(Love is like a) Hurricane.

di DazedAndThief
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Good day, sunshine ***
Capitolo 2: *** People try to put us d-down! ***
Capitolo 3: *** I've just seen a face ***
Capitolo 4: *** The Kids are Alright ***
Capitolo 5: *** Don't bother me ***
Capitolo 6: *** A legal matter ***
Capitolo 7: *** Got to get you into my life ***
Capitolo 8: *** In the city ***
Capitolo 9: *** I wanna be your man ***
Capitolo 10: *** Someone's coming ***
Capitolo 11: *** Act naturally (Benvenuta a casa Beatles, pt. 1) ***
Capitolo 12: *** I like you too much (Benvenuta a casa Beatles, pt. 2) ***



Capitolo 1
*** Good day, sunshine ***





(Love is like a) Hurricane.

 

 

Capitolo 1
Good day, sunshine

 

Liverpool di mattina è un qualcosa d’incantevole.

Incredibile come una cittadina che in genere brulica di vita possa essere così placidamente calma.

Il cielo rosa è solcato ogni tanto dal fumo dei comignoli di qualche vecchia casa, quelle villette a schiera anonime, tutte uguali con i loro mattoni grigi e gli arredamenti imborghesiti acquistati da persone altrettanto borghesi fino al midollo.

Abitare all’ultimo piano ha i suoi vantaggi: si sale la scaletta metallica nascosta in camera mia e ci si ritrova sul tetto ad ammirare un panorama mozzafiato come questo.

E pazienza se soffro di vertigini: basta non sporgersi troppo e il problema non si presenta.

Qua ci starebbe una sigaretta, ma per fortuna il fumo non rientra tra i miei vizi, quindi opto per una canzone da canticchiare.

 

Some way, some day, I'll find a way 
to make you see my way 

 

La mia vita è solo un susseguirsi di cose sempre uguali. Routine è il termine giusto per definirla, anche se forse palla rende meglio l’idea.

Sveglia, colazione, liceo, part-time e di nuovo casa sono veramente la mia morte quotidiana. Il sabato sera esco un po’, ma è come se un solo giorno non riuscisse a rendere giustizia ad un’intera settimana di apatia.

Per fortuna c’è Mitchie.

Chi è Mitchie? Colei che ruberebbe matitine ovunque, colei che è una schiappa in matematica e che pretende che io la aiuti, pur essendo a conoscenza del profondo odio che nutro nei confronti di questa disciplina, colei che mi allieta le giornate appendendo schizzi buffi al frigo e sulle porte, colei che dorme vicino a me, un solo muro di stupido cartongesso a separarci.

Ha occhi scuri leggermente a mandorla e un carré che le incornicia il viso maturo, che le fa dimostrare un po’ più dei sedici anni che realmente ha, e disegna divinamente. E quando dico divinamente, lo dico perché è vero. Passa dalle caricature ai ritratti con una velocità incredibile e wow, mi lascia sempre a bocca aperta.

Uh, sarà anche ora di svegliarla, adesso: ha un sonno così pesante che nemmeno i Marines riuscirebbero a farle aprire gli occhi, pazzesco!

Mi calo giù per la scaletta, facendo ben attenzione a non cadere, e atterro perfettamente in piedi.

-Mitchie! Alzati!- mi affaccio alla sua porta, ricevendo come risposta un mugolio e un successivo girar fianco.

Alzo gli occhi al cielo, per poi continuare: -Avanti, non vorrai far aspettare il signor Disney e il signor Barks!-

La vedo balzare seduta, con gli occhi spalancati: -Od-oddio, Carl Barks e Walt Disney a… a casa mia?-

Non faccio neanche in tempo a risponderle che è già volata fuori dalla stanza, e nascondo un ghignetto soddisfatto quando la sento protestare dal cucinino, una volta scoperto che nessuno dei due affermati disegnatori stia aspettando il suo caffè.

Ma io sì, quindi è meglio che si spicci.

 

Stupide divise.

Stupide stupide stupide divise.

La gonna di Mitchie con questo vento continua a sollevarsi, e lei è costretta ad appoggiarci le mani sopra per tenerla a bada.

Ditemi voi se è sensato che a scuola si debbano indossare delle stupide divise: non avrebbe più senso che ognuno mettesse le cose che più gli piacciono?

Io, ad esempio, verrei a scuola perfino in pigiama, se mi fosse concesso.

E invece no, mi devo accontentare della divisa maschile, misero traguardo.

Guardo Mitchie di sottecchi.

Però, effettivamente, a pensarci bene, preferisco la camicia, la cravatta e i pantaloni a quel blazer grigio e quella gonna plissettata verde bosco.

Cioè, la mia mise fa tanto old style, tutta in bianco e nero, e devo dire che quest’alone di androginia che mi circonda mi piace. E parecchio.

-Mamma, che vento maledetto! Ma la bora non c’era solo a Trieste?- sbuffa Mitchie, arrancando.

-Avrà chiesto asilo politico. Su, non manca molto.- le rispondo io, stringendomi nel mio cappotto antracite.

Difatti, in mezzo ai mulinelli di polvere, scorgo il vecchio orologio dello Sheffield Institute spiccare in mezzo a tutto quel verde.

Io e Mitchie ci scambiamo uno sguardo d’intesa e poi iniziamo a correre verso l’edificio, desiderose di un riparo da quella bufera.

Passiamo cinque minuti buoni in atrio, io a sfregarmi le mani con forza e lei a soffiare sulla cioccolata che ha preso, facendo ben attenzione a non scottarsi.

Quando la campanella suona la saluto con un cenno veloce e mi avvio verso la mia adorata aula di chimica.

Un’altra stupenda mattinata mi attende.

 

 

 

Appoggiata al muretto in mattoni rossi aspetto che Mitchie arrivi, e nel frattempo mi diletto a lanciare occhiatacce alle ochette che, noncuranti del senso di pudore che in teoria Madre Natura dovrebbe aver fornito loro, lasciano che il vento alzi le loro gonne e che i “maschioni” sbavino dietro a qualcosa che non potranno mai avere.

Tsk, gioventù bruciata.

 

Finalmente Mitchie arriva, stranamente saltellando, e mi trascina con sé.

-Ma tu non avevi mica matematica all’ultima ora?-

-Affermativo!- fa lei.

-E da dove viene tutto quest’entusiasmo, allora?-

-Eh, mi ha consegnato il test e…-

-E…?-

-E sono migliorata!- esclama, le stelline agli occhi.

Mi blocco. Ok, se Mitchie è migliorata in matematica il mondo potrebbe finire qui, di punto in bianco. Devo ASSOLUTAMENTE incontrare gli Who prima che l’Apocalisse scenda inesorabile su di noi!

-Oddio. E quanto hai preso?- la fisso, con gli occhi spalancati.

-Una E!- replica, saltellando di qua e di là.

Credo che la mascella mi sia rotolata per terra.

-E… e tu fai tutto questo casino per una cazzo di E? Sai quante ne prendo io? E non c’è niente da vantarsi, fa schifo come voto.-

Ma la mia frase acida sembra non intaccare proprio per nulla l’entusiasmo della mia amica, che continua imperterrita a zompare a destra e a manca.

-Beh, tu sarai abituata alle tue E, ma per me è la prima! Finora sono andata avanti solo a forza di F!-

Mi sbatto una mano sulla fronte e riprendo a camminare veloce.

-Sbrigati, altrimenti Joe chiude.-

 

Il cartoccio di patatine fritte in mano, cammino a passi svelti, mentre Mitchie mi è di fianco, intenta a divorarsi l’hot-dog.

Il terzo.

-Dici che facciamo in tempo a prenderci anche un gelatino?- s’illumina.

-Dopo esserti sbafata tre hot-dog e avermi perfino fregato qualche patatina fritta, mi chiedi se puoi prenderti anche il gelato? Ma hai problemi?-

-Sì, tu che non mi lasci nutrire me stessa in pace!-

Sbuffo.

-Ma si può sapere come fai a mangiare come un drago?-

-Veramente non sono io quella che mangia come un drago: sei tu quella che non mangia nulla.-

-Ma non dire fesserie! Mangio sì.- brontolo, ficcandomi tre patatine in bocca.

-Beh, allora mangi come un canarino, hai lo stomaco di un fringuello…-

-… e i capelli da upupa, sì.- faccio spallucce.

La sento sbuffare scocciata, e calciare qualcosa con i mocassini.

Alzo gli occhi al cielo.

-E va bene! Hai vinto tu! Piuttosto di sopportare una vecchia caffettiera che gorgoglia per tutto il tragitto t’accompagno alla gelateria, contenta?-

Mitchie mi salta al collo e tenta di soffocare un gridolino di gioia, cosa che non le riesce, quindi inizia a correre verso l’amato traguardo.

Sorrido. Per fortuna che c’è lei ad animarmi le giornate.

 

-Prometto che ti ridarò tutto quanto, lo giuro!-

-Sì sì, va bene, basta che chiudi il becco.- taglio corto io, sorridendo.

Al solito: Mitchie è al verde e il suo amato super-cono “pistacchio-nocciola-fior di latte” le è stato gentilmente offerto dalla sottoscritta.

Finalmente, dopo mille peripezie, arriviamo all’agognata meta: il Route 66, il negozio di dischi in cui sogno di lavorare praticamente da sempre.

Ogni giorno, finita la scuola, io e Mitchie veniamo sempre qua a ficcanasare, e ogni tanto torniamo a casa con una busta nuova.

È vero, non è che i dischi cambino di giorno in giorno, ma passarli in rassegna tutti quanti, uno ad uno, quotidianamente, mi dà un certo senso di sicurezza, mi fa sentire a casa.

Mentre la mangiona resta fuori a finire il suo gelato io entro, e mi precipito subito su Pet Sounds: è appena uscito, ma quanto mi piace!

-A forza di guardarlo me lo consumerai!-

Mi volto e vedo Bob, le braccia conserte, sorridermi bonariamente.

Gli rivolgo una linguaccia: -Senti, Bob, posso…?-

-Sì che puoi, piccola. Non serve che tu me lo chieda ogni santa volta.- m’interrompe, ridendo.

Io faccio spallucce e mi precipito al juke-box; una sterlina e via, God Only Knows può partire.

 

I may not always love you,
but long as there are stars above you
you never need to doubt it

 

Quant’è bella questa canzone, Dio solo lo sa.

Mentre la canticchio incomincio a “ballare” (molto tra virgolette); più che altro giro su me stessa, fino al momento in cui perdo l’equilibrio e vado a sbattere contro qualcosa. O qualcuno?

 

-AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!-

Caccio un urlo che nemmeno la Callas, mentre Mitchie si precipita in fretta e furia da me.

-Che succede?-

-Q-que…- le parole non riescono ad uscirmi di bocca.

Il qualcuno mi tende la mano, e solo in quell’istante anche lei si mette a fissarlo.

-Quello è Keith Moon degli Who!- urlo, prima di svenire.

 

Riapro gli occhi, e metto a fuoco il viso simpatico della mia coinquilina, e poi un altro viso, che conosco fin troppo bene.

-Od-oddio… Keith… Keith Moon…-

-Hey, bambola, vedi di non svenire di nuovo!- scoppia a ridere lui, aiutandomi a rialzarmi.

Mitchie lo ringrazia, e asserisce che lo svenimento è dovuto al sangue che mi è fluito alla testa un po’ troppo velocemente, mentre “ballavo”.

-Sai benissimo che non è quello il motivo per cui sono caduta come una pera marcia, vero?- le bisbiglio nell’orecchio, mentre lei annuisce col capo.

Bene, almeno lei ha capito.

E forse anche lui, cazzo.

Figuradimmerda.

Cioè, ho Keith Moon, quel Keith Moon, davanti a me e Mitchie è stranamente tranquilla.

Aspettate.

Tranquilla?

Come fa ad essere tranquilla in questa situazione?

Non è da lei.

Non è assolutamente da lei.

Qui gatta ci cova.

 

-Aspetta, il tuo viso mi è familiare… Per caso ci siamo già incontrati da qualche parte?- fa lui, rivolgendosi a Mitchie.

-Ero al Long Scene di Londra, il due settembre di due anni fa… E mi ero imbucata nel backstage…-

-Uh, mi ricordo! Sei Mitchie!- schiocca indice e pollice, per poi abbracciarla. -Piccola Mitchie, come stai?-

-Tutto bene, Kif. Tu, qual buon vento ti porta a Liverpool?-

-Una meraviglia, tesoro. Sono qui con gli altri, ci siamo presi una pausa e abbiamo pensato che il luogo ideale per non avere scocciatori in mezzo ai piedi fosse proprio Liverpool. Le ragazzine sono troppo concentrate su quei quattro scarafaggi per badare a noi.- e ci fa l’occhiolino. O meglio, le fa l’occhiolino.

Io li fisso con gli occhioni sgranati: mi mangiasse la lingua il gatto, se qua c’è qualcuno che mi calcola.

-… E che ne diresti di presentarmi la tua amica, miss “centro-di-gravità-permanente”?- ride lui.

Ooook, gatto: stasera niente cena, I’m so sorry.

So che Keith Moon mi ha appena preso per il culo, seppur affettuosamente, e so che dovrei rispondergli a tono, ma l’unica cosa che riesco a fare è fissarlo con una faccia che rasenta i limiti della definizione di “ebete” per eccellenza.

-Oh, è vero! Keith, ti presento Sara, la mia coinquilina nonché migliore amica!- mi presenta Mitchie, tutta raggiante.

-Enchanté, mademoiselle.- mi bacia la mano.

Ommioddio, Keith Moon mi ha baciato la mano. KEITH MOON MI HA BACIATO LA MANO!

Credo che sverrò da un momento all’altro.

-Ehm, il piacere è tutto mio.- rispondo, titubante e rossa in viso.

Lo sguardo mi cade poi sull’orologio appeso al muro: 13.50.

-Cazzo!- mi sfugge di bocca, facendo girare Mitchie e Keith in mia direzione.

-Ehm, gente, è stato veramente un piacere stare qui con voi ma ora devo scappare al lavoro. Vi lascio continuare la vostra conversazione, ok?- poi, rivolta verso Keith: -Ed è stato un enooorme piacere poterti conoscere, Keith! Veramente, non immagini quanto!-

Ommioddio, sembro una Beatle-fan nipponica.

Lui scoppia a ridere e poi, scompigliandomi la frangia, mi risponde: -Anche per me, bellezza. Alla prossima!-

Rossa in volto, saluto con la mano anche Mitchie e poi me la svigno, correndo come una pazza, un po’ per il ritardo e un po’ (molto) per l’ennesima figuraccia collezionata in meno di mezz’ora.

 

Ok. Mi ha toccato i capelli. Fosse stato qualcun altro avrebbe ritrovato le proprie palle fare salotto con le tonsille, ma lui è Keith Moon.

 

 

 

 

Who are you?

Ooook, gente! You’re welcome :)

Chi vi parla è Dazed: questo capitolo è stato scritto da me ed è solamente l’inizio di una pazzesca cross-over a quattro mani che nemmeno potete immaginarvi.

Le altre due manine appartengono alla mia adorata Thief, che si occuperà del secondo capitolo e che è anche l’autrice della splendida targhetta che avete trovato all’inizio.

Beh, che altro dirvi?

Ah, ho rubato a Thief l’idea del cambiare nome all’angolo autrici, e mi sembrava parecchio carino usare la canzone degli Who. :D

Il mio personaggio si chiamerà Sara, mentre il suo Mitchie, e le nostre due alter-ego avranno la grandissima fortuna di incontrare, lungo la loro strada, bei fusti che hanno fatto la storia del Rock.

L’intera storia è ambientata a Liverpool, nel 1966, e le due protagoniste sono delle normalissime teenager che devono fare i conti con la vita di tutti i giorni.

Oddio, tanto normalissime non lo sono (come avrete potuto ben notare, la sanità mentale lascia un po’ a desiderare) ma comunque non posseggono poteri paranormali e quindi possono essere definite…

Ok, ok, taglio corto.

In questo capitolo c’erano un po’ di riferimenti (alcuni facilmente visibili, altri più nascosti) ad un po’ di band dell’epoca che io apprezzo, e che penso piacciano anche alla mia socia: vediamo se siete così in gamba da scovarli tutti ;)

Spero che questo capitolo via sia piaciuto e v’invito ad aspettare il prossimo, quando passerò le redini a Thief ;)

Bacioni e statemi bene (Y)

 

Dazed;

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Capitolo 2
*** People try to put us d-down! ***





Capitolo 2
People try to put us d-down!

 

-Shhh, fai silenzio, altrimenti ci sentono!-
-Oh, Mitch, sei una terribile rompiscatole!- borbottò Little Jim.
Sorrisi. -Lo so. Problem?-
Little Jim, ragazzo-pulce sedicenne basso quanto me con una folta capigliatura color carota, mi aveva parlato di tali The Who, un gruppo a sua detta spettacolare, e lui ci aveva anche aggiunto un “Sono imperdibili!” tutto eccitato.
Fino al nasone che distrugge la chitarra mi erano sembrati solo carini, e poi mi aveva parlato del batterista.
Una bomba. È come se partisse un jet sul palcoscenico. Io avevo alzato un pugno all'aria ed esclamato un solenne -Ci sto! Andiamo!-
Ed era così che ero finita in quello sterco di situazione.
Nascosti da qualche parte nel buio, avvinghiati a vicenda, temendo l'arrivo di un piedipiatti, controllore della sicurezza, alieno, marziano... Credo di essermi fatta capire.
Ad un certo punto, sentii qualcosa che prudeva nel mio naso.
Stavo per starnutire, ma non dovevo starnutire.
Stavo per starnutire e sentivo il dovere di starnutire, ma non dovevo starnutire.
Stavo per starnutire e sentivo il dovere di starnutire e quindi dovevo starnutire, ma non dovevo starnutire.
Insomma, cazzo, non dovevo starnutire!
-Eee... Et-ciùùùùùùùùùùù!-
-AAAAAAAAHHHH!-
Mi ritrovai improvvisamente per terra, col mento sprofondato sulla nuca di quel babbione di un Little Jim e le braccia all'aria dallo spavento.
Beh, almeno avevo avuto un atterraggio morbido. Ma ero uscita allo scoperto.
Eravamo usciti allo scoperto! Era un gran guaio, la faccia di Little Jim era talmente brutta che anche il più macho tra questi The Who – il biondo era il più macho, mi avevano detto – si sarebbe spaventato alla sua vista! Eravamo nella mer... nello sterco più totale.
-Ma ti lavi i capelli, ogni tanto, coglione?!
È tutta colpa dei tuoi capelli se ho starnutito!-
-Sei tu la cogliona che è rimasta attaccata al mio cranio per tutto il tempo, quindi sta muta e levati dalla mia schiena!-
In segno affermativo, gli tirai lievemente una guancia con il pollice e l'indice e feci per alzarmi, ma ebbi difficoltà a rimettere i piedi per terra. E così dovevo subire una doppia umiliazione. Inoltre eravamo seriamente nei guai. Sapevo che mancava poco all'arrivo di un uomo grande e grosso con una faccia da gorilla che ci spedisse fuori da quel posto a calci nel sedere; appena rialzati, avevamo solo il tempo di riprenderci completamente e attendere che ci buttassero fuori. Perfetto!
-Ehm... Serve aiuto?-
Una mano comparve sopra la mia testa. La presi, rossa come un pomodoro, lasciando che mi aiutasse ad alzarmi.
Due occhi tondi e cerulei mi osservavano dalla testa ai piedi tra l'interessato e il divertito, e la mano continuava a stringere la mia. Le labbra del ragazzo davanti a me si piegarono in un sorriso.
-Io mi chiamo John, e tu?-

 

Di solito piove, a Liverpool. Stavolta, invece, Dio ha voluto fare in modo che io possa camminare sotto azzurri cieli suburbani illuminati dai caldi raggi di un sole che, dopo tanto tempo di attesa, si è deciso a uscire allo scoperto. Questo significa che posso passeggiare quanto voglio senza temere un improvviso acquazzone, cosa molto frequente nel territorio inglandese in cui abito, e questo può solo giovare al mio umore – anche se, devo dirlo, non mi sento affatto a terra, anzi.
-Ehi, aspetta! Certo che hai le ali ai piedi, eh, piccoletta?-
Mi fermo e mi volto, offesa. Piccoletta? Come osa chiamarmi piccoletta? Non me ne frega niente se è il batterista degli Who, potrebbe benissimo essere anche il panettiere della casa accanto, ma non deve nemmeno osare chiamarmi in quel modo!
-Kif, mi sei mancato un mondo, ma... Chiamami ancora in quel modo e ti... Ti picchio, ok?!-
Keith scoppia a ridere.
-Va bene, piccolina. Ma ora andiamo.-
-Piccolina?! Ah, ma allora non hai capito! Guarda che io ti picchio sul serio!-
Ci sediamo nelle seggiole arancioni della fermata del bus, e tra risate, gomitate e battutine di poco gusto e dallo scadente senso dell'umorismo, finiamo per parlare su quel che ci è successo dopo quel concerto. Non avrei niente da raccontargli, ma gli parlo velocemente di come ho passato quei miei ultimi anni di scuola, di come sono migliorata in matematica (qui Keith si mette a ridere), degli ultimi dischi che io e Sara abbiamo acquistato.
Di quel che mi racconta Keith, non c'è niente di nuovo: gli Who hanno dato alle case discografiche i loro primi singoli per cui, beh, ok, impazzivo pure io, per poi registrare quello che sarebbe diventato il loro primo album, ossia My Generation, uscito nel 1965 in America come The Who Sings My Generation con una tracklist e una copertina differente. Erano tutte cose che sapevo.
A parlare così, ora che ci penso, mi sento come Sara. Gli Who piacciono soprattutto a lei. Li seguiva su Ready Steady Go! con un entusiasmo tale che ricordava le Beatle-fans. Sorrido al pensiero, attirando l'attenzione di Keith.
-A cosa stai pensando?- mi chiede.
-Niente, niente... Pensavo!- una breve pausa, -Sai che gli uomini pensano per tutto il tempo della loro vita? Anche nell'attimo prima di morire e anche nel momento in cui nascono. Solo che, alla nascita, una persona non ha ancora acquisito un preciso linguaggio parlato, quindi quasi nessuno ricorda il momento della propria nascita...-
Mi accorgo solo in quel momento che Keith mi sta guardando con un sopracciglio alzato, facendo una delle sue buffe espressioni.
-... ok, Mitchie, il bus è arrivato... Domani vieni al posto che ti ho detto, alle otto, così ci vediamo tutti assieme!-
-Oh, ma certo! A domani, allora?-
-Certo, a domani, se verrai!-
Mi abbraccia calorosamente e corre verso la vettura, che sta per partire. Mi urla un'ultima cosa prima che si chiudano le portiere.
-E porta anche la tua amica!-
Rido. -Ovvio!- e il bus parte.
Bene, e ora come lo dico a Sara senza che lei svenga di nuovo?

 

Sara ha un lavoro part-time in libreria che la tiene occupata ogni giorno dal lunedì al venerdì, dalle due alle cinque del pomeriggio.
Spesso mi piace infiltrarmi nella libreria per farle una visitina e scavare tra i vari libri e fumetti che circolano in giro per gli scaffali, magari anche per prendere qualche tomo a prezzo ridotto – quello riservato ai dipendenti, un'inspiegabile figata.
Stavolta non arrivo ne troppo tardi ne troppo presto, sono già le cinque meno cinque, ancora cinque minuti e la libreria chiude. Ok, ora devo trovare un modo per dare la lieta nuova a Sara. Oh Buddha, aiutami tu! Dovrei cercare una soluzione adatta ma ormai sono all'ingresso dell'edificio, la vedo già da fuori la vetrina del negozio, incurvata verso il basso con una paletta e uno scopino in mano, intenta a spolverare il pavimento.
Attraverso le striscie senza badare al semaforo; sento dei clacson sgolarsi dalla mia sinistra, e questo mi fa pensare che devo aver bloccato qualche buon'anima al volante, ma cerco di non farci caso – sono ancora viva, questo basta! Spalanco la porta della libreria e esordisco con un caloroso: -Saraaaaa! Ho una beeeella notizia per te!-
Sara si volta a fissarmi in cagnesco, messa nella classica posa scocciata con una mano sul fianco, mentre altri due o tre clienti alzano il loro naso ficcato tra le pagine di un libro, tutti con la fronte corrugata. Da dietro una specie di bancone, vedo Mr. Garrett ridersela.
-Buon giorno, signorina Mitchie. Noi stiamo per chiudere, se non le dispiace...- dice lui.
-Scusi se la disturbo, sir, ma dovrei dire una cosa a Sara, se non le dispiace!- rispondo, sorridendo raggiante.
Sara continua a guardarmi con una certa aria seccata nel viso; forse faccio meglio a darle la notizia subito e in fretta.
-Allora? Fa' in modo che non sia un'altra E di cui ti sei dimenticata, ti prego.-
-E se... E se ti dicessi che domani incontreremo tutti gli Who?-
Un attimo di silenzio. Tutta la libreria sembra immergersi in un gelido mare di ghiaccio. Brr.
-... ripeti?-
-Domani incontreremo gli Who!-
Sbomf.
Azz.

