LE VOCI DI BREAKING DAWN di ila74cullen (/viewuser.php?uid=78844)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 5 ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 6 ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 7 ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 8 ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 9 ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO 10 ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO 11 ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO 12 ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO 13 ***
Capitolo 14: *** CAPITOLO 14 ***
Capitolo 15: *** CAPITOLO 15 ***
Capitolo 16: *** CAPITOLO 16 ***
Capitolo 17: *** CAPITOLO 17 ***
Capitolo 18: *** CAPITOLO 18 ***
Capitolo 19: *** CAPITOLO 19 ***
Capitolo 20: *** CAPITOLO 20 ***
Capitolo 21: *** CAPITOLO 21 ***
Capitolo 22: *** CAPITOLO 22 ***
Capitolo 23: *** CAPITOLO 23 ***
Capitolo 24: *** CAPITOLO 24 ***
Capitolo 25: *** CAPITOLO 25 ***
Capitolo 26: *** CAPITOLO 26 ***
Capitolo 27: *** CAPITOLO 27 ***
Capitolo 28: *** CAPITOLO 28 ***
Capitolo 29: *** CAPITOLO 29 ***
Capitolo 1 *** CAPITOLO 1 ***
Ciao a tutti!!! Credevate fossi scappata a Timbuctù vero??? Invece eccomi qua, con la mia versione di Breaking Dawn. Coloro che speravano scrivessi un POV EDWARD forse ne resteranno delusi (Vi giuro che ho provato ma il risultato è stato orribile!!!!), spero però vogliano dare ugualmente una possibilità a questa FF. Il titolo dice tutto, racconterò i fatti di BD dal punto di vista dei vari personaggi che hanno popolato il libro tra i quali ci sarà anche il nostro Eddino.
Spero di poter essere puntuale nel postare, ma sappiate fin d’ora che non posterò ogni settimana, spero di riuscire a farlo ogni 15, max 20 giorni. Purtroppo sia io che la mia Beta siamo incasinatissime, quindi è inutile promettere l’impossibile.
Adesso mi rimetto a voi… il primo capitolo sarà tutto di Charlie, Buona lettura!!!
Cap.1
Charlie
Era stata una giornata durissima.
Sebbene l’attività di sceriffo in una piccola cittadina come Forks non fosse mai frenetica per tutto il giorno mi ero sentito come un animale in gabbia.
Al mattino mi ero svegliato con la terribile sensazione che qualcosa di tremendo stesse per abbattersi sulla mia testa, l’agitazione del mio stato d’animo mi aveva continuato a tormentare senza motivo. Rendendomi inspiegabilmente irascibile.
Ma adesso, finito il lavoro, quando potevo cercare di rilassarmi a casa davanti ad una bella partita di baseball, mi resi conto che le mie pene non erano finite.
Il mio personale tormento era ancora lì, in casa mia.
La sua macchina, chiaro segnale della sua presenza, era parcheggiata lungo il ciglio della strada.
Possibile che non avesse mai fretta di tornarsene a casa sua??
L’astio che provavo nei suoi confronti era ampiamente corrisposto. Per amore di Bella cercavamo di tollerarci, lui ci riusciva meglio di me, dovevo ammetterlo e, questo, mi indisponeva ancora di più.
Non sopportavo di passare davanti agli occhi di mia figlia come un padre senza cuore, ma per colpa sua era scappata di casa per ben due volte e questo non era da lei.
Si era completamente allontanata dai suoi compagni di scuola e anche dal suo grande amico Jacob.
Nonostante gli ultimi eventi mi avessero fatto ricredere sulla sua maturità, non era corretto da parte sua interrompere i rapporti in quel modo, solo perché “IL SUO RAGAZZO” era tornato da lei con la coda tra le gambe.
Non riuscivo ad accettare che escludesse dalla sua vita il resto del mondo annullandosi in QUEL modo per QUEL ragazzo. Era troppo giovane e questo tipo di fissazione era pericolosa.
Questi erano i momenti in cui, più che mai, avvertivo la necessità della presenza di sua madre.
Io non ero in grado di convincerla, né tantomeno di farla ragionare.
Le avevo suggerito più volte di andare a Jacksonville dopo il diploma, solo qualche giorno non per sempre, giusto poche settimane, per riposarsi e rilassarsi un po’ dopo le fatiche dell’esame e, principalmente, per stargli un po’ lontana, ma questo non glielo avrei mai detto.
Niente, nulla.
Non c’era stato modo di smuoverla nemmeno di un millimetro: senza Edward non faceva un passo e lui era eternamente impossibilitato ad allontanarsi da Forks…
Cosa avesse mai avuto sempre da fare, Dio solo lo sa!
Fatto sta che erano inseparabili… come i pappagallini…
“Basta mugugnare Charlie! Non puoi stare per ore seduto nell’abitacolo della macchina di servizio nella speranza che lui esca di casa prima del tuo rientro… non lo farà mai! Rassegnati…”
Riavviai il motore e percorsi gli ultimi metri che ancora mi separavano dalla mia destinazione.
Parcheggiai nel vialetto davanti casa, trassi un profondo respiro, infilai le chiavi nella toppa e aprii la porta.
Nessun rumore in sottofondo, nessun movimento sospetto… mi augurai di non trovarli in qualche “atteggiamento intimo” perché oggi non ero in grado di rispondere delle mie azioni…
Anche se, a dirla tutta, coglierli in flagrante poteva essere un bel pretesto per metterla in punizione e levarmelo di torno per qualche giorno…
Avvertii un borbottio sinistro e poi la sua voce FALSA come una banconota da 1000$ mi salutò.
«Ciao, Charlie» Come sapeva che ero io??… ovvio chi altro poteva frequentare questa casa a quest’ora …
Altri borbottii… Che cosa stava succedendo in quella stanza?
Per fortuna che era un ragazzo all’antica… Ma chi voleva prendere in giro… Comunque in casa mia certe cose NO!
Non mi tolsi nemmeno l’uniforme e accelerai il passo verso il salotto, questa volta li avrei colti di sorpresa… cercai di essere il più silenzioso possibile e d’improvviso sbucai da dietro lo stipite della porta.
«Ciao, ragazzi. Come va?» Salutai, sfoderando il mio miglior sorriso, certo che stessero ancora risistemandosi e…
Niente.
Tranquillamente seduti l’uno accanto all’altra sul divano, vicini, troppo appiccicati per i miei gusti, ma nulla che mi desse lo spunto per poterlo cacciare di casa a pedate.
Sulle loro facce, però, c’era un’ammissione di colpa… a chi volevano darla a bere!
Stavano tramando, oppure, avevano già tramato qualcosa; ed ero sicuro che qualunque cosa fosse non mi sarebbe piaciuta.
Bella era nervosa, la vedevo sulle spine… conoscevo bene mia figlia e capivo quando qualcosa non andava.
Nonostante la delusione per il fallimento della mia incursione cercai ugualmente di continuare a sorridere mostrando indifferenza circa il loro strano comportamento.
«Abbiamo una cosa da dirti», esordì lui, con un gran sorriso stampato in faccia. Era il ritratto della felicità. «Buone notizie» incalzò soddisfatto.
L’espressione del mio viso, adesso, era sicuramente molto più vicina ad una smorfia di dolore…
Cosa intendeva LUI per “Buone notizie”??
«Buone notizie?», mi trovai a ringhiargli contro. Cosa era successo di così importante per richiedere tutta questa formalità?
«Siediti, papà». Passarono alcuni secondi da quando percepii il suono della sua voce a quando riuscii a dare un senso compiuto alle sue parole …
“È incinta… incinta…”
Quella parola si materializzò nella mia mente in un baleno e continuò a rimbombarvi come un’eco coprendo qualsiasi altro rumore.
Vedevo la sua bocca muoversi, stava continuando a parlare, ma non percepivo alcun altro suono se non il mio cervello che continuava a gridare la stessa parola.
“Incinta… incinta…”
Ma Cristo santo!! Suo padre è dottore, possibile che non gli abbia spiegato un bel niente!!!
Avvertii improvvisamente le ginocchia cedere… un appiglio… avevo urgente bisogno di un punto fermo. La poltrona mi sembrò un traguardo irraggiungibile, ma a grandi falcate riuscii a raggiungerla; una volta seduto mi sembrò che il cuscino fosse pieno di spilli e rimasi in bilico sulla punta della stessa; se ci fossi sprofondato non avrei avuto abbastanza slancio per potergli saltare al collo nel momento più opportuno.
«Non scaldarti, papà. È tutto okay». La sentii continuare a ripetere.
Cercai di dare un contegno alla mia espressione e mi focalizzai su mia figlia.
“Ok?” «Certo che sì, Bella, certo che sì. Se tutto va così alla grande, perché sei sudata fradicia?».
«Non sto sudando».
Bugiarda.
Abbassò lo sguardo.
Tipico comportamento di chi sa di essere colpevole.
La vidi rannicchiarsi vicino a lui e persi il lume della ragione. «Sei incinta!», esplosi, infine, dando libero sfogo a tutta la mia rabbia. «Sei incinta, vero?». E ora che l’avevo detto mi sentivo più leggero.
La domanda era rivolta a lei, ma la risposta la pretendevo da LUI. L’impulso di estrarre la pistola era irrefrenabile.
«No! Certo che no!», gridò Bella appena in tempo.
“Come no?!” rimasi interdetto dalla sua negazione. Le orecchie lentamente smisero di rimbombare, cercai di razionalizzare le sue parole, ma era riuscita a prendermi alla sprovvista «Ah. Scusa», fu l’unica cosa che riuscii a rispondere.
«Scuse accettate». Mugugnò, indignata.
“E adesso?... perché continuano ad osservarmi in quel modo?... Ok, non è incinta, non sono nonno e questa è senza dubbio una gran bella notizia, ma cosa hanno, allora, da nascondere?”
Continuavo a guardarli a turno. Tanto tranquillo e sereno era lui, quanto agitata e tesa era lei. Se aspettavano che parlassi io, se lo potevano scordare. Loro mi avevano chiamato in causa e, comunque, sapevo che qualunque cosa avessero da dirmi, a questo punto, sarebbe stata una sciocchezza a confronto di ciò che poteva essere.
«Charlie, mi rendo conto di aver affrontato la questione nel modo sbagliato. Secondo la tradizione, avrei dovuto chiederlo a te per primo. » esordì, all’improvviso, il mio incubo personale, con una tonalità nella voce talmente calma, che tremai al solo pensiero di quale tranello potesse celarsi. «Non voglio mancarti di rispetto, ma dal momento che Bella ha già detto di sì non voglio sminuire il valore della sua scelta, e anziché chiederti la sua mano, chiedo la tua benedizione. Ci sposiamo, Charlie. La amo più di ogni cosa al mondo, più della mia stessa vita, e, grazie a chissà quale miracolo, lei mi ricambia in tutto. Ci darai la tua benedizione?».
“NO! NO! E ANCORA NO!” Cosa diavolo gli era saltato in testa a questi due?! Sicuramente o avevo capito male, oppure mia figlia era vittima di un qualche virus che le aveva danneggiato il cervello facendole perdere la ragione.
Non le era servita a nulla l’esperienza dei suoi genitori?
Il mio sguardo si spostò automaticamente da lui a lei ed alla sua mano… un anello… poco prima mi era sfuggito questo dettaglio… se avevano già deciso tutto… cosa volevano da me adesso?!? Se speravano davvero nella mia benedizione avevano pensato male!
Sicuramente doveva essermi spuntato un terzo occhio in fronte, mi fissavano frastornati… lui credo abbia detto qualcosa, ma in questo momento non mi interessava minimamente…
Dovevo solo capire perché … ma non un semplice “PERCHE’”, era ovvio che, contro ogni logica, si amavano; anche se non capivo la loro reciproca ossessione.
Il “PERCHÉ” che dovevo scoprire era quello legato alla loro necessità di accelerare così tanto i tempi.
Se non c’era un effettivo bisogno, non era meglio si conoscessero più a lungo? Non appoggiavo la convivenza, ma il matrimonio era un passo troppo importante per prenderlo con leggerezza d’animo… è un momento che ti segna per la vita; a mie spese ho pagato i frutti della mia impulsività giovanile…
Cercavo di intuire dalle loro espressioni qualche dettaglio in più, un segreto non detto, una smorfia di titubanza… ma più li osservavo, più la determinazione riempiva i loro sguardi…
Visti i precedenti, se mi fossi opposto con tutte le mie forze, con molta probabilità sarebbe scappata nuovamente di casa, e non credo che, questa volta, sarebbe tornata… non mi restava che cedere… dovevo rassegnarmi… avevo le mani legate.
«Tutto sommato non sono così sorpreso», brontolai alla fine. «Sapevo che prima o poi avrei dovuto fare i conti con qualcosa del genere… Siete sicuri?». Chiesi, infine, squadrando mia figlia.
Anche se nella domanda avevo usato il plurale, la domanda era esclusivamente per lei.
«Di Edward sono sicura al cento per cento», esattamente ciò che temevo.
«Ma perché sposarsi? Che fretta avete?». Doveva esserci una spiegazione… Bella non era il tipo che prendeva decisioni così impulsive e irrazionali… anche se, ultimamente, LUI me l’aveva completamente mutata; se c’era una cosa che non ammettevo da lei erano le menzogne.
In un simile argomento ESIGEVO sincerità. Vedevo che si stava arrovellando. Come se avesse qualche altro crimine da confessare.
«Andremo a Dartmouth insieme quest'autunno, Charlie», puntualizzò Edward come se volesse levarla da una situazione difficile. “Non ho chiesto la TUA spiegazione! MIA figlia sa parlare da sola.” «Ecco, ci terrei a fare le cose per bene. Fa parte della mia educazione». Continuò con quell’aria innocente da serial-Killer ben educato.
Riusciva sempre a rigirare la versione a suo favore.
Non potevo certo dirle che avrei preferito che vivessero nel peccato dopo una simile giustificazione, questo suo comportamento lezioso e perbenista aveva la capacità di irritarmi a morte.
«Sapevo che sarebbe successo», mi resi conto di mormorare ad alta voce. C’era da immaginarselo che prima o poi mi sarebbe arrivata una mazzata simile tra capo e collo.
Mentre rimuginavo su ogni possibile strategia per evitare questa tragedia, focalizzai i miei pensieri sull’unica persona che l’avrebbe scoraggiata dai suoi propositi, facendola desistere da questa pazzia: sua madre.
Renée doveva essere informata, in un modo o nell’altro, non poteva essere tenuta allo scuro del matrimonio di sua figlia.
E quale miglior soluzione se non imporre a quest’ultima di divulgarle la lieta novella.
L’avrebbe stroncata.
Ne ero certo.
Renée considerava il matrimonio in giovane età come la peggiore delle pestilenze.
L’effetto devastante che aveva avuto sulle nostre vite l’aveva fatta ricredere sulle illusioni che l’amore romantico crea.
Personalmente ero ancora convinto dell’importanza e del valore dello stesso, ma la mia opinione aveva sempre contato ben poco. Vivere a Forks non era per lei e vederla sprofondare nell’insofferenza giorno dopo giorno mi aveva logorato dentro. Il divorzio era stata la soluzione migliore. Adesso che sua figlia stava per compiere il suo stesso errore potevo avere la certezza matematica che non si sarebbe data pace finché non fosse riuscita a dissuaderla dai suoi propositi.
«Papà?», richiamato alla realtà dalla voce titubante di Bella esplosi di gioia per l’idea che avevo appena avuto.
«Ah! Ah, ah, ah! Okay, perfetto! Sposatevi.» Continuai completamente infervorato, Edward sogghignava… credeva di averla avuta vinta, ma non sapeva che il bello doveva ancora arrivare «Però...».
«Però cosa?», incalzò bella.
«Però devi dirlo tu a tua madre! Io non ne farò parola con Renée: è tutta tua!». E completamente ebbro di entusiasmo riuscii finalmente a sprofondare, soddisfatto, nella mia adorata poltrona.
Bella impallidì.
---
Pochi giorni dopo le certezze che avevo crollarono come un castello di carte, insieme all’ultima speranza di fermare la follia che aveva colpito mia figlia.
Renée... aveva mantenuto una calma impressionante, si era addirittura rammaricata che Bella non l’avesse avvisata per prima!!!
In questi ultimi giorni stava continuamente al telefono complottando con la futura consuocera sull’organizzazione della cerimonia.
Dopo aver parlato con Bella mi telefonò infuriata accusandomi di fare pressioni sulle decisioni di nostra figlia.
IO?!? FARE PRESSIONI?!?
Si era convita che le titubanze che aveva avvertito parlando con lei fossero frutto delle mie paranoie, non del suo comportamento irresponsabile, ma solo ed esclusivamente delle mie paranoie!
CHI E’ CHE HA SEMPRE PARLATO DEL MATRIMONIO COME DEL PEGGIORE DEI MALI??’CHI??? NON IO!!
La seconda parte della telefonata si diresse direttamente sul nostro regalo, e fu l’unica cosa che riuscii a condividere della conversazione.
Come se non bastassero i problemi che avevo con mia figlia, si era aggiunta anche l’inspiegabile fuga da casa di Jacob. Ero quasi sicuro che di mezzo ci fosse ancora una volta la rivalità con la mia personale “spina nel fianco”.
Sicuramente non aveva preso bene la notizia del matrimonio. Ma da questo, a scappare chissà dove, mi sembrava davvero eccessivo ed immaturo da parte sua. Questo Jacob non me lo doveva fare! Io l’avevo sempre appoggiato, adesso era diventato indifendibile.
Il tempo passava e le sue infruttuose ricerche mi stavano esasperando; il comportamento di suo padre, invece, mi irritava ogni giorno di più e mi era incomprensibile.
Possibile che non fosse minimamente preoccupato per quel povero ragazzo.
Come faceva a mantenere la calma sapendo che suo figlio era in giro per il mondo senza dare notizie di sé?
Era grande e grosso, ma aveva pur sempre sedici anni; fondamentalmente era un ragazzino, a conferma bastava vedere come si era ridotto guidando la moto senza un minimo di responsabilità o come si stesse comportando ora nei confronti di un padre, per di più, disabile …
Il mondo stava impazzendo, ed io ero nell’occhio del ciclone. Tutto ciò che stavo vivendo non era reale, presto mi sarei svegliato da questo incubo e la vita avrebbe ricominciato a scorrere placidamente come aveva sempre fatto.
Nonostante fossi fermamente convito che tutto questo fosse solo un’illusione tutto mi costringeva a considerarlo la realtà.
Compresa la sorella di Edward che mi torturava, giorno dopo giorno, con il rituale della prova dell’abito… uno smoking… grigio pallido per di più… mi sentivo un vecchio pinguino imbalsamato.
Insomma, un perfetto cretino.
Che ne dite continuo???
Chi pensate parlerà, o vorreste che parlasse, nel prossimo?
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** CAPITOLO 2 ***
Ma ciaoooooo!!!! GRAZIE GRAZIE GRAZIE INFINITE A TUTTI!!! 135 Visite, 7 recensioni al solo primo capitolo davvero non me lo aspettavo!!!
Volevo ringraziare Federica che ha pazientemente betato questi capitoli e, dato che in settimana la mia Sorellina Bonny compie gli anni, voglio dedicare questo capitolo a lei!!!! AUGURONI BONNY!!!
E adesso eccoci al capitolo, questa volta parleranno in tre…
Buona lettura!!
Cap.2
Jasper
Cercavo di mantenere un atteggiamento distaccato, era la soluzione migliore per sopravvivere alle follie di Alice.
Adoravo la sua esuberanza, quel carattere talmente opposto al mio, tutto ciò riusciva a farmi sentire vivo, ma quando passava in modalità “Wedding Planner”, rischiavo la pazzia!
L’euforia della mia dolce metà stava raggiungendo vette inimmaginabili ed, al contempo, agitazione e panico riempivano gli stati d’animo del resto della famiglia …
Emmett si defilava non appena ne aveva l’occasione, come biasimarlo, doveva scontrarsi oltre che con Alice anche con Rose che, nonostante non fosse al massimo della gioia, si era lasciata trascinare da Alice in questo vortice di follia.
In più se quel piccolo demonio, con me, si era limitata a tirarmi in causa solo se strettamente necessario, Rose pretendeva da Emmett una presenza costante, proprio adesso gli stava facendo rivoluzionare per l’ennesima volta la disposizione dei tavoli nel giardino. Non che provassimo fatica, ma dopo aver cambiato versione per ventitre volte, anche un santo avrebbe iniziato a perdere la pazienza.
Fortunatamente eravamo agli sgoccioli: domani, finalmente, si sarebbe celebrato quello che lei aveva definito “Il matrimonio del secolo”. In cuor mio speravo che gli sposi decidessero di non volerlo inscenare nuovamente fra qualche anno, perché non sarei stato in grado di affrontare questo caos una volta di più! Conoscendo Edward ero più che sicuro che la sceneggiata del matrimonio fasullo non rientrava nelle sue priorità.
«JASPER!!!!»
Appunto, la pace era finita.
«Tu ed Emmett…» esclamò perentoria, puntando l’indice verso di noi «…SUBITO! a casa di Bella! VELOCI!» incalzò, vedendo la nostra esitazione.
«È ancora presto Alice.» tentai di mediare «Abbiamo detto a Edward che saremmo passati verso mezzanotte per “l’addio al celibato”.» risposi mimando con le mani le virgolette sulle ultime parole.
«NO! HO DETTO SUBITO! Se non vi sbrigate, vi assicuro che non ce ne sarà più bisogno …» io ed Emmett ci guardammo straniti «Nessun matrimonio! Avete capito??? Credo che Bella abbia deciso di attentare definitivamente allo stoico autocontrollo di nostro fratello!»
Rimasi basito.
Emmett, rientrato non appena si era sentito nominare, scoppiò in una fragorosa risata.
«HO DETTO DI MUOVERSI!!» Tuonò la mia micetta esasperata e, come se fossimo stati richiamati sull’attenti, scattammo ad eseguire il nostro dovere.
Mai scommettere contro Alice Cullen.
Edward
«Già mi manchi». Sussurrò al mio orecchio tra un bacio e l’altro.
“Ti prego non provocarmi …” «Non sono obbligato ad andarmene. Posso restare». Risposi prontamente.
«Mmm».
“Non fare così …” Rimasi a fissarla perdendomi in quegli occhi splendidi.
Dovevo calmarmi.
Il suo respiro accelerato, i gemiti che uscivano all’unisono dalle nostre bocche, il battito impazzito del suo cuore, mi stavano trasportando in un’altra dimensione e avvertivo il progressivo allontanamento dalla realtà. Dovevo trovare il modo di frenare i miei istinti, mancava poco … domani finalmente sarebbe diventata mia moglie, non potevo capitolare proprio adesso …
Lei di sicuro non mi aiutava nel mantenere saldi i miei propositi; in quest’ultimo mese, con la scusa “dell’allenamento”, aveva inferto duri colpi al mio autocontrollo, ero riuscito ad arrivare alla vigilia delle nozze e non avevo ancora idea di come avessi fatto.
Raccogliere le mie forze per allontanarmi da lei richiese uno sforzo sovrumano, spostai i miei baci lungo il collo per poi risalire lentamente fino all’orecchio … il suo profumo era talmente inebriante … aprii gli occhi solo un istante respirando a pieno quella dolce fragranza, era la mia droga, avessi potuto, sarei morto di overdose per lei. In quel momento schiuse i suoi occhi e i nostri sguardi s’incrociarono per un istante interminabile … nessuno parlava … l’unico rumore: i nostri respiri.
Avrei dato la vita per conoscere i suoi pensieri in quell’istante.
Possibile diventasse ogni giorno più bella? Possibile avesse scelto veramente me?
Fece per tirarmi nuovamente a lei e persi in lume della ragione.
«Resto qui», mormorai con tono fermo e deciso.
Al diavolo Emmett, Jasper e la farsa dell’addio al celibato. Non sarebbero riusciti a tirarmi fuori da quella stanza nemmeno con le cannonate.
«No, no. È il tuo addio al celibato. Devi andarci».
“Peccato che il tuo corpo non sia esattamente sulla stessa lunghezza d’onda del tuo cervello …” pensai, mentre la sentivo stringersi, con sempre maggior forza, a me.
In quel momento ringraziai il plaid che, per proteggerla dal mio corpo gelido, segnava un chiaro confine tra i nostri corpi. Se non ci fosse stato lui a quest’ora…
Meglio non pensarci.
«Gli addii al celibato sono fatti per quelli che rimpiangono i propri giorni da scapoli. Io non potrei essere più impaziente di lasciarmeli alle spalle. Quindi la cosa non ha senso». Replicai, carezzandole il volto
«Giusto». Mi mormorò sul collo.
La sua mano passò, con una lentezza esasperante, dalla mia schiena al petto … un brivido di piacere mi percorse il corpo, la vista si era completamente annebbiata e subito la mia bocca ritrovò la sua.
Cosa mi stava prendendo? Mancava così poco. Se non fossi riuscito a fermarmi l’indomani, non ci sarebbe stato nessun matrimonio!
La certezza di ciò era inversamente proporzionale al desiderio smodato che avevo di lei. Se non fossi già morto ci sarebbe riuscita questa lenta e sublime tortura. Quando avvertii la sua lingua sfiorarmi le labbra feci appello a quel poco di sanità mentale che ancora mi era rimasta e tentai di allontanarmi.
«Aspetta.» Tentativo inutile.
Liberò una gamba dalle coperte e la strinse attorno ai fianchi «È tutta questione di esercizio».
“Sì, certo, continua a chiamarlo allenamento …” Ridacchiai tra me. «Be', mi pare che di esercizio ne abbiamo fatto abbastanza ormai, no? Hai dormito qualche ora nell'ultimo mese?».
«Ma questa è la prova generale …», “Addirittura …” e quella tecnica quando c’era stata? Me l’ero persa? «…e non abbiamo ancora ripassato tutte le scene. Vale la pena di correre il rischio».
“Rischio …”
Quella parola da sola riuscì a riportarmi sul pianeta terra.
Era un’eventualità che non poteva, anzi, non doveva esistere. Nessun rischio, NON doveva esserci nessun rischio, e lasciarsi trasportare in questo modo dall’istinto non avrebbe facilitato la cosa.
Non che avessi idee migliori su come renderla meno pericolosa, ma di sicuro quello non era né il momento né il luogo più adatto per pensarci.
Non ero concentrato … o forse lo ero anche troppo … ma su una cosa …
«Bella», sussurrai.
«Non ricominciare un accordo è un accordo».
Determinata e cocciuta di una donna. Non avevo vie d’uscita.
«Non so. È troppo difficile concentrarmi quando stai con me così. Non ... non riesco a pensare. Potrei non controllarmi. Ti farai male».
«Andrà tutto liscio».
“Perché non riesco a crederti?” «Bella».
Una strana inquietudine iniziò a invadermi completamente, velocemente iniziò a trasformarsi in paura e poi in panico …
Un attacco di panico?
Poteva un vampiro soffrire di attacchi di panico? Probabilmente sì. Vederla esanime tra le mie braccia era un pensiero troppo forte per essere scacciato in un batter d’occhio, la sola immagine era capace a devastarmi, non ero più in grado di razionalizzare.
La stavo baciando ma la mia testa era altrove … e lei aveva capito …
«Sssh!». Sussurrò posando le sue labbra sulle mie.
Il solo contatto fu un balsamo per i miei nervi.«Come vanno le gambe?», domandai per distoglierla dal riflettere sui miei pensieri.
«Non tremano più».
“A me invece, sì …” «Davvero? Niente ripensamenti? Non è tardi per cambiare idea». “A chi la vuoi darla a bere Edward Cullen … hai una paura fottuta di ciò che potrà essere …”, ero talmente sicuro che non avrebbe accettato che quando rispose sì, ero talmente fuori di me dalla gioia da scordarmi tutte le future conseguenze.
«Stai cercando di mollarmi?». Chiese con quel tono innocente ed al contempo malizioso che riusciva a mandarmi in stand-by il cervello e ridacchiai al solo pensiero di quali idee potessero frullare il quel momento nella sua testolina. «Tanto per essere certo. Non voglio che tu faccia niente di cui non sei sicura».
Dissi, cercando di spostare il fulcro del discorso da me a lei.
«Di te sono sicura. Al resto posso sopravvivere».
“Sicura amore?”. Ogni qualvolta il fantasma di Black tornava a frapporsi tra noi, il mio umore scendeva ai minimi storici, non solo per la feroce gelosia che nutrivo ancora nei suoi confronti ma anche perché, nonostante tutto, ero più che convito che Bella stesse ancora sbagliando nelle sue scelte.
Ero certo che mi amasse, ma il suo orgoglio spesso le impediva di prendere le decisioni, valutando in modo razionale le implicazioni che queste avrebbero generato.
«Davvero?», domandai cauto «Non parlo del matrimonio: a quello sono convinto che sopravvivrai, malgrado i tuoi scrupoli. Ma dopo, come farai con Renée, con Charlie?». Aggiunsi, cercando di aggirare l’ostacolo.
«Mi mancheranno». “e basta?” dovevo insistere, un ultimo tentativo, fosse stato mai che la vicinanza del matrimonio riuscisse a scuoterla «Angela, Ben, Jessica e Mike».
«Anche i miei amici mi mancheranno». Un attimo di esitazione … una flebile speranza, poi un sorrisetto ironico. «Soprattutto Mike. Oh, Mike! Come farò senza di lui?».
“Basta! Ci rinuncio.” Bofonchiai tra me.
«Edward, ne abbiamo parlato e riparlato. So che sarà difficile, ma è ciò che voglio. Voglio te e ti voglio per sempre. Una vita sola non mi basta, punto».
“Come vorrei riuscire a farti riflettere …” «Per sempre sospesa nei tuoi diciott'anni», sussurrai malinconico.
«Il sogno di ogni donna».
“Non sono cose su cui scherzare …” «Senza cambiare né crescere mai».
«Che vuol dire?».
«Ricordi quando abbiamo detto a Charlie che ci saremmo sposati? Lui ha creduto che tu fossi incinta». Risposi lentamente, dopo aver raccolto i miei pensieri.
«E gli è venuta la tentazione di spararti», concluse ridendo. «Ammettilo: per un istante ci ha pensato sul serio».
Un brivido mi passò da parte a parte. Non poteva nemmeno immaginare quanto desiderassi una possibilità di poter costruire con lei qualcosa di “normale”, di semplice e scontato: una famiglia.
Dovevo smettere di pensarci, quei tipi di sogni non mi appartenevano e non mi sarebbero mai appartenuti era anche inutile continuare a soffermarcisi … lei però … lei avrebbe dovuto … e per colpa mia… «Che c'è, Edward?». Sussurrò riportandomi alla realtà
«Be', ecco... mi dispiace che non sia come pensava Charlie».
Sbuffò.
Ignorai la sua insofferenza e proseguii nel mio ragionamento, doveva ascoltarmi, adesso faceva più male a me che a lei, ma un giorno, avrebbe capito.
«Sempre che potesse andare così. Che noi avessimo quel genere di possibilità. Detesto l'idea che sia fra le cose di cui ti priverò».
Silenzio.
«So quello che faccio».
“Non sai quello che dici …” «Come fai a dirlo, Bella? Guarda mia madre, guarda mia sorella. Non è un sacrificio facile come immagini».
«Esme e Rosalie se la cavano alla grande. Se poi sarà un problema, faremo come Esme: adotteremo qualcuno».
“Non puoi nemmeno immaginare il loro dolore … ma in questo momento non sei abbastanza lucida da parlarne … e comunque …” . «Non è giusto! Non voglio che tu debba sacrificarti per me. Voglio darti tutto e non privarti di nulla. Non voglio rubarti il futuro. Se io fossi umano ...». E la sua mano mi zittì.
«Tu sei il mio futuro. Adesso basta. Smettila di mugugnare, altrimenti chiamo i tuoi fratelli e ti faccio venire a prendere. Forse un addio al celibato è proprio quello che ti serve».
“Ti amo …” «Scusa. Sto mugugnando, vero? Dev'essere il nervosismo».
«Non dirmi che le gambe tremano a te».
“Sì, mi tremano le gambe … ma il mio orgoglio di uomo m’impedisce di dirti la verità.” Dovevo tergiversare «Non in quel senso. È da un secolo che aspetto di sposarti, signorina Swan. L'attesa della cerimonia nuziale è l'unica cosa che ...».
“Eddinoooo??? Ci sei??? Stiamo arrivando rivestiti!!!”
“Emmett?!?” ma che ore erano? «Oh, per l'amor del cielo!».
“Scusaci Edward ma conosci Alice, vero? Non siamo riusciti a posticipare …” Intervenne Jasper.
Alice.
Dovevo immaginarmelo.
«Che succede?».
«Non darti pena di chiamare i miei fratelli. Pare che stanotte Emmett e Jasper non ammettano defezioni». Sussurrai ringhiando …
Maledizione ad Alice …
Emmett
Come volevasi dimostrare …
Mio fratello si era completamente rammollito … erano anni che gli dicevo che tutta quell’astinenza, alla fine, gli avrebbe fatto male e, infatti, eccolo là … completamente perso … l’unico vampiro al mondo capace di farsi comandare a bacchetta … da una semplice umana, diabolica nel suo genere, ma pur sempre un’umana. Poteva cercare di far credere quello che voleva, ma comunque l’aveva sempre vinta lei…
“Ti pare possibile che, nonostante ti avessimo avvisato, ti fai trovare ancora appiccicato come una cozza sullo scoglio? Se continui di questo passo, Alice ha ragione, la consumerai prima delle nozze”.
Grattai sul vetro per attirare l’attenzione. Sapevo che mi aveva sentito, ma il suo ignorarci deliberatamente mi mandava in bestia. «Se non fai uscire Edward, veniamo a prendercelo!» sibilai determinato.
«Vai, prima che mi facciano a pezzi la casa».
Bene. Almeno Bellina aveva capito l’antifona!!
Non era normale che lo requisisse così, per noi da averlo sempre tra i piedi a non vederlo quasi mai il passo era troppo grande.
Quel vampiro era troppo inesperto … dovevo farci quattro chiacchiere, da fratello a fratello, il prima possibile. Altrimenti si sarebbe fatto mettere i piedi in testa dalla mogliettina subito dopo aver detto sì! Come se non fosse già così…
“Dai Eddino muoviti!!! Tra poche ore sarete ANCORA insieme … e chi vi scolla più …” In un lampo mi fulminò con lo sguardo, iniziò a rivestirsi … certo che la cognatina, a giudicare da dove era finita la camicia, doveva essere davvero focosa.
Altra occhiata di fuoco.
“Ultime coccole … bacetto della buona notte … scambio di battute … EDDAI EDWARD!!!” Gridai mentalmente prima di atterrare con un balzo giù dalla grondaia, un istante dopo era lì con me.
«Soddisfatto?!» ringhiò.
«Dai fratellino da domani sarete insieme per sempre … un po’ di svago ti fa bene … ti vedo palliduccio!». “Bellina ti consuma è?”
«Emmett!! Basta!!».
«Che succede t’imbarazza?». Sghignazzai sicuro di aver fatto centro.
«Ti prego Emmett!!». Era stizzito … avevo colpito nel segno.
«Ah! Capito! Sei preoccupato per la tua virtù!! Non ti preoccupare ci penserà la tua mogliettina a levarti dall’imbarazzo!!». Vedere sulle spine Mr. autocontrollo era impagabile.
«Ti conviene smettere di insistere!!» si stava scaldando.
Ottimo.
«Comunque non te la devi prendere con noi se sei stato disturbato sul più bello … Alice era terrorizzata di avere una sposa con le occhiaie domani … Infondo, interrompervi, non è mica stato la morte di nessuno… e …».
Silenzio.
Nessuna replica.
Molto strano. Il dubbio di aver detto una parola di troppo attraversò la mia mente.
«Edward?».
Mi voltai convinto di trovarlo al mio fianco e lo vidi, invece, al limitare del bosco. Sguardo basso. Pugni serrati.
«Edward?». Lo chiamai nuovamente.
«poteva esserlo …». Sussurrò «Stavo perdendo il controllo … Poteva morire … ed io …».
“Accidenti alla mia lingua lunga!” «Ma non è successo. Quindi nessun problema. Dai andiamo a caccia. Jasper ci raggiungerà …».
«Cosa mi devo aspettare?». Domandò, prendendomi di sprovvista.
«Eh?».
«Io … io non so cosa devo aspettarmi … sono travolto da talmente tante sensazioni … perdo il controllo con la realtà … come potrò controllarmi … come potrò non ucciderla.»
“E adesso cosa gli racconto?!” Tutto ciò a cui ero in grado di pensare in quel momento era Rose e …«Non posso dirti cosa aspettarti, dal sesso. Beh! Ognuno lo vive a modo suo, per me non c’è niente di più esaltante di quando Rose …».
«Ok! Ok! Ho capito perfettamente grazie!!!». Si affrettò a dire, in effetti, i miei pensieri si erano spinti ben oltre le mie parole e lui era sempre il solito puritano!!
«Te la caverai alla grande.» lo rassicurai poggiandogli la mano sulla sua spalla «Vi amate, non potrà accadere niente di sbagliato, già una volta sei riuscito a fermarti».
«Era diverso … in quei momenti … io …».
«Non le accadrà nulla, Alice l’avrebbe visto.» intervenne Jasper, non appena giunse alle nostre spalle «non dare ascolto a quest’orso pervertito, è quanto di bello e intenso possa esistere tra due persone che si amano. Me lo avessero detto prima di incontrare Alice non avrei prestato ascolto a queste parole, ma quando hai la fortuna di trovare l’altra parte del tuo cuore e della tua anima, tutto assume un altro significato.».
Adesso mi avevano offeso.
«Vorresti dire che non amo Rose?».
«Assolutamente no! Volevo dire che ti stavi limitando a descrivere il punto di vista puramente carnale, tralasciando ciò che invece lo deve spingere ad andare oltre i suoi istinti.».
«Solo perché non so esprimermi elegantemente, come voi, non potete pensare che io e …».
«Non lo pensa nessuno!!» esclamò Edward dandomi una pacca sulla spalla.
La tensione si era alleggerita, mi sarei dovuto sdebitare con Jasper … mi stavo incartando con le mie stesse parole, il suo aiuto era stato provvidenziale.
«Adesso, però, a caccia!! Hanno avvistato degli orsi un po’ più a nord, se continuiamo a chiacchierare come donnicciole si farà giorno e non avremo ancora concluso nulla!! Domani è un gran giorno Fratellino, devi stare in forze …» sghignazzai «Ricordati che devi affrontare Tania!!!».
«Preferisco non pensarci! Andiamo!».
E scuotendo la testa s’incamminò davanti a noi.
Piaciuto???
Vi aspettavate qualcosa di diverso?? Si apre il totoscommesse per il prossimo capitolo, chi parlerà??
Lo saprete solo fra 2 settimane!!! ahahahaha |
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** CAPITOLO 3 ***
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** CAPITOLO 4 ***
Salve a tutti! Eccoci puntuali al nostro aggiornamento, avete atteso anche troppo quindi non mi dilungherò grazie infinite a tutti, a chi lascia una recensione e a chi legge silenzioso.
Un grazie speciale a Serena che da questo capitolo in poi mi ha fatto da Beta.
Buona lettura.
Cap.4
Edward
Gli abbracci degl’ invitati ci riportarono alla realtà, avevo cercato di ignorare i leggeri colpi di tosse e i pensieri sarcastici della folla circostante, Newton compreso, ma quando Alice minacciò di rendere nota la destinazione del nostro viaggio se non avessimo iniziato a considerare i nostri ospiti mi decisi a malincuore a staccarmi da lei e, in un attimo, fummo sommersi.
Il nostro momento era finito.
Come travolta da un fiume in piena, vidi sua madre trascinarla all’aperto, senza smettere un attimo di abbracciarla. Alice aveva calibrato i tempi della cerimonia perché tutto finisse con l’arrivo del crepuscolo, in modo tale che potessimo uscire anche noi all’aperto insieme agli altri ospiti.
Mancava poco ormai, il sole stava lentamente scendendo dietro gli alberi. La osservavo al di là della vetrata muoversi da perfetta padrona di casa. Contando i secondi che ancora mi separavano da lei, quella barriera stava diventando un ostacolo insormontabile.
La vidi voltarsi in cerca del mio sguardo, che non riusciva a staccarsi da lei. Le luci degli addobbi iniziarono ad accendersi lentamente, gli invitati ancora nel salone confluirono nel giardino, dove erano stati allestiti il buffet e la pista da ballo.
Con un’estenuante lentezza umana uscii da casa e finalmente fui da lei. Averla di nuovo tra le mie braccia fu come una boccata di aria fresca e ci preparammo a ricevere i nostri ospiti.
Billy Black
Seth spingeva la mia carrozzina e con spavalderia salutava gli sposi. Mi limitai a porgere i miei auguri con un sorriso di circostanza, oggi sorridere mi riusciva particolarmente facile.
Anche se era in corso una tregua, tutta questa sua ammirazione per i Cullen era oltremodo eccessiva. Potevamo tollerarci, ma simpatizzare mi sembrava ancora fuori luogo. Almeno nei confronti di sua madre che si guardava intorno con imbarazzo e timore, poteva cercare di dominarsi.
Come membro del consiglio degli anziani dei Quileute, per tutta la mia vita, avevo cercato di mantenere vivo l’insegnamento che i nostri avi ci avevano lasciato. Le tradizioni e le leggende erano parte della nostra anima, non eravamo nulla senza di esse.
Ma i tempi erano cambiati.
Mai avrei immaginato che sarei stato debitore nei confronti di un freddo. Per anni avevo capeggiato il boicottaggio dell’ospedale di Forks da parte degli abitanti di La Push, solo e soltanto perché il Dott. Cullen lavorava là. E lui senza alcuna remora non si era fatto alcuno scrupolo nel curare mio figlio. Se non fosse stato per il suo intervento, Jacob, sarebbe morto o peggio, sarebbe rimasto storpio a vita. Non potevo che essergliene riconoscente.
Avevo ancora molta diffidenza a rapportarmi con loro ma dopo quanto successo iniziavo a valutare con altri occhi la nostra posizione.
Sia noi che i Cullen avevamo un segreto da nascondere. Eravamo reciprocamente indispensabili gli uni per gli altri. Nessuno dei ragazzi del branco, da quando il gene della trasformazione si era nuovamente innescato, avrebbe mai potuto curarsi in un comune ospedale, sarebbero sorte troppe domande, alle quali non sarebbe stato possibile dare una risposta … lui poteva aiutarci. Noi li avremmo supportati in battaglia qualora dei nemici inaspettati avessero messo a rischio l’incolumità loro e degli abitanti della zona.
L’idea che Bella, la figlia del mio migliore amico, sposasse coscientemente uno di loro, m’infastidiva, ma cercai comunque di farmene una ragione; oggi nulla sarebbe riuscito a scalfire la mia felicità.
Jacob stava tornando.
Sam aveva avvertito i suoi pensieri questa mattina, era a poche miglia dalla riserva. Con molta probabilità sarebbe arrivato durante la serata.
Il figlio di Cullen l’aveva invitato … non capivo questo suo comportamento al limite del masochismo, ciò non toglie che se era riuscito a farlo tornare, imponendogli di affrontare i suoi problemi, non potevo che essergliene grato.
Ancora una volta ero in debito con loro.
«Grazie anche a voi. Per aver lasciato venire Seth. Per essere accanto a Bella oggi». Ci ringraziò lo sposo.
«Prego», risposi di rimando. “Grazie per aver fatto in modo di far tornare mio figlio” pensai.
Poteva sentirmi, lo sapevo. E ci tenevo che sapesse che gli ero riconoscente. “Non è una posizione semplice la sua. Probabilmente si presenterà in serata, ho chiesto a Sam di vigilare. Spero non crei problemi.”
Edward annuì.
In cuor mio sperai che finalmente mio figlio fosse cresciuto …
Seth abbracciò il freddo, scherzando con lui e Bella come se fosse stato suo fratello, come se fosse la cosa più normale del mondo.
Forse lo era.
Forse era il caso di mettere in discussione molte cose …
Il mondo che conoscevo stava cambiando, dovevo accettarlo.
Tanya
Il nostro arrivo a casa Cullen non passò ovviamente inosservato.
Ce lo aspettavamo: eravamo estranei, misteriosi e bellissimi. Carlisle ed Esme ci vennero incontro, Edward mi lanciò una rapida occhiata ma preso da altri ospiti non si avvicinò … o forse non volle avvicinarsi.
Se non fosse stato per l’impellente necessità di vedere come fosse fatta questa insignificante umana che era riuscita a far suo il mio Edward e creare tensione nel rapporto che si era instaurato tra le nostre famiglie, me ne sarei anche rimasta in Alaska, insieme con Irina.
Che cosa aveva in più rispetto a noi? A me?
Rimasi in disparte insieme alla mia famiglia fino all’inizio della cerimonia, i Cullen, a turno ci fecero compagnia, tranne Edward. Lo vedevo assorto, a tratti preoccupato. Tensione, la mia mente si rifiutava di chiamarla emozione, trasformava il suo volto perfetto e immutabile in qualcosa di estremamente … umano.
La cerimonia iniziò e occupammo posto tra i parenti dello sposo.
Lo osservai attentamente, da quando la sposa si affacciò sulla scalinata a quando prese posto al suo fianco, vidi il suo viso trasformarsi in preda a una moltitudine tale di emozioni alle quali non ero nemmeno in grado di dare un nome, l’espressione giusta era, forse, raggiante.
Una stilettata al cuore avrebbe fatto meno male.
In quasi un secolo di conoscenza non lo avevo mai visto così felice, appagato e sereno. L’ Edward malinconico e tormentato che conoscevo fin troppo bene aveva lasciato il posto ad un essere nuovo. Nei suoi occhi scorsi la stessa luce di quel giorno di quasi un anno e mezzo prima, quando dopo essere venuto a cercare pace da noi, tornò poche ore dopo a Forks … da lei.
Restai impassibile a fissarli per tutta la cerimonia. Adesso era sereno ma, dove avrebbe portato questa follia, era cosciente di cosa lo aspettasse? Sapevo che era nelle sue intenzioni trasformarla, era davvero convinto che tutto rimanesse magico come adesso? Sembrava non ricordasse come fossero i primi periodi dopo la trasformazione …
Immersa nei miei ragionamenti quasi non mi resi conto che la cerimonia si era conclusa sotto i miei occhi che pungevano dal tremendo desiderio che avevo di piangere … raramente mi era capitato.
Sentii Kate prendermi per mano e mi lasciai guidare da lei al centro della sala, era la resa dei conti, dovevo affrontare i miei problemi e i miei fantasmi a testa alta, non potevo fare altrimenti. Davanti a noi un vecchio su una carrozzina, una donna e un ragazzo, a giudicare dal fetore doveva trattarsi di uno dei loro nuovi amici. Socializzare con i nostri eterni avversari … Anche questo era dovuto a LEI? I lupi avevano ucciso Laurant, e i Cullen si erano alleati con loro incuranti dei sentimenti di mia sorella … tutto per LEI … sempre e solo LEI… quel gruppetto di cani ci lasciò il posto e ci trovammo finalmente una dinanzi all’altra.
Mi guardava, e non respirava. Mi stava studiando, esattamente come io stavo facendo con lei. L’impulso di riabbracciare Edward fu più forte di me. Con la coda dell’occhio le vidi una smorfia di … nausea.
Perfetto.
Almeno adesso sapevo che i nostri sentimenti erano reciproci.
“Che piacere rivederti, l’ultima volta eri così teso, tormentato ed ora sei cosi felice, sono proprio contenta.” «Ah, Edward, mi sei mancato».
Ridacchiò e si sciolse dall’abbraccio. Avevo osato troppo? Forse. Ma dovevo pur avere una piccola rivincita su quell’ esserina insignificante. Lo conoscevo da quasi un secolo, ci eravamo confidati e confortati più di una volta, per me eravamo sempre stati molto più che amici. Non credeva seriamente che mi sarei tirata in disparte in silenzio.
«Ne è passato di tempo, Tanya. Ti trovo bene».
“Non è tutto oro quello che luccica…” «Anch'io».
«Lascia che ti presenti mia moglie». Disse cingendole la vita «Tanya, questa è la mia Bella». La soddisfazione con cui pronunciò quelle misere parole, mi devastò tanto che esplosi in una risata isterica, che per fortuna mia sorella e gli altro tentarono di coprire unendosi anche loro alla mia insolita ilarità.
“Non sai cosa ti aspetta piccola insignificante Bella, l’eternità è lunga …” pensai inchiodandola con lo sguardo.
«Benvenuta in famiglia, Bella». Dissi porgendole la mano dopo aver stampato sul mio viso un sorriso di circostanza. «Noi ci consideriamo la famiglia allargata di Carlisle e mi dispiace davvero che di recente non abbiamo, ehm... onorato la parentela. Avremmo dovuto conoscerci prima. Saprai perdonarci?».
«Ma certo. Sono felice di conoscervi». Rispose d’un fiato con una vocina simile ad un rantolo.
«Ora i Cullen sono tutti accoppiati. Magari fra un po' toccherà anche a noi, eh, Kate?». Dissi a mia sorella cercando di allentare la tensione che sentivo, si stava creando. Mi restava sempre difficile relazionarmi con il potere di Edward e a giudicare da come mi osservava, forse mi ero spinta veramente oltre.
«Continua a sognare», rispose Kate separandomi da Bella e porgendole la mano a sua volta «Benvenuta, Bella».
«Io sono Carmen, lui è Eleazar. Siamo tutti molto lieti di conoscerti, finalmente». Si presentarono in fine gli altri.
«An-anch'io», balbettò.
Che donna insignificante … mi voltai distrattamente e vidi il capannello di ospiti in attesa di salutare gli sposi che ci fissava incuriosito. Forse era in caso di rimandare i nostri convenevoli ad altri momenti.
«Ci conosceremo meglio più avanti. Abbiamo un'eternità per farlo!», risi ancora tirata in volto e seguita dal resto della mia faglia, mi congedai.
«Ti sei vista? La stavi per incenerire con lo guardo.» mi mormorò Kate appena ci fummo allontanate.
«E allora?»
«Edward se n’è accorto. Se la tua intenzione era metterci in imbarazzo. Ci sei riuscita.»,
«La mia intenzione era far capire a quell’insignificante umana, la differenza che c’è tra noi due.» ribattei acida.
«Sono sicura che abbia capito. E anche Edward, infatti, l’ha sposata.» rispose mollando la presa dal mio braccio e allontanandosi lasciandomi in mezzo al salone.
Sola.
E sempre sola raggiunsi il nostro tavolo, fingendo di gradire il buffet, osservai attonita tutta la scena che si svolgeva dinanzi a me. Ero esterrefatta che Edward, il mio Edward, si stesse abbassando a tanto. Una cosa era fingere per confondersi nella folla, un’altra era dare spettacolo di sé. Tagliarono la torta sotto una raffica di flash, per poi imboccarsi a vicenda con disinvoltura.
«Non sapevo che il nostro Edward avesse cambiato dieta … questa umana deve avere qualche potere davvero speciale!» sghignazzò Eleazar, lo fulminai con lo sguardo.
Dopo il lancio del bouquet al quale mi rifiutai di partecipare nonostante l’insistenza di Alice, ci fu il lancio della giarrettiera, dove iniziai a credere di avere le allucinazioni quando lo vidi sfilargliela con i denti per poi lanciarla direttamente in faccia ad uno scialbo e anonimo biondino che guardava la scena inebetito.
Lo conoscevo troppo bene per non sapere che dietro a quel gesto in apparenza insignificante c’era una qualche piccola rivincita.
Non avessi saputo cosa fosse realmente, avrei potuto giurare con certezza che fosse un qualunque stupido diciassettenne innamorato. Iniziò la musica … gli sposi come da tradizione diedero inizio alle danze. Mi mancò l’aria. Mi alzi dal tavolo di scatto sotto gli occhi esterrefatti di mia sorella e degli altri, presi a camminare verso una zona più isolata del giardino, avevo bisogno di riprendere lucidità …
Edward
«Ti stai divertendo, signora Cullen?», le sussurrai stringendola ancor più forte a me.
«Ci vorrà un po' per abituarmi». E il timido sorriso che le illuminò il volto mi mandò in estasi.
«Di tempo ne abbiamo», le risposi mentre lentamente mi avvicinai di nuovo alle sue labbra, completamente incurante del pubblico che avevamo intorno e consapevole che l’eternità sarebbe stata sempre troppo poca da vivere insieme a lei.
Mi accorsi che la musica era cambiata solo quando Charlie reclamò un ballo con la sposa, inaspettatamente mi sorrise, nei suoi pensieri solo Bella, nessun improperio nei miei confronti e rispondere a quel sorriso fu finalmente un piacere. Cercai Esme e la trovai in disparte a parlare con Carmen. Era stata tutto il giorno presa dagli ultimi preparativi, per non parlare dei giorni precedenti, sicuramente non era un comportamento da adulto, ma avevo bisogno di mia madre vicino a me e lentamente mi feci avanti.
«Mi concedi questo ballo?» le chiesi porgendole la mano appena la vidi voltarsi verso di me.
«Non aspettavo altro tesoro.» rispose con uno di quei suoi splendidi sorrisi carichi d’amore ed emozione.
“Non potete capire la gioia che mi avete dato tu e Bella, specialmente tu …”
Non riuscii a risponderle, gli occhi le brillavano, era il massimo che ci fosse concesso e la sua emozione pervase anche me.
“Ho pregato tanto che potessi trovare la tua anima gemella che ti donasse tutta la pace e la serenità che meritavi e finalmente le mie preghiere sono state esaudite. È una gioia vederti così felice …” continuò appoggiando la testa sul mio petto.
«Ti voglio bene… mamma.» riuscii a sussurrare a malapena.
«Lo so tesoro. L’ho sempre saputo.» con un filo di voce.
«Ho paura.»
Scostò la testa per guardarmi negli occhi.
«Non devi. Supererete ogni ostacolo ne sono sicura.» e lasciandomi in silenzio un bacio sulla guancia continuammo a volteggiare.
Fu poi il turno di Alice, Carmen e Kate. Non finivano più e tra una dama e l’altra cercavo il suo sguardo e quando lo incrociavo, vi leggevo la mia stessa urgenza: tornare insieme. Quando davanti mi comparve Jessica, diedi forfait, il mio cervello si spense da sé, cercando di ignorare completamente le oscenità che la mente di quell’invasata riusciva a partorire … iniziai una ricerca sempre più spasmodica di MIA MOGLIE … Iniziai a soffocare, Jessica sebbene non aprisse bocca, era asfissiante … possibile non provasse il minimo imbarazzo per i suoi pensieri? Il mio sguardo vagò disperato per la sala fin quando si aprì un varco tra gli ospiti che riempivano la pista da ballo e la scorsi, stava ballando … CON MIKE?!?!?
No, questo non lo potevo tollerare. Non lui. La sola idea che la potesse stringere tra le braccia mi dava alla testa ottenebrando completamente la mia lucidità. Neanche Jacob riusciva ad irritarmi a tal punto. Forse perché amandola i suoi pensieri, non le mancavano comunque di rispetto. Newton invece era la volgarità allo stato puro, l’impulso di sbatterlo fuori a pedate stava avendo la meglio su di me. Piantai in asso Jessica e in un istante fui alle spalle di Newton. Non servirono parole, staccai le sue mani dalla vita di Bella e al loro posto subentrarono le mie. Incrociai i suoi occhi guardarmi allibiti. Avrebbe voluto protestare, ma il mio sguardo fu più convincente del suo, abbassò la testa e si dileguò tra la folla.
«Mike ancora non ti va giù, eh?», commentò sghignazzando non appena fu al sicuro nel mio abbraccio.
«Non quando mi tocca ascoltare i suoi pensieri. Gli è andata bene che non l'ho cacciato via. O peggio».
«Eh, sì».
«Non sei ancora riuscita a vedere come stai?».
«Uhm, no, direi di no. Perché?».
«Perché forse non ti sei ancora resa conto che stasera sei di una bellezza mozzafiato. Non mi sorprende che Mike fatichi a trattenere pensieri impuri su una donna sposata. E m'infastidisce molto che Alice non abbia fatto in modo da costringerti a passare davanti allo specchio». la sua autostima sarebbe volata alle stelle, come il mio cuore …
«La tua è un'opinione di parte, lo sai». Forse … ma se avesse potuto ascoltare i pensieri dei presenti, si sarebbe ricreduta.
Preferii non risponderle e in silenzio la feci voltare verso le vetrate in modo da poter ammirare in esse il suo riflesso.
«Di parte, dici?». Le sussurrai indicando la coppia che ne veniva riflessa. Nulla poteva rappresentare la bellezza come lei in questo istante e rimasi incantato dall’espressione incredula che comparve sul suo viso e, se possibile, ancora più innamorato di lei.
“Edward, ci siamo. È arrivato. Io ed Emmett siamo già pronti.” Il pensiero di Jasper arrivò dritto come un pugno nello stomaco.
«Oh!», esclami turbato.
Jacob era arrivato.
Di cosa mi lamentavo? L’avevo inviato io, fino all’ultimo ero rimasto in contatto con Seth per sapere se ci fosse speranza nella sua presenza ed ora mi saliva la tensione.
Era il mio regalo per Bella.
Sebbene non tollerassi la sua presenza, non potevo ignorare che per lei fosse importante. Non ne avevamo più parlato ma sapevo che chiedeva di lui, che stava in pena per la sua fuga, che le mancava …
Aveva scelto me, era sicura e convinta della sua scelta, mi aveva reso l’uomo più felice del mondo, mai avrei immaginato di poter ambire e provare una tale felicità nella mia buia esistenza.
Glielo dovevo.
La sua felicità non sarebbe mai stata completa se lui non si fosse presentato.
Sam aveva garantito che insieme con altri del branco avrebbero vigilato, io avevo chiesto ai miei fratelli si supervisionare comunque tutta la situazione. Avevo deciso di lasciar loro la giusta privacy allontanandomi ma non avevo intenzione di correre alcun rischio. Emmett e Jasper avrebbero vigilato a distanza ed io avrei visto nelle loro menti, come quando cercavo di capire il suo pensiero esplorando le menti dei nostri compagni di scuola.
«Che c'è?», domandò percependo subito la tensione sul mio viso.
«Un regalo di nozze a sorpresa». Risposi sorridendole orgoglioso mentre cercavo di riprendere in mano il mio autocontrollo.
«Eh?».
Riprendemmo il ballo e tra un volteggio e l’altro la condussi lontano dalle luci e dai nostri ospiti.
Quando giungemmo sul lato buio di un grande cedro in fondo al giardino, mi fermai e dopo alcuni secondi quella massiccia figura iniziò a farsi avanti dal buio del bosco fermandosi a pochi passi da noi.
«Grazie», dissi guardando dritto davanti a me. «Sei stato molto... gentile».
«"Gentile" è il mio secondo nome», la sua strafottenza era immutata. “Sei contento ora sanguisuga?” «Posso intromettermi?».
«Jacob!», ansimò traballando sulle sue stesse gambe, se non l’avessi sorretta, sarebbe svenuta. «Jacob!».
«Ciao, Bella».
Cercò di recuperare le forze e mosse i primi passi verso il buio, quando avvertii il calore delle sue mani sulla sua vita, lasciai la presa. In quel preciso istante la trascinò a sé circondandola con il suo abbraccio e una fitta di dolore mi traversò il petto.
«Rosalie non mi perdonerà se non le concedo il giro di pista che le devo», mormorai cercando di non tradire le mie emozioni e mi allontanai.
Iniziò in quell’istante la parte più difficile di tutta la giornata. Mai come in questo momento, con le emozioni che avevo provato, mi era difficile mantenere la calma.
«Credo sia giunta l’ora del nostro ballo». Disse Rose venendomi incontro “Almeno nessuno farà caso alla tensione che hai dipinta in faccia!”
«Vorrei sapere cosa ti è saltato in mente quando hai deciso di invitare Fido.» esclamò acida.
«Non sono questioni che ti riguardano.»
«Ti sbagli. Hai coinvolto Emmett in quest’ assurda storia del controllo a distanza, senza tenere conto delle possibili conseguenze. Sono eccome questioni che mi riguardano.»
«Emmett e Jasper non rischiano niente. Non devono intervenire, se valutassero la possibilità di qualche rischio, interverrei personalmente.»
La risposta non le piacque e continuò con il suo sproloquio che ignorai senza farmi troppi problemi.
Stavano ballando, la teneva tra le braccia.
Jasper controllava il suo stato d’animo: era tranquillo. Preferivo non frugare direttamente nella mente del cane, i suoi pensieri erano irritanti e in questo momento non sarei stato in grado di tollerarli, filtrarli attraverso gli occhi dei miei fratelli rendeva tutto più digeribile.
Bella sembrava felice. Il mio scopo era stato raggiunto, questo bastava.
Poi vidi Jacob portarsi la mano di Bella al petto e con l’altra carezzarle la schiena. Sempre più in basso … un fremito mi scosse da parte a parte e il desiderio do massacrarlo co le mie mani divenne una necessità impellente.
«Sei proprio un masochista.» Sbuffò Rose. Aveva smesso di parlare dopo che si era accorta che la stavo ignorando, ma percependo la mia tensione non riuscì a trattenersi.
«Basta Rose!»
Continuavano a parlare, non avevo idea di cosa si dicessero ma sembrava che il cane riuscisse a trattenersi.
Ancora un altro ballo … la gioia nei suoi occhi era per me croce e delizia, ma ero orgoglioso del mio gesto.
Improvvisamente come un flash, la sua espressione cambiò: rabbia e indignazione sconvolsero quel volto perfetto.
“Ci siamo Edward, la tensione aumenta” mi avvisò prontamente Jasper e in un istante mi staccai da Rose che mi fissò con il terrore negli occhi.
«Che succede?» bisbiglio.
«Tranquilla, non preoccuparti.» e mi dileguai.
Arrivai dietro al cedro, esattamente dove l’avevo lasciata solo pochi minuti prima.
«Bella! Sei impazzita? Non puoi essere così stupida! Dimmi che stai scherzando!». Esclamò strattonandola con rabbia.
«Jake, basta!». La sua voce un lamento.
Dovetti impormi la calma. Se avessi seguito il mio istinto e gliel’ avessi strappata di mano, la sua reazione sarebbe stata altrettanto violenta ed il rischio per Bella troppo alto.
«Levale le mani di dosso!». Ringhiai.
«Jake, fratello, allontanati». Mi fece eco Seth comparso alle sue spalle. Era stato sicuramente avvisato dal branco. «Stai perdendo la testa. Così le fai male. Lasciala».
«Subito!», incalzai.
Jacob lasciò cadere le mani sui fianchi e in meno di un secondo la riportai da me ponendomi davanti a lei in modo da farle scudo con il mio corpo, due lupi del branco si frapposero tra me e lui mentre Seth, alle sue spalle lo stringeva tra le braccia cercando di immobilizzarlo e allontanarlo allo stesso tempo.
«E dai, Jake. Andiamo». Ma le sue parole si persero nell’aria.
«Ti ammazzo» gridò in preda alle convulsioni della trasformazione «Io ti ammazzo con le mie mani! Ora!».
“Sta cedendo dì a Seth di allontanarsi” ringhiò Sam. Stava diventando pericoloso, se si fosse trasformato per il ragazzo, sarebbe stata la fine.
«Seth, allontanati», sibilai.
Un nuovo strattone e una smorfia di dolore sulla faccia di Seth che non riuscì a spostarlo se non di pochi centimetri.
«Non farlo, Jake. Vieni via. Andiamo». “Tranquillo Edward non lo lascio! Porta via Bella!” Doveva essere una prerogativa dei lupi essere così ostinati. Perché non voleva dare ascolto!
Sam si alzò in tutta la sua imponenza e andò in suo aiuto spingendolo con la testa verso l’oscurità. L’altro lupo li seguì a ruota, un ringhio sommesso mentre ci passò accanto “SARETE SODDISFATTI ADESSO! SMETTETE DI FARLO SOFFRIRE!!”
«Mi dispiace», sussurrò addolorata mentre anche l’ultimo lupo si muoveva lento al seguito di quella triste processione.
«Ora va tutto bene, Bella», mormorai stringendola a me.
“Da questo momento penseremo noi a lui. Restatene fuori!” un altro ringhio, i suoi occhi fissi nei miei, finché il buio non lo avvolse. «Va bene», mormorai appena certo che mi avesse capito. «Torniamo».
«Ma Jake...».
«È nelle mani di Sam. Se n'è andato».
«Edward, mi dispiace tanto. Sono stata stupida... ».
«Non hai fatto niente di male... ».
«Non sono capace di star zitta! Perché mai... Non avrei dovuto farmi trascinare così. Cosa mi è passato per la testa?».
«Non preoccuparti». Le sussurrai carezzandole il volto ancora turbato da tanta emozione. «Dobbiamo tornare al ricevimento prima che qualcuno si accorga della nostra assenza».
Si guardò intorno spaesata come se avesse perso la cognizione del tempo.
«Lasciami due secondi ancora». Disse sistemandosi in fretta il vestito «L'abito?».
«A posto. Non hai un capello in disordine».
Prese un bel respiro e partì. «Okay, andiamo». La presi tra le braccia e come se non avessimo mai smesso di ballare tornammo sulla pista confondendoci con il resto degli invitati.
“C’è mancato veramente poco fratello!” pensò Jasper osservandoci dal bordo della pista, con ancora la tensione dipinta in faccia.
“Spero per te che Rose non s’infuri, perché altrimenti saprai davvero da chi devi scappare!” Possibile che Emmett, grande e grosso, com’era non riuscisse a tenere testa a sua moglie?
Con un cenno impercettibile col capo li ringraziai e tornai a concentrarmi su Bella, anche se non voleva darlo a vedere era ancora scossa da quanto appena successo, ero stato un irresponsabile.
«Stai...».
«Sto bene, sul serio. Non posso credere di aver fatto una cosa del genere. Cos'ho che non va?».
«Tu proprio niente». Io, semmai, ero stato talmente scellerato da metterla volontariamente in pericolo, oltretutto dovevo anche ammettere che Jacob aveva ragione, cosa credevo di fare? Non mi sarei mai potuto permettere una luna di miele normale. Mi stava dando di volta il cervello? Perché insistevo nell’illudermi?
«È finita, Non pensiamoci più, per stasera». Esclamò allegra.
“Come se fosse semplice …”
«Edward?».
«Ha ragione Jacob», sussurrai, e chiudendo gli occhi per trovare il coraggio di parlare appoggiai la fronte contro la sua. «Che diavolo mi passa per la testa?».
«Invece no. Jacob ha troppi pregiudizi per essere imparziale».
«Avrei dovuto farmi uccidere, per aver pensato ...». Mormorai a me stesso.
«Smettila», ribatté decisa prendendo il mio volto tra le mani. Quel calore sul mio viso mi scaldò dentro, riuscendo a darmi il coraggio di riaprire gli occhi. «Tu ed io. Questo è tutto ciò che importa. L'unica cosa cui hai il permesso di pensare. Hai sentito?».
«Sì», sospirai.
«Dimentica l'apparizione di Jacob». Era surreale, lei cercava di fare coraggio a me. «Fallo per me. Prometti che lascerai perdere».
Non potevo darle anche questo peso, quanto avrebbe dovuto affrontare era già abbastanza enorme «Promesso».
«Grazie. Edward, io non ho paura».
«Io sì», sussurrai. Ed era la pura verità, non ero mai stato tanto terrorizzato dal mio futuro come in quel momento.
«No, per favore». Rispose sorridendo. «A proposito, ti amo».
«È il motivo per cui siamo qui». Le risposi cercando di sorridere anch’io, nella vana speranza che quel piccolo gesto alleggerisse il peso che portavo sul cuore.
Esme
Due braccia forti mi cinsero la vita, persa nei miei pensieri, sussultai.
«Un penny per i tuoi pensieri.» mi sussurrò all’orecchio Carlisle.
«Sto guardando il nostro ragazzo. Ho sempre creduto che anche per lui ci fosse un’anima altrettanto pura disposta ad amarlo sopra ogni cosa, apprezzandolo per quello che realmente è e non per ciò che voleva mostrare agli altri. Doveva solo arrivare il momento e la persona giusta. Bella lo è. L’ha trasformato facendo riaffiorare quanto di più bello teneva nascosto dentro di sé.».
Silenzio. Poi un sospiro.
«Più volte ho pensato a quando sua madre me lo affidò chiedendomi di salvarlo. Il pensiero di non aver rispettato le sue ultime volontà mi ha tormentato per quasi un secolo. Oggi sono convinto di aver compiuto il mio dovere.», disse Carlisle stringendomi nel suo abbraccio.
«Ha paura. Non sa cosa lo aspetta. Sono preoccupata per lui.».
«Edward è più forte di quanto creda. Nemmeno lui si rende realmente conto di quando sia forte la sua volontà. Lei è la sua Cantante e già una volta è riuscito a fermarsi in tempo. Non succederà nulla, non ne sarebbe mai in grado. Ne sono sicuro.», la sua sicurezza riusciva sempre a infondermi serenità e stretta nel suo abbraccio continuai ad ammirare quella giovane coppia che nonostante le loro diversità, le difficoltà affrontate e quelle che erano coscienti di dover a breve superare, sorridevano felici al loro futuro.
Rimasi ad ammirarli fin quando non scorsi Alice partire all’attacco per far rispettare la sua serratissima tabella di marcia, il momento di salutarli si stava avvicinando. Insieme con Renée l' aspettammo al piano di sopra per aiutarla a cambiarsi per la partenza.
Rimasi in disparte, leggermente in imbarazzo di trovarmi lì, in quel momento così privato tra madre e figlia. Invidiai la commozione di Renée e allo stesso tempo ebbi compassione di lei che molto probabilmente non avrebbe più rivisto sua figlia, in quell’istante le promisi che avrei avuto cura di sua figlia esattamente come se fosse stata mia.
Alice cercò di sdrammatizzare il momento, trascinando Bella fuori dalla stanza ma non riuscì a separarla da sua madre nemmeno sulla scalinata, sembrava avesse capito che quello era un addio e cercasse di allontanare il più possibile il momento.
«Ti voglio bene, mamma», le sentii sussurrare e mi si strinse il cuore. «Sono davvero contenta che tu abbia Phil. Abbiate cura di voi».
La vidi guardarsi intorno spaesata, Edward la stava aspettando ai piedi dello scalone, ma non erano i suoi occhi che stava cercando in quel momento.
“Sta cercando Charlie. Edward non potete partire se prima non riesce a salutarlo …” gridai con tutta la forza del mio pensiero affinché mio figlio riuscisse a sentirmi in quel marasma di persone e applausi.
Lo vidi sorridermi e tirai un sospiro di sollievo.
La prese per mano e tra due ali di folla arrivarono nell’angolo più solitario del salone, dove un emozionatissimo Charlie cercava di nascondere i suoi occhi arrossati per la commozione.
Un abbraccio, poche parole appena sussurrate rotte dalla comune commozione.
E poi via.
Un bacio sulla porta di casa.
Uno scroscio di applausi.
La corsa verso l’auto sotto una pioggia di riso e sparirono incontro al loro destino.
Fermi sulla veranda, iniziammo a salutare gli invitati quando un ululato straziante riecheggiò nella foresta.
Un brivido mi percorse la schiena.
Era dolore, sofferenza allo stato puro.
Carlisle non si lasciò sfuggire il mio turbamento e cingendomi le spalle mi portò a sé.
«Arriverà anche il suo momento, ne sono sicuro. Ognuno ha un ruolo ben preciso in questo mondo, Jacob deve ancora trovarlo, quando lascerà da parte il suo rancore, riuscirà a scorgerlo chiaramente e tutto acquisterà un altro significato.»
Appoggiai la testa al suo petto e pregai che quel momento arrivasse anche per lui il prima possibile.
Ci vediamo tra 15 giorni!!! Commentate!!! |
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** CAPITOLO 5 ***
Salve a tutti!! Questo è un capitolo tutto Edward (se lo meritava!!), so che alcuni si aspettavano un rating rosso fuoco … mi dispiace … questo al massimo sarà un arancione intenso (o rosso sbiadito, se preferite) non sono riuscita a fare di meglio … spero apprezzerete comunque!!
Buona lettura!!
Cap.5
Edward
Ci lasciammo alle spalle Forks, direzione: Aeroporto di Seattle. L’inizio della nostra eternità.
Un ululato straziante fu l’ultimo ricordo che ci portammo con noi. Finsi indifferenza.
Lei fece lo stesso. Ma sapevo che per Bella non era stato così, percepivo nell’aria la sua malinconia. Era stata unicamente colpa della mia ostinazione che tutto fosse perfetto, se lei soffriva.
Jacob, anche.
Che cosa avevo ottenuto?
Entrambi non meritavano quest’inutile tortura. Che diritto avevo io per infliggere loro una tale sofferenza? Jacob era scappato nel tentativo di soffocare il suo dolore ed io, incurante di tutto gli avevo chiesto comunque che avvenisse questo incontro.
Cosa si celava dietro il desiderio di rendere felice Bella esaudendo il suo sogno inconfessato? L’avevo fatto veramente per lei o avevo voluto solo sbattere in faccia a Jacob la mia vittoria?
Ero solo un egoista.
Mi sarei meritato il loro disprezzo. Il SUO disprezzo. Invece era lì, accanto a me, che cercava di nascondere la sua malinconia pur di non farmi soffrire.
Non la meritavo.
Appoggiò la testa sulla mia spalla e sospirò. Mi voltai e i suoi occhi furono subito nei miei.
Avrei fatto i conti con la mia coscienza poi; adesso c’era solo lei.
«Stanca?» domandai.
«No. Curiosa. Qual è la nostra destinazione?» chiese a bruciapelo.
«Seattle.» risposi senza scompormi.
Mi guardò di traverso è sbuffò indispettita.
«Questo lo immaginavo.» borbottò, e riuscii a stento a trattenere una risata «Ciò che volevo sapere io, era dove è diretto il volo che prenderemo da Seattle.»
«Siamo un po’ troppo curiose Signora Cullen, Devi imparare ad avere pazienza.» sogghignai.
Indispettita dalla mia risposta, tornò sul suo sedile fingendo indignazione.
“Splendida.” Quando faceva l’offesa, era stupenda.
«Houston?», domandò inarcando le sopracciglia non appena lesse la nostra destinazione all'imbarco a Seattle.
«È soltanto una tappa», la rassicurai sorridendo divertito. Salimmo sull’aereo, non eravamo ancora decollati che si appisolò. Una volta arrivati a Houston, svegliarla non fu una cosa semplice … l’avrei lasciata dormire ma girare per il terminal con i bagagli a mano e una ragazza in spalla avrebbe attirato un po’ troppa attenzione.
Quando arrivammo al terminal degli imbarchi internazionali e vide il nome della tappa successiva, una luce balenò nei suoi occhi.
«Rio de Janeiro?», domandò trepidante.
«Un'altra tappa», risposi vago. Non l’avrebbe spuntata così facilmente.
Finalmente seduti nei nostri posti in prima classe, la accolsi tra le mie braccia e ancor prima di decollare era nuovamente nel mondo dei sogni.
La strinsi nel mio abbraccio per tutto il viaggio. Una miriade di pensieri si affastellarono nella mia mente … una ciocca di capelli ribelle le cadde sugli occhi … senza nemmeno sfiorarle il viso gliela sistemai dietro l’orecchio … com’era bella, non mi sarei mai stancato di ammirarla … il battito tranquillo del suo cuore mi faceva compagnia, se il mio avesse battuto ancora, sarebbe schizzato fuori dal petto tanta era l’agitazione che albergava dentro di me.
Cosa mi aspettava?
Che cosa dovevo fare adesso? Cioè tecnicamente era tutto molto chiaro nella mia mente, ma all’atto pratico ero nel panico più assoluto … Emmett l’avrebbe chiamata “ansia da prestazione”, non era quello il problema … o forse sì … in minima parte forse era anche quello, ma la mia angoscia derivava dal fatto che non avevo assolutamente idea di come avrei reagito … sarei riuscito a mantenere il mio autocontrollo in quel momento? Lei sottovalutava quanto la potessi desiderare … dal momento esatto in cui avevo capito di amarla, non avevo desiderato altro che stringerla tra le mie braccia … per sempre … sarei potuto morire abbracciato a lei. Resisterle per tutto questo tempo aveva richiesto uno sforzo inimmaginabile, e Bella non mi aveva certo facilitato il compito … Parlare con Emmett e Jasper non era stato di alcun aiuto … Non avevano fatto altro che accrescere i miei tormenti, Carlisle invece, era talmente sicuro fossi in grado di dominarmi che non aveva nemmeno contemplato l’ipotesi che potesse accaderle qualcosa “ho la massima fiducia in te Edward, già una volta ti sei fermato in tempo, non vedo come tu possa perdere il controllo ora… Non devi sottovalutare l’amore fisico … ma questo già lo sai …” sembrava che l’unico che non si fidasse di me fossi proprio io …
Borbottò il mio nome e si accomodò meglio sul mio petto, con una mano le carezzai la schiena …
Non la meritavo … ma contro ogni regola del buon senso aveva scelto me e non sarei stato in grado di oppormi al suo volere nemmeno se l’avessi voluto con tutte le mie forze.
L’annuncio dell’imminente atterraggio la svegliò, alzò lo sguardo verso di me e con gli occhi ancora abbottonati dal sonno mi regalò uno dei suoi splendidi sorrisi.
“Splendida” era l’unica parola che la mia mente riusciva a proferire.
No. Non sarei stato in grado di fare a meno di lei …
«Ben svegliata.»
«Ciao …» sbadigliò portandomi le braccia al collo. Non me l’aspettavo … così … davanti a tutti … il profumo del suo sangue mi ottenebrò la mente “Si comincia bene Edward Cullen … se per solo un abbraccio vai già in ebollizione, dopo cosa farai?” Dovevo smettere di pensare … aveva ragione Alice … Tutti questi ragionamenti non giovavano per niente al mio stato d’animo …
Atterrammo a Rio, convinta che avremmo preso un altro aereo, rimase stupita quando attraversammo con un taxi le chiassose strade della capitale brasiliana per raggiungere il porto.
Un silenzio carico di tensione e imbarazzo riempiva l’abitacolo del taxi, rotto soltanto dal rumore dei nostri flebili respiri. Mano nella mano, ci scambiavamo soltanto sguardi complici e pieni di amore. Attraversammo un viale costeggiato da alberghi di lusso, i suoi occhi saettavano da un lato all’altro della strada, immaginai credesse che ci saremmo fermati in uno di loro per la notte … pensava davvero che avrei scelto un albergo per la nostra luna di miele … Il suo viso fu attraversato da una smorfia di panico … non ero il solo ad essere in tensione, ma se fosse stata preoccupata, un decimo soltanto di quanto lo ero io in quel momento: avrebbe gridato.
Il taxi ci lasciò alla banchina, dove era attraccata la nostra imbarcazione. Caricai le valige, la aiutai a salire a bordo e puntammo a tutta velocità verso l’orizzonte.
Il vento che mi sferzava il viso mi faceva sentire più leggero, la velocità riusciva a lenire la tensione e mi accorsi che finalmente sul mio volto era arrivato un sorriso.
«Manca ancora molto?», domandò. Facendomi tornare improvvisamente alla realtà.
Tensione, paura, agitazione.
«Solo un'altra mezz'ora». Le risposi cercando di nasconderle il mio tormento, quando vidi le sue mani che stringevano il sedile, compresi che nella sua mente c’erano in miei stessi pensieri e le sorrisi nella speranza di alleviarle il tormento.
Il silenzio tornò a fare da padrone fino a quando una ventina di minuti dopo apparve all’orizzonte la nostra meta.
«Bella, guarda là». Dissi indicando un’ombra scura proprio davanti a noi.
Si avvicinò al mio fianco e un brivido mi percorse la schiena. La vidi sporgersi in avanti strizzando gli occhi, forse era ancora troppo presto perché la sua vista potesse scorgere qualcosa; quando, finalmente.
«Dove siamo?», mormorò meravigliata mentre iniziavo a cambiare rotta per avvicinarmi al pontile di attracco.
«Questa è l'Isola Esme». Risposi sorridendole.
Rallentai per avvicinarmi al pontile e attraccai. Spensi il motore e in quel momento il silenzio fu assoluto. Solo lo sciabordio tipico delle onde che s’infrangevano contro la barca faceva in modo da ricordarci che eravamo ancora sulla terra.
Una lieve brezza creava un fruscio sommesso tra le palme, ma non era abbastanza da stemperare l’aria afosa e umida che regnava sull’isola.
Tutto sommato avevo scelto bene … se non altro il freddo del mio corpo sarebbe stato mitigato dal caldo tropicale.
«Isola Esme?».sussurrò, intimorita dalla sua stessa voce.
«Un regalo di Carlisle: Esme ha proposto di prestarcela». Risposi automaticamente. Lei si limitò ad annuire studiandomi accuratamente.
Deglutii per l’imbarazzo e iniziai a scaricare le valige.
Una volta posate sul pontile tornai da lei, la presi in braccio e, con un salto, arrivai sulla terra ferma.
«Non dovresti aspettare fino alla soglia di casa?», domandò emozionata. «Lo sai che sono pignolo». Afferrai le valige con la mano libera e m’incamminai lungo il sentiero che portava verso la nostra destinazione … casa …
La nostra prima casa.
In quel preciso istante il suo cuore impazzì, avesse potuto, il mio l’avrebbe imitato. Mi soffermai sul suo sguardo, dritto davanti a sé, senza guardare nulla di preciso, il suo respiro appena percepibile anche per il mio udito.
Non avevo bisogno di sapere cosa pensasse, dalle sue reazioni ero riuscito a farmi un’idea abbastanza precisa, anche perché io ero nelle sue stesse condizioni: in preda al panico.
Senza dire una parola giungemmo sotto la veranda.
Appoggiai le valige a terra.
Continuai, però, a tenerla tra le mie braccia. Non ero sicuro che le sue gambe fossero in grado di sostenerla, ed ero invece certissimo della necessità che avevo di sentirla vicino a me.
Aprii la porta d’ingresso e la guardai. “Ti prego … sei ancora in tempo … ”
Ovviamente ignorò la mia angoscia. Mi guardò dritto negli occhi e si appoggio al mio petto.
Una dopo l’altra, in silenzio, le mostrai tutte le stanze della casa. Non riuscivo ad articolare né pensieri né parole di senso compiuto, mi muovevo come un automa nei corridoi della casa. Come se fossi in trance, fino ad arrivare all’ultima stanza...
Quando l’aprii, mi mancò il fiato. Non che non sapessi cosa celasse, la conoscevo bene, solo che adesso trovarsi lì, con lei, con quell’enorme letto davanti ai miei occhi, implicava tutta una serie di cose che ancora non sapevo se ero in grado di affrontare e gestire con lucidità.
La lasciai scendere «Vado... a prendere le valigie». Dissi senza avere il coraggio di guardarla, e tornai sui miei passi.
“Codardo! Sei solo un codardo Edward Cullen!” continuai a ripetermi mentre percorrevo nuovamente il tragitto fino alla porta d’ingresso. Una volta recuperati i bagagli, tornai nella stanza e vidi che aveva mosso soltanto pochi passi verso il letto, al mio ingresso non si mosse, sicuramente non mi aveva sentito arrivare.
Arrivato alle sue spalle, rimasi inebetito a fissarla “Fai qualcosa, qualunque cosa ma sblocca questa situazione” gridava la mia mente.
«Fa un po' caldo qui», “Complimenti! Gran bella frase d’effetto!” esordii infine scusandomi impacciato. «Pensavo... fosse meglio così».
«Pignolo» mormorò sottovoce. E non trattenni una risatina nervosa
«Mi sono sforzato di rendere tutto... più facile», confessai quasi colpevole.
Deglutì.
L’angoscia prese in sopravvento. Avevo bisogno d’aria.
«Mi chiedevo», mormorai imbarazzato «se... prima... ti andasse un bagno di mezzanotte con me?». Ce l’avevo fatta! Ero riuscito ad articolare una frase di senso compiuto.
Il più era fatto.
Presi un bel respiro e continuai «L'acqua è molto calda. Questo è il genere di spiaggia che ti piace».
«Bell'idea». Replicò secca.
Ero spacciato.
«Immagino che ti servano un paio di minuti da umana... il viaggio è stato lungo». Temporeggiare era diventato il mio obiettivo principale.
Annuì irrigidendosi. Non ero il solo in imbarazzo. Le sfiorai il collo con un bacio leggero, un brivido la percorse, il profumo del suo sangue mi fece vacillare ma cercai di mantenermi saldo sulle gambe, “Svenire non serve a niente in questo momento” pensai «Non metterci troppo, signora Cullen» dissi ridacchiando dell’improvvisa sfacciataggine con cui mi erano uscite quelle parole.
Ancora un tremito sulla sua pelle.
“Calmati Edward”, pensai mentre prolungavo fin sulla spalla quella scia di baci. «Ti aspetto in acqua». Dissi, infine, staccandomi da lei.
“Finalmente una buona idea Cullen” pensai complimentandomi con me stesso per la fermezza che ero riuscito a mantenere e togliendomi la camicia, uscii dalla portafinestra per raggiungere l’oceano.
Non avevo ricordo fosse così caldo … di solito i vampiri non sentono caldo … io stavo soffocando … con solo i pantaloni indosso raggiunsi la battigia.
Iniziai a camminare nervosamente avanti a indietro.
Carlisle era assolutamente convito che sebbene le emozioni che avrei provato sarebbero state potenti ed estremamente coinvolgenti, avrei trovato dentro di me la forza per non farle del male.
“Illuso”
Jasper sosteneva fosse un’esperienza intensa, ma mai quanto bere il sangue umano.
“Schietto e concreto”
Emmett aveva descritto il tutto come un vortice di sensazioni estreme, pronte a sconvolgerti nel profondo, interrompendo il contatto con la realtà tanto che quando pensi di non poterne più, ecco che ti portano con sé in una dimensione parallela.
“Sincero”
La versione di Emmett era quella che mi aveva turbato più di tutte … chissà come mai ero convito fosse quella che più si avvicinava alla realtà di ciò che avrei vissuto.
Quanto tempo era passato da quando avevo lasciato la camera? 1 minuto? 1 ora? 2 giorni? L’attesa iniziava a logorarmi.
Cosa stava facendo Bella? Forse si era sentita male? Forse dovevo andare da lei?
NO!
Forse dovevo SOLO calmarmi! Non poteva esserle accaduto nulla, era in camera, salvo che non si fosse messa a fare bungee jumping dall’armadio non le sarebbe mai potuto succedere niente.
Mi fermai di scatto e fissai quell’immensa distesa d’acqua davanti ai miei occhi. L’idea di fare una nuotata per allentare la tensione mi sembrò essere una grande trovata.
Lasciai i pantaloni sul ramo di un albero non distante dalla riva e mi tuffai.
Nuotai più veloce che potevo, tendendo i muscoli fino allo spasimo … l’isola era diventata minuscola ai miei occhi. Ripercorsi la stessa distanza fino alla riva … avvertivo la tensione sciogliersi lentamente … la nuotata era stata utile … forse.
Arrivato quasi alla riva, intravidi in controluce il suo profilo che usciva dalla porta finestra della camera. Un tremito mi percorse lungo tutta la schiena e i benefici della nuotata andarono a farsi benedire.
Voltai le spalle all’isola e rivolsi lo sguardo al mare aperto, imponendomi di respirare profondamente per mantenere calma e lucidità.
Nonostante camminasse lentamente ed il rumore dei passi fosse attutito dalla sabbia, avvertivo distintamente il suo incedere traballante … quasi insicuro.
Silenzio.
Doveva essersi fermata, forse un guizzo di lucidità le aveva fatto cambiare idea e stava per tornare sui suoi passi e … no … qualcosa era caduto sulla sabbia, ne avevo percepito il rumore ovattato quasi inconsistente.
I passi ripresero, lenti, cadenzati, sempre più vicini.
Era sulla battigia, il rumore che percepivo era appena più cupo.
Era entrata in acqua, il gorgoglio delle piccole increspature che l’acqua generava sul suo corpo che avanzava m’indicavano quanto fosse vicina.
Adesso era lì. Accanto a me.
Il suo respiro mi rimbombava in testa come un tamburo.
Ero completamente paralizzato dal terrore quando la sua mano si posò sulla mia che galleggiava sul pelo dell’acqua, ed intrecciate insieme vi sprofondarono dentro.
«Bellissima», disse e le vidi con la coda dell’occhio alzare lo sguardo verso la luna.
«Niente male», risposi a fatica cercando di nascondere la mia angoscia.
“Cullen, reagisci! Non puoi ridurti così!” racimolai il poco coraggio che mi era rimasto e mi voltai. E davanti ai miei occhi apparve la cosa più bella che avessi mai visto.
Bella era lì.
Davanti ai miei occhi increduli.
Era nuda.
Certo avrei dovuto aspettarmelo … ma trovarmela “così” senza alcun preavviso davanti, sbriciolò ogni residuo di buon senso, istintivamente le sarei voluto saltare addosso “Cerca di usare quel poco di raziocinio rimasto Edward!” esordì la voce della mia coscienza e mi limitai a intrecciare più forte le dita della sua mano con le mie.
Scottava.
Ed in quell'istante bruciai anch’io.
Il mio cervello si scollegò dal resto del corpo e senza rendermene conto sentii il suono della mia voce nelle orecchie «Però io non userei la parola "bellissima", non se il confronto è con te».
Un timido sorriso le illuminò il viso e poi cogliendomi come sempre di sprovvista fece un gesto che mai mi sarei immaginato: sollevò l’altra mano, finora nascosta sotto l’acqua, fino a posarla sul mio petto, senza mai distogliere il suo sguardo dal mio.
Un altro fremito mi scosse, il respiro agitato tradì il mio stato d’animo.
«Ho promesso che ci avremmo provato», sussurrai, non riuscendo più a nascondere il mio nervosismo. «Se... se faccio qualcosa che non va, se ti faccio male, dimmelo subito».
Annuì guardandomi dritto negli occhi e ancora una volta mi stupì avvicinandosi a me fino a posare il capo sul mio petto.
«Non temere», mormorò. «Noi ci apparteniamo».
Travolto dalla verità di quelle parole, lasciai che l’istinto mi guidasse e l’abbracciai stretta a me.
Non so come ci riuscì, ma quelle semplici parole furono in grado di abbattere tutti i muri che la mia mente aveva eretto: era la cosa giusta da fare, non c’era momento più perfetto di quello.
«Per sempre» sussurrai al suo orecchio mentre, lentamente, lasciandomi trascinare dalla corrente feci scorrere le mie mani lungo la sua schiena.
***
Il bacio che ne seguì, dapprima dolce e delicato si trasformò in violento e passionale non appena le sue mani s’intrecciarono nei miei capelli. L’urgenza e il desiderio che avvertivamo entrambi stava diventando irrefrenabile, sciolsi l’abbraccio e prendendola tra le mie braccia tornai, alla nostra camera; lentamente, nonostante il desiderio di lei fosse così dirompente, non volli perdermi nemmeno un attimo di quegl’istanti preziosi.
La adagiai sul letto interrompendo il nostro bacio. L’ultimo spiraglio di buonsenso prese la parola
«Sei … sei sicura?» sussurrai. Mai la mia voce era stata talmente roca.
Non rispose.
Portò ancora una volta le mani alla mia nuca attirandomi a sé, per riprendere da dove avevamo interrotto.
Fu il punto di non ritorno.
Sentivo le sue mani scorrere lungo la mia schiena. Il suo corpo bruciare e quello stesso calore riscaldare anche me. Accarezzavo il suo corpo come se fosse il più delicato dei cristalli, come se potesse sgretolarsi nelle mie mani da un momento all’altro … ed in effetti era proprio così … ma la frenesia di esplorare ogni parte di lei era diventata ingestibile, le mie mani si muovevano da sole non rispondendo più ai comandi logici impartiti dal cervello. Le accarezzai i seni e un gemito uscì dalla sua bocca, forse non era così complicato come avevo fin’ora creduto, una mano si staccò dal suo seno solo per cedere il posto alla bocca … e proseguì il suo tragitto lentamente lungo l’addome, i fianchi, la coscia per poi risalire proprio lì al centro esatto della sua femminilità. Iniziai a carezzarla, dapprima lentamente, poi sempre con maggiore intensità … un altro gemito, più forte del primo ed il suo abbraccio mi strinse ancor più a lei.
Il silenzio dell’isola era rotto soltanto dai nostri respiri affannati; il suo irresistibile profumo di donna saturava completamente la stanza, era così dannatamente dolce ed erotico da offuscare quasi quello del suo sangue, fino a quando quest’ultimo non mi colpì violento come uno schiaffo in pieno volto. Percepii il suo corpo irrigidirsi e un mugolio, questa volta di dolore, uscire dalla sua bocca.
Le mie labbra, già sul suo collo, si spalancarono mostrando quanto di più letale avessi in possesso: i miei canini, affilati e pronti a dilaniare tutto ciò che ostacolava il mio accesso al quel nettare dolcissimo e così tremendamente invitante, l’istinto del predatore stava schiacciando la ragione e l’amore, un richiamo primordiale difficile da contenere. I canini premevano sulla sua pelle quando avvertii un fastidio sulla mia schiena, una pressione appena accennata; un sussurro quasi impercettibile arrivò al mio orecchio.
«Ti … Ti amo … Edward …» nella sua voce, un misto di dolore ed estasi.
Rimasi impietrito.
Davanti agli occhi le immagini della nostra storia: l’aula di biologia, la radura, il suo abbraccio a Volterra, la notte che mi disse “Sì”, fino ad arrivare a soltanto un giorno fa quando i suoi occhi commossi davanti all’altare mi avevano fatto tremare per l’emozione …
«Stringimi Edward … di più … stringimi …» continuò a sussurrare al mio orecchio. Non so se fu l’effetto di quei ricordi o il suono della sua voce rotto dal piacere che mi fecero affondare il viso nei cuscini su cui era adagiata, li morsi con una ferocia inaudita, riducendoli a brandelli, sfogando su di loro tutta la frustrazione che il mostro portava con sé, senza mai smettere di abbracciarla, e stringerla a me: finalmente uniti come una cosa unica e indissolubile.
Raggiungemmo il culmine insieme, stretti nel nostro abbraccio e rimanemmo così fin quando gli ultimi spasmi di tutto quel piacere non si attenuarono, fino a dissolversi, lasciando in noi un senso di appagamento totale. Rotolai su un fianco e la portai sopra di me.
«Ti … amo.» farfugliò prima di accoccolarsi sul mio petto e crollare in un sonno profondo.
«Anch’io …» risposi, ormai a me stesso, dopo alcuni secondi, ancora incredulo di quanto era appena accaduto e del dramma che ero riuscito a scongiurare.
Beandomi del calore che il suo corpo mi donava chiusi gli occhi, rivivendo tutto come un sogno.
---
Solo poche ore dopo davanti ai miei occhi la cruda verità.
Mostro.
Ero un Mostro. Della peggior specie.
Come avevo solo potuto immaginare di non poterle fare del male.
Bella dormiva appoggiata sul mio petto, il suo respiro regolare mi faceva supporre che non stesse soffrendo, almeno per il momento.
Era tutta la notte che osservavo quelle terribili impronte sul suo corpo perfetto trasformarsi da semplici arrossamenti a macchie sempre più violacee.
Era tutta la notte che la stavo accarezzando, come se potessi lavare via dal suo corpo le tracce della mia follia che adesso sotto la luce del sole, sembravano ancora più scure.
Il suo respiro cambiò ritmo e avvertii un debolissimo brivido sulla sua pelle.
Si stava svegliando.
Come potevo ancora guardarla negli occhi dopo ciò che le avevo fatto. Si era fidata di me, concedendosi senza il minimo timore … ed io avevo tradito la sua fiducia e ... le sue braccia mi strinsero in un abbraccio!?!
L’odio nei miei confronti raggiunse i massimi livelli.
Cercando di dominare la rabbia che mi stava logorando dentro, mantenni il silenzio e continuai ad accarezzarla fin quando il suo stomaco gorgogliò e una risatina sommessa ruppe quel silenzio assordante.
«Che c'è di buffo?», mormorai. La mia voce uscì talmente seria ed impostata che faticai io stesso a riconoscerla.
Altro gorgoglio, altra risatina, questa volta più decisa. «Che più di tanto non si può fingere di non essere umani». Rispose con una tale ilarità nella voce da sembrare quasi fuori luogo.
Rimasi impassibile.
Nulla in quella situazione riusciva a suscitarmi la benché minima allegria.
E Bella se ne accorse.
La sentii muovere, non ero ancora in grado di incrociare il suo sguardo iniziai così a fissare un punto indefinito nel baldacchino.
«Edward, che c'è? Che c'è che non va?» Domandò in apprensione.
«E te lo chiedi?», risposi secco. Non spostando di un millimetro il mio sguardo.
La vista del suo corpo deturpato era insostenibile.
Ma ancora di più fu il silenzio che ne seguì, carico di tensione, amarezza. Non so quanto tempo trascorse forse solo una manciata di secondi, abbassai lo sguardo sul suo viso e l’insicurezza che vi lessi mi spiazzò completamente.
«A cosa pensi?», sussurrai lisciando con un dito le rughe di espressione che si erano formate sul suo volto.
«Sei arrabbiato. Non capisco. Ho...?». Non riuscì a finire.
Il dolore doveva essere insopportabile. «Senti molto dolore Bella? Voglio la verità, non fare finta che non sia nulla».
«Dolore?» Domandò con voce stridula.
Bluffava.
Come sempre.
Non avrebbe mai ammesso di stare male in quel momento. Alzai un sopracciglio soppesando con lo sguardo ogni sua mossa. Iniziò a stiracchiarsi, mosse più volte le articolazioni di braccia e gambe, soffermandosi a valutare ogni movimento l’espressione sul suo viso passò nel giro di un minuto, dallo stupore alla rabbia.
«Perché ti sembra che dovrei star male? Non mi sono mai sentita meglio». Disse tutto d’un fiato.
“Questo è veramente troppo!” «Piantala». Sentenziai duro dopo aver chiuso gli occhi nel vano tentativo di mantenere saldi i miei nervi.
«Piantala cosa?».
«Piantala di fingere che io non sia stato un vero mostro».
«Edward!», sibilò furiosa, finalmente si era accorta di ciò che le avevo fatto?
«Non dirlo mai più».
Evidentemente no.
E ormai incapace di posare lo sguardo sulla mia vergogna continuai a non guardare.
«Guardati, Bella. E dimmi che non sono un mostro». Riuscii a farfugliare. Se veramente voleva negare l’evidenza, non gliel’ avrei permesso. Non questa volta.
«Perché sono coperta di piume?» domandò stupita.
“Con tutti i segni che ho lasciato sul tuo corpo, ti preoccupi delle piume?” Sbuffai ormai al limite della sopportazione . «Ho morso un cuscino. O forse più d'uno. Ma non è di questo che parlo».
«Hai... morso un cuscino? E perché?».
“Possibile tu non capisca?!” «Guarda, Bella!». Ruggii spalancando gli occhi mentre le afferravo una mano, cercando allo stesso tempo di essere delicato, almeno più di quanto lo ero stato la notte precedente, nel tentativo di mettere fine a quell’inutile farsa, le mostrai il suo braccio «Guarda qui».
Scrutò attentamente, si liberò dalla mia presa iniziando ad analizzare le macchie violacee che costellavano il suo corpo ed infine capì.
Quasi con terrore avvicinai la mia mano al suo braccio dimostrandole che i segni che stava osservando corrispondevano esattamente con la mia mano … come un marchio impresso sulla pelle … «Oh», fu tutto ciò che disse, e iniziò a riflettere.
«Mi... dispiace, Bella, davvero», sussurrai non riuscendo a distogliere lo sguardo da quelle orribili macchie violacee «Avrei dovuto saperlo. Non era il caso di... ». “sono un mostro che non merita che il tuo disprezzo” Borbottai dando voce alle grida della mia mente «Non trovo le parole per dirti quanto mi dispiaccia», conclusi alzando nuovamente la voce mentre dalla vergogna sprofondai il viso nelle mie mani.
Calò il silenzio, sperai che finalmente iniziasse a capire, quando sentii la sua mano sul mio braccio, scivolare fino al polso provando a scostarmele dal viso.
Ma la mia vergogna era talmente forte che non ero in grado di sostenere il suo sguardo.
«Edward».
“Ti prego smettila …” Non reagii.
«Edward?».
“BASTA!! CON LA TUA FINTA PIETA’!”
«A me non dispiace, Edward. Io sono... non riesco neanche a dirtelo. Sono talmente felice. E questo non offusca la mia felicità. Non prendertela. No. Sto davvero b...».
“NO! NON DOVEVA NEMMENO OSARE DIRE UNA COSA SIMILE!” «Non pronunciare la parola "bene". Se ti sta a cuore la mia salute psichica, non dirmi che stai bene».
«Ma è così», sussurrò.
«Bella». Mugolai in un lamento. «Basta».
«No. Tu basta, Edward». Spostai un braccio, incrociai il suo sguardo, la determinazione nei suoi occhi m’intimorì.
«Non rovinare tutto», disse quasi in una preghiera. «Io. Sono. Felice».
«Ho già rovinato tutto», sussurrai.
«Piantala», alla sua replica testarda digrignai i denti e un ringhio uscì dal mio petto.
«Uffa! Perché non sei ancora capace di leggermi nel pensiero? È davvero fastidioso essere una muta mentale!».
Sgranai lo sguardo, completamente spiazzato dalla sua affermazione. «Questa è nuova. Sei sempre stata felice che non ti leggessi nel pensiero».
«Non oggi».
«Perché?» chiesi nel tentativo di studiare il suo comportamento. In quel momento la sua mano mi colpì con rabbia il petto.
«Perché capiresti quanto tutta quest’ angoscia sia completamente inutile se solo potessi vedere come sto adesso! O cinque minuti fa, ecco. Ero perfettamente felice. Totalmente e completamente beata. Adesso... ecco, più o meno mi hai fatto incazzare».
«È giusto che tu ce l'abbia con me». “Il motivo è irrilevante …”
«Be', ora è così. Ti senti meglio?». Replicò acida.
Sospirai avvilito. «No. Non c'è niente che potrebbe farmi sentire meglio, adesso».
«Ecco», sbottò. «Ecco perché sono così arrabbiata. Stai uccidendo la mia euforia, Edward».
“Questa poi …” pensai alzando gli occhi al cielo.
Avvertii i suoi occhi addosso, prese un profondo respiro e riprese a parlare.
«Sapevamo che stavamo rischiando. Lo davo per scontato. E invece, be', è stato molto più facile di quanto pensassi. E questo non è niente, davvero». L’irritazione nella sua voce aveva lasciato il posto alla dolcezza, mi accarezzò il braccio e riprese a parlare. «Secondo me, per essere la prima volta, senza sapere cosa ci aspettava, ce la siamo cavata alla grande. Con un po' di esercizio ... ».
“ADESSO STAI RASENTANDO LA PAZZIA!!” pensai guardandola talmente sconvolto che l’espressione sul mio viso parlò da sola, arrestando immediatamente il flusso insensato delle sue parole.
«Scontato? Ti aspettavi tutto questo, Bella? Avevi messo in conto che ti facessi del male? Pensavi sarebbe andata peggio? Consideri l'esperimento un successo solo perché sei sopravvissuta? Niente ossa rotte uguale vittoria?». Gridai, ormai sull’orlo di una crisi di nervi.
Restò impassibile a guardarmi. Lo sguardo impenetrabile. Cercai di calmarmi. «Non sapevo cosa aspettarmi, ma di sicuro non mi aspettavo che... che... fosse così meraviglioso e perfetto» sussurrò con un filo di voce spostando lo sguardo sulle sue mani, era in imbarazzo. «Cioè, non so com'è stato per te, ma per me è andata così».
“Ottimo. Oltre ad averti riempita di lividi ho distrutto anche la sua autostima di donna! Complimenti Edward! Meglio non potevi fare.” Cercando di rimediare almeno in parte ai miei errori tentai di calmarmi ulteriormente e provai a parlarle. Ci mancava altro che credesse non mi fosse “piaciuto”, avrei ricominciato in quello stesso istante se ciò non avesse messo in pericolo ancora una volta la sua vita.«È di questo che sei preoccupata?», dissi sollevandole il mento con un dito. «Che io non mi sia divertito?».
«So che non è la stessa cosa. » continuò ancora a sguardo basso «Tu non sei umano. Stavo solo cercando di spiegare che, per un essere umano, be', non riesco a immaginare che la vita vada meglio di così».
Rimasi a guardarla, sconvolto dalle sue parole, vergognandomi come il peggiore dei criminali.
L’avevo mortificata.
Nel tentativo di farle capire le mie ragioni, l’avevo ferita.
Non l’avevo capita.
Avevo completamente ignorato i suoi sentimenti.
Ero un mostro.
«A quanto pare ho altro di cui scusarmi». Risposi cupo. «Forse davo per scontato che, a causa della mia reazione, pensassi che stanotte non fosse stata... be', la notte migliore della mia esistenza. Ma non voglio che la pensi così, non nel momento in cui...».
«Davvero? La migliore in assoluto?» chiese con un filo di voce e dal tono della stessa potevo avvertire il sorriso nascere sul suo viso.
Le presi il viso fra le mani e continuai. «Dopo che tu ed io abbiamo stretto il nostro accordo, ho parlato con Carlisle, sperando nel suo aiuto. Ovviamente mi ha avvertito che tutto questo poteva essere molto pericoloso per te. Però ha aggiunto che si fidava di me, una fiducia che non ho onorato». Impedendole di replicare continuai, dovevo parlare, liberarmi del peso che avevo addosso.
«Gli ho anche chiesto cos' avrei dovuto aspettarmi. Non sapevo come sarebbe stato per me... per la mia natura di vampiro». Sorrisi senza entusiasmo. «Carlisle mi ha detto che sarebbe stato qualcosa di molto potente, di unico. Mi ha detto di non prendere alla leggera l'amore fisico. La nostra indole è piuttosto stabile e le emozioni forti possono alterarla in modo permanente. Ma di questo, secondo lui, non dovevo preoccuparmi, perché tu mi hai già alterato completamente». Il pensiero di come Bella mi aveva trasformato mi strappò un sorriso più vero e continuai «Ho parlato anche con i miei fratelli. Mi hanno raccontato che è un piacere grandissimo. Secondo soltanto al sapore del sangue umano … Ma io ho assaggiato il tuo, e non esiste sangue più potente di quello... Secondo me si sbagliano, davvero. Per noi è qualcosa di diverso. Qualcosa di più».
«Certo che sì. Per noi è tutto».
«Ma ciò non mette in discussione il fatto che sia sbagliato. Anche ammesso che tu ti sia davvero sentita così».
«Ma cosa dici? Pensi che finga? Perché?».
«Per farmi sentire meno in colpa. Non posso ignorare i fatti, Bella. O le volte in cui hai tentato di giustificarmi dopo che ho commesso degli errori …».
Replicando il mio stesso gesto accolse il mio viso tra le sue mani, facendo quasi sfiorare i nostri volti «Stammi a sentire, Edward Cullen. Non sto fingendo un bel niente per far piacere a te, okay? Non immaginavo neanche di doverti consolare, finché non hai iniziato con i tuoi lamenti. Non sono mai stata così felice in vita mia, nemmeno quando mi hai detto che mi amavi più di quanto volessi uccidermi, nemmeno il primo mattino in cui ti ho trovato ad aspettarmi al mio risveglio... Nemmeno quando ho sentito la tua voce nella scuola di danza», e al ricordo trasalii ma lei continuò decisa «e nemmeno quando hai detto "sì" e ho capito che, in un modo o nell'altro, sarei riuscita ad averti per sempre. Questi sono i miei ricordi più belli, ma nessuno vale quanto stanotte. Fattene una ragione».
«Sei triste per colpa mia. Non voglio». Mormorai sfiorandole le sopracciglia.
«Allora non essere triste tu. È l'unico particolare sbagliato».
La squadrai un attimo, presi un profondo respiro e annuendo mi rilassai. «Hai ragione. Il passato è passato ed io non posso fare nulla per cambiarlo. Non ha senso che il mio malumore contagi anche te. Farò tutto il possibile per renderti felice». Risposi sorridendole.
«Proprio tutto?». Chiese nell’istante esatto in cui il suo stomaco reclamò nuovamente attenzione.
«Hai fame», risposi scattando giù dal letto, alzando così una nuvola di piume.
«E perché mai avresti deciso di rovinare i cuscini di Esme?», domandò alzandosi.
«Non sono sicuro di aver "deciso" qualcosa, stanotte», mormorai quasi imbarazzato mentre tentavo di scrollarmele di dosso «Per nostra fortuna, erano i cuscini e non te». Scossi la testa, cercando di spazzare via il ricordo di quel terribile momento dalla mia mente; e fingendo noncuranza continuai a sorriderle. Tutti i miei sforzi di mostrarmi sereno si vanificarono nel momento in cui la vidi nuda in piedi accanto al letto con il corpo costellato di lividi.
Mi voltai istintivamente nel tentativo di nascondermi a lei, serrando i pugni per la rabbia. Trattenendo il respiro per non esplodere.
«Ti sembro così repellente?», domandò con tono leggero. “Hai già fatto abbastanza danni per oggi Cullen … Non ricominciare, non si merita anche questo.” Lentamente ripresi a respirare, ma non riuscii a trovare la forza di voltarmi e, a passo umano, mi avviai verso la cucina.
Quando un lamento proveniente dal bagno mi levò il respiro. Nella frazione di un secondo fui da lei.
«Bella?».
«Non riuscirò mai a togliermele tutte dai capelli!». Piagnucolò cercando di rimuovere il groviglio di piume e capelli che le incorniciava il volto.
Forse in un'altra dimensione, con un altro stato d’animo avrei trovato quella situazione esilarante.
Ma non in quel momento. «Proprio dei capelli ti preoccupi», brontolai iniziando ad aiutarla.
«Come fai a non ridere? Sono ridicola».
Evitai di risponderle. Il silenzio m’impedì di sputare fuori tutta la rabbia che covavo dentro al solo pensiero di come e del perché tutte quelle piume si annidassero tra i suoi capelli. Ma non sarebbe più accaduto.
Non l’avrei permesso.
Non fino a quando non fosse diventata come me.
«Così non va», sospirò. «Sono tutte appiccicate. Devo cercare di lavarle via». Si voltò di scatto cingendomi la vita. «Mi aiuti?».
E non sarebbe stato facile.
«Meglio che vada a prepararti da mangiare», dissi a bassa voce reprimendo il desiderio devastante che avevo di lei e, sciogliendo l’abbraccio, tornai in cucina.
Quando si presentò in cucina era già tutto pronto.
«Ecco», dissi sorridente mentre le porgevo il piatto con l’omelette. Si sedette al tavolo e iniziò a divorare la sua colazione. Seduto dalla parte opposta del tavolo, la osservavo incantato e colpevole.
«Non ti do da mangiare abbastanza spesso». Constatai ad alta voce la mia ennesima mancanza.
«Stavo dormendo. A proposito, sono molto buone. Niente male, per uno che non mangia». Rispose dopo aver inghiottito un enorme boccone.
«La prova del cuoco», precisai sfoderando il sorriso che sapevo adorava, nel tentativo di rasserenarla un po’.
«Dove hai preso le uova?».
«Ho chiesto ai domestici di riempire il frigo. Una novità, in questa casa. Dovrò chiedere loro di occuparsi anche delle piume...». Ma il discorso morì lì. Mi vergognavo troppo anche solo a ricordarlo.
Restai, così, in silenzio a guardarla spolverare con gusto il suo pasto, fino all’ultima briciola.
«Grazie», disse. Ma quando me la ritrovai a pochi millimetri da me in attesa di un bacio trasalii serrando le mascelle, ancora sconvolto da ciò che era stato e mi scostai da lei. «Non mi toccherai più finché staremo qui, vero?». Non era una domanda. Era un’accusa.
Ancora una volta mi vergognai.
Abbozzai un sorriso, carezzandole una guancia. Il suo viso si poggiò sul mio palmo e un calore intenso m’ invase.
«Lo sai che non è quello che vorrei». Sospirai scostando la mano.
«Lo so. Ma è così».
“Non hai nemmeno idea di quanto mi costi” sollevai il capo e con decisione ribadii la mia posizione, che le piacesse o no avremmo fatto come volevo io. «Non farò l'amore con te finché non ti sarai trasformata. Non voglio farti del male, mai più».
E con questo vi saluto, chiudo per ferie. Il prossimo capitolo arriverà puntuale il 12 settembre.
BACIONI E BUONE VACANZE A TUTTI!!!!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** CAPITOLO 6 ***
Bentornatiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Passate bene le vacanze?
Non mi dilungo in chiacchiere, avete aspettato fin troppo!!!
Buona Lettura.
Cap.6
Alice
Era passato un giorno da quando il mio fratellone e la mia nuova sorellina avevano lasciato Forks con destinazione: Isola Esme!! Splendida destinazione, le manie di perfezionismo di Edward avevano rasentato l’eccellenza e, a giudicare da quanto avevo intravisto sbirciando nel loro immediato futuro, era stata un’ottima scelta.
Anche Emmett era giunto alle mie stesse conclusioni e sostenendo la tesi secondo cui Edward, con il suo potere, violava costantemente la nostra privacy, lui era autorizzato a impicciarsi dei fatti suoi adesso che era lontano.
Tutte balle.
Aveva scommesso con Jasper ed era ansioso di sapere. La curiosità aveva avuto facilmente la meglio sulla sua, già carente, buona educazione rendendolo così più assillante di una mosca Tsé-Tsé.
Seduta sul divano, sfogliavo distrattamente l’ultimo numero di Vogue cercando di ignorare l’orso impiccione che mi girellava intorno con il solo scopo di carpire in anteprima dalle mie espressioni se avevo qualche succulenta novità dalla luna di miele dei nostri piccioncini.
L’unica visione degli ultimi minuti mi aveva solo anticipato che la sua fastidiosa presenza sarebbe durata ancora per poco.
«Hei Emm!» lo chiamò Jasper «Smettila di ciondolare da un lato all’altro della sala e andiamo a caccia.» era un po’ che lo stava osservando e sapeva, anche senza prevedere il futuro, che avrei, entro breve, perso la pazienza se non me lo avesse tolto di torno il prima possibile.
«Mmmmm … arrivo» mugugnò avvilito «… però NON È GIUSTO che LEI sappia e NOI no!».
«Vorrai di dire: che IO sappia e TU no.» replicai sfoderando il mio miglior sorriso.
«Insinui che sono geloso??»
“Colpito e affondato!” «Geloso forse no. Ma curioso e impiccione, SICURAMENTE SI!»
«Ma sentitela!!!! Sono solo preoccupato di ciò che potrebbe accadere. … Insomma Edward è … inesperto … aveva una fifa blu … e …».
«Dì piuttosto che vuoi sapere se ha mantenuto alta la fama dei Cullen.» intervenne Rosalie raggiungendoci in salotto.
«Ma cosa?!?!?! Rose!!! Ma per piacere!!! … Voi due vi siete coalizzate!!!» sbottò furibondo per essere stato colto in castagna «Edward vi ha corrotto vero?? »
«Dai Emmett, rinuncia. Non otterrai nulla se continui così, dammi retta, mai mettersi contro Alice Cullen. Andiamo a caccia.» Alle parole di Jasper chinò il capo e rassegnato si avviò con lui verso la porta finestra che dava sul bosco.
«Finalmente in pace!!» sospirai con sollievo sorridendo a Rose che mi strizzava l’occhio con complicità quando «NOOOO!!!!» gridai terrorizzata scattando in piedi senza alcun controllo. D’improvviso davanti ai miei occhi si materializzò l’immagine di Edward: il volto trasfigurato, irriconoscibile, le zanne scoperte premevano sul collo di Bella.
Poi fu in buio.
Sei occhi mi guardarono terrorizzati senza comprendere il perché del mio attacco di panico. Avvertii le braccia di Jasper circondarmi e mi lascia cadere ancora scossa da tremiti di terrore.
Restai come in trance per non so quanto tempo. I miei occhi vedevano le persone intorno a me agitarsi preoccupate, le loro voci mi arrivavano ovattate ma percepivo la loro apprensione, dal canto mio ero come paralizzata.
«Alice!! Alice ti prego rispondi!!» era Rose … provai ad aprire la bocca ma non ne uscì alcun suono. Non riuscivo a parlare, l’immagine di Edward che stava mordendo Bella si era impressa nella mia mente e non riuscivo a capacitarmi di come fosse potuto accadere.
Era colpa mia. Bella era morta ed era tutta colpa mia … c’erano stati dei segnali, quegl’ improvvisi blackout nelle visioni prima del matrimonio … non ne avevo parlato con nessuno, avevo incolpato i lupi … ma adesso … Rose aveva ragione, questo matrimonio era sbagliato, non le avevo dato ascolto e adesso Bella era morta, conoscendo nostro fratello i sensi di colpa l’avrebbero distrutto, non avrebbe esitato a cercare nuovamente la morte anche lui.
«È t-tutta … c-colpa mia.» farfugliai in preda ad una serie di singulti simili al pianto.
«Di cosa Alice?» era di Jasper la voce che sentivo in quel momento, ma i miei occhi non vedevano più nulla. Scandagliavo il futuro alla ricerca di qualcosa che mi desse delle speranze, ma era il buio assoluto. «Che cosa è successo? Cosa hai visto?» sbattei più volte, con insistenza, le palpebre e lentamente ripresi lucidità.
«Edward … ho visto Edward… mordere … Bella.» dissi infine «Poi più niente. Ho paura che sia accaduto qualcosa di tremendo».
Un silenzio gelido calò nella stanza. Alcuni secondi dopo vidi Emmett armeggiare con il cellulare.
«Non risponde.» sentenziò un istante dopo «è staccato.»
«Ovvio! Ti pare logico che lo tenga acceso? Sono in luna di miele!» la ripresa acida Rose.
«Erano … » sospirai, e Jasper mi strinse al suo petto.
«Tesoro, prima hai detto che c’erano stati dei segnali. Di cosa si tratta? Perché non hai detto niente?»
Nascosi il viso tra le mani dalla vergogna e iniziai a raccontare delle interferenze nelle visioni nei giorni antecedenti il matrimonio.
Alla fine del racconto nessuno ebbe il coraggio di dire nulla.
Rimanemmo immobili nel silenzio opprimente che quell’ultima visione aveva generato.
«Potrebbe esserci un errore.» sussurrò Jasper con un filo di voce. «Anche quando Bella si tuffò dalla scogliera, credesti fosse morta …»
«Ma c’era un licantropo vicino a lei.» mugolai disperata «adesso: sono. solo. loro. due. Quale altra motivazione potrei dare …»
«Dobbiamo parlarne con Carlisle.» disse Rose. «adesso è in città con Esme. Li avviso di rientrare immediatamente.»
