Le colpe dei padri

di sistolina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I Personaggi ***
Capitolo 2: *** Prologo ***
Capitolo 3: *** Gli Ignavi ***
Capitolo 4: *** Il Limbo ***
Capitolo 5: *** I Lussuriosi ***
Capitolo 6: *** Lo Stige ***
Capitolo 7: *** Gli Adulatori ***
Capitolo 8: *** I Superbi ***
Capitolo 9: *** I Traditori ***
Capitolo 10: *** Discordia ***
Capitolo 11: *** Il Purgatorio ***
Capitolo 12: *** Il Nocchiero ***
Capitolo 13: *** I Penitenti ***
Capitolo 14: *** Il Monte ***
Capitolo 15: *** Tempo ***
Capitolo 16: *** Oltre lo sguardo ***
Capitolo 17: *** Passi ***
Capitolo 18: *** Lupi e Agnelli ***
Capitolo 19: *** Passaggi Segreti ***
Capitolo 20: *** Aquile Infuocate ***
Capitolo 21: *** Soglie ***
Capitolo 22: *** L'inaspettato ***
Capitolo 23: *** Crepe ***
Capitolo 24: *** Nebbia ***
Capitolo 25: *** Fulmini ***
Capitolo 26: *** Abbagliati ***
Capitolo 27: *** Oscurità ***
Capitolo 28: *** Il mostro dagli occhi blu ***
Capitolo 29: *** Maschere e Veli ***
Capitolo 30: *** Prede e Cacciatori ***
Capitolo 31: *** Raccogliere i cocci ***
Capitolo 32: *** Colori Pastello e Bandiere Bianche ***
Capitolo 33: *** Libertà e Catene ***
Capitolo 34: *** Ritorni e Fughe ***
Capitolo 35: *** Ferite nel muro ***
Capitolo 36: *** Il Paradiso Perduto ***
Capitolo 37: *** Acque Torbide ***



Capitolo 1
*** I Personaggi ***


I Personaggi
***

James Sirius Potter
(Ethan Peck)


E' il maggiore dei tre figli di Harry e Ginny. Ha 19 anni e gioca come Cercatore nei Cannoni di Chudley. Oltre che per il suo talento nel Quidditch, è stato famoso ad Hogwarts per l'elevato numero di fidanzate, ammiratrici, fans e groupies in generale. Somigliante sia fisicamente che caratterialmente al giovane James Potter, la sua sorellina ama chiamarlo Jimmy S, in onore del fascino sbarazzino dell'altro suo omonimo, l'affascinante e compianto Sirius Black.

Albus Severus Potter
(Harry Lloyd)


Secondogenito della famiglia Potter, Albus è senza dubbio il figlio che somiglia maggiormente ad Harry. Oltre ad aver ereditato gli occhi verdi di Lily e del padre, è un ragazzo sensibile e intelligente, testardo ma razionale, profondamente determinato nel combattere le ingiustizie e in eterno conflitto con i Serpeverde. Il suo ultimo anno ad Hogwarts inizia all'insegna di una promessa: farla pagare a Scorpius Malfoy.

Lilian Luna Potter
(Cintia Dicker)


La quindicenne Lily è la perfetta fusione fra la dinamica e prorompente personalità della madre e l'innata dote del padre nel cacciarsi nei guai. Istintiva, coraggiosa e fin troppo irruenta, si prepara ad affrontare il primo anno senza la confortante e carismatica presenza del fratello James, da sempre un pungolo e una rassicurante figura di riferimento nella sua vita. Studentessa brillante ma svogliata, Lily si affanna dietro i compiti e l'eterno bisogno di essere all'altezza del suo nome e della sua famiglia. E' la Cercatrice della squadra di Quidditch di Grifondoro.

Rose Weasley
(Nathalie Emmanuel)


Primogenita di Ron ed Hermione, la diciassettenne Weasley ha ereditato la fine intelligenza e l'amore per i libri (e le regole) della madre, ma l'innato attaccamento alla famiglia del padre. Amica fedele e sempre pronta a sostenere la cugina, sembra avere un rapporto burrascoso con il confusionario fratello minore Hugo, ma in realtà il loro è un affetto profondo e innegabile, fatto di battibecchi e scherzi, ma anche di compicità e affiatamento.

Hugo Weasley
(Kirsten Mayburgh)

Il più "Weasley" della famiglia, Hugo ha ereditato i tratti tipici degli innumerevoli fratelli di suo padre: giocherellone, confusionario, bonario e ingordo, il più giovane figlio della scoppiettante accoppiata Ron&Hermione ama smisuratamente oziare, bighellonare senza meta per Hogwarts e collezionare figurine delle Cioccorane da scambiare sottobanco con i suoi compagni di Casa. Grifondoro fino alla punta degli spettinati capelli rossi, è il battitore più forte della squadra di Quidditch di Grifondoro, nonchè una catastrofica frana in Pozioni, di cui, pur sforzandosi, non riesce a capire l'utilità.

Roxanne Weasley
(Jessica Szhor)

Secondogenita di George Weasley e Angelina Johnson ha ereditato da entrambi l'innato talento per il Quidditch. Capitano autorevole e severo della squadra di Grifondoro, è allo stesso tempo ribelle e alternativa, ama decorare la divisa scolastica con perline e nastri colorati, ed è una ferrea animalista, femminista e sostenitrice della Causa di Liberazione degli Elfi Domestici.
Vanta una vasta gamma di ammiratori, ma non li degna di uno sguardo, troppo occupata a organizzare marce di protesta contro qualsiasi cosa. Qualcuno giura di averla vista protestare contro l'utilizzo dell'argento nelle divise di Quidditch di Serpeverde, perché i riflessi del sole accecano gli avversari.


Louis Weasley
(Alex Pettyfer)
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Figlio minore di Fleur Delacour e Bill Weasley, Louis ha ereditato la bellezza Veela della madre e l'allegra eccentricità del padre.
Al suo ultimo anno ad Hogwarts sogna di viaggiare assieme allo zio Charlie per il mondo, cercando e addestrando draghi.
Veste spesso in modo trasgressivo, dettaglio che la sofisticata madre e la nonna tradizionalista gli contestano sempre.
Corvonero, ama far impazzire le sorelle, entrame modelle di successo nel Mondo Magico, e non mostra particolare interesse verso le ragazze, anche se è molto popolare.



Lucy Weasley
(Madeline Zima)

Secondogenita di Percy Weasley e sua moglie Audrey, è una Corvonero conformista e pedante. Non ha un buon rapporto con nessuno dei suoi cugini, men che mai con Rose, della quale è sempre stata invidiosa, e Lily, verso cui nutre un'inspiegabile astio, probabilmente dato dalla personalità espansiva della ragazza e il suo successo nelle relazioni sociali. Caposcuola del settimo anno, darà del filo da torcere ai suoi cugini, vessandoli con stupide regole, che ama come nient'altro, e sciocchi rimproveri.

Lorcan & Lysander Lovegood
(Jochen and Jorg Peroutka)

I gemelli, figli dell'eccentrica Luna Lovegood e del marito scomparso da tempo (c'è chi sostiene soffocato da un Gorgosprizzo nel sonno) hanno indubbiamente la personalità istrionica della madre e un'incrollabile fedeltà verso i loro amici e quasi-cugini di Grifondoro. Entrambi Corvonero, brillanti e studiosi, possono vantare un'intensa attività propagandistica per il giornale di famiglia, l'ormai celeberrimo "Cavillo", e un futuro assicurato nel teatro. Considerati quantomeno "strambi" dalla maggior parte degli allievi di Hogwarts, si sono rivelati preziose risorse d'informazioni utili contro i Serpeverde.

Frank Paciock
(Russell Tovey)

Unico figlio di Neville Paciock e Hanna Abbott, il giovane Frank ha ereditato il nome del nonno, che va periodicamente a trovare al San Mungo, e il carattere un po' imbranato del padre. Molto legato a Hugo, lo aiuta spesso con i compiti poiché è un vero talento in quasi tutte le materie, ma purtroppo la sua timidezza spesso gli impedisce di brillare come dovrebbe. Il giovane Weasley, per contro, sembra aver ingaggiato una battaglia personale allo scopo di insegnare a Frank la sottile arte del duello verbale, nonchè il più rozzo ma decisamente favorito "menar le mani".

Scorpius Hyperion Malfoy
(Boyd Holbrook)

Unico figlio di Draco Malfoy e Astoria Greengrass, il giovane Scorpius somiglia fisicamente molto al padre e, secondo molte testimonianze anonime, è quello che si definisce "una carogna", come lui. Capitano e Cercatore della squadra di Quidditch di Serpeverde, sembra guardare il mondo da lontano, senza interessarsene veramente. Spesso taciturno e asociale, ama circondarsi di amici idioti per intrattenersi, ma è più a suo agio su una scopa sul campo di Quidditch che nella Sala Comune dei Serpeverde. Brillante ma svogliato, Scorpius è circondato da un nugolo di ragazzine adoranti, senza mai legarsi a nessuno, approfitta delle situazioni per poi sfilarsene alla prima occasione.

Zane Zabini
(Robbie Jones)

Unico figlio ed erede di Blaise Zabini, morta la madre quando aveva solo pochi anni, ha vissuto tutta la sua vita con Scorpius.
Fieramente Serpeverde in ogni molecola, è l'unico che riesce a tenere testa al giovane Malfoy, nella vita e sul campo da Quidditch, dove, con la sua imponente presenza, difende la porta dagli attacchi degli avversari. Sarcastico e spesso pungente, è l'unica persona al mondo di cui Scorpius si fida, e non manca di fargli notare che spesso, il suo atteggiamento così simile a quello del padre, è quello che si chiama "una gran stronzata".
Amante delle feste e le ragazze, non perde occasione per trascinare l'amico in continue infrazioni al regolamento e al "buon costume".

Kork Goyle
(Will Poulter)


Degno erede del suo ottusissimo padre, Kork Goyle è il classico tipo tutto muscoli e niente cervello. Battitore nella squadra di Quidditch di Serpeverde (si vocifera abbia pestato preventivamente tutti gli altri candidati per il ruolo) è il classico tirapiedi di Malfoy.
Completamente incapace di partorire un pensiero proprio non fa che annuire stupidamente ad ogni parola che esce dalla bocca di Scorpius e provarci con le ragazze. Non si sa molto di sua madre, ma c'è chi potrebbe giurare fosse un troll di montagna.

Frances Ilbys
(Annalynne McCord)

Bellissima e provocante Serpeverde del settimo anno, ha sempre avuto un debole per Scorpius e non perde occasione per approfittare del suo "manico di scopa".
Malgrado appaia come la classica oca bella e senza cervello, Frannie, come la chiamano tutti, è ambiziosa e determinata, e non si lascia abbattere dalle sconfitte.
E questo non è un bene, visto che è decisa a coinvolgere Scorpius in qualcosa che potrebbe significare il suo passaggio definitivo al lato oscuro...

Teddy Lupin
(James Mcavoy)

Unico figlio dei compianti Lupin e Tonks, Teddy ha ereditato le doti di Metamorfomagus dalla madre e la saggia pacatezza del padre.
Ex alunno prodigio, Teddy ha dedicato diversi anni a viaggiare per apprendere nuove tecniche e affinare le sue capacità di Animagus.
Figlioccio di Harry ha trascorso la sua vita a casa Potter, stabilendo un legame intenso e indissolubile con Lily. Tuttavia, il suo ritorno potrebbe essere inaspettato per tutti...


Altair Rigel King
(Aidan Turner)

Giovane e affascinante, il Professore di Difesa Contro le Arti Oscure che si fa chiamare solo "King" perchè detesta il suo nome, piomba alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts come un fulmine a ciel sereno.
Anticonformista e bizzarro, è deciso a preparare i suoi allievi alla battaglia, anche se, a detta di molti, con la fine della Guerra Magica non ce n'è più alcun bisogno.
Carismatico ma schivo, ha un passato oscuro di cui non parla mai, ma la sua reputazione lo precede ovunque vada, tanto che, pare, ha mancato il Banchetto di Benvenuto perchè impegnato in Romania per una misteriosa "Missione"


Ardhesia Nott
(Olivia Wilde)

Secondogenita dell'unione fra Theodore Nott e Daphne Greengrass, Ardhesia è cugina di primo grado di Scorpius, nonchè uno dei suoi peggiori detrattori alla Scuola di Hogwarts.
Ha ereditato l'elegante bellezza della madre e l'acuta intelligenza del padre, nonchè il suo spirito indipendente e intraprendente.
Fa parte della "Resistenza Purosangue", ed è legata sentimentalmente a Incubus Mortimer, del quale condivide anche le idee e i progetti sovversivi. 

Anderthon Nott
(Freddie Highmore)

Il quindicenne Anderthon Nott non ha ereditato nè la soave bellezza della madre Daphne, nè la celebre acutezza del padre.
Fratello minore di Ardhesia, al contrario di lei, è tremendamente privo di personalità, non ha carattere e si limita a lasciarsi trascinare dalla corrente e dalla personalità di chi lo circonda.
Non ha mai odiato veramente Scorpius o la sua famiglia, anzi, da piccolo, lo seguiva come un'ombra pretendendo le sue attenzioni, ma crescendo ha lasciato che il freddo disprezzo della sorella verso il cugino diventasse il suo.
Fa parte anche lui della "Resistenza Purosangue", ma nessuno lo considera all'altezza nè rispetta minimamente le sue opinioni.


Incubus Mortimer

Famoso nel mondo dei Maghi almeno quanto lo è stato Harry Potter, Incubus è giunto ad Hogwarts solo al quinto anno, e tuttora attorno a lui aleggia un'aura di mistero che riguarda il suo passato e gli ancora oscuri motivi che hanno portato alla strage della sua famiglia di cui lui è l'unico sopravvissuto.
Affascinante e misterioso, Incubus è la guida della "Resistenza Purosangue" e sembra aver messo gli occhi su Scorpius per qualcosa di molto diverso dal suo sangue puro.
Determinato, carismatico e circondato da un fan club che lo segue ovunque, non sembra curarsene, completamente assorbito dai suoi piani di lotta al Ministero e ripristino dei "vecchi valori" della comunità magica. Riuscirà a portare Malfoy, definitivamente, al lato oscuro?

Scott Warrington
(Colton Haynes)


Scott è uno studente del settimo anno di Serpeverde.
All'inizio ci viene presentato come un attraente ragazzo dall'aria imbronciata che sembra interessare parecchio a Louis.
Tuttavia, con l'andare del tempo è chiaro che fra i due sta succedendo qualcosa, anche se il ragazzo non sembra intenzionato a rendere ufficiale la sua storia con il Corvonero.
La Festa di Natale a Hogwarts però mescolerà un po' le carte in tavola.


Wahya Show
(Q'orianka Kilcher)

Wahya è la figlia del Capo della Riserva Cherokee delle Smokey Mountaines.
Ha conosciuto Scorpius l'estate precedente, quando il Serpeverde ha viaggiato da solo attorno al mondo per lasciarsi alle spalle per un po' il suo mondo e l'opprimente presenza di Draco.
Dotata del dono della "vista" attribuito per secoli al suo popolo, dopo la distruzione del suo villaggio nella Riserva, è stata chiamata da Madame Maxime a Hogwarts per affiancare Fiorenzo nell'insegnamento della Divinazione.
Il suo rapporto con Scorpius è controverso, e creerá non pochi problemi a Lily...


Paul Show
(Steven Strait)

Paul è il fratello minore di Wahya.
Solare ma sospettoso, non ha accolto Scorpius a braccia aperte quando è arrivato alla Riserva, e non prova nemmeno troppa simpatia per Lily, all'inizio, quando la sorella la conduce oltre la Foresta Proibita per mostrarle il suo mondo, ma col tempo comincerà a rispettarla, trovando in lei e nella sua famiglia degli alleati preziosi.
E' un licantropo come il resto del suo villaggio, e cova molta rabbia verso coloro che lo hanno distrutto.


Shiva Aswini
(Dev Patel)

Shiva è il figlo di Calì Patil, e il gemello di Mira. Frequenta il quinto anno con Lily, e ha una cotta per lei dal primo anno.
Ma trova il coraggio di chiederle di uscire con lui solo al Ballo di San Valentino, con risultati piuttosto deludenti.
E' carino, simpatico e anche dolce, ma non è Scorpius Malfoy,
e Lily è troppo impegnata ad infuriarsi con il Serpeverde per concedere al ragazzo una possibilità.
Tuttavia, quando le cose si metteranno male per la ragazza, ci sarà per lei.


 

 



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NOTA BENE: i personaggi sopra riportati non mi appartengono, e nemmeno gli attori scelti per impersonarli (se Boyd Holbrook mi appartenesse, temo, non avrebbe il tempo di impersonare nessunoXD).
Man mano che andrò avanti con i capitoli, aggiungerò  i personaggi che i nostri eroi  incontreranno sul proprio cammino...
Ditemi cosa ne pensate e consigliatemi!!! Sono sempre pronta ad "aggiornare" la lista e a conoscere nuovi papabili "interpreti"
Stay Tuned!!!!

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Capitolo 2
*** Prologo ***


Le colpe dei padri

 



Prologo
 
 
 
Tant'è amara che poco è più morte;
ma per trattar del ben ch'i' vi trovai,
dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte.
Io non so ben ridir com'i' v'intrai,
tant'era pien di sonno a quel punto
che la verace via abbandonai.
(Divina Commedia, Inferno, Canto I, vv 7-12)
 
Il dannato Espresso 9 e ¾ emise un fischio penetrante che lo fece sussultare. Serrò la mandibola, attento che il padre non si accorgesse della sua esitazione. Se Draco Malfoy avesse notato in lui anche la minima fragilità, certamente avrebbe cominciato a sbraitare su quanto il “sangue debole” di sua madre avesse diluito la tempra indistruttibile della sua famiglia.
I tre si fermarono davanti allo scompartimento che erano soliti occupare i Serpeverde, e Scorpius notò il padre che si guardava pensosamente intorno, scrutando nella nebbia provocata dalla locomotiva. Draco non aprì bocca, ma il ragazzo lo vide chiaramente scandire una parola che amava accostare a chiunque non rispecchiasse gli esimi canoni di selezione della sua casata: feccia.
In quel momento accaddero contemporaneamente tre cose: sua madre gli afferrò il nodo della cravatta con mani tremanti, le lunghe dita affusolate che sistemavano qualcosa che non aveva bisogno di essere sistemato, come al solito, il treno emise un altro stridente avvertimento, e Draco Malfoy sbottò
Per Salazar, Astoria, devo parlare con mio figlio! - i grandi occhi vacui di un azzurro spento si dilatarono, e il suo esile ed elegante corpo si ritrasse in se stesso, quasi istintivamente lontano da quello del marito, e le dita bianche artigliarono per quella che parve un'eternità la camicia inamidata del figlio. Poi Malfoy lo afferrò saldamente per le spalle e lo scrutò in quegli occhi quasi identici ai propri, salvo per quel particolare di umanità che ancora non era stato capace di cancellare. Avrebbe imparato, si disse mentre serrava con un colpo secco la mandibola affilata – figlio – esordì senza il minimo cenno di affetto. Scorpius si chiese quanto si fosse impegnato, suo padre, a diventare così irrimediabilmente impenetrabile. Deglutì a disagio, senza nemmeno curarsi di nasconderlo – questo è il tuo ultimo anno in quella bettola di second'ordine che qualcuno ha il coraggio di chiamare “scuola”. Avrei voluto per te un avvenire migliore, ma le circostanze – curioso modo per chiamare l'arresto di suo padre, la Guerra Magica e la Sconfitta di Voldemort e tutti i suoi sostenitori dal quale Draco si era allontanato appena in tempo per non essere finito a marcire ad Azkaban, “circostanze” - sono state fin troppo avverse alla nostra famiglia – i suoi occhi grigi saettarono sul marciapiede circostante, quasi prudenti, prima di schiantarsi nuovamente sul suo viso – non che mi importi di quello che quei babbanofili, mezzosangue traditori del loro sangue pensano di noi – a giudicare dal modo in cui le sue narici si dilatarono, Scorpius pensò che gli importava di più solo dei vecchi ritratti di famiglia – ma tu sei un Malfoy di sangue puro, le tue radici affondano nella storia della magia fino alle sue più antiche e venerabili origini – il suo sguardo s'illuminò di qualcosa così vicino all'orgoglio da intenerire quasi il figlio. Ma quel qualcosa, qualunque cosa fosse, si spense all'instante – e per noi, figlio, il fallimento non è contemplato – e i suoi occhi, il suo tono e la presa ferrea che gli artigliava la camicia sulle spalle urlavano a chiare lettere che per LUI, specialmente, questa regola valeva più di ogni altra.
Ci vorrà più di un Oltre Ogni Previsione nei miei MAGO per ripulire il tuo nom – ma quelle stesse gelide dita lo colpirono così forte da farlo sobbalzare, più per la sorpresa che per il dolore.
Draco Malfoy, ignorando il basso lamento mugolante della moglie, afferrò il bavero della giacca del figlio e lo avvicinò a sé quel tanto che bastava per sibilare
Non sputare sul tuo nome Scorpius Hyperion Malfoy, perché è l'unica cosa che conta in questo mondo – allentò lievemente la presa senza smettere di guardarlo come se potesse maledirlo con il solo sguardo – non deludermi, figlio – sibilò – o quanto è vero che Salazar Serpeverde scorre nelle nostre vene desiderai di essere nato babbano – lo lasciò andare con un gesto secco, dopodiché lasciò correre il suo sguardo rettile sulla figura slanciata e asciutta dell'unico figlio – e sistemati quella camicia Scorpius – decretò storcendo il naso – sembri il figlio di un dannato Magonò – detto ciò fece un cenno alla moglie e fece per voltarsi.
Astoria Greengrass Malfoy si avvicinò petulante al figlio e gli prese il viso fra le mani. I suoi occhi vacui lo fissarono per un lungo istante, gonfi di lacrime. Una promessa silenziosa si annidava in quello sguardo, una promessa che sua madre gli faceva ogni anno da quando era nato, e che mai era riuscita a mantenere. Scorpius rimase gelido nella sua presa, lo sguardo, che in quella calda giornata di sole era di uno sfavillante azzurro ghiaccio, non cedette un solo istante, né si scaldò, né accennò ad ammorbidirsi, quasi a voler lottare contro la patetica debolezza di quello di lei, arrendevole e remissivo, privo della personalità di cui Scorpius aveva avuto bisogno per tutta la sua vita per contrastare la cieca follia di un padre lacerato dall'odio e il fallimento, un padre che amava circondarsi di ritratti di morti piuttosto che dell'amore dei vivi.
Astoria! - il secco ammonimento vagò nell'aria, e cadde. La donna lasciò andare il figlio e abbassò il capo per raggiungere il marito a passi piccoli e svelti.
Poco prima di sparire nella nube di fumo della stazione di King's Cross, Draco Malfoy si voltò verso il figlio con un ghigno sbilenco, un tratto che, suo malgrado, anche il più giovane aveva ereditato
Buon anno scolastico figliolo – lo schernì con un luccichio perverso nello sguardo marmoreo.
Scorpius serrò i pugni abbandonati lungo i fianchi e strinse lo sguardo sulle due figure estremamente disuguali che si affiancavano sul marciapiede, le loro ombre oblunghe che si perdevano nella nebbia del ritorno, i passi che incedevano aritmici e i movimenti scoordinati: Draco e il suo passo deciso che sovrastava la folla, Astoria e il suo incedere incerto, nascosta all'ombra del marito.
Imprecando, Scorpius allentò il nodo della cravatta e tirò via la camicia che profumava di pulito dai pantaloni della divisa con un gesto secco. Si passò una mano fra i capelli severamente pettinati all'indietro e se li lasciò ricadere sulla fronte. Infine, in quello che sembrò essere il suo gesto preferito di ribellione, estrasse dalla tasca interna della divisa il suo i-pod di ultima generazione. Quando il “turpe gingillo di sporca feccia babbana” emise il rassicurante suono di accensione e le note stridenti della sua canzone preferita gli tramortirono i timpani, un ghigno storto di perversa soddisfazione nacque sulle sue labbra per correre agli occhi, grondanti di sfida
How many ways to get
what you want...
I use the best...
I use the rest...
I use the enemy...
Know what I mean?
And I wanna be an anarchist..
Get pissed...Destroy!
Buon anno anche a te...paparino... -
 
***
 
Lilian Luna Potter ti vuoi dare una stramaleddettissima mossa?! - lo sguardo impaziente di Albus Severus Potter, il suo angosciosamente puntuale fratello maggiore, la minacciò a distanza di dieci metri. Al suo fianco, Rose era comodamente appollaiata sul suo baule con un libro aperto fra le mani e lo sguardo assente. Sollevò la testa giusto per arcuare un sopracciglio castano in direzione di Albus, per poi immergersi nuovamente in quel tomo puzzolente dalle diecimila pagine che certamente era già un libro di testo dell'anno ancora da iniziare.
Lily, sbuffando per la fatica e il caldo innaturale che sembrava salire in fumosi rivoli di vapore maleodorante, si trascinò dietro baule, gabbia del gufo e borsa a tracolla con quanta più dignità una minuta ragazza di quindici anni e mezzo poteva fare su un marciapiede affollato.
Sorellina, fai proprio schifo – la ammonì teneramente James sollevando senza nessuna fatica il baule e trascinandolo con nonchalance lungo la banchina
Sai Jimmy S, a nessuno piacciono i palloni gonfiati... - ma lo spettacolare sorriso che le rivolse il suo attraente fratello maggiore, e i sussurri delle ragazze che lo indicavano con espressioni sognanti, contraddicevano almeno in parte la sua supposizione. James era il Cercatore più giovane mai ingaggiato da una squadra di Quidditch professionistica, e il suo successo smodato con le ragazze era solo un'altra stelletta dorata appuntata al suo vergognosamente ampio petto. D'altra parte, con quei capelli eternamente spettinati, il sorriso accattivante e lo sguardo dalle lunghe ciglia arcuate color cioccolata che aveva ereditato, pare, dal suo omonimo defunto nonché amatissimo nonno James, nessuna donna, strega o babbana, aveva mai saputo resistergli. Ovviamente, perché nessuna donna aveva mai dovuto raccattare i suoi calzini puzzolenti dopo gli allenamenti, pensò Lily con un mezzo ghigno divertito. Era certa che, dopo una decina d'anni a lavare la sua biancheria sudata, anche la più agguerrita delle fans di J.S. Potter-oh-mio-dio! avrebbe quasi fatto un pensierino sul matrimonio con un addetto alla revisione dei conti del Ministero della Magia.
Il ragazzo le scompigliò scherzosamente i capelli, provocando un acceso moto di stizza nella sorella e un sonoro
Per Godric Jimmy...non ho più cinque anni! - il suo arrossato viso cosparso di lentiggini sbucò da sotto la cascata di capelli appena in tempo per scorgere il resto della truppa sul marciapiede: Hugo e il suo onnipresente cibo spazzatura fra le mano e la bocca piena, la salutò con un cenno e sputacchiò sulla sorella una manciata di briciole, Louis, il biondissimo e carismatico figlio strambo di Fleur e Bill, stava sistemando il suo nuovo orecchino di corno regalatogli da zio Charlie dopo una delle sue dubbie vacanze in giro per il mondo, e Lorcan e Lysander, i gemelli che facevano suonare di nuovi significati anche la parola “strambo”, si guardavano intorno quasi cercando qualcosa, probabilmente un “gorgosprizzo” o un pericolosissimo “nargillo” rifugiatosi in qualche anfratto della loro divisa.
Cavolo – esordì Hugo dopo aver a malapena ingoiato l'ultimo boccone del suo lauto pasto di metà mattinata – se sapevo che veniva anche Mr.Boccino d'Oro preparavo il blocchetto degli autografi! - James sogghignò e Rose chiuse di scatto il libro con disapputo
Se “avessi saputo” Hugo... se avessi saputo che “sarebbe venuto”, “avrei preparato” il blocchetto degli autografi – lo ammonì seccamente, sbuffando. Il fratello sgranò gli occhi
Non sapevo che eri una fan anche tu Rosie, ti avrei conservato un posto per la prima partita di Hogwarts - poi scoppiò a ridere di gusto, strizzando l'occhio a James e a Louis. Il Cercatore concesse una pacca affettuosa sulla spalla della cugina
Eddai Rosie, l'anno deve ancora iniziare... - lei sembrò sconvolta dalla notizia
E io non ho ancora finito di leggere il “Prontuario del perfetto Caposcuola”! - commentò sbiancando pericolosamente e rituffandosi nella lettura.
In tutto ciò, Albus era rimasto in silenzio, lo sguardo perso in chissà quali pensieri, gli occhiali da lettura stranamente assenti sul suo viso dallo sguardo smeraldino e le braccia incrociate sul torace abbandonato contro una colonna
Al? - lo chiamò Lily andandogli vicino senza farsi notare – hei... - Lily conosceva suo fratello, interpretava meccanicamente le sue espressioni, le sue chiacchiere a volte sconnesse, e ancora meglio dava voce ai suoi silenzi, così intensi da riempire intere stanze. Albus Severus Potter era sempre stato un bambino particolarmente sensibile, fin da quando, sette anni prima, il suo sguardo terrorizzato di undicenne si era posato sul Cappello Parlante allo Smistamento, fino a quel giorno, quando qualcosa che i suoi occhi verdi e penetranti avevano incrociato sulla banchina gli aveva causato quell'espressione. E siccome Lily conosceva a menadito ogni sua espressione, seppe identificarla all'istante: Serpeverde. A pochi passi da loro, un gruppetto di senior in argento e verde, stava infastidendo un ragazzo del quinto anno, ancorato selvaggiamente al suo baule e alla gabbia del suo gufo, scrollata e agitata dalle mani di uno di loro, il più grosso, dall'espressione idiota e la voce cavernosa e roca di un troll decerebrato.
Dobbiamo aiutarlo! - scattò Lily digrignando i denti, ma Albus la trattenne per la manica, scuotendo la testa
Se lo fai, non lo lasceranno mai più in pace – mormorò con la mandibola contratta e lo sguardo di fuoco verde. Lily sapeva che in un'altra occasione, Albus si sarebbe fiondato con la bacchetta sguainata contro il gruppetto di deficienti e avrebbe mandato la metà di loro in infermeria, ma sapeva altrettanto bene che il suo pensieroso fratello aveva ereditato la pacata intelligenza di Lily Evans oltre ai suoi occhi espressivi, e aveva valutato ogni conseguenza delle sue azioni in un battito di ciglia.
Ma lei ribolliva di rabbia, mentre il vociare della stazione si spegneva e solo i lamenti del ragazzo che implorava i Serpeverde di smetterla sembravano sovrastare ogni cosa.
Lily impugnò la bacchetta sotto la divisa, e l'avrebbe usata, Merlino se l'avrebbe fatto, se d'un tratto un movimento accanto a lei non l'avesse distratta.
L'attimo seguente il gruppo di Serpeverde si guardò intorno con aria ebete, per lo meno più ebete del solito, e il ragazzo si allontanò a grandi passi nella direzione opposta.
James Sirius Potter fece brillare il suo sorriso soprannaturale e strizzò l'occhio ai fratelli, riponendo qualcosa di lungo e affilato nella tasca interna della giacca di pelle nera. Nello stesso momento, il più alto e snello del gruppo in argento e verde, che era rimasto silenzioso e immobile per tutto il tempo, sollevò lo sguardo sul binario, riconoscendo l'incantesimo Confundus all'istante, alla ricerca di chi l'aveva scagliato. I suoi occhi seminascosti dagli spettinati capelli biondissimi si posarono su di loro, una specie di ghigno beffardo si delineò sul suo viso lungo, e una mano andò a posarsi scherzosamente sulla fronte, in una sarcastica imitazione di saluto militare.
“Potter”, mimarono le sue labbra mentre si scambiava una lunghissima occhiata con James; poi, con la stessa disinteressata eleganza con cui si era mosso, si allontanò dal marciapiede con la giacca della divisa distrattamente abbandonata sulla spalla.
Malfoy – imprecò Lily serrando i pugni – il giorno in cui quella famiglia smetterà di vaneggiare io diventerò Ministro della Magia.
James ridacchiò
Che prospettiva allettante sorellina. Ricordami di chiedere asilo politico altrove quando accadrà – la ragazza gli lanciò un'occhiata tagliente e tornò a guardare la banchina. Albus sospirò
Quel tipo le pagherà tutte – sibilò – lo giuro sulla spada di Godric Grifondoro – tutte – ma prima che uno dei suoi fratelli potesse anche solo pensare di ribattere, la pesante e appiccicosa mano di Hugo Weasley si posò pesantemente sulla sua spalla
Non fare promesse che non puoi mantenere cugino, o la spada di Grifondoro te la ritroverai infilata su per il... - il fischio penetrante dell'Espresso di Hogwarts coprì la sua ultima parola, miracolosamente.
E' ora – dichiarò senza troppe cerimonie Rose, richiudendo il libro con un colpo e deciso. Si voltò verso Lily con un sorriso – sei pronta? - quelle parole potevano significare tutto e niente. Lily la osservò, i grandi occhi castani, i capelli un po' scarmigliati, il cipiglio un po' severo e la dolce linea delle labbra. Era pronta ad affrontare il suo quinto anno ad Hogwarts? Era pronta ai GUFO, al torneo del Quidditch, alla marea di compiti? Era pronta a tutto questo senza l'ombra rassicurante di suo fratello James alle sue spalle? Il quarto anno era stato duro, ma almeno James aveva temporaneamente sostituito Madama Bumb negli allenamenti di Quidditch, almeno aveva intravisto il suo sorriso mascalzone dall'altra parte della Sala Grande, il suo sguardo ammiccante e rassicurante, le sue strizzatine d'occhio quando la beccava a bighellonare nei corridoi nelle ore buche invece di studiare. Ce l'avrebbero fatta lei e Albus senza quel gradasso, egocentrico, affettuoso e incoraggiante sorriso marca James Sirius Potter?
Guardò i suoi innumerevoli cugini sistemarsi allegramente sul marciapiede, dando pacche sulle spalle e scambiandosi battutine, osservò Hugo scartare una Cioccorana e quasi appiccicarla ai capelli di Lysander, giusto per vedere che effetto faceva, guardò in lontananza il bel profilo di sua cugina Roxanne sistemarsi i capelli corvini sulle spalle, fece correre lo sguardo sull'Espresso, sui suoi compagni di Grifondoro, sugli allegri Tassorosso, i brillanti Corvonero...infine si fermò sul nutrito gruppo di Serpeverde che si pavoneggiava fuori dagli scompartimenti con l'odioso atteggiamento da padroni del mondo che li caratterizzava. E vide Scorpius Malfoy fumare svogliatamente una sigaretta babbana, addossato con noncuranza ad un vagone, il suo fan club pochi passi più indietro che lo osservava adorante, e quell'idiota di Kork Doyle che ridacchiava come un demente a qualcosa che un ragazzo del settimo anno dalla pelle d'ebano che Lily riconobbe come Zane Zabini aveva appena detto.
Scorpius alzò nuovamente la testa, d'istinto, e incrociò il suo sguardo. Lily rimase interdetta, ma non abbassò il suo: non avrebbe lasciato che uno stupido Malfoy l'avesse vinta. Così si scrutarono, lui che fumava sornione la sua sigaretta mortale, lei che lo fissava astiosa a braccia incrociate. Rimasero così, semplicemente a fissarsi, per quella che parve un'eternità.
Poi il treno fischiò per l'ultima volta, e la realtà piombò fra loro senza chiedere permesso...
 
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Spazio della delirante autrice: buonasera a tutti o voi prodi lettori, e anche un po' sprovveduti lasciatevelo dire...ahahahah
Questa è in assoluto la mia prima ff su questo argomento; non che non abbia amato la saga, l'ho adorata dalla prima all'ultima parola, ma ho sempre pensato che la zia Row avesse fatto un tale ottimo lavoro, che non sarei stata degna, con le mie modeste ff, di lustrarle nemmeno le scarpe. Poi è apparsa questa incredibile idea della nuova generazione, e allora la mia mente febbricitante ha ponderato, elaborato, letto e studiato tutto quello che c'era da sapere, nella speranza, ecco, di scrivere qualcosa anche solo lontanamente decente...ed è uscito fuori questo prologo. Il titolo è la citazione ad un celebre motto dell'Antico Testamento "Le colpe dei padri ricadono sui figli" e visto il genere di padri che si sono trovati ad avere i nostri protagonisti, mi è sembrato piuttosto calzante come titolo...se fa schifo ditemelo, per lo meno mi metto l'anima in pace e la smetto di cercare titoli sensati alle mieff insensateXD
Che dire, vi ringrazio già se siete arrivati fino a questo punto...il che può solo voler dire che avete fegato (il Cappello Parlante vi smisterebbe a GrifondoroXD)...ma la mia gioia non potrebbe essere maggiore se decideste anche di recensirmi...lo so che è un lavoraccio, chi ve lo fa fare, avete anche ragione, ma visto che questa ff è veramente un work in progress, e certamente in questo portale c'è una miriade di persone veramente ferrate sul tema, ogni consiglio, precisazione, critica, commento o recensione non solo è gradita, ma è proprio una manna dal cieloXD
Io sono qui, con le mie ditine laboriose sulla tastiera e i miei occhiali da lettura, ad attendere un qualsiasi, come dire, segno divino della vostra presenza.
Ora la smetto di ciarlare e vi saluto...spero, alla prossima!

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Capitolo 3
*** Gli Ignavi ***


Gli ignavi
 
E io ch'avea d'orror la testa cinta,
dissi: «Maestro, che è quel ch'i' odo?
e che gent' è che par nel duol sì vinta?».
Ed elli a me: «Questo misero modo
tengon l'anime triste di coloro
che visser sanza infamia e sanza lodo.
(Divina Commedia, Inferno, Canto III, vv 31-36)
 
L'Espresso sembrava inondare la campagna attorno a lui, rosso e nero, inondato dalla luce di mezzogiorno, muovendosi sinuosamente sui ghirigori dei binari che sferragliavano ininterrottamente.
Spesso Lily si era chiesta il perché non avessero ideato un metodo magico più semplice e veloce per trasportare gli studenti a Hogwarts, ma poi aveva pensato a cosa sarebbe stata la sua Scuola senza l'interminabile e pittoresco viaggio sull'Espresso, solo un rapido, sterile trasporto istantaneo senz'anima. Sorridendo contro il vetro pensò al suo primo giorno, alla prima volta che si era lanciata senza esitazione nella barriera del binario 9 e ¾ per raggiungere il treno, al suo primo viaggio, alla prima volta che aveva indossato la tanto agognata divisa della Scuola. No, non si sarebbe persa quel senso di trepidazione, attesa e vago senso di nausea immaginando i suoi futuri sette anni ad Hogwarts.
Rose sollevò lo sguardo dal “Prontuario per un perfetto Caposcuola” e le sorrise distrattamente.
Per la gonna di Morgana Roxanne! Non sei mica un'accidenti di suffragetta babbana! - Hugo si lasciò cadere esausto sul sedile accanto al suo, masticando, ovviamente, qualcosa, mentre la loro dinamica cugina si piantava sulla soglia del vagone con le mani sui fianchi e il cipiglio severo
Che diavolo Hugo! Non è dannatamente giusto che ci sia una regola che impone la lunghezza standard della gonna della divisa mentre non ce né una che impedisce alla gente come Malfoy di occupare il bagno per metà del viaggio a fare chissà-che-cosa – sollevò gli occhi al cielo, mentre Hugo sghignazzava
Per il solo fatto che questa nuova campagna “Impediamo-ai-Serpeverde-di-pomiciare-in-bagno” danneggia la vita sessuale di Scorpius Malfoy potrei metterci la firma, e magari donare un paio delle mie figurine delle Cioccorane per la causa – Roxanne scambiò un'occhiata significativa con Lily, e poi tornò a concentrare tutta la sua attenzione sul cugino
Non penso che la vita sessuale di Malfoy si concentri nel bagno dell'Espresso – borbottò contrariata giocherellando distrattamente con una perlina che aveva attorcigliato ad una ciocca dei suoi ricci nerissimi. Poi il suo sguardo si posò su qualcosa nel corridoio del treno, e i suoi occhi grandi e penetranti si sollevarono verso il cielo – Dannatissimi Idioti – lo disse con una tale enfasi che sembrò quasi un titolo nobiliare, e forse, pensò Lily mettendosi a sedere con più attenzione, lo era per davvero. Il Titolo Nobiliare ad Honorem della Magnifica Casata dei Serpeverde – Katherine Mulligan di Tassorosso sta nuovamente tentando di affatturare Zabini per farsi portare a letto – sospirò – come se ci volesse chissà che sforzo – si alzò, splendente col suo cipiglio combattivo da Salvatrice del Mondo Magico, e si richiuse lo sportello dello scompartimento alle spalle.
E tu cugina? - esordì teatralmente Hugo scartando una Cioccorana appena sgraffignata al carrello delle leccornie che gironzolava sul treno
Io non ho intenzione di portarmi a letto Zabini se ti può interessare – ribatté Lily sarcastica
Grazie Merlino! - si finse sollevato Hugo – non vuoi partecipare alla campagna “Salviamo le innocenti donzelle dal pomiciare con un Serpeverde”? - Lily, di tutta risposta, sollevò un sopracciglio
Se non si rendono conto da sole delle terribili conseguenze, non c'è speranza che possa redimerle io – entrambi sogghignarono, ma prima che Lily potesse tornare a perdere lo sguardo fuori dal finestrino sulle colline gonfie di fiori, un tonfo sordo e un coro di urla indistinte provocarono un verso indispettito di Rose e uno sguardo interessato di Hugo. Sguardo che si tramutò in nervosismo l'istante dopo, prima di posarsi su di lei
Possibile che nessuno in questo benedetto treno riesca a capire quanto sia importante per me documentarmi sul mio futuro? - si lamentò Rose con la spilla da Caposcuola severamente appuntata sulla divisa. Si alzò e si sporse dallo scompartimenti con sguardo tagliente, così simile a quello della madre da far rimpicciolire l'imponente Hugo sul suo sedile. Poi, spazientita, si voltò sospirando verso Lily
Albus... - decretò lei monotona – mi chiedevo quanto ci avrebbe messo... -
PER PRISCILLA! - tuonò una voce di ragazza di due ottave sopra la soglia dell'accettabile – CHE ACCIDENTI SUCCEDE QUI? - Rose si morse il labbro
Troppo tardi – mugugnò Hugo correndo dietro la sorella nel corridoio, seguito a ruota da una Lily pronta a dare battaglia
Cugina! - esordì Rose col suo tono falsamente diplomatico – che bello sapere che anche tu sei diventata Caposcuola! - Lily sollevò gli occhi al cielo: c'era veramente ben poco da rallegrarsi che la pedante figlia minore di suo zio Percy e di quella sfortunata donna di sua moglie Audrey avesse appuntato alla divisa il suo vialibera per il potere incondizionato. Lucy Weasley era nota per aver ereditato, oltre alla noiosa pedanteria del padre, la pressochè nulla intelligenza della scialba madre, accostando una ben poco salutare ossessione per le regole ad un altrettanto pericolosa mancanza dell'ingegno necessario a valutare le situazioni in cui applicarle.
Infatti, quando la la testa vermiglia di Lily si affacciò sul luogo dell'incidente, non si stupì di trovare suo fratello Albus con la bacchetta in mano, trattenuto dai gemelli Lovegood, che fissava con misto di disprezzo e minaccia Kork Goyle, frenato solo, apparentemente, dalla forza del pensiero di Scorpius Malfoy, a braccia incrociate e un sogghigno di sufficienza sul viso dai lineamenti affilati.
Lucy, che dei lati migliori dei Weasley non aveva ereditato nemmeno i capelli rossi e gli occhi gentili, sovrastava il gruppetto con espressione inviperita, falsamente scandalizzata e con una punta teatralmente studiata di dispiacere. Ovvio, stava per sottrarre punti alla Casa alla quale appartenevano i tre quarti della sua famiglia, nemmeno Lily sarebbe stata contenta di passare il Natale alla Tana con gli sguardi taglienti dell'intera combriccola dei Grifondoro inviperiti!
Rosie, è una fortuna che tu sia qui... - dichiarò senza sforzarsi nemmeno di sembrare credibile; nel suo tono era celata nemmeno troppo bene la soddisfazione di essere arrivata sul luogo del misfatto prima di Rose, così da essersi guadagnata il primato storico dei Caposcuola in fatto di punizioni. Erano passate poco più di tre ore da quando erano partiti dalla stazione, e lei aveva già la possibilità di sottrarre punti a destra e a manca. Evviva! Lily non si trattenne dal roteare gli occhi, dettaglio che non sfuggì affatto alla cugina – Lilian! - si irrigidì, odiava essere chiamata Lilian, e Lucy lo sapeva bene quanto tutto il resto della famiglia – ancora trasandata e irrispettosa vedo – inclinò il capo mordendosi il labbro. Lily le fece un sorriso falso
Luuuuucy! - chiocciò per poi farsi seria e glaciale – ancora con quel manico di scopa infilato nel -
Possiamo arrivare al dunque? - una voce strascicata e annoiata mascherò le parole di Lily – sapete com'è...ho trofei del Quidditch da lucidare, un'intensa vita sociale da programmare e – Scorpius Malfoy fece una pausa enfatica – per quanto per voi Grifondoro falliti sia pressoché impossibile da immaginare, un brillante futuro da pianificare... - i suoi occhi cangianti si soffermarono su quelli verdi e furibondi di Albus, che non si agitava più nella stretta dei Lovegood, ma nemmeno sembrava essersi calmato abbastanza da essere lasciato andare, si sollevarono platealmente a contatto con lo sguardo lezioso di Lucy, per poi ammiccare in direzione di una Lily che stringeva a stento i pugni. Merlino, quanto poteva essere irritante una persona?
Non sei stato interpellato Malfoy – lo gelò Rose brevemente prima di dedicarsi nuovamente alla disputa – cos'è successo? - benché non lo stesse chiedendo a nessuno in particolare, era evidente che la sua domanda era rivolta ad Albus, l'unico, in quella folla che ormai si era raccolta attorno al gruppetto, ad essere in grato di dare una risposta quantomeno credibile. Ma il ragazzo rimase zitto. Fremendo di rabbia, gli occhi verdi che mandavano lampi in direzione dei Serpeverde. Fu nuovamente Scorpius ad aprire bocca
A Potter l'Eroico non piacciono i nostri metodi di accoglienza delle matricole – si strinse nelle spalle come se non comprendesse minimamente il motivo per cui Albus si era arrabbiato – abbiamo semplicemente fatto notare ad un nano del primo anno che in questo corridoio ci sono – finse ci cercare la parola giusta – regole implicite di precedenza – fu allora che Albus si decise a parlare
Stavano terrorizzando un ragazzino perché non si è fermato per farli passare – sputò quelle parole rabbiosamente
E' diritto di anzianità – decretò il Serpeverde con un'alzata di spalle
E' un altro fottutissimo modo per tormentare i Nati Babbani – lo sguardo di Al di posò sul ragazzo dai riccioli castani che tremava appoggiato allo sportello dello scompartimento dove aveva invano cercato di entrare prima che scoppiasse la rissa. I suoi occhi spauriti si posarono sulla figura di Malfoy mollemente appoggiata lì accanto, e a quella ancora rigida di rabbia del Grifondoro.
Come ti chiami? - gli domandò Rose con sorriso gentile
Casey...signora – deglutì – Casey Finch -
Cos'è veramente successo Casey Finch? - il tono secco di Lucy lo fece ritrarre ulteriormente
Io...io... - esitò spostando il suo sguardo su tutti i presenti – dovevo lasciarli passare – sussurrò guardando Al di sottecchi come se avesse paura di deludere il suo salvatore.
Malfoy sogghignò in direzione di Rose e si strinse nelle spalle. Lucy, che con la sola minima intelligenza di un adulto medio avrebbe potuto interrogare il ragazzo senza costringerlo ad accusare pubblicamente i Serpeverde grossi tre volte lui, accettò per buona la versione del ragazzo e lo congedò con un gesto stizzito della mano
Bene, dieci punti in meno a Grifondoro per aver cominciato una rissa non autorizzata sull'Espresso, e dieci punti in meno a Serpeverde per aver spaventato uno studente del primo anno pretendendo un'inutile precedenza – Albus serrò la mandibola, Goyle sghignazzò come l'idiota che era, e Malfoy esibì un sorriso trionfante in direzione dei Grifondoro
Codardo – sibilò Lily in direzione dello scompartimento di Casey Finch, poi incrociò lo sguardo trionfante del Serpeverde e scosse stizzita il capo, incrociando le braccia al petto
Lasciatelo ragazzi – mormorò delusa Rose ai gemelli Lovegood.
Albus rinfoderò la bacchetta come se volesse disintegrarla, ma si voltò senza dire una parola, incamminandosi verso il suo scompartimento con passi decisi e infuriati.
Rose lo guardò, scusandosi con lo sguardo, e fece cenno a Lily di seguirla. Quando anche Lucy l'Idiota si richiuse la porta del vagone alle spalle, la giovane Grifondoro dedicò a Malfoy e il suo troll da compagnia uno sguardo di puro disprezzo
Non vai dal tuo fratellino ad aiutarlo a leccarsi le ferite...Potter? - la punzecchio Scorpius
Non hai una fogna dove rintanarti Malfoy? – l'espressione dell'altro non si scalfì di un millimetro
Le ferite nell'orgoglio sono difficili da curare...e voi ne sapete qualcosa uh, Grifondoro? - quella volta fu il turno di Lily di sogghignare
Questo perché per voi la parola “orgoglio” ha una connotazione inesistente sul dizionario magico, Serpeverde – Scorpius lasciò trascorrere qualche istante, osservandola
Dev'essere dura essere all'altezza del vostro adorato paparino Campione del Mondo Magico – scosse la testa, fintamente dispiaciuto – peccato che sia solo un pallone gonfiato, tronfio e... - mentre Hugo lamentava un poco convinto “Lily”, lei aveva già puntato la bacchetta contro Scorpius Malfoy mormorando uno Schiantesimo
Stupeficium! - ma l'altro estrasse la sua con una rapidità accecante
Protego – lo schianto fu un rumore sordo nella carrozza di mezzo
Sporca Traditrice del tuo... - esordì Kirk Goyle con la sua voce cavernosa infilando la mano sotto la divisa, probabilmente in cerca di una clava da agitare in aria, ma Malfoy emise un secco
Goyle – fu una sola parola, ma l'altro s'immobilizzò – non ho voglia di salvare il tuo ingombrante culo un'altra volta – decretò con un cenno del capo che agitò la massa serica dei suoi capelli biondissimi.
Dopodiché concentrò il suo sguardo su di lei, sguardo che Lily, nuovamente sostenne senza batter ciglio.
La testa corvina di Brandon Wood si fece largo nello scompartimento
Ditemi che non era uno Schiantesimo quello che è appena rimbombato qui dentro... - supplicò annoiato – non ho ancora messo la spilla di Caposcuola che già devo sedare una rissa fra Potter e Malfoy – sospirò – che schifo di vita – mormorò guardando Lily – allora? - Lilian Luna Potter attese in silenzio che la strascicata voce di Scorpius Figlio di Satana Malfoy pronunciasse la sua condanna a morte sociale. Ma dalla bocca di lui non uscì alcun suono. Alzò lo sguardo sul Serpeverde che la fissava con un ghigno significativo sulle labbra definite.
Poi si volto teatralmente verso il Caposcuola di Tassorosso e si strinse nelle spalle con noncuranza
Schiantesimo? Io non ho visto nessuno Schiantesimo da – si voltò verso Zane Zabini che era apparso alle sue spalle – da quando Zane? Il banchetto di addio dell'anno scorso? - l'amico aggrottò le sopracciglia corvine e sbuffò.
Scorpius si voltò verso Brandon e simulò perfettamente un'aria noncurante, scuotendo la testa.
Il Caposcuola, il cui entusiasmo verso il suo nuovo incarico pareva ridotto pateticamente allo zero, borbottò qualcosa come “Serpeverde” e si allontanò quasi gobbo, come se la pesantezza della spilla di Caposcuola lo stesse affossando rapidamente nel pavimento.
Lily sollevò lo sguardo allibito e sospettoso su quello rilassato e maliziosamente soddisfatto dell'altro.
Quando hai finito di grattare le orecchie allo Snaso Scorps, Nott ha una bottiglia di Wisky Incendiario nel baule – lanciò un'occhiata distratta a Lily e Hugo, ancora completamente allibito per la scena alla quale aveva appena assistito, e rientrò nello scompartimento dei Serpeverde, seguito a ruota da Goyle.
Malfoy sogghignò un'ultima volta in direzione dei due Grifondoro e li salutò con un sornione
Ci si vede in giro...Potter... - per poi sparire alle spalle del tirapiedi.
Miseriaccia Lily! - imprecò cinque minuti dopo uno Hugo ancora trafelato entrando nello scompartimento e lasciandosi cadere con malagrazia accanto ad Albus – cosa diavolo è successo là fuori per le palle di un Ippogrifo? - i suoi occhi azzurri erano spalancati per o stupore – quel Malfoy ti ha... - Albus s'irrigidì
Cosa le ha fatto quella serpe? - Lily agitò la mano con noncuranza, fulminando di sottecchi il cugino
Solo quello che fa sempre...essere un Malfoy – ribatté Lily decisa a mettere un freno alla discussione. Osservò la postura ancora rigida di Albus e si chiese quale fosse la vera ragione per cui aveva attaccato Malfoy, ma decise che uno scompartimento affollato dell'Espresso per Hogwarts non era decisamente il posto adatto per parlarne.
Lo spesso silenzio che li accompagnò nei cinque minuti seguenti fu così spesso da poterci camminare sopra, o almeno lo fu fino a quando Archer Finnegan non entrò sbattendo lo sportello con malagrazia
Non avete idea di cosa c'è scritto sulla Gazzetta del Profeta di oggi – esordì con gli occhi fuori dalle orbite.
Rose lo guardò con sufficienza
Sono sicura che tu ti preoccuperai d'informarci dettagliatamente Archer – il ragazzo non l'accontentò, si limitò a porgerle il giornale, sulla cui copertina campava una foto piuttosto movimentata del Ministro della Magia con espressione corrucciata. Il titolo, a caratteri cubitali, citava
 
SCOMPARSA UNA FAMIGLIA DI MAGHI. E' APERTA LA CACCIA AI RESPONSABILI
 
Scorpius lesse distrattamente il titolo della Gazzetta del Profeta, e sbuffò rumorosamente.
Porco Merlino Scorps, che diavolo ti è preso la fuori? - Goyle, che era già sbronzo dopo tre bicchieri di wisky, lo guardava con l'espressione idiota tipica del suo corredo genetico
Io non sono il cagnolino dei Caposcuola Goyle, e non mi nascondo dietro le gonne di nessuno – si limitò a rispondere svogliatamente indossando gli auricolari
Ma avrebbero potuto espellere la rossa traditrice del suo sangue! - cercò di spiegargli lui alzando la voce. Zabini lo raggelò con un'occhiata e tornò a sorseggiare il suo bicchiere, con pacata noncuranza – io l'avrei... - Scorpius si voltò tagliente contro di lui, mantenendo una studiata freddezza
Tu ti saresti fatto Schiantare come una ragazzina del primo anno, avresti rotolato come un pezzo di idiota per tutto il corridoio e saresti svenuto prima che quell'imbecille di Brandon Wood raccogliesse il tuo corpo appallottolato sul pavimento del treno – s'interruppe, per sorridere malignamente – io non denuncio i duelli...specialmente se li vinco – detto ciò tornò a perdere lo sguardo fuori dal finestrino, dove il sole stava tramontando pigramente all'orizzonte. Fra poche ore sarebbero arrivati a Hogwarts. Ben attento che nessuno lo vedesse, si abbandonò mollemente contro lo schienale e sorrise. Hogwarts. Casa.
Con un respiro, si lasciò scorrere nei polmoni l'aria profumata di libertà...
 
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Spazio della delirante autrice: ciao lettori!!! Dunque, da dire su questo capitolo c'è solo una cosa: come vedere, il titolo e il versetto citato della Divina Commedia si riferiscono agli Ingnavi, ossia coloro i quali nella vita non si schierarono mai per nessuna fazione, ma vissero perennemente in bilico, astenuti, senza mai lottare per nulla. Dante li colloca nell'Antinferno proprio perchè  essi non possono godere nè delle goie del paradiso nè delle torture dell'Inferno, ma sono destinati a  girare nudi per l'eternità attorno a una insegna - non descritta, forse di una vana bandiera - punti da vespe e mosconi. Il loro sangue, unito alle loro lacrime, si mescola al fango dell'Inferno, come se questi dannati fossero dei cadaveri, morti viventi sepolti vivi, col corpo straziato dai vermi.
Ovviamente questa è un'opposizione fra il ragazzino del primo anno che preferisce mentire per non andare incontro a ritorsioni e i nostri protagonisti, indistintamente, che si gettano a capofitto nei duelli anche quando non sono necessari^^
Che dire...commentate, commentate, commentate!!!

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Capitolo 4
*** Il Limbo ***


Il Limbo
 
Quivi, secondo che per ascoltare,
non avea pianto mai che di sospiri
che l'aura etterna facevan tremare;
ciò avvenia di duol sanza martìri,
ch'avean le turbe, ch'eran molte e grandi,
d'infanti e di femmine e di viri.
(Divina Commedia, Canto I, vv 24-29)
 
Scorpius alzò la testa verso il Thestral dal lungo collo muscoloso. L'animale lo ricambiò con un'occhiata incuriosita; non era da tutti incrociare lo sguardo con gli invisibili traghettatori di Hogwarts. I più fortunati potevano rimanere ignari della loro esistenza per tutti i sette anni di permanenza nella scuola. Quelli ancora più fortunati, avrebbero creduto per tutta la vita che fossero solo animali mitologici da studiare per Cura delle Creature Magiche.
Ma Scorpius Hyperion Malfoy non era il genere di persona che credeva alle favole.
Lui, i Thestral, li vedeva da sempre...
 
Flashback******************************************************************************
 
Un solo passo, si disse, poi tornerò a letto e i mostri saranno spariti...Scorpius sporse la testa dalla ringhiera in ferro battuto dell'imponente scalinata che portava al salone d'ingresso del Malfoy Manor, l'immensa tenuta della sua famiglia. Le voci sommesse e lo scalpiccio indistinto di piedi nervosi lo avevano svegliato dal suo sogno. Volava su un Ippogrifo dorato come quello delle favole che gli leggeva sua madre, libero e immerso nei raggi del sole che si riflettevano sul mare placido. Era così felice. Poi quell'urlo, disperato, che lo aveva fatto rizzare sul letto come una molla.
Un solo passo, un solo secondo per vedere il viso delle persone che sembravano rincorrersi al piano di sotto...solo uno.
Ma i mostri non erano spariti: le ombre riflesse sulle pareti del corridoio non avevano fatto altro che aumentare, andare più veloce, farsi più sfuggenti. E le urla, erano diventate lunghe e ravvicinate, agghiaccianti, e avevano fatto accapponare la pelle sulle sue braccia di bambino.
“Devi essere il migliore Scorpius....il migliore di tutti” gli ripeteva sempre suo padre. Suo padre era grande, e forte. Suo padre era un MAGO VERO.
Sarebbe sceso silenziosamente fino alla camera dei suoi genitori, e la sua mamma gli avrebbe sorriso con i suoi grandi occhi azzurri e felici, gli avrebbe accarezzato la testa e lo avrebbe abbracciato, perché lui poteva avere paura, lui era solo un bambino.
E Draco lo avrebbe perdonato per questo, alla fine, lo sapeva.
Percorse silenziosamente gli ultimi gradoni di marmo della grande scalinata e si fermò, il cuore in gola e i piedi ancorati al pavimento gelido. Si fece piccolo, più piccolo dei suoi cinque anni, più piccolo di quando vedeva suo padre seduto sulla grande poltrona del salone, quella davanti al camino, quella dove lui non poteva sedersi. Più piccolo di quando lo guardava alzarsi barcollando, la mano stretta attorno alla sua bacchetta, e lanciare nel fuoco il suo grosso e pesante bicchiere vuoto.
Si fece così piccolo che quasi le sue ginocchia toccarono terra. Poi un altro urlo riempì il pesante e austero silenzio del Castello dei Malfoy facendolo sobbalzare.
Deglutì, quasi deciso a tornare sui suoi passi, infilarsi sotto le coperte e tirarsi la coperta sopra la testa fino a che le urla non fossero cessate.
Ma se doveva essere il più forte, il più coraggioso, tutto quello che il suo papà voleva che fosse, allora doveva continuare a camminare, seguire le grida fino al mostro cattivo, combatterlo e tornare dai suoi genitori vincitore, proprio come Draco aveva sempre desiderato. E lui doveva rendere fiero suo padre, perché se il suo papà era triste diventava tutto rigido, e urlava, e beveva dal suo grande bicchiere che poi lanciava nel fuoco. E lui non voleva che fosse triste.
Serrò i suoi piccoli pugni, si dipinse un'espressione decisa sul morbido viso di bambino, e seguì lo sprazzo di luce soffusa che proveniva dalla stanza dei suoi genitori. Trattenne il respiro infilandosi nello spiraglio di porta aperta, rimanendo così addossato alla parete da sentire il freddo attraverso il pigiama con gli Ippogrifi animati.
Il grande letto a baldacchino della camera grande era circondato da persone vestite di scuro: sua nonna, dai lunghi capelli d'argento, era in piedi, la testa contro le mani giunte, e il suo corpo era scosso da singhiozzi continui. L'uomo accanto a lei, nonno Greengrass probabilmente, le dava leggere pacche sulle spalle, in silenzio. Riconobbe sua zia Daphne, anche lei triste e silenziosa, e poi suo padre, che guardava la scena addossato al muro, le mani bianche strette attorno alla bacchetta e gli occhi accesi e preoccupati. Non aveva mai visto gli occhi di suo padre così grandi e luminosi, mai così lucidi.
Infine un uomo, vestito in modo strano, stava fermo ai piedi del grande letto, mormorando qualcosa, muovendosi nervosamente, osservando la sua famiglia come se fosse dispiaciuto. Alla fine si mosse, spostandosi dalla luce, e qualcuno gridò di nuovo. Più a lungo, più forte, più dolorosamente. Scorpius chiuse gli occhi e si premette le mani sulle orecchie, ma quel grido gli entrò nella testa, e sembrò non uscirne più. Guardò in direzione del letto, dove una donna, sua mamma, capì con orrore, si contorceva come un Basilisco impazzito, trattenuta dalle braccia esili di sua zia Dafne e il forzuto nonno Greengrass.
“Perchè la tenete? Perché le fate male?! Lasciatela stare! Lasciate stare la mia mamma!” avrebbe voluto urlare con la sua vocina flebile. Avrebbe dovuto fermarli, avrebbe dovuto...perché suo padre non faceva niente? Perché se ne stava lì impalato? Suo padre era forte, era un mago bravissimo, suo padre avrebbe liberato la sua mamma e lei avrebbe smesso di urlare come se stesse combattendo contro un Dissennatore.
La donna emise un ultimo, straziante urlo, prima che un pianto soffocato riempisse finalmente quel silenzio, un pianto debole, sommesso...troppo debole.
L'uomo vestito da sciocco prese in braccio qualcosa, la avvicinò al viso, la colpì piano, attentamente, e attese. Tutti parvero immobilizzarsi. Scorpius nemmeno respirava.
Poi vide il padre avvicinarsi all'uomo, prendere il fagotto e avvicinarlo al viso, stringerlo per un breve momento, per poi restituirlo all'uomo.
Un attimo dopo, un pianto molto più forte, il più forte che Scorpius avesse mai sentito, splose nella stanza.
Mamma! - gridò lui alla fine camminando verso il letto – Mammina... - ma sua madre non poteva sentirlo, chiusa in un silenzio spaventoso, gli occhi che fissavano un punto oltre lui, oltre il mondo. E allora si voltò verso suo padre, perché certo Draco avrebbe parlato. Draco avrebbe risposto al suo figlio terrorizzato e gli avrebbe spiegato cosa stava succedendo. Su padre gli avrebbe messo una mano sulla testa, come talvolta faceva, e gli avrebbe detto che doveva essere coraggioso, e stare vicino alla mamma.
Draco Malfoy fissò il suo unico figlio, quello che, ormai lo sapeva, sarebbe stato per sempre il suo unico figlio e lo freddò con uno sguardo severo
Ti avevo detto di stare in camera tua figlio – sibilò con la voce più fredda dell'inverno più freddo che Scorpius avesse mai visto. Quell'inverno in cui voleva fare gli angeli di neve, ma suo padre lo aveva rimproverato e gli aveva ordinato di imparare a memoria l'albero genealogico della famiglia Malfoy. Poi però gli aveva fatto vedere una magia, e non lo aveva punito.
Scorpius pregò che non lo facesse nemmeno allora, mentre lo guardava con gli occhi colmi di lacrime
Papà – tentò, ma l'altro voltò il viso con un gesto stizzito e duro
Va in camera tua – ordinò, prima di chiudersi nel più gelido dei silenzi.
Scorpius obbedì, asciugandosi una lacrima con la manica del pigiama. Poi tirò su col naso. Un Malfoy non piange mai, così diceva sempre suo padre. E lui non voleva che suo padre fosse triste...
 
Fine flashback************************************************************************
 
Il Thestral abbassò il brutto muso da rettile e si avvicinò. Scorpius lo guardò muoversi verso di lui, come un'anima affine.
Si diceva che i Thestral portassero sfortuna, ma era solo una stupida leggenda per giustificare l'irrazionale paura che avevano i codardi. Solo aveva assistito alla morte qualcuno poteva vedere i Thestral, e chi non poteva vederli, temeva solamente di doverlo fare, un giorno.
Ma Scorpius Malfoy aveva conosciuto la morte a cinque anni, e da allora, niente poteva più spaventarlo.
 
***
 
Te lo giuro sulle sottane di Morgana Hugo! - stava dicendo Louis al cugino – era grosso come un Dorsorugoso di Norvegia, ma più cattivo...zio Charlie... -
E i Nargilli non sono male come sembrano... una volta che ne hai studiate le caratteristiche sono creature molto utili – Lorcan annuiva sapientemente alle parole che il gemello stava rivolgendo a Rose, ancora immersa fino alle punte dei capelli ramati nella lettura del suo “Prontuario del perfetto Caposcuola”
E io ti dico che è una cazzata Albus! - sbottò Roxanne inviperita – non puoi permettere a quella corvaccia di togliere punti alla Casa ancora prima di iniziare le lezioni! - sbuffò – nemmeno fossimo ad Azkaban – le treccioline dei suoi capelli tintinnavano pittorescamente l'una contro l'altra mentre scuoteva energicamente la testa – se ci fosse stata la McGranitt, questo non sarebbe mai successo! -
Albus non sembrava troppo interessato alla conversazione che si stava tenendo nella carrozza, e scambiò con Lily uno sguardo intenso. A volte la loro numerosa famiglia era un fardello decisamente pesante da portare.
Questo perché la McGranitt ci avrebbe trasformati tutti in candide e pacifiche colombe – intervenne il rosso ridacchiando – e poi ci avrebbe fatti inseguire da tutta la Guferia di Hogwarts al gran completo – Roxanne sorrise scompigliando i folti capelli del cugino, e si lasciò cadere svogliatamente sulla soffice poltroncina.
Che diavolo sta combinando Malfoy? - borbottò Hugo dopo pochi minuti guardando fuori dal finestrino. Poi si voltò verso Albus – non l'avrai mica affatturato di nascosto? - ma nel suo tono non c'era traccia d'altro che di fiduciosa speranza. Albus fece scioccare la lingua
Se l'avessi affatturato io si accarezzerebbe le pustole grosse come galeoni che gli sarebbero comparse sulle chiappe – scherzò pregustando già la scena – di certo non lo avrei fatto amoreggiare con il nulla! - ma si voltò, come se la sola immagine di Scorpius Malfy davanti agli occhi lo infastidisse.
Lily si sforzò di imitarlo, ma non riuscì a distogliere lo sguardo. Non aveva mai visto Malfoy fare qualcosa che non comportasse conseguenze umilianti per qualcuno, lacrime, insulti, o duelli improvvisati nei corridoi del castello. O, alla peggio, ragazze urlanti che lo seguivano in massa, o che si riassettavano la gonna della divisa uscite dagli sgabuzzini delle scope.
Quel Malfoy, stava guardando intensamente un punto non ben identificato davanti a sé, la mano protesa verso il nulla e un'espressione quasi, ebbe paura a pensare quella parola, umana. Non un ghigno di superiorità, non la severa linea delle labbra di quando si sbatteva l'ego di qualcuno sotto le scarpe, né la studiata rilassatezza che metteva su quando tutto il resto sembrava impazzire come uno Schiopodo Sparacoda.
Sembrava semplicemente, se stesso.
E fu strano per lei, veramente strano, accorgersi di non desiderare di affatturarlo, ucciderlo o buttarlo giù dalla sua dannata scopa superveloce come le accadeva ogni volta che si incontravano disgraziatamente nelle più svariate occasioni.
Non risvegliò in lei istinti omicidi, e questo la fece andare su tutte le furie. Non poteva mostrarsi meno odioso di quanto lei avrebbe voluto, o l'intero gioco di incastri che tenevano in piedi da anni sarebbe andato in malora! E Lily amava detestare Scorpus Malfoy, era una di quelle costanti rassicuranti del suo ritorno ad Hogwarts, come il Quidditch, le visite a Hogsmeade, gli orrendi maglioni di nonna Weasley sulla tavola della Sala Grande poco prima di Natale. E detestare Malfoy. Esattamente, biologicamente e funzionalmente inevitabile.
Era così distratta dai propri pensieri che sobbalzò come morsa da un drago quando una mano cicciottella si posò sul vetro della carrozza
Frankie Boy! Amico...vieni a sederti in mezzo a noi! - lo chiamò allegramente Hugo dando una pacca all'irrisoria manciata di centimetri accanto al proprio colossale sedere.
Il ragazzo sorrise ma scosse la testa
Siete già una squadra di Quidditch al completo lì dentro Hug... - sorrise gentilmente, come solo lui sapeva fare, buono e altruista almeno quanto sapeva essere impacciato e insicuro. D'altra parte, a quanto diceva suo padre, anche Neville Paciock era stato così alla loro età, ed insegnava Erbologia ad Hogwarts e viveva con la moglie Hannah Abbott e il figlio, Frank che ancora li osservava sorridendo da fuori, in una bella casa a Hogsmeade.
Oh non dire sciocchezze Frank – lo ammonì subito Rose – c'è posto per tutti – il modo in cui sua cugina riusciva ad essere accogliente e tenera anche quando rimproverava qualcuno, era ancora un mistero per Lily. Apparentemente rigida come le copertine dei libri che amava leggere, sapeva essere coinvolgente e mettere a proprio agio chiunque, esattamente come la loro nonna Molly. Spesso si chiese quanto aveva preso lei, Lily, da quel ramo così adorabilmente confusionario della famiglia.
Il ragazzo si strinse nelle spalle e si pressò fra un divertito Hugo e una sorridente Roxanne, che era geneticamente incapace di arrabbiarsi con il rumoroso cugino.
Lily rise insieme agli altri mentre Frank si gettava nella minuziosissima descrizione del racconto che aveva in mente di scrivere.
Quando si voltò nuovamente, Malfoy era scomparso.
Hey Paciock! - lo ammonì una voce dalla cadenza rude alle sue spalle – com'è che quel tuo grasso culone è riuscito a salire sulla carrozza? Non ti sarai messo a dieta, ho scommesso dieci galeoni che avrebbero dovuto issarti sulla torre di Astronomia prima della fine dell'anno! - Roy Montague, un Serpeverde dall'aria minacciosa e due braccia grandi come tronchi, si avvicinò a passo di carica alla carrozza
Sta attento a come parli Montague – la testa leonina di Hugo sbucò sogghignando dal finestrino – l'ultima volta che tuo padre ha provato a vedersela con un Weasley ha messo la residenza in un Armadio Svanitore – la voce tonante di Hugo aveva l'incredibile capacità di attirare in un attimo mezza Hogwarts
Weasley, non pensavo sapessi anche parlare con quella bocca, invece che ingozzarti e basta – il Grifondoro non si scompose
Se solo sapessi la metà delle cose che si raccontano di quello che fa la tua bocca, la terresti chiusa più spesso – una fragorosa risata soffocò la replica dell'altro, finché un richiamo deliziosamente familiare inondò la banchina
PRIMO ANNO! PRIMO ANNO! - all'unisono si voltarono in direzione del roboante richiamo di Hagrid – ce l'avevo detto che era meglio farci venire un altro a chiamarli quest'anno – borbottò il mezzo gigante scuotendo il testone peloso.
In un attimo, Hugo gli era quasi saltato addosso, Lily lo aveva salutato sbracciandosi e il resto della famiglia allargata Potter-Weasley-Lovegood si era raccolta attorno al suo corpo mastodontico
Hagrid, che bello vederti come stai? - l'uomo allargò le braccia, come se riuscisse a contenerli tutti
Oh lo sapevo che voi ragazzi venivate a salutarmi. Mica potevate andarvene al castello senza passare dal vostro amico Hagrid eh?! - dopodiché sollevò la lanterna in modo che i ragazzini del primo anno potessero individuarlo. Alto e grosso come una piccola montagna, dalla barba cespugliosa ormai abbondantemente striata di grigio e una nube disordinata di capelli, Hagrid era il personaggio più pittoresco sulla banchina della stazione di Hogsmeade.
Questo, quando la stazione ospitava Lorcan e Lysander Lovegood, Frank Paciock che voleva diventare scrittore, e Scorpius Malfoy che accarezzava...Lily si bloccò in mezzo alla formulazione di una risposta sensata all'uomo.
Non stava amoreggiando con il nulla...Scorpius Malfoy vedeva i Thestral.
Ma non ebbe il tempo di chiedersi chi mai poteva aver visto morire un bambino viziato con la testa piena di scemenze sul sangue puro e un'ascendenza di maghi lunga da lì al Paiolo Magico, perché Rose la trascinò per una manica verso la carrozza, mentre un nugolo di minuti ragazzini del primo anni osservava con il naso in su e gli occhi sbarrati l'uomo più imponente e generoso che avrebbero mai conosciuto.
Con un sospiro, si issò sulla carrozza.
 
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Angolo della delirante autrice: BUONASERA (tenta di imitare il tipo della pubblicità, inutilmente, si ricompone e si fa seria).
Miseriaccia se è stato difficile trovare il filoconduttore di questo capitoloXD
Evitando lo spiegone che è una palla mortale dico solo che i versetti citati fanno riferimento al Limbo, luogo che, nella Divina Commedia (ma lo sapete tutti...lo so che lo sapete tutti) custodiva le anime di coloro che, nati prima di Cristo, non potevano essere fedeli alla religione, e ai bambini non battezzati, morti prima di poterlo essere, nella fattispecie...penso che il collegamento al capitolo sia chiaro, anche se nella mia infinita ignoranza e stanchezza ci ho messo una vita e mezza a capirloXD In italiano suona più o meno così " Qui, per quel che si poteva ascoltare, non vi era altra manifestazione di dolore fuorché sospiri, che facevano fremere l’atmosfera infernale. Sospiri, che l'aura etterna facevan tremare; ciò avveniva per il dolore non provocato da tormenti corporali che colpiva schiere, numerose e folte, di bambini e di donne e di uomini."
Ridendo e scherzando, mica tantoXD, io cercavo qualcosa che potesse ricollegare il tutto al ritorno di Hagrid, ma poi mi sono ricordata che non c'è un cantico del Paradiso dedicato agli adorabili guardiacaccia mezzi giganti (anche se ci dovrebbe essere ù___ù) e così, mi sa che vi dovrete accontentare...ahahaha

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Capitolo 5
*** I Lussuriosi ***


I Lussuriosi
 
E come li stornei ne portan l’ali
Nel freddo tempo a schiera larga e piena,
così quel fiato li spiriti mali
di qua, di là, di giù, di su li mena,
nulla speranza li conforta mai,
non che di posa, ma di minor pena.
(Divina Commedia, Canto V, vv 40-45)
 
 
La bolgia di studenti in divise scure con riflessi colorati raggiunse il castello in formazione compatta, vociando senza sosta e creando una cacofonia di suoni e di risate che fecero sentire Lily finalmente a casa. Malgrado il viaggio trascorso serenamente con i suoi amici a bordo della carrozza, qualcosa dentro di lei non aveva voluto lasciare la vitale energia della Tana, o la familiare quiete di casa Potter fino a che non aveva posato il piede sui gradini dell'enorme ingresso di Hogwarts.
La Professoressa Jones* accolse con un gran sorriso gentile il nugolo di bambini del primo anno che si spintonavano terrorizzati.
Lily pensò teneramente che uno dei ricordi preferiti di suo padre ad Hogwarts era stato il suo arrivo: travolto dall'immensa mole di sorprese che la sua vita di mago gli aveva appena regalato, Harry Potter aveva quasi camminato in un sogno per tutto il tragitto sull'Espresso, perfino durante la traversata di rito. Ma quando l'imponente profilo della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts gli si era parato davanti (e gli occhi verdi di suo padre s'illuminavano sempre quando glielo raccontava), Harry aveva capito finalmente di essere a casa.
Poi la McGranitt aveva srotolato con un gesto secco la pergamena con i loro nomi, e il panico si era impadronito di lui. Ma anche quella sensazione, il nodo allo stomaco che aveva preceduto lo Smistamento, Harry lo rievocava con il sorriso sulle labbra. Aveva perso tutto, Harry Potter, e altrettanto aveva guadagnato.
Con un sospiro si voltò ad osservare le allegre boccacce di Hugo ai bambini del primo anno, il sorriso indulgente di Rose, lo sguardo combattivo di Roxanne, le occhiate identiche che i gemelli Lovegood si lanciavano vacuamente attorno, l'espressione accattivante di Louis che faceva tintinnare l'orecchino di corno sotto lo sguardo allibito e lievemente invidioso di un sempre pacato Frank Paciock...e anche il ghigno mefistofelico di Scorpius Malfoy, alle loro spalle, che sovrastava l'intera folla con quella luce perversa negli occhi grigi.
Tutto significava casa, perfino Malfoy.
Primo anno...con me – chiocciò Hestia Jones, la professoressa di Incantesimi dalle gote rosse e il viso gentile, mentre scortava i ragazzini impauriti dinnanzi al loro destino.
Lily si limitò a seguire il resto della sua famiglia in Sala Grande, dove le quattro tavolate delle Case erano elegantemente decorate a festa. Tutto intorno a lei appariva maestoso ed elegante, esattamente come la persona che aveva ordinato e ideato le decorazioni: le pareti di pietra erano ricoperte di drappi dorati, argentati, di pregiata seta del blu più intenso e il giallo più acceso, in una festa per gli occhi che danzava sopra di loro a ritmo di una musica soffice e lieve che accarezzava i timpani.
I drappi delle quattro Case di Hogwarts sembravano garrire al vento, anche se non un solo spiffero penetrava da fuori. Le rituali candele sospese nell'aria che suo padre non mancava di citare nei suoi racconti si erano trasformate in opulenti lampadari istoriati, proiettando dinamiche ombre sulla solida pietra attorno a loro. La tavolata dei professori al gran completo li osservava prendere posto, ma quando gli occhi di Lily si soffermarono su quella massa di capelli castano rossicci e quello sguardo così familiare, seduti su quelle sedie avrebbero potuto esserci Beda il Bardo e i suoi personaggi delle fiabe che Lily non se ne sarebbe accorta.
Diede di gomito a Rose
Cosa ci fa lui qui? Tu lo sapevi? - ma la cugina si limitò a stringersi nelle spalle, senza trovare una spiegazione sensata che potesse essere lontanamente soddisfacente. D'altra parte, nessuna spiegazione sarebbe stata soddisfacente per Lily Luna Potter, riguardo la sua presenza lì.
Tuttavia, prima che potesse mettere sotto torchio ogni singolo componente della sua numerosa famiglia, l'imponente Preside di Hogwarts si alzò dal suo scranno intagliato dai migliori Mastri Elfi della Gran Bretagna e allargò le lunghe braccia affusolate
Bonsoir Hogwarts – l'accento francese della Preside Maxime, dopo quasi vent'anni che insegnava nella Scuola e dopo gli ultimi cinque da Preside, non era che un accenno di gorgoglio arrotolato attorno a qualche “s” qua e là, ma spesso amava servirsene per dare enfasi alle parole. O per lo meno, lo faceva quando scuoteva la folta chioma striata di grigio e la fissava con i suoi occhi penetranti, nel suo ufficio, prima di affibbiarle una bella punizione – è magnifico vedervi tutti qui dopo le vacanze... - ma Lily non poteva concentrarsi su nulla con lui seduto al tavolo dei professori. Non avrebbe potuto stare a sentire nemmeno una Strilettera di sua madre infilata in un orecchio con quel...quel...che si guardava intorno con un mezzo sorriso sereno sul volto. Si accorse che aveva continuato a fissarlo così intensamente da non rendersi conto che la Preside aveva cominciato a presentare a tutti il nuovo insegnante di Trasfigurazione – quindi è con immenso piacere che do' il benvenuto nella Scuola al professor Teddy Lupin – un boato di roboanti applausi si sollevò dalla tavolata di Grifondoro, dove la maggior parte degli studenti conosceva Teddy esattamente per quello che era, il figlioccio di Harry, il loro cugino preferito e un irrinunciabile fratello maggiore.
Lily rimase zitta ad osservarlo intensamente mentre si alzava dalla sedia e ringraziava con un cenno modesto della mano. Non poteva crederci. Non POTEVA essere vero!
Un moto di angoscia le serrò lo stomaco, e non rise nemmeno alla battuta di Hugo quando, finalmente, la professoressa Jones comparve con i ragazzini del primo anno e cominciò lo Smistamento
Merlino, la metà di quei ragazzini ci starebbe comodamente dentro al Cappello Parlante – poi si toccò lo stomaco con una smorfia – spero che nessuno si metta a contrattare come ha fatto tuo fratello – brontolò riferendosi ad Albus – Fred ha detto che se non si fosse alzato da quello sgabello entro cinque minuti l'avrebbe assegnato lui stesso con una fattura – gli altri risero, ma non Albus che aveva gli occhi puntati su Lily e Lupin. Quella, proprio, non ci voleva.
Devo ricordarti che tu sei quasi caduto dalla scalinata mentre scendevi? - lo punzecchio Rose – eri così nervoso che quando il Cappello ti ha assegnato non hai nemmeno capito dove dovevi andare... - Hugo sogghignò
Oh tu sta' zitta Weasley, che sei quasi finita a Corvonero -
Volete stare zitti? - li rimbeccò Roxanne severamente – non capisco se devo gioire o preoccuparmi... - lentamente, con le più disparate espressioni sul volto, i ragazzini venivano smistati dalla voce sonora del Cappello Parlante. Ad intervalli di pochi secondi, boati di differente intensità e provenienza si alzavano dalle tavolate.
Ma Lily non stava ascoltando, persa com'era nei suoi ricordi, così freschi a dolorosi da provocarle ancora un dolore pungente al petto...
 
Flashback**********************************************************************
 
I suoi grandi occhi azzurri la fissarono dispiaciuti
Lily io... - lei strinse i pugni con rabbia
Non fare finta di non averlo sempre saputo Teddy – si sforzò di trattenere quelle lacrime odiose che le premevano sugli occhi. Non avrebbe pianto davanti a lui, non dopo tutto quello che aveva passato per confessargli finalmente la verità.
Il ragazzo la guardava con un'espressione addolorata che si sgretolava ogni momento di più. Ovvio, stava per mandarla a farsi un giro nello sterco di drago, doveva essere come minimo dispiaciuto!
Teddy fece un passo verso di lei, esitando, sollevando una mano, per poi lasciarla ricadere lungo il fianco
Io ti voglio bene Lily... - esitò – terribilmente...tuo padre ha fatto tanto per me, la tua famiglia, tu sei...ma io non -
Smettila di girarci intorno – lo freddò con una sguardo duro – dì la verità. Ammettilo che sei un codardo! Ammetti di non avere il coraggio di sfidare l'opinione degli altri – Teddy scosse la testa sospirando – ammetti che mi ami anche tu ma che sei troppo codardo per... -
Tu non mi ami affatto Lily – disse semplicemente con un sorriso accondiscendente. E lei odiava quel dannato sorriso di pietà. Lei non era una ragazzina invaghita del ragazzo più grande. Lei non era una stupida illusa
Non ti permettere di sapere cosa IO PROVO! - urlò, con quelle lacrime maledette che le facevano pizzicare gli occhi sempre di più ad ogni secondo.
Teddy sollevò entrambe le mani, come per chiedere una tregua, e ricominciò a parlare pacatamente. Aveva amato quel suo modo di trattare le persone con gentilezza, senza mai farle sentire inadeguate, come se ogni opinione avesse lo stesso valore, che fosse quella di James o la sua.
Non le aveva mai scompigliato i capelli come ad una sorellina minore, non l'aveva mai snobbata nelle discussioni importanti o presa in giro per quello che diceva. Non si era mai comportato come un fratello maggiore. Da confidente, da amico semmai, da mentore alle volte, ma mai come se lei fosse “la piccola Lily”. Le sue orecchie l'avevano ascoltata, le sue mani confortata, i suoi occhi seguita da lontano. E lei sapeva, SENTIVA che lui voleva di più. Doveva solo allungare la mano e prenderlo.
Ma Teddy non lo fece; Teddy sospirò mestamente, e la guardò negli occhi, i suoi, profondi e carichi di qualcosa che somigliava alla vergogna, contro quelli di lei, sofferenti ma determinati
Quello che stai provando Lily, è comprensibile... - sembrò misurare le parole una ad una. Merlino, odiava quel suo modo di fare così maledettamente controllato – io sono una figura di riferimento per te, un adulto non troppo adulto con cui ti senti a tuo agio, col quale senti di avere un rapporto speciale....ed è così ma... -
Una lacrima di rabbia alla fine cadde sulla guancia di Lily. Non l'avrebbe fatto, si disse, non avrebbe mai ammesso la verità. Era troppo spaventato, troppo codardo per lottare.
Ma cosa? Mi stai dicendo che non è vero? Che mi sono immaginata tutto? - un sorriso amaro le si dipinse sul volto – mi sono immaginata anche quello che è successo ieri sotto il vischio? - gli occhi di Teddy si dilatarono un istante. Poi abbassò sommessamente la testa e le spalle, come se un grande peso lo stesse affossando
Ho sbagliato, e me ne assumerò tutte le responsabilità – sollevò lo sguardo e malgrado tutto sorrise – tu sei una ragazza vitale e straordinaria Lily...sei intelligente, spiritosa, determinata. Il tuo entusiasmo contagia persino me che sono la persona più noiosa di questo mondo – rise di se stesso – è impossibile non amarti Lily. Ma non è il tipo di amore che tu vorresti da me, né quello che io posso darti – sollevò lo sguardo e si avvicinò a lei, poggiandole le mani sulle spalle. Lily avrebbe voluto tirarsi indietro e fuggire via, ma non lo avrebbe fatto, non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla comportarsi da quindicenne. Così lo guardò, dilaniata dal desiderio di schiaffeggiarlo o di rifugiarsi fra le sue braccia rassicuranti e familiari. Optò per restare ferma – troverai qualcuno che amerai davvero, qualcuno che non riuscirai a toglierti dalla testa, che saprà farti arrabbiare come nessun altro, e battere il cuore alla stessa maniera. Ti innamorerai davvero, e sarai pronta a qualsiasi cosa pur di difendere quell'amore – sorrise, accarezzandole piano il viso – e allora penserai a me, a questo momento, e riderai al pensiero di aver creduto che questo fosse amore... -
Lily si lasciò andare contro di lui, cercando le sue labbra. Un solo istante. Teddy rimase immobile un istante. La strinse, sospirò, e la prese per le spalle, allontanandola dolcemente.
Teddy – mormorò lei
Andrà bene Lily...vedrai... -
 
Fine flashback**************************************************************
 
Ma non era andato bene un cavolo. Teddy era partito di nuovo, in giro per il mondo ad affinare le sue arti e le sue doti di Metamorfomagus. Controllava quel lato di sé molto meglio della madre, potendo, se necessario, celarle sotto un aspetto ordinario. Del padre, oltre che il carattere malinconico e saggio, aveva ereditato la dote di trasformare se stesso, anche se Lupin non l'avrebbe esattamente definita così.
Lily aveva sofferto per quella partenza, per la lontananza che, lo sapeva, era dovuta a quella sua stupida scenata. Le era mancato così tanto da star male, ma alla fine la sua vita, incredibilmente, era tornata alla normalità, come se Teddy Lupin avesse attraversato casualmente il suo cammino. Questo l'aveva terrorizzata. Come poteva vivere come se niente fosse quando l'uomo che amava, perché lei era CERTA di amarlo, era così lontano da lei?
Eppure il tempo, la Scuola, i suoi amici, la routine aveva alleggerito il peso del distacco, e lentamente lei era tornata quella di sempre.
Ma ora...ora lui era tornato, e sarebbe stato, oddio, il suo professore di Trasfigurazione l'anno dei G.U.F.O!
Oh GRAZIE MERLINO! - urlò Hugo quando il banchetto si materializzò magicamente attorno a loro. Si avventò su ogni cosa, ingoiando tutto senza masticare come se non mangiasse da anni – amo la cucina francese – biascicò sputacchiando pezzi di purea di patate sui poveri disgraziati che gli stavano seduti attorno.
Roxanne non sembrava altrettanto soddsfatta
Chissà quante ore avranno fatto di straordinario gli Elfi Domestici! - Louis la guardò da sopra il suo piatto e sollevò un sopracciglio
Fammi un fischio quando scenderai in cucina offrendoti di fare a cambio – la freddò con una gorgogliante punta di accento francese. Roxanne non rispose, e, con un sospiro, cominciò a mangiare.
 
***
 
Scorpius Malfoy, nientemeno – Frances Iblys gli si sedette accanto facendo oscillare la sua vergognosamente perfetta chioma di boccoli dorati.
Il Serpeverde si voltò verso di lei con studiata noncuranza
Franny, come ti è andata l'estate? - a giudicare dall'abbronzatura caraibica della sua pelle e lo sguardo soddisfatto, non aveva dubbi sulla sua risposta
Terribilmente calda – miagolò lei facendo luccicare i suoi affusolati occhi gialli da gatta.
Scorpius sollevò le sopracciglia
Non ne dubito - la sua mano scivolò silenziosamente sulla coscia del ragazzo, che non cambiò di una virgola la propria espressione.
Pensavo che potrebbe esserlo anche il mio inverno – sussurrò al suo orecchio, fingendo di sistemargli la piega della divisa – tu che ne pensi? - Scorpius finse di rifletterci, lasciando la sua risposta in sospeso per qualche secondo
Spiacente Iblys, tesoro, ma hai già volato su quella scopa – lei non si scompose, portando la sua mano decisamente troppo vicino alla casa base. Sorrise, sbattendo le lunghe ciglia scure
Sai quanto mi piace il Quidditch – ribatté afferrandogli il cavallo dei pantaloni. Scorpius deglutì impercettibilmente, senza smettere di guardare la cerimonia di Smistamento – i manici di scopa hanno un fascino perverso per me... -
Non ne dubito – ridacchiò Zane squadrandola con i suoi grandi occhi neri – sono sicuro che ti piacciono talmente tanto che prima o poi la Firebolt ti chiederà di diventare la sua testimonial... - Goyle, lì accanto, ridacchiò stupidamente
Mi preoccuperò di mandarti le foto in anteprima Zabini – ribatté lei piccata, allentando la presa sui gioielli di famiglia di Scorpius – pensaci Malfoy, l'estate ha ravvivato la mia fantasia – gli strizzò l'occhio felino e lasciò andare la presa.
Scorpius la fissò con un ghigno malizioso
Che cosa hai in mente? - Frances rise e si riavviò i riccioli dietro le spalle
Godetevi la cena ragazzi – si alzò e s'incamminò ancheggiando verso il suo posto, baciando sulle labbra un ragazzo bruno del settimo anno che Scorpius riconobbe con Justin Meade, un amorfo ragazzo senza nerbo che probabilmente non sapeva cosa farsene di una ragazza come lei.
Scrollò le spalle, lui sì.
 
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Spazio della delirante autrice: salve a tuttiXD Eccomi di nuovo qui (mio Dio come non ho una vitaXD) con il nuovo capitolo di questa modesta ff senza preteseXD
Questa volta mi avvicendo a spiegare un mare di cose...non troppe effettivamente...
*Hestia Jones era una strega dell'Ordine della Fenice ai tempi occupata della protezione di Harry.
E' stata l'unica scelta sensata che mi sia venuta in mente per sostituire il professor Vitious, l'insegnante di incantesimi di Harry e co., decisamente troppo vecchio già alloraXD
La scelta di Madame Maxime come Preside di Hogwarts è stata piuttosto, come dire, travagliata...avevo pensato perfino di inventarmi un nuovo personaggio, ma non sarebbe stato saggio visto che avevo lei a portata di manoXD
Già Preside di Beauxbatons ai tempi del Calice di Fuoco, e membro dell'Ordine della Fenice, è una delle poche personalità abbastanza interessanti e "sopravvissute" da poter inserire. Inoltre non mi è difficile pensare che potrebbe essere tornata in Inghilterra dopo la fine della Guerra Magica per stare con Hagrid, col quale sappiamo aveva avuto qualche momento di intesa in passato. Cercherò comunque di spiegare meglio con qualche accenno nei prossimi capitoli...voi cosa ne pensate??? Fatemelo sapereXD
L'introduzione di Teddy Lupin spero non sia stata troppo frettolosa e gestita male...è dall'inizio che mi frulla in mente l'idea di inserirlo nel corpo insegnati al posto della McGranitt, e viste le potenzialità del personaggio spero di aver agito per il meglio...protestate se questa cosa con Lily vi sembra quantomeno fuori luogo...ne potremo parlare a lungoXDXD
 
Solita parentesi letteraria...la citazione iniziale si riferisce, ovviamente, al V Canto dell'Inferno, nel girone dei lussuriosi, anime condannate a venire sballottate da un'ininterrotta tempesta, proprio come, in vita, furono trascinante nelle loro azioni dalla lussuria. I
l nome della Serpeverde che compare per la prima volta, Frances, è una metacitazione alla famosa Francesca, spero che il povero Dante non me e voglia, inquinare la Divina Commedia per adattarla alle mie esigenze di scribacchina d'accatto è un peccato mortale, ma tant'è...mal che vada, quando andrò all'Inferno, gli chiederò scusaXD
 
Che dire, grazie per aver letto fino a qui, spero continuiate e decidiate di lasciarmi un commentino piccolo piccolo, giusto per farmi contentaXD
A presto!!!

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Capitolo 6
*** Lo Stige ***


Lo Stige


Lo buon maestro disse:"Figlio, or vedi
l'anime di color cui vinse l'ira
e anche vò che tu per certo credi
che sotto l'acqua è gente che sospira,
e fanno pullular quest'acqua al summo,
come l'occhio ti dice, ù che s'aggira.
(Divina Commedia, Canto VII, vv 115-120)


Incendio – sussurrò nella penombra della stanza. La bacchetta s'illuminò appena ed emise una scintilla. L'attimo dopo Scorpius Malfoy si portò la sigaretta alle labbra soffiando soddisfatto una voluta di fumo che si andò a inanellare nell'aria
Sai che detesto quando sai di quella robaccia – si lamentò Frances reggendosi la testa con la mano. Scorpius sogghignò e aspirò una generosa boccata
E tu lo sai che odio quando usi la bocca – s'interruppe per soffiare via il fumo, tenendo quella frase in sospeso abbastanza perché lei ne percepisse l'ironia – per parlare – si voltò verso di lei con un sogghigno – eppure non ti ha mai impedito di farlo. Mi pare – lei sbuffò, lo colpì sulla spalla e si mise a sedere sul letto, scoprendo in parte il suo corpo perfetto
Sei uno stronzo – sbuffò accarezzandogli il torace con un dito – ma sei bravo a letto perciò... - Scorpius scoppiò a ridere
Il tuo amor proprio mi sconvolge Fran – si alzò con un colpo di reni e prese a camminare per la stanza
Cosa fai? - si voltò sollevando un sopracciglio
Come, non lo vedi? Sto addestrando un drago! - sollevò un sopracciglio – Cosa pensi stia facendo? Cerco le mie mutande che hai intelligentemente lanciato per la stanza – la cosa sembrò divertirlo più di quanto fosse sensato. Sempre ridacchiando sollevò da terra i suoi boxer appallottolati e le fece un cenno – su, vestiti, ho promesso a Zane che avrei liberato il dormitorio ad un'ora decente – Frannie lo guardò con tanto d'occhi
Scusa? E dovrei andare in giro a Hogwarts, da sola, di notte? Non lo sai che rischio una punizione? - fece scivolare il lenzuolo giù dal letto, quasi distrattamente, guardandolo negli occhi. Scorpius arricciò le labbra
Frannie tesoro, non che io venga a letto con te perché sei intelligente, davvero, ma il tuo dormitorio è dall'altra parte del corridoio – si chinò e raccolse i vestiti di lei ammucchiati sul pavimento, e glieli lanciò, facendo schioccare la lingua – su, vedrai che troverai qualcuno che ti farà restare a dormire prima o poi – detto ciò si diresse verso il bagno e si richiuse la pesante porta di legno alle spalle
Bastardo! - urlò lei mentre si rivestiva
Mi piacerebbe! - ribatté l'altro aprendo l'acqua della doccia.
Sul serio – Frances si ritrovò immensa nel vapore della stanza e sollevò gli occhi al cielo – una volta tanto, Mr.Non-voglio-legami, potresti anche accettare che qualcuno entri nel tuo mondo – la risata gorgogliante di lui venne a malapena attutita dallo scroscio dell'acqua
Frances, se stai per dire che ti piace quello che ho dentro risparmiatelo. Non piace a nessuno, grazie a Merlino – il rumore cessò e Scorpius sbucò dalla tenda rigorosamente argentata e verde della doccia in pietra – perciò, se vuoi entrare nella doccia con me e fare un po' di sesso di arrivederci siamo d'accordo, se miri a farmi aprire il mio cuore per rivelarti quello che mi affligge, è meglio se ti lanci dalla torre di Astronomia sperando di volare, perché avresti più successo – la fissò negli occhi, senza perdere il contatto, finché ogni briciolo di speranza che albergava in lei fu spento – e non sperare che io sia il classico ragazzo cattivo dal cuore tenero, perché ho qualche generazione di Mangiamorte alle spalle che può provare il contrario – Frances trattenne il respiro. Tipico, lei non aveva conosciuto la Guerra Magica: Voldemort, i Mangiamorte, Silente e Piton erano una leggenda dai risvolti cavallereschi che sua madre le raccontava prima di andare a letto. Per lei, forse, si era trattato di una di quelle storie a lieto fine, una favola della buonanotte avvincente in cui il Grande Harry Potter, rischiando la vita e perdendo gli amici di sempre sulla sua strada, aveva sconfitto il più grande Mago Oscuro di tutti i tempi in una battaglia epocale dove il bene e il male erano ben distinti, e dove il primo aveva trionfato sul secondo fra amore e lacrime.
Lui, di quella storia, conosceva bene le conseguenze: l'umiliazione, il disorientamento e la follia di un uomo che si aggrappava ogni singolo giorno ai ricordi per affrontare una vita che lo aveva tradito. Harry Potter era un nome sussurrato fra i denti di un padre ubriaco e patetico, il cui sguardo si illuminava d'orgoglio solo ricordando di aver avuto un ruolo in quell'assurda e folle scalata al potere. Che ruolo poi, né il piccolo Scorpius che idolatrava il padre né quello adolescente che lo compativa avevano avuto il coraggio di chiederlo.
Frannie si riprese in fretta e sorrise, tentatrice, con quei suoi soprannaturali occhi da gatto.
Lo raggiunse sotto il getto nuovamente bollente dell'acqua, e fece per parlare
Scorps -
Cosa ti ho detto Fran a proposito di parlare? - la rimproverò con aria quasi petulante. Ma lei, questa volta, non si lasciò distrarre.
C'è una cosa che devo dirti – sembrava troppo concentrata per i suoi standard, perciò Scorpius trattenne la battuta sarcastica che gli saliva alle labbra e ascoltò – io, e alcuni amici stiamo...ecco, mettendo su un gruppo e... -
Cosa, vuoi che venga a suonare la chitarra? Sono piuttosto bravo veramente... - lei lo colpì sul petto
Sono seria accidenti a te! - allentò il getto in modo che la sua voce fosse chiara e inequivocabile – ci vediamo nella Stanza delle Necessità una volta alla settimana, per parlare... - lui sollevò le sopracciglia
Non me lo dire, vi aprite l'un l'altro dandovi pacche sulle spalle e giustificandovi a vicenda perché siete ninfomani decerebrati senza un futuro? -
Di RESISTENZA, Scorpius, parliamo di Resistenza – questa volta l'incredulo stupore del Serpeverde fu dannatamente autentico
E a cosa? La crisi economica? La deforestazione? La Campagna di Emancipazione degli Elfi Domestici? Resistete A COSA Frances...al fatto che non esista un colore di smalto per unghie che si sposi contemporaneamente con la tua carnagione e il vestito che hai scelto per il Ballo di Halloween? - gli occhi affusolati di lei mandavano lampi di determinazione
Sono scomparse tre famiglie di Purosangue, Scorpius. La Gazzetta del Profeta è in mano a Kingsley Shacklebolt, lo sanno tutti. Ha lasciato che pubblicassero quella notizia perché mio padre era presente quando sono entrati in casa loro...e... - i suoi occhi si fecero tristi per un attimo, prima di mandare nuovamente fiamme – quello che conta è che non possiamo permettere che accada. A me non importa se Voldemort è stato il più grande Mago Oscuro di tutti i tempi e ha fatto le cose che ha fatto ai Nati Babbani e i loro sostenitori. So solo che io non permetterò che ci venga fatto questo solo perché il nostro sangue è puro... – non poté fare a meno di notare che quella frase, in bocca a suo padre, sarebbe suonata circa come “Chissenefrega se i dannati traditori del loro sangue, nati babbani e feccia come loro credono di aver sconfitto il Signore Oscuro, che Salazar se li porti...Il NOSTRO sangue, figlio, il sangue puro dei maghi veri è ancora la cosa più importante del nostro mondo, e se qualche dannato impuro sta sequestrando le famiglie di Purosangue perché credono di farla franca, o che Potter il Magnifico li salverà quando li troveremo, beh, si sbagliano, perché scaglierò su di loro l'Avada Kedavra che merita quella feccia traditrice della razza”. In ogni caso, il significato era chiaro
Stai veramente dicendo quello che penso? - le chiese alla fine – Vuoi veramente organizzarti per trovare quei maghi scomparsi...e poi cosa? Attaccherai in forze il Ministero e rovescerai il “Regime Totalitario di Kingsley Shacklebolt”? Tu sei più folle di quanto chiunque potrebbe pensare – scosse la testa e uscì dalla doccia – e dire che praticamente tutti ti hanno vista ubriaca al banchetto di fine anno l'anno scorso – sogghignò ripensandoci. Ma la ragazza che aveva di fronte, che lo osservava nuda e gocciolante senza per questo apparire minimamente vulnerabile, annuì gravemente – dimenticatelo...nessuno è abbastanza potente da... - agitò la mano davanti al viso come per scacciare una mosca – siete quattro ragazzini invasati che vogliono rovesciare il Governo benedetto da Harry Potter in persona, nessuno vi degnerà di uno sguardo... -
Non se lo troviamo... - ribatté lei con una luce folle nello sguardo
Il Santo Graal? -
Il figlio di Voldemort – Scorpius, che nel frattempo aveva cominciato a frizionarsi i capelli bagnati e si era avvolto un asciugamano immacolato attorno alla vita, alzò la testa di scatto
Oh certo, e ditegli di salutare da parte mia i Gorgosprizzi e il Ricciocorno Schiattoso quando li vede! – per la prima volta da quando si conoscevano, il Serpeverde sembrò non misurare le sue reazioni. E loro facevano sesso, il che è tutto dire riguardo il suo autocontrollo – ti rendi conto che mi stai dicendo che esiste su questa Terra l'erede di sangue di Lord Voldemort? Hai una lontana IDEA di quello che significa questo? - Frannie sorrise, mossa da qualcosa che Scorps decise di non interpretare, e gli si avvicinò, accarezzandogli il petto -
Ti ho mai detto che sei sexy, Scorpius Hyperion Malfoy, quando perdi il controllo? -

***

I fuochi non erano ancora accesi a settembre, ma Lily si era sempre sentita rassicurata dalla soffice consistenza della poltrona cicciottella che troneggiava davanti al camino della Sala Comune di Grifondoro. Tutto, in quella stanza, sembrava richiamare, oltre al rosso e l'oro, i colori della Casa, la confortante e coinvolgente atmosfera che si respirava fra quelle pareti. I Grifondoro erano sempre stati famosi per la loro capacità di festeggiare e mettere a loro agio gli altri, tanto che, spesso, qualche Tassorosso o Corvonero trascorreva qualche serata in libertà nella loro Sala Comune. Ovviamente i Serpeverde, nella loro spocchiosa boria, li avevano definiti “poveracci, confusionari e patetici”, ma il loro hobby preferito era vedersi per darsi grandi pacche sulle spalle e litigare su chi fosse il Purosangue più puro, per cui Lily non si era mai preoccupata minimamente di quello che gli snob in verde e argento pensavano di lei o dei suoi compagni.
E poi Serpeverde annoverava fra i suoi membri gente come Kork Goyle e quella sciacquetta demente di Frances Illys...che razza di canoni di selezione poteva avere?
Sospirò, non era pronta all'inizio delle lezioni, decisamente.
Controllò nuovamente i suoi orari, vergati con la delicata calligrafia piena di fronzoli della professoressa Jones, e sospirò amaramente. Da quando la professoressa McGranitt aveva lasciato l'ufficio del Preside, e Madame Maxime le era subentrata con il suo enorme corpo e la sua strana concezione delle regole di una scuola mista, gli orari non venivano più consegnati la mattina a colazione, ma la sera precedente, così da “non costringere gli studenti con le ore libere a svegliarsi per niente”
Era stata felice di sapere che Storia della Magia la mattina le avrebbe permesso di dormire comodamente sul banco per due ore, e che il pomeriggio avrebbe rivisto Neville a Erbologia. Ma i suoi occhi si erano soffermati sulle innumerevoli ore di Trasfigurazione che avrebbe dovuto seguire, e, forse illudendosi di avere almeno un giorno di tregua dall'espressione orgogliosa e pacata di Teddy dall'altra parte della stanza, il suo cuore aveva saltato un battito quando, con sua somma disperazione, aveva scoperto di avere due ore di Trasfigurazione il giorno seguente. DUE INTERE ORE da trascorrere COSTRETTA a guardare Teddy PER TUTTO IL TEMPO. Non era decisamente la sua idea di divertimento.
Sbuffando, decise che quella dannata Sala Comune era troppo affollata per deprimersi, e si alzò di scatto
Ti ha morsa un Gorgosprizzo? - come volevasi dimostrare, Lysander la guardò da dietro i suoi occhiali dalla montatura allucinante, e piegò la testa di lato, preoccupato – dovrai metterci su un po' di succo di zucca scaldato con chiodi di garofano, vedrai che non t'importunerà più – Lily annuì, cercando di non lasciar trapelare la voglia che aveva di urlare che i dannati Gorgosprizzi non esistevano né in quel mondo né nell'altro, e si allontanò dal Corvonero con passo felpato, dirigendosi verso il buco del ritratto
Lilian Luna Potter, dove pensi di andare? - si voltò verso Rose che la guardava con le mani sui fianchi in perfetto stile “nonna Weasley”
Dipende da chi lo chiede. La Caposcuola o la cugina? - provò a sorridere, e l'espressione severa di Rose si fece più dolce
Sul serio Lily...non – si guardò intorno e si avvicinò a lei – non è SANO che tu gironzoli per la scuola di notte, da sola. - si morse il labbro nervosamente – anche se sei in ansia – le pupille della rossa si dilatarono in modo percettibile
Come lo sai? - Rosie le dedicò un sorriso storto
Oh andiamo Lily, lo sanno tutti che sei una frana in Storia della Magia e quest'anno ci sono i GUFO! - Lily si rilassò
Certo, i GUFO, come no...- sospirò – ti prego Rosie...solo per stasera...ti prego – le fece gli occhioni e la cugina cedette
D'accordo, ma SOLO per stasera. Se ti vedrò uscire da qui di notte un'altra volta farò rapporto alla Preside. Sai che lo farò – Lily l'abbracciò brevemente e sparì dietro al ritratto della Signora Grassa
Dove vai signorinella? - la rimbrottò la donna sbadigliando – non penserai di tornare qui ad un'ora indecente per svegliarmi?
Perché, domani devi lucidarti la cornice? - la prese in giro Lily scendendo le scale
Potrei lasciarti fuori a dormire sulle scale Potter! Sei proprio come tuo padre! - ma Lily era già volata giù dalla scalinata e si stava godendo la quiete dei corridoi deserti, fermandosi di tanto in tanto ad osservare i quadri appesi ai muri e i loro abitanti assopiti nelle più svariate posizioni
Vuoi spegnere quella bacchetta ragazza? - un uomo vestito da medico del Medioevo si coprì il viso barbuto con una manica cascante – ci sono dipinti che vogliono dormire qui! - Lily sbuffò
Senta signor...quadro. Che io sappia, lei domani non ha da bendare piaghe infettate di pus o ferite di guerra. Mal che vada andrà a fare visita a qualche parente nel corridoio del secondo piano fingendo di prendere una tazza di the che ovviamente non può bere – inspirò – IO dovrò affrontare una lezione di Trasfigurazione di due ore con l'ultima persona al mondo che... -
Lily? - no, oh no, non potevano capitare tutte a lei. NO!
Hey...Teddy, che ci fai qui? - il ragazzo, il PROFESSORE, DANNATA MORGANA, la fissò con un sorriso storto
Bene, Professor Lupin, è una gioia vedere che qualcuno si preoccupa di sapere dove accidenti sono i suoi studenti! - borbottò l'uomo nel quadro.
Teddy gli sorrise e annuì
Ma certo Dottore, mi occuperò personalmente di riaccompagnarla al suo dormitorio – Teddy le fece un cenno con la testa e si diresse camminando lentamente verso le scale poi si fermò e la guardò – Sei cresciuta – lo detestò in quel momento. Lo detestò sopra ogni cosa per quel suo modo di fare finta che le cose fossero a posto fra loro
Non abbastanza a quanto pare – lo freddò con sguardo duro. Teddy sospirò
Lily, hai tutto il diritto di essere arrabbiata, sono stato ingiusto con te, ma questo non è... -
Arrabbiata? E perché dovrei essere arrabbiata? Ci siamo baciati a Natale Teddy, e tu sei sparito. Volatilizzato dalla faccia della Terra come se avessi ingoiato un maledetto Mantello dell'Invisibilità! Non mi hai scritto, nemmeno una volta, dannato Salazar, e poi torni qui come se niente fosse e sei il mio stramaledettissimo insegnante di Trasfigurazione! No, perché dovrei essere arrabbiata? - il suo tono grondava sarcasmo, rabbia e delusione, tutte cose che si era illusa di aver superato, ma che invece erano tornate a travolgerla quando Teddy aveva fatto la sua trionfale comparsa al banchetto di quella sera
Abbassa la voce! - la implorò prendendola per le spalle – o vuoi che l'intera scuola conosca la mia completa inettitudine ancora prima di cominciare le lezioni? - Lily si calmò, tirando un profondo respiro. In quel momento avrebbe voluto farlo inseguire da un Bolide stregato, ma mai e poi mai l'avrebbe messo in ridicolo davanti a tutta la scuola.
Perché sei tornato Teddy? Insomma, posso anche accettare il fatto che tu te ne sia andato senza uno straccio di parola, ma tornare, qui, ad Hogwarts, senza dirmelo è stato meschino – il ragazzo sospirò, si mise a sedere sul secondo gradino della scalinata e le fece segno di imitarlo. Ma Lily rimase in piedi, le braccia intrecciate dietro la schiena e lo sguardo sulle sue Converse consumate, dondolando piano
Tuo padre aveva bisogno di me, ed eccomi qua – disse semplicemente, stringendosi nelle spalle
Mio padre, certo, chissenefrega se io ho avuto bisogno di te per mesi – mugugnò senza smettere di fissare il pavimento
Lily, Harry è il mio Padrino, ma questo non lo obbligava a prendersi cura di me. Ma lo ha fatto, lo ha fatto per tutta la mia vita. E lo ha fatto meglio di quanto la maggior parte dei genitori faccia con i loro figli naturali. Mi ha insegnato a giocare a Quidditch anche se facevo schifo, a nuotare, a guidare le auto babbane...e più importante di tutto il resto, mi ha insegnato che non serve condividere il sangue per amare le persone più di noi stessi. Mi ha insegnato che non esiste niente di più prezioso dell'amicizia e del coraggio di difendere ciò che si ama – le guardò, dolente, il bel viso segnato da un'espressione che fece sentire Lily un mostro per come lo aveva trattato in quegli ultimi dieci minuti – devo TUTTO a tuo padre Lily. Più di quanto possa esprimere – infine sorrise – E per quanto io adori la tua piccola testa rossa che gironzola per casa, tu hai poco più di quindici anni e pensi che ogni cosa al mondo sia la più bella, o la più brutta, la più desiderabile o la più detestabile della tua vita, e cambierai idea ancora un milione di volte – si fece nuovamente serio, ma in un modo quasi tenero – Tuo padre è stato il mio, e così sarà sempre – così era quello che la gente chiamava “cuore spezzato”. Lily avrebbe voluto detestarlo con tutte le sue forze, eppure non poteva fare a meno di adorare quelle parole, l'affetto sincero che lo legava ad Harry, la devozione, l'integrità e la fedeltà che lo caratterizzavano. Avrebbe voluto schiaffeggiarlo o colpirlo con una mazza da Battitore, ma allo stesso tempo il suo affetto per lui era cresciuto a dismisura.
Così non disse niente, si limitò a roteare gli occhi e mordicchiarsi un labbro
Fai schifo Teddy – l'altro rise, la prima risata vera che gli avesse visto fare da...mesi? E si alzò stiracchiandosi
Direi che è ora che questo Professore faccia quello che ha promesso e mandi la sua studentessa a letto – indicò la scala con un cenno e si avvicinò a lei per baciarle la fronte; Lily si sporse all'ultimo istante cercando le sue labbra, ma Teddy la tenne saldamente ferma a pochi centimetri da lui – dormi bene piccola Lily, ci saranno un'infinità di notti come questa – si allontanò di un passo e s'incamminò giù per le scale
Spero che ti calpesti un Ippogrifo! – gli urlò lei
Ti voglio bene anch'io! – rispose l'altro ridendo.
Lily sospirò e si lasciò cadere pesantemente sul gradino di pietra gelida.
Avrebbe voluto sprofondare, ma era troppo una Potter per lasciarsi abbattere. Oh no, Teddy avrebbe ceduto prima o poi. Se lei lo avesse assillato continuamente con quelle sue maniere da ragazzina non avrebbe fatto altro che confermare i suoi sospetti. Ma Lily non si sarebbe comportata da sciocca, Lily sarebbe stata una donna, con tutti i crismi, degna di lui, e Teddy avrebbe ammesso la verità prima o poi, avrebbe sfidato Harry e chiunque si fosse messo sulla loro strada, e sarebbero stati insieme...perché lui l'amava, lo sapeva...l'aveva baciata o no?
Fiera e determinata si alzò con rinnovata energia dalla scalinata e portò i pugni chiusi al cielo.
Poi, mentre si preparava a tornare al suo dormitorio alla velocità della luce, un battito di mani, ironico e annoiato, ruppe il religioso silenzio che si era creato
Ma tu guarda chi dovrebbe essere nel suo letto a dormire, e invece cerca di portarsi a letto il suo professore di Trasfigurazione! – Scorpius Malfoy apparve nel mezzo del corridoio con un paio di pantaloni della tuta e una t shirt sdrucita con una A cerchiata rossa sul petto. Seminascosti dai capelli biondi spettinati, i suoi occhi di quell'imbarazzante color ghiaccio la fissavano con un misto di divertimento, compatimento e trionfo.
Lily rimase in silenzio un istante, la mente che lavorava febbrilmente alla ricerca di una soluzione. Poi optò per un classico
Fammi pensare...forse TU, Malfoy? - l'altro emise un verso come di clacson rotto
Risposta sbagliata. Vuoi riprovare? -
Se indovino tu ti lasci sbranare da un Basilisco? - lui inclinò il capo
Se sbagli mi fai vedere di che colore sono le tue mutandine? - Lily lo fulminò con lo sguardo
Nemmeno se arrivasse a chiedermelo Godric Grifondoro in persona, serpe – lo freddò – e ora, se non ti dispiace, starei andando a letto, a dormire, e tu torna pure a gironzolare mezzo nudo per la Scuola, rimorchiare ragazzine o...fare quello che stavi facendo... - il ghigno di Scorpius la seguì fino alla cima della scalinata, quando Lily cedette e si voltò a “controllare”
Lo sai vero che non te la caverai così? - la punzecchiò
E tu lo sai che ho chieste veleno di Acromantula per Natale? -
- Sembri quasi sexy quando ti arrabbi Potter -
- E tu quasi bello quando sparisci Malfoy - incrociò le braccia al petto – fossi in te andrei in giro con una fiaschetta personale, non si sa mai – detto ciò ricominciò a salire le scale, sempre con il dannato sguardo divertito di lui appiccicato addosso.

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Spazio della delirante autrice: salve!! Eccoci di nuovo qui fra noi a dirci un sacco di cose carine e che ci fanno sbrilluccicare gli occhi^^
Ecco, innanzitutto vorrei precisare che il titolo di questo capitolo fa riferimento al Canto VII dell'Inferno, quando Dante e Virgilio raggiungono il fiume Stige, nel quale sono immersi gli iracondi, che si feriscono a vicenda con arti e testa e denti, e gli accidiosi, coloro che covarono l'ira dentro di loro senza mai sforgarla, soffocati dalle acque grigie e fangose del fiume infernale...

Detto ciò vorrei fare una precisazione. Mai mi sarei sognata di chiamare Resistenza quella follia assurda di voler vendicare i Purosangue e rovesciare il Ministro della Magia...ovviamente la mia non è una mancanza di rispetto o il frutto di una confusione mentale sulla VERA Resistenza, quella dei Partigiani al nazifascismo. Sono consapevole di aver usato un termine improprio per definire quello che Frances e co. fanno...ma dal loro punto di vista tutto questo è normale. Kingsley Shacklebolt controlla i mezzi di comunicazione, e nasconde le notizie ed è un tiranno di cui liberarsi...perciò, ai loro occhi, quello che fanno è effettivamente Resistenza...

Grazie per aver letto anche questo mio assurdo commento...e alla prossima!!!!

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Capitolo 7
*** Gli Adulatori ***


Gli Adulatori
 

Ed elli allor, battendosi la zucca:
«Qua giù m'hanno sommerso le lusinghe
ond'io non ebbi mai la lingua stucca».
(Divina Commedia, Inferno, Canto XVIII, vv 124-126)
 
 
Fu una vera benedizione che quella mattina il Professor Ruf avesse deciso di essere particolarmente noioso. Lily non avrebbe saputo dire se fosse a causa della sua carenza di sonno, o di un ulteriore decadimento delle capacità d'insegnante del fantasma, o, ancora, se si trattasse semplicemente del fatto che la Storia della Magia di quell'anno avrebbe raggiunto presto il primo posto nella lista delle cose che “a nessuno interessa sapere”. Restava il fatto che si era addormentata all'incirca dopo dieci minuti. Hugo sbadigliando acanto a lei, si accasciò sul braccio piegato sotto la testa e cominciò a russare piano.
Quando il grattare delle sedie sul pavimento la ridestò dal suo pisolino mattutino, metà della classe era già fuori, e l'altra metà stava inutilmente tentando di darsi un tono.
Storia della Magia uh? - osservò Louis incrociando lei e Hugo nei corridoi.
Devi chiedere a Fiorenzo di diventare suo assistente di Divinazione Lou – sbadigliò il rosso – ci hai preso in pieno – l'altro sollevò un sopracciglio finemente arcuato e gli indirizzò una vago cenno del capo
Hai della bava secca sul mento cugino – poi si fermò fingendo di riflettere, l'orecchino di corno che rifletteva la luce cangiante che penetrava dalle finestre – Fiorenzo dici? - strizzò l'occhio a Lily – potrei farci un pensierino – detto ciò si allontanò con quel suo passo disinvolto e ciondolante da star del cinema.
Lily e Hugo si scambiarono uno sguardo d'intesa e si diressero a grandi passi verso l'aula di Difesa Contro le Arti Oscure.
Rose venne loro incontro con una biblica montagna di libri fra le braccia. Quando Lily e Hugo fecero per chiederle cosa diavolo stesse facendo lì, lei rispose semplicemente
E' l'anno dei MAGO – con quello sguardo di pura ovvietà che urlava Hermione da tutti i pori. Dietro di lei, un'allieva del settimo anno dai lunghi capelli corvini li raggiunse con sguardo sognante.
Dico, ma l'avete visto? - il trio si voltò verso Annie Maddox con un sopracciglio sollevato
Chi? -
Mia sorella è al terzo anno e l'ha incontrato stamattina – esordì con l'espressione di chi era appena stata informata di aver vinto mille galeoni – dice che è...è – i suoi occhi scuri s'illuminarono – magnifico – si perse per un attimo nei suoi pensieri, poi cominciò a bombardarli d'informazioni di cui nessuno dei tre aveva bisogno – Non era al Banchetto perché è arrivato qui 'stamattina direttamente da una missione, in Romania dicono...non si sa perché, ma già sono innamorata di lui! – poi si allontanò saltellando, persa in chissà quali pensieri romantici
Ma che razza di pozione Confondente ha bevuto quella lì a colazione?! - borbottò Hugo scuotendo la testa
Parlava del nuovo Professore di Difesa Contro le Arti Oscure – chiarì, ovviamente, Rose – dicono che sia un figo – alzò le spalle – io non lo avrò fino a domani, ma comunque non ho la minima intenzione di minare la mia concentrazione mettendomi a pensare romanticamente a chicchessia – detto ciò, li salutò con un cenno del capo e sparì alla velocità della luce nella direzione opposta a quella di Annie Maddox, verso le serre
Un nuovo insegnante? - Hugo si strinse nelle spalle; Lily intuì che sarebbe stata la sua unica risposta.
Giunti davanti all'aula si trovarono imbottigliati in una bolgia vociante di ragazze estasiate.
Dev'essere proprio uno schianto se non si riesce nemmeno a entrare nella sua classe – scherzò Hugo facendosi largo a gentili tentoni.
Lily, d'altro canto, sgomitò senza troppi complimenti; se quelle ragazze erano disposte ad appostarsi davanti ad un'aula per stare a guardare qualcuno che probabilmente avrebbero conosciuto di lì a poche ore, meritavano ben più che qualche spintone.
Quando finalmente entrambi riuscirono a prendere posto, il tanto decantato professore non era ancora arrivato.
Lily non ebbe difficoltà a individuare qualche ragazza del sesto imbucata per assistere
Marjorie Jones non dovrebbe essere altrove? - osservò Hugo con una risatina – chissà se ha voglia di prendere il mio posto anche ai GUFO – Lily fece per rispondergli, ma il silenzio che era sceso sulla classe l'avvertì che, probabilmente, il “leggendario” insegnante era arrivato.
Non disturbatevi ad alzarvi – esordì sbrigativamente l'uomo poggiando una pila di libri sulla cattedra ingombra: sulla trentina, alto e dal fisico asciutto più da giocatore di Quidditch che da professore, l'uomo aveva l'aspetto disinteressatamente affascinante tipico di chi è consapevole della propria avvenenza ma non fa nulla per sfruttarla. I capelli neri e ricci gli ricadevano distrattamente sul viso dai lineamenti marcati. Beh, attraente era attraente, con quell'aria di finta indifferenza che aleggiava fra i lineamenti aristocratici e gli occhi penetranti di un castano così scuro da sembrare neri. Un accenno di barba sulle guance contribuiva a coronare l'immagine del perfetto seduttore inconsapevole. Qualcosa nei suoi lineamenti parve a Lily estremamente familiare.
Agitò distrattamente la bacchetta, e nell'aria comparvero segni scarlatti che parvero sanguinare
 
Altair Rigel King
 
Una studentessa del sesto che Lily riconobbe come Alice Finch–Fletchley di Tassorosso, sospirò profondamente; quel genere di versi nauseabondi tipici dei romanzi rosa Babbani.
L'avete visto tutti? Bene – agitò la bacchetta e le lettere scomparvero – ora siete caldamente pregati di dimenticare il prodotto finale della crudeltà dei miei genitori e chiamarmi semplicemente King – sventolò la mano davanti al viso con noncuranza – niente Professore, o Signore, o altri titoli inutili che non vi salveranno in battaglia, né vi aiuteranno ad essere più veloci o più forti dei vostri avversari – si appoggiò alla cattedra e incrociò le gambe all'altezza delle caviglie – avete tutti i vostri libri? - una bionda in seconda fila sollevò il suo agitandosi sulla sedia. L'uomo aggrottò le sopracciglia e biascicò uno stentato – ok – prima di rivolgersi nuovamente alla classe – quelli di voi che hanno intenzione di trattare quei tomi come fossero la cosa più importante della loro vita fino alla fine di quest'anno, si mettano alla mia sinistra... - i tre quarti della classe si disposero in un attimo contro nei banchi che aveva indicato con ampio e fluido gesto della mano. Lily e Hugo rimasero dov'erano, in trepidante attesa dell'alternativa. Già, nella sua mente, Lily si prefigurava intere nottate sui libri cercando di restare al passo con le assurde richieste di quell'attraente professore, e il solo pensiero le diede la nausea. Dove diavolo erano finiti gli Alastor Moody e i Remus Lupin di una volta? - coloro che invece non pensano che studiare la Difesa Contro le Arti Oscure sui libri sia vera Difesa, restino dove sono. - Sia Lily che Hugo rimasero saldamente ancorati ai loro posti, così come parecchi altri studenti: riconobbe un paio di Corvonero, una ragazza dai tratti vagamente orientali e un ragazzo che di cognome faceva Smith, tre Grifondoro che conosceva bene, i due gemelli figli di una ex compagna di suo padre, Calì Patil, e il simpatico e affabile Marcus Thomas, dalla pelle color cioccolato. Così alcuni altri, un po' incerti, che si guardavano i piedi.
King non sembrava soddisfatto – nessun altro? - si voltò verso il nutrito gruppo di “amanti dei libri di testo” e sorrise in un modo che fece ghiacciare a Lily il sangue nelle vene – Voi tutti, che così rapidamente vi siete schierati a favore della cultura letteraria, siete – fece una pausa – commoventi – s'interruppe – lasciate che vi dica una cosa – prese a camminare per la stanza con fare pensoso. Si guardò intorno, soffermandosi sui loro visi a turno, poco più di un istante, massaggiandosi il meno ispido. L'attimo dopo afferrò la bacchetta di lucido legno nerissimo sulla cattedra e la puntò contro Lily – Expelliarmus! - scandì chiaramente.
Lei ebbe appena il tempo di afferrare la sua accanto alla propria mano e a urlare un disperato
Protego – prima che l'incantesimo di Disarmo la colpisse in pieno. Con il cuore che martellava a pieno ritmo nel petto e la stretta convulsa attorno alla bacchetta, Lily fissò il professore con la bocca spalancata
Mi ha attaccata! Merlino! Mi ha attaccata veramente! - King, per la prima volta da quando era entrato, sorrise
E per le palle di Godric Grifondoro, tu mi hai respinto – sogghignò – e con gran classe se mi è concesso dirlo – fece una pausa – Signorina... -
Potter...Lily Potter – gli occhi di lui si accesero un istante
Potter eh...già – Hugo sembrava seguire una partita di Quidditch per come faceva roteare gli occhi da lei a King e viceversa. L'uomo tornò a concentrare la propria attenzione sugli studenti alla sua sinistra – Quelli – disse indicando i libri – non – s'interruppe nuovamente e puntò la bacchetta su un ragazzo di fronte a lui, limitandosi ad accennare un “Expelliarmus”, e la bacchetta di lui volò dall'altra parte della stanza – Come volevasi dimostrare, quei libri non vi salveranno in battaglia. Conoscere la “teoria della Difesa Contro le Arti Oscure” non prepara a quello che c'è là fuori. Per niente. - riprese a camminare, e la mano di una Tassorosso del quinto anno si sollevò quasi timidamente
Ma Pro...-
King -
King...perché dovremmo essere pronti a combattere? La Guerra Magica è finita, Colui-che-non-deve-essere-nominato è stato sconfitto e i Mangiamorte sono ad Azkaban. Non c'è più pericolo – era così bella e ingenua, pensò Lily osservandola. Era davvero convinta che solo perché il tronco era stato reciso le radici non cercassero ancora di succhiare acqua? Era veramente convinta che tutto il Male fosse rappresentato da Voldemort?
Il Professor King le concesse un'espressione gentile che quasi stridette con i suoi lineamenti eleganti
Come ti chiami? - lei deglutì e bisbigliò
Rickett, Pro...King...Angie Rickett -
Mi piacerebbe dirti, Angie Rickett, che con la sconfitta di Voldemort è finito il momento di combattere – metà della classe trattenne il respiro nel sentirgli pronunciare quel nome come se niente fosse, e Lily ricordò ancora una volta che solo perché in casa sua non si usava avere paura di niente che non potesse uccidere con una bacchetta in mano, non significava che per tutti valesse lo stesso – ma la verità è che ogni momento potrebbe diventare il momento di combattere. E voi dovrete essere pronti, sempre, ad estrarre la bacchetta per impedire che la storia si ripeta – i suoi occhi neri divennero penetranti e malinconici, più tristi di quanto Lily sarebbe stata disposta ad ammettere. Poi, in un battito di ciglia, si fece nuovamente tranquillo e scrollò le spalle – perciò gettate quei noiosi libri sul fondo del vostro baule e tornate qui con solo la bacchetta e la determinazione di usarla – la campana li avvisò che la lezione era finita, e Lily si sentì come se avesse appena ingoiato un Bolide.
Meno male...sto morendo di fame – mugugnò Hugo alzandosi
Mentre si dirigeva, scossa, verso l'uscita, Lily venne intercettata da King
Signorina Potter? - lei si fermò, deglutendo. Che voleva fare, sfidarla a duello? Ma King non sembrava intenzionato a sguainare le spade nuovamente – ho intuito che il mio teatrino di poco fa non l'ha impressionata – ma sembrava godersela un mondo
Beh, se quell'incantesimo mi avesse centrata probabilmente sarei volata dalla finestra – osservò sarcastica
Ma non l'ha fatto – si limitò a rispondere l'altro. Poi le diede una pacca sulla spalla – mi stia bene signorina Potter – la congedò senza smettere di ridacchiare.
Lily sospirò e si diresse a grandi passi verso la Sala Grande. Su una cosa Hugo aveva ragione: stava morendo di fame.
 
***
 
Scorpius si guardò intorno con circospezione; non poteva credere di essere davvero lì.
D'altra parte, quando il Direttore della tua Casa ti chiede di andare alla capanna di Hagrid e prendere la radice di Asfodelo per una Pozione Soporifera, non è che puoi precisare che l'ex Guardiacaccia di Hogwarts è uno dei mostri delle favole che tuo padre ti raccontava da bambino. No, chiudi la tua dannata boccaccia e vai a prendere la dannata radice del dannato Asfodelo dal dannato Hagrid. Punto.
Così era sceso nella Sala Grande, si era armato di tutta la finta buona volontà del mondo, ed era arrivato fino alla cadente catapecchia dell'ex Custode.
E, ovviamente, l'aveva trovata vuota. Solo il basso ringhio di un cane lo aveva dissuaso dall'usare la magia per entrare e curiosare in giro.
Insomma, quell'uomo era praticamente uno dei cattivi della sua storia, “il cane pulcioso di Silente” lo chiamava suo padre, uno sporco Mezzosangue e Mezzogigante con la passione per le creature pericolose e proibite, come l'Acromantula che aveva portato a Hogwarts un'infinità di anni prima, o Fortebraccio, no, Fierobecco, che aveva quasi staccato un braccio a suo padre al terzo anno...Ripensandoci, forse, quell'Hagrid non era pessimo come sembrava.
Sogghignando si aggirò a passi furtivi attorno alla capanna in rozza pietra e sbirciò all'interno; tutto gridava trasandato e trascurato fino all'inverosimile, da ogni parete pendevano innumerevoli gabbie con esseri strani, drappi di ogni tipo, e l'aria aveva un odore particolare, come un misto fra the, zuppa di cavolo e bruciato.
Incredibilmente, Scorpius si trovò a pensare che quel posto era paradossalmente accogliente. Era una casa vissuta, dai mobili usurati dal tempo e le tende sbrindellate e rammendate un'infinità di volte, appesi alle pareti c'erano ritratti raffiguranti creature dall'aspetto spaventoso, e ovunque troneggiavano fotografie di ogni genere: un drago, un Dorsorugoso di Norvegia avrebbe scommesso, intento a sputare fuoco su uno specchio d'acqua, un Ippogrifo dall'espressione maestosa che si alzava in volo, e un enorme cane dal muso grinzoso, accanto ad un altro...Scorpius dovette battere le palpebre più volte per crederci...cane. Sembrava l'incrocio fra un lupo e un cavallo, il pelo arruffato e il muso affusolato. Ma quello che dell'animale lo lasciò senza fiato furono gli occhi incredibilmente umani che incontrarono i suoi attraverso la stanza. Deglutì, quasi...rispettosamente. Non aveva mai visto un animale che sprizzasse una simile nobiltà. E lui, di cani della “nobiltà”, ne aveva visti anche troppi.
Ma non gli ci volle un genio per capire quali fossero le fotografie a cui il rozzo Guardiacaccia pareva tenere di più: su un mobile in legno particolarmente lucidato e nuovo erano affiancate decine di fotografie che sembravano essere state scattate dalla stessa mano: Hagrid, Harry Potter, il rosso Weasley e quella Granger, la figlia di Babbani che suo padre chiamava semplicemente “Sporca Mezzosangue”, in ogni tipo di posa, in piedi sorridenti davanti ad Hogwarts, sul Lago Nero, davanti all'Espresso per la Scuola. Momenti diversi e anni diversi, stesse persone. Si vide scorrere la vita di quei ragazzi davanti agli occhi, come una serie di fotogrammi in movimento, i sorrisi sulle loro labbra che sembravano aver valicato gli anni. Qualcosa nella loro espressione, perfino in quella di Potter, brillava di una serenità e una complicità che lui non aveva mai provato.
Suo padre, quando parlava della sua adolescenza ad Hogwarts, ricordava le partite vinte, le vessazioni agli studenti, le spille da Prefetto, gli Eccezionale nei GUFO, ma non con lo stesso sguardo. Anzi, alle volte, gli sembrava quasi terrorizzato nel rivivere quei ricordi.
Il Magnifico Potter e i suoi pidocchiosi amici sembravano felici, per davvero, di quel genere di felicità perfetta che si racconta ai figli e si incide nella memoria con le lacrime e il sangue.
D'un tratto, si sentì profondamente curioso di sapere di più, di capire in quale modo quei ragazzi che avevano perso sulla strada una quantità indescrivibile di persone care potessero sorridere in quel modo così fastidiosamente autentico.
Poi c'era Silente, ovviamente, con lo sguardo bonario che suo padre detestava, e Madame Maxime, e tutti i Wealey al gran completo, la McGranitt, persone che lui non riconosceva e altri che non aveva certamente nemmeno mai conosciuto.
Infine, i suoi febbrili occhi grigi e indagatori, si soffermarono su una cornice molto più grande, quattro volte le altre, che troneggiava nell'angolo illuminato della stanza, messa lì quasi cerimoniosamente, come un pegno d'amore: in quella fotografia era ritratta la più folta schiera di persone diverse da far impallidire anche Scorpius. Per quello che poteva vedere, c'era mezzo Mondo magico: Hagrid, Potter, Weasley e tutta la sua famiglia, la Granger, una donna bionda e bellissima che teneva per mano due bambine, e il fratello di Weasley, quello sfregiato da Fenrir Greyback, che teneva in braccio Louis, il finocchio del settimo anno. James Potter, quel maledetto pallone gonfiato che grazie a Salazar aveva levato le tende da Hogwarts, accanto a Potter l'Eroico che non si era sforzato nemmeno di sorridere, ma aveva lo sguardo perso chissà dove...e il bastardo di Lupin e Tonks, Teddy, che era diventato il nuovo professore di Trasfigurazione. Alla sua destra, osservò con un moto di sorpresa, incrociò lo sguardo di Lily Potter, le lentiggini che si vedevano fin da lì, un sorriso enorme e le treccine, aggrappata al braccio di Lupin come se nient'altro al mondo valesse la pena. Ci saranno state trenta persone in quella foto, e nessuna di loro sembrava voler essere da nessun'altra parte.
Cazzo, probabilmente avrebbero dovuto usarli come testimonial della crescita economica quel branco di macchine da riproduzione.
Sospirò, sul camino di casa sua c'erano solo foto in posa con l'espressione “regale” tipica di Draco Malfoy: distaccata e sofferente.
Era la sua famiglia, eppure avrebbe pagato tutti i galeoni che aveva per bruciarsi la testa in quelle foto e fingere di non essere mai stato lì. Fanculo il sangue puro.
Ti serve qualcosa ragazzo? - la voce tonante del Custode di Hogwarts lo fece balzare indietro di due metri
Io...ehm... - bene, quando regalavano l'autocontrollo tu eri a letto con una Puffola Pigmea eh Malfoy? Disse a se stesso maledicendosi per essere stato colto in flagrante. Dannazione, quell'uomo pesava almeno tre quintali e lui nemmeno l'aveva sentito arrivare?!
Eri qua solo per curiosare nella mia capanna o c'avevi anche qualcosa da dire? - il modo con cui lo disse focalizzò finalmente la sua attenzione
La Professoressa Davis mi ha mandato a prendere le radici di Asfodelo per la Pozione Sonnifera – cercò di mantenere un tono sprezzante, ma i grandi occhi cisposi dell'uomo lo scrutavano ancora con intensità
Sei Malfoy - non era una domanda
Lo so – ribatté lui con un sogghigno – ma se mai me ne dovessi dimenticare ti manderò un gufo – non era esattamente un'idea geniale quella di provocare quell'uomo immenso, ma uno dei suoi innumerevoli difetti era quello di non sapere filtrare le parole quando era nervoso. E, malgrado lui non fosse mai nervoso, per Salazar, quando un omone di tre metri con spalle larghe quanto lui era alto lo fissava con quello sguardo da “potrei ucciderti e gettare il tuo corpo in pasto alle Acromantule nella Foresta Proibita”, beh, come dire...anche il dannato Serpeverde sarebbe stato a disagio!
Hai la stessa faccia da scemo di tuo padre – osservò serio
Oh beh, come darti torto – annuì tra sé Scorpius, poi alzò lo sguardo su Hagrid – ti prego di perdonarmi se non soddisfo appieno i tuoi canoni estetici, ma visto che nemmeno tu sei esattamente Priscilla Corvonero dagli occhioni blu, potremmo andare al dunque, così posso tornare a mostrare la mia “ereditaria faccia da scemo” a tutta Hogwarts, e magari portare alla Professoressa Davis la sua dannata radice di Asfodelo? - il Custode rimase interdetto per un attimo, poi scoppiò in una risata così fragorosa che Scorpius avrebbe potuto giurare di aver sentito tremare il prato sotto i piedi.
Sei uno spasso Malfoy...se c'era quella carogna di tuo padre al posto tuo, mi diceva solo di stare zitto perché sono un Mezzogigante e disonoro il nome dei maghi – si batté una mano sul ventre enorme e si diresse verso quello che doveva essere l'orto. Dopo un minuto scarso tornò da lui con ampie falcate e gli porse una manciata di radici ancora piene di terra – eccotele, fresche di raccolta, come ci piacciono alla Davis – Scorpius se le lasciò cadere in una tasca del mantello e ringraziò con un cenno il gigante, che nel frattempo aveva aperto la porta della fatiscente capanna. Un enorme cane ne uscì con un balzo, mettendosi ad annusarlo. Scorpius gli arruffò il pelo sulle orecchie
Che razza di bestia è? - disse infine accorgendosi che l'animale gli arrivava quasi al torace. Hagrid sorrise fiero
L'ho preso da un tipo che ho conosciuto al pub...dice che è un incrocio... -
Un incrocio con un Centauro! – sogghignò Scorpius dando una pacca sulla schiena dell'imponente animale
Gli piaci...vuol dire che non sei proprio una carogna come tuo padre – decretò alla fine l'uomo – buon per te... - Scorpius si limitò a stringersi nelle spalle e a fargli un cenno di saluto prima d'incamminarsi verso il castello. Quando ebbe quasi raggiunto la scalinata che lo avrebbe condotto all'ampio ingresso, la voce del Custode lo raggiunse – Malfoy! Se passi di qui, una volta o l'altra... - il Serpeverde si voltò verso di lui e sollevò un angolo della bocca
Anche se ormai siamo in confidenza non mi sento ancora pronto a rivelare i miei sentimenti... - e si voltò con un ghignò, accompagnato dal roco abbaiare del cane di Hagrid.
 
 
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Spazio della delirante autrice: Ciao!!! Sarò breve, devo solo fare un paio di precisazioni
 
- La Professoressa Davis di Pozioni, Direttrice di Serpeverde, è Tracey Davis, ragazza che secondo gli appunti della Rowling avrebbe frequentato Serpeverde nello stesso periodo di Harry. Non compare nei libri, ma appare, appunto, negli appunti della scrittrice.
- Molti dei ragazzi nominati nel capitolo sono figli di compagni di scuola di Harry...in particolar modo, quelli che decidono di non spostarsi e schierarsi a favore della Difesa Contro le Arti Oscure pratica sono tutti figli di membri dell'Esercito di Silente. Mi piaceva questo accostamento**
Ditemi che ne pensate...alla prossima!!!

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Capitolo 8
*** I Superbi ***


I Superbi

 
Breve pertugio dentro da la Muda,
la qual per me ha 'l titol de la fame,
e che conviene ancor ch'altrui si chiuda,
m'avea mostrato per lo suo forame
più lune già, quand' io feci 'l mal sonno
che del futuro mi squarciò 'l velame.
(Divina Commedia, Inferno, Canto XXXIII, vv 22-27)
 
 
Albus Severus Potter si lasciò cadere svogliatamente sulla sedia di fronte alla grande scrivania di mogano dell'ufficio della Preside Maxime. Il dannato Stan Picchetto aveva fatto di nuovo la spia, e lui era finito, per ordine della professoressa Davis, al cospetto dell'”Autorità Maxima” come la chiamava scherzosamente James.
Ma era stata colpa di Malfoy...era sempre, maledettamente colpa di Malfoy.
Non ricordava esattamente cosa avesse fatto per farlo arrabbiare. C'entrava Lily, e qualcosa che lui gli aveva sussurrato nel corridoio riguardo Teddy.
Con certezza sapeva solo che aveva estratto la bacchetta, e Malfoy la sua, ed avevano cominciato a duellare nel mezzo del corridoio del secondo piano, centrando per sbaglio un ragazzino del primo anno con una Fattura Gambemolli e una bionda Serpeverde del settimo anno con uno Schiantesimo. Il ragazzino era finito in infermeria, la Serpeverde li aveva affatturati, senza conseguenze, per fortuna, e se n'era andata infiammata dalla collera. Poi quell'idiota di Malfoy aveva sogghignato dicendo che suo fratello James era molto più “divertente” ed era comparso Stan Picchetto, il dannato Custode, e li aveva sbattuti dalla Davis. Malfoy ne era uscito con una punizione serale di un mese che poteva essere tradotta con “Pulire le cacche dei gufi in Guferia” e lui, giacché non avevano ancora scelto il Direttore della sua Casa, era stato mandato senza troppi complimenti dalla gigantessa, che ora lo fissava infuriata dall'altra parte della scrivania
Potter – sospirò dando al suo nome una preoccupante inflessione francese – spiegati - Ma lui non aprì bocca, incrociando le braccia al petto, furente. A che sarebbe servito spiegare a quella donna quanto la sola presenza di Malfoy ad Hogwarts significasse giustificare certi comportamenti banditi dal Mondo Magico? Come poteva dirgli che quel dannato Serpevede camminava tronfio nella scuola con quel suo dannato sangue puro come se fosse uno scudo contro l'autorità, e il potere di decidere chi meritava o meno di essere lì? Madame Maxime gli avrebbe detto che non erano affari suoi preoccuparsi di questo, che c'erano gli insegnanti, e lo avrebbe punito.
Suo padre non si sarebbe fatto mettere i piedi in testa; Silente non avrebbe fatto finta di niente, e nemmeno la McGranitt...nemmeno Piton!
Non ho niente da dire... -
Secondo le regole di questa scuola dovrei punirti – decretò – ma ero qui quando tuo padre frequentava Hogwarts, l'ho conosciuto un petit peu, al Torneo Tre Maghi sai...ero lì quando è comparso sconvolto e ferito con la Coppa stretta in una mano e il corpo di Cedric Diggory morto nell'altra. Ero lì anche quando ha tirato fuori dal Lago Nero tua zia Gabrielle perché Fluer non era riuscita a raggiungerla...mon Merlin... - sorrise, abbandonandosi ai ricordi – quello che voglio dirti Albus è che io so perché ti comporti così, lo so – lui la fissò come se non lo pensasse affatto – sei testardo e non sopporti che qualcuno possa sottomettere il prossimo in nessun modo. Ma non puoi combattere tutte le ingiustizie del mondo solo sfoderando la bacchetta... - sorrise
Mio padre lo ha fatto – gli occhi grandi di lei si dilatarono ulteriormente, poi fece per dire qualcosa, ma si trattenne, come se non volesse spiegargli qualcosa che riteneva dovesse comprendere da solo.
Si alzò dall'imponente sedia in legno massiccio e gl'indicò con un gesto un armadietto colmo di ampolle. Su ognuna di esse campava una scritta vergata con calligrafia ordinata. Sembravano vuote, a prima vista, ma in realtà erano piene di un qualcosa di perlaceo, né liquido né gassoso, né solido, un fluido che aveva la consistenza dei pensieri.
Armeggiò con un mobiletto e ne estrasse una sorta di bacile ricolmo dello stesso liquido contenuto nelle boccette. Lo posò senza sforzo sulla scrivania e incrociò le braccia al petto
Sai cos'è questo? -
E' un Pensatoio...mio padre dice che Silente... -
Faceva scorrere qui i suoi pensieri, exactement...ma non è il solo ad aver lasciato alla scuola preziosi ricordi – spalancò un'altra anta dell'armadio e ne estrasse alcune ampolle. Albus riconobbe, su alcune di esse, la calligrafia chiara del padre. Olympe Maxime le dispose ordinatamente davanti a lui – questi sono i ricordi più dolorosi e allo stesso tempo gloriosi che tuo padre, tuo zio Ron e tua zia Hermione hanno lasciato in eredità alla scuola...ce ne sono altri, ovviamente, che non ho la minima intenzione di mostrarti. Ma questi, credo, potranno essere molto illuminanti riguardo – s'interruppe per trovare le parole giuste – l'idea che ti sei fatto di quegli avvenimenti. - lo fissò negli occhi, intensamente, scuri pozzi castani e chiari specchi verdi che si fissavano reciprocamente
So esattamente come sono andate le cose – ribatté lui sulla difensiva
Ah oui? Lo sai? Bien – la donna recuperò le ampolle e le dispose nuovamente nel mobile con i vetri – allora questi non ti serviranno – fece per riporre nuovamente il bacile al suo posto, ma Albus la fermò
Aspetti – balbettò – io...io...lo lasci qui per favore – la Preside gli concesse un sorriso garbato e annuì
Bon... - borbottò allontanandosi a grandi passi dal suo ufficio.
Albus esitò, fece scorrere lo sguardo dal Pensatoio all'armadio, poi di nuovo al bacile, deglutendo. Era una vera e propria violazione della privacy, questo era certo...certissimo, ma suo padre non avrebbe donato quei ricordi se non avesse saputo che qualcuno avrebbe potuto trovare la strada del ritorno grazie ad essi.
Sospirò, si avvicinò e cominciò a scorrere con lo sguardo le ampolle...c'era la Guerra Magica, la morte di Voldemort, quella di Silente, la lotta con Tom Riddle nella Camera dei Segreti, tutte le battaglie che suo padre aveva affrontato nel corso dei suoi anni ad Hogwarts...tutte avventure che lui conosceva a menadito.
Ma qualcosa attirò la sua attenzione; un'ampolla recava una scritta che apparentemente non significava nulla, ma che era vergata con una calligrafia tremolante, emozionata, come se suo padre fosse stato terribilmente scosso quando l'aveva scritto: Stanza delle Necessità, un anno dopo.
Prese la bottiglietta e la scosse lievemente, dopodiché si avvicinò alla scrivania intarsiata della Preside e rovesciò il contenuto della boccetta nel vortice di fluido perlaceo che roteava all'interno del Pensatoio. Stava per conoscere una parte dei pensieri di suo padre, qualcosa di intimo e personale, qualcosa che probabilmente avrebbe cambiato il suo modo di vederlo e vedere se stesso.
Sospirando, immerse il viso nel bacile e attese...
 
“Intorno a lui c'era solo devastazione: la pietra grigia che aveva creduto indistruttibile orribilmente crepata, i lisci pavimenti sui quali aveva mosso i suoi primi veri passi nel mondo, i soffitti dalla maestosa bellezza antica che si frantumavano sotto i suoi occhi impotenti. Niente, né i lampadari, le scale, i quadri, perfino le stesse mura inespugnabili di Hogwarts erano state risparmiate. La sua casa, la casa di Voldemort, distrutta.
Eppure poteva sentirlo, flebile e carezzevole, il debole afflato della speranza.
Ovunque c'erano lacrime, e sangue, e dolore e morte. Ovunque persone che aveva amato come la sua stessa famiglia giacevano immobili sotto veli impolverati, ovunque persone che amava li piangevano in silenzio, sconvolti e attoniti di fronte al destino che non aveva lasciato loro scampo, che non lo aveva lasciato a lui. Ovunque la morte aleggiava senza sosta negli occhi di tutti, nei loro gesti rallentati, deboli, sfiniti. La Guerra era finita, Voldemort distrutto, la pace aveva ripreso il suo posto nel Mondo Magico. Ma a che prezzo? Un prezzo che Harry aveva deciso consapevolmente di pagare, ma Lupin, Tonks, Fred e i Weasley? Abbassò lo sguardo sull'unico gemello Weasley e sui suoi occhi assenti e persi. Sulla signora Weasley e sul marito, che si erano presi cura di lui quando nessun altro sembrava poterlo fare, e non perché era il Bambino Sopravvissuto, il Prescelto, il Campione Tre Maghi...lui era sempre stato Harry, spettinato, denutrito e smilzo, vestito con gli avanzi di suo cugino, gli occhiali rotti e quell'inspiegabile capacità di attirare i guai ovunque andasse.
Lo avevano amato, lo amavano ancora, come un figlio, esattamente come lui li avrebbe sempre amati come una famiglia, tutti loro, dall'alto e dinoccolato Ron alla piccola e rotonda Molly, al sorridente e spericolato George. La Guerra aveva cambiato tutto, ma non questo.
E c'era la speranza. Non restava nulla se non aggrapparsi alla speranza che mai e poi mai quell'orrore si sarebbe ripetuto. Mai...
Harry battè le palpebre, e Hogwarts, maestosa e superba, la sua casa, gli apparve come la ricordava. Ricacciò indietro i ricordi, laggiù, in profondità, dove li aveva sepolti un anno prima, e sospirò. Tutto era tornato alla normalità, eppure tutto era diverso. I suoi migliori amici erano diversi, i loro sguardi, anche colmi di gioia conservavano l'ombra del dolore passato, l'ombra delle vite spezzate che non avrebbero mai potuto vivere il futuro finalmente libero dal giogo di Voldemort e la sua follia.
Quelle persone mancavano attorno a lui come l'ossigeno: percorrere quei corridoi fu come tornare indietro alle risate, le scorribande dei gemelli nel loro ultimo saluto alla Scuola il quinto anno, il viso di Sirius nel focolare della Sala Comune, Lupin che gli sorrideva dal balcone del suo ufficio, Tonks che lo recuperava sghignazzando sull'Espresso per Hogwarts appena prima che ripartisse...e Silente, i suoi occhiali a mezzaluna, le sue parole che gli avevano insegnato tutto, e quei suoi occhiolini nei momenti più impensati, quando ogni cosa sembrava distrutta. E poi ripensò a Piton, a tutto l'odio inutile che aveva provato per lui, a quanto era stato sciocco e cieco, e sordo, a quanto, se fosse potuto tornare indietro, avrebbe lottato per cambiare le cose.
Ma non poteva far altro che camminare avanti e indietro con naso all'insù, come a voler stupidamente controllare che tutto fosse davvero come lo ricordava.
E poi si trovò lì, senza sapere il perché, senza conoscere la ragione per cui il suo istinto lo aveva portato dove un tempo il fato aveva deciso per lui che era tempo di trovare la Stanza delle Necessità. Il simbolo della sua ribellione, della sua presa di coscienza, della sua resa di fronte all'inevitabile realtà del suo destino; eppure, anche il luogo dove aveva conosciuto la sensazione inimitabile di appartenere a qualcosa, di lottare per qualcosa, di fare qualcosa. L'Esercito di Silente era stato una squadra, un team affiatato dove ognuno di loro aveva versato sangue ed energie, dove si era sentito a casa in un momento in cui Hogwarts non lo era più, in cui lo spettro agghiacciante della Umbridge e i suoi Decreti aveva gettato un'ombra su quello che era stato per loro una casa per cinque anni.
Ma in quel momento, la Stanza delle Necessità era solo un altro capitolo distrutto del suo passato.
Stupidamente, impugnò la bacchetta e la puntò verso la parete invocando un Incantesimo Riparatore con la forza del pensiero. Non successe nulla. Il muro rimase immobile.
Harry, cosa stai? - Hermione e Ron lo raggiunsero dalle scale, con un'espressione interrogativa sui volti così diversi
E' la Stanza delle Necessità – disse semplicemente lui, continuando a pronunciare quell'incantesimo nella sua mente.
In qualsiasi altro momento, Ron lo avrebbe fissato con quella sua espressione imbarazzata, quella con cui era solito fargli capire che la sua idea malsana era assurda, ed Hermione avrebbe cominciato a snocciolare motivi per cui era impossibile riparare qualcosa di distrutto dall'Ardemonio.
In quel momento, entrambi sollevarono la bacchetta in silenzio, i visi concentrati e attenti, la determinazione di cambiare quello che non si poteva cambiare con lo stesso spirito ribelle e cieca fedeltà che li aveva tenuti saldamente uniti per anni.
Harry! - Ginny, Neville, Luna e un altro paio di studenti che si dirigevano a grandi passi verso il cortile illuminato dal sole si bloccarono alla vista dei tre così ferocemente impegnati in quella battaglia senza parole.
Per Diana! - osservò un George trafelato con una pila di scatole di Pasticche Vomitose fra le braccia – stanno cercando di riparare la Stanza delle Necessità! - altre bacchette, accompagnate solo dal rumore delle caramelle che rotolavano lungo il corridoio, s'innalzarono fieramente verso la parete ancora cieca, muta e distrutta.
Lentamente, come se il silenzio concentrato di quello strambo gruppetto avesse attirato l'attenzione di tutti, la metà delle Case di Hogwarts si raccolse attorno a loro, chi con lo sguardo attonito, e chi con un sorriso sulle labbra e un incantesimo riparatore nella mente.
Non accadde niente. Non accadde nulla nemmeno quando la Professoressa McGranitt, accorsa per sparpagliare la folla, si unì al gruppo con uno scintillio di comprensione dietro la montatura severa degli occhiali, o quando il professor Vitious, la professoressa Sprite, la professoressa Sinistra addirittura, con la sua aria spettrale e vagamente inquietante, sussurrando qualcosa a Neville, sollevarono le loro bacchette verso quella che un tempo era stata la Stanza delle Necessità.
Passarono infiniti minuti in cui nessuno parlò. Alla fine, la razionale McGranitt si voltò verso Harry con espressione grave
So quanto è importante per te tutto questo Potter, ma l'Ardemonio è... -
Silente non si sarebbe arreso – sussurrò Harry a denti stretti, con il braccio tremante per lo sforzo di serrare le dita attorno alla bacchetta
Ma... - esitò Seamus Finnegan con la bacchetta all'altezza dell'ombelico – Silente non è qui Harry – non li disse per ferirlo, né per sottolineare l'ovvio. Lo disse come se quel fatto fosse così rovinosamente doloroso da infondere la paura il solo pronunciarlo ad alta voce. Il suo sguardo si perse, come se qualcosa mancasse ancora, nonostante tutto, per rendere completo quel giorno, quell'attimo, la vita stessa
Così Harry lo fece, malgrado il dolore, e la paura, e la frustrazione, malgrado il pungente senso di fallimento e perdita che la morte di Silente aveva portato con sé, Harry pronunciò quelle parole
Sarà qui finché chi gli è fedele lotterà per lui – lo sputò fuori a denti stretti, come una formula magica, come aveva fatto tante volte quando la fiamma della speranza si era spenta portandosi via la sua voglia di lottare. Lo disse come se il solo pronunciare quelle parole potesse lenire la sofferenza, risanare la ferita, e riempire la voragine che il Preside aveva lasciato dentro di loro
Ha ragione! - Hermione continuava a fissare risolutamente la parete, con la sua divisa scolastica inamidata e la sua pergamena di MAGO sotto il braccio, ma sorrideva, la luce determinata che l'aveva sempre contraddistinta a illuminarle lo sguardo – Silente avrebbe voluto che la Stanza tornasse a esistere...questa stanza è parte di Hogwarts, è parte di tutti noi, è parte di lui...e noi dobbiamo restituirla alla Scuola, glielo dobbiamo, e lo dobbiamo a Silente – Ron la guardò con quello sguardo carico di orgoglio e d'amore che aveva finalmente smesso di mascherare dietro a tutt'altro, e parlò, con la sua voce chiara e tonante
Per Silente! -
Per Silente! - ripeté la voce di Ginny alle spalle di Harry, così come quelle di George, Luna, Neville, Dean, Seamus, Calì e Padma Patil, Justin Finch-Fletchley, e un coro di voci attorno a loro.
Con una lacrima a segnarle il viso antico, la McGranitt annuì gravemente, sorridendo
Per Silente – e poi, accadde: un canto lontano, remoto come la morte e il ruotare della Terra, sembrò unirsi a quel coro come la sua naturale colonna sonora, un canto di speranza, nella sua forma più pura. Funny, la Fenice dalle piume di fuoco, planò su di loro con un verso di Bentornato e una bacchetta fra le zampe. La lasciò cadere fra le mani di Harry e si posò sulla spalla della Preside
Funny – Harry strinse fra le dita la Bacchetta di Sambuco, con gli occhi umidi e il ricordo di un altro momento negli occhi. Si voltò verso la McGranitt – Professoressa -
Oh no Potter, sei tu “l'uomo di Silente” - e ammiccò, proprio come avrebbe fatto lui, proprio come Harry amava ricordarlo. Con un sospiro sollevò la Bacchetta di Sambuco e sussurrò
Reparo – assieme alla sua, le altre bacchette tremolarono. Un potente getto di luce bianca eruppe dalla punta di quella che stringeva convulsamente fra le mani e si schiantò in un'onda di scintille sulla parete distrutta della Stanza delle Necessità. Lentamente, come se perfino per la bacchetta fabbricata dalla Morte avesse difficoltà a sovvertire gli effetti dell'Ardemonio, i cardini scavarono dolorosamente nella pietra, le sottili linee della trama di acciaio dell'enorme portone sembrarono materializzarsi dalla dura roccia, e il legno scheggiato prese forma riempiendo gli spazi lasciati dallo scheletro lucente. Poi uno strano calore sembrò riempire Harry di rinnovata serenità, e altre luci, altre bacchette, altri incantesimi accompagnarono il suo e quello di coloro che lo circondavano
Bel colpo ragazzo – la voce di Sirius, dolorosamente familiare, raggiunse il suo orecchio. Con uno scattò che quasi gli fece precipitare la bacchetta di mano, Harry si voltò incontrando gli occhi grigi e fieri del suo Padrino. Accanto a lui un trafelato Lupin e una Tonks dagli straordinari capelli rosa chewingum gli sorrisero abbracciati
Fred! - George osservò il sogghigno del suo gemello con gli occhi umidi e spalancati
Merlino George! L'ho detto che sono sempre stato il più bello! - ribatté l'altro con la bacchetta sollevata. In un attimo, tutta la sua famiglia si raccolse attorno a lui tentando di abbracciarlo; ma nessuno di loro era lì, Harry lo sapeva. Non erano fantasmi, o proiezioni della sua mente, ma non erano nemmeno corporei, erano...doni.
Siamo fieri di te tesoro – sua madre gli accarezzò il viso, e suo padre gli diede una pacca sulla spalla
Ce l'hai fatta – James gli sorrise, la bacchetta sollevata che emanava la stessa abbagliante luce di tutte le altre.
Harry Potter ha salvato Hogwarts! Dobby lo sapeva che Harry Potter ce l'avrebbe fatta! – l'elfo domestico alzò lo sguardo su di lui ai suoi piedi con le terribili orecchie da pipistrello fieramente sollevate e il calzino che gli aveva donato la libertà orgogliosamente infilato lunga la gambetta ossuta.
L'occhio di vetro di Malocchio Moody roteò senza posa sul gruppetto con un sogghigno
Per la barba di Merlino ragazzo...guardati le spalle! - ma sorrideva, la faccia incredibilmente deforme che appariva quasi dolce nella lieve sfumatura del ricordo.
Quello che Harry provava nessuna parola avrebbe mai potuto esprimerlo. Si sentiva...colmato...riempito di una così accecante e perfetta felicità che sapeva non sarebbe potuta durare, ma che, in futuro, avrebbe ricordato vividamente. Quelle persone, tutti loro, non li avrebbe mai dimenticati.
Un penetrante stridio si avvicinò in picchiata e una civetta candida gli si appollaiò sulla spalla
Edvige! -
La sua vista era completamente appannata dalle lacrime che non si era accorto di aver versato quando altre due figure affiancarono sua madre e la McGranitt
Ci hai vendicati – sussurrò per sempre giovane e bello Cedric Diggory con la divisa del Torneo Tre Maghi che luccicava sotto il getto della Bacchetta di Sambuco. Gli indirizzò un sorriso timido, e sollevò la bacchetta, la bacchetta che non gli aveva salvato la vita, ma che lì, in quel momento, era la luce che avrebbe riportato la speranza fra quelle mura.
Sempre a caccia di applausi eh Potter? - il tono che Severus Piton usò per quelle parole non sembrò per nulla familiare ad Harry, eppure seppe con certezza che era lui per il sorriso che sua madre gli indirizzò
Grazie – e per la battuta di suo padre
Sempre pungente è Mocc -
James! - lo rimproverò Lily
Sì James, lascia in pace Mocciosus, non vedi che è morto? - Sirius sogghignò in quel suo modo così naturalmente affascinante che anche Hermione roteò gli occhi
Black...è un tormento incontrarti – Lupin intervenne con un sospiro
Ragazzi, dobbiamo proprio? - indicò ai tre la folla che li guardava allibita.
Tutti e tre tacquero, senza smettere di fissarsi di sottecchi. Tutta cambia, e tutto resta uguale.
Harry avrebbe riso, se solo avesse avuto la forza di fare qualcosa oltre che serrare le dita intorno alla bacchetta e pregare che la Stanza delle Necessità impiegasse ancora per lo meno un anno a sistemarsi. Ma sapeva, sapeva che mancava solo una persona all'appello prima che quel meraviglioso sogno ad occhi aperti svanisse. Erano lì perché quello era esattamente ciò di cui Harry e tutti loro avevano bisogno, ma appena l'ultimo complicato intarsio del portone fosse stato al suo posto, tutti loro sarebbero tornati indietro, ovunque fosse la loro casa.
Albus Silente spalancò le braccia maestosamente, come era solito fare ai Banchetti di Bentornato quella che sembrava ormai una vita prima. Poi i suoi occhi di un azzurro straordinario si posarono su Harry, e un ampio sorriso gl'increspò la barba. Harry temeva che avrebbe detto qualcosa a proposito dei Bastoncini di Liquirizia o avrebbe chiesto a Ron una Cioccorana, ma il Preside si limitò a sorridere con quel misto di tenerezza e malizia, e a fargli l'occhiolino. Un addio senza parole, il suo. D'altra parte, Albus Silente non era mai stato un tipo che amasse le chiacchiere oziose.
E Harry gli sorrise, colmo di quella gratitudine inesprimibile che li univa da sempre, quella muta complicità fatta di sguardi e di fiducia, reciproca, fino alle sue estreme conseguenze.
Infine guardò tutti loro, sentì tutti loro in quella cacofonia di sentimenti che gli colmavano il petto, e respirò la loro presenza confortante e amica, un'ultima volta, aggrappandosi a quegli ultimi istanti di perfetta felicità che provava, che traboccava da lui riversandosi all'esterno. Un mare di occhi, grigi, verdi, azzurri e castani, perfino quelli cangianti di Tonks, cantarono in silenzio, assieme a Funny ed Edvige, l'addio ai loro cari.
Dopo quella che sembrò loro una vita, l'entrata della Stanza delle Necessità si spalancò con tutta la sua maestosa gloria, e, lentamente, ognuno di loro scomparve, così com'era venuto.
Harry li guardò svanire, malinconico ma sollevato, in un turbinio di luce e di sorrisi.
La porta della Stanza delle Necessità si richiuse cigolando...aveva fatto il suo dovere.”
 
Albus si trovò accovacciato a terra, in posizione fetale, con le ginocchia ossute che premevano contro la montatura rettangolare degli occhiali da lettura.
Si mise a sedere, metabolizzando quanto aveva appena visto; d'un tratto si rese dolorosamente conto di cosa suo padre avesse davvero affrontato alla sua età, e si vergognò di aver invidiato la sua sicurezza, la sua forza d'animo e il suo successo. Si vergognò profondamente di aver aspirato ad imitare le sue gesta, a combattere le ingiustizie e lottare contro i Mangiamorte in epiche battaglie dal finale incerto. Se ne vergognò perché il dolore, la perdita e la sconfitta, nelle sue fantasie di adolescente, non erano altro che parole di contorno per rendere il tutto più emozionante.
La verità era che suo padre aveva perso molto più di quanto chiunque altro avrebbe sopportato senza impazzire, ed aveva nel suo cuore uno spazio sconfinato per ricordare con amore coloro che lo aveva lasciato lungo il cammino: aveva sempre sentito gli adulti scambiarsi aneddoti sul folle Sirius, il saggio Silente, il dinamico zio Fred, il coraggioso Piton, ma per lui quelli erano sempre stati solo nomi, eroici e indimenticabili, certo, venerati e ammirati nelle serate trascorse a sfogliare gli album delle fotografie, ma mai reali. Il dolore di perderli, per lui, era stato qualcosa di vago e lontano, più lontano della gloria e la vittoria, dell'adrenalina della lotta.
In quel momento, con il petto oppresso dalla nostalgia, ebbe solo una vaga idea di come Harry dovesse essersi sentito in quei momenti, e si sentì schiacciato e inerme. Ma consapevole.
Suo padre non avrebbe voluto combattere tutte quelle battaglie, vi era stato costretto dagli eventi, dalla situazione. Aveva perso persone che amava lungo il cammino, e tutto per il senso di giustizia che lo animava, per il suo coraggio.
Ma, più di ogni altra cosa, e questa consapevolezza bruciava più di ogni altra, era per ricostruire che lui aveva voluto estrarre la bacchetta, non per punire. Per salvare e difendere, non per attaccare. E aveva mostrato pietà, verso Malfoy, quando era stato il momento. Che diritto aveva lui, stupido e superficiale, di credersi sempre in guerra quando non aveva nemmeno la lontana idea di cosa si provasse ad esserci davvero?
Fu così che un altro Albus Severus Potter uscì dall'ufficio della Preside quel pomeriggio, un Albus Severus che sentiva il peso delle persone grazie alle quali portava il suo nome, e tutta la determinazione di onorarne la memoria.
 
***
 
E' sempre un piacere vederla signor Malfoy – il ghigno perversamente divertito di Stan Picchetto lo accompagnò fuori dall'ufficio del Custode con un untuoso rivolo di sudore che gli scivolava lungo la fronte umidiccia.
A mezzanotte passata di una sera di settembre che sembrava avvertirlo con decisione che l'autunno ormai era alle porte, Scorpius Hyperion Malfoy osservò le proprie mani callose coperte di vesciche da sfregamento. Quel dannato Custode lo aveva costretto a grattare via merda di gufo per ore prima di decidere che era abbastanza pentito per aver “quasi sfigurato il signor White con una Fattura Gambemolli”. La Davis, alle volte, non aveva esattamente il senso della realtà.
Si strinse addosso la giacca della divisa incrostata di escrementi e maledì se stesso per non aver comunque portato la bacchetta. Nel posto dove stava andando, certamente, nessuno avrebbe finto di non vederlo ricoperto di guano di volatile dalla testa ai piedi. Merlino, puzzava anche di guano di volatile dalla testa ai piedi!
Arrivò al piano terra e si guardò intorno: avrebbe potuto fare una scappata nei dormitori e darsi una lavata, ma l'appuntamento era a mezzanotte nella Stanza delle Necessità, e lui era già in ritardo di dieci minuti.
“Quella gente non ama aspettare” gli aveva sussurrato all'orecchio Frances Ilbys quella sera a cena, alzandosi dal Tavolo di Serpeverde con noncurante civetteria. Nel vederla flirtare con tutti, indistintamente, Scorps si era chiesto come potesse fingere così bene di essere superficiale e vanesia, quando di lì a poche ore avrebbe presenziato ad un'assemblea segreta per sovvertire l'ordine costituito e attaccare il sistema magico nelle sue fondamenta.
Per quanto fortemente convinto che quel progetto fosse folle e ingestibile, Scorpius aveva deciso di dare una chance a quella mandria di repressi visionari che Fran osava chiamare “la mia gente”.
Perciò si era trascinato fino al corridoio del settimo piano, sporco e maleodorante com'era, sperando di potersela svignare ad un'ora che contemplasse per lo meno lontanamente la possibilità di dormire un po' prima di affrontare il primo serratissimo allenamento di Quidditch, programmato per la mattina seguente.
Quando svoltò l'angolo accorgendosi a malapena di dove stava andando, uno sbuffo stizzito lo distolse dai suoi pensieri
Era ora – Frannie gli si avvicinò quasi correndo, e le sue ballerine firmate Gabrielle Delacour ticchettarono sulla pietra liscia del corridoio. Gli occhi di lei si strinsero sulla massa arruffata dei suoi capelli biondi, il nodo allentato della cravatta, la camicia penzolante fuori dai pantaloni stropicciati della divisa, e la giacca ricoperta di polvere e pezzetti di cacca di gufo secca – che-diavolo-è-successo – scandì a denti stretti. Scorpius sorrise conciliante osservando un tizio dalla massiccia corporatura da Battitore che lo guardava sospettoso, e tornò a rivolgersi alla ragazza
Punizione in Guferia – mimò senza parole, mentre Frances sospirava ed estraeva la bacchetta
Gratta e netta – borbottò stizzita mentre la divisa di lui si sistemava magicamente e la giacca sembrava appena uscita dalla "Magica Lavanderia Cleaner&Figli dal 1234" di Diagon Alley. Osservando il risultato complessivo sembrò soddisfatta – gli altri ci stanno aspettando – poi lo fissò dritto negli occhi e serrò la mandibola delicata – sto rischiando con te Malfoy, perciò vedi di non mettermi in imbarazzo – sentenziò – e sistemati quella cravatta, sembri il figlio sciatto di qualche Mezzosangue – poi riesumò un'espressione rilassata e felice, e sorrise falsamente al gruppo ormai nutrito di studenti che li guardava impaziente – Siamo pronti – Scorpius la guardò scivolare silenziosamente sul pavimento e si chiese quante dannate Frances Ilbys doveva scoprire prima di poterla per lo meno definire "conoscente".
 
***
 
Albus la fissò con sguardo duro, braccia conserte e mento sollevato. Sembrava il fratello minore da sculacciare anzichè un promettente mago di diciassette anni che avrebbe conseguito i suoi MAGO senza il minimo sforzo. Eppure...eppure sembrava sempre alla feroce ricerca di un motivo di biasimo da parte di tutta la sua famiglia, come se essere "quello intelligente" fosse una maledizione senza perdono anzichè un'immensa arma.
Al -
Non cominciare Rose – ribattè secco lui
Non cominciare tu! - Teddy lo osservò da sotto un ciuffo di capelli ramati – Albus, tuo padre... - il Grifondoro sbuffò
Cosa? Ti ha mandato qui a farmi la guardia? - d'un tratto, un otre di cose mai dette, e a stento trattenute scivolò fra loro nel silenzio di quei pochi secondi. Hugo, Rose, e perfino Lily, che fino ad allora era rimasta seduta alle spalle di Albus fissando Teddy e Rose con sguardo ostile, rimase allibita per un secondo. Ovviamente c'era qualcosa che non sapeva.
Teddy rimase estremamente calmo, malgrado un lampo di mesta consapevolezza gli avesse attraversato lo sguardo
Cacciarsi nei guai non servirà a... -
Oh piantala Teddy! - Lily sbottò sollevando gli occhi al cielo – ha duellato con Malfoy nel corridoio, una Fattura Gambemolli ha beccato per sbaglio un ragazzino del primo, e hanno Schiantato quella sciacquetta di Eloise Burrows che avrebbe dovuto essere a lezione – sbuffò – e allora? Insomma, stiamo parlando di Malfoy! Godric lo sa che meriterebbe ben più di uno Schiantesimo! - Rose la guardò come se avesse appena ingoiato un rospo, e Hugo sogghingò dietro la sua scacchiera magica, prestando a malapena attenzione al gioco ancora imbambolato di Lance Wellington, il primo mago della sua famiglia, che trascorreva ancora metà del tempo a disposizione a fissare sbalordito gli alfieri sguainare la spada e trafiggere gli ignari pedoni.
Non si tratta di chi o che cosa ha Schiantato, Lily! - il tono di Teddy era lo stesso con il quale si rivolgeva loro al sicuro dietro le confortanti pareti di casa Potter: accomodante e cattedrattico – e nemmeno di rispetto per le regole di Hogwarts. Si tratta di mostrare superiorità verso persone come Scorpius Malfoy e la sua cricca, che pensano di poter dominare questa scuola solo perchè credono che il loro sangue glielo permetta. Si tratta di ignorare le loro provocazioni e mostrare ai vostri compagni che non dare loro importanza è l'arma più affilata che avete. - i suoi occhi azzurri incontrarono quelli di Albus, di una sfumatura brillante e cangiante di verde, quasi gialla alle volte, ma che quella sera assumeva le tinte fosche della Foresta Proibita e dell'erba di prato dell'autunno alle porte – Si tratta di essere più forti, ma non perchè siete stati più veloci ad estrarre la bacchetta, ma perchè avete sguainato qualcosa che la maggior parte dei Serpeverde non ha: il buonsenso -
Oh certo, perchè i nostri genitori hanno vinto la Guerra Magica con vagonate di "buonsenso"! - sbottò Lily alzando gli occhi al cielo
No, probabilmente no, ma i nostri genitori, tutti loro – la sua tristezza strisciò sulla pelle di Lily tanto da farla sentire in colpa – non hanno rischiato la vita perchè i loro figli usassero la bacchetta al posto del cervello – il suo tono divenne duro, non nei confronti di Lily, o Albus, ma verso se stesso, per aver fallito in qualcosa che nemmeno riusciva a spiegare. Teddy aveva sempre l'espressione di qualcuno che aveva fallito in qualcosa. Spesso, quel qualcosa, era solo nella sua mente.
Quella gente – intervenne Rose, stranamente taciturna quella sera – non ha niente da perdere. Non hanno più nemmeno un nome o un incarico importante al Ministero da sventolare in faccia ai figli di Babbani – questo pensiero sembrò compiacerla – lo sanno tutti che Kingsley Shacklebolt seleziona personalmente i candidati da quando è diventato Ministro – giocherellò distrattamente con la pagina del libro di Incantesimi che aveva letto fino a quel momento – Hanno solo il sangue, e la convinzione che possa salvarli dal disastro – inspirò, scambiandosi un'occhiata intensa con Teddy – ma tu, Albus, sei il miglior mago che Grifondoro abbia avuto da...probabilmente da Lily Evans...la magia è parte di te, così come la tua testaccia dura – tutti sapevano quanto difficile fosse per Rose ammettere che Albus se la cavava meglio di lei praticamente in tutto senza il minimo sforzo, ma gli voleva bene, era immensamente fiera di lui, e per niente al mondo avrebbe permesso alla sua tenace battaglia contro se stesso di distruggere le sue prospettive. Inspirò – Quello che sto cercando di dire è... -
E' che puoi fare a strisce il sedere pallido e ossuto di Malfoy solo se poi non ti fai beccare – concluse Hugo con un sorrisone – così non comprometterai l'immacolata immagine di "bacchetta d'oro" di noi Grifoni, e Rose potrà togliersi il manico di scopa dal sedere e rilassarsi un po' -
Quello che Rose ha tentato di dire – intervenne infine Teddy con un sorriso indulgente verso Hugo – è che vali molto più di così, Al, ma forse ti serve che qualcosa te lo ricordi. - Albus aprì bocca per ribattere che qualcosa glielo aveva ricordato eccome, che non si trattava più della Guerra Magica fra lui e Malfoy, ma Teddy lo precedette – comunque Malfoy è stato punito per il suo comportamento. Il suo nome non lo ha risparmiato, e non lo farà neanche il tuo – Albus lo fissò sbalordito, ma fu Lily a parlare
Cosa? - Teddy si mise a sedere, sistemandosi la giacca marrone che portava sulla camicia verde scuro e i calzoni neri che aveva indossato quel giorno. Era notte inoltrata fuori dalle finestre, e malgrado la mattina dopo non ci fossero le lezioni, la maggior parte degli studenti era già a letto, stremata dalle fatiche della settimana e in ansia per le selezioni del Quidditch del week end; loro cinque, più un sempre più allibito Lance Wellington, erano gli unici rimasti a discutere sommessamente nella Sala Comune.
La Preside Maxime ha deciso di nominarmi Direttore della Casa Grifondoro...e sì – precedette un commento sarcastico di Lily – lo ha fatto per tenere sotto controllo voi due – inclinò il capo con un mezzo sorriso – e anche me, probabilmente – sospirò con un misto di tristezza e rassegnazione, e sbadigliò – credo che per me sia il momento di andare – Rose lo imitò, e lanciò un'occhiata significativa al fratello
Hugo, non hai le selezioni per il Quidditch domattina? - i suoi occhi color cioccolato si mossero velocemente ed eloquentemente verso i dormitori. Hugo, contrariamente ad ogni aspettativa, capì, così come Lily e Albus, che però finsero di non vedere
Ti straccerò domani Welby -
Wellington! -
Quel che è... - Hugo strizzò l'occhio ai suoi migliori amici e si dileguò con Rose e il Grifondoro del primo anno verso i dormitori.
Teddy sospirò
Buonanotte ragazzi – i suoi occhi non si fermarono su Lily nemmeno un istante di troppo. Dopodichè si voltò e se ne andò
Teddy – Albus si alzò dalla soffice poltrona sulla punta della quale era rimasto accovacciato per tutto il tempo, tormentandosi i pugni serrati. I suoi occhiali da lettura rimandarono a Teddy il proprio riflesso lievemente distorto
Mi dispiace di essere stato duro – sospirò Teddy passandosi una mano fra i capelli rossicci scarmigliati – so che non sei stato tu a cominciare, e so che... -
Sono stato io a cominciare, e lo sai bene – sussurrò Albus ben attento che Lily non li sentisse. Sua sorella lo avrebbe difeso in qualsiasi caso, era un patto silezioso che avevano sin da bambini, quando si coprivano a vicenda i furti delle frittelle di Natale alla Tana, ma non voleva costringerla a scegliere chi spalleggiare, non in quel momento – io ho estratto la bacchetta per primo e io ho lanciato il primo incantesimo – ammise serio in viso – e sarò punito perchè lui è stato punito –
Questo è molto maturo -
Non lo è. Noi e i Malfoy ci detestiamo dalla notte dei tempi; praticamente da quando Godric Grifondoro e Salazar Serpeverde camminavano su questa terra. I nostri padri si sono detestati, probabilmente anche i nostri nonni, e i nostri figli si odieranno perchè è così che deve andare. - s'interruppe, gustandosi il mutare repentino delle espressioni sul viso dell'altro – Ma questo non significa che debba tradurre in azioni tutti i miei pensieri omicidi che lo riguardano... - sorrise brevemente, le spalle che gli dolevano per lo sforzo di stare eretto, come se il peso delle parole che avrebbero seguito quel sorriso fossero un magigno più pesante di Hagrid da sollevare. Deglutì – Non è per questo che ti ho seguito – setacciò la propria mente per trovare le parole giuste da dire: Teddy era come un fratello per lui, forse qualcosa di più. C'era sempre stata un'affinità particolare fra loro, eletiva quasi, come se nel loro sconfinato amore per i libri e il silenzio pensoso avessero trovato un terreno fertile sul quale costruire la loro fraterna amicizia. Ma c'erano crepe, profonde, quasi insanabili, nel loro rapporto, e una di quelle crepe stava probabilmente per diventare un burrone – Scorpius Malfoy è la peggior specie di stronzo presuntuoso che la combinazione del suo DNA potesse produrre; usa le debolezze delle persone per ferirle e le mancanze per offenderle, ma non è un bugiarlo, nè un vile – nel guardarlo in quei brillanti occhi verdi colmi di adolescenziale determinazione, Teddy avrebbe voluto essere James, per potergli dare un buffetto sulla spalla e abbracciarlo, farlo sentire a casa, nonostante tutto, farlo sentire a suo agio nella sua pelle. Ma, se conosceva abbastanza Albus, sapeva che non c'era niente, a parte un buon libro o un'intensa partita a scacchi, che potesse farlo sentire meglio in quel momento. Aveva bisogno di arrabbiarsi, sfogarsi, sputare fuori la sua frustrazione, aveva bisogno di qualcuno contro cui scontrarsi. Lui era quel qualcuno, lo era da sempre.
Albus -
Mi ha detto qualcosa, in quel corridoio, qualcosa che non ho minimamente considerato finchè non mi sono calmato e non ci ho riflettuto – se era stato più agitato di quel momento, si stupiva che la Preside Maxime non lo avesse Incantato
Qualsiasi cosa abbia usato contro di te per provocarti è solo... -
Lui sa, Teddy, non so come, nè cosa farà adesso, ma lui sa di Lily...e di te. - inspirò – e anch'io – gli occhi azzurri di Teddy si dilatarono per la sorpresa, mentre cercava nella sua mente qualcosa da dire che aggiustasse le cose
Ci sono cose che non puoi capire Al – l'altro serrò la mandibola con uno schiocco
So solo che lei ha sofferto e che io ero lì, e so che qualunque cosa abbiate deciso di fare sono affari vostri. Ma lei è mia sorella, e tu sei la cosa più vicina ad un fratello maggiore che io abbia, qui a Hogwarts. E capisco solo che non m'importa se nostro padre non avrà le palle per dirtelo perchè ti vuole troppo bene...io le ho, e ti posso promettere sulla tomba degli uomini di cui porto il nome, che se ti azzardi a farle del male di nuovo, non ci sarà punizione abbastanza dura che mi impedisca di venirti a cercare – espirò rumorosamente, lasciando uscire l'aria a scatti nervosi – E non sarò armato di buonsenso – i due si squadrarono per lunghi istanti, l'uno con l'espressione distrutta di chi non riesce a spiegare, l'altro con la testarda determinazione di chi non vorrebbe comunque capire.
Alla fine Teddy sollevò entrambe le mani, in segno di resa
Conosco abbastanza bene tua sorella da sapere che s'infurierebbe se sapesse di questo – disse con calma – non ti permetterebbe d'immischiarti nella sua vita senza consultarla, ma tu la ami, e io ti rispetto – sorrise mestamente – probabilmente è perchè la amo quanto te che ti dirò questo, Albus – inspirò profondamente, come se avesse bisogno di tutte le forze possibili – se le ho mai fatto del male, è stato per proteggerla. Proteggerla è tutto quello che posso fare per lei, e continuerò a farlo...e se per farlo sarò costretto a ferirla, io lo farò. Distruggerà più me che lei, ma lo farò. Perciò, beh, spero solo di essere più svelto di te quando verrai a cercarmi con la bacchetta sguainata – poi gli voltò le spalle e l'oscurità del corridoio lo inghiottì come un'ombra.
Albus era certo che lo sarebbe stato, ma non gl'importava.

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Capitolo 9
*** I Traditori ***


I Traditori
 
 
Parte sen giva, e io retro li andava,
lo duca, già faccendo la risposta,
e soggiugnendo: "Dentro a quella cava
dov'io tenea or li occhi sì a posta,
credo ch'un spirto del mio sangue pianga
la colpa che là giù cotanto costa".
(Divina Commedia, Inferno, Canto XXIX, vv 16-21)

 
La Stanza delle Necessità, per l'occasione, era gremita di ritratti di maghi famosi, rigorosamente Purosangue, drappi verde-argento agli angoli di ogni parete, e una serie di comode poltrone imbottite di pelle nera disposte in cerchio attorno ad un tavolo, sul quale troneggiava un'imponente clessidra dalla sabbia purissima, che sembrava scorrere in modo diverso a seconda di chi era a prendere la parola. Era straordinariamente imparziale nel decidere chi valeva la pena di ascoltare.
Quando Ardhesia Nott sollevò l'affusolata mano bianca, fu chiaro a tutti che un solo granello alla volta sarebbe scivolato da un contenitore all'altro.
Thorbert Alley, un dinoccolato studente del sesto anno con l'espressione seria e concentrata, che sembrava convinto dovesse appartenere ad ognuno di loro, aveva incrociato le braccia al petto, accarezzandosi il mento affilato ricoperto da un sottile strato di sudore. Fissava la ragazza come se fosse stata la bocca stessa di Voldemort, o qualcuno che a lui interessava ascoltare, comunque.
Scorpius, dal canto suo, la osservava con divertito menefreghismo, incrociando le gambe all'altezza delle caviglie sull'elegante tavolino di legno; decisamente più intelligente del fratello Anderthon, era anche molto più decisa, arrogante, e fiera del proprio Sangue Puro.
Notando l'atteggiamento men che rispettoso di lui, Ardhesia s'interruppe a metà di una frase, schiantando i suoi occhi spaventosamente intensi in quelli di Scorpius, quasi ringhiando
Cugino, pensi di riuscire a mantenere la concentrazione per più di due minuti di seguito, o hai ereditato la scarsa intelligenza di tuo padre oltre alla sua brutta faccia? - Scorpius sogghignò
Mio padre ha tenuto fuori il tuo da Azkaban – s'interruppe – cugina – finse di riflettere, senza smettere di scrutarla con un ghigno sarcastico dipinto sul bel viso affilato – quindi no, direi che non ho ereditato altro che la sua brutta faccia – il cerchio di studenti smise di fingersi indifferente alla conversazione, e cominciò ad osservarli con interesse. Non erano nuovi ai duelli verbali Nott-Malfoy. Nessuno lo era, a memoria di mago, a Serpeverde. Per quanto Anderthon avesse ereditato i lineamenti da coniglio del padre, era Ardhesia a rispecchiare la sua fine intelligenza e fiera indipendenza. Theodore Nott, Serpeverde ai tempi di suo padre, aveva sposato la sorella maggiore di Astoria, sua zia Daphne Greengrass, e lui si era ritrovato due cugini fra capo e collo, una dei quali sembrava odiare lui e la sua famiglia quasi quanto i Potter. Quasi...da che aveva memoria, nessuno lo aveva mai odiato quanto Albus Potter.
Esattamente come la madre, Ardhesia si riavviò i lunghissimi e lucenti capelli neri dietro le spalle, stringendo il suo sguardo di ghiaccio sul cugino
Deve essermi sfuggita la Menzione Speciale al Coraggio che il Ministro ha consegnato alla tua famiglia, Malfoy – sollevò con aria di superiorità un angolo della bocca – ma forse ero sintonizzata sulla stazione radio sbagliata...sai com'è, non è mia abitudine ascoltare le smielate dichiarazioni d'amore dei traditori al Ministero – qualcuno trasformò istantaneamente una risata in un colpo di tosse.
Se Scorpius avesse provato un minimo di stima nei confronti di Draco, probabilmente l'avrebbe sfidata a duello, ma visto che non era nei suoi programmi comprare una maglietta con su scritto “Mio padre è il migliore”, si limitò a stringersi nelle spalle e sollevare un sopracciglio
Colpa mia – accavallò le lunghe gambe con disinvoltura, appoggiandosi languidamente ai braccioli della poltrone in pelle – ero venuto qui pensando si parlasse di come fottere il Ministero, non per alzarmi in piedi e raccontare tristi storie di famiglie distrutte – fece perno sulle braccia e si alzò, dirigendosi con disinvoltura verso l'uscita, ma una voce secca e autoritaria lo fermò
Sono d'accordo – nella penombra della Stanza, un paio di occhi blu intenso, fosco, burrascoso come il cielo d'autunno carico di pioggia, scintillarono di divertimento. Conosceva quello sguardo, lo incontrava ad Hogwarts da due anni, e la storia di come Incubus Mortimer fosse sopravvissuto alla strage della sua famiglia da parte di un folle gruppo di maghi a caccia di Purosangue, aveva fatto il giro del Mondo Magico con la stessa rapidità della sconfitta del Signore Oscuro da parte del Bambino Sopravvissuto.
Tuttavia, nessuno dei due aveva mai fatto più di mezzo passo verso l'altro: Scorpius lo rispettava, ma non aveva mai desiderato conoscerlo più a fondo; non era tipo da unirsi al fan club dell'eroe del momento. Incubus, d'altra parte, era così smodatamente circondato da un adorante gruppo di leccapiedi da non aver mai nemmeno scambiato una parola con lui, il figlio di Draco Malfoy, che così pavidamente si era allontanato dalle fila del Signore Oscuro appena in tempo per non affondare con lui.
Che onore – ribatté sarcasticamente Scorpius
Uno dei peggiori errori compiuti da Lord Voldemort durante la sua ascesa è stato quello di lasciare che il sangue offuscasse il suo giudizio – sentenziò con voce melodiosa dall'inflessione indefinibile – è non è quello che dovremmo fare noi – si alzò e cominciò a camminare elegantemente per la stanza, attorno alle poltrone disposte in cerchio – Ci sono una miriade di maghi e streghe validi in questa scuola. Decine, forse centinaia dei quali hanno la sfortuna di avere sangue corrotto nelle vene – si appoggiò alla poltrona di Frances, artigliando lo schienale e avvicinandosi a sussurrarle all'orecchio; Fran sorrise civettuola, e indirizzò uno sguardo obliquo a Scorpius, ancora in piedi a metà strada verso l'uscita – Il signor Malfoy, qui, ha il diritto, come ognuno di noi, di riscattare il nome che la codardia di suo padre ha infangato – gli sorrise, men che solidale, con un luccichio negli occhi brumosi che gli fece correre un brivido lungo la schiena – e se per fare questo ha deciso di allearsi con noi e di offrire il suo aiuto per questo ambizioso progetto, beh, perché no? - si staccò dallo schienale di Frannie e si portò su quello opposto, posando le mani sulle spalle candide di Ardhesia. Sua cugina portò le proprie mani dalle lunghe dita affilate a coprire quelle di lui, ma fissò Scorpius con un malizioso sorriso di sfida. Qualunque cosa Incubus Mortimer, L'Eletto dei Purosangue, potesse dire, e qualunque cosa ci fosse fra loro, lei non avrebbe mai considerato il cugino degno di sedere in quel circolo, specialmente visto che, alla luce dei fatti, nemmeno lui sembrava esserne entusiasta.
Scorpius osservò i loro visi: era chiaro che molti, se non tutti, si sarebbero aspettati di vederlo strisciare e implorare una possibilità per mostrare il suo valore in battaglia, offrendosi di fare qualsiasi cosa per essere accettato. Probabilmente era quello che ognuno di loro aveva fatto, quando la pulce nell'orecchio di quegli incontri segreti era arrivata fino a loro.
Ma Scorpius non aveva mai avuto l'abitudine d'implorare, né di strisciare, né di chiedere quando gli bastava ottenere.
Posso avere la parola Incubus? - un ragazzo del quinto di cui non conosceva il nome, aveva appena compiuto una mossa falsa di proporzioni bibliche chiedendo ad un solo membro del circolo di prendere la parola; Scorpius aveva inquadrato quel gruppetto sin dall'inizio, quella pretenziosa disposizione dell'arredamento, la subdola clessidra che misurava la qualità della conversazione, le astute provocazioni di Ardhesia e l'insolito silenzio di Fran: era chiaro che lo stavano tarando per bene, e lui odiava essere messo alla prova. Viveva costantemente pesato e misurato in tutto quello che faceva fra le mura di casa sua, e non aveva intenzione di dover spiegare a quel branco di fissati con la Magia Oscura che, se non lo consideravano degno di sedere al loro esclusivo “Club del the di mezzanotte”, potevano anche andarsene tutti in bocca al Basilisco, senza complimenti. Grazie, arrivederci, è stato bello, addio. Specialmente se quella pretenziosa manifestazione di uguaglianza era in realtà un teatrino per mascherare il fatto che si era solo costituito un nuovo Incubus Fan Club.
Sollevò gli occhi al cielo nella penombra della stanza, e attese che il gesto annoiato di Mortimer concedesse al ragazzo che aveva chiamato Philius di aprire la sua dannata boccaccia
Certo -
Se permettete, c'è un solo modo per assicurarci che le sue intenzioni siano nobili quanto quelle di noi tutti – s'interruppe per dare maggior enfasi alla scemenza che stava certamente per proporre – dovremmo fargli pronunciare il Voto Infrangibile – nel silenzio, sembrò quasi che tutti trattenessero il respiro
Il Voto Infrangibile? Non è dannatamente ironica questa situazione Scorps? - Anderthon ridacchiò stupidamente, e i suoi enormi e sporgenti incisivi luccicarono nella penombra
Uno spasso davvero – ribatté secco lui, senza traccia di divertimento nella voce. Si trattenne, stava decisamente esagerando col manifestare le emozioni
Non mi sembra che sia una buona idea – disse qualcuno
Assolutamente no -
Si dice che la sua famiglia sia brava ad aggirare certe magie – sibilò con un ghignò Ardhesia.
Scorpius deglutì, mentre sul viso angoloso di Incubus compariva un'espressione che non sembrava accuratamente simulata
Tu che ne pensi? Ti senti pronto a formulare il Voto Infrangibile? Quanto ti ritieni adatto a far parte di questo circolo? - non lo disse per accusarlo, ma nuovamente il suo gioco fu fin troppo chiaro. Scorpius sbuffò
Sapete, se siete tutti soci del club “Giuro senza avere la minima idea di quello che sto facendo”, beh, spiacente, ma a me piace giocarmi il culo quando ho un'idea chiara del perché lo sto facendo – scrollò lo spalle – Pazienza, vorrà dire che chiederò al “Gruppo di taglio e cucito” se mi rivogliono in squadra – si voltò e l'entrata della Stanza delle Necessità si spalancò di fronte a lui.
Se quel pugno d'invasati credeva di convincerlo a pronunciare il Voto Infrangibile solo mettendo in dubbio la sua buona fede, poteva anche ingoiarsi una Pluffa per quello che lo riguardava.
Incubus Mortimer sarà pure stato il Bambino Sopravvissuto dei Purosangue frustrati di mezzo Mondo Magico, ma restava un ragazzino meno idiota fra gli idioti, che si era illuso di metterlo sotto perché il suo mito sembrava precederlo ovunque andasse. Bene, se avesse voluto un cretino da venerare, avrebbe tenuto la fotografia di suo padre nella tasca interna del mantello.
Scuotendo la testa con un mezzo sorriso sornione stampato in viso, Scorpius Malfoy si diresse ciondolando verso i dormitori.
 
***
 
La Sala Grande era gremita più del solito quel sabato mattina; le selezioni per il Quidditch erano un richiamo succulento anche per i più dormiglioni. Inoltre, da quando la Preside Maxime aveva concesso anche al pubblico di assistere in massa, la maggior parte delle svenevoli ragazzette del primo e del secondo, per non parlare delle noiosissime fans urlanti di Scorpius Malfoy che non conoscevano età, Casa o estrazione sociale, avevano trasformato gli spalti in poltrone del cinema.
Lily rimestò pensosamente il suo porridge mentre Albus la fissava di sottecchi da dieci minuti pensando che non se ne fosse accorta
Albus, ho qualcosa incastrato fra i denti? - gli chiese alla fine. Il fratello si limitò a scuotere la testa tornando a scambiarsi occhiate torve con il contenuto del suo piatto.
Hugo e la sua bocca eternamente piena, Rose e la sua Gazzetta del Profeta e Roxanne che sembrava immersa nella lettura di una qualche rivista femminista che il gufo di famiglia aveva appena lasciato planare su di lei, completavano il quadretto famigliare un po' distorto che era diventato il loro abituale fondersi in un'unica massa rosso e oro che si muoveva per i corridoi
Accidenti! - Rose quasi si rovesciò il succo di zucca sulla maglia di cotone marrone scuro che indossava quella mattina – ascoltate – abbassò la voce mentre i ragazzi si stringevano su di lei
 
“Un'altra famiglia di maghi è scomparsa ieri a Londra. Dall'abitazione di Optimus Bolverk e i suoi congiunti non sembra mancare nulla. La serratura era protetta da un incantesimo di ottima fattura, perciò coloro che li hanno sequestrati possono vantare grandi abilità magiche e una forza da non trascurare.
Gli Auror del Ministero, incaricati di indagare sulle misteriose sparizioni che così tanto riportano alla mente della comunità magica il giogo infernale di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, non sembrano decisi a fornire informazioni.
Intanto, il portavoce della Lega per la Salvaguardia delle Antiche Famiglie di Maghi, Theodore Nott, dichiara: “I nostri confratelli sono spaventati. Queste sparizioni sono sospette e imperdonabili; se il Ministero non si impegnerà affinché i colpevoli vengano catturati e puniti, le antiche famiglie si adopereranno per sopperire alle mancanze della legge”
 
Rose s'interruppe, scambiando uno sguardo eloquente con Lily e Albus
Questo non va bene – sussurrò quest'ultimo – lasciare nelle mani di quella gente la salvaguardia del Mondo Magico non farà che aumentare il loro potere...ci sono già troppi “nomi illustri” iscritti a quella maledetta Lega, se le sparizioni di Purosangue non verranno fermate, qualcuno comincerà a pensare che ci sia davvero il Ministero dietro a tutto – i suoi occhi svegli e intelligenti vagarono lungo le tavolate della colazione, alla ricerca di qualcosa che non trovarono
Dobbiamo scrivere a papà, Rosie – annuì Hugo dopo aver ingoiato rumorosamente la più colossale fetta di torta mai vista – e anche voi dovreste -
Se avessero voluto metterci a parte di questo lo avrebbero fatto, non credi? - fu la distratta risposta di Rose mentre i suoi occhi vagavano sull'articolo.
In prima pagina spiccava l'espressione autorevole da coniglio con la rabbia di Theodore Nott, perfettamente a suo agio attorniato da giornalisti e pubblico. Suo padre aveva sempre detto che era pericoloso. E da quando era diventato Vicepresidente e portavoce della Lega per la Salvaguardia delle Antiche Famiglie di Maghi, Lily aveva cominciato a rabbrividire ogni volta che leggeva il suo nome sulla Gazzetta del Profeta. Sapeva chi era stato Theodore Nott, e, come diceva sempre lo zio Ron:
“ Un Mangiamorte non smette mai di essere un Mangiamorte”
C'è dell'altro – li informò Rose con un lamento
 
“Pare inoltre, secondo una fonte non ancora accertata, che la Lega abbia proposto al Ministero una mozione affinché la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, meta favorita dell'educazione magica di molti minorenni appartenenti alle Antiche Famiglie, venga dotata di sistemi di protezione all'avanguardia e un distaccamento permanente di Guardie Scelte, della quale possano far parte sia gli Auror, sia i maghi appartenenti alla Lega che lo desidereranno.
In tal modo il Presidente auspica di poter garantire al Mondo Magico e ai suoi futuri pilastri tutta la protezione possibile”
 
Avete idea di quello che significa tutto ciò? - perfino Roxanne sembrava preoccupata, e Roxanne si preoccupava solo quando il tasso di mortalità infantile per Pozioni Anti-Coliche nel Terzo Mondo raggiungeva la soglia critica
Significa che ci ritroveremo con metà degli ex Mangiamorte ancora in libertà ai cancelli di Hogwarts – Albus invece adorava il tono tetro con cui pronunciò quell'ultima frase
Ora capisco cosa voleva papà da Teddy – Lily sospirò, smettendo definitivamente di fingere di avere appetito. Lasciò cadere rumorosamente il cucchiaio nel piatto del porridge e lo spinse via – Quest'anno Alicia Spinnet è la nuova insegnante di volo, questo sconosciuto mago misterioso si siede alla cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure, e Teddy è il nuovo insegnante di Trasfigurazione...sembra che i nostri genitori abbiano predisposto le pedine sulla scacchiera – se quello fosse stato un film babbano, probabilmente una musica tenebrosa avrebbe accompagnato quelle parole, la telecamera avrebbe zoomato sui visi consapevoli e spaventati dei suoi amici, e lo schermo sarebbe diventato nero, con un bel “continua...” a stuzzicare l'attenzione e incrementare la tensione drammatica.
Lì, nella Sala Grande, dopo una colazione fin troppo nutriente, circondati dal vociare degli altri studenti, e accompagnati nelle loro riflessioni dal continuo biascicare di Hugo, e dall'irritante digrignare i denti di Roxanne, nulla seguì a quella rivelazione, se non il sonoro grattare di sedie sul pavimento di pietra, che annunciava l'approssimarsi inesorabile delle selezioni per il Quidditch
Lily, Hugo, dobbiamo andare – decretò fermamente Roxanne, non più cugina preoccupata, strega sospettosa o studentessa allibita, bensì perentorio e instancabile Capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro.
Quando l'aria fresca di un ottobre che sembrava arrivato in anticipo quell'anno scompigliò loro i capelli sulla nuca, e strappò a Rose la Gazzetta dalle mani, parte dei pensieri nefasti di poco prima volarono via con lei. Probabilmente ci sarebbe stato il momento in cui non avrebbero più potuto posticipare l'inevitabile, ma con una delle ultime giornate soleggiate della stagione e tutto il week end davanti per sfruttarla, nemmeno il fallimento della Gringott avrebbe potuto pesare sulle loro spalle. In fondo, per lottare c'è sempre tempo.
 
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Angolo della delirante autrice: buon pomeriggio!!!!! Lo so, sono la persona meno stabile della terra! Prima non posto per quasi una settimana e poi posto due capitoli di fila in un pomeriggioXD E' colpa della mia connessione balorda e del poco tempo che posso trascorrere in reteXDXDXD
Che dire...ditemi che ne pensate di questa nuova piega che sta prendendo la storia...io sto lentamento uscendo di testa nel gestire tutte le guest stars, ma mi c'impegnerò lo stessoXD
Voi che ne pensate? Fatemi sapereXDXD

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Capitolo 10
*** Discordia ***


Discordia
 
 
E tutti li altri che tu vedi qui,
seminator di scandalo e di scisma
fuor vivi, e però son fessi così.
(Divina Commedia, Inferno, Canto XXVIII, vv 34-36)

 
Quando Scorpius Malfoy si risvegliò quella mattina, Frances Ilbys era accovacciata ai piedi del suo grande letto a baldacchino con l'espressione da gatta ferita che metteva su talvolta, quando lui era troppo stanco, o per niente incline a darle quello che voleva, il che, di solito, comprendeva ansiti, gemiti, lenzuola da cambiare e una lunga, lunghissima lista di “cose da non fare quando si vuole scaricare definitivamente una ragazza”.
In quel momento il Serpeverde avrebbe scommesso il suo manico di scopa nuovo che Fran non era lì per nulla di tutto ciò, e, quando i suoi felini occhi verdi si posarono su di lui, fu quasi certo di aver sentito gemiti e ansimi trasformarsi in urla e recriminazioni
Sei uno stronzo! – il cuscino di Kork gli si schiantò in piena faccia prima ancora che potesse anche solo prepararsi a schivarlo, afferrarlo, o quantomeno non sbavarci dentro.
Hai una vaga idea di quello che potrebbe esserci appiccicato a questo cuscino? – biascicò stropicciandosi gli occhi e lasciando penzolare il guanciale col pollice e l'indice a distanza di sicurezza. Gwineth, la sua civetta nerissima che portava la posta del fine settimana, si agitava impaziente fuori dalla finestra. Scorpius pensò brevemente che era strano fosse lì e non in Sala Grande, ma poi tornò a guardare Fran, che sembrava decisamente più incline alla violenza, almeno quella mattina
'Fanculo – fu l'unica risposta che la ragazza gli concesse prima di cominciare a camminare per la stanza raccogliendo indumenti per lanciarglieli addosso – sono-veramente-incazzata-Scorpius – urlò mentre un calzino, un paio di boxer, una t-shirt e una pergamena appallottolata lo colpivano per poi rotolare nuovamente sul parquet. Quando un calamaio d'ottone volò per la stanza il ragazzo decise che era ora di mettere un freno a quella pagliacciata. Afferrò l'oggetto con una mano appena prima che lo colpisse in piena faccia. Lei lo fissò con rabbia repressa e frustrazione. Scorpius si limitò a lanciarle un'occhiata eloquente; era o no il miglior Cercatore della Scuola, per Salazar!?
Certo, perché mi hai portato a conoscere i tuoi amichetti e speravi che fossi carino, mi pettinassi i capelli e raccontassi barzellette sui Babbani? -
Quelle persone... - tentò lei a denti stretti
No no no no senti questa... - la prese in giro lui mettendosi a sedere contro il muro freddo – ci sono un goblin, un folletto e un gigante che vanno alla Gringott – poi si fece improvvisamente serio – mi spiace di aver fatto una frittata con le tue uova di drago Frannie – scansò le coperte con un colpo secco, e non gli sfuggì lo sguardo di lei nel constatare che, come al solito, aveva dormito con un paio di calzoncini sdruciti che lasciavano ben poco all'immaginazione. Per quanto urlasse come una Banshee e si atteggiasse a “Sorella della Confraternita degli Adoratori di Mortimer” il suo culo che gironzolava per la stanza continuava a farle lo stesso effetto; il che, ovviamente, era un punto per lui, Pluffa al centro.
Scorpius – il tono con cui lo disse convinse il ragazzo a smettere con la sua passeggiata mattutina per sgranchirsi le gambe per guardarla negli occhi – tuo padre è considerato un infido serpente fra i sostenitori del Ministro e un codardo voltagabbana da tutto il resto del Mondo Magico – sembrava incredibilmente seria, troppo forse – tutto quello che stiamo facendo qui ha un valore per me, e ne ha per tutti noi. È importante, indipendentemente dai risultati che otterremo – il Serpeverde sollevò eloquentemente un sopracciglio
Non che la mia ferrata cultura sulla storia Babbana sia una garanzia ma, quando ci si fa chiamare “Resistenza Purosangue”, non penso sia sufficiente vedersi ogni fine settimana a raccontarsi la versione Mangiamorte delle Fiabe di Beda il Bardo bevendosi tutti una tazza di the, e dandosi pacche sulle spalle per congratularsi l'un l'altro del proprio sangue puro – inspirò – se ci si chiama “Resistenza”, i dannatissimi risultati sono quelli che contano, perché altrimenti l'unica cosa a cui avrete “resistito” è alla tentazione di vestirvi tutti uguali cantando inni a Voldemort e al suo ritorno su questa maleodorante sponda di mare – Frances Ilbys sospirò tanto profondamente che i suoi riccioli biondi si sciolsero dall'accurata pettinatura di quella mattina, scivolandole pigramente attorno al viso dall'espressione esasperata
Incubus ti vuole con noi – Scorps rise
E allora perché ho trovato te e non lui accovacciato sul mio letto 'stamattina? Forse Morty Boy era troppo occupato a farsi fare un massaggio dalla mia acida cugina? O si stava preparando a far saltare in aria I Tre Manici di Scopa? - sogghignò nel vedere il viso di lei, perfettamente truccato, arrossire vistosamente
Sei sempre così poco accomodante Malfoy? -
Parli del Dissennatore – sibilò a denti stretti.
Incubus Mortimer, in carne e ossa, elegante nel suo pullover nero a collo alto e i calzoni con la piega, entrò pigramente nel dormitorio, lasciandosi alle spalle il solito nutrito seguito di ragazzine adoranti, studenti anelanti e fans di ogni genere. Fran sembrò illuminarsi quando lo vide; finalmente poteva smettere di fare da ambasciatore fra la divinità e la sua pecorella smarrita ben poco intenzionata a unirsi al gregge. Con un'occhiata di grata rilassatezza, si richiuse la porta alle spalle, lasciandoli soli.
Gli occhi del ragazzo, di un azzurro intenso, quella mattina, per via del cielo terso e la giornata quasi estiva, si fecero largo nei suoi, di un grigio quasi color ghiaccio
Da quello che mi è sembrato di capire non sei troppo entusiasta di unirti a noi – Incubus si accomodò elegantemente sul bordo del letto sfatto di Zane, rassettandone con attenzione una piega inesistente
Da quel che è sembrato di capire a me ti sei semplicemente circondato di un nuovo pubblico, con la variante che questo crede anche di avere uno scopo, oltre a quello di leccarti il culo – sorrise gelidamente, falsamente cortese
Scorpius, Scorpius, Scorpius, mi avevano detto che eri intelligente -
Ma guarda un po', a me avevano detto che eri il nuovo Messia, a quanto pare le aspettative di entrambi hanno fatto un bel tuffo nel Lago Nero – l'altro non si scompose, ma continuò a osservare il dormitorio come se potesse trovare qualcosa di veramente significativo nell'arredamento della stanza. A parte qualche bandiera del Quidditch, un paio di foto scattate durante le vacanze con Zane e Kork, e qualche ritaglio di giornale, Scorpius non pensava che quello strano ragazzo potesse scovare qualcosa di lui semplicemente dandosi un'occhiata intorno. Quando ebbe finito di registrare meccanicamente ogni informazione, Incubus si voltò nuovamente verso di lui
Quello che hai visto ieri notte non ha niente a che fare con i nostri progetti – si alzò e si avvicinò interessato ad una Ricordella abbandonata su una sedia – la metà di quei ragazzi non sa nemmeno il perché ci trovavamo lì...davvero – se la rigirò fra le mani e cominciò a lanciarla verso l'alto, afferrandola al volo poco dopo – e...sì, hai ragione, quello di ieri è stato un test. Dovevamo accertarci che non fossi lì solo per riabilitare il tuo nome agli occhi dei maghi che contano – prese a gironzolare per la stanza, sfiorando ogni mobile, ogni cornice, osservando ogni cosa
Probabilmente a voi intellettualmente superdotati è sfuggito un punto – la voce di Scorpius assunse l'infastidita nota petulante che solo quell'individuo sembrava scatenare in lui – a me non frega un cazzo di riabilitare il nome della mia famiglia, e men che meno, per farlo, sceglierei di unirmi ad un'organizzazione segreta con mire mistiche e chissà cos'altro – infilò un paio di jeans larghi, stizzito. Era a disagio a parlare con quel tizio con solo un paio di mutande addosso – se si sta parlando di qualcosa di vagamente concreto allora potrei anche trovare il tempo di starti a sentire, oh Grande Maestro Illuminato, ma se devo sopportare un altro minuto con quella repressa di mia cugina che mi urla insulti, e altri quattro coglioni che mi vogliono vincolare con il Voto Infrangibile al vostro “Club della Cospirazione”, beh, sai che c'è, potete andarvene tutti a -
Lui è reale Scorpius, come te e me – disse con calma Incubus con un sorriso vagamente folle sul bel viso sul quale spiccava una piccola cicatrice all'angolo della bocca carnosa e costantemente imbronciata – e tu e il tuo incredibilmente irritante scetticismo siete esattamente quello che io e il gruppo stavamo cercando – sorrise, ma non in modo gentile, solo malizioso – Ardhesia finge di odiarti, ma in realtà ha molto rispetto per te... - Scorpius avrebbe riso se la situazione non fosse stata mortalmente seria – Sa che non sei come tuo padre, sa che non sei un codardo...e sa che se accetterai di prendere parte a questa cosa, sarà perché ci credi e non per compiacere me o chissà chi altro...come lo so io – sollevò l'angolo destro della bocca in un ghigno degno del miglior Scorpius Malfoy, e lo fissò con la Ricordella in mano e l'aspetto di un vero incubo dal quale non sembrava esistere possibilità di svegliarsi – non mi serve il Voto Infrangibile per sapere che, quando il figlio del Signore Oscuro tornerà fra noi, la tua bacchetta sarà a fianco alla mia per riportare il senno in questo mondo annebbiato... - Scorpius trattenne il respiro, e tacque. L'aria rimase satura di quelle ultime parole, poi Incubus batté le ciglia e lanciò a Scorpius la Ricordella, che subito divenne rossa e vorticante – A proposito...temo che tu avessi un appuntamento al quale, dolente di averlo fatto, ti ho sottratto – Scorpius strinse fra le dita la sfera sempre più nebulosa e realizzò
Salazar, le selezioni del Quidditch! - il sorriso compiaciuto e soddisfatto di Incubus lo accompagnò nel quarto d'ora che gli servì per prepararsi, dopodiché entrambi si diressero a grandi passi verso la Sala Grande, circondati dagli sguardi e i bisbiglii che la loro comparsa risvegliò naturalmente: non capitava tutti i giorni di veder camminare fianco a fianco la “progenie del traditore” e “il Prescelto dei Purosangue”, nemmeno in una Scuola di Magia.
 
***
 
Quell'anno sembrava che la metà dei nuovi arrivati avesse deciso di tentare di entrare nella squadra di Grifondoro. Ovviamente, con Roxanne e un Battitore al settimo anno, trovare qualcuno all'altezza appariva fondamentale in vista dell'anno a venire; certamente, pensò Lily osservando un ragazzino del primo anno volare dalla scopa al secondo tentativo di prendere la Pluffa, non sarebbe stato quel giorno.
Fanno schifo – le sussurrò all'orecchio Hugo, quasi incredulo
Hanno ancora il moccio al naso Hugo – lo rimproverò Roxanne – non è che tu, al primo anno, fossi esattamente Victor Krum! -
Hei, bada a come parli! Guarda che poteva essere mio padre... - tutti e tre sghignazzarono immaginando la rigida Hermione al braccio di qualcuno che non era Ron al Ballo del Ceppo. Chi diavolo poteva immaginare Hermione Granger che usciva con qualcuno che non era Ronald Weasley?
Bene ragazzi, grazie mille, potete andare – il nugolo di ragazzini imbronciati e ammaccati si diresse verso gli spogliatoi con espressione funerea.
Roxanne sospirò profondamente, Hugo le assestò una pacca sulla spalla e si voltò verso Lily
Sono sicuro che se quell'idiota di tuo fratello si decidesse a salire su una scopa sarebbe un ottimo qualsiasi cosa voglia essere – Lily si strinse nelle spalle
Probabilmente sì, se facessero un leggio portatile sul manico – si voltarono ridendo mentre urla da patologia cerebrale sovrastavano qualsiasi rumore
Non me lo dite...Malfoy – il tono di Roxanne era un lamento confuso, ma non servì che ripetesse: a venti metri da loro la squadra di Serpeverde al completo stava facendo la sua entrata trionfale nel campo di Quidditch, accompagnata dalle grida forsennate del “Malfoy Fan Club”, al quale si erano aggiunte numerose ragazzette del primo anno che Lily ricordava di aver visto allo Smistamento
Mi viene da vomitare – esclamò tenendosi lo stomaco
Weasley, hai finito di esaminare i tuoi perdenti? - Scorpius era più spettinato del solito quella mattina. Sembrava che il vento quasi autunnale di metà settembre avesse scarmigliato i suoi biondissimi capelli sottili più del solito, rendendolo quasi umano.
A proposito di perdenti... - ribatté Rox acida. Poi indicò il campo con un ampio gesto del braccio – è tutto tuo, sia mai che la prossima volta che vi schiacceremo diate la colpa al fatto che non vi abbiamo lasciato selezionare i candidati – il ghigno che sembrava nascere naturalmente sulle labbra disegnate del Serpeverde accompagnò la sua ultima frase
Stavo giusto lucidando il Trofeo dell'anno scorso 'stamattina, Weasley -
Già – intervenne Hugo – il primo dopo anni di sconfitte – ridacchiò – o ti sei dimenticato che James Potter ti ha schiacciato quella tua testa platinata per tutti i cinque Campionati precedenti? - il sorriso dell'altro non ne venne intaccato
Immagino che ci vedremo in campo, rosso... - i suoi occhi cangianti, quella mattina incredibilmente chiari, quasi glaciali, si posarono su Lily un istante di troppo, prima di fronteggiare nuovamente il Battitore – ma probabilmente tu non mi vedrai, visto che starò prendendo il Boccino d'Oro mentre tu sarai troppo occupato a evitare che i miei Battitori spacchino la testa alla tua cuginetta preferita – con un cenno di scherno li salutò, sorridendo maliziosamente a Lily, e si diresse con il passo elegantemente rilassato tipico di lui verso il centro del campo.
Appena le nuove reclute inforcarono le scope, fu chiaro che quello non sarebbe stato un Campionato facile
Ci ammazzeranno – mugugnò Hugo nell'orecchio di Lily, ben attento che Roxanne, impegnata in una discussione sulle strategie di gioco con Rebecca Baston, non lo sentisse
Se lasci che mi spacchino la testa ti affatturo Hug – lo minacciò Lily sorridendo, mentre osservava i fluidi movimenti del Serpeverde sulla scopa; Malfoy era un gradasso presuntuoso, ma sembrava che il suo solo respiro guidasse la sua Firebolt Special come la maggior parte dei movimenti umani degli altri giocatori non poteva fare. Era uno spettacolo che lasciava senza fiato, ed era sempre stato così da quando Lily ricordava: pura grazia e inspiegabile armonia. Quando Scorpius Malfoy si librava in aria, era un'altra persona...perfino il suo ghigno si trasformava quasi in un sorriso vero. Inquietante, irritante e niente affatto edificante, il bastardello in verde-argento era davvero magnetico su quel dannato manico di scopa, per quanto la sola idea di ammetterlo con se stessa nauseasse Lily profondamente.
Avrebbe distolto lo sguardo, lo avrebbe certamente fatto, se solo lui non si fosse voltato e non l'avesse vista. Probabilmente scorse sul suo viso qualcosa che non doveva esserci, perché sogghignò divertito e le mandò un bacio con la punta delle dita, fischiando l'inizio dell'allenamento. Lily distolse lo sguardo, ben consapevole di avere in viso un colore troppo simile a quello dei suoi capelli.
Non ci voglio credere – esclamò Hugo indignato
Oh non farla tanto lunga, era solo...- cercò di giustificarsi lei
Per le gonne di Morgana, cosa ci fa qui quello lì? - Hugo, che non aveva nemmeno fatto caso alla patetica scena di poco prima, fissava un punto sugli spalti, i grandi occhi azzurri sgranati per la sorpresa - che mi morda le chiappe un Ippogrifo se quei tre sono mai venuti fin qui anche solo per sbaglio – Lily seguì il suo sguardo e incrociò gli occhi magnetici e inquietanti di Ardhesia Nott. Accanto a lei, sempre fastidiosamente attraente con quei boccoli scompigliati dal vento, Frances Ilbys divorava Scorpius con lo sguardo, come se stesse comunicando con lui cose telepaticamente oscene.
Ma fu il ragazzo bruno seduto in mezzo a loro a inquietare davvero Lily: i suoi occhi, così incredibilmente blu anche a quella distanza, scrutavano tutto come un rapace, alla ricerca di cosa, non avrebbe saputo dirlo. I capelli castano scuro sarebbero sembrati neri se i raggi del sole quasi autunnale non li avessero ravvivati di caldi riflessi cioccolato, e il pullover scuro rendeva la sua pelle quasi traslucida al contrasto. Sembrava un vampiro, o qualcuno che avesse mangiato una confezione intera di Pasticche Sanguinolente senza leggere le controindicazioni. Era bello, comunque, di quel genere di avvenenza antica, tipica dei maghi Purosangue che si sposavano continuamente fra di loro dando vita a strane mescolanze di lineamenti, che sembravano comunque intagliare volti di una bellezza struggente, classica, da dipinto.
Sono sconcertata dal fatto che Frances Ilbys abbia posato le sue chiappe d'oro su una panca degli spalti – Lily era così assorta nei suoi pensieri che nemmeno si era accorta della presenza di Roxanne alle sue spalle
Io no – sghignazzò Hugo scartando una Cioccorana che aveva, chissà come, nascosto nella divisa di Quidditch – si dice che le sue chiappe non conoscano confini – Lily e Rox si scambiarono un'occhiata e gli assestarono simultaneamente un pugno sulla spalla
Sessista! - lo rimproverò la maggiore con una scrollata tintinnante di treccioline colorate – che ne dite se ce la filiamo? Ho una pergamena lunga da qui a Hogsmeade di Storia della Magia da finire per lunedì – improvvisamente Lily si rese conto di cos'era quel prurito alle scapole che l'aveva tediata appena sveglia
Ragazzi, mi sono appena ricordata di essere al quinto anno e di avere una montagna di compiti per lunedì – Hugo la consolò con uno sguardo partecipe
Non mi fraintendete, amo la pace, il non dovermi guardare le spalle quando cammino a Diagon Alley, e la totale assenza di Maledizioni Senza Perdono che mi sibilano vicino alle orecchie, ma ci sono volte in cui vorrei davvero che qualcuno aprisse la Camera dei Segreti o sguinzagliasse qualche pericolo mortale che costringesse la Preside ad annullare gli esami di fine anno - deglutì con la stessa voce lamentosa che ricordava incredibilmente suo padre
Me lo mangerei crudo un Basilisco, zanne e tutto, pur di non dover affrontare i GUFO – Roxanne batté ad entrambi un colpetto sulla schiena
Oh andiamo! Siete Grifondoro, per le palle di Merlino! Dove diavolo è tutto il coraggio, e il vostro essere prodi e integerrimi di fronte alla battaglia? - entrambi la guardarono trattenendo un commento acido – bene, d'accordo, vedetela così: Kork Goyle, Frances Ilbys...persino ...dannazione...Stan Picchetto ha passato i GUFO! - Hugo sollevò un cespuglioso sopracciglio color carota
Bene, per lo meno ho il posto assicurato come bidello dai capelli unti e la faccia devastata dall'acne in una Scuola di ingrati mocciosi intossicati dai sogni di gloria...evviva! - Lily e Roxanne risero, incamminandosi a grandi passi verso il castello, seguite da due paia di occhi che lasciavano trasparire sensazioni molto diverse.
 
***
 
Scorpius Malfoy volteggiò in cerchio un paio di volte, gettando lo sguardo di tanto in tanto sulle reclute incerte e ciondolanti che si arrabattavano sul campo nel disperato tentativo di accaparrarsi un ruolo. La squadra era al completo quell'anno, non avrebbe mai sostituito nessuno dei suoi vecchi compagni, ma la metà di loro avrebbe dato l'addio definitivo al Campionato delle Case di lì a pochi mesi, ed era necessario lasciare un'eredità per lo meno decente ai futuri Serpeverde. Ovviamente, un paio di armadioni decerebrati del quinto anno avrebbero finalmente strappato a Montague e Goyle il ruolo di Battitori, e c'era un ragazzo dallo sguardo torvo del quarto che assaporava sulla lingua il ruolo di Zane da quando era salito sulla scopa e aveva cominciato a volteggiare fra i cerchi.
Il Serpeverde gli aveva lanciato un'occhiata obliqua e aveva sogghignato
Sta attento a come ti muovi bello, non è ancora tua quella porta – ma Zane non era capace di prendere sul serio niente nella vita, nemmeno i MAGO, nemmeno il futuro. Salazar, probabilmente nemmeno la morte sarebbe riuscita a cancellare quel sorriso compiaciuto da quella sua faccia di cazzo
Tu! - chiamò con un cenno una ragazza del quinto che doveva chiamarsi Laurell Qualcosa – sei in squadra – lei lo guardò con gli occhi sgranati di chi non crede alle proprie orecchie – mi hai sentito o devo scrivertelo in cielo? - il suo sguardo si dilatò ancora. Poi gli planò accanto
Lo sai che sono una ragazza vero? - Scorpius socchiuse gli occhi fingendo di studiarla
Oh merda, pensavo fossi un goblin...certo, Merlino, che so che sei una ragazza! - l'altra lo fissò, sempre più confusa – ti sembro un folletto spastico? -
Non ci sono ragazze nella squadra di Quidditch di Serpeverde – il Cercatore sembrava sempre più confuso
Da oggi ci sono – la liquidò brevemente lui. Il sorriso che nacque spontaneamente sul viso affatto bello di lei lo lasciò perplesso
Darò l'anima per questa squadra, il cuore, io... -
Devi lasciarlo nei Dormitori il cuore quando sali su quella scopa ragazzina – la freddò subito lui – fegato e cervello. Punto. Niente cuore, niente anima, niente sentimenti. Kaput. Siamo intesi? - lei si fece seria e composta, fissandolo con occhi decisi
Sì Capitano -
Bene, e ora vai a spaccare qualche culo rosso e oro – Laurell Non-Avrebbe-Mai-Ricordato-Il-Suo-Cognome annuì con un mezzo sorriso grato e si gettò in picchiata nel gioco
Hey Malfoy, vuoi farci vedere qualcosa, o stai solo pomiciando con la tua ragazza? - Zane aveva affiancato il “diabolico trio” Nott-Mortimer-Ilbys, e se ne stava spaparanzato sul suo manico di scopa vicino agli spalti – e parlavo della scopa, non di Miss-sono-entrata-in-squadra-per-portarmi-a-letto-il-Capitano – Scorpius virò improvvisamente a testa in giù e si fermò a mezzo centimetro dal legno solido della balaustra, scompigliando l'elaborata acconciatura di Fran e suscitando un vago sorriso in Incubus
E' brava – decretò – dubiti forse delle mie capacità di Capitano, Zabini? Perché c'è un certo Lucas Vattelapesca che sta già pensando di affatturarti prima della partita di sabato. Potrei rendergli le cose più facili... - Zane sogghignò
Fallo allora, uomo che sussurrava alle scope – e partì improvvisamente, quasi sbilanciandolo
Ti candeggio il culo Zabini, te la sei voluta – Scorpius virò violentemente portando la scopa in verticale, sparandosi in aria come un razzo nello spazio. Si portò all'altezza di Zane e contò fino a dieci, dopodiché si lanciò al suo inseguimento zigzagando fra i pali, e le torri in legno dello stadio. Dopo nemmeno cinque minuti, aveva già afferrato i poggiapiedi del suo migliore amico e lo stava portando a schiantarsi in picchiata contro il prato
Va bene, va bene, sei il più figo, va bene, mi arrendo! - urlò senza smettere di ridere Zane aggrappandosi al manico della scopa come se potesse tenerlo in vita dopo lo schianto colossale con il pavimento.
Scorpius lasciò che imprecasse, lo insultasse, lo colpisse a pedate per staccarselo di dosso, e alla fine, a meno di un metro dal suolo, girò su se stesso e scagliò la scopa di Zane in orbita sfruttando il rinculo della frenata.
Fai schifo Zabini, dovrei pensare di sostituirti – lo prese in giro raggiungendolo. Poi notò lo sguardo affamato di quel Lucas Chissenefrega, e lo gelò con un'occhiata – ingoia la fiammata drago, o gli unici pali che vedrai saranno quelli attraverso i quali ti scaglierò – l'altro lo fissò rabbiosamente, ma obbedì
Fottiti Malfoy, appena scendo da questa dannata scopa ti faccio diventare un fratello nero – risero entrambi lasciandosi languidamente scivolare al suolo
Possibile che il testosterone vi renda così idioti? - domandò Fran schifata raggiungendoli a fatica, inciampando ogni due scalini con le scivolose ballerine di vernice.
Rilassati Ilbys, non possiamo mica tutti usare le scope come piace a te – la canzono Zane mentre Scorpius fischiava la fine dell'allenamento di prova e radunava i ragazzi a terra
Tu, tu e tu – disse indicando un massiccio ragazzo dai folti ricci castani, un ragazzo più mingherlino dai capelli chiari tagliati a spazzola e un altro dai lineamenti vagamente familiari – Cacciatore, Cacciatore e Cacciatore – poi si voltò verso Lucas – sostituto Portiere – scambiò un'occhiata d'intesa con la ragazza – sostituta Cercatrice – poi lasciò che lo sguardo vagasse sul resto della piccola folla e si strinse nelle spalle – il Club del Taglio e Cucito sta facendo proseliti – disse semplicemente voltandosi.
Stronzo – disse qualcuno sommessamente
Ha preso troppi Bolidi in testa – rincarò qualcun altro con più decisione
Fortuna che si leva dai piedi – ignorò ognuno di loro, limitandosi a sollevare un angolo della bocca
Come diavolo fai a sorridere Scorps? - chiese Fran quando su furono allontanati
Ha sentito di peggio – ribatté Ardhesia sarcastica. C'era tutto un mondo in quelle parole.
Non ci si abbassa al livello degli sconfitti, non da' soddisfazione – Incubus, che fino a quel momento era rimasto zitto, concesse a tutti loro un sorriso storto. Aveva silenziosamente osservato ogni loro mossa, e alla fine aveva freddato la discussione con il suo solito tono di sufficienza, come se quella plebaglia volante non meritasse nemmeno la strada che aveva fatto per arrivare fino a lì – il Quidditch è qualcosa che non riesce ad affascinarmi. Davvero, non ne vedo lo scopo -
Lo scopo è portarsi a letto le ragazze – chiarì Zabini come se fosse una risposta ovvia
Immagino che dare prova delle proprie capacità sportive punti a rimarcare la superiorità fisica dell'uomo all'interno della società – ribatté serafica Ardhesia.
Gli uomini hanno bisogno di applausi, urla, e di sentirti dire che sono stati eccezionali – Fran scrollò lo spalle – vale in ogni campo... -
Scorpius tacque. Non avrebbe condiviso con nessuno di loro la sua risposta a quella domanda...
 
Flashback**************************************************************************
 
Sentiva un nodo serrargli la gola come una morsa. Aveva le gambe deboli e voglia di vomitare. Per non parlare di quel tremito impercettibile alle mani. Non era nervoso, Scorpius Hyperion Malfoy non era mai nervoso, doveva essere la colazione.
Sarebbe stato il più giovane Cercatore dai tempi di Harry Potter, e suo padre ne sarebbe stato fiero. Punto. Semplicemente, non poteva fallire.
Si guardò intorno, e non poté evitare le occhiate di scherno degli altri ragazzi in prova.; alcuni erano grossi il doppio di lui, altri sembravano il triplo più cattivi, ma erano i piccoletti agili e veloci che parlottavano sommessamente fra loro a preoccuparlo: erano tutti lì per il ruolo di Cercatore.
Il Capitano li fece radunare al centro del campo
Siete tutti delle mezze seghe petulanti, lo sapete questo? - molti annuirono, altri distolsero lo sguardo. Scorpius studiò il suo viso, per ricordare a chi sputare quando fosse sceso dalla scopa con il Boccino in mano – la maggior parte di voi oggi finirà in infermeria, l'altra metà la sbatterò personalmente a calci in culo fuori dal campo...forse qualcuno di voi avrà il posto, ma viste le facce di cazzo che avete, non credo proprio – aveva un grugno prepotente, uno sguardo gelido ma nel senso di inespressivo, non di freddo o penetrante. Cercava di spaventarli perché non aveva personalità, e solo con il terrore sembrava capace di mandare avanti la squadra. Promise a se stesso di non ridursi un simile schifo amorfo quando avesse preso il suo posto.
Strinse convulsamente il manico della sua Firebolt Special in versione “prototipo” e attese. Uno per uno i candidati si librarono in aria, prendendo posto
Hei coso – lo chiamò un nerboruto biondo slavato poco dietro il capitano – pensi di stare lì a fartela sotto o vuoi andare a cercare il Boccino? - Scorpius lo fissò con disprezzo e sibilò
E' ancora nel baule...coso – Slavato lo pesò e lo misurò, senza capire nemmeno lontanamente con chi aveva a che fare
Ehi stronzetto, lo sai cos'è questa? - sollevò una pesante mazza da Battitore, con un sorriso di denti storti a renderlo ancora più brutto – è la mazza che ti sparerà addosso un Bolide così forte che chiamerai la mamma – Scorpius tacque, osservando con la coda dell'occhio il Capitano che liberava il Boccino.
Partì di scatto, quasi schiantandosi contro Slavato e la sua Mazza Mortale, virando all'ultimo secondo e lanciandosi a spirale verso l'alto, a mulinello.
Subito, appena l'aria gli sbatté in faccia stordendolo per un attimo, non riuscì a provare altro che pace, completa e rilassante euforia. Lì, a sfrecciare a trenta metri da terra con il solo pensiero del Boccino d'Oro a invadergli la mente, Scorpius Malfoy fu davvero libero per la prima volta nella sua vita: niente sguardi di rimprovero perché aveva sbagliato la linea materna della sua cugina di terzo grado ripudiata dalla famiglia, niente colpi sulla schiena con la bacchetta per non aver saputo elencare le principali virtù che rendevano un Purosangue l'unico mago degno di portare avanti la stirpe magica. Niente sguardi dolenti di sua madre che si riparava dietro un'apatica solitudine per non dover prendere posizione. Niente, niente di niente. Nemmeno gli sguardi di sottecchi dei suoi compagni che lo additavano nei corridoi sussurrando “Mangiamorte” “traditore” “voltafaccia” sembravano reali a quell'altezza, a quella distanza dal suolo, dalla terra, dalla realtà. Su quella scopa, travolto dal turbinio del vento e circondato dalle nuvole e il calore del sole che danzava sui suoi corti capelli biondi, poteva essere quello che voleva, chiunque, in qualsiasi momento, dovunque.
E non gli importava nemmeno del Boccino, nemmeno del posto in squadra, nemmeno della fama e della gloria, in quel perfetto istante. Gli sarebbe importato, sarebbe diventato il suo ossigeno, era inevitabile. Ma in quell'attimo, un battito di cuore, tutto ciò che contava per lui era la possibilità, stuzzicante e attraente, di essere se stesso.
Poi, un Bolide lo centrò in pieno, quasi disarcionandolo dalla scopa.
Aggrappato con le sole dita al manico della sua Firebolt, Scorpius serrò i denti respingendo il dolore, e si issò nuovamente in sella, incrociando lo sguardo di Slavato e il suo sorriso dai denti storti. L'attimo dopo il Boccino brillò quale metro più in basso, e Scorpius si lanciò all'inseguimento.
Evitò Bolidi, Cacciatori, Battitori e persino la Pluffa che gli sibilò accanto all'orecchio, ingurgitando aria e allungandosi spasmodicamente verso il Boccino. Deviò tre volte, cambiò due volte direzione e quasi andò a sbattere contro i pali.
Fu una lotta impari, le lacrime agli occhi per il dolore alla spalla e la frustrazione di non riuscire mai ad arrivare abbastanza vicino, abbastanza da toccarlo, afferrarlo, sconfiggerlo.
Odiava quel dannato Boccino, gli stava facendo fare la figura dello stupido.
Alla fine, dopo quella che sembrò un'eternità Scorpius si fermò, chiuse gli occhi, e inspirò. L'attimo dopo ripartì agitando l'erba sotto di lui, in verticale, inarrestabile, inafferrabile, e lo prese. Senza sapere come, né perché, il Boccino d'Oro vibrò nella sua mano.
Merlino, amava quel Boccino...
Solo quando poggiò i piedi per terra, si accorse che la spalla aveva un'angolazione decisamente improbabile. Come se il vederla fuori posto avesse risvegliato in lui la consapevolezza, un dolore lancinante gli attraversò il braccio e il busto, facendolo quasi crollare a terra.
Il Capitano gli porse la mano e prese il Boccino
Bene Malfoy, sembra che tu sappia fare qualcosa alla fine... - non gli sorrise, né si finse preoccupato per la spalla. Si limitò a dichiarare – sei preso – a fare un cenno a Slavato e al resto della squadra, e a indicare la sua spalla con un colpo secco del mento dalla fossetta pronunciata – l'ho detto che metà di voi finiva in infermeria – e Scorpius non avrebbe voluto sentire nient'altro. Annuì stringendo i denti per non lamentarsi, e si diresse debolmente al castello.
 
Fine Flashback**************************************************************
 
No, decisamente non valeva la pena di condividere con loro il suo “perchè il Quidditch”.
Non avrebbe potuto spiegare la sensazione di completa libertà, di anonimato, di pace e di adrenalina che gli trasmetteva salire su una scopa. Non avrebbe saputo far capire a chi non amava il Quidditch perché fosse così irrimediabilmente vitale per lui. Si trattava di vero amore, e come tale era irrazionale, doloroso, snervante e frustrante. Eppure, in quell'attimo di totale completezza in cui sentiva il Boccino dimenarsi sotto le sue dita serrate, era esattamente, fottutamente e incredibilmente perfetto, come l'amore. O almeno, così aveva sentito dire.
Non parlò, si limitò a camminare con il viso rivolto al sole tiepido dell'autunno alle porte, lasciando che l'odore di casa gli impregnasse le narici.
No, nessuno di loro avrebbe mai capito cosa significasse spogliarsi di se stessi per un secondo infinito e non sentire sulla lingua nient'altro che il sapore della possibilità.
 
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Angolo della delirante autrice: Buonasera a tutti!!!! Eccomi qui con un nuovissimo e freschissimo e lunghissimo capitoloXDXD ahahahah
Che dire...finalmente il Quidditch!!! Non mancava anche a voi??XD
Non ho molto da dire in proposito...spero che mi direte qualcosa voi^^
Alla prossimaXD

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Capitolo 11
*** Il Purgatorio ***


Il Purgatorio

 
E canterò di quel secondo regno
dove l'umano spirito si purga
e di salire al ciel diventa degno.
(Divina Commedia, Purgatorio, Canto I, vv 4-6)
 
 
Lily doveva ancora decidere se l'esperienza più schifosa affrontata ad Erbologia fosse stata il pus di Bubotubero o lo sterco di drago per concimare le piante carnivore.
In quel momento, mentre Neville, ehm, il Professor Paciock, illustrava loro le innumerevoli qualità di quelle stesse, enormi, piante carnivore, si accorse che il dolore provocato da un loro morso avrebbe sconfitto senza batter ciglio lo schifo d'invasarle.
Come spesso le accadeva ultimamente, la sua mente prese a vagare senza sosta, immersa in elucubrazioni mentali che fino ad un anno prima non le sarebbero nemmeno passate per l'anticamera del cervello.
Eppure non poteva fare a meno di pensare a Teddy, al modo in cui era ormai diventato naturale frequentare le lezioni di Trasfigurazione senza fermarsi a fissarlo pensando a cosa provava, incrociando i suoi occhi attraverso la stanza. Nemmeno la mancanza di James, che all'inizio dell'anno le era sembrata un ostacolo insormontabile, le pesava così tanto.
Beh, c'era ancora Albus, e i Purosangue che continuavano a sparire, e quell'idiota di Malfoy che sembrava dietro ogni dannato angolo della scuola con quel suo ghigno storto e i suoi occhi orrendamente penetranti. Eh beh, ovviamente il fatto che lui sapeva di lei e Teddy e poteva usare quella carta in ogni momento, decisamente non aiutava affatto i sonni tranquilli.
Eppure si sentiva bene, oppressa dai compiti, il Campionato di Quiddditch alle porte e i GUFO che si avvicinavano inesorabilmente, ma bene. Completa, malgrado tutto. Sapeva che ci sarebbe stato un momento in cui tutto questo le sarebbe caduto addosso come una pioggia di Coriandoli Scoppiettanti dei Tiri Vispi Weasley, ma sentiva che non sarebbe stato quello il momento.
Era una sensazione di incredibile sicurezza che difficilmente le apparteneva; malgrado le apparenze, che aveva prematuramente imparato essere ingannevoli, non era mai stata una spocchiosa sicura di sé, il sorriso da padrone del mondo di suo fratello James non era mai sorto naturalmente sul suo viso, così come l'espressione pacatamente fiera di Albus non era la sua. Lei era schietta, e incosciente, spesso brusca e determinata più di quando fosse necessario. Lei era una dura. Doveva esserlo, perché suo padre aveva salvato il Mondo Magico, e suo fratello maggiore era una stella del Quidditch...e Albus, beh, era un genio praticamente in tutto, quindi, come minimo, lei doveva stare al passo. E respingere gli altri prima che sbirciassero dentro di lei per accorgersi che non era all'altezza, che era tutta una farsa, che non c'era nient'altro oltre l'insana capacità di cacciarsi nei guai e la ferrea determinazione di non arrendersi.
Lei era solo Lily...niente folla urlante negli stadi di tutto il mond, o Oltre Ogni Previsione in ogni materia. Solo un continuo, instancabile, arrabattarsi per non restare indietro.
Per questo le piante carnivore sono così preziose per una serra come quella di Hogwarts – stava dicendo Neville, oh al diavolo, il Professor Paciock, mostrando loro il modo giusto di nutrirle – sono creature affascinanti. Apparentemente incapaci di relazionarsi con l'esterno se non attraverso morsi e ferite sanguinanti, ma incredibilmente utili e fedeli nelle mani di un mago che sappia come trattarle -
Già – biascicò Lily afferrando una mosca morta e porgendola distrattamente alla sua pianta
E non dimenticate i guanti! - troppo tardi, la mano di Lily esitò troppo accanto alla bocca dentata della pianta. Le sue voraci fauci addentarono la mosca, e con lei la mano di Lily
Auch – si lamentò istintivamente, perché non sentì nulla. L'attimo dopo arrivò il sangue, caldo e copioso lungo il polso. Quello dopo, il dolore lancinante. Perché, per Merlino, fa sempre più male quando si vede il sangue?
La pianta carnivora allungò il collo snello, attirata dall'odore di carne fresca e sangue
Professor Paciock, c'è un problema qui – sussurrò Hugo prima di cadere a terra svenuto alla vista del rivolo gocciolante che stava formando una piccola pozza sul bancone di legno scuro
Oh per tutti i folletti della Cornovaglia! – esclamò Neville avvicinandosi a Lily propri mentre la pianta si preparava ad addentarle tutta la mano – Immobilus! - gridò appena prima che quell'Hannibal Lecter di clorofilla le strappasse via metà braccio.
Prese dolcemente la mano di Lily, deglutendo alla vista del sangue, ma decisamente più abituato a vederne di Hugo.
Non è niente – si ritrasse Lily avvolgendo la ferina nello straccio che aveva usato per pulire il bancone da lavoro
Mi dispiace signorina Potter – Neville sembrava davvero desolato – ma la saliva di Pianta Carnivora non permette alla ferita di rimarginarsi, per facilitare la morte della vittima prima che la divori – i suoi occhioni castani sembravano quelli di un Cocker Spaniel. Molto grosso e molto acculturato in materia, ma sempre un cagnolone affettuoso. Eppure conosceva Neville da quando era nata, e non aveva mai conosciuto un uomo in vita di cui suo padre parlasse con più rispetto. Coraggioso oltre ogni immaginazione, lo aveva definito, anche se a vederlo Lily non avrebbe scommesso su di lui in battaglia un falci bucato. Conosceva a memoria le avventure che lui e suo padre avevano affrontato insieme, e la triste sorte a cui Bellatrix Lestrange aveva condannato i suoi genitori, eppure non riusciva a immaginare il pacato e pacioso professore di Erbologia in una lotta serrata per la sopravvivenza. Apparenze...erano così fuorvianti.
Lily sentì la testa vorticare violentemente e si aggrappò al bordo del bancone, movimento che le fece dolere la mano come una pugnalata
Professore, forse sarebbe meglio se andasse in Infermeria, non ha un bel colorito – beh, se poteva consolare qualcuno, stava anche di merda.
Neville annuì con decisione, concedendole un sorriso un po' mesto
Ti accompagnerò io...ogni anno qualche studente finisce da Madama Bell – si strinse nelle spalle – se non conoscessi Katie, penso che mi affatturerebbe – sghignazzò in un modo così simile a quello del figlio che quasi Lily dimenticò del dolore alla mano. Ma, quando quel momento surreale finì, scosse la testa
Vado da sola Professore, posso farcela – sorrise sforzandosi di essere rassicurante, il viso di Neville sfocato davanti ai suoi occhi. In realtà non sapeva come si sarebbe trascinata fino al castello senza cadere a terra svenuta
E Hugo professore? Non si è ancora svegliato – Mitra Aswini, una delle gemelle di Calì Patil, indicò suo cugino steso a terra con un'espressione men che rassicurante. Ma Neville si limitò a sorriderle con un gesto noncurante
Svenivo anch'io alla sua età...si riprenderà... -
Ci penso io ai tuoi libri Lily – la rassicurò Mitra con un sorriso incoraggiante negli occhi neri
Grazie...ci vediamo in Sala Comune - Lily s'incamminò dolorante e ciondolante verso il castello.
Cosa aveva appena detto sul sentirsi bene?
 
***
 
La mattinata non era cominciata bene. Non era cominciata bene per niente: Gwineth gli aveva lasciato cadere in mano una lettera di suo padre beccandogli due dita perché l'aveva ignorata per tutto il fine settimana, dopodiché era volata via senza nemmeno aspettare che scrivesse una risposta.
Dannata civetta, più permalosa di una donna e più testarda di...una donna?
Scosse la testa; Draco gli aveva detto che un gufo sarebbe stato più efficiente, ma lui aveva incontrato gli occhi azzurri di Gwineth attraverso la vetrina a Diagon Alley, e non aveva saputo resisterle. Era così, per Salazar, prima o poi quel suo stramaledetto vizio di buttarsi a capofitto nelle cose lo avrebbe ucciso.
Osservando Altair Rigel King che si muoveva con decisione per la classe, Scorpius ripensò alle parole di suo padre, vergate con quella sua calligrafia scarna e fredda, sbrigativa almeno quanto lui, e serrò la mandibola
 
“ Ho saputo dell'insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure...guardati da lui, figlio, il suo passato è più confuso di qualsiasi altro sul quale abbia indagato, e pare sia un Mezzosangue, feccia della peggior specie.
Non permettere a quell'individuo di dirti quello che devi fare, e dimostragli che l'erede dei Malfoy non ha niente da imparare da uno sporco Mezzosangue nel campo delle Arti Oscure, come in nessun altro...”
 
Scorpius sbuffò...perchè, dannato Merlino, suo padre non si dedicava alle sue cospirazioni Purosangue, le imboscate ai Babbani, o qualsiasi altra cosa un ex Mangiamorte fallito facesse per passare il tempo, e non la smetteva di tentare di manovrare la sua vita anche a chilometri di distanza? Ma cosa pensava gliene fregasse, per le tette di Morgana, dell'estrazione sociale, il DNA magico o quel cavolo che era, del suo Professore di Difesa Contro le Arti Oscure? Quel tizio, che comunque gli sembrava solo una bella gatta da pelare e parecchio abile con la bacchetta in mano, doveva solo insegnarli qualche Incantesimo di Difesa e rimandarlo a casa in grado di contrastare un attacco. Mezzosangue o no, sembrava saperlo fare bene.
Bene ragazzi – il professor King, o meglio, King, perché “Il Professore non li avrebbe salvati da un'Avada Kedavra, mentre saper sguainare la bacchetta in tempo sì”, si fermò nel mezzo della stanza e spostò con un gesto fluido della mano i banchi agli angoli – nonostante la maggior parte dei genitori mi manderà Strilettere infuriate per questo, perché ormai chiunque pensa sia un Incantesimo “superato”, da “Guerra Magica” o altro, oggi impareremo una delle magie più difficili da produrre e controllare che potrete mai incontrare – gli occhi di tutti, non solo quelli delle sue ammiratrici sbavanti che s'imbucavano ad ogni ora libera per ammirarlo da lontano con gli occhi da foche innamorate, furono su di lui. Perfino quelli di Scorpius, che alle parole “difficili da produrre e controllare” aveva rizzato le antenne, inchiodarono la figura dell'uomo trasandato ma affascinante al centro della stanza
Di cosa si tratta professore? - Annie Maddox aveva aperto bocca solo perché lui la guardasse. C'era qualcosa di più nauseante di una ragazza piena di ormoni che sbavava per un Professore di trentanni suonati? Probabilmente solo Lily Potter che se la faceva con il suo quasi fratello adottivo bastardo che, per caso, era anche il loro professore di Trasfigurazione! Scosse la testa, Lily Potter non era esattamente nel suo “Calendario delle cose a cui pensare” in quel momento.
King – la corresse l'uomo pazientemente, senza affrettarsi a rivelare l'arcano – si tratta, signorina Maddox – lei sorrise beatamente, estasiata dal fatto che aveva ricordato il suo nome. Scorpius avrebbe veramente voluto vomitare, ma si limitò a rimanere impassibile, in attesa – dell'Incanto Patronus – il silenzio fu l'unica risposta che ottenne dalla classe – fino a una ventina di anni fa era l'incantesimo più potente per respingere un Dissennatore – si bloccò – qualcuno di voi sa cos'è un Dissennatore, o visto che siete nati tutti nella calda primavera del mondo libero, ve ne siete altamente fregati di conoscere i pericoli che vi circondano? - ovviamente, la mano di Rose Dannata Sapientona Weasley scattò in aria ancora prima che King finisse di formulare la domanda – sì signorina Weasley? - le concesse un sorriso, dettaglio che non sfuggì alla Maddox, che le conficcò un'occhiata di puro odio nella schiena. Quella ragazzina cominciava a piacergli di più: sembrava deliziosamente perfida.
Un Dissennatore è una creatura magica molto pericolosa. Si nutre della felicità altrui, lasciando dietro di sé solo dolore e devastazione – spiegò con voce controllata e limpida – il Bacio del Dissennatore è in grado di uccidere – la sua voce tremò – era uno dei metodi ideati dal Ministero per condannare i prigionieri di Azkaban. Quando Kingsley Shacklebolt è diventato Ministro li ha esclusi dalla sorveglianza della prigione, perché i Dissennatori si sono uniti a – esitò solo un secondo – Voldemort nel suo tentativo di riprendere il potere – King annuì con uno sguardo intrigato
Bene signorina Weasley, mi hanno detto che qui si usa premiare chi risponde correttamente, quindi...dieci punti a Grifondoro – la Secchiona si sforzò di non mostrarsi troppo compiaciuta, ma Scorpius poteva vedere la sua schiena fieramente eretta mentre si godeva i suoi cinque minuti di celebrità.
King? - la Maddox sembrava fiera di sé per aver ricordato di omettere il “Professore” - perché dobbiamo...insomma, sono entusiasta di tutto questo, ovviamente, ma perché dovremmo imparare un incantesimo così complicato se non dovremo mai servircene? -
Perché potreste essere costretti a servirvene... - la Maddox sembrò sul punto di ribattere, ma probabilmente il terrore di non entrare nelle grazie di lui la convinse a tacere. King attese che il diffuso bisbiglio della classe a quelle parole si spegnesse pian piano. Poi sorrise e allargò le braccia – Dunque, per evocare un Patronus, tutto quello che dovete fare è pensare a qualcosa che vi rende veramente, ma veramente, felici, e pronunciare Expecto Patronum! - un coro d'invocazioni si sollevò nella classe, e nel corso dell'ora e mezza seguente, diversi Patronus quasi completi aleggiarono per la stanza.
Quando King si rese conto che la maggior parte di loro riusciva a evocare un animale praticamente perfetto, mancavano poco più di un dieci minuti alla fine della lezione
King, le piace? - una Corvonero dai lunghi capelli castani gli sorrise mostrandogli il suo barboncino, mentre Scorpius lasciava librare nell'aria il suo Patronum. Sapeva che aveva le ali, che sembrava un uccello, ma non era del tutto un uccello. Non avrebbe saputo dire cosa fosse. Probabilmente lo avrebbe studiato meglio, se solo King non si fosse avvicinato al baule più strano che lui avesse mai visto, urlando per sovrastare i gridolini delle ragazze che riuscivano ad evocare finalmente le loro foche, o i loro coniglietti o chissà cos'altro
Bene classe...sembra che abbiate gli attributi, nonostante tutto – sembrava contento. Poi il suo viso, improvvisamente corrucciato, si spostò su di loro e si fermò ad osservare per qualche istante i Patroni che volteggiavano, né liquidi né gassosi, per la stanza – ora vediamo come ve la cavate con questo – spalancò il baule, o meglio, una delle sette serrature che lo tenevano chiuso, e un enorme mantello nero dall'aria logora e consunta si librò in volo come un macabro fantasma. In un istante, Scorpius provò la sensazione di essere nuovamente a casa, a Natale, con lo sguardo corrucciato di suo padre che lo squadrava indispettito, gli occhi pallidi della madre che vagavano senza meta sul suo viso, e il silenzio più totale tutto intorno. Il silenzio pressante, carico di disagio e di parole trattenute fra i denti. Si sentì nuovamente piccolo e indifeso a rigirarsi fra le coperte attorcigliate, svegliato dalle urla di sua madre che perdeva un altro bambino, le imprecazioni di suo padre contro il suo sangue debole, e le lacrime, ininterrotte e sferzanti, che nessuno veniva più ad asciugare.
Il Dissennatore lo guardò, o almeno così parve, da sotto il mantello. Scorpius poteva solo vedere un'ombra scura e rattrappita, una bocca senza labbra che sembrava spalancata sul suo dolore. Sembrò ingoiare voracemente ogni stilla di felicità che il Serpeverde avesse mai provato. Gli succhiò via ogni raggio di sole, ogni volo a cavallo della sua Firebolt Special sparato a centottanta chilometri sul Lago Nero, ogni momento di perfetta intesa, ogni favola della buonanotte che a malapena la sua mente riusciva a ricordare. In un istante infinito sembrò che non ci fosse un domani che valesse la pena vivere.
Poi qualcosa dentro di lui si risvegliò, l'istinto di conservazione, di ribellione, l'ultimo gesto di chi non ci sta, l'ultimo sforzo.
Sollevò la bacchetta e frugò nella propria mente alla ricerca di un ricordo, qualcosa di bello e di importante, qualcosa che lo aiutasse a rimandare indietro quel macabro scherzo della natura da dove diavolo era venuto. Pensò alla sensazione del sole sul viso, il vento addosso che lo spingeva giù, le gambe ferocemente serrate attorno al manico di scopa e all'illusione della libertà. Per un attimo sembrò funzionare, sembrò abbastanza
Expecto Patronum! - urlò, ma il Dissennatore ingoiò anche quello, voracemente: cancellò i sorrisi caldi di sua madre quando era troppo piccolo per apprezzarne il valore, cancellò la canzone che la tata gli cantava prima di andare a letto, quella di cui non ricordava le parole...e cancellò il domani, la determinazione di affrontarlo e agguantarlo, lontano dalla sua famiglia e dal suo nome infangato, dal peso sulle spalle di dover sempre essere all'altezza di se stesso. Cancellò perfino i momenti felici che non gli erano nemmeno sembrati tali, ma che quella creatura sembrava amare più degli altri, proprio perché custoditi così gelosamente.
Provò solo il desiderio di addormentarsi e smettere di sentirsi schiacciato dalla disperazione.
Expecto Patronum! - l'enorme fiamma d'argento che fuoriuscì dalla bacchetta di King fu l'ultima cosa che vide prima di perdere i sensi.
 
***
 
L'Infermeria era la stessa enorme stanza illuminata di sempre, ovvero di tutte le volte in cui si era risvegliata in un letto dalle lenzuola bianche dopo una brutta caduta dalla scopa, dalle scale, in allenamento, o semplicemente per qualche fattura andata male contro qualche Serpeverde prepotente. Quindi, praticamente, era la sua seconda casa, e Katie Bell, ex Cacciatrice di Grifondoro e amica di suo padre sin dai tempi della scuola, quasi una zia.
Che è successo 'stavolta? - le chiese medicandole accuratamente la ferita
Solo una Pianta Carnivora a Erbologia – Katie sorrise teneramente
Credo che ognuno di questi letti abbia ospitato più incidenti durante Erbologia che in tutte le altre lezioni messe insieme. Nemmeno Alicia mi manda tanti studenti – Alicia Spinnett era l'insegnante di Volo, nonché una delle più care amiche di Katie sin dai tempi di Hogwarts. Era stato strano ritrovarsi immersa nella metà dei conoscenti di suo padre quando era arrivata a Scuola, ma alla fine non era stato poi così male. Vedere facce amiche gironzolare per i corridoi l'aveva sempre rassicurata immensamente. Godric solo sapeva cosa si provasse ad incrociare sguardi ostili e doversi guardare le spalle dietro ogni angolo
Grazie – le disse alla fine quando la donna le ebbe stretto con un colpo deciso la fasciatura attorno al polso – è perfetta – si sorrisero reciprocamente per un istante
Katie potresti...– Teddy comparve di corsa, il mantello che gli svolazzava attorno ai fianchi e il nodo della cravatta completamente allentato – Lily – i suoi occhi si riempirono immediatamente di preoccupazione – cos'è successo? - la ragazza sollevò la mano fasciata con espressione eloquente
A quanto pare piaccio molto alle Piante Carnivore – Teddy le si avvicinò, prendendole la mano
A quanto pare... - disse piano, i suoi grandi occhi azzurri che le setacciavano il viso alla ricerca di qualcosa che non trovarono. Un brivido le corse lungo la schiena, e si sforzò di pensare che si trattava della debolezza. Aveva perso molto sangue, in fondo...no?
Ma Teddy non la lasciò andare, accarezzandole le dita fasciate con lenti cerchi concentrici, quasi distrattamente, mentre parlava con Katie di come una studentessa aveva per sbaglio trasfigurato il suo topo in un serpente velenoso, che l'aveva appena morsa. Evidentemente, quel pomeriggio, c'era parecchia gente che doveva smetterla di pensare ad altro mentre maneggiava oggetti pericolosi.
Katie la guardò in viso
Credo che tu debba riposare un po' prima di tornare in Sala Comune. Hai un colorito terribile – la guardò dispiaciuta – aspettami qui mentre vado con Ted...ehm, il Professor Lupin, a controllare la ferita della signorina Appleby. Ti darò qualcosa per reintegrare i liquidi – Lily non aveva molta voglia di trascorrere il resto del pomeriggio bloccata in Infermeria con tutti i compiti che aveva da fare, ma la mano di Teddy era ancora aggrappata alla sua, e avrebbe annuito anche se la donna le avesse chiesto di lanciarsi di testa dalla Torre di Astronomia.
Bene – si rassegnò a trascorrere due lunghe ore a bere qualche stomachevole Pozione Rivitalizzante e si sistemò sul cuscino. Teddy le sfiorò gentilmente il viso mentre Katie rovistava in una grande armadio alla ricerca dell'antidoto al veleno di serpente
Non cacciarti nei guai mentre sono via -
Ti pare che mi possa cacciare nei guai qui? - lo sguardo eloquente dell'altro chiarì la sua risposta inequivocabile
Oh ma che bella scenetta – Scorpius Malfoy si stagliava contro la porta, ma non era esattamente al pieno della forma: la pelle, già pallida, aveva una sfumatura malsana che somigliava più al colore dei suoi capelli che alla tinta diafana da angelo della notte che aveva di solito. Gli occhi di un grigio intenso e temporalesco erano ombreggiati da occhiaie scure, e sembrava dimagrito di dieci chili, quasi emaciato. Aveva distrattamente drappeggiato sul braccio il mantello di King, e le labbra secche e pallide. Malgrado questo, il suo tono fu tagliente come una sferzata.
Malfoy – lo sguardo glaciale di Katie lo trafisse da parte a parte – sei qui per un valido motivo, o solo per rendere pessima la mia giornata? - Katie Bell era una donna gentile, per natura socievole e affettuosa. Ma i suoi occhi tradivano un muro invalicabile di disprezzo quando incrociavano quelli di Malfoy. Non era diventata Medimagus per caso, questo era certo; una volta le aveva confidato di aver intrapreso quella strada per tutte le volte in cui era stata in pericolo e Madama Chips, l'infermiera di Hogwarts ai tempi in cui l'aveva frequentata anche suo padre, le aveva salvato la vita. Una di quelle volte, era stata quando il padre di Scorpius l'aveva quasi uccisa con una collana maledetta. Beh, non la si poteva certo biasimare se nutriva un po' di risentimento verso la famiglia Malfoy!
Il ragazzo non batté ciglio, anche se Lily poté chiaramente scorgere nel suo sguardo un lampo di qualcosa di molto diverso dall'indifferenza. Qualunque cosa fosse stata a ridurlo così, aveva aperto una breccia nella sua corazza impenetrabile di tronfio rompipalle.
Teddy lo esaminò, preoccupato. Probabilmente era l'unico al mondo che poteva essere gentile con lui dopo averlo guardato negli occhi per più di due minuti
Sei ferito? - Merlino, era davvero in ansia per la salute di Malfoy?
Sono nell'orgoglio – Altair Rigel King si fece strada a grandi passi nel corridoio fra le due file di letti, e rovistò nell'armadietto delle Pozioni Medicamentose
Ehi! - Katie non sembrava contenta delle sue lunghe mani affusolate che mettevano sottosopra il suo piccolo mondo di fiale e boccette
Calma tigre, ho solo bisogno di qualcosa per il ragazzo che contrasti l'effetto di un Dissennatore! - a quelle parole, Lily, Teddy e Scorpius schiantarono su di lui i loro occhi così diversi: la prima era allibita che avesse cercato d'insegnare agli studenti l'Incanto Patronus con un vero Dissennatore, il secondo cominciò a frugarsi nelle tasche alla ricerca di chissà che cosa, e il terzo era furioso, probabilmente per essere stato così brutalmente smascherato di fronte a due delle tre persone al mondo che sembravano detestarlo di più
Provi con una mazza da Battitore in testa – borbottò Katie prima di rivolgersi a Teddy – forse è il caso che... -
Certo! La signorina Appleby! - estrasse da una tasca interna del mantello una Cioccorana e la porse a Scorpius – ti devo solo chiedere di portarmi la figurina se trovi Bathilda Bath...devo scambiarla per l'ultima che mi manca – gli strizzò l'occhio e si diresse a grandi passi verso l'aula di Trasfigurazione, dove probabilmente Christie Appleby stava morendo di una morte atroce causata dal morso del serpente che, in teoria, Teddy doveva aver curato da un quarto d'ora.
King richiuse l'armadietto ed espirò rumorosamente rivolgendosi a Malfoy
Dolente di averla sbattuta così signor Malfoy...sono certo che la prossima volta andrà meglio...se non perderò il posto – sembrò riflettere su qualcosa, e poi riprese – a quanto pare la Preside Maxime non condivide la mia idea di insegnamento realistico – si strinse nelle spalle e accettò il mantello che Scorpius gli porgeva – vado a fare una visitina al grande capo e torno a vedere come si sente – gli assestò una pacca sulla spalla – non se la prenda, non è da tutti sopravvivere senza un graffio al primo attacco di un Dissennatore – finalmente sembrò accorgersi di lei – signorina Potter, anche lei qui? Spero sia stata più fortunata di noi – Lily sollevò nuovamente la mano ferita
Pianta Carnivora -
Una rogna – controllò il pendolo appeso alla parete nord – se volete scusarmi, ho una cattedra di Difesa da tenermi stretta – e sparì anche lui nei corridoi, diretto alla strigliata che, certamente, l'immenso donnone che dirigeva Hogwarts gli avrebbe dato.
Lily era rimasta a bocca aperta per tutto il tempo. Un Dissennatore, a Hogwarts, a lezione? Ma che...
Malfoy si rigirava ancora la Cioccorana fra le dita
La cioccolata fa miracoli contro gli attacchi dei Dissennatori – stranamente non aveva commentato acidamente e con soddisfazione una disgrazia di Scorpius Malfoy. O si era rammollita, o tutto il sangue che aveva perso le aveva portato via anche la vecchia se stessa.
Il ragazzo, contrariamente ad ogni folle previsione, non rispose con qualcosa di acutamente sarcastico o semplicemente denigrante; si limitò a scartare la Cioccorana e addentarne un angolo.
Lily non seppe mai se le parole che le uscirono dalla bocca poco dopo furono causate dalla reazione di lui o dal poco sangue che le arrivava al cervello, fatto sta che sussurrò un incerto
Tutto ok? - Scorpius sollevò i suoi occhi grigi su di lei
A meraviglia! Un fottuto Dissennatore mi ha succhiato via anche le tonsille, ma non sono mai stato meglio! - il suo viso assunse un colorito verdognolo, e l'attimo dopo si aggrappò alla pediera del letto per non crollare a terra – gli faranno il culo a pois a quello lì – sussurrò addentando un altro pezzo di Cioccorana
La Preside Maxime non sarà contenta...un Dissennatore a Hogwarts...è da pazzi – poi sogghignò – chissà come diavolo a fatto a farlo entrare – si mise a sedere, ma la mano le lanciò un'allarmistica fitta lancinante e il mondo fu grigio per un paio di secondi. Si lasciò cadere contro la spalliera, ma il suo momento di debolezza non sfuggì al Serpeverde
Tu che mi dici Potter, hai tentato di Schiantare qualcuno senza successo anche oggi? O veramente sei stata così idiota da farti azzannare da una Pianta Carnivora? - il suo sogghignò brillava solo leggermente meno del solito, ma era comunque strafottente e odioso. Tutto regolare con lui, almeno quella parte del suo mondo non stava venendo scossa violentemente da due enormi mani demoniache.
Io almeno non me la sono fatta addosso perché un Dissennatore mi ha fatto boo – si pentì immediatamente di quelle parole. Scorpius la raggelò con un fendente degli occhi grigi che sembravano aver preso vita. Una vita che pulsava di disprezzo e risentimento.
Cazzo, non era proprio il modo giusto di metterla giù...cazzo!
Suo padre le aveva parlato dei Dissennatori, di quello che gli avevano fatto al terzo anno, di quanto fosse stato difficile per lui, con tutta la sofferenza che aveva alle spalle. Se Malfoy era davvero svenuto, la sua, di vita, non doveva essere stata molto più serena.
Ma il Serpeverde non si scompose; indossò la sua maschera di completa rilassatezza e si strinse nelle spalle
Che vuoi farci...io preferisco fare l'amore che la guerra – incredibilmente, Lily si rese conto di qualcosa che non aveva mai notato in lui: non lo conosceva affatto. Tutte le volte che si erano trovati di fronte, sia verbalmente che fisicamente, Malfoy aveva mantenuto quell'atteggiamento; era distaccato, sarcastico e freddo, niente sembrava toccarlo davvero. Ma per un istante, quando l'aveva guardata con gli occhi colmi di rabbia, era stato veramente se stesso. Tutte le altre volte, si era limitato a fingere; solo una recita. Ben giostrata, ben interpretata e ben scritta, ma solo finzione. E quella finzione, quegli sguardi canzonatori, quelle battute taglienti, erano solo la maschera di una violenta rabbia trasformata in distacco.
Katie, pochi minuti prima, lo aveva ricoperto di disprezzo, e lui non l'aveva semplicemente ignorata, aveva schermato il suo vero io dietro una maschera di arrogante indifferenza.
Alla fine di tutto, si accorse di non volerlo ferire, perché c'era qualcosa in lui, che sembrava irrimediabilmente lacerato. Come una Smaterializzazione andata male, ma dell'anima.
Deglutì, incerta sul da farsi; in fondo era sempre Malfoy, l'arrogante, impenitente, strafottente e detestabile Scorpius Malfoy. Eppure...
King ha ragione sai? Ti è andata bene...quel Dissennatore poteva... -
Cosa? Prendere tutte le schifezze della mia vita e vomitarmele addosso? Non gli sarebbe bastata una settimana – sbuffò – ero distratto e mi ha fatto il culo...capita -
No, Malfoy, alla gente normale non capita – si sentì sciocca a parlare con lui senza insultarlo, ma quella era una di quelle situazioni in cui la gente si trova a dire e fare cose assurde, come in una dimensione parallela. Non si trovavano nella vita normale, non dovevano per forza essere normali – la gente comune, quella con una vita normale, non sviene – inspirò – credimi, io lo so – strinse rabbiosamente le lenzuola bianche fra le dita, stropicciandole, pronta a respingere l'attacco di lui. Che non arrivò
Mai detto di essere normale – si limitò a rispondere lui – e tu, ragazzina, non puoi vantare chissà quale ascendenza di normalità in famiglia, quindi lascia perdere le prediche strappalacrime sulla sofferenza umana – ingoiò l'ultimo morso di Cioccorana e sembrò studiare la figurina – ma tu guarda, c'è tuo padre che mi sta facendo l'occhiolino – gliela lanciò fra le mani, con precisione millimetrica – me lo ricordavo più bello – Lily osservò distrattamente il viso un po' imbarazzato di Harry, e posò la figurina sul comodino accanto al letto. Fare perno sulla mano ferita le fece nuovamente vorticare la testa – hei Potter, se hai intenzione di collassarmi davanti, sappi che non ti farò la respirazione bocca a bocca. Te la devi guadagnare quella, tesoro, e l'essere in punto di morte non è una scorciatoia – le strizzò l'occhio con un sorriso canzonatorio. Non stava più fingendo, era solo...Scorpius.
Il cioccolato aveva già fatto effetto, sembrava più sano, più sereno e più vivo. Per lo meno, quanto lo sembrava di solito
Ah ah...nemmeno in punto di morte lascerei che la tua bocca mi toccasse Malfoy...preferirei la respirazione bocca a bocca da un troll di montagna, anche se in quanto a personalità poco ci manca – e lui sogghignò, non in quel modo alla “super affascinante Malfoy” o “modalità strafottente Malfoy”, né nella sua versione “pensieri perversi Malfoy”.
Certo, sembra un privilegio riservato a ben altre labbra – Sollevò l'angolo destro della bocca in quello che sembrava un sorriso divertito, condito con qualcosa che aveva il sapore mascolino che hanno gli uomini quando sono convinti di qualcosa, convinti di aver colto un lato di te che nemmeno tu conosci ancora. Era una sfumatura che a Lily non piaceva affatto, perché presupponeva una conoscenza, fra loro, che non era disposta ad ammettere. Poi una luce divertita balenò nel suo sguardo, di un grigio chiaro quasi tendente all'azzurro, incredibilmente diverso dal colorito fosco che aveva quando era entrato – Dimmi Potter...per curiosità...per quanto ancora pensi di fingere che io non sappia quello che so? - Lily s'irrigidì, in contrasto con la postura rilassata di lui, che si era accomodato con noncuranza ai piedi del suo letto, appoggiando una caviglia sul ginocchio
Non ho idea di cosa il tuo cervello malato creda di sapere ma... -
Sei spassosa, anche convincente per molti, ma... - si sporse verso di lei quel tanto che bastava a sussurrarle in faccia quelle parole – io non sono Teddy Lupin...non te lo dimenticare... -
La risposta le si gelò sulle labbra, mentre un trafelato King entrava a passo di marcia in Infermeria
La Preside non mi caccerà...ancora... - li rassicurò – ma a quanto pare dovrò liberarmi del Dissennatore – sembrava sconvolto dalla cosa. Lily si chiese se non fosse imparentato alla lontana con Hagrid: sembravano avere la stessa insana passione per addomesticare creature spaventose e letali. Si sforzò di sorridere, mentre Scorpius si alzava con uno scatto un po' meno elegante del solito
Fantastico, mi avverta quando insegnerà a respingere le Maledizioni Senza Perdono...mi darò malato – l'espressione di King si fece seria
Oh, penso che ti piacerebbero invece... - quelle parole rimasero sospese nell'aria per qualche istante, prima che Katie e Teddy entrassero nella stanza seguiti dalla povera Christie Appleby, che aveva un'aria poco più sana di Malfoy mezz'ora prima.
Katie finse di non vedere il Serpeverde, mentre Teddy lo studiò con un'occhiata
Vedo che il cioccolato ha fatto effetto. E la figurina? -
C'era papino Potter – ribatté l'altro con quella che Lily aveva ormai imparato a identificare come la sua “armatura strafottente” - non le dispiace se l'ho regalata all'erede, vero? - Teddy si limitò a sorriderle, mettendo fra sé e le allusioni di Scorpius il muro di gomma che era solito usare con Albus
Peccato, sarà per la prossima volta – scrollò le spalle e si assicurò che Christie si sistemasse per il meglio sul suo letto nuovo di zecca e profumato di pulito.
Lily fece per alzarsi, ma Teddy la bloccò con un'occhiata versione molto “sexy e autoritaria”
Sto bene Te... - gli occhi penetranti di Malfoy cominciarono a brillare di soddisfazione – Professor Lupin. Madama Bell, può dire al Professore che sono in grado di arrivare fino alla Sala Comune con le mie gambe? - Katie si avvicinò con una fiala di Pozione Rivitalizzante e gliela porse con un gesto imperioso
Solo se prima berrai questa – nell'osservare l'espressione di Lily dopo il primo sorso decretò – fino all'ultima goccia...poi potrai andare a bighellonare in giro come tuo solito – alla fine, spinta solo dalla deontologia professionale, si voltò verso Scorpius – ti serve altro? - lui rimase serio, mortalmente serio, per qualche istante, poi scosse la testa
La mia dose di cure affettuose l'ho già avuta, grazie...so che la distrugge l'idea di non potermi infagottare e spedire al San Mungo, o magari ad Azkaban, ma sfortunatamente non sto morendo né ho ucciso qualcuno, perciò per stavolta passo – mentre Katie si voltava a rassettarle le coperte senza che fosse necessario, borbottando un rabbioso
Per ora – Scorpius scrutò Lily con un espressione falsamente rilassata
E' stato un piacere dividere il letto – s'interruppe - d'ospedale con te Potter...- i suoi occhi grigi saettarono da Lupin a King – Professori – lanciò uno sguardo a Christie Appleby coperta fino alle orecchie – ti manderò dei fiori Christie...fai che non siano crisantemi uh! - poi lasciò che il nulla lo invadesse, avvolgesse il suo viso e ne plasmasse i lineamenti, prima di rivolgersi a Katie – Madama Bell è sempre un piacere farsi disprezzare da lei – dopo aver scoccato a Lily un'occhiata che urlava “Non te la caverai così”, si allontanò ciondolando, accompagnato da troppe occhiate differenti per poter essere spiegate.
Lily sospirò e si lasciò andare contro lo schienale. Doveva decisamente smetterla di sentirsi bene la mattina per poi pentirsene la sera.
 
...sono creature affascinanti. Apparentemente incapaci di relazionarsi con l'esterno se non attraverso morsi e ferite sanguinanti,
ma incredibilmente utili e fedeli nelle mani di un mago che sappia come trattarle...
 
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Angolo della delirante autrice: e un altro pezzo del puzzle è stato incastonato...non mi sento particolarmente soddisfatta...qualcosa ancora mi sfugge, ma non mi sentirei completamente soddisfatta nemmeno dopo mille revisioni, quindi tanto vale seguire il cuore e postareXD
Dunque...stranamente, in questo capitolo, il parallelismo fra la Divina Commedia e la storia è particolarmente calzante...è sottinteso che chiedo sempre scusa a Dante per il modo in cui sto usando il suo capolavoro per introdurre la mia modesta ff da scribacchinaXD, tuttavia paragonare l'ingresso del Purgatorio all'Infermeria mi piace, ed è stato allo stesso tempo completamente casuale...abbiamo avuto un primo incontro-un-po'-meno-scontro fra Lily e Scorpius in questa sorta di dimensione parallela, dove entrambi hanno mostrato un lato un po' meno spigoloso del loro carattere. Allo stesso tempo questo “fallimento” di Malfoy con il Dissennatore apre uno scenario un po' più umano del soggetto che non ci sta mai maleXD Lungi dal dichiararsi amore eterno (non lo faranno, dichiararsi amore eterno con gli occhi pieni di lacrime, intendo, perciò mi dispiace se state leggendo questa ff in attesa di questa scena romantica alla Rosamunde Pilcher, vi avverto in anticipo così potete regolarvi di conseguenzaXD) i nostri due compari cominciano a interagire maggiormente su un livello un po' più personale...spero di non perderci il sonnoXD
Ho scelto Katie Bell come nuova Infermiera di Hogwarts per via della sua epocale sfiga...c'è sempre stata una certa affinità fra lei e l'infermeria, quindi mi sembrava calzante il suo tornarci...se pensate che stia sistemando ad Hogwarts troppi ex studenti fatemi un fischio...ahahah
 
Ultimo, ma non ultimo, il Dissennatore...è molto probabile, dato che la Umbridge controllava i Dissennatori che nel 5 libro hanno attaccato Harry e Dudley, che sia possibile in qualche modo avere un controllo su queste creature...probabilmente ci vuole un incantesimo molto potente che non conosciamo, oppure basta la promessa di nutrirsi con un po' di anime...fatto sta che King ha "imprigionato" il Dissennatore e lo ha chiuso nel famoso baule con le innumerevoli serrature che abbiamo visto anche nel 4 libro a proposito di Barty Crouch jr/Moody. Non è perfettamente credibile che un Dissennatore possa essere tenuto prigioniero in un baule,  me ne rendo conto, ma d'altra parte King nasconde un sacco di segreti macabri che a nessuno di noi, nemmeno a me lo ammetto, è dato sapere, quindi chissàXD Per ora vi chiedo solo un po' di sospensione dell'incredulità a proposito di questa cosa e ci vogliamo tutti beneXD
Come sempre sono qui per rispondere ad ogni parola che desideriate lasciarmi^^

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Capitolo 12
*** Il Nocchiero ***


Il Nocchiero

 
“Cotal m'apparve, s'io ancor lo veggia,
un lume per lo mar venir sì ratto,
che 'l muover suo nessun volar pareggia.”
(Divina Commedia, Purgatorio, Canto II, vv 18-20)
 

La mattina della gita a Hogsmeade il cielo era stranamente terso; Lily non si sarebbe aspettata una bufera di neve ad ottobre, ma nemmeno quel sole splendente che fendeva l'aria già terribilmente fredda dell'autunno.
Quando scese per colazione la Sala Grande era già gremita di studenti vocianti che chiacchieravano rumorosamente. Nella cacofonia di suoni che le invasero i timpani appena entrata riconobbe chiaramente l'accento marcatamente francese di suo cugino Louis. E non usava quel dannato arrotolarsi di consonanti sul palato se non stava cercando di rimorchiare qualcuno. Si voltò, guidata dalla sua risata musicale, e lo intravide appoggiato distrattamente al tavolo di Serpeverde, intento ad ammaliare uno studente del settimo anno dai corti capelli castani e lo sguardo torvo. Sollevò gli occhi al cielo: tutto, per le gonne di Morgana, ma non una serpe!
Sbuffando si lasciò cadere mollemente sulla sedia accanto a Rose
E buongiorno anche a te solare e allegra cugina – la prese in giro Hugo con una generosa fetta di pane imburrato fra le labbra
Lasciala in pace Hugo, non vedi la nuvola grigia sulla sua testa? - Lily incrociò lo sguardo divertito di Rose e quello preoccupato di Frank; non era colpa sua, semplicemente non poteva smettere di preoccuparsi delle persone.
Come sta la tua mano? - s'informò Rose lanciandole un'occhiata obliqua. Lei le mostrò il polso libero dalla fasciatura e chiuse a pugno le dita un paio di volte
Tutto ok, Katie dice che non rimarrà nemmeno la cicatrice – erano passate ormai due settimane dall'incidente con la Pianta Carnivora, e la vita ad Hogwarts era tornata mediamente alla normalità: King non aveva più liberato creature spaventose durante le lezioni (anche se Lorcan e Lysander avevano assicurato loro che la Preside era rimasta infuriata per almeno dieci giorni prima di smettere di ordinare spuntini di mezzanotte dalle cucine), Teddy non si era più abbandonato a strane strette di mano compromettenti, e Malfoy, ode a Godric e la sua spada, non le si era avvicinato di soppiatto nei corridoi per minacciarla di rivelare il suo segreto.
Cosa potesse rivelare, poi, era tutto da decidere.
Peccato...potevi trasformarti in leggenda anche tu – sghignazzò Hugo
Oh certo...La Leggendiaria Lily Potter che ha sconfitto la più pericolosa Pianta Carnivora del Mondo Magico! Vedo già i titoloni della Gazzetta del Profeta! -
Il Cavillo di dedicherebbe un intero numero...quando vuoi – sorrise Lysander accomodandosi accanto a Rose con la sua grazia un po' vanesia
Grazie Lys – sorrise Lily, come al solito incerta sulla vera natura delle parole dei gemelli. Avevano quella bizzarra e innata capacità di dire ogni cosa come se fosse estremamente vitale, anche quando scherzavano
Sono certa che Rita Skeeter sarebbe già appostata sotto il tavolo con la dannata Penna Prendiappunti in mano – la cugina torse violentemente il tovagliolo – quella...quella... -
L'intera famiglia Potter-Weasley&Affini detestava così tanto quella bugiarda scribacchina di Rita Skeeter da aver trasformato il suo nome in un insulto: la biografia di Silente le era valsa il successo strepitoso che non aveva mai meritato, e da lì, contrariamente a quanto le loro più calde speranze avevano previsto, la sua era stata una carriera in continua ascesa. Dopo aver scritto una trilogia sulla Guerra Magica e la caduta di Voldemort, anche piuttosto fantasiosa, aveva tormentato la loro famiglia per anni, finché non era riuscita ad accaparrarsi un articolo su come, miracolosamente, James era riuscito ad entrare nei Cannoni di Chudley, visto che il suo cognome era più evidente del suo talento. Da allora, il nome “Rita Skeeter” era stato bandito dalla tavola della Tana dalle inequivocabili parole di nonna Molly “Se quella zecca mangia frottole metterà piede qui, la maledirò io stessa...scrivere quelle cose sul mio bambino...”.
Louis si avvicinò sinuosamente con un sorriso di pura soddisfazione sul bel viso da Veela
Adorati cugini, non sembra una fantastica giornata anche a voi? - i suoi occhi verde chiaro si soffermarono ridenti su ognuno di loro
Lo sarebbe se quello schianto avesse appena accettato ti venire con me a Hogsmeade – Roxanne si sporse verso il tavolo di Serpeverde, e sollevò entrambe le sopracciglia corvine eloquentemente. Louis rise, della sua risata gorgogliante e contagiosa che niente aveva a che fare con il suo sangue soprannaturale, ma solo dell'incredibile fusione fra la calda fragranza di quella della madre e la solare allegria di suo padre. Per quanto la sua memoria potesse tornare indietro negli anni, sentire suo cugino ridere era una delle prime cose che ricordava nelle innumerevoli mattine di vacanza in cui si risvegliava alla Tana. Era un ricordo caldo, famigliare e rassicurante come pochi altri, così come il profumo dei libri di Rose adagiati sul comodino accanto al suo, gli occhiali da lettura di Albus appoggiati distrattamente su chissà quale mobile della casa, i vari pezzi della divisa da Quidditch di James che sembravano venire fuori anche dalle pentole della cena, le copie del Cavillo di Lorcan e Lysander che tenevano fermo il tavolo traballante della cucina, le pergamene appallottolate che Teddy lanciava per la stanza quando non riusciva a scrivere il saggio che doveva consegnare la settimana seguente. Tutto profumava straordinariamente di casa, di pomeriggi a giocare a Quidditch in giardino, a rincorrersi sghignazzando nelle campagne intorno alla casa, immersi fino alle ginocchia nel fango della primavera scozzese, a litigarsi l'ultima porzione di patate che profumava sempre più di nonna Molly che di mamma Ginny.
Ma, come spesso accadeva, lo sguardo torvo di Rose seminò un po' di sale in zucca a tutti loro, che già planavano sulle ali delle fantasie erotiche di Louis su quell'ombroso e affascinante Serpeverde che non sembrava saper ridere
Non è sicuro per te... - Louis sembrò illuminarsi di malizia alle parole di lei
Oh, lo so... - Albus lasciò cadere rumorosamente il cucchiaio nel porridge
Per Godric Lou! Quello è un dannato Serpeverde. Non c'è da fidarsi di lui – e la realtà, come spesso accade, tarpò le ali ai sogni
Come minimo ti rimorchierà e poi andrà a denunciarti alla Preside – Roxanne, tuttavia, sembrava più sconvolta dal fatto che il soggetto in questione giocasse in un'altra squadra piuttosto che dalla concreta possibilità che stesse semplicemente tendendo una trappola al cugino.
Il sorriso di lui, comunque, non sembrò intaccarsi
Non penso che passeremo il pomeriggio a fidarci l'uno dell'altro – Hugo chiuse gli occhi fino a farli lacrimare
Lou, sai che ti voglio bene e tutto ma...Miseriaccia, non voglio mica passare il resto del pomeriggio a immaginare te e Mister Imbronciato a pomiciare da Madama Piediburro! - tutti risero, tranne Albus e Rose, che si scambiarono una di quelle rare occhiate gemelle in grado di far impallidire ogni possibile parola.
Lily sapeva a cosa rischiava di andare incontro Louis; non si trattava della Preside o del suo essere omosessuale. Si trattava di un Serpeverde che, sexy o no, era pur sempre l'infida progenie dei suoi genitori Purosangue, con in mente requisiti ben precisi con cui tarare l'eventuale consorte del figlio...e l'essere un ragazzo non era certamente uno di quelli.
Alla fine, quando l'atmosfera sembrò rilassarsi a sufficienza perché anche Albus decidesse di finire il suo porridge, Louis scoppiò in una fragorosa risata
Ragazzi, vi adoro, ma a volte siete più creduloni di un troll di montagna – si riavviò i capelli biondi dietro le orecchie e scosse la testa – abbiamo una pergamena di Pozioni da fare insieme per lunedì...- li guardò – è a posto...per essere un Serpeverde, ma non andremo mai a Hogsmeade mano nella mano – sollevò gli occhi al cielo in qualcosa che doveva sembrare un'espressione noncurante, ma che non celò a nessuno il qualcosa di meno identificabile che si agitava poco al di sotto. Louis sapeva recitare; quello che era, il mondo in cui viveva, lo avevano allenato a mascherare le emozioni sotto una valanga di sorrisi maliziosi e strizzatine d'occhi. Ma nessuna risata al mondo avrebbe mai cancellato l'improvvisa tristezza che attraversò i suoi scintillanti occhi quasi gialli. E non si trattava sollo del non poter amare liberamente chi voleva e camminare con lui alla luce del sole, in ogni senso. Si trattava di trovare qualcuno che avesse il fegato di farlo.
Evidentemente, un affascinante verde e argento dall'immutabile espressione corrucciata, e un'ascendenza pura come l'acqua di fonte, non poteva permettersi di camminare mano nella mano con nessuno, men che meno con un Weasley mezzo Veela dalla risata capace di sciogliere i ghiacciai di Azkaban.
King si avvicinò a loro a grandi passi con un colossale tomo che aveva l'aria di pesare quanto lui, e si fermò alle spalle di Rose
Signorina Weasley, ho il libro che cercava – il suo viso elegante li vagliò tutti in pochi secondi, indirizzando un vago saluto. Gli occhi di lei s'illuminarono
Davvero è questo? - lo accarezzò con reverenza, lo sguardo quasi febbrile mentre lo apriva e sfogliava le pagine – pensavo fosse praticamente introvabile... - si voltò verso King – ma dove...? - il professore si limitò a scrollare le spalle
Ho un sacco di amici, immagino... - sorrise, in un modo che Lily non gli aveva mai visto fare in un mese e mezzo di lezioni, poi si rivolse a loro – ragazzi, godetevi la gita...magari ci si vede ai Tre Manici di Scopa – ma quell'ultima frase non era indirizzata a nessuno di loro.
Se ne andò com'era venuto, decisamente alleggerito e deciso più che mai
Lo amo, davvero, lo amo...ma a volte è spaventoso – Rose non rispose al fratello, e strinse il libro come se fosse l'unica cosa capace di tenerla ancorata a terra
Già... - sussurrò quasi distrattamente, prima di alzarsi – devo portarlo nei Dormitori...non avete idea – poi li guardò in faccia, l'entusiasmo che scemava lentamente nell'incrociare i loro sguardo vacui – oh d'accordo! Ci vediamo in cortile – e sparì anche lei che, malgrado si portasse dietro quaranta chili di letteratura magica del secolo passato, sembrava librarsi a quattro metri da terra.
Amo anche lei...Merlino, è mia sorella...ma mi terrorizza anche di più – mugugnò Hugo lasciando cadere la testa sul tavolo.
 
***
 
Non mi sembra un'idea geniale – si stava lamentando Frannie evitando con circospezione le pozzanghere sul selciato – insomma, non mi sto lamentando dell'arredamento o della clientela, anche se potremmo aprire un capitolo su “Come rendere un posto poco frequentabile ancora meno frequentabile”, ma davvero pensate che qualcuno avrà dei dubbi sulla natura del nostro incontro se ci vedrà entrare qui? - sollevò la testa bionda verso l'insegna quasi sbiadita della Testa di Porco. Scorpius roteò gli occhi
Frannie, usare troppo il cervello ti farà venire le rughe...continua con la modalità oca giuliva, la credibilità innanzi tutto – Ardhesia lo fulminò con uno sguardo duro. Detestava Frannie, ma detestava lui ancora di più, ed era una donna, quindi non c'erano dubbi su chi di loro avrebbe appoggiato in un duello all'ultimo sangue
Frances, sta tranquilla – la ammonì Incubus con sorriso rassicurante che contribuì a far drizzare a Scorpius i peli sulle braccia.
La Testa di Porco era sempre il locale più buio, impolverato e mal frequentato di tutta Hogsmeade; non che la cittadina brillasse per varietà di scelta dei locali da visitare, ma c'erano ben pochi dubbi sul fatto che quella bettola puzzolente e fatiscente si fosse guadagnata il titolo di “posto sospetto numero uno” di tutta la Scozia. Forse solo Nocturn Alley puzzava più di Magia Oscura e gente equivoca
Di certo il tuo bel faccino non ci è mai entrato qui, bellezza – il barista, un uomo dall'aspetto burbero e poco pulito, stava asciugando un bicchiere con uno strofinaccio logoro dall'aria lercia.
Frannie arricciò il naso e si aggrappò al braccio di Scorpius, guadagnandosi un'occhiata sprezzante da Ardhesia, il nulla più totale da Incubus, e un altro paio di sguardi dal dubbio significato dagli altri membri del gruppo. Decimato rispetto a quello che si incontrava settimanalmente nella Stanza delle Necessità, il gruppetto si accomodò cautamente in un tavolo in fondo alla sala, nell'inquietante penombra.
Anderthon non era stato invitato, così come la maggior parte di coloro che Incubus non riteneva all'altezza di partecipare. In compenso, il viso appuntito di Thorbert Alley, e le occhiate di un'altra manciata di ragazzi lì attorno, non smisero di scrutare Scorpius ad ogni occasione, palesando il loro disappunto nel vederlo seduto lì, e non cacciato a calci nel sedere fuori dal loro “Ristretto Club delle Prime Mogli”.
Come poteva Incubus fidarsi di quel traditore strafottente, quando loro ci avevano impiegato settimane a farsi accettare?
Questo leggeva il Serpeverde nei loro occhi ostili, ma era abituato agli sguardi truci più di quanto non lo fosse a respirare, perciò sollevò due dita tentando di richiamare l'attenzione del barista in vena di complimenti, e lasciò che Incubus si beasse dell'adorazione del suo fan club.
Sta succedendo qualcosa – esordì con gli occhi blu che brillavano di riflessi scuri – le mie fonti sono in fermento. Un'altra famiglia è scomparsa e la pressione sul Ministero aumenta -
Ovviamente Shacklebolt cercherà d'insabbiare la cosa, ma mio padre e la Lega non gli concederanno tregua – il bel viso di Ardhesia era illuminato di perversa soddisfazione – abbiamo avuto dieci nuovi iscritti nelle ultime due settimane. E questo è... -
Ininfluente – il gesto elegante con cui Incubus la mise a tacere l'avrebbe fatta infuriare se non fosse stato il suo – il numero di spocchiosi idioti che fa parte di quella Lega non ci interessa – dichiarò soavemente – quelle persone si limitano a saltare sul carro del vincitore, e lo faranno sempre. Noi abbiamo un obiettivo, e non dobbiamo lasciarci distrarre da quello che la Lega fa o non fa... - lo sguardo di lei si fece duro
Ma il sostegno dei Purosangue -
Il sostegno di persone che cavalcano l'onda dell'entusiasmo non cambierà l'esito di questa partita, né ci sarà utile quando porteremo a termine la nostra missione – il suo tono sembrava sempre più calmo man mano che l'irritazione di Ardhesia aumentava. Era impossibile per lei attaccarlo perché Incubus non sembrava accorgersi della sua presenza. Abbassò la voce di un'ottava, tanto che la maggior parte di loro fu costretta ad accovacciarsi sulla sedia per poterlo udire – Quando l'erede del Signore Oscuro sarà tra noi, i bugiardi, i falsi e i codardi, che così facilmente si sono rintanati nell'ombra quando Lui è caduto, saranno i primi a incontrare la nostra vendetta – il modo in cui pronunciò l'ultima parola fece quasi provare a Scorpius il dolore della Maledizione Cruciatus. Metà degli sguardi dei presenti si focalizzò su di lui. Ovvio, chi meglio di Draco Malfoy incarnava l'immagine del codardo, traditore servo indegno che si era salvato dalla morsa della giustizia magica rinnegando le sue convinzioni?
Scorpius si era chiesto spesso se suo padre avesse mai avuto convinzioni. Una sola, probabilmente, la convinzione di avere sempre e comunque ragione. Evviva!
Finalmente il barista li raggiunse
Whisky Incendiario – sollevò lo sguardo sui presenti – una bottiglia, nuova, niente bicchieri – a giudicare dallo stato in cui versava il panno che usava per pulirli, non c'era speranza di evitare una malattia mortale. Il barista biascicò qualcosa che sembrava un “D'accordo” e sputacchiò a dieci centimetri dallo schienale traballante della sedia di Fran, che rizzò la schiena come un gatto davanti all'acqua.
Ew...feccia – l'espressione fra lo sconvolto e l'indignato che distorse per un attimo i suoi lineamenti valeva tutta la strada che avevano fatto per arrivare fino a lì
Scorpius lasciò cadere fra le dita tozze e pelose dell'uomo molti più soldi di quanti ne valesse l'intero locale, sghignazzando
Per lo spettacolo – sussurrò all'altro che lo fissò con timore reverenziale e rispetto. Ehi, era tipo il primo nella storia della sua vita, doveva godersi almeno il momento!
Il resto del gruppo guardava ancora Incubus come se dalle sue labbra cadessero galeoni, ma il ragazzo aveva gli occhi fissi su di lui, le iridi dall'inquietante blu cangiante accese di malizia e soddisfazione.
Non possiamo ancora muoverci – concluse alla fine – non abbiamo abbastanza elementi e la situazione non è ancora sufficientemente critica. Non possiamo consegnare al futuro Signore Oscuro un mondo compatto e reattivo. Gli Auror godono ancora di troppo rispetto, e morto Lord Voldemort, anche i più codardi impugneranno la bacchetta perché hanno già vinto una volta – sorrise, con tutta l'ipnotica bellezza del predatore che si accinge ad azzannare la preda – no...dobbiamo essere pazienti, e aspettare... -
Aspettare cosa? - intervenne Frannie
Il momento in cui ogni mago della Gran Bretagna si guarderà le spalle dal proprio vicino, terrorizzato all'idea che possa essere nuovamente un nemico – inspirò, passandosi una mano fra i capelli nel gesto più umano che Scorpius avesse visto fargli da...sempre? - lasciamo che la paura, il sospetto, le discordie passate e le crepe che il regno di Voldemort ha lasciato in questo mondo, diventino l'arma con la quale gli indegni traditori del loro sangue si uccideranno a vicenda – il solo modo con cui lo disse inchiodò il Serpeverde alla sedia.
Quando il locandiere arrivò con la bottiglia di Whisky Incendiario e tredici bicchieri puliti come il cristallo di Boemia la tensione era quasi sul punto di esplodere.
Scorpius si voltò verso il suo unico ammiratore e sollevò un sopracciglio
Solo il meglio per i clienti generosi – avrebbe riso, se solo l'espressione dell'uomo non fosse stata così cerimoniosa. Si limitò a distribuire al resto del gruppo i bicchierini intonsi e a far levitare la bottiglia da una mano all'altra.
Quando ognuno di loro ebbe ricevuto la sua abbondante dose di bevanda, Incubus sollevò il bicchiere accanto al viso
Alla Resistenza – tutti lo imitarono, anche se Ardhesia non lo guardò in faccia mentre borbottava uno smozzicato brindisi
Alla Resistenza – sogghignò Scorpius prima di ingoiare il primo di una lunga serie di sorsi.
 
***
 
Quindi, pare che nessuno sappia nulla di lui all'infuori della Preside Maxime... - decretò Lysander dopo un paio di Burrobirre di troppo – nemmeno Shacklebolt ha potuto incontrarlo prima che arrivasse – sussurrò a voce bassa ingollando l'ultimo lungo sorso del suo boccale – e questo non è normale, credete a me...ha voluto esaminare personalmente tutti i Ricciocorni Schiattosi che avevamo in giardino! - ecco, quello era uno di quei momenti in cui chiunque avrebbe voltuo avere una battuta brillante da dire, ma solo il più Weasley dei cugini sembrò trovare la soluzione: Hugo emise un rutto roboante colpendosi il petto
Scusate...la Burrobirra – borbottò rivolto principalmente alla sorella, dallo sguardo d'acciaio – Eddai Rosie, meglio fuori che dentro no? - ma lei non sembrava dello stesso avviso, visto che metà della clientela dei Tre Manici di Scopa si era voltata a fissarlo scandalizzata o ridacchiante
Certamente i suoi metodi non sono la norma per Hogwarts – ammise alla fine la ragazza arrossendo lievemente – ma io lo trovo geniale – decretò con convinzione
Cosa? - Hugo sembrava allibito, e di certo non era l'unico: l'amore di Rose per le regole era secondo solo a quello per i pesanti tomi puzzolenti che amava portarsi dietro ovunque – lo sai sì che non è esattamente il paladino dell'insegnamento approvato dal Ministero, vero? - lei scosse la testa
E' colto, intelligente e sa cosa significa combattere contro i Maghi Oscuri. Il suo metodo è l'unico veramente efficace per prepararci alla lotta -
Rose ha ragione – confermò Albus giocherellando con il bordo del suo boccale – e i nostri genitori approverebbero – i suoi acuti occhi verdi incatenarono i loro – Qualcosa sta succedendo, e se quello che dice la Gazzetta del Profeta è vero, allora non è mai stato il momento di prepararsi a combattere come lo è ora – inspirò – la gente ricomincia a sparire, e anche se il pericolo potrebbe non provenire dagli stessi Maghi Oscuri di venticinque anni fa, non vuol dire che non esista. Il Ministero ha fatto l'errore d'ignorare i segnali già una volta, e guardate cos'è successo – ingoiò l'ultimo sorso della sua Burrobirra e si pulì la bocca col dorso della mano. Sembrò improvvisamente dieci anni più vecchio, più uomo, più determinato. Lily lo osservò prendere con facilità le redini della discussione, e sorrise: Albus cercava di combattere ogni comportamento che facesse nascere un termine di paragone fra lui e Harry, eppure non riusciva a reprimere l'innato carisma della sua controversa personalità. James era sempre stato la superstar, Albus il leader naturale, malgrado si sforzasse di nascondersi dietro un paio di spessi occhiali da lettura e le montagne di libri che leggeva. E lei? Lei era veloce con la lingua, almeno quanto lo era con la bacchetta. Poteva bastare, per ora.
Lasciò vagare lo sguardo sull'elegante salone dei Tre Manici di Scopa, e scorse in lontananza, rintanati in un angolo, un uomo con un mantello da viaggio logoro e Teddy che borbottavano, le teste vicine che quasi si toccavano, e le mani che si muovevano gesticolando debolmente. Non sembravano arrabbiati, solo furtivi.
Quando si alzarono per uscire dalla porta di servizio, Lily non resistette alla tentazione e si alzò a sua volta, senza nemmeno prendere il cappotto
Hei Lils – la chiamò Roxanne trattenendola per l'orlo del pullover blu scuro
Torno subito – ribatté lei distratta senza lasciare lo sguardo dalla nuca di Teddy.
Albus aveva ragione, qualcosa non andava, e se tutti la reputavano troppo piccola e stupida per dirle che cosa, lo avrebbe dannatamente scoperto da sola.
Per Godric, se solo avesse avuto il Mantello dell'Invisibilità di suo nonno!
Si schiacciò contro i muri strisciando dietro la sagoma dell'uomo incappucciato, ben attenta a non lasciare che le sue Converse sdrucite sciaguattassero in qualche pozzanghera e la facessero scoprire.
Li seguì per mezza Hogsmeade, il freddo della sera che cominciava a stringerle le ossa nella sua morsa imperdonabile.
Dopo quelle che sembrarono ore, e forse lo furono per davvero, i due raggiunsero una piazza circolare, piuttosto lontana dal centro, con una fontana di marmo lercio circondata da acciottolato scheggiato e semidistrutto dal quale sfuggivano pietre irregolari e ghiaia scivolosa. Non era per niente il luogo da ameno villaggio turistico che la gente si sarebbe aspettata da trovare a Hogsmeade.
Merlino, certo, nemmeno lei...
Si nascose dietro una panchina di legno marcio e pezzi di vernice le si appiccicarono alle dita. Tese spasmodicamente l'orecchio, ma non riuscì ad ascoltare altro che frammenti confusi di discussione.
Fu certa solo di due cose: il nome di Voldermort e di suo padre, assieme ad una sfilza di altri che non conosceva. L'espressione di Teddy era preoccupata e tesa, ma immensamente determinata, come l'aveva vista poche volte nella sua vita. Gli occhi azzurri non erano spalancati o addolorati, ma colmi di fiera combattività, qualcosa di lui che le fece mancare il respiro per un attimo. Era così gloriosamente bello in quella nuova armatura, che Lily non poté fare a meno di chiedersi quanti altri lati di lui dovesse ancora scoprire.
Proprio quando si decise a saltare fuori dal suo nascondiglio, i due uomini si strinsero la mano e si Smaterializzarono, lasciandola sola, accovacciata dietro una panchina, in un posto che non aveva idea di dove si trovasse geograficamente.
Sospirò, pronta a tornare sui suoi passi, o per lo meno quelli che credeva di aver percorso, quando un rumore di risate sprezzanti e urla di rabbioso terrore ruppero il silenzio quasi innaturale di quella notte surreale.
 
***
 
Barcollò leggermente, appoggiando i palmi sulle fredde pietre di fronte a lui. Mosse un passo verso la luce che proveniva dalla strada, un alone confuso che doveva essere un lampione, inciampò, imprecò, e si lasciò andare contro il muro umido. Un rivolo di sudore freddo gli scivolò lungo la schiena malgrado la giacca di pelle e il maglioncino a collo alto che indossava.
Salazar, era veramente, dannatamente, ubriaco.
Quando la piccola riunioncina di famiglia si era conclusa Scorpius era rimasto a bere con il barista per tutto il resto del pomeriggio...quel tipo era veramente inquietante, probabilmente non aveva idea di dove si trovava, né in che anno fossero, ma raccontava un sacco di aneddoti sulla Guerra Magica che suo padre non avrebbe mai potuto sapere: quanto era stato facile contrabbandare Amuleti di Difesa contro i Mangiamorte, che ovviamente non avevano avuto alcun effetto, e con essi mille altri gingilli di Protezione, Illusione, Confusione e simili al solo scopo di permettere allo sfortunato mago di scappare abbastanza in fretta da un attacco.
Insieme a questo, il tasso di matrimoni celebrati era stato il più alto nella storia della Comunità Magica, e il Whisky Incendiario aveva passato la frontiera senza controlli per mesi, permettendogli di acquistarne scorte spropositate a prezzi stracciati. Rideva soddisfatto mentre lo raccontava, la bocca larga, da cui mancavano un bel po' di denti, che si contraeva ogni volta che la risata si trasformava in un accesso di tosse catarrosa e malaticcia.
Alla fine l'uomo gli aveva dato una pacca sulla spalla e gli aveva offerto l'ultimo giro di whisky, prima di mandarlo a metaforici calci nel sedere fuori dal locale con uno sgrammaticato
Non c'hai la fidanzata dove tornare? - e una risata tonante.
In quel momento, Scorpius non avrebbe nemmeno saputo dire dove diavolo era, figurarsi tornare da qualche parte. Controllò l'ora un po' traballante sul suo orologio da polso, e si accorse che era probabilmente troppo tardi anche solo per sperare di evitare una punizione. 'Fanculo, doveva ancora finire di scontare quella precedente!
Riuscì a trascinarsi barcollando fino all'imboccatura del vicolo, sospirando pesantemente. Pian piano l'aria gelida della notte di ottobre gli restituì un po' di autocontrollo e di coscienza di sé.
La piazza era circolare, fatiscente e semidistrutta come la maggior parte di quella zona del villaggio, ma dalla fontana di un marmo grigio sporcizia zampillava dell'acqua davvero invitante per la sua testa dolorante e il suo respiro affannoso. Non c'era niente di meglio di una broncopolmonite acuta per farsi passare la sbronza.
Si trascinò fino al centro della piazza e lasciò cadere la testa nell'acqua incredibilmente limpida in quel contesto. Non fu esattamente come un Incantesimo Rigenerante, ma ci andava maledettamente vicino.
Si lasciò cadere su una panchina, tentando di riflettere. Un rumore sordo e uno schianto secco violarono quella pace innaturale.
Scorpius sollevò lo sguardo di scatto, improvvisamente lucido.
Una violenta esplosione aveva incendiato il tetto di una casa a pochi metri da lui, e il grido lacerante d'aiuto di una donna venne solo in parte soffocato da un coro di risate di scherno.
Istintivamente le sue dita cercarono la bacchetta nella tasca interna della giacca di pelle; avvertire la rassicurante ruvidezza del legno lo fece sentire meglio. Stupido ma vero. Stringerla non gli avrebbe salvato il culo, ma saperla usare sì.
Cominciò a correre in direzione del fumo, ma non riuscì ad avvicinarsi troppo, perché un nutrito gruppo di persone era già attorno alla casa in fiamme, e una donna si agitava disperata nel piccolo cortile colmo di erbacce, circondata da uomini incappucciati, vestiti di bianco, che ridevano di lei, pungolandola con lampi d'Incantesimi che la terrorizzavano, pur senza nuocerle davvero.
Conosceva quella donna...ma non poteva essere...non aveva senso
Pensavi non ti avremmo trovata vero...Parkinson? Hogsmeade, non gli ambienti che frequenti di solito - la donna lo fissò con disprezzo, sguainando la bacchetta, ma tre incantesimi contemporaneamente la colpirono, facendola sbattere contro un albero. Perse i sensi, afflosciandosi su se stessa nelle erbacce.
Scorpius li osservò dal suo nascondiglio: erano in dieci, forse di più, completamente celati da ampi mantelli bianchi con il cappuccio, quasi a voler scimmiottare gli antichi Mangiamorte, e poteva chiaramente scorgere sui loro visi una maschera nera, che sembrava prendere spunto da quelle della tragedia greca. Stretta attorno alla vita portavano una cintura di anelli incatenati dalla quale ne pendevano altri più piccoli, d'oro, alcuni intrecciati fra loro, altri d'argento, altri di bronzo, che tintinnavano ad ogni movimento, conferendo a quella scena qualcosa di surreale, meta teatrale.
Non sembravano intenzionati ad ucciderla, ma d'altra parte Scorpius non poteva leggere nelle loro menti, quindi rimase lì, in attesa, di cosa non avrebbe saputo dirlo, con le dita spasmodicamente ancorate alla bacchetta e quella stupida speranza che tutto andasse per il meglio che niente era riuscito a scoraggiare.
L'uomo che aveva parlato poco prima scoppiò in una fragorosa risata
Non sembrava così indifesa quando se la faceva con i Mangiamorte uh? - anche gli altri risero le voci colme di un disprezzo completo e disarmante, quasi personale, come se quella donna avesse fatto del male personalmente ad ognuno di loro, atrocemente. Ma quella roboante cacofonia di risate non sembrava destinata ad essere il rumore peggiore di quella serata, per Scorpius
Mamma! - un bambino di non più di cinque anni corse un po' incerto nel cortile, verso la madre accasciata a terra – Mamma! - si voltò verso l'incappucciato più vicino e scoppiò in lacrime – cos'avete fatto alla mia mamma? Cattivi...cattivi – le lacrime gli rigavano le guance mentre si stringeva al petto della donna.
Scorpius serrò la mandibola...un bambino no, Merlino!
La sua mente non contemplò che loro erano dieci e lui era uno, che probabilmente Pansy Parkinson aveva meritato di essere Schiantata molto prima di quel momento, e che suo figlio sarebbe stato un antipatico moccioso con la faccia da Carlino.
Uscì barcollando dal suo nascondiglio, ridendo sguaiatamente
Ragazzi... - un finto singhiozzo richiamò la loro attenzione – c'è gente che cerca di ubriacarsi in santa pace qui – dieci paia di occhi lo fissarono da dietro maschere greche
Levati di torno idiota – lo apostrofò uno con un evidente difetto di pronuncia della erre – o ti spacco quella tua faccia da cazzo – evidentemente la sua faccia aveva qualcosa d'interessante, perché Erre Moscia si fermò a osservarlo più del dovuto – Aspetta un po'...ehi, Joe, non sembra anche te che il nostro amico somigli un po' troppo al bastardello Malfoy? - Scorpius deglutì. Perché diavolo la dannata faccia di suo padre doveva destare sempre tanto scalpore?
Magari – si avvicinò barcollando al gruppo, apparentemente sbronzo, con lo sguardo che osservava i movimenti del bambino con millimetrica precisione – se Malfoy fosse mio padre avrei soldi per un whisky meno scadente – singhiozzò nuovamente biascicando – o no? - dondolò avanti e indietro sogghignando come un ebete. Avere amici tanto idioti aveva le sue fortune, alla fine.
Ma la sua giacca di pelle firmata, i jeans perfettamente stirati e i lineamenti affilati marca Malfoy non avrebbero ingannato nemmeno un troll di montagna. Quando si fosse avvicinato abbastanza per prendere il bambino e sperare di Smaterializzarsi abbastanza in fretta perché nessuno dei loro incantesimi lo colpisse, ognuno di quei tizi avrebbe avuto ben presente la sua dannata faccia cadaverica e il colore innaturalmente biondo dei suoi capelli. E il suo nome, il suo indirizzo e il posto più vicino dove andare a friggere le sue chiappe impiccione.
Tuttavia non si fermò, perché quello, Salazar, era un dannato bambino di cinque anni che credeva che sua madre fosse morta, e in dieci contro uno non era mai leale, specialmente se quell'uno era alto un metro.
Barcollò quasi fino ad aggirarli, ma quello grosso, che sembrava rispondere all'orrido nome di Joe, gli puntò contro la bacchetta
Io me ne starei fermo lì se fossi in te – Scorpius calcolò mentalmente la distanza; poteva farcela. Era un dannato Cercatore, per Salazar! Riflessi e sveltezza no?
Spogliandosi dei suoi recenti panni di senzatetto ubriaco, guardò l'uomo dal viso coperto con un ghigno obliquo. Se fosse morto, non sarebbe stata la paura l'ultima espressione sul suo viso.
Se tu fossi in me saresti in terapia – estrasse la bacchetta e lo disarmò, sfruttando il vantaggio della sorpresa, correndo verso il bambino – corri nanerottolo! - urlò al piccolo che sembrava non volersi staccare dalla madre. Uno Schiantesimo lo mancò per un soffio mentre correva zigzagando verso il centro del cortile, un altro gli sibilò vicino all'orecchio mentre afferrava la mano del bambino e rotolava dietro un cespuglio rinsecchito di sterpaglie. Stava per Smaterializzarsi chissà dove quando la sentì
Expelliarmus! - urlò una voce fin troppo familiare
Non ci voglio credere – mugugnò Scorpius sporgendosi dietro il suo nascondiglio: Lilian Dannata Potter correva verso di loro a bacchetta sguainata, lanciando incantesimi a destra e a manca, i suoi assurdi capelli rossi che sembravano liquidi nei riflessi della casa in fiamme.
Si sarebbe aspettato che scoppiasse come minimo la Terza Guerra Magica, ma gli uomini rimasero immobili
Arrivano! - urlò uno di loro allarmato, e un attimo dopo erano scomparsi.
Scorpius scrollò dai jeans la terra umida del cortile e le erbacce
Malfoy? - lei lo guardò completamente allibita, il bambino ferocemente aggrappato alla manica del suo giubbotto di pelle che si succhiava il pollice terrorizzato
Potter – sollevò le sopracciglia in un gesto di saluto, ma prima che lei potesse dire qualsiasi cosa, sagome confuse si Materializzarono nel cortile. Un uomo dai lucenti occhi verdi e i capelli scompigliati che riflettevano le ombre attorno a lui, si sistemò gli occhiali dalla montatura rotonda sul naso. La leggendaria cicatrice riluceva con le fiamme.
Si guardò intorno circospetto, scambiandosi occhiate con i suoi compagni.
Michael, controlla che stia bene – disse riferito alla donna – Ron, mi serve che qualcuno li tracci. Cerca Dean, non possono essere andati lontano – si svolse tutto così rapidamente che nessuno sembrò avere voglia di parlare.
Ma alla fine Lily ritrovò la voce
Papà? - Harry Potter sgranò gli occhi alla vista della figlia, scarmigliata e con la bacchetta sguainata. I il suo sguardo saettò da lei a Scorpius, e da lui al piccolo ancora aggrappato selvaggiamente a quello che restava della sua giacca. Per un attimo qualcosa animò i suoi occhi, ma poi ritrovò la calma – Penelope, per favore, porta via di qui mia figlia – nel dirlo la squadrò minacciosamente – e il ragazzo – si passò una mano fra i capelli, spettinandoli ancora di più – porta anche il bambino, non voglio che assista – sospirò.
Non era bello nel vero senso del termine: troppo magro e troppo basso per rispondere ai canoni moderni di bellezza, aveva un fascino particolare, inconsapevole. Forse era lo sguardo, acceso di qualcosa che Scorpius non aveva mai visto in nessuno se non in sua figlia, forse, prima di allora. O forse era semplicemente quel modo perfettamente naturale con cui si muoveva, con cui parlava, con cui si occupava di tutto senza risultare prepotente o prevaricante.
Tutto questo, assieme all'imbarazzo, mossero automaticamente le labbra di Scorpius
Il ragazzo ha un nome, comunque – puntualizzò sprezzante. Gli occhi di Harry, occupati a scrutare e studiare, si posarono su di lui, ma fu Lily a rispondere
Idiota, immagino – incrociò le braccia al petto – a cosa diavolo stavi pensando? -
A quanto sono belle le stelle viste da qui – la canzonò – a cosa credi che stessi pensando? - sogghignò – non sono mica io che mi sono scagliato contro quei tizi a bacchetta sguainata! -
Penelope – la voce del Prescelto, benedetto dall'Amore e la Gratitudine del Mondo Magico, echeggiò al di sopra del loro battibecco – adesso – la donna annuì con un mezzo sorriso e li condusse via. L'ultima cosa che Scorpius vide prima di Smaterializzarsi fu Harry Potter, il Prescelto, il Bambino Sopravvissuto, Colui Che Aveva Sconfitto il Signore Oscuro, inginocchiato nel fango di fronte a Pansy Parkinson.
Poi qualcosa sembrò mettergli sottosopra le viscere, e non riuscì a pensare ad altro che a non vomitare.
 
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Angolo della delirante autrice: 'Giorno a tutti incredibilmente spettacolari e coraggiosi lettori!!! Un altro capitolo folle qui per voiXD
Vi sono mancata vero? (no...24 ore non sono un'eternità donna, te l'ha mai detto nessuno?XD)
Che dire...posso solo fare un paio di precisazioni...Il Michael nominato da Harry è Michael Corner, ex di Ginny, ex giocatore della squadra di Quidditch di Corvonero, ex membro dell'ES...ed ex ribelle contro i maledetti Carrow durante il settimo anno ad Hogwarts.
Dean è ovviamente Dean Thomas che tutti conosciamo e amiamo, e Penelope è Penelope Light, ex ragazza di Percy, Corvonero...
Mi sono appena resa conto che sono tutti invischiati con la famiglia Weasley...va beh, compongono metà del Mondo Magico ormaiXDXD
Non penso serva spiegare chi è Pansy Parkinson...abbiamo imparato ad odiarla tuttiXD
Che dire...spero questi nuovi risvolti della trama siano di vostro gradimentoXD

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Capitolo 13
*** I Penitenti ***


I Penitenti
 
E Virgilio rispuose: "Voi credete
forse che siamo esperti d'esto loco;
ma noi siam peregrin come voi siete.
Dianzi venimmo, innanzi a voi un poco,
per altra via, che fu sì aspra e forte,
che lo salire omai ne parrà gioco".
(Divina Commedia, Purgatorio, Canto II, vv 61-66)

 
Penelope Light era una donna non troppo attraente, dall'espressione intellettuale, gli occhiali dalla montatura severa a nascondere gli occhi altrimenti molto belli, l'aspetto ordinario che avrebbe avuto qualsiasi donna Babbana della media borghesia senza nessuna prospettiva futura se non un matrimonio piatto e infelice con l'avvocato di turno, il giornalista, o l'allenatore della squadra pulcini di basket del quartiere.
Invece era una strega, un'ottima strega, un'Auror del Ministero che rischiava la vita a caccia di Maghi Oscuri scampati alla giustizia sommaria della Seconda Guerra Magica.
Ovviamente, in virtù del lavoro che faceva, e non certo dello stato in cui versavano i suoi jeans, la donna lo stava fissando con lo sguardo assottigliato dal sospetto.
Ottimo, un'altra componente del gentil sesso in vena di seppellirlo sotto vagonate di letame emotivo. Aye!
Ma Penelope dallo Sguardo Affilato non gli rivolse nessun insulto, né mascherò minacce alla sua vita sotto strati di falsa cortesia; si limitò a restare in silenzio, lanciandogli qualche occhiata di tanto in tanto mentre cullava ritmicamente fra le braccia il figlio in lacrime di Pansy Parkinson.
Il bambino si era staccato dalla sua giacca ormai da buttare solo quando avevano messo piede sul marciapiede di una via completamente anonima in una cittadina altrettanto sconosciuta. Veramente, se proprio doveva precisarlo, si era aggrappato a lui per vomitargli a dieci centimetri scarsi dalle scarpe da ginnastica. Ma, ehi, a chi interessava davvero la condizione igienica dei suoi vestiti?
Scorpius sapeva solo che avrebbe preferito di gran lunga beccarsi una punizione ad Hogwarts che trovarsi in quell'antica dimora da ricchi decaduti, che si era letteralmente fatta spazio a gomitate fra le case adiacenti. Puf, un secondo, e i condomini del circondario si erano semplicemente spostati per far largo al Numero Dodici di Grimmauld Place, un'abitazione sontuosa, niente da dire, degna della miglior stirpe magica di Sangue Puro che circolasse sulla piazza.
Semplicemente, non avrebbe voluto essere lì. Non in compagnia di Penelope Light la Musona, il Vomitoso e la Potter che continuava a rosicchiarsi le unghie!
Solo quando si era trovato a percorrere lo stretto e lucente corridoio che conduceva all'ampio salone del piano terra, Scorpius si era reso conto di cosa fosse e cosa rappresentasse veramente quel posto.
Suo padre gli aveva parlato di quel luogo, sputando veleno sul traditore Sirius Black e la feccia che lo circondava; l'Ordine della Fenice, così li aveva chiamati nei suoi deliri alcolici delle feste di Natale, facendo volare innumerevoli bicchieri da scotch da una parte all'altra della stanza. Un gruppo di Mezzosangue e traditori del loro sangue che cospiravano in segreto contro il Signore Oscuro da quando aveva preso il potere la prima volta. Nessuno poteva trovare il Quartier Generale dell'Ordine, a meno che il custode dell'Incanto Fidelius non avesse rivelato volontariamente la sua ubicazione.
Che c'è? Non poteva essersi documentato?
Per suo padre quel luogo doveva essere una “bettola puzzolente di perdizione”, in cui gli “sporchi Mezzosangue diffondevano il loro sangue impuro e contagiavano di pestilenza indegna il sangue sacro dei Purosangue”.
Scorpius aveva visto solo la più grande varietà di quadri di tutta la sua vita: ovunque, enormi e troneggianti sulle pareti di ogni corridoio, campeggiavano mezzi busti a grandezza naturale di ogni singolo dannato mago morto per mano di Voldemort. O, per lo meno, della maggior parte di loro.
Harry Potter e la sua cricca sembravano aver trasformato la casa di qualche antica famiglia purosangue in un dannato Mausoleo di ribelli.
File e file di dipinti ritraevano maghi e streghe morti da anni, sorridenti, eterei e perfetti nella vita come nella morte...c'erano i Potter, poteva riconoscere l'espressione idiota di lui così simile a quella del Glorificato e Santo Subito Salvatore del Mondo Magico, e quei penetranti occhi verdi della donna che sembravano leggergli attraverso, incastonati in un viso gentile e colmo di qualcosa che sembrava amore. Come poteva, per Salazar, un dipinto avere simili “sentimenti”?
Poi c'era lui, Sirius Black, più nutrito e sano di quanto non sembrasse nei ritagli di giornale che suo padre gli aveva mostrato da piccolo per “insegnarli ad individuare il nemico”, malgrado Black fosse morto da anni, l'espressione apparentemente rilassata, accesa di quella scintilla di follia da animale in cattività, che contribuiva a renderlo ferino, e allo stesso tempo attraente. Il Lupo Mannaro e la Mezzosangue dai capelli color cicca lo osservavano con due espressioni diverse che sembravano essersi fuse nel viso del bastardello che insegnava Trasfigurazione; lui, pacatamente tormentato anche in quel sorriso sereno che manteneva sempre un lampo di terrore e colpa, lei con quegli occhi spaventosamente determinati che quasi lo fecero indietreggiare, o sguainare la bacchetta per difendersi.
Capelli rossi, così simili a quelli della Potter Inacidita, incorniciavano un viso dai lineamenti familiari, come se tutti i Weasley portassero un po' di lui nascosto sul viso. Fred, il gemello del negozio di scherzi a Diagon Alley, una versione giovane e gioviale del fratello che lo fissava con sospetto ogni volta che passava davanti alla sua vetrina, stringeva fieramente fra le mani una confezione di Torroni Sanguinolenti, circondato da fuochi d'artificio che sembravano vivi anche sulla tela, e formavano tre W incastonate l'una all'altra. Fu quasi sconvolgente guardarlo, per Scorpius, surreale: era identico, in ogni particolare, alla sua versione invecchiata dei Tiri Vispi Weasley, ma nei suoi occhi, semplicemente ritratti, brillava una luce maliziosamente divertita che nel suo gemello sopravvissuto sembrava essersi spenta. Non era mai andato da un analista a farsi spiegare quali conseguenze poteva aver avuto su di sé la morte dei suoi fratelli appena nati, ma non pensava ci fosse bisogno di spiegare un bel diavolo di niente fissando quel ritratto. Se Scorpius, bambino e poco più che era quando la madre aveva perso i suoi due fratelli poco dopo il parto, si era sentito così irrimediabilmente spezzato quando i suoi sogni di avere un alleato nella lotta contro la follia di suo padre si erano inevitabilmente frantumati, la vita di George Weasley, babbanofilo o meno che fosse, doveva essere stata a malapena sopportabile.
Non voleva provare pena per quella gente. Doveva disprezzare quella gente. Eppure il dolore era qualcosa che lui capiva penosamente bene: il sangue versato era sempre rosso, e si portava dietro sempre le stesse maledette lacrime.
Un uomo di cui aveva sentito parlare solo di fama fra le fila dei Mangiamorte falliti, che sostenevano di essersi portati via più pezzi di lui di quanti avrebbero potuto comporlo, lo fissava con la faccia che pareva intagliata malamente nel legno, l'occhio di vetro che sembrava pulsare di vita propria. La targa dorata incisa diceva: “Alastor (Malocchio) Moody. Insegnante, combattente, amico.”
Ma fu al quadro successivo che Scorpius sgranò davvero i suoi, di occhi. Chi diavolo dipinge un ritratto commemorativo di un elfo domestico e di una civetta? Dobbie, così diceva la targa, sorrideva con i suoi enormi occhi a forma di palle da golf, fieramente eretto, con un calzino orrendo attorcigliato alla caviglia rachitica. L'uccello che gli era appollaiato sulla spalla era una civetta candida dagli occhi intelligenti, Edvige, a quante pareva.
Poi un flashback istantaneo colpì la sua memoria: suo padre che, nel pronunciare i suoi innumerevoli “nomi dell'odio”, malediceva il suo Elfo Domestico che, per un soffio, aveva rovinato i piani del padre di riaprire la Camera dei Segreti ed epurare finalmente il mondo dalla Feccia Mezzosangue. Quell'orribile creatura dall'espressione orgogliosamente felice era stata, per il Divino e Magnanimo Harry Potter, un alleato e un amico. Non si stupì affatto di sapere tutto ciò. Chissà perché, sentiva che le amicizie di quella famiglia erano alquanto discutibili.
Severus Piton, l'incubo di ogni sopravvissuto alla Guerra Magica, lo spettro dei Mangiamorte decaduti di mezzo mondo, troneggiava su di lui col suo profilo aquilino, secondo solo a colui per il quale Potter sembrava aver conservato il posto d'onore: esattamente alla fine del lungo corridoio, di fronte alla porta d'ingresso, Albus Silente lo osservava bonariamente, un lampo d'intelligente malizia negli occhi azzurri dietro gli occhiali a mezzaluna. D'un tratto Scorpius si sentì analizzato, pesato e misurato, come se l'uomo si fosse trovato davvero in piedi di fronte a lui. Questo, per quello che gli sembrò un attimo infinito, lo terrorizzò. Poi la razionalità prevalse sulla dannata emotività che suo padre imputava sempre al sangue debole di Astoria, e si rilassò. Quindi quel vecchio era Albus Silente, quello era l'unico, vero, incubo del Signore Oscuro, l'uomo che suo padre aveva avuto l'incarico, fallito, di uccidere. Un altro padre per Potter, un altro pilastro che gli era stato portato via.
La sua targa sembrava quella più grande, più splendente, più tutto. Recitava un accorato:
 
Albus Percival Wulfric Brian Silente
(1881-1997)
“Il suo solo ricordo ha portato la luce quando l'oscurità sembrava invincibile, i suoi insegnamenti hanno lastricato la nostra strada, il suo amore incrollabile scorre nelle vene di tutti noi, e dei nostri figli.
Finché chi resta gli rimarrà fedele, Albus Silente vivrà.
PS: Ho finito la collezione delle figurine, Professore. Ron”
 
Attorno al ritratto riluceva un'elegante scritta vergata con la bacchetta, accesa di fuoco bianco e splendente. “Grazie”, recitava semplicemente, ed era circondata da qualcosa come un migliaio di firme, frasi di commiato, adii, in ogni lingua, e qualsiasi altra forma di comunicazione magica esistente.
Chiunque fosse stato quell'uomo, traditore, come lo definiva suo padre, feccia Mezzosangue o chi per esso, nessuno lo aveva dimenticato.
In quel momento, parzialmente ripulito con un incantesimo di “Gratta e Netta”, Scorpius sedeva forzatamente rilassato su un divano di morbida pelle bordeaux, intonato alle tende, gli intarsi della tappezzeria e il resto dell'arredamento piuttosto antiquato. Era una bella casa, ma c'era un po' troppo rosso e oro perché lui si sentisse anche solo lontanamente a suo agio.
Penelope Light aveva smesso di guardarlo storto solo dopo un paio d'ore, in cui non si era alzato per evocare il Marchio Nero, non aveva lanciato maledizioni su nessuno di loro e non si era nemmeno lamentato del sapore del the che un'anziana Elfa Domestica aveva portato loro su un vassoio. Un punto per lui.
Il bambino, che aveva orrendamente dichiarato di chiamarsi Albert Draco Parkinson, dormiva beatamente stravaccato su una poltrona li accanto, coperto da una terribile coperta patchwork fatta a maglia. Non sembrava che poche ore prima una manica di pazzi incappucciati avesse bruciato la sua casa e quasi ucciso sua madre. Mocciosi...
Lily Potter non aveva smesso di torturarsi le unghie per tutto il tempo: si era fastidiosamente mossa avanti e indietro, aveva tentato inutilmente di attaccare discorso, perfino con lui, aveva gironzolato per la casa come fosse stata sua, e forse lo era, finendo per mettersi a chiacchierare con l'elfa dalle orecchie da pipistrello che aveva un nome tipo Willy, Minny...Winky.
Poi, una scrosciante risata sembrò strisciargli sulle braccia, lungo la spina dorsale, frantumando il teso e solido silenzio che quelle due ore, e l'atteggiamento poco socievole di Penelope l'Imbronciata, avevano creato.
Il Prescelto, la Luce Magica che Illumina Ogni Cosa, il Mai Abbastanza Glorificato Santo Protettore dei Deboli e gli Oppressi di tutto il mondo, entrò con il mantello distrattamente ripiegato su un braccio, il suo amico Babbanofilo Weasley e la Mezzosangue Granger vestita con un completo di alta sartoria Babbana lo seguivano a pochi passi di distanza, e una manciata di persone dall'aria stanca strascicavano i piedi dietro il trio, che sembrava appena uscito da un massaggio rilassante piuttosto che aver obnubilato menti e ricostruito case incendiate, disperdendosi per la casa.
Penelope la Sospettosa espirò rilassata
Grazie al cielo siete qui...cos'è successo? - Potter-padre annuì pacatamente
Dean, Michael e Justin sono ancora in giro, noi siamo tornati per i ragazzi – e spostò il suo sguardo autorevolmente controllato su di loro – che non dovevano assolutamente trovarsi dove si trovavano...o sbaglio? - qualcosa di simile al divertimento gli attraversò lo sguardo
Papà! - protestò roteando gli occhi la Potter-figlia
Senti da che pulpito – lo rimbrottò scherzosamente la Mezzosangue in completo firmato in una frase che sembrava custodire anni di storia.
Quando gli occhi del rosso Weasley si soffermarono su di lui, il suo sorriso sembro perdere smalto, trasformandosi in un'occhiata diffidente
Miseriaccia...speravo di avere la luna negli occhi quando l'ho visto là fuori – disse semplicemente lanciando un'occhiata di traverso a Potter e la Mezzosangue Granger. Era quel genere di sguardo che Scorpius conosceva bene; significava che qualcuno gli aveva pisciato nel porridge quando aveva pensato di portarlo lì, nel Quartier Generale dell'Ordine della Fenice. Proprio lui, il figlio di Malfoy il Traditore.
Era quasi divertente accorgersi che l'unica cosa su cui l'intero Mondo Magico sembrava concordare fosse che suo padre faceva schifo al quadrato. Beh, non è che lui sguainasse proprio la bacchetta per difenderlo, ma, per Salazar, era suo padre, non è che il primo mago dall'aria stazzonata e i capelli terribilmente arancioni, poteva entrare lì e guardarlo come si guarda una cacca di gufo sulla carrozzeria della macchina!
Indossò la sua solita espressione indifferente e sollevò un sopracciglio
Non credere che per me sia una festa essere qui, Weasley. Questo posto puzza di Mezzosangue più del Ministero – il suo tono fendette l'aria, e andò a depositarsi quasi come uno schiaffo sul viso lentigginoso dell'altro
Ehi, tieni chiusa quella fogna Malfoy! - la Potter sembrò essersi riscossa dal suo insolito torpore, gusto in tempo per insultarlo. A volte sentiva che la vita lo amava...
L'altro, nel frattempo, si mosse di scatto, deciso a prenderlo a pugni più che estrarre la bacchetta, ma la presa ferrea di sua moglie sembrò immobilizzarlo
Non pensarci neanche Ronald! - i suoi occhi castani sembravano incatenare l'altro a terra, sebbene di due spanne più alto di lei e decisamente più robusto – Non colpirai un ragazzo di diciassette anni solo perché ha la sfortuna di essere la progenie di Draco Malfoy! - si voltò verso di lui – Non che sia colpa tua...sia chiaro... - quella donna lo spiazzava: sembrava furiosa con il rosso, quando Scorpius le aveva appena indirizzato il peggior insulto che un mago possa rivolgere ad un Nato Babbano. Quei tizi era una coppia alquanto strana.
Lungi da me mettermi a sindacare sulla progenie, ma sei veramente dispiaciuta per me, quando i tuoi genitori sono Babbani? - non cercò di offenderla, non avrebbe saputo come farlo dato che la donna sembrava lasciarsi scivolare addosso ogni possibile riferimento alle sue origini. Era semplicemente curioso.
Hermione Granger gli indirizzò uno sguardo intenso, né di derisione, né di rabbia, né pregno di nessun altro sentimento negativo che si sarebbe aspettato di leggere sul suo viso. Annuì, semplicemente, mordicchiandosi il labbro
Esatto – poi si rivolse con un enorme sorriso preoccupato verso la Potter – Lily, tesoro, stai bene? - lei annuì, stringendosi nelle spalle
Per la cronaca, cosa pensavate di fare voi due contro dieci di loro? - Harry Potter sogghignava, non come lui quando voleva alzare il muro di protezione fra sé e il resto del mondo, ma come qualcuno che che oscillava fra l'orgoglio, la curiosità e il divertimento
Già – rincarò la dose Weasley – è compito nostro prenderli a calci nel sedere – la rabbia di poco prima sembrava essersi volatilizzata, esattamente com'era venuta. Incredibile.
Scorpius era ogni minuto più sconvolto dal comportamento di quelle persone.
Lily incrociò le braccia al petto e lo fissò di sottecchi, imbronciata. Poi si voltò verso il Terzetto della Gloria Magica
Primo, noi due non pensavamo di fare niente. Io sono arrivata quando lui aveva già mandato tutto ai goblin con quella sua dannata mania di – come, come, come?
Cosa, Potter? Cacciarmi nei guai? Ti ricordo che sei stata tu ad arrivare a bacchetta spianata senza avere la minima idea di cosa -
Oh, perché invece tu, genio, avevi tutta la situazione sotto controllo eh? - Scorpius sorrise perfidamente
Io, Principessa delle Fate, avevo il bambino, ed ero a tanto così dallo Smaterializzarmi, quando la tua entrata trionfale ha rovinato i miei piani! - Lily emise un verso stizzito
Nessuno ti ha chiesto d'intervenite, mi pare, io -
Credo che abbiamo un problemino qui, Harry... - sghignazzò il rosso dando di gomito alla Granger, che nel frattempo si era seduta accanto ad Albert Draco Il Piagnone e gli accarezzava delicatamente i capelli.
Si stravaccò sbadigliando vicino alla Potter, e incrociò le braccia dietro la testa.
Lo porto via – si offrì Penelope Non-Più-Imbronciata prendendolo in braccio.
San Potter si limitò a restare in piedi, riflettendo, apparentemente, guardando la figlia. Poi parlò, con voce tranquilla e limpida, come se non fossero state le due di notte e non avesse trascorso la sua serata a ripulire i casini altrui
Mafalda non farà rapporto sulla tua scappatella con la bacchetta – esordì con uno scintillio negli occhi verdi verso la figlia – ho avvertito Madame Maxime, e mi ha assicurato che si preoccuperà di far sapere alla tua famiglia cos'è successo, Scorpius – solo una leggera inflessione delle ultime parole sembrava chiarire i rapporti che lo legavano alla sua “famiglia”. Lui deglutì cercando di frenare lo sbuffo di stizza che premeva per venire fuori. Perfetto, Draco sarebbe stato al settimo cielo sapendo che il suo unico figlio si era fatto salvare le chiappe da San Potter e la sua cricca, nientemeno.
Sarà una festa – borbottò
La Parkinson è stata portata al San Mungo e rimarrà in osservazione per qualche giorno, ma starà bene. Penelope si preoccuperà di portare il bambino da una zia finché non si sarà ristabilita – si passò una mano fra i capelli spettinati, cambiando espressione – non che sembri la vostra prima preoccupazione, ma non sarete puniti questa volta...direi che avete avuto una serata già abbastanza intensa così – i suoi occhi vagarono per un istante sul viso di Scorpius, e sembrò sul punto di dire qualcosa, ma poi rinunciò pizzicandosi il naso con l'indice e il pollice. Si mise a sedere su una poltrona lì accanto – E' importante, adesso, che voi due mi diciate tutto quello che potete ricordare delle persone che hanno fatto questo. Ogni cosa, ogni dettaglio può esserci utile -
Quanto è pericolosa questa gente papà? - la Potter sembrava stranamente seria. Il padre esitò, incerto se parlare con lei di quello che sapeva; o forse, semplicemente, non voleva che la progenie di Malfoy andasse a spifferare tutto a suo padre. Beh, era un idiota.
S'irrigidì sul divano, infastidito eppure curioso, teso spasmodicamente verso quelle informazioni. Quegli uomini, chiunque fossero, rapivano i Purosangue e, a quanto pare, ora si divertivano anche a incendiare le loro case e terrorizzare i loro figli, e lui, a discapito della “Resistenza Purosangue” e tutte quelle stronzate pseudo rivoluzionarie, era solo incazzato nero.
Vorrei saperlo...Si fanno chiamare Traghettatori. Hanno rivendicato tutti i rapimenti e le sparizioni degli ultimi tempi. Non hanno ucciso nessuno, ancora, ma non so per quanto tempo riusciranno a controllarsi prima di esplodere – sospirò – sono arrabbiati, pieni d'odio e di risentimento, pensano che rapire i Purosangue pareggerà i conti, ma non è così...la Guerra Magica non sarà mai finita finché queste persone non seppelliranno i loro morti – si riscosse dal suo torpore, durato non più di qualche istante, ma che aveva intaccato la brillantezza della sua armatura quel tanto che bastava a renderlo meno Salvatore e più essere umano. Sembrava impotente, e un Eroe della Patria non dovrebbe mai mostrarsi impotente.
Erano vestiti come Mangiamorte, ma al contrario...la tunica era bianca e le maschere nere...avevano una cintura incatenata, di metalli diversi, oro, argento, mi è sembrato di vedere – la Potter aveva lo sguardo perso nel vuoto, cercando di ricordare – uno di loro aveva la erre moscia, o un difetto di pronuncia del genere... -
Ha chiamato l'altro Joe...ma non può chiamarsi Joe – intervenne Scorpius – chi diavolo si chiama Joe in Gran Bretagna? - entrambi lo osservarono
Perché, conosci altri Scorpius Hyperion? - lo punzecchiò lei
E tu...Luna? - Harry li osservò sollevando un sopracciglio, la cicatrice che sembrava solo un pallido segno sulla sua fronte.
Ma prima che potesse dire qualsiasi cosa, la rossa Potter, Ginger, Dinnie, o qualcosa del genere, entrò come una furia scatenata, puntando il dito contro la figlia
TU SEI NEI GUAI! - il suo viso paonazzo era incredibilmente simile a quello di lei, e aveva lo stesso sguardo combattivo e pericolosamente vicino a quello che la Potter-figlia era solita usare con lui, feroce e pericoloso – cosa pensavi di fare, per Merlino?! -
Ginny – la chiamò Harry Potter con le mani protese in avanti, a mostrarsi disarmato
E tu non osare calmarmi, Harry James Potter! Sei un incosciente, tutti e due lo siete! - poi si voltò verso di lui, che si fece istintivamente piccolo dove si trovava – e anche tu, Malfoy! A cosa stavi pensando? - per Salazar, quella donna lo stava davvero sgridando? Merlino...sua madre non lo sgridava da...mai.
Fu il suo sguardo a impedirgli di ribattere qualcosa di estremamente volgare, o strafottente o cattivo. Semplicemente, quella donna minuta e delicata, con gli stessi capelli rossi della figlia, lo aveva inchiodato lì dove si trovava, quasi schiacciato dalla sua prorompente personalità. Nessuna donna della sua famiglia si era mai permessa di rivolgersi così a lui o a suo padre, e ora quella...quella...iena gli urlava contro come se fosse stato suo figlio?
MAMMA! Ti vuoi dare una calmata? - quando i loro occhi identici s'incontrarono fu come assistere alla collisione di due tempeste, due caratteri terribilmente dominanti. Scorpius deglutì guardando Harry Potter di sottecchi. Come diavolo faceva a rimanere così calmo?
Io non mi do' nessuna calmata Lilian Luna Potter, e sai perché? Perché Mafalda Hopkirk dell'Uffficio di Regolamentazione dell'Uso Improprio delle Arti Magiche è piombata nel nostro camino stanotte, terrorizzata a morte perchè le risultava che la tua bacchetta avesse “lottato”, così ha detto, “lottato”, fuori dai cancelli di Hogwarts questa sera! – aveva il respiro affannoso e il viso di una sottile sfumatura del prugna – e scusa sai se non mi sono girata dall'altra parte, e non sono tornata a dormire! - inspirò per prendere fiato e calmarsi
E' andato tutto bene mamma – Lily aveva, incredibilmente, abbassato il tono e le armi – ma me la sarei cavata – Scorpius non trattenne un verso divertito. Due paia di occhi identici si schiantarono su di lui, minacciosi
Taci-Dannato-Malfoy – sibilò Lily
Pessima mossa – borbottò Potter Savior nella sua direzione
Pessima davvero – confermò Weasley – mai svegliare il cane a tre teste che dorme – ma la tensione ormai era sciolta: anche se le due arpie Potter lo guardavano ancora con tanto d'occhi, nessuno sembrava più far caso al fatto che lui, beh, era un Malfoy. Nemmeno il rosso Weasley lo scrutava più con la bocca larga. Un punto per lui.
La Granger si alzò, lentamente, cautamente, e sollevò entrambe le mani chiedendo la pace
Sta arrivando Justin – dichiarò senza troppi complimenti. Tutti si zittirono.
Dopo nemmeno un minuto, il Justin in questione entrò col fiatone, aggrappandosi allo stipite dell'arco che collegava la cucina al salone
Harry, grazie a Tosca Tassorosso sei qui – respirava affannosamente, ma conservò comunque uno sguardo carico di disprezzo per Scorpius. Non tutti insieme, grazie...
C'è stato un attacco, qualcuno è ferito? - domandò meticolosamente Harry Potter alzandosi di scatto, pronto alla battaglia
Nessuno, ma lui ha minacciato di affatturarmi se non gli riportiamo subito suo figlio – indicò lo con uno stizzito cenno del capo – e Merlino solo sa quanto può essere insopportabilmente insistente Malfoy – sputò fuori il suo cognome come un insulto – che se lo prenda, dico io... -
Piano con le dimostrazioni d'affetto, potrei commuovermi – ribatté lui sarcastico, alzandosi – benché l'idea di allontanarmi da quest'atmosfera idilliaca sia capace di uccidermi dentro, penso proprio che seguirò il consiglio di Mister Sincope Cardiaca qui, e leverò le tende -
Una di noi deve venire con te – decretò il Prescelto Unto da Silente senza nascondere un sogghigno – indovinate chi? - sua moglie fece per dire qualcosa – lo so Ginny, ma devo farlo io – lei annuì, inaspettatamente, poi si voltò verso la figlia
Io e te abbiamo una marea di cosa da dirci signorina. E tu – puntò lo sguardo contro il marito – non credere di svignartela così, perché duellare con Malfoy non sarà un'attenuante – ma quei due si guardavano con uno sguardo così sdolcinatamente complice che Scorpius avrebbe scommesso tutti i suoi soldi alla Gringott che lo sarebbe stata eccome.
Potter l'Eroe del Mondo Magico annuì sorridendo sotto i baffi, poi indirizzò un cenno al rosso e la Mezzosangue, che annuirono di rimando. C'era ancora qualcuno in quella stanza che non aveva un dannato Codice Segreto?
Sospirò: se aveva pensato che quei tizi incappucciati fossero il pericolo maggiore che gli era toccato affrontare quella notte, si era miseramente illuso.
 
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Angolo della delirante autrice: buonaseeeeeera (diceva una pubblicità di non mi ricordo cosa qualche anno faXD) eccomi qui con il nuovo e fresco capitolo sull'orlo dell'esautimento nervosoXD
Non ho particolari chiarimenti da dare se non che il Justin (Mister Sincope Cardiaca per gli amici) è, ovviamente Justin Finch-Fletchley di TassorossoXD
Ah, ecco...ho ipotizzato che Mafalda Hopkirk fosse via basandomi sulla caratterizzazione che ne ha dato il film...nel libro era già vecchia ai tempi di Harry, quindi sarebbe già morta, ma nei film sembrava sulla cinquantina, quindi, benchè vecchia, potrebbe essere ancora viva e lavorare ancora al Ministero (aveva l'aria di una che non avesse granchè da fare a parte lavorare^^)
Mi sono vergognosamente accorta di non aver mai ringraziato "ubblicamente" tutte le fantastiche persone che leggono, seguono, "preferiscono" e che, soprattutto, recensiscono con amore e pazienza ogni capitolo, o anche solo qualcuno^^ Vi adoro, lo sapete, questa ff esiste grazie a voiXD E voi sapete di cosa parlo ahahahahah...
Un inchino al Club dello Sclero Notturno e della Reciproca Fomentazione, che si ingrandisce e si fa sempre più agguerrito ogni capitolo che passa. Il mio amore per voi è pari solo a quello di tutte noi per Scorpius^^

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Capitolo 14
*** Il Monte ***


Il Monte
 
 
 
Matto è chi spera che nostra ragione
possa trascorrer la infinita via
che tiene una sustanza in tre persone.
State contenti, umana gente, al quia;
ché, se potuto aveste veder tutto,
mestier non era parturir Maria;
(Divina Commedia, Purgatorio, Canto III, vv 34-39)
 
 
Fulmini incredibilmente inquietanti e definiti avevano lacerato in cielo plumbeo per tutta la mattina, mentre piccole ma sporadiche gocce di pioggia precipitavano a intervalli irregolari sulle foglie ormai secche del Platano Picchiatore. Il vento gelido di ottobre sferzava il viso e gli faceva dolere le mani serrate attorno al manico di scopa. L'erba bagnata gli aveva inzuppato le scarpe e i calzoni della divisa fino alle ginocchia. Sarebbe arrivato alla fine di quella partita con la schiena a pezzi, i muscoli delle cosce stirati per lo sforzo di reggersi al manico di scopa scivoloso di pioggia, e un principio di polmonite in atto.
E questo nel migliore dei casi. Nel peggiore, un Bolide gli avrebbe spaccato qualche arto, avrebbe rotolato per dieci metri nell'erba fangosa del campo di Quidditch, e Lilian Luna Dannata Potter avrebbe preso il Boccino d'Oro umiliandolo selvaggiamente davanti all'intera dannata scuola.
Oh beh, non è che l'umiliazione gli fosse nuova, ultimamente...
 
Flashback*************************************************
 
La stanza era circolare, fredda e asettica quanto lo studio di un medico Babbano, probabilmente una di quelle "case sicure" che il Ministero aveva piazzato in tutto il Mondo Magico per custodire testimoni, interrogare i "prigionieri" e far ricongiungere fra le lacrime i figli e i loro genitori ritrovati.
Non era assolutamente il suo caso, comunque.
L'ultima volta che Draco Malfoy aveva pianto, probabilmente i cavalli trainavano ancora le carrozze.
Malfoy -
Potter - si salutarono con un gelido cenno del capo, senza premurarsi di mascherare il reciproco disprezzo. Chi dei due avesse maggiormente ragione di provarne, a quel punto, non importava più. Il perchè si odiassero da più di ventanni aveva ormai perso il suo valore; contava solo che fosse così, per entrambi, senza che nessuno dei due facesse un solo passo verso l'altro. Nemmeno per ucciderlo.
Verde e Argento, i guardaspalle di suo padre, nerboruti e con la bacchetta più affilata del cervello, erano fermi contro la parete a braccia incrociate sui mantelli neri e lucidi, e un completo di alta sartoria.
Scorpius sollevò gli occhi al cielo, e Harry Potter sghignazzò
Avevi paura che qualcuno ti rapisse lungo il tragitto Malfoy? -
Potter – sibilò suo padre – se i cani rognosi del Ministero sapessero fare il loro lavoro, metà dei Purosangue del Mondo Magico non sarebbero scomparsi – lisciò con lunghe dita bianche la sua bacchetta nascosta nel bastone da passeggio. Retaggio di famiglia, aveva detto – o forse, lo stanno facendo esattamente come vogliono farlo... - lasciò cadere quell'allusione con un ghigno mellifluo, pregno di una soddisfazione crudele che Scorps non ricordava di avergli mai visto sul viso.
Il Salvatore e il Traditore del Mondo Magico: l'uno in golf di lana e jeans, l'altro in vestaglia di seta verde e argento, la bacchetta nascosta nel bastone da passeggio con la testa di serpente, e gli occhi di grigio disprezzo liquido che fissavano quelli verdi e luminescenti di fiamme del camino del suo eterno avversario.
L'attimo dopo, quegli stessi occhi temporaleschi fendettero l'aria e agguantarono i suoi
E così ti sei cacciato nei guai – lo sguardo di Draco non tradiva alcuna emozione, ma Scorpius conosceva suo padre sufficientemente bene da sapere che dietro di esso si celavano delusione e dispetto.
Tale padre – ribattè Potter senza sorridere, il viso che, per quanto si sforzasse di mantenere inespressivo, mostrava con chiarezza il respiro di ogni emozione. Era preoccupato, arrabbiato, stanco e curioso, specialmente curioso, di vedere come l'altro avrebbe impostato quel duello verbale.
Ma Draco non aveva intenzione di parlare con l'eroico Potter, di rivolgergli il minimo interesse. Suo padre si trovava lì per lui; aveva accettato di Materializzarsi in una casa sicura del Ministero, del nemico, solo per vederlo...probabilmente per fargli trascorrere la peggior notte della sua vita.
Malgrado avesse promesso a se stesso di non lasciarsi mai più intimidire dal genitore, Scorpius non potè fare a meno di deglutire il vuoto per la tensione.
Puoi levarti dai piedi ora Potter – gli sputò in faccia con il gelo nella voce – hai svolto il tuo compito di lacchè del Ministero, quindi puoi tornare a scodinzolare dietro le gonne di Kingsley Shacklebolt, e lasciare me a educare mio figlio – l'altro sollevò l'angolo della bocca con disprezzo
Dipendesse da me non ti lascerei educare nemmeno un asticello – un mezzo sorriso di scherno si delineò sulle labbra altrimenti serie dell'Auror – Inoltre, per sua fortuna, tuo figlio è sotto la mia custodia finchè non rimetterà piede ad Hogwarts – poi incrociò le braccia al petto, disinvolto, investito di una sorta di perversa aura di potere che non gli aveva mai visto addosso. Insomma, aveva studiato, osservato e analizzato quel tizio da quando aveva fatto la sua apparizione quasi miracolosa ad Hogsmeade, e tutto gli era sembrato fuorchè lo spocchioso, presuntuoso e detestabile stronzo di cui gli aveva parlato il padre per tutta la vita. In quel momento, però, sembrò che l'avere a che fare con Draco avesse risvegliato in lui un antico talento, qualcosa di stantio che solo loro due potevano aver condiviso. Una sorta di eterna sfida, mai vinta, mai pareggiata, mai persa da nessuno dei due, sospesa negli anni come un pendolo che oscillava nel vuoto. Lì, in quell'asettica stanza quadrata e spoglia, Harry Potter sembrò tornare ad avere diciassette anni per mettere fine a quella sfida – E riguardo il mio, come l'hai chiamato, "compito di tirapiedi", direi che lo svolgo molto meglio di quanto tu non abbia svolto il tuo – la mandibola di suo padre si contrasse con uno spasmo rabbioso, ma i suoi occhi rimasero gelidi e immobili. Era come guardare contemporaneamente due film diversi, l'uno muto, privo di colonna sonora, in bianco e nero, rovinato dall'usura, e l'altro in 3D, il dolby surround e i sottotitoli. Ma entrambi comunicavano chiaramente quale fosse la trama, ed era più insaguinata di un film di guerra di Quentin Tarantino.
Come Scorpius conoscesse tutti questi dettagli della vita babbana, sarebbe stata una storia tremendamente lunga da raccontare.
Alla fine Draco parlò, il tono piatto, l'epressione neutra, con solo la vena sulla fronte che pulsava selvaggiamente a dimostrare quanto furore celasse la sua indifferenza
Ne deduco che San Potter non permetterà ad un padre di parlare con suo figlio, senza che le sue Magnifiche Orecchie di Salvatore del Mondo Magico Cocco di Silente restino qui a ficcare il naso – Scorpius potè giurare di aver visto Potter voltarsi verso di lui un istante.
Sembrò valutare la situazione prima di ribattere uno sterile
Sono qui fuori – rivolto ai guardaspalle ancora immobili contro la parete, a suo padre come minaccia, e a Scorpius, certo che i suoi occhi verdi avessero lampeggiato nuovamente nella sua direzione, come cosa? Rassicurazione? Davvero quel tizio credeva che lui avesse bisogno di protezione, la sua, per giunta, per parlare con sui padre?
Draco si voltò con un cenno verso Verde e Argento
Fuori dai piedi – ringhiò prima di voltarsi verso di lui, i sottili occhi grigi di liquida rabbia devastatrice.
Appena la serratura della porta scattò, Draco lo colpì al petto con il pomello della bacchetta, costringendolo a sedersi sulla sedia di fronte a lui. Non gli chiese spiegazioni, non lo lasciò parlare, non gli concesse il beneficio del dubbio. La estrasse, semplicemente, puntandogliela contro. Prima che Scorpius potesse estrarre la sua, il padre aveva già sibilato
Legilimens – in quel momento Scorpius comprese che suo padre non gli avrebbe mai concesso la possibilità di difendersi...
 
Fine flashback*******************************************************************
 
Alicia Spinnett si librò nel mezzo del campo e fissò tutti loro con espressione determinata, il mantello che le balenava furiosamente attorno al corpo come i lunghi capelli fluenti facevano attorno al bel viso.
Non dovrei nemmeno dirvelo, ma la mia esperienza in fatto di Grifondoro contro Serpeverde mi ha insegnato che devo raccomandare un gioco pulito – poi lasciò vagare lo sguardo sui dannati verde-argento con poca convinzione – e so anche che sarà perfettamente inutile – Lily aveva un orribile presentimento. Lo aveva fin da quella mattina, quando si era svegliata e aveva dovuto spannare il vetro del dormitorio per scacciare la condensa. Lo aveva da quando Ernesto, il suo gufo, le aveva lasciato cadere la lettera di suo padre, che le faceva l'imbocca al lupo e la informava che sua madre aveva finalmente deciso di deporre le armi e le augurava buona fortuna anche lei, fra le mani. Ma, sopra ogni cosa, l'aveva da quando il cielo sopra Hogwarts si era tinto di quel viola innaturale da tempesta e aveva cominciato a lanciare lampi e fulmini come margherite. Lo aveva capito quando il ghigno dell'Idiota Malfoy le aveva attraversato la testa da una parte all'altra a colazione.
Ma non poteva pensare a quanto Scorpius l'Irritante fosse bravo a volare, né quante batoste le aveva fatto ingoiare in quegli ultimi due anni, né del perché, scisso da tutto il resto del suo vomitevole essere, guardarlo mentre fendeva il cielo come un lampo d'argento era la cosa più vicina ad un tuffo al cuore che avesse mai provato. E non era una questione di lui inteso come lui stesso. Era la poesia dei movimenti, la delicatezza del tocco, della virata, della guida. Sembrava che il manico di scopa non fosse altro che l'estensione del suo corpo, e volare qualcosa che faceva con l'automatismo di un respiro. Ma con più passione, più ardore, come se la sua pelle rilucesse e i capelli biondi crepitassero per il piacere di essere lì e, semplicemente, volare. E lei riconosceva il talento quando lo vedeva...lei aveva visto volare suo padre.
Alicia Spinnett fischiò l'inizio della partita con veemenza, e i Cacciatori cominciarono a sgomitare per la Pluffa, mentre i Bolidi sibilavano così vicini alle orecchie da farle rizzare i capelli in testa.
Si librò in alto, al di sopra del caos delle urla, del rumore dei richiami di Roxanne, degli avvertimenti di Hugo che non le toglieva gli occhi di dosso, le grida dei Serpeverde che sembravano lupi famelici. Si erse persino al di sopra dei suoi stessi pensieri, pensando solo al Boccino D'Oro.
 
***
 
Trenta minuti, trenta stramaledettissimi minuti e nessuna traccia di quella maledetta palla.
La pioggia aveva cominciato a cadere a secchiate, e in un attimo i capelli gli si erano appiccicati alla fronte e la divisa aveva cominciato a pesare come un macigno.
E i suoi compagni di squadra facevano schifo. Stavano perdendo cinquanta a venti, e i miracoli di Zane sembravano inutili di fronte alla furia di quei dannati Grifoni imbizzarriti. La mulatta Weasley doveva aver bevuto quale Pozione Potenziante, perché si muoveva per il campo come se avesse avuto un Basilisco alle calcagna, e gli altri due perdenti Mezzosangue sembravano comparire dovunque, stringendo la dannata Pluffa come se ne andasse della loro vita. E probabilmente, a giudicare da quanto sapeva essere agguerrita la Signorina Lotta Continua, era proprio così.
D'un tratto il rosso Weasley sollevò la testa verso di lui con un ghigno divertito, e schiantò la sua mazza da Battitore Babbanofilo e Traditore su un Bolide, nella sua direzione. Ebbe appena il tempo di gettare indietro la schiena sul manico della scopa prima che lo colpisse in pieno
Dannato...Mezzosangue – si sentiva esattamente come suo padre in quel momento, ma lui odiava perdere a Quidditch contro i Grifondoro, lo odiava da quando aveva indossato la divisa per la prima volta, e James Coglione Primogenito Potter gli aveva soffiato il Boccino da sotto il naso con un virata a trecentosessanta gradi che gli aveva fatto mangiare la polvere. Lo odiava così fortemente che era stato spesso sul punto di rimangiarsi le sue parole sul non tollerare scorrettezze. Ma c'era solo una cosa che detestava più di perdere contro quegli spocchiosi in rosso e oro: vincere scorrettamente. E non si trattava di morale o altre paranoie da Prefetti del cazzo. Si trattava di soddisfazione, di guardarli andare via dal campo con le espressioni da cani bastonati. Si trattava di tornare negli spogliatoi, levarsi di dosso la divisa lercia, contarsi i lividi sul corpo, le ammaccature, le contusioni e il naso sanguinante, con l'incredibilmente appagante sensazione di avere vinto perché la sua scopa era più veloce, i suoi riflessi più pronti e la sua concentrazione più ferma. Si trattava di ripulirsi di dosso il sudore, il fango, la pioggia o la neve, ma non la vittoria maledettamente guadagnata. Si trattava di fare qualcosa meglio di chiunque altro.
Sogghignò, perchè togliersi quell'insulsa soddisfazione aveva impedito al rosso di vedere il Bolide di Goyle che sfrecciava a duecento all'ora contro la sua preziosa compagna di squadra. In un attimo la Pluffa fu nelle mani di Flint che, con il passaggio incrociato che avevano progettato insieme, segnò nell'anello basso della porta. Il portiere si era sbilanciato credendo che fosse lui a tirare, ma la palla era passata di mano in mano nel giro di un paio di secondi ed era entrata.
Un sorriso soddisfatto gli nacque automaticamente ai lati della bocca.
Poi la rossa Potter gl'indirizzò uno sguardo caustico
Ti diverti Malfoy? -
Non quanto mi divertirò a vincere questa partita...di nuovo – gli occhi di lei lanciarono fiamme che nemmeno quel temporale sembrò riuscire a spegnere
Non dire Boccino d'Oro finché non l'hai preso...porta male – e virò violentemente, ridiscendendo quasi in picchiata, per posizionarsi a distanza più ravvicinata; il Boccino non amava la pioggia, e spesso, durante i temporali, preferiva svolazzare nella fascia bassa del campo, protetto dal movimento dei giocatori e la struttura dello stadio.
Lo sapevano tutti, ma Scorpius amava troppo lanciarsi in picchiata all'ultimo secondo e sferzare il gioco, cadere rovinosamente in campo fino quasi a sbattere contro il terreno, per poi raddrizzarsi all'ultimo secondo per falciare l'erba del campo e lanciarsi all'inseguimento del Boccino. Tutta la logica e la strategia del mondo non gli avrebbero impedito di godere di quel folle momento, quando il suolo si avvicinava precipitosamente fin quasi a inghiottirlo, e dove poteva contare solo sulla sua scopa, i suoi riflessi e la sua determinazione. Un gioco fra lui e la sorte, sempre all'ultimo sangue. Niente era paragonabile alla sensazione di sentire il manico piegarsi al suo volere, flettersi allo spasimo e planare vibrando sul terreno, l'erba che gli accarezzava le ginocchia e la sensazione di poter sconfiggere anche la morte.
Stava rischiando di farsi friggere le chiappe da un fulmine, perciò doveva amarlo davvero quel dannato sport.
 
Flashback*******************************************************************
 
Legilimens! - solo una parola, e sembrò che il mondo intorno a lui scomparisse nella nebbia indistinta. Avvertì il libero arbitrio, la coscienza, la determinazione scivolargli fra le dita come acqua gelida, lasciandolo nudo, solo, e disperato.
Sentì la sua mente dilatarsi allo spasimo, quasi comprimesse contro la calotta cranica, e avvertì lacrime di dolore farsi strada nei suoi occhi serrati con violenza. Artigliò il sedile in legno e sentì i frammenti penetrargli nella pelle. Quello strano dolore, così fisico, così reale, lo aiutò a recuperare il controllo.
Si ritirò, come se un guanto invisibile venisse sfilato dal suo cervello, e avvertì i ricordi lottare per restare dov'erano, per non finire in pasto a suo padre.
Non aveva mai parlato con nessuno di quell'incantesimo, perciò non avrebbe saputo dire se per gli altri fosse ugualmente penoso, ma per Scorpius c'era sempre stato il dolore; fin da piccolo, quando suo padre gli aveva insegnato il significato di “Non mentire”, quelle parole erano sempre state il preludio di sofferenza, spasmi strazianti, impotenza e sconfitta.
Non lottare figlio – la voce di Draco era vischiosa come miele, e altrettanto pungente. Sapeva che avrebbe vinto, vinceva sempre, si trattava solo di decidere quanto a lungo lui avrebbe sofferto prima che accadesse
Papà non... - tentò di spiegare, inutilmente. Lo sforzo di parlare assorbì tutta la concentrazione che aveva raccolto fino a quel momento, e nuovamente avvertì l'ingombrante presenza di suo padre nella testa. La mente di Draco attirò a sé i suoi ricordi, che piano piano si srotolarono per lui, come una pergamena vecchia di secoli
Ecco – con un ultimo sforzo di disperazione, Scorpius serrò la mandibola
NO! Papà, NO! - fu come afferrare un macigno con la punta delle dita: gli doleva tutto il corpo, e la testa sembrava in procinto di scoppiargli come un frutto maturo. Se fosse svenuto, o morto, suo padre si sarebbe fermato? Si sarebbe mai fermato? Preferì non rispondere a quella domanda, mentre implorava le dita della mente di non mollare la presa.
Ma Draco torse la bacchetta, schiantandogli una freccia infuocata nella testa, strappando con artigli affilati come lame le memorie di quelle ultime ore
Non puoi contrastarmi Scorpius...non sei abbastanza forte – non aveva detto freddo, o distaccato. Non lo aveva accusato di essere emotivo, o incapace di mascherare le emozioni.
Forte...non era sufficientemente forte per impedire al proprio padre di aggredire con violenza la sua mente per strappargli informazioni che avrebbe potuto dargli volontariamente.
Non era abbastanza forte per impedire a Draco di sentirsi potente seviziando la mente del suo stesso figlio.
Lacrime, calde e inarrestabili, di rabbia, di frustrazione, di dolore, gli scivolarono lungo le guance pallide.
Quei sentimenti, come una cascata d'acqua, lasciarono entrare la Legilimanzia fin negli anfratti più reconditi di se stesso; un'ultima torsione della bacchetta, e la volontà di Draco lo sovrastò interamente, attingendo a piene mani dai suoi ricordi: la Smaterializzazione con Harry Potter, Grimmauld Place, Justin il Tipo in Iperventilazione, la Mezzosangue Granger, Weasley che scherzava con il Prescelto, Albert Draco Parkinson addormentato sul divano, Harry Potter che li interrogava, serio e preoccupato, che li guardava divertito litigare, che scambiava occhiate furtive e complici ai suoi strambi amici, i ritratti del corridoio, Albus Silente l'Indimenticato, Piton, l'Elfo, la civetta. E poi tutti gli altri, e Sirius Black, il gemello rosso, i genitori del bastardo Metamorfomagus, e i Potter, sorridenti e colmi di vita anche nell'immobilità della morte...
Non questo figlio...voglio loro... - uno spasmo lo fece contorcere, mentre un caldo e vischioso rivolo di sangue gli colava fra le dita e un lampo di dolore gli artigliava la mente – torna indietro... -
E lui lo fece, avrebbe fatto qualsiasi cosa l'incantesimo gli avesse chiesto di fare; perchè la sua mente era debole e lui non era all'altezza di contrastarlo. Lui non nera abbastanza morto dentro per smettere di sentire.
E tornò là, la sicurezza della mano del bambino ancorata alla sua giacca, la voce di Lily, che correva a bacchetta sguainata in mezzo all'orda di Traghettatori in veste bianca e catene in vita, le loro risate di scherno, Pansy Parkinson svenuta contro un albero, Lily Potter che lo vedeva per la prima volta, i suoi assolutamente folli capelli rossi che baluginavano nella notte, e gli uomini che si Smaterializzavano. Infine Harry Potter, sicuro di sè e concentrato, che li scacciava con la sola minaccia del suo arrivo. Harry Potter che s'inginocchiava nel fango senza nemmeno badarci, che si avvicinava ad una donna che conosceva appena come fosse stata davvero importante.
Ma suo padre non si arrese, qualcosa di quello che aveva visto non gli era piaciuto
Cosa mi nascondi figlio...voglio vederlo...adesso! -
Ma il dolore s'interruppe di colpo, come se suo padre fosse stato spinto di via di colpo da una mano invisibile. Una mano invisibile molto incazzata.
Lascialo. Subito – il gelo permeava quelle parole, ma era un gelo vivo e pulsante, non quello sterile e informe che amava usare Draco.
Suo padre digrignò i denti
E' mio figlio -
E chissenefrega – fu strano sentir parlare il Divo Potter in quel modo. Incredibilmente strano. Il Santo Patrono del Mondo Magico non avrebbe dovuto usare "Chissenefrega" per rispondere ad una domanda; sarebbe dovuto essere pomposo, sicuro di sè, altolocato – e adesso torna a strisciare nel tuo buco, serpe, e lascia che riporti tuo figlio a casa – suo padre sembrava aver perso il controllo: fremeva e tremava, il viso affilato paonazzo e gli occhi fuori dalle orbite. I capelli radi, prima ordinatamente lisciati all'indietro, gli ricadevano sugli occhi pulsanti d'odio
Il Malfoy Manor è casa sua Potter...non osare mai più chiamare "casa" quel covo di Mezzosangue, Babbanofili e traditori del loro sangue. Non è mai stata la MIA casa! - l'aorta cominciò a pulsargli pericolosamente in gola, e Scorpius quasi temette che potesse avere un qualche genere di colpo apoplettico. Quasi... - VOI! Feccia e traditori...tutti...siete – poi il suo sguardo vago alle spalle di Potter – Verde! Argento! - i due guardaspalle comparirono sulla soglia, entrambi accompagnati da due maghi che Scorpius non riconobbe
Spiacente Malfoy – disse uno di loro – i cagnolini staranno al guinzaglio per stasera – l'altro rise, mentre la testa di Draco sembrò sull'orlo di saltare in aria come un cocomero, riversando pezzi della sua perversa materia cerebrale sul pavimento.
Harry Potter abbassò la bacchetta, ma la tensione dell'attacco era ancora visibile sui suoi lineamenti.
Si voltò verso di lui senza tradire alcuna emozione
La Preside Maxime pensa che sia ora che ritorni – "a casa", avrebbe voluto dire, ma non servì a nessuno dei due. I loro sguardi, per un solo istante, brillarono della stessa luminosa consapevolezza.
L'istante dopo, Scorpius indossò la sua maschera disinteressatamente annoiata, e scrollò lo spalle.
Si alzò dalla sedia, e solo allora si accorse delle lacerazioni sui palmi; diverse unghie erano spezzate. Merda.
Nessuno parlò, fino a quando non si voltò verso il padre
Ti manderò un gufo – disse con voce piatta, mentre il viso dell'altro sbiancava improvvisamente. Scorpius deglutì – dille che sto bene – poi si voltò e uscì, seguito dal Prescelto in tutta la sua gloria terrena. Camminarono fianco a fianco lungo un corridoio con le piastrelle a scacchiera. Poco prima che l'ultima porta che li separava dall'esterno venisse aperta, Scorpius parlò – Non aveva il diritto di farlo. Avevo la situazione -
Sotto controllo. Lo so. Certo – sul suo viso stanco, scintillò una luce comprensiva e battagliera. Poi sospirò – lo so... -
 
Fine flashback*************************************************************
 
Lily lo vide scintillare. Piccolo, luminescente e velocissimo, il Boccino d'Oro si agitava dall'altra parte del campo da Quidditch, fra i pali che sostenevano i cerchi della porta. Accelerò e derapò, abbassandosi in posizione aerodinamica per fendere l'aria.
Poi un lampo l'acceco un istante di troppo; quello dopo, il Boccino era già lontano, in aria. All'ultimo secondo si raddrizzò e partì a razzo in posizione verticale, con il vento che faceva oscillare paurosamente il manico della scopa, e la divisa del Quidditch zuppa che la trascinava verso il basso.
Serrò la mandibola e strinse spasmodicamente le dita coperte dai guanti di cuoio. Il dannato Boccino stava correndo fra le mani di Malfoy.
Artigliò le cosce al legno levigato e lasciò che la guidasse verso la vittoria, allungò una mano come a stringerlo, anche se era ancora a diversi metri da lei. Volò ad un metro scarso da Malfoy, che adocchiò il Boccino nel momento in cui lei lo sorpassava a cento all'ora.
Se lo ritrovò in scia immediatamente, ma non si voltò a controllare dove fosse; esisteva solo il Boccino, solo quel baluginare indistinto che si confondeva con la nebbia, la pioggia e i lampi che sembravano flash impazziti. E allora non vi fu più il boato della folla, o il gelo delle ossa fradice, o il dolore agli arti spasmodicamente tesi. Allora ci fu solo la sua mano che si sporgeva verso la calda luminescenza della palla, il sapore della vittoria sulla lingua...e Malfoy, la sua affusolata mano bianca accanto alla propria, le spalle che sfregavano contro le sue, sgomitando con determinazione.
Il Boccino virò improvvisamente a destra, dalla sua parte, concedendole un lieve vantaggio. Lo seguirono entrambi, ma lei si trovava davanti, il corpo proteso nella giusta direzione.
Il Serpeverde ruotò su se stesso e le sfrecciò sotto a testa in giù, il corpo sorretto solo dalla forza delle mani e le gambe attorno al manico di scopa, avvicinandosi più di quanto Lily avrebbe voluto. Ma come cavolo...?
Era un partita ben giocata, alla pari, quasi, ma il Boccino quel giorno sembrava non avere alcuna intenzione di lasciarsi prendere proprio da nessuno. Forse aveva paura del temporale, pensò Lily mentre entrambi evitavano per un soffio un Battitore con la mazza sguainata e tornavano a scontrarsi gomito a gomito, finendo fuori dallo stadio.
Un tuono squarciò il cielo, e il Boccino si lanciò in picchiata verso il suolo a velocità assassina. Lily ebbe appena il tempo di veder lampeggiare il ghigno di Malfoy prima che, con una mossa folle, facesse il giro della morte e si lanciasse al suo inseguimento.
Sarebbe morto. Merlino se sarebbe morto!
Tuttavia, contrariamente a quanto si sarebbe aspettata, il baluginare dorato non si schiantò con violenza al suolo, nè si stabilizzò a pochi centimetri dall'erba del campo come amava fare talvolta, mettendo alla prova il coraggio e i riflessi dei Cercatori, ma schizzò nuovamente in alto, così velocemente e improvvisamente che fu quasi più spaventoso osservare lui del fulmine improvviso che tagliò il cielo violaceo a metà come una ferita insanguinata. E Scorpius Malfoy lo seguì, come un amante follemente innamorato, come se fosse la sua sola ragione di vita, fluido e magnetico come un'ombra scura nel cielo plumbeo che lo circondava.
Lily partì a razzo all'inseguimento, lottando contro la certezza della sconfitta che le alitava sul collo ad ogni metro.
Fu quando aveva ormai raggiunto la scia di Malfoy che accadde: il Boccino svettò verso il cielo, impazzito, sparato in orbita a centinaia di chilometri orari, entrambi si gettarono al suo inseguimento, gli arti affusolati di Malfoy che la precedevano di una manciata di centimetri. Erano quasi pari...quasi.
Scorpius si voltò verso di lei di un soffio, gli occhi temporaleschi e gonfi di nubi come il cielo, i capelli innaturalmente biondi fradici sulla fronte, e fece balenare il suo sorriso di trionfo. Un solo istante, un solo momento lasciò che lei si chiedesse cosa significasse, poi staccò entrambe le mani dalla scopa vertiginosamente inclinata, e si sollevò sulle staffe d'acciaio lucente, tendendo tutto se stesso verso il Boccino. E lo afferrò.
Lily non avrebbe saputo dire come fosse potuto accadere, come la fisica si fosse piegata al suo volere così vergognosamente. Sapeva solo che Scorpius Malfoy si era sollevato in piedi su una scopa in posizione verticale, reggendosi solo con le ginocchia al manico scivoloso, e quella non gli era semplicemente sgusciata via dalle gambe come a qualsiasi altro essere mortale. No, Scorpius Dannatamente Fortunato Malfoy non aveva fatto altro che ergersi in tutta la sua vomitevolmente gloriosa persona, e afferrare il Boccino d'Oro, dopo la partita più estenuante della storia del Quidditch. Fuori dallo stadio, nessuno che potesse testimoniare che quello che era appena successo era un Maleficio, un Incantesimo, una fialetta di Felix Felicis direttamente in endovena...qualsiasi teoria spiegasse vagamente quello che aveva appena visto.
Ma non potè indignarsi a sufficienza, perchè un fulmine colpì di striscio la coda della sua scopa, incendiandola. Persa com'era a maledire Malfoy aveva allentato la presa sul manico, che traballò vistosamente, disarciondandola.
Sarebbe precipitata, Morgana, si sarebbe spiaccicata a terra come una dannata cacca di gufo, se i suoi riflessi non le fossero venuti in soccorso: si aggrappò all'impugnatura come se ne andasse della sua vita, e cercò invano di risalire in sella, le Converse sdrucite che scivolavano impietosamente sulle staffe d'acciaio laccato
Maledizione! - imprecò a denti stretti avvertendo la presa di una mano cedere – Maledizione! Maledizione! Maledizione! - continuò a urlare mentre tentava d'issarsi in sella.
La scopa impazzita continuava ad agitarsi per spegnere le fiamme, e la pioggia che le sferzava il viso, il vento che la sbatteva a destra e a manca, e la dannata divisa che pesava come un macigno sembravano volerle strappare la pelle di dosso.
Tentò, implorando un'ultima volta, d'issarsi in sella: il piede s'incastrò nella staffa - era riuscita a rimanere abbastanza salda da impugnare il manico con due mani - e fece forza per issarsi nuovamente in sella.
Ma fu allora che la scopa diede uno strattone violento, nel disperato tentativo di smettere di andare a fuoco, e lei perse la presa.
Avvertì chiaramente la sensazione di vuoto che si aprì sotto di lei quando le dita persero la presa sul manico scivoloso e la scopa l'abbandonò definitivamente.
Pensò che sarebbe morta, lo credette davvero. Non erano nello stadio, e non c'era la bacchetta della McGranitt che tante volte aveva impedito a suo fratello di spiaccicarsi come un uovo di drago sull'erba del campo. Non erano nello stadio e la sua scopa l'aveva appena lasciata sospesa nell'aria a precipitare, e morire.
L'attimo dopo, una mano guantata le afferrò il polso con una presa decisa.
Probabilmente qualche Santo Patrono del Quidditch era appena sceso dal cielo per condurla per mano all'altro mondo. Beh, almeno finalmente avrebbe conosciuto Sirius Black, e Silente, e Tonks e Lupin, e lo zio Fred.
Ma lei non voleva conoscerli, non ancora almeno: lei voleva svegliarsi nel suo letto la mattina di Natale sapendo che avrebbe dovuto indossare il terribile maglione di nonna Weasley come tutti i suoi cugini e fratelli per tutto il giorno, voleva baciare Teddy sotto il vischio un'ultima volta, voleva giocare a palle di neve con Hagrid, voleva...aveva un paio di cose da fare prima di raggiungere i suoi venerabili antenati!
Eppure non stava volando verso il cielo gravido di pioggia, nè stava precipitando a velocità accecante verso il suolo mortale. Rimaneva penzoloni in aria, frustata dalla pioggia e dal vento, la spalla che le doleva e la mano che aveva automaticamente stretto l'unico appiglio che le era rimasto in tutto l'Universo.
Alzò la testa e incontrò l'espressione scocciata di Scorpius Malfoy
Hai intezione di darmi una mano, o devo sollevarti soavemente fra le braccia e issarti sulla scopa? - Lily sgranò gli occhi. Di tutti, TUTTI, al mondo, che potevano tenerla sospeso sul baratro della morte, Scorpius Malfoy? Davvero?
E come diavolo pensi che possa fare? Mi hai preso per Viktor Krum? - qualcosa di simile ad un sorriso balenò un instante sul viso di lui, prima di assumere di nuovo la solita espressione annoiata
Ora ti faccio oscillare, e quando te lo dico, devi mettere in modo le tue gambette rachitiche e aggrapparti alla scopa, hai capito bene? - Lily sollevò un sopracciglio. Pur oscillante sul pericoloso orlo del baratro, Lilian Luna Potter aveva la forza di sollevare un sopracciglio. Fece per ribattere, ma lui la freddò – mi stai dislocando la clavicola, quindi evita qualsiasi commento caustico, e dimmi che hai capito -
Ho capito! Va bene, sei tu il capo – un altro sorriso, un lampo più duraturo dell'altro, che sparì nuovamente
Uno – un oscillazione – due – un'altra – Lily sentiva che avrebbe perso la presa: poteva avvertire il braccio di lui tremare, tendersi dolorosamente verso il basso, il viso contratto per lo sforzo di tenere entrambi in sella. Ma non cedette – tre – il manico di scopa si mosse in una strana torsione e si abbassò, mentre Lily, con un colpo di reni e l'aiuto di lui, si sporse e attorcigliò le gambe attorno al legno fradicio. Quando sentì nuovamente sotto di sè la rassicurante solidità della scopa, quasi si mise a piangere. Se fosse stato chiunque altro lo avrebbe come minimo baciato, o ringraziato, o avrebbe ringraziato Godric Grifondoro, Merlino, Morgana e tutta la compagnia cantante...cavolo, avrebbe perfino ringraziato Salazar Serpeverde! Ma quello davanti a lei non era una persona qualunque; era Scorpius Malfoy, e mai si sarebbe abbandonata a trascinanti entusiasmi davanti a lui.
Così si limitò ad artigliargli la divisa, simulando una sicurezza di sè che aveva definitivamente lasciato ai troll, pregando che lui non decidesse di usare quel momento per umiliarla fino alla fine dei tempi.
Scorpius condusse la scopa tranquillamente, fluidamente, senza che il vento, la pioggia o il peso di due persone compromettessero minimanente la sua guida.
Planarono al centro dello stadio, dove l'intera scuola era immobile ad osservarli. Alicia Spinnett aveva interrotto la partita appena la scopa di Lily era tornata, in fiamme, in campo, ma fino a quel momento non avevano potuto far altro che aspettare e pregare.
Quando la scopa di Scorpius atterrò con gentilezza sull'erba fradicia dello stadio, il boato esplose indistintamente dagli spalti dei Serpeverde e dei Grifondoro; per la prima volta nella storia, probabilmente, le grida di gioia delle due tifoserie si scatenarono insieme nel campo di Quidditch.
Lily avvertì mani e braccia stringerla, voci confuse, grida di gioia, di rimprovero, di rabbia per quanto era stata stupida e tutto il resto, ma non sentì nulla, nient'altro che la meravigliosa consistenza del suolo sotto i suoi piedi.
Sei ferita – la voce di Rose le arrivò alle orecchie, riportandola alla realtà. Lily si guardò la mano guantata macchiata di sangue.
Non è sangue mio – sussurrò più a se stessa che a lei, liberando le mani dall'impaccio del cuoio, illese. Scorpius.
Lo vide estrarre dalla tasca interna della divisa il Boccino d'Oro e con un sogghigno, lo porse ad Alicia Spinnett.
Solo allora, probabilmente, qualcuno ricordò il perchè si trovavano lì.
Clancy Jordan, ignorando il fatto che Grifondoro aveva appena perso una partita, tuonò dal microfono
Scorpius Malfy conquista il Boccino! Serpeverde vince per Centonovanta a Cento! - decine di mani lo strinsero in un abbraccio soffocante, decine di visi lo circondarono, decine di voci si sovrapposero nella cacofonia della vittoria.
Ma lei non vide e non sentì nulla, se non lo sguardo di lui che d'un tratto la inchiodava a terra, privo di ogni allegria o soddisfazione. Rimase solo a guardarla, serio, come se qualcosa di terribile avesse attraversato i suoi pensieri, spezzando quel momento.
Di' a paparino che con questo siamo pari... - parlò senza quasi accorgersi delle braccia che lo stavano per portare in trionfo. Poi una nube indistinta di verde e argento lo trascinò via, e Lily non potè far altro che guardarlo sollevare le braccia al cielo, una nuova maschera di fiera e sorniona soddisfazione a coprire il suo viso.
 
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Angolo della delirante autrice: e anche 'stanotte siamo arrivati!!!! Devo dire che di questo capitolo sono soddisfatta...avevo una paura folle del flashback, ma non mi posso lamentare per com'è venuto^^
Ditemelo se il salvataggio fa un po' troppo "3 metri sopra i cielo" e mi cospargerò il capo di cenere senza posaXDXD Ma sinceramente spero di no...ahahaha
Che dire...come al solito ode e amore massimo per il Club dello Sclero Notturno che è sempre la caffeina emozionale delle mie giornate, e anche a tutti voi che continuate e leggere e recensire sempre più numerosi...è un vero onore per me avere lettori come voi che siete così attenti e intelligenti a acuti in ogni piccola cosaXD Mi emoziona, davveroXD
E per coloro che volessero lasciare un pensiero o un'osservazione...siete e sarete sempre i benvenuti!!!

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Capitolo 15
*** Tempo ***


Tempo

 
Quando per dilettanze o ver per doglie,
che alcuna virtù nostra comprenda,
l'anima bene ad essa si raccoglie
par ch'a nulla potenza più intenda;
(Divina Commedia, Purgatorio, Canto IV, vv 1-4)
 

Oh no no NO. Io, questo, non me lo metto nemmeno morta – decretò Lily guardandosi allo specchio con espressione contrariata – insomma dai...sembro...sembro... -
Sembri chi devi sembrare – decretò Rose riassettandole il vestito sui fianchi – e non protestare. Avevi promesso quest'anno – Lily tentò un'ultima carta
Rosie – batté le palpebre – ti prego...l'anno prossimo – ma la cugina era inamovibile
No. Tu e tu – indicò con un cenno anche Hugo, che ridacchiava davanti allo specchio con un enorme martello fra le mani – ve la siete già scampata l'anno scorso. E quest'anno scenderete da quella scalinata con me, Louis, Roxanne, Albus e i gemelli, e saremo il più bel Asgardhr di divinità mai concepito – sembrava così fiera ed entusiasta, che Lily non ebbe davvero il coraggio di protestare. Ma quel vestito era...era...bah.
Era stata la loro zia acquisita Gabrielle Delacour in persona a disegnare e confezionare i loro abiti. E, certo, non ci sarebbe stato studente di Hogwarts, quella notte, che avrebbe indossato un costume più adatto e perfettamente intonato, non solo al colore degli occhi, dei capelli e della pelle, ma alla personalità di ognuno di loro.
E mentre Hugo agitava in aria il suo micidiale Martello Mjolnir, sghignazzando con l'ampio petto che si alzava e si abbassava sotto la cotta di acciaio lucente, Rose girovagava per la stanza raccogliendo fasce per capelli, bracciali, tuniche e tulle, come fosse ad una vendemmia.
Lily la osservò librarsi in aria dall'anticipazione, e non se la sentì di criticare il fatto che decisamente troppe porzioni di sé sarebbero state in bella vista quella notte: il suo abito, o meglio, il fazzoletto che la ricopriva, era in realtà un collare d'oro splendente al quale erano applicati strati e strati delle più diverse tonalità di giallo, arancione e rosso, dal più splendete al più cupo, l'uno sull'altro in una soave danza di leggero tulle. D'altra parte, solo per quella notte, Lily sarebbe diventata Gullveig, personaggio alquanto controverso della mitologia nordica, la cui uccisione (e rinascita) tra le fiamme, aveva contribuito a scatenare il Ragnarök, la devastante e celebre guerra fra Æsir e Vanir, l'ordine e il caos.
Che c'è? Rose si era preoccupata di istruirli tutti accuratamente sul ruolo che avrebbero dovuto ricoprire quella notte, anche se Lily non riusciva a considerare se stessa come qualcuno capace di scatenare una guerra. Non una a seguito della quale il mondo sarebbe stato distrutto e rigenerato, almeno.
Hugo/Thor si voltò ammiccando nella sua direzione, senza smettere di giocherellare con il suo martello. La barba e i capelli lunghi erano un tocco di classe di Rose, che con in colpo di bacchetta di era preoccupata di organizzare il tutto. Suo cugino, dal canto suo, sembrava divertirsi un mondo. Mentre lei non riusciva esattamente ad immaginare con quale ricatto morale Rosie fosse riuscita a trascinare Albus fuori dal dormitorio per rivestire i panni, nientepopodimeno che di Tyr, il dio, senza braccio, della giustizia e della guerra. Si diceva fosse anche destinato a succedere a Odino come capo degli dei, ma Rose aveva insistito molto sul fatto che questo punto fosse ancora oggetto di aspri dibattiti.
Nell'osservare l'espressione ostinata di Albus poche ore dopo in Sala Comune, Lily pensò che nessun altro avrebbe potuto vestire i panni del dio sacrificale meglio di lui. Fasciato fino al gomito di un moncone di acciaio lucente, suo fratello sembrava l'incrocio fra un centurione della Roma Antica e un motociclista. Gabrielle era stata particolarmente perfida con lui, fasciandolo in un paio di calzoni di pelle aderente, una cotta borchiata di cuoio lavorato, e una cintura dello stesso materiale del guanto, alla quale era assicurata una spada lunga dall'aria piuttosto pesante. Al braccio intatto, Albus aveva assicurato uno scudo circolare, con un grifone dorato in campo rosso, intonato i numerosi lacci che si intrecciavano sul pettorale e attorno alle gambe lunghe. Aveva l'aria ferina e ribelle, esattamente come i suoi occhi verdi nelle troppe situazioni in cui sfoderava la bacchetta.
Accidenti cugine! - esclamò Roxanne, splendida e lucente nel suo costume da Brunilde, signora delle Valchirie, sfiorando con un gesto la sua corazza sfavillante – siete uno schianto! -
Già, un incidente mortale, più che uno schianto – borbottò Lily, ben attenta che solo le orecchie di Albus potessero sentirla. Il fratello sollevò un angolo della bocca senza smettere di guardare Rose, eterea e raggiante nel suo abito di raso bianco luccicante, arricciato e sottile come una pergamena antica. Snotra, dea della saggezza e delle virtù, ricambiò il suo sguardo con un sorriso negli occhi cioccolato. Eccolo il ricatto morale...Rose aveva convinto Albus a partecipare alla festa con quegli occhi colmi di rosee aspettative, gioiose ore in compagnia di tutti loro, e un sorriso splendente di entusiasmo in grado di persuadere Salazar Serpeverde a dare in sposa sua figlia ad un Nato Babbano.
La Sala Comune era pervasa da un'atmosfera che, lungi dall'essere tetra per il giorno dei morti che si avvicinava, e il gelido inverno alle porte, sembrava una festa del raccolto più che Halloween. Ovunque vampiri, lupi mannari, Elfi e ragazze travestite dalla più vasta gamma di pop stars, principesse, eroine del passato, e qualcuno perfino, Lily si trattenne dal ridere, da Harry Potter, Mangiamorte o addirittura Voldemort, si scambiavano dolci, chiacchiere e risate, in un coro quasi amalgamato di voci entusiastiche. Non c'erano lacrime versate che potessero opporsi alla volontà di rinascita.
I gemelli di Calì Patil, vestiti con i colori sgargianti tipici della cultura indi, andarono loro incontro con due identici sguardi di ammirazione
Uffa, sono invidiosa! Perché voi avete una zia stilista Veela e a noi tocca l'avvocato divorzista? - Mitra fissò Lily con un sorriso di disappunto un po' imbronciato. Suo fratello gemello Shiva, un attraente ragazzo di quindici anni con la pelle olivastra e due penetranti occhi scuri e affusolati, si strinse nelle spalle lanciando un'occhiata alla sorella
Vorrà dire che l'anno prossimo ci travestiremo da Giudici della Corte Suprema – Lily, Rose, e perfino la battagliera Roxanne con i capelli neri sciolti sulle spalle trattenuti da un nastro dorato sulla fronte, risero.
Hugo vece vibrare la sua risata tonante
Hei! Guarda che Percy Weasley è il fratello di mio padre! - scherzò – compensa ogni zio superfigo che possiamo avere... -
Ma guarda un po' – la leziosa voce di Lucy li raggiunse tutti nel mezzo di un'altra risata – e io che pensavo fosse un quasi Lupo Mannaro il nostro parente più discutibile – le mandibole di Lily, Albus, Roxanne, Rose e Hugo di serrarono contemporaneamente. Bill non aveva nessuna responsabilità per quanto gli era accaduto. Aveva lottato contro Fenrir Greyback e, non solo era sopravvissuto, ma lo aveva anche conciato per le feste. Il fatto che parte della sua maledizione lo avesse contagiato non era esattamente qualcosa che i suoi nipoti amavano ricordare, o biasimare. E poi, per le tette di Morgana, cosa diavolo ci faceva lì, nella loro Sala Comune, una dannata Corvonero?
La tua concezione di “discutibile”, Lucy, se permetti, non ci interessa – il tono di Rose era controllato, ma vibrava di collera.
L'altra rise malignamente
Questo perché siete una mandria di idioti – Roxanne scattò, ma fu Hugo a trattenerla, scuotendo il testone barbuto con seri occhi azzurri socchiusi. Ma Lucy sembrava decisa a far saltare i nervi al 90% dei suoi cugini in una sera – e perché preferite gli animali pericolosi alle persone assennate e rispettose della legge – probabilmente avrebbero estratto tutti la bacchetta, se l'avessero avuta, ma Lily dubitava che sarebbe riuscita a nascondere qualsiasi cosa in quella bomboniera che aveva addosso, e nessuno avrebbe avuto motivo di estrarre la bacchetta quella sera, no?
Ma non riuscì a fare altro che incontrare gli occhi sgranati di Louis, stupendo e glorioso nel suo semplice costume da Balder, dio della bellezza e della luce, immobile davanti al ritratto della Signora Grassa. Archer Finnigan scrollò le spalle
Era qui che aspettava voi e l'ho invitato a entrare – borbottò – denunciatemi al Wizengamot! - ma nessuno prestò attenzione all'imbronciato Archer, perché gli enormi occhi verde foresta di Louis turbinavano di rabbia. Lucy indietreggiò
Mio padre... - esordì – non è un “animale pericoloso” Lucy... - disse semplicemente, pacato e fermo nel suo semplice cordone d'oro massiccio attorcigliato intorno al collo e i bracciali luccicanti ai polsi – e anche se lo fosse, resterebbe sempre una persona migliore di quanto non sia tu, patetica, frustrata, e limitata ragazzina – Lily poteva vedere chiaramente il petto nudo di lui sollevarsi ed abbassarsi aritmicamente per lo sforzo di contenere il furore. Era così maledettamente bello e glorioso in quella sua furia, che qualcosa nella mente di lei avrebbe quasi preferito vederlo perdere il controllo, solo per capire quanto spaventosamente meraviglioso potesse diventare. Ma Louis era già nato una spanna sopra Lucy, e non aveva bisogno di affatturarla o insultarla per schiacciarla; gli bastava guardarla per scatenare in chiunque lì attorno la voglia di fuggire a gambe levate. I tratti solitamente avvenenti del suo viso, quella sera rilucevano di uno scintillio malizioso, determinato, giocoso e frivolo, come se il Dio stesso dell'Amore fosse sceso fra i mortali. I calzoni di morbida seta immacolata avrebbero conferito a chiunque un'aria ridicola, quantomeno effeminata. Addosso a Louis sembravano solo fusi con la sua pelle perfetta, i muscoli guizzanti e la sensazionale naturalezza dei suoi movimenti. E quella rabbiosa figura di Angelo Vendicatore aveva schiantato i suoi occhi penetranti in quelli vuoti e subdoli della cugina, pietrificandola
Io... - esitò lei arrossendo fino alla punta dei capelli castani e scialbi – non intendevo... - l'altro sollevò un sopracciglio biondo
Cosa? Insultare mio padre, prendertela con i tuoi cugini, e fare la figura dell'idiota in una stanza piena di Grifondoro? - si guardò intorno – sembra tu abbia fallito in tutti i tuoi propositi cugina – Lucy abbassò lo sguardo, umiliata, un istante. Quello dopo sollevò il naso con aria ferita
Jude, andiamo, devo controllare che quelli del terzo non facciano casini – e se ne andò, seguita a ruota dal suo amorfo ragazzo che Lily non conosceva, malgrado fosse un suo compagno di Casa del settimo anno.
Louis rimase immobile, ad occhi chiusi, in mezzo alla stanza, finché tutti i curiosi che avevano interrotto le loro attività per assistere alla lite non furono di nuovo immersi in chiacchiere, dolci, e pomiciate sui divani della Sala Comune.
Lily gli si avvicinò cautamente
Lou – suo cugino non diede segno di averla sentita. Poi cominciò a respirare affannosamente. Lo scrollò
Lou, stai iperventilando. Calmati – Rose gli poggiò una mano sulla spalla, accarezzandola con lenti movimenti circolari. A confronto con la pelle diafana di lei, Louis sembrava ancora più abbronzato.
Aprì gli occhi con uno scatto, e la pupilla si ritrasse in se stessa in un modo molto suggestivo. Un lampo di rabbia gli attraversò lo sguardoma, immediatamente dopo, il suo sorriso contagioso scintillò nella stanza
E' ok...sto bene – Hugo si avvicinò
Perché in caso contrario... - agitò eloquentemente il martello, guadagnandosi un'occhiata fulminea dalla sorella e un mesto sorriso dal biondo cugino
Merlino quanto vorrei che giocasse a Quidditch – mormorò a labbra serrate Roxanne, stropicciando suo gonnellino porpora.
Albus si affiancò a Louis, ed entrambi si voltarono l'uno verso l'altro, scambiandosi un'occhiata. Albus non aveva mai bisogno di parlare con nessuno per confortarlo, sostenerlo o farsi capire; aveva l'innata e frustrante capacità di trasmettere qualsiasi cosa col solo aiuto di quel suo sguardo dannatamente espressivo. Possedeva quella rara empatia che sfiora la lettura del pensiero, come se la sua anima e la sua mente si dilatassero nel corpo delle persone che amava, colmandole, assaporandole, e ritirandosi in se stesso con la perfetta comprensione di quello che aveva visto. Lily aveva anche pensato si trattasse di Legilimanzia involontaria, ma alla fine aveva dovuto semplicemente rassegnarsi al fatto che il suo ardente fratello maggiore era un pozzo senza fondo di qualità sorprendenti.
Qualcuno ha fame? - ruppe finalmente il silenzio Hugo, ancora più buffo con quella barba intrecciata e i capelli rossi e leonini sciolti sulle spalle.
Rose espirò
Hugo Weasley! Il Banchetto di Halloween è finito due ore fa! - mormorò lamentosa, in un tono così simile a quello del padre da far sorridere Lily. O almeno, avrebbe sorriso se solo...
 
Flashback***********************************************************
 
Le Tavolate delle Case erano gremite di qualsiasi cibo perverso si potesse introdurre nello stomaco: Hugo si guardava intorno con le lacrime agli occhi, affondando a piene mani nei vassoi, come se non avesse appena fatto il bis di ogni portata, servendosi anche dal piatto di Frank e Lily, alla sua destra e alla sua sinistra.
Ma Lily non riusciva a concentrarsi sulle zucche galleggianti per la stanza, le decorazioni arancioni e nere, o il concerto del coro della scuola che si stava esibendo sul piano rialzato del tavolo degli insegnanti.
L'ultima lettera di suo padre era ancora appallottolata nella tasca interna della sua divisa, letta e riletta così tante volte da farle dolere gli occhi
 
“Mi dispiace, ma sta accadendo. Kingsley non vorrebbe accettarlo, ma sta subendo troppe pressioni dall'opinione pubblica e la Lega. Se queste sparizioni non termineranno, verrà istituita la Guardia dei Protettori...e allora dovrete stare attenti, tutti quanti, e tenere vicine le persone di cui vi fidate. Qualcosa cambierà ad Hogwarts Lily, e io non potrò essere lì per proteggerti...”
 
Harry era preoccupato, e quando suo padre si mostrava in ansia significava che il problema era più grave del previsto.
Sollevò lo sguardo sul tavolo dei Serpeverde: Incubus Mortimer e il suo seguito mangiavano da una parte, lui con lo sguardo concentrato ad ascoltare qualcosa che Ardhesia Nott stava sussurrando nel suo orecchio, e gli altri tirapiedi intenti a fingere di non pendere dalle sue labbra. Poi c'era Frances Ilbys, che blaterava qualcosa al suo scialbo fidanzato, e Zane Zabini che batteva, ridendo, una mano sul tavolo. Kork Goyle s'ingozzava, probabilmente tentando di compensare la carenza d'intelligenza con altri muscoli superflui.
Scorpius Malfoy si stava guardando intorno, rilassato, come se non fosse stato salvato da un attacco un paio di settimane prima, e scambiava qualche parola distratta con i suoi vicini, ridendo alle battute di Zabini quasi automaticamente, intento a osservare qualcosa, o qualcuno, seduto chissà dove. Poi si voltò di scatto, come se lei lo avesse chiamato, e incrociò il suo sguardo a metà strada.
Merda!
Sollevò l'angolo destro della bocca e le indirizzò un impercettibile cenno di saluto.
Lily esitò: se avesse distolto lo sguardo come una ragazzina colta in fallo, probabilmente Malfoy non gliel'avrebbe fatta passare liscia per i successivi cento anni, ma se avesse risposto...oh, ai goblin! Sollevò entrambe le sopracciglia, senza entusiasmo, senza un sorriso, con sufficienza. Il che, ovviamente, contribuì ad allargare il ghigno dell'altro, fino agli occhi. Lampeggiarono di una luce maliziosa, poi tornarono a osservare qualsiasi cosa stessero cercando.
Lily espirò, guardandosi fuggevolmente intorno, sperando che nessuno avesse notato quell'indesiderato scambio di occhiate.
Hugo sembrava impegnato a controllare quanti bastoncini di liquirizia riusciva a farsi entrare in bocca, sotto lo sguardo divertito di Roxanne e Frank, e quello severo ed esasperato di Rose. Albus fissava un punto davanti a sé, stringendo la forchetta convulsamente. Lily deglutì quando gli occhi del fratello fendettero l'aria per posarsi su di lei. Ma l'attimo dopo, qualsiasi cosa avesse pensato, svanì, lasciandolo semplicemente ombroso.
Perfetto...semplicemente perfetto!
 
Fine flashback************************************************************
 
E tu da cosa accidenti saresti vestito? Da straccione? - Fran lo fissò con un sopracciglio sollevato.
Scorpius roteò gli occhi
Da folletto....non vedi? Il chiodo di pelle, le borchie, la maglietta stracciata con su scritto Anarchia, le spille da balia...il tipico vestito della domenica di ogni folletto della Cornovaglia che si rispetti – sbuffò.
Zane, impressionante nel suo completo da Houdini, con cappello a cilindro e coniglio bianco al seguito, rise alle spalle di Frances
E quel trucco cosa sarebbe? Scenografia? - la sua espressione schifata avrebbe strappato a Scorpius una risata, se solo in quel momento non si fosse sentito incredibilmente tentato di affatturarla. Come poteva sperare che il suo limitato quoziente intellettivo arrivasse a capire il concetto di punk? Serrò la mandibola
Frannie, tesoro, il tuo bel culetto da vampira stasera deve proprio sgattaiolare fuori eh! I grandi devono parlare – la ragazza fissò Zabini, glaciale
E tu saresti quello intelligente? Sei l'unico mago al mondo che insulta la sua razza travestendosi da impostore! - ma Zane aveva un'opinione troppo elevata di sé per lasciarsi offendere da una come Frances Ilbys
Mi spezza il cuore che tu non abbia nemmeno la vaga idea di cosa sia l'ironia Frannie cara, ma non è un problema mio...tante scuse – la scortò delicatamente fuori dal dormitorio e si appoggiò alla porta chiusa con espressione eloquente – Fratello, deve essere davvero brava a letto se sei disposto a sopportarla anche vestita – sospirò – la tua resistenza è impressionante – Scorpius espirò violentemente, tanto che il finto anellino d'argento nella sua narice destra vibrò. Ci avrebbe decisamente dovuto fare l'abitudine.
Nemmeno lui aveva idea del perché se la portasse ancora a letto. Insomma, lui era Scorpius Malfoy! Avrebbe avuto veramente difficoltà a trovare un'ingenua ragazzina da fregare?
Zane si sistemò il papillon giallo fosforescente e lo squadrò
Che c'è? - chiese lui bruscamente, sulla difensiva
C'è che sei sempre stato strano forte Scorps, ma ultimamente non ci stai con la testa – Scorpius sospirò, perché Zane poteva atteggiarsi a rapper bullo del quartiere, ma alla fine era più intelligente e perspicace di quanto lui stesso sarebbe stato disposto ad ammettere. Lo guardò, con la punta della lingua che gli bruciava per la voglia di raccontargli la verità. Ma Zane non avrebbe capito, Zane avrebbe fatto la sua faccia da “sei un cazzone” e lo avrebbe mandato a farsi ricoverare al San Mungo. A Zane non fregava niente del sangue puro, di Voldemort o di chissà che altra arcana stronzata da Serpeverde; voleva godersi l'ultimo anno ad Hogwarts prima di dover cominciare a fare i conti con la realtà. E chi poteva dargli torto?
Scosse la testa, abbassando lo sguardo. Non sarebbe stato capace di mentirgli guardandolo negli occhi. Lui non era Draco Malfoy.
 
Flashback********************************************************
 
Incubus Mortimer faceva roteare fra le dita pallide da pianista un calice di Merlot del '72 che doveva aver pagato un occhio della testa. Sembrava tranquillo, rilassato, come se niente al mondo lo turbasse
Dimmi del Quartier Generale – disse semplicemente, continuando ad osservare il sanguigno liquido che scivolava contro le pareti splendenti del bicchiere.
Scorpius si strinse nelle spalle
E' protetto dall'Incanto Fidelius. Potter e i suoi hanno portato mio padre in una casa sicura del Ministero, quindi devo dedurre che non si fidassero a lasciargliela vedere... - una luce febbrile illuminò d'un tratto gli occhi blu dell'altro
E a te? - deglutì
Non credo mi reputino una minaccia. Oltretutto non sono un Custode, quindi non posso portare lì nessuno – i suoi occhi grigi intercettarono quelli dell'altro, inespressivi; era un lotta molto più alla pari mostrarsi freddo con lui che tentare di nascondere qualsiasi cosa a suo padre. Almeno Incubus Mortimer non avrebbe estratto la bacchetta per leggergli nella mente. Forse.
Ma puoi fare in modo che qualcuno ci porti te – il sorriso perverso che gl'illuminò lo sguardo di compiaciuta gioia accentuò la sagoma della cicatrice sulla guancia. Impercettibile quand'era serio, svettava curva come una mezzaluna quando quel lampo d'imprevedibile follia gli accendeva gli occhi – puoi fare tutto quello che vuoi di quella famiglia Scorpius Hyperion Malfoy – sussurrò – loro sono i buoni...e per questo sono prevedibili – assaggiò il vino, finalmente, assaporandone appena un sorso. Si passò la lingua sulle labbra, chiuse gli occhi, sorrise e sospirò – Perfetto – si alzò, e cominciò a camminare per la Stanza delle Necessità. Se n'erano andati tutti. Perfino Ardhesia aveva accettato di lasciare il fianco del suo perverso cavaliere dall'armatura cupa come la morte, per lasciargli il tempo di torchiarlo a dovere. Si era decisamente rotto le palle di venire interrogato da tutti. Dove diavolo era finito, in una puntata di Matlock? Incubus si voltò verso di lui, un sorriso perverso sul volto, la prospettiva di successo che già si trasformava in realtà nello specchio dei suoi occhi penetranti – sii per loro quello di cui hanno bisogno Scorpius. Pentiti, soffri, redimiti, conquistali e colpiscili a morte quando ti volteranno le spalle – esitò, afferrò la bottiglia e un calice intonso si materializzò fra le sue dita. Versò una generosa quantità di vino e gli porse la coppa – Sii il nostro uomo fra i traditori. Sii colui che vendicherà il nostro sangue – fece tintinnare i bicchieri.
E come credi che possa farlo? - Incubus buttò giù con soddisfazione tutto il contenuto del suo calice e lo guardò, fremente, vivo, quasi sovraccarico
Penso che questo tu lo sappia già... -
 
Fine Flashback************************************************************
 
Quando l'intero Asgardhr Potter-Weasley arrivò nella Sala Grande, a Lily non parve nemmeno di trovarsi ad Hogwarts; tanto per cominciare i tavoli erano spariti, ad eccezione di quello dei professori, che troneggiava sulla sala colmo di bibite di ogni tipo: conoscendo la Preside Maxime, vino francese di prima qualità, brandy, cocktail, punch, e tutto quello di cui un alcolista anonimo avrebbe avuto bisogno per sgarrare alla grande. Ovviamente, solo ai maghi maggiorenni sarebbe stato permesso berne. La linea dell'età circondava il sontuoso banchetto, ad eccezione di quello della Burrobirra, concessa per l'occasione agli studenti dal quinto anno in avanti.
Il cielo incantato, solitamente in tempesta la notte di Halloween, era di un nero cupo puntellato di stelle grandi come palle da golf, lucenti e iridescenti alla tetra luce delle zucche galleggianti. Un enorme lampadario in oro zecchino ondeggiava al centro del salone, proiettando sui muri di pietra e sui visi degli studenti strane luci cangianti, che davano a tutti l'aspetto di opere d'arte moderna. Disseminati per il salone c'erano tavoli rotondi ricoperti di tovaglie di raso nero e arancione, candelabri che non facevano colare la cera e candele che non si consumavano.
Clancy Jordan era già gasatissimo nella sua postazione da DJ, con i suoi strumenti “benedetti” dalla bacchetta della preside Maxime in persona, visto che Hogwarts la tecnologia non aveva mai funzionato troppo bene.
La valanga di corpi, voci, risate e musica li investì come una slavina quando misero piede in Sala Grande, esattamente come se un interruttore sul mondo fosse stato appena acceso.
Lily indietreggiò istintivamente
No no no cugina, stasera tu, non solo resterai qui fino alla fine, ma ballerai pure, e ti divertirai – il tono autoritario alla “nonna Weasley” di Rose nelle sue orecchie la convinse a desistere.
Per il Beato Odino – mormorò Hugo con l'onnipresente martello a sostituire il cibo nelle sue mani
Vedo che sei entrato nella parte cugino – un imponente ragazzo, mascherato da Signore degli Dei Nordici, si avvicinò con passo sicuro. Il suo occhio di vetro vorticava pericolosamente per tutta la stanza, e il solo guardarlo fece venire la nausea a Lily. Ma nient'altro di lui le dava ribrezzo, perché il sorriso rassicurante, l'unico occhio sano che la scrutava divertito, e quelle dannate spalle da giocatore di Quidditch che s'intravedevano al di sotto della tunica di foggia romana, potevano appartenere solo a lui
James Sirius Potter, chi ti ha fatto entrare? - lo canzonò Roxanne avvicinandosi per abbracciarlo.
Lily rimase impietrita per un momento mentre tutto il resto della sua famiglia circondava il suo affascinante fratello maggiore. La lancia lunga di Odino brillava nelle sue mani, e una pelliccia di lupo gli adornava le possenti spalle. Una semplice tunica bianca con una sola spalla completava il tutto, fermata in vita da una cintura in oro massiccio, dalla quale pendevano ciondoli in lingua antica che tintinnavano ad ogni passo. In uno degli anelli era incastonata la bacchetta di James, liquida mentre rifletteva le fiamme delle candele.
James le si avvicinò con quel suo sorriso da mascalzone che faceva cascare ai suoi piedi ogni dannata donna della terra
Ehi Lily L, come te la passi senza il tuo supersexy fratellone a coprirti le spalle? - gli occhi di Lily si riempirono per un attimo di lacrime; avrebbe voluto piangere, e lasciare che la sua voce calda di testardo fratello maggiore la prendesse in giro per le sue paure. Avrebbe voluto raccontargli di come si sentisse a camminare ogni giorno ad Hogwarts col terrore che i genitori dei suoi compagni di scuola fossero i Traghettatori che avevano aggredito lei e Scorpius Malfoy a Hogsmeade. Morgana, avrebbe voluto essere semplicemente la quindicenne che tutti si aspettavano che fosse, vanesia e frivola, lunatica e scostante, o semplicemente distratta. Ma lei era una Potter, e non c'era niente di frivolo o vanesio in lei, non un solo cromosoma. Perciò non poteva fare a meno di stringere la sua bacchetta sotto il cuscino sperando di non doverla sguainare per salvarsi la vita.
Un attimo solo, il battito di ciglia successivo c'era solo un sorriso sulle sue labbra
E' una pacchia non averti più tra i piedi Jimmy S – rise, lasciando che l'ampio braccio di James la stringesse brevemente. Poi si fece seria – cosa ci fai qui Jamie...ti ha mandato papà? - l'occhio castano dalle lunghe ciglia di lui si assottigliò
Se ti dico che sono uno chaperone poi non me lo chiedi più? - l'espressione di lei doveva essere stata piuttosto esauriente – e va bene, il nostro vecchio sa quanto mi piaccia travestirmi da invincibile divinità norrena, e ha pensato che venire qui a dare un'occhiata non fosse una cattiva idea -
E lo è? - James si strinse nelle spalle con quel suo fare fatalista
Il punch quest'anno è più buono – poi sospirò, e le diede un buffetto – Lilian Luna Potter, levati quel cipiglio preoccupato dalla faccia, e va' a divertirti, per Godric! Stare con quel muso lungo di Severus ti ha rammollita, sorella! - abbracciò la stanza con le braccia – è una festa, sei giovane, sei molto più sexy di quanto farebbe piacere a nostro padre, e Hogwarts è il posto più sicuro di tutto il Mondo Magico – gettò uno sguardo sulla Preside Maxime, che si muoveva a tempo di musica in un angolo della stanza – chi avrebbe il coraggio di rovinare la festa ad una mezza gigantessa francese? - le strizzò l'occhio e la guidò verso la scala, porgendole il braccio – e poi, Merlino! Sono o non sono il padre degli dei? - suo malgrado, Lily sorrise. Non si rendeva mai conto di quanto le mancasse suo fratello finché non lo rivedeva dopo tanto tempo.
Lorcan e Lysander, perfetti nel loro costume doppio da Loki, l'istrionico dio delle bugie e della finzione, li raggiunsero con le loro maschere a metà, l'uno in completo nero, l'altro bianco
Bella festa vero? - borbottò il primo, irriconoscibile senza i provvidenziali occhiali da vista
Il lampadario è infestato di Nargilli però, ne parlerò con Stan Picchetto – osservò l'altro col naso all'insù
Il punch è squisito, devo scrivere a mamma la ricetta per quando organizziamo le riunioni del Cavillo a casa nostra – i due Potter, quella sera divinità norrene, si limitarono ad annuire, lasciandoli soli a ricordare i bei tempi andati in cui il Ricciocorno Schiattoso non era in estinzione.
Quella sera Clancy Jordan sembrava posseduto da uno spirito mistico ispirato, forse una musa patrona della musica, perché riuscì ad imbroccare il repertorio come se leggesse nel pensiero dei ballerini sulla pista.
Fra sudore, imprecazioni e gomitate, Lily riuscì a farsi strada al tavolo della sua famiglia. Louis era tornato a brillare con la sua collana d'oro intrecciata e la corona di alloro laccato che splendeva sui suoi capelli color grano. Si muoveva a ritmo di musica come se non avesse fatto altro della vita, ancheggiando, volteggiando, semplicemente esistendo, e ci fu più di una testa a rimanere bloccata in strane posizioni pur di scorgerlo agitarsi come acqua al ritmo dei tamburi, dei bassi, del basso, o di qualsiasi altra cosa le sue orecchie di Veela parvero avvertire. Sembrava che Lucy non avesse mai dato a suo padre del mostro, sembrava che la rabbia non avesse mai riempito i suoi occhi, sembrava che non un solo pensiero negativo gli avesse attraversato la mente negli ultimi diciassette anni.
Rose, che adorava ballare almeno quanto amava studiare, si era lanciata in pista, seguita dalla grintosa Roxanne e un riluttante Hugo, troppo affezionato al suo bicchiere per pensare anche solo lontanamente di lasciarlo sul tavolo.
James, ovviamente, era riuscito a trascinarla in pista, e Lily si era accorta che ballare non le faceva per niente schifo, non fosse stato per il tulle del vestito che richiedeva un controllo dei movimenti decisamente superiore alle sue capacità.
Frank Paciock stava intrattenendo una fitta conversazione con un'altra ragazza di Grifondoro, Mildred Pierce, sull'effetto del surrealismo pittorico su non aveva capito che corrente letteraria, e sembravano assolutamente a loro agio a parlarne seduti ad un tavolo nel pieno svolgersi di una festa scatenata.
Quando la conversazione si spostò su come il suddetto surrealismo babbano aveva influenzato anche la letteratura magica del sedicesimo secolo, anche Albus-non-farò-mai-un-passo-di-danza-nella-mia-vita si alzò dal tavolo e li raggiunse. Praticamente si muoveva sul posto, ma almeno non leggeva imbronciato da qualche parte!
Ad un certo punto, Lily si sentì al sicuro: niente Traghettatori, o Mangiamorte che diventavano Guardiani, niente incidenti sulla scopa, niente bambini in lacrime, e dolore e paura. Per un momento, circondata dal caldo abbraccio chiassoso e festivo della sua famiglia sorridente e felice, si sentì perfettamente bene, a casa, protetta. Il sorriso affascinante di James, le braccia al cielo di Rose, Roxanne che scacciava in malo modo un tizio travestito da Adamo che tentava di rimorchiarla, Louis e i suoi movimenti sinuosi, Hugo che agitava in aria il martello...perfino Albus che sembrava ingessato, Lorcan e Lysander che si scatenavano in passi da robot assurdamente comici, e Frank Paciock che gesticolava al loro tavolo poco più in là, in quel momento, l'avvolsero nel cando abbraccio della libertà, della familiarità, dell'affetto e della giovinezza che sembra non conoscere paura o pericolo. La mattina dopo, quando si fosse svegliata, si sarebbe resa conto che era stata tutta un'illusione, ma per quella notte aveva deciso di viverci, sguazzarci, magari affogarci, nell'illusione.
 
***
 
Amico, così mi piaci – Zane stava ballando un lento appiccicato ad una Corvonero tutta curve travestita da Cappuccetto Rosso. Beh, una Cappuccetto Rosso dal mantello piuttosto striminzito, ovviamente. Gli strizzò l'occhio, mentre le braccia di Scorpius avvolgevano i fianchi di una Tassorosso del senso anno, Alexa Robbins, gli era parso, che lo fissava con due occhioni languidi da Cocker Spaniel e le labbra più carnose che avesse mai visto.
Dal modo in cui gli si era praticamente liquefatta addosso, Scorpius non aveva dubbi sull'esito di quella serata.
Frannie lo fissava con un sogghigno, nel suo costume da vampira, allacciata all'insipido Justin Meade, un perfetto Marines in divisa.
La sua concezione libertina e impersonale delle relazioni era uno dei motivi per cui non aveva ancora smesso di frequentarla. Al di là del sesso, la Resistenza e il modo semplice con cui le cose andavano avanti tranquillamente fra loro, Frannie non gli aveva mai detto che lo amava, non aveva mai preteso che lui lo dicesse a lei, e non si era mai sentita in diritto di essere gelosa perché si divertiva con quante più povere illuse riuscisse a trovare nei corridoi della scuola. A Frannie sembrava andare bene tutto, compreso il suo modo di essere sempre schivo e incostante, di mascherare se stesso dietro il sarcasmo, e a non considerare la sua intelligenza sulla soglia dell'accettabile. Le andava bene che fosse solo sesso senza complicazioni, e che lui non desse segno di provare il minimo affetto per lei dopo mesi. Frannie era così priva di complicazioni da rappresentare l'unica oasi di pace mentale nella vita di Scorpius.
Era snob, idiota e spesso si limitava a ripetere a pappagallo le sciocchezze che sentiva uscire dalla bocca di questo e dell'altro idolo del momento, ma non era emotivamente stancante, e non richiedeva molte attenzioni. Frances Ilbys era una pianta grassa emozionale.
La Tassorosso gli fece correre un dito speranzoso sul viso, cercando di attirare nuovamente il suo sguardo
Sei così distante – sussurrò contro le sue labbra – a cosa stai pensando? - e cosa diavolo era quella, una seduta di psicoanalisi?
Ho parcheggiato la scopa in divieto di sosta – ribatté lui prima di baciarla, solo per impedire che perpetrasse quell'assurdo tentativo di fargli aprire il suo cuore. Non era male: carina, disponibile, bella bocca, begli occhi. Forse un po' troppo crocerossina per i suoi gusti, ma non l'avrebbe mai più rivista, se non casualmente per i corridoi, perciò non se ne sarebbe fatto un problema. Insomma, chi diavolo pensa di trovare l'anima gemella ad una festa alcolica di Halloween, a diciassette anni?
Probabilmente Alexa Robbins, perché mezz'ora dopo, riassettandosi la gonna con lo spacco da Jessica Rabbitt nello sgabuzzino del piano terra, e riavviandosi i lunghi capelli castani dietro lo orecchie, lo trattenne per la t shirt sdrucita e tagliuzzata, sussurrando
Sai Scorpius Malfoy...credo che io e te potremmo anche andare d'accordo... - sorrise – se solo riuscissi ad aprire di più il tuo cuore alle persone – Scorpius non le avrebbe risposto se fosse stato pienamente in sé. Probabilmente si sarebbe limitato a sogghignare mentre la riaccompagnava in qualsiasi posto avesse avuto la sfortuna di trovarla. Al massimo, se proprio fosse stato in vena di fare il galante, le avrebbe anche dato il bacio della buonanotte, e di addio, tutto compreso.
Ma quella sera no, quella sera era così incazzato con il mondo, che trovare l'ingenua e speranzosa Alexa Robbins al tavolo degli alcolici, era stata la sua benedizione, il regalo dei suoi avi Mangiamorte risorti dalla tomba.
Tesoro, se io e te volessimo davvero andare d'accordo, tu dovresti chiudere quella dannata boccaccia da psicoterapeuta e levarti di torno, prima che mi passi anche la voglia di riportarti nel buco dove ti ho trovata, e ti lasci qui a cercare le tue mutande di dubbio gusto in mezzo ai Solventi Magici di Stan Picchetto – no, quella sera avrebbe condannato quella poveretta a vagare per i corridoi in lacrime, il suo viso a tormentarla, e la sprezzante sferzata con cui l'aveva mandata a farsi mangiare dai goblin come unico ritornello macabro a scandire il tempo.
Alexa Robbins sgranò spaventosamente i suoi occhi grandi e scuri e spalancò la bocca, fortunatamente non per parlare, o per tentare di spiegargli che la sua aggressività repressa era causata da un'infanzia di perdite e di conflitto con la figura paterna.
La Tassorosso si limitò a spingerlo via, scappando più velocemente di quanto Scorpius le avrebbe concesso con quelle armi di distruzione di massa che portava ai piedi.
Controllò che i calzoni di lana scozzese e la cintura borchiata fossero al loro posto, piegandosi ad allacciare un anfibio, e sistemò le punte rigide dei suoi capelli acconciati come spuntoni. Con un sospiro, serrò le dita attorno alla maniglia della porta, immobilizzandosi di colpo.
Passi lenti ma sostenuti si avvicinavano nel corridoio; due persone, un uomo e una donna, parlavano concitatamente, sussurrando a voce troppo alta perché la Provvidenza, il Dio dei Babbani, o qualsiasi altra cosa in cui credevano, gli impedisse di ascoltare. Decisamente, il bastardo Lupin e la rossa Potter erano due delle persone più pateticamente divertenti da spiare.
Scorpius socchiuse la porta lo stretto necessario per vederli gesticolare a pochi metri da lui: il figlio del Mannaro non era mascherato, ma indossava un completo nuovo, stirato di fresco, che gli dava quasi un'aria ufficiale; in compenso, aveva smesso di controllare il Metamorfomagus che era in lui, e i suoi capelli spettinati cambiavano colore ogni pochi secondi, come i riflettori delle discoteche babbane
Teddy, smettila di trattarmi come una bambina – la Potter sembrava molto più a suo agio di quando era entrata, con quel frusciante vestitino di tulle. Sollevò un angolo della bocca: non aveva mai incontrato una donna che se la godesse di più nel fango del campo di Quidditch che in un vestito sexy.
Sono preoccupato per te Lily – il modo in cui il bastardo la chiamò per nome, con quella cadenza personale, intima, lo innervosì. Merlino, era spaventosamente vecchio per lei...o no?
Le accarezzò il viso col dorso della mano, e lei si rilassò
Lo so – la Potter sorrise, di quel sorriso complice che si scambiano gli amanti. Quelli che si amano, non quelli che fanno sesso, pensò distrattamente lui, mentre il cucciolo di lupo diventava improvvisamente serio
Non è solo questo... - esitò, abbassando lo sguardo. Scorpius non avrebbe mai abbassato lo sguardo – non posso continuare... - sospirò
Che succede? Parlami Teddy, sono io... - ma perché le donne avevano sempre il dannato vizio di voler parlare? Uh? Era, cosa, una questione di estrogeni?
È proprio perché sei tu che non posso! Non capisci? Tutto questo non va bene, non va bene che mi preoccupi così per te, non va bene che ti osservi, non va bene che ti rapisca ad una festa con centinaia di studenti solo perché... - e andiamo rammollito! Diglielo no? Dille che vorresti portartela a letto ma ti manca il coraggio di strappare la candida verginità alla tua sorellina adottiva! Rendi questo film degno di essere visto per Salazar! Alla fine anche lo smidollato Lupin cedette. Beh, forse anche lui avrebbe ceduto di fronte ad una ragazza coperta solo di qualche strato di tulle trasparente – Mi manchi Lily, ogni giorno, e questo mi farà impazzire – si passò una mano fra i capelli di un rosso prugna, come la faccia di uno che sta morendo soffocato – avevo pensato che...che sarebbe stato più facile se tu avessi avuto la possibilità di vivere, di crescere, di affrontare le tue esperienze senza di me. Se avessi potuto accorgerti di quanto è grande il mondo là fuori...quanto è bello e speciale, anche senza di me – Scorpius doveva dargli atto che l'espressione da cane bastonato gli riusciva bene. Genetica?
Teddy – lei sembrava oscillare fra il disperato bisogno che finisse e il completo terrore. O forse era solo la luce tenue dei corridoi che le disegnava sul viso quell'espressione sofferente. Non gli piaceva per un cazzo quella faccia da ragazzetta innamorata. Non era la Potter che piaceva a lui, non la Potter che sapeva esserci da qualche parte dietro quegli occhi da cerbiatta impagliata e le labbra tremolanti sull'orlo del pianto. E che troll! Dov'erano finite le frecciate, e il sarcasmo, e tutti quegli “sparisci Malfoy”?
No Lily io...ho bisogno che tu lo sappia...sono un egoista, lo sono, per Godric, ma la verità è che avevo paura che tu non ce l'avresti fatta senza di me, senza di noi, quando invece sono io che non – la Potter lo baciò, disgustosamente, prepotentemente, attirandolo a sé nel mezzo del suo assurdo cicaleccio penitente senza capo né coda. E lui la ricambiò, un istante di troppo perché fosse legale, circondandole il viso con le mani. Niente lingua. Bah...
Poi la trattenne per le spalle
Non farlo Teddy – lo minacciò finalmente lei con gli occhi colmi di battagliera determinazione – non ti azzardare a cancellare tutto di nuovo... - strinse i pugni attorno alla stoffa del vestito.
Ma lui, coglione senza palle, abbassò nuovamente gli occhi, i capelli folli che diventavano del nero più cupo
Mi dispiace – e se ne andò a grandi passi nell'oscurità del corridoio, il ticchettio delle scarpe nuove prese a nolo, e un sentore di soddisfazione che pervadeva Scorpius in ogni sua molecola. Mezzosangue...
La Potter non sembrò versare una lacrima; rimase immobile un istante, poi colpì con un pugno violento la parete accanto a lei. Un solo rabbioso lamento. Infine tornò sui suoi passi, immergendosi nel caos della festa così da non sentire il silenzio che le tramortiva le orecchie. Scorpius aveva un'immagine incredibilmente nitida di quella sensazione.
 
***
 
Caos, era solo il rumore assordante che stava cercando. Niente lenti, niente musichette romantiche del cavolo, o avrebbe trasfigurato Clancy Jordan in una paletta per raccogliere le cacche dei cani personalmente.
Quando Rose la vide arrivare la squadrò con lo sguardo da sorella preoccupata. Lily scosse la testa, tenace
Stanotte non voglio più pensare – decretò lasciandosi andare alla musica – qualsiasi cosa succeda in Sala Grande, resterà in Sala Grande –
Sua cugina, misericordiosamente, non fece commenti, ma si limitò a darle una pacca sul sedere e a sorriderle, in quel modo tremendamente “di casa” che le fece ringraziare un'altra volta il coraggio dei Weasley in fatto di filiazione. I suoi cugini, i suoi fratelli, i suoi migliori amici, si muovevano a ritmo in mezzo ai corpi agitati di tutti gli studenti anziani di Hogwarts. Erano lì, la circondavano, la stringevano in un abbraccio di respiri e movimenti sincronizzati, di sorrisi a mezza bocca e di scemenze urlate sopra il frastuono dei bassi. Nient'altro le serviva.
Poi un Corvonero del sesto dