Amore a prima vista

di Saeko_chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° capitolo ***
Capitolo 2: *** 2° capitolo ***
Capitolo 3: *** 3° capitolo ***
Capitolo 4: *** 4° capitolo ***



Capitolo 1
*** 1° capitolo ***


 

1° capitolo

 

Veloci e delicate le mani sul pianoforte.

Quelle mani stavano toccando i tasti con leggerezza, come se non volessero far loro del male.

Sembrava che ci fossero solo quelle mani e quel pianoforte in quella sala.

D'improvviso la nota finale decretò la fine dell'esibizione ed il ragazzo smise di suonare.

Capelli biondi tenuti mediamente lunghi, occhi azzurri come il cielo.

Doveva avere all'incirca quindici anni, eppure sembrava un vero professionista del piano...

Sembrava un angelo. “ Mi lasciai sfuggire, mentre si alzava e si inchinava per ricevere applausi dal pubblico soddisfatto.

Io ero stato trascinato lì da mia madre che voleva in tutti i modi che io fossi presente al saggio di mia sorella minore.

Avrebbe suonato la viola subito dopo questo ragazzo di cui neppure sapevo il nome.

Ero seduto in ultima fila e vicino alla porta, avrei potuto andarmene quando volevo.

Infatti, fu proprio quello che feci ringraziando il cielo che i miei genitori si trovavano in prima fila per vedere mia sorella suonare.

Sospirai ed uscii in silenzio.

Era sera, dovevano essere quasi le 22,00 eppure io mi trovavo in quel maledetto posto.

Fuori il cielo era limpido e pieno di stelle.

La Luna era assente eppure, il cielo non mancava di luminosità.

C'era un piccolo viale alberato in discesa che portava in paese.

Mi appoggiai al primo albero a destra e guardai il cielo.

Fu allora che notai una presenza accanto a me.

Mi voltai e lo vidi.

Lo stesso ragazzo del piano era appoggiato al muro dell'auditorium intento a fumare una sigaretta.

Lui alzò lo sguardo verso di me e buttò la sigaretta a terra spegnendola con un piede.

Mi guardò e sorrise.

Parve osservare i miei capelli neri per poi concentrarsi sui miei occhi del medesimo colore.

-Vuoi una?- Mi chiese, d'improvviso, con una voce dolce.

Aveva anche una voce angelica oltre che un modo di suonare sublimo.

Non riuscivo a formulare una frase di senso compiuto senza balbettare, così, alla fine riuscii solo a dire:

-C-che?- Lui non mi staccò gli occhi di dosso e sorrise divertito avvicinandosi a me con calma.

Una volta che si trovò a poco più un metro da me mi ripose la domanda.

-Vuoi una sigaretta?- A quel punto scossi la testa con poca convinzione, non fumavo e non volevo litigare con i miei genitori per colpa di una stupida sigaretta.

Lui sorrise ancora ed io rimasi lì, a fissarlo imbambolato, almeno, finché non riprese a parlare.

-Perché sei qua fuori? Non ti piace la musica?- Mi domandò, rimettendo a posto il pacchetto di sigarette che teneva in mano.

Io sospirai e chiusi gli occhi sfinito.

La musica mi piaceva, ma non quelle schifezze suonate da mia sorella.

-Non volevo sorbirmi il saggio di mia sorella... il suono che produce dalla sua viola fa letteralmente vomitare.- Disse, sospirando piano ed udendo una leggera risatina da parte del ragazzo che si trovava accanto a me.

Tornai ad osservarlo.

Era bellissimo, sotto le stelle il suo corpo risplendeva ancor di più.

Prese un foglio ed una penna da una tasca e ci scrisse sopra qualcosa per poi darmelo.

Era un numero di cellulare.

Ma che...?” Non finii di formulare il mio pensiero che lui si stava già avviando verso l'auditorium.

-E' il mio cellulare, se vuoi chiamarmi sai come fare.- Mi disse, solo, entrando di nuovo dentro e lasciandomi da solo.

Sospirai e rientrai dentro pure io sentendo la musica di un flauto e sospirando felice.

Avevo saltato l'esibizione di mia sorella.

