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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Good day, sunshine *** Capitolo 2: *** People try to put us d-down! *** Capitolo 3: *** I've just seen a face *** Capitolo 4: *** The Kids are Alright *** Capitolo 5: *** Don't bother me *** Capitolo 6: *** A legal matter *** Capitolo 7: *** Got to get you into my life *** Capitolo 8: *** In the city *** Capitolo 9: *** I wanna be your man *** Capitolo 10: *** Someone's coming *** Capitolo 11: *** Act naturally (Benvenuta a casa Beatles, pt. 1) *** Capitolo 12: *** I like you too much (Benvenuta a casa Beatles, pt. 2) ***
Incredibile come una cittadina che in genere
brulica di vita possa essere così placidamente calma.
Il cielo rosa è solcato ogni tanto dal fumo dei
comignoli di qualche vecchia casa, quelle villette a schiera anonime, tutte
uguali con i loro mattoni grigi e gli arredamenti imborghesiti acquistati da
persone altrettanto borghesi fino al midollo.
Abitare all’ultimo piano ha i suoi vantaggi:
si sale la scaletta metallica nascosta in camera mia e ci si ritrova sul tetto
ad ammirare un panorama mozzafiato come questo.
E pazienza se soffro di vertigini: basta non
sporgersi troppo e il problema non si presenta.
Qua ci starebbe una sigaretta, ma per fortuna
il fumo non rientra tra i miei vizi, quindi opto per una canzone da
canticchiare.
Some way, some day, I'll find a way to make you see my way
La mia vita è solo un susseguirsi di cose
sempre uguali. Routine è il termine
giusto per definirla, anche se forse palla
rende meglio l’idea.
Sveglia, colazione, liceo, part-time e di
nuovo casa sono veramente la mia morte quotidiana. Il sabato sera esco un po’,
ma è come se un solo giorno non riuscisse a rendere giustizia ad un’intera
settimana di apatia.
Per fortuna c’è Mitchie.
Chi è Mitchie?
Colei che ruberebbe matitine ovunque, colei che è una schiappa in matematica e
che pretende che io la aiuti, pur essendo a conoscenza del profondo odio che
nutro nei confronti di questa disciplina, colei che mi allieta le giornate
appendendo schizzi buffi al frigo e sulle porte, colei che dorme vicino a me,
un solo muro di stupido cartongesso a separarci.
Ha occhi scuri leggermente a mandorla e un
carré che le incornicia il viso maturo, che le fa dimostrare un po’ più dei sedici
anni che realmente ha, e disegna divinamente.
E quando dico divinamente, lo dico
perché è vero. Passa dalle caricature ai ritratti con una velocità incredibile
e wow, mi lascia sempre a bocca aperta.
Uh, sarà anche ora di svegliarla, adesso: ha
un sonno così pesante che nemmeno i Marines riuscirebbero a farle aprire gli
occhi, pazzesco!
Mi calo giù per la scaletta, facendo ben
attenzione a non cadere, e atterro perfettamente in piedi.
-Mitchie!
Alzati!- mi affaccio alla sua porta, ricevendo come risposta un mugolio e un
successivo girar fianco.
Alzo gli occhi al cielo, per poi continuare:
-Avanti, non vorrai far aspettare il signor Disney e il signor Barks!-
La vedo balzare seduta, con gli occhi
spalancati: -Od-oddio, Carl Barks
e Walt Disney a… a casa mia?-
Non faccio neanche in tempo a risponderle che
è già volata fuori dalla stanza, e nascondo un ghignetto
soddisfatto quando la sento protestare dal cucinino, una volta scoperto che
nessuno dei due affermati disegnatori stia aspettando il suo caffè.
Ma io sì, quindi è meglio che si spicci.
Stupide divise.
Stupide stupidestupide divise.
La gonna di Mitchie
con questo vento continua a sollevarsi, e lei è costretta ad appoggiarci le
mani sopra per tenerla a bada.
Ditemi voi se è sensato che a scuola si
debbano indossare delle stupide divise: non avrebbe più senso che ognuno
mettesse le cose che più gli piacciono?
Io, ad esempio, verrei a scuola perfino in
pigiama, se mi fosse concesso.
E invece no, mi devo accontentare della divisa
maschile, misero traguardo.
Guardo Mitchie di
sottecchi.
Però, effettivamente, a pensarci bene,
preferisco la camicia, la cravatta e i pantaloni a quel blazer grigio e quella
gonna plissettata verde bosco.
Cioè, la mia mise fa tanto old style, tutta in bianco e nero, e devo
dire che quest’alone di androginia che mi circonda mi piace. E parecchio.
-Mamma, che vento maledetto! Ma la bora non
c’era solo a Trieste?- sbuffa Mitchie, arrancando.
-Avrà chiesto asilo politico. Su, non manca
molto.- le rispondo io, stringendomi nel mio cappotto antracite.
Difatti, in mezzo ai mulinelli di polvere,
scorgo il vecchio orologio dello Sheffield Institute
spiccare in mezzo a tutto quel verde.
Io e Mitchie ci
scambiamo uno sguardo d’intesa e poi iniziamo a correre verso l’edificio,
desiderose di un riparo da quella bufera.
Passiamo cinque minuti buoni in atrio, io a
sfregarmi le mani con forza e lei a soffiare sulla cioccolata che ha preso,
facendo ben attenzione a non scottarsi.
Quando la campanella suona la saluto con un
cenno veloce e mi avvio verso la mia adorata
aula di chimica.
Un’altra stupenda
mattinata mi attende.
Appoggiata al muretto in mattoni rossi
aspetto che Mitchie arrivi, e nel frattempo mi
diletto a lanciare occhiatacce alle ochette che, noncuranti del senso di pudore
che in teoria Madre Natura dovrebbe aver fornito loro, lasciano che il vento
alzi le loro gonne e che i “maschioni” sbavino dietro a qualcosa che non
potranno mai avere.
Tsk,
gioventù bruciata.
Finalmente Mitchie
arriva, stranamente saltellando, e mi trascina con sé.
-Ma tu non avevi mica matematica all’ultima
ora?-
-Affermativo!- fa lei.
-E da dove viene tutto quest’entusiasmo,
allora?-
-Eh, mi ha consegnato il test e…-
-E…?-
-E sono migliorata!- esclama, le stelline
agli occhi.
Mi blocco. Ok, se Mitchie
è migliorata in matematica il mondo potrebbe finire qui, di punto in bianco.
Devo ASSOLUTAMENTE incontrare gli Who prima che
l’Apocalisse scenda inesorabile su di noi!
-Oddio. E quanto hai preso?- la fisso, con
gli occhi spalancati.
-Una E!- replica, saltellando di qua e di là.
Credo che la mascella mi sia rotolata per
terra.
-E…
e tu fai tutto questo casino per una cazzo di E? Sai quante ne prendo io? E non
c’è niente da vantarsi, fa schifo come voto.-
Ma la mia frase acida sembra non intaccare
proprio per nulla l’entusiasmo della mia amica, che continua imperterrita a
zompare a destra e a manca.
-Beh, tu sarai abituata alle tue E, ma per me è la prima! Finora sono
andata avanti solo a forza di F!-
Mi sbatto una mano sulla fronte e riprendo a
camminare veloce.
-Sbrigati, altrimenti Joe chiude.-
Il cartoccio di patatine fritte in mano,
cammino a passi svelti, mentre Mitchie mi è di
fianco, intenta a divorarsi l’hot-dog.
Il terzo.
-Dici che facciamo in tempo a prenderci anche
un gelatino?- s’illumina.
-Dopo esserti sbafata tre hot-dog
e avermi perfino fregato qualche patatina fritta, mi chiedi se puoi prenderti
anche il gelato? Ma hai problemi?-
-Sì, tu che non mi lasci nutrire me stessa in
pace!-
Sbuffo.
-Ma si può sapere come fai a mangiare come un
drago?-
-Veramente non sono io quella che mangia come
un drago: sei tu quella che non mangia nulla.-
-Ma non dire fesserie! Mangio sì.- brontolo, ficcandomi tre patatine in bocca.
-Beh, allora mangi come un canarino, hai lo
stomaco di un fringuello…-
-…
e i capelli da upupa, sì.- faccio spallucce.
La sento sbuffare scocciata, e calciare
qualcosa con i mocassini.
Alzo gli occhi al cielo.
-E va bene! Hai vinto tu! Piuttosto di
sopportare una vecchia caffettiera che gorgoglia per tutto il tragitto
t’accompagno alla gelateria, contenta?-
Mitchie
mi salta al collo e tenta di soffocare un gridolino di gioia, cosa che non le
riesce, quindi inizia a correre verso l’amato traguardo.
Sorrido. Per fortuna che c’è lei ad animarmi
le giornate.
-Prometto che ti ridarò tutto quanto, lo
giuro!-
-Sì sì, va bene, basta che chiudi il becco.-
taglio corto io, sorridendo.
Al solito: Mitchie
è al verde e il suo amato super-cono “pistacchio-nocciola-fior
di latte” le è stato gentilmente offerto dalla sottoscritta.
Finalmente, dopo mille peripezie, arriviamo
all’agognata meta: il Route 66, il negozio di dischi in cui sogno
di lavorare praticamente da sempre.
Ogni giorno, finita la scuola, io e Mitchie veniamo sempre qua a ficcanasare, e ogni tanto
torniamo a casa con una busta nuova.
È vero, non è che i dischi cambino di giorno
in giorno, ma passarli in rassegna tutti quanti, uno ad uno, quotidianamente,
mi dà un certo senso di sicurezza, mi fa sentire a casa.
Mentre la mangiona resta fuori a finire il
suo gelato io entro, e mi precipito subito su PetSounds: è appena uscito, ma quanto mi
piace!
-A forza di guardarlo me lo consumerai!-
Mi volto e vedo Bob, le braccia conserte,
sorridermi bonariamente.
Gli rivolgo una linguaccia: -Senti, Bob, posso…?-
-Sì che puoi, piccola. Non serve che tu me lo
chieda ogni santa volta.- m’interrompe, ridendo.
Io faccio spallucce e mi precipito al
juke-box; una sterlina e via, GodOnlyKnows può partire.
I may not always love you, but long as there are stars above you you never need to doubt it
Quant’è bella questa canzone, Dio solo lo sa.
Mentre la canticchio incomincio a “ballare”
(molto tra virgolette); più che altro giro su me stessa, fino al momento in cui
perdo l’equilibrio e vado a sbattere contro qualcosa. O qualcuno?
-AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!-
Caccio un urlo che nemmeno la Callas, mentre Mitchie si precipita in fretta e furia da me.
-Che succede?-
-Q-que…-
le parole non riescono ad uscirmi di bocca.
Il qualcuno
mi tende la mano, e solo in quell’istante anche lei si mette a fissarlo.
-Quello è Keith Moon degli Who!- urlo, prima di svenire.
Riapro gli occhi, e metto a fuoco il viso
simpatico della mia coinquilina, e poi un altro viso, che conosco fin troppo
bene.
-Od-oddio… Keith… Keith Moon…-
-Hey,
bambola, vedi di non svenire di nuovo!- scoppia a ridere lui, aiutandomi a
rialzarmi.
Mitchie
lo ringrazia, e asserisce che lo svenimento è dovuto al sangue che mi è fluito
alla testa un po’ troppo velocemente, mentre “ballavo”.
-Sai benissimo che non è quello il motivo per
cui sono caduta come una pera marcia, vero?- le bisbiglio nell’orecchio, mentre
lei annuisce col capo.
Bene, almeno lei ha capito.
E forse anche lui, cazzo.
Figuradimmerda.
Cioè, ho Keith Moon, quel Keith Moon, davanti a me e Mitchie è
stranamente tranquilla.
Aspettate.
Tranquilla?
Come fa ad essere tranquilla in questa
situazione?
Non è da lei.
Non è assolutamente
da lei.
Qui gatta ci cova.
-Aspetta, il tuo viso mi è familiare… Per caso ci siamo già incontrati da qualche
parte?- fa lui, rivolgendosi a Mitchie.
-Ero al Long Scene di Londra, il due
settembre di due anni fa… E mi ero imbucata nel backstage…-
-Uh, mi ricordo! Sei Mitchie!-
schiocca indice e pollice, per poi abbracciarla. -Piccola Mitchie,
come stai?-
-Tutto bene, Kif.
Tu, qual buon vento ti porta a Liverpool?-
-Una meraviglia, tesoro. Sono qui con gli
altri, ci siamo presi una pausa e abbiamo pensato che il luogo ideale per non
avere scocciatori in mezzo ai piedi fosse proprio Liverpool. Le ragazzine sono
troppo concentrate su quei quattro
scarafaggi per badare a noi.- e ci fa l’occhiolino. O meglio, le fa l’occhiolino.
Io li fisso con gli occhioni
sgranati: mi mangiasse la lingua il gatto, se qua c’è qualcuno che mi calcola.
-…
E che ne diresti di presentarmi la tua amica, miss “centro-di-gravità-permanente”?-
ride lui.
Ooook, gatto: stasera
niente cena, I’m so sorry.
So che Keith Moon mi ha appena preso per il
culo, seppur affettuosamente, e so che dovrei rispondergli a tono, ma l’unica
cosa che riesco a fare è fissarlo con una faccia che rasenta i limiti della
definizione di “ebete” per eccellenza.
-Oh, è vero! Keith, ti presento Sara, la mia
coinquilina nonché migliore amica!- mi presenta Mitchie,
tutta raggiante.
-Enchanté,
mademoiselle.- mi bacia la mano.
Ommioddio,
Keith Moon mi ha baciato la mano. KEITH MOON MI HA
BACIATO LA MANO!
Credo che sverrò da un momento all’altro.
-Ehm, il piacere è tutto mio.- rispondo,
titubante e rossa in viso.
Lo sguardo mi cade poi sull’orologio appeso
al muro: 13.50.
-Cazzo!- mi sfugge di bocca, facendo girare Mitchie e Keith in mia direzione.
-Ehm, gente, è stato veramente un piacere
stare qui con voi ma ora devo scappare al lavoro. Vi lascio continuare la
vostra conversazione, ok?- poi, rivolta verso Keith: -Ed è stato un enooorme piacere
poterti conoscere, Keith! Veramente, non immagini quanto!-
Ommioddio,
sembro una Beatle-fan nipponica.
Lui scoppia a ridere e poi, scompigliandomi
la frangia, mi risponde: -Anche per me, bellezza. Alla prossima!-
Rossa in volto, saluto con la mano anche Mitchie e poi me la svigno, correndo come una pazza, un po’
per il ritardo e un po’ (molto) per l’ennesima figuraccia collezionata in meno
di mezz’ora.
Ok. Mi ha toccato i capelli. Fosse stato qualcun
altro avrebbe ritrovato le proprie palle fare salotto con le tonsille, ma lui è Keith Moon.
Who are you?
Ooook, gente! You’re
welcome :)
Chi vi parla è Dazed:
questo capitolo è stato scritto da me ed è solamente l’inizio di una pazzesca
cross-over a quattro mani che nemmeno potete immaginarvi.
Le altre due manine appartengono alla mia
adorata Thief, che si occuperà del secondo capitolo e che è anche l’autrice
della splendida targhetta che avete trovato all’inizio.
Beh, che altro dirvi?
Ah, ho rubato a Thief l’idea del cambiare
nome all’angolo autrici, e mi sembrava parecchio carino usare la canzone degli Who. :D
Il mio personaggio si chiamerà Sara, mentre
il suo Mitchie, e le nostre due alter-ego avranno la
grandissima fortuna di incontrare, lungo la loro strada, bei fusti che hanno
fatto la storia del Rock.
L’intera storia è ambientata a Liverpool, nel
1966, e le due protagoniste sono delle normalissime teenager che devono fare i
conti con la vita di tutti i giorni.
Oddio, tanto normalissime non lo sono (come
avrete potuto ben notare, la sanità mentale lascia un po’ a desiderare) ma
comunque non posseggono poteri paranormali e quindi possono essere definite…
Ok, ok, taglio corto.
In questo capitolo c’erano un po’ di
riferimenti (alcuni facilmente visibili, altri più nascosti) ad un po’ di band
dell’epoca che io apprezzo, e che penso piacciano anche alla mia socia: vediamo
se siete così in gamba da scovarli tutti ;)
Spero che questo capitolo via sia piaciuto e
v’invito ad aspettare il prossimo, quando passerò le redini a Thief ;)
-Shhh, fai silenzio, altrimenti ci sentono!-
-Oh, Mitch, sei una terribile rompiscatole!- borbottò
Little Jim.
Sorrisi. -Lo so. Problem?-
Little Jim, ragazzo-pulce sedicenne basso quanto me con una folta capigliatura
color carota, mi aveva parlato di tali The Who, un
gruppo a sua detta spettacolare, e lui ci aveva anche aggiunto un “Sono
imperdibili!” tutto eccitato.
Fino al nasone che distrugge la chitarra mi erano sembrati solo carini, e poi
mi aveva parlato del batterista. Una
bomba. È come se partisse un jet sul palcoscenico. Io avevo
alzato un pugno all'aria ed esclamato un solenne -Ci sto! Andiamo!-
Ed era così che ero finita in quello sterco di situazione.
Nascosti da qualche parte nel buio, avvinghiati a vicenda, temendo l'arrivo di
un piedipiatti, controllore della sicurezza, alieno, marziano... Credo di
essermi fatta capire.
Ad un certo punto, sentii qualcosa che prudeva nel mio naso.
Stavo per starnutire, ma non dovevo starnutire.
Stavo per starnutire e sentivo il dovere di starnutire, ma non dovevo
starnutire.
Stavo per starnutire e sentivo il dovere di starnutire e quindi dovevo
starnutire, ma non dovevo starnutire.
Insomma, cazzo, non dovevo starnutire! -Eee... Et-ciùùùùùùùùùùù!-
-AAAAAAAAHHHH!-
Mi ritrovai improvvisamente per terra, col mento sprofondato sulla nuca di quel
babbione di un Little Jim e le braccia all'aria dallo
spavento.
Beh, almeno avevo avuto un atterraggio morbido. Ma ero uscita allo scoperto. Eravamo
usciti allo scoperto! Era un gran guaio, la faccia di Little Jim era talmente
brutta che anche il più macho tra questi The Who – il
biondo era il più macho, mi avevano detto – si sarebbe spaventato alla sua
vista! Eravamo nella mer... nello sterco più totale.
-Ma ti lavi i capelli, ogni tanto, coglione?! È tutta colpa dei tuoi capelli se ho starnutito!-
-Sei tu la cogliona che è rimasta attaccata al mio cranio per tutto il tempo,
quindi sta muta e levati dalla mia schiena!-
In segno affermativo, gli tirai lievemente una guancia con il pollice e
l'indice e feci per alzarmi, ma ebbi difficoltà a rimettere i piedi per terra.
E così dovevo subire una doppia umiliazione. Inoltre eravamo seriamente nei
guai. Sapevo che mancava poco all'arrivo di un uomo grande e grosso con una
faccia da gorilla che ci spedisse fuori da quel posto a calci nel sedere;
appena rialzati, avevamo solo il tempo di riprenderci completamente e attendere
che ci buttassero fuori. Perfetto!
-Ehm... Serve aiuto?-
Una mano comparve sopra la mia testa. La presi, rossa come un pomodoro,
lasciando che mi aiutasse ad alzarmi.
Due occhi tondi e cerulei mi osservavano dalla testa ai piedi tra l'interessato
e il divertito, e la mano continuava a stringere la mia. Le labbra del ragazzo
davanti a me si piegarono in un sorriso.
-Io mi chiamo John, e tu?-
Di solito piove, a Liverpool. Stavolta,
invece, Dio ha voluto fare in modo che io possa camminare sotto azzurri cieli
suburbani illuminati dai caldi raggi di un sole che, dopo tanto tempo di
attesa, si è deciso a uscire allo scoperto. Questo significa che posso
passeggiare quanto voglio senza temere un improvviso acquazzone, cosa molto
frequente nel territorio inglandese in cui
abito, e questo può solo giovare al mio umore – anche se, devo dirlo, non mi
sento affatto a terra, anzi.
-Ehi, aspetta! Certo che hai le ali ai piedi, eh, piccoletta?-
Mi fermo e mi volto, offesa. Piccoletta? Come osa chiamarmi piccoletta? Non me
ne frega niente se è il batterista degli Who, potrebbe
benissimo essere anche il panettiere della casa accanto, ma non deve nemmeno osare
chiamarmi in quel modo! -Kif, mi sei mancato un mondo, ma... Chiamami ancora
in quel modo e ti... Ti picchio, ok?!-
Keith scoppia a ridere.
-Va bene, piccolina. Ma ora andiamo.-
-Piccolina?! Ah, ma allora non hai capito! Guarda che io ti picchio sul serio!-
Ci sediamo nelle seggiole arancioni della fermata del bus, e tra risate,
gomitate e battutine di poco gusto e dallo scadente senso dell'umorismo,
finiamo per parlare su quel che ci è successo dopo quel concerto. Non avrei
niente da raccontargli, ma gli parlo velocemente di come ho passato quei miei
ultimi anni di scuola, di come sono migliorata in matematica (qui Keith si
mette a ridere), degli ultimi dischi che io e Sara abbiamo acquistato.
Di quel che mi racconta Keith, non c'è niente di nuovo: gli Who
hanno dato alle case discografiche i loro primi singoli per cui, beh, ok,
impazzivo pure io, per poi registrare quello che sarebbe diventato il loro
primo album, ossia My Generation,
uscito nel 1965 in America come The WhoSingsMy Generation con una tracklist e una copertina differente. Erano tutte cose che
sapevo.
A parlare così, ora che ci penso, mi sento come Sara. Gli Who
piacciono soprattutto a lei. Li seguiva su Ready
Steady Go! con un entusiasmo tale che ricordava le Beatle-fans.
Sorrido al pensiero, attirando l'attenzione di Keith.
-A cosa stai pensando?- mi chiede.
-Niente, niente... Pensavo!- una breve pausa, -Sai che gli uomini pensano per
tutto il tempo della loro vita? Anche nell'attimo prima di morire e anche nel
momento in cui nascono. Solo che, alla nascita, una persona non ha ancora
acquisito un preciso linguaggio parlato, quindi quasi nessuno ricorda il
momento della propria nascita...-
Mi accorgo solo in quel momento che Keith mi sta guardando con un sopracciglio
alzato, facendo una delle sue buffe espressioni.
-... ok, Mitchie, il bus è arrivato... Domani vieni
al posto che ti ho detto, alle otto, così ci vediamo tutti assieme!-
-Oh, ma certo! A domani, allora?-
-Certo, a domani, se verrai!-
Mi abbraccia calorosamente e corre verso la vettura, che sta per partire. Mi
urla un'ultima cosa prima che si chiudano le portiere.
-E porta anche la tua amica!-
Rido. -Ovvio!- e il bus parte.
Bene, e ora come lo dico a Sara senza che lei svenga di nuovo?
Sara ha un lavoro part-time in libreria
che la tiene occupata ogni giorno dal lunedì al venerdì, dalle due alle cinque
del pomeriggio.
Spesso mi piace infiltrarmi nella libreria per farle una visitina e scavare tra
i vari libri e fumetti che circolano in giro per gli scaffali, magari anche per
prendere qualche tomo a prezzo ridotto – quello riservato ai dipendenti,
un'inspiegabile figata.
Stavolta non arrivo ne troppo tardi ne troppo presto, sono già le cinque meno
cinque, ancora cinque minuti e la libreria chiude. Ok, ora devo trovare un modo
per dare la lieta nuova a Sara. Oh Buddha, aiutami tu! Dovrei cercare una
soluzione adatta ma ormai sono all'ingresso dell'edificio, la vedo già da fuori
la vetrina del negozio, incurvata verso il basso con una paletta e uno scopino
in mano, intenta a spolverare il pavimento.
Attraverso le striscie senza badare al semaforo;
sento dei clacson sgolarsi dalla mia sinistra, e questo mi fa pensare che devo
aver bloccato qualche buon'anima al volante, ma cerco di non farci caso – sono
ancora viva, questo basta! Spalanco la porta della libreria e esordisco con un
caloroso: -Saraaaaa! Ho una beeeella
notizia per te!-
Sara si volta a fissarmi in cagnesco, messa nella classica posa scocciata con
una mano sul fianco, mentre altri due o tre clienti alzano il loro naso ficcato
tra le pagine di un libro, tutti con la fronte corrugata. Da dietro una specie
di bancone, vedo Mr. Garrett ridersela.
-Buon giorno, signorina Mitchie. Noi stiamo per chiudere,
se non le dispiace...- dice lui.
-Scusi se la disturbo, sir, ma dovrei dire una cosa a Sara, se non le
dispiace!- rispondo, sorridendo raggiante.
Sara continua a guardarmi con una certa aria seccata nel viso; forse faccio
meglio a darle la notizia subito e in fretta.
-Allora? Fa' in modo che non sia un'altra E di cui ti sei dimenticata, ti
prego.-
-E se... E se ti dicessi che domani incontreremo tutti gli Who?-
Un attimo di silenzio. Tutta la libreria sembra immergersi in un gelido mare di
ghiaccio. Brr.
-... ripeti?-
-Domani incontreremo gli Who!- Sbomf. Azz.
Siamo all'ingresso di una di quelle semplici case di Liverpool, tra quelle con
l'ingresso doppio e il giardinetto interno, situate in quei cunicoli scuri mai
toccati dalla luce del sole e del giorno che i liverpooliani
chic spesso chiamano vie private.
Non sembra si sia vestita, truccata o decorata in modo particolare per questo
incontro: i suoi capelli castani sono raccolti nella solita coda di cavallo
(non l'ho mai vista con i capelli sciolti, è una cosa inquietante), i soliti
vestiti semplici e anche un po' spartani.
Nella mano sinistra stringo un foglietto sudicio e bagnaticcio
color celeste su cui Kif mi ha scritto gentilmente
l'indirizzo di quella che era “la nuova casa non tanto nuova di Pete”, per dirla con le sue parole. Nella mano destra,
invece, stringo la sinistra sudaticcia di Sara. Mi volto un secondo verso di
lei per scoprirla per l'ennesima volta con gli occhi scuri chini sulle sue
scarpe, ripetendosi parole strane e prive di alcun senso – almeno alle mie
orecchie – forse per calmarsi. -Sara! Dai, calmati, non ha senso agitarsi in questo
modo! Ora prendi un bel respiro e...-
-E tu non ti comporteresti in questo modo se incontrassi uno dei tuoi amati
Beatles, eh?!- esclama lei, nervosa.
Un ghigno compare sul mio viso.
-Onestamente, no. Certo, li amo immensamente, George Harrison è meraviglioso e
John Lennon è un'adorabile canaglia, ma non mi ritengo simile a quelle
ragazzine strillanti che erano al loro concerto tenuto allo SheaStadium. Fossi stata io lì per una purissima botta di
culo, mi sarei limitata a sedermi al mio posto e ad ascoltare!-
-Certo, certo... Dicono tutti così, sai? Pure io pensavo che non avrei
delirato, oggi, ma... Guarda un po'!- mi risponde lei, per poi sciogliersi in
una smorfia di imbarazzo e stringere la mia mano con ulteriore forza. -Oww... Mitchie, ora che faccio?-
Sorrido, tirandole una sonora pacca sulla schiena.
-Calmati, ok? Ora suono!-
-MICHELLE PERCIVAL, NON TI AZZARDARE A TOCCARE QUEL CITOFONO O...-
-Ehi!- mi lamento, -Non chiamarmi Michelle!-
Poi tanto ormai ho suonato. E Sara mi fissa in cagnesco, in procinto a
stritolarmi con tanta rabbia.
Dal ricevitore del citofono non arriva nessuna risposta finchè
non si sente un brusco tonfo, un leggero scatto e il cancelletto si apre.
Sorrido raggiante verso la mia compagna pur sapendo che lei non è in vena di
sorrisi, quindi ci avviamo entrambe in direzione dell'ingresso della casa.
Attraversato il piccolo sentierello che passa per il
giardino, bussiamo (anzi, busso).
