Le bestie non piangono

di orkaluka
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le bestie non piangono ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Le bestie non piangono ***


 

Attenzione: per chi é facilmente impressionabile e ha un'immaginazione particolarmente esaustiva questo racconto potrebbe essere un poco forte.

Le bestie non piangono

Un uomo al mio fianco mormorava una preghiera ormai da un giorno e una notte senza sosta. Stava morendo lentamente e dolorosamente, piano piano si stava lasciando andare a quel buio opprimente che si era già nutrito delle nostre anime. Sette giorni prima eravamo settantacinque, tra donne, uomini, bambini, malati e vecchi; tutti stipati in un piccolo spazio. In quel momento eravamo più o meno la metà, le malattie si erano moltiplicate di persona in persona, i vecchi e i bambini erano morti e i pochi adulti rimasti erano divenuti bestie. Chi moriva era cibo, in quel luogo vigeva la cruda legge di Darwin, chi era forte sopravviveva, chi era debole moriva, divorato dai suoi simili. Il mormorio dell’uomo finì in un gorgoglio ovattato, era morto piuttosto silenziosamente, c’era chi urlava fino alla fine, per mia fortuna lui non fu tra questi. Mi avvicinai ancor più all’uomo, tastandolo gli trovai addosso dei vestiti, pochi li portavano in quel luogo, li presi e silenziosamente li misi. Avevo pochissimo tempo, le altre bestie che si aggiravano nell’ombra, i sopravissuti, si sarebbero accorte che c’era del cibo. “Morto!” Urlai con una voce felice, poi mi spostai velocemente seguendo un muro, fino a raggiungere il lato opposto della stanza. Sentii i raschii delle bestie che si muovevano nel buio, raggiunsero il corpo esanime e cominciarono a mangiarlo, ringhiando e ululando, completamente dimentichi degli esseri che furono. Mi rannicchiai contro un muro, avvolta in quei vestiti sporchi che avevo rubato ad un corpo morto. Cercai di ricordare chi fossi stata, ma la mia mente me lo impediva.

I raschii e i risucchi erano cessati, le bestie avevano banchettato, si addormentarono in branco, gli uni sugli altri per trattenere il calore. Erano bestie, ma possedevano ancora un cervello. Improvvisamente una luce illuminò la piccola stanza, qualcuno aveva aperto quella porta che era stata cementata giorni prima. Una figura d’uomo comparve nella luce, con un’occhiata osservò le bestie sporche di sangue, poi volse il capo verso di me, sorpreso di trovare qualcuno che non sembrava aver preso parte a quello scempio. Si avvicinò lentamente, alzando le mani per farmi capire di essere  indifeso, io rimasi immobile. Mi prese in braccio facilmente, come fossi una piuma, più leggera dell’aria. Mi condusse all’aperto, dove c’erano luce e aria. Con un gemito chiusi gli occhi, la luce era troppa, la bellezza del mondo era troppa, anche i rumori erano troppi. L’uomo mi fece sedere e disse qualcosa ad altri uomini, che sentii muoversi sul prato. I miei sensi erano sobbarcati di informazioni. Il salvatore applicò qualcosa ai miei occhi, li aprii lentamente, davanti ad essi ora c’erano degli occhiali da sole. Gli sorrisi. Fidarmi di qualcuno dopo tutto quel tempo era bello, quasi non riuscivo a crederci. Mi abbandonai alle cure dell’uomo, sperando di non tonare mai più in quel luogo di terrore, sperando che la vita non fosse tanto crudele da togliermi la luce proprio allora, proprio quando l’avevo ritrovata. Sorrisi e sperai con tutta me stessa che le mie lacrime rilucessero sulle guance, illuminate dalla gloria del sole, perché in quel caso avrei saputo di non essere una bestia. Le bestie non piangono.

Note dell'autore

Non so cosa ne pensiate, ma a me questo racconto piace. Ci ho messo poco tempo per scriverne una bozza, poi mi sono impeganto a rileggerlo e a correggerlo. é un mese che praticamente non faccio altro, ogni volta che posso torno a rileggerlo e a correggerlo ed ogni volta mi dico che é finito, che va bene, anche se in relatà la volta dopo aggiungo ancora qualcosa. XD sono proprio un caso perso. Probabilmente per Rox_sole apparirà come la prima volta che l'ha letto, spero che le piaccia lo stesso.