Non ascoltai niente delle esibizioni successive, concentrandomi solo su quel numero e su quel ragazzo.

Non mi ha neppure detto come si chiama...” Pensai, ad un certo punto.

 

Dopo tutte le esibizioni ci trovammo fuori per tornare a casa.

Mia sorella, aveva undici anni, saltellava per il vialetto mentre raggiungevamo la macchina.

-Ti è piaciuta l'esibizione di tua sorella?- Chiese mia madre rivolta a me mentre io distrattamente avevo preso il biglietto con scritto sopra quel numero telefonico che mi ero messo in tasca.

-Sì.- Risposi secco, senza aggiungere altro.

Mio padre mi mise una mano sulla spalla in segno di comprensione.

Neppure lui voleva andare a quel saggio, ma doveva in qualità di padre e potevo pure capire il suo obbligo morale, però, io che c'entravo?

Uffa...” Pensai, salendo dentro la nostra macchina ed allacciandomi la cintura di sicurezza.

Mio padre mise in moto e partimmo mentre mia sorella parlava e straparlava ed io distrattamente dicevo qualche “Certo.”, “Sì, sì...”, “Infatti...” e cose di questo genere.

Non riuscivo a non pensare a quel ragazzo e a come aveva suonato quella melodia di cui neppure ricordavo l'autore.

Era stato bravissimo e poi, mi aveva incantato, stregato.

Ma adesso che cosa dovevo fare?

Chiamarlo?

Beh, forse poteva essere un'idea... magari c'avrei provato il giorno dopo in quel momento era già tanto se il mio cuore non esplodeva al solo pensiero di quel volto angelico.

 

Dopo un'ora di viaggio ritornammo tutti a casa ed io mi buttai sul letto vestito, senza badare ai miei indumenti ed alle mie scarpe.

Ripensavo a quel ragazzo biondo ed al suo modo di fare.

Era stato molto dolce e poi, era bellissimo, ma perché mi aveva dato il suo numero di telefono?

Voleva forse che lo chiamassi?

Beh, in tal caso lo avrei fatto, di sicuro.

 

 

Angolo autrice:

Mi ero scordata completamente della sua esistenza, credevo di averla persa, a dire il vero...

Questa storia partecipò ad un contest, diversi mesi fa, che si trova a questo link: http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=9553187 ma, che venne chiuso dall' ideatrice stessa del contest, cioè, (Selenite) e quindi, non ne so i risultati, visto, che non vennero postati.

Finalmente ho deciso di publicare la storia, anche se è una cagata colossale ed io so per certo di far schifo nello scrivere delle yaoi...

Comunque, quanto vi fa schifo, sinceramente? xD

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Capitolo 2
*** 2° capitolo ***


 

2° capitolo

 

Erano le cinque di mattina ed io ero già sveglio da quindici minuti, circa.

Mi trovavo alla mia finestra a riflettere.

Il cielo era limpido ma le stelle che si vedevano erano poche.

Odio la città...” Pensai, sospirando e chiudendo la finestra.

Mi diressi verso la porta della mia camera ed l'aprii.

Andai in cucina ed accesi la luce per poi andare a prendere una scatola di latte e berne un po'.

Non sapevo che cosa fare e quindi mi misi a guardare un po' di TV senza interessarmi a nulla di particolare.

Ripensavo ai suoi occhi, ai suoi capelli, al suo volto... sicuramente mi stavo fissando.

Sospirai ed aspettai le sette.

Poi, vidi mio padre uscire dalla sua camera da letto e salutarti.

-Già sveglio? Hai pure fatto colazione?- Io annuii senza dir nulla e lo vidi dirigersi in bagno.

Andai in camera a vestirmi, così, alle sette e un quarto fui pronto.

Ero abituato ad uscire alle sette e trenta, ma per una volta potevo fare un'eccezione.

Salutai mia madre appena sveglia e pure mia sorella e poi uscii.

-Ciao, a dopo.- Così, mi diressi a scuola.

Avevo sedici anni all'epoca, e frequentavo le superiori.