«Hai ragione.» intervenne Jasper «con molta probabilità lui è l’unico a sapere come mettersi in contatto con Edward in caso di necessità.»
Al loro rientro furono subito messi al corrente della situazione. Esme si accasciò su una sedia con un’espressione indecifrabile sul volto. Un misto di dolore e rabbia, così rara sul suo viso …
Carlisle mi guardò incredulo e come il resto della famiglia rimase in silenzio a riflettere su tutto quell’orrore.
Passarono parecchie ore, tentai più volte di scrutare nel loro futuro ma la coltre nera che era scesa su entrambi non faceva che avallare sempre di più la mia ipotesi.
Bella era morta e, con molta probabilità, anche Edward.
«No. Non ci credo.» disse infine nostro padre con quel suo tono calmo e rassicurante di sempre «conosco mio figlio e sono convito che non è accaduto niente di così tremendo.» avrei tanto voluto credergli «Nella malaugurata ipotesi che mi stia sbagliando, non sarei comunque in grado di mettermi in contatto con lui; dobbiamo aspettare sue notizie … Ma continuo a rifiutare l’idea che Edward le abbia fatto del male.» disse stringendo la mano sulla spalla di Esme.
Ancora silenzio.
«IO PARTO! Devo sapere!» annunciai, infine, con decisione alzandomi di scatto, ma la mano forte e decisa di Jasper mi trattenne afferrandomi il polso. «Non arriveresti comunque in tempo. Ci vuole più di un giorno di viaggio per arrivare a Isola Esme.»
Non potei che arrendermi alla realtà dei fatti: avevo avuto l’occasione di salvare la vita a entrambi e l’avevo sprecata, non c’era più nulla che potessi fare ormai.
Le ore successive sembrarono un’eternità, la tensione che regnava in casa diventava ogni istante più insopportabile. Non sentire il sottofondo delle battutine di Emmett rendeva tutto ancora più reale e drammatico. Eravamo ancora in salotto, fermi nella stessa posizione da non so nemmeno quanto tempo ormai, come congelati dall’orrore della tragedia che si era consumata sotto i nostri occhi impotenti. Ormai in Brasile doveva essere mattina inoltrata …
Carlisle si lasciò cadere sul divano e sprofondò il viso tra le mani.
Non ebbi il coraggio di dire niente, e mi rannicchiai ancor di più sul petto di Jasper. “Perché … perché non ho dato ascolto hai segnali di pericolo … tutto per assecondare le mie manie di protagonismo …” Una cosa era certa: non avrei potuto più vivere con un tale peso sulla coscienza. Non appena realizzai quel pensiero, sentii le labbra di Jasper sui miei capelli. «Non è stata colpa tua …» sussurrò appena.
Il mio dolore lo faceva soffrire ancora di più. Non c’era via d’uscita.
Un tonfo sordo e pesante ci scosse dal torpore facendoci voltare verso la sua origine. «Basta! Non ne posso più. Devo uscire.» esclamò Emmett dopo aver scagliato un pugno contro il muro su cui era appoggiato incrinando la parete.
«Vengo con te.» aggiunse Rose fulminandomi con gli occhi. Si voltò di scatto e uscì.
«Le passerà, non ti preoccupare …» cercò di consolarmi Esme. Ma il suo sguardo spento non era certo di gran conforto.
«Non credo.» risposi con un filo di voce «Ha ragione ad avercela con me … potevo impedire tutto questo … e invece …».
«Non avevi idea del perché dei blackout e …» m’interruppe Jasper.
«E avrei potuto pormi delle domande in più. Non cercare di giustificarmi Jasper, non ho attenuanti.»
E restando stretta nel suo abbraccio lasciai che il tempo continuasse a trascorrere, lento e inesorabile.
Ogni minuto un’eternità.
Un’attesa logorante del nulla.
Quando, come un fulmine a ciel sereno, le visioni tornarono «SONO VIVI! SONO VIVI!» gridai senza freni, schizzando in piedi e saltando come una matta.
«Sei sicura?!» chiese Jasper afferrandomi per le spalle.
«SI!»
«Stanno bene?» farfugliò incredula Esme.
«SI SI!!»
«Sapevo che ce l’avrebbe fatta …» sentii commentare tra sé Carlisle alzando il viso dal suo rifugio.
Rose ed Emmett, appena usciti, erano stati richiamati dalle mie grida isteriche «Cosa hai visto?» incalzò Rose «Parla! Non farci stare sulle spine!»
«Ho visto … ecco …»
«Alice ti prego!»
«Li ho visti … passeggiare nella giungla che circonda la casa …»
Una serie di sospiri seguirono la mia affermazione.
«Certo che con tutte le “attività” che potrebbero praticare là, proprio i Boy-Scout nella giungla si sono messi a fare quei due?!?!?!?» sentenziò Emmett tutto d’un fiato «Al suo ritorno dovrò fare una lunga chiacchierata con il fratellino …».
E finalmente liberi dall’angoscia che ci aveva tenuti con il fiato sospeso nelle ultime ore, esplodemmo tutti in una sonora risata liberatoria.
Emmett
Completamente ripresi dallo shock dei giorni precedenti, la vita riprese il suo corso. Più o meno …
Gli strani “annebbiamenti” nelle visioni di Alice continuavano. Il resto della famiglia si perdeva in una miriade di elucubrazioni mentali nel tentativo di dare una spiegazione plausibile, io avevo più volte esternato l’idea che Alice dovesse solo darsi una calmata, era troppo agitata, prendersi una bella vacanza e tutto si sarebbe sistemato. Quella vampira pensava troppo e troppo velocemente! Il suo cervellino non reggeva più lo stress. La mia semplicissima spiegazione, purtroppo, non era stata apprezzata dal resto della famiglia avevo quindi DECISO di non dispensare più nessuna delle mie preziose intuizioni. Jasper se l’era sposata, era un problema suo risolverle i problemi e tenerla tranquilla!!
Tra un vuoto e l’altro giungevano dal Brasile notizie confortanti … oddio, dipende dal punto di vista … negli ultimi giorni sembrava che la nuova attività di Edward fosse di giocare all’esploratore.
Le sue decisioni oscillavano tra il bird-watching e lo snorkeling …
POSSIBILE CHE NON RIUSCISSE A PENSARE AL ALTRO?!?!?! Io forse propendevo un po’ all’altro estremo ma LUI ERA PREOCCUPANTE!!!
Esme si era convita che dovessero solo conoscersi meglio … le solite menate da madre apprensiva: “Hanno avuto un sacco di problemi, è la prima volta che stanno tanto tempo da soli …”.
MA SE ERANO QUASI DUE ANNI CHE PASSAVA TUTTE LE NOTTI NELLA SUA CAMERA??? E il fatto che ancora non avessero combinato niente mi lasciava alquanto perplesso …
Comunque fosse, nostra madre, aveva deciso che avevano bisogno della loro intimità e si era messa in testa, spalleggiata da quella pazza di Alice di risistemare un vecchio cottage abbandonato dall’altra parte del fiume e regalarlo ai piccioncini al loro rientro.
Chi era stato scelto per i lavori di fatica?
Che domanda sciocca.
«Emmett! Che cosa fai lì imbambolato? Conti le farfalle?» Ovviamente anche Rose collaborava a quest’ennesima follia «devi sistemare il laghetto del giardino prima di sera. Domani dobbiamo piantare le rose e non voglio vedere tutto questo caos sul retro della casa e ricordati di controllare il tiraggio del camino e …»
«Ma Jasper che fine a fatto?» domandai tanto per far notare che stavo lavorando SOLO IO.
«Ha accompagnato Alice ed Esme a prendere la tappezzeria.»
«Certo. Lui fa l’autista e a me tocca fare il manovale … non c’è giustizia.»
«Zitto! E sbrigati.»
«Ma avete preso in esame il MIO consiglio, di rialzarla di un paio di piani?»
«No.»
«Un porticato sul retro?»
«No.»
«Almeno una torretta!!»
«Basta Emmett!»
«Ma questa casa non durerà nulla!!!»
«Emmett, ti ricordo che questa sarà la casa di Edward e Bella … non la nostra.»
«Già … visti i presupposti … resterà intatta. Però …»
«Va bene così Emmett, credimi.» Intervenne Esme dal limitare del bosco «Sono convita che a Bella piacerà.»
«M-mm … se lo dite voi.» replicai poco convinto, ma vedendo avvicinarsi Alice, seguita a ruota da un cumulo di stoffe con le gambe, cercai di cambiare argomento «Novità?»
«Niente. Oggi c’è stata la visita alle grotte subacquee.» rispose avvilita.
«Quel Vampiro mi preoccupa.» Sentenziai scuotendo il capo.
«Domani la scelta sarà ardua: barriera corallina o tartarughe marine?» intervenne Jasper lanciandomi un’occhiata complice «Si accettano scommesse!»
Almeno qualcuno che la pensava come me c’era, non ero così “malato” in fin dei conti.
«Basta ragazzi! Qui la faccenda è seria.» ci riportò all’ordine Alice con un tono stranamente preoccupato. «Non so cosa sia successo quella sera, evidentemente niente di grave dato che Bella è viva e vegeta e lo segue nelle sue “escursioni”… ma qualcosa non va …»
“Alleluia!” «Secondo me è andato in bianc… EHI!» gridai dopo che Rose mi aveva assestato una gomitata nel fianco. «Che ho detto di male questa volta!»
«Smettila di fare il pervertito una volta ogni tanto!»
«Quella che mi stupisce è Bella. Ho riempito la sua valigia di tutto ciò che poteva essere “UTILE” a una sposina durante il viaggio di nozze … insomma in altri momenti l’ho vista parecchio intenzionata a carpire la virtù del nostro fratellone … non capisco cosa sia accaduto … NON MI PUO’ DELUDERE COSI’!!!» e puntando i piedi a terra come una bimbetta di due anni se ne andò, seguita a ruota da Esme e Rose.
«… io sono convito che ha fatto cilecca. Dieci a uno che quando tornano Bella chiede il divorzio.»
«Ci sto.» disse Jasper stringendomi la mano.
E le tappezzerie di Esme rotolarono sul prato.
Edward
Era più di venti minuti che trafficava in bagno … il momento umano stava diventando un po’ troppo lungo … “Forse si sente male … No, a cena, stava bene … magari si è addormentata … forse sto esagerando …”. Bella non approvava la mia decisione di rimandare il sesso a dopo la sua trasformazione ed ogni scusa era buona per tentare un assalto. Trattenermi diventava sempre più complicato, sinceramente non avevo idea di come fare se le sue avances fossero continuate con questo ritmo. La mia forza di volontà stava raggiungendo i minimi storici. L’unica soluzione che avevo trovato per temporeggiare era di stancarla fisicamente con ogni tipo di attività possibile.
Alcune sere era crollata ancor prima di toccare il cuscino. I sensi di colpa per averla sfinita così, erano attenuati solamente dal pensiero che fortunatamente, anche per quella notte, non l’avrei uccisa. Negli ultimi giorni, però, dovevo aver veramente esagerato. Cadeva in un sonno profondo che durava fino a dodici ore. Davvero insolito. Come insolito era il suo appetito: mai vista mangiare così e soprattutto così tante uova.
Se non fossi stato più che certo della mia sterilità, avrei giurato si trattasse di voglie. Che sciocchezza! Sarebbe stato comunque troppo presto. Era solo stanca sfinita, mangiava per tenersi in forza e dormiva per recuperare energie. Sì, dovevo rallentare un po’ il ritmo.
In quell’istante la porta del bagno si aprì …
“CRISTO SANTO!” E sicuramente il mio viso fu lo specchio di quel pensiero.
«Che ne pensi?», domandò sfilando davanti ai miei occhi con indosso una sottoveste di pizzo nera che lasciava ben poco spazio all’immaginazione. “Penso che avrei voglia di strappartela di dosso in questo stesso istante. Penso che ucciderò Alice con le mie mani per averti consegnato quest’arma impropria e penso di dover cercare di riprendere possesso delle mie facoltà mentali prima di subito, se voglio ancora averti al mio fianco!” Non contenta, per farmela apprezzare meglio, fece anche una giravolta su se stessa. Come se ce ne fosse stato bisogno!
Mi schiarii la gola, cercando di nascondere la mia agitazione e riposi a denti stretti. «Sei bellissima. Come sempre».
«Grazie», il tono acido.
Mi preoccupai.
Quel comportamento così audace non era da lei.
Con tutta tranquillità si sdraiò sulle coperte e, abbracciandola, la portai a me. “Calma Edward … respira e stai calmo … ora si addormenta.”
«Ti propongo un patto», farfugliò con la voce già impastata dal sonno.
Come supponevo. Era tutto premeditato! La lingerie, la sfilata, la finta indifferenza maliziosa. “Complimenti! Mi hai preso quasi in contropiede, ma non hai ancora vinto!” «Non ho intenzione di stringere patti con te», risposi perentorio.
«Non sai neppure cosa sto per offrirti».
«Non importa» “Non ho intenzione di cedere!”.
«Vai a quel paese. E dire che volevo... Non fa nulla». E sbadigliando chiuse gli occhi
“Perché? Perché ti diverti a stuzzicarmi così! Non è leale far leva sulla mia curiosità!” «Va bene. Cosa vuoi?».“Fanculo, alla mia forza di volontà”
«Ecco, pensavo... so che la faccenda di Dartmouth dovrebbe essere soltanto una copertura, ma, sinceramente, non credo che un semestre di college mi ucciderà», disse, con una vocina fintamente innocente «Scommetto che Charlie andrà matto per gli aneddoti su Dartmouth. Certo, sarà imbarazzante se non riesco a tenere il passo di quei secchioni. Però ... diciotto, diciannove anni. Non c'è una differenza enorme. Nel giro di dodici mesi non mi verranno le zampe di gallina».
Voleva ripagarmi con la stessa moneta.
Non volevo fare sesso con lei fino a quando non fosse stata vampira e adesso voleva farmi impazzire con l’attesa. No.
Questa volta non l’avrebbe spuntata! Anche se sicuramente sarei esploso entro breve. «Preferisci aspettare. Preferisci restare umana». Dissi a voce bassa misurando le parole.
Silenzio.
In un certo senso mi sentii ferito, come se l’amore per me fosse passato in secondo piano: Aveva ottenuto ciò che desiderava ed ora poteva tornare tranquillamente alla sua vita. Ignorando i miei sentimenti, come se non contassi nulla, come se il desiderio che provavo per lei potesse essere acceso e spento a piacimento come con un telecomando. «Perché mi fai questo?», sibilai con rabbia «Non è già abbastanza difficile?». Incalzai sventolandole davanti agli occhi un lembo del pizzo di guarnizione della sua camicia da notte. L’attesa che mi ero imposto diventava una tortura sempre più atroce e l’impulso di strapparle di dosso quel mucchietto di stoffa inutile, mi stava facendo perdere la ragione; indugiando lo sguardo sul suo corpo più del lecito, scorsi le ombre, ormai giallastre, dei lividi che le avevo provocato e scosso dal senso di colpa riacquistai lucidità, m’imposi di sembrare rilassato e tranquillo e continuai «Non importa. Non stringerò alcun patto con te».
«Voglio andare al college».
«No, invece no. E non c'è niente per cui valga la pena di rischiare ancora la tua vita. Di farti del male». Ero terrorizzato dall’idea di perderla. Avevo accettato a malincuore di trasformarla pur di averla sempre con me, l’idea di poter stare insieme per l’eternità si era insinuata nella mia mente lentamente e l’aveva invasa; adesso lei stava posticipando!
Non ero psicologicamente in grado di affrontare una cosa simile. Non dopo l’altra notte. Non se non potevo sapere con certezza quando avrei nuovamente fatto l’amore con lei. Sarebbe potuta capitarle qualsiasi cosa. Una semplice influenza avrebbe potuto strapparla da me in qualsiasi momento.
No. Adesso ero io che non volevo posticipare la trasformazione … sebbene però trasformarla senza il suo totale consenso non mi faceva impazzire come idea, dovevo farla ragionare.
«Ma io ci voglio andare. Be', non è esattamente il college che m'interessa... Voglio restare umana ancora per un po'».
Sbuffai con rabbia. “Adesso stai esagerando!” «Mi stai facendo impazzire, Bella. Non ne abbiamo già discusso un milione di volte, quando m'imploravi di trasformarti in vampira il più in fretta possibile?».
«Sì, ma... ecco, ora ho un motivo in più per restare umana».
«Quale?».
«Indovina», disse avvicinandosi lentamente al mio viso e cominciando a baciarmi.
Non potevo leggere i suoi pensieri, ma il linguaggio del suo corpo era più che eloquente e prima che quella parte di me che si stava agitando prendesse il sopravvento, interruppi il bacio e l’abbracciai.
«Sei così umana, Bella. Schiava dei tuoi ormoni». Sussurrai ridacchiando. Ormai era un libro aperto per me.
«Questo è il punto, Edward. Quest’aspetto dell'essere umana mi piace. Non sono ancora disposta a perderlo. Non voglio aspettare chissà quanti anni da neonata assetata di sangue, prima che qualcosa di tutto questo riaffiori». Replicò tra uno sbadiglio e l’altro.
«Sei stanca. Dormi, amore». Mormorai sorridendo della sua logica contorta e lentamente iniziai a intonare la sua ninna nanna.
«Chissà perché sono così stanca. Impossibile che faccia parte del tuo piano, o quel che è».
Sorrisi “A quanto pare sono un libro aperto anche per te.”
«Perché pensi che più sarò stanca e meglio dormirò».
“Non è esattamente in questi termini, ma ci sei andata vicino” «Mentre dormi sembri morta, Bella. Da quando siamo qui, non hai mai parlato nel sonno. Per fortuna russi, perché potrei scambiarlo per coma profondo». Le risposi scherzando.
«Non mi sono mai agitata? Strano. Di solito quando ho gli incubi mi muovo per tutto il letto. E urlo».
“Incubi?”
«Hai avuto incubi?»
«Molto vividi. Mi stancano parecchio». Farfugliò sbadigliando. «Non posso credere di non aver blaterato tutte le notti».
“Già … strano.” «Ma cosa sogni?».
«Varie cose, però si assomigliano tutti per via dei colori».
«Colori?»
«Sono luminosi, realistici. Di solito sono cosciente che sto sognando. Questi invece m'ingannano. E mi spaventano ancora di più».
Tutto ciò non era normale, se fossero continuati, forse sarebbe stato il caso di parlarne con Carlisle. «Cosa ti spaventa?».
Un fremito la scosse. «Più che altro ...».
«Più che altro?». Incalzai preoccupato.
«I Volturi», sussurrò.
Come avevo fatto a non pensarci.
E d’impulso la strinsi ancor più forte. «Non saranno più un problema per noi. Presto sarai immortale e non avranno scusanti».
Restò in silenzio a fissare un punto immaginario davanti a sé, un misto di paura e rassegnazione. Ero stato uno sciocco a sottovalutare la paura che i Volturi le incutevano. L’urgenza nel chiedermi di trasformarla era principalmente causa loro, era logico che stesse lottando con il suo desiderio di umanità. «Come posso aiutarti?» chiesi angosciato di non sapere in che modo confortarla.
«È solo un sogno, Edward». Ottimo. Era lei che faceva coraggio a me.
Ero perfettamente inutile.
«Vuoi che ti canti qualcosa? Canterò per tutta la notte, se serve a tenere alla larga gli incubi».
«Non tutti sono incubi. Faccio anche bei sogni. Molto... colorati. Sott'acqua, con i pesci e i coralli. Sembra tutto vero - non mi accorgo di sognare. Forse il problema è quest'isola. Qui è tutto così luminoso».
«Vuoi tornare a casa?».
«No. No, non ancora. Non possiamo restare ancora un po'?».
“Quanto desideri, amore mio” «Possiamo restare quanto vuoi, Bella».
«Quando inizia il semestre? Non me lo sono annotato».
“Non ti arrendi mai, vero?” e, sospirando rassegnato, ripresi a cullarla, un istante dopo era già sprofondata nel sonno.
Accoccolata sul mio petto la guardavo incantato.
Non meritavo quest’angelo. Avrei fatto qualsiasi cosa pur di renderla felice ma, inevitabilmente, fallivo. Ciò che più desiderava era l’unica cosa che non ero in grado di offrirle, almeno per ora. Ne ero sempre stato convinto e adesso che avevo provato potevo dire di averne la certezza assoluta: ero pericoloso e lei poteva morire.
Sicuramente riuscivo a mascherare bene, ma da questo, a credere che non la desiderassi ci correva un abisso. Dio solo sapeva quanto fosse forte e pressante il desiderio di lei specialmente quando non cercava di sedurmi esplicitamente. Esattamente come pochi istanti fa.
Si mosse appena come per sistemarsi meglio, un sorriso incantato si disegnò sulla sua bocca. Almeno stanotte non stava avendo incubi. Quando improvvisamente la sentii mugolare, erano diverse notti che non accadeva, cercava di parlare, apriva la bocca ma non usciva nessuna parola, sentii il suo corpo scosso dai brividi ed infine un lamento, simile a un pianto.
«Bella?», sussurrai in apprensione cercando di farla uscire da quel limbo che c’è tra il sogno e la realtà «Tutto bene, amore?».
«Oh», balbettò quasi delusa di trovarsi dov’era. Un attimo dopo scoppiò in un pianto disperato.
«Bella!», il mio tono era salito di un paio di ottave. Non capivo se fosse solo impaurita dall’incubo o si stesse sentendo male; e come sempre ne rimasi spiazzato. «Che c'è che non va?». Chiesi cercando di asciugarle inutilmente le lacrime.
«Era solo un sogno». Ancora singhiozzi, ancora lacrime.
Quel senso d’impotenza mi distruggeva.
«Tutto okay, amore, stai bene. Sono qui». Dissi cercando di rassicurare sia lei che me. «È stato un altro incubo? Non c'è niente di vero, niente».
«No, non era un incubo». “Prego?…” «Era un bel sogno». Cercò di asciugarsi le lacrime ma il pianto riprese vigore.
“Non credo di aver capito bene …” «E allora perché piangi?», domandai ormai nella più totale confusione.
«Perché mi sono svegliata», strillò, aggrappandosi con tutta la sua forza al mio collo.
«Va tutto bene, Bella. Respira a fondo». Le sussurrai mentre ridacchiavo delle mie inutili apprensioni. Dovevo cercare di essere più razionale altrimenti, alla fine, mi avrebbero internato.
«Era così vero», singhiozzò. «Volevo che fosse vero».
«Raccontamelo, magari ti aiuta».
Mi fissò un instante, e dopo un’altra serie convulsa di singhiozzi cominciò «Eravamo sulla spiaggia ...» Interrompendosi subito dopo, squadrandomi attentamente quasi cercasse di analizzare ogni mia più piccola espressione.
«E?», le esortai impaziente di capire cosa le avesse scatenato quel pianto inarrestabile.
«Oh, Edward ...». sussurrò sofferente.
«Raccontami, Bella», ormai la stavo implorando. Non avrei retto ancora per molto senza capire cosa le stesse provocando tanto dolore. Non potevano essere solo i Volturi, doveva esserci dell’altro. E per tutta risposta mi si gettò al collo baciandomi con forza, non con desiderio bensì con disperazione.
Era disperata.
Improvvisamente la verità fu talmente evidente che riuscì a schiacciarmi: io ero la causa della sua disperazione. Il mio rifiuto, che voleva solo proteggerla, la stava straziando dal dolore.
Nonostante tutto, nonostante non sopportassi di vederla in quello stato; nonostante il desiderio quasi folle che avevo di lei, non ce la facevo.
AVEVO.PAURA.DI.ME.
Cercando di essere il più delicato possibile sciolsi l’abbraccio.
«No, Bella», la rassegnazione con cui si arrese mi turbò ancor di più.
«S-s-scusa», mormorò. Quella parola aveva la consistenza di un macigno che non fece altro che farmi affondare sempre di più nel baratro dei miei sensi di colpa.
Mi stava chiedendo scusa …
“Ti sto torturando e mi chiedi scusa …” era un circolo vizioso dal quale era impossibile trovare una via di fuga. «Non posso, Bella, non posso!», la mia voce era un rantolo ormai. E come se temessi di poterla perdere in quello stesso istante, la strinsi ancor più forte a me.
«Per favore», singhiozzò «Per favore, Edward».
Impietrito davanti a tutto il dolore che le avevo scatenato non so dire con esattezza quale fu la causa scatenante della fine del mio autocontrollo se il suo viso stravolto dal pianto, la disperazione con cui mi aveva baciato solo pochi istanti prima, il fuoco che stava ardendo dentro di me per il bisogno disperato che avevo di lei, di essere, ancora una volta, una cosa sola; fatto sta che persi completamente il controllo delle mie azioni, accolsi il suo viso tra le mani e la baciai. Mano a mano che il bacio prendeva vigore il fuoco che sentivo dentro di me divampò in un incendio. Le sue mani furono subito tra i miei capelli, quasi temesse che mi sarei allontanato ancora una volta da lei … non era possibile … non ero in grado di farlo... non questa volta, per poi scivolare sulla schiena non appena le mie si staccarono dal suo viso per tornare alla lenta riscoperta del suo corpo.
Le carezze lasciarono il posto ad una lenta scia di baci che dalla bocca scesero sul collo e ancora più giù, soffermandosi sui seni mentre con una mano le sostenevo la schiena con l’altra ero già alla sua intimità e più di un gemito ruppe il silenzio di quella notte.
Non sarebbero mai stati abbastanza, riempivano l’aria e m’ipnotizzavano il cervello come un canto di sirene.
Improvvisamente con le mani mi bloccò il viso, non me l’aspettavo e cercai i suoi occhi che trovai lì colmi di passione e desiderio a fissarmi con determinazione.
«Ti voglio Edward. Adesso.» ansimò senza distogliere lo sguardo dal mio.
Quanto accadde dopo fu solo passione, estasi e amore. Scossi all’unisono dai tremiti dell’orgasmo, l’unica cosa che ricordo fu che per non stringerla con violenza a me mi attaccai alla testiera del letto, sbriciolandola come burro nelle mie mani. Per ricadere subito dopo al suo fianco
Si stava svegliando … sdraiata sul mio petto, fingeva inutilmente di dormire. Dopo l’ultima volta era chiaro come il sole che avesse paura della mia reazione.
Osservavo il soffitto fingendo di non considerarla, ma la vidi ugualmente sbirciare le espressioni del mio viso dagli occhi socchiusi. Se mi avesse letto nel pensiero, avrebbe capito che ero completamente in estasi, il mio volto invece era il ritratto dell’inespressività. Farla stare un po’ sulle spine era il minimo dopo l’agguato della sera precedente. Non che mi fosse dispiaciuto, intendiamoci.
«Quanto brutta me la sto passando?», domandò a mezza voce, dopo essersi infine rassegnata ad alzarsi dalla sua posizione.
«Tantissimo», risposi secco, “Ti stai preoccupando?” completamente in balia dei suoi occhi tormentati non fui in grado di reggere più di tanto la mia finta indifferenza e le sorrisi compiaciuto.
«Mi dispiace, davvero», sospirò. «Non volevo... Be', non so bene cosa sia successo stanotte».
“Non mentire, non ti riesce. Lo sai perfettamente cosa è accaduto stanotte” «Non mi hai ancora detto cosa stavi sognando». “Abbi il coraggio delle tue azioni tesoro …”
«È vero... però mi sembra di avertelo dimostrato».
«Ah», “Bravo Edward, la perspicacia è proprio il tuo forte!” Pensai ridacchiando tra me. «Interessante».
«È stato proprio un bel sogno», mormorò. Era sulle spine e questo giochetto tra noi due mi stava piacendo molto. «Sono perdonata?».
«Ci sto pensando». Sogghignai. “Sto prendendo in considerazione una punizione esemplare.”
Lanciandomi uno sguardo di sottecchi si spostò dal mio petto e fece per mettersi seduta, ricadendo però quasi subito sui cuscini.
«Ehi... che capogiro».
«Hai dormito tanto. Dodici ore». Le dissi accogliendola subito tra le mie braccia.
“NON.DEVI.PREOCCUPARTI.” dopo molte ore sdraiati, alzarsi di scatto poteva causare delle vertigini. Era normale.
«Dodici?». Domandò esaminandosi il corpo.
“Perfetto. Anche a lei non torna aver dormito tutte queste ore. COME FACCIO A NON PREOCCUPARMI SE ANCHE A TE SEMBRA STRANO AVER DORMITO COSI’ TANTO!” «Inventario completo?» domandai cercando di non far trapelare le mie perplessità. L’argomento lividi non mi creava problemi, avevo già verificato durante il suo sonno: nessuna nuova traccia, ma tutto questo sonno e i capogiri mi lasciavano interdetto.
«A quanto pare i cuscini sono sopravvissuti». Disse soddisfatta.
«Purtroppo non posso dire altrettanto della tua, ehm, camicia da notte». Le risposi indicando un cumulo di straccetti neri ai piedi del letto. Al ricordo di come avevo fatto a ridurli così sarei arrossito all’istante, se solo avessi potuto.
«Peccato», disse con aria maliziosa, «mi piaceva».
«Anche a me». “Parecchio aggiungerei … te ne regalerò molte altre …”
«Altre vittime?», continuò con sarcasmo.
«Dovrò comprare un telaio nuovo per il letto di Esme», confessai, nuovamente in imbarazzo, lanciando uno sguardo alla testiera del letto alle nostre spalle.
«Mmm … Secondo te, me ne sarei dovuta accorgere?».
“Non credo … ho faticato parecchio anch’io a rimanere lucido …” «A quanto pare diventi straordinariamente sbadata, quando la tua attenzione gravita altrove».
«Ero un po' distratta», ammise, arrossendo di vergogna.
Un’improvvisa nostalgia mi assalì, accarezzai quel rossore quasi con rispetto e sospirai la verità. «Questo mi mancherà sul serio».
«Tu come stai?». Domandò dopo avermi scrutato attentamente.
Quanta paura nelle sue parole. “È l’ora di finire quella stupida commedia” pensai ridendo tra me. Non resistevo nel vedere quell’espressione colpevole sul suo viso. In fondo ero complice anch’io.
«Che c'è?»
«Hai l'aria di una che si sente in colpa dopo aver commesso un crimine».
«Sì, mi sento in colpa», mormorò.
«Be', hai sedotto un marito consenziente. Non è un reato capitale». La stuzzicai.
«La parola sedotto implica un certo grado di premeditazione».
“Perché non lo era?” «Sì, forse è la parola sbagliata».
«Non sei arrabbiato?».
«Non sono arrabbiato». Le risposi sorridendo.
«Perché no?».
«Be'...». Presi un profondo respiro. «Per prima cosa non ti ho fatto del male. Stavolta è stato più semplice controllarmi, incanalare gli eccessi», “Diciamo che sono riuscito a convogliare il tutto in altre direzioni …” «forse perché avevo un'idea più precisa di cosa aspettarmi».
«Te l'avevo detto che era tutta questione di esercizio». Ribadì illuminandosi di uno splendido sorriso.
“Già … tutta questione di esercizio …” E sarei tornato in palestra seduta stante se solo il suo stomaco non avesse gorgogliato ricordandoci le sue necessità «È ora di colazione per gli umani?», ridacchiai.
«Grazie», rispose alzandosi di scatto dal letto troppo in fretta, però, perché l’ennesima vertigine la riportò tra le mie braccia appena in tempo per evitare la collisione con l’armadio.
“NON È NIENTE. CALMATI. Alle donne capita SPESSO di avere le vertigini se si alzano troppo in fretta.” «Stai bene?».
«Se nella prossima vita non avrò un senso dell'equilibrio migliore, voglio essere rimborsata». E salutandomi con una linguaccia si avviò in cucina, iniziando a spadellare sui fornelli … ancora uova … Dio solo sa quante ne aveva mangiate in quella settimana … non ricordavo le piacessero così tanto …
«Da quando ti piacciono le uova all'occhio di bue?», domandai perplesso.
«Da adesso».
«Sai quante ne hai buttate giù questa settimana?». Le domandai mostrandole il bidone della spazzatura pieno di scatole da sei, vuote.
Dovevo stare più attento alla sua alimentazione. Tutte quelle uova non le facevano bene, doveva variare di più.
«Strano», ma non accennò a smettere di mangiare. «Questo posto mi sta stravolgendo l'appetito. Eppure mi piace. Però dovremo andarcene presto se vogliamo iniziare puntuali a Dartmouth, vero? Ehi, mi sa che dovremo trovarci anche una casa in cui stare e quello che ci occorrerà».
«Puoi anche smettere di fingere che il college t’interessi, ora che hai ottenuto ciò che volevi. Non abbiamo stretto nessun patto, è tutto alla luce del sole». Provai a dirle accomodandomi vicino a lei.
«Non ho fatto nessuna finta, Edward. Io non passo il tempo a tramare, come fa qualcun altro. Cosa possiamo fare oggi per stancare Bella?», disse scimmiottando maldestramente la mia voce. «Davvero vorrei, passare ancora un po' di tempo da umana». La sua voce diventò un sussurro mentre, avvicinandosi a me, la sua mano arrivò a sfiorarmi il petto. «Non ne ho ancora abbastanza».
“Nemmeno io, amore” «Di questo?», domandai ingenuamente, sfiorandole la mano quasi a chiedere conferma, del “perché” stesse scendendo sempre più in basso sul mio ventre. «Il sesso è sempre stata la chiave di tutto?». “… e ammetto che avrei dovuto darti ascolto …”. «Chissà perché non ci ho pensato prima», mormorai sarcastico. «Mi sarei risparmiato un sacco di discussioni».
«Forse sì». Ridacchiò guardandomi negl’ occhi con uno sguardo dolcissimo, colmo d’amore e di complicità.
“Ti amo da impazzire, per come sei … per il rossore delle tue guance quando ti imbarazzi, per la tua forza e la tua fragilità … perché sei tu.” «Sei così umana», ripetei a voce alta sovrappensiero.
«Lo so».
«Andiamo a Dartmouth? Sul serio?». Domandai ancora incredulo che avrei avuto ancora per un po’ la mia Bella. Adesso che avevo capito che non avrei dovuto rinunciare a niente, l’argomento aveva tutta un’altra prospettiva.
«Probabilmente non supererò il primo semestre».
«Ti aiuterò io». “Non dovrai preoccuparti di niente”. «Il college ti piacerà».
«Pensi che riusciremo a trovare ancora un appartamento?».
«Be', abbiamo già una specie di casa laggiù. Sai com'è». Ci avevo sperato talmente tanto che mi ero già organizzato.
«Hai comprato casa?».
“Adesso non cominciare la polemica …” «Gli immobili sono un buon investimento».
«Perciò, siamo pronti». Disse evitando ogni commento sulle mie spese immobiliari.
«Devo capire se possiamo tenerci ancora un po' la tua macchina del "prima"...».
«Eh sì, guai a me se non ci sarà nulla a proteggermi dai carri armati».
“Potresti anche evitare di farmi sentire un idiota. L’ho fatto solo per te”
«Quanto possiamo restare ancora?», domandò.
«Abbiamo tempo. Qualche altra settimana, se vuoi. E possiamo passare a trovare Charlie prima di trasferirci nel New Hampshire. A Natale potremmo andare da Renée...» la normalità di quella conversazione mi diede un’incredibile euforia.
Una vita normale. Più di quanto mi sarei mai aspettato.
«Sì, qualche settimana», sorrise maliziosa «Ecco, pensavo... hai presente quel che dicevo poco fa a proposito dell'esercizio?».
“Sì ho presente. Quella parola mi si è scolpita nella mente e …. NO! ORA NO!” «Resta lì e non perdere il filo. Ho sentito una barca. Devono essere i domestici».
Kaure
Erano parecchi anni che i padroni dell’isola non soggiornavano più da noi. Quando fummo avvisati che “il figlio” del Dott. Cullen avrebbe trascorso alcune settimane sull’isola con sua moglie per la luna di miele, rimasi sconcertata. Normalmente chiedevano di dare aria alla casa e rassettare. Le provviste che ci chiedevano di comprare erano sempre esigue.
Questa volta fu chiesto di fare una scorta che avrebbe tranquillamente sfamato un villaggio intero.
Forse speravano di confonderci le idee.
La mia famiglia era alle loro dipendenze da ormai quattro generazioni. Né io né Gustavo li avevamo mai visti ma dai racconti degli anziani della nostra tribù la loro descrizione e le loro abitudini erano rimaste immutate nel tempo …
Si diceva non fossero umani, che avessero venduto l’anima al diavolo, che fossero dei Lobishomen.
Noi non dovevamo temere, non ci sarebbe mai stato fatto del male, i vecchi facevano sacrifici ogni anno perché questo non avvenisse, ma il timore restava.
Bussammo con timore alla porta d’ingresso della grande casa e quando ci fu aperto, rimasi abbagliata dalla bellezza surreale di quel giovane, ma il suo pallore richiamava la morte e un senso di disagio iniziò ad agitarmi.
Nel momento in cui, tutto orgoglioso, ci presentò la sua sposa, il disagio divenne sorpresa: perché mi resi conto che quella giovane non era come lui; preoccupazione: perché dovevo in qualche modo avvertirla del pericolo; paura: perché ero perfettamente cosciente che non sarei stata in grado di sottrarla alla sua sorte e temetti anche per la mia.
Lui era un Lobishomen e lei era la sua prossima vittima.
Sicuramente era stata plagiata e portata su quest’isola sperduta per farne perdere le tracce.
Mai avevano osato tanto.
Si raccontava fossero sempre stati accompagnati da femmine della loro specie. Dovevo avvisare gli anziani.
Tutto ciò era contro natura e di cattivo auspicio. Presto sarebbe accaduta una disgrazia.
Seguii come in trance Gustavo mentre il padrone ci accompagnava nella stanza in fondo al corridoio. Entrammo e lo spostamento d’aria che la porta, aprendosi, provocò, alzò una bufera di piume.
Mai viste così tante piume svolazzare in una stanza.
Si giustificò, fintamente imbarazzato, che alcune sere prima avevano fatto la lotta con i cuscini … francamente vedevo più probabile si fosse consumato qualche strano rituale, ma non mi costava nulla, per la nostra sicurezza, far finta di credergli.
E lo sguardo che gli restituii quando uscì dalla stanza disse più di mille parole.
Lottare con quelle cosine inconsistenti fu più complicato del previsto, riuscii a riempirne un saccone, ma quelle che mi ritrovai addosso erano molte di più. Incurante del mio aspetto cercavo di finire il mio lavoro velocemente, spinta dall’impellente necessità di andarmene da quella casa, il prima possibile. Presi i sacchi della spazzatura e feci per avviarmi alla barca quando scorsi il demone con la faccia d’angelo avventarsi su quell’ignara ragazza.
Un grido strozzato uscì dalla mia gola.
Colto in flagrante, lasciò andare la ragazza e mi sorrise.
Non mi restò altro che pregare per l’anima di quella poverina.
Sollecitai Gustavo perché si velocizzasse nel suo lavoro e cercai di evitare di incrociare nuovamente quell’essere, sebbene cercasse di ostentare normalità guardando un film alla televisione, preferii tenermi alla larga da lui.
Quando finalmente Gustavo si congedò, potei tirare un sospiro di sollievo.
Emmett
Erano trascorsi tre giorni da quando avevamo scommesso sul futuro della vita matrimoniale del nostro fratellino e, stando al “Bollettino Alice”, la passione per le escursioni di Edward non accennava a passare.
Avevo la vittoria in pugno.
Jasper era fiducioso che la situazione si sarebbe sbloccata presto. Personalmente conoscevo bene la caparbietà di quel vampiro, ed ero più che certo che se aveva deciso di far voto di castità nulla l’avrebbe fermato.
«Smettila di sogghignare!» mi riprese improvvisamente Rose.
«Perché?! Ridevo della trasmissione in televisione …» tentai di giustificarmi.
«Stai guardando una televendita di tappeti Emmett! Smettila di gioire sulle disavventure degl’ altri!»
«Ma stiamo solo scherzan …»
«Se qualcuno avesse scommesso su dite come l’avresti presa?»
«Io bene! Il problema era il suo! Io non vado in bianc …»
«Attento non ti faccia andare io, in “Bianco”, tesoro!»
«Ma Rose …» iniziai a supplicare.
«Attento a te caro! Comunque ero venuta ad avvisarti che esco con Alice. Passeremo dal centro commerciale per scegliere alcuni arredi per il Cottage e … ricomprare un letto.»
«Del letto potete farne anche a meno, tanto quei due non ne hanno bisogno.» sghignazzai.
«Il letto NON è per il Cottage, è per la villa sull’isola …» disse sventolando la mano in segno di saluto.
Rimasi interdetto, ma la lampadina che si accese all’improvviso mi sconvolse.
«Cosa? Cosa? Cosa?» farfugliai piombandole improvvisamente davanti impedendole il passaggio.
«Hai capito benissimo!» cinguettò soddisfatta Alice al suo fianco.
«VOGLIO.I.DETTAGLI!!»
«C’è poco da dire ...» farfugliò con aria di superiorità « ... Ho visto la stanza blu … in “disordine” e una parte della testiera del letto era sgretolata …»
«Fiuuuuuuuuuu non credevo che al vecchietto piacesse il sesso violento.»
«Beh, ti eri sbagliato …» intervenne Jasper alle mie spalle «… ti conviene iniziare a saldare il tuo debito perché a giudicare dalle visioni che ha avuto Alice, direi che gli piace e anche parecchio!» e strizzando l’occhio a quel mostriciattolo di sua moglie se ne andò.
Rimasi solo nel salone a tentare di immaginare la scena, piacevolmente stupito dell’improvvisa intraprendenza di nostro fratello.
Dopo alcuni minuti di perplessità scoppiai in una fragorosa risata.
«Tutto bene Emmett?» chiese Esme affacciandosi dal giardino preoccupata.
«OH Sì! Tutto bene!!!» esclamai continuando a ridere «Ma credo ti convenga prendere in esame le mie idee per ampliare la casetta degli sposini!»
Avevo perso la scommessa, ma almeno non dovevo più preoccuparmi del comportamento anomalo di mio fratello. E in fin dei conti: ero felice per lui.
A presto e commentate!!!!! |
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** CAPITOLO 7 ***
Ciao a tutti, grazie infinite a tutti per l'affetto dei vostri commenti, e per il solo fatto che la seguite anche solo silenziosamente. Spero che questo possa rallegrare la settimana appena cominciata...
Buona Lettura
Cap.7
Edward
A malincuore mi ero dovuto separare da lei. Se volevo continuare a “fare allenamento”, per usare una sua espressione, dovevo necessariamente nutrirmi molto più spesso di quanto non avessi fatto fin ora. Ma rinunciare era improponibile ormai.
Le avevo lasciato un messaggio sul cuscino perché non si preoccupasse della mia assenza, anche se, ultimamente, non c’era pericolo si svegliasse d’improvviso. Il sonno profondo in cui sprofondava per tutta la notte e oltre, in alcuni casi, era a prova di cannonata, potevamo saltare in aria con tutta l’isola e non si sarebbe mossa. Questo suo nuovo ritmo della giornata mi lasciava alquanto perplesso … forse era solo il cambiamento d’aria e di abitudini … se fosse continuato anche al nostro ritorno a Forks un check-up generale, non gliel’ avrebbe levato nessuno.
Ormeggiai il motoscafo al porticciolo e scesi. Sull’isola regnava il silenzio più totale, eccezion fatta per un lieve brusio: la televisione.
Si era svegliata.
Il solo fatto che si fosse svegliata senza trovarmi vicino a sè mi riempì di tristezza. Purtroppo avrei dovuto iniziare a vivere con quel senso di inadeguatezza, non ero abbastanza per lei, anche volendo non avrei potuto essere sempre al suo fianco, in un futuro, quando fosse stata immortale come me, la parola inseparabile avrebbe acquisito sicuramente maggior significato. Per il momento io ero il vampiro e lei l’umana; e non potevamo condividere tutto. La mia natura m’imponeva dei limiti.
Entrai in casa e avvertii odore di fritto. La finestra di cucina era aperta e anche un’altra a giudicare dalla leggera brezza che scorreva per casa.
Doveva esserle venuta fame e si era preparata qualcosa, certo il fritto in piena notte non era il miglior spuntino che si potesse fare, ma ultimamente non mi stupivo più delle stranezze che mangiava a tutte le ore.
La trovai nel salotto a pianterreno, la televisione sfrigolava, il film nel lettore dvd doveva essere finito già da un po’. Lei era lì, sdraiata sul divano.
Addormentata.
Bellissima.
Probabilmente non ne aveva visto nemmeno un minuto. Con il caldo soffocante che c’era in casa ed il fritto sullo stomaco era un miracolo dormisse così tranquilla.
Il respiro un po’ affannato, le carezzai il viso, quella pelle così chiara resa appena dorata dal sole, la rendeva, se possibile, ancor più bella … la sfiorai appena e mi resi conto di quanto fosse sudata. Era il caldo asfissiante che regnava in casa a farla sudare così, sicuramente era per quello che si era svegliata. Mi sedetti vicino a lei e circondandola con le braccia, me la portai sul petto. Se non altro potevo almeno darle refrigerio.
Lentamente la sua temperatura corporea si normalizzò.
Ero stato un irresponsabile a non pensare che il caldo e l’umidità tropicale potessero darle noia. Noi non percepivamo la temperatura come gli umani, per loro era assolutamente necessario un condizionatore.
Appena si fosse fatto giorno avrei chiamato per farne installare uno in ogni stanza.
Se non fosse stato per un paio di sporadici mugolii che finalmente le sentii emettere, avrei potuto pensare fosse morta. Da che l’avevo appoggiata sul mio petto, sollevandola come un peso morto, non si era più mossa.
Ormai era quasi mezzogiorno.
Si rigirò dalla sua posizione fetale con insofferenza e fastidio.
Il caldo doveva essere soffocante per lei.
Lentamente aprì gli occhi, la strinsi ancor di più nel mio abbraccio. Se anche si era svegliata nel cuore della notte, da sola volevo farle sentire che ero lì con lei adesso, che lo ero sempre stato; ma il suo corpo s’irrigidì improvvisamente. Non era quella la reazione che mi aspettavo, forse l’avevo stretta troppo.
«Scusa», mormorai carezzandole la fronte ancora madida di sudore. «Altro che pignolo. Non pensavo che senza di me avresti sofferto il caldo. Prima di andarmene farò installare un condizionatore …».
«Ti prego!», m’interruppe tossendo, cercando di divincolarsi dalla mia stretta.
Impreparato e scioccato della sua reazione sciolsi subito l’abbraccio. «Bella?».
Non finii nemmeno di dire il suo nome che era scappata dalla stanza coprendosi la bocca con una mano.
Stava male.
Si sentiva male.
Un istante dopo ero da lei, a sorreggerla mentre, piegata sul water, era preda ad un violento attacco di vomito.
Due lauree in medicina dovevano quanto mento darmi la possibilità di valutare il tipo di malessere che aveva, ma angosciato com’ero nel vederla stare male non sarei stato in grado neanche di attaccarle un cerotto, figuriamoci di farle una diagnosi.
Dovevo portarla da un medico, A Rio avremmo sicuramente trovato una persona competente.
Intanto i conati di vomito non accennavano a finire.
«Bella? Che ti prende?».
«Maledetto pollo avariato»,brontolò sfinita.
«Ti senti bene?». Che domanda idiota. Era lampante che stesse male.
«Sì», boccheggiò. «È soltanto un’intossicazione alimentare. Non sei obbligato a guardarmi. Vattene».
“Cosa????”«Neanche per idea, Bella».
«Vattene», urlò con voce strozzata rialzandosi dal pavimento dove si era accasciata. Ignorando le sue stupide proteste la sorressi finché non si fu sciacquata la bocca, la presi in braccio e la portai a letto sdraiandola con la massima delicatezza, fra le mie braccia.
«Intossicazione alimentare?».
«Sì», gracchiò. «Stanotte ho cucinato del pollo. Sapeva di marcio e l'ho buttato via. Ma ne avevo già mangiato un po'».
“Una simile reazione ti avrebbe dovuto far salire la febbre”«E adesso come stai?» le chiesi posandole una mano sulla fronte per verificare la temperatura. “No. Niente febbre. Almeno per ora.”
«Tutto a posto. Un po' affamata, forse». Rispose un attimo dopo.
Ancora una volta uova.
Non ci fu modo di convincerla a cambiare menù, dopo un simile disturbo sarebbe stato meglio se avesse mangiato qualcosa di più leggero e non uova fritte.
Fu irremovibile.
Tutto ciò che ottenni fu di posticipare il pranzo di un paio d’ore in modo da rendersi conto se fosse veramente stato un disturbo passeggero o no.
Divorato il pranzo con una voracità degna del guinness dei primati, ci accomodammo in salotto, e accoccolata sul mio petto, iniziò a sonnecchiare.
Mentre le carezzavo i capelli, cullandola nel sonno, cercai di convincermi che forse mia sorella aveva ragione: ero troppo iper ansioso. Dovevo tranquillizzarmi. “Questi tipi di disturbi sono frequenti in coloro che non vivono nelle zone tropicali” … le guance erano nuovamente rosee, il respiro regolare … dovevo smettere di andare nel panico ogniqualvolta le accadeva qualcosa … aveva deciso di restare umana ancora per un po’ e queste cose potevano capitare.
Dovevo farmene una ragione, altrimenti avrei reso la vita impossibile anche a lei.
“È più semplice a dirsi che a farsi …” commentai tra me carezzandole la schiena. “un soffio di vento può portarmela via in ogni istante …”.Alzò la testa guardandomi con quel suo sguardo colmo d’amore, come se avesse percepito la mia preoccupazione e volesse confortarmi, lentamente iniziò ad avvinarsi fin quando … esattamente come poche ore prima, si coprì la bocca con una mano e schizzò via.
Questa volta la soccorsi al lavandino di cucina.
«Forse dovremmo tornare a Rio da un medico», osai suggerirle ansioso, mentre si sciacquava.
Ostinata come poche scosse la testa in senso di diniego «Mi lavo i denti e vedrai che starò meglio». E impettita, puntò dritta verso il bagno.
Esitai nel seguirla ancora.
Ero troppo apprensivo. Dovevo moderarmi, controllarla ma non farle sentire il fiato sul collo.
No. Non era per niente semplice.
Ma forse la vita di coppia era anche questo. Avevamo passato molto tempo insieme, ma mai completamente soli io e lei.
Forse era normale tutta questa suscettibilità.
Dal bagno provenivano strani rumori, stava rovistando dentro qualcosa, forse stava solo cercando qualche medicinale per fermare i conati, il kit del pronto soccorso doveva essere là …
Cinque minuti …
Ok, il bagno era grande, ma non immenso. Era impossibile non l’avesse ancora trovato …
Silenzio.
Un quarto d’ora di silenzio.
Troppo.
«Tutto bene?», domandai bussando, forse, un po’ troppo vigorosamente sulla porta chiusa. «Ti viene ancora da vomitare?».
«Sì e no», sembrava soffocasse.
“No questa non è la risposta che volevo sentire.”«Bella? Posso entrare, per favore?». Mi stavo agitando.
«O...kay».
L’indecisione della sua voce NON era buon segno. Entrai con cautela, analizzando ogni dettaglio. Lei era seduta a gambe incrociate sul pavimento accanto alla valigia, lo sguardo vuoto e fisso davanti a sè.
Adesso ero preoccupato.
La sua espressione sconvolta mi stava autorizzando a preoccuparmi.
Ma poiché dovevo mostrarmi calmo, quantomeno a lei, presi un profondo respiro e mi sedetti al suo fianco sfiorandole la fronte.
“Niente febbre, quindi non stava peggiorando.” «Cosa c'è che non va?».
«Quanti giorni sono passati dal matrimonio?», sussurrò.
«Diciassette», risposi automatico cingendole le spalle con il bracco. «Bella, che c'è?».
Forse mi ero scordato qualcosa … una di quelle cose che le donne ricordano sempre e gli uomini no … no impossibile.
Ma come se nulla fosse, iniziò a contare.
Una volta.
Due volte.
Feci per parlare ma fui zittito all’istante con un dito. Ed i conteggi ripresero.
Tre volte.
Quattro volte.
“ADESSO BASTA!” «Bella!»,sussurrai per non sembrarle irruento, fremevo dentro dall’impazienza.«Mi stai facendo saltare i nervi».
Deglutì.
Strinsi i pugni per non esplodere e convogliare altrove la mia ansia.
Si sporse verso la valigia e dopo avervi frugato dentro, ne estrasse una scatolina di assorbenti e me la mostrò.
“A che gioco stiamo giocando? Non mi sembra il momento Bella!! Calma, devo mantenere la calma.”«Che? Stai cercando di dirmi che è colpa della sindrome premestruale?».
«No», ansimò. Brutto, anzi, pessimo segno. «No, Edward. Sto cercando di dirti che ho un ritardo di cinque giorni».
“Devo aver capito male.”
«Non credo sia stata un'intossicazione», aggiunse.
Ma il ronzio che mi era esploso improvvisamente in testa m’impediva di comprendere distintamente il suono delle sue parole: “un ritardo di cinque giorni …”aveva detto.
“ritardo … cinque giorni … ritardo …” ero cosciente che stesse ancora parlando ma quelle tre parole mi stavano martellando il cervello “cinque giorni … ritardo … cinque giorni …”
«… … Oh. Oh. … Oh!».Gemette
“OH Cazzo! NO NON.È.POSSIBILE!” La sua mano si posò sullo stomaco. “DEVE ESSERCI UN ERRORE. IO.SONO.UN.VAMPIRO!”
«Oh!», strillò mentre rialzandosi, si sfilò dal mio abbraccio.
Che rimase bloccato com’era.
Non riuscivo a muovere nessun muscolo.
Il mio cervello stava ancora elaborando la notizia e vagliando l’entità del problema; non era materialmente in grado di svolgere altre funzioni, neppure le più elementari.
“incinta … aspetta un bambino …” Per la frazione di un secondo vidi Bella con in braccio un fagottino rosa, una bambina di rara bellezza, come sua madre … gli stessi occhi.
Fu solo un flash. Vidi Bella, davanti ai miei occhi, sollevarsi la camicetta e analizzare il lieve rigonfiamento del suo ventre.
“DEVE essersi sbagliata.”
Annullai quell’immagine dalla mia mente. Non era possibile. Non lo sarebbe mai stato, NON DOVEVA ESSERE.
«Impossibile», mi sembrò di sentirle sussurrare.
“Sì! GIUSTO! IMPOSSIBILE! I VAMPIRI.SONO.STERILI. ED IO SONO UN VAMPIRO.” Le mie poche certezze stavano vacillando … NON POTEVA ESSERE INCINTA.
“I vampiri NON POSSONO procreare” ma lei continuava a studiarsi il corpo “Anche nella remota, quanto IMPOSSIBILE, ipotesi che lo fosse non poteva essere così tanto incinta, dopo solo cinque giorni …”
«Impossibile», ribadì,
“ESATTO! È quello che dico io: IMPOSSIBILE.” Perché mi stava guardando? Cosa stava pensando?
Perché non parlava più? Ah sì, forse aspettava le dicessi qualcosa.
Vuoto completo.
La mia mente aveva fatto tabula rasa di ogni pensiero.
Non ero in grado di dirle assolutamente niente. Non avevo idea di cosa stesse succedendo, di conseguenza cosa dire …
“non può essere già così visibile” pensai improvvisamente mentre la vidi premere, con cautela, le dita sul ventre.
Il suo sguardo improvvisamente cambiò.
Il cellulare squillò improvvisamente … Solo una persona avrebbe potuto chiamare in quel momento … fu il panico … e il mio stato di shock raggiunse il punto di non ritorno.
Alice
Solo quando spalancai la porta dello studio di Carlisle mi resi conto di quanto avevo rischiato di far saltare la nostra copertura per non essermi mossa con discrezione nel tragitto fino all’ospedale; la prima volta avevo rischiato di perderli entrambe ma per fortuna era andata bene, non potevo sperare una seconda volta della stessa fortuna.
Ero a caccia con Jasper quando l’immagine di Bella si materializzò davanti ai miei occhi: esanime su un lettino di ospedale, in un lago di sangue.
Questa volta ci saremmo messi in contatto con lui in tutti i modi a costo di far irruzione armata sull’isola! Scattai all’istante verso l’Ospedale di Forks mentre Jasper avvisò nostro padre dell’emergenza e del mio arrivo.
«CARLISLE!» gridai sulla porta del suo studio.
«Ho appena finito di parlare con Jasper. Chiudi la porta e parliamo un attimo.»
Feci come disse e mi sedetti sulla poltroncina davanti alla sua scrivania.
«Quanto tempo abbiamo prima che si avveri la tua visione?» domandò cercando di nascondere l’ansia.
«Una decisione è stata presa nel momento esatto in cui ho visto Bella ridotta in quello stato … non ho idea da chi sia dipesa … forse un paio di settimane, tre al massimo.»
«Quindi abbiamo margine di tempo per rintracciarli e farli rientrare.»costatò tra sé «Proviamo a chiamare Edward.»
Senza nemmeno aspettare che finisse di parlare avevo già composto il numero.
Squillava, questo era già un fatto positivo.
Dopo cinque squilli iniziai a farmi prendere dallo sconforto.
«Squilla a vuoto.» mormorai.
Carlisle non rispose.
Quando improvvisamente «Ciao, Alice», rispose con un rantolo Bella, inutile schiarirsi la voce per tentare di camuffare: era successo qualcosa.
«Bella? Bella, stai bene?». “Ti prego dì di sì …”
«Sì. Ehm. C'è Carlisle?».
“Ovvero … no.” «È qui. Qual è il problema?» provai ad insistere.
«Non sono sicura... al cento per cento».
“No sorellina. Questo tono della tua voce NON MI PIACE.” «Edward sta bene?», chiesi spaventata. Non avevo avuto visioni in merito ma, ultimamente, non le ritenevo così attendibili da poter essere certa che non mi fosse sfuggito qualcosa.
Feci cenno a Carlisle di avvicinarsi ma continuai a cercare di ottenere delle risposte. Il solo pensiero che fosse successo qualcosa a Edward mi mandava nel panico. «Perché non ha risposto lui?».
«Non lo so».
«Bella, che succede? Ho appena visto...».
«Cosa?». M’interruppe bruscamente.
La sua voce tremava, e mi pentii immediatamente di averle fatto intuire qualcosa, ma evidentemente avevo ragione: qualcosa di grave era appena accaduto.
Onde evitare che la mia linguaccia facesse ulteriori danni, scelsi di tacere.«Ti passo Carlisle», dissi, infine, in preda allo sconforto.
Carlisle
«Bella, sono Carlisle. Che succede?».
«Io...». Pochi secondi di interminabile silenzio mi diedero subito la conferma che le notizie non sarebbero state delle migliori «Sono un po' preoccupata per Edward... È possibile che un vampiro cada in stato di shock?».
“Signore ti prego fa che non sia accaduto nulla a mio figlio.”«È ferito?». Domandai tradendo la mia impazienza.
«No, no. Soltanto... colto di sorpresa».
“Dio ti ringrazio.”Solo che adesso avevo bisogno di tutte le spiegazioni del caso «Non capisco, Bella».
«Penso, be', penso che forse... potrei essere...», la sentii prendere un profondo respiro, il mio si fermò all’istante. «incinta».
“Dio mio …” fu tutto ciò che il mio cervello riuscì a dire in quel momento.
Non era possibile. I vampiri non potevano procreare. Ci doveva essere un’altra spiegazione, Bella non era una sprovveduta ma magari aveva scambiato alcuni sintomi di qualche altro disturbo per quelli della gravidanza. Anche se fosse,sarebbe comunque troppo presto per essersene accorta.
Era chiaro come il sole che si stesse sbagliando.
Alzai lo sguardo, una frazione di secondo e vidi Alice guardarmi sconvolta.
“Ok. Manteniamo la calma”«Quando è iniziato il tuo ultimo ciclo mestruale?».
«Sedici giorni prima del matrimonio». “Quindi c’è un ritardo …”«Come ti senti?».
«Strana», “… questo non qualifica …”«Ti sembrerà una follia ma, ascolta, so che è troppo presto. Forse sono davvero pazza. Ma continuo a fare sogni strani, a mangiare, piangere e vomitare, e... e... giuro che qualcosa si è mosso dentro di me un attimo fa». La voce era rotta dal pianto.
Troppo presto per delle crisi emotive, e troppo presto per sentire i movimenti del bambino … sempre che fosse un bambino … un cassetto nel fondo della memoria si aprì all’improvviso riportandomi alla mente alcune leggende che parlavano di donne che avevano concepito figli da vampiri … non avevo mai conosciuto nessuno che me ne avesse parlato di persona pertanto avevo sempre considerato questi racconti come dicerie popolari … a quanto pare mi stavo sbagliando poteva esistere questa remota possibilità …
Edward
“Carlisle… è Carlisle … al telefono.” Cercai di concentrarmi sul mio braccio, era pesantissimo … tutto il mio corpo era diventato tremendamente pesante “Devo parlargli … lui sicuramente avrà una spiegazione per tutto ciò …perché DEVE.ESSERCI.UNA.SPIEGAZIONE.”E con uno sforzo sovrumano allungai la mano per farmi passare il cellulare.
Bella farfugliò ancora qualche incomprensibile parola e me lo passò
«È possibile?», sussurrai senza nemmeno aspettare che parlasse.
«Temo di sì. Ci sono alcune antiche leggende che raccontano di fatti simili, evidentemente il feto ha caratteristiche genetiche più simili a quelle del padre che non a quelle della madre, ciò spiegherebbe il perché della crescita accelerata e …»
«E Bella?», domandai stringendola al mio fianco. Non avrei potuto affrontare la risposta senza sentirla accanto a me.
«Non si tratta di un parto normale. Il feto è più forte della madre già dal suo concepimento, secondo quanto narrato nelle leggende, il bambino viene alla luce dilaniando dall’interno il grembo materno …»
Un muro nero calò davanti ai miei occhi.
«Per la madre non ci sono speranze.» sentenziò infine, la sua voce giungeva alle mie orecchie lontanissima. «dobbiamo farla abortire. Il prima possibile. È in gioco la sua vita, ogni istante è prezioso. Rientrate immediatamente.»
«Sì. Sì, certo che sì». E chiusi la comunicazione.
«Che dice Carlisle?» domandò impaziente.
«Secondo lui sei incinta» risposi con un filo di voce. Il solo pronunciare quella parola dava la nausea anche a me.
«Chi stai chiamando adesso?»chiese titubante.
«L'aeroporto. Torniamo a casa.» Il tono con cui le risposi non ammetteva repliche e un silenzio di ghiaccio calò nella stanza.
Come se mi fossi liberato dalle catene che mi avevano imprigionato fino a pochi istanti prima fui invaso da una scarica di adrenalina pura.
Iniziai a organizzare il rientro, fortunatamente era già pomeriggio inoltrato, mancavano si e no un paio d’ore al crepuscolo saremmo potuti partire in serata e avrei potuto attraversare Rio senza dare nell’occhio. Telefonavo, preparavo le valige e cercando di controllare ogni sua mossa. Mi muovevo come un automa senza soffermarmi più del necessario su quanti facessi.
“Possibile che sia così complicato trovare un volo per stanotte!”imprecai dentro di me dopo che mi avevano passato il quinto operatore della compagnia aerea, quando sentii un fruscio e mi voltai di scatto, Bella mi fissava impaurita.
Ovvio. Era nuovamente in pericolo di vita, e ce l’aveva messa proprio colui che avrebbe dovuto proteggerla.
Che fosse sotto shock era il minimo.
In un attimo mi accorsi che era ancora in pigiama. Presi il primo completo che mi capitò a portata di mano e lo lanciai sul letto.
Intanto al telefono mi avevano passato il sesto operatore.
Mentre raccoglievo le nostre cose, vidi che si era cambiata. Bene. Almeno si era mossa dallo stato catatonico in cui mi osservava.
L’urgenza di rientrare era diventata pressante. Non avremmo trascorso sull’isola un minuto di più del necessario. Se le fosse accaduto qualcosa non me lo sarei perdonato. Come avevo potuto agire con una tale leggerezza … certo nessuno poteva immaginare … ero stato troppo sicuro di me.
Se fosse morta … questa volta nessuno mi avrebbe fermato, vivere senza di lei non avrebbe avuto più senso, e scontare la mia colpa per l’eternità non sarebbe stato comunque abbastanza.
Cercai il suo sguardo e mi resi conto che era sparita.
Come avevo fatto a non rendermi conto che era uscita dalla stanza?
Nuovamente il senso di panico iniziò a rimbombarmi in testa come un tamburo.
Setacciai tutte le stanze della villa fino a che non la trovai in cucina, intenta a fissare il vuoto dalla finestra sopra il lavello, un pacchetto di ciambelline appena aperto, una mano sul ventre.
Mi sentii morire.
«Bella?» domandai cauto. Non sapevo cosa aspettarmi: sbalzi d’umore, altre nausee … una cosa era certa qualunque cosa la facesse stare in quello stato, riusciva a paralizzarmi all’istante.
Si voltò e le lacrime che le inondarono il viso mi misero K.O.
«Bella! Stai male?». Domandai stringendo il suo viso tra le mani
«No, no...».
«Non temere. Sedici ore e saremo a casa. Andrà tutto bene. Carlisle è pronto ad accoglierci. Ce ne occuperemo noi e tu guarirai, guarirai». La rassicurai cullandola nel mio abbraccio.
«Ce ne occuperemo noi? In che senso?»
“Come in che senso??? Non penserà mica di andare ad abortire in un comune ospedale??”«Dobbiamo tirare fuori quella cosa prima che possa farti del male. Non temere. Non permetterò che ti faccia del male» le confermai guardandola negl’occhi.
«Quella cosa?»,esclamò con un tono che forse non avrei dovuto sottovalutare, ma i rumori che provenivano dall’esterno catalizzarono la mia attenzione.
«Maledizione! » “Un altro problema da sistemare” «Ho dimenticato che oggi doveva passare Gustavo. Mi sbarazzo di lui e torno subito». Come diavolo avevo fatto a scordarmelo. E in un istante fui da loro.
Alice
La notizia della gravidanza di Bella, fu accolta con non poco stupore e preoccupazione, specialmente riguardo l’evolversi così rapido della stessa.
Persino Emmett si era astenuto dal fare commenti.
Inutile dire che dopo la mia visione eravamo già preparati al peggio. Ovviamente Edward non ne era ancora informato.
L’unica che sembrava più irritata che dispiaciuta da tale evento era Rosalie.
Le motivazioni erano purtroppo note a tutti e solo per quelle veniva tollerato il suo comportamento.
«Io vado a caccia, se volete stare qui a compiangere Bella non ci sono problemi. Posso andare anche da me», soltanto Emmett si alzò per accompagnarla. «Porta il cellulare con te, riceverai una chiamata.» le dissi prima che uscisse.
«Non aspetto chiamate.» sentenziò acida.
«Eppure la riceverai, non so da chi, ma accadrà entro breve.» le risposi cercando di mantenere un distacco. Mi fissò per un lungo istante, sbuffò e se ne andò.
Kaure
Quei suoi modi gentili e raffinati poco si confacevano all’espressione del suo viso.
Stava dicendo a Gustavo che erano in partenza. Perché?
Non c’era spiegazione per quella partenza frettolosa, sennonché il sacrificio di quella fanciulla si fosse appena compiuto … Non mi diedi per vinta finché non ottenni il permesso di entrare.
Dovevo sapere.
Mi era stato detto di vigilare anche per la nostra sicurezza e non me ne sarei andata finché non avessi ottenuto tutte le risposte che cercavo.
Ma mai mi sarei immaginata di trovarmi davanti ad una tale realtà.
Con il mio pretesto d’ingresso stretto tra le braccia, entrai in casa seguendo il demone a debita distanza fino alla cucina dove, fortunatamente, vidi la giovane donna ancora viva ma, a giudicare dal suo aspetto, e dalle lacrime che doveva aver appena versato, ancora per poco …
Dovevo aver interrotto qualcosa, e ne andai fiera.
«Non credere che non sappia cosa stai per farle! Ti stiamo controllando!» gli dissi in un improvviso slancio di coraggio mentre posavo sul tavolo il pranzo che avevo“appositamente preparato” per loro.
«Sei entrata. Hai visto ciò che volevi vedere, adesso sparite entrambi da questa casa. Non ho tempo da perdere con le vostre paranoie.»
Ignorandolo completamente feci per andarmene quando lo vidi scattare verso la ragazza, mi voltai per capire cosa fosse successo e la vidi riversa sul lavandino a vomitare … lui che cercava di soccorrerla e nello stesso tempo di togliere di mezzo il cibo che le avevo portato …
L’odore le aveva dato la nausea …
No … non era possibile …
Ma quando vidi le sue mani posarsi sul ventre, non ebbi più dubbi …
Era incinta … di quel demonio …
“Assassino …”fu il mio primo pensiero e come se lo avesse percepito si voltò verso di me proteggendo la donna che aveva appena abbracciato.
«SEI UN MOSTRO!! UN DEMONE DEL MALE!!! NON SOLO LA VOLEVI SACRIFICARE MA HAI PRETESO CHE GENERASSE UN ALTRO DEMONE COME TE!! ASSASSINO!!» gridai con tutto il fiato che avevo in gola.
Lo vidi avanzare verso di me, ero pronta a subire l’impatto di tutta la sua ira, forse sarei morta, ma almeno non sarei stata una codarda.
Riuscì a sorprendermi.
«Hai ragione, sono un mostro.»disse parlando perfettamente il dialetto della mia tribù «credimi se ti dico che non era mia intenzione farle alcun male … io la amo più della mia stessa vita … ti assicuro che non avevo idea che potesse accadere tutto ciò … » la sua voce era talmente intrisa di dolore che non ebbi la forza di replicare «Non so come porvi rimedio … non ho idea di cosa le accadrà …»
La sua era una supplica.
Mi stava chiedendo di dirgli cosa sarebbe accaduto alla sua sposa …
Antiche leggende narravano di rari casi in cui i Lobishomen che avevano concepito figli con delle donne umane …
«Ti prego se sai qualcosa, dimmelo … ho bisogno di salvarla …» insistette ancora.
«Dovevi riflettere prima sulle tue gesta!» risposi ancora in preda alla collera.
Per quelle povere donne non c’era stata via di scampo. «Non sopravvivrà … ciò che porta in grembo la divorerà …»
«NO! Tirerò fuori quella cosa dal suo ventre e lei VIVRA’!»
Ero scioccata dall’accanimento con cui quell’essere voleva che la donna vivesse. Forse l’amava davvero … Mi avvicinai alla giovane,
«Quando e successo?» gli domandai
«Due settimane fa.» rispose secco.
«Quando ve ne siete accorti?»
«Non più di un’ora fa.»
«Avete aspettato troppo. Lui è forte, molto più forte di lei. Non farai in tempo …» risposi addolorata. Il suo volto trasfigurò in una maschera di dolore.
«NO! Deve esserci una via d’uscita … partiremo questa sera stessa … non permetterò che muoia …»gli sentii sussurrare come se avesse bisogno di convincersi che tutto sarebbe andato per il meglio.
Provai un’immensa pena per entrambe.
Mi avvicinai alla giovane donna che ci guardava parlare di lei senza, probabilmente, capire ciò che ci stessimo dicendo e posandole una mano sul ventre dissi, nel mio inglese stentato, una delle poche parole che conoscevo della loro lingua «Morte» sibilai piano, guardandola negli occhi, sperando che con quello avesse capito la gravità della sua situazione, diedi loro le spalle e me ne andai.
Edward
Quel verdetto così secco ed esplicito m’impietrì. Solo quando la sentii allontanarsi ripresi conoscenza.
«Dove vai?». Le sussurrai afferrandola per una spalla.
«A lavarmi i denti un'altra volta».Rispose atona.
«Non badare a ciò che ha detto. Sono soltanto leggende, vecchie bugie inventate per passare il tempo».
«Non ho capito niente»
“non è vero …” «Ti ho messo lo spazzolino in valigia. Vado a prenderlo». Dissi precedendola in camera.
Queste frasi di circostanza mi stavano uccidendo.
«Ce ne andiamo presto?». Il suo tono era, ormai, glaciale.
«Appena sei pronta». Andò in bagno per tornare subito dopo con lo spazzolino in mano «Porto i bagagli sulla barca».
«Edward...».
Mi voltai di scatto. «Sì?».
«Ti va di... portare via anche qualcosa da mangiare? Sai com'è, potrebbe tornarmi la fame».
«Certo», vederla così impaurita, mi finì di annientare «Non preoccuparti di nulla. Fra qualche ora saremo da Carlisle. Presto sarà tutto finito».
Rose
Stavo facendo la doccia quando il cellulare prese a squillare. Uscii trafelata dal bagno e lo afferrai soffermandomi sul display: EDWARD.
Che cosa voleva adesso da me quello sciagurato irresponsabile.
Mi sembrò di un estremo cattivo gusto volermi parlare in questo momento; pretendeva forse che lo aiutassi nei suoi folli propositi?
La mia opinione non era stata richiesta e quindi mi ero guardata bene dall’esprimerla ma, dai preparativi di Carlisle, avevo già capito quali fossero le loro intenzioni … Aveva bisogno di un’assistente per l’intervento? Avevano sentito il parere di Bella? Sicuramente lei era d’accordo … erano fatti della stessa pasta quei due …
Il telefono non accennava a smettere di squillare … Questa volta mi avrebbe sentita!
«Pronto?», risposi aprendo lo sportellino con rabbia.
«Rosalie?», sussurrò l’unica voce che non mi sarei mai aspettata di sentire. «Sono Bella. Ti prego. Devi aiutarmi».
A presto e commentate!!!!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** CAPITOLO 8 ***
Grazie ancora a tutti per la vostra pazienza e per i numerosi messaggi che mi avete inviato sia su efp che in privato.
Buona lettura!
Cap. 8
Rose
Chiusi la chiamata e mi sdraiai sul letto … tutti mi sarei aspetta meno che LEI. La sua telefonata mi aveva sorpreso almeno quanto il favore che mi aveva chiesto.
La notizia della gravidanza di Bella era stata una doccia fredda, e l’avevo subito considerata come la più grande offesa che mi avesse mai potuto arrecare. A lei non interessava avere figli, era pronta a rinunciare a tutto e le era toccata una delle gioie più grandi che una donna potesse avere; io che avrei venduto anche l’anima per la stessa opportunità mi ero vista negare tutto, per l’eternità. Dov’era la giustizia divina di cui Carlisle parlava tanto, in tutto ciò?? L’idea che volesse abortire mi aveva mandata completamente fuori di senno. Per calmarmi avevo abbandonato tutti in casa, compreso Emmett, che implorava di accompagnarmi, ed ero andata nel bosco a sfogare la mia rabbia nella caccia. Come poteva solo pensare di ripudiare una simile fortuna, non mi era mai stata particolarmente simpatica e l’avevo invidiata, adesso invece la odiavo.
Con tutta me stessa.
Ma mai avrei immaginato come potesse evolversi tutta questa storia.
Il fatto che mi avesse cercato, lasciava da pensare che avesse capito la piega che stava prendendo questa situazione, non era una stupida, anche se, in svariate occasioni aveva dimostrato il contrario e, indubbiamente conosceva bene suo marito che, insieme a nostro padre, ora come ora, mi scatenava, con i suoi folli ragionamenti, una rabbia furiosa!
Avevo accettato di aiutarla, ma ancora dovevo decidere se sentirmi lusingata o offesa della sua richiesta. Mi aveva scelta perché sapeva di poter fare leva sulla mia debolezza … conosceva bene anche me … e questo non era leale.
Avrei chiarito questa cosa a tempo debito. Ora come ora le avevo promesso il mio aiuto e non era da me rimangiarmi la parola data.
Da quando eravamo venuti a conoscenza della sua maternità, ovvero solo poche ore fa, solo Edward ci aveva reso partecipi della sua opinione in merito. Nessuno aveva idea di come la pensasse Bella … almeno fino a questo momento.
“Direi che è giunto il momento di rendere pubblico il suo pensiero …” pensai alzandomi di scatto dal letto per cominciare a prepararmi.
Sarebbero arrivati tra circa sedici ore … non potevo portare avanti questa crociata da sola, avevo bisogno di un supporto che riuscisse a mettere dei freni non solo ad Edward ma anche a Carlisle … dovevo parlare con Esme.
Bella
Non so chi mi avesse dato il coraggio di fare quella chiamata, ma in quel momento avevo avuto l’illusione che fosse la mia unica via d’uscita.
Poche parole e misurate, Edward sarebbe potuto tornare in qualsiasi momento.
Una frazione di secondo di esitazione nella sua risposta, sembrò tenermi col fiato sospeso per un’eternità.
«Parla.» disse con tono sostenuto.
Immaginai che la notizia della mia gravidanza fosse già di dominio pubblico, quindi andai subito al punto.
«Voglio tenere questo bambino. Edward non è d’accordo. Sei l’unica che possa aiutarmi. Ti prego.»
Un altro interminabile silenzio di una frazione di secondi mi tenne in bilico tra la vita e la morte.
«Ok. Conta su di me. Sarò all’aeroporto, al vostro arrivo. Poi parleremo.» rispose concisa, e senza dire altro chiuse la chiamata.
Mi sentii improvvisamene sollevata dallo sconforto in cui ero sprofondata, presi un profondo respiro e riposi il cellulare nell’esatto punto in cui l’avevo trovato.
Edward tornò in cucina alcuni secondi dopo e pregai con tutta me stessa che non avesse sentito.
Si fermò sulla soglia della stanza mi guardò, tensione rabbia e disperazione si alternarono nel suo sguardo.
«Come ti senti?» mugolò.
«Abbastanza bene … non ho più rimesso … stavo … stavo guardando cosa prendere nel caso avessi fame.» la mia voce tremava, non sapevo mentire e non avevo avuto abbastanza tempo per preparare un risposta adeguata. Sperai che non facesse caso alla titubanza nella mia voce, incolpando le circostanze della mia agitazione, e così fu.
«Sì … certo … tutto quello che vuoi … le valige sono sul motoscafo … se te la senti, partiamo subito … oppure …»
«No … no, adesso … va bene.»Sì, adesso poteva andare bene.
«Non trovo il cellulare.» disse con lo stupore nella voce, doveva essersi reso finalmente conto di quanto tutta questa storia lo avesse sconvolto e, come avevo già notato io in precedenza, non era da lui. Silenziosamente glielo porsi. .
«È qui.» risposi porgendoglielo con disinvoltura.
«Ah … bene … grazie» rispose mal celando l’imbarazzo per la sua disattenzione «allora, andiamo.» lo fece scomparire nella tasca del jeans e cingendomi con un braccio le spalle uscimmo da casa.
Il viaggio non fu dei migliori.
Il tragitto in motoscafo fino a Rio non si poté certo definire un toccasana per le mie nausee, e ogni volta che davo di stomaco l’espressione di Edward diventava sempre più tesa.
Lo stesso fu in aereo.
Cercai di mantenere la calma per non fare trapelare il mio piano, mentire, specialmente a lui, era una cosa insopportabile, ma non c’erano alternative.
Ci scambiammo forse quattro parole in tutto, ogni volta che provavo a mettere in bocca qualcosa, pochi minuti dopo iniziavo a vomitare, Edward mi accompagnava in bagno per aiutarmi e ne uscivo sempre più esausta. E come se recitasse una litania, lo sentivo borbottare ogni sorta d’improperio contro se stesso.
Il suo sguardo colpevole era ciò che mi faceva soffrire di più.
“Come stai?” e “Cerca di riposare.” Venivano ripetute come un disco rotto ogni volta che mi vedeva portare le mani sul ventre. Cercava di mantenere la calma ma conoscevo troppo bene le espressioni del suo viso per non capire cosa nascondesse quella sua imperturbabile facciata di neutralità.
A tratti era di una dolcezza infinita, poi la rabbia divampava in lui trasformandolo in un demone deturpando i suoi lineamenti perfetti.
Non avevo mai preso in considerazione l’idea di una gravidanza, ma indubbiamente non avrei mai immaginato che il futuro padre la prendesse così male … certo non era una gravidanza normale … ma anche i genitori non erano“tradizionali”.
Forse l’istinto materno che era esploso tutto d’un tratto in me, mi spingeva a proteggere il mio piccolo brontolone oltre ogni misura, e sicuramente sottovalutare questa maternità così particolare mi faceva peccare di un’eccessiva incoscienza; ma anche la sua iperansiosità era eccessiva e, sinceramente, mi stava spaventando, c’erano instanti in cui le sue espressioni rasentavano la cattiveria.
Stando a queste premesse, Edward, non avrebbe assecondato la mia decisione di tenere il bambino, scontrarsi contro un muro di marmo sarebbe stato più semplice che scontrarsi contro la sua volontà … non sarebbe certo stata la prima volta che avevamo opinioni discordanti … ma questa volta non era in gioco solo la mia vita, e questo pensiero mi mandava nel panico, non avevo idea del punto fino cui mi sarei potuta spingere ma il fatto che Rose fosse dalla mia parte mi dava sicurezza, anche se sapevo perfettamente che non sarebbe stata una passeggiata di salute. Per cercare di non pensare a ciò che avrei dovuto fare da lì a poche ore, e non incrociare lo sguardo di Edward, decisi di provare a sonnecchiare un po’.
«Stiamo atterrando.» sussurrò baciandomi la fronte, lentamente aprii gli occhi e incontrai i suoi.
Sempre più tristi.
Sempre più angosciati.
Era tremendo vederlo così. Mi stiracchiai appena e senza dire una parola mi preparai allo sbarco.
Una volta recuperati i nostri bagagli ci dirigemmo verso l’uscita.
Cosa avrei fatto quando avessi visto Rose … Si sarebbe accorto del nostro piano in anticipo … Saremmo mai riusciti a coglierlo di sorpresa … le mie sicurezze cominciarono a vacillare, e cercando di non tradire alcuna emozione, riposi in Rose ogni speranza. Lei sicuramente aveva un piano.
All’esterno dell’aeroporto, la famiglia Cullen al completo, ci stava aspettando. Accadde tutto nella frazione di qualche secondo, vidi Rose strizzarmi l’occhio e capii che era il momento. In un attimo fui al sicuro tra le sue braccia. L’azione era stata talmente veloce che non aveva dato modo ad Edward di focalizzarsi sui pensieri di nessuno in particolare, eravamo riuscite a giocare di anticipo e questo lo aveva spiazzato. Non ebbi il coraggio di guardarlo ma, i ringhi che percepii, riuscirono a darmi un quadro abbastanza preciso di quanto fosse furioso.
«Edward, calmati …» sentii dire da Carlisle
«Tu non capisci! Lei si sta approfittando della situazione!» ringhiò verso Rose.
«Parliamone a casa. Questo non è il luogo adatto.» insistette Carlisle.
«Bella, saliamo in macchina.» mi esortò Rose carezzandomi la schiena, mai la sua voce era stata così dolce nei miei confronti.
«Vengo con voi!» tuonò Edward
«NO! NON TI AVVICINARE!» lo minacciò Rosalie
«NON MI PROVOCARE ROSE!»
Perfetto, stavo diventando veggente come Alice, stava accadendo esattamente ciò che avevo previsto.
«Edward calmati!» disse Emmett con un tono che non ammetteva repliche; quasi stentavo a riconoscere l’Emmett gioviale e burlone che avevo sempre conosciuto.
«IO.VENGO.IN.MACCHINA.CON.VOI.»
«NO!» replicò secca mia cognata stringendomi ancora di più a sé.
«Vi prego basta.» mugolai piano«Rose non ti preoccupare, va tutto bene. Può venire con noi.» e senza dire una parola salimmo sulla loro Jeep.
Il resto della famiglia ci seguì sulla Mercedes di Carlisle.
Seduta sul sedile posteriore, stretta tra due fuochi mi sentivo nell’occhio del ciclone. Le mani di Edward si stringevano a pugno, talmente forte che sembrava tremasse, sicuramente era furioso per la mia decisione e stava pensando a come trovare una scappatoia per portare a termine i suoi propositi, lo sguardo fisso fuori dal finestrino sembrava perso nel vuoto, solo per un istante si voltò di scatto verso Rose, sicuramente qualche suo pensiero non era stato di suo gradimento, … avesse potuto, l’avrebbe incenerita … sarebbe stato molto più difficile di quanto avessi mai immaginato.
Quando mi vide rannicchiarmi tra le braccia di sua sorella per lo spavento, chinò il capo e si voltò di nuovo, non degnandoci più di uno sguardo fino a casa.
Durante il tragitto, in quel silenzio surreale che si era venuto a creare, ebbi modo di riflettere su Alice. Il suo comportamento mi aveva lasciata completamente disorientata: appena usciti dall’aeroporto, nella manciata di secondi che mi erano serviti per realizzare dove fossero e correre tra le braccia di Rose, l’avevo intravista appoggiata alla macchina di Carlisle con Jasper al suo fianco guardarmi con aria spiritata, sofferente. Non fossi stata più che certa che i Vampiri non potevano ammalarsi avrei giurato stesse male … qualunque cosa l’avesse ridotta in quello stato doveva essere terribile, mi sarei aspettata comunque almeno un abbraccio, ma nell’esatto instante in cui formulai quel pensiero, realizzai che la causa del suo malessere potessi essere proprio io …
Arrivammo a casa, Rose mi accompagnò nella camera, che da oggi in poi sarebbe diventata la nostra, ovvero quella che solo fino a poche settimane prima era stata la camera di Edward..
Quando vidi il letto, tirai un sospiro di sollievo, avevo dormito in aereo ma ero lo stesso stanchissima, come se mi fosse passato addosso uno schiacciasassi.
Rose mi aiutò a coricarmi e appena fui comoda si sedette accanto a me.
«Lasciaci soli.» ordinò perentorio Edward, fermo sull’ingresso.
«No.»
«Rose non ti conviene continuare con questo atteggiamento.»
«Bella mi ha chiesto aiuto ed io ho accettato di aiutarla, perché con te non si sentiva al sicuro.»replicò mia cognata, lo sguardo sofferente di Edward mi trafisse l’anima «Deve essere lei a chiedermi di allontanarmi.»
«Bella, ho bisogno di parlare con te.» Disse questa volta guardandomi dritta negli occhi, sebbene non fossi tranquilla al cento per cento a rimanere da sola con lui, decisi di dargli una possibilità, infondo l’avevo tenuto allo scuro delle mie intenzioni e si era trovato davanti al fatto compiuto, almeno un tentativo di chiarimento doveva pur esserci.
«Rose, lasciaci soli un momento.»le chiesi stringendole la mano nel tentativo che capisse di non allontanarsi più di tanto, e così fu.
«Come vuoi, ma resterò qua fuori, per qualsiasi cosa chiamami.» Sollevata dal fatto che sarebbe rimasta nei paraggi, mi preparai allo scontro.
Edward
«Perché?» i preamboli erano inutili e puntai dritto alla richiesta della spiegazione di cui avevo bisogno.
«A cosa ti riferisci?» rispose impassibile.
«Lo sai benissimo non fare la finta tonta.»
«No che non lo so. Vuoi sapere perché ho deciso che terrò questo bambino, oppure vuoi sapere perché ho chiesto l’aiuto di Rose o eventualmente perché ho deciso di mentirti?»
«Bella smettila di comportarti come una bambina. Non hai idea di cosa comp …»
«NO! SMETTILA TU!» mi gridò in faccia all’improvviso «So esattamente cosa comporta una maternità tutte le maternità anche le più tranquille hanno una percentuale di rischio, sia per la madre che per il piccolo.»
«Bella, non starmi a parlare di percentuali di rischio, nel tuo caso abbiamo la certezza assoluta che morirai … io non posso permetterlo.»
«Stammi bene a sentire, una volta per tutte. Nel momento esatto in cui ho capito di aspettare un bambino è stato come se le dimensioni del mio cuore fossero raddoppiate, e che tutto lo spazio in più che si era creato fosse già occupato. Prima c'era soltanto una persona della quale ero certa non potessi fare a meno, adesso sono due. Per me questo bambino è necessario come l’aria per respirare, perché siamo tu ed, io insieme, in un unico essere, e non m’interessa cosa dovrò sopportare.»
“Non è un gioco Bella …”doveva sicuramente avere la febbre alta questi ragionamenti erano solo deliri insensati. «I tuoi ragionamenti non hanno senso. Questa … questo … feto …» e fu uno sforzo disumano chiamarlo in quel modo « … non è normale, è pericoloso. DEVI INTERROMPERE LA GRAVIDANZA!»
«NO! E NON INTENDO PIU’RIPARLARNE.» sbraitò Bella, quasi paonazza in volto e, in quell’istante, entrò Rose.
«Per oggi l’hai già fatta innervosire abbastanza, ha bisogno di stare tranquilla e di riposare.» “Mi occuperò io di lei, tu non sei in grado”
«So esattamente a cosa stai mirando e non ti permetterò di sfruttare la vita di Bella per realizzare la tua follia.»
«Credi di essere onnisciente perché leggi nel pensiero?» sputò con rabbia «ti sbagli.»
«Basta per favore.» mugolò Bella, la voce quasi rotta dal pianto.
Non ebbi il coraggio di insistere.
«Bella ha ragione.» intervenne Carlisle dall’ingresso della stanza «questo non è il momento né il luogo per discutere,la state facendo solo agitare. TUTTI E DUE.»
«Carlisle …» dissi con un filo di voce.
“Edward, non posso fare niente, Esme le difende a spada tratta … ho le mani legate … non c’è stato modo di farla ragionare. L’unica cosa che posso provare è parlarle molto onestamente di ciò cui va incontro, nella speranza di farle cambiare idea. Ma so già che parlerò al vento.”
Annuii in silenzio.
Carlisle
«Bella, mi permetti di visitarti?»domandai avvicinandomi al letto. Rose s’intromise facendole scudo con il proprio corpo «Rose se vogliamo provare a fare qualcosa per aiutarla dobbiamo visitarla. Abbiamo necessità di sapere qualcosa di più su questa gravidanza così particolare e, cercare, di valutarne il decorso.»
Bella guardò Rose impaurita.
Evidentemente temeva il mio comportamento. Come darle torto, sposavo le idee di Edward in tutto e per tutto, ero stato il primo a suggerire l’aborto. Purtroppo però non avevo fatto i conti con Esme. Fino a quando Rose non l’aveva fatta partecipe della decisione di Bella, era rimasta turbata della decisione che era stata presa, ma non aveva espresso nessun tipo di commento,indubbiamente tutto ciò l’aveva scossa nel profondo.
Non avevo dato peso al repentino cambiamento di umore delle ultime ore, stavo predisponendo la sala operatoria nel mio studio in modo da poter intervenire non appena fossero arrivati; non aveva mai avuto segreti per me, non credevo sarebbe mai arrivata a nascondermi qualcosa, ma così era stato. Quando li vedemmo uscire dall’aeroporto, feci per andargli incontro ma fui fermato dalla sua presa sul mio braccio.
«Bella, vuole questo bambino. Qualunque cosa decidiate di fare tu ed Edward sarà come se la faceste a me. E non ve lo perdonerò. MAI.»
In quel momento vidi Bella tra le braccia di Rose e capii che si erano alleate per combattere questa folle crociata.
Non me l’avrebbe mai perdonato … Non avrei potuto più vivere sapendo che le avevo arrecato un tale dolore, dopo tutto quello di cui la vita l’aveva già privata.
E dovetti arrendermi al suo volere.
«È necessario Bella.» disse Edward riportandomi al presente. «Io sarò presente. Non la lascio nelle vostre mani.» Disse infine Rose con decisione.
«Certamente, se questo può rendere Bella più tranquilla.» La vidi annuire senza mai mollare la presa dalla sua mano «Bene. Per favore accompagnatela nel mio studio, ho attrezzato un piccolo ambulatorio per ogni necessità, proveremo a farle un’ecografia.»
Gli esami furono un fallimento dietro l’altro. La membrana che copriva il feto era troppo spessa per riuscire a fare un’ecografia, anche quella interna non ebbe risultati migliori.
Le analisi del sangue mostrarono una serie di valori completamente fuori dai parametri, aveva il metabolismo totalmente stravolto.
Dalle misurazioni che le avevo fatto, si trovava all’incirca al quarto o quinto mese di una gravidanza normale.
«Allora?» domandò mentre Rose l’aiutava a rivestirsi.
«Sarò sincero Bella.» dissi sedendomi sul lettino vicino a lei «sono molto preoccupato.»
«Sta male? Il bambino non sta bene?»
«No, sono preoccupato per te.» aggiunsi prendendo un profondo respiro. «Sai perfettamente che la penso esattamente come Edward circa l’interruzione della gravidanza …»
«NO!»
«Tranquilla, non ho intenzione di obbligarti. Hai fatto la tua scelta, non la condivido ma la rispetto;solo voglio che tu sappia esattamente come stanno le cose.»
Annuì silenziosamente.
«La sacca che protegge il feto è molto spessa e ciò impedisce di effettuare un’ecografia che ci permetta di capire con più esattezza a che punto della gravidanza tu sia. Le tue analisi del sangue sono le peggiori che io abbia visto da parecchi anni a questa parte. Ciò è dovuto sicuramente al fatto che non riesci ad assimilare ciò che mangi, ma oltre ciò è come se qualcosa ti stesse risucchiando da dentro …»
«Quindi?»
«In conclusione, credo che nel DNA di questo feto sia predominante la parte vampira anziché quella umana, è ben protetto e molto forte, anche perché attinge dalla tua stessa linfa vitale …»
Una porta sbatté alle mie spalle.
«Edward!»
«Devi capirlo Bella. Tu pretendi di essere capita, devi cercare di fare lo stesso con lui.»
«Ti prego, continua Carlisle …» Sospirò chinando il capo rassegnata.
«Stavo dicendo, possiamo provare a nutrirti con delle flebo per vedere se riesci a trattenere nell’organismo maggiori sostanze. E proporrei un parto cesareo.»
Rose ringhiò, Bella si strinse al suo braccio e iniziò a tremare.
«No. Non voglio … voi volete solo …»
«Ascoltatemi tutte e due.» quella delle due che mi lasciava più sconcertato era Rose. Era laureata in medicina possibile che non se ne fosse resa conto? «Bella il tuo corpo non è in grado di sopportare questo tipo di gravidanza. Gli vengono imposti dei cambiamenti che normalmente si articolano nei nove mesi di una gestazione normale. Non ho idea di quanto potrà resistere. Tenete anche presente che dalle poche informazioni che sono riuscito a reperire circa casi simili a questo il feto uscirà dal grembo materno dilaniandolo a morsi dall’interno.»
Silenzio.
Forse ora potevamo iniziare a ragionare.
«La corporatura minuta di Bella potrebbe compromettere la nascita naturale, d’altro canto la nascita naturale la ucciderà sicuramente. Se programmassimo un cesareo all’incirca all’ “ottavo mese” forse potremmo avere delle speranze di salvare entrambi.»
«Ma … il mio bambino … che rischi …»
«Bella, pensaci bene, quanti bambini nascono prematuri anche di sette mesi, e sopravvivono ugualmente. Questo feto è già molto più forte dei suoi coetanei … normali»
«Allora abbiamo delle speranze …»
«Bella, questa soluzione può essere presa in considerazione solo SE arriverai all’ottavo mese … Vuoi veramente fare questo a Edward? Pensaci …» era inutile darle false speranze. Molto probabilmente non sarebbe sopravvissuta fino a quel momento.
Rose
Bella rimase in silenzio trattenendo a stento le lacrime, la presi in braccio per non farla affaticare e la portai a letto.
«Devi decidere con la tua testa e il tuo cuore, Bella.» dissi mentre le sistemavo le coperte «è una scelta difficile ed è soltanto tua. Se decidi di proseguire io ti starò accanto. Se volessi interrompere la gravidanza … non dico che approverò la tua scelta, ma non ti biasimerò.»
«No. La mia decisione l’ho già presa.» rispose senza un attimo di esitazione «Non credevo che l’istinto materno potesse nascere così … all’improvviso … è stato come per il matrimonio: finché non mi sono sposata non mi ero mai resa conto di quanto mi potesse piacere, allo stesso modo ho desiderato diventare madre nel momento esatto in cui ho scoperto di essere incinta … vorrei solo non essere sola …»
«Ci sono io.» le sussurrai carezzandole i capelli.
«Lo so …»
«Ma non è la stessa cosa …»aggiunsi dando voce al suo pensiero inespresso.
«Se tu fossi al mio posto, vorresti Emmett vicino a te giusto?»
Distolsi lo sguardo imbarazzata,«Posso sapere perché hai chiesto proprio il mio aiuto?» domandai in modo da rompere il silenzio imbarazzante che si era creato e al tempo stesso avere le risposte che cercavo da quando mi aveva telefonato. «tu ed io non siamo mai state … “in sintonia”… non mi sarei stupita se tu avessi fatto la stessa richiesta ad Alice.»
«Immaginavo che me lo avresti chiesto prima o poi …» prese un profondo respiro e continuò «Posso sembrare pazza a voler portare avanti questa gravidanza, ma ti giuro che sono consapevole di tutti i rischi che sto correndo. Carlisle ha parlato chiaro, ma sapevo già che sarei andata incontro alla morte. Un’indigena sull’isola mi aveva diagnosticato questa fine … se sopravvivrà qualcuno da questa storia è quasi sicuro che sarà il mio piccolo e non io … non so cosa farà Edward a quel punto. La logica vorrebbe che si occupasse di suo figlio, ma sta rifiutando quest’idea con tutte le sue forze tanto da non farmi presagire niente di buono … se così fosse devo fare in modo che il piccolo sia al sicuro e so che affidarlo a te è la scelta migliore. Promettimi che se mi accadrà qualcosa sarai tu sua madre, cercherai di far cambiare idea a Edward, ma che comunque proteggerai mio figlio. Per questo voglio che tu viva questa gravidanza insieme a me … voglio che lo senta anche un po’ tuo …»
Rimasi scioccata ed imbarazzata allo stesso tempo dalla sua richiesta. Mi stava cedendo suo figlio. Voleva che gli facessi da madre. Mi riteneva l’unica persona in grado di proteggerlo … anche da suo padre.
Rimasi a fissarla imbambolata non so nemmeno per quanto tempo, cercando di identificare quello strano sentimento che sentivo agitarsi dentro di me, era qualcosa di strano, qualcosa di simile alla gratitudine.
Sì le ero immensamente grata di aver riposto in me una tale fiducia, non so in che modo me la fossi meritata, tenendo conto dell’acredine che c’era sempre stata nel nostro rapporto, ma sicuramente non l’avrei delusa.
«Te lo prometto.» risposi guardandola dritta negli occhi.
Il suo viso s’illuminò di un sorriso sereno, chiuse gli occhi lasciandosi andare ad un sospiro liberatorio e lentamente si addormentò.
Edward
Ero scappato da quella stanza per non far esplodere la rabbia cieca che mi rodeva dentro davanti agli occhi di Bella. Emmett e Jasper avevano provato ad avvicinarmi, ma dopo avergli ringhiato contro, desistettero dai loro propositi.
Era passata quasi un’ora quando tornai in camera.
Bella dormiva, Rose era vicino a lei.
«Puoi anche andare, resto io con lei.»
«Scordatelo.»
«Non è in questo modo che realizzerai i tuoi desideri.»
«Taci. Bella mi ha chiesto di rimanere al suo fianco, ha paura di te.» rimasi impietrito «e di ciò che potresti fare, a lei ed al bambino.»
Paura di me.
Aveva paura di me.
A così tanto eravamo arrivati?
«Tu menti. Bella sa benissimo che non le farei mai del male.»
«In questo momento non ne è così sicura.» disse sprezzante fulminandomi con gli occhi «Cerca di farti piacere questa situazione, e stalle vicino. Se continui a sparire in questo modo aggiungerai ulteriori preoccupazioni al suo stato d’animo e questo le procurerà solo altro dolore. Ficcatelo bene in quella zucca super intelligente.»
Mi accasciai al suolo e non risposi.
Più volte nella notte chiamò il mio nome … era tanto che non lo sentivo … era quasi una supplica che straziava il cuore.
«Lei ha bisogno anche di te. Ricordatelo.» sussurrò Rose nel silenzio.
Rimasi tutta la notte seduto in terra ad osservarla accudire mia moglie. I suoi pensieri erano intrisi di egoismo. Si preoccupava per lei,le stava vicino amorevolmente ma fissa nella sua mente era l’immagine di Bella che le chiedeva di occuparsi di quella … creatura.
Il pensiero che Bella potesse sopravvivere non era nemmeno contemplato. In effetti, come avrebbe potuto esserlo … non c’era via d’uscita,Bella sarebbe morta dando alla luce quel mostro … ed io l’avrei persa per sempre … non potevo oppormi in nessuna maniera alla sua decisione, aveva fatto in modo, con Esme e Rose dalla sua parte di essere intoccabile. Non sarebbe servito a nulla continuare a oppormi, dovevo dare atto a Rose: aveva bisogno di me … come io di lei … non avevo idea di quanto ancora le potesse restare da vivere, forse un paio di settimane al massimo. Non potevo sprecare il poco tempo che l’ era ancora concesso standole lontano … procurandole altra angoscia … le avevo fatto già abbastanza male. Tutto pur di non farla soffrire ancora di più …
Poi, quando non ci sarebbe più stata, l’avrei raggiunta.
Bella
Erano passati quasi tre giorni dal nostro rientro e la situazione non accennava a migliorare:
Avevo una gran fame, mangiavo, ma non riuscivo ad assimilare nulla, il mio organismo rifiutava tutto. Per ora l’unico mezzo di sostentamento erano le flebo.
Odiavo gli aghi e le punture, ma non potevo permettere che mio figlio morisse di fame perché non gli arrivava nutrimento e, silenziosamente, accettai quella tortura.
Rose rimaneva costantemente al mio fianco, durante il giorno stavo nel salone sdraiata sul divano, almeno riuscivo a vedere un po’ di movimento.
Edward era sempre nella stanza vicino a me ma al contempo era lontano mille miglia. Quanto mi mancavano i suoi sorrisi …
Alice era l’altra mia spina nel fianco. Passava ogni mattina dalla mia stanza per vedere come stavo, mi dava un bacio sulla fronte e subito dopo si dileguava. Non riusciva a vedere niente … c’erano stati dei buchi nelle sue visioni, mi aveva raccontato Rose, non si sapeva da cosa dipendessero finché non era giunta la notizia della mia gravidanza. Alice riusciva a vedere il futuro dei vampiri perché lei era un vampiro, vedeva quello degli umani perché era stata umana, ma con gli ibridi tipo i licantropi o i mezzi vampiri come probabilmente sarebbe stato mio figlio non riusciva ad ottenere niente, il senso di impotenza e frustrazione che ne derivava le faceva esplodere la testa. Essendo il piccolo ancora dentro di me non riusciva a vedere in nessun modo neanche il mio futuro e questo non era certo rincuorante … mi mancava anche lei …
Nel tardo pomeriggio lo squillo improvviso del telefono squarciò il silenzio spettrale che regnava nella casa. Vidi Esme affrettarsi a rispondere e dopo uno scambio di battute anonime capii con chi stava parlando.
Era Charlie, che chiedeva se avevamo nostre notizie dal Brasile.
«Per favore fatemi parlare con lui …» supplicai.
«Non è il caso che sappia che siamo rientrati.» mi rispose glaciale Edward «verrebbe qua e spiegare tutto questo …»
«Ho diritto di salutare mio padre. Forse non lo rivedrò mai più. Per favore.»
«Io credo si possa fare.» disse Rose carezzandomi la guancia «Lo chiamerai domani, gli diremo che siete rientrati all’improvviso perché hai contratto … una rara malattia tropicale … contagiosa … e che per ora non puoi ricevere visite perché Carlisle ti ha messa in quarantena. Mi sembra un’ottima scusa non ti pare Edward?»
«Fate come vi pare, tanto per la considerazione che avete della mia opinione potete fare anche a meno di chiedermi approvazione.» e stanco in volto, come se avesse sostenuto una guerra da solo, uscì.
«Non ti preoccupare.» cercò di consolarmi Rose.
«Sono convinta che gli passerà … non ho idea del tempo che ci possa volere ma gli passerà… Voglio crederci.» sussurrai cercando di convincermi delle mie stesse parole, in tutta sincerità ci credevo pochissimo. Vederlo sempre più disperato con quell’espressione di eterna colpevolezza in volto era peggio di una stilettata al cuore. Cercavo di sforzarmi di far sembrare tutto normale, sotto controllo, ma in certi momenti proprio non resistevo al dolore ed alla nausea tremenda che non mi abbandonava un attimo.
Forse dovevo solo sforzarmi di più.
Non doveva soffrire così, non potevo permetterlo.
Charlie
Sprofondato nella mia poltrona preferita cercavo di concentrarmi sulla partita di Baseball che la televisione stava trasmettendo. Erano più di due settimane che quei ragazzi erano partiti per la luna di miele, possibile non avessero ancora voglia di tornare?
Che domanda stupida mi stavo ponendo! Erano su un’isola tropicale, soli, giovani, innamorati … non sarei voluto tornare nemmeno io se fossi stato al posto loro … e mentre valutavo tutte queste variabili, sentendomi terribilmente vecchio, il telefono squillò.
Mi alzai goffamente dalla poltrona e andai a rispondere. Chi mai poteva cercarmi a quell’ora?
«Pronto, Casa Swan.»
«Ciao papà.» sentii rispondere dall’altro capo dell’apparecchio, ed il cuore mi arrivò in gola dalla gioia.
«Bella, tesoro! Che gioia sentirti, dove siete? Siete rientrati finalmente, allora come è stato? Vi siete divertiti? Ma certo che vi siete divertiti, che domande faccio, raccontami qualcosa dai! Quando ci vediamo? Non partirete subito per il College vero? Vorrai passare un po’ di tempo con il tuo vecchio … domani passo a trovarti …»
«Papà! Aspetta papà, non è il caso.» la sua voce era stana, quasi affaticata. Doveva avere ancora sulle spalle il peso del viaggio.
«Sì certo, giusto, siete appena arrivati sarete stanchi … passo dopodomani allora.»
All’altro capo del telefono silenzio.
«Bella? Sei ancora in linea?»
«Papà mi dispiace, ma per il momento non possiamo vederci. Siamo rientrati prima del tempo perché … non mi sono sentita bene.»
Quelle ultime parole furono una doccia fredda.
«Cosa vuole dire non ti sei sentita bene?!? Cosa è successo Bella? Sei ferita? Edward dov’era?!? Ti lascio sola con lui per più di due giorni e mi torni ferita. Bel modo di prendersi cura di te!» sbottai in preda al panico.
«Charlie calma! Non sono ferita, ho solo … ho solo contratto un … un virus … un virus tropicale, anche Edward non si è sentito bene, ma lui l’ha preso in forma più lieve. Carlisle ritiene sia contagioso e preferisce che stia in quarantena.»
«Come in quarantena?» figuriamoci se non potevo vedere mia figlia per altri quaranta giorni!
«Sì, non posso ricevere visite finché non sarò … guarita.»
Mi ci volle qualche istante per metabolizzare il concetto di non poter essere vicino a mia figlia che non stava bene.
«Quindi non possiamo vederci …»risposi con un lamento.
«No papà, mi dispiace, c’è il rischio di contagio … potrebbe scoppiare un’epidemia …»
«Ma tesoro …»
«Volevo solo salutarti e farti sapere che ero tornata … ti chiamo domani ok?»
“No che non è ok! Ma evidentemente non ci sono alternative …” «Ok. Cerca di riposarti e dai ascolto a Carlisle.»
«Certo papà, ti voglio bene, ti abbraccio forte.»
«Ti voglio bene anch’io tesoro.»
Chiusi la chiamata restando con l’amaro in bocca. Quelle ultime parole sembravano trattenere il pianto … Perché non potevo vederla? Era così grave? … La voce durante la telefonata si era affievolita sempre di più … Possibile non potessi far nulla per lei?
Decisi di aspettare il giorno successivo e poi sarei andato da Carlisle.
Come promesso il giorno seguente mi chiamò, come anche quello dopo e quello dopo ancora.
La sua voce era sempre più flebile, quasi un sussurro.
Carlisle era irremovibile: NIENTE VISITE. Ero stato anche in ospedale, per parlarci di persona, e per la prima volta lo vidi stanco e preoccupato, seriamente preoccupato … aveva contratto un virus molto raro, stavano cercando un vaccino ma i tentativi fatti finora erano stati vani. Non avrebbe permesso nessun contatto con persone esterne il rischio era troppo altro per la comunità.
«COSA VUOI CHE ME NE FREGHI DEL RESTO DELLA COMUNITA’ SE MIA FIGLIA STA PER MORIRE ED IO NON POSSO VEDERLA!!! » sbraitai spazientito battendo i pugni sulla scrivania del suo studio; Nonostante ciò non ne cavai un ragno dal buco.
Oltretutto mi aveva anche pregato di non diffondere la notizia a Forks per evitare di scatenare il panico … Io invece avevo bisogno di urlare, di sfogarmi, anche di piangere se questo mi avesse fatto sentire un po’ meglio, non me al sentii di chiamare Renèe, nonostante la miriade di telefonate giornaliere che mi faceva, mi aveva chiesto di avvisarla appena ci fossero state novità, sapevo che Bella aveva chiamato anche lei, più volte, e che cercava di non farla stare in pensiero, se le avessi aggiunto anche tutta la mia preoccupazione, sarebbe arrivata come un treno e allora sì che si sarebbe scatenato il finimondo; e Bella aveva bisogno di riposo … Era trascorsa una settimana dal loro rientro … ed io stavo perdendo la testa ormai e, per non diventare pazzo completamente, decisi che era necessario anzi, obbligatorio sfogarmi. E chiamai Billy Black.
Spero vi sia piaciuto ... A presto!! |
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** CAPITOLO 9 ***
Scusatemi per il ritardo, Buona lettura e buona domenica
Cap.9
Alice
Sdraiata sul letto, invidiai, per la prima volta nella mia vita, gli umani.
Loro quando avevano mal di testa prendevano un analgesico o due e tutto passava, forse nel mio caso ne sarebbero serviti anche cinque o sei, io invece non potevo! Si era scatenato nel momento in cui avevo iniziato a scandagliare il suo futuro, dopo la notizia della gravidanza: vedevo tutto confuso come evanescente per un attimo, poi più niente. Da quando poi Bella e Edward erano rientrati a casa il dolore si era amplificato, fino quasi a farmi impazzire. Avevo provato a non concentrarmi su di lei ma non c’erano stati miglioramenti, Jasper accanto a me, cercava, silenziosamente, di farmi rilassare, purtroppo i suoi sforzi, finora, erano stati vani, ma non avevo il coraggio di demoralizzarlo ancora di più. Tutta la tensione che si respirava in casa era già abbastanza massacrante per lui, se gli aggiungevo anche il fallimento nei mie confronti sarebbe stato decisamente troppo.
Sospirai sconfortata quando ad un tratto, tutto cessò di colpo.
La mia testa era, improvvisamente, vuota e silenziosa.
Mi alzai di scatto, colta da un profondo senso di angoscia.
«Che succede Alice?» chiese subito Jasper in apprensione,
«Ni … niente … è solo che…» ma non riuscii a finire la frase, l’orrore di quello che vidi mi lasciò senza fiato «NO! NOOOO!!! È pazzo! Non posso permetterlo» e come una furia schizzai fuori dalla stanza, ma prima che raggiungessi la scala per scendere nel salone una mano mi bloccò il polso fermando la mia corsa.
«Cosa hai visto?» domandò con tono risoluto e terrorizzato insieme «Prima che tu faccia qualche sciocchezza, pretendo che mi racconti tutto.»
Aveva ragione.
Non era il caso agire d’impulso, specialmente con Edward in quello stato. Non era lucido. Non sarebbe servito a nulla provare a parlargli.
Chinai il capo e tornai verso la nostra camera.
Mi sedetti sul letto e sprofondai il viso nelle mani.
«Ti prego tesoro, raccontami cosa hai visto … non posso vederti in questo stato.» sussurrò inginocchiandosi davanti a me.
Presi un profondo respiro, alzai gli occhi dal loro nascondiglio e parlai.
«Io non so perché sto così male, ho creduto che fosse dovuto al fatto che la creatura che porta in grembo Bella è un ibrido, come i lupi del branco e che, esattamente come accade con loro, quando si avvicinano a qualcuno il suo futuro sparisce dal mio controllo. E questo è ciò che, sono convinta, mi crei, in parte, interferenze sul futuro di Bella, ma poco fa … ho avuto una visione … la prima da giorni .. e credo perché sia stata presa una decisione … il precario stato di salute in cui si trova Bella lascia la sua vita in un limbo fino al momento decisivo e questo vale anche per tutte le persone che le stanno vicine … finché non si risolve la situazione tutte le nostre vite sono in attesa degli eventi … ma Edward ha preso una decisione …nonostante tutto …»
«Decisione di che tipo?»sussurrò con il terrore dipinto in volto.
«Credo voglia trovare il modo di contattare Jacob … non so … forse nella speranza che lui riesca a farla ragionare …»
«Se funzionasse …»
«Il problema è che ho visto il lupo aggredire Edward, che senza nemmeno reagire si lascia fare a pezzi … temo voglia chiedergli di ucciderlo quando Bella … OH MIO DIO …» sospirai sprofondando nuovamente il viso nelle mie mani.
«Non … non può fare … una cosa simile» farfugliò incredulo.
«Già una volta ha tentato il suicidio …» gli ricordai alzando gli occhi per cercare i suoi e in quel momento vidi l’uomo calcolatore che era, elaborare qualcosa.
«È inutile parlare con Edward. Devi parlare con Bella, dille tutto ciò che hai visto, èl‘unica in grado di farlo ragionare».Non che ci sperassi molto ma Jasper aveva ragione,purtroppo, però, non sarebbe stato semplice nemmeno convincere lei.
Edward
Non esistevano parole per descrivere il mio stato d’animo al momento. Mi sentivo allo stesso tempo svuotato, sfinito e carico all’inverosimile di una rabbia che se fosse esplosa sarebbe stata più devastante di un uragano. Bella era rannicchiata sul divano e il suo esile corpicino spariva completamente inghiottito dai cuscini che la circondavano. Non voleva stare in camera, si ostinava a voler far credere al mondo, o forse a me in particolare, che tutto stesse andando per il meglio … non avevo nemmeno idea di come si fosse convinta che ciò potesse farmi stare meglio.
L’unica cosa in grado di farmi star bene era lei, sana e viva al mio fianco … per sempre …e adesso invece mi restavano solo pochi miseri giorni da poter passare con lei …
“Una volta dicesti di voler passare l’eternità con me … cosa è cambiato?” pensai guardandola respirare a fatica. A quanto pare non la pensavamo più allo stesso modo.
Rose le ronzava costantemente intorno con fare protettivo. Poteva raccontare ciò che voleva al mondo ma sapevo perfettamente a cosa mirava, e ciò che più mi irritava era: NON POTER REAGIRE.
Almeno finché Bella non ci fosse più stata …
Comunque avevo trovato la mia soluzione.
Rapida.
Indolore.
Poco mi importava che Alice avesse visto tutto.
Avevo sentito la sua discussione con Jasper e, francamente, la sua opinione su cosa volevo fare della mia esistenza era l’ultimo dei miei problemi al momento. Presto sarebbe passata all’attacco, la conoscevo troppo bene, e la sua mente era un libro aperto; infatti in quell’istante la vidi, con la coda dell’occhio, scendere a passo di marcia dalla scalinata. Sapevo che mi stava fissando, anche senza alzare gli occhi per guardarla,poteva dire quello che voleva a me, l’importante e che non facesse agitare Bella, perché in quel caso non sarei stato capace di dominarmi.
Con lei nei paraggi non era il caso di allontanarsi e, comunque, non sarei stato in grado di staccarmi da Bella nemmeno per un secondo … non potevo … non ne avevo la forza … non sapevo per quanto ancora mi fosse concesso di stare con lei …
“Puah. Vampiri puzzolenti. Di sicuro sanno già che sono arrivato … meglio così … una fatica in meno” ed è proprio quando sei più sicuro di qualcosa che tutto gioca a tuo sfavore … «Sta arrivando Jacob.» Il momento non era dei migliori per parlargli in disparte ma almeno non avrei perso tempo per andarlo a cercare. «Carlisle, per favore …»
«Certamente figliolo.»rispose mio padre avvicinandosi alla porta
«Per favore Edward, mi farebbe piacere vederlo.»
«Non credo sia il caso, amore.» “Anche perché vorrei poterci parlare prima io … in privato.”
«Perché? Avere qualche visita non può farmi stare peggio.»
«Non ti devi affaticare Bella, potresti agitarti troppo e questo…»
«Perché no? Abbiamo dei segreti anche per Jacob? Che motivo c'è?».
«Ti prego Bella…»
«Jacob, entra pure» gridò con quanto più fiato avesse in gola; rassegnato, mi misi da parte.
Non mi sforzai nemmeno di guardarlo in faccia, i suoi pensieri erano già abbastanza esaustivi, l’analisi dello splendido quadretto familiare che gli si era presentato dinanzi agli occhi, non poteva essere più precisa; specialmente sulla strana simbiosi che si era creata tra Rose e Bella, era più intelligente di quanto avessi mai sospettato … solo a Bella, evidentemente sfuggiva quanto fosse surreale tutta quella situazione.
Ancora riflettevo che fu scossa da un nuovo conato di vomito, non feci in tempo ad avvicinarmi per darle conforto che l’avvoltoio era già su di lei pronto per tenermi a distanza.
“Hai perso la tua occasione Edward. Ci penso io a lei”,aveva ragione … aveva perso la fiducia in me … non contava niente che volessi solo alleviarle la sofferenza … aveva paura di me.
Mi accasciai in ginocchio accanto a lei sprofondando nelle sue ginocchia, le carezze con le quali cercava di darmi conforto, in questo momento, erano peggio di una pugnalata, ognuna era peggio di una stilettata al cuore.
La presenza di Jacob alle mie spalle si faceva sempre più opprimente avvertivo nei suoi pensieri angoscia e tormento distintamente, mentre suoni e voci mi arrivavano alle orecchie ovattati e confusi. L’unica cosa certa era l’incredulità, e la paura nella mente del mio rivale, che in quel momento era diventato la mia unica speranza.
Era anche lui in ginocchio davanti a lei, quasi che stessimo recitando la medesima preghiera, si limitò allo scambio di poche parole.
Fin quando Bella sorretta dalla sua “compassionevole aguzzina” si alzò, mostrando orgogliosa la causa della sua sofferenza.
Completamente sopraffatto dalla mia vergogna sprofondai il viso nei cuscini … avessi potuto essere risucchiato nelle viscere dell’inferno in quello stesso istante, non mi sarei tirato indietro. perché l’orrore e disgusto nei pensieri di Jacob non fecero che confermarmi quanto il mio essere fosse mostruoso e immorale, incapace di poter donare felicità ma solo sofferenza e dolore.