-Arrivo!- sentiamo da dentro, e Sara sussulta.
La porta si apre e una faccia da schiaffi magrolina e pallidiccia,
con un naso un po' sproporzionato al centro del viso e due bellissimi occhi
celesti, s'affaccia da dentro e io gli salto immediatamente addosso, sotto lo
sguardo sorpreso di entrambi – lui e Sara, insomma. -Peeeeeeeeeete!!! Da quanto tempo, come cazzo state
tu e il tuo naso?!- esclamo.
-Che cazz... Oddio, Mitch,
sei tu!- scoppia a ridere, -Pensavo ci fosse una zebra selvaggia... Sai, si
deve sempre far attenzione...-
-Ma smettila!- rido, tirandogli una gomitata sullo stomaco. Pete
scansa in tempo la gomitata e mi afferra in braccio, sollevandomi da terra di
circa un metro. Urlo dallo spavento, per poi continuare a ridere come
un'idiota. Lui mi fissa negli occhi, prima in modo truce, poi stendendo le
labbra in un sorrisone.
-Mi eri mancata, piccolina.-
-Oh, ora non ti ci mettere pure tu!-
Proprio in quel momento ci ricordiamo che... Ecco, Sara!
Ci voltiamo e la scopriamo a guardarci come se avesse appena visto un alieno
verde con le antenne viola (eh?); Pete alza un
sopracciglio, per poi dirle: -Ecco, ehm... Buongiorno, le va di entrare?- Mmm, meglio se rispondo io al posto suo.
-Certo che vuole entrare! Tu entra per primo, noi ti seguiamo!-
-Dopo me la presenti, ver...-
-Certo, certo, ve la presento a tutti voi, ma ora entra!-
Mandato via Pete (awww, il
mio Pete, quanto mi era mancato!), trascino Sara
dentro la casa. Lei sembra essere caduta in trance, continua a ripetere parole
tra se e se e... Oddio, che abbia visto davvero un alieno verde con le
antenne viola? Un ufocicc! Fuck,
gli ufocicc no! Scuoto la testa per distogliere
la mia mente da questi pensieri inutili.
-Quello... Quello era PeteTownshend... PeteTownshend...- la sento dire, intanto.
Quando entro, vengo accolta da quell'atmosfera calda che da tempo non
avvertivo, e a cui con tanta fortuna avevo ottenuto un piccolo lasciapassare in
quel giorno di due anni fa. La prima cosa che vedo è un grande salotto dalle
pareti color crema, una lampadina striminzita che scende dal soffitto con un
filo dall'aria pericolosamente delicata e un divano, largo e lungo, posto
davanti ad una televisione accesa a tutto volume. E su quel divano ci sono
sedute due persone che io conosco molto bene.
Al rumore della porta che si chiude, quello con i capelli scuri alza la testa
verso di noi. Una profonda sensazione di calore mi avvolge non appena vedo
quegli occhi azzurri posarsi su di me, e corro subito verso di lui,
dimenticandomi Sara all'ingresso – ehm, ops.
-Oddio, oddio, oddio, ENTY!- -Mitchie?- mormora.
Ci abbracciamo. Non lo sento da davvero molto tempo; certo, lo vedo sempre in
televisione e posso sempre vedere la sua facciona da rana sulla copertina del
vinile di My Generation nascosto tra le
lenzuola del letto della mia coinquilina, ma vederlo in televisione è diverso
dal vederlo dal vivo, potergli parlare... Lentamente mi rendo conto che mi era
mancato davvero tanto, in tutto quel tempo.
-Ehi, ciao...- sussurra nel mio orecchio, accarezzandomi la schiena, -Come va?
Non ci sentiamo da un po'.-
-Oh, benissimo, John, ma io voglio sapere come stai tu. Comprate nuove cose
all'Harrod's?- ridacchio.
Sorride. -Spiritosa. Dai, ora saluta anche gli altri...-
-Giusto! Devo ancora saltare addosso a Roger!-
-... no, grazie.- sento da dietro di me, dal divano. John ride.
Un momento. Era Roger, quello? Uh-oh. Saranotipregononsvenir...
Troppo tardi.
Mi stacco da John e mi alzo in piedi, con le mani sui fianchi, a fissare Roger
con fare accusatorio. Roger, biondo senza cervello privo di alcun buon senso,
mi fissa, sdraiato sul divano, con una bottiglia di birra in mano e l'altra
mano posta sotto la testa. Noto con disgusto che ha i piedi nudi. Tsk, la finezza degli uomini.
-La prossima volta, cerca di non fare la parte del sex symbol
in canottiera, ok?-
-Se se...- -Pfff, mi sei mancato anche tu, Daltrey.-
Lo vedo sorridere da sotto i baffi.
Bene, ora... Meglio che vada a vedere come sta la mia povera coinquilina.
-Petey, se vuoi abbiamo del succo...-
-Smettila di dire idiozie, Roger.-
-SCORDATELO! È LA MIA COINQUILINA, OK?-
-Va bene, calmati!-
-Eh, ma ha ragione... Trattare così le ragazze, bah.-
Così dicendo, Pete alza leggermente quella manona gigante che si ritrova e si mette a picchiettare
lievemente la fronte di Sara, ancora accasciata per terra, a occhi chiusi e
priva di sensi.
Bene, ok. È IMPAZZITO? Pensa di svegliarla, così? -Sveeeegliati, abbiamo bisooogno
di teee...- le dice, tamburellando le dita sul suo
viso, cercando di far suonare la sua voce come se stesse urlando dalla cima di
una montagna. No, seriamente, fa gli echi da solo. Dev'essere
sicuramente impazzito. Troppi concerti fanno male al cervello, dopo un po', Petey...
Proprio allora arriva Keith dalla cucina, tutto sorridente, sfregandosi le
mani.
-Se volete, posso provarci i...-
-NO!- urliamo tutti quanti, Enty compreso, che fino
ad ora non ha fiatato.
-Chissà cosa ti passa per quella testa, cazzone che
non sei altro...-
-Brandy, sicuramente.- sogghigna Pete.
Keith fa il suo faccino crucciato e si lascia cadere a braccia conserte sul
divano.
E nonostante siamo riusciti a impedire a Keith di fare qualche danno, Sara,
beh, non si è ancora svegliata. Argh!
-Ci provo io.- dice allora Roger, assumendo un'aria
che definirei squallida, ma che forse a lui sembrava elegante.
La scuote leggermente per le spalle, mettendosi sopra di lei. Un lieve
schiaffetto in testa, e ricomincia a scuoterla.
-Ehi... Svegliati...- le dice, senza preoccuparsi della scarsa delicatezza.
Sto per linciare pure lui quando mi accorgo che Sara sta lentamente aprendo gli
occhi. Mi viene automaticamente da fare un sospiro di sollievo, quando sento un
violento suono di qualcosa di ferro che sbatte in continuazione, poi la risata
di Enty. Mi volto e vedo Keith che colpisce in
continuazione un pentolino con un martelletto, entrambi spuntati da chissà dove
– PEM PEMPEM! – e Enty che continua a ridere, ancora seduto sul divano.
In quell'attimo, Sara spalanca definitivamente gli occhi e Pete
sposta Roger per mettersi sopra di lei e lei gli tira uno schiaffo e... Sì,
finisce che tutto questo succeda in due secondi, e mi ritrovo davanti a Pete che sta per terra con le gambe all'aria, in mezzo ai
ghigni insistenti di Roger e Enty. Poi, Sara si alza
con molta fatica, per poi fissarmi.
-... cosa cazzo sta succedendo, Mitch?!-
-Sono arrivaaaaaaate
le piiiiizze!!- -Fuckyeah!-
Il primo a buttarsi addosso al povero Enty, che ha
avuto la sfortuna di dover andare ad aprire al fattorino, è proprio Keith.
Poi, l'oceano. L'oceano, sisi, che consiste in
un famelico PeteTownshend,
in un Roger Daltrey più impegnato a superare il
proprio chitarrista piuttosto che a preoccuparsi per delle stupide pizze e, in
primis, io. Perché ovunque ci sia qualcosa di commestibile, ci sono
anch'io, yeah!
Le pizze fanno il loro glorioso ingresso in casa Townshend,
seguite insistentemente dagli occhi deboli e affamati e anche altrettanto
inquietanti di Keith e Pete. Le apriamo e... Oh, ora
sì che inizia la serata! E infatti sono proprio le pizze ad animare l'intera
serata, assieme ad un paio di birrette, bevande
analcoliche che probabilmente erano destinate a me – se loro pensavano che io
non bevessi alcolici, si sbagliavano di grosso – un'enorme bottiglia di Coca
Cola e del whiskey.
A proposito di Coca Cola: io e Keith facciamo una scommessa su chi riesce a
finire per prima un'intera bottigliona da due litri
di Coca tra Rog e Petey.
Sotto i nostri occhi divertiti, quelli perplessi e ancora confusi di Sara e
quelli spensierati di Enty, i due iniziano a
tracannare la bevanda senza sosta – io che faccio il tifo per Pete e Keith che fa il tifo per Roger. In gioco, ci sono
cinque sterline. E ho come l'impressione che queste cinque sterline
diverranno abbastanza famose, in seguito... Comunque sia, coke after coke, after coke, after Coca Cola, entrambi stramazzano a terra con una
bottiglia mezza piena in mano.
Keith scoppia a ridere come un forsennato quando Roger getta la bottiglia –
aperta e ancora piena – contro il muro del salotto e si mette a correre per la
casa urlando, come un bimbo con problemi di incontinenza (anche se questi
problemi di incontinenza li aveva pure lui): -DEVO ANDARE IN BAGNO!-
Noto con la coda dell'occhio la faccia di Sara, seduta accanto a Enty, sempre più a disagio. Pete borbotta, visibilmente stanco: -Non berrò mai
più Coca... Bleah.-
-Io ci voglio scrivere su una canzone!- esclama tutto d'un tratto Kif, smettendo di ridere.
-Allora io voglio sentirla!- intervengo, battendo le mani. -Anche tu lo vuoi,
vero Enty??- Enty, seduto sul divano con il suo pacato sorriso sulle
labbra, annuisce, in silenzio.
-Certo.- dice, sfiorandomi la guancia con l'indice. Rido, scostando la sua mano
con una spallata, e lo stringo in un altro abbraccio. -Aw, Johnnino!- poi mi
viene in mente una cosa: -Un bagno l'avete in questa casa... Vero?-
-Penso e spero di sì!-
Una mezz'ora più tardi, vedo Pete che fruga sotto il
materasso del divanetto accanto alla televisione. Oh, bene. Mi chiedo cos'abbia
in mente... -Erm... Petey?- Pete si volta, tirando fuori una sigaretta molto
particolare. Ha tutta l'aria di essere una sigaretta, ma qualcosa la rende
completamente differente da quelle sigarette che vendono nelle macchinette
delle tabaccherie. Inclino la testa di lato mentre Pete
se la ficca tra i denti e se l'accende. È
l'odore a farmi capire tutto, alla fine: ho davanti a me una di quelle belle
cannette ripiene di – indovina indovinello – marijuana!
-Vuoi provare?- mi chiede, dopo un tiro, -Sai, i materassi la tengono al
fresco, quindi è più saporita!-
-... ok, Petey.- dico, annuendo. -Magari quando avrò
raggiunto la maggiore età, ok?- -Uff, ok.- borbotta Pete, per poi tornare all'attacco, ma stavolta verso
un'altra vittima.
La vittima prescelta è, ahimè, Sara, la mia povera amichetta bistrattata, ora
seduta su una poltroncina a parte, intenta a sorseggiare un bicchiere di Fanta, immersa in un agonizzante silenzio. Pete si apposta dinnanzi a lei e lei alza gli occhi verso
di lui con un certo timore, senza staccare le labbra dal bordo del bicchierino
che stringe tra le mani.
-Vuoi una cannetta?- chiede Pete, dopo qualche
secondo di silenzio.
Ahi ahiahi. Schiaffo in
arrivo, schiaffo in arrivo! (E il secondo, aggiungerei.) -Altolaaaaà!-
Ci voltiamo tutti in direzione della voce, e mi pare di vedere un Roger mezzo
ubriaco all'ingresso del salotto con una bottiglia in mano.
Almeno quel deficiente, per una volta, è stato utile. Anche se non capisco se
sia Sara o Pete a essere in salvo.
-Lasciamela sobria, Pete! Mi serve lucida!- Pete alza un sopracciglio. -E per cosa, scusa?-
-Infatti. Parla, su!- aggiungo io, incrociando le braccia. Voglio proprio
sentire quale altra cazzata ha da dire.
-Deve andare alla festa con me, domani, eh!-
Strabuzzo gli occhi.
-Festa? E quale festa, scusa?- chiede (giustamente) Pete.
Roger si avvicina tutto felice alla poltroncina su cui è seduta Sara. Lei lo
guarda con un'aria che a me appare come terrorizzata, ma anche orrendamente
imbarazzata. Oddio, spero proprio che Roger non faccia un'altra cazzata
– non due di seguito; ti prego, no! Sara mi serve viva! Come a lui serve
sobria, ma sono dettagli. -Hey, baby,- dice allora alla mia povera coinquilina,
assumendo un tono per lui (e sottolineo per lui) ammaliante: -Ti
va di andare ad una festa con me, domani sera?-
NO! STRONZO! APPENA SIAMO SOLI, OH, IO TI STACCO TUTTE LE BUDELLA E...
Un attimo, Mitch. Tua madre ti ha sempre insegnato a
non rispondere con la violenza agli altri. Bene, quindi mantieni il controllo.
E intanto che tu mantieni il controllo, Sara è svenuta di nuovo. Vaffanculo, Daltrey!
-Scusalo. Lo conosci, a volte fa
l'idiota.-
Questo è quel che mi dice Enty all'uscita dalla casa
di Pete, con il corpo inerme di Sara – manco fosse
una salma, ugh – sulle spalle e un'espressione
imbarazzata stampata sul volto.
-Solo a volte?- rispondo, tirando fuori il labbro inferiore. Enty sospira. -Eddai. In
fondo è una brava persona...-
-Lo spero proprio...-
Attorno a noi, solo le luci dentro le case e dei lampadari lungo le strade
illuminano la via. Sopra le nostre teste, la luna argentata regna sul cielo
notturno, punteggiato da piccole stelle bianche. Trovo incredibile il fascino
che esercita su di me questo vicolo di Liverpool, nascosto dalle ombre della
notte. Questo vicolo sbocca su un marciapiede, e poco distante dal punto in cui
ci troviamo noi sta la macchina di Enty ad aspettarci.
Apro la portiera e aiuto Enty a far sdraiare Sara sui
sedili posteriori, poi vado a sedermi, e lui mette subito in moto la macchina.
Passano dieci minuti e, senza troppe peripezie, riusciamo ad arrivare davanti a
casa. Enty si volta verso di me, slacciando la
cintura di sicurezza. Noto i suoi occhi azzurri guizzare per un attimo alle
nostre spalle, in direzione di Sara, per poi tornare su di me.
Riesco a vedere il rossore delle sue guance anche sotto il lieve strato di buio
che ci circonda.
-Avrei... Avrei una piccola cosa da chiederti.- dice, piano.
-Uh, cosa?- chiedo immediatamente, mentre un sorriso affiora automatico sulle
mie labbra.
-Ecco, ehm...- si schiarisce la gola, -Ti andrebbe di andare da qualche parte
con me, domani? Sai, è la nostra giornata libera, e poi... Mi piacerebbe
scambiare qualche chiacchiera con te, ecco tutto!- e torna in silenzio.
Ma, ma... Awwwww! Mi verrebbe tanta voglia di
tirargli affettuosamente le guancia, ma non ora, Mitch!
-Certo che mi va, EntyWhistle!
Basta che non andiamo al McDonald e io ci sto!- Enty scoppia a ridere e annuisce.
Un'altra giornata è passata e un'altra
giornata è destinata a iniziare. Devo solo attendere.
Errata coccige corrige.
Fufu, qui è quella svitata di Sara, appena ripresasi
dall’attentato di quello stronzo di Daltrey, fjkr.
Che dire? L’altra volta avevo detto che
PetSoundsera
appena uscito ma, sebbene non abbia specificato in che mese fosse ambientata la
vicenda, si capiva comunque che era un mese freddo, autunnale o invernale: è
quindi impossibile che il capolavoro dei Beach Boys
fosse appena stato lanciato sul mercato, perché uscì il 16 maggio, fufu.
Uh, per la cronaca, la nostra Jules le
ha azzeccate tutte (a parte Route 66, eh-eh-eh! *modalità “omino
sentenzioso” ON* e ne ha addirittura beccata una che
ho inserito inconsapevolmente: Hot Dog
dei Led Zeppelin. LOL)
Applausi per lei! : D *inchino*
Indi per cui mi scuso con tutti per l’errorazzo e con Thief per la mia intromissione : D
Adiosss (;
Who are you?
Oh yeah, ecco il secondo capitolo!
Qua dovrei scrivere le mie note ma – fuck – le
ho completamente scordate. Hehe. Ma mi sforzerò, I
PROMISE.
Quindi, coffcoff. Goodmorning (wtf.),
people, io sono Thief e sono l'altra scrittrice di questa fic
che io e la mia collega/socia/coinquilina/amichetta bistrattata Sara stiamo
scrivendo a quattro mani! :D Spero che quest'ultimo capitolo vi sia piaciuto!
Dal prossimo ripasseremo sul POV di Sara e... Vedremo. ;3
Su questo capitolo, abbiamo finalmente incontrato tutti i membri degli Who. E dal prossimo capitolo, non mancheranno i vari
sviluppi che si possono diramare da quest'ultimo. Inoltre, sempre su
quest'ultimo capitolo, anch'io ho voluto inserire degli oscuri riferimenti a
varie canzoni di alcuni artisti. Non sono tanti, e uno è ben evidente fin da
subito. ;)
Che altro posso dire se non avvertire che la targhetta lassopra
è stata realizzata sempre dalla sottoscritta e che mi sono divertita molto a
scrivere quest'ultima schifezzina che avete avuto
l'onore (LOL. Vado a sotterrarmi.) di leggere, anche se ci ho impiegato non
poco. ^^'
Spero vi sia piaciuto, allora! Quindi spero di rivedervi al prossimo capitolo,
in cui passerò di nuovo le redini a Sara! ;D Peace & Love, everybody.
<3
Mai più
salire in auto con quello psicopatico di Daltrey.
Ne va
della mia incolumità fisica, assurdo!
Tornerò
a casa a piedi, è deciso.
Sarò costretta
a fare miglia e miglia, ma me ne infischio altamente: preferisco essere tutta
intera.
Mi
appoggio un attimo al muro, la testa che mi gira vorticosamente: sarà il
cantante degli Who, nonché un emerito figaccione, ma resta comunque un’esimia testa di cazzo!
-Bellezza,
piaciuta la gitarella in auto col sottoscritto?- lo
vedo comparire a pochi centimetri dal mio viso.
Rossa
in volto (sia benedetto il buio della sera, yippie!)
, mi scosto e, cercando di assumere il tono più sarcastico possibile, sibilo:
-Certo, come no: la prossima volta mi porterò un salvagente.-
A
queste parole Roger scoppia a ridere e, mettendomi un braccio intorno al
fianco, mi sussurra nell’orecchio: -Avanti, babe,
entriamo a divertirci: la festa sta aspettando solo noi!-, per poi trascinarmi
dentro l’edificio.
Qualcosa
mi dice che non sarà una seratina per nulla
piacevole.
Come
volevasi dimostrare.
Il mio
intuito non si sbaglia mai.
Roger
se n’è andato a bere e a sollazzarsi con delle “pollastrelle” (testuali parole)
che ha incontrato al bancone, e io me ne sto, come una totale deficiente (-non “come”; lo sei.- puntualizza la mia
coscienza, ed io la ringrazio per essere stata così meticolosa nell’avermelo
ricordato), seduta sul divanetto, a guardarmi in giro tutta nervosa, mordendomi
il labbro e maledicendomi di avere accettato il suo invito a questa fottuta
festa.
Cazzo
m’aspettavo? Che lui, la rockstar, si accorgesse di me, povera ragazzetta
costretta a vendere atlanti e dizionari per tirar avanti?
Bah.
Continuo
nella mia scansione del panorama, quando qualcuno attacca uno di quei dischi
con quelle canzoncine “da balera”: ovvio che qui in Inghilterra non conoscono
la balera (lo spero vivamente per loro), ma questo pezzo è la solita canzonetta
da balli scatenati, che io odio.
I ragazzi
impomatati si alzano di scatto, in cerca di prede, mentre le ragazze
ridacchiano tra di loro, squittendo ancor più acutamente quando uno dei
cosiddetti “machi” le invita a ballare.
Gioventù bruciata.
Tutto
d’un tratto, però, la mia attenzione viene attirata da un qualcuno di particolare (strambo sarebbe una definizione più corretta, a pensarci bene), e
non posso fare a meno di lasciarmi scappare un sorriso.
Un
tizio piuttosto bassetto si divincola cercando di seguire il ritmo della
canzone, muovendo braccia e testa con fare piuttosto scimmiesco e buffo e
guardando in direzione di un altro tipo, decisamente più alto, con un completo
come il suo, tendente al grigio, che però batte le mani a tempo e sembra già
più sciolto e coordinato.
Per un
attimo incrocio il suo sguardo, ma lo distolgo subito: nonvoglioattirarel’attenzionedeglisconosciuti,percarità.
Peccato
che i miei piani vengano rovinati dal ragazzo, che comincia a camminare verso di
me. Lo sguardo mi cade istintivamente sul divanetto su cui sono seduta: con
terrore scopro di avere il posto di fianco libero.
Decido
così, in una manciata di secondi, di non occuparlo con la mia borsa, ma di
fingere noncuranza e di riprendere a guardarmi in giro.
Appunto mentale: piantarla di fissare
insistentemente le persone, onde evitare colossali figure di merda come quella
che sto per fare.
Non mi
volto nemmeno: so che è qui vicino, e il mio successivo sprofondare un po’ tra
i cuscini mi dà la conferma di quel che pensavo.
Comincia
a picchiettarmi la spalla con le dita ma io, imperterrita, proseguo nella mia
radiografia al panorama: non ho messo in conto, però, la sua cocciutaggine.
Continua
per dei buoni cinque minuti, finché non mi stufo e, girandomi, lo incenerisco
con uno sguardo.
Lui
però sembra non farci caso e, anzi, mi spiazza dicendomi:
-Hey, vorresti sposarmi?-
-Come,
scusa?- spalanco gli occhi.
-Ho
detto se mi vuoi sposare.- ripete lui, tranquillissimo.
Io lo
fisso, stralunata, incapace di capire cosa diamine gli frulli nella testa.
-Oh
beh, se allora non vuoi sposarmi, verresti a cena con me?-
Non
chiedetemi perché, ma scoppio a ridere come una cretina, e non c’è verso di
farmi smettere. Sento il ragazzo unirsi alle mie risa, per poi bloccarsi e
riprendere a fissarmi.
-Vieni
con me!-
Non
faccio nemmeno in tempo a ribattere che mi ha già preso per mano e trascinato
nella bolgia del twist.
-Guarda
che non ballo, eh!-
-E chi
ti vuole far ballare? Una che sta seduta tutto il tempo a feste del genere ovviamente odia ballare.-
Perspicace
il tizio.
-Voglio
solo farti conoscere dei miei amici, tutto qua.- mi sorride e si volta di
nuovo, riprendendo a trascinarmi in tutto questo casino.
Arriviamo
davanti ad altri divanetti in pelle, sui quali sono seduti due ragazzi con un
completo uguale a quello del tizio che prima si stava scatenando in una danza
tutta sua.
Il mio
“accompagnatore” non fa nemmeno in tempo ad aprir bocca che il novello Fred Astaire lo assale da dietro, saltandogli sulla schiena.
-Aaah, mi ci voleva
proprio una seratina così! Adesso, però, vado in
cerca di qualcosa da bere…-
-Rings, portami una birretta, già che ci sei.- gli chiede un tipo dalla
frangetta ordinatissima e dagli occhi grandi.
-Anche
per me, anche per me!- si unisce l’altro, sventolando le mani vistosamente.
Rings, o come diamine si
chiama, annuisce e fa per andarsene, quando il tipo con le rotelle non tutte al
proprio posto lo richiama, facendolo girare.
-Starkey, gran performance:
potremmo proporti alla RoyalBallettSchool!-
L’altro
ride e se ne va, dirigendosi verso il bar.
Solo
ora mi accorgo che il tipo non mi ha lasciato la mano nemmeno per un secondo:
arrossisco un po’, ma decido di non staccarla.
Cosadiaminemistasuccedendo?
-Allora,
little boy, che ci volevi dire?-
-Uh,
volevo solo presentarvi la mia promessa sposa.- e si apre in un sorriso stupendo.
Subito
lo sguardo dei due passa dal loro amico alla sottoscritta: riconosco quello
sguardo, è il classico sguardo da radiografia. (Quante volte ho detto
“sguardo”?)
P-promessa sposa?
-Bel
bocconcino, Harrison. I miei più vivi complimenti.- Mister “ho-sempre-la-battuta-pronta”
lo apostrofa così, dopo essersi alzato e avergli battuto la mano sulla spalla.
-Lennon, non fare il
rompipalle come tuo solito, dai…- sento l’altro
supplicarlo dal divanetto.
Ma il
diretto interessato non lo sta a sentire e comincia a girarmi intorno, piano,
come un’ape fa con il fiore che ha adocchiato.
Cristo,
che nervi.
Decido
però di non dargli nessuna soddisfazione e continuo ad ignorarlo, mentre lui
prosegue imperterrito nel suo girotondo.
-Quando
l’ispettore dell’AESA1 ha finito con la sua
ispezione, potresti presentarmela?- si fa avanti l’altro ragazzo, sorridendo.
Ridacchio
e anche il piccolo ometto fa
altrettanto.
-Ehm,
sì, ecco… Lei è…- comincia,
ma viene interrotto dal deficiente di prima.
-Ooooh, avanti, Harrison!
Sei di un antico che neanche mia zia Mimi! Susu, a
che servono le presentazioni? Questo bijou vorrà ballare subito con il
sottoscritto, nevvero?- e quasi mi si struscia addosso, tutto ammiccante,
mentre io mi scosto, profondamente imbarazzata, e anche disgustata dalla sua
faccia tosta.
Nel
frattempo ritorna il ballerino, che porge una birra al ragazzo dagli occhi
grandi, mentre l’altra se la prende il mio presunto “promesso sposo”, dato che
il cascamorto è troppo impegnato a provarci con la sottoscritta.
-Dolcezza,
è inutile che tu faccia tanto la schizzinosa: io e te finiremo con il metterci
insieme. Dopotutto, è scritto nelle stelle.- vaneggia il tizio.
Alzo un
sopracciglio e gli rispondo con un bel -Ah sì? Cazzo, è un vero peccato che sia
analfabeta.- decisamente sarcastico, facendo ridacchiare gli altri tre.
Guardo
l’orologio e noto con profondo sollievo (ma anche con un pizzico di disappunto,
lo ammetto) che si è fatto tardi e che devo andare a casa, dato che domani
mattina ho il turno in libreria.
Saluto
tutti e me ne vado, facendo in tempo a sentire un: -Ti ha smerdato, eh Lennon?-
con successivo -Aaaah, chiudi il becco, McCharmly!- che mi fa sorridere maleficamente.
***
La vedo
dirigersi verso l’uscita, quando un tizio la blocca: il mio sesto senso mi dice
che potrebbe essere un potenziale rivale, ma decido di starmene in disparte,
giusto per studiarmi meglio la situazione ed eventuali sviluppi che potrebbero
nascere.
Sembrano
discutere animatamente, quando lei prende e se ne esce, sbattendo la porta.
Uhuhuhu, rivale fuori combattimento!
Ma, un
momento.
Come si chiama?
Sto per
sentirmi male.
Non so
il suo fottuto nome.
Merda.
Poi,
l’idea.
Mi avvicino
al tizio che l’ha bloccata prima e che di sicuro mi darà informazioni sul suo
conto.