 

Dopo quella giornata di scuola, passata alla ben meglio, visto che c'erano due ore di buca ed il casino era stato il massimo del massimo, cosa che odiavo, m'incamminai verso il parchetto che si trovava dietro l'edificio.

Era ormai in disuso e c'era un'altalena da due semi distrutta, due panchine e uno scivolo tutto arrugginito che rischiava di cadere.

Mi misi a sedere su di una panchina all'ombra di uno degli alberi circostanti, il parchetto aveva qualche alberello di media grandezza, e presi il cellulare accendendolo.

Guardai nella rubrica scovando il suo numero.

Sospirai e lo chiamai.

Uno squillo.

Due squilli.

Al terzo sentii una voce rispondermi.

-Pronto?- Il cuore a mille, non sapevo che cosa dire.

Ma poi mi calmai, almeno in parte, e parlai.

-Sono il ragazzo dell'altra volta, all'auditorium... al saggio... ricordi?- Certamente non ricordava, come avrebbe fatto?

Ci eravamo scambiati poche parole, niente di ché, ma per me quelle parole erano bastate a farmi rimanere folgorato, probabilmente innamorato.

-Sì, ricordo molto bene. Che ne dici se ci vediamo al bar Hizukenu che si trova nella piazza maggiore della città? Sai dov'è, no?- Persi un battito.

Non sapevo se accettare o no, ma alla fine il mio istinto ebbe la meglio.

-Sì, vengo subito.- Lui mi salutò cortesemente ed io riagganciai mettendomi in marcia.

Il vento mi scompigliava i capelli neri mentre camminavo per delle stradine poco affollate.

 

Entrai nel bar e lo cercai con lo sguardo senza trovarlo.

Poi, udii un suono provenire da una stanza.

Non ero mai stato in quel bar più di una o due volte qualche anno fa, ma adesso non mi sarei concentrato su quello...

Seguii il suono rendendomi conto che proveniva da un pianoforte e rimanendone completamente incantato.

Non badai alle persone presenti e lasciai che i miei piedi camminassero da soli sino alla stanza da dove proveniva quel suono così melodioso.

Era lui...

In silenzio mi misi ad ascoltarlo, credendo che esistesse solo lui e nessun altro.

Quel ragazzo di cui non conoscevo neppure il nome mi aveva letteralmente fatto impazzire.

Mi ero innamorato.

Le ultime note di quella melodia segnarono la fine dell'esecuzione e quindi vidi il ragazzo girarsi e sorridermi.

-Eccoti qua, comunque, io mi chiamo Kazuki, tu?- Rimasi calmo e risposi il più velocemente possibile.

-Keishi, io mi chiamo Keishi.- Dissi, per poi vedere i suoi occhi azzurri squadrarmi.

Lui sorrise e si alzò, avvicinandosi a me e porgendomi una mano.

-Beh, piacere.- Io gliela strinsi e sorrisi a mia volta.

Con lui mi trovavo bene, la dolcezza che usava quando suonava si vedeva anche quando non sfiorava quei tasti.

Lui era una persona fantastica.

Unico.

-Che ne dici di cenare insieme, stasera?- Gli chiesi, istintivamente, senza pensarci.

Poi, d'improvviso mi resi conto della richiesta che gli avevo fatto e pensai che forse non era il caso, ma ormai era troppo tardi, lui mi rispose sorridendo...

-Certo, ma dove?- Rimasi a riflettere per un secondo e poi gli dissi il nome del ristorante.

Lui accettò e così fissammo per le sette e mezza al ristorante.

 

Avevo detto ai miei genitori che tornavo tardi e che avrei cenato fuori, così, dopo aver fatto i compiti, letto un po' e guardato un po' di TV mi preparai per uscire.

Erano le sette e quindi mi avviai verso il luogo d'incontro arrivandoci venti minuti dopo.

L'aria era fredda ma io stavo benissimo, il mio cuore era riscaldato da un leggero tepore mai sentito prima.

Ripensavo a lui, a Kazuki, ai suoi capelli, ai suoi occhi... era bellissimo.

Lo aspettai per cinque minuti davanti al ristorante e poi lo vidi arrivare.

Mi salutò sorridendo ed entrammo insieme dentro al ristorante.