“È un mostro. Come suo padre. E la ucciderà” Mai parole furono più vere ma, una cosa era esserne conviti, un’altra era sentirlo dalla voce altrui.
Quello era il momento.
Adesso che sapeva, che aveva visto e che, per una volta, avremmo avuto le stesse idee, provare a chiedergli ciò di cui avevo bisogno sembrava molto più semplice.
Mi alzai di scatto e guardandolo ancora in ginocchio davanti a lei, ringhiai «Usciamo, Jacob».
Alice
Immobile infondo alla scalinata li seguii con lo sguardo finché la porta non si chiuse alle loro spalle, aspettai un tempo ragionevole perché si fossero allontanati abbastanza dalla casa e iniziai a guardarmi intorno: Rose seduta sul divano accanto a Bella le carezzava la testa cercando di rilassarla; Carlisle insieme ad Emmett si erano spostati in cucina, Esme anche lei al fianco di Bella sfogliava una rivista cercando di tenere conversazione per alleggerire la tensione; Bella guardava fissa la porta d’ingresso, lo sguardo crucciato e assente nei confronti di quanto le gravitasse intorno, i lineamenti del volto erano tesi, evidentemente le rassicurazioni che le aveva fatto Edward non l’avevano convinta … forse non era così cieca …,un attimo dopo: un gemito ed a seguire un nuovo conato di vomito.
Volevo, anzi DOVEVO, parlarle …ero furibonda per tutta questa storia … ma … vederla in quello stato, faceva troppo male e, ignorando i miei propositi, mi diressi verso la porta finestra che dava sul retro, forse un po’ d’aria avrebbe giovato al mio mal di testa.
Passai furtiva dietro il divano ero quasi arrivata alla meta, quando …
«Alice!»
Mi girai di scatto sfoderando la più neutrale delle espressioni. Sei paia di occhi erano puntati su di me.
«Perché non resti un po’con me, è tanto che non parliamo un po’.»
“È proprio quello che volevo evitare in questo momento …”«Magari … più tardi. Forse è il caso che ti riposi un po’…»
«Io credo sia il caso di parlare ora…» replicò decisa. La strana luce nel suo sguardo mi suggerì non volesse fare solo quattro chiacchiere tra amiche.
«Bella, oggi ti sei già affaticata abbastanza, forse sarebb …» provò a intervenire Rose.
«Non ti preoccupare Rose, non ho intenzione di muovermi da qua, voglio solo scambiare due parole con Alice. Vi spiacerebbe lasciarci da sole qualche minuto.»
«Ma tesoro …» supplicò Esme
«Se ho bisogno vi chiamo, non preoccupatevi ... Con Alice non può accadermi nulla!» insistette sfoderando uno stentato sorriso.
Dopo una manciata di secondi e uno scambio complice di sguardi mia madre e mia sorella lasciarono la stanza, seguite da Jasper che, prima di lasciare la stanza mi sorrise strizzandomi l’occhio, cercando a modo suo di infondermi il coraggio necessario per affrontare quel tremendo argomento.
Presi un profondo respiro e mi voltai verso Bella che affinando lo sguardo non lo aveva spostato di un millimetro da me.
«Cosa c’è che non va Alice?» chiese a bruciapelo.
«Niente. Ho solo un forte mal di testa.»
«Balle. Da quando sono tornata mi stai evitando. Non sono scema, me ne sono accorta.»
«Io non …»
«Non mentire Alice. Non con me. Da te non lo sopporterei, non in questo momento. Hai visto qualcosa? Cosa hai visto? Ti prego dimmelo …» chiese iniziando a singhiozzare.
Restai a fissarla immobile non so nemmeno per quanto tempo, fino a quando esplosi.
«Niente. Non riesco a vedere assolutamente niente, il mezzosangue che hai lì dentro mi rende cieca esattamente come quando sei in compagnia dei lupi. Nessuno, in questo momento, è in grado di prendere una decisione e questo produce una fase di stallo che non permette al futuro di evolversi. Tutto qua.»
Ovviamente non le bastò come spiegazione …
«Non ti credo. Ho visto un flash negli occhi di Edward quando siete scesi. Tu sai qualcosa! Hai visto qualcosa nel futuro di Edward! Ti prego dimmelo non voglio che gli accada nulla.»
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Se fino a quel momento ero riuscita a mantenere la calma sentire quelle parole proprio da lei mi fece uscire fuori dai gangheri.
«NON OSARE DIRMI CHE ADESSO TI PREOCCUPI PER EDWARD!! NON HAI NEMMENO IDEA DI COSA GLI FRULLI NEL CERVELLO!! Non riesco a capacitarmi che due anime che si amano come vi amate voi si stiano volontariamente distruggendo per … per …per una follia. Tu sai quanto sono legata ad Edward, tu per me sei come una sorella io non posso nemmeno immaginare di perdervi tutti e due per inseguire questa tua utopia!»
«No. La mia vita è a rischio, non quella di Edward. EDWARD NON PUO’ MORIRE! Nostro figlio ha bisogno di lui … » I suoi occhi divennero lucidi.
«Lui non può vivere senza di te. Ormai dovresti conoscerlo abbastanza per sapere che è capace di farlo…»
«NON PUO’!! Adesso …Adesso … è diverso, non siamo più in due …»
«Lui non la pensa così …»
«NO!»
«Sta chiedendo a Jacob di ucciderlo, quando tu …»
«NO!»
«È l’unica decisione che è stata presa in questi ultimi giorni, è l’unica cosa che ho visto con chiarezza. Non voglio perdervi, nessuno dei due … e non ce la faccio proprio a restare qua a guardarti distruggere minuto dopo minuto la vostra felicità.»
«Alice …»
«Mi dispiace Bella, non approvo ciò che stai facendo e non ce la faccio … mi dispiace.»
E senza darle il tempo di replicare me ne andai.
Bella
Edward stava chiedendo a Jacob di ucciderlo … Non sarebbe tornato dai Volturi, loro non avrebbero mai esaudito il suo desiderio, con Jacob avrebbe avuto la certezza di raggiungere il suo scopo.
Speravo ogni istante che il suo atteggiamento nei confronti di nostro figlio potesse cambiare, ma evidentemente mi stavo sbagliando … ciò però non mi avrebbe impedito di mettere al mondo questa piccola creatura, non a caso avevo deciso di affidarlo a Rose, l’unica che potesse dargli tutto l’amore di cui aveva bisogno, senza riserve. Anche se non volevo accettarlo, conoscevo la caparbietà di Edward, ma più riflettevo su l’assurdità di questa situazione, più l’amarezza della sensazione di sentirsi abbandonata da colui che in quel momento avrebbe dovuto più di ogni altro starmi vicino, fece scendere incontrollabili le lacrime dai miei occhi …
Rose
«Non penserai mica di cavartela così!!!» Ringhiai alle sue spalle dopo averla inseguita per più di un miglio nel bosco circostante.
«Rose, ti prego … non è il caso di …» sussurrò Alice con tono seccato, girandosi lentamente.
“Questo è davvero troppo!” «“Non è il caso” lo dico io! Che tu sia in combutta o meno con quello sciagurato di nostro fratello non mi interessa, ma sappi che non ti permetterò di far soffrire ulteriormente Bella con i tuoi inutili sproloqui. STALLE ALLA LARGA!!»
Silenzio.
Poi con una lentezza insolita per il suo modo di fare, mi si avvicinò fino quasi a sfiorarmi.
«Sei una egoista. Desideri così tanto un figlio che non ti interessa nient’altro. Per te non conta niente che i suoi genitori siano due estranei o i tuoi stessi fratelli, l’importante è realizzare il tuo sogno, costi quel che costi, non t’importa nemmeno se Emmett sia o meno d’accordo. Prendersi cura di un figlio è una decisione che si prende in due! Ma tu lo hai completamente ignorato, già sapendo che pur di vederti felice ti avrebbe assecondata in tutto e per tutto. Quante persone hai ancora intenzione di ignorare per raggiungere i tuoi obiettivi? Sbaglio o eri proprio te che volevi sopra ogni cosa che la famiglia restasse unita?»
La freddezza e la calma imperturbabile con cui proferì la sua arringa, mi lasciarono talmente spiazzata che la rabbia, fino a quel momento repressa dentro di me, passò in secondo piano.
Era davvero questo che pensava di me?
Egoista e approfittatrice senza il minimo scrupolo e sentimento.
Era questa l’impressione che davo al resto del mondo?
Dovevo ammettere che in più di una occasione mi ero comportata come tale, ma su un simile argomento come poteva solo immaginare che fossi felice per quella situazione.«Nella tua vita umana non hai potuto vivere l’amore, né desiderare di creare insieme con l’uomo che amavi una famiglia. La tua vera vita è questa e mi rendo conto che per te sia difficile da capire un tale desiderio. Io l’ho provato e non ho potuto realizzare il mio sogno. È un bisogno che nasce all’improvviso in una donna, e sono felice che Bella abbia modo di provarlo. Era ciò che maggiormente temevo potesse rimpiangere un giorno … quando sarebbe stata come noi. Con questo non credere che sia contenta per la sua sorte, né per quella di nostro fratello, che nonostante i suoi anni, si comporta come un adolescente, rifiutando di trovare una qualsiasi soluzione alternativa o cercando anche solo di non farla preoccupare. Sta lì a commiserarsi senza esserle del minimo aiuto. Bella sa perfettamente a quali rischi va incontro, e conosce Edward, non era necessario raccontarle la tua visione, era già consapevole che Edward è fuori controllo. Ma come ogni donna che diventa madre la sua prima preoccupazione, adesso, è diventata il suo piccolo e, non potendo fare affidamento sul padre, ha chiesto aiuto a chi, secondo lei, fosse in grado di dare al suo piccolo, l’affetto di una famiglia. Le sono infinitamente grata di avermi dato la possibilità di poter condividere con lei questo momento, se dovesse accaderle qualcosa …»
«Morirà …»
«È probabile … ma può essere certa che a suo figlio non mancherà mai una famiglia. Proprio perché è figlio di mio fratello. Non è mia intenzione sostituirmi ai suoi reali genitori, ma può stare sicura che sarò alla sua altezza. Una madre che si sacrifica per suo figlio non è una madre da dimenticare.»
Alice mi fissò con un’espressione indecifrabile sul volto.
«Spero che Edward se ne renda conto. Sua madre fece lo stesso supplicando Carlisle.»
Senza nemmeno aspettare una risposta me ne andai.
Esme
Alice aveva esagerato, non era quello il modo di trattare Bella, specialmente adesso, nelle sue condizioni. Rose le era corsa dietro come una furia, non appena l’aveva sentita uscire; avvertii i singhiozzi provenire dal salotto e subito mi precipitai da quella povera ragazza.
«Tesoro …» sussurrai carezzandole i capelli.
«Non sono buona a niente …reco solo dolore a chi mi sta intorno …»
«Ma cosa stai dicendo, Alice è sotto pressione come tutti … non voleva dirti quelle parole …»
«Voi state male … Edward sta perdendo la ragione … ed io … io sento che sto facendo la cosa giusta … nonostante tutto …»
«Ma certo che stai facendo la scelta giusta, nessun uomo può capire il legame che si instaura tra una madre ed il proprio figlio e fino a dove questo si può spingere…» le dissi cercando di asciugarle le lacrime
«Nessun uomo sarà mai in grado di comprenderlo, e questo li spaventa, più di ogni altra cosa: essere tagliati fuori dalla loro posizione di privilegio è per loro incomprensibile, ed Edward non è da meno degli altri, è spaventato … ma sono sicura che cambierà …conosco troppo bene mio figlio per pensare che non sia in grado di assumersi le sue responsabilità … »
«Vorrei tanto crederti …»mormorò tra i singhiozzi sprofondando nel mio abbraccio.
E continuando a confortarla cercai di convincermi io stessa delle mie parole.
Edward
Ancora non mi capacitavo di essere arrivato a tanto … solo la forza delle mia disperazione era riuscita a farmi formulare una simile richiesta a Jacob.
Lui era sconvolto almeno quanto me.
Forse di più.
Nonostante tutto, mai eravamo stati così vicini come pensiero. Entrambi odiavamo quella creatura mostruosa che la stava lentamente uccidendo, entrambi stavamo perdendo progressivamente la ragione: io facendo certe richieste e lui ad accettarle. Tutti e due avevamo, l’impressione di vivere in un film dell’orrore di infima categoria.
Sotto certi punti di vista capiva Bella molto meglio di me, anche se dovevo ammettere avesse ragione quando sosteneva che sicuramente non gli avrebbe dato ascolto.
Non ascoltava mai i consigli di nessuno ….
Ma non avevo altre speranze.
Entrammo in casa, erano tutti raccolti al suo capezzale, tranne Alice, non aveva tenuto per sé le mie intenzioni e adesso aveva preferito sparire dalla mia vista. Gli sguardi indagatori che mi squadrarono non appena varcai la soglia furono solo l’eco dei pensieri che preferii ignorare. Primi fra tutti gli insulti di Rose.
Chi era lei per decidere cosa dovevo fare della mia esistenza.
Mi fermai al centro della stanza, gli occhi di Bella iniziarono a saettare tra me e Jacob. Unico segnale vitale che colsi in lei … in quei pochi minuti di distacco sembrava fosse ulteriormente peggiorata e non era solo una mia impressione.
Possibile che Alice non riuscisse MAI a tenere per sé i suoi pensieri!
Avrei fatto i conti con lei a tempo debito, per il momento c’erano cose più importanti a cui pensare.
Presi un profondo respiro e cominciai.
«Lasciamo Jacob e Bella da soli, devono parlare in privato», dissi cercando di non tradire alcuna emozione.
“Tu ed Alice avete deciso di darle il colpo di grazia oggi?!”«Prima dovete passare sulle mie ceneri», sibilò Rosalie.
La ignorai.
«Bella, Jacob vuole parlarti. Hai paura di restare da sola con lui?».
Bella, confusa, mi fissò quasi volesse leggermi dentro cercando di capire che tipo di tranello stessi ordendo.
«Rose, è tutto a posto. Jake non ci farà del male. Vai con Edward». Disse infine convinta.
«Potrebbe essere un trabocchetto»
«Mi pare improbabile»,rispose serenamente.
«Potrai tenere me e Carlisle sott'occhio, Rosalie», dissi infine «Siamo noi che le facciamo paura» e in quello stesso istante mi resi conto di quanto rancore era uscito insieme a quelle poche parole.
«No! No, Edward. Io non...».i suoi occhi già lucidi dalle lacrime contribuirono ad allargare ancora di più la ferita nel mio cuore.
Stava diventando sempre più difficile mantenersi distaccato.
Scossi la testa cercando di cancellare con un tiepido sorriso la mia sconsideratezza, e tentai per quanto possibile di rimediare «Mi sono espresso male, Bella. Tranquilla, io sto bene. Non preoccuparti per me».
Quelle parole suonarono finte tanto a me quanto a lei, ma preferii soprassedere.
«Tutti», dissi incalzando i miei familiari a lasciarli soli «Per favore».
Solo Rose non accennava ad uscire.
«Rose voglio che tu vada». La esortò piano Bella.
“Non so cosa hai in mente, ma sappi che sei un illuso se speri di convincerla!”pensò fulminandomi con lo sguardo mentre, mi passò davanti precedendomi nell’uscita dal salone.
Rose
Serrati in cucina, regnava un macabro silenzio.
Carlisle aveva accompagnato Esme sulla veranda, pur rimanendo sempre visibile al mio controllo, Emmett al mio fianco si guardava intorno con aria inebetita. Mi augurai solo che non esordisse con qualcuna delle sue battutine stupide perché in questo momento non avrei risposto di me.
Edward, appoggiato al muro della parete opposta a quella dove ero io, se ne stava a capo chino e braccia conserte, in ascolto, come tutti noi del resto, di quanto stesse accadendo nel salone.
Il botolo la stava prendendo larga, con battutine e complimenti ironici stava girando intorno al vero motivo di quella chiacchierata, ma sentivo dal tono della sua voce che stava avvicinandosi inesorabilmente al punto di non ritorno.
«Credi davvero che se incontrassi una sconosciuta e avessi l'imprinting, questo aggiusterebbe tutto? Allora dimmi a cosa è servito, Bella! Che senso ha avuto amarti? Che senso ha avuto il tuoamore perlui? Pensi che quando morirai tutto tornerà a posto? Che senso avrà avuto tanto dolore, mio, tuo, suo!? Non che me ne importi, ma finirai per uccidere anche lui. E a quel punto, la tua perversa storia d'amore a cosa sarà servita? Bella, se tu ci vedi un senso, per favore, mostralo anche a me, perché da solo non ci arrivo proprio».
“Sta esagerando!”pensai scattando dalla mia posizione.
«NO. Rimani. dove. sei.»ringhiò Edward senza scomporre la sua posa.
«Stupido che non sei altro!»sibilai tornando sui miei passi.
Appoggiai le spalle al muro e con lo sguardo puntato su quello stupido di mio fratello tornai in ascolto.
Immobile nella sua posa, gli occhi avevano perso il loro colore dorato da diversi giorni ormai e seganti da profonde occhiaie, davano l’impressione fosse realmente morto.
Non riuscivo a capacitarmi di come potesse ridursi in quello stato invece di cercare di fare il possibile per non dare preoccupazioni a Bella.
«Non lo so, Jake. Ma sento... che tutto questo porterà a qualcosa di buono, anche se ora non riusciamo a vedere cosa. Penso che sia quella che chiamano fede».
«Stai morendo per niente, Bella! Per niente!».Udimmo dal salone, ed in quel momento vidi il suo corpo fremere di rabbia, le mani stringersi a pugno tanto da renderle ancora più bianche di quanto già non fossero.
«Non morirò» sentii sussurrarle «Il mio cuore continuerà a battere. Sono forte abbastanza».
«Stronzate, Bella. È troppo tempo che cerchi di tenere il passo del soprannaturale. Nessun umano può farcela. E tu non sei abbastanza forte».
«Posso farcela. Posso farcela» farfugliò, e Edward si lasciò cadere a terra, scuotendo la testa mentre una mano passava sul suo viso come se volesse cancellare dalla sua mente qualche orribile visione.
Pena.
Ecco quello che provavo per lui in questo momento: una grande immensa pena.
Era mio fratello e, nonostante non la pensassimo quasi mai alla stessa maniera, adesso stavo male per lui.
Sentii un braccio cingermi la vita, mi voltai ed Emmett mi strinse a sé baciandomi sulla fronte.
Cosa avrei fatto se lo avessi perso? … senza nemmeno riflettere mi resi conto che mi sarei ridotta esattamente come Edward, inutile negare l’evidenza, anche se non approvavo minimamente il suo comportamento, capivo il suo dolore.
«A me non pare proprio. Allora dimmi, qual è il tuo piano? Spero che tu ne abbia uno»Continuavano a parlare nell’altra stanza.
«Lo sapevi che Esme si è buttata da una scogliera quando era ancora umana?».
«Quindi?».
«Era più morta che viva, tanto che non si sono nemmeno presi la briga di portarla al pronto soccorso: è finita dritta all'obitorio. Però il cuore le pulsava ancora quando Carlisle l'ha trovata...».
«Quindi non è in forma umana che pensi di sopravvivere», il botolo era più sveglio di quanto credessi.
«No, non sono stupida fino a quel punto. Ma presumo che tu la veda in maniera diversa».
«Pronta vampirizzazione»
«Con Esme ha funzionato. E anche con Emmett, con Rosalie, e pure con Edward. Nessuno di loro era in forma smagliante, sai? Carlisle li ha trasformati perché se non lo avesse fatto sarebbero morti. Lui non mette fine alle vite, le salva».
«Sei tu che le hai messo in testa questa speranza VERO?!?». Esplose Edward alzando il viso dal suo nascondiglio, incenerendomi con lo sguardo.
«Potrebbe essere una soluzione…» tentai di rispondere
«TI RENDI CONTO CHE IL SUO CUORE POTREBBE FERMARSI ANCORA PRIMA DI AFFRONTARE IL PARTO? HAI PENSATO A QUESTA EVENTUALITA’???».
«Edward cerca di calmarti …».Lo interruppe Emmett.
«NO! Non riesco a stare calmo! Sembra che nessuno si renda conto che potrebbe andarsene da un momento all’altro … nessuno …».
«Non lo ucciderò»sentenziò Bella con decisione; e il pugno che Edward scagliò contro la parete incrinandola, rimbombò come un tuono nel silenzio,
«Cosa c'è sotto, Bella? Ero convinto che non desiderassi altro che il tuo vampiro. E ora che fai? Ci rinunci? Non ha senso. Da quand'è che sei così smaniosa di diventare mamma? Se ci tenevi tanto, perché mai hai sposato un vampiro?».
“Dove vuole andare a parare?” pensai cercando di intuire il senso di quell’assurdo preambolo.
«Non è così. Non m'importava di avere un figlio. Non ci pensavo neanche. Non si tratta di avere un bambino. Si tratta di, be', di questobambino».
«È un assassino, Bella. Guarda come ti ha ridotta».
«No, non è un assassino. Dipende da me. Sono debole e umana. Ma tengo duro, Jake, posso...».
«Oh, avanti! Sta' zitta, Bella. Puoi incantare il tuo succhiasangue, ma non puoi infinocchiare me. Sai benissimo che non ce la farai».
«No che non lo so …Ovviamente sono preoccupata».
«Preoccupata»,ripeté ironico il sacco di pulci.
La credeva veramente così stupida da non essersi resa conto del suo stato di salute, stupido randagio?!?
Avvertii un debole lamento, il piccino doveva essersi mosso e Bella aveva accusato il colpo … era troppo debole … possibile non ci fosse il modo di nutrirla adeguatamente …
«Bella, non farlo».
«Jake...».
«Ascoltami. Non ti arrabbiare, okay? Sta' solo a sentirmi. E se...?».
«E se cosa?».
«E se ci fosse una possibilità? Se ci fosse un'alternativa? Se dessi retta a Carlisle, da brava, e sopravvivessi?».
«Io non...».
«Non ho ancora finito. Intanto sopravvivi e poi si vedrà. Pensa che per questa volta non è andata. E magari, più in là, ci riproverai».
«Non capisco... Cosa vuol dire ci riproverai? Non penserai che Edward mi permetterà...? E che differenza farebbe? Sono sicura che qualsiasi bambino...».
«Sì sarebbe lo stesso con qualsiasi suo bambino».
“Ma che Diavolo… Non ci posso credere, non può avergli chiesto una cosa simile…”
«Cosa?».
«Oh. Bleah! Ti prego,Jacob. Pensi che dovrei uccidere il mio bambino e sostituirlo con un surrogato? Magari ricorrendo all'inseminazione artificiale? Perché dovrei volere il figlio di uno sconosciuto, come fosse la stessa cosa? Pensi che un bambino valga l'altro?».
«Non intendevo questo»,farfugliò. «Non il figlio di uno sconosciuto».
Ero sempre più sbigottita.
«Allora cos'è che stai dicendo?».
«Niente. Non sto dicendo niente. Tanto per cambiare».
“È impazzito … Edward sta impazzendo … e quel cane lo sta assecondando …”
«Come ti è venuto in mente?». Chiese completamente sconvolta-
«Lascia perdere, Bella».
«È stato lui a mettertelo in testa?».
«No».
«È stato lui, vero?».
«No, fidati. Non ha parlato di qualcosa di artificiale».
«Farebbe qualsiasi cosa per me. E io lo sto facendo soffrire così... Ma cosa crede? Che scambierei questo, con quello di uno sconosciuto...».
Guardai Edward senza riuscire a dire niente. Non c’erano parole per commentare quanto avevo appena sentito. Aveva chiesto a Jacob di convincere Bella ad abortire e come contentino di provvedere lui a darle un figlio …
Rimasi a fissare sconvolta mio fratello sprofondare il viso nelle ginocchia, e sperai per la vergogna di aver soltanto immaginato una simile semplicistica soluzione alternativa.
Bella
Guardai Jacob uscire dalla porta principale senza nemmeno voltarsi. Di tutti gli addii che ci eravamo dati quello era forse il più doloroso; ma la scelta più difficile doveva ancora essere affrontata.
Dovevo decidere tra la vita di mio figlio e la sanità mentale di mio marito …
Non credevo sarei mai arrivata a questo punto.
Alla prossima!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** CAPITOLO 10 ***
Ciao a tutti, scusate come sempre lo strepitoso ritardo … A questo punto è doverosa una spiegazione, per me questo è un periodo un po’ complicato, molto bello, ma incasinatissimo!!! A marzo avrò anch’io una piccola Nessie tutta mia e in questi mesi sono in un turbinio di viste, analisi, lavori in casa più la normale routine … la sera arrivo a casa cotta come un fegatello e mi addormento dopo 5 minuti; senza contare che Serena (la mia beta) è sotto trasloco quindi incasinatissima pure lei. Tutto questo per chiedervi di portare pazienza, finirò questa ff in tutti i modi, lo prometto, e spero di riuscirci prima di entrare in un vortice di pannolini e biberon dal quale sarà un casino venire fuori per diversi mesi; ma purtroppo non sono in grado di postare con regolarità, cercherò di fare il possibile ma non prometto nulla…
Per ora vi ringrazio e buona lettura.
Cap.10
Edward
Appena sentii Jacob uscire dalla porta principale rientrai nel salone, seguito a ruota da colei che, ormai, era diventata la mia ombra.
Aveva capito cosa avevo chiesto a Jacob, non aveva detto una sola parola … ma i suoi pensieri erano stati più che eloquenti; non che m’importasse gran che di farle pena … in questo momento non m’interessava niente che non fosse la sopravvivenza di Bella, qualunque soluzione fosse utile alla causa non sarebbe rimasta intentata.
Purtroppo sapevo già il responso di quel misero tentativo e, con l’uscita di scena di Jacob, si erano spente anche le mie ultime, flebili, speranze.
Entrai nel salone convinto di trovarla seduta sul divano, esattamente dove l’avevo lasciata neanche mezz’ora prima, ma non vidi niente … solo il flebile sussurro di un respiro … non mi resi nemmeno conto della velocità con cui raggiunsi il suo capezzale.
Vederla accasciata sul divano completamente priva di sensi, mi fermò il respiro.
«Bella! BELLA! Rispondi ti prego!»supplicai stringendole la mano e accarezzandole il volto; fu in quel momento che mi accorsi che prima di svenire doveva aver pianto.
Ancora una volta a causa mia.
Sentivo il suo cuore battere sempre più debolmente come se stesse aspettando per dirmi addio …
«Che cosa ti ho fatto …»mormorai sfiorandole la fronte con le labbra. Quanto avrei avuto bisogno di piangere in quel momento …
«Fammi passare Edward.» ordinò perentoria Rosalie dopo che aveva già provveduto a farsi spazio da sola, rubando quel posto che era mio di diritto. Paralizzato dalla disperazione e dal terrore non riuscii ad oppormi … Mi ero sbagliato, quel posto non mi apparteneva più.
«I suoi battiti sono troppo rallentati, chiama Carlisle! SUBITO!» ordinò ad Emmett, che scattò all’istante mentre noi le restammo accanto.
Neanche un minuto dopo Carlisle la stava visitando.
La diagnosi fu rapida, purtroppo, qualcosa le aveva causato un forte stress emotivo, forti emozioni o preoccupazioni potevano alterare irreparabilmente il suo fisico, già molto provato, doveva restare per quanto possibile rilassata e tranquilla.
Ovviamente anche lui aveva potuto sentire il tenore della sua conversazione con Jacob. “Non entro nel merito del perché, sai che condivido la tua opinione, ma la richiesta che hai voluto che Jacob le facesse è stata pura follia … nessuna donna avrebbe mai preso in considerazione una simile offerta. È stato davvero troppo per lei …”
Sconfitto, chinai il capo dalla vergogna. Qualunque cosa facessi non le aggiungevo altro che sofferenza, stava diventando un circolo vizioso, più cercavo di trovare una soluzione più peggioravo le cose.
«Le faremo delle flebo …» disse Carlisle a Rosalie che subito lo squadrò mettendosi sulla difensiva«… zuccheri, sali minerali e nessun tipo di medicinale.» continuò rispondendo a tono alla sua domanda inespressa, ma palesemente leggibile in volto.
«Dobbiamo darle qualcosa che le dia un po’ di forze, è troppo debole per mangiare qualcosa di solido e comunque rimetterebbe tutto entro pochi minuti.»
Rose non batté ciglio.
«Spero solo che il suo fisico regga il nutrimento per endovena … Emmett, Jasper portate l’attrezzatura e i macchinari che sono arrivati questa mattina. Dobbiamo sistemare tutto il prima possibile.» Lo guardai perplesso, non mi ero nemmeno accorto che quella mattina avessero consegnato qualcosa. «Immaginavo che prima o poi saremmo arrivati a questo punto, ho provveduto a ordinare tutto quanto fosse necessario per poter allestire una clinica qua, in casa. in modo da poterla monitorare quanto più possibile minuto dopo minuto. È troppo debole perfino per essere spostata in una delle camere … non ci sono alternative». Mi disse poggiandomi una mano sulla spalla.
Sconfitto da me stesso mi accasciai al suolo.
Il salone in una decina di minuti si trasformò in uno dei più attrezzati ospedali che potessero esistere. Deposi Bella in uno di quei lettini tipici da ospedale, sembrava ancora più piccola attaccata a quegli enormi marchingegni; li guardavo ma non riuscivo a estrapolarne nessuna informazione, tutta la mia conoscenza era svanita completamente, come se, rendendosi conto che non era utile a niente, avesse deciso di scioperare ad oltranza.
Ero in balia degli eventi.
Era solo questione di ore, forse anche meno …
La flebo era quasi finita quando un sussurro mi scosse dal mio torpore «E… Edw …ard…»
«Sono qui amore, non mi allontano, riposa adesso.»
«Mi … m … i disp … iace far …ti sof … frire.» riuscì a dire a fatica.
«Questo non è importante, pensa solo a riposarti. ». la mia voce cominciava a risultare estranea anche alle mie orecchie, talmente era tesa e senza la minima inflessione.
Mi stavo annientando.
«Sc … usa … no …n ho scelta.»ansimò.
«Una scelta c’era» sussurrai rendendomi conto troppo tardi di aver dato fiato al mio pensiero, non era da me, stavo veramente avvicinandomi alla pazzia; ma ciò che fece più male fu vedere i suoi occhi guardarmi compassionevoli per poi riempirsi nuovamente di lacrime prima di farle perdere nuovamente i sensi.
«SARAI CONTENTO ADESSO! CONTINUA A COMPORTARTI COME UNO SCONSIDERATO E BELLA CI LASCERA’ ANCORA PRIMA CHE SIA GIUNTA LA SUA ORA!» tuonò inferocita Rosalie e fu in quel momento che persi completamente il controllo di me, accecato dalla rabbia la feci volare dalla parte opposta del salone, stavo per avventarmici addosso che quattro braccia riuscirono a fermarmi.
«BASTA EDWARD! CALMATI» gridava Emmett trattenendomi a destra.
«Portiamolo fuori! Giusto il tempo che sbollisca.» incalzò Jasper dall’altro lato.
Forse guidato dalla rabbia avrei potuto sovrastare Jasper, ma con Emmett non ce l’avrei mai fatta, era inutile anche lottare. In un attimo mi ritrovai sul porticato, guardato a vista dai miei fratelli.
Seduto sui gradini, con le mani tra i capelli cercai di riprendere possesso del mio autocontrollo.
Nonostante avessi tentato di porre fine all’esistenza di Rose, non ci fu nei pensieri di Emmett alcun tipo di rancore nei miei confronti, solo commiserazione e pena.
Jasper in silenzio cercava di calmarmi.
Mi sentii ancora più spregevole.
«Edward, come ti senti?» Chiese Emmett sedendosi al mio fianco.
«Scusa.» fu tutto ciò che riuscii a rispondergli.
«A volte Rose è un po’esasperante, ma non credere che non vi voglia bene.» evitai di commentare, per quel giorno avevo fatto già abbastanza danni, sebbene non condividessi neanche una parola di ciò che aveva appena detto, non me la sentii di offenderlo ulteriormente con la mia collera.
La porta di casa si aprì alle nostre spalle, Carlisle ed Esme uscirono. I loro volti provati sembravano invecchiati di almeno vent’anni.
Alzai gli occhi verso di loro ma non ebbi il coraggio di chiedere.
«È stabile. Non si è accorta di nulla. Noi abbiamo bisogno di nutrirci, cercheremo di essere veloci e rimarremo nei dintorni. Per qualsiasi cosa abbiamo il cellulare con noi.» disse prima di inoltrarsi nella foresta “Coraggio figliolo, ti capisco ma non giova a nessuno tutta questa rabbia, tanto meno a Bella.”
Già … lo sapevo benissimo, ma era tutto ciò che mi era rimasto per cercare di sopravvivere …
Immobile nella mia posizione trascorsi non so quanto tempo a fissare il vuoto, ma forse furono solo poche ore. Tutto intorno era silenzio, sembrava che anche la foresta avesse deciso di non disturbare il suo sonno; fu per questo che quando avvertii i pensieri di Seth e Jacob rimasi sorpreso.
“Forse dovremmo pensare qualcosa del tipo: «Veniamo in pace».”
“Fallo.”
“Edward?”,azzardò Seth con prudenza. “Edward, ci sei? Okay, ora mi sento proprio uno scemo.”
“È quello che sei.”
“Secondo te ci sente?”
Si stavano avvicinando velocemente, i loro pensieri erano di secondo in secondo sempre più nitidi.
“Credo di sì. Ehi, Edward. Se mi senti... stai in campana, succhiasangue. Hai un problema.”
“Abbiamo un problema”,lo corresse Seth.
Poco dopo sbucarono dal fitto degli alberi, proprio davanti a noi. «Jacob? Seth? Che succede?». Chiesi stanco anche solo di immaginare quali altri problemi potessimo avere in quel momento.
Fu peggio di quanto avessi mai potuto immaginare.
Jacob ripercorse con il pensiero quanto era successo dopo che aveva lasciato la nostra casa quel pomeriggio; quando il branco era venuto a conoscenza della gravidanza di Bella, aveva immediatamente deciso che era pericolosa e andava eliminata. Potevo trovarmi d’accordo per eliminare quell’essere che le stava succhiando la vita, ma che volessero portarmela via prima del tempo non l’avrei permesso.
«Vogliono uccidere Bella?»,ringhiai alzandomi di scatto non riuscendo però a modulare la mia voce e i miei fratelli scambiarono la mia domanda per un’affermazione e si schierarono in posizione di attacco verso i lupi.
«Emm, Jazz, non loro! Gli altri. Sta arrivando il branco».
«Che problema hanno?»,domandò Emmett ricomponendosi all’istante, mentre Jasper, ancora poco convito, continuava a tenerli d’occhio.
«Lo stesso che ho io», sibilai.«Ma hanno un piano diverso. Raduna gli altri. Chiama Carlisle! Lui ed Esme devono tornare subito!».
“Non sono in casa?”Guaì Jacob. Sembrava preoccupato.
«Non sono lontani», risposi con lo stesso tono monocorde di prima.
“Vado a dare un'occhiata”,disse Seth. “Perlustro il perimetro occidentale.”
«Non ti metterai nei guai?»chiesi.
“Non credo”,pensarono assieme. “Ma forse dovrei andare io, nel caso...” Aggiunse poi Jacob.
“È più improbabile che attacchino me”,precisò Seth. “Per loro sono ancora un moccioso”.
Sarà stato anche un moccioso, ma di sicuro non era uno stupido.
“Perché lo sei, un moccioso.”Insisté Jacob
“Vado. Tu devi rimanere qui con i Cullen per coordinare le manovre.” E prima che il suo alfa ci ripensasse, sparì.
Mentre Emmett avvisava Carlisle di rientrare immediatamente e Jasper iniziava a elaborare le sue strategie di difesa; rimasi immobile circondato dal buio che solo la foresta è in grado di creare, ma nonostante tutto davanti ai miei occhi era come se fosse pieno giorno, guardavo Jacob e non potevo fare a meno di leggere nella sua mente i ricordi della giornata: si era messo contro il branco, in virtù di quel diritto di discendenza che faceva di lui, il vero Alfa del branco era riuscito a staccarsi da loro … dalla sua famiglia … tutto questo per difendere Bella.
Non era la prima volta che si opponeva al volere del capobranco per schierarsi dalla nostra parte; non sarebbe bastata un’eternità per sdebitarmi del suo enorme sacrificio.
Assorto nei miei ragionamenti, mi resi a mala pena conto dell’arrivo di Alice, che fortunatamente mi girò alla larga andando diretta da suo marito.
«Non è la prima volta che devo esserti riconoscente, Jacob», sussurrai. «Non ti avrei mai chiesto tanto».
“Invece sì.” Rispose ricordando la nostra conversazione di solo poche ore prima.
Sì, quanto gli avevo chiesto nel pomeriggio, era veramente tanto. «Sì, forse hai ragione».
“Be', anche questa volta, non è per te che lo faccio.”
«Vero», mormorai “ma l’importante è che tu lo abbia fatto”.
“Mi dispiace di non aver raggiunto lo scopo, oggi. Te lo avevo detto che non mi avrebbe dato ascolto.”
«Lo so. Non credevo che lo avrebbe fatto. Ma...».
“Dovevo provarci. Capito. Sta un po' meglio?”
Parlando con lui ero riuscito a distrarmi per un paio di minuti ma quella misera domanda era riuscita a riportarmi nel mio vortice di disperazione «Peggio», gemetti.
Stavo per crollare nuovamente quando intervenne Alice, che stizzita perché non era riuscita a seguire la conversazione tra me e il lupo, si sentiva tagliata fuori e pretendeva considerazione.
«Jacob, ti scoccia trasformarti? Voglio sapere cosa succede». Chiese al lupo, ignorandomi.
Ovviamente Jacob non assecondò il suo capriccio.
«Deve restare in contatto con Seth». Tentai di spiegarle, cercando di dominare il mio sistema nervoso; ultimamente sembrava che le donne della famiglia si fossero coalizzate contro di me.
«Bene, allora saresti così gentile da dirmi tu cosa sta succedendo?».
Presi un profondo respiro, feci appello a tutto il mio autocontrollo e cominciai a spiegare. «Il branco crede che Bella sia diventata un problema. Temono che ciò che... ciò che porta in grembo sia troppo pericoloso. Perciò si sentono in dovere di eliminarlo. Jacob e Seth hanno abbandonato il branco per avvertirci. Gli altri attaccheranno stanotte».
“Perfetto ci mancava solo il branco!” pensò Alice allontanandosi sibilando di rabbia. Stava superando ogni limite di buon senso, la tolleravo unicamente perché in un momento simile non potevamo giocarci Jasper, ma, francamente, non sapevo quanto ancora avrei resistito.
“E noi saremo pronti ad attenderli!” pensarono all’unisono i miei fratelli; per fortuna che almeno loro erano più ottimisti di me …
“Non c'è nessuno in giro,tutto tranquillo sul fronte occidentale.” Ci avvisò Seth appena rientrato.
“Potrebbero aver cambiato direzione”. Suggerì Jacob
“Vado a fare un giro completo.”
«Carlisle ed Esme stanno per arrivare», annunciò Emmett, «fra venti minuti al massimo».
«Dobbiamo prepararci alla difesa»,decretò Jasper.
“E sarà meglio avere le idee molto chiare, anche perché saremo in netta inferiorità.”Pensai tra me riflettendo sulle sue parole.
«Rientriamo» sussurrai infine, sempre più demoralizzato, tornando verso casa.
Cominciai a riflettere su quanto fosse complicata la nostra situazione: Io sarei rimasto vicino a Bella e dubitavo che Rose si sarebbe schierata in prima fila al fianco di Emmett, Alice non potendo vedere le mosse dell’avversario era come se fosse cieca e le sue potenzialità erano ridotte di un terzo; Carlisle ed Esme non erano certo portati per la lotta corpo a corpo, praticamente gravava tutto sulle spalle di Emmett, Jasper e i due lupi disertori … anche a volere essere ottimisti a tutti i costi c’era poco da stare allegri.
“Mi unisco a Seth. Se mi allontano troppo e non riesci a intercettare i miei pensieri, ascolta l'ululato.” Disse Jacob prima di sparire per seguire le orme di Seth.
«Va bene».
Rientrammo in casa, Bella dormiva ancora, il respiro, sempre più affannato, si percepiva appena così come il battito del suo cuore; gli sguardi gelidi di Alice e Rose, la prima furiosa per come si erano messe le cose la seconda perché vedeva in pericolo il realizzarsi del suo sogno più grande; ci inchiodarono con lo sguardo all’istante e, senza perdere tempo in inutili convenevoli, Rose sbottò «Allora? Cosa pensate di fare?»
«Per ora aspettiamo il rientro di Carlisle ed Esme poi, tutti insieme, cercheremo di studiare una strategia.» Rispose Jasper anticipandomi nella risposta, sicuramente aveva percepito la rabbia che stavo covando dentro e aveva cercato di evitare ulteriori, inutili, discussioni.
«Potrebbe essere troppo tardi, non possiamo sempre aspettare …»
«Rose, NO...» questa volta a interromperla fu Emmett “Ci penso io Edward, non ti scaldare.”«Carlisle è stato avvisato e tra massimo un quarto d’ora sarà qui, quindi prima di fare qualsiasi mossa, ne parliamo con lui.»
Sbuffando contrariata, tornò al capezzale di Bella.
Era raro vedere mio fratello contrastare sua moglie, ma sicuramente aveva intuito che se non fosse intervenuto e avessi risposto io, ci saremmo ritrovati come poche ore prima e che era meglio una sfuriata di Rose all’alternativa di rimanere vedovo.
Carlisle ed Esme arrivarono nel giro di una decina di minuti. Avevano già avuto modo di incontrare Seth che, in parte, gli aveva spiegato il problema che si era creato con il branco.
Quando gli feci il quadro completo del sacrificio che entrambe avevano fatto per noi, ne rimase profondamente turbato.
“Non saremo mai in grado di sdebitarci …”rifletté tra sé profondamente addolorato per ciò che questa situazione aveva comportato.
Scontrarsi con i loro fratelli, le loro stesse famiglie; era follia anche solo pensarci.
In quel mentre un ululato, lungo, straziante.
«Ci siamo. Stanno arrivando. Questo è il segnale.» dissi senza la minima inflessione nella voce. Ero arrivato ad un punto tale che ogni evento mi scivolava addosso senza riuscire a scalfirmi in alcun modo; li assecondavo e basta.
Dovevano essere ancora parecchio lontani perché non percepivo nessun pensiero, pensai guardando dalla finestra verso il bosco.
«Bene! Non aspettavo altro!»esclamò Emmett scrutando l’oscurità dalla vetrata del salone.
«Strano, non avverto niente. Ma per sicurezza blocchiamo la vetrata del salone, almeno da là non avranno accesso.» commentò dubbioso Jasper.
“Falso allarme, falso allarme. Scusate. Seth è giovane. Non riflette. Non arriva nessuno. Falso allarme.” Gridò in quel momento Jacob nella mia testa. Pochi istanti dopo sbucò dalla foresta davanti ai miei occhi.“Non c'è nessuno là fuori... capito?”
Annuii. Ma non potei permettermi niente di più, un rantolo arrivò dal letto dove Bella riposava.
Non riusciva a respirare, mi sentii mancare la terra sotto i piedi e un brivido percorse il mio corpo
Il momento si avvicinava sempre più rapidamente ed io non ero pronto a restare senza di lei. Non lo sarei mai stato; riflettei mentre mi precipitavo al suo fianco.
Pochi istanti e tutto tornò come prima e solo in quel momento mi resi conto di aver scacciato Jacob come se fosse stato una zanzara fastidiosa.
Quel momento era mio e di nessun altro, ma ciò non m’impedì di sentirmi ugualmente meschino, specialmente dopo quanto aveva fatto per noi.
«Era un falso allarme», spiegai riprendendo possesso delle mie facoltà mentali. «Seth pensava ad altro e si è dimenticato che aspettavamo un segnale. È molto giovane».
«Che fortuna avere dei cucciolotti a presidiare la fortezza», brontolò Emmett.
«Ci hanno fatto un grosso favore stanotte, Emmett», disse Carlisle. «E a costo di un sacrificio personale».
«Sì, lo so. Sono solo invidioso. Vorrei essere là fuori anch'io».
«Seth non pensa che Sam ci attaccherà», spiegai meccanicamente «Non ora che siamo stati avvertiti e che ha dovuto rinunciare a due membri del branco».
«Jacob che ne pensa?», chiese Carlisle.
«Non è altrettanto ottimista».
Renesmee
“Tu-tum… Tu-tum … Tu-tum … Tu-tum … Tu-tum … Tu-tum … Tu-tum …Tu-tum … Tu-tum … Tu-tum … Tu-tum …”
Calmo costante rassicurante … mi sentivo protetta, cullata.
Poi lentamente iniziò a sparire …
“Tu-tum… … Tu-tum … … Tu-tum … … Tu-tum … … … Tu-tum … … … Tu-tum … … … Tu-tum … … … Tu-tum … … … …Tu-tum … … … … Tu-tum … … … … …. Tu-tum … … … … … … Tu-tum … …. … … … … … Tu-tum … … … … … … Tu-tum … … … … …. … … Tu-tum … … …. ….… … … Tu-tum … … … … … … Tu-tum … … … … … … Tu-tum … …. … … … … … Tu-tum … … … … …Tu-tum …”
No, non doveva andarsene … ebbi paura …
Dovevo raggiungerlo … avevo bisogno di lui … ma non avevo spazio …
Edward
E nuovamente calò il silenzio. Fin quando un nuovo sussulto scosse il corpo esanime di Bella; allungai una mano per carezzarla, per farle sentire che ero lì con lei ma fui bloccato prima ancora di poterla sfiorare.
«Non la toccare! La sveglierai»,mormorò ferocemente Rosalie.
“Nemmeno una carezza mi è permessa adesso.” sospirai avvilito.
«Rosalie», sussurrò nostro Carlisle, mai avevo sentito la sua voce così irritata.
«Non cominciare, Carlisle. Fin'ora ti abbiamo lasciato fare, ma adesso basta».
«Credi mi faccia piacere, non sapere come alleviare le sue sofferenze? Forse è il caso che tu esamini meglio i fatti invece di credere che chiunque sia pronto a farle del male. Anche se non condivido la sua scelta, non potrei mai andare contro la sua volontà. E non credere che sia entusiasta nel vedere che non riesce ad assimilare nemmeno le flebo. Se hai delle soluzioni alternative, sono pronto ad ascoltarti.»
Ovviamente non ottenne risposta.
Continuai a vegliare a distanza il suo sonno agitato. Respiri affannati e rantoli si susseguivano ininterrottamente ed ogni volta che provavo ad avvicinarmi venivo allontanato, in malo modo tanto che Emmett si trovò costretto più volte a frapporsi tra me e sua moglie.
«Non stanotte, Edward. Abbiamo già preoccupazioni a sufficienza».
Aveva ragione; ma stavo impazzendo nel vederla in quello stato senza poter nemmeno farle sentire che le ero vicino. Divorato da una rabbia incontenibile, mi allontanai, fu in quel momento che scorsi un lupo rossiccio osservarci dalla finestra, nella frazione di secondo che i nostri sguardi s’incrociarono, potei scorgervi la mia stessa insostenibile disperazione.
Alice
Il sonno di Bella si stabilizzò quando ormai albeggiava e la tensione accumulata nella nottata iniziò ad attenuarsi. Il branco non avrebbe mai attaccato in pieno giorno, non che per noi fosse differente, vedevamo distintamente anche di notte ma il rischio che un branco di giganteschi lupi venisse scoperto ad aggirarsi nel bosco intorno alla città da qualche escursionista di passeggio era troppo alto.
Stanca di assistere al braccio di ferro tra Edward e Rosalie tornai nella mai stanza; avevo un bisogno disperato di silenzio e tranquillità.
Nel giro di una mezzora Jasper ed Emmett mi raggiunsero.
Forse, per poter raggiungere il mio scopo, sarebbe stato più utile espatriare.
«È arrivato Jacob.» disse Jasper accomodandosi accanto a me «Carlisle è con lui.»
«Va riconosciuto che sono dei cucciolotti di valore, non mi sarei mai aspettato un gesto simile.»commentò Emmett.
«L’ha fatto unicamente per Bella… non credo che il resto della famiglia rientri nelle sue simpatie…» commentò Jasper «È una situazione complicata, specialmente per Edward.»
«Sì certo, ma hanno fatto comunque un favore a tutti noi.»
«Tanto sarà tutto inutile …»commentai un po’ troppo ad alta voce e due paia di occhi mi guardarono esterrefatti. «No. Non ho avuto nessuna visione, ma mi pare ovvio che il fisico di Bella non reggerà ancora per molto. Non ce la fa a nutrirsi, il cuore è sempre più debole, e subire i colpi di quella … creatura, diventa ogni secondo più rischioso. Mi aspetto il peggio … da un momento all’altro.»
«Non riesco nemmeno a immaginare lo stato d’animo di Edward … se dovessi perdere Rose, io … io …»
«Pensa al peggio Emmett, non sarà mai abbastanza …» mormorò piano Jasper, il suo tono così sofferente mi riempì d’angoscia.
«Vuole tornare dai Volturi?»
«No. Vuole essere sicuro di riuscirci … questa volta» rispose drastico Jasper.
«Abbiamo il sospetto che cerchi qualche soluzione più efficace.» sibilai con rabbia.
«Alice, ieri ha avuto la prima visione da giorni. Sembra che nostro fratello abbia chiesto questo“favore”a Jacob …»
«Buon Dio …» esclamò Emmett sgranando gli occhi.
«Sempre che il branco non ci attacchi prima …» mormorai sempre più avvilita.
«Quei sacchi di pulci spelacchiati non mi fanno paura! Non vedo l’ora che ci sia un po’ di movimento!!»
«Aspetta a cantare vittoria e cerca di ragionare, Emmett. Anche volendo difendersi quanto tempo è che non andiamo a caccia … Edward e Rose in particolar modo, siamo troppo deboli. Per non parlare di me che, senza il mio potere, sono completamente cieca di fronte al nemico … non c’è modo di venirne fuori…»
Edward
Era sveglia da quasi tre ore, ma non aveva il fiato nemmeno per parlare; solo qualche parola sconnessa, e gemiti di dolore. Durante tutta la notte il sonno era stato agitato e tormentato dai continui movimenti del feto. Stava crescendo rapidamente e non trovando lo spazio adeguato intorno a sé, si muoveva in continuazione. Provocando ogni volta lividi ed emorragie all’interno del corpo martoriato di Bella.
Le flebo che Carlisle le aveva somministrato non avevano sortito alcun effetto, era quasi una settimana che non mangiava e ormai era ridotta ad un mucchietto d’ossa rivestito da un velo sottilissimo di pelle.
Ogni ulteriore movimento del feto poteva esserle fatale, per questo non me l’ero sentita di allontanarmi da lei nemmeno per andare a ricevere Jacob, pregando Carlisle di farlo al posto mio, dopo ciò che stava facendo per Bella, non potevamo ignorare la sua presenza.
Ulteriori problemi con il Branco non c’erano stati, potevo leggerlo nei suoi pensieri ed a lui e Seth, si era unita anche Leah … le motivazioni che l’avevano spinta non erano certo di solidarietà nei nostri confronti, ma non potevamo sottilizzare, ogni aiuto era di vitale importanza.
Immobile, rannicchiata nella sua posizione fetale, teneva a fatica gli occhi aperti. Mentre Rose controllava assiduamente i vari monitor a me, era concesso solamente tenerle la mano … era ancora più gelida della mia.
Cercando di ignorare i pensieri di mia sorella cercai di concentrarmi sulla conversazione che si stava svolgendo all’esterno.
«Il feto è incompatibile con il suo corpo. Prima di tutto è troppo forte, anche se probabilmente lei potrebbe resistere ancora per un po'. Il problema maggiore è che non le permette di sostentarsi come dovrebbe. Il suo corpo rifiuta qualsiasi forma di nutrimento. Sto tentando di alimentarla per endovena, ma non assorbe niente. La guardo... Guardo lei e il feto morire di fame. Non solo non posso fermare tutto questo, ma non posso nemmeno rallentarlo. Non riesco a capire cosa vuole».Disse Carlisle con voce rotta.
“Quel mostro non si accontenta di farle passare le pene dell'inferno, no. Deve anche farla morire di fame. Probabilmente cerca qualcosa in cui affondare i denti: una gola da prosciugare. Finché non diventerà grosso abbastanza per uccidere qualcun altro, le succhierà la vita... Brama soltanto: morte e sangue, sangue e morte.” Pensò Jacob, e qualcosa scattò improvvisamente nella mia testa.
“Cerca qualcosa in cui affondare i denti … Le succhierà la vita …” aveva pensato, e quelle parole cominciarono a rimbombarmi nella mente come un’eco.
«Vorrei tanto avere un'idea più precisa di cosa sia»,continuò mormorando Carlisle. «Il feto è molto protetto. Non sono stato in grado di fare un'ecografia. Dubito che sia possibile introdurre un ago attraverso la sacca amniotica e in ogni caso Rosalie non mi lascerebbe neppure provare».
Ed in quel momento una lampadina nel mio cervello si accese! Come avevo fatto a non pensarci! Se avessimo potuto fare un’amniocentesi, avremmo capito quale patrimonio genetico era predominante nel feto e se fosse come ha pensato Jacob …
Improvvisamente riuscii a intravedere una possibilità di salvezza per Bella, ma avevo bisogno di avere delle conferme.
«Torno subito, Bella. Devo parlare con Carlisle. Ehm, Rosalie, vieni con me?» Le dissi staccandomi delicatamente da lei.
“Spero che non sia un’altra delle tue grandiose idee.”Pensò Rose fulminandomi con gli occhi. Non era il momento di darle soddisfazione, decisi così di ignorarla, perdere tempo con lei poteva compromettere ancora di più la salute di chi mi stava più a cuore.
«Che c'è, Edward?», sussurrò Bella.
«Niente di cui tu debba preoccuparti, amore. Ci metto un attimo. Rose, ti prego!» La incalzai vedendo che mi aveva completamente ignorato.
“Mi auguro per te che sia un motivo più che valido …” «Esme?»,chiamò Rosalie. «Mi dai il cambio con Bella?».
«Certo», rispose Esme scendendo subito nel salone. “Tesoro cosa è successo? C’è una luce diversa nei tuoi occhi.” Pensò guardandomi dritta negli occhi.
Le sorrisi appena, ero ancora troppo concentrato a seguire i miei ragionamenti per poter cantare vittoria; e seguito da Rosalie uscii sul portico, chiudendo la porta alle nostre spalle.
«Carlisle», mormorai.
«Cosa c'è, Edward?».
«Forse abbiamo affrontato la cosa nel modo sbagliato. Stavo ascoltando la vostra conversazione e quando parlavi di ciò che vuole il... feto, Jacob ha avuto un'intuizione interessante; non abbiamo ancora valutato il problema da quell’angolazione»,proseguii. «Fin'ora abbiamo sempre pensato a ciò di cui ha bisogno Bella. Ma il suo corpo reagisce più o meno come reagirebbero i nostri. Forse dovremmo prendere in considerazione i bisogni del... feto. Forse, se riuscissimo a soddisfarlo, potremmo aiutare lei in maniera più efficace».
«Non ti seguo, Edward», disse Carlisle.
«Pensaci, Carlisle. Se la creatura è più vampiro che umano, cos'è che desidera ardentemente... cos'è che non gli diamo? Jacob ci è arrivato».
Concessi loro pochi secondi per riflettere, Jacob era sempre più stralunato, fino a quando ripercorrendo passo dopo passo tutta la conversazione, giunsero entrambe alla medesima conclusione.
«Oh», disse, sorpreso Carlisle.«Pensi che abbia sete?».
“Finalmente un’idea intelligente! Come abbiamo fatto a non pensarci prima; era l’ora che facessi ragionare la tua testolina, invece di crogiolarti nella disperazione!” «Certo»,mormorò Rose mettendo finalmente da parte quell’irritante atteggiamento di continuo sospetto. «Carlisle, abbiamo tutto lo 0 negativo che tenevamo da parte per Bella. È una buona idea».
«Uhm». Carlisle si portò la mano al mento, perso nei pensieri. «Mi chiedo quale sarebbe il metodo di somministrazione migliore».
«Non c'è tempo per la creatività.»“Dobbiamo essere rapidi ogni istante è prezioso!”«Direi di cominciare in maniera tradizionale».
«Aspetta un attimo», sussurrò Jacob con il disgusto stampato in volto. «Un attimo solo. Stai dicendo. .. stai dicendo che Bella dovrebbe bere sangue?».
«È stata una tua idea, cane»,ribatté Rose torva.
«È semplicemente...», non riuscì a trovare la parola esatta per completare la frase.
«Mostruoso?», suggerii.«Ributtante?».
«Abbastanza».
«Ma se servisse ad aiutare lei?»,sussurrai.
“Non ce la può fare, è capace di svenire alla vista di una sola goccia … come pensi possa fare a berne litri e litri …”Pensò scuotendo con rabbia la testa. «Che cosa vuoi fare? Ficcarle una cannula in gola?».
«Le chiederò cosa ne pensa. Però volevo accennarlo a Carlisle, prima».
Rosalie annuì. «Se le dici che potrebbe fare del bene al bambino, sarà disposta a tutto. Pure se si rendesse necessario alimentarla con una sonda».
“Pur di far nascere quel mostro succhiavita sarebbe pronta a tutto … nemmeno lo volesse tutto per sé …” era strabiliante come Jacob senza conoscere minimamente Rose ne avesse fatto un’analisi così dettagliata; e senza rendermene quasi conto mi trovai ad annuirgli confermando ogni sua intuizione.
“È strabiliante come quel pezzo di ghiaccio possa covare tutto questo istinto materno … vuole il figlio che non può avere da sola …” Centro anche questa volta, la perspicacia di questo ragazzo mi stupiva sempre di più.
«Be', il tempo fugge. Non possiamo restarcene qui seduti a discutere», disse Rosalie impaziente. «Che ne pensi Carlisle? Possiamo provarci?».
«Chiederemo a Bella». rispose dopo aver preso un profondo respiro.
E come se fossimo a una processione, rientrammo tutti e quattro silenziosamente in casa.
«Che succede?», chiese Bella con voce stridula; proteggendosi istintivamente il ventre.
«Jacob ha avuto un'idea che potrebbe aiutarti», disse Carlisle. «Non sarà piacevole, ma...».
«Ma aiuterà il bambino»,s'intromise impaziente Rosalie. «Abbiamo scoperto una maniera migliore di nutrirlo. Forse».
«Non sarà piacevole?», ripeté sottovoce. «Grande novità!». Ma finalmente un flebile sorriso le illuminò il volto cadaverico.
Mi avvicinai a lei sempre sotto il vigile controllo di Rosalie, e prendendole la mano cercai con tutta la serietà che potevo di spiegarle le nostre intenzioni.
«Bella, amore, stiamo per farti una richiesta mostruosa», dissi ricorrendo agli stessi aggettivi che avevo usato con Jacob. «Ributtante».
«È tanto brutto?» chiese sconcertata.
«Pensiamo che l'appetito del feto sia più simile al nostro che al tuo. Può darsi che abbia sete».Rispose Carlisle
«Oh. Oh».
«Le tue condizioni... le vostre condizioni, ecco, peggiorano rapidamente. Non c'è tempo da perdere, non possiamo permetterci il lusso di affannarci alla ricerca di un metodo più invitante. Il modo più veloce per verificare che la nostra teoria...».
«Devo berlo», mormorò Bella. E annuendo appena continuò «Posso farcela. E nel frattempo mi alleno per il futuro, no?». Aggiunse guardandomi, nel tentativo di regalarmi un sorriso che non fui in grado di ricambiare.
Rosalie iniziò a battere il piede con impazienza. Quanto era irritante! Mi chiesi come avrebbe reagito se avessi ceduto all'impulso di scaraventarla contro il muro.
«Allora chi è che va a cacciarmi l'orso?», sussurrò Bella.
“Non c’è tempo per il sangue animale, è troppo debole e non le darebbe abbastanza nutrimento”pensò Carlisle guardandomi.
«Che c'è?», incalzò Bella.
«Perché il test sia efficace, non dobbiamo prendere scorciatoie, Bella», disse Carlisle.
«Se il feto brama il sangue», le spiegai, «non si accontenterà del sangue di un animale».
«Bella, non ti accorgerai nemmeno della differenza. Non pensarci», la incoraggiò Rosalie.
Bella spalancò gli occhi. «Chi?»,ansimò e il suo sguardo si posò su di me.
«Non sono venuto qui per immolarmi come donatore, Bells», borbottò schifato Jacob. «E poi quella cosa vuole sangue umano, perciò non credo proprio che il mio faccia al caso suo...».
«Abbiamo del sangue a portata di mano», s'intromise Rosalie interrompendolo bruscamente. «Per te. Non si può mai sapere. Non preoccuparti di niente. Andrà tutto bene. Me lo sento, Bella. Sono sicura che il bambino starà molto meglio».
Bella si portò la mano alla pancia.
«Bene», sussurrò con tono stridulo. «Io sto morendo di fame, per cui suppongo che anche lui non veda l'ora di mangiare». Ci incitò cercando poi di fare una battuta. «Forza. Sarà il mio primo gesto da vampira».
Bella
L’idea in sé era rivoltante e in cuor mio non credevo che avrebbe risolto qualcosa; ma vedere finalmente una scintilla di speranza negl’occhi di Edward mi diede coraggio. Avrei dato qualsiasi cosa pur di vedere ancora il suo splendido sorriso illuminargli il volto.
A presto … spero… |
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** CAPITOLO 11 ***
Postare questo capitolo stava diventando una “missione impossibile” ma incredibilmente sono riuscita farcela, anche perché ci tenevo a ringraziarvi con tutto il cuore per la pazienza che state dimostrando aspettando così pazientemente...
Augurandovi di passare delle bellissime feste con chi più amate, vi abbraccio forte tutti quanti, sia chi commenta che chi legge silenziosamente … Buon Natale, Buon Anno e … perché no … anche Buona Befana!!!
AUGURI A TUTTI!!!
Cap.11
Edward
La sensazione che finalmente qualcosa potesse girare per il verso giusto iniziò a farsi strada nella mia mente. Certo non ne avevamo ancora la certezza, ma la teoria mi convinceva: potevamo farcela.
Mi avvicinai a lei stringendole la mano, era gelida persino per me. Eravamo ancora in tempo? Oppure eravamo arrivati troppo tardi? Questo dubbio bastò a farmi sprofondare nuovamente nel mio baratro di angoscia.
Carlisle e Rosalie, al piano di sopra discutevano se fosse il caso di scaldare o meno il sangue che Bella avrebbe dovuto bere, in tutta sincerità non potevo biasimare nemmeno i pensieri di Jacob, quello era l’ultimo dei problemi da affrontare al momento, il dubbio più grosso era capire se Bella fosse stata in grado o meno di berlo, la naturale repulsione che nutriva nei suoi confronti non era certo incoraggiante, ma sembrava che quei due se ne fossero completamente dimenticati.
«Non trasparente,Rosalie», mormorai, alzando gli occhi al cielo, quando vidi nei suoi pensieri cercare un bicchiere. Con tutta la prosopopea che aveva, non era tollerabile le sfuggissero certi dettagli, pensai scuotendo la testa sotto lo sguardo incuriosito di Bella.
«È stata una tua idea?»,sussurrò Bella, sforzandosi di rendere la sua voce normale.
«Non è con me che devi prendertela. È stato il tuo vampiro a rubarmi certi commenti maligni dalla testa». Le rispose avvicinandosi a noi e sul suo viso apparve per un istante un timido e fugace sorriso.
«Non mi aspettavo di rivederti».
«Già, neanch'io», ammise; e un brivido di terrore mi percorse la schiena.
«Edward mi ha detto cosa hai dovuto fare. Mi dispiace».
«È tutto a posto. Probabilmente era solo questione di tempo. Prima o poi mi sarei ribellato a Sam», “forse solo di giorni …”.
«Anche Seth», biascicò Bella.
«A dire il vero, lui è molto felice di aiutarci». Mormorai nella speranza di poter alleggerire quel discorso.
«Detesto essere la causa dei tuoi guai».
“Appunto …”costatai tra me. Sempre pronta ad accollarsi i problemi di tutti, senza considerare l’entità dei suoi.
«Immagino che non sia una novità, vero?» Cercò di scherzare lei a fatica.
«No, in effetti, non lo è».
«Non sei costretto a guardare», sussurrò a mala pena.
«Francamente non saprei nemmeno dove andare» le rispose, cercando di non tradire la sensazione di disgusto che gli aggrovigliava stomaco. «Da quando Leah si è unita a noi, la faccenda dei lupi è molto meno allettante».
«Leah?», rantolò spaventata.
«Non gliel'hai detto?»domandò stranito, ma la reazione di Bella mi parve più esaustiva di ogni mia possibile risposta; non c’era un gran feeling tra loro due, anzi a dire il vero Bella si sentiva molto a disagio in sua presenza, non mi era sembrato il caso di nominargliela in questo momento.
«Perché?», ansimò guardandomi.
“Come volevasi dimostrare si sta agitando.” «Per tenere d'occhio Seth». Rispose prontamente Jacob, limitandosi a dare la versione ufficiale e non ufficiosa di quella scelta.
«Ma Leah ci odia», mormorò.
«Leah non darà fastidio a nessuno». “Escluso me”. «Appartiene al mio branco», “Dio che parola orribile”«perciò fa quello che le dico di fare».
Silenzio.
Conoscendola, la spiegazione non le era bastata.
«Hai paura di Leah ma sei diventata l'amichetta del cuore della bionda psicopatica?» esclamò Jacob dopo aver riflettuto alcuni secondi.
E solo perché non volevo che si creassero ulteriori tensioni m’imposi di non alzarmi stringergli la mano per l’acuta osservazione!
«No. Rose mi capisce».Rispose Bella cupa in volto
“Rose capisce solo se stessa … lo sai anche te.” Avrei voluto ricordarle, ma decisi di trattenermi.
«Già», grugnì Jacob.«Capisce che stai per morire e non gliene importa un bel niente. Per lei conta solo che il mutante si salvi la pelle».
“parole sante!”se non altro almeno lui poteva sbatterle in faccia la realtà delle cose.
«Smettila di fare lo scemo, Jacob», sussurrò.
«Lo dici come se fosse possibile» e sul suo viso comparve uno stentato sorriso, per quanto fosse bello vederlo illuminarle nuovamente, non potei che invidiare a morte la capacità che aveva Jacob di riuscire ad ottenerlo anche in questo momento.
“Ci siamo! Sono certa che questa è la soluzione!”pensò esaltata Rosalie ancora in cucina, comparendo un attimo dopo nel salone insieme a Carlisle che teneva in mano un bicchiere di plastica di quelli con il coperchio e la cannuccia pieghevole. Lo trasportava come un tesoro e guardandolo avvicinarsi pregai che lo fosse veramente.
Bella
Li guardai avvicinarsi e ringraziai Edward di aver ricordato loro di utilizzare un bicchiere chiuso e non trasparente. Mi tornò in mente quella mattina di più di un anno prima quando alla lezione di biologia svenni per il solo odore, sarei stata in grado di berne un intero bicchiere?
Quel giorno ci fu Edward a starmi accanto in infermeria, spostai lo sguardo su di lui, concentrato sull’arrivo di Carlisle, con un’espressione indecifrabile in volto: dolore … preoccupazione … angoscia … conoscendolo si stava colpevolizzando più del dovuto; infondo non era stata una sua idea. Carlisle si avvicinò titubante, quasi imbarazzato; dovevano averlo sigillato davvero bene quel bicchiere, di quel tremendo e nauseante odore di ruggine neanche l’ombra. Mi porse il bicchiere e ci vollero alcuni secondi per prendere il coraggio di porgergli le mani per prenderlo.
«Possiamo provare con un altro metodo», disse Carlisle conciliante.
«No», sussurrai cercando di essere il più risoluta possibile. «No, prima proverò così. Non c'è tempo...».
Fissai il bicchiere, che Carlisle stava ancora porgendomi e trassi un profondo respiro.
“Devo riuscirci per noi due …” pensai “… e per il nostro piccolo EJ”
Presi il bicchiere offertomi da Carlisle.
Nelle mie mani un lieve tremore.
Cercai di mettermi a sedere e sentii l’abbraccio di Rose aiutami e sostenermi.
«Grazie», sussurrai.
Avrei tanto voluto che in quel momento ci fosse Edward al suo posto, che impassibile continuava a fissarmi.
«Non fare caso a loro»,m’incoraggiò Rosalie.
E lentamente lo avvicinai alla bocca.
Strano … mi ricordavo un odore diverso, questo era quasi dolciastro e, tutto sommato, invitante …
Sicuramente era la fame che stava alterando la mia percezione del gusto … avrei mangiato qualsiasi cosa mi avessero dato, il problema veniva dopo, quando il mio stomaco si sarebbe rifiutato di digerirlo ….
«Bella, tesoro, possiamo trovare un modo più semplice», disse Edward, cercando di riprendere il bicchiere che ancora fissavo preoccupata.
«Tappati il naso», mi suggerì Rosalie, fulminandolo con lo sguardo.
Se questa cosa del sangue avesse funzionato, forse, sarebbe diminuito anche l’attrito che serpeggiava tra loro due.
«No, non è questo. È solo che...», sussurrai quasi vergognandomi del languore che quel profumo mi aveva scatenato . «Ha un buon odore».
«Ottimo, allora», disse Rosalie, con fervore. «Vuol dire che siamo sulla strada giusta. Forza, assaggia». “lo spero …” pensai aggrappandomi alla speranza del suo entusiasmo “Coraggio Bella! Vuoi o no diventare come loro?!, Da qualcosa dovrai pur iniziare!” Portai la cannuccia alle labbra, strizzai gli occhi e arricciai il naso; cercando di prepararmi mentalmente ad accogliere nel mio corpo quel liquido denso e vischioso che tanto detestavo.
Succhiai profondamente e quando sentii quel liquido caldo e denso scendermi in gola e ne rimasi estasiata, appagata … era buono, buonissimo … cosa mi stava succedendo?
«Bella, amore ... ». Sussurrò Edward che ormai era due passi da me, confuso, agitato e pronto per crollare nell’ ennesimo attacco di panico.
«Va tutto bene», sussurrai. Aprendo gli occhi e cercando i suoi. «Ha anche un buon sapore»aggiunsi titubante e in preda alla vergogna.
«Bene, benissimo», gioì Rose. «Ottimo segno».
Ma i miei occhi cercavano Edward, era teso preoccupato, quanto avrei voluto avere il suo dono in quell’istante … chissà cosa pensava di me adesso … in quel momento la sua mano si posò sulla mia guancia, lo presi per un incoraggiamento, “coraggio Bella, ancora un sorso, non è poi così male …”accostai nuovamente le labbra alla cannuccia e succhiai avidamente, come se fosse la cosa più buona che avessi mai bevuto, e una scarica di pura energia entrò nel mio corpo.
«Come va lo stomaco? Hai la nausea?», chiese Carlisle.
«No, affatto», sussurrai.«C'è sempre una prima volta, eh?».
«Magnifico!» La gioia di Rose era incontenibile ormai e, forse, complice l’energia che sentivo diffondersi dentro di me, iniziavo a sentirmi contagiata, anche se le mie forze non mi permettevano ancora di fare capriole cominciavo a sentirmi meglio.
«Credo sia ancora presto per dirlo, Rosalie», mormorò Carlisle, ma incurante del suo timore, continuai a bere, mi piaceva e stavo meglio, ogni sorso di più. L’unico mio dubbio era Edward.
«Questo intacca il mio punteggio?» sussurrai. «Oppure iniziamo a contare dopo che sarò diventata una vampira?».
«Non c'è nessun punteggio, Bella. E comunque nessuno è morto per questo». Disse fingendo un falso sorriso «La tua fedina penale è ancora immacolata». Volevo farlo sorridere, non c’era cosa che mi potesse rendere più felice che vedere il suo dolcissimo sorriso.
Ma non ci riuscii
«Te lo spiego dopo.» gli sentii sussurrare appena, sicuramente aveva risposto al pensiero di qualcuno.
«Cosa?», domandai a fatica.
«Parlavo fra me», rispose mentendo … ormai lo conoscevo ma non avevo alcuna, voglia né la forza, di intavolare una discussione su una cosa così sciocca, e continuai a concentrarmi sul mio pasto, fin quando lo sentii ridacchiare … Qualcuno era riuscito dove poco prima avevo fallito?
«Qualcosa di divertente?»,mormorai.
«Jacob», rispose.
“Non a caso è il mio sole personale …”«Jacob è una sagoma», concordai sorridendo delle sue mosse da giullare e, tra una sorsata e l’altra, arrivai alla fine del bicchiere.
«Fatto», dissi compiaciuta.«Se lo trattengo, Carlisle, mi togli tutti gli aghi?».
«Al più presto», promise.«Del resto, là dove sono non servono a molto».
Rose
Eravamo sulla strada giusta, sulle sue guance era comparsa una lievissima sfumatura rosa, invisibile all’occhio umano ma non per noi, persino il suo respiro era più regolare. Mi avvicinai carezzandole la fronte, anche la sua temperatura sembrava salita di un paio di gradi. Bella mi rivolse uno sguardo pieno di speranza, che non potei che ricambiare. Ce l’avrebbe fatta, ce l’avrebbero fatta entrambi, sicuramente c’era ancora molta strada da fare ma le percentuali di riuscita si erano impennate. Senza contare che anche nello sguardo di Edward era tornata una scintilla di vita, se le cose fossero migliorate ulteriormente forse avrebbe finalmente capito che era ora di crescere e lasciarsi alle spalle, almeno in senso teorico, i suoi diciassette anni e capire che lui poteva avere realmente l’opportunità di crescere, diventando padre.
«Ne vuoi ancora?» la sollecitai nella speranza di poter cogliere qualche ulteriore miglioramento che mi desse la certezza che la cura fosse quella giusta.
Nemmeno a dirlo Edward non fu d’accordo.
«Non devi berne subito dell'altro».
«Sì, lo so. Ma ne ho voglia»,ammise cupa afflosciandosi sulle spalle.
«Non devi sentirti a disagio, Bella. Il tuo corpo ne ha una voglia matta. Lo capiamo tutti». La rassicurai carezzandole i capelli il suo imbarazzo era più che comprensibile, anche a causa del disgusto che il cane aveva dipinto in faccia. «Chi non lo capisce non dovrebbe stare qui».
«Torno subito». Disse Carlisle prendendole il bicchiere di mano per poi tornare verso la cucina.
«Jake, hai un pessimo aspetto», mormorò Bella.
“Mah … francamente non noto differenze con le altre volte …”
«Senti chi parla».
«Sul serio... quando è stata l'ultima volta che hai dormito?»
«Uhm. Non lo so di preciso.»
“Bene, allora sparisci per un po’ e liberaci dal tuo fetore!”
«Oh, Jake. Adesso t'incasino anche la salute. Non comportarti da stupido.»
“Mi sembra impossibile che una persona potenzialmente sana di mente riesca a farsi venire i sensi di colpa per un essere simile, volontariamente …”
«Riposati un po', per favore»,proseguì. «Di sopra ci sono le stanze da letto... puoi scegliere quella che vuoi».
“Ci manca altro che impesti anche tutto il resto della casa!!!!!”pensai cercando di mantenere un contegno anche se, sicuramente, la mia espressione, fu sufficientemente esaustiva.
«Grazie, Bells. Ma preferisco dormire per terra. Lontano dalla puzza, sai».
“Finalmente un’idea intelligente …”
«Giusto». Mormorò quasi amareggiata, sinceramente non so come potesse Edward continuare a tollerare questo suo assurdo comportamento.
In quell’istante Carlisle rientrò con un nuovo bicchiere, da sola allungò la mano e iniziò a succhiare.
Stava decisamente meglio.
Ero corsa in suo aiuto non appena l’avevo vista tentare di alzarsi, solo pochi istanti prima si sarebbe accasciata in un istante ma, questa volta, il mio soccorso fu finalmente inutile.
Ottimo.
Nel giro di poche sorsate, terminò anche il secondo bicchiere.
«Come ti senti?», le chiese Carlisle.
«Non ho la nausea. Anzi, ho un po' fame. Però, non sono sicura se sia fame o sete,sai?».
«Carlisle, guardala»,borbottai trionfante. «È ovvio che è quello che vuole il suo corpo. Dovrebbe berne dell'altro».
«È ancora umana, Rosalie. Ha bisogno anche di cibo. Diamole un po' di tempo per vedere che effetto le fa e intanto possiamo provare a farle mangiare qualcosa. C'è niente che desideri, Bella?».
«Uova», rispose fissando Edward, forse nella ricerca di una qualche approvazione da parte sua, che liquidò il tutto con un sorriso nervoso e stentato, preferendo continuare a insistere con Jacob perché utilizzasse la nostra casa come cuccia.
“Stupido vampiro testardo!”
Finché due ululati squarciarono il silenzio della foresta circostante facendolo finalmente sparire dalla mia vista.
Edward
Lasciando solo l’eco della sua rabbia si lanciò fuori dalla porta per ricongiungersi con il suo branco. Sperai solo che non fossero stati attaccati di sorpresa.
«Ho sentito l’ululato di Seth. Cosa è successo?» Chiese Carlisle rientrando nel salone insieme ad Esme.
«non ne ho idea, Jacob si sta ricongiungendo al suo branco, sto aspettando di avvertire il racconto di Seth nella sua mente.»
Pochi istanti dopo tutto iniziò ad essere più chiaro.
«Sembra che una delegazione del branco di Sam si stia avvicinando … non sembra un attacco. Vogliono parlare uno si sta trasformando …»
“Speriamo non sia una trappola” pensò Carlisle interpretando perfettamente il mio timore
«Li ha raggiunti … solo uno è in forma umana, sono sulla difensiva … Jacob non è ancora sicuro delle loro intenzioni, non si è ancora trasformato …»
“Emmett e Jasper sono già allertati.”
«Gli stanno offrendo di tornare con loro … Sam si sente in inferiorità e per ora preferisce non attaccare … non può più contare sull’effetto sorpresa … aspettano solo che la situazione … volga al peggio …»sussurrai con il magone in gola «Sono convinti che in quel caso, se Jacob tornasse con loro, sarebbe il primo a scagliarsi contro di noi.» cosa che non avrei escluso a priori.
«Si è trasformato anche lui. Stanno nuovamente tentando di convincerlo. Sperano di far tornare con loro almeno Seth e Leah … Stanno facendo leva sui problemi di adattamento di Leah alle privazioni della vita da lupo …»
“Povera ragazza, dobbiamo fare qualcosa per lei …” Rifletté Esme turbata.
«stanno cercando di far leva sul senso di colpa nei confronti delle loro famiglie … Jacob ha risposto per le rime … gli emissari di Sam stanno esagerando, Leah si è scaldata … Jacob li sta congedando, è stato fin troppo diplomatico. Se ne stanno andando … Resteranno in attesa degli eventi … ma pur sempre all’erta … Sam comunque non si fida, ha paura che altri del suo branco seguano per amicizia Jacob e li tiene a distanza … Jacob sta tornando qua.»
«Edward, ho bisogno di parlarti, solo un istante … è importante …» chiese Esme appena finii la telecronaca dell’incontro “Preferirei che Bella non sentisse, puoi seguirmi in cucina?” senza dare nell’occhio annuii e la seguii nell’altra stanza.
«Quei poveri ragazzi, mi fanno pena.» iniziò senza troppi preamboli «sono là fuori soli, al freddo, lontani dalle loro famiglie … senza contare i disagi di Leah. Sono davvero in pena per loro. Vorrei che parlassi con Jacob, ho preparato alcuni vestiti che dovrebbero andargli giusti, nel caso avessero bisogno di cambiarsi … con quello che stanno facendo per noi, offrirgli la nostra casa per le loro necessità, è il minimo che possiamo fare … se avessero bisogno di nutrirsi meglio … ecco … ci terrei ad aiutarli … come se fossero di famiglia …»
«hai ragione … avrei già dovuto offrire la nostra disponibilità a Jacob … sono stato imperdonabile …»
«Abbiamo avuto molti pensieri, non è colpa tua.»
«appena torna, parlerò con lui»
«Grazie tesoro.»
Bella
Riapparvero dalla cucina, cercando di non fare caso alle loro espressioni preoccupate e guardando Edward piena di apprensione, domandai cercando di sembrare indifferente
«Cosa è successo? Ci sono problemi?»
«No, niente di cui preoccuparti, cerca di stare rilassata, Carlisle mi diceva che i tuoi valori stanno rientrando lentamente alla normalità e pensava, che forse, si potrebbe smantellare un po’ di questi macchinari e riportarli nel suo studio … »
«Davvero!?! Adesso?? Subito???»
«Si Bella, adesso. Un ambiente più familiare ti aiuterebbe a stare meglio » rispose Carlisle sorridendomi compiaciuto e Jasper ed Emmett cominciarono a smontare.
Un sorriso, sebbene ancora forzato, gli distese per un istante il viso, riempiendomi il cuore di gioia, avrei dato qualsiasi cosa perché non sparisse in un batter d’occhio.
In pochi minuti tutto tornò alla normalità, Alice portò Jasper ed Emmett al piano di sopra, il profumo del sangue fresco stava iniziando ad essere davvero troppo per loro, specialmente perché erano più di due settimane che non cacciavano e tutto diventava per loro un’atroce sofferenza.
Carlisle ed Esme si appartarono in terrazza ed io rimasi nel salone, nuovamente sul divano con Rose ed Edward che non mi perdevano di vista un secondo.
«Come ti Senti?» sussurrò Rose carezzandomi i capelli. «Stai tremando, forse abbiamo smantellato tutto troppo frettolosamente e …»
«Ho solo un po’ di freddo, la debolezza lo fa …»
Non feci in tempo a finire di parlare che Edward aveva acceso il fuoco nel camino, preso un paio di piumoni e iniziato ad arrotolarmeli addosso.
Nell’immediato fu un sollievo, ma una loro sola misera carezza era capace di farmi rabbrividire fin dentro le ossa. Cercai quindi di non muovermi per non disperdere il calore accumulato; Edward sicuramente aveva già capito e, in silenzio, si mise a sedere infondo al divano con i miei piedi infagottati in grembo.
Rose si sedette per terra vicino a me.
Lo fissavo in cerca di una sua qualsiasi nuova espressione che mi facesse capire che era ancora lì con me, ma niente comparve sul suo viso, era lontano anni luce dal suo corpo e avrei dato qualsiasi corsa per conoscere i suoi pensieri, poi d’un tratto alzò gli occhi e sorrise, e ne rimasi abbagliata. Quando, poi, Jacob apparve sulla porta, con indosso i vestiti di Emmett capii il perché … mi pareva scortese ridergli in faccia e cercai di trattenermi, sicuramente quella era stata un’idea di Esme, ed aveva fatto bene, ma non era decisamente il suo stile … e a giudicare dall’espressione divertita di Edward anche lui doveva pensarla nella mia esatta maniera.
«Volevano solo parlare»,mormorò a fatica, non l’avevo mai sentito così esausto. «Niente attacchi in vista».
«Sì», rispose Edward. «Ho sentito quasi tutto».
«Come?».
«Ormai ti sento con più chiarezza: è una questione di familiarità e concentrazione. E poi, quando hai sembianze umane mi è più facile carpire i tuoi pensieri. Perciò ho afferrato quasi tutto quello che è successo là fuori».
«Ah». Normalmente, conoscendolo, avrebbe perso le staffe per quell’intrusione nella sua privacy ma la stanchezza stava avendo la meglio su di lui. «Bene. Odio ripetermi».
«Ti direi di andare a dormire un po'», provai a suggerirgli, «ma ho l'impressione che fra non più di sei secondi sverrai qui per terra, quindi non ne vale nemmeno la pena».
Mi squadrò un istante attentamente, come avesse bisogno di registrare ogni mio più piccolo cambiamento poi, contando i secondi, si voltò verso la porta ed uscì. «Un Mississippi... due Mississippi...».
«Attento a non cadere nel fiume, cagnaccio», borbottò Rosalie.
«Sai come si fa ad annegare una bionda, Rosalie?», le chiese senza fermarsi né voltarsi a guardarla. «Basta incollare uno specchio sul fondo di una piscina».
«Già sentita», urlò lei di rimando.
Non appena Jacob si chiuse la porta alle spalle sentii Edward ridacchiare di gusto, non credevo avrei più sentito quel dolce suono nella mia vita, e completamente presa da quella splendida sensazione mi estraniai da tutto per ammirarlo finché, Edward incurante della stanchezza altrui lo prese in disparte per parlare di alcune cose …
Un comportamento certamente inusuale per lui, a meno che non ci fossero altri problemi …
Rose
Mi alzai di scatto dalla mia posizione e le sistemai coperte e cuscini, Edward aveva seguito fuori il cane schifoso per fare da ambasciatore alle richieste di Esme, ci mancava solo di fare beneficenza ai cani adesso … dovevo riconoscere però che se non fosse stato per Jacob non avremmo trovato la soluzione di come nutrire Bella e il bambino, senza contare che quel suo modo di fare, tipico del giullare, di corte metteva di buon umore Bella, Edward si tranquillizzava e ciò si ripercuoteva sullo stato d’animo di Bella come una reazione a catena. La strana complicità che era nata tra mio fratello e quel sacco di pulci era a dir poco inquietante, ma sembrava che portasse ottimi frutti e questo era l’unico motivo per cui tolleravo la sua presenza nella mia casa.
«Sono contenta stiano diventando più o meno amici.» sussurrò Bella mentre cercavo di sistemarla meglio sul divano. La mia opinione era un po’ diversa al riguardo … forse più che amici erano alleati, un fronte unico contro il bambino … ma se l’idea della loro presunta amicizia migliorava il suo stato d’animo, non potevo che assecondarla, stava già troppo male per infierire su di lei con ulteriori preoccupazioni.
«Già …» risposi cercando di troncare il discorso meglio che potevo.
«Sono convinta che tutto questo porterà qualcosa di buono …» mormorò tra sé accarezzandosi il pancione «vero piccolino mio …» Gli occhi cominciarono a pungere, per fortuna non potevo piangere.
Non so con quale criterio Bella pensasse che Edward si sarebbe occupato di loro figlio se lei non fosse sopravvissuta al parto … nello stato in cui era, anche se si stava riprendendo, probabilmente sarebbe riuscita a partorire ma dubitavo potesse sopravvivere …
«Aahh ...» gemette improvvisamente. Non si era mossa, eppure …
«Cosa succede Bella?»
«Una fitta tremenda qui …»rispose indicando un punto sotto il seno. «mi leva il respiro …»probabilmente si era incrinata una costola, giusto la frazione di secondo necessaria per avvicinarmi a lei per impedirle ulteriori movimenti, che Carlisle ed Edward erano nuovamente con noi.
Carlisle si avvicinò cauto cercando di verificare l’entità del danno; Edward: una statua di cera. Continuava a fissarla stringendo rabbiosamente i pugni.
«Dammi un secondo, Carlisle»,rantolò Bella nel tentativo di riprendersi dal dolore.
«Ho sentito il rumore di qualcosa che s'incrinava. Devo dare un'occhiata». Rispose Carlisle ansioso, sebbene una costola rotta fosse una cosa da nulla c’era sempre il rischio che se la rottura non fosse netta, qualche frammento potesse arrivare fino ai polmoni perforandoli.
“Ci manca solo una complicazione ai polmoni.”Pensai preoccupata e lo sguardo feroce di Edward mi trapassò da parte a parte.
“Dovevi immaginartelo, caro il mio sottuttio!! Se Bella si rimette in forze, il bambino fa lo stesso!! È inutile che fingi di essere stupito!”
«Quasi sicuramente...»,ansimò, «una costola. Ahi. Sì. Qui». Indicò un punto sul suo lato sinistro, badando bene a non toccare.
«Devo farti una lastra. Potrebbero esserci dei frammenti. Non vogliamo che ti perfori qualcosa».
Bella fece un respiro profondo.«Okay».
Con cautela la sollevai più delicatamente possibile «L'ho già presa». Ringhiai ad Edward che solo ora si avvicinava per prenderla in braccio e, senza perdere altro tempo, la portai nello studio di Carlisle.
Alice in cima alle scale ci fissò con terrore, continuando a massaggiarsi le tempie.
“Possibile che tutti se ne restino a guardare senza muovere un dito!! Propongono soltanto di togliere di mezzo il problema … non c’è che dire, gran bella soluzione …!” e ignorandola proseguii verso la mia destinazione.
Carlisle ed Edward, entrarono subito dopo, la deposi sul lettino e Carlisle preparò la macchina per i raggi e l’avvicinò al lettino. Il ronzio tipico di quel macchinario riempì il silenzio che regnava nella stanza.
«No, fortunatamente la frattura della costola è netta, non ci sono frammenti, Rose aiutami a farle una fasciatura stretta in modo che senta meno dolore a muoversi e …»
«… e dille cosa hai pensato pochi istanti fa. Diglielo Carlisle!» esplose con rabbia Edward.
«Smettila Edward! Così la fai solamente agitare di più!» ringhiai con rabbia.
«Edward, non mi sembra il momento …» osò replicare nostro padre.
«E INVECE NO! DILLE COME STANNO LE COSE!!»
“Stupido testone!”
«Carlisle, ti prego, ho bisogno di sapere …»
«Bere il sangue, ti sta rimettendo in forze, è ovvio che se tu stai meglio anche il feto riprende forza, riprende a crescere e si muove … questa volta è andata bene ma la prossima … non potrebbe essere così, il tuo fisico è fin troppo debilitato …»
«Resisterò più che posso!»
«Non dipende solo da te Bella. Inizia a prendere in considerazione l’idea di un cesareo, ciò non toglie che non garantisco tu ce la faccia ad arrivare a quel momento … basta un’altra costola rotta e un suo frammento nei polmoni, senza considerare che il tuo cuore è molto affaticato.»
Senza dire una parola annuì.
Aiutai Carlisle a fasciarla stretta e feci per riprenderla in braccio ma «Vi prego potete lasciarci soli un attimo?» chiese con un filo di voce a me e Carlisle.
Edward guardava il vuoto oltre la vetrata e il mio primo istinto sarebbe stato di lanciarlo fuori dalla stessa, ma repressi questo insano desiderio in nome del buon senso “Edward, cerca di calmarti e stalle vicino … ha bisogno di te …”provai a suggerirgli nel pensiero ma a giudicare dal modo in cui serrava i pugni le mie parole erano state vane e senza insistere oltre lasciai la stanza.
Edward
Rimanemmo soli, e il silenzio si fece talmente opprimente che avrei scaraventato tutto contro il muro pur di non sentirne la pesantezza.
«Edward …» sussurrò con un filo di voce.
«Ti sta uccidendo Bella, non c’è via di scampo. Non ci sono soluzioni, in un modo o nell’altro; ed io non posso vivere senza di te.» la interruppi bruscamente.
«Avrai per sempre una parte di me. Lui ha bisogno di te.»
«Pensi che veramente potrei amarlo o solamente tollerarlo dopo che ti ha uccisa?»
«Ma non è colpa sua: devi accettare le cose come sono.»
«Perché tu non mi hai dato scelta! Bella, noi dovevamo essere una coppia ma hai deciso di fare tutto da sola, e hai deciso di lasciarmi.»
«Non devi vederla in questo modo.»
«Beh, non ho altro modo di vederla, perché sarò io a perderti e questo non lo scelgo, io non lo scelgo.»e senza nemmeno lasciarle il tempo di replicare uscii dalla stanza livido di rabbia e di rancore.
N.B.: Nell'ultimo Pov Edward ho preso in prestito alcune battute del film, che secondo me erano azzeccatizzime e corenti nel libro originale. Spero non vi dispiaccia.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** CAPITOLO 12 ***
Il mio ritardo è imperdonabile.
Mi scuso infinitamente con coloro (se ancora c’è qualcuno) che sono in attesa di leggere questa ff.
Buona lettura.
Cap. 12
Rose
Era dura arrendersi all’evidenza ma era lampante che Edward fosse impazzito. Più di una volta in quasi un secolo di convivenza i nostri punti di vista erano stati divergenti.
Ma mai come adesso.
Ammiravo la sua intelligenza ma l’avevo considerato sempre fin troppo all’antica; preciso, puntiglioso fino allo sfinimento ed il più delle volte, anche saccente; come se il suo potere gli permettesse di conoscere perfettamente l’animo umano; indubbiamente era un grosso aiuto, ma ciò non gli aveva certo permesso di imparare a ragionare da solo su chi gli si presentava di fronte. Il risultato era questo: stava distruggendo con le sue stesse mani quanto di più bello potesse essergli mai capitato in tutta la sua esistenza.
Giustificando il suo comportamento in virtù dell’“immenso amore” che provava per lei, stava facendo soffrire, più di chiunque altro, la persona che era riuscita a renderlo, dopo più di cento anni, umano. Togliendogli la maschera di perfezione dietro cui si era trincerato con il passare del tempo. . L’unica cosa che era riuscito a dimostrare era che il suo cervello si era fermato al 1918, ragionando esattamente come ci si aspetterebbe facesse un vero diciassettenne.
“Stupido ragazzino egoista!”Per il modo in cui l’aveva trattata, ne dimostrava anche meno.
«Bella, posso entrare?» sussurrai avvicinandomi alla porta dello studio di Carlisle.
Un mugolio strozzato mi diede il consenso.
Ancora sdraiata sul lettino delle radiografie, piangeva silenziosamente.
Mi avvicinai piano e senza dirle niente la abbracciai tenendola stretta sul mio petto finché le lacrime non persero vigore.
«Che dici scendiamo?» sussurrai carezzandole i capelli.
«Ho bisogno di compagnia per sopportare quella motosega di Jacob che dorme sulla nostra soglia di casa.»
Alzando appena lo sguardo annuì e, con tutta la delicatezza di cui ero capace, la riportai nel salone. La adagiai al centro del divano provvedendo a coprirla con le trapunte, era gelata, sicuramente non sarebbero bastate, ma il riscaldamento era già al massimo ed il camino acceso, probabilmente le era salita la febbre.
Le preparai un altro bicchiere di sangue e mi sedetti per terra vicino a lei.
«Posso?» chiese pochi istanti dopo Alice che per tutto il tempo era rimasta immobile a fianco del cane addormentato, non so come facesse a stargli così vicino con il fracasso che faceva russando, meno male aveva mal di testa!
«Come va l’emicrania?» le chiesi appena si sedette al mio fianco. Dalla nostra ultima discussione non avevamo più avuto nulla da dirci, cercavamo di convivere più o meno pacificamente.
«Meglio, grazie. Con la presenza di Jacob sto decisamente meglio.»
«Impressionante! Il cane ultimamente fa miracoli. Con tutto il rumore che riesce a produrre russando ero convinta ti sarebbe peggiorato.»
«È strano, ma c’è qualcosa che accomuna Jacob con il feto. Vicino a lui non vedo niente, esattamente come quando mi concentro sul … sul bambino. » disse sorridendo a Bella con dolcezza, la guardai stupita, era la prima volta che si rivolgeva al piccolo chiamandolo bambino, «… e questo aiuta molto il mio mal di testa, ciò che lo scatena invece è l’incertezza del futuro Bella, è troppo presa da lui …» e un tonfo sordo ci fece voltare tutte e tre all’unisono.
Edward che fino a quel momento si era aggirato come un fantasma per tutto il salone si era accanito con un pugno contro il muro.
L’unico eco a quel rumore fu il sospiro sfinito di Bella.
Seth
Mi avvicinai cauto alla villa dei Cullen e mi trasformai. Jacob non aveva più dato notizie da quando era andato da loro per fare il resoconto del nostro incontro con gli ambasciatori di Sam, e Leah, era preoccupata. Se non si fidava dei Cullen, doveva rimanere a La Push! E non m’interessava se mi aveva sentito!
Il mio timore era invece che il nostro incontro fosse stato solo un diversivo per attaccarli a tradimento.
Ormai a poche decine di metri, riuscivo già a scorgere distintamente le luci della casa ed il portico senza contare il russare di Jacob che riecheggiava nella notte.
Se non altro stava bene.
Senza rifletterci troppo ripresi sembianze umane. “I vestiti!” imprecai dentro di me trovandomi nudo. “ed ora…” sarei dovuto tornare indietro a riprendere i pantaloni, possibile che non ricordassi mai di portarmeli dietro!
In quel minuto d’indecisione vidi apparire una figura esile sul porticato della casa, deporre qualcosa sugli scalini d’ingresso.
«Seth, sono per te.» disse una voce dolcissima prima di rientrare in casa. Doveva essere Esme.
Mi avvicinai imbarazzato sperando che nessuno mi vedesse, raccolsi il cesto e tirai un sospiro di sollievo trovandoci dentro la soluzione dei miei problemi: vestiti nuovi e puliti!
“Sono salvo!”
Mi vestii in fretta e furia ed entrai.
«Permesso …» dissi scavalcando Jacob che ostruiva completamente l’ingresso.
«Seth, caro. Edward mi ha avvisato del tuo arrivo» mi accolse Esme abbracciandomi come se fossi uno di famiglia. «Che piacere vederti qua, non sai come sono contenta, tu sia passato.»
«Ecco … io … noi … eravamo preoccupati per Jacob … grazie per i vestiti.»
«Figurati, è un piacere potervi aiutare è il minimo che possiamo fare per sdebitarci con voi, hai fame?»
«No, cioè, non è necess …»provai a rispondere ma il mio stomaco parlò per me.
«Ti preparo subito qualcosa.»m’interruppe Esme entusiasta di essere d’aiuto.
In quel momento feci finalmente caso alla scena che mi si mostrava dinanzi: Bella addormentata sul divano infagottata sotto una montagna di coperte, eppure in quella casa ci si stava sciogliendo dal caldo. Le sorelle di Edward sedute per terra vicino a lei e lui completamente assente dalla scena.
Era innaturale non vederlo al suo fianco, cosa stava succedendo?
«Ci penso io Esme.» intervenne all’improvviso Edward, passandomi davanti e facendomi segno di seguirlo in cucina. Non mi ero nemmeno accorto della sua presenza sul fondo del salone. Sembrava uno spettro.
Seduto al tavolo, lo guardavo spadellare cercando di capire l’assurdità di quella situazione. Edward stava male soffriva, e ciò che avevo appreso dai pensieri di Jacob non era nulla a confronto con la realtà.
«Non ce la faccio Seth, la vedo morire un secondo dopo l’altro.»
«Avevo capito stesse meglio ora che beveva il sangue …»
«Sì, è migliorata, ma ha ripreso vigore anche il mostro dentro di lei. Cresce troppo velocemente. Non c’è via di scampo, o la fa morire di fame o la uccide dall’interno.»
«Ma …»
«Oggi le ha spezzato una costola. Per fortuna non ci sono state altre conseguenze. Non so se saremo così fortunati la prossima volta …»
«Perché non sei con lei … »
«Io non ce la faccio Seth … io non sono d’accordo con questa sua follia … io non sopporto l’idea di perderla …»
«e la lasci da sola … » risposi risentito come se si fosse trattato di me «… sbaglio o avete promesso in salute e malattia … la stai lasciando sola. Hai promesso finché morte non vi separi.»
Edward si voltò di scatto fissandomi con un’espressione indecifrabile in volto; solo in quel momento mi resi conto di quanto fossero risultate dure le mie parole perfino alle mie orecchie, ma l’impressione di non avere più davanti ai miei occhi la persona che tanto ammiravo mi aveva spiazzato e deluso allo stesso tempo.
Ok, non erano fatti miei e, imbarazzato per il mio stesso comportamento cercai di cambiare discorso.
«Avete valutato l’idea di trasferirvi? Magari dai vostri amici in Alaska … vivere senza la continua tensione di un attacco da parte di Sam, forse, renderebbe tutto più rilassato.»
«Poteva essere una soluzione, ma non possiamo.» rispose tornando a occuparsi della mia colazione «Ci vuole del tempo per installare altrove la strumentazione medica di cui Carlisle dispone qui. Qui abbiamo quello che serve per prendersi cura di Bella e Carlisle ha le credenziali per procurarsi altro materiale, se servisse; specialmente adesso, che stiamo dando fondo a tutte le scorte di sangue 0 negativo. Tramite la posizione che riveste all’ospedale di Forks, riesce a comprarne una discreta quantità e non possiamo rischiare di rimanerne senza.»tirò un profondo sospiro e continuò come se stesse parlando tra sé«e comunque adesso è troppo debole per affrontare un simile viaggio, anche se lievemente migliorata, quel mostro la sta uccidendo dentro … non c’è soluzione …»
In quell’istante la porta si aprì e la bionda entrò andando dritta al frigo dove estrasse una sacca di sangue e iniziò a versarlo in un bicchiere di polistirolo.
«Qualora t’interessi, ha la febbre alta e i brividi di freddo non le danno pace, non so più come scaldarla.» disse acida a Edward senza degnarlo nemmeno di uno sguardo.
«Ci penso io.» Esclamai senza pensarci un attimo di più.
La bionda mi squadrò un istante, tanto che temetti volesse sbranarmi.
«Potrebbe funzionare … proviamo.»disse uscendo con il pasto di Bella tra le mani e senza perder tempo la seguii nel salone sedendomi vicino a Bella in modo da riuscire a passarle un braccio dietro le spalle … non era mai stata enorme, ma adesso era veramente minuscola.
Spariva completamente dentro il mio abbraccio.
Tempo un paio di minuti i suoi denti cessarono di battere e riuscì a prendere in mano il bicchiere per bere. In quell’istante Edward tornò da noi con in mano un vassoio pieno di ogni possibile prelibatezza, e il mio stomaco ringraziò entusiasta.
Edward
Poggiai il vassoio con la colazione di Seth sulle sue ginocchia e guardai Bella, stava riprendendo colore e il tremito era smesso.
“In salute e malattia …”aveva detto Seth, riportando fedelmente le mie parole … l’avevo promesso … davanti a Dio e a lei …
«Va meglio?» le chiesi avvicinandomi al suo viso.
“Così ti voglio Edward!”m’incoraggiò Seth, era assurdo pensare che quel ragazzetto riuscisse con la sua schiettezza a farmi riflettere. «Abbiamo trovato una stufetta tutta per te.» dissi prendendole la mano.
«Già …» rispose sorridendomi debolmente «stavo congelando … ma adesso va meglio.»
E il suo solo, flebile, sorriso fu come un raggio di sole dopo secoli di buio.
E lievemente confortato da quel misero miglioramento, mi sedetti ai suoi piedi e la guardai addormentarsi esausta.
Dovevo calmarmi, non era nella mia indole ma non dovevo più esplodere com’era successo poche ore prima, almeno questo, glielo dovevo.
“Sto preparando uno spuntino per quella povera ragazza,pensi che Seth possa allontanarsi da Bella giusto il tempo dir portarglielo?”mi chiese Esme ancora in cucina.
«Seth, Esme ha preparato qualcosa da mangiare per Leah, credi di farcela ad andare da lei e tornare qua prima che le si abbassi nuovamente la temperatura?»
«Hei, fratello! Ma lo sai con chi stai parlando, vero? Sarò anche piccolo, ma sono velocissimo!»
«Già …» costatai tra me sorridendo dell’orgoglio di quel ragazzino «Allora vai!, è tutto pronto in cucina.»
«Sarò di ritorno prima che tu lo possa solo pensare!» ed euforico per la missione sparì.
Mi avvicinai a Bella sfiorandole la fronte, la febbre era ancora molto alta, Seth le aveva placato i brividi ma, adesso, scottava. Mi sedetti al suo fianco e l’abbracciai nel tentativo di riportare la sua temperatura corporea a livelli normali, cercando di non pensare che probabilmente era una delle ultime volte che la potevo stringere a me.
“Era l’ora ti rendessi utile pure tu!” pensò Rose fulminandomi con lo sguardo.
La ignorai.
Seth fu velocissimo, in poco meno di un’ora fu già di ritorno, appena in tempo per prendere il mio posto ora che i brividi stavano nuovamente facendosi avanti. Non potendole somministrare nulla per farle passare la febbre ci limitammo a mantenere costante la sua temperatura alternandoci al suo fianco tutta la notte, finché il chiarore dell’alba non rischiarò il cielo.
L’ennesima giornata stava facendosi avanti e contemporaneamente la costante incertezza di come potesse evolversi era come se aprisse una voragine sotto i miei piedi che, impotente, dovevo solo rimanere in attesa dell’evolversi degli eventi.
«Finalmente», mormorò d’un tratto Rosalie, stizzita. «Cominciavo ad averne abbastanza della motosega».
«Ehi, Jake è tornato fra noi!»,squittì Seth.
“Ma che cavolo...?” Pensò Jacob guardandosi attorno. Ovviamente, gli sarebbe piaciuto essere al suo posto.
Non detti peso ai suoi pensieri.
«Era venuto a cercarti.» gli spiegai mentre si alzava. «Ed Esme l’ha convinto a fermarsi per la colazione».
«Sì, Jake. Volevo solo vedere se era tutto a posto, dato che non ti eri ritrasformato. Leah si stava preoccupando. Le ho detto che probabilmente eri crollato dal sonno mentre eri ancora umano, ma sai com'è fatta. Comunque, avevano tutto questo cibo e, cavolo», disse guardandomi, «amico, tu sì che sai cucinare».
«Grazie», mormorai.
“Ok non mi riguarda … ma quel braccio intorno alle sue spalle, m’infastidisce … anzi … no, m’irrita.”
«Bella aveva freddo», dissi piano, con tono asciutto e disinteressato.
“D'accordo. Non sono affari miei. Lei non è mia.”
«Esatto.» mormorai impercettibilmente, già sapendo che mi aveva sentito.
Seth, completamente a disagio per quel giro di sguardi indagatori, decise che spostare subito il suo braccio dalle spalle di Bella era la soluzione migliore per non alterare ulteriormente il suo Alfa.
«Leah è di ronda?», chiese Jacob ancora assonnato.
«Sì», rispose il cucciolo masticando. «È tutto sotto controllo. Tranquillo. Se succede qualcosa, ci avverte ululando. Ci siamo dati il cambio verso mezzanotte. Ho corso per dodici ore». Rispose orgoglioso come solo un’adolescente può essere.
«Mezzanotte? Aspetta un attimo ... che ora è?».
«L'alba, più o meno». Guardò fuori dalla finestra, per verificare.
“Maledizione. Ma quanto ho dormito!”. «Merda. Scusami, Seth. Sul serio. Avresti dovuto svegliarmi a calci».
«Nah, avevi bisogno di dormire. Da quand'è che non ti prendevi una pausa? Dall'ultima notte in cui sei stato di ronda per Sam? Tipo quaranta ore? Cinquanta? Non sei una macchina, Jake. E poi non ti sei perso proprio niente».
“Non direi …”pensò avvicinandosi a Bella, appena svegliata, facendole un rapido check-up con lo sguardo.
«Come va la costola?» le domandò.
«Fasciata per bene. Neanche la sento».
“Figuriamoci se non sminuiva il problema” ringhiai tra me e dall’espressione di Jacob capii che la pensavamo allo stesso modo. Quel suo modo di fare era irritante e non aiutava.
«Cosa c'è per colazione?» chiese sarcastico. «0 negativo oppure AB positivo?».
«Omelette», rispose facendogli la linguaccia, ma i suoi occhi puntarono dritti sull’ennesimo bicchiere pieno di sangue, già pronto, incastrato tra noi due.
«Va a fare colazione, Jake»,esclamò Seth. «In cucina c'è di tutto. Devi essere affamato».
«Cos'ha avuto Leah per colazione?»domandò preoccupato.
Era strano vederlo in quell’atteggiamento quasi paterno.
«Le ho portato da mangiare prima di soddisfare la mia pancia», si difese. «Ha detto che avrebbe preferito divorare una carcassa putrida, ma scommetto che ha ceduto. Questo tortino alla cannella...».
“Ok, come immaginavo, non posso lasciarla da sola”«Allora vado a caccia con lei». E fingendo indifferenza si voltò verso l’uscita.
Carlisle
«Puoi aspettare un attimo, Jacob?»gli chiesi avvicinandolo, rimanendo, però, sempre ad una distanza tale che non lo facesse sentire oppresso.
Lo stress che anche lui stava subendo in quei giorni non era certo una cosa da poco; dovevo affrontare un argomento piuttosto spinoso, avevo bisogno che rimanesse lucido e, quanto più possibile, obiettivo.
Era in gioco la vita di tutta la mia famiglia.
«Sì?»
«A proposito di caccia», cominciai cercando, con la tonalità della voce, di fargli comprendere l’importanza di quanto stavo per dirgli. «Per la mia famiglia comincia a diventare un problema. Mi rendo conto che al momento la tregua non è in vigore, perciò volevo il tuo parere. Sam ci darà la caccia fuori dal perimetro che hai creato? Non vogliamo correre il rischio di fare del male a un tuo familiare né di perdere qualcuno dei nostri. Se fossi nei miei panni, come procederesti?».
«È un rischio», rispose dopo un attimo di titubanza; forse gli occhi puntati addosso del resto della famiglia lo mettevano in soggezione ma, d’altronde, la sete stava diventando un problema di primaria importanza per tutti noi, specie con tutto il sangue fresco che circolava ultimamente per casa, necessario per il nutrimento di Bella. «Sam ha calmato gli animi, ma sono certo che nella sua testa il patto non vale più. Finché sarà convinto che la tribù, o qualsiasi altro essere umano, sia in pericolo, non si farà tanti scrupoli, non so se mi spiego. Però, tutto sommato, la sua priorità resta La Push. E in realtà non sono abbastanza numerosi per vigilare come si deve sulla gente e contemporaneamente organizzare battute di caccia troppo pericolose. Credo che non si allontanerà molto».
“Certo, è ovvio, non vuole disperdere forze ed energie … quindi merita uscire in gruppi, e mantenere una certa distanza da La Push …”riflettei tra me.
«Perciò, se posso dire la mia, uscite tutti assieme, non si sa mai. E magari di giorno, perché noi aspetteremmo il calare della notte. Classiche cose da vampiri. Siete veloci: vi basta superare le montagne e cacciare lontano. È improbabile che mandi qualcuno fin laggiù». Continuò Jacob confermando le mie supposizioni. Soltanto che non avremmo mai potuto fare un’unica sortita, Bella sarebbe rimesta senza protezione.
«E Bella resterà da sola? Indifesa?».
«E noi che ci facciamo qui?»Grugnì con disappunto.
La sua caparbietà mi fece sorridere. «Jacob, non puoi combattere contro i tuoi fratelli»
Senza contare che Bella aveva bisogno di un monitoraggio medico costante e qualcuno in grado di avvisarmi immediatamente qualora (fosse)ci fosse stato qualche ulteriore imprevisto durante il decorso della gestazione.
Si rabbuiò. «Non dico che non sarà dura, ma se venissero per ucciderla sarei in grado di fermarli».
«No, non intendevo dire che non saresti in grado. Ma sarebbe sbagliato. Non posso avere una cosa simile sulla coscienza».
«Non ce l'avresti tu, dottore. Ce l'avrei io. E potrei sopportarlo».
«No, Jacob. Agiremo in modo che non sia necessario. Andremo tre alla volta», “Sì, dovrebbe bastare…”«Probabilmente è la cosa migliore».
«Non lo so, dottore. Separarsi non è esattamente una strategia vincente».
«Useremo le nostre doti per bilanciare l'inferiorità numerica. Se Edward sarà uno dei tre, potrà garantirci la sicurezza nel raggio di qualche chilometro».
Ci voltammo entrambi verso Edward, che fingendo di ignorare i nostri discorsi non aveva distolto un attimo lo sguardo da sua moglie “Pensi di potercela fare figliolo?”pensai continuando ad aspettare una sua risposta.
Si voltò dopo un istante e l’angoscia che lessi nei suoi occhi valse più di mille parole.
Era stata una follia anche solo pensare che si sarebbe allontanato dal suo capezzale … io avrei fatto lo stesso.
«Sono certo che ci siano anche altri modi, naturalmente», aggiunsi senza insistere un secondo di più «Alice, immagino che tu possa vedere quali percorsi dovremmo evitare».
«Facile», annuì Alice, «quelli che scompaiono».
E subito percepii mio figlio rilassare la sua postura.
Seth
«Bene, allora», esclamò Jacob. «È tutto sistemato. Io mi rimetto in marcia. Seth, ti aspetto al crepuscolo, quindi schiaccia un pisolino, okay?».
«Certo, Jake. Mi ritrasformo appena finisco. A meno che... Hai bisogno di me?». Chiesi titubante a Bella ancora appoggiata al mio braccio.
«Ha le coperte», borbottò spazientito Jacob.
«Sto bene, Seth, grazie», rispose lei.
Sicuramente si era accorta della situazione imbarazzante in cui mi stavo trovando e, confortato dal suo permesso, mi spostai.
Esme
«Jacob», dissi piano. L’imbarazzo nella mia voce era palese, temevo di offenderlo ed era l’ultima cosa che volevo fare. «So che per te è poco appetitosa l'idea di mangiare qui, per via dell'odore. Ma mi sentirei meglio se portassi con te un po' di cibo. So che non puoi tornare a casa e la colpa è nostra. Per favore... allevia il mio rimorso, almeno in parte. Prendi qualcosa da mangiare». Gli dissi porgendogli il pacchetto che avevo preparato con uno spuntino anche per Leah. “Ti prego, non posso sapervi soffrire gli stenti della vita nel bosco per noi …”
«Certo, certo», farfugliò imbarazzato. «Mi sa... Forse Leah ha ancora fame».
“povera ragazza … non è una vita adatta per una donna … le mancherà la madre …”e quando Jacob allungò le mani per prendere quanto gli stavo offrendo, mi si riempì il cuore di gioia. Poter essere utile a questi ragazzi mi faceva sentire meglio, più completa.
«Grazie, Jacob», dissi sorridendogli.
«Ehm, grazie a te», rispose imbarazzato e un lieve rossore gli colorò appena il viso già di suo abbronzato. Finsi indifferenza, la sua facciata da duro avrebbe subito un duro colpo se avessi reso pubblica quella sua debolezza e non volevo certo metterlo in difficoltà, ma ero felice di aver potuto costatare quanto ancora quel ragazzone fosse infondo un bambino bisognoso di attenzioni che solo una madre può dare e che forse troppo precocemente gli erano mancate.
Sapevo che Edward gli aveva già accennato che potevano considerare casa nostra come se fosse loro, ma ci tenevo che facesse presente quest’ opportunità a Leah in particolare, per una donna era tutto più complicato. «Jacob?», lo fermai quindi, prima che uscisse definitivamente da casa; aveva appena salutato Bella promettendole che sarebbe tornato presto, ma la mia richiesta non poteva aspettare. «Ho lasciato una cesta di vestiti in veranda. Sono per Leah. Sono appena lavati, ho cercato di toccarli il meno possibile». “ho usato tutte le possibili precauzioni”«Ti dispiace portarglieli?».
«Pure», bofonchiò prima di scappare a gambe levate e divertita da quel suo bizzarro comportamento da macho, restai a guardarlo sparire nella foresta. |
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** CAPITOLO 13 ***
Questa
volta sono stata un po’ più brava vero???
Non
abituatevi troppo … il prossimo arriverà dopo la
mia bimba!!! Ormai siamo agli
sgoccioli e non posso promettere niente …
Baci
a tutti e Buona lettura
Cap.
13
Seth
Appena
Jacob varcò la soglia di casa
Cullen ripresi posizione vicino a Bella, mi aveva fulminato con gli
occhi
appena si era reso conto che la stavo abbracciando e, in tutta
sincerità, avevo
anche temuto mi volesse sbranare; adesso che era uscito, ed ero
nuovamente
fuori pericolo, potevo tornare a svolgere il mio compito di
“Stufa umana” senza
alcun imbarazzo.
Adesso
al suo fianco c’era Edward,
la febbre stava risalendo e il freddo che emanava il corpo del vampiro,
contribuiva ad abbassarla, quando avrebbe ricominciato a tremare sarei
nuovamente intervenuto io in suo soccorso per mantenerla costante.
Nonostante
Bella fosse accoccolata
nel suo abbraccio, lui era lontano anni luce da quel posto; il tormento
che lo
stava dilaniando non riusciva a dargli pace e il suo viso era come un
libro
aperto anche per il più inesperto osservatore.
Mi
dispiaceva vederlo ridotto così …
avessi potuto fare qualsiasi cosa per dargli conforto,
l’avrei fatta.
Alzò
leggermente lo sguardo e mi
sorrise.
“Merda!”pensai
quando realizzai che aveva sentito tutti i miei
ragionamenti, mi ero completamente scordato che leggeva nel pensiero.
Adesso
ero ancora più in imbarazzo
di prima.
Senza
aggiungere una parola, tornò
nel suo universo parallelo e il silenzio calò pian piano
nella stanza,
inghiottendo anche il minimo rumore di sottofondo e lentamente vidi
Bella
iniziare a sonnecchiare. Con Edward ci alternammo più volte
al suo fianco per
mantenerle costante la temperatura, purtroppo, nessun farmaco faceva
effetto e
non c’era altro modo per ovviare
al problema,
anche Carlisle era in difficoltà: non riusciva a capire se
dipendesse dalla
gravidanza o fosse una semplice influenza, ciò gli impediva
di poterla curare
al meglio. Il sonno si mantenne tranquillo per alcune ore fino a quando
un
sussulto, seguito immediatamente da un grido di dolore, pose fine alla
quiete
che si era creata.
Non
feci in tempo a capire cosa
fosse successo che Edward l’aveva già presa in
braccio e portata nello studio
di Carlisle.
La
bionda lì seguì come un’ombra.
Anche
se non avessi avuto l’udito
super sviluppato dei lupi, sarei stato perfettamente in grato di capire
quanto
fosse accaduto: il bambino aveva spezzato un’altra costola a
Bella, Edward non
l’aveva presa bene ricominciando a scontrarsi con le
decisioni di sua moglie,
Rose era intervenuta asserendo che anche i bambini umani quando ancora
sono nel
grembo materno possono rompere le costole alla madre; Edward aveva
reagito
malissimo a quest’ennesima intromissione ed era scoppiata una
lite furiosa tra
i due fratelli. Carlisle era riuscito a sedare gli animi alzando, credo
per la
prima volta in tutta la sua lunghissima vita, la voce.
“Peccato.”
Pensai.
Mi
sarebbe piaciuto un bel match tra
Edward e la sorella.
Tornarono
dabbasso pochi minuti
dopo, l’aria che si respirava era pesante e, senza dire una
parola su quanto
avevo appena udito, mi accomodai sul divano in attesa di sapere se ci
fosse
stato ancora bisogno di me.
Rosalie
depose Bella al mio fianco e
con voce dolce ma distaccata
mi chiese
di scaldarla un po’. Senza fiatare obbedii permettendole di
accoccolarsi come
meglio credeva al mio fianco.
Edward
immobile in fondo al salone
fissava il vuoto.
Dormì
un’oretta appoggiata sulla mia
spalla poi, forse a causa del dolore della costola, si
svegliò; bevve un altro
bicchierone di sangue e chiese a Rose di portarle un telefono
perché voleva
chiamare Charlie.
«Vorrei
rassicurarlo che mi sento
meglio.» mi disse accennando un timido sorriso.
Edward
si scosse improvvisamente dal
suo torpore e sparì in cucina.
Edward
Cercavo
di mantenere la calma, ci
stavo provando con tutto me stesso, sapevo che non le faceva bene
vedermi
sempre arrabbiato e tentavo di dominarmi come meglio potevo, ovviamente
se Rose
provocava, non potevo certo tacere, ma ogni volta che telefonava a
Charlie
raccontandogli i suoi“progressi” e facendogli
credere che era sulla via della
guarigione mi sembrava un’infamia.
In
fondo era suo padre, non dico
dovesse conoscere per filo e per segno la realtà dei fatti
che, per ovvi
motivi, non poteva trapelare; ma nemmeno fargli credere che stesse
guarendo
quando invece ogni momento poteva essere l’ultimo.
Il
suo fisico grazie al sangue si
stava rafforzando, ma anche il feto faceva lo stesso …
Due
costole si erano incrinate,
quali altri danni le avrebbe causato …
Bisognava
cercare di abituarlo
all’idea, che ci fosse un serio rischio di mancata
guarigione; anche se, un
genitore, non si sarebbe mai dato pace della prematura scomparsa del
figlio …
Il
problema era come sempre Bella.
La sua ostinazione era una montagna insormontabile e il suo sminuire i
problemi,pure.
Doveva rassicurare il mondo e,
non appena cercavo di aprirle gli occhi sulla realtà,
tutto si trasformava
in tragedia. Specialmente
adesso che Rosalie la difendeva a spada tratta. L’unico
risultato che avevo
ottenuto era stato di agitarla ancora di più, compromettendo
ulteriormente la
sua salute. Mi ero risolto quindi ad accettare passivamente ogni sua
richiesta,
pur di averla con me un istante di più …
«Tutto
bene? È successo
qualcos’altro?» chiese Seth titubante, entrando in
cucina.
«No,
niente di nuovo, non
preoccuparti.» risposi automaticamente, senza riflettere
troppo.
«Il resto
sono problemi ai quali troverò
una soluzione dopo.» aggiunsi rassegnato.
«Volevo
solo avvisarti che la
temperatura sta salendo, forse è il caso che tu prenda il
mio posto …»
Alternarci
al suo fianco per
mantenere la temperatura costante era solo un palliativo …
possibile non si
capisse cosa le scatenasse la febbre!!
«Grazie,
vado subito.» risposi
tirando un profondo sospiro «Tu
cerca di dormire un
po’, ok?» e uscii dalla cucina.
Varcai
la soglia della cucina con un
nuovo bicchiere di sangue tra le mani, arrivandole alle spalle non si
accorse
del mio arrivo; era ancora al telefono con Charlie.
«Mi
sembra che stai meglio …»Chiese
Charlie.
«Infatti,
ora sto meglio …»
«Ti
ha scombinato tutta la luna di
miele …»
«È
sì … è così
…»
«A
parte questo … il matrimonio … va
bene? Edward è ancora l’uomo perfetto?»
«Sì
… ma … è un po’ diverso,
adesso
… no?»
«L’importante
è che stai meglio e
che potrò riabbracciarti presto.»
«Papà
… non voglio spaventarti ma …
è probabile che parta per un centro medico … in
Svizzera …»
«Cosa??
No, no, no, lì non ci vai!!
Hai detto che stavi meglio?!?!»
«Sto
meglio …»
«Adesso
basta! Carlisle mi deve
delle spiegazioni, vengo da voi e …»
«No!
Papà non venire … per favore …
non … non è proprio un centro medico è
… è più simile ad un centro benessere
…
per rimettermi in forma … Non è necessario ti
arrabbi papà … per ora, cerca di
ricordarmi com’ero, mi farà stare meglio
…»
«Bella
…»
«Adesso
ti saluto ok?»
«Bella
…»
«Ti
voglio bene …»
E
senza permettergli di rispondere
chiuse la comunicazione.
“Non
è la stessa cosa”
aveva detto …
Aveva
ragione … ero diverso … tutto
il mio mondo, le mie certezze, erano crollate in un istante.
Nel
momento esatto in cui avevo
compreso che Bella era incinta, mi sono visto solo; lei, che era tutta
la mia
vita, era stata spazzata via in batter di ciglia, dalla mia negligenza
e
stupidità … avevo sempre temuto di poterle fare
del male, credevo infine di
aver scongiurato il pericolo ed invece il mostro era lì
… in agguato … pronto
ad affondare i suoi artigli nella preda. E nello stesso modo in cui non
ero stato
in grado di scongiurare il pericolo, non avevo saputo aiutarla e starle
accanto. Preso dal panico, avevo cercato di imporre in tutti i modi, la
mia
volontà, ignorando i suoi sentimenti, lasciandola sola ad
affrontare tutto,
costringendola a cercare aiuto, conforto
e comprensione altrove
…
Anche
se non condividevo in alcun
modo la sua scelta, non mi ero certo comportato da marito
… a Charlie
era bastato il suo tono di voce per capire cosa non andasse.
Non
ero mai stato perfetto, non
avevo mai preteso di esserlo, non lo sarei mai stato, e in questo
momento meno
che mai; dovevo però scusarmi … almeno questo
glielo dovevo. L’avevo lasciata
sola ad affrontare tutto questo chiudendomi a riccio nel mio dolore,
vomitandole addosso la rabbia che covavo dentro senza cercare di
parlarle, di
ragionarne insieme con razionalità, certo lei aveva fatto lo
stesso decidendo
per entrambi, ma era stata solo una reazione alla mia chiusura, una
picca.
Mi
avvicinai piano al divano, ero
ormai alle sue spalle quando la sentii sospirare e mormorare piano una
nenia
lenta, dolcissima, carezzandosi il ventre … riconobbi la
ninna nanna che avevo
scritto per lei … Mi sentii svuotato come se
quell’essere stesse rubando una
parte di noi, della nostra storia …
«Che
succede brontolone?» sussurrò
al pancione con una voce talmente dolce che sarebbe stata in grado di
sciogliere intere montagne «Stai stretto vero? Manca poco
… stai tranquillo
andrà tutto bene … la tua mamma e il tuo
papà ti aspettano …»
I
miei buoni propositi sparirono
all’istante, lo amava, Bella amava quel mostro più
di se stessa … più di noi …
era troppo tardi per sperare
in un cambiamento … non aveva senso nemmeno chiederle scusa.
Le
porsi il bicchiere e mi sedetti
in silenzio al suo fianco cingendola con un braccio per abbassarle la
temperatura.
Non
poteva realmente credere che
avrei amato quell’abominio, cosa le aveva fatto pensare che
l’avrei accettato
dopo che me l’aveva strappata via?!
Bella
mi guardò interrogativa, la
mia espressione non era certo rilassata e dopo un profondo sospiro si
appoggiò
alla mia spalla senza dire una parola.
E
così rimase per il resto della
giornata.
Uno
scalpiccio di piedi in corsa,
arrivò alle mie spalle «Perché non mi
avete svegliato!!» disse concitato Seth
«è notte fonda!! Jake mi aspettava per il
crepuscolo.»
«Avevi
bisogno di riposarti Seth … »
risposi alzando appena lo sguardo «la temperatura, per ora,
è stabile, se vuoi
raggiungere Jacob, puoi andare …»
«Se
avesse voglia di passare a
trovarmi … Mi farebbe piacere. »
sussurrò Bella, come se avesse solo espresso
un pensiero ad alta voce.
«Ottima
idea!»esclamò Alice
affacciandosi dalla scalinata «Non ne posso più di
stare chiusa nell’attico
come un pipistrello sul campanile, ho bisogno di lui per il mio mal di
testa!»
I
suoi ammiratori aumentavano a
vista d’occhio … Anche se ultimamente ero
più tollerante nei confronti della
sua costante presenza, attribuirgli anche proprietà curative
mi sembrava
davvero eccessivo. Ci mancava solo che anche Alice insistesse per il
suo
trasferimento in pianta stabile da noi e non avremmo avuto
più pace.
Seth
sorrise compiaciuto e sparì in
un lampo, lasciandoci ancora una volta soli nel silenzio opprimente
della casa:
io, Bella e Rosalie …
«Non
verrà …»mormorò mestamente
Bella.
«Ti
sbagli. »cercai di rassicurarla,
moderando il mio astio per quella situazione.
«Sono
d’accordo con Edward … per
quanto protesti non può stare troppo lontano da te
… verrà sicuramente!» ribadì
Rose; questa almeno se la poteva risparmiare.
«Lo
sto facendo soffrire troppo …»
insistette lei.
«Indubbiamente
è masochista … ma non
è certo il solo …» aggiunse guardandomi
con strafottenza «Fidati, tra poco sarà
qui.»
Sorridendo
con poca convinzione si
rannicchiò sul divano e, cullata dalle carezze di mia
sorella, iniziò a sonnecchiare.
«Rose
…»sussurrò con un fil di voce
dopo poco più di un’ora «ho bisogno del
bagno … potresti accompagnarmi?»
«Certo
cara …»non feci in tempo a
propormi che era già tra le braccia di mia sorella
« che ne dici di fare un bel
bagno dopo, sicuramente ti rilasserebbe e riposeresti meglio.»
Vidi
Bella annuire con un sorriso e
appoggiare la testa al suo petto.
Avrei
dovuto essere io il suo
appoggio, e non lo sarei più stato … Inutile
dirlo avevo rimuginato sulle
parole che aveva scambiato con suo padre per tutto il giorno; mi
avevano
segnato più di quanto avessi pensato, il mio primo dovere
era stare al suo
fianco e non
lo avevo
adempiuto; come preso da una profonda stanchezza mi accasciai sul
divano e
nascosi il viso tra le mani.
Dovevo
solo vergognarmi.
Esme
Rientrai
nel salone e vidi Edward
seduto da solo sul divano con il volto nascosto nelle mani, in
lontananza
avvertivo scrosciare l’acqua. Bella doveva essere in bagno
con Rosalie.
Mi
avvicinai piano, sicuramente
aveva avvertito la mia presenza ma non si mosse di un millimetro. Mi
sedetti al
suo fianco e gli cinsi le spalle con un braccio.
Non
sopportavo di vederlo in quello
stato.
Mi
ero schierata con Bella,
condividevo la sua scelta in pieno, io avrei fatto lo stesso. Solo che
vedere
mio figlio soffrire così, mi straziava il cuore.
«Tesoro
…»sussurrai.
Non
rispose.
«Potessi
addossarmi tutta la tua
sofferenza, lo farei.»
Ancora
silenzio.
«La
vita ci mette davanti a scelte e
situazioni che ci obbligano a crescere. Dobbiamo affrontare tutto a
testa alta,
stando il più vicino possibile a coloro, che in quel
momento, hanno più bisogno
di noi, anche se non condividiamo le loro decisioni … lo
dobbiamo fare perché
le amiamo …»
«Non
ce la faccio …» sussurrò appena,
non spostandosi
dalla sua posizione
«se penso che è solo una mia
responsabilità, ma che lei ha deciso da sola senza
volerne ragionare nemmeno un po’ …»
«Tu
hai fatto lo stesso.»
«Io
non voglio perderla.» aggiunse
con la voce incrinata da ciò che per noi era simile al
pianto «non ce la faccio
… non senza di lei …»
«Andrà
tutto per il meglio … Ci sono
momenti in cui tutto sembra impossibile, come questo, ma sono sicura
che tutto
si risolverà … devi crederci anche te
…»
Il
silenzio che seguì era quasi
surreale, come se ognuno di noi stesse cercando di trovare le parole
per non
offendere l’altro.
Alzò
un istante lo sguardo e tornò
alla sua posizione originaria.
Il
rapporto che mi legava ad Edward
era più intenso e forte di quello che avevo instaurato con
gli altri miei
“figli”, c’eravamo sempre capiti senza
dover spendere troppe parole; alcune
volte era bastato uno sguardo.
In
quel momento ebbi l’impressione
che tra noi si fosse eretto un muro insormontabile e mi sentii
completamente
impotente ed inadeguata al mio ruolo.
Potevo
solo confortarlo e non ne ero
stata capace.
Rimasi
immobile con il braccio
intorno alle sue spalle, senza aggiungere una parola … con
la sola speranza che
capisse che per lui ci sarei sempre stata.
Edward
Non
ne ero in grado … Non volevo
offendere Esme e preferii tacere.
Avere
fede che tutto si risolvesse,
in quel momento, era impossibile. Fosse stato chiunque altro, gli avrei
sputato
addosso tutta la mia rabbia, ma su di lei, su mia madre, no.
Non
potevo.
Percepivo
perfettamente tutta la
sofferenza che questa situazione le procurava e un’esplosione
di rabbia
incontrollata da parte mia non se la meritava.
Non
lei.
Alzai
lo sguardo un istante
incrociando i suoi occhi resi scuri dalla sete che ormai opprimeva ogni
membro
della famiglia, ma sempre dolcissimi.
Il
silenzio era la scelta più giusta
in quel momento e tornai a crogiolarmi nella mia disperazione.
Ero
stato uno stupido egoista,
l’avevo cacciata in questo guaio e me ne ero lavato le mani,
lasciandole, dei
suoi ultimi giorni, il ricordo peggiore.
Nei
giorni precedenti, prima di
chiedere aiuto a Rose, aveva sempre cercato il mio sguardo, sperando
forse di
cogliere un qualsiasi cambiamento del mio atteggiamento.
Oggi
non mi aveva cercato.
Avevo
distrutto ogni sua speranza,
l’avevo delusa e abbandonata a se stessa.
E
lei si era rassegnata.
Ero
un mostro.
Ero
e sarei sempre stato un mostro.
Incapace di donarle felicità, di proteggerla e starle
accanto come avrei dovuto
fare.
Ed
ora che la stavo perdendo cosa
sarebbe stato di me … meritavo la solitudine e la sofferenza
per l’eternità,
anche se non sarei stato in grado di vivere un solo istante in un mondo
dove
lei non fosse più esistita …
Avrei
tanto voluto poter piangere,
fin quasi a soffocare.
Ma
non mi era concesso.
Grandi
falcate sul terreno e
disordine mentale annunciarono arrivo di Jacob “E
ora a noi due stupida oca
bionda”pensò entrando spavaldo in casa;
riportandomi nella dimensione
reale.
Seth
era stato velocissimo a
rientrare.
Averlo
sempre intorno, sebbene gli
fossi profondamente grato per quanto stava facendo, non mi entusiasmava
particolarmente. Le sue schermaglie con Rosalie riuscivano a strapparmi
ogni
tanto un sorriso … non so se dipendesse
dal fatto che avrei
voluto essere al suo posto, o, più
semplicemente perché, nonostante lo riprendesse ogni volta,
vedevo sorridere
anche Bella.
In
linea generale il mio grado di
tolleranza nei suoi confronti dipendeva dal mio umore al momento, ed in
questo
momento non ero ben disposto ad averlo tra i piedi.
Bella
aveva però chiesto
espressamente la sua presenza, quindi non mi restava che accettare
passivamente.
Prima
che mi tempestasse di tutte le
inutili domande che gli frullavano per la testa, non vedendo Bella sul
divano,
preferii parlare per primo.
«Sta
bene»,sussurrai «O meglio,
sempre uguale».
«Ciao,
Jacob», disse Esme. «Sono
contenta che tu sia tornato».
«Anch'io»,aggiunse
Alice
precipitandosi dalle scale pronta a farsi una dose abbondante della sua
nuova
medicina.
«Ah,
ciao.»rispose senza troppo
impegno.«Dov'è Bella?»
L’educazione per lui, in certi casi, era un optional.
«In
bagno»,rispose mia sorella. «Sai
com'è, dieta a base di liquidi. E poi è uno degli
effetti collaterali della
gravidanza, ho sentito dire».
«Ah».
Adesso
eravamo proprio al completo.
Il
mio unico desiderio era alzarmi
ed andarmene immediatamente da quella stanza. Possibilmente
scaraventando per
terra tutto ciò che ostacolava la mia strada, ma dal
silenzio che arrivava dal
bagno, intuii che Rose e Bella dovevano aver finito. I passi leggeri di
Rosalie
confermarono le mie supposizioni, e restai in attesa, come se mi stesse
portando la mia dose di ossigeno.
«Meraviglioso»,borbottò
Rosalie
avvicinandosi cautamente al divano con Bella fra le braccia.
«Mi pareva di aver
sentito un cattivo odore».
L’espressione
estatica di Bella
appena lo vide fu l’ennesima pugnalata al cuore.
“Non
è giusto.”
Pensò di riflesso Jacob.
Solo
per quel pensiero avrei voluto
abbracciarlo.
«Jacob»,
ansimò lei. «Sei venuto».
Riuscivo
ancora a stupirmi di come
non si rendesse conto che entrambi pendevamo dalle sue labbra.
«Ciao,
Bells».Rispose, mentre io ed
Esme ci alzammo dal divano per permettere a Rosalie di aiutarla a
stendersi.
Per quanto Rose cercasse di essere delicata nella sua manovra, Bella fu
attraversata da una smorfia di dolore che come al solito
cercò di reprimere
minimizzandola.
Le
passai una mano sulla fronte e
poi sul collo, “Quanto sei bella
…”pensai rassettandole una ciocca di
capelli dietro l’orecchio. La temperatura corporea scendeva
ma la fronte era
calda; sicuramente le era tornata la febbre.
«Hai
freddo?»,mormorai.
«Sto
bene».
«Bella,
hai sentito cos'ha detto
Carlisle», disse Rosalie. «Non devi minimizzare.
Non ci aiuta a prenderci cura di voi».
«Okay.
Ho un po' freddo. Edward, mi
passeresti quella coperta?». Mormorò rassegnata.
«Sbaglio
o è il motivo per cui sono
qui?». Sbuffò Jacob; in effetti, rendersi utile
come stufa era l’unico modo in
cui riuscivo a tollerare la sua presenza.
«Sei
appena arrivato», disse Bella,
«dopo aver corso per tutto il giorno, immagino.
Perciò riposati un attimo.
Probabilmente mi scalderò nel giro di niente».
“Sì,
certo … come no ….”
Ottimo, anche lui non apprezzava
questo suo terribile vizio e ignorando completamente la sua richiesta
si
sistemò a terra vicino al divano studiando il modo migliore
per poterla
avvicinare e riscaldare senza farle del male. Era fragile come un
cristallo, sebbene
un po’ di colore fosse tornato sul suo viso, era ancora
scheletrica, dava
l’impressione di potersi sgretolare soltanto sfiorandola. Con
un po’ di manovre
molto delicate riuscì a cingerla con le braccia senza
causarle troppo dolore.
«Grazie,
Jake»,sussurrò
sorridendogli.
Ancora
una volta quella fitta in
mezzo al petto.
«Già»,
rispose lui “finché posso,
mi accontento … non mi resta altro …”
Esattamente
come a me …
Seduto
ai piedi del divano vicino ai
suoi, mi trovai a fissarla, incantato ed allo stesso tempo disperato,
mai come
in quel momento ero stato così in sintonia con Jacob: non mi
restava
nient’altro che starle vicino e guardarla … fin
quando il destino me l’avrebbe
concesso.
«Rosalie,
perché non vai in cucina a
prendere qualcosa per Jacob?», squittì Alice da
dietro la spalliera del divano.
Rosalie
ringhiò … ovviamente.
Voleva
fomentare guerriglia? Si
stava annoiando?? Quell’esserino stava davvero esagerando.
“Sta
scherzando vero??”«Grazie,
Alice, ma non credo di voler mangiare qualcosa
in cui ha sputato la bionda. Scommetto che il mio organismo non
reagirebbe
tanto bene al veleno», rispose Jacob.
«Rosalie
non metterebbe mai Esme in
imbarazzo, dando prova di una tale mancanza di
ospitalità».
«Certo
che no»,fu la risposta acida
di nostra sorella, che si alzò e si fiondò fuori
dalla stanza.
“Calma
Edward, so quel che faccio …
dobbiamo risollevare un po’ gli animi!” pensò
Alice girandosi verso di me.
Aveva
scelto proprio la persona
giusta, in questo momento non sarei stato in grado di mettere allegria
neanche
a un moscerino; tutto ciò che potevo fare, era capire cosa
avesse in mente Rose
per limitare i danni“Qualunque sia il fine di tutto
ciò non ho voglia di
assistere all’ennesimo battibecco di questi due”pensai
sospirando.
«Se
lo avvelena me lo dici, vero?»,
chiese lui a bruciapelo.
Tanto
già sapevo quale sarebbe stata
la mossa successiva della “Bionda Psicopatica”e
fortunatamente non era
pericolosa...
«Sì»,
risposi con noncuranza e
tornai ai miei pensieri.
Rosalie
rientrò con in mano una
ciotola per cani, che riconobbi come un’ex zuppiera
d’argento di Esme,
sicuramente non avrebbe apprezzato, da lì scaturì
l’ennesimo giro di battute di
Jacob e risposte acide di Rose … Mi trovai a sorridere
… Bella pure … la
tensione si allentò … mai scommettere contro
Alice … per fortuna.
Bella
e Jacob cominciarono a
parlottare punzecchiandosi a vicenda … rivangando situazioni
che sia io che lui
avremmo preferito seppellire nell’anglo più oscuro
della nostra mente,
le ascoltai con
noncuranza cercando di concentrarmi
sul suo viso fin quando l’argomento non mi toccò
dal vivo. «Allora... uhm...
qual è la ehm, data? Cioè, la data prevista per
il mostriciattolo». Non potevo fidarmi
ciecamente di quel
ragazzino, allontanavo quel
pensiero per alcune frazioni di secondo e lui subito infilava
nuovamente il
coltello nella piaga.
«Dico
sul serio»continuò, dopo il
misero tentativo di Bella di fingersi indispettita … era
stato fin troppo
educato … io avrei usato altri appellativi.
«Voglio
sapere per quanto dovrò
restare qui». “Per quanto tu resterai
qui”,aggiunse mentalmente.
Un
brivido mi percorse e una rabbia
tremenda s’impossessò nuovamente di me.
«Non
lo so»,farfugliò dopo aver rimuginato
un attimo. «Non con precisione. Ovviamente, non segue il
corso dei nove mesi e,
senza ecografie, Carlisle deve calcolare a occhio, in base a quanto mi
allargo.
Le donne normali di solito raggiungono i quaranta centimetri
… quando il
bambino ha completato la crescita. Un centimetro a settimana.
Stamattina ero a
trenta, e prendo più o meno un paio di centimetri al giorno,
a volte anche di
più...».
Il
conto era semplice persino per
lui … era poco, pochissimo … un granello di
polvere nell’universo …
Quattro
miseri e inutili giorni …
non abbastanza per trovare un motivo qualsiasi per farle cambiare idea
… non
abbastanza per farmi abituare all’idea di non averla
più con me … non sarebbe
bastata comunque un’eternità … era
troppo, non riuscivo neppure a guardarla,
cercando di trattenere la mia disperazione distolsi lo sguardo.
Jacob
tacque, quel numero pesava
come un macigno anche su di lui. Il legame che li univa sembrava
rafforzarsi
ogni istante di più,quasi
fosse collegato con il suo ventre;impossibile
“sto impazzendo … è una
reazione più che
umana sviluppare un sempre maggiore attaccamento verso una persona
cara, quando
sappiamo che sarà inevitabile perderla
…”pensai cercando di dare un senso a
quell’assurda sensazione; era come se si completassero a
vicenda m’imposi di
non gridare.
«Andrà
tutto bene», cantilenò Bella
dopo un interminabile silenzio. Il tono con cui le uscirono di bocca
quelle
parole fu peggio che un pugno alla bocca dello stomaco.
La
vidi rannicchiarsi al suo braccio
per scaldarsi meglio … m’estraniai …
Parlarono
ancora un po’, ciò che in
parte mi consolava era che anche Jacob non capisse il perché
dell’attaccamento
che nutrivano l’uno verso l’altra, soffriva per
questo, ma non riusciva a
venirne fuori e lei, come al solito si colpevolizzava …
«... Abbiamo commesso
un errore. No, sono stata io. L'ho commesso io l'errore, e abbiamo
perso la
direzione...».sembrava che tutti i mali del mondo
dipendessero dal suo modo di
fare avevo rinunciato a capirla, non ne avevo più la forza e
in questo momento
nemmeno lei. Un attimo dopo crollò in un sonno profondo.
«È
sfinita»,mormorai. «È stata una
giornata lunga. E faticosa. Pensavo che si sarebbe addormentata prima,
ma ti
aspettava».
«Seth
ha detto che ha un'altra
costola rotta». Mi ricordò senza alzare lo sguardo.
«Sì.
Fatica a respirare».
«Grandioso».
«Appena
diventa di nuovo calda,
dimmelo».
«Sì».“il
suo braccio è congelato”pensò
mentre cercava di scaldarla meglio nel suo abbraccio, un attimo dopo
gli porsi
una coperta.
Gliela
sistemò in modo che ne fosse
completamente avvolta e con lo sguardo fisso su di lei tornò
ai suoi
ragionamenti.
Avevo
creduto che la notte peggiore
della mia vita fosse stata quando sulla montagna, nella tenda,
aspettavamo
l’attacco dell’esercito dei neonati sotto la
tormenta; non era nulla
confrontato a quanto mi si stava
prospettando.
In
quel momento eravamo rivali,
adesso alleati. Stessi pensieri, stesse preoccupazioni, stesso modo di
vedere
le cose; era ancora peggio.
Stava
pensando a Charlie;
Indubbiamente gli voleva bene e non approvava la
“soluzione” che aveva trovato
Bella.
«Sì»,
ammisi.«Non è una buona idea».
«Allora
perché?».“Non è
sulla via
della guarigione … sta morendo …
perché farlo soffrire così …”«Non
sopporta
che sia così ansioso».
«Quindi
è meglio...».
«No.
Non è meglio.» “… Ma
non ho
scelta …”«Non la
costringerò a fare niente che non voglia fare, ora come
ora. Comportandosi così, si sente meglio. Di tutto il resto
mi occuperò dopo».
“No,
non permetterebbe mai che
qualcun altro si occupi della sofferenza di suo padre
…”
«È
sicura di poter sopravvivere»,
risposi senza alcuna emozione al suo pensiero inespresso.
«Non
da umana»,protestò.
“Infatti
…” «No,
non da umana. Comunque spera di rivedere Charlie».
“Grandioso!!!”«Vedere.
Charlie». Esclamò palesemente sconvolto, come
dargli torto … «Dopo. Vedrà Charlie
quando sarà bianchissima e avrà gli occhi
rossi? Non sono un succhiasangue, quindi forse mi sfugge qualcosa, ma
mi pare
che scegliere Charlie come primo pasto sia piuttosto strano».
«Sa
che non gli si potrà avvicinare per almeno un anno.
Pensa di riuscire a temporeggiare. Dirà a Charlie che deve
andare in un
ospedale speciale all'altro capo del mondo. Si terranno in contatto
telefonico... ». “A dire il vero
l’ha già fatto e la reazione di suo padre
non è stata delle migliori”risposi
sospirando.
«È
assurdo».
«Già».
«Charlie
non è stupido. Anche se non
lo uccide,lui
si accorgerà della differenza».
«In
un certo senso Bella ci conta».
Mi guardò inebetito, le sue elucubrazioni mentali non
sarebbero arrivate a
niente ed alla fine continuai rassegnato. «Ovviamente lei non
invecchierebbe,
perciò, qualunque giustificazione si beva Charlie, dovremo
darci un limite
temporale».“Sempre che ce ne sia
l’opportunità …”«Ricordi
quando hai
cercato di dirle della tua trasformazione? Come l'hai aiutata a
indovinare?»
“Sarà
bene che tu non l’abbia appreso
frugandomi nella mente!!” «Te
l'ha
raccontato lei?». Ringhiò stringendo i pugni.
Figuriamoci se avevo voglia di
analizzare i suoi pensieri e ricordi più dello stretto
necessario … «Sì. Mi ha
spiegato la sua... idea. Vedi, non può dire a Charlie la
verità, lo metterebbe
in pericolo. Ma lui è un uomo sveglio, pragmatico. Bella
è convinta che si
fabbricherà una spiegazione a suo uso e consumo. E presume
anche che sarà la
spiegazione sbagliata». Ridacchiai cullandomi nel ricordo di
quando pensava
fossi qualche specie di super eroe. Era passato poco più di
un anno … sembrava
trascorso un secolo … «Dopotutto, come vampiri
siamo tutt'altro che ortodossi.
Farà delle supposizioni sbagliate su di noi, proprio come ha
fatto Bella
all'inizio, e noi ci adegueremo. Crede che potrà anche
andare a trovarlo... di
tanto in tanto».
«Assurdo»,ripeté.
«Sì»,
ammisi per l’ennesima volta.
La strana sintonia che si era creata tra noi non era normale
… mi turbava ogni
istante di più.
Erano
troppe informazioni per il suo
cervello, ci fu un ennesimo silenzio poi, la sua mente esplose “No,
no, no,
la debolezza che sta dimostrando non va bene … deve capirlo
anche lei … è per
il bene di suo padre … non vuole agitarla ma ad un certo
punto deve rassegnarsi
non può fare sempre come vuole! … Salvo che non
ritenga improbabile che questa
pazzia possa essere messa in atto … Solo quattro giorni
… Dio mio …”
«La
prenderò come viene», sussurrai
impedendogli la vista del mio viso, non avrei retto la sua compassione.
«Per
ora non voglio caricarla di altra sofferenza».
«Quattro
giorni?», chiese.
«Più
o meno».
«E
poi?».
«In
che senso?».Il finale di questa
storia mi appariva abbastanza scontato …
“Il
momento del parto … come pensano
di tirare fuori quel mostro di lì …”
«Stando
alle poche ricerche che
siamo riusciti a fare, pare che le creature usino i denti per uscire
dall'utero», mormorai.
Silenzio.
Il
suo cervello era nuovamente
scollegato.
«Ricerche?»
farfugliò poi.
«È
per questo che non vedi in giro Jasper
ed Emmett. È ciò di cui si sta occupando anche
Carlisle. Tenta di decifrare
vecchie storie e antichi miti, per quanto sia possibile con il poco che
abbiamo
a disposizione, in cerca di qualsiasi informazione possa aiutarci a
prevedere
il comportamento della creatura».
“Allora
ci sono stati dei precedenti
… potevano sapere … poteva risparmiarla
…”
“Magari
avessi potuto …”«Allora
non è la prima volta che succede una cosa del
genere?»,chiesi anticipando la sua domanda. «Forse.
È tutto molto approssimativo.
I miti potrebbero essere semplicemente frutto della paura e
dell'immaginazione.
Anche se», esitai, «i vostri miti sono veri, no?
Forse lo sono anche questi.
Sembra siano circoscritti, collegati...».
«Come
avete scoperto?».
«Abbiamo
incontrato una donna in
Sudamerica. Era stata allevata secondo le tradizioni del suo popolo.
Aveva
sentito qualcosa riguardo a queste creature: avvertimenti, vecchie
storie
tramandate di generazione in generazione».
«Che
genere di avvertimenti?».
«Che
le creature devono essere
uccise immediatamente. Prima che possano diventare troppo
forti». Continuare a
parlarne stava diventando insostenibile«Ovviamente quelle
stesse leggende
dicono altrettanto di noi. Che dobbiamo essere distrutti. Che siamo
assassini
senz'anima».
“Due
su due..”Commentò
tra sé.
“Già
…”pensai
lasciandomi sfuggire solo una risata nervosa.
Rosalie
«E
cosa dicevano quelle storie sulle
madri?».
“Adesso
basta!” era
più di un’ora che ascoltavo i loro ragionamenti,
ce
ne fosse stato uno che avesse tenuto conto di Bella, dei suoi
sentimenti, del
bambino.
Quei
due erano molto più simili di
quanto credessero … forse era per questo motivo che lei non
riusciva a fare a
meno di averli entrambe con sé …
Comunque,
il problema adesso era un
altro: tentare in tutti i modi di salvare sia Bella che il bambino.
Che
le leggende fossero vere o meno,
dovevamo essere razionali.
Il
tormento di Edward, la rabbia del
cane mi stavano stancando e per mettere finalmente fine a
quell’inutile
discussione risposi io una volta per tutte. «Niente
superstiti, ovviamente»,
sentenziai a costo di sembrare insensibile, tanto ormai era
un’opinione
diffusa, ma almeno non davo adito a dubbi o interpretazioni.
«Partorire nel bel
mezzo di una palude malsana con uno stregone che ti unge il viso di
saliva di
bradipo per scacciare gli spiriti maligni non è mai stato il
metodo migliore.
La metà delle volte non andavano a buon fine neanche i parti
normali. Nessuno
di loro aveva ciò che ha questo bambino. Qualcuno che lo
assiste sapendo di
cosa ha bisogno e fa di tutto per soddisfare quel bisogno. Un medico
con una
conoscenza assoluta della natura dei vampiri. Un piano per far nascere
il
bambino nel modo più sicuro possibile. E il veleno che, se
qualcosa andasse
storto, sistemerebbe tutto. Il piccolo starà bene. Anche
quelle madri sarebbero
sopravvissute se avessero avuto tutto questo. E se fossero esistite,
prima di
tutto. Cosa di cui non sono convinta». Sbuffai infine.
Vidi
Edward nel riflesso della
vetrata, poteva serrare i pugni fino a farsi del male, tutto questo
compiangersi non era d’aiuto a nessuno, tantomeno a Bella ed
era l’ora che
qualcuno glielo sbattesse in faccia, senza troppi giri di parole, e
finalmente
soddisfatta mi rannicchiai meglio, dove ero seduta. Chi era nel torto
in tutta
questa storia era lui ed il suo assurdo comportamento; non
c’era nessun motivo
per continuare a coccolarlo o compatirlo.
In
quell’istante qualcosa mi colpì
la nuca e una poltiglia densa e puzzolente iniziò a colarmi
sui capelli.
«Stupida
bionda»esclamò il botolo
pulcioso.
Non
poteva essere arrivato a tanto!!
“Hai decretato la tua condanna a morte cane
rognoso!!”pensai
inchiodandolo con lo sguardo. «Mi. Hai. Gettato. Cibo. Nei.
Capelli». Ringhiai
pronta ad attaccarlo, quando sentii il respiro di Bella farsi
più veloce; la
risata di quell’idiota l’aveva svegliata.
«Che
c'è di tanto divertente?»,
farfugliò.
«Le
ho gettato del cibo nei
capelli», rispose continuando a sghignazzare.
«Non
me ne dimenticherò cane»,
sibilai furiosa.“Te lo posso assicurare!!”
«Non
ci vuole tanto a cancellare la
memoria di una bionda», ribatté. «Basta
soffiarle in un orecchio».
«Aggiorna
il repertorio», sbottai
cercando di calmarmi. Se avessi trucidato il“suo
amico”, Bella non l’avrebbe
presa bene, quindi dovevo rimandare la mia vendetta.
«Dai,
Jake. Lascia in pace Ro...».
Disse Bella troncando improvvisamente la frase per poter respirare.
Inarcò la
schiena dal dolore cercando di riprendere fiato «È
lui. Si sta solo...
distendendo», ansimò ma in realtà stava
cercando di non urlare dal dolore.
Edward
fu più veloce di me, lasciò
stare la coperta che stava raccogliendo e prendendole il volto tra le
mani
chiamò Carlisle.
«Sono
qui»,rispose nostro padre
affacciandosi al salone.
«Okay»,
fece Bella, il respiro
ancora agitato. «Credo sia finita».
Bella
«Povero
piccolo, non ha abbastanza
spazio, tutto qui. Sta diventando così
grande».Dissi con noncuranza, ma appena
vidi Jacob fremere di rabbia, mi sentii in colpa «Sai, Jacob,
mi ricorda te»,
dissi in tono affettuoso, nel tentativo di rimediare il precedente
errore.
Grosso,
grossissimo errore. Gettare
benzina sul fuoco sarebbe stato meno deleterio.
«Non
paragonarmi a quella cosa»,
sputò fra i denti.
«Mi
riferivo al tuo sviluppo
velocissimo», dissi, cercando di dare una spiegazione
plausibile alle mie
parole … ormai tutto quello che dicevo, serviva solo per
irritare chi mi stava
vicino. «Sei cresciuto a vista d'occhio. Ti vedevo diventare
più alto un minuto
dopo l'altro. Anche lui è così. Cresce in
fretta». E mortificata mi accasciai
sul divano.
«Mmm»,
mormorò Carlisle. Ancora non
mi aveva visitata ed era già preoccupato? Di bene in meglio,
potevo essere
soddisfatta di me, stavo battendo tutti i record.
«Cosa?»,
chiese Jacob.
«Sai
che ero curioso di conoscere la
composizione genetica del feto, Jacob. Il numero delle coppie di
cromosomi».
«Quindi?».
«Be',
tenendo in considerazione le
vostre analogie ...».
«Analogie?»,ringhiò
“Piccolo
E.J. non preoccuparti …
vedrai che quando ti conosceranno cambieranno idea nei tuoi confronti
… devi
solo stare tranquillo … ci sono tante persone che ti
aspettano e che ti
vogliono bene …”
Pensai
carezzandomi il pancione.
«La
crescita rapida e il fatto che
Alice non riesce a vedere nessuno dei due».Riprese Carlisle.
«Insomma,
mi chiedo se non significhi che abbiamo trovato
una risposta. Magari le analogie hanno radici genetiche».
«Ventiquattro
coppie», biascicò
Edward a mezza voce.
«Non
puoi saperlo».
«No,
ma fare congetture è
interessante», rispose Carlisle già completamente
preso dai suoi ragionamenti.
«Sì,
proprio affascinante».
OK,
qualunque cosa stessero dicendo
andava oltre la mia capacità di comprensione e continuando a
carezzare il
pancione, nella speranza di calmare il piccolino, mi addormentai tra le
braccia
di Jacob, sperando che il domani fosse un giorno migliore.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** CAPITOLO 14 ***
Finalmente
ce l’ho fatta!!!!!!!!!!!!!!
La pupa dorme (e spero per parecchio!!!) e sono riuscita ad accendere
il pc e
postare!
GRAZIE
INFINITE PER LA VOSTRA
PAZIENZA!!!!!!!!
Non mi
dilungo troppo … ogni minuto
è prezioso, quindi Buona lettura e BUONA PASQUA A TUTTI!!
Cap.
14
Bella
Mi svegliai
che stava albeggiando.
Al mio fianco c’era Edward. Dovevano essersi dati
il cambio durante la
nottata. Stropicciandomi gli
occhi cercai di stiracchiarmi come meglio potevo; la fasciatura
stretta,
necessaria per le costole rotte, m’impediva di fare movimenti
più ampi e, a
dirla tutta, provavo ancora un gran dolore.
Edward non
si mosse di un
millimetro.
Non
voltò nemmeno lo sguardo.
Il giorno
prima era stato tremendo,
la nuova costola incrinata e la febbre che non si stabilizzava, avevano
peggiorato il suo umore fino all’inverosimile, fino a ridurlo
a una maschera
d’impassibilità. Mi ero addormentata con
l’illusione che oggi fosse meglio, e
invece qualcos’altro, mentre dormivo, doveva avergli dato il
colpo di grazia;
forse l’ennesimo diverbio con Rosalie … certo era
che ogni momento che passava
il suo umore peggiorava sempre di più.
Sicuramente
sapeva che ero sveglia,
ma non aveva ritenuto necessario nemmeno salutarmi …
La sua
caparbietà era ormai, per me,
cosa nota; io non ero certo un carattere malleabile, ma adesso stava
veramente
oltrepassando ogni limite, il fatto che anche Charlie si fosse accorto
che
qualcosa non andava dal mio solo tono di voce la diceva davvero lunga
su come
mi sentissi.
Ero delusa,
amareggiata e impaurita.
Mai mi
sarei aspettata un simile
comportamento da parte sua. In un primo momento l’avevo
idealizzato, sicuramente
capita a tutti coloro che s’innamorano, specialmente per la
prima volta, mi
resi conto che non era “l’uomo perfetto”
molto prima del matrimonio
ciononostante, nella sua imperfezione, era perfetto per me; ero
convinta che
sarebbe stato sempre al mio fianco, che avrei avuto qualcuno con cui
affrontare
i problemi della vita, avrei avuto una famiglia … quella che
mi è sempre
mancata. Invece al primo ostacolo Edward ha eretto un muro
invalicabile, le
uniche volte che siamo riusciti a parlare sono scoppiate liti furiose;
costringendomi a chiedere aiuto ad un’altra persona,
all’ultima con cui avrei
mai immaginato di stringere un’alleanza.
Era inutile
che adesso, ogni volta
che Rose mi aiutava si sentisse tradito e offeso, forse non leggevo nel
pensiero ma il suo viso, le espressioni che lo attraversano, le
conoscevo
benissimo; ma poteva logorarsi quanto voleva, in questo momento la mia
prima
preoccupazione era il mio piccolo, suo figlio, e dovevo fare in modo
che tutto
andasse per il meglio.
Rose stava
già raccogliendo il suo
veleno; nel caso ci fosse stata qualche emergenza e i normali morsi non
fossero
bastati, sicuramente ne era al corrente anche lui, ma non ne aveva
fatta
parola. Il mio desiderio più grande era che fosse lui a
trasformarmi, me lo
aveva promesso; ma vedendo come progrediva, il suo illogico
comportamento non
sarei stata così sicura che avrebbe mantenuto la sua
promessa e poi, nel caso
in cui si trovasse davanti ad una scelta, chi avrebbe salvato tra sua
moglie e
suo figlio?
Non
riuscivo più a fidarmi di lui.
«Buongiorno.»
Mi salutò Rose
porgendomi la colazione, sia quella tradizionale che quella
“alternativa”.
«Grazie
Rose.» risposi cercando di
accomodarmi meglio sul divano.
Edward si
spostò appena.
Mi sforzavo
di dare ascolto ai
consigli di Carlisle mangiando un po’ di tutto, ma le mie
preferenze andavano
in tutt’altra direzione e dopo pochi bocconi preferii
concentrarmi sul
bicchiere di sangue.
Mi
sfiorò la fronte e lo sentii
sospirare.
«Cosa
c’è?» chiesi, stupendomi di
quanto fosse diventato piatto il mio tono di voce.
«Controllavo,
la febbre, è scesa.»
“Conciso e
telegrafico.” pensai. La
sua diagnosi non poteva essere più asettica.
Finii di
mangiare, rannicchiandomi
più comodamente sul divano, usai il plaid che Rosalie mi
aveva avvicinato per coprirmi
il più possibile. Non che sentissi freddo, la febbre
sembrava essersi
stabilizzata ed Edward si era allontanato per non farmi calare troppo
la
temperatura, io però avevo bisogno di sentirmi protetta,
coccolata, anche Rose,
seduta per terra vicino a me si teneva a distanza per non raffreddarmi
troppo,
e la coperta, in questo momento, era ciò che di
più simile ad un abbraccio
potessi trovare.
Rimanemmo
immobili e silenziosi per
non so nemmeno quanto tempo.
Edward mi
osservava squadrandomi attentamente,
sicuramente stava facendo un check-up del mio stato di salute.
Avrei
preferito parlasse.
Una
qualsiasi sfuriata delle sue
sarebbe stata preferibile
a questo
terribile silenzio.
Sapevo
benissimo che accettava
passivamente ogni mia richiesta pur di non farmi soffrire o agitare,
era tipico
da lui; ma avrei preferito mille volte che si opponesse: non gli
piaceva come
gestivo la situazione con mio padre? Bene, poteva dirlo. Era mio padre
e la
decisione finale spettava a me, ma una sua qualunque reazione sarebbe
stata più
apprezzata che questo muro di rassegnazione. Era inutile che
acconsentisse in
silenzio facendo buon viso a cattivo gioco, per poi sfogare la sua
rabbia non
degnandomi né di uno sguardo né di una parola.
Tanto valeva che esprimesse la
sua opinione subito. Non ero poi così sprovveduta, lo
conoscevo bene, ed il
fatto che avessi deciso di tacere era unicamente perché
volevo, e speravo, di
vedere in lui un qualsiasi tipo di reazione.
Ogni volta
che negli ultimi giorni
aveva accennato anche il più piccolo sorriso, era come se
tutte le mie
sofferenze ed il dolore che provavo fossero spariti
all’istante; non avrebbe
potuto esserci per me medicina migliore che il suo splendido, per
sentirmi
subito meglio.
Possibile
non se ne rendeva conto?
Il suo
ostinato silenzio mi
opprimeva come un macigno sul cuore.
Perché
non capiva che avevo bisogno
di lui, anche se non era d’accordo, poteva cercare di non
abbandonarmi così,
avevo un bisogno disperato della sua voce, dolce e melodiosa che mi
cullava nel
sonno, di una carezza, di un suo sorriso.
Invece ero
sola, come mai lo ero
stata prima; e avevo paura.
«Ohi!»
esclamai d’improvviso.
Gli sguardi
dei presenti si
puntarono subito su di me.
«Che
succede?!» esclamò Rose in
apprensione.
Edward
fremeva, in silenzio.
«Niente,
niente, si è mosso e … ha
tirato un calcetto».Più che un calcetto sembrava
mi avesse scambiato per un
pungi ball, ma era tutto relativo no?
«Devi
fare il bravo …»sussurrai al
pancione carezzandolo piano «… lo so che stai
stretto, ma manca pochissimo …
resisti e stai buono …» Edward si girò
dalla parte opposta, senza dire una
parola; ed il silenzio tornò a fare da padrone nella stanza.
Cercai di
soprassedere, presi un
profondo respiro e mi concentrai sul mio piccolo brontolone,
massaggiando lentamente
dove sentivo, arrivavano i “colpetti”;era
particolarmente agitato oggi, stava
crescendo sempre più in fretta e lo spazio, era quello che
era.
Forse se mi
fossi sgranchita un po’,
sarei stata meglio … sempre seduta sul divano sentivo la
schiena a pezzi.
«Rose,
scusa, mi aiuteresti ad
alzarmi? Vorrei provare a fare due passi, non ne posso più
del divano».Prima
ancora che finissi la frase Rosalie era già al mio fianco
per sorreggermi.
Ci volle un
minuto abbondante prima
di poter assumere la posizione eretta, ma la sensazione era splendida!!
Finalmente!!
Mossi
appena un paio di passi
traballanti che Edward ci bloccò.
«Rosalie,
ferma! Hai sentito?»
«Cosa?»
«Ho
sentito un crack …»
«Che
cosa intendi Edward?» chiese
spazientita.
«Qualcosa
si è rotto … un osso.»
«No,
non credo …» mormorai
guadandomi come se dall’esterno si potesse vedere.
«le costole stanno bene …»
«Edward,
non ho sentito niente …»
replicò Rosalie imperturbabile.
«Potrebbe
essere il bacino che si è
incrinato …».
«Io
sto bene …» sussurrai, cercando
quasi di discolparmi.
«Stavi
traballando!»
«Soltanto
perché è tanto che non
cammino da sola …» replicai secca.
«Vi
assicuro che ho sentito qualcosa
spezzarsi! È il caso di fare una radiografia.
SUBITO!»
“Un’altra
…” sospirai
sfinita, avevo perso il conto di quante lastre,
esami e accertamenti avevo fatto da quando eravamo tornati dal Brasile.
«Magari
eravamo distratte e non
abbiamo, non ho, sentito lo scricchiolio … »
suggerì Rose prendendomi in collo
«… forse è il caso di dargli
ascolto.»
E senza
nemmeno aver aspettato la
mia risposta mi trovai nuovamente nell’ambulatorio/studio di
Carlisle.
Edward
Lo studio
di Carlisle, negli ultimi
giorni, non aveva nulla da invidiare all’ospedale
più all’avanguardia degli
Stati Uniti, ciononostante non eravamo in grado di capire nulla di
più sul
feto.
Ci dovevamo
limitare a fare
l’inventario dei danni interni che provocava muovendosi e
assistere, inermi, al
suo massacro.
Bella
sdraiata sul lettino si stava
sottoponendo all’ennesima radiografia, qualcosa si era rotto,
ero convinto
fosse il bacino, ma era più di mezz’ora che
Carlisle osservava lastre e
ripeteva esami e nulla confermava la mia diagnosi.«Anche
questa è perfetta …»
commentò osservandola in controluce«Fortunatamente
questa volta è stato un
falso allarme».
«Non
sono convinto. Ho sentito
chiaramente il rumore di qualcosa che si spezzava.»
“Sì,
forse un ramo in giardino. Cerca
di calmarti Edward, le tue paranoie non fanno bene a nessuno e non
servono
assolutamente a nulla. Ci sono altri modi per aiutare Bella!”Pensò
Rosalie fulminandomi con lo sguardo. «Ho voluto
darti ascolto Edward, anche se non ero convinta, nel dubbio non si sa
mai; ma
adesso basta. Rassegnati. Ti sei sbagliato.»
«NON.MI.SONO.SBAGLIATO.
So
perfettamente cosa ho sentito.» le ruggii addosso.
«Ehi,
ti ho detto che non ho sentito
nessuno schiocco. Meglio che tu ti faccia controllare le orecchie,
Edward».
Ribatte subito lei.
«Basta,
vi prego …»sussurrò Bella
trattenendo a stento le lacrime «Torniamo nel salone
… anche se fosse vero che
si è incrinato il bacino, non potremmo farci niente
comunque, non può essere
ingessato … cercherò di stare il più
ferma possibile.»
«Forse
è il caso che ti sdrai un po’
sul letto.» provai a suggerirle, ma come sempre le mie parole
furono ignorate.
«Non
sono malata … »borbottò
sommessamente.
“Questo
è opinabile …”pensai
guardandola di traverso.
«…
Sono solo incinta. Ti prego
almeno nel salone c’è un po’ di via vai
… in camera è tremendo …» e
come al
solito, cedetti.
Jasper
«Basta!
Mi arrendo» esclamò Emmett chiudendo
con violenza il libro davanti a sé. «Sono giorni
che cerchiamo, spulciamo
proviamo ad interpretare. Non c’è
soluzione.»
«Eppure
è impossibile che nei secoli
non sia mai accaduto qualcosa di simile.» risposi alzando
momentaneamente gli
occhi dal computer.
«Hai
scandagliato la rete in lungo e
largo e la riposta, è sempre la stessa.»
Sospirò passandosi le mani tra i
capelli «Morte.»
«Esattamente
come ha detto quella
nativa brasiliana a Edward.» mormorai rassegnato.
Sembrava
impossibile ma nulla ci lasciava
pensare potesse essere diverso. Bella sarebbe morta mettendo alla luce
non si
sa bene cosa, e l’avrebbe uccisa proprio
quell’essere che desiderava con tutta
se stessa … e l’avrebbe fatto in un modo orribile
…
Nella mia
esistenza avevo assistito
alle atrocità più efferate, anche ad opera della
mia stessa mano, ma pensare
cosa sarebbe toccato a quella povera ragazza mi faceva rabbrividire.
Come se non
bastasse, la sofferenza
ed il dolore che provava a suo modo ogni membro della famiglia, mi
lasciavano
spiazzato ed impotente. Non avevo la forza di oppormi e mi lasciavo
invadere
dalle loro emozioni facendomi portare a fondo con loro; talmente grande
e
dolorosa era la disgrazia che si era abbattuta sulla nostra famiglia
che non me
la sentivo di contrastarle, ci sono momenti in cui dobbiamo vivere le
sensazioni del momento senza mistificazioni, unicamente
perché è l’unica cosa
che ci è rimasta e non ne possiamo essere defraudati.
Edward,
ormai rassegnato, erano già
un paio di giorni che non si aggiornava più sui progressi
delle nostre
indagini. Era comunque già a conoscenza che nulla si era
aggiunto alle
informazioni già in nostro possesso. Almeno non ero
costretto a specchiarmi
nella sua disperazione che, tra tutte, era la più devastante.
«Le
sole leggende che si avvicinano
al nostro caso, sono di origine Brasiliana.» aggiunsi
cercando di distrarmi dai
miei precedenti ragionamenti, riconquistare un po’ di
lucidità e dare un senso
a tutte quelle informazioni «Parlano dei Lobishomen
… ma il confine tra realtà
e leggenda è molto labile. Potrebbero essere tutto e nulla
contemporaneamente
e, ovviamente, non ci sono testimoni … nessuno sa che fine
abbiano fatto i
figli di quelle sventurate … forse era solo un palliativo
per nascondere
gravidanze scomode … le ultime risalgono al secolo scorso.
Non so proprio cosa
pensare, troppo vaghe … troppo incomplete. Dovessi iniziare
una ricerca,
comincerei da là … dal Brasile ... ma non saprei
comunque in che direzione
andare.»
«Quando
torna il lupo?» chiese
Emmett sollevando gli occhi completamente neri dalla sete verso di me.
I miei
non erano certo da meno. «Spero che la sua ricognizione sia
breve perché
rischio di impazzire. Sta circolando troppo sangue in questa casa. Non
voglio
nuocere a nessuno, ma sto per cedere.»
Ci eravamo
chiusi per le nostre
ricerche al terzo piano della casa, il più lontano possibile
da Bella. Porte
sprangate, finestre spalancate per aerare il più possibile i
locali, ma era
tutto inutile. Eravamo al limite, il profumo del sangue ci stava
ottenebrando
la mente, anche concentrarci sulle ricerche, non riusciva a distrarci
abbastanza.
«Via
libera!» esclamò Alice facendo
improvvisamente irruzione nella stanza. «Jacob è
tornato ha detto che possiamo
andare, fino a Seattle la strada è liberà. Io ed
Esme vi spettiamo fuori.»
«Rose?»chiese
Emmett preoccupato.
«Non
viene. Non vuole lasciare Bella
in balia di Edward e Jacob …»
«Non
ce la può fare.» sospirai.
«La
sua determinazione è la sua più
incredibile risorsa. Potete solo immaginare quanto
forte sia il suo
carattere.» Sentenziò tra
l’avvilito e l’orgoglioso e, come lui, sperai che
il suo pregio non si
trasformasse nel più grosso dei suoi difetti.
Edward
Anticipando
le mosse di mia sorella,
riuscii a prendere in braccio Bella prima di lei e con le dovute
precauzioni
tornammo nel salone, nel mentre era tornato anche Jacob; avevo sentito
Alice
andare alla porta a riceverlo e avevo avvertito i suoi pensieri,
compreso il
piano per far fuori Rosalie … In alcuni casi il suo cervello
ragionava con una
certa abilità e la sua idea non era da sottovalutare.
L’adagiai
sul divano cercando di
procurarle meno scosse possibili, come suo solito stringeva i denti, ma
era
chiaro che stesse provando un dolore indescrivibile ormai, non si
capiva più da
cosa fosse dovuto, se dalle costole, dai movimenti del feto o dal
bacino,
sicuramente incrinato; stringeva tra le sue mani ossute e tremanti
l’ennesimo
bicchiere di sangue, l’unica cosa certa era che non aveva
quasi più fiato
nemmeno per respirare tanto stava trattenendo il dolore.
«Jake»,
sussurrò cercando di
sorridere appena lo vide.
Lui non
fece parola
“Non puoi
assecondarla sempre …”
pensò guardandomi di sfuggita. In poco meno di un minuto
aveva già capito cosa fosse successo al piano di sopra.
Aveva ragione … ma non
avevo alternative.
Era
indubbiamente un segnale di
debolezza, ma come gli avevo già tentato di spiegargli la
notte precedente, non
mi era rimasto che questo per cercare di alleviare il suo dolore,
esattamente
come a lui non era rimasto altro che farle visita … fino a
quando a entrambi
il destino non ce
l’avesse
strappata via.
«Carlisle»,
disse appena lo vide
scendere dallo scalone, «siamo arrivati a metà
strada per Seattle. Non c'è
traccia del branco. Potete andare». “Sembra
improvvisamente invecchiato di
trent’anni …” commentò
tra sé, in effetti, aveva ragione, la sete si stava
facendo sentire non solo ai miei fratelli ma anche a lui e la sua
stoica
resistenza era messa alla prova ogni istante di più, i
bicchieri di sangue
fresco che circolavano costantemente in casa certamente non aiutavano a
resistere.
«Grazie,
Jacob. È il momento buono.
Ne abbiamo davvero bisogno».
«Secondo
me, potete partire
tranquilli e andare in più di tre alla volta. Sam si sta
concentrando su La
Push, ci scommetto».
Carlisle
annuì. «Se ne sei convinto
tu, va bene. Alice, Esme, Jasper ed io andremo ora. Poi Alice
tornerà a
prendere Emmett e Rose... ».
«Neanche
per sogno», sibilò Rosalie.
«Emmett viene con voi adesso».
«Dovresti
andare a caccia»,le intimò
nostro padre con voce ferma ma gentile.
«Andrò
a caccia quando ci andrà lui»,ringhiò,
voltandosi di scatto verso di me.
Non avrei
avuto dubbi.
Ma se
sperava che mi sarei
allontanato da Bella tanto facilmente si sbagliava di grosso, per
quanto mi
riguardava, poteva morire dalla sete, non avrei certo sentito la sua
mancanza,
io non mi sarei assentato.
“Spero solo
che sia in grado di
resistere …”sospirò
Carlisle, guardandomi di
sfuggita, “Per qualsiasi emergenza ho il cellulare
con me.” E questo,
almeno in parte, mi confortò.
Jasper ed
Emmett furono in un lampo
ai piedi delle scale, Alice ed Esme stavano già aspettando
sul retro e dopo
aver ringraziato Jacob, si dileguarono nel bosco. Lasciandoci soli a
gestire
l’imprevisto.
Io e
Rosalie, in questo periodo, non
eravamo certo le persone più adatte per collaborare,
l’unica cosa confortante
era che ancora, con molta probabilità, avevamo tempo e
questo, forse, avrebbe
impedito di scannarci durante la giornata.
Mi sedetti
per terra vicino a Bella
e cercai di mantenere la calma; non serviva a nulla fare scoppiare una
lite in
questo momento, poi c’era già Jacob a stuzzicare
mia sorella, era meglio non
esagerare.
“No palla
più …”
Mi guardai
attorno cercando di
capire di chi fosse quel pensiero.
«Allora?»,
chiese Jacob con
insistenza. «L'hai già sentita o no?».
Sicuramente
era Rosalie esasperata.
Anche se quella voce … non era proprio …
«L'ha
già sentita?», domandò a me
dopo aver capito che Rosalie non gli avrebbe mai dato soddisfazione.
“Pecché
no palla …”
“Ma cosa
...” Guardai
Rosalie fissare la televisione senza degnarlo
della minima considerazione. Voleva che rispondessi al posto suo? Jacob
sembrava uno di quei bambini nella fase del “perché?”dove
ogni risposta
dei genitori non fa altro che accrescere la loro curiosità e
devastare il
sistema nervoso degli adulti. Era più irritante di un
rubinetto che perde.
«No».
Risposi pur di zittirlo.
«Magnifico.
Allora ti piacerà,
succhiasangue. I neuroni delle bionde muoiono soli».
Come
supponevo il mio tentativo era
stato inutile.
«Ho
ucciso centinaia di volte più di
te, bestia schifosa. Non te lo scordare». Ribatté
acida Rosalie senza
distogliere lo sguardo dal televisore.
«Un
giorno, Miss Universo, ti
stancherai di minacciarmi a vuoto. Non vedo l'ora che arrivi, quel
giorno».
«Basta,
Jacob», disse infine Bella
con un filo di voce ma tono deciso.
“No muovere
io … o so …”
E questo,
cosa voleva dire? Chi
aveva parlato adesso?
Stavo
impazzendo.
“Stupido!
Stupido! Stupido! Giuro che
non volevo farti arrabbiare!” «Vuoi
che me ne vada?». Chiese Jacob capendo forse di aver superato
il limite e
mortificato dall’improvvisa reazione di Bella.
«No!
Certo che no». Si affrettò a
rispondere lei.
Se
finalmente gli avesse detto di
levarsi di torno avrei avuto la certezza che fosse impazzita, invece
tutto
normale … come sempre.
«Sembri
stanco», commentò lei.
«Morto».
«Se
vuoi morire davvero fammi un
fischio», bofonchiò Rosalie, in modo che Bella non
potesse sentirla. Si stava
spazientendo … forse, il nostro “amico”
era il caso che capisse che doveva
darsi una regolata.
“Pecché
no palla più … era bela”
“No, non
è Rosalie, queste frasi non
hanno senso … Non può essere Bella
…” pensai
sospirando, non ero mai riuscito a leggerle il pensiero, ma adesso
… non poteva
essere nessun altro dei presenti; forse tutto lo stravolgimento che le
aveva
portato la gravidanza aveva cambiato qualcosa … eppure
…
«Hai
detto qualcosa?» le chiesi
vedendola pensierosa, quasi concentrata.
“Ok, Edward
che ti prende? Qui non è volata una
mosca?” Sì, certo,
mancava che anche Jacob mi facesse notare quanto fosse strana questa situazione.
«Io?»,
rispose Bella dopo un
secondo. «Io non ho detto niente». I suoi occhi
brillavano di una luce
stranissima … intensa. Era bellissima.
“Bela voce
… ancoa …”
No. Non era
possibile. «Che stai
pensando ora?».
«A
niente. Che succede?». Il suo
viso inespressivo mi lasciò senza fiato … era
come se mi temesse, che avesse
paura a dire qualsiasi cosa, temendo una mia reazione.
“Dio mio,
fino a questo punto l’ho
impaurita …” pensai
vergognandomi di me stesso.
Ma quella
strana vocina mi riportò
alla realtà.
“
… ancoa
…”
Non poteva
essere … era … assurdo ….
«A cos'hai pensato un minuto fa?» le chiesi.
«Solo...
all'Isola Esme. E alle
piume». Mormorò arrossendo.
“
… bela
…”
“Incredibile
… Impossibile …” «Dì
qualcos'altro», mormorai.
«Ma
cosa? Edward, che succede?». La
voce le tremava.
Un brivido
mi percorse la schiena.
Aveva capito anche lei.
“Cosa
diavolo … Edward cosa stai
facendo? Cosa succede?” pensò
Rose sulla porta della cucina; vedendomi posare le mani sul pancione di
Bella.
Le
avvicinai piano, quasi con
devozione.
«Il
fe...». Deglutii. «Al... al
bambino» com’era strano chiamarlo per quello che
era … suonava bene però …
«piace il suono della tua voce».
«Santo
cielo, riesci a
sentirlo!»gridò Bella, dopo un istante necessario
per elaborare quella
sconvolgente verità.
Vidi una
protuberanza muoversi in
alto sulla sua pancia, appena sotto il seno; spostai con delicatezza la
mia
mano su quel punto e … lo sentivo … era lui
…era … mio … mio figlio.
“…
nooo piano
…”
«Sssh»,
mormorai. «Hai spaventato
il... lui».
La
meraviglia che lessi nei suoi
occhi era indescrivibile; lei era bellissima ed io … io
… non lo so nemmeno io
come mi sentii in quel momento, una quantità indefinita di
emozioni mi stava
investendo come un tir ed io mi sentivo improvvisamente stordito
… felice …
euforico …
«Scusa,
piccolo». Canticchiò lei tamburellando
sulla pancia con le dita.
“
… bela
…”
Avvicinai
l’orecchio verso la
sporgenza del suo ventre.
«Cosa
pensa ora?», domandò
impaziente.
“
… bela
… ancoa …mama … ancoa
…”
«La
cosa... lui, o lei è...».Il mio
cervello era andato completamente in tilt, non mi rendevo conto di
ciò che
stavo dicendo, ero come ipnotizzato, da lei, dal piccolo,dall’atmosfera
quasi surreale che la
consapevolezza di diventare padre aveva creato. «
… Felice», sussurrai
incredulo, ricambiando il suo sguardo stupito.
Sul suo
viso, si accese uno dei più
bei sorrisi che le avessi mai visto e i suoi occhi
s’inondarono di lacrime.
Bella
Lo sentiva
… aveva carezzato il
pancione … l’aveva chiamato bambino e ne era
rimasto incantato …
Improvvisamente
non mi sentii più
sola.
Il mio
Edward era tornato.
Era come se
finalmente tutti e tre
insieme fossimo diventati una cosa sola, inscindibile e
indistruttibile.
In
quell’esatto momento ebbi la
certezza che saremmo sopravvissuti entrambi; Edward non avrebbe mai
permesso
che ci succedesse nulla.
«Certo
che sei felice, bel bambino,
certo che lo sei», canticchiai, massaggiandomi la pancia, le
lacrime di
commozione che mi rigavano le guance erano ormai(erano)inarrestabili;
avevo perso le
speranze che potesse accadere. «Come potresti non esserlo,
così al sicuro, così
al caldo, così amato? Ti amo tanto, piccolo EJ, certo che
sei felice».
Edward
“EJ???”
«Come
lo hai chiamato?», chiesi curioso.
«Gli
ho dato una specie di nome. Non
pensavo che volessi... be', ecco». Farfugliò
arrossendo.
«EJ?».
«Anche
tuo padre si chiamava Edward,
no?».
«Sì
… ma …»
“Ancoa
… bela … palla ancoa …”
«Ma
cosa...? » Gli piaceva la mia
voce?? L’aveva appena sentita è gli piaceva?!?!
M’inorgoglii
improvvisamente, aveva
percepito chi fossi; e gli piacevo … voleva bene anche a me
… Mi trovai a
ridere senza nemmeno ricordare quando avevo cominciato.
«Che
c'è?».
«Gli
piace anche la mia voce».Dissi
orgoglioso.
«Certo
che gli piace».Gongolò Bella.
«Hai la voce più bella dell'universo. A chi non
piacerebbe?».
Per come
l’avevo trattato fino a
pochi istanti prima, non mi sarei stupito che mi odiasse …
me lo sarei
meritato.
“E bravo
Edward! Era l’ora che ti
comportassi da padre! Questo bambino aspettava solo te.”Pensò
Rosalie guardandomi e abbozzando un sorriso
soddisfatto e complice. «Avete un piano di
riserva?», chiese poi, appoggiandosi
alla spalliera del divano. «Che si fa se è una
lei?».
«Qualche
idea mi è venuta. Pensavo a
un misto fra i nomi di Renée ed Esme...». Rispose
Bella cercando di asciugarsi
le lacrime.
«Resmé?».
Azzardò titubante e non
troppo convinta.
«Ma
no: Renesmee. Troppo strano?».
«No,
mi piace», confermò Rosalie.
«È
bellissimo. E unico, quindi perfetto».
«Comunque,
sono convinta che sia un
Edward».
In cuor mio
sperai di no.
“mama
… è feice …”
Ancora un
pensiero, capiva tutto
quello che stava accadendo fuori dal suo ambiente, percependo
chiaramente lo
stato d’animo di Bella; era intelligente, molto
più intelligente di un bambino
umano, sicuramente il suo sviluppo era precoce in tutti i sensi.
«Che
c'è?», chiese Bella trasognata
vedendomi assorto a fissare il suo pancione. «Cosa
pensa?».
“…
mi piace
…. Voio bene mama”
Ormai in
trance, posi l’orecchio
nuovamente sul pancione, dove più o meno credevo fosse
l’origine di quei
pensieri.
“No tiste
mama … mai…”
«Ti
vuole bene», mormorai
completamente sbalordito. «Ti adora indiscutibilmente».
In
quell’istante la voce di un’altra
mente entrò prepotente nella mia testa, carica di odio e
rancore. “Venduto!
Come ho potuto fidarmi di te credendoti
mio alleato! Sei solo una schifosa sanguisuga …”Preso da
quel momento di euforia, avevo completamente
rimosso la presenza di Jacob nella stanza e come me anche Bella e
Rosalie si
trovarono a fissare il viso di quel ragazzo completamente sconvolto dal
furore.
I pugni
serrati e il tremore che gli
faceva vibrare tutto il corpo erano i segnali che stesse arrivando al
limite.
Non lo
meritava, nonostante non mi
fosse particolarmente simpatico, non meritava di assistere a tutto
questo,
conoscevo il suo dolore e quanto già stesse soffrendo;
questo dovevo
risparmiarglielo.
Veloce,
come solo un vampiro può
essere, presi da un cassetto di un tavolo poco distante da noi la
chiave di
un’auto e gliela lanciai, offrendogli la
possibilità di scappare dai suoi
fantasmi.
Rosalie
Il cane si
era dileguato, non era
ancora uscito da casa che lo sguardo di Edward era nuovamente puntato
sul
pancione di Bella.
Bene.
Sembrava
che finalmente il caro
fratellino avesse deciso di crescere affrontando le sue
responsabilità, Non
aveva nemmeno idea di quando fosse stato benevolo il destino con lui.
A quelli
come noi certe gioie non
erano concesse.
Il mio
compito era finito, ero
decisamente di troppo, adesso dovevano risolvere i loro problemi da
soli.
Come una
famiglia.
«Vado
a prendere una boccata d’aria,
la puzza del cane ha affumicato tutta casa … torno tra un
po’…» “è
il tuo
momento Edward … fatti perdonare!” pensai
soddisfatta uscendo.
Edward
Rosalie
chiuse la porta dietro di
sé, lasciandomi solo, a tu per tu con i miei errori, ne
avevo parecchi sulla
coscienza … aveva ragione. Mi sarei dovuto scusare anche con
lei …
Mi sedetti
sul tavolino basso,
davanti al divano, mi sentivo
piccolo e insignificante davanti a lei, che aveva creduto in questo
bambino fin
dal primo istante, esattamente come aveva creduto in me, e il piccolo
la
ricambiava, cercava di muoversi poco e piano, ed era completamente
innamorato
di lei.
Non sarei
mai stato capace di così
tanto amore e non mi meritavo il suo, così incondizionato e
puro, ma sapevo che
per me, adesso, loro erano il mio tutto.
«Scusa
se mi sono arrabbiato tanto»
«Chiederei
scusa anch’io»
“No, non
devi …”pensai
sospirando «Ti ho lasciata sola ad affrontarlo»
«Il
matrimonio …» accennò in un
tentativo di essere sarcastica.
Ridacchiai
«Dicono che il primo anno
è il più difficile …»
«Già
…» sussurrò guardandomi negli
occhi, con quella luce così speciale che solo lei irradiava.
Rimanemmo
così per un tempo
indefinito: immobili, le sue mani sul pancione e le mie sopra le sue.
Tutti e
tre insieme.
«Edward
…» sussurrò. «Mi
abbracci?»
«Ti
congelerai Bella, non è il caso
… ti è appena passata la febbre
…»
«Ti
prego … ho bisogno di sentirti
vicino a me … ho bisogno di te …»
Non ebbi il
coraggio di opporre
resistenza, ne avevo un bisogno disperato anch’io, la
infagottai il più
possibile nella coperta che aveva sulle gambe e mi sedetti accanto a
lei,
facendola accoccolare tra le mie braccia.
«…
Ecco, così è perfetto … sono a
casa …» mormorò con la voce
già impastata dal sonno.
Già
… a casa. Era proprio quella la
sensazione che stavo provando anch’io … la mia
casa … la mia famiglia.
Sembrava
così piccola rannicchiata
vicino a me, con le mani sul pancione, quasi volesse difenderlo dal
mondo
intero, involontariamente la mia mano scivolò sulla sua e le
nostre dita
s’intrecciarono istintivamente, come un riflesso
incondizionato.
Un altro
colpetto la fece
sussultare.
Stava
crescendo in fretta e per la
prima volta questa considerazione non mi spaventò, e mi
scoprii curioso …
Curioso di
vederlo, di tenerlo tra
le braccia e di proteggerlo, di sentire il battito del suo cuore come
già
sentivo i suoi pensieri … ma allo stesso tempo ero
preoccupato … sarei riuscito
a salvarli entrambi … Rose stava raccogliendo il suo veleno
… non si fidava
di me e si era mossa
per tempo … la
sua era stata un’ottima intuizione e anch’io stavo
facendo lo stesso da qualche
giorno, se si fosse presentato un imprevisto, avremmo dovuto agire
tempestivamente e farlo entrare in circolo in più punti
contemporaneamente
poteva essere una soluzione, mordere non sarebbe bastato.
«Ehi
piccolino, mi senti?»sussurrai
per non svegliare Bella «Il tuo papà
troverà una soluzione, non permetterò che
ti succeda nulla … né a te né alla tua
mamma … merita che tu la conosca, molto
più di me. Io non sono nulla confrontato a
lei, ma credimi se di dico che ti amo, anche se l’ho capito
troppo tardi.»
Sarei mai
riuscito ad occuparmi di
lui se Bella non ce l’avesse fatta? L’angoscia che
mi assalì fu cancellata
dalla discussione che, intanto, era iniziata all’esterno.
«No.
Dove credi di andare.»Sentii
ruggire improvvisamente Rose.
«Lasciami
passare schifosa
succhiasangue»
“Leah?!? Ma
cosa …”.. In
quell’istante la porta si spalancò.
«Devo
parlare con Bella.»sentenziò
entrando; Rose dietro di lei era pronta ad attaccare. Con uno sguardo
le feci
cenno di mantenere la calma.
Non ero in
confidenza con la sua
mente, questo mi aveva impedito di prevedere con più
anticipo le sue
intenzioni, averlo saputo non le avrei mai permesso di entrare.
«Sta
riposando. Puoi dire a me?»
«NO.»
«Sono
sveglia …» mormorò Bella alle
mie spalle.
«Non
credo sia il momento per
affrontare certi discorsi Leah …» provai a dire
per dissuaderla, dopo aver
capito cosa l’avesse spinta a questa visita improvvisa, nella
speranza di non
far scattare un conflitto, ma ignorandomi completamente mi
superò arrivando a
due passi dal divano.
Leah
Finalmente
ero faccia a faccia con la
principessina di Forks. Vedere Jacob fuggire in quel modo mi aveva
fatto
ribollire il sangue; non era normale scappasse a quella
velocità su un’auto non
sua. Non si era trasformato e questo voleva dire solo una cosa: non
aveva
intenzione di renderci partecipi del suo dolore.
Sua altezza
doveva avergli inferto
l’ennesima mazzata e, dopo tutto quello che stava sopportando
e a cui aveva
rinunciato per lei, poteva anche usare un po’ più
di riguardo nei suoi
confronti.
Era bene
che capisse che era giunto
il momento di
scendere dal
piedistallo e farle presente che le persone sono dotate di un cuore,
hanno dei
sentimenti, non come i suoi amichetti vampiri e che, approfittarsi
sfruttando
spudoratamente i sentimenti che gli altri nutrivano per
lei, non era più
accettabile.
«Cosa
gli hai fatto?» le ringhiai in
faccia.
«Non
capisco cosa …» iniziò a
difendersi, ma il suo succhiasangue preferito s’intromise
rispondendo per lei.
«Jacob,
aveva solo bisogno di
cambiare aria, tutto qua. Gli ho prestato la mia auto perché
potesse farsi un
giro.»
«Non
l’ho chiesto a te. Cosa è
successo? Non si è trasformato, sta mantenendo le distanze
dal suo branco. Non
credo volesse solo farsi due passi.» chiesi nuovamente
puntandola dritta negli
occhi.
«Io
non …»
«Abbiamo
sentito i pensieri del
bambino. Jacob si è sentito in difficoltà e ha
preferito allontanarsi.» rispose
nuovamente lui.
«Quindi
mentre voi giocavate alla
famiglia felice, Jacob assisteva alla scena.» sputai con
tutta la rabbia che
avevo dentro.
«È
stata una cosa improvvisa, io non
vol …»
«Tu
non vuoi mai, ma ormai è quasi
un anno che lo tormenti e lo illudi, con il solo scopo di tenerlo
legato a te
come cavalier servente. Mi fai schifo.»
«Vattene
Leah.» sibilò suo marito.
«Ti
sei appoggiata a lui quando il
tuo vampiro ti ha lasciata; hai continuato ad illuderlo anche quando
è tornato,
ha rischiato di farsi ammazzare per te! Non contenta l’hai
anche invitato al
tuo matrimonio!» Continuai senza freno.
«Non
sai quello che stai dicendo
Leah. Ma adesso basta, FUORI DA QUESTA CASA.»
ruggì la sanguisuga.
«Sembra
impossibile che tu sia
figlia di una persona corretta e irreprensibile come Charlie Swan. Sei
subdola,
scorretta, calcolatrice e senza scrupoli; sia nei confronti di Jacob
che nei
confronti di tuo marito, ma se a lui non disturba, puoi fare
ciò che vuoi, con
Jacob invece NO, non te lo permetto più. Tu hai fatto le tue
scelte, permetti a
lui di vivere la sua vita, non lo puoi tenere legato a te in eterno. Il
tuo
egoismo sta sfiorando la cattiveria. Ha perso tutto per te, la
famiglia, la
casa, il branco e la dignità, prova ancora una volta a
prenderti gioco dei suoi
sentimenti che dovrai renderne conto a me.»
I due
vampiri iniziarono ad avanzare
lentamente. Se avessero voluto attaccare, l’avrebbero
sicuramente già fatto,
evidentemente la presenza di Sua Maestà li metteva in
difficoltà.
Meglio,
almeno ero riuscita a
levarmi questo peso dallo stomaco.
«Non
vi disturbate». Sibilai
guardandoli sprezzante «Conosco la strada.» e
soddisfatta, me ne andai.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** CAPITOLO 15 ***
Eccomi
finalmente con un nuovo capitolo, l’unica cosa che vi dico
è GRAZIE PER LA
VOSTRA IMMENSA PAZIENZA!!!
Buona
lettura.
Cap.15
Edward
«Tutto
bene?!?!» gridò Alice
spalancando la porta d’ingresso seguita a ruota da Jasper “abbiamo
visto
Leah in versione lupo allontanarsi da qua, ci è parso strano
a entrambi e non
vedendo niente ho … abbiamo temuto fosse successo qualcosa
… Jacob?”
«Sta
bene. Aveva bisogno di cambiare
aria. Leah è venuta a “farci visita”
solo perché voleva renderci partecipi del
suo rancore …» un nuovo singhiozzo di Bella
scatenò nuovamente in me la voglia
di ripulire il mondo dalla presenza di quella donna.
«Io
… non voglio … non ho mai voluto
far soffrire nessuno … mi dispiace … io
… io … non posso farne a meno … io
…
non capisco …» riprese a mormorare tra un
singhiozzo e l’altro.
«Schhhh
… lo so …» le sussurrai
stringendola al petto.
A
dire il vero non riuscivo a capire
il perché del morboso attaccamento che aveva nei confronti
di Jacob, era
irritante e avvilente allo stesso momento, ma ero anche convinto che
Bella non
si sarebbe mai comportata così con il solo intento di farci
soffrire. Qualcosa
al di sopra della sua stessa volontà glielo imponeva
… qualcosa che andava
anche oltre la mia comprensione; me ne sarei preoccupato dopo
… adesso non era
il momento.
“A
giudicare dalla tensione e dalla
rabbia che percepisco, immagino che Leah si sia spinta in po’
troppo oltre …”pensò
Jasper avvicinandosi alle mie spalle “Nonostante
tutto emani una strana euforia fratello, tutto ok?”
Annuii
appena, giusto per
rassicurarlo.
«Emmett?»
chiese Rose guardando
Alice.
«È
con Carlisle ed Esme. Finito di
cacciare si sono spostati verso Seattle per contattare un altro
fornitore di
sangue. Le scorte in casa si stanno esaurendo velocemente e voleva
essere
sicuro di averne abbastanza a disposizione, sia per nutrire Bella, che
per
effettuare un’eventuale trasfusione al momento del parto
… non si sa mai cosa
possa accadere in certi momenti ... » sospirò
Alice, palesemente preoccupata
«Per ora ha trovato questo … » Aggiunse
aprendo lo zainetto che portava sulle
spalle Jasper «vado a sistemarlo nel freezer. Carlisle conta
di tornare domani
verso mezzogiorno.»
In
effetti, la sete di Bella stava
aumentando in maniera esponenziale e Carlisle aveva ragione, era bene
non
rischiare ed essere pronti.
Provai
quindi a giocare nuovamente
la carta del cesareo, era già favorevole, ma forse era
meglio anticiparlo.
Il
respiro di Bella si stava
normalizzando, la tensione accumulata nelle ultime ore
l’aveva sfinita ed
esausta, era crollata tra le mie braccia.
Rose
le stava controllando la
febbre, sul suo viso e nella sua mente non intravedevo
l’astio che aveva
contraddistinto il nostro rapporto negli ultimi giorni.
Era
il momento buono per provare a
parlarle.
«Hai
valutato l’eventualità di
anticipare il cesareo?» mormorai continuando a cullare Bella.
«Se
stai ancora provando con i tuoi
giochetti, Edward, sappi che …» esclamò
mettendosi subito sulla difensiva.
«Nessun
giochetto Rose.» la
interruppi deciso «Vorrei solo che tu valutassi tutti gli
aspetti …»
«Ovvero?
Sei così convinto che non
m’interessi niente della vita di Bella?» In
effetti, in parte, il dubbio
rimaneva, il desiderio di maternità di Rose era
ciò che si poteva definire il
suo “lato oscuro”, ma preferii sorvolare.
«La
richiesta di sangue di Bella è
aumentata vertiginosamente nelle ultime ore, questo è
sintomo che il piccolo
sta crescendo più velocemente rispetto alle previsioni di
Carlisle. Sto
ascoltando i suoi pensieri …»
«Cosa?!?»
esclamò improvvisamente
Jasper che, ovviamente, non era al corrente delle ultime
novità.
«Già
… » confermai guardandolo
soddisfatto e orgoglioso.
“Ora
si spiega l’inversione di rotta
del tuo stato d’animo …” sogghignò
tra sé “Bene, sono contento tu abbia
rivalutato la situazione … questo non
può che giovare a tutti, Bella in primis!”
Il
sorriso che mi si stampò sulla
faccia, valse più di mille parole. «Stavo dicendo,
il bambino ha capito che
muoversi troppo nuoce alla madre e … cerca di limitare i
movimenti. Al momento
del parto, però, spingere, diventa fisiologico e
indipendente anche dalla sua
volontà; ho come il sospetto che quel momento arrivi in
anticipo rispetto alla
data presunta che era stata calcolata … dobbiamo anticipare.
Il piccolo è
formato, se pensi che capisce perfettamente e ragiona, puoi dedurre che
ormai
non sia più questione di giorni … forse solo di
ore … »
Mi
presi una pausa e valutai il
silenzio di Rose, che in quell’istante metteva insieme tutte
le mie
constatazioni.
«Cosa
proponi?» chiese infine con un
tono decisamente più accondiscendente. Questo mi
lasciò sperare.
«Chiedere
a Carlisle di anticipare
il cesareo. A domani. Appena rientra, sarebbe perfetto. Più
tardi potrebbe
essere fatale per entrambi. Se riuscissimo a far nascere il bambino con
calma,
potremmo anche assisterlo meglio. Lo stesso vale per Bella. Si
salverebbero
entrambi.»
«Sì,
è una proposta ragionevole. E
non è da sottovalutare. Proverò a parlarne con
Bella, non credo che rifiuterà …
se può aiutare il bambino.»
«Avete
pensato al problema del patto
con i Quileute?» chiese Alice dal fondo del salone.
«Se non sbaglio il patto,
prevede che noi Cullen non si morda nessun umano, indipendentemente
dalla sua
volontà, come la mettiamo con il branco?»
«Ho
pensato di chiedere una deroga
al patto.»
“Sono
previste deroghe al patto??”
pensò Jasper guardandomi allibito.
«Sam
non concederà deroghe, non
importa leggere nel futuro per sapere come andrà a
finire.»sospirò Alice.
“Cosa
hai in mente Edward?”
Pensò Rose guardandomi dubbiosa.
«Non
spetta a Sam la decisione. Il
vero alfa dei lupi Quileute è Jacob, lui come erede di
Ephraim Black, che a suo
tempo stipulò con noi il patto, è
l’unico che possa concedere deroghe. Se Jacob
non avesse rinunciato alla carica di alfa, adesso sarebbe
l’unico e solo capo
branco dei lupi. Rinunciando la scelta è ricaduta sul primo
disponibile in
ordine di discendenza. Ciò non toglie che le condizioni
poste da Ephraim
possono essere ritrattate solo da un suo discendente.»
«Potrebbe
essere una soluzione …»
valutò tra sé Rosalie.
«Jacob
ha già dato tanto …»
sussurrò
Alice «non si è risparmiato in nulla …
sei proprio sicuro che te lo concederà?»
«Non
farà morire Bella.»risposi
convinto «mi costa chiederglielo, conosco il suo dolore
… ma è la mia unica
possibilità.» Non mi piaceva l’idea di
sfruttarlo, ma era la mia unica e ultima
speranza.
Bella
sussultò nel sonno, era un
tremito di tensione, non di freddo. Le baciai la fronte carezzandole
dolcemente
la schiena, lo stress della discussione con Leah continuava a lasciare
i suoi
strascichi anche durante il sonno.
Come
se non avesse avuto abbastanza
preoccupazioni per cui soffrire. Dovevo riuscirci, in tutti i modi
dovevo
salvarli entrambi, era la mia famiglia, non l’avrei
abbandonata.
Il
rombo di un motore familiare
sulla statale annunciò l’imminente ritorno della
mia ultima spiaggia. «Sta
tornando Jacob.» avvisai.
«Lo
aspetterò in garage.»Dissi
aiutando Rose ad accogliere Bella tra le sue braccia e uscii. Aggiunsi
uscendo.
Prima
di chiedergli l’autorizzazione
ad infrangere il patto dovevo, però, togliermi il peso di
dirgli la mia su
Leah; se lui non voleva fare l’alfa, avrei provveduto
personalmente a farla tacere,
sempre PER SEMPRE, se si fosse nuovamente avvicinata a Bella.
Era
bene che ne fosse cosciente
anche lui.
Alice
Mi
sedetti sul divano vicino a loro.
Nel silenzio, il respiro di Bella, rimbombava come un tuono.
«Puoi
restarle accanto te? Non
vorrei si svegliasse e si trovasse sola. Vado a prepararle un nuovo
bicchiere …
la sua sete sta aumentando vertiginosamente specialmente quando si
sveglia.»
sospirò Rose preoccupata «… Spero che
Carlisle faccia presto ...» e lasciandomi
il posto sparì in cucina.
Lasciandomi
così da sola, a fissare
quel che restava della mia sorellina.
Irriconoscibile.
Le
guance infossate, le occhiaie
così profonde le solcavano il viso facendola assomigliare
più ad un cadavere
che ad una persona; l’enorme pancione la rendeva ancor
più inquietante. Eppure,
sul suo viso, era come se fosse sparita ogni traccia di ansia e
preoccupazione,
era distesa, serena … sembrava … felice.
Anche
Edward era cambiato, nell’arco
di poche ore sembrava trasformato; era preoccupato e ancora molto
angosciato ma
nei suoi occhi era come se si fosse accesa una luce di speranza, quasi
avesse
la certezza che tutto potesse finire bene.
«
E … Edward …» sussurrò
muovendosi
appena dalla sua posizione, non potei che
sorridere.«Ahi!» esclamò
d’improvviso
svegliandosi di soprassalto.
«Bella,
che succede?»
«A
… Alice … qua … quando sei
tornata? Edward dov’è?»
«Edward
è con Jacob, è appena
rientrato ed aveva bisogno di chiedergli alcune cose. Tu stavi
riposando, io e
Jasper siamo rientrati un po’ prima per portare le sacche del
sangue che siamo
riusciti a trovare. Carlisle spera di trovarne altre;
rientrerà domani. Rose ti
sta preparando lo“spuntino”. Tutto bene? Hai
gridato poco fa? Dopo aver …
nominato Edward. » aggiunsi sorridendo.
«Niente,
non ti preoccupare, EJ deve
essersi … svegliato …» Rispose
carezzandosi il pancione.
«EJ?»
chiesi incuriosita.
«Beh
… io credo sia un maschietto.»
mormorò arrossendo, per quel poco che il suo colorito
permetteva.
Qualcosa
era cambiato.
Edward
aveva sentito i pensieri del
bambino; e in qualche modo si era convinto che tutto questo non era poi
così
sbagliato.
Chi
ero io per giudicarli?
Nessuno.
O
forse ero solamente quella che
voleva loro più bene al mondo.
Mi
ero accanita contro quella
creatura unicamente perché li stava distruggendo, non
sopportavo di vederli
soffrire e non sopportavo la condizione di cecità alla quale
mi aveva ridotta.
Ero offesa dal loro comportamento, ma adesso … sembravano
così felici … non
potevo continuare a stare sulle mie posizioni … non che mi
facesse piacere … ma
non potevo distruggere la loro felicità … dopo
così tanto tempo che non erano
stati più loro … per quanto fosse mai potuta
durare … non potevo.
«Bella
… io …» Dissi cercando
comprensione nel suo sguardo «… mi dispiace per
quello che ti ho detto per come
mi sono comportata … io … sono felice di vederti
… di vedervi felici … io …»
«Non
importa.» mormorò sorridendomi.
«Scusa.»
«So
che ci vuoi bene. So che sei
stata male anche tu per … per questo.»
sussurrò carezzando il pancione « e so
che eri solo furiosa perché non riuscivi ad aiutarci
… ti conosco sai?»
«Sono,
ancora, FURIOSA perché non
riesco ad aiutarvi.» sottolineai sorridendole «ma
non riesco a starti lontana
sorellina.» esclamai abbracciandola stretta.
«Bene,
bene, bene.» disse Rose
tornando con in mano il nuovo bicchiere «era l’ora
che anche tu iniziassi a
ragionare.»
«Servirà
tutto l’aiuto possibile per
questo nipotino! Non possiamo mica lasciarlo da solo, no? Ho in mente
tante di
quelle cose!!! Gli prepareremo una cameretta tutta celeste!!! Ho
già in mente
dove andare a fare shopping e …»
«Beh
… data l’incertezza, suggerirei
un colore neutro ...» m’interruppe Rose porgendole
il bicchiere nuovamente
pieno.
Bella
iniziò a bere con una tale
voracità da lasciarmi impressionata. Edward aveva ragione i
tempi si stavano
stringendo ogni istante di più. Al contrario di lui non ero
molto convinta che
sarebbe riuscita a vedere suo figlio, ma guardarla sorridere mentre
chiacchieravamo della sua gravidanza e del bambino come se fossero le
cose più
normali del mondo, mi fece aprire gli occhi su quanto bisogno avesse
Bella
dell’affetto di ognuno di noi e di quanto male le avevamo
fatto voltandole le
spalle per il suo bene.
Edward
Non
appena percepii le voci dal
salone, scattai come fossi stato una molla pronta a saltare. Non mi
aspettavo
si svegliasse così presto; soprattutto non volevo non mi
trovasse al suo
fianco; ma tutto mi sarei immaginato tranne che trovarla a
chiacchierare
tranquillamente con le mie sorelle.
Fu
comunque un sollievo: stava
ridendo.
«Bella,
amore, pensavo che stessi
dormendo», Esclamai entrando trafelato. «Scusa, non
avrei dovuto lasciarti».
«Non
preoccuparti. Mi era solo
venuta una gran sete... che mi ha svegliata. » rispose
sorridendomi«Meno male
che Carlisle ne sta portando altro. Questo bambino ne avrà
bisogno quando
uscirà da qui».
«Sì,
è vero».
«Mi
chiedo se non vorrà
nient'altro», rifletté.
“Già
… è proprio questa la mia
maggiore preoccupazione …” «Immagino
che lo scopriremo». Le risposi cercando di mantenere un
sorriso sereno e intanto
mi sedetti per terra vicino a lei.
In
quel momento esatto il suo viso
s’illuminò, era entrato Jacob e come ogni volta
che quest’accadeva, la sua
felicità era completa. Non credo mi sarei mai abituato.
L’unica
differenza questa volta fu
che la gioia durò un attimo. La sua espressione si
rabbuiò, anche senza
leggerle nel pensiero era lampante che le parole di Leah fossero
tornate a
invadere prepotentemente i suoi pensieri.
“Riempirla
di schiaffi non sarebbe
abbastanza per quello che ha fatto” Anche
lui aveva già capito, ovviamente. «Ehi,
Bells», disse svelto per non farla
pensare troppo. «Come va?».
«Bene»,
rispose atona.
«Gran
giorno oggi, eh? Un sacco di
novità».
«Non
sei costretto, Jacob».
«Non
so di cosa stai parlando»,
rispose sedendosi sul divano vicino a lei. “o
meglio, lo so benissimo e non
so come rimediare …”
«Mi
dis...». “No! Mi dispiace No.
In fondo Leah è una mia responsabilità. Non
sopporto che si dispiaccia sempre
per responsabilità e decisioni non sue”
Pensò chiudendole le labbra fra il
pollice e l'indice.
Come
se fosse una cosa semplice
impedirle di accollarsi i problemi dell’intera
umanità.
«Jake»,
mormorò cercando di
liberarsi dalla presa.
«Potrai
parlare quando non dirai più
stupidaggini».
«Va
bene, non lo dico»,mugolò.
«Mi
dispiace!», finì tutto d’un
fiato appena tolse la mano. Ma stava sorridendo e solo questo fu in
grado di
riscaldarmi il cuore.
Con
mio grosso rammarico non potevo
che accettare l’evidenza dei fatti: Jacob le era
indispensabile.
“Un
giorno … questo è il suo ultimo
giorno … ma non la perderò per sempre
… forse i suoi occhi non saranno … ma il
sorriso sarà sempre il suo … Sarà
sempre la mia Bella … l’unica in grado di
capirmi con un solo sguardo, più di chiunque altro al mondo
… la mia migliore
amica …”pensò
guardandola incantato, e
sentire che l’aveva catalogata come “migliore
amica”mi recò non poco sollievo. “La
decisione è solo mia…” Un
brivido mi percorse la schiena.
Eravamo
nelle sue mani
“Va
bene!”Pensò
sospirando profondamente come se stesse donando
tutto se stesso. “Fate pure. Salvatela. Come erede
di Ephraim ti do il mio
permesso, la mia parola, che questo non violerà il nostro
patto. Gli altri
dovranno prendersela con me. Hai ragione: non possono negare che ho
tutto il
diritto di acconsentire.”
«Ti
ringrazio». Sussurrai con
gratitudine in modo che lui potesse sentirmi e Bella non potesse
chiedere
spiegazioni.
“Bene
… finalmente una buona notizia
… potrebbe anche iniziare a restarmi meno antipatico”pensò
Rose guardandomi negli occhi.
«Allora?
Com'è stata la giornata?»
Chiese Bella fingendo disinvoltura.
«Piacevole.
Ho fatto un giro in
macchina. Ho passato un po' di tempo al parco».
«Ah,
bello».
«Certo,
certo».
L’attimo
di titubanza nella sua
risposta mi lasciò stranamente turbato.
«Rose».
«Ancora?».
“Certo che con tutto
il sangue che hai bevuto oggi …”Pensò
mia sorella soffocando una risata.
«Credo
di aver bevuto sette litri in
un'ora», spiegò Bella.
Per
quanto potesse essere“comica” la
situazione, io vedevo solo la sfumatura preoccupante … tutto
quel sangue era
davvero troppo. Dovevamo far nascere quel bambino il prima possibile.
Jacob
e io ci spostammo mentre
Rosalie la aiutò a sollevarsi per accompagnarla in bagno.
«Posso
camminare?» disse lei,
testarda come sempre. «Sento le gambe indolenzite».
«Sei
sicura?», chiesi cercando di
mascherare, purtroppo malamente, la mia apprensione. Esattamente come
quella
mattina, quando le si era incrinato il bacino.
Era
così fragile …
«Rose
mi prenderà se inciampo. Cosa
molto probabile, dato che neanche riesco a vedermi i piedi».
Rosalie,
sorreggendola dalle spalle,
la aiutò a mettersi in piedi e Bella sospirò
stiracchiando le braccia davanti a
sé. «Ah, ora sto meglio. Mamma mia, sono
enorme».
In
effetti, era veramente
sproporzionata, fosse stata una gravidanza normale sarebbe stata ben
oltre le
quaranta settimane. Dovevamo intervenire, o altrimenti non ce
l’avrebbero
fatta.
Non
potevo permetterlo.
«Ancora
un giorno», disse
tamburellando sul pancione. «Tutto bene, allora. Ops ... oh,
no!»esclamò
improvvisamente dopo che il bicchiere di sangue le sgusciò
di mano,
riversandosi immediatamente sul divano.
Tutto
ciò che accadde negli istanti
successivi, fu come una sequenza scomposta d’immagini e suoni
che viaggiavano
scollegate tra loro. Completamente sconvolto da ciò che
accadeva davanti ai
miei occhi, iniziai a muovermi come un automa, guidato soltanto
dall’istinto e
dal terrore.
Uno
schianto smorzato le piegò in
due la schiena.
La
spina dorsale era spaccata in
due.
L’urlo
che ne seguì fu agghiacciante
e perse i sensi.
Rose
riuscì ad afferrarla prima che
toccasse il suolo.
«Bella?»,
la chiamai in preda al
panico.
Mezzo
secondo dopo un nuovo
terribile urlo, preludio di una lunga agonia e subito un insolito
gorgoglio
esplose dal suo ventre.
Il
suo corpo iniziò a contrarsi in
preda a spasmi e convulsioni tra le braccia di Rosalie, sembrava sotto
l’effetto di un elettroshock e la sua bocca vomitò
sangue e qualcosa … nostro
figlio … dentro di lei cercava di liberarsi.
Il
panico che ci colse impreparati a
quella scena da film dell’orrore, durò il tempo di
un battito di ciglia.
“NON
C’È PIÙ TEMPO!STANNO MORENDO!”gridò
la mente di Rosalie scattando all’istante verso il
piano superiore.
Morendo.
Bella
… il bambino … stavano morendo
…
Non
mi resi neanche conto di averla
seguita, che mi trovai nello studio di Carlisle. «La
morfina!», le gridai
furioso e completamente senza controllo. Non poteva farla partorire in
quello
stato; il bambino le stava spaccando le ossa, non avrebbe resistito.
«Alice!
Chiama Carlisle!»,strillò
lei passandomi la siringa di morfina che le iniettai subito nel braccio.
“Cough
… Cough …”
“Dio
mio … soffoca!”mi
bloccai all’istante.
«Che
succede, Edward?».Chiese
Rosalie vedendomi paralizzato.
«Il
bambino sta soffocando!».
«La
placenta deve essersi staccata!».
«Fatelo
uscire!» urlò
improvvisamente Bella riprendendo i sensi. «NON RESPIRA!
Fatelo uscire
SUBITO!». Lo sforzo dell’urlo riuscì a
spaccarle i capillari degli occhi.
«La
morfina... », provai a dire, nel
tentativo che capisse che non essendo entrata in circolo avrebbe
provato ancora
più dolore se incidevamo la carne viva. Non mi fu dato il
tempo.
«NO,
ADESSO!», ordino drastica
mentre l’ennesimo fiotto di sangue le smorzò il
grido riempiendole nuovamente
la bocca. Fui subito a sorreggerle la testa in modo da non farle
ingoiare il
rigurgito di sangue.
In
quell’istante Alice si lanciò
nella stanza come una furia, sistemando all’orecchio di Rose
un auricolare.
“Ho
rintracciato Carlisle.”
Pensò guardandomi, piena di speranza “Cerca
di
mantenere la calma, fallo per Bella …”
Non
dovevo essere un bello
spettacolo nemmeno io, completamente sconvolto dal panico, ero incapace
di
prendere una decisione razionale tra operare senza aspettare che
l’anestesia
facesse effetto salvando così nostro figlio oppure aspettare
per non fare
soffrire ulteriormente lei, mettendo però a rischio la vita
del bambino.
Rose,
al contrario, non perse tempo
e sotto la guida di nostro padre iniziò a preparare quanto
necessario.
“Cough
… Cough …”
Non
respirava … lo sentivo benissimo
dovevamo farlo uscire … ed io ero paralizzato …
“Cough
… Cough …
Il
corpo di Bella si dibatteva tra
contrazioni, spasmi e movimenti del bambino.
“No
muovo io … Cough
…Cough …”
Cercava
di non muoversi ma era indipendente
dalla sua volontà, i bambini sanno nascere e quando arriva
il momento non
possono fare altrimenti; e un'ombra rosso scuro comparve
improvvisamente sotto
la pelle del suo ventre.
“Emorragia
interna. Non c’è più
tempo!”sentii
riflettere Rosalie ed in
quello stesso istante la vidi impugnare un bisturi.
Rabbrividii.
Aveva
veramente il coraggio di
tagliare il ventre di Bella senza anestesia?!?!?
«Aspetta
che entri in circolo la
morfina!» gridai furioso e terrorizzato.
«Non
c'è tempo», sibilò «Il
bambino
sta morendo!» “e Bella anche, se non ci
sbrighiamo!” pensò posando una
mano sulla pancia, iniziando, così, ad incidere con
l’altra.
Bella
sobbalzò, senza gridare.
Una
cascata di sangue sgorgò copiosa
da quella misera incisione …
In
quell’istante i pensieri di Rose
si dissociarono completamente dalle sue azioni, perse la concentrazione
e vide
solo una cosa:
“Sangue
… Io non … Sangue …”
Il
suo viso iniziò a deformarsi dal
dolore, gli occhi neri scintillarono dalla sete e le labbra scoprirono
i canini
«No, Rose!», ruggii con tutto il fiato che avevo in
quel momento, ma non potevo
muovermi, se lasciavo Bella, il rigurgito del suo sangue
l’avrebbe soffocata.
Ma
mentre ancora pensavo, vidi il
suo corpo volare violentemente contro la porta, con Jacob sopra di lei
che
spingendola lontano dal corpo di Bella cercava di bloccarle le vie
respiratorie.
“Brucia
… Sangue … Io non … Sangue
…
è troppo …”
Continuava
a pensare mentre Jacob,
con un calcio, la spingeva ancora più lontano.
Fortunatamente
la sua razionalità
non era stata completamente annientata dalla sete ed incapace di
allontanarsi
con le sue forze aveva accettato di farsi colpire pur di non cedere
alla sete.
Appena
fu a terra, Alice la bloccò
per il collo «Alice, portala fuori di qui!», gridai
ormai disperato. «Portala
da Jasper e tienila lì!
Jacob, ho bisogno di te!»
Ero
solo.
L’auricolare
che ci teneva in
contatto con Carlisle era andato in frantumi durante lo scontro tra
Jacob e
Rose.
Tutto
dipendeva solo da me e Bella
stava perdendo conoscenza.
Una
strana razionalità si fece
spazio nella mia testa.
Non
potevo mollare adesso, erano
entrambi nelle mie mani; era come se qualcosa di più forte
di me mi spronasse a
non mollare, a fare tutto quanto fosse in mio possesso solo per loro.
«Respirazione
artificiale?»,ordinai
perentorio a Jacob.
Mentre
cercavo di far nascere il
bambino, doveva mantenere in vita Bella, ed ero certo che lo avrebbe
fatto ad
ogni costo, la sua volontà di riuscita era forte almeno
quanto la mia se non di
più, il bambino non era certo una sua priorità.
«Sì!».
Rispose dopo un istante di
esitazione “Pensi di essere in grado? …
ce la puoi fare?...” temeva in
una reazione simile a quella di Rosalie; se di una cosa ero certo in
quel
momento, era la mia volontà di salvare la vita a tutti e
due, avevo già vissuto
nell’incubo della certezza della sua morte.
Nulla
poteva distrarmi dal mio
proposito.
«Falla
respirare! Devo tirarlo fuori
prima che...». Non riuscii a terminare la frase che un nuovo
spasmo scosse il
corpo di Bella. «La spina dorsale», ansimai
inorridito.
Non
un urlo uscì dalla sua bocca,
era completamente priva di sensi, sdraiata scomposta e innaturale sul
lettino
grondante di sangue.
“Dio
mio … cosa le ho fatto …”
pensai di fronte a quello spettacolo disumano.
«Tiralo
fuori!», ringhiò Jacob
riportandomi alla realtà. «Ormai non sente
niente!».
Sì,
aveva ragione ormai la parte
inferiore del suo corpo era completamente dissociata dal resto, era
inutile
anche usare il bisturi; e mentre Jacob continuava con la respirazione
artificiale, iniziai a tagliarle in ventre con i miei denti. Il battito
era
troppo irregolare, dovevo fare veloce ed estrarre il bambino,
altrimenti non
sarei riuscito ad iniettarle il mio veleno prima dell’ultimo
battito del suo
cuore e con i denti sarei riuscito ad incidere meglio e più
velocemente.
La
pelle del suo ventre era talmente
tesa che non appena veniva tagliata, schizzava sangue ovunque
dilatandosi in un
istante cosicché, in meno di qualche secondo …
“Cough
… Cough …
Era
lui … lo sentivo, il suo battito
veloce fortissimo come quello di un uccellino … e
… lo vedevo … era mio … no
…
mia … era mia figlia … era
…«Renesmee». Sussurrai abbagliato.
Era
bellissima “Lo sapevo che eri
una signorina …” pensai guardandola
incantato … era ancora più bella di sua
madre, se questo fosse mai stato possibile … gli stessi
occhi … dolcissimi …
«Fammi...»,
ansimò in un sussurro
spezzato Bella. «Dammela»
Finii
di recidere il cordone e sotto
lo sguardo sbalordito di Jacob, la avvicinai al suo viso. Credeva
veramente che
le avrei negato la gioia di vedere sua figlia dopo tutto quello che
aveva
sofferto?
«Renes...mee.
Sei... bellissima».
Sussurrò singhiozzando.
Nonostante
il contesto in cui ci
trovassimo fosse più simile ad un mattatoio che ad una sala
parto, l’immagine
di mia moglie con in braccio la nostra bambina fu la cosa
più bella che avessi
mai immaginato di poter vedere, qualcosa che ti segna per sempre
dandoti la
certezza che tutto ciò che hai fatto fino a
quell’istante fosse giusto,
perfetto e finalizzato solo a questo.
Un
flebile gemito di dolore mi
riportò con i piedi per terra; la piccola aveva trovato,
come normale che
facesse, il seno della ma e intendeva succhiare, in realtà
l’aveva morso.
«No,
Renesmee», mormorai riprendendo
in braccio la piccina per allontanarla dalla sua tentazione.
In
quell’istante qualcosa cambiò nel
sottofondo della stanza, mancava qualcosa … mancava
… il battito di Bella! Poi
no, eccolo nuovamente; stava rallentando … ed era sempre
più irregolare … Jacob
riprese con la respirazione ed il massaggio cardiaco, ma ormai eravamo
alla
fine
“IL
VELENO!”«Cosa
aspetti?», gridò, senza smettere di pompare.
«Prendi
la bambina», dissi
impaziente.
«Buttala
dalla finestra».Esclamò
continuando a pomparle sul cuore. Non feci nemmeno in tempo a reagire
che, alle
mie spalle arrivarono i pensieri di Rosalie,“Ci sono
io Edward, non
preoccuparti.”non sembrava nemmeno la sua voce
talmente era mortificata per
l’accaduto «Datela a me», chiese con tono
dimesso. Un ringhio uscì involontario
dal mio petto, dopo il crollo che aveva avuto poco prima come potevo
essere
sicuro che fosse in grado di farcela, ero ad un bivio e senza nessun
cartello
per scegliere la direzione esatta.“Sto bene adesso.
Salva sua madre, la
piccola ha bisogno di lei …”pensò
guardandomi negli occhi «È tutto sotto
controllo», promise.«Dammi la bambina, Edward. Me
ne prendo cura io finché
Bella...».
Sì,
stava bene. I suoi occhi seppur
neri per la sete non potevano mentire e senza esitazioni lasciai
Renesmee nelle
sue braccia.
Fu
come se una parte di me andasse
via con lei, ma non potevo permettere che Bella morisse, avevamo
bisogno di
lei. Tutti e due.
Dal
cassetto della scrivania di
Carlisle afferrai una siringa in acciaio e mi precipitai sul corpo
straziato e
privo di sensi di mia moglie; il battito era flebile e sempre
più irregolare,
ma c’era ancora.
«Togli
le mani, Jacob». Gli ordinai,
ormai respirazione e massaggio erano inutili.
«Cos'è?»
domandò non muovendosi di
un millimetro.
Il
tempo per le spiegazioni era
finito, afferrai le sue mani con forza, le spostai, e conficcai
l’ago della
siringa direttamente nel cuore di Bella «Il mio
veleno»,risposi mentre
abbassavo lo stantuffo.
Il
suo cuore, come se fosse sotto
l’effetto di un defibrillatore, sussultò.
Bene.
Iniettando
il veleno direttamente
nel cuore ancora pulsante facevo si che venisse spinto più
velocemente in ogni
altra parte del corpo. Se avessi fatto il contrario non era sicuro che
sarebbe
arrivato in tempo al cuore.
«Non
lasciare che si fermi»,ordinai
subito dopo. Se il muscolo avesse riacquistato vigore, la diffusione
sarebbe
stata ancora più rapida e quello era il momento per dargli
la spinta di cui
aveva bisogno.
Lo
vidi riprendere e mi concentrai
sul resto del corpo; iniziando a mordere frenetico in corrispondenza
delle vene
con maggior afflusso di sangue, più veleno ci fosse stato in
circolo, migliore
sarebbe stato il risultato. Subito dopo ogni morso cicatrizzavo il
tutto sempre
con il veleno, se la ferita fosse rimasta aperta ciò che le
avevo inoculato
sarebbe potuto fuoriuscire insieme a un nuovo rivolo di sangue e
sarebbe stato
tutto inutile.
Tutta
la mia concentrazione era
rivolta su Bella, su ogni sua possibile reazione, il silenzio che
regnava
intorno a noi era rotto solamente dal suo debole cuore che tentava di
aggrapparsi a quella misera speranza di vita, fino a quando i pensieri
di Jacob
mi arrivarono addosso con la potenza di un uragano
“È
finita … è inutile … e immorale,
accanirsi su un cadavere …”Ma
stava
battendo, il suo cuore batteva ancora … possibile non fosse
in grado di
sentirlo “siamo rimasti solo noi …
è finita … non è rimasto
più nulla per me
… Lei … lei non c’è
più …”
«E
allora vattene», sbottai furioso
e incredulo. No, il suo non era amore … se ami qualcuno
davvero, non ti
arrendi, lotti fino alla fine e oltre senza mollare mai. Jacob stava
gettando
la spugna come se il fulcro della sua attenzione si fosse spostato
completamente da un’altra parte. Con tutta la rabbia di cui
ero capace, spostai
nuovamente le sue mani dal petto di Bella e continuai da solo a far
pompare il
suo cuore.
Più
forte, sempre più forte.
«Non
è morta», ringhiai. «Si
riprenderà». Credevo di parlare a Jacob ma capii
ben presto che stavo parlando
a me, cercando di darmi una speranza; la speranza che tutto non fosse
perduto …
«Non
sei morta … Non sei morta … »
mi trovai a supplicare quel corpo senza vita continuando a mordere
senza alcun
criterio ogni parte del suo corpo «Avanti … Avanti
… Funzionerà …» cercai di
convincermi mentre non smettevo di pompare frenetico sul suo cuore
«…
Funzionerà …»perché non
reagiva? Non un grido, non un sussulto «Ti prego, ti
prego, ti prego …» continuai a supplicare ormai al
limite della disperazione
«Ti prego … Torna da me amore mio
…» mormorai stringendola al petto «Bella
… ti
prego Bella … non mi lasciare …» avevo
fallito … non avevo fatto abbastanza e
lei adesso non era più con me ... quando d’un
tratto: un palpitare frenetico,
un battito accelerato... Un cuore, il SUO cuore, in trasformazione.
Non
tutto era perduto.
Ancora
grazie e a presto!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** CAPITOLO 16 ***
Eccomi
finalmente qua!!! Questo capitolo (come il prossimo che sto ancora
scrivendo)
sono inventati di sana pianta, e raccontano di cosa accade durante i 3
giorni
della trasformazione di Bella.
Spero
vi
piaccia!
Con
l’occasione
vorrei ringraziare tutti quelli che ancora hanno la pazienza di
seguirmi sia
coloro che commentano che quelli che restano silenziosi. GRAZIE DI
CUORE A
TUTTI!!
Buona
lettura.
Cap.16
1°
giorno
Alice
Entrai
nel salone per
controllare che non ci fossero altri problemi; Rose aveva detto che
stava bene,
prima di correre in soccorso a Edward ma una controllatina in
più non guastava
di sicuro; tutto mi sarei aspettata tranne la scena che si
mostrò ai miei
occhi.
Roba
da non credere.
Rose
coccolava la piccina
tra le sue braccia e Jacob, alcuni passi dietro le sue spalle che
fissava la
neonata inebetito.
Era
in estasi.
Ciò
che mi colpì
maggiormente fu Renesmee che ricambiava il suo sguardo. Sembrava si
stessero
cercando con gli occhi.
Rosalie
non si era accorta
di nulla talmente era presa dal fagottino rosa che stringeva tra le
braccia; a
dire il vero nessuno dei tre aveva minimamente considerato il mio
arrivo.
Rimasi
alcuni minuti a
contemplare la scena e giunsi all’unica conclusione
possibile, anche se folle:
IMPRINTING.
Jacob
aveva avuto in quei
pochissimi istanti l’imprinting con Renesmee.
Era
assurdo … improponibile
… ma purtroppo verissimo.
“A
Edward non piacerà”
fu
l’unica cosa che la mia mente riuscì a formulare.
«Scusate
…»sussurrai in
modo da non spaventare nessuno. Erano talmente assorti che un tono di
voce
appena più alto li avrebbe spaventati a morte; ciononostante
bastò quella
misera parola per avere tre paia di occhi puntati di scatto verso di
me, quasi
avessi interrotto qualcosa di magico urlando a squarciagola.
«…
ecco … io … »mormorai,
forse per la prima volta nella mia esistenza, in
imbarazzo«volevo … volevo solo
… conoscere la mia nipotina.» aggiunsi
avvicinandomi piano.
Non
mi sembrava una grande
idea mettere al corrente mia sorella dell’imprinting
… era meglio lo capisse da
sé … finire in mezzo ad una lite tra quei due era
l’ultimo dei miei desideri,
preferii quindi soprassedere e concentrarmi sulla bambina.
Era
bellissima.
Per
quel poco che potevo
intendermi di neonati ero certa che fosse tra i più belli,
se non la più bella,
che fosse mai esistita. La pelle era bianchissima, quasi come la
nostra; il
visino tondo circondato da dei ribelli riccioli rossastri “tutta
suo padre
…” pensai sorridendo tra me; facevano da
cornice a due splendidi occhioni
color cioccolato, gli stessi di Bella ... e la cosa più
sorprendente fu il suo
cuore, batteva veloce, con un ritmo quasi frenetico: era VIVA!
La
piccola era viva!
«Beh
signorina, si può
dire che hai preso il meglio di mamma e papà!» Le
dissi mentre Rose me la
porgeva per prenderla in collo.
I
due occhi più vispi che
avessi mai visto mi studiarono per un istante con curiosità,
per poi
illuminarsi di gioia regalandomi uno splendido sorriso.
Mi
conquistò all’istante.
«Ciao
tesoro … sono zia
Alice … piacere di conoscerti.»
Mai
avrei creduto che mi
sarei innamorata di una bambina. «Faremo grandi cose, noi due
insieme!» Le
mormorai completamente rapita dal piccolo tesoro che stringevo tra le
braccia,
ma in quell’istante accadde l’inaspettato: la
piccola iniziò a muovere
convulsamente le manine fino ad arrivare a sfiorarmi il viso.
Traballai
per l’inaspettata
sorpresa.
«Attenta!»
mi sgridò
Rosalie «la farai cadere!»
«S-sì
… Scusa … è che …
WOW … non credevo …» farfugliai.
«Cosa?
È così strano
tenere in braccio un neonato?»
«No
è che … non me lo
aspettavo … mi ha toccato e … è stata
come una magia … una miriade di colori mi
ha riempito gli occhi …»
«Alice
le tue visioni
hanno ancora dei problemi.» rispose scettica.
«Non
sono visioni!» e in
quel momento l’immagine di Edward da una stranissima
prospettiva mi apparve
davanti, era quello che aveva visto lei … quando lui
l’aveva presa in braccio
dopo averla fatta nascere; e subito dopo Bella, completamente stravolta
dal
parto, e in fin di vita «è lei che mi sta facendo
vedere delle immagini …
proprio adesso ho visto Edward e poi Bella … credo
… credo che voglia i suoi
genitori.»
Rosalie
mi guardò
interdetta.
«Sarebbe
una specie di
potere?» chiese infine.
«Può
darsi … Carlisle
sicuramente ci potrà dare qualche risposta in più
… adesso … adesso vedo …
Jacob.» sussurrai quel nome con un fil di voce.
«CHI?!?»
esclamò con il
previsto disgusto.
«Jacob.»
ribadii prendendo
un po’ di coraggio. Purtroppo non ero in grado di prevedere
la reazione di mia
sorella, essendo direttamente collegata al licantropo, ed ero pronta a
tutto.
Quasi
senza rendermene
conto mi girai a guardarlo, era ancora inebetito a fissare la bambina
nelle mie
braccia.
«Po-posso?»
chiese
facendosi avanti porgendo le mani in modo da prenderla in braccio.
«NO!»
Ringhiò Rosalie al
mio fianco.
“Ha
capito …”pensai
cercando di non iniziare a ridere della sua espressione sconvolta e
disgustata.
«ASSOLUTAMENTE
NO! NON
ESISTE!! MANTIENI LE DISTANZE CANE!!»
«Non
è colpa mia!! Accade
e basta.» cercò di difendersi Jacob.
La
situazione si stava
scaldando, senza aggiungere alcun commento, rimisi la bambina in
braccio a Rose
e mi defilai.
La
piccola aveva chiesto
dei suoi genitori, almeno così avevo interpretato
ciò che mi era stato
mostrato, ed era il caso che almeno uno di loro le stesse accanto.
Edward
Era
finito.
Era
tutto finito, adesso
non rimaneva che aspettare. Anche se impossibile, mi sentivo stanco,
non
fisicamente ma mentalmente ero a pezzi.
Era
circa un ora che
Renesmee era nata, che il mio veleno era entrato in circolo nel corpo
di Bella,
e nulla era cambiato. Bella giaceva inerme sul letto in una pozza di
sangue e
non dava segnali che facessero capire se la trasformazione fosse in
corso o no.
Ricordavo
bene cosa si
provasse durante quegl’interminabili tre giorni, era
impossibile restare
immobili e silenziosi mentre tutto il tuo corpo ardeva tra le fiamme
dell’inferno.
Il
panico di aver fallito
e che fosse morta, era smorzato solamente dal debolissimo battito del
suo cuore
che ancora riuscivo a percepire.
«Dove
ho sbagliato … Ti
prego Bella …» sussurrai implorandola mentre le
baciavo la mano che tenevo
stretta tra le mie.
«Andrà
tutto bene … non
preoccuparti.» mormorò Alice alle mie spalle
«se può aiutarti, adesso che si è
separata dalla bambina, ricomincio nuovamente a vedere il suo futuro
… a dire
il vero è ancora un po’annebbiato, credo dipenda
dal fatto che si sta
trasformando … ma sarà bellissima.»
cinguettò infine soddisfatta.
Non
potei che sorridere,
non avrebbe potuto essere altrimenti, per me lo era sempre stata.
«Eppure
è così strano …»
mugolai «… Dio come vorrei che questi tre giorni
passassero in un istante!»
«Credo
che forse … forse
ti farebbe bene allontanarti un po’.»
suggerì tutto d’un fiato.
«NO!»
esclamai
all’istante. Come poteva solo immaginare che la abbandonassi
proprio adesso.
«Ascoltami
per una volta,
starò io qua e mi prenderò cura di lei, non
può svegliarsi e vedersi ancora
ridotta in quello stato. Penserà di aver passato la notte
con Jack Lo
Squartatore se non la sistemiamo un po’. Le faro il bagno e
farò in modo che
quando si guarderà allo specchio non creda ai suoi
occhi!!!»
«Ma
io …»
«Tu,
invece, potresti
prenderti cura di tua figlia!»
«Mia
…» era incredibile
come quella parola mi facesse tremare.
«Tua
figlia, Edward.
Renesmee. La piccola ha chiesto dei suoi genitori e in questo momento
l’unico
disponibile sei tu.»
«Renesmee
…»
«Già,
proprio lei!»
«C’è
già Rosalie che se ne
occupa.»
«Vuole
te!»
«È
una neonata, Alice.
Figurati se è in grado di esprimere preferenze.»
«Ti
assicuro che è in
grado di farsi capire benissimo … a modo suo … te
ne accorgerai. Poi … poi c’è
un altro problema che … richiederebbe la tua presenza
…»
«Che
genere di problema?»
mugugnai sfinito con non curanza, in quel momento non c’era,
per me, niente di
più preoccupante che lo stato di salute di Bella.
«Jacob.»
sputò tutto d’un
fiato Alice.
«Jacob?!
Non vedo come
possa essere un problema, ha giurat …»
«Magari
… non lo è …»
m’interruppe lei «… ma credo
… credo sia il caso che … che tu valuti da solo
…
» La reticenza che Alice mostrava nel darmi delle risposte
sensate m’indusse,
per esasperazione, a frugare nei suoi pensieri. La mia attenzione era
concentrata altrove e tutto il resto che mi circondava me
l’ero
fatto scivolare
addosso senza dargli alcun peso ma in quell’istante
ciò che avevo ignorato e
che lei non aveva avuto il coraggio di dire a parole, mi venne mostrato
dalla
sua mente senza il minimo indugio.
Fu
peggio di quanto
potessi mai immaginare.
«NO!»
gridai «NON È
POSSIBILE! NON LO PERMETTERÒ!!!»
«Per
questo ho detto che
era meglio tu valutassi con i tuoi occhi …»
C’era
poco da valutare.
Jacob aveva avuto l’imprinting con Renesmee «
… è solo una neonata …»
mugolai
tra me, completamente incapace di discernere se questo potesse essere
un bene o
un male. Tutto ciò che riuscivo a pensare in quel momento
era che MIA FIGLIA,
nata solo da poche ore, aveva già un destino programmato; e
che io avrei avuto
Jacob tra i piedi per l’eternità.
«Comunque
sia dovresti
andare da Renesmee … ha bisogno di te.»
sussurrò Alice poggiandomi una mano
sulla spalla, riportandomi alla realtà.
«Anche
Bella …»provai ad
insistere. Forse per cercare anche di procrastinare il più
possibile il faccia
a faccia con il mio incubo personale.
Sinceramente
non avevo la
più pallida idea di come affrontare la situazione.
«Bella
in questo momento
sta lottando per voi due, sono sicura che con quanto ha fatto per la
vostra
bambina si aspettasse, come minimo, che tu facessi le sue
veci.»
Non
osai obiettare.
Sapevo
che aveva ragione
da vendere ma non sopportavo l’idea di lasciarla da sola su
quel lettino;
dovevo però fare ciò che si sarebbe aspettata da
me, ciò che mi aveva chiesto
silenziosamente fin dal primo giorno: non abbandonare nostra figlia.
Dopo
il modo in cui mi ero
comportato, glielo dovevo.
Lo dovevo a tutte e due.
«Ti
lascio in buone mani
…» sussurrai baciandole la fronte «Vado
da Renesmee … poi ti racconterò
…»
Sorrisi
ad Alice e lasciai
lo studio di Carlisle tornando così alla realtà
di ciò che stava accadendo
sotto il mio stesso tetto.
«Eddai!!!
Solo un momento
bionda! Cosa ti costa?!?! Fammela tenere in braccio
…»sentii mugolare Jacob.
Non lo avevo mai sentito con una voce così melensa.
«NO!
SCORDATELO!! NON
CHIAMARMI BIONDA E NON TI AVVICINARE!! VEDRAI QUANDO LO
SAPRÀ EDWARD!! »
sbraitò Rosalie.
“Edward
lo sa già …”
pensai
massaggiandomi le tempie “… e la cosa
non lo entusiasma per niente …”
«Non
l’ho fatto apposta!
L’imprinting non viene a comando … e poi non vedi
che anche lei mi cerca?!?!»
“Perfetto!
Il sentimento è
corrisposto”grugnii
tra me. Non poteva che essere figlia di Bella.
«HO
DETTO NO!!»
Avevo
sentito abbastanza,
se non mi sbrigavo a scendere nel salone non avrei trovato
più vivo nessuno.
E
fu un bene.
Non
appena mi affacciai
sulla scalinata, si bloccarono entrambi, fissandomi imbarazzati.
“Ti
giuro che non l’ha
nemmeno sfiorata!”si
precipitò a comunicarmi Rose.
«Lo
so, tranquilla.»
«Cosa
ti ha detto?
Qualunque cosa sia NON.È.VERA!! Non le ho fatto niente!! Dai
Edward … mi sta
accusando di aver manipolato l’imprinting … te sai
che non lo possiamo
comandare?!? »
«So
anche questo Jacob.»
«Visto?!?!?»
ghignò in
faccia a mia sorella.
«Ciò
non vuol dire che la
situazione che si è creata mi piaccia.»
puntualizzai, giusto per esternare il
mio disappunto.
“C’avrei
scommesso …”
pensò
strafottente come sempre “non giocarmi qualche
brutto scherzo Cullen ti
avverto che potrei non rispondere di me”
Ottimo.
Stavamo passando
alle minacce.
«Ci
devo riflettere
Jacob.»
«Edward
…» sussurrò
Rosalie avvicinandosi e porgendomi la bambina « …
credo voglia te.» aggiunse
mettendomi in braccio il fagottino che stringeva tra le braccia.
Non
mi aspettavo che me la
mettesse in collo all’improvviso.
Rimasi
così, impalato, a
fissare quell’esserino minuscolo che mi guardava con
ammirazione.
«Hai
gli stessi occhi
della tua mamma sai?» riuscii a dirle dopo un lungo silenzio,
per il resto fu
amore a prima vista.
Tutto
il resto passò in
secondo piano: il cicaleggio di Rose, i borbottii di Jacob, tutto perse
di
consistenza, fino a dissolversi nel nulla; e come in trance tornai sui
miei
passi fino a ritrovarmi in camera mia.
Non
riuscii a distogliere
lo sguardo da mia figlia nemmeno un attimo, fu come una rivelazione,
fino a
quel momento non avevo realizzato appieno l’idea di essere
padre, forse perché
da quando avevo iniziato a contemplarla al momento in cui si era
realizzata il
tempo era stato pochissimo.
Sapevo
che c’era, l’avevo
fatta nascere io stesso, ero il primo ad averla vista
l’istante dopo averla
tirata fuori dal ventre di Bella. Sapevo che era bellissima, ma il
momento era
concitato e non avevo potuto prestarle tutte le attenzioni che
meritava; adesso
però il momento era tutto nostro, eravamo io e lei soltanto
e nell’istante
esatto in cui Rosalie me l’aveva messa in braccio avevo
realizzato quanto fosse
reale, bellissima e tutta nostra.
Non
avrei mai creduto di
poter amare qualcun altro oltre a Bella ma dovetti ricredermi. Avrei
fatto
qualsiasi cosa per l’angelo che tenevo stretto a me. Ancora
stentavo a credere
che una creatura maledetta come me, un mostro, fosse riuscito a dar
vita a una
creatura così speciale …
«È
tutto merito della tua
mamma sai?» le sussurrai cullandola nel mio abbraccio
«Lei ti ha adorato dal
momento esatto in cui ha saputo della tua esistenza. È il
suo amore che ti ha
resa così bella e speciale. Per come l’ho trattata
non meritavo questo dono;
perché questo sei: un dono del cielo ed io non vi merito,
nessuna delle due, Ma
vi amo immensamente.»
Dal
suo sguardo potevo
capire che aveva seguito parola per parola tutto ciò che le
avevo detto. Era
intelligente, molto più intelligente di un qualsiasi altro
neonato.
Possibile
che anche la sua
intelligenza avesse avuto uno sviluppo così precoce?
Stavo
ancora riflettendo
quando la sua piccola e paffuta manina mi sfiorò la guancia.
Vidi me stesso nel
momento esatto in cui l’avevo fatta nascere.
Rimasi
interdetto, ma
subito collegai la visione a quanto aveva detto Alice.
«È
così che ti fai capire
tesoro?» le chiesi dolcemente, e ancora una volta rividi la
mia immagine «Sì
sono io. Sono il tuo papà.»
Uno
splendido sorriso le
illuminò il visino. Un attimo dopo vidi Bella, un brivido mi
percorse la
schiena alla vista dell’unico ricordo che ne aveva la
piccola. Rivederla in
quello stato mi tolse il fiato «e lei è la tua
mamma …» ma vedendo che non
smetteva di mostrarmela intuii che mi stesse chiedendo
dov’era. Presi un
profondo respiro e cercai di spiegarle la situazione «la
mamma non sta bene,
dopo che sei nata si è sentita male … dovrai
aspettare qualche giorno prima di
incontrarla.» Mi fisso alcuni istanti turbata, aveva capito.
In
quel momento riflettei sull’enorme
portata di quella frase e mi sentii un vigliacco.
Senza
volerlo le avevo
mentito.
Nessuno
ci poteva dire
come si sarebbe comportata Bella nel suo primo anno da vampira neonata.
Non
far vedere ad una
madre il proprio figlio è forse il dolore più
grande che le si possa
infliggere, ma questo era una caso un po’ particolare,
l’instabilità tipica dei
neonati avrebbe potuto mettere a rischio la piccola; nelle sue vene
scorreva
sangue non veleno, era viva. Se Bella in preda alla sete
l’avesse uccisa ne
sarebbe morta lei per prima.
Ma
come spiegare tutto
questo ad una bambina?
Come
fare a non farle
sentire la mancanza di sua madre?
L’aveva
vista un istante e
già chiedeva insistentemente di lei.
Sarei
stato in grado di
occuparmi di lei?
Davanti
a quegl’occhi che
non smettevano un secondo di studiarmi, mi sentii improvvisamente
inadeguato e
impreparato.
Educare
e far crescere un
figlio non è una cosa facile. Nessuno te la spiega,
è qualcosa che cresce e si
sviluppa nel corso della vita; e se è difficile per gli
umani, per quelli come
noi, a causa di tutte le implicazioni che la nostra natura portava, era
un’impresa mastodontica.
«Ti
giuro che farò del mio
meglio … » le sussurrai cullandola «
… non ho idea di come si faccia a fare il
padre, ma farò l’impossibile perché tu
non senta la mancanza della tua mamma.
Questa è una promessa tesoro mio, fosse l’ultima
cosa che faccio nella mia
esistenza.» conclusi baciandole la fronte, era
così soffice, profumata.
“Non
sembra vera …”
pensai completamente rapito da quel piccolo miracolo.
Renesmee
continuò a
guardarmi incantata per qualche istante ancora, proponendomi le
immagini delle
sue prime ore di vita, quasi volesse raccontarmi la sua giornata; poi
lentamente sfumarono trasformandosi in una girandola di macchie di
colore, il
braccino le ricadde a peso morto lungo il fianco e tutto
cessò.
Mi
mancò il fiato.
Stava
male?
Perché
faceva così?
Stava
morendo?
«Renesmee?!
Renesmee?!»
provai a chiamarla. «Ti prego amore guardami?! Apri gli
occhi!»
Niente.
Completamente
immobile.
«Carlisle!»
provai a
chiamare ormai preso dal panico, ma mio padre non era ancora rientrato.
Quanto
mancava a
mezzogiorno?!?!?
«Che
succede
Edward?»chiese trafelata Rose, accorrendo al mio disperato
richiamo.
«NON
SI MUOVE!! Mi
guardava, sorrideva poi improvvisamente ha perso i sensi …
io … io … non so
cosa le ho fatto … Dio mio … sta morendo
…»
«Dorme.»
«Dobbiamo
rintracciare
Carlisle, SUBITO!»
«Sta
dormendo, Edward.»
«Dobbiamo
salvar …»
«STA.DORMENDO.
Smettila di
farneticare e ascolta le persone quando ti parlano!»
sbottò infine risentita.
Rimasi
interdetto e non
aggiunsi una parola.
Avessi
potuto in quel
momento sarei diventato viola dalla vergogna.
«Non
cominciare ad essere
iperprotettivo e ansioso anche con lei oltre che con Bella
perché altrimenti
non ne veniamo più fuori.»
Sì
certo, come no … era
più semplice a dirsi che a farsi. Come se non mi avesse
conosciuto …
«Con
i bambini ci vuole
anche un po’ di praticità, non possiamo stare
troppo sull’albero a cantare.»
insistette Rosalie prendendola in braccio per cullarla.
Se
non altro c’era lei.
Bella
aveva scelto bene,
come sempre.
Nessuno,
durante la sua
assenza, sarebbe mai stato in grado di occuparsi della piccola meglio
che di
Rosalie.
Il
destino era stato fin
troppo crudele con lei e non lo meritava, farle vivere la
possibilità di essere
madre anche se per un tempo limitato l’aveva resa
improvvisamente più
malleabile.
«Grazie.»
sussurrai.
Si
voltò di scatto
guardandomi con stupore.
«Grazie.»
ripetei«per
tutto quello che hai fatto per Bella nei giorni passati e per Renesmee
adesso.»
«Non
l’ho fatto per
sentirmi dire grazie.» replicò riportando lo
sguardo sulla piccola nelle sue
braccia “l’ho fatto perché era
giusto.”
«Lo
so.» risposi «Ma ti
devo comunque le mie scuse per come mi sono comportato e ringraziarti
per
essere stata vicina a Bella quando io … io
…»
«Quando
tu avevi i deliri
di onnipotenza, credendo di aver diritto di decidere per la vita
altrui?»
«Esatto.»
«Non
eri certo il solo ad
essere convinto che ambissi alla morte di Bella per appropriarmi della
bambina
… viviamo insieme da quasi un secolo ma non mi conoscete
ancora abbastanza …
ogni bambino ha bisogno della propria madre, nessuno sarà
mai in grado di
occuparsene meglio di lei. Ciò non toglie che sarei stata
pronta a sostituirla
se i nostri sforzi per salvarle la vita fossero stati vani; e questo,
sia ben
chiaro, non per assecondare il mio desiderio di maternità,
ma solo e soltanto
perché era stata sua madre ad affidarmela.»
«Lo
so. E farò in modo che
lo capiscano anche gli altri.» mormorai vergognandomi del
trattamento che le
avevamo riservato.
“Non
mi interessa.
il
solo fatto che tu abbia
ammesso di aver sbagliato è più che sufficiente
per me.”«Accetto
le scuse.» sentenziò senza troppi giri di parole;
e in silenzio tornammo a
contemplare la bambina.
“È
cresciuta …” pensò
improvvisamente.
«Chi?»
chiesi non capendo
a chi si riferisse quel pensiero.
«Renesmee
… ti sembrerà
strano ma da quando l’ho messa nelle tua braccia ad ora, la
bambina è cresciuta
… forse è solo un’impressione
… la nostra vista ci permette di cogliere anche
il più minimo cambiamento, ma ho come la sensazione che
cresca più velocemente
di un bambino normale …»
La
guardai basito, ma non
osai replicare e osservai Renesmee attentamente, per più di
un’ora: il viso si
sfilava, i capelli crescevano, la lunghezza aumentava. Era tutto
impercettibile
ma comunque troppo veloce.
Rose
aveva avuto, ancora
una volta, ragione.
Come
la gravidanza aveva
avuto un decorso accelerato adesso anche la crescita seguiva lo stesso
ritmo.
Preso
dall’emozione di
stringerla tra le mie braccia, non avevo fatto caso ai particolari che
mia
sorella aveva subito notato.
“Complimenti
Edward, questo
è un ottimo inizio nel tuo nuovo ruolo di padre
…”pensai
mortificandomi.
Un
occhio umano
sicuramente non ci avrebbe fatto subito caso, ma a distanza di qualche
giorno
sicuramente sì … dovevo proteggerla …
dovevo …«Dio mio … » esclamai
dopo un
breve ragionamento.
Rosalie
mi guardò
terrorizzata.
«Se
la crescita continua
con questa velocità …» iniziai a dire.
«NO!»
gridò mia sorella
capendo perfettamente la conclusione del pensiero che non avevo avuto
il
coraggio di esprimere.
«Deve
esserci una
soluzione.» Sentenziò «Carlisle
arriverà tra poche ore … lui … lui
sicuramente
saprà cosa fare …» mormorò
senza avere la forza di guardarmi negli occhi. “Io
non posso … non posso pensare che possa verificarsi una
simile eventualità”
pensò stringendo la bambina al petto.
Non
ebbi il coraggio di
replicare, in quel momento mi mancò la terra sotto i piedi,
come se una parte
di me inscindibilmente legata a mia figlia fosse stata ferita a morte;
avessi
avuto la stessa, se pur flebile, determinazione di mia sorella forse
non sarei
rimasto schiacciato da quella terribile realtà, e sperai con
tutto me stesso di
essermi sbagliato.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** CAPITOLO 17 ***
Ciaooo!!!
Ecco finalmente con la
seconda parte del mio lavoro di fantasia.
Grazie
infinite a tutti, sia a chi
commenta che a chi resta in silenzio.
Buona
Lettura.
Cap.
17
2°
giorno
Carlisle
«Mai
visto niente di simile …» mormorai
sconcertato dopo aver visitato la neonata.
Eravamo
tornati a casa con un paio d’ore
d’anticipo rispetto a quanto previsto, anche
perché le telefonate che ci erano
state fatte non promettevano nulla di buono.
Bella
aveva partorito, Edward era riuscito a
trasformarla in tempo prima che il suo cuore cedesse, ed entrambe
erano, tutto
sommato, sane e salve; nulla sembrava dovesse essere andato storto,
eppure
Rosalie e Edward premevano che rientrassimo il prima possibile
perché
nonostante Renesmee stesse bene, c’era qualcosa che non
andava e urgeva una visita
immediata.
Mai
mi sarei immaginato di vedere una simile
“patologia”, se di
patologia si poteva parlare.
Arrivammo
a casa e alla gioia di conoscere quella piccola e splendida
creaturina che era mia “nipote”, seguirono a rotta
di collo una serie di rivelazioni
una più scioccante dell’altra: in primis
l’imprinting con Jacob, seguito subito
dopo dalla scoperta dello straordinario potere della bambina e in fine,
ma per
questo non meno importante, l’impressionante
velocità di crescita che la
piccola aveva.
Incredulo,
prima di compiere qualsiasi visita, la osservai per alcune
ore e rimasi esterrefatto.
Poche
cose, ormai, riuscivano a lasciarmi perplesso.
Mia
nipote era una di queste.
Oltre
che la crescita fisica anche l’intelligenza della piccola
aveva
lo stesso straordinario sviluppo. La tenni in braccio per osservarla
meglio,
provai a parlarle, porgendole delle semplici domande alle quali lei
rispose e
interagì senza alcuna esitazione con quel suo particolare
modo di comunicare.
Era
meravigliosa.
La
mia innata curiosità mi spingeva a studiarla sempre
più a fondo, ma
il mio nuovo ruolo di “nonno” mi portò a
preoccuparmi subito per l’enorme
enigma che era il suo sviluppo accelerato.
«E
quindi?!?!?!?»esclamò Jacob con un tono tra il
furioso e il disperato, riportandomi al presente.
Il
ragazzo aveva voluto assistere, insieme a
Edward e Rosalie alla visita, non ero particolarmente entusiasta di
questa
cosa, la sua irascibilità mi avrebbe potuto precludere
alcuni ragionamenti o
riflessioni con i miei figli ma, quando Renesmee ci
manifestò lo stesso
desiderio, preferimmo assecondarla sperando che così facendo
si spaventasse il
meno possibile con tutti i macchinari necessari per le varie
misurazioni.
«E
quindi … sono completamente impotente …
»
risposi dopo aver preso un profondo respiro.
Edward
crollò esausto sulla poltrona della mia
scrivania.
Non
sapere come comportarmi, vedere mia nipote
crescere a vista d’occhio e mio figlio soffrire in quel modo
mi spezzò il
cuore.
Per
non parlare di Jacob non proferì parola, con
sguardo sofferente, guardò la bambina, avesse potuto, si
sarebbe messo
volentieri al suo posto.
Il
destino era stato fin troppo crudele, anche con
lui.
Mai
la mia fede aveva vacillato nel corso dei
secoli, ma quel giorno era stata messa a dura prova.
Emmett
«Ora
che avete finito di confabulare posso vedere
la mia nipotina?!?!» esclamai andando incontro a braccia
aperte al “corteo
funebre” che finalmente scendeva dalla scalinata.
Sinceramente
mi sarei aspettato delle facce più
allegre per festeggiare il nuovo arrivo … Appena rientrati
in casa Edward e
Rosalie avevano requisito Carlisle imponendogli di visitare
urgentemente la
bambina.
L’unica
cosa che capii era che cresceva in fretta
… mah …
“Non
è certo una novità che i bambini crescono in
fretta … lo dicono
tutti … quindi sarà vero.”
Edward
con le sue paranoie mi stava plagiando Rose
… Come se in famiglia un apprensivo non fosse già
abbastanza!
«Grazie
per la considerazione.» Esclamò Edward
fulminandomi con gli occhi.
«Ma
te i fatti tuoi mai vero? Comunque è la
sacrosanta verità, sei paranoico oltre ogni immaginazione e
adesso, che avrai
due persone per le quali angosciarti, ci porterai tutti
all’esaurimento
nervoso!» replicai avvicinandomi a Rose per curiosare nel
fagottino che teneva
stretto al petto; ma la mia attenzione fu catturata da ben altro
…
La
mia Rose.
Era
bella, lo era sempre stata, ma adesso aveva un
non so che, che la rendeva radiosa; gli occhi le brillavano di gioia e
la
tensione che spesso s’intravedeva nei suoi lineamenti si era
come dissolta nel
nulla. Non l’avevo mai vista così nemmeno quando
mezzo morto, scorsi il suo
viso per la prima volta e la scambiai per un angelo, ma infondo quello
era: il
mio angelo.
Avrei
dato la vita per poterle dare un figlio
tutto nostro e vedere quella luce sul suo viso ogni giorno della nostra
eternità. Non sarei mai stato grato abbastanza con Bella per
averle concesso di
starle accanto e poter vivere con lei la sua gravidanza.
«Non
poteva scegliere persona migliore.» sussurrò
Edward passandomi accanto, lo guardai stranito e mi fece
l’occhiolino.
“Era
l’ora che faceste pace!”pensai
sorridendo “era insostenibile doversi schierare con
uno dei due!! Mi stavate
facendo diventare matto!”e sedendomi al fianco di
Rosalie iniziai a
coccolare quel grazioso frugoletto. Già mi vedevo insieme
lei a tormentare di
scherzi quel lagnoso di suo padre … certo se fosse stato un
maschietto avrei
avuto più soddisfazione ma ero già convinto che
ci saremmo divertiti da matti
insieme; aveva già due occhioni così vispi
… non sembrava davvero una neonata
di poche ore … “Cavoli! Stai a vedere
che il nostro Eddy …” «Diamine
Edward!!» esclamai «se non foste due gocce
d’acqua, penserei che non è figlia
tua!!» e il lupo alle mie spalle sghignazzò
«non è che avete sbagliato a fare i
conti??? È nata e l’avete tenuta
nascosta?!?!?!»
«EMMETT!!»Sbraitò
Rose tirandomi una gomitata nel
fianco.
«Che
cosa ho detto di male?!?! Dì la verità cosa
combinavate la notte in casa dello sceriffo!?!?»
«Falla
finita Emmett!!»
«Dai
Rose, lo sai che scherzo ma non dirmi che non
ti sembra grandina per essere una neonata di poche ore!»
«È
per questo che l’abbiamo fatta visitare da
Carlisle …» mugolò Edward facendosi
improvvisamente serio «cresce velocemente …
esattamente come veloce è stata la gravidanza di sua madre.
Andando avanti di
questo passo … la sua vita …»
«Sarà
brevissima … Oh cazzo.» mormorai dopo aver
terminato la frase.
«Esatto.»confermò
Edward.
Ci
vollero alcuni minuti perché riuscissi a
metabolizzare quella nuova informazione, dopo di che mi sentii un
perfetto
idiota. «No … cioè … deve
esserci una soluzione … una cura che la ferma …
Carlisle?»chiesi ormai completamente disorientato.
«Non
mi è mai capitato un caso simile. Comincerò
oggi stesso a fare delle ricerche. Avrò bisogno del tuo
aiuto e di quello di
Jasper …»rispose avvilito.
“Jasper?!?
Ma dove diavolo è finito Jasper?”pensai
realizzando in quell’istante che da quando eravamo tornati
non
l’avevo visto da nessuna parte.
«…
intanto terremo sotto controllo la sua crescita
…» continuò nostro
padre«… la misureremo tre volte al giorno cercando
di capire
con quale rapidità progredisce.»
Il
mio sguardo iniziò a correre frenetico da
Rosalie a Edward a Renesmee,ero senza parole … credevo che
con la fine della
gravidanza di Bella il peggio fosse passato.
Evidentemente
mi ero sbagliato.
Esme
Senza
avere il coraggio di dire nemmeno una parola
mi sedetti sul divano e presi in braccio la piccola.
Che
stranissima sensazione, non avevo più preso in
braccio un bambino da quando …
“Il
mio bambino …”
E quella terribile
fitta al cuore tornò a squarciarmi il petto. Strinsi la
piccolina al petto e
iniziai a cullarla, e lentamente anche il dolore si sopì.
«Sei un bellissimo
miracolo sai piccolina?» le sussurrai con un filo di voce.
Dall’urgenza
delle telefonate che aveva ricevuto
Carlisle avevo intuito che fosse un problema serio, non credevo
però fino a
questo punto.
All’idea
del destino che era toccato a quel
piccolo angioletto, brividi di terrore iniziarono a percorrermi la
schiena.
Era
come rivivere nuovamente il mio incubo …
Perché
il destino era stato così crudele con
questi ragazzi? Non avevano affrontato già abbastanza
difficoltà? Perché la
vita doveva regalarti certe gioie se poi il prezzo da pagare
è così alto?
“Carlisle
troverà una soluzione tesoro, ho piena fiducia in lui. Tu
pensa solo a coccolarla e darle tutto il tuo amore, finché
la sua mamma non
potrà prendersi cura di lei ha soltanto te.”Pensai
sapendo che Edward mi avrebbe sicuramente ascoltato, ed il sorriso
amaro che mi
regalò girandosi me ne diede la conferma.
Non
potevo aiutarlo e non riuscivo nemmeno a
confortarlo.
Mi
sentii inutile e impotente.
Esattamente
come lui nei confronti di Renesmee.
«Vado
da Bella..»disse passandomi accanto e,
lasciandomi una carezza sulla guancia, uscì.
Edward
«Ciao!»
trillò Alice senza nemmeno voltarsi «Ti
stavo aspettando. Che te ne pare?»“Il Blu
le sta da Dio, e poi so che ti
piace”pensò facendomi
l’occhiolino.
«Lo
so.» risposi senza staccare lo sguardo da mia
moglie. «Ci sono stati cambiamenti?» chiesi pur
conoscendo già la risposta.
Qualcosa
dentro me sperava in un cenno, un piccolo
movimento, qualcosa che riuscisse a farmi scrollare di dosso
l’ansia di aver
sbagliato qualcosa. Allo stesso modo non so se sarei stato in grado di
vederla
urlare straziata dal dolore che il veleno le stava infliggendo.
Ero
in un vicolo cieco.
«No
nessun cambiamento. È rimasta immobile per
tutto il tempo. Sembra addormentata. Sono convinta dipenda dalla
morfina,
l’odore nell’aria è ancora forte
…»
«Sicuramente
ho sbagliato la dose quando gliel’ho
somministrata.» “Due lauree in medicina e
non sono neanche in grado di
somministrarle un antidolorifico …”pensai
avvilito.
«Basta
Edward!»sbottò improvvisamente Alice
facendomi trasalire «smettila di commiserarti stai diventando
insopportabile.
Andrà tutto bene e, se te lo dico io,
CI.DEVI.CREDERE!!» aggiunse fulminandomi
con gli occhi « adesso vi lascio soli! La mia nipotina mi
reclama!!»cinguettò
dileguandosi in un istante.
Aveva
ragione. Io stesso non mi sopportavo più,
figuriamoci gli altri. Purtroppo però in quel momento mi
sentivo sulle spalle
tutto il peso dei miei cento e passa anni e il mio stato
d’animo attuale era il
meglio che potessi offrire loro al momento; con Bella, invece, dovevo
fare di
più, se mi stava ascoltando, avrebbe sofferto troppo nel
sentirmi in quello
stato, non potevo permetterlo.
Non
potevo darle anche questo dolore.
Presi,
quindi, un profondo respiro e mi sedetti al
capezzale di mia moglie.
«Ciao.»
sussurrai temendo quasi di svegliarla «non
so se sei in grado di sentirmi … non ti ho abbandonata
… ma questo sono sicuro
lo sai già. Ero da Renesmee. È bellissima sai?
È un mix perfetto dei suoi
genitori, ha il tuo stesso sguardo, quello che mi ha fatto innamorare,
e i miei
capelli. È intelligente e molto sveglia per essere una
neonata … Chiede di te,
continuamente. Le manchi … e manchi anche a me. Il pensiero
di ciò che stai
soffrendo in questo momento mi manda fuori di testa, ma anche vederti
così
immobile … Dio cosa darei per averti con me ora!»
Esclamai sperando quasi di
ricevere una risposta. Continuai a fissarla stringendole la mano,
carezzandole
il volto, avrei voluto farle sapere tutto ciò che mi
ribolliva dentro, la
crescita accelerata di nostra figlia, l’imprinting con Jacob,
ma avevo promesso
… non ero convinto di dovergli ancora
qualcos’altro … infondo aveva già
allungato la mano su mia figlia; ma la situazione era fin troppo tesa e
complicata, e con Bella neonata forse una protezione in più
per la piccola …
scossi avvilito la testa: a chi volevo darla a bere!?! Questa storia
dell’imprinting non mi piaceva punto e basta. Il problema era
che non avevo la
più pallida idea se sarebbe piaciuta a lei «
… Ti prego Bella … ho bisogno di te
… io … io non riesco ad affrontare tutto questo
… ti prego fammi capire che non
ho sbagliato, che sei ancora con me …»la mia voce
era ridotta ad uno stridulo
lamento … se solo avessi potuto piangere.
Alice
Mi
chiusi la porta alle spalle e sospirai.
Non
sarebbe cambiato mai, per lui tormentarsi
l’animo era diventata una necessità, ultimamente,
però stava esagerando, se era
vero che i padri pendevano dalle labbra delle loro figlie femmine
presto
sarebbe diventato insopportabile … come se non lo fosse
già!
Scesi
nel salone sperando di poter coccolare in
pace la mia nipotina ma la terza guerra mondiale “vampiri
contro licantropi”
era in pieno svolgimento.
Rose
teneva stretta la bambina, Jacob le ringhiava
contro che era il suo turno di tenerla in braccio ed Emmett in mezzo a
loro che
cercava di tenerli lontani.
Esme
e Carlisle si erano, giustamente, defilati.
«Basta
Jacob! Rose ha ancora un quarto d’ora! Poi
toccherà a te.» sbraitò Emmett cercando
di non farlo avvicinare alla moglie.
Sembrava
una di quelle scenette dei vecchi film in
bianco e nero e scoppiai a ridere.
«C’è
poco da ridere nana!!» sbotto Jacob.
«Scusate.»risposi
cercando di ricompormi e
reprimere le risate «È che non capisco cosa state
combinando? Ma riuscite lo
stesso a farmi ridere!»
«Semplice,
non si trovavano d’accordo su chi
dovesse tenere in collo la bambina.»rispose Emmett con il
fiatone «Quindi
abbiamo stabilito dei turni. Ci sono però delle
“incomprensioni” su chi dovesse
cominciare.»
«COSA
STAI FARFUGLIANDO EMMETT!!! ERA CHIARO CHE DOVESSI
INIZIARE IO!!» sbraitò Rose.
«NO!
DOVEVAMO ESTRARLO A SORTE MA TU HAI BARATO E
TI SEI PRESA LA BAMBINA!!»replicò Jacob.
«IO.NON.HO.PRESO.LA.BAMBINA.A.TRADIMENTO!!
STAVA
DORMENDO, NELLE MIE BRACCIA QUANDO ABBIAMO DECISO. VOLEVI
SVEGLIARLA???»
«Capisco
…»dissi cercando di non ridere e di
mantenere le distanze da quel battibecco defilandomi con discrezione.
“Se
anche non la volevano svegliare prima, adesso, con tutte quelle
grida non stava certo riposando tranquillamente …”
pensai
uscendo.
«DOVE.CREDI.DI..ANDARE?!?!?
NON VORRAI MICA
LASCARMI DA SOLO A DIVIDERE QUESTI DUE???»
Supplicò Emmett terrorizzato, appena
capì che mi stavo allontanando.
«Io
… no … cioè … Diamine!! Sei
grande e grosso
non dirmi che sei in difficoltà a trattenere una donna e un
ragazzino?!?! Io
sono così piccola …»
«TU
NON SAI DI COSA SONO CAPACI QUESTI DUE!!»
replicò «TROVA SUBITOJASPER
E DIGLI DI VENIRE A DARGLI UNA
CALMATA PERCHÉ NON SO QUANTO RESISTO ANCORA !»
«IO.NON.HO.BISOGNO.DI.UNA.CALMATA!!»replicò
Rosalie
«OH
SI CHE NE HAI, CREDIMI!!! ALTRIMENTI TI
VERRANNO LE RUGHE!!»
«EMMETT!!
L’HAI SENTITO?!?!?! LURIDO CAGNACCIO
SCHIFOSO!! SE SPERI CHE TI FACCIA PRENDERE IN BRACCIO MIA NIPOTE STAI
SOGNANDO!!»
«ALICE
SBRIGATI!!» supplicò nuovamente Emmett
«È
entrato in casa ha guardato la bambina sconvolto ed è
schizzato fuori;
RIPORTALO QUA!»
“Ha
guardato la bambina sconvolto … cosa diavolo gli
è preso adesso …”e
più preoccupata per cosa passasse nella mente di Jasper che
della
sorte di quei due pazzi furiosi, corsi fuori.
Lo
trovai appollaiato su un albero a più di un
miglio da casa.
«Hei!»
lo salutai.
Si
girò appena..
«Cosa
combini qua? In casa è in corso una lotta
all’ultimo sangue tra nostra sorella e il lupo e Emmett ha
bisogno di una buona
dose di“camomilla” per entrambe.»
«Non
credo sia il caso che torni in casa.»
sentenziò telegrafico.
«Questa
poi!! Cosa ti frulla per la testa?!»
«Niente.»
«Non
è vero.»replicai decisa «Avanti sputa il
rospo!»
«La
bambina … è viva …»
rantolò «Il profumo del
suo sangue …»
«Non
accadrà nulla …» gli sussurrai
dolcemente
sedendomi al suo fianco «Non farai gli stessi sbagli
… lo so.» era in grado di
resistere, doveva solo essere spronato a tentare di superare i suoi
limiti,
ogni volta.
Dopo
il disgraziato compleanno di Bella per lui
era come se avesse fatto diecimila passi indietro rispetto ai progressi
dell’ultimo secolo, si era sentito fallito ed era convinto di
avermi deluso.
Non era così, per la paura di commettere nuovamente lo
stesso errore era
diventato molto più attento e pignolo – tipico
atteggiamento da militare –
doveva solo essere rassicurato.
«non
è solo per quello …»
Lo
scrutai curiosa.
«I
bambini sono pieni di emozioni, più sono
piccoli più ne hanno. Tutto suscita in loro emozione ed
è sempre fortissima.
Ridono o piangono da un momento all’altro manifestando la
felicità o il disagio
che provano al momento, ed è sempre un cambiamento repentino
e potente. Non
riuscivo a dominarle … mi hanno investito in pieno
… ho avuto paura …»
Rimasi
interdetta, mai mi sarei aspettata una
simile paura da parte sua.
Certo
non era il tipo che coccolava bambini ogni
cinque minuti, nessuno di noi lo era, non ne avevamo mai avuta neanche
la
possibilità, ma saperlo capace di lottare senza timore
contro i vampiri neonati
non mi lasciava presagire una simile fobia per una creaturina
così piccola e
indifesa.«Le emozioni non ti devono spaventare, questo lo sai
anche da te, non
sta certo a me ricordartelo. Quella bambina è incapace di
qualsiasi cattiveria,
basta guardarla negli occhi, è amore allo stato puro
…»
«Questo
mi fa paura …»
«Hai
paura dell’amore?»
«Ho
paura di dove quelle emozioni mi possono
trascinare.»
«Se
non te la senti, puoi non avvicinarla …»
sospirai «nessuno ti giudicherà, lo sai.»
«Ci
devo pensare …»
«So
che lo farai.» dissi lasciandogli in bacio a
stampo sulle labbra.
Forzarlo
sarebbe stato inutile, lo conoscevo bene.
Per non rimanere schiacciato dal suo stesso potere doveva trovare la
forza
dentro di sé, da solo.
E
sapevo già che ci sarebbe riuscito.
3°
giorno
Edward
Il
buio era ormai calato nella stanza solo un
flebile luce rischiarava il letto, dove giaceva inerme Bella; Rose e
Jacob non
avevano smesso un secondo di contendersi le grazie di mia figlia e
soltanto
perché ormai Bella avrebbe potuto svegliarsi da un momento
all’altro decisi di ignorare
la loro assurda discussione. Intanto passi leggeri e pensieri
tormentati
annunciarono l’arrivo di mio padre.
“Ormai
dovremmo esserci …”«Nessun
cambiamento?». Chiese cercando di mascherare la
preoccupazione.
«No».
Risposi asettico
«L'odore
della morfina non c'è più».
Costatò
subito dopo, quasi volesse confortarmi.
«Infatti».confermai
avvilito.
«Bella?
Mi senti?».
Se
sperava reagisse, era davvero un illuso … come
me del resto.
«Bella?
Bella, amore? Riesci ad aprire gli occhi?
A stringermi la mano?». Sussurrai per la milionesima volta,
stringendole
lievemente la mano e cercando di non far trapelare il mio stato
d’animo.
«Forse... Carlisle, forse ho agito troppo …
tardi». Mormorai sempre più
afflitto, se mi avesse sentito Alice, sarebbe uscita di senno, ma il
tarlo di
aver sbagliato qualcosa non smetteva di ossessionarmi.
«Ascolta
il suo cuore, Edward. È più forte persino
di quello di Emmett. Non ho mai sentito niente di così
vitale. Starà
benissimo». Tentò nuovamente di rassicurarmi.
«E...
la schiena?».
«Le
lesioni non erano tanto peggiori di quelle di
Esme. Il veleno la guarirà come ha fatto con lei».
«Ma
è così rigida. Devo aver fatto qualcosa di
sbagliato».
«O
qualcosa di giusto, Edward. Figlio mio, hai
fatto tutto ciò che avrei fatto io, e anche di
più. Non sono sicuro che avrei
avuto altrettanta determinazione, né la fede che
c'è voluta per salvarla.
Smettila di rimproverarti. Bella ce la farà».
«Dev'essere
in agonia». Rantolai.
«Non
lo sappiamo. Nel suo organismo è circolata
tanta morfina. Non sappiamo l'effetto che può aver avuto in
questa
circostanza».
«Bella,
ti amo. Bella, perdonami».
Sussurrai carezzandole il braccio.
“Ero
salito anche per dirti che la
situazione fra tua sorella e Jacob sta prendendo una brutta piega
… forse
sarebbe il caso che tu …”pensò
mio
padre con il chiaro intento di non farsi sentire dai diretti
interessati.
«No,
rimango qui», sussurrai. «Troveranno un
compromesso» e comunque la loro diatriba era un problema loro
e basta. Avevo
altro a cui pensare.
«Situazione
interessante» rispose Carlisle. «E io
che pensavo di aver già visto tutto».
«Ci
penserò poi. Ci penseremo insieme».Aggiunsi
stringendole la mano.
«Siamo
in cinque, sono sicuro che eviteremo che si
trasformi in uno spargimento di sangue».
«Non
so da che parte schierarmi. » Sospirai «Mi
piacerebbe prendere a calci entrambi. Be', per ora lasciamo
perdere».
«Chissà
cosa ne penserà Bella», borbottò fra
sé
mio padre.
«Sono
sicuro che mi sorprenderà.» dissi abbozzando
una risatina «Come sempre».
“Probabilmente
…”
pensò Carlisle
stringendomi la spalla con una mano, nel vano tentativo
d’infondermi coraggio “…
torno a tenere d’occhio quei due. Se ci fossero cambiamenti
avvisami.”
Annuii
e subito dopo si allontanò.
Solo
alcune ore più tardi fu il turno di Alice,
ormai la loro era diventata una processione, si alternavano senza sosta
per non
lasciarci soli.
«Quanto
manca?»,chiesi.
«Non
molto»,rispose mia sorella mostrandomi il
nostro futuro. A dire il vero stentavo ancora a credere che fosse
possibile, ma
non volevo ferirla ulteriormente, era fin troppo abbattuta per non
riuscire a
vedere quasi niente di Renesmee che insinuarle anche il dubbio che non
mi
fidassi di lei era troppo «Vedi com'è tutto
più chiaro? Ora la visualizzo molto
meglio». Sospirò come se stesse provando
un’enorme fatica..
«Ti
senti ancora un po' amareggiata?».
«Ehi,
grazie mille per avermelo ricordato»,
brontolò. «Anche tu rimarresti mortificato se ti
rendessi conto di essere
prigioniero della tua stessa natura. Vedo bene i vampiri,
perché sono una di
loro; vedo gli umani così, perché lo ero anch'io.
Ma non posso vedere questi
strani mezzosangue, perché non sono niente che mi riguarda
direttamente. Mah!».
«Alice,
concentrati». Supplicai. In quel momento
era la sorte di Bella che mi premeva in modo particolare.
«Giusto.
Ora è fin troppo facile vedere Bella».
Rispose, e, in effetti, la vidi, era splendida e mi sorrideva. Eravamo
veramente alla fine di questo calvario.
«Sta
migliorando sul serio», sussurrai sospirando.
«Certo».
«Non
eri così ottimista, due giorni fa».
«Due
giorni fa non riuscivo a vederla bene. Ma ora
che non ci sono più tutti quei buchi neri, è una
pacchia».
Bene.
Se per lei questa era una pacchia, allora
avevo bisogno di maggiori dettagli, di qualunque cosa che mi desse la
certezza
assoluta, senza alcun margine di errore. Avevo bisogno di vedere TUTTO.
«Puoi
concentrarti un attimo per me? Dammi una
previsione... dettagliata».
Alice
sospirò.«Quanto sei impaziente. Lasciami un
secon...».
La
vidi ancora, questa volta non era sola, eravamo
insieme, tutti e tre: una famiglia ciò che mai avrei
immaginato di poter avere.
«Grazie, Alice».
«Diventerà
splendida».
«Lo
è sempre stata». Bofonchiai finalmente
tranquillo.
«Sai
cosa intendo. Guardala».Sbuffò
seccata. Ma dopo avermi stretto nel suo piccolo ma potente abbraccio,
si
congedò.
Il
silenzio riempì nuovamente la stanza, in
sottofondo solo il battito del suo cuore, non saprei dire con esattezza
quanto
tempo trascorsi in silenzio al suo fianco, stringendole la mano ed
immaginando
la nostra perfetta eternità; poteva essere passato un minuto
come dieci ore, so
solo che improvvisamente il ritmo del suo battito cambiò
accelerando
drasticamente.
«Carlisle»,chiamai.
E un istante dopo mi raggiunse
assieme ad Alice.
«Ascolta»,dissi.
Il
battito del suo cuore rimbombava nella stanza
come un martello pneumatico.
«Ah»,
disse Carlisle. «È quasi finita».
«Manca
poco»,concordò Alice impaziente. “Dobbiamo
allontanare la bambina, è troppo pericoloso non abbiamo idea
delle reazioni che
avrà”«Chiamo gli altri. Devo
dire a Rosalie...?».
«Sì,
tenete lontana la bambina». Confermai a
malincuore. Ero certo che la prima cosa che avrebbe voluto vedere
sarebbe stata
la piccola, ma il suo cuore batteva, era rischioso; in
quell’istante un lieve
fruscio, le dita di Bella si contrassero sfregando il lettino.
Poteva
sentirci.
«Bella?
Bella, amore?». Provai a chiamarla
stringendole la mano che si era appena mossa.
Niente.
Forse
era stato solo uno spasmo nervoso.
«Li
porto su»,disse Alice con una certa d'urgenza
nella voce.
E
in quel preciso momento: silenzio.
Il
suo cuore batté l’ultimo colpo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** CAPITOLO 18 ***
Ciao
a tutti e ben tornati!! Passate bene le vacanze??
Scusate
l’immenso ritardo ma sono stata in vacanza anch’io,
e poi ho preferito
aspettare il rientro di tutti.
Grazie
a tutti colori che hanno ancora voglia di commentare e chi legge
silenziosamente (se aveste voglia di farvi sentire mi farebbe
piacere!!!)
Buona
lettura.
Cap.18
Edward
Spalancò
gli occhi e rimase immobile sul letto.
Non
una parola, non un respiro.
Lo
sguardo perso davanti a sé, studiava l’ambiente
che la circondava.
Ricordavo
benissimo quella sensazione così
surreale, sembrava di non aver mai visto fino a quel momento. Come se
gli occhi
umani fossero stati perennemente coperti da una patina di nebbia.
Inspirò
e subito dopo sorrise.
Era
un gesto automatico, ma ormai solo fine a se
stesso; e sicuramente se ne era già resa conto.
Al
suono dello stereo di un’auto che sfrecciava
sulla statale, arcuò un sopracciglio.
“Attento
Edward …” mi
mise in guardia
Jasper alle mie spalle.
Istintivamente
le strinsi appena la mano ancora
intrecciata alla mia.
Non
si era ancora voltata, volevo sapesse che ero
lì, che non l’avevo abbandonata neanche per un
istante, che avevo bisogno di
lei e sapere che stava bene.
La
reazione non fu quella che mi aspettavo.
“Ci
siamo, sta prendendo coscienza della sua nuova natura, tieniti
pronto.” Jasper
stava monitorando iI suo stato d’animo in
tempo reale, se ci fosse stato un qualsiasi pericolo sarebbe scattato
per
primo.
L’idea
che potesse metterle le mani addosso non mi
piaceva per niente.
Il
suo corpo s’irrigidì e nella frazione di un
secondo ritrasse la mano ruggendo e scagliandosi
all’indietro, fino a finire
rannicchiata contro il muro con tutti i muscoli sulla difensiva.
“Sai
come comportarti vero? Ricordi l’addestramento di qualche
mese fa?
Non essere prevedibile.” Annuii
impercettibilmente e continuai a guardarla senza mai distogliere lo
sguardo.
Forse
avevo accelerato troppo i tempi, la mia
impazienza era diventata ormai ingestibile, rimasi, così,
immobile con la mano
protesa verso di lei sperando solo di non averla spaventata troppo e di
poter
ancora riparare.
La
vidi osservarmi, studiarmi il volto quasi non
riuscisse a riconoscermi come se mi vedesse adesso per la prima volta,
allo
stesso tempo osservava la mia famiglia, che per sicurezza, era rimasta
addossata contro la porta con Emmett e Jasper che facevano loro da
scudo per
proteggerli.
Schizzò
in piedi, quei movimenti così repentini la stavano
frastornando, dalle sue espressioni si percepiva il disorientamento che
tutta
quella velocità le procurava; continuava a fissarmi ma
sapevo anche che stava
registrando ogni cosa intorno a sé.
“Edward,
fa qualcosa! Non startene lì imbambolato!” sbraitò
mentalmente Alice, alle mie spalle, cercando di eludere in
tutti i modi il muro umano creato dai miei fratelli.
“Non
capisco il perché di tutta questa calma, ma posso dirti che
non mi
piace. Non abbassare la guardia!”
In
effetti, sembrava abbastanza stabile, potevo provare anche ad
avvicinarmi, anche se non volevo spaventarla come poco prima, non
volevo
nemmeno si sentisse un’esclusa perché tutti
temevano la sua instabilità da
neonata; e lentamente iniziai ad avvicinarmi.
“Edward,
fermati … aspetta!”
Capivo
la sua apprensione, ma stava diventando asfissiante.
Lo
ignorai e proseguii per la mia strada.
«Bella?»
sussurrai cercando di tranquillizzarla «Bella, amore? Mi
dispiace, so che sei frastornata. Ma è tutto a posto. Stai
bene, va tutto
bene».
Niente.
In
silenzio continuò a fissarmi, anche se sul suo
volto registrai un lieve cambiamento, una smorfia di
curiosità e
preoccupazione. Chissà quante domande vorticavano nella sua
testolina. In
quell’esatto momento capii che nulla era cambiato: tutto
taceva.
La
sua mente, i suoi pensieri continuavano ad
essermi inaccessibili.
Ormai
davanti a lei, alzai lentamente una mano e
le carezzai una guancia, a quel nuovo contatto un brivido mi percorse
il corpo.
Il desiderio che provavo per lei stava esplodendo dentro di me.
Chissà
se anche lei stava provando le stesse
sensazioni, oppure la sete la stava facendo impazzire dal dolore?
Anche
se era abbastanza controllata era presto per
sperare di veder affiorare già in lei gli stessi miei
sentimenti.
Eppure
era così immobile, controllata.
“Edward
non ti ci mettere anche te!! Calmati!”
Stava
diventando peggio del grillo parlante.
La
mia mano ancora sulla sua guancia si chiuse
impercettibilmente e inaspettatamente in una frazione di secondo mi
gettò le
braccia al collo accoccolandosi sul mio petto.
“Non
farti bloccare le braccia!! Attento!”
Con
un po’ troppa irruenza però.
«Uhm...
attenzione, Bella. Ahi». Gemetti
spostandomi. Non era mia intenzione allontanarla, ma se avesse
continuato con
quell’abbraccio, probabilmente, entro breve, non avrebbe
avuto più nessun
marito da abbracciare.
«Ops»,
farfugliò, appena comprese il motivo dal
mio repentino distacco.
«Non
spaventarti, amore», dissi subito vedendola
impaurita. «Sei soltanto un po' più forte di me,
per il momento». Continuai
tornando a carezzarle la guancia, ma lei immobile continuava a fissarmi
cercando sicuramente di dominare il turbinio di sensazioni nuove che le
invadevano corpo e mente; fino a quando molto lentamente
spostò la mano dal
nascondiglio dietro la schiena, ricambiando il mio stesso gesto.
«Ti
amo» sussurrò fissandomi negli occhi.
L’effetto
che quelle due semplici parole
produssero dentro di me fu pari ad un uragano, mai mi sarei aspettato
tanto a
pochi minuti dal suo risveglio, ero più o meno preparato a
soffrire la sua
assenza per almeno un anno, invece tutto stava dimostrando il contrario.
«Ti
amo anch'io», le risposi sorridendo, e il
desiderio di lei ebbe la meglio sulla cautela tanto decantata da
Jasper, le
presi il viso tra le mani e la baciai, prima lentamente poi capendo che
anche
la sua titubanza era sparita tutto si trasformò in qualcosa
di molto più forte,
intenso, passionale; i nostri respiri si fecero affannati, come se
quello fosse
il nostro primo “vero” bacio. Io stesso mi stupii
delle mie reazioni, mi ero
sempre dominato per paura di farle del male, ma non avevo realizzato a
pieno
“quanto” realmente mi fossi frenato.
“CALMATEVI
TUTTI E DUE PER FAVORE!” Sbraitò
mentalmente Jasper.
“Vorremmo
evitare di vedere in diretta la replica della vostra prima
notte di nozze …!”
Pensò Emmett cercando di attirare l’attenzione
con alcuni colpi di tosse.
“Peccato.”
Pensai compiaciuto “La cosa si stava facendo
davvero interessante.”
Vederla
imbarazzata staccarsi all’istante dalla
mia bocca e cercare di ricomporsi, fu però uno spettacolo
impagabile “È
ancora la mia Bella!” pensai rafforzando la presa
del mio braccio intorno
alla sua vita;
quasi temendo potesse sparire
da un momento all’altro.
«Questo
me l'avevi tenuto nascosto», mi accusò
studiandomi attentamente con lo sguardo.
“A
dire la verità ne ero poco a conoscenza
anch’io”
pensai ridendo, ma ero pronto ad approfondire lo studio
dell’argomento
quanto prima, adesso che finalmente era cominciata la nostra
eternità.
«Prima
era necessario, in un certo senso»,
borbottai ridendo «Ora tocca a te non farmi
a pezzi». La perplessità che
le si leggeva sul volto fu talmente buffa che scoppiai a ridere e
l’ilarità del
momento contagiò tutta la famiglia.
Il
peggio era passato.
Carlisle
«Come
stai, Bella?», le chiesi avvicinandomi.
Avevo visto molti neonati e lei era davvero molto controllata ritenni
così che
le precauzioni, prese giustamente da Jasper, potevano essere anche
bypassate.
«Confusa.
C'è così tanto...»
mormorò
interrompendosi subito. Il nuovo suono della sua voce doveva ancora
rimanerle
estraneo, era solo questione di abitudine.
«Sì,
all'inizio può essere un fastidio.» Cercai di
rassicurarla.
«Ma
mi sento me stessa. Più o meno. Non me
l'aspettavo». Annuì velocemente.
“Strabiliante
…”
pensai guardandola,
si era appena svegliata ed era come se fosse vampira da una vita.
«Te
l'avevo detto», sussurrò, orgoglioso, mio
figlio stringendola a sé.
«Sei
abbastanza controllata», riflettei «Più
di
quanto mi aspettassi nonostante il tempo che hai avuto a disposizione
per
prepararti mentalmente».
«Non
ne sono molto sicura». Sussurrò intimorita
“A
pensarci bene potrebbe anche dipendere dalla dose massiccia di
morfine che le è stata iniettata …
Chissà se le è servita per attenuare anche
la sensazione di incendio che ti dà il veleno; questa
ragazza è una fonte
inesauribile di sorprese.”
Pensai compiacendomi
di come fosse andata bene la trasformazione «Sembra che
stavolta sia andata
meglio con la morfina. Dimmi, cosa ricordi del processo di
trasformazione?».
«Era
tutto... offuscato. Ricordo che la bambina
non riusciva a respirare...». Rispose interrompendosi
spaventata cercando nei
nostri occhi conferme.
«Renesmee
è sana e forte», fu pronto a
rassicurarla Edward, la luce che scorsi nel suo sguardo fu qualcosa di
nuovo
anche per me. Nonostante ci considerassimo una famiglia, di fatto noi
non lo
eravamo, loro sì.
Quel
luccichio negli occhi di mio figlio, dopo
aver pronunciato il nome della bambina, era amore incondizionato e
devozione
assoluta.
Non
esisteva un legame così forte come quello tra
genitori e figli.
Specialmente
se eri convinto che non ne avresti
mai avuti «Cosa ricordi oltre a questo?».
«Non
ricordo bene. Prima era buio. E poi... ho
aperto gli occhi e ho visto tutto».
«Sorprendente»,
esclamai incurante del momento
delicato che stava vivendo «Voglio che ripensi... che mi
racconti tutto ciò che
ricordi», insistetti ormai eccitatissimo di avere maggiori
dettagli pentendomi
però all’istante dopo aver incrociato il suo
sguardo confuso «Oh, scusa tanto,
Bella», mi ripresi. «Immagino che la tua sete sia
insopportabile. Questa
conversazione può aspettare».
Con
un sospiro di sollievo, Jasper, mi diede la
sua approvazione.
Edward
«Andiamo
a caccia, Bella». La incitai prendendole
la mano. L’altra se l’era portata istintivamente
alla gola per placare la sete,
non c’era più tempo dovevamo andare, ma invece di
seguirmi rimase a fissarmi,
ancora una volta, turbata.
Non
ce la potevo fare.
Non
sentire i suoi pensieri mi avrebbe sicuramente
portato alla pazzia. Ora più che mai!
“Sbrigati
Edward, non riesco a decifrare la sua confusione, ma non mi
piace.”
Mi sollecitò Jasper.
«È
abbastanza semplice, amore. Istintivo. Non
preoccuparti, ti faccio vedere io». La incitai sorridendo,
credendo si trovasse
in difficoltà all’idea di cacciare, non avendolo
mai fatto. «Credevo che tu
avessi sempre voluto vedermi cacciare». Incalzai vedendo che
non ricevevo
risposta.
Rise.
Di
male in peggio.
«Andiamo?»,
insistetti ormai totalmente confuso.
«Non voglio che tu stia male», mormorai
carezzandole la gola.
«Sto
bene» disse infine. «Aspetta. Prima...».
«Sì?»
intervenne mio padre.
«Voglio
vederla. Renesmee». Sussurrò
massaggiandosi il ventre.
“Cerca
di dissuaderla, figliolo, non possiamo far correre rischi inutili
alla bambina, è abbastanza stabile ma preferirei che fosse
nutrita prima di
fargliela conoscere.”
Pensò mio padre dopo esserci scambiati una fugace
occhiata.
“Siamo
a rischio, Edward! Portala a caccia!” Jasper
era esasperato, e stava esasperando anche me.
«Che
c'è?», domandò lei.
«Bella»,
dissi in tono che speravo fosse
tranquillizzante. «Non è una buona idea. Lei
è mezza umana, amore. Il suo cuore
batte e nelle sue vene scorre sangue. Finché la tua sete non
sarà
effettivamente sotto controllo... non vorrai metterla in pericolo,
vero?».
«Dov'è?»,
chiese dopo un attimo di tensione.
«Rosalie è con lei?».
«Sì»,
cercai di rispondere con naturalezza, ma
l’irritazione che mi stavano dando Rosalie e Jacob in questo
momento trasparì
ugualmente da quel misero monosillabo e cercando di glissare
sull’argomento le
presi le ancora una volta le mani per condurla fuori.
“Si
sta agitando …”
era insopportabile.
«Aspetta»,
protestò ancora, «E Jacob? E Charlie?
Raccontatemi cosa mi sono persa. Per quanto tempo sono rimasta... priva
di
coscienza?».
“Edward,
non è il momento, mantieni la calma.”
Mi consigliò Carlisle.
La
faceva semplice lui.
Qualunque
cosa fosse uscita dalla mia bocca in
quel momento sarebbe stato veleno allo stato puro, preferii tacere.
Lei,
come sempre, capì a modo suo.
«Qualcosa
è andato storto?», sussurrò.
“Edward,
sta cedendo! Portala a caccia!”
non credevo potesse essere così asfissiante.
«Non
c'è niente di storto»,
intervenne
Carlisle in mio soccorso. «In realtà non
è cambiato niente in particolare, sei
rimasta in stato d'incoscienza per circa due giorni. È stato
tutto molto
veloce, per come vanno queste cose. Edward ha fatto un ottimo lavoro,
davvero
innovativo. Iniettare il veleno direttamente nel cuore è
stata una sua idea».
Disse cercando di sviare il discorso. «Jacob è
ancora qui, e Charlie ti crede
ancora malata. Pensa che tu stia facendo dei test al centro
epidemiologico di
Atlanta. Gli abbiamo dato un numero sbagliato, ed è un po'
frustrato. Ha
parlato con Esme».
«Dovrei
chiamarlo», mormorò fra sé,
«Aspetta...
Jacob è ancora qui?».
Realizzò una frazione di secondo dopo.
“Portala
fuori Edward, Ne parlerete dopo!” Adesso
ci si metteva anche Carlisle. Non avevo scampo.
«Bella»,
dissi dopo rapido scambio di sguardi.
«C'è molto di cui parlare, ma prima di tutto
dobbiamo pensare a te. Sicuramente
starai soffrendo per la sete...».
«Ma
Jacob...» provò ad insistere.
“Io
non so come faccia … non è normale
…” no
decisamente non era normale che mi desse tutto questo tormento. Lei
era insolitamente molto controllata, non poteva farne un dramma.
«Avremo
tutto il tempo del mondo per le
spiegazioni, amore», le ricordai con dolcezza.
«Okay».
Annuì infine.
Riuscimmo
a muovere solamente pochi passi che fu
il turno di quel fastidioso esserino di mia sorella a ritardare
ulteriormente
la nostra caccia.
«Alt,
alt, alt», “NON POTETE USCIRE DA QUESTA
STANZA SENZA AVER MANTENUTO LA PROMESSA!!” fremette
Alice sulla porta.
«Avevate promesso che ci sarei stata anch'io la prima volta!
Che ne dite di
portare qui una bella superficie riflettente?»
«Alice...
», protestai con scarso successo.
Mancava solo lei all’appello.
«Ci
vorrà solo un secondo!» e schizzò via.
Fu
la prima volta che sentii Jasper imprecare.
“Possibile
non capisca mai quando è il momento più opportuno
per certe
cose!!”
sospirai.
«Di
cosa sta parlando?». Chiese Bella, e in
quell’istante Alice tornò con la sua risposta tra
le braccia: la specchiera a
grandezza naturale (e qualcosa di più) di Rosalie.
Senza
perdere tempo gliela piantò davanti.
Jasper
al suo fianco inorridì per l’audacia di sua
moglie e come un fulmine le fu accanto inchiodando con lo sguardo Bella.
«Edward
non mi ha dato la soddisfazione di
metterti davanti a uno specchio prima del matrimonio», disse
Alice, richiamando
l’attenzione di Bella distratta dallo studio di Jasper.
«E non ho più
intenzione di farmi mettere i piedi in testa».
«In
testa?», chiesi scettico.
«Forse
sto esagerando», mormorò poco convinta
girando lo specchio verso Bella.
«E
forse tutto questo ha a che fare soltanto con
la tua gratificazione voyeuristica», constatai
sbeffeggiandola, ma come sempre
se ne curò il giusto, era troppo concentrata a studiare
Bella che incantata si
ammirava allo specchio.
Poi
d’un tratto
«Gli
occhi?», sussurrò inorridita fissando
l’immagine riflessa davanti a se «Per
quanto tempo?».
“Non
abbassare la guardia, avverto tutto il suo turbamento, stai
pronto!” Mai
come in quel momento mi fu chiaro il perché
Jasper e Alice fossero una coppia così ben assortita, se non
si fossero
sopportati a vicenda nessun vampiro avrebbe resistito al fianco di
esseri cosi
petulanti per l’eternità; era veramente troppa
come punizione.
«Fra
qualche mese saranno più scuri», dissi
cercando di confortarla, ignorando le paranoie di Jasper. «Il
sangue animale
diluisce il colore più velocemente del sangue umano. Prima
diventeranno
d'ambra, poi dorati».
«Mesi?»,
mormorò sempre più turbata.
Jasper
avanzò. L’indifferenza che avevo mostrato
alle sue raccomandazioni lo stava agitando ancora di più. “Io
non capisco …
non è possibile … non è normale
…” sia io che Alice restammo a guardarlo.
In
quel momento era lui ad essere turbato, non
Bella. Ero sicuro che mi avrebbe stupito, lo aveva sempre fatto e
adesso non
era certo da meno.
«No,
sto bene», ci rassicurò. «È
solo che... non è
facile accettare tutto».
“Mai
vista una cosa simile … come fa? Come fa a reprimere le sue
sensazioni e dominarle? … io non capisco
…”
pensò squadrandola più da vicino.
«Non
lo so», mormorai.
«Che
domanda mi sono persa?».
«Jasper
si chiedeva come fai». Le risposi sorridendo.
«A
fare che?».
«A
controllare le tue emozioni, Bella», rispose
Jasper affranto. «Non ho mai visto un neonato in grado di
frenare così le
emozioni che sta provando. Eri turbata, ma quando hai notato la nostra
preoccupazione ti sei dominata e hai ripreso il controllo di te stessa.
Ero
pronto a darti una mano, ma non ne hai avuto bisogno».
«C'è
qualcosa che non va?», chiese.
«No»,
rispose sempre più perplesso. “Anche se
…
è strano. Forse è solo un fenomeno passeggero
…”
«È
impressionante, Bella, ma non lo capiamo. Non
sappiamo quanto durerà». Le spiegai carezzandole
il braccio.
«Piuttosto,
che ne pensi?», chiese Alice,
impaziente, guardando lo specchio.
«Non
lo so», farfugliò riprendendo a studiarsi.
“La
sua tendenza a sminuirsi è immutata”
pensai sospirando. “esattamente come il blocco dei
suoi pensieri”
«Deluso?»,
chiese
«A
dire la verità, un po' sì», risposi
ridendo.
“Maleducato!!
Ti sembrano cose da dire a una donna?!?! AL MIO
CAPOLAVORO?!?!” Pensò
Alice ringhiando.
“Diamine
Edward, ma allora te le stai cercando!!”
Esplose Jasper continuando ad avvicinarsi, pronto per poterla fermare.
Il
senso dell’umorismo non era tra le loro
migliori qualità al momento …
«Sai,
speravo di poter finalmente ascoltare la tua
mente, ora che è più simile alla mia»,
mormorai abbracciandola stretta e
baciandole la guancia. «Invece eccomi qua, frustrato come
sempre, a chiedermi
che cosa diavolo ti passa per la testa».
«Ah,
be'! Mi sa che il mio cervello non funzionerà
mai bene. Se non altro sono carina».
«Bella,
tu non sei mai stata solo carina»
ci tenni a precisarle. Se non fosse stato per l’impellente
necessità di
nutrirsi, non avrei perso un attimo di tempo a dimostrarle quanto la
trovavo
“carina”.
“BASTA
EDWARD!!! MI STATE FACENDO IMPAZZIRE!! PORTALA A CACCIA, PORTALA
FUORI DA QUESTA CASA E CALMATEVI, TUTTI E DUE!!”
«Va
bene, sì», sospirai infine.
«Cosa?»,
chiesi.
«Stai
facendo innervosire Jasper ogni secondo che
passa». “Assumiti le tue
responsabilità fratello! Siete in due a mandarmi
fuori di testa!” mi riprese Jasper, ma con il
tormento che mi aveva dato da
quando si era svegliata era il minimo si potesse aspettare.
«Si rilasserà
soltanto dopo che sarai andata a caccia».
«Okay.
Andiamo a caccia», annuì dopo una rapida
occhiata a Jasper.
“Vi
supplico sparite!”
1-0
per Bella, trattenere una risata fu quasi
impossibile.
Sciolsi
l’abbraccio e prendendola per mano mi
preparai a farle conoscere il suo nuovo mondo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 19 *** CAPITOLO 19 ***
Come
sempre un GRAZIE
enorme a tutti
coloro che seguono leggono e recensiscono in particolar modo a coloro
che hanno
trovato il coraggio di farsi vivi per la prima volta.
Buona
lettura
Cap.
19
Alice
“Ingrata!”
pensai
quando un paio di decolté tacco dodici entrarono a tutta
velocità dalla
finestra e vennero afferrate al volo da Emmett.
«Il
suo senso estetico non è migliorato quanto il
suo equilibrio».
«Credevi
veramente che le avrebbe tenute?»
sghignazzò Emmett.
Lo
ignorai.
Continuai
a guardarli allontanarsi fin quando non
arrivarono al fiume e, lei, decise di dare un “tocco
personale” alla
meraviglia di vestito che le avevo fatto indossare.
Inorridita
uscii a passo di marcia dalla stanza.
Le
risate di Emmett erano appena di un tono più
basse di quelle di Jacob. Guardandoli divertirsi così tanto
iniziai a credere
che non stessero prendendo in giro soltanto Bella.
“Peggio
per voi! Mai mettersi contro Alice Cullen!”
Irritata
dalla loro maleducazione mi chiusi nella
mia stanza aspettando Jasper.
Sapevo
che sarebbe venuto, l’avevo visto.
Infatti
soltanto alcuni istanti dopo entrò nella
nostra camera, sprofondando, avvilito, sul letto.
«Che
succede?» chiesi sedendomi al suo fianco.
«Il
mio mondo si è completamente capovolto
…»
L’enorme
punto interrogativo che mi era apparso in
faccia lo spronò a continuare «L’hai
vista vero?»
«Parli
di Bella?»
Mosse
la testa in segno di assenso.
«Ho
visto migliaia di neonati, sai perfettamente
che conosco ogni loro più recondita sfaccettatura, ma una
cosa simile non mi è
mai capitata … ha un autocontrollo senza paragoni
… sono sgomento … non credo
riuscirò mai ad eguagliarla …»
Ottimo,
adesso ci mancava solo una bella crisi
depressiva.
Dovevo
scuoterlo, in qualche modo doveva distrarsi
… non avevo idea del perché Bella, al suo
risveglio, avesse avuto
quell’insolita reazione, forse dipendeva dal veleno di “Mr.
Autocontrollo
fatto persona”che aveva iniziato a scorrere nelle
sue vene oppure per il
semplice fatto che con i nostri racconti era preparata a ciò
che l’aspettava.
Nessuno
lo poteva sapere. Mistero.
Non
potevo però lasciare Jasper in quello stato.
«Ogni
individuo è diverso dall’altro
…» provai a
confortarlo «… il nostro approccio a questa nuova
vita è stato diverso dal suo.
E comunque stai facendo progressi da gigante!»
«Non
credo riuscirò mai a venirne fuori …»
«Figuriamoci!
Stai veramente esagerando adesso!!»
esclamai e improvvisamente ebbi la soluzione, proprio lì
davanti ai miei occhi.
«Vieni con me! Non sei un pericolo per nessuno. Te lo
dimostro!» aggiunsi
afferrandolo per un braccio.
«ALICE
CULLEN COSA HAI IN MENTE!?!?» sbraitò
terrorizzato.
«Ti
porto a conoscere la tua nipotina.»
Impietrito
dall’orrore si fermò.
Nei
suoi occhi panico e sensi di colpa, molto
simili a quando si rese conto di aver quasi aggredito Bella il giorno
del suo
sfortunatissimo diciottesimo compleanno.
«Non
le farai nulla di male. Puoi stare
tranquillo. E forse finalmente ti convincerai di non essere
così tremendo come
credi.» e senza permettergli alcuna replica, lo trascinai via.
Jasper
Di
una cosa ero certo,dopo aver passato quasi un
secolo a fianco di Alice: MAI OPPORSI AL SUO VOLERE.
Se
decideva una cosa non c’era lamentela o
supplica che potesse impedirle di portare a termine il suo proposito:
Più ti
opponevi più la sua determinazione aumentava in maniera
esponenziale; e in
attimo mi ritrovai nel salone, con le spalle al muro e completamente
terrorizzato.
Se
avessi perso il controllo avrei potuto uccidere
la bambina, Edward e Bella ne sarebbero impazziti … io
… io … ero troppo
pericoloso …
La
guardai avvicinarsi con in braccio la piccola.
Senza neanche permettermi di proferire parola me la mise tra le braccia.
Il
profumo del suo sangue mi entrò nella testa con
la violenza di un lampo, sentii il sapore acre del veleno riempirmi la
bocca,
spalancai la bocca d’istinto forse per cercare aria, forse
per morderla, quando
qualcosa di caldo mi sfiorò il viso: una minuscola manina mi
stava carezzando
la guancia.
Un
improvviso turbinio di colori, volti, luci mi
coprirono la vista; senza parlare della gioia che quel piccolo esserino
riusciva ad irradiare.
Tutto
ciò che riusciva a vedere era nuovo,
interessante, bellissimo, era curiosità e gioia di vivere
allo stato puro.
E
me la stava mostrando.
Mai
avevo percepito una sensazione talmente
potente e positiva.
Mi
guardava con occhi curiosi, per nulla
intimoriti dal mio aspetto duro e dalle cicatrici,e a conferma di tutto
questo
mi sorrise, un sorriso talmente bello e sincero che arrivò
ad illuminarle il
volto; e mi ritrovai inebetito a fissarla sorridente.
«Puoi
anche chiudere la bocca Jasper, abbiamo
capito che anche te ti sei perdutamente innamorato di
Renesmee!!!» Sghignazzò
Rosalie.
Guardai
Alice stralunato e, per tutta risposta, mi
fece l’occhiolino: MAI SCOMMETTERE CONTRO ALICE CULLEN.
Un
ringhio profondo e feroce giunse dal fondo del
salone, Jacob immobile osservava la scena fremendo; il suo corpo era un
fascio
di nervi, terrore e ansia.
Forse
era il caso che rendessi la bambina a … Lui?
… Rosalie?
Brutta,
bruttissima storia la faida che si era
scatenata tra quei due.
Guardai
Renesmee un istante, chiedendole conferma
che volesse tornare in braccio a qualcun’altro, ma
allungò le sua manine sul
mio volto continuando a carezzarmi, quasi volesse incoraggiarmi a
continuare a
coccolarla.
La
sua dolcezza mi diede il colpo di grazia; non
avevo alcuna voglia di darla in braccio a nessun altro e quei due, in
qualche
modo, si sarebbero dati pace: per ora sarebbe rimasta con me.
Non
avevo mai tenuto in braccio un bambino,
neanche quando ero umano … beh se quella era la sensazione
che si provava, mi
ero veramente perso molte cose nella mia esistenza.
Edward
La
corsa … i salti … le migliorie stilistiche
apportate al vestito … il bacio …
“Dio
mio che bacio …”era
come
se non ci fossimo mai baciati fino a quel momento. Al solo pensarci
brividi di
piacere mi percorrevano la schiena. Tutto era naturale …
normale … perfetto.
Sembrava
nata per essere una vampira, se una parte
di me ancora soffriva per essere stato costretto a toglierle la vita,
l’altra
non poteva ancora credere che stesse iniziando la nostra
eternità: finalmente
uguali, senza più barriere …
Crogiolandomi
nelle mie elucubrazioni la osservavo
sfrecciare davanti a me … una visione da sogno …
e sebbene osservarla fosse
diventato fin da subito un mio bisogno primario adesso, purtroppo,
dovevo
necessariamente distogliere lo sguardo e insegnarle a cacciare.
«Bella»,
chiamai dopo essermi fermato. «Che ne
dici di restare entro i confini nazionali?»,chiesi divertito.
«O stavi pensando
di proseguire verso il Canada oggi pomeriggio?».
«Qui
va bene», acconsentì imbarazzata dalla sua
stessa voce «Cosa cacciamo?».
«Alci.
Ho pensato a qualcosa di semplice, visto
che è la tua prima volta». M’interruppi
quando alla parola semplice un
velo di preoccupazione le oscurò il viso.
«Dove?»
chiese impaziente, nella sua voce percepii
il disperato bisogno di sangue.
«Fermati
un minuto», le dissi posandole le mani
sulle spalle. «Ora chiudi gli occhi»
Obbedì
e alzai le mani sul suo viso, carezzandole
gli zigomi, nel tentativo di aiutarla a rilassarsi.
Il
suo respiro accelerò, il mio … anche.
«Ascolta»,
le suggerii cercando di darmi un
contegno. «Cosa senti?»
«Verso
nord-est, al ruscello?»,disse ancora ad
occhi chiusi.
«Sì».
Le confermai orgoglioso.«Ora... aspetta di
nuovo la brezza... che odore senti?».
«Lo
so... ci vuole un po' per abituarsi».
Ridacchiai vedendole arricciare il naso.
I
profumi adesso erano molto più intensi,
penetranti e non sempre piacevoli come prima.
«Sono
tre?», chiese titubante.
«Cinque.
Ce ne sono due fra gli alberi, dietro di
loro». Le risposi.
«Cosa
faccio ora?».
«Cosa
ti senti di fare?». Era tutta una questione
di istinto, era solo quello che dovevo insegnarle: a gestire
l’istinto, il resto
sarebbe venuto da sé, in modo naturale.
«Non
pensarci», le suggerii vedendola turbata; e
lentamente mi allontanai. «Segui l'istinto».
Senza
riaprire gli occhi si accovacciò nei pressi
del branco di alci, alzò lentamente lo sguardo e
puntò al maschio, il più
grande. I suoi muscoli iniziarono a tendersi, ancora pochi istanti e la
prima
caccia sarebbe iniziata, quando improvvisamente il vento
cambiò.
Bastò
la frazione di un secondo per farla scattare
dalla parte opposta, verso una scia decisamente più
attraente: sangue umano.
Imprecando
dentro di me per la mia mancanza di
attenzione mi lanciai al suo inseguimento.
Quante
volte le avevo promesso che non avrei mai
permesso che si macchiasse del sangue di qualche umano innocente ?!?!
Eppure
non ero stato abbastanza accorto, stavo mancando la parola data, e
degli ignari
escursionisti rischiavano di morire.
“Devo
fermarla … devo raggiungerla …” ma
la sua corsa man mano che la preda si avvicinava, acquistava sempre
maggiore
velocità; era il richiamo del sangue a spingerla a superare
i suoi limiti,
conoscevo benissimo la frenesia che la sete e il sangue umano riescono
a darti;
per questo dovevo raggiungerla, dovevo impedirle di iniziare, dovevo
impedirle
di compiere quel delitto.
Ma
mentre mi affannavo a raggiungerla e superarla
per mettere in salvo le prede, si fermò. Si voltò
di scatto e un ringhio
furioso le uscì dal petto.
Mi
bloccai di colpo tendendo le braccia verso di
lei, sperando capisse che ero sempre io, che non le avrei fatto del
male e che
non correva alcun pericolo.
Sicuramente
aveva percepito la mia presenza alle
sue spalle e, temendo di essersi trasformata da cacciatore a preda,
l’istinto
di conservazione aveva prevalso sulla sete facendole decidere di
affrontare il
suo inseguitore … stupefatto di come fosse riuscita a
scindere i due tipi
d’istinto mi ci volle una frazione di secondo per realizzare
che stava
trattenendo il respiro, abbandonando lentamente la posizione
d’attacco, la
razionalità tornò sul suo viso.
Sempre
più sconcertato, abbassai le braccia e
cominciai ad avvicinarmi.
«Devo
andarmene da qui», sibilò con rabbia.
«Ci
riesci?».Chiesi scioccato.
Ma
senza proferire parola riprese la sua folle
corsa, questa volta però dal lato opposto a quello da cui
arrivava la scia
umana.
“Ma
come diavolo fa?!?”pensai
riprendendo l’inseguimento. “È
troppo presto … lei non … non è
possibile!” Temendo
che avesse percepito qualcos’altro di cui non mi ero, ancora,
reso conto, tesi
i muscoli al massimo e dopo un minuto la raggiunsi.
Il
tempo di voltarmi a guardarla che era di nuovo
sparita.
Mi
voltai di scatto e la vidi ferma, inerte in
mezzo al bosco; il respiro ancora bloccato.
«Come
hai fatto?», domandai sempre più
disorientato.
«Mi
hai lasciato vincere prima, vero?», replicò,
ignorando la mia domanda.
“No
cara, non cambiare discorso, adesso mi devi spiegare
…” «Bella,
come hai fatto?».
«A
correre via? Ho trattenuto il respiro».
“Sì
… di questo me ne sono accorto …” «Ma
come hai fatto a interrompere la caccia?».
«Quando
mi sei spuntato dietro... Mi dispiace
tanto».
“Ok
… non ci siamo … forse sfugge a me qualcosa
…”«Perché
chiedi scusa a me? È stata una mia
tremenda negligenza. Pensavo che non ci sarebbe
stato
nessuno così lontano dai sentieri, ma avrei dovuto
controllare. Che errore da
stupido! Non hai niente di cui scusarti, tu».
«Ma
ti ho ringhiato contro!».
Una
strana sensazione di calore mi riempì il petto
… non voleva farmi del male … non si aspettava
quel tipo di reazione dal suo
istinto. «Ovvio. È del tutto naturale.»
cercai di rassicurarla “… la mia
dolcissima Bella …” «Ma non
riesco a capire come hai fatto a scappare».
«Che
altro dovevo fare?», chiese confusa «Poteva
essere qualcuno che conosco!». Aggiunse con aria risoluta,
quasi indignata che
non capissi le sue ragioni, fu troppo per me ed esplosi in una
fragorosa risata
… non avevo nemmeno il ricordo di quando era stata
l’ultima volta che avevo
riso in quel modo …
«Perché
ridi di me?».Esclamò cauta ma con tono
autoritario.
Forse
la mia reazione era stata un po’ eccessiva …
ma non stavo ridendo di lei.
«Non
rido di te, Bella.» dissi circospetto
controllando ogni sua più piccola reazione «Rido
perché sono senza parole. E
sono senza parole perché sono completamente
strabiliato».
«Ma
perché?».
«Tu
non dovresti essere in grado di fare queste
cose. Di essere così... razionale. Non dovresti essere in
grado di stare qui a
discutere con calma e freddezza.» “Jasper
non si riprenderà da questa notizia”«E
soprattutto, non dovresti essere in grado di scappare, nel bel mezzo di
una
caccia, dalla scia del sangue umano nell'aria. Persino i vampiri maturi
hanno
difficoltà a farlo. Siamo sempre molto attenti a dove
cacciamo, in modo da non
trovarci sulla via della tentazione. Bella, tu ti comporti come se
fossi una
vampira da decenni invece che da pochi giorni». Dissi con
orgoglio.
«Oh».
mormorò pensierosa. «Non sai cosa darei per
poter leggere nella tua mente anche solo per questo istante».
Sussurrai prendendole
il volto tra le mani e guardandola estasiato.
Le
sue dita mi sfiorarono il volto, temporeggiando
sulle mie labbra «Credevo che per un bel po' avrei dovuto
rinunciare a queste
sensazioni...», sussurrò e un brivido mi percorse
la schiena. “Anch’io tesoro
…” «E invece ti desidero lo
stesso».
“Te
non hai nemmeno lontanamente idea di quanto ti desideri io ma
… non
è il momento … purtroppo… ” Il
suo
comportamento NON era normale, non riuscivo a capire come facesse ma
dovevo
prevenire in ogni modo che la follia della sete iniziasse a divorarla
da un
momento all’altro «Come puoi concentrarti su
un'idea del genere? Non muori di
sete?»
Senza
nemmeno rispondere chiuse gl' occhi e si
concentrò, fino a quando, di scatto li spalancò e
riprese la corsa verso est, verso
… “Un Puma?!?!” Ma
tra tutti gli animali che poteva cacciare proprio il
puma!?!?!
Corse
a perdifiato fino quasi alla vetta della
montagna, si arrampicò su un abete e preparò
l’agguato.
Dal
ramo di un albero adiacente mi fermai per
osservare la scena … qualcosa dentro di me mi diceva di
fermarla … la
razionalità continuava a ripetermi che era una vampira,
neonata oltretutto, che
era molto più forte del puma e che non avrebbe avuto bisogno
di aiuto …
Scossi
la testa e sospirai “Non ce la posso
fare …”
Con
un balzo leggero si avvicinò, il felino se ne
accorse e di scatto ruggì.
“Bella
ti prego … non farmi questo …”
la
supplicai mentalmente, ma, ovviamente, non mi sentì
… ed io ero uno stupido.
In
quell’istante si lanciò sulla preda,
trascinandolo con sé sul terreno e iniziando a lottare
rotolandosi.
Persi
un secolo di vita in quello stesso istante
e, quando mi ritrovai a due passi da loro, mi diedi nuovamente
dell’idiota da
solo.
Fortunatamente,
lo scontro fu breve, anche se
intenso.
Quando
la vidi rialzarsi tirai un sospiro di
sollievo e ringraziai il puma delle ulteriori
“migliorie”apportate al vestito
durante la lotta.
«Mmm
…», mormorai osservandola cercando di darmi
un po’ di contegno.
«Immagino
che avrei potuto fare di meglio». Disse
cercando di rassettarsi vestito e capelli.
«Te
la sei cavata alla grande»,la rassicurai.
«È
solo che... stare a guardarti è stato molto più
difficile di quanto
immaginassi». “Per non dire tremendo
…” «Non è da me
lasciarti lottare
contro un puma. Ho rischiato un attacco d'ansia per tutto il
tempo».
«Che
scemo».
“Sì,
decisamente sì …”«Lo
so. Le
abitudini sono dure a morire. Ma apprezzo le migliorie al tuo
vestito».
Spostò
lo sguardo e cambiò argomento. «Perché
ho
ancora sete?». Il rossore delle sue guance, insieme ai suoi
dolcissimi occhi,
erano le cose che mi sarebbero mancate di più.
«Perché
sei giovane».
Sospirò.
«E non credo che ci siano altri puma
nelle vicinanze».
“Fortunatamente!”era
troppo presto per
ripetere nuovamente quell’esperienza.
«Però è pieno di cervi».
«Non
hanno un profumo così buono».Esclamò
con un
certo disgusto
«Sono
erbivori. L'odore dei carnivori è più simile
a quello umano», spiegai.
«Be',
non proprio».
“Già
… a chi volevo darla a bere ormai …” «Se
vuoi possiamo tornare indietro», dissi serio con una certa
ironia«Chiunque fosse, se erano dei maschi forse non
avrebbero avuto paura
della morte vedendola arrivare per mano tua». “Specialmente
vestita così!!”
«Nel momento in cui fossi apparsa, avrebbero pensato di
essere già morti e
assunti in paradiso».
«Andiamo
a cacciare qualche erbivoro puzzolente».
Sbuffò alzando gli occhi al cielo.
Non
sarebbe mai cambiata.
«Voglio
vedere Renesmee», Chiese una volta sedata
la sete. Sì il momento era arrivato, le porsi la mano per
incamminarci insieme
verso casa e un brivido mi bloccò, come quel giorno nella
radura … la sua mano
si avvicinò al mio viso e lo carezzò, una, due,
dieci, venti, infinite volte,
il suo corpo sinuoso e bellissimo si avvicinò sempre
più fino a circondarmi con
il suo abbraccio.
Stringerla
più forte a me e baciarla con tutta la
passione che avevo dentro fu un istante …
Mai
avrei pensato di poter vivere queste emozioni
con lei così presto; non pensavo che l’avrei
desiderata ancora di più di quanto
non avessi sempre fatto.
E
mentre la passione di quel bacio prendeva sempre
più vigore cademmo.
«Ops!»,
disse, e non potei non ridere al pensiero
di quanto ancora fosse lei «Non volevo assalirti
così. Tutto okay?».
“Puoi
assalirmi quanto e quando vuoi, non ti fermare …” pensai
carezzandole il volto. «Direi più
che okay».
Poi
il ricordo di nostra figlia –temporaneamente
accantonato – tornò a bussare alla mia mente.
Eravamo genitori, le avevo
promesso che le avrei riportato sua madre, avevamo delle
responsabilità … anche
se … altri cinque minuti
…«Renesmee?» domandai incerto e
speranzoso che volesse
rimandare l’incontro ancora un po’,
«Renesmee»,
acconsentì malinconica, rialzandosi in
piedi mi trascinò con se.
Emmett
«Ben
ti sta!?!» esclamai alla vista di Jasper
completamente ricoperto di omogeneizzato «Così
impari a monopolizzare nostra
nipote!» e la risata cristallina di Renesmee
risuonò per tutto il salone.
Le
piaceva da matti passare da uno all’altro della
famiglia ed essere coccolata, ma il suo preferito ero IO! Le si leggeva
negl’
occhi!
«L’hai
tenuta in braccio quasi due ore, lasciamela
spupazzare un po’ anche me!!!» replicò
lo spietato vampiro guerriero; nessuno,
vedendolo adesso, lo avrebbe mai pensato capace delle azioni del suo
passato.
«Basta
voi due! È quasi un ora che provi a farle
mangiare l’omogeneizzato e non ne ha inghiottito neanche
mezzo cucchiaino! La
bambina torna in braccio a me, almeno le darò il biberon con
il sangue.»
sentenziò Rose levandogliela dalle braccia e lasciandolo con
un palmo di naso.
«IO!
IO! IO!! Lo faccio io!!! Ci penso io al
biberon … Ti prego Rose!!!! Ti prego, ti prego, ti
prego!»
«Piantala
Emmett! È una bambina non un
giocattolo!!! Ci manca altro che stabilire i turni anche con voi, oltre
che con
il cane!»
«Bada
a come parli bionda! Ho il benestare di
Edward!» replicò Jacob
«Soltanto
perché anche a lui, come a tutti gli
altri uomini di questa famiglia, si è rammollito il cervello
dopo averla
vista!! Aspetta di sentire cosa dirà Bella, prima di cantare
vittoria!»
«Bella
… Bella … Bellacapiràelefaràpiacere!»
sputò tutto d’un fiato Jacob «Sono pur
sempre il suo miglior amico»
«Non
sembri molto convito.»mormorò Jasper intento
a ripulirsi «ma può darsi che tu abbia
ragione.»
«No,
no, no!!! Se conosco un po’Bella diventerà
una iena!!!!» sentenziai scuotendo la testa «quando
poi scoprirà il nomignolo
che le ha dato …. Muahahahahahahah ….Trema
Lupo!!!!!»
«Se
le avesse dato un nome normale non ci sarebbe
stato bisogno di trovarle un soprannome!!! È
impronunciabile!!!» replicò
indispettito.
«Questo
te lo concedo! Ma si arrabbierà comunque
moltissimo!»
«Bella
ha sempre fatto ragionamenti a modo suo …
non escluderei che sia favorevole a tutta questa storia.»
Sentenziò Carlisle
entrando nella stanza per le misurazioni della bambina.
«Allora
scommettiamo!» esclamai euforico «Se
Bella, al momento della scoperta dell’imprinting la prende
male e punta al
collo vinco io, altrimenti la vittoria è tua. 1000$ che ne
dici Jazz ci stai
anche te?»
«Hei,
hei hei!! Ma state scommettendo sulla mia
pelle?!?!» esclamò scandalizzato Jacob.
«Vuoi
scommettere anche tu? Non so se però vale …
sei di parte …» sghignazzai.
Ci
guardò con gli occhi di fuori dalle orbite e
uscì senza dire una parola.
«Povero
Jacob. C’è rimasto male. Dobbiamo
spiegarli che è solo uno scherzo»
mormorò Carlisle .
«Se
gli salta alla gola non sarà proprio uno
scherzo …» replicai. «… ma
sarà comunque divertentissimo!»
«VERGOGNATEVI
E BASTA!» esclamò Esme alle nostre
spalle, raramente si arrabbiava in questo modo e questo era molto
preoccupante
… «Specialmente tu, Carlisle!! Divertirvi alle
spalle di quel povero ragazzo!
Augurarsi che Bella gli faccia del male, invece di preoccuparvi di
aiutarla a
superare questo momento …»
«Bella
non farà mai nulla simile.»le assicurò
Carlisle cercando di calmarla. «Io scommetto sul
sicuro!»
L’avesse
mai detto, Mai avevo sentito simili
improperi uscire dalla bocca di Esme.
Infondo
cosa avevamo fatto di male … si sa che i
neonati sono un po’ instabili … offesa e indignata
raggiunse Rose in cucina,
minacciandoci che se avessimo scommesso e fosse successo qualcosa a
quel
“povero ragazzo” avrebbe pensato lei stessa a farci
passare la voglia delle
scommesse.
«Allora
altri 1000$,se attacca alla gola vinco
io!» sussurrai impercettibilmente, Esme su tutte le furie non
me la sarei persa
per niente al mondo.
«Ok!
Ci sto anch’io! Ma sono d’accordo con
Carlisle, non attaccherà alla gola, e non si
arrabbierà.» mormorò Jasper.
«Carlisle?
Manchi solo te, ci stai?»
Un
istante pensò, poi con un sorriso sulle labbra
annuì … cosa non farebbe un uomo pur di non far
infuriare la propria moglie …
Questo
gioco si faceva sempre più interessante,
restava solo da aspettare.
Edward
«Parlami
di lei», chiese quasi con timore mentre correvamo
verso casa.
Cosa
potevo dirle, non sarebbero bastate un
milione di parole per descrivere nostra figlia, era tutto e di
più, mai avrei
potuto immaginare qualcosa di così meraviglioso, ed era
tutto merito nostro …
mi faceva sentire completo, importante, orgoglioso e … buono.
Allo
stesso tempo mi spaventava la sua crescita,
ero terrorizzato alla sola idea di perderla … io che non la
volevo nemmeno
veder nascere; adesso non sarei stato più in grado di
staccarmi da lei.
«È
qualcosa di unico al mondo»,risposi con
soddisfazione.
«Quanto
somiglia a te? E a me? Be', a me com'ero
prima». Sussurrò e colsi una punta
d’astio nella sua voce. Era gelosa?
Invidiosa? Preoccupata? Forse la mia risposta era un po’
troppo entusiasta
l’aveva fatta sentire esclusa, meno importante.
«Sembra
avere un'equa proporzione di entrambi».
Risposi cercando di rimediare, anche se in fondo era la
verità, era il meglio
di tutti e due.
«Aveva
il sangue caldo», mormorò turbata.
«Sì.
Il suo cuore batte, anche se un po' più
veloce di quello umano. Anche la sua temperatura è un po'
più calda. E dorme».
«Davvero?».
«Abbastanza,
per una neonata. Siamo gli unici
genitori al mondo che non hanno bisogno di dormire e nostra figlia
dorme già
tutta la notte», ridacchiai, suonava bene: “Nostra
Figlia” pronunciarlo,
anziché pensarlo solamente, conferiva a quelle parole una
certa importanza.
«Ha
esattamente lo stesso colore dei tuoi occhi...
non sono andati persi, quindi». le sorrisi. «Sono
così belli».
«E
dai vampiri cos'ha preso?»,chiese.
«La
sua pelle sembra impenetrabile, più o meno
come la nostra. Non che qualcuno voglia azzardarsi a
verificarlo». “Passerebbe
prima suo mio cadavere e poi su quello di tutto il resto della
famiglia,
compreso il cane, se solo ci provasse …” «È
ovvio che nessuno lo farà», mi
sbrigai a puntualizzare dopo aver colto il panico nei suoi occhi.
«Più che
mangiare, bè, preferisce bere sangue. Carlisle insiste,
vuole convincerla a
prendere anche qualche pappa per bambini, ma lei non ne vuole sapere.
Non posso
certo biasimarla, quella roba ha un cattivo odore anche rispetto al
cibo
umano».
«Convincerla?»
chiese guardandomi come se mi fosse
spuntato il terzo occhio sulla fronte.
In
effetti con i normali neonati non si cerca di
convincere nessuno, mangiano (più o meno) quello che uno gli
dà, ma lei era
speciale. «È intelligente, da non crederci, e
progredisce a passi da gigante.
Anche se non parla, almeno non ancora, comunica in modo abbastanza
efficace». E
nuovamente l’orgoglio di padre riaffiorò nelle mie
parole.
«Come,
"non ancora"?».
Forse
avevo detto troppo, eravamo d’accordo con
Carlisle di non dirle niente della crescita accelerata di Renesmee
finché non
l’avesse vista con i suoi occhi, avrebbe potuto fraintendere,
preoccuparsi e
agitarsi troppo e nulla di tutto ciò era compatibile con
l’irascibilità del suo
stato di neonata; anche se dopo aver visto le sue straordinarie
capacità di
autocontrollo tutto questo diventava una precauzione inutile
… inutile come
l’assurda pretesa di Jacob!
«In
che senso comunica in modo efficace?»,
domandò.
«Credo
che sarà più semplice se lo vedi con i tuoi
occhi. È abbastanza complicato da spiegare».
«Perché
Jacob è rimasto?»,chiese dopo un istante
di riflessione. «Come fa a sopportarlo? Perché
mai? Perché deve soffrire
ancora?». Aggiunse con un tremito nella voce.
“Perché
ha avuto l’imprinting con NOSTRA FIGLIA … Ci sono
miliardi di
persone a questo mondo ma lui ha scelto NOSTRA FIGLIA!!!”questo
era l’unico motivo, ma quel lurido sacco di pulci mi aveva
estorto la promessa di non dirle niente, ero quasi riuscito ad averla
vinta
quando Renesmee, vedendoci discutere, è scoppiata in un
pianto inarrestabile …
Jacob ha continuato ad inveire che era tutta colpa mia se era in
lacrime, mi
sono sentito un verme ed ho ceduto … quella bambina ci
teneva in pugno, tutti e
due.
«Jacob
non sta soffrendo», risposi acido. «Anche
se non mi dispiacerebbe fargli cambiare umore»,sibilai “Tanto
perché capisca
che IO sono il padre di Renesmee e che lui, per il solo fatto che gli
ho
permesso di restarle a fianco, dovrebbe baciare la terra dove cammino
ed
essermi grato per l’eternità e oltre..”
«Edward!»,
sibilò strattonandomi«Come puoi dire
una cosa del genere? Jacob ha dato tutto
per proteggerci! Con quello che gli ho fatto
passare!».
“Perché
non hai ancora idea di ciò che farà passare a
noi, tesoro!”«Vedrai
con i tuoi occhi perché la penso così»,
mugugnai. «Gli ho dato
la mia parola che avrà modo di spiegarsi, ma dubito che la
vedrai diversamente
da me. Però, spesso mi sbaglio sui tuoi pensieri, o
no?», aggiunsi guardandola
dritta negli occhi.
«Spiegare
cosa?».
«Ho
fatto una promessa.» ripetei scuotendo la
testa rassegnato. «Anche se non sono sicuro di dovergli
ancora qualcosa».
«Edward,
non capisco». Mormorò, ma il problema non
sarebbe stato capire, ma accettare. Io ci stavo ancora riflettendo.
«È più
difficile di come la fai sembrare, lo so. Me lo ricordo Non mi piace
sentirmi
confusa».
«Lo
so. Andiamo a casa, così potrai vederlo da
te». “Ma prima … devo cercare
di non distrarmi troppo” e senza pensarci
un attimo di più le porsi la mia camicia.
«Sono
così indecente?». Dei pensieri che mi
attraversarono la mente in quel momento, neanche mezzo era adatto a un
minorenne, ed il sorriso ebete che mi si stampò in faccia,
indusse Bella a
cambiare discorso … peccato non poterla più
vedere arrossire … e la nostra
corsa verso casa riprese.
Arrivati
ai margini del bosco che circondava la
casa, Bella, rallentò fino a fermarsi del tutto, doveva aver
percepito una
presenza avvicinarsi e questo l’aveva bloccata.
“Hei
Edward! Non vi sembra di aver fatto un po’ troppo presto
… cioè …
sei convinto che sia … sazia?? Non vorrei correre rischi
…”Secondo
lui, invece, io non vedevo l’ora di correrli?!?!?! Forse non
gli era ancora chiaro il concetto che a me importava di Renesmee MOLTO
più che
a lui.
Cercando
di non cedere alla rabbia che la sua
presenza riusciva sempre a suscitare, mi avvicinai a Bella e
raccomandandole di
non respirare, le poggiai le mani sulle spalle, sia perché
sentisse che non era
sola, sia per essere pronto a bloccarla in caso di qualche reazione
imprevista.
I
suoi occhi incrociarono Jacob e avvertii un
brivido scorrere nel suo corpo.
«Piano,
Jacob», dissi. Un ringhio dalla foresta mi
confermò la presenza del suo branco, pronto a difenderlo. A
quanto pare la
stupida idea del test non piaceva neanche ai suoi gregari.
«Forse non è questo
il modo migliore per...».
«Pensi
che sarebbe meglio lasciarla prima
avvicinare alla bambina?», mi interruppe .
«È più sicuro vedere come si
comporta con me. Io guarisco in fretta».
Dipende
… io di sicuro non avrei alzato un dito
per aiutarlo se fosse accaduto qualcosa, se l’era cercata. La
responsabilità
era solo sua.«Come credi, la gola è tua».
Leah,
protestò … a dirla tutta non sarebbe stata
male nemmeno a lei una lezioncina di buone maniere; e Jacob
iniziò ad avanzare
lentamente sorridendo.
Il
desiderio di far sparire quel ghigno dal suo
viso era ogni istante più forte.
«Devo
dirtelo, Bells. Sei un fenomeno da
baraccone».esclamò quando ormai si trovava a pochi
passi da lei.
“Senti
un po’ da che pulpito viene la predica!!”.«Guardati
allo specchio, bastardo». Grugnii di rimando.
«No,
ha ragione. Gli occhi sono proprio strani,
vero?» il fatto che, come sempre, prendesse le sue difese, mi
fece temere il
peggio – per me ovviamente – quando avrebbe
scoperto dell’imprinting, ma
d’altra parte cosa mi potevo aspettare … era stato
sciocco anche solo illudersi
…
«Super-spaventosi.
Ma non brutti come pensavo».
«Ehi...
grazie per il bel complimento».
«Sai
cosa intendo. Sei ancora tu, be', più o meno.
Forse non è tanto una questione d'aspetto... tu sei Bella. Non
pensavo di poter sentire ancora la tua
presenza». Rispose continuando a sorridere come uno scemo.
«A ogni modo, penso
che mi abituerò presto a quegli occhi».
Di
sicuro doveva farsene una ragione dato che
stava parlando di sua “suocera”.
«Davvero?»,
chiese, confusa.
“Ho
come la sensazione di stare per tirarle una pugnalata
…”Sì,
cane è esattamente quello che stai facendo.
«Grazie», disse poi
guardandomi. «Promessa o no, non ero sicuro che riuscissi a
non dirglielo. Di
solito esaudisci ogni suo desiderio».
“Vorrò
vedere te …” «Forse
spero che si
arrabbi e ti strappi la testa», insinuai acido.
“Se
accadrà avrò avuto la prova che cercavo
… Bella non è pronta, e può
essere pericolosa!”pensò
sbuffando.
Tra
le ultime speranze che mi erano rimaste l’idea
che Renesmee, un giorno, lo trovasse tremendamente insulso e
insopportabile
stava prendendo rapidamente campo.
«Che
succede? Mi state nascondendo un segreto?»,
domandò incuriosita.
«Ti
spiego dopo», rispose Jacob.
“Codardo
…”
«Prima
di tutto, diamo inizio allo spettacolo».
“Preferisci
tergiversare anziché affrontare il problema!?!”
«Tranquilli,
ragazzi. Statene fuori». Ordinò
Jacob, al branco che stava iniziando ad avvicinarsi«Su,
Bells. Fai del tuo
peggio».
Bella
non si mosse, e non respirò.
«Il
tempo passa, Bella», continuò ad incalzarla.
«Okay, non tecnicamente, ma è per darti l'idea.
Dai, fatti una zaffata».
Come
se si rendesse conto in quel momento di dove
fosse, Bella si risvegliò, rannicchiandosi sul mio petto
«Tienimi stretta»,
sussurrò intimorita, e strinsi più forte le mani
sulle sue braccia. Prese un
profondo respiro e si rilassò«Uhm. Ora so quello
che intendevano tutti. Tu
puzzi, Jacob».
“Dio
come amo questa donna!!”
«Ti
amo» le sussurrai all’orecchio al culmine
della gioia, e mentre scoppiavo in una fragorosa risata, le mie mani
scivolarono sulle sua vita stringendola più forte a me.
«Senti
chi parla», rispose Jacob
«Okay,
ho superato l'esame, vero?»,esclamò
euforica. «Ora mi dite qual è questo grande
segreto?»
“Sì,
Jacob, dille il tuo segreto … trova il coraggio
…”.
Il
vigliacco si innervosì. «Niente di cui tu debba
preoccuparti proprio ora».
«Renesmee»,
sussurrò d’un tratto voltandosi verso
la vetrata che celava il resto della nostra famiglia e la bambina, il
suo
cuoricino, che batteva vigoroso e veloce, sicuramente non le era
sfuggito.
«Vieni
a vedere», mormorai ormai stufo della messe
in scena di Jacob. «So che sarai bravissima».
«Mi
aiuterai?», mormorò impaurita.
«Certo».
«Anche
Emmett e Jasper, nel caso che...?».
«Faremo
attenzione, Bella. Non preoccuparti,
saremo pronti. Nessuno di noi metterebbe mai in pericolo Renesmee.
Rimarrai
sorpresa di vedere come ci abbia già stregati tutti quanti.
Sarà perfettamente
al sicuro, non preoccuparti».
Ma
nell’istante in cui muovemmo il primo passo
Jacob ci si parò davanti terrorizzato.
«Sei
sicuro,succhiasangue?»,piagnucolò
disperato «La cosa non mi piace. Forse è meglio se
aspetta...».
“Possibile
che non capisca che sta superando ABBONDANTEMENTE il
limite?!?” «Hai
già avuto il tuo test, Jacob».
«Ma
…»
“Giuro
che se non si mette da parte questa volta lo ammazzo!! Renesmee o
non Renesmee me lo levo di torno DEFINITIVAMENTE!!” «Ma
niente», lo interruppi esasperato. «Bella ha
bisogno di vedere nostra figlia.
Lasciala passare».
“Sei
talmente pazzo da rischiare la vita di tua figlia?!?! Ci pensi come
si sentirà Bella dopo che le avrà fatto del
male?!?!? Ripensaci
succhiasangue!!!”supplicò
guardandomi negl’occhi, rimasi impassibile.
E terrorizzato scattò dentro casa precedendoci.
Renesmee
Stava
accadendo qualcosa, gli zii, i nonni erano
tutti seduti sul divano e guardavano fuori … la zia Rosalie
mi teneva in
braccio … il ragazzo moro tanto gentile era uscito
… Papà non lo vedevo da
qualche ora …
In
casa c’era una strana agitazione … mi faceva
paura …
Dov’era
papà? … dov’era il ragazzo moro?
…
Poi
la sua voce : «Pronta?»
Sì,
sì, era la sua … il mio papà
… era tornato …
La
zia indietreggiò qualche passo e tutti gli
altri si sistemarono davanti a noi.
Voglio
il mio papà … perché non me lo fanno
vedere
…
Anche
il ragazzo moro si era messo davanti a noi …
«Un
momento piccolina … ci siamo quasi …»
sussurrò
la zia Rosalie cercando di tenermi ferma.
“Io
voglio il mio papà!”
«È
nata solo da due giorni?», disse una voce
dolcissima al di là di quel muro.
Chi
era?
La
vedevo appena … mi paravano la vista … teneva
per mano il mio papà … era bella … il
papà la guardava e sorrideva … e poi mi
sembrò di averla già vista.
Allungai
la mano per arrivare a loro … la zia,
però, mi teneva stretta … avevo già
visto la bella signora… ma stava male …
forse era proprio lei … allungai la mano e toccai la zia.
Lei
lo sapeva chi era … la zia sa sempre tutto … e
sperai che mi dicesse sì … che era la mia mamma,
che era guarita e che non mi
avrebbe più lasciata …
«Sì,
è lei». Mormorò la zia; e i miei occhi
si
puntarono su di lei.
Era
tornata … papà era andato a prenderla
… me
l’aveva promesso e me l’aveva riportata …
Che
bella …
Il
papà aveva ragione a dire che era stupenda …
Mi
stava guardando … sorrideva … forse le piacevo
anch’io …
Fece
un piccolo passo verso di me, la zia
indietreggiò ancora, gli altri si strinsero ancora di
più … e lei sparì di
nuovo … “Perché non posso
andare dalla mamma … voglio la mia mamma
…”
«Oh,
datele un po' di fiducia», li sgridò zia
Alice … era simpatica … mi piaceva zia Alice, non
era mai preoccupata … «Non
stava per farle niente. Anche voi vorreste guardarla più da
vicino».
«Sto
bene», disse la mia mamma … c’era il
sole nella
sua voce … «Ma restate vicini, non si sa
mai».
La
sua voce … la riconoscevo aveva detto che ero
bellissima … perché la zia non mi lasciava andare
da lei … “voglio la mia
mamma …”
«Jazz,
Em, state tranquilli. Bella ha tutto sotto
controllo». Disse il mio papà … poi
iniziò a raccontare qualcosa … qualcosa
sulla mamma … era stata brava, dalla voce di papà
si capiva che era orgoglioso
di lei … ma io sapevo già che la mamma era brava
… Perché non potevo andare da
lei?!? “Voglio la mia mamma!”
Perché
il nonno sta brontolando papà? Che cosa
succede?
Perché
mamma sgrida zio Emmett?
“Sono
qui mamma! Mi prendi con te? Mi vuoi?” pensai
allungando le braccia sempre più verso di lei …
se la raggiungo
magari mi prende in braccio … se solo la zia mi lasciasse
andare …
Poi
si voltò, i suoi occhi incrociarono i miei e,
accompagnata da zio Jasper, avanzò.
Perché
lo zio la frena? Perché non vogliono che
venga da me?
Non
mi ero mai sentita così triste … e qualcosa di
bagnato scese sulle mie guancie …
In
un attimo erano tutti intorno a me … tutti
tranne lei.
“Perché
non mi vuole?”
Era
ferma in mezzo alla stanza da sola … perché
non si avvicinava ora che era sola?
«Che
problema c'è? Si è fatta male? Che cosa
è
successo?». Chiese il mio amico preoccupato
«No,
sta bene», lo rassicurò la zia, passandomi in
braccio a lui.
“Non
voglio te! Voglio la mia mamma!”
Provai a mostrarglielo … forse lui mi avrebbe ascoltato
… lui era un amico …
«Lo
vedi?», gli disse la zia.«Vuole andare da
Bella».
«Vuole
me?», mormorò la mia mamma.
“Che
bella voce …”pensai
guardando
dritta verso di lei.
«Ti
sta aspettando da quasi tre giorni», le disse
papà spingendola verso di me.
“Grazie
papà …”
«Jake...
sto bene», disse la mamma, ma perché lui
non mi lasciava andare da lei?
“Io
voglio la mia mamma! Papà ha detto che posso!”perché
non mi lascia andare da lei? E ancora una volta strillai
cercando di avvicinarmi e le guance nuovamente si bagnarono.
Alla
mamma brillarono gl’occhi, allungò le mani
verso di me e finalmente fui tra le sue braccia.
Quindi
era il modo per ottenere qualcosa:
strillare.
Mi
sistemò tra le sue braccia e mi dondolò pian
piano … era lei … forse un po’ diversa
da come la ricordavo ma era lei … il
sorriso … il profumo … la voce … la
mia mamma.
Forse
aveva paura, come me, magari pensava che non
mi ricordassi di lei … io mi ricordavo di lei …
io le volevo bene … glielo
dovevo dire, sennò sarebbe andata via …
E
carezzandole la guancia le mostrai tutto ciò che
sapevo di lei …
«Cosa
è... stato?»,farfugliò
la mamma. E
subito tirai indietro la mano.“Non ti voglio
spaventare …”
«Cosa
hai visto?», domandò subito zia Rosalie,
«Cosa ti ha mostrato?».
«È
stata lei
a mostrarmelo?»,sussurrò.
“Visto
come sono brava mamma? Non ti faccio paura vero?”.
«Te
l'ho detto che era difficile da spiegare», le
disse papà all'orecchio. «Ma come mezzo di
comunicazione è efficacissimo». Era
contento di me, lo capivo dalla voce.
«Cos'era?»,
chiese Jacob.
«Uhm.
Ero io. Credo. Ma avevo un aspetto
orribile». “No la mia mamma è
Bella.”
«È
l'unico ricordo che ha di te»,spiegò
papà.
A
papà l’avevo mostrato tante volte, e poi
riusciva a vederlo anche quando lo mostravo agli altri … non
so come facesse …
ma era bravo anche papà. «Voleva dirti che ha
capito, che ti riconosce».
«Ma
come ha fatto?».
«Come
faccio io a sentire i pensieri? Come fa
Alice a vedere il futuro?», le rispose dolcemente
papà . «Ha un dono».
«Anch'io
mi ricordo di te», mi sussurrò con la sua
voce melodiosa e tutto intorno a me sparì, solo io e lei: la
mia mamma.
La
più bella del mondo.
Edward
Ogni
volta che pensavo di aver raggiunto il
massimo dovevo ricredermi, vedere Bella con in braccio nostra figlia
era
qualcosa di assolutamente inimmaginabile, avessi avuto ancora un cuore
mi
sarebbe scoppiato nel petto.
Non
avrei mai immaginato di meritarmi tanto, ma il
destino era stato infinitamente generoso con me, ma la contropartita
era
tremenda, il terrore che tutto potesse svanire improvvisamente, che
tutta la
felicità che avevamo raggiunto con tanta fatica potesse
dissolversi in un
battito di ciglia era opprimente
Non
Potevo permettere che morisse, doveva esserci
una soluzione alla sua crescita sregolata, ed io dovevo trovarla fosse
stata
l’ultima cosa che facevo non avrei mai permesso che ci
lasciasse.
«Non
abbiamo sperimentato abbastanza per oggi?»,
domandò Jacob, spezzando come sempre la magia del momento.
«Okay, Bella sta
andando alla grande, ma non esageriamo».
Bella
lo fulminò con gli occhi e Jasper fu subito
al suo fianco. «Che problema c'è,
Jacob?», chiese arretrando di alcuni passi.
“Bene,
bene, bene, non gliela vuole rendere … Brava tesoro
mio!”«Solo
perché capisco la situazione, non significa che non possa
cacciarti, Jacob. Bella si sta comportando in modo straordinario. Non
rovinarle
questo momento». Gli sibilai con rabbia.
“Finalmente!!!
Era l’ora che ti decidessi Edward!!!”«E
io lo aiuterò a sbatterti fuori, cane», mi
spalleggiò Rosalie,«Ti
devo un bel calcio nella pancia».Ci fu un momento
d’empasse, noi stretti
intorno a Bella … Jacob che fremeva di terrore e non
riusciva a staccare gli
occhi da Renesmee fino a quando Bella, improvvisamente, capì
…
«No!»,rantolò
in un misto di disgusto e
rabbia e nella frazione di un istante Jacob prese la bambina dalle sue
braccia
ed io strinsi Bella al mio petto.
“Razza
di idiota! Ecco cosa succede a non avere il coraggio delle
proprie azioni!”
«Rose»,
sibilò Bella con una freddezza quasi
spietata «Prendi Renesmee».
Rosalie,
trionfante, tese le mani e Jacob gliela
passò senza batter ciglio.
«Edward,
non voglio farti male, quindi, per
favore, lasciami andare».
“Attento
Edward! Non credo che sia il caso. La bambina è troppo
vicina.”
Pensò
Jasper già pronto a scagliarsi su Bella
«Mettiti davanti a Renesmee», insistette Bella
Jasper
si stava sbagliando ancora una volta, se
fosse stata accecata dalla rabbia non avrebbe mai dato ordini
così precisi e
razionali, le sarebbe bastata la frazione di un secondo per allentare
la mia
presa, nulla l’avrebbe trattenuta; e convinto che mi avrebbe
riservato ancora
molte – e speravo piacevoli - sorprese la liberai dalla presa.
«Dimmi
che non è vero», ringhiò a Jacob
assumendo
la posizione di caccia.
Il
codardo arretrò. «Sai che è una cosa
che non si
può controllare».
«Stupido
imbecille! Come hai potuto?
La mia bambina!».Continuò
spingendolo fuori casa.
Incredibile
quante soddisfazioni mi stesse dando
la mia dolcissima Bella.
«Mica
l'ho deciso io, Bella!».
«L'ho
tenuta in braccio una sola
volta, e già pensi di avere qualche pretesa idiota da
lupo su di lei? Lei è mia».
“A
dire la verità sarebbe anche mia, ma se lo sbrani te lo
concedo,
tesoro!”
«Me
ne basta un po'», implorò Jacob rasentando il
ridicolo.
«Pagare
prego», sghignazzò Emmett alle mie spalle.
Avevano scommesso su Bella???
Preferii
ignorare il deplorevole comportamento dei
miei fratelli, e concentrarmi sullo spettacolo che avevo davanti agli
occhi, di
gran lunga più interessante.
«Come
hai osato avere l'imprinting con
mia figlia?
Sei fuori di testa?!».
«Non
è una cosa volontaria!»,insistette lui,
arretrando fra gli alberi. «Bella, puoi provare ad ascoltarmi
solo per un
secondo? Per favore?», La pregò Jacob.
“Non
merita perderci altro tempo Bella … IGNORALO!”
«Leah,
torna indietro!», aggiunse“Edward fa
qualcosa! Fermala!”.
Fossi
matto! Erano anni che aspettavo una scena
simile, e poi non era nei patti. Era convinto di cavarsela alla grande,
era
l’ora che lo dimostrasse.
«Perché
dovrei ascoltarti?»,sibilò furiosa.
«Perché
eri stata tu a dirmelo. Ti ricordi? Tu mi
hai detto che le nostre vite si appartenevano, giusto? Che eravamo una
famiglia. Hai detto che era così che doveva andare, fra noi.
E ora... eccoci. È
ciò che volevi».
“Ottima
mossa girare la frittata Jacob, peccato che Bella non stia
apprezzando i tuoi sforzi …”
gongolai
tra di me.
«Pensi
di poter fare parte della mia famiglia come
genero!»,gridò con ferocia.
Emmett
rise.
Poi
avrei sistemato anche lui.
«Fermala,
Edward», mormorò Esme.«Non penso che
sarà felice di fargli del male».
“Lei
forse no, ma io ne sarei entusiasta!!” e
ignorando la supplica di mia madre continuai a gustarmi la scena.
«No!
Come puoi vederla così? È poco più che
una
neonata, maledizione!». Insistette il cane.
“Uuuuuuuu
Bruttissima mossa Jacob!”
«È
questo
il punto!», urlò.
Era
rincuorante sentire che finalmente la
pensavamo alla stessa maniera nei confronti del cane.
«Ma
lo sai anche tu come funziona! Pensi che
Edward mi avrebbe lasciato vivo, se fosse stato così?
Desidero soltanto che lei
sia al sicuro e felice. È sbagliato? È
così diverso da ciò che vuoi tu?»,
gridò
lui.
“Sei
vivo unicamente perché ero occupato con altri pensieri, e
perché mai
e poi mai mi sarei voluto perdere un simile spettacolo!”«Fantastica,
non è vero?», mormorai gongolane di gioia
sentendola
ringhiare al suo “Migliore Amico!”.
«Non
l'ha puntato alla gola neanche una minima
volta», annuì Carlisle.
«Bene,
questa l'avete vinta voi»,disse Emmett
riluttante.
Anche
Carlisle era entrato nel giro delle
scommesse di Emmett e Jasper??? Questa volta avevamo toccato il fondo!
«Le
starai lontano», gli intimò perentoria.
«Non
posso!».
«Provaci.
A partire da ora».Sibilò
fra i denti.
“Che
donna!”
«Non
è possibile. Ricordi quanto desideravi che ti
fossi vicino, tre giorni fa? E quant'era difficile separarci?
È tutto finito
per te, vero?».
“È
inutile Jacob, non ce la puoi fare! Non serve a nulla arrampicarsi
sugli specchi.”
«Era
lei», mugolò. «Sin dall'inizio. Dovevamo
stare insieme, persino allora».
«Scappa
finché puoi», lo minacciò, e tutto in
me
esultava di gioia!
«Dai,
Bells! Anch'io piaccio a Nessie!»,
insistette.
«Come
l'hai... chiamata?».
“Complimenti
cane, hai firmato la tua condanna a morte …”
«Be'»,
mugugnò, «il nome che le hai dato è un
po'
difficile da pronunciare e...».
«Hai
dato a mia figlia il soprannome del Mostro
di Loch Ness?»,strillò avventandosi alla
giugulare del cane, finalmente i miei sogni
diventarono realtà!.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 20 *** CAPITOLO 20 ***
Ciao
a tutti! questa volta sono stata brava ... e velocissima!!!! (si fa x
dire...)
Grazie
a tutti coloro che leggono, che trovano il coraggio di recensire o che
rimangono in disparte ...
Buona
lettura
Cap.20
Edward
L’unico
lupo che non si meritava di essere
aggredito da Bella era Seth.
Purtroppo
era l’unico che era rimasto ferito nello
scontro.
Quando
percepii i suoi pensieri si era già tuffato
a capofitto tra Bella e Jacob, insieme a Jasper riuscimmo a fermarla in
tempo,
fortunatamente non l’aveva morso, e se l’era cavata
con una semplice frattura
alla spalla, con i loro standard di guarigione in massimo
un’ora sarebbe
tornato come nuovo.
“Fratellone
noi andiamo a caccia, torneremo in tempo per i regali! NON
DIRLE NIENTE!!!”mi
intimò Alice avviandosi verso la veranda con
Esme e Emmett.
La
guardai di sfuggita e mi strizzò l’occhio.
Oggi
era il 13 settembre, il compleanno di Bella.
Era curioso come fosse rinata nella sua nuova vita lo stesso giorno in
cui era
venuta alla luce da umana. “È nata per
essere vampira … non ci sono dubbi!”
Ci
avevano regalato una casa … con tutto il caos
che era seguito al nostro rientro non li avevo nemmeno ringraziati e, a
dire la
verità, non l’avevo ancora vista nemmeno io.
Poi
c’era anche il mio regalo: l’auto del
“dopo”.
Sicuramente
si ricordava benissimo che data era
oggi ma preferiva sorvolare e sicuramente si sarebbe arrabbiata non
appena le
avessimo consegnato i nostri doni; nessuna novità, almeno in
questo non era
cambiata.
«Ahi!»esclamò
Seth
«Scusa,
cercherò di fare più piano ma devo
posizionare l’osso correttamente prima di steccarti, si sta
già risaldando e
non voglio che guarisca in maniera sbagliata creando un
soprosso.» si
giustificò Carlisle alle prese con la medicazione.
«Seth,
non hai idea di come sia mortificata … io
…» mugolò Bella disperata.
«Sono
cose che capitano, tesoro. Tutto sommato
poteva andare peggio.»
«Peggio
di così??» esclamò sgomenta.
«Beh,
se lo mordevi poteva morire. Il nostro
veleno agisce in modo diverso tra licantropi e umani»
Un
mugolio sofferente uscì dal suo petto «Prima di
commettere qualche altra sciocchezza
irreparabile…» mormorò
«c’è qualcos’altro
che devo sapere? Cosa mi sono persa in questi tre giorni che
è di vitale
importanza che sappia?»
Il
suo timore di fare qualcosa di sbagliato e
nuocere a qualcuno, era disarmante. Non si rendeva conto di che
miracolo stesse
compiendo; le sorrisi con dolcezza e aiutato da Seth le feci un rapido
resoconto: la tregua tra i due branchi a seguito
dell’imprinting tra Jacob e
Renesmee con la conseguente intoccabilità di
quest’ultima. Sam doveva anche
rassegnarsi ed accettare la trasformazione di Bella poiché
autorizzata da Jacob
che in qualità di unico discendente di Ephraim Black era il
vero alfa di branco
e quindi la rinegoziazione dell’accordo. Alla luce di tutto
ciò c’era stato un
incontro tra i due alfa e Carlisle e il patto con i Quileute era stato
rinnovato.
Forse
non potevo leggerle nel pensiero ma le
espressioni del suo viso le conoscevo tutte, ogni volta che nominavamo
Jacob
una strana, impercettibile, smorfia le appariva sul volto; in alcuni
momenti
sembrava gratitudine, in altri irritazione esattamente come
ciò che provavo io.
Gli
ero grato per l’aiuto e il supporto che ci
aveva dato, sapevo che Renesmee era salva – e questa era la
cosa più importante
- grazie all’imprinting ma allo stesso tempo non riuscivo a
digerire tutta
questa assurda situazione.
«Ahi!
Ahi!» borbottò ancora una volta Seth dopo
l’ennesima manovra di Carlisle.
«Mi
dispiace, Seth. Sarei dovuto intervenire
prima». Esclamai costernato, se fossi stato un po’
più attento non si sarebbe
ridotto in quello stato.
«Seth,
io...». borbottò nuovamente Bella
«Non
ti preoccupare, Bella. Sto benissimo», la
interruppe Seth.
«Bella,
amore, nessuno ti sta giudicando. Ti stai
comportando tanto bene».Le dissi cercando di rincuorarla,
infondo ero io che
dovevo vegliare su di lei ma, vedendo come insisteva nel tentativo di
scusarsi,
dedussi che il sorriso che mi si era stampato in faccia non rendeva le
mie
parole abbastanza convincenti. Era più forte di me,
l’orgoglio che avevo
provato nel vederla attaccare, lucidamente, Jacob era incontenibile.
«Scusa,
scusa», farfugliò ancora una volta
avvilita.
«Niente
paranoie, Bella», la rassicurò ancora una
volta Seth «Tornerò normale in mezz'ora. Chiunque
avrebbe fatto la stessa cosa,
con Jake e Ness … Voglio dire, almeno non mi hai morso o
niente del genere.
Quella sì che sarebbe stata una schifezza».
A
quel punto cedette sprofondando il viso fra le
mani «Sono crudele».
«E
invece no. Io avrei...», dissi.
«Smettila»,sospirò
avvilita.
“
… Avrei
fatto molto peggio!!”
«Per
fortuna Ness … Renesmee non è
velenosa»,
disse Seth rompendo l’imbarazzante silenzio che si era
creato. «Perché
mordicchia Jake in continuazione».
«Davvero?»chiese
alzando la testa dal suo
nascondiglio e guardandolo scioccata, peccato che il tono della sua
voce
tradiva il dispiacere che, invece, voleva manifestare …
«Sì.
Ogni volta che lui e Rosalie sono un po'
lenti a darle da mangiare. Rose lo trova molto divertente».
A
onor del vero, anche io, apprezzavo molto.
«Bene,
Seth», disse Carlisle, alzandosi e
indietreggiando. «Penso sia tutto ciò che posso
fare. Prova a non muoverti
per... be', qualche ora, credo». Ridacchiò.
«Mi piacerebbe che curare gli umani
desse gratificazioni altrettanto istantanee».
Passò la mano sui capelli neri di
Seth. «Non ti muovere», gli ordinò e
scomparve nel suo studio.
«Magari
ce la faccio a rimanere fermo per un po'»,
sghignazzò Seth e sistemandosi più comodamente
sul divano appoggiò la testa
sullo schienale e crollò istantaneamente in un sonno
profondo.
La
casa sprofondò nel silenzio, solo il respiro di
Seth, regolare e cadenzato faceva da sottofondo ai miei pensieri,
osservavo
Bella assorta nei suoi ragionamenti e come sempre la frustrazione di
non sapere
cosa stesse attraversando la sua mente mi metteva di malumore
…
Osservò
Seth per un interminabile istante e si
alzò.
“È
soltanto un po’ turbata, Edward, nessuno scatto di rabbia
imminente.”
Mi
rassicurò Jasper che da dietro la scalinata
monitorava costantemente il suo umore, ma la malinconia del suo sguardo
mi
preoccupò talmente che un attimo dopo ero da lei e
prendendole la mano sperai
capisse che non era sola… che qualunque pensiero le
frullasse per la mente
poteva parlarne con me. Ero lì con lei, lo sarei stato per
sempre.
Dopo
il“mancato omicidio” di Jacob vidi e udii
ciò
che i miei sensi (seppur molto ben sviluppati) mai avrebbero pensato di
vedere
o sentire: Rosalie e Jacob che di comune accordo decidevano che Bella
era
troppo pericolosa per stare con sua figlia. E ciò che
rendeva tutto ancora più
folle era che Bella dava loro ragione!!! Non si erano resi conto della
lucidità
con cui lo aveva aggredito? Quelli non erano sbalzi d’umore
tipici di un
vampiro neonato.
Oppormi
a questa decisione con tutte le mie forze
era stato inutile.
Quando
Bella si convinceva di qualcosa non c’era
modo di smuoverla dalle sue posizioni, e adesso si sentiva pericolosa.
“Qualcosa
la sta preoccupando, la sento tesa, stai in guardia, Edward.”
«Che
c'è, Bella?», chiese Jasper avvicinandosi
tranquillo. «Nessuno è
arrabbiato con te»,ignorai il tempestivo ringhio di Leah,
«né sorpreso, in
verità. Be', no, in effetti ci hai sorpresi
eccome».“Io più che sorpreso
sono sconvolto …” «Non
pensavamo che fossi capace di uscirne tanto
velocemente. Sei stata brava. Molto più di quanto ci si
aspettasse».
«Stavo
pensando a Charlie, in realtà».
«Ah»,mormorò
Jasper, e la consueta discussione
della sera che si stava tenendo sulla veranda tra Rose e Jacob
cessò
all’istante.
«Dobbiamo
partire sul serio, vero?», chiese quasi
supplicando una risposta diversa da ciò che già
sapeva. «Per un po', come
minimo. Fingere che siamo ad Atlanta, o qualcosa del genere».
Riuscivo
a percepire la sua angoscia in ogni singola parola. Avessi
potuto le avrei risparmiato questa ulteriore sofferenza, purtroppo
però c’era
la vita di suo padre in gioco, e non potevamo permettere che gli
accadesse
niente.
«Sì.
È l'unico modo per proteggere tuo padre». Le
confermò Jasper.
«Mi
mancherà moltissimo. Mi mancheranno tutti
quelli di qui». Rispose dopo un attimo di riflessione e poco
dopo sbuffò. La
sua mente stava elaborando e sicuramente le si era presentato qualche
altro
problema, ma il ritorno di nostro padre insieme all’ingresso
di Renesmee con le
sue due guardie del corpo catturò la sua attenzione.
Jasper
fu immediatamente al mio fianco
«Devono
essere le sei», dissi già teso per il
verdetto che ne sarebbe seguito.
«Quindi?»,chiese
continuando ad osservare la
scena.
«Ora
di misurare Ness ... ehm, Renesmee», spiegò
Carlisle.
«Ah.
Lo fai tutti i giorni?».
«Quattro
volte al giorno» intervenne Carlisle
soprappensiero, mentre si apprestava a ripetere ancora una volta
quell’estenuante rituale.
Renesmee
sospirò, non le piaceva essere misurata
in continuazione ma sapeva che doveva essere brava, era per il suo bene.
«Quattro
volte? Tutti i giorni? Perché?».
«Continua
a crescere in fretta», mormorai cercando
di rimanere tranquillo. Ma il mio corpo mi tradì, non ce la
facevo più ad
affrontare tutto questo da solo, avevo bisogno di lei e stringerla a me
fu un
istinto normale.
«Cosa
facciamo?», sussurrò terrorizzata.
«Non
lo so». Rantolai stringendola ancor più forte
a me.
«Sta
rallentando», farfugliò Jacob, voleva essere
un’affermazione ma sembrava tanto una supplica.
«Ci
vorranno vari giorni di misurazione per tenere
d'occhio l'andamento, Jacob. Non posso fare previsioni».
Rispose Carlisle.
«Ieri
è cresciuta di cinque centimetri. Oggi meno»
“Lo so, lo vedo!!”.Replicò
bruscamente.
«Cinque
centimetri meno un decimo, se le
misurazioni sono accurate», disse Carlisle pacato.
«Devono esserlo,
dottore», lo interruppe di nuovo con una minaccia che
trasudava tutta la sua
disperazione.
«Tu
sai che farò del mio meglio», lo
rassicurò
Carlisle.
«Mi
sa che di più non posso chiedere».
Sospirò
avvilito «Cosa vuole?»,domandò vedendo
che la piccola iniziava a mostrare
insofferenza alla visita e aveva accostato la mano sul viso di mia
sorella.
«Bella,
ovviamente», rispose titubante Rosalie e
gli occhi di Bella brillarono di gioia
“Edward,
non credo sia il caso … sembra tranquilla … ma
…” preferii
ignorarla, avevo già espresso il mio parere: la bambina
doveva
stare con sua madre. Jacob, senza farsi alcun tipo di scrupolo mi
scavalcò
chiedendo direttamente a lei «Come ti senti?».
«Preoccupata»,mormorò,
e stringerla ancor di più a
me fu inevitabile
«Lo
siamo tutti. Ma non intendevo questo».
“Si
sta irritando, sarebbe bene che Jacob smettesse con le sue battutine
acide, o questa volta ci lascia le penne veramente!”pensò
Jasper guardandomi negl’ occhi.
Renesmee
si stava irritando e Rose faticava a
tenerla,divincolandosi tendeva le mani verso sua madre, sporgendosi fin
quasi
ad arrivare a sfiorarle il viso, sospirando quando si rese conto di non
poterci
arrivare
«Tutto
sotto controllo», ci assicurò risoluta.
“Ok,
gliela porgo, pronti a intervenire.”Mi
avvisò Rosalie.
Jacob
non ebbe il coraggio di dire né di pensare niente, osservava
terrorizzato e basta.
Renesmee
“Perché
non vogliono farmi stare con mamma … la mamma sorride quando
prende in braccio Nessie … la mamma è bella
…”
Mi
strinse tra le sue braccia, appoggiai la testa
sul suo petto e mi sentii bene … era il più bel
posto del mondo … mi era
mancata … dovevo raccontarle qualcosa di me … lei
non mi conosceva … se mi
avesse conosciuto, non mi avrebbe più lasciata sola.
E
posai la mano sulla sua guancia, per farle
conoscere il mio mondo.
Non
volevo che facesse male al MIO amico … lui era
buono con me … la mamma doveva volergli bene …
Papà rideva … era contento che
la mamma facesse a botte con il MIO amico …
perché tutti erano contenti? Perché
gli dispiaceva che si fosse fatto male l’altro ragazzo? Se
Jacob si fosse fatto
male io avrei pianto … Seth era stato bravo a difenderlo.
«Ah,
splendido», disse la mamma. «Perfetto».
Perché
non voleva che le raccontassi del MIO
amico?
«È
solo perché ha un gusto migliore rispetto a
noi», le disse papà … era arrabbiato?
Che
cosa aveva combinato Jacob?
«Te
l'ho detto che anch'io le piaccio», rispose
Jacob alla mamma, ma mamma non sorrise e allora le mostrai qualcosa di
bello:
zia Rose che mi spazzolava i capelli … mi piaceva quando lo
faceva e mi piaceva
la canzone che cantava e tutti i baci che mi dava. Poi le raccontai del
nonno
di quando mi misurava, non mi faceva male ma era noioso e poi erano
sempre
tutti seri quando il nonno faceva tutte quelle cose … a me
piace sentire ridere
…
«È
come se ti volesse fare un resoconto di tutto
ciò che ti sei persa»disse papà, pian
piano, in un orecchio alla mamma … papà
sapeva sempre tutto.
Il
mio pancino fece un gorgoglio, forse, se lo
chiedevo, sarebbe stata lei a darmi da mangiare oggi … ma
quando lo chiesi la
mamma fece una smorfia … non le piaceva? … non
voleva? Ma in quell’istante papà
mi strappò dalle sue braccia e lo zio abbracciò
stretta mamma …
“Che
cosa ho fatto di male?”
«Che
ho fatto?» chiese mamma, era spaventata anche
lei ….
«Stava
ricordando di avere sete», borbottò il
papà
preoccupato. «Stava ricordando il sapore del sangue
umano».
«Sì»,rispose
mamma. «E allora?».
Papà
non rispose e poi scoppiò a ridere. «E allora
niente, a quanto pare. Stavolta sono io ad aver avuto una reazione
spropositata. Jazz, lasciala andare».
Lo
zio liberò mamma, e papà mi passò di
nuovo a
lei … “non mi piace questo gioco
… voglio stare in braccio a lei …”
«Non
capisco», brontolò lo zio. «È
davvero
insopportabile» e uscì.
Ma
perché lo zio era sempre arrabbiato e triste?
«Tornerà»,mi
disse papà sorridendo «Ha bisogno di
stare un po' da solo per riorganizzare il suo punto di vista sulla
vita».
«È
arrabbiato con me?», domandò la mamma
«No.
Perché dovrebbe?».
«Allora
che problema ha?».
«Ce
l'ha con se stesso, non con te, Bella. Si
preoccupa di... una profezia che si auto avvera …
» Noioso. Ecco com’era papà
quando faceva tutti i suoi ragionamenti, ed era noioso anche il nonno
quando
parlava fitto fitto con lui … erano cose troppo difficili
… neanche alla mamma
piacevano … lei mi guardava e sorrideva … le mie
storie le piacevano di più e
allora continuai: le dissi della nonna che mi faceva giocare con le sue
collane
… della zia Alice che mi cambiava sempre i vestiti e faceva
tante fotografie …
peccato che la mamma non mi avesse vista … poi
c’era lo zio Emmett, lui era
tanto divertente … quando faceva il cavallo mi piaceva tanto
tanto … anche alla
mamma sarebbe piaciuto, ma la mamma stava male … nonno era
noioso voleva che
mangiasi quella roba bianca che puzzava … la pappa della zia
Rose era meglio.
Poi le raccontai degli uccellini … il MIO Jacob mi aveva
portato vicina vicina
… con lui non scappavano … se mi portava la zia
sì … Poi c’era papà, mi
raccontava sempre della mamma e mi cantava le canzoni …
nessuno cantava come il
mio papà … il mio papà …
tanto stanca … tante cose ancora … le storie
dello zio
Jasper … tanto stanca … tanto sonno …
erano tutti lì … tutti con me … Jacob
…
la zia … la mamma … Jacob …
papà … la mamma … bella la mamma
… Jacob … papà …
la nonna … la mamma … Jacob … sempre
con me … per sempre …
Edward
“Stiamo
arrivando! Ancora un istante e siamo lì, SPERO TU ABBIA
MANTENUTO LA PROMESSA!!” Mi
minacciò Alice,
ormai nei pressi della casa.
«Finalmente»“Era
l’ora che tornasse”pensai
aspettando che da un momento all’altro entrasse dalla vetrata
del salone
insieme al resto della famiglia, infatti dopo solo una manciata di
secondi
erano tutti lì al nostro cospetto, anche Jasper era
rientrato insieme a loro.
Alice
aveva stampato in faccia un sorriso da
stregatto, difficile non pensare che nascondesse qualcosa, come anche
il resto
della famiglia schierato davanti a noi, ma Bella sembrava non farci
caso.
Al
contrario dell’anno precedente ero molto
impaziente anch’io, avevo un regalo da darle anche se con
molta probabilità lo
avrebbe ignorato e non vedevo l’ora di inaugurare il regalo
che le/ci avevano
fatto … e vedendo come si era evoluta la sua prima giornata
da vampira ero più
che convinto che le aspettative non avrebbero reso giustizia alla
realtà!
Alice,
come sempre prese in mano la situazione,
fremeva d’impazienza, non l’avremmo trattenuta un
istante di più,le volò
davanti e le porse una chiave, a cui era stretto un gigantesco fiocco
di seta
rosa.
«Buon
compleanno!», squittì.
Bella
alzò gli occhi al cielo. «Nessuno inizia a
contare dal primo giorno di nascita», sentenziò
acida. «Il primo compleanno è
dopo un anno, Alice».
Il
sorriso di Alice si fece sadico. In certi
momenti faceva davvero paura. «Non stiamo festeggiando il tuo compleanno da vampira. Non
ancora. È il 13 settembre,
Bella. Buon diciannovesimo compleanno!».
Alice
«Non
esiste proprio!». Sbottò decisa scuotendo la
testa, con lo sguardo cercò appoggio nel suo maritino che,
questa volta, era
quasi più agguerrito di me … il sorriso sornione
sul suo viso la diceva
veramente lunga sulla sua impazienza. «No, questo non conta.
Ho smesso
d'invecchiare tre giorni fa. Avrò per sempre diciotto
anni».Insistette piccata.
«Pazienza»,replicai
con noncuranza. «Noi ti
festeggiamo comunque, quindi fai la brava».
Provò
a sostenere il mio sguardo, poi, sospirando
pesantemente, si rassegnò.“Era
l’ora!”«Pronta ad aprire il
regalo?»,
esclamai finalmente soddisfatta.
«I
regali»,mi riprese Edward sventolando la chiave
della Ferrari parcheggiata nel garage da più di un mese
… “Povero illuso!
Pensi davvero che la trasformazione le abbia donato anche la passione
per le
auto?!? Dammi retta riparlatene domani!”«Prima
il mio», dissi facendogli
una linguaccia.
«Il
mio è più vicino».
«Sì,
ma guarda com'è vestita».Mi
lamentai
cercando di impietosirlo “Tanto sai già
che non le interesserà, minimamente!
Il mio invece è di VITALE IMPORTANZA! Specialmente la cabina
armadio” «È
tutto il giorno che me la sorbisco in questo stato. L'estetica ha la
precedenza
assoluta».
Edward
mi squadrò impassibile.
«Ce
la giochiamo, va bene?», proposi. «Morra
cinese».
Jasper
ridacchiò ed Edward sospirò. “Noiosi
…”
«Perché
non mi dici subito chi vince? Così
facciamo prima», replicò Edward impassibile.
«Vinco
io. Perfetto».esclamai soddisfatta.
Anche
se non fosse stato doveva essere così per
forza.
«Tanto
mi sa che è meglio se aspetto fino a domani
mattina». Sogghignò Edward indicando con lo
sguardo i due “Belli Addormentati”
accasciati sul divano «Credo sarebbe più
divertente se anche Jacob fosse
sveglio per la grande rivelazione, non vi pare? Almeno ci
sarà qualcuno in
grado di entusiasmarsi come si deve».
“Bravo!
Saggia decisione.”Pensai
facendogli l’occhiolino. «Evviva! Bella, affida
Ness… Renesmee a Rosalie».
«Dove
dorme di solito?».
«In
braccio a Rose. O a Jacob. O a Esme. Non la
mettono giù nemmeno un istante, figurati.
Diventerà la vampirastra più viziata
della galassia». Risposi con noncuranza.
Edward
rise.
«Allora
è anche la vampirastra meno viziata
della galassia», osservò
Rosalie, orgogliosa come mamma chioccia.«È il
bello di essere unici».
«Dai,
andiamo», cinguettai all’apice della gioia,
porgendole la chiave infiocchettata guidandola verso l’uscita
posteriore della
casa.
«È
qui fuori?».
«Più
o meno», risposi vaga.
«Spero
che il regalo ti piaccia», disse Rosalie.
«È da parte di tutti noi. Soprattutto di
Esme».
«Ma
voi non venite?», chiese perplessa, forse
questa volta avevamo destato il suo interesse?!?
«Te
lo lasciamo godere in privato», rispose
Rosalie. «Poi ci racconterai...». ed Emmett
guarnì il tutto con la sua risata
sguaiata.
“Stupido
scimmione! Mi rovinerai la sorpresa! Muoviti Edward usciamo di
qua prima che Emmett vuoti il sacco!” «Ecco
l'entusiasmo, così mi piace», mormorai vedendo un
timido sorriso illuminarle il
viso, lasciai la presa sul suo braccio e feci strada.
«Vieni,
Bella!», la esortai, ed insieme ad Edward
ci addentrammo nel bosco.
Edward
“Ci
siamo Edward, manca poco, devo bendarla stai pronto non si sa
mai!”Mi
avvisò Alice
«Non
attaccarmi», le si raccomandò e con un balzo
fu su di lei.
«Che
fai?», chiese, ovviamente, vedendosela
addosso.
Certo
che però poteva evitare di saltarle sulle
spalle per tapparle gli occhi! Il rischio aggressione si sarebbe
ridotto
notevolmente!
«Ti
copro gli occhi».
«Potevo
occuparmene io senza bisogno di fare tutto
questo teatro», mugugnai.
«Non
mi fido di te, scommetto che la lasceresti
sbirciare. Prendila per mano e guidala».
«Alice,
io...».
«Non
preoccuparti, Bella. Fidati». Dispotica e
autoritaria come sempre.
Intrecciai
la mia mano con quella di Bella e
iniziai a farla avanzare. «Ancora un briciolo di pazienza,
Bella. Fra poco ci
lascerà in pace e andrà a scocciare qualcun
altro».
«Però
potresti mostrare un po' d'entusiasmo anche
tu, Edward», “sembri alla processione di
un funerale!”brontolò Alice.
«Il regalo lo facciamo anche a te».
«Hai
ragione. Grazie ancora, Alice». “Se fossi
stata un po’ meno teatrale però
…”
«Prego,
prego». Rispose frettolosa, poi il suo
tono cambiò. «Stop. Girala un pochino verso
destra. Ecco, così. Perfetto. Pronta?».
«Pronta»,rispose
decisa, e la scimmietta scese
dalle sue spalle, liberandole finalmente gli occhi.
Bella
rimase in silenzio, immobile, con lo sguardo
fisso sullo spettacolo da fiaba che si era aperto a noi. Bisognava
ammettere
che mia sorella aveva scelto una gran bella coreografia, degna della
più
romantica delle favole.
Ma
Bella non reagì.
Nel
silenzio più totale passarono alcuni minuti.
“È
normale come reazione? Edward dì qualcosa, almeno tu! Forse
non le
piace … forse abbiamo osato troppo e si infurierà
…” «Che
te ne pare?», chiese Alice, con una delicatezza che non mi
sarei
mai aspettato.
Silenzio.
Mia
sorella aveva ragione, c’era bisogno di un
supporto, prima che l’idiosincrasia di Bella per i regali
esplodesse in tutta
la sua gloria.
«Esme
ha pensato che ci avrebbe fatto piacere
avere un posticino tutto nostro per un po', ma voleva che restassimo a
portata
di voce», mormorai cauto. «E poi per lei ogni scusa
è buona per ristrutturare
vecchi ruderi. Questa casetta cadeva letteralmente a pezzi, era
abbandonata da
almeno un secolo».
Silenzio.
“Io
non so più cosa pensare …”«Non
ti
piace?», chiese delusa mia sorella, raramente
l’avevo sentita così. «Cioè,
sono
sicura che possiamo rifarla, se vuoi. Emmett voleva già
ampliarla di qualche
migliaio di metri quadrati, alzarla di un piano, aggiungere un
colonnato e
anche una torre, ma Esme ha pensato che vi sarebbe piaciuta di
più così,
com'era nel progetto originale». Da lente che erano le sue
parole si fecero
sempre più veloci, quasi incomprensibili per la
velocità con cui le buttava
fuori, era veramente rimasta male da quella reazione …
possibile che a Bella
non piacesse … non era da lei comportarsi in questo modo, se
non altro per non
offendere chi ce l’aveva donata avrebbe parlato sicuramente
…. «Però se si è
sbagliata non ci mettiamo niente a...».
«Sssh!».Uscì
finalmente dalla sua bocca, e incerti
sul da farsi restammo in attesa.
«Mi
regalate una casa per il mio compleanno?»,
sussurrò.
«Ciregalano»,corressi,
in fin dei conti ci
avrei abitato anch’io. «E poi non è che
sia un palazzo da mille e una notte.
Insomma, casa è
una
parola grossa». “I nostri standard di
casa sono molto più alti.”
«Attento
a come parli», mormorò fra i denti.
“Sìììì!!!!
NE ERO SICURA!!!! NON POTEVA NON PIACERLE!!! ESME NON POTEVA
ESSERSI SBAGLIATA!!!”gridò
Alice nella mia testa. «Allora ti piace».
Fece
segno di no con la testa.
«Di
più?». Osò Alice mentre io continuavo a
tenerla d’occhio.
Bella
annuì e finalmente tirai un sospiro di
sollievo. Bella e i regali erano un’arma a doppio taglio.
«Non
vedo l'ora di dirlo a Esme!» esplose Alice
dalla gioia.
«Perché
non è venuta anche lei?».
“Edward
… qualcosa non ha funzionato durante la trasformazione, non
può
essere così tonta!”trattenni
una risata per educazione, e poi
l’avrebbe presa sicuramente malissimo … Tonta no,
forse solo un po’ ingenua …
in fondo è sempre la mia Bella. «Oh, be', lo sanno
tutti come la pensi sui
regali. Non volevano metterti a disagio».
«Ma
era ovvio che mi sarebbe piaciuta. Voglio
dire, come potrei non apprezzare una cosa del genere?».
«Saranno
felici di saperlo», rispose in tutta
fretta. «Bene, la cabina armadio trabocca di roba, fanne buon
uso. E... direi
che è tutto».“Divertitevi!!!”
«Non
vuoi entrare?».
“Ti
prego, Edward, spiegami come avete fatto a mettere al mondo anche
una figlia, perché, giuro, che non ci arrivo!”
Ok,
aveva ragione Alice.
«Edward
sa già tutto. Io... faccio un salto più
tardi. » farfugliò cercando di levarsi
dall’impiccio «Ma chiamami pure, se hai
dubbi riguardo all'abbinamento dei vestiti, Jazz vuole andare a caccia.
Ci
vediamo» e nella frazione di un secondo sparì.
«Non
capisco», commentò perplessa. «Sono
talmente
difficile che non hanno avuto il coraggio di accompagnarci? Adesso mi
sento in
colpa. Non ho nemmeno ringraziato Alice come si deve. Forse dovremmo
tornare
indietro e dire a Esme...».
«Bella,
ti prego. Nessuno pensa che tu sia
difficile». Era chiaro che i messaggi subliminali non erano
il suo forte.
«Allora
perché...».
«Volevano
lasciarci soli. Fa parte del regalo.
Alice ha cercato di dirtelo fra le righe». Ma forse era
meglio essere più
espliciti.
«Ah».Sussurrò
imbarazzata, e la mia mente volò al
rossore d’imbarazzo, che un tempo, le avrebbe colorato le
guancie.
«Vieni,
ti mostro cos' hanno fatto», dissi
prendendola per mano, me ne pentii all’istante. Forse
l’atmosfera del luogo, la
magia del momento, sentii i mio corpo vibrare insieme al suo. Fosse
stato per
me avrei anche rimandato a dopo la visita guidata, ma non era un
comportamento
da gentiluomo.
Bella
ridacchiò.
«Ti
è venuta in mente una barzelletta divertente?
Fai ridere anche me».
«Non
proprio», rispose, mentre ci
avvicinavamo, lentamente, all’ingresso«Pensavo solo
che questo è il primo e
l'ultimo giorno di ... sempre. Non è un concetto che mi
entra in testa tanto
facilmente, nonostante tutto lo spazio extra che ho a disposizione
adesso».
«Sei
un talento naturale, Bella.»
ridacchiai aprendo la porta «Al punto che mi dimentico quanto
debba apparirti
strano tutto questo. Mi piacerebbe riuscire ad ascoltarti». E
prima che
entrasse la presi in braccio.
«Ehi!».
«Portare
in braccio la sposa oltre la
soglia fa parte dei miei doveri coniugali», sogghignai.
«Ma dimmi a cosa pensi,
sono curioso».Aggiunsi chiudendo la porta alle nostre spalle
«A
tutto», rispose. «E tutto in una
volta, non so se hai presente. Alle cose belle, a quelle nuove e a
quelle
preoccupanti. A un uragano di superlativi nel cervello. In questo
preciso
momento sto pensando che Esme è un'artista fatta e finita,
è tutto così
perfetto!».Esclamò guardandosi intorno per
ammirare il salotto.
Esme
aveva dato il meglio di sé, la
casa era piccola, per nulla sfarzosa né appariscente,
dentro, sebbene non fosse
stata ancora abitata, potevi sentire già il calore di una
famiglia.
Non
c’era un pezzo uguale all’altro ma
il tutto era semplicemente armonioso, così diverso dalle
case dove avevamo
sempre abitato.
Il
fuoco scoppiettava nel camino e la
luce che emanava risplendeva sulla pelle di alabastro di Bella
rendendola se
possibile ancor più incantevole. I nostri volti
così vicini, potevo sentire
chiaramente ogni suo respiro … stava accelerando
… come il mio …
“Calmati
Edward, mostrale almeno il
resto della casa …”
«Meno
male che a Esme è venuto in
mente di aggiungere una stanza. Nessuno aveva messo in conto Ness...
Renesmee»
borbottai per riprendere lucidità.
«Non
mettertici anche tu, con quel
soprannome», bofonchiò.
«Scusa,
tesoro, ma lo leggo in
continuazione nella mente altrui. È snervante». “A
dirla tutta è quasi carino
…”
Sospirò
rassegnata.
«Scommetto
che non vedi l'ora di dare
un'occhiata alla cabina armadio. Perlomeno è ciò
che dirò ad Alice, per farla
contenta».
«Devo
aver paura?».
«Al
posto tuo io sarei
terrorizzato».Scherzai procedendo nel nostro giro panoramico.
«Questa è la
stanza di Renesmee», dissi indicando con il mento una camera
vuota dal
pavimento di legno chiaro. «Con il casino dei licantropi, non
hanno avuto il
tempo di sistemarla un granché...».
«E
questa è la nostra camera. Esme ha
cercato di ricreare l'atmosfera della sua isola. Ha pensato che ci
fossimo
affezionati». Era perfetta … Esme aveva fatto
l’impossibile … ma nulla avrebbe
mai eguagliato ciò che avevamo condiviso quella notte “Non
credo lo
dimenticherò mai …” l’emozione,
la paura e il desiderio fusi insieme nello
stesso istante, quel letto bianco … così grande
… la tensione che mi dilaniava.
«Oh»,mormorò
Bella.
«Già»,bisbigliai,
completamente
assorto nella magia del luogo e nei ricordi. Un brivido mi percorse la
schiena
… “Calmati Edward, calmati!”«La
cabina armadio è dietro quella doppia
porta. Ti avverto: è più grande della
camera». Esclamai con una risata cercando
di stemperare la situazione, e di prendere tempo … non che
non la desiderassi …
anzi … solo
che
non avevo idea di come si sentisse … se anche lei stesse
provando la stessa
tensione … durante la giornata c’erano stati dei
momenti in cui il suo
comportamento mi aveva fatto intuire di sì, ma era pur
sempre una vampira
neonata … non era il caso di saltarle addosso
all’improvviso … possibile fossi
agitato come sull’isola?
«Diremo
ad Alice che sono corsa dritta
alla cabina armadio», sussurrò, infilandomi le
dita fra i capelli e avvicinando
pericolosamente il suo volto al mio. «Le diremo che ho
passato ore a provare i
vestiti. Mentiremo».
“Ok.
Come sempre penso troppo.”
Attirai
a me il suo viso con un ardore
che non pensavo di avere, e un ruggito basso mi uscì dalla
gola.
Nessun
freno nessuna inibizione, come
presi da una frenesia non riuscimmo a frenare
la passione che stava divampando tra noi,i
vestiti furono a brandelli nei giro
di una frazione di secondo e il letto resto intatto … troppa
urgenza per
raggiungerlo, almeno in quel momento.
Finalmente
uguali senza alcuna cautela
o riserbo ci lasciammo trascinare dalle sensazioni e dalla passione che
istante
dopo istante cresceva fino a farci
toccare le stelle, sapevo sarebbe stato diverso dalle
precedenti volte ma non credevo che fosse così totalizzante,ogni
sospiro ogni gemito ci portavano
sempre più in alto fino a farci perdere completamente la
cognizione di ciò che
ci stesse circondando.
Avrei
potuto continuare ad amarla per
sempre, ogni giorno della nostra eternità, e anche lei, era
folle come pensiero
ma era quello che provavo al momento …
«Ti
manca?», sussurrò quando ormai stava
albeggiando.
«Cosa?»,mormorai.
«Tutto.
Il calore, la morbidezza della
pelle, il profumo... Io non ho perso nessuna di queste sensazioni ma mi
chiedevo se per te, invece, non fosse un po' triste...».
“dopo
questa notte mi pare chiaro che
non rimpiango assolutamente più nulla …”sghignazzai
tra me. «Credo che sarebbe dura trovare qualcuno meno triste
di me in questo
momento. Impossibile, direi. Non sono in molti a ottenere
ciò che desiderano,
addirittura, più cose di quante si sognavano di chiedere, e
tutte in un solo
giorno».
«Stai
eludendo la domanda?».
«Ma
sei calda»,dissi premendole una
mano sul viso, per poi seguire il suo profilo … la mascella
… il collo … i seni
… fino ad arrivare alla vita.
«E
sei morbida».Sussurrai dopo
il suo ennesimo gemito. «Quanto al profumo, be', non posso
dire di sentirne
davvero la mancanza. Ti ricordi l'odore degli escursionisti, quando
siamo
andati a caccia?».
«Ho
fatto di tutto per dimenticarlo».
«Ecco,
immagina di baciare qualcuno
con quell'odore».
«Oh».
«Appunto.
Quindi la risposta è no.
Sono la gioia fatta persona, perché non sento la mancanza di
niente. Nessuno
è più ricco di me in questo istante».
Aprì
la bocca per obiettare, ma non le
diedi il tempo, era un peccato che quelle labbra fossero usate solo per
parlare
…
Rosalie
«Sono
davvero sbigottita della reazione di Bella,
non mi sarei mai aspettata un simile autocontrollo.» dissi
mentre aspettavamo
che Renesmee si addormentasse «Certo lo scatto
d’ira nei confronti del cane non
è da sottovalutare, ma in fin dei conti è
comprensibile … io stessa stento a
trattenermi.» sibilai guardando il beota imbambolato ad
ammirare la piccola in
braccio a Esme.
«Credi
si potrà rimandare la partenza.» chiese
Esme.
«Non
credo proprio!»intervenne Emmett «Bella si sa
controllare ma è meglio che giri alla larga dagli umani
ancora per un po’. Qua
c’è Charlie, anche lei ne è
preoccupata, l’ha detto anche Jasper.»
«oggi
siamo a tre telefonate …» sospirò Esme
«io
sto tergiversando, Edward e Carlisle non hanno risposto, ma non
riusciremo ad arginarlo
ancora per molto …»
«Quindi
ti sei già risposta.»mormorai «prima
partiamo meglio è. Il New Hampshire è perfetto e
sufficientemente lontano e poi
Bella è già iscritta a Dartmouth
…»
In
quello stesso istante il cane balzò in piedi e
sfrecciò fuori da casa.
“Finalmente
un po’ di respiro … anche se ci vorranno anni per
far
sparire questa puzza da casa!”
«Ehi!
Che gli prende! Ma ti pare il modo andarsene
così!?!» borbottò Emmett
«Ti
manca?» sibilai «vedrai che purtroppo
tornerà
presto … forse si è solo scordato di fare
pipì!» e senza preoccuparmene troppo
mi riappropriai di mia nipote, finalmente addormentata.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 21 *** CAPITOLO 21 ***
Eccomi
di nuovo a voi, come sempre grazie a tutti coloro che seguono
questa storia sia silenziosamente che commentando!! Un Bacio grande a
tutti!!
Cap.
21
Charlie
Un’altra
alba fece la sua comparsa nel cielo, un
tempo sarebbe stato emozionante vederla, in questo momento no. Non
tenevo
nemmeno più il conto di quante ne avevo viste nelle ultime
settimane.
Sapere
che Bella era tornata, era a pochi chilometri
da me, stava male e non potevo vederla mi mandava fuori di testa. Da
quando poi
era stata ricoverata al centro epidemiologico di Atlanta, la mia ansia
aveva
raggiunto vette altissime. Ormai le avevo provate tutte, mi mancava
l’irruzione
armata in casa Cullen;a peggiorare le cose erano quasi quattro giorni
che Bella
non telefonava. Avevo provato a chiamare io all’ospedale ma
il numero che mi
aveva dato Esme era inesistente … possibile avesse
sbagliato… avevo provato a
cercarlo personalmente ma era sempre perennemente occupato, oppure
venivo
lasciato in linea ad ammuffire … le ultime chiamate di ieri
a casa Cullen non
avevano avuto risposta.
Il
pensiero che si fosse aggravata non mi faceva
più ragionare.
“Sono
il padre, che diamine!!! Avrò pure il
diritto di avere notizie di mia figlia!!”
Anche
se era presto stavo per indossare pistola e
distintivo di ordinanza per andare alla centrale, almeno lavorando
avrei tenuto
la mente occupata per qualche ora, quando sentii bussare con insistenza
alla
porta.
Le
gambe iniziarono a tremare “solo certi tipi
di notizie vengono comunicati di persona …”
Col
cuore in gola aprii cautamente la porta,
quando vidi Jacob tirai un sospiro di sollievo.
«Buongiorno
Jake, sei mattiniero. È successo
qualcosa alla riserva?»
«No,
niente problemi alla riserva … avrei bisogno
di parlare con te Charlie, possiamo fare due passi?»
«Puoi
entrare, il salotto è un ottimo posto dove
parlare e staremo più comodi … si tratta di
Billy?»
«No
… si tratta di Bella.»
«Bella?!?!
Cosa le è successo?? Tu cosa c’entri
con tutta questa storia???»
«Devo
mostrarti una cosa … dammi retta, andiamo
nel bosco sarà molto meglio …»
Senza
battere ciglio e con il cuore che mi
esplodeva nel petto lo seguii.
Ci
addentrammo quanto bastava per non scorgere più
la casa alle nostre spalle, il tutto in un angosciante silenzio
… delle mille
domande che mi frullavano nella testa solo una era importante: Era
viva?
Allo
stesso tempo non avevo il coraggio di
porgliela.
Jacob
si fermò e lentamente si voltò verso di me,
ci fissammo alcuni minuti, tirò un profondo respiro e si
decise a parlare.
«Bella
è a casa … sta bene …»
«Cosa
stai dicendo? Ho chiamato ieri, mi hanno
dato un numero a cui telefonare!?!»
«È
la verità è a casa dei Cullen ed è
guarita …»
Il
sangue cominciò a pomparmi furiosamente nelle
vene, per quale motivo si stava nascondendo? Perché i Cullen
la coprivano?
Questa volta mi avrebbe sentito!! Anche se era sposata era pur sempre
mia
figlia e mi doveva rispetto e non ero più disposto a
tollerare questo comportamento!“Quel
ragazzo ha sempre avuto una pessima influenza su di lei! Non mi
stupirei fosse
tutta opera sua!”e ignorando Jacob tornai sui miei
passi per raggiungere
l’auto. Questa volta nessuno mi avrebbe impedito di vedere
mia figlia.
«Hei!
Hei! Charlie dove stai andando??»
«DA
BELLA! MI PARE OVVIO!! Mi deve delle
spiegazioni e non intendo aspettare oltre!»
«Calma
Charlie!»esclamò il ragazzo mettendosi
sulla mia strada. «Ho detto che non è
più malata, ma ancora non è del tutto
…
apposto …»
«In
che senso?»chiesi cercando di dare un senso
logico alle sue parole
«Mmmm
… è complicato da spiegare … prima
devo
mostrarti una cosa. Sicuramente dopo averla vista potrai comprendere
meglio …»
e detto questo iniziò a spogliarsi davanti hai miei occhi,
increduli e sbigottiti
… che diavolo aveva intenzione di fare??? “Questo
ragazzo ha dei problemi,
dovrò parlarne con Billy …” pensai
osservando sconvolto quell’insolito
spogliarello, ma se credevo di aver visto tutto dovetti ricredermi;
quando fu
completamente nudo iniziò a tremare come in preda ad una
crisi epilettica, sul
suo corpo comparvero peli, talmente tanti da diventare nel giro di
pochi
secondi folta pelliccia, il viso si allungò … e
come sfinito si buttò a terra,
per alzarsi solo pochi istanti dopo sotto forma di: LUPO!
«Buon
Dio …»mormorai non credendo ai miei occhi
…
quelle erano cose che si vedono solo nei film … avevo
bisogno di riposare … la
stanchezza e la tensione mi stavano giocando brutti scherzi
… forse stavo
dormendo in piedi … no ero sveglio … “e
ora cosa faccio … se scappo questo
mi sbrana …”ma non finii di elaborare
quel pensiero che davanti ai miei
occhi ebbi nuovamente Jacob …
«Respira
Charlie.» mi ordinò Jacob.
A
dire il vero, non mi ero nemmeno accorto di
avere smesso.
«Cos’era?
… C– cosa c’entra tutto questo con mia
figlia?»
«Sai,
Charlie, il mondo è diverso da quello che
credevi … »
«Arriva
al sodo Jacob!» esclamai ancora sconvolto.
«Ok
… La buona notizia è che non è
cambiato
niente... a parte che adesso lo sai.»grugnii di rabbia ma
Jacob continuò « La
vita continua come sempre. E tu puoi tornare a far finta di non credere
a
niente di tutto questo.»
«FARE.FINTA.DI.NULLA?!?!
Ma ti rendi conto di cosa
stai dicendo??? Dovrei spararti solo per il pericolo in cui metti tutta
la
comunità!!!»
Non
rispose, ed io rimasi impietrito a
metabolizzare ciò che avevo visto. Cos’era quello
che avevo visto? Che legame
c’era con Bella? Era un mostro anche lei? Cosa le avevano
fatto? Era tutta una
menzogna quindi …
Presi
un profondo respiro e affrontai il problema.
«Adesso
voglio tutta la verità. Cosa è accaduto a
Bella? Che tipo di malattia ha contratto? Sempre che l’abbia
contratta
veramente … tu cosa hai a che fare con loro? Lei lo sa cosa
… cosa sei?»
«Bella
è stata gravemente malata e più di una
volta è stata sul punto di lasciarci. Adesso per fortuna sta
bene, ma per
guarire … ha dovuto … ha dovuto
…»
«PARLA!»
«Ha
dovuto cambiare qualcosina.»
«Cosa
intendi ESATTAMENTE per "cambiare
qualcosina"?»sputai con rabbia.
«Ecco
… diciamo … diciamo che … che adesso
… somiglia
molto più a Esme che a Renée »
“Quindi?!?”pensai,
sempre più sconcertato, “Non
ce la posso fare … è troppo … io non
credo di volerlo sapere esattamente …
anche se …”cercai qualcosa nella sua
espressione che mi confermasse che era
tutto uno scherzo, ma ciò che vidi non fece che confermare i
miei timori. …
«In
che tipo di animale si trasforma?» chiesi
titubante.«Le piacerebbe!»sghignazzò lo
scellerato
“Per
fortuna!” «Basta indovinelli,
Jacob!!»
ringhiai
«Ok!
Ok! Devi sapere che non solo io sono in grado
di trasformarmi, nella tribù dei Quileute, il gene del
Licantropo è in tutti i
discendent …»
«NON.MI.INTERESSANO.I.PROBLEMI.DELLA.RISERVA.
Sono
“dettagli”dei quali preferirei
non essere reso pertecipe. Dimmi tutto
ciò che sai su Bella. Era a conoscenza dei rischi che
correva quando ha
iniziato a frequentare Edward?»
«Sicuro,
sapeva tutto da anni, da quando è
arrivata a Forks. »
«“Da
quando è arrivata a Forks”?!?!»ripetei
ormai fuori di me «… ed io che
la consideravo intelligente! Ma cosa
diavolo le è saltato in testa di cacciarsi in una storia
simile!! E se l’è pure
sposato!» iniziai a sbraitare «ciò che
è peggio è che MI HA MENTITO! Non una,
ma infinite volte! È stato lui! Sono convinto che lui
l’ha costretta! Dovevo
rendermene conto;era un ragazzo troppo strano, non mangiava mai, sempre
pallido, non socializzava mai con nessuno … non ho saputo
cogliere i dettagli …
TU!»esclamai puntando il dito verso Jacob che non si scompose
di un solo
millimetro «Voglio vederla. E mi accompagnerai. Non mi
interessa il tipo di
mostro che è diventata, se si trasforma o se vola su una
scopa, tutto ciò che
non è un dettaglio ESSENZIALE lo puoi tenere per
te.» “non sarei in grado di
affrontarlo … qualunque cosa sia …” «se
apparentemente è normale … cioè
…
insomma … è sempre la mia Bells …
preferirei far finta che non sia successo
niente.»
«Ecco
… insomma … un dettaglio importante ci
sarebbe …»
«Ovvero?»
chiesi tentando di immaginare quanto
surreale potesse essere.
«Bella
ed Edward hanno ereditato una boccuccia da
sfamare» il mio sguardo perplesso lo fece continuare
«Insomma … hanno adottato
un’orfanella.»
«Hanno
adottato un bambino?!?!? io vorrei proprio
sapere cosa diavolo passa per la testa a mia figlia! Ha solo diciannove
anni …
sono responsabilità … si sono appena sposati
…»
«Ehm
… Bambina Charlie, è una bambina.»
«Quindi
… io sarei diventato … qualcosa tipo un
nonno?» rantolai cercando di fare mente locale su questo
nuovo ruolo “Sono
troppo giovane ancora … però una bambina
… di nuovo qualcuno che sgambetta per
casa …”
«Esatto!
Congratulazioni nonno Charlie!!!» esclamò
tutto soddisfatto riportandomi con i piedi per terra.
«Non
sono in vena di scherzi Jacob!» borbottai non
riuscendo però a reprimere il sorriso che mi si era
improvvisamente stampato in
sul viso «Per oggi ho esaurito la mia dose di pazienza e Dio
solo sa cosa,
ancora, mi aspetta.» borbottai continuando a pensare alla
bambina «Giusto per
essere preparato, la bambina … che cos … insomma
… anche lei … si trasforma …
vola … o roba simile?»
«Oh
beh … lei … lei è più
speciale di tutti noi
messi assieme » disse con un tono quasi adorante, se non si
fosse trattato di
una bambina avrei quasi pensato ne fosse innamorato. Doveva essere
davvero
meravigliosa«Fidati, è meglio che tu non sappia.
Ma se riesci a ignorarne gli aspetti
bizzarri, ne resterai affascinato. Non c'è essere
più meraviglioso al mondo, se
sarai in grado di fartene una ragione Bella e Edward non se ne andranno
… »
«Se
ne andranno??» chiesi improvvisamente con la
voce strozzata «Come? Perché? Bella è
guarita hai detto! E la bambina? Vorranno
almeno farmela conoscere!!!»
«Purtroppo
non possono rimanere molto tempo nello
stesso luogo … desterebbero sospetti, ma se in qualche modo
tu fossi in grado
di ignorare certe stranezze nel comportamento, ecco … forse
… sicuramente … resterebbero
in zona.»
«CERTO
CHE SI’!»Esclamai senza aspettare nemmeno
che finisse la frase «Risparmiatemi i dettagli e penso di
poter fare tutto!
Niente trasformazioni, niente mostri,tutto normale.»
“Ce
la posso fare!” per la mia Bells ce la
DOVEVO fare.
Edward
Era
bastato nominare Renesmee per riportare Bella
alla realtà; ben inteso, avrei continuato ininterrottamente
fino a battere il “Record”(per
usare un suo termine) di Emmett e Rosalie, ma avevamo delle
responsabilità; non
eravamo più soli. Alice si era poi premurata di avvisarmi
che la piccina si era
svegliata e voleva sua madre, subito sarebbe stato meglio. Esme e
Rosalie
stavano cercando di intrattenerla ma i risultati erano pessimi.
Bella
si era seduta di scatto sul letto e continuava
a saettare con lo sguardo tra me e la direzione dove si trovava la casa
della
mia famiglia, era indecisa e preoccupata, conoscevo bene ogni singola
sfumatura
e smorfia del suo viso sapevo bene quando qualcosa la turbava, il
pensiero
della crescita accelerata di Renesmee era una costante nei miei
pensieri, e
anche lei come me aveva paura di ciò che avrebbe trovato
davanti a sé. «Va
tutto bene, tesoro. Vestiti, saremo a casa in due secondi».
Il
pingpong nella sua mente continuò impazzito
ancora per qualche altro secondo, in effetti se non avessi dato fondo a
tutto
il mio autocontrollo non so se sarei riuscito a staccarmi da lei tanto
facilmente; e trovarmela nuda nel letto non aiutava per niente.
“Devo
aiutarla, non assecondarla!”continuavo
a ripetermi come se le stessi facendo un torto …
«Te l'ho detto, è tutta
questione di equilibrio, amore. E tu sei talmente in gamba che non ci
metterai
niente a inquadrare ogni cosa nella giusta prospettiva» le
dissi sorridendo.
«E
poi abbiamo tutta la notte, no?».
“Esatto
amore, tutte le notti da qui
all’eternità!”pensai
allargando ancor di più il mio sorriso. «Credi che
ti
lascerei rivestire se non fosse così?».
Mi
squadrò una frazione di secondo, come se stesse
valutando la serietà delle mie parole e poi si
alzò decisa e determinata per la
conquista della cabina armadio.
Aprì
con spavalderia le porte e, sebbene l’avessi
messa in guardia, restò impietrita sulla soglia a osservare
il delirio di
onnipotenza di Alice.
«Quali
sono i miei?», sibilò angosciata.
«A
quanto mi risulta, è tutta roba tua tranne
questa», dissi avvicinandomi all’ingresso.
«Tutto?»rantolò.
Ogni
altra parola fu superflua, mi strinsi nelle
spalle e ci capimmo al volo.
«Alice»,
ci uscì di bocca all'unisono. Soltanto
che il suo tono fu molto più simile ad
un’imprecazione che il mio.
«Bello»,
mormorò furibonda mentre iniziava a
cercare qualcosa di adatto da indossare, impresa tutt’altro
che facile …
Conoscevo mia sorella fin troppo bene ed ero più che sicuro
che ciò che Bella
avrebbe preferito indossare non rientrava nelle scelte prioritarie di
Alice e
pertanto sarebbe stato introvabile per gli inesperti.
«Ti
aiuto io»,mi offrii e dopo aver fiutato
l’odore giusto tirai fuori da un cassetto un paio di jeans.
Mi
volò accanto. «Come hai fatto?».
«Il
denim ha un odore particolare, come qualunque
altra cosa. E per il sopra... cotone elasticizzato?».
Chiesi
prima di disseppellire una maglietta bianca
da uno scaffale e lanciargliela.
Cominciai
quindi a vestirmi anch’io … impresa
tutt’altro che facile con i suoi occhi puntati addosso
… se non fosse stato per
l’ultimatum di mia sorella le avrei proibito categoricamente
di farlo.
Renesmee
“Dov’è
mamma?”
continuavo
a chiedere, tutti dicevano che era con papà, che sarebbe
arrivata presto, solo
lo zio Emmett diceva che avrei dovuto aspettare un bel po’
… diceva che erano
molto occupati … che avevano altri pensieri in quel momento
… perché non
volevano stare con me?
“Io
voglio mia mamma …” perché
non
arrivava, non le ero piaciuta … la nonna mi aveva dato dei
bastoncini di
metallo che luccicavano … non erano divertenti, si rompevano
“Dove sono la
mamma e il papà?”anche Jacob era andato
via …
«Finalmente!»esclamò
la zia Alice all’improvviso,guardai
anch’io dove stava guardando lei e dalla finestra dove si
vedeva il bosco vidi
apparire papà e dopo “LA
MAMMA!” la indicai alla zia Rose più
volte che
potevo. “Lo zio Emmett dice le bugie …
non è vero che si sono scordati di me
…”
La
mamma mi prese subito in braccio … era contenta
di vedermi … sorrideva … era davvero bella
… anch’io ero felice ora che era
arrivata …
Edward
Vederle
insieme che si abbracciavano era un sogno,
come se finalmente il cerchio si fosse chiuso e la nostra
felicità fosse completa;
indubbiamente c’erano ancora molte questioni da risolvere e
capire, ma era lo
stesso un momento bellissimo.
«Da
quanto tempo è alzata?» chiese Bella mentre
andavo a prepararle la colazione
«Qualche
minuto»,rispose Rose. «Ti avremmo
chiamato fra poco. Ti voleva, anzi, ti pretendeva. Esme
ha sacrificato
uno dei suoi servizi di posate per tenere impegnato il piccolo
mostro», “a
dire il vero stavamo per aprire le scommesse se vi avremmo rivisti
prima di un
paio di mesi …”«Non
volevamo... disturbarvi, ecco».
Rimasi
basito.
Possibile
che non avessero il minimo ritegno?
“Eddino
caro, mi hai deluso!!”pensò Emmett “insomma
sei l’unico vampiro che è riuscito ad avere un
figlio, al primo colpo per
giunta!! Mi aspettavo grandi cose da te e invece ti presenti qua in
perfetto
orario e senza un capello fuori posto. Che tristezza.”
il ghigno che ne
seguì fece tremare anche il bosco.
L’istinto
di sbranarlo vivo era incontenibile, per
quanto avremmo ancora dovuto sopportate i loro commenti?
«Ti
prepariamo subito la camera. La casetta ti
piacerà, vedrai. È magica». Disse Bella
ignorandolo. «Grazie, Esme. Grazie
infinite. È assolutamente perfetta».
Ma
fu completamente inutile, la sghignazzata
lasciò il posto ad una vera e propria crisi isterica da
ilarità e le risate si
trasformarono in ululati. «Quindi è ancora in
piedi?», rantolò tra un
singhiozzo e l'altro. «Ero convinto che l'avreste demolita.
Cos'avete fatto
stanotte, avete discusso del debito pubblico?»
In
quel preciso momento lo desiderai morto.«Jacob
è partito stamattina presto»,disse Rosalie,
rispondendo a Bella che,
sicuramente, aveva notato la sua assenza. “Sembrava
spiritato, quasi avesse
avuto un’idea geniale o una terribile rivelazione”.«Seth
è andato con lui».
Strano.
«Di
cos'era preoccupato?», chiesi rientrando nella
stanza con la tazza di Renesmee. Jacob spiritato non presagiva nulla di
buono,
che lasciasse Renesmee da sola era addirittura preoccupante. Non che mi
dispiacesse levarmelo di torno per qualche ora, ma temevo che fosse
sorto
qualche altro problema con il branco di Sam.
«Non
lo so e non m'importa», borbottò Rosalie
prendendo in braccio Renesmee.«Guardava Nessie dormire,
imbambolato, con quella
sua aria da imbecille, quando d'un tratto, senza motivo - nessuno che
io abbia
notato, almeno - è balzato in piedi e si è
fiondato fuori. A me non è
dispiaciuto che si levasse di torno. Più tempo passa qui,
più sarà difficile
liberare la casa dall'odore».
«Rose»,
la riprese Esme.
«Ma
non è un grosso problema. Immagino che non
resteremo qui ancora a lungo».Replicò Rosalie con
noncuranza.
«Io
insisto che dovremmo andare dritti nel New
Hampshire a organizzare le cose»,intervenne Emmett,
«Bella è già iscritta a
Dartmouth. Non credo le ci vorrà tanto per ambientarsi a
scuola». Poi,
voltandosi a guardarla «Sono sicuro che diventerai la prima
della classe... A
quanto pare la notte non hai di meglio da fare che studiare».
Rosalie
sghignazzò. “Anche se volessero, con
una bambina per casa, dubito che potranno dedicarsi ad
attività alternative su
larga scala … ma questo non sembra certo essere un
problema!!!”
“Da
quando la mia vita privata era diventata
oggetto di studio?!” pensai irritato come non mai,
non avevano il limite;
era il momento di mettere fine a questa situazione, stavo per
rispondere a tono
quando:
“Non
c’è che dire sono fiero di me! Sono
riuscito a risolvere il “problema Charlie”
e nessuno dovrà andarsene,
loro non sarebbero stati in grado di fare meglio!!!”
NO.
NON
POTEVA ESSERE ARRIVATO A TANTO. E solo in quel
momento percepii il ringhio che mi stava uscendo dal petto.
«Cosa
sta facendo? Com'è riuscito quel canea
cancellare il mio programma di tutta la giornata? Non riesco a vedere niente!
No!». Esclamò Alice sconvolta. «E tu
guardati! Hai bisogno di me per
capire come usare la cabina
armadio».
Bella
ci osservò immobile, sicuramente stava
valutando cosa fosse più tremendo per Alice, se la sua
scarsa conoscenza
dell’uso delle cabine armadio o l’ultima trovata
geniale del suo miglio amico.
“Sì,
veramente un gran bell’amico!” pensai
cercando di incanalare la mia rabbia martoriando i pugni. «Ha
parlato con
Charlie. Pensa che lui lo stia seguendo. Verrà qui.
Oggi».
Alice
imprecò.
“C’era
da immaginarselo!!! Vado a cercare di
risolvere parzialmente il problema!!! Me la pagherà!! Quel
cane
ME.LA.PAGHERA’!”farfugliò
volatilizzandosi sul retro.
«L'ha
detto a Charlie?», rantolò Bella. «Ma...
non
si rende conto? Come ha potuto? No!».
“Evidentemente
non sei più così importante per
lui …”«Jacob è
già qui», mormorai fra i denti.
E
scrollandosi di dosso l’acqua della pioggia,
proprio come il cane che era, ci salutò ghignando,
«Salve,
ragazzi».
Silenzio
totale.
“Non
ha nemmeno il coraggio di affrontarci da
solo! Vigliacco e codardo!”pensai quando Seth e
Leah comparvero alle sue
spalle.
Bella
prese in braccio Renesmee. Un brivido mi
corse lungo la schiena ma tacqui, sicuramente cercava di mantenere la
calma e
rimandare lo sterminio dei licantropi, ma vederle in braccio la bambina
quando
da un momento all’altro poteva scoppiare mi creava panico.
«Fra
poco arriverà Charlie», buttò
lì Jacob, senza
tanti preamboli. «Te lo dico a titolo informativo. Immagino
che Alice sia
andata a prenderti un paio d'occhiali...»
“e
spero anche un lanciafiamme per farti
sparire definitivamente dalle nostre vite …”
«Tu
hai troppa immaginazione», ringhiò Bella.
«Che. Cavolo. Hai. Combinato?».
Il
suo sorriso vacillò, forse il sospetto di aver
fatto la più grossa cazzata della sua vita si era insinuato
nella sua scatola
cranica vuota.«Stamattina Emmett e la bionda mi hanno
svegliato con la storia
che vi trasferite tutti quanti dall'altra parte del paese. Come se
potessi
lasciarvi andare. Il grosso problema era Charlie, no? Be', problema
risolto».
Ma
si poteva essere più idioti?
«Ti
rendi conto anche solo vagamente di ciò
che hai fatto? Del rischio a cui l'hai
esposto?».Sputò fuori Bella con rabbia.
Sbuffò.
L’avrei
preso a schiaffi. Dio solo sa cosa ancora
mi trattenne.
«Non
l'ho messo in pericolo. L'unico pericolo
potresti essere tu, ma tu possiedi una specie di autocontrollo
soprannaturale,
dico bene? Anche se per me non vale quanto la capacità di
leggere nel pensiero.
Molto meno eccitante».
Quella
fu la goccia che fece traboccare il vaso.
In un attimo gli fui addosso, faccia a faccia.
Il
codardo indietreggiò.
«È
solo una teoria,bastardo», sputai senza
preoccuparmi né del tono né che le parole
potessero offenderlo. «Pensi che
dovremmo usare Charlie come banco di prova? Hai pensato al dolore
fisico che
patirebbe Bella, ammesso e non concesso che riesca a resistere? E alla
sofferenza nel caso non ci riuscisse? Ma immagino che ciò
che prova Bella non
sia più affar tuo!».
«Bella
sentirà dolore?» farfugliò finalmente
il
cane.
“Benvenuto
nella realtà!”«Come se le
avessi
infilato in gola un ferro incandescente!».
«Non
lo sapevo»,sussurrò.
“Idiota!”«Potevi
chiedere, prima»,ringhiai
fra i denti.
«Potevi
fermarmi».
«Dovevi
essere fermato».esclamai fulminando
i miei fratelli con lo sguardo. Possibile che a nessuno fosse venuto in
mente
di seguirlo??? Il solo fatto che si allontanasse da Renesmee
così
all’improvviso poteva anche far sorgere qualche
perplessità!!
«Non
si tratta di me», s'intromise Bella. Sempre
pronta a spostare il problema dei danni che questa assurda bravata
avrebbero
causato, da lei agli altri. «Si tratta di Charlie, Jacob.
Come hai potuto
esporlo a un simile rischio? Ti rendi conto che adesso o muore, o
diventa anche
lui un vampiro?». Disse con voce tremante.
Lo
stupido rimase impassibile.
«Rilassati,
Bella. Non gli ho detto nulla che non
avessi già intenzione di dirgli tu».
«Ma
sta venendo qui!».
«L'idea
era quella, infatti. Mi pareva di aver
capito che il tuo piano fosse "facciamogli supporre cose sbagliate",
così ci ho pensato io a depistarlo».
Una
mano abbandonò Renesmee scivolando su un
fianco per stringersi subito dopo in un pugno. Dio volesse che lo
facesse nero
una volta per tutte.«Spiegati, Jacob. Non ho tempo da perdere
con gli
indovinelli».
«Non
gli ho detto niente di te. Non proprio. Gli
ho detto di me. Be', forse sarebbe più
corretto dire che gli ho fatto vedere
me».
«Si
è trasformato davanti a Charlie», sibilai.
«Hai
fatto cosa?»,mugolò inorridita.
«Ha
del fegato. Come te. Non è svenuto, non ha
vomitato, niente. Devo dire che ne sono rimasto colpito.
Però avresti dovuto
vedere la sua faccia quando ho cominciato a spogliarmi.
Impagabile»,
sghignazzò.
“Veramente,
non c’è limite alla sua stupidità
…!”
«Ma
allora sei completamente deficiente! Poteva
venirgli un infarto!».
«Sta
bene. È uno tosto. Se ci pensassi sopra un
minuto, ti renderesti conto che ho fatto un favore a tutti».
«Di
minuto te ne concedo mezzo, Jacob». Impazzivo
quando lo trattava per quello che era! . «Hai trenta secondi
per riferirmi ogni
cosa che vi siete detti, parola per parola, prima che affidi Renesmee a
Rosalie
e ti stacchi quella testa vuota che ti ritrovi. Questa volta non ci
sarà Seth a
fermarmi».
Se
la fortuna mi assisteva forse mi sarei liberato
di lui prima del previsto.
Alice
“Sì
certo perdonalo!” pensai quando,
tornando nel salone, li vidi stringersi la mano come due cari amici “tanto
c’è Alice che vi toglie dai guai!! Giuro che quel
cane questa me la paga”.
«Tu,
tu e tu»,intimai ai licantropi fulminandoli
lo sguardo. «Se proprio dovete restare, mettetevi nell'angolo
e vedete di
rimanerci per un po'. Devo vedere. Bella, ti
consiglio di mollargli la
piccola. E poi è meglio se tieni le braccia
libere».
Bella
trasalì, ed era un bene avesse paura, e
senza battere ciglio la passo nelle braccia di Jacob.
«Posso
andare?»,borbottò Leah.
“Certo
che sì! Un problema in meno!”pensai.
Evidentemente non le piaceva ricevere ordini da un vampiro; ma era in
casa mia
e dopo quello che il “suo capobranco”
aveva combinato mi sembrava il
minimo ubbidisse; quindi se l’idea non le piaceva faceva bene
a sparire.
«Certo»,
rispose Jake.
«Mantieniti
a est, così non rischi di incontrare Charlie»,
“… e complicare ulteriormente le
cose!!”e nel giro di pochi istanti
sparì.
«Ce
la puoi fare. Sai di potercela fare. Ti
aiuterò. Ti aiuteremo tutti». Sussurrò,
smielato, Edward «Se non fossi convinto
che puoi farcela, ci eclisseremmo oggi stesso. In questo preciso
istante. Ma ce
la farai. E sarai più felice se Charlie farà
ancora parte della tua vita».
“La
fai facile, tu!” non aveva nemmeno
lontanamente idea degl’innumerevoli scenari che si potevano
aprire da questo
incontro!!! “Tanto c’è sempre
Alice che pensa a risolvere il problemi!!”
«Queste
ti irriteranno gli occhi: non fanno male,
ma annebbiano un po' la vista. Danno fastidio.» Le dissi
lanciandole la
scatolina con le lenti a contatto. «Non è il tuo
vecchio colore, ma sempre
meglio che rosso acceso, ti pare?».
«Ma
quando hai...».
«Prima
che partiste per la luna di miele. Ho preso
in considerazione vari, possibili scenari futuri». Anche se
questo non era
contemplato, si possono rendere utili.
«Ho
capito cosa intendevi», mormorò infilandosele.
«Come
sto?».
Edward
sorrise.«Una favola, naturalmente...».
«Sì,
sì, certo, lei è sempre una favola», “Cominci
a somigliare a un disco rotto, fratellone!”«Meglio
che rossi, ma è l'unico
commento positivo che mi sento di fare. Marrone fango. Il tuo colore
naturale
era molto più bello. Ricorda che non durano in eterno: il
veleno nei tuoi occhi
le scioglie nel giro di poche ore. Quindi se Charlie si trattiene
più a lungo,
dovrai scusarti e correre a infilartene un paio nuove. Che è
comunque una buona
idea, visto che gli umani devono andare in bagno».“…
e muoversi, e battere
le ciglia, e respirare … Divina provvidenza aiutaci
tu!!”pensai scuotendo
la testa. «Esme, dalle un paio di dritte sul comportamento da
umano mentre io
rifornisco il bagno di lenti».
«Quanto
tempo ho?».
“Pochissimo!!”«Charlie
sarà qui fra cinque
minuti. Sii sintetica». Sbottai inviperita.
«Per
prima cosa, non devi star seduta troppo
immobile, né muoverti troppo velocemente», disse
subito Esme, e gli altri le
andarono dietro..
«Se
lui si siede, siediti anche tu», s'intromise
Emmett. «Agli umani non piace stare in piedi».
«Ogni
trenta secondi o giù di lì sposta lo
sguardo», aggiunse Jasper. «Gli umani non fissano
le cose troppo a lungo».
«Accavalla
le gambe, poi, dopo cinque minuti,
incrocia le caviglie», disse Rosalie.
«E
batti le palpebre almeno tre volte al minuto»,
si raccomandò ancora Emmett.
«Muovi
anche le mani. Tirati indietro i capelli,
fai finta di grattare qualcosa...»,continuò Jasper.
“Non
c’è che dire, oggi siamo pieni di perle di
saggezza!!” «Avevo detto Esme»,mi
lamentai tornando nel salone.
«Così la confondete».
«No,
credo di aver capito», mormorò. «Star
seduta,
guardare in giro, battere le palpebre, muovere le mani».
«Esatto»,approvò
Esme abbracciandola.
«Tratterrai
il fiato il più possibile, ma devi
sollevare ritmicamente le spalle, appena appena, per dare
l'impressione che
respiri». Concluse Jasper
«Due
minuti»,annunciai. «Forse dovresti farti
trovare già seduta sul divano. In fin dei conti sei stata
malata. Così non
noterà subito il tuo modo di muoverti». Dissi
spingendola verso il divano
«Jacob,
ho bisogno di Renesmee», disse.
“Ma
allora non ci siamo capiti?!?”pensai
scuotendo la testa, Edward mi fulminò, ma lo ignorai
«Bella, lei non mi aiuta a
vedere».
«Ma
mi serve. Mi tranquillizza». Mormorò in preda
al panico.
“Sto
esaurendo la pazienza!”«D'accordo»,
borbottai. «Tienila più ferma che puoi, cercheròdi
vederle attorno»,“prima
o poi vi rimetterò il conto degli straordinari e degli
analgesici che mi
costringete a prendere!!!”
Jacob
tornò nel suo angolo, Edward si sedette al
fianco di Bella e tutti in posa come per una fotografia ci preparammo
per la
grande sfida.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 22 *** CAPITOLO 22 ***
Ciao
a tutti!! Spero
che questo capitolo piaccia un po’ di più
… io ce l’ho messa tutta … un bacio
grande a tutti e auguroni di uno splendido Natale!!!! Ci vediamo ad
anno nuovo!!!
Cap.22
Renesmee
Stava
per accadere qualcosa, non sapevo bene cosa
ma qualcuno stava per arrivare ed erano tutti agitati … zia
Alice borbottava di
continuo … papà era arrabbiato … e
mamma preoccupata.
Mi
prese in braccio e mi tenne stretta a sé, zia Alice
non voleva … era sempre dispettosa lei … ma la
mamma l’aveva convinta. Papà si
sedette vicino a noi e ci abbracciò.
«Renesmee,
sta per arrivare una persona molto
speciale che viene apposta per vedere te e la mamma», disse
guardandomi con
aria seria.
“Per
me e mamma …”
pensai guardandolo
fisso negl’occhi. Era una cosa seria quella che mi stava
dicendo, una cosa
importante, da grandi «Ma non è come noi, nemmeno
come Jacob. Dobbiamo essere
molto cauti con lui. Non devi dirgli le cose come le dici a
noi».
“Non
posso fare vedere le cose?!”
pensai
toccando il viso di papà per mostrargli quando raccontavo le
mie storie.
«Esatto»,
rispose sorridendo.«Inoltre ti farà
venire sete. Ma non devi morderlo. Non può guarire come
Jacob».
“Non
posso giocare con lui …”
«Riesce
a capirti?», sussurrò la mamma. La mamma
non riusciva a parlare con papà pensando le cose, solo io ci
riuscivo … era il
nostro segreto.
«Capisce.
Farai attenzione, vero, Renesmee? Ci
aiuterai?».
Avvicinai
ancora la mia mano alla sua guancia
mostrando quando mordevo Jacob, forse non dovevo più
morderlo “Faccio male a
Jacob? Non devo giocare nemmeno con il MIO amico?”.
«No,
non m'importa se mordi Jacob, va bene».
E
sentendo la risata di Jacob mi tranquillizzai.
«Forse
è meglio se te ne vai, Jacob», disse
papà
molto arrabbiato, “Perché?
Perché lo guardava male? È stato molto cattivo?
…
Cosa ha fatto?”
«Ho
detto a Charlie che ci sarei stato anch'io»,
rispose. «Ha bisogno di sostegno morale».
“Charlie
… si chiama così questo signore
…”
«Sostegno
morale … Fra noi mostri tu sei il più
ributtante, per Charlie». Disse papà sempre
più arrabbiato.
Il
MIO amico borbottò, poi ci fu un rumore nuovo
fuori dalla casa … la mamma mi strinse più forte
… lo zio Jasper le disse che
era brava … io lo sapevo già che la mia mamma era
la più brava … papà la
abbracciò più forte.
«Puoi
fare qualunque cosa».Le
disse
piano piano sorridendo e poi la baciò, ma non sulla fronte
come faceva con me …
sulla bocca … come erano belli … ma lo zio Jasper
li brontolò … e loro smisero
… perché non voleva che si baciassero?
… lui lo faceva con zia Alice …
Perché
zio Emmett rideva?
Mamma
e papà lo facevano ridere? Per me erano
tanto belli …
Il
rumore strano da fuori si fece più forte e
tutti quanti smisero di parlare …
Dovevo
stare buona … l’avevo promesso a papà.
Charlie
Mai
viaggio era stato più lungo e tormentato,
nemmeno quando andai a riprenderla dopo l’incidente a Phoenix.
Parcheggiai
davanti alla casa dei Cullen e rimasi
a fissare impietrito la porta d’ingresso … Che
cosa erano? Jacob era … era un …
un lic … lican … insomma: un mostro. Non riuscivo
neanche a pronunciarla quella
parola da quanto mi disgustava; “loro cosa sono?
Zombie? Marziani? Vampiri?
… No. Vampiri no. Sono strani ma escono alla luce del
giorno, Carlisle lavora
in ospedale, no no no.”
Quella
mattina quando quello scellerato aveva
improvvisato il suo spettacolo mi era crollato il mondo addosso. Le
certezze che
avevo sempre avuto, il mio mondo“normale”aveva
iniziato a tremare
sparpagliando calcinacci ovunque, vedendo quella bestia enorme avevo
addirittura pensato che volesse dirmi che l’aveva sbranata
… invece era stata
male … e avevano dovuto farle qualcosa …
trasformarla … per farla guarire. Ma
che malattia era?
Continuai
a fissare la casa e presi un profondo
respiro … adesso stava bene, diceva lui, ma
finché non l’avessi vista con i
miei occhi non sarei mai stato tranquillo … avevano anche
adottato una bambina
… ma cosa diavolo gli era passato per la testa a quei due
… presi coraggio con
un profondo respiro, spensi la macchia e uscii.
Se
l’avessi vista in salute e felice mi sarei
accontentato.
Erano
le cose più importanti.
Sì,
mi sarebbe bastato.
Salii
i gradini del portico, raccolsi tutto il mio
coraggio e bussai.
«Ciao,
Charlie», salutò Carlisle aprendo la porta.
A quanto pare avevano il teletrasporto in casa per essere tornati
così
rapidamente da Atlanta … forse erano veramente marziani
… non mi sarei certo
stupito dopo la rivelazione della mattinata.
«Carlisle.
Dov'è Bella?» »,risposi impassibile e
senza tante cerimonie inutili.
«Sono
qui, papà». E al suono della sua voce mi
tremarono le gambe.
Era
lei, qualcosa in quella voce mi diceva che era
lei anche se non lo era, guardai nel salone e la vidi era seduta sul
divano,
Edward accanto e un fagottino in braccio.
Era
lei, ma era diversa.
Era
bellissima … non che prima non lo fosse, ma
adesso era di una bellezza quasi accecante …ma cosa le era
successo?
Il
pallore sul suo viso era ancora più accentuato,
sì doveva aver sofferto molto, almeno in questo non avevano
mentito.
Sperai
dentro di me che fosse fuori pericolo,
qualcosa in lei non era normale, mi metteva soggezione e angoscia.
Comunque
convalescenza o meno nulla l’avrebbe
esentata dall’ascoltare le mie ragioni. Il suo comportamento
era stato
inqualificabile.
E
se poi si fosse arrabbiata e non avessi più
potuto vederla? No. Non avrei retto un simile dolore.
«Bella,
sei tu?», sussurrai titubante e incredulo.
«Sì.
Ciao, papà».
“Ok.
Ce la posso fare.” Pensai
prendendo un profondo respiro “… forse
questo timbro di voce è un postumo
della malattia”.
«Ciao,
Charlie», esclamò Jacob dal fondo della
sala. «Come va?».
Mi
voltai di scatto fulminandolo con lo sguardo.
Subito la mia mente tornò a quella mattina nel bosco e un
brivido mi percorse
la schiena. “meglio non pensarci.”
E tornai a concentrarmi su mia
figlia.
Con
passi lenti attraversai la stanza.
Edward,
accanto a lei non la mollava un istante.
“Sei
di troppo,lo capisci o no?!?” Evidentemente
lui non riteneva di essere ingombrante e non si mosse di un palmo.
Quella
bella faccetta non mi era mai piaciuta, e
il sesto senso di un poliziotto non sbaglia mai.
È
tutta colpa sua; l’ho sempre saputo.
L’ha
fatta scappare di casa, mentire a suo padre,
sposarsi … questa proprio non gliela perdono.
«Bella?»,
chiesi una volta arrivatole davanti.
«Sono
proprio io». Rispose cercando di camuffare
la voce.
“Non
prendermi per scemo figliola, ho capito che è successo
qualcosa:” pensai
serrando le mascelle.
«Mi
dispiace, papà», disse prima ancora che
dicessi qualcosa.
«Stai
bene?»
«Alla
grande», esclamò entusiasta. «Sana come
un
pesce».
In
effetti a guardarla bene, se non si considerava
il pallore, nessuno avrebbe detto che fino al giorno prima fosse in fin
di vita
«Jake mi ha detto che era... necessario. Che stavi
morendo». “È vero?”
aggiunsi con uno sguardo.
«Jacob
ti ha detto la verità»mormorò dopo un
attimo di esitazione.
«Quindi
sei una di loro»,“Qualunque cosa essi
siano.”borbottai.
Non
rispose, e questo valse più di cento parole.
Il
fagottino nel suo braccio si mosse e lei lo
strinse ancora di più a sé catturando la mia
attenzione, avevo visto che teneva
qualcosa in braccio ma non ci avevo prestato molta attenzione.
«Oh»,
esclamai sorpreso realizzando subito di chi
si trattasse. «È lei. L'orfanella che volete
adottare».
“Certo
che se la sono scelta proprio somigliante, gli occhi sono di
Bella, i capelli come lui … se non fosse praticamente
impossibile mettere al
mondo un figlio in un mese potrei affermare al duecento per cento che
è figlia
loro.”
«Mia
nipote», s’intromise lui. Possibile che
avesse sempre una risposta per tutto al momento giusto?
«Credevo
non avessi famiglia»,dissi con in tono
accusatorio“È un’altra bugia o
solo un omissione? Bell’esempio che dai a
questa creatura!”
«Ho
perso i genitori. Mio fratello maggiore è
stato adottato, come me. Non l'ho mai più rivisto.
Però il tribunale mi ha
rintracciato quando è morto insieme alla moglie in un
incidente d'auto,
lasciando orfana la figlia, che non aveva nessun altro al
mondo».
“Sembra
convincente, suppongo di dover far finta di credergli.”lo
stavo ancora valutando che qualcuno fece capolino tra le braccia di
Bella.
«È...
be', sì, è bellissima». Sussurrai
estasiato.
«Sì»,
concordò Edward. Con quel compiacimento
nella voce che solo un padre poteva avere. “No. Non
è possibile Charlie
levatelo dalla testa … una gravidanza non sarebbero mai
riusciti a
nascondertela.”
«Certo
che vi siete presi una bella
responsabilità. Avete appena messo su casa».
«Cos'altro
potevamo fare?»,rispose carezzandole il
viso. «Tu ti saresti rifiutato?».
«Be',
ovvio che...». “Diamine ma come fa a
fregarmi sempre!”«Jake mi ha detto che si
chiama Nessie». Dissi cercando di
cambiare discorso
«No.
Il suo nome è Renesmee».Mi riprese risoluta
Bella e il suo tono mi fece rabbrividire.
«Ma
tu te la senti? Forse Carlisle ed Esme
potrebbero...». provai a suggerirle, infondo aveva solo
diciannove anni.
«È
mia, La voglio».Mi
interruppe, e
questa volta il tono mi fece realmente paura, esprimeva un possesso nei
confronti di quella bambina che mai mi sarei immaginato di vedere in
mia
figlia, considerando inoltre che non era nemmeno figlia sua
… anche se …
qualcosa di Bella riuscivo a scorgerci, “No no no
non può essere … per fare
un figlio da che mondo e mondo ci vogliono nove mesi
…” «Devo diventare
nonno così presto?». Chiesi cercando di non
pensare a quanto bizzarra fosse
tutta questa storia.
«Anche
Carlisle è nonno».Rispose Edward sorridendo
“Ti piace davvero tanto intervenire nei discorsi
altrui, vero?”pensai
spostando lo sguardo su Carlisle … in effetti lui era ancora
più giovane di me
… o quanto meno se li porta davvero bene.«Immagino
che questo dovrebbe farmi
sentire meglio». Dissi cercando di abbozzare una risata, per
poi tornare subito
ad ammirare la mia nipotina, «Certo che di bambini
così non se ne vedono tutti
i giorni». “Bella era splendida quando
nacque, ma questa piccolina … è …
indescrivibile
… non sembra nemmeno reale … Non può
essere figlia loro … ma le somiglia …
tanto … e somiglia anche a lui … ma se
così fosse al momento del matrimonio si
sarebbe dovuto vedere … a meno che … no
… no è troppo assurdo … se continuo
così
ne uscirò con un esaurimento … non ce la posso
fare …”
«Top
secret,Charlie. Andrà tutto bene. Te
lo prometto». Mi sussurrò improvvisamente Jacob
all’orecchio “Già …
Top
secret … forse è veramente troppo … ho
chiesto io di non avere dettagli …” annuii
deglutendo “ma devono … deve
… capire che non sono uno stupido, posso anche
fare finta di esserlo se è per il bene di mia figlia,
MA.NON.LO.SONO!! ”e a
muso duro mi avvicinai a Edward, giusto perché gli fosse
chiaro che sapevo di
chi era la colpa. «Non voglio sapere tutto, ma sono stufo di
sentirmi
raccontare balle!».
«Mi
dispiace», ripose con la sua solita calma,
capace di far saltare i nervi a un santo. «ma, più
che la verità, ti serve
conoscere la versione ufficiale. Se devi far parte del segreto, la
versione
ufficiale è ciò che conta. Per proteggere Bella e
Renesmee, nonché tutti noi.
Riesci a reggere qualche bugia per amore di loro due, almeno?»
Dieci
paia di occhi mi fissarono impietriti.
«Avresti potuto avvertirmi in qualche modo,
piccola». Sbuffai guardando mia
figlia.
«Avrebbe
reso le cose più facili?».
“No
… tutt’altro …”pensai
rabbuiandomi, e
senza rispondere mi inginocchiai davanti a lei per ammirare la piccina
più da
vicino. Rimasi sbalordito quando puntò i suoi occhietti su
di me allungando la
manina per raggiungermi ma Bella la fermò … “Perché?
Non credo che un simile
angelo possa essere pericoloso … impossibile perfino in
questa assurda
realtà!!”
«Wow»,
biascicai incantato.«Quanto tempo ha?».
«Tre
mesi», rispose, sempre prontamente, Edward,
«cioè, ha le dimensioni di una bambina di circa
tre mesi. Ma sotto certi
aspetti è più piccola, sotto altri, invece,
più matura».
“Quindi?
… No … meglio non sapere.”
«Te
l'avevo detto che era speciale». Gongolò
Jacob, neanche fosse figlia sua, dandomi una gomitata.
L’istinto di protezione
mi fece ritrarre.
«E
dai, Charlie», borbottò.«Sono sempre io,
il
solito vecchio Jake. Fai finta che questo pomeriggio non sia mai
esistito».
Rabbrividii
all’istante. «Tu che ruolo hai in
tutto questo, Jake?», chiesi.«Quanto ne sa Billy?
Perché sei qui?» “Perché
non levi gli occhi di dosso a questa bambina? Devo
preoccuparmi?”
«Potrei
spiegarti - fra l'altro, Billy è al
corrente di tutto -, ma dovrei includere un mucchio di particolari
riguardo ai
lican ...».
«Aaah!»,
esclamai inorridito tappandomi le
orecchie con le mani. Di tutte le stranezze quella era in assoluto la
più
disgustosa! «Lascia stare».
«Andrà
tutto bene, Charlie. Basta che ti sforzi di
non credere a ciò che vedi». Sogghignò
soddisfatto.
“Guarda
se un pover’uomo si deve veder crollare il mondo addosso in
questo modo … e ha pure il
coraggio di ridere
… l’importante è che non mostri le
zanne ….”
«Così!»,
rimbombò all'improvviso la voce del
fratello maggiore di Edward, quello grosso, facendomi sobbalzare.
«Forza,
Gators!».
«Il
Florida sta vincendo?»chiesi.
«Hanno
appena segnato il primo touchdown», rispose
Emmett. «Finalmente qualcuno che non fa cilecca».
Aggiunse guadando mia figlia
…«Mah», … meglio non sapere
«vediamo se riescono a conservare il vantaggio».
Dissi
lasciandomi cadere con un sospiro in una poltrona, cercando di godermi
quel
piccolo momento di normalità.
Dopo
il primo impatto, il pomeriggio era trascorso
tranquillamente, mi ero messo a guardare il baseball con quel ragazzone
…
Emmett. Se ne intendeva davvero, era un piacere commentare insieme a
lui,
doveva essere anche molto affezionato a Bella a giudicare dalle
battutine che
si scambiavano, di cui però non capivo il senso ma si vedeva
che c’era
affiatamento.
Aveva
fatto il possibile per farmi sentire a mio
agio e gliene ero grato.
Guidavo
in silenzio lasciandomi alle spalle la
casa dei Cullen e tutti gli avvenimenti di quella lunghissima giornata;
Sue
Clearwater e Billy mi aspettavano per cena.
Una
cosa NORMALE.
Anche
la vita dei Cullen scorreva normale, nessuno
avrebbe mai potuto dire che stessero nascondendo un’altra
identità … quale che
fosse dovevo ancora capirlo esattamente … ma forse era
meglio di no.
Bella
stava bene.
Questa
era la cosa più importante.
Avevamo
deciso, di comune accordo, di tenere Renée
fuori da tutta questa storia, era troppo per lei e in questo delirio
servivano
nervi saldi, e lei non li aveva. Persino i miei sembravano vacillare;
ma il
pensiero di poterla rivedere domani mi diede una sferzata di coraggio;
e anche
se fra qualche tempo si fossero dovuti allontanare, non
l’avrei persa. Questa
nuova consapevolezza insieme alla gioia di aver tenuto in braccio la
piccolina
mi diedero una tale energia che mi sembrò di essere tornato
indietro di
vent’anni, all’ultima volta che avevo tenuto in
braccio un bambino … Bella
Le
aveva dato anche il mio nome … poteva essere
diventata qualsiasi cosa ma, l’importante era che mi volesse
ancora bene, che
non mi abbandonasse più … e che fossi ancora
indispensabile per lei.
Emmett
“E
adesso voglio l’applauso!!!”pensai
sentendo il rumore della macchina di Charlie che si allontanava lungo
il viale,
“Se non fosse stato per me che l’ho
intrattenuto con il baseball tutto il
pomeriggio non ne sareste venuti fuori!!! Mi hai sentito
fratellone?!?”
Mi
ignorò.
«Wow»,
sussurrò lei
«Mi
hai rubato la parola di bocca». Cinguettò lui.
«Edward,
ce l'ho fatta!».
“Che
c’è vuoi il Nobel per la pace??”
«Sì.
Sei stata incredibile. Quelle paure da
neonata... le hai saltate tutte a piè
pari».Ridacchiò Eddino.
Quei
due erano di nuovo attaccati come la carta
moschicida, figuriamoci se avessero reso giustizia al mio operato,
erano tutti
coccole amore e neanche un briciolo di sana passione animale!!!
«Secondo
me non è neanche una vampira, figuriamoci
una neonata», esclamai annoiato di sentirli tubare.
«È troppo mansueta!».
Bella
ringhiò.“Muahahahahahahah”«Uh,
che
paura» dissi sbellicandomi dalle risate.
«Charlie
torna domani»,rispose Bella a qualche
richiesta della bambina.
«Ottimo»,
esclamai soddisfatto “Questa volta
niente doppi sensi!!! AHAHAHHAHAHAH”.
«Non
è stata una gran bell'idea, Emmett», disse
Edward prendendo in braccio la bambina. Già era noioso prima
adesso, che era
padre di famiglia, potevamo spararci!
«Cosa
intendi dire?», chiesi cercando di non
dargli soddisfazione. “Sei noioso fratello, insomma
un po’ di sano umorismo
ogni tanto fa bene!!! Bisogna stare agli scherzi qualche
volta!!!”
«Non
ti pare un po' azzardato sfidare il vampiro
più forte di casa?».
“Eddino
l’astinenza ti fa brutti scherzi muahahahahaha!!!”«Ma
per piacere!».
«Bella»,
fece finta di sussurrare, tutto tronfio
come un pavone che fa la ruota, «ti ricordi, qualche mese fa,
quel favore che
ti ho chiesto di farmi non appena fossi diventata immortale?».
«Oh!».
Alice
esplose in una risata squillante. Lei e
Edward con i loro super poteri erano insopportabili!!
«Cosa?»,
gorgogliai.
«Dici
sul serio?», farfugliò poco convinta Bella,
per fortuna almeno lei era rimasta con i piedi per terra!
«Fidati»,
rispose, e con il suo solito sorriso la
convinse “Puah! Edwardcentrica!!”.
«Emmett,
ti andrebbe una piccola scommessa?».
«Come
no. Spara». Esclamai balzando in piedi,
tanto qualunque cosa fosse, la “famiglia
cuore” aveva perso in partenza;
e la sua esitazione lo confermò.«O hai
paura?», la provocai.
«Tu.
Io. A braccio di ferro. Sul tavolo della sala
da pranzo. Adesso». Disse cercando di farsi più
grande raddrizzando le spalle.
“MA
TU STAI MALE!!!! MUAHAHAHAHAHAH” il
solo pensiero mi accese un ghigno satanico sul viso, “Se
vuoi essere
umiliata pubblicamente non hai che da chiederlo sorellina!!!”
«Ehm,
Bella», intervenne Alice. «Esme ci tiene
parecchio a quel tavolo. È un pezzo antico».
“Certo
come no Alice! Vuoi evitare alla poverina la catastrofica
disfatta a cui andrà incontro!! Ma ormai la sfida
è stata lanciata.
IO.VOGLIO.LA.MIA SFIDA. e qualsiasi posto va bene!!” «No
problem»,ghignai soddisfatto facendole strada verso
il
giardino sul retro. «Accomodati, prego».
Il
pubblico ci seguì. In fin dei conti era lo
spettacolo del secolo: il moscerino che sfida il pachiderma!
Ci
sistemammo su un masso abbastanza piatto vicino
al fiume.
Puntai
il gomito sul masso e la invitai a farsi
sotto.
Lo
studio accurato che fece dei miei bicipiti non
passò inosservato. “Paura
è?”
«Okay,
Emmett. Se vinco, non farai più un solo
commento sulla mia vita intima, e questo vale anche per Rose. Basta
allusioni,
basta doppi sensi, basta... tutto».
“Mi
inviti a nozze sorellina!!”
«Ci sto.
Se perdi, invece, non ti darò tregua». Accettai
guardandola dritto negl’occhi “Sei
spacciata per l’eternità!”
«Cos'è,
sorellina, ci stai ripensando?», la
schernii vedendola trattenere il respiro. «Allora non sei
veramente selvaggia...Scommetto
che la vostra casetta non ha nemmeno un graffio». Scoppiai a
ridere.«Edward te
l'ha detto quante case abbiamo sfasciato io e Rose?».
«Uno,
due...». iniziò a contare dopo aver stretto
la presa
«Tre»,
conclusi e cominciai a spingere.
Trovai
un muro.
“Ok
un po’ di resistenza è normale …
è una neonata … NON DURERAI A
LUNGO!!”
Spinsi
ancora.
Spinsi
sempre più forte.
Il
muro non si mosse.
E
non sembrava nemmeno che facesse fatica.
Con
un grugnito feci esplodere tutta la mia
potenza e … nulla.
Nulla
di nulla.
Dopo
alcuni secondi mosse lievemente il braccio.
“Sta
cedendo lo so!! Anche se neonata è pur
sempre Bella.” Pensai
ringhiando fra i denti dallo sforzo
«Chiudi
quella boccaccia»,osò dirmi con un
sorrisetto compiaciuto sulla faccia.
E
in quell’istante fece schiantare il mio braccio
contro la pietra.
Un
frammento del masso cadde e, con lui, anche il
mio orgoglio.
Le
risatine sarcastiche di Edward e del loro
animale da compagnia mi mandarono il sangue alle testa.
«Rivincita. Domani».
Esclamai con rabbia lanciando il lastrone di pietra oltre il fiume.
«Non
perderò le forze tanto presto», rispose la
saputella. «Fra un mesetto, magari».
«Domani».
Ringhiai.
«Tutto
pur di farti felice, fratellone».
“Anche
se dovessi sfidarti tutti i giorni da qui
all’eternità prima o
poi dimostrerò chi è il vampiro più
forte della casa!!! Ci puoi contare!”
Renesmee
La
mamma aveva giocato con lo zio Emmett, e aveva
vinto lei. La mia mamma era la più forte di tutti, e lo zio
si era arrabbiato
tantissimo rompendo il sasso dove avevano giocato …
La
mamma lo guardò, si appoggiò anche lei a un
sasso, appena appena, e lo fece in mille pezzettini, poi ridendo
cominciò a
tirare calci rompendone altri e ridendo sempre più.
La
mia mamma era buffa … le piaceva giocare … era
bella quando rideva … bella e buffa …
«ahahahah
ahahah» cercai di imitarla … era un bel
suono.
«Sbaglio,
o ha riso?». Disse all’improvviso
guardandomi … anche tutti gli altri mi guardavan
o…
Cosa
avevo fatto?
«Sì»,
rispose papà.
«E
chi non stava
ridendo?»,borbottò Jacob.
«Dimmi
che, la tua prima volta, non ti sei
lasciato andare un pochino anche tu, cane», gli rispose
papà sorridendo … ogni
tanto sembrava stesse simpatico anche a lui.
«È
diverso», disse Jacob.«Bella è una donna
adulta, moglie e madre. Dovrebbe avere un po' più di
serietà».
Perché
non vuole che la mamma rida … a me piace la
mamma che ride pensai mostrando a papà la mamma che ballava
tra i sassi.
«Cosa
vuole?», chiese mamma preoccupata … non mi
piace preoccupata.
«Meno
serietà», rispose sorridendo papà.
«Si stava divertendo a vedere
come te la godevi, quasi quanto me».
«Sono
buffa?», mi chiese prendendomi
in braccio. «Vuoi provare?» disse porgendomi un
pezzettino del sasso rotto.
Potevo
farlo anch’io! Potevo giocare
con la mamma a rompere i sassi!
Presi
il sassolino con tutte e due
le mani e strinsi, strinsi forte, e poi ancora più forte
… ma non successe
nulla “Uffa… quando lo fa la mamma
è più semplice …” pensai
rendendoglielo. Così non era divertente.
«Ci
penso io» disse, e con due dita
fece tanta polverina; che guardai incantata applaudendo. Alzai gli
occhi
cercare quelli della mamma e vidi che anche lei brillava ancora di
più della
polverina, era bellissima, era una fata, una di quelle di cui mi
leggeva la
nonna … anche papà brillava … io no
…
«Sei
più bella tu», mi sussurrò
piano vedendomi delusa.
“No,
la fata era solo lei…”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 23 *** CAPITOLO 23 ***
Salve
a
tutti!!!! Siamo ancora in gennaio quindi gli auguri di buon anno
valgono ancora
vero???? AUGURONI A TUTTI!!!!!
Tra
un’influenza
e l’altra sono riuscita a venire a capo anche di questo
capitolo… portate
pazienza, manca veramente poco alla conclusione; due o tre capitoli al
massimo!!!
Ancora
grazie
a tutti coloro che hanno inserito la mia ff tra i preferiti, a chi
legge
silenzioso e a chi trova il coraggio di scrivere anche solo una
parolina.
Grazie
di
cuore a tutti!!
Buona
Lettura
Cap.23
Edward
Perfetta.
Ecco
come
si poteva definire la mia vita in quel momento.
Tutto
aveva trovato una sua collocazione.
La
tregua
con i Quileute, Bella che aveva nuovamente Charlie nella sua vita, lui
che,
anche grazie all’aiuto di Sue Clearwater, riusciva a
tollerare ogni stranezza
del mondo “mitologico”che lo
circondava.
Mai
avrei
immaginato di poter avere tanto; l’avevo desiderato
più di ogni altra cosa ma
non pensavo che i miei sogni potessero un giorno diventare
realtà. Non accade
alle persone normali figuriamoci a esseri come noi, dei mostri ,ed
invece mi
era stato concesso qualcosa ben più al di sopra delle mie
aspettative.
Poter
avere Bella al mio fianco per l’eternità mi
rendeva l’uomo più felice
dell’intero universo, essere, poi, diventato padre era una
sensazione
indescrivibile.
Non
pensavamo fosse possibile quindi inutile accanirsi; era scontato che
rimanessimo una coppia e invece era successo: eravamo una famiglia, una
famiglia vera.
Sapere
che esiste qualcuno che è parte di te e della persona che
più ami al mondo, è
una sensazione al contempo strana e meravigliosa. Questo piccolo e
fragile
esserino dipende in tutto e per tutto da te, sei la sua guida,
l’esempio che
deve voler seguire, devi vigilare su di lui ma lasciarlo libero di
crescere,
sbagliare e capire come funziona il mondo.
Tutto
ciò
ti fa sentire onnipotente, e allo stesso tempo ti spaventava da morire;
pensi
costantemente di non esserne capace, di essere inadeguato; qualsiasi
cosa
diventa una montagna insormontabile fino a quando, però, ti
sorride guardandoti
negli occhi e capisci che per lui, per tuo figlio, saresti in grado di
fare
qualsiasi cosa.
Fu
grazie
a questa nuova esperienza da genitore che il rapporto tra me e Rosalie
cambiò,
iniziai a capirla, la corazza che si era costruita serviva per
soffocare il
dolore e la sofferenza che la stavano dilaniando da quando era stata
trasformata, per ciò che desiderava con tutta se stessa e
che non avrebbe mai
potuto avere. Il suo disprezzo per questa vita e l’astio che
aveva provato in
passato per Bella acquisiva tutta un’altra prospettiva.
Il
senso
di impotenza che il suo sviluppo accelerato ci creava era
l’unico tarlo alla
nostra completa felicità. Ciò valeva per tutti i
membri della famiglia, ognuno
di noi si affannava a non farle perdere un solo istante della sua breve
e
preziosissima infanzia: foto, giochi, nuove scoperte erano
all’ordine del
giorno ormai.
Il
tempo
che per noi vampiri non era mai stato rilevante diventò un
elemento di primaria
importanza e lo scandire dei secondi, guardando Renesmee crescere, era
sempre
più opprimente.
I
suoi
progressi erano sconvolgenti, le sue prime parole furono a una
settimana esatta
di vita; non un semplice balbettio da lallazione, ma una domanda di
senso
compiuto; i primi passi li fece ad un mese, a tre dimostrava quasi un
anno e
mezzo e oltre che parlare e camminare, correva ballava e leggeva.
Ai
suoi
occhi non potevamo certo manifestare disappunto ma sia io che Bella ci
sentivamo morire dentro, ogni progresso era un passo in più
verso la fine … non
poterle garantire una vita normale una crescita regolare ci faceva
mancare la
terra sotto i piedi … fosse stata anche una vita umana
l’avrei accettato, ma
così no. Non riuscivo a farmene una ragione, dovevo essere
forte per entrambe
ma dubitavo di riuscire ad esserlo anche solo per me.
Se
esisteva un Dio non poteva permettere che ciò accadesse.
Lo
stesso
valeva per Jacob. Ci guardava sgomento con il panico negli occhi, come
se noi
fossimo in grado di dargli una risposta; sospirare rassegnati era tutto
ciò che
eravamo in grado di fare.
Non
c’era
soluzione.
Secondo
i
calcoli di Carlisle, il ritmo di crescita fisico stava rallentando
gradualmente, cosa che però non faceva la sua intelligenza
… ciò nonostante
anche se il rallentamento fosse proseguito a quel ritmo, nel giro di
quattro
anni al massimo sarebbe stata adulta; e a quindici una donna anziana.
Non
riuscivo ad accettarlo.
Le
ricerche a tappeto che stavo facendo con mio padre, nella speranza di
trovare
un qualsiasi tipo di speranza, finivano tutte in vicoli ciechi;
prevalentemente
leggende, più simili a racconti dell’orrore che a
fatti realmente accaduti.
Avevamo
valutato anche l’opzione di trasformarla in modo da renderla
immortale, ma
Bella si era opposta. Non potevo darle torto, nutrivo parecchi dubbi
anch’io.
Una parte di Renesmee era già vampira, i risvolti di quella
trasformazione
erano ovviamente sconosciuti.
L’unica
soluzione era partire, tornare in Brasile e ricominciare da
lì; da dove tutto
era cominciato, nelle leggende degli indios Ticuna si parlava di
bambini come
Renesmee. Kaure sapeva perfettamente cosa sarebbe successo a Bella
quando capì
che era incinta, quindi, voleva dire che si era verificato altre volte
e se
veramente erano già esistiti altri piccoli semi-immortali
quello era il posto
da dove far partire le ricerche.
Restava
solo da stabilire quando saremmo partiti e anche quella non era una
decisione da
poco; Bella temporeggiava, diceva di voler rimandare tutto a dopo le
feste, in
parte ero d’accordo con lei non volevo privare Renesmee della
gioia del Natale
… chissà quanti ne avrebbe mai potuti
festeggiare; ma sapevo che la sua
motivazione principale era un’altra: voleva andare da Aro,
mostrarsi a lui da
vampira e levare, una volta per tutte, la spada di Damocle che pendeva
sulle
nostre teste.
A
suo
tempo decidemmo che avremmo fatto questo viaggio insieme, adesso
però non era
più possibile; consapevoli della passione che Aro nutriva
verso i talenti
particolari che alcuni vampiri possedevano, preferivamo tenerlo allo
scuro
della nascita di nostra figlia.
Non
potendo leggere nella mente di Bella il nostro segreto sarebbe stato al
sicuro,
ma con me presente eravamo scoperti e non potevamo permettercelo.
Questo
complicava le cose.
Si
scatenò così la nostra prima vera discussione;
lei sola a Volterra non ci
sarebbe mai andata.
«Non
mi
faranno del male», replicò cercando di apparire
convinta.«Non ne hanno motivo.
Sono una vampira ormai. Il caso è chiuso».
Ovviamente
NON.ERO.D’ACCORDO.
«Edward,
è l'unico modo per proteggerla».
Lo
sapevo
perfettamente, ma rinfacciarmelo in quel modo era comunque un colpo
basso; e
non potevo dargliela vinta.
Alice
non
intravedeva alcun pericolo in questo viaggio, ma ciò non
bastava a rassicurarmi
… ultimamente le sue visioni non erano chiarissime, e il
margine d’errore era
altamente preoccupante.
Se
pensavo che da umana fosse testarda, dovetti ricredermi, da vampira lo
era
ancora di più; e dopo un’estenuante trattativa
giungemmo alla conclusione che
l’avrei accompagnata fino a Londra e lì, insieme a
Renesmee, l’avrei aspettata
mentre lei avrebbe raggiunto Volterra insieme a Carlisle.
Non
mi
faceva impazzire comunque come soluzione, ma esserle a poche ore di
distanza
invece che dall’altra parte dell’oceano era
già qualcosa.
Il
fatto
che il cane la pensasse esattamente come me contribuì
fortemente alla riuscita
dell’accordo.
Alle
volte sapeva rendersi utile pure lui.
Dopo
aver
rassicurato i Volturi ci saremmo ricongiunti e, insieme, saremmo
partiti per il
Brasile. Qui si innescava un’ulteriore problematica: Jacob
voleva venire con
noi.
Possibile
che non capisse che doveva rimanerne fuori?
La
sua
irascibilità non sarebbe certo giovata alla missione. Gli
indigeni erano già
diffidenti nei nostri confronti figuriamoci quando si sarebbero trovati
davanti
lui: un licantropo.
Ovviamente
non voleva sentire ragioni, si era incaponito di dover partecipare in
tutti i
modi, così, per riuscire a programmare qualcosa insieme a
Carlisle gli avevo
chiesto di accompagnare Bella e Renesmee nella caccia, dove il suo
aiuto era
sicuramente più necessario. Nessie non ne voleva sapere di
bere il sangue
animale preferendo di gran lunga le sacche di quello umano che Carlisle
continuava a procurare. La presenza di Jacob faceva sì che
tutto diventasse un
gioco e che quindi, stimolata dalla competizione, iniziasse a cacciare
e ad
abituarsi all’altro tipo di gusto. Nel frattempo Bella
avrebbe provato a
continuare a dissuaderlo.
Già
la
vedevo provare a convincerlo che la sua partenza era inutile e subito
dopo
schierarsi dalla sua parte … mah … era comunque
un tentativo.
Avevamo
appena definito la strategia su cui muoverci, iniziando le nostre
indagini
proprio dalle conoscenze di Kaure, per poi spingerci fino nel centro
della
foresta dove delle amiche di Carlisle, le amazzoni, ci avrebbero
sicuramente
aiutato a scoprire quanto ci fosse di vero in quei racconti; quando il
cellulare squillò.
«Vieni
qui e porta anche Carlisle», esclamò Bella tutto
d’un fiato. «Ho visto Irina, e
lei mi ha visto, ma poi ha notato Jacob, si è arrabbiata e
se ne è andata,
credo. Qui non si è vista - non ancora, perlomeno - ma mi
è sembrata parecchio
sconvolta, per cui magari si avvicinerà. In caso contrario,
tu e Carlisle
dovrete inseguirla e parlare con lei. Non sono tranquilla».
Nemmeno
io.
Non
capivo come mai ma la cosa non mi piaceva affatto.
«Trenta
secondi e siamo lì», esclamai lanciandomi nella
corsa per raggiungerli.
Tutto
questo non avrebbe portato nulla di buono. Ne ero più che
sicuro.
Carlisle
Le
tracce
di Irina svanirono nel mare.
Non
volevo dare a questo episodio molto peso, ma ero seriamente
preoccupato. Irina
era ancora in lutto e il suo dolore le stava facendo perdere il senno.
Per come
avevo avuto modo di conoscerla era folle anche solo pensare che
ringhiasse a
Bella; eppure l’aveva fatto.
Spesso
il
dolore ti porta a non ragionare più con la testa ma con quel
che resta del
proprio cuore spezzato; e di solito ciò non porta a nulla di
buono.
Il
fatto
che nemmeno le sue sorelle sapessero che fosse passata da noi era
preoccupante,
Alice cercando di monitorare le sue mosse vedeva soltanto indecisione:
vagava
senza meta in una distesa di neve. Pregai che stesse cercando di
tornare a casa
ma avevo come l’impressione che fosse come una mina vagante
pronta ad esplode.
I
giorni
passarono e, sebbene fossi più che certo che Bella fosse
ancora turbata da
quanto accaduto, la vidi nel complesso più serena, la sua
attenzione era stata
catalizzata su altri argomenti, entro pochi giorni l’avrei
accompagnata in
Italia per rendere omaggio ad Aro e poi subito dopo esserci ricongiunti
con il
resto della famiglia avremmo fatto rotta per il Sudamerica in cerca di
qualche
informazione in più sui mezzosangue come la nostra Renesmee.
Le
diedi
uno sguardo, dormiva sul divano vicino a sua madre. Avrei dato tutto
per quella
bambina. DOVEVA.ESSERCI.UNA.SOLUZIONE, e con l’angoscia nel
cuore tornai ad
occuparmi degli ultimi dettagli del viaggio insieme a Edward, quando
improvvisamente un rumore inaspettato di cristallo frantumato
catalizzò
l’attenzione di tutti.
Alice.
Con
occhi
fissi e spalancati dal terrore guardava, nel vuoto, il futuro.
Angoscia
e disperazione le deturpavano il volto; capii in
quell’istante che il peggio
stava per arrivare.
Jasper
«Cosa
c'è?»,ringhiai, precipitandomi al suo
fianco in un lampo.
Lei
ancora in trance non rispondeva.«Cosa
c'è, Alice?».Gridai
più
forte afferrandola per le spalle e scuotendola con forza nella speranza
che reagisse
tornando tra noi; ma lei si lasciava sbatacchiare in silenzio senza
dare alcun
cenno di reazione.
Emmett
ringhiò in direzione della finestra, ci stavano attaccando?
Quanti erano? Chi
erano?
No,
era
impossibile non stavo percependo niente, non c’era nessuno
intorno alla casa.
Edward
emise un rantolo strozzato.
Cosa
diavolo avevano visto!?
Esme,
Carlisle, Bella e Rose, impietriti, non ci levavano gli occhi di dosso.
«Che
cos'è?». Chiesi ancora una volta, quasi implorando
di avere una risposta.
Percepivo terrore, talmente tanto terrore che mai avrei pensato di
poter
sentire in Alice e rabbia, Edward era pieno di dolore e rabbia. Che
diavolo
stava succedendo?
«Stanno
venendo a prenderci», sussurrarono insieme Edward e Alice
«Ci sono tutti».
Silenzio.
“Dio
mio
…”
«I
Volturi», gemette Alice.
«Tutti»,
precisò Edward con lo stesso tono di voce.
«Perché?»,
sussurrò lei fra sé. «Come
mai?».
«Quando?»,
bisbigliò Edward.
«Perché?»,
fece eco Rosalie.
Le
domande iniziarono ad accavallarsi in modo spasmodico.
«Quando?»,ripetei
e la mia voce uscì talmente stridula che in altri momenti
avrei stentato a
riconoscerla.
Non
l’avevo mai vista in quello stato lo sguardo era vitreo e
l’orrore le stava
deformando il volto.
«Fra
non
molto», risposero nuovamente all'unisono
«C'è neve nella foresta, neve in
città. Poco più di un mese».
«Ma
perché?». Chiese infine Carlisle.
«Deve
esserci un motivo. Forse per vedere...». incalzò
Esme
«Non
è
per Bella», disse Alice cupa. «Stanno venendo
tutti, Aro, Caius, Marcus, la
guardia al completo, persino le mogli».
«Le
mogli
non lasciano mai la città», obiettai cercando di
analizzare al meglio la
situazione «Mai. Non l'hanno lasciata durante la guerra del
Sud, né quando i
rumeni hanno cercato di conquistare il potere, nemmeno quando davano la
caccia
ai bambini immortali...».
«Stavolta
invece sì», sussurrò Edward.
«Ma
perché?»,
insistette Carlisle. «Non abbiamo fatto niente! E se anche
avessimo fatto
qualcosa, cosa potrebbe essere tanto grave da farci meritare questo?».
«Siamo
in
tanti», rispose Edward atono. «Vorranno assicurarsi
che...». Non terminò la
frase.
«La
domanda cruciale è un'altra! Perché?».
Sussurrò Bella.
Era
surreale, e non riuscivo a capire cosa potesse aver scatenato questa
mobilitazione di massa.
Il
silenzio diventò assordante.
«Torna
indietro, Alice», la supplicai. «Cerca il fattore
scatenante. Fruga».
Non
c’era
altro modo per capire il motivo di una simile mobilitazione.
«È
uscita
dal nulla, Jazz. Non stavo cercando né loro né
noi. Cercavo Irina e non era
dove mi aspettavo che fosse». Sussurrò con un filo
di voce a spalle basse e
scuotendo lentamente la testa.
Il
peso
del suo dono la stava schiacciando; ed io ero impotente davanti alla
sua
sofferenza, cercavo di tranquillizzarla ma dovendo ripercorrere
nuovamente
tutta la visione il panico si riacutizzava con lei.
«Ha
deciso di andare da loro», disse alzando la testa di scatto.
«Irina ha deciso
di andare dai Volturi. Poi prenderanno una decisione... È
come se la stessero
aspettando. Come se avessero già deciso e stessero
aspettando che lei...».
Questo
non mi stupiva. Più di una volta Edward aveva raccontato che
nei pensieri di
Aro era presente come un’ombra, qualcosa che tentava di
tenere a freno ma che
premeva ad uscire.
«Possiamo
fermarla?», chiesi già immaginando la risposta,
troppi giorni erano passati da
quando Bella e Jacob l’avevano incontrata nella foresta.
«Impossibile.
È quasi arrivata».
«Cosa
sta
facendo?», chiese Carlisle, spinto quasi da un riflesso
incondizionato.
«È
ancora
un viaggio.» sussurrò Alice «Ma la
decisione è stata presa»
«Il
motivo scatenante? Ho bisogno di sapere IL
PERCHÉ!!» tuonò Edward.
«Pensate
a cosa ha visto questo pomeriggio», disse sottovoce Bella
stringendosi alla
piccola. «Come reagirebbe qualcuno che ha perso la madre a
causa dei bambini
immortali, vedendo Renesmee?».
“Cristo
Santo!”
Un
gelo
più freddo della morte calò nella stanza.
«Una
bambina immortale», sussurrò Carlisle.
Edward
si
accasciò davanti a loro stringendole a sé.
Io
per la
prima volta mi sentii smarrito. Incapace di formulare un qualsiasi
pensiero.
Possibile
che il risentimento che nutriva verso di noi l’avesse spinta
a tanto?
«Ma
si
sbaglia», mormorò Bella. «Renesmee non
è come quei piccoli. Loro erano
congelati in un momento preciso, lei cresce a vista d'occhio ogni
giorno. Loro
erano incontrollabili, lei non ha mai fatto del male a Sue o Charlie, e
nemmeno
mostra loro cose che potrebbero ferirli. Lei sa controllarsi.
È già più
in gamba della maggior parte degli adulti. Non ci sarebbe motivo
di...».
Bella
continuava ad argomentare ma le mie orecchie non
l’ascoltavano più, la sua
paura, la sofferenza che stava provando mi stava letteralmente
risucchiando.
Il
dolore
di una madre era la cosa più tremenda che avessi mai
percepito.
Edward
Più
la
stringevo più la sentivo infervorarsi nelle sue
argomentazioni … Avrei dato la
mia vita per loro, ma non c’era speranza; e nel silenzio
più totale fu l’unica
cosa che riuscii a dirle «Per crimini come questo non
è previsto alcun
processo, amore. Per Aro i pensieri di Irina sono una prova. Vengono
per
distruggere, non per discutere».
«Ma
si
sbagliano», si ostinò.
«Non
ci
lasceranno il tempo di spiegare». Sussurrai con dolcezza, ma
qualcosa dentro di
me si incrinò. La mia voce sembrava provenire
dall’oltretomba.
«Cosa
possiamo fare?», chiese stringendo a sè Renesmee
addormentata.
Mi
sembrò
di essere inghiottito dal nulla. Cosa potevo risponderle? Con un simile
spiegamento di forze non saremmo stati in grado di fare assolutamente
niente …
nemmeno difenderci.
Era
dunque questo lo stano presentimento che avvertivo da un po’
di tempo?
Possibile che la nostra felicità stesse per finire
così, come una bolla di
sapone?
Avevamo
preteso troppo dal destino?
«Combatteremo»,
disse calmo Emmett. “Prima di morire anche loro
passeranno dei brutti quarti
d’ora!!”
ma
non volli demoralizzarlo ulteriormente.
«Non
possiamo vincere», replicò Jasper. «Non
possiamo nemmeno scappare. Non con
Demetri in giro». «Io non so se non
possiamo vincere», disse
improvvisamente pacato Emmett. La sua caparbietà era
ammirevole «Ci sono un
paio di possibilità da considerare. Non dobbiamo affrontarli
da soli».
«Non
dobbiamo nemmeno condannare a morte i Quileute, Emmett!».
Esclamò Bella, e non
potei che trovarmi d’accordo con lei. Caius aveva fatto
sterminare i licantropi
in tutta Europa, se avesse saputo della loro esistenza nel nuovo
continente non
gli sarebbe parso il vero di intraprendere nuovamente la battaglia; e
non
avevamo il diritto di condannare a morte la tribù dei
Quileute specie dopo
l’aiuto che ci avevano dato con i neonati; anche se,
convincere Jacob, sarebbe
stato impossibile.
«Rilassati,
Bella». La interruppe nuovamente Emmett, nei suoi occhi stava
brillando una
strana luce, come quando si preparava a una battuta di caccia in grande
stile,
la sua ingenuità alle volte era disarmante, non aveva ancora
capito che in
questa battuta non saremmo stati cacciatori, ma prede?. «Non
alludevo al
branco. Ma siamo realistici: pensi che Jacob o Sam si lasceranno
invadere senza
reagire? Anche se non ci fosse Nessie di mezzo... » purtroppo
aveva avuto la
mia stessa intuizione, ma qualcosa nella sua testa andava oltre
… «Per non
parlare del fatto che, grazie ad Irina, adesso Aro sa della nostra
alleanza con
il branco. Tuttavia pensavo ad altri amici».
«Non
dobbiamo condannare nemmeno loro». Sussurrò
rassegnato nostro padre.
«Ehi,
li
lasceremo decidere», continuò Emmett con tono
stranamente conciliante. «Non ho
detto che li obbligheremo a schierarsi al nostro fianco».
Lentamente il flusso
dei suoi ragionamenti sconclusionati stava prendendo corpo nella sua
mente, e
non era per niente una pessima idea. «Devono solo
spalleggiarci quel tanto che
basta a far esitare i Volturi. Bella ha ragione, dopotutto. Se solo
riuscissimo
a tenerli buoni il tempo necessario perché ascoltino le
nostre spiegazioni, a
quel punto non ci sarebbe più motivo di scontrarsi,
purtroppo...». bofonchiò
con quel suo sorriso sfrontato, pienamente consapevole di aver avuto
una grande
idea.
Sì,
poteva funzionare.
Infondo
cos’altro avevamo da perdere.
All’unisono,
come se si fossero svegliate da un sonno secolare, le menti di tutti i
componenti della nostra famiglia iniziarono ad elaborare le parole di
Emmett
rimuginando, aggiungendo dettagli, analizzando pro e contro, esplodendo
come un
ciclone nella mia mente.
«Sì»,
esclamò entusiasta Esme. «Può
funzionare, Emmett. Tutto ciò di cui abbiamo
bisogno è che i Volturi ci diano retta per un istante. Che
si fermino ad ascoltare».
«Ci
serviranno un bel po' di testimoni», disse Rosalie con voce
tremante.
«Chiedere
a un amico di testimoniare non è pretendere
troppo». Annuì Esme più determinata
che mai.
Raramente
l’avevo vista così.
«Noi
lo
faremmo, per loro», disse Emmett.
«Dobbiamo
chiederglielo subito», mormorò Alice. Il suo
sguardo era però nuovamente
assente, vedevo la sua mente, stava analizzando le possibili
sfaccettature di
questa soluzione ed allo stesso tempo cercava di tenermi fuori dalle
sue
elucubrazioni. Questo non era un buon segno. «Dovremo
mostrargliela con molta
cautela» mormorò.
«Mostrare
cosa?», chiese Jasper.
Ed
insieme ci trovammo a guardare Renesmee ancora placidamente
addormentata nelle
braccia di sua madre.
«La
famiglia di Tanya», disse concentrandosi di nuovo sul futuro.
«I clan di
Siobhan e di Amun. Qualche nomade: Garrett e Mary di sicuro. Magari
Alistair».
«Peter
e
Charlotte?», chiese Jasper esitante “So
che lo farebbero per me … ma non
voglio condannarli a morte … è una pazzia, non
abbiamo certezze, li stiamo
mandando al patibolo …”
Aveva
ragione. Era una grande idea ma quante possibilità di
riuscita avevamo
realmente?
«Magari».
«Le
amazzoni?», propose Carlisle. «Kachiri, Zafrina e
Senna?».
«Non
vedo
niente». Sentenziò Alice tornando alla
realtà.
Qualcosa
però aveva visto, avevo scorto nei suoi pensieri la giungla,
forse la foresta
Amazzonica; cosa stava nascondendo.
«Cos'era?»,
chiesi ansioso. «Quella parte nella giungla... Andremo a
cercarli?».
«Non
ci
vedo», ribadì Alice evitando il mio sguardo e
liquidandomi senza altre
spiegazioni.
“Ma
cosa
diavolo … Mi sta chiudendo i suoi pensieri
…”
«Dovremo
dividerci e fare alla svelta... prima che la neve attecchisca al suolo.
Dobbiamo radunare tutti quelli che possiamo e farli venire qui a
testimoniare».
Disse a tutta velocità per poi concentrarsi
nuovamente.«Chiedete a Eleazar. Non
ne va soltanto della bambina immortale».
«È
una
faccenda complicata. Dobbiamo sbrigarci», sussurrò
Carlisle, e un nuovo flash
mi arrivò nella mente … ancora giungla
… un villaggio … forse, lo notai appena,
Alice mi chiuse nuovamente fuori.
«Alice?»,
intervenni. «È stato troppo veloce, non ho capito.
Cos'era...».
«Non
ci
vedo!», esplose lei. «Sta arrivando
Jacob!».
«Mi
occuperò io di...». esclamo Rose andando verso
l’ingresso
«No,
lascialo entrare», la bloccò categorica. Poi
afferrando la mano di Jasper lo
trascinò verso la porta posteriore. «E poi
vedrò meglio, lontana da Nessie.
Devo andare. Ho bisogno di concentrarmi sul serio. Di vedere tutto
ciò che
riesco a vedere. Devo andare. Vieni, Jasper, non c'è tempo
da perdere!».
Jasper
perplesso quanto me del suo comportamento la seguì.
«Sbrigatevi»,
ci urlò dall’esterno. «Dovete trovarli
tutti!».
«Trovare
cosa?», chiese Jacob entrando. «Dove andava
Alice?».
Silenzio.
“Ma
che
gli prende a questi adesso?!?!”
Nessuno
ebbe il coraggio di iniziare il racconto.
«Ehi,
Bells! Credevo foste già andati a casa a
quest'ora». “Ok! Succhiasangue mi
dici a che gioco state giocando oppure devo preoccuparmi? …
… … … Ok mi
preoccupo.” Si guardò intorno, vide il
disastro del vaso di fiori, le
nostre facce funeree e il tremito della trasformazione
iniziò a scuoterlo.
«Cosa?», domandò senza dare la minima
inflessione alla voce. «Cos'è successo?».
«Sta
bene?», chiese toccando la fronte di Renesmee e inclinando la
testa per
auscultarle il cuore. «Non farmi incavolare, Bella, per
favore!».
«Renesmee
sta bene», disse con voce strozzata.«E allora
chi?».
«Noi
tutti, Jacob», sussurrò. «È
finita. Siamo tutti condannati a morte».
Alice
«Dove
stiamo andando?» chiese Jasper sfrecciandomi accanto nella
mia folle corsa.
«Fidati
di me.» risposi facendogli l’occhiolino. Edward era
ancora troppo vicino, se
avesse capito il mio piano attraverso la mente di Jasper non avremmo
avuto più
scampo.
Avevo
intravisto una possibilità di sopravvivenza, piccola,
infinitesimale ma
preziosa.
Non
doveva essere sprecata.
Emmett,
per una volta, aveva usato il cervello, invece che i muscoli, e aveva
avuto
un’ottima idea, radunare testimoni che osservassero la
crescita di Nessie
poteva essere la nostra salvezza.
I
Volturi
avrebbero avuto i loro e noi non potevamo certo essere da meno, ma per
la
riuscita ottimale del piano ognuno doveva tirare fuori il meglio di
sé, le
proprie potenzialità … Bella in particolar modo.
Oltretutto era l’unica a cui
Aro non era in grado di leggere la mente, l’unica che potesse
fare la
differenza; per ottenere ciò dovevo fare in modo che
credessero che non ci
fosse più alcun tipo di speranza … che tutto
fosse perduto …
«Aspettami
qua.» gli dissi a qualche chilometro dal cottage.
«Cosa
sta
succedendo Alice? Non ti cacciare in …»
«Tranquillo,
non faccio niente di pericoloso, soltanto fidati di me.»
«Alice
io
…» stavo male al solo pensiero di dargli pena, ma
non potevo fare altrimenti.
«È
per il
bene di tutti. Poi ti spiegherò …» e
sorridendogli scappai via.
Arrivai
al cottage nel bosco, entrai e presi uno dei libri di Bella, e dopo
aver
strappato la prima pagina per lasciare un messaggio alla famiglia,
lasciai un
appunto per lei: J. JENKS – SEATTLE. DISTRUGGILO.
Bella
era
sveglia, nel momento in cui avrebbe notato su quale foglio avevo
scritto il
messaggio avrebbe capito che ce n’era un altro solo per lei.
Nel
caso
che un qualsiasi fattore esterno influenzasse la visione determinandone
il
cambiamento almeno la bambina sarebbe stata al sicuro.
Ero
più
che convinta che quello fosse il loro primo desiderio; e comunque
questo non
avrebbe fatto altro che accrescere la certezza dell’imminente
disfatta.
Uscii
in
un lampo e trovai Jasper esattamente dove l’avevo lasciato,
fremere
d’impazienza, con lo sguardo confuso e preoccupato.
Non
chiese niente.
Gli
sorrisi e ripartii.
Era
tremendo non poterlo rendere partecipe di tutta la situazione, ma
presto avrei
rimediato … arrivammo al confine con il territorio dei
Quileute; per arrivare
all’oceano dovevamo per forza attraversarlo.
Sam
non
ebbe nessun problema a farci passare scortandoci fino alla spiaggia.
Pochi
secondi dopo eravamo davanti alla maestosa distesa oceanica
… mi sentivo una
vigliacca a scappare in quel modo … non avevo nemmeno il
coraggio di girarmi e
guardare indietro … purtroppo non avevo scelta.
«Nessuno
ti giudicherà …» sussurrò
Jasper stringendomi la mano «se è necessario per
salvarci tutti, dobbiamo sbrigarci non credi?» aggiunse
sorridendomi
dolcemente.
Consegnai
a Sam il messaggio per la nostra famiglia pregandolo di non dire a
nessuno,
nemmeno a Jacob, che ci avevano incontrati, finché il resto
dei Cullen non
fosse venuto a cercarci.
Poi,
stringendo più forte la mano di Jasper ci tuffammo insieme
tra le onde:
destinazione Brasile.
Carlisle
«Non
capisco. Cosa è successo? Cosa avete fatto? Chi vi vuole
morti?!?»
esclamò tutto d’un fiato Jacob, e vedendo che
nessuno se la sentiva di dare
spiegazioni presi coraggio e tentai di fargli un quadro della
situazione,
infondo aveva diritto quanto noi di essere informato.
«I
Volturi, Jacob, ne avrai già sentito parlare,
giusto?»
«Gli
Italiani?!» disse sconcertato «Cosa vogliono
ancora!!! Bella è stata
trasformata, cos’altro pretendono!!»
«Non
è così semplice …» dissi
prendendo un profondo respiro «Devi sapere
che i Vampiri hanno delle leggi e loro , che si sono eletti garanti
delle
stesse, fanno in modo che vengano rispettate. La segretezza
è la prima in
assoluto e non meno importante è il divieto assoluto di
creare “Bambini
Immortali”.» e la mia voce si
spezzò.
«Co
… cosa sarebbero i … “Bambini
Immortali”?»
«Sono
bambini trasformati in vampiri, Jacob, un tempo
ve n’erano molti. Erano bellissimi, incantevoli, non si
poteva non amarli,
ma rimanevano fermi all’età in cui erano stati
trasformati. Non gli insegnavi
nulla non li contenevi, un loro capriccio poteva distruggere un
villaggio
intero. Gli umani vedevano le devastazioni … circolavano
storie … i Volturi
dovettero intervenire. I bambini non potevano mantenere il segreto, non
ne
erano capaci per natura e per questo andavano distrutti. Ma i loro
creatori li
amavano e si batterono per proteggerli. Clan fra i più
antichi vennero
sterminati. Innumerevoli umani massacrati. Tradizioni, amici, famiglie
intere
distrutte.»
«Questo
che c’entra con voi?»
«La
madre del
Clan
Denali, ne creò uno secoli fa.»
mormorai«pagò con
la vita il suo errore, davanti agli occhi sconvolti delle figlie che
furono
risparmiate solo perché le aveva tenute allo scuro delle sue
azioni. Da quel
momento sono diventate puriste in materia di giustizia …
Quando Irina vi ha
visti, ha visto anche Renesmee … scambiandola per quello che
non è: una bambina
immortale. L’ha denunciata ai Volturi.»
«Ma
… ma … ma lei cresce …»
farfugliò smarrito.
«È
quello che cercheremo di dimostrare. Nel corso dei secoli
ho
conosciuto molti vampiri … buoni amici …
raduneremo chiunque possa
essere in grado di dichiarare che la bambina è
tutt’altro che immortale …
partiremo alla ricerca dei nostri testimoni domani stesso, non
c’è tempo da
perdere. Stiamo aspettando che Alice torni in modo da poter elaborare
un piano
ed i suoi scenari nel miglior
modo possibile.» dissi
con un’ansia crescente in petto.
«Dove
è andata?»
«Aveva
bisogno di chiarezza per le sue visioni, si è allontanata da
casa
perché con te e Reneesme non riusciva a vedere bene
…» risposi, ma non capivo
come mai, non ero del tutto convinto delle mie stesse parole.
Jacob,
confuso e sconcertato, uscì per andare ad avvisare Sam e il
branco.
Alice
non tornò.
Edward
Jacob
era
stato da Sam ed era tornato, da quasi un’ora dormiva
accucciato sul pavimento
in un angolo del salone.
Fuori
cominciava ad albeggiare.
Alice
stava tardando.
Quando
i
primi raggi di sole illuminarono il volto di Bella, mi resi conto che
ero
rimasto lì, immobile, a guardare i miei angeli tutta la
notte.
Lo
stesso
aveva fatto lei.
Completamente
incapaci di dire o fare nulla se non restare vicini per il poco tempo
che il
destino ci aveva ancora concesso.
Alice
aveva detto che sarebbero arrivati con la prima neve. Tra poco meno di
un mese.
«Alice»,
sussurrai senza quasi rendermene conto, perché non era
ancora tornata?
«È
via da
parecchio», mormorò Rosalie, sorpresa almeno
quanto me.
«Dove
potrebbe essere?» chiese Emmett avvicinandosi alla porta.
“Dobbiamo
darle tempo … in questo periodo abbiamo preteso
così tanto da lei …”
pensò Esme cercando di darsi un motivo per questa prolungata
assenza.
«Meglio non disturbare...». mormorò
avvicinandosi a Emmett.
NO.
C’era
comunque qualcosa che non tornava.
Ci
stava
mettendo davvero troppo, non era da lei, specie in un momento
così delicato.
«Non ci ha mai messo così tanto», dissi
deciso. In quel momento un’idea
attraversò la mia mente … ricordi lontani
… pensieri sfuggenti comparsi per una
frazione di secondo nella mente di Aro … il panico mi
assalì. «Carlisle,
secondo te può essere... una misura preventiva? Ha forse
visto in tempo
qualcuno che la stava venendo a prendere?».
Bastò
un
attimo perché tutti capissero … Emmett
imprecò a voce così alta che riuscì a
svegliare Jacob dal suo letargo e in un istante eravamo già
fuori a seguire le
loro tracce.
«Potrebbero
averla colta di sorpresa?», chiese Carlisle.
«Non
vedo
come», risposi «Però Aro la conosce
meglio di chiunque altro. Meglio di me».
«È
una
trappola?», gridò Emmett alle nostre spalle.
«Forse»,
dissi poco convinto. «Le uniche tracce olfattive sono quelle
di Alice e Jasper.
Dove stavano andando?».
Le
scie
non seguivano un percorso preciso, dalla casa puntavano a est, poi a
nord dall'altra
parte del fiume e infine, verso ovest. Era un percorso senza logica.
Quasi
volessero confondere qualcuno … forse li stavano veramente
braccando … ma chi?
Non si percepiva che la loro scia …
«Lo
sentite questo odore?», gridò Esme dopo che
avevamo attraversato il fiume per
la seconda volta. Indicava il sud-est.
«Seguite
la pista principale, siamo quasi al confine con il territorio
Quileute»,
ordinai secco. «Restate uniti. Vediamo se hanno puntato a
nord o a sud».
Se
il
loro inseguitore stava cercando di dividerci non lo avremmo
assecondato, e
continuando per la pista principale arrivammo fino al confine con i
territori
Quileute.
“Eccoli
…”
«Sam?»,
chiesi arrestandomi immediatamente. «Cos'è
successo?».
Sam,
in
forma umana, uscì dagli alberi a qualche centinaio di metri
di distanza da noi,
affiancato da due lupi del suo branco.
“l’aveva
detto che sarebbero venuti tutti a cercarla … ma a
quest’ora saranno già
lontani …”
Voleva
che arrivassimo qua? Cosa diavolo stava cercando di fare?!
Sam
mi
passò davanti ignorando tutti fino ad arrivare davanti a
Carlisle, e finalmente
si decise a parlare.
«Appena
dopo la mezzanotte, Alice e Jasper sono venuti qui e hanno chiesto il
permesso
di attraversare le nostre terre fino all'oceano. Gliel'ho concesso e li
ho
scortati io stesso fino alla costa. Si sono tuffati subito in acqua e
non sono
più tornati. Alice mi ha raccomandato di non dire a Jacob
che l'avevo vista
prima di aver parlato con voi, ha detto che era una cosa della massima
importanza. Avrei dovuto attendervi qui, quando sareste venuti a
cercarla, per
darvi questo biglietto. Ha detto che ne va della vita di tutti
noi».
E
teso
come una corda di violino, estrasse un foglio di carta ripiegato e
glielo
consegnò.
Non
cercateci. Non c'è tempo da
perdere. Ricordate: Tanya, Siobhan, Amun, Alistair, tutti i nomadi che
riuscite
a trovare. Peter e Charlotte li cercheremo noi lungo la strada. Siamo
desolati
di dovervi lasciare così, senza nemmeno un saluto o una
spiegazione, ma era
l'unico modo. Con affetto infinito.
Lessi
nella mente di mio padre, e il mondo intero mi crollò
addosso.
«Alice
ha
deciso di lasciarci», sussurrò Carlisle,
sconcertato almeno quanto me.
«Cosa?»,
esclamò Rosalie.
Carlisle
girò il foglio in modo che tutti lo potessero leggere, e non
aggiunse altro.
“Se
anche
la veggente se n’è andata la situazione deve
essere molto più grave di come
l’ha descritta Jacob!”
«Sì,
è
una situazione pericolosa». Risposi gelido.
«Al
punto
da abbandonare una famiglia?», chiese Sam disgustato.
“Ha visto il futuro,
non le piaceva e ha deciso di salvarsi la pelle … voltando
le spalle alla sua
famiglia …”
Come
osava pensare che Alice fosse così vigliacca!! Come si
permetteva di dare
giudizi! «Non sappiamo cos'ha visto», dissi e la
mia voce salì da alcune
ottave. «Alice non è insensibile, o vigliacca.
Dispone solo di più informazioni
rispetto a noi».
«Noi
non...»,
cominciò nuovamente Sam.
«I
vostri
legami sono diversi dai nostri», tagliai corto. Ancora
un’altra parola e
l’avrei levato di mezzo «Ognuno di noi è
libero di agire secondo la
propria volontà».
Lo
sguardo di Sam si riempì di rabbia.
“Abbandonando
tutti nel momento del bisogno!”
«Però
dovresti dar retta all'avvertimento», continuai.
«Credimi, non è cosa in cui
lasciarsi coinvolgere. Siete ancora in tempo a evitare ciò
che Alice ha visto».
«Noi
non
scappiamo». Replicò sprezzante.
«Non
lasciar massacrare la tua famiglia per orgoglio», s'intromise
nostro padre, e
l’indiano cambiò subito atteggiamento.
«Come faceva notare Edward, noi non
abbiamo lo stesso grado di libertà che avete voi. Ormai
Renesmee fa parte della
nostra famiglia quanto della vostra. Jacob non può
abbandonarla e noi non
possiamo abbandonare lui».
“Noi
non
siamo dei codardi …”
pensò Sam fissando il biglietto
ancora nelle meni di Carlisle.
«Non
la
conosci», dissi
«E
tu?»,
ribatté secco.
Cercava
la discussione? Cos’è che gli rodeva?!? Qualunque
fosse il motivo aveva trovato
pane per i suoi denti, non vedevo l’ora di sfogare la mia
frustrazione
Ma
Carlisle mi frenò. «Abbiamo molto da fare,
figliolo. Qualunque cosa Alice abbia
deciso, saremmo pazzi a non darle retta. Torniamo a casa e mettiamoci
al
lavoro».
Aveva
ragione, era inutile lasciarsi trascinare in queste inutili discussioni
e
ignorai la stupida provocazione.
«Grazie,
Sam», disse Carlisle.
«Mi
dispiace», gli rispose. «Non avremmo dovuto
lasciarla passare».
«Hai
fatto la cosa giusta», disse Carlisle. «Alice
è libera di fare ciò che vuole.
Non le negherei mai questa libertà».
«Io
non
mi arrenderò senza combattere», ringhiò
Emmett, a denti stretti. «Alice ci ha
detto cosa fare. Facciamolo».
Anche
se
non volevo ammetterlo mi sentivo abbandonato … cosa aveva
visto di così
terribile … era scappata o stava tentando il tutto per tutto
per salvarci …
Speravo
con
tutto me stesso che avesse intravisto una flebile
possibilità … aveva detto di
cercare testimoni … tutti quelli che potevamo …
no, non poteva essere scappata.
Emmett aveva ragione, ci aveva dato un consiglio e non ci rimaneva che
ascoltarlo.
La
foga
della corsa era finita, e senza badare troppo alla nostra andatura
tornammo sui
nostri passi.
«C'era
quell'altra traccia. Fresca». Ci ricordò Esme
quando fummo nei pressi del
fiume.
«Doveva
essere dello stesso giorno, ma precedente a quella che seguivamo. Lei
da sola,
senza Jasper». Risposi senza darle troppo peso, probabilmente
Alice era passata
di là prima di avere la visione, e le tracce si erano
confuse; e mesti
riprendemmo la corsa, tutti tranne Bella.
«Bella?»,
la chiamai vedendola indugiare.
«Voglio
seguire la traccia», rispose.
“Non
ti
illudere amore mio, non troveremo niente …” non
volevo alimentare in lei false speranze, purtroppo il senso di vuoto e
smarrimento che la loro defezione ci aveva lasciato era difficile da
colmare,
specialmente per Bella, il rapporto che aveva con mia sorella era
sempre stato
speciale … il suo dolore era inimmaginabile.
«Forse riporta semplicemente a
casa». dissi cercando di evitarle ulteriori sofferenze.
«Allora
ci vediamo lì».
“Caparbia
come al solito.” «Vengo
con te», dissi a bassa voce.
«Ci vediamo dopo a casa, Carlisle».
“Stalle
vicino …”
pensò mio padre annuendo, e insieme
agli altri se ne andò.
«Non
potevo lasciarti andar via», mormorai in risposta alla sua
domanda inespressa.
«Mi fa male solo a pensarci».
Mi
tese
la mano e la strinsi alla mia, come se aggrapparmi a lei fosse la mia
unica
salvezza.
«Sbrighiamoci»,
dissi. «Renesmee si sarà svegliata».
Annuì
e
riprendemmo a correre.
Seguendo
la scia di Alice, ci trovammo, dopo un giro vizioso, davanti a casa
nostra.
“Cosa
è
venuta a fare da sola qua?”
Adesso
ero veramente confuso.
«Ha
lasciato Jasper ad aspettarla laggiù ed è venuta
qui?». Mormorai cercando di
dare un senso al quel farraginoso giro che aveva fatto.
«Dammi
solo un minuto», disse una volta giunti alla soglia di casa.
«Bella?».
“Cosa hai capito che a me sfugge?”
«Per
favore. Trenta secondi». E senza permettermi di replicare mi
lasciò fuori in
attesa.
Dopo
soltanto tredici secondi entrai. «Cosa sta succedendo,
Bella?».
«È
stata
qui. Ha strappato una pagina del mio libro per scriverci
sopra».
“Questo
l’avevo intuito.”
«Perché?».
«Non
lo
so».
“Non
è
vero.”
«Perché lo stai bruciando?».
«Perché...
Io...», si accigliò, stava per mentire, e non ne
era capace. «Mi è sembrato
giusto, ecco».
Probabilmente,
qualunque cosa ci fosse in quel libro, le era stato detto di tenermi
allo
scuro.
Perché?
«Non
conosciamo le sue intenzioni», osservai calmo.
«Sull'aereo
che ci portava in Italia», sussurrò,
«quando stavamo venendo a salvarti, ha
mentito a Jasper per impedire che venisse con noi. Sapeva che se avesse
affrontato i Volturi sarebbe morto. Preferiva rimetterci la vita lei,
piuttosto
che esporlo al pericolo. Era pronta a morire anche per me. E per
te».
“Lo
so …
so che se ti ha detto di distruggerlo è per il bene di
tutti, non solo mio e
tuo … spero solo non ti abbia chiesto di fare qualcosa di
estremamente
rischioso.”
«Sa
cos'è
meglio fare», concluse.
“Dipende
…”
«Non ci credo», dissi. «Forse solo
Jasper era in pericolo. Il suo piano avrebbe funzionato per tutti noi,
ma non
per lui, e se fosse rimasto... Forse».
«Avrebbe
potuto dircelo. Mandarlo via».
«Ma
lui
se ne sarebbe andato? Magari gli sta mentendo di nuovo».
«Forse
…», “Sai benissimo anche te
che non se ne sarebbe mai andato … io non
l’avrei fatto …”«Dovremmo
tornare a casa. Non c'è più tempo».
Capii
che
non avrebbe detto una sola parola di più, la presi per mano
e uscimmo.
Carlisle
Bella
e
Edward Rientrarono che avevamo già predisposto tutto per la
nostra partenza,
Alice era stata chiara, non potevamo perdere un solo attimo di tempo.
“Abbiamo già pianificato tutto, mete e amici di
cui ci possiamo fidare per
tentare di spiegare … partiremo tra meno di
un’ora, preparatevi a ricevere i
nostri ospiti.”
«Noi
dobbiamo restare?», chiese deluso e amareggiato, non
sopportava di essere
scavalcato, capivo benissimo i suoi sentimenti ma era molto
più importante che
restasse qua.
«Alice
ha
detto che avremmo dovuto mostrare Renesmee agli altri, e con
cautela», dissi.
«Vi manderemo tutti quelli che riusciremo a trovare. Edward,
è un campo minato
che solo tu puoi attraversare incolume».
«Sarà
un
campo sterminato». Replicò scontento.
“Non
sottovalutare il tuo ruolo, figliolo, dovrai essere te a convincere
chiunque ti
manderemo dell’onestà delle nostre parole
…”
«Noi
ci
divideremo», intervenne Emmett. «Io e Rose
scoveremo i nomadi».
«Qui
non
starete con le mani in mano», precisai. «La
famiglia di Tanya sarà qui in
mattinata e non hanno la più pallida idea del motivo.
Quindi, primo: dovrete
convincerli a non reagire come Irina. Secondo: dovrete scoprire cosa
intendeva
Alice a proposito di Eleazar. A quel punto si vedrà se
saranno disposti a
testimoniare a nostro favore. Per ciascuno che si presenta, dovrete
ricominciare tutto da capo, ammesso e non concesso che si lascino
convincere a
venire». Sospirai. «Temo che il vostro sia il
compito più difficile. Torneremo
a sostenervi appena possibile».
«Buona
fortuna», mormorò Edward.
«Anche
a
voi», risposi. «Ne avremo tutti bisogno».
“Dio solo sa quanta ce ne servirà
…” Li salutammo con un groppo alla gola
e un istante dopo ci dileguammo.
Edward
«Non
so
se gli amici di Carlisle verranno. Lo spero. Per il momento mi pare che
siamo
decisamente inferiori numericamente», mormorò
Jacob a Renesmee.
Possibile
che non riuscisse a mantenere neanche il più piccolo
segreto? Cosa diavolo gli
era saltato in testa di raccontare a una bambina cosa stava accadendo?
Renesmee
non sembrava spaventata, per fortuna, e nei suoi pensieri la
curiosità di
questa nuova situazione era ciò che stava predominando.
«No,
non
possiamo fare niente. Noi dobbiamo restare qui»,
proseguì Jacob. «C'è gente che
viene per vedere te,altro che il
paesaggio».
Renesmee
lo fissò contrariata, “Beata innocenza
… infondo è davvero una bambina
…”«No,
non devo andare da nessuna parte», le disse. “Sbagliato.
Prova a ragionare
una volta ogni tanto …” pensai
mugugnando e finalmente gli sorse un dubbio
«O sì?» chiese guardandomi.
“Avanti
…
Sforzati … usa, una volta tanto, quei poveri e pochi neuroni
che ti ritrovi …”
Pensai guardandolo rassegnato.
«Sputa»,
ringhiò lui, La voglia di spaccargli la faccia
tornò prepotentemente alla
carica; credeva forse di essere l’unico con il diritto di
potersi preoccupare
per Renesmee?!?
«I
vampiri che stanno venendo qui per aiutarci non sono come
noi», dissi scandendo
bene le parole, nel caso che il concetto non gli risultasse chiaro.
«La
famiglia di Tanya è l'unica, oltre alla nostra, a rispettare
la vita umana, ma
nemmeno loro hanno un'alta opinione dei licantropi. Quindi sarebbe
più sicuro
per...».
«So
badare a me stesso».
Certe
volte era peggio di un disco rotto. «Sarebbe più
sicuro per Renesmee»,ripresi,
«se la loro scelta di credere o no a quello che racconteremo
su di lei non
fosse influenzata dall'associazione con un licantropo».
«Begli
amici. Ti volterebbero le spalle solo per la gente che
frequenti?».
«Credo
che in circostanze normali sarebbero parecchio tolleranti, ma, cerca di
capire,
accettare Nessie non sarà facile per nessuno di loro.
Perché rendere tutto ancora
più complicato di quello che già
è?».
“Io
non
voglio complicare nulla … sono solo preoccupato …
io non ce la faccio a
lasciarla … non fare finta di niente, so benissimo che sei
nelle mie stesse
condizioni … e poi, possibile che siate così
spaventati da questi bambini? …
Davvero non capisco.” «Erano
davvero così tremendi, questi bambini?»,
domandò.
«Non
hai
idea della ferita che hanno inferto alla psiche collettiva dei
vampiri».
«Edward...».
“È doloroso … so che
è con voi … al sicuro … ma starle
lontanoè
insostenibile … non so quanto tempo ancora ci
«Lo
so,
Jake. So quanto è difficile starle lontano». Lo
capivo fin troppo bene …
«Andremo a istinto, a seconda della loro reazione quando la
vedranno. In ogni
caso, nelle prossime settimane, Nessie dovrà tenere, come
dire, un basso
profilo a fasi alterne. Fra una presentazione e l'altra
resterà al sicuro nella
nostra casetta. Quindi, fintanto che ti tieni a distanza di sicurezza
da questa
casa...».
«Ce
la
posso fare. Domattina arriva gente, eh?».
«Sì.
La nostra
amica più cara. Nel suo caso particolare, è
probabilmente meglio mettere le
carte in tavola al più presto. Puoi restare qui, tanto Tanya
sa di te. Ha
persino conosciuto Seth».
«Vero».
«È
meglio
che tu avverta Sam di cosa sta succedendo. Nei boschi potrebbero
comparire
presto degli stranieri».
«Giusto.
Anche se gli devo un po' di silenzio dopo la scorsa notte».
“Non
dovevano permettergli di andarsene … sono convinto che tutto
questo ha un senso
… non mi sembra il tipo che fa le cose a caso …
ma il fatto che vi abbia
abbandonati m’inquieta … non riesco a farmelo
andare giù … pensa davvero che
con due righe di consigli riusciremo a scamparla?”
La
cosa più inquietante in quel
momento era rendersi conto di quanto fosse simile il nostro modo di
pensare «Di
solito, dare retta ad Alice è la cosa migliore».
Gli risposi, e dentro di me
sperai che anche quella volta lo fosse.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 24 *** CAPITOLO 24 ***
Non
sto a farvi il bollettino medico di mia figlia … mi scuso
per la
lunghissima attesa ma nonostante tutto non prometto nulla per la
rapidità di
pubblicazione del prossimo …
Se
qualcuno ha ancora voglia di leggerlo ecco il nuovo capitolo.
Buona
lettura
Cap.24
Edward
Fu
una giornata lunghissima.
La
partenza del resto della
famiglia, lo strano silenzio che aleggiava in casa, le domande
inespresse di
Renesmee.
Bella
era distratta, qualcosa
stava attirando la sua attenzione … era qualcosa che aveva a
che fare con la
fuga di Alice, ne ero più che sicuro, ma non poteva parlare,
se avesse potuto,
sarebbe stata la prima cosa che avrebbe fatto dopo la nostra breve
perlustrazione
del cottage.
La
mia mente era invece
concentrata su come poter introdurre l’argomento
“Renesmee”, il giorno
successivo con i nostri cugini dell’Alaska.
C’era
il rischio che
fraintendessero, proprio come aveva fatto Irina, e nella migliore delle
ipotesi
non ci avrebbero fatto nemmeno terminare la spiegazione; loro erano
senza alcun
dubbio lo scoglio più duro da dover superare; poi
c’era il quesito “Eleazar”:
perché Alice aveva insistito con lui? In che modo avrebbe
potuto aiutarci?
Un
fruscio delicato di lenzuola e
coperte mi avvisò che Bella era riuscita ad addormentare
Renesmee, nella sua
cameretta; nel tepore della nostra casa sembrava quasi che tutto fosse
solo un
incubo lontano; per questo avevamo deciso che nonostante tutto dovesse
essere mantenuta
una routine di normalità, tornare a casa ogni sera avrebbe
aiutato Renesmee a
spaventarsi un po’ meno e, forse, anche noi.
Fissando
il fuoco ardere nel
camino avvertii in suoi passi alle mie spalle.
«Edward,
io...» sussurrò.
Qualcosa,
non so cosa, mi fece
fremere; forse il pensiero di non averla più al mio fianco,
per un secolo
l’avevo aspettata, lei era tutto per me, mi aveva amato per
quello che ero,
rinunciando alla sua stessa vita, mi aveva reso l’uomo
più felice del mondo …
pensavamo di avere davanti a noi l’eternità e,
invece, ci rimaneva solo un mese
… non riuscivo nemmeno a immaginare un mondo senza di lei e,
sapevo, che per
lei era lo stesso … “fin che entrambi
avremmo vita”avevamo giurato il
giorno delle nozze e così sarebbe stato. Mi voltai e in un
istante fui da lei,
le mie labbra sulle sue, possessive, voraci. “Basta
parlare! Non intendo
sprecare un solo secondo del tempo che ci è stato concesso
…” pensai
stringendola disperatamente a me. Avevo bisogno di lei, un bisogno
irrefrenabile di averla solo per me, di amarla con tutto me stesso, il
più
possibile, per il poco tempo che c’era ancora concesso
…
Il
sorgere del sole fece scoppiare
la bolla di felicità in cui ci eravamo rintanati; pensieri,
problemi, angosce,
e paure piombarono nuovamente su di noi come un kamikaze.
Ci
aspettava un’altra lunghissima
giornata e non avevo davvero idea di cosa aspettarmi.
«Vorrei
ci fosse un modo per
ottenere da Eleazar le informazioni che ci servono prima di parlargli
di
Nessie.» mormorai mentre ci vestivamo. «Tanto per
andare sul sicuro».
«Già,
ma non capirebbe la
domanda», replicò Bella rassegnata.
«Pensi che ci lasceranno spiegare?».
«Non
lo so».
Senza
svegliare Renesmee la
sollevò dal letto come se stesse toccando un finissimo
cristallo e stringendola
al petto ci preparammo per tornare alla villa.
«Edward,
m'insegneresti a
combattere?», chiese a bruciapelo mentre stavamo uscendo.
“NO!
NO! E ANCORA NO!! TI STA DANDO
DI VOLTA IL CERVELLO!!!” Gridò
disperata la mia mente, completamente dissociata dai muscoli della
bocca che
non riuscivano ad articolare nessun suono.
La
mia reazione non doveva averla
sorpresa più di tanto a giudicare dalla tensione che avevo
percepito nella sua
domanda sebbene l’avesse sputata fuori tutta d’un
fiato.
“Spetta
a me proteggervi …”
«Se si arriva a uno scontro, nessuno di noi potrà
fare
granché», rantolai con un filo di voce cercando di
tergiversare. “Che
idiozie sto dicendo … la verità è che
non mi sento capace di allenarti … io …
non riesco nemmeno a pensarla una cosa simile …”
«Non
vorrai lasciarmi
completamente inerme».
“Appunto
…”pensai
sbattendo pesantemente la porta «Se la metti
così... Allora conviene che ci mettiamo al lavoro al
più presto». Annuii più o
meno arreso, e in silenzio ci avviammo.
A
giudicare dai presupposti quella
giornata non sarebbe stata da meno della precedente.
Il
terzo grado che ne seguì circa
i poteri della guardia dei Volturi non aveva nulla da invidiare agli
interrogatori delle SS, rispondevo cercando di non far trapelare il
nervoso che
questa futile discussione mi stava portando … se non altro
cercai di farle
capire che con i nostri miseri mezzi era inutile anche lottare, nella
migliore
delle ipotesi potevamo sperare che ci privassero dei nostri sensi
grazie al
potere di Alec e di finire a rogo senza essere fatti a pezzi
… gran bella
prospettiva …
«Secondo
te Alec è bravo a
combattere?», domandò dopo un attimo di
riflessione. «Escluso il suo potere,
intendo. Se dovesse scontrarsi senza ricorrere al suo talento. Mi
chiedo se ci
abbia mai provato... ».
“Possibile
tu non riesca a darti
mai per vinta? Cosa diavolo sta rimuginando la tua
testolina??”pensai
squadrandola. «A cosa stai pensando?».
«Probabilmente
con me il suo
trucchetto non funziona, se è come te, Aro e Jane. Forse, se
non ha mai avuto
bisogno di difendersi ed io conoscessi un paio di mosse...».
Rispose guardando
fissa davanti a sé per non incrociare il mio sguardo.
«Sta
con i Volturi da secoli»,la
interruppi e il panico tradì la mia voce, voleva affrontarlo
da sola?? «Tu
sei sicuramente immune al suo potere, Bella, ma sei comunque una
neonata. Non
posso trasformarti in una macchina da guerra nel giro di poche
settimane.» “Non
lo farei neppure se avessi a disposizione dei secoli
…” .«Sono certo che
Alec non è digiuno di scontri».
«Forse
no, forse sì. È l'unica
cosa che nessuno di noi può fare, tranne me. Se riuscissi
anche solo a distrarlo
per un po'...».
“NO.NO.NO.
NON SONO IN GRADO DI
AFFRONTARE SIMILI RAGIONAMENTI!”«Fammi
il favore, Bella», sibilai fra i denti, «non voglio
nemmeno
parlarne».
«Sii
ragionevole».
“NO.
Non lo sono mai stato e non
intendo iniziare ora!”«Cercherò
di insegnarti tutto ciò che posso ma, ti scongiuro, non
riesco neanche a
pensare che ti sacrifichi per fare da diversivo a...» dissi
rantolando, e le
parole mi morirono in gola.
«Devo
imparare il più possibile.
Tutto quello che riesci a farmi entrare in testa nell'arco del prossimo
mese»,
mormorò.
La
ignorai.
«Demetri...»,
esordì di nuovo, ma
qualcosa si accese in me, come se un incendio fosse improvvisamente
divampato
nel mio petto.
«Demetri
è mio», replicai con
rabbia.
«Perché?»
“Glielo
devo …” «Per
Alice. È il solo modo che ho di ringraziarla per
gli ultimi cinquant'anni». Aro la voleva. Non si sarebbe
fermato con la nostra
distruzione, una volta si fosse reso conto che il suo nuovo gioiello
mancava
all’appello, le avrebbe fatto dare la caccia senza tregua.
«Edward,
secondo te, perché Alice
ci ha detto di chiedere a Eleazar riguardo ai Volturi? È
stato in Italia di
recente, o cosa? Che cosa potrebbe sapere?». Chiese cambiando
discorso appena
Jacob si unì a noi nel tragitto.
«Eleazar
sa tutto dei Volturi.
Avevo scordato che tu non potevi saperlo. Era uno di loro».
«Cosa?»,
esclamò inorridita.
«Eleazar
è una persona molto
gentile» risposi accennando un sorriso. «Non si
trovava granché bene con i
Volturi, ma rispettava la legge e capiva la necessità di
farla rispettare.
Sentiva di contribuire a un bene comune. Non ha rimorsi per il tempo
trascorso
con loro. Tuttavia, l'incontro con Carmen gli ha fatto capire quale
fosse il
suo posto nel mondo. Si somigliano molto, entrambi sono vampiri
compassionevoli. Hanno conosciuto Tanya e le sue sorelle, e non hanno
mai
provato un rimpianto. Sono soddisfatti di questo stile di vita. Anche
se non
avessero incontrato Tanya, credo che avrebbero trovato da soli un modo
per
vivere senza sangue umano».
“Era
un guerriero? Combatte bene?”chiese
Jacob.
«No,
non era un loro guerriero in
senso stretto. Possedeva un dono che i Volturi trovavano
conveniente».
“Ovvero?”
«Ha
la capacità di riconoscere
immediatamente le doti particolari degli altri, i doni esclusivi di
alcuni
vampiri», spiegai. «Gli basta trovarsi a una certa
distanza da loro. Un
requisito molto utile, in battaglia. Aro scopriva subito se fra gli
avversari
c'era qualcuno che potesse riservare qualche sorpresa, ma capitava di
rado:
bisogna avere qualità davvero eccezionali per mettere in
difficoltà i Volturi,
anche solo per pochi istanti. Più che altro serviva a
risparmiare la vita a qualcuno
che poteva tornargli utile. Il dono di Eleazar funziona, entro certi
limiti,
anche con gli umani, ma con loro deve concentrarsi molto
perché il talento
latente è nebuloso. Perciò Aro lo usava per
esaminare quelli che volevano
unirsi a lui, per vedere se possedessero potenzialità
interessanti. Ad Aro è
dispiaciuto che Eleazar se ne sia andato».
«L'hanno
lasciato andare così,
come niente fosse?», chiese perplessa Bella.
«I
Volturi non sono sempre i
cattivi della situazione, come ti appaiono. Sono il fondamento stesso
della
nostra civiltà e della pace. Chi si arruola nel corpo di
guardia sceglie di
votarsi a essi. È un grande onore farne parte; tutti ne sono
orgogliosi,
nessuno viene costretto contro la propria volontà».
Mi
guardò torva. Non l’avevo
convinta.
«Passano
per crudeli e spietati
solo fra i criminali, Bella».
«Noi
però non siamo criminali».
«Questo
non lo sanno».
«Pensi
che riusciremo a fermarli
per farci ascoltare?».
“Speriamo
…” «Se
troviamo abbastanza amici pronti a schierarsi al
nostro fianco, sì. Forse». Mormorai stringendomi
nelle spalle e, in silenzio,
riprendemmo a camminare.
Tanya
La
telefonata di Carlisle era
stata inaspettata e talmente carica di preoccupazione, che partimmo
senza porci
troppe domande subito dopo averla terminata.
Aveva
detto che Irina era stata da
loro ma, sinceramente, non capivamo cosa potesse aver fatto per
metterli in
pericolo tutti quanti.
Non
facevo le capriole
di gioia
al pensiero di rivedere la mogliettina di Edward, ma c’erano
stati fin troppi
screzi e incomprensioni tra le nostre famiglie ed era l’ora
che si cercasse di
porvi fine.
“Speriamo
solo di non dover avere
troppo a che fare con quella gattamorta …” pensai
appena la macchina lasciò la statale per procedere sullo
sterrato.
Dopo
qualche istante arrivammo
alla grande casa bianca di Carlisle.
Edward
era già fuori ad
aspettarci.
Solo.
Splendido
come sempre ci osservava
avvicinare e non riuscendo, come al solito, a togliergli gli occhi di
dosso,
potei notare un impercettibile cambiamento sul suo volto: una ruga.
Impossibile.
I
vampiri non invecchiano, sono
congelati nell’aspetto del loro ultimo secondo di vita;
eppure, quella ruga,
sicuramente non di vecchiaia, ma di espressione, gli conferiva un non
so che di
più vecchio … “la mogliettina
ti dà da pensare??? Peggio per te tesoro, eri
in tempo per dire di no.”
Sapevo
che mi aveva sentito e il
fatto che mi avesse completamente ignorata per un simile apprezzamento
mi turbò
non poco.
«Edward!»,
gridai entusiasta
andandogli incontro cercando di non manifestare troppo il mio malumore.
«Ciao, Tanya.
Kate, Eleazar, Carmen». Rispose asettico al mio saluto.
“Miss.
Simpatia ha contagiato anche
te a quanto pare …”«Carlisle
ha detto che doveva
parlarci con urgenza», dissi. «Che problema
c'è? Problemi con i licantropi?» “O
con i nuovi familiari?”
«No»,
rispose sempre misterioso.
«La nostra tregua con i licantropi funziona alla
grande».
“Alla
fine ti ha costretto ad accettarli
eh??”ridacchiai
tra me «Non ci inviti a
entrare? Dov'è Carlisle?»
«È
dovuto andar via».
“Ci
chiede aiuto e se ne va?!? Non
è da lui!”«Che
succede, Edward?», chiesi più
pressante.
«Vi
chiedo di concedermi il
beneficio del dubbio per pochi minuti», rispose.
«Devo spiegarvi una cosa
piuttosto complicata e ho bisogno che mi ascoltiate fino in fondo senza
preconcetti».
«Ma
Carlisle sta bene?»s'intromise
Eleazar.
«Nessuno
di noi sta bene,
Eleazar», rispose Edward, posandogli una mano sulla spalla.
«Cioè, fisicamente
sì, sta bene».
Che
razza di risposta era.
«Fisicamente?»,
chiesi brusca.
«Che intendi dire?».
«Che
la mia famiglia corre un
grave pericolo. Prima di spiegare, però, vi chiedo una
promessa: di ascoltare
tutto il racconto. Vi prego solo di starmi a sentire fino alla
fine».
Tutto
questo mistero non
prometteva nulla di buono.
«Ti
ascoltiamo», dissi sebbene
fossi poco convinta. «Ti ascolteremo fino in fondo prima di
giudicare».
«Grazie,
Tanya», rispose con uno
strano fervore. «Non vi avremmo coinvolto se avessimo avuto
un'alternativa.» e
varcando la soglia di casa ci fece strada.
«Lo
sapevo che c'erano di mezzo i
licantropi», borbottai quando, non appena messo il piede
dentro casa, fui
investita dal nauseabondo fetore che li contraddistingueva.
«Sì,
e sono dalla nostra parte.
Ancora una volta».
“Non
è necessario farlo notare ogni
volta Edward. Sappiamo di aver sbagliato e siamo qui per poter
rimediare.” Pensai
guardandolo di traverso.
«Dov'è
la tua Bella?»,chiese
Carmen. «Come sta?».
«Ci
raggiungerà fra poco. Sta
bene, grazie. Ha varcato le soglie dell'immortalità con
singolare eleganza».
“Non
ne avevo dubbi …”«Dicci
di questo pericolo, Edward», lo esortai per
sviare il discorso su altri argomenti. «Ascolteremo e ci
schiereremo al tuo
fianco, dov'è giusto che stiamo».
Prese
un profondo respiro e parlò.
«Prima di chiedervi di vedere con i vostri occhi. Ascoltate,
nella stanza
accanto. Cosa sentite?».
“Tu
tum … … … tu tum…
… … tu tum …
… …”
«Prima
ascoltate, per
favore»,insistette Edward.
«Un
licantropo, presumo. Sento il
suo cuore che batte», dissi.
«Cos'altro?»,
chiese Edward.
“Tu
tum … tu tum … tu tum … tu tum
… tu tum …”
Sì
non era solo il licantropo,
c’era qualcos’altro in sottofondo, troppo veloce
per essere un battito umano …
«Cos'è
quella pulsazione?»,chiese
Kate. «Un... uccello, forse?».
«No,
ma tenete a mente il suono. E
che odore sentite, a parte quello di licantropo?».
«C'è
un umano?», bisbigliò
Eleazar.
«No»,
lo contraddissi, il battito
era troppo veloce. «Non è umano, anche se... vi si
avvicina molto. Più di
qualunque altro odore presente qui dentro. Che cos'è,
Edward? Non credo di averne
mai sentito uno simile, prima d'ora».
«Sicuramente
no, Tanya. Per
favore, vi prego,tenete presente che per voi
è una cosa del tutto nuova.
Mettete da parte qualunque preconcetto».
«Ti
ho promesso di ascoltare,
Edward.» ribadii spazientita, la scarsa fiducia che riponeva
nei nostri
confronti stava iniziando a irritarmi.
«D'accordo.
Bella, porta qui
Renesmee, per favore.» disse con un tremito nella voce, e
nella sala fecero il
loro ingresso il licantropo, la gatta morta e … …
NON CREDETTI HAI MIEI OCCHI
DALL’ORRORE CHE MI FU MOSTRATO!!
Edward
Jacob
e Bella fecero il loro
ingresso nel salone.
Renesmee
spuntò timidamente da
dietro i capelli di sua madre quasi temesse la reazione del suo
pubblico.
Che
puntualmente non si smentì.
All’unisono
scattarono
all’indietro verso il muro assumendo la posizione
d’attacco e ogni sorta d’ingiurie
e improperi uscirono dalle loro bocche.
Cercai
di mantenere una parvenza
di calma e impassibilità e avvicinandomi alle mie donne le
abbracciai, la
piccola, già spaventata in partenza, stava tremando dal
terrore. I dubbi che le
avevamo cercato di fugare fino a pochi istanti prima il loro arrivo
erano di
nuovo lì: nei suoi dolci occhi color cioccolato, ed i sensi
di colpa che si era
fatta, anche. La voglia di farli a pezzi per il loro stupido
comportamento
stava diventando difficile da frenare, «Avete promesso di
ascoltare»,esclamai
con tutta la rabbia che covavo dentro.
«Ci
sono cose che non si possono
stare a sentire!», esclamò Tanya.
“Stupida
oca! Per una volta stai a
sentire quello che stiamo cercando di dirti!!”
«Come
hai potuto, Edward? Non ti
rendi conto di cosa significa?». Continuò a
gracchiare. “È stata lei a
convincerti vero?? Non voleva perdere nulla della sua
umanità! Ho sempre saputo
che ti avrebbe portato alla pazzia!! Come hai potuto?!?!
Perché ci avete messi
a conoscenza di quest’abominio!!!”
«Dobbiamo
andarcene di
qui»,ringhiò Kate con già la mano sulla
maniglia della porta.
«Edward...»
rantolò Eleazar
sconvolto.
«Aspettate»,
dissi
deciso.«Ricordatevi di quello che
avete udito e
sentito. Renesmee non
è ciò che credete».
“Conosci
la legge …” «Non
sono ammesse eccezioni alla regola, Edward»,
ribatté Tanya asciutta.
«Tanya»,
replicai cercando di imporle
di ascoltare, «lo
senti il cuore
che batte, no? Rifletti per un istante su ciò che
significa».
«Il
suo cuore?», bisbigliò Carmen
cercando un varco sopra la spalla di Eleazar.
«Non
è una bambina vampira a tutti
gli effetti», le spiegai nella speranza che se almeno un
membro della loro
famiglia mi avesse dato ascolto forse anche gli altri si sarebbero
arresi
all’evidenza «Per metà è
umana».
Perplessità
e dubbio sulle mie
parole erano chiaramente leggibili sui loro volti.
«Ascoltate».
Dissi cercando di
essere il più persuasivo possibile «Renesmee
è unica. Io sono suo padre, non il
suo creatore. Sono il suo padre biologico».
“Edward
… Dio mio … Lei ti ha
completamente accecato … non ti rendi conto di
ciò che hai fatto … di ciò che
ci stai facendo …”pensò
Tanya muovendo
impercettibilmente la testa.
«Edward,
non puoi aspettarti che
noi...», esordì Eleazar.
«Allora
dammela tu, una
spiegazione. Percepisci il calore del suo corpo nell'aria. Nelle sue
vene
scorre sangue, Eleazar. Puoi sentirlo, no?».
«Ma
come?», farfugliò Kate.
«Bella
è la madre
biologica»,risposi. «Ha concepito e partorito
Renesmee mentre era ancora umana.
Le è quasi costata la vita. Tanto che, dopo lunghe
esitazioni, sono stato
costretto a iniettarle una dose di veleno nel cuore per
salvarla».
«Mai
sentita una cosa
simile»,commentò Eleazar ancora sgomento.
«I
rapporti fra vampiri e umani
non sono certo all'ordine del giorno», cercai di
sdrammatizzare «E i frutti di
simili accoppiamenti sono ancora più rari. Non siete
d'accordo, cugine?».
“Almeno
per rispetto dei sentimenti
di mia sorella, le battutine sarcastiche potresti evitarle!”
mi fulminò con lo
sguardo Kate.
«Dai,
Eleazar. Non dirmi che non
noti la somiglianza». Cinguettò Carmen eludendo lo
scudo che il suo compagno le
faceva con il corpo e avvicinandosi a Renesmee per poterla vedere
meglio.
«Gli
occhi sono della mamma»,disse
a voce bassa sorridendole, «ma la faccia è del
papà».
“Posso?
…” mi
chiese Renesmee mostrandomi una
sua immagine che poggiava la
mano
sulla guancia a Carmen.
«Ti
spiace lasciare che sia
Renesmee stessa a raccontarti di sé?», chiese
Bella, intuendo i desideri di
nostra figlia, a Carmen. «È una vera maestra nello
spiegare le cose».
«Parli
già, piccolina?».
«Sì»,
rispose Renesmee e tutti
eccetto Carmen sussultarono. «Però sono
più brava a mostrare che a dire.» e
posò la manina sulla sua guancia. Un brivido percorse nostra
cugina e il suo
compagno le fu subito accanto per difenderla, ma lei lo
fermò, con lo sguardo
fisso su mia figlia,
e continuò a
guardare il suo racconto.
La
magia di Renesmee stava per
compiere il miracolo un’altra volta.
«Cosa
le sta mostrando?»,bofonchiò
Jacob ormai in paranoia.
«Tutto»,
mormorai.
«È
proprio figlia tua»,sospirò
Carmen sorridendole. «Un dono come il suo può
venire solo da un padre
particolarmente dotato».
«Credi
a ciò che ti ha mostrato?»,
chiesi con un fil di voce, la nostra vita era appesa a quella flebile
speranza
e avevo bisogno di certezze.
«Senza
il minimo dubbio»,disse
Carmen senza alcuna esitazione.
«Carmen!».
Esclamò Eleazar
terrorizzato. “Non lasciarti trascinare in questa
follia!”
Nella
sua mente eravamo già tutti
morti.
«Per
impossibile che appaia,
quello che Edward ci ha raccontato è la verità.
Lascia che la bambina te lo
mostri». Cercò di tranquillizzarlo Carmen
prendendogli la mano per avvicinarla
a Renesmee. «Faglielo vedere, mi querida.»e
Renesmee cominciò nuovamente
a raccontare.
Ci
fu titubanza e apprensione, sia
da parte sua che da parte di Tanya e Kate, restammo con il fiato
sospeso per
tutto il tempo del racconto, ma Renesmee compì il miracolo,
era difficile non
restarne conquistati, mano a mano che il racconto di mia figlia
proseguiva
potevo leggere nella loro mente lo sconcerto e la meraviglia per quanto
era
accaduto, la vergogna di aver dubitato della nostra buona fede e la
preoccupazione di non riuscire a capire a questo punto cosa fosse il
pericolo
per il quale erano stati chiamati da Carlisle.
«Ma
c'è il grave pericolo di
cui ci hai avvertito», chiese infine Tanya. «Dato
che non viene dalla bambina,
ma è connesso a lei, deduco che si tratti dei Volturi. Come
hanno fatto a
scoprire la sua esistenza? Quando verranno?».
«Quando
Bella ha visto Irina, quel
giorno in montagna», spiegai cercando di dosare bene le
parole senza lasciarmi
prendere dalla rabbia, «Renesmee era con lei».
«È
stata Irina? Ha fatto
questo a te? A Carlisle? Irina?».Sibilò
Kate
«No»,
sussurrò Tanya.«Qualcun
altro... ».
«Alice
l'ha vista andare dai
Volturi», dissi asciutto.
«Come
ha potuto fare una cosa
simile?», mormorò tra sé Eleazar.
«Immaginate
di aver visto Renesmee
da lontano. Senza attendere la nostra spiegazione... ».
«Non
importa cosa può aver
pensato. Facciamo parte della stessa famiglia».
Sentenziò Tanya“poteva
parlarne con noi prima …”.
«Ormai
non possiamo fare più
niente per rimediare alla decisione di Irina, è troppo
tardi. Alice ci ha dato
un mese di tempo».
«Così
tanto?», chiese Eleazar.
«Verranno
tutti. Servono dei
preparativi».
«L'intera
guardia?». Chiese
conferma Eleazar incredulo.
«Non
solo la guardia»,risposi.
«Aro, Caius, Marcus. Persino le mogli».
«Impossibile»
sussurrò nuovamente.
«L'avrei
detto anch'io, due giorni
fa», ribattei.
«Ma
non ha senso. Perché mettere
in pericolo anche le mogli, oltre a se stessi?»
Ringhiò a questo punto,
conoscendo il loro modus operandi, questa mobilitazione era al di fuori
di ogni
schema, il che la rendeva, per lui, ancora più sconvolgente.
«Da
quel punto di vista non ha
senso, infatti. Secondo Alice, non c'è di mezzo soltanto la
punizione per ciò
di cui ci accusano. Pensava che tu potessi aiutarci.»
«E
cosa può esserci, oltre alla
punizione?». Cominciò a rimuginare camminando
convulsamente per tutta la
stanza.
«Dove
sono tutti, Edward? Carlisle,
Alice e gli altri?» s'informò Tanya.
Non
potevo dirle che Alice era
fuggita e chiedere il loro aiuto, era come spingerli ad andare
volontariamente
davanti al plotone di esecuzione, optai per una mezza
verità. «In cerca di
amici che possano darci una mano».
«Edward,
per quanti amici
riusciate a trovare, non possiamo aiutarvi a vincere. Riusciremo
solo a
morire con voi. Questo lo sai. D'altro canto, forse meritiamo la morte,
dopo
ciò che ha combinato Irina e dopo che già una
volta vi abbiamo voltato le spalle».
Mormorò Tanya avvicinandosi.
“Io
per te morirei, lo sai vero?”
«Non
vi stiamo chiedendo di
combattere e morire con noi, Tanya. Sai che Carlisle non pretenderebbe
mai una
cosa simile».
«E
allora cosa, Edward?».
«Siamo
in cerca di testimoni. Se
riusciamo a fermare i Volturi per il tempo necessario a spiegare...
» mormorai
carezzando la guancia di Renesmee. «È difficile
dubitare della nostra storia
quando la vedi con i tuoi occhi».
«Credi
che saranno tanto
interessati al passato di Renesmee?». “con
una simile mobilitazione dubito
abbiano voglia di ascoltare una bambina … ma non vi
abbandoneremo … non questa
volta …” replicò Tanya.
«Solo
in quanto presagio per il
futuro. Lo scopo della restrizione era di proteggerci dal contatto con
i
bambini immortali, dagli eccessi di creature giovani e
indomabili».
«Io
non sono
pericolosa»,s'intromise Renesmee. «Non ho mai fatto
del male al nonno, a Sue, o
a Billy. Io amo gli umani. E i licantropi come il mio Jacob».
Disse dando dei
buffetti sul braccio di Jacob.
“E
ti pareva che non le piacessero
i cuccioli con la madre che si ritrova …”
“Cielo
che schifo!”
Pensarono
Tanya e Kate
scambiandosi una rapida occhiata disgustata.
“
… e
non sono nemmeno al corrente di
tutto …” pensai
guardandole, poi fingendo
indifferenza ripresi la mia spiegazione.«Se Irina non fosse
arrivata così
presto», riflettei ad alta voce, «avremmo potuto
evitare tutto questo. Renesmee
cresce a un ritmo vertiginoso. In un mese cresce come se ne fossero
trascorsi
sei».
«Be',
questa è una cosa che
possiamo testimoniare di sicuro», disse Carmen in tono
risoluto.«Potremo
assicurare che l'abbiamo vista crescere sotto ai nostri occhi. I
Volturi non
potranno ignorare una simile evidenza».
«Già,
come potrebbero?»,borbottò
di sfuggita Eleazar ancora preso dai suoi ragionamenti.
«Possiamo
testimoniare a vostro
favore, sì», disse Tanya, «poco ma
sicuro. E penseremo a cos'altro potremmo
fare». “combatteremo se sarà necessario
…”
«Tanya»,
protestai, «non ci
aspettiamo che lottiate per noi».
«Se
i Volturi non si fermeranno ad
ascoltarvi, non potremo restare a guardare»,insistette Tanya.
«Anche se,
ovviamente, dovrei parlare per me stessa».
«Dubiti
a tal punto di me,
sorella?».S’intromise Kate
«È
una missione suicida,
dopotutto». Le sorrise la prima.
«Io
ci sto». Sentenziò Kate con
disinvoltura
«Anch'io.
Farò tutto ciò che è in
mio potere per proteggere la bambina», disse Carmen tendendo
le mani verso il
nostro gioiello. «Posso tenerti un pochino, bebé
linda?».
Renesmee
ovviamente non si fece
pregare, riuscire a conquistare tutti in un attimo, era sicuramente il
suo dono
più grande, e per un istante credetti che forse una
probabilità di riuscita non
era poi così impossibile.
«Che
ruolo hanno i licantropi in
tutto questo?», chiese Tanya lanciando un'occhiata a Jacob
che, fremendo dal
momento del loro ingresso in casa, anticipò la mia risposta
«Se i Volturi non
sono disposti a dar retta a Nessie, a Renesmee,
cioè», si corresse, prima di
irritare nuovamente Bella «li fermeremo noi».
«Molto
coraggioso, ragazzino, ma
sarebbe un'impresa disperata anche per gente molto più
esperta di voi».
«Non
sai ciò che siamo in grado di
fare».
“E
nemmeno m’interessa …” «La
vita è vostra, potete farci quel che vi pare».
Sentenziò lei con noncuranza. «È una
piccola molto speciale», mormorò tra sé
Tanya osservandolo guardare la bambina con sguardo incantato.
«Difficile
resisterle». “e per lui sembra anche
impossibile …”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 25 *** CAPITOLO 25 ***
Scusate
il
ritardo.
Buona
lettura
Cap.25
Edward
«Una
famiglia piena di talenti»,
borbottò Eleazar ancora preso dai suoi ragionamenti
«Il padre legge nel
pensiero, la madre è uno scudo e questa bimba eccezionale,
possiede un qualche
potere magico con cui ti incanta. Mi chiedo se ci sia un termine per
definire
quello che fa, o se sia normale per una mezza vampira. Anche se
"normale", insomma, è una parola grossa per una creatura che
è un
vampiro ibrido!».
“Scudo??”«Scusa»,
gli chiesi confuso dalle sue parole «Cos'hai
detto che è mia moglie?».
«Uno
scudo, credo. In
questo momento mi sta bloccando, quindi non ne sono sicuro».
Rispose fermando
finalmente il suo andirivieni nervoso.
«Uno
scudo?», ripetei, stupefatto.
«Dai,
Edward! Se io non riesco a
leggerle la mente, dubito che ci riesca tu. Riesci a sentire i suoi
pensieri in
questo momento?» chiese Eleazar.
«No»,
mormorai avvilito, «ma non
ci sono mai riuscito. Nemmeno quand'era umana».
«Mai?».
Chiese
incredulo.«Interessante. Lascerebbe supporre un notevole
talento invisibile, se
si manifestava così chiaramente già prima della
trasformazione. Non riesco a
trovare un varco nello scudo per farmi un'idea più precisa.
Eppure dev'essere
ancora grezza, ha appena pochi mesi di vita come vampira».
“Quindi
… magari … con il dovuto
allenamento potrebbe riuscire ad aprire la sua mente??” pensai
guardandolo esasperato dalle sue mezze parole.
«E
a quanto pare non se ne rende
affatto conto, è una cosa del tutto inconscia. Che ironia.
Aro mi ha spedito ai
quattro angoli del pianeta in cerca di gente che possedesse simili
particolarità, mentre tu ti ci imbatti per caso e nemmeno te
ne accorgi». Disse
ancora incredulo.
Io
lo ero più di lui.
«Di
cosa stai parlando? In che senso, sono uno scudo?
Cosa significa?». Chiese Bella turbata.
Eleazar
inclinò la testa di lato
squadrandola meglio. «Immagino che nella guardia fossimo un
po' troppo formali
al proposito. In effetti, classificare talenti è una
faccenda soggettiva e,
tutto sommato, casuale. Ogni talento è unico e irripetibile,
nel senso che non
si presenta mai identico. Tu invece, Bella, sei facile da classificare:
i
talenti puramente difensivi, che tutelano alcuni aspetti di colui che
li
possiede, sono sempre definiti scudi. Hai messo
alla prova le tue
capacità? Hai mai provato a bloccare qualcun altro oltre a
me e al tuo
compagno?».
«Funziona
solo per certe cose»,
disse. «La mia mente è, come dire... privata.
Però non impedisce a Jasper di
influenzare il mio umore o ad Alice di vedere il mio futuro».
«Una
difesa prettamente psichica».
Eleazar annuì fra sé. «Limitata, ma
efficace».
«Aro
non riusciva a
sentirla»,intervenni orgoglioso. «Sebbene fosse
umana, quando si sono
conosciuti».
Eleazar
sgranò gli occhi sempre
più sconcertato.
«Jane
ha cercato di colpirmi, ma
non c'è riuscita», aggiunse. «Secondo
Edward, Demetri non può trovarmi, e
nemmeno Alec può farmi alcunché. È un
bene?».
Eleazar,
ancora a bocca aperta,
annuì. «Direi!».
«Uno
scudo!», esclamai con
soddisfazione. «Non avevo mai considerato la cosa sotto
questo punto di vista.
L'unica che avevo conosciuto prima era Renata, ma lei era
così diversa».
Eleazar
intanto si era
ripreso.«Appunto. Nessun talento si manifesta esattamente
allo stesso modo,
perché nessuno pensa mai esattamente
allo stesso modo».
«Chi
è Renata? Cosa fa?»,chiese
Bella.
«Renata
è la guardia del corpo di
Aro», spiegò Eleazar. «Uno scudo molto
pratico e anche molto forte,
Renata è uno scudo potente contro
gli attacchi fisici. Chiunque si avvicini a lei o ad Aro - ed
è la stessa cosa,
dato che lei è sempre al suo fianco nelle situazioni
critiche - si trova
improvvisamente... deviato. Il campo di forza che l'avvolge
è quasi
impercettibile: ci si accorge di colpo di muoversi in un'altra
direzione, con
la vaga consapevolezza che non è quella giusta, ma senza
ricordarsi bene
perché. Renata può proiettare lo scudo a diversi
metri di distanza da sé:
infatti, in caso di necessità, protegge anche Caius e
Marcus. Però la sua
priorità è Aro. Tuttavia, ciò che fa
non è prettamente fisico. Come per la
stragrande maggioranza dei doni, avviene tutto nella mente. Se cercasse
di
deviare te, per esempio, mi chiedo chi avrebbe la meglio...».
Scosse la testa.
«Non ho mai sentito di qualcuno che riuscisse a mettere fuori
gioco Aro o
Jane».
“In
effetti, come Bella non c’è
nessuno …” riflettei,
e subito Renesmee confermò il mio pensiero «Mamma,
tu
sei speciale», esclamò con orgoglio come se fosse
un dato di fatto; ed era
veramente così, per noi era veramente speciale, lo era
sempre stata: era tutto.
«Puoi
proiettarlo?»,s’informò Kate
incuriosita.
Che
domanda stupida. Fino a cinque
secondi prima non sapeva nemmeno di esserlo figuriamoci se era in grado
di
gestirlo.
«Cioè?»,
chiese, ovviamente,
Bella.
«Estenderlo
da te a qualcun
altro».
«Non
lo so. Non ho mai provato.
Non immaginavo di averne bisogno».
«Oh,
forse non ne sei capace»,la
provocò Kate. «Io ci provo da secoli e tutto
quello che sono riuscita a
ottenere è una specie di corrente a fior di pelle».
“Tu
non sei certo Bella …”«Kate
possiede un'abilità offensiva», le spiegai
vedendola perplessa. «Un po' come Jane».
«Però
non sono così
sadica»,sghignazzo lei. «È solo una cosa
che torna utile in battaglia».
«Devi
insegnarmi come
fare!»,esclamò, afferrando Kate per un braccio e
senza darmi il tempo di
poterle spiegare meglio «Devi farmi vedere!».
Una
strana luce le brillava negli
occhi mentre la tempestava di domande, la stessa di quando, solo poche
ore
prima, pensava a come fare per sconfiggere da sola tutto il corpo di
guardia
dei Volturi. Aveva ragione Emmett a dire che era diabolica, la sua
mente era in
continuo fermento specialmente se si trattava di poter immolare la sua
vita per
difendere il prossimo.
Non
poteva che essere uno scudo.
“Eppure
io non capisco … non è la
prima volta che si formano comunità di vampiri …
anche più grandi della nostra
… non ha senso che debbano venire a punirci … non
rappresentiamo alcun pericolo
… cosa ha scatenato tutto questo … cosa ha in
comune questa spedizione con le
altre … dove è stato lo sbaglio
…”pensava
senza sosta Eleazar catturando, con i suoi ragionamenti,
la mia attenzione, in effetti, chi meglio di lui poteva essere in grado
di
esaminare ciò che accomunava le varie spedizioni punitive
fatte dai Volturi nel
corso dei secoli“Forse è la forza del
legame che ci unisce a spaventarli …”riflettei
tra me, ma fui subito smontato.
“No
Edward, non credo … c’è un
modus operandi nelle decisioni di Aro, non è frequente ma la
costante si ripete
una volta ogni cent’anni, più o meno, la guardia
non può rendersene conto, sono
troppi e non riferiscono solo ad Aro; io invece sì
…” continuò
facendomi partecipe dei suoi ricordi.“Non
capitava spesso che Aro prendesse parte a una spedizione punitiva, nei
secoli
passati, però, quando voleva qualcosa in particolare, non si
sa come, capitava
che qualche clan aveva commesso un crimine imperdonabile. Partivano
così,tutti
insieme,alla
volta della spedizione punitiva di turno. Una
volta data la dimostrazione che la Legge era stata fatta rispettare,
distruggendo il clan, Aro concedeva il perdono a un superstite che, a
suo
parere, era particolarmente pentito. Il caso voleva che si trattasse
sempre del
vampiro più talentuoso della congrega … quello
con il dono che più interessava
ad Aro ... al superstite veniva offerto un posto nel corpo di guardia
… mai
nessuno ha rifiutato quest’ onore …”.
«Ricordi
almeno un'eccezione?»,
chiesi sconcertato dalla sua analisi dei fatti.
«Non
mi va di considerarle tali», “Purtroppo
…” disse Eleazar fra i denti.
“Non
scordarti poi di Chelsea che
con la sua capacità di influire sui legami emotivi fra le
persone; può fare in
modo che qualcuno si senta legato, anche se realmente non vuole, ai
Volturi,
che desideri appartenere a loro e compiacerli … questo
spiega la pacifica
convivenza di un tale alto numero di Vampiri. Il suo potere
è utilissimo anche
in battaglia, perché capace di spezzare le alleanze
… i legami del clan se non
sono fondati su rapporti di vero amore come quello che lega una
famiglia reale,
non sono niente per il potere di Chelsea … avevo sempre
pensato che fosse un
atto di grande magnanimità separare i legami di un clan
colpevole in modo da punire
soltanto
chi fosse
realmente colpevole … mi vergogno di me
…”.
“Quindi
Aro vuole qualcuno … e
posso anche immaginare di chi si tratta …”.
«Se
hai ragione...» riprese
Eleazar.
«Era
un pensiero tuo, non mio». Lo
interruppi. “ho solo guardato la cosa dalla tua
prospettiva …”
«Se
ho ragione... non riesco
nemmeno a concepirne la portata.
Cambierebbe completamente il mondo che abbiamo creato. Il significato
della mia
vita. Ciò di cui finora ho fatto parte». “…
e mi vergogno di me stesso … io
non credevo … non mi ero mai soffermato su certi aspetti
… tutte quelle vite
…”.
«Hai
sempre agito con le migliori
intenzioni, Eleazar».
«Avrebbe
una qualche importanza
ciò che ho fatto? Tutte le vite che...».
«Cosa
ci siamo persi, amico mio?
Voglio saperlo per partecipare alla discussione. Non hai mai fatto
nulla per
cui tu debba punirti a questo modo». Chiese Tanya cercando di
capire qualcosa
in più del nostro scambio di pensieri.
«Davvero?»,
mormorò Eleazar
riprendendo il suo frenetico andirivieni.
«Spiegaci.»
mi chiese infine
guardandomi smarrita.
Presi
un profondo respirò e
cominciai …
Non
fu semplice da digerire, da
parte di nessuno.
«…
Perciò, ai miei occhi, l'unico
motivo per cui Aro ha deciso di venire di persona è che non
si tratta di una
punizione, bensì di un'acquisizione».
Sentenziò infine Eleazar: «Deve essere
presente per tenere sotto controllo gli eventi, ma ha bisogno della
guardia al
completo per proteggersi da un clan così grande e dotato. In
tal modo, però,
gli altri anziani resterebbero a Volterra indifesi, alla
mercé di qualcuno che
potrebbe approfittarne. Quindi si spostano tutti. In quale altra
maniera Aro si
assicurerebbe i doni su cui ha messo gli occhi? Deve desiderarli
parecchio».
«Da
quel che ho potuto vedere dei
suoi pensieri, la primavera passata, Aro non desidera altro che
Alice».
Sospirai rassegnato.
Bella
rabbrividì dall’orrore.«Per
questo Alice se n'è andata?», domandò,
e la sua voce s’incrinò a pronunciare
quel nome.
«Credo
di sì.» mormorai
carezzandole la guancia «Per impedire ad Aro di ottenere la
cosa che desidera
di più al mondo. Per impedire che metta le mani sul suo
potere».
«Quindi
Alice non è con noi ….»
mormorò Kate alla sorella.
«Già
… capisco perfettamente la
preoccupazione di Carlisle adesso …»
«Aro
vuole anche te»,sussurrò Bella guardandomi.
«Ma
non con la stessa intensità.
Non ho nulla di più da dargli di quanto già non
abbia. E naturalmente, deve
prima trovare un modo per piegarmi al suo volere. Mi conosce e sa
quanto sia
improbabile», conclusi cercando di ostentare una sicurezza
che non avevo.
“Non
bleffare Edward, tua moglie
non è così sprovveduta … sai benissimo
di non essere in una buona posizione”pensò
Eleazar guardando prima me e poi lei «Conosce
anche i tuoi punti deboli».
«Non
è una cosa di cui valga la
pena discutere ora», mi affrettai a replicare. “non
davanti a lei…”
Ma
Eleazar m’ignorò«Probabile che
Aro voglia anche la tua compagna. Deve essere rimasto affascinato da un
talento
in grado di tenergli testa nientemeno che in forma umana».
«Credo
che i Volturi stessero
aspettando solo di avere un pretesto.» esclamai infine
cercando di porre fine
all’insistenza del nostro ospite «Non sapevano che
scusa avrebbero trovato, ma
il piano era già predisposto. Ecco perché Alice
ha visto la loro decisione
prima che trovassero un appiglio in Irina. Era già tutto
stabilito, mancava
soltanto una giustificazione valida».
«Se
i Volturi stanno abusando
della fiducia che tutti gli immortali ripongono in loro...»,
mormorò Carmen.
«Ha
qualche importanza?»,chiese
Eleazar. «Chi ci crederebbe? Se anche qualcuno si convincesse
che i Volturi
approfittano del proprio potere, che differenza farebbe? Nessuno
è in grado di
tenergli testa».
«Eppure
alcuni di noi, a quanto
pare, sono così pazzi da volerci provare»,
sussurrò Kate.
«Siete
qui soltanto come
testimoni, Kate.» le ricordai per l’ennesima volta
«Qualunque cosa voglia Aro,
non credo che, per ottenerla, sia disposto a macchiare la reputazione
dei
Volturi. Se riusciamo a smontare le sue accuse, dovrà
lasciarci in pace».
«Naturalmente»,
mormorò, poco
convinta, Tanya.
In
quel momento però un rumore di
pneumatici che viaggiavano sullo sterrato verso di noi ci
riportò con i piedi
per terra.
Tememmo
l’arrivo di Charlie ma
solo un istante dopo riconobbi Peter e Charlotte …
nonostante tutto Alice e Jasper
avevano pensato anche a noi «... A quanto pare Alice
è riuscita a convincerli.
Prepariamoci al secondo turno».
Convincerli
non creò nessun
problema, sebbene non avessero mai visto un bambino immortale, come
molti di
noi del resto, si fidavano ciecamente
delle istruzioni impartite da Alice e ci
concessero il loro appoggio per testimoniare. Provammo, senza molte
speranze, a
chiedere loro dove avessero incontrato Alice e Jasper e se sapessero
qualcosa
della loro destinazione, ma come volevasi dimostrare mia sorella si era
guardata bene da lasciare ulteriori indizi.
Nei
giorni successivi il via vai
fu frenetico, Carlisle aveva convinto, senza nemmeno troppi sforzi, la
sua
vecchia amica irlandese Siobhan che, insieme al suo compagno Liam e a
Maggie
accettarono di farci da testimoni ancora prima di
“vedere” il racconto di
Renesmee.
Maggie
aveva il dono di poter
capire all’istante se qualcuno stava mentendo, Avevano
già creduto a Carlisle;
sentire il racconto dalla mia voce non fece che dare ulteriore conferma
alle
loro certezze.
Più
complicato fu convincere il
Clan egiziano.
Amun,
altro caro amico di Carlisle
e loro capo, si rifiutò con tutte le sue forze di farsi
toccare da Renesmee e nonostante
che Benjamin e Tia, altri
membri del suo clan, fossero più che convinti della
spiegazione di mia figlia,
lui non permise neanche alla sua compagna di sfiorarla. Era pronto ad
andarsene,fu solo il ricatto di
Benjamin di sciogliere la loro unione che lo convinse a restare, la sua
paura
non era tanto Renesmee, quanto il fatto che Aro scoprisse la capacità di Benjamin di
influenzare gli elementi
atmosferici: era in grado di scatenare un incendio
così come di far
tornare la glaciazione in una frazione di secondo; Amun lo
nascondeva ad Aro
perché voleva trasformarlo in un arma,
ma Benjamin con il suo forte senso della giustizia, non era certo il
tipo da
farsi usare a piacimento, ed il modo in cui l’aveva convinto
a restare ne era
la prova.
Forse
con il ritorno di Carlisle
la diffidenza di Amun si sarebbe mitigata.
Emmett
e Rosalie ci inviarono
alcuni nomadi, primo fra tutti arrivò Garrett, la cui fama
di avventuriero era
più che all’altezza delle voci che circolavano;
cominciò a corteggiare, neanche
troppo velatamente Kate che non sembrò disdegnare
…
Dopo
un paio di giorni arrivarono
anche Mary e Randall, che, anche se non viaggiavano insieme, avevano
già avuto
modo di conoscersi. Tutti ascoltarono la storia di Renesmee e, come gli
altri
prima di loro, ne rimasero talmente colpiti che non ci pensarono un
solo momento
prima di assicurarci il loro appoggio.
La
casa nel giro di alcuni giorni
ospitava più persone di quante realmente ne avrebbe potute
ospitare, l’accordo
era che cacciassero oltre i confini dello stato e, a tal proposito
avevamo
messo a loro disposizione automobili e ogni altra cosa avessero avuto
bisogno.
Curioso
era vedere come questi si
rapportassero ai licantropi, faceva sorridere pesare che trattassero
Jacob alla
stregua del cucciolo di famiglia, il resto del suo branco si era
temporaneamente ricongiunto con quello di Sam in modo da limitare il
più
possibile inutili attriti, Jacob,
però, non riusciva ad allontanarsi da Renesmee e per
tanto, anche se era contro la sua natura, imparò a tollerare.
Carlisle
ed Esme fecero ritorno
dopo una settimana, portando con sè l’ultimo dei
loro testimoni: Alistair,
nonostante l’enorme quantità di favori che
Carlisle gli aveva promesso, era
chiaro nella sua mente che non aveva alcuna intenzione di rimanere, la
completa
sfiducia nei confronti di chiunque l’aveva completamente
isolato da tutti, era
incredibile solo il fatto che fosse riuscito a farlo partire da Londra
e, come
Amun prima di lui, credette alle parole di
Carlisle ma non volle avvicinarsi in alcun modo alla piccola; la
sfiducia che
nutriva nei confronti dei Volturi era cresciuta in modo esponenziale
dopo che
Carlisle gli aveva raccontato i fatti e l’idea di poter
finire sulla loro lista
nera per il solo fatto di averci voluto aiutare lo stava terrorizzando
tanto da
decidere di isolarsi a mugugnare improperi in soffitta.
Inatteso
quanto gradito fu
l’arrivo delle amazzoni, anche loro vecchie conoscenze di
Carlisle, nessuno era
riuscito a contattarle ma, stando ai loro racconti, Alice si era
trovata sulla
loro strada … cosa stava facendo nella foresta amazzonica?
Era la sua meta o
era solo di passaggio? Zafrina e Senna non seppero darci alcuna
risposta, Alice
aveva solo detto loro di raggiungerci perché
avevamo urgentemente bisogno
del loro aiuto, la terza sorella, Kachiri,
sarebbe dovuta rimanere a dare una mano a lei.
Per
fare cosa?
Forse
non stava solo scappando,
questa nuova prospettiva mi diede, anche se non capivo, un barlume di
speranza.
Kachiri non aveva poteri particolari che io sapessi; al contrario di
Zafrina,
capace di creare illusioni così vivide nella mente di ognuno
tanto che fosse
presso che impossibile, se non ne eravamo al corrente, non credere alla
loro
realtà. Dono assai curioso ma utilissimo, poteva accecare il
nemico
disorientandolo completamente, questo ci avrebbe procurato un buon
vantaggio se
le cose si fossero messe male …
L’incontro
con Renesmee fu amore a
prima vista, la piccola mostrò loro la sua storia e
ovviamente ne rimasero
affascinate. La piccola, dal canto suo incuriosita dalle visioni volle
vederle
e, da quel momento, non si staccò un secondo da Zafrina, era
bello vedere che
nonostante tutto la curiosità tipica dei bambini fosse
ancora viva in lei,
vederla giocare e ridere riempiva il cuore di speranza.
Una
volta che anche Rose e Emmett
fecero ritorno a casa non restò che iniziare a prepararci,
non era nostra
intenzione attaccare, probabilmente non saremmo resistiti
più di qualche
minuto, forse poco di più con l’aiuto di Zafrina,
ma non provare nemmeno a
difenderci era fuori discussione.
Bella
aveva sposato completamente
questa teoria della difesa e la sua follia di voler combattere per
difendere
tutti si ripropose tornando a tormentarmi.
Nel
primo tentativo di simulazione
di lotta la bloccai dopo due secondi, e credetti
di impazzire; un fremito di
terrore mi scosse e mollai la presa
«Scusami,
Bella», mormorai,
fissandola immobile.
«No,
tutto bene»,
rispose.«Riproviamoci».
«Non
posso».
«Come,
non puoi? Abbiamo appena
cominciato».
“No.
Abbiamo appena finito”
pensai continuando a guardarla sconvolto.
«Senti,
lo so che sono una frana,
ma non posso migliorare senza il tuo aiuto».
Esclamò tornando ad attaccarmi per
scherzo«Ho vinto», annunciò.
Mi
mancò il fiato e chiusi gli
occhi per disperazione.
«Edward?
Cosa c'è che non va?
Perché non mi puoi insegnare?».
«Non
riesco proprio a... sopportarlo.»
rantolai con un filo di voce dopo quasi un minuto«Emmett e
Rosalie sono bravi
quanto me. E Tanya ed Eleazar probabilmente ancora di più.
Chiedilo a qualcun
altro».
«Non
è giusto! Tu sei bravo. Hai
già aiutato Jasper, hai combattuto con lui e anche con tutti
gli altri. Perché
non con me? Cos'ho fatto di male?».
“Perché
complichi sempre tutto,
Bella!” Sospirai
sfinito.
«Guardarti
in quel modo,
analizzarti come un bersaglio. Vedere tutti i modi in cui potrei
ucciderti...».
“È troppo. Non ce la faccio” «Rende
tutto troppo reale, ai miei occhi.
Non abbiamo poi tanto tempo a disposizione, non fa differenza chi sia
il tuo
insegnante. Chiunque ti può insegnare i fondamenti
… … e poi non serve. I
Volturi si fermeranno. Riusciremo a fargli capire come stanno le
cose». Le
sussurrai carezzandole con un dito le labbra imbronciate sperando di
dissuaderla con un sorriso.
«E
se non si fermano? Devo assolutamente
imparare».
“Ti
prego Basta!”«Trovati
un altro maestro». Esclamai esasperato.
Ovviamente
la questione non finì
lì, ogni momento era buono per tornare più
agguerrita che mai sull’argomento.
Ma
questa volta non cedetti.
Attaccarla
anche solo per
allenamento era insostenibile; e dovette accontentarsi
dell’aiuto del resto dei
presenti.
Il
massimo che riuscii a concederle
fu di offrirmi come cavia per gli attacchi di Kate in modo che potesse
imparare
a controllare il suo scudo … quello era semplice, colpivano
me non lei,
qualsiasi cosa pur che a soffrire non fosse lei.
Iniziai
quindi a subire gli
attacchi a basso voltaggio di Kate mentre Bella stringendomi tra le sua
braccia
provava a estendere il suo scudo … più semplice a
dirsi che a farsi, ci vollero
quasi due giorni di allenamento per riuscire a coprirmi quasi del
tutto, alcune
volte riuscivo a non sentire niente, ma altre erano peggio
dell’elettroshock
«Scusa!
Scusa! Scusa!»,ripeteva in
continuazione.. «Te la stai cavando alla grande,
Bella»,dissi abbracciandola.
«È solo da qualche giorno che ci provi e riesci
già a proiettare lo scudo ogni
tanto. Kate, dille quanto è brava».
“Certo
che lo è! Ma non è con gli
elogi che si ottengono i risultati migliori, specie se li vogliamo in
poco
tempo … fidati di me, non ostacolarmi e vedrai.”pensò
storcendo la bocca, vidi nella mente il suo piano
e restai allibito. «Non saprei. È ovvio che ha un
talento enorme a cui stiamo
cominciando appena ad avvicinarci. Può fare di meglio, ne
sono sicura. Le
mancano solo un po' di stimoli».
«Kate...»,
provai ad ammonirla,
sembrava non ricordare che mia moglie era pur sempre una neonata e gli
“stimoli” che aveva in mente potevano dar luogo a
reazioni pericolose. Delle
tre sorelle era indubbiamente quella più piena di
sé, forse perché con il suo
dono si sentiva un passo avanti alle altre, oppure solamente per
indole.
“Smettila
Edward, non abbiamo tutto
il tempo del mondo per aspettare che la signorina scateni il suo
potenziale.”Pensò
lanciandomi uno sguardo fugace, “Per una volta
non intralciare i miei piani e stai al gioco con me, dobbiamo fare in
modo che
il suo dono esploda e l’unico modo è farla
arrabbiare, lei si sta trattenendo
forse è il suo autocontrollo a impedirle di gestire con
libertà lo scudo … le
darò un aiutino … non ho intenzione di far male a
nessuno stai tranquillo.” pensò
cercando con lo sguardo Renesmee “non
farò alcun male alla bambina hai la
mia parola, ma lasciami provare.” Sebbene
perplesso delle sue parole,
acconsentii tacitamente. La vidi raggiungere mia figlia che in riva al
fiume
passeggiava con Zafrina.
«Nessie»,
la chiamò «ti piacerebbe
venire ad aiutare tua madre?».
«No»,
ringhiò Bella e per
rassicurarla che non c’era alcun pericolo provai ad
abbracciarla; mi scrollò di
dosso nemmeno fossi un insetto fastidioso. Dovevo stare al gioco, era
vero, ma
non potevo nemmeno rischiare che staccasse la testa a Kate mentre
cercava solo
di aiutarci. «Non se ne parla, Kate»,
sibilò feroce Bella, accogliendo tra le
braccia nostra figlia. «No», la intimò
nuovamente vedendola avanzare ancora.
«Non ti avvicinare, Kate.»
«No».
Replicò con aria sadica
continuando guadagnare terreno. Stava esagerando, non era il caso di
giocare in
questo modo con il fuoco
«Stai
attenta, Kate», cercai di
metterla nuovamente in guardia; ma lei continuò la sua
avanzata fino quasi a
trovarsi ad un passo dalle sue prede quando d’un tratto si
voltò verso di me.
“Direi
che ci siamo riusciti!”
«Senti niente che arriva da Nessie?», mi chiese
Kate,
con voce calma e rilassata.
Non
feci caso alla sua domanda,
vidi Bella fremere dalla rabbia e prima che le saltasse addosso per
farla a
pezzi mi frapposi a loro, bloccando così l’attacco
di Bella; in quel momento
realizzai che non sentivo alcun pensiero, la mente di Nessie era
insondabile
esattamente come quella di sua madre.
«No,
proprio niente», risposi
turbato, Bella aveva proiettato il suo scudo sulla bambina e lo stava
mantenendo tutt’ora attivo. “Incredibile
…” valutai entusiasta, ma cose
più pressanti richiedevano la mia attenzione.«Ora
allontanati e lascia un po'
d'aria a Bella per calmarsi, Kate. Non devi stuzzicarla
così. Lo so che sembra
più grande, ma è un vampiro solo da qualche
mese».
«Non
abbiamo tempo per fare le
cose con delicatezza, Edward. Dobbiamo costringerla. Restano solo poche
settimane e lei ha tutte le potenzialità per...».
insistette risoluta, ma
questa volta mi avrebbe ascoltato,
«Arretra
un attimo, Kate.»m’imposi
e, seppur controvoglia, arretrò.
Ci
vollero alcuni minuti perché il
respiro di Bella tornasse regolare ciononostante ansimava
ancora«Kate», ruggì
cingendomi con una mano il fianco, un istante dopo avvertii nuovamente
i
pensieri di mia figlia «Rifacciamolo», disse a Kate
con fatica. «Però tocca
solo Edward».
Kate
non se lo fece ripetere due
volte e, mezzo secondo dopo, era nuovamente davanti a me a premere il
palmo
della sua mano sulla mia spalla «Non sento
niente»,dissi sempre più orgoglioso
di mia moglie.
«E
ora?», chiese Kate.
«Ancora
niente».
«E
ora?». Stavolta nella voce di
Kate si avvertiva una forte tensione.
«Ancora
niente».
“Che
ti avevo detto!?!”Sbuffò
Kate, allontanandosi soddisfatta.
Dovevo
ammetterlo i suoi metodi
erano forse stati un po’ drastici ma il risultato era
più che soddisfacente.
A
quel punto, incuriosita come gli
altri spettatori, si fece avanti Zafrina, per verificare se fosse in
grado di
allargare il raggio di protezione. Nessuno di noi tre fu accecato dal
suo
potere e, con grande fatica ma soddisfazione, riuscì anche a
estendere la
copertura a chi stava nelle nostre vicinanze,
la prima fu Kate.
«Affascinante!»
sussurrai
entusiasta. «Come uno specchio unidirezionale. Posso leggere
tutto quello che
pensano, ma qui dietro sono irraggiungibile. E sento Renesmee, mentre
da fuori
non ci riuscivo. Immagino che Kate potrebbe mandarmi una scarica
elettrica
adesso, perché anche lei è sotto l'ombrello.
Però continuo a non sentire te...
mmm … Come funziona? Chissà se esiste un sistema
per aprire la tua mente ...»
pensai mentre anche Garrett entrava sotto lo scudo.
«Ottimo!»
esclamò l’amazzone,
ma in quell’istante lo scudo cedette facendoci ripiombare
tutti nell’oscurità.
«Mi
date un minuto di
pausa?»,ansimò Bella spossata.
«Certo»,
le concesse Zafrina e non
appena restituì la vista anche agli altri spettatori,
potemmo assistere al
“simpatico siparietto” di Garrett che pur di far
colpo su Kate era disposto a
farsi anche carbonizzare … provai a metterlo in guardia che
la nostra amica non
scherzava ma la sua “sete di conoscenza” era
veramente dura da placare.
Non
era certo quello il momento
per mettersi a fare il cascamorto, ma per il solo fatto che fosse
riuscito a
stemperare la tensione gliene fui grato. Stavamo ancora ridendo quando
dal
giardino anteriore arrivò del trambusto.
Carlisle
«Vladimir,
Stefan, che sorpresa.»
li salutai turbato, cercando di essere più cordiale
possibile, di sicuro non
passavano dalle nostre parti per caso, e questo non era un buon segno. “Edward,
ci sono delle complicazioni.”«Vi ha
mandati Alice?» provai ad indagare.
Tutti mi sarei aspettato meno che loro, non si potevano certo
considerare
amici, era fin troppo ottimistico catalogarli come conoscenti.
Edward
e gli altri ospiti ci
raggiunsero dopo pochi istanti.
«Non
ci ha mandati
nessuno»,rispose Vladimir.
“Appunto
…”«Allora
cosa vi porta qui proprio adesso?».
«La
gente mormora», continuò
Stefan. «Abbiamo sentito dire che i Volturi stavano per
attaccarvi. Girano voci
segretissime sul fatto che non siete soli. Ovviamente le voci sono
vere. Avete
radunato una brigata notevole».
«Non
stiamo sfidando i Volturi»,
risposi teso. «C'è stato un equivoco, tutto qui.
Un equivoco molto grave,
certo, ma speriamo di riuscire a chiarirlo. Quelli che vedete sono
testimoni.
Vogliamo solo che i Volturi ci ascoltino. Non abbiamo...».
«Non
ci importa di cosa vi
accusano», lo interruppe il primo. «Non ci importa
se avete infranto la legge».
«E
quanto sia madornale la vostra
infrazione», s'intromise il secondo.
«Da
millecinquecento anni
aspettiamo che qualcuno sfidi quella feccia di italiani»,
continuò Vladimir,
parlavano alternati come se fossero complementari l’uno
all’altro «Se c'è la
minima possibilità che vengano sconfitti, staremo qui ad
assistere».
«Oppure,
persino ad aiutarvi a
stroncarli», aggiunse Stefan. «Se riteniamo che
abbiate qualche possibilità di
riuscita».
«Bella?»,
chiamò Edward con voce
brusca senza distogliere lo sguardo dai nuovi arrivati.
«Porta qui Renesmee,
per favore. Forse dovremo mettere alla prova le affermazioni dei nostri
visitatori rumeni».
“Stai
in guardia figliolo, non c’è
da fidarsi …”Era
rincuorante, però, vedere come
la maggior parte dei nostri ospiti fosse pronto a difendere Nessie,
Carmen
Tanya Zafrina e Senna si erano già piazzate in atteggiamento
difensivo tra la
piccola e i nuovi ospiti.
«Bene,
bene, Carlisle. Hai fatto
proprio il briccone, vero?».
«Lei
non è affatto quello che
credi, Stefan».
«In
ogni caso non ce ne importa
niente», rispose Vladimir. «Proprio come abbiamo
detto prima».
«Quindi
restate pure a osservare,
Vladimir, ma sta' sicuro che non abbiamo in programma di sfidare i
Volturi, come
abbiamo detto prima».Ci tenni a
ribadire con le loro stesse parole.
«Allora
ce ne staremo qui con le
dita incrociate», iniziò la frase Stefan.
«E
speriamo di avere fortuna»,finì
Vladimir.
Chi
per un motivo, chi per un
altro, era quello che speravamo tutti.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 26 *** CAPITOLO 26 ***
Come
sempre grazie infinite a tutti!
Buona
Lettura!!
Cap.
26
Edward
«Charlie,
tutte le informazioni sulla compagnia sono
ancora top secret, per motivi di riservatezza. So che è
passata più di una
settimana da quando hai visto Renesmee, ma in questo momento non
è una buona
idea venirla a trovare. Che ne dici se porto lei da te?».
Aveva detto Bella
questa mattina dopo l’ennesima telefonata di Charlie.
Solitamente era molto
restia nel portare Renesmee a giro per Forks, troppi occhi indiscreti
in una
cittadina così piccola; ma oggi sembrava quasi impaziente di
potersi assentare
da casa.
A
dire il vero erano già diversi giorni, per
l’esattezza da quando Alice e Jasper ci avevano lasciati, che
ogni tanto notavo
un comportamento scostante: più volte l’avevo
vista al computer, sembrava
sempre impaziente, tesa e sul chi vive tanto che ebbi
l’impressione che la
telefonata di Charlie fosse stata accolta come la manna dal cielo.
Ero
più che convinto che Alice, in qualche modo, fosse
responsabile di tutto ciò, ma se Bella non mi aveva reso
partecipe sicuramente
era per un ottimo motivo.
DOVEVA.ESSERE.PER.FORZA.COSI’.
Ciò
non toglieva che fossi in ansia.
Saperla
a giro chissà dove senza poterla proteggere mi
faceva letteralmente impazzire, senza contare che non sopportavo ci
fossero
segreti tra noi. Sicuramente erano a fin di bene, ma erano pur sempre
segreti.
Bella
non sapeva mentire e di ciò era perfettamente
cosciente, questo rendeva questa farsa ancora più irritante
… immaginavo che il
copione prevedesse che dovevo far finta di crederle, ed io lo stavo
rispettando
… ma a quale prezzo? … ci restava talmente tanto
poco tempo … perché dovevamo
sprecarlo così?
Jacob
sarebbe andato con loro. Gli chiesi di fare
qualche domanda …
La
scusa ufficiale per uscire da casa, fu che portare
un umano in una casa con ventisette vampiri “male
assortiti”, per dirla con le
sue parole, non era una grande idea.
Non
potei darle torto.
Avevano
giurato di non uccidere nessuno nel raggio di
cinquecento chilometri, ma era meglio evitare di servirgli lo spuntino
su un
vassoio d’argento.
Riuscivamo
a convivere più o meno pacificamente anche
se in ogni momento una qualsiasi sciocchezza poteva far accendere la
miccia.
I
più strani e insondabili erano i rumeni. Nessuno li
aveva invitati ma avevano deciso di sposare la nostra causa:
l’atavico
risentimento che covavano nei confronti dei Volturi li avrebbe spinti
ben oltre
una semplice testimonianza. Non mi piacevano, e non soltanto a me; come
non mi
piaceva che si fosse sparsa la voce che stessimo reclutando un esercito
per
dare battaglia ad Aro e il suo seguito. Non era vero e Dio solo sa come
stavano
elaborando la cosa a Volterra. Poi c’era Amun, era rimasto
solo per compiacere
Benjamin e ogni stupidaggine era buona per polemizzare sulla situazione
e
tentare di convincerlo a tornare in Egitto … al sicuro
… fondamentalmente
voleva tenere il suo pupillo lontano da occhi indiscreti e ingordi,
come quelli
di Aro. Poi c’era Alistair, sebbene se ne stesse la maggior
parte del tempo
chiuso in soffitta, non perdeva occasione, ogni qualvolta decideva di
omaggiarci
con la sua presenza, di
renderci partecipi delle
sue rimostranze nei nostri confronti, illuminandoci dettagliatamente su
come
sarebbe stata la nostra fine.
Questa
convivenza semi pacifica non sarebbe durata a
lungo …
Speravo
solo che resistessero qualche altro giorno,
ormai eravamo agli sgoccioli. Mancavano solo un paio di settimane a
Natale poi
avremmo affrontato il nostro destino.
J.
Jenks
Stravaccato
sul divano con April che mi massaggiava la
schiena, questo era il miglior modo di affrontare un pomeriggio noioso.
Non
avevo in programma nessun appuntamento, le consegne erano state
effettuate, ero
in ufficio solo per proforma … e le mani di April erano un
toccasana … avrei
dovuto invitarla a cena prima o poi … magari poi avremmo
potuto riprendere il
discorso da me …
Inaspettatamente
il telefono di emergenza squillò.
Guardai
stranito il Display e imprecai dentro di me. “Perché
lo avevo assunto? PERCHÈ???” …
a quanto pareva per Max non era chiaro il
concetto di: “Lasciami un’ora di
pace!”
«…
E che diavolo! Possibile che Max non riesca a
capire il significato della parola EMERGENZA?!?!». Grugnii ad
alta voce vedendo
l’ennesima chiamata di colui che doveva fare da filtro tra
me, i miei clienti,
ed il resto del mondo. Non aspettavo nessuno quel pomeriggio, quindi
chiunque
mi stesse cercando faceva parte della categoria “resto
del mondo”… e per
lui il “resto del mondo” era
un’entità astratta. Scocciato, risposi alla
chiamata.
April
sgattaiolò fuori dalla stanza.
«Ehi
J., sono Max. So che devo chiamarti a questo
numero solo in caso di emergenza ...».
Esclamò tutto
d’un fiato.
«C'è
un'emergenza?» chiesi immaginandomi
l’entità del
problema.
«Be',
non proprio. C'è una ragazza che vuole
vederti...»
Appunto.
Avevo
assunto un idiota, ormai ne ero certo.
«Non
capisco che emergenza c'è. Perché non hai seguito
la procedura normale?».
«Non
l'ho seguita perché lei non mi sembra affatto
normale... ».
Il fatto che non le sembrasse normale era già un
passo avanti, sicuramente non aveva un terzo occhio in fronte quindi
era il
caso di identificare meglio questa stranezza.
«Non
sarà mica uno sbirro?!».
«No...».
«Non
si sa mai. Sembra uno degli uomini di
Kubarev...?»
«No...
fammi parlare, va bene? Dice che conosci sua
sorella, o qualcosa del genere».
«Improbabile.
Lei com'è?».
«È...
Be', sembra una top model, che cavolo, ecco
com'è». “Sei messo maluccio ragazzo mio
se consideri strana una Top Model”
pensai. «Corpo da urlo, pallida come un lenzuolo, capelli
castano scuro lunghi
fino alla vita, ha l'aria di aver bisogno di una bella dormita... ti
ricorda
qualcuno?».
«Niente
affatto. Non mi fa piacere che, a causa del
tuo debole per le belle donne, tu abbia interrotto... ».
«Sì,
va bene, mi piacciono le ragazze carine, e
allora? Che male c'è? Mi spiace di averti disturbato, bello.
Lasciamo perdere».
Stavo per chiudere quell’insulsa telefonata quando «Ah,
giusto.
Aspetta», disse Max. «Dice che
si chiama Bella Cullen. Ti ricorda
qualcosa?».
Il
sangue mi si gelò nelle vene. Non conoscevo molti
Cullen … a dire il vero ne conoscevo parecchi, ma
personalmente, uno solo e
pensandoci bene poteva benissimo somigliare alla descrizione della
donna che
Max mi aveva appena fatto …
Jasper
Cullen non poteva considerarsi una persona per
bene; non mi aveva mai fatto nulla di male e pagava sempre
profumatamente per i
miei servizi ma quando si avvicinava avvertivo nell’aria una
tensione che
lentamente si tramutava in terrore. Sì, quell’uomo
mi trasmetteva terrore. Più
di una volta avevo temuto volesse sbranarmi …
chissà cosa di lui riusciva a
tormentare così il mio subconscio …
In
quel preciso momento realizzai che un suo “parente”
mi stava attendendo e tutti i peli del mio corpo scattarono
sull’attenti.
Questo
evento era molto più che un’emergenza!
«BRUTTO
PEZZO D’IDIOTA!!! DOVEVI DIRMELO SUBITO!!! TI
RENDI CONTO DI COSA HAI FATTO!?!?!?! IN VECE DI TANTI GIRI DI PAROLE
PERCHE’
NON HAI DETTO SUBITO IL SUO NOME!!!!! CRETINO!!!!»,
«Non
te l'ho detto perché non me l'hai chiesto!»,
farfugliò in preda al panico Max.
Presi
un profondo respiro e cercai di darmi un
contegno.
«Carina
e pallida?»
chiesi
cercando di sembrare più calmo.
«Te
l'avevo detto, no?».
«RAZZA
DI INCAPACE!!! TU NON HAI NEMMENO IDEA DEL
GUAIO IN CUI MI HAI CACCIATO!!! È UNA CULLEN CAPITO?!?!?!
UNA CULLEN!!!!!».
«Ma
il giovedì incontri solo i clienti del centro...».
«È
UNA CULLEN!!!!! IDIOTA!!! FALLA VENIRE SUBITO DA
ME!! SPIEGALE LA
STRADA E CHE NESSUNO CI
DISTURBI!! CI SIAMO INTESI!?!?!? METTITI DI GUARDIA ALLA PORTA E NON
MUOVERTI
DI Lì!!».
«Va
bene, va bene! Mi ci metto subito». Farfugliò
e chiusi la chiamata.
«April!,
», strillai perentorio nell’interfono. «
Fra
poco deve arrivare una certa signora Cullen. La faccia entrare subito
da me. Ha
capito? Non importa se m'interrompe.», Gridai nervoso.
«È
proprio qui»,
rispose.
«Come?
La faccia entrare! Cosa sta aspettando?»,
«Subito,
signor Scott!».
«Prego»,
dissi, facendola accomodare.
Dio
mio!
Era
da levare il fiato.
Come
faceva una donna simile ad aver sposato il signor
Jasper …
«Si
chiuda la porta alle spalle», le ordinai, e con le
gambe che mi tremavano dal terrore, mi alzai dalla poltrona e le porsi
la mano.
«Signora Cullen. È davvero un piacere».
«Signor
Jenks. O preferisce che la chiami Scott?». Mi
salutò cordialmente lei … stessa temperatura
corporea … stesso pallore … ma
molto più affabile. Almeno al primo impatto.
«Come
desidera, naturalmente».
«Che
ne dice se lei mi chiama Bella ed io, la chiamo
J.?».
«Come
vecchi amici», “Ovviamente”
e cercando di
tamponare la sudarella che questi incontri sempre mi causavano le feci
cenno di
accomodarsi ed io feci altrettanto.«Devo proprio
chiederglielo: sto facendo
conoscenza, finalmente, con l'adorabile moglie del signor
Jasper?».
«Con
la cognata, a dire il vero». Rispose dopo un
attimo di esitazione.
“La
cognata … cosa diavolo sta succedendo … non
è mai capitato che altri
membri della famiglia richiedano i miei servizi personalmente
… di solito passa
tutti tramite il Sig. Jasper … a meno che
…” «Il
signor Jasper
sta bene, immagino?» chiesi, cauto.
«Gode
di ottima salute. Al momento si è preso una
lunga vacanza».
“Si
… certo … una vacanza …”
«Per
l'appunto. Avrebbe dovuto venire nel mio ufficio principale. Le
segretarie
l'avrebbero condotta direttamente da me, facendole evitare canali meno
ospitali».
La
donna annuì.
«Be',
comunque, ora è qui. Cosa posso fare per lei?».
«Documenti»,
disse telegrafica.
«Ma
certo», risposi all’istante. «Parliamo di
certificati di nascita, di morte, patenti, passaporti, tessere
sanitarie...?».
«Due
certificati di nascita, due passaporti, una
patente», disse prontamente ma con un fil di voce, una nota
di nervosismo la
tradì … cosa c’era dietro.
«A
nome di chi?».
«Jacob...
Wolfe. E... Vanessa Wolfe». Mormorò come se
non fosse pronta per dare quella risposta.«E i secondi
nomi?». Chiesi
ostentando indifferenza, mentre prendevo nota.
«Si
inventi lei qualcosa di generico.»
«Come
preferisce. Le età?»
«L'uomo
ha ventisette anni, la bambina cinque.»
“Mai
fatti documenti per un bambino …”
«Se preferisce
dei documenti completi, mi servono le foto», chiesi
titubante. «Di solito il
signor Jasper li finiva personalmente».
«Aspetti
un attimo», rispose frugando nel portafoglio
e porgendomi poi una foto. «Ecco».
Un
ragazzo di chiare origini native americane e una
bambina … cosa avevano a che fare con questa famiglia?
«Sua
figlia le somiglia molto». Chiesi per sondare il
terreno
«Somiglia
di più a suo padre». Rispose in fretta e
furia.
“Bene
… almeno è sua figlia …” «Che
non è
quest'uomo». Mormorai sfiorando l’immagine del
pellerossa.
L’espressione
della donna cambiò, e qualcosa dentro di
me mi suggerì di non indagare oltre. «No.
È un carissimo amico di famiglia».
Rispose con una strana inflessione della voce.
«Scusi»,
borbottai e continuai a prendere appunti.
«Quando le servono i documenti?».
«Ce
la fa in una settimana?».
“Devono
essere veramente nei guai.”
«È un ordine
urgente. Costerà il doppio... anzi no, scusi. Mi sono
dimenticato che stavo
parlando con lei». Mi corressi immediatamente pensando al
Sig. Jasper
«Mi
dica la cifra».
Più
che lampante che non fosse pratica di certe
trattative, e senza pormi ulteriori problemi scrissi la cifra su un
bloc notes.
Annuì
senza battere ciglio. «Ecco». Disse
snocciolandomi sulla scrivania una dietro l’altra piccole
mazzette da
cinquemila dollari.
«Ah,
Bella, non occorre che mi dia subito tutta la
somma. Di solito il cliente ne conserva la metà per
garantirsi la consegna».
Era più che evidente che il sig. Jasper non aveva avuto modo
di istruirla a
dovere su come si svolgevano certi tipi di trattative …
questa donna doveva
essere veramente disperata.
«Ma
io mi fido di lei, J. E poi, le darò un bonus: la
stessa cifra appena ricevo i documenti». Rispose sorridendo
dolcemente e
qualcosa in lei mi rattristò.
«Le
assicuro che non è necessario».
«Non
si preoccupi». disse. «Ci vediamo qui la
settimana prossima alla stessa ora?».
«A
dire il vero, preferisco svolgere certe transazioni
in luoghi che non abbiano a che fare con il mio impiego
abituale». “Ed è
sempre meglio assicurarsi qualche testimone prima di sparire nel
nulla.”
«Capisco.
So già che non mi sto comportando come lei
si aspettava».
«Sono
abituato a non avere aspettative quando si
tratta della famiglia Cullen». Il Signor Jasper era una
persona alquanto
imprevedibile «Vediamoci alle otto fra una settimana al
Pacifico, va bene? Si
trova sul lago Union e si mangia divinamente». Non so
perché ma questa donna in
certi momenti riusciva a turbarmi più di suo cognato.
«Perfetto».
Esclamò alzandosi e porgendomi nuovamente
la mano. «Avrà grossi problemi a rispettare la
scadenza?» chiese tradendo una
certa ansia.
«Come?».
Chiesi preso alla sprovvista da
quell’insolita domanda. «La scadenza? Oh, no. Non
si preoccupi. Le farò avere i
documenti in tempo, di sicuro».
«Ci
vediamo fra una settimana, allora». E chiudendosi
dietro la porta sparì.
Come
sollevato da un peso, mi accasciai sulla
poltrona.
«Speriamo
solo che non siano invischiati in un
traffico di minori …» borbottai tra me e senza
perdere tempo mi misi al lavoro.
Edward
Quel
pomeriggio sembrò infinito … Jacob mi aveva
mandato un messaggio, Isabella non si era fermata con loro da Charlie,
ma non
ne ero per niente stupito, già immaginavo sarebbe andata
così.
Aveva
alcune commissioni da fare, aveva detto.
Di
più non era riuscito a sapere.
Ormai
erano quasi le nove di sera … e oltre
all’agitazione che quest’ assurdo comportamento mi
stava dando, avevo dovuto
anche far buon viso a cattivo gioco alla marcatura a uomo che Tania mi
aveva
fatto tutto il pomeriggio. Apertamente non osava dire niente ma i suoi
pensieri
tradivano ancora risentimento nei confronti di Bella, e sapeva
benissimo che
non erano un mistero per me. Senza contare i voli pindarici che per
tutto il
giorno avevano fatto i miei di pensieri … ero arrivato
persino a pensare che si
stesse mettendo in contatto da sola con i Volturi per immolarsi
spontaneamente
in nome di tutti … il suo spirito da crocerossina ne sarebbe
stato
perfettamente capace. Era preoccupata di non riuscire a gestire il suo
scudo,
era ossessionata dal pensiero di non essere in grado di proteggerci
tutti, che
il suo potere avesse delle falle, per il solo motivo che Renesmee
riusciva a
escluderlo.
Onor
del vero anch’io avevo riflettuto a lungo su
questa curiosa circostanza, con Bella avevo cercato di mantenere la
calma per
non gravarla di nuove preoccupazioni e angosce, ma non ero convinto al
cento
per cento della giustificazione che le avevo dato. Secondo la teoria di
Carlisle sembrava che il dono di mia figlia facesse esattamente
l'opposto di
ciò che ero in grado di fare io, dopo un’attenta
riflessione ero propenso a
credere che facesse lo stesso con il dono di Bella ovvero riusciva a
entrare
nella mente di tutti, al contrario di sua madre che bloccava tutti
all’esterno,
era pertanto impossibile che qualcuno bloccasse il flusso dei suoi
pensieri una
volta che aveva deciso di mostrarli … se così
fosse stato sarebbe bastato che
Aro ci concedesse il beneficio del dubbio per lasciarla spiegare e
forse … ma
non era comunque detto che accettasse la nostra versione dei fatti
… c’erano
troppi SE in quel
ragionamento … era meglio non
covare inutili speranze … e per mettere un freno a tutto
quell’inutile
rimuginare cercai una valvola di sfogo nel pianoforte … era
da quando Alice se
n’era andata che non mi ero più avvicinato ai suoi
tasti d’avorio … tutto
quello che ne uscì fu solo l’espressione della mia
struggente malinconia, la
melodia esprimeva solitudine, abbandono, queste erano le uniche
sensazioni che
riuscivo a trasmettere, fino a quando dal fondo del viale riconobbi il
motore
della Volvo.
Fu
come rivedere la luce dopo secoli di tenebra.
In
un attimo fu davanti a casa, in quello stesso
istante le mie mani decisero spontaneamente di darle il benvenuto e
tutta la
tristezza che fino a quel momento avevano suonato
si trasformò in quell’istante nel dolce suono
della ninna nanna che avevo
composto per lei
più di un anno prima … Mi era
mancata … volevo che lo sentisse …
«Bentornata
a casa», la salutai, senza smettere di
suonare, appena apparve sulla soglia di casa «Ti sei
divertita oggi con
Charlie?» chiesi mantenendomi fedele al mio copione.
«Sì.
Scusa se sono stata via così tanto. Sono uscita a
comprare un po' di regali di Natale per Renesmee. So che non
festeggeremo in
grande stile, però...». Rispose stringendosi nelle
spalle.
“… Natale
…”
pensai smettendo di suonare. “Non lo festeggeremo
nemmeno quest’anno …” Per un
motivo o per un altro non eravamo mai riusciti
a festeggiarlo insieme … Quest’anno,
però c’era Renesmee … lei meritava di
avere dei ricordi … potevano essere gli unici che avrebbe
mai avuto «Non ci
avevo pensato granché. Se vuoi proprio festeggiarlo in
grande stile...» le
dissi attirandola a me, incurante del pubblico che avevamo nel salone.
«No»,
m’interruppe con una certa veemenza .
«Semplicemente,
non volevo lasciarlo passare senza farle un regalino».
“… Potrebbe
essere l’unico regalo di Natale che riceverà dai
suoi genitori …”
«Posso vedere?».
«Se
vuoi. È una sciocchezza». Disse frugando nella
borsa «L'ho visto nella vetrina di un antiquario passandoci
davanti in
macchina». E fece scivolare nella mia mano un piccolo
medaglione d'oro.
Era
rotondo, con incisa una bordura sottile di piante
rampicanti. Lo aprii e vidi su un lato lo spazio per una piccola foto e
sull’altro un’incisione: “Plus
che ma propre vie”.
Non
avrebbe potuto essere più appropriata.
«Sai
cosa vuol dire?», le chiesi.
«Il
negoziante mi ha detto che significa qualcosa del
tipo: "Più della mia stessa vita".
È così?».
«Sì,
è vero». Risposi cercando di studiare ogni sua
minima espressione lei finse di guardare la televisione.
“Ti prego non mi
ignorare … non chiudermi l’accesso ai tuoi occhi
…”
«Spero
che le piaccia», mormorò.
«Certo
che le piacerà», risposi cercando di mantenere
naturalezza.
«Portiamola
a casa», suggerii, alzandomi e
circondandole le spalle con un braccio.
Ma
lei esitò.
“Ti
prego amore … ho bisogno di te …”
«Che c'è?»
chiesi.
«Volevo
allenarmi un po' con Emmett...». Farfugliò e
sul suo viso un’espressione colpevole. «Fantastico.
Il bosco ha bisogno di una
spuntatina». Esclamo mio fratello già in
fibrillazione.
Li
fulminai con lo sguardo, prima lui, che ancora non
capiva quando diventava inopportuno, poi lei, che non si rendeva conto
di
quanto mi fosse mancata e di quanto avevo bisogno di lei
«Avete tutto il tempo
di farlo domani» replicai acido.
«Non
essere ridicolo», si lamentò. «Lo sai
benissimo
che non esiste più il concetto di "tutto il tempo". Non
esiste più.
Ho molte cose da imparare e...».
«Domani».
La interruppi perentorio.
E
nessuno dei due insistette oltre.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 27 *** CAPITOLO 27 ***
Siamo
in dirittura di arrivo … manca poco,
pochissimo!!! Due massimo tre capitoli non di più!!!! CE LA
POSSO FARE!!!!
Grazie
infinite a tutti coloro che ancora seguono, a
chi legge senza commentare, a chi mi ha inserita nei preferiti.
Buona
lettura.