Spero con tutto me stesso che questo racconto non vi abbia sconvolto troppo e che non mi prendiate per pazzo. Mi farebbe piacere conoscere la vostra opinione, per cui vi prego di recensire. Il prossimo capitolo sarà anche quello conclusivo, teoricamente possono anche essere letti separatamente, anche se parlano della stessa storia. Be...non vedo l'ora di leggere le vostre recensioni! Luka

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


 

Le bestie non piangono - capitolo  2

La veranda é illuminata dai raggi del sole, sotto di essa siede mia moglie, appoggiata a una panca si tiene tra le mani il pancione che cresce di giorno in giorno. Mi avvicino lentamente, senza fare rumore, voglio osservarla in questo  momento di contemplazione del mondo, é bellissima. I lunghi capelli neri le arrivano fino alla vita, una scurissima e liscia cascata che carezzerei  per l’eternità. Il suo viso ha il colore del latte, come tutta la sua pelle del resto e i suoi occhi sono di un colore particolare, un verde scurissimo, che si avvicina al nero. Conosco ogni più piccolo particolare fisico di mia moglie, come il piccolo neo che ha appena sopra l’ombelico o quella voglia a forma di stella che le marchia il collo. Amo mia moglie con tutto me stesso, l’ho conquistata un pezzetto per volta, faticando, facendo mille passi indietro per un passo avanti. Mi avvicino a lei e la abbraccio, lei sussulta lievemente al mio tocco, poi torna al presente e mi sorride. Fu di quel sorriso che mi innamorai due anni fa.

Sono passati sette giorno da quando abbiamo scoperto i contrabbandieri di uomini, sette giorni da quando sono sparite le persone degli ultimi rapimenti. Le speranze sono poche, io e la squadra tenteremo quest’ultima volta, poi abbandoneremo. Settantacinque persone non posso sopravvivere rinchiuse chissà dove senza che nessuno dia loro cibo o acqua per più di una settimana. Il luogo dove dobbiamo cercare è isolato, nell’aperta campagna. A ridosso di una collina sorge una casetta di cemento, già il fatto mi pare strano. Ci avviciniamo di soppiatto, mando alcuni uomini a perlustrare l’area, dopo poco tornano dicendo che non c’è nessuno. Ci avviciniamo alla casa senza preoccupazioni, non sentiamo niente all’interno, ma tanto vale controllare. La porta è ben nascosta, è di legno massiccio e qualcuno ha cercato di murarla, ma non ha fatto un buon lavoro, si vede che era di fretta. Chiamo alcuni uomini che abbattono la porta, poi entro. Il capitano sono io, quindi entro io per primo. Ciò che vedo mi disgusta profondamente. Il pavimento è macchiato di sangue, c’è puzza di marcio e di chiuso. Una quindicina di persone dormono ammucchiate, completamente sporche di sangue, al fianco di un corpo a cui manca molta carne. Che schifo, cannibalismo, una cosa orrenda. Distolgo lo sguardo da quello scempio, non ce la faccio a guardare ancora. In quel momento noto una ragazza rannicchiata contro una parete, lei sembra relativamente pulita, le sue labbra, che vedo tremare, non sono sporche di rosso. Mi avvicino all’unico essere umano rimasto nella stanza e la prendo in braccio. È leggerissima, una piuma. La porto fuori alla luce del sole, mi accorgo in ritardo che i suoi occhi sono abituati da troppo tempo all’oscurità, le metto un paio di occhiali da sole e dico ai miei uomini di recuperare le altre bestie. Loro procedono verso quella specie di stanza degli orrori, poco dopo vedo alcuni di loro uscire di lì,con una mano sulla bocca e una sullo stomaco. Osservo la ragazza più attentamente, sembra intera, nonostante quello che deve aver passato. È sporca, lurida, ha qualche contusione in viso, ma nulla di che. Devo però controllare le altre parti del corpo, i medici si devono occupare di troppe persone. Le sussurro ad un orecchio per non spaventarla.

“Devo controllare che tu stia bene, mi permetti di toglierti la maglia?”

 Lei annuisce, se non altro mi comprende, sembra stranamente tranquilla lì, affidata alle mie cure. Che si fidi di me? Le sfilo la maglia, non ha contusioni o altro, niente ematomi preoccupanti, c’è un morso su un braccio, gonfio. Lo sfioro e lei rabbrividisce.

“Cosa è successo?”

Noto solo in quel momento le lacrime che le scorrono sul viso.

“Mi ero addormentata, pensavano fossi morta, così hanno cercato di mangiarmi.”

La sua voce non è che un debole sussurro, ma mi fa rabbrividire.

“Vuoi raccontarmi cosa è accaduto lì dentro?”

Le chiedo, anche se in fondo non lo voglio sapere. Non voglio conoscere la disperazione che questa ragazza deve aver provato.

 “No”

Risponde lei. Controllo il resto del corpo velocemente, non sembra ferita.

“Hey, Sam.”

Il dottor Lorell mi chiama e mi dice

“Sta bene?”