Ci sedemmo in un tavolo per due persone e dopo aver ordinato una bottiglia d'acqua e mezzo boccale di birra cominciammo a parlare.

-Keishi, a te piace la musica?- Mi domandò, mentre il cameriere ci portava da bere ed io ordinavo un piatto di spaghetti, precisamente di udon.

Prima di rispondere vidi Kauzuki ordinare del ramen e poi il cameriere si allontanò.

-Beh, sì, mi piace, ma non sono portato per nessun strumento in particolare... invece, amo molto il canto.- Risposi, sorridendo mentre il mio cuore batteva molto, troppo forte.

Lui mi sorrise e poi continuò a parlare.

-Che ne dici se domani, visto che è sabato, dopo la scuola non ci troviamo all'auditorium? Magari io suono e tu canti, che ne dici?-- Non sapevo che cosa rispondere, ma alla fine annuii e così fissammo per il giorno dopo alle tre all'auditorium.

Mangiammo e poi io pagai per entrambi.

-Non dovevi...- Mi sussurrò, ma io non ci feci caso.

Lo facevo con piacere di pagare per tutti e due e quindi mi limitai a sorridergli.

Dopo ci salutammo ed ognuno andò a casa sua a dormire.

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Capitolo 3
*** 3° capitolo ***


 

3° capitolo

 

Mi svegliai alle sette come tutte le mattine e mi preparai per uscire.

Salutai i miei genitori e mia sorella per poi andare a scuola dopo aver fatto colazione, essermi lavato e vestito

Arrivai a scuola a piedi come tutte le mattine e passai la mattinata abbastanza bene, pensando a lui, prendendo appunti distrattamente e non ascoltando praticamente nessuna lezione.

Dopo la scuola salutai alcuni miei amici e mi avviai verso l'auditorium canticchiando la canzone che pensavo di eseguire con lui.

 

Arrivai a destinazione alle due e mezzo.

Entrai dentro l'edificio e vidi il pianoforte dell'auditorium.

Quell'edificio si trovava in città, quello dell'altra volta, dove si erano tenuti i saggi, era in prima montagna, circa a settecento metri d'altezza.

Mi avvicinai al piano e ripensai a quando nel bar avevo sentito suonare Kazuki.

Ora che ci penso... perché suonava là?” Mi domandai immediatamente, ma non riuscii a finire di pensare che qualcuno entrò e quindi mi girai per vedere chi fosse.

Era lui.

Sembrava un angelo.

-Ciao, cominciamo?- Mi chiese, sorridendomi ed andando al piano.

Io sospirai e tentai di calmarmi.

-Perché l'altro giorno suonavi in quel bar?- Domandai, sistemandomi accanto al piano per poter cantare.

Lui cominciò a prepararsi per suonare, ma prima mi rispose.

-Mio padre è il proprietario del bar in questione. Tuo padre, invece, che lavoro fa?- Mi chiese.

Io sorrisi e gli risposi tranquillamente.

-Il medico, mentre mia madre lavora come insegnante universitaria. Tua madre, invece, che lavoro fa?- Lui non disse nulla, rimase in silenzio.

Per un attimo credetti di aver visto una lacrima solcargli il viso e mi rimangiai ciò che avevo domandato poco prima.

Mi avvicinai a lui e gli misi una mano sulla spalla.

Kazuki tirò su col naso e mi rispose senza, però, girarsi.

-E' morta quando avevo sette anni, lavorava come infermiera... uno stronzo l'ha investita con una motocicletta.- Rimasi pietrificato senza saper che cosa dire.

Con l'altra mano gli asciugai una lacrima che gli stava scivolando sul viso e non dissi niente, dopo tutto non sapevo che cosa fare per consolarlo, io non avevo mai perso nessuno... non sapevo che cosa si provasse.

Poi, continuò.

-Da lì mi avvicinai alla musica, al piano, era il suo strumento preferito. Ma comunque adesso sarà meglio pensare ad altro, no? Dai, dimmi la canzone e così cominciamo a suonare e tu a cantare.- Mi annunciò, alla fine, tentando di apparire calmo.

Sospirai e compresi che era meglio lasciar stare.