Con le
buone o con le cattive.
1AESA: Associazione
Europea Sanità Alimentare LOL
MISUSE HER AND YOU'LL LOSE H...
Excuse me. L'ho in testa.
Ecco qui che Thief si intromette nel capitoletto di Sara per farvi un salutino.
;3 *vola una ciabatta*
E mo,
un secondo! D: Volevo elencare i vari riferimenti presenti nello scorso
capitolo e ringraziare di cuore le tre persone che hanno recensito. Sono
contenta di aver fatto divertire delle persone, e sono felice che sia piaciuto.
Lo ritenevo troppo lungo e mi stavo preoccupando.
Ok, ora
taglio corto e passo ai riferimenti, che sono stati: “[...] camminare sotto azzurri cieli suburbani” da Penny Lane dei Beatles; “[...] che i liverpooliani
chic spesso chiamano vie private.”
dalla prima pellicola dei Beatles A Hard Day's
Night, esatto; “Mi volto e vedo Keith
che colpisce in continuazione un pentolino con un martelletto” da Maxwell's
Silver Hammer dei Beatles, ja;
“l'oceano” da, ovviamente, The Ocean
dei Led Zeppelin; “coke after coke, after coke, after Coca Cola” da uno spot pubblicitario del The Who
Sell Out, che su questa storia sta per essere registrato. ;3
Ok, la
smetto di rompere! E con questo, ho finito! Bye, e ancora grazie. <3
Who are you?
Genteeee! Mi siete mancatii **
Waa,
siete aumentati *saltella di qua e di là*
Pubblico questo capitolo un po’ in anticipo
perché non so se durante la settimana avrò il tempo per poterlo fare (e sì,
anche per le minacce gentili pressioni di Jules, LOLOL.)
Beh, che dirvi? Mi scuso se è un po’ cortino,
ma andava fatto così: dovrebbe essere una sorta di transizione, intermezzo, intervallo… :3 insomma, chiamatelo come cazzo vi pare xD*parte “Intervallo”
della RAI*
Posso dire, per quanto riguarda la mia parte,
che dal prossimo capitolo incominceranno a capitarmene delle belle LOL
Ma non anticipo nada
de nadau.u*faccettamalefica*
Ora vi saluto, e spero che il risultato vi
piaccia (;
Uao.
Ok, ammetto che non mi aspettavo tutta 'sta scena.
Forse avrei dovuto prepararmi meglio. Magari, un velo di fondotinta e... No, un
momento. Sarebbe contro le mie leggi.
La gente mi intima a truccarmi, ma che ci posso fare se odio il contatto dei
vari cosmetici con la pelle del mio viso? Ma in questa situazione, mi sa tanto
che... Insomma, un filo di trucco sarebbe perfetto e anche abbastanza adeguato.
-Allora, beh, ci accomodiamo o rimaniamo in piedi?- mi domanda Enty, stringendomi la mano.
Noto nella sua domanda una tinta spiritosa ma anche un po’ nervosa, e questo mi
stupisce: che motivo ha di essere nervoso?
Piuttosto, sono nervosa io! Infatti, sì, sono nervosa – l'hai già detto, Mitch.
La sala che si apre di fronte a me, illuminata dalle luci di candele poste ai
lati delle finestre sulle pareti, pullulante di coppiette e comitive impegnate
a sbafarsi di escargot e caviale, non sembra volermi
accogliere con tutti gli ori e gli allori e mi fissa con un'aria da sfida.
Mi provoca. Esatto: una sala mi sta provocando. No, non sto sclerando.
No, non sto sclerando. No, non sto sclerando. No, non sto sclerando.
No, non sto sclerando!
Basta esserne convinti.
Basta esserne convinti.
Basta esserne convint... -Mitchie?- mormora Enty.
-Allora, ci sediamo?- -Errr... Certo! Sediamoci, che cosa stiamo
aspettando?-
Quindi, ci sediamo su un tavolo e aspettiamo che arrivi un cameriere a cagarci.
-Buono il
pollo?- Animare la serata, tentativo numero uno. Da parte mia, ovvio. E la
risposta non tarda ad arrivare.
-Non mi sembra tanto cotto.- E silenzio fu.
Tentativo numero uno: fallito. È come se attorno a noi non ci
fosse nessuno. Siamo solo noi due, da soli, in mezzo alla sala di un ristorante
lussuoso in cui entrambi sembriamo trovarci abbastanza a disagio; tutto quello
che ci circonda è un raggelante silenzio e i
tintinnii secchi delle posate che si scontrano contro i piatti. Enty continua a stare zitto. Beh, se pensa che io
parlerò di nuovo, si sbaglia di grosso.
-Come ti va la vita, Mitch?-
Ha parlato lui! Yap!
Cataloghiamolo quindi come un tentativo numero due.
-Bene?- dico.
-Oh, bene!- Enty sorride.
-Bene.-
-Bene.-
-Bene?-
-Bene.-
-Hai detto 'bene'?- -Sì.-
-Bene!- concludo, raggiante.
-Benissimo...?- E silenzio fu.
Tentativo numero due: fallito. Ma stavolta hai perso tu, Johnny EntyWhistle... Siamo a uno pari, HA-HA!
… che cosa deprimente.
-Ma tu non eri giapponese, Mitch?-
All'improvviso, Enty riapre bocca. Era ora che si
decidesse a parlare! Poi, mi rendo conto delle sue parole.
-Giapponese?- Oddio, sento che sto per avere una crisi. Come accade ogni
volta che mi danno della giapponese. È che...
Da Enty, proprio non me l'aspettavo! Prendo quindi il
fiato e incomincio con la ramanzina: -Perchè voi europei dagli occhi
tondi e dai nasi immensi (illustre l'esempio del caro Petey)
dovete tutti, e ripeto tutti, pensare che chiunque abbia gli
occhi a mandorla e il naso schiacciato debba essere per forza giapponese?! Io
sono tutt'altro che giapponese, d'accordo? Sono coreana, ok? Non giapponese!- -Wo, wo, calmati!- dice Enty, ridendo. -Non ricordavo dov'eri nata, tutto qui.- si
giustifica, arrossendo.
Sospiro. Non sono solita a innervosirmi in questo modo. Dev'essere
l'aria invernale – deve esserlo!
-Non... Non ti sei offesa, vero?- mi chiede ad un certo punto.
Tocca a me ad arrossire. Cavolo, sono proprio Miss Delicatezza, eh? -C-certo che non mi sono offesa, non devi
preoccuparti! … penso solo di essermi svegliata con la luna storta, stamattina,
non devi affatto preoccup... Oh, sto diventando
ripetitiva!- scuoto la testa. -Scusa la sfuriata, davvero...-
All'improvviso, sento la sua mano che mi spettina la frangia e un brivido
percorre la mia schiena. Alzo gli occhi in sua direzione e lo vedo sorridere
verso di me, tranquillo, guardandomi in silenzio. Non sembra né arrabbiato né
triste né tantomeno offeso. Bene! Molto più che bene! E ora cosa faccio?
-E comunque,- lo sento dire -Il Giappone, la Cina e la Corea, probabilmente, in
futuro, saranno i paesi orientali che più si avvicineranno al mondo
occidentale, dal punto di vista industriale, commerciale e soprattutto
culturale. Quindi, saranno anche i primi paesi ad avere il contatto con il rock
'n' roll, forse anche prima dell'Islanda.-
Per un altro mezzo minuto gettato nel cesso, non so che cosa dire. Poi, ci
provo. Errr... A-hem.
-... come mai me lo stai dicendo?- Enty scoppia a ridere. Alzo un sopracciglio, confusa.
-Beh?-
-Oddio, non lo so nemmeno io... Me l'ha detto Pete
qualche mese fa. Ho sempre sentito il dovere di dirlo a qualcuno.-
Quindi, si alza dal tavolo lasciando giù la forchetta e il coltello, si infila
la giacca e mi porge la mano. La stessa mano che mi aveva dato quando aveva
trovato me e Little Jim nel backstage e la stessa mano con cui mi ha appena
scompigliato i capelli.
-Allora, andiamo?-
-... eh?-
-Da quanto ho capito, questo posto ha annoiato un po' tutti. Andiamo a... A
fare un giro.-
Un ghigno compare sulle sue labbra.
Oddio. Sono in pericolo. Sono in pericolo!
Di solito
nevica, quando le temperature vanno sotto lo zero. È una cosa regolare. Invece
quest'anno sembra che la neve stia aspettando il momento giusto per scendere;
si lascia desiderare, se le previsioni l'annunciano non si degna di farsi
vedere.
-Tutti i fenomeni atmosferici si comportano in questa maniera.- Enty è – fin troppo – bravo a semplificare concetti
che io spiegherei in mille e mille parole. Per dire che “la neve era una gran
bastarda come lo era la pioggia, il sole, il vento e tutte quelle cose che
sembravano essere state create apposta per ampliare una limitata visione di un
limitato spazio fisico”, lui dice semplicemente quello che ha detto: tutti i
fenomeni atmosferici si comportano in questa maniera.
In poche parole, nel caso riesca davvero a riassumere qualcosa, un giorno:
faccio davvero schifo a sintetizzare.
E poi, lo vedo. Lì, davanti a me, sorridendomi beffardamente da dietro
la vetrina.
-OMMIODDIO, Enty! Guarda!- grido, bloccandomi di
colpo.
-Uh, cosa?-
Lo trascino subito di fronte alla vetrina, indicandoglielo insistentemente con
l'indice.
Non mi piace truccarmi ma sicuramente amo i gioielli. Quel braccialetto – quella catenina sottile e luccicante da cui pende un
delizioso ciondolino nero a forma di ragno – deve essere mio.
-Allora? Allora?! L'hai visto?? Non lo trovi stupendo pure tu??-
Quando i suoi occhi azzurri incrociano i gioielli sul banco posto dietro il
vetro ghiacciato, Enty storce lievemente il naso
all'inizio, poi pare capire di cosa sto parlando e sorride. Mi prende per mano
e, senza dire niente, mi spinge ad andare oltre. E io, per la prima volta dopo
otto anni di digiuno dai capricci e dai piagnucolii dovuti a irraggiungibili
obiettivi materiali, ricomincio con essi. Con i capricci, s'intende. -Eddaiii, Entwistle! Un
giorno passiamo di qui per prenderlo??- gli chiedo, scuotendogli il braccio
sinistro.
Lui sospira, stringendomi ancora una volta a se. -Un'altra volta, Mitch.
Un'altra volta.-
Schiocca quindi un piccolo bacetto sulla mia fronte. Io mi limito ad annuire,
non senza una certa delusione. Ma di certo non potevo pretendere che me lo
comprasse... Oh, sono ancora una fottuta mocciosetta
immatura. Cresci, una volta tanto, Mitch.
Ok. Ma questa sera, non ci voglio pensare – me la voglio solo godere fino in
fondo.
Affondo il viso sul giaccone di Enty e aumento la
stretta attorno al suo braccio. E la sera prosegue.
*
Alzo la
sciarpa fin sopra il mio naso e alzo le maniche della giacca.
Mi chiedo come abbia potuto dimenticarmi i guanti a casa – oh, ma comunque son
cose che capitano!
Mi strofino le mani tra di loro per scaldarle e le infilo nei tasconi ai lati dei jeans. Inclino la testa di lato,
cercando di soffocare la tentazione di tirare fuori una mano per grattarmi la
testa. Accanto a me, quel panzone se ne sta mezzo addormentato con la testa
all'indietro e le chiappone sprofondate sul sedile
arancione della fermata del bus. Ah, che adorabile coglione.
-Ehi, panzone! Allora, l'hai visto quello?- dico al panzone a mo di
sveglia e gli indico il diretto interessato con un gesto col mento.
Sussulta, mi lancia un'occhiataccia e poi guarda nella direzione che gli sto
indicando.
-Ti prego, smettila con i tuoi nomignoli idioti, P... Aspetta, cosa dovrei
vedere, scusa?-
Sbuffo. Non sopporto quando una persona non mi capisce subito, argh! -Sisi, non me ne fotte niente dei nomignoli idioti,
l'hai visto quello?-
-Ma... Quello chi?-
-QUELLO!-
-Quello?-
Un altro sbuffo.
-Sì, quello! Quello con la bambina... Errr...
Giapponese!-
I suoi occhi verdi si illuminano, segno che – finalmente – ha capito. Yay! -Erm... Sì?-
-Ecco, l'hai riconosciuto??-
-... onestamente?-
Il sorriso che si era faticosamente stampato sulle mie labbra scivola
immediatamente via. Ohdiocanefachestiasoloscherz-
-VAFFANCULO, ERA QUELLO DEGLI WHO!-
-... aaaah.-
Guarda per un'altra decina di minuti verso Entwistle
e la bambina, ora entrambi in procinto ad allontanarsi dalla vetrina del
negozio, poi lo vedo sorridere sotto i baffi. Mi scruta in attesa di una mia
parola e io annuisco, felice che abbia capito per davvero.
-Perché tu sai a cosa sto pensando...- Vero?
Ebbene,
John Entwistle, io giuro di starti alle costole da
ora in poi! Promessa da viching... A-hem, marinaio!
Trova l’intruso.
Ebbene sì, sono io u.u
Ma lo faccio solo per precisare i messaggi subliminari del mio capitolo, per
poi tornarmene nel mio angolino u.u
1.Tutte avete riconosciuto l’epico
ingresso dei FabFour in
perfetto stile A Hard Day’s
Night (;
2.La frase che George usa per
rimorchiarmi è la stessa usata con PattieBoyd :D
3.“Dolcezza,
è inutile che tu faccia tanto la schizzinosa: io e te finiremo con il metterci
insieme. Dopotutto, è scritto nelle stelle.- vaneggia il tizio.” Per questa
godo da mattiii, dato che nessuno ha notato il “Afterall, itiswritten in the stars” di Woman di
John, muahahaha :D
Bene,
non so che altro dirvi, se non il fatto che v’attendo al prossimo capitolo che,
guarda un po’, sarà scritto dalla sottoscritta :D
Adiosss (:
Dazed;
Who are you?
Oh yeah, ed ecco un nuovo capitolo, finalmente!
>w<
Lo so, è noioso, e siate contenti che non l'ho allungato ulteriormente.
Non dice molto, quindi pure questo potrebbe essere considerato come un capitolo
di passaggio, ma... Wellwellwell, chi saranno i due personaggi che compaiono in
fondo? Vedremo, vfmnfnfj.
Ce l'ho messa tutta per animare almeno un po' questo desolante capitolo e spero
davvero che possa essere di vostro gradimento. x3
Ah, comunque il titolo è random. Molto, molto random. E il braccialettino di cui mi infatuo (ARGH. Forse
non esiste, ma IO LO VOGLIO, RJGJK. ;_; ) ricorda qualcosa a qualcuno? Vediamo
se qualcuno afferra il sottile riferimento, fufu. That's all. :D Al prossimo capitolo, scritto stavolta
da Sara. ^^
Il
turno di domenica mattina è qualcosa di devastante. Se bevessi sarebbe
disastroso perché dovrei smaltire la sbornia e tutto ciò non mi aiuterebbe di
certo nel catalogare i libri. Per fortuna non è il mio caso.
Non ho
bevuto, è vero, ma almeno la domenica vorrei stare a letto un po’ di più…
Se
ripenso al musetto triste che aveva il mio cuscino, quando l’ho abbandonato, mi
si spezza il cuore.
Mi
accascio sul bancone, decisa a riposarmi un po’, quando la campanella attaccata
alla porta tintinna.
Fanculo, mi tocca lavurà.
Mi
rialzo sui gomiti e sfodero uno dei miei sorrisoni
smaglianti più falsi che si siano mai visti.
-Heilà! Come procede, qua?-
Alzo lo
sguardo dal libro.
Mitchie, che tu possa essere
benedetta!
-Una
noia totale e allo stesso tempo un inferno!- comincio a sclerare,
accompagnando le mie sventure con ampi gesti teatrali degni della migliore
tragedia shakespeariana, -E un colpo viene la vecchia che ha letto tutti gli Armony e che, quando le propongo L’amore ai tempi del colera, mi dice che lei schifezze non ne
legge, e poi arriva la madre con il figlio che insiste nel volere le caramelle eeee…-
-Oddei, Sara, respira! Ti
ho portato un frappé dalla yogurteria qui accanto,
quindi bevitelo e vedi di darti una calmata, ok?- mi risponde lei, porgendomi
il bicchierone di carta e appoggiandosi poi sulla scrivania.
Io
annuisco e trangugio mezzo frappé (alla vaniglia, divino), intervallando sospiri a tirate di cannuccia.
-Cos’è ‘sta storia della
vecchia, degli Armonye…?-
-Niente,
semplicemente stavo venendo alle mani con un’ottuagenaria perché ha osato
venirmi a dire che L’amore ai tempi del
colera fa schifo! Ma te ne rendi conto? Già ho sopportato a fatica il fatto
che lo abbia paragonato a quei romanzetti da vedove allegre, ma insultarlo è troppo… Non c’ho più visto dalla rabbia!- e giù un altro
sorso.
Mitchie ridacchia ma, dopo
essersi beccata una mia occhiataccia inceneritrice,
si azzittisce e torna seria. Più o meno.
Io
riprendo a sorseggiare rumorosamente il mio frappé, facendo girare una signora
tutta impellicciata, che mi guarda piuttosto scandalizzata, beccandosi un mio
sorrisone a tremila denti per risposta.
Tzè.
Spero
di morire prima di diventare vecchia.
Il
silenzio viene ovviamente interrotto da Mitchie che,
le mani a coppa, inizia a bisbigliare parole sicuramente senza senso.
-Hey, hai notato quel
ragazzo?-
No, vabbè, non può…
-Dai,
non sporgerti, sennò ti vede… Quello con la giacchetta… È da quando sono entrata che non fa altro che
continuare a guardarti…-
Sì,
purtroppo l’ha fatto. Occhio di falco!
-Oh,
davvero? Non c’avevo fatto caso.- apro un cassetto,
fingendo di cercare qualsiasi cosa possibile ed inimmaginabile.
Non la
vedo, ma so che sta alzando un sopracciglio, lo sento.
-È cariiiiiino!- squittisce nuovamente.
Gli
lancio un’occhiata distratta, per poi tornare con lo sguardo a lei: -Non male.-
-Eddai, Sara! “Non male”?
Mi pare un po’ riduttivo.-
-E tu
mi pari un po’ esaltata. O sbaglio?-
Mitchie caccia la sua lingua
fuori e me la rivolge, fintamente sprezzante, interrompendosi però subito.
-Uh,
sta arrivando, falalala!-
COME?
In
effetti il tipo è già a meno di un metro dalla scrivania, e ha un libro in
mano.
Ovvio.
Quella
scema della mia coinquilina prende un depliant di non so quale mostra e
comincia a sfogliarlo svogliata, facendo finta di nulla, mentre il ragazzo si
materializza, intento a rigirarsi il libro tra le mani.
Non so
cosa stia aspettando, forse che lo chiami?
-Scusa,
devi…?-
Lo vedo
alzare gli occhi e guardarsi intorno, per poi ritornare con lo sguardo a me.
-Oh,
credevo ci fosse la signorina…- e, con un cenno del
capo, mi indica Mitchie.
-Oh,
no, lei è semplicemente la mia rompipalle preferita…
Dimmi pure.-
Mi
sorride e mi porge il volume, mentre miss “Falalala”
mi guarda malissimo.
-Toh, L’amore ai tempi del colera! Che scelta originale!- esclamo, sottolineando
volutamente l’ultima parola; il ragazzo arrossisce e lo vedo contorcersi le
mani, mentre Mitchie mi rivolge l’ennesima
occhiataccia.
Non
pensavo di farlo imbarazzare, uffa!
E sia.
Alzo
gli occhi al cielo: -Tranquillo, è un libro stupendo: hai fatto un’ottima
scelta.- e gli abbozzo un sorriso, a cui lui mi risponde con uno ancor più
grande e radioso.
-Ehm,
io mi sono ricordata di aver lasciato la pentola sul fuoco! Devo correre immediatamente a casa, altrimenti i miei
ramen vanno al Creatore! Ma voi continuate pure!- interviene farfugliando quella cerebrolesa
di Mitchie.
Le
lancio un’occhiata che è un misto tra l’acido e la compassione per il suo
patetismo, mentre il tipo le sorride bonariamente.
Quella
svitata sta per uscirsene, quando io la chiamo: -Mitchie?-
-Sì?-
-Controlla
se per caso c’è anche la tua testa, sul tavolo. Mi pare che tu abbia scordato
pure quella.-
La vedo
diventare ancor più paonazza, balbettare un mezzo saluto e volare via, facendo
sbattere furiosamente le campanelle attaccate alla porta.
Ma sbaglio o era parecchio su di giri?
Non
faccio in tempo a continuare i miei pensieri che il ragazzo riprende a parlare.
-Ehm,
ti secca dirmi di cosa parla… questo?- e mi fa vedere
il libro.
Oddei, ma chi me l’ha fatto fare!
Comunque
decido di indossare una maschera di falsa tranquillità e, dopo essermi
schiarita la voce, comincio: -Florentino è un
impiegato che ama Fermina, un’adolescente:
quest’ultima, però, si comporterà come se lui non esista affatto, sposandosi
con il medico del paese. E la vicende proseguono per una cinquantina d’anni,
con Florentino che continua a sperare in un
ripensamento della sua amata. È molto bello, davvero.- Mi fermo un attimo a
pensare. -C’è una frase… una frase che mi piace
parecchio. Dice: “È
incredibile come si possa essere tanto felici per così tanti anni, in mezzo a
tante baruffe, a tante seccature, cazzo, senza sapere in realtà se è amore o se
non lo è.” Penso che tutti abbiano vissuto, almeno una volta nella
loro vita, una situazione del genere. Ed è.. è penoso, ecco. Tutti dovrebbero
sapere cos’è l’amore, nessuno escluso.-
Rialzo
il capo e incrocio il suo sguardo, un’espressione indecifrabile nelle iridi.
-Scusami… Mi sono lasciata
trasportare un po’ troppo dalla fantasia, dal libro…-
distolgo lo sguardo. -Maledetto García Márquez…-
-Macché,
mi ha fatto piacere sentirti.-
Aggrotto
le sopracciglia e lo vedo, i gomiti sul bancone e il viso appoggiato sulle
mani. -Si vede che ti piace molto: riesci a farlo apprezzare anche ad uno che
non l’ha ancora aperto.- e mi sorride.
Vabbè, è carino. Molto carino. Ma con me non attacca.
Poi mi
ritorna in mente la domanda che devo fargli da venti minuti buoni:
-Scusa,
io e te ci siamo già visti da qualche parte, per caso?-
Lo vedo
vacillare, ma forse è solo una mia impressione.
-Ehm,
sì, ieri sera… Alla festa.-
Riduco
gli occhi a due fessure, sforzandomi di ricordare.
Ho un
flash.
Una
mano che stringe la mia. -Hey, vorresti sposarmi?-. Quattro ragazzi
con completi scuri e capelli in ordine.
Schiocco
le dita.
-Ci
sono! Sei uno di quei quattro che erano vestiti come gli esattori delle tasse!-
trillo, facendolo scoppiare a ridere.
-Eh
già, proprio uno di loro.-
-E come
diamine hai fatto a trovarmi?-
-Ehm…- tituba, le guance un
po’ rosse.
-Mi… Mi hai pedinata?-
strabuzzo gli occhi.
-Ma-macché…- balbetta lui,
ridacchiando -Il tuo amico, quello che mentre te ne stavi andando ti ha bloccato… Quello, ecco. Ho chiesto a lui.-
Dannato Daltrey!
Non solo mi scrocca i soldi perché li ha finiti, ma mi sputtana alla grande!
Questa me la paga.
-…E non ti ha detto come
mi chiamo?- riprendo la discussione, ostentando una finta calma.
-Ehm,
no. Mi ha solo detto che lavoravi qui. E devo dire di essere stato abbastanza
fortunato, date le condizioni in cui versava. È già tanto che abbia azzeccato
l’indirizzo della libreria.- mi sorride di rimando.
Ciucco come non so cosa. Dopo vado veramente a
fargliela pagare.
-Comunque… Posso sapere il tuo
nome?- riprende lui, sempre con il sorriso sulle labbra.
Lo
fisso. Vabbè, dirgli il mio nome non mi costa nulla.
-Sara.- replico asciutta,
forse un po’ troppo asciutta. -Tu invece sei quel McCharmly?-
Il tipo
scoppia a ridere: -Oh, no. Quello è uno stupidissimo soprannome che mi ha dato
quel cretino di Lennon. Il mio vero nome è un altro.- e mi porge la mano.
-Piacere di conoscerti, Sara: il mio nome è Paul, Paul McCartney.-
Restiamo
tre minuti buoni a fissarci, io con un’espressione alquanto perplessa e lui con
un sorrisone ebete che gli va da un orecchio all’altro. Evidentemente si sta
aspettando qualcosa.
Bah,
meglio interrompere questo silenzio imbarazzante.
-Oh. Va bene.-
A
queste mie parole mi sembra di vedere le sue braccia cadere in terra, ma è solo
frutto della mia immaginazione.
Ritrae
la mano e se la passa tra i capelli, per poi schiarirsi la voce: -Err, è stato un vero piacere conoscerti, Sara.-
-Uh,
anche per me.-
Riprende
a fissarmi, mentre io, con un sorrisone a tremila denti, continuo:
-Fanno
16 sterline e 45 pounds, Sir.-
Torno a
casa e mi accascio sul divano distrutta, pronta a cadere in uno stato
vegetativo, quando Mitchie mi assale.
-Allora-allora-allora?-
-Allora
che?- bofonchio.
-Hai
parlato con il tipo cariiiino?
Il tipo cariiiiino
ti ha chiesto il numero? Ti ha chiesto di uscire con lui, il tipo cariiiiiino?-
-Oddio,
Mitch! Se non la pianti di dire in continuazione “cariiiiiino” quelle i
te le faccio inghiottire una ad una, oppure te le ficco dove non batte il
Sole!- ringhio, per tutta risposta.
Si
azzittisce un attimo, pare pensare a qualcosa, poi riparte alla carica.
-Mmmm, ma assomigliava un
sacco a Paul McCartney! Cioè, era cariiiino- e qua c’è la mia occhiataccia torva, al che lei
si corregge subito -ehm, volevo dire carino,
come lui…-
-Paul chi?!-
Rotea
gli occhi: -Niente, lascia perdere. Vado a farmi un tè, va’.- e se ne va nel
cucinino.
Passano
un paio di minuti, tra il rumore di tazze, della scatola in latta che contiene
le bustine e dei miei occhi che, pur essendo stanchi, non vogliono saperne di
tirar giù le saracinesche.
-Uh! Sai
che coincidenza? Anche lui si chiamava Paul, ora che mi ci fai pensare…-
Un
enorme fracasso, causato probabilmente dalla caduta del barattolo di latta, mi
fa strizzare gli occhi e tappare le orecchie.
-Ahia, cazzooo! Mitchie, sono rimasta traumatizzataa! Ora resterò sorda e cieca a vita!- urlo
fuori di me, rotolandomi sul divano e simulando una sofferenza atroce. Anzi no,
un po’ soffro sul serio.
Ma il
peggio non è ancora arrivato. Difatti Mitchie mi
aggredisce, prendendomi per il colletto della camicia:
-CHE
CAZZO HAI DETTOOO?-
La
scosto e, riacquistando la mia proverbiale freddezza, la apostrofo con un bel:
-Hai sentito benissimo. Qua la sorda sono io, ricordi?-
Per
tutta risposta quella pazza si alza di scatto e comincia a camminare in tondo,
accompagnando ogni passo con una serie di -OMMIODDIO.OMMIODDIO.OMMIODDIO.-
Per non
sentirla inizio a fischiettare Satisfaction, al che lei mi salta nuovamente addosso.
