo nervoso.

«Li porto su»,disse Alice con una certa d'urgenza nella voce.

E in quel preciso momento: silenzio.

Il suo cuore batté l’ultimo colpo.

 

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Capitolo 18
*** CAPITOLO 18 ***


Ciao a tutti e ben tornati!! Passate bene le vacanze??

Scusate l’immenso ritardo ma sono stata in vacanza anch’io, e poi ho preferito aspettare il rientro di tutti.

 

Grazie a tutti colori che hanno ancora voglia di commentare e chi legge silenziosamente (se aveste voglia di farvi sentire mi farebbe piacere!!!)

 

Buona lettura.

 

Cap.18

 

Edward

 

Spalancò gli occhi e rimase immobile sul letto.

Non una parola, non un respiro.

Lo sguardo perso davanti a sé, studiava l’ambiente che la circondava.

Ricordavo benissimo quella sensazione così surreale, sembrava di non aver mai visto fino a quel momento. Come se gli occhi umani fossero stati perennemente coperti da una patina di nebbia.

Inspirò e subito dopo sorrise.

Era un gesto automatico, ma ormai solo fine a se stesso; e sicuramente se ne era già resa conto.

Al suono dello stereo di un’auto che sfrecciava sulla statale, arcuò un sopracciglio.

Attento Edward …” mi mise in guardia Jasper alle mie spalle.

Istintivamente le strinsi appena la mano ancora intrecciata alla mia.

Non si era ancora voltata, volevo sapesse che ero lì, che non l’avevo abbandonata neanche per un istante, che avevo bisogno di lei e sapere che stava bene.

La reazione non fu quella che mi aspettavo.

Ci siamo, sta prendendo coscienza della sua nuova natura, tieniti pronto.” Jasper stava monitorando iI suo stato d’animo in tempo reale, se ci fosse stato un qualsiasi pericolo sarebbe scattato per primo.

L’idea che potesse metterle le mani addosso non mi piaceva per niente.

Il suo corpo s’irrigidì e nella frazione di un secondo ritrasse la mano ruggendo e scagliandosi all’indietro, fino a finire rannicchiata contro il muro con tutti i muscoli sulla difensiva.

Sai come comportarti vero? Ricordi l’addestramento di qualche mese fa? Non essere prevedibile.” Annuii impercettibilmente e continuai a guardarla senza mai distogliere lo sguardo.

Forse avevo accelerato troppo i tempi, la mia impazienza era diventata ormai ingestibile, rimasi, così, immobile con la mano protesa verso di lei sperando solo di non averla spaventata troppo e di poter ancora riparare.

La vidi osservarmi, studiarmi il volto quasi non riuscisse a riconoscermi come se mi vedesse adesso per la prima volta, allo stesso tempo osservava la mia famiglia, che per sicurezza, era rimasta addossata contro la porta con Emmett e Jasper che facevano loro da scudo per proteggerli.

Schizzò in piedi, quei movimenti così repentini la stavano frastornando, dalle sue espressioni si percepiva il disorientamento che tutta quella velocità le procurava; continuava a fissarmi ma sapevo anche che stava registrando ogni cosa intorno a sé.

Edward, fa qualcosa! Non startene lì imbambolato!” sbraitò mentalmente Alice, alle mie spalle, cercando di eludere in tutti i modi il muro umano creato dai miei fratelli.

Non capisco il perché di tutta questa calma, ma posso dirti che non mi piace. Non abbassare la guardia!”

In effetti, sembrava abbastanza stabile, potevo provare anche ad avvicinarmi, anche se non volevo spaventarla come poco prima, non volevo nemmeno si sentisse un’esclusa perché tutti temevano la sua instabilità da neonata; e lentamente iniziai ad avvicinarmi.

Edward, fermati … aspetta!”

Capivo la sua apprensione, ma stava diventando asfissiante.

Lo ignorai e proseguii per la mia strada.

«Bella?» sussurrai cercando di tranquillizzarla «Bella, amore? Mi dispiace, so che sei frastornata. Ma è tutto a posto. Stai bene, va tutto bene».

Niente.

In silenzio continuò a fissarmi, anche se sul suo volto registrai un lieve cambiamento, una smorfia di curiosità e preoccupazione. Chissà quante domande vorticavano nella sua testolina. In quell’esatto momento capii che nulla era cambiato: tutto taceva.

La sua mente, i suoi pensieri continuavano ad essermi inaccessibili.

Ormai davanti a lei, alzai lentamente una mano e le carezzai una guancia, a quel nuovo contatto un brivido mi percorse il corpo. Il desiderio che provavo per lei stava esplodendo dentro di me.

Chissà se anche lei stava provando le stesse sensazioni, oppure la sete la stava facendo impazzire dal dolore?

Anche se era abbastanza controllata era presto per sperare di veder affiorare già in lei gli stessi miei sentimenti.

Eppure era così immobile, controllata.

Edward non ti ci mettere anche te!! Calmati!”

Stava diventando peggio del grillo parlante.

La mia mano ancora sulla sua guancia si chiuse impercettibilmente e inaspettatamente in una frazione di secondo mi gettò le braccia al collo accoccolandosi sul mio petto.

Non farti bloccare le braccia!! Attento!”

Con un po’ troppa irruenza però.

«Uhm... attenzione, Bella. Ahi». Gemetti spostandomi. Non era mia intenzione allontanarla, ma se avesse continuato con quell’abbraccio, probabilmente, entro breve, non avrebbe avuto più nessun marito da abbracciare.

«Ops», farfugliò, appena comprese il motivo dal mio repentino distacco.

«Non spaventarti, amore», dissi subito vedendola impaurita. «Sei soltanto un po' più forte di me, per il momento». Continuai tornando a carezzarle la guancia, ma lei immobile continuava a fissarmi cercando sicuramente di dominare il turbinio di sensazioni nuove che le invadevano corpo e mente; fino a quando molto lentamente spostò la mano dal nascondiglio dietro la schiena, ricambiando il mio stesso gesto.

«Ti amo» sussurrò fissandomi negli occhi.

L’effetto che quelle due semplici parole produssero dentro di me fu pari ad un uragano, mai mi sarei aspettato tanto a pochi minuti dal suo risveglio, ero più o meno preparato a soffrire la sua assenza per almeno un anno, invece tutto stava dimostrando il contrario.

«Ti amo anch'io», le risposi sorridendo, e il desiderio di lei ebbe la meglio sulla cautela tanto decantata da Jasper, le presi il viso tra le mani e la baciai, prima lentamente poi capendo che anche la sua titubanza era sparita tutto si trasformò in qualcosa di molto più forte, intenso, passionale; i nostri respiri si fecero affannati, come se quello fosse il nostro primo “vero” bacio. Io stesso mi stupii delle mie reazioni, mi ero sempre dominato per paura di farle del male, ma non avevo realizzato a pieno “quanto” realmente mi fossi frenato.

CALMATEVI TUTTI E DUE PER FAVORE!” Sbraitò mentalmente Jasper.

Vorremmo evitare di vedere in diretta la replica della vostra prima notte di nozze …!” Pensò Emmett cercando di attirare l’attenzione con alcuni colpi di tosse.

Peccato.” Pensai compiaciuto “La cosa si stava facendo davvero interessante.”

Vederla imbarazzata staccarsi all’istante dalla mia bocca e cercare di ricomporsi, fu però uno spettacolo impagabile “È ancora la mia Bella!” pensai rafforzando la presa del mio braccio intorno alla sua vita; quasi temendo potesse sparire da un momento all’altro.

«Questo me l'avevi tenuto nascosto», mi accusò studiandomi attentamente con lo sguardo.

A dire la verità ne ero poco a conoscenza anch’io” pensai ridendo, ma ero pronto ad approfondire lo studio dell’argomento quanto prima, adesso che finalmente era cominciata la nostra eternità.

«Prima era necessario, in un certo senso», borbottai ridendo «Ora tocca a te non farmi a pezzi». La perplessità che le si leggeva sul volto fu talmente buffa che scoppiai a ridere e l’ilarità del momento contagiò tutta la famiglia.

Il peggio era passato.

 

Carlisle

 

«Come stai, Bella?», le chiesi avvicinandomi. Avevo visto molti neonati e lei era davvero molto controllata ritenni così che le precauzioni, prese giustamente da Jasper, potevano essere anche bypassate.

«Confusa. C'è così tanto...» mormorò interrompendosi subito. Il nuovo suono della sua voce doveva ancora rimanerle estraneo, era solo questione di abitudine.

«Sì, all'inizio può essere un fastidio.» Cercai di rassicurarla.

«Ma mi sento me stessa. Più o meno. Non me l'aspettavo». Annuì velocemente.

Strabiliante …” pensai guardandola, si era appena svegliata ed era come se fosse vampira da una vita.

«Te l'avevo detto», sussurrò, orgoglioso, mio figlio stringendola a sé.

«Sei abbastanza controllata», riflettei «Più di quanto mi aspettassi nonostante il tempo che hai avuto a disposizione per prepararti mentalmente».

«Non ne sono molto sicura». Sussurrò intimorita

A pensarci bene potrebbe anche dipendere dalla dose massiccia di morfine che le è stata iniettata … Chissà se le è servita per attenuare anche la sensazione di incendio che ti dà il veleno; questa ragazza è una fonte inesauribile di sorprese.” Pensai compiacendomi di come fosse andata bene la trasformazione «Sembra che stavolta sia andata meglio con la morfina. Dimmi, cosa ricordi del processo di trasformazione?».

«Era tutto... offuscato. Ricordo che la bambina non riusciva a respirare...». Rispose interrompendosi spaventata cercando nei nostri occhi conferme.

«Renesmee è sana e forte», fu pronto a rassicurarla Edward, la luce che scorsi nel suo sguardo fu qualcosa di nuovo anche per me. Nonostante ci considerassimo una famiglia, di fatto noi non lo eravamo, loro sì.

Quel luccichio negli occhi di mio figlio, dopo aver pronunciato il nome della bambina, era amore incondizionato e devozione assoluta.

Non esisteva un legame così forte come quello tra genitori e figli.

Specialmente se eri convinto che non ne avresti mai avuti «Cosa ricordi oltre a questo?».

«Non ricordo bene. Prima era buio. E poi... ho aperto gli occhi e ho visto tutto».

«Sorprendente», esclamai incurante del momento delicato che stava vivendo «Voglio che ripensi... che mi racconti tutto ciò che ricordi», insistetti ormai eccitatissimo di avere maggiori dettagli pentendomi però all’istante dopo aver incrociato il suo sguardo confuso «Oh, scusa tanto, Bella», mi ripresi. «Immagino che la tua sete sia insopportabile. Questa conversazione può aspettare».

Con un sospiro di sollievo, Jasper, mi diede la sua approvazione.

 

Edward

 

«Andiamo a caccia, Bella». La incitai prendendole la mano. L’altra se l’era portata istintivamente alla gola per placare la sete, non c’era più tempo dovevamo andare, ma invece di seguirmi rimase a fissarmi, ancora una volta, turbata.

Non ce la potevo fare.

Non sentire i suoi pensieri mi avrebbe sicuramente portato alla pazzia. Ora più che mai!

Sbrigati Edward, non riesco a decifrare la sua confusione, ma non mi piace.” Mi sollecitò Jasper.

«È abbastanza semplice, amore. Istintivo. Non preoccuparti, ti faccio vedere io». La incitai sorridendo, credendo si trovasse in difficoltà all’idea di cacciare, non avendolo mai fatto. «Credevo che tu avessi sempre voluto vedermi cacciare». Incalzai vedendo che non ricevevo risposta.

Rise.

Di male in peggio.

«Andiamo?», insistetti ormai totalmente confuso. «Non voglio che tu stia male», mormorai carezzandole la gola.

«Sto bene» disse infine. «Aspetta. Prima...».

«Sì?» intervenne mio padre.

«Voglio vederla. Renesmee». Sussurrò massaggiandosi il ventre.

Cerca di dissuaderla, figliolo, non possiamo far correre rischi inutili alla bambina, è abbastanza stabile ma preferirei che fosse nutrita prima di fargliela conoscere.” Pensò mio padre dopo esserci scambiati una fugace occhiata.

Siamo a rischio, Edward! Portala a caccia!” Jasper era esasperato, e stava esasperando anche me.

«Che c'è?», domandò lei.

«Bella», dissi in tono che speravo fosse tranquillizzante. «Non è una buona idea. Lei è mezza umana, amore. Il suo cuore batte e nelle sue vene scorre sangue. Finché la tua sete non sarà effettivamente sotto controllo... non vorrai metterla in pericolo, vero?».

«Dov'è?», chiese dopo un attimo di tensione. «Rosalie è con lei?».

«Sì», cercai di rispondere con naturalezza, ma l’irritazione che mi stavano dando Rosalie e Jacob in questo momento trasparì ugualmente da quel misero monosillabo e cercando di glissare sull’argomento le presi le ancora una volta le mani per condurla fuori.

Si sta agitando …” era insopportabile.

«Aspetta», protestò ancora, «E Jacob? E Charlie? Raccontatemi cosa mi sono persa. Per quanto tempo sono rimasta... priva di coscienza?».

Edward, non è il momento, mantieni la calma.” Mi consigliò Carlisle.

La faceva semplice lui.

Qualunque cosa fosse uscita dalla mia bocca in quel momento sarebbe stato veleno allo stato puro, preferii tacere.

Lei, come sempre, capì a modo suo.

«Qualcosa è andato storto?», sussurrò.

Edward, sta cedendo! Portala a caccia!” non credevo potesse essere così asfissiante.

«Non c'è niente di storto», intervenne Carlisle in mio soccorso. «In realtà non è cambiato niente in particolare, sei rimasta in stato d'incoscienza per circa due giorni. È stato tutto molto veloce, per come vanno queste cose. Edward ha fatto un ottimo lavoro, davvero innovativo. Iniettare il veleno direttamente nel cuore è stata una sua idea». Disse cercando di sviare il discorso. «Jacob è ancora qui, e Charlie ti crede ancora malata. Pensa che tu stia facendo dei test al centro epidemiologico di Atlanta. Gli abbiamo dato un numero sbagliato, ed è un po' frustrato. Ha parlato con Esme».

«Dovrei chiamarlo», mormorò fra sé, «Aspetta... Jacob è ancora qui. Realizzò una frazione di secondo dopo.

Portala fuori Edward, Ne parlerete dopo!” Adesso ci si metteva anche Carlisle. Non avevo scampo.

«Bella», dissi dopo rapido scambio di sguardi. «C'è molto di cui parlare, ma prima di tutto dobbiamo pensare a te. Sicuramente starai soffrendo per la sete...».

«Ma Jacob...» provò ad insistere.

Io non so come faccia … non è normale …” no decisamente non era normale che mi desse tutto questo tormento. Lei era insolitamente molto controllata, non poteva farne un dramma.

«Avremo tutto il tempo del mondo per le spiegazioni, amore», le ricordai con dolcezza.

«Okay». Annuì infine.

Riuscimmo a muovere solamente pochi passi che fu il turno di quel fastidioso esserino di mia sorella a ritardare ulteriormente la nostra caccia.

«Alt, alt, alt», “NON POTETE USCIRE DA QUESTA STANZA SENZA AVER MANTENUTO LA PROMESSA!!” fremette Alice sulla porta. «Avevate promesso che ci sarei stata anch'io la prima volta! Che ne dite di portare qui una bella superficie riflettente?»

«Alice... », protestai con scarso successo. Mancava solo lei all’appello.

«Ci vorrà solo un secondo!» e schizzò via.

Fu la prima volta che sentii Jasper imprecare.

Possibile non capisca mai quando è il momento più opportuno per certe cose!!” sospirai.

«Di cosa sta parlando?». Chiese Bella, e in quell’istante Alice tornò con la sua risposta tra le braccia: la specchiera a grandezza naturale (e qualcosa di più) di Rosalie.

Senza perdere tempo gliela piantò davanti.

Jasper al suo fianco inorridì per l’audacia di sua moglie e come un fulmine le fu accanto inchiodando con lo sguardo Bella.

«Edward non mi ha dato la soddisfazione di metterti davanti a uno specchio prima del matrimonio», disse Alice, richiamando l’attenzione di Bella distratta dallo studio di Jasper. «E non ho più intenzione di farmi mettere i piedi in testa».

«In testa?», chiesi scettico.

«Forse sto esagerando», mormorò poco convinta girando lo specchio verso Bella.

«E forse tutto questo ha a che fare soltanto con la tua gratificazione voyeuristica», constatai sbeffeggiandola, ma come sempre se ne curò il giusto, era troppo concentrata a studiare Bella che incantata si ammirava allo specchio.

Poi d’un tratto

«Gli occhi?», sussurrò inorridita fissando l’immagine riflessa davanti a se «Per quanto tempo?».

Non abbassare la guardia, avverto tutto il suo turbamento, stai pronto!” Mai come in quel momento mi fu chiaro il perché Jasper e Alice fossero una coppia così ben assortita, se non si fossero sopportati a vicenda nessun vampiro avrebbe resistito al fianco di esseri cosi petulanti per l’eternità; era veramente troppa come punizione.

«Fra qualche mese saranno più scuri», dissi cercando di confortarla, ignorando le paranoie di Jasper. «Il sangue animale diluisce il colore più velocemente del sangue umano. Prima diventeranno d'ambra, poi dorati».

«Mesi?», mormorò sempre più turbata.

Jasper avanzò. L’indifferenza che avevo mostrato alle sue raccomandazioni lo stava agitando ancora di più. “Io non capisco … non è possibile … non è normale …” sia io che Alice restammo a guardarlo.

In quel momento era lui ad essere turbato, non Bella. Ero sicuro che mi avrebbe stupito, lo aveva sempre fatto e adesso non era certo da meno.

«No, sto bene», ci rassicurò. «È solo che... non è facile accettare tutto».

Mai vista una cosa simile … come fa? Come fa a reprimere le sue sensazioni e dominarle? … io non capisco …” pensò squadrandola più da vicino.

«Non lo so», mormorai.

«Che domanda mi sono persa?».

«Jasper si chiedeva come fai». Le risposi sorridendo.

«A fare che?».

«A controllare le tue emozioni, Bella», rispose Jasper affranto. «Non ho mai visto un neonato in grado di frenare così le emozioni che sta provando. Eri turbata, ma quando hai notato la nostra preoccupazione ti sei dominata e hai ripreso il controllo di te stessa. Ero pronto a darti una mano, ma non ne hai avuto bisogno».

«C'è qualcosa che non va?», chiese.

«No», rispose sempre più perplesso. “Anche se … è strano. Forse è solo un fenomeno passeggero …”

«È impressionante, Bella, ma non lo capiamo. Non sappiamo quanto durerà». Le spiegai carezzandole il braccio.

«Piuttosto, che ne pensi?», chiese Alice, impaziente, guardando lo specchio.

«Non lo so», farfugliò riprendendo a studiarsi.

La sua tendenza a sminuirsi è immutata” pensai sospirando. “esattamente come il blocco dei suoi pensieri”

«Deluso?», chiese

«A dire la verità, un po' sì», risposi ridendo.

Maleducato!! Ti sembrano cose da dire a una donna?!?! AL MIO CAPOLAVORO?!?!” Pensò Alice ringhiando.

Diamine Edward, ma allora te le stai cercando!!” Esplose Jasper continuando ad avvicinarsi, pronto per poterla fermare.

Il senso dell’umorismo non era tra le loro migliori qualità al momento …

«Sai, speravo di poter finalmente ascoltare la tua mente, ora che è più simile alla mia», mormorai abbracciandola stretta e baciandole la guancia. «Invece eccomi qua, frustrato come sempre, a chiedermi che cosa diavolo ti passa per la testa».

«Ah, be'! Mi sa che il mio cervello non funzionerà mai bene. Se non altro sono carina».

«Bella, tu non sei mai stata solo carina» ci tenni a precisarle. Se non fosse stato per l’impellente necessità di nutrirsi, non avrei perso un attimo di tempo a dimostrarle quanto la trovavo “carina”.

BASTA EDWARD!!! MI STATE FACENDO IMPAZZIRE!! PORTALA A CACCIA, PORTALA FUORI DA QUESTA CASA E CALMATEVI, TUTTI E DUE!!”

«Va bene, sì», sospirai infine.

«Cosa?», chiesi.

«Stai facendo innervosire Jasper ogni secondo che passa». “Assumiti le tue responsabilità fratello! Siete in due a mandarmi fuori di testa!” mi riprese Jasper, ma con il tormento che mi aveva dato da quando si era svegliata era il minimo si potesse aspettare. «Si rilasserà soltanto dopo che sarai andata a caccia».

«Okay. Andiamo a caccia», annuì dopo una rapida occhiata a Jasper.

Vi supplico sparite!”

1-0 per Bella, trattenere una risata fu quasi impossibile.

Sciolsi l’abbraccio e prendendola per mano mi preparai a farle conoscere il suo nuovo mondo.

 

 

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Capitolo 19
*** CAPITOLO 19 ***


Come sempre un GRAZIE enorme a tutti coloro che seguono leggono e recensiscono in particolar modo a coloro che hanno trovato il coraggio di farsi vivi per la prima volta.

 

Buona lettura

 

Cap. 19

 

Alice

 

Ingrata!” pensai quando un paio di decolté tacco dodici entrarono a tutta velocità dalla finestra e vennero afferrate al volo da Emmett.

«Il suo senso estetico non è migliorato quanto il suo equilibrio».

«Credevi veramente che le avrebbe tenute?» sghignazzò Emmett.

Lo ignorai.

Continuai a guardarli allontanarsi fin quando non arrivarono al fiume e, lei, decise di dare un “tocco personale” alla meraviglia di vestito che le avevo fatto indossare.

Inorridita uscii a passo di marcia dalla stanza.

Le risate di Emmett erano appena di un tono più basse di quelle di Jacob. Guardandoli divertirsi così tanto iniziai a credere che non stessero prendendo in giro soltanto Bella.

Peggio per voi! Mai mettersi contro Alice Cullen!”

Irritata dalla loro maleducazione mi chiusi nella mia stanza aspettando Jasper.

Sapevo che sarebbe venuto, l’avevo visto.

Infatti soltanto alcuni istanti dopo entrò nella nostra camera, sprofondando, avvilito, sul letto.

«Che succede?» chiesi sedendomi al suo fianco.

«Il mio mondo si è completamente capovolto …»

L’enorme punto interrogativo che mi era apparso in faccia lo spronò a continuare «L’hai vista vero?»

«Parli di Bella?»

Mosse la testa in segno di assenso.

«Ho visto migliaia di neonati, sai perfettamente che conosco ogni loro più recondita sfaccettatura, ma una cosa simile non mi è mai capitata … ha un autocontrollo senza paragoni … sono sgomento … non credo riuscirò mai ad eguagliarla …»

Ottimo, adesso ci mancava solo una bella crisi depressiva.

Dovevo scuoterlo, in qualche modo doveva distrarsi … non avevo idea del perché Bella, al suo risveglio, avesse avuto quell’insolita reazione, forse dipendeva dal veleno di “Mr. Autocontrollo fatto persona”che aveva iniziato a scorrere nelle sue vene oppure per il semplice fatto che con i nostri racconti era preparata a ciò che l’aspettava.

Nessuno lo poteva sapere. Mistero.

Non potevo però lasciare Jasper in quello stato.

«Ogni individuo è diverso dall’altro …» provai a confortarlo «… il nostro approccio a questa nuova vita è stato diverso dal suo. E comunque stai facendo progressi da gigante!»

«Non credo riuscirò mai a venirne fuori …»

«Figuriamoci! Stai veramente esagerando adesso!!» esclamai e improvvisamente ebbi la soluzione, proprio lì davanti ai miei occhi. «Vieni con me! Non sei un pericolo per nessuno. Te lo dimostro!» aggiunsi afferrandolo per un braccio.

«ALICE CULLEN COSA HAI IN MENTE!?!?» sbraitò terrorizzato.

«Ti porto a conoscere la tua nipotina.»

Impietrito dall’orrore si fermò.

Nei suoi occhi panico e sensi di colpa, molto simili a quando si rese conto di aver quasi aggredito Bella il giorno del suo sfortunatissimo diciottesimo compleanno.

«Non le farai nulla di male. Puoi stare tranquillo. E forse finalmente ti convincerai di non essere così tremendo come credi.» e senza permettergli alcuna replica, lo trascinai via.

 

Jasper

 

Di una cosa ero certo,dopo aver passato quasi un secolo a fianco di Alice: MAI OPPORSI AL SUO VOLERE.

Se decideva una cosa non c’era lamentela o supplica che potesse impedirle di portare a termine il suo proposito: Più ti opponevi più la sua determinazione aumentava in maniera esponenziale; e in attimo mi ritrovai nel salone, con le spalle al muro e completamente terrorizzato.

Se avessi perso il controllo avrei potuto uccidere la bambina, Edward e Bella ne sarebbero impazziti … io … io … ero troppo pericoloso …

La guardai avvicinarsi con in braccio la piccola. Senza neanche permettermi di proferire parola me la mise tra le braccia.

Il profumo del suo sangue mi entrò nella testa con la violenza di un lampo, sentii il sapore acre del veleno riempirmi la bocca, spalancai la bocca d’istinto forse per cercare aria, forse per morderla, quando qualcosa di caldo mi sfiorò il viso: una minuscola manina mi stava carezzando la guancia.

Un improvviso turbinio di colori, volti, luci mi coprirono la vista; senza parlare della gioia che quel piccolo esserino riusciva ad irradiare.

Tutto ciò che riusciva a vedere era nuovo, interessante, bellissimo, era curiosità e gioia di vivere allo stato puro.

E me la stava mostrando.

Mai avevo percepito una sensazione talmente potente e positiva.

Mi guardava con occhi curiosi, per nulla intimoriti dal mio aspetto duro e dalle cicatrici,e a conferma di tutto questo mi sorrise, un sorriso talmente bello e sincero che arrivò ad illuminarle il volto; e mi ritrovai inebetito a fissarla sorridente.

«Puoi anche chiudere la bocca Jasper, abbiamo capito che anche te ti sei perdutamente innamorato di Renesmee!!!» Sghignazzò Rosalie.

Guardai Alice stralunato e, per tutta risposta, mi fece l’occhiolino: MAI SCOMMETTERE CONTRO ALICE CULLEN.

Un ringhio profondo e feroce giunse dal fondo del salone, Jacob immobile osservava la scena fremendo; il suo corpo era un fascio di nervi, terrore e ansia.

Forse era il caso che rendessi la bambina a … Lui? … Rosalie?

Brutta, bruttissima storia la faida che si era scatenata tra quei due.

Guardai Renesmee un istante, chiedendole conferma che volesse tornare in braccio a qualcun’altro, ma allungò le sua manine sul mio volto continuando a carezzarmi, quasi volesse incoraggiarmi a continuare a coccolarla.

La sua dolcezza mi diede il colpo di grazia; non avevo alcuna voglia di darla in braccio a nessun altro e quei due, in qualche modo, si sarebbero dati pace: per ora sarebbe rimasta con me.

Non avevo mai tenuto in braccio un bambino, neanche quando ero umano … beh se quella era la sensazione che si provava, mi ero veramente perso molte cose nella mia esistenza.

 

Edward

 

La corsa … i salti … le migliorie stilistiche apportate al vestito … il bacio …

Dio mio che bacio …”era come se non ci fossimo mai baciati fino a quel momento. Al solo pensarci brividi di piacere mi percorrevano la schiena. Tutto era naturale … normale … perfetto.

Sembrava nata per essere una vampira, se una parte di me ancora soffriva per essere stato costretto a toglierle la vita, l’altra non poteva ancora credere che stesse iniziando la nostra eternità: finalmente uguali, senza più barriere …

Crogiolandomi nelle mie elucubrazioni la osservavo sfrecciare davanti a me … una visione da sogno … e sebbene osservarla fosse diventato fin da subito un mio bisogno primario adesso, purtroppo, dovevo necessariamente distogliere lo sguardo e insegnarle a cacciare.

«Bella», chiamai dopo essermi fermato. «Che ne dici di restare entro i confini nazionali?»,chiesi divertito. «O stavi pensando di proseguire verso il Canada oggi pomeriggio?».

«Qui va bene», acconsentì imbarazzata dalla sua stessa voce «Cosa cacciamo?».

«Alci. Ho pensato a qualcosa di semplice, visto che è la tua prima volta». M’interruppi quando alla parola semplice un velo di preoccupazione le oscurò il viso.

«Dove?» chiese impaziente, nella sua voce percepii il disperato bisogno di sangue.

«Fermati un minuto», le dissi posandole le mani sulle spalle. «Ora chiudi gli occhi»

Obbedì e alzai le mani sul suo viso, carezzandole gli zigomi, nel tentativo di aiutarla a rilassarsi.

Il suo respiro accelerò, il mio … anche.

«Ascolta», le suggerii cercando di darmi un contegno. «Cosa senti?»

«Verso nord-est, al ruscello?»,disse ancora ad occhi chiusi.

«Sì». Le confermai orgoglioso.«Ora... aspetta di nuovo la brezza... che odore senti?».

«Lo so... ci vuole un po' per abituarsi». Ridacchiai vedendole arricciare il naso.

I profumi adesso erano molto più intensi, penetranti e non sempre piacevoli come prima.

«Sono tre?», chiese titubante.

«Cinque. Ce ne sono due fra gli alberi, dietro di loro». Le risposi.

«Cosa faccio ora?».

«Cosa ti senti di fare?». Era tutta una questione di istinto, era solo quello che dovevo insegnarle: a gestire l’istinto, il resto sarebbe venuto da sé, in modo naturale.

«Non pensarci», le suggerii vedendola turbata; e lentamente mi allontanai. «Segui l'istinto».

Senza riaprire gli occhi si accovacciò nei pressi del branco di alci, alzò lentamente lo sguardo e puntò al maschio, il più grande. I suoi muscoli iniziarono a tendersi, ancora pochi istanti e la prima caccia sarebbe iniziata, quando improvvisamente il vento cambiò.

Bastò la frazione di un secondo per farla scattare dalla parte opposta, verso una scia decisamente più attraente: sangue umano.

Imprecando dentro di me per la mia mancanza di attenzione mi lanciai al suo inseguimento.

Quante volte le avevo promesso che non avrei mai permesso che si macchiasse del sangue di qualche umano innocente ?!?! Eppure non ero stato abbastanza accorto, stavo mancando la parola data, e degli ignari escursionisti rischiavano di morire.

Devo fermarla … devo raggiungerla …” ma la sua corsa man mano che la preda si avvicinava, acquistava sempre maggiore velocità; era il richiamo del sangue a spingerla a superare i suoi limiti, conoscevo benissimo la frenesia che la sete e il sangue umano riescono a darti; per questo dovevo raggiungerla, dovevo impedirle di iniziare, dovevo impedirle di compiere quel delitto.

Ma mentre mi affannavo a raggiungerla e superarla per mettere in salvo le prede, si fermò. Si voltò di scatto e un ringhio furioso le uscì dal petto.

Mi bloccai di colpo tendendo le braccia verso di lei, sperando capisse che ero sempre io, che non le avrei fatto del male e che non correva alcun pericolo.

Sicuramente aveva percepito la mia presenza alle sue spalle e, temendo di essersi trasformata da cacciatore a preda, l’istinto di conservazione aveva prevalso sulla sete facendole decidere di affrontare il suo inseguitore … stupefatto di come fosse riuscita a scindere i due tipi d’istinto mi ci volle una frazione di secondo per realizzare che stava trattenendo il respiro, abbandonando lentamente la posizione d’attacco, la razionalità tornò sul suo viso.

Sempre più sconcertato, abbassai le braccia e cominciai ad avvicinarmi.

«Devo andarmene da qui», sibilò con rabbia.

«Ci riesci?».Chiesi scioccato.

Ma senza proferire parola riprese la sua folle corsa, questa volta però dal lato opposto a quello da cui arrivava la scia umana.

Ma come diavolo fa?!?”pensai riprendendo l’inseguimento. “È troppo presto … lei non … non è possibile!” Temendo che avesse percepito qualcos’altro di cui non mi ero, ancora, reso conto, tesi i muscoli al massimo e dopo un minuto la raggiunsi.

Il tempo di voltarmi a guardarla che era di nuovo sparita.

Mi voltai di scatto e la vidi ferma, inerte in mezzo al bosco; il respiro ancora bloccato.

«Come hai fatto?», domandai sempre più disorientato.

«Mi hai lasciato vincere prima, vero?», replicò, ignorando la mia domanda.

No cara, non cambiare discorso, adesso mi devi spiegare …” «Bella, come hai fatto?».

«A correre via? Ho trattenuto il respiro».

Sì … di questo me ne sono accorto …” «Ma come hai fatto a interrompere la caccia?».

«Quando mi sei spuntato dietro... Mi dispiace tanto».

Ok … non ci siamo … forse sfugge a me qualcosa …”«Perché chiedi scusa a me? È stata una mia tremenda negligenza. Pensavo che non ci sarebbe stato nessuno così lontano dai sentieri, ma avrei dovuto controllare. Che errore da stupido! Non hai niente di cui scusarti, tu».

«Ma ti ho ringhiato contro!».

Una strana sensazione di calore mi riempì il petto … non voleva farmi del male … non si aspettava quel tipo di reazione dal suo istinto. «Ovvio. È del tutto naturale.» cercai di rassicurarla “… la mia dolcissima Bella …” «Ma non riesco a capire come hai fatto a scappare».

«Che altro dovevo fare?», chiese confusa «Poteva essere qualcuno che conosco!». Aggiunse con aria risoluta, quasi indignata che non capissi le sue ragioni, fu troppo per me ed esplosi in una fragorosa risata … non avevo nemmeno il ricordo di quando era stata l’ultima volta che avevo riso in quel modo …

«Perché ridi di me?».Esclamò cauta ma con tono autoritario.

Forse la mia reazione era stata un po’ eccessiva … ma non stavo ridendo di lei.

«Non rido di te, Bella.» dissi circospetto controllando ogni sua più piccola reazione «Rido perché sono senza parole. E sono senza parole perché sono completamente strabiliato».

«Ma perché?».

«Tu non dovresti essere in grado di fare queste cose. Di essere così... razionale. Non dovresti essere in grado di stare qui a discutere con calma e freddezza.» “Jasper non si riprenderà da questa notizia”«E soprattutto, non dovresti essere in grado di scappare, nel bel mezzo di una caccia, dalla scia del sangue umano nell'aria. Persino i vampiri maturi hanno difficoltà a farlo. Siamo sempre molto attenti a dove cacciamo, in modo da non trovarci sulla via della tentazione. Bella, tu ti comporti come se fossi una vampira da decenni invece che da pochi giorni». Dissi con orgoglio.

«Oh». mormorò pensierosa. «Non sai cosa darei per poter leggere nella tua mente anche solo per questo istante». Sussurrai prendendole il volto tra le mani e guardandola estasiato.

Le sue dita mi sfiorarono il volto, temporeggiando sulle mie labbra «Credevo che per un bel po' avrei dovuto rinunciare a queste sensazioni...», sussurrò e un brivido mi percorse la schiena. “Anch’io tesoro …” «E invece ti desidero lo stesso».

Te non hai nemmeno lontanamente idea di quanto ti desideri io ma … non è il momento … purtroppo… ” Il suo comportamento NON era normale, non riuscivo a capire come facesse ma dovevo prevenire in ogni modo che la follia della sete iniziasse a divorarla da un momento all’altro «Come puoi concentrarti su un'idea del genere? Non muori di sete?»

Senza nemmeno rispondere chiuse gl' occhi e si concentrò, fino a quando, di scatto li spalancò e riprese la corsa verso est, verso … “Un Puma?!?!” Ma tra tutti gli animali che poteva cacciare proprio il puma!?!?!

Corse a perdifiato fino quasi alla vetta della montagna, si arrampicò su un abete e preparò l’agguato.

Dal ramo di un albero adiacente mi fermai per osservare la scena … qualcosa dentro di me mi diceva di fermarla … la razionalità continuava a ripetermi che era una vampira, neonata oltretutto, che era molto più forte del puma e che non avrebbe avuto bisogno di aiuto …

Scossi la testa e sospirai “Non ce la posso fare …”

Con un balzo leggero si avvicinò, il felino se ne accorse e di scatto ruggì.

Bella ti prego … non farmi questo …” la supplicai mentalmente, ma, ovviamente, non mi sentì … ed io ero uno stupido.

In quell’istante si lanciò sulla preda, trascinandolo con sé sul terreno e iniziando a lottare rotolandosi.

Persi un secolo di vita in quello stesso istante e, quando mi ritrovai a due passi da loro, mi diedi nuovamente dell’idiota da solo.

Fortunatamente, lo scontro fu breve, anche se intenso.

Quando la vidi rialzarsi tirai un sospiro di sollievo e ringraziai il puma delle ulteriori “migliorie”apportate al vestito durante la lotta.

«Mmm …», mormorai osservandola cercando di darmi un po’ di contegno.

«Immagino che avrei potuto fare di meglio». Disse cercando di rassettarsi vestito e capelli.

«Te la sei cavata alla grande»,la rassicurai. «È solo che... stare a guardarti è stato molto più difficile di quanto immaginassi». “Per non dire tremendo …” «Non è da me lasciarti lottare contro un puma. Ho rischiato un attacco d'ansia per tutto il tempo».

«Che scemo».

Sì, decisamente sì …”«Lo so. Le abitudini sono dure a morire. Ma apprezzo le migliorie al tuo vestito».

Spostò lo sguardo e cambiò argomento. «Perché ho ancora sete?». Il rossore delle sue guance, insieme ai suoi dolcissimi occhi, erano le cose che mi sarebbero mancate di più.

«Perché sei giovane».

Sospirò. «E non credo che ci siano altri puma nelle vicinanze».

Fortunatamente!”era troppo presto per ripetere nuovamente quell’esperienza. «Però è pieno di cervi».

«Non hanno un profumo così buono».Esclamò con un certo disgusto

«Sono erbivori. L'odore dei carnivori è più simile a quello umano», spiegai.

«Be', non proprio».

Già … a chi volevo darla a bere ormai …” «Se vuoi possiamo tornare indietro», dissi serio con una certa ironia«Chiunque fosse, se erano dei maschi forse non avrebbero avuto paura della morte vedendola arrivare per mano tua». “Specialmente vestita così!!” «Nel momento in cui fossi apparsa, avrebbero pensato di essere già morti e assunti in paradiso».

«Andiamo a cacciare qualche erbivoro puzzolente». Sbuffò alzando gli occhi al cielo.

Non sarebbe mai cambiata.

 

«Voglio vedere Renesmee», Chiese una volta sedata la sete. Sì il momento era arrivato, le porsi la mano per incamminarci insieme verso casa e un brivido mi bloccò, come quel giorno nella radura … la sua mano si avvicinò al mio viso e lo carezzò, una, due, dieci, venti, infinite volte, il suo corpo sinuoso e bellissimo si avvicinò sempre più fino a circondarmi con il suo abbraccio.

Stringerla più forte a me e baciarla con tutta la passione che avevo dentro fu un istante …

Mai avrei pensato di poter vivere queste emozioni con lei così presto; non pensavo che l’avrei desiderata ancora di più di quanto non avessi sempre fatto.

E mentre la passione di quel bacio prendeva sempre più vigore cademmo.

«Ops!», disse, e non potei non ridere al pensiero di quanto ancora fosse lei «Non volevo assalirti così. Tutto okay?».

Puoi assalirmi quanto e quando vuoi, non ti fermare …” pensai carezzandole il volto. «Direi più che okay».

Poi il ricordo di nostra figlia –temporaneamente accantonato – tornò a bussare alla mia mente. Eravamo genitori, le avevo promesso che le avrei riportato sua madre, avevamo delle responsabilità … anche se … altri cinque minuti …«Renesmee?» domandai incerto e speranzoso che volesse rimandare l’incontro ancora un po’,

«Renesmee», acconsentì malinconica, rialzandosi in piedi mi trascinò con se.

 

 

 

Emmett

 

«Ben ti sta!?!» esclamai alla vista di Jasper completamente ricoperto di omogeneizzato «Così impari a monopolizzare nostra nipote!» e la risata cristallina di Renesmee risuonò per tutto il salone.

Le piaceva da matti passare da uno all’altro della famiglia ed essere coccolata, ma il suo preferito ero IO! Le si leggeva negl’ occhi!

«L’hai tenuta in braccio quasi due ore, lasciamela spupazzare un po’ anche me!!!» replicò lo spietato vampiro guerriero; nessuno, vedendolo adesso, lo avrebbe mai pensato capace delle azioni del suo passato.

«Basta voi due! È quasi un ora che provi a farle mangiare l’omogeneizzato e non ne ha inghiottito neanche mezzo cucchiaino! La bambina torna in braccio a me, almeno le darò il biberon con il sangue.» sentenziò Rose levandogliela dalle braccia e lasciandolo con un palmo di naso.

«IO! IO! IO!! Lo faccio io!!! Ci penso io al biberon … Ti prego Rose!!!! Ti prego, ti prego, ti prego!»

«Piantala Emmett! È una bambina non un giocattolo!!! Ci manca altro che stabilire i turni anche con voi, oltre che con il cane!»

«Bada a come parli bionda! Ho il benestare di Edward!» replicò Jacob

«Soltanto perché anche a lui, come a tutti gli altri uomini di questa famiglia, si è rammollito il cervello dopo averla vista!! Aspetta di sentire cosa dirà Bella, prima di cantare vittoria!»

«Bella … Bella … Bellacapiràelefaràpiacere!» sputò tutto d’un fiato Jacob «Sono pur sempre il suo miglior amico»

«Non sembri molto convito.»mormorò Jasper intento a ripulirsi «ma può darsi che tu abbia ragione.»

«No, no, no!!! Se conosco un po’Bella diventerà una iena!!!!» sentenziai scuotendo la testa «quando poi scoprirà il nomignolo che le ha dato …. Muahahahahahahah ….Trema Lupo!!!!!»

«Se le avesse dato un nome normale non ci sarebbe stato bisogno di trovarle un soprannome!!! È impronunciabile!!!» replicò indispettito.

«Questo te lo concedo! Ma si arrabbierà comunque moltissimo!»

«Bella ha sempre fatto ragionamenti a modo suo … non escluderei che sia favorevole a tutta questa storia.» Sentenziò Carlisle entrando nella stanza per le misurazioni della bambina.

«Allora scommettiamo!» esclamai euforico «Se Bella, al momento della scoperta dell’imprinting la prende male e punta al collo vinco io, altrimenti la vittoria è tua. 1000$ che ne dici Jazz ci stai anche te?»

«Hei, hei hei!! Ma state scommettendo sulla mia pelle?!?!» esclamò scandalizzato Jacob.

«Vuoi scommettere anche tu? Non so se però vale … sei di parte …» sghignazzai.

Ci guardò con gli occhi di fuori dalle orbite e uscì senza dire una parola.

«Povero Jacob. C’è rimasto male. Dobbiamo spiegarli che è solo uno scherzo» mormorò Carlisle .

«Se gli salta alla gola non sarà proprio uno scherzo …» replicai. «… ma sarà comunque divertentissimo!»

«VERGOGNATEVI E BASTA!» esclamò Esme alle nostre spalle, raramente si arrabbiava in questo modo e questo era molto preoccupante … «Specialmente tu, Carlisle!! Divertirvi alle spalle di quel povero ragazzo! Augurarsi che Bella gli faccia del male, invece di preoccuparvi di aiutarla a superare questo momento …»

«Bella non farà mai nulla simile.»le assicurò Carlisle cercando di calmarla. «Io scommetto sul sicuro!»

L’avesse mai detto, Mai avevo sentito simili improperi uscire dalla bocca di Esme.

Infondo cosa avevamo fatto di male … si sa che i neonati sono un po’ instabili … offesa e indignata raggiunse Rose in cucina, minacciandoci che se avessimo scommesso e fosse successo qualcosa a quel “povero ragazzo” avrebbe pensato lei stessa a farci passare la voglia delle scommesse.

«Allora altri 1000$,se attacca alla gola vinco io!» sussurrai impercettibilmente, Esme su tutte le furie non me la sarei persa per niente al mondo.

«Ok! Ci sto anch’io! Ma sono d’accordo con Carlisle, non attaccherà alla gola, e non si arrabbierà.» mormorò Jasper.

«Carlisle? Manchi solo te, ci stai?»

Un istante pensò, poi con un sorriso sulle labbra annuì … cosa non farebbe un uomo pur di non far infuriare la propria moglie …

Questo gioco si faceva sempre più interessante, restava solo da aspettare.

 

Edward

 

«Parlami di lei», chiese quasi con timore mentre correvamo verso casa.

Cosa potevo dirle, non sarebbero bastate un milione di parole per descrivere nostra figlia, era tutto e di più, mai avrei potuto immaginare qualcosa di così meraviglioso, ed era tutto merito nostro … mi faceva sentire completo, importante, orgoglioso e … buono.

Allo stesso tempo mi spaventava la sua crescita, ero terrorizzato alla sola idea di perderla … io che non la volevo nemmeno veder nascere; adesso non sarei stato più in grado di staccarmi da lei.

«È qualcosa di unico al mondo»,risposi con soddisfazione.

«Quanto somiglia a te? E a me? Be', a me com'ero prima». Sussurrò e colsi una punta d’astio nella sua voce. Era gelosa? Invidiosa? Preoccupata? Forse la mia risposta era un po’ troppo entusiasta l’aveva fatta sentire esclusa, meno importante.

«Sembra avere un'equa proporzione di entrambi». Risposi cercando di rimediare, anche se in fondo era la verità, era il meglio di tutti e due.

«Aveva il sangue caldo», mormorò turbata.

«Sì. Il suo cuore batte, anche se un po' più veloce di quello umano. Anche la sua temperatura è un po' più calda. E dorme».

«Davvero?».

«Abbastanza, per una neonata. Siamo gli unici genitori al mondo che non hanno bisogno di dormire e nostra figlia dorme già tutta la notte», ridacchiai, suonava bene: “Nostra Figlia” pronunciarlo, anziché pensarlo solamente, conferiva a quelle parole una certa importanza.

«Ha esattamente lo stesso colore dei tuoi occhi... non sono andati persi, quindi». le sorrisi. «Sono così belli».

«E dai vampiri cos'ha preso?»,chiese.

«La sua pelle sembra impenetrabile, più o meno come la nostra. Non che qualcuno voglia azzardarsi a verificarlo». “Passerebbe prima suo mio cadavere e poi su quello di tutto il resto della famiglia, compreso il cane, se solo ci provasse …” «È ovvio che nessuno lo farà», mi sbrigai a puntualizzare dopo aver colto il panico nei suoi occhi. «Più che mangiare, bè, preferisce bere sangue. Carlisle insiste, vuole convincerla a prendere anche qualche pappa per bambini, ma lei non ne vuole sapere. Non posso certo biasimarla, quella roba ha un cattivo odore anche rispetto al cibo umano».

«Convincerla?» chiese guardandomi come se mi fosse spuntato il terzo occhio sulla fronte.

In effetti con i normali neonati non si cerca di convincere nessuno, mangiano (più o meno) quello che uno gli dà, ma lei era speciale. «È intelligente, da non crederci, e progredisce a passi da gigante. Anche se non parla, almeno non ancora, comunica in modo abbastanza efficace». E nuovamente l’orgoglio di padre riaffiorò nelle mie parole.

«Come, "non ancora"?».

Forse avevo detto troppo, eravamo d’accordo con Carlisle di non dirle niente della crescita accelerata di Renesmee finché non l’avesse vista con i suoi occhi, avrebbe potuto fraintendere, preoccuparsi e agitarsi troppo e nulla di tutto ciò era compatibile con l’irascibilità del suo stato di neonata; anche se dopo aver visto le sue straordinarie capacità di autocontrollo tutto questo diventava una precauzione inutile … inutile come l’assurda pretesa di Jacob!

«In che senso comunica in modo efficace?», domandò.

«Credo che sarà più semplice se lo vedi con i tuoi occhi. È abbastanza complicato da spiegare».

«Perché Jacob è rimasto?»,chiese dopo un istante di riflessione. «Come fa a sopportarlo? Perché mai? Perché deve soffrire ancora?». Aggiunse con un tremito nella voce.

Perché ha avuto l’imprinting con NOSTRA FIGLIA … Ci sono miliardi di persone a questo mondo ma lui ha scelto NOSTRA FIGLIA!!!”questo era l’unico motivo, ma quel lurido sacco di pulci mi aveva estorto la promessa di non dirle niente, ero quasi riuscito ad averla vinta quando Renesmee, vedendoci discutere, è scoppiata in un pianto inarrestabile … Jacob ha continuato ad inveire che era tutta colpa mia se era in lacrime, mi sono sentito un verme ed ho ceduto … quella bambina ci teneva in pugno, tutti e due.

«Jacob non sta soffrendo», risposi acido. «Anche se non mi dispiacerebbe fargli cambiare umore»,sibilai “Tanto perché capisca che IO sono il padre di Renesmee e che lui, per il solo fatto che gli ho permesso di restarle a fianco, dovrebbe baciare la terra dove cammino ed essermi grato per l’eternità e oltre..”

«Edward!», sibilò strattonandomi«Come puoi dire una cosa del genere? Jacob ha dato tutto per proteggerci! Con quello che gli ho fatto passare!».

Perché non hai ancora idea di ciò che farà passare a noi, tesoro!”«Vedrai con i tuoi occhi perché la penso così», mugugnai. «Gli ho dato la mia parola che avrà modo di spiegarsi, ma dubito che la vedrai diversamente da me. Però, spesso mi sbaglio sui tuoi pensieri, o no?», aggiunsi guardandola dritta negli occhi.

«Spiegare cosa?».

«Ho fatto una promessa.» ripetei scuotendo la testa rassegnato. «Anche se non sono sicuro di dovergli ancora qualcosa».

«Edward, non capisco». Mormorò, ma il problema non sarebbe stato capire, ma accettare. Io ci stavo ancora riflettendo. «È più difficile di come la fai sembrare, lo so. Me lo ricordo Non mi piace sentirmi confusa».

«Lo so. Andiamo a casa, così potrai vederlo da te». “Ma prima … devo cercare di non distrarmi troppo” e senza pensarci un attimo di più le porsi la mia camicia.

«Sono così indecente?». Dei pensieri che mi attraversarono la mente in quel momento, neanche mezzo era adatto a un minorenne, ed il sorriso ebete che mi si stampò in faccia, indusse Bella a cambiare discorso … peccato non poterla più vedere arrossire … e la nostra corsa verso casa riprese.

 

Arrivati ai margini del bosco che circondava la casa, Bella, rallentò fino a fermarsi del tutto, doveva aver percepito una presenza avvicinarsi e questo l’aveva bloccata.

