W.M. Trumper - Fratelli di Sangue

di BlackLilium
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** William Maurice Trumper ***
Capitolo 2: *** Mark Thomas Trumper ***
Capitolo 3: *** Stasera carne ***
Capitolo 4: *** Lupo pentito ***
Capitolo 5: *** Andy...? ***
Capitolo 6: *** La culla ***
Capitolo 7: *** Istinto Animale ***
Capitolo 8: *** Buona condotta ***
Capitolo 9: *** Londra ***
Capitolo 10: *** Casa Trumper ***
Capitolo 11: *** Johnny King ***
Capitolo 12: *** Vita di merda ***
Capitolo 13: *** Nostalgia ***
Capitolo 14: *** Le Nebbie di Avalon ***
Capitolo 15: *** Corvina ***
Capitolo 16: *** Addio ***
Capitolo 17: *** Devo morire ***
Capitolo 18: *** Limpido ***
Capitolo 19: *** Figlio di nessuno ***
Capitolo 20: *** Signorino Bastian ***
Capitolo 21: *** Mashka ***
Capitolo 22: *** Un'altra rosa ***
Capitolo 23: *** Cupa Ira grigia di Pioggia ***
Capitolo 24: *** A volte ritornano ***
Capitolo 25: *** Back to Black ***
Capitolo 26: *** Mondo Crudele, mondo gentile ***
Capitolo 27: *** Quando un Tornado incontra un Vulcano ***
Capitolo 28: *** William vs. Andy ***
Capitolo 29: *** Heart' Sunset ***
Capitolo 30: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** William Maurice Trumper ***


  
 
Crescere, senza la possibilità di invecchiare. È un cosa che William Trumper ha sempre adorato: vedere il mondo cambiare attorno a sé e poter avere sempre la stessa pelle liscia, bianca e tremendamente fredda. Perfetta.
Sul tavolino di vetro nero brillava quella striscia di polvere bianca, tanto fina da sembrare impalpabile, ma era tutt’altro. William arrotolò il centone stropicciato e guardò fuori dalle alte vetrate del suo attico: fuori la notte brillava del riflesso delle strade, e lo chiamava con fare sensuale e provocante.
“Amica mia…” sussurrò lui, per poi sniffare la magica polvere in una sola volta. Buttò la testa indietro sullo schienale del divano di pelle e assaporò quel momento di totale perdizione. Così, con lo sguardo verso il soffitto, venne sorpreso dal caldo bacio di Andy, suo giovane e alquanto scaltro amante.
“Willy, andiamo a giocare?” Gli chiese, accarezzandogli una guancia con le unghie lunghe e ben curate.
“Stasera no, Andy. Devo uscire.”
“No, tu stasera rimani qui.” gli disse l’altro, sedendosi accanto a lui e accarezzandogli i capelli corvini e lucidi “Ho tante cose da farti provare… e non sto parlando della coca.”
William fece comparire un fugace sorriso e inclinò di poco la testa, guardando Andy con sguardo superiore: “Stasera devo uscire. Buonanotte.”
“Puttana.”
Le unghie di William s’impiantarono nel collo del ragazzo che cominciò a mugolare: “Se non ti sta bene, quella è la porta, razza di ingrato.” Gli disse fermamente, fissandolo con gli occhi più glaciali che riuscisse a fare.
William lasciò la presa e prese la giacca dal bancone del salotto, dirigendosi con passo barcollante verso la porta d’entrata.
“Cos’è, vai a cercare la tua dolce metà, Sir Trumper?” Insistette Andy.
William sbatté la porta.
“Vaffanculo, Andy.”

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Capitolo 2
*** Mark Thomas Trumper ***


  
 
La ragazza vagava da ore ormai e la foresta non poteva più proteggerla dalle avversità della notte imminente. Sarebbe dovuta rientrare al più presto. Raccolse i lunghi capelli corvini dentro il cappuccio e si avviò verso casa, la torcia in mano pronta ad ogni evenienza.
‘Maledetto…’ pensò, mentre usciva dal bosco e si avvicinava alla zona residenziale del piccolo paese di collina.
Entrò nella roulotte con la stessa furia di un cane rabbioso e sbatté l’uscio violentemente, gettando la borsa consunta sul divano di pezza graffiata.
“Andromeda? Sei a casa?”
La ragazza aprì la porta della camera da letto e lo vide sdraiato beatamente, intento a leggere il giornale del giorno.
“Mark Thomas Trumper, sai da quante cazzo di ore sono fuori a cercarti, maledetto bastardo?”
“Ehi, ehi, calma ragazzina…”
“Tu te ne stai qui, in panciolle, a leggere un fottuto giornale? Ma sai almeno leggere?”
Il ragazzo si alzò con calma e fece cadere il quotidiano per terra: “Andy, che cazzo hai?”
“Lo chiedi a me, Mark? A me lo chiedi? Sai che fuori sta arrivando la notte, vero? Sai che sta arrivando anche un temporale, vero? O forse dovevi ancora arrivare alla pagina del meteo…?”
“Cristo quanto mi piaci quando ti incazzi…”
“Certo che ti piaccio quando mi incazzo! Sono una gran figa quando m’incazzo!”
Il ragazzo le si avventò contro e le prese la testa tra le mani, affondando la lingua nella sua bocca infuriata: aveva una sfrenata voglia di lei e quella non si sottrasse.
Lo abbracciò e si voltò dando le spalle al letto, ma lui fece scendere le mani e la prese in braccio, sbattendola al muro confinante con la cucina.
“Mark, è una roulotte, la sfonderemo…”
“Meglio.”
Il ragazzo continuò a baciarla, togliendole i tre strati di maglie che si era messa per coprirsi dal freddo. Andy gli prese la testa e lo strinse a sé, cingendogli la vita con una gamba, mentre con l’altra si appoggiò al muro e diede una forte spinta, facendolo cadere sul letto.
Andy si trovò a cavalcioni su di lui e gli sfilò prepotentemente la camicia rossa, atterrandolo poi con un braccio. Si piegò su di lui e ricominciò a baciarlo, mentre con le mani raggiungeva la cerniera dei jeans sempre troppo larghi.
I jeans di lei, al contrario, erano fin troppo stretti e così lui, senza pensarci, invertì le parti e, con la ragazza sotto di lui, le graffiò le gambe e le strappò i blu jeans. La ragazza urlò dal male, ma lui ormai non la sentiva più e continuò a baciarla su tutto il corpo, sfilandole quel poco che le rimaneva addosso. Andromeda cercava in tutti i modi di fermarlo, allungando le braccia e urlandogli di fermarsi. Le gambe cominciarono a sanguinarle dai graffi, seppur superficiali, del ragazzo.
“Mark! Finiscila! Piantala!”
Sentì il desiderio di lui crescere sempre più in fretta e vide la notte calare troppo velocemente fuori dalla finestra. No, non era possibile.
Andromeda decise di resistere e sopportare il dolore, in modo che finisse tutto in fretta: lo baciò di nuovo e si mise a carponi sopra di lui. Sentì il suo membro caldo entrare in lei e provò il solito piacere appagante che solo Mark riusciva a darle. Il ragazzo si mise seduto e la prese a sé, gemendo a sua volta di piacere. Andromeda lo strinse tra le braccia e cacciò un paio di lacrime per il dolore alle gambe: sentì che lentamente il ragazzo tornava cosciente e lucido, ansimando sempre meno. Lei si alzò piano e lo lasciò qualche momento da solo per andare al bagno e darsi una lavata.
Fece scorrere l’acqua della doccia e si guardò per un istante allo specchio.
“Troppo in fretta questa volta, Andy…” La voce fuori dalla porta sapeva di ironico.
La ragazza si tamponò le gambe con un’asciugamani e cercò di mascherare il dolore con la voce: “Sì, hai ragione, ma ero ancora arrabbiata.”
“Beh, allora potremmo riprovarci.”
“Beh, anche no!”
Il ragazzo ridacchiò e si prese una Red Bull dal frigo, sedendosi poi sul divanetto di pezza.
La ragazza uscì, correndo verso la camera il più in fretta possibile: Mark non doveva vedere i graffi per nessun motivo, ma nulla sfuggiva al lupo.
“Andy, cazzo, sono stato io?”
La ragazza chiuse la porta della camera e non rispose. Stava quasi singhiozzando.
“Cazzo, Andy, fammi entrare!”
“Non è niente, Mark.” Disse lei, aprendo la porta altrimenti sfondata dal ragazzo.
Mark la prese di peso e la sdraiò sul letto, guardando il danno infertole. Portò le mani alla testa rigata di treccine nere e indietreggiò, appoggiandosi al muro.
“Ehi, è tutto a posto. È stato nel tuo solito momento di follia pre-orgasmica, niente di cui preoccuparsi. Domani mi passa.”
“No, domani non ti passa.” Disse lui, e sferrò un pugno al muro della stanza, facendo un buco da parte a parte.
“Bravo! Ora non dovrò aprirti la porta per avvisarti della cena pronta. Mi basterà urlartelo.” Rise lei, cercando di sdrammatizzare la cosa.
Mark prese la giacca e fece per uscire dalla roulotte.
“Dove vai? Ormai ti sei sfogato… per stanotte è finita.”
Lui non rispose, chiuse la porta alle sue spalle e sparì nel folto del bosco.

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Capitolo 3
*** Stasera carne ***


  
 
La macchina sfrecciava veloce tra le vie della città e William dimenticò per un istante chi aveva accanto.
“Tu porta in me in posto di lusso, si? Si, tu hai soldi, si vede…”
La puttana bionda sul sedile del passeggero si stava sistemando i capelli alla meno peggio riflettendo la sua immagine su uno specchietto da quattro soldi.
“Come sono caduto in basso…” si disse lui a voce bassa, accostando su uno dei grandi ponti della città.
“Beh? Così, a bordo di strada?”
William tirò fuori il portafogli, sfilò un centone e glielo fece volare in grembo: “Scendi.”
“Che? Io come faccio a tornare? Niet, rimango qui.”
Il ragazzo non si voltò nemmeno a guardarla e continuò: “Scendi, ho detto.”
La ragazza non si mosse, e mormorò qualcosa in russo molto simile ad un’imprecazione.
William sbuffò.
“Stasera si mangia, a quanto pare.”
Sul ponte le macchine sfrecciavano veloci e le luci rosse correvano come laser sulla striscia nera dell’asfalto. Nessuno poteva vedere le mani disperate della ragazza dimenarsi sul vetro, cercando di aprire la portiera. Nessuno poteva capire che stava perdendo la vita in quei brevi istanti. Nessuno poteva immaginare che William Trumper fosse un assassino.

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Capitolo 4
*** Lupo pentito ***


  
 
“Fai le valigie, ti porto in città.”
Era mattina inoltrata ormai, e Mark aveva fatto irruzione in camera senza nemmeno salutarla o darle uno dei suoi baci del mattino. Andromeda si mise seduta sul letto, il sole che entrava timido dalla finestra.
“Scusa?”
“Sì, mi sono rotto di farti del male ogni volta che voglio averti.”
“È un problema che ti stai ponendo tu, io non mi sono mai lamentata. So come stanno le cose, ma questo non mi impedisce di stare con te.”
“Andy, ti ho graffiata, e non ero nemmeno cosciente. Ti porto in città, tu torni a vivere la.”
“Non puoi decidere dove mettermi come un pacco postale. Mi è già passato tutto! Guarda!” disse lei, scoprendosi le gambe e mostrandogli i segni rossi che stavano cicatrizzando.
Mark li guardò con orrore e aprì l’armadio, ficcando in un borsone tutte le cose di Andy.
“Non t’azzardare! Mark, ascoltami:” gli disse, fermandolo e prendendogli la testa fra le mani, “so a cosa sto andando incontro, l’ho scelta io questa vita. Sarei vuota se ne facessi un’altra. Rimetti le mie cose a posto.”
“Andy, questa notte ci ho pensato, e non è giusto che anche tu subisca gli attacchi di mio fratello. Se rimani con me William farà di tutto per…”
“Non mi hai mai raccontato cos’è successo tra voi due.”
Mark s’ammutolì e ripose le cose di Andy nell’armadio, sperando che quel gesto la facesse tacere.
“Io quello lo ammazzo se ti mette le mani addosso…” disse lui fra sé e sé.
Andy l’abbracciò da dietro, gli tolse la giacca e la camicia e gli baciò le spalle, dicendogli di stare calmo.
“Dove sei stato tutta stanotte?”
“A caccia. Credo dovremo spostarci tra qualche giorno, qui diamo troppo nell’occhio.”
“D’accordo.”
Mark la prese per le braccia e la strinse a sé: “Se ti trova, giuro che lo scortico vivo. E sai che ne sono capace…”
“Quanti ne hai trovati stanotte?”
“Solo due, ma erano ben addestrati. Mi han dato de filo da torcere, devo essere sincero.”
“Erano sicari di tuo fratello?”
“Non lo so, non credo. Forse erano del clan dei Black Rose, sai che perlustrano queste terre da sempre. Anche per questo dobbiamo muoverci al più presto.”
“D’accordo.”
I Black Rose erano il clan più potente della zona, e Andromeda aveva avuto a che fare con loro ancora quand’era bambina. Avevano rapito suo padre, lasciandola sola con la madre e le due sorelle più grandi. Lei non ci aveva mai sofferto più di tanto, i ricordi che aveva di suo padre erano pochi e ormai offuscati dagli anni. Ogni tanto, gli occhi di uno di loro la tormentavano durante i suoi sogni più profondi, facendola svegliare senza fiato e in preda a crisi di panico.
Mark non parlava mai dei suoi genitori, ma conoscendo la brutta fama del fratello, Andy non si era mai aspettata grandi cose da loro.
Non per niente Mark era scappato da quella famiglia, e per quanto fosse stato un abbandono spontaneo e volontario, di certo non doveva essere stato pacifico. C’era qualcosa che Andy ancora non sapeva, e lei non sapeva che peso darvi.

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Capitolo 5
*** Andy...? ***


   
 
Lo specchio rifletteva con luce quasi lunare la superficie liscia e perfetta del suo volto. William si stava scrutando allo specchio, cercando di scovare l’ombra di un’età, la parvenza di un decennio scivolatogli addosso come polvere. Nulla. Meglio così. Il viso magro e bianco era segnato da due occhi profondi e scuri come la pece. Riesci a sentirmi? William si guardò alle spalle. Niente. Tornò a fissarsi allo specchio: i capelli neri corvini gli scendevano sulla fronte corti e lisci, lucenti come la seta. Se li portò alla nuca con una mano e si sorrise beffardo allo specchio.
Non una ruga. Non un’imperfezione. Riesci a sentirmi?
“Andy?”
Nessuno rispose.
William spense la luce e si diresse al letto, ora vuoto. Andy l’avrebbe raggiunto solo mezz’ora dopo. Le lenzuola nere scivolarono veloci fino ai piedi del letto ad un suo unico tocco, e il ragazzo si sdraiò sul materasso pieno di grinze di seta scura. Ebbe la sensazione di soffocare sul cuscino, così si mise su un fianco e chiuse gli occhi. Una stanchezza mai provata prima lo assalì e William cadde in un sonno profondo.
Non ricordava che quella notte aveva sulle sue spalle un doloroso anniversario. Tante immagini sfrecciarono veloci sotto le sue palpebre e poche erano sufficientemente nitide da fargli ricordare l’accaduto. Un mantello color rubino, delle torce in un parco, edera fresca ad incorniciare l’alta finestra del palazzo, e poi quegli occhi. Occhi glaciali, difficili da dimenticare. Occhi sbarrati di fronte all’impensabile verità. La sua generatrice, ammazzata dalla sua stessa creatura. L’odio e la sofferenza di una madre che si vide tradita da ciò che aveva messo al mondo. Lei, ora, gli stava parlando, ma lui non ascoltava… fin quando un nome lo richiamò all’attenzione della donna. La guardò ancora e le chiese di ripetere. Sì, figlio mio, Andy morirà…
 

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Capitolo 6
*** La culla ***


  
 
Mark si svegliò ringhiando sul letto, e strappò il lenzuolo di cotone grezzo sotto di lui. Andromeda al suo fianco dormiva tranquilla. La guardò e si calmò subito.
“Madre, non può essere…” sussurrò lui, accarezzando i capelli di Andy.
La ragazza si girò su se stessa e aprì gli occhi: “Mark, tutto ok?”
“Sì, certo…” mentì lui.
Andò in cucina e prese un’altra Red Bull dal frigo, l’ultima.
“Se la bevi ora poi non dormi più.” Gli disse lei, dallo stipite della porta.
Mark ripose la bibita nel frigo. Scelse di finire la bottiglia di vino rosso stappata la sera prima.
“A-ah… quella ci serve domani.”
“E allora non bevo un cazzo, va bene!?” Urlò lui, sbattendo la porta del frigo e facendo traballare tutta la roulotte.
Prese la giacca di pelle e uscì, lasciando Andy esterrefatta.
“Cristo…” disse lei sottovoce, andando a vestirsi.
 
La notte era particolarmente fredda e buia, ma Andy riusciva a vedere Mark in lontananza, nel folto del bosco. Se anche l’avesse perso di vista, l’avrebbe trovato sicuramente nel posto in cui si rifugiava sempre, ovvero dentro al tronco di un albero enorme, cavo, protetto dalla pioggia e dal vento, con una buca di almeno un metro e ampio abbastanza per poterci dormire la notte. E infatti fu lì che lo trovò, dopo la seconda macchia di cespugli di bacche, sulla destra del sentiero.
“Mark, sogni inquieti anche stanotte?”
“Vai a casa, Andy.” Sentì una fitta nel pronunciare quel nome.
“No, non vado a casa. Mi sono rotta di dover obbedire ad un lupo codardo.”
“Codardo?” Ringhiò lui, balzando fuori dal buco e arrivandole ad un palmo dal naso.
Lei non si mosse, anche se l’unico istinto che aveva era quello di baciarlo e di averlo lì, subito.
Entrarono nel buco e si misero a sedere, il muschio umido e soffice sotto di loro.
“Hai sognato William?”
Nessuna risposta.
Andromeda decise di cambiare discorso: “Dovrei cercare altre erbe, questo bosco è molto ricco. Con il timo potrei farti dei buoni impacchi per i graffi. Con tutti quelli che ti porti a casa dalle notti di caccia…”
“Ha ucciso nostra madre.”
La pioggia cominciò a picchiettare sulle foglie del sottobosco. Andromeda rimase a bocca aperta, ma dopotutto avrebbe dovuto aspettarselo da uno come William.
“Quando è stato?”
“Oh, troppi anni ormai… l’ha uccisa senza pietà, senza motivo, per puro amore dell’assassinio.”
“Vostra madre…”
“È per questo che lo odio, è spietato, senza cervello neppure verso la sua stessa razza. Lo odio, Andy, e non potrò mai perdonarlo. Faccio di tutto per fermare le sue razzie di innocenti, ma sono solo, non posso fare l’impossibile.”
“E questa notte che è successo?”
Mark la guardò senza parlare. Tacque mentre dentro urlava.
Andromeda gli si sedette accanto e lo baciò senza chiedergli altro. Lo urtò contro la parete dell’albero, ora culla del loro legame inossidabile.
Scese piano sul collo con i baci, cercando avidamente la sua pelle nuda, aprendogli man mano la giacca, la camicia, scostandogli la canotta bianca a costine e accarezzandogli il ventre con le mani fredde.
Lui la fermò sorridendo: “Queste mani ghiacciate da dove arrivano? Sembri uno degli amici di William.”
“Non scherzare, baciami.”
Mark si alzò su di lei: con un braccio la cinse in vita, mentre con l’altro si appoggiava alla sua schiena e con la mano le teneva la nuca. La baciò voracemente, come solo lui poteva. Lei si abbandonò alle sue mani, sempre grandi e sempre così calde.
Doveva averla, subito.
Le passò una mano sul ventre, e salì piano da sotto la giacca, arrivando alla pelle nuda del seno. Andy ebbe un singulto, e lo abbracciò a sé, baciandolo ferocemente.
Doveva averla, per sanare ogni dubbio sulla sua morte. Lei era lì, con lui.
Mark scese con le mani lungo la schiena e se la mise in grembo, a cavalcioni su di lui. Andy liberò un gemito, e lanciò la testa indietro per liberarsi della folta chioma nera.
Mark la urtò contro la parete dell’albero e si ritrovò sopra di lei.
La baciò ancora, sempre di più, sentendo le mani della ragazza sulla sua schiena e sulle sue spalle.
Non le avrebbe fatto del male, questa volta… no, si sarebbe controllato, sarebbe rimasto lucido; e se Andy fosse morta per mano sua?
Questo pensiero lo terrorizzò a tal punto da farlo immediatamente fermare.
Mark si alzò e si staccò da lei, gettandosi sulla parete opposta del tronco. Ansimava e con calma tornò al suo battito normale.
“Mark…? Non ti devi preoccupare, io…”
“Ferma! Non ti avvicinare.” Urlò lui, facendosi schermo con le braccia.
“Ma si può sapere che cazzo ti prende? Prima mi vuoi, ora mi respingi… fatti curare, io mi sto stancando di questi tuoi cambiamenti. Non ti sei mai accorto del male che mi facevi in tre anni e ora non mi vuoi nemmeno più toccare?”
Mark abbassò lo sguardo e liberò un grido che spaventò Andromeda, la quale si raggomitolò su se stessa, convinta che quella volta ci avrebbe rimesso davvero la pelle.
“Ho sognato mia madre, stanotte. Mi diceva che saresti morta.”
Andy si portò una mano alla bocca, preoccupata.
“Contenta, ora?”
“È stato solo un incubo, Mark. Mettici anche che l’altro giorno mi hai vista con la gambe distrutte per causa tua… avrai fatto un’associazione di idee troppo elaborata.”
Il ragazzo non ne sembrava troppo convinto, ma decise di crederle, per il momento. Le si sedette accanto e l’abbracciò, prendendole la testa tra le mani e baciandole la fronte.
Affondò le dita nella lunga chioma corvina e cercò di calmarsi ascoltando il battito del cuore di Andromeda.
“Io non vado da nessuna parte, Mark.”
“Sì, lo so. Ma temo verranno a prenderti.”

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Capitolo 7
*** Istinto Animale ***


  
 
“Willy, tutto bene?”
Andy, dal fondo del letto, guardava l’amante terrorizzato e con gli occhi sbarrati.
“Dov’eri? Dove cazzo eri?”
“Ehi, ero andato al bagno, calmati…”
William balzò giù dal letto e lo trascinò a sé, baciandolo con foga. Andy si abbandonò alle sue mani fredde e glaciali, sempre così poco affettuose ma ora bramose di carne e di attenzioni.
I capelli biondi e lucenti di Andrew splendevano alla luce della Luna perlacea che fuori illuminava a fatica la città luminosa di luci al neon.
Willy ormai non pensava più, era terrorizzato dall’idea di poter perdere Andy e voleva stare con lui, averlo, amarlo – per quanto lui potesse davvero amare.
Si buttarono sul letto coperto da setose lenzuola nere, e Andy guardò William con sguardo dolce. Willy non ci fece caso, odiava quel tipo di dolcezza… si avventò su di lui e gli bloccò la testa con le mani, scendendo con le labbra appena socchiuse lungo il viso, il collo e fermandosi alle clavicole: aveva sempre trovato quel disegno delle ossa molto sensuale.
“Willy, che c’è?”
Il ragazzo ebbe un raptus di follia e andò in uno stato di trance: il suo sguardo cambiò immediatamente, spaventando a morte Andy che però non poteva più muoversi dal terrore.
William spalancò la bocca e affondò i canini nel collo della sua bionda preda, che cominciò a divincolarsi disperata.
Il ragazzo non si fermava e anzi, trascinava il giovane per tutto il letto, affondando sempre più i denti nella carne bianca e fredda.
Andy rispose di conseguenza e lo azzannò a sua volta, svegliandolo di colpo. William si gettò a terra, indietreggiando incredulo.
“Volevi ammazzarmi, Willy? Che ti è preso, stronzo?!”
“Andy, per… perdonami…”
“No, non ti perdono! Questo era un vero e proprio attacco, come quando ammazzi la gente per strada… se per te deve andare avanti così, per me è finita.” Disse Andy, alzandosi dal letto e massaggiandosi il collo, strappando con rabbia dalla sedia la vestaglia azzurra.
William si alzò veloce e corse da lui, abbracciandolo da dietro come mai aveva fatto.
“Andy, no, non andare. Non so cosa sia successo. Brutti sogni, immagino… perdonami…”
Il ragazzo biondo non sapeva resistere a quei modi gentili: si girò e lo baciò con dolcezza. William lo lasciò fare, mentre una piccola lacrima faceva capolino da sotto le ciglia nere. La ricacciò subito indietro e approfondì il bacio, bloccando Andy tra il suo corpo e il muro.
Andrew scese con le mani lungo il corpo esile del ragazzo, giungendo ai boxer scuri: s’intrufolò con la mano e fece sussultare William dall’eccitazione, che sorrise beffardo davanti all’iniziativa dell’amante.
Andrew gli prese il membro tra le mani fredde e cominciò a muoverlo con costanza, approfondendo intanto i baci sul collo di William.
“Willy… ora sei mio… sussurrò Andy all’orecchio di lui.”
Il giovane dai capelli corvini agguantò la testa del biondo per i capelli e lo girò, tirandolo indietro: “Da quando dirigi i giochi, biondino?”
“Da quando tu te la fai con le puttane dell’Avalon.”
William si bloccò all’istante: “Vaffanculo Andy, eri riuscito a farmi svegliare e adesso mandi tutto… a puttane, davvero!”
Andy sbuffò e si appoggiò al muro, mentre William scrollava la testa, deluso, andando verso il letto.
“Possibile che non ne faccia una di giusta?” Disse piano Andy, dando dei piccoli pugni al muro dietro di lui.
“Fammi il favore di non cacciarti nei guai, almeno…” gli disse William, guardandolo di sottecchi e inarcando il sopracciglio come solo lui sapeva fare.
“Non puoi negare però quel che ho detto poco fa.”
Willy non rispose e si sedette sul letto, dando le spalle al biondino.
“Insomma, te ne esci di qui tutto strafatto e incazzato col mondo e torni a casa con un odore di passera nauseante. Perché, poi? Io non ti basto? Vada per la cena, ma – cristo… è con me che ti diverti, non con loro…”
Andy si sedette a sua volta sul letto, guardando fuori dalle alte vetrate la città sottostante.
“Londra è sempre magica, dopotutto. Potremmo uscire insieme, una volta, come facevamo ai vecchi tempi.”
“Londra è sempre la stessa,” commentò Willy massaggiandosi le tempie, “è la gente che ci vive che la rende diversa. E io sento puzza di cane da un po’.”
Andy si voltò a guardarlo: “Credi sia in città?”
“No, ma non tarderà ad arrivare. Te lo assicuro.” Rispose lui, ripensando all’incubo avuto poco prima.
Il biondino si sdraiò nuovamente a letto e allungò un braccio verso la schiena di Willy. Questo si girò di scatto e lo guardò con fare provocatorio.
“Vuoi giocare?”
 

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Capitolo 8
*** Buona condotta ***


  
 
L’allarme del cancello suonò tre volte e pian piano quella griglia di ferro si aprì, lasciando via libera al giovane Gregory Lee. I capelli castano-ramati svolazzavano al vento freddo dell’alba.
“Buona permanenza all’inferno, Lee…” disse sarcastico l’usciere, trafficando con i catenacci della porta dell’ufficio.
Greg non si voltò nemmeno, si mise sulle spalle lo zaino lasciato nei magazzini del carcere per due anni e mezzo e s’incamminò nell’aurora del mattino.
Il taxista lo stava aspettando dall’altra parte della statale, la sigaretta in bocca e le chiappe appoggiate al muso della macchina nera.
“Dove la porto, Sir galeotto?” Scherzò quello, confidando negli occhi gentili e nel fare da gentleman del ragazzo, insolito per uno che esce di prigione.
“Credo dovremo fare una deviazione, prima. Londra dovrà aspettare.” Disse Greg, in modo distinto.
L’uomo gettò la sigaretta a terra e salì in auto: “Direzione?”
“Sherwood.”
L’auto cominciò a viaggiare e Gregory si perse nei suoi pensieri, le mani congelate dentro i guanti di pelle. L’uomo al volante ogni tanto lanciava un’occhiata al sedile posteriore per controllare la situazione, ma sapeva che quel giovanotto non gli avrebbe dato problemi.
“Mi perdoni la curiosità, ragazzo, ma non poteva scegliere un mezzo pubblico?”
“Non si preoccupi, la pagherò.” Rispose lui, guardando fuori dal finestrino.
“Oh, ci credo! Se è uscito per buona condotta, dovrà avere un cuore d’oro!” Scherzò l’autista, pentendosi subito delle sue parole.
Il silenzio piombò di nuovo nell’abitacolo, ma l’uomo al volante non era ancora soddisfatto.
“Sherwood… abita lì?”
Greg sbuffò, leggermente scocciato, ma non tardò a rispondere: “Non io, un amico. Le dirò io dove fermarsi.”
La pelle bianca e perfetta del giovane appariva segnata da un’espressione corrucciata e preoccupata. Sperava di trovarlo e di avere così un alloggio per la notte. L’alternativa sarebbe stata Londra, alquanto pericolosa e imprevedibile.
 
Quando arrivarono, Greg rabbrividì. Non c’era alcuna roulotte all’angolo tra la foresta e la strada scoscesa in cui aveva fatto avventurare il povero taxi.
Si aspettava al massimo di non trovarlo in casa, non di non trovarlo affatto. E Andy? Sarà stata con lui? Sarà stata al sicuro?
Greg scese dall’auto a fece quattro passi nel folto del bosco, assicurandosi che l’auto lo aspettasse. Gli alberi si erano svegliati da poco e il sottobosco fischiava con il vento del mattino. Corse per i sentieri, cercando una qualsiasi traccia che potesse ricordargli Mark o Andy: niente. Tornò allo spiazzo della roulotte e si sedette per terra, dando le spalle all’autista che lo guardò stranito.
Gregory si sfilò un guanto e appoggiò il palmo al suolo, chiudendo gli occhi. Una piccola scossa e vide subito le scalette della roulotte scendere fino al terreno; sentì le voci di Andy squittire da un lato all’altro della macchina ancorata all’abitacolo; vide Mark scendere le scalette con due chitarre in mano; risate, baci contro il muro della casa, pizzicotti prima di salire in macchina; sentì Andy chiedere una cosa a Mark, e lui Sì, Andy, sono sicuro di quel che faccio, Londra è la soluzione migliore.
Greg ritrasse la mano e la coprì col guanto: si alzò in fretta e corse alla macchina.
“Mi porti a Londra, subito.”
 