 E indica la ragazza

 “Niente fratture, un morso e qualche contusione, ma niente d’altro.”

 Il dottore si avvicina e senza neanche guardare, intanto che parla con me, le fa un’iniezione.

“Senti, ci sono dei problemi, non possiamo portare queste persone negli ospedali, non sappiamo quali sono i rischi. Lo sai che non te lo chiederei se non fosse necessario, ma non è che potresti occuparti di lei? Portala a casa tua, falle fare un bagno caldo, falla mangiare e bere poi falla dormire. Ti prego, mi faresti un immenso favore.”

Devo la mia vita al dottor Lorell, quindi annuisco e prendo in braccio la ragazza posandola poi nel mio suv. Comincio a guidare verso casa appena il mio lavoro di capo squadra me lo permette, poi mi avvio silenziosamente verso casa. La ragazza rimane in silenzio per tutto il viaggio, finché non vediamo una cosa che sembra rianimarla, il mare. Accosto sulla spiaggia, forse ha bisogno di fermarsi, io vorrei respirare un poco di aria oceanica dopo essere stato chiuso in una stanza per una settima in mezzo a tutte quelle bestie. Lei scende dall’auto da sola e si lancia nella sabbia, mi spavento subito, e se volesse scappare? Poi mi accorgo di cosa sta facendo. Si rotola nella sabbia ridendo, come fosse la cosa più bella del mondo. È bella in quel momento, con il riso sulle labbra e la sabbia tra i capelli, involontariamente mi ritrovo anche io a rotolarmi nella sabbia, rido anche io, stranamente sono felice. La ragazza si alza in piedi con uno scatto e corre verso il mare, è ovvio che sta giocando ed io la inseguo, così senza un motivo, pensando che, forse, è proprio di questo che ha bisogno. La raggiungo quando ha già le ginocchia immerse nell’acqua, io la scaravento completamente dentro ad essa, affondiamo insieme un momento, per poi risalire. Lo sporco, la polvere sul suo viso è scomparsa, lasciando intravedere la lattea carnagione e un viso dalla bellezza sconvolgente. È in quel momento che mi sorride per la prima volta, è in quel momento che, come un fulmine a ciel sereno, la consapevolezza del fatto che lei diverrà importante per la mia vita mi colpisce. In quel momento non sapevo ancora che lei sarebbe divenuta la mia vita, lei e i quattro figli che mi ha donato.

 

Ritorno al presenta quando Nicolas, il più grande dei miei figli, ci raggiunge. Marry gli carezza la testa con affetto, io lo abbraccio. È dura anche per loro convivere con una madre dal tale passato. Certe notti sogna ancora quella stanza dell’incubo e si sveglia urlando, molte volte il suo sguardo si perde a guardare qualcosa che noi comuni mortali non possiamo vedere. Eppure la amo, la amo come non ho mai amato nessuno e ogni giorno, sotto quella veranda glielo ricordo, perché so che le fa piacere, perché, anche se non mi risponde mai, so che anche lei mi ama.

“Amore”

 è persa in uno dei suoi mondo e non sente il mio sussurro.

 “Marry”

Dico un po’ più forte, lei si gira e mi sorride.

 “Ti amo”

 Le sussurro. Lei osserva il suo pancione, poi guarda Nicolas, che risponde a quello sguardo serio, non capisco, solitamente risponde solo con un anche io, non mi ha mai detto ti amo, ma a me va bene così.

 “Sai una cosa Sam?”

 Mi chiede lei, scuoto la testa, non capisco cosa stia succedendo.

 “Ti amo, con tutta me stessa, anima e corpo, ti amo come non amerò mai nessun’altro.”

Avvicina le sue labbra alle mie e lascia un come una carezza su di esse. Io sono sconvolto, ma in senso buono. Sapevo che facendola entrare nella mia vita sarei divenuto felice, lo sapevo da quando mi aveva sorriso. Eppure mai avrei pensato di essere l’uomo più felice del mondo. Abbraccio mia moglie, con uno slancio d’affetto. In quel mattino infuocato in cui il sole sorge lentamente, inondando di luce la veranda, ringrazio Dio per tutto ciò che mi ha dato, lo ringrazio e piango, piango lacrime di gioia per ciò che è stato, piango lacrime di gioia per ciò che sarà.

 

Note dell’autore

Ed eccomi, con un ritardo da spaventare pure calendari, con il secondo e ultimo capitolo di questa storia. Ho amato con tutto me stesso questo racconto, forse non ci crederete ma ci ho passato celle ore. Lo avrò riletto un’infinità di volte. Spero che vi abbia appassionato, spero che vi sia piaciuto. Vi saluto, vi ringrazio e vi chiedo di lasciarmi un vostro parere. Ciao ciao                               Luka

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