-Aaaah, ma lo fai apposta, alloraaa!-
La
guardo stranita e riprendo fiato: -Tu. Non. Stai. Bene. Cazzo vuol dire “lo fai
apposta”? Cos’è che starei facendo apposta, scusa?!-
-Canti
i RollingStones!-
-Perché,
scusa, non posso?-
-Non in
questa situazione!- urla, riprendendo a girare in tondo, per poi bloccarsi di
nuovo -Ma ti rendi conto della fortuna che hai avutooo?-
-Scusa,
posso sapere di che cazzo stai parlando?-
-Quel
ragazzo non assomigliava a Paul McCartney!-
La
fisso stranita. Chi cazzo è ‘sto
McCartney?
-Quel
ragazzo ERA PAUL MCCARTNEY DEI BEATLES!-
Who are you? Muahahaha! Ditelo che v’ho fregate tutte, avanti! :D
Dio,
quanto mi diverto a scombinarvi i piani x°°D
Coooomunque! La targhetta (splendida, come
al solito :Q_) è stata realizzata dalla mia socia, e
io non posso fare a meno di ringraziarla ♥
Per quanto riguarda il capitolo, posso solo
dire che mi sono divertita da matti a scriverlo, specialmente a rendere Paulie un adorabile demente :D
Ora vi lascio u.u
Alla prossima, darlin’
(:
Kisses,
Dazed;
p.s. Nel capitolo 4 l’unico
messaggio subliminale era il braccialetto con il ciondolo a forma di ragno (Boris The Spider degli Who vi dice nulla? :D)
Devo dire che il caro Entwistle è molto più aggraziato di quello scimmione di Daltrey, quando sta al volante.
Questo è il pensiero che mi accompagna mentre scendo dal pulmino, abbandonando
con un certo dispiacere ma senza troppi melodrammi il calore dell'abitacolo.
Quindi, con un allegro sorriso stampato sulle labbra, salto giù dal pulmino e
inspiro l'aria invernale che mi circonda – l'odore del freddo, della neve, dei
canditi e dei dolcetti natalizi... Ah, i dolcetti natalizi! Sono una delle
cose che più amo del Natale!
-Jingle Bells, Jingle Bells,
Jingle aaaall the waaaay!-
sento improvvisamente alle mie spalle.
Mi volto e la prima cosa che riesco a vedere è la facciona da schiaffi di Keith
di fronte alla mia, poi due braccione da gorilla – da
gorilla, viste le mie modeste dimensioni – mi afferrano e mi stringono in un
inaspettato abbraccione che somiglia molto alla
stretta di un paio di tenaglie. Ridendo, mi unisco al suo canto felice,
cercando intanto di liberarmi dalla sua presa. -Nananaaa nana nanaaaanana nana nana, HEY!-
Eh, che ci posso fare se nessuno dei due conosce il testo del brano. Enty ride di fronte al piccolo spettacolino che abbiamo
inaugurato, spegnendo il motore e scendendo da un'altra portiera; Sara, ancora
a bordo del pulmino, sembra molto confusa e anche parecchio imbarazzata. Nel
frattempo, sento gli schiamazzi di quei due idioti di Roger e Pete che si prendono a gomitate mentre scendono.
-Fammi scendere, brutto idiota! E non starmi accanto!-
-Sei tu che mi stai accanto, checca!-
-Checca? Ma che caz...-
-Sai una cosa? I cretini e le checchine hanno la
precedenza, quindi scendi pure, Townshend.-
-... vaffanculo, Daltrey.-
Alzo gli occhi al cielo e trattengo una risatina. Finirà mai?
-Non penso che i loro litigi avranno mai fine,- borbotta Keith accanto a me,
come se m'avesse letto nel pensiero. -È come
se fossero fatti uno per l'altra. A volte mi sembrano pure marito e moglie,
anche se non saprei dirti chi dei due sia la moglie. Ma sei ancora piccola per capire
queste cose.- E sghignazza.
Storco il naso. Sono ancora piccola per capire queste cose? Gli tiro uno sberlone sul braccio con cui ottengo solo una grossa e
grassa risata da parte sua; cerco di sferrargli un pugno, ma lui riesce ad
afferrarmi il polso in tempo e a stringermi ancora una volta tra le sue
braccia. -Aaaaah, Moonie, uffa!
Perché devo sempre perdere?- mi lamento.
Lui sorride. -Dai, Mitchie. Sarà per un'altra volta.-
Fa una breve pausa, come se stesse pensando a quel che deve dire, quindi riapre
bocca, seppur con una certa timidezza. -Ehm... Io avrei una piccola cosa da
dare a... Ecco, erm... A quella tua amica, piace la
musica?-
A quella mia amica? Chi, Sara? Mi viene da sorridere.
-Certo, ovvio che le piace!- rispondo, -Perché? Che le devi dare?-
Le sue labbra si muovono come se stesse per dire qualcosa, ma si bloccano
subito, stendendosi subito dopo in un gran sorriso. -MacciaaaaaoSaaaaaaara!-
esclama, sbattendo le mani una contro l'altra.
Mi volto e vedo la mia coinquilina scendere dal Magic
Bus pulmino a piccoli passi, ancora con lo sguardo sui due sposini
litiganti, e ora guardando in nostra direzione con un sopracciglio alzato.
Prima che io possa fare qualcosa, Sara è, non so come, in braccio a Keith e lui
la osserva quasi come se fosse un premio. Mi suicido per trattenere le risate
mentre li osservo, di fronte a me, ancora fermi in quella posizione, con la
lieve differenza che ora Sara osserva Keith con un'espressione tra lo
spaventato e lo scandalizzato.
-Ma... Ma sei impazzito?!- esclama lei. -Iiiiiioavreeeeeei una piiiiiiiiccola cosa da regalaaaaaarti!-
urla a squarciagola Keith, rivolgendole uno di quei sorrisini buffi e ridicoli
che solo lui riesce a fare.
Subito dopo sfreccia all'interno del veicolo lasciando Sara per terra con
delicatezza, sentiamo il rumore di cassetti che sbattono e vediamo cose che
volano attraverso i finestrini. Qualche minuto dopo, lo vediamo uscire con una
mano posata sui fianchi e un'altra che stringe qualcosa di quadrato e stretto,
impacchettato malamente con della carta colorata. Mi viene da ridere; deve aver
incartato adesso il regalo. Lo conosco, io.
Si abbassa all'altezza di Sara, ancora inginocchiata per terra, pallida e
stordita, e le porge galantemente il regalo.
-Per lei, mademoiselle.- Aaaah, Kif.
Cambierai mai?
Mi avvicino, curiosa di vedere cosa possa aver regalato Keith a Sara, mi
inginocchio accanto a lei e osservo le sue dita scartare timidamente il regalo,
strappando via a poco a poco la montagna di scotch per pacchi intorno alla
carta colorata.
Finalmente, qualche secondo dopo, Sara toglie l'ultimo strato di nastro adesivo
e riesce a rimuovere la carta.
Entrambe rimaniamo a bocca aperta. Ommioddio. Ommioddio. Ommioddio!
PET SOUNDS! PET SOUNDS DEI
BEACH BOYS! Alzogliocchi verso Keith, incredula. Come cazzo faceva a sapere che Sara desiderava questo disco?
È un genio!
Lui mi rivolge un sorrisino imbarazzato e fa spallucce, poi si abbassa verso la
mia coinquilina e le spettina i capelli, schioccandole un piccolo bacino sulla
guancia.
-Spero ti piacciano i Beach Boys! Buon Natale!- Mmmm. Prevedo un altro svenimento da aggiungere alla
collezione...
-QUINDICI UOMINI SULLA CASSA DEL MORTO,
YO-HO-HO, E UNA BOTTIGLIA DI RUM PER CONFORTO!-
Sorseggio tranquilla il mio bicchiere di vino (tralasciamo tutte le lamentele e
i vari -sei troppo piccola!- o -diluisci con l'acqua-, per favore) ascoltando
il soave canto di Keith e Pete, abbracciati e uniti
nel loro lieve e delicato stato di ebbrezza.
E se dalle mie parole attualmente non traspare l'ironia di cui ho provato a
usufruire, beh, ci tengo a sottolineare che non tutto quello che ho detto è del
tutto fedele alla realtà. Canzone piratesca e i -sei troppo piccola!- a parte,
s'intende.
Sembra però che le loro voci non trasfigurino in mezzo al trambusto che domina
nel buio e claustrofobico locale in cui siamo approdat...
A-hem, in cui abbiamo deciso di tenere la nostra
personale festicciola.
La clientela festeggia, beve, mangia e passa il proprio tempo con
spensieratezza. Nessuno sembra ancora essersi accorta della presenza di Keith e
gli altri nel locale. Meglio. Enty, seduto alla mia sinistra, si unisce dal posto
al decantamento in coro del sereno cantico piratesco
di Keith e Pete tenendo il tempo con le mani; Roger
sembra sul punto di addormentarsi, mentre sfoglia una rivista presa alla cazzo
da non so dove, visibilmente disinteressato e annoiato.
Mi appoggio al muro a destra dell'angolo in cui sono seduta per poi sporgermi
per un'altra volta in direzione della mia coinquilina per spiare la copertina di
PetSounds, che lei sta
tuttora rimirando, intimidita e felice allo stesso tempo, colorita da un lieve
rossore sulle guancie.
Sorrido; è bello vederla contenta. Di solito è sempre stressata per via della
scuola, del lavoro... E a proposito.
-Ma, err... Hemhem!-
-Non allungarti ulteriormente e taglia corto. Che vuoi?- mi chiede, voltandosi
verso di me.
Sogghigno.
-Sai, ecco... Ti ricordi di quel ragazzo tanto cariiino...
Paul McCartney, ecco...-
-Ancora con 'sto cariiino?! Mo’, io te lo fo’
ingoiare 'sto cariiiiiino!- esclama,
innervosita, abbassando il disco sulle gambe.
-Calma, calma!- Rido. Un altro sorso di vino, poi parto all'attacco. -Vi siete
sentiti di recente, allora??-
Quando le porgo la domanda, sembra pensarci su. Alla fine, fa spallucce e ritorna
ad ammirare la copertina di PetSounds. -No. Lo vedo spesso alla libreria ma riesco sempre a
finire il lavoro in tempo e a tornare a casa prima che lui mi saluti.-
Storco il naso. Ma che cazz...
Mi schiarisco la gola e cerco di sorridere.
-... se non fosse Natale, ti picchierei.- borbotto a denti stretti. -Fa’ pure, non mi disturba.-
Ah? Va benissimo! Le tiro un pizzicotto sul gomito e lei sussulta, fissandomi
con un'aria offesa.
-... ahia, Mitchie! Ma ti sei rincretinita?!-
-Rincretinita sarai tu che ti ostini a rifiutarlo!- urlo, cercando di mostrarmi
il più incazzata possibile. -Al posto tuo, io...-
-Ammettilo che gli salteresti addosso.- Tsk. E lei sa cosa faccio adesso, io?
Mi schiarisco la gola e sorrido, felice di poter dare un annuncio. -Uuuh, sapete che Sara uscirà con Paul McCartney?-
-Michelleee, taciiii! Non è veroo!- protesta Sara, tirandomi una gomitata.
-Non chiamarmi più Michelle, capito?- Daltrey pare allora svegliarsi, posando la sua amata
rivista.
-Cheee? Quel coleottero?!-
-Scarafaggio, Roger; scarafaggio.-
lo corregge Keith, sedendosi su uno sgabello.
-Dove? Dove?- Roger si gira di scatto,
spaventato. -Ci sono blatte in questo ristorante? Cazzo aspettavi a dirmelo, Moonie? Andiamocene!-
Io, Sara, John e Pete
rimaniamo senza parole, mentre Keith spiega meglio la faccenda a quel ritardato
di Rog:
-È il
loro nome. Beatles = scarafaggi.-
-… ah, vero. Ehehehehe.-
Cerco di aggiungere una mia opinione riguardo alla mancanza del cervello
all'interno della scatola cerebrale di Rog quando una
mano mi scuote la spalla. Alle mie spalle, Enty
sorride, sereno.
-Ti va di andare a prendere altro da bere?- chiede, per poi aggiungerci con
malizia: -Dell'acqua fresca, magari.- -Ahah, bella questa, John, ma... Te lo scordi!
Stasera io bevo sooolo vino, poi io reggo
l'alcol meglio di tutti voi messi assieme!- rispondo, tutt'ad un tratto sotto
il campo d'azione di non so quale improvvisa sferzata di raro e prezioso
orgoglio e fierezza di sé.
-Ehm... Posso venire pure io?- chiede allora Sara, alzando un ditino in aria.
-Ho finito la, a-hem, Coca.- Enty mi guarda con un sopracciglio alzato, poi
sorride cordiale a Sara: -Certo. Andiamo, allora.-
Ignorando le scenate semi-drammatiche di Pete e
Keith, andiamo al bancone e Enty ordina una birra
bionda e due lattine di Coca. Roteo gli occhi, infastidita. Eppure penso di
essere stata chiara...
-Ti ho detto che io l'alcol lo reggo! E anche meglio di tutti v... Oooh, ma sto diventando ripetitiva!-
Lui mi dà un buffetto sulla guancia e prende la sua birra, portandosela sulle
labbra senza dire altro. Gnnnnn, che nervoso quando fa così!
Sto per prendere – a malavoglia – la lattina di Coca quando sentiamo tutti un
rumore forte alle nostre spalle e ci voltiamo, spaventati.
I miei occhi non hanno neanche il tempo di focalizzare la situazione che due manone mi afferrano per le spalle e mi spingono contro un
tavolino, in mezzo al generale scalpore che sembra aver zittito la chiassosa
clientela.
-MA CHE CAZ... MITCHIE!-
Scuoto la testa, mi strofino gli occhi e solo allora mi accorgo che due enormi occhioni verdi mi stanno guardando, a poca distanza dai
miei, alquanto preoccupati. Aggrotto la fronte senza dire niente e abbasso le
mani, continuando a ricambiare l'occhiata che mi rivolge quello strambo tizio
baffuto che mi è appena cascato addosso. -Errrr... Niente di rotto, signorina?- mi chiede con
tono imbarazzato, ansimando.
Ignoro il suo alito odorante di alcolici e accenno ad un sorriso, che finisce
per uscirmi abbastanza forzato. -N-no, non si... Non si preoccupi...- annuisco,
convinta. Almeno, provando a essere convinta.
Lui sorride, come sollevato dalla mia risposta, quindi, con molta fatica,
riesce ad alzarsi e a offrirmi una mano per aiutarmi.
Afferro il suo polso e cerco di tirarmi su – meno male che oggi mi sono messa i
pantaloni lunghi! – ma cado di nuovo per terra. -Eccheccazzo!-
urlo, per poi accorgermi che, per una volta, non sono caduta a causa della mia fottutissima
goffaggine.
-Bonzo, cazzo!-
Storco il naso all'urlo acuto proveniente da non so dove e poi abbasso gli
occhi.
Ai miei piedi, il tizio di prima giace per terra con la faccia per terra e un
paio di schegge di vetro marrone tra i capelli; un altro ragazzo che prima non
avevo visto, stavolta alto e biondo, si butta alle spalle del responsabile, un
armadio dall'aria spaventosa alto il doppio di lui e armato di bottiglia
scheggiata, accompagnato da un viscerale urlo di battaglia che somiglia tanto
ad un “Ounheahhonhouh” urlato a squarciagola, se
proprio devo essere precisa.
Mi guardo attorno alla ricerca di una via d'uscita per sgusciare via, anche se
mi piacerebbe poter aiutare quel “Bonzo”, immobile e privo di sensi davanti a
me.
Prima che possa fare una cazzata, qualcosa, forse la mano della coscienza, mi
tira per il polso in tempo prima che l'armadio e il biondo cadano entrambi sul
punto in cui mi ero bloccata e salvandomi in tempo da un triste destino di frittella
che mi aspettava. Due braccia mi afferrano e mi stringono in un grande
abbraccio, spettinandomi nervosamente i capelli. -Mitchie! Cazzo, ho temuto il peggio! Stai bene?
Niente di rotto? Non farti mai più coinvolgere in cose del genere, ok? La
violenza è una gran brutta cosa, capito?-
-Da quando sei così hippie, Townshend?- domanda una
voce dura e secca alla sua destra.
-Zitto, Daltrey, e non parlarmi di... Di... Di quella
gentaglia.- risponde Pete, dignignando
i denti.
Cerco di rispondere all'interrogatorio ma altre mani mi costringono ad
appiccicarmi al petto di un'altra persona, e stavolta tocca a Keith.
-Ehi, piccola! Hai avuto paura? Tutto a posto?-
-... certo che non avete proprio originalità per le domande, eh!- borbotto,
continuando lo stesso a restare appiccicata a Moonie.
Alle spalle di Keith, Enty mi guarda in silenzio.
Cerco di tendergli la mano, ma sento Sara che mi attira a sé e... Insomma, la
solita solfa, penso si sia capito.
-Ma tutte a me devono succedere?- le sussurro nell'orecchio, mentre tiene la
testa appoggiata sulla mia spalla, in silenzio.
-La tua si chiama sfiga, Mitch.-
Sbuffo. 'Sta dea bendata del cavolo non tende mai il braccio verso di me,
allora!
Nel frattempo, la rissa sembra essersi finalmente conclusa e quell'armadio
volta le spalle all'ingresso spalancato del locale, strofinandosi le mani con
soddisfazione e buttando per terra la bottiglia rotta.
Sara scioglie l'abbraccio e, forse per la curiosità, si affaccia dalla porta
per vedere i due soggetti scacciati fuori a calci nel sedere, inseguita dagli
altri. La seguo pure io e guardo fuori dalla porta. In fondo, la faccenda mi
intriga.
Vedo due ragazzi sulla candida strada innevata. Uno è seduto, con le gambe
incrociate, impegnato ad asciugarsi il naso sanguinante e a bestemmiare come un
turco. Un turco giovane e biondo. Accanto a lui, noto il tizio di prima,
sprofondato in mezzo alla neve bianca in una posizione fetale.
In quel momento, vedo da lontano il biondo che spalanca i suoi occhi azzurri e
alzarsi in piedi di colpo.
-SVEGLIATI, BONZO! SVENTOLAA ORE
DODICI!-
Inarco un sopracciglio. … eh? -Nnnnfffggg... Eh?- borbotta Bonzo, aprendo gli
occhi.
Ecco, infatti. Eh?!
Sono tentata di uscire, agguantarli e chieder loro delle spiegazioni, ma
scompaiono prima che possa mettere piede fuori dal locale.
Sbuffo, di nuovo.
Ma che razza di gente!
-Scusi, signore... Ma che cosa avevano fatto?- chiede allora Sara, voltandosi
verso l'armadio, che ha raggiunto la porta.
-Cosa avevano fatto? Oh, non lo so, ma so che quei teppistelli
non hanno pagato, ecco cosa non hanno fatto! E comunque,- lo vedo
girarsi verso di me, socchiudendo minacciosamente (?) gli occhi, -Tu non mi sembri
maggiorenne...-
Inghiotto rumorosamente della saliva. Ahiahi. Pensa, genio, pensa!
-... ma che diiiiiice! Ovvio e assicurato che io sono
maggiorenne! Maggiorenne al cento per cento, lo posso giurare!-
Alle spalle dell'omone, Pete e Roger si stanno prendendo
a gomitate dalle risate. E l'omone non sembra convinto. Pensa, genio, pensa! E son due. -A-hem, lei non sa chi sono io! Porti rispetto ad
una... Errh... Signora come me! Ho trentun
anni, ho la patente e ho marito e figli!- Una pausa. Nel raggio di tre metri,
tutti mi osservano perplessi. E io m'affretto a precisare: -Sa, noi eschimesi
maturiamo molto tardi...-
-It's been a
hard day's night...- Così dicendo, mi lascio cadere su un
sedile del pulmino, quello posto accanto al finestrino.
Ben presto vengo raggiunta da Enty, che si siede
accanto a me e mi offre una tazza di cioccolata fumante e un pacchetto di
biscotti. Gli sorrido, dopo un lungo sospiro, e prendo la cioccolata,
soffiandoci dentro per raffreddarla.
-Ti prometto che l'anno prossimo non verrai coinvolta in una rissa, semmai
vorrai ancora festeggiare il Natale con noi.-
Sussulto e mi giro verso di lui. Mi guarda con la sua solita espressione mite,
con l'aria anche vagamente assonnata.
-Ma certo che vorrò festeggiare il Natale con voi anche l'anno prossimo!
Scherzi?-
Gli soffio un bacino sulla guancia e sorseggio la cioccolata, prendendo un
biscotto dal sacchetto – mmm, scaglie di cioccolato e
noccioline!
Rimaniamo in silenzio per un altro po', mentre io mi ingozzo senza troppi
pensieri in testa.
Poi, le sue dita posano una piccola scatoletta rossa sul mio ginocchio. Storco
le labbra.
-E... E questo?-
-Un piccolo pensierino.- Guarda un attimo il buio paesaggio fuori dal vetro, le
case punteggiate da tante luminose decorazioni colorate. -Buon Natale, Mitch.-
Vorrei chiedergli altro ma mi limito a stare zitta e a scartare la scatoletta
con una certa emozione.
Cavolo, le uniche persone da cui avevo ricevuto un regalo fino ad allora erano
Sara e mia madre! Non posso negare di sentire una certa gioia superficiale che
riescono a darti solo le cose materiali e che ogni volta mi infastidisce
provare, ma in questo caso... Insomma, penso di meritarmelo. O no?
Sotto la carta rossa, si nasconde qualcosa di simile ad una scatoletta per i
gioielli.
Forse saranno orecchini, oppure un anello (anche se suonerebbe alquanto
equivoco, duh), oppure...
Ora Enty guarda verso le mie mani esitanti e un lieve
sorrisino illumina il suo viso. Forse sta aspettando che apra.
Mi morsico il labbro e spalanco la scatoletta. Oh, cavolo. No, non ci posso credere.
Rido, rido come un'idiota e mi butto sul collo di Enty,
appoggiando in tempo la tazza di cioccolata da un'altra parte.
-Oh, John...-
Lancio quindi un'occhiata verso il ciondolo che stringo tra le dita e ho come
l'impressione che quel ragno mi stia sorridendo.
Trova
l’intruso.
Premetto la mia incursione affermando
che io Kif me lo sposerò, prima o poi, eccheccazzo. Quanto cazzo è dolceee,
quantooo? ç_ç
Ok, torno seria LOL Vi scoccio due
secondi con i miei messaggi subliminali e poi me la squaglio, occhei?
Spero di morire prima di diventare vecchia. Vabbè, My Generation docet.
That’sallu.u Vi aspetto per il prossimo capitolo, curato dalla
sottoscritta : D
Adiosss (:
Dazed;
Who are you? Oh, ma buongiorno! (O buonasera,
dipende.)
Finalmente, ecco il sesto capitolo! Con una ciliegina sulla torta: nuovi
arrivati! Il nome Bonzo è familiare a qualcuno, per caso? LOL.
Lo so, è un capitolo abbastanza lunghetto e noioso, mi ha occupato esattamente
quattro pagine, e con queste inutili note raggiungiamo la quota di ben cinque
pagine. Devo decisamente smetterla con i miei lunghi capitoli noiosi. Anywayz. È appena passato Natale, quindi Buon Natale anche a voi.
<333 (No, non ricordatemi che Natale è passato da ben tre mesi – tanto non
vi sento! LALALALALALALALIES.) Che
altro posso aggiungere a parte che vi dovete aspettare delle belle da queste
due nuove comparse? Come ad ogni novità, anche questa potrebbe portare dei
nuovi risvolti a questa storia, quindi stay tuned!
;D
Allora spero che il capitolo vi sia piaciuto almeno un po'! Alla prossima, con
il capitolo della cara Dazed/Sara. :3
E ovviamente, BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO. <3
Mi
rifugio nel cappotto, un po’ per ripararmi dal freddo e un po’ per cercare di
sfuggire ad eventuali orde di fan isteriche.
Finalmente
arrivo e, dalla vetrina, la vedo: indossa un blazer grigio e la sua solita aria
imbronciata. È bellissima.
Tiro un
lungo sospiro, penso per darmi coraggio, e spingo la porta, venendo così
accolto dalle campanelle che trillano festose, così in contrasto con
l’espressione del suo viso.
Mmm, forse non è giornata.
La
saluto con la mano, abbozzando un sorriso, mentre lei mi risponde rapida con un
cenno, tornando ai documenti che stava sfogliando prima che la interrompessi.
Rimango
sull’uscio, a fissarla imbambolato, quand’ecco che mi passa davanti una
vecchina.
***
Oddio,
è venuto anche oggi.
Roba da
non crederci! Ma quest’uomo non ha niente da fare, da mattina a sera?
Cheppalle, oh.
Rialzo
lo sguardo e noto che la signora ottantenne di prima, carica di borse da capo a
piedi, cerca di uscire, ma Paul la anticipa, aprendole galantemente la porta.
L’anziana
lo ringrazia ma lui, non ancora contento, le tende il braccio e l’accompagna
fuori, per poi chiamarle un taxi.
Poi fa
nuovamente capolino dalla porta, comportandosi come se non fosse successo
nulla, ed è lì che non riesco a trattenermi dal sorridergli: sorrido, e il mio
non è un sorriso di circostanza, anzi!, oserei dire che è il primo sorriso vero che gli rivolgo.
E credo
l’abbia notato anche lui, dato che contraccambia, le guance un po’ rosse.
Dai, è così…carino. Lo
ammetto. È troppo carino.
E poi è
anche un bravo ragazzo. Un po’ petulante, quello sicuramente, ma quanti ragazzi
si sarebbero fermati a fare quello che ha fatto lui poco fa?
Mi
tornano in mente le parole di Mitchie:
-Sara, sei tu la paranoica che non lo vuole ancora capire! Da
che mondo e mondo, tutte e sottolineo tutte le ragazze
presenti sulla faccia della Terra impazziscono per McCartney! È impossibile
resistergli: ha degli occhi meravigliosi, un faccino tenerissimo e un
savoir-faire che stenderebbe chiunque! Per non parlare della voce…-
Dopo aver sentito l’ultima frase, storsi il
naso e roteai gli occhi all’indietro.
-Ma questo discorso è impossibile da
intraprendere con te, perché ti ostini a fare l’ottusa.- puntualizzò Mitch, andando a farsi un tè.
-Sì, ok, uomo ideale quanto vuoi, ma la fama da inguaribile donnaiolo comunque non gliela
leva nessuno, cara mia.- mi verrebbe da dirle, peccato che quella cretina
non sia qua.
-Ciao!-
Sussulto:
non mi ero accorta che lui fosse davanti al bancone!
-Ehm… Ciao, Paul.-
-C-come va?-
-Oh,
beh, un po’ stanca ma tutto sommato è ok. Tu? Tutto bene?-
-Sìsì, tutto molto… molto bene.-
-Oh,
bene, ne sono felice.-
-Già,
anch’io.-
-Perfetto.-
Silenzio
glaciale, seguito dall’immancabile balla di sterpaglia secca, la ciliegina
sulla torta in situazioni imbarazzanti come questa.
-… è molto che non ci
si vede, vero?- si schiarisce la voce.
Fingo
di guardare l’orologio sulla parete, poi ritorno con lo sguardo a lui: -Oh, sì,
se per te il concetto di “molto” equivale a 24 ore, 17 minuti e 33 secondi.-
Ci
guardiamo per una manciata di millisecondi, per poi scoppiare a ridere come due
deficienti.
-Oddio…Per…
Per fortuna hai interrotto lo strazio, ahahaha!-
mormora, tra una risata e l’altra.
-Già, ahahaha! Tra gli argomenti che abbiamo tirato in ballo
mancava solo il meteo e poi potevamo benissimo ricevere la patente per poter
viaggiare in stato di senilità anticipata!- ribatto, facendo aumentare le sue
risate.
Dopo
cinque minuti buoni finalmente decidiamo di darci una calmata, e torniamo
(semi)seri.
-Ti
dona quel blazer.- fa lui.
Eccolo
che ricominciaaa!
-Grazie.
Io invece lo odio.-
Inclina
la testa di lato, come un gatto che ha appena visto una farfalla o chissà
cos’altro:
-Ah sì?