Siamo all'ingresso di una di quelle semplici case di Liverpool, tra quelle con l'ingresso doppio e il giardinetto interno, situate in quei cunicoli scuri mai toccati dalla luce del sole e del giorno che i liverpooliani chic spesso chiamano vie private.
Non sembra si sia vestita, truccata o decorata in modo particolare per questo incontro: i suoi capelli castani sono raccolti nella solita coda di cavallo (non l'ho mai vista con i capelli sciolti, è una cosa inquietante), i soliti vestiti semplici e anche un po' spartani.
Nella mano sinistra stringo un foglietto sudicio e bagnaticcio color celeste su cui Kif mi ha scritto gentilmente l'indirizzo di quella che era “la nuova casa non tanto nuova di Pete”, per dirla con le sue parole. Nella mano destra, invece, stringo la sinistra sudaticcia di Sara. Mi volto un secondo verso di lei per scoprirla per l'ennesima volta con gli occhi scuri chini sulle sue scarpe, ripetendosi parole strane e prive di alcun senso – almeno alle mie orecchie – forse per calmarsi.
-Sara! Dai, calmati, non ha senso agitarsi in questo modo! Ora prendi un bel respiro e...-
-E tu non ti comporteresti in questo modo se incontrassi uno dei tuoi amati Beatles, eh?!- esclama lei, nervosa.
Un ghigno compare sul mio viso.
-Onestamente, no. Certo, li amo immensamente, George Harrison è meraviglioso e John Lennon è un'adorabile canaglia, ma non mi ritengo simile a quelle ragazzine strillanti che erano al loro concerto tenuto allo Shea Stadium. Fossi stata io lì per una purissima botta di culo, mi sarei limitata a sedermi al mio posto e ad ascoltare!-
-Certo, certo... Dicono tutti così, sai? Pure io pensavo che non avrei delirato, oggi, ma... Guarda un po'!- mi risponde lei, per poi sciogliersi in una smorfia di imbarazzo e stringere la mia mano con ulteriore forza. -Oww... Mitchie, ora che faccio?-
Sorrido, tirandole una sonora pacca sulla schiena.
-Calmati, ok? Ora suono!-
-MICHELLE PERCIVAL, NON TI AZZARDARE A TOCCARE QUEL CITOFONO O...-
-Ehi!- mi lamento, -Non chiamarmi Michelle!-
Poi tanto ormai ho suonato. E Sara mi fissa in cagnesco, in procinto a stritolarmi con tanta rabbia.
Dal ricevitore del citofono non arriva nessuna risposta finchè non si sente un brusco tonfo, un leggero scatto e il cancelletto si apre. Sorrido raggiante verso la mia compagna pur sapendo che lei non è in vena di sorrisi, quindi ci avviamo entrambe in direzione dell'ingresso della casa. Attraversato il piccolo sentierello che passa per il giardino, bussiamo (anzi, busso).
-Arrivo!- sentiamo da dentro, e Sara sussulta.
La porta si apre e una faccia da schiaffi magrolina e pallidiccia, con un naso un po' sproporzionato al centro del viso e due bellissimi occhi celesti, s'affaccia da dentro e io gli salto immediatamente addosso, sotto lo sguardo sorpreso di entrambi – lui e Sara, insomma.
-Peeeeeeeeeete!!! Da quanto tempo, come cazzo state tu e il tuo naso?!- esclamo.
-Che cazz... Oddio, Mitch, sei tu!- scoppia a ridere, -Pensavo ci fosse una zebra selvaggia... Sai, si deve sempre far attenzione...-
-Ma smettila!- rido, tirandogli una gomitata sullo stomaco. Pete scansa in tempo la gomitata e mi afferra in braccio, sollevandomi da terra di circa un metro. Urlo dallo spavento, per poi continuare a ridere come un'idiota. Lui mi fissa negli occhi, prima in modo truce, poi stendendo le labbra in un sorrisone.
-Mi eri mancata, piccolina.-
-Oh, ora non ti ci mettere pure tu!-
Proprio in quel momento ci ricordiamo che... Ecco, Sara!
Ci voltiamo e la scopriamo a guardarci come se avesse appena visto un alieno verde con le antenne viola (eh?); Pete alza un sopracciglio, per poi dirle: -Ecco, ehm... Buongiorno, le va di entrare?-
Mmm, meglio se rispondo io al posto suo.
-Certo che vuole entrare! Tu entra per primo, noi ti seguiamo!-
-Dopo me la presenti, ver...-
-Certo, certo, ve la presento a tutti voi, ma ora entra!-
Mandato via Pete (awww, il mio Pete, quanto mi era mancato!), trascino Sara dentro la casa. Lei sembra essere caduta in trance, continua a ripetere parole tra se e se e... Oddio, che abbia visto davvero un alieno verde con le antenne viola? Un ufocicc! Fuck, gli ufocicc no! Scuoto la testa per distogliere la mia mente da questi pensieri inutili.
-Quello... Quello era Pete Townshend... Pete Townshend...- la sento dire, intanto.
Quando entro, vengo accolta da quell'atmosfera calda che da tempo non avvertivo, e a cui con tanta fortuna avevo ottenuto un piccolo lasciapassare in quel giorno di due anni fa. La prima cosa che vedo è un grande salotto dalle pareti color crema, una lampadina striminzita che scende dal soffitto con un filo dall'aria pericolosamente delicata e un divano, largo e lungo, posto davanti ad una televisione accesa a tutto volume. E su quel divano ci sono sedute due persone che io conosco molto bene.
Al rumore della porta che si chiude, quello con i capelli scuri alza la testa verso di noi. Una profonda sensazione di calore mi avvolge non appena vedo quegli occhi azzurri posarsi su di me, e corro subito verso di lui, dimenticandomi Sara all'ingresso – ehm, ops.
-Oddio, oddio, oddio, ENTY!-
-Mitchie?- mormora.
Ci abbracciamo. Non lo sento da davvero molto tempo; certo, lo vedo sempre in televisione e posso sempre vedere la sua facciona da rana sulla copertina del vinile di My Generation nascosto tra le lenzuola del letto della mia coinquilina, ma vederlo in televisione è diverso dal vederlo dal vivo, potergli parlare... Lentamente mi rendo conto che mi era mancato davvero tanto, in tutto quel tempo.
-Ehi, ciao...- sussurra nel mio orecchio, accarezzandomi la schiena, -Come va? Non ci sentiamo da un po'.-
-Oh, benissimo, John, ma io voglio sapere come stai tu. Comprate nuove cose all'Harrod's?- ridacchio.
Sorride. -Spiritosa. Dai, ora saluta anche gli altri...-
-Giusto! Devo ancora saltare addosso a Roger!-
-... no, grazie.- sento da dietro di me, dal divano. John ride.
Un momento. Era Roger, quello?
Uh-oh.
Saranotipregononsvenir...
Troppo tardi.
Mi stacco da John e mi alzo in piedi, con le mani sui fianchi, a fissare Roger con fare accusatorio. Roger, biondo senza cervello privo di alcun buon senso, mi fissa, sdraiato sul divano, con una bottiglia di birra in mano e l'altra mano posta sotto la testa. Noto con disgusto che ha i piedi nudi. Tsk, la finezza degli uomini.
-La prossima volta, cerca di non fare la parte del sex symbol in canottiera, ok?-
-Se se...-
-Pfff, mi sei mancato anche tu, Daltrey.-
Lo vedo sorridere da sotto i baffi.
Bene, ora... Meglio che vada a vedere come sta la mia povera coinquilina.

 

-Petey, se vuoi abbiamo del succo...-
-Smettila di dire idiozie, Roger.-
-SCORDATELO!
È LA MIA COINQUILINA, OK?-
-Va bene, calmati!-
-Eh, ma ha ragione... Trattare così le ragazze, bah.-
Così dicendo, Pete alza leggermente quella manona gigante che si ritrova e si mette a picchiettare lievemente la fronte di Sara, ancora accasciata per terra, a occhi chiusi e priva di sensi.
Bene, ok.
È IMPAZZITO? Pensa di svegliarla, così?
-Sveeeegliati, abbiamo bisooogno di teee...- le dice, tamburellando le dita sul suo viso, cercando di far suonare la sua voce come se stesse urlando dalla cima di una montagna. No, seriamente, fa gli echi da solo. Dev'essere sicuramente impazzito. Troppi concerti fanno male al cervello, dopo un po', Petey...
Proprio allora arriva Keith dalla cucina, tutto sorridente, sfregandosi le mani.
-Se volete, posso provarci i...-
-NO!- urliamo tutti quanti, Enty compreso, che fino ad ora non ha fiatato.
-Chissà cosa ti passa per quella testa, cazzone che non sei altro...-
-Brandy, sicuramente.- sogghigna Pete.
Keith fa il suo faccino crucciato e si lascia cadere a braccia conserte sul divano.
E nonostante siamo riusciti a impedire a Keith di fare qualche danno, Sara, beh, non si è ancora svegliata. Argh!
-Ci provo io.- dice allora Roger, assumendo un'aria che definirei squallida, ma che forse a lui sembrava elegante.
La scuote leggermente per le spalle, mettendosi sopra di lei. Un lieve schiaffetto in testa, e ricomincia a scuoterla.
-Ehi... Svegliati...- le dice, senza preoccuparsi della scarsa delicatezza.
Sto per linciare pure lui quando mi accorgo che Sara sta lentamente aprendo gli occhi. Mi viene automaticamente da fare un sospiro di sollievo, quando sento un violento suono di qualcosa di ferro che sbatte in continuazione, poi la risata di Enty. Mi volto e vedo Keith che colpisce in continuazione un pentolino con un martelletto, entrambi spuntati da chissà dove – PEM PEM PEM! – e Enty che continua a ridere, ancora seduto sul divano.
In quell'attimo, Sara spalanca definitivamente gli occhi e Pete sposta Roger per mettersi sopra di lei e lei gli tira uno schiaffo e... Sì, finisce che tutto questo succeda in due secondi, e mi ritrovo davanti a Pete che sta per terra con le gambe all'aria, in mezzo ai ghigni insistenti di Roger e Enty. Poi, Sara si alza con molta fatica, per poi fissarmi.
-... cosa cazzo sta succedendo, Mitch?!-

 

-Sono arrivaaaaaaate le piiiiizze!!-
-Fuck yeah!-
Il primo a buttarsi addosso al povero Enty, che ha avuto la sfortuna di dover andare ad aprire al fattorino, è proprio Keith.
Poi, l'oceano. L'oceano, sisi, che consiste in un famelico Pete Townshend, in un Roger Daltrey più impegnato a superare il proprio chitarrista piuttosto che a preoccuparsi per delle stupide pizze e, in primis, io. Perché ovunque ci sia qualcosa di commestibile, ci sono anch'io, yeah!
Le pizze fanno il loro glorioso ingresso in casa Townshend, seguite insistentemente dagli occhi deboli e affamati e anche altrettanto inquietanti di Keith e Pete. Le apriamo e... Oh, ora sì che inizia la serata! E infatti sono proprio le pizze ad animare l'intera serata, assieme ad un paio di birrette, bevande analcoliche che probabilmente erano destinate a me – se loro pensavano che io non bevessi alcolici, si sbagliavano di grosso – un'enorme bottiglia di Coca Cola e del whiskey.
A proposito di Coca Cola: io e Keith facciamo una scommessa su chi riesce a finire per prima un'intera bottigliona da due litri di Coca tra Rog e Petey. Sotto i nostri occhi divertiti, quelli perplessi e ancora confusi di Sara e quelli spensierati di Enty, i due iniziano a tracannare la bevanda senza sosta – io che faccio il tifo per Pete e Keith che fa il tifo per Roger. In gioco, ci sono cinque sterline. E ho come l'impressione che queste cinque sterline diverranno abbastanza famose, in seguito... Comunque sia, coke after coke, after coke, after Coca Cola, entrambi stramazzano a terra con una bottiglia mezza piena in mano.
Keith scoppia a ridere come un forsennato quando Roger getta la bottiglia – aperta e ancora piena – contro il muro del salotto e si mette a correre per la casa urlando, come un bimbo con problemi di incontinenza (anche se questi problemi di incontinenza li aveva pure lui): -DEVO ANDARE IN BAGNO!-
Noto con la coda dell'occhio la faccia di Sara, seduta accanto a Enty, sempre più a disagio.
Pete borbotta, visibilmente stanco: -Non berrò mai più Coca... Bleah.-
-Io ci voglio scrivere su una canzone!- esclama tutto d'un tratto Kif, smettendo di ridere.
-Allora io voglio sentirla!- intervengo, battendo le mani. -Anche tu lo vuoi, vero Enty??-
Enty, seduto sul divano con il suo pacato sorriso sulle labbra, annuisce, in silenzio.
-Certo.- dice, sfiorandomi la guancia con l'indice. Rido, scostando la sua mano con una spallata, e lo stringo in un altro abbraccio.
-Aw, Johnnino!- poi mi viene in mente una cosa: -Un bagno l'avete in questa casa... Vero?-
-Penso e spero di sì!-
Una mezz'ora più tardi, vedo Pete che fruga sotto il materasso del divanetto accanto alla televisione. Oh, bene. Mi chiedo cos'abbia in mente...
-Erm... Petey?-
Pete si volta, tirando fuori una sigaretta molto particolare. Ha tutta l'aria di essere una sigaretta, ma qualcosa la rende completamente differente da quelle sigarette che vendono nelle macchinette delle tabaccherie. Inclino la testa di lato mentre Pete se la ficca tra i denti e se l'accende.
È l'odore a farmi capire tutto, alla fine: ho davanti a me una di quelle belle cannette ripiene di – indovina indovinello – marijuana!
-Vuoi provare?- mi chiede, dopo un tiro, -Sai, i materassi la tengono al fresco, quindi è più saporita!-
-... ok, Petey.- dico, annuendo. -Magari quando avrò raggiunto la maggiore età, ok?-
-Uff, ok.- borbotta Pete, per poi tornare all'attacco, ma stavolta verso un'altra vittima.
La vittima prescelta è, ahimè, Sara, la mia povera amichetta bistrattata, ora seduta su una poltroncina a parte, intenta a sorseggiare un bicchiere di Fanta, immersa in un agonizzante silenzio. Pete si apposta dinnanzi a lei e lei alza gli occhi verso di lui con un certo timore, senza staccare le labbra dal bordo del bicchierino che stringe tra le mani.
-Vuoi una cannetta?- chiede Pete, dopo qualche secondo di silenzio.
Ahi ahi ahi. Schiaffo in arrivo, schiaffo in arrivo! (E il secondo, aggiungerei.)
-Altolaaaaà!-
Ci voltiamo tutti in direzione della voce, e mi pare di vedere un Roger mezzo ubriaco all'ingresso del salotto con una bottiglia in mano.
Almeno quel deficiente, per una volta, è stato utile. Anche se non capisco se sia Sara o Pete a essere in salvo.
-Lasciamela sobria, Pete! Mi serve lucida!-
Pete alza un sopracciglio. -E per cosa, scusa?-
-Infatti. Parla, su!- aggiungo io, incrociando le braccia. Voglio proprio sentire quale altra cazzata ha da dire.
-Deve andare alla festa con me, domani, eh!-
Strabuzzo gli occhi.
-Festa? E quale festa, scusa?- chiede (giustamente) Pete.
Roger si avvicina tutto felice alla poltroncina su cui è seduta Sara. Lei lo guarda con un'aria che a me appare come terrorizzata, ma anche orrendamente imbarazzata. Oddio, spero proprio che Roger non faccia un'altra cazzata – non due di seguito; ti prego, no! Sara mi serve viva! Come a lui serve sobria, ma sono dettagli.
-Hey, baby,- dice allora alla mia povera coinquilina, assumendo un tono per lui (e sottolineo per lui) ammaliante: -Ti va di andare ad una festa con me, domani sera?-
NO! STRONZO! APPENA SIAMO SOLI, OH, IO TI STACCO TUTTE LE BUDELLA E...
Un attimo, Mitch. Tua madre ti ha sempre insegnato a non rispondere con la violenza agli altri. Bene, quindi mantieni il controllo.
E intanto che tu mantieni il controllo, Sara è svenuta di nuovo.
Vaffanculo, Daltrey!

 

-Scusalo. Lo conosci, a volte fa l'idiota.-
Questo è quel che mi dice Enty all'uscita dalla casa di Pete, con il corpo inerme di Sara – manco fosse una salma, ugh – sulle spalle e un'espressione imbarazzata stampata sul volto.
-Solo a volte?- rispondo, tirando fuori il labbro inferiore.
Enty sospira. -Eddai. In fondo è una brava persona...-
-Lo spero proprio...-
Attorno a noi, solo le luci dentro le case e dei lampadari lungo le strade illuminano la via. Sopra le nostre teste, la luna argentata regna sul cielo notturno, punteggiato da piccole stelle bianche. Trovo incredibile il fascino che esercita su di me questo vicolo di Liverpool, nascosto dalle ombre della notte. Questo vicolo sbocca su un marciapiede, e poco distante dal punto in cui ci troviamo noi sta la macchina di Enty ad aspettarci.
Apro la portiera e aiuto Enty a far sdraiare Sara sui sedili posteriori, poi vado a sedermi, e lui mette subito in moto la macchina.
Passano dieci minuti e, senza troppe peripezie, riusciamo ad arrivare davanti a casa. Enty si volta verso di me, slacciando la cintura di sicurezza. Noto i suoi occhi azzurri guizzare per un attimo alle nostre spalle, in direzione di Sara, per poi tornare su di me.
Riesco a vedere il rossore delle sue guance anche sotto il lieve strato di buio che ci circonda.
-Avrei... Avrei una piccola cosa da chiederti.- dice, piano.
-Uh, cosa?- chiedo immediatamente, mentre un sorriso affiora automatico sulle mie labbra.
-Ecco, ehm...- si schiarisce la gola, -Ti andrebbe di andare da qualche parte con me, domani? Sai, è la nostra giornata libera, e poi... Mi piacerebbe scambiare qualche chiacchiera con te, ecco tutto!- e torna in silenzio.
Ma, ma... Awwwww! Mi verrebbe tanta voglia di tirargli affettuosamente le guancia, ma non ora, Mitch!
-Certo che mi va, Enty Whistle! Basta che non andiamo al McDonald e io ci sto!-
Enty scoppia a ridere e annuisce.

Un'altra giornata è passata e un'altra giornata è destinata a iniziare. Devo solo attendere.

 

 

 

Errata coccige corrige.

Fufu, qui è quella svitata di Sara, appena ripresasi dall’attentato di quello stronzo di Daltrey, fjkr.

Che dire? L’altra volta avevo detto che Pet Sounds era appena uscito ma, sebbene non abbia specificato in che mese fosse ambientata la vicenda, si capiva comunque che era un mese freddo, autunnale o invernale: è quindi impossibile che il capolavoro dei Beach Boys fosse appena stato lanciato sul mercato, perché uscì il 16 maggio, fufu.

Uh, per la cronaca, la nostra Jules le ha azzeccate tutte (a parte Route 66, eh-eh-eh! *modalità “omino sentenzioso” ON* e ne ha addirittura beccata una che ho inserito inconsapevolmente: Hot Dog dei Led Zeppelin. LOL)

Applausi per lei! : D *inchino*

Indi per cui mi scuso con tutti per l’errorazzo e con Thief per la mia intromissione : D

Adiosss (;

 

 

 

Who are you?
Oh yeah, ecco il secondo capitolo!
Qua dovrei scrivere le mie note ma – fuck – le ho completamente scordate. Hehe. Ma mi sforzerò, I PROMISE.
Quindi, coff coff. Good morning (wtf.), people, io sono Thief e sono l'altra scrittrice di questa fic che io e la mia collega/socia/coinquilina/amichetta bistrattata Sara stiamo scrivendo a quattro mani! :D Spero che quest'ultimo capitolo vi sia piaciuto! Dal prossimo ripasseremo sul POV di Sara e... Vedremo. ;3
Su questo capitolo, abbiamo finalmente incontrato tutti i membri degli Who. E dal prossimo capitolo, non mancheranno i vari sviluppi che si possono diramare da quest'ultimo. Inoltre, sempre su quest'ultimo capitolo, anch'io ho voluto inserire degli oscuri riferimenti a varie canzoni di alcuni artisti. Non sono tanti, e uno è ben evidente fin da subito. ;)
Che altro posso dire se non avvertire che la targhetta lassopra è stata realizzata sempre dalla sottoscritta e che mi sono divertita molto a scrivere quest'ultima schifezzina che avete avuto l'onore (LOL. Vado a sotterrarmi.) di leggere, anche se ci ho impiegato non poco. ^^'
Spero vi sia piaciuto, allora! Quindi spero di rivedervi al prossimo capitolo, in cui passerò di nuovo le redini a Sara! ;D
Peace & Love, everybody. <3

Thief.

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Capitolo 3
*** I've just seen a face ***





Capitolo 3
I’ve just seen a face

 

Mai più.

Mai più salire in auto con quello psicopatico di Daltrey.

Ne va della mia incolumità fisica, assurdo!

Tornerò a casa a piedi, è deciso.

Sarò costretta a fare miglia e miglia, ma me ne infischio altamente: preferisco essere tutta intera.

 

Mi appoggio un attimo al muro, la testa che mi gira vorticosamente: sarà il cantante degli Who, nonché un emerito figaccione, ma resta comunque un’esimia testa di cazzo!

-Bellezza, piaciuta la gitarella in auto col sottoscritto?- lo vedo comparire a pochi centimetri dal mio viso.

Rossa in volto (sia benedetto il buio della sera, yippie!) , mi scosto e, cercando di assumere il tono più sarcastico possibile, sibilo: -Certo, come no: la prossima volta mi porterò un salvagente.-

A queste parole Roger scoppia a ridere e, mettendomi un braccio intorno al fianco, mi sussurra nell’orecchio: -Avanti, babe, entriamo a divertirci: la festa sta aspettando solo noi!-, per poi trascinarmi dentro l’edificio.

Qualcosa mi dice che non sarà una seratina per nulla piacevole.

 

 

Come volevasi dimostrare.

Il mio intuito non si sbaglia mai.

Roger se n’è andato a bere e a sollazzarsi con delle “pollastrelle” (testuali parole) che ha incontrato al bancone, e io me ne sto, come una totale deficiente (-non “come”; lo sei.- puntualizza la mia coscienza, ed io la ringrazio per essere stata così meticolosa nell’avermelo ricordato), seduta sul divanetto, a guardarmi in giro tutta nervosa, mordendomi il labbro e maledicendomi di avere accettato il suo invito a questa fottuta festa.

Cazzo m’aspettavo? Che lui, la rockstar, si accorgesse di me, povera ragazzetta costretta a vendere atlanti e dizionari per tirar avanti?

Bah.

 

Continuo nella mia scansione del panorama, quando qualcuno attacca uno di quei dischi con quelle canzoncine “da balera”: ovvio che qui in Inghilterra non conoscono la balera (lo spero vivamente per loro), ma questo pezzo è la solita canzonetta da balli scatenati, che io odio.

I ragazzi impomatati si alzano di scatto, in cerca di prede, mentre le ragazze ridacchiano tra di loro, squittendo ancor più acutamente quando uno dei cosiddetti “machi” le invita a ballare.

Gioventù bruciata.

 

Tutto d’un tratto, però, la mia attenzione viene attirata da un qualcuno di particolare (strambo sarebbe una definizione più corretta, a pensarci bene), e non posso fare a meno di lasciarmi scappare un sorriso.

 

Un tizio piuttosto bassetto si divincola cercando di seguire il ritmo della canzone, muovendo braccia e testa con fare piuttosto scimmiesco e buffo e guardando in direzione di un altro tipo, decisamente più alto, con un completo come il suo, tendente al grigio, che però batte le mani a tempo e sembra già più sciolto e coordinato.

Per un attimo incrocio il suo sguardo, ma lo distolgo subito: nonvoglioattirarelattenzionedeglisconosciuti,percarità.

Peccato che i miei piani vengano rovinati dal ragazzo, che comincia a camminare verso di me. Lo sguardo mi cade istintivamente sul divanetto su cui sono seduta: con terrore scopro di avere il posto di fianco libero.

Decido così, in una manciata di secondi, di non occuparlo con la mia borsa, ma di fingere noncuranza e di riprendere a guardarmi in giro.

Appunto mentale: piantarla di fissare insistentemente le persone, onde evitare colossali figure di merda come quella che sto per fare.

Non mi volto nemmeno: so che è qui vicino, e il mio successivo sprofondare un po’ tra i cuscini mi dà la conferma di quel che pensavo.

Comincia a picchiettarmi la spalla con le dita ma io, imperterrita, proseguo nella mia radiografia al panorama: non ho messo in conto, però, la sua cocciutaggine.

Continua per dei buoni cinque minuti, finché non mi stufo e, girandomi, lo incenerisco con uno sguardo.

Lui però sembra non farci caso e, anzi, mi spiazza dicendomi:

-Hey, vorresti sposarmi?-

-Come, scusa?- spalanco gli occhi.

-Ho detto se mi vuoi sposare.- ripete lui, tranquillissimo.

Io lo fisso, stralunata, incapace di capire cosa diamine gli frulli nella testa.

-Oh beh, se allora non vuoi sposarmi, verresti a cena con me?-

Non chiedetemi perché, ma scoppio a ridere come una cretina, e non c’è verso di farmi smettere. Sento il ragazzo unirsi alle mie risa, per poi bloccarsi e riprendere a fissarmi.

-Vieni con me!-

Non faccio nemmeno in tempo a ribattere che mi ha già preso per mano e trascinato nella bolgia del twist.

-Guarda che non ballo, eh!-

-E chi ti vuole far ballare? Una che sta seduta tutto il tempo a feste del genere ovviamente odia ballare.-

Perspicace il tizio.

-Voglio solo farti conoscere dei miei amici, tutto qua.- mi sorride e si volta di nuovo, riprendendo a trascinarmi in tutto questo casino.

Arriviamo davanti ad altri divanetti in pelle, sui quali sono seduti due ragazzi con un completo uguale a quello del tizio che prima si stava scatenando in una danza tutta sua.

Il mio “accompagnatore” non fa nemmeno in tempo ad aprir bocca che il novello Fred Astaire lo assale da dietro, saltandogli sulla schiena.

-Aaah, mi ci voleva proprio una seratina così! Adesso, però, vado in cerca di qualcosa da bere…-

-Rings, portami una birretta, già che ci sei.- gli chiede un tipo dalla frangetta ordinatissima e dagli occhi grandi.

-Anche per me, anche per me!- si unisce l’altro, sventolando le mani vistosamente.

Rings, o come diamine si chiama, annuisce e fa per andarsene, quando il tipo con le rotelle non tutte al proprio posto lo richiama, facendolo girare.

-Starkey, gran performance: potremmo proporti alla Royal Ballett School!-

L’altro ride e se ne va, dirigendosi verso il bar.

Solo ora mi accorgo che il tipo non mi ha lasciato la mano nemmeno per un secondo: arrossisco un po’, ma decido di non staccarla.

Cosadiaminemistasuccedendo?

-Allora, little boy, che ci volevi dire?-

-Uh, volevo solo presentarvi la mia promessa sposa.- e si apre in un sorriso stupendo.

Subito lo sguardo dei due passa dal loro amico alla sottoscritta: riconosco quello sguardo, è il classico sguardo da radiografia. (Quante volte ho detto “sguardo”?)

P-promessa sposa?

-Bel bocconcino, Harrison. I miei più vivi complimenti.- Mister “ho-sempre-la-battuta-pronta” lo apostrofa così, dopo essersi alzato e avergli battuto la mano sulla spalla.

-Lennon, non fare il rompipalle come tuo solito, dai…- sento l’altro supplicarlo dal divanetto.

Ma il diretto interessato non lo sta a sentire e comincia a girarmi intorno, piano, come un’ape fa con il fiore che ha adocchiato.

Cristo, che nervi.

Decido però di non dargli nessuna soddisfazione e continuo ad ignorarlo, mentre lui prosegue imperterrito nel suo girotondo.

-Quando l’ispettore dell’AESA1 ha finito con la sua ispezione, potresti presentarmela?- si fa avanti l’altro ragazzo, sorridendo.

Ridacchio e anche il piccolo ometto fa altrettanto.

-Ehm, sì, ecco… Lei è…- comincia, ma viene interrotto dal deficiente di prima.

-Ooooh, avanti, Harrison! Sei di un antico che neanche mia zia Mimi! Susu, a che servono le presentazioni? Questo bijou vorrà ballare subito con il sottoscritto, nevvero?- e quasi mi si struscia addosso, tutto ammiccante, mentre io mi scosto, profondamente imbarazzata, e anche disgustata dalla sua faccia tosta.

Nel frattempo ritorna il ballerino, che porge una birra al ragazzo dagli occhi grandi, mentre l’altra se la prende il mio presunto “promesso sposo”, dato che il cascamorto è troppo impegnato a provarci con la sottoscritta.

-Dolcezza, è inutile che tu faccia tanto la schizzinosa: io e te finiremo con il metterci insieme. Dopotutto, è scritto nelle stelle.- vaneggia il tizio.

Alzo un sopracciglio e gli rispondo con un bel -Ah sì? Cazzo, è un vero peccato che sia analfabeta.- decisamente sarcastico, facendo ridacchiare gli altri tre.

Guardo l’orologio e noto con profondo sollievo (ma anche con un pizzico di disappunto, lo ammetto) che si è fatto tardi e che devo andare a casa, dato che domani mattina ho il turno in libreria.

Saluto tutti e me ne vado, facendo in tempo a sentire un: -Ti ha smerdato, eh Lennon?- con successivo -Aaaah, chiudi il becco, McCharmly!- che mi fa sorridere maleficamente.

 

***

 

La vedo dirigersi verso l’uscita, quando un tizio la blocca: il mio sesto senso mi dice che potrebbe essere un potenziale rivale, ma decido di starmene in disparte, giusto per studiarmi meglio la situazione ed eventuali sviluppi che potrebbero nascere.

Sembrano discutere animatamente, quando lei prende e se ne esce, sbattendo la porta.

Uhuhuhu, rivale fuori combattimento!

Ma, un momento.

Come si chiama?