Hei Edward! Non vi sembra di aver fatto un po’ troppo presto … cioè … sei convinto che sia … sazia?? Non vorrei correre rischi …”Secondo lui, invece, io non vedevo l’ora di correrli?!?!?! Forse non gli era ancora chiaro il concetto che a me importava di Renesmee MOLTO più che a lui.

Cercando di non cedere alla rabbia che la sua presenza riusciva sempre a suscitare, mi avvicinai a Bella e raccomandandole di non respirare, le poggiai le mani sulle spalle, sia perché sentisse che non era sola, sia per essere pronto a bloccarla in caso di qualche reazione imprevista.

I suoi occhi incrociarono Jacob e avvertii un brivido scorrere nel suo corpo.

«Piano, Jacob», dissi. Un ringhio dalla foresta mi confermò la presenza del suo branco, pronto a difenderlo. A quanto pare la stupida idea del test non piaceva neanche ai suoi gregari. «Forse non è questo il modo migliore per...».

«Pensi che sarebbe meglio lasciarla prima avvicinare alla bambina?», mi interruppe . «È più sicuro vedere come si comporta con me. Io guarisco in fretta».

Dipende … io di sicuro non avrei alzato un dito per aiutarlo se fosse accaduto qualcosa, se l’era cercata. La responsabilità era solo sua.«Come credi, la gola è tua».

Leah, protestò … a dirla tutta non sarebbe stata male nemmeno a lei una lezioncina di buone maniere; e Jacob iniziò ad avanzare lentamente sorridendo.

Il desiderio di far sparire quel ghigno dal suo viso era ogni istante più forte.

«Devo dirtelo, Bells. Sei un fenomeno da baraccone».esclamò quando ormai si trovava a pochi passi da lei.

Senti un po’ da che pulpito viene la predica!!”.«Guardati allo specchio, bastardo». Grugnii di rimando.

«No, ha ragione. Gli occhi sono proprio strani, vero?» il fatto che, come sempre, prendesse le sue difese, mi fece temere il peggio – per me ovviamente – quando avrebbe scoperto dell’imprinting, ma d’altra parte cosa mi potevo aspettare … era stato sciocco anche solo illudersi …

«Super-spaventosi. Ma non brutti come pensavo».

«Ehi... grazie per il bel complimento».

«Sai cosa intendo. Sei ancora tu, be', più o meno. Forse non è tanto una questione d'aspetto... tu sei Bella. Non pensavo di poter sentire ancora la tua presenza». Rispose continuando a sorridere come uno scemo. «A ogni modo, penso che mi abituerò presto a quegli occhi».

Di sicuro doveva farsene una ragione dato che stava parlando di sua “suocera”.

«Davvero?», chiese, confusa.

Ho come la sensazione di stare per tirarle una pugnalata …”Sì, cane è esattamente quello che stai facendo. «Grazie», disse poi guardandomi. «Promessa o no, non ero sicuro che riuscissi a non dirglielo. Di solito esaudisci ogni suo desiderio».

Vorrò vedere te …” «Forse spero che si arrabbi e ti strappi la testa», insinuai acido.

Se accadrà avrò avuto la prova che cercavo … Bella non è pronta, e può essere pericolosa!”pensò sbuffando.

Tra le ultime speranze che mi erano rimaste l’idea che Renesmee, un giorno, lo trovasse tremendamente insulso e insopportabile stava prendendo rapidamente campo.

«Che succede? Mi state nascondendo un segreto?», domandò incuriosita.

«Ti spiego dopo», rispose Jacob.

Codardo …”

«Prima di tutto, diamo inizio allo spettacolo».

Preferisci tergiversare anziché affrontare il problema!?!”

«Tranquilli, ragazzi. Statene fuori». Ordinò Jacob, al branco che stava iniziando ad avvicinarsi«Su, Bells. Fai del tuo peggio».

Bella non si mosse, e non respirò.

«Il tempo passa, Bella», continuò ad incalzarla. «Okay, non tecnicamente, ma è per darti l'idea. Dai, fatti una zaffata».

Come se si rendesse conto in quel momento di dove fosse, Bella si risvegliò, rannicchiandosi sul mio petto «Tienimi stretta», sussurrò intimorita, e strinsi più forte le mani sulle sue braccia. Prese un profondo respiro e si rilassò«Uhm. Ora so quello che intendevano tutti. Tu puzzi, Jacob».

Dio come amo questa donna!!”

«Ti amo» le sussurrai all’orecchio al culmine della gioia, e mentre scoppiavo in una fragorosa risata, le mie mani scivolarono sulle sua vita stringendola più forte a me.

«Senti chi parla», rispose Jacob

«Okay, ho superato l'esame, vero?»,esclamò euforica. «Ora mi dite qual è questo grande segreto?»

Sì, Jacob, dille il tuo segreto … trova il coraggio …”.

Il vigliacco si innervosì. «Niente di cui tu debba preoccuparti proprio ora».

«Renesmee», sussurrò d’un tratto voltandosi verso la vetrata che celava il resto della nostra famiglia e la bambina, il suo cuoricino, che batteva vigoroso e veloce, sicuramente non le era sfuggito.

«Vieni a vedere», mormorai ormai stufo della messe in scena di Jacob. «So che sarai bravissima».

«Mi aiuterai?», mormorò impaurita.

«Certo».

«Anche Emmett e Jasper, nel caso che...?».

«Faremo attenzione, Bella. Non preoccuparti, saremo pronti. Nessuno di noi metterebbe mai in pericolo Renesmee. Rimarrai sorpresa di vedere come ci abbia già stregati tutti quanti. Sarà perfettamente al sicuro, non preoccuparti».

Ma nell’istante in cui muovemmo il primo passo Jacob ci si parò davanti terrorizzato.

«Sei sicuro,succhiasangue?»,piagnucolò disperato «La cosa non mi piace. Forse è meglio se aspetta...».

Possibile che non capisca che sta superando ABBONDANTEMENTE il limite?!?” «Hai già avuto il tuo test, Jacob».

«Ma …»

Giuro che se non si mette da parte questa volta lo ammazzo!! Renesmee o non Renesmee me lo levo di torno DEFINITIVAMENTE!!” «Ma niente», lo interruppi esasperato. «Bella ha bisogno di vedere nostra figlia. Lasciala passare».

Sei talmente pazzo da rischiare la vita di tua figlia?!?! Ci pensi come si sentirà Bella dopo che le avrà fatto del male?!?!? Ripensaci succhiasangue!!!”supplicò guardandomi negl’occhi, rimasi impassibile. E terrorizzato scattò dentro casa precedendoci.

 

Renesmee

 

Stava accadendo qualcosa, gli zii, i nonni erano tutti seduti sul divano e guardavano fuori … la zia Rosalie mi teneva in braccio … il ragazzo moro tanto gentile era uscito … Papà non lo vedevo da qualche ora …

In casa c’era una strana agitazione … mi faceva paura …

Dov’era papà? … dov’era il ragazzo moro? …

Poi la sua voce : «Pronta?»

 

Sì, sì, era la sua … il mio papà … era tornato …

La zia indietreggiò qualche passo e tutti gli altri si sistemarono davanti a noi.

Voglio il mio papà … perché non me lo fanno vedere …

Anche il ragazzo moro si era messo davanti a noi …

«Un momento piccolina … ci siamo quasi …» sussurrò la zia Rosalie cercando di tenermi ferma.

Io voglio il mio papà!”

«È nata solo da due giorni?», disse una voce dolcissima al di là di quel muro.

Chi era?

La vedevo appena … mi paravano la vista … teneva per mano il mio papà … era bella … il papà la guardava e sorrideva … e poi mi sembrò di averla già vista.

Allungai la mano per arrivare a loro … la zia, però, mi teneva stretta … avevo già visto la bella signora… ma stava male … forse era proprio lei … allungai la mano e toccai la zia.

Lei lo sapeva chi era … la zia sa sempre tutto … e sperai che mi dicesse sì … che era la mia mamma, che era guarita e che non mi avrebbe più lasciata …

«Sì, è lei». Mormorò la zia; e i miei occhi si puntarono su di lei.

Era tornata … papà era andato a prenderla … me l’aveva promesso e me l’aveva riportata …

Che bella …

Il papà aveva ragione a dire che era stupenda …

Mi stava guardando … sorrideva … forse le piacevo anch’io …

Fece un piccolo passo verso di me, la zia indietreggiò ancora, gli altri si strinsero ancora di più … e lei sparì di nuovo … “Perché non posso andare dalla mamma … voglio la mia mamma …”

«Oh, datele un po' di fiducia», li sgridò zia Alice … era simpatica … mi piaceva zia Alice, non era mai preoccupata … «Non stava per farle niente. Anche voi vorreste guardarla più da vicino».

«Sto bene», disse la mia mamma … c’era il sole nella sua voce … «Ma restate vicini, non si sa mai».

La sua voce … la riconoscevo aveva detto che ero bellissima … perché la zia non mi lasciava andare da lei … “voglio la mia mamma …”

«Jazz, Em, state tranquilli. Bella ha tutto sotto controllo». Disse il mio papà … poi iniziò a raccontare qualcosa … qualcosa sulla mamma … era stata brava, dalla voce di papà si capiva che era orgoglioso di lei … ma io sapevo già che la mamma era brava … Perché non potevo andare da lei?!? “Voglio la mia mamma!”

Perché il nonno sta brontolando papà? Che cosa succede?

Perché mamma sgrida zio Emmett?

Sono qui mamma! Mi prendi con te? Mi vuoi?” pensai allungando le braccia sempre più verso di lei … se la raggiungo magari mi prende in braccio … se solo la zia mi lasciasse andare …

Poi si voltò, i suoi occhi incrociarono i miei e, accompagnata da zio Jasper, avanzò.

Perché lo zio la frena? Perché non vogliono che venga da me?

Non mi ero mai sentita così triste … e qualcosa di bagnato scese sulle mie guancie …

In un attimo erano tutti intorno a me … tutti tranne lei.

Perché non mi vuole?”

Era ferma in mezzo alla stanza da sola … perché non si avvicinava ora che era sola?

«Che problema c'è? Si è fatta male? Che cosa è successo?». Chiese il mio amico preoccupato

«No, sta bene», lo rassicurò la zia, passandomi in braccio a lui.

Non voglio te! Voglio la mia mamma!” Provai a mostrarglielo … forse lui mi avrebbe ascoltato … lui era un amico …

«Lo vedi?», gli disse la zia.«Vuole andare da Bella».

«Vuole me?», mormorò la mia mamma.

Che bella voce …”pensai guardando dritta verso di lei.

«Ti sta aspettando da quasi tre giorni», le disse papà spingendola verso di me.

Grazie papà …”

«Jake... sto bene», disse la mamma, ma perché lui non mi lasciava andare da lei?

Io voglio la mia mamma! Papà ha detto che posso!”perché non mi lascia andare da lei? E ancora una volta strillai cercando di avvicinarmi e le guance nuovamente si bagnarono.

Alla mamma brillarono gl’occhi, allungò le mani verso di me e finalmente fui tra le sue braccia.

Quindi era il modo per ottenere qualcosa: strillare.

Mi sistemò tra le sue braccia e mi dondolò pian piano … era lei … forse un po’ diversa da come la ricordavo ma era lei … il sorriso … il profumo … la voce … la mia mamma.

Forse aveva paura, come me, magari pensava che non mi ricordassi di lei … io mi ricordavo di lei … io le volevo bene … glielo dovevo dire, sennò sarebbe andata via …

E carezzandole la guancia le mostrai tutto ciò che sapevo di lei …

«Cosa è... stato?»,farfugliò la mamma. E subito tirai indietro la mano.“Non ti voglio spaventare …”

«Cosa hai visto?», domandò subito zia Rosalie, «Cosa ti ha mostrato?».

«È stata lei a mostrarmelo?»,sussurrò.

Visto come sono brava mamma? Non ti faccio paura vero?”.

«Te l'ho detto che era difficile da spiegare», le disse papà all'orecchio. «Ma come mezzo di comunicazione è efficacissimo». Era contento di me, lo capivo dalla voce.

«Cos'era?», chiese Jacob.

«Uhm. Ero io. Credo. Ma avevo un aspetto orribile». “No la mia mamma è Bella.”

«È l'unico ricordo che ha di te»,spiegò papà.

A papà l’avevo mostrato tante volte, e poi riusciva a vederlo anche quando lo mostravo agli altri … non so come facesse … ma era bravo anche papà. «Voleva dirti che ha capito, che ti riconosce».

«Ma come ha fatto?».

«Come faccio io a sentire i pensieri? Come fa Alice a vedere il futuro?», le rispose dolcemente papà . «Ha un dono».

«Anch'io mi ricordo di te», mi sussurrò con la sua voce melodiosa e tutto intorno a me sparì, solo io e lei: la mia mamma.

La più bella del mondo.

 

Edward

 

Ogni volta che pensavo di aver raggiunto il massimo dovevo ricredermi, vedere Bella con in braccio nostra figlia era qualcosa di assolutamente inimmaginabile, avessi avuto ancora un cuore mi sarebbe scoppiato nel petto.

Non avrei mai immaginato di meritarmi tanto, ma il destino era stato infinitamente generoso con me, ma la contropartita era tremenda, il terrore che tutto potesse svanire improvvisamente, che tutta la felicità che avevamo raggiunto con tanta fatica potesse dissolversi in un battito di ciglia era opprimente

Non Potevo permettere che morisse, doveva esserci una soluzione alla sua crescita sregolata, ed io dovevo trovarla fosse stata l’ultima cosa che facevo non avrei mai permesso che ci lasciasse.

«Non abbiamo sperimentato abbastanza per oggi?», domandò Jacob, spezzando come sempre la magia del momento. «Okay, Bella sta andando alla grande, ma non esageriamo».

Bella lo fulminò con gli occhi e Jasper fu subito al suo fianco. «Che problema c'è, Jacob?», chiese arretrando di alcuni passi.

Bene, bene, bene, non gliela vuole rendere … Brava tesoro mio!”«Solo perché capisco la situazione, non significa che non possa cacciarti, Jacob. Bella si sta comportando in modo straordinario. Non rovinarle questo momento». Gli sibilai con rabbia.

Finalmente!!! Era l’ora che ti decidessi Edward!!!”«E io lo aiuterò a sbatterti fuori, cane», mi spalleggiò Rosalie,«Ti devo un bel calcio nella pancia».Ci fu un momento d’empasse, noi stretti intorno a Bella … Jacob che fremeva di terrore e non riusciva a staccare gli occhi da Renesmee fino a quando Bella, improvvisamente, capì …

«No!»,rantolò in un misto di disgusto e rabbia e nella frazione di un istante Jacob prese la bambina dalle sue braccia ed io strinsi Bella al mio petto.

Razza di idiota! Ecco cosa succede a non avere il coraggio delle proprie azioni!”

«Rose», sibilò Bella con una freddezza quasi spietata «Prendi Renesmee».

Rosalie, trionfante, tese le mani e Jacob gliela passò senza batter ciglio.

«Edward, non voglio farti male, quindi, per favore, lasciami andare».

Attento Edward! Non credo che sia il caso. La bambina è troppo vicina.” Pensò Jasper già pronto a scagliarsi su Bella «Mettiti davanti a Renesmee», insistette Bella

Jasper si stava sbagliando ancora una volta, se fosse stata accecata dalla rabbia non avrebbe mai dato ordini così precisi e razionali, le sarebbe bastata la frazione di un secondo per allentare la mia presa, nulla l’avrebbe trattenuta; e convinto che mi avrebbe riservato ancora molte – e speravo piacevoli - sorprese la liberai dalla presa.

 

«Dimmi che non è vero», ringhiò a Jacob assumendo la posizione di caccia.

Il codardo arretrò. «Sai che è una cosa che non si può controllare».

«Stupido imbecille! Come hai potuto? La mia bambina.Continuò spingendolo fuori casa.

Incredibile quante soddisfazioni mi stesse dando la mia dolcissima Bella.

«Mica l'ho deciso io, Bella!».

«L'ho tenuta in braccio una sola volta, e già pensi di avere qualche pretesa idiota da lupo su di lei? Lei è mia».

A dire la verità sarebbe anche mia, ma se lo sbrani te lo concedo, tesoro!”

«Me ne basta un po'», implorò Jacob rasentando il ridicolo.

«Pagare prego», sghignazzò Emmett alle mie spalle. Avevano scommesso su Bella???

Preferii ignorare il deplorevole comportamento dei miei fratelli, e concentrarmi sullo spettacolo che avevo davanti agli occhi, di gran lunga più interessante.

«Come hai osato avere l'imprinting con mia figlia? Sei fuori di testa?!».

«Non è una cosa volontaria!»,insistette lui, arretrando fra gli alberi. «Bella, puoi provare ad ascoltarmi solo per un secondo? Per favore?», La pregò Jacob.

Non merita perderci altro tempo Bella … IGNORALO!”

«Leah, torna indietro!», aggiunse“Edward fa qualcosa! Fermala!”.

Fossi matto! Erano anni che aspettavo una scena simile, e poi non era nei patti. Era convinto di cavarsela alla grande, era l’ora che lo dimostrasse.

«Perché dovrei ascoltarti?»,sibilò furiosa.

«Perché eri stata tu a dirmelo. Ti ricordi? Tu mi hai detto che le nostre vite si appartenevano, giusto? Che eravamo una famiglia. Hai detto che era così che doveva andare, fra noi. E ora... eccoci. È ciò che volevi».

Ottima mossa girare la frittata Jacob, peccato che Bella non stia apprezzando i tuoi sforzi …” gongolai tra di me.

«Pensi di poter fare parte della mia famiglia come genero!»,gridò con ferocia.

Emmett rise.

Poi avrei sistemato anche lui.

«Fermala, Edward», mormorò Esme.«Non penso che sarà felice di fargli del male».

Lei forse no, ma io ne sarei entusiasta!!” e ignorando la supplica di mia madre continuai a gustarmi la scena.

«No! Come puoi vederla così? È poco più che una neonata, maledizione!». Insistette il cane.

Uuuuuuuu Bruttissima mossa Jacob!”

«È questo il punto!», urlò.

Era rincuorante sentire che finalmente la pensavamo alla stessa maniera nei confronti del cane.

«Ma lo sai anche tu come funziona! Pensi che Edward mi avrebbe lasciato vivo, se fosse stato così? Desidero soltanto che lei sia al sicuro e felice. È sbagliato? È così diverso da ciò che vuoi tu?», gridò lui.

Sei vivo unicamente perché ero occupato con altri pensieri, e perché mai e poi mai mi sarei voluto perdere un simile spettacolo!”«Fantastica, non è vero?», mormorai gongolane di gioia sentendola ringhiare al suo “Migliore Amico!”.

«Non l'ha puntato alla gola neanche una minima volta», annuì Carlisle.

«Bene, questa l'avete vinta voi»,disse Emmett riluttante.

Anche Carlisle era entrato nel giro delle scommesse di Emmett e Jasper??? Questa volta avevamo toccato il fondo!

«Le starai lontano», gli intimò perentoria.

«Non posso!».

«Provaci. A partire da ora».Sibilò fra i denti.

Che donna!”

«Non è possibile. Ricordi quanto desideravi che ti fossi vicino, tre giorni fa? E quant'era difficile separarci? È tutto finito per te, vero?».

È inutile Jacob, non ce la puoi fare! Non serve a nulla arrampicarsi sugli specchi.”

«Era lei», mugolò. «Sin dall'inizio. Dovevamo stare insieme, persino allora».

«Scappa finché puoi», lo minacciò, e tutto in me esultava di gioia!

«Dai, Bells! Anch'io piaccio a Nessie!», insistette.

«Come l'hai... chiamata.

Complimenti cane, hai firmato la tua condanna a morte …”

«Be'», mugugnò, «il nome che le hai dato è un po' difficile da pronunciare e...».

«Hai dato a mia figlia il soprannome del Mostro di Loch Ness?»,strillò avventandosi alla giugulare del cane, finalmente i miei sogni diventarono realtà!.

 

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Capitolo 20
*** CAPITOLO 20 ***


Ciao a tutti! questa volta sono stata brava ... e velocissima!!!! (si fa x dire...)

Grazie a tutti coloro che leggono, che trovano il coraggio di recensire o che rimangono in disparte ...

Buona lettura

Cap.20

 

Edward

 

L’unico lupo che non si meritava di essere aggredito da Bella era Seth.

Purtroppo era l’unico che era rimasto ferito nello scontro.

Quando percepii i suoi pensieri si era già tuffato a capofitto tra Bella e Jacob, insieme a Jasper riuscimmo a fermarla in tempo, fortunatamente non l’aveva morso, e se l’era cavata con una semplice frattura alla spalla, con i loro standard di guarigione in massimo un’ora sarebbe tornato come nuovo.

Fratellone noi andiamo a caccia, torneremo in tempo per i regali! NON DIRLE NIENTE!!!”mi intimò Alice avviandosi verso la veranda con Esme e Emmett.

La guardai di sfuggita e mi strizzò l’occhio.

Oggi era il 13 settembre, il compleanno di Bella. Era curioso come fosse rinata nella sua nuova vita lo stesso giorno in cui era venuta alla luce da umana. “È nata per essere vampira … non ci sono dubbi!”

Ci avevano regalato una casa … con tutto il caos che era seguito al nostro rientro non li avevo nemmeno ringraziati e, a dire la verità, non l’avevo ancora vista nemmeno io.

Poi c’era anche il mio regalo: l’auto del “dopo”.

Sicuramente si ricordava benissimo che data era oggi ma preferiva sorvolare e sicuramente si sarebbe arrabbiata non appena le avessimo consegnato i nostri doni; nessuna novità, almeno in questo non era cambiata.

«Ahi!»esclamò Seth

«Scusa, cercherò di fare più piano ma devo posizionare l’osso correttamente prima di steccarti, si sta già risaldando e non voglio che guarisca in maniera sbagliata creando un soprosso.» si giustificò Carlisle alle prese con la medicazione.

«Seth, non hai idea di come sia mortificata … io …» mugolò Bella disperata.

«Sono cose che capitano, tesoro. Tutto sommato poteva andare peggio.»

«Peggio di così??» esclamò sgomenta.

«Beh, se lo mordevi poteva morire. Il nostro veleno agisce in modo diverso tra licantropi e umani»

Un mugolio sofferente uscì dal suo petto «Prima di commettere qualche altra sciocchezza irreparabile…» mormorò «c’è qualcos’altro che devo sapere? Cosa mi sono persa in questi tre giorni che è di vitale importanza che sappia?»

Il suo timore di fare qualcosa di sbagliato e nuocere a qualcuno, era disarmante. Non si rendeva conto di che miracolo stesse compiendo; le sorrisi con dolcezza e aiutato da Seth le feci un rapido resoconto: la tregua tra i due branchi a seguito dell’imprinting tra Jacob e Renesmee con la conseguente intoccabilità di quest’ultima. Sam doveva anche rassegnarsi ed accettare la trasformazione di Bella poiché autorizzata da Jacob che in qualità di unico discendente di Ephraim Black era il vero alfa di branco e quindi la rinegoziazione dell’accordo. Alla luce di tutto ciò c’era stato un incontro tra i due alfa e Carlisle e il patto con i Quileute era stato rinnovato.

Forse non potevo leggerle nel pensiero ma le espressioni del suo viso le conoscevo tutte, ogni volta che nominavamo Jacob una strana, impercettibile, smorfia le appariva sul volto; in alcuni momenti sembrava gratitudine, in altri irritazione esattamente come ciò che provavo io.

Gli ero grato per l’aiuto e il supporto che ci aveva dato, sapevo che Renesmee era salva – e questa era la cosa più importante - grazie all’imprinting ma allo stesso tempo non riuscivo a digerire tutta questa assurda situazione.

«Ahi! Ahi!» borbottò ancora una volta Seth dopo l’ennesima manovra di Carlisle.

«Mi dispiace, Seth. Sarei dovuto intervenire prima». Esclamai costernato, se fossi stato un po’ più attento non si sarebbe ridotto in quello stato.

«Seth, io...». borbottò nuovamente Bella

«Non ti preoccupare, Bella. Sto benissimo», la interruppe Seth.

«Bella, amore, nessuno ti sta giudicando. Ti stai comportando tanto bene».Le dissi cercando di rincuorarla, infondo ero io che dovevo vegliare su di lei ma, vedendo come insisteva nel tentativo di scusarsi, dedussi che il sorriso che mi si era stampato in faccia non rendeva le mie parole abbastanza convincenti. Era più forte di me, l’orgoglio che avevo provato nel vederla attaccare, lucidamente, Jacob era incontenibile.

«Scusa, scusa», farfugliò ancora una volta avvilita.

«Niente paranoie, Bella», la rassicurò ancora una volta Seth «Tornerò normale in mezz'ora. Chiunque avrebbe fatto la stessa cosa, con Jake e Ness … Voglio dire, almeno non mi hai morso o niente del genere. Quella sì che sarebbe stata una schifezza».

A quel punto cedette sprofondando il viso fra le mani «Sono crudele».

«E invece no. Io avrei...», dissi.

«Smettila»,sospirò avvilita.

“ … Avrei fatto molto peggio!!”

«Per fortuna Ness … Renesmee non è velenosa», disse Seth rompendo l’imbarazzante silenzio che si era creato. «Perché mordicchia Jake in continuazione».

«Davvero?»chiese alzando la testa dal suo nascondiglio e guardandolo scioccata, peccato che il tono della sua voce tradiva il dispiacere che, invece, voleva manifestare …

«Sì. Ogni volta che lui e Rosalie sono un po' lenti a darle da mangiare. Rose lo trova molto divertente».

A onor del vero, anche io, apprezzavo molto.

«Bene, Seth», disse Carlisle, alzandosi e indietreggiando. «Penso sia tutto ciò che posso fare. Prova a non muoverti per... be', qualche ora, credo». Ridacchiò. «Mi piacerebbe che curare gli umani desse gratificazioni altrettanto istantanee». Passò la mano sui capelli neri di Seth. «Non ti muovere», gli ordinò e scomparve nel suo studio.

«Magari ce la faccio a rimanere fermo per un po'», sghignazzò Seth e sistemandosi più comodamente sul divano appoggiò la testa sullo schienale e crollò istantaneamente in un sonno profondo.

 

La casa sprofondò nel silenzio, solo il respiro di Seth, regolare e cadenzato faceva da sottofondo ai miei pensieri, osservavo Bella assorta nei suoi ragionamenti e come sempre la frustrazione di non sapere cosa stesse attraversando la sua mente mi metteva di malumore …

Osservò Seth per un interminabile istante e si alzò.

È soltanto un po’ turbata, Edward, nessuno scatto di rabbia imminente.” Mi rassicurò Jasper che da dietro la scalinata monitorava costantemente il suo umore, ma la malinconia del suo sguardo mi preoccupò talmente che un attimo dopo ero da lei e prendendole la mano sperai capisse che non era sola… che qualunque pensiero le frullasse per la mente poteva parlarne con me. Ero lì con lei, lo sarei stato per sempre.

Dopo il“mancato omicidio” di Jacob vidi e udii ciò che i miei sensi (seppur molto ben sviluppati) mai avrebbero pensato di vedere o sentire: Rosalie e Jacob che di comune accordo decidevano che Bella era troppo pericolosa per stare con sua figlia. E ciò che rendeva tutto ancora più folle era che Bella dava loro ragione!!! Non si erano resi conto della lucidità con cui lo aveva aggredito? Quelli non erano sbalzi d’umore tipici di un vampiro neonato.

Oppormi a questa decisione con tutte le mie forze era stato inutile.

Quando Bella si convinceva di qualcosa non c’era modo di smuoverla dalle sue posizioni, e adesso si sentiva pericolosa.

Qualcosa la sta preoccupando, la sento tesa, stai in guardia, Edward.” «Che c'è, Bella?», chiese Jasper avvicinandosi tranquillo. «Nessuno è arrabbiato con te»,ignorai il tempestivo ringhio di Leah, «né sorpreso, in verità. Be', no, in effetti ci hai sorpresi eccome».“Io più che sorpreso sono sconvolto …” «Non pensavamo che fossi capace di uscirne tanto velocemente. Sei stata brava. Molto più di quanto ci si aspettasse».

«Stavo pensando a Charlie, in realtà».

«Ah»,mormorò Jasper, e la consueta discussione della sera che si stava tenendo sulla veranda tra Rose e Jacob cessò all’istante.

«Dobbiamo partire sul serio, vero?», chiese quasi supplicando una risposta diversa da ciò che già sapeva. «Per un po', come minimo. Fingere che siamo ad Atlanta, o qualcosa del genere».

Riuscivo a percepire la sua angoscia in ogni singola parola. Avessi potuto le avrei risparmiato questa ulteriore sofferenza, purtroppo però c’era la vita di suo padre in gioco, e non potevamo permettere che gli accadesse niente.

«Sì. È l'unico modo per proteggere tuo padre». Le confermò Jasper.

«Mi mancherà moltissimo. Mi mancheranno tutti quelli di qui». Rispose dopo un attimo di riflessione e poco dopo sbuffò. La sua mente stava elaborando e sicuramente le si era presentato qualche altro problema, ma il ritorno di nostro padre insieme all’ingresso di Renesmee con le sue due guardie del corpo catturò la sua attenzione.

Jasper fu immediatamente al mio fianco

«Devono essere le sei», dissi già teso per il verdetto che ne sarebbe seguito.

«Quindi?»,chiese continuando ad osservare la scena.

«Ora di misurare Ness ... ehm, Renesmee», spiegò Carlisle.

«Ah. Lo fai tutti i giorni?».

«Quattro volte al giorno» intervenne Carlisle soprappensiero, mentre si apprestava a ripetere ancora una volta quell’estenuante rituale.

Renesmee sospirò, non le piaceva essere misurata in continuazione ma sapeva che doveva essere brava, era per il suo bene.

«Quattro volte? Tutti i giorni? Perché?».

«Continua a crescere in fretta», mormorai cercando di rimanere tranquillo. Ma il mio corpo mi tradì, non ce la facevo più ad affrontare tutto questo da solo, avevo bisogno di lei e stringerla a me fu un istinto normale.

«Cosa facciamo?», sussurrò terrorizzata.

«Non lo so». Rantolai stringendola ancor più forte a me.

«Sta rallentando», farfugliò Jacob, voleva essere un’affermazione ma sembrava tanto una supplica.

«Ci vorranno vari giorni di misurazione per tenere d'occhio l'andamento, Jacob. Non posso fare previsioni». Rispose Carlisle.

«Ieri è cresciuta di cinque centimetri. Oggi meno» “Lo so, lo vedo!!”.Replicò bruscamente.

«Cinque centimetri meno un decimo, se le misurazioni sono accurate», disse Carlisle pacato.

«Devono esserlo, dottore», lo interruppe di nuovo con una minaccia che trasudava tutta la sua disperazione.

«Tu sai che farò del mio meglio», lo rassicurò Carlisle.

«Mi sa che di più non posso chiedere». Sospirò avvilito «Cosa vuole?»,domandò vedendo che la piccola iniziava a mostrare insofferenza alla visita e aveva accostato la mano sul viso di mia sorella.

«Bella, ovviamente», rispose titubante Rosalie e gli occhi di Bella brillarono di gioia

Edward, non credo sia il caso … sembra tranquilla … ma …” preferii ignorarla, avevo già espresso il mio parere: la bambina doveva stare con sua madre. Jacob, senza farsi alcun tipo di scrupolo mi scavalcò chiedendo direttamente a lei «Come ti senti?».

«Preoccupata»,mormorò, e stringerla ancor di più a me fu inevitabile

«Lo siamo tutti. Ma non intendevo questo».

Si sta irritando, sarebbe bene che Jacob smettesse con le sue battutine acide, o questa volta ci lascia le penne veramente!”pensò Jasper guardandomi negl’ occhi.

Renesmee si stava irritando e Rose faticava a tenerla,divincolandosi tendeva le mani verso sua madre, sporgendosi fin quasi ad arrivare a sfiorarle il viso, sospirando quando si rese conto di non poterci arrivare

«Tutto sotto controllo», ci assicurò risoluta.

Ok, gliela porgo, pronti a intervenire.”Mi avvisò Rosalie.

Jacob non ebbe il coraggio di dire né di pensare niente, osservava terrorizzato e basta.

 

Renesmee

 

Perché non vogliono farmi stare con mamma … la mamma sorride quando prende in braccio Nessie … la mamma è bella …”

Mi strinse tra le sue braccia, appoggiai la testa sul suo petto e mi sentii bene … era il più bel posto del mondo … mi era mancata … dovevo raccontarle qualcosa di me … lei non mi conosceva … se mi avesse conosciuto, non mi avrebbe più lasciata sola.

E posai la mano sulla sua guancia, per farle conoscere il mio mondo.

Non volevo che facesse male al MIO amico … lui era buono con me … la mamma doveva volergli bene … Papà rideva … era contento che la mamma facesse a botte con il MIO amico … perché tutti erano contenti? Perché gli dispiaceva che si fosse fatto male l’altro ragazzo? Se Jacob si fosse fatto male io avrei pianto … Seth era stato bravo a difenderlo.

«Ah, splendido», disse la mamma. «Perfetto».

Perché non voleva che le raccontassi del MIO amico?

«È solo perché ha un gusto migliore rispetto a noi», le disse papà … era arrabbiato?

Che cosa aveva combinato Jacob?

«Te l'ho detto che anch'io le piaccio», rispose Jacob alla mamma, ma mamma non sorrise e allora le mostrai qualcosa di bello: zia Rose che mi spazzolava i capelli … mi piaceva quando lo faceva e mi piaceva la canzone che cantava e tutti i baci che mi dava. Poi le raccontai del nonno di quando mi misurava, non mi faceva male ma era noioso e poi erano sempre tutti seri quando il nonno faceva tutte quelle cose … a me piace sentire ridere …

«È come se ti volesse fare un resoconto di tutto ciò che ti sei persa»disse papà, pian piano, in un orecchio alla mamma … papà sapeva sempre tutto.

Il mio pancino fece un gorgoglio, forse, se lo chiedevo, sarebbe stata lei a darmi da mangiare oggi … ma quando lo chiesi la mamma fece una smorfia … non le piaceva? … non voleva? Ma in quell’istante papà mi strappò dalle sue braccia e lo zio abbracciò stretta mamma …

Che cosa ho fatto di male?”

«Che ho fatto?» chiese mamma, era spaventata anche lei ….

«Stava ricordando di avere sete», borbottò il papà preoccupato. «Stava ricordando il sapore del sangue umano».

«Sì»,rispose mamma. «E allora?».

Papà non rispose e poi scoppiò a ridere. «E allora niente, a quanto pare. Stavolta sono io ad aver avuto una reazione spropositata. Jazz, lasciala andare».

Lo zio liberò mamma, e papà mi passò di nuovo a lei … “non mi piace questo gioco … voglio stare in braccio a lei …”

«Non capisco», brontolò lo zio. «È davvero insopportabile» e uscì.

Ma perché lo zio era sempre arrabbiato e triste?

«Tornerà»,mi disse papà sorridendo «Ha bisogno di stare un po' da solo per riorganizzare il suo punto di vista sulla vita».

«È arrabbiato con me?», domandò la mamma

«No. Perché dovrebbe?».

«Allora che problema ha?».

«Ce l'ha con se stesso, non con te, Bella. Si preoccupa di... una profezia che si auto avvera … » Noioso. Ecco com’era papà quando faceva tutti i suoi ragionamenti, ed era noioso anche il nonno quando parlava fitto fitto con lui … erano cose troppo difficili … neanche alla mamma piacevano … lei mi guardava e sorrideva … le mie storie le piacevano di più e allora continuai: le dissi della nonna che mi faceva giocare con le sue collane … della zia Alice che mi cambiava sempre i vestiti e faceva tante fotografie … peccato che la mamma non mi avesse vista … poi c’era lo zio Emmett, lui era tanto divertente … quando faceva il cavallo mi piaceva tanto tanto … anche alla mamma sarebbe piaciuto, ma la mamma stava male … nonno era noioso voleva che mangiasi quella roba bianca che puzzava … la pappa della zia Rose era meglio. Poi le raccontai degli uccellini … il MIO Jacob mi aveva portato vicina vicina … con lui non scappavano … se mi portava la zia sì … Poi c’era papà, mi raccontava sempre della mamma e mi cantava le canzoni … nessuno cantava come il mio papà … il mio papà … tanto stanca … tante cose ancora … le storie dello zio Jasper … tanto stanca … tanto sonno … erano tutti lì … tutti con me … Jacob … la zia … la mamma … Jacob … papà … la mamma … bella la mamma … Jacob … papà … la nonna … la mamma … Jacob … sempre con me … per sempre …

 

Edward

 

Stiamo arrivando! Ancora un istante e siamo lì, SPERO TU ABBIA MANTENUTO LA PROMESSA!!” Mi minacciò Alice, ormai nei pressi della casa.

«Finalmente»“Era l’ora che tornasse”pensai aspettando che da un momento all’altro entrasse dalla vetrata del salone insieme al resto della famiglia, infatti dopo solo una manciata di secondi erano tutti lì al nostro cospetto, anche Jasper era rientrato insieme a loro.

Alice aveva stampato in faccia un sorriso da stregatto, difficile non pensare che nascondesse qualcosa, come anche il resto della famiglia schierato davanti a noi, ma Bella sembrava non farci caso.

Al contrario dell’anno precedente ero molto impaziente anch’io, avevo un regalo da darle anche se con molta probabilità lo avrebbe ignorato e non vedevo l’ora di inaugurare il regalo che le/ci avevano fatto … e vedendo come si era evoluta la sua prima giornata da vampira ero più che convinto che le aspettative non avrebbero reso giustizia alla realtà!

Alice, come sempre prese in mano la situazione, fremeva d’impazienza, non l’avremmo trattenuta un istante di più,le volò davanti e le porse una chiave, a cui era stretto un gigantesco fiocco di seta rosa.

«Buon compleanno!», squittì.

Bella alzò gli occhi al cielo. «Nessuno inizia a contare dal primo giorno di nascita», sentenziò acida. «Il primo compleanno è dopo un anno, Alice».

Il sorriso di Alice si fece sadico. In certi momenti faceva davvero paura. «Non stiamo festeggiando il tuo compleanno da vampira. Non ancora. È il 13 settembre, Bella. Buon diciannovesimo compleanno!».

 

Alice

 

«Non esiste proprio!». Sbottò decisa scuotendo la testa, con lo sguardo cercò appoggio nel suo maritino che, questa volta, era quasi più agguerrito di me … il sorriso sornione sul suo viso la diceva veramente lunga sulla sua impazienza. «No, questo non conta. Ho smesso d'invecchiare tre giorni fa. Avrò per sempre diciotto anni».Insistette piccata.

«Pazienza»,replicai con noncuranza. «Noi ti festeggiamo comunque, quindi fai la brava».

Provò a sostenere il mio sguardo, poi, sospirando pesantemente, si rassegnò.“Era l’ora!”«Pronta ad aprire il regalo?», esclamai finalmente soddisfatta.

«I regali»,mi riprese Edward sventolando la chiave della Ferrari parcheggiata nel garage da più di un mese … “Povero illuso! Pensi davvero che la trasformazione le abbia donato anche la passione per le auto?!? Dammi retta riparlatene domani!”«Prima il mio», dissi facendogli una linguaccia.

«Il mio è più vicino».

«Sì, ma guarda com'è vestita».Mi lamentai cercando di impietosirlo “Tanto sai già che non le interesserà, minimamente! Il mio invece è di VITALE IMPORTANZA! Specialmente la cabina armadio” «È tutto il giorno che me la sorbisco in questo stato. L'estetica ha la precedenza assoluta».

Edward mi squadrò impassibile.

«Ce la giochiamo, va bene?», proposi. «Morra cinese».

Jasper ridacchiò ed Edward sospirò. “Noiosi …”

«Perché non mi dici subito chi vince? Così facciamo prima», replicò Edward impassibile.

«Vinco io. Perfetto».esclamai soddisfatta.

Anche se non fosse stato doveva essere così per forza.

«Tanto mi sa che è meglio se aspetto fino a domani mattina». Sogghignò Edward indicando con lo sguardo i due “Belli Addormentati” accasciati sul divano «Credo sarebbe più divertente se anche Jacob fosse sveglio per la grande rivelazione, non vi pare? Almeno ci sarà qualcuno in grado di entusiasmarsi come si deve».

Bravo! Saggia decisione.”Pensai facendogli l’occhiolino. «Evviva! Bella, affida Ness… Renesmee a Rosalie».

«Dove dorme di solito?».

«In braccio a Rose. O a Jacob. O a Esme. Non la mettono giù nemmeno un istante, figurati. Diventerà la vampirastra più viziata della galassia». Risposi con noncuranza.

Edward rise.

«Allora è anche la vampirastra meno viziata della galassia», osservò Rosalie, orgogliosa come mamma chioccia.«È il bello di essere unici».

«Dai, andiamo», cinguettai all’apice della gioia, porgendole la chiave infiocchettata guidandola verso l’uscita posteriore della casa.

«È qui fuori?».

«Più o meno», risposi vaga.

«Spero che il regalo ti piaccia», disse Rosalie. «È da parte di tutti noi. Soprattutto di Esme».

«Ma voi non venite?», chiese perplessa, forse questa volta avevamo destato il suo interesse?!?

«Te lo lasciamo godere in privato», rispose Rosalie. «Poi ci racconterai...». ed Emmett guarnì il tutto con la sua risata sguaiata.

Stupido scimmione! Mi rovinerai la sorpresa! Muoviti Edward usciamo di qua prima che Emmett vuoti il sacco!” «Ecco l'entusiasmo, così mi piace», mormorai vedendo un timido sorriso illuminarle il viso, lasciai la presa sul suo braccio e feci strada.

«Vieni, Bella!», la esortai, ed insieme ad Edward ci addentrammo nel bosco.

 

Edward

 

Ci siamo Edward, manca poco, devo bendarla stai pronto non si sa mai!”Mi avvisò Alice

«Non attaccarmi», le si raccomandò e con un balzo fu su di lei.

«Che fai?», chiese, ovviamente, vedendosela addosso.

Certo che però poteva evitare di saltarle sulle spalle per tapparle gli occhi! Il rischio aggressione si sarebbe ridotto notevolmente!

«Ti copro gli occhi».

«Potevo occuparmene io senza bisogno di fare tutto questo teatro», mugugnai.

«Non mi fido di te, scommetto che la lasceresti sbirciare. Prendila per mano e guidala».

«Alice, io...».

«Non preoccuparti, Bella. Fidati». Dispotica e autoritaria come sempre.

Intrecciai la mia mano con quella di Bella e iniziai a farla avanzare. «Ancora un briciolo di pazienza, Bella. Fra poco ci lascerà in pace e andrà a scocciare qualcun altro».

«Però potresti mostrare un po' d'entusiasmo anche tu, Edward», “sembri alla processione di un funerale!”brontolò Alice. «Il regalo lo facciamo anche a te».

«Hai ragione. Grazie ancora, Alice». “Se fossi stata un po’ meno teatrale però …”

«Prego, prego». Rispose frettolosa, poi il suo tono cambiò. «Stop. Girala un pochino verso destra. Ecco, così. Perfetto. Pronta?».

«Pronta»,rispose decisa, e la scimmietta scese dalle sue spalle, liberandole finalmente gli occhi.

Bella rimase in silenzio, immobile, con lo sguardo fisso sullo spettacolo da fiaba che si era aperto a noi. Bisognava ammettere che mia sorella aveva scelto una gran bella coreografia, degna della più romantica delle favole.

Ma Bella non reagì.

Nel silenzio più totale passarono alcuni minuti.

È normale come reazione? Edward dì qualcosa, almeno tu! Forse non le piace … forse abbiamo osato troppo e si infurierà …” «Che te ne pare?», chiese Alice, con una delicatezza che non mi sarei mai aspettato.

Silenzio.

Mia sorella aveva ragione, c’era bisogno di un supporto, prima che l’idiosincrasia di Bella per i regali esplodesse in tutta la sua gloria.

«Esme ha pensato che ci avrebbe fatto piacere avere un posticino tutto nostro per un po', ma voleva che restassimo a portata di voce», mormorai cauto. «E poi per lei ogni scusa è buona per ristrutturare vecchi ruderi. Questa casetta cadeva letteralmente a pezzi, era abbandonata da almeno un secolo».

Silenzio.

Io non so più cosa pensare …”«Non ti piace?», chiese delusa mia sorella, raramente l’avevo sentita così. «Cioè, sono sicura che possiamo rifarla, se vuoi. Emmett voleva già ampliarla di qualche migliaio di metri quadrati, alzarla di un piano, aggiungere un colonnato e anche una torre, ma Esme ha pensato che vi sarebbe piaciuta di più così, com'era nel progetto originale». Da lente che erano le sue parole si fecero sempre più veloci, quasi incomprensibili per la velocità con cui le buttava fuori, era veramente rimasta male da quella reazione … possibile che a Bella non piacesse … non era da lei comportarsi in questo modo, se non altro per non offendere chi ce l’aveva donata avrebbe parlato sicuramente …. «Però se si è sbagliata non ci mettiamo niente a...».

«Sssh!».Uscì finalmente dalla sua bocca, e incerti sul da farsi restammo in attesa.

«Mi regalate una casa per il mio compleanno?», sussurrò.

«Ciregalano»,corressi, in fin dei conti ci avrei abitato anch’io. «E poi non è che sia un palazzo da mille e una notte. Insomma, casa è una parola grossa». “I nostri standard di casa sono molto più alti.”

«Attento a come parli», mormorò fra i denti.

Sìììì!!!! NE ERO SICURA!!!! NON POTEVA NON PIACERLE!!! ESME NON POTEVA ESSERSI SBAGLIATA!!!”gridò Alice nella mia testa. «Allora ti piace».

Fece segno di no con la testa.

«Di più?». Osò Alice mentre io continuavo a tenerla d’occhio.

Bella annuì e finalmente tirai un sospiro di sollievo. Bella e i regali erano un’arma a doppio taglio.

«Non vedo l'ora di dirlo a Esme!» esplose Alice dalla gioia.

«Perché non è venuta anche lei?».

Edward … qualcosa non ha funzionato durante la trasformazione, non può essere così tonta!”trattenni una risata per educazione, e poi l’avrebbe presa sicuramente malissimo … Tonta no, forse solo un po’ ingenua … in fondo è sempre la mia Bella. «Oh, be', lo sanno tutti come la pensi sui regali. Non volevano metterti a disagio».

«Ma era ovvio che mi sarebbe piaciuta. Voglio dire, come potrei non apprezzare una cosa del genere?».

«Saranno felici di saperlo», rispose in tutta fretta. «Bene, la cabina armadio trabocca di roba, fanne buon uso. E... direi che è tutto».“Divertitevi!!!”

«Non vuoi entrare?».

Ti prego, Edward, spiegami come avete fatto a mettere al mondo anche una figlia, perché, giuro, che non ci arrivo!”

Ok, aveva ragione Alice.

«Edward sa già tutto. Io... faccio un salto più tardi. » farfugliò cercando di levarsi dall’impiccio «Ma chiamami pure, se hai dubbi riguardo all'abbinamento dei vestiti, Jazz vuole andare a caccia. Ci vediamo» e nella frazione di un secondo sparì.

«Non capisco», commentò perplessa. «Sono talmente difficile che non hanno avuto il coraggio di accompagnarci? Adesso mi sento in colpa. Non ho nemmeno ringraziato Alice come si deve. Forse dovremmo tornare indietro e dire a Esme...».

«Bella, ti prego. Nessuno pensa che tu sia difficile». Era chiaro che i messaggi subliminali non erano il suo forte.

«Allora perché...».

«Volevano lasciarci soli. Fa parte del regalo. Alice ha cercato di dirtelo fra le righe». Ma forse era meglio essere più espliciti.

«Ah».Sussurrò imbarazzata, e la mia mente volò al rossore d’imbarazzo, che un tempo, le avrebbe colorato le guancie.

«Vieni, ti mostro cos' hanno fatto», dissi prendendola per mano, me ne pentii all’istante. Forse l’atmosfera del luogo, la magia del momento, sentii i mio corpo vibrare insieme al suo. Fosse stato per me avrei anche rimandato a dopo la visita guidata, ma non era un comportamento da gentiluomo.

Bella ridacchiò.

«Ti è venuta in mente una barzelletta divertente? Fai ridere anche me».

«Non proprio», rispose, mentre ci avvicinavamo, lentamente, all’ingresso«Pensavo solo che questo è il primo e l'ultimo giorno di ... sempre. Non è un concetto che mi entra in testa tanto facilmente, nonostante tutto lo spazio extra che ho a disposizione adesso».

«Sei un talento naturale, Bella.» ridacchiai aprendo la porta «Al punto che mi dimentico quanto debba apparirti strano tutto questo. Mi piacerebbe riuscire ad ascoltarti». E prima che entrasse la presi in braccio.

«Ehi!».

«Portare in braccio la sposa oltre la soglia fa parte dei miei doveri coniugali», sogghignai. «Ma dimmi a cosa pensi, sono curioso».Aggiunsi chiudendo la porta alle nostre spalle

«A tutto», rispose. «E tutto in una volta, non so se hai presente. Alle cose belle, a quelle nuove e a quelle preoccupanti. A un uragano di superlativi nel cervello. In questo preciso momento sto pensando che Esme è un'artista fatta e finita, è tutto così perfetto!».Esclamò guardandosi intorno per ammirare il salotto.

Esme aveva dato il meglio di sé, la casa era piccola, per nulla sfarzosa né appariscente, dentro, sebbene non fosse stata ancora abitata, potevi sentire già il calore di una famiglia.

Non c’era un pezzo uguale all’altro ma il tutto era semplicemente armonioso, così diverso dalle case dove avevamo sempre abitato.

Il fuoco scoppiettava nel camino e la luce che emanava risplendeva sulla pelle di alabastro di Bella rendendola se possibile ancor più incantevole. I nostri volti così vicini, potevo sentire chiaramente ogni suo respiro … stava accelerando … come il mio …

Calmati Edward, mostrale almeno il resto della casa …”

«Meno male che a Esme è venuto in mente di aggiungere una stanza. Nessuno aveva messo in conto Ness... Renesmee» borbottai per riprendere lucidità.

«Non mettertici anche tu, con quel soprannome», bofonchiò.

«Scusa, tesoro, ma lo leggo in continuazione nella mente altrui. È snervante». “A dirla tutta è quasi carino …”

Sospirò rassegnata.

«Scommetto che non vedi l'ora di dare un'occhiata alla cabina armadio. Perlomeno è ciò che dirò ad Alice, per farla contenta».

«Devo aver paura?».

«Al posto tuo io sarei terrorizzato».Scherzai procedendo nel nostro giro panoramico. «Questa è la stanza di Renesmee», dissi indicando con il mento una camera vuota dal pavimento di legno chiaro. «Con il casino dei licantropi, non hanno avuto il tempo di sistemarla un granché...».

«E questa è la nostra camera. Esme ha cercato di ricreare l'atmosfera della sua isola. Ha pensato che ci fossimo affezionati». Era perfetta … Esme aveva fatto l’impossibile … ma nulla avrebbe mai eguagliato ciò che avevamo condiviso quella notte “Non credo lo dimenticherò mai …” l’emozione, la paura e il desiderio fusi insieme nello stesso istante, quel letto bianco … così grande … la tensione che mi dilaniava.

«Oh»,mormorò Bella.

«Già»,bisbigliai, completamente assorto nella magia del luogo e nei ricordi. Un brivido mi percorse la schiena … “Calmati Edward, calmati!”«La cabina armadio è dietro quella doppia porta. Ti avverto: è più grande della camera». Esclamai con una risata cercando di stemperare la situazione, e di prendere tempo … non che non la desiderassi … anzi … solo che non avevo idea di come si sentisse … se anche lei stesse provando la stessa tensione … durante la giornata c’erano stati dei momenti in cui il suo comportamento mi aveva fatto intuire di sì, ma era pur sempre una vampira neonata … non era il caso di saltarle addosso all’improvviso … possibile fossi agitato come sull’isola?

«Diremo ad Alice che sono corsa dritta alla cabina armadio», sussurrò, infilandomi le dita fra i capelli e avvicinando pericolosamente il suo volto al mio. «Le diremo che ho passato ore a provare i vestiti. Mentiremo».

Ok. Come sempre penso troppo.”

Attirai a me il suo viso con un ardore che non pensavo di avere, e un ruggito basso mi uscì dalla gola.

Nessun freno nessuna inibizione, come presi da una frenesia non riuscimmo a frenare la passione che stava divampando tra noi,i vestiti furono a brandelli nei giro di una frazione di secondo e il letto resto intatto … troppa urgenza per raggiungerlo, almeno in quel momento.

Finalmente uguali senza alcuna cautela o riserbo ci lasciammo trascinare dalle sensazioni e dalla passione che istante dopo istante cresceva fino a farci toccare le stelle, sapevo sarebbe stato diverso dalle precedenti volte ma non credevo che fosse così totalizzante,ogni sospiro ogni gemito ci portavano sempre più in alto fino a farci perdere completamente la cognizione di ciò che ci stesse circondando.

Avrei potuto continuare ad amarla per sempre, ogni giorno della nostra eternità, e anche lei, era folle come pensiero ma era quello che provavo al momento …

«Ti manca?», sussurrò quando ormai stava albeggiando.

«Cosa?»,mormorai.

«Tutto. Il calore, la morbidezza della pelle, il profumo... Io non ho perso nessuna di queste sensazioni ma mi chiedevo se per te, invece, non fosse un po' triste...».

dopo questa notte mi pare chiaro che non rimpiango assolutamente più nulla …”sghignazzai tra me. «Credo che sarebbe dura trovare qualcuno meno triste di me in questo momento. Impossibile, direi. Non sono in molti a ottenere ciò che desiderano, addirittura, più cose di quante si sognavano di chiedere, e tutte in un solo giorno».

«Stai eludendo la domanda?».

«Ma sei calda»,dissi premendole una mano sul viso, per poi seguire il suo profilo … la mascella … il collo … i seni … fino ad arrivare alla vita.

«E sei morbida».Sussurrai dopo il suo ennesimo gemito. «Quanto al profumo, be', non posso dire di sentirne davvero la mancanza. Ti ricordi l'odore degli escursionisti, quando siamo andati a caccia?».

«Ho fatto di tutto per dimenticarlo».

«Ecco, immagina di baciare qualcuno con quell'odore».

«Oh».

«Appunto. Quindi la risposta è no. Sono la gioia fatta persona, perché non sento la mancanza di niente. Nessuno è più ricco di me in questo istante».

Aprì la bocca per obiettare, ma non le diedi il tempo, era un peccato che quelle labbra fossero usate solo per parlare

 

Rosalie

 

«Sono davvero sbigottita della reazione di Bella, non mi sarei mai aspettata un simile autocontrollo.» dissi mentre aspettavamo che Renesmee si addormentasse «Certo lo scatto d’ira nei confronti del cane non è da sottovalutare, ma in fin dei conti è comprensibile … io stessa stento a trattenermi.» sibilai guardando il beota imbambolato ad ammirare la piccola in braccio a Esme.

«Credi si potrà rimandare la partenza.» chiese Esme.

«Non credo proprio!»intervenne Emmett «Bella si sa controllare ma è meglio che giri alla larga dagli umani ancora per un po’. Qua c’è Charlie, anche lei ne è preoccupata, l’ha detto anche Jasper.»

«oggi siamo a tre telefonate …» sospirò Esme «io sto tergiversando, Edward e Carlisle non hanno risposto, ma non riusciremo ad arginarlo ancora per molto …»

«Quindi ti sei già risposta.»mormorai «prima partiamo meglio è. Il New Hampshire è perfetto e sufficientemente lontano e poi Bella è già iscritta a Dartmouth …»

In quello stesso istante il cane balzò in piedi e sfrecciò fuori da casa.

Finalmente un po’ di respiro … anche se ci vorranno anni per far sparire questa puzza da casa!”

«Ehi! Che gli prende! Ma ti pare il modo andarsene così!?!» borbottò Emmett

«Ti manca?» sibilai «vedrai che purtroppo tornerà presto … forse si è solo scordato di fare pipì!» e senza preoccuparmene troppo mi riappropriai di mia nipote, finalmente addormentata.

 

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Capitolo 21
*** CAPITOLO 21 ***


Eccomi di nuovo a voi, come sempre grazie a tutti coloro che seguono questa storia sia silenziosamente che commentando!! Un Bacio grande a tutti!!

 

Cap. 21

 

Charlie

 

Un’altra alba fece la sua comparsa nel cielo, un tempo sarebbe stato emozionante vederla, in questo momento no. Non tenevo nemmeno più il conto di quante ne avevo viste nelle ultime settimane.

Sapere che Bella era tornata, era a pochi chilometri da me, stava male e non potevo vederla mi mandava fuori di testa. Da quando poi era stata ricoverata al centro epidemiologico di Atlanta, la mia ansia aveva raggiunto vette altissime. Ormai le avevo provate tutte, mi mancava l’irruzione armata in casa Cullen;a peggiorare le cose erano quasi quattro giorni che Bella non telefonava. Avevo provato a chiamare io all’ospedale ma il numero che mi aveva dato Esme era inesistente … possibile avesse sbagliato… avevo provato a cercarlo personalmente ma era sempre perennemente occupato, oppure venivo lasciato in linea ad ammuffire … le ultime chiamate di ieri a casa Cullen non avevano avuto risposta.

Il pensiero che si fosse aggravata non mi faceva più ragionare.

 

Sono il padre, che diamine!!! Avrò pure il diritto di avere notizie di mia figlia!!”

Anche se era presto stavo per indossare pistola e distintivo di ordinanza per andare alla centrale, almeno lavorando avrei tenuto la mente occupata per qualche ora, quando sentii bussare con insistenza alla porta.

Le gambe iniziarono a tremare “solo certi tipi di notizie vengono comunicati di persona …”

Col cuore in gola aprii cautamente la porta, quando vidi Jacob tirai un sospiro di sollievo.

«Buongiorno Jake, sei mattiniero. È successo qualcosa alla riserva?»

«No, niente problemi alla riserva … avrei bisogno di parlare con te Charlie, possiamo fare due passi?»

«Puoi entrare, il salotto è un ottimo posto dove parlare e staremo più comodi … si tratta di Billy?»

«No … si tratta di Bella.»

«Bella?!?! Cosa le è successo?? Tu cosa c’entri con tutta questa storia???»

«Devo mostrarti una cosa … dammi retta, andiamo nel bosco sarà molto meglio …»

Senza battere ciglio e con il cuore che mi esplodeva nel petto lo seguii.

Ci addentrammo quanto bastava per non scorgere più la casa alle nostre spalle, il tutto in un angosciante silenzio … delle mille domande che mi frullavano nella testa solo una era importante: Era viva?

Allo stesso tempo non avevo il coraggio di porgliela.

Jacob si fermò e lentamente si voltò verso di me, ci fissammo alcuni minuti, tirò un profondo respiro e si decise a parlare.

«Bella è a casa … sta bene …»

«Cosa stai dicendo? Ho chiamato ieri, mi hanno dato un numero a cui telefonare!?!»

«È la verità è a casa dei Cullen ed è guarita …»

Il sangue cominciò a pomparmi furiosamente nelle vene, per quale motivo si stava nascondendo? Perché i Cullen la coprivano? Questa volta mi avrebbe sentito!! Anche se era sposata era pur sempre mia figlia e mi doveva rispetto e non ero più disposto a tollerare questo comportamento!“Quel ragazzo ha sempre avuto una pessima influenza su di lei! Non mi stupirei fosse tutta opera sua!”e ignorando Jacob tornai sui miei passi per raggiungere l’auto. Questa volta nessuno mi avrebbe impedito di vedere mia figlia.

«Hei! Hei! Charlie dove stai andando??»

«DA BELLA! MI PARE OVVIO!! Mi deve delle spiegazioni e non intendo aspettare oltre!»

«Calma Charlie!»esclamò il ragazzo mettendosi sulla mia strada. «Ho detto che non è più malata, ma ancora non è del tutto … apposto …»

«In che senso?»chiesi cercando di dare un senso logico alle sue parole

«Mmmm … è complicato da spiegare … prima devo mostrarti una cosa. Sicuramente dopo averla vista potrai comprendere meglio …» e detto questo iniziò a spogliarsi davanti hai miei occhi, increduli e sbigottiti … che diavolo aveva intenzione di fare??? “Questo ragazzo ha dei problemi, dovrò parlarne con Billy …” pensai osservando sconvolto quell’insolito spogliarello, ma se credevo di aver visto tutto dovetti ricredermi; quando fu completamente nudo iniziò a tremare come in preda ad una crisi epilettica, sul suo corpo comparvero peli, talmente tanti da diventare nel giro di pochi secondi folta pelliccia, il viso si allungò … e come sfinito si buttò a terra, per alzarsi solo pochi istanti dopo sotto forma di: LUPO!

«Buon Dio …»mormorai non credendo ai miei occhi … quelle erano cose che si vedono solo nei film … avevo bisogno di riposare … la stanchezza e la tensione mi stavano giocando brutti scherzi … forse stavo dormendo in piedi … no ero sveglio … “e ora cosa faccio … se scappo questo mi sbrana …”ma non finii di elaborare quel pensiero che davanti ai miei occhi ebbi nuovamente Jacob …

«Respira Charlie.» mi ordinò Jacob.

A dire il vero, non mi ero nemmeno accorto di avere smesso.

«Cos’era? … C– cosa c’entra tutto questo con mia figlia?»

«Sai, Charlie, il mondo è diverso da quello che credevi … »

«Arriva al sodo Jacob!» esclamai ancora sconvolto.

«Ok … La buona notizia è che non è cambiato niente... a parte che adesso lo sai.»grugnii di rabbia ma Jacob continuò « La vita continua come sempre. E tu puoi tornare a far finta di non credere a niente di tutto questo.»

«FARE.FINTA.DI.NULLA?!?! Ma ti rendi conto di cosa stai dicendo??? Dovrei spararti solo per il pericolo in cui metti tutta la comunità!!!»

Non rispose, ed io rimasi impietrito a metabolizzare ciò che avevo visto. Cos’era quello che avevo visto? Che legame c’era con Bella? Era un mostro anche lei? Cosa le avevano fatto? Era tutta una menzogna quindi …

Presi un profondo respiro e affrontai il problema.

«Adesso voglio tutta la verità. Cosa è accaduto a Bella? Che tipo di malattia ha contratto? Sempre che l’abbia contratta veramente … tu cosa hai a che fare con loro? Lei lo sa cosa … cosa sei?»

«Bella è stata gravemente malata e più di una volta è stata sul punto di lasciarci. Adesso per fortuna sta bene, ma per guarire … ha dovuto … ha dovuto …»

«PARLA!»

«Ha dovuto cambiare qualcosina.»

«Cosa intendi ESATTAMENTE per "cambiare qualcosina"?»sputai con rabbia.

«Ecco … diciamo … diciamo che … che adesso … somiglia molto più a Esme che a Renée »

Quindi?!?”pensai, sempre più sconcertato, “Non ce la posso fare … è troppo … io non credo di volerlo sapere esattamente … anche se …”cercai qualcosa nella sua espressione che mi confermasse che era tutto uno scherzo, ma ciò che vidi non fece che confermare i miei timori. …

«In che tipo di animale si trasforma?» chiesi titubante.«Le piacerebbe!»sghignazzò lo scellerato

Per fortuna!” «Basta indovinelli, Jacob!!» ringhiai

«Ok! Ok! Devi sapere che non solo io sono in grado di trasformarmi, nella tribù dei Quileute, il gene del Licantropo è in tutti i discendent …»

«NON.MI.INTERESSANO.I.PROBLEMI.DELLA.RISERVA. Sono “dettagli”dei quali preferirei non essere reso pertecipe. Dimmi tutto ciò che sai su Bella. Era a conoscenza dei rischi che correva quando ha iniziato a frequentare Edward?»

«Sicuro, sapeva tutto da anni, da quando è arrivata a Forks. »

«“Da quando è arrivata a Forks”?!?!»ripetei ormai fuori di me «… ed io che la consideravo intelligente! Ma cosa diavolo le è saltato in testa di cacciarsi in una storia simile!! E se l’è pure sposato!» iniziai a sbraitare «ciò che è peggio è che MI HA MENTITO! Non una, ma infinite volte! È stato lui! Sono convinto che lui l’ha costretta! Dovevo rendermene conto;era un ragazzo troppo strano, non mangiava mai, sempre pallido, non socializzava mai con nessuno … non ho saputo cogliere i dettagli … TU!»esclamai puntando il dito verso Jacob che non si scompose di un solo millimetro «Voglio vederla. E mi accompagnerai. Non mi interessa il tipo di mostro che è diventata, se si trasforma o se vola su una scopa, tutto ciò che non è un dettaglio ESSENZIALE lo puoi tenere per te.» “non sarei in grado di affrontarlo … qualunque cosa sia …” «se apparentemente è normale … cioè … insomma … è sempre la mia Bells … preferirei far finta che non sia successo niente.»

«Ecco … insomma … un dettaglio importante ci sarebbe …»

«Ovvero?» chiesi tentando di immaginare quanto surreale potesse essere.

«Bella ed Edward hanno ereditato una boccuccia da sfamare» il mio sguardo perplesso lo fece continuare «Insomma … hanno adottato un’orfanella.»

«Hanno adottato un bambino?!?!? io vorrei proprio sapere cosa diavolo passa per la testa a mia figlia! Ha solo diciannove anni … sono responsabilità … si sono appena sposati …»

«Ehm … Bambina Charlie, è una bambina.»

«Quindi … io sarei diventato … qualcosa tipo un nonno?» rantolai cercando di fare mente locale su questo nuovo ruolo “Sono troppo giovane ancora … però una bambina … di nuovo qualcuno che sgambetta per casa …”

«Esatto! Congratulazioni nonno Charlie!!!» esclamò tutto soddisfatto riportandomi con i piedi per terra.

«Non sono in vena di scherzi Jacob!» borbottai non riuscendo però a reprimere il sorriso che mi si era improvvisamente stampato in sul viso «Per oggi ho esaurito la mia dose di pazienza e Dio solo sa cosa, ancora, mi aspetta.» borbottai continuando a pensare alla bambina «Giusto per essere preparato, la bambina … che cos … insomma … anche lei … si trasforma … vola … o roba simile?»

«Oh beh … lei … lei è più speciale di tutti noi messi assieme » disse con un tono quasi adorante, se non si fosse trattato di una bambina avrei quasi pensato ne fosse innamorato. Doveva essere davvero meravigliosa«Fidati, è meglio che tu non sappia. Ma se riesci a ignorarne gli aspetti bizzarri, ne resterai affascinato. Non c'è essere più meraviglioso al mondo, se sarai in grado di fartene una ragione Bella e Edward non se ne andranno … »

«Se ne andranno??» chiesi improvvisamente con la voce strozzata «Come? Perché? Bella è guarita hai detto! E la bambina? Vorranno almeno farmela conoscere!!!»

«Purtroppo non possono rimanere molto tempo nello stesso luogo … desterebbero sospetti, ma se in qualche modo tu fossi in grado di ignorare certe stranezze nel comportamento, ecco … forse … sicuramente … resterebbero in zona.»

«CERTO CHE SI’!»Esclamai senza aspettare nemmeno che finisse la frase «Risparmiatemi i dettagli e penso di poter fare tutto! Niente trasformazioni, niente mostri,tutto normale.»

Ce la posso fare!” per la mia Bells ce la DOVEVO fare.

 

Edward

 

Era bastato nominare Renesmee per riportare Bella alla realtà; ben inteso, avrei continuato ininterrottamente fino a battere il “Record”(per usare un suo termine) di Emmett e Rosalie, ma avevamo delle responsabilità; non eravamo più soli. Alice si era poi premurata di avvisarmi che la piccina si era svegliata e voleva sua madre, subito sarebbe stato meglio. Esme e Rosalie stavano cercando di intrattenerla ma i risultati erano pessimi.

Bella si era seduta di scatto sul letto e continuava a saettare con lo sguardo tra me e la direzione dove si trovava la casa della mia famiglia, era indecisa e preoccupata, conoscevo bene ogni singola sfumatura e smorfia del suo viso sapevo bene quando qualcosa la turbava, il pensiero della crescita accelerata di Renesmee era una costante nei miei pensieri, e anche lei come me aveva paura di ciò che avrebbe trovato davanti a sé. «Va tutto bene, tesoro. Vestiti, saremo a casa in due secondi».

Il pingpong nella sua mente continuò impazzito ancora per qualche altro secondo, in effetti se non avessi dato fondo a tutto il mio autocontrollo non so se sarei riuscito a staccarmi da lei tanto facilmente; e trovarmela nuda nel letto non aiutava per niente.

Devo aiutarla, non assecondarla!”continuavo a ripetermi come se le stessi facendo un torto … «Te l'ho detto, è tutta questione di equilibrio, amore. E tu sei talmente in gamba che non ci metterai niente a inquadrare ogni cosa nella giusta prospettiva» le dissi sorridendo.

«E poi abbiamo tutta la notte, no?».

Esatto amore, tutte le notti da qui all’eternità!”pensai allargando ancor di più il mio sorriso. «Credi che ti lascerei rivestire se non fosse così?».

Mi squadrò una frazione di secondo, come se stesse valutando la serietà delle mie parole e poi si alzò decisa e determinata per la conquista della cabina armadio.

Aprì con spavalderia le porte e, sebbene l’avessi messa in guardia, restò impietrita sulla soglia a osservare il delirio di onnipotenza di Alice.

«Quali sono i miei?», sibilò angosciata.

«A quanto mi risulta, è tutta roba tua tranne questa», dissi avvicinandomi all’ingresso.

«Tutto?»rantolò.

Ogni altra parola fu superflua, mi strinsi nelle spalle e ci capimmo al volo.

«Alice», ci uscì di bocca all'unisono. Soltanto che il suo tono fu molto più simile ad un’imprecazione che il mio.

«Bello», mormorò furibonda mentre iniziava a cercare qualcosa di adatto da indossare, impresa tutt’altro che facile … Conoscevo mia sorella fin troppo bene ed ero più che sicuro che ciò che Bella avrebbe preferito indossare non rientrava nelle scelte prioritarie di Alice e pertanto sarebbe stato introvabile per gli inesperti.

«Ti aiuto io»,mi offrii e dopo aver fiutato l’odore giusto tirai fuori da un cassetto un paio di jeans.

Mi volò accanto. «Come hai fatto?».

«Il denim ha un odore particolare, come qualunque altra cosa. E per il sopra... cotone elasticizzato?».

Chiesi prima di disseppellire una maglietta bianca da uno scaffale e lanciargliela.

Cominciai quindi a vestirmi anch’io … impresa tutt’altro che facile con i suoi occhi puntati addosso … se non fosse stato per l’ultimatum di mia sorella le avrei proibito categoricamente di farlo.

 

Renesmee

 

“Dov’è mamma?” continuavo a chiedere, tutti dicevano che era con papà, che sarebbe arrivata presto, solo lo zio Emmett diceva che avrei dovuto aspettare un bel po’ … diceva che erano molto occupati … che avevano altri pensieri in quel momento … perché non volevano stare con me?

“Io voglio mia mamma …” perché non arrivava, non le ero piaciuta … la nonna mi aveva dato dei bastoncini di metallo che luccicavano … non erano divertenti, si rompevano “Dove sono la mamma e il papà?”anche Jacob era andato via …

«Finalmente!»esclamò la zia Alice all’improvviso,guardai anch’io dove stava guardando lei e dalla finestra dove si vedeva il bosco vidi apparire papà e dopo “LA MAMMA!” la indicai alla zia Rose più volte che potevo. “Lo zio Emmett dice le bugie … non è vero che si sono scordati di me …”

La mamma mi prese subito in braccio … era contenta di vedermi … sorrideva … era davvero bella … anch’io ero felice ora che era arrivata …

 

Edward

 

Vederle insieme che si abbracciavano era un sogno, come se finalmente il cerchio si fosse chiuso e la nostra felicità fosse completa; indubbiamente c’erano ancora molte questioni da risolvere e capire, ma era lo stesso un momento bellissimo.

«Da quanto tempo è alzata?» chiese Bella mentre andavo a prepararle la colazione

«Qualche minuto»,rispose Rose. «Ti avremmo chiamato fra poco. Ti voleva, anzi, ti pretendeva. Esme ha sacrificato uno dei suoi servizi di posate per tenere impegnato il piccolo mostro», “a dire il vero stavamo per aprire le scommesse se vi avremmo rivisti prima di un paio di mesi …”«Non volevamo... disturbarvi, ecco».

Rimasi basito.

Possibile che non avessero il minimo ritegno?

Eddino caro, mi hai deluso!!”pensò Emmett “insomma sei l’unico vampiro che è riuscito ad avere un figlio, al primo colpo per giunta!! Mi aspettavo grandi cose da te e invece ti presenti qua in perfetto orario e senza un capello fuori posto. Che tristezza.” il ghigno che ne seguì fece tremare anche il bosco.

L’istinto di sbranarlo vivo era incontenibile, per quanto avremmo ancora dovuto sopportate i loro commenti?

«Ti prepariamo subito la camera. La casetta ti piacerà, vedrai. È magica». Disse Bella ignorandolo. «Grazie, Esme. Grazie infinite. È assolutamente perfetta».

Ma fu completamente inutile, la sghignazzata lasciò il posto ad una vera e propria crisi isterica da ilarità e le risate si trasformarono in ululati. «Quindi è ancora in piedi?», rantolò tra un singhiozzo e l'altro. «Ero convinto che l'avreste demolita. Cos'avete fatto stanotte, avete discusso del debito pubblico?»

In quel preciso momento lo desiderai morto.«Jacob è partito stamattina presto»,disse Rosalie, rispondendo a Bella che, sicuramente, aveva notato la sua assenza. “Sembrava spiritato, quasi avesse avuto un’idea geniale o una terribile rivelazione”.«Seth è andato con lui».

Strano.

«Di cos'era preoccupato?», chiesi rientrando nella stanza con la tazza di Renesmee. Jacob spiritato non presagiva nulla di buono, che lasciasse Renesmee da sola era addirittura preoccupante. Non che mi dispiacesse levarmelo di torno per qualche ora, ma temevo che fosse sorto qualche altro problema con il branco di Sam.

«Non lo so e non m'importa», borbottò Rosalie prendendo in braccio Renesmee.«Guardava Nessie dormire, imbambolato, con quella sua aria da imbecille, quando d'un tratto, senza motivo - nessuno che io abbia notato, almeno - è balzato in piedi e si è fiondato fuori. A me non è dispiaciuto che si levasse di torno. Più tempo passa qui, più sarà difficile liberare la casa dall'odore».

«Rose», la riprese Esme.

«Ma non è un grosso problema. Immagino che non resteremo qui ancora a lungo».Replicò Rosalie con noncuranza.

«Io insisto che dovremmo andare dritti nel New Hampshire a organizzare le cose»,intervenne Emmett, «Bella è già iscritta a Dartmouth. Non credo le ci vorrà tanto per ambientarsi a scuola». Poi, voltandosi a guardarla «Sono sicuro che diventerai la prima della classe... A quanto pare la notte non hai di meglio da fare che studiare».

Rosalie sghignazzò. “Anche se volessero, con una bambina per casa, dubito che potranno dedicarsi ad attività alternative su larga scala … ma questo non sembra certo essere un problema!!!”

Da quando la mia vita privata era diventata oggetto di studio?!” pensai irritato come non mai, non avevano il limite; era il momento di mettere fine a questa situazione, stavo per rispondere a tono quando:

Non c’è che dire sono fiero di me! Sono riuscito a risolvere il “problema Charlie” e nessuno dovrà andarsene, loro non sarebbero stati in grado di fare meglio!!!”

NO.

NON POTEVA ESSERE ARRIVATO A TANTO. E solo in quel momento percepii il ringhio che mi stava uscendo dal petto.

«Cosa sta facendo? Com'è riuscito quel canea cancellare il mio programma di tutta la giornata? Non riesco a vedere niente! No!». Esclamò Alice sconvolta. «E tu guardati! Hai bisogno di me per capire come usare la cabina armadio».

Bella ci osservò immobile, sicuramente stava valutando cosa fosse più tremendo per Alice, se la sua scarsa conoscenza dell’uso delle cabine armadio o l’ultima trovata geniale del suo miglio amico.

Sì, veramente un gran bell’amico!” pensai cercando di incanalare la mia rabbia martoriando i pugni. «Ha parlato con Charlie. Pensa che lui lo stia seguendo. Verrà qui. Oggi».

Alice imprecò.

C’era da immaginarselo!!! Vado a cercare di risolvere parzialmente il problema!!! Me la pagherà!! Quel cane ME.LA.PAGHERA’!”farfugliò volatilizzandosi sul retro.

«L'ha detto a Charlie?», rantolò Bella. «Ma... non si rende conto? Come ha potuto? No!».

Evidentemente non sei più così importante per lui …”«Jacob è già qui», mormorai fra i denti.

E scrollandosi di dosso l’acqua della pioggia, proprio come il cane che era, ci salutò ghignando,

«Salve, ragazzi».

Silenzio totale.

Non ha nemmeno il coraggio di affrontarci da solo! Vigliacco e codardo!”pensai quando Seth e Leah comparvero alle sue spalle.

Bella prese in braccio Renesmee. Un brivido mi corse lungo la schiena ma tacqui, sicuramente cercava di mantenere la calma e rimandare lo sterminio dei licantropi, ma vederle in braccio la bambina quando da un momento all’altro poteva scoppiare mi creava panico.

«Fra poco arriverà Charlie», buttò lì Jacob, senza tanti preamboli. «Te lo dico a titolo informativo. Immagino che Alice sia andata a prenderti un paio d'occhiali...»

e spero anche un lanciafiamme per farti sparire definitivamente dalle nostre vite …”

«Tu hai troppa immaginazione», ringhiò Bella. «Che. Cavolo. Hai. Combinato?».

Il suo sorriso vacillò, forse il sospetto di aver fatto la più grossa cazzata della sua vita si era insinuato nella sua scatola cranica vuota.«Stamattina Emmett e la bionda mi hanno svegliato con la storia che vi trasferite tutti quanti dall'altra parte del paese. Come se potessi lasciarvi andare. Il grosso problema era Charlie, no? Be', problema risolto».

Ma si poteva essere più idioti?

«Ti rendi conto anche solo vagamente di ciò che hai fatto? Del rischio a cui l'hai esposto?».Sputò fuori Bella con rabbia.

Sbuffò.

L’avrei preso a schiaffi. Dio solo sa cosa ancora mi trattenne.

«Non l'ho messo in pericolo. L'unico pericolo potresti essere tu, ma tu possiedi una specie di autocontrollo soprannaturale, dico bene? Anche se per me non vale quanto la capacità di leggere nel pensiero. Molto meno eccitante».

Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. In un attimo gli fui addosso, faccia a faccia.

Il codardo indietreggiò.

«È solo una teoria,bastardo», sputai senza preoccuparmi né del tono né che le parole potessero offenderlo. «Pensi che dovremmo usare Charlie come banco di prova? Hai pensato al dolore fisico che patirebbe Bella, ammesso e non concesso che riesca a resistere? E alla sofferenza nel caso non ci riuscisse? Ma immagino che ciò che prova Bella non sia più affar tuo!».

«Bella sentirà dolore?» farfugliò finalmente il cane.

Benvenuto nella realtà!”«Come se le avessi infilato in gola un ferro incandescente!».

«Non lo sapevo»,sussurrò.

Idiota!”«Potevi chiedere, prima»,ringhiai fra i denti.

«Potevi fermarmi».

«Dovevi essere fermato».esclamai fulminando i miei fratelli con lo sguardo. Possibile che a nessuno fosse venuto in mente di seguirlo??? Il solo fatto che si allontanasse da Renesmee così all’improvviso poteva anche far sorgere qualche perplessità!!

«Non si tratta di me», s'intromise Bella. Sempre pronta a spostare il problema dei danni che questa assurda bravata avrebbero causato, da lei agli altri. «Si tratta di Charlie, Jacob. Come hai potuto esporlo a un simile rischio? Ti rendi conto che adesso o muore, o diventa anche lui un vampiro?». Disse con voce tremante.

Lo stupido rimase impassibile.

«Rilassati, Bella. Non gli ho detto nulla che non avessi già intenzione di dirgli tu».

«Ma sta venendo qui!».

«L'idea era quella, infatti. Mi pareva di aver capito che il tuo piano fosse "facciamogli supporre cose sbagliate", così ci ho pensato io a depistarlo».

Una mano abbandonò Renesmee scivolando su un fianco per stringersi subito dopo in un pugno. Dio volesse che lo facesse nero una volta per tutte.«Spiegati, Jacob. Non ho tempo da perdere con gli indovinelli».

«Non gli ho detto niente di te. Non proprio. Gli ho detto di me. Be', forse sarebbe più corretto dire che gli ho fatto vedere me».

«Si è trasformato davanti a Charlie», sibilai.

«Hai fatto cosa?»,mugolò inorridita.

«Ha del fegato. Come te. Non è svenuto, non ha vomitato, niente. Devo dire che ne sono rimasto colpito. Però avresti dovuto vedere la sua faccia quando ho cominciato a spogliarmi. Impagabile», sghignazzò.

Veramente, non c’è limite alla sua stupidità …!”

«Ma allora sei completamente deficiente! Poteva venirgli un infarto!».

«Sta bene. È uno tosto. Se ci pensassi sopra un minuto, ti renderesti conto che ho fatto un favore a tutti».

«Di minuto te ne concedo mezzo, Jacob». Impazzivo quando lo trattava per quello che era! . «Hai trenta secondi per riferirmi ogni cosa che vi siete detti, parola per parola, prima che affidi Renesmee a Rosalie e ti stacchi quella testa vuota che ti ritrovi. Questa volta non ci sarà Seth a fermarmi».

Se la fortuna mi assisteva forse mi sarei liberato di lui prima del previsto.

 

Alice

 

Sì certo perdonalo!” pensai quando, tornando nel salone, li vidi stringersi la mano come due cari amici “tanto c’è Alice che vi toglie dai guai!! Giuro che quel cane questa me la paga”.

«Tu, tu e tu»,intimai ai licantropi fulminandoli lo sguardo. «Se proprio dovete restare, mettetevi nell'angolo e vedete di rimanerci per un po'. Devo vedere. Bella, ti consiglio di mollargli la piccola. E poi è meglio se tieni le braccia libere».

Bella trasalì, ed era un bene avesse paura, e senza battere ciglio la passo nelle braccia di Jacob.

«Posso andare?»,borbottò Leah.

Certo che sì! Un problema in meno!”pensai. Evidentemente non le piaceva ricevere ordini da un vampiro; ma era in casa mia e dopo quello che il “suo capobranco” aveva combinato mi sembrava il minimo ubbidisse; quindi se l’idea non le piaceva faceva bene a sparire.

«Certo», rispose Jake.

«Mantieniti a est, così non rischi di incontrare Charlie», “… e complicare ulteriormente le cose!!”e nel giro di pochi istanti sparì.

«Ce la puoi fare. Sai di potercela fare. Ti aiuterò. Ti aiuteremo tutti». Sussurrò, smielato, Edward «Se non fossi convinto che puoi farcela, ci eclisseremmo oggi stesso. In questo preciso istante. Ma ce la farai. E sarai più felice se Charlie farà ancora parte della tua vita».

La fai facile, tu!” non aveva nemmeno lontanamente idea degl’innumerevoli scenari che si potevano aprire da questo incontro!!! “Tanto c’è sempre Alice che pensa a risolvere il problemi!!”

«Queste ti irriteranno gli occhi: non fanno male, ma annebbiano un po' la vista. Danno fastidio.» Le dissi lanciandole la scatolina con le lenti a contatto. «Non è il tuo vecchio colore, ma sempre meglio che rosso acceso, ti pare?».

«Ma quando hai...».

«Prima che partiste per la luna di miele. Ho preso in considerazione vari, possibili scenari futuri». Anche se questo non era contemplato, si possono rendere utili.

«Ho capito cosa intendevi», mormorò infilandosele.

«Come sto?».

Edward sorrise.«Una favola, naturalmente...».

«Sì, sì, certo, lei è sempre una favola», “Cominci a somigliare a un disco rotto, fratellone!”«Meglio che rossi, ma è l'unico commento positivo che mi sento di fare. Marrone fango. Il tuo colore naturale era molto più bello. Ricorda che non durano in eterno: il veleno nei tuoi occhi le scioglie nel giro di poche ore. Quindi se Charlie si trattiene più a lungo, dovrai scusarti e correre a infilartene un paio nuove. Che è comunque una buona idea, visto che gli umani devono andare in bagno».“… e muoversi, e battere le ciglia, e respirare … Divina provvidenza aiutaci tu!!”pensai scuotendo la testa. «Esme, dalle un paio di dritte sul comportamento da umano mentre io rifornisco il bagno di lenti».

«Quanto tempo ho?».

Pochissimo!!”«Charlie sarà qui fra cinque minuti. Sii sintetica». Sbottai inviperita.

«Per prima cosa, non devi star seduta troppo immobile, né muoverti troppo velocemente», disse subito Esme, e gli altri le andarono dietro..

«Se lui si siede, siediti anche tu», s'intromise Emmett. «Agli umani non piace stare in piedi».

«Ogni trenta secondi o giù di lì sposta lo sguardo», aggiunse Jasper. «Gli umani non fissano le cose troppo a lungo».

«Accavalla le gambe, poi, dopo cinque minuti, incrocia le caviglie», disse Rosalie.

«E batti le palpebre almeno tre volte al minuto», si raccomandò ancora Emmett.

«Muovi anche le mani. Tirati indietro i capelli, fai finta di grattare qualcosa...»,continuò Jasper.

Non c’è che dire, oggi siamo pieni di perle di saggezza!!” «Avevo detto Esme»,mi lamentai tornando nel salone. «Così la confondete».

«No, credo di aver capito», mormorò. «Star seduta, guardare in giro, battere le palpebre, muovere le mani».

«Esatto»,approvò Esme abbracciandola.

«Tratterrai il fiato il più possibile, ma devi sollevare ritmicamente le spalle, appena appena, per dare l'impressione che respiri». Concluse Jasper

«Due minuti»,annunciai. «Forse dovresti farti trovare già seduta sul divano. In fin dei conti sei stata malata. Così non noterà subito il tuo modo di muoverti». Dissi spingendola verso il divano

«Jacob, ho bisogno di Renesmee», disse.

Ma allora non ci siamo capiti?!?”pensai scuotendo la testa, Edward mi fulminò, ma lo ignorai «Bella, lei non mi aiuta a vedere».

«Ma mi serve. Mi tranquillizza». Mormorò in preda al panico.

Sto esaurendo la pazienza!”«D'accordo», borbottai. «Tienila più ferma che puoi, cercheròdi vederle attorno»,“prima o poi vi rimetterò il conto degli straordinari e degli analgesici che mi costringete a prendere!!!”

Jacob tornò nel suo angolo, Edward si sedette al fianco di Bella e tutti in posa come per una fotografia ci preparammo per la grande sfida.

 

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Capitolo 22
*** CAPITOLO 22 ***


Ciao a tutti!! Spero che questo capitolo piaccia un po’ di più … io ce l’ho messa tutta … un bacio grande a tutti e auguroni di uno splendido Natale!!!! Ci vediamo ad anno nuovo!!!

 

Cap.22

 

Renesmee

 

Stava per accadere qualcosa, non sapevo bene cosa ma qualcuno stava per arrivare ed erano tutti agitati … zia Alice borbottava di continuo … papà era arrabbiato … e mamma preoccupata.

Mi prese in braccio e mi tenne stretta a sé, zia Alice non voleva … era sempre dispettosa lei … ma la mamma l’aveva convinta. Papà si sedette vicino a noi e ci abbracciò.

«Renesmee, sta per arrivare una persona molto speciale che viene apposta per vedere te e la mamma», disse guardandomi con aria seria.

Per me e mamma …” pensai guardandolo fisso negl’occhi. Era una cosa seria quella che mi stava dicendo, una cosa importante, da grandi «Ma non è come noi, nemmeno come Jacob. Dobbiamo essere molto cauti con lui. Non devi dirgli le cose come le dici a noi».

Non posso fare vedere le cose?!” pensai toccando il viso di papà per mostrargli quando raccontavo le mie storie.

«Esatto», rispose sorridendo.«Inoltre ti farà venire sete. Ma non devi morderlo. Non può guarire come Jacob».

Non posso giocare con lui …”

«Riesce a capirti?», sussurrò la mamma. La mamma non riusciva a parlare con papà pensando le cose, solo io ci riuscivo … era il nostro segreto.

«Capisce. Farai attenzione, vero, Renesmee? Ci aiuterai?».

Avvicinai ancora la mia mano alla sua guancia mostrando quando mordevo Jacob, forse non dovevo più morderlo “Faccio male a Jacob? Non devo giocare nemmeno con il MIO amico?”.

«No, non m'importa se mordi Jacob, va bene».

E sentendo la risata di Jacob mi tranquillizzai.

«Forse è meglio se te ne vai, Jacob», disse papà molto arrabbiato, “Perché? Perché lo guardava male? È stato molto cattivo? … Cosa ha fatto?”

«Ho detto a Charlie che ci sarei stato anch'io», rispose. «Ha bisogno di sostegno morale».

Charlie … si chiama così questo signore …”

«Sostegno morale … Fra noi mostri tu sei il più ributtante, per Charlie». Disse papà sempre più arrabbiato.

Il MIO amico borbottò, poi ci fu un rumore nuovo fuori dalla casa … la mamma mi strinse più forte … lo zio Jasper le disse che era brava … io lo sapevo già che la mia mamma era la più brava … papà la abbracciò più forte.

«Puoi fare qualunque cosa».Le disse piano piano sorridendo e poi la baciò, ma non sulla fronte come faceva con me … sulla bocca … come erano belli … ma lo zio Jasper li brontolò … e loro smisero … perché non voleva che si baciassero? … lui lo faceva con zia Alice …

Perché zio Emmett rideva?

Mamma e papà lo facevano ridere? Per me erano tanto belli …

Il rumore strano da fuori si fece più forte e tutti quanti smisero di parlare …

Dovevo stare buona … l’avevo promesso a papà.

 

Charlie

 

Mai viaggio era stato più lungo e tormentato, nemmeno quando andai a riprenderla dopo l’incidente a Phoenix.

Parcheggiai davanti alla casa dei Cullen e rimasi a fissare impietrito la porta d’ingresso … Che cosa erano? Jacob era … era un … un lic … lican … insomma: un mostro. Non riuscivo neanche a pronunciarla quella parola da quanto mi disgustava; “loro cosa sono? Zombie? Marziani? Vampiri? … No. Vampiri no. Sono strani ma escono alla luce del giorno, Carlisle lavora in ospedale, no no no.”

Quella mattina quando quello scellerato aveva improvvisato il suo spettacolo mi era crollato il mondo addosso. Le certezze che avevo sempre avuto, il mio mondo“normale”aveva iniziato a tremare sparpagliando calcinacci ovunque, vedendo quella bestia enorme avevo addirittura pensato che volesse dirmi che l’aveva sbranata … invece era stata male … e avevano dovuto farle qualcosa … trasformarla … per farla guarire. Ma che malattia era?

Continuai a fissare la casa e presi un profondo respiro … adesso stava bene, diceva lui, ma finché non l’avessi vista con i miei occhi non sarei mai stato tranquillo … avevano anche adottato una bambina … ma cosa diavolo gli era passato per la testa a quei due … presi coraggio con un profondo respiro, spensi la macchia e uscii.

Se l’avessi vista in salute e felice mi sarei accontentato.

Erano le cose più importanti.

Sì, mi sarebbe bastato.

Salii i gradini del portico, raccolsi tutto il mio coraggio e bussai.

«Ciao, Charlie», salutò Carlisle aprendo la porta. A quanto pare avevano il teletrasporto in casa per essere tornati così rapidamente da Atlanta … forse erano veramente marziani … non mi sarei certo stupito dopo la rivelazione della mattinata.

«Carlisle. Dov'è Bella?» »,risposi impassibile e senza tante cerimonie inutili.

«Sono qui, papà». E al suono della sua voce mi tremarono le gambe.

Era lei, qualcosa in quella voce mi diceva che era lei anche se non lo era, guardai nel salone e la vidi era seduta sul divano, Edward accanto e un fagottino in braccio.

Era lei, ma era diversa.

Era bellissima … non che prima non lo fosse, ma adesso era di una bellezza quasi accecante …ma cosa le era successo?

Il pallore sul suo viso era ancora più accentuato, sì doveva aver sofferto molto, almeno in questo non avevano mentito.

Sperai dentro di me che fosse fuori pericolo, qualcosa in lei non era normale, mi metteva soggezione e angoscia.

Comunque convalescenza o meno nulla l’avrebbe esentata dall’ascoltare le mie ragioni. Il suo comportamento era stato inqualificabile.

E se poi si fosse arrabbiata e non avessi più potuto vederla? No. Non avrei retto un simile dolore.

«Bella, sei tu?», sussurrai titubante e incredulo.

«Sì. Ciao, papà».

Ok. Ce la posso fare.” Pensai prendendo un profondo respiro “… forse questo timbro di voce è un postumo della malattia”.

«Ciao, Charlie», esclamò Jacob dal fondo della sala. «Come va?».

Mi voltai di scatto fulminandolo con lo sguardo. Subito la mia mente tornò a quella mattina nel bosco e un brivido mi percorse la schiena. “meglio non pensarci.” E tornai a concentrarmi su mia figlia.

Con passi lenti attraversai la stanza.

Edward, accanto a lei non la mollava un istante.

Sei di troppo,lo capisci o no?!?” Evidentemente lui non riteneva di essere ingombrante e non si mosse di un palmo.

Quella bella faccetta non mi era mai piaciuta, e il sesto senso di un poliziotto non sbaglia mai.

È tutta colpa sua; l’ho sempre saputo.

L’ha fatta scappare di casa, mentire a suo padre, sposarsi … questa proprio non gliela perdono.

«Bella?», chiesi una volta arrivatole davanti.

«Sono proprio io». Rispose cercando di camuffare la voce.

Non prendermi per scemo figliola, ho capito che è successo qualcosa:” pensai serrando le mascelle.

«Mi dispiace, papà», disse prima ancora che dicessi qualcosa.

«Stai bene?»

«Alla grande», esclamò entusiasta. «Sana come un pesce».

In effetti a guardarla bene, se non si considerava il pallore, nessuno avrebbe detto che fino al giorno prima fosse in fin di vita «Jake mi ha detto che era... necessario. Che stavi morendo». “È vero?” aggiunsi con uno sguardo.

«Jacob ti ha detto la verità»mormorò dopo un attimo di esitazione.

«Quindi sei una di loro»,“Qualunque cosa essi siano.”borbottai.

Non rispose, e questo valse più di cento parole.

Il fagottino nel suo braccio si mosse e lei lo strinse ancora di più a sé catturando la mia attenzione, avevo visto che teneva qualcosa in braccio ma non ci avevo prestato molta attenzione.

«Oh», esclamai sorpreso realizzando subito di chi si trattasse. «È lei. L'orfanella che volete adottare».

Certo che se la sono scelta proprio somigliante, gli occhi sono di Bella, i capelli come lui … se non fosse praticamente impossibile mettere al mondo un figlio in un mese potrei affermare al duecento per cento che è figlia loro.”

«Mia nipote», s’intromise lui. Possibile che avesse sempre una risposta per tutto al momento giusto?

«Credevo non avessi famiglia»,dissi con in tono accusatorio“È un’altra bugia o solo un omissione? Bell’esempio che dai a questa creatura!”

«Ho perso i genitori. Mio fratello maggiore è stato adottato, come me. Non l'ho mai più rivisto. Però il tribunale mi ha rintracciato quando è morto insieme alla moglie in un incidente d'auto, lasciando orfana la figlia, che non aveva nessun altro al mondo».

Sembra convincente, suppongo di dover far finta di credergli.”lo stavo ancora valutando che qualcuno fece capolino tra le braccia di Bella.

«È... be', sì, è bellissima». Sussurrai estasiato.

«Sì», concordò Edward. Con quel compiacimento nella voce che solo un padre poteva avere. “No. Non è possibile Charlie levatelo dalla testa … una gravidanza non sarebbero mai riusciti a nascondertela.”

«Certo che vi siete presi una bella responsabilità. Avete appena messo su casa».

«Cos'altro potevamo fare?»,rispose carezzandole il viso. «Tu ti saresti rifiutato?».

«Be', ovvio che...». “Diamine ma come fa a fregarmi sempre!”«Jake mi ha detto che si chiama Nessie». Dissi cercando di cambiare discorso

«No. Il suo nome è Renesmee».Mi riprese risoluta Bella e il suo tono mi fece rabbrividire.

«Ma tu te la senti? Forse Carlisle ed Esme potrebbero...». provai a suggerirle, infondo aveva solo diciannove anni.

«È mia, La voglio».Mi interruppe, e questa volta il tono mi fece realmente paura, esprimeva un possesso nei confronti di quella bambina che mai mi sarei immaginato di vedere in mia figlia, considerando inoltre che non era nemmeno figlia sua … anche se … qualcosa di Bella riuscivo a scorgerci, “No no no non può essere … per fare un figlio da che mondo e mondo ci vogliono nove mesi …” «Devo diventare nonno così presto?». Chiesi cercando di non pensare a quanto bizzarra fosse tutta questa storia.

«Anche Carlisle è nonno».Rispose Edward sorridendo “Ti piace davvero tanto intervenire nei discorsi altrui, vero?”pensai spostando lo sguardo su Carlisle … in effetti lui era ancora più giovane di me … o quanto meno se li porta davvero bene.«Immagino che questo dovrebbe farmi sentire meglio». Dissi cercando di abbozzare una risata, per poi tornare subito ad ammirare la mia nipotina, «Certo che di bambini così non se ne vedono tutti i giorni». “Bella era splendida quando nacque, ma questa piccolina … è … indescrivibile … non sembra nemmeno reale … Non può essere figlia loro … ma le somiglia … tanto … e somiglia anche a lui … ma se così fosse al momento del matrimonio si sarebbe dovuto vedere … a meno che … no … no è troppo assurdo … se continuo così ne uscirò con un esaurimento … non ce la posso fare …”

«Top secret,Charlie. Andrà tutto bene. Te lo prometto». Mi sussurrò improvvisamente Jacob all’orecchio “Già … Top secret … forse è veramente troppo … ho chiesto io di non avere dettagli …” annuii deglutendo “ma devono … deve … capire che non sono uno stupido, posso anche fare finta di esserlo se è per il bene di mia figlia, MA.NON.LO.SONO!! ”e a muso duro mi avvicinai a Edward, giusto perché gli fosse chiaro che sapevo di chi era la colpa. «Non voglio sapere tutto, ma sono stufo di sentirmi raccontare balle!».

«Mi dispiace», ripose con la sua solita calma, capace di far saltare i nervi a un santo. «ma, più che la verità, ti serve conoscere la versione ufficiale. Se devi far parte del segreto, la versione ufficiale è ciò che conta. Per proteggere Bella e Renesmee, nonché tutti noi. Riesci a reggere qualche bugia per amore di loro due, almeno?»

Dieci paia di occhi mi fissarono impietriti. «Avresti potuto avvertirmi in qualche modo, piccola». Sbuffai guardando mia figlia.

«Avrebbe reso le cose più facili?».

No … tutt’altro …”pensai rabbuiandomi, e senza rispondere mi inginocchiai davanti a lei per ammirare la piccina più da vicino. Rimasi sbalordito quando puntò i suoi occhietti su di me allungando la manina per raggiungermi ma Bella la fermò … “Perché? Non credo che un simile angelo possa essere pericoloso … impossibile perfino in questa assurda realtà!!”

«Wow», biascicai incantato.«Quanto tempo ha?».

«Tre mesi», rispose, sempre prontamente, Edward, «cioè, ha le dimensioni di una bambina di circa tre mesi. Ma sotto certi aspetti è più piccola, sotto altri, invece, più matura».

Quindi? … No … meglio non sapere.”

«Te l'avevo detto che era speciale». Gongolò Jacob, neanche fosse figlia sua, dandomi una gomitata. L’istinto di protezione mi fece ritrarre.

«E dai, Charlie», borbottò.«Sono sempre io, il solito vecchio Jake. Fai finta che questo pomeriggio non sia mai esistito».

Rabbrividii all’istante. «Tu che ruolo hai in tutto questo, Jake?», chiesi.«Quanto ne sa Billy? Perché sei qui?» “Perché non levi gli occhi di dosso a questa bambina? Devo preoccuparmi?”

«Potrei spiegarti - fra l'altro, Billy è al corrente di tutto -, ma dovrei includere un mucchio di particolari riguardo ai lican ...».

«Aaah!», esclamai inorridito tappandomi le orecchie con le mani. Di tutte le stranezze quella era in assoluto la più disgustosa! «Lascia stare».

«Andrà tutto bene, Charlie. Basta che ti sforzi di non credere a ciò che vedi». Sogghignò soddisfatto.

Guarda se un pover’uomo si deve veder crollare il mondo addosso in questo modo … e ha pure il coraggio di ridere … l’importante è che non mostri le zanne ….”

«Così!», rimbombò all'improvviso la voce del fratello maggiore di Edward, quello grosso, facendomi sobbalzare. «Forza, Gators!».

«Il Florida sta vincendo?»chiesi.

«Hanno appena segnato il primo touchdown», rispose Emmett. «Finalmente qualcuno che non fa cilecca». Aggiunse guadando mia figlia …«Mah», … meglio non sapere «vediamo se riescono a conservare il vantaggio». Dissi lasciandomi cadere con un sospiro in una poltrona, cercando di godermi quel piccolo momento di normalità.

 

Dopo il primo impatto, il pomeriggio era trascorso tranquillamente, mi ero messo a guardare il baseball con quel ragazzone … Emmett. Se ne intendeva davvero, era un piacere commentare insieme a lui, doveva essere anche molto affezionato a Bella a giudicare dalle battutine che si scambiavano, di cui però non capivo il senso ma si vedeva che c’era affiatamento.

Aveva fatto il possibile per farmi sentire a mio agio e gliene ero grato.

Guidavo in silenzio lasciandomi alle spalle la casa dei Cullen e tutti gli avvenimenti di quella lunghissima giornata; Sue Clearwater e Billy mi aspettavano per cena.

Una cosa NORMALE.

Anche la vita dei Cullen scorreva normale, nessuno avrebbe mai potuto dire che stessero nascondendo un’altra identità … quale che fosse dovevo ancora capirlo esattamente … ma forse era meglio di no.

Bella stava bene.

Questa era la cosa più importante.

Avevamo deciso, di comune accordo, di tenere Renée fuori da tutta questa storia, era troppo per lei e in questo delirio servivano nervi saldi, e lei non li aveva. Persino i miei sembravano vacillare; ma il pensiero di poterla rivedere domani mi diede una sferzata di coraggio; e anche se fra qualche tempo si fossero dovuti allontanare, non l’avrei persa. Questa nuova consapevolezza insieme alla gioia di aver tenuto in braccio la piccolina mi diedero una tale energia che mi sembrò di essere tornato indietro di vent’anni, all’ultima volta che avevo tenuto in braccio un bambino … Bella

Le aveva dato anche il mio nome … poteva essere diventata qualsiasi cosa ma, l’importante era che mi volesse ancora bene, che non mi abbandonasse più … e che fossi ancora indispensabile per lei.

 

Emmett

 

E adesso voglio l’applauso!!!”pensai sentendo il rumore della macchina di Charlie che si allontanava lungo il viale, “Se non fosse stato per me che l’ho intrattenuto con il baseball tutto il pomeriggio non ne sareste venuti fuori!!! Mi hai sentito fratellone?!?”

Mi ignorò.

«Wow», sussurrò lei

«Mi hai rubato la parola di bocca». Cinguettò lui.

«Edward, ce l'ho fatta!».

Che c’è vuoi il Nobel per la pace??”

«Sì. Sei stata incredibile. Quelle paure da neonata... le hai saltate tutte a piè pari».Ridacchiò Eddino.

Quei due erano di nuovo attaccati come la carta moschicida, figuriamoci se avessero reso giustizia al mio operato, erano tutti coccole amore e neanche un briciolo di sana passione animale!!!

«Secondo me non è neanche una vampira, figuriamoci una neonata», esclamai annoiato di sentirli tubare. «È troppo mansueta.

Bella ringhiò.“Muahahahahahahah”«Uh, che paura» dissi sbellicandomi dalle risate.

«Charlie torna domani»,rispose Bella a qualche richiesta della bambina.

«Ottimo», esclamai soddisfatto “Questa volta niente doppi sensi!!! AHAHAHHAHAHAH”.

«Non è stata una gran bell'idea, Emmett», disse Edward prendendo in braccio la bambina. Già era noioso prima adesso, che era padre di famiglia, potevamo spararci!

«Cosa intendi dire?», chiesi cercando di non dargli soddisfazione. “Sei noioso fratello, insomma un po’ di sano umorismo ogni tanto fa bene!!! Bisogna stare agli scherzi qualche volta!!!”

«Non ti pare un po' azzardato sfidare il vampiro più forte di casa?».

Eddino l’astinenza ti fa brutti scherzi muahahahahaha!!!”«Ma per piacere.

«Bella», fece finta di sussurrare, tutto tronfio come un pavone che fa la ruota, «ti ricordi, qualche mese fa, quel favore che ti ho chiesto di farmi non appena fossi diventata immortale?».

«Oh!».

Alice esplose in una risata squillante. Lei e Edward con i loro super poteri erano insopportabili!!

«Cosa?», gorgogliai.

«Dici sul serio?», farfugliò poco convinta Bella, per fortuna almeno lei era rimasta con i piedi per terra!

«Fidati», rispose, e con il suo solito sorriso la convinse “Puah! Edwardcentrica!!”.

«Emmett, ti andrebbe una piccola scommessa?».

«Come no. Spara». Esclamai balzando in piedi, tanto qualunque cosa fosse, la “famiglia cuore” aveva perso in partenza; e la sua esitazione lo confermò.«O hai paura?», la provocai.

«Tu. Io. A braccio di ferro. Sul tavolo della sala da pranzo. Adesso». Disse cercando di farsi più grande raddrizzando le spalle.

MA TU STAI MALE!!!! MUAHAHAHAHAHAH” il solo pensiero mi accese un ghigno satanico sul viso, “Se vuoi essere umiliata pubblicamente non hai che da chiederlo sorellina!!!”

«Ehm, Bella», intervenne Alice. «Esme ci tiene parecchio a quel tavolo. È un pezzo antico».

Certo come no Alice! Vuoi evitare alla poverina la catastrofica disfatta a cui andrà incontro!! Ma ormai la sfida è stata lanciata. IO.VOGLIO.LA.MIA SFIDA. e qualsiasi posto va bene!!” «No problem»,ghignai soddisfatto facendole strada verso il giardino sul retro. «Accomodati, prego».

Il pubblico ci seguì. In fin dei conti era lo spettacolo del secolo: il moscerino che sfida il pachiderma!

Ci sistemammo su un masso abbastanza piatto vicino al fiume.

Puntai il gomito sul masso e la invitai a farsi sotto.

Lo studio accurato che fece dei miei bicipiti non passò inosservato. “Paura è?”

«Okay, Emmett. Se vinco, non farai più un solo commento sulla mia vita intima, e questo vale anche per Rose. Basta allusioni, basta doppi sensi, basta... tutto».

Mi inviti a nozze sorellina!!” «Ci sto. Se perdi, invece, non ti darò tregua». Accettai guardandola dritto negl’occhi “Sei spacciata per l’eternità!”

«Cos'è, sorellina, ci stai ripensando?», la schernii vedendola trattenere il respiro. «Allora non sei veramente selvaggia...Scommetto che la vostra casetta non ha nemmeno un graffio». Scoppiai a ridere.«Edward te l'ha detto quante case abbiamo sfasciato io e Rose?».

«Uno, due...». iniziò a contare dopo aver stretto la presa

«Tre», conclusi e cominciai a spingere.

Trovai un muro.

Ok un po’ di resistenza è normale … è una neonata … NON DURERAI A LUNGO!!”

Spinsi ancora.

Spinsi sempre più forte.

Il muro non si mosse.

E non sembrava nemmeno che facesse fatica.

Con un grugnito feci esplodere tutta la mia potenza e … nulla.

Nulla di nulla.

Dopo alcuni secondi mosse lievemente il braccio.

Sta cedendo lo so!! Anche se neonata è pur sempre Bella.” Pensai ringhiando fra i denti dallo sforzo

«Chiudi quella boccaccia»,osò dirmi con un sorrisetto compiaciuto sulla faccia.

E in quell’istante fece schiantare il mio braccio contro la pietra.

Un frammento del masso cadde e, con lui, anche il mio orgoglio.

Le risatine sarcastiche di Edward e del loro animale da compagnia mi mandarono il sangue alle testa. «Rivincita. Domani». Esclamai con rabbia lanciando il lastrone di pietra oltre il fiume.

«Non perderò le forze tanto presto», rispose la saputella. «Fra un mesetto, magari».

«Domani». Ringhiai.

«Tutto pur di farti felice, fratellone».

Anche se dovessi sfidarti tutti i giorni da qui all’eternità prima o poi dimostrerò chi è il vampiro più forte della casa!!! Ci puoi contare!”

 

Renesmee

 

La mamma aveva giocato con lo zio Emmett, e aveva vinto lei. La mia mamma era la più forte di tutti, e lo zio si era arrabbiato tantissimo rompendo il sasso dove avevano giocato …

La mamma lo guardò, si appoggiò anche lei a un sasso, appena appena, e lo fece in mille pezzettini, poi ridendo cominciò a tirare calci rompendone altri e ridendo sempre più.

La mia mamma era buffa … le piaceva giocare … era bella quando rideva … bella e buffa …

«ahahahah ahahah» cercai di imitarla … era un bel suono.

«Sbaglio, o ha riso?». Disse all’improvviso guardandomi … anche tutti gli altri mi guardavan o…

Cosa avevo fatto?

«Sì», rispose papà.

«E chi non stava ridendo?»,borbottò Jacob.

«Dimmi che, la tua prima volta, non ti sei lasciato andare un pochino anche tu, cane», gli rispose papà sorridendo … ogni tanto sembrava stesse simpatico anche a lui.

«È diverso», disse Jacob.«Bella è una donna adulta, moglie e madre. Dovrebbe avere un po' più di serietà».

Perché non vuole che la mamma rida … a me piace la mamma che ride pensai mostrando a papà la mamma che ballava tra i sassi.

«Cosa vuole?», chiese mamma preoccupata … non mi piace preoccupata.

«Meno serietà», rispose sorridendo papà. «Si stava divertendo a vedere come te la godevi, quasi quanto me».

«Sono buffa?», mi chiese prendendomi in braccio. «Vuoi provare?» disse porgendomi un pezzettino del sasso rotto.

Potevo farlo anch’io! Potevo giocare con la mamma a rompere i sassi!

Presi il sassolino con tutte e due le mani e strinsi, strinsi forte, e poi ancora più forte … ma non successe nulla “Uffa… quando lo fa la mamma è più semplice …” pensai rendendoglielo. Così non era divertente.

«Ci penso io» disse, e con due dita fece tanta polverina; che guardai incantata applaudendo. Alzai gli occhi cercare quelli della mamma e vidi che anche lei brillava ancora di più della polverina, era bellissima, era una fata, una di quelle di cui mi leggeva la nonna … anche papà brillava … io no …

«Sei più bella tu», mi sussurrò piano vedendomi delusa.

No, la fata era solo lei…”

 

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Capitolo 23
*** CAPITOLO 23 ***


Salve a tutti!!!! Siamo ancora in gennaio quindi gli auguri di buon anno valgono ancora vero???? AUGURONI A TUTTI!!!!!

Tra un’influenza e l’altra sono riuscita a venire a capo anche di questo capitolo… portate pazienza, manca veramente poco alla conclusione; due o tre capitoli al massimo!!!

 

Ancora grazie a tutti coloro che hanno inserito la mia ff tra i preferiti, a chi legge silenzioso e a chi trova il coraggio di scrivere anche solo una parolina.

Grazie di cuore a tutti!!

 

Buona Lettura

 

Cap.23

 

Edward

 

Perfetta.

Ecco come si poteva definire la mia vita in quel momento.

Tutto aveva trovato una sua collocazione.

La tregua con i Quileute, Bella che aveva nuovamente Charlie nella sua vita, lui che, anche grazie all’aiuto di Sue Clearwater, riusciva a tollerare ogni stranezza del mondo “mitologico”che lo circondava.

Mai avrei immaginato di poter avere tanto; l’avevo desiderato più di ogni altra cosa ma non pensavo che i miei sogni potessero un giorno diventare realtà. Non accade alle persone normali figuriamoci a esseri come noi, dei mostri ,ed invece mi era stato concesso qualcosa ben più al di sopra delle mie aspettative.

Poter avere Bella al mio fianco per l’eternità mi rendeva l’uomo più felice dell’intero universo, essere, poi, diventato padre era una sensazione indescrivibile.

Non pensavamo fosse possibile quindi inutile accanirsi; era scontato che rimanessimo una coppia e invece era successo: eravamo una famiglia, una famiglia vera.

Sapere che esiste qualcuno che è parte di te e della persona che più ami al mondo, è una sensazione al contempo strana e meravigliosa. Questo piccolo e fragile esserino dipende in tutto e per tutto da te, sei la sua guida, l’esempio che deve voler seguire, devi vigilare su di lui ma lasciarlo libero di crescere, sbagliare e capire come funziona il mondo.

Tutto ciò ti fa sentire onnipotente, e allo stesso tempo ti spaventava da morire; pensi costantemente di non esserne capace, di essere inadeguato; qualsiasi cosa diventa una montagna insormontabile fino a quando, però, ti sorride guardandoti negli occhi e capisci che per lui, per tuo figlio, saresti in grado di fare qualsiasi cosa.

Fu grazie a questa nuova esperienza da genitore che il rapporto tra me e Rosalie cambiò, iniziai a capirla, la corazza che si era costruita serviva per soffocare il dolore e la sofferenza che la stavano dilaniando da quando era stata trasformata, per ciò che desiderava con tutta se stessa e che non avrebbe mai potuto avere. Il suo disprezzo per questa vita e l’astio che aveva provato in passato per Bella acquisiva tutta un’altra prospettiva.

Il senso di impotenza che il suo sviluppo accelerato ci creava era l’unico tarlo alla nostra completa felicità. Ciò valeva per tutti i membri della famiglia, ognuno di noi si affannava a non farle perdere un solo istante della sua breve e preziosissima infanzia: foto, giochi, nuove scoperte erano all’ordine del giorno ormai.

Il tempo che per noi vampiri non era mai stato rilevante diventò un elemento di primaria importanza e lo scandire dei secondi, guardando Renesmee crescere, era sempre più opprimente.

I suoi progressi erano sconvolgenti, le sue prime parole furono a una settimana esatta di vita; non un semplice balbettio da lallazione, ma una domanda di senso compiuto; i primi passi li fece ad un mese, a tre dimostrava quasi un anno e mezzo e oltre che parlare e camminare, correva ballava e leggeva.

Ai suoi occhi non potevamo certo manifestare disappunto ma sia io che Bella ci sentivamo morire dentro, ogni progresso era un passo in più verso la fine … non poterle garantire una vita normale una crescita regolare ci faceva mancare la terra sotto i piedi … fosse stata anche una vita umana l’avrei accettato, ma così no. Non riuscivo a farmene una ragione, dovevo essere forte per entrambe ma dubitavo di riuscire ad esserlo anche solo per me.

Se esisteva un Dio non poteva permettere che ciò accadesse.

Lo stesso valeva per Jacob. Ci guardava sgomento con il panico negli occhi, come se noi fossimo in grado di dargli una risposta; sospirare rassegnati era tutto ciò che eravamo in grado di fare.

Non c’era soluzione.

Secondo i calcoli di Carlisle, il ritmo di crescita fisico stava rallentando gradualmente, cosa che però non faceva la sua intelligenza … ciò nonostante anche se il rallentamento fosse proseguito a quel ritmo, nel giro di quattro anni al massimo sarebbe stata adulta; e a quindici una donna anziana.

Non riuscivo ad accettarlo.

Le ricerche a tappeto che stavo facendo con mio padre, nella speranza di trovare un qualsiasi tipo di speranza, finivano tutte in vicoli ciechi; prevalentemente leggende, più simili a racconti dell’orrore che a fatti realmente accaduti.

Avevamo valutato anche l’opzione di trasformarla in modo da renderla immortale, ma Bella si era opposta. Non potevo darle torto, nutrivo parecchi dubbi anch’io. Una parte di Renesmee era già vampira, i risvolti di quella trasformazione erano ovviamente sconosciuti.

L’unica soluzione era partire, tornare in Brasile e ricominciare da lì; da dove tutto era cominciato, nelle leggende degli indios Ticuna si parlava di bambini come Renesmee. Kaure sapeva perfettamente cosa sarebbe successo a Bella quando capì che era incinta, quindi, voleva dire che si era verificato altre volte e se veramente erano già esistiti altri piccoli semi-immortali quello era il posto da dove far partire le ricerche.

Restava solo da stabilire quando saremmo partiti e anche quella non era una decisione da poco; Bella temporeggiava, diceva di voler rimandare tutto a dopo le feste, in parte ero d’accordo con lei non volevo privare Renesmee della gioia del Natale … chissà quanti ne avrebbe mai potuti festeggiare; ma sapevo che la sua motivazione principale era un’altra: voleva andare da Aro, mostrarsi a lui da vampira e levare, una volta per tutte, la spada di Damocle che pendeva sulle nostre teste.

A suo tempo decidemmo che avremmo fatto questo viaggio insieme, adesso però non era più possibile; consapevoli della passione che Aro nutriva verso i talenti particolari che alcuni vampiri possedevano, preferivamo tenerlo allo scuro della nascita di nostra figlia.

Non potendo leggere nella mente di Bella il nostro segreto sarebbe stato al sicuro, ma con me presente eravamo scoperti e non potevamo permettercelo.

Questo complicava le cose.

Si scatenò così la nostra prima vera discussione; lei sola a Volterra non ci sarebbe mai andata.

«Non mi faranno del male», replicò cercando di apparire convinta.«Non ne hanno motivo. Sono una vampira ormai. Il caso è chiuso».

Ovviamente NON.ERO.D’ACCORDO.

«Edward, è l'unico modo per proteggerla».

Lo sapevo perfettamente, ma rinfacciarmelo in quel modo era comunque un colpo basso; e non potevo dargliela vinta.

Alice non intravedeva alcun pericolo in questo viaggio, ma ciò non bastava a rassicurarmi … ultimamente le sue visioni non erano chiarissime, e il margine d’errore era altamente preoccupante.

Se pensavo che da umana fosse testarda, dovetti ricredermi, da vampira lo era ancora di più; e dopo un’estenuante trattativa giungemmo alla conclusione che l’avrei accompagnata fino a Londra e lì, insieme a Renesmee, l’avrei aspettata mentre lei avrebbe raggiunto Volterra insieme a Carlisle.

Non mi faceva impazzire comunque come soluzione, ma esserle a poche ore di distanza invece che dall’altra parte dell’oceano era già qualcosa.

Il fatto che il cane la pensasse esattamente come me contribuì fortemente alla riuscita dell’accordo.

Alle volte sapeva rendersi utile pure lui.

Dopo aver rassicurato i Volturi ci saremmo ricongiunti e, insieme, saremmo partiti per il Brasile. Qui si innescava un’ulteriore problematica: Jacob voleva venire con noi.

Possibile che non capisse che doveva rimanerne fuori?

La sua irascibilità non sarebbe certo giovata alla missione. Gli indigeni erano già diffidenti nei nostri confronti figuriamoci quando si sarebbero trovati davanti lui: un licantropo.

Ovviamente non voleva sentire ragioni, si era incaponito di dover partecipare in tutti i modi, così, per riuscire a programmare qualcosa insieme a Carlisle gli avevo chiesto di accompagnare Bella e Renesmee nella caccia, dove il suo aiuto era sicuramente più necessario. Nessie non ne voleva sapere di bere il sangue animale preferendo di gran lunga le sacche di quello umano che Carlisle continuava a procurare. La presenza di Jacob faceva sì che tutto diventasse un gioco e che quindi, stimolata dalla competizione, iniziasse a cacciare e ad abituarsi all’altro tipo di gusto. Nel frattempo Bella avrebbe provato a continuare a dissuaderlo.

Già la vedevo provare a convincerlo che la sua partenza era inutile e subito dopo schierarsi dalla sua parte … mah … era comunque un tentativo.

Avevamo appena definito la strategia su cui muoverci, iniziando le nostre indagini proprio dalle conoscenze di Kaure, per poi spingerci fino nel centro della foresta dove delle amiche di Carlisle, le amazzoni, ci avrebbero sicuramente aiutato a scoprire quanto ci fosse di vero in quei racconti; quando il cellulare squillò.

«Vieni qui e porta anche Carlisle», esclamò Bella tutto d’un fiato. «Ho visto Irina, e lei mi ha visto, ma poi ha notato Jacob, si è arrabbiata e se ne è andata, credo. Qui non si è vista - non ancora, perlomeno - ma mi è sembrata parecchio sconvolta, per cui magari si avvicinerà. In caso contrario, tu e Carlisle dovrete inseguirla e parlare con lei. Non sono tranquilla».

Nemmeno io.

Non capivo come mai ma la cosa non mi piaceva affatto.

«Trenta secondi e siamo lì», esclamai lanciandomi nella corsa per raggiungerli.

Tutto questo non avrebbe portato nulla di buono. Ne ero più che sicuro.

 

Carlisle

 

Le tracce di Irina svanirono nel mare.

Non volevo dare a questo episodio molto peso, ma ero seriamente preoccupato. Irina era ancora in lutto e il suo dolore le stava facendo perdere il senno. Per come avevo avuto modo di conoscerla era folle anche solo pensare che ringhiasse a Bella; eppure l’aveva fatto.

Spesso il dolore ti porta a non ragionare più con la testa ma con quel che resta del proprio cuore spezzato; e di solito ciò non porta a nulla di buono.

Il fatto che nemmeno le sue sorelle sapessero che fosse passata da noi era preoccupante, Alice cercando di monitorare le sue mosse vedeva soltanto indecisione: vagava senza meta in una distesa di neve. Pregai che stesse cercando di tornare a casa ma avevo come l’impressione che fosse come una mina vagante pronta ad esplode.

I giorni passarono e, sebbene fossi più che certo che Bella fosse ancora turbata da quanto accaduto, la vidi nel complesso più serena, la sua attenzione era stata catalizzata su altri argomenti, entro pochi giorni l’avrei accompagnata in Italia per rendere omaggio ad Aro e poi subito dopo esserci ricongiunti con il resto della famiglia avremmo fatto rotta per il Sudamerica in cerca di qualche informazione in più sui mezzosangue come la nostra Renesmee.

Le diedi uno sguardo, dormiva sul divano vicino a sua madre. Avrei dato tutto per quella bambina. DOVEVA.ESSERCI.UNA.SOLUZIONE, e con l’angoscia nel cuore tornai ad occuparmi degli ultimi dettagli del viaggio insieme a Edward, quando improvvisamente un rumore inaspettato di cristallo frantumato catalizzò l’attenzione di tutti.

Alice.

Con occhi fissi e spalancati dal terrore guardava, nel vuoto, il futuro.

Angoscia e disperazione le deturpavano il volto; capii in quell’istante che il peggio stava per arrivare.

 

Jasper

 

«Cosa c'è?»,ringhiai, precipitandomi al suo fianco in un lampo.

Lei ancora in trance non rispondeva.«Cosa c'è, Alice?».Gridai più forte afferrandola per le spalle e scuotendola con forza nella speranza che reagisse tornando tra noi; ma lei si lasciava sbatacchiare in silenzio senza dare alcun cenno di reazione.

Emmett ringhiò in direzione della finestra, ci stavano attaccando? Quanti erano? Chi erano?

No, era impossibile non stavo percependo niente, non c’era nessuno intorno alla casa.

Edward emise un rantolo strozzato.

Cosa diavolo avevano visto!?

Esme, Carlisle, Bella e Rose, impietriti, non ci levavano gli occhi di dosso.

«Che cos'è?». Chiesi ancora una volta, quasi implorando di avere una risposta. Percepivo terrore, talmente tanto terrore che mai avrei pensato di poter sentire in Alice e rabbia, Edward era pieno di dolore e rabbia. Che diavolo stava succedendo?

«Stanno venendo a prenderci», sussurrarono insieme Edward e Alice «Ci sono tutti».

Silenzio.

Dio mio …”

«I Volturi», gemette Alice.

«Tutti», precisò Edward con lo stesso tono di voce.

«Perché?», sussurrò lei fra sé. «Come mai?».

«Quando?», bisbigliò Edward.

«Perché?», fece eco Rosalie.

Le domande iniziarono ad accavallarsi in modo spasmodico.

«Quando?»,ripetei e la mia voce uscì talmente stridula che in altri momenti avrei stentato a riconoscerla.

Non l’avevo mai vista in quello stato lo sguardo era vitreo e l’orrore le stava deformando il volto.

«Fra non molto», risposero nuovamente all'unisono «C'è neve nella foresta, neve in città. Poco più di un mese».

«Ma perché?». Chiese infine Carlisle.

«Deve esserci un motivo. Forse per vedere...». incalzò Esme

«Non è per Bella», disse Alice cupa. «Stanno venendo tutti, Aro, Caius, Marcus, la guardia al completo, persino le mogli».

«Le mogli non lasciano mai la città», obiettai cercando di analizzare al meglio la situazione «Mai. Non l'hanno lasciata durante la guerra del Sud, né quando i rumeni hanno cercato di conquistare il potere, nemmeno quando davano la caccia ai bambini immortali...».

«Stavolta invece sì», sussurrò Edward.

«Ma perché?», insistette Carlisle. «Non abbiamo fatto niente! E se anche avessimo fatto qualcosa, cosa potrebbe essere tanto grave da farci meritare questo?».

«Siamo in tanti», rispose Edward atono. «Vorranno assicurarsi che...». Non terminò la frase.

«La domanda cruciale è un'altra! Perché?». Sussurrò Bella.

Era surreale, e non riuscivo a capire cosa potesse aver scatenato questa mobilitazione di massa.

Il silenzio diventò assordante.

«Torna indietro, Alice», la supplicai. «Cerca il fattore scatenante. Fruga».

Non c’era altro modo per capire il motivo di una simile mobilitazione.

«È uscita dal nulla, Jazz. Non stavo cercando né loro né noi. Cercavo Irina e non era dove mi aspettavo che fosse». Sussurrò con un filo di voce a spalle basse e scuotendo lentamente la testa.

Il peso del suo dono la stava schiacciando; ed io ero impotente davanti alla sua sofferenza, cercavo di tranquillizzarla ma dovendo ripercorrere nuovamente tutta la visione il panico si riacutizzava con lei.

«Ha deciso di andare da loro», disse alzando la testa di scatto. «Irina ha deciso di andare dai Volturi. Poi prenderanno una decisione... È come se la stessero aspettando. Come se avessero già deciso e stessero aspettando che lei...».

Questo non mi stupiva. Più di una volta Edward aveva raccontato che nei pensieri di Aro era presente come un’ombra, qualcosa che tentava di tenere a freno ma che premeva ad uscire.

«Possiamo fermarla?», chiesi già immaginando la risposta, troppi giorni erano passati da quando Bella e Jacob l’avevano incontrata nella foresta.

«Impossibile. È quasi arrivata».

«Cosa sta facendo?», chiese Carlisle, spinto quasi da un riflesso incondizionato.

«È ancora un viaggio.» sussurrò Alice «Ma la decisione è stata presa»

«Il motivo scatenante? Ho bisogno di sapere IL PERCHÉ!!» tuonò Edward.

«Pensate a cosa ha visto questo pomeriggio», disse sottovoce Bella stringendosi alla piccola. «Come reagirebbe qualcuno che ha perso la madre a causa dei bambini immortali, vedendo Renesmee?».

Cristo Santo!”

Un gelo più freddo della morte calò nella stanza.

«Una bambina immortale», sussurrò Carlisle.

Edward si accasciò davanti a loro stringendole a sé.

Io per la prima volta mi sentii smarrito. Incapace di formulare un qualsiasi pensiero.

Possibile che il risentimento che nutriva verso di noi l’avesse spinta a tanto?

«Ma si sbaglia», mormorò Bella. «Renesmee non è come quei piccoli. Loro erano congelati in un momento preciso, lei cresce a vista d'occhio ogni giorno. Loro erano incontrollabili, lei non ha mai fatto del male a Sue o Charlie, e nemmeno mostra loro cose che potrebbero ferirli. Lei sa controllarsi. È già più in gamba della maggior parte degli adulti. Non ci sarebbe motivo di...».

Bella continuava ad argomentare ma le mie orecchie non l’ascoltavano più, la sua paura, la sofferenza che stava provando mi stava letteralmente risucchiando.

Il dolore di una madre era la cosa più tremenda che avessi mai percepito.

 

Edward

 

Più la stringevo più la sentivo infervorarsi nelle sue argomentazioni … Avrei dato la mia vita per loro, ma non c’era speranza; e nel silenzio più totale fu l’unica cosa che riuscii a dirle «Per crimini come questo non è previsto alcun processo, amore. Per Aro i pensieri di Irina sono una prova. Vengono per distruggere, non per discutere».

«Ma si sbagliano», si ostinò.

«Non ci lasceranno il tempo di spiegare». Sussurrai con dolcezza, ma qualcosa dentro di me si incrinò. La mia voce sembrava provenire dall’oltretomba.

«Cosa possiamo fare?», chiese stringendo a sè Renesmee addormentata.

Mi sembrò di essere inghiottito dal nulla. Cosa potevo risponderle? Con un simile spiegamento di forze non saremmo stati in grado di fare assolutamente niente … nemmeno difenderci.

Era dunque questo lo stano presentimento che avvertivo da un po’ di tempo? Possibile che la nostra felicità stesse per finire così, come una bolla di sapone?

Avevamo preteso troppo dal destino?

«Combatteremo», disse calmo Emmett. “Prima di morire anche loro passeranno dei brutti quarti d’ora!!” ma non volli demoralizzarlo ulteriormente.

«Non possiamo vincere», replicò Jasper. «Non possiamo nemmeno scappare. Non con Demetri in giro». «Io non so se non possiamo vincere», disse improvvisamente pacato Emmett. La sua caparbietà era ammirevole «Ci sono un paio di possibilità da considerare. Non dobbiamo affrontarli da soli».

«Non dobbiamo nemmeno condannare a morte i Quileute, Emmett!». Esclamò Bella, e non potei che trovarmi d’accordo con lei. Caius aveva fatto sterminare i licantropi in tutta Europa, se avesse saputo della loro esistenza nel nuovo continente non gli sarebbe parso il vero di intraprendere nuovamente la battaglia; e non avevamo il diritto di condannare a morte la tribù dei Quileute specie dopo l’aiuto che ci avevano dato con i neonati; anche se, convincere Jacob, sarebbe stato impossibile.

«Rilassati, Bella». La interruppe nuovamente Emmett, nei suoi occhi stava brillando una strana luce, come quando si preparava a una battuta di caccia in grande stile, la sua ingenuità alle volte era disarmante, non aveva ancora capito che in questa battuta non saremmo stati cacciatori, ma prede?. «Non alludevo al branco. Ma siamo realistici: pensi che Jacob o Sam si lasceranno invadere senza reagire? Anche se non ci fosse Nessie di mezzo... » purtroppo aveva avuto la mia stessa intuizione, ma qualcosa nella sua testa andava oltre … «Per non parlare del fatto che, grazie ad Irina, adesso Aro sa della nostra alleanza con il branco. Tuttavia pensavo ad altri amici».

«Non dobbiamo condannare nemmeno loro». Sussurrò rassegnato nostro padre.

«Ehi, li lasceremo decidere», continuò Emmett con tono stranamente conciliante. «Non ho detto che li obbligheremo a schierarsi al nostro fianco». Lentamente il flusso dei suoi ragionamenti sconclusionati stava prendendo corpo nella sua mente, e non era per niente una pessima idea. «Devono solo spalleggiarci quel tanto che basta a far esitare i Volturi. Bella ha ragione, dopotutto. Se solo riuscissimo a tenerli buoni il tempo necessario perché ascoltino le nostre spiegazioni, a quel punto non ci sarebbe più motivo di scontrarsi, purtroppo...». bofonchiò con quel suo sorriso sfrontato, pienamente consapevole di aver avuto una grande idea.

Sì, poteva funzionare.

Infondo cos’altro avevamo da perdere.

All’unisono, come se si fossero svegliate da un sonno secolare, le menti di tutti i componenti della nostra famiglia iniziarono ad elaborare le parole di Emmett rimuginando, aggiungendo dettagli, analizzando pro e contro, esplodendo come un ciclone nella mia mente.

«Sì», esclamò entusiasta Esme. «Può funzionare, Emmett. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è che i Volturi ci diano retta per un istante. Che si fermino ad ascoltare».

«Ci serviranno un bel po' di testimoni», disse Rosalie con voce tremante.

«Chiedere a un amico di testimoniare non è pretendere troppo». Annuì Esme più determinata che mai.

Raramente l’avevo vista così.

«Noi lo faremmo, per loro», disse Emmett.

«Dobbiamo chiederglielo subito», mormorò Alice. Il suo sguardo era però nuovamente assente, vedevo la sua mente, stava analizzando le possibili sfaccettature di questa soluzione ed allo stesso tempo cercava di tenermi fuori dalle sue elucubrazioni. Questo non era un buon segno. «Dovremo mostrargliela con molta cautela» mormorò.

«Mostrare cosa?», chiese Jasper.

Ed insieme ci trovammo a guardare Renesmee ancora placidamente addormentata nelle braccia di sua madre.

«La famiglia di Tanya», disse concentrandosi di nuovo sul futuro. «I clan di Siobhan e di Amun. Qualche nomade: Garrett e Mary di sicuro. Magari Alistair».

«Peter e Charlotte?», chiese Jasper esitante “So che lo farebbero per me … ma non voglio condannarli a morte … è una pazzia, non abbiamo certezze, li stiamo mandando al patibolo …”

Aveva ragione. Era una grande idea ma quante possibilità di riuscita avevamo realmente?

«Magari».

«Le amazzoni?», propose Carlisle. «Kachiri, Zafrina e Senna?».

«Non vedo niente». Sentenziò Alice tornando alla realtà.

Qualcosa però aveva visto, avevo scorto nei suoi pensieri la giungla, forse la foresta Amazzonica; cosa stava nascondendo.

«Cos'era?», chiesi ansioso. «Quella parte nella giungla... Andremo a cercarli?».

«Non ci vedo», ribadì Alice evitando il mio sguardo e liquidandomi senza altre spiegazioni.

Ma cosa diavolo … Mi sta chiudendo i suoi pensieri …”

«Dovremo dividerci e fare alla svelta... prima che la neve attecchisca al suolo. Dobbiamo radunare tutti quelli che possiamo e farli venire qui a testimoniare». Disse a tutta velocità per poi concentrarsi nuovamente.«Chiedete a Eleazar. Non ne va soltanto della bambina immortale».

«È una faccenda complicata. Dobbiamo sbrigarci», sussurrò Carlisle, e un nuovo flash mi arrivò nella mente … ancora giungla … un villaggio … forse, lo notai appena, Alice mi chiuse nuovamente fuori.

«Alice?», intervenni. «È stato troppo veloce, non ho capito. Cos'era...».

«Non ci vedo!», esplose lei. «Sta arrivando Jacob!».

«Mi occuperò io di...». esclamo Rose andando verso l’ingresso

«No, lascialo entrare», la bloccò categorica. Poi afferrando la mano di Jasper lo trascinò verso la porta posteriore. «E poi vedrò meglio, lontana da Nessie. Devo andare. Ho bisogno di concentrarmi sul serio. Di vedere tutto ciò che riesco a vedere. Devo andare. Vieni, Jasper, non c'è tempo da perdere!».

Jasper perplesso quanto me del suo comportamento la seguì.

«Sbrigatevi», ci urlò dall’esterno. «Dovete trovarli tutti!».

«Trovare cosa?», chiese Jacob entrando. «Dove andava Alice?».

Silenzio.

Ma che gli prende a questi adesso?!?!”

Nessuno ebbe il coraggio di iniziare il racconto.

«Ehi, Bells! Credevo foste già andati a casa a quest'ora». “Ok! Succhiasangue mi dici a che gioco state giocando oppure devo preoccuparmi? … … … … Ok mi preoccupo.” Si guardò intorno, vide il disastro del vaso di fiori, le nostre facce funeree e il tremito della trasformazione iniziò a scuoterlo. «Cosa?», domandò senza dare la minima inflessione alla voce. «Cos'è successo?».

«Sta bene?», chiese toccando la fronte di Renesmee e inclinando la testa per auscultarle il cuore. «Non farmi incavolare, Bella, per favore!».

«Renesmee sta bene», disse con voce strozzata.«E allora chi?».

«Noi tutti, Jacob», sussurrò. «È finita. Siamo tutti condannati a morte».

 

Alice

 

«Dove stiamo andando?» chiese Jasper sfrecciandomi accanto nella mia folle corsa.

«Fidati di me.» risposi facendogli l’occhiolino. Edward era ancora troppo vicino, se avesse capito il mio piano attraverso la mente di Jasper non avremmo avuto più scampo.

Avevo intravisto una possibilità di sopravvivenza, piccola, infinitesimale ma preziosa.

Non doveva essere sprecata.

Emmett, per una volta, aveva usato il cervello, invece che i muscoli, e aveva avuto un’ottima idea, radunare testimoni che osservassero la crescita di Nessie poteva essere la nostra salvezza.

I Volturi avrebbero avuto i loro e noi non potevamo certo essere da meno, ma per la riuscita ottimale del piano ognuno doveva tirare fuori il meglio di sé, le proprie potenzialità … Bella in particolar modo. Oltretutto era l’unica a cui Aro non era in grado di leggere la mente, l’unica che potesse fare la differenza; per ottenere ciò dovevo fare in modo che credessero che non ci fosse più alcun tipo di speranza … che tutto fosse perduto …

«Aspettami qua.» gli dissi a qualche chilometro dal cottage.

«Cosa sta succedendo Alice? Non ti cacciare in …»

«Tranquillo, non faccio niente di pericoloso, soltanto fidati di me.»

«Alice io …» stavo male al solo pensiero di dargli pena, ma non potevo fare altrimenti.

«È per il bene di tutti. Poi ti spiegherò …» e sorridendogli scappai via.

Arrivai al cottage nel bosco, entrai e presi uno dei libri di Bella, e dopo aver strappato la prima pagina per lasciare un messaggio alla famiglia, lasciai un appunto per lei: J. JENKS – SEATTLE. DISTRUGGILO.

Bella era sveglia, nel momento in cui avrebbe notato su quale foglio avevo scritto il messaggio avrebbe capito che ce n’era un altro solo per lei.

Nel caso che un qualsiasi fattore esterno influenzasse la visione determinandone il cambiamento almeno la bambina sarebbe stata al sicuro.

Ero più che convinta che quello fosse il loro primo desiderio; e comunque questo non avrebbe fatto altro che accrescere la certezza dell’imminente disfatta.

Uscii in un lampo e trovai Jasper esattamente dove l’avevo lasciato, fremere d’impazienza, con lo sguardo confuso e preoccupato.

Non chiese niente.

Gli sorrisi e ripartii.

Era tremendo non poterlo rendere partecipe di tutta la situazione, ma presto avrei rimediato … arrivammo al confine con il territorio dei Quileute; per arrivare all’oceano dovevamo per forza attraversarlo.

Sam non ebbe nessun problema a farci passare scortandoci fino alla spiaggia. Pochi secondi dopo eravamo davanti alla maestosa distesa oceanica … mi sentivo una vigliacca a scappare in quel modo … non avevo nemmeno il coraggio di girarmi e guardare indietro … purtroppo non avevo scelta.

«Nessuno ti giudicherà …» sussurrò Jasper stringendomi la mano «se è necessario per salvarci tutti, dobbiamo sbrigarci non credi?» aggiunse sorridendomi dolcemente.

Consegnai a Sam il messaggio per la nostra famiglia pregandolo di non dire a nessuno, nemmeno a Jacob, che ci avevano incontrati, finché il resto dei Cullen non fosse venuto a cercarci.

Poi, stringendo più forte la mano di Jasper ci tuffammo insieme tra le onde: destinazione Brasile.

 

Carlisle

 

«Non capisco. Cosa è successo? Cosa avete fatto? Chi vi vuole morti?!?» esclamò tutto d’un fiato Jacob, e vedendo che nessuno se la sentiva di dare spiegazioni presi coraggio e tentai di fargli un quadro della situazione, infondo aveva diritto quanto noi di essere informato.

«I Volturi, Jacob, ne avrai già sentito parlare, giusto?»

«Gli Italiani?!» disse sconcertato «Cosa vogliono ancora!!! Bella è stata trasformata, cos’altro pretendono!!»

«Non è così semplice …» dissi prendendo un profondo respiro «Devi sapere che i Vampiri hanno delle leggi e loro , che si sono eletti garanti delle stesse, fanno in modo che vengano rispettate. La segretezza è la prima in assoluto e non meno importante è il divieto assoluto di creare “Bambini Immortali”.» e la mia voce si spezzò.

«Co … cosa sarebbero i … “Bambini Immortali”

«Sono bambini trasformati in vampiri, Jacob, un tempo ve n’erano molti. Erano bellissimi, incantevoli, non si poteva non amarli, ma rimanevano fermi all’età in cui erano stati trasformati. Non gli insegnavi nulla non li contenevi, un loro capriccio poteva distruggere un villaggio intero. Gli umani vedevano le devastazioni … circolavano storie … i Volturi dovettero intervenire. I bambini non potevano mantenere il segreto, non ne erano capaci per natura e per questo andavano distrutti. Ma i loro creatori li amavano e si batterono per proteggerli. Clan fra i più antichi vennero sterminati. Innumerevoli umani massacrati. Tradizioni, amici, famiglie intere distrutte.»

«Questo che c’entra con voi?»

«La madre del Clan Denali, ne creò uno secoli fa.» mormorai«pagò con la vita il suo errore, davanti agli occhi sconvolti delle figlie che furono risparmiate solo perché le aveva tenute allo scuro delle sue azioni. Da quel momento sono diventate puriste in materia di giustizia … Quando Irina vi ha visti, ha visto anche Renesmee … scambiandola per quello che non è: una bambina immortale. L’ha denunciata ai Volturi.»

«Ma … ma … ma lei cresce …» farfugliò smarrito.

«È quello che cercheremo di dimostrare. Nel corso dei secoli ho conosciuto molti vampiri … buoni amici … raduneremo chiunque possa essere in grado di dichiarare che la bambina è tutt’altro che immortale … partiremo alla ricerca dei nostri testimoni domani stesso, non c’è tempo da perdere. Stiamo aspettando che Alice torni in modo da poter elaborare un piano ed i suoi scenari nel miglior modo possibile.» dissi con un’ansia crescente in petto.

«Dove è andata?»

«Aveva bisogno di chiarezza per le sue visioni, si è allontanata da casa perché con te e Reneesme non riusciva a vedere bene …» risposi, ma non capivo come mai, non ero del tutto convinto delle mie stesse parole.

Jacob, confuso e sconcertato, uscì per andare ad avvisare Sam e il branco.

Alice non tornò.

 

Edward

 

Jacob era stato da Sam ed era tornato, da quasi un’ora dormiva accucciato sul pavimento in un angolo del salone.

Fuori cominciava ad albeggiare.

Alice stava tardando.

Quando i primi raggi di sole illuminarono il volto di Bella, mi resi conto che ero rimasto lì, immobile, a guardare i miei angeli tutta la notte.

Lo stesso aveva fatto lei.

Completamente incapaci di dire o fare nulla se non restare vicini per il poco tempo che il destino ci aveva ancora concesso.

Alice aveva detto che sarebbero arrivati con la prima neve. Tra poco meno di un mese.

«Alice», sussurrai senza quasi rendermene conto, perché non era ancora tornata?

«È via da parecchio», mormorò Rosalie, sorpresa almeno quanto me.

«Dove potrebbe essere?» chiese Emmett avvicinandosi alla porta.

Dobbiamo darle tempo … in questo periodo abbiamo preteso così tanto da lei …” pensò Esme cercando di darsi un motivo per questa prolungata assenza. «Meglio non disturbare...». mormorò avvicinandosi a Emmett.

NO.

C’era comunque qualcosa che non tornava.

Ci stava mettendo davvero troppo, non era da lei, specie in un momento così delicato. «Non ci ha mai messo così tanto», dissi deciso. In quel momento un’idea attraversò la mia mente … ricordi lontani … pensieri sfuggenti comparsi per una frazione di secondo nella mente di Aro … il panico mi assalì. «Carlisle, secondo te può essere... una misura preventiva? Ha forse visto in tempo qualcuno che la stava venendo a prendere?».

Bastò un attimo perché tutti capissero … Emmett imprecò a voce così alta che riuscì a svegliare Jacob dal suo letargo e in un istante eravamo già fuori a seguire le loro tracce.

«Potrebbero averla colta di sorpresa?», chiese Carlisle.

«Non vedo come», risposi «Però Aro la conosce meglio di chiunque altro. Meglio di me».

«È una trappola?», gridò Emmett alle nostre spalle.

«Forse», dissi poco convinto. «Le uniche tracce olfattive sono quelle di Alice e Jasper. Dove stavano andando?».

Le scie non seguivano un percorso preciso, dalla casa puntavano a est, poi a nord dall'altra parte del fiume e infine, verso ovest. Era un percorso senza logica.

Quasi volessero confondere qualcuno … forse li stavano veramente braccando … ma chi? Non si percepiva che la loro scia …

«Lo sentite questo odore?», gridò Esme dopo che avevamo attraversato il fiume per la seconda volta. Indicava il sud-est.

«Seguite la pista principale, siamo quasi al confine con il territorio Quileute», ordinai secco. «Restate uniti. Vediamo se hanno puntato a nord o a sud».

Se il loro inseguitore stava cercando di dividerci non lo avremmo assecondato, e continuando per la pista principale arrivammo fino al confine con i territori Quileute.

Eccoli …”

«Sam?», chiesi arrestandomi immediatamente. «Cos'è successo?».

Sam, in forma umana, uscì dagli alberi a qualche centinaio di metri di distanza da noi, affiancato da due lupi del suo branco.

l’aveva detto che sarebbero venuti tutti a cercarla … ma a quest’ora saranno già lontani …”

Voleva che arrivassimo qua? Cosa diavolo stava cercando di fare?!

Sam mi passò davanti ignorando tutti fino ad arrivare davanti a Carlisle, e finalmente si decise a parlare.

«Appena dopo la mezzanotte, Alice e Jasper sono venuti qui e hanno chiesto il permesso di attraversare le nostre terre fino all'oceano. Gliel'ho concesso e li ho scortati io stesso fino alla costa. Si sono tuffati subito in acqua e non sono più tornati. Alice mi ha raccomandato di non dire a Jacob che l'avevo vista prima di aver parlato con voi, ha detto che era una cosa della massima importanza. Avrei dovuto attendervi qui, quando sareste venuti a cercarla, per darvi questo biglietto. Ha detto che ne va della vita di tutti noi».

E teso come una corda di violino, estrasse un foglio di carta ripiegato e glielo consegnò.

 

Non cercateci. Non c'è tempo da perdere. Ricordate: Tanya, Siobhan, Amun, Alistair, tutti i nomadi che riuscite a trovare. Peter e Charlotte li cercheremo noi lungo la strada. Siamo desolati di dovervi lasciare così, senza nemmeno un saluto o una spiegazione, ma era l'unico modo. Con affetto infinito.

 

Lessi nella mente di mio padre, e il mondo intero mi crollò addosso.

«Alice ha deciso di lasciarci», sussurrò Carlisle, sconcertato almeno quanto me.

«Cosa?», esclamò Rosalie.

Carlisle girò il foglio in modo che tutti lo potessero leggere, e non aggiunse altro.

Se anche la veggente se n’è andata la situazione deve essere molto più grave di come l’ha descritta Jacob!”

«Sì, è una situazione pericolosa». Risposi gelido.

«Al punto da abbandonare una famiglia?», chiese Sam disgustato. “Ha visto il futuro, non le piaceva e ha deciso di salvarsi la pelle … voltando le spalle alla sua famiglia …”

Come osava pensare che Alice fosse così vigliacca!! Come si permetteva di dare giudizi! «Non sappiamo cos'ha visto», dissi e la mia voce salì da alcune ottave. «Alice non è insensibile, o vigliacca. Dispone solo di più informazioni rispetto a noi».

«Noi non...», cominciò nuovamente Sam.

«I vostri legami sono diversi dai nostri», tagliai corto. Ancora un’altra parola e l’avrei levato di mezzo «Ognuno di noi è libero di agire secondo la propria volontà».

Lo sguardo di Sam si riempì di rabbia.

Abbandonando tutti nel momento del bisogno!”

«Però dovresti dar retta all'avvertimento», continuai. «Credimi, non è cosa in cui lasciarsi coinvolgere. Siete ancora in tempo a evitare ciò che Alice ha visto».

«Noi non scappiamo». Replicò sprezzante.

«Non lasciar massacrare la tua famiglia per orgoglio», s'intromise nostro padre, e l’indiano cambiò subito atteggiamento. «Come faceva notare Edward, noi non abbiamo lo stesso grado di libertà che avete voi. Ormai Renesmee fa parte della nostra famiglia quanto della vostra. Jacob non può abbandonarla e noi non possiamo abbandonare lui».

Noi non siamo dei codardi …” pensò Sam fissando il biglietto ancora nelle meni di Carlisle.

«Non la conosci», dissi

«E tu?», ribatté secco.

Cercava la discussione? Cos’è che gli rodeva?!? Qualunque fosse il motivo aveva trovato pane per i suoi denti, non vedevo l’ora di sfogare la mia frustrazione

Ma Carlisle mi frenò. «Abbiamo molto da fare, figliolo. Qualunque cosa Alice abbia deciso, saremmo pazzi a non darle retta. Torniamo a casa e mettiamoci al lavoro».

Aveva ragione, era inutile lasciarsi trascinare in queste inutili discussioni e ignorai la stupida provocazione.

«Grazie, Sam», disse Carlisle.

«Mi dispiace», gli rispose. «Non avremmo dovuto lasciarla passare».

«Hai fatto la cosa giusta», disse Carlisle. «Alice è libera di fare ciò che vuole. Non le negherei mai questa libertà».

«Io non mi arrenderò senza combattere», ringhiò Emmett, a denti stretti. «Alice ci ha detto cosa fare. Facciamolo».

Anche se non volevo ammetterlo mi sentivo abbandonato … cosa aveva visto di così terribile … era scappata o stava tentando il tutto per tutto per salvarci …

Speravo con tutto me stesso che avesse intravisto una flebile possibilità … aveva detto di cercare testimoni … tutti quelli che potevamo … no, non poteva essere scappata. Emmett aveva ragione, ci aveva dato un consiglio e non ci rimaneva che ascoltarlo.

La foga della corsa era finita, e senza badare troppo alla nostra andatura tornammo sui nostri passi.

«C'era quell'altra traccia. Fresca». Ci ricordò Esme quando fummo nei pressi del fiume.

«Doveva essere dello stesso giorno, ma precedente a quella che seguivamo. Lei da sola, senza Jasper». Risposi senza darle troppo peso, probabilmente Alice era passata di là prima di avere la visione, e le tracce si erano confuse; e mesti riprendemmo la corsa, tutti tranne Bella.

«Bella?», la chiamai vedendola indugiare.

«Voglio seguire la traccia», rispose.

Non ti illudere amore mio, non troveremo niente …” non volevo alimentare in lei false speranze, purtroppo il senso di vuoto e smarrimento che la loro defezione ci aveva lasciato era difficile da colmare, specialmente per Bella, il rapporto che aveva con mia sorella era sempre stato speciale … il suo dolore era inimmaginabile. «Forse riporta semplicemente a casa». dissi cercando di evitarle ulteriori sofferenze.

«Allora ci vediamo lì».

Caparbia come al solito.” «Vengo con te», dissi a bassa voce. «Ci vediamo dopo a casa, Carlisle».

Stalle vicino …” pensò mio padre annuendo, e insieme agli altri se ne andò.

«Non potevo lasciarti andar via», mormorai in risposta alla sua domanda inespressa. «Mi fa male solo a pensarci».

Mi tese la mano e la strinsi alla mia, come se aggrapparmi a lei fosse la mia unica salvezza.

«Sbrighiamoci», dissi. «Renesmee si sarà svegliata».

Annuì e riprendemmo a correre.

 

Seguendo la scia di Alice, ci trovammo, dopo un giro vizioso, davanti a casa nostra.

Cosa è venuta a fare da sola qua?” Adesso ero veramente confuso.

«Ha lasciato Jasper ad aspettarla laggiù ed è venuta qui?». Mormorai cercando di dare un senso al quel farraginoso giro che aveva fatto.

«Dammi solo un minuto», disse una volta giunti alla soglia di casa.

«Bella?». “Cosa hai capito che a me sfugge?”

«Per favore. Trenta secondi». E senza permettermi di replicare mi lasciò fuori in attesa.

Dopo soltanto tredici secondi entrai. «Cosa sta succedendo, Bella?».

«È stata qui. Ha strappato una pagina del mio libro per scriverci sopra».

Questo l’avevo intuito.” «Perché?».

«Non lo so».

Non è vero.” «Perché lo stai bruciando?».

«Perché... Io...», si accigliò, stava per mentire, e non ne era capace. «Mi è sembrato giusto, ecco».

Probabilmente, qualunque cosa ci fosse in quel libro, le era stato detto di tenermi allo scuro.

Perché?

«Non conosciamo le sue intenzioni», osservai calmo.

«Sull'aereo che ci portava in Italia», sussurrò, «quando stavamo venendo a salvarti, ha mentito a Jasper per impedire che venisse con noi. Sapeva che se avesse affrontato i Volturi sarebbe morto. Preferiva rimetterci la vita lei, piuttosto che esporlo al pericolo. Era pronta a morire anche per me. E per te».

Lo so … so che se ti ha detto di distruggerlo è per il bene di tutti, non solo mio e tuo … spero solo non ti abbia chiesto di fare qualcosa di estremamente rischioso.”

«Sa cos'è meglio fare», concluse.

Dipende …” «Non ci credo», dissi. «Forse solo Jasper era in pericolo. Il suo piano avrebbe funzionato per tutti noi, ma non per lui, e se fosse rimasto... Forse».

«Avrebbe potuto dircelo. Mandarlo via».

«Ma lui se ne sarebbe andato? Magari gli sta mentendo di nuovo».

«Forse …», “Sai benissimo anche te che non se ne sarebbe mai andato … io non l’avrei fatto …”«Dovremmo tornare a casa. Non c'è più tempo».

Capii che non avrebbe detto una sola parola di più, la presi per mano e uscimmo.

 

Carlisle

 

Bella e Edward Rientrarono che avevamo già predisposto tutto per la nostra partenza, Alice era stata chiara, non potevamo perdere un solo attimo di tempo. “Abbiamo già pianificato tutto, mete e amici di cui ci possiamo fidare per tentare di spiegare … partiremo tra meno di un’ora, preparatevi a ricevere i nostri ospiti.”

«Noi dobbiamo restare?», chiese deluso e amareggiato, non sopportava di essere scavalcato, capivo benissimo i suoi sentimenti ma era molto più importante che restasse qua.

«Alice ha detto che avremmo dovuto mostrare Renesmee agli altri, e con cautela», dissi. «Vi manderemo tutti quelli che riusciremo a trovare. Edward, è un campo minato che solo tu puoi attraversare incolume».

«Sarà un campo sterminato». Replicò scontento.

Non sottovalutare il tuo ruolo, figliolo, dovrai essere te a convincere chiunque ti manderemo dell’onestà delle nostre parole …”

«Noi ci divideremo», intervenne Emmett. «Io e Rose scoveremo i nomadi».

«Qui non starete con le mani in mano», precisai. «La famiglia di Tanya sarà qui in mattinata e non hanno la più pallida idea del motivo. Quindi, primo: dovrete convincerli a non reagire come Irina. Secondo: dovrete scoprire cosa intendeva Alice a proposito di Eleazar. A quel punto si vedrà se saranno disposti a testimoniare a nostro favore. Per ciascuno che si presenta, dovrete ricominciare tutto da capo, ammesso e non concesso che si lascino convincere a venire». Sospirai. «Temo che il vostro sia il compito più difficile. Torneremo a sostenervi appena possibile».

«Buona fortuna», mormorò Edward.

«Anche a voi», risposi. «Ne avremo tutti bisogno». “Dio solo sa quanta ce ne servirà …” Li salutammo con un groppo alla gola e un istante dopo ci dileguammo.

 

Edward

 

«Non so se gli amici di Carlisle verranno. Lo spero. Per il momento mi pare che siamo decisamente inferiori numericamente», mormorò Jacob a Renesmee.

Possibile che non riuscisse a mantenere neanche il più piccolo segreto? Cosa diavolo gli era saltato in testa di raccontare a una bambina cosa stava accadendo? Renesmee non sembrava spaventata, per fortuna, e nei suoi pensieri la curiosità di questa nuova situazione era ciò che stava predominando.

«No, non possiamo fare niente. Noi dobbiamo restare qui», proseguì Jacob. «C'è gente che viene per vedere te,altro che il paesaggio».

Renesmee lo fissò contrariata, “Beata innocenza … infondo è davvero una bambina …”«No, non devo andare da nessuna parte», le disse. “Sbagliato. Prova a ragionare una volta ogni tanto …” pensai mugugnando e finalmente gli sorse un dubbio «O sì?» chiese guardandomi.

Avanti … Sforzati … usa, una volta tanto, quei poveri e pochi neuroni che ti ritrovi …” Pensai guardandolo rassegnato.

«Sputa», ringhiò lui, La voglia di spaccargli la faccia tornò prepotentemente alla carica; credeva forse di essere l’unico con il diritto di potersi preoccupare per Renesmee?!?

«I vampiri che stanno venendo qui per aiutarci non sono come noi», dissi scandendo bene le parole, nel caso che il concetto non gli risultasse chiaro. «La famiglia di Tanya è l'unica, oltre alla nostra, a rispettare la vita umana, ma nemmeno loro hanno un'alta opinione dei licantropi. Quindi sarebbe più sicuro per...».

«So badare a me stesso».

Certe volte era peggio di un disco rotto. «Sarebbe più sicuro per Renesmee»,ripresi, «se la loro scelta di credere o no a quello che racconteremo su di lei non fosse influenzata dall'associazione con un licantropo».

«Begli amici. Ti volterebbero le spalle solo per la gente che frequenti?».

«Credo che in circostanze normali sarebbero parecchio tolleranti, ma, cerca di capire, accettare Nessie non sarà facile per nessuno di loro. Perché rendere tutto ancora più complicato di quello che già è?».

Io non voglio complicare nulla … sono solo preoccupato … io non ce la faccio a lasciarla … non fare finta di niente, so benissimo che sei nelle mie stesse condizioni … e poi, possibile che siate così spaventati da questi bambini? … Davvero non capisco.” «Erano davvero così tremendi, questi bambini?», domandò.

«Non hai idea della ferita che hanno inferto alla psiche collettiva dei vampiri».

«Edward...». “È doloroso … so che è con voi … al sicuro … ma starle lontanoè insostenibile … non so quanto tempo ancora ci

«Lo so, Jake. So quanto è difficile starle lontano». Lo capivo fin troppo bene … «Andremo a istinto, a seconda della loro reazione quando la vedranno. In ogni caso, nelle prossime settimane, Nessie dovrà tenere, come dire, un basso profilo a fasi alterne. Fra una presentazione e l'altra resterà al sicuro nella nostra casetta. Quindi, fintanto che ti tieni a distanza di sicurezza da questa casa...».

«Ce la posso fare. Domattina arriva gente, eh?».

«Sì. La nostra amica più cara. Nel suo caso particolare, è probabilmente meglio mettere le carte in tavola al più presto. Puoi restare qui, tanto Tanya sa di te. Ha persino conosciuto Seth».

«Vero».

«È meglio che tu avverta Sam di cosa sta succedendo. Nei boschi potrebbero comparire presto degli stranieri».

«Giusto. Anche se gli devo un po' di silenzio dopo la scorsa notte».

Non dovevano permettergli di andarsene … sono convinto che tutto questo ha un senso … non mi sembra il tipo che fa le cose a caso … ma il fatto che vi abbia abbandonati m’inquieta … non riesco a farmelo andare giù … pensa davvero che con due righe di consigli riusciremo a scamparla?”

La cosa più inquietante in quel momento era rendersi conto di quanto fosse simile il nostro modo di pensare «Di solito, dare retta ad Alice è la cosa migliore». Gli risposi, e dentro di me sperai che anche quella volta lo fosse.

 

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Capitolo 24
*** CAPITOLO 24 ***


Non sto a farvi il bollettino medico di mia figlia … mi scuso per la lunghissima attesa ma nonostante tutto non prometto nulla per la rapidità di pubblicazione del prossimo …

 

Se qualcuno ha ancora voglia di leggerlo ecco il nuovo capitolo.

Buona lettura

 

Cap.24

 

Edward

 

Fu una giornata lunghissima.

La partenza del resto della famiglia, lo strano silenzio che aleggiava in casa, le domande inespresse di Renesmee.

Bella era distratta, qualcosa stava attirando la sua attenzione … era qualcosa che aveva a che fare con la fuga di Alice, ne ero più che sicuro, ma non poteva parlare, se avesse potuto, sarebbe stata la prima cosa che avrebbe fatto dopo la nostra breve perlustrazione del cottage.

La mia mente era invece concentrata su come poter introdurre l’argomento “Renesmee”, il giorno successivo con i nostri cugini dell’Alaska.

C’era il rischio che fraintendessero, proprio come aveva fatto Irina, e nella migliore delle ipotesi non ci avrebbero fatto nemmeno terminare la spiegazione; loro erano senza alcun dubbio lo scoglio più duro da dover superare; poi c’era il quesito “Eleazar”: perché Alice aveva insistito con lui? In che modo avrebbe potuto aiutarci?

Un fruscio delicato di lenzuola e coperte mi avvisò che Bella era riuscita ad addormentare Renesmee, nella sua cameretta; nel tepore della nostra casa sembrava quasi che tutto fosse solo un incubo lontano; per questo avevamo deciso che nonostante tutto dovesse essere mantenuta una routine di normalità, tornare a casa ogni sera avrebbe aiutato Renesmee a spaventarsi un po’ meno e, forse, anche noi.

Fissando il fuoco ardere nel camino avvertii in suoi passi alle mie spalle.

«Edward, io...» sussurrò.

Qualcosa, non so cosa, mi fece fremere; forse il pensiero di non averla più al mio fianco, per un secolo l’avevo aspettata, lei era tutto per me, mi aveva amato per quello che ero, rinunciando alla sua stessa vita, mi aveva reso l’uomo più felice del mondo … pensavamo di avere davanti a noi l’eternità e, invece, ci rimaneva solo un mese … non riuscivo nemmeno a immaginare un mondo senza di lei e, sapevo, che per lei era lo stesso … “fin che entrambi avremmo vita”avevamo giurato il giorno delle nozze e così sarebbe stato. Mi voltai e in un istante fui da lei, le mie labbra sulle sue, possessive, voraci. “Basta parlare! Non intendo sprecare un solo secondo del tempo che ci è stato concesso …” pensai stringendola disperatamente a me. Avevo bisogno di lei, un bisogno irrefrenabile di averla solo per me, di amarla con tutto me stesso, il più possibile, per il poco tempo che c’era ancora concesso …

Il sorgere del sole fece scoppiare la bolla di felicità in cui ci eravamo rintanati; pensieri, problemi, angosce, e paure piombarono nuovamente su di noi come un kamikaze.

Ci aspettava un’altra lunghissima giornata e non avevo davvero idea di cosa aspettarmi.

«Vorrei ci fosse un modo per ottenere da Eleazar le informazioni che ci servono prima di parlargli di Nessie.» mormorai mentre ci vestivamo. «Tanto per andare sul sicuro».

«Già, ma non capirebbe la domanda», replicò Bella rassegnata. «Pensi che ci lasceranno spiegare?».

«Non lo so».

Senza svegliare Renesmee la sollevò dal letto come se stesse toccando un finissimo cristallo e stringendola al petto ci preparammo per tornare alla villa.

«Edward, m'insegneresti a combattere?», chiese a bruciapelo mentre stavamo uscendo.

NO! NO! E ANCORA NO!! TI STA DANDO DI VOLTA IL CERVELLO!!!” Gridò disperata la mia mente, completamente dissociata dai muscoli della bocca che non riuscivano ad articolare nessun suono.

La mia reazione non doveva averla sorpresa più di tanto a giudicare dalla tensione che avevo percepito nella sua domanda sebbene l’avesse sputata fuori tutta d’un fiato.

Spetta a me proteggervi …” «Se si arriva a uno scontro, nessuno di noi potrà fare granché», rantolai con un filo di voce cercando di tergiversare. “Che idiozie sto dicendo … la verità è che non mi sento capace di allenarti … io … non riesco nemmeno a pensarla una cosa simile …”

«Non vorrai lasciarmi completamente inerme».

Appunto …”pensai sbattendo pesantemente la porta «Se la metti così... Allora conviene che ci mettiamo al lavoro al più presto». Annuii più o meno arreso, e in silenzio ci avviammo.

A giudicare dai presupposti quella giornata non sarebbe stata da meno della precedente.

Il terzo grado che ne seguì circa i poteri della guardia dei Volturi non aveva nulla da invidiare agli interrogatori delle SS, rispondevo cercando di non far trapelare il nervoso che questa futile discussione mi stava portando … se non altro cercai di farle capire che con i nostri miseri mezzi era inutile anche lottare, nella migliore delle ipotesi potevamo sperare che ci privassero dei nostri sensi grazie al potere di Alec e di finire a rogo senza essere fatti a pezzi … gran bella prospettiva …

«Secondo te Alec è bravo a combattere?», domandò dopo un attimo di riflessione. «Escluso il suo potere, intendo. Se dovesse scontrarsi senza ricorrere al suo talento. Mi chiedo se ci abbia mai provato... ».

Possibile tu non riesca a darti mai per vinta? Cosa diavolo sta rimuginando la tua testolina??”pensai squadrandola. «A cosa stai pensando?».

«Probabilmente con me il suo trucchetto non funziona, se è come te, Aro e Jane. Forse, se non ha mai avuto bisogno di difendersi ed io conoscessi un paio di mosse...». Rispose guardando fissa davanti a sé per non incrociare il mio sguardo.

«Sta con i Volturi da secoli»,la interruppi e il panico tradì la mia voce, voleva affrontarlo da sola?? «Tu sei sicuramente immune al suo potere, Bella, ma sei comunque una neonata. Non posso trasformarti in una macchina da guerra nel giro di poche settimane.» “Non lo farei neppure se avessi a disposizione dei secoli …” .«Sono certo che Alec non è digiuno di scontri».

«Forse no, forse sì. È l'unica cosa che nessuno di noi può fare, tranne me. Se riuscissi anche solo a distrarlo per un po'...».

NO.NO.NO. NON SONO IN GRADO DI AFFRONTARE SIMILI RAGIONAMENTI!”«Fammi il favore, Bella», sibilai fra i denti, «non voglio nemmeno parlarne».

«Sii ragionevole».

NO. Non lo sono mai stato e non intendo iniziare ora!”«Cercherò di insegnarti tutto ciò che posso ma, ti scongiuro, non riesco neanche a pensare che ti sacrifichi per fare da diversivo a...» dissi rantolando, e le parole mi morirono in gola.

«Devo imparare il più possibile. Tutto quello che riesci a farmi entrare in testa nell'arco del prossimo mese», mormorò.

La ignorai.

«Demetri...», esordì di nuovo, ma qualcosa si accese in me, come se un incendio fosse improvvisamente divampato nel mio petto.

«Demetri è mio», replicai con rabbia.

«Perché?»

Glielo devo …” «Per Alice. È il solo modo che ho di ringraziarla per gli ultimi cinquant'anni». Aro la voleva. Non si sarebbe fermato con la nostra distruzione, una volta si fosse reso conto che il suo nuovo gioiello mancava all’appello, le avrebbe fatto dare la caccia senza tregua.

«Edward, secondo te, perché Alice ci ha detto di chiedere a Eleazar riguardo ai Volturi? È stato in Italia di recente, o cosa? Che cosa potrebbe sapere?». Chiese cambiando discorso appena Jacob si unì a noi nel tragitto.

«Eleazar sa tutto dei Volturi. Avevo scordato che tu non potevi saperlo. Era uno di loro».

«Cosa?», esclamò inorridita.

«Eleazar è una persona molto gentile» risposi accennando un sorriso. «Non si trovava granché bene con i Volturi, ma rispettava la legge e capiva la necessità di farla rispettare. Sentiva di contribuire a un bene comune. Non ha rimorsi per il tempo trascorso con loro. Tuttavia, l'incontro con Carmen gli ha fatto capire quale fosse il suo posto nel mondo. Si somigliano molto, entrambi sono vampiri compassionevoli. Hanno conosciuto Tanya e le sue sorelle, e non hanno mai provato un rimpianto. Sono soddisfatti di questo stile di vita. Anche se non avessero incontrato Tanya, credo che avrebbero trovato da soli un modo per vivere senza sangue umano».

Era un guerriero? Combatte bene?”chiese Jacob.

«No, non era un loro guerriero in senso stretto. Possedeva un dono che i Volturi trovavano conveniente».

Ovvero?”

«Ha la capacità di riconoscere immediatamente le doti particolari degli altri, i doni esclusivi di alcuni vampiri», spiegai. «Gli basta trovarsi a una certa distanza da loro. Un requisito molto utile, in battaglia. Aro scopriva subito se fra gli avversari c'era qualcuno che potesse riservare qualche sorpresa, ma capitava di rado: bisogna avere qualità davvero eccezionali per mettere in difficoltà i Volturi, anche solo per pochi istanti. Più che altro serviva a risparmiare la vita a qualcuno che poteva tornargli utile. Il dono di Eleazar funziona, entro certi limiti, anche con gli umani, ma con loro deve concentrarsi molto perché il talento latente è nebuloso. Perciò Aro lo usava per esaminare quelli che volevano unirsi a lui, per vedere se possedessero potenzialità interessanti. Ad Aro è dispiaciuto che Eleazar se ne sia andato».

«L'hanno lasciato andare così, come niente fosse?», chiese perplessa Bella.

«I Volturi non sono sempre i cattivi della situazione, come ti appaiono. Sono il fondamento stesso della nostra civiltà e della pace. Chi si arruola nel corpo di guardia sceglie di votarsi a essi. È un grande onore farne parte; tutti ne sono orgogliosi, nessuno viene costretto contro la propria volontà».

Mi guardò torva. Non l’avevo convinta.

«Passano per crudeli e spietati solo fra i criminali, Bella».

«Noi però non siamo criminali».

«Questo non lo sanno».

«Pensi che riusciremo a fermarli per farci ascoltare?».

Speriamo …” «Se troviamo abbastanza amici pronti a schierarsi al nostro fianco, sì. Forse». Mormorai stringendomi nelle spalle e, in silenzio, riprendemmo a camminare.

 

Tanya

 

La telefonata di Carlisle era stata inaspettata e talmente carica di preoccupazione, che partimmo senza porci troppe domande subito dopo averla terminata.

Aveva detto che Irina era stata da loro ma, sinceramente, non capivamo cosa potesse aver fatto per metterli in pericolo tutti quanti.

Non facevo le capriole di gioia al pensiero di rivedere la mogliettina di Edward, ma c’erano stati fin troppi screzi e incomprensioni tra le nostre famiglie ed era l’ora che si cercasse di porvi fine.

Speriamo solo di non dover avere troppo a che fare con quella gattamorta …” pensai appena la macchina lasciò la statale per procedere sullo sterrato.

Dopo qualche istante arrivammo alla grande casa bianca di Carlisle.

Edward era già fuori ad aspettarci.

Solo.

Splendido come sempre ci osservava avvicinare e non riuscendo, come al solito, a togliergli gli occhi di dosso, potei notare un impercettibile cambiamento sul suo volto: una ruga.

Impossibile.

I vampiri non invecchiano, sono congelati nell’aspetto del loro ultimo secondo di vita; eppure, quella ruga, sicuramente non di vecchiaia, ma di espressione, gli conferiva un non so che di più vecchio … “la mogliettina ti dà da pensare??? Peggio per te tesoro, eri in tempo per dire di no.”

Sapevo che mi aveva sentito e il fatto che mi avesse completamente ignorata per un simile apprezzamento mi turbò non poco.

«Edward!», gridai entusiasta andandogli incontro cercando di non manifestare troppo il mio malumore.

«Ciao, Tanya. Kate, Eleazar, Carmen». Rispose asettico al mio saluto.

Miss. Simpatia ha contagiato anche te a quanto pare …”«Carlisle ha detto che doveva parlarci con urgenza», dissi. «Che problema c'è? Problemi con i licantropi?» “O con i nuovi familiari?”

«No», rispose sempre misterioso. «La nostra tregua con i licantropi funziona alla grande».

Alla fine ti ha costretto ad accettarli eh??”ridacchiai tra me «Non ci inviti a entrare? Dov'è Carlisle?»

«È dovuto andar via».

Ci chiede aiuto e se ne va?!? Non è da lui!”«Che succede, Edward?», chiesi più pressante.

«Vi chiedo di concedermi il beneficio del dubbio per pochi minuti», rispose. «Devo spiegarvi una cosa piuttosto complicata e ho bisogno che mi ascoltiate fino in fondo senza preconcetti».

«Ma Carlisle sta bene?»s'intromise Eleazar.

«Nessuno di noi sta bene, Eleazar», rispose Edward, posandogli una mano sulla spalla. «Cioè, fisicamente sì, sta bene».

Che razza di risposta era.

«Fisicamente?», chiesi brusca. «Che intendi dire?».

«Che la mia famiglia corre un grave pericolo. Prima di spiegare, però, vi chiedo una promessa: di ascoltare tutto il racconto. Vi prego solo di starmi a sentire fino alla fine».

Tutto questo mistero non prometteva nulla di buono.

«Ti ascoltiamo», dissi sebbene fossi poco convinta. «Ti ascolteremo fino in fondo prima di giudicare».

«Grazie, Tanya», rispose con uno strano fervore. «Non vi avremmo coinvolto se avessimo avuto un'alternativa.» e varcando la soglia di casa ci fece strada.

«Lo sapevo che c'erano di mezzo i licantropi», borbottai quando, non appena messo il piede dentro casa, fui investita dal nauseabondo fetore che li contraddistingueva.

«Sì, e sono dalla nostra parte. Ancora una volta».

Non è necessario farlo notare ogni volta Edward. Sappiamo di aver sbagliato e siamo qui per poter rimediare.” Pensai guardandolo di traverso.

«Dov'è la tua Bella?»,chiese Carmen. «Come sta?».

«Ci raggiungerà fra poco. Sta bene, grazie. Ha varcato le soglie dell'immortalità con singolare eleganza».

Non ne avevo dubbi …”«Dicci di questo pericolo, Edward», lo esortai per sviare il discorso su altri argomenti. «Ascolteremo e ci schiereremo al tuo fianco, dov'è giusto che stiamo».

Prese un profondo respiro e parlò. «Prima di chiedervi di vedere con i vostri occhi. Ascoltate, nella stanza accanto. Cosa sentite?».

Tu tum … … … tu tum… … … tu tum … … …”

«Prima ascoltate, per favore»,insistette Edward.

«Un licantropo, presumo. Sento il suo cuore che batte», dissi.

«Cos'altro?», chiese Edward.

Tu tum … tu tum … tu tum … tu tum … tu tum …”

Sì non era solo il licantropo, c’era qualcos’altro in sottofondo, troppo veloce per essere un battito umano …

«Cos'è quella pulsazione?»,chiese Kate. «Un... uccello, forse?».

«No, ma tenete a mente il suono. E che odore sentite, a parte quello di licantropo?».

«C'è un umano?», bisbigliò Eleazar.

«No», lo contraddissi, il battito era troppo veloce. «Non è umano, anche se... vi si avvicina molto. Più di qualunque altro odore presente qui dentro. Che cos'è, Edward? Non credo di averne mai sentito uno simile, prima d'ora».

«Sicuramente no, Tanya. Per favore, vi prego,tenete presente che per voi è una cosa del tutto nuova. Mettete da parte qualunque preconcetto».

«Ti ho promesso di ascoltare, Edward.» ribadii spazientita, la scarsa fiducia che riponeva nei nostri confronti stava iniziando a irritarmi.

«D'accordo. Bella, porta qui Renesmee, per favore.» disse con un tremito nella voce, e nella sala fecero il loro ingresso il licantropo, la gatta morta e … … NON CREDETTI HAI MIEI OCCHI DALL’ORRORE CHE MI FU MOSTRATO!!

 

Edward

 

Jacob e Bella fecero il loro ingresso nel salone.

Renesmee spuntò timidamente da dietro i capelli di sua madre quasi temesse la reazione del suo pubblico.

Che puntualmente non si smentì.

All’unisono scattarono all’indietro verso il muro assumendo la posizione d’attacco e ogni sorta d’ingiurie e improperi uscirono dalle loro bocche.

Cercai di mantenere una parvenza di calma e impassibilità e avvicinandomi alle mie donne le abbracciai, la piccola, già spaventata in partenza, stava tremando dal terrore. I dubbi che le avevamo cercato di fugare fino a pochi istanti prima il loro arrivo erano di nuovo lì: nei suoi dolci occhi color cioccolato, ed i sensi di colpa che si era fatta, anche. La voglia di farli a pezzi per il loro stupido comportamento stava diventando difficile da frenare, «Avete promesso di ascoltare»,esclamai con tutta la rabbia che covavo dentro.

«Ci sono cose che non si possono stare a sentire!», esclamò Tanya.

Stupida oca! Per una volta stai a sentire quello che stiamo cercando di dirti!!”

«Come hai potuto, Edward? Non ti rendi conto di cosa significa?». Continuò a gracchiare. “È stata lei a convincerti vero?? Non voleva perdere nulla della sua umanità! Ho sempre saputo che ti avrebbe portato alla pazzia!! Come hai potuto?!?! Perché ci avete messi a conoscenza di quest’abominio!!!”

«Dobbiamo andarcene di qui»,ringhiò Kate con già la mano sulla maniglia della porta.

«Edward...» rantolò Eleazar sconvolto.

«Aspettate», dissi deciso.«Ricordatevi di quello che avete udito e sentito. Renesmee non è ciò che credete».

Conosci la legge …” «Non sono ammesse eccezioni alla regola, Edward», ribatté Tanya asciutta.

«Tanya», replicai cercando di imporle di ascoltare, «lo senti il cuore che batte, no? Rifletti per un istante su ciò che significa».

«Il suo cuore?», bisbigliò Carmen cercando un varco sopra la spalla di Eleazar.

«Non è una bambina vampira a tutti gli effetti», le spiegai nella speranza che se almeno un membro della loro famiglia mi avesse dato ascolto forse anche gli altri si sarebbero arresi all’evidenza «Per metà è umana».

Perplessità e dubbio sulle mie parole erano chiaramente leggibili sui loro volti.

«Ascoltate». Dissi cercando di essere il più persuasivo possibile «Renesmee è unica. Io sono suo padre, non il suo creatore. Sono il suo padre biologico».

Edward … Dio mio … Lei ti ha completamente accecato … non ti rendi conto di ciò che hai fatto … di ciò che ci stai facendo …”pensò Tanya muovendo impercettibilmente la testa.

«Edward, non puoi aspettarti che noi...», esordì Eleazar.

«Allora dammela tu, una spiegazione. Percepisci il calore del suo corpo nell'aria. Nelle sue vene scorre sangue, Eleazar. Puoi sentirlo, no?».

«Ma come?», farfugliò Kate.

«Bella è la madre biologica»,risposi. «Ha concepito e partorito Renesmee mentre era ancora umana. Le è quasi costata la vita. Tanto che, dopo lunghe esitazioni, sono stato costretto a iniettarle una dose di veleno nel cuore per salvarla».

«Mai sentita una cosa simile»,commentò Eleazar ancora sgomento.

«I rapporti fra vampiri e umani non sono certo all'ordine del giorno», cercai di sdrammatizzare «E i frutti di simili accoppiamenti sono ancora più rari. Non siete d'accordo, cugine?».

Almeno per rispetto dei sentimenti di mia sorella, le battutine sarcastiche potresti evitarle!” mi fulminò con lo sguardo Kate.

«Dai, Eleazar. Non dirmi che non noti la somiglianza». Cinguettò Carmen eludendo lo scudo che il suo compagno le faceva con il corpo e avvicinandosi a Renesmee per poterla vedere meglio.

«Gli occhi sono della mamma»,disse a voce bassa sorridendole, «ma la faccia è del papà».

Posso? …” mi chiese Renesmee mostrandomi una sua immagine che poggiava la mano sulla guancia a Carmen.

«Ti spiace lasciare che sia Renesmee stessa a raccontarti di sé?», chiese Bella, intuendo i desideri di nostra figlia, a Carmen. «È una vera maestra nello spiegare le cose».

«Parli già, piccolina?».

«Sì», rispose Renesmee e tutti eccetto Carmen sussultarono. «Però sono più brava a mostrare che a dire.» e posò la manina sulla sua guancia. Un brivido percorse nostra cugina e il suo compagno le fu subito accanto per difenderla, ma lei lo fermò, con lo sguardo fisso su mia figlia, e continuò a guardare il suo racconto.

La magia di Renesmee stava per compiere il miracolo un’altra volta.

«Cosa le sta mostrando?»,bofonchiò Jacob ormai in paranoia.

«Tutto», mormorai.

«È proprio figlia tua»,sospirò Carmen sorridendole. «Un dono come il suo può venire solo da un padre particolarmente dotato».

«Credi a ciò che ti ha mostrato?», chiesi con un fil di voce, la nostra vita era appesa a quella flebile speranza e avevo bisogno di certezze.

«Senza il minimo dubbio»,disse Carmen senza alcuna esitazione.

«Carmen!». Esclamò Eleazar terrorizzato. “Non lasciarti trascinare in questa follia!”

Nella sua mente eravamo già tutti morti.

«Per impossibile che appaia, quello che Edward ci ha raccontato è la verità. Lascia che la bambina te lo mostri». Cercò di tranquillizzarlo Carmen prendendogli la mano per avvicinarla a Renesmee. «Faglielo vedere, mi querida.»e Renesmee cominciò nuovamente a raccontare.

Ci fu titubanza e apprensione, sia da parte sua che da parte di Tanya e Kate, restammo con il fiato sospeso per tutto il tempo del racconto, ma Renesmee compì il miracolo, era difficile non restarne conquistati, mano a mano che il racconto di mia figlia proseguiva potevo leggere nella loro mente lo sconcerto e la meraviglia per quanto era accaduto, la vergogna di aver dubitato della nostra buona fede e la preoccupazione di non riuscire a capire a questo punto cosa fosse il pericolo per il quale erano stati chiamati da Carlisle.

«Ma c'è il grave pericolo di cui ci hai avvertito», chiese infine Tanya. «Dato che non viene dalla bambina, ma è connesso a lei, deduco che si tratti dei Volturi. Come hanno fatto a scoprire la sua esistenza? Quando verranno?».

«Quando Bella ha visto Irina, quel giorno in montagna», spiegai cercando di dosare bene le parole senza lasciarmi prendere dalla rabbia, «Renesmee era con lei».

«È stata Irina? Ha fatto questo a te? A Carlisle? Irina?».Sibilò Kate

«No», sussurrò Tanya.«Qualcun altro... ».

«Alice l'ha vista andare dai Volturi», dissi asciutto.

«Come ha potuto fare una cosa simile?», mormorò tra sé Eleazar.

«Immaginate di aver visto Renesmee da lontano. Senza attendere la nostra spiegazione... ».

«Non importa cosa può aver pensato. Facciamo parte della stessa famiglia». Sentenziò Tanya“poteva parlarne con noi prima …”.

«Ormai non possiamo fare più niente per rimediare alla decisione di Irina, è troppo tardi. Alice ci ha dato un mese di tempo».

«Così tanto?», chiese Eleazar.

«Verranno tutti. Servono dei preparativi».

«L'intera guardia?». Chiese conferma Eleazar incredulo.

«Non solo la guardia»,risposi. «Aro, Caius, Marcus. Persino le mogli».

«Impossibile» sussurrò nuovamente.

«L'avrei detto anch'io, due giorni fa», ribattei.

«Ma non ha senso. Perché mettere in pericolo anche le mogli, oltre a se stessi?» Ringhiò a questo punto, conoscendo il loro modus operandi, questa mobilitazione era al di fuori di ogni schema, il che la rendeva, per lui, ancora più sconvolgente.

«Da quel punto di vista non ha senso, infatti. Secondo Alice, non c'è di mezzo soltanto la punizione per ciò di cui ci accusano. Pensava che tu potessi aiutarci.»

«E cosa può esserci, oltre alla punizione?». Cominciò a rimuginare camminando convulsamente per tutta la stanza.

«Dove sono tutti, Edward? Carlisle, Alice e gli altri?» s'informò Tanya.

Non potevo dirle che Alice era fuggita e chiedere il loro aiuto, era come spingerli ad andare volontariamente davanti al plotone di esecuzione, optai per una mezza verità. «In cerca di amici che possano darci una mano».

«Edward, per quanti amici riusciate a trovare, non possiamo aiutarvi a vincere. Riusciremo solo a morire con voi. Questo lo sai. D'altro canto, forse meritiamo la morte, dopo ciò che ha combinato Irina e dopo che già una volta vi abbiamo voltato le spalle». Mormorò Tanya avvicinandosi.

Io per te morirei, lo sai vero?”

«Non vi stiamo chiedendo di combattere e morire con noi, Tanya. Sai che Carlisle non pretenderebbe mai una cosa simile».

«E allora cosa, Edward?».

«Siamo in cerca di testimoni. Se riusciamo a fermare i Volturi per il tempo necessario a spiegare... » mormorai carezzando la guancia di Renesmee. «È difficile dubitare della nostra storia quando la vedi con i tuoi occhi».

«Credi che saranno tanto interessati al passato di Renesmee?». “con una simile mobilitazione dubito abbiano voglia di ascoltare una bambina … ma non vi abbandoneremo … non questa volta …” replicò Tanya.

«Solo in quanto presagio per il futuro. Lo scopo della restrizione era di proteggerci dal contatto con i bambini immortali, dagli eccessi di creature giovani e indomabili».

«Io non sono pericolosa»,s'intromise Renesmee. «Non ho mai fatto del male al nonno, a Sue, o a Billy. Io amo gli umani. E i licantropi come il mio Jacob». Disse dando dei buffetti sul braccio di Jacob.

E ti pareva che non le piacessero i cuccioli con la madre che si ritrova …”

Cielo che schifo!”

Pensarono Tanya e Kate scambiandosi una rapida occhiata disgustata.

“ … e non sono nemmeno al corrente di tutto …” pensai guardandole, poi fingendo indifferenza ripresi la mia spiegazione.«Se Irina non fosse arrivata così presto», riflettei ad alta voce, «avremmo potuto evitare tutto questo. Renesmee cresce a un ritmo vertiginoso. In un mese cresce come se ne fossero trascorsi sei».

«Be', questa è una cosa che possiamo testimoniare di sicuro», disse Carmen in tono risoluto.«Potremo assicurare che l'abbiamo vista crescere sotto ai nostri occhi. I Volturi non potranno ignorare una simile evidenza».

«Già, come potrebbero?»,borbottò di sfuggita Eleazar ancora preso dai suoi ragionamenti.

«Possiamo testimoniare a vostro favore, sì», disse Tanya, «poco ma sicuro. E penseremo a cos'altro potremmo fare». “combatteremo se sarà necessario …”

«Tanya», protestai, «non ci aspettiamo che lottiate per noi».

«Se i Volturi non si fermeranno ad ascoltarvi, non potremo restare a guardare»,insistette Tanya. «Anche se, ovviamente, dovrei parlare per me stessa».

«Dubiti a tal punto di me, sorella?».S’intromise Kate

«È una missione suicida, dopotutto». Le sorrise la prima.

«Io ci sto». Sentenziò Kate con disinvoltura

«Anch'io. Farò tutto ciò che è in mio potere per proteggere la bambina», disse Carmen tendendo le mani verso il nostro gioiello. «Posso tenerti un pochino, bebé linda.

Renesmee ovviamente non si fece pregare, riuscire a conquistare tutti in un attimo, era sicuramente il suo dono più grande, e per un istante credetti che forse una probabilità di riuscita non era poi così impossibile.

«Che ruolo hanno i licantropi in tutto questo?», chiese Tanya lanciando un'occhiata a Jacob che, fremendo dal momento del loro ingresso in casa, anticipò la mia risposta «Se i Volturi non sono disposti a dar retta a Nessie, a Renesmee, cioè», si corresse, prima di irritare nuovamente Bella «li fermeremo noi».

«Molto coraggioso, ragazzino, ma sarebbe un'impresa disperata anche per gente molto più esperta di voi».

«Non sai ciò che siamo in grado di fare».

E nemmeno m’interessa …” «La vita è vostra, potete farci quel che vi pare». Sentenziò lei con noncuranza. «È una piccola molto speciale», mormorò tra sé Tanya osservandolo guardare la bambina con sguardo incantato. «Difficile resisterle». “e per lui sembra anche impossibile …”

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Capitolo 25
*** CAPITOLO 25 ***


Scusate il ritardo.

Buona lettura

 

Cap.25

 

Edward

 

«Una famiglia piena di talenti», borbottò Eleazar ancora preso dai suoi ragionamenti «Il padre legge nel pensiero, la madre è uno scudo e questa bimba eccezionale, possiede un qualche potere magico con cui ti incanta. Mi chiedo se ci sia un termine per definire quello che fa, o se sia normale per una mezza vampira. Anche se "normale", insomma, è una parola grossa per una creatura che è un vampiro ibrido!».

Scudo??”«Scusa», gli chiesi confuso dalle sue parole «Cos'hai detto che è mia moglie?».

«Uno scudo, credo. In questo momento mi sta bloccando, quindi non ne sono sicuro». Rispose fermando finalmente il suo andirivieni nervoso.

«Uno scudo?», ripetei, stupefatto.

«Dai, Edward! Se io non riesco a leggerle la mente, dubito che ci riesca tu. Riesci a sentire i suoi pensieri in questo momento?» chiese Eleazar.

«No», mormorai avvilito, «ma non ci sono mai riuscito. Nemmeno quand'era umana».

«Mai?». Chiese incredulo.«Interessante. Lascerebbe supporre un notevole talento invisibile, se si manifestava così chiaramente già prima della trasformazione. Non riesco a trovare un varco nello scudo per farmi un'idea più precisa. Eppure dev'essere ancora grezza, ha appena pochi mesi di vita come vampira».

Quindi … magari … con il dovuto allenamento potrebbe riuscire ad aprire la sua mente??” pensai guardandolo esasperato dalle sue mezze parole.

«E a quanto pare non se ne rende affatto conto, è una cosa del tutto inconscia. Che ironia. Aro mi ha spedito ai quattro angoli del pianeta in cerca di gente che possedesse simili particolarità, mentre tu ti ci imbatti per caso e nemmeno te ne accorgi». Disse ancora incredulo.

Io lo ero più di lui.

«Di cosa stai parlando? In che senso, sono uno scudo? Cosa significa?». Chiese Bella turbata.

Eleazar inclinò la testa di lato squadrandola meglio. «Immagino che nella guardia fossimo un po' troppo formali al proposito. In effetti, classificare talenti è una faccenda soggettiva e, tutto sommato, casuale. Ogni talento è unico e irripetibile, nel senso che non si presenta mai identico. Tu invece, Bella, sei facile da classificare: i talenti puramente difensivi, che tutelano alcuni aspetti di colui che li possiede, sono sempre definiti scudi. Hai messo alla prova le tue capacità? Hai mai provato a bloccare qualcun altro oltre a me e al tuo compagno?».

«Funziona solo per certe cose», disse. «La mia mente è, come dire... privata. Però non impedisce a Jasper di influenzare il mio umore o ad Alice di vedere il mio futuro».

«Una difesa prettamente psichica». Eleazar annuì fra sé. «Limitata, ma efficace».

«Aro non riusciva a sentirla»,intervenni orgoglioso. «Sebbene fosse umana, quando si sono conosciuti».

Eleazar sgranò gli occhi sempre più sconcertato.

«Jane ha cercato di colpirmi, ma non c'è riuscita», aggiunse. «Secondo Edward, Demetri non può trovarmi, e nemmeno Alec può farmi alcunché. È un bene?».

Eleazar, ancora a bocca aperta, annuì. «Direi!».

«Uno scudo!», esclamai con soddisfazione. «Non avevo mai considerato la cosa sotto questo punto di vista. L'unica che avevo conosciuto prima era Renata, ma lei era così diversa».

Eleazar intanto si era ripreso.«Appunto. Nessun talento si manifesta esattamente allo stesso modo, perché nessuno pensa mai esattamente allo stesso modo».

«Chi è Renata? Cosa fa?»,chiese Bella.

«Renata è la guardia del corpo di Aro», spiegò Eleazar. «Uno scudo molto pratico e anche molto forte, Renata è uno scudo potente contro gli attacchi fisici. Chiunque si avvicini a lei o ad Aro - ed è la stessa cosa, dato che lei è sempre al suo fianco nelle situazioni critiche - si trova improvvisamente... deviato. Il campo di forza che l'avvolge è quasi impercettibile: ci si accorge di colpo di muoversi in un'altra direzione, con la vaga consapevolezza che non è quella giusta, ma senza ricordarsi bene perché. Renata può proiettare lo scudo a diversi metri di distanza da sé: infatti, in caso di necessità, protegge anche Caius e Marcus. Però la sua priorità è Aro. Tuttavia, ciò che fa non è prettamente fisico. Come per la stragrande maggioranza dei doni, avviene tutto nella mente. Se cercasse di deviare te, per esempio, mi chiedo chi avrebbe la meglio...». Scosse la testa. «Non ho mai sentito di qualcuno che riuscisse a mettere fuori gioco Aro o Jane».

In effetti, come Bella non c’è nessuno …” riflettei, e subito Renesmee confermò il mio pensiero «Mamma, tu sei speciale», esclamò con orgoglio come se fosse un dato di fatto; ed era veramente così, per noi era veramente speciale, lo era sempre stata: era tutto.

«Puoi proiettarlo?»,s’informò Kate incuriosita.

Che domanda stupida. Fino a cinque secondi prima non sapeva nemmeno di esserlo figuriamoci se era in grado di gestirlo.

«Cioè?», chiese, ovviamente, Bella.

«Estenderlo da te a qualcun altro».

«Non lo so. Non ho mai provato. Non immaginavo di averne bisogno».

«Oh, forse non ne sei capace»,la provocò Kate. «Io ci provo da secoli e tutto quello che sono riuscita a ottenere è una specie di corrente a fior di pelle».

Tu non sei certo Bella …”«Kate possiede un'abilità offensiva», le spiegai vedendola perplessa. «Un po' come Jane».

«Però non sono così sadica»,sghignazzo lei. «È solo una cosa che torna utile in battaglia».

«Devi insegnarmi come fare!»,esclamò, afferrando Kate per un braccio e senza darmi il tempo di poterle spiegare meglio «Devi farmi vedere!».

Una strana luce le brillava negli occhi mentre la tempestava di domande, la stessa di quando, solo poche ore prima, pensava a come fare per sconfiggere da sola tutto il corpo di guardia dei Volturi. Aveva ragione Emmett a dire che era diabolica, la sua mente era in continuo fermento specialmente se si trattava di poter immolare la sua vita per difendere il prossimo.

Non poteva che essere uno scudo.

Eppure io non capisco … non è la prima volta che si formano comunità di vampiri … anche più grandi della nostra … non ha senso che debbano venire a punirci … non rappresentiamo alcun pericolo … cosa ha scatenato tutto questo … cosa ha in comune questa spedizione con le altre … dove è stato lo sbaglio …”pensava senza sosta Eleazar catturando, con i suoi ragionamenti, la mia attenzione, in effetti, chi meglio di lui poteva essere in grado di esaminare ciò che accomunava le varie spedizioni punitive fatte dai Volturi nel corso dei secoli“Forse è la forza del legame che ci unisce a spaventarli …”riflettei tra me, ma fui subito smontato.

No Edward, non credo … c’è un modus operandi nelle decisioni di Aro, non è frequente ma la costante si ripete una volta ogni cent’anni, più o meno, la guardia non può rendersene conto, sono troppi e non riferiscono solo ad Aro; io invece sì …” continuò facendomi partecipe dei suoi ricordi.“Non capitava spesso che Aro prendesse parte a una spedizione punitiva, nei secoli passati, però, quando voleva qualcosa in particolare, non si sa come, capitava che qualche clan aveva commesso un crimine imperdonabile. Partivano così,tutti insieme,alla volta della spedizione punitiva di turno. Una volta data la dimostrazione che la Legge era stata fatta rispettare, distruggendo il clan, Aro concedeva il perdono a un superstite che, a suo parere, era particolarmente pentito. Il caso voleva che si trattasse sempre del vampiro più talentuoso della congrega … quello con il dono che più interessava ad Aro ... al superstite veniva offerto un posto nel corpo di guardia … mai nessuno ha rifiutato quest’ onore …”.

«Ricordi almeno un'eccezione?», chiesi sconcertato dalla sua analisi dei fatti.

«Non mi va di considerarle tali», “Purtroppo …” disse Eleazar fra i denti.

Non scordarti poi di Chelsea che con la sua capacità di influire sui legami emotivi fra le persone; può fare in modo che qualcuno si senta legato, anche se realmente non vuole, ai Volturi, che desideri appartenere a loro e compiacerli … questo spiega la pacifica convivenza di un tale alto numero di Vampiri. Il suo potere è utilissimo anche in battaglia, perché capace di spezzare le alleanze … i legami del clan se non sono fondati su rapporti di vero amore come quello che lega una famiglia reale, non sono niente per il potere di Chelsea … avevo sempre pensato che fosse un atto di grande magnanimità separare i legami di un clan colpevole in modo da punire soltanto chi fosse realmente colpevole … mi vergogno di me …”.

Quindi Aro vuole qualcuno … e posso anche immaginare di chi si tratta …”.

«Se hai ragione...» riprese Eleazar.

«Era un pensiero tuo, non mio». Lo interruppi. “ho solo guardato la cosa dalla tua prospettiva …”

«Se ho ragione... non riesco nemmeno a concepirne la portata. Cambierebbe completamente il mondo che abbiamo creato. Il significato della mia vita. Ciò di cui finora ho fatto parte». “… e mi vergogno di me stesso … io non credevo … non mi ero mai soffermato su certi aspetti … tutte quelle vite …”.

«Hai sempre agito con le migliori intenzioni, Eleazar».

«Avrebbe una qualche importanza ciò che ho fatto? Tutte le vite che...».

«Cosa ci siamo persi, amico mio? Voglio saperlo per partecipare alla discussione. Non hai mai fatto nulla per cui tu debba punirti a questo modo». Chiese Tanya cercando di capire qualcosa in più del nostro scambio di pensieri.

«Davvero?», mormorò Eleazar riprendendo il suo frenetico andirivieni.

«Spiegaci.» mi chiese infine guardandomi smarrita.

Presi un profondo respirò e cominciai …

Non fu semplice da digerire, da parte di nessuno.

«… Perciò, ai miei occhi, l'unico motivo per cui Aro ha deciso di venire di persona è che non si tratta di una punizione, bensì di un'acquisizione». Sentenziò infine Eleazar: «Deve essere presente per tenere sotto controllo gli eventi, ma ha bisogno della guardia al completo per proteggersi da un clan così grande e dotato. In tal modo, però, gli altri anziani resterebbero a Volterra indifesi, alla mercé di qualcuno che potrebbe approfittarne. Quindi si spostano tutti. In quale altra maniera Aro si assicurerebbe i doni su cui ha messo gli occhi? Deve desiderarli parecchio».

«Da quel che ho potuto vedere dei suoi pensieri, la primavera passata, Aro non desidera altro che Alice». Sospirai rassegnato.

Bella rabbrividì dall’orrore.«Per questo Alice se n'è andata?», domandò, e la sua voce s’incrinò a pronunciare quel nome.

«Credo di sì.» mormorai carezzandole la guancia «Per impedire ad Aro di ottenere la cosa che desidera di più al mondo. Per impedire che metta le mani sul suo potere».

«Quindi Alice non è con noi ….» mormorò Kate alla sorella.

«Già … capisco perfettamente la preoccupazione di Carlisle adesso …»

«Aro vuole anche te»,sussurrò Bella guardandomi.

«Ma non con la stessa intensità. Non ho nulla di più da dargli di quanto già non abbia. E naturalmente, deve prima trovare un modo per piegarmi al suo volere. Mi conosce e sa quanto sia improbabile», conclusi cercando di ostentare una sicurezza che non avevo.

Non bleffare Edward, tua moglie non è così sprovveduta … sai benissimo di non essere in una buona posizione”pensò Eleazar guardando prima me e poi lei «Conosce anche i tuoi punti deboli».

«Non è una cosa di cui valga la pena discutere ora», mi affrettai a replicare. “non davanti a lei…”

Ma Eleazar m’ignorò«Probabile che Aro voglia anche la tua compagna. Deve essere rimasto affascinato da un talento in grado di tenergli testa nientemeno che in forma umana».

«Credo che i Volturi stessero aspettando solo di avere un pretesto.» esclamai infine cercando di porre fine all’insistenza del nostro ospite «Non sapevano che scusa avrebbero trovato, ma il piano era già predisposto. Ecco perché Alice ha visto la loro decisione prima che trovassero un appiglio in Irina. Era già tutto stabilito, mancava soltanto una giustificazione valida».

«Se i Volturi stanno abusando della fiducia che tutti gli immortali ripongono in loro...», mormorò Carmen.