E allora come mai lo metti?-
-Mi
c’hanno obbligato a farlo.-
-Uh. Capito.-
Segue
ancora il solito silenzio ma, ricordandomi dell’atmosfera terribile di prima,
decido d’intervenire:
-Beh,
lo stemma credo che la dica lunga: fa parte dell’adorabilissima mise scolastica del mio liceo. Oggi sono stata
convocata d’urgenza dal Preside, il quale mi ha gentilmente invitata ad indossarlo, pena la sospensione dalle
lezioni.-
Paul
rialza lo sguardo, seguendo ogni mia singola parola.
-Trovo
che il sistema scolastico inglese sia davvero
flessibile.-
Lui
ridacchia, per poi sostenere la mia tesi: -Già; ricordo che, quando andavamo al
liceo, anche io e George non andavamo molto d’accordo con le divise. E credo
anche che John non l’abbia addirittura mai messa, ma che sia ancora sperduta
nei meandri di qualche cassetto…-
-Beati
voi che avete potuto fare i ribelli: io corro rischi grossi, quel vecchio mi
sta sempre addosso!- roteo gli occhi, facendolo ridere nuovamente.
-… e comunque sono
venuto qui per chiederti una cosa diciamo, ehm, importante. Almeno, lo è per me.-
-Uh, dimmi
pure! Sono tutta orecchie.- gli rispondo, appoggiando la testa su una mano.
-Ehm,
ecco, io… Mi chiedevo se…
Se stasera avessi qualcosa da fare, ecco.-
-Mmm, mi pare di no...-
-Ecco, allora… Ti andrebbe di uscire con me?-
Ossantissimoiddioquantocazzosonodeficiente?
Dovevi capirlo subito che ti stava per
chiedere un appuntamento, razza di cogliona al cubo che non sei altro!
E adesso che faccio?
Suvvia, a Natale siamo tutti più buoni… Ma Natale è già passato, quindi il dilemma persiste:
che cazzo faccio?
-Uh,
devo lavorare anche se è festa, però finisco prima…
Per che ora sarebbe?-
-Errr, le otto! Le otto,
credo.-
-Mmmm… Ma sì, dai! Perché
no?!-
Paul
ritorna al suo colorito naturale, che gli dona decisamente di più dell’essere
bianco come un cencio.
-Oh. Allora ci vediamo
davanti al Matchbox alle otto, ok?
Sai dov’è, vero?-
Mi
affretto ad annuire: -Certo che sì. Ora scusa, ma stai intralciando la fila: ci
sono tre clienti dietro di te che hanno tutta l’aria di volerti sbranare.-
Quest’ultima frase gliela dico sottovoce, ottenendo così l’effetto di farlo
diventare di tutti i colori.
Si
scansa e, dopo aver chiesto loro scusa per almeno una trentina di volte, si
congeda ed esce in fretta, per poi tornare a guardarmi dalla vetrina: è così
buffo e tenero che lo saluto ridendo, la mano sventolante.
Lui
ricambia comportandosi nel mio stesso modo, per poi sparire definitivamente
dalla mia vista.
Solo
ora comprendo cos’ho fatto.
Cazzo.
Ho accettato di uscire con Paul McCartney dei Beatles.
Vado contro i miei principi morali! Mi sto
rammollendo perché accetto di uscire con un ragazzo! Che per di più è uno di
quegli odiosi Beetles dei miei stivali! Quelli che
fanno quelle cazzo di canzonette con le rime “sole-cuore-amore”
e una quantità indefinita di “yeahyeahyeah” diffusi in due minuti
scarsi! E la profezia di Mitchie si è avverata, cazzoculooo!
Ho
bisogno di una camomilla.
Who are you?
Mi sto rammollendo sul serio DDD:
Nella
realtà non ci penserei su due volte ad accettare l’invito di Paul ma, si sa,
per esigenze contrattuali et artistiche si deve pur
scendere a compromessi u.u
E
comunque buondì, gente! ♥
Come vaaa? (:
Mi scuso per il capitolo striminzito ma deve
fungere da intro per un capitolo che arriverà tra
poco, che sarà divertentissimo : D
Per quanto riguarda il capitolo, posso dire
che mi pare di averci inserito solo due messaggi subliminali, se non vado
errando :3
Anyway, ora vi saluto e vi lascio scervellare, e vi attendo per il
prossimo capitolo, targato Thief (;
See ya (Y)
Bacioni,
Dazed;
YEEEEEEAAAHHHHH!
OHAI! Qui vi parla Thief/Mitchie, fufu.
Intanto che preparo una camomilla per Sara, vorrei elencare un paio di sottili
riferimenti a vari brani che mi sono assai divertita a inserire nel precedente
delirante capitolone, visto che, anche se non tanti,
c'erano.
Il Magic Bus l'hanno notato tutti, no? Poi c'era l'urlo di
battaglia del biondo voiavetecapitochi, ossia “Ounheahhonhouh”. Detto cosi' non
dice niente a nessuno, ma per capire dovete andare a cercarvi il testo di Trampled Under Foot dei Led
Zeppelin su sing365. LOL. Poi c'era l'evidenterrimoIt'sbeen a hard day's night, e penso che tutti avranno capito a che si
riferisce. ^^ That's all. :3 Byehhh.
<333
-È una
cosa che m'è venuta in mente un po' di tempo fa, e, insomma...-
-E insomma? Di cosa si tratta? DaaaiPeeeete, dimmelooo!-
Oggi il cielo non annuncia buone previsioni: grossi cumuli grigi vengono sospinti
da Nord sopra le nostre teste e i notiziari annunciano pioggia che, se entro ventiquattr'ore la temperatura si degna di passare sotto lo
zero, potrebbe tramutarsi in neve.
Nel mio cuore nutro la speranza che ci sia un'altra nevicata, ma so di sperare
invano.
In fondo (ma nemmeno tanto in fondo), la dea bendata ignora sempre le
mie preghiere. So che stavolta non farà un'eccezione e so per certo che quelle nuvole sono un suo
sadico segnale mandato per segnalarmi l'arrivo di altre sfighe. Aaaah, la odio!
Ma per fortuna esiste Pete con le sue cazzate
intellettuali a tirarmi su il morale.
Stringendo due sacchi della spesa nelle mani e arrancando, cerca di
raggiungermi mentre mi parla di una nuova idea che è sorta nelle membra del suo
cervello.
-Allora? Cos'è questa grandiosa idea che ti è venuta in mente? Me lo vuoi direee?-
-Ok, va bene, te lo dico! Ma tu... Puff!,
rallenta il passo, porca miseria!-
-Ma sei proprio un pensionato, tu! … oddio, parlo come la mia prof. di
educazione fisica!- Pete sghignazza come un cretino e riesce finalmente
ad affiancarmi.
-Comunque, la mia idea è ancora molto confusa e sfocata, ho bisogno di pensarci
meglio per dargli un filo narrativo e un ufficiale plot. Consisterebbe
in una specie di racconto di come il rock 'n' roll dell'attuale
secolo potrebbe cambiare il mondo di un secolo futuro deteriorato... Eh, che ne
so, potrei riproporre un'atmosfera in stile 1984 senza tutti i vari
melodrammi, inserire avanzati rinnovamenti delle tecnologie d'oggi...- Una
pausa. -Insomma, non ne sono ancora sicuro, ma son certo che ancora poco e
riuscirò a perfezionare queste idee sparse. Per ora, che ne dici, Mitch?-
Si volta verso di me tutto pieno di aspettative, mordicchiandosi il labbro
inferiore.
Dio mio, quando fa così mi spaventa.
-... mi spiace smorzarti così l'entusiasmo, ma... Fumati meno canne, Petey.-
Annuisco, gli prendo un sacco dalle mani e lo sorpasso, zitta. -Mitch? Mitchie, aspetta,
ehi! Dove stai andando?- A casa, Pete, a casa, mi verrebbe da
rispondergli, ma mi trattengo.
Poi, i miei occhi – oh, i miei occhi – vedono qualcosa.
Capelli mossi e neri, un viso che io ben conosco che risalta in mezzo alla
folla.
Non riesco a credere ai miei occhi.
No, no, no! Non può essere!
Lascio cadere il sacco della spesa e Pete si butta
letteralmente su di me dalle mie spalle, afferrando il sacco.
-Sei impazzita, vero? Guarda che ci sono le uova, dentr...- -Sssshhhhhh!!! Zitto, altrimenti ci...-
-Ci? Ci cosa? O meglio, ci chi?-
-Ci niente! Zitto e corri!-
-... mmmm, ok.-
Stiamo per scappare e metterci in salvo quando una voce a me molto familiare
chiama un nome che io odio.
Deglutisco rumorosamente e mi blocco, voltandomi come se fossi al rallentatore.
-Oh, ma... Michelle! Sei davvero tu?- Ohporc...
La fortuna non sta mai dalla mia parte.
L'ho già detto?
Vorrei precisare che io voglio un
mondo di bene a mia madre.
Per molti anni è stata l'unica persona che mi è stata accanto; mi ha cresciuta
senza viziarmi ed è riuscita a sopportarmi per circa quattordici anni senza mai
andare davvero fuori di testa. E di tutto questo, io le sono grata, e so che
sono diventata la persona che sono adesso solo grazie a lei – e ai dischi jazz
che le piaceva farmi sentire quando ero piccola, anche grazie a loro.
Ma penso che ogni essere umano di sesso femminile in compagnia di un ragazzo
reagirebbe alla mia stessa maniera se vedesse la propria mammina in
mezzo alla strada.
Però nel mio caso dobbiamo anche considerare che mia mamma dovrebbe stare
dall'altra parte del mondo, attualmente.
Ebbene, quindi, cosa ci fa mia mamma a Liverpool? -Michelle!- esclama lei, abbracciandomi -Che bello
rivederti! E come sei cresciuta! Tutto bene a scuola? E con la tua amica?- -Errr... Ciao mamma...- mormoro, tutta rossa
dall'imbarazzo.
Fulmino Pete con la coda dell'occhio, mentre lui
sghignazza divertito di fronte alla nostra dolce riconciliazione familiare.
Sfodero il sorriso migliore che sia capace di fare e rispondo pian piano al suo
interrogatorio. -Tuuutto ok, mamma, puoi credermi! Sto migliorando in
matematica e... Petemaledizionesmettiladiridere,
a-hem, cioè, volevo dire, ceeerto
che va tutto bene! Bene, benissimo, strabenissimo! Vivo in un
appartamento strafigo con Sara, la mia amica strafiga,
anche se a volte un po' ottusa, hemhem. Poi di
recente ho reincontrato un paio di persone stragrandiose
che avevo conosciuto un paio di anni fa e devo dire che sono strafelice
anche per questo! Insomma, penso di essere in un periodo stramitico!-
Alla fine del mio discorsetto pieno di stra,
posso intuire l'occhiata perplessa che mi sta rivolgendo Pete
alle mie spalle. Invece, mamma ride, contenta.
-Sono felice che tu stia bene, Michelle! Ma... Noto che non sei in cattiva
compagnia.-
Ora sorride maliziosa, guardando quello spilungone di Pete
– che la supera di altezza – accarezzandosi il mento.
Arrossisco di colpo. Cosa starebbe insinuando?, tossicchio
violentemente.
-Ehm... Puoi ripetere, mamma?-
Il suo sorrisino s'allarga. -Michelle... È
bellissimo vedere come tu voglia avere un ragazzo. In fondo, hai l'età giusta, e...-
Inarco le sopracciglia, storcendo la bocca.
-... quale ragazzo, mammina?- -Ohh, quello che ti sta portando le buste di
plastica, Mitch! Ha un naso grosso, ma se a te piace
posso sempre approv...-
-EHHHHH?!?- Pete lascia cadere i sacchi della spesa e, subito
dopo aver urlato assieme a me, crolla a terra e si tiene la pancia dal troppo
ridere. Mi volto un attimo verso di lui per fulminarlo per una seconda volta,
tornando subito dopo a mia madre.
-... mamma!Petenon è il mio ragazzo!- -Ommioddio, ommioddio...
AHAHAHAHAHAHAHAHAHA, sto morendo, cazzo!-
-E tu smettila di ridere!- urlo a Pete, tentata dal
lanciargli addosso qualcosa. Ma resisto.
Mi giro un'altra volta verso mia madre, sorridendo timidamente. -A-hem, allora, mamma! Ti va un... caffè?-
Trova
l’intruso.
Ahahahaha, stima per mamma-di-Mitchu.u
Cooomunque! Rieccomi con il mio solito
angolino demenziale : D
I messaggi subliminali del capitolo 7
erano il Matchbox, obviouslymade in RollingStonesS.P.A., e quella cagata del “yeahyeahyeah”, che proviene da
SheLovesYou.
Ora sono curiosa di vedere che
combinerà la madre di Mitch ma, nel frattempo, vi
aspetto per il prossimo capitolo, by me :3
Adiosss (:
Dazed;
Who are you? OHAI, PIPOL! Ma guarda guarda, è spuntata fuori mia madre. Comunque.
Lo so, è un capitolo breve. Penso sia il più breve che abbia scritto per questa storia, e infatti occupa
solo due pagine. x'D Spero vi sia piaciuto lo stesso, serve giusto per far
saltare fuori mia madre in un modo o nell'altro, LOL. La sua presenza potrebbe
suggerirmi qualche modo per proseguire! :D
Oh, e volevo dire... Ecco, mi sono dimenticata di citare uno dei pochi messaggi
subliminari del sesto capitolo. Qualcuno ha per caso notato il “decantare in
coro” che ho inserito spensierata in mezzo alle righe? A qualcuno potrebbe
ricordare un certo film d'animazione che uscì nel '68... Ma tagliamo corto e
diciamo che ho preso spunto da Yellow Submarine – è che amo immensamente quel film, chiedo
perdono.
Quasi dimenticavo: Pete ha partorito quest'idea molti
anni dopo il '66. Ma io l'ho voluta inserire qui per farmi due risate.
Detto questo, penso di aver finito. xD
Arrivederci e alla prossima. ^^
Mi
pettino il ciuffo per l’ultima volta, voglio essere perfetto.
Però è
anche vero che io perfetto lo sono sempre.
Ok,
allora stasera sarò perfetto al quadrato. Anzi, no: al cubo. Ma che dico!
Perfetto al fantamiliardo di Zio Paperone…!
Perfetto al…
Ok, ok.
Ci do un taglio.
Mi
spruzzo addosso la Colonia e indosso la giacca, per poi dirigermi verso
l’uscita.
-Paolina,
dove stai andando?-
-Non si
vede? Stouscendo.- mi blocco sulla porta, la mano già sulla maniglia.
John spalanca
gli occhi e assale Brian, che sta sfortunatamente (per lui) passando di qua.
-Eppy! Cosa cazzo
significa tutto questo?- lo prende per il bavero della giacca.
-John, quante volte t’ho
detto di non chiamarmi Eppy?
E comunque Paul mi ha chiesto di poter uscire e io gli ho dato il permesso di
farlo, tutto qua.-
-Semplice,
no?- salto fuori io, con un sorrisone a tremila denti.
John mi
fissa in cagnesco e poi, quasi ringhiando, torna a rivolgersi a Brian:
-Se te
lo chiedo io, col cazzo me lo dai, il permesso! Dannato Eppy, non puoi fare le
preferenze! O perlomeno, se le fai, falle per me e in modo meno evidente, per
Dio!-
-Winnie, il suo preferito
sono io: credo sia chiaro come il Sole, oramai.- ammicco, quasi strusciandomi
sullo stipite della porta.
-Georgino, Rings!
Avete sentito? Paolina esce, a differenza di qualcun altro!- inizia ad urlare John.
George
e Ringo sbucano dalle camere: -Coome, scusaa?!-
Ecco
qua, il casino è fatto.
-Beh,
se non vi dispiace io andrei…- inizio ad aprire la
porta, ma Lennon mi salta addosso placcandomi e Ringo chiude la porta a chiave.
Occazzo. Cosa si sono messi
in testa di fare, questi?
John mi
scaraventa sul divano, dove c’è un tranquillissimo George intento a bersi il
tè, e poi riprende l’interrogatorio a Brian: -E sentiamo, cos’avrebbe di così
urgente da fare, il signorino?-
-Uscire
con una ragazza, John.-
-Avanti,
Eppy! Paul ci esce sempre, con le sue ragazze! Anche
se per una sera fa digiuno mica schiatta!-
-Ma
questa non è una ragazza qualsiasi, Winnie.- riprendo io, guardandomi le
unghie.
John
rotea gli occhi, poi riprende: -Eppy, non ti farai
infinocchiare così! Lo sai benissimo che per lui una vale l’altra!-
-Ma
scusa, perché non gli chiedi anche tu di poter uscire? Almeno la facciamo
finita e siamo tutti felici e contenti!- sbotto io.
-No
signorino mio bello: tenere a bada quattro Beatles a zonzo per la città è
un’impresa non da poco! Troppo rischioso.
E io non voglio causare casini al nostro beneamato Eppino.-
mi rimbrotta con fare saccente.
Ma che ballista!
-… e poi sarà una
puttanella, suvvia!-
-COME
HAI DETTO, SCUSA?- gli salto al collo.
-Tranquillo,
Paolina. Be quiet, relax and take iteasy…- si scosta lui, per poi rivolgersi nuovamente a
Brian: -Ascoltami, se non vuoi proprio lasciarlo a casa, ho un compromesso: Paulie può uscire con la sua amichetta a patto che ce la
presenti.-
Guardo
John: ha un ghigno malefico che non promette nulla di buono.
Briantipregononlasciartifregaredaquestofurfante.
-Beh,
che ne dici?-
Brian
se ne sta assorto, grattandosi la fronte ogni tanto.
-A me
sembra una splendida idea!- salta fuori Ringo.
-Cocco
della mamma!- gli ring(hi)o dietro io.
-Leccapiedi!-
continua George.
-Traditore!-
conclude John.
Ringo
si piazza di fronte a John e, con il miglior labbruccio
possibile, gli chiede delucidazioni: -Heeey! Cos’ho
fatto, scusa?-
-Nulla:
semplicemente, mi andava di farlo.- gli risponde l’altro.
-Ingrato,
bel ringraziamento per averti sostenuto!- e sparisce in camera.
John
alza le spalle e riprende: -Dicevamo? Ah sì! Ringo approva…
Tu, Georgino?-
George,
quasi spaesato, alza il viso dal suo tè: -Mah, per me è indifferente…
Fate come vi pare.-
Trattengo
a stento l’istinto di stritolarlo e ricoprirlo di baci.
-Quindi
siamo due pari!- esulto, le stelline agli occhi.
-Mi
spiace frenare il tuo entusiasmo da checca, Paolina, ma George ha detto “fate
come vi pare”, quindi potrei anche prenderlo per un sì…-
Sto per
prenderlo a cazzotti, quando riprende il discorso: -…
ma siccome sono magnanimo non lo farò, e lo valuterò come uno stupidissimo
“no”.-
Tiro un
sospirone di sollievo.
-Ma
gioco il mio asso nella manica! Eppy, manchi solo tu: il tuo giudizio sarà determinante, per
vedere se Paolina rimarrà in gara oppure no!-
A
momenti casco in terra.
Dannato Lennon!
Brian
non mi tirerà mai un tiro del genere, ne sono certo.
Almeno
credo.
-Grazie
Eppy di aver accettato la mia proposta! Oh, come sono
feliceeee!- John trotterella per la casa, mentre io
non smetto un attimo di fissare in cagnesco Brian.
Che traditore!
Lui pare
accorgersi (era ora!) del mio sguardo truce, e si avvicina:
-Paul,- mi dà una pacca
sulla spalla -non mi sembra la fine del mondo, dai.-
-No, ma
dico! Hai visto John?- e glielo indico; in quel momento è intento a strusciarsi
sulla lampada, penso si stia immaginando una tipa al suo posto.
-È un
po’ fuori di testa, ma entrambi sappiamo benissimo che, in fondo, è un bravo
ragazzo.-
-Quanto
in fondo?- mormoro sconsolato,
beccandomi per tutta risposta una risata del nostro manager.
-Suvvia,
al mondo c’è di peggio! E poi, pensa che la renderai ancor più felice, così:
quale ragazza non vorrebbe incontrare tutti e quattro i Beatles?-
Questa. Manco mi conosceva! mi vien da dire, ma
ci rinuncio e faccio spallucce: ormai è andata così, mi devo rassegnare.
Sento
Brian mormorare qualcosa su qualche commissione che deve svolgere, e mi volto
appena in tempo per salutarlo di sfuggita, il cappello ormai già sparito dietro
la porta.
Due
occhietti vispi mi fissano, e io so già chi mandare affanculo.
-Lennon, sei veramente un
rompicoglioni! Devi sempre averla vinta tu, sempre!-
-Paolina,
è una lezione di vita: impari a chiamarmi Winnie.-
e, con un ghigno trionfante, si siede sul divano, una rivista musicale in mano,
mentre io, sempre più disperato, mi lascio scivolare a peso morto accanto a
lui.
***
Robe
dell’altro mondo.
Io
indecisa su cosa mettermi! Assurdo.
Qua
urge una bella martellata in testa coi fiocchi e controfiocchi, chissà che
finalmente non rinsavisca!
Dai,
Sara: calma e sangue freddo.
E che
nessuno venga a rompermi le palle!
-Allora… hai deciso cosa mettertiiii?- la porta si spalanca.
Appunto.
Alzo
gli occhi al cielo: -No, Mitch: non ancora.-
-Vuoi
che ti dia…?-
-No, Mitch: faccio da sola. Grazie comunque.-
-Ah,
ok. Perché sai, vero, che è un’occasione importante e che…?-
-Sì, Mitch: lo so.-
-Bene.
Comunque io ti suggerirei di mett-
-MITCH,
QUANDO CAZZO TE NE ESCI DALLA MIA CAMERA?!-
Lei mi
guarda con gli occhi sbarrati, per poi fare spallucce ed andarsene.
Finalmente,
era ora!
E poi me
ne strafrego se è Paul McCartney o Elvis Presley o vattelappesca! Per me può
anche essere un pirla qualsiasi, me ne infischio se ha venduto centinaia di
migliaia di dischi!
E al
diavolo anche il cazzo di cardigan che stavo pensando di mettermi!
Incazzata
come non mai, apro il cassetto delle felpe e inizio a buttarmele dietro le
spalle, facendole ricadere un po’ sul letto e un po’ per terra.
Tanto è
camera mia, ci posso pure mangiare, sul pavimento, tzè.
D’improvviso
me ne capita una tra le mani, e non posso fare a meno di ghignare malefica.
Mi levo
svelta la camicia (il blazer lo avevo già tolto salendo le scale che portano
all’appartamento, fate conto voi di quanto lo possa sopportare) e m’infilo
l’indumento designato.
Mi
raccolgo i capelli, un filo di trucco, una spruzzatina di profumo e sono bella
che pronta.
Prendo
al volo la borsa e mi precipito fuori dalla stanza, andando in cerca del
cappotto.
Imito
la camminata della Pantera Rosa, nella speranza di non essere intercettata da
quel segugio di Mitchie. Speranza che s’infrange
miseramente non appena quella squilibrata mi si piazza dietro, urlandomi a
tradimento: -Dove pensi di andare, Lovely Sara?-
-Non
t’azzardare più a chiamarmi così, capito?!- le ruggisco per tutta risposta.
-Sì sì
va bene. Però, stavamo dicendo… Ah sì, dove stai andand- OMMIODDIOCAZZOTISEIMESSA?-
Se n’è
accorta, finalmente. Ghigno ancor più malefica di prima, mentre lei comincia ad
urlare come una cerebrolesa:
-Ma me
ne sbatto altamente del Terzo Conflitto Mondiale, Mitch!
La vita è una sola e bisogna godersela, e io stasera, con questa felpa, me la
godrò alla grande!-
-TUHAISERIPROBLEMI,SEIUNAFOLLE,
SEIUNAFJKRLGHR!-
-Chi è
la folle tra noi due, scusa? Beh, un antico romano soleva dire “Carpe diem” e io lo voglio prendere alla lettera. Indi per cui, adioss e buon Capodanno per dopo, coinquilina del mio corazon!-
Faccio
per andarmene ma lei mi si aggrappa al braccio, così sono costretta a
scrollarmela di dosso con forza, sbuffando abbastanza scocciata.
Le
chiudo la porta in faccia e me la svigno, prima che riesca ad acciuffarmi di
nuovo.
Scendo
le scale quasi a quattro gradini alla volta, con un sorrisone a tremila denti
stampato in faccia: sarà una serata memorabile.
***
Otto e due.
Ma sì, le
donne si fanno sempre desiderare, Paul… lo sai, no?
Ma d’altronde tu hai un’esperienza che nemmeno Casanova…
Dovresti saperlo benissimo!
Anche se…
Otto e tre.
Ok, la
devo smettere di continuare a guardare l’orologio. Sta arrivando, me lo sento.
E poi è
risaputo che al primo appuntamento le donne arrivino con un po’ di ritardo! È
uno dei passaggi più conosciuti di tutti i manuali per conquistare pollastrelle
che tu abbia mai letto!
Ok, ne
hai letto solo uno. Però non ti serviva. E non l’hai nemmeno comprato tu, dato
che era il regalo di compleanno che ti ha fatto Ringo!
-E questo… che
diamine è?-
-Un libro, Paulie.
Un libro.-
-GrrrazieJohnnino caro di avermelo
precisato, ma c’ero arrivato benissimo. È il titolo che mi lascia alquanto sconvolto…-
George mi prese il libro dalle mani, e lesse
la scritta impressa in copertina: -Il manuale del giovane Casanova… Uhm, interessante.-
John gli saltò addosso, strappandoglielo
dalle mani: -Heeeey! Nanana,
Georgino: tu sei ancora troppo piccolo per queste cose!-
Geo non fece nemmeno in tempo a protestare che mister
“l’educazione prima di tutto” proseguì: -Mmmm,
notevole. Devo giusto andare al cesso…-
A quelle parole spalancai gli occhi e me lo
ripresi, profondamente allarmato.
-Heyhey! Stavo solo scherzando!-
fece lui, ma dal suo sguardo capii benissimo che probabilmente non era affatto
così.
-Ok, Ringo: va bene che è il pensiero quello
che conta, ma anche tu sei consapevole
del fatto che non me ne faccia un cazzo di questo…
questo robo,
vero?-
Lui annuì, per poi arrossire un po’:
-Il fatto è che…
che volevo darci un’occhiata io ma, siccome mi vergognavo, ho detto alla tipa
alla cassa di incartarmelo perché era un regalo, ecco tutto…-
Sorrisi, intenerito, e gli diedi una pacca
amichevole sulla spalla:
-Fa’ lo stesso, Rings. Sei stato
davvero gentile… E poi una ripassatina non fa mai
male!- gli feci un occhiolino, mentre lui mi sorrise grato.
L’atmosfera idilliaca venne però interrotta
da mister Lennon, il quale aggredì Ringo a librate in testa, traforandogli
ripetutamente le orecchie: -Sei davvero insensibile, Ringhino! Se ti servivano
delle lezioni, venivi dallo zio John! D’altronde, è a questo che servono gli
amici, no?-, mentre il signorino Harrison cominciò a lamentarsi del fatto che
la torta non fosse ancora stata tagliata.
Scuoto
la testa e ritorno tra i comuni mortali.
Otto e cinque.
Avevi
detto -basta con l’orologio!-, coglione!
Basta.
È finita. Mi ha dato buca.
Io, il
meraviglioso nonché stupefacente etesquisito Paul McCartney, rifiutato da una donzella!
Me
misero, me tapino!
Il
mondo sta veramente andando a puttane.
Sto per
iniziare a piagnucolare come una donnicciuola, quando
scorgo una figurina conosciuta sbracciarsi da lontano.
M’illumino
d’immenso e la saluto raggiante, il cuore in gola.
Sapevo che non mi avrebbe tirato il pacco, lo
sapevooo!
Me la
ritrovo davanti, cappotto grigio e coda bassa che le ricade sulla spalla
destra, a boccheggiare come un cane dopo una battuta di caccia alla volpe.