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Capitolo 9
*** Londra ***


  
 
I due caffè fumavano dai bicchieri di carta. Quattro passi, ed era in strada, zampettando veloce per le vie della città. Mark era riuscito a convincerla, e ora Andy doveva destreggiarsi nel viavai del caos cittadino – lei, abituata com’era alla tranquillità della foresta, all’equilibrio degli animali e dei loro ritmi giornalieri. Fin da bambina era stata educata a vivere in armonia con il circostante, cibandosi di ciò che la circondava e sacrificandosi per un bene superiore. Aveva imparato ad aspettare – le stagioni sono quattro per un motivo, con i loro frutti e i loro disagi; aveva imparato a cavarsela in ogni situazione di svantaggio, ma ora avrebbe dovuto mettere tutto in discussione di nuovo: la città era diversa, caotica, rumorosa, con troppe energie in movimento. Le mancavano gli alberi e le loro energie statiche, ma si stava adattando ai ritmi frenetici della metropoli.
Camminava lungo il fiume guardando la sera che lenta calava sul Tamigi. Mark la stava aspettando a casa, in un appartamento della periferia di Londra.
“Mi ha bloccato tutti i conti, questo bastardo…” esordì lui quando Andy entrò in casa.
Stava smanettando sul pc da un’ora almeno, controllando tutto via internet.
“Siamo di nuovo poveri?” Chiese lei, scherzando e appoggiando borsa e caffè sul tavolo.
“No, per fortuna! Sono stato tanto furbo da creare un altro conto quattro anni fa, segreto alla banca di William, e con un contratto vincolato alquanto simpatico incasso il venti percento delle entrate del mio dolce fratellone…”
Andy sorrise: “E quindi?”
“E quindi diciamo che viviamo in questa bettola solo per non dare nell’occhio.”
“Adoro i Freddi, siete sempre così aristocratici, belli, e ricchi.”
“Sì, ma se ci fai incazzare ti dissanguiamo. Non è affascinante?” Rise Mark, sorseggiando il suo caffè bollente.
“Tuo fratello ha una villa in centro, giusto?”
“Chiamala villa! Abituata come sei nella roulotte, per te pure questo appartamento è una reggia!”
Andy gli diede un colpetto sulle spalle, scocciata.
“Non è una villa, ha solo un’intera palazzina nei pressi della City, proprio in stile Trumper, e dovrebbe averne un’altra un po’ fuori dal centro, ma non ne sono sicuro.”
Mark si fermò un istante e guardò la compagna: “Scusa, come mi hai chiamato poco fa?”
Andromeda sapeva perfettamente a cosa si stava riferendo e sorrise, preannunciando dentro di sé una nottata alquanto scoppiettante: “Cos’è, vuoi vendicarti?” Gli chiese, provocatoria.
“I ‘Freddi’? No, ma… ci conosciamo?”
“Ehm, credo proprio di no.” Rise lei, addentando il bordo di carta del bicchiere.
Mark chiuse il computer e si avventò su di lei, facendole rovesciare a terra il caffè: “Vedi ora quanto sono freddo, piccola corvina!”
Lei rise di gusto e scivolò decisa sul divano, lasciando che lui la toccasse e la baciasse ovunque.
“Ah ah ah! Non puoi nascondere però, che un tempo eri come loro…”
Mark si fermò: “Sì, un tempo sì, ma le cose cambiano. Ringraziamo Johnny King se ora sono così, eh? Che te ne facevi di un Freddo tutto pelle e ossa, senza senso dell’humor?”
“Johnny Kiiing!” Esclamò lei, lanciando le braccia in aria, “Il lupacchiotto più figo della storia. Fossi in te, mi guarderei dal suo fascino animale…”
“Provocatrice. Ora le paghi tutte.” Concluse lui, e ricominciò a baciarla con foga, tra le risate e i gemiti di piacere.
Lei lo fermò apposta per indispettirlo e gli chiese, le mani attorno al viso: “Non mi hai ancora detto il tuo piano.”
“Dobbiamo parlarne proprio adesso?” Le chiese lui, pendendo dalle sue labbra, gli occhi chiusi e le braccia attorno a lei.
“Sì, Mark, altrimenti rischio una crisi.”
Mark sbuffò, si mise seduto e la guardò negli occhi: odiava quegli occhi, così intriganti, d’un grigio azzurro così intenso… impossibile dirle di no. Abbassò lo sguardo: “Oh, certo. Dunque, ti sarai chiesta perché ti ho portata in città per prendermi cura di te se è palesemente ovvio che qui rischi più che nelle foreste…”
Andy annuì, giocherellando con una treccina del ragazzo.
“Allora: tu cambierai casa, questo è solo un appartamento di passaggio. Andrai a vivere in una casa più grande, bella e spaziosa che apparteneva alla mia famiglia.”
“Non dovevamo non dare nell’occhio?”
Io non darò nell’occhio, perché non vivrò lì con te.”
“Come…? Mark, se è una delle case di famiglia, non credi che William verrà a cercarti lì? Ok, forse non troverà te, ma lì ci sarò io…”
“Stai tranquilla, William non ci tornerà mai in quella casa. È convinto che sia passata di proprietà a degli estranei – e in effetti il nome che ho usato per appropriarmene, a lui è estraneo…”
Andy sorrise, ma solo per un momento, perché il terrore si dipinse nei suoi occhi. Come poteva essere così tranquillo? Si stavano per trasferire nella ‘tana del lupo’, e lui era convinto che non sarebbe mai successo nulla?
“So a cosa stai pensando, ma è una strategia. Devi essere forte, Andy. Se dici ad un bimbo che gli nascondi delle caramelle, lui cercherà in ogni mobile della cucina, e non andrà mai a cercare sotto il suo stesso letto, mi spiego?”
“William non è un bambino…” sussurrò lei, spaventata “…non sottovalutarlo.”
“Ascoltami, a quest’ora lui già saprà che sono tornato in città e mi darà la caccia. Devo fare di tutto per tenertelo lontano. Non ti troverà. E poi ti avrà vista solo una volta di sfuggita, come potrebbe?”
Andy lo baciò e poi abbassò lo sguardo: ‘Quanto ti sbagli, Mark…’.
 
 
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Ciao a tutti!!!
Intanto mi fa molto piacere che a qualcuno piaccia quello che scrivo, e vi ringrazio di perderci tempo per leggerlo… =)
Accetto tutte le critiche (anche le più stupide! =D ), quindi non fatevi problemi a dirmi come la pensate!!!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, alla prossima!

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Capitolo 10
*** Casa Trumper ***


  
 
La casa era molto grande, e l’atrio suggeriva uno sfarzo fuori dal comune. Come aveva potuto William concedere il passaggio di proprietà di un immobile del genere ad un estraneo?
“Mio fratello non l’ha mai voluta questa casa. Ci sono troppi brutti ricordi qui dentro, per lui…” spiegò Mark alla ragazza, entrando con lei nel buio dell’atrio.
“Per prima cosa, apriamo un po’ di tende: non c’è più bisogno di oscurità.”
“L’avete ristrutturata?”
“Certo che sì, una volta acquistata, ho cambiato alcune cose. Ovviamente tutto tramite amici fidati. È la prima volta che la vedo finita. Non potevo farmi troppo vedere, sai com’è…”
“Sì, sì, certo…” disse lei, sfilando il telefonino che si trovò in quel momento nella tasca della giacca: “e questo?”
“Questo è il tuo contatto con il mondo. Ti chiamerò su questo numero. La linea della casa arriverà tra qualche giorno.”
“D’accordo…”
D’un tratto sentirono un rumore provenire dal piano di sopra. Un tonfo.
Andy rabbrividì e si spalmò sul muro vicino alla porta d’entrata, il telefono stretto in una mano e la borsa nell’altra.
Mark le fece scudo con un braccio e le fece segno di tacere. Dopodiché inforcò le scale e sparì nel buio della villa. Salì veloce gli scalini cercando di fare il minimo rumore possibile e sondò con il suo fiuto di lupo ogni stanza, cercando di penetrare il buio con il suo sguardo selvatico.
Tutto ad un tratto, trasalì: non sentiva quell’odore da anni. Cercò la luce e tirò le tende delle alte finestre, facendo entrare un raggio debole ma efficace.
Vide solo una chioma castano-ramata svolazzare fuori dalla stanza dello studio in cui si trovava.
“Greg! Cristo, sono io!”
Il giovane fece capolino dal corridoio ed esplose in un grande sorriso: “Marcus! Non ci speravo più…”
I due amici si abbracciarono calorosamente e si diedero qualche pacca sulla spalla. Scesero di sotto e come giunsero alla fine delle scale, Greg si prese una padellata in testa che lo fece stramazzare a terra.
Mark rimase a bocca aperta e Andy, la padella in mano, sbarrò gli occhi, le mani tremanti.
“Porca puttana, Andy… che cazzo fai!?!”
La ragazza era sconvolta, la padella rigida nelle mani pietrificate come sassi.
Greg si alzò dolorante e scoppiò in una fragorosa risata, calmando gli animi dei due giovani, terrorizzati.
Andy venne abbracciata da Gregory e mollò la padella a terra, scoppiando in una risata isterica: “Scusami Greg! Non credevo fossi tu! Credevo che Mark fosse in pericolo!”
Mark ora era piegato in due dalle risate. Abbracciò Andy e le diede un bacio sulla fronte, tornando poi a guardare Gregory: “Ma tu non eri in galera?”
“Sono uscito oggi, per buona condotta…”
“Oh, certo! Il nostro gentleman! Cos’è, hai pulito le scarpe al secondino per un mese?”
Greg abbassò lo sguardo, sorridente, e rispose: “Un anno, vorrai dire.”
Il suo solito humor.
“Ero venuto a cercarvi a Sherwood, vi sapevo là, e invece…”
“No, abbiamo preferito spostarci a Londra. Ci sono delle cose…” Mark guardò Andy e volse poi lo sguardo a Greg “…da risolvere, ti spiegherò.”
La ragazza incrociò le braccia, scocciata di tanti misteri quando la cosa era chiara come il sole. Prese e se ne andò fuori, nel cortile interno, a recuperare le cose dalla macchina.
Quando rientrò, Mark la sorprese con un bacio, uno dei suoi, avvolgenti e travolgenti, passionali, intimi, tanto intenso da farle cadere tutto a terra. Quando le sue labbra abbandonarono quelle del ragazzo, lui le sussurrò all’orecchio: “Ho trovato una soluzione.”
Lei, ancora persa nell’ebbrezza appena provata, lo guardò e annuì.
“Gregory rimarrà a vivere qui con te.”
Si riprese velocemente da quel torpore e tornò lucida. Gregory? Non era la cosa migliore… certo, Mark non sapeva che all’epoca, prima di conoscerlo, Andy aveva avuto una piccola cotta per Greg. Piccola, innocente. Ma per ora solo sopita, mai scomparsa.
“Qui? Con me? Solo noi due?”
“È la soluzione migliore. William non sa che Greg è uscito di prigione, non lo cercherebbe mai. E poi Gregory potrebbe proteggerti: in questo è un esperto! O no, Greg?”
Il ragazzo da dietro le sue spalle annuì, le mani dietro la schiena e un sorriso gentile stampato in viso.
“Mark, apprezzo tutto questo, ma io voglio te. Vorrei fossi tu a vivere qui.”
“Eddai, Andy, non fare queste storie. Aiutami a portare le ultime cose di sopra.”
Il ragazzo uscì e Gregory raggiunse Andromeda alle spalle: “Non temere, ci sarò io.”
“Sì, hai ragione.” Sorrise lei, correndo da Mark.
 
Lo stanzone di sopra era immenso.
“Un tempo questo era lo spazio ideale per le occasioni importanti, come cene o balli in maschera.”
“Balli in maschera? Interessante!” Esclamò Andy, sentendo poi rimbombare la sua voce tra le mura fredde, “E tutte queste chitarre?”
Ora il salone era diventato un deposito di chitarre di ogni forma e origine. La collezione di Mark.
“Questi sono i miei gioielli. Mi dispiace, Andy, nemmeno tu sei più preziosa di loro…”
Lei lo schiaffeggiò scocciata e si lasciò prendere di peso e sedere su una cassa nera.
Lo baciò con foga, cercando le sue labbra e la sua lingua con estrema avidità: non voleva separarsene.
Gregory arrivò sulla soglia ma, vedendo la scena, indietreggiò piano, lasciando i borsoni a terra e defilandosi molto distintamente, senza far rumore.
Mark la fermò, sorridendole divertito: “Sarà dura per Greg, con un’infoiata come te che gironzola per casa!”
“Mark!”
“Eddai, scherzavo! Io mi fido di Greg, e dovresti farlo anche tu…”
“Tu mi fraintendi! Io mi fido di Gregory, giuro! Per me non c’è persona migliore per questa cosa, ma… sono passati quanti anni da quando è in carcere…? Due? Forse di più? E ora magicamente ricompare nella TUA casa, che credi che William NON sappia sia tua. Insomma… non credi che la cosa sia sospetta?”
Mark rise: “No, non è sospetta, mia piccola detective, perché è stato proprio Gregory a curare la rimessa a nuovo di questa casa su mia richiesta. Lui è dalla nostra parte. È affidabile, dai. Ora piantala.”
Andy tirò un sospiro di sollievo e si mise a gambe incrociate sulla cassa nera.
Guardò Mark mentre chiudeva i suoi scatoloni e ne apriva di nuovi, tirando fuori ogni volta uno strumento di diversa fattura. Guardava come i suoi occhi s’illuminavano davanti a quelle potenti armi musicali.
Inclinò piano la testa e guardò le sue labbra appuntate da quel maledetto piercing nero tanto seducente. Lo guardò mentre Mark ci giocherellava con la lingua. Cristo… sarebbe andata lì a strapparglielo!
Cercò di distrarsi e scese di sotto, avvolgendosi in una mantella di lana verde muschio – quella casa era tremendamente fredda.
“Ti manca qualcosa?”
Andy fece un balzo indietro: “Greg! Che colpo… no, no, tranquillo. Sono venuta a riportare la padella nella cucina in cui l’ho trovata.”
“È una cucina molto fornita, ma Mark non mi ha lasciato metterci troppo le mani nella ristrutturazione: dice che qui lui ha tanti bei ricordi.”
“Perché è l’unica parte riscaldata della casa!”
Gregory rise, riducendo i suoi occhi a due spicchi incurvati dall’aspetto sereno.
“Vuoi che prepari qualcosa? Non so, un tè?” Chiese lei, trafficando con i mobili. Tutto pur di non guardarlo per più di tre secondi.
“Apprezzo lo sforzo, ma se ti devi riscaldare, fidati, il Brandy agisce più in fretta.”
“Sei uomo da Brandy? Non l’avrei mai detto. Mark beve solo Rhum.”
“Io e Mark siamo molto diversi in fatto di gusti.” La corresse lui.
“Già…” disse lei, prendendo gli alcolici dalla vetrinetta ad angolo.
Versò il Brandy in due bicchierini da liquore e ne porse uno al ragazzo.
“Sei spaventata?”
“No, no, affatto! Questa è una fortezza con ogni sorta di sistema d’allarme, di cosa dovrei preoccuparmi?”
Calò il silenzio: Greg sorseggiò dal suo bicchiere, mentre Andy mandò giù tutto in un solo colpo.
Spalancò la bocca dall’intolleranza per un gusto così forte e sospirò piano, lanciando la testa indietro per non lacrimare.
Greg sorrise e tornò a sorseggiare dal suo bicchiere.
“Stai tranquilla…” disse lui piano, con un fil di voce.
Si sentirono i passi di Mark scendere veloci le scale e Andy guizzò in piedi, raggiungendolo in atrio: “Te ne vai di già?”
“Devo andare, Andy. Devo rintracciare Johnny e radunare i lupi per un Consiglio a Hyde Park.”
“D’accordo.” Disse lei, spingendolo piano verso il muro a fianco alla porta, “Mi mancherai.”
“Lo so.”
La baciò fugacemente sulla fronte e se ne andò, lasciandola lì da sola, avvolta nel suo mantello verde muschio. La ragazza sentì la macchina sgommare verso il cancello e poi gettarsi in strada nel viavai della metropoli.
Si sedette per terra, il mento tra le ginocchia e le braccia serrate tra di loro.
Un voce alle sue spalle arrivò calda e serena: “Andromeda, starà bene.”
 
 
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Ciao a tutti!!!
Ok, ok, so che questi capitoli non sono lunghissimi… vedrò di applicarmici… =)
Fatemi sapere cosa ne pensate e buona lettura!!!
B.L.

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Capitolo 11
*** Johnny King ***


  
 
 
La pioggia picchiettava insistente sul vetro antico, disegnando lacrime sul riflesso del volto di Andy. Era in cucina e si era appena scaldata una tazza di latte. Erano le dieci passate, avrebbe dovuto mettersi al lavoro ormai, se Gregory non fosse entrato all’improvviso, dandole il buongiorno.
“Stanotte non riuscivo a dormire, scusami…” cominciò lei, tuffando la faccia nella tazza di latte.
“Oh, stai tranquilla.”
Greg prese una bottiglia di vino rosso e la stappò, versandone il contenuto in un bicchiere.
Andy gli guardò le mani coperte dai guanti: “Li devi portare proprio sempre?”
Lui non la guardò, ma sorrise sorseggiando un po’ di vino.
“Non ci avevo mai fatto caso che li portavi sempre… credevo fosse un tuo stile.”
“Chiamiamolo così; e cos’hai visto stanotte?”
La ragazza arrossì: “Non l’hai visto anche tu?”
“No, se voglio, posso trasferire le mie visioni a qualcun altro senza osservarle.”
“Un vero gentleman, allora. Beh, ovviamente ho visto Mark.”
“Era quello che volevi?”
“Sì, ti ringrazio.” Concluse lei, tornando a bere il suo latte.
Cercava di tenere il più possibile la faccia immersa nella tazza per evitare di incrociare il suo sguardo: non sarebbe uscito nulla di buono dalla sua bocca.
Sentiva il picchiettare della pioggia sul vetro e le venne in mente la roulotte, tana dei suoi ultimi anni.
“Non gliel’hai ancora detto?” Chiese lui, spaccando il silenzio da poco creatosi.
“Detto cosa?”
“Di William… ieri, spiegandomi la faccenda, mi ha detto che William non ti ha mai vista e quindi farebbe fatica a trovarti.”
“E tu cos’hai fatto?”
“Ho taciuto, mi pare ovvio, però dovresti dirglielo. In fondo non è così grave.”
Lei guardò fuori dalla finestra.
“Andromeda, credo dovresti dirglielo. Non hai fatto niente di male, anzi!”
“Già e ancora una volta, se non era per te, ci rimanevo secca.”
Lui le andò vicino e la scostò una ciocca di capelli neri, accarezzandole una guancia: “Non devi preoccuparti di Mark, secondo me capirebbe. Anzi, conoscerebbe meglio la situazione e potrebbe prendere altre decisioni.”
Andy sussultò al suo tocco ma cercò di rimanere lucida e ferma: “No, è troppo rischioso. Lo conosci, sai com’è fatto: innanzitutto s’incazzerebbe di brutto perché gliel’ho tenuto nascosto per più di tre anni, e poi correrebbe subito dal fratello per farlo fuori senza alcuna strategia o piano.”
“Bene, che sia silenzio, allora: avrò il piacere della tua compagnia.” Sorrise lui, riponendo la bottiglia nella credenza.
 
Quella sera Andy si sedette al comò e guardò la sua immagine riflessa sullo specchio, mentre di fuori la notte saliva piano oltre i profili scuri degli edifici della City.
Si chiese se fosse stata la cosa migliore tutto quel cambiamento così improvviso. Quella casa, seppure sicura e apparentemente accogliente, aveva un alone spettrale che le impediva di viverci serenamente.
Si mise le mani sugli occhi, e per un momento desiderò di avere il potere di Greg: avrebbe potuto rivedere i suoi ricordi, il suo vissuto, la sua famiglia. Avrebbe rivisto le sue sorelle, e quel poco che rimaneva dei ricordi di suo padre. Avrebbe ricordato il funerale della madre, quando morì sotto i morsi di un vampiro dei Black Rose, e la diedero per azzannata da una belva feroce.
Avrebbe rivisto Cassiopea, la più vecchia delle sorelle, i capelli corvini che, come i suoi, le scendevano lunghi sulla schiena. Cass, come la chiamava lei, che dopo il rapimento del padre si era trasferita dalla zia di Londra senza più far ritorno.
Andromeda e Berenice erano rimaste sole, e dopo poco Berenice aveva lasciato la casa di famiglia per sempre.
Andy posò l’orecchio sul tavolo e vi tamburellò con le dita, cacciando via quei pensieri per un momento. Si alzò di scatto e sfilò una delle sigarette dal pacchetto che Mark le aveva lasciato ‘casualmente’ sul letto il giorno prima. Sempre premuroso, a modo suo.
Se l’accese in fretta e scese le scale a piedi nudi, diretta in cucina per un sorso serale in solitaria.
Quando arrivò ai piedi delle scale, quasi s’ingoiò la sigaretta dallo stupore. In salotto il caminetto era acceso. Avanzò piano, cercando con lo sguardo Greg, senza trovarlo.
Su uno dei divanetti intravide una sagoma scura che si stagliava sulla luce delle fiamme: Mark. Spense la sigaretta su un vaso trovato in atrio e corse verso il salotto, la lunga vestaglia che svolazzava nella sala.
“Mark! Bastardo, perché non mi hai avvisata?!” Scherzò lei, fiondandosi addosso al ragazzo.
Lui l’abbracciò, gettandosi indietro sul divanetto.
“Non è cambiata per niente, eh?”
Quella voce le fece raggelare il sangue. Credeva ci fosse Greg con lui, e invece…
“Johnny? Johnny!!!” Esclamò lei, abbracciandolo calorosamente.
“Ehi, piano ragazzina, o questo qui poi pensa male…” rise lui, sbuffando dal suo sigaro ormai consumato.
Johnny era sempre stato un bell’uomo, dal fisico prestante e dagli innumerevoli muscoli. Era il capo di uno dei branchi più popolosi dei lupi di Londra, e grande amico di Mark, nonché nemico di William.
Era piuttosto malconcio, ma questo alimentava il suo fascino selvaggio e a Andy non dispiaceva affatto.
“Andy scusaci ma stavamo discutendo di William. Vieni qui…” le disse Mark, prendendola per un polso e tirandola a sé. La strinse piano, socchiudendo gli occhi nel sentire il suo calore.
“Cosa mi sono persa?” Chiese lei.
“Nulla di che, stiamo pensando di sferrare un piccolo attacco provocatorio a William.” Spiegò Mark.
“Perché vuoi provocarlo?”
“Per dargli un assaggio della sua inevitabile fine. Voglio metterlo in guardia.”
“Non scherzare, Mark,” disse Johnny, aspirando dal sigaro, “dobbiamo solo rendergli le cose chiare una volta per tutte: Andy, tu non sai quanti di noi vengono minacciati dai corvi come lui. La cosa peggiore è che a morire non siamo noi, ma chi ci sta attorno. I nostri famigliari, i nostri amici e conoscenti che non hanno nulla a che fare con questo scontro millenario.”
“E perché mai farebbe del male a…”
“…degli innocenti? Perché è crudele, non deve avere un motivo, credevo di avertelo già spiegato.” Disse Mark.
“Il suo obiettivo è di farci lasciare la città. Mark l’ha già fatto per motivi personali su cui non voglio indagare, ma non possiamo abbassarci alle decisioni di suo fratello. Vogliono la città in pugno. Vogliono noi lupi fuori dai piedi, sulle montagne.” Disse Johnny, la voce roca e segnata da tante perdite passate.
“Che tipo di minaccia rappresentate per loro?”
Johnny sorrise, assumendo quello sguardo seducente che nemmeno Mark poteva contrastare: “La nostra semplice presenza per loro è una minaccia. Solo noi siamo in grado di ucciderli, quindi è palese che ci vogliano fuori da Londra; e ora è Londra, ma più avanti sarà una caccia più estesa, e noi non possiamo stare ad ascoltare delle sanguisughe.”
“Ben detto, Johnny. Qual era il tuo piano?” chiese Mark, accarezzando le gambe di Andy.
L’uomo sbuffò del fumo dalle labbra scure: “L’Avalon.”
Mark strinse involontariamente le mani intorno alle braccia di Andy, ma mollò subito la presa.
“Ovvero?” Chiese lei, curiosa.
“È rischioso, ma mi piace.” Tagliò corto Mark, “Andy, puoi portarmi del rhum?”
“Che cos’è l’Avalon?” Insistette lei.
“A me dello scotch, tesoro…” aggiunse Johnny, guardandola fissa negli occhi.
Le stava chiaramente dicendo di levarsi dalle scatole per trenta secondi.
La ragazza si alzò piano e si diresse al tavolino dei liquori, dando le spalle ai due.
Prese due bicchieri vuoti e sentì alle sue spalle i jeans di Mark strusciare sulla pelle del divanetto.
Impugnò saldamente la bottiglia di rhum e ne versò due dita in un bicchiere, mentre dietro di lei sentì i due confabulare sottovoce.
Posò con violenza la bottiglia sul tavolino, e la richiuse con il massiccio tappo di cristallo. I due tacquero.
Ripose la bottiglia al suo posto e impugnò ora lo scotch.
“Liscio?... lo scotch.” Chiese.
Johnny non si voltò: “Sì, grazie, niente ghiaccio.”
Lei sorrise e versò altre due dita di scotch nell’altro bicchiere. Ripose la bottiglia e i due ricominciarono a confabulare.
Andy impugnò saldamente i due bicchieri, e stampò il suo bacio sul bicchiere di Mark. Si voltò e i due tornarono a zittirsi e a posarsi sui rispettivi schienali.
Lei avanzò piano, con fare seducente rivolta a Mark che la guardava con aria provocante e quei suoi occhi da lupo, illuminata com’era dalle fiamme del caminetto. Diede a Johnny il bicchiere senza guardarlo e porse a Mark il suo, direzionando le sue labbra sul suo stampo.
Johnny sorrise e sorseggiò un po’ del suo scotch.
“Stavamo parlando dell’Avalon.” Cominciò Andy.
“Sì, pensavamo che potresti aiutarci.”
“No, Johnny…” intervenne Mark.
L’uomo lo fulminò: “Sta a lei decidere, ma è un suo diritto sapere di cosa si tratta; e poi ti romperà i coglioni finché non glielo dirai, quindi tanto vale sputare il rospo…”
Andy si sedette sulle gambe di Mark e sorrise a Johnny: “Dimmi tutto.”
“Devi farci da infiltrata. Non dovrai fare nulla se non chiamare me quando Mark o Gregory ti daranno il segnale.”
“Tutto qui?”
“Non è tutto qui, Andy, è pericoloso.” Disse Mark, lo sguardo basso sul rhum.
“E in alternativa dovrei aspettare a casa il tuo ritorno?”
Mark la prese per le gambe e la sistemò meglio sulle sue: “Non metterla così.”
Andy si divincolò e balzò in piedi: “E invece sarebbe proprio così. Johnny, ci sto. Per quando è previsto questo attacco?”
“Fra tre giorni.”
“Perfetto.” Disse lei, dandogli un bacio sulla guancia, “Mark, mi dispiace, ma mi avrai tra i piedi anche stavolta.”
“Che novità…” disse sarcastico lui, sottovoce.
Andy salutò entrambi e lasciò la stanza, ma come mise piede fuori dal salotto, venne fermata da un freddo guanto nero.
Gregory.
La trascinò su per le scale fin davanti alla sua camera e lì, con la luce dei lumini ad illuminargli la fronte e gli zigomi, la mise in guardia: “Devi fare attenzione, Andromeda. L’Avalon non è un posto sicuro.”
“Stai tranquillo, Greg! Ci sarete tu e Mark, poi arriverà anche Johnny… non mi spaventa essere lì con voi, ma rimanere a casa senza sapere cosa sta succedendo. Se succede qualcosa, voglio esserci per potervi aiutare.”
“Andromeda, Mark ti ha portata qui per proteggerti, per averti vicina, non per saperti in pericolo.”
“Greg, non c’è nessun pericolo in questa cosa. Devo solo chiamare…”
“Fa’ come vuoi, Andromeda.” Disse lui, ricomponendosi e allontanandosi da lei.
Tornò a guardarla per un istante e avvicinò il palmo della mano destra alla guancia di lei, senza nemmeno sfiorarla. Ritrasse subito la mano e abbassò lo sguardo, per poi ritirarsi nelle sue stanze.
“Buona notte, Greg.”
 
 
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Ciao a tutti! Vi avviso subito che posterò un po’ di capitoli in questi giorni perché con le vacanze incombenti sono un po’ più libera! =)
Spero come al solito che vi piaccia come sta andando la storia e sono curiosa di sapere come la pensate a riguardo… fatemi sapere!
B.L.
 

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Capitolo 12
*** Vita di merda ***


  
 
 
“William? Willy ti senti bene?”
La voce di Andy rimbombava nella sua testa con l’insistenza di un capriccio di bimbo.
I capelli corvini spettinati ricadevano sul viso pallido e stravolto di Trumper, che a fatica rotolò sul letto e scivolò a terra come un sacco di patate.
“Hai già vomitato…?” Chiese Andy, con tono rassegnato.
William scosse il capo e si mise le mani nei capelli, cercando di ricordare se quello che aveva visto la notte prima era stato solo un incubo o la cruda e ‘piacevole’ realtà.
“Ha chiamato Irina?” Sussurrò William, gli occhi chiusi.
“Sì, dice che ti aspettano ancora per venti minuti, poi lasciano perdere tutto.”
“Cazzo…” disse lui, alzandosi in piedi e ciondolando sulle ginocchia deboli.
Si trascinò all’armadio e si diede una fugace occhiata allo specchio. Era ridotto ad uno straccio.
“Willy, dai, ti aiuto…” disse piano Andy, prendendolo per un braccio e portandolo al bagno.
Gli tolse abilmente i vestiti macchiati di sangue e lo gettò nella doccia, aprendo il rubinetto dell’acqua fredda. William urlò e si svegliò immediatamente.
“Vaffanculo, Andy! Cazzo…”
Il giovane si diede una lavata veloce e uscì dalla doccia gocciolante e pallido come non mai. Andy si stupì nel vedere nuovi graffi sull’addome dell’amico, ma non indagò.
“Ti ho messo il completo sul letto. Muoviti, o salta tutto il contratto.” Gli disse, per poi sparire dal bagno.
“La mia mogliettina… manca solo il caffè pronto e poi posso metterti una fede al dito.”
Andy sentì e tornò indietro: “T’attacchi, caro, il caffè te lo paghi dato che i soldi li hai, e la fede sai dove mettertela. Muovi il culo, invece. Io devo uscire.”
“E dove vai?” Chiese William, stupito e un po’ preoccupato.
“Mio padre mi ha richiamato all’appello, devo raggiungerlo per una questione importante.”
“Ci vai da solo?”
“Ovvio…”
William lo bloccò sulla porta: “È meglio di no, Andy.”
“Non sono la tua principessa chiusa nella torre, fammi passare.”
“Aspettami, vengo con te nel pomeriggio.”
“No, Willy, devo andare ora. Dai, sono già in ritardo. Se vuoi venire, salta la riunione, ma perderesti un contratto abbastanza importante. Vedi tu…”
‘Cazzo…’ pensò William, vestendosi in fretta e furia.
Andy infilò il cappotto e rispose al taxi che aveva appena citofonato.
“È qui, devo andare; allora, Willy, che fai?”
Il ragazzo indossò gli occhiali scuri con fare da diva e uscì con l’amico.
Aveva ancora tutto il tragitto in ascensore per pensarci.
I numeri cominciarono a scalare. Ottanta piani diretti fino a terra nel loro ascensore privato.
Erano l’uno a fianco all’altro, immobili.
“Preferirei venire con te.”
“Odi mio padre, perché dovresti venire con me?”
‘Per la tua sicurezza…’ pensò lui, ma non lo disse. Preferì tacere, dietro gli occhiali scuri e i lineamenti perfetti.
“Non puoi saltare la tua riunione, dai… lascia stare.”
“Stanotte ho intravisto Mark.”
Andy scattò indietro e si appoggiò alla parete dell’ascensore: “Dove?”
“Stavo salendo sulla limo fuori dall’Avalon, e dopo l’odore nauseante di quei lupi pidocchiosi, l’ho visto in compagnia di quel King mentre gironzolavano per la strada adiacente al locale… è in città. Dobbiamo trovarlo.”
Andy gli strisciò alle spalle e gli baciò il collo: “Sarà lui a trovare noi, fidati. I lupi sono stupidi, irruenti e fin troppo sicuri delle loro poche capacità.”
William fece scivolare il palmo della sua mano sui pantaloni di Andy.
“No, Willy, siamo arrivati.”
Le porte dell’ascensore si aprirono con un piccolo trillo e Andy sorpassò William, uscendo in fretta e lanciandogli uno sguardo languido.
William lo bloccò e lo tirò a sé, baciandolo contro la parete dell’ascensore.
Andy ricambiò di poco il bacio e lo allontanò subito da sé: “Ti ho chiamato l’autista. È fuori accanto al mio taxi. Buona giornata.” Disse, per poi andarsene scocciato e triste.
William non lo vide, ma la traccia di una lacrima rotolò sulla guancia del biondo che l’asciugò subito, chiudendosi nel cappotto chiaro.
Le porte del palazzo si aprirono, il ragazzo entrò in macchina e il taxi partì, lasciando William nell’atrio, diretto in ufficio.
William si accese una sigaretta e raggiunse l’auto: “Vita di merda.”
 
 
-:-:-:-
 
 
Ciao!! Era un po’ che avevamo perso di vista William e la sua dolce metà, eh? Questo è il primo dei tre capitoli che vado a postare oggi… è il mio regalo a voi, sperando vi piacciano!!! =)
Buon Natale, Buone Feste e buona lettura!!
A presto!!!
Aspetto opinioni…
B.L.
 