«Ha qualche importanza?»,chiese Eleazar. «Chi ci crederebbe? Se anche qualcuno si convincesse che i Volturi approfittano del proprio potere, che differenza farebbe? Nessuno è in grado di tenergli testa».

«Eppure alcuni di noi, a quanto pare, sono così pazzi da volerci provare», sussurrò Kate.

«Siete qui soltanto come testimoni, Kate.» le ricordai per l’ennesima volta «Qualunque cosa voglia Aro, non credo che, per ottenerla, sia disposto a macchiare la reputazione dei Volturi. Se riusciamo a smontare le sue accuse, dovrà lasciarci in pace».

«Naturalmente», mormorò, poco convinta, Tanya.

In quel momento però un rumore di pneumatici che viaggiavano sullo sterrato verso di noi ci riportò con i piedi per terra.

Tememmo l’arrivo di Charlie ma solo un istante dopo riconobbi Peter e Charlotte … nonostante tutto Alice e Jasper avevano pensato anche a noi «... A quanto pare Alice è riuscita a convincerli. Prepariamoci al secondo turno».

Convincerli non creò nessun problema, sebbene non avessero mai visto un bambino immortale, come molti di noi del resto, si fidavano ciecamente delle istruzioni impartite da Alice e ci concessero il loro appoggio per testimoniare. Provammo, senza molte speranze, a chiedere loro dove avessero incontrato Alice e Jasper e se sapessero qualcosa della loro destinazione, ma come volevasi dimostrare mia sorella si era guardata bene da lasciare ulteriori indizi.

Nei giorni successivi il via vai fu frenetico, Carlisle aveva convinto, senza nemmeno troppi sforzi, la sua vecchia amica irlandese Siobhan che, insieme al suo compagno Liam e a Maggie accettarono di farci da testimoni ancora prima di “vedere” il racconto di Renesmee.

Maggie aveva il dono di poter capire all’istante se qualcuno stava mentendo, Avevano già creduto a Carlisle; sentire il racconto dalla mia voce non fece che dare ulteriore conferma alle loro certezze.

Più complicato fu convincere il Clan egiziano.

Amun, altro caro amico di Carlisle e loro capo, si rifiutò con tutte le sue forze di farsi toccare da Renesmee e nonostante che Benjamin e Tia, altri membri del suo clan, fossero più che convinti della spiegazione di mia figlia, lui non permise neanche alla sua compagna di sfiorarla. Era pronto ad andarsene,fu solo il ricatto di Benjamin di sciogliere la loro unione che lo convinse a restare, la sua paura non era tanto Renesmee, quanto il fatto che Aro scoprisse la capacità di Benjamin di influenzare gli elementi atmosferici: era in grado di scatenare un incendio così come di far tornare la glaciazione in una frazione di secondo; Amun lo nascondeva ad Aro perché voleva trasformarlo in un arma, ma Benjamin con il suo forte senso della giustizia, non era certo il tipo da farsi usare a piacimento, ed il modo in cui l’aveva convinto a restare ne era la prova.

Forse con il ritorno di Carlisle la diffidenza di Amun si sarebbe mitigata.

Emmett e Rosalie ci inviarono alcuni nomadi, primo fra tutti arrivò Garrett, la cui fama di avventuriero era più che all’altezza delle voci che circolavano; cominciò a corteggiare, neanche troppo velatamente Kate che non sembrò disdegnare …

Dopo un paio di giorni arrivarono anche Mary e Randall, che, anche se non viaggiavano insieme, avevano già avuto modo di conoscersi. Tutti ascoltarono la storia di Renesmee e, come gli altri prima di loro, ne rimasero talmente colpiti che non ci pensarono un solo momento prima di assicurarci il loro appoggio.

La casa nel giro di alcuni giorni ospitava più persone di quante realmente ne avrebbe potute ospitare, l’accordo era che cacciassero oltre i confini dello stato e, a tal proposito avevamo messo a loro disposizione automobili e ogni altra cosa avessero avuto bisogno.

Curioso era vedere come questi si rapportassero ai licantropi, faceva sorridere pesare che trattassero Jacob alla stregua del cucciolo di famiglia, il resto del suo branco si era temporaneamente ricongiunto con quello di Sam in modo da limitare il più possibile inutili attriti, Jacob, però, non riusciva ad allontanarsi da Renesmee e per tanto, anche se era contro la sua natura, imparò a tollerare.

Carlisle ed Esme fecero ritorno dopo una settimana, portando con sè l’ultimo dei loro testimoni: Alistair, nonostante l’enorme quantità di favori che Carlisle gli aveva promesso, era chiaro nella sua mente che non aveva alcuna intenzione di rimanere, la completa sfiducia nei confronti di chiunque l’aveva completamente isolato da tutti, era incredibile solo il fatto che fosse riuscito a farlo partire da Londra e, come Amun prima di lui, credette alle parole di Carlisle ma non volle avvicinarsi in alcun modo alla piccola; la sfiducia che nutriva nei confronti dei Volturi era cresciuta in modo esponenziale dopo che Carlisle gli aveva raccontato i fatti e l’idea di poter finire sulla loro lista nera per il solo fatto di averci voluto aiutare lo stava terrorizzando tanto da decidere di isolarsi a mugugnare improperi in soffitta.

Inatteso quanto gradito fu l’arrivo delle amazzoni, anche loro vecchie conoscenze di Carlisle, nessuno era riuscito a contattarle ma, stando ai loro racconti, Alice si era trovata sulla loro strada … cosa stava facendo nella foresta amazzonica? Era la sua meta o era solo di passaggio? Zafrina e Senna non seppero darci alcuna risposta, Alice aveva solo detto loro di raggiungerci perché avevamo urgentemente bisogno del loro aiuto, la terza sorella, Kachiri, sarebbe dovuta rimanere a dare una mano a lei.

Per fare cosa?

Forse non stava solo scappando, questa nuova prospettiva mi diede, anche se non capivo, un barlume di speranza. Kachiri non aveva poteri particolari che io sapessi; al contrario di Zafrina, capace di creare illusioni così vivide nella mente di ognuno tanto che fosse presso che impossibile, se non ne eravamo al corrente, non credere alla loro realtà. Dono assai curioso ma utilissimo, poteva accecare il nemico disorientandolo completamente, questo ci avrebbe procurato un buon vantaggio se le cose si fossero messe male …

L’incontro con Renesmee fu amore a prima vista, la piccola mostrò loro la sua storia e ovviamente ne rimasero affascinate. La piccola, dal canto suo incuriosita dalle visioni volle vederle e, da quel momento, non si staccò un secondo da Zafrina, era bello vedere che nonostante tutto la curiosità tipica dei bambini fosse ancora viva in lei, vederla giocare e ridere riempiva il cuore di speranza.

Una volta che anche Rose e Emmett fecero ritorno a casa non restò che iniziare a prepararci, non era nostra intenzione attaccare, probabilmente non saremmo resistiti più di qualche minuto, forse poco di più con l’aiuto di Zafrina, ma non provare nemmeno a difenderci era fuori discussione.

Bella aveva sposato completamente questa teoria della difesa e la sua follia di voler combattere per difendere tutti si ripropose tornando a tormentarmi.

Nel primo tentativo di simulazione di lotta la bloccai dopo due secondi, e credetti di impazzire; un fremito di terrore mi scosse e mollai la presa

«Scusami, Bella», mormorai, fissandola immobile.

«No, tutto bene», rispose.«Riproviamoci».

«Non posso».

«Come, non puoi? Abbiamo appena cominciato».

No. Abbiamo appena finito” pensai continuando a guardarla sconvolto.

«Senti, lo so che sono una frana, ma non posso migliorare senza il tuo aiuto». Esclamò tornando ad attaccarmi per scherzo«Ho vinto», annunciò.

Mi mancò il fiato e chiusi gli occhi per disperazione.

«Edward? Cosa c'è che non va? Perché non mi puoi insegnare?».

«Non riesco proprio a... sopportarlo.» rantolai con un filo di voce dopo quasi un minuto«Emmett e Rosalie sono bravi quanto me. E Tanya ed Eleazar probabilmente ancora di più. Chiedilo a qualcun altro».

«Non è giusto! Tu sei bravo. Hai già aiutato Jasper, hai combattuto con lui e anche con tutti gli altri. Perché non con me? Cos'ho fatto di male?».

Perché complichi sempre tutto, Bella!” Sospirai sfinito.

«Guardarti in quel modo, analizzarti come un bersaglio. Vedere tutti i modi in cui potrei ucciderti...». “È troppo. Non ce la faccio” «Rende tutto troppo reale, ai miei occhi. Non abbiamo poi tanto tempo a disposizione, non fa differenza chi sia il tuo insegnante. Chiunque ti può insegnare i fondamenti … … e poi non serve. I Volturi si fermeranno. Riusciremo a fargli capire come stanno le cose». Le sussurrai carezzandole con un dito le labbra imbronciate sperando di dissuaderla con un sorriso.

«E se non si fermano? Devo assolutamente imparare».

Ti prego Basta!”«Trovati un altro maestro». Esclamai esasperato.

Ovviamente la questione non finì lì, ogni momento era buono per tornare più agguerrita che mai sull’argomento.

Ma questa volta non cedetti.

Attaccarla anche solo per allenamento era insostenibile; e dovette accontentarsi dell’aiuto del resto dei presenti.

Il massimo che riuscii a concederle fu di offrirmi come cavia per gli attacchi di Kate in modo che potesse imparare a controllare il suo scudo … quello era semplice, colpivano me non lei, qualsiasi cosa pur che a soffrire non fosse lei.

 

Iniziai quindi a subire gli attacchi a basso voltaggio di Kate mentre Bella stringendomi tra le sua braccia provava a estendere il suo scudo … più semplice a dirsi che a farsi, ci vollero quasi due giorni di allenamento per riuscire a coprirmi quasi del tutto, alcune volte riuscivo a non sentire niente, ma altre erano peggio dell’elettroshock

«Scusa! Scusa! Scusa!»,ripeteva in continuazione.. «Te la stai cavando alla grande, Bella»,dissi abbracciandola. «È solo da qualche giorno che ci provi e riesci già a proiettare lo scudo ogni tanto. Kate, dille quanto è brava».

Certo che lo è! Ma non è con gli elogi che si ottengono i risultati migliori, specie se li vogliamo in poco tempo … fidati di me, non ostacolarmi e vedrai.”pensò storcendo la bocca, vidi nella mente il suo piano e restai allibito. «Non saprei. È ovvio che ha un talento enorme a cui stiamo cominciando appena ad avvicinarci. Può fare di meglio, ne sono sicura. Le mancano solo un po' di stimoli».

«Kate...», provai ad ammonirla, sembrava non ricordare che mia moglie era pur sempre una neonata e gli “stimoli” che aveva in mente potevano dar luogo a reazioni pericolose. Delle tre sorelle era indubbiamente quella più piena di sé, forse perché con il suo dono si sentiva un passo avanti alle altre, oppure solamente per indole.

Smettila Edward, non abbiamo tutto il tempo del mondo per aspettare che la signorina scateni il suo potenziale.”Pensò lanciandomi uno sguardo fugace, “Per una volta non intralciare i miei piani e stai al gioco con me, dobbiamo fare in modo che il suo dono esploda e l’unico modo è farla arrabbiare, lei si sta trattenendo forse è il suo autocontrollo a impedirle di gestire con libertà lo scudo … le darò un aiutino … non ho intenzione di far male a nessuno stai tranquillo.” pensò cercando con lo sguardo Renesmee “non farò alcun male alla bambina hai la mia parola, ma lasciami provare.” Sebbene perplesso delle sue parole, acconsentii tacitamente. La vidi raggiungere mia figlia che in riva al fiume passeggiava con Zafrina.

«Nessie», la chiamò «ti piacerebbe venire ad aiutare tua madre?».

«No», ringhiò Bella e per rassicurarla che non c’era alcun pericolo provai ad abbracciarla; mi scrollò di dosso nemmeno fossi un insetto fastidioso. Dovevo stare al gioco, era vero, ma non potevo nemmeno rischiare che staccasse la testa a Kate mentre cercava solo di aiutarci. «Non se ne parla, Kate», sibilò feroce Bella, accogliendo tra le braccia nostra figlia. «No», la intimò nuovamente vedendola avanzare ancora. «Non ti avvicinare, Kate.»

«No». Replicò con aria sadica continuando guadagnare terreno. Stava esagerando, non era il caso di giocare in questo modo con il fuoco

«Stai attenta, Kate», cercai di metterla nuovamente in guardia; ma lei continuò la sua avanzata fino quasi a trovarsi ad un passo dalle sue prede quando d’un tratto si voltò verso di me.

Direi che ci siamo riusciti!” «Senti niente che arriva da Nessie?», mi chiese Kate, con voce calma e rilassata.

Non feci caso alla sua domanda, vidi Bella fremere dalla rabbia e prima che le saltasse addosso per farla a pezzi mi frapposi a loro, bloccando così l’attacco di Bella; in quel momento realizzai che non sentivo alcun pensiero, la mente di Nessie era insondabile esattamente come quella di sua madre.

«No, proprio niente», risposi turbato, Bella aveva proiettato il suo scudo sulla bambina e lo stava mantenendo tutt’ora attivo. “Incredibile …” valutai entusiasta, ma cose più pressanti richiedevano la mia attenzione.«Ora allontanati e lascia un po' d'aria a Bella per calmarsi, Kate. Non devi stuzzicarla così. Lo so che sembra più grande, ma è un vampiro solo da qualche mese».

«Non abbiamo tempo per fare le cose con delicatezza, Edward. Dobbiamo costringerla. Restano solo poche settimane e lei ha tutte le potenzialità per...». insistette risoluta, ma questa volta mi avrebbe ascoltato,

«Arretra un attimo, Kate.»m’imposi e, seppur controvoglia, arretrò.

Ci vollero alcuni minuti perché il respiro di Bella tornasse regolare ciononostante ansimava ancora«Kate», ruggì cingendomi con una mano il fianco, un istante dopo avvertii nuovamente i pensieri di mia figlia «Rifacciamolo», disse a Kate con fatica. «Però tocca solo Edward».

Kate non se lo fece ripetere due volte e, mezzo secondo dopo, era nuovamente davanti a me a premere il palmo della sua mano sulla mia spalla «Non sento niente»,dissi sempre più orgoglioso di mia moglie.

«E ora?», chiese Kate.

«Ancora niente».

«E ora?». Stavolta nella voce di Kate si avvertiva una forte tensione.

«Ancora niente».

Che ti avevo detto!?!”Sbuffò Kate, allontanandosi soddisfatta.

Dovevo ammetterlo i suoi metodi erano forse stati un po’ drastici ma il risultato era più che soddisfacente.

A quel punto, incuriosita come gli altri spettatori, si fece avanti Zafrina, per verificare se fosse in grado di allargare il raggio di protezione. Nessuno di noi tre fu accecato dal suo potere e, con grande fatica ma soddisfazione, riuscì anche a estendere la copertura a chi stava nelle nostre vicinanze, la prima fu Kate.

«Affascinante!» sussurrai entusiasta. «Come uno specchio unidirezionale. Posso leggere tutto quello che pensano, ma qui dietro sono irraggiungibile. E sento Renesmee, mentre da fuori non ci riuscivo. Immagino che Kate potrebbe mandarmi una scarica elettrica adesso, perché anche lei è sotto l'ombrello. Però continuo a non sentire te... mmm … Come funziona? Chissà se esiste un sistema per aprire la tua mente ...» pensai mentre anche Garrett entrava sotto lo scudo.

«Ottimo!» esclamò l’amazzone, ma in quell’istante lo scudo cedette facendoci ripiombare tutti nell’oscurità.

«Mi date un minuto di pausa?»,ansimò Bella spossata.

«Certo», le concesse Zafrina e non appena restituì la vista anche agli altri spettatori, potemmo assistere al “simpatico siparietto” di Garrett che pur di far colpo su Kate era disposto a farsi anche carbonizzare … provai a metterlo in guardia che la nostra amica non scherzava ma la sua “sete di conoscenza” era veramente dura da placare.

Non era certo quello il momento per mettersi a fare il cascamorto, ma per il solo fatto che fosse riuscito a stemperare la tensione gliene fui grato. Stavamo ancora ridendo quando dal giardino anteriore arrivò del trambusto.

Carlisle

 

«Vladimir, Stefan, che sorpresa.» li salutai turbato, cercando di essere più cordiale possibile, di sicuro non passavano dalle nostre parti per caso, e questo non era un buon segno. “Edward, ci sono delle complicazioni.”«Vi ha mandati Alice?» provai ad indagare. Tutti mi sarei aspettato meno che loro, non si potevano certo considerare amici, era fin troppo ottimistico catalogarli come conoscenti.

Edward e gli altri ospiti ci raggiunsero dopo pochi istanti.

«Non ci ha mandati nessuno»,rispose Vladimir.

Appunto …”«Allora cosa vi porta qui proprio adesso?».

«La gente mormora», continuò Stefan. «Abbiamo sentito dire che i Volturi stavano per attaccarvi. Girano voci segretissime sul fatto che non siete soli. Ovviamente le voci sono vere. Avete radunato una brigata notevole».

«Non stiamo sfidando i Volturi», risposi teso. «C'è stato un equivoco, tutto qui. Un equivoco molto grave, certo, ma speriamo di riuscire a chiarirlo. Quelli che vedete sono testimoni. Vogliamo solo che i Volturi ci ascoltino. Non abbiamo...».

«Non ci importa di cosa vi accusano», lo interruppe il primo. «Non ci importa se avete infranto la legge».

«E quanto sia madornale la vostra infrazione», s'intromise il secondo.

«Da millecinquecento anni aspettiamo che qualcuno sfidi quella feccia di italiani», continuò Vladimir, parlavano alternati come se fossero complementari l’uno all’altro «Se c'è la minima possibilità che vengano sconfitti, staremo qui ad assistere».

«Oppure, persino ad aiutarvi a stroncarli», aggiunse Stefan. «Se riteniamo che abbiate qualche possibilità di riuscita».

«Bella?», chiamò Edward con voce brusca senza distogliere lo sguardo dai nuovi arrivati. «Porta qui Renesmee, per favore. Forse dovremo mettere alla prova le affermazioni dei nostri visitatori rumeni».

Stai in guardia figliolo, non c’è da fidarsi …”Era rincuorante, però, vedere come la maggior parte dei nostri ospiti fosse pronto a difendere Nessie, Carmen Tanya Zafrina e Senna si erano già piazzate in atteggiamento difensivo tra la piccola e i nuovi ospiti.

«Bene, bene, Carlisle. Hai fatto proprio il briccone, vero?».

«Lei non è affatto quello che credi, Stefan».

«In ogni caso non ce ne importa niente», rispose Vladimir. «Proprio come abbiamo detto prima».

«Quindi restate pure a osservare, Vladimir, ma sta' sicuro che non abbiamo in programma di sfidare i Volturi, come abbiamo detto prima».Ci tenni a ribadire con le loro stesse parole.

«Allora ce ne staremo qui con le dita incrociate», iniziò la frase Stefan.

«E speriamo di avere fortuna»,finì Vladimir.

 

Chi per un motivo, chi per un altro, era quello che speravamo tutti.

 

 

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Capitolo 26
*** CAPITOLO 26 ***


Come sempre grazie infinite a tutti!

 

Buona Lettura!!

 

Cap. 26

Edward

 

«Charlie, tutte le informazioni sulla compagnia sono ancora top secret, per motivi di riservatezza. So che è passata più di una settimana da quando hai visto Renesmee, ma in questo momento non è una buona idea venirla a trovare. Che ne dici se porto lei da te?». Aveva detto Bella questa mattina dopo l’ennesima telefonata di Charlie. Solitamente era molto restia nel portare Renesmee a giro per Forks, troppi occhi indiscreti in una cittadina così piccola; ma oggi sembrava quasi impaziente di potersi assentare da casa.

A dire il vero erano già diversi giorni, per l’esattezza da quando Alice e Jasper ci avevano lasciati, che ogni tanto notavo un comportamento scostante: più volte l’avevo vista al computer, sembrava sempre impaziente, tesa e sul chi vive tanto che ebbi l’impressione che la telefonata di Charlie fosse stata accolta come la manna dal cielo.

Ero più che convinto che Alice, in qualche modo, fosse responsabile di tutto ciò, ma se Bella non mi aveva reso partecipe sicuramente era per un ottimo motivo.

DOVEVA.ESSERE.PER.FORZA.COSI’.

Ciò non toglieva che fossi in ansia.

Saperla a giro chissà dove senza poterla proteggere mi faceva letteralmente impazzire, senza contare che non sopportavo ci fossero segreti tra noi. Sicuramente erano a fin di bene, ma erano pur sempre segreti.

Bella non sapeva mentire e di ciò era perfettamente cosciente, questo rendeva questa farsa ancora più irritante … immaginavo che il copione prevedesse che dovevo far finta di crederle, ed io lo stavo rispettando … ma a quale prezzo? … ci restava talmente tanto poco tempo … perché dovevamo sprecarlo così?

Jacob sarebbe andato con loro. Gli chiesi di fare qualche domanda …

La scusa ufficiale per uscire da casa, fu che portare un umano in una casa con ventisette vampiri “male assortiti”, per dirla con le sue parole, non era una grande idea.

Non potei darle torto.

Avevano giurato di non uccidere nessuno nel raggio di cinquecento chilometri, ma era meglio evitare di servirgli lo spuntino su un vassoio d’argento.

Riuscivamo a convivere più o meno pacificamente anche se in ogni momento una qualsiasi sciocchezza poteva far accendere la miccia.

I più strani e insondabili erano i rumeni. Nessuno li aveva invitati ma avevano deciso di sposare la nostra causa: l’atavico risentimento che covavano nei confronti dei Volturi li avrebbe spinti ben oltre una semplice testimonianza. Non mi piacevano, e non soltanto a me; come non mi piaceva che si fosse sparsa la voce che stessimo reclutando un esercito per dare battaglia ad Aro e il suo seguito. Non era vero e Dio solo sa come stavano elaborando la cosa a Volterra. Poi c’era Amun, era rimasto solo per compiacere Benjamin e ogni stupidaggine era buona per polemizzare sulla situazione e tentare di convincerlo a tornare in Egitto … al sicuro … fondamentalmente voleva tenere il suo pupillo lontano da occhi indiscreti e ingordi, come quelli di Aro. Poi c’era Alistair, sebbene se ne stesse la maggior parte del tempo chiuso in soffitta, non perdeva occasione, ogni qualvolta decideva di omaggiarci con la sua presenza, di renderci partecipi delle sue rimostranze nei nostri confronti, illuminandoci dettagliatamente su come sarebbe stata la nostra fine.

Questa convivenza semi pacifica non sarebbe durata a lungo …

Speravo solo che resistessero qualche altro giorno, ormai eravamo agli sgoccioli. Mancavano solo un paio di settimane a Natale poi avremmo affrontato il nostro destino.

 

J. Jenks

 

Stravaccato sul divano con April che mi massaggiava la schiena, questo era il miglior modo di affrontare un pomeriggio noioso. Non avevo in programma nessun appuntamento, le consegne erano state effettuate, ero in ufficio solo per proforma … e le mani di April erano un toccasana … avrei dovuto invitarla a cena prima o poi … magari poi avremmo potuto riprendere il discorso da me …

Inaspettatamente il telefono di emergenza squillò.

Guardai stranito il Display e imprecai dentro di me. “Perché lo avevo assunto? PERCHÈ???” … a quanto pareva per Max non era chiaro il concetto di: “Lasciami un’ora di pace!”

«… E che diavolo! Possibile che Max non riesca a capire il significato della parola EMERGENZA?!?!». Grugnii ad alta voce vedendo l’ennesima chiamata di colui che doveva fare da filtro tra me, i miei clienti, ed il resto del mondo. Non aspettavo nessuno quel pomeriggio, quindi chiunque mi stesse cercando faceva parte della categoria “resto del mondo”… e per lui il “resto del mondo” era un’entità astratta. Scocciato, risposi alla chiamata.

April sgattaiolò fuori dalla stanza.

«Ehi J., sono Max. So che devo chiamarti a questo numero solo in caso di emergenza ...». Esclamò tutto d’un fiato.

«C'è un'emergenza?» chiesi immaginandomi l’entità del problema.

«Be', non proprio. C'è una ragazza che vuole vederti...» Appunto.

Avevo assunto un idiota, ormai ne ero certo.

«Non capisco che emergenza c'è. Perché non hai seguito la procedura normale?».

«Non l'ho seguita perché lei non mi sembra affatto normale... ». Il fatto che non le sembrasse normale era già un passo avanti, sicuramente non aveva un terzo occhio in fronte quindi era il caso di identificare meglio questa stranezza.

«Non sarà mica uno sbirro?!».

«No...».

«Non si sa mai. Sembra uno degli uomini di Kubarev...?»

«No... fammi parlare, va bene? Dice che conosci sua sorella, o qualcosa del genere».

«Improbabile. Lei com'è?».

«È... Be', sembra una top model, che cavolo, ecco com'è». “Sei messo maluccio ragazzo mio se consideri strana una Top Model” pensai. «Corpo da urlo, pallida come un lenzuolo, capelli castano scuro lunghi fino alla vita, ha l'aria di aver bisogno di una bella dormita... ti ricorda qualcuno?».

«Niente affatto. Non mi fa piacere che, a causa del tuo debole per le belle donne, tu abbia interrotto... ».

«Sì, va bene, mi piacciono le ragazze carine, e allora? Che male c'è? Mi spiace di averti disturbato, bello. Lasciamo perdere». Stavo per chiudere quell’insulsa telefonata quando «Ah, giusto. Aspetta», disse Max. «Dice che si chiama Bella Cullen. Ti ricorda qualcosa?».

Il sangue mi si gelò nelle vene. Non conoscevo molti Cullen … a dire il vero ne conoscevo parecchi, ma personalmente, uno solo e pensandoci bene poteva benissimo somigliare alla descrizione della donna che Max mi aveva appena fatto …

Jasper Cullen non poteva considerarsi una persona per bene; non mi aveva mai fatto nulla di male e pagava sempre profumatamente per i miei servizi ma quando si avvicinava avvertivo nell’aria una tensione che lentamente si tramutava in terrore. Sì, quell’uomo mi trasmetteva terrore. Più di una volta avevo temuto volesse sbranarmi … chissà cosa di lui riusciva a tormentare così il mio subconscio …

In quel preciso momento realizzai che un suo “parente” mi stava attendendo e tutti i peli del mio corpo scattarono sull’attenti.

Questo evento era molto più che un’emergenza!

«BRUTTO PEZZO D’IDIOTA!!! DOVEVI DIRMELO SUBITO!!! TI RENDI CONTO DI COSA HAI FATTO!?!?!?! IN VECE DI TANTI GIRI DI PAROLE PERCHE’ NON HAI DETTO SUBITO IL SUO NOME!!!!! CRETINO!!!!»,

«Non te l'ho detto perché non me l'hai chiesto!», farfugliò in preda al panico Max.

Presi un profondo respiro e cercai di darmi un contegno.

«Carina e pallida?» chiesi cercando di sembrare più calmo.

«Te l'avevo detto, no?».

«RAZZA DI INCAPACE!!! TU NON HAI NEMMENO IDEA DEL GUAIO IN CUI MI HAI CACCIATO!!! È UNA CULLEN CAPITO?!?!?! UNA CULLEN!!!!!».

«Ma il giovedì incontri solo i clienti del centro...».

«È UNA CULLEN!!!!! IDIOTA!!! FALLA VENIRE SUBITO DA ME!! SPIEGALE LA STRADA E CHE NESSUNO CI DISTURBI!! CI SIAMO INTESI!?!?!? METTITI DI GUARDIA ALLA PORTA E NON MUOVERTI DI Lì!!».

«Va bene, va bene! Mi ci metto subito». Farfugliò e chiusi la chiamata.

«April!, », strillai perentorio nell’interfono. « Fra poco deve arrivare una certa signora Cullen. La faccia entrare subito da me. Ha capito? Non importa se m'interrompe.», Gridai nervoso.

«È proprio qui», rispose.

«Come? La faccia entrare! Cosa sta aspettando?»,

«Subito, signor Scott!».

«Prego», dissi, facendola accomodare.

Dio mio!

Era da levare il fiato.

Come faceva una donna simile ad aver sposato il signor Jasper …

«Si chiuda la porta alle spalle», le ordinai, e con le gambe che mi tremavano dal terrore, mi alzai dalla poltrona e le porsi la mano. «Signora Cullen. È davvero un piacere».

«Signor Jenks. O preferisce che la chiami Scott?». Mi salutò cordialmente lei … stessa temperatura corporea … stesso pallore … ma molto più affabile. Almeno al primo impatto.

«Come desidera, naturalmente».

«Che ne dice se lei mi chiama Bella ed io, la chiamo J.?».

«Come vecchi amici», “Ovviamente” e cercando di tamponare la sudarella che questi incontri sempre mi causavano le feci cenno di accomodarsi ed io feci altrettanto.«Devo proprio chiederglielo: sto facendo conoscenza, finalmente, con l'adorabile moglie del signor Jasper?».

«Con la cognata, a dire il vero». Rispose dopo un attimo di esitazione.

La cognata … cosa diavolo sta succedendo … non è mai capitato che altri membri della famiglia richiedano i miei servizi personalmente … di solito passa tutti tramite il Sig. Jasper … a meno che …” «Il signor Jasper sta bene, immagino?» chiesi, cauto.

«Gode di ottima salute. Al momento si è preso una lunga vacanza».

Si … certo … una vacanza …” «Per l'appunto. Avrebbe dovuto venire nel mio ufficio principale. Le segretarie l'avrebbero condotta direttamente da me, facendole evitare canali meno ospitali».

La donna annuì.

«Be', comunque, ora è qui. Cosa posso fare per lei?».

«Documenti», disse telegrafica.

«Ma certo», risposi all’istante. «Parliamo di certificati di nascita, di morte, patenti, passaporti, tessere sanitarie...?».

«Due certificati di nascita, due passaporti, una patente», disse prontamente ma con un fil di voce, una nota di nervosismo la tradì … cosa c’era dietro.

«A nome di chi?».

«Jacob... Wolfe. E... Vanessa Wolfe». Mormorò come se non fosse pronta per dare quella risposta.«E i secondi nomi?». Chiesi ostentando indifferenza, mentre prendevo nota.

«Si inventi lei qualcosa di generico.»

«Come preferisce. Le età?»

«L'uomo ha ventisette anni, la bambina cinque.»

Mai fatti documenti per un bambino …” «Se preferisce dei documenti completi, mi servono le foto», chiesi titubante. «Di solito il signor Jasper li finiva personalmente».

«Aspetti un attimo», rispose frugando nel portafoglio e porgendomi poi una foto. «Ecco».

Un ragazzo di chiare origini native americane e una bambina … cosa avevano a che fare con questa famiglia?

«Sua figlia le somiglia molto». Chiesi per sondare il terreno

«Somiglia di più a suo padre». Rispose in fretta e furia.

Bene … almeno è sua figlia …” «Che non è quest'uomo». Mormorai sfiorando l’immagine del pellerossa.

L’espressione della donna cambiò, e qualcosa dentro di me mi suggerì di non indagare oltre. «No. È un carissimo amico di famiglia». Rispose con una strana inflessione della voce.

«Scusi», borbottai e continuai a prendere appunti. «Quando le servono i documenti?».

«Ce la fa in una settimana?».

Devono essere veramente nei guai.” «È un ordine urgente. Costerà il doppio... anzi no, scusi. Mi sono dimenticato che stavo parlando con lei». Mi corressi immediatamente pensando al Sig. Jasper

«Mi dica la cifra».

Più che lampante che non fosse pratica di certe trattative, e senza pormi ulteriori problemi scrissi la cifra su un bloc notes.

Annuì senza battere ciglio. «Ecco». Disse snocciolandomi sulla scrivania una dietro l’altra piccole mazzette da cinquemila dollari.

«Ah, Bella, non occorre che mi dia subito tutta la somma. Di solito il cliente ne conserva la metà per garantirsi la consegna». Era più che evidente che il sig. Jasper non aveva avuto modo di istruirla a dovere su come si svolgevano certi tipi di trattative … questa donna doveva essere veramente disperata.

«Ma io mi fido di lei, J. E poi, le darò un bonus: la stessa cifra appena ricevo i documenti». Rispose sorridendo dolcemente e qualcosa in lei mi rattristò.

«Le assicuro che non è necessario».

«Non si preoccupi». disse. «Ci vediamo qui la settimana prossima alla stessa ora?».

«A dire il vero, preferisco svolgere certe transazioni in luoghi che non abbiano a che fare con il mio impiego abituale». “Ed è sempre meglio assicurarsi qualche testimone prima di sparire nel nulla.”

«Capisco. So già che non mi sto comportando come lei si aspettava».

«Sono abituato a non avere aspettative quando si tratta della famiglia Cullen». Il Signor Jasper era una persona alquanto imprevedibile «Vediamoci alle otto fra una settimana al Pacifico, va bene? Si trova sul lago Union e si mangia divinamente». Non so perché ma questa donna in certi momenti riusciva a turbarmi più di suo cognato.

«Perfetto». Esclamò alzandosi e porgendomi nuovamente la mano. «Avrà grossi problemi a rispettare la scadenza?» chiese tradendo una certa ansia.

«Come?». Chiesi preso alla sprovvista da quell’insolita domanda. «La scadenza? Oh, no. Non si preoccupi. Le farò avere i documenti in tempo, di sicuro».

«Ci vediamo fra una settimana, allora». E chiudendosi dietro la porta sparì.

Come sollevato da un peso, mi accasciai sulla poltrona.

«Speriamo solo che non siano invischiati in un traffico di minori …» borbottai tra me e senza perdere tempo mi misi al lavoro.

 

Edward

 

Quel pomeriggio sembrò infinito … Jacob mi aveva mandato un messaggio, Isabella non si era fermata con loro da Charlie, ma non ne ero per niente stupito, già immaginavo sarebbe andata così.

Aveva alcune commissioni da fare, aveva detto.

Di più non era riuscito a sapere.

Ormai erano quasi le nove di sera … e oltre all’agitazione che quest’ assurdo comportamento mi stava dando, avevo dovuto anche far buon viso a cattivo gioco alla marcatura a uomo che Tania mi aveva fatto tutto il pomeriggio. Apertamente non osava dire niente ma i suoi pensieri tradivano ancora risentimento nei confronti di Bella, e sapeva benissimo che non erano un mistero per me. Senza contare i voli pindarici che per tutto il giorno avevano fatto i miei di pensieri … ero arrivato persino a pensare che si stesse mettendo in contatto da sola con i Volturi per immolarsi spontaneamente in nome di tutti … il suo spirito da crocerossina ne sarebbe stato perfettamente capace. Era preoccupata di non riuscire a gestire il suo scudo, era ossessionata dal pensiero di non essere in grado di proteggerci tutti, che il suo potere avesse delle falle, per il solo motivo che Renesmee riusciva a escluderlo.

Onor del vero anch’io avevo riflettuto a lungo su questa curiosa circostanza, con Bella avevo cercato di mantenere la calma per non gravarla di nuove preoccupazioni e angosce, ma non ero convinto al cento per cento della giustificazione che le avevo dato. Secondo la teoria di Carlisle sembrava che il dono di mia figlia facesse esattamente l'opposto di ciò che ero in grado di fare io, dopo un’attenta riflessione ero propenso a credere che facesse lo stesso con il dono di Bella ovvero riusciva a entrare nella mente di tutti, al contrario di sua madre che bloccava tutti all’esterno, era pertanto impossibile che qualcuno bloccasse il flusso dei suoi pensieri una volta che aveva deciso di mostrarli … se così fosse stato sarebbe bastato che Aro ci concedesse il beneficio del dubbio per lasciarla spiegare e forse … ma non era comunque detto che accettasse la nostra versione dei fatti … c’erano troppi SE in quel ragionamento … era meglio non covare inutili speranze … e per mettere un freno a tutto quell’inutile rimuginare cercai una valvola di sfogo nel pianoforte … era da quando Alice se n’era andata che non mi ero più avvicinato ai suoi tasti d’avorio … tutto quello che ne uscì fu solo l’espressione della mia struggente malinconia, la melodia esprimeva solitudine, abbandono, queste erano le uniche sensazioni che riuscivo a trasmettere, fino a quando dal fondo del viale riconobbi il motore della Volvo.

Fu come rivedere la luce dopo secoli di tenebra.

In un attimo fu davanti a casa, in quello stesso istante le mie mani decisero spontaneamente di darle il benvenuto e tutta la tristezza che fino a quel momento avevano suonato si trasformò in quell’istante nel dolce suono della ninna nanna che avevo composto per lei più di un anno prima … Mi era mancata … volevo che lo sentisse …

«Bentornata a casa», la salutai, senza smettere di suonare, appena apparve sulla soglia di casa «Ti sei divertita oggi con Charlie?» chiesi mantenendomi fedele al mio copione.

«Sì. Scusa se sono stata via così tanto. Sono uscita a comprare un po' di regali di Natale per Renesmee. So che non festeggeremo in grande stile, però...». Rispose stringendosi nelle spalle.

“… Natale …” pensai smettendo di suonare. “Non lo festeggeremo nemmeno quest’anno …” Per un motivo o per un altro non eravamo mai riusciti a festeggiarlo insieme … Quest’anno, però c’era Renesmee … lei meritava di avere dei ricordi … potevano essere gli unici che avrebbe mai avuto «Non ci avevo pensato granché. Se vuoi proprio festeggiarlo in grande stile...» le dissi attirandola a me, incurante del pubblico che avevamo nel salone.

«No», m’interruppe con una certa veemenza . «Semplicemente, non volevo lasciarlo passare senza farle un regalino».

“… Potrebbe essere l’unico regalo di Natale che riceverà dai suoi genitori …” «Posso vedere?».

«Se vuoi. È una sciocchezza». Disse frugando nella borsa «L'ho visto nella vetrina di un antiquario passandoci davanti in macchina». E fece scivolare nella mia mano un piccolo medaglione d'oro.

Era rotondo, con incisa una bordura sottile di piante rampicanti. Lo aprii e vidi su un lato lo spazio per una piccola foto e sull’altro un’incisione: “Plus che ma propre vie”.

Non avrebbe potuto essere più appropriata.

«Sai cosa vuol dire?», le chiesi.

«Il negoziante mi ha detto che significa qualcosa del tipo: "Più della mia stessa vita". È così?».

«Sì, è vero». Risposi cercando di studiare ogni sua minima espressione lei finse di guardare la televisione. “Ti prego non mi ignorare … non chiudermi l’accesso ai tuoi occhi …”

«Spero che le piaccia», mormorò.

«Certo che le piacerà», risposi cercando di mantenere naturalezza.

«Portiamola a casa», suggerii, alzandomi e circondandole le spalle con un braccio.

Ma lei esitò.

Ti prego amore … ho bisogno di te …” «Che c'è?» chiesi.

«Volevo allenarmi un po' con Emmett...». Farfugliò e sul suo viso un’espressione colpevole. «Fantastico. Il bosco ha bisogno di una spuntatina». Esclamo mio fratello già in fibrillazione.

Li fulminai con lo sguardo, prima lui, che ancora non capiva quando diventava inopportuno, poi lei, che non si rendeva conto di quanto mi fosse mancata e di quanto avevo bisogno di lei «Avete tutto il tempo di farlo domani» replicai acido.

«Non essere ridicolo», si lamentò. «Lo sai benissimo che non esiste più il concetto di "tutto il tempo". Non esiste più. Ho molte cose da imparare e...».

«Domani». La interruppi perentorio.

E nessuno dei due insistette oltre.

 

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Capitolo 27
*** CAPITOLO 27 ***


Siamo in dirittura di arrivo … manca poco, pochissimo!!! Due massimo tre capitoli non di più!!!! CE LA POSSO FARE!!!!

Grazie infinite a tutti coloro che ancora seguono, a chi legge senza commentare, a chi mi ha inserita nei preferiti.

Buona lettura.

 

Cap.27

 

Edward

 

Il giorno di Natale arrivò silenzioso e misurato, quasi temesse di disturbarci, era il primo che passavamo insieme, e forse anche l’ultimo. Lo passammo da Charlie con Jacob, il suo branco, Sam e Emily e ovviamente Sue. Mi faceva piacere che il padre di Bella avesse trovato una nuova compagna, era un brav’uomo, amava sua figlia più di ogni altra cosa e avere al suo fianco una compagna come Sue gli sarebbe stato molto utile nei momenti a venire. La giornata passò piacevolmente, anche se il tarlo che ci stava consumando dentro non ci abbandonava mai, Bella alternava momenti di allegria ad altri in cui si estraniava completamente da ciò che le ruotava intorno … ultimamente estraniarsi le capitava spesso.

Quella mattina quando Renesmee aprì i regali che le avevamo preparato avevo come la sensazione che volesse piangere. Non so fino a che punto, ma aveva capito che il nostro tempo stava per scadere ... Renesmee indossò il medaglione di sua madre con orgoglio e lo stesso fece per il lettore MP3 che le avevo regalato io; conteneva tutti i miei brani musicali preferiti, e quelli che avevamo iniziato a suonare insieme mentre le davo le prime lezioni di pianoforte … qualcosa che le ricordasse suo padre … qualcosa che se un giorno si fosse sentita sola l’avrebbe consolata … Noi probabilmente non avevamo speranza ma lei forse sì. Con Jacob eravamo d’accordo che se si fosse arrivati allo scontro lui doveva scappare con la bambina; dove non so, ma doveva approfittare della momentanea distrazione del nostro nemico per nascondersi. Noi avremmo cercato di resistere quanto più possibile.

Mi costava ammetterlo ma era l’unico di cui potevo fidarmi, sapevo che avrebbe sacrificato la vita per lei, esattamente come noi; ma nonostante tutto quando gli vidi legare al polso di mia figlia un braccialetto intrecciato della tribù Quileute, mi ribollì il sangue. Era l’equivalente di un anello di fidanzamento; tutto sommato mi sembrò prematuro.

Nonostante l’aria di festa ci avesse temporaneamente alleggerito l’animo, avvertivo un’urgenza tremenda di tornare a casa … come se qualcosa stesse andando storto. Non volevo fare pressioni su Bella privandola degli ultimi momenti con suo padre, ma sentivo che qualcosa non andava e Jacob la pensava esattamente come me.

Quando finalmente riuscimmo a salire in macchina, tirammo un sospiro di sollievo che però mi si strozzò in gola quando,non appena fummo nei pressi della casa, percepii cos’era successo.

Anche Bella aveva sicuramente sentito Carlisle e Amun discutere, quindi era inutile tergiversare, «Alistair è sparito», mormorai precipitandomi in casa.

La scena non era delle migliori: Amun sibilava rivolto a Carlisle e Benjamin, mentre Esme, Kebi e Tia si mantenevano, in silenzio, vicine ai tre vampiri al centro della stanza, il resto dei nostri ospiti si addossava alla parete fungendo da spettatore.

Trascinando Bella e Renesmee con me, in un istante fui da Esme.

Gli animi si sono scaldati un po’ troppo tesoro, ho paura per Carlisle …” pensò appena fui al suo fianco, non potevo risponderle, ero concentrato sul nostro “amico Egiziano” ma le strinsi la mano per cerare di darle conforto. Non ero preoccupato per Carlisle, sapeva il fatto suo e non sarebbe mai arrivato alla violenza nemmeno se provocato. Amun dal canto suo era una testa calda. Cominciavo a credere che si fossero uniti a noi solo per volontà di Benjamin.

La fuga di Alistair aveva riacceso la miccia della discussione, ci stava accusando di “Derubarlo” dell’unico membro dotato del suo clan.

Lo stesso Benjamin cercava di convincerlo che stava prendendo un abbaglio.

«Sì, Carlisle ha litigato con i Volturi e ha messo in pericolo tutta la sua famiglia solo per attirarmi fin qui e uccidermi», disse sarcastico «Cerca di essere ragionevole, Amun. Mi sto solo impegnando a fare la cosa giusta, non sto entrando in un altro clan. Ma tu puoi fare quel che vuoi, naturalmente, come ti ha appena detto Carlisle».

«Non andrà a finire bene», ruggì Amun. «Alistair era l'unico che avesse un minimo di buonsenso qui. Dovremmo fuggire tutti quanti. Ci massacreranno tutti!».

«Non ci sarà nessuno scontro», disse Carlisle con voce ferma.

«Questo lo dici tu!».

«Ma, anche in quel caso, puoi sempre cambiare parte, Amun. Sono sicuro che i Volturi gradiranno moltissimo il tuo aiuto».

«Forse è questa la risposta giusta», lo schernì Amun.

Dominare l’istinto di spaccargli la faccia richiese uno sforzo enorme.

Carlisle pacato e sincero come sempre non gli diede soddisfazione. «Non te ne farei una colpa, Amun. Siamo amici da tanto tempo, ma non ti chiederei mai di morire per me».

Vedendo come sempre che non riusciva a scatenare in lui un qualsiasi tipo di reazione negativa, lentamente abbassò i toni.

La sua paura non era lo scontro in sé ma il fatto che Aro venisse a conoscenza dell’esistenza di Benjamin e del suo dono; che in un certo qual modo considerava come la sua unica arma di difesa nei loro confronti.

«Testimonierò che la bambina è cresciuta. È la pura verità. Chiunque può confermarlo» esclamo esasperato guardando Bella e la bambina.

«Non abbiamo mai chiesto altro».

Amun storse la bocca: «Però rischiate di ottenere anche altro». Si girò verso Benjamin. «Io ti ho dato la vita e tu la stai sprecando».

«Peccato che tu non sia riuscito a sostituire la mia volontà con la tua nel farlo: forse in quel caso saresti stato contento di me», rispose.

«Non se ne va», dissi piano a Bella che lo guadava uscire a grandi passi seguito dalla sua compagna, «però ora terrà ancor più le distanze. Non stava bluffando quando ha parlato di passare dalla parte dei Volturi».

«Perché Alistair se n'è andato?», mi sussurrò.

«Nessuno lo sa con certezza: non ha lasciato messaggi. A giudicare da quello che borbottava di solito, è chiaro che secondo lui lo scontro è inevitabile. Nonostante il suo comportamento, in realtà tiene troppo a Carlisle per schierarsi con i Volturi. Immagino abbia deciso che il pericolo è troppo grande», dissi stringendomi nelle spalle.

«Dal suono dei suoi mugugni, c'era qualcosa di più. Non abbiamo parlato molto delle intenzioni dei Volturi, ma Alistair temeva che, per quanto possiate dimostrare in modo decisivo la vostra innocenza, non vi ascolteranno. È convinto che cercheranno una scusa per realizzare qui i loro progetti». Disse Eleazar, un brusio si levò nella sala, sembravano sorpresi e si scambiavano occhiate inquiete, io personalmente non lo ero. Era tipica dei Volturi una simile mossa, non mi sarei aspettato niente di meno. Ma nel comune pensiero loro erano quelli che facevano rispettare la legge e MAI l’avrebbero usata e aggirata per loro beneficio personale.

Solo i rumeni restavano composti, con i loro sorrisini ironici.

Evidentemente li conoscevano meglio degli altri. «Spero tantissimo che Alistair abbia ragione», mormorò Stefan a Vladimir. Con il solo intento di farsi ascoltare da tutti «Comunque vada a finire, si spargerà la voce. È ora che il nostro mondo veda i Volturi per ciò che sono diventati. Non cadranno mai se tutti credono a quell'assurdità secondo cui proteggono il nostro stile di vita».

«Almeno, quando comandavamo noi, siamo stati onesti su quello che eravamo», rispose Vladimir.

«Non ci siamo mai dati una patina di correttezza e non ci siamo mai definiti dei santi». Annuì il primo

«Credo sia giunta l'ora di combattere», disse Vladimir. «Non pensi che non troveremo mai una forza migliore con cui allearci? Un'altra occasione così buona?».

«Niente è impossibile. Forse un giorno...».

«Sono ben millecinquecento anni che aspettiamo, Stefan. E in tutto questo tempo loro non hanno fatto altro che rafforzarsi Se i Volturi vincono questa contesa, ne usciranno ancora più potenti di prima. Ogni conquista aumenta la loro forza. Pensa a cosa potrebbero semplicemente ricavare da quella neonata», disse fissando intensamente Bella che a sua volta lo osservava da un po’. Rabbrividii al solo pensiero … non avevo tenuto conto che quando avessero scoperto il dono di Bella, anche lei sarebbe rientrata a pieno titolo, insieme con Alice, nell’elenco delle nuove acquisizioni.

Ovviamente l'analisi che avevano fatto, volutamente ad alta voce, catturò l’attenzione generale, fecero un dettaglio di chi e quale dono fosse per i nostri nemici più appetibile, e a Bella si affiancò anche Benjamin, proprio come temeva Amun, il resto era interessante ma superfluo … e come purtroppo temevo anche loro, giunsero all’inevitabile conclusione che ci saremmo scontrati … Forse Alistair non aveva visto tanto male … e a loro non pareva il vero, infondo si erano uniti a noi solo per quello: vendicarsi di quando i Volturi, secoli addietro, li avevano spodestati.

Mentre loro fingevano di ragionare tra sé il brusio era diminuito sempre più fino ad annullarsi completamente per non perdere neanche una sillaba dei loro ragionamenti. Non trascorse un secondo dalla fine del loro ragionamento che la maggioranza dei nostri amici sentì il bisogno di prendere la propria posizione; a nessuno piaceva l’idea di essere acquisito e arruolato nella guardia; sebbene mio padre aborrisse anche solo l’idea dello scontro fisico, nessuno di loro si sarebbe tirato indietro, si sarebbero battuti per noi e per loro, per la loro libertà. Qualunque fosse stato il motivo che li spingeva a farlo, non ci avrebbero abbandonati.

 

Alice

 

Mancava poco, veramente poco.

Stavamo tornando e mai come in quel momento mi ero sentita vittoriosa e piena di fiducia.

Dopo aver lasciato Forks tuffandoci nell’oceano, nuotammo fino alle coste del Messico, da lì proseguimmo per il Brasile su terra ferma. Non prendemmo mezzi di alcun tipo, il rischio di essere in qualche modo rintracciati, non solo dalla nostra famiglia, ma anche dai Volturi era troppo alto e la posta in gioco troppo preziosa.

Una volta raggiunta Isola Esme, spiegai a Jasper il mio piano, si era fidato ciecamente di me ed era il momento di dargli qualche informazione in più, anche perché con molta probabilità il suo potere sarebbe stato importantissimo durante il colloquio con Kaure.

Aveva sempre sospettato di noi

Edward ci aveva raccontato che la donna che si occupava della casa sull’isola aveva capito subito che Bella era in cinta e in quel momento stesso aveva sentenziato la sua morte.