Ehm,
che paragone poetico.
-Scu.. scusa se ti ho fatto… aspettare ma ho… avuto dei… problemi con la coinquilina…-
-Oh,
tranquilla! Nessun problema!
Piuttosto, tu? Problemi gravi?-
-No, vai…tranquillo…Tutto…ok…- mi sorride.
-Vuoi… vuoi bere qualcosa?-
Scuote
la testa: -Mi basta… sedermi un paio…
di minuti… Ti spiace?-
-Affatto!-
le sorrido, indicandole la panchina. Lei contraccambia e si siede accanto a me.
E
adesso come cazzo faccio a dirle che devo presentarle quegli imbecilli?
Se
glielo dico scapperà a gambe levate, ma se non glielo confesso mi odierà e non
mi vorrà più vedere per il resto della vita e allora sarà veramente una
tragedia coi fiocchi e…
Oddio.
Respira, Paul. Reeeespira.
Ce la
puoi fare: sei un bel pezzo di figo, nessuna donna
sfugge alla tua corte e, anche se questa è più difficile da conquistare, non ti
ricordi quanto ti piacciono le sfide?
Quindi
respira a fondo, sfodera il tuo sorrisone sornione e fai il galantuomo, che i
frutti di questo sudato lavoro matureranno presto.
-Quando… quando sei pronta
possiamo andare.-
Mi
sorride e si alza: -Et voilà, monsieur. Jesuisici.-
Le
rivolgo un sorrisetto che dovrebbe sembrare accondiscendente, ma che in realtà,
sotto sotto, è finto quanto i soldi del Monopoli. La
mia conoscenza del francese, infatti, si ferma a sontlesmots qui vonttrèsbien
ensemble, non so se mi spiego.
Quindi
decido di imitarla, qualunque cosa mi abbia detto, e di iniziare ad avviarmi
con lei.
Idea!
Dopo un
paio di metri con lei al mio fianco, mi blocco e, tastandomi le tasche della
giacca, mormoro un -occazzo.- piuttosto convincente.
-Che
succede?- mi domanda, dopo essersi fermata.
-Le chiavi… Credo di averle dimenticate a casa.-
-Oh. Beh, nessun problema… Vai pure a prenderle!-
-Nono,
tu vieni con me!-
Mi
fissa stranita, un sopracciglio alzato.
Occazzo, devo recuperare.
-Intendo
dire che devi venire con me perché, se rimani qui da sola, chi mi dice che tu
non possa scomparire, come un bellissimo sogno?-
Mi
scoppia a ridere in faccia, per poi aggiungere: -Avanti, vecchio marpione!
Fammi vedere la tua umile dimora!-
Fiu! Salvataggio avvenuto in extremis!
Le
sorrido e, insieme, ci avviamo verso il quartier generale dei FabFour.
Che Dio
me la mandi buona.
Inserire titolo. Eccheccavolo. Non ricordo quante lettere avevo messo
nello “YEEEEAAAAHHH” della scorsa volta, mi scoccia fare copia e
incolla, quindi mi arrangio. A-hem, dicevamo?
Sara è una folle, jvnvjkvmfvmkf. L'ho detto pure a
mia mamma, che a volte fa l'ottusa e mi tratta male. *ForeverAlone*
No, un momento, dovevo dire un'altra cosa –i riferimenti, furbona. Giusto, i
riferimenti. Che non c'erano, tranne uno, che è stato anche l'idea guida del
minuscolo capitolo: di cosa mi sta parlando Pete? Del
mitico Lifehouse, signori e signore. In realtà
Pete inizia a pensare a questa cosa solo dopo
l'uscita di Tommy–
che, per la cronaca, uscì nel 1969 –
ma io ho voluto farmi quattro risate, quindi qui inizia ad avere le prime idee
allucinate al riguardo.
Ok, ho finito. Andate in pace, falalala. <3
Thief.
Who are you? Olèèè, ahahahahaha!
Buonsalve, gente! ♥
Come vaaa? (:
Mi ero scusata per la pochezza dello scorso
capitolo, ma mi sembra di aver rimediato con questo, no? :3
Ebbene, mi sono divertita un mondo a scriverlo,
e credo si sia notato x°°D
Per quanto riguarda i messaggi subliminali, ho
scritto questo capitolo secoli fa e quindi non mi ricordo più una cippax°D
Fancul, se qualcuno di voi li nota, mi rinfreschi la memoria, fenchiu. <33
Anyway, ora vi saluto e vi lascio scervellare, e vi attendo per il
prossimo capitolo, targato Thief (;
Non biasimo le facce di Roger e Keith,
visto che pure io all'inizio ho avuto la loro stessa reazione.
L'aria immemore e inespressiva di Roger non mi stupisce, mentre quella quasi
spaventata di Keith è quasi buffa. Kif resterà per sempre il re delle facce assurde. Ma questo non
c'entra, adesso.
Insomma, stavo dicendo che Roger e Keith sembrano molto stupiti; comprensibile,
nemmeno io mi aspettavo di vedere mia madre.
Avevo parlato di mia madre come una persona tutta da conoscere, capace di avere
incredibili sbalzi d'umore e fare millemila cose
senza battere ciglio, come una scimmia sbuccia e mangia una banana. Questa
descrizione aveva fatto ridere tutti tranne Keith, che era rimasto atterrito a
guardarmi con un mezzo tic all'occhio sinistro. Il paragone con la scimmia
doveva averlo impaurito.
-Bene! Ecco, erm... Si accomodi qui, signorina Percival!-
La voce di Pete distoglie la mia attenzione dai miei pensieri; sussulto e mi
volto a guardarlo in cagnesco, mentre mia madre si fa strada lungo il salotto e
si siede sul divanetto a lei indicato.
Non sembra particolarmente emozionata o altro; sorride cortese e si guarda
attorno, rivolgendomi ogni tanto qualche occhiata interrogativa a cui sento di
dover rispondere con una semplice scrollata di spalle.
Ci ritroviamo tutti assieme seduti uno di fronte all'altro, io e mia madre sul
divanetto e Keith, Roger e Pete spaparanzati sul divano-letto.
Nessuno dice niente, il silenzio divora tutti i suoni irrilevanti della stanza.
Sbuffo. Nessuno vuole parlare? E quel cazzone di un
Entwistle, quando si vuole decidere a tornare a casa? Che merda di situazione. La dea della sorte non sta mai dalla mia parte
– un attimo, penso di averlo già detto.
Dall'altra parte, Pete mi lancia un'occhiataccia per invitarmi a dire qualcosa.
Alzo gli occhi al cielo. Sempre io, eh? -Rog, Kif... A-hem, vi presento mia mamma.-
Silenzio tombale. E son due.
Dopo qualche secondo carico di imbarazzo, Pete-salva-situazioni
si schiarisce la voce per rianimare la scena. -Errrr, ma buongiorno signorina Percival!-
Roger accenna ad un sorriso forzato. -Come le va la vita?-
Sto per alzarmi in piedi e tirare uno sberlone in
faccia a quell'insopportabile biondino quando mia mamma, tutta ammiccante,
porge una risposta da me inaspettata a quella domanda che, probabilmente, era
stata pronunciata senza una precisa ragione. Giusto per non stare zitto come un
deficiente.
-Va tutto bene, grazie! E tu saresti Roger, giusto?- prima che il diretto
interessato possa rispondere, mamma aggiunge: -Sai, ti ho visto molte volte in
televisione! E anche gli altri! Mi pare che tu ti chiami Roger Daltrey,
giusto?-
Io, Pete e Keith guardiamo cauti Roger, mentre guarda a lato e muove lievemente
le labbra cercando una risposta da dare. Penso che si senta osservato, in questo
momento.
-Affermativo.- dice, accompagnato da un sorrisino ebete.
E all'improvviso, mamma sembra entrare tutt'ad un tratto in uno stato
impermeabile di trance.
Alzo un sopracciglio. Cosa succede?
-... MA. MA.-
-Va tutto bene, signor- signorinaPercival?-
dice Pete, con l'aria preoccupata.
-Mamma? Che ti piglia, ora?- chiedo, ignorando il non estremamente utile
intervento di Petey.
-OMMIODDIOSANTISSIMOMAIOTIRICORDOAAAAHHHHHHHH!- strilla quindi mia
mamma, balzando in piedi con il dito indice puntato sulla fronte di (quel
povero ragazzo di un) Roger.
Balziamo tutti in piedi, spaventati da quell'improvvisa uscita. Ok, ora posso
dirlo: cosa cacchio succede?!
Mi schiarisco la gola, pronta a dire qualcosa: -Ok, mammina... Per una seconda
volta, che ti piglia?!-
-Che voce acidula, cara; dovresti prendere una mentina, ogni tanto.- mi
bisbiglia Pete all'orecchio. Va bene, gli sembra il caso?
-Taci, Pete, non e' il momento!-
Sul bracciolo del divanetto, Keith ora sembra godersi la scenata di mia
madre, dolcemente amused.
-TI RICORDO, TI RICORDO! SEI QUELLO DEL GRUPPO CHE MIA FIGLIA ERA ANDATA A
VEDERE, GLI WHO, NON SO! ECCO PERCHÈ TI VEDEVO IN TELEVISIONE ASSIEME AGLI ALTRI DUE!-
A quel punto, a Pete è seriamente caduta la mascella. Anche a me.
Petey sembra... deluso.
-MA NOI SIAMO QUESTI FOTTUTISSIMI WHO, SIGNORINA PERCIVAL, NON SE
N'È ANCORA RESA
CONTO?!-
Proprio in quel momento, Enty entra in casa impugnando trionfante le chiavi.
All'urlo di Pete, storce il naso, senza capire. Mi rivolge un velocissimo
saluto, andando a sedersi accanto a me dopo due secondi.
Intanto, fulmino Pete, mentre Keith se la ride alla grande e il povero e confuso
Roger sembra confuso.
Mia mamma si volta semplicemente verso di lui, guardandolo con un'aria molto...
confusa, diciamo.
-... ah sì?- Sdeng.
… mi vien da piangere.
-Smettila di ridere! Ti ordino di smetterla
di ridere! Ora!-
Ma Enty non smette. Si aggrappa al mio braccio, tenendosi lo stomaco dolorante
e asciugandosi di tanto in tanto gli occhi. Io non lo capisco – anzi, non capisco
cosa possa esserci di tanto buffo, visto che, personalmente, trovo sia una cosa
solo ed esclusivamente imbarazzante.
-Certo che tu e il senso dell'umorismo siete due cose opposte, eh?- ghigna
Enty, spettinandomi i capelli con la mano destra e sedendosi rapido sul tavolo
che ci viene assegnato dal cameriere.
Per non mettermi a schiaffeggiare quella faccia da schiaffi che si ritrova Enty
al posto della testa, mi siedo pure io, cercando di concentrarmi sul menù e su quel che ci circonda: siamo di
fronte all'ingresso del ristorante, in un tavolino rotondo ricoperto da una
tovaglia a quadri. A qualche centinaio di metri dal marciapiede, le mille luci
della notte paiono intingersi nelle acque del Mersey,
divenendo parte di esso.
-Allora, Mitchie?- sento, poi. -Ti piace, qui?-
Sussulto. Sulle labbra sottili di Enty si increspa un piccolo sorriso, mentre
sostiene una sigaretta ancora spenta.
-Non è malaccio, come
posto!- rispondo, guardandomi attorno. -C'è un panorama bellissimo, da qua...-
Uno scatto secco, e lo scricchiolio del tabacco bruciato non tarda a farsi
sentire, accompagnato dal solito odore di fumo.
Enty fa un tiro e si gira verso le sponde del fiume.
-Hai ragione,- sorride. -C'è un panorama splendido.-
-Dovremmo venire qua più spesso!- dico,
entusiasta, e sorrido al solo pensiero.
-Dici?- chiede Enty, portandosi nuovamente la sigaretta alle labbra. -Lo penso
pure io, ma il problema è che questo
ristorante ha dei prezzi piuttosto salati, quindi non so se riusciremo a
permetterci più di una
cena all'anno.-
-Ma no, non intendevo questo!- esclamo, alzando gli occhi al cielo. -Non voglio
tornare ogni volta in questo ristorante, voglio venire spesso in questo punto
della città, tutto qui!-
Ora gli occhi di Enty sembrano sorpresi.
-Sai che hai ragione?- fa un altro tiro, -Non ci avevo mai pensato prima. In
fondo, i soliti posti mi stavano stancando.-
-Ma alla fine, l'importante è che stiamo assieme, no?- dico io, prendendogli la mano
libera, poggiata tra le posate, tra le mie.
Enty sembra perplesso da quella mia domanda – che poi è anche retorica, ma non so se se ne sia
accorto. Si sofferma a guardare le mie mani, pensieroso, e alla fine fa
l'ennesimo tiro di sigaretta e la getta via, pestandola col piede per
spegnerla. Lo vedo fare un lungo sospiro e annuire, accarezzandomi le mani col
dito.
-Vero.- mormora.
Il cameriere arriva allora a chiederci le ordinazioni, interrompendomi proprio
nel momento in cui sto per aprir bocca. Ordiniamo le prime cose che vediamo nel
menù e in maniera
abbastanza sbrigativa.
-Peccato che non ci siano le pizze.- commento, sbuffando.
Enty sembra un po' spaesato (?), ma lo vedo ridere alle mie parole e annuire
piano, mentre guarda qualcosa alle mie spalle. Sarei tentata a girarmi, ma
forse risulterei indiscreta e quindi non muovo un passo e resto ferma e
immobile al mio posto, zitta e in attesa di qualche parola da parte sua.
Poi, appena afferro un pezzo di pane integrale dal cestello, Enty si alza dal
suo posto, deciso ad andare a vedere qualcosa.
Aggrotto la fronte. Che gli prende?
***
-Hai individuato il nostro bersaglio,
John?-
Silenzio. Eppure Bonzo sta proprio accanto a...
-... JOHN!- urlo, innervosito, pur sapendo che potremmo attirare
l'attenzione su di noi, urlando. E sarebbe un guaio.
Lui spalanca gli occhi e urla (pure lui), mettendosi a fissarmi con un'aria
piuttosto sconvolta (tipo gli scoiattoli drammatici).
-AAAAH!-
-AAAAAAH!- sussulto.
-... ah.-
-EH?-
-Eh...-
-EEEEEEH?!-
Non so se abbia capito che esigo delle spiegazioni, ma non credo.
-... nemmeno un attimo di pace posso avere, tsk.-
borbotta, infatti, e si rimette a dormire.
Alzo gli occhi al cielo e gli scuoto la spalla con la mano, mordendomi il
labbro.
-Eh, ma che cazzo vuoi?!- esclama, afferrandomi con rabbia il polso.
-Svegliati, dai! Ricordi il motivo per cui siamo qui, no? E poi l'hai voluto tu!-
gli dico, tirandogli una bottarella sulla fronte. -Eccheccavolo Robert, ma tu sei un fissato!- sbotta,
levandosi di dosso la mia mano e allontanandosi da me di mezzo centimetro. -Lo
so, ok? È che l'altra sera
non ho potuto dormire, Pat mi ha tenuto sveglio per tutta
la notte e nonperchè io possa sbatterla, e tu lo sai... Peccato che dormivi.- Mmm, lo sguardo di Bonzo mi spaventa... Meglio
passare a delle tattiche! -Errrrr... Sìsìsìsì, lo so, fiorellino, scusami
tanto tanto; avrei voluto davvero aiutarvi con
quella storia della tapparella cigolante e tutto il resto, ma avevo bevuto
troppo e quindi avevo sonno e...- -Anch'io avevo bevuto.- dice lui, continuando a
fissarmi. -E comunque, fiorellino da dove esce fuori?-
Oh. Erm...
Mi schiarisco la gola e sfoggio il miglior sorriso che son capace di fare.
-AHAHAHAHAH! Beh, caaaaaro, non prenderla tanto sul
serio! Son cose così, alla nostra età si scherza, e...-
-L'ho sempre detto che sei gayAAAAHHH! PERCY,
LAMIAFOTTUTAMANO!-
-Omosessuale, Bonzo!- lo rimbecco, col piede sopra le sue dita. -E in
ogni caso, te l'ho ripetuto MILLE volte che NON LO SONO!-
-EH, MA ALLORA ROMPI!- risponde lui, tutto rosso e sudato. -E TOGLI DI DOSSO QUEL PIEDE!-
-Oh, scusa!- bisbiglio.
Ci guardiamo, lui truce e io dispiaciuto, e poi scoppiamo a ridere.
Ridiamo, quasi abbracciati, cercando di recuperare il fiato. Bonzo si sistema
il cappello scuro, ficcandoselo meglio in testa.
-Ehm... ciao.-
Manca poco che facciamo un balzo di tre metri all'indietro, ma smettiamo solo
di ridere e ci voltiamo, spaventati.
E... OH MIO DIO STO VENENDO – È LLLLUI, È DAVVERO LUI!
BONZO BONZO OH BONZO REGGIMI. -B-b...- deglutisco rumorosamente.
Bonzo mi tira una gomitata sul braccio. Suppongo di essere tutto rosso. -B-buonasera...- mormoro, finalmente, guidato anche
dallo sguardo omicida che mi sta rivolgendo il mio amichetto.
-Buonasera!- dice Bonzo a... a, mimando le gesta del congedo del
soldato.
Rimaniamo in silenzio per un bel po', incapaci di dire qualcosa, finchè il
nostro illustre interlocutore si decide a parlare, chinandosi lievemente verso
di noi e sorridendo gentilmente.
-Sono qui con una mia amica, e... Vi va di prendere un drink con noi? Possiamo
sempre aggiungere due sedie, se desiderate.-
Oh cazzo. John Entwistle ci ha appena invitati per un drink. JOHN
ENTWISTLE, mi spiego?!
Sento che le mie mani stanno tremando, quindi afferro istintivamente quella di
Bonzo, che subito si mette a fissarmi, tra il disgustato e lo scandalizzato.
Sorrido, imbarazzato, emozionato e... vattelapesca.
-Bonzo caaaaro... vai! Vai e usa superbottigliataintestaversionetre, ora!!!-
sussurro, stringendo i denti. -Vaffanculo, non sono un Pokèmon!- sussurra lui di
rimando, sforzandosi di liberare la sua mano dalla mia. Lascio la presa, ormai troppo
nervoso per poter esercitare su qualcosa una certa forza. Poi mi accorgo di una
cosa.
-... e che cazzo so' i Pokèmon?- domando, sempre piano per non farmi sentire.
-E che cazzo ne so io?!-
-Allora?-
Sussultiamo entrambi.
Alziamo gli occhi verso ommioddiononcicredostoproprioscrivendoilnomedi
Entwistle, che ci guarda, ancora sorridente.
Bene, ora che cavolo si fa? Guardo verso Bonzo, pronto a elaborare un piano, ma
lui mi precede.
-Accettiamo volentieri, molto gentile!-
COSA?
-AAAAH!-
Vedo Entwistle che alza un sopracciglio e Bonzo rivolgermi un'altra
occhiataccia.
-Tu! Smettila di pestarmi la mano!- sbotta. -Ne ho piene fino al collo dei tuoi
sbalzi d'umore, ok?!- -Joooooohn! Ti sei ammattito?!- sibilo, tappandogli
la bocca. -Comunque, a-hem, scusa.- e gli lascio
andare la mano.
-Allora? Venite sì o no?-
Io e Bonzo ci scambiamo un ultimo sguardo e ci alziamo dalla nostra postazione
clandestina dietro alla pianta, sorridendo raggianti e felici.
-Risposta confermata e positiva! Aaaaaandiamo! Cosa
stiamo aspettando, eh??- faccio io, prendendo la mano di Bonzo e prendendo
istintivamente una direzione a caso del posto, pronto a dirigermi verso il
tavolino di Entwis-
-Ehm... Il nostro tavolino si trova dall'altra parte.-
Mi fermo di colpo, rosso dalla testa ai piedi (e stavolta ne son certo).
-... oh.-
Bonzo sghignazza e io lo fulmino; che poi, cavolo ci trova da ridere in una
deprimente ed emerita figura di merda?
Entwistle (e ripeto, Entwistle)
trascina due sedie da un tavolo vuoto e ci invita a sederci, prendendo in mano
un bicchiere.
Lancio un'occhiata a Bonzo, ma lui sembra non accorgersene. Lo vedo sedersi
sulla sedia che gli viene offerta, soffiandosi sulle dita tremanti e rosse dal
freddo e dal dolore. Mi siedo pure io, accanto a lui, abbassando immediatamente
lo sguardo. -Enty! Questi chi...- dice una vocina infantile ma
spessa, diversa da quella bassa e profonda di Entwistle.
Sussulto, colto di sorpresa.
-Oh, questi? Due tizi che stavano nascosti dietro ad una pianta.- risponde
Entwistle, mettendosi a fare tranquillamente delle piccole palline di mollica
con le sue dita affusolate.
All'improvviso, sento Bonzo scuotermi il braccio. -Ahò,
Robbè,
guarda la ragazza!- sussurra.
La ragazza? Ah, lei. Ingoio un poco di saliva, alzo gli occhi fino a quando non
incontrano quelli a mandorla di una bambina seduta proprio di fronte a me;
corrugo la fronte. Ma... Questa tizia...
-Sì, credo proprio
che sia lei...- mugugna Bonzo al mio fianco, con la bocca piena di pane.
-Beh? Che avete da guardarmi così, voi due?- chiede lei all'improvviso, sorseggiando il
bicchierino d'acqua.
-Ma tu...-
Bonzo mi tira una gomitata. Annuisco, frettoloso.
-Ma tu... Non sei quella che era con quel bel pezzo di figa al ristorante, a
Natale?-
Qualcuno alle nostre spalle sputa qualcosa, Bonzo si spiaccica una mano sulla
fronte per poi grugnire imprecazioni dal dolore. Entwistle trattiene una
risatina senza troppo successo.
Storco le labbra – che cavolo prende a tutti quanti?
La ragazza mi guarda con un'aria sconcertata.
-Ma io non conosco nessun pezzo di figa!- esclama, arricciando il naso.
-SSHHHH MITCH!- Entwistle si affretta a mettere dolcemente una mano sulle
labbra della ragazza, preso da un sincero spavento. -Non dire queste brutte
cose, ok?- -Robert, è piccola, non dire queste cose davanti a lei!- mi rimprovera
Bonzo.
-MA IO SO COS'È UN PEZZO DI FIGAAA!- strilla la ragazza, togliendosi di dosso la
mano del bassista.
Sussulto; mi guardo attorno.
Occhi e occhiatacce ostili di ogni tipo ci perforano da tutte le direzioni.
Entwistle si nasconde la faccia con entrambe le mani, mentre la sua compagna
appare piuttosto imbarazzata.
-... scusate.- borbotta lei, arrossendo.
-Comunque sì, con quel pezzo di figa Robert
parlava proprio della tua coinquilina, a quanto pare, e... Oddio, credo di
esserti caduto addosso, quella volta... Scusami...- mormora timidamente Bonzo,
grattandosi la nuca.
-Tranquillo, dai!- risponde la ragazza, che a quanto pare si chiama Mitch (un nome da maschio! Che culture bislacche),
porgendogli una pagnotta. -Era il tizio del bar che era un grandissimo
coglione, non devi farti nessun problema, davvero! Piuttosto, come hai detto di
chiamarti?-
-John Henry Bonham, miss. Ma solitamente mi
chiamano Bonzo, come...-
-... il cane.-
completai io, sorridendo e giocherellando con una ciocca dei miei capelli. -Eeeesatto, il... cane.- Fa
allora una piccola pausa, senza nemmeno respirare. -Robert...
Abbassa quelle mani.-
-Oh, scusa.- Lo sciolgo dall'abbraccio, sentendomi anche osservato dai due
spettatori davanti ai nostri occhi.
-Ma in ogni caso,- dice allora Mitch, interrompendo
(fortunatamente) quel piccolo momento di imbarazzo. -Tu, biondo, tu che
trovi la mia povera Sara un bel pezzo di figa, come ti chiami?-
-Io?- chiedo, guardandomi attorno per vedere se ci sono altri biondi. E visto
che non ce ne sono, rispondo alla domanda: -RobertPlant, e tu ti chiami Mitch. Perchè?-
Continuo a non capire il motivo per cui qualsiasi parola esca dalla mia bocca
deve provocare un immenso silenzio.
E subito dopo il silenzio, ci segue sempre il panico o un urlo o una...
-AHAHAHAHAHAHAAH oddio, muoio! AHAHAHAHAH!-
-Cosa c'è da ridere, eh?-
-Oddio oddio oddiooddio un
tizio di nome Robert Plant che si nasconde dietro ad
una pianta, ahahaah, muoio, muoio!-
Ci guardiamo a vicenda mentre la ragazza ride – anche Bonzo sembra ridacchiare;
aaaaah ci sono volte in cui sento di odiarlo, gnn. -Ermmm, senta signor Entwist-
-Chiamami John. E dammi del tu, non disturbarti.- mi dice lui, alzando gli
occhi dal piatto.
Rido, -Oh, sisi, scusami, hai ragione... Ma sai, è strano darti del tu e tutto il resto,
anche perchè
sei uno dei bassisti più bravi che abbia
mai sentito e poi il vostro gruppo è grandioso, e...- tossicchio piano, incapace di formulare
una frase decente. E poi, mi sento osservato – Bonzo, cazzo, fmrknmkvrn, smettila di fissarmi in quella maniera!
-Insomma, vorremmo avere un tuo autografo... Tutto qua, niente ciocche di
capelli o peli del pube o altre stranezze da Beatlefan,
davvero!-
E pensare che l'autografo lo voleva avere Bonzo, tante grazie, brutto
coglione, per avermi fatto fare il lavoro sporco, gnn.
Entwistle annuisce piano, ascoltandomi.
-Certo, non rifiuto mai richieste simili. Anzi, mi fanno un grandissimo
piacere. L'importante penso sia non cadere nell'assurdo. Un dito sicuramente
non me lo posso mozzare, per un fan, e poi mi limiterebbe tantissimo
nell'utilizzo dello strumento che suono quando sto in scena con Keith e gli
altri.- sorride cortese, quindi, frugando nella tasca. -Tu e il tuo amico avete
una penna e un pezzo di carta da prestarmi?-
-Tenga.- dice subito Bonzo, prima ancora che io mi giri verso di lui per
chiedergli qualcosa.
-Grazie mille.- Entwistle sorride di nuovo, lasciando un rapido segno di penna
sulla superficie del biglietto del bus che gli e' stato dato. Ci porge l'opera
finita e ci invita a concludere il pasto, nel caso desideriamo di andare.
Bonzo sembra estasiato di fronte a quello che stringe tra le mani, e... E...
AH! CAZZO! È DEL TUTTO
COMPRENSIBILE, MADONNA SANTISSIMA, E QUELLO È L'AUTOGRAFO DI JOHN ENTWISTLE
E...
Calma, Plant, calma e respiiiiiira,
inspira ed espira, inspira ed espira, inspira ed esp...
-OMMIODDIO SIGNOR ENTWISTLE GRAZIEEEEEE!!!-
Cado letteralmente dalla sedia mentre Bonzo si butta sul bassista, sotto
gli occhi sempre più perplessi della
ragazzina.
Un secondo dopo, ci manca poco che il tavolo di ribalti e Entwistle è sempre seduto al suo posto, mentre
quel poraccio di un Bonzo si massaggia il naso dal dolore, imprecando ad alta
voce. Scoppio a ridere, coi piedi ancora in aria.
-Dio mio, Bonham, sei assurdo, sai?- urlo, ansimando.
-Zitto, tu!- urla a sua volta lui, rialzandosi.
E sarà che non abbiamo
mai provocato particolare simpatia nell'animo dei gestori dei pub e dei
ristoranti, ma in quel momento arriva un tizio che preferirei non conoscere,
vestito come un pinguino e con una barbetta sgraziata sotto delle labbra
orrendamente sottili.
Ancora poco e io e Bonzo saremo costretti a dileguarci...