Sto per sentirmi male.

Non so il suo fottuto nome.

Merda.

 

Poi, l’idea.

Mi avvicino al tizio che l’ha bloccata prima e che di sicuro mi darà informazioni sul suo conto.

Con le buone o con le cattive.

 

 

1 AESA: Associazione Europea Sanità Alimentare LOL

 

 

MISUSE HER AND YOU'LL LOSE H...

Excuse me. L'ho in testa. Ecco qui che Thief si intromette nel capitoletto di Sara per farvi un salutino. ;3 *vola una ciabatta*

E mo, un secondo! D: Volevo elencare i vari riferimenti presenti nello scorso capitolo e ringraziare di cuore le tre persone che hanno recensito. Sono contenta di aver fatto divertire delle persone, e sono felice che sia piaciuto. Lo ritenevo troppo lungo e mi stavo preoccupando.

Ok, ora taglio corto e passo ai riferimenti, che sono stati: [...] camminare sotto azzurri cieli suburbani da Penny Lane dei Beatles; [...] che i liverpooliani chic spesso chiamano vie private. dalla prima pellicola dei Beatles A Hard Day's Night, esatto; Mi volto e vedo Keith che colpisce in continuazione un pentolino con un martelletto da Maxwell's Silver Hammer dei Beatles, ja; l'oceano da, ovviamente, The Ocean dei Led Zeppelin; coke after coke, after coke, after Coca Cola da uno spot pubblicitario del The Who Sell Out, che su questa storia sta per essere registrato. ;3

Ok, la smetto di rompere! E con questo, ho finito! Bye, e ancora grazie. <3

 

 

 

Who are you?

Genteeee! Mi siete mancatii **

Waa, siete aumentati *saltella di qua e di là*

Pubblico questo capitolo un po’ in anticipo perché non so se durante la settimana avrò il tempo per poterlo fare (e sì, anche per le minacce gentili pressioni di Jules, LOLOL.)

Beh, che dirvi? Mi scuso se è un po’ cortino, ma andava fatto così: dovrebbe essere una sorta di transizione, intermezzo, intervallo… :3 insomma, chiamatelo come cazzo vi pare xD *parte “Intervallo” della RAI*

Posso dire, per quanto riguarda la mia parte, che dal prossimo capitolo incominceranno a capitarmene delle belle LOL

Ma non anticipo nada de nada u.u *faccetta malefica*

Ora vi saluto, e spero che il risultato vi piaccia (;

Bacioni,

 

Dazed;

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Capitolo 4
*** The Kids are Alright ***





Capitolo 4
The Kids are Alright

 

Uao.
Ok, ammetto che non mi aspettavo tutta 'sta scena.
Forse avrei dovuto prepararmi meglio. Magari, un velo di fondotinta e... No, un momento. Sarebbe contro le mie leggi.
La gente mi intima a truccarmi, ma che ci posso fare se odio il contatto dei vari cosmetici con la pelle del mio viso? Ma in questa situazione, mi sa tanto che... Insomma, un filo di trucco sarebbe perfetto e anche abbastanza adeguato.
-Allora, beh, ci accomodiamo o rimaniamo in piedi?- mi domanda Enty, stringendomi la mano.
Noto nella sua domanda una tinta spiritosa ma anche un po’ nervosa, e questo mi stupisce: che motivo ha di essere nervoso?
Piuttosto, sono nervosa io! Infatti, sì, sono nervosa – l'hai gi
à detto, Mitch.
La sala che si apre di fronte a me, illuminata dalle luci di candele poste ai lati delle finestre sulle pareti, pullulante di coppiette e comitive impegnate a sbafarsi di escargot e caviale, non sembra volermi accogliere con tutti gli ori e gli allori e mi fissa con un'aria da sfida.
Mi provoca. Esatto: una sala mi sta provocando. No, non sto sclerando.
No, non sto sclerando. No, non sto sclerando. No, non sto sclerando. No, non sto sclerando!
Basta esserne convinti.
Basta esserne convinti.
Basta esserne convint...
-Mitchie?- mormora Enty. -Allora, ci sediamo?-
-Errr... Certo! Sediamoci, che cosa stiamo aspettando?-
Quindi, ci sediamo su un tavolo e aspettiamo che arrivi un cameriere a cagarci.

 

-Buono il pollo?-
Animare la serata, tentativo numero uno. Da parte mia, ovvio. E la risposta non tarda ad arrivare.
-Non mi sembra tanto cotto.-
E silenzio fu.
Tentativo numero uno: fallito.
È come se attorno a noi non ci fosse nessuno. Siamo solo noi due, da soli, in mezzo alla sala di un ristorante lussuoso in cui entrambi sembriamo trovarci abbastanza a disagio; tutto quello che ci circonda è un raggelante silenzio e i tintinnii secchi delle posate che si scontrano contro i piatti.
Enty continua a stare zitto. Beh, se pensa che io parler
ò di nuovo, si sbaglia di grosso.
-Come ti va la vita, Mitch?-
Ha parlato lui! Yap!
Cataloghiamolo quindi come un tentativo numero due.
-Bene?- dico.
-Oh, bene!- Enty sorride.
-Bene.-
-Bene.-
-Bene?-
-Bene.-
-Hai detto 'bene'?-
-Sì.-
-Bene!- concludo, raggiante.
-Benissimo...?-
E silenzio fu.
Tentativo numero due: fallito. Ma stavolta hai perso tu, Johnny EntyWhistle... Siamo a uno pari, HA-HA!
… che cosa deprimente.
-Ma tu non eri giapponese, Mitch?-
All'improvviso, Enty riapre bocca. Era ora che si decidesse a parlare! Poi, mi rendo conto delle sue parole.
-Giapponese?- Oddio, sento che sto per avere una crisi. Come accade ogni volta che mi danno della giapponese.
È che... Da Enty, proprio non me l'aspettavo! Prendo quindi il fiato e incomincio con la ramanzina: -Perchè voi europei dagli occhi tondi e dai nasi immensi (illustre l'esempio del caro Petey) dovete tutti, e ripeto tutti, pensare che chiunque abbia gli occhi a mandorla e il naso schiacciato debba essere per forza giapponese?! Io sono tutt'altro che giapponese, d'accordo? Sono coreana, ok? Non giapponese!-
-Wo, wo, calmati!- dice Enty, ridendo. -Non ricordavo dov'eri nata, tutto qui.- si giustifica, arrossendo.
Sospiro. Non sono solita a innervosirmi in questo modo. Dev'essere l'aria invernale – deve esserlo!
-Non... Non ti sei offesa, vero?- mi chiede ad un certo punto.
Tocca a me ad arrossire. Cavolo, sono proprio Miss Delicatezza, eh?
-C-certo che non mi sono offesa, non devi preoccuparti! … penso solo di essermi svegliata con la luna storta, stamattina, non devi affatto preoccup... Oh, sto diventando ripetitiva!- scuoto la testa. -Scusa la sfuriata, davvero...-
All'improvviso, sento la sua mano che mi spettina la frangia e un brivido percorre la mia schiena. Alzo gli occhi in sua direzione e lo vedo sorridere verso di me, tranquillo, guardandomi in silenzio. Non sembra né arrabbiato né triste né tantomeno offeso. Bene! Molto più che bene! E ora cosa faccio?
-E comunque,- lo sento dire -Il Giappone, la Cina e la Corea, probabilmente, in futuro, saranno i paesi orientali che più si avvicineranno al mondo occidentale, dal punto di vista industriale, commerciale e soprattutto culturale. Quindi, saranno anche i primi paesi ad avere il contatto con il rock 'n' roll, forse anche prima dell'Islanda.-
Per un altro mezzo minuto gettato nel cesso, non so che cosa dire. Poi, ci provo.
Errr... A-hem.
-... come mai me lo stai dicendo?-
Enty scoppia a ridere. Alzo un sopracciglio, confusa.
-Beh?-
-Oddio, non lo so nemmeno io... Me l'ha detto Pete qualche mese fa. Ho sempre sentito il dovere di dirlo a qualcuno.-
Quindi, si alza dal tavolo lasciando giù la forchetta e il coltello, si infila la giacca e mi porge la mano. La stessa mano che mi aveva dato quando aveva trovato me e Little Jim nel backstage e la stessa mano con cui mi ha appena scompigliato i capelli.
-Allora, andiamo?-
-... eh?-
-Da quanto ho capito, questo posto ha annoiato un po' tutti. Andiamo a... A fare un giro.-
Un ghigno compare sulle sue labbra.
Oddio. Sono in pericolo. Sono in pericolo!

 

Di solito nevica, quando le temperature vanno sotto lo zero. È una cosa regolare. Invece quest'anno sembra che la neve stia aspettando il momento giusto per scendere; si lascia desiderare, se le previsioni l'annunciano non si degna di farsi vedere.
-Tutti i fenomeni atmosferici si comportano in questa maniera.-
Enty è – fin troppo – bravo a semplificare concetti che io spiegherei in mille e mille parole. Per dire che “la neve era una gran bastarda come lo era la pioggia, il sole, il vento e tutte quelle cose che sembravano essere state create apposta per ampliare una limitata visione di un limitato spazio fisico”, lui dice semplicemente quello che ha detto: tutti i fenomeni atmosferici si comportano in questa maniera.
In poche parole, nel caso riesca davvero a riassumere qualcosa, un giorno: faccio davvero schifo a sintetizzare.
E poi, lo vedo. Lì, davanti a me, sorridendomi beffardamente da dietro la vetrina.
-OMMIODDIO, Enty! Guarda!- grido, bloccandomi di colpo.
-Uh, cosa?-
Lo trascino subito di fronte alla vetrina, indicandoglielo insistentemente con l'indice.
Non mi piace truccarmi ma sicuramente amo i gioielli.
Quel braccialetto – quella catenina sottile e luccicante da cui pende un delizioso ciondolino nero a forma di ragno – deve essere mio.
-Allora? Allora?! L'hai visto?? Non lo trovi stupendo pure tu??-
Quando i suoi occhi azzurri incrociano i gioielli sul banco posto dietro il vetro ghiacciato, Enty storce lievemente il naso all'inizio, poi pare capire di cosa sto parlando e sorride. Mi prende per mano e, senza dire niente, mi spinge ad andare oltre. E io, per la prima volta dopo otto anni di digiuno dai capricci e dai piagnucolii dovuti a irraggiungibili obiettivi materiali, ricomincio con essi. Con i capricci, s'intende.
-Eddaiii, Entwistle! Un giorno passiamo di qui per prenderlo??- gli chiedo, scuotendogli il braccio sinistro.
Lui sospira, stringendomi ancora una volta a se.
-Un'altra volta, Mitch. Un'altra volta.-
Schiocca quindi un piccolo bacetto sulla mia fronte. Io mi limito ad annuire, non senza una certa delusione. Ma di certo non potevo pretendere che me lo comprasse...
Oh, sono ancora una fottuta mocciosetta immatura. Cresci, una volta tanto, Mitch.
Ok. Ma questa sera, non ci voglio pensare – me la voglio solo godere fino in fondo.
Affondo il viso sul giaccone di Enty e aumento la stretta attorno al suo braccio. E la sera prosegue.

 

*

 

Alzo la sciarpa fin sopra il mio naso e alzo le maniche della giacca.
Mi chiedo come abbia potuto dimenticarmi i guanti a casa – oh, ma comunque son cose che capitano!
Mi strofino le mani tra di loro per scaldarle e le infilo nei tasconi ai lati dei jeans. Inclino la testa di lato, cercando di soffocare la tentazione di tirare fuori una mano per grattarmi la testa. Accanto a me, quel panzone se ne sta mezzo addormentato con la testa all'indietro e le chiappone sprofondate sul sedile arancione della fermata del bus. Ah, che adorabile coglione.
-Ehi, panzone! Allora, l'hai visto quello?- dico al panzone a mo di sveglia e gli indico il diretto interessato con un gesto col mento.
Sussulta, mi lancia un'occhiataccia e poi guarda nella direzione che gli sto indicando.
-Ti prego, smettila con i tuoi nomignoli idioti, P... Aspetta, cosa dovrei vedere, scusa?-
Sbuffo. Non sopporto quando una persona non mi capisce subito, argh!
-Sisi, non me ne fotte niente dei nomignoli idioti, l'hai visto quello?-
-Ma... Quello chi?-
-QUELLO!-
-Quello?-
Un altro sbuffo.
-Sì, quello! Quello con la bambina... Errr... Giapponese!-
I suoi occhi verdi si illuminano, segno che – finalmente – ha capito. Yay!
-Erm... Sì?-
-Ecco, l'hai riconosciuto??-
-... onestamente?-
Il sorriso che si era faticosamente stampato sulle mie labbra scivola immediatamente via.
Ohdiocanefachestiasoloscherz-
-VAFFANCULO, ERA QUELLO DEGLI WHO!-
-... aaaah.-
Guarda per un'altra decina di minuti verso Entwistle e la bambina, ora entrambi in procinto ad allontanarsi dalla vetrina del negozio, poi lo vedo sorridere sotto i baffi. Mi scruta in attesa di una mia parola e io annuisco, felice che abbia capito per davvero.
-Perché tu sai a cosa sto pensando...-
Vero?

 

Ebbene, John Entwistle, io giuro di starti alle costole da ora in poi! Promessa da viching... A-hem, marinaio!

 

 

 

Trova l’intruso.

Ebbene sì, sono io u.u Ma lo faccio solo per precisare i messaggi subliminari del mio capitolo, per poi tornarmene nel mio angolino u.u

1.      Tutte avete riconosciuto l’epico ingresso dei Fab Four in perfetto stile A Hard Day’s Night (;

2.      La frase che George usa per rimorchiarmi è la stessa usata con Pattie Boyd :D

3.      “Dolcezza, è inutile che tu faccia tanto la schizzinosa: io e te finiremo con il metterci insieme. Dopotutto, è scritto nelle stelle.- vaneggia il tizio.” Per questa godo da mattiii, dato che nessuno ha notato il “After all, it is written in the stars” di Woman di John, muahahaha :D

 

Bene, non so che altro dirvi, se non il fatto che v’attendo al prossimo capitolo che, guarda un po’, sarà scritto dalla sottoscritta :D

Adiosss (:

 

Dazed;

 

 

Who are you?
Oh yeah, ed ecco un nuovo capitolo, finalmente! >w<
Lo so, è noioso, e siate contenti che non l'ho allungato ulteriormente.
Non dice molto, quindi pure questo potrebbe essere considerato come un capitolo di passaggio, ma... Well well well, chi saranno i due personaggi che compaiono in fondo? Vedremo, vfmnfnfj.
Ce l'ho messa tutta per animare almeno un po' questo desolante capitolo e spero davvero che possa essere di vostro gradimento. x3
Ah, comunque il titolo è random. Molto, molto random. E il braccialettino di cui mi infatuo (ARGH. Forse non esiste, ma IO LO VOGLIO, RJGJK. ;_; ) ricorda qualcosa a qualcuno? Vediamo se qualcuno afferra il sottile riferimento, fufu.
That's all. :D Al prossimo capitolo, scritto stavolta da Sara. ^^

 

Thief.

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Capitolo 5
*** Don't bother me ***





Capitolo 5
Don’t bother me

 

Il turno di domenica mattina è qualcosa di devastante. Se bevessi sarebbe disastroso perché dovrei smaltire la sbornia e tutto ciò non mi aiuterebbe di certo nel catalogare i libri. Per fortuna non è il mio caso.

Non ho bevuto, è vero, ma almeno la domenica vorrei stare a letto un po’ di più…

Se ripenso al musetto triste che aveva il mio cuscino, quando l’ho abbandonato, mi si spezza il cuore.

Mi accascio sul bancone, decisa a riposarmi un po’, quando la campanella attaccata alla porta tintinna.

Fanculo, mi tocca lavurà.

Mi rialzo sui gomiti e sfodero uno dei miei sorrisoni smaglianti più falsi che si siano mai visti.

 

 

-Heilà! Come procede, qua?-

Alzo lo sguardo dal libro.

Mitchie, che tu possa essere benedetta!

-Una noia totale e allo stesso tempo un inferno!- comincio a sclerare, accompagnando le mie sventure con ampi gesti teatrali degni della migliore tragedia shakespeariana, -E un colpo viene la vecchia che ha letto tutti gli Armony e che, quando le propongo L’amore ai tempi del colera, mi dice che lei schifezze non ne legge, e poi arriva la madre con il figlio che insiste nel volere le caramelle eeee…-

-Oddei, Sara, respira! Ti ho portato un frappé dalla yogurteria qui accanto, quindi bevitelo e vedi di darti una calmata, ok?- mi risponde lei, porgendomi il bicchierone di carta e appoggiandosi poi sulla scrivania.

Io annuisco e trangugio mezzo frappé (alla vaniglia, divino), intervallando sospiri a tirate di cannuccia.

-Cos’è ‘sta storia della vecchia, degli Armony e…?-

-Niente, semplicemente stavo venendo alle mani con un’ottuagenaria perché ha osato venirmi a dire che L’amore ai tempi del colera fa schifo! Ma te ne rendi conto? Già ho sopportato a fatica il fatto che lo abbia paragonato a quei romanzetti da vedove allegre, ma insultarlo è troppo… Non c’ho più visto dalla rabbia!- e giù un altro sorso.

Mitchie ridacchia ma, dopo essersi beccata una mia occhiataccia inceneritrice, si azzittisce e torna seria. Più o meno.

Io riprendo a sorseggiare rumorosamente il mio frappé, facendo girare una signora tutta impellicciata, che mi guarda piuttosto scandalizzata, beccandosi un mio sorrisone a tremila denti per risposta.

Tzè.

Spero di morire prima di diventare vecchia.

 

Il silenzio viene ovviamente interrotto da Mitchie che, le mani a coppa, inizia a bisbigliare parole sicuramente senza senso.

-Hey, hai notato quel ragazzo?-

No, vabbè, non può…

-Dai, non sporgerti, sennò ti vede… Quello con la giacchetta… È da quando sono entrata che non fa altro che continuare a guardarti…-

Sì, purtroppo l’ha fatto. Occhio di falco!

-Oh, davvero? Non c’avevo fatto caso.- apro un cassetto, fingendo di cercare qualsiasi cosa possibile ed inimmaginabile.

Non la vedo, ma so che sta alzando un sopracciglio, lo sento.

cariiiiiino!- squittisce nuovamente.

Gli lancio un’occhiata distratta, per poi tornare con lo sguardo a lei: -Non male.-

-Eddai, Sara! “Non male”? Mi pare un po’ riduttivo.-

-E tu mi pari un po’ esaltata. O sbaglio?-

Mitchie caccia la sua lingua fuori e me la rivolge, fintamente sprezzante, interrompendosi però subito.

-Uh, sta arrivando, falalala!-

COME?

In effetti il tipo è già a meno di un metro dalla scrivania, e ha un libro in mano.

Ovvio.

Quella scema della mia coinquilina prende un depliant di non so quale mostra e comincia a sfogliarlo svogliata, facendo finta di nulla, mentre il ragazzo si materializza, intento a rigirarsi il libro tra le mani.

Non so cosa stia aspettando, forse che lo chiami?

-Scusa, devi…?-

Lo vedo alzare gli occhi e guardarsi intorno, per poi ritornare con lo sguardo a me.

-Oh, credevo ci fosse la signorina…- e, con un cenno del capo, mi indica Mitchie.

-Oh, no, lei è semplicemente la mia rompipalle preferita… Dimmi pure.-

Mi sorride e mi porge il volume, mentre miss “Falalala” mi guarda malissimo.

-Toh, L’amore ai tempi del colera! Che scelta originale!- esclamo, sottolineando volutamente l’ultima parola; il ragazzo arrossisce e lo vedo contorcersi le mani, mentre Mitchie mi rivolge l’ennesima occhiataccia.

Non pensavo di farlo imbarazzare, uffa!

E sia.

Alzo gli occhi al cielo: -Tranquillo, è un libro stupendo: hai fatto un’ottima scelta.- e gli abbozzo un sorriso, a cui lui mi risponde con uno ancor più grande e radioso.

-Ehm, io mi sono ricordata di aver lasciato la pentola sul fuoco! Devo correre immediatamente a casa, altrimenti i miei ramen vanno al Creatore! Ma voi continuate pure!- interviene farfugliando quella cerebrolesa di Mitchie.

Le lancio un’occhiata che è un misto tra l’acido e la compassione per il suo patetismo, mentre il tipo le sorride bonariamente.

Quella svitata sta per uscirsene, quando io la chiamo: -Mitchie?-

-Sì?-

-Controlla se per caso c’è anche la tua testa, sul tavolo. Mi pare che tu abbia scordato pure quella.-

La vedo diventare ancor più paonazza, balbettare un mezzo saluto e volare via, facendo sbattere furiosamente le campanelle attaccate alla porta.

Ma sbaglio o era parecchio su di giri?

Non faccio in tempo a continuare i miei pensieri che il ragazzo riprende a parlare.

-Ehm, ti secca dirmi di cosa parla… questo?- e mi fa vedere il libro.

Oddei, ma chi me l’ha fatto fare!

Comunque decido di indossare una maschera di falsa tranquillità e, dopo essermi schiarita la voce, comincio: -Florentino è un impiegato che ama Fermina, un’adolescente: quest’ultima, però, si comporterà come se lui non esista affatto, sposandosi con il medico del paese. E la vicende proseguono per una cinquantina d’anni, con Florentino che continua a sperare in un ripensamento della sua amata. È molto bello, davvero.- Mi fermo un attimo a pensare. -C’è una frase… una frase che mi piace parecchio. Dice: “È incredibile come si possa essere tanto felici per così tanti anni, in mezzo a tante baruffe, a tante seccature, cazzo, senza sapere in realtà se è amore o se non lo è.” Penso che tutti abbiano vissuto, almeno una volta nella loro vita, una situazione del genere. Ed è.. è penoso, ecco. Tutti dovrebbero sapere cos’è l’amore, nessuno escluso.-

Rialzo il capo e incrocio il suo sguardo, un’espressione indecifrabile nelle iridi.

-Scusami… Mi sono lasciata trasportare un po’ troppo dalla fantasia, dal libro…- distolgo lo sguardo. -Maledetto García Márquez…-

-Macché, mi ha fatto piacere sentirti.-

Aggrotto le sopracciglia e lo vedo, i gomiti sul bancone e il viso appoggiato sulle mani. -Si vede che ti piace molto: riesci a farlo apprezzare anche ad uno che non l’ha ancora aperto.- e mi sorride.

Vabbè, è carino. Molto carino. Ma con me non attacca.

Poi mi ritorna in mente la domanda che devo fargli da venti minuti buoni:

-Scusa, io e te ci siamo già visti da qualche parte, per caso?-

Lo vedo vacillare, ma forse è solo una mia impressione.

-Ehm, sì, ieri sera… Alla festa.-

Riduco gli occhi a due fessure, sforzandomi di ricordare.

Ho un flash.

Una mano che stringe la mia. -Hey, vorresti sposarmi?-. Quattro ragazzi con completi scuri e capelli in ordine.

Schiocco le dita.

-Ci sono! Sei uno di quei quattro che erano vestiti come gli esattori delle tasse!- trillo, facendolo scoppiare a ridere.

-Eh già, proprio uno di loro.-

-E come diamine hai fatto a trovarmi?-

-Ehm…- tituba, le guance un po’ rosse.

-Mi… Mi hai pedinata?- strabuzzo gli occhi.

-Ma-macché…- balbetta lui, ridacchiando -Il tuo amico, quello che mentre te ne stavi andando ti ha bloccato… Quello, ecco. Ho chiesto a lui.-

Dannato Daltrey! Non solo mi scrocca i soldi perché li ha finiti, ma mi sputtana alla grande! Questa me la paga.

-…E non ti ha detto come mi chiamo?- riprendo la discussione, ostentando una finta calma.

-Ehm, no. Mi ha solo detto che lavoravi qui. E devo dire di essere stato abbastanza fortunato, date le condizioni in cui versava. È già tanto che abbia azzeccato l’indirizzo della libreria.- mi sorride di rimando.

Ciucco come non so cosa. Dopo vado veramente a fargliela pagare.

-Comunque… Posso sapere il tuo nome?- riprende lui, sempre con il sorriso sulle labbra.

Lo fisso. Vabbè, dirgli il mio nome non mi costa nulla.

-Sara.- replico asciutta, forse un po’ troppo asciutta. -Tu invece sei quel McCharmly?-

Il tipo scoppia a ridere: -Oh, no. Quello è uno stupidissimo soprannome che mi ha dato quel cretino di Lennon. Il mio vero nome è un altro.- e mi porge la mano. -Piacere di conoscerti, Sara: il mio nome è Paul, Paul McCartney.-

Restiamo tre minuti buoni a fissarci, io con un’espressione alquanto perplessa e lui con un sorrisone ebete che gli va da un orecchio all’altro. Evidentemente si sta aspettando qualcosa.

Bah, meglio interrompere questo silenzio imbarazzante.

-Oh. Va bene.-

A queste mie parole mi sembra di vedere le sue braccia cadere in terra, ma è solo frutto della mia immaginazione.

Ritrae la mano e se la passa tra i capelli, per poi schiarirsi la voce: -Err, è stato un vero piacere conoscerti, Sara.-

-Uh, anche per me.-

Riprende a fissarmi, mentre io, con un sorrisone a tremila denti, continuo:

-Fanno 16 sterline e 45 pounds, Sir.-

 

 

Torno a casa e mi accascio sul divano distrutta, pronta a cadere in uno stato vegetativo, quando Mitchie mi assale.

-Allora-allora-allora?-

-Allora che?- bofonchio.

-Hai parlato con il tipo cariiiino? Il tipo cariiiiino ti ha chiesto il numero? Ti ha chiesto di uscire con lui, il tipo cariiiiiino?-

-Oddio, Mitch! Se non la pianti di dire in continuazione “cariiiiiino” quelle i te le faccio inghiottire una ad una, oppure te le ficco dove non batte il Sole!- ringhio, per tutta risposta.

Si azzittisce un attimo, pare pensare a qualcosa, poi riparte alla carica.

-Mmmm, ma assomigliava un sacco a Paul McCartney! Cioè, era cariiiino- e qua c’è la mia occhiataccia torva, al che lei si corregge subito -ehm, volevo dire carino, come lui…-

-Paul chi?!-

Rotea gli occhi: -Niente, lascia perdere. Vado a farmi un tè, va’.- e se ne va nel cucinino.

Passano un paio di minuti, tra il rumore di tazze, della scatola in latta che contiene le bustine e dei miei occhi che, pur essendo stanchi, non vogliono saperne di tirar giù le saracinesche.

-Uh! Sai che coincidenza? Anche lui si chiamava Paul, ora che mi ci fai pensare…-

Un enorme fracasso, causato probabilmente dalla caduta del barattolo di latta, mi fa strizzare gli occhi e tappare le orecchie.

-Ahia, cazzooo! Mitchie, sono rimasta traumatizzataa! Ora resterò sorda e cieca a vita!- urlo fuori di me, rotolandomi sul divano e simulando una sofferenza atroce. Anzi no, un po’ soffro sul serio.

Ma il peggio non è ancora arrivato. Difatti Mitchie mi aggredisce, prendendomi per il colletto della camicia:

-CHE CAZZO HAI DETTOOO?-

La scosto e, riacquistando la mia proverbiale freddezza, la apostrofo con un bel: -Hai sentito benissimo. Qua la sorda sono io, ricordi?-

Per tutta risposta quella pazza si alza di scatto e comincia a camminare in tondo, accompagnando ogni passo con una serie di -OMMIODDIO.OMMIODDIO.OMMIODDIO.-

Per non sentirla inizio a fischiettare Satisfaction, al che lei mi salta nuovamente addosso.