 

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Capitolo 13
*** Nostalgia ***


  
 
 
Aveva le chiavi, ne era sicura: quando le sentì tintinnare le tirò fuori dalla borsa come un trofeo e aprì piano la porta. L’appartamento era come lo ricordava, con la stessa disposizione degli oggetti, meno il divano. Richiuse la porta e corse alla camera di Mark: doveva averlo subito.
Spalancò la porta e trovò la stanza vuota. Lì non c’era. Dal bagno, però, uno scrosciare d’acqua aveva attirato la sua attenzione. Era in doccia. Andy mollò tutto sul letto e si denudò in quattro e quattr’otto. Si sciolse i capelli e spalancò anche la porta del bagno, facendo sobbalzare Mark che era in doccia.
“Andy, che cazzo ci fai…?” Mark non finì la frase. Rimase a bocca aperta nel vedere la sua giovane amante completamente nuda davanti a lui.
Lei non parlò e si tuffò nella doccia con lui, cominciando a baciarlo con foga. Lui la prese e la sbatté al muro di piastrelle, prendendole una ginocchio e alzandole la gamba: lei ebbe un sussulto e si appoggiò al rubinetto della doccia. Sentiva il membro di lui premere contro le sue cosce e gli prese la testa tra le mani, affondando le unghie nella pelle bagnata. Mark scese con i baci lungo il petto, tra il seno, fino alla pancia bianca e morbida, quasi addentandole un fianco. Lei cercò di fare forza sulle braccia e di alzarsi di qualche centimetro per sentirlo di più, sempre più vicino, ma lui la prese prontamente in braccio e, cercando di non scivolare sulla ceramica bagnata, la urtò ancora al muro ed entrò in lei, mugolando di piacere.
Lei emise un piccolo urlo, sorpresa dalla prontezza del ragazzo ma con l’intenzione di approfondire il gesto. Si aggrappò alla schiena di lui e cominciò a muovere ritmicamente il bacino, sentendo Mark sempre più dentro di lei. Lui le strinse i fianchi, insistendo con le spinte. Doveva stare attento, non voleva ferirla di nuovo.
Andromeda scese con le mani lungo la schiena di lui e toccò per sbaglio una ferita ancora aperta. Tolse subito le mani ma ormai era troppo tardi: Mark rigettò indietro la testa dal dolore e si staccò subito da lei, finendo a terra e Andy con lui.
“Oddio, Mark! Scusami! Ti ho fatto male?”
“No, no, stai tranquilla. Credevo che ormai si fosse rimarginata…” disse lui, alzandosi piano e guardandosi riflesso allo specchio appannato.
Andy asciugò il vetro e inorridì: uno squarcio di venti centimetri e largo tre si stagliava nel centro della schiena perfetta, disegnando una linea obliqua.
“Mark…?”
“Che palle…” disse lui sottovoce, deluso, “la volta che ci stavamo divertendo…”
Lei sorrise: “Tranquillo, possiamo riprendere tranquillamente!”
Lui la guardò e inarcò un sopracciglio, indicandole scocciato l’oggetto del desiderio. La morte del cigno.
Lei trattenne una risatina di scherno e si coprì con un’asciugamani, andando a cercare un disinfettante e delle garze per la ferita.
“È inutile che ridi, signorina… è colpa tua!” Si difese lui, coprendosi la disfatta con un’asciugamani più piccolo e sdraiandosi sul letto in camera.
“Non rido! Non sto ridendo!” Disse lei, cercando nei mobiletti in cucina.
Tornò poco dopo attrezzata di tutto punto come una vera crocerossina: “Mettiti di schiena, su!”
“È inutile che te la tiri tanto, cara… potevamo divertirci e invece hai rovinato tutto!” Rise lui, le mani sotto il mento.
“Oh! Senti senti… il lupo ferito nell’orgoglio! Stai zitto e lasciami fare…” disse lei, cominciando a trafficare con cotone e disinfettante.
Come appoggiò il cotone imbevuto sulla ferita, quello sobbalzò sul materasso ma non emise nemmeno un fiato.
“Il mio uomo che non sente il dolore…” commentò lei, sottovoce.
Lui si voltò e la guardò in cagnesco, ma non rispose.
“Come te lo sei fatto, Mark? Quando ti hanno attaccato?”
“L’altra sera… dopo essere venuto a casa tua. Credevo si fosse rimarginata ormai.”
“L’hai curata?”
Lui tacque.
“Eh, grazie! Non sei un mutante, tesoro! Un minimo di cura devi pur farla dato che è uno squarcio di metà schiena e non un taglietto da carta affilata… che scemo!” Rise lei, insistendo apposta sulla ferita.
Concluse il tutto con le garze e Mark si mise seduto. Lei lo abbracciò per far passare la striscia di stoffa dalla schiena all’addome, sul davanti. Lui la guardava con occhi diversi, più intensi, commosso dalla premura che aveva nel curarlo. Quando lei lo abbracciò per l’ennesima volta, lui non se la lasciò scappare e la prese a sé, rotolando sul letto.
“Ti fai male, così! Pirla!” Lo rimproverò lei.
“Non mi interessa. Sei bellissima, Andy…”
Lei rimase stupefatta da quella ventata di complimenti, ma non si lasciò incantare. Lo baciò e ritornò seduta, terminando il lavoro.
Rimise tutto a posto e andò poi verso il letto.
“Puoi passarmi la chitarra? Le chiese lui.”
Era appoggiata ad un mobile, lucente come non mai; gliela lanciò e lui la prese al volo, roteandola poi sulle cosce e iniziando a strimpellare le corde lisce.
“Se vuoi, possiamo ricominciare…” disse lei piano, avvicinandosi lentamente.
Si liberò dall’asciugamani e rimase nuda, stesa al suo fianco.
Lui non le rispose. Sorrise, mentre con gli occhi chiusi assaporava ogni vibrazione della sua chitarra.
Andromeda si voltò a guardare la portafinestra coperta dalla leggera tenda bianca. Accanto, lo specchio a figura troneggiava lucente, riflettendo le luci della strada sul soffitto.
Mark cominciò a strimpellare ora una melodia di tempi lontani, mentre Andy si alzava, nuda, verso lo specchio. Si guardò riflessa e scrutò con attenzione maniacale il suo volto, spostandosi con le mani i capelli arruffati e mezzi bagnati, creando acconciature improbabili a mezz’aria. Li lasciò poi cadere e la cascata nera si riversò sulla schiena bianca e perfetta. Guardò oltre la sua figura nello specchio e vide il ragazzo che la stava osservando, senza staccare le mani dalle corde. Vide i suoi occhi correre lungo tutto il suo corpo, curiosi e perversi. Lei apposta inclinò di poco la testa e sporse il sedere con fare ammiccante.
Si voltò a guardare Mark: le dita correvano veloci sulla tastiera e tra le corde, ma gli ancora occhi fissi su di lei. Un mezzo sorriso scomparve quando lei lo guardò più intensamente.
“Questa non è una ballata romantica, non è così?” Gli chiese.
“Certo che no.”
“Come si chiama?”
“‘La Corvina’. Ti piace?”
Lei sorrise: “Per niente. È orribile.”
“Come te…” disse lui, sorridendo ora alle corde che veloci suonavano sotto le sue dita affusolate.
Andy camminò molto lentamente al letto e vi si sedette sopra con fare provocante. Mark non aveva il coraggio di guardarla, lei era bellissima e tutto, ora, era perfetto. Non voleva rovinare quel momento.
“Baciami.” Gli sussurrò lei, guardandolo negli occhi.
Lui rimase silenzioso, continuando a suonare la chitarra con un delicato trasporto mai mostrato alla ragazza.
“Mark… ti desidero.”
“Anch’io,” rispose lui, “ma ti ferirei.”
“No, non lo farai. Non potresti mai ferirmi.”
“L’ho già fatto, non ricordi?”
Lei gli si sedette in grembo, togliendogli la chitarra dalle mani e spostandola di lato. Gli prese la faccia tra le mani e lo guardò, gli occhi lucidi: “Quello era amore, e ne voglio ancora…”
Lui abbassò lo sguardo e la scostò leggermente, riprendendo con sé la chitarra: “Questa è una ballata romantica, Andy, ma non è dolce.”
“Lo è per me.”
Lui riprese a suonare e lei gli si sedette accanto, rimanendo nuda al suo fianco con la piena intenzione di provocarlo.
“Non vincerai, Andy, sto suonando…” sussurrò lui, con tono complice.
“E io sto ascoltando! Questa è bellissima…”
“Questa sei tu.”
 
 
 

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Capitolo 14
*** Le Nebbie di Avalon ***


  
 
“Bello il vestito…” la voce di Greg tuonò nel silenzio della camera di Andy.
Quella sobbalzò e indietreggiò d’un passo dallo specchio, l’abito bordeaux lungo fino a terra che frusciava tra le sue gambe bianche.
“Grazie, pensavo di metterlo stasera.” Rispose lei, arrossendo.
“Stasera? Per il locale di William?”
“…sì…” disse sottovoce lei, quasi imbarazzata.
Greg entrò piano in camera, le mani dietro la schiena e il mento alto con il portamento di chi ha il sangue blu che gli scorre nelle vene.
Le girò piano intorno, guardandola attentamente da capo a piedi.
Andy cercò di giustificare quella scelta: “Poi i capelli li raccolgo e…”
“Ssh.” La zittì lui, continuando a guardarla con attenzione. Le arrivò dietro le spalle e alzò lo sguardo allo specchio.
La guardava riflessa e le si avvicinò, andandole ad un soffio dal collo.
Andy tremò. Sapeva che era in grado di azzannarla in quel momento, ma confidava nel buon senso che lo rendeva tanto gentile e ammodo, diverso dagli altri come lui.
L’ansia di lei era a mille.
“Devi perdonarmi, Andromeda. Somigli così tanto ad una persona che…”
“Andy! Sei ancora qui?” esclamò Mark, mentre correva per i corridoi, cercando l’amico, “Ah, sei qui Gregory!”
Greg sorrise e le si allontanò, andando alla porta.
“No, no, rimani Greg! Andy, questo è stupendo ma non te lo puoi mettere stasera. È un locale decisamente non così chic.”
Andy arrossì e andò ad aprire l’armadio, cercando un’alternativa: “Mark, sai come mi vesto… non ho nulla per questa serata!”
“Qualcosa ti troveremo, ma questo sicuramente no! Diglielo anche tu, Greg!” Rise Mark, andando nel bagno della camera di Andy.
Gregory stette sulla porta e le sorrise: “L’abito è stupendo, ma non credo sia adatto all’occasione. Con permesso…”
Lui lasciò la camera molto silenziosamente e la ragazza si lasciò cadere sul letto, frastornata e confusa.
Mark fece capolino dal bagno e la guardò, serio: “Cos’è, vuoi che te lo tolga io quel vestito?”
Lei sbuffò: “No, me lo strapperesti, e vorrei rimanesse integro per almeno qualche anno. Era di mia sorella…”
“Cassiopea?”
“Sì, lei. Quindi stanne alla larga, d’accordo?” Disse lei, togliendoselo di dosso con fare per niente delicato.
“Ehi, ehi… che hai?” Le chiese lui, prendendola per le spalle.
Lei appoggiò la testa sul petto di lui e sbuffò, spingendolo dolcemente contro il muro della porta del bagno.
Lui l’abbracciò e le baciò i capelli, assaporandone il profumo inebriante di ibisco.
“Non farti problemi sull’abito: per dove andiamo stasera, potresti presentarti anche nuda!” Disse lui, pensandoci su, “La qual cosa, se posso permettermi, non mi dispiacerebbe affatto…”
Lei ridacchiò e si fiondò all’armadio, cercando qualcosa da combinare. Prese un vecchio dolcevita nero a collo alto e una striscia larga di stoffa damascata che aveva trovato in un baule in cucina. Prese poi le forbici dal comò e si mise all’opera, mentre Mark si faceva una doccia veloce.
In venti minuti aveva completato la sua opera. Mark la trovò al comò mentre ritoccava il trucco nero come la pece.
Lei si voltò a guardarlo e gli fece cadere l’asciugamani: “Vado bene così?”
 
L’Avalon era uno dei locali di William, un vero e proprio boudoir camuffato da locale disco. Se nella sala principale si ballava fino a notte fonda, nelle salette laterali mascherate da tendaggi e da porte a scomparsa c’era la vera festa, molto più underground, privata e decisamente più pericolosa.
“Più pericolosa?” Chiese Andy, da dentro il taxi.
“Diciamo che non tutte le puttane che entrano nel privé escono… vive. A volte non escono proprio.”
Andy deglutì. ‘E questo pirla mi fa entrare da sola?’ Pensò, ma non si lamentò. Aveva insistito lei per andarci, e ora doveva stare al gioco.
Greg aspettava sotto un lampione, mentre Mark dava le ultime direttive alla ragazza attraverso il finestrino abbassato della vettura.
“Tu giri l’angolo con il taxi ed entri dall’entrata principale, presentandoti come una Rubina del Signor Trumper. Vedrai, non ti faranno problemi. Quando entri, chiedi subito di poter ordinare qualcosa al bancone da portare a Trumper, dopodiché fila via e buttati nella mischia della gente che balla. Non potranno trovarti, non fino al nostro arrivo almeno.”
“Ma voi da dove entrerete?”
“Non ti preoccupare, non ti lasciamo lì…”
Lei respirò profondamente e sorrise.
“Ehi, Andy… te la senti?”
“Sì, sì, ci sono. Ce la faccio.” Disse lei, convinta, impugnando il coltello che poco prima Mark le aveva infilato negli stivali.
Si diedero un fugace bacio, sotto gli occhi di Greg che nel frattempo si stava sistemando i guanti neri.
Lui le sorrise, e lei si sentì subito più sicura.
Il taxi svoltò l’angolo e si fermò davanti all’Avalon, come previsto. Lei aprì la portiera e fece la sua scesa dalla macchina molto elegantemente, nonostante l’abbigliamento.
Gli stivali neri le arrivavano fino alle cosce, e poco sopra c’era una minigonna ricavata dalla stoffa damascata bordeaux, legata con un semplice nodo su un fianco, lasciando fuori cosce e pancia. A coprire le spalle c’era il dolcevita ridotto ad un brandello, tagliato sotto il seno e squartato sul decolleté, lasciando la stoffa strappata. Sulla schiena, o quel che ne rimaneva, aveva praticato una ventina di tagli orizzontali e le maniche erano praticamente sparite.
A coprirle il busto, un cappottino nero di pelle striminzito.
Aveva freddo e non vedeva l’ora di entrare.
Si avvicinò a uno dei gorilla, passando davanti a tutta la fila e sentendosi arrivare bestemmie di ogni genere. Abbassò di poco il cappuccio e sorrise all’uomo: “Sono una Rubina del signor Trumper.”
Quello alzò un sopracciglio e ridacchiò, le braccia conserte.
Lei abbandonò le arie da brava bambina e si impuntò con i tacchi sul cemento rovinato della strada: “Senti un po’, scimmione, ti conviene farmi entrare se non vuoi che ti licenzino. Sono una fottuta Rubina di Trumper, quindi se non mi fai passare ti faccio un servizietto tutt’altro che piacevole.”
Quello rise di nuovo e la fece entrare, prendendola per il cappuccio e scaricandola nelle mani di un altro scimmione subito dopo la porta.
Quello la prese saldamente e la portò nella sala principale, senza lasciarla scappare.
La sala era gremita di gente e una densa coltre di fumo aleggiava come nebbia sopra tutta la folla, colorandosi delle luci sparate come flash sui volti anonimi di quella notte.
Lei si impuntò: “Voglio portare qualcosa al Signor Trumper, fammi andare al bancone.”
“Niente da fare, bambolina, si va di qua.”
“Ho detto che devo prendere da bere per Trumper!”
Lui la avvicinò ad un palmo dal suo naso: “E io ti dico di no. Hanno già abbastanza alcool nel privé. E ora, bambolina, buon divertimento. Non succhiargli via tutto, mi raccomando.” Scherzò lui, parcheggiandola dentro uno stanzino dopo aver attraversato una tenda scura e pesante.
Era nell’anticamera del privè.
Niente bancone, niente alcool, niente mischia.
Solo William.
Era morta.
 
-:-:-:-:-
 
 
Eccoci qui! Questo è quanto per ora… presto arriverà il seguito!
Buone vacanze!
B.L.
 

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Capitolo 15
*** Corvina ***


  
 
Le luci a strobo lo costrinsero a dilatare le pupille e acquisì così il suo sguardo da lupo, facendo strada a Greg nella folla. Erano riusciti a tramortire gli scimmioni del retro, ma se non ce l’avessero fatta, e Andy fosse stata con loro, non avrebbe saputo come difendersi senza artigli o zanne.
La sala era davvero immensa, e le luci rosa e azzurre rendevano tutto più difficile da controllare, mentre s’inoltravano nei densi fumi dell’Avalon.
“La vedi?” domandò Mark all’amico.
“No, non ancora.”
“Dividiamoci.”
“No, Mark, se ci dividiamo, è stato inutile entrare insieme.” Lo corresse Greg.
Mark si morse le labbra e continuò a cercare con lo sguardo i lunghi capelli corvini di Andy, senza successo.
“Forse è ancora al bancone.” Suggerì Greg, facendo scudo a Mark con le spalle.
Quello sbuffò: “Andiamo al bancone.”
Attraversarono la folla in mezzo a dozzine di mani che li prendevano e li tiravano per le giacche senza ritegno. Emersero dalla massa di gente e si aggrapparono al bancone luminoso, saltando poi sugli sgabelli.
“Qui non c’è…” disse Mark preoccupato, continuando a guardare da un capo all’altro del bar.
Greg si portò una mano alla fronte, gettandosi poi i capelli indietro; quando rialzò lo sguardo, fu troppo tardi. Vide un armadio di uomo avventarsi su Mark e subito dopo si sentì prendere per la nuca e sbattere sul bancone.
Buio.
 
Quando riaprì gli occhi, Mark aveva una visione agghiacciante davanti a sé: Gregory in un angolo che si massaggiava i polsi, una schiera di amici del fratello attorno a lui che lo guardavano disgustati e, di fronte, una poltrona alquanto regale – nel megalomane stile di William, e il suo crudele gemello sedutovi sopra. Sul suo bracciolo destro, il culo ben piazzato della sua donna, Andromeda, la quale lo guardava, mortificata.
Se Mark parlava ora, saltava tutta la copertura. Andy sarebbe dovuta rimanere nella sala principale, nascosta, per poter chiamare poi Johnny e la sua banda. Ora erano soli, e senza scorta.
Mark si dimenò ma tornò a terra, legato com’era ad un anello di metallo ancorato al pavimento.
“E dunque avete liberato i cani… ma uno è tornato nel covo dei corvi!”
“Non dire cazzate, William, io non tornerò mai come te. Tu sei solo un povero illuso!” Disse lui, e sputò ai piedi del fratello.
William alzò un sopracciglio e si scostò leggermente per vedere quanta mira avesse quel lupo.
Sorrise e tornò ad appoggiarsi allo schienale del suo trono.
“Quanto sei patetico, fratellino… ancora ti diverti a fare il ribelle della famiglia, la pecora nera. Mi fai pena…”
“Quale famiglia? Li hai ammazzati tutti!”
“Ssh, odio questo ringhiare di cane famelico. Guarda qui cos’ho trovato,” disse William, strattonando Andy per un braccio, “carne fresca! Magari ti fa piacere. Favorisci pure, io ho già fatto…”
Mark guardò la ragazza e quella scosse leggermente la testa, cercando di non farsi notare da William. Spostò poi lo sguardo su Greg e lo vide sparire dietro una tenda, sorridendo.
Si dimenò di nuovo. Chi aveva incastrato chi?
“Cosa vuoi, William…?”
“Cosa voglio io? Sei stato tu a venire a farmi visita.”
“…cosa vuoi per farci rimanere… soli?”
William si stupì di quella richiesta: “Soli? E perché mai? Siamo in ottima compagnia!”
Una risatina corse tra gli ospiti dei quali si sentiva solo la fredda presenza, ma non si vedeva la parvenza di un volto nell’ombra scura dei drappeggi di quella stanza.
Mark lo guardò fisso negli occhi. William sostenne lo sguardo.
“Ho amici attorno a me, e puttane al mio fianco…”
Mark ebbe l’istinto di saltargli addosso ma si bloccò.
“…non potrei stare meglio! La vedi questa dolce corvina che ti ho presentato pocanzi? Oh, è una vecchia amica! Dov’è Gregory?”
Mark sentì il sangue ribollire nelle vene e cercò lo sguardo della ragazza.
Andromeda si voltò dall’altra parte.
“Peccato, se n’è già andato. È stato lui a presentarmela, anni fa. Non è un fiore?” Disse, accarezzandole il mento.
Quella rimase immobile.
“Fai uscire tutti!” Urlò Mark.
William sorrise, fece un cenno e tutti i corvacci alle sue spalle uscirono da quel privé per trasferirsi in quello a fianco.
“Anche la ragazza… falla uscire…”
William lo provocò: “Non ne vuoi un po’?”
“A quanto sapevo, a te non sono mai piaciute le corvine… ma gli uccelli biondi e doppiogiochisti!”
William scattò sulla poltrona: “Non t’azzardare!”
“Oh, e ora chi è il patetico? Stasera dov’è? A casa ad aspettarti, come una dolce mogliettina amorevole?”
“Non parlare così di Andy!”
“Oh, si chiama così? Andy…?” Disse Mark.
Ci fu un momento di silenzio e di imbarazzo totale. Di che Andy stavano parlando? Andromeda? Mark sapeva della storia del fratello con un biondo intravisto qualche anno prima, ma non aveva idea si chiamasse Andy.
Andromeda indietreggiò d’un passo, guardando Mark con sguardo interrogativo.
Lui ricambiò lo sguardo, confuso.
“Sì, è Andrew Bastian. Non ricordi? Sua madre era… molto amica di nostro padre.”
“Vaffanculo, William, lasciala andare!”
“Ma perché tanto affanno per una baldracca del genere?” Disse William con fare superiore.
Tirò la ragazza a sé e le leccò una guancia, mentre lei s’irrigidiva dall’agitazione.
“Ma da dove arrivi, bimba? Non ti hanno insegnato niente?” La spronò William, strattonandola e gettandola sulla poltrona, per poi avventarsi su di lei, la bocca pronta ad azzannarla.
“No, fermo! Lei non c’entra!” Urlò Mark, cercando di liberarsi.
Il fratello si voltò a guardarlo e sorrise, maligno. Tornò a guardare Andy e le si avvicinò ad un palmo dal naso.
“Ci rincontriamo, bambolina. L’altra volta non è andata come speravo… ma adesso…”
Andy gli sputò in faccia e lui, indispettito, la scaraventò a terra, sotto gli occhi furiosi di Mark.
“Codardo! Che cazzo ti ha fatto?!” Urlò lui, incatenato a terra.
Andy strisciò verso Mark ma William la prese per le gambe e la tirò di nuovo a sé, prendendole il collo e baciandola davanti al fratello.
Il lupo cominciò a ringhiare furioso e gli occhi si segnarono presto di una vena verde che li rese più luminosi e feroci.
Andy cercò di dimenarsi, ma William la bloccò di nuovo sulla sedia, mettendosela in grembo. Le accarezzò le gambe bianche e cercò le sue labbra avidamente, facendo poi scivolare le sue dita tra le gambe di lei.
La ragazza era stremata, cercava in tutti i modi di liberarsi da quella morsa, ma William la teneva ben stretta, e gli effetti della droga datale prima che arrivassero Greg e Mark cominciavano a farle effetto. Non aveva più forza in braccia e gambe e cominciò ad abbandonarsi completamente al volere di William.
Sentì la mano fredda di William intrufolarsi tra le sue cosce calde ed ebbe un sussulto, ma non ebbe la forza di opporsi. Lui le prese i capelli corvini e le tirò indietro la testa, pronto a morderla.
Mark scattò in piedi e riuscì finalmente a staccarsi dall’anello a terra. Non sopportava più di vedere William trattare in quel modo la sua Andy.
Si avventò sul fratello e lo bloccò sulla poltrona.
Due secondi dopo tutti i vampiri che si erano spostati nell’altra stanza fecero irruzione e si lanciarono su Mark.
Andromeda era terrorizzata. Vide artigli, zanne e sentì urla agghiaccianti uscire dalle fauci di quei mostri. Si gettò su una donna che aveva cominciato ad azzannare Mark, ma lui la spinse via: “Vattene, Andy, scappa!”
William si voltò a guardarla, bloccato com’era sulla sua poltrona: “Andy? Cosa…?”
La ragazza strisciò indietro e cercò qualcosa con cui difendersi. Come si voltò, una delle porte del privé si spalancò ed entrò il branco di lupi guidati da Johnny King. Alle sue spalle, Gregory.
La ragazza sorrise e si mise in salvo a fatica, mentre due dozzine dei lupi di Londra si avventavano sui Freddi con una voracità e una rabbia mai vista in natura.
L’attacco fu rapido e molto violento. Nella mandria ben organizzata di Johnny, uno di loro prese con sé Mark, ferito, e Andy, spaventata e incapace di reagire. Si riunirono in branco e scapparono dal locale, seguiti a ruota da Gregory.
Non era andata come avevano previsto.
 
 
-:-:-:-
 
 
Ciao a tutti!!! Bentornati!! Non so voi, ma io mi sono divertita un macello questo Capodanno… =D
comunque, questo è il capitolo, fatemi sapere cosa ne pensate, a breve posterò il seguito!
B.L.
 
 

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Capitolo 16
*** Addio ***


  
 
 
Johnny le si avvicinò piano, la birra in mano e il suo sguardo fascinoso ma preoccupato stampato in viso: “La prossima volta andrà meglio, piccola; ora però devi stargli vicino, e credo dovrai spiegargli un po’ di cose… l’ho visto spiazzato mentre lo medicavano.”
“Hai ragione, Johnny, ma ormai… si sarà fatto le sue idee in testa, se anche gli dico la verità non mi crederà mai.”
“E cosa pretendi, Andy? Gli hai mentito… ora non se la prenderà con il fratello, come temevi tu, ma con te, fidati. E francamente, non ci vedo niente di sbagliato.”
“Ma io non ho fatto niente!”
“No, invece… l’hai tenuto all’oscuro di tutto questo per anni! È per questo che è andato tutto a puttane stanotte.”
“E quindi sarebbe colpa mia?” Chiese Andromeda, scocciata.
“Non me lo chiedere con quel fare arrogante, ragazzina. Se Mark avesse saputo tutta la verità, avrebbe agito diversamente e non ti avrebbe messa lì in mezzo a quelle sanguisughe.” Le disse, puntandole un dito contro.
Andy si voltò a guardare Gregory, seduto su una panca, mentre sorseggiava una brodaglia scura.
“Ho mosso quasi trenta lupi stanotte per salvarti il culo, vorrei almeno un po’ di rispetto da parte tua.” La rimproverò lui.
“Johnny… scusami… hai ragione, credo di aver fatto sufficienti danni per stanotte.” Disse lei, mortificata.
La ragazza si diresse verso la branda di Mark: erano nel campo base dei lupi, nella periferia di Londra, in una palazzina diroccata e malmessa ma con tutto ciò di utile e indispensabile.
Si sedette a fianco di Mark e lo guardò, triste: era la prima volta che ad essere ferito fosse lui e non lei. Si mise le mani nei capelli e chiuse gli occhi, non sapendo da dove cominciare.
“Potresti iniziare con ‘mi dispiace’…” disse piano Mark, la voce roca.
“Già lo sai, è inutile che te lo dica.”
“E invece si, porca puttana! È utile che tu me lo dica, come sarebbe stato utile dirmi che ti sei scopata mio fratello!” Esclamò lui, mettendosi seduto sul letto. Aveva gli occhi infuocati d’ira che fissavano la ragazza con fare accusatorio.
“Non me lo sono scopato! E non mi trattare come una delle puttane dell’Avalon!”
“E allora che cazzo è successo? Come faceva a conoscerti? Come?!”
Andy abbassò i toni e cercò di spiegargli tutto con calma: “Prima di conoscere te ho avuto un brutto momento con lui, e…”
“Un brutto momento? Che cazzo vuol dire un brutto momento? E Gregory? Ha detto che ti aveva presentata lui a William,… ti sei fatta pure Greg?! Eh?”
Mark era furioso, le treccine che saltavano da una spalla all’altra, e lui noncurante del dolore alla schiena la guardava con occhi delusi e incazzati.
“Io con te non ci parlo se nemmeno mi vuoi ascoltare!”
“Cosa cazzo dovrei sapere che ancora non so?” Urlò lui, alzandosi in piedi e urtandola contro il muro. Le prese il mento in una mano e strinse, portandosi ad un soffio dalle sue labbra; ansimava dal nervoso e continuava a fissare ininterrottamente gli occhi e le labbra di lei: “Se anche mi dicessi la verità, come potrei fidarmi di te? Cosa mi assicura che tu non sia una sua spia? Una di loro? Ti ha chiamata corvina, Andy…”
“Non sono una di loro! Mark, ascoltami!” esclamò lei, in preda alla disperazione, cercando di divincolarsi da quella morsa selvaggia.
“No, non me ne frega un cazzo! Hai fatto abbastanza! Ho rischiato la vita stanotte a causa tua, e non ne vale affatto la pena…” concluse Mark, mollando la presa e abbandonandosi sulla brandina. Portò una mano alla testa rigata da treccine nere e rallentò la respirazione.
Tutto il piano della palazzina si zittì, scioccato e curioso di sentire il seguito. Andy non voleva dare questa soddisfazione: “Vaffanculo, Mark…” sussurrò, tornando nell’altra stanza. Prese le sue cose e lasciò l’edificio. All’entrata trovò Greg che la fermò, piazzando il suo braccio sullo stipite della porta.
“Non te ne andare, Andromeda… è solo stravolto dalla nottata.”
“Sì, lo so, ma se cambia idea sa dove trovarmi. Lasciami passare.”
“E tu lasciami almeno portarti a casa.”
Andy ci pensò un momento: non era il caso di rischiare ancora quella notte. Annuì e si avviarono nella notte cupa verso la Reggia Trumper.
 
 
Le mancavano solo i libri sulle erbe medicinali e poi i borsoni erano pronti. Greg ripose tutto in macchina e le disse di raggiungerlo all’auto.
Quando lei si sedette sul sedile, Greg s’accorse che aveva pianto, ma non indagò.
Sgommò in fretta verso le vie della città, cercando di passare per le vie meno frequentate e più sicure.
“Hai mai pensato ad un cambiamento radicale?” Le chiese, rompendo il ghiaccio di quella notte tesa.
“L’ho già fatto, e guarda com’è andata…”
“No, intendo, davvero radicale.”
Andy lo guardò e per una volta riuscì a sostenere quello sguardo sottile e profondo.
“Diventare come me… o come Mark.”
Andy scoppiò a ridere e si voltò a guardare fuori dal finestrino.
“Perdonami, credevo ci avessi pensato.” Si scusò lui, rallentando.
“No, figurati! È lecito che tu me lo chieda, però… no, non ci penso proprio a diventare come uno di voi; non me ne volere, ma… certo, sarei più forte, più affascinante forse, ma non voglio andare contro Natura. Voi siete nati così, io no.”
“Capisco.”
“E poi, dai, sai quanto sarebbe dura scegliere? Significherebbe capire da che parte stare… e io non lo so, nemmeno da umana, figurarsi da mostro…” Andy si morse il labbro.
Gregory s’irrigidì sul sedile e inspirò profondamente.
“Scusa, non intendevo dire…”
“Tranquilla. Devo girare qui?”
“Sì…” sussurrò lei, mortificandosi per l’offesa appena pronunciata.
Fuori cominciava piano a comparire la foresta, i suoi tronchi scuri, le sue fronde alte. Sherwood era vicina.
“Perché me l’hai chiesto, Greg?” Gli chiese lei, la testa appoggiata al finestrino.
Il ragazzo non rispose subito. Respirò profondamente e accelerò, per poi frenare di botto e accostare. Tirò il freno a mano e abbassò il finestrino, accendendosi una sigaretta.
Il freddo della notte entrò curioso da fuori, colorando di rosso il naso della ragazza.
Gregory scese dall’auto e si sedette sul cruscotto.
Andy aprì la portiera, uscì e la richiuse con forza, irritata: “Mi dispiace, Greg, ma non credo siate così perfetti come credete di essere! Io stanotte ho visto ragazzi e uomini rispettabili trasformarsi in belve che nemmeno la foresta mi ha mai mostrato. Come posso voler diventare una di voi?”
Il ragazzo abbassò lo sguardo a terra.
“Io amo Mark, lo amo come mai ho amato nessun altro; mi spaventa, questo è vero, ma so che non mi farà mai del male con l’intenzione di ferirmi.”
“Ti ha mai ferita?”
Andy non rispose.
“Ho pensato di cambiare, sai? Di unirmi ai lupi di Londra.” Disse Greg, alzandosi dal cruscotto.
“Come ha fatto Mark?”
“Sì, come ha fatto lui.”
“Vuoi combattere William?”
“Il mio odio per William, anche se non così manifesto, esiste e mi sta logorando. È per colpa sua se sono finito in galera senza motivo, quindi va da sé che voglia vendetta, ma la mia decisione ha ben altre radici.”
Andy gli andò accanto e si mise a braccia conserte.
“Stasera ho visto il terrore nei tuoi occhi quando mi sono avvicinato a te di fronte allo specchio. E tu non guardi Mark con terrore.”
Lei si mortificò ancora di più.
“Incuto terrore, Andromeda, non per come sono, ma per chi sono. Sono un vampiro, e questo non cambierà mai, nonostante il mio autocontrollo, nonostante le mie azioni. È per questo che voglio cambiare.”
“È una decisione che spetta a te, non serve a niente parlarne a me.”
Gregory sospirò e continuò: “Ti sei mai chiesta come Mark è diventato un lupo?”
Lei rimase sorpresa; no, non ci aveva mai pensato, ma che importava? Non rispose ma sperò che Greg andasse avanti a raccontarle.
“Immagino tu creda sia stato merito di Johnny…”
“Non è così?”
“Andromeda, pensaci: non si arriva al capo di un branco come quello dei lupi semplicemente chiedendo di lui, specialmente se si è un vampiro. Mark ha avuto un aggancio, e non sono state le zanne di Johnny a farlo diventare lupo…”
Andy ci mise un po’ a capire, ma quando lo fece, si coprì gli occhi con una mano fingendo di spostarsi i capelli, cercando invece di frenare le lacrime. Inspirò profondamente e gettò i capelli indietro, guardando il cielo stellato e nero.
“Diventeresti mai una lupa?”
Quella domanda gli scivolò fuori dalle labbra sottili con un’audacia mai dimostrata prima d’allora.
“Ti ho già risposto, mi pare.”
Gregory le andò davanti e le prese il volto tra le mani; scrutò i suoi occhi grigio azzurri con sguardo malinconico: “Quanto le somigli…”
Andy ricacciò indietro le lacrime; non doveva piangere.
Non gli chiese a chi somigliasse, non voleva saperlo. Non voleva avere niente a che fare con Gregory. Lei amava Mark, punto. Voleva solo arrivare a casa, ora, nella sua vecchia casa di famiglia, dalla parte opposta della foresta di Sherwood dove fino a qualche settimana prima aveva vissuto con il lupo.
Si liberò dalle mani di Greg e salì in macchina, pronta a ripartire.
Il ragazzo salì in macchina a fatica, e come chiuse la portiera, si ricompose: “Non fare caso a poco fa. Manca molto?”
“No.”
L’auto riprese a viaggiare e presto giunsero alla casa di Andy, nel folto del bosco. Dovettero fare l’ultimo tratto a piedi data la fossa in cui al casa era nascosta.
Era come l’aveva lasciata. Buia, fredda e vuota.
“Grazie Greg. Puoi pure lasciare lì il borsone.”
“Sei sicura di non volere che rimanga la notte?”
“Sì, questa casa è abbastanza isolata. Stai tranquillo.”
“William potrebbe trovarti…”
“No, William non ha alcun interesse a trovare me. Lui vuole Mark.”
“D’accordo, ti lascio tranquilla allora.”
Il ragazzo fece per uscire ma si fermò sulla porta, dando le spalle alla giovane: “Andromeda, fai attenzione; e questa volta ascoltami.”
Dopodiché uscì e si chiuse la porta alle spalle.
Andy era di nuovo sola.