-Voi due! State disturbando la quiete degli altri clienti, ve ne rendete
conto?- ci sgrida, con la sua vocetta acidula.
-Scusi, scusi, non l'abbiamo fatto apposta, davvero!- ridiamo entrambi mentre
diciamo questo, fino a quando due mani ci sollevano per i colletti delle
camicia, prendendoci di sprovvista.
-Voi due. Fuck off, OUT.-
-Ma non è giusto!-
E in meno di cinque secondi, siamo fuori dal raggio d'azione del ristorante,
oramai lontani da un John Entwistle che non abbiamo neppure potuto salutare.
-Robert... Dimmi che... Dimmi che l'hai preso...-
Annuisco, ansimando e frugando nella tasca alla ricerca del biglietto del bus.
Entrambi ci guardiamo, tesissimi come due allocchi che camminano sopra un filo,
e la tensione si spezza solo quando riesco a tirar fuori il biglietto dalla
tasca e ad alzare il braccio, vittorioso, noncurante della fitta al fianco
sinistro.
-C'è, Bonzo, c'è!!!-
-ODDIO ROBERT, MA IO...-
-SI', LO SO, AHAHAHAHAHAHAH!-
E tra una risata e un'altra, ci abbracciamo, saltellando entrambi sul
marciapiede.
-Non ci credo, non ci credo!!!- -Aaaaaahhh, e abbiamo fatto fuori l'ultimo proposito
del 1966!-
-Perfetto! Lo segno!- rispondo, tutto rosso dall'emozione, cercando il
blocchetto con la lista dei propositi per il fine anno e la penna che prima
Bonzo ha prestato a Entwistle (ENTWISTLE!). Traccio una lunga linea sopra
l'ultimo elemento della lista, mentre un enorme peso pare levarsi dal mio
petto.
-Allora? Per l'anno prossimo hai dei propositi da realizzare?-
Propositi per l'anno prossimo?
Un momento... Giusto! E' Capodanno!
-Oddio, Bonzo, non lo so...- mordicchio l'unghia, indeciso.
-Beh, io vorrei prendermi un'auto tutta per me, oppure una nuova roulotte. La
nostra attuale casetta sta già facendo ruggine, a
partire da quella tapparella...-
-Ehi, dai, non guardarmi così ogni volta che ne
parli!- mi lamento, facendogli una linguaccia.
Proprio in quel momento, ho un'illuminazione.
Salto su in piedi, ripescando il blocchetto e scrivendoci sopra tutto quel che
mi viene in mente.
-Che ti prende?-
-So cosa voglio per il 1967!-
Bonzo alza un sopracciglio. -Cosa?-
-Da domani,- annuncio io, quasi dimenticandomi della domanda. -Terremo d'occhio
quella Mitch!-
Who are you?
AAAAAAAHHHHH! ABBIAMO AGGIORNATOOOOO! *va a sbattere
contro ad un palo*
Eh? Ah, ecco, sì, salve a tutti, fratelli e sorelle,
qui parla Thief.
Finalmente ci siamo degnate di dare una scossa a questa storia, inattiva da
oramai più di un mese!
Ci scusiamo tantissimo e promettiamo che recupereremo, e per ora spero solo che
questo capitoletto da cinque pagine e mezzo possa soddisfare il vuoto lasciato
nel mezzo di questa bistrattata storiella ignorata. ^^'
In questo capitolo, comunque, non ho inserito tantissimi riferimenti, quindi
penso sia inutile scervellarsi. x'D
Nota su Plant, Bonham e mia
madre: torneranno, e anche più agguerriti di prima. LOL.
Vorrei scusarmi per lo stile di scrittura piuttosto scadente, e soprattutto per
un eventuale abuso di CapsLock
– ma quest'ultimo era necessario. Per rendere la follia che guida questo
capitolo. Insomma, non so se mi spiego. (In ogni caso, consolatevi con il
secondo paragrafo, che non contiene nessun testo scritto interamente in
maiuscolo.) E poi, quando scrivo di Robert e Bonzo, mi esalto tantissimo, tipo
“Ci sono certe sere che mentre sono in scena mi viene voglia di scoparmi tutti
gli spettatori della prima fila”, per intenderci.
Oh, ecco, e per questo capitolo, abbiamo anche deciso di inserirvi un piccolo
regalino alla fine, sisi. Quindi, TATATATANNNNN
eccovi delle foto dei personaggi comparsi! x'DDDD Prima o poi penso che
realizzerò dei disegni di noi due, ma per ora dovrete accontentarvi di queste
immaginette scelte perché... Perché pensiamo sia giusto. LOL.
Ecco quindi un Robert Plant. :3
Sisi, ai tempi Robert aveva i capelli corti, ma noi abbiamo
voluto allungarglieli. x'D Un po' per nostre personali preferenze, un po' per
il fatto che è molto più facile trovare foto di Robert coi capelli lunghi. ^^'
Poi, insomma, io personalmente trovo che in questa foto sia davvero... Bello.
Ma passiamo oltre.
Ladies and
gentlemen, eccoviBonzo! xD
Ai tempi aveva i baffi un po' più
chiari, ma non è cambiato molto. Poi nei primi dei Sessanta non aveva neppure
i suoi classici baffi, e... Ed era bello anche senza, sisi.
D': Una foto di lui e Robert all'epoca la potete trovare qua, trovata su Google
e tagliata personalmente da me.
Per concludere, eccovi quassotto una foto su come più
o meno visualizziamo gli Who e su com'erano all'epoca!
Io, personalmente, li vedo più com'erano su questa immagine, che in fondo è un
vero e proprio classico, ma, in fondo, chi si vuol perdere Roger coi riccioli?
LOL.
Va bene, la smetto di blaterare e... Ci
scusiamo di nuovo e speriamo che il capitolo vi piaccia. (:
Alla prossima, con un epico (perchésarà epico, davvero) capitolo della nostra Dazed! ;D
Capitolo 11 *** Act naturally (Benvenuta a casa Beatles, pt. 1) ***
Capitolo 11 Actnaturally
Entro
in casa e, con mia grande sorpresa, non trovo John pronto ad aggredirci con gli
occhi iniettati di sangue.
Controllo
anche dietro la porta, giusto per sicurezza, ma di lui non c’è nessuna traccia.
Siamo salvi!
E forse
scampiamo pure il terzo grado: magari prima era solo in vena di rompere le
palle e non era realmente intenzionato a volerla conoscere…
Con
questo pensiero felice mi dirigo in cucina, in cerca delle chiavi (mi sono
accorto di averle dimenticate sul serio), seguito da Sara.
-Per
caso ti sei dimenticato queste, Paulie?-
Occazzo.
John è
seduto sul tavolo a far tintinnare il mazzo di chiavi, un ghignetto
poco rassicurante sulle labbra.
-Ehm…
Grazie mille, John.- mormoro, cercando di sembrare il
più naturale possibile, anche se la voce che esce dalla mia gola suona più come
un rantolo strozzato.
Lui
balza giù dal tavolo con uno scatto felino e, dopo avermi appoggiato le chiavi
nel palmo della mano, si avvicina a Sara, sempre con quel sorrisetto malefico.
-Uh,
vedo che abbiamo ospiti. E ospiti davvero
graziosi, oserei dire.-
Sara
storce il naso, è così buffa!, ma resiste e la vedo sorridergli, seppur
falsamente.
-John,
sai dove sono i fum- entra Ringo, per poi
interrompersi.
Dio lo
benedica!
***
-Oh,
ciao Paul! E quest’adorabile signorina?-
Fred Astaire è appena sbucato e già mi ha salvato dalle grinfie
di quel maniaco dell’altra sera, evvai!
Gli
sorrido veramente grata, anche per il complimento che mi ha fatto.
-Err, lei è la ragazza
con cui devo uscire e, se non vi dispiace, avremmo anche una certa fretta…- mormora Paul, ficcandosi le chiavi in tasca e
cercando con l’altra mano la mia.
Mi
scosto con un movimento impercettibile, ignorando il suo sguardo stupito.
-McCharmly, sei sempre il
solito cafone! Lo vedi anche tu che la signorina non ci vuole venire con te?-
asserisce con fare saccente il simpaticone, mentre io lo incenerisco con uno
sguardo.
-…Almeno… Non subito.- si
affretta a correggersi.
-Perché
non ce la presenti?- interviene l’altro, con un sorrisino gentile.
Con la
coda dell’occhio scorgo Paul che rotea gli occhi al cielo, per poi cominciare,
con voce assolutamente atona:
-Sara, lui è Richard, Rings, lei è Sara.-
-Piacere,
Sara: puoi chiamarmi pure Ringo, Richard fa troppo vecchio!- mi stringe la
mano, tutto sorridente, e non posso fare a meno di contraccambiare. -E comunque
bel nome; sei ebrea, per caso?-
Lo
fisso piuttosto perplessa, mormorando un -No, di ebreo ho solo il nome.-, mentre Paul si affretta a continuare con il suo
prestigioso incarico.
-… e lui è John.-
Eccolo
qua: il simpaticone nonché provolone mi fissa con un sorrisino malizioso ma,
inaspettatamente, mi prende la mano e, soffiandoci sopra un bacio delicato,
s’inchina:
-Piacere
di conoscerLa, madamigella.-
-Pia-piacere mio.- borbotto
staccandomi, le guance un po’ rosse. Lo vedo ridacchiare: ci gode nel vedermi
in imbarazzo, eh? Maledetto.
-Bene,
ora che vi siete presentati possiamo andarcene?-
-Heyheyhey, Paulie! Cos’è tutta
‘sta fretta? Sono quasi le cinque…- John si volta
verso me -La signorina per caso gradirebbe una tazza di tè?-
-Ecco, io… Io non so se…-
-Aaavaaanti! Non farti troppi
riguardi, cara: una bella tazza di tè non si nega a nessuno, nono!-
-Esatto!
E poi abbiamo appena comprato degli squisiti biscotti al cioccolato che devi
assolutamente provare!- afferma Ringo, con fare trionfante ed entusiasta.
-Sssssh! Rings,
non urlarlo! Vuoi che lo venga a sapere anche quel mangiasassi
di Geo?!- lo rimprovera l’altro, con sguardo alquanto
arcigno.
-A
proposito di George… Che fine ha fatto?- domanda
Paul, scostandosi una ciocca ribelle.
-Err, suppongo sia in camera…- fa Ringo, grattandosi la nuca, mentre John sbuffa:
-Quel
coglione, mi manderà all’aria tutti i piani!-
Piani?
-Errrr, volevo dire che è
un gran maleducato… GEOOOORGEEEE, VIENI CHE ABBIAMO
OSPITIIII!-
Completamente
rintronata, mi tappo le orecchie, mentre Paul inizia a sbraitare qualcosa, di
cui però riesco a cogliere solo qualche parola qua e là, tipo John, coglione, affanculo.
-Se
vuoi seguirmi, ti accompagno all’entrata, dove abbiamo l’attaccapanni.- Il
faccione allegro di Rings mi ha convinto a togliermi
la protezione otologica, giusto in tempo per sentire
quel che ha da dirmi.
Annuisco
e lo seguo, e altrettanto fanno John e Paul, che credo si sia ormai rassegnato
a dover rimanere a gustare la bevanda inglese.
Appendo
il cappotto e mi volto, quando sento John esclamare:
-Cazzo,
Paul! La tua amichetta ha fegato, eh!-
-Cosa
vuoi dire, Joh-AHAHAHAHAHA, ommioddiooo!-
Ringo inizia a ridere come un cretino, sotto gli sguardi increduli miei e di
Paul e quello complice di John.
-Che diamin-OMMIODDIO.- ecco, ci mancava che anche McCartney si
unisse al Partito degli Invocatori dell’Onnipotente, porca puttana.
-Si può
sapere che cazzo avete da ridere, tutti quanti?!- sbotto, mentre Paul si affretta
a precisare, con il ditino alzato in aria, -Hey, io
non sto ridendo!-, beccandosi per tutta risposta uno sguardo inceneritore dalla
sottoscritta.
Tra una
risata e l’altra, Ringo riesce a mormorare un: -Bella felpa, Sara.- per poi scoppiare nuovamente, quasi rotolandosi per
terra.
Lo
sguardo mi cade istintivamente sul petto e, solo in quel momento, realizzo
tutto quanto.
Ho una
voglia di scavarmi una fossa e di seppellirmici
dentro che neanche uno scheletro dei SillySymphonies e, come se non bastasse, quel bastardo di Lennon
è così gentile da darmi una mano nel sentirmi ancor più di merda, dato che ora lo
sento canticchiare -This play isrun, my
love,yourtimehas come, mylove…-
-Suvvia, Sara: è stato un gesto simpatico, tranquilla… Mica ci offendiamo per queste cose!- Ringo mi
ha messo una mano sulla spalla e mi sta facendo l’occhiolino, mentre John,
finita la sua performance, si affretta a correggerlo:
-Eh no, Rings! Dì
pure che è stata una trovata geniale!- e scoppia nuovamente a ridere.
-Che… Che ssssimpatico che sei, Lennon.-
sibilo, le guance in fiamme che più in fiamme non si può.
Segue un silenzio alquanto imbarazzante,
interrotto da Ringo, che tossicchia:
-Ma George? Non si era detto che arrivava?-
Lo guardo spaventata, prevedendo quello che
sta per succedere, per poi tapparmi le orecchie con forza.
-GEEEEORGEEEE! CE LA FAI A PORTARE IL TUO
CULETTINO D’ORO DI QUA O NO?! SE VUOI TI DO UNA MANO
IO, MA POI NON VENIRE A LAMENTARTI SE TI BRUCIA, EEEEH?!-
John
soffia sulle unghie, strofinandosele sulla maglia:
-Ehm,
stavamo dicendo?-
Su
iniziativa di Ringo, stiamo compiendo un tour della casa coi fiocchi: il
batterista declama le doti della macchina che occupa tutto il muro della sala
da pranzo, asserendo che nemmeno loro quattro sono ancora riusciti a scoprire
tutte le funzioni di cui essa dispone, Paul mi suona qualcosa all’organo, che è
sbucato magicamente dal pavimento, mentre John mi mostra fiero la sua fornitissima libreria.
Comincio
a prendere i volumi uno ad uno, ne accarezzo le copertine, li sfoglio con calma
e poi li ripongo con cura: deformazione professionale, gente, lo so.
-Ooooh, finalmente il signorinello si è degnato di scendere tra i comuni mortali!
Come sta, Sua Maestà? Desidera un baldacchino per fare quattro passi? Sa, non
vorrei si affaticasse troppo…- John, con il suo tono
canzonatorio, mi risveglia un momento dalla trance in cui ero precipitata,
esaminando tutto questo ben di Dio.
-No, mi
bastano dei biscotti al cioccolato, grazie.- sento il diretto interessato
affermare con tono soddisfatto.
-Rings, sei una testa di
cazzo! Hai visto? Se n’è accorto!-
-George, me ne frego delle
tue voglie da donna in stato interessante! Sei uno zotico di prima categoria,
non hai visto che abbiamo ospiti? Saluta e presentati, per Dio!- strillacchia Ringo, con quel tono di voce che solo le madri
saccenti hanno.
Sentendomi
presa in causa, alzo lo sguardo dal volume ma, non appena vedo Sua Maestà, questo mi sfugge dalle mani,
cadendo a terra.
Lui! Il
tizio della festa! Il tizio che mi ha chiesto di sposarlo!
Ok,
calmati. Reeespira e calmati.
E così lui è il famoso George.
George
Harrison, chitarrista dei Beatles.
Che
destino del cazzo!
-Hey, ci sei? Piacere, io
sono George. E tu, come ti chiami?-
La mano
che mi viene sventolata davanti mi riporta sul pianeta Terra, mentre io non
posso far altro che abbozzare un sorriso stanco:
-Sara, il mio nome è Sara.-
-Splendido
nome, se non erro significa principessa,
vero?-
Spalanco
gli occhi, stupita che lui ne sia a conoscenza, e sto per rispondergli, quand’ecco
che interviene Paul: -Sì, ma Sua Maestà
non doveva mica assaggiare i biscotti che mamma Ringhina
ha comprato?-
Gliel’ha
quasi ruggito dietro, che vergogna.
Passo
in rassegna tutti i loro visi: Paul è veramente incazzato nero, Ringo protesta
per i panni materni che ha dovuto rivestire mentre John sghignazza come un
deficiente, dato che questa situazione lo diverte parecchio.
E
George? Mi vergogno di vedere la sua faccia ma, non appena incrocio il suo
sguardo, noto che ha un’espressione totalmente placida dipinta sul viso.
È così…sereno,
cavoli.
Poi
vedo che il suo sguardo cade sulla mia felpa e, d’istinto, arrossisco, ma non
muovo nemmeno un muscolo per coprire quella lingua che troneggia irriverente sul
nero del tessuto.
-Harrison, piantala di fissarle
le tette!-
JOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOHN!
Divento
bordeaux, e noto che anche George ha le guance rosse, seppur meno delle mie.
-…anche perché c’è gran poco
da guardare.- si affretta a correggersi, quel cazzone
patentato di Lennon.
Paonazza
che di più non si può, ringhio contro di lui un bel -Grazie per avermi
ricordato di essere piatta come un’asse da stiro!-, anche se la mia voce
tradisce l’imbarazzo e non è sicura come vorrebbe sembrare.
-Ma no,
dai, intendeva dire che la felpa è molto larga…- interviene
Ringo, cercando di metter fine alla zizzania che quel coglione ha seminato
impudentemente.
-No no,
volevo dire proprio quello!-
Eccolo,
il coglioneeee!
Sto per
saltargli addosso (non nel senso che piacerebbe molto a quel pervertito),
quand’ecco che Paul mi afferra e mi stringe a sé da dietro, sussurrandomi all’orecchio:
-Fregatene di quello che dice quel coglione; a me piaci così.-,
ottenendo l’effetto di farmi agitare ancor di più.
-Piccola
Sara, che dici di darmi una mano a fare il tè? Abbiamo un sacco di bustine, e
oggi hai l’onore di scegliere il gusto che ti piace di più!- salta fuori Ringo,
prendendomi per mano e trascinandomi con lui in cucina, salvandomi da una morte
certa.
Ho come
l’impressione di avere un elefante custode.
***
-Geo, non per fare il
rompicoglioni ma… quella non era mica la tuapromessa sposa?-
Sbarro
gli occhi, non appena sento John dire queste parole a George; faccio in tempo a
vedere il viso di Harrison cambiare espressione, la fronte aggrottata e il
volto scuro, per poi girarmi dall’altra parte, fingendo disinteresse.
Non
voglio che se la prenda con me, ma ormai ho lanciato l’esca, e non la ritirerò
più, fino a quando il pesciolino non avrà abboccato.
-It’steeeaaaatime!-
Un
Ringo piuttosto entusiasta entra nel salotto con fare teatrale, reggendo un
vassoio colmo di tazzine e zucchero; la solita testa di cazzo, ha sparpagliato
metà contenuto della zuccheriera in giro.
Roteo
gli occhi al cielo per poi accorgermi della figurina che lo segue, che cammina mooolto lentamente, a piccoli passettini, facendo ben
attenzione a non combinare disastri.
Sorrido
e, istintivamente, la raggiungo.
-Serve
una mano?-
La vedo
alzare gli occhi scuri, spaesata, per poi annuire con un sorrisino timido; le
sfilo la teiera dalle mani e, con un cenno del capo, la invito a seguirci.
Si
siede di fianco a Ringo torcendosi le mani, fino a quando lui non le porge una
tazza fumante, che lei accetta sorridendo piano.
George
invece le avvicina la ciotola dei biscotti, ma lei rifiuta educatamente; allora
Harrison fa spallucce e mi fa passare il contenitore davanti al naso, facendomi
credere di non notare affatto quanto io stia allungando il mio braccio per
raggiungerlo. Bastardo, lo fa apposta.
Ah beh,
ma io me ne fotto alla grande: lui avrà anche i suoi biscottini del cazzo, ma
la ragazza è mia.
-… e comunque mi
sbagliavo; probabilmente ne hai, ma vorrei controllare, per sicurezza…-
La voce
di John mi fa sobbalzare e mi giro, notando Sara con gli occhioni
sgranati che si allontana impaurita da quel coglione.
-JOOOOOHN!
PER DIO, SMETTILA!- urlo come un matto, per poi rivolgermi con voce calma a
lei: -Scusalo, è sempre il solito coglione. Tutto ok?-
Lei
annuisce poco convinta, con quel suo sorrisino timido e le guance
deliziosamente rosse.
È un
attimo: le cingo la vita e la avvicino a me, mentre il suo profumo alla
vaniglia mi avvolge lievemente.
Dio,
sto per impazzire.
D’istinto
le sfioro il collo con il naso, mentre lei rabbrividisce, aggrappandosi al mio
braccio quasi come un gatto.
-EHM
EHM!- George tossisce sonoramente, fingendo poi noncuranza quando mi volto a
fulminarlo con lo sguardo, mentre John ridacchia neanche troppo sotto i baffi e
Ringo osserva tutta la scena come uno spettatore al cinema.
E lei?
Sara si
alza di scatto e, rossa in volto, farfuglia qualcosa a Ringo, forse
chiedendogli dove si trovi il bagno. Ringrazia in fretta e corre lungo il
corridoio, mormorando poi un -Cazzo, che figura dimmerda.-,
quando Ringo le fa notare gentilmente che quella non è la strada giusta.
Sento
la porta sbattere e il tipico rumore della serratura chiusa, e poi le risa
degli altri tre deficienti.
Diossanto, questo è un borderline coi fiocchi.
Who are you? Uiiiiiar de cempiooons, maaaifreeeeeend, en uiiiiar chip on faitin, till di eeeeeend, uuuuuuuh…
Bon, la finisco qua. : D
Massalve, carissimi! Come state? Tutto occhei?
Ammettete che vi sono mancata, avanti!
*gomitino*
E ammettete che vi erano mancati pure i
FabFour! Bene, spero di
avervi soddisfatto almeno un pochino, con questo capitolo…
Sì, adoro rappresentarli come degli adorabili deficienti, tanto è la loro vera
natura <3 *addit*
Cooomunque! Anche qua ci sono riferimenti sparsi (tanto non se li caga
nessuno LOL), perché mi diverto a sparpagliarli ovunque u.u
Bene, non ho altro da dichiarare,
quindi vi lascio con le foto dei Beatles come li vedo io **
Capitolo 12 *** I like you too much (Benvenuta a casa Beatles, pt. 2) ***
Capitolo 12
I like you too much
Il
pomeriggio è trascorso relativamente bene: dopo gli iniziali momenti
d’imbarazzo i ragazzi si sono rivelati davvero simpatici e alla buona, e sono
riusciti a farmi sentire perfettamente a mio agio.
Credo
che abbia contribuito molto anche il fatto che mi sia seduta al lato estremo
del divano con solo Ringo al mio fianco, indubbiamente una presenza innocua.
Quindi
è inutile che continui a stare come un gatto in agguato, aggrappata con forza
al bracciolo imbottito e sempre all’erta, le orecchie tese ad avvertire ogni
minimo fruscio sospetto.
Posso
rilassarmi, finalmente. Sì, Sara: rilassarti,
quella parolina di cui ormai hai dimenticato il significato...
Tiro un
sospiro di sollievo e mi abbandono tra tutto il morbidume della pelle,
sprofondando nel divano.
Solo
dopo un paio di minuti, avvertendo il silenzio irreale che mi circonda, scatto
sull’attenti e finalmente realizzo di essere in salotto da sola. Anzi, da sola con George.
Lui se
ne sta lì, a finire di sorseggiare con calma il suo tè, ma d’improvviso si
volta e incrocia i miei occhi spalancati, facendomi fare un mezzo infarto.
Trattengo a stento un urlo e, fingendo malamente una noncuranza che non vuole
proprio saperne di scendere come manna dal cielo, mi rituffo tra la stoffa.
Ripassano
altri minuti in cui ce ne stiamo fermi e zitti, quando George si decide ad
interrompere quest’atmosfera decisamente inquietante.
-Quindi… Tu e Paul ora siete insieme, giusto?-
Casco
quasi dal divano.
Con un
inaspettato slancio di vitalità mi riprendo e, forse con troppa enfasi, dichiaro
solennemente:
-Ma-macché! Mi ha invitata ad
uscire, e basta!-
Err, forse ho marcato
troppo le ultime due parole?
-Oh,
per fortuna!-
Lo vedo
illuminarsi radioso, per poi spegnersi quando lo fisso con un sopracciglio
alzato:
-Ehm,
volevo dire, CHE PECCATO.- tossicchia, appoggiando la
tazza sul tavolino e fiondandosi sulla macchina fotografica.
Il
silenzio ripiomba implacabile su di noi: mentre lui è impegnato a rigirarsi tra
le mani l’oggetto tanto amato io fisso il tappeto, tormentandomi il labbro
inferiore.
-Mi
spiace non poter rivedere gli scatti che faccio…
L’attesa è quasi straziante, ma è una componente essenziale della vita, non trovi?-
Sussulto
e riprendo a fissarlo stupita: sbaglio o ha sottolineato un po’ troppo le
ultime parole?
Mi
affretto ad annuire e lui riabbassa lo sguardo sulla macchina.
- …D’altronde serve anche aspettare…
Così, una volta ritrovato ciò che stavamo desiderando così ardentemente, lo
possiamo apprezzare ancor di più.-
Arrossisco
un po’, lo sguardo chino sui pantaloni: se non la pianta con queste allusioni
del cazzo giuro che lo strozzo.
-Comunque
trovo fantastico fotografare gli altri: è come intrufolarsi nella loro vita,
poter tenere vivo il loro ricordo…-
-… perché le persone
cambiano, ma una fotografia non lo farà mai.-
Sussulto:
ecco, gli ho pure completato la frase! Diossanto, che
figura di merda. Alzo gli occhi e lo vedo fissarmi stupito, per poi sciogliersi
in quel suo solito sorriso meraviglioso.
-Ecco
perché la gente si circonda di fotografie… C’hai mai
pensato? Si costruisce un proprio mondo, un mondo in cui i rapporti con le
persone non cambiano mai, un mondo dorato, in cui tutti amano tutti…- continua lui, guardando fuori dalla porta-finestra.
-… e si espongono sul
tavolino in salotto le foto più belle, per ostentare a tutti solo il meglio
della propria famiglia.-
George
mi sorride nuovamente, stavolta di un sorriso tirato, ma la cosa più bella è
che non fa domande. Non me ne fa, non
mi chiede da dove provenga tutto questo astio, quest’acidità…
Non me ne fa e, paradossalmente, è una delle più belle cose che qualcuno (non)
abbia fatto per me.
-Hai
mai fotografato qualcuno, Sara?-
Scuoto
il capo: -Mio padre possiede un apparecchio professionale, ma non mi ha mai
dato il permesso di metterci le manacce sopra…-
Ridiamo
entrambi.
-Allora… Che ne dici di
scattarmi una bella foto?-
Lo
fisso stralunata: io scattare una
foto a lui?
-Ma io
non so… Cioè, ho paura di rovinartela…
Sapessi, sono una tale pasticciona! E sembra molto costosa e…-
-Amica
mia, questa macchina è un catorcio! Se andassi a venderla me la tirerebbero
dietro, ma ormai ci sono talmente affezionato che me la tengo così come sta…- ride lui, facendomi sorridere, per poi continuare: -Davvero,
sarei molto felice e onorato se potessi farmi questo piccolo, grande piacere.-
Il mio
sguardo passa un paio di volte da lui alla macchina che mi sta tendendo finché,
convinta, affermo decisa: -E sia! Ti concederò quest’onore!-
Lui mi
sorride grato e si posiziona: nel primo scatto sorride a tremila denti, nel
secondo più naturalmente, nel terzo ha già lo sguardo perso nel vuoto… E così quella che doveva essere solo una foto si
trasforma in una decina di immagini impresse nel rullino.
-Ci
stai prendendo proprio gusto, eh?-
Io
annuisco e faccio per scattargliene un’altra, ma lui mi prende la macchina
dalle mani.