Cap.27
Edward
Il
giorno di Natale arrivò silenzioso e misurato,
quasi temesse di disturbarci, era il primo che passavamo insieme, e
forse anche
l’ultimo. Lo passammo da Charlie con Jacob, il suo branco,
Sam e Emily e
ovviamente Sue. Mi faceva piacere che il padre di Bella avesse trovato
una
nuova compagna, era un brav’uomo, amava sua figlia
più di ogni altra cosa e
avere al suo fianco una compagna come Sue gli sarebbe stato molto utile
nei
momenti a venire. La giornata passò piacevolmente, anche se
il tarlo che ci
stava consumando dentro non ci abbandonava mai, Bella alternava momenti
di
allegria ad altri in cui si estraniava completamente da ciò
che le ruotava
intorno … ultimamente estraniarsi le capitava spesso.
Quella
mattina quando Renesmee aprì i regali che le
avevamo preparato avevo come la sensazione che volesse piangere. Non so
fino a
che punto, ma aveva capito che il nostro tempo stava per scadere ...
Renesmee
indossò il medaglione di sua madre con orgoglio e lo stesso
fece per il lettore
MP3 che le avevo regalato io; conteneva tutti i miei brani musicali
preferiti,
e quelli che avevamo iniziato a suonare insieme mentre le davo le prime
lezioni
di pianoforte … qualcosa che le ricordasse suo padre
… qualcosa che se un
giorno si fosse sentita sola l’avrebbe consolata …
Noi probabilmente non
avevamo speranza ma lei forse sì. Con Jacob eravamo
d’accordo che se si fosse
arrivati allo scontro lui doveva scappare con la bambina; dove non so,
ma
doveva approfittare della momentanea distrazione del nostro nemico per
nascondersi. Noi avremmo
cercato di resistere
quanto più possibile.
Mi
costava ammetterlo ma era l’unico di cui potevo
fidarmi, sapevo che avrebbe sacrificato la vita per lei, esattamente
come noi;
ma nonostante tutto quando gli vidi legare al polso di mia figlia un
braccialetto intrecciato della tribù Quileute, mi
ribollì il sangue. Era
l’equivalente di un anello di fidanzamento; tutto sommato mi
sembrò prematuro.
Nonostante
l’aria di festa ci avesse temporaneamente
alleggerito l’animo, avvertivo un’urgenza tremenda
di tornare a casa … come se
qualcosa stesse andando storto. Non volevo fare pressioni su Bella
privandola
degli ultimi momenti con suo padre, ma sentivo che qualcosa non andava
e Jacob
la pensava esattamente come me.
Quando
finalmente riuscimmo a salire in macchina,
tirammo un sospiro di sollievo che però mi si
strozzò in gola quando,non appena
fummo nei pressi della casa, percepii cos’era successo.
Anche
Bella aveva sicuramente sentito Carlisle e Amun discutere,
quindi era inutile tergiversare,
«Alistair è
sparito», mormorai precipitandomi in casa.
La
scena non era delle migliori: Amun sibilava rivolto
a Carlisle e Benjamin, mentre Esme, Kebi e Tia si mantenevano, in
silenzio,
vicine ai tre vampiri al centro della stanza, il resto dei nostri
ospiti si
addossava alla parete fungendo da spettatore.
Trascinando
Bella e Renesmee con me, in un istante fui
da Esme.
“Gli
animi si sono scaldati un po’ troppo tesoro, ho paura per
Carlisle …”
pensò appena fui al suo fianco, non potevo risponderle, ero
concentrato
sul nostro “amico Egiziano” ma le strinsi la mano
per cerare di darle conforto.
Non ero preoccupato per Carlisle, sapeva il fatto suo e non sarebbe mai
arrivato alla violenza nemmeno se provocato. Amun dal canto suo era una
testa
calda. Cominciavo a credere che si fossero uniti a noi solo per
volontà di
Benjamin.
La
fuga di Alistair aveva riacceso la miccia della
discussione, ci stava accusando di “Derubarlo”
dell’unico membro dotato del suo
clan.
Lo
stesso Benjamin cercava di convincerlo che stava
prendendo un abbaglio.
«Sì,
Carlisle ha litigato con i Volturi e ha messo in
pericolo tutta la sua famiglia solo per attirarmi fin qui e
uccidermi», disse
sarcastico «Cerca di essere ragionevole, Amun. Mi sto solo
impegnando a fare la
cosa giusta, non sto entrando in un altro clan. Ma tu puoi fare quel
che vuoi,
naturalmente, come ti ha appena detto Carlisle».
«Non
andrà a finire bene», ruggì Amun.
«Alistair era
l'unico che avesse un minimo di buonsenso qui. Dovremmo fuggire tutti
quanti.
Ci massacreranno tutti!».
«Non
ci sarà nessuno scontro», disse Carlisle con voce
ferma.
«Questo
lo dici tu!».
«Ma,
anche in quel caso, puoi sempre cambiare parte,
Amun. Sono sicuro che i Volturi gradiranno moltissimo il tuo
aiuto».
«Forse
è questa la risposta giusta», lo
schernì Amun.
Dominare
l’istinto di spaccargli la faccia richiese
uno sforzo enorme.
Carlisle
pacato e sincero come sempre non gli diede
soddisfazione. «Non te ne farei una colpa, Amun. Siamo amici
da tanto tempo, ma
non ti chiederei mai di morire per me».
Vedendo
come sempre che non riusciva a scatenare in
lui un qualsiasi tipo di reazione negativa, lentamente
abbassò i toni.
La
sua paura non era lo scontro in sé ma il fatto che
Aro venisse a conoscenza dell’esistenza di Benjamin e del suo
dono; che in un
certo qual modo considerava come la sua unica arma di difesa nei loro
confronti.
«Testimonierò
che la bambina è cresciuta. È la pura
verità. Chiunque può confermarlo»
esclamo esasperato guardando Bella e la
bambina.
«Non
abbiamo mai chiesto altro».
Amun
storse la bocca: «Però rischiate di ottenere
anche altro». Si girò verso Benjamin.
«Io ti ho dato la vita e tu la stai
sprecando».
«Peccato
che tu non sia riuscito a sostituire la mia
volontà con la tua nel farlo: forse in quel caso saresti
stato contento di me»,
rispose.
«Non
se ne va», dissi piano a Bella che lo guadava
uscire a grandi passi seguito dalla sua compagna,
«però ora terrà ancor più le
distanze. Non stava bluffando quando ha parlato di passare dalla parte
dei
Volturi».
«Perché
Alistair se n'è andato?», mi sussurrò.
«Nessuno
lo sa con certezza: non ha lasciato messaggi.
A giudicare da quello che borbottava di solito, è chiaro che
secondo lui lo
scontro è inevitabile. Nonostante il suo comportamento, in
realtà tiene troppo
a Carlisle per schierarsi con i Volturi. Immagino abbia deciso che il
pericolo
è troppo grande», dissi stringendomi nelle spalle.
«Dal
suono dei suoi mugugni, c'era qualcosa di più.
Non abbiamo parlato molto delle intenzioni dei Volturi, ma Alistair
temeva che,
per quanto possiate dimostrare in modo decisivo la vostra innocenza,
non vi
ascolteranno. È convinto che cercheranno una scusa per
realizzare qui i loro
progetti». Disse Eleazar, un brusio si levò nella
sala, sembravano sorpresi e
si scambiavano occhiate inquiete, io personalmente non lo ero. Era
tipica dei
Volturi una simile mossa, non mi sarei aspettato niente di meno. Ma nel
comune
pensiero loro erano quelli che facevano rispettare la legge e MAI
l’avrebbero
usata e aggirata per loro beneficio personale.
Solo
i rumeni restavano composti, con i loro sorrisini
ironici.
Evidentemente
li conoscevano meglio degli altri.
«Spero tantissimo che Alistair abbia ragione»,
mormorò Stefan a Vladimir. Con
il solo intento di farsi ascoltare da tutti «Comunque vada a
finire, si
spargerà la voce. È ora che il nostro mondo veda
i Volturi per ciò che sono
diventati. Non cadranno mai se tutti credono a
quell'assurdità secondo cui
proteggono il nostro stile di vita».
«Almeno,
quando comandavamo noi, siamo stati onesti su
quello che eravamo», rispose Vladimir.
«Non
ci siamo mai dati una patina di correttezza e non
ci siamo mai definiti dei santi». Annuì il primo
«Credo
sia giunta l'ora di combattere», disse
Vladimir. «Non pensi che non troveremo mai una forza migliore
con cui allearci?
Un'altra occasione così buona?».
«Niente
è impossibile. Forse un giorno...».
«Sono
ben millecinquecento anni che aspettiamo,
Stefan. E in tutto questo tempo loro non hanno fatto altro che
rafforzarsi Se i
Volturi vincono questa contesa, ne usciranno ancora più
potenti di prima. Ogni
conquista aumenta la loro forza. Pensa a cosa potrebbero semplicemente
ricavare
da quella neonata», disse fissando intensamente Bella che a
sua volta lo
osservava da un po’. Rabbrividii al solo pensiero
… non avevo tenuto conto che
quando avessero scoperto il dono di Bella, anche lei sarebbe rientrata
a pieno
titolo, insieme con Alice, nell’elenco delle nuove
acquisizioni.
Ovviamente
l'analisi che avevano fatto, volutamente ad
alta voce, catturò l’attenzione generale, fecero
un dettaglio di chi e quale
dono fosse per i nostri nemici più appetibile, e a Bella si
affiancò anche
Benjamin, proprio come temeva Amun, il resto era interessante ma
superfluo … e
come purtroppo temevo anche loro, giunsero all’inevitabile
conclusione che ci
saremmo scontrati … Forse Alistair non aveva visto tanto
male … e a loro non
pareva il vero, infondo si erano uniti a noi solo per quello:
vendicarsi di
quando i Volturi, secoli addietro, li avevano spodestati.
Mentre
loro fingevano di ragionare tra sé il brusio
era diminuito sempre più fino ad annullarsi completamente
per non perdere
neanche una sillaba dei loro ragionamenti. Non trascorse un secondo
dalla fine
del loro ragionamento che la maggioranza dei nostri amici
sentì il bisogno di prendere
la propria posizione; a nessuno piaceva l’idea di essere
acquisito e arruolato
nella guardia; sebbene mio padre aborrisse anche solo l’idea
dello scontro
fisico, nessuno di loro si sarebbe tirato indietro, si sarebbero
battuti per
noi e per loro, per la loro libertà. Qualunque fosse stato
il motivo che li
spingeva a farlo, non ci avrebbero abbandonati.
Alice
Mancava
poco, veramente poco.
Stavamo
tornando e mai come in quel momento mi ero
sentita vittoriosa e piena di fiducia.
Dopo
aver lasciato Forks tuffandoci nell’oceano,
nuotammo fino alle coste del Messico, da lì proseguimmo per
il Brasile su terra
ferma. Non prendemmo mezzi di alcun tipo, il rischio di essere in
qualche modo
rintracciati, non solo dalla nostra famiglia, ma anche dai Volturi era
troppo
alto e la posta in gioco troppo preziosa.
Una
volta raggiunta Isola Esme, spiegai a Jasper il
mio piano, si era fidato ciecamente di me ed era il momento di dargli
qualche
informazione in più, anche perché con molta
probabilità il suo potere sarebbe
stato importantissimo durante il colloquio con Kaure.
Aveva
sempre sospettato di noi
Edward
ci aveva raccontato che la donna che si
occupava della casa sull’isola aveva capito subito che Bella
era in cinta e in
quel momento stesso aveva sentenziato la sua morte.
In
effetti più o meno era andata così …
Questo
suo comportamento ci lasciava però intuire che
non fosse per lei un fatto così insolito, certo non
all’ordine del giorno ma
che comunque ne avesse già sentito parlare. Ed era proprio
quello di cui avevamo
bisogno: un punto di partenza per le nostre ricerche … non
sapevo esattamente
cosa cercare ma qualcosa mi diceva che qualunque cosa scoprissimo su
l’eventuale esistenza di altri mezzosangue ci sarebbe stata
utile.
E
così fu.
Dopo
che Jasper l’ebbe calmata e tranquillizzata, ci
raccontò le leggende del suo popolo una in particolare ci
sembrò degna di
considerazione e seguendo le sue indicazioni tornammo sul continente
per far
rotta verso la foresta amazzonica.
Lì
incontrammo Zafrina e le sue sorelle, le chiedemmo
di raggiungere, insieme con Senna, il resto della nostra famiglia
mentre
Kaikiri sarebbe rimasta con noi aiutandoci con le nostre ricerche.
Cercare
un uomo nella foresta amazzonica era difficile
come trovare un ago in un pagliaio e lei, per noi poteva fare la
differenza.
Ci
vollero diversi giorni per trovare il nostro uomo,
e altrettanti per convincerlo a venire con noi, non aveva mai lasciato
la
foresta amazzonica, era piuttosto restio nei confronti del mondo
esterno ma la
curiosità di conoscere qualcun altro come lui ebbe la meglio
e alla fine
accettò, ormai mancava veramente pochissimo, tornare in
aereo sarebbe stata la
cosa migliore ma lui non ne volle sapere.
Correre
fu quanto di meglio si potesse fare.
Eravamo
al confine tra il Messico e gli stati uniti
quando l’immagine di Bella che scriveva su un foglio mi
oscurò il cammino.
«Cosa
succede?» mi chiese Jasper con terrore,
arrestando la corsa «è troppo tardi? Sono
già arrivati?»
I
nostri compagni di viaggio ci guardarono straniti.
«Niente,
cioè non so … non capisco …»
«Cosa
hai visto?»
«Ho
visto Bella, stava scrivendo su un foglio
“BRASILE”, per metterlo poi in uno dei miei
zainetti.»
«Cosa
può voler dire?»
«Non
ne ho idea … penso sia un messaggio per noi … ma
di che tipo?»
«Dobbiamo
andare in Brasile? Stanno scappando e
pensano di andare in Brasile?»
«Non
so che dirti, non ho visto propositi di viaggio …
è strano … la visione originaria che avevo della
radura non è cambiata, noi
proseguiamo per la nostra strada. Poi vedremo quello che
sarà.»
Non
ero tranquilla ma non potevo permettermi errori
grossolani, c’era troppo in ballo; e in silenzio con il cuore
pesante
riprendemmo la corsa verso casa.
Renesmee
Erano
tutti molto preoccupati.
Io
avevo fatto del mio meglio, ma forse non era stato
abbastanza. Gli amici del nonno erano rimasti per aiutarci dopo che
avevo
raccontato loro la mia storia, ma erano tutti molto tristi …
alcuni anche
arrabbiati…
Papà
era molto triste.
Specialmente
quando mamma usciva da sola.
«Esci?»
le aveva chiesto qualche giorno fa.
«Sì,
un paio di commissioni dell'ultimo momento...»,
gli aveva risposto mamma.
«Torna
presto da me». le disse sorridendole, ma non
era il suo solito sorriso … quello che piaceva tanto a
mamma, io ero stretta nel
suo abbraccio quando mamma ci salutò e lo sentii stringermi
più forte.
Il
mio papà aveva paura di restare solo … pensava
che
la mamma lo stesse lasciando … mamma non ci avrebbe mai
lasciati e nemmeno io
mi sarei allontanata da loro … mai … nemmeno dal
mio Jacob … ma papà sembrava
molto preoccupato.
Appena
mamma chiuse la porta d’ingresso dietro di sé,
mi girai verso di lui e lo riempii di baci.
Non
mi piaceva vedere papà triste.
Non
sembrava nemmeno il mio papà.
Quel
mezzo pomeriggio fu lunghissimo, papà era sempre
più triste e preoccupato, ogni tanto gli si avvicinava Tania
… di tutti gli
amici del nonno lei era quella che mi stava meno simpatica …
era sempre vicina
a papà quando mamma non c’era o si allenava con
Zafrina; il mio papà era sempre
gentile con lei ma quando poi si allontanava, diventava nervoso
… forse non
stava simpatica nemmeno a lui.
Jacob
era passato a salutarmi, aveva borbottato
qualcosa con papà ma poi era uscito di corsa …
Perché
erano tutti così nervosi?
Papà
mi lesse un paio di libri di poesie e nell’attesa
del ritorno di mamma suonammo a lungo il pianoforte insieme.
Mi
piaceva suonare insieme al mio papà, ma volevo che
mamma tornasse e stesse con noi …
Non
ricordo molto altro di quella giornata … credo di
essermi addormentata mentre suonavo con papà.
Perché mi sono svegliata nella
mia cameretta con lui accanto che vegliava su di me.
Ma
dov’era la mamma?
«Sta
tornando, tesoro mio» mi sussurrò carezzandomi la
testa «dormi tranquilla, al tuo risveglio sarà qui
con te». E baciandomi sulla
fronte mi rimboccò le coperte e si sdraiò sul
letto con me.
Il
giorno dopo mamma era lì, proprio come aveva
promesso papà.
Anche
se (però) era tornata,
papà non sorrideva … forse la mamma lo
aveva fatto arrabbiare? Forse ero stata io? E per due giorni
uscì con il nonno
… solo loro due …
In
casa c’era tanto silenzio, un silenzio strano.
Eravamo
tutti in attesa.
Due
giorni dopo mamma e papà si caricarono in spalla
gli zaini e mi portarono con loro in montagna … da come ne
parlavano tutti, stavano
arrivano i VOLTURI … che cos’erano i
VOLTURI? Io credevo che dovessero arrivare altri vampiri …
anche Jacob venne
con noi. Ci accampammo vicino a un prato enorme.
Montarono
una tenda all’inizio del bosco e, tutti e quattro
insieme, passammo la notte lì … Quella notte
Nevicò.
La
zia Alice l’aveva detto di aspettare la neve … la
mamma l’aveva ripetuto più volte … Era
presto quando la sentii uscire con papà
dalla tenda, io però stavo troppo bene al caldo vicino il
mio Jacob e preferii
continuare a sonnecchiare un altro po’ … non
eravamo più soli però, sentivo i
passi, di tante persone … gli amici del nonno ci avevano
raggiunto … e dal
fruscio intorno a noi c’era anche qualcos’altro che
si muoveva nella foresta …
poco dopo Jacob si alzò e uscì dalla tenda
… era arrivato anche il branco...
quando aprì la tenda, potei scorgere quell’immensa
distesa bianca … correre la
sopra sarebbe stato bellissimo … ma mamma rientrò
subito dopo … non avevo mai
visto quell’espressione sul suo viso … tutta
quella tristezza non era da lei …
e per non farla preoccupare di più restai buona nella tenda
…
In
silenzio mi aiuto a vestirmi …
L’unico
rumore erano i suoi baci.
Sembrava
che ognuno di loro portasse con sé una
lacrima … ma la mamma non piangeva mai … e non
piansi nemmeno io …
Mi
mise il giubbotto e uno zainetto … era della zia
Alice … mi mancava la zia Alice …
«Ti
voglio bene», sussurrò poi
all’improvviso. «Più di
ogni altra cosa».
«Anch'io
ti voglio tanto bene, mamma», risposi “ma
non voglio vederti così …”
«Staremo sempre insieme». Le assicurai
stringendo il ciondolo che mi aveva regalato per Natale e dove
papà aveva messo
una foto di noi tre insieme.
«Nel
nostro cuore staremo sempre insieme», mi rispose.
«Ma oggi, quando verrà il momento, mi devi
lasciare».
“Perché?!?!?
Io ho fatto tutto come avete detto … io sono stata buona
…
perché!?!?! Gli amici del nonno
non sono andati
via … perché mi volete lasciare … IO
NON VOGLIO … NO!”
Pensai, e non riuscendo a dire una sola parola le toccai la guancia con
la
mano … “IO NON VOGLIO”
«Lo
farai per me? Per favore?». Chiese mamma con una
voce strana.
“Perché?”
insistetti.
«Non
te lo posso dire», sussurrò. «Ma presto
capirai.
Te lo prometto».
“e
Jacob? Resterà con me?”
«Non
ci pensare», annuì continuando a sussurrarmi
nell’orecchio «Non dire niente a Jacob
finché non ti dico di fuggire, va
bene?».
La
mamma non voleva far preoccupare anche lui, ed io
dissi di sì …
Perché
non potevo restare con mamma e papà …
perché
questi VOLTURI non volevano …
Mamma
mi guardò ancora per un lunghissimo secondo,
poi, scossa da un brivido, si frugò nella tasca e
tirò fuori una catena tutta
d’oro con pietre luccicanti attaccate sopra, e se la
legò al collo … non era un
regalo di papà … il mio papà non le
avrebbe mai fatto un regalo simile …
«Bello»,
sussurrai feci per avvicinarmi quando le mie
braccia si mossero da sole e come una calamita si attaccarono strette
al suo
collo … perché dovevo lasciare la mia mamma
… perché …
Anche
la mamma non era felice di lasciarmi … mi
stringeva forte … e allora perché …
Uscimmo
dalla tenda restando abbracciate,
fece alcuni passi e altre due braccia mi
circondarono … era papà, non disse niente
… ci strinse forte e con un sospiro
si staccò da noi
Erano
tutti là: i nonni, zia Rose e zio Emmett, tutti
i nostri amici, mamma si avvicinò a loro ed io mi spostai
sulle sue spalle …
Mamma si era allenata tanto i giorni prima … era molto brava
… ed io non dovevo
darle noia … Jacob sbucò dalla foresta insieme
agli altri lupi e si mise al
nostro fianco … con Jacob vicino ero più sicura
…
Papà,
davanti a noi allungò un braccio e mamma gli
strinse la mano … tutto il mondo sembrava essersi fermato in
quello stesso
istante, e nel silenzio più profondo restammo in attesa
…
|
Ritorna all'indice
Capitolo 28 *** CAPITOLO 28 ***
Sono
tornata!! Grazie a tutti coloro
che non hanno ancora perso le speranze di veder conclusa questa storia
…
Coraggio
manca solo un capitolo alla
fine!!
Buona
lettura
Cap.28
Edward
Una
linea nera
avanzava compatta all’orizzonte, come se le ultime propaggini
del bosco si
fossero staccate dallo stesso e stessero muovendosi
all’unisono verso di noi.
I
loro
pensieri li avevano preceduti di pochi istanti.
Osservandola
attentamente si poteva notare, dall’intensità del
colore dello schieramento, il
posizionamento gerarchico che le varie figure avevano assunto: Le ali
esterne
erano grigie e man mano che ci si avvicinava al centro della
formazione, il
colore si scuriva fino a diventare del nero più intenso.
La
loro
avanzata, lenta e decisa, esprimeva tutta la loro sicurezza e
prosopopea;
neanche la presenza dei lupi scalfì il loro passo.
Li
contai, e
non fui il solo. Eravamo in schiacciante inferiorità e non
avevo ancora
considerato il resto dei vampiri che si erano portati come testimoni.
Almeno
in loro
percepii del turbamento. Anche se dopo solo una rapida occhiata al
nostro
schieramento erano più che sicuri di avere la vittoria in
pugno.
Chissà
cosa
era stato “promesso” loro per convincerli a
presenziare … Il disprezzo, misto
al terrore, per la nostra presunta colpa di aver creato un bambino
immortale
era il pensiero più ricorrente in quelle menti esaltate e, a
giudicare dalle
loro menti erano pronti a dare battaglia.
“Irina
…” pensarono
all’unisono Tanya e Kate appena la figura della sorella
comparve nelle
retrovie, affiancata dalle mogli. Completamente trasfigurata in volto,
si
aggirava come un leone in gabbia guardando le sorelle, schierate e
pronte a
morire con noi senza riuscire a distogliere lo sguardo.
“Sorelle
care … scappate vi prego … morirete
…” riuscii a percepire nei suoi
pensieri e un ringhio di rabbia mi uscì dalla gola.
Quale
tremendo
prezzo avrebbe avuto la sua stupidità.
L’impulso
di
avventarmi contro di lei stava diventando incontenibile.
«Alistair aveva
ragione», mormorai a Carlisle. Che di rimando mi
fissò con aria interrogativa.
«Alistair
aveva ragione?», sussurrò Tanya.
«Loro
- Aro e
Caius - sono venuti per distruggerci e assimilarci», risposi
cercando di non
farmi sentire dai nostri alleati. I pensieri di Irina avevano dato
conferma di
tutte le congetture che avevamo fatto nei giorni precedenti.
«Hanno già
studiato buona parte delle strategie possibili. Si erano già
impegnati a
cercare un altro motivo per offendersi, se l'accusa di Irina si fosse
dimostrata in qualche modo falsa. Ma ora vedono Renesmee, quindi sono
ottimisti
sull'andamento della situazione. Potremmo comunque tentare di
difenderci dalle
altre accuse premeditate che ci rivolgeranno, ma devono prima fermarsi
e
ascoltare la verità su Renesmee». Conclusi a voce
ancora più bassa: «E non
hanno la minima intenzione di farlo».
Jacob
sbuffò e
in quell’istante altri sedici lupi si unirono alle nostre
file.
C’era
da
aspettarselo; l’aumento della presenza sul territorio del
numero di vampiri
aveva impennato le trasformazioni dei giovani Quileute.
In
quell’istante la processione si fermò.
Sentii
Bella
ringhiare dalla rabbia, lo stesso fecero altri alle mie spalle. La
capivo, ma
non era quello il momento di far esplodere la nostra ira e
automaticamente le
strinsi la mano per metterla in guardia.
Nulla
doveva
trapelare.
Ci
stavano
studiando-
Aro,
in mezzo
a Caius e Marcus, stringeva loro le mani, quel semplice contatto
permetteva lo
scambio di pensieri, non a caso i loro occhi erano gli unici che
tradivano
qualche lieve espressione di emozione; al contrario del resto della
guardia.
Aro
in
particolar modo era palesemente seccato che Alice non fosse presente
fra le
nostre schiere. Era impreparato a questa eventualità e
doveva rivedere i suoi
piani. Senza contare che alcuni dei nostri alleati non riscuotevano la
sua
simpatia. A questo punto tutte le congetture che avevo fatto con
Eleazar si
rivelavano corrette.
«Edward?»
sussurrò Carlisle avvertendo il mio respiro improvvisamente
accelerato. «Non
sanno bene come procedere. Stanno soppesando le possibilità,
scegliendo gli
obiettivi più importanti: me, naturalmente, te, Eleazar,
Tanya. Marcus decifra
la forza dei legami che ci uniscono, in cerca di punti deboli. La
presenza dei
rumeni li irrita. Sono preoccupati per i visi che non riconoscono,
Zafrina e
Senna in particolare e, naturalmente, i lupi. È la prima
volta che sono messi
in minoranza. È stato questo a fermarli».
«In
minoranza?», sussurrò Tanya incredula.
«Per
loro i
testimoni non contano», bisbigliai. «Sono
nullità, così come il corpo di
guardia. È solo che ad Aro piace avere pubblico».
«Devo
parlare?», chiese Carlisle.
«Non
credo
avrai altre occasioni». Risposi annuendo dopo un attimo di
esitazione; e con la
terribile sensazione di mandarlo al patibolo guardai mio padre avanzare
lentamente oltre la nostra linea di difesa.
“Non
l’ho
mai ringraziato …” fu il pensiero che mi
attraversò la mente in
quell’istante, e ne fui profondamente turbato.
In
quasi un
secolo di convivenza non avevo mai ringraziato quell’uomo per
la carità che mi
aveva mostrato il giorno in cui mia madre decise di affidarmi a lui. Mi
aveva
regalato una nuova vita … una vita straordinaria, e non
sarei mai stato in
grado di ricambiare così tanto amore.
«Aro,
amico
mio. Sono secoli che non ci vediamo». Lo salutò
allargando le braccia e alzando
i palmi verso l’alto.
Un
silenzio di
tomba calò sulla radura.
“Ho
sempre
saputo che potevi essere una potenziale minaccia … e non mi
ero sbagliato …”
Pensò Aro mentre mio padre avanzava verso di lui. La sua
ambiguità riusciva a
darmi i conati di vomito.
Aro
uscì dal
centro della formazione dei Volturi seguito dal suo scudo personale:
Renata. La
guardia si accucciò in posizione d’attacco, ma fu
messa a tacere con un solo
gesto della mano.
«Veniamo
in
pace». Incalzò mio padre.
«Parole
giuste, Carlisle», disse con quella voce viscida e densa di
sottintesi.
«Sembrano fuori posto, visto l'esercito che hai radunato per
uccidere me e i
miei cari».
«Basta
che mi
tocchi la mano per capire che non ho mai avuto
quell'intenzione». Rispose
Carlisle porgendogli la mano e i suoi pensieri. «Ma come
può avere qualche
importanza la tua intenzione, caro Carlisle, di fronte a ciò
che hai fatto?».
Rispose Aro ostentando una tristezza che mal si sposava con i suoi
pensieri.
Per lui eravamo colpevoli a prescindere … la bambina era un
pretesto … certo
gli era stato servito su un vassoio d’argento, ma avrebbe
trovato altre accuse
per poterci attaccare. Anche a costo di fabbricarle lui stesso; bastava
vedere
la reticenza con cui si apprestava a toccarlo per leggergli nei
pensieri, in
altri momenti non avrebbe esitato un secondo di più.
Poi
c’era
Caius, molto meno diplomatico di Aro, non si preoccupava nemmeno di
dare una
parvenza di correttezza a tutta questa terribile farsa.
«Quante regole inutili,
quante leggi superflue ti crei, Carlisle», sibilò.
«Com’è possibile che difendi
la violazione dell'unica legge che conti davvero?».
«La
legge non
è stata violata. Se solo mi ascoltassi... ».
«Vediamo
la
bambina, Carlisle», rispose con un ringhio. «Non
prenderci per stupidi».
«Lei
non è affatto
un'immortale. Non è una vampira. Te lo posso dimostrare
facilmente in pochi
attimi di... ».
«Se
non è una
dei proibiti, allora perché avete raggruppato un battaglione
per proteggerla?».
Gracchiò nuovamente Caius.
«Sono
testimoni, Caius, proprio come quelli che avete portato voi».
Disse pacato mio
padre accennando all'orda furiosa appostata al limitare del bosco.
«Uno
qualsiasi di questi amici ti può dire la verità
sulla bambina. Oppure puoi
guardarla con i tuoi occhi, Caius. Guarda la vampata di sangue umano
che ha
sulle guance».
«È
un
espediente! Dov'è l'informatrice? Portatela qui!».
!», gridò quest’ultimo
scrutando alle sue spalle alla ricerca di Irina. «Tu!
Vieni!».
Non
aspettò
nemmeno si muovesse che i membri della guardia l’avevano
già spinta dinanzi a
lui. Appena fu al suo cospetto, la schiaffeggiò in pieno
volto.
Umiliarla
era
il suo fine, insieme al tentativo di far compiere alle sorelle un passo
falso.
«È
quella la
bambina che hai visto?», chiese perentorio Caius indicando
Renesmee. «Quella che,
evidentemente, era più che umana?».
Irina
ci
guardò con attenzione, e il tarlo del dubbio
s’insinuò nella sua mente.
«Ebbene?», la sollecitò Caius con
acredine.
«Io...
non ne
sono sicura», farfugliò.
«Cosa
vuoi
dire?» sibilò rabbioso.
«Non
è uguale,
ma credo sia la stessa bambina. Cioè, è cambiata.
Questa bambina è più grande
di quella che ho visto, ma... ».
La
rabbia
cieca di Caius fu frenata solo dal viscido intervento di Aro, era
chiaro come
il sole che non volesse aiutarci, era anche inutile leggerli nei
pensieri. Solo
la sua smania di protagonismo gli imponeva un tale comportamento,
doveva
dimostrare magnanimità, doveva dare l’impressione
di aver provato a darci ogni
tipo di possibilità di redenzione.
«Dunque,
tesoruccio», mormorò mellifluo a Irina porgendole
la mano. «Mostrami quello che
stai provando a dirci».
Cinque
secondi
gli fornirono una spiegazione più che esauriente. Qualunque
cosa avesse visto
aveva già preso la sua posizione. Bastava vedere come teneva
d’occhio le
reazioni dei suoi testimoni.
«E
così, a
quanto pare, dovremo farci carico di un mistero. Si direbbe che la
bambina è
cresciuta. Eppure il primo ricordo di Irina era chiaramente quello di
un
bambino immortale. Curioso». Disse a Carlisle
«È
proprio
quello che sto cercando di spiegare», rispose mio padre,
vagamente rasserenato “Non
abbassare la guardia …” pensai mentre
lo vidi porgergli nuovamente la mano.
«Preferirei
avere una spiegazione da una persona più coinvolta nella
storia, amico mio. Mi
sbaglio a pensare che questa infrazione non è stata opera
tua?» Disse Aro dopo
un attimo di esitazione.
«Non
c'è stata
alcuna infrazione». Ci tenne a puntualizzare Carlisle.
«Sia
come sia,
io voglio conoscere ogni sfaccettatura della
verità». Gracchiò Aro, non
voleva lui, voleva me «E il modo migliore per ottenerla
è chiedere le prove al
tuo abile figliolo». “Quale curioso
artifizio ha dato vita a questa strana
creatura …”. «Dato che la
bambina sta aggrappata alla compagna neonata di
Edward, immagino proprio che lui sia coinvolto».
Un
brivido mi
percorse la schiena. Guardai la mia famiglia e la salutai, mi stavo per
avventurare
su un sentiero impervio e Dio solo sapeva come ne sarei uscito, se mai
ne fossi
uscito, Bella alzò il suo sguardo verso di me, ma non ebbi
il coraggio di
ricambiarlo. Il pensiero che vi leggesse i miei molteplici stati
d’animo che
stavano combattendo dentro di me mi spaventava. Avrebbe visto la rabbia
nel
dover condividere tutti i nostri momenti con Aro; non volevo che
vedesse la
paura, perché non volevo che capisse che non c’era
più speranza e non volevo
vedesse la vergogna che provavo per non averle sapute proteggere.
Diedi
a
entrambe un bacio veloce e mi avviai incontro al mio destino.
Aro
Spavaldo
e
sbruffone si fermò a pochi passi da me e mi porse la mano “Piccolo
stupido e
ingenuo ragazzino, cosa credi di ottenere con la tua
arroganza!”
Sapevo
del suo
potere ed ero perfettamente in grado di dominare i miei pensieri.
E
questo lo
sapeva anche lui.
Presi
la sua
mano, chiusi gli occhi e mi concentrai.
La
sua mente,
come un fiume in piena, mi travolse; pensieri, ricordi, sensazioni, sia
suoi
che di coloro che avevano interagito con lui.
Indubbiamente
era figlia loro … era folle solo il pensiero, ma non potevo
ignorare la verità
… ed era comunque una novità da non sottovalutare
… che risorsa incredibile
poteva essere … osservando la loro quotidianità
notai con sorpresa come tutto
il clan di Carlisle fosse rimasto legato alla loro prima vita, la loro
predilezione per il sangue animale li rendeva molto più
vicini al genere umano
… vedevo legami forti … molto forti …
c’era dell’altro però: discussioni,
strategie, intuizioni, sia suoi che dei loro testimoni … di
Alice nessuna
informazione … sparita nel nulla … inquietante ma
curiosa la strana alleanza
che avevano con i lupi … Interessante soprattutto il suo
confronto con Eleazar
e le loro conclusioni; dovevo ponderare bene le mie mosse.
Preso
dall’analisi di quel concentrato d’informazioni,
percepii appena Caius zittire
il corpo di guardia.
Alzai
lentamente la schiena, riaprii gli occhi ma non liberai ancora la sua
mano.
«Vedi?»,
disse
fin troppo calmo.
«Certo
che
vedo», concordai divertito dal suo stupido atteggiamento,
credeva veramente che
sarebbe finita così? «Mi chiedo se un'altra coppia
di divinità o di mortali
abbia mai visto con tanta chiarezza. Mi hai dato molti elementi su cui
riflettere, giovane amico», continuai. «Molti
più di quanti me ne aspettassi.
Posso conoscerla?», chiesi infine incuriosito da quella
strana creatura. «Per tutti
i secoli in cui ho vissuto, non ho mai nemmeno immaginato che potesse
esistere
una cosa del genere. Che splendida aggiunta ai nostri
annali!».
«Che
storia è
mai questa, Aro?», m’interruppe nuovamente Caius.
Prima
o poi,
in un modo o nell’altro gli avrei insegnato a dominare le sue
reazioni.
«Qualcosa
che
non ti sognavi nemmeno, mio pratico amico. Prenditi un attimo per
valutarla,
perché la giustizia che intendevamo ristabilire non
è mai stata infranta». Lo
stupido sibilò dalla rabbia. Possibile non capisse che in
alcuni casi, per
volgere la situazione a nostro vantaggio, dovevamo tergiversare,
analizzare
tutte le sfaccettature «Pace, fratello», lo misi in
guardia nella speranza che
dal mio tono capisse che non tutto era perduto … anzi.
«Mi
presenti
tua figlia?» insistetti nuovamente a Edward.
“Per
la
sicurezza di entrambi preferirei che l’incontro avvenisse in
zona neutrale, a
metà strada fra i nostri schieramenti … con una
scorta sarebbe meglio.”
«Credo
che sia
accettabile un compromesso su questo punto, viste le circostanze.
Incontriamoci
a metà strada».
Feci
cenno a
Renata di seguirmi, gli lasciai andare la mano e incamminandoci verso
di loro
lo seguii cingendogli la spalla, il contatto con la sua mente era la
mia
sicurezza.
Edward
Arrestò
il
corpo di guardia non appena mossero il primo passo.
“la
fiducia
che riponi in noi è commovente …” pensai
guardandolo dritto negli occhi.
«Forse
è
meglio che porti con te alcuni membri della guardia»,
suggerii. «Li farà
sentire più a loro agio».
Aro
annuì e
con disinvoltura schioccò due volte le dita richiamando
Felix e Demetri che
insieme con Renata, il suo scudo personale, e Caius iniziarono ad
avanzare
verso il nostro schieramento. Arrivati al centro della radura, ci
fermammo.
Presi
un profondo
respiro e pregai il Dio tanto caro a mio padre di assisterci.
Se
veramente
esisteva, non poteva scordarsi di noi.
«Bella»,
esclamai. «Porta Renesmee... e qualche amico».
Affiancata
da
Jacob e Emmett, ci venne incontro.
Non
avrebbe
potuto fare scelte migliori.
Quando
furono
a pochi metri da noi, mi liberai dall’insidioso abbraccio del
nostro aguzzino e
tornai nell’unico posto, dove dovevo stare: accanto alla mia
famiglia.
La
presenza di
Jacob non fu gradita, bastava vedere come le guardie del corpo di Aro
controllassero ogni suo respiro sebbene stessero parlando insieme a
Bella.
Ci
volle tutto
il mio autocontrollo per ignorare i tentativi di Felix e Demetri per
farci
compiere qualche passo falso; avremmo fatto solamente il loro gioco.
Battutine
stupide che in altri casi avrebbero potuto far perdere il controllo a
un
qualsiasi neonato, scivolarono addosso a Bella come se fossero acqua
fresca.
Loro non avevano idea del fenomeno di donna con cui avevano a che fare.
«Sento
battere il suo strano cuoricino», miagolò Aro
affascinato da quel nuovo
esemplare di vampiro ignorando lo scambio di battute in corso tra Bella
e
Felix. «Mi arriva il suo strano profumo». Poi
spostando lo sguardo su mia
moglie «In verità, giovane Bella,
l'immortalità ti dona in modo straordinario.
È come se fossi nata apposta per questa vita».
«Ti
è piaciuto
il mio regalo?», le chiese, guardando il ciondolo che aveva
al collo.
E
finalmente
capii perché si era messa quella mostruosità
addosso … «È bello ed è
stato
molto, molto generoso da parte tua. Grazie. Avrei dovuto mandare un
bigliettino
di ringraziamento».
«È
solo una
sciocchezzuola che avevo da parte. Ho pensato che avrebbe potuto fare
pendant
col tuo nuovo viso, e così è stato».
Sghignazzò lui per poi tornare
improvvisamente serio «Posso salutare tua figlia, adorabile
Bella?» chiese
impaziente.
Bella
avanzò.
Mi
mancò il
fiato.
«Ma
è
incantevole», mormorò stucchevole.
«Assomiglia così tanto a te e a Edward.
Ciao, Renesmee». Aggiunse alzando il tono della voce.
La
piccola
cercò gli occhi di sua madre per avere il permesso di
rivolgergli parola e lo
salutò.
«Ciao,
Aro»,
rispose formale con la sua vocina squillante.
Aro
la osservò
perplesso.
«Cos'è?»,
sibilò Caius alle sue spalle.
«Mezza
mortale, mezza immortale», annunciò Aro in modo
che tutti, guardia e testimoni,
potessero sentire. «Concepita nello stesso modo e partorita
da questa vampira
neonata quando era ancora umana».
«Impossibile»,
gracchiò Caius.
«Allora
pensi
che mi abbiano preso in giro, fratello? E il cuore che senti battere
è un
trucco, secondo te?». Ribatté Aro con un tono che,
sebbene suonasse divertito,
era tremendamente inquietante. Caius fece una smorfia e, con l'aria
mortificata, come se le domande gentili di Aro fossero state colpi in
piena
faccia, tornò al suo posto.
«Calma
e
pazienza, fratello», lo mise in guardia, senza distogliere lo
sguardo da mia
figlia. «So bene quanto tieni alla giustizia, ma non
c'è nessuna giustizia
nell'agire contro l'origine di questa piccolina unica al mondo. E poi
abbiamo
così tanto da imparare, così tanto! So che non
hai il mio stesso entusiasmo per
raccogliere storie, ma sii tollerante con me, fratello, mentre vi
aggiungo un
capitolo tanto improbabile che ne sono sbalordito. Siamo venuti con
l'unica
aspettativa di far rispettare la giustizia e di assistere alla triste
fine
della falsa amicizia, e guarda invece cosa abbiamo guadagnato! Una
nuova e
fulgida conoscenza di noi stessi e delle nostre
potenzialità».
Porse
la mano
a Renesmee ma lei, sicura del fatto suo, si tese verso l’alto
per posare le
dita sul suo volto. Coraggiosa, come sua madre.
«Fantastico»,
sussurrò pieno di soddisfazione, dopo aver assorbito ogni
dettaglio della sua
breve vita; e Renesmee tornò a rilassarsi tra le braccia di
sua madre.
I
pensieri di
mia figlia erano passati anche davanti ai miei occhi, e ne rimasi
profondamente
turbato.
Avrei
dovuto
essere abituato alla precocità di mia figlia eppure ogni
volta ne rimanevo
impressionato.
Avevamo
cercato di farle pesare il meno possibile la gravità del
momento, sapeva che eravamo
in pericolo ma non ci eravamo soffermati più di tanto su
certi dettagli, eppure
lei era perfettamente cosciente dei rischi che stavamo correndo ed era
arrivata
a chiedere ad Aro clemenza per la sua famiglia, per il branco e i
nostri amici,
gli aveva mostrato
tutto il possibile della
nostra vita e adesso si rimetteva a lui, prendersi tutta la
responsabilità di
questa situazione «Lo farai, per piacere?», gli
chiese.
«Ma
certo che
non ho la minima intenzione di fare del male ai tuoi cari, carissima
Renesmee».
Rispose con un sorriso talmente gentile che anche un cieco si sarebbe
accorto
della sua falsità.
“Sta
mentendo Edward!” gridò rabbiosa nella
mia mente Maggie, a conferma della
mia intuizione.
«Mi
chiedo
se... », disse cauto Aro, cambiando intenzionalmente
argomento “sarebbe una
grande dimostrazione di potere …”
«Non
funziona
così», ribattei acido senza il benché
minimo riguardo del mio tono di voce.
«Era solo un pensiero come un altro», rispose Aro,
continuando a studiare Jacob
e il resto del branco. «Non appartengono a noi, Aro. Non
eseguono i nostri
ordini in quel modo. Si trovano qui unicamente per volontà
loro».
Jacob,
sentendosi chiamato in causa, ruggì.
«Però
sembrano
piuttosto affezionati a te», insinuò subdolo,
«alla tua giovane compagna e alla
tua... famiglia. Sembrano fedeli».
Concluse calcando bene
l’accento sull’aggettivo scelto.
«La
loro
missione è proteggere vite umane, Aro. Questo ne facilita la
coesistenza con
noi, ma non con voi. A meno che non mettiate in discussione il vostro
stile di
vita».
«Era
solo un
pensiero come un altro», ripeté insolitamente
allegro. «Sai bene come vanno le
cose. Nessuno di noi è in grado di controllare del tutto i
desideri inconsci».
«So
bene come
funziona. Conosco anche la differenza fra quel tipo di pensiero e
quello che
nasconde un secondo fine. Non potrebbe mai funzionare, Aro».
Replicai cercando
di trattenere malamente la mia irritazione.
Cosa
diamine
stava cercando di fare?!?
Jacob
si girò verso
di me è guaì, era stato tirato in ballo e
ovviamente voleva delucidazioni in
merito.
«È
molto
affascinato dall'idea dei... cani da guardia», mormorai.
Il
disappunto
del branco non lasciò adito ad interpretazioni.
Solo
l’intervento di Sam li rabbonì.
«Immagino
che
ciò risponda alla mia domanda»,
sghignazzò nuovamente Aro. «Questo gruppo ha
scelto da che parte stare». “la loro
sorte è quindi legata alla vostra, dico
bene caro amico?”
Aveva
già
deciso! Potevamo fare anche a meno di questa inutile farsa, e preso da
una
profonda rabbia feci per scagliarmi contro di lui quando una mano mi
trattenne
… Cosa diavolo mi stava prendendo? I miei nervi stavano
cedendo fortunatamente
Bella era più lucida di me. Felix e Demetri erano
già in posizione d’attacco,
ma io mi ricomposi.
«Ci
sono così
tante cose di cui parlare», disse Aro, improvvisamente serio,
dopo aver
tranquillizzato i suoi scagnozzi. «così tante cose
da decidere. Se voi e il
vostro protettore peloso mi volete scusare, cari Cullen, devo conferire
con i miei
fratelli».
Esattamente
come aveva previsto Eleazar, avrebbe conferito con i suoi fratelli e
mentre
loro fingevano di decidere Jane e Alec avrebbero iniziato ad
indebolirci;
iniziai a retrocedere trascinando con la forza Bella e Emmett, Renesmee
pensò a
Jacob.
Sembrava
quasi
che quei tre non aspettassero altro e, finalmente, pochi istanti dopo
ci
ritrovammo nuovamente in mezzo ai nostri cari.
In
attesa
della fine.
Il
silenzio
spettrale che era calato nella radura fu spezzato soltanto
dall’accesa discussione
dei tre fratelli, o per essere più precisi tra Caius e Aro.
Il primo
infervorato dall’odio nei nostri confronti sollecitava
l’attacco, il secondo
cercava di rabbonirlo dimostrandosi magnanimo nei nostri confronti.
Che
ridicola
pantomima.
L’unico
scopo
di Aro era di mostrarsi saggio e comprensivo agli occhi dei testimoni,
sia loro
che nostri; cosa a cui Caius con la sua irruenza non dava la minima
importanza,
dovette pensarci il primo a ricordargli l’importanza che
avevano spettatori.
A
Caius la
cosa non lo sfiorava nemmeno, potevano morire tutti e ne sarebbe
rimasto
indifferente, per Aro no: le loro vite valevano realmente meno di zero,
ma se
ne fosse rimasto anche uno solo in vita, doveva testimoniare il grande
senso di
giustizia che li aveva spinti a compiere le loro gesta.
L’immagine di lui che
ne sarebbe stata tramandata era la cosa più importante.
«I
licantropi», mormorò improvvisamente Caius con
stizza.
«Ah,
fratello... », rispose Aro addolorato. “Possibile
che non ti fermi mai a
riflettere … sarai la tua e nostra rovina prima o poi
…”.
«Difenderai
anche quell'alleanza, Aro?», insistette piccato Caius.
«I Figli della Luna sono
nostri nemici giurati dai tempi dei tempi. Li abbiamo cacciati fin
quasi a
farli estinguere in Europa e in Asia. Eppure Carlisle incoraggia un
rapporto
familiare con questi parassiti, senza dubbio nel tentativo di
spodestarci. Per
meglio proteggere il suo guasto stile di vita».
Forse
non era
il caso di interrompere il loro diverbio, la soddisfazione di fare
notare a
tutti la stupidità di quel vampiro e mettere in imbarazzo
Aro non aveva prezzo,
ma chiesi comunque la parola schiarendomi rumorosamente la voce
«Caius, è pieno
giorno», feci notare indicando Jacob. «Questi non
sono Figli della Luna, è
chiaro. Non hanno alcun rapporto con i tuoi nemici dell'altra parte del
mondo».
«Allevate
dei
mutanti qui in zona», ribatté Caius.
“La
sua
stupidità non ha veramente limiti …”
«Non sono nemmeno licantropi. Aro ti
può raccontare tutto, se non mi credi».
Jacob
mugolò
perplesso.
«Caro
Caius,
ti avrei chiesto di non insistere su quest’ argomento se mi
avessi messo a
parte dei tuoi pensieri», mormorò Aro.
«Anche se quelle creature si ritengono
dei licantropi, non lo sono. Il termine più appropriato per
definirli sarebbe
"mutaforma". La scelta della forma di lupo è stata un puro
caso.
Poteva benissimo essere un orso, un'aquila, o una pantera, quando
accadde la
prima mutazione. Queste creature non hanno proprio nulla a che vedere
con i
Figli della Luna. Hanno ereditato dai loro padri solo la
capacità di mutare. È
genetica: non continuano la loro specie infettando altri, come i veri
licantropi».
“Scuse
scuse solo e soltanto puerili e stupide scuse!!!!”
pensò Caius guardando
torvo il fratello«Conoscono il nostro segreto»,
sentenziò puntiglioso.
Questa
volta
stavo per rispondergli a tono quando Aro mi anticipò
«Sono creature del nostro
mondo soprannaturale, fratello. Forse sono ancora più legati
di noi alla
segretezza: è altamente improbabile che ci denuncino. Stai
attento, Caius. Le
accuse pretestuose non ci portano da nessuna parte».
Caius
respirò
a fondo e annuì. Si scambiarono uno sguardo lungo ed
espressivo.
Aro
sapeva
bene che questo insistere con false accuse e inutili arrampicate sugli
specchi
avrebbe giocato a sfavore della missione che si erano prefissati;
credere
altresì, che avesse così serenamente accettato le
nostre argomentazioni, era
quasi fantascienza, quindi: c’era solo da aspettarsi il
peggio.
I
messaggi che
stava lanciando a Caius erano più che eloquenti.
Dipendeva
solo
da quanto lui ci mettesse a interpretarli.
«Voglio
parlare con l'informatrice», gridò improvvisamente
Caius fulminando con lo
sguardo Irina e un brivido mi percorse la schiena. I suoi pensieri
erano
chiari: voleva la sua giustizia, non gli interessava cosa avesse in
mente Aro,
voleva dimostrare la sua potenza, che non dipendeva dal fratello, le
parole di
Aro avevano sortito l’effetto contrario sulla sua mente
contorta; e se non
fosse riuscito a dimostrarlo su di noi, qualcun altro avrebbe pagato
… in un modo
o in un altro.
«Irina»,
tuonò
Caius, irritato dal doversi ripetere. Irina osservava le sorelle
rendendosi
conto solo adesso dell’enorme dolore che stava causando loro,
Si scosse appena
al richiamo di Caius, ma in un attimo fu ugualmente al suo cospetto.
«E
così, a
quanto pare, le tue accuse erano alquanto infondate»,
esordì il vigliacco con
soddisfazione.
«Mi
dispiace»,
sussurrò Irina. «Avrei dovuto verificare
ciò che vedevo. Ma non avevo la minima
idea che...». Mormorò con voce sempre
più flebile guardando la mia famiglia.
«Caro
Caius,
come credi che potesse indovinare in un attimo qualcosa di
così strano e
impossibile?», intervenne Aro. «Chiunque di noi
avrebbe tratto le stesse
conclusioni».
Caius
con un
gesto di stizza ordinò ad Aro di tacere.
Quest’ultimo
si mostrò indifferente,
ma non apprezzò.
Era
come se un
subalterno imponesse il silenzio al re, la sua immagine ne avrebbe
risentito, e
questo ad Aro non piaceva.
«Sappiamo
tutti che hai fatto un errore», replicò piccato.
«Intendevo parlare delle tue
motivazioni».
«Le
mie
motivazioni?». Balbettò lei.
«Sì,
anzitutto
cosa ti ha spinto a spiarli».
“Come
fa …
come … io non ho detto che li stavo spiando … io
…”
La
stava
mettendo alle strette, e Irina senza volerlo affondava nella sua
voragine
sempre più velocemente.
«Eri
in
contrasto con i Cullen, vero?». Incalzò il suo
carnefice.
“Perdonami
se puoi …” Pensò guardando
supplichevole Carlisle, «Sì, è
così».
«Perché?»,
insistette Caius.
«Perché
i
licantropi avevano ucciso il mio amico», sussurrò.
«E i Cullen non si sono
fatti da parte per lasciarmelo vendicare».
«I
mutaforma,
si chiamano», Intervenne Aro con insolita gentilezza.
«Quindi
i
Cullen si sono alleati con i mutaforma contro quelli della nostra
razza,
persino contro l'amico di un'amica», sintetizzò
Caius.
“Lurido
schifoso bastardo …” rantolai nauseato
dal viscido comportamento di
quell’essere riprovevole. Irina
s’irrigidì. «Io la vedo
così».
Caius
attese
un suo gesto, ma vedendo che non avrebbe formulato
nessun’altra accusa la
imbeccò di nuovo: «Se volessi fare un reclamo
formale contro i mutaforma, e
contro i Cullen per averli sostenuti, questo sarebbe il momento
opportuno».
Il
sorriso
sadico che aveva in volto era come se dicesse “Siete
morti. Basta una parola
e non avrete scampo.” Ma Irina lo
spiazzò.
«No,
non ho
reclami da fare contro i lupi né contro i Cullen. Oggi voi
siete venuti per
distruggere una bambina immortale. Ma non esiste nessuna bambina
immortale. È
stato un mio errore e me ne assumo completamente la
responsabilità. Ma i Cullen
sono innocenti e non avete più motivo di trovarvi qui. Mi
scuso infinitamente»,
disse rivolta a noi, poi si girò in direzione dei testimoni
dei Volturi. «Non
c'è stato alcun crimine. Non ci sono più motivi
validi per la vostra presenza
qui».
In
quel
momento segnò la sua condanna a morte.
Jasper
«NOOOOOOOOOO!!!!»
Gridò terrorizzata Alice arrestando improvvisamente la corsa.
Una
frazione
di secondo dopo facemmo lo stesso.
«Cosa
succede?
Che cosa hai visto?» il terrore che mi dicesse che non ce
l’avremmo fatta ad
arrivare in tempo mi stava paralizzando.
«Irina
…»
sussurrò «la ucciderà, Caius la
ucciderà, è questione di minuti.» dal
mio punto
di vista se lo meritava, il problema, però, era un altro: se
fino a quel
momento avevano mantenuto un colloquio “pacifico”,
cosa avrebbe scatenato nei
Denali questo atto di forza. Se prese dalla rabbia, le sorelle di Irina
avessero attaccato i Volturi, avrebbero avuto il pretesto per
annientare la
nostra famiglia servito su un vassoio d’argento.
«Le
sorelle?
Riesci a vedere cosa fanno?»
«No,
non vedo
niente.»
«Forse
vuol
dire che non ci saranno reazioni eclatanti?»
«Può
darsi.»
mormorò «Dobbiamo sbrigarci, credo si stiano
arrampicando sugli specchi in
cerca di un qualsiasi pretesto. Prima arriviamo, meglio è!
Sono imprevedibili e
le visioni hanno pochissimo preavviso.»
E
senza
soffermarsi un minuto di più ripartimmo.
Eravamo
vicini.
Poche
centinaia di miglia e saremmo arrivati nello stato di Washington. Il
resto
erano solo minuti.
Preziosissimi
minuti.
Edward
Il
bastardo
l’aveva uccisa solo per soddisfare il suo ego, sperando che
le sorelle gli
dessero un motivo per attaccarci.
Aro
invece,
nella sua infinita bontà, era ancora peggio. Impose a Caius
la calma dopo la
sua deplorevole dimostrazione di forza, e chiamando al suo fianco
Renata Felix
e Demetri si avvicinò a noi
«Tanto
per
essere precisi», disse a Carlisle, «vorrei parlare
con alcuni dei tuoi testimoni.
Le formalità le conosci, vero?». Aggiunse con
noncuranza mentre si avvicinava
ad Amun e alla sua compagna.“Certo …
fagli credere che ci interessi qualcosa
della loro testimonianza … e poi finiamo questa inutile
farsa, acquisiamo chi
t’interessa e torniamo a Volterra … questa feccia
mi sta nauseando …” Pensò
Caius sfoderando uno dei suoi sorrisi crudeli mentre osservava Aro
avvicinarsi
a noi. La rabbia che mi aveva scatenato mi stava facendo fremere tutto
il
corpo; avrei voluto staccargli la testa in quel preciso istante,
vendicando
Irina e librando il mondo dalla sua presenza; ma dovevo aspettare
… era
snervante …
«Ah,
Amun, mio
vicino delle terre del Sud! È passato tanto tempo da quando
sei venuto a
trovarmi». “Non credere che non sappia
che mi stai evitando …”
«Il
tempo non
significa molto: non mi accorgo mai del suo trascorrere»,
sibilò Amun.
«È
verissimo»,
convenne Aro. «Ma forse c'era un altro motivo per cui vi
siete tenuti alla
larga?».
Amun
tacque.
«Organizzare
i
nuovi arrivati per formare un clan richiede davvero molto tempo. Io lo
so
benissimo! Sono felice di avere altre persone che si occupino di quella
seccatura. E sono felice che quelli che si sono aggregati di recente si
siano ambientati
così bene. Mi sarebbe piaciuto che me li presentassi. Sono
sicuro che stavi per
venirmi a trovare molto presto».
«Ma
certo»,
disse Amun con un tono talmente privo di emozioni che nessuno avrebbe
saputo
interpretare la sua risposta.
«Be',
ora
siamo qui tutti insieme! Non è una circostanza
squisita?».
Amun
annuì inespressivo.
«Ma
purtroppo
il motivo della tua presenza qui non è altrettanto
piacevole. Carlisle ti ha
chiamato per fare da testimone?».
«Sì».
«E
di cosa sei
stato testimone per lui?».
«Ho
osservato
la bambina in questione. Quasi immediatamente è stato palese
che non fosse una
bambina immortale...». Rispose l’egiziano sempre
con la solita tonalità.
«Forse
dovremmo definire la nostra terminologia», disse Aro,
«ora che, a quanto pare,
ci sono nuove classificazioni. Parlando di bambina immortale,
naturalmente,
intendi una bambina umana che è stata morsa e quindi
trasformata in vampiro».
«Intendo
proprio questo».
«Che
altro hai
osservato sulla bambina?».
«Le
stesse
immagini che di sicuro hai visto nella mente di Edward. Che la bambina
è sua
figlia naturale. Che cresce. Che apprende».
«Sì,
sì»,
disse Aro, con una traccia d'impazienza in quel tono altrimenti
affabile. «Ma
nello specifico, durante le prime settimane passate qui, cosa hai
visto?».
Amun
increspò
la fronte. «Che cresce... in fretta».
Aro
sorrise.
«E ritieni che dovremmo permetterle di vivere?».
Bella
ringhiò
e le presi il polso per trattenere eventuali reazioni violente e il
brusio che
si alzò comunque tra le file dei nostri testimoni, non fu
ugualmente di buon
auspicio.
Aro
c’ignorò.«Non sono venuto qui per
emettere sentenze», rispose ambiguo.
Aro
ridacchiò.
«Mi basta la tua opinione».
Amun
sollevò
il mento. «Secondo me, la bambina non rappresenta un
pericolo. Impara ancor più
rapidamente di quanto impieghi a crescere».
“Impara
ancor più rapidamente di quanto impieghi a crescere
…” si ripeté
mentalmente Aro annuendo. Qualcosa l’aveva colpito di queste
parole, solo che
non riuscivo a leggere niente di più dai suoi pensieri,
sapeva fin troppo bene
tenerli nascosti
.
«Aro?», lo
richiamò Amun.
«Sì,
amico
mio?».
«Ho
fornito la
mia testimonianza. Il mio compito qui è finito. Io e la mia
compagna ora
vorremmo congedarci».
«Ma
certo.
Sono felice che abbiamo avuto l'occasione di conversare. E sono certo
che ci
rivedremo presto».
Da
come Amun e
la sua compagna si dileguarono, dubito che sarebbero andati a fargli
presto
visita.
«Salve,
cara
Siobhan. Sei carina come sempre». Continuò Aro
dopo aver percorso tutto il
nostro schieramento
Siobhan
ricambiò con un cenno della testa.
«E
tu?», le
chiese. «Risponderesti alle mie domande come ha fatto
Amun?».
«Certo»,
rispose Siobhan. «Ma forse aggiungerei dell'altro. Renesmee
ha una comprensione
chiara dei limiti. Non rappresenta un pericolo per gli umani, anzi,
s'integra
con loro molto meglio di noi. Non rischia di tradire il nostro
anonimato in
nessun modo».
«Non
te ne
viene in mente proprio nessuno?», chiese serio Aro.
“Arriva
al
punto bastardo! Cosa vuoi sentirti dire!” pensai, e un
profondo ringhio mi uscì
dalla gola.
«Non
capisco
cosa intendi».Rispose confusa la nostra amica.
Aro
arretrò
silenzioso e con noncuranza ma diretto verso il suo corpo di guardia.
Renata,
Felix e Demetri lo seguivano come un'ombra.
«Non
è stata
infranta alcuna legge», disse Aro, e nonostante tutto il suo
tono non mi
piacque.
«Non
è stata
infranta alcuna legge», ripetè. «Ne
consegue tuttavia che non c'è pericolo?
No». Aggiunse scuotendo lentamente la testa.
«Questo è un problema distinto».
“Mente
Edward, sa benissimo che non ci sono pericoli in agguato!” mi
mise in
guardia Maggie
«La
bambina è
unica... Totalmente e assurdamente unica. Sarebbe un tale spreco
distruggere
una cosa così adorabile. Soprattutto quando ci sarebbe
così tanto da
imparare...». Sospirò, affranto.
«Però un pericolo esiste e non si può
semplicemente ignorare» Un opprimente silenzio di tomba
calò su tutta la
radura. «Quale ironia della sorte che, al progredire degli
umani, mano a mano,
che la loro fede nella scienza cresce e controlla il loro mondo, su di
noi
incomba sempre meno il pericolo di farci scoprire. Eppure, mentre
diventiamo
sempre più disinibiti grazie alla loro
incredulità nei confronti del
soprannaturale, essi divengono così forti con la loro
tecnologia che, se lo
volessero, potrebbero davvero costituire una minaccia per noi, e
persino
distruggere alcuni di noi. Per migliaia e migliaia di anni la nostra
segretezza
è stata soprattutto una questione di convenienza, di
praticità, e non di vera e
propria sicurezza. Quest'ultimo secolo rozzo e rabbioso ha dato alla
luce armi
così potenti da mettere in pericolo persino gli immortali.
Oggi la fama di
esseri mitologici di cui godiamo, in verità, ci protegge
dalle creature deboli
cui diamo la caccia. Questa bambina portentosa...», disse con
fare solenne
indicando mia figlia «Ah, se potessimo conoscere le sue
potenzialità, sapere
con certezza assoluta che resteranno sempre
avvolte dall'oscurità che ci
protegge. Ma non sappiamo niente di ciò che
diventerà! I suoi stessi genitori
sono angustiati dalla paura per il suo futuro. Non possiamo sapere con
certezza
cosa diventerà da grande». Continuò
squadrandoci uno ad uno, fingeva
sofferenza, il bastardo, ma era tutt’altro che lacerato dai
suoi doveri. «Solo
ciò che si conosce è sicuro. Solo ciò
che si conosce è tollerabile. Ciò che
è
sconosciuto è... un punto debole».
“Splendida
arringa …” pensò Caius
sorridendo malvagio.
Era
mio.
L’avrei ucciso con le mie stesse mani.«Stai traendo
conclusioni affrettate,
Aro», osò intromettersi Carlisle.
«Pace,
amico
mio», lo interruppe Aro «Non precipitiamo le cose.
Guardiamole da tutti i punti
di vista».
«Posso
offrire
un mio punto di vista?», chiese Garrett quasi sottovoce.
«Prego,
nomade».
Garrett
alzò
il mento e puntando lo sguardo verso i loro testimoni
iniziò. Mai mi sarei
aspettato un simile slancio di coraggio, vero che era stato un patriota
ma da
quando si era unito a noi non si era certo distinto per la sua
loquacità; la
sua unica eccezione era stata Kate. Pensavo si stesse interessando al
nostro
stile di vita solo per far colpo sulla nostra cugina, invece ci stava
studiano.
Aveva analizzato i nostri comportamenti con estrema
meticolosità; io stesso
rimasi colpito dai suoi ragionamenti. Ci eravamo convinti che Aro
volesse
acquisirci unicamente perché i nostri doni erano utili per
mantenere la sua
posizione di dominio ma Garrett ci aveva offerto un altro punto di
vista
estremamente interessante, da non sottovalutare: Aro ci temeva.
Non
tanto per
i nostri poteri, quanto per i nostri legami. Nessuno ci imponeva di
stare gli
uni con gli altri e nessuno ci costringeva a restare, lo facevamo solo
per il
sentimento che ci legava gli uni agli altri più forte di
qualunque cosa loro
potessero immaginare … un legame che non si spezza, questo
faceva paura al
vampiro capace di uccidere la propria sorella di sangue.
Per
questo
volevano annientarci.
Se
il nostro
stile di vita avesse fatto ulteriori proseliti, si sarebbero trovati
ben presto
in minoranza. Il Libero Arbitrio di cosa fare delle nostre esistenze
era messo
completamente in discussione. Garrett cercò di far leva su
alcune sue
conoscenze che in quel momento stavano militando tra le fila dei loro
testimoni, e le sue parole andarono a segno.
Furono
costretti a riflettere con le proprie teste e prendere atto di
ciò che stava
succedendo.
Aro
l’osservava con espressione benevola, ma nei suoi pensieri
era il primo da
dover eliminare. La sua capacità di dissociare pensieri ed
espressioni era
invidiabile, ma quando mise in discussione in vero motivo della loro
spedizione, un velo di rabbia gli attraversò il volto, per
disperdersi poi
velocemente nel suo sorriso stereotipato. Solo Caius non mostrava il
minimo
ritegno nell’ostentare i loro piani.
Per
nulla
scalfito dalle parole di Garrett e sicuro dell’ascendente che
esercitava nei
confronti dei suoi seguaci, pensò bene di mostrare tutta la
sua magnanimità e
imparzialità chiedendo il parere ai suoi testimoni
«cosa ne pensate di tutto
ciò? Posso garantire che la bambina non è quello
che temevamo. Ci assumiamo il
rischio di lasciarla sopravvivere? Mettiamo in pericolo il nostro mondo
per
conservare intatta la loro famiglia? Oppure ha ragione lo schietto
Garrett? Vi
unirete a loro per contrastare la nostra improvvisa sete di
dominio?».
I
testimoni,
perplessi, si scambiarono sguardi interdetti. «Queste sono le
uniche scelte che
abbiamo?», chiese d'un tratto, una dei conoscenti di Garrett
«Dichiararci
d'accordo con te, o combattere contro di te?».
«Certo
che no,
affascinante Makenna», rispose scandalizzandosi un
po’ troppo apparentemente
«Potete andarvene in pace, naturalmente, come ha fatto Amun,
anche se non siete
d'accordo con la decisione del consiglio».
Makenna
cercò
nel suo compagno un cenno d'assenso e parlò.
«Non
siamo
venuti qui per combattere». Disse tutto d’un fiato
«Siamo venuti qua a fare da
testimoni. E la nostra testimonianza è che la famiglia sotto
processo è
innocente. Tutto ciò che Garrett ha affermato è
vero».
«Ah»,
disse
Aro triste. «Mi spiace che tu ci veda così. Ma
è questa la natura del nostro
compito».
«Non
è ciò che
vedo, ma ciò che sento», replicò il
compagno di lei. «Garrett dice che hanno i
mezzi per scoprire le bugie. Anch'io so quando sento una
verità e quando invece
non è così».
«Non
temerci, amico
Charles. Senza dubbio il patriota crede davvero in quello che
dice», ridacchiò
Aro spensierato, e Charles affilò lo sguardo.
«Questa
è la
nostra testimonianza», disse perentoria lei. «Ora
ce ne andiamo».
Lentamente
arretrarono senza mai dar loro le spalle, e questo la diceva lunga
sulla
fiducia che riponevano nei loro sovrani, fino a che non raggiunsero gli
alberi
e lì si dissolsero come ombre. Un altro gruppetto
silenziosamente li imitò.
Aro
ostentava
indifferenza, sebbene i suoi pensieri tradissero la sua irritazione.
Riusciva
sempre meno a dominare la sua mente, era nervoso e infastidito e questa
ne era
la prova. L’accorato discorso di Garrett era stato ascoltato
più di quanto
avesse previsto. Non gli restava altro che provare la stessa
strada«Siamo in
minoranza, carissimi», disse rivolgendosi principalmente ai
membri della
guardia senza però degnarli di uno sguardo. «Non
possiamo aspettarci alcun
aiuto dall'esterno. Dobbiamo lasciare la questione irrisolta per
salvarci la
vita?».
«No,
Signore»,
rispose all'unisono la guardia.
«La
protezione
del nostro mondo può valere la probabile perdita di alcuni
di noi?».
«Sì»,
mormorarono come tanti automi telecomandati. «Non abbiamo
paura».
Aro
sorrise e
voltandosi verso il suo esercito continuò grave
«Fratelli, ci sono molti
fattori da valutare».
“Bene,
finalmente hai deciso di smettere questa inutile pantomima
…”
«Consultiamoci», disse ansioso Caius.
«Consultiamoci»,
ripeté Marcus, completamente indifferente.
Si
presero per
mano l’un con l’altro e voltando le spalle al resto
del mondo si chiusero tra
sé.
Esattamente
come aveva previsto Eleazar.
Appena
la
consultazione iniziò, altre defezioni si aggiunsero tra le
fila dei loro
testimoni.
«Ti
ricordi
quello che ti ho detto?», sussurrò improvvisamente
Bella e voltandomi verso di
lei la vidi parlare con nostra figlia. Gli occhi di Renesmee si
riempirono di
lacrime, e annui. «Ti voglio tanto bene»,
sussurrò.
Cosa
diavolo
stava succedendo? Jacob perplesso quanto me le fissava con la coda
dell’occhio.
«Anch'io
ti
voglio tanto bene», le sussurrò baciandola sulla
fronte «Più della mia stessa
vita».
Jacob
mi
guardò mugolando in cerca di spiegazioni che, purtroppo, non
ero in grado di
dargli.
E
uno strano
senso di vuoto cominciò ad opprimermi il petto.
«Aspetta
che
siano completamente distratti, poi scappa con lei. Allontanati da
questo posto
più che puoi. Quando ti sei allontanato il più
possibile a piedi, lei ha il
necessario per farvi salire su un aereo». Gli
sussurrò Bella ad un orecchio.
Impietrito,
rimasi a fissarle e nella mia mente tutti i pezzi mancanti delle
stranezze
dell’ultimo periodo andarono al loro posto.
Jacob
era
inorridito quanto me.
Non
avevamo
scampo.
Bella
l’aveva
sempre saputo. Doveva essere stata Alice a farle avere il messaggio, a
questo
punto il dubbio che avevo sempre avuto, da quando ci aveva lasciati era
diventato certezza.
Ancora
annebbiato dall’orrore vidi a malapena Renesmee sporgersi
verso di me, e come
attratto da una potente calamita la accolsi tra le mia braccia.
«È
questo che
mi tenevi nascosto?», Le sussurrai stringendo la piccola a
me.«Non a te, ad
Aro», mormorò.
«Per
via di
Alice?».
Annuì.
Non
c’era
bisogno di sapere altro. Bacia Renesmee sulla fronte e sulle guance,
poi la
aiutai a salire sulla schiena di Jacob.
“Io
giuro
che non sapevo niente … non è stata una mia idea
… io non …” pensò
e guaì
guardandomi come se si sentisse in dovere di chiedermi scusa di una
scelta non
sua.
«Sei
l'unico a
cui potremmo affidarla», gli mormorò Bella.
«Se tu non l'amassi tanto, non
potrei mai sopportare questo momento. So che sei in grado di
proteggerla,
Jacob».
E
mi resi
conto in quel momento quanto fossero vere le sue parole. Bella sarebbe
rimasta
con me, non potevamo vivere separati, se uno di noi doveva avere una
possibilità di salvezza, quella doveva essere nostra figlia.
Noi avremmo
vissuto per sempre in lei.
La
scelta di
Bella era stata più che saggia, nessuno si sarebbe potuto
prendere cura della
piccola come Jacob.
Mi
avvicinai
al lupo e d’istinto lo abbracciai.
«Addio,
Jacob,
fratello mio... figlio mio» “Porti con te
il nostro bene più grande, abbine
cura.”
«Allora
non
c'è speranza?», chiese Carlisle in un sussurro
pieno di rassegnazione. E come
non era sfuggita a lui, anche gli altri avevano sicuramente colto il
significato della nostra scena d’addio.
«Certo
che
c'è», gli rispose Bella «Io conosco solo
il destino che spetta a me».
“A
noi.” Pensai
prendendole la mano.
Eravamo
una
cosa sola. Il nostro destino era lo stesso. Esme, ci passò
accanto senza dirci
una sola parola, nei suoi pensieri solo ricordi di momenti felici;
regalò una
carezza a entrambi e andò a mettersi al fianco di Carlisle.
“Ti
voglio
bene, mamma.” Pensai guardandola mentre stringeva
la mano a mio padre.
Non
dovremmo
mai scordarci di dimostrare il nostro affetto a chi amiamo ogni giorno
della
nostra vita, non sono cose che si possono rimandare, potrebbe non
esserci un
domani per poter rimediare alla nostra mancanza.
Anche
se di
fronte a te hai l’eternità, può
comunque finire tutto
in battito di ciglia.
Sentii
alle
mie spalle i pensieri e le parole d’addio dei nostri amici.
Secondo
lo
schema di procedura che ci aveva illustrato Eleazar, una volta che i
tre si
riunivano per decidere, iniziava il subdolo attacco da parte di Chelsea
per
indebolire i legami dei loro avversari.
Strano
che non
avesse già iniziato.
«State
pronti», sussurrò improvvisamente Bella.
«Si comincia».
La
guardai per
un istante e improvvisamente capii.
Forse
avevamo
una possibilità.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 29 *** CAPITOLO 29 ***
Incredibile
ma vero siamo all’ultimo capitolo!!!! Non ci credo nemmeno io
…
Mi
scuso ancora una volta per l’enorme ritardo che ho avuto nel
postare, purtroppo
la vita ci impone sempre più spesso di mettere da parte le
nostre passioni per
l’urgenza della quotidianità e sia io che la mia
Beta abbiamo avuto problemi a
palate.
Sono
contenta però di essere arrivata alla fine.
Grazie
a Serena e a tutti coloro che hanno letto e commentato, a quelli che
hanno
letto silenziosamente, a chi mi ha inserito tra le preferite e anche a
chi si è
stufato di starmi ad aspettare e mi ha lasciata perdere, ha fatto bene!!
Se
ancora c’è qualcuno che vuole leggerla BUONA
LETTURA!!
29
Edward
Stava
proteggendo solo me oppure aveva messo tutti sotto il suo scudo?
Come
aveva fatto?
Da
quanto lo stava facendo?
Me
ne ero accorto soltanto quando, percependo i pensieri di Chelsea, avevo
capito
che non riusciva a raggiungerci con il suo potere e indebolire,
così, i nostri
legami.
Lo
stesso valeva per Jane.
I
ripetuti attacchi contro mia moglie non avevano sortito, come sempre,
alcun
effetto; ma adesso ci stava provando con me e, non riuscire a piegarmi
dal
dolore con il suo potere, la stava irritando.
«Chelsea
sta cercando di rompere i nostri legami», le sussurrai
incredulo, per
sincerarmi della mia teoria. «... ma non riesce a trovarli.
Non ci sente ... Sei
tu con il tuo scudo?».
«Sto
dominando tutta la situazione». Mi rispose risoluta, e il suo
viso si riempì di
soddisfazione.
“Carlise
…”
pensò improvvisamente Jane spostando
lo sguardo su mio padre. Lasciare la mano di Bella per raggiungerlo, fu
un
attimo.
«Carlisle?
Tutto bene?» chiesi preoccupato.
«Sì.
Perché?»
«Jane»,
risposi senza aggiungere altro.
In
quello stesso istante, furiosa per il suo inspiegabile fallimento,
provò a
sferrare una raffica di attacchi a tutta la nostra formazione.
Non
ne andò a segno nemmeno uno.
Restammo
tutti miracolosamente Illesi.
«Incredibile»,
Sussurrai con soddisfazione.
«Ma
perché non aspettano che decidano?»
sibilò Tanya che, come gli altri, aveva già
capito, dal breve scambio di battute che avevo avuto con mia moglie,
che Bella
era riuscita a gestire il suo dono meglio di ogni nostra più
ottimistica
previsione.
«È
la loro procedura normale» risposi brusco. «Di
solito rendono inoffensive le
persone sotto processo, in modo che non possano fuggire». “… e poi, quando sono
già a pezzi, fingono di sciogliere il conclave …
bastardi!”
“Ti
distruggerò. Fosse l’ultima
cosa che faccio.”
Pensò la piccola strega puntando nuovamente su Bella, ma il
ringhio feroce che
ne seguì mi diede conferma del suo ennesimo fallimento.
Alec
confortò la sorella e poi, imperturbabile e sicuro di
sé, mentre ancora la stringeva
a sé, si voltò verso di noi, il suo potere era
diverso, potevamo vederlo
arrivare e da quel momento la nostra copertura sarebbe stata sotto gli
occhi di
tutti.
Pregustavo
già la sorpresa.
«Tutto
bene?» mi chiese preoccupata. Rimasi interdetto:
Qual’era il problema?
«Sì»
sussurrai.
«Alec
ci sta provando?»
Annuii.
Non l’aveva mai visto in azione e giustamente non sapeva cosa
aspettarsi. «Il
suo dono è più lento di quello di Jane. Avanza
strisciando. Ci raggiungerà fra
qualche secondo» e, come previsto, alcuni istanti dopo una
foschia grigia, appena
percettibile, sullo sfondo bianco del terreno innevato,
iniziò a fluire
lentamente verso di noi.
“Non
ci avrete senza lottare!” Pensò
Benjamin alle mie spalle,
la terra tremò sotto i nostri piedi, scatenando un turbinio
d’improvvise folate
di vento. Stava cercando di dirottare la nebbia di Alec, purtroppo
però non era
così semplice … Nemmeno la faglia che
squarciò il terreno tra le nostre fazioni
arrestò il suo cammino.
Riuscì,
però, a sciogliere la riunione dei tre anziani, lasciandoli
ammutoliti, davanti
al baratro che si era creato tra noi.
“Splendido!
Splendido e … terrificante!”
gioì
nella sua
mente Aro, senza manifestare alcuna emozione in volto
“Che meravigliose annessioni … dobbiamo solo
limitare le perdite …
sarebbe un peccato …”. Conosceva
già Zafrina e il suo potere, sapeva
perfettamente che in fase di scontro sarebbero stati accecati, il dono
di
Benjamin non destò certo meno interesse … e
doveva ancora scoprire le piene
potenzialità di mia moglie.
Jane
sorrideva soddisfatta del fallimento dell’egiziano, quando
vide, però, la
nebbia del suo gemello scontrarsi contro lo scudo di Bella e arrancare
nella
sua avanzata, le sue certezze vacillarono.
«Bel
colpo, Bella!», esultò Benjamin a voce bassa.
Bella
sogghignò, ed io con lei.
Alec,
per la prima volta in vita sua, rimase esterrefatto.
Aro
impazzì di gioia e terrore.
“Uno
scudo … che meraviglia …
che potenza … ho sempre saputo che quell’umana
avrebbe avuto potenzialità
immense come vampira … Ottime scelte Carlisle, uno
schieramento minimo ma ben
dotato … dobbiamo solo limitare le perdite …
Potrei perdere più di quanto
riesca a guadagnare … dobbiamo valutare, capire, e se il
rischio è troppo …
distruggere … ma che terribile spreco …
un’assoluta situazione di parità …
estremamente pericoloso … ritirarsi adesso, ridicolo
…”
rifletteva tra sé.
Il
respiro mi si fermò in gola.
Non
glielo avrei permesso.
NON.MIA.MOGLIE.
MAI.
«Dovrò
assolutamente concentrarmi», mi sussurrò lei.
«Quando arriveremo al corpo a
corpo, sarà più difficile mantenere lo scudo
intorno alle persone giuste».
«Te
li terrò lontani».
“Non permetterò a
nessuno in alcun modo, di farti del male!”
«No.
Tu devi assolutamente occuparti di Demetri. Sarà Zafrina a
tenermeli lontani».
“Scordatelo!”
«Nessuno
toccherà questa ragazza», promise
l’amazzone risoluta.
“Te
lo puoi scordare, sta a me
proteggerla!” pensai
fissandola dritto negli occhi.
Sostenne
il mio sguardo per poco più di un secondo per poi spostarlo
ribattendo «Mi
occuperei io di Jane e Alec, ma sono più utile
qui».
“Che
donna ostinata. Fai come
credi” pensai “io non mi allontano di un passo
comunque.”
«Jane
è mia», sibilò Kate. «Ha
bisogno di essere ripagata con la sua stessa moneta».
«E
Alec è in debito di varie vite con me, ma posso
accontentarmi della sua», ruggì
Vladimir dall'altra parte. «È tutto mio».
«Io
voglio solo Caius», “Pagherà
per la morte
di mia sorella.” disse pacata Tanya.
L’improvvisa
consapevolezza del nostro inaspettato vantaggio aveva dato una sferzata
di
ottimismo a tutti quanti.
La
speranza sarebbe stata il nostro asso nella manica.
«Prima
che votiamo...», esordì finalmente Aro dopo aver
valutato brevemente
l’inutilità delle loro migliori armi.
«... lasciate che vi ricordi che,
qualunque sia la decisione del consiglio, non occorre che ne consegua
alcuna
violenza qui».
“Certo,
adesso che hai capito
chi può farti comodo!”
pensai esplodendo in una macabra risata. “peccato
che non sai come cavarne le gambe da questo scomodo
impiccio!!”
«Sarebbe
uno spreco deplorevole per la nostra specie perdere qualcuno di voi.
Specialmente tu, giovane Edward, e la tua compagna neonata.»
continuò Aro
fingendosi costernato «I Volturi sarebbero felici di
accogliere molti di voi
fra le loro schiere. Bella, Benjamin, Zafrina, Kate. Avete molte
possibilità di
scelta davanti a voi. Prendetele in considerazione».
E
comunque se avesse voluto, almeno, sembrare più credibile
avrebbe potuto
ordinare a Chelsea di smettere di provare a spezzare i nostri legami.
Non
ero in grado di avvertire il suo potere in azione, ma potevo leggere
nei suoi
pensieri tutta la rabbia e l’incredulità di fronte
al fallimento dell’ordine
impartitole.
Aro
ci passò in rassegna uno ad uno cercando, nei nostri volti
un qualsiasi segnale
che finalmente Chelsea fosse andata a segno. Non ne trovò.
«Votiamo,
dunque», disse infine vedendosi costretto a trovare una
soluzione alternativa
alla “procedura standard”.
«La
bambina è una variabile impazzita.»
esclamò Caius impaziente di ottenere la sua
giustizia «Non ci sono motivi per permettere che esista un
rischio del genere.
Deve essere distrutta insieme a tutti quelli che la
proteggono.» Aggiunse con
un ghigno malvagio.
«Non
vedo rischi nell'immediato. La bambina per ora non rappresenta un
pericolo.
Possiamo sempre giudicarla in seguito. Viviamo in pace».
Votò Marcus, come se
tutto quello che stava accadendo gli fosse appena scivolato addosso
come acqua
fresca.
«A
quanto pare il voto decisivo spetta a me», finse di mormorare
fra sé Aro.
Fu
in quel momento che nella mia mente riecheggiò una voce che
pensavo, non avrei
più potuto udire “EHI
FRATELLONE!!!
Pensavi vi avessimo abbandonati?” Incredulo e
sorpreso come mai prima d’ora
mi paralizzai all’istante.“Prendi
tempo.
Stiamo arrivando. È questione di minuti. Renesmee non
è l’unica mezza vampira
al mondo. Assicuragli che la sua crescita non sarà un
problema. Ho con me dei
testimoni, più di quanto si potesse sperare. CREDIMI!
Abbiamo delle possibilità
di vittoria, ne abbiamo molte. Possiamo farcela.”
«Sì!»,
sibilai trionfante.
Bella
mi guardò perplessa, ma non era il momento delle
spiegazioni, anche perché
avrei sciupato l’effetto sorpresa e non potevo fare un torto
simile ad Alice; le
piacevano troppo le entrate in grande stile!
«Aro?»
chiamai fermo e risoluto, lui percepì all’istante
il cambiamento del mio tono di
voce.
«Sì,
Edward? Hai qualcos'altro da...?»
«Forse»,
lo interruppi cercando di dominare la mia esaltazione. «Prima
di tutto, posso
chiarire un punto?».
«Ma
certo», disse mellifluo e viscido come mai prima
d’ora.
«Il
pericolo che vedi rappresentato da mia figlia nasce soltanto dalla
nostra
incapacità di prevedere la sua crescita? È questo
il nodo della questione?»
«Sì,
amico Edward», asserì. «Se potessimo
solo essere certi ... essere davvero
sicuri che, quando crescerà, sarà capace di
restare celata al mondo umano,
senza mettere in pericolo la sicurezza del nostro mondo segreto
...». Aggiunse,
fintamente, addolorato che non ci fossero altre possibili soluzioni.
«Quindi,
se potessimo sapere con certezza cosa
diventerà...», insinuai parlando molto
lentamente in modo da guadagnare istanti preziosi, «non ci
sarebbe alcun
bisogno di un ulteriore consiglio?»
«Se
ci fosse un qualche modo di essere certi al cento per cento»,
convenne Aro, cercando
al contempo di capire dove volessi arrivare con i miei giri di parole.
«In quel
caso, sì: non ci sarebbero più problemi su cui
discutere». Ci sperava, lo
percepivo dai suoi pensieri, era preoccupato per lo scontro, era la
prima volta
che si confrontavano alla pari con dei nemici e non era preparato per
questo
evento. Sia noi che loro ne saremmo rimasti fortemente indeboliti, ma,
lui,
aveva messo in gioco anche la credibilità cui tanto teneva.
«E
noi ci saluteremo in pace e saremo di nuovo buoni amici?»
Chiesi ironico.
«Ma
certo, mio giovane amico. Niente potrebbe farmi più
piacere». Si stava spazientendo.
«Allora,
ho davvero qualcos'altro da offrirti». Risposi ridacchiando
soddisfatto.
Gli
occhi di tutti erano puntati increduli su di me. Bella, ormai, non era
più la
sola a considerarmi pazzo da legare … Aro affilò
lo sguardo. «Lei è
assolutamente unica. Il suo futuro si può solo
indovinare». Sibilò.
«Non
è assolutamente unica», dissentii.
«È rara, di sicuro, ma non proprio
unica».
Lo
stupore generale rimbombò come un’eco nella mia
mente.
«Aro,
puoi chiedere a Jane di smettere di attaccare mia moglie?»
chiesi gentilmente. Stava
letteralmente impazzando nel tentativo di poterci piegare al suo
potere,
dovevamo dargliene atto, lei e Chelsea erano perseveranti, fino allo
sfinimento. «Stiamo ancora discutendo delle prove».
Aro
alzò una mano. «Pace, miei cari.
Ascoltiamolo».
Jane
ringhiò dalla rabbia.
“SIAMO
ARRIVATI! Siamo alle
vostre spalle!”
«Perché
non ci raggiungi Alice?», chiamai forte.
Il
precedente stupore si tramutò in giubilo.
Alice
Questa
volta avevo superato me stessa.
“Un
ingresso da vera star…” pensai
godendomi la mia
entrata trionfale insieme a Jasper ed ai nostri testimoni.
L’istinto
m’incitava a correre ad abbracciare la mia famiglia, Esme in
primis, che non
riusciva a levarmi gli occhi di dosso e sorridere come se le avessero
fatto il
più bel regalo della sua vita, poi Bella … Dio
solo sa quanto mi fosse mancata;
ma resistetti.
Tutti
i presenti erano rimasti senza parole, l’unica cosa che
riuscivano a dire era
il mio nome.
Persino
Aro.
Potei
costatare con soddisfazione che la mia visione si era ancora una volta
avverata, Bella era riuscita a tirare fuori tutto il suo potenziale e
stava
dominando la situazione egregiamente.
È
quando si è convinti che tutto stia per finire che si trova
la forza per
reagire.
Con
un piccolo balzo oltrepassai la foschia di Alec e mi fermai a fianco di
Edward,
con gli occhi fissi sul nostro nemico avvertii le carezze della mia
famiglia e
mi sentii più forte e determinata che mai.
Ero
stata costretta ad allontanarmi da loro e sapevo benissimo quanto
avrebbero
sofferto ma non avevo avuto scelta; vedere che adesso eravamo
nuovamente una
cosa sola, una famiglia, mi diede un’incredibile sferzata di
energia.
“Vai
fratellone, stupiscili! Ci
resteranno malissimo!”
pensai, e Edward prese la parola.
«Nelle
ultime settimane Alice ha cercato per conto suo dei
testimoni», spiegò. «E non
è tornata a mani vuote. Alice, perché non ci
presenti i testimoni che hai
portato con te?»
«È
finito il tempo concesso alle testimonianze! Aro, deciditi a
votare!». Ringhiò
furioso Caius, ma Aro senza spostarmi gli occhi di dosso lo
tacitò.
Ostentando
una fermezza che dubitavo di avere, in quel momento, feci un passo
avanti e
presentai i miei compagni di viaggio. «Lei si chiama Huilen e
lui è suo nipote
Nahuel».
«Parla,
Huilen», ordinò Aro. «Dacci la
testimonianza per la quale sei stata condotta
fin qui».
Huilen
mi guardò titubante, le sorrisi cercando di darle coraggio,
la stessa cosa fece
Kachiri posandole la mano sulla spalla.
«Mi
chiamo Huilen», disse la piccola vampira «Un secolo
e mezzo fa abitavo con il
mio popolo, i Mapuche. Mia sorella si chiamava Pire. I nostri genitori
le
avevano dato il nome della neve sulle montagne, perché aveva
la pelle chiara.
Ed era bellissima, fin troppo bella. Un giorno venne da me a confidarmi
il
segreto dell'angelo che l'aveva scoperta nei boschi e l'andava a
trovare di
notte. Io la misi in guardia, Come se a farlo non fossero bastati i
lividi che
aveva sulla pelle. Sapevo che si trattava del Lobishomen delle nostre
leggende,
ma lei non voleva ascoltarmi. Era sotto l'effetto di un incantesimo.
Quando fu
sicura che il figlio del suo angelo scuro le stava crescendo dentro, me
lo
disse. Non cercai di scoraggiarla dal suo progetto di fuga: sapevo che
persino
nostro padre e nostra madre avrebbero convenuto che quel bambino doveva
essere
ucciso e Pire insieme a lui. L'accompagnai nelle zone più
remote della foresta.
Lei cercò il suo angelo demonio, ma non trovò
nulla. Mi presi cura di lei e
cacciai per lei quando le forze le vennero meno. Si cibava di animali
crudi,
beveva il loro sangue. Non avevo più bisogno di conferme su
quello che lei
portava nel ventre. Speravo di salvarle la vita prima di uccidere il
mostro. Ma
lei amava il bambino che le cresceva dentro. Lo chiamò
Nahuel, come il
giaguaro, quando diventò forte e le spezzò le
ossa; e nonostante questo
continuava ad amarlo. Non riuscii a salvarla. Il bambino
uscì dal grembo
facendo a pezzi il corpo della madre e lei morì presto,
mentre mi supplicava
senza sosta di prendermi cura del suo Nahuel. Fu il suo ultimo
desiderio, e
accettai di esaudirlo. Però lui mi morse quando cercai di
sollevarlo dal corpo
di sua madre. Andai a nascondermi nella giungla a morire. Non mi
allontanai di
molto perché il dolore era troppo. Ma lui mi
trovò: il neonato si era fatto
strada a fatica nel sottobosco fino ad arrivare da me e mi
aspettò. Quando il
dolore finì, trovai il piccolo accoccolato vicino a me che
dormiva. Mi sono
presa cura di lui finché non è stato in grado di
cacciare da solo. Cacciavamo
nei villaggi della nostra foresta, restando in disparte. Non ci siamo
mai
allontanati tanto dalla nostra casa, ma Nahuel voleva vedere la bambina
che c'è
qui». E in silenzio tornò a nascondersi dietro
l’amazzone che ci aveva
accompagnato.
Dalla
smorfia appena accennata, comparsa sul volto di Aro capii che non aveva
apprezzato la mia iniziativa «Nahuel, hai centocinquanta
anni?», gli chiese.
«Sì,
decennio più, decennio meno», rispose sicuro di
sé.
Mi
piaceva questo ragazzo, fiero e determinato.
Sicuramente
sarebbe stato un buon partito per la mia nipotina, se non si fosse
impelagata
con il capo del canile! «Noi non li contiamo».
Ribadì.
«E
a quanti anni hai raggiunto la maturità?».
«Circa
sette anni dopo la mia nascita avevo completato la crescita».
«E
da allora non sei cambiato?»
Nahuel
alzò le spalle: «Non che io sappia».
«E
di cosa ti nutri?», lo incalzò Aro, palesemente
seccato di dover mostrare
interesse.
«Di
sangue, soprattutto, ma anche di cibo umano. Posso sopravvivere con
entrambi».
«Sei
stato capace di creare un'immortale?» Chiese ancora ma
stavolta con rinnovato
interesse.
Pessimo
segno. Ma l’avevo previsto.
«Sì,
ma nessuna delle altre sa farlo». Replicò Nauhel
gestendo il terzo grado senza
problemi.
«Le
altre?» chiese bruscamente Aro.
“Ti
abbiamo stupito vero??”
«Le
mie sorelle», rispose come se fosse la cosa più
naturale del mondo.
Lo
sguardo di Aro fiammeggiava di rabbia, avesse potuto,
l’avrebbe incenerito
all’istante. Il precario castello di carte che aveva
costruito per colpire la
mia famiglia stava crollando rovinosamente.
«Immagino
che tu ci voglia raccontare il resto della tua storia, visto che a
quanto pare
non è finita.» esclamò acido; e Nahuel
cominciò.
«Qualche
anno dopo la morte di mia madre, mio padre è venuto a
cercarmi. È stato felice
di trovarmi. «Aveva due figlie, ma nessun altro figlio
maschio. Si aspettava
che mi unissi a lui, come avevano fatto le mie sorelle. Si sorprese di
non
trovarmi solo. Le mie sorelle non sono velenose, ma non so se dipenda
dal sesso
o dal caso, chi può dirlo? Comunque io avevo già
formato una famiglia con
Huilen e cambiare non m'interessava»,
aggiunse. «Ogni tanto lo
vedo. Ho una sorella nuova: ha raggiunto la maturità circa
dieci anni fa».
«Tuo
padre come si chiama?» sibilò Caius furente.
«Joham»,
rispose Nahuel. «Si considera uno scienziato. È
convinto di poter creare una
nuova razza eletta». Non si sforzò di nascondere
il disgusto.
«Tua
figlia è velenosa?», chiese con disprezzo a Bella.
«No»,
rispose decisa.
«Prendiamoci
cura dell'anomalia che c'è qui e poi proseguiamo verso
sud», ringhiò Caius
cercando di incalzare il fratello.
Aro
tacque.
“Bene,
questo lo so … l’ho già
visto … arriviamo al dunque Aro! So che ti ho fatto un
favore, quindi, non stare
a rimuginarci tanto!”
pensai iniziando a innervosirmi per tutto questo tergiversare.
«Fratello»
disse, finalmente,con un sussurro a Caius. «Pare proprio che
non ci sia
pericolo. Questo sviluppo è davvero insolito, ma non vedo
alcuna minaccia.
Sembra che questi mezzi vampiri siano quasi uguali a noi».
«Questo
è il tuo voto?», chiese perentorio Caius.
«Sì».
“Credimi
è meglio per tutti
così …” pensai
entusiasta!
«E
quel Joham? Quell'immortale così appassionato di
sperimentazioni?» Insistette.
«Forse
è il caso che andiamo a parlare con lui», convenne
Aro.
«Fermate
pure Joham se volete», intervenne Nahuel. «Ma
lasciate stare le mie sorelle.
Loro sono innocenti».
Aro
annuì. «Miei cari», gridò al
corpo di guardia. «Oggi non si combatte».
E
finalmente potei rilassarmi.
Avevamo
vinto.
Carlisle
«Sono
così felice che tutto si sia potuto risolvere senza
violenza», disse Aro con artefatta dolcezza.
«Carlisle, amico mio, quanto mi fa
piacere poterti chiamare di nuovo amico! Spero non ci sia rancore. So
che
capisci il rigido fardello che il nostro dovere ci pone sulle
spalle».
«Vai
in pace, Aro», risposi con distacco. «Ricorda che
qui
dobbiamo ancora proteggere il nostro anonimato, quindi fa' in modo che
le tue
guardie non si mettano a cacciare in questa regione».
«Ma
certo, Carlisle», mi rassicurò. «Mi
dispiace che tu
disapprovi, caro amico. Forse, col tempo, mi perdonerai».
«Forse,
col tempo, se ci dimostrerai di nuovo la tua amicizia». Ci
tenni a precisare, anche se non condividevamo il reciproco stile di
vita li avevo
sempre considerati all’altezza del ruolo che rivestivano,
persone su cui si
poteva contare, sia per la loro correttezza che per la loro
imparzialità.
Mi
ero sbagliato.
E
non avrei commesso il solito errore due volte.
Mi
costava ammetterlo, perché credevo veramente nella nostra
antica amicizia, ma gli stratagemmi che avevano cercato di imbastire
contro di
noi con l’unico fine di accrescere il loro potere; la
coercizione con cui
avevano sicuramente costretto i loro testimoni a presenziare, mi
avevano talmente
disgustato che la loro sola vista mi dava la nausea e riusciva a
scatenare in
me sentimenti che credevo ormai sopiti da secoli.
Aro
chinò il capo, vittima della sua stessa vergogna, e come gli
altri prima di lui sparì.
Renesmee
La
zia era tornata!
Lo
sapevo che non sarebbe stata bene senza di noi.
Aveva
portato con sé degli amici … il ragazzo era come
me … e
loro avevano convinto i cattivi ad andarsene. Dovevano avergli fatto
davvero
tanta paura. Chissà cosa li aveva spaventati di
più …
«È
davvero finita?», sussurrò mamma guardando
papà.
«Sì.
Si sono arresi. Come tutti i prepotenti, dietro la
spavalderia sono dei vigliacchi». Rispose papà
sorridendole proprio come
piaceva a lei.
Ma
anche a me piaceva quando sorrideva così … era
stato tanto
triste negli ultimi giorni …
Ma
se davvero erano tornati a casa loro perché nessuno diceva
nulla?
Perché
tutto quel silenzio?
Potevo
abbracciare mamma e papà o dovevo rimanere con Jacob?
Forse
stavano tornando indietro? Si erano nascosti tra gli
alberi?
Per
sicurezza cominciai a scrutare il bosco.
«Sul
serio, gente. Non ritorneranno. Potete rilassarvi tutti,
ora». Disse zia Alice ridendo come papà.
Ancora
tutti zitti.
Qualcuno
in lontananza borbottò qualcosa e, subito dopo, tutti
iniziarono a gridare impazziti dalla gioia.
Si
abbracciavano, ridevano, si baciavano, era come una grande festa.
Solo
i due Vampiri con la faccia vecchia sembravano ancora arrabbiati.
In quel momento mi sentii sollevare, «Nessie, Nessie,
Nessie», ripeteva mamma mentre
mi staccava dalla schiena di Jacob per stringermi stretta al suo petto
… allora
non dovevo più partire?? Avevo capito bene??? Quando anche
papà ci avvolse nel
suo abbraccio capii che nessuno ci avrebbe più separati.
«Posso
restare con voi?», chiesi piano piano.
«Per
sempre», mi sussurrò mamma baciandomi la fronte.
«Per
sempre», le ripeté papà nell'orecchio.
Mamma
si voltò verso di lui e gli diede un bacio, uno di quei
baci belli, quelli dove c’è tanto tantissimo amore
e che non mi sarei mai
stancata di stare guardare, e stretta in mezzo al loro abbraccio mi
sentii al
sicuro.
Edward
«E
quindi alla fine ha agito una combinazione di fattori, ma se bisogna
sintetizzare è stata... Bella», spiegavo
gongolando dalla gioia e pieno
d’orgoglio, alla mia famiglia e agli ultimi ospiti rimasti.
La
maggior parte di loro era ripartita subito dopo aver festeggiato,
desiderosi di
tornare ognuno nelle proprie realtà, eccetto Vladimir e
Stefan, che si
dileguarono ancor prima che iniziassimo a festeggiare; gli sarebbe
piaciuto
assistere alla disfatta fisica, oltre che morale, dei Volturi, ma
quella non
era la nostra guerra, certi problemi dovevano risolverseli da
sé. L’unico velo
di tristezza che offuscò la nostra gioia fu il dolore che
inevitabilmente
trapelava dagli occhi delle nostre cugine per la perdita della sorella.
Nonostante
tutto ci lasciarono per ultimi e Garrett lì
seguì. Mi piaceva quel patriota, ed
ero contento per Kate. Sperai in cuor mio che anche Tania potesse, un
giorno,
darsi pace e trovare l’altra metà del suo cuore.
Tutti
ci aspettavamo che Huilen e Nahuel partissero con le Amazzoni, invece
ci
stupirono trattenendosi ancora un po’. Fu Nahuel a insistere,
d’altra parte mia
figlia era l’unico esemplare della sua specie che non fosse
una sua sorella, e
questo lo incuriosiva non poco.
Huilen
conversava con Carlisle, suo nipote, invece, ascoltava, apparentemente
rapito,
la mia versione della contesa di quella mattina; lanciando,
però, insistenti
occhiate a mia moglie e mia figlia.
Chiunque
avrebbe frainteso quegli sguardi, mi stupiva che Jacob non si fosse
agitato, Bella
era visibilmente a disagio, potendo però avere accesso alla
sua mente provavo per
lui solo una gran pena.
«Alice
ha fornito ad Aro la scusa che gli serviva per uscire dallo
scontro.» dissi
cercando di ignorare il comportamento del nostro ospite «Se
non fosse stato
tanto terrorizzato da Bella, probabilmente avrebbe portato avanti il
piano
originale».
«Terrorizzato?»,
s’intromise Bella, scettica. «Da me?».
«Quando
ti deciderai a vederti in modo chiaro?», dissi pieno di
ammirazione e al
contempo spazientito dal suo continuo sminuirsi «In
duemilacinquecento anni i
Volturi non hanno mai combattuto ad armi pari. Men che meno in
condizione di
svantaggio. Specialmente da quando hanno acquisito Jane e Alec, si sono
dedicati solo a massacri nei quali la resistenza del nemico era nulla.
Avresti
dovuto vedere che impressione gli abbiamo fatto! Di solito Alec
annienta i
sensi e le emozioni delle vittime mentre loro fingono di riunirsi in
consiglio.
In quel modo, nessuno può scappare quando pronunciano il
verdetto. Ma noi
eravamo lì, pronti, in attesa, in numero superiore al loro,
con doni speciali
tutti nostri, mentre i loro talenti venivano neutralizzati da Bella.
Aro sapeva
che, con Zafrina dalla nostra parte, all'inizio sarebbero stati
accecati. Sono
sicuro che le nostre schiere sarebbero state decimate abbastanza
gravemente, ma
loro erano certi di subire almeno altrettante perdite. C'era persino
una
discreta possibilità che perdessero. Non gli è
mai capitato di misurarsi con
una possibilità simile. Erano totalmente
impreparati».
«Difficile
sentirsi sicuri quando si è circondati da lupi grossi come
cavalli», rise
Emmett scherzando con Jacob.
«Sono
stati i lupi a fermarli, prima di tutto»,
sentenziò Bella.
«Di
sicuro», convenne Jacob.
«Proprio
così», annuii. «Altra visione senza
precedenti, per loro. I veri “Figli
della Luna” si muovono raramente
in branco, non riescono a controllarsi molto. Non erano preparati alla
sorpresa
di sedici enormi lupi irreggimentati. Caius ha davvero il terrore dei
licantropi. Ha quasi perso uno scontro con uno di loro, qualche
migliaio di
anni fa, e non l'ha mai dimenticato».
«Quindi
esistono dei veri licantropi?», chiese meravigliata.
«Con la luna piena e le
pallottole d'argento e tutte quelle storie?».
«"Veri".
Ed io cosa sono, immaginario?». Sbuffò Jacob
“Magari
… Non sarebbe male se
svanissi come un brutto sogno …” pensai.
«Hai
capito benissimo».
«Sì,
la luna piena è una storia vera», dissi sorridendo
delle loro schermaglie.
«Quella delle pallottole d'argento, no: è solo una
leggenda nata perché gli
umani si sentissero in grado di fronteggiarli. Non ne rimangono molti.
Caius li
ha fatti cacciare fin quasi all'estinzione».
«Non
ne hai mai parlato perché...?»
«Non
ce n'è mai stata occasione». Tagliai corto.
Parlare dei lupi non era mai stato
tra i miei interessi primari, avrebbe dovuto saperlo ormai.
“Sta
diventando petulante
questa ragazza! Speriamo che con i secoli non peggiori!” scherzò
Alice infilandosi sotto
il mio braccio «Sputa il rospo, Bella».
Sospirò infine dopo che la stessa l’aveva
fulminata con uno sguardo feroce.
«Come
hai potuto farmi questo, Alice?».
«Era
necessario».
«Necessario!»,
sbottò. «Eri riuscita a convincermi che saremmo
morti! Sono stata uno straccio
per settimane».
“E
non solo te … ma una cosa è
certa: dei comportamenti ameni di mia sorella dobbiamo sempre fidarci
ciecamente. Mai scommettere contro Alice Cullen!”
«Poteva
finire così», rispose serafica Alice.
«Nel qual caso dovevi essere preparata a
salvare Nessie».
«Ma
sapevi che c'erano anche altre possibilità»,
l'accusò stringendo la piccola che
dormiva ancora di più a sé. «Sapevi che
qualche speranza esisteva. Ti è mai
venuto in mente che avresti potuto dirmi tutto? Ho capito che Edward,
per via
di Aro, doveva credere che fossimo spacciati, ma almeno a me avresti
potuto
dirlo».
«Non
credo proprio», disse dopo un brevissimo istante di
riflessione. «Non sei una
brava attrice, punto e basta».
“E
su questo non c’è ombra di
dubbio …”
«Cioè
il problema era il mio talento nella recitazione?».
«Non
esagerare Bella. Hai idea di quanto sia stato complicato organizzare
tutto? Non
ero nemmeno sicura che esistesse qualcuno come Nahuel: sapevo solo che
stavo
cercando qualcosa che non avrei potuto vedere! Prova a immaginare di
individuare un punto cieco: non è certo la cosa
più facile che mi sia capitato
di fare. In più dovevamo inviare qui i testimoni principali,
come se non
avessimo già avuto abbastanza fretta. E poi ho dovuto tenere
gli occhi aperti
in continuazione, nel caso tu decidessi di mandarmi altre istruzioni.
Un giorno
o l'altro mi dirai cosa c'è a Rio. »
“Rio??”
«Ma,
ancora prima, dovevo prevedere tutti i trucchi che avrebbero potuto
utilizzare
i Volturi e trasmetterti ogni indizio in mio possesso per prepararti
alla loro
strategia... tutto nelle poche ore che mi rimanevano per abbozzare ogni
possibilità. Ma principalmente, dovevo garantirmi che foste
tutti convinti che
vi avessi mollati: Aro doveva essere certo che non aveste assi nella
manica,
altrimenti non si sarebbe mai lasciato una scappatoia del genere. E se
credi
che non mi sia sentita un'idiota... ».
«Okay,
okay!», la interruppe. «Scusa tanto! Lo so che
è stato terribile anche per te.
È solo che... be', mi sei mancata da morire, Alice. Non
farmi mai più una cosa
del genere».
«Anche tu mi sei
mancata, Bella. Quindi
perdonami e cerca di accontentarti di essere la supereroina della
giornata».
Rispose riempiendo la stanza della sua contagiosa risata cristallina.
Finsi
di ignorare lo sciocco imbarazzo di mia moglie e continuai il racconto
dettagliato di quanto fosse stata determinante con il suo potere e il
suo
sangue freddo. Era solo merito suo se eravamo vivi se non ci fosse
stato il suo
scudo Alice non sarebbe arrivata in tempo con i suoi testimoni, la
nebbia di
Alex ci avrebbe privato della volontà e con Jane non avremmo
avuto scampo …
senza contare poi tutti gli altri …
Avevo
ragione io, l’avevo sempre sostenuto: Bella era unica,
speciale, insostituibile
e solo e soltanto MIA.
Lentamente
la discussione e commenti sulla giornata si divisero in piccoli gruppi
…
sentivo un peso tremendo sulle spalle, come se mi fossi portato
appresso una
montagna intera per giorni e giorni, la stanchezza non faceva parte del
nostro
mondo, era tutta una questione mentale, lo stress di questa terribile
giornata
e delle settimane precedenti ci aveva in qualche modo stremato
… avevo solo
bisogno di tranquillità … della mia famiglia
…
«Portiamo
Nessie...». Sussurrò Bella incrociando per un
istante il mio sguardo.
Non
le permisi nemmeno di finire la frase.
«Buona
idea», esclamai. «Sono sicuro che non ha dormito
bene la notte scorsa, con
tutto quel russare». Puntualizzai scherzando a Jacob che, per
tutta risposta,
sbadigliò. Questa nuova dinamica tra noi era ancora un
po’ troppo difficile da
accettare per me, ma ci stavo lavorando.
«È
da un po' che non dormo in un letto. Credo che mio padre si
emozionerà
tantissimo ad avermi di nuovo sotto il suo tetto».
Farfugliò lui, in mezzo ad
un altro sbadiglio.
Salutò
Bella, diede un bacio sulla fronte a Nessie e mi assestò un
pugno sulla spalla.
«Ci
vediamo domani. Mi sa che adesso sarà tutto un po' noioso,
no?».
Non
mi sembrava di avergli concesso tutta questa confidenza, ma ero troppo
spossato
per intavolare qualsiasi tipo di discussione «Lo spero
ardentemente», risposi, e
finalmente anche lui sparì.
Lentamente,
cercando di non svegliare Nessie ci alzammo e cominciammo ad avviarci
alla
porta quando «Ah, Jasper?», chiese inaspettatamente
Bella.
«Sì,
Bella?».
«Sono
curiosa: perché J. Jenks si spaventa a morte solo sentendo
il tuo nome?»
“No
amore è meglio che tu non
lo sappia …”
pensai sorridendo “Ti faresti solo
delle
idee sbagliate sul povero Jasper …”
Jasper
ridacchiò. «Per la mia esperienza, certi rapporti
di lavoro funzionano meglio
se sono motivati più dalla paura che dal guadagno».
Bella
non mi sembrò convinta.
Lasciò
correre ma già sapevo che sarebbe tornata presto su
quell’argomento … povero
Jasper, non aveva la minima idea di cosa lo aspettasse, era
estremamente
cocciuta quando s’impuntava su qualcosa.
Augurammo
a tutti la buona notte e finalmente uscimmo, incamminandoci lentamente,
senza
fretta, verso casa.
La
nostra casa.
Ormai
avevamo l’eternità davanti a noi, che bisogno
c’era di correre? C’era stata fin
troppa premura negli ultimi tempi, non ne potevo più di
quella vita frenetica.
Intorno
a noi solo i rumori sommessi del bosco, i nostri respiri e il cuoricino
di mia
figlia che batteva placidamente.
«Devo
dire che sono davvero colpito da Jacob al momento», dissi.
«I
lupi fanno la loro figura, vero?».
«Volevo
dire un'altra cosa. Oggi non ha mai pensato al fatto che, secondo
quello che
dice Nahuel, Nessie avrà raggiunto la maturità
completa solo fra sei anni e
mezzo».
«Lui
non la vede così. Non ha nessuna fretta che cresca. Vuole
solo che lei sia
felice». Rispose Bella dopo averci riflettuto un attimo.
“Io
invece ho riflettuto
parecchio si questo problema, e non mi piace … per
più di un motivo!”
«Lo so. E la cosa mi colpisce,
come ti dicevo. Sarà anche una cosa da non dirsi, ma poteva
andarle molto
peggio».
Si
accigliò. «Non intendo pensarci per i prossimi sei
anni e mezzo».
“Nemmeno
io, puoi starne
certa!” pensai
ridendo «Certo, a quanto pare avrà un concorrente
di cui preoccuparsi, quando
arriverà il momento».
«Me
ne sono accorta. Sono grata a Nahuel per oggi ma tutto quel fissare era
un po'
strano. Non m'importa niente che lei sia l'unica mezza vampira che non
è sua
parente».
«Ma
non stava fissando lei: fissava te». Risposi con una punta di
gelosia nella
voce.
«E
perché dovrebbe?».
«Perché
tu sei viva», mormorai.
«Non
ti seguo».
«Per
tutta la vita - e ha cinquant'anni più di me...»,
cominciai a spiegare.
«È
decrepito, allora», m’interruppe.
La
ignorai.
«...
si è sempre sentito una creatura del male, assassino per
natura. Anche le sue
sorellastre hanno ucciso le proprie madri, ma non ci avevano mai dato
peso.
Joham le ha educate nella certezza che gli umani fossero animali,
mentre loro
erano divinità. Nahuel invece è stato cresciuto
da Huilen, che amava sua
sorella più di ogni altra cosa. È stata lei a
plasmare tutto il modo di pensare
del ragazzo. E per certi versi lui si è detestato
davvero».
«Che
cosa triste», sussurrò.
“Già
… è l’unico motivo per cui
non l’ho fatto a pezzi …”
pensai «Poi ha visto noi tre e ha capito per la prima volta
che, se anche è
mezzo immortale, non vuol dire che sia una creatura malvagia per
natura. Mi
guarda e vede... ciò che avrebbe dovuto essere suo
padre».
«Ma
tu sei una figura piuttosto ideale, da tutti i
punti di vista», sentenziò.
Continuai
ad ignorarla, e sbuffai.
Non
avrebbe mai smesso … «Guarda te e vede la vita che
avrebbe dovuto avere sua
madre».
«Povero
Nahuel», mormorò sospirando.
«Non
essere triste per lui. Ora è felice. Oggi ha cominciato
finalmente a
perdonarsi».
Arrivammo
davanti a casa e un brivido mi percorse la schiena, era veramente una
scena da
favola, non c’era la luna quella notte ma
l’immagine ai miei occhi era
nitidissima, sembrava veramente una casetta delle favole, adesso che
nella
nostra favola era finalmente stato scritto il “vissero
per sempre felici e contenti”, quella minuscola
casetta mi
appariva esattamente per quello che era: un posto magico, solamente
nostro.
Portammo
Nessie nel suo lettino e le rimboccammo piano le coperte, mentre un
dolce
sorriso le illuminò il volto.
Con
la stessa calma con cui avevamo passeggiato nel bosco arrivammo nella
nostra
stanza. «È una notte da festeggiamenti»,
mormorai alzandole il viso per baciarla.
«Aspetta»,
esitò, ritraendosi.
“Come?” dovevo
sicuramente aver capito
male.
Non
poteva avere mal di testa.
Quindi,
dov’era il problema?
«Voglio
provare una cosa», si affrettò a dire vedendomi
“giustamente” perplesso. Un
simile comportamento non era da lei.
Mi
posò le mani su entrambi i lati del viso e chiuse gli occhi.
Fu un attimo ma ne
rimasi sconvolto.
«Bella!»,
esclamai.
La
sua mente si era aperta, avevo sentito i suoi pensieri, avevo visto i
suoi
ricordi, più o meno nitidi, la maggior parte erano ricordi
umani … tutta la
nostra storia davanti ai miei occhi esattamente come l’aveva
vista lei … mi
vidi entrare in sala mensa, abbracciarla nella radura, mi sentii
chiamarla
disperato quando James l’aveva catturata, mi rividi
aspettarla all’altare nel
giorno più bello della mia esistenza, l’immagine
che i suoi occhi, velati di
lacrime, mi stavano mostrando, rendevano tutto ancor più
sfumato e magico … la
luna di miele … potei percepire la sua gioia quando sentii
per la prima volta i
pensieri di Renesmee e poi di nuovo ricordi della sua nuova vita
… tutto questo
non erano solo immagini … avvertivo pensieri, sensazioni
… persino il battito
del suo cuore che tanto mi mancava, e in tutto questo c’era
amore, tanto
tantissimo amore, lo percepivo ovunque, in ogni sguardo, in ogni
pensiero.
Non
potei più resistere e sopraffatto da tutte queste emozioni
la baciai.
La
connessione tra le nostre menti si spezzò.
«Ops,
l'ho perso!», sospirò.
«Ma
io ti ho sentita», sussurrai
ancora incredulo. «Come ci sei
riuscita?».
«È
stata un'idea di Zafrina. Ci siamo allenate qualche volta».
Ero
sbalordito.
«Ora
lo sai», disse spensierata, «Nessuno ha mai amato
tanto qualcuno quanto io amo
te».
“Stai
sbagliando tesoro!”
«Hai quasi fatto centro».
Sorrisi sornione. «Conosco solo un'eccezione».
«Bugiardo».
Replicò, ma la zittii con un altro bacio.
«Puoi
rifarlo?», chiesi poi fermandomi di scatto.
«È
molto difficile». Rispose con una smorfia, tornò
con le sue mani sul mio viso;
ed io ripresi a baciarla.
«Non
posso reggerlo se mi distrai anche solo un pochino», mi
ammonì.
«Faccio
il bravo»
Socchiuse
gli occhi e si concentrò.
Certo
che se indugiava con dovizia di particolari sulla notte in cui avevamo
inaugurato la nostra casa, non poteva pretendere che rimanessi
impassibile.
«Accidenti»,
ruggii, senza interrompere il bacio, quando la sua mente, nuovamente,
si oscurò.
«Abbiamo
un sacco di tempo per allenarci», mi ricordò.
«Tutta
l'eternità», mormorai.
«Mi
sembra convincente».
E
continuammo a occuparci beati di quella parte piccola, ma perfetta,
della
nostra eternità.
FINE
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=721924
|