-Aaaah, ma lo fai apposta, alloraaa!-

La guardo stranita e riprendo fiato: -Tu. Non. Stai. Bene. Cazzo vuol dire “lo fai apposta”? Cos’è che starei facendo apposta, scusa?!-

-Canti i Rolling Stones!-

-Perché, scusa, non posso?-

-Non in questa situazione!- urla, riprendendo a girare in tondo, per poi bloccarsi di nuovo -Ma ti rendi conto della fortuna che hai avutooo?-

-Scusa, posso sapere di che cazzo stai parlando?-

-Quel ragazzo non assomigliava a Paul McCartney!-

La fisso stranita. Chi cazzo è ‘sto McCartney?

-Quel ragazzo ERA PAUL MCCARTNEY DEI BEATLES!-

 

 

 

Who are you?
Muahahaha! Ditelo che v’ho fregate tutte, avanti! :D

Dio, quanto mi diverto a scombinarvi i piani x°°D

Coooomunque! La targhetta (splendida, come al solito :Q_) è stata realizzata dalla mia socia, e io non posso fare a meno di ringraziarla

Per quanto riguarda il capitolo, posso solo dire che mi sono divertita da matti a scriverlo, specialmente a rendere Paulie un adorabile demente :D

Ora vi lascio u.u

Alla prossima, darlin’ (:

Kisses,

 

Dazed;

 

 

p.s. Nel capitolo 4 l’unico messaggio subliminale era il braccialetto con il ciondolo a forma di ragno (Boris The Spider degli Who vi dice nulla? :D)

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Capitolo 6
*** A legal matter ***





Capitolo 6
A legal matter

 

Devo dire che il caro Entwistle è molto più aggraziato di quello scimmione di Daltrey, quando sta al volante.
Questo è il pensiero che mi accompagna mentre scendo dal pulmino, abbandonando con un certo dispiacere ma senza troppi melodrammi il calore dell'abitacolo. Quindi, con un allegro sorriso stampato sulle labbra, salto giù dal pulmino e inspiro l'aria invernale che mi circonda – l'odore del freddo, della neve, dei canditi e dei dolcetti natalizi... Ah, i dolcetti natalizi! Sono una delle cose che più amo del Natale!
-Jingle Bells, Jingle Bells, Jingle aaaall the waaaay!- sento improvvisamente alle mie spalle.
Mi volto e la prima cosa che riesco a vedere è la facciona da schiaffi di Keith di fronte alla mia, poi due braccione da gorilla – da gorilla, viste le mie modeste dimensioni – mi afferrano e mi stringono in un inaspettato abbraccione che somiglia molto alla stretta di un paio di tenaglie. Ridendo, mi unisco al suo canto felice, cercando intanto di liberarmi dalla sua presa.
-Nananaaa nana nanaaaa na na nana na na, HEY!-
Eh, che ci posso fare se nessuno dei due conosce il testo del brano. Enty ride di fronte al piccolo spettacolino che abbiamo inaugurato, spegnendo il motore e scendendo da un'altra portiera; Sara, ancora a bordo del pulmino, sembra molto confusa e anche parecchio imbarazzata. Nel frattempo, sento gli schiamazzi di quei due idioti di Roger e Pete che si prendono a gomitate mentre scendono.
-Fammi scendere, brutto idiota! E non starmi accanto!-
-Sei tu che mi stai accanto, checca!-
-Checca? Ma che caz...-
-Sai una cosa? I cretini e le checchine hanno la precedenza, quindi scendi pure, Townshend.-
-... vaffanculo, Daltrey.-
Alzo gli occhi al cielo e trattengo una risatina. Finirà mai?
-Non penso che i loro litigi avranno mai fine,- borbotta Keith accanto a me, come se m'avesse letto nel pensiero. -
È come se fossero fatti uno per l'altra. A volte mi sembrano pure marito e moglie, anche se non saprei dirti chi dei due sia la moglie. Ma sei ancora piccola per capire queste cose.- E sghignazza.
Storco il naso. Sono ancora piccola per capire queste cose? Gli tiro uno sberlone sul braccio con cui ottengo solo una grossa e grassa risata da parte sua; cerco di sferrargli un pugno, ma lui riesce ad afferrarmi il polso in tempo e a stringermi ancora una volta tra le sue braccia.
-Aaaaah, Moonie, uffa! Perché devo sempre perdere?- mi lamento.
Lui sorride. -Dai, Mitchie. Sarà per un'altra volta.- Fa una breve pausa, come se stesse pensando a quel che deve dire, quindi riapre bocca, seppur con una certa timidezza. -Ehm... Io avrei una piccola cosa da dare a... Ecco, erm... A quella tua amica, piace la musica?-
A quella mia amica? Chi, Sara? Mi viene da sorridere.
-Certo, ovvio che le piace!- rispondo, -Perché? Che le devi dare?-
Le sue labbra si muovono come se stesse per dire qualcosa, ma si bloccano subito, stendendosi subito dopo in un gran sorriso.
-Macciaaaaao Saaaaaaara!- esclama, sbattendo le mani una contro l'altra.
Mi volto e vedo la mia coinquilina scendere dal Magic Bus pulmino a piccoli passi, ancora con lo sguardo sui due sposini litiganti, e ora guardando in nostra direzione con un sopracciglio alzato.
Prima che io possa fare qualcosa, Sara è, non so come, in braccio a Keith e lui la osserva quasi come se fosse un premio. Mi suicido per trattenere le risate mentre li osservo, di fronte a me, ancora fermi in quella posizione, con la lieve differenza che ora Sara osserva Keith con un'espressione tra lo spaventato e lo scandalizzato.
-Ma... Ma sei impazzito?!- esclama lei.
-Iiiiiio avreeeeeei una piiiiiiiiccola cosa da regalaaaaaarti!- urla a squarciagola Keith, rivolgendole uno di quei sorrisini buffi e ridicoli che solo lui riesce a fare.
Subito dopo sfreccia all'interno del veicolo lasciando Sara per terra con delicatezza, sentiamo il rumore di cassetti che sbattono e vediamo cose che volano attraverso i finestrini. Qualche minuto dopo, lo vediamo uscire con una mano posata sui fianchi e un'altra che stringe qualcosa di quadrato e stretto, impacchettato malamente con della carta colorata. Mi viene da ridere; deve aver incartato adesso il regalo. Lo conosco, io.
Si abbassa all'altezza di Sara, ancora inginocchiata per terra, pallida e stordita, e le porge galantemente il regalo.
-Per lei, mademoiselle.-
Aaaah, Kif. Cambierai mai?
Mi avvicino, curiosa di vedere cosa possa aver regalato Keith a Sara, mi inginocchio accanto a lei e osservo le sue dita scartare timidamente il regalo, strappando via a poco a poco la montagna di scotch per pacchi intorno alla carta colorata.
Finalmente, qualche secondo dopo, Sara toglie l'ultimo strato di nastro adesivo e riesce a rimuovere la carta.
Entrambe rimaniamo a bocca aperta.
Ommioddio. Ommioddio. Ommioddio!
PET SOUNDS!
PET SOUNDS DEI BEACH BOYS!
Alzo gli occhi verso Keith, incredula.
Come cazzo faceva a sapere che Sara desiderava questo disco? È un genio!
Lui mi rivolge un sorrisino imbarazzato e fa spallucce, poi si abbassa verso la mia coinquilina e le spettina i capelli, schioccandole un piccolo bacino sulla guancia.
-Spero ti piacciano i Beach Boys! Buon Natale!-
Mmmm. Prevedo un altro svenimento da aggiungere alla collezione...

 

-QUINDICI UOMINI SULLA CASSA DEL MORTO, YO-HO-HO, E UNA BOTTIGLIA DI RUM PER CONFORTO!-
Sorseggio tranquilla il mio bicchiere di vino (tralasciamo tutte le lamentele e i vari -sei troppo piccola!- o -diluisci con l'acqua-, per favore) ascoltando il soave canto di Keith e Pete, abbracciati e uniti nel loro lieve e delicato stato di ebbrezza.
E se dalle mie parole attualmente non traspare l'ironia di cui ho provato a usufruire, beh, ci tengo a sottolineare che non tutto quello che ho detto è del tutto fedele alla realtà. Canzone piratesca e i -sei troppo piccola!- a parte, s'intende.
Sembra però che le loro voci non trasfigurino in mezzo al trambusto che domina nel buio e claustrofobico locale in cui siamo approdat... A-hem, in cui abbiamo deciso di tenere la nostra personale festicciola.
La clientela festeggia, beve, mangia e passa il proprio tempo con spensieratezza. Nessuno sembra ancora essersi accorta della presenza di Keith e gli altri nel locale. Meglio.
Enty, seduto alla mia sinistra, si unisce dal posto al decantamento in coro del sereno cantico piratesco di Keith e Pete tenendo il tempo con le mani; Roger sembra sul punto di addormentarsi, mentre sfoglia una rivista presa alla cazzo da non so dove, visibilmente disinteressato e annoiato.
Mi appoggio al muro a destra dell'angolo in cui sono seduta per poi sporgermi per un'altra volta in direzione della mia coinquilina per spiare la copertina di Pet Sounds, che lei sta tuttora rimirando, intimidita e felice allo stesso tempo, colorita da un lieve rossore sulle guancie.
Sorrido; è bello vederla contenta. Di solito è sempre stressata per via della scuola, del lavoro... E a proposito.
-Ma, err... Hem hem!-
-Non allungarti ulteriormente e taglia corto. Che vuoi?- mi chiede, voltandosi verso di me.
Sogghigno.
-Sai, ecco... Ti ricordi di quel ragazzo tanto cariiino... Paul McCartney, ecco...-
-Ancora con 'sto cariiino?! Mo’, io te lo fo’ ingoiare 'sto cariiiiiino!- esclama, innervosita, abbassando il disco sulle gambe.
-Calma, calma!- Rido. Un altro sorso di vino, poi parto all'attacco. -Vi siete sentiti di recente, allora??-
Quando le porgo la domanda, sembra pensarci su. Alla fine, fa spallucce e ritorna ad ammirare la copertina di Pet Sounds.
-No. Lo vedo spesso alla libreria ma riesco sempre a finire il lavoro in tempo e a tornare a casa prima che lui mi saluti.-
Storco il naso. Ma che cazz...
Mi schiarisco la gola e cerco di sorridere.
-... se non fosse Natale, ti picchierei.- borbotto a denti stretti.
-Fa’ pure, non mi disturba.-
Ah? Va benissimo! Le tiro un pizzicotto sul gomito e lei sussulta, fissandomi con un'aria offesa.
-... ahia, Mitchie! Ma ti sei rincretinita?!-
-Rincretinita sarai tu che ti ostini a rifiutarlo!- urlo, cercando di mostrarmi il più incazzata possibile. -Al posto tuo, io...-
-Ammettilo che gli salteresti addosso.-
Tsk. E lei sa cosa faccio adesso, io?
Mi schiarisco la gola e sorrido, felice di poter dare un annuncio.
-Uuuh, sapete che Sara uscirà con Paul McCartney?-

-Michelleee, taciiii! Non è veroo!- protesta Sara, tirandomi una gomitata.

-Non chiamarmi più Michelle, capito?-
Daltrey pare allora svegliarsi, posando la sua amata rivista.

-Cheee? Quel coleottero?!-

-Scarafaggio, Roger; scarafaggio.- lo corregge Keith, sedendosi su uno sgabello.

-Dove? Dove?- Roger si gira di scatto, spaventato. -Ci sono blatte in questo ristorante? Cazzo aspettavi a dirmelo, Moonie? Andiamocene!-

Io, Sara, John e Pete rimaniamo senza parole, mentre Keith spiega meglio la faccenda a quel ritardato di Rog:

-È il loro nome. Beatles = scarafaggi.-

-… ah, vero. Ehehehehe.-
Cerco di aggiungere una mia opinione riguardo alla mancanza del cervello all'interno della scatola cerebrale di Rog quando una mano mi scuote la spalla. Alle mie spalle, Enty sorride, sereno.
-Ti va di andare a prendere altro da bere?- chiede, per poi aggiungerci con malizia: -Dell'acqua fresca, magari.-
-Ahah, bella questa, John, ma... Te lo scordi! Stasera io bevo sooolo vino, poi io reggo l'alcol meglio di tutti voi messi assieme!- rispondo, tutt'ad un tratto sotto il campo d'azione di non so quale improvvisa sferzata di raro e prezioso orgoglio e fierezza di sé.
-Ehm... Posso venire pure io?- chiede allora Sara, alzando un ditino in aria. -Ho finito la, a-hem, Coca.-
Enty mi guarda con un sopracciglio alzato, poi sorride cordiale a Sara: -Certo. Andiamo, allora.-
Ignorando le scenate semi-drammatiche di Pete e Keith, andiamo al bancone e Enty ordina una birra bionda e due lattine di Coca. Roteo gli occhi, infastidita. Eppure penso di essere stata chiara...
-Ti ho detto che io l'alcol lo reggo! E anche meglio di tutti v... Oooh, ma sto diventando ripetitiva!-
Lui mi dà un buffetto sulla guancia e prende la sua birra, portandosela sulle labbra senza dire altro.
Gnnnnn, che nervoso quando fa così!
Sto per prendere – a malavoglia – la lattina di Coca quando sentiamo tutti un rumore forte alle nostre spalle e ci voltiamo, spaventati.
I miei occhi non hanno neanche il tempo di focalizzare la situazione che due manone mi afferrano per le spalle e mi spingono contro un tavolino, in mezzo al generale scalpore che sembra aver zittito la chiassosa clientela.
-MA CHE CAZ... MITCHIE!-
Scuoto la testa, mi strofino gli occhi e solo allora mi accorgo che due enormi occhioni verdi mi stanno guardando, a poca distanza dai miei, alquanto preoccupati. Aggrotto la fronte senza dire niente e abbasso le mani, continuando a ricambiare l'occhiata che mi rivolge quello strambo tizio baffuto che mi è appena cascato addosso.
-Errrr... Niente di rotto, signorina?- mi chiede con tono imbarazzato, ansimando.
Ignoro il suo alito odorante di alcolici e accenno ad un sorriso, che finisce per uscirmi abbastanza forzato.
-N-no, non si... Non si preoccupi...- annuisco, convinta. Almeno, provando a essere convinta.
Lui sorride, come sollevato dalla mia risposta, quindi, con molta fatica, riesce ad alzarsi e a offrirmi una mano per aiutarmi.
Afferro il suo polso e cerco di tirarmi su – meno male che oggi mi sono messa i pantaloni lunghi! – ma cado di nuovo per terra. -Eccheccazzo!- urlo, per poi accorgermi che, per una volta, non sono caduta a causa della mia fottutissima goffaggine.
-Bonzo, cazzo!-
Storco il naso all'urlo acuto proveniente da non so dove e poi abbasso gli occhi.
Ai miei piedi, il tizio di prima giace per terra con la faccia per terra e un paio di schegge di vetro marrone tra i capelli; un altro ragazzo che prima non avevo visto, stavolta alto e biondo, si butta alle spalle del responsabile, un armadio dall'aria spaventosa alto il doppio di lui e armato di bottiglia scheggiata, accompagnato da un viscerale urlo di battaglia che somiglia tanto ad un “Ounheahhonhouh” urlato a squarciagola, se proprio devo essere precisa.
Mi guardo attorno alla ricerca di una via d'uscita per sgusciare via, anche se mi piacerebbe poter aiutare quel “Bonzo”, immobile e privo di sensi davanti a me.
Prima che possa fare una cazzata, qualcosa, forse la mano della coscienza, mi tira per il polso in tempo prima che l'armadio e il biondo cadano entrambi sul punto in cui mi ero bloccata e salvandomi in tempo da un triste destino di frittella che mi aspettava. Due braccia mi afferrano e mi stringono in un grande abbraccio, spettinandomi nervosamente i capelli.
-Mitchie! Cazzo, ho temuto il peggio! Stai bene? Niente di rotto? Non farti mai più coinvolgere in cose del genere, ok? La violenza è una gran brutta cosa, capito?-
-Da quando sei così hippie, Townshend?- domanda una voce dura e secca alla sua destra.
-Zitto, Daltrey, e non parlarmi di... Di... Di quella gentaglia.- risponde Pete, dignignando i denti.
Cerco di rispondere all'interrogatorio ma altre mani mi costringono ad appiccicarmi al petto di un'altra persona, e stavolta tocca a Keith.
-Ehi, piccola! Hai avuto paura? Tutto a posto?-
-... certo che non avete proprio originalità per le domande, eh!- borbotto, continuando lo stesso a restare appiccicata a Moonie.
Alle spalle di Keith, Enty mi guarda in silenzio.
Cerco di tendergli la mano, ma sento Sara che mi attira a sé e... Insomma, la solita solfa, penso si sia capito.
-Ma tutte a me devono succedere?- le sussurro nell'orecchio, mentre tiene la testa appoggiata sulla mia spalla, in silenzio.
-La tua si chiama sfiga, Mitch.-
Sbuffo. 'Sta dea bendata del cavolo non tende mai il braccio verso di me, allora!
Nel frattempo, la rissa sembra essersi finalmente conclusa e quell'armadio volta le spalle all'ingresso spalancato del locale, strofinandosi le mani con soddisfazione e buttando per terra la bottiglia rotta.
Sara scioglie l'abbraccio e, forse per la curiosità, si affaccia dalla porta per vedere i due soggetti scacciati fuori a calci nel sedere, inseguita dagli altri. La seguo pure io e guardo fuori dalla porta. In fondo, la faccenda mi intriga.
Vedo due ragazzi sulla candida strada innevata. Uno è seduto, con le gambe incrociate, impegnato ad asciugarsi il naso sanguinante e a bestemmiare come un turco. Un turco giovane e biondo. Accanto a lui, noto il tizio di prima, sprofondato in mezzo alla neve bianca in una posizione fetale.
In quel momento, vedo da lontano il biondo che spalanca i suoi occhi azzurri e alzarsi in piedi di colpo.
-SVEGLIATI, BONZO! SVENTOLA A ORE DODICI!-
Inarco un sopracciglio.
… eh?
-Nnnnfffggg... Eh?- borbotta Bonzo, aprendo gli occhi.
Ecco, infatti. Eh?!
Sono tentata di uscire, agguantarli e chieder loro delle spiegazioni, ma scompaiono prima che possa mettere piede fuori dal locale.
Sbuffo, di nuovo.
Ma che razza di gente!
-Scusi, signore... Ma che cosa avevano fatto?- chiede allora Sara, voltandosi verso l'armadio, che ha raggiunto la porta.
-Cosa avevano fatto? Oh, non lo so, ma so che quei teppistelli non hanno pagato, ecco cosa non hanno fatto! E comunque,- lo vedo girarsi verso di me, socchiudendo minacciosamente (?) gli occhi, -Tu non mi sembri maggiorenne...-
Inghiotto rumorosamente della saliva. Ahiahi.
Pensa, genio, pensa!
-... ma che diiiiiice! Ovvio e assicurato che io sono maggiorenne! Maggiorenne al cento per cento, lo posso giurare!-
Alle spalle dell'omone, Pete e Roger si stanno prendendo a gomitate dalle risate. E l'omone non sembra convinto.
Pensa, genio, pensa! E son due.
-A-hem, lei non sa chi sono io! Porti rispetto ad una... Errh... Signora come me! Ho trentun anni, ho la patente e ho marito e figli!- Una pausa. Nel raggio di tre metri, tutti mi osservano perplessi. E io m'affretto a precisare: -Sa, noi eschimesi maturiamo molto tardi...-

 

-It's been a hard day's night...-
Così dicendo, mi lascio cadere su un sedile del pulmino, quello posto accanto al finestrino.
Ben presto vengo raggiunta da Enty, che si siede accanto a me e mi offre una tazza di cioccolata fumante e un pacchetto di biscotti. Gli sorrido, dopo un lungo sospiro, e prendo la cioccolata, soffiandoci dentro per raffreddarla.
-Ti prometto che l'anno prossimo non verrai coinvolta in una rissa, semmai vorrai ancora festeggiare il Natale con noi.-
Sussulto e mi giro verso di lui. Mi guarda con la sua solita espressione mite, con l'aria anche vagamente assonnata.
-Ma certo che vorrò festeggiare il Natale con voi anche l'anno prossimo! Scherzi?-
Gli soffio un bacino sulla guancia e sorseggio la cioccolata, prendendo un biscotto dal sacchetto – mmm, scaglie di cioccolato e noccioline!
Rimaniamo in silenzio per un altro po', mentre io mi ingozzo senza troppi pensieri in testa.
Poi, le sue dita posano una piccola scatoletta rossa sul mio ginocchio. Storco le labbra.
-E... E questo?-
-Un piccolo pensierino.- Guarda un attimo il buio paesaggio fuori dal vetro, le case punteggiate da tante luminose decorazioni colorate. -Buon Natale, Mitch.-
Vorrei chiedergli altro ma mi limito a stare zitta e a scartare la scatoletta con una certa emozione.
Cavolo, le uniche persone da cui avevo ricevuto un regalo fino ad allora erano Sara e mia madre! Non posso negare di sentire una certa gioia superficiale che riescono a darti solo le cose materiali e che ogni volta mi infastidisce provare, ma in questo caso... Insomma, penso di meritarmelo. O no?
Sotto la carta rossa, si nasconde qualcosa di simile ad una scatoletta per i gioielli.
Forse saranno orecchini, oppure un anello (anche se suonerebbe alquanto equivoco, duh), oppure...
Ora Enty guarda verso le mie mani esitanti e un lieve sorrisino illumina il suo viso. Forse sta aspettando che apra.
Mi morsico il labbro e spalanco la scatoletta.
Oh, cavolo. No, non ci posso credere.
Rido, rido come un'idiota e mi butto sul collo di Enty, appoggiando in tempo la tazza di cioccolata da un'altra parte.
-Oh, John...-
Lancio quindi un'occhiata verso il ciondolo che stringo tra le dita e ho come l'impressione che quel ragno mi stia sorridendo.

 

 

 

Trova l’intruso.

Premetto la mia incursione affermando che io Kif me lo sposerò, prima o poi, eccheccazzo. Quanto cazzo è dolceee, quantooo? ç_ç

Ok, torno seria LOL Vi scoccio due secondi con i miei messaggi subliminali e poi me la squaglio, occhei?

Spero di morire prima di diventare vecchia. Vabbè, My Generation docet.

 

That’s all u.u Vi aspetto per il prossimo capitolo, curato dalla sottoscritta : D

Adiosss (:

 

Dazed;

 

 

 

Who are you?
Oh, ma buongiorno! (O buonasera, dipende.)
Finalmente, ecco il sesto capitolo! Con una ciliegina sulla torta: nuovi arrivati! Il nome Bonzo è familiare a qualcuno, per caso? LOL.
Lo so, è un capitolo abbastanza lunghetto e noioso, mi ha occupato esattamente quattro pagine, e con queste inutili note raggiungiamo la quota di ben cinque pagine. Devo decisamente smetterla con i miei lunghi capitoli noiosi. Anywayz.
È appena passato Natale, quindi Buon Natale anche a voi. <333 (No, non ricordatemi che Natale è passato da ben tre mesi – tanto non vi sento! LALALALALALALALIES.) Che altro posso aggiungere a parte che vi dovete aspettare delle belle da queste due nuove comparse? Come ad ogni novità, anche questa potrebbe portare dei nuovi risvolti a questa storia, quindi stay tuned! ;D
Allora spero che il capitolo vi sia piaciuto almeno un po'! Alla prossima, con il capitolo della cara Dazed/Sara. :3
E ovviamente, BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO. <3

 

Thief.

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Capitolo 7
*** Got to get you into my life ***





Capitolo 7
Got to get you into my life

 

Mi rifugio nel cappotto, un po’ per ripararmi dal freddo e un po’ per cercare di sfuggire ad eventuali orde di fan isteriche.

Finalmente arrivo e, dalla vetrina, la vedo: indossa un blazer grigio e la sua solita aria imbronciata. È bellissima.

Tiro un lungo sospiro, penso per darmi coraggio, e spingo la porta, venendo così accolto dalle campanelle che trillano festose, così in contrasto con l’espressione del suo viso.

Mmm, forse non è giornata.

La saluto con la mano, abbozzando un sorriso, mentre lei mi risponde rapida con un cenno, tornando ai documenti che stava sfogliando prima che la interrompessi.

Rimango sull’uscio, a fissarla imbambolato, quand’ecco che mi passa davanti una vecchina.

 

***

 

Oddio, è venuto anche oggi.

Roba da non crederci! Ma quest’uomo non ha niente da fare, da mattina a sera?

Cheppalle, oh.

Rialzo lo sguardo e noto che la signora ottantenne di prima, carica di borse da capo a piedi, cerca di uscire, ma Paul la anticipa, aprendole galantemente la porta.

L’anziana lo ringrazia ma lui, non ancora contento, le tende il braccio e l’accompagna fuori, per poi chiamarle un taxi.

Poi fa nuovamente capolino dalla porta, comportandosi come se non fosse successo nulla, ed è lì che non riesco a trattenermi dal sorridergli: sorrido, e il mio non è un sorriso di circostanza, anzi!, oserei dire che è il primo sorriso vero che gli rivolgo.

E credo l’abbia notato anche lui, dato che contraccambia, le guance un po’ rosse.

Dai, è così… carino. Lo ammetto. È troppo carino.

E poi è anche un bravo ragazzo. Un po’ petulante, quello sicuramente, ma quanti ragazzi si sarebbero fermati a fare quello che ha fatto lui poco fa?

Mi tornano in mente le parole di Mitchie:

 

-Sara, sei tu la paranoica che non lo vuole ancora capire! Da che mondo e mondo, tutte e sottolineo tutte le ragazze presenti sulla faccia della Terra impazziscono per McCartney! È impossibile resistergli: ha degli occhi meravigliosi, un faccino tenerissimo e un savoir-faire che stenderebbe chiunque! Per non parlare della voce…-

Dopo aver sentito l’ultima frase, storsi il naso e roteai gli occhi all’indietro.

-Ma questo discorso è impossibile da intraprendere con te, perché ti ostini a fare l’ottusa.- puntualizzò Mitch, andando a farsi un tè.

 

-Sì, ok, uomo ideale quanto vuoi, ma la fama da inguaribile donnaiolo comunque non gliela leva nessuno, cara mia.- mi verrebbe da dirle, peccato che quella cretina non sia qua.

-Ciao!-

Sussulto: non mi ero accorta che lui fosse davanti al bancone!

-Ehm… Ciao, Paul.-

-C-come va?-

-Oh, beh, un po’ stanca ma tutto sommato è ok. Tu? Tutto bene?-

-Sìsì, tutto molto… molto bene.-

-Oh, bene, ne sono felice.-

-Già, anch’io.-

-Perfetto.-

Silenzio glaciale, seguito dall’immancabile balla di sterpaglia secca, la ciliegina sulla torta in situazioni imbarazzanti come questa.

-… è molto che non ci si vede, vero?- si schiarisce la voce.

Fingo di guardare l’orologio sulla parete, poi ritorno con lo sguardo a lui: -Oh, sì, se per te il concetto di “molto” equivale a 24 ore, 17 minuti e 33 secondi.-

Ci guardiamo per una manciata di millisecondi, per poi scoppiare a ridere come due deficienti.

-Oddio… Per… Per fortuna hai interrotto lo strazio, ahahaha!- mormora, tra una risata e l’altra.

-Già, ahahaha! Tra gli argomenti che abbiamo tirato in ballo mancava solo il meteo e poi potevamo benissimo ricevere la patente per poter viaggiare in stato di senilità anticipata!- ribatto, facendo aumentare le sue risate.

Dopo cinque minuti buoni finalmente decidiamo di darci una calmata, e torniamo (semi)seri.

-Ti dona quel blazer.- fa lui.

Eccolo che ricominciaaa!

-Grazie. Io invece lo odio.-

Inclina la testa di lato, come un gatto che ha appena visto una farfalla o chissà cos’altro:

-Ah sì? E allora come mai lo metti?-

-Mi c’hanno obbligato a farlo.-

-Uh. Capito.-

Segue ancora il solito silenzio ma, ricordandomi dell’atmosfera terribile di prima, decido d’intervenire:

-Beh, lo stemma credo che la dica lunga: fa parte dell’adorabilissima mise scolastica del mio liceo. Oggi sono stata convocata d’urgenza dal Preside, il quale mi ha gentilmente invitata ad indossarlo, pena la sospensione dalle lezioni.-

Paul rialza lo sguardo, seguendo ogni mia singola parola.

-Trovo che il sistema scolastico inglese sia davvero flessibile.-

Lui ridacchia, per poi sostenere la mia tesi: -Già; ricordo che, quando andavamo al liceo, anche io e George non andavamo molto d’accordo con le divise. E credo anche che John non l’abbia addirittura mai messa, ma che sia ancora sperduta nei meandri di qualche cassetto…-

-Beati voi che avete potuto fare i ribelli: io corro rischi grossi, quel vecchio mi sta sempre addosso!- roteo gli occhi, facendolo ridere nuovamente.

-… e comunque sono venuto qui per chiederti una cosa diciamo, ehm, importante. Almeno, lo è per me.-

-Uh, dimmi pure! Sono tutta orecchie.- gli rispondo, appoggiando la testa su una mano.

-Ehm, ecco, io… Mi chiedevo se… Se stasera avessi qualcosa da fare, ecco.-

-Mmm, mi pare di no...-

-Ecco, allora… Ti andrebbe di uscire con me?-

Ossantissimoiddioquantocazzosonodeficiente?

Dovevi capirlo subito che ti stava per chiedere un appuntamento, razza di cogliona al cubo che non sei altro!

E adesso che faccio?

Suvvia, a Natale siamo tutti più buoni… Ma Natale è già passato, quindi il dilemma persiste: che cazzo faccio?

-Uh, devo lavorare anche se è festa, però finisco prima… Per che ora sarebbe?-

-Errr, le otto! Le otto, credo.-

-Mmmm… Ma sì, dai! Perché no?!-

Paul ritorna al suo colorito naturale, che gli dona decisamente di più dell’essere bianco come un cencio.

-Oh. Allora ci vediamo davanti al Matchbox alle otto, ok? Sai dov’è, vero?-

Mi affretto ad annuire: -Certo che sì. Ora scusa, ma stai intralciando la fila: ci sono tre clienti dietro di te che hanno tutta l’aria di volerti sbranare.- Quest’ultima frase gliela dico sottovoce, ottenendo così l’effetto di farlo diventare di tutti i colori.

Si scansa e, dopo aver chiesto loro scusa per almeno una trentina di volte, si congeda ed esce in fretta, per poi tornare a guardarmi dalla vetrina: è così buffo e tenero che lo saluto ridendo, la mano sventolante.

Lui ricambia comportandosi nel mio stesso modo, per poi sparire definitivamente dalla mia vista.

Solo ora comprendo cos’ho fatto.

Cazzo. Ho accettato di uscire con Paul McCartney dei Beatles.

Vado contro i miei principi morali! Mi sto rammollendo perché accetto di uscire con un ragazzo! Che per di più è uno di quegli odiosi Beetles dei miei stivali! Quelli che fanno quelle cazzo di canzonette con le rime “sole-cuore-amore” e una quantità indefinita di “yeah yeah yeah” diffusi in due minuti scarsi! E la profezia di Mitchie si è avverata, cazzoculooo!

Ho bisogno di una camomilla.

 

 

 

Who are you?
Mi sto rammollendo sul serio DDD:

Nella realtà non ci penserei su due volte ad accettare l’invito di Paul ma, si sa, per esigenze contrattuali et artistiche si deve pur scendere a compromessi u.u

E comunque buondì, gente!

Come vaaa? (:

Mi scuso per il capitolo striminzito ma deve fungere da intro per un capitolo che arriverà tra poco, che sarà divertentissimo : D

Per quanto riguarda il capitolo, posso dire che mi pare di averci inserito solo due messaggi subliminali, se non vado errando :3

Anyway, ora vi saluto e vi lascio scervellare, e vi attendo per il prossimo capitolo, targato Thief (;

See ya (Y)

Bacioni,

 

Dazed;

 

 

YEEEEEEAAAHHHHH!
OHAI! Qui vi parla Thief/Mitchie, fufu. Intanto che preparo una camomilla per Sara, vorrei elencare un paio di sottili riferimenti a vari brani che mi sono assai divertita a inserire nel precedente delirante capitolone, visto che, anche se non tanti, c'erano.

Il Magic Bus l'hanno notato tutti, no? Poi c'era l'urlo di battaglia del biondo voiavetecapitochi, ossia Ounheahhonhouh. Detto cosi' non dice niente a nessuno, ma per capire dovete andare a cercarvi il testo di Trampled Under Foot dei Led Zeppelin su sing365. LOL. Poi c'era l'evidenterrimo It's been a hard day's night, e penso che tutti avranno capito a che si riferisce. ^^
That's all. :3 Byehhh. <333

 

Thief.

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Capitolo 8
*** In the city ***





Capitolo 8
In the city

 

-È una cosa che m'è venuta in mente un po' di tempo fa, e, insomma...-
-E insomma? Di cosa si tratta? Daaai Peeeete, dimmelooo!-
Oggi il cielo non annuncia buone previsioni: grossi cumuli grigi vengono sospinti da Nord sopra le nostre teste e i notiziari annunciano pioggia che, se entro ventiquattr'ore la temperatura si degna di passare sotto lo zero, potrebbe tramutarsi in neve.
Nel mio cuore nutro la speranza che ci sia un'altra nevicata, ma so di sperare invano.
In fondo (ma nemmeno tanto in fondo), la dea bendata ignora sempre le mie preghiere. So che stavolta non far
à un'eccezione e so per certo che quelle nuvole sono un suo sadico segnale mandato per segnalarmi l'arrivo di altre sfighe. Aaaah, la odio!
Ma per fortuna esiste Pete con le sue cazzate intellettuali a tirarmi su il morale.
Stringendo due sacchi della spesa nelle mani e arrancando, cerca di raggiungermi mentre mi parla di una nuova idea che è sorta nelle membra del suo cervello.
-Allora? Cos'è questa grandiosa idea che ti è venuta in mente? Me lo vuoi direee?-
-Ok, va bene, te lo dico! Ma tu... Puff!, rallenta il passo, porca miseria!-
-Ma sei proprio un pensionato, tu! … oddio, parlo come la mia prof. di educazione fisica!-
Pete sghignazza come un cretino e riesce finalmente ad affiancarmi.
-Comunque, la mia idea è ancora molto confusa e sfocata, ho bisogno di pensarci meglio per dargli un filo narrativo e un ufficiale plot. Consisterebbe in una specie di racconto di come il rock 'n' roll dell'attuale secolo potrebbe cambiare il mondo di un secolo futuro deteriorato... Eh, che ne so, potrei riproporre un'atmosfera in stile 1984 senza tutti i vari melodrammi, inserire avanzati rinnovamenti delle tecnologie d'oggi...- Una pausa. -Insomma, non ne sono ancora sicuro, ma son certo che ancora poco e riuscirò a perfezionare queste idee sparse. Per ora, che ne dici, Mitch?-
Si volta verso di me tutto pieno di aspettative, mordicchiandosi il labbro inferiore.
Dio mio, quando fa così mi spaventa.
-... mi spiace smorzarti così l'entusiasmo, ma... Fumati meno canne, Petey.-
Annuisco, gli prendo un sacco dalle mani e lo sorpasso, zitta.
-Mitch? Mitchie, aspetta, ehi! Dove stai andando?-
A casa, Pete, a casa, mi verrebbe da rispondergli, ma mi trattengo.
Poi, i miei occhi – oh, i miei occhi – vedono qualcosa.
Capelli mossi e neri, un viso che io ben conosco che risalta in mezzo alla folla.
Non riesco a credere ai miei occhi.
No, no, no! Non può essere!
Lascio cadere il sacco della spesa e Pete si butta letteralmente su di me dalle mie spalle, afferrando il sacco.
-Sei impazzita, vero? Guarda che ci sono le uova, dentr...-
-Sssshhhhhh!!! Zitto, altrimenti ci...-
-Ci? Ci cosa? O meglio, ci chi?-
-Ci niente! Zitto e corri!-
-... mmmm, ok.-
Stiamo per scappare e metterci in salvo quando una voce a me molto familiare chiama un nome che io odio.
Deglutisco rumorosamente e mi blocco, voltandomi come se fossi al rallentatore.
-Oh, ma... Michelle! Sei davvero tu?-
Ohporc...

 

La fortuna non sta mai dalla mia parte. L'ho già detto?

 

Vorrei precisare che io voglio un mondo di bene a mia madre.
Per molti anni è stata l'unica persona che mi è stata accanto; mi ha cresciuta senza viziarmi ed è riuscita a sopportarmi per circa quattordici anni senza mai andare davvero fuori di testa. E di tutto questo, io le sono grata, e so che sono diventata la persona che sono adesso solo grazie a lei – e ai dischi jazz che le piaceva farmi sentire quando ero piccola, anche grazie a loro.
Ma penso che ogni essere umano di sesso femminile in compagnia di un ragazzo reagirebbe alla mia stessa maniera se vedesse la propria mammina in mezzo alla strada.
Però nel mio caso dobbiamo anche considerare che mia mamma dovrebbe stare dall'altra parte del mondo, attualmente.
Ebbene, quindi, cosa ci fa mia mamma a Liverpool?
-Michelle!- esclama lei, abbracciandomi -Che bello rivederti! E come sei cresciuta! Tutto bene a scuola? E con la tua amica?-
-Errr... Ciao mamma...- mormoro, tutta rossa dall'imbarazzo.
Fulmino Pete con la coda dell'occhio, mentre lui sghignazza divertito di fronte alla nostra dolce riconciliazione familiare.
Sfodero il sorriso migliore che sia capace di fare e rispondo pian piano al suo interrogatorio.
-Tuuutto ok, mamma, puoi credermi! Sto migliorando in matematica e... Petemaledizionesmettiladiridere, a-hem, cioè, volevo dire, ceeerto che va tutto bene! Bene, benissimo, strabenissimo! Vivo in un appartamento strafigo con Sara, la mia amica strafiga, anche se a volte un po' ottusa, hemhem. Poi di recente ho reincontrato un paio di persone stragrandiose che avevo conosciuto un paio di anni fa e devo dire che sono strafelice anche per questo! Insomma, penso di essere in un periodo stramitico!-
Alla fine del mio discorsetto pieno di stra, posso intuire l'occhiata perplessa che mi sta rivolgendo Pete alle mie spalle. Invece, mamma ride, contenta.
-Sono felice che tu stia bene, Michelle! Ma... Noto che non sei in cattiva compagnia.-
Ora sorride maliziosa, guardando quello spilungone di Pete – che la supera di altezza – accarezzandosi il mento.
Arrossisco di colpo. Cosa starebbe insinuando?, tossicchio violentemente.
-Ehm... Puoi ripetere, mamma?-
Il suo sorrisino s'allarga.
-Michelle...
È bellissimo vedere come tu voglia avere un ragazzo. In fondo, hai l'età giusta, e...-
Inarco le sopracciglia, storcendo la bocca.
-... quale ragazzo, mammina?-
-Ohh, quello che ti sta portando le buste di plastica, Mitch! Ha un naso grosso, ma se a te piace posso sempre approv...-
-EHHHHH?!?-
Pete lascia cadere i sacchi della spesa e, subito dopo aver urlato assieme a me, crolla a terra e si tiene la pancia dal troppo ridere. Mi volto un attimo verso di lui per fulminarlo per una seconda volta, tornando subito dopo a mia madre.
-... mamma! Pete non è il mio ragazzo!-
-Ommioddio, ommioddio... AHAHAHAHAHAHAHAHAHA, sto morendo, cazzo!-
-E tu smettila di ridere!- urlo a Pete, tentata dal lanciargli addosso qualcosa. Ma resisto.
Mi giro un'altra volta verso mia madre, sorridendo timidamente.
-A-hem, allora, mamma! Ti va un... caffè?-

 

 

Trova l’intruso.

Ahahahaha, stima per mamma-di-Mitch u.u

Cooomunque! Rieccomi con il mio solito angolino demenziale : D

I messaggi subliminali del capitolo 7 erano il Matchbox, obviously made in Rolling Stones S.P.A., e quella cagata del “yeah yeah yeah”, che proviene da She Loves You.

Ora sono curiosa di vedere che combinerà la madre di Mitch ma, nel frattempo, vi aspetto per il prossimo capitolo, by me :3

Adiosss (:

 

Dazed;

 

 

Who are you?
OHAI, PIPOL! Ma guarda guarda, è spuntata fuori mia madre. Comunque.
Lo so, è un capitolo breve. Penso sia il pi
ù breve che abbia scritto per questa storia, e infatti occupa solo due pagine. x'D Spero vi sia piaciuto lo stesso, serve giusto per far saltare fuori mia madre in un modo o nell'altro, LOL. La sua presenza potrebbe suggerirmi qualche modo per proseguire! :D
Oh, e volevo dire... Ecco, mi sono dimenticata di citare uno dei pochi messaggi subliminari del sesto capitolo. Qualcuno ha per caso notato il “decantare in coro” che ho inserito spensierata in mezzo alle righe? A qualcuno potrebbe ricordare un certo film d'animazione che uscì nel '68... Ma tagliamo corto e diciamo che ho preso spunto da Yellow Submarine – è che amo immensamente quel film, chiedo perdono.
Quasi dimenticavo: Pete ha partorito quest'idea molti anni dopo il '66. Ma io l'ho voluta inserire qui per farmi due risate.
Detto questo, penso di aver finito. xD
Arrivederci e alla prossima. ^^

 

Thief.

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Capitolo 9
*** I wanna be your man ***





Capitolo 9
I wanna be your man

 

Mi pettino il ciuffo per l’ultima volta, voglio essere perfetto.

Però è anche vero che io perfetto lo sono sempre.

Ok, allora stasera sarò perfetto al quadrato. Anzi, no: al cubo. Ma che dico! Perfetto al fantamiliardo di Zio Paperone…! Perfetto al…

Ok, ok. Ci do un taglio.

Mi spruzzo addosso la Colonia e indosso la giacca, per poi dirigermi verso l’uscita.

-Paolina, dove stai andando?-

-Non si vede? Sto uscendo.- mi blocco sulla porta, la mano già sulla maniglia.

John spalanca gli occhi e assale Brian, che sta sfortunatamente (per lui) passando di qua.

-Eppy! Cosa cazzo significa tutto questo?- lo prende per il bavero della giacca.

-John, quante volte t’ho detto di non chiamarmi Eppy? E comunque Paul mi ha chiesto di poter uscire e io gli ho dato il permesso di farlo, tutto qua.-

-Semplice, no?- salto fuori io, con un sorrisone a tremila denti.

John mi fissa in cagnesco e poi, quasi ringhiando, torna a rivolgersi a Brian:

-Se te lo chiedo io, col cazzo me lo dai, il permesso! Dannato Eppy, non puoi fare le preferenze! O perlomeno, se le fai, falle per me e in modo meno evidente, per Dio!-

-Winnie, il suo preferito sono io: credo sia chiaro come il Sole, oramai.- ammicco, quasi strusciandomi sullo stipite della porta.

-Georgino, Rings! Avete sentito? Paolina esce, a differenza di qualcun altro!- inizia ad urlare John.

George e Ringo sbucano dalle camere: -Coome, scusaa?!-

Ecco qua, il casino è fatto.

-Beh, se non vi dispiace io andrei…- inizio ad aprire la porta, ma Lennon mi salta addosso placcandomi e Ringo chiude la porta a chiave.

Occazzo. Cosa si sono messi in testa di fare, questi?

John mi scaraventa sul divano, dove c’è un tranquillissimo George intento a bersi il tè, e poi riprende l’interrogatorio a Brian: -E sentiamo, cos’avrebbe di così urgente da fare, il signorino?-

-Uscire con una ragazza, John.-

-Avanti, Eppy! Paul ci esce sempre, con le sue ragazze! Anche se per una sera fa digiuno mica schiatta!-

-Ma questa non è una ragazza qualsiasi, Winnie.- riprendo io, guardandomi le unghie.

John rotea gli occhi, poi riprende: -Eppy, non ti farai infinocchiare così! Lo sai benissimo che per lui una vale l’altra!-

-Ma scusa, perché non gli chiedi anche tu di poter uscire? Almeno la facciamo finita e siamo tutti felici e contenti!- sbotto io.

-No signorino mio bello: tenere a bada quattro Beatles a zonzo per la città è un’impresa non da poco! Troppo rischioso. E io non voglio causare casini al nostro beneamato Eppino.- mi rimbrotta con fare saccente.

Ma che ballista!

-… e poi sarà una puttanella, suvvia!-

-COME HAI DETTO, SCUSA?- gli salto al collo.

-Tranquillo, Paolina. Be quiet, relax and take it easy…- si scosta lui, per poi rivolgersi nuovamente a Brian: -Ascoltami, se non vuoi proprio lasciarlo a casa, ho un compromesso: Paulie può uscire con la sua amichetta a patto che ce la presenti.-

Guardo John: ha un ghigno malefico che non promette nulla di buono.

Briantipregononlasciartifregaredaquestofurfante.

-Beh, che ne dici?-

Brian se ne sta assorto, grattandosi la fronte ogni tanto.

-A me sembra una splendida idea!- salta fuori Ringo.

-Cocco della mamma!- gli ring(hi)o dietro io.

-Leccapiedi!- continua George.

-Traditore!- conclude John.

Ringo si piazza di fronte a John e, con il miglior labbruccio possibile, gli chiede delucidazioni: -Heeey! Cos’ho fatto, scusa?-

-Nulla: semplicemente, mi andava di farlo.- gli risponde l’altro.

-Ingrato, bel ringraziamento per averti sostenuto!- e sparisce in camera.

John alza le spalle e riprende: -Dicevamo? Ah sì! Ringo approva… Tu, Georgino?-

George, quasi spaesato, alza il viso dal suo tè: -Mah, per me è indifferente… Fate come vi pare.-

Trattengo a stento l’istinto di stritolarlo e ricoprirlo di baci.

-Quindi siamo due pari!- esulto, le stelline agli occhi.

-Mi spiace frenare il tuo entusiasmo da checca, Paolina, ma George ha detto “fate come vi pare”, quindi potrei anche prenderlo per un sì…-

Sto per prenderlo a cazzotti, quando riprende il discorso: -… ma siccome sono magnanimo non lo farò, e lo valuterò come uno stupidissimo “no”.-

Tiro un sospirone di sollievo.

-Ma gioco il mio asso nella manica! Eppy, manchi solo tu: il tuo giudizio sarà determinante, per vedere se Paolina rimarrà in gara oppure no!-

A momenti casco in terra.

Dannato Lennon!

Brian non mi tirerà mai un tiro del genere, ne sono certo.

Almeno credo.

 

 

-Grazie Eppy di aver accettato la mia proposta! Oh, come sono feliceeee!- John trotterella per la casa, mentre io non smetto un attimo di fissare in cagnesco Brian.

Che traditore!

Lui pare accorgersi (era ora!) del mio sguardo truce, e si avvicina:

-Paul,- mi dà una pacca sulla spalla -non mi sembra la fine del mondo, dai.-

-No, ma dico! Hai visto John?- e glielo indico; in quel momento è intento a strusciarsi sulla lampada, penso si stia immaginando una tipa al suo posto.

-È un po’ fuori di testa, ma entrambi sappiamo benissimo che, in fondo, è un bravo ragazzo.-

-Quanto in fondo?- mormoro sconsolato, beccandomi per tutta risposta una risata del nostro manager.

-Suvvia, al mondo c’è di peggio! E poi, pensa che la renderai ancor più felice, così: quale ragazza non vorrebbe incontrare tutti e quattro i Beatles?-

Questa. Manco mi conosceva! mi vien da dire, ma ci rinuncio e faccio spallucce: ormai è andata così, mi devo rassegnare.

Sento Brian mormorare qualcosa su qualche commissione che deve svolgere, e mi volto appena in tempo per salutarlo di sfuggita, il cappello ormai già sparito dietro la porta.

Due occhietti vispi mi fissano, e io so già chi mandare affanculo.

-Lennon, sei veramente un rompicoglioni! Devi sempre averla vinta tu, sempre!-

-Paolina, è una lezione di vita: impari a chiamarmi Winnie.- e, con un ghigno trionfante, si siede sul divano, una rivista musicale in mano, mentre io, sempre più disperato, mi lascio scivolare a peso morto accanto a lui.

 

***

Robe dell’altro mondo.

Io indecisa su cosa mettermi! Assurdo.

Qua urge una bella martellata in testa coi fiocchi e controfiocchi, chissà che finalmente non rinsavisca!

Dai, Sara: calma e sangue freddo.

E che nessuno venga a rompermi le palle!

-Allora… hai deciso cosa mettertiiii?- la porta si spalanca.

Appunto.

Alzo gli occhi al cielo: -No, Mitch: non ancora.-

-Vuoi che ti dia…?-

-No, Mitch: faccio da sola. Grazie comunque.-

-Ah, ok. Perché sai, vero, che è un’occasione importante e che…?-

-Sì, Mitch: lo so.-

-Bene. Comunque io ti suggerirei di mett-

-MITCH, QUANDO CAZZO TE NE ESCI DALLA MIA CAMERA?!-

Lei mi guarda con gli occhi sbarrati, per poi fare spallucce ed andarsene.

Finalmente, era ora!

E poi me ne strafrego se è Paul McCartney o Elvis Presley o vattelappesca! Per me può anche essere un pirla qualsiasi, me ne infischio se ha venduto centinaia di migliaia di dischi!

E al diavolo anche il cazzo di cardigan che stavo pensando di mettermi!

Incazzata come non mai, apro il cassetto delle felpe e inizio a buttarmele dietro le spalle, facendole ricadere un po’ sul letto e un po’ per terra.

Tanto è camera mia, ci posso pure mangiare, sul pavimento, tzè.

D’improvviso me ne capita una tra le mani, e non posso fare a meno di ghignare malefica.

Mi levo svelta la camicia (il blazer lo avevo già tolto salendo le scale che portano all’appartamento, fate conto voi di quanto lo possa sopportare) e m’infilo l’indumento designato.

Mi raccolgo i capelli, un filo di trucco, una spruzzatina di profumo e sono bella che pronta.

Prendo al volo la borsa e mi precipito fuori dalla stanza, andando in cerca del cappotto.

Imito la camminata della Pantera Rosa, nella speranza di non essere intercettata da quel segugio di Mitchie. Speranza che s’infrange miseramente non appena quella squilibrata mi si piazza dietro, urlandomi a tradimento: -Dove pensi di andare, Lovely Sara?-

-Non t’azzardare più a chiamarmi così, capito?!- le ruggisco per tutta risposta.

-Sì sì va bene. Però, stavamo dicendo… Ah sì, dove stai andand- OMMIODDIOCAZZOTISEIMESSA?-

Se n’è accorta, finalmente. Ghigno ancor più malefica di prima, mentre lei comincia ad urlare come una cerebrolesa:

-TIPREGONONCOMBINARECAZZATE! VAISUBITOIMMEDIATAMENTEACAMBIARTI,ÈUNORDINE!-

-Ma ti pare che mi cambio solo perché me lo dici tu? Hai capito tutto dalla vita, allora!- rido, infilandomi il cappotto.

-TUNONTIRENDICONTOCHESTAIPERFARSCOPPIARELATERZAGUERRAMONDIALE,SCELLERATA!-

-Ma me ne sbatto altamente del Terzo Conflitto Mondiale, Mitch! La vita è una sola e bisogna godersela, e io stasera, con questa felpa, me la godrò alla grande!-

-TUHAISERIPROBLEMI,SEIUNAFOLLE, SEIUNAFJKRLGHR!-

-Chi è la folle tra noi due, scusa? Beh, un antico romano soleva dire “Carpe diem” e io lo voglio prendere alla lettera. Indi per cui, adioss e buon Capodanno per dopo, coinquilina del mio corazon!-

Faccio per andarmene ma lei mi si aggrappa al braccio, così sono costretta a scrollarmela di dosso con forza, sbuffando abbastanza scocciata.

Le chiudo la porta in faccia e me la svigno, prima che riesca ad acciuffarmi di nuovo.

Scendo le scale quasi a quattro gradini alla volta, con un sorrisone a tremila denti stampato in faccia: sarà una serata memorabile.

 

***

Otto e due.

Ma sì, le donne si fanno sempre desiderare, Paul… lo sai, no? Ma d’altronde tu hai un’esperienza che nemmeno Casanova… Dovresti saperlo benissimo!

Anche se…

Otto e tre.

Ok, la devo smettere di continuare a guardare l’orologio. Sta arrivando, me lo sento.

E poi è risaputo che al primo appuntamento le donne arrivino con un po’ di ritardo! È uno dei passaggi più conosciuti di tutti i manuali per conquistare pollastrelle che tu abbia mai letto!

Ok, ne hai letto solo uno. Però non ti serviva. E non l’hai nemmeno comprato tu, dato che era il regalo di compleanno che ti ha fatto Ringo!

 

-E questo… che diamine è?-

-Un libro, Paulie. Un libro.-

-Grrrazie Johnnino caro di avermelo precisato, ma c’ero arrivato benissimo. È il titolo che mi lascia alquanto sconvolto…-

George mi prese il libro dalle mani, e lesse la scritta impressa in copertina: -Il manuale del giovane Casanova Uhm, interessante.-

John gli saltò addosso, strappandoglielo dalle mani: -Heeeey! Nanana, Georgino: tu sei ancora troppo piccolo per queste cose!-

Geo non fece nemmeno in tempo a protestare che mister “l’educazione prima di tutto” proseguì: -Mmmm, notevole. Devo giusto andare al cesso…-

A quelle parole spalancai gli occhi e me lo ripresi, profondamente allarmato.

-Hey hey! Stavo solo scherzando!- fece lui, ma dal suo sguardo capii benissimo che probabilmente non era affatto così.

-Ok, Ringo: va bene che è il pensiero quello che conta, ma anche tu sei consapevole del fatto che non me ne faccia un cazzo di questo… questo robo, vero?-

Lui annuì, per poi arrossire un po’:

-Il fatto è che… che volevo darci un’occhiata io ma, siccome mi vergognavo, ho detto alla tipa alla cassa di incartarmelo perché era un regalo, ecco tutto…-

Sorrisi, intenerito, e gli diedi una pacca amichevole sulla spalla:

-Fa’ lo stesso, Rings. Sei stato davvero gentile… E poi una ripassatina non fa mai male!- gli feci un occhiolino, mentre lui mi sorrise grato.

L’atmosfera idilliaca venne però interrotta da mister Lennon, il quale aggredì Ringo a librate in testa, traforandogli ripetutamente le orecchie: -Sei davvero insensibile, Ringhino! Se ti servivano delle lezioni, venivi dallo zio John! D’altronde, è a questo che servono gli amici, no?-, mentre il signorino Harrison cominciò a lamentarsi del fatto che la torta non fosse ancora stata tagliata.

 

Scuoto la testa e ritorno tra i comuni mortali.

Otto e cinque.

Avevi detto -basta con l’orologio!-, coglione!

Basta. È finita. Mi ha dato buca.

Io, il meraviglioso nonché stupefacente et esquisito Paul McCartney, rifiutato da una donzella!

Me misero, me tapino!

Il mondo sta veramente andando a puttane.

Sto per iniziare a piagnucolare come una donnicciuola, quando scorgo una figurina conosciuta sbracciarsi da lontano.

M’illumino d’immenso e la saluto raggiante, il cuore in gola.

Sapevo che non mi avrebbe tirato il pacco, lo sapevooo!

Me la ritrovo davanti, cappotto grigio e coda bassa che le ricade sulla spalla destra, a boccheggiare come un cane dopo una battuta di caccia alla volpe.

Ehm, che paragone poetico.

-Scu.. scusa se ti ho fatto… aspettare ma ho… avuto dei… problemi con la coinquilina…-

-Oh, tranquilla! Nessun problema! Piuttosto, tu? Problemi gravi?-

-No, vai… tranquillo… Tutto… ok…- mi sorride.

-Vuoi… vuoi bere qualcosa?-

Scuote la testa: -Mi basta… sedermi un paio… di minuti… Ti spiace?-

-Affatto!- le sorrido, indicandole la panchina. Lei contraccambia e si siede accanto a me.

E adesso come cazzo faccio a dirle che devo presentarle quegli imbecilli?

Se glielo dico scapperà a gambe levate, ma se non glielo confesso mi odierà e non mi vorrà più vedere per il resto della vita e allora sarà veramente una tragedia coi fiocchi e…

Oddio. Respira, Paul. Reeeespira.

Ce la puoi fare: sei un bel pezzo di figo, nessuna donna sfugge alla tua corte e, anche se questa è più difficile da conquistare, non ti ricordi quanto ti piacciono le sfide?

Quindi respira a fondo, sfodera il tuo sorrisone sornione e fai il galantuomo, che i frutti di questo sudato lavoro matureranno presto.

-Quando… quando sei pronta possiamo andare.-

Mi sorride e si alza: -Et voilà, monsieur. Je suis ici.-

Le rivolgo un sorrisetto che dovrebbe sembrare accondiscendente, ma che in realtà, sotto sotto, è finto quanto i soldi del Monopoli. La mia conoscenza del francese, infatti, si ferma a sont les mots qui vont très bien ensemble, non so se mi spiego.

Quindi decido di imitarla, qualunque cosa mi abbia detto, e di iniziare ad avviarmi con lei.

Idea!

Dopo un paio di metri con lei al mio fianco, mi blocco e, tastandomi le tasche della giacca, mormoro un -occazzo.- piuttosto convincente.

-Che succede?- mi domanda, dopo essersi fermata.

-Le chiavi… Credo di averle dimenticate a casa.-

-Oh. Beh, nessun problema… Vai pure a prenderle!-

-Nono, tu vieni con me!-

Mi fissa stranita, un sopracciglio alzato.

Occazzo, devo recuperare.

-Intendo dire che devi venire con me perché, se rimani qui da sola, chi mi dice che tu non possa scomparire, come un bellissimo sogno?-

Mi scoppia a ridere in faccia, per poi aggiungere: -Avanti, vecchio marpione! Fammi vedere la tua umile dimora!-

Fiu! Salvataggio avvenuto in extremis!

Le sorrido e, insieme, ci avviamo verso il quartier generale dei Fab Four.

Che Dio me la mandi buona.

 

 

 

Inserire titolo.
Eccheccavolo. Non ricordo quante lettere avevo messo nello
YEEEEAAAAHHH della scorsa volta, mi scoccia fare copia e incolla, quindi mi arrangio. A-hem, dicevamo?
Sara è una folle, jvnvjkvmfvmkf. L'ho detto pure a mia mamma, che a volte fa l'ottusa e mi tratta male. *Forever Alone*
No, un momento, dovevo dire un'altra cosa
i riferimenti, furbona. Giusto, i riferimenti. Che non c'erano, tranne uno, che è stato anche l'idea guida del minuscolo capitolo: di cosa mi sta parlando Pete? Del mitico Lifehouse, signori e signore. In realtà Pete inizia a pensare a questa cosa solo dopo l'uscita di Tommy che, per la cronaca, uscì nel 1969 ma io ho voluto farmi quattro risate, quindi qui inizia ad avere le prime idee allucinate al riguardo.
Ok, ho finito. Andate in pace, falalala. <3

 

Thief.

 

 

 

Who are you?
Olèèè, ahahahahaha!

Buonsalve, gente!

Come vaaa? (:

Mi ero scusata per la pochezza dello scorso capitolo, ma mi sembra di aver rimediato con questo, no? :3

Ebbene, mi sono divertita un mondo a scriverlo, e credo si sia notato x°°D

Per quanto riguarda i messaggi subliminali, ho scritto questo capitolo secoli fa e quindi non mi ricordo più una cippa x°D

Fancul, se qualcuno di voi li nota, mi rinfreschi la memoria, fenchiu. <33

Anyway, ora vi saluto e vi lascio scervellare, e vi attendo per il prossimo capitolo, targato Thief (;

See ya (Y)

Bacioni,

 

Dazed;

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Capitolo 10
*** Someone's coming ***





Capitolo 10
Someone's coming

 

Non biasimo le facce di Roger e Keith, visto che pure io all'inizio ho avuto la loro stessa reazione.
L'aria immemore e inespressiva di Roger non mi stupisce, mentre quella quasi spaventata di Keith
è quasi buffa. Kif resterà per sempre il re delle facce assurde. Ma questo non c'entra, adesso.
Insomma, stavo dicendo che Roger e Keith sembrano molto stupiti; comprensibile, nemmeno io mi aspettavo di vedere mia madre.
Avevo parlato di mia madre come una persona tutta da conoscere, capace di avere incredibili sbalzi d'umore e fare millemila cose senza battere ciglio, come una scimmia sbuccia e mangia una banana. Questa descrizione aveva fatto ridere tutti tranne Keith, che era rimasto atterrito a guardarmi con un mezzo tic all'occhio sinistro. Il paragone con la scimmia doveva averlo impaurito.
-Bene! Ecco, erm... Si accomodi qui, signorina Percival!-
La voce di Pete distoglie la mia attenzione dai miei pensieri; sussulto e mi volto a guardarlo in cagnesco, mentre mia madre si fa strada lungo il salotto e si siede sul divanetto a lei indicato.
Non sembra particolarmente emozionata o altro; sorride cortese e si guarda attorno, rivolgendomi ogni tanto qualche occhiata interrogativa a cui sento di dover rispondere con una semplice scrollata di spalle.
Ci ritroviamo tutti assieme seduti uno di fronte all'altro, io e mia madre sul divanetto e Keith, Roger e Pete spaparanzati sul divano-letto.
Nessuno dice niente, il silenzio divora tutti i suoni irrilevanti della stanza.
Sbuffo. Nessuno vuole parlare? E quel cazzone di un Entwistle, quando si vuole decidere a tornare a casa?
Che merda di situazione. La dea della sorte non sta mai dalla mia parte – un attimo, penso di averlo gi
à detto.
Dall'altra parte, Pete mi lancia un'occhiataccia per invitarmi a dire qualcosa.
Alzo gli occhi al cielo. Sempre io, eh?
-Rog, Kif... A-hem, vi presento mia mamma.-
Silenzio tombale. E son due.
Dopo qualche secondo carico di imbarazzo, Pete-salva-situazioni si schiarisce la voce per rianimare la scena.
-Errrr, ma buongiorno signorina Percival!- Roger accenna ad un sorriso forzato. -Come le va la vita?-
Sto per alzarmi in piedi e tirare uno sberlone in faccia a quell'insopportabile biondino quando mia mamma, tutta ammiccante, porge una risposta da me inaspettata a quella domanda che, probabilmente, era stata pronunciata senza una precisa ragione. Giusto per non stare zitto come un deficiente.
-Va tutto bene, grazie! E tu saresti Roger, giusto?- prima che il diretto interessato possa rispondere, mamma aggiunge: -Sai, ti ho visto molte volte in televisione! E anche gli altri! Mi pare che tu ti chiami Roger Daltrey, giusto?-
Io, Pete e Keith guardiamo cauti Roger, mentre guarda a lato e muove lievemente le labbra cercando una risposta da dare. Penso che si senta osservato, in questo momento.
-Affermativo.- dice, accompagnato da un sorrisino ebete.
E all'improvviso, mamma sembra entrare tutt'ad un tratto in uno stato impermeabile di trance.
Alzo un sopracciglio. Cosa succede?
-... MA. MA.-
-Va tutto bene, signor- signorina Percival?- dice Pete, con l'aria preoccupata.
-Mamma? Che ti piglia, ora?- chiedo, ignorando il non estremamente utile intervento di Petey.
-OMMIODDIOSANTISSIMOMAIOTIRICORDOAAAAHHHHHHHH!- strilla quindi mia mamma, balzando in piedi con il dito indice puntato sulla fronte di (quel povero ragazzo di un) Roger.
Balziamo tutti in piedi, spaventati da quell'improvvisa uscita. Ok, ora posso dirlo: cosa cacchio succede?!
Mi schiarisco la gola, pronta a dire qualcosa: -Ok, mammina... Per una seconda volta, che ti piglia?!-
-Che voce acidula, cara; dovresti prendere una mentina, ogni tanto.- mi bisbiglia Pete all'orecchio. Va bene, gli sembra il caso?
-Taci, Pete, non e' il momento!-
Sul bracciolo del divanetto, Keith ora sembra godersi la scenata di mia madre, dolcemente amused.
-TI RICORDO, TI RICORDO! SEI QUELLO DEL GRUPPO CHE MIA FIGLIA ERA ANDATA A VEDERE, GLI WHO, NON SO! ECCO PERCH
È TI VEDEVO IN TELEVISIONE ASSIEME AGLI ALTRI DUE!-
A quel punto, a Pete
è seriamente caduta la mascella. Anche a me.
Petey sembra... deluso.

-MA NOI SIAMO QUESTI FOTTUTISSIMI WHO, SIGNORINA PERCIVAL, NON SE N'
È ANCORA RESA CONTO?!-
Proprio in quel momento, Enty entra in casa impugnando trionfante le chiavi. All'urlo di Pete, storce il naso, senza capire. Mi rivolge un velocissimo saluto, andando a sedersi accanto a me dopo due secondi.
Intanto, fulmino Pete, mentre Keith se la ride alla grande e il povero e confuso Roger sembra confuso.
Mia mamma si volta semplicemente verso di lui, guardandolo con un'aria molto... confusa, diciamo.
-... ah s
ì?-
Sdeng.
… mi vien da piangere.

 

-Smettila di ridere! Ti ordino di smetterla di ridere! Ora!-
Ma Enty non smette. Si aggrappa al mio braccio, tenendosi lo stomaco dolorante e asciugandosi di tanto in tanto gli occhi. Io non lo capisco – anzi, non capisco cosa possa esserci di tanto buffo, visto che, personalmente, trovo sia una cosa solo ed esclusivamente imbarazzante.
-Certo che tu e il senso dell'umorismo siete due cose opposte, eh?- ghigna Enty, spettinandomi i capelli con la mano destra e sedendosi rapido sul tavolo che ci viene assegnato dal cameriere.
Per non mettermi a schiaffeggiare quella faccia da schiaffi che si ritrova Enty al posto della testa, mi siedo pure io, cercando di concentrarmi sul men
ù e su quel che ci circonda: siamo di fronte all'ingresso del ristorante, in un tavolino rotondo ricoperto da una tovaglia a quadri. A qualche centinaio di metri dal marciapiede, le mille luci della notte paiono intingersi nelle acque del Mersey, divenendo parte di esso.
-Allora, Mitchie?- sento, poi. -Ti piace, qui?-
Sussulto. Sulle labbra sottili di Enty si increspa un piccolo sorriso, mentre sostiene una sigaretta ancora spenta.
-Non
è malaccio, come posto!- rispondo, guardandomi attorno. -C'è un panorama bellissimo, da qua...-
Uno scatto secco, e lo scricchiolio del tabacco bruciato non tarda a farsi sentire, accompagnato dal solito odore di fumo.
Enty fa un tiro e si gira verso le sponde del fiume.
-Hai ragione,- sorride. -C'
è un panorama splendido.-
-Dovremmo venire qua pi
ù spesso!- dico, entusiasta, e sorrido al solo pensiero.
-Dici?- chiede Enty, portandosi nuovamente la sigaretta alle labbra. -Lo penso pure io, ma il problema
è che questo ristorante ha dei prezzi piuttosto salati, quindi non so se riusciremo a permetterci più di una cena all'anno.-
-Ma no, non intendevo questo!- esclamo, alzando gli occhi al cielo. -Non voglio tornare ogni volta in questo ristorante, voglio venire spesso in questo punto della citt
à, tutto qui!-
Ora gli occhi di Enty sembrano sorpresi.
-Sai che hai ragione?- fa un altro tiro, -Non ci avevo mai pensato prima. In fondo, i soliti posti mi stavano stancando.-
-Ma alla fine, l'importante
è che stiamo assieme, no?- dico io, prendendogli la mano libera, poggiata tra le posate, tra le mie.
Enty sembra perplesso da quella mia domanda – che poi
è anche retorica, ma non so se se ne sia accorto. Si sofferma a guardare le mie mani, pensieroso, e alla fine fa l'ennesimo tiro di sigaretta e la getta via, pestandola col piede per spegnerla. Lo vedo fare un lungo sospiro e annuire, accarezzandomi le mani col dito.
-Vero.- mormora.
Il cameriere arriva allora a chiederci le ordinazioni, interrompendomi proprio nel momento in cui sto per aprir bocca. Ordiniamo le prime cose che vediamo nel men
ù e in maniera abbastanza sbrigativa.
-Peccato che non ci siano le pizze.- commento, sbuffando.
Enty sembra un po' spaesato (?), ma lo vedo ridere alle mie parole e annuire piano, mentre guarda qualcosa alle mie spalle. Sarei tentata a girarmi, ma forse risulterei indiscreta e quindi non muovo un passo e resto ferma e immobile al mio posto, zitta e in attesa di qualche parola da parte sua.
Poi, appena afferro un pezzo di pane integrale dal cestello, Enty si alza dal suo posto, deciso ad andare a vedere qualcosa.
Aggrotto la fronte. Che gli prende?

 

***

 

-Hai individuato il nostro bersaglio, John?-
Silenzio. Eppure Bonzo sta proprio accanto a...
-... JOHN!- urlo, innervosito, pur sapendo che potremmo attirare l'attenzione su di noi, urlando. E sarebbe un guaio.
Lui spalanca gli occhi e urla (pure lui), mettendosi a fissarmi con un'aria piuttosto sconvolta (tipo gli scoiattoli drammatici).
-AAAAH!-
-AAAAAAH!- sussulto.
-... ah.-
-EH?-
-Eh...-
-EEEEEEH?!-
Non so se abbia capito che esigo delle spiegazioni, ma non credo.
-... nemmeno un attimo di pace posso avere, tsk.- borbotta, infatti, e si rimette a dormire.
Alzo gli occhi al cielo e gli scuoto la spalla con la mano, mordendomi il labbro.
-Eh, ma che cazzo vuoi?!- esclama, afferrandomi con rabbia il polso.
-Svegliati, dai! Ricordi il motivo per cui siamo qui, no? E poi l'hai voluto tu!- gli dico, tirandogli una bottarella sulla fronte.
-Eccheccavolo Robert, ma tu sei un fissato!- sbotta, levandosi di dosso la mia mano e allontanandosi da me di mezzo centimetro. -Lo so, ok?
È che l'altra sera non ho potuto dormire, Pat mi ha tenuto sveglio per tutta la notte e non perchè io possa sbatterla, e tu lo sai... Peccato che dormivi.-
Mmm, lo sguardo di Bonzo mi spaventa... Meglio passare a delle tattiche!
-Errrrr... Sìsìsìsì, lo so, fiorellino, scusami tanto tanto; avrei voluto davvero aiutarvi con quella storia della tapparella cigolante e tutto il resto, ma avevo bevuto troppo e quindi avevo sonno e...-
-Anch'io avevo bevuto.- dice lui, continuando a fissarmi. -E comunque, fiorellino da dove esce fuori?-
Oh. Erm...
Mi schiarisco la gola e sfoggio il miglior sorriso che son capace di fare.
-AHAHAHAHAH! Beh, caaaaaro, non prenderla tanto sul serio! Son cose cos
ì, alla nostra età si scherza, e...-
-L'ho sempre detto che sei gayAAAAHHH! PERCY, LAMIAFOTTUTAMANO!-
-Omosessuale, Bonzo!- lo rimbecco, col piede sopra le sue dita. -E in ogni caso, te l'ho ripetuto MILLE volte che NON LO SONO!-
-EH, MA ALLORA ROMPI!- risponde lui, tutto rosso e sudato. -E TOGLI DI DOSSO QUEL PIEDE!-
-Oh, scusa!- bisbiglio.
Ci guardiamo, lui truce e io dispiaciuto, e poi scoppiamo a ridere.
Ridiamo, quasi abbracciati, cercando di recuperare il fiato. Bonzo si sistema il cappello scuro, ficcandoselo meglio in testa.
-Ehm... ciao.-
Manca poco che facciamo un balzo di tre metri all'indietro, ma smettiamo solo di ridere e ci voltiamo, spaventati.
E... OH MIO DIO STO VENENDO –
È LLLLUI, È DAVVERO LUI!
BONZO BONZO OH BONZO REGGIMI.
-B-b...- deglutisco rumorosamente.
Bonzo mi tira una gomitata sul braccio. Suppongo di essere tutto rosso.
-B-buonasera...- mormoro, finalmente, guidato anche dallo sguardo omicida che mi sta rivolgendo il mio amichetto.
-Buonasera!- dice Bonzo a... a, mimando le gesta del congedo del soldato.
Rimaniamo in silenzio per un bel po', incapaci di dire qualcosa, finchè il nostro illustre interlocutore si decide a parlare, chinandosi lievemente verso di noi e sorridendo gentilmente.
-Sono qui con una mia amica, e... Vi va di prendere un drink con noi? Possiamo sempre aggiungere due sedie, se desiderate.-
Oh cazzo. John Entwistle ci ha appena invitati per un drink. JOHN ENTWISTLE, mi spiego?!
Sento che le mie mani stanno tremando, quindi afferro istintivamente quella di Bonzo, che subito si mette a fissarmi, tra il disgustato e lo scandalizzato. Sorrido, imbarazzato, emozionato e... vattelapesca.
-Bonzo caaaaro... vai! Vai e usa superbottigliataintestaversionetre, ora!!!- sussurro, stringendo i denti.
-Vaffanculo, non sono un Pokèmon!- sussurra lui di rimando, sforzandosi di liberare la sua mano dalla mia. Lascio la presa, ormai troppo nervoso per poter esercitare su qualcosa una certa forza. Poi mi accorgo di una cosa.
-... e che cazzo so' i Pokèmon?- domando, sempre piano per non farmi sentire.
-E che cazzo ne so io?!-
-Allora?-
Sussultiamo entrambi.
Alziamo gli occhi verso ommioddiononcicredostoproprioscrivendoilnomedi Entwistle, che ci guarda, ancora sorridente.
Bene, ora che cavolo si fa? Guardo verso Bonzo, pronto a elaborare un piano, ma lui mi precede.
-Accettiamo volentieri, molto gentile!-
COSA?
-AAAAH!-
Vedo Entwistle che alza un sopracciglio e Bonzo rivolgermi un'altra occhiataccia.
-Tu! Smettila di pestarmi la mano!- sbotta. -Ne ho piene fino al collo dei tuoi sbalzi d'umore, ok?!-
-Joooooohn! Ti sei ammattito?!- sibilo, tappandogli la bocca. -Comunque, a-hem, scusa.- e gli lascio andare la mano.
-Allora? Venite s
ì o no?-
Io e Bonzo ci scambiamo un ultimo sguardo e ci alziamo dalla nostra postazione clandestina dietro alla pianta, sorridendo raggianti e felici.
-Risposta confermata e positiva! Aaaaaandiamo! Cosa stiamo aspettando, eh??- faccio io, prendendo la mano di Bonzo e prendendo istintivamente una direzione a caso del posto, pronto a dirigermi verso il tavolino di Entwis-
-Ehm... Il nostro tavolino si trova dall'altra parte.-
Mi fermo di colpo, rosso dalla testa ai piedi (e stavolta ne son certo).
-... oh.-
Bonzo sghignazza e io lo fulmino; che poi, cavolo ci trova da ridere in una deprimente ed emerita figura di merda?

 

Entwistle (e ripeto, Entwistle) trascina due sedie da un tavolo vuoto e ci invita a sederci, prendendo in mano un bicchiere.
Lancio un'occhiata a Bonzo, ma lui sembra non accorgersene. Lo vedo sedersi sulla sedia che gli viene offerta, soffiandosi sulle dita tremanti e rosse dal freddo e dal dolore. Mi siedo pure io, accanto a lui, abbassando immediatamente lo sguardo.
-Enty! Questi chi...- dice una vocina infantile ma spessa, diversa da quella bassa e profonda di Entwistle.
Sussulto, colto di sorpresa.
-Oh, questi? Due tizi che stavano nascosti dietro ad una pianta.- risponde Entwistle, mettendosi a fare tranquillamente delle piccole palline di mollica con le sue dita affusolate.
All'improvviso, sento Bonzo scuotermi il braccio.
-Ahò, Robbè, guarda la ragazza!- sussurra.
La ragazza? Ah, lei. Ingoio un poco di saliva, alzo gli occhi fino a quando non incontrano quelli a mandorla di una bambina seduta proprio di fronte a me; corrugo la fronte.
Ma... Questa tizia...
-S
ì, credo proprio che sia lei...- mugugna Bonzo al mio fianco, con la bocca piena di pane.
-Beh? Che avete da guardarmi cos
ì, voi due?- chiede lei all'improvviso, sorseggiando il bicchierino d'acqua.
-Ma tu...-
Bonzo mi tira una gomitata. Annuisco, frettoloso.
-Ma tu... Non sei quella che era con quel bel pezzo di figa al ristorante, a Natale?-
Qualcuno alle nostre spalle sputa qualcosa, Bonzo si spiaccica una mano sulla fronte per poi grugnire imprecazioni dal dolore. Entwistle trattiene una risatina senza troppo successo.
Storco le labbra – che cavolo prende a tutti quanti?
La ragazza mi guarda con un'aria sconcertata.
-Ma io non conosco nessun pezzo di figa!- esclama, arricciando il naso.
-SSHHHH MITCH!- Entwistle si affretta a mettere dolcemente una mano sulle labbra della ragazza, preso da un sincero spavento. -Non dire queste brutte cose, ok?-
-Robert,
è piccola, non dire queste cose davanti a lei!- mi rimprovera Bonzo.
-MA IO SO COS'
È UN PEZZO DI FIGAAA!- strilla la ragazza, togliendosi di dosso la mano del bassista.
Sussulto; mi guardo attorno.
Occhi e occhiatacce ostili di ogni tipo ci perforano da tutte le direzioni.
Entwistle si nasconde la faccia con entrambe le mani, mentre la sua compagna appare piuttosto imbarazzata.
-... scusate.- borbotta lei, arrossendo.

 

-Comunque sì, con quel pezzo di figa Robert parlava proprio della tua coinquilina, a quanto pare, e... Oddio, credo di esserti caduto addosso, quella volta... Scusami...- mormora timidamente Bonzo, grattandosi la nuca.
-Tranquillo, dai!- risponde la ragazza, che a quanto pare si chiama Mitch (un nome da maschio! Che culture bislacche), porgendogli una pagnotta. -Era il tizio del bar che era un grandissimo coglione, non devi farti nessun problema, davvero! Piuttosto, come hai detto di chiamarti?-
-John Henry Bonham, miss. Ma solitamente mi chiamano Bonzo, come...-
-... il cane.- completai io, sorridendo e giocherellando con una ciocca dei miei capelli.
-Eeeesatto, il... cane.- Fa allora una piccola pausa, senza nemmeno respirare. -Robert... Abbassa quelle mani.-
-Oh, scusa.- Lo sciolgo dall'abbraccio, sentendomi anche osservato dai due spettatori davanti ai nostri occhi.
-Ma in ogni caso,- dice allora Mitch, interrompendo (fortunatamente) quel piccolo momento di imbarazzo. -Tu, biondo, tu che trovi la mia povera Sara un bel pezzo di figa, come ti chiami?-
-Io?- chiedo, guardandomi attorno per vedere se ci sono altri biondi. E visto che non ce ne sono, rispondo alla domanda: -Robert Plant, e tu ti chiami Mitch. Perchè?-
Continuo a non capire il motivo per cui qualsiasi parola esca dalla mia bocca deve provocare un immenso silenzio.
E subito dopo il silenzio, ci segue sempre il panico o un urlo o una...
-AHAHAHAHAHAHAAH oddio, muoio! AHAHAHAHAH!-
-Cosa c'
è da ridere, eh?-
-Oddio oddio oddio oddio un tizio di nome Robert Plant che si nasconde dietro ad una pianta, ahahaah, muoio, muoio!-
Ci guardiamo a vicenda mentre la ragazza ride – anche Bonzo sembra ridacchiare; aaaaah ci sono volte in cui sento di odiarlo, gnn.
-Ermmm, senta signor Entwist-
-Chiamami John. E dammi del tu, non disturbarti.- mi dice lui, alzando gli occhi dal piatto.
Rido, -Oh, sisi, scusami, hai ragione... Ma sai,
è strano darti del tu e tutto il resto, anche perchè sei uno dei bassisti più bravi che abbia mai sentito e poi il vostro gruppo è grandioso, e...- tossicchio piano, incapace di formulare una frase decente. E poi, mi sento osservato – Bonzo, cazzo, fmrknmkvrn, smettila di fissarmi in quella maniera! -Insomma, vorremmo avere un tuo autografo... Tutto qua, niente ciocche di capelli o peli del pube o altre stranezze da Beatlefan, davvero!-
E pensare che l'autografo lo voleva avere Bonzo, tante grazie, brutto coglione, per avermi fatto fare il lavoro sporco, gnn.
Entwistle annuisce piano, ascoltandomi.
-Certo, non rifiuto mai richieste simili. Anzi, mi fanno un grandissimo piacere. L'importante penso sia non cadere nell'assurdo. Un dito sicuramente non me lo posso mozzare, per un fan, e poi mi limiterebbe tantissimo nell'utilizzo dello strumento che suono quando sto in scena con Keith e gli altri.- sorride cortese, quindi, frugando nella tasca. -Tu e il tuo amico avete una penna e un pezzo di carta da prestarmi?-
-Tenga.- dice subito Bonzo, prima ancora che io mi giri verso di lui per chiedergli qualcosa.
-Grazie mille.- Entwistle sorride di nuovo, lasciando un rapido segno di penna sulla superficie del biglietto del bus che gli e' stato dato. Ci porge l'opera finita e ci invita a concludere il pasto, nel caso desideriamo di andare.
Bonzo sembra estasiato di fronte a quello che stringe tra le mani, e... E... AH! CAZZO!
È DEL TUTTO COMPRENSIBILE, MADONNA SANTISSIMA, E QUELLO È L'AUTOGRAFO DI JOHN ENTWISTLE E...
Calma, Plant, calma e respiiiiiira, inspira ed espira, inspira ed espira, inspira ed esp...
-OMMIODDIO SIGNOR ENTWISTLE GRAZIEEEEEE!!!-
Cado letteralmente dalla sedia mentre Bonzo si butta sul bassista, sotto gli occhi sempre pi
ù perplessi della ragazzina.
Un secondo dopo, ci manca poco che il tavolo di ribalti e Entwistle
è sempre seduto al suo posto, mentre quel poraccio di un Bonzo si massaggia il naso dal dolore, imprecando ad alta voce. Scoppio a ridere, coi piedi ancora in aria.
-Dio mio, Bonham, sei assurdo, sai?- urlo, ansimando.
-Zitto, tu!- urla a sua volta lui, rialzandosi.
E sar
à che non abbiamo mai provocato particolare simpatia nell'animo dei gestori dei pub e dei ristoranti, ma in quel momento arriva un tizio che preferirei non conoscere, vestito come un pinguino e con una barbetta sgraziata sotto delle labbra orrendamente sottili.
Ancora poco e io e Bonzo saremo costretti a dileguarci...
-Voi due! State disturbando la quiete degli altri clienti, ve ne rendete conto?- ci sgrida, con la sua vocetta acidula.
-Scusi, scusi, non l'abbiamo fatto apposta, davvero!- ridiamo entrambi mentre diciamo questo, fino a quando due mani ci sollevano per i colletti delle camicia, prendendoci di sprovvista.
-Voi due. Fuck off, OUT.-
-Ma non
è giusto!-
E in meno di cinque secondi, siamo fuori dal raggio d'azione del ristorante, oramai lontani da un John Entwistle che non abbiamo neppure potuto salutare.

 

-Robert... Dimmi che... Dimmi che l'hai preso...-
Annuisco, ansimando e frugando nella tasca alla ricerca del biglietto del bus.
Entrambi ci guardiamo, tesissimi come due allocchi che camminano sopra un filo, e la tensione si spezza solo quando riesco a tirar fuori il biglietto dalla tasca e ad alzare il braccio, vittorioso, noncurante della fitta al fianco sinistro.
-C'è, Bonzo, c'è!!!-
-ODDIO ROBERT, MA IO...-
-SI', LO SO, AHAHAHAHAHAHAH!-
E tra una risata e un'altra, ci abbracciamo, saltellando entrambi sul marciapiede.
-Non ci credo, non ci credo!!!-
-Aaaaaahhh, e abbiamo fatto fuori l'ultimo proposito del 1966!-
-Perfetto! Lo segno!- rispondo, tutto rosso dall'emozione, cercando il blocchetto con la lista dei propositi per il fine anno e la penna che prima Bonzo ha prestato a Entwistle (ENTWISTLE!). Traccio una lunga linea sopra l'ultimo elemento della lista, mentre un enorme peso pare levarsi dal mio petto.
-Allora? Per l'anno prossimo hai dei propositi da realizzare?-
Propositi per l'anno prossimo?
Un momento... Giusto! E' Capodanno!
-Oddio, Bonzo, non lo so...- mordicchio l'unghia, indeciso.
-Beh, io vorrei prendermi un'auto tutta per me, oppure una nuova roulotte. La nostra attuale casetta sta già facendo ruggine, a partire da quella tapparella...-
-Ehi, dai, non guardarmi così ogni volta che ne parli!- mi lamento, facendogli una linguaccia.
Proprio in quel momento, ho un'illuminazione.
Salto su in piedi, ripescando il blocchetto e scrivendoci sopra tutto quel che mi viene in mente.
-Che ti prende?-
-So cosa voglio per il 1967!-
Bonzo alza un sopracciglio. -Cosa?-
-Da domani,- annuncio io, quasi dimenticandomi della domanda. -Terremo d'occhio quella Mitch!-

 

 

Who are you?
AAAAAAAHHHHH! ABBIAMO AGGIORNATOOOOO! *va a sbattere contro ad un palo*
Eh? Ah, ecco, , salve a tutti, fratelli e sorelle, qui parla Thief.
Finalmente ci siamo degnate di dare una scossa a questa storia, inattiva da oramai più di un mese!
Ci scusiamo tantissimo e promettiamo che recupereremo, e per ora spero solo che questo capitoletto da cinque pagine e mezzo possa soddisfare il vuoto lasciato nel mezzo di questa bistrattata storiella ignorata. ^^'
In questo capitolo, comunque, non ho inserito tantissimi riferimenti, quindi penso sia inutile scervellarsi. x'D
Nota su Plant, Bonham e mia madre: torneranno, e anche più agguerriti di prima. LOL.
Vorrei scusarmi per lo stile di scrittura piuttosto scadente, e soprattutto per un eventuale abuso di Caps Lock – ma quest'ultimo era necessario. Per rendere la follia che guida questo capitolo. Insomma, non so se mi spiego. (In ogni caso, consolatevi con il secondo paragrafo, che non contiene nessun testo scritto interamente in maiuscolo.) E poi, quando scrivo di Robert e Bonzo, mi esalto tantissimo, tipo “Ci sono certe sere che mentre sono in scena mi viene voglia di scoparmi tutti gli spettatori della prima fila”, per intenderci.
Oh, ecco, e per questo capitolo, abbiamo anche deciso di inserirvi un piccolo regalino alla fine, sisi. Quindi, TATATATANNNNN eccovi delle foto dei personaggi comparsi! x'DDDD Prima o poi penso che realizzerò dei disegni di noi due, ma per ora dovrete accontentarvi di queste immaginette scelte perché... Perché pensiamo sia giusto. LOL.
Ecco quindi un Robert Plant. :3


Sisi, ai tempi Robert aveva i capelli corti, ma noi abbiamo voluto allungarglieli. x'D Un po' per nostre personali preferenze, un po' per il fatto che è molto più facile trovare foto di Robert coi capelli lunghi. ^^' Poi, insomma, io personalmente trovo che in questa foto sia davvero... Bello. Ma passiamo oltre.

Ladies and gentlemen, eccovi Bonzo! xD


Ai tempi aveva i baffi un po' più chiari, ma non è cambiato molto. Poi nei primi dei Sessanta non aveva neppure i suoi classici baffi, e... Ed era bello anche senza, sisi. D': Una foto di lui e Robert all'epoca la potete trovare qua, trovata su Google e tagliata personalmente da me.
Per concludere, eccovi quassotto una foto su come più o meno visualizziamo gli Who e su com'erano all'epoca! Io, personalmente, li vedo più com'erano su questa immagine, che in fondo è un vero e proprio classico, ma, in fondo, chi si vuol perdere Roger coi riccioli? LOL.


Va bene, la smetto di blaterare e... Ci scusiamo di nuovo e speriamo che il capitolo vi piaccia. (:
Alla prossima, con un epico (perché sarà epico, davvero) capitolo della nostra Dazed! ;D

 

Thief.

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Capitolo 11
*** Act naturally (Benvenuta a casa Beatles, pt. 1) ***





Capitolo 11
Act naturally

 

Entro in casa e, con mia grande sorpresa, non trovo John pronto ad aggredirci con gli occhi iniettati di sangue.

Controllo anche dietro la porta, giusto per sicurezza, ma di lui non c’è nessuna traccia.

Siamo salvi!

E forse scampiamo pure il terzo grado: magari prima era solo in vena di rompere le palle e non era realmente intenzionato a volerla conoscere…

Con questo pensiero felice mi dirigo in cucina, in cerca delle chiavi (mi sono accorto di averle dimenticate sul serio), seguito da Sara.

-Per caso ti sei dimenticato queste, Paulie?-

Occazzo.

John è seduto sul tavolo a far tintinnare il mazzo di chiavi, un ghignetto poco rassicurante sulle labbra.

-Ehm… Grazie mille, John.- mormoro, cercando di sembrare il più naturale possibile, anche se la voce che esce dalla mia gola suona più come un rantolo strozzato.

Lui balza giù dal tavolo con uno scatto felino e, dopo avermi appoggiato le chiavi nel palmo della mano, si avvicina a Sara, sempre con quel sorrisetto malefico.

-Uh, vedo che abbiamo ospiti. E ospiti davvero graziosi, oserei dire.-

Sara storce il naso, è così buffa!, ma resiste e la vedo sorridergli, seppur falsamente.

-John, sai dove sono i fum- entra Ringo, per poi interrompersi.

Dio lo benedica!

 

***

-Oh, ciao Paul! E quest’adorabile signorina?-

Fred Astaire è appena sbucato e già mi ha salvato dalle grinfie di quel maniaco dell’altra sera, evvai!

Gli sorrido veramente grata, anche per il complimento che mi ha fatto.

-Err, lei è la ragazza con cui devo uscire e, se non vi dispiace, avremmo anche una certa fretta…- mormora Paul, ficcandosi le chiavi in tasca e cercando con l’altra mano la mia.

Mi scosto con un movimento impercettibile, ignorando il suo sguardo stupito.

-McCharmly, sei sempre il solito cafone! Lo vedi anche tu che la signorina non ci vuole venire con te?- asserisce con fare saccente il simpaticone, mentre io lo incenerisco con uno sguardo.

-…Almeno… Non subito.- si affretta a correggersi.

-Perché non ce la presenti?- interviene l’altro, con un sorrisino gentile.

Con la coda dell’occhio scorgo Paul che rotea gli occhi al cielo, per poi cominciare, con voce assolutamente atona:

-Sara, lui è Richard, Rings, lei è Sara.-

-Piacere, Sara: puoi chiamarmi pure Ringo, Richard fa troppo vecchio!- mi stringe la mano, tutto sorridente, e non posso fare a meno di contraccambiare. -E comunque bel nome; sei ebrea, per caso?-

Lo fisso piuttosto perplessa, mormorando un -No, di ebreo ho solo il nome.-, mentre Paul si affretta a continuare con il suo prestigioso incarico.

-… e lui è John.-

Eccolo qua: il simpaticone nonché provolone mi fissa con un sorrisino malizioso ma, inaspettatamente, mi prende la mano e, soffiandoci sopra un bacio delicato, s’inchina:

-Piacere di conoscerLa, madamigella.-

-Pia-piacere mio.- borbotto staccandomi, le guance un po’ rosse. Lo vedo ridacchiare: ci gode nel vedermi in imbarazzo, eh? Maledetto.

-Bene, ora che vi siete presentati possiamo andarcene?-

-Hey hey hey, Paulie! Cos’è tutta ‘sta fretta? Sono quasi le cinque…- John si volta verso me -La signorina per caso gradirebbe una tazza di tè?-

-Ecco, io… Io non so se…-

-Aaavaaanti! Non farti troppi riguardi, cara: una bella tazza di tè non si nega a nessuno, nono!-

-Esatto! E poi abbiamo appena comprato degli squisiti biscotti al cioccolato che devi assolutamente provare!- afferma Ringo, con fare trionfante ed entusiasta.

-Sssssh! Rings, non urlarlo! Vuoi che lo venga a sapere anche quel mangiasassi di Geo?!- lo rimprovera l’altro, con sguardo alquanto arcigno.

-A proposito di George… Che fine ha fatto?- domanda Paul, scostandosi una ciocca ribelle.

-Err, suppongo sia in camera…- fa Ringo, grattandosi la nuca, mentre John sbuffa:

-Quel coglione, mi manderà all’aria tutti i piani!-

Piani?

-Errrr, volevo dire che è un gran maleducato… GEOOOORGEEEE, VIENI CHE ABBIAMO OSPITIIII!-

Completamente rintronata, mi tappo le orecchie, mentre Paul inizia a sbraitare qualcosa, di cui però riesco a cogliere solo qualche parola qua e là, tipo John, coglione, affanculo.

-Se vuoi seguirmi, ti accompagno all’entrata, dove abbiamo l’attaccapanni.- Il faccione allegro di Rings mi ha convinto a togliermi la protezione otologica, giusto in tempo per sentire quel che ha da dirmi.

Annuisco e lo seguo, e altrettanto fanno John e Paul, che credo si sia ormai rassegnato a dover rimanere a gustare la bevanda inglese.

Appendo il cappotto e mi volto, quando sento John esclamare:

-Cazzo, Paul! La tua amichetta ha fegato, eh!-

-Cosa vuoi dire, Joh-AHAHAHAHAHA, ommioddiooo!- Ringo inizia a ridere come un cretino, sotto gli sguardi increduli miei e di Paul e quello complice di John.

-Che diamin-OMMIODDIO.- ecco, ci mancava che anche McCartney si unisse al Partito degli Invocatori dell’Onnipotente, porca puttana.

-Si può sapere che cazzo avete da ridere, tutti quanti?!- sbotto, mentre Paul si affretta a precisare, con il ditino alzato in aria, -Hey, io non sto ridendo!-, beccandosi per tutta risposta uno sguardo inceneritore dalla sottoscritta.

Tra una risata e l’altra, Ringo riesce a mormorare un: -Bella felpa, Sara.- per poi scoppiare nuovamente, quasi rotolandosi per terra.

Lo sguardo mi cade istintivamente sul petto e, solo in quel momento, realizzo tutto quanto.

Ho una voglia di scavarmi una fossa e di seppellirmici dentro che neanche uno scheletro dei Silly Symphonies e, come se non bastasse, quel bastardo di Lennon è così gentile da darmi una mano nel sentirmi ancor più di merda, dato che ora lo sento canticchiare -This play is run, my love, your time has come, my love…-

-Suvvia, Sara: è stato un gesto simpatico, tranquilla… Mica ci offendiamo per queste cose!- Ringo mi ha messo una mano sulla spalla e mi sta facendo l’occhiolino, mentre John, finita la sua performance, si affretta a correggerlo:

-Eh no, Rings! Dì pure che è stata una trovata geniale!- e scoppia nuovamente a ridere.

-Che… Che ssssimpatico che sei, Lennon.- sibilo, le guance in fiamme che più in fiamme non si può.

Segue un silenzio alquanto imbarazzante, interrotto da Ringo, che tossicchia:

-Ma George? Non si era detto che arrivava?-

Lo guardo spaventata, prevedendo quello che sta per succedere, per poi tapparmi le orecchie con forza.

-GEEEEORGEEEE! CE LA FAI A PORTARE IL TUO CULETTINO D’ORO DI QUA O NO?! SE VUOI TI DO UNA MANO IO, MA POI NON VENIRE A LAMENTARTI SE TI BRUCIA, EEEEH?!-

John soffia sulle unghie, strofinandosele sulla maglia:

-Ehm, stavamo dicendo?-

 

 

Su iniziativa di Ringo, stiamo compiendo un tour della casa coi fiocchi: il batterista declama le doti della macchina che occupa tutto il muro della sala da pranzo, asserendo che nemmeno loro quattro sono ancora riusciti a scoprire tutte le funzioni di cui essa dispone, Paul mi suona qualcosa all’organo, che è sbucato magicamente dal pavimento, mentre John mi mostra fiero la sua fornitissima libreria.

Comincio a prendere i volumi uno ad uno, ne accarezzo le copertine, li sfoglio con calma e poi li ripongo con cura: deformazione professionale, gente, lo so.

-Ooooh, finalmente il signorinello si è degnato di scendere tra i comuni mortali! Come sta, Sua Maestà? Desidera un baldacchino per fare quattro passi? Sa, non vorrei si affaticasse troppo…- John, con il suo tono canzonatorio, mi risveglia un momento dalla trance in cui ero precipitata, esaminando tutto questo ben di Dio.

-No, mi bastano dei biscotti al cioccolato, grazie.- sento il diretto interessato affermare con tono soddisfatto.

-Rings, sei una testa di cazzo! Hai visto? Se n’è accorto!-

-George, me ne frego delle tue voglie da donna in stato interessante! Sei uno zotico di prima categoria, non hai visto che abbiamo ospiti? Saluta e presentati, per Dio!- strillacchia Ringo, con quel tono di voce che solo le madri saccenti hanno.

Sentendomi presa in causa, alzo lo sguardo dal volume ma, non appena vedo Sua Maestà, questo mi sfugge dalle mani, cadendo a terra.

Lui! Il tizio della festa! Il tizio che mi ha chiesto di sposarlo!

Ok, calmati. Reeespira e calmati.

 

E così lui è il famoso George.

George Harrison, chitarrista dei Beatles.

Che destino del cazzo!

 

-Hey, ci sei? Piacere, io sono George. E tu, come ti chiami?-

La mano che mi viene sventolata davanti mi riporta sul pianeta Terra, mentre io non posso far altro che abbozzare un sorriso stanco:

-Sara, il mio nome è Sara.-

-Splendido nome, se non erro significa principessa, vero?-

Spalanco gli occhi, stupita che lui ne sia a conoscenza, e sto per rispondergli, quand’ecco che interviene Paul: -Sì, ma Sua Maestà non doveva mica assaggiare i biscotti che mamma Ringhina ha comprato?-

Gliel’ha quasi ruggito dietro, che vergogna.

Passo in rassegna tutti i loro visi: Paul è veramente incazzato nero, Ringo protesta per i panni materni che ha dovuto rivestire mentre John sghignazza come un deficiente, dato che questa situazione lo diverte parecchio.

E George? Mi vergogno di vedere la sua faccia ma, non appena incrocio il suo sguardo, noto che ha un’espressione totalmente placida dipinta sul viso.

È così… sereno, cavoli.

Poi vedo che il suo sguardo cade sulla mia felpa e, d’istinto, arrossisco, ma non muovo nemmeno un muscolo per coprire quella lingua che troneggia irriverente sul nero del tessuto.

-Harrison, piantala di fissarle le tette!-

JOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOHN!

Divento bordeaux, e noto che anche George ha le guance rosse, seppur meno delle mie.

-…anche perché c’è gran poco da guardare.- si affretta a correggersi, quel cazzone patentato di Lennon.

Paonazza che di più non si può, ringhio contro di lui un bel -Grazie per avermi ricordato di essere piatta come un’asse da stiro!-, anche se la mia voce tradisce l’imbarazzo e non è sicura come vorrebbe sembrare.

-Ma no, dai, intendeva dire che la felpa è molto larga…- interviene Ringo, cercando di metter fine alla zizzania che quel coglione ha seminato impudentemente.

-No no, volevo dire proprio quello!-

Eccolo, il coglioneeee!

Sto per saltargli addosso (non nel senso che piacerebbe molto a quel pervertito), quand’ecco che Paul mi afferra e mi stringe a sé da dietro, sussurrandomi all’orecchio: -Fregatene di quello che dice quel coglione; a me piaci così.-, ottenendo l’effetto di farmi agitare ancor di più.

-Piccola Sara, che dici di darmi una mano a fare il tè? Abbiamo un sacco di bustine, e oggi hai l’onore di scegliere il gusto che ti piace di più!- salta fuori Ringo, prendendomi per mano e trascinandomi con lui in cucina, salvandomi da una morte certa.

Ho come l’impressione di avere un elefante custode.

 

 

***

 

-Geo, non per fare il rompicoglioni ma… quella non era mica la tua promessa sposa?-

Sbarro gli occhi, non appena sento John dire queste parole a George; faccio in tempo a vedere il viso di Harrison cambiare espressione, la fronte aggrottata e il volto scuro, per poi girarmi dall’altra parte, fingendo disinteresse.

Non voglio che se la prenda con me, ma ormai ho lanciato l’esca, e non la ritirerò più, fino a quando il pesciolino non avrà abboccato.

-It’s teeeaaaa time!-

Un Ringo piuttosto entusiasta entra nel salotto con fare teatrale, reggendo un vassoio colmo di tazzine e zucchero; la solita testa di cazzo, ha sparpagliato metà contenuto della zuccheriera in giro.

Roteo gli occhi al cielo per poi accorgermi della figurina che lo segue, che cammina mooolto lentamente, a piccoli passettini, facendo ben attenzione a non combinare disastri.

Sorrido e, istintivamente, la raggiungo.

-Serve una mano?-

La vedo alzare gli occhi scuri, spaesata, per poi annuire con un sorrisino timido; le sfilo la teiera dalle mani e, con un cenno del capo, la invito a seguirci.

Si siede di fianco a Ringo torcendosi le mani, fino a quando lui non le porge una tazza fumante, che lei accetta sorridendo piano.

George invece le avvicina la ciotola dei biscotti, ma lei rifiuta educatamente; allora Harrison fa spallucce e mi fa passare il contenitore davanti al naso, facendomi credere di non notare affatto quanto io stia allungando il mio braccio per raggiungerlo. Bastardo, lo fa apposta.

Ah beh, ma io me ne fotto alla grande: lui avrà anche i suoi biscottini del cazzo, ma la ragazza è mia.

-… e comunque mi sbagliavo; probabilmente ne hai, ma vorrei controllare, per sicurezza…-

La voce di John mi fa sobbalzare e mi giro, notando Sara con gli occhioni sgranati che si allontana impaurita da quel coglione.

-JOOOOOHN! PER DIO, SMETTILA!- urlo come un matto, per poi rivolgermi con voce calma a lei: -Scusalo, è sempre il solito coglione. Tutto ok?-

Lei annuisce poco convinta, con quel suo sorrisino timido e le guance deliziosamente rosse.

È un attimo: le cingo la vita e la avvicino a me, mentre il suo profumo alla vaniglia mi avvolge lievemente.

Dio, sto per impazzire.

D’istinto le sfioro il collo con il naso, mentre lei rabbrividisce, aggrappandosi al mio braccio quasi come un gatto.

-EHM EHM!- George tossisce sonoramente, fingendo poi noncuranza quando mi volto a fulminarlo con lo sguardo, mentre John ridacchia neanche troppo sotto i baffi e Ringo osserva tutta la scena come uno spettatore al cinema.

E lei?

Sara si alza di scatto e, rossa in volto, farfuglia qualcosa a Ringo, forse chiedendogli dove si trovi il bagno. Ringrazia in fretta e corre lungo il corridoio, mormorando poi un -Cazzo, che figura dimmerda.-, quando Ringo le fa notare gentilmente che quella non è la strada giusta.

Sento la porta sbattere e il tipico rumore della serratura chiusa, e poi le risa degli altri tre deficienti.

Diossanto, questo è un borderline coi fiocchi.

 

 

 

 

Who are you?
Uiiiii ar de cempiooons, maaai freeeeeend, en uiiii ar chip on faitin, till di eeeeeend, uuuuuuuh…

Bon, la finisco qua. : D

Massalve, carissimi! Come state? Tutto occhei?

Ammettete che vi sono mancata, avanti! *gomitino*

E ammettete che vi erano mancati pure i Fab Four! Bene, spero di avervi soddisfatto almeno un pochino, con questo capitolo… Sì, adoro rappresentarli come degli adorabili deficienti, tanto è la loro vera natura <3 *addit*

Cooomunque! Anche qua ci sono riferimenti sparsi (tanto non se li caga nessuno LOL), perché mi diverto a sparpagliarli ovunque u.u

Bene, non ho altro da dichiarare, quindi vi lascio con le foto dei Beatles come li vedo io **



Bacioni e Peace&Love,

 

Dazed;

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Capitolo 12
*** I like you too much (Benvenuta a casa Beatles, pt. 2) ***





Capitolo 12
I like you too much

 

Il pomeriggio è trascorso relativamente bene: dopo gli iniziali momenti d’imbarazzo i ragazzi si sono rivelati davvero simpatici e alla buona, e sono riusciti a farmi sentire perfettamente a mio agio.

Credo che abbia contribuito molto anche il fatto che mi sia seduta al lato estremo del divano con solo Ringo al mio fianco, indubbiamente una presenza innocua.

Quindi è inutile che continui a stare come un gatto in agguato, aggrappata con forza al bracciolo imbottito e sempre all’erta, le orecchie tese ad avvertire ogni minimo fruscio sospetto.

Posso rilassarmi, finalmente. Sì, Sara: rilassarti, quella parolina di cui ormai hai dimenticato il significato...

Tiro un sospiro di sollievo e mi abbandono tra tutto il morbidume della pelle, sprofondando nel divano.

Solo dopo un paio di minuti, avvertendo il silenzio irreale che mi circonda, scatto sull’attenti e finalmente realizzo di essere in salotto da sola. Anzi, da sola con George.

Lui se ne sta lì, a finire di sorseggiare con calma il suo tè, ma d’improvviso si volta e incrocia i miei occhi spalancati, facendomi fare un mezzo infarto. Trattengo a stento un urlo e, fingendo malamente una noncuranza che non vuole proprio saperne di scendere come manna dal cielo, mi rituffo tra la stoffa.

Ripassano altri minuti in cui ce ne stiamo fermi e zitti, quando George si decide ad interrompere quest’atmosfera decisamente inquietante.

-Quindi… Tu e Paul ora siete insieme, giusto?-

Casco quasi dal divano.

Con un inaspettato slancio di vitalità mi riprendo e, forse con troppa enfasi, dichiaro solennemente:

-Ma-macché! Mi ha invitata ad uscire, e basta!-

Err, forse ho marcato troppo le ultime due parole?

-Oh, per fortuna!-

Lo vedo illuminarsi radioso, per poi spegnersi quando lo fisso con un sopracciglio alzato:

-Ehm, volevo dire, CHE PECCATO.- tossicchia, appoggiando la tazza sul tavolino e fiondandosi sulla macchina fotografica.

Il silenzio ripiomba implacabile su di noi: mentre lui è impegnato a rigirarsi tra le mani l’oggetto tanto amato io fisso il tappeto, tormentandomi il labbro inferiore.

-Mi spiace non poter rivedere gli scatti che faccio… L’attesa è quasi straziante, ma è una componente essenziale della vita, non trovi?-

Sussulto e riprendo a fissarlo stupita: sbaglio o ha sottolineato un po’ troppo le ultime parole?

Mi affretto ad annuire e lui riabbassa lo sguardo sulla macchina.

- …D’altronde serve anche aspettare… Così, una volta ritrovato ciò che stavamo desiderando così ardentemente, lo possiamo apprezzare ancor di più.-

Arrossisco un po’, lo sguardo chino sui pantaloni: se non la pianta con queste allusioni del cazzo giuro che lo strozzo.

-Comunque trovo fantastico fotografare gli altri: è come intrufolarsi nella loro vita, poter tenere vivo il loro ricordo…-

-… perché le persone cambiano, ma una fotografia non lo farà mai.-

Sussulto: ecco, gli ho pure completato la frase! Diossanto, che figura di merda. Alzo gli occhi e lo vedo fissarmi stupito, per poi sciogliersi in quel suo solito sorriso meraviglioso.

-Ecco perché la gente si circonda di fotografie… C’hai mai pensato? Si costruisce un proprio mondo, un mondo in cui i rapporti con le persone non cambiano mai, un mondo dorato, in cui tutti amano tutti…- continua lui, guardando fuori dalla porta-finestra.

-… e si espongono sul tavolino in salotto le foto più belle, per ostentare a tutti solo il meglio della propria famiglia.-

George mi sorride nuovamente, stavolta di un sorriso tirato, ma la cosa più bella è che non fa domande. Non me ne fa, non mi chiede da dove provenga tutto questo astio, quest’acidità… Non me ne fa e, paradossalmente, è una delle più belle cose che qualcuno (non) abbia fatto per me.

-Hai mai fotografato qualcuno, Sara?-

Scuoto il capo: -Mio padre possiede un apparecchio professionale, ma non mi ha mai dato il permesso di metterci le manacce sopra…-

Ridiamo entrambi.

-Allora… Che ne dici di scattarmi una bella foto?-

Lo fisso stralunata: io scattare una foto a lui?

-Ma io non so… Cioè, ho paura di rovinartela… Sapessi, sono una tale pasticciona! E sembra molto costosa e…-

-Amica mia, questa macchina è un catorcio! Se andassi a venderla me la tirerebbero dietro, ma ormai ci sono talmente affezionato che me la tengo così come sta…- ride lui, facendomi sorridere, per poi continuare: -Davvero, sarei molto felice e onorato se potessi farmi questo piccolo, grande piacere.-

Il mio sguardo passa un paio di volte da lui alla macchina che mi sta tendendo finché, convinta, affermo decisa: -E sia! Ti concederò quest’onore!-

Lui mi sorride grato e si posiziona: nel primo scatto sorride a tremila denti, nel secondo più naturalmente, nel terzo ha già lo sguardo perso nel vuoto… E così quella che doveva essere solo una foto si trasforma in una decina di immagini impresse nel rullino.

-Ci stai prendendo proprio gusto, eh?-

Io annuisco e faccio per scattargliene un’altra, ma lui mi prende la macchina dalle mani.

-Beh, ora è il mio turno.-

Lo fisso perplessa: io e le foto non andiamo d’accordissimo, davanti all’obiettivo mi sono sempre sentita a disagio, forse per il fatto che io non posso incrociare lo sguardo di chi mi sta fissando con tanta attenzione.

-Eddai, solo una! Prometto che non la userò per malefici vari, tipo riti voodoo o cose del genere!- alza le mani, per dichiarare ulteriormente la sua innocenza.

Io rido e acconsento: una foto non mi mangerà mica.

Le prime volte sorrido innaturalmente, ma poi gli scatti si fanno via via più spontanei, fino a sfociare nelle immagini prese a tradimento, quelle che io reputo le migliori.

George riemerge da dietro l’obiettivo e mi guarda di sfuggita, concentrandosi poi sullo zoom:

-Sai, Sara, penso che tu debba sorridere più spesso. Quando sorridi le tue guance si fanno tonde e un po’ rosse, e ti si forma una mezza fossetta sull’angolo destro della bocca… È graziosissima.-

Se prima erano un po’ rosse, ora le mie guance sono irrimediabilmente bordeaux, cazzo.

Bofonchio un mezzo ringraziamento e riprendo a impararmi a memoria gli arabeschi del tappeto.

-Vorrei… Vorrei fare una cosa. Puoi avvicinarti un secondo? Non ti mangio, te lo giuro.-

Titubante, faccio come mi ha chiesto e vado a sedermigli accanto, mentre lui si rimette la macchina al collo e mi scatta una foto, un primo piano.

-Voglio… Voglio provare a catturare le pagliuzze che ti screziano le iridi...- mormora, concentrato com’è in questa presunta nuova impresa.

Passano un paio di secondi e ripone nuovamente l’apparecchio, insoddisfatto dall’esito del suo lavoro.

-Forse… Forse così ci riuscirò meglio…-

Non faccio in tempo a formulare un pensiero sensato che mi ritrovo il viso di George a pochissimi centimetri dal mio: avvampo in un istante, specie quando mi accorgo che la distanza si sta notevolmente accorciando.

-Ma guarda un po’! Non vi si può lasciare soli una manciata di minuti che vi mettete già all’opera! Paulieee, guarda che George si sta sbattendo la tua donna!-

Più in fiamme di una banana flambé, mi scosto velocemente da George, volando nuovamente al mio posto, mentre un Paul piuttosto terrorizzato si è precipitato come un fulmine per verificare di persona la situazione, sotto gli occhi e il ghignetto divertiti di un Lennon particolarmente bastardo.

Posso vedere chiaramente lo sguardo inceneritore che George riceve da parte di Paul, perché è lo stesso sguardo che io sto rivolgendo a John.

-Harrison! Si può sapere che cazzo t’è saltato in testa, eh?! Eppure mi sembrava di essere stato chiaro: ci devo uscire insieme io, non è mica una cazzo di proprietà pubblica!-

Ringo mi si avvicina, dicendo a bassa voce: -Guai in vista! Questi stanno per darsele di santa ragione!-

-Io scommetto cinque sterline su Harrison: McCharmly è una donnicciola, non ce la può fare.- sbuca serafico il solito Lennon.

-Bah, io invece tifo per Paul, che non ha tutti i torti: la ragazza l’ha portata lui, e George non può mica pretendere di arrivare così, di punto in bianco, e prendersela!-

I miei occhi increduli passano rapidamente da Ringo a John e viceversa, così intenti a discorrere su improbabili guadagni nati da combattimenti clandestini per ricordarsi della mia presenza.

Perché ok, sarò una donna e noi praticamente non contiamo un cazzo, ma sono una donna totalmente priva di pazienza, e questo è un dettaglio da non trascurare.

-E invece Georgino fa bene: carpe diem, cogli l’attimo, cogli la rosa prima che questa appass-

-MA VE NE VOLETE ANDARE TUTTI AFFANCULO, DI GRAZIA?!-

Tutti e quattro si girano verso di me, gli occhi sbarrati e le bocche ancor più spalancate.

-SI’ SI’, BRAVI, GUARDATEMI COSI’! SAPETE CHE VI DICO? IO ME NE VADO, E COL CAZZO CHE MI RIVEDRETE ANCORA!-

Giro i tacchi e mi dirigo a grandi falcate verso l’ingresso, per recuperare cappotto e borsa e dire definitivamente addio a ‘sti sfigati: in sottofondo, Lennon ipotizza con sicurezza il mio essere nel pieno periodo mestruale.

Sento Paul chiamarmi flebilmente e allora, contando lentamente fino a dieci, mi blocco allo stipite della porta che collega il salotto al corridoio e mi volto verso di loro, gli occhi ridotti a due fessure: -Pensavo di sbagliarmi sul vostro conto. Pensavo non foste le solite celebrità del cazzo che pensano solo ai soldi, a tirarsela e a fare i deficienti… Invece avevo ragione: quando si diventa famosi si ignorano le persone che si fanno un culo così per arrivare alla fine del mese, e s’ignora anche la dignità altrui. Se pensavate di potermi sbattere così, giusto per concludere in bellezza l’anno, mi spiace rovinarvi i piani, gente: la sottoscritta non è una delle solite sciacquette che fanno a gara per raggiungervi nel backstage.-

Faccio una pausa e tiro un sospirone: -Bene, detto questo, adieu: vorrei potervi dire che è stato un vero piacere conoscervi, ma non è per niente così.-

Volto loro le spalle e mi dirigo finalmente verso l’attaccapanni, prendendo il cappotto e facendo per indossarlo, quando una mano mi blocca il braccio.

-Tu non te ne vai.-

… Scusa?

-… Scusa?-

-Hai capito bene, signorinella.-

Aggrotto le sopracciglia e ricambio lo sguardo di sfida che mi sta rivolgendo.

-Brava. Bel discorso. Vuoi anche un applauso?-

La mia bocca vorrebbe spalancarsi, ma per fortuna il mio autocontrollo è più lesto e le impedisce di farlo.

-Non me ne faccio un cazzo dei tuoi applausi, se è questo quel che vuoi sapere.-

-Oh, guardati! Sembri un micetto che vuole incutere paura ad un gatto più grande gonfiando il pelo…-

-Lasciami.-

-Non ho sentiiiiitoo…-

La voce mi s’incrina: -Ho detto di lasciarmi…-

La presa sul braccio si fa più stretta, portandosi improvvisamente appresso dei ricordi del passato che credevo di aver cancellato completamente.

 

Gattina, non ti farò del male…

 

Il respiro comincia a farsi irregolare, mentre il cuore vuole pompare più sangue di quello che mi sta realmente circolando in corpo.

-Ripeto: bel discorso, micetta, ma non ci lasci neanche replicare! Sapessi quante cose dobbiamo spiegarti, che tu neanche conosc- Hey, Sara! Tutto ok? Sei bianca come uno straccio…-

-Io… Non… Non lo so…- mormoro, prima di non sentirmi più la terra sotto i piedi.

L’ultima cosa che sento è John che mi chiama più volte, e poi il nulla.

 

 

Riapro gli occhi e mi ritrovo in una camera non mia, mentre due occhi azzurri s’illuminano.

-Oddio, Sara! Sia lodato il cielo! Finalmente ti sei svegliata!-

Ringo quasi mi soffoca, ma ricambio goffamente il suo abbraccio, che mi fa sorridere.

-Già… Credo che non vi sbarazzerete molto presto di me!- gli faccio un occhiolino, mentre lui scoppia a ridere.

 

***

-Ti giuro che io non le ho fatto proprio niente!-

-Sì, ok.-

-Bell’amico del cazzo, che sei! Non mi vuoi neanche credere!-

-Io ti dico solo quel che ho visto: tu le hai stretto il braccio e lei è svenuta! Se permetti, un paio di conti me li posso fare, no?!-

-Certo! Ovvio! Perché tutti quanti hanno un nervo che collega braccio e cervello! Se le premi il braccio una persona sviene, è automatico!-

-John, evita di dire stronzate. Almeno per cinque minuti, non chiedo tanto.- Paul si prende la testa tra le mani, sospirando gravemente.

-Se dai un ordine, adeguati anche tu, testa di cazzo che non sei altro!- John si alza di scatto, facendo cadere la sedia, e comincia a camminare in tondo per la stanza.

-Lo sai benissimo anche tu che non toccherei una donna neanche con un fiore!-

-Lo so, ma so anche che in passato hai fatto certi sbagli, e chi mi dice che questi non possano ripetersi?-

Ma è coglione o cosa?

John si scaglia su Paul, prendendolo per il colletto ma, prima che possa mollargli un Cazzotto con la C maiuscola, sbuca Ringo dalla porta: -Si è svegliata!-

Abbandono la macchina fotografica sul divano e corro da lei.

 

***

-Cosa sono ‘ste facce da funerale? Guardate che sto benone!- scendo dal letto e cammino tranquillamente sotto i loro occhi preoccupati.

Il primo ad avvicinarsi, titubante, è John.

-Sara, senti… Io dovr-

-È tutto a posto, John. Dico sul serio.- gli sorrido, allora lui fa lo stesso e mi abbraccia piano.

Paul e George nel frattempo si guardano in cagnesco, quasi a voler decidere chi debba essere il primo ad avvicinarsi: il più riservato abbassa gli occhi e l’altro, manco a dirlo, ne approfitta subito.

Mi abbraccia con trasporto, quasi non volesse più lasciarmi, e io mi sento quasi soffocare.

-Mi hai fatto preoccupare un sacco… E sono stato un emerito deficiente! Potrai mai perdonarmi?-

-L’ho già fatto.-

Paul mi rivolge uno splendido sorriso e scioglie l’abbraccio, lasciando che si avvicini George.

Questi non dice niente: mi abbraccia timidamente in silenzio e, solo quando sembra che si voglia staccare, mi bisbiglia all’orecchio: -Sapevo che eri diversa da tutte le altre, ma la forza dell’abitudine mi ha fatto agire da perfetto idiota. Ti prometto che da oggi in poi ti lascerò in pace, non ti disturberò mai più.-

Se ne va, senza neanche un sorriso: dovrei essere felice perché mi ha giurato di non trattarmi più come un oggetto, ma allora perché il suo “non ti disturberò mai più” mi dà così fastidio?

Rimango a fissare la sua figura di spalle, quando sento una mano strattonarmi: il sorriso smagliante di Ringo mi convince a seguirlo in salotto, dimenticandomi di quello che è appena successo.

 

-Che ne dite di un po’ di musica?-

Ringo fa alzare gli occhi miei e di John dalla rivista che stavamo sfogliando: annuisco sorridendo, così mister Starkey comincia a rovistare nell’armadietto sotto il giradischi.

Non appena vedo l’album che ha scelto, scoppio a ridere: -Ma no! Ditemi che non siete dei megalomani che ascoltano i propri dischi, vi prego!-

-Chi? Noi? Assolutamente no!- urla lui, nascondendo dietro la schiena il vinile di Revolver.

No, non prendetemi per pazza: lo conosco solo perché ce l’ha pure Mitch, di certo non perché mi piaccia! Io e lei abbiamo raggiunto il tacito accordo che può sentirselo tranquillamente quando io non sono in casa; quindi non mi si venga a dire che sono una dittatrice, eh.

Rido ancor più forte per la buffezza di Ringo, e mi avvicino all’armadietto:

-Dai, ti do una mano!-

Con mia grande meraviglia scopro che i Beatles sono fornitissimi di musica d’ogni genere: tra le mie mani passano The Supremes A’ Go-Go, Strangers In The Night, Face To Face, From The Beginning, Jefferson Airplane Takes Off e Fresh Cream. Sorrido, ripensando a quanto io ci sia morta sopra, nel reparto “Ultimi arrivi” del Route 66.

Poi, improvvisamente, mi ritrovo davanti agli occhi A Quick One, e non posso fare a meno di pensare a come la mia vita sia cambiata nel giro di un paio di settimane: sono passata dal seguire freneticamente gli Who, incollata davanti alla televisione, al cenarci insieme con tutta tranquillità. E Keith Moon, quel Keith Moon, mi ha pure regalato Pet Sounds!

Allucinante, veramente allucinante.

Rimango impalata a fissare le figure stampate in copertina, quando vedo una mano sventolarmi davanti agli occhi: -Hey, ma ti piacciono gli Who, dolcezza?-

In questo momento lo sguardo di John è così rassicurante che vorrei rivelargli il fatto che sì, mi piacciono, anzi!, li adoro, e che c’ho pure cenato assieme a Natale…

Ma preferisco fare spallucce e riporre il disco, scegliendo poi Hold On, I’m Coming.

Lo faccio partire e vado a risedermi al mio posto, mentre Lennon mi segue, piuttosto perplesso: -Devo dire che i tuoi gusti mi lasciano un po’ così, ragazza… Chi l’avrebbe mai detto che ti piacesse questo genere di musica?-

-Lennon, per te è così difficile capire che non hai davanti una Beatle-fan?- rido leggera, mentre lui si unisce alle mie risa.

-… E comunque non sei di Liverpool, vero?- interviene Ringo, guardandomi dalla poltrona.

-Ma il mio inglese fa veramente così schifo?- chiedo io, perplessa sia per il suo intervento che non c’entrava nulla, sia per il fatto che mi becchino sempre, mentre John scoppia nuovamente a ridere e l’altro diventa bordeaux.

-N-no! Non intendevo quello!- esclama, agitando freneticamente le mani in un gesto di plateale discolpa, mentre io gli intimo di stare tranquillo, perché non mi sono mica offesa.

John si alza e cambia disco, asserendo che di Hold On, I’m Coming ama solo la traccia principale, e fa partire l’album che ha appena scelto.

Mentre le note di The Sound Of Silence si diffondono in tutto il salotto, Lennon se ne ritorna sul divano a sfogliare distratto la rivista di prima, e io mi guardo in giro: Ringo sferruzza (?) sulla sua poltrona, ma gli altri due? Che fine hanno fatto George e Paul?

 

***

-Allora, ci siamo capiti?-

-Sei stato chiaro come uno specchio d’acqua.-

-Bene.-

-Bene.-

-… Senti… Mi dispiace, George. Mi dispiace, e non sai quanto!-

-Sssì, posso immaginare quanto ti possa dispiacere…-

-Sto dicendo sul serio! Amico mio, non sai quant’è dura per me dover scegliere!-

-Avanti, Paul: chi vuoi prendere per il culo? Siamo grandi e vaccinati, cazzo! E s’è visto da lontano un miglio come tu abbia fatto di tutto per mettermi fuori gioco! Giurerei che tu non la volessi neanche portare a casa, per evitare di farmela incontrare, se non ti conoscessi così bene.-

Le guance in fiamme di McCartney sono la giusta ricompensa per la mia sottile psicologia.

Sorrido impercettibilmente, compiaciuto per il risultato.

-Vedi? Sono perfino disposto ad accettare questo tuo insopportabile sarcasmo!-

-È il minimo che tu possa fare, dopo avermi fregato la ragazza. E non venirmi a dire che non è così, perché non trovo affatto casuale il fatto che te l’abbia presentata alla festa e che tu poi abbia incominciato a frequentarla... Sei così subdolo che potresti benissimo averla pedinata, meschino come sei.-

-Harrison, piantala! Stai oltrepassando il limite!- mi prende per il colletto, ma io mantengo la calma e il tono di voce ironicamente placido.

-Avanti, mollami un cazzotto! È così che mister McCartney risolve le proprie faccende, vero? Bah, io non ti imiterò: non voglio avere sulla coscienza un bel visino come il tuo rovinato dai lividacci.-

Paul resta a fissarmi per un po’ e dopodiché mi molla con uno spintone, voltandosi verso la porta.

-Tutto quello che dovevo dirti te l’ho detto:vedi di rispettare i patti.-

-Sì sì, Paul: la lascerò in pace, vai tranquillo. Sotterrerò l’ascia di guerra in nome della nostra bellissima, purissima ed invidiabilissima amicizia, vecchio mio!- trillo festoso, salutandolo con la mano mentre lui se ne va finalmente fuori dalla mia stanza.

Mi lascio cadere sul letto e rifletto: anche se non l’avevo considerata come una cosa seria, quella ragazza ha un qualcosa che mi attira veramente molto Paul sembra prenderla sul serio, ma io non mi fido molto: spero solo che non la faccia soffrire.

Sorrido al solo pensiero che quel demente l’abbia presa come una vera e propria guerra coi fiocchi: i tempi in cui facevamo a gara a chi conquistava per primo la più carina della festa son finiti da un bel pezzo…

E poi, a dirla tutta, se pensassi di potercela fare, rinuncerei.

 

***

-Penso che i Cream siano qualcosa di eccezionale… Non fanno canzonette e si sentono liberi di esprimersi come meglio sanno fare e.. oh, c’è Paul!-

Il diretto interessato si avvicina sorridendomi: -Di che stavate parlando?-

-Dei Cream, McCharmly, e di come spaccheranno i culi a tutti, probabilmente noi compresi!-

Io e Paul ridiamo, mentre John continua: -Dico sul serio! Li hai sentiti? Più ascolto ‘sto cazzo di disco e più mi rendo conto di quanto siano stupefacenti!-

-Mmm, già… Non male.- gli risponde serafico l’amico, scatenando così la mia reazione.

-“Non male”? Ma hai problemi d’udito, per caso? Baker suona divinamente, e Clapton… Mio Dio!- esclamo estasiata, facendo ridere i due Beatles.

-A proposito di Clapton!- interviene nuovamente John, che tra i due è sicuramente (e stranamente) quello che prende sul serio quest’argomento, -Sai che è molto amico di George, vero?-

… Scusa?

-SCUSA?!-

-Err, no: a giudicare dalla tua faccia non lo sapevi!-

-OMMIODDIO, CHE RAZZA DI NOTIZIONA MI HAI DATO! MA E’ FAVOLOSO!-

Dopo un paio di minuti di perfetto sclero, finalmente mi do una calmata: -E George dov’è?-

Paul arriccia il naso, per poi bofonchiare qualcosa a proposito del fatto che sia in camera sua.

Mi alzo dal divano e inizio a cercare la sua stanza: se non ho capito male, è quella dove mi sono svegliata prima.

RBingo!

Busso piano alla porta e, prima di ricevere una risposta, mi ci fiondo dentro: in altri momenti non lo farei mai, ma la notizia che John mi ha appena dato ha decisamente mandato via a calci in culo la mia educazione.

-Oddio, che ci fai qua?!- George balza seduto sul letto, sorpreso (ma vaaa?) per la mia pacifica irruzione.

-Niente di che, io volev-

-Esci subito, prima che ti veda Paul e che si metta a pensar male!-

George balza giù dal letto e fa per spingermi fuori dalla stanza, ma io mi scanso.

-Se non mi vuoi vedere puoi anche dirmelo apertamente, eh.-

-Ma no! Non è che non ti voglio vedere, però… Capiscimi, cazzo!-

-Sì, ti capisco perfettamente. Ti lascio ai tuoi sogni ad occhi aperti, George. Ciao.- gli rispondo con tono perfettamente atono, chiudendomi la porta alle spalle abbastanza bruscamente.

 

***

Sto discutendo con John del fatto che Eric non verrà mai a suonare in un nostro album, al contrario di quel che sostiene lui, quando in salotto Sara fa nuovamente la sua comparsa.

Alla domanda di Ringo se vada tutto bene, lei si affretta ad annuire con il capo e a sorridergli, ma io e John ci siamo accorti subito di quanto il suo sorriso sia stato sfuggente e di che brutta cera avesse, appena arrivata.

Ci scambiamo uno sguardo d’intesa e faccio per aprir bocca, ma lui mi precede: sorrido e non posso fare a meno di pensare a quanto sia fortunato ad avere un amico così.

-Tesoro, senti un po’… Non è che ti andrebbe una pizza?-

Quasi crollo giù dal divano.

-… Pizza?-

-Sì, per cena… Sai, mi è venuto un certo languorino, e mi chiedevo se volessi unirti all’allegra combriccola per una cenetta in compagnia…- John le fa l’occhiolino, mentre un Ringo su di giri annuisce vistosamente con il capo.

-Approvo, approvo!- applaude entusiasta, facendo ridacchiare quel coglione di Lennon.

-Oh, beh, ad una pizza non si può dire di no!-

-Ecco, ben detto, ragazza mia! Perché so che saresti dovuta uscire con Paulie, però l’ora di cena si sta avvicinando, e dopo potreste comunque fare una passeggiatina in coppia, no?-

A queste parole e il suo sguardo malizioso, accetto in fretta, per non sentirlo blaterare un secondo di più, e John mi abbraccia di slancio, acciambellandosi su di me come un gatto.

-Grrrazie John, tu sì che sei un vero amico.- gli ringhio dietro, mentre lui tenta di sbaciucchiarmi tra le risate di Sara e Ringo.

-Dovere, Paulie, dovere!- sentenzia lui, staccandosi e trascinandosi appresso Sara per telefonare alla pizzeria più vicina.

***

Aaah, Dio se mi mancava la pizza!

Cerco di non dare troppo a vedere la mia euforia, mangiando piccoli spicchi della margherita che ho ordinato, ma penso che l’abbiano intravista tutti.

Beh, fanculo. La margherita è la margherita, amen.

-Mmm, quindi, da quel poco che ho capito, non sei inglese, giusto?-

Aggrotto le sopracciglia e fisso John: -Intuito è per caso il tuo secondo nome, Lennon?-

Lui ridacchia, seguito a ruota libera dagli altri tre.

-Comunque sì, esatto, non sono inglese.- aggiungo, addentando un altro trancio.

-Sai, mi è venuto in mente un giochino…-

A quelle parole John si becca occhiatacce sinistre da tutti i presenti, soprattutto dalla sottoscritta, che ha gli occhi più spalancati di quelli di un furetto.

-Ma che avete capito, razza di incapaci? Non quei giochini!- ride come un deficiente (anzi, non “come”, perché lo è), -La mia idea era innocente: tu mi dici il tuo cognome, e io provo ad indovinare da dove vieni, ecco tutto.-

John viene trafitto da tre paia di occhi perplessi più uno piuttosto indagatore, ma sembra non notarlo.

-Ok, ci sto. Ventimiglia.-

-Uh, come il libro!-

-Ringo, quello era Ventimila leghe sotto i mari.- lo corregge atono George, divorando l’ennesima fetta di pizza.

-Ahahaha, Rings oggi sta collezionando un Epic Fail dopo l’altro!- ride John, le lacrime agli occhi, mentre Ringo non vorrebbe far altro che sotterrarsi.

Io rimango con il trancio a mezz’aria e la bocca spalancata, ma Fred Astaire mi fa così tanta tenerezza che decido di passarci sopra. Per stavolta.

-Tranquillo, Ringo, Verne è una tale palla che ti capisco alla perfezione… Anch’io sbagliavo sempre questo titolo.- e gli sorrido, facendolo illuminare d’immenso.

-Bene, ragazzina… Ventimiglia, eh? Innanzitutto complimenti per il cognome, mi piace… E poi,- John si carezza meditabondo il mento -direi che punto tutto sulla Spagna.-

Rimango seria per un paio di secondi, emettendo poi il tipico verso che i pulsanti dei quiz televisivi fanno quando una risposta non è esatta.

-Errato, mister Lennon! Ritenti, la prossima volta sarà più fortunato!- gracchio canzonatoria.

Tutti ridono, ad eccezione di John, che sbuffa e se ne viene fuori con la tipica scusa di chi non sa perdere: -Bah, questo gioco mi ha stufato.-

E, come da copione, io e gli altri tre cretini ci uniamo in coro in un bel -Cooomee? Di giàà?-, scoppiando poi a ridere come degli emeriti deficienti, ovviamente sotto lo sguardo offeso del signorino.

-Cooomunque! Come mai proprio la Spagna?- cerco di riprendere seriamente il discorso.

-Mah, forse perché sei caliente?- si sporge verso il mio posto, con un’espressione che dovrebbe essere piaciona.

-Cioè, tu mi stai paragonando ad una stracazzo di paella? Spiegami subito, Lennon!- brandisco la forchetta fintamente furente, facendoli ridere come pazzi.

-E perché no? La paella è deliziosa.- interviene George, facendomi puntualmente arrossire.

-Eee comunque sono italiana, Italy, do you understand?- sbraito, rossa in volto, quasi volessi coprire con delle urla l’ultima affermazione di Geo, che continua a rimbombarmi nella mente.

-Uuuh, pasta-pizza-e-mandolino!- sbuca trionfante John, mentre tutti ridiamo e Paul si affretta a correggerlo: -No Winnie caro, quella è solo Napoli! Tu da dove vieni? Da lì, Roma o Milano?-

-Veramente io sono nata a Verona, la città di Romeo e Giulietta, per capirci- sorrido, -ma mio padre è sardo.-

-Cazzo, dev’essere un bel posto, la Sardegna: mi piacerebbe andarci, un giorno.- afferma Ringo, prima di bersi un altro sorso di birra.

-Un giorno vi ci porterò!- esclamo entusiasta finendo la mia Coca Cola, mentre loro mi rivolgono un applauso di totale approvazione.

Già, un giorno, chissà…

 

 

 

 

Who are you?
Uiiiiiii ar de cempioonss, mai freeeeend u.u

Occhei, son tornata. In mostruoso ritardo, ma sono qui, tutta per voi! (coro: e chissenefrega!)

A me frega, quindi buoni che vi dico tutto.

Bene, sul mio amicone Uord questo capitolo è lungo la bellezza di 6 pagine, e sarebbe anche dovuto essere più lungo, se non fosse stato per il fatto che non c’avevo cazzi d’andare avanti a scriverlo per il fatto che risultasse un po’ troppo noioso et pesante.

Quiiindi, eccomi qua!

Allora, ho constatato che gli indizi non li trova nessuno (LOL), quindi ho deciso di elencarveli, chissà che non vi applichiate di più : D

  • -Lo so, ma so anche che in passato hai fatto certi sbagli, e chi mi dice che questi non possano ripetersi?- (un Paul decisamente masochista rievoca la sberla che John diede a Cyn.)
  • Mi lascio cadere sul letto e rifletto: anche se non l’avevo considerata come una cosa seria, quella ragazza ha un qualcosa che mi attira veramente molto (lo so, fa cagare, ma voleva essere un velato riferimento a Something.)
  • Sto discutendo con John del fatto che Eric non verrà mai a suonare in un nostro album, al contrario di quel che sostiene lui, quando in salotto Sara fa nuovamente la sua comparsa. (uno a zero per Lennon, siore e sioriii!)
  • -Cazzo, dev’essere un bel posto, la Sardegna: mi piacerebbe andarci, un giorno.- afferma Ringo, prima di bersi un altro sorso di birra. (d’altronde, solo lì ci sono i migliori giardini di polipi…)

 

E poi qui ho nominato un fottio di album famosi, ossia: The Supremes A’ Go-Go (The Supremes), Strangers In The Night (Frank Sinatra), Face To Face (The Kinks), From The Beginning (Small Faces), Jefferson Airplane Takes Off (Jefferson Airplane), Fresh Cream (Cream), A Quick One (The Who), Hold On I’m Coming (Sam & Dave), The Sound Of Silence (Simon & Garfunkel).

 

Non ho altro da dichiarare, se non che vi amo tutti alla follia perché mi sopportate sempre e nulla, andate in pace.

Amatevi l’un con l’altro!

 

Dazed;

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