-Beh,
ora è il mio turno.-
Lo
fisso perplessa: io e le foto non andiamo d’accordissimo, davanti all’obiettivo
mi sono sempre sentita a disagio, forse per il fatto che io non posso
incrociare lo sguardo di chi mi sta fissando con tanta attenzione.
-Eddai, solo una! Prometto
che non la userò per malefici vari, tipo riti voodoo o cose del genere!- alza
le mani, per dichiarare ulteriormente la sua innocenza.
Io rido
e acconsento: una foto non mi mangerà mica.
Le
prime volte sorrido innaturalmente, ma poi gli scatti si fanno via via più spontanei, fino a sfociare nelle immagini prese a
tradimento, quelle che io reputo le migliori.
George
riemerge da dietro l’obiettivo e mi guarda di sfuggita, concentrandosi poi
sullo zoom:
-Sai,
Sara, penso che tu debba sorridere più spesso. Quando sorridi le tue guance si
fanno tonde e un po’ rosse, e ti si forma una mezza fossetta sull’angolo destro
della bocca… È graziosissima.-
Se
prima erano un po’ rosse, ora le mie
guance sono irrimediabilmente bordeaux, cazzo.
Bofonchio
un mezzo ringraziamento e riprendo a impararmi a memoria gli arabeschi del
tappeto.
-Vorrei… Vorrei fare una
cosa. Puoi avvicinarti un secondo? Non ti mangio, te lo giuro.-
Titubante,
faccio come mi ha chiesto e vado a sedermigli
accanto, mentre lui si rimette la macchina al collo e mi scatta una foto, un
primo piano.
-Voglio… Voglio provare a
catturare le pagliuzze che ti screziano le iridi...- mormora, concentrato com’è
in questa presunta nuova impresa.
Passano
un paio di secondi e ripone nuovamente l’apparecchio, insoddisfatto dall’esito
del suo lavoro.
-Forse… Forse così ci
riuscirò meglio…-
Non
faccio in tempo a formulare un pensiero sensato che mi ritrovo il viso di
George a pochissimi centimetri dal mio: avvampo in un istante, specie quando mi
accorgo che la distanza si sta notevolmente accorciando.
-Ma
guarda un po’! Non vi si può lasciare soli una manciata di minuti che vi
mettete già all’opera! Paulieee, guarda che George si
sta sbattendo la tua donna!-
Più in
fiamme di una banana flambé, mi scosto velocemente da George, volando
nuovamente al mio posto, mentre un Paul piuttosto terrorizzato si è precipitato
come un fulmine per verificare di persona la situazione, sotto gli occhi e il ghignetto divertiti di un Lennon particolarmente bastardo.
Posso
vedere chiaramente lo sguardo inceneritore che George riceve da parte di Paul,
perché è lo stesso sguardo che io sto rivolgendo a John.
-Harrison! Si può sapere che
cazzo t’è saltato in testa, eh?! Eppure mi sembrava di essere stato chiaro: ci
devo uscire insieme io, non è mica
una cazzo di proprietà pubblica!-
Ringo
mi si avvicina, dicendo a bassa voce: -Guai in vista! Questi stanno per darsele
di santa ragione!-
-Io
scommetto cinque sterline su Harrison: McCharmly è
una donnicciola, non ce la può fare.- sbuca serafico il solito Lennon.
-Bah,
io invece tifo per Paul, che non ha tutti i torti: la ragazza l’ha portata lui,
e George non può mica pretendere di arrivare così, di punto in bianco, e prendersela!-
I miei
occhi increduli passano rapidamente da Ringo a John e viceversa, così intenti a
discorrere su improbabili guadagni nati da combattimenti clandestini per
ricordarsi della mia presenza.
Perché
ok, sarò una donna e noi praticamente non contiamo un cazzo, ma sono una donna totalmente priva di pazienza, e questo è
un dettaglio da non trascurare.
-E
invece Georgino fa bene: carpe diem, cogli l’attimo, cogli la rosa
prima che questa appass-
-MA VE
NE VOLETE ANDARE TUTTI AFFANCULO, DI GRAZIA?!-
Tutti e
quattro si girano verso di me, gli occhi sbarrati e le bocche ancor più
spalancate.
-SI’
SI’, BRAVI, GUARDATEMI COSI’! SAPETE CHE VI DICO? IO
ME NE VADO, E COL CAZZO CHE MI RIVEDRETE ANCORA!-
Giro i
tacchi e mi dirigo a grandi falcate verso l’ingresso, per recuperare cappotto e
borsa e dire definitivamente addio a ‘sti sfigati: in
sottofondo, Lennon ipotizza con sicurezza il mio essere nel pieno periodo
mestruale.
Sento
Paul chiamarmi flebilmente e allora, contando lentamente fino a dieci, mi
blocco allo stipite della porta che collega il salotto al corridoio e mi volto
verso di loro, gli occhi ridotti a due fessure: -Pensavo di sbagliarmi sul
vostro conto. Pensavo non foste le solite celebrità del cazzo che pensano solo
ai soldi, a tirarsela e a fare i deficienti… Invece
avevo ragione: quando si diventa famosi si ignorano le persone che si fanno un
culo così per arrivare alla fine del mese, e s’ignora anche la dignità altrui.
Se pensavate di potermi sbattere così, giusto per concludere in bellezza
l’anno, mi spiace rovinarvi i piani, gente: la sottoscritta non è una delle
solite sciacquette che fanno a gara per raggiungervi nel backstage.-
Faccio
una pausa e tiro un sospirone: -Bene, detto questo, adieu: vorrei potervi dire che è
stato un vero piacere conoscervi, ma non è per niente così.-
Volto
loro le spalle e mi dirigo finalmente verso l’attaccapanni, prendendo il
cappotto e facendo per indossarlo, quando una mano mi blocca il braccio.
-Tu non te ne vai.-
… Scusa?
-… Scusa?-
-Hai
capito bene, signorinella.-
Aggrotto
le sopracciglia e ricambio lo sguardo di sfida che mi sta rivolgendo.
-Brava.
Bel discorso. Vuoi anche un applauso?-
La mia
bocca vorrebbe spalancarsi, ma per fortuna il mio autocontrollo è più lesto e
le impedisce di farlo.
-Non me
ne faccio un cazzo dei tuoi applausi, se è questo quel che vuoi sapere.-
-Oh,
guardati! Sembri un micetto che vuole incutere paura
ad un gatto più grande gonfiando il pelo…-
-Lasciami.-
-Non ho
sentiiiiitoo…-
La voce
mi s’incrina: -Ho detto di lasciarmi…-
La
presa sul braccio si fa più stretta, portandosi improvvisamente appresso dei
ricordi del passato che credevo di aver cancellato completamente.
Gattina, non ti farò del male…
Il
respiro comincia a farsi irregolare, mentre il cuore vuole pompare più sangue
di quello che mi sta realmente circolando in corpo.
-Ripeto:
bel discorso, micetta, ma non ci lasci neanche
replicare! Sapessi quante cose dobbiamo spiegarti, che tu neanche conosc-Hey, Sara! Tutto ok? Sei
bianca come uno straccio…-
-Io…Non…
Non lo so…- mormoro, prima di non sentirmi più la
terra sotto i piedi.
L’ultima
cosa che sento è John che mi chiama più volte, e poi il nulla.
Riapro
gli occhi e mi ritrovo in una camera non mia, mentre due occhi azzurri
s’illuminano.
-Oddio,
Sara! Sia lodato il cielo! Finalmente ti sei svegliata!-
Ringo
quasi mi soffoca, ma ricambio goffamente il suo abbraccio, che mi fa sorridere.
-Già… Credo che non vi
sbarazzerete molto presto di me!- gli faccio un occhiolino, mentre lui scoppia
a ridere.
***
-Ti
giuro che io non le ho fatto proprio niente!-
-Sì, ok.-
-Bell’amico del cazzo, che
sei! Non mi vuoi neanche credere!-
-Io ti
dico solo quel che ho visto: tu le hai stretto il braccio e lei è svenuta! Se
permetti, un paio di conti me li posso fare, no?!-
-Certo!
Ovvio! Perché tutti quanti hanno un nervo che collega braccio e cervello! Se le
premi il braccio una persona sviene, è automatico!-
-John,
evita di dire stronzate. Almeno per cinque minuti, non chiedo tanto.- Paul si
prende la testa tra le mani, sospirando gravemente.
-Se dai
un ordine, adeguati anche tu, testa di cazzo che non sei altro!- John si alza
di scatto, facendo cadere la sedia, e comincia a camminare in tondo per la
stanza.
-Lo sai
benissimo anche tu che non toccherei una donna neanche con un fiore!-
-Lo so,
ma so anche che in passato hai fatto certi
sbagli, e chi mi dice che questi non possano ripetersi?-
Ma è coglione o cosa?
John si
scaglia su Paul, prendendolo per il colletto ma, prima che possa mollargli un
Cazzotto con la C maiuscola, sbuca Ringo dalla porta: -Si è svegliata!-
Abbandono
la macchina fotografica sul divano e corro da lei.
***
-Cosa
sono ‘ste facce da funerale? Guardate che sto
benone!- scendo dal letto e cammino tranquillamente sotto i loro occhi
preoccupati.
Il
primo ad avvicinarsi, titubante, è John.
-Sara, senti…
Io dovr-
-È
tutto a posto, John. Dico sul serio.- gli sorrido, allora lui fa lo stesso e mi
abbraccia piano.
Paul e
George nel frattempo si guardano in cagnesco, quasi a voler decidere chi debba
essere il primo ad avvicinarsi: il più riservato abbassa gli occhi e l’altro,
manco a dirlo, ne approfitta subito.
Mi
abbraccia con trasporto, quasi non volesse più lasciarmi, e io mi sento quasi
soffocare.
-Mi hai
fatto preoccupare un sacco… E sono stato un emerito
deficiente! Potrai mai perdonarmi?-
-L’ho
già fatto.-
Paul mi
rivolge uno splendido sorriso e scioglie l’abbraccio, lasciando che si avvicini
George.
Questi
non dice niente: mi abbraccia timidamente in silenzio e, solo quando sembra che
si voglia staccare, mi bisbiglia all’orecchio: -Sapevo che eri diversa da tutte
le altre, ma la forza dell’abitudine mi ha fatto agire da perfetto idiota. Ti
prometto che da oggi in poi ti lascerò in pace, non ti disturberò mai più.-
Se ne
va, senza neanche un sorriso: dovrei essere felice perché mi ha giurato di non
trattarmi più come un oggetto, ma allora perché il suo “non ti disturberò mai
più” mi dà così fastidio?
Rimango
a fissare la sua figura di spalle, quando sento una mano strattonarmi: il
sorriso smagliante di Ringo mi convince a seguirlo in salotto, dimenticandomi
di quello che è appena successo.
-Che ne
dite di un po’ di musica?-
Ringo
fa alzare gli occhi miei e di John dalla rivista che stavamo sfogliando:
annuisco sorridendo, così mister Starkey comincia a
rovistare nell’armadietto sotto il giradischi.
Non
appena vedo l’album che ha scelto, scoppio a ridere: -Ma no! Ditemi che non
siete dei megalomani che ascoltano i propri dischi, vi prego!-
-Chi?
Noi? Assolutamente no!- urla lui, nascondendo dietro la schiena il vinile di Revolver.
No, non
prendetemi per pazza: lo conosco solo perché ce l’ha pure Mitch,
di certo non perché mi piaccia! Io e lei abbiamo raggiunto il tacito accordo
che può sentirselo tranquillamente quando io non sono in casa; quindi non mi si
venga a dire che sono una dittatrice, eh.
Rido
ancor più forte per la buffezza di Ringo, e mi
avvicino all’armadietto:
-Dai,
ti do una mano!-
Con mia
grande meraviglia scopro che i Beatles sono fornitissimi
di musica d’ogni genere: tra le mie mani passano The Supremes A’ Go-Go, Strangers In The Night, Face To Face, From The Beginning, Jefferson AirplaneTakes
Off e FreshCream.
Sorrido, ripensando a quanto io ci sia morta sopra, nel reparto “Ultimi arrivi”
del Route 66.
Poi,
improvvisamente, mi ritrovo davanti agli occhi A QuickOne, e non
posso fare a meno di pensare a come la mia vita sia cambiata nel giro di un
paio di settimane: sono passata dal seguire freneticamente gli Who, incollata davanti alla televisione, al cenarci insieme
con tutta tranquillità. E Keith Moon, quel
Keith Moon, mi ha pure regalato PetSounds!
Allucinante,
veramente allucinante.
Rimango
impalata a fissare le figure stampate in copertina, quando vedo una mano
sventolarmi davanti agli occhi: -Hey, ma ti piacciono
gli Who, dolcezza?-
In
questo momento lo sguardo di John è così rassicurante che vorrei rivelargli il
fatto che sì, mi piacciono, anzi!, li adoro,
e che c’ho pure cenato assieme a Natale…
Ma
preferisco fare spallucce e riporre il disco, scegliendo poi Hold On, I’m Coming.
Lo
faccio partire e vado a risedermi al mio posto, mentre Lennon mi segue,
piuttosto perplesso: -Devo dire che i tuoi gusti mi lasciano un po’ così, ragazza… Chi l’avrebbe mai detto che ti piacesse questo
genere di musica?-
-Lennon, per te è così
difficile capire che non hai davanti una Beatle-fan?-
rido leggera, mentre lui si unisce alle mie risa.
-… E comunque non sei
di Liverpool, vero?- interviene Ringo, guardandomi dalla poltrona.
-Ma il
mio inglese fa veramente così schifo?- chiedo io, perplessa sia per il suo
intervento che non c’entrava nulla, sia per il fatto che mi becchino sempre,
mentre John scoppia nuovamente a ridere e l’altro diventa bordeaux.
-N-no! Non intendevo
quello!- esclama, agitando freneticamente le mani in un gesto di plateale
discolpa, mentre io gli intimo di stare tranquillo, perché non mi sono mica
offesa.
John si
alza e cambia disco, asserendo che di Hold On, I’m Coming ama solo la traccia principale, e fa partire
l’album che ha appena scelto.
Mentre
le note di The Sound OfSilencesi diffondono in tutto il salotto, Lennon
se ne ritorna sul divano a sfogliare distratto la rivista di prima, e io mi
guardo in giro: Ringo sferruzza (?) sulla sua poltrona, ma gli altri due? Che
fine hanno fatto George e Paul?
***
-Allora,
ci siamo capiti?-
-Sei
stato chiaro come uno specchio d’acqua.-
-Bene.-
-Bene.-
-…Senti…
Mi dispiace, George. Mi dispiace, e non sai quanto!-
-Sssì, posso immaginare
quanto ti possa dispiacere…-
-Sto
dicendo sul serio! Amico mio, non sai quant’è dura per me dover scegliere!-
-Avanti,
Paul: chi vuoi prendere per il culo? Siamo grandi e vaccinati, cazzo! E s’è
visto da lontano un miglio come tu abbia fatto di tutto per mettermi fuori
gioco! Giurerei che tu non la volessi neanche portare a casa, per evitare di
farmela incontrare, se non ti conoscessi così bene.-
Le
guance in fiamme di McCartney sono la giusta ricompensa per la mia sottile
psicologia.
Sorrido
impercettibilmente, compiaciuto per il risultato.
-Vedi?
Sono perfino disposto ad accettare questo tuo insopportabile sarcasmo!-
-È il
minimo che tu possa fare, dopo avermi fregato la ragazza. E non venirmi a dire
che non è così, perché non trovo affatto casuale il fatto che te l’abbia
presentata alla festa e che tu poi abbia incominciato a frequentarla... Sei
così subdolo che potresti benissimo averla pedinata, meschino come sei.-
-Harrison, piantala! Stai
oltrepassando il limite!- mi prende per il colletto, ma io mantengo la calma e
il tono di voce ironicamente placido.
-Avanti,
mollami un cazzotto! È così che mister McCartney risolve le proprie faccende,
vero? Bah, io non ti imiterò: non voglio avere sulla coscienza un bel visino
come il tuo rovinato dai lividacci.-
Paul
resta a fissarmi per un po’ e dopodiché mi molla con uno spintone, voltandosi
verso la porta.
-Tutto
quello che dovevo dirti te l’ho detto:vedi di rispettare i patti.-
-Sì sì,
Paul: la lascerò in pace, vai tranquillo. Sotterrerò l’ascia di guerra in nome
della nostra bellissima, purissima ed invidiabilissimaamicizia, vecchio mio!- trillo
festoso, salutandolo con la mano mentre lui se ne va finalmente fuori dalla mia
stanza.
Mi
lascio cadere sul letto e rifletto: anche se non l’avevo considerata come una
cosa seria, quella ragazza ha un qualcosa
che mi attira veramente molto…
Paul sembra prenderla sul serio, ma io non mi fido molto: spero solo che non la
faccia soffrire.
Sorrido
al solo pensiero che quel demente l’abbia presa come una vera e propria guerra
coi fiocchi: i tempi in cui facevamo a gara a chi conquistava per primo la più carina della festa son finiti da
un bel pezzo…
E poi,
a dirla tutta, se pensassi di potercela
fare, rinuncerei.
***
-Penso
che i Cream siano qualcosa di eccezionale…
Non fanno canzonette e si sentono liberi di esprimersi come meglio sanno fare
e.. oh, c’è Paul!-
Il
diretto interessato si avvicina sorridendomi: -Di che stavate parlando?-
-Dei Cream, McCharmly, e di come
spaccheranno i culi a tutti, probabilmente noi compresi!-
Io e
Paul ridiamo, mentre John continua: -Dico sul serio! Li hai sentiti? Più
ascolto ‘sto cazzo di disco e più mi rendo conto di quanto siano stupefacenti!-
-Mmm, già…Non male.- gli risponde serafico
l’amico, scatenando così la mia reazione.
-“Non
male”? Ma hai problemi d’udito, per caso? Baker suona divinamente, e Clapton… Mio Dio!- esclamo estasiata, facendo ridere i due
Beatles.
-A
proposito di Clapton!- interviene nuovamente John, che tra i due è sicuramente
(e stranamente) quello che prende sul serio quest’argomento, -Sai che è molto
amico di George, vero?-
… Scusa?
-SCUSA?!-
-Err, no: a giudicare
dalla tua faccia non lo sapevi!-
-OMMIODDIO,
CHE RAZZA DI NOTIZIONA MI
HAI DATO! MA E’ FAVOLOSO!-
Dopo un
paio di minuti di perfetto sclero, finalmente mi do
una calmata: -E George dov’è?-
Paul
arriccia il naso, per poi bofonchiare qualcosa a proposito del fatto che sia in
camera sua.
Mi alzo
dal divano e inizio a cercare la sua stanza: se non ho capito male, è quella
dove mi sono svegliata prima.
RBingo!
Busso
piano alla porta e, prima di ricevere una risposta, mi ci fiondo dentro: in
altri momenti non lo farei mai, ma la notizia che John mi ha appena dato ha
decisamente mandato via a calci in culo la mia educazione.
-Oddio,
che ci fai qua?!- George balza seduto sul letto, sorpreso (ma vaaa?) per la mia pacifica irruzione.
-Niente
di che, io volev-
-Esci
subito, prima che ti veda Paul e che si metta a pensar male!-
George
balza giù dal letto e fa per spingermi fuori dalla stanza, ma io mi scanso.
-Se non
mi vuoi vedere puoi anche dirmelo apertamente, eh.-
-Ma no!
Non è che non ti voglio vedere, però… Capiscimi,
cazzo!-
-Sì, ti
capisco perfettamente. Ti lascio ai tuoi sogni ad occhi aperti, George. Ciao.- gli rispondo con tono perfettamente atono,
chiudendomi la porta alle spalle abbastanza bruscamente.
***
Sto
discutendo con John del fatto che Eric non verrà mai a suonare in un nostro
album, al contrario di quel che sostiene lui, quando in salotto Sara fa
nuovamente la sua comparsa.
Alla
domanda di Ringo se vada tutto bene, lei si affretta ad annuire con il capo e a
sorridergli, ma io e John ci siamo accorti subito di quanto il suo sorriso sia
stato sfuggente e di che brutta cera avesse, appena arrivata.
Ci
scambiamo uno sguardo d’intesa e faccio per aprir bocca, ma lui mi precede:
sorrido e non posso fare a meno di pensare a quanto sia fortunato ad avere un
amico così.
-Tesoro,
senti un po’… Non è che ti andrebbe una pizza?-
Quasi
crollo giù dal divano.
-… Pizza?-
-Sì,
per cena… Sai, mi è venuto un certo languorino, e mi chiedevo se volessi unirti all’allegra
combriccola per una cenetta in compagnia…- John le fa
l’occhiolino, mentre un Ringo su di giri annuisce vistosamente con il capo.
-Approvo,
approvo!- applaude entusiasta, facendo ridacchiare quel coglione di Lennon.
-Oh,
beh, ad una pizza non si può dire di no!-
-Ecco,
ben detto, ragazza mia! Perché so che saresti dovuta uscire con Paulie, però l’ora di cena si sta avvicinando, e dopo
potreste comunque fare una passeggiatina in coppia, no?-
A
queste parole e il suo sguardo malizioso, accetto in fretta, per non sentirlo
blaterare un secondo di più, e John mi abbraccia di slancio, acciambellandosi
su di me come un gatto.
-Grrrazie John, tu sì che sei
un vero amico.- gli ringhio dietro,
mentre lui tenta di sbaciucchiarmi tra le risate di Sara e Ringo.
-Dovere,
Paulie, dovere!- sentenzia lui, staccandosi e
trascinandosi appresso Sara per telefonare alla pizzeria più vicina.
***
Aaah, Dio se mi mancava
la pizza!
Cerco
di non dare troppo a vedere la mia euforia, mangiando piccoli spicchi della
margherita che ho ordinato, ma penso che l’abbiano intravista tutti.
Beh, fanculo. La margherita è la margherita, amen.
-Mmm, quindi, da quel
poco che ho capito, non sei inglese, giusto?-
Aggrotto
le sopracciglia e fisso John: -Intuito è
per caso il tuo secondo nome, Lennon?-
Lui
ridacchia, seguito a ruota libera dagli altri tre.
-Comunque
sì, esatto, non sono inglese.- aggiungo, addentando un altro trancio.
-Sai,
mi è venuto in mente un giochino…-
A
quelle parole John si becca occhiatacce sinistre da tutti i presenti,
soprattutto dalla sottoscritta, che ha gli occhi più spalancati di quelli di un
furetto.
-Ma che
avete capito, razza di incapaci? Non quei
giochini!- ride come un deficiente (anzi, non
“come”, perché lo è), -La mia idea era innocente: tu mi dici il tuo cognome, e
io provo ad indovinare da dove vieni, ecco tutto.-
John
viene trafitto da tre paia di occhi perplessi più uno piuttosto indagatore, ma
sembra non notarlo.
-Ok, ci
sto. Ventimiglia.-
-Uh,
come il libro!-
-Ringo, quello era Ventimila leghe sotto i mari.- lo corregge atono George,
divorando l’ennesima fetta di pizza.
-Ahahaha, Rings
oggi sta collezionando un EpicFail
dopo l’altro!- ride John, le lacrime agli occhi, mentre Ringo non vorrebbe far
altro che sotterrarsi.
Io
rimango con il trancio a mezz’aria e la bocca spalancata, ma Fred Astaire mi fa così tanta tenerezza che decido di passarci
sopra. Per stavolta.
-Tranquillo,
Ringo, Verne è una tale palla che ti capisco alla perfezione…
Anch’io sbagliavo sempre questo titolo.- e gli sorrido, facendolo illuminare
d’immenso.
-Bene, ragazzina… Ventimiglia, eh? Innanzitutto complimenti per il
cognome, mi piace… E poi,- John si carezza
meditabondo il mento -direi che punto tutto sulla Spagna.-
Rimango
seria per un paio di secondi, emettendo poi il tipico verso che i pulsanti dei
quiz televisivi fanno quando una risposta non è esatta.
-Errato,
mister Lennon! Ritenti, la prossima volta sarà più fortunato!- gracchio canzonatoria.
Tutti
ridono, ad eccezione di John, che sbuffa e se ne viene fuori con la tipica
scusa di chi non sa perdere: -Bah, questo gioco mi ha stufato.-
E, come
da copione, io e gli altri tre cretini ci uniamo in coro in un bel -Cooomee? Di giàà?-, scoppiando
poi a ridere come degli emeriti deficienti, ovviamente sotto lo sguardo offeso
del signorino.
-Cooomunque! Come mai proprio la
Spagna?- cerco di riprendere seriamente il discorso.
-Mah,
forse perché sei caliente?-
si sporge verso il mio posto, con un’espressione che dovrebbe essere piaciona.
-Cioè,
tu mi stai paragonando ad una stracazzo di paella? Spiegami subito, Lennon!-
brandisco la forchetta fintamente furente, facendoli ridere come pazzi.
-E
perché no? La paella è deliziosa.-
interviene George, facendomi puntualmente arrossire.
-Eee comunque sono
italiana, Italy, do youunderstand?-
sbraito, rossa in volto, quasi volessi coprire con delle urla l’ultima affermazione
di Geo, che continua a rimbombarmi nella mente.
-Uuuh, pasta-pizza-e-mandolino!-
sbuca trionfante John, mentre tutti ridiamo e Paul si affretta a correggerlo:
-No Winnie caro, quella è solo Napoli! Tu da dove vieni? Da lì, Roma o Milano?-
-Veramente
io sono nata a Verona, la città di Romeo e Giulietta, per capirci- sorrido, -ma
mio padre è sardo.-
-Cazzo,
dev’essere un bel posto, la Sardegna: mi piacerebbe
andarci, un giorno.- afferma Ringo, prima di bersi un altro sorso di birra.
-Un
giorno vi ci porterò!- esclamo entusiasta finendo la mia Coca Cola, mentre loro
mi rivolgono un applauso di totale approvazione.
Già, un giorno, chissà…
Who are you? Uiiiiiiiar de cempioonss, mai freeeeendu.u
Occhei, son tornata. In mostruoso ritardo, ma sono qui, tutta per
voi! (coro: e chissenefrega!)
A me frega, quindi buoni che vi dico
tutto.
Bene, sul mio amicone Uord questo capitolo è lungo la bellezza di 6 pagine, e
sarebbe anche dovuto essere più lungo, se non fosse stato per il fatto che
non c’avevo cazzi d’andare avanti a scriverlo per il fatto che risultasse
un po’ troppo noioso et pesante.
Quiiindi, eccomi qua!
Allora, ho constatato che gli indizi
non li trova nessuno (LOL), quindi ho deciso di elencarveli, chissà che non vi
applichiate di più : D
-Lo so, ma so anche che in passato hai fatto certi sbagli, e chi mi dice che
questi non possano ripetersi?- (un Paul decisamente masochista rievoca la
sberla che John diede a Cyn.)
Mi lascio cadere sul letto e rifletto: anche se non
l’avevo considerata come una cosa seria, quella ragazza ha un qualcosa che mi attira veramente molto… (lo
so, fa cagare, ma voleva essere un velato riferimento a Something.)
Sto discutendo con John del fatto che Eric non verrà
mai a suonare in un nostro album, al contrario di quel che sostiene lui,
quando in salotto Sara fa nuovamente la sua comparsa. (uno a zero per
Lennon, siore e sioriii!)
-Cazzo, dev’essere un bel
posto, la Sardegna: mi piacerebbe andarci, un giorno.- afferma Ringo,
prima di bersi un altro sorso di birra. (d’altronde, solo lì ci sono i
migliori giardini di polipi…)
E poi qui ho nominato un fottiodi album famosi, ossia: The Supremes A’ Go-Go (The Supremes), Strangers In The Night (Frank Sinatra), Face To Face (The Kinks), From The Beginning (Small Faces), Jefferson Airplane Takes Off (Jefferson
Airplane), Fresh Cream (Cream), A Quick One (The Who), Hold On I’m Coming (Sam & Dave), The Sound Of Silence (Simon &
Garfunkel).
Non ho
altro da dichiarare, se non che vi amo tutti alla follia perché mi sopportate
sempre e nulla, andate in pace.