In effetti più o meno era andata così …

Questo suo comportamento ci lasciava però intuire che non fosse per lei un fatto così insolito, certo non all’ordine del giorno ma che comunque ne avesse già sentito parlare. Ed era proprio quello di cui avevamo bisogno: un punto di partenza per le nostre ricerche … non sapevo esattamente cosa cercare ma qualcosa mi diceva che qualunque cosa scoprissimo su l’eventuale esistenza di altri mezzosangue ci sarebbe stata utile.

E così fu.

Dopo che Jasper l’ebbe calmata e tranquillizzata, ci raccontò le leggende del suo popolo una in particolare ci sembrò degna di considerazione e seguendo le sue indicazioni tornammo sul continente per far rotta verso la foresta amazzonica.

Lì incontrammo Zafrina e le sue sorelle, le chiedemmo di raggiungere, insieme con Senna, il resto della nostra famiglia mentre Kaikiri sarebbe rimasta con noi aiutandoci con le nostre ricerche.

Cercare un uomo nella foresta amazzonica era difficile come trovare un ago in un pagliaio e lei, per noi poteva fare la differenza.

Ci vollero diversi giorni per trovare il nostro uomo, e altrettanti per convincerlo a venire con noi, non aveva mai lasciato la foresta amazzonica, era piuttosto restio nei confronti del mondo esterno ma la curiosità di conoscere qualcun altro come lui ebbe la meglio e alla fine accettò, ormai mancava veramente pochissimo, tornare in aereo sarebbe stata la cosa migliore ma lui non ne volle sapere.

Correre fu quanto di meglio si potesse fare.

Eravamo al confine tra il Messico e gli stati uniti quando l’immagine di Bella che scriveva su un foglio mi oscurò il cammino.

«Cosa succede?» mi chiese Jasper con terrore, arrestando la corsa «è troppo tardi? Sono già arrivati?»

I nostri compagni di viaggio ci guardarono straniti.

«Niente, cioè non so … non capisco …»

«Cosa hai visto?»

«Ho visto Bella, stava scrivendo su un foglio “BRASILE”, per metterlo poi in uno dei miei zainetti.»

«Cosa può voler dire?»

«Non ne ho idea … penso sia un messaggio per noi … ma di che tipo?»

«Dobbiamo andare in Brasile? Stanno scappando e pensano di andare in Brasile?»

«Non so che dirti, non ho visto propositi di viaggio … è strano … la visione originaria che avevo della radura non è cambiata, noi proseguiamo per la nostra strada. Poi vedremo quello che sarà.»

Non ero tranquilla ma non potevo permettermi errori grossolani, c’era troppo in ballo; e in silenzio con il cuore pesante riprendemmo la corsa verso casa.

 

Renesmee

 

Erano tutti molto preoccupati.

Io avevo fatto del mio meglio, ma forse non era stato abbastanza. Gli amici del nonno erano rimasti per aiutarci dopo che avevo raccontato loro la mia storia, ma erano tutti molto tristi … alcuni anche arrabbiati…

Papà era molto triste.

Specialmente quando mamma usciva da sola.

«Esci?» le aveva chiesto qualche giorno fa.

«Sì, un paio di commissioni dell'ultimo momento...», gli aveva risposto mamma.

«Torna presto da me». le disse sorridendole, ma non era il suo solito sorriso … quello che piaceva tanto a mamma, io ero stretta nel suo abbraccio quando mamma ci salutò e lo sentii stringermi più forte.

Il mio papà aveva paura di restare solo … pensava che la mamma lo stesse lasciando … mamma non ci avrebbe mai lasciati e nemmeno io mi sarei allontanata da loro … mai … nemmeno dal mio Jacob … ma papà sembrava molto preoccupato.

Appena mamma chiuse la porta d’ingresso dietro di sé, mi girai verso di lui e lo riempii di baci.

Non mi piaceva vedere papà triste.

Non sembrava nemmeno il mio papà.

Quel mezzo pomeriggio fu lunghissimo, papà era sempre più triste e preoccupato, ogni tanto gli si avvicinava Tania … di tutti gli amici del nonno lei era quella che mi stava meno simpatica … era sempre vicina a papà quando mamma non c’era o si allenava con Zafrina; il mio papà era sempre gentile con lei ma quando poi si allontanava, diventava nervoso … forse non stava simpatica nemmeno a lui.

Jacob era passato a salutarmi, aveva borbottato qualcosa con papà ma poi era uscito di corsa …

Perché erano tutti così nervosi?

Papà mi lesse un paio di libri di poesie e nell’attesa del ritorno di mamma suonammo a lungo il pianoforte insieme.

Mi piaceva suonare insieme al mio papà, ma volevo che mamma tornasse e stesse con noi …

Non ricordo molto altro di quella giornata … credo di essermi addormentata mentre suonavo con papà. Perché mi sono svegliata nella mia cameretta con lui accanto che vegliava su di me.

Ma dov’era la mamma?

«Sta tornando, tesoro mio» mi sussurrò carezzandomi la testa «dormi tranquilla, al tuo risveglio sarà qui con te». E baciandomi sulla fronte mi rimboccò le coperte e si sdraiò sul letto con me.

 

Il giorno dopo mamma era lì, proprio come aveva promesso papà.

Anche se (però) era tornata, papà non sorrideva … forse la mamma lo aveva fatto arrabbiare? Forse ero stata io? E per due giorni uscì con il nonno … solo loro due …

In casa c’era tanto silenzio, un silenzio strano.

Eravamo tutti in attesa.

Due giorni dopo mamma e papà si caricarono in spalla gli zaini e mi portarono con loro in montagna … da come ne parlavano tutti, stavano arrivano i VOLTURI … che cos’erano i VOLTURI? Io credevo che dovessero arrivare altri vampiri … anche Jacob venne con noi. Ci accampammo vicino a un prato enorme.

Montarono una tenda all’inizio del bosco e, tutti e quattro insieme, passammo la notte lì … Quella notte Nevicò.

La zia Alice l’aveva detto di aspettare la neve … la mamma l’aveva ripetuto più volte … Era presto quando la sentii uscire con papà dalla tenda, io però stavo troppo bene al caldo vicino il mio Jacob e preferii continuare a sonnecchiare un altro po’ … non eravamo più soli però, sentivo i passi, di tante persone … gli amici del nonno ci avevano raggiunto … e dal fruscio intorno a noi c’era anche qualcos’altro che si muoveva nella foresta … poco dopo Jacob si alzò e uscì dalla tenda … era arrivato anche il branco... quando aprì la tenda, potei scorgere quell’immensa distesa bianca … correre la sopra sarebbe stato bellissimo … ma mamma rientrò subito dopo … non avevo mai visto quell’espressione sul suo viso … tutta quella tristezza non era da lei … e per non farla preoccupare di più restai buona nella tenda …

In silenzio mi aiuto a vestirmi …

L’unico rumore erano i suoi baci.

Sembrava che ognuno di loro portasse con sé una lacrima … ma la mamma non piangeva mai … e non piansi nemmeno io …

Mi mise il giubbotto e uno zainetto … era della zia Alice … mi mancava la zia Alice …

«Ti voglio bene», sussurrò poi all’improvviso. «Più di ogni altra cosa».

«Anch'io ti voglio tanto bene, mamma», risposi “ma non voglio vederti così …” «Staremo sempre insieme». Le assicurai stringendo il ciondolo che mi aveva regalato per Natale e dove papà aveva messo una foto di noi tre insieme.

«Nel nostro cuore staremo sempre insieme», mi rispose. «Ma oggi, quando verrà il momento, mi devi lasciare».

Perché?!?!? Io ho fatto tutto come avete detto … io sono stata buona … perché!?!?! Gli amici del nonno non sono andati via … perché mi volete lasciare … IO NON VOGLIO … NO!” Pensai, e non riuscendo a dire una sola parola le toccai la guancia con la mano … “IO NON VOGLIO”

«Lo farai per me? Per favore?». Chiese mamma con una voce strana.

Perché?” insistetti.

«Non te lo posso dire», sussurrò. «Ma presto capirai. Te lo prometto».

e Jacob? Resterà con me?”

«Non ci pensare», annuì continuando a sussurrarmi nell’orecchio «Non dire niente a Jacob finché non ti dico di fuggire, va bene?».

La mamma non voleva far preoccupare anche lui, ed io dissi di sì …

Perché non potevo restare con mamma e papà … perché questi VOLTURI non volevano …

Mamma mi guardò ancora per un lunghissimo secondo, poi, scossa da un brivido, si frugò nella tasca e tirò fuori una catena tutta d’oro con pietre luccicanti attaccate sopra, e se la legò al collo … non era un regalo di papà … il mio papà non le avrebbe mai fatto un regalo simile …

«Bello», sussurrai feci per avvicinarmi quando le mie braccia si mossero da sole e come una calamita si attaccarono strette al suo collo … perché dovevo lasciare la mia mamma … perché …

Anche la mamma non era felice di lasciarmi … mi stringeva forte … e allora perché …

Uscimmo dalla tenda restando abbracciate, fece alcuni passi e altre due braccia mi circondarono … era papà, non disse niente … ci strinse forte e con un sospiro si staccò da noi

Erano tutti là: i nonni, zia Rose e zio Emmett, tutti i nostri amici, mamma si avvicinò a loro ed io mi spostai sulle sue spalle … Mamma si era allenata tanto i giorni prima … era molto brava … ed io non dovevo darle noia … Jacob sbucò dalla foresta insieme agli altri lupi e si mise al nostro fianco … con Jacob vicino ero più sicura …

Papà, davanti a noi allungò un braccio e mamma gli strinse la mano … tutto il mondo sembrava essersi fermato in quello stesso istante, e nel silenzio più profondo restammo in attesa …

 

 

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Capitolo 28
*** CAPITOLO 28 ***


Sono tornata!! Grazie a tutti coloro che non hanno ancora perso le speranze di veder conclusa questa storia …

Coraggio manca solo un capitolo alla fine!!

 

Buona lettura

 

Cap.28

 

Edward

 

Una linea nera avanzava compatta all’orizzonte, come se le ultime propaggini del bosco si fossero staccate dallo stesso e stessero muovendosi all’unisono verso di noi.

I loro pensieri li avevano preceduti di pochi istanti.

Osservandola attentamente si poteva notare, dall’intensità del colore dello schieramento, il posizionamento gerarchico che le varie figure avevano assunto: Le ali esterne erano grigie e man mano che ci si avvicinava al centro della formazione, il colore si scuriva fino a diventare del nero più intenso.

La loro avanzata, lenta e decisa, esprimeva tutta la loro sicurezza e prosopopea; neanche la presenza dei lupi scalfì il loro passo.

Li contai, e non fui il solo. Eravamo in schiacciante inferiorità e non avevo ancora considerato il resto dei vampiri che si erano portati come testimoni.

Almeno in loro percepii del turbamento. Anche se dopo solo una rapida occhiata al nostro schieramento erano più che sicuri di avere la vittoria in pugno.

Chissà cosa era stato “promesso” loro per convincerli a presenziare … Il disprezzo, misto al terrore, per la nostra presunta colpa di aver creato un bambino immortale era il pensiero più ricorrente in quelle menti esaltate e, a giudicare dalle loro menti erano pronti a dare battaglia.

Irina …” pensarono all’unisono Tanya e Kate appena la figura della sorella comparve nelle retrovie, affiancata dalle mogli. Completamente trasfigurata in volto, si aggirava come un leone in gabbia guardando le sorelle, schierate e pronte a morire con noi senza riuscire a distogliere lo sguardo.

Sorelle care … scappate vi prego … morirete …” riuscii a percepire nei suoi pensieri e un ringhio di rabbia mi uscì dalla gola.

Quale tremendo prezzo avrebbe avuto la sua stupidità.

L’impulso di avventarmi contro di lei stava diventando incontenibile. «Alistair aveva ragione», mormorai a Carlisle. Che di rimando mi fissò con aria interrogativa.

«Alistair aveva ragione?», sussurrò Tanya.

«Loro - Aro e Caius - sono venuti per distruggerci e assimilarci», risposi cercando di non farmi sentire dai nostri alleati. I pensieri di Irina avevano dato conferma di tutte le congetture che avevamo fatto nei giorni precedenti. «Hanno già studiato buona parte delle strategie possibili. Si erano già impegnati a cercare un altro motivo per offendersi, se l'accusa di Irina si fosse dimostrata in qualche modo falsa. Ma ora vedono Renesmee, quindi sono ottimisti sull'andamento della situazione. Potremmo comunque tentare di difenderci dalle altre accuse premeditate che ci rivolgeranno, ma devono prima fermarsi e ascoltare la verità su Renesmee». Conclusi a voce ancora più bassa: «E non hanno la minima intenzione di farlo».

Jacob sbuffò e in quell’istante altri sedici lupi si unirono alle nostre file.

C’era da aspettarselo; l’aumento della presenza sul territorio del numero di vampiri aveva impennato le trasformazioni dei giovani Quileute.

In quell’istante la processione si fermò.

Sentii Bella ringhiare dalla rabbia, lo stesso fecero altri alle mie spalle. La capivo, ma non era quello il momento di far esplodere la nostra ira e automaticamente le strinsi la mano per metterla in guardia.

Nulla doveva trapelare.

Ci stavano studiando-

Aro, in mezzo a Caius e Marcus, stringeva loro le mani, quel semplice contatto permetteva lo scambio di pensieri, non a caso i loro occhi erano gli unici che tradivano qualche lieve espressione di emozione; al contrario del resto della guardia.

Aro in particolar modo era palesemente seccato che Alice non fosse presente fra le nostre schiere. Era impreparato a questa eventualità e doveva rivedere i suoi piani. Senza contare che alcuni dei nostri alleati non riscuotevano la sua simpatia. A questo punto tutte le congetture che avevo fatto con Eleazar si rivelavano corrette.

«Edward?» sussurrò Carlisle avvertendo il mio respiro improvvisamente accelerato. «Non sanno bene come procedere. Stanno soppesando le possibilità, scegliendo gli obiettivi più importanti: me, naturalmente, te, Eleazar, Tanya. Marcus decifra la forza dei legami che ci uniscono, in cerca di punti deboli. La presenza dei rumeni li irrita. Sono preoccupati per i visi che non riconoscono, Zafrina e Senna in particolare e, naturalmente, i lupi. È la prima volta che sono messi in minoranza. È stato questo a fermarli».

«In minoranza?», sussurrò Tanya incredula.

«Per loro i testimoni non contano», bisbigliai. «Sono nullità, così come il corpo di guardia. È solo che ad Aro piace avere pubblico».

«Devo parlare?», chiese Carlisle.

«Non credo avrai altre occasioni». Risposi annuendo dopo un attimo di esitazione; e con la terribile sensazione di mandarlo al patibolo guardai mio padre avanzare lentamente oltre la nostra linea di difesa.

Non l’ho mai ringraziato …” fu il pensiero che mi attraversò la mente in quell’istante, e ne fui profondamente turbato.

In quasi un secolo di convivenza non avevo mai ringraziato quell’uomo per la carità che mi aveva mostrato il giorno in cui mia madre decise di affidarmi a lui. Mi aveva regalato una nuova vita … una vita straordinaria, e non sarei mai stato in grado di ricambiare così tanto amore.

 

«Aro, amico mio. Sono secoli che non ci vediamo». Lo salutò allargando le braccia e alzando i palmi verso l’alto.

Un silenzio di tomba calò sulla radura.

Ho sempre saputo che potevi essere una potenziale minaccia … e non mi ero sbagliato …” Pensò Aro mentre mio padre avanzava verso di lui. La sua ambiguità riusciva a darmi i conati di vomito.

Aro uscì dal centro della formazione dei Volturi seguito dal suo scudo personale: Renata. La guardia si accucciò in posizione d’attacco, ma fu messa a tacere con un solo gesto della mano.

«Veniamo in pace». Incalzò mio padre.

«Parole giuste, Carlisle», disse con quella voce viscida e densa di sottintesi. «Sembrano fuori posto, visto l'esercito che hai radunato per uccidere me e i miei cari».

«Basta che mi tocchi la mano per capire che non ho mai avuto quell'intenzione». Rispose Carlisle porgendogli la mano e i suoi pensieri. «Ma come può avere qualche importanza la tua intenzione, caro Carlisle, di fronte a ciò che hai fatto?». Rispose Aro ostentando una tristezza che mal si sposava con i suoi pensieri. Per lui eravamo colpevoli a prescindere … la bambina era un pretesto … certo gli era stato servito su un vassoio d’argento, ma avrebbe trovato altre accuse per poterci attaccare. Anche a costo di fabbricarle lui stesso; bastava vedere la reticenza con cui si apprestava a toccarlo per leggergli nei pensieri, in altri momenti non avrebbe esitato un secondo di più.

Poi c’era Caius, molto meno diplomatico di Aro, non si preoccupava nemmeno di dare una parvenza di correttezza a tutta questa terribile farsa. «Quante regole inutili, quante leggi superflue ti crei, Carlisle», sibilò. «Com’è possibile che difendi la violazione dell'unica legge che conti davvero?».

«La legge non è stata violata. Se solo mi ascoltassi... ».

«Vediamo la bambina, Carlisle», rispose con un ringhio. «Non prenderci per stupidi».

«Lei non è affatto un'immortale. Non è una vampira. Te lo posso dimostrare facilmente in pochi attimi di... ».

«Se non è una dei proibiti, allora perché avete raggruppato un battaglione per proteggerla?». Gracchiò nuovamente Caius.

«Sono testimoni, Caius, proprio come quelli che avete portato voi». Disse pacato mio padre accennando all'orda furiosa appostata al limitare del bosco. «Uno qualsiasi di questi amici ti può dire la verità sulla bambina. Oppure puoi guardarla con i tuoi occhi, Caius. Guarda la vampata di sangue umano che ha sulle guance».

«È un espediente! Dov'è l'informatrice? Portatela qui!». !», gridò quest’ultimo scrutando alle sue spalle alla ricerca di Irina. «Tu! Vieni!».

Non aspettò nemmeno si muovesse che i membri della guardia l’avevano già spinta dinanzi a lui. Appena fu al suo cospetto, la schiaffeggiò in pieno volto.

Umiliarla era il suo fine, insieme al tentativo di far compiere alle sorelle un passo falso.

«È quella la bambina che hai visto?», chiese perentorio Caius indicando Renesmee. «Quella che, evidentemente, era più che umana?».

Irina ci guardò con attenzione, e il tarlo del dubbio s’insinuò nella sua mente. «Ebbene?», la sollecitò Caius con acredine.

«Io... non ne sono sicura», farfugliò.

«Cosa vuoi dire?» sibilò rabbioso.

«Non è uguale, ma credo sia la stessa bambina. Cioè, è cambiata. Questa bambina è più grande di quella che ho visto, ma... ».

La rabbia cieca di Caius fu frenata solo dal viscido intervento di Aro, era chiaro come il sole che non volesse aiutarci, era anche inutile leggerli nei pensieri. Solo la sua smania di protagonismo gli imponeva un tale comportamento, doveva dimostrare magnanimità, doveva dare l’impressione di aver provato a darci ogni tipo di possibilità di redenzione.

«Dunque, tesoruccio», mormorò mellifluo a Irina porgendole la mano. «Mostrami quello che stai provando a dirci».

Cinque secondi gli fornirono una spiegazione più che esauriente. Qualunque cosa avesse visto aveva già preso la sua posizione. Bastava vedere come teneva d’occhio le reazioni dei suoi testimoni.

«E così, a quanto pare, dovremo farci carico di un mistero. Si direbbe che la bambina è cresciuta. Eppure il primo ricordo di Irina era chiaramente quello di un bambino immortale. Curioso». Disse a Carlisle

«È proprio quello che sto cercando di spiegare», rispose mio padre, vagamente rasserenato “Non abbassare la guardia …” pensai mentre lo vidi porgergli nuovamente la mano.

«Preferirei avere una spiegazione da una persona più coinvolta nella storia, amico mio. Mi sbaglio a pensare che questa infrazione non è stata opera tua?» Disse Aro dopo un attimo di esitazione.

«Non c'è stata alcuna infrazione». Ci tenne a puntualizzare Carlisle.

«Sia come sia, io voglio conoscere ogni sfaccettatura della verità». Gracchiò Aro, non voleva lui, voleva me «E il modo migliore per ottenerla è chiedere le prove al tuo abile figliolo». “Quale curioso artifizio ha dato vita a questa strana creatura …”. «Dato che la bambina sta aggrappata alla compagna neonata di Edward, immagino proprio che lui sia coinvolto».

Un brivido mi percorse la schiena. Guardai la mia famiglia e la salutai, mi stavo per avventurare su un sentiero impervio e Dio solo sapeva come ne sarei uscito, se mai ne fossi uscito, Bella alzò il suo sguardo verso di me, ma non ebbi il coraggio di ricambiarlo. Il pensiero che vi leggesse i miei molteplici stati d’animo che stavano combattendo dentro di me mi spaventava. Avrebbe visto la rabbia nel dover condividere tutti i nostri momenti con Aro; non volevo che vedesse la paura, perché non volevo che capisse che non c’era più speranza e non volevo vedesse la vergogna che provavo per non averle sapute proteggere.

Diedi a entrambe un bacio veloce e mi avviai incontro al mio destino.

 

Aro

 

Spavaldo e sbruffone si fermò a pochi passi da me e mi porse la mano “Piccolo stupido e ingenuo ragazzino, cosa credi di ottenere con la tua arroganza!”

Sapevo del suo potere ed ero perfettamente in grado di dominare i miei pensieri.

E questo lo sapeva anche lui.

Presi la sua mano, chiusi gli occhi e mi concentrai.

La sua mente, come un fiume in piena, mi travolse; pensieri, ricordi, sensazioni, sia suoi che di coloro che avevano interagito con lui.

Indubbiamente era figlia loro … era folle solo il pensiero, ma non potevo ignorare la verità … ed era comunque una novità da non sottovalutare … che risorsa incredibile poteva essere … osservando la loro quotidianità notai con sorpresa come tutto il clan di Carlisle fosse rimasto legato alla loro prima vita, la loro predilezione per il sangue animale li rendeva molto più vicini al genere umano … vedevo legami forti … molto forti … c’era dell’altro però: discussioni, strategie, intuizioni, sia suoi che dei loro testimoni … di Alice nessuna informazione … sparita nel nulla … inquietante ma curiosa la strana alleanza che avevano con i lupi … Interessante soprattutto il suo confronto con Eleazar e le loro conclusioni; dovevo ponderare bene le mie mosse.

Preso dall’analisi di quel concentrato d’informazioni, percepii appena Caius zittire il corpo di guardia.

Alzai lentamente la schiena, riaprii gli occhi ma non liberai ancora la sua mano.

«Vedi?», disse fin troppo calmo.

«Certo che vedo», concordai divertito dal suo stupido atteggiamento, credeva veramente che sarebbe finita così? «Mi chiedo se un'altra coppia di divinità o di mortali abbia mai visto con tanta chiarezza. Mi hai dato molti elementi su cui riflettere, giovane amico», continuai. «Molti più di quanti me ne aspettassi. Posso conoscerla?», chiesi infine incuriosito da quella strana creatura. «Per tutti i secoli in cui ho vissuto, non ho mai nemmeno immaginato che potesse esistere una cosa del genere. Che splendida aggiunta ai nostri annali!».

«Che storia è mai questa, Aro?», m’interruppe nuovamente Caius.

Prima o poi, in un modo o nell’altro gli avrei insegnato a dominare le sue reazioni.

«Qualcosa che non ti sognavi nemmeno, mio pratico amico. Prenditi un attimo per valutarla, perché la giustizia che intendevamo ristabilire non è mai stata infranta». Lo stupido sibilò dalla rabbia. Possibile non capisse che in alcuni casi, per volgere la situazione a nostro vantaggio, dovevamo tergiversare, analizzare tutte le sfaccettature «Pace, fratello», lo misi in guardia nella speranza che dal mio tono capisse che non tutto era perduto … anzi.

«Mi presenti tua figlia?» insistetti nuovamente a Edward.

Per la sicurezza di entrambi preferirei che l’incontro avvenisse in zona neutrale, a metà strada fra i nostri schieramenti … con una scorta sarebbe meglio.”

«Credo che sia accettabile un compromesso su questo punto, viste le circostanze. Incontriamoci a metà strada».

Feci cenno a Renata di seguirmi, gli lasciai andare la mano e incamminandoci verso di loro lo seguii cingendogli la spalla, il contatto con la sua mente era la mia sicurezza.

 

Edward

 

Arrestò il corpo di guardia non appena mossero il primo passo.

la fiducia che riponi in noi è commovente …” pensai guardandolo dritto negli occhi.

«Forse è meglio che porti con te alcuni membri della guardia», suggerii. «Li farà sentire più a loro agio».

Aro annuì e con disinvoltura schioccò due volte le dita richiamando Felix e Demetri che insieme con Renata, il suo scudo personale, e Caius iniziarono ad avanzare verso il nostro schieramento. Arrivati al centro della radura, ci fermammo.

Presi un profondo respiro e pregai il Dio tanto caro a mio padre di assisterci.

Se veramente esisteva, non poteva scordarsi di noi.

«Bella», esclamai. «Porta Renesmee... e qualche amico».

Affiancata da Jacob e Emmett, ci venne incontro.

Non avrebbe potuto fare scelte migliori.

Quando furono a pochi metri da noi, mi liberai dall’insidioso abbraccio del nostro aguzzino e tornai nell’unico posto, dove dovevo stare: accanto alla mia famiglia.

La presenza di Jacob non fu gradita, bastava vedere come le guardie del corpo di Aro controllassero ogni suo respiro sebbene stessero parlando insieme a Bella.

Ci volle tutto il mio autocontrollo per ignorare i tentativi di Felix e Demetri per farci compiere qualche passo falso; avremmo fatto solamente il loro gioco. Battutine stupide che in altri casi avrebbero potuto far perdere il controllo a un qualsiasi neonato, scivolarono addosso a Bella come se fossero acqua fresca. Loro non avevano idea del fenomeno di donna con cui avevano a che fare. «Sento battere il suo strano cuoricino», miagolò Aro affascinato da quel nuovo esemplare di vampiro ignorando lo scambio di battute in corso tra Bella e Felix. «Mi arriva il suo strano profumo». Poi spostando lo sguardo su mia moglie «In verità, giovane Bella, l'immortalità ti dona in modo straordinario. È come se fossi nata apposta per questa vita».

«Ti è piaciuto il mio regalo?», le chiese, guardando il ciondolo che aveva al collo.

E finalmente capii perché si era messa quella mostruosità addosso … «È bello ed è stato molto, molto generoso da parte tua. Grazie. Avrei dovuto mandare un bigliettino di ringraziamento».

«È solo una sciocchezzuola che avevo da parte. Ho pensato che avrebbe potuto fare pendant col tuo nuovo viso, e così è stato». Sghignazzò lui per poi tornare improvvisamente serio «Posso salutare tua figlia, adorabile Bella?» chiese impaziente.

Bella avanzò.

Mi mancò il fiato.

«Ma è incantevole», mormorò stucchevole. «Assomiglia così tanto a te e a Edward. Ciao, Renesmee». Aggiunse alzando il tono della voce.

La piccola cercò gli occhi di sua madre per avere il permesso di rivolgergli parola e lo salutò.

«Ciao, Aro», rispose formale con la sua vocina squillante.

Aro la osservò perplesso.

«Cos'è?», sibilò Caius alle sue spalle.

«Mezza mortale, mezza immortale», annunciò Aro in modo che tutti, guardia e testimoni, potessero sentire. «Concepita nello stesso modo e partorita da questa vampira neonata quando era ancora umana».

«Impossibile», gracchiò Caius.

«Allora pensi che mi abbiano preso in giro, fratello? E il cuore che senti battere è un trucco, secondo te?». Ribatté Aro con un tono che, sebbene suonasse divertito, era tremendamente inquietante. Caius fece una smorfia e, con l'aria mortificata, come se le domande gentili di Aro fossero state colpi in piena faccia, tornò al suo posto.

«Calma e pazienza, fratello», lo mise in guardia, senza distogliere lo sguardo da mia figlia. «So bene quanto tieni alla giustizia, ma non c'è nessuna giustizia nell'agire contro l'origine di questa piccolina unica al mondo. E poi abbiamo così tanto da imparare, così tanto! So che non hai il mio stesso entusiasmo per raccogliere storie, ma sii tollerante con me, fratello, mentre vi aggiungo un capitolo tanto improbabile che ne sono sbalordito. Siamo venuti con l'unica aspettativa di far rispettare la giustizia e di assistere alla triste fine della falsa amicizia, e guarda invece cosa abbiamo guadagnato! Una nuova e fulgida conoscenza di noi stessi e delle nostre potenzialità».

Porse la mano a Renesmee ma lei, sicura del fatto suo, si tese verso l’alto per posare le dita sul suo volto. Coraggiosa, come sua madre.

«Fantastico», sussurrò pieno di soddisfazione, dopo aver assorbito ogni dettaglio della sua breve vita; e Renesmee tornò a rilassarsi tra le braccia di sua madre.

I pensieri di mia figlia erano passati anche davanti ai miei occhi, e ne rimasi profondamente turbato.

Avrei dovuto essere abituato alla precocità di mia figlia eppure ogni volta ne rimanevo impressionato.

Avevamo cercato di farle pesare il meno possibile la gravità del momento, sapeva che eravamo in pericolo ma non ci eravamo soffermati più di tanto su certi dettagli, eppure lei era perfettamente cosciente dei rischi che stavamo correndo ed era arrivata a chiedere ad Aro clemenza per la sua famiglia, per il branco e i nostri amici, gli aveva mostrato tutto il possibile della nostra vita e adesso si rimetteva a lui, prendersi tutta la responsabilità di questa situazione «Lo farai, per piacere?», gli chiese.

«Ma certo che non ho la minima intenzione di fare del male ai tuoi cari, carissima Renesmee». Rispose con un sorriso talmente gentile che anche un cieco si sarebbe accorto della sua falsità.

Sta mentendo Edward!” gridò rabbiosa nella mia mente Maggie, a conferma della mia intuizione.

«Mi chiedo se... », disse cauto Aro, cambiando intenzionalmente argomento “sarebbe una grande dimostrazione di potere …”

«Non funziona così», ribattei acido senza il benché minimo riguardo del mio tono di voce. «Era solo un pensiero come un altro», rispose Aro, continuando a studiare Jacob e il resto del branco. «Non appartengono a noi, Aro. Non eseguono i nostri ordini in quel modo. Si trovano qui unicamente per volontà loro».

Jacob, sentendosi chiamato in causa, ruggì.

«Però sembrano piuttosto affezionati a te», insinuò subdolo, «alla tua giovane compagna e alla tua... famiglia. Sembrano fedeli». Concluse calcando bene l’accento sull’aggettivo scelto.

«La loro missione è proteggere vite umane, Aro. Questo ne facilita la coesistenza con noi, ma non con voi. A meno che non mettiate in discussione il vostro stile di vita».

«Era solo un pensiero come un altro», ripeté insolitamente allegro. «Sai bene come vanno le cose. Nessuno di noi è in grado di controllare del tutto i desideri inconsci».

«So bene come funziona. Conosco anche la differenza fra quel tipo di pensiero e quello che nasconde un secondo fine. Non potrebbe mai funzionare, Aro». Replicai cercando di trattenere malamente la mia irritazione.

Cosa diamine stava cercando di fare?!?

Jacob si girò verso di me è guaì, era stato tirato in ballo e ovviamente voleva delucidazioni in merito.

«È molto affascinato dall'idea dei... cani da guardia», mormorai.

Il disappunto del branco non lasciò adito ad interpretazioni.

Solo l’intervento di Sam li rabbonì.

«Immagino che ciò risponda alla mia domanda», sghignazzò nuovamente Aro. «Questo gruppo ha scelto da che parte stare». “la loro sorte è quindi legata alla vostra, dico bene caro amico?”

Aveva già deciso! Potevamo fare anche a meno di questa inutile farsa, e preso da una profonda rabbia feci per scagliarmi contro di lui quando una mano mi trattenne … Cosa diavolo mi stava prendendo? I miei nervi stavano cedendo fortunatamente Bella era più lucida di me. Felix e Demetri erano già in posizione d’attacco, ma io mi ricomposi.

«Ci sono così tante cose di cui parlare», disse Aro, improvvisamente serio, dopo aver tranquillizzato i suoi scagnozzi. «così tante cose da decidere. Se voi e il vostro protettore peloso mi volete scusare, cari Cullen, devo conferire con i miei fratelli».

Esattamente come aveva previsto Eleazar, avrebbe conferito con i suoi fratelli e mentre loro fingevano di decidere Jane e Alec avrebbero iniziato ad indebolirci; iniziai a retrocedere trascinando con la forza Bella e Emmett, Renesmee pensò a Jacob.

Sembrava quasi che quei tre non aspettassero altro e, finalmente, pochi istanti dopo ci ritrovammo nuovamente in mezzo ai nostri cari.

In attesa della fine.

Il silenzio spettrale che era calato nella radura fu spezzato soltanto dall’accesa discussione dei tre fratelli, o per essere più precisi tra Caius e Aro. Il primo infervorato dall’odio nei nostri confronti sollecitava l’attacco, il secondo cercava di rabbonirlo dimostrandosi magnanimo nei nostri confronti.

Che ridicola pantomima.

L’unico scopo di Aro era di mostrarsi saggio e comprensivo agli occhi dei testimoni, sia loro che nostri; cosa a cui Caius con la sua irruenza non dava la minima importanza, dovette pensarci il primo a ricordargli l’importanza che avevano spettatori.

A Caius la cosa non lo sfiorava nemmeno, potevano morire tutti e ne sarebbe rimasto indifferente, per Aro no: le loro vite valevano realmente meno di zero, ma se ne fosse rimasto anche uno solo in vita, doveva testimoniare il grande senso di giustizia che li aveva spinti a compiere le loro gesta. L’immagine di lui che ne sarebbe stata tramandata era la cosa più importante.

«I licantropi», mormorò improvvisamente Caius con stizza.

«Ah, fratello... », rispose Aro addolorato. “Possibile che non ti fermi mai a riflettere … sarai la tua e nostra rovina prima o poi …”.

«Difenderai anche quell'alleanza, Aro?», insistette piccato Caius. «I Figli della Luna sono nostri nemici giurati dai tempi dei tempi. Li abbiamo cacciati fin quasi a farli estinguere in Europa e in Asia. Eppure Carlisle incoraggia un rapporto familiare con questi parassiti, senza dubbio nel tentativo di spodestarci. Per meglio proteggere il suo guasto stile di vita».

Forse non era il caso di interrompere il loro diverbio, la soddisfazione di fare notare a tutti la stupidità di quel vampiro e mettere in imbarazzo Aro non aveva prezzo, ma chiesi comunque la parola schiarendomi rumorosamente la voce «Caius, è pieno giorno», feci notare indicando Jacob. «Questi non sono Figli della Luna, è chiaro. Non hanno alcun rapporto con i tuoi nemici dell'altra parte del mondo».

«Allevate dei mutanti qui in zona», ribatté Caius.

La sua stupidità non ha veramente limiti …” «Non sono nemmeno licantropi. Aro ti può raccontare tutto, se non mi credi».

Jacob mugolò perplesso.

«Caro Caius, ti avrei chiesto di non insistere su quest’ argomento se mi avessi messo a parte dei tuoi pensieri», mormorò Aro. «Anche se quelle creature si ritengono dei licantropi, non lo sono. Il termine più appropriato per definirli sarebbe "mutaforma". La scelta della forma di lupo è stata un puro caso. Poteva benissimo essere un orso, un'aquila, o una pantera, quando accadde la prima mutazione. Queste creature non hanno proprio nulla a che vedere con i Figli della Luna. Hanno ereditato dai loro padri solo la capacità di mutare. È genetica: non continuano la loro specie infettando altri, come i veri licantropi».

Scuse scuse solo e soltanto puerili e stupide scuse!!!!” pensò Caius guardando torvo il fratello«Conoscono il nostro segreto», sentenziò puntiglioso.

Questa volta stavo per rispondergli a tono quando Aro mi anticipò «Sono creature del nostro mondo soprannaturale, fratello. Forse sono ancora più legati di noi alla segretezza: è altamente improbabile che ci denuncino. Stai attento, Caius. Le accuse pretestuose non ci portano da nessuna parte».

Caius respirò a fondo e annuì. Si scambiarono uno sguardo lungo ed espressivo.

Aro sapeva bene che questo insistere con false accuse e inutili arrampicate sugli specchi avrebbe giocato a sfavore della missione che si erano prefissati; credere altresì, che avesse così serenamente accettato le nostre argomentazioni, era quasi fantascienza, quindi: c’era solo da aspettarsi il peggio.

I messaggi che stava lanciando a Caius erano più che eloquenti.

Dipendeva solo da quanto lui ci mettesse a interpretarli.

 

«Voglio parlare con l'informatrice», gridò improvvisamente Caius fulminando con lo sguardo Irina e un brivido mi percorse la schiena. I suoi pensieri erano chiari: voleva la sua giustizia, non gli interessava cosa avesse in mente Aro, voleva dimostrare la sua potenza, che non dipendeva dal fratello, le parole di Aro avevano sortito l’effetto contrario sulla sua mente contorta; e se non fosse riuscito a dimostrarlo su di noi, qualcun altro avrebbe pagato … in un modo o in un altro.

«Irina», tuonò Caius, irritato dal doversi ripetere. Irina osservava le sorelle rendendosi conto solo adesso dell’enorme dolore che stava causando loro, Si scosse appena al richiamo di Caius, ma in un attimo fu ugualmente al suo cospetto.

 

«E così, a quanto pare, le tue accuse erano alquanto infondate», esordì il vigliacco con soddisfazione.

 

«Mi dispiace», sussurrò Irina. «Avrei dovuto verificare ciò che vedevo. Ma non avevo la minima idea che...». Mormorò con voce sempre più flebile guardando la mia famiglia.

«Caro Caius, come credi che potesse indovinare in un attimo qualcosa di così strano e impossibile?», intervenne Aro. «Chiunque di noi avrebbe tratto le stesse conclusioni».

Caius con un gesto di stizza ordinò ad Aro di tacere.

Quest’ultimo si mostrò indifferente, ma non apprezzò.

Era come se un subalterno imponesse il silenzio al re, la sua immagine ne avrebbe risentito, e questo ad Aro non piaceva.

«Sappiamo tutti che hai fatto un errore», replicò piccato. «Intendevo parlare delle tue motivazioni».

«Le mie motivazioni?». Balbettò lei.

«Sì, anzitutto cosa ti ha spinto a spiarli».

Come fa … come … io non ho detto che li stavo spiando … io …”

La stava mettendo alle strette, e Irina senza volerlo affondava nella sua voragine sempre più velocemente.

«Eri in contrasto con i Cullen, vero?». Incalzò il suo carnefice.

Perdonami se puoi …” Pensò guardando supplichevole Carlisle, «Sì, è così».

«Perché?», insistette Caius.

«Perché i licantropi avevano ucciso il mio amico», sussurrò. «E i Cullen non si sono fatti da parte per lasciarmelo vendicare».

«I mutaforma, si chiamano», Intervenne Aro con insolita gentilezza.

«Quindi i Cullen si sono alleati con i mutaforma contro quelli della nostra razza, persino contro l'amico di un'amica», sintetizzò Caius.

Lurido schifoso bastardo …” rantolai nauseato dal viscido comportamento di quell’essere riprovevole. Irina s’irrigidì. «Io la vedo così».

Caius attese un suo gesto, ma vedendo che non avrebbe formulato nessun’altra accusa la imbeccò di nuovo: «Se volessi fare un reclamo formale contro i mutaforma, e contro i Cullen per averli sostenuti, questo sarebbe il momento opportuno».

Il sorriso sadico che aveva in volto era come se dicesse “Siete morti. Basta una parola e non avrete scampo.” Ma Irina lo spiazzò.

«No, non ho reclami da fare contro i lupi né contro i Cullen. Oggi voi siete venuti per distruggere una bambina immortale. Ma non esiste nessuna bambina immortale. È stato un mio errore e me ne assumo completamente la responsabilità. Ma i Cullen sono innocenti e non avete più motivo di trovarvi qui. Mi scuso infinitamente», disse rivolta a noi, poi si girò in direzione dei testimoni dei Volturi. «Non c'è stato alcun crimine. Non ci sono più motivi validi per la vostra presenza qui».

In quel momento segnò la sua condanna a morte.

 

Jasper

 

«NOOOOOOOOOO!!!!» Gridò terrorizzata Alice arrestando improvvisamente la corsa.

Una frazione di secondo dopo facemmo lo stesso.

«Cosa succede? Che cosa hai visto?» il terrore che mi dicesse che non ce l’avremmo fatta ad arrivare in tempo mi stava paralizzando.

«Irina …» sussurrò «la ucciderà, Caius la ucciderà, è questione di minuti.» dal mio punto di vista se lo meritava, il problema, però, era un altro: se fino a quel momento avevano mantenuto un colloquio “pacifico”, cosa avrebbe scatenato nei Denali questo atto di forza. Se prese dalla rabbia, le sorelle di Irina avessero attaccato i Volturi, avrebbero avuto il pretesto per annientare la nostra famiglia servito su un vassoio d’argento.

«Le sorelle? Riesci a vedere cosa fanno?»

«No, non vedo niente.»

«Forse vuol dire che non ci saranno reazioni eclatanti?»

«Può darsi.» mormorò «Dobbiamo sbrigarci, credo si stiano arrampicando sugli specchi in cerca di un qualsiasi pretesto. Prima arriviamo, meglio è! Sono imprevedibili e le visioni hanno pochissimo preavviso.»

E senza soffermarsi un minuto di più ripartimmo.

Eravamo vicini.

Poche centinaia di miglia e saremmo arrivati nello stato di Washington. Il resto erano solo minuti.

Preziosissimi minuti.

 

Edward

 

Il bastardo l’aveva uccisa solo per soddisfare il suo ego, sperando che le sorelle gli dessero un motivo per attaccarci.

Aro invece, nella sua infinita bontà, era ancora peggio. Impose a Caius la calma dopo la sua deplorevole dimostrazione di forza, e chiamando al suo fianco Renata Felix e Demetri si avvicinò a noi

«Tanto per essere precisi», disse a Carlisle, «vorrei parlare con alcuni dei tuoi testimoni. Le formalità le conosci, vero?». Aggiunse con noncuranza mentre si avvicinava ad Amun e alla sua compagna.“Certo … fagli credere che ci interessi qualcosa della loro testimonianza … e poi finiamo questa inutile farsa, acquisiamo chi t’interessa e torniamo a Volterra … questa feccia mi sta nauseando …” Pensò Caius sfoderando uno dei suoi sorrisi crudeli mentre osservava Aro avvicinarsi a noi. La rabbia che mi aveva scatenato mi stava facendo fremere tutto il corpo; avrei voluto staccargli la testa in quel preciso istante, vendicando Irina e librando il mondo dalla sua presenza; ma dovevo aspettare … era snervante …

«Ah, Amun, mio vicino delle terre del Sud! È passato tanto tempo da quando sei venuto a trovarmi». “Non credere che non sappia che mi stai evitando …”

«Il tempo non significa molto: non mi accorgo mai del suo trascorrere», sibilò Amun.

«È verissimo», convenne Aro. «Ma forse c'era un altro motivo per cui vi siete tenuti alla larga?».

Amun tacque.

«Organizzare i nuovi arrivati per formare un clan richiede davvero molto tempo. Io lo so benissimo! Sono felice di avere altre persone che si occupino di quella seccatura. E sono felice che quelli che si sono aggregati di recente si siano ambientati così bene. Mi sarebbe piaciuto che me li presentassi. Sono sicuro che stavi per venirmi a trovare molto presto».

«Ma certo», disse Amun con un tono talmente privo di emozioni che nessuno avrebbe saputo interpretare la sua risposta.

«Be', ora siamo qui tutti insieme! Non è una circostanza squisita?».

Amun annuì inespressivo.

«Ma purtroppo il motivo della tua presenza qui non è altrettanto piacevole. Carlisle ti ha chiamato per fare da testimone?».

«Sì».

«E di cosa sei stato testimone per lui?».

«Ho osservato la bambina in questione. Quasi immediatamente è stato palese che non fosse una bambina immortale...». Rispose l’egiziano sempre con la solita tonalità.

«Forse dovremmo definire la nostra terminologia», disse Aro, «ora che, a quanto pare, ci sono nuove classificazioni. Parlando di bambina immortale, naturalmente, intendi una bambina umana che è stata morsa e quindi trasformata in vampiro».

«Intendo proprio questo».

«Che altro hai osservato sulla bambina?».

«Le stesse immagini che di sicuro hai visto nella mente di Edward. Che la bambina è sua figlia naturale. Che cresce. Che apprende».

«Sì, sì», disse Aro, con una traccia d'impazienza in quel tono altrimenti affabile. «Ma nello specifico, durante le prime settimane passate qui, cosa hai visto?».

Amun increspò la fronte. «Che cresce... in fretta».

Aro sorrise. «E ritieni che dovremmo permetterle di vivere?».

Bella ringhiò e le presi il polso per trattenere eventuali reazioni violente e il brusio che si alzò comunque tra le file dei nostri testimoni, non fu ugualmente di buon auspicio.

Aro c’ignorò.«Non sono venuto qui per emettere sentenze», rispose ambiguo.

Aro ridacchiò. «Mi basta la tua opinione».

Amun sollevò il mento. «Secondo me, la bambina non rappresenta un pericolo. Impara ancor più rapidamente di quanto impieghi a crescere».

Impara ancor più rapidamente di quanto impieghi a crescere …” si ripeté mentalmente Aro annuendo. Qualcosa l’aveva colpito di queste parole, solo che non riuscivo a leggere niente di più dai suoi pensieri, sapeva fin troppo bene tenerli nascosti

. «Aro?», lo richiamò Amun.

«Sì, amico mio?».

«Ho fornito la mia testimonianza. Il mio compito qui è finito. Io e la mia compagna ora vorremmo congedarci».

«Ma certo. Sono felice che abbiamo avuto l'occasione di conversare. E sono certo che ci rivedremo presto».

Da come Amun e la sua compagna si dileguarono, dubito che sarebbero andati a fargli presto visita.

«Salve, cara Siobhan. Sei carina come sempre». Continuò Aro dopo aver percorso tutto il nostro schieramento

Siobhan ricambiò con un cenno della testa.

«E tu?», le chiese. «Risponderesti alle mie domande come ha fatto Amun?».

«Certo», rispose Siobhan. «Ma forse aggiungerei dell'altro. Renesmee ha una comprensione chiara dei limiti. Non rappresenta un pericolo per gli umani, anzi, s'integra con loro molto meglio di noi. Non rischia di tradire il nostro anonimato in nessun modo».

«Non te ne viene in mente proprio nessuno?», chiese serio Aro.

“Arriva al punto bastardo! Cosa vuoi sentirti dire!” pensai, e un profondo ringhio mi uscì dalla gola.

«Non capisco cosa intendi».Rispose confusa la nostra amica.

Aro arretrò silenzioso e con noncuranza ma diretto verso il suo corpo di guardia. Renata, Felix e Demetri lo seguivano come un'ombra.

«Non è stata infranta alcuna legge», disse Aro, e nonostante tutto il suo tono non mi piacque.

«Non è stata infranta alcuna legge», ripetè. «Ne consegue tuttavia che non c'è pericolo? No». Aggiunse scuotendo lentamente la testa. «Questo è un problema distinto».

Mente Edward, sa benissimo che non ci sono pericoli in agguato!” mi mise in guardia Maggie

 

«La bambina è unica... Totalmente e assurdamente unica. Sarebbe un tale spreco distruggere una cosa così adorabile. Soprattutto quando ci sarebbe così tanto da imparare...». Sospirò, affranto. «Però un pericolo esiste e non si può semplicemente ignorare» Un opprimente silenzio di tomba calò su tutta la radura. «Quale ironia della sorte che, al progredire degli umani, mano a mano, che la loro fede nella scienza cresce e controlla il loro mondo, su di noi incomba sempre meno il pericolo di farci scoprire. Eppure, mentre diventiamo sempre più disinibiti grazie alla loro incredulità nei confronti del soprannaturale, essi divengono così forti con la loro tecnologia che, se lo volessero, potrebbero davvero costituire una minaccia per noi, e persino distruggere alcuni di noi. Per migliaia e migliaia di anni la nostra segretezza è stata soprattutto una questione di convenienza, di praticità, e non di vera e propria sicurezza. Quest'ultimo secolo rozzo e rabbioso ha dato alla luce armi così potenti da mettere in pericolo persino gli immortali. Oggi la fama di esseri mitologici di cui godiamo, in verità, ci protegge dalle creature deboli cui diamo la caccia. Questa bambina portentosa...», disse con fare solenne indicando mia figlia «Ah, se potessimo conoscere le sue potenzialità, sapere con certezza assoluta che resteranno sempre avvolte dall'oscurità che ci protegge. Ma non sappiamo niente di ciò che diventerà! I suoi stessi genitori sono angustiati dalla paura per il suo futuro. Non possiamo sapere con certezza cosa diventerà da grande». Continuò squadrandoci uno ad uno, fingeva sofferenza, il bastardo, ma era tutt’altro che lacerato dai suoi doveri. «Solo ciò che si conosce è sicuro. Solo ciò che si conosce è tollerabile. Ciò che è sconosciuto è... un punto debole».

Splendida arringa …” pensò Caius sorridendo malvagio.

Era mio. L’avrei ucciso con le mie stesse mani.«Stai traendo conclusioni affrettate, Aro», osò intromettersi Carlisle.

«Pace, amico mio», lo interruppe Aro «Non precipitiamo le cose. Guardiamole da tutti i punti di vista».

«Posso offrire un mio punto di vista?», chiese Garrett quasi sottovoce.

«Prego, nomade».

Garrett alzò il mento e puntando lo sguardo verso i loro testimoni iniziò. Mai mi sarei aspettato un simile slancio di coraggio, vero che era stato un patriota ma da quando si era unito a noi non si era certo distinto per la sua loquacità; la sua unica eccezione era stata Kate. Pensavo si stesse interessando al nostro stile di vita solo per far colpo sulla nostra cugina, invece ci stava studiano. Aveva analizzato i nostri comportamenti con estrema meticolosità; io stesso rimasi colpito dai suoi ragionamenti. Ci eravamo convinti che Aro volesse acquisirci unicamente perché i nostri doni erano utili per mantenere la sua posizione di dominio ma Garrett ci aveva offerto un altro punto di vista estremamente interessante, da non sottovalutare: Aro ci temeva.