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Capitolo 17
*** Devo morire ***


  
 
 
“Dobbiamo prendere Andy!” Esordì William, entrando di scatto in camera.
Il suo Andy doveva ancora rientrare e il ragazzo cominciò a tremare. Impugnò il cellulare e digitò il numero del giovane biondo.
Uno squillo, nulla.
Due squilli, nulla.
Tre squilli, ancora silenzio.
“Porca puttana, Andrew…”
“Pronto?”
“Dove sei?!” Chiese William, preoccupato.
“Sto tornando, sono a due isolati da casa.”
William tirò un sospiro di sollievo: “Ok, d’accordo, muoviti… ti devo parlare.”
Riattaccò e cominciò a gironzolare per la stanza, nervoso come non mai. Era tornato lucido più velocemente del solito, quella ragazza l’aveva scosso troppo: era una coincidenza troppo assurda per essere tale.
“Madre… maledetta… ti odio!” Urlò lui, scaraventando a terra tutti i soprammobili del comò. Quel frastuono rimbombò nella sua testa con l’impetuosità di una frana e si gettò a terra, la schiena contro il bordo del letto.
Si mise le mani nei capelli, cercando di pensare a come agire. Mai si era trovato in un così tale stato di indecisione. Avrebbe dovuto ucciderla, certo che sì… ma perché? Perché diavolo qualcuno di loro sarebbe dovuto morire?
Si alzò dolorosamente e andò al bagno, aprendo il rubinetto d’acqua fredda: doveva svegliarsi. Chiuse le mani a scodella e, dopo aver raccolto un po’ di acqua gelida, se la gettò in faccia, lavandosi anche parte del ciuffo e la camicia nera.
Si guardò allo specchio: il mascara nero era colato di poco lungo gli zigomi e con quelle occhiaie viola aveva un aspetto orribile. Che cazzo stava succedendo? Perché si vedeva invecchiare, ora?
“Noi vampiri non dovremmo poterci specchiare, Willy, dovresti saperlo.” la voce di Andrew entrò nella stanza dolce e soave come il canto di una sirena.
William lo guardò attraverso lo specchio e sorrise: “È la più grande maledizione per un vanitoso come me…” la voce cominciò a tremargli e abbassò la testa, i capelli neri del ciuffo a coprirgli le lacrime.
Andrew gli andò accanto e cominciò a spogliarlo, gettando le cose a terra: “Di cosa dovevi parlarmi?”
“Come è andata da tuo padre?” Chiese William. Voleva prima assicurarsi che non ci fossero altre minacce oltre al fratello; la famiglia di Andrew aveva sempre cercato di portarglielo via, in un modo o nell’altro. Era già la seconda volta che Andy si era recato dai suoi nell’ultima settimana e la cosa gli pareva fin troppo strana.
“Tutto a posto, la solita rottura di scatole: mi vogliono a casa e sperano che i tuoi affari vadano sempre peggio. Ah, già, dimenticavo… papà ti saluta affettuosamente.”
“Quanti sicari aveva mosso questa volta?”
“Solo sette, ma li aveva pagati poco già sapendo della loro imminente scomparsa.”
“Soldi buttati…”
“Glielo dico sempre, ma sai com’è fatto!” Rise il ragazzo, baciando William sulla guancia, “All’Avalon…? Tutto tremendamente noioso come al solito, immagino… le solite puttane e…”
“Abbiamo trovato Mark e Gregory.”
Andy sbiancò: “Gregory? Quel traditore…” disse, allontanandosi da William “e che cazzo erano venuti a fare? Uno dei loro soliti exploit?”
“Non erano soli… a parte Johnny King, mi avevano mandato prima una ragazza; ero convinto fosse una delle Rubine, e invece era con loro. Era la ragazza di Mark, a quanto ho capito.”
“Oddio… quella sua amichetta lupa? Quella stronza?”
“No, era un’altra. Io la conoscevo. Ma non è questo il punto… Andrew, siediti.”
Il biondo cominciò a preoccuparsi: “Ma tu stai bene?”
“Sì, sì, ascoltami: ho rivisto mia madre in sogno qualche tempo fa e…”
Tutto nella mente di Andrew ora divenne ovattato: vedeva gli occhi profondi di William evitare il suo sguardo, sentiva le sue parole rimbombargli in testa, parole pesanti. Parole della madre di lui. Andy morirà. Un groppo alla gola.
“Dovevi saperlo, Andrew… ma il punto è che anche la ragazza di Mark si chiama Andy; io la ucciderò, così tu sarai salvo.”
Andy si alzò e andò in camera.
“Andrew, ascoltami! Dobbiamo chiamare i corvi dell’Avalon, del Circus, tutti quanti… dobbiamo trovarla.”
“No, William. Non la toccherete. È stato solo un sogno.”
“Non conosci mia madre… quella fattucchiera… anche da morta mi tortura!”
“William, no.”
“Ma tu non devi morire, porca puttana!”
“Non accadrà.” Disse lui, tremando come una foglia. Uscì sul terrazzo e si accese una sigaretta.
“Andrew, davvero non ti capisco…”
“Taci.” Lo interruppe lui, aspirando il fumo. “Sei cambiato troppo, William. A tratti nemmeno mi vedi e a momenti non posso lasciare questa casa perché mi vuoi con te.”
“Andy, non mi conosci affatto se parli così…”
“Sì, io lo so che tieni a me anche se non lo dai a vedere, però… se tua madre ti ha dato questa profezia, forse è meglio che si avveri. Io non ci riesco a vivere così.”
William lo voltò e gli mollò uno schiaffo in pieno viso: “Vaffanculo, Andy.”
Andrew sputò a terra e si pulì il mento con una mano. Tornò a guardare la città sottostante. Quel momento della notte era quello che preferiva, quando il frastuono della città va scemando, riempiendo le bocche degli ubriachi e facendoli tacere di sonno e di palpebra pesante, mentre il giorno sorge pian piano. Ecco, quel momento di non totale silenzio era per lui il momento migliore per guardare la fugacità del tempo che passava. La notte che saluta e il giorno che minaccioso ricaccia i figli della morte nelle loro caverne di vetro.
Ma il sole ancora doveva mostrarsi e le dense nuvole tardavano il suo arrivo.
Qualcosa si ruppe nella testa di Andrew, ma William non poteva saperlo. Il biondo spense la sigaretta sulla balaustra di vetro del terrazzo e rispose piano all’amante, senza guardarlo in faccia: “Se deve morire, la ucciderò io. Se deve lasciare questo mondo, sarà l’altro Andy ad avere tale onore.”
William sorrise, maligno: “Ora mi rivedo in te, amico mio.”
‘Sì, sono il tuo piccolo mostro, bastardo…’ pensò Andy, ma non parlò.
“Dobbiamo trovarla, Andy. A tutti i costi. Domani comincerò a cercare alla periferia di Londra, di solito è lì che si rifugiano i lupi… sei con me?”
Andrew annuì e rientrò in casa, gettandosi sul letto.
‘Devo morire…’.
 
-:-:-:-
 
Ciao a tutti! Per evitare incomprensioni sul perché Andrew cambia idea, vi sottolineo quando dico ‘Qualcosa si ruppe nella testa di Andrew, ma William non poteva saperlo’; a buon intenditor poche parole. Vedrete più avanti quanto schizza male questo povero biondo. =)
Per il resto, fatemi sapere cosa ne pensate e a breve posterò il capitolo successivo!
B.L.

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Capitolo 18
*** Limpido ***


  
 
Le mancava, più d’ogni altra cosa. Quegli occhi, quelle labbra, i suoi baci, il suo calore. Un calore che ora non sentiva, addentrata com’era nella foresta a ricercar erbe da essiccare. Era l’alba e il sole l’aveva sorpresa nella sua camera, chiamandola a raccogliere gli arbusti del sottobosco, e così s’era vestita in fretta, aveva infilato la sua mantella verde, e si era avventurata tra i tronchi ancora umidi della notte.
Ma ora quel pensiero non poteva lasciarle la mente. Le mancava la sua foga nell’averla e, strano a dirsi, anche quel suo essere così selvatico e aggressivo. Le mancava vedere il suo piacere sciogliersi sotto i suoi occhi, mentre pendeva dalle sue labbra.
Mancavano pochi passi alla sua casetta da fiaba e sull’ultimo spiazzo prima della discesa vide una Rolls Royce Silver Shadow che conosceva molto bene. Aveva parlato troppo presto?
L’auto era vuota.
Ebbe un sussulto e scese piano verso la casa, cercando di prepararsi qualcosa da dire. Lasciò le scarpe sull’uscio ed entrò, senza accendere la luce. Abbandonò il cestino con le erbe a terra e richiuse la porta dietro di sé. Sentiva la sua presenza, lo sentiva fin troppo vicino. Chiuse gli occhi e ascoltò il silenzio del salotto. Era dietro di lei.
Si voltò di scatto, lo prese per la maglia e lo trascinò al piano superiore, tutto nel buio. Lui cercò debolmente di divincolarsi, ma Andy aveva la situazione in mano ormai. Lo sbatté al muro e si avventò sulle sue labbra, senza lasciargli via d’uscita. Mark si lasciò andare e le prese la testa, stringendo tra le dita i capelli neri come la pece; scese poi lungo la schiena, con l’intenzione di prenderla in braccio, ma si bloccò: staccò le mani dal suo corpo e le alzò in aria come per arrendersi, cercando poi di allontanarsi dalle sue labbra.
“No, Andy, aspetta.”
“Mark, ti prego…”
“Piano, piano, non abbiamo tempo per questo.”
Andy indietreggiò di un passo. Doveva parlare.
Mark si appoggiò all’armadio e si sfregò gli occhi: “Allora, comincia da dove vuoi, però dimmi la verità, Andy.”
“Sì, sì, stai tranquillo.” Disse lei, andandogli vicino.
“No,” la fermò lui, “siediti sul letto. Io sto qui.”
“Mark…”
“No, Andy! Cristo… riesco a malapena a guardarti…”
Andromeda abbassò lo sguardo, delusa: “Non mi credi ancora.”
Mark non rispose subito e si appoggiò all’armadio, le braccia incrociate: “Faccio fatica, Andy. Conosco mio fratello, non è uno che va molto per il sottile; mi riesce difficile credere che ti abbia solo sfiorata.”
Andromeda indietreggiò e si sedette sul letto, delusa: “Se mi amassi, mi crederesti…”
“Non tirarmi fuori queste stronzate! Sai che ti… oh, è inutile, dovevo rimanere a Londra.” Ringhiò lui, dando un pugno all’anta dell’armadio.
“Non riesci nemmeno a dirmelo…” sussurrò lei, gli occhi tristi rivolti alla trapunta rossa sotto di lei.
Mark si calmò e cercò di rimanere lucido con delle domande: “Quando l’hai conosciuto?”
Andromeda si tirò su e rispose subito, senza guardarlo: “Prima di conoscere te.”
“Quando?”
“Oddio… quattro anni fa… forse… non ne sono sicura.”
“Come l’hai conosciuto?”
“Ero in un locale con un’amica che conosceva Gregory.”
“In un locale? Ma non vivevi qui?”
“Sì, certo, ma mi ero trasferita qualche mese a Londra da questa mia amica… lei mi aveva presentata a Greg e con lui c’era anche William. Non mi aveva vista subito, ma dopo un po’ ero uscita per fumare una sigaretta e lui m’aveva seguita.”
Mark alzò la testa e la guardò, serio.
“Mi si era avvicinato e aveva cominciato a flirtare. Sinceramente subito mi sembrava simpatico e molto carino, ma quando cominciò a parlarmi come se fossi una puttana, capii che la sua simpatia era il frutto di un goccio di troppo.”
Il ragazzo cominciò a gironzolare per la stanza molto lentamente, senza guardarla.
“Rifiutai molto garbatamente e cercai di rientrare, ma quello mi bloccò prendendomi per un braccio e spingendomi al muro.”
Mark si rizzò sulla schiena e si voltò a guardarla, senza proferire parola. Aveva gli occhi in fiamme e cominciò ad ansimare dalla rabbia.
“Cominciai ad urlare e a divincolarmi e quando lo vidi aprire la bocca, intravidi quelle maledette zanne… non so cosa mi prese, chiamalo istinto di sopravvivenza, ma gli diedi un calcio sugli stinchi. A quel punto la porta da dove ero uscita si spalancò di botto e uscì Gregory che con un’abile mossa spinse via William e mi portò in salvo.”
Mark rallentò la respirazione e cercò di calmarsi.
“Greg è stato molto gentile e da quel giorno cercò in tutti i modi di non farci incontrare, perché William continuò a chiedergli di me per un po’. Disse che gli ricordavo una vecchia amica, tanto da credere che fossi io. E questo è quanto…”
Il ragazzo si mise alla finestra e guardò fuori, dandole le spalle: “È tutto?”
“Sì. Non c’è altro. Se mi fossi dimenticata qualcosa, te lo direi subito.” Rispose lei, scocciata dal tono dubbioso di lui.
“E da questo episodio, dopo quanto ci siamo incontrati io e te?”
“Penso… un paio di mesi.”
Lui tacque.
Andy ora si sdraiò sul letto, serena di aver detto la verità ma stanca per tutta quella tensione.
“Ti ha fatto male?” chiese Mark, giocherellando con il piercing sul labbro.
“No.” Disse lei, secca. Dopodiché si mise in ginocchio sul bordo del letto e abbracciò Mark, stringendo sempre più.
Lui rimase immobile e ci volle il respiro caldo di Andy sul suo petto per risvegliarlo dal torpore delle lacrime imminenti e costringerlo a prendere la ragazza in braccio.
Si sdraiarono sul letto e rimasero lì, persi l’uno nell’abbraccio dell’altra.
Gregory fece capolino dalla porta e tossicchiò, cercando di attirare la loro attenzione.
“Greg, non avevo capito ci fossi anche tu!” Ridacchiò Andy, arrossendo.
Mark si mise seduto e lo guardò, stordito.
“Mark, dovremmo muoverci…”
“Oh, sì, hai ragione. Andy, Greg ed io dobbiamo tornare a Londra al più presto, quindi… ti conviene prepararti in fretta.”
“Ma io non mi muovo di qui.”
“Ancora? Andy, non fare storie. Devo starti vicino per proteggerti.”
La ragazza abbassò lo sguardo e si mise stesa sul letto a pancia sotto. Non voleva andarsene, ora che aveva ritrovato la sua casa d’un tempo.
Gregory le si sedette accanto, mentre Mark usciva dalla stanza e correva di sotto: “Potrai sempre tornarci, Andromeda. Quando vorrai; ma per ora è meglio se rimani con noi.”
“Potrebbe rimanere qualcuno di voi qui, se proprio ci tenete.”
“Lo sai che non ci è possibile: dobbiamo contrastare William a Londra, e abbandonare la città vuol dire dargliela vinta, e…”
“Perché non vi alleate ai Black Rose?” Disse lei, guizzando seduta sul letto e facendo svolazzare delle lunghe ciocche nere sulle guance di Greg.
Il ragazzo non rispose: chiuse gli occhi e respirò il profumo di lei. Quando li riaprì, trovò Andy a guardarlo stranita e confusa: “Tutto a posto, Greg?”
Il ragazzo fece di tutto per trattenersi, ma le prese il volto tra le mani e a momenti l’avrebbe baciata se lei non fosse stata tanto svelta da levarsi di mezzo e gettarsi contro il muro.
“Gregory, ma che cazzo ti prende, si può sapere?”
“Perdonami Andromeda. Non dovevo.” Disse lui, tirando fuori il pacchetto di sigarette e scendendo le scale in fretta e furia. La ragazza gli andò dietro e finirono nel piccolo salotto sottostante: Mark non c’era, era andato alla macchina.
Greg si accese una sigaretta e camminò lento verso il caminetto.
“Ehi… che cavolo c’è che non vuoi dirmi?” Insistette lei, le braccia tese lungo il corpo e lo sguardo preoccupato.
Lui tacque.
“Greg… avanti, dimmelo…”
“No, Andromeda. Non potresti aiutarmi, lo so.”
Come sentì quelle parole, la ragazza rizzò le orecchie; se poteva aiutarlo, non voleva tirarsi indietro: “Gregory Lee, ti ordino di dirmi cosa diavolo non vuoi rivelarmi da ormai troppo tempo.”
Lui sbuffò e tirò di sigaretta.
Lei era lì, e aspettava pazientemente.
“Innanzitutto voglio che tu sappia che Mark non te ne ha mai parlato su mia personale richiesta. È una cosa che riguarda solo me e lei…”
Andy si mise a braccia conserte.
“Sono sposato con tua sorella Cassandra, Andromeda, ma lei è sparita e ora non so dove sia.”
Andy sbarrò gli occhi: “Frena, frena, frena… ti stai sbagliando, non ho una sorella che si chiama Cassandra.”
Lui non si stupì, si tolse un guanto e le accarezzò la guancia con la mano nuda: improvvisamente il volto di Cassiopea comparve nella mente di Andy, sorridente e luminoso.
La ragazza tolse quella mano fredda e tornò a guardare il ragazzo: “Cassiopea… Cassiopea è mia sorella!”
“È mia moglie, Andromeda. A me si è presentata come Cassandra… non so che dirti.”
“No, invece mi devi spiegare un sacco di cose! Sono anni che non la vedo, anzi… Cristo… è da quando sono piccola… Greg! Che cazzo aspettavi a dirmelo?!? Perché non mi hai chiesto di lei?” Chiese Andy, furiosa.
“Perché a suo tempo non mi ha mai voluto parlare della sua famiglia. Io vedevo i vostri volti nella sua mente quando la toccavo, ma non ho mai voluto approfondire data la sua discrezione. Chiederti di lei sarebbe stato… inutile. Siamo nella stessa situazione, Andromeda. Nessuno di noi due sa che fine abbia fatto.”
“Ma tu l’hai amata! Hai vissuto con lei per tutto quel tempo che non ha passato con noi, con me! Cass… quando l’hai conosciuta? Spiegami tutto!”
“È arrivata a Londra molti anni fa ed è andata a vivere da una sua zia, penso parente di vostro padre. Era ossessionata da vostro padre e dalla sua morte: sapeva che non era stato un incidente e voleva andare più a fondo.”
“Mia zia, sì; e poi?”
“L’ho conosciuta – la mia famiglia è molto legata alla famiglia del marito di tua zia, e me ne sono innamorato. Cassandra… scusa, Cassiopea è diventata una vampira,…”
“Che cosa?!”
“…e ha deciso di sposarmi. Dopo poco tempo, però, si era tirata addosso le ire di William: spesso e volentieri si trovavano discordi sugli attacchi contro i lupi, e Cass riusciva a tenergli testa anche nelle litigate più furiose; si era fatta notare da William, nella buona e cattiva sorte. Lo interessava, ma allo stesso tempo lo infastidiva tremendamente.” Spiegò lui, con tono triste.
“Cassiopea… William le ha fatto del male?” chiese Andy, preoccupata.
“È questo il punto. Non ne ho idea. È sparita, Andromeda. Un giorno come un altro è sparita e non ha più fatto ritorno.”
La ragazza si sedette a terra, impotente. Non riusciva a piangere, non poteva credere alle parole del ragazzo.
Lui le si sedette a fianco e le prese di nuovo il volto tra le mani: “Tu le somigli così tanto…”
Andy si liberò da quella morsa e urlò, disperata.
Gregory la prese a sé e le baciò la fronte, pentendosi delle rivelazioni appena fattele.
Mark entrò di botto in casa e si catapultò sulla ragazza, facendo segno a Gregory di levarsi di mezzo. Prese la giovane in braccio, tra i singhiozzi e le urla.
“Mark, lasciami! Mio padre… Cassiopea!”
“Ssh…” insistette lui, portandola in camera.
“Non mi hai detto mai nulla, bastardo! Greg! Ammazzalo!” Urlò lei, dimenandosi.
“Non dire cazzate, Andy. È stato lui a chiedermi di tacere.”
“Vi ammazzo tutti e due! Maledetti!”
Mark la fece sedere sul letto, paziente.
“Sapevate chi ero fin dall’inizio! E William… quel maledetto rivedeva Cass in me, ecco perché ha cercato di uccidermi! E voi! Voi non mi avete mai raccontato nulla…”
Il ragazzo cercò di farla stendere e calmare, ma senza successo.
“Tu! Mark, tu mi hai fatto sentire in colpa per il segreto di tuo fratello, ma che mi dici di questo, eh? Ma a te non te ne frega un cazzo! Perché se le cose non riguardano te, non sono importanti… vaffanculo!” urlò lei, sputandogli in faccia.
Il lupo non ce la fece più: le prese i polsi e la buttò di schiena sul materasso morbido, andandole ad un palmo dal naso: “Vuoi farti ammazzare, Andy? Eh? Non è un problema, hai un lupo mannaro e un vampiro in casa. Ti ammazziamo qui e poi faremo trapelare la notizia di un assassinio commesso da malviventi, come per tuo padre… preferisci così?”
“Non t’azzardare a parlare di mio padre, assassino! L’avete ammazzato voi?”
“Andy, non dire stronzate. Che cosa ne avremmo guadagnato, noi? Tua sorella ha sposato Gregory solo per interesse: voleva entrare nel giro dei vampiri per indagare sulla morte di vostro padre. Qui non siamo noi i maledetti.”
“Non parlare così di Cass, tu non la conosci!”
“Nemmeno tu, se è per questo! Ha spezzato il cuore a Greg e ora è sparita. Sai che ti dico? Ben le sta. Se l’è cercata…”
Andy lanciò un ultimo urlo disperato e si abbandonò poi alla stretta morsa di Mark, sciogliendosi in grosse lacrime sul cuscino bianco.
Mark la baciò dolcemente, cercando di calmarla. Andy l’abbracciò e in un sussurro gli chiese di rimanere lì con lei. Lui sorrise e si sdraiò al suo fianco, cingendole la vita e abbracciandola intensamente: “Non ti lascio andare, Andy.”
 
Si risvegliò solo quella sera e il letto era vuoto: per un momento temette che i ragazzi l’avessero lasciata sola. Voleva Mark, lo voleva ad ogni costo.
Si mise seduta sul letto e sperò che fosse stato tutto un brutto sogno, che quella mattina non si fosse mai svegliata e che tutto ciò che le aveva raccontato Gregory fosse solo la sua immaginazione. Il sorriso di Greg che fece capolino dalla porta le fece cambiare idea.
Il ragazzo si sedette accanto a lei sul letto e le prese le mani: “Stai bene?”
Andy si mise sotto le coperte: “È tardi, voi dovete tornare a Londra e io me ne vado a letto.”
“Hai dormito fino ad ora, Andromeda…”
“Perché mi chiami sempre Andromeda?” Chiese lei, scattando seduta sul letto.
“Scusami?”
“Non mi chiami mai Andy… sempre e solo Andromeda! Perché?”
“Perché è il tuo nome.”
“Sei sicuro? Non c’è qualche altro segreto che dovrei sapere? Ormai ogni cosa ha un suo perché… non c’è niente di spontaneo con te! Sono il riflesso di mia sorella Cass. Porca puttana…” imprecò lei, sottovoce, girando il fianco.
Gregory le mise una mano sulla spalla: “Devo confessarti che quando ti vidi con il vestito di Cass addosso, la sera del locale, mi sembrava di rivivere un sogno. Come l’hai avuto?”
Andy sbuffò, rassegnata: “È arrivato per posta un giorno, qualche tempo fa. Sapevo che era di Cass, ma non immaginavo me l’avesse mandato per un motivo particolare… credevo l’avesse rimandato a casa e basta…”
“È per questo che ho tentennato nel vederti con quel bordeaux addosso, Andromeda. Eri bellissima, eri lei… eri la mia Cass.”
La ragazza si voltò a guardarlo: “Devi averla amata molto…”
“Nonostante il suo caratterino, sì; ma forse era proprio quel suo essere così diversa da me che mi ha rapito. Perdonami, parlo come uno sciocco…” disse lui, alzandosi e portandosi davanti alla finestra.
Andy sorrise: “No, sei innamorato, è diverso.”
“Anche Mark è innamorato, ma non dice tutte queste sciocchezze.”
“Non le dice, ma le fa.” Sorrise lei, abbassando lo sguardo.
“Andromeda, lo conosci. Sai che non lo dirà mai…”
“Lo so, lo so… e a me va bene così. Sarebbe difficile per me sostenere il suo sguardo se mai me lo dicesse, quindi va bene così.” Disse lei, rannicchiandosi sotto le coperte, “A proposito, dov’è?”
“È di sotto, aspettava che ti svegliassi.”
“Aspetta qui, vado a chiamarlo.” Disse lei e, facendosi fagotto nella coperta, scese di sotto a piedi nudi.
Tutto il piano era al buio, non c’era nemmeno un lumino ad illuminare le stanze. Andromeda arrancò nell’oscurità, andando avanti un po’ a caso, sperando di non inciampare.
“Mark?” Chiese, sottovoce.
Un fruscio alle sue spalle le fece rizzare le orecchie e subito dopo sentì il caldo bacio di Mark sul suo collo.
“Mi mancavi, stronzo…”
“Anche tu. Dobbiamo fare piano, però.”
“Per Gregory?” Chiese lei, stupita dal pudore del ragazzo.
“No, perché ho buone probabilità di credere che abbiano accerchiato la casa.” Le disse lui, stringendole i fianchi e sussurrandole quelle parole all’orecchio.
Lei sobbalzò: “Accerchiato la…?”
Mark le tappò la bocca con una mano e fece scivolare l’altra mano lungo la schiena di lei. Ad Andy mancava quel suo tocco magico e si calmò subito.
“Dobbiamo dire a Gregory di spegnere la luce…” suggerì Andy.
“No, sarebbe un lasciapassare troppo evidente: dimostreresti che li hai notati, quindi attaccherebbero. Oppure che sei andata a dormire, e attaccherebbero comunque. Lascia fare… vieni qui…” le disse, girandosela tra le braccia e baciandola sulle labbra.
Andy si aggrappò a lui e approfondì il bacio, mentre lui le sistemava la coperta sulle spalle; le prese poi il viso tra le mani e le sorrise: nel buio, Andy vedeva gli occhi di lui grazie al riflesso della luce delle scale di sopra. Li vedeva lucidi e sentì le sue mani tremare.
“Da quanto sono qui fuori?” Chiese lei.
“Oh, da almeno due ore. Stanno aspettando che io e Gregory ce ne andiamo. Vogliono te, Andy.”
La ragazza tremò e si accoccolò sul petto di lui.
“Quanti sono?”
“Non ne ho idea. Penso una decina. Ehi, non pensarci…” la voce di Mark tentennò.
Andromeda lo baciò di nuovo e sentì le gambe di lui farsi molli. Qualcosa non andava: “Mark, calmati. Così mi metti agitazione.”
“Hai ragione, è che… pensarti da sola qui dentro… mi fa impazzire.”
“Ma non sono sola.”
“No, Andy, tu non capisci…” continuò lui, sussurrando, “…io e Greg dobbiamo per forza tornare a Londra stanotte, Johnny ci aspetta per uno dei suoi attacchi. Se usciamo di qui, però, è la fine.”
La ragazza prese il volto di Mark tra le mani e lo guardò fisso negli occhi: “Mark, ascoltami. Non mi succederà nulla. So dove nascondermi. Andate.”
“No, non esiste.”
“Non dire cazzate. Johnny ha bisogno di voi… e perché diavolo siete venuti qui oggi se stanotte dovevate essere a Londra?”
“Ho insistito io. Dovevo vederti… Andy…”
“Questa si chiama stupidità, Mark!”
“No, si chiama priorità.” Disse lui, stringendosela al petto e baciandole la fronte.
Andy se ne fregò di chi ci fosse fuori, di che pericoli stessero passando. Voleva Mark e basta. Lo baciò con foga e lo spinse a terra, raggiungendo i pantaloni di lui e sbottonando i jeans scuri.
Lui subito sorrise e le prese i polsi, cercando di fermare quella pazza che amava tanto. Lei si divincolò e si sdraiò accanto a lui, togliendosi gli abiti di dosso.
Lo sapeva, era pericoloso, ma proprio per questo era il momento migliore per farlo. Mark si mise sopra di lei e affondò la lingua tra le labbra di Andy, come se non potesse farne a meno. La ragazza sentì il piacere di lui aumentare sotto i suoi baci e portò le braccia sulle sue spalle, tirandolo a sé. Lui premette il bacino contro di lei, facendole divaricare le gambe con fare deciso. Dopodiché scese con i baci lungo il ventre ed Andy gemette nel sentire le dita di lui insinuarsi tra le sue cosce e cercarla avidamente. Sobbalzò un paio di volte e inarcò la schiena, ansimando per il piacere.
Mark sorrise e tornò a baciarla sulle labbra, guardandola gemere sotto il suo tocco.
Andy affondò le lingua nella bocca di lui e sentì il membro di Mark premere su di lei. Il ragazzo scese con i baci lungo il collo e fece scivolare le mani sotto la schiena di Andy, portandola a sé, sul suo petto caldo. Lei vi si aggrappò e incrociò le gambe attorno bacino de ragazzo. Mark si alzò in piedi e, tenendola ben salda, la urtò contro il muro, entrando in lei con una prepotenza mai avuta prima d’allora. Andromeda lanciò un piccolo grido di dolore, ma non si staccò: ne voleva ancora.
“Mark, prendimi ancora…” gli sussurrò ad un orecchio, mordicchiandogli il lobo.
Lui gemette e diede un altro colpo di bacino alla ragazza, stringendo sempre più le cosce di lei. Andy sentì le unghie del ragazzo affondare pian piano nella sua carne, ma non si lamentò; inarcò verso il basso il bacino e cominciò a spingere verso di lui, facendolo gemere di piacere.
Mark la strinse di nuovo e fece qualche passo fino al mobile del salotto, facendola sedere sul piano di legno. Andy appoggiò allora un piede sul ripiano e insistette con le spinte, facendo entrare Mark sempre di più in lei. Il ragazzo staccò le mani dalle cosce di lei e la strinse tra le braccia, scendendo con i baci lungo il petto, tra i seni, mentre la ragazza inarcava piano la schiena e cadeva all’indietro, appoggiandosi sui gomiti.
“Andy… sei mia…” disse piano lui, aumentando le spinte.
Anche lei aumentò il ritmo e dopo qualche istante, venne di piacere. Mark la seguì subito dopo, affondando le unghie nella schiena candida della ragazza. Rimasero così, su quel mobile di legno, ad assaporare quel momento ormai già sfumato. Andy continuò a baciare Mark sulla fronte, mentre lui si staccava da lei a fatica.
Si stesero sul pavimento e Andy allungò una mano sul divano, agguantando il pacchetto di sigarette.
“Cazzo Mark… ci voleva…”
“A chi lo dici.” Disse lui, sfinito.
Si accesero una sigaretta a testa e tirarono grosse boccate di fumo.
“Credi che Greg se ne sia accorto?” Chiese lei, un po’ timida.
“Beh, di sicuro! Non è stupido… ma è stato abbastanza gentleman da chiudersi in camera tua e sedersi in un angolo, ripetendosi la sua sfiga nel non avere più momenti così intensi…”
“Mark! Che stronzo!” Rise lei, dandogli una pacca sulla spalla.
Lui scoppiò a ridere ma si zittì subito: “Ricordati che siamo circondati, Andy.”
“Per quanto mi riguarda, possono anche farmi fuori adesso… io sono in pace con il mondo.”
Mark sorrise di nuovo e si buttò su di lei, baciandola ancora.
Un tonfo improvviso interruppe quel momento, seguito dal galoppare di Greg giù per le scale. Andy fece appena in tempo a coprirsi con la coperta che il ragazzo piombò in salotto, la faccia stravolta: “Mark, non sono gli scagnozzi di William!”
Il ragazzo si mise seduto e sbarrò gli occhi: “Che cosa? E allora chi sono?”
“Sono solo in cinque e una di loro… ne sono sicuro, è Cass.”
 
-:-:-:-
 
Ok, lo so… forse è un po’ presto per postare questo capitolo, ma sono un po’ impegnata con lo studio, quindi approfitto dei momenti liberi che ho per postare… =)
Fatemi sapere cosa ne pensate, sia commenti che dubbi!
B.L.
 