-Gabriel dei Lamb.- Lui intonò l'inizio ed io a ruota cominciai a cantare.

I can fly

But I want his wings

I can shine even in the darkness

But I crave the light that he brings

Revel in the songs that he sings

My angel Gabriel...”

Cantavo con dolcezza mentre lui suonava.

Una lacrima mi rigò il volto vedendolo trattenere le lacrime.

A fine canzone lo guardai e vidi sul suo volto un sorriso tirato.

-Ehi, Kazuki, non devi essere triste...- Mi avvicinai mettendogli una mano sulla spalla ed abbracciandolo di colpo.

Lui cominciò a singhiozzare sfogandosi totalmente.

Si aggrappò a me e pianse, mentre io gli accarezzavo i capelli biondi.

Mi staccai un poco da lui ed osservai quel suo volto angelico, per poi posare le mie labbra sulle sue in un gesto incontrollato.

Non sapevo che cosa stessi facendo e quando me ne resi conto mi staccai da lui per poi fuggire fuori dall'auditorium e tornare a casa.



Prendevo a pugni qualsiasi cosa avessi sotto mano, trattenevo le lacrime ma davo completo sfogo alla mia rabbia senza neppure pensare.

Lo avevo baciato!

Dio santo, lo avevo baciato!

Guardai l'ora e vidi che erano le sette e quindici.

Dovevo essere proprio impazzito per aver perso così facilmente la cognizione del tempo...

Mi sdraiai sul letto a pensare ed a piangere in silenzio.

Non riuscivo a non pensare a quel bacio ed a ripetermi che era stata semplicemente un'azione stupida, troppo stupida... come potevo essere sicuro del mio amore per lui?

Ci conoscevamo da troppo poco tempo, meno di tre giorni...

Eppure, il mio cuore batteva per lui, ogni volta che lo vedevo i miei battiti diventavano più veloci, incontrollati.

Se pensavo a lui l'effetto era praticamente lo stesso.

Lui era la mia aria, la mia vita...

-Si cena!- Mia sorella mi ridestò dai miei pensieri e così mi alzai dal letto.

-Piangi?- Mi domandò, osservandomi, ma io non le risposi, non potevo mostrarmi debole e se avessi parlato avrei sicuramente singhiozzato.

Avrei avuto di sicuro la voce rotta dal pianto.

Cenai con la mia famiglia senza fiatare e poi mi richiusi nuovamente in camera.

Nessuno aveva capito il mio stato d'animo e quindi nessuno pensava a me.

C'ero abituato, mia sorella era troppo presa dal suo strumento ed i miei genitori da lei.

Ero sempre in secondo piano...

Normalmente erano i fratelli minori a sentirsi trascurati, ma nel mio caso era diverso.

Nel mio caso ero io, il fratello maggiore, a sentirmi trascurato, solo.

Forse era perché non avevo mai cercato di avere un po' di compagnia, forse perché avevo paura pure di dichiarare la mia omosessualità alla mia famiglia, omosessualità sicura da più di un anno.

Andai a letto alle dieci dopo aver sentito un po' di musica.

Mi addormentai tre ore dopo, non riuscendo a non pensare a Kazuki.



Lunedì, a scuola non riuscii a concentrarmi, pensavo solo a lui e certe volte credevo persino di vederlo.

Andai in bagno più di tre o quattro volte in modo tale da piangere e da sfogarmi.

Non riuscivo a seguire le lezione e quindi non presi mai appunti.

Alla fine della mattinata dovetti arrendermi all'evidenza.

Ero innamorato ma avevo paura della sua reazione.

Il giorno prima non avevo ricevuto nessun messaggio e quindi pensavo che lui mi odiasse oppure semplicemente non volesse più parlarmi.

Quando uscii di scuola mi avviai verso il ristorante dove avevamo mangiato insieme e lui era fuori ad aspettare qualcosa, o qualcuno.

Appena mi vide mi si avvicinò con lo sguardo basso.

-Keishi... sabato, perché te ne sei andato?- Non riuscivo a rispondere, avevo troppa paura.

Lasciai che le lacrime uscissero dal mio volto, almeno finché non lo vidi avvicinarsi a me ed asciugarmele con un dito.