Non tanto per i nostri poteri, quanto per i nostri legami. Nessuno ci imponeva di stare gli uni con gli altri e nessuno ci costringeva a restare, lo facevamo solo per il sentimento che ci legava gli uni agli altri più forte di qualunque cosa loro potessero immaginare … un legame che non si spezza, questo faceva paura al vampiro capace di uccidere la propria sorella di sangue.

Per questo volevano annientarci.

Se il nostro stile di vita avesse fatto ulteriori proseliti, si sarebbero trovati ben presto in minoranza. Il Libero Arbitrio di cosa fare delle nostre esistenze era messo completamente in discussione. Garrett cercò di far leva su alcune sue conoscenze che in quel momento stavano militando tra le fila dei loro testimoni, e le sue parole andarono a segno.

Furono costretti a riflettere con le proprie teste e prendere atto di ciò che stava succedendo.

Aro l’osservava con espressione benevola, ma nei suoi pensieri era il primo da dover eliminare. La sua capacità di dissociare pensieri ed espressioni era invidiabile, ma quando mise in discussione in vero motivo della loro spedizione, un velo di rabbia gli attraversò il volto, per disperdersi poi velocemente nel suo sorriso stereotipato. Solo Caius non mostrava il minimo ritegno nell’ostentare i loro piani.

Per nulla scalfito dalle parole di Garrett e sicuro dell’ascendente che esercitava nei confronti dei suoi seguaci, pensò bene di mostrare tutta la sua magnanimità e imparzialità chiedendo il parere ai suoi testimoni «cosa ne pensate di tutto ciò? Posso garantire che la bambina non è quello che temevamo. Ci assumiamo il rischio di lasciarla sopravvivere? Mettiamo in pericolo il nostro mondo per conservare intatta la loro famiglia? Oppure ha ragione lo schietto Garrett? Vi unirete a loro per contrastare la nostra improvvisa sete di dominio?».

I testimoni, perplessi, si scambiarono sguardi interdetti. «Queste sono le uniche scelte che abbiamo?», chiese d'un tratto, una dei conoscenti di Garrett «Dichiararci d'accordo con te, o combattere contro di te?».

«Certo che no, affascinante Makenna», rispose scandalizzandosi un po’ troppo apparentemente «Potete andarvene in pace, naturalmente, come ha fatto Amun, anche se non siete d'accordo con la decisione del consiglio».

Makenna cercò nel suo compagno un cenno d'assenso e parlò.

«Non siamo venuti qui per combattere». Disse tutto d’un fiato «Siamo venuti qua a fare da testimoni. E la nostra testimonianza è che la famiglia sotto processo è innocente. Tutto ciò che Garrett ha affermato è vero».

«Ah», disse Aro triste. «Mi spiace che tu ci veda così. Ma è questa la natura del nostro compito».

«Non è ciò che vedo, ma ciò che sento», replicò il compagno di lei. «Garrett dice che hanno i mezzi per scoprire le bugie. Anch'io so quando sento una verità e quando invece non è così».

«Non temerci, amico Charles. Senza dubbio il patriota crede davvero in quello che dice», ridacchiò Aro spensierato, e Charles affilò lo sguardo.

«Questa è la nostra testimonianza», disse perentoria lei. «Ora ce ne andiamo».

Lentamente arretrarono senza mai dar loro le spalle, e questo la diceva lunga sulla fiducia che riponevano nei loro sovrani, fino a che non raggiunsero gli alberi e lì si dissolsero come ombre. Un altro gruppetto silenziosamente li imitò.

Aro ostentava indifferenza, sebbene i suoi pensieri tradissero la sua irritazione. Riusciva sempre meno a dominare la sua mente, era nervoso e infastidito e questa ne era la prova. L’accorato discorso di Garrett era stato ascoltato più di quanto avesse previsto. Non gli restava altro che provare la stessa strada«Siamo in minoranza, carissimi», disse rivolgendosi principalmente ai membri della guardia senza però degnarli di uno sguardo. «Non possiamo aspettarci alcun aiuto dall'esterno. Dobbiamo lasciare la questione irrisolta per salvarci la vita?».

«No, Signore», rispose all'unisono la guardia.

«La protezione del nostro mondo può valere la probabile perdita di alcuni di noi?».

«Sì», mormorarono come tanti automi telecomandati. «Non abbiamo paura».

Aro sorrise e voltandosi verso il suo esercito continuò grave «Fratelli, ci sono molti fattori da valutare».

Bene, finalmente hai deciso di smettere questa inutile pantomima …” «Consultiamoci», disse ansioso Caius.

«Consultiamoci», ripeté Marcus, completamente indifferente.

Si presero per mano l’un con l’altro e voltando le spalle al resto del mondo si chiusero tra sé.

Esattamente come aveva previsto Eleazar.

Appena la consultazione iniziò, altre defezioni si aggiunsero tra le fila dei loro testimoni.

 

«Ti ricordi quello che ti ho detto?», sussurrò improvvisamente Bella e voltandomi verso di lei la vidi parlare con nostra figlia. Gli occhi di Renesmee si riempirono di lacrime, e annui. «Ti voglio tanto bene», sussurrò.

Cosa diavolo stava succedendo? Jacob perplesso quanto me le fissava con la coda dell’occhio.

«Anch'io ti voglio tanto bene», le sussurrò baciandola sulla fronte «Più della mia stessa vita».

Jacob mi guardò mugolando in cerca di spiegazioni che, purtroppo, non ero in grado di dargli.

E uno strano senso di vuoto cominciò ad opprimermi il petto.

«Aspetta che siano completamente distratti, poi scappa con lei. Allontanati da questo posto più che puoi. Quando ti sei allontanato il più possibile a piedi, lei ha il necessario per farvi salire su un aereo». Gli sussurrò Bella ad un orecchio.

Impietrito, rimasi a fissarle e nella mia mente tutti i pezzi mancanti delle stranezze dell’ultimo periodo andarono al loro posto.

Jacob era inorridito quanto me.

Non avevamo scampo.

Bella l’aveva sempre saputo. Doveva essere stata Alice a farle avere il messaggio, a questo punto il dubbio che avevo sempre avuto, da quando ci aveva lasciati era diventato certezza.

Ancora annebbiato dall’orrore vidi a malapena Renesmee sporgersi verso di me, e come attratto da una potente calamita la accolsi tra le mia braccia.

«È questo che mi tenevi nascosto?», Le sussurrai stringendo la piccola a me.«Non a te, ad Aro», mormorò.

«Per via di Alice?».

Annuì.

Non c’era bisogno di sapere altro. Bacia Renesmee sulla fronte e sulle guance, poi la aiutai a salire sulla schiena di Jacob.

Io giuro che non sapevo niente … non è stata una mia idea … io non …” pensò e guaì guardandomi come se si sentisse in dovere di chiedermi scusa di una scelta non sua.

 

«Sei l'unico a cui potremmo affidarla», gli mormorò Bella. «Se tu non l'amassi tanto, non potrei mai sopportare questo momento. So che sei in grado di proteggerla, Jacob».

E mi resi conto in quel momento quanto fossero vere le sue parole. Bella sarebbe rimasta con me, non potevamo vivere separati, se uno di noi doveva avere una possibilità di salvezza, quella doveva essere nostra figlia. Noi avremmo vissuto per sempre in lei.

La scelta di Bella era stata più che saggia, nessuno si sarebbe potuto prendere cura della piccola come Jacob.

Mi avvicinai al lupo e d’istinto lo abbracciai.

 

«Addio, Jacob, fratello mio... figlio mio» “Porti con te il nostro bene più grande, abbine cura.”

«Allora non c'è speranza?», chiese Carlisle in un sussurro pieno di rassegnazione. E come non era sfuggita a lui, anche gli altri avevano sicuramente colto il significato della nostra scena d’addio.

«Certo che c'è», gli rispose Bella «Io conosco solo il destino che spetta a me».

A noi.” Pensai prendendole la mano.

Eravamo una cosa sola. Il nostro destino era lo stesso. Esme, ci passò accanto senza dirci una sola parola, nei suoi pensieri solo ricordi di momenti felici; regalò una carezza a entrambi e andò a mettersi al fianco di Carlisle.

Ti voglio bene, mamma.” Pensai guardandola mentre stringeva la mano a mio padre.

Non dovremmo mai scordarci di dimostrare il nostro affetto a chi amiamo ogni giorno della nostra vita, non sono cose che si possono rimandare, potrebbe non esserci un domani per poter rimediare alla nostra mancanza.

Anche se di fronte a te hai l’eternità, può comunque finire tutto in battito di ciglia.

Sentii alle mie spalle i pensieri e le parole d’addio dei nostri amici.

Secondo lo schema di procedura che ci aveva illustrato Eleazar, una volta che i tre si riunivano per decidere, iniziava il subdolo attacco da parte di Chelsea per indebolire i legami dei loro avversari.

Strano che non avesse già iniziato.

«State pronti», sussurrò improvvisamente Bella. «Si comincia».

La guardai per un istante e improvvisamente capii.

Forse avevamo una possibilità.

 

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Capitolo 29
*** CAPITOLO 29 ***


Incredibile ma vero siamo all’ultimo capitolo!!!! Non ci credo nemmeno io …

Mi scuso ancora una volta per l’enorme ritardo che ho avuto nel postare, purtroppo la vita ci impone sempre più spesso di mettere da parte le nostre passioni per l’urgenza della quotidianità e sia io che la mia Beta abbiamo avuto problemi a palate.

Sono contenta però di essere arrivata alla fine.

Grazie a Serena e a tutti coloro che hanno letto e commentato, a quelli che hanno letto silenziosamente, a chi mi ha inserito tra le preferite e anche a chi si è stufato di starmi ad aspettare e mi ha lasciata perdere, ha fatto bene!!

Se ancora c’è qualcuno che vuole leggerla BUONA LETTURA!!

 

29

 

Edward

 

Stava proteggendo solo me oppure aveva messo tutti sotto il suo scudo?

Come aveva fatto?

Da quanto lo stava facendo?

Me ne ero accorto soltanto quando, percependo i pensieri di Chelsea, avevo capito che non riusciva a raggiungerci con il suo potere e indebolire, così, i nostri legami.

Lo stesso valeva per Jane.

I ripetuti attacchi contro mia moglie non avevano sortito, come sempre, alcun effetto; ma adesso ci stava provando con me e, non riuscire a piegarmi dal dolore con il suo potere, la stava irritando.

«Chelsea sta cercando di rompere i nostri legami», le sussurrai incredulo, per sincerarmi della mia teoria. «... ma non riesce a trovarli. Non ci sente ... Sei tu con il tuo scudo?».

«Sto dominando tutta la situazione». Mi rispose risoluta, e il suo viso si riempì di soddisfazione.

“Carlise …” pensò improvvisamente Jane spostando lo sguardo su mio padre. Lasciare la mano di Bella per raggiungerlo, fu un attimo.

«Carlisle? Tutto bene?» chiesi preoccupato.

«Sì. Perché?»

«Jane», risposi senza aggiungere altro.

In quello stesso istante, furiosa per il suo inspiegabile fallimento, provò a sferrare una raffica di attacchi a tutta la nostra formazione.

Non ne andò a segno nemmeno uno.

Restammo tutti miracolosamente Illesi.

«Incredibile», Sussurrai con soddisfazione.

«Ma perché non aspettano che decidano?» sibilò Tanya che, come gli altri, aveva già capito, dal breve scambio di battute che avevo avuto con mia moglie, che Bella era riuscita a gestire il suo dono meglio di ogni nostra più ottimistica previsione.

«È la loro procedura normale» risposi brusco. «Di solito rendono inoffensive le persone sotto processo, in modo che non possano fuggire». “… e poi, quando sono già a pezzi, fingono di sciogliere il conclave … bastardi!”

“Ti distruggerò. Fosse l’ultima cosa che faccio.” Pensò la piccola strega puntando nuovamente su Bella, ma il ringhio feroce che ne seguì mi diede conferma del suo ennesimo fallimento.

Alec confortò la sorella e poi, imperturbabile e sicuro di sé, mentre ancora la stringeva a sé, si voltò verso di noi, il suo potere era diverso, potevamo vederlo arrivare e da quel momento la nostra copertura sarebbe stata sotto gli occhi di tutti.

Pregustavo già la sorpresa.

«Tutto bene?» mi chiese preoccupata. Rimasi interdetto: Qual’era il problema?

«Sì» sussurrai.

«Alec ci sta provando?»

Annuii. Non l’aveva mai visto in azione e giustamente non sapeva cosa aspettarsi. «Il suo dono è più lento di quello di Jane. Avanza strisciando. Ci raggiungerà fra qualche secondo» e, come previsto, alcuni istanti dopo una foschia grigia, appena percettibile, sullo sfondo bianco del terreno innevato, iniziò a fluire lentamente verso di noi.

“Non ci avrete senza lottare!” Pensò Benjamin alle mie spalle, la terra tremò sotto i nostri piedi, scatenando un turbinio d’improvvise folate di vento. Stava cercando di dirottare la nebbia di Alec, purtroppo però non era così semplice … Nemmeno la faglia che squarciò il terreno tra le nostre fazioni arrestò il suo cammino.

Riuscì, però, a sciogliere la riunione dei tre anziani, lasciandoli ammutoliti, davanti al baratro che si era creato tra noi.

“Splendido! Splendido e … terrificante!” gioì nella sua mente Aro, senza manifestare alcuna emozione in volto “Che meravigliose annessioni … dobbiamo solo limitare le perdite … sarebbe un peccato …”. Conosceva già Zafrina e il suo potere, sapeva perfettamente che in fase di scontro sarebbero stati accecati, il dono di Benjamin non destò certo meno interesse … e doveva ancora scoprire le piene potenzialità di mia moglie.

Jane sorrideva soddisfatta del fallimento dell’egiziano, quando vide, però, la nebbia del suo gemello scontrarsi contro lo scudo di Bella e arrancare nella sua avanzata, le sue certezze vacillarono.

«Bel colpo, Bella!», esultò Benjamin a voce bassa.

Bella sogghignò, ed io con lei.

Alec, per la prima volta in vita sua, rimase esterrefatto.

Aro impazzì di gioia e terrore.

“Uno scudo … che meraviglia … che potenza … ho sempre saputo che quell’umana avrebbe avuto potenzialità immense come vampira … Ottime scelte Carlisle, uno schieramento minimo ma ben dotato … dobbiamo solo limitare le perdite … Potrei perdere più di quanto riesca a guadagnare … dobbiamo valutare, capire, e se il rischio è troppo … distruggere … ma che terribile spreco … un’assoluta situazione di parità … estremamente pericoloso … ritirarsi adesso, ridicolo …” rifletteva tra sé.

Il respiro mi si fermò in gola.

Non glielo avrei permesso.

NON.MIA.MOGLIE.

MAI.

«Dovrò assolutamente concentrarmi», mi sussurrò lei. «Quando arriveremo al corpo a corpo, sarà più difficile mantenere lo scudo intorno alle persone giuste».

«Te li terrò lontani». “Non permetterò a nessuno in alcun modo, di farti del male!”

«No. Tu devi assolutamente occuparti di Demetri. Sarà Zafrina a tenermeli lontani».

“Scordatelo!”

«Nessuno toccherà questa ragazza», promise l’amazzone risoluta.

“Te lo puoi scordare, sta a me proteggerla!” pensai fissandola dritto negli occhi.

Sostenne il mio sguardo per poco più di un secondo per poi spostarlo ribattendo «Mi occuperei io di Jane e Alec, ma sono più utile qui».

“Che donna ostinata. Fai come credi” pensai “io non mi allontano di un passo comunque.”

«Jane è mia», sibilò Kate. «Ha bisogno di essere ripagata con la sua stessa moneta».

«E Alec è in debito di varie vite con me, ma posso accontentarmi della sua», ruggì Vladimir dall'altra parte. «È tutto mio».

«Io voglio solo Caius», “Pagherà per la morte di mia sorella.” disse pacata Tanya.

L’improvvisa consapevolezza del nostro inaspettato vantaggio aveva dato una sferzata di ottimismo a tutti quanti.

La speranza sarebbe stata il nostro asso nella manica.

«Prima che votiamo...», esordì finalmente Aro dopo aver valutato brevemente l’inutilità delle loro migliori armi. «... lasciate che vi ricordi che, qualunque sia la decisione del consiglio, non occorre che ne consegua alcuna violenza qui».

“Certo, adesso che hai capito chi può farti comodo!” pensai esplodendo in una macabra risata. “peccato che non sai come cavarne le gambe da questo scomodo impiccio!!”

«Sarebbe uno spreco deplorevole per la nostra specie perdere qualcuno di voi. Specialmente tu, giovane Edward, e la tua compagna neonata.» continuò Aro fingendosi costernato «I Volturi sarebbero felici di accogliere molti di voi fra le loro schiere. Bella, Benjamin, Zafrina, Kate. Avete molte possibilità di scelta davanti a voi. Prendetele in considerazione».

E comunque se avesse voluto, almeno, sembrare più credibile avrebbe potuto ordinare a Chelsea di smettere di provare a spezzare i nostri legami.

Non ero in grado di avvertire il suo potere in azione, ma potevo leggere nei suoi pensieri tutta la rabbia e l’incredulità di fronte al fallimento dell’ordine impartitole.

Aro ci passò in rassegna uno ad uno cercando, nei nostri volti un qualsiasi segnale che finalmente Chelsea fosse andata a segno. Non ne trovò.

«Votiamo, dunque», disse infine vedendosi costretto a trovare una soluzione alternativa alla “procedura standard”.

«La bambina è una variabile impazzita.» esclamò Caius impaziente di ottenere la sua giustizia «Non ci sono motivi per permettere che esista un rischio del genere. Deve essere distrutta insieme a tutti quelli che la proteggono.» Aggiunse con un ghigno malvagio.

«Non vedo rischi nell'immediato. La bambina per ora non rappresenta un pericolo. Possiamo sempre giudicarla in seguito. Viviamo in pace». Votò Marcus, come se tutto quello che stava accadendo gli fosse appena scivolato addosso come acqua fresca.

«A quanto pare il voto decisivo spetta a me», finse di mormorare fra sé Aro.

Fu in quel momento che nella mia mente riecheggiò una voce che pensavo, non avrei più potuto udire “EHI FRATELLONE!!! Pensavi vi avessimo abbandonati?” Incredulo e sorpreso come mai prima d’ora mi paralizzai all’istante.“Prendi tempo. Stiamo arrivando. È questione di minuti. Renesmee non è l’unica mezza vampira al mondo. Assicuragli che la sua crescita non sarà un problema. Ho con me dei testimoni, più di quanto si potesse sperare. CREDIMI! Abbiamo delle possibilità di vittoria, ne abbiamo molte. Possiamo farcela.”

«Sì!», sibilai trionfante.

Bella mi guardò perplessa, ma non era il momento delle spiegazioni, anche perché avrei sciupato l’effetto sorpresa e non potevo fare un torto simile ad Alice; le piacevano troppo le entrate in grande stile!

«Aro?» chiamai fermo e risoluto, lui percepì all’istante il cambiamento del mio tono di voce.

«Sì, Edward? Hai qualcos'altro da...?»

«Forse», lo interruppi cercando di dominare la mia esaltazione. «Prima di tutto, posso chiarire un punto?».

«Ma certo», disse mellifluo e viscido come mai prima d’ora.

«Il pericolo che vedi rappresentato da mia figlia nasce soltanto dalla nostra incapacità di prevedere la sua crescita? È questo il nodo della questione?»

«Sì, amico Edward», asserì. «Se potessimo solo essere certi ... essere davvero sicuri che, quando crescerà, sarà capace di restare celata al mondo umano, senza mettere in pericolo la sicurezza del nostro mondo segreto ...». Aggiunse, fintamente, addolorato che non ci fossero altre possibili soluzioni.

«Quindi, se potessimo sapere con certezza cosa diventerà...», insinuai parlando molto lentamente in modo da guadagnare istanti preziosi, «non ci sarebbe alcun bisogno di un ulteriore consiglio?»

«Se ci fosse un qualche modo di essere certi al cento per cento», convenne Aro, cercando al contempo di capire dove volessi arrivare con i miei giri di parole. «In quel caso, sì: non ci sarebbero più problemi su cui discutere». Ci sperava, lo percepivo dai suoi pensieri, era preoccupato per lo scontro, era la prima volta che si confrontavano alla pari con dei nemici e non era preparato per questo evento. Sia noi che loro ne saremmo rimasti fortemente indeboliti, ma, lui, aveva messo in gioco anche la credibilità cui tanto teneva.

«E noi ci saluteremo in pace e saremo di nuovo buoni amici?» Chiesi ironico.

«Ma certo, mio giovane amico. Niente potrebbe farmi più piacere». Si stava spazientendo.

«Allora, ho davvero qualcos'altro da offrirti». Risposi ridacchiando soddisfatto.

Gli occhi di tutti erano puntati increduli su di me. Bella, ormai, non era più la sola a considerarmi pazzo da legare … Aro affilò lo sguardo. «Lei è assolutamente unica. Il suo futuro si può solo indovinare». Sibilò.

«Non è assolutamente unica», dissentii. «È rara, di sicuro, ma non proprio unica».

Lo stupore generale rimbombò come un’eco nella mia mente.

«Aro, puoi chiedere a Jane di smettere di attaccare mia moglie?» chiesi gentilmente. Stava letteralmente impazzando nel tentativo di poterci piegare al suo potere, dovevamo dargliene atto, lei e Chelsea erano perseveranti, fino allo sfinimento. «Stiamo ancora discutendo delle prove».

Aro alzò una mano. «Pace, miei cari. Ascoltiamolo».

Jane ringhiò dalla rabbia.

“SIAMO ARRIVATI! Siamo alle vostre spalle!”

«Perché non ci raggiungi Alice?», chiamai forte.

Il precedente stupore si tramutò in giubilo.

 

Alice

 

Questa volta avevo superato me stessa.

“Un ingresso da vera star…” pensai godendomi la mia entrata trionfale insieme a Jasper ed ai nostri testimoni.

L’istinto m’incitava a correre ad abbracciare la mia famiglia, Esme in primis, che non riusciva a levarmi gli occhi di dosso e sorridere come se le avessero fatto il più bel regalo della sua vita, poi Bella … Dio solo sa quanto mi fosse mancata; ma resistetti.

Tutti i presenti erano rimasti senza parole, l’unica cosa che riuscivano a dire era il mio nome.

Persino Aro.

Potei costatare con soddisfazione che la mia visione si era ancora una volta avverata, Bella era riuscita a tirare fuori tutto il suo potenziale e stava dominando la situazione egregiamente.

È quando si è convinti che tutto stia per finire che si trova la forza per reagire.

Con un piccolo balzo oltrepassai la foschia di Alec e mi fermai a fianco di Edward, con gli occhi fissi sul nostro nemico avvertii le carezze della mia famiglia e mi sentii più forte e determinata che mai.

Ero stata costretta ad allontanarmi da loro e sapevo benissimo quanto avrebbero sofferto ma non avevo avuto scelta; vedere che adesso eravamo nuovamente una cosa sola, una famiglia, mi diede un’incredibile sferzata di energia.

“Vai fratellone, stupiscili! Ci resteranno malissimo!” pensai, e Edward prese la parola.

«Nelle ultime settimane Alice ha cercato per conto suo dei testimoni», spiegò. «E non è tornata a mani vuote. Alice, perché non ci presenti i testimoni che hai portato con te?»

«È finito il tempo concesso alle testimonianze! Aro, deciditi a votare!». Ringhiò furioso Caius, ma Aro senza spostarmi gli occhi di dosso lo tacitò.

Ostentando una fermezza che dubitavo di avere, in quel momento, feci un passo avanti e presentai i miei compagni di viaggio. «Lei si chiama Huilen e lui è suo nipote Nahuel».

«Parla, Huilen», ordinò Aro. «Dacci la testimonianza per la quale sei stata condotta fin qui».

Huilen mi guardò titubante, le sorrisi cercando di darle coraggio, la stessa cosa fece Kachiri posandole la mano sulla spalla.

«Mi chiamo Huilen», disse la piccola vampira «Un secolo e mezzo fa abitavo con il mio popolo, i Mapuche. Mia sorella si chiamava Pire. I nostri genitori le avevano dato il nome della neve sulle montagne, perché aveva la pelle chiara. Ed era bellissima, fin troppo bella. Un giorno venne da me a confidarmi il segreto dell'angelo che l'aveva scoperta nei boschi e l'andava a trovare di notte. Io la misi in guardia, Come se a farlo non fossero bastati i lividi che aveva sulla pelle. Sapevo che si trattava del Lobishomen delle nostre leggende, ma lei non voleva ascoltarmi. Era sotto l'effetto di un incantesimo. Quando fu sicura che il figlio del suo angelo scuro le stava crescendo dentro, me lo disse. Non cercai di scoraggiarla dal suo progetto di fuga: sapevo che persino nostro padre e nostra madre avrebbero convenuto che quel bambino doveva essere ucciso e Pire insieme a lui. L'accompagnai nelle zone più remote della foresta. Lei cercò il suo angelo demonio, ma non trovò nulla. Mi presi cura di lei e cacciai per lei quando le forze le vennero meno. Si cibava di animali crudi, beveva il loro sangue. Non avevo più bisogno di conferme su quello che lei portava nel ventre. Speravo di salvarle la vita prima di uccidere il mostro. Ma lei amava il bambino che le cresceva dentro. Lo chiamò Nahuel, come il giaguaro, quando diventò forte e le spezzò le ossa; e nonostante questo continuava ad amarlo. Non riuscii a salvarla. Il bambino uscì dal grembo facendo a pezzi il corpo della madre e lei morì presto, mentre mi supplicava senza sosta di prendermi cura del suo Nahuel. Fu il suo ultimo desiderio, e accettai di esaudirlo. Però lui mi morse quando cercai di sollevarlo dal corpo di sua madre. Andai a nascondermi nella giungla a morire. Non mi allontanai di molto perché il dolore era troppo. Ma lui mi trovò: il neonato si era fatto strada a fatica nel sottobosco fino ad arrivare da me e mi aspettò. Quando il dolore finì, trovai il piccolo accoccolato vicino a me che dormiva. Mi sono presa cura di lui finché non è stato in grado di cacciare da solo. Cacciavamo nei villaggi della nostra foresta, restando in disparte. Non ci siamo mai allontanati tanto dalla nostra casa, ma Nahuel voleva vedere la bambina che c'è qui». E in silenzio tornò a nascondersi dietro l’amazzone che ci aveva accompagnato.

Dalla smorfia appena accennata, comparsa sul volto di Aro capii che non aveva apprezzato la mia iniziativa «Nahuel, hai centocinquanta anni?», gli chiese.

«Sì, decennio più, decennio meno», rispose sicuro di sé.

Mi piaceva questo ragazzo, fiero e determinato.

Sicuramente sarebbe stato un buon partito per la mia nipotina, se non si fosse impelagata con il capo del canile! «Noi non li contiamo». Ribadì.

«E a quanti anni hai raggiunto la maturità?».

«Circa sette anni dopo la mia nascita avevo completato la crescita».

«E da allora non sei cambiato?»

Nahuel alzò le spalle: «Non che io sappia».

«E di cosa ti nutri?», lo incalzò Aro, palesemente seccato di dover mostrare interesse.

«Di sangue, soprattutto, ma anche di cibo umano. Posso sopravvivere con entrambi».

«Sei stato capace di creare un'immortale?» Chiese ancora ma stavolta con rinnovato interesse.

Pessimo segno. Ma l’avevo previsto.

«Sì, ma nessuna delle altre sa farlo». Replicò Nauhel gestendo il terzo grado senza problemi.

«Le altre?» chiese bruscamente Aro.

“Ti abbiamo stupito vero??”

«Le mie sorelle», rispose come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Lo sguardo di Aro fiammeggiava di rabbia, avesse potuto, l’avrebbe incenerito all’istante. Il precario castello di carte che aveva costruito per colpire la mia famiglia stava crollando rovinosamente.

«Immagino che tu ci voglia raccontare il resto della tua storia, visto che a quanto pare non è finita.» esclamò acido; e Nahuel cominciò.

«Qualche anno dopo la morte di mia madre, mio padre è venuto a cercarmi. È stato felice di trovarmi. «Aveva due figlie, ma nessun altro figlio maschio. Si aspettava che mi unissi a lui, come avevano fatto le mie sorelle. Si sorprese di non trovarmi solo. Le mie sorelle non sono velenose, ma non so se dipenda dal sesso o dal caso, chi può dirlo? Comunque io avevo già formato una famiglia con Huilen e cambiare non m'interessava», aggiunse. «Ogni tanto lo vedo. Ho una sorella nuova: ha raggiunto la maturità circa dieci anni fa».

«Tuo padre come si chiama?» sibilò Caius furente.

«Joham», rispose Nahuel. «Si considera uno scienziato. È convinto di poter creare una nuova razza eletta». Non si sforzò di nascondere il disgusto.

«Tua figlia è velenosa?», chiese con disprezzo a Bella.

«No», rispose decisa.

«Prendiamoci cura dell'anomalia che c'è qui e poi proseguiamo verso sud», ringhiò Caius cercando di incalzare il fratello.

Aro tacque.

“Bene, questo lo so … l’ho già visto … arriviamo al dunque Aro! So che ti ho fatto un favore, quindi, non stare a rimuginarci tanto!” pensai iniziando a innervosirmi per tutto questo tergiversare.

«Fratello» disse, finalmente,con un sussurro a Caius. «Pare proprio che non ci sia pericolo. Questo sviluppo è davvero insolito, ma non vedo alcuna minaccia. Sembra che questi mezzi vampiri siano quasi uguali a noi».

«Questo è il tuo voto?», chiese perentorio Caius.

«Sì».

“Credimi è meglio per tutti così …” pensai entusiasta!

«E quel Joham? Quell'immortale così appassionato di sperimentazioni?» Insistette.

«Forse è il caso che andiamo a parlare con lui», convenne Aro.

«Fermate pure Joham se volete», intervenne Nahuel. «Ma lasciate stare le mie sorelle. Loro sono innocenti».

Aro annuì. «Miei cari», gridò al corpo di guardia. «Oggi non si combatte».

E finalmente potei rilassarmi.

Avevamo vinto.

 

Carlisle

 

«Sono così felice che tutto si sia potuto risolvere senza violenza», disse Aro con artefatta dolcezza. «Carlisle, amico mio, quanto mi fa piacere poterti chiamare di nuovo amico! Spero non ci sia rancore. So che capisci il rigido fardello che il nostro dovere ci pone sulle spalle».

«Vai in pace, Aro», risposi con distacco. «Ricorda che qui dobbiamo ancora proteggere il nostro anonimato, quindi fa' in modo che le tue guardie non si mettano a cacciare in questa regione».

«Ma certo, Carlisle», mi rassicurò. «Mi dispiace che tu disapprovi, caro amico. Forse, col tempo, mi perdonerai».

«Forse, col tempo, se ci dimostrerai di nuovo la tua amicizia». Ci tenni a precisare, anche se non condividevamo il reciproco stile di vita li avevo sempre considerati all’altezza del ruolo che rivestivano, persone su cui si poteva contare, sia per la loro correttezza che per la loro imparzialità.

Mi ero sbagliato.

E non avrei commesso il solito errore due volte.

Mi costava ammetterlo, perché credevo veramente nella nostra antica amicizia, ma gli stratagemmi che avevano cercato di imbastire contro di noi con l’unico fine di accrescere il loro potere; la coercizione con cui avevano sicuramente costretto i loro testimoni a presenziare, mi avevano talmente disgustato che la loro sola vista mi dava la nausea e riusciva a scatenare in me sentimenti che credevo ormai sopiti da secoli.

Aro chinò il capo, vittima della sua stessa vergogna, e come gli altri prima di lui sparì.

 

Renesmee

 

La zia era tornata!

Lo sapevo che non sarebbe stata bene senza di noi.

Aveva portato con sé degli amici … il ragazzo era come me … e loro avevano convinto i cattivi ad andarsene. Dovevano avergli fatto davvero tanta paura. Chissà cosa li aveva spaventati di più …

«È davvero finita?», sussurrò mamma guardando papà.

«Sì. Si sono arresi. Come tutti i prepotenti, dietro la spavalderia sono dei vigliacchi». Rispose papà sorridendole proprio come piaceva a lei.

Ma anche a me piaceva quando sorrideva così … era stato tanto triste negli ultimi giorni …

Ma se davvero erano tornati a casa loro perché nessuno diceva nulla?

Perché tutto quel silenzio?

Potevo abbracciare mamma e papà o dovevo rimanere con Jacob?

Forse stavano tornando indietro? Si erano nascosti tra gli alberi?

Per sicurezza cominciai a scrutare il bosco.

«Sul serio, gente. Non ritorneranno. Potete rilassarvi tutti, ora». Disse zia Alice ridendo come papà.

Ancora tutti zitti.

Qualcuno in lontananza borbottò qualcosa e, subito dopo, tutti iniziarono a gridare impazziti dalla gioia.

Si abbracciavano, ridevano, si baciavano, era come una grande festa.

Solo i due Vampiri con la faccia vecchia sembravano ancora arrabbiati. In quel momento mi sentii sollevare, «Nessie, Nessie, Nessie», ripeteva mamma mentre mi staccava dalla schiena di Jacob per stringermi stretta al suo petto … allora non dovevo più partire?? Avevo capito bene??? Quando anche papà ci avvolse nel suo abbraccio capii che nessuno ci avrebbe più separati.

«Posso restare con voi?», chiesi piano piano.

«Per sempre», mi sussurrò mamma baciandomi la fronte.

«Per sempre», le ripeté papà nell'orecchio.

Mamma si voltò verso di lui e gli diede un bacio, uno di quei baci belli, quelli dove c’è tanto tantissimo amore e che non mi sarei mai stancata di stare guardare, e stretta in mezzo al loro abbraccio mi sentii al sicuro.

 

Edward

 

«E quindi alla fine ha agito una combinazione di fattori, ma se bisogna sintetizzare è stata... Bella», spiegavo gongolando dalla gioia e pieno d’orgoglio, alla mia famiglia e agli ultimi ospiti rimasti.

La maggior parte di loro era ripartita subito dopo aver festeggiato, desiderosi di tornare ognuno nelle proprie realtà, eccetto Vladimir e Stefan, che si dileguarono ancor prima che iniziassimo a festeggiare; gli sarebbe piaciuto assistere alla disfatta fisica, oltre che morale, dei Volturi, ma quella non era la nostra guerra, certi problemi dovevano risolverseli da sé. L’unico velo di tristezza che offuscò la nostra gioia fu il dolore che inevitabilmente trapelava dagli occhi delle nostre cugine per la perdita della sorella. Nonostante tutto ci lasciarono per ultimi e Garrett lì seguì. Mi piaceva quel patriota, ed ero contento per Kate. Sperai in cuor mio che anche Tania potesse, un giorno, darsi pace e trovare l’altra metà del suo cuore.

Tutti ci aspettavamo che Huilen e Nahuel partissero con le Amazzoni, invece ci stupirono trattenendosi ancora un po’. Fu Nahuel a insistere, d’altra parte mia figlia era l’unico esemplare della sua specie che non fosse una sua sorella, e questo lo incuriosiva non poco.

Huilen conversava con Carlisle, suo nipote, invece, ascoltava, apparentemente rapito, la mia versione della contesa di quella mattina; lanciando, però, insistenti occhiate a mia moglie e mia figlia.

Chiunque avrebbe frainteso quegli sguardi, mi stupiva che Jacob non si fosse agitato, Bella era visibilmente a disagio, potendo però avere accesso alla sua mente provavo per lui solo una gran pena.

«Alice ha fornito ad Aro la scusa che gli serviva per uscire dallo scontro.» dissi cercando di ignorare il comportamento del nostro ospite «Se non fosse stato tanto terrorizzato da Bella, probabilmente avrebbe portato avanti il piano originale».

«Terrorizzato?», s’intromise Bella, scettica. «Da me?».

«Quando ti deciderai a vederti in modo chiaro?», dissi pieno di ammirazione e al contempo spazientito dal suo continuo sminuirsi «In duemilacinquecento anni i Volturi non hanno mai combattuto ad armi pari. Men che meno in condizione di svantaggio. Specialmente da quando hanno acquisito Jane e Alec, si sono dedicati solo a massacri nei quali la resistenza del nemico era nulla. Avresti dovuto vedere che impressione gli abbiamo fatto! Di solito Alec annienta i sensi e le emozioni delle vittime mentre loro fingono di riunirsi in consiglio. In quel modo, nessuno può scappare quando pronunciano il verdetto. Ma noi eravamo lì, pronti, in attesa, in numero superiore al loro, con doni speciali tutti nostri, mentre i loro talenti venivano neutralizzati da Bella. Aro sapeva che, con Zafrina dalla nostra parte, all'inizio sarebbero stati accecati. Sono sicuro che le nostre schiere sarebbero state decimate abbastanza gravemente, ma loro erano certi di subire almeno altrettante perdite. C'era persino una discreta possibilità che perdessero. Non gli è mai capitato di misurarsi con una possibilità simile. Erano totalmente impreparati».

«Difficile sentirsi sicuri quando si è circondati da lupi grossi come cavalli», rise Emmett scherzando con Jacob.

«Sono stati i lupi a fermarli, prima di tutto», sentenziò Bella.

«Di sicuro», convenne Jacob.

«Proprio così», annuii. «Altra visione senza precedenti, per loro. I veri “Figli della Luna” si muovono raramente in branco, non riescono a controllarsi molto. Non erano preparati alla sorpresa di sedici enormi lupi irreggimentati. Caius ha davvero il terrore dei licantropi. Ha quasi perso uno scontro con uno di loro, qualche migliaio di anni fa, e non l'ha mai dimenticato».

«Quindi esistono dei veri licantropi?», chiese meravigliata. «Con la luna piena e le pallottole d'argento e tutte quelle storie?».

«"Veri". Ed io cosa sono, immaginario?». Sbuffò Jacob

“Magari … Non sarebbe male se svanissi come un brutto sogno …” pensai.

«Hai capito benissimo».

«Sì, la luna piena è una storia vera», dissi sorridendo delle loro schermaglie. «Quella delle pallottole d'argento, no: è solo una leggenda nata perché gli umani si sentissero in grado di fronteggiarli. Non ne rimangono molti. Caius li ha fatti cacciare fin quasi all'estinzione».

«Non ne hai mai parlato perché...?»

«Non ce n'è mai stata occasione». Tagliai corto. Parlare dei lupi non era mai stato tra i miei interessi primari, avrebbe dovuto saperlo ormai.

“Sta diventando petulante questa ragazza! Speriamo che con i secoli non peggiori!” scherzò Alice infilandosi sotto il mio braccio «Sputa il rospo, Bella». Sospirò infine dopo che la stessa l’aveva fulminata con uno sguardo feroce.

«Come hai potuto farmi questo, Alice?».

«Era necessario».

«Necessario!», sbottò. «Eri riuscita a convincermi che saremmo morti! Sono stata uno straccio per settimane».

“E non solo te … ma una cosa è certa: dei comportamenti ameni di mia sorella dobbiamo sempre fidarci ciecamente. Mai scommettere contro Alice Cullen!”

«Poteva finire così», rispose serafica Alice. «Nel qual caso dovevi essere preparata a salvare Nessie».

«Ma sapevi che c'erano anche altre possibilità», l'accusò stringendo la piccola che dormiva ancora di più a sé. «Sapevi che qualche speranza esisteva. Ti è mai venuto in mente che avresti potuto dirmi tutto? Ho capito che Edward, per via di Aro, doveva credere che fossimo spacciati, ma almeno a me avresti potuto dirlo».

«Non credo proprio», disse dopo un brevissimo istante di riflessione. «Non sei una brava attrice, punto e basta».

“E su questo non c’è ombra di dubbio …”

«Cioè il problema era il mio talento nella recitazione?».

«Non esagerare Bella. Hai idea di quanto sia stato complicato organizzare tutto? Non ero nemmeno sicura che esistesse qualcuno come Nahuel: sapevo solo che stavo cercando qualcosa che non avrei potuto vedere! Prova a immaginare di individuare un punto cieco: non è certo la cosa più facile che mi sia capitato di fare. In più dovevamo inviare qui i testimoni principali, come se non avessimo già avuto abbastanza fretta. E poi ho dovuto tenere gli occhi aperti in continuazione, nel caso tu decidessi di mandarmi altre istruzioni. Un giorno o l'altro mi dirai cosa c'è a Rio. »

“Rio??”

«Ma, ancora prima, dovevo prevedere tutti i trucchi che avrebbero potuto utilizzare i Volturi e trasmetterti ogni indizio in mio possesso per prepararti alla loro strategia... tutto nelle poche ore che mi rimanevano per abbozzare ogni possibilità. Ma principalmente, dovevo garantirmi che foste tutti convinti che vi avessi mollati: Aro doveva essere certo che non aveste assi nella manica, altrimenti non si sarebbe mai lasciato una scappatoia del genere. E se credi che non mi sia sentita un'idiota... ».

«Okay, okay!», la interruppe. «Scusa tanto! Lo so che è stato terribile anche per te. È solo che... be', mi sei mancata da morire, Alice. Non farmi mai più una cosa del genere».

 «Anche tu mi sei mancata, Bella. Quindi perdonami e cerca di accontentarti di essere la supereroina della giornata». Rispose riempiendo la stanza della sua contagiosa risata cristallina.

Finsi di ignorare lo sciocco imbarazzo di mia moglie e continuai il racconto dettagliato di quanto fosse stata determinante con il suo potere e il suo sangue freddo. Era solo merito suo se eravamo vivi se non ci fosse stato il suo scudo Alice non sarebbe arrivata in tempo con i suoi testimoni, la nebbia di Alex ci avrebbe privato della volontà e con Jane non avremmo avuto scampo … senza contare poi tutti gli altri …

Avevo ragione io, l’avevo sempre sostenuto: Bella era unica, speciale, insostituibile e solo e soltanto MIA.

Lentamente la discussione e commenti sulla giornata si divisero in piccoli gruppi … sentivo un peso tremendo sulle spalle, come se mi fossi portato appresso una montagna intera per giorni e giorni, la stanchezza non faceva parte del nostro mondo, era tutta una questione mentale, lo stress di questa terribile giornata e delle settimane precedenti ci aveva in qualche modo stremato … avevo solo bisogno di tranquillità … della mia famiglia …

«Portiamo Nessie...». Sussurrò Bella incrociando per un istante il mio sguardo.

Non le permisi nemmeno di finire la frase.

«Buona idea», esclamai. «Sono sicuro che non ha dormito bene la notte scorsa, con tutto quel russare». Puntualizzai scherzando a Jacob che, per tutta risposta, sbadigliò. Questa nuova dinamica tra noi era ancora un po’ troppo difficile da accettare per me, ma ci stavo lavorando.

«È da un po' che non dormo in un letto. Credo che mio padre si emozionerà tantissimo ad avermi di nuovo sotto il suo tetto». Farfugliò lui, in mezzo ad un altro sbadiglio.

Salutò Bella, diede un bacio sulla fronte a Nessie e mi assestò un pugno sulla spalla.

«Ci vediamo domani. Mi sa che adesso sarà tutto un po' noioso, no?».

Non mi sembrava di avergli concesso tutta questa confidenza, ma ero troppo spossato per intavolare qualsiasi tipo di discussione «Lo spero ardentemente», risposi, e finalmente anche lui sparì.

Lentamente, cercando di non svegliare Nessie ci alzammo e cominciammo ad avviarci alla porta quando «Ah, Jasper?», chiese inaspettatamente Bella.

«Sì, Bella?».

«Sono curiosa: perché J. Jenks si spaventa a morte solo sentendo il tuo nome?»

“No amore è meglio che tu non lo sappia …” pensai sorridendo “Ti faresti solo delle idee sbagliate sul povero Jasper …”

Jasper ridacchiò. «Per la mia esperienza, certi rapporti di lavoro funzionano meglio se sono motivati più dalla paura che dal guadagno».

Bella non mi sembrò convinta.

Lasciò correre ma già sapevo che sarebbe tornata presto su quell’argomento … povero Jasper, non aveva la minima idea di cosa lo aspettasse, era estremamente cocciuta quando s’impuntava su qualcosa.

Augurammo a tutti la buona notte e finalmente uscimmo, incamminandoci lentamente, senza fretta, verso casa.

La nostra casa.

Ormai avevamo l’eternità davanti a noi, che bisogno c’era di correre? C’era stata fin troppa premura negli ultimi tempi, non ne potevo più di quella vita frenetica.

Intorno a noi solo i rumori sommessi del bosco, i nostri respiri e il cuoricino di mia figlia che batteva placidamente.

«Devo dire che sono davvero colpito da Jacob al momento», dissi.

«I lupi fanno la loro figura, vero?».

«Volevo dire un'altra cosa. Oggi non ha mai pensato al fatto che, secondo quello che dice Nahuel, Nessie avrà raggiunto la maturità completa solo fra sei anni e mezzo».

«Lui non la vede così. Non ha nessuna fretta che cresca. Vuole solo che lei sia felice». Rispose Bella dopo averci riflettuto un attimo.

“Io invece ho riflettuto parecchio si questo problema, e non mi piace … per più di un motivo!” «Lo so. E la cosa mi colpisce, come ti dicevo. Sarà anche una cosa da non dirsi, ma poteva andarle molto peggio».

Si accigliò. «Non intendo pensarci per i prossimi sei anni e mezzo».

“Nemmeno io, puoi starne certa!” pensai ridendo «Certo, a quanto pare avrà un concorrente di cui preoccuparsi, quando arriverà il momento».

«Me ne sono accorta. Sono grata a Nahuel per oggi ma tutto quel fissare era un po' strano. Non m'importa niente che lei sia l'unica mezza vampira che non è sua parente».

«Ma non stava fissando lei: fissava te». Risposi con una punta di gelosia nella voce.

«E perché dovrebbe?».

«Perché tu sei viva», mormorai.

«Non ti seguo».

«Per tutta la vita - e ha cinquant'anni più di me...», cominciai a spiegare.

«È decrepito, allora», m’interruppe.

La ignorai.

«... si è sempre sentito una creatura del male, assassino per natura. Anche le sue sorellastre hanno ucciso le proprie madri, ma non ci avevano mai dato peso. Joham le ha educate nella certezza che gli umani fossero animali, mentre loro erano divinità. Nahuel invece è stato cresciuto da Huilen, che amava sua sorella più di ogni altra cosa. È stata lei a plasmare tutto il modo di pensare del ragazzo. E per certi versi lui si è detestato davvero».

«Che cosa triste», sussurrò.

“Già … è l’unico motivo per cui non l’ho fatto a pezzi …” pensai «Poi ha visto noi tre e ha capito per la prima volta che, se anche è mezzo immortale, non vuol dire che sia una creatura malvagia per natura. Mi guarda e vede... ciò che avrebbe dovuto essere suo padre».

«Ma tu sei una figura piuttosto ideale, da tutti i punti di vista», sentenziò.

Continuai ad ignorarla, e sbuffai.

Non avrebbe mai smesso … «Guarda te e vede la vita che avrebbe dovuto avere sua madre».

«Povero Nahuel», mormorò sospirando.

«Non essere triste per lui. Ora è felice. Oggi ha cominciato finalmente a perdonarsi».

 

Arrivammo davanti a casa e un brivido mi percorse la schiena, era veramente una scena da favola, non c’era la luna quella notte ma l’immagine ai miei occhi era nitidissima, sembrava veramente una casetta delle favole, adesso che nella nostra favola era finalmente stato scritto il “vissero per sempre felici e contenti”, quella minuscola casetta mi appariva esattamente per quello che era: un posto magico, solamente nostro.

Portammo Nessie nel suo lettino e le rimboccammo piano le coperte, mentre un dolce sorriso le illuminò il volto.

Con la stessa calma con cui avevamo passeggiato nel bosco arrivammo nella nostra stanza. «È una notte da festeggiamenti», mormorai alzandole il viso per baciarla.

«Aspetta», esitò, ritraendosi.

“Come?” dovevo sicuramente aver capito male.

Non poteva avere mal di testa.

Quindi, dov’era il problema?

«Voglio provare una cosa», si affrettò a dire vedendomi “giustamente” perplesso. Un simile comportamento non era da lei.

Mi posò le mani su entrambi i lati del viso e chiuse gli occhi. Fu un attimo ma ne rimasi sconvolto.

«Bella!», esclamai.

La sua mente si era aperta, avevo sentito i suoi pensieri, avevo visto i suoi ricordi, più o meno nitidi, la maggior parte erano ricordi umani … tutta la nostra storia davanti ai miei occhi esattamente come l’aveva vista lei … mi vidi entrare in sala mensa, abbracciarla nella radura, mi sentii chiamarla disperato quando James l’aveva catturata, mi rividi aspettarla all’altare nel giorno più bello della mia esistenza, l’immagine che i suoi occhi, velati di lacrime, mi stavano mostrando, rendevano tutto ancor più sfumato e magico … la luna di miele … potei percepire la sua gioia quando sentii per la prima volta i pensieri di Renesmee e poi di nuovo ricordi della sua nuova vita … tutto questo non erano solo immagini … avvertivo pensieri, sensazioni … persino il battito del suo cuore che tanto mi mancava, e in tutto questo c’era amore, tanto tantissimo amore, lo percepivo ovunque, in ogni sguardo, in ogni pensiero.

Non potei più resistere e sopraffatto da tutte queste emozioni la baciai.

La connessione tra le nostre menti si spezzò.

«Ops, l'ho perso!», sospirò.

«Ma io ti ho sentita», sussurrai ancora incredulo. «Come ci sei riuscita?».

«È stata un'idea di Zafrina. Ci siamo allenate qualche volta».

Ero sbalordito.

«Ora lo sai», disse spensierata, «Nessuno ha mai amato tanto qualcuno quanto io amo te».

“Stai sbagliando tesoro!” «Hai quasi fatto centro». Sorrisi sornione. «Conosco solo un'eccezione».

«Bugiardo». Replicò, ma la zittii con un altro bacio.

«Puoi rifarlo?», chiesi poi fermandomi di scatto.

«È molto difficile». Rispose con una smorfia, tornò con le sue mani sul mio viso; ed io ripresi a baciarla.

«Non posso reggerlo se mi distrai anche solo un pochino», mi ammonì.

«Faccio il bravo»

Socchiuse gli occhi e si concentrò.

Certo che se indugiava con dovizia di particolari sulla notte in cui avevamo inaugurato la nostra casa, non poteva pretendere che rimanessi impassibile.

«Accidenti», ruggii, senza interrompere il bacio, quando la sua mente, nuovamente, si oscurò.

«Abbiamo un sacco di tempo per allenarci», mi ricordò.

«Tutta l'eternità», mormorai.

«Mi sembra convincente».

E continuammo a occuparci beati di quella parte piccola, ma perfetta, della nostra eternità.

 

 

FINE

 

 

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