 
 

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Capitolo 19
*** Figlio di nessuno ***


  
 
 
“Cass?! Dici sul serio?” Chiese Mark, rivestendosi in fretta.
Gregory cominciò a gironzolare per la stanza, le mani nei capelli e, per la prima volta, il terrore nei suoi occhi. Andromeda si rivestì alla meno peggio e guardò Mark, indecisa sul da farsi.
“Dobbiamo uscire, Mark, ma per te è rischioso… uscirò io.” Disse Greg.
“Non ci pensare nemmeno! Non sei cosciente, ora sei agitato, rischi di peggiorare la situazione. Loro sono qui per Andy.”
“E allora uscirò io.” Disse lei, decisa.
“È fuori questione.” Rispose schietto Mark, cercando una soluzione.
“Bene, Greg, a quanto pare ce ne staremo rinchiusi a vita qui dentro!” Rise lei, dirigendosi alla porta.
“Non ci provare nemmeno!” Ringhiò Mark, raggiungendo l’uscio con un balzo e frenando la ragazza.
“Mark, levati di mezzo. È mia sorella.”
“Tu ora te ne stai zitta mentre io e Greg troviamo una soluzione.”
I due ragazzi si misero a discutere animatamente sul da farsi, mentre Andromeda, pian pianino, all’oscuro dagli occhi dei due, raggruppava tutto il necessario e indossava la sua mantella verde. Non era sufficiente per il freddo di quella notte, ma era l’unico capo pesante che aveva sottomano. Aspettava solo il momento giusto per sgattaiolare fuori di casa senza che i due se ne accorgessero.
Mark d’un tratto urlò qualcosa di indefinito e Greg rispose a tono: “E che cosa faresti se là fuori ci fosse Mashka?!”
La ragazza si bloccò e Mark tacque, voltandosi verso di lei.
‘Mashka?’ Pensò Andy, ma non era tempo di domande, non più. Impugnò saldamente la maniglia della porta di casa e, con gli occhi lucidi, uscì fuori chiudendosi i ragazzi alle spalle.
Era nel giardino e zampettò veloce fino al retro della casa: sentiva occhi famelici tutt’intono a lei e dei sibili innaturali ad un soffio dalle sue orecchie. Entrò per qualche metro nel boschetto e salì su un tronco mozzato: “Cass…?” chiese, timorosa.
Si fece coraggio: “Cass, vieni fuori! So che sei lì… sono Andromeda.”
Dalle ombre scure degli alberi si fecero avanti tre figure scure che però non si mostrarono a lei: volevano solo confonderla. Andy rimase immobile e attese. Le figure cominciarono a far frusciare le fronde attorno a lei e a correrle intorno, spaventandola. La ragazza si inginocchiò sul tronco e si raggomitolò su se stessa, inerme. Reagire violentemente, era impossibile… uscirne illesa era improbabile. I sibili aumentarono sempre più fin quando calò un silenzio di tomba.
Andy alzò gli occhi lucidi e si guardò intorno. Nulla.
Cercò con lo sguardo qualche indizio, ma l’oscurità era placata solo dal riflesso della luna sugli alberi alti e scuri.
Fece per voltarsi indietro, ma una mano gelida e artigliata le prese la nuca e la tirò indietro, piantandole le unghie nella carne morbida. Andy urlò dal dolore e dallo spavento e guardò chi era il suo aggressore: un ragazzo biondissimo e dagli occhi azzurri la stava guardando con disgusto e orrore: “E tu saresti questa grande minaccia?” Le chiese, con voce roca e stanca.
“Andrew, lasciala!” una giovane emerse dall’oscurità e minacciò il ragazzo spalancando le fauci appuntite. Quello mollò la presa e indietreggiò, sparendo nel buio.
“Cass…?” mormorò Andy, massaggiandosi il collo.
La giovane le si chinò di fronte e le prese il mento, guardandola bene: “Andromeda… ti ho trovata, alla fine.”
Andy crollò e si mise a piangere, inondando le mani della sorella di lacrime: “Mi hai abbandonata! Te ne sei andata! Ingrata… ci hai lasciate sole! Sei una vampira! Sei un mostro! Un mostro!” Urlò, nella notte cupa.
In lontananza si sentì un ululato e i cinque vampiri si guardarono tra di loro. Cass si voltò verso la sorella: Andy vide che i suoi occhi, un tempo d’un grigio simile al suo, ora rasentavano il freddo ghiaccio e l’inespressività più totale. La pelle candida lasciava intravedere qualche vena bluastra e le labbra, pallide e secche, celavano lungo la fessura un rossore di sangue talmente vivo da sembrare innaturale.
“Cassiopea… dove sei finita?”
“Sono Cassandra ora, e tu dovresti seguirmi, sorellina mia…” le disse; non aveva un tono affettuoso, ma imperativo, quasi come se Andy non avesse scelta.
“No, Cass, non verrò con te…”
“Lady Cassandra, dobbiamo andare!” Le disse uno dei suoi compagni, facendole notare l’avvicinarsi degli ululati.
“Ora ce ne andiamo, sì…” rispose, tornando a guardare la sorella, “Andy, mi deludi.”
“No, tu hai deluso me… hai deluso me e Berenice. Anche lei è scomparsa, Cass…”
“Non punirmi per l’abbandono di Berenice: se n’è andata e basta. Piuttosto, nostro padre… dovresti venire con me, Andromeda, capiresti che…”
Andy ricominciò a piangere e abbracciò la sorella, interrompendola.
La vampira si sentì strana con tutto quel calore sul suo corpo e, invece di ricambiare l’abbraccio, scostò la lunga chioma nera di Andromeda e spalancò le fauci, pronta a colpire.
Un lungo ululato precedette di poco il balzo di un grosso lupo che scaraventò a terra Cass, liberando Andy. I cinque vampiri si trovarono circondati da tre grossi lupi, gli occhi famelici che splendevano nella notte e le zanne affilate pronte a colpire.
Cass si rimise in piedi e lanciò un gesto ai suoi compari, sparendo tra le fronde, quasi volatilizzata. Un momento prima di sparire, però, lo vide: Gregory, dietro ad uno dei lupi, che la guardava, inginocchiato a terra, rassegnato.
I tre grossi lupi circondarono Andy e cominciarono a leccarle il volto, facendole le feste. Uno di loro, che lei riconobbe subito, accoccolò il muso sul suo petto. Andy gli prese il muso tra le mani e gli sorrise: “Sto bene Mark. Ma Johnny,” continuò, “non serviva che venissi anche tu! E l’altro chi è?”
Le rispose Gregory, cercando di riprendersi: “È Gus, il fratello di Johnny.”
“Oh, ragazzi, vi ringrazio… cucciolotti…” disse lei, facendo comparire un bel sorriso sul suo volto e cancellando tutte le lacrime piante fino a poco prima.
Rientrarono in casa e i tre lupi tornarono ragazzi.
Gus non era molto alto, ma muscoloso: aveva capelli biondi e occhi chiari, gentili. Era di poche parole, ma essenziali, decisamente diverso dal fratello.
“È un piacere conoscerti, Andy. Io sono Gus.” Le disse lui, sulla porta di casa.
Andy raggruppò le sue cose e ficcò tutto nella macchina di Mark.
Gli altri tre salirono sulla Mustang impolverata di Johnny. Direzione Londra.
 
 
“Ti avevo detto di rimanere in casa.” Esordì lui, accelerando di botto una volta fuori dal bosco.
“Non mi va di litigare. Ho avuto un po’ troppe sorprese, oggi… penso siano sufficienti.”
“Sì, come vuoi. Forse hai ragione… stiamo tornando a Londra ma non so se lasciarti nella villa o se portarti con me all’appartamento.” Le disse lui, perplesso.
“Fai come vuoi, per me è uguale.”
Mark lanciò qualche sguardo fuori dal finestrino, pensieroso.
Era stata una serata abbastanza movimentata e il ragazzo aveva ancora addosso il terrore di perdere Andy; cominciò a rallentare, staccandosi visibilmente dalla macchina di Johnny.
Lei si irrigidì sul sedile, temendo una crisi del ragazzo, ma tacque.
Subito dopo Mark pestò l’acceleratore e riprese la marcia, tranquillizzando Andy che gli si rivolse, comprensiva: “Se ti devi fermare, dimmelo.”
“Cosa hai provato quando hai rivisto tua sorella?” le chiese nervoso, giocherellando con il piercing sul labbro.
“Tante cose: dolore, felicità, odio, malinconia, affetto… tutte mescolate insieme.” La ragazza tacque un momento e si mise a riflettere sulle parole della sorella, “Forse ha ragione lei, Mark. Forse dovevo seguirla.”
“No, Andy, non dovevi seguirla.”
“E cosa dovrei fare? Ha nominato mio padre… forse ha scoperto qualcosa!”
“Non c’è niente da scoprire, lei è un’alleata dei Black Rose, ha raggiunto il suo obiettivo. Tu non sei altro che un’altra preda da appendere sopra al caminetto, come la testa di un alce. Lo capisci?”
“Come puoi essere così cinico?”
“Non dirmi che provi ancora compassione per lei…”
“No, la odio, di questo sono sicura; però…”
Mark attese. Voleva sentirglielo dire.
“…insomma, forse un giorno tornerà.”
Lui sorrise a malincuore: “No, Andy, non tornerà. Non tornerà mai. Mi dispiace.”
La ragazza si rese conto della palese verità ma non disse una parola a riguardo; guardò fuori dal finestrino, le luci della città che ora comparivano, lontane, come una distesa illuminata di stelle.
“Vorresti tornare indietro, Mark? Vorresti non essere quel che sei…?” gli chiese, guardando il suo viso perfetto e perdendosi in quelle iridi di lupo, scure, profonde e incupite dagli eventi.
“Non è questo… un giorno crescerai, Andy, e allora capirai che non tutto al mondo è facile come credevi. E non parlo dei famigliari che ti mancano, del sangue del tuo sangue che vuole vederti morto, ma è qualcosa che trascende lo spazio e il tempo. È la consapevolezza che niente finirà mai. Non morirai mai se non assassinato, perché la Natura non ti considera suo figlio. Sono il figlio di nessuno, Andy.”
 
 
-:-:-:-
 
Ciao a tutti! Si, lo so, non è molto ma spero vi sia piaciuto lo stesso!! Sono molto curiosa delle vostre opinioni, e spero non vi facciate problemi ad esprimerle!
Vi ringrazio per i complimenti (troppo buone!) e spero di andare avanti senza deludervi!
Mi rendo conto che non parlo dei Tokio in modo pressante… anzi, proprio per niente! Mi sono solo divertita a prendere le loro sembianze e alcune cose del loro carattere per mettere in piedi una storia che con loro come gruppo non ha niente a che fare… se speravate di trovarci altro, mi dispiace!
Intanto un mega grazie a voi che trovate il tempo di leggere ’ste cose che scrivo… =)
A presto!
B.L.
 
 

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Capitolo 20
*** Signorino Bastian ***


  
 
Avevano attraversato tutta la foresta nel buio della notte e finalmente erano arrivati al pendio che portava al castello dei Black Rose.
Andrew si bloccò.
“Non vieni?” Gli chiese uno dei suoi compari.
“No, devo tornare a Londra.”
Lady Cassandra si fece spazio nel piccolo gruppo e avanzò fino al giovane biondo: “I patti sono patti, Andy.”
“Avete avuto quel che volevate, ora lasciatemi andare.”
“No, piccolo mio… non puoi abbandonare i giochi ora che si fanno più divertenti. Non dirmi che hai rimorsi, adesso.”
Lui la guardò con occhi glaciali e inespressivi: “No, non ho rimorsi. È solo che ora devo andarmene.”
“Ti aspetta a casa per la cena…?” Scherzò lei, le mani sui fianchi.
Andy scattò in avanti, ma gli altri vampiri lo bloccarono prima che potesse avventarsi su Cass.
“Non ti scaldare tanto, Andrew Bastian… non fa bene a quelli come noi. Ti aspetto tra due giorni al castello dei Black Rose: è un tempo sufficiente per abbindolare Trumper?”
“Sì, certo che sì.” rispose lui, lo sguardo fiero.
“Bene. Ci conto. Buon viaggio, Bastian.” Concluse lei, e con un solo cenno i tre vampiri le si misero intorno, scortandola lungo il pendio, fino alle mura del castello.
Il giovane cambiò direzione e giunse alla strada dove il taxi lo stava aspettando da ore.
“Le costerà cara questa attesa, giovanotto.” Disse l’uomo, le mani gelate sul volante.
“Non si preoccupi, ho di che pagarle.”
No, non l’avrebbe ucciso. Gli serviva un passaggio fino a casa e aveva già previsto quella lunga attesa.
“Che dice, duecento sterline basteranno?”
L’uomo si voltò a guardarlo di sottecchi: “Sono quattro ore e mezza che aspetto…”
“Trecento?”
“Facciamo tre e cinquanta e non ne parliamo più. Lei può permetterselo, Signorino Bastian.”
“Sei sempre un amico, Charles.” Sorrise il biondo dal sedile posteriore.
La macchina partì e sfrecciò veloce nel nero della notte.
Andrew socchiuse gli occhi dopo aver detto a Charles di non disturbarlo fino a casa e cominciò a pensare, cullato com’era dai sedili di pelle di quel taxi di lusso.
‘Andromeda. Mi dispiace… non capisco perché uno di noi due debba morire, ma credimi… lasciare questo mondo non è poi così tanto male. Se toccasse a te, quasi quasi ti invidierei.’ Si disse, calandosi il ciuffo biondo sugli occhi e chiudendoli poi del tutto.
 
 
“Signorino, siamo arrivati.” La voce di Charles lo svegliò di scatto e Andy sobbalzò sul sedile.
“Mi scusi, non volevo spaventarla.”
Andy scosse il capo e sorrise, infilandosi poi nella giacca di pelo. Tirò fuori il portafogli e lasciò sul sedile quattrocento sterline.
“Signorino, avevamo detto…”
“Va bene così, Charles. Buonanotte.” Disse il biondo scendendo veloce dal taxi e tuffandosi tra le porte del palazzo che si aprirono al suo passaggio.
Fece un cenno veloce all’usciere e chiamò l’ascensore privato. Una volta dentro, si coprì gli occhi dalla luce riflessa negli specchi, mentre volava fino all’ottantesimo piano in un solo batter d’occhio.
Il trillo dell’ascensore lo fece tornare in sé: uscì in fretta e aprì la porta di casa con le chiavi tintinnanti; ‘Dovrei traslocare, porca puttana…’ si disse, provando per una frazione di secondo qualcosa di molto simile alla vergogna per se stessi, sensazione che svanì nel nulla nel vedere William che si stava preparando per uscire, e la striscia bianca di polvere magica – come la chiamava lui, sul tavolino nero.
Andy sbuffò e chiuse dietro di sé la porta.
“Andrew! Sei tornato?!”
“Sì, sono qui.”
“Dove sei stato?”
Il biondo alzò il capo, lo guardò negli occhi e mentì ancora: “Da mio padre.”
“Cos’è, ora ha un istinto paterno? Ti vuole accanto a sé per ogni stronzata? Qual era la scusa, questa volta? Uno dei vostri levrieri non mangiava più?”
Andrew non rispose.
Notò che William quella sera si stava vestendo un po’ più elegante del solito. ‘Puttane di lusso?’ Si chiese, ma non accennò ad una sola parola.
William lo seguì in bagno per ritoccarsi il trucco e mentre si controllava allo specchio, Andy cominciò a fissarlo, quasi ipnotizzato: quella sua pelle bianchissima, i lineamenti perfetti, così perfetti da ricordare il viso di una ragazza, e se non fosse stato per i capelli corti sui lati avrebbe davvero confuso chiunque; e quegli occhi… quei cazzo di occhi… scuri, intensi, resi ancora più cupi dai contorni neri e sfumati, perfetti. Quello sguardo che difficilmente ti fa dire di no.
“Andy… che cazzo hai da guardare?” Gli chiese William, bruscamente.
Il ragazzo distolse lo sguardo e fece per tornare in camera borbottando qualcosa di indefinito, quando William lo bloccò all’ultimo momento, sulla porta. Pose la matita nera per gli occhi e prese Andy per la nuca, scavando i suoi occhi azzurrissimi con il suo sguardo scuro e profondo. Andrew si appoggiò allo stipite e si lasciò scavare, scrutare e penetrare nel profondo: strano a dirsi, non aveva paura. William si avvicinò alle labbra di Andrew ma percepì la strana forza dell’amante, forza ostile e trattenuta. Lo guardò di nuovo e non lo riconobbe: quell’azzurro s’era spento, s’era ingrigito; il vampiro corvino ebbe un sussulto ma non lo diede a vedere.
William sbuffò e si diede un’ultima occhiata allo specchio, sistemandosi i capelli con le dita.
Andò in camera, seguito dal biondo, prese la giacca di raso nero e la indossò, tirando su le maniche fino ai gomiti e controllandosi sullo specchio a figura che troneggiava nel centro di una parete libera.
“Sì, William, stai bene.”
Il corvino lo guardò attraverso lo specchio: “Non ho chiesto la tua opinione. Piuttosto, con Andy, l’Andy di mio fratello… siamo a buon punto credo. Ho incaricato due dei miei all’Avalon di cercare le sue tracce e questa sera attendo risposte.”
“Mmh…” mugugnò Andy, accendendosi una sigaretta.
“Non mi sembri molto entusiasta.”
“Dove vai stasera?” Cambiò discorso il biondo.
“Faccio una toccata e fuga all’inaugurazione di un locale di un mio vecchio cliente,” William controllò l’orologio, “oh beh, arriverò a festa già iniziata credo; e poi direi… Avalon e The Edges. Vedo dove mi porta la notte.” disse lui, sedendosi al divanetto e arrotolando un centone.
‘…e si prende l’aspirina per la serata…’ commentò tra sé e sé Andrew, tirando di sigaretta.
William tirò la striscia bianca e gettò la testa indietro, rimanendo qualche minuto con gli occhi chiusi.
Andrew uscì sul terrazzo e guardò la città sotto di lui.
“Dovresti venire anche tu, Andy.” Gli disse William, comparendo alle sue spalle.
Andy scosse il capo: “No, Willy. Non ne sono più capace.”
“A fare che…?”
“A fare come te. A far finta. Vai e divertiti. Io me ne sto qui.”
“Oh Cristo, mi mancava solo il depresso del venerdì sera… buona serata, Andy. Io me ne vado.” Disse William, rientrando in casa e sbattendo la porta d’entrata con forza.
Andy tirò di sigaretta: “E poi mi faccio anche problemi… il piano continua come previsto.”
 
 
-:-:-:-
 
 
Ciao gente!!! Grazie per il vostro sostegno, anche se non così manifesto (a parte qualche eccezione… ;-D); per ‘festeggiare’ questo ventesimo capitolo, vorrei esaudiste questo mio piccin desiderio: ditemi tutte/i come pensate continui la storia… non perché non abbia idee, la storia sul mio pc è già arrivata al 23esimo capitolo!! Sono solo molto curiosa delle vostre opinioni, anche perché vedo venti, trenta visite e manco una recensione!!! So sad… =(
Dai, dai, dai, fatevi sentire!!! Ci contooo!!!
B.L.

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Capitolo 21
*** Mashka ***


  
 
 
Una volta arrivati in città, Johnny li salutò: sarebbe andato a farsi una bevuta nel suo locale preferito, una bettola all’angolo di una strada in periferia, sporca, puzzolente e trasandata: in pieno stile Johnny.
Andromeda tornò a casa con Mark nella reggia Trumper.
Appena lui s’addormentò, Andy si rivestì in fretta e, un attimo prima di lasciare la camera, lo guardò alla luce fosforescente del buio: era davvero bellissimo. Quei lineamenti duri ma armoniosi allo stesso tempo… fece per baciarlo, ma il timore che si svegliasse la bloccò.
Sgattaiolò fuori e prese la macchina, raggiungendo il locale.
“Ti posso parlare?”
Il locale era peggio di quel che si era immaginata: la sporcizia era ovunque, e i fumi di sigarette e canne adornavano come drappeggi ogni angolo dello stanzone. Al bancone, però, l’aveva visto subito ed era corsa da lui, senza badare alle facce vogliose degli ubriaconi ai tavoli. Tutti si zittirono un momento quando entrò: non era normale una bellezza come la sua in un locale simile. Johnny, al bancone, si era girato e, piacevolmente sorpreso, tirò di sigaro.
“Certo che sì, bambolina. Vieni di là. Qui ci sono troppe brutte facce.” Le disse, scendendo dallo sgabello e prendendola delicatamente per un braccio; fece segno al barista e svoltò dietro ad una tenda lercia, finendo nel retrobottega, tra gli scatoloni mezzi vuoti e i barili di birra. Una luce molto debole illuminava i loro volti con una lampadina tremolante e gialla, ma gli occhi di Johnny erano vividi, nonostante tutto: “Cosa ti porta in questo postaccio, bimba?”
“Mark, ovviamente… ho saputo che… sì, insomma, non è tutto merito tuo se lui è diventato un lupo.”
Johnny sorrise: “Oh, ci siamo arrivati… alla fine.”
“Dunque Gregory aveva ragione?” Chiese Andromeda, sedendosi su una cassa ancora chiusa.
“Non so cosa ti ha detto lui, ma è ovvio che un vampiro come Mark non sarebbe mai arrivato a me solo con le sue forze. I vampiri sono potenti, ma troppo deboli di fronte ad un branco di licantropi.”
“…e dunque?”
Johnny diede una bella boccata di sigaro, la guardò di sottecchi e le rispose mentre il fumo usciva minaccioso dalle sue labbra: “Si chiama Mashka.”
Nel momento in cui udì quel nome, Andy scosse piano il capo; era di lei che stava parlando Gregory, quella notte.
“È una lupa, una delle migliori combattenti che abbia mai visto. È stata lei a portarmelo. Quando ancora combattevamo contro di lui, Mashka e Mark avevano un modo di attaccarsi molto personale: sì, si ferivano, ma c’era molta complicità tra di loro durante la lotta. È per questo che Mark non ha fatto fatica ad avvicinarla al di fuori del branco e delle battaglie.”
“L’ho mai vista?” Gli chiese, le braccia conserte.
“Credimi, te la ricorderesti; credo sia una delle più belle e sfrontate lupe che abbia mai conosciuto. Arrogante, coraggiosa, indipendente, selvaggia. Le aveva tutte.”
“…perfetta per Mark.” Commentò lei, lo sguardo basso.
“Già! Non me ne volere, Andy, ma erano davvero una bella coppia. Poi è successa una cosa strana e lei è sparita.”
“Ovvero?” Chiese, con un barlume di speranza negli occhi.
“Mashka… non era tutta a posto. Spesso e volentieri impazziva senza motivo e attaccava qualsiasi cosa o persona le capitasse a tiro. Mark più volte aveva cercato di calmarla, ma l’ultima volta non ci è riuscito. A momenti lo ammazzava.”
“Che cosa?” Andy scese dalla cassa con un balzo.
“Sì, è partito uno sparo che ha ferito di striscio Mark.”
“Durante un attacco?”
“No! Eravamo in un locale come questo, e ad un tratto senza nessun motivo, nel bel mezzo di una conversazione che nemmeno la riguardava, ha cominciato a impazzire, colpendo e graffiando ogni cosa. Ricordo benissimo quegli occhi verdi diventare sempre più rabbiosi e animaleschi. Anche Mark ne aveva paura, ma era l’unico che aveva il coraggio di avvicinarla;” Johnny tirò ancora di sigaro, “Mashka…”
Andromeda non sapeva dove guardare: si sentiva tagliata fuori da tutto questo, ma era comprensibile, tutto ciò era successo prima che lei arrivasse; ma era donna, e la rivalità tra donne è senza tempo e la gelosia cominciò a ribollirle nelle vene: “Era bella?”
È bella. Una bella mulatta proporzionata e muscolosa, con occhi d’un verde smeraldo difficile da trovare in natura e capelli corti di un rosso altrettanto assurdo. Però, davvero… una gran gnocca…”
Andy acquisì un tono di rimprovero: “Se ti sentisse Sally…”
Johnny sorrise.
“È ancora viva?”
“In che senso?”
“Dall’episodio che mi hai raccontato… dov’è finita?”
“È sparita, ma è tipico di Mashka. Sparisce e ricompare quando le pare e piace. Non dartene troppo affanno, bimba. Mark non ci pensa più.”
“Non direi… mi chiedo come Mark possa apprezzare me; sono così diversa da lei.”
“Siete come una medaglia, Andy. Ognuna di voi è una faccia della medaglia di Mark.”
“E io quale sono? Quella che mostra al mondo o quella che tiene sul cuore?”
Johnny la prese a sé e la strinse, ciondolandola per consolarla: “Non ci pensare, bimba. Lui tiene tantissimo a te, non ne devi dubitare.”
Andy tremò e azzardò una domanda: “E se diventassi una lupa?”
“Ci risolveresti un bel po’ di problemi, ma non sarebbe la soluzione migliore.”
“Perché no?”
“Mark te l’ha chiesto?”
“No… anzi…”
“Ti sei risposta da sola. Sai come ti vuole.”
“Ma io lo farei per me stessa, non per un uomo!”
Johnny le prese dolcemente il mento e la guardò fissa negli occhi: “Bimba, non mi si dicono stronzate. Lo faresti solo per lui. Tu non ne avresti alcun motivo.”
Lei subito abbassò gli occhi, per poi ribellarsi a quella tenera stretta e alzare la voce: “E invece no! Mi vendicherei su mia sorella! Quella stupida è diventata una vampira… e se fossi una lupa potrei contrastarla! E finalmente fargliela pagare per tutti quegli anni in cui è sparita!”
“Allora questa faccenda di Mark e William non ti ha insegnato niente…”
“Scusa?”
“Non mi fraintendere, mi sta più che bene che Mark sia dalla nostra parte, ma il fratricidio è assurdo… anche tra due come loro. Non importa di chi sia la colpa, è sangue del tuo sangue. In fondo non lo odierai mai perché vorrebbe dire odiare te stesso.”
Andy sospirò: “Oh, Johnny King… il saggio e vecchio Johnny.”
“Piano con gli insulti, bambolina!”
Lei rise e lo abbracciò, sospirando più forte di prima.
“…e poi mi chiedi come può amarti uno come Mark?” Le prese il mento tra le mani e la guardò di nuovo negli occhi grigio azzurri, “Perché come si fa a non amare una come te, Andromeda?”
Lei sorrise, ma non era convinta di quelle ultime parole. Mark era cambiato con lei, era diventato più brusco, più insofferente.
No, non ne era affatto convinta.
 
 
-:-:-:-
 
 
Ciao a tutti!!! Tentativo fallito miseramente… sigh! Pazienza. Io vado avanti e nei prossimi giorni posterò il seguito, sperando di non deludervi. E sennò, cm si dice, ’azzi vostri!!! Ah ah ah!! Buona lettura!!!
B.L.

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Capitolo 22
*** Un'altra rosa ***


  
 
Il castello appariva sempre più spettrale ogni volta che Andrew vi metteva piede. Lasciò il taxi fuori dalle mura ad aspettarlo ed entrò sotto gli stridii dei corvi sopra di lui.
“Maledette cornacchie…” sussurrò lui, arrivando al torrione principale. I due alla porta lo fecero entrare senza tanti problemi ed Andrew corse di sopra, quasi arrampicandosi su per i gradini alti e stretti dello strato più esterno di mattoni, diretti al tetto della torre.
Una volta in cima, aprì la piccola porta di legno e si trovò sul piccolo terrazzo in compagnia di Lord Ebenast, fratello del leader dei Black Rose, due suoi giovani pupilli e Lady Cassandra.
“Sei puntuale, Bastian.” Lo salutò lei, andandogli incontro; una volta al suo fianco, mentre gli sistemava la giacca gli sussurrò all’orecchio velocemente, senza farsi sentire: “Breve e conciso, non sono contenti.”
Gli diede qualche pacca sul petto e si scostò, lasciandolo al cospetto di Lord Ebenast. L’uomo gli stava dando le spalle, guardando l’immensa foresta che copriva e custodiva quella fortezza.
Andrew non sapeva cosa fare ma il cenno di farsi avanti di uno dei ragazzi lo fece avanzare, controvoglia: non era per niente tranquillo.
“Mi avete fatto chiamare…?”
“Nonostante le parole di Lady Cassandra, devo dissentire. Siete in ritardo, giovanotto. Parecchio in ritardo.”
“Non capisco…”
“Ci avevate promesso Trumper molti mesi fa, ma a quanto pare sono sorte delle complicazioni e stiamo ancora aspettando. L’uomo si voltò, A me non piace aspettare.”
“Avete ragione, Lord Ebenast. Vedete, il fratello di William, Mark Thomas, ha serrato una forte resistenza nei confronti del fratello ed è difficile per me farvi avvicinare ora senza farvi contrastare dai lupi di Londra.”
L’uomo arricciò le labbra.
Seguirono momenti di silenzio tombale in cui Andrew non sapeva come agire; poi l’uomo riprese a parlare: “La nebbia ci salva dal sole, Bastian. È così per noi, ed è così anche per William. Dobbiamo trovare la nostra nebbia, e Mark Thomas potrebbe tornarci utile. Dovremmo sfruttare i suoi attacchi per farci condurre da William.”
Andrew si morse un labbro: per un momento ebbe un’esitazione, ma il ricordo di qualche sera prima lo fece tornare alla realtà. William doveva morire.
“Certo, Lord Ebenast.”
L’uomo si rivolse ora a Lady Cassandra: “Avete detto di aver trovato vostra sorella, finalmente.”
“Sì, è così.”
“E con lei c’era Mark Thomas?”
“Non ne sono sicura, ma… ho visto una persona che so essere sempre in sua compagnia. Presumo ci fosse anche lui.”
“Sì, Lord, era lui. Lo so riconoscere. E la giovane Andromeda è la sua compagna. Ne sono sicuro.”
“Dite davvero?” Chiese lui, stupito.
Andrew annuì.
“Eppure mi avevate detto che vostra sorella è umana.”
“Lo è infatti.” Confermò Cassandra, con un piccolo inchino.
Lord Ebenast si voltò verso la foresta cupa: “È una giovane coraggiosa.”
L’uomo fece un cenno e i due pupilli sparirono dal torrione, lasciandoli soli.
“Bastian, aspettatemi di sotto.”
Il giovane ubbidì e si chiuse la porta di legno alle spalle.
Lady Cassandra gli si avvicinò e attese.
“Andrai da tua sorella e la convincerai a collaborare. Con le buone o con le cattive. Non puoi andare da sola dal lupo, ti ammazzerà. Lei ha molta influenza su di lui, lo convincerà presto. La cosa difficile sarà convincere lei. Posso contare su di te?”
“Certo, Lord Ebenast.”
“Tuo padre ne sarebbe felice.” Le disse lui, sorridendole.
“E lo sarà.” Rispose lei, accompagnando l’uomo alle scale.
Lanciò un ultimo sguardo alla foresta, il vento che impetuoso saliva dalle mura grigie. ‘Sì, Andromeda, sarai dei nostri’.
 
 
-:-:-:-
 
 
Ciao a tutti!!! Scusate il ritardo, presto (spero davvero, questa volta!) posterò Il Ventitreesimo capitolo… =) capirete da soli perché ci metto un po’ a scriverlo.
B.L.