Lui era più basso di me, molto più basso di me

Io ero alto 1,77 metri e pesavo 69 kg, mentre lui doveva essere almeno dieci centimetri in meno di me, anzi, forse era più basso di dieci centimetri, in confronto a me.

Mi avvicinai al marciapiede mentre lui mi seguiva.

-Keishi, io ti ricambio... io...- Mi girai e lo guardai con gli occhi lucidi e zuppi di lacrime, forse felicità, forse paura, osservando il suo volto, osservando quel volto che tanto amavo.

Non m'importò di essere per strada, lo presi fra le braccia e lo baciai.

Le nostre lingue si incontrarono, intrecciandosi e sfiorandosi.

Sì, lo amavo, lo amavo con tutto me stesso.



Angolo autrice:

Non è ancora totalmente finito, ma questo è il penultimo capitolo ^^

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Capitolo 4
*** 4° capitolo ***


 

4° capitolo



Aprii gli occhi e mi accorsi di trovarmi sdraiato sopra un letto matrimoniale.

Tastai accanto a me e costatai di avere qualcuno nel letto, accanto a me.

Sorrisi e sospirai.

Avevo ventitré anni, ormai, e vivevo con lui da tre anni.

Mi girai, prima ero a pancia in su, e lo osservai mentre dormiva beato e con solo un paio di boxer.

Era estate e quindi eravamo entrambi scoperti.

Accarezzai quel morbido corpo e baciai le sue labbra alzandomi dal letto e sorridendo.

Avevo sognato il nostro incontro, il nostro primo bacio...

Uscii dalla nostra stanza e scesi al piano di sotto dove si trovava la cucina ed il salottino.

Andai ai fornelli e mi misi a preparare la colazione per entrambi, dopo tutto erano le sei e mezzo e all'otto dovevo essere il sala registrazioni per incidere il nuovo CD del gruppo dove cantavo, mentre lui lavorava come pianista professionista da quasi quattro anni.

Sì, lui suonava come pianista ed io avevo un gruppo formato da me, una mia amica ed un mio cugino.



Erano le quattro del pomeriggio ed io mi trovavo sul divano del salottino a guardare la TV.

Ad un tratto Kazuki scese le scale e si avvicinò a me, sedendosi sulle mie gambe e baciandomi.

Era in canottiera e mutande.

Mi baciò e poi appoggiò la sua testa sopra la mia spalla.

Sorrisi e gli accarezzai i capelli biondi.

-Che c'è, amore?- Domandai, conoscendo molto bene quel suo modo di fare.

Quando voleva dirmi qualcosa di importante il mio compagno era abituato a sedersi sopra di me ed a non parlare finché io non gli chiedevo che cosa c'era che non andava.

-Domani parto per un mese, lo sai, i concerti... magari ti porto un regalino dalla Spagna e dall'America, e pure dall'Italia!- Disse, sorridendo e baciandomi.

Io non potevo viaggiare spesso con lui, avevo da fare, ecco perché nei suoi tour lo seguivo poche volte, ma al contrario amavo molto i regali che mi portava dai suoi diversi viaggi.

Sorrisi ed annuii.

-Va bene, ma fra tre settimane parto pure io per la tournée e tornerò dopo due settimane. - E dicendo ciò lo baciai sul collo, cominciando a spogliarlo...



Quella sera a letto mi addormentai abbracciandolo e con il cuore a mille.

Ogni volta che gli ero vicino era come se fosse stata la prima, lo amavo sempre allo stesso modo, non chiedevo altro dalla vita se non lui, se non poterlo toccare, abbracciare, baciare.

Quando mi addormentai ogni pensiero mi volò via, l'unica cosa che mi rimase nella mente fu il suo volto, il suo sorriso, i suoi occhi.

Sì, lo amavo, lo amavo da morire e quell'amore non sarebbe mai e poi mai cessato d'esistere.

Il bello era che questo amore veniva da una semplice melodia, dall'aver ascoltato una sola volta il suono melodioso e sublime che lui produceva suonando il piano e che adesso suonava ogni qual volta io glielo avessi chiesto.

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