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Capitolo 23
*** Cupa Ira grigia di Pioggia ***


  
 
 
Non era mai andata in chiesa, non credeva nel culto cristiano. Quella sera ci andò solo perché voleva vedere un posto nuovo, nonostante fosse antico. Le guglie gotiche la affascinavano da sempre ma una volta dentro si sentì come fuori posto.
L’Abbazia era eccezionalmente aperta anche a quell’ora per i turisti: nessun turista però era in visita quella sera, solo Andromeda e le sue paure. Aveva intravisto la sagoma di un prete aggirarsi tra gli alti pilastri, per poi sparire dietro ad una porticina che probabilmente portava alla canonica. Era rimasta sola, in quella grande Casa disabitata. Le statue attorno a lei le mettevano soggezione e le candele accese nelle nicchie delle navate laterali attirarono la sua attenzione. Fu lì, davanti alle tremolanti fiammelle dorate, che vide sotto un affresco sua sorella. Cassandra. Era lì.
“Ciao, Andy…”
“Sei un demone, non dovresti nemmeno mettervi piede, qui.”
“I secoli sono passati per tutti, Andromeda, e così anche le superstizioni. Demone…” ridacchiò Cass, avanzando nell’oscurità.
“Cosa vuoi, Cass?”
“Sono venuta per parlarti, per spiegarti ciò che non sono riuscita a spiegarti finora.”
“Non so se crederti, Cass…”
“Non vuoi nemmeno ascoltarmi?”
“Sentiamo…”
“Sì, è vero, me ne sono andata che eri ancora una bambina, ma… avevo i miei buoni motivi.”
Andy incrociò le braccia e attese, scocciata.
“Nostro padre era morto in circostanze sospette, Andromeda! Non dirmi che hai creduto alla fandonia di un attacco delle bestie della foresta… a Sherwood! Quali belve potrebbero mai celarsi a Sherwood, se non i vampiri?”
“Senti chi parla…”
“Ragiona, Andromeda!”
“Sì, lo so, anche per me era strano, ma ero una bambina, come potevo sapere? Solo una volta cresciuta ho capito che qualcosa non tornava. Ma tu te ne sei andata così presto… dove sei stata?”
“Sono andata a Londra, dalla cugina di nostro padre. Lei è una vampira e mi ha presentata ad altri vampiri per aiutarmi a far luce su questa cosa…”
“Frena frena frena… la zia? Zia Millicent è una vampira?”
“Certo che sì!”
“È da lei che hai conosciuto Gregory…?” Chiese Andy, timorosa di aver toccato un tasto dolente.
E infatti Cass si voltò piano verso un pilastro, nascondendo il suo volto bianco scostando i lunghi capelli corvini.
“Sì, l’ho conosciuto in quell’occasione, ma non sono qui per parlare di lui.” La ragazza si voltò di nuovo verso la sorella: “Andy, devi aiutarmi. Ora appartengo al clan dei Black Rose e anche noi vogliamo la fine di William Trumper. Ci devi aiutare!”
“E come potrei mai?”
“Convinci Mark a collaborare con noi.”
Andromeda indietreggiò d’un passo e scoppiò in una piccola risata isterica: “Ah, ah-ah-h, ah! E tu… ah ah! Ti aspetti che Mark sia d’accordo?!”
“No, so benissimo che non si fiderà di me, ecco perché lo sto chiedendo a te. Devi convincerlo tu, Andy. So che state insieme…”
“Cassandra, non mi fido nemmeno io di te, come posso pretendere che lo faccia lui? Tu sei pazza…”
“Pensaci! Vampiri e lupi uniti per distruggere William: non potrebbe averla vinta questa volta!”
“E chi mi assicura che non sia una trappola, che voi dei Black Rose non attacchiate i lupi insieme a William?”
“Andromeda, sono una vampira, ma sono pur sempre tua sorella…”
“…si, che mi ha abbandonata che ero solo una bambina.”
Cassandra sbuffò, rassegnata: “Non mi credi. Comprensibile. Solo… pensaci, d’accordo?”
“Andromeda, stai bene?” La voce di Greg giunse dalle sue spalle, inaspettata e preoccupata.
Il ragazzo emerse dall’oscurità piano, curioso.
“Greg! Che ci fai qui?” chiese la ragazza, indietreggiando verso di lui e allontanandosi dalla sorella.
“Ti ho seguita, non sapevo che intenzioni avessi… ma…”
Gli occhi dei due vampiri s’incrociarono e Andy giurò d’aver sentito dell’elettricità attraversarle il volto.
“Cassandra… come…?”
“Andy, ci vedremo presto. Medita su quel che ti ho detto.” Tagliò corto la vampira.
“No, non puoi andartene così!” Insistette lui, prendendola per un braccio.
“Lasciami, Greg!” Gli disse lei, senza guardarlo in faccia.
Lui la strattonò con forza e la costrinse a guardarlo: “Guardami, Cass… guardami!”
Lei si voltò: gli occhi glaciali si stavano arrossando sempre più, ma nemmeno una lacrima scivolò da sotto le ciglia. Nemmeno una.
“Cosa vuoi, Greg?”
“Voglio te. Sei sparita.”
“Sì, e per le mie buone ragioni.”
“E perché mai mi hai sposato?! Perché mai sei diventata una di noi?”
“Non per amore se è questo che pensi… mi dispiace…”
Greg mollò la presa e si coprì gli occhi con una mano: “Sei davvero squallida.”
“Preferirei ‘stratega’, ma pensala come vuoi.”
Andromeda li lasciò soli e si allontanò dalla nicchia.
“Come hai potuto…? Sei cambiata, Cass.”
“Ti prego, non parliamone più. Sono venuta qui per convincere Andy a parlare con Mark. Lui ci serve.”
“Come ti sono servito io? Come ti serve ora tua sorella? Non hai ritegno! Usi le persone come…”
“Greg! Ascoltami! Non c’è tempo per questo. Noi dei Black Rose abbiamo bisogno di voi per contrastare William. Anche noi vogliamo la sua fine ma ci è difficile ora con voi lupi che vi intromettete.”
Lui continuava a fissarla, senza risponderle.
“Greg, mi stai ascoltando?”
“Non contare su di me. Non mi usi più, maledetta… maledetta puttana.”
Andy da dietro ad una colonna si mise le mani alla bocca; mai Gregory era arrivato a tanto. Sempre controllato nelle sue emozioni e nei suoi modi, quella doveva essere stata davvero la goccia: l’inesorabile indifferenza di lei, mai nemmeno ipotizzata da Greg.
“A quanto pare i confini sono ben tracciati. Bene.” Rispose lei, mettendosi a posto il mantello.
Un silenzio di tomba cadde fra di loro per istanti infiniti. Andy aspettava pazientemente, soffrendo per quanto Greg stava male.
Poi, uno scatto rapido e inaspettato: Greg s’avventò su Cass, affondandole le dita nella carne del mento e stringendole la bocca sempre più da dentro i guanti di pelle. La ragazza lanciò un grido dallo spavento e Andy accorse subito, inorridendo alla vista di Greg che spalancava le fauci e le mostrava, terrificanti e affilate, alla sorella dallo sguardo indemoniato.
“Vattene, Andromeda! Me la risolvo da solo!” Le disse lui.
“Andy, scappa! Esci di qui!” urlò Cass, strattonando Greg per la giacca.
“Ma… io…”
“Vattene!” Insistette Greg.
La ragazza si levò di mezzo ma rimase nell’edificio, assicurandosi che non arrivasse nessuno.
“E va bene, Greg, hai vinto tu!”
“No, non mi interessa! Non è vincere o perdere! Tu non sei quella che ho conosciuto! Tu non sei quella di cui mi sono innamorato!”
Cass cominciò ad indebolirsi e ad accasciarsi sotto la forte stretta di lui.
“Dimmi che non ti importava… dimmi che è stata tutta una facciata… dimmi che quello che vedevo quando ti toccavo non erano i tuoi sogni di noi due insieme…”
Cass cominciò ora a liberare dei gemiti di dolore, mentre opponeva sempre meno resistenza alle strette di lui.
“Dimmi che non mi amavi… dimmi che non volevi stare con me… dimmi che non ti sei bevuta il cervello per i Black Rose…”
Lei non rispose e cominciò a singhiozzare.
“Non hai nemmeno un briciolo di dignità! Maledetta! Anni… sono ANNI! Anni che ti cerco, che ti aspetto, che credo in te e in quello che avevamo insieme…”
I capelli lunghi e neri della giovane cominciarono a toccare terra mentre lei s’inginocchiava per chiedere pietà.
“…e poi vedo Andromeda, è stato un tuffo al cuore. Era come vedere te… ma non eri tu! Non eri tu! Le sono stato vicino, sperando mi potesse aiutare nel ritrovarti e invece… anche lei hai ingannato! L’hai lasciata sola che era ancora una bambina! Una bambina!” Urlò lui, andandole ad un palmo dal naso.
“Basta… Gregory… ti prego… sì, è vero.” Disse lei, con un fil di voce.
Lui mollò la presa e lanciò un grido di rabbia, l’ultimo, verso il cielo.
Cass, a terra, si massaggiava il collo e cercava di riprendere le forze: “Gregory, mi dispiace. È stato fatto tutto… per mio padre, lo sai.”
“Oh, ancora! Basta! È un incubo! Spero tu abbia trovato le risposte che cercavi. Io non ti aiuterò ancora.”
“Non mi sei mai servito, Greg. Non ti ho sposato per interesse.” Spiegò lei, e finalmente cominciò a piangere.
Pianse tutte quelle lacrime che aveva ricacciato indietro in quegli anni, pensando a Greg e a cosa gli aveva fatto.
Il ragazzo le andò accanto e s’inginocchiò accanto a lei: le mise una mano sulla spalla e le sollevò il volto sfigurato dalle lacrime e dal dolore.
Cass lo guardò e continuò: “Capisco le tue sofferenze, ma…”
“Finiscila, Cass. Basta.” Greg non la volle ascoltare più e l’aiutò ad alzarsi.
Cass lo abbracciò, aggrappandosi alle sue spalle larghe e appoggiandosi poi ad un pilastro del muro.
Il ragazzo la guardò negli occhi, impietosito ora per le condizioni di lei: le accarezzò una guancia, ma non si scompose e non mostrò alcun segno di cedimento.
“Greg…”
“Ssh.” la zittì lui.
Cassandra gli prese il viso tra le mani e lo pregò con gli occhi di perdonarla, ma nemmeno lei ebbe i coraggio di abbandonare l’orgoglio e di chiederglielo con le sue parole: lo guardò e basta, sperando che, per l’ennesima, fosse lui a fare tutto; ma lui non lo fece. Gregory sapeva benissimo cosa pensava lei, ma non era nelle sue intenzioni dargliela vinta di nuovo. Si sarebbe dovuta abbassare a chiedergli perdono, ad implorarlo di tornare da lei. Avrebbe dovuto pregarlo. E quello, conoscendo Cassandra, non era il momento e il luogo giusto per farlo. Un’abbazia, figurarsi…
Il ragazzo le tolse le mani dal suo viso e la guardò per l’ultima volta: “Ora devo andare, ma sappi che tornerò, ancora e ancora, finché non ti sarai riscattata. Non è finita qui, Cass.”
Lei gli sorrise, annuì e lo abbracciò, lasciando che lui respirasse il profumo dei suoi capelli e che vi si perdesse dentro con le sue mani grandi e forti.
Greg se ne liberò subito e se ne andò a passo spedito, raggiungendo Andy all’entrata dell’abbazia. Ogni passo che lo allontanava dall’amata risuonava nel ventre della abbazia con un’eco insopportabile. Gregory prese la giovane corvina per un braccio e la trascinò fuori, strattonandola poi in macchina con violenza, senza sentire le lamentele di lei e i pugni che gli sferrava sul fianco.
Mise in moto la macchina e sfrecciò per le strade della città, dimenticandosi che al suo fianco c’era la sorella di Cass, non Cass stessa.
“Greg, vuoi fermarti?! Ci schianteremo se continui così… l’asfalto è bagnato! Frena!” Urlò lei, impotente sul sedile.
Il ragazzo tornò per un momento alla realtà ma, come svegliatosi da uno stato di trance, mollò il volante dallo spavento.
Andy si tuffò sul volante e lo ruotò, senza vedere la strada per via della pioggia incessante. Sentì le ruote slittare sull’acqua scrosciante della strada e non seppe cosa fare. Agì d’istinto e fece la cosa sbagliata: tirò il freno a mano.
La macchina cominciò a girare su sé stessa più e più volte e Andy perse la concentrazione; Greg riprese in mano il volante, urtando la ragazza contro il sedile.
Non si accorse che Andy aveva sbattuto la testa contro la carrozzeria.
Non si accorse nemmeno che, dopo un piccolo urlo di dolore, aveva chiuso gli occhi.
No, non ci fece caso, perché la macchina ora stava volando giù dal Westminster Bridge.
Il vuoto.
L’attimo.
Il buio.
 
 
-:-:-:-
 
 
B.L.
 
 

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Capitolo 24
*** A volte ritornano ***


  
 
 
Greg si sentì trascinare per un breve tratto e pochi istanti dopo si sentì schiaffeggiare da mani forti e vigorose: aprì piano gli occhi, mugugnando qualcosa di indefinito – la bocca ancora impastata dalla notte.
“Dov’è? Greg, dov’è?”
La voce di Mark aveva una stridula nota di terrore nelle sue vibrazioni, mentre tratteneva l’amico per la giacca.
Gus, dietro di lui, cercava degli indizi che potesse ricondurli da Andy.
Gregory si mise seduto sulla riva del Tamigi, la London Eye che li sormontava imponente, e si massaggiò la testa, confuso.
“Greg, dove cazzo è?!” Urlò ora Mark, in preda al panico.
“Mark, non esagerare,” s’intromise Gus, “non vedi in che stato è? Non si ricorda nulla. La troveremo, stai tranquillo.”
Il giovane e affascinante vampiro guardò il lupo biondo: “Andromeda. Era con me. Dov’è finita?”
“Ti ricordi qualcosa?” Chiese Gus, mentre Mark, alle loro spalle, camminava avanti e indietro agitato e preoccupato come non mai.
“L’avevi trovata ieri sera?” Continuò Gus.
“Sì, era alla Westminster. La trovai lì, però poi… non ricordo molto. Aspetta…”
Mark gli si sedette accanto, ora più calmo. Gli mise una mano sulla spalla e cercò di rassicurarlo: non era arrabbiato con lui, voleva solo ritrovare Andy.
“Eravamo all’Abbazia di Westminster, e la vidi parlare con Cassandra.”
“Quella vampira! Era lì?” Esclamò Mark.
“Sì, allontanai Andromeda e cominciai a discutere con Cassandra… di noi… e di quanto lei sia stata una pazza…”
“Una stronza, vorrai dire…” commentò a bassa voce Mark, gli occhi a terra.
Gus gli diede un buffetto sulla spalla e fece segno a Gregory di proseguire.
“…e poi Andromeda ed io ce ne siamo andati in macchina. Anzi no, c’era Cassandra in macchina con me. No, aspetta… era… sì, era Cassandra, ma con… no, era…”
Gregory era in chiaro stato confusionale e cercò in tutti i modi di ricordare, sotto lo sguardo involontariamente severo di Mark.
“Greg, non ti preoccupare, ti verrà in mente. Ora dicci come hai fatto ad arrivare qui.” gli disse Gus, la voce bassa e tranquillizzante.
“Sul ponte, in macchina… pioveva… lei ha tirato il freno a mano, io l’ho spostata… la macchina…”
“Siete volati giù dal Westminster Bridge?” Chiese Mark, con fare saccente.
Gregory li guardò, confuso.
“Sì, Gregory, già lo sapevamo: ci era giunta voce di un incidente, non sapevamo fossi tu a guida dell’auto.”
“Ma… Andromeda? Dov’è?”
“Se era con te in auto,” provò ad ipotizzare Gus, “dovrebbe essere qui. Certo, il fatto che non sia arrivata a riva…” il ragazzo si fermò e guardò Mark.
“No, Gus, non è morta. Lo sentirei.” Rispose il lupo, scrollando la testa.
Il lupo biondo alzò le mani in segno di resa e di impotenza di fronte alla realtà dei fatti.
Mark, gli occhi inondati di lacrime, si fiondò sul ragazzo e gli sferrò un pugno in pieno viso: “Lei è viva, chiaro?”
Gus si difese e sferrò un calcio sugli stinchi di Mark che cadde a terra, ferito nell’orgoglio.
Gregory si mise fra i due: “Fermi, piantatela! Non è il momento di fare i bambini!”
Il telefono di Gus gli trillò in tasca e il lupo rispose, tenendo d’occhio gli altri due: “Johnny? Dimmi… davvero? Cristo, arriviamo subito!” riagganciò “Questa poi… Mark, muovi il culo, non dobbiamo farci trovare dagli umani. Johnny ci aspetta alla base.”
 
 
Mark galoppò su per le scale fino alla stanza della comune e con un balzò oltrepassò la porta, cercando la ragazza con lo sguardo: Johnny si voltò a guardarlo e fece per accoglierlo, ma quello si fiondò direttamente sulla brandina dove giaceva Andromeda, addormentata.
La guardò come se non l’avesse mai vista prima d’ora: la scrutò con occhi famelici d’amore e le prese il volto, noncurante del riposo di lei.
“Mark, sta dormendo…” gli disse Sally, avvicinandosi.
“Non mi interessa, è viva. Devo averne la prova.”
“Te l’assicuro io che è viva, Mark, lasciala in pace!” Continuò lei, cercando di distogliere l’attenzione del lupo dalla ragazza.
Andy mugugnò piano, come se si stesse riprendendo dal sonno, quando una voce alle spalle di Mark avanzò come un sibilo fino alle sue orecchie: “E quindi ti ho riportato indietro il giocattolino…”
Mark s’irrigidì e un brivido gli percorse la schiena, facendolo scattare in piedi.
“Pensa te, me ne stavo tranquilla, a gironzolare sotto la pioggia, quando vidi due bei bocconcini sdraiati sulle rive del Tamigi: e toh!, a fianco del Traditore Gregory Lee… chi ti trovo? Cassandra, ho pensato subito… portare una vampira al cospetto dei lupi per farsi perdonare un’assenza di quattro anni non mi sembrava male… tu che dici, Maki?”
“Non mi chiamare così, Mashka.” Rispose Mark, voltandosi a guardarla, gli occhi infuocati ma impassibili di fronte alle sue forme tanto graziose.
Johnny e Sally si sedettero al capezzale di Andromeda, aiutandola a riprendersi e ad alzarsi.
“E invece, no no no… mi ero sbagliata! L’ho tenuta in vita per farla parlare, quando invece scopro poi che non si tratta altro che di un’umana. E non un’umana qualsiasi, ma l’attuale puttanella del mio Maki…” gli disse lei, andandogli ad un palmo dal naso.
“Non parlare così di Andy.” Disse lui, tra i denti serrati.
“Oh, che eroe… non sai nemmeno tenertela stretta! Devo dire che i tuoi gusti sono alquanto cambiati, Maki…”
“…non chiamarmi così…”
“E la volta che decido di tornare mi devo pure sentire in colpa? Oh, no caro mio… non succederà.
È davvero carina. Un po’ esile, forse, ma d’altronde… le mancano solo le zanne delle corvine, e poi puoi mandarla da tuo fratello! Cos’è, sintomo di nostalgia per il vecchio clan?”
“Finiscila, Mashka.”
“È un’umana, con un graffio è morta. Un graffio, capisci? Vale meno di zero, mi basta farla inciampare perché si distrugga in mille pezzettini. È come… no, non è come il cristallo, è come il vetro. Il vetro di una bottiglia di birra, verde, puzzolente e fragile. Inutile e schifoso.”
“Mashka… piantala…”
“Ma forse tutto dipende da chi se l’è bevuta questa birra!” Esclamò lei, sferrandogli uno schiaffo in pieno viso.
Mark le prese il polso e la bloccò al muro, la mano dietro la schiena, parlandole ad un soffio dall’orecchio: “Devi finirla di dire stronzate. Tu te ne sei andata tanto tempo fa, qui le cose vanno avanti anche senza di te. Sei stata un problema, non una mancanza. La tua scomparsa è stata accolta con grande entusiasmo da parte di tutti noi. Non ci mancavi, Mashka, e non ci mancherai mai.”
Lei si divincolò e con un calcio si liberò dalla stretta del lupo.
Andromeda uscì in quel momento dalla stanza, aiutata da Johnny.
Mashka la puntò, si fiondò su di lei e le sferrò un pugno in pancia, sull’addome: Mark non fece in tempo a fermarla, ma la trascinò via, scaraventandola addosso ad un muro.
Quella gli andò ad un palmo dal naso e gli puntò un dito contro: “Sei solo un lupo a metà, brutto bastardo!”
Johnny soccorse Andy mentre sottovoce disse a Mark: “Non ne vale la pena, non farle del male.”
Il ragazzo seguì il consiglio di Johnny e si piazzò davanti a Mashka, facendo scudo ad Andy, le braccia conserte e uno sguardo duro e impassibile stampato in volto.
“Sì, un lupo a metà che però t’ha fatto divertire… non dire cazzate, e vattene!”
“No, Mark, lei ci serve e lo sai…” intervenne Johnny.
Mashka si mise a braccia conserte: “Sono una lupa troppo brava per essere esiliata. Mi dispiace per te, Maki, ma l’altra volta ci avevi visto giusto. Avevi scelto la migliore.”
“Non… chiamarmi… così…” ripeté Mark, gli occhi infuocati dalla rabbia.
“Ehi, bimbo, sappiamo entrambi la verità su questa storia, no?” Gli disse lei, avvicinandosi e accarezza dogli una treccina, gli occhi verdi fissi nei suoi; “Non serve a niente questa tua continua resistenza. E non mi sento minacciata da quella bimba, quella è solo di passaggio… io e te… beh, lo sai.” Concluse lei.
Si avvicinò a Sally e le chiese dove fosse la sua camera; dopodiché lasciò la stanza e si chiuse la porta alle spalle.
Mark si catapultò su Andy, accarezzandole il volto e prendendosela in braccio.
“Sto bene, Mark. STO BENE!” Urlò lei, urtandolo via e appoggiandosi al muro.
Sally fece segno al lupo di lasciarla stare e Johnny prese Andy in braccio, portandola di sopra.
“Bimba, è passato.” le disse Johnny, premuroso, spalancando la porta di una stanza vuota con un calcio.
Sally le preparò il letto e scese di sotto per scaldare un po’ d’acqua.
“Johnny… non fare entrare Mark, per favore. Voglio rimanere un po’ da sola.”
“Sei sicura?”
“Sì, sì, basta… mi sono stufata di Mark e della sua vita d’inferno! Basta!” disse lei, battendo i pugni sul materasso sotto di lei.
“Andy, non parlare così.”
“No, Johnny, io mi sono stancata! Non è un uomo, è un bimbo!”
“Ha trascorso tutta la notte in giro a cercarti, non lo definirei ‘bimbo’. È coraggioso. Irruento, irrazionale, ma coraggioso. Ti ama, Andy.”
“Io forse non più. Mashka. È lei che ama, lo vedo solo io?”
“No, ti sbagli, Mashka per lui è come morta!”
“È questo il punto! Per lui lei è un peso, perché le da un peso. Non dovrebbe averne. Dovrebbe essergli indifferente. E invece… oh, lasciami riposare, Johnny… e ripeto, non far entrare Mark. Te ne prego…”
“Certo, Andy, sarà fatto.”
La ragazza voltò la testa sul cuscino e chiuse gli occhi. Avrebbe riposato ancora un po’. Ancora un po’. Il tempo di dimenticarsi tutto e risvegliarsi come nuova. Il tempo di riprendersi dalla botta in testa della notte prima e dal pugno in pancia di quella maledetta lupa. Ancora un po’.
 
 
-:-:-:-
 
 
Si, lo so, è tanto che non posto. Perdonatemi!!! A breve il seguito.
B.L.
 
 
 

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Capitolo 25
*** Back to Black ***


  
 
 
Erano passati due giorni ormai da quando Andy aveva chiesto di non vedere Mark e lui, seppur con fatica, aveva accettato quella decisione. Aveva camminato su e giù per il corridoio della camera di lei per tutto il primo giorno, sperando di sentire la sua flebile voce chiamarlo, anche solo una volta, ma niente. Il secondo giorno era uscito, cercando di svagarsi e di non pensarci, e solo l’alcool aveva alleviato il dolore di quel silenzio. Greg era andato a ripescarlo in un locale, non del tutto sbronzo ma di certo non lucido, e l’aveva portato a casa, alla base dei lupi.
Mashka gli gironzolava attorno come un falco aspettando qualsiasi piccolo cedimento, fin quando, il terzo giorno, una pioggia scrosciante s’era abbattuta sulla città, impregnando ancora di più la palazzina d’umidità.
Johnny andò a fare visita ad Andy e la trovò seduta sul letto a guardare il grigio paesaggio di fuori.
Non volle disturbarla, così la lasciò ancora sola e, quando chiuse la porta, sentì che lei aveva aperto la porta finestra ed era uscita sul balcone, sotto la pioggia.
L’acqua, ancora una volta, l’avrebbe ripulita della tristezza di quelle ore.
Il lupo scese di sotto da Sally, appena in tempo per vedere Mashka sgattaiolare di sopra.
“Non t’azzardare ad andare da Andy!” La minacciò lui.
“Non ci penso nemmeno… che m’importa di lei?” Ripose la ragazza, salendo le scale.
Mashka andò nel piano superiore a quello dove c’era la camera di Andy, e bussò alla porta di Mark. Era aperta.
Mark stava fumando una delle sue sigarette piccole e piene di tabacco, colme fin quasi a scoppiare.
Mashka gli andò per dietro ed allungò le mani sul torace di lui.
Mark si scostò subito, schiaffeggiandola su entrambe le guance.
“Ehi Maki… non dirmi che mi resisti.” Ridacchiò lei.
“Vattene, Mashka. Io sto con Andy adesso.”
“A-ah… farò finta di crederti.”
“Leva quelle mani.”
“No, perché tu sei mio. Ti ho fatto io e rimarrai mio per sempre.”
“Sì, solo quando lo vuoi tu, però.”
“Oh, mi conosci. Non sto bene nello stesso posto troppo a lungo, dovresti saperlo ormai…”
“Sì, lo so fin troppo bene.”
“Qui la colpa è tua, non sei mai stato abbastanza selvaggio da andartene insieme a me.”
“Non tirare fuori cazzate adesso – oh! Mashka, le mani!” le disse lui, levandosi le mani di lei, già dentro i suoi pantaloni.
“Lasciami fare…”
“No, no, levati di mezzo.”
Mashka lo urtò contro il muro e gli ficcò la lingua in bocca, spingendo il petto contro il suo. Mugolò piano, bloccandogli i polsi con le mani salde.
Mark si dimenò e la spinse via con un calcio all’addome, gettandola a terra. Fece per andarsene, ma Mashka si rialzò subito e gli balzò sulle spalle da dietro, prendendogli la testa e tirandolo a terra. Lo voltò e tornò a baciarlo, aggressiva.
Il ragazzo le prese le spalle e la rovesciò, invertendo le parti e mettendosi a cavalcioni su di lei.
“Oh… Maki… dai…” cominciò lei, strusciandosi sinuosa come una serpe sotto lo sguardo confuso di Mark.
La ragazza muoveva sensuale il bacino, alzandolo verso di lui e leccandosi le labbra carnose con fare provocatorio.
Mark si abbassò piano su di lei, le mani incerte sul da farsi.
Lei gli prese piano i polsi e gli leccò le dita molto lentamente, guardandolo fisso negli occhi con i suoi d’un verde smeraldino intrigante e irresistibile.
Un lampo di lucidità bloccò per un attimo Mark, che le si sedette accanto, cercando di tornare in sé, ma Mashka aveva ormai tutto sotto controllo e gli si mise a cavalcioni, premendo il bacino contro il suo. Gli mise le braccia attorno al collo e avvicinò la bocca all’orecchio destro di lui, mugolando piano.
Mark rabbrividì e fece correre le sue mani perfette lungo la schiena di lei, cercandola con un desiderio che non provava da tanto tempo. Le sfilò la canotta sudicia e si trovò il prosperoso seno di lei dritto davanti agli occhi.
Mashka sorrise e fece lo stesso, strappandogli la maglietta scura dalle spalle e cominciando a baciarlo sui pettorali, scendendo poi lungo gli addominali scolpiti. Lui scese piano e si appoggiò sui gomiti, lasciandola fare, abbandonando la testa indietro, tra le scapole muscolose.
La ragazza gli aprì i pantaloni e con un’abile mossa raggiunse l’oggetto del desiderio. Lo baciò piano, per poi leccarlo in tutta la sua lunghezza.
Mark sussultò e mugolò di piacere, allungando una mano sulla testa di lei e afferrandole una ciocca di capelli: “Mash… sì… no, ferma… ah…”
La ragazza si fermò un istante, sfilandosi velocemente i pantaloncini e rimettendosi a cavalcioni su di lui. Mark tornò seduto, gli occhi chiusi di piacere.
Mashka scese piano con il bacino sul membro di Mark e cominciò a muoversi piano, facendolo entrare sempre di più in lei.
La respirazione aumentava sempre di più ed entrambi cominciarono ad affondare le unghie nelle reciproche carni, sotto mugolii e graffi d’ogni sorta.
Mashka aumentò il ritmo con il bacino, quando Mark la prese saldamente e la rovesciò a terra.
Una volta sopra di lei, piantò le mani a terra e insistette nelle spinte, mentre la ragazza si aggrappava a lui con le gambe, gridando di piacere.
Le mani di Mashka ora erano ben ancorate alle spalle di lui, ma non contenta, diede un colpo di reni e tornò alla posizione di prima, Mark sotto le sue cosce.
Il ragazzo sorrise e si mise seduto, per poi prenderla in braccio ed alzarsi in piedi, urtandola velocemente contro il muro.
Mashka lanciò un altro grido e affondò la lingua nella bocca di lui, mordendogli il labbro al punto da fargli uscire il sangue.
Mark urlò ed ebbe un fremito di piacere, arrivato ormai al culmine dell’atto.
Lei venne con lui, mugolando all’orecchio di lui.
Rimasero lì, immobili, in silenzio, per qualche istante. Le loro menti pian piano si diradarono e dalla nebbia della foga ripresero la lucidità di prima.
Abbastanza lucidità da sentire un piccolo singhiozzo ad intermittenza all’altezza della porta della stanza.
Abbastanza lucidità da voltarsi verso quella porta e vedere Andy in lacrime, i capelli neri e bagnati, gocciolanti sul parquet, le braccia inermi lungo il corpo.
Ma non tutta quella lucidità da riuscire a staccarsi, ancora.
Mark non sapeva cosa fare, la bocca spalancata e gli occhi pieni di rimorso per ciò che aveva appena concluso.
“E te ne stai ancora lì?!?” Chiese Andy, isterica, la voce strozzata.
Mashka sorrise, colma di soddisfazione, e finse di mugolare ancora di piacere sotto gli occhi disgustati di Andy.
“Andy…! Aspetta…” disse Mark, staccandosi piano da Mashka.
Ma la ragazza se n’era già andata, lasciando dietro di sé l’eco del suo pianto.
La rossa si strusciò, nuda, sul muro: “Maki… te l’avevo detto: sei mio, e mio soltanto.”
 
 
 

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Capitolo 26
*** Mondo Crudele, mondo gentile ***


   
 
La pioggia non la sentiva. Voleva solo correre. Correre il più veloce possibile da dimenticare la schifosa scena cui aveva appena assistito. Marciapiede. Pozzanghera. Mani in tasca. Capelli pieni d’acqua.
‘Mark, ti odio.’
Trotterellò giù per le scale della metro e seguì la scia di gente a fianco a lei, buttandosi nel primo treno in arrivo. Non le importava dove sarebbe arrivata, voleva solo andare. Andare e basta. Lasciarsi scivolare addosso tutta quella melma di sudiciume che si portava appresso.
‘Tutto quello che ho fatto per te.’
Un trillo e una voce metallica la fecero sobbalzare e una massa di gente la trascinò fuori dalla carrozza, lasciandola sola a fianco di una panchina. Sola.
Stava affondando lentamente e non aveva nulla cui aggrapparsi. Solo uno sguardo puntato su di lei la fece voltare: oltre gli occhi inondati di lacrime intravide una figura scura avanzare verso di lei.
In fretta.
Sempre più veloce.
Andy cercò in tutti i modi di schiarirsi la vista, passandosi le mani sugli occhi più e più volte, ma niente. La figura scura si fermò ad un passo da lei.
‘No, William… non può essere lui…’
“Scusi? Si sente bene?”
Aveva una voce gentile: non era William.
Andy aprì gli occhi e ora tutto era più chiaro e luminoso, definito. Davanti a sé aveva un ragazzo dell’età di Mark, forse più grande, dagli occhi buoni e la barba incolta a regola d’arte – quello sbarbatello che non disturba.
Andy piegò lievemente la testa e trattenne le lacrime, ancora.
“Sì, si, tutto bene, mi scusi.”
“Bene, credevo avesse perso qualcuno. In metropolitana può succedere… arrivederci.” Le disse, e se ne andò con la semplicità con cui era arrivato.
La gentilezza, dopo così poca gentilezza.
Andromeda, ancora frastornata, si avviò verso l’uscita della metro e vagò senza meta in un quartiere che ora non le pareva per nulla famigliare.
Seguì la gente, come aveva fatto fino ad allora, cercando in qualche modo di diventare una sola cosa con quell’enorme branco senza leader che era il popolo urbano. Popolo strano. Massa scomposta, riunita solo ai semafori e nelle metro, dove le direzioni da prendere sono la cosa più importante.
E ora Andy che direzione avrebbe preso? Cosa avrebbe fatto?
‘Porca puttana, io quello lo ammazzo. Non esiste che mi fa piangere. Ho pianto abbastanza per lui.’
La ragazza si tolse dalla massa apatica e si buttò in una angolo della strada, la pioggia scrosciante a bagnarle la testa. Attraversò un piccolo vicolo e sbucò in una strada parallela, intravedendo un locale.
Frugò in tasca e trovò quindici sterline. Sorrise. Non ci pensò due volte.
Entrò nel locale molto silenziosamente e si sedette al bancone, i capelli gocciolanti sul ripiano di legno lucido.
“Mi scusi, vuole un panno asciutto? Così mi allaga il locale.” Le disse il barman, avvicinandosi con un sorriso sincero.
Altra gentilezza. Il mondo cercava di darle una mano dopo tanta sofferenza.
“Sì, grazie…” ripose lei sottovoce, il trucco sbavato sugli zigomi.
“Tyler, aiuta la signorina! Portale un panno asciutto o ci rovina gli sgabelli!”
Arrivò al banco il giovane barman, l’asciugamano piccola sulla spalla e un panno nuovo in mano.
Andy alzò gli occhi e rimase a bocca aperta.
“Oh! Salve! Doveva dirmelo che non aveva l’ombrello!” Le disse lui, il ragazzo della metro.
Tyler le porse il panno e le sorrise.
Andy si meravigliò di quell’incontro fortuito e si tamponò i capelli guardando il ragazzo con aria confusa.
Lo chiamò un istante e gli chiese uno short di vodka. Lui sorrise e passò l’asciugamano sul bancone: “Sei nuova di qui, vero?”
“Scusami?”
“Non ti ho mai vista in questo locale… e io ne vedo di gente.”
Andy tacque. Voleva solo da bere.
“Ok, ricevuto. La vodka arriva subito.”
Si sentì una stupida per come l’aveva trattato e quando tornò indietro con il bicchierino in mano, si appoggiò al bancone, indecisa su cosa dire.
Lasciò che il ragazzo versasse qualche lacrima di vodka nel bicchierino sotto i suoi occhi e poi accennò uno: “Scusami.”
“Tranquilla, non sono ancora in grado di capire quando una è occupata o meno.”
“Non lo sono.” Disse lei tutto d’un fiato. E si fece schifo.
“Oh… beh, in questo caso…” disse lui, prendendo il bicchierino in mano, “non ti voglio sbronza, dopo! Te ne lascerò la quantità giusta per gustartela senza farti del male.” e così detto si scolò mezzo bicchierino; quando lo riappoggiò sul bancone, controllando il livello raggiunto, aggiunse, “offre la casa. Buona bevuta.”
Lei rimase di stucco. ‘Come se uno short di vodka mi tramortisse…’ pensò lei, stupita. Voleva ribattere ma ormai il ragazzo era bello che andato.
Anzi, bello e andato.
Sorrise. Quando, dopo qualche minuto, tornò nella sua parte di bancone, lo richiamò a sé: “Scusami ancora per prima. Ma tu come ti chiami?”
“Sono Tyler, e tu?”
Tamburellò le dita sul legno lucido e graffiato: “Andy.”
“Andy… e che fai, Andy, tutta sola in questo locale?”
Lei non gli rispose. Non voleva parlare: “Tra quanto stacchi?”
“Sono appena arrivato, ho un turno lungo, ma posso fare una piccola pausa. Com’era la vodka?”
“Ottima. Poca, però…”
“Rimedieremo in seguito.” Sorrise lui, asciugandosi le mani con uno straccetto e gettandoselo poi su una spalla.
Non aveva mai parlato con un ragazzo senza pensare a cosa doveva dire. Con naturalezza, senza dover dare spiegazioni. Senza impicci. Senza nemici, zanne, inganni o ombre da cui scappare. Andy cominciò a respirare a pieni polmoni e a rilassarsi su quello sgabello di pelle. Fece cenno all’altro barman di portargli un’altra vodka: voleva festeggiare quella libertà ritrovata.
Arrivò due secondi dopo, questa volta piena, e la scolò in una sola volta, facendo scivolare quel dolce miele giù per la gola, a scaldarle il corpo fino al cuore. Ripose il bicchierino sul bancone e pensò per un momento che forse essere rimorchiata da un barista non era il massimo del vanto dopo quello che le era successo; eppure se ne fregò. Altamente.
Anche perché Tyler non era solo un barista. Era il ragazzo che si era preoccupato per lei in metropolitana. Che le aveva poi portato un panno per asciugarsi. Che le aveva dimostrato un interesse disinteressato, ovvero una simpatia da mezzo short di vodka. Teneva a lei e nemmeno la conosceva. Era una persona buona, lo si vedeva dagli occhi. Non era affatto viscido… nel suo essere gentile, era corretto. Era giusto.
Una ventata d’aria fresca, pensò Andy uscendo dal locale per una sigaretta. La scroccò ad un ragazzo di fuori e si appoggiò al muro, aspirando il fumo con l’intenzione di rilassarsi.
“Credevo te ne fossi andata!” Esclamò Tyler, appena uscito dalla porta.
“Oh, no. Sigaretta.” disse lei, mostrandogli le dita bianche.
Se ne accese una anche lui e si chiuse nel cappotto scuro: “Ci vuole in una serata così.”
“A chi lo dici…” disse lei, lo sguardo perso nel vuoto.
“In che zona di Londra abiti?”
“In periferia… un appartamentino… sì, insomma…”
“Sì, ho capito.” Le disse lui, sollevandola da quel peso. Tirò di sigaretta.
Anche lei.
“E tu dove stai?”
“In centro, in un appartamento non lontano da Notting Hill. Presente?”
“Oh, sì… bei negozietti da quelle parti.”
“Vero? Sì, ci andavo spesso nei week-end liberi con Sarah.”
“Oh…” disse lei, vergognandosi di sentirsi improvvisamente di troppo e presa in giro per al seconda volta in meno di tre ore.
“Sarah, che gran rompipalle! Ogni volta mi trascinava dal macellaio e stava lì, la bocca aperta ad aspettare i bocconcini avanzati. Come se io non la sfamassi! Ingrata…”
Andy rimase a bocca aperta. Di che cavolo stava parlando?
“Ah, scusa! Ah, ah, ah! Sarah… è la mia cagnolina, una rompipalle assoluta. È un po’ vecchiotta ma sempre in gamba.”
“Ah, ok… avevo cominciato a sentirmi una vera stupida…”
“No, no, scusami tu!”
Piombò il silenzio ma ad Andy non dispiacque: non era in imbarazzo, era stranamente serena e tranquilla. Si ritrovò a pensare a come sarebbe stato vivere con un ragazzo come Tyler. Niente compromessi, niente sofferenze (o almeno non così profonde come quelle con Mark), nessun pericolo. Una vita normale. Senza lupi, vampiri, battaglie o fughe senza fine.
 
“Devi lasciarla stare, Mark…”
Gregory stava cercando in tutti i modi di fermare il lupo, mortificato.
“No, cazzo! Portami da lei, Greg! Tu sai dov’è andata!” insistette lui, furioso.
“No, e non andremo a cercarla. Lasciala in pace…”
“Porca puttana, portami da lei!”
“Marcus, se n’è andata! Non si merita quello che le stai facendo! Falla finita!”
“Gregory… lo sai quanto…” disse lui, lo sguardo basso.
“No, non lo so più, Mark! Se fosse così non le avresti fatto un tiro del genere!”
“Gregory, portami da lei. Ti chiedo solo questo.”
Greg sbuffò e si avviò verso la macchina: “Lei comunque non se lo merita…”
 
Gli si avvicinò e lo guardò bene negli occhi, tanto che lui si guardò intorno, preoccupato.
“Tranquillo, non avere paura… voglio solo vedere una cosa…” disse lei sottovoce, tirando di sigaretta e guardando di sottecchi il ragazzo.
Tyler fece per mettersi a ridere, ma lo sguardo della ragazza lo bloccò: non aveva notato quanto profondo e sofferente fosse; subito dopo notò il bagliore chiaro che li caratterizzava, così cristallini da sembrare di vetro, del colore del cielo grigio di pioggia. Si sentì scrutato nel profondo ed indietreggiò d’un passo, senza però staccare gli occhi dai suoi.
Andromeda inclinò di poco la testa, abbassò per un attimo gli occhi e poi tornò a guardarlo.
Era fatta.
Lui rimase folgorato e s’irrigidì in un’espressione seria e lievemente turbata.
La tensione era a mille, e Andromeda decise di smorzare i toni tornando ad appoggiarsi al muro, sorridente.
Lui sospirò quasi sollevato e si guardò intorno per cercare qualcosa, un qualsiasi punto visivo che potesse ricondurlo alla realtà. Fu il clacson di una macchina a risvegliarlo, e Andy lo trascinò a sé prendendolo per la giacca.
 
“Stavi per tirarlo sotto, Greg!”
“È lui che stava arrivando in strada! Mi ha colto alla sprovvista…”
“Ehi, cazzo, è Andy! Guarda! E quello…?” disse Mark, facendo accostare Gregory.
Andy era sul marciapiede con un tipo. L’aveva tirato a sé.
Mark cominciò a ribollire di rabbia: “Vediamo che cazzo fa…”
 
“Ti stavi ammazzando, Tyler!” Rise lei.
“Oddio… non me n’ero accorto!”
“Tutto ok?”
“Beh… sì… sei roba forte, cazzo…” sussurrò lui.
“Come?”
“Niente, niente.” Disse, sistemandosi i capelli; “Torni dentro?”
“Non lo so, vorrei, ma…”
“Beh, senza impegno.” Concluse lui, avviandosi verso la porta.
Andy continuò a tirare di sigaretta, noncurante e per una volta rilassata.
Tyler si bloccò sulla porta e tornò indietro.
“Hai detto che ti chiami Andy, giusto?”
Lei lo guardò, stupita: “Sì.”
“E sta per… Andrea?”
‘No, Andy, non puoi mentirgli. Non fare come ha fatto Cass. Tyler è molto carino, non si merita il trattamento di Greg. Digli la verità, non aver paura…’ pensò lei, girandosi la sigaretta tra le dita ossute.
“N-no, sta per Andromeda.”
Lui alzò la testa ancora più stupito di lei e ripeté piano: “Andromeda…”
Andy annuì.
“Beh, Andromeda, se poi rientri mi farebbe molto piacere.”
“Sì, d’accordo, ora vedo.”
“D’accordo.” Rispose infine Tyler, entrando nel locale.
Dopo due secondi tornò fuori per l’ennesima volta e si piazzò di fronte a lei: “No, cioè, scusami, sto facendo la figura del coglione, lo so benissimo, però non lo so, non mi era mai successo. Cioè, tu sei molto carina, ma non è per questo!, è che, non lo so, hai un’aria diversa, sembra quasi… da dove vieni, Andromeda?”
“Mi stai chiedendo da dove vengo?”
“Sì, cioè, no! Insomma, non mi interessa, però ecco, se torni dentro, ecco, mi farebbe molto piacere.”
“Mmh… ok.”
‘Ok vuol dire sì?’ si chiese il ragazzo, ma non fece altre domande, aveva già fatto una figura pietosa.
“Va bene…” commentò piano lui.
“Sì, Tyler, ora torno dentro. Hai gli occhi buoni e no, non hai fatto la figura del coglione…” rise lei, avvicinandosi a lui di nuovo.
‘No, ecco, vedi, questa cosa non la devi fare.’ Pensò lui, ma non fu in grado di dirlo ad alta voce.
Andromeda gli andò ad un palmo dal naso e gli baciò una guancia.
Subito dopo lo spinse verso la porta ed entrarono insieme nel locale mentre alle spalle sentì una portiera di macchina chiudersi, un forte clacson risuonare in strada e delle urla di protesta.
Come si chiuse la porta alle spalle, si sedette di nuovo al bancone e Tyler si sedette accanto a lei.
“Ma non hai il tuo turno?”
“Sì, ora vado. Volevo darti il mio numero di telefono.” Disse lui, mentre scriveva dei numeri sul un fazzoletto di carta.
Lei sorrise, ma un attimo dopo il suo sorriso scomparve: sulla porta era comparso Mark, gli occhi infuocati di rabbia e, alle sue spalle, Gregory.
“Che cazzo ci fai qui, Andy?”
“Mark…?”
Non fece nemmeno in tempo ad alzarsi che Tyler venne scaraventato a terra dal lupo e picchiato a morte.
Andy cominciò a sferrargli calci e pugni alle gambe e all’addome, cercando di aiutare Tyler, ma senza risultati.
Mark era furioso: “Che cazzo stavi facendo con questo pivello?”
“Mark! Levati di mezzo!”
Gregory cercò di fermare Mark, ma lui lo spinse via, furioso.
“Mark, porca puttana, che cosa vuoi ancora?”
Il lupo non la ascoltò nemmeno e riprese a sfogarsi su Tyler che aveva appena fatto in tempo ad alzarsi.
Andy prese Mark per la giacca e lo trascinò via, graffiandogli le braccia e la faccia.
Il capo di Tyler sopraggiunse per aiutare il ragazzo, ma anche i suoi sforzi furono vani.
“Cristo! Perché sei sempre così assurdo? Vaffanculo, Mark!”
“Cos’hai detto?” Le chiese lui, distogliendo per un attimo l’attenzione da Tyler.
“Ho detto che sei un deficiente! Come puoi tu essere arrabbiato con me? Tu!”
“Che cazzo ci hai fatto con questo stronzetto, eh? Puttana!” Urlò lui, sferrandole uno schiaffo in pieno viso.
A quel punto Gregory intervenne e con un calcio scaraventò a terra Mark, prendendo poi in disparte Andromeda.
Tyler si alzò e andò dalla ragazza: “Mi avevi detto…?”
“Lascia stare, mi dispiace. È stato bello conoscerti.”
E con queste poche parole Andromeda lasciò il locale con Gregory, salendo in macchina.
“E Mark?” Chiese lei.
“Ancora te ne preoccupi? Lascia stare… si arrangia.”
“Grazie, Greg.”
“Non doveva alzare le mani su di te. Non su di te.”
“Nemmeno su Tyler se è per questo. Non è successo nulla con lui… e poi, cazzo, se anche fosse successo qualcosa, a lui che cazzo gliene importa?! Si è scopato Mashka? Bene! Chiuso!” Disse lei, e così piombò il silenzio.
Tacquero per tutto il viaggio, e una volta arrivati alla palazzina Andy scese in fretta: “Aspettami qui. vado a fare le valigie e poi me ne vado.”
“D’accordo.” Disse lui.
Andromeda entrò nel palazzo, scomparendo nell’oscurità delle scale.
Gregory abbassò lo sguardo, dispiaciuto.
 
-:-:-:-
 
Eccoci qui… qualche perplessità? Qualche dubbio? Le cose stanno cambiando, del tutto.
A presto!
B.L.
 
 

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Capitolo 27
*** Quando un Tornado incontra un Vulcano ***


  
 
Premessa: In questo capitolo mi sono ispirata alla canzone di un noto rapper in collaborazione con una giovane cantante. Parte dei dialoghi sono ripresi dal testo di quella canzone (forse non molto originale, ma ci stava a pennello…) =)
 
 
 
Il borsone era sul letto, ormai pieno.
Dalla porta socchiusa la vedeva muoversi come un criceto nella gabbia, irrequieta e frustrata. Si sistemò le treccine dietro le spalle e, con le mani sulla testa, sospirò piano, chiudendo gli occhi.
‘Che cazzo le ho fatto…’ pensò, allungando una mano verso la porta per aprirla.
L’uscio cigolò e Andy si bloccò, di spalle, le magliette in mano.
Lui avanzò di qualche passo nella stanza, colpevole e indifeso. La guardò triste, il viso severo e dispiaciuto. ‘Come ho potuto farle questo? Andy… scusami… Cristo, quanto è bella…’ pensò lui, avvicinandosi piano.
“Mark Thomas Trumper, esci di qui.”
“No, Andy, io ti devo spiegare…”
“Non c’è un bel niente da spiegare! Vattene e basta! Lasciami in pace!”
“No, tu non capisci…”
“Ma ti rendi conto?! Hai una vaga idea di come sto? Assurdo… sei solo uno stronzo! Che cazzo ti è preso, eh?”
“Non so dirti cosa sia realmente, Andy… posso solo dirti come mi ci sento! È come se avessi la lama di un coltello conficcata in gola!”
Andy ripose le magliette nel borsone.
“Mi sembra di soffocare; e poco prima di cadere, poco prima di andarmene, mi vieni in mente tu e mi resusciti.”
“E non ti sono venuta in mente mentre ti scopavi quella stronza?!” Ruggì lei, strattonando le cerniere per chiuderle.
“Cazzo, mi odi, lo so, ma amo come mi odi… aspetta! Dove stai andando?”
“Me ne vado, ti lascio!”
“No, non mi lasci! Torna indietro! Ricominceremo daccapo! Cristo… è così assurdo…”
“Perché?!” Urlò lei, guardandolo negli occhi, “Sei stato tu a rovinare tutto!”
Mark fece per prenderle il viso ma lei si dimenò, liberandosi.
“È mai possibile che quando va tutto bene, è tutto stupendo… davvero, mi sembra di volare!, ma quando va tutto male… è orribile…”
“Quando mai è andata bene, Mark? Quando mai? Se non eri a caccia, eri a combattere contro tuo fratello…” squittì lei, facendo svolazzare la lunga chioma nera.
“Per pararti il culo, signorina!”
“Ti sbagli, era anche prima di tutto questo, e non farmici sentire in colpa, te l’ho sempre detto di non preoccuparti per me.”
“Come se fosse facile!”
Tacquero un solo istante, il tempo di ricordarsi che dovevano odiarsi.
“E adesso dimmi, chi è quel coglione del pub?”
“Dai, non so nemmeno come si chiama…” mentì lei.
“Cristo! Lo odio! Ho alzato le mani su di te e non ero mai caduto così in basso, ma capisci il perché?”
“Non ti rendi conto di quanta forza hai in corpo, Mark… sai quanto ci sei andato giù pesante?” piagnucolò lei, trattenendo le lacrime.
“Andy, cazzo! Hai mai amato qualcuno così tanto da non riuscire nemmeno a respirare se ti manca?”
“Non mi dire cazzate, Mark! Se fosse davvero così non saresti stato con quella, porca puttana… hai fatto la tua scelta, basta.”
“Erano giorni che non mi parlavi più, Andy! Cosa dovevo pensare?”
“Che cazzo vuol dire, eh? Che devo essere sempre a tua disposizione? Che nel frattempo tu ti puoi scopare chi vuoi?” urlò lei, infuriata, gli occhi quasi iniettati di sangue dalla rabbia.
“Avevo giurato che non ti avrei mai fatto del male, e non avrei mai fatto nulla per ferirti, e invece… mi sento una merda, cazzo!”
“E fai bene! Perché lo sei!” Concluse lei, agguantando le maniglie del suo borsone scuro.
Mark, taciturno, cercava di fermarla, mettendole le mani nella borsa, sui fianchi, prendendole la felpa, ma niente da fare. Andy continuava a dimenarsi e a schiaffeggiare l’aria, sperando di beccare il ragazzo, senza mai però rivolgergli un solo sguardo. Non poteva guardarlo. Non doveva.
Mark riprese a parlare, cercando di convincerla: “Senti, Andy: so che abbiamo detto e fatto cose che non volevamo, e siamo ricaduti nelle stesse trame, nella stessa routine, ma tu sei come me e il tuo carattere è di merda tanto quanto il mio, però… quando si parla d’amore è tutta un’altra cosa, sei come accecata e non t’importa più nulla del resto. E tu mi ami, lo so per certo… Ehi, ti prego, torna indietro! Non è stata colpa tua, ma mia!”
“Mark, basta! È inutile.”
“Forse la nostra storia non è poi così folle come sembra… Andy! Ascoltami! Fermati!”
“No, basta! Mi sono stancata di te e delle tue stronzate!”
“Tutto ciò che so è che ti amo troppo per andarmene.”
Andy trasalì. Non gliel’aveva mai detto così esplicitamente. Tacque.
“Torna indietro, Andy. Prendi le tue cose e torna dentro.”
Tacque ancora.
“La prossima volta che mi incazzerò non alzerò nemmeno un dito su di te… e se dovesse mai venirmi l’istinto di tirare un pugno, lo darò al muro. Lo giuro!”
“La prossima volta? Non ci sarà una prossima volta! Sono stufa di questi giochi, Mark. Lasciami andare, basta. Lasciami andare.”
Andy strattonò il borsone mentre scendeva le scale, raggiungendo la porta d’entrata.
Si bloccò nel corridoio principale sotto gli occhi di Johnny, severi.
La ragazza lo guardò, seria e convinta delle sue intenzioni. Lui, appoggiato allo stipite della porta, la birra in mano, affascinante come sempre, la guardava immobile, inespressivo.
Lei insistette con lo sguardo, azzerando ogni possibile replica dell’uomo con i suoi occhi taglienti e grigi.
Lui sorseggiò dalla bottiglia scura e le fece cenno di seguirlo nella stanza adiacente.
Entrarono, lei con le braccia conserte e nessuna voglia di parlare.
Johnny andò ad un tavolo a cassettoni, ne aprì uno e tirò fuori un coltello ben affilato avvolto in una custodia di pelle.
Glielo porse senza dire una parola e richiuse il cassetto.
Il messaggio era chiaro: era d’accordo con lei, ma se se ne fosse andata, non poteva girare disarmata. Un coltello era d’obbligo.
Andy ripose l’arma in tasca e tornò a guardare Johnny.
Lui l’abbracciò e le baciò la fronte, urtandola poi fuori dalla stanza con un piccolo buffetto. Le sorrise come solo lui sapeva fare e richiuse la porta.
Il vecchio e saggio Johnny.
Andy inforcò il corridoio e si fermò all’entrata, controllando di aver preso tutto, quando Gregory le mise una mano sulla spalla.
Lei si voltò di scatto e sobbalzò.
“Andromeda, non fare così…”
“No, va tutto bene.”
“E allora quella borsa?”
“Me ne devo andare.”
“Dove?”
“Non ti deve interessare. Mark l’ha fatta grossa. Non cercare di giustificarlo. Non c’è modo e motivo di giustificarlo! Stronzo…”
“Andromeda, concediti un giorno per pensarci.”
“In un giorno perderei il senno e mi farei intortare dalle sue cazzate. Devo andarmene subito, adesso.”
“Non l’ha fatto con l’intenzione di ferirti…”
“NON DIRMI STRONZATE, GREG! Non ti scopi una lupa per sbaglio. Dovrei esserci io in quella testa maledetta, e invece no! C’è lei! C’è sempre stata lei! Non c’è motivo per cui io rimanga ancora!”
“Andromeda, fermati!”
“No! Finiscila! Dovete smetterla tutti di farvi i cazzi nostri! Voi siete lupi, vivete in branco! Io no…”
“Io non sono un lupo.”
“Ah già, dimenticavo, tu non sai da che parte stare… beh, svegliati, caro! Deciditi! Tanto è palese che mia sorella non tornerà mai da te.”
“Andromeda…”
“E già che ci sei, fatti mordere da Mashka durante una delle sue scopate fotoniche, dato che è in grado di fare solo questo! E a voi piace tanto, no?”
“Non parlare così.” Continuò lui, paziente.
“BASTA GREG! INCAZZATI ANCHE CON ME! AVANTI! L’hai fatto con mia sorella, fallo anche con me, così faccio tripletta!”
“Tu non mi hai ferito come ha fatto Cassandra.”
“Per l’anagrafe è Cassiopea, ma a quanto pare tutto vale nel vostro mondo tranne la verità. Vaffanculo a tutto! Vaffanculo a Mark! Doppio vaffanculo a Mashka e un bel vaffanculo anche a te, Gregory, che non hai nemmeno le palle di prenderti una posizione in questa merda di guerra.”
“…scusami?”
“Avanti, diciamocelo! Tu sei l’unico che potrebbe davvero fare fuori William, lui ti calcola ancora come uno dei suoi… e invece? Corri dietro ad una brunetta che non tornerà mai da te! Per piacere… mi fai pena.” Ruggì lei, inforcando l’uscita della palazzina.
“Dovresti ringraziarmi. La morte di William… sarebbe un bene, ma non del tutto.”
“Che intendi dire?” sbuffò Andy, voltandosi a guardarlo.
“Tu ami Mark, è inutile nasconderlo. Altrimenti questo suo tradimento non ti farebbe così male… ed è proprio perché ami Mark che William deve continuare a vivere.”
Andy stette a guardarlo per qualche istante, confusa: “No, non voglio saperne niente, Greg. Me ne sto andando. Basta.”
“Ma devi sapere…”
“AVEVI DETTO CHE NON C’ERANO PIU’ SEGRETI! CHE DOPO IL CASINO CON MIA SORELLA, NON C’ERA ALTRO!”
“Perdonami…”
“No! Basta! Non ti perdono, Gregory! E non voglio sapere perché William non può morire. Non so nemmenoperché dovrebbe morire!”
“È crudele. Ecco perché.”
“Non è il primo vampiro crudele della Terra. E non sarà nemmeno l’ultimo! Date corda ai Black Rose… avanti! Devo dirvelo io che una volta morto William saranno loro a prendere il suo posto? E lui è un unico individuo… loro sono un clan!”
“Un clan che non può uccidere un unico individuo, però…”
“E perché?!”
“A causa tua.”
Andy ebbe un sussulto. Perché tutto convergeva verso di lei? Maledetta quella volta che aveva incontrato Gregory… e William… e Mark. Maledetto quel giorno.
“Che cazzo vuol dire? Perché? Cosa c’entro io? Devo pure sentirmi in colpa, adesso?”
Gregory la portò fuori dalla palazzina. Non voleva che Mark sentisse, non ancora per lo meno.
La fece salire in macchina e cominciò a vagare per le strade della periferia.
“I due gemelli sono legati dal sangue, Andromeda. Per quanto possano odiarsi, i loro destini sono segnati. Essendo nati lo stesso giorno, le loro vite scorrono insieme come due fili della stessa matassa. Non possono staccarsi del tutto. E se uno dei due muore, l’altro ne risentirà parecchio.”
Andy, le braccia incrociate e il muso duro, non voleva davvero saperne più niente, ma la curiosità...
“In che modo?”
“Trasformandosi nelle creature che han deciso d’essere. Nel caso di William, un’ombra… per Mark, un lupo.”
“Un’ombra? Che significa?”
“Significa che se Mark muore, William diverrebbe un qualcosa di indefinito, difficile da catturare: un’ombra, una folata di vento, un fumo verdastro. La cosa più organica che potrebbe diventare è un corvaccio nero e gracchiante. Difficile da catturare… difficile da uccidere.”
“…e se riuscissimo ad uccidere William così com’è? Nella sua forma umana?”
“Ecco perché ho sempre cercato di impedire questa morte: non avremmo più il nostro amico Mark, ma un lupo famelico, selvaggio e sanguinario.”
Andy si portò le mani alla bocca: “E tutta la profezia della loro madre? Che cosa c’entra con questo? Cosa c’entro io in tutto ciò?”
“Cassiopea non vuole uccidere William perché sa quanto ami il fratello, e per me è lo stesso… tutti i lupi sanno di questo suo destino, tranne William e Mark. Me lo disse la loro madre, prima di morire.”
“È per questo che sei finito in galera?”
“Sì, William fece accusare me della morte di sua madre, quando invece era palese che era stato lui ad ammazzarla. E lei, con il suo cuore stretto in gola, mi disse ciò che ti ho appena raccontato. Non possiamo ucciderlo, Andromeda. Perderemmo Mark.”
Andromeda tacque. Si chiuse nel cappotto e agguantò il borsone che aveva in grembo: “Fammi scendere.”
Greg si fermò: “Nemmeno questo ti fa cambiare idea?”
“No, questo finalmente mi fa decidere.”
“Non puoi uccidere William, Andromeda.” Le disse lui, toccandole il braccio con la mano nuda.
“E tu non leggermi nella mente! Ci devo ragionare. Dobbiamo finirla con questa storia, Greg. Volete William morto? E lo avrete, ma sarò io a decidere questa volta. Io, che non ho nulla da perdere.”
“Tu…? Ma se tu sei l’unica qui che ha qualcosa per cui vivere!”
“E cosa, dimmi!”
“La vita stessa, Andromeda.”
“Una vita in solitudine non è vita. È sopravvivenza.”
“Non sei sola, Andromeda…”
“Sì che lo sono! Abbandonata dalla mia famiglia, dalla mia metà, da tutto e tutti!”
“Qui nessuno vuole allontanarti, Andromeda, ficcatelo in testa! Sei la benvenuta, ma non puoi andare avanti così, lamentandoti del nulla!...”
“Del nulla?!?”
“…ti voglio bene, Andromeda, te ne voglio un sacco, e non ti lascerò andare via. Devi fidarti di me… se non lo farà Mark, lo farò io, ti difenderò sempre, perché se non se n’è accorto lui di quanto preziosa e unica sei, me ne sono accorto io.”
Le parole del vampiro le scivolarono addosso: “Gregory, ora lasciami andare, devo rimanere da sola per un po’.”
“D’accordo. Però pensaci prima di prendere decisioni affrettate.” le toccò una guancia: “E, no, non pensare nemmeno di ammazzarti. Non risolverebbe nulla.”
Lei sospirò: “Fatti trovare fuori dalla fermata della metro di Victoria Station domani a quest’ora.”
“Perché?”
“Lo saprai domani. E se vuoi aiutare Mark, lo farai.”
 
 
-:-:-:-:-
 
 
Bonjour! Scusate il mega ritardo, chiedo venia. =)
B.L.

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Capitolo 28
*** William vs. Andy ***


  
 
“Vieni pure avanti, bambolina.”
Andy sobbalzò. L’aveva seguito nella hall del suo palazzo e si era nascosta dietro ad una colonna, aspettando che il ragazzo sparisse nell’ascensore. Ma quello aveva fermato le porte con una mano e le aveva fatto segno di seguirlo dentro l’abitacolo.
Andromeda sgattaiolò fuori e, lo sguardo fiero, entrò nell’ascensore con William.
“Sei coraggiosa, ma già lo sapevo. Mio fratello non sceglie mai donne deboli.”
Arrivarono al piano del vampiro ed entrarono in casa, lui con passo sicuro e consapevole del da farsi, lei in tensione e con le orecchie ben aperte a qualsiasi cedimento del ragazzo.
William andò al banco degli alcolici e preparò due bicchieri: “Posso offrirti qualcosa?”
Andy tacque.
“Bene.” Disse lui, riponendo un bicchiere nella vetrinetta. “Cosa ti porta qui? Vuoi giungere ad un accordo con me?”
“Non essere ridicolo.”
“Non lo sono affatto. Pensaci. Diventi dei miei, una mia corvina, e ci alleiamo contro Mark.”
“Perché dovrei farlo?”
“Oh, insomma, mi credi davvero così stupido e indifferente? Credi non sappia quello che ti ha fatto?”
“Come fai a…? Beh, non c’entra. Io non mi alleerei mai con uno come te.”
“Peccato. Somigli così tanto a tua sorella. Lei era una combattiva, come te, ma per motivi subdoli e per niente nobili. Tu, invece, sei così pura nella tua ostinazione…”
“Diventerei una tua Rubina, e io non sono una puttana.”
“Bada a quel che dici. Io ho parlato di Corvina,… al mio fianco, come mia amante. Come mia compagna. Mia amica, confidente.”
“Hai già Andrew per questo.”
“Mpf… Andrew… mi tradirà, molto presto.”
“Se non l’ha fatto finora, forse ti ama davvero.”
“Ama? Ah, ah, ah! Non capisci nulla del nostro mondo. No, hai ragione, non potresti mai essere una Corvina… amore… inutile.”
“Odiare è il modo migliore per farsi odiare, e tu ci stai riuscendo alla grande.”
“Quando tutti ti disprezzano, quando tutti ti vogliono morto, ecco… è quello il momento in cui sei più al sicuro, perché sei troppo potente per essere abbattuto.”
“Davvero la pensi così?”
“Non sarà una ragazzina a farmi cambiare idea, quindi risparmia il fiato. L’amore è per gli uomini, per chi ci crede, per chi lo vuole vedere e vuole sentirsi amato. Tutto ciò non rientra nei miei interessi, quindi, se non c’è altro, puoi pure andartene…”
“…e mi lasceresti andare via così? Senza uccidermi? Io, che sono entrata nella tana del lupo…”
“Piano con le offese, qui non c’è nessun lupo.”
“Perché odi tanto Mark?”
“Io non lo odio, è lui che mi detesta. Crede abbia fatto male ad uccidere nostra madre. Illuso…”
“Scusami?”
“Bisogna uccidere i propri genitori per andare avanti, per potersi creare una vita nuova e diversa.”
“E tu ci sei riuscito?”
William tacque e sorrise.
“Mark ci è riuscito. È diventato un lupo, maledetto vampiro che non sei altro… tu non sei cambiato, tu non sei andato avanti e la tua vita non è cambiata. Hai avuto più soldi, sì, ma nient’altro.”
“Chiamalo poco… i soldi sono potere, Andy. Io ho potere. Io posso fare quello che voglio e nessuno può mettersi contro di me. Questo è lo stato cui sono arrivato con il mio stile di vita, ma cosa lo spiego a fare a te…? Credimi, non puoi capire.”
William si sedette sul divano in salotto e guardò la ragazza che lo fissava, arrabbiata, le braccia conserte e le gambe irrequiete.
“Ehi, siediti tranquilla. Non ti farò del male. Sto bevendo…” sorrise lui, sorseggiando con malizia dal suo calice.
“Perché hai ucciso tua madre?”
“Ancora? Te l’ho già spiegato… era necessario.”
 
 
“Mi vuoi dire cosa sta succedendo? Riguarda Andy?”
Mark stava impazzendo, seduto com’era sulla sedia di legno al centro della stanza.
“No, Mark, stai tranquillo. Devi solo sederti qui e fidarti di me.”
“Greg… non mi fido di questo tuo tono… non l’hai mai avuto prima, non puoi pretendere che ti creda.”
“Cazzo, Mark! Siediti e falla finita. È per la tua sicurezza!”
“Dimmi cosa sta succedendo!”
Gregory aprì l’armadio e tirò fuori le catene cigolanti.
“…e quelle?”
Il vampiro spinse Mark a sedere e cominciò a girargliele intorno.
“No, no, fermo! Che cazzo stai facendo?!”
“Te l’ho detto, è per la tua sicurezza…!, e la nostra, a dirla tutta. Chissà quella che diavolo sta combinando…”
“Greg, spiegami!”
“Non lo so, Mark! Non so cosa dirti! Sto cercando di aiutarti! Sto cercando di salvarti, per quanto mi sia possibile…”
“Da cosa?!”
“Siediti e stai zitto.”
Gregory prese un collare largo quanto un giovane tronco d’albero e lo pose intorno al collo di Mark. Aveva il terrore che il ragazzo potesse trasformarsi da un momento all’altro e di trovarsi impreparato. Il lupo che ne sarebbe uscito non sarebbe stato docile, affatto.
“Gregory… dimmi cosa sta succedendo…”
“Lo vedrai da solo. Io devo eseguire gli ordini, ma credimi che sto cercando di salvarti la vita.”
“E perché queste catene? Non ho intenzione di trasformarmi in lupo! Te l’assicuro!”
“Non avrai scelta.”
 
 
Andromeda si calmò e guardò fuori dalle vetrate. Fece un lungo sospiro e si mise a posto i capelli. Dopodiché tornò a guardare il vampiro che ora la stava fissando con occhi maliziosi, profondi, scuri e contornati di nero. Vogliosi. Magnetici. Lei la percepiva, quella sua smania di avere, di possedere, di controllare tutto ciò cadesse nella sua tela. Gli si avvicinò piano e gli prese il calice con fare elegante, posandolo sul tavolino accanto.
William la squadrò di nuovo dal basso all’alto, quegli occhi tanto scuri quanto penetranti a conficcarle spine nel cuore.
Andy gli si mise a cavalcioni e lui la guardò, sorridente e soddisfatto: “Lo sapevo… alla fine sei come tutte le altre. I soldi e il potere valgono molto di più di uno squallido lupo vagabondo.”
“Non mi parlare di lui, adesso… sono qui con te.”
“E mi lasceresti andare avanti?”
“Te l’ho detto, sono qui per te. Altrimenti perché t’avrei seguito?”
“Per uccidermi.”
Andy sobbalzò ma non cambiò espressione. Si sarebbe tradita.
“Certo, ucciderti… e pensi che mi sporcherei le mani di un delitto simile?”
“Non lo so, dimmelo tu. Sei tu quella con un coltello infilato nel reggiseno.”
“Lo vuoi vedere?” sorrise lei, cercando di incuriosirlo.
“No, ti voglio vedere senza…”
Andy si sfilò la maglietta e liberò la folta chioma nera facendola ricadere sulle spalle e giù, lungo il seno.
William le prese i fianchi e assaporò il caldo corpo di lei, salendo lungo la schiena e facendole venire i brividi per via delle mani gelide e violacee.
“Mio fratello aveva dei gusti raffinati, dopotutto…”
“Non parlare di lui, William. Baciami.”
Andromeda scese su di lui e gli posò le labbra soffici sulla pelle liscia e perfettamente bianca, facendolo sciogliere per un momento sotto la sua dolcezza inaspettata.
“Cosa vuoi dirmi, Andromeda?! Cosa vuoi da me?”
“Voglio te e basta. Hai ragione tu. Non c’è potere più forte a questo mondo del potere del denaro, e del successo. Prendimi con te, William.”
“Non ci posso credere…” ridacchiò lui, “…come farti cambiare idea con due parole. Denaro. Potere. Donna, alla fine sei pur sempre una donna.”
 
 
“…scusami?”
“Andromeda ha preso una decisione drastica. Era sconvolta, ho cercato di farla ragionare… insomma… sta andando ad uccidere William.”
“Che cosa?!” Esclamò Mark, cercando di alzarsi dalla sedia e cadendo a terra. Gregory lo fece rialzare e Mark lo strattonò per la maglietta: “E tu l’hai lasciata andare?! Tu l’hai fatta andare da quel pazzo?!?”
“Se la sa cavare, Mark. Non sono un incosciente.”
“Ma cosa c’entrano queste catene?”
“Tua madre mi ha rivelato una connessione tra te e tuo fratello. Se lui morirà, tu diverrai un lupo per sempre… ecco perché ci siamo sempre andati con i piedi di piombo su questa cosa…”
“…e Andy lo sa?”
Gregory abbassò lo sguardo, maneggiando le catene.
“Andy lo sa?!?”
“Sì, lo sa! Lei lo sa benissimo, ma non abbiamo scelta. Io mi sono sempre opposto a questo deliberato attacco sia perché sei un amico fraterno per me, sia perché so quanto lei ti ama.”
“E ora? Cos’è, non mi ama più?”
“Mark… non lo so… ma effettivamente è l’unica soluzione che abbiamo… pensaci!”
“Diventerò un lupo, Greg! Non la potrò più amare! Non la potrò più vedere!”
“Hai voluto tu diventare un lupo, nessuno ti ha obbligato! Hai preferito Mashka al tuo clan, e l’hai preferita anche ad Andromeda… non puoi meravigliarti, ora, se le cose stanno degenerando! L’hai umiliata, l’hai tradita!”
“Ecco perché… la vuoi tutta per te, non è così?”
“Cosa?”
“Sì, vuoi Andy tutta per te, Freddo che non sei altro! Non hai potuto avere Cassandra, ma la rivedi nella sorella come se fosse lei… e la vuoi tutta per te…”
“Ti sbagli, non è così.”
“La farai diventare una vampira! Una Corvina! Ne farai la tua sposa! Mentre io, chiuso nella forma di un lupo selvatico, potrò solo vagare per i boschi e sbranare qualche bestia… maledetto!”
“Non è così, Mark! Finiscila!”
“E dopo che sarò diventato un lupo, che farai?”
“È per questo che ti sto dicendo che voglio salvarti la vita. Lei non ce la farebbe a vivere sapendoti in questo stato, e ti vorrebbe al suo fianco ma sa che è impossibile…”
“E quindi? Cos’ha in mente di fare la mia dolce metà? Vuole uccidermi?”
Gregory strinse l’ultima catena alla sedia: “Sì, Mark, ti farà fuori.”
 
 
Lei gli prese saldamente la testa per i capelli e la tirò indietro, baciandogli il collo con le labbra appena socchiuse.
“No, il collo no…” sussurrò lui, scostandole la testa.
“Bene, allora vado subito al sodo.” Rispose lei.
Fece scivolare la mano sulla schiena e sfilò dai pantaloni un coltellino lucente e affilato. Lo impugnò saldamente e, tenendo sempre ferma la testa di William, tagliò il collo da parte a parte, inondandosi di schizzi di sangue.
William la scaraventò a terra e da dietro la porta della camera fece capolino Andrew, inorridito.
Andromeda si tirò indietro, il coltellino sempre in mano, il polso fermo.
“Andy…” sussurrò William, guardando l’amante; “Andy fai qualcosa…”
Il giovane biondo si appoggiò al muro, impotente, mentre la ragazza saltava alle spalle di William per completare l’opera.
Lo guardò negli occhi sopra di lui e gli diede un lieve bacio sulle labbra, per poi affondare di nuovo la lama e andare più in profondità nella carne fredda e violacea.
William si dimenava come un matto sul divanetto ormai inondato di sangue non suo. Andromeda si fece sempre più decisa ma ad un tratto si fermò, rispecchiata com’era nello sguardo terrorizzato di Andrew.
Lasciò il vampiro agonizzante e andò dall’altro, ormai accasciato a terra.
“Andrew, ti senti bene?”
“Will… William…”
“Andrew, ascoltami! Vattene da qui, o accuseranno te di quest’omicidio! Hai capito? Vattene!”
“No… William…”
“Doveva morire, lo sai bene!”
“Lasciami stare! Maledetta! Vattene tu!” Urlò lui, scaraventandola a terra.
“Fai come ti pare, Andrew. Solo vattene… lo dico per te…”
 
 
Mark cominciò ad ansimare sempre più, soffiando come se fosse isterico. Le vene del collo e delle braccia si fecero via via più grosse e divenne tutto rosso in faccia. Si piegò a scatti su se stesso, liberando urla d’ogni sorta. Questa volta la trasformazione era dolorosa… più del solito. Cominciò a chiamare il nome di Gregory e di Andromeda, divincolandosi sulla sedia ma stretto dalle catene. Greg gli girò intorno, cercando un appiglio sicuro dalle catene da non lasciarlo scappare.
Il ragazzo si trasformò in fretta e presto le gambe cambiarono forma, diventando zampe pelose e agili; continuò a dimenarsi cercando in tutti i modi di liberarsi da quella stretta, ma invano.
Completò la trasformazione con un ululato che gli modificò l’intera testa, facendogli spalancare delle fauci feroci e affilate.
Gregory indietreggiò e impugnò saldamente le catene, pronto a liberarlo dalla sedia. La bestia si stava divincolando sempre più, impedendogli ogni controllo.
“Avanti, Mark… collabora!”
La bestia ruggì e a momenti graffiò Gregory.
“Mark! Dobbiamo andare da Andromeda! Finiscila!”
Il lupo non ne volle sapere.
Gregory lo legò di nuovo alla sedia e uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Infilò la mano in tasca per assicurarsi che la pistola fosse ancora lì. Sentì il metallo freddo oltre i guanti di pelle e sorrise, più tranquillo.
“Andromeda, sbrigati…”
 
 
La ragazza sparì in bagno con una grossa fitta al petto che non voleva andarsene. Mark. Aprì il rubinetto e fece scorrere l’acqua. Si tolse tutti i vestiti e si diede una sciacquata veloce. Corse poi in camera e rovistò nel guardaroba di William, indossando una sua camicia e dei jeans stretti. Tornò in salotto: William strisciava come un verme per terra, cercando senza sosta di rialzarsi.
Andromeda gli andò accanto: “Dovevo farlo io, William. Dovevo farlo io…”
“Ma… Mar…”
“Mark è un lupo ora, lo so bene, ma non ho nient’altro da perdere, ora, al mondo. E nemmeno tu. Lunga vita a William Maurice Trumper.” Concluse lei, lasciandosi l’abitazione alle spalle.
Corse verso l’ascensore e ancora, una grossa fitta al petto. Mark.
Pensò per un fugace istante alle sue condizioni, in quel momento. Mark. Un lupo per sempre. Come aveva potuto fargli questo?
Eppure era proprio per lei che nulla era mai stato fatto…
L’ascensore trillò e Andy entrò nell’abitacolo. Le porte si richiusero e cominciò a scendere. Non si accorse nemmeno della non-presenza di Andrew l’ultima volta che era tornata in salotto, prima di andarsene.
Non si era accorta che era uscito sul terrazzo, a guardare la città, cercando di calmarsi.
Non si era accorta che, con la disperazione che galoppava nel suo petto e più coraggio di quanto ne avesse mai avuto, aveva impugnato saldamente la balaustra di vetro.
Andrew non avrebbe mai avuto il coraggio di uccidere la sua testarda metà, ma il coraggio per porre fine alla sua vita senza di essa l’aveva trovato.
Non si era accorta che Andrew si era alzato in piedi, sulla balaustra di vetro coperta di marmo, alto, sulla città, guardando la notte in faccia, dando un ultimo sguardo a William agonizzante, per poi tuffarsi nel vuoto della notte e finendo così il suo giorno mortale.
Andrew se n’era andato.
Andromeda era appena partita.
Il lupo la stava aspettando.
 
 
-:-:-:-:-
 
A tutti, un mega scusa per il ritardo.
A tutti, un mega scusa per come finirà questa storia.
A tutti, a presto.
B.L.
 
 
 

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Capitolo 29
*** Heart' Sunset ***


  
 
‘Respira, Andy. Respira.’
“Gregory!” La ragazza urlò dal cortile sottostante la palazzina.
Entrò nell’edificio correndo come una pazza e venne subito fermata da Mashka, nel corridoio: “Pazza!” Urlò la lupa, scaraventandola al muro.
“Mashka…”
“Che diavolo t’è saltato in mente?”
“Johnny, aiuto…!” piagnucolò Andy, massaggiandosi la spalla.
“Mark se n’è andato! Lo capisci?”
“E tu lo capisci che non c’era altro modo?!” Urlò Andy, facendo forza sulle braccia.
Johnny arrivò un secondo dopo e divise le due ragazze: “Mashka, lasciala stare! Andy, tutto bene?”
“Sì, dimmi dov’è Mark…”
“È un lupo! Non tornerà, maledetta puttana!” Urlò di nuovo Mashka, fiondandosi su di lei.
Johnny la fermò ancora e le bloccò i polsi al muro scrostato.
“Di sotto, Andy, in cantina.” Rispose Johnny, cercando di bloccare la lupa infuriata.
Mashka sferrò un calcio nell’addome dell’uomo e si liberò; con un balzo atterrò Andy e cominciò a riempirla di pugni.
Andromeda, con tutta la rabbia che aveva in corpo, si dimenò, afferrò il coltello con cui aveva ucciso il vampiro e lo conficcò nella pancia della rossa, stringendo i denti dal dolore.
Mashka ebbe un sussulto e smise di pestarla, accasciandosi di lato.
Johnny si piegò piano su di loro e Andy, presa da un momento d’ira, infierì sul corpo dolorante della lupa, conficcando la lama più e più volte nella carne muscolosa ma ormai inerme; l’uomo le sfiorò la spalla e quella si voltò di scatto, il coltello in mano, segnando una riga rossa sulla guancia del lupo.
Johnny indietreggiò e guardò il corpo di Mashka, dolorante a terra.
Andy, ora in ginocchio, le mani sporche di sangue, tratteneva le lacrime con forza e costanza: doveva resistere.
“L’ho uccisa… anche lei…”
“Sì, Andy, ora respira con calma.” Le disse Johnny, accanto a lei.
“L’ho uccisa… non dovevo ucciderla…”
“Ormai è fatto, Andy. Alzati. C’è Mark…”
“Scusami Johnny… t’ho ferito… non volevo…”
“Alzati, ho detto.”
La ragazza fece forza sulle gambe e Johnny la prese di peso, appoggiandola al muro.
“Non c’è nessuno stasera?” Chiese lei, guardandosi intorno.
“No, sono tutti a caccia. Mashka era rimasta per Mark, ma…”
“Oh, cristo!, mi devo pure sentire in colpa per Mashka, adesso? Sì, l’ho uccisa, non dovevo, ma ripensandoci se l’è meritato! Maledetta…”
“Ora calmati, devi recuperare Gregory e Mark. Sono di sotto. Vuoi che ti accompagni?!?”
Andromeda si voltò a guardare la porta che portava nelle cantine e per un istante sentì un forte botto, come un colpo al muro.
Rabbrividì.
“No, Johnny, me la cavo da sola, grazie.”
Scese piano le scale e le venne subito incontro Gregory, lo sguardo cupo.
“Ce l’hai fatta, allora.”
“È legato?”
“Sì.”
“Prepara la macchina. Ora arrivo.”
Il vampiro sparì dietro di lei, senza nemmeno guardarla in faccia.
Andy aprì la porta ed entrò piano, cercando il lupo con lo sguardo.
Era arrotolato su se stesso, accoccolato come un cucciolo, ma appena la vide scattò sulle zampe e iniziò a ringhiare.
“Mark, ora ti porterò in salvo. Avanti, collabora.”
L’imponente lupo scattò in avanti e minacciò la ragazza più e più volte, facendola indietreggiare.
“No, Mark. Dobbiamo andare. Avanti.”
La bestia abbassò di poco il muso e le tirò addosso le estremità delle catene: si era liberato dalla sedia, eppure era rimasto lì. Pur potendo spaccare la porta e fuggire, era rimasto lì, per vedere la faccia di lei, per capire fin dove si sarebbe spinta. In fondo non era del tutto belva… era rimasto quel poco di Mark per far sentire Andy ancora più in colpa.
La ragazza prese le catene cigolanti e trascinò il lupo su per le scale, oltre il corridoio, fino alla macchina sul retro del cortile.
Lo caricarono sul rimorchio e lo legarono bene.
Greg e Andy entrarono in macchina. Si accese il motore e l’auto partì nel folto della notte. La meta era sempre la stessa: Sherwood.
 
 
Nessuno dei due spiccicò parola nel tragitto in macchina. Gregory le porse la giacca che aveva dimenticato alla palazzina e scese dall’auto una volta arrivati a destinazione.
Andy infilò la giacca e scese con lui, aprendo il rimorchio.
Mark scese, imponente come non mai, e si mise quieto ad aspettare il da farsi.
“Vuoi davvero farlo, Andy?”
Lei sospirò.
“Ne sei davvero sicura?”
“Anche volendo non avrebbe nessuno da cui andare, a parte me. Mashka è morta, il fratello pure. Johnny… non lo placherebbe, lo sai.”
“Potresti sempre ripensarci.”
“E fare cosa? Lasciarlo libero? Un lupo famelico in libertà?”
“Ce l’avresti sulla coscienza comunque, Andromeda…”
“Vuoi farlo tu, allora? Prenderti cura di una cosa del genere?” disse lei, indicando Mark.
“Non togliergli la dignità, Andromeda… ti prego.”
“Lui l’ha tolta a me! Lui l’ha tolta A ME! Se n’è fregato di cosa potessi essere per lui, di quello che c’è stato in tre anni… se n’è sbattuto altamente, e ora deve accettare le conseguenze! Non avrei mai fatto quello che ho fatto se lui non mi avesse tradita. Non avrei mai avuto il coraggio di renderlo così… ma non me ne frega più nulla di lui! Ecco dove ho trovato la forza di uccidere William! È lui che me l’ha data! Lui, questo maledetto lupo!” Urlò lei, indicando il bestione mentre gironzolava attorno ad un tronco d’albero, nervoso.
“Non puoi ucciderlo, Andromeda. Non è quello che vuoi.”
“Sai cosa voglio? Una vita tranquilla, normale, senza lupi o vampiri, senza tutto questo, e per farlo devo ucciderlo, e tu lo sai.”
“Non te ne libererai mai, Andromeda. Lo sai questo, vero?”
Lei abbassò la testa, i capelli neri a coprirle il volto.
“Sei troppo dentro questa faccenda per potertene andare in questo modo. Comunque, fai come vuoi.”
Gregory sfilò la pistola dalla tasca e gliela porse.
Alla vista dell’arma, il lupo ringhiò ma rimase fermo, quasi a sfidare la sorte imminente.
“È d’argento la pallottola?” Chiese lei, allungando la mano verso l’arma.
“Sì, l’ho caricata io. Mi raccomando, mira bene.” Le disse, allontanandosi.
La ragazza fece correre lo sguardo dall’arma agli occhi dell’animale. La stava guardando, le fauci ringhianti, con disprezzo e rabbia.
Andy tremò: non ce la poteva fare. Fece per alzare il braccio e il lupo scattò in piedi, avanzando di due passi; Andromeda liberò un gridolino di terrore e indietreggiò. Il lupo continuava a fissarla, il pelo ritto ad indicare nervosismo e le orecchie basse, sulla nuca, gli occhi quasi fuori dalle orbite.
Andromeda cominciò ad avanzare verso di lui, doveva dimostrargli che non lo temeva. Mark la guardò stupito e attese. A quasi un metro da lui, la ragazza cominciò a tremare e Mark scattò in avanti, facendola cadere a terra dallo spavento.
“No, Greg! Aspetta…” urlò lei, indietreggiando a terra.
Il vampiro si fermò e attese.
“Ti prego, aiutami. Non ce la faccio da sola.”
Gregory tornò indietro.
Le prese la mano con l’arma e la puntò verso Mark che se ne stava lì, a guardarli, ringhiando.
“Ehi, non guardare…” le sussurrò, spostandole la testa nella direzione opposta.
Andy singhiozzava, impaurita, stremata dalla fatica. L’ultimo sforzo.
Gregory strinse l’impugnatura della pistola e infilò il dito nel grilletto.
“Trattieni il fiato, Andromeda.”
“No, Gregory, come puoi…?”
Uno sparo.
Un guaito.
Andy crollò a terra, disperata.
Gregory andò dal bestione e lo trascinò nel folto della foresta, liberandolo dalle catene.
Tornò tranquillo da Andy poco dopo e la fece alzare, appoggiandola contro un albero.
“Andromeda, respira. Respira, ti prego.” Le disse lui, abbracciandola forte e baciandole la fronte.
Troppi erano i singhiozzi per permetterle di respirare.
Mark se n’era andato.
E non aveva avuto nemmeno il coraggio di guardarlo in faccia.
Era morto.
Un guaito.
Ora era sola. Non del tutto, certo… ma sola.
“Gregory… dove l’hai portato?”
“Lascia stare. Andiamo, ti riporto a casa.”
“A casa? E dov’è casa mia?”
“Vieni, starai da me.”
Il vampiro le prese la mano e fece per portarla alla macchina, ma lei lo bloccò, spingendolo all’albero e stringendosi dentro le sue grandi spalle.
“No, Andromeda, non chiedermi questo.”
“Ti prego…” sussurrò lei all’orecchio del ragazzo, facendogli partire un brivido che percorse tutto il suo freddo e bianco corpo.
Le prese il volto tra le mani fredde da guanti neri e le baciò la fronte, scendendo poi sugli occhi, le guance, il mento e le labbra.
Andy dischiuse le labbra e lo baciò con dolcezza e malinconia, facendo scorrere le dita tra i capelli rossastri del ragazzo.
Gregory la strinse a sé e la baciò a sua volta, tenero e comprensivo come non mai, come Andy non si sarebbe mai aspettata, come sperava sarebbe stato Mark, come voleva lei.
Esattamente così.
Il vampiro si fermò. Il rimorso era troppo grande, e finché si fermava al bacio poteva ancora rispettare se stesso.
“Andromeda, ti riporto a casa.” Concluse lui.
“D’accordo,” disse lei, “ma prima dammi il tuo cellulare.”
Il ragazzo lo sfilò dalla tasca e glielo porse, dopodiché salì in macchina e attese.
Andromeda frugò in tasca e trovò il pezzetto di carta. Quel numero.
Proseguì fino alla vettura, lasciandosi alle spalle il suo passato, il suo amore, il suo Mark.
E mentre la notte stava finendo, così anche la tumultuosa vita di Andromeda raggiungeva ad un limite.
Da allora sarebbe stato tutto diverso.
Corse con i polpastrelli sui tasti del telefono e scrisse un messaggio – Usciamo?
Digitò il numero.
Tyler.
Invia.
Ripose il telefono in tasca e cominciò a piangere a singhiozzi. Si asciugò pian piano le lacrime.
‘Scusami Mark… scusami… perdonami…’
Gregory sfrecciò in strada.
Andromeda gettò lo sguardo fuori dal finestrino.
Chiuse gli occhi.
Buio.
 
 
 

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Capitolo 30
*** Epilogo ***


  
 
 
Quattro mesi più tardi, Andromeda è insieme a Tyler. Non ha mantenuto grossi rapporti con la banda dei lupi, solo Johnny ogni tanto la cerca, ma lei si fa negare.
Tutti i suoi progetti sembrano finalmente avere inizio e si sta preparando ad una vita con Tyler, il dolce e premuroso barista che la affianca dalla morte di Mark.
Tuttavia, non è facile scappare da una storia come quella dei due gemelli con un semplice sparo di pistola, e un giorno Gregory si presenta alla porta di Andromeda: la ragazza non può evitarlo.
 
 
 
“Ti sei sistemata bene, Andromeda, ma fossi in te non mi adagerei così in fretta.”
“Gregory, che cosa vuoi?”
“Devi tornare, non è finita.”
Andromeda si voltò a guardare la finestra: “No, per me è finita quella notte nel bosco. Ti prego, Gregory, non rivangare quella storia. Basta. Vattene.”
“Perché non vuoi ascoltarmi?”
Andy fece per portarsi una mano al ventre, ma si fermò.
Si voltò di scatto e condusse il vampiro alla porta senza spiccicare parola.
Gregory le si avvicinò velocemente, senza darle il tempo di allontanarsi, e le mise una mano sulla pancia.
Un flash, un battito.
Indietreggiò: “No, Andromeda…”
“Maledetto! Non avresti dovuto saperlo…”
“Tu non puoi, lui è il figlio di Mark. Non puoi crescerlo senza di lui.”
“Io sono cresciuta senza mio padre e mi sono arrangiata. Lui avrà me e Tyler accanto.”
“Tyler…? Ti prego, stai scherzando?”
“No.”
“Andromeda, io ti ho salvata, io ti ho aiutata e amata come se fossi mia. Non puoi fare questo a Mark.”
“Finiscila! È la mia vita!”
“Ma William non è morto! Lo vuoi capire?!?!?”
“Cosa? L’ho ucciso… io l’ho ammazzato. È morto e sepolto!”
“No, Andromeda. Metti al mondo un figlio in una situazione orribile e piena di insidie. È il nipote di William… lo prenderà, lo farà suo, te lo porterà via! Come puoi non capirlo?!”
“Basta, Gregory! Cosa vorresti che facessi? Che abortissi? È il figlio di Mark! Era l’uomo che amavo…”
“È l’uomo che hai ammazzato.”
“Tu c’eri! Tu sai perché l’ho fatto!”
“Per gelosia, ecco perché.”
“No, per William, per poterci liberare di lui.”
“Andromeda, ora siamo tutti in pericolo, ancora più di prima! Tuo figlio non ci salverà. Tuo figlio ha una scia di morte dietro di sé. Porterà la rovina… la rovina! Tu… tu e il tuo maledetto istinto! Non potevi… cristo!, non potevi perderlo?”
Andy sbarrò gli occhi, inorridendo: “Che cazzo dici, Greg? Se fosse stato tuo? Cosa avresti fatto?”
“Se fosse mio, non sarebbe nipote di William. Non sarebbe in pericolo e William non lo cercherebbe per portarmelo via. Come fai a non capirlo?”
“E allora sarà tuo…”
“Scusami?”
“Sì, diremo a tutti che è tuo. Sei contento ora?”
“Non mi crederanno mai… e ti odieranno. Tu, la donna di Mark, che l’hai ammazzato e tradito con il suo amico fraterno. Fatti un’idea delle conseguenze.”
“Io lo tengo, Greg. A costo di andarmene all’altro capo del mondo per salvarlo, io lo tengo. Rivedrò gli occhi di Mark nei suoi. Rivedrò la sua tenacia.”
Gregory sbuffò e guardò il pavimento, rassegnato: “…e sai già cos’è?”
“In che senso?”
“Sarà un lupo?”
“Non ne ho idea. Potrebbe anche uscirne un bambino umano, per quanto ne so.”
“No, impossibile. Il nostro DNA è più forte del vostro. Sarà contaminato, sicuramente. Se nasce un lupo, non posso aiutarti.”
“E io non potrò aiutare lui; ma lo farò lo stesso.”
 
 
Cinque anni dopo, il bimbo è nato e Andromeda l’ha chiamato Thomas, in ricordo del padre biologico, Mark Thomas Trumper. Il bimbo somiglia in modo impressionante al padre e Andy rivede il suo amato ogni volta che lo osserva: il piccolo però ha una caratteristica particolare, ovvero ha gli occhi di due colori diversi.
Lei, il figlio e Tyler sono andati a vivere in Scozia, sparendo dalla circolazione, protetti dagli Highlander del posto con i quali han fatto amicizia.
Un giorno, al calar del sole, il piccolo Tom scappa dalle cure della madre lungo la collina in cui vive…
 
 
“Tom…? Tom! Torna qui!”
Il bimbo smise di ridacchiare e risalì la collina, tenendo per mano un uomo alto, dal fisico longilineo e vestito di nero. William.
“No… Tom! Vattene!”
“Andy, il tuo pargolo è davvero grazioso. Dicono sia di Gregory… non ti facevo così puttana.”
Andromeda notò una lunga cicatrice sul collo del vampiro, da parte a parte, e le venne subito in mente quella notte, quella maledetta notte senza fine.
“Tom, scappa!” Disse lei, correndo loro incontro.
Il bimbo si liberò dalla morsa della mano di William e cominciò a correre verso il bosco.
“No, Tom! Entra in cas…!”
William la prese per la gola e lei fece appena in tempo a vedere il suo piccolo cucciolo sparire tra le fronde basse del bosco vicino.
Tornò a guardare il vampiro: “Will… William… lasciami… prendi me… lascia stare mio figlio!”
“Oh, che grande scena madre!”
“Non te ne fai niente di lui! È me che vuoi, lo sai bene!”
“No, il tuo piccolo bastardo è un vampiro, se, come dici, è figlio di Gregory, quindi lo porterò con me e lo crescerò nel modo che meglio crederò per lui.”
“Non è tuo figlio! Vattene! Porta via me, piuttosto!”
Le lacrime di disperazione di Andy corsero tra l’erba alta della collina e scesero sibilanti nel sottobosco, tra il muschio umido e gli aghi di pino. Tom, spaventato, stava seguendo il sentiero insegnatogli dall’amico Scott l’Highlander, lontano dalla strada e costellato di rami spinosi.
Ormai non sentiva più le urla della madre e cercò un rifugio tra gli alti fusti. Sentì dei passi alle sue spalle: l’avevano seguito. Fiutò l’aria come un cucciolo di lupo e si fece piccolo piccolo nel sottobosco. Forse, se si fosse calmato, sarebbe riuscito a non respirare tanto affannosamente.
Si premette contro un tronco parzialmente cavo e sprofondò piano nel terriccio smosso, acquattandosi furtivo.
Vide passare a pochi metri da lui tre uomini in nero, molto simili all’uomo che l’aveva preso per mano. Il nemico.
Aggrottò la fronte e si fece sempre più basso, vicino al suolo.
Passato il pericolo, rimase ancora qualche minuto in quel posto, senza muovere un muscolo. Quando stava per alzarsi, sentì un passo felpato raggiungerlo da sinistra: si voltò e vide un grande lupo avanzare con passo lento e nobile. Tom sbarrò gli occhi e si raggomitolò ancora di più su se stesso. Quando tornò a guardare l’animale, si trovò di fronte un uomo dai capelli neri e ricci che gli cadevano sugli occhi, occhi gentili e paterni. La carnagione abbronzata appariva provata e segnata da graffi violacei.
“Oh, sei tu Marcus!” Ridacchiò Tom, uscendo allo scoperto.
“Sì, stai tranquillo… dimmi, ti hanno fatto del male?”
“No no, mi sono nascosto come mi hai insegnato tu!”
Mark sorrise: “La tua mamma dov’è?”
“Sta litigando con un signore cattivo, là, sulla collina.”
Mark ebbe uno scatto d’ira ma si contenne: “E il tuo papà?”
“Stamattina è in città…”
“Vai a casa, Tom. Stai attento a non farti vedere dal signore cattivo, d’accordo?”
Il bimbo annuì e sfilò via nel sottobosco, lasciando un sorriso a trentadue denti sul volto di Mark.
‘No, non sei di Gregory, figliolo… non lo sei affatto.’
 
 
‘Ti ha lasciato un giorno per pensarci, Andy. Vattene a casa…’ si disse, imboccando il sentiero verso il cottage.
Tom la raggiunse di corsa, aggrappandosi alla sua mano.
“Tom! Stai bene?” gli chiese lei, guardandolo negli occhi.
“Sì, mi sono nascosto…”
“Bene, bravo! Sei tutto sporco di terra! Hai trovato qualcuno nel bosco?”
“Sì, degli uomini in nero, ma non mi hanno trovato, e poi il mio amico, Marcus.”
Andy sobbalzò: “Ancora? Cosa ti avevo detto riguardo a questa tua fantasia?”
“Ma non è finto, è reale! Esiste!”
“E perché non l’ho mai visto in cinque anni?”
“Perché lui si nasconde…” piagnucolò il piccolo, entrando in casa.
La giovane madre, sorridente per un momento, lo prese e lo strinse a sé, assaporando quello che sarebbe stato forse l’ultimo abbraccio dato al figlio.
 
La notte calò in fretta e Tyler tardava ad arrivare. Andromeda se ne stava sulla finestra a guardare il limitare della collina, speranzosa di qualche faccia amica. Trovò di meglio.
Ebbe un tuffo al cuore nel vedere quella testa tanto folta da sembrare irreale risalire la collina. Le treccine erano sparite.
Era vivo.
Era Vivo.
Prese la mantella scura e, assicurandosi che Tom stesse dormendo, uscì di casa e corse nella notte, la via illuminata dalla finestra della casetta.
‘Mark…?! Mark sei tu?!? Tom non mentiva?! Sei reale?!?!’ si ripeteva lei, sperando di poterlo urlare, ma incapace di produrre alcun suono.
Gli arrivò addosso e lo abbracciò, saltandogli al collo.
Quello barcollò ancora un istante e poi al strinse a sé, caldo come un tempo.
Non si dissero nulla e lei lo portò in casa.
Tom dormiva sul divanetto in salotto, presto Andy l’avrebbe portato a letto.
“È bellissimo.” Disse Mark, guardandolo.
Andy tacque.
“L’hai chiamato Tom? Bel nome…”
Ancora nessun cenno.
“Non credevo sarei riuscito a trovarti. È stata dura dopo… sì, insomma, dopo quella notte.”
Andy scoppia a piangere.
“Ehi, Andy, no, non piangere… so com’è andata. Non ti devi giustificare. Ti capisco. Probabilmente anch’io avrei fatto lo stesso. Era la disperazione che ti guidava, lo so. Ehi… smettila, dai…”
“Scusami…”
“È davvero mio figlio?”
Andy annuì, pulendosi il viso dalle lacrime: “Ma allora non eri morto?”
“No… e nemmeno William. Non eri né vampira né lupa quando hai creduto di ucciderlo, quindi l’hai solo ferito… non l’hai ucciso.”
“Ma ti ho sparato…”
“Non erano d’argento, quelle pallottole. Gregory le aveva sostituite per tempo. Ha cercato di salvarmi fino alla fine. Mi ci è voluto un po’ per rimettermi in sesto, ma quando ho saputo del bimbo… non volevo venire da te, non volevo crearti altri problemi. Ne avevi già avuti abbastanza… però vi ho cercati, non potevo lasciarvi soli con William in libertà.”
“Un Andy è già morto, era l’Andy di William.”
“Non me ne frega niente della profezia… non vorrei mai perderti, Andy.”
La donna ebbe un sussulto: “Sei sempre stato qui?”
“Certo, a badare a Tom. Oh, ho una brutta notizia da darti… Tyler…”
“Sì?”
“È morto, l’hanno trovato oggi pomeriggio ammazzato in un angolo dietro l’emporio del paese.”
“No!” Disse lei, portandosi le mani alla bocca.
“Probabilmente prima di venire da te, hanno trovato lui. Mi dispiace…”
Andy abbassò lo sguardo e si voltò verso suo figlio: “Mi ricorda così tanto te.”
“Davvero? E i due occhi diversi?”
“Sì, soffre di eterocromia, ma non è preoccupante. È molto rara, ma non gli farà nulla a parte fargli avere un occhio scuro e uno chiaro. Stai tranquillo.”
“Che cosa ti ha detto William?”
“Mi ha dato un ultimatum e tempo fino a domani per pensarci.”
“Sai già cosa fare?”
“Certo. E tu dovrai darmi una mano.”
Mark la guardò, le andò vicino e la baciò. Tanto. Lentamente. Profondamente.
“Ti amo, Andy.”
“Anch’io, Mark. Dovrai prendere Tom con te. Andrò io con William.”
“…cosa?”
“No, non t’intromettere. È il dovere di una madre verso suo figlio. Tu sei il padre, tu gli baderai. Portalo con te. Istruiscilo. Proteggilo e insegnagli ad arrangiarsi.”
“Non puoi andare con mio fratello, ti farà diventare una corvina…”
“E così sia, Mark. Qui non è più in ballo la nostra storia. Non siamo più noi i protagonisti, ora… adesso c’è Tom e basta. Tom. Pensiamo a lui. Noi abbiamo avuto la nostra occasione. Ti amo.”
Concluse lei, ferma e decisa.
La notte passò lenta. Il giorno arrivò discreto.
 
Il giorno dopo Andromeda scese la collina e raggiunse William nel posto concordato, concedendosi a lui e seguendolo a Londra. Lo seguì per salvare suo figlio mentre Mark se ne prendeva cura, tra le montagne della Scozia, correndo tra le foreste come due lupi selvaggi. Nessuno sa se un giorno padre e figlio avrebbero fatto vista alla madre per liberarla o per vendicarla… tutto, ora, era diviso; tutto, ora, era imprevedibile.
Tutto, ora, era al suo posto.
 
-:-:-:-
 
 
Bene. La Storia finisce qui.
Non odiatemi.
Alla prossima.
=)
B.L.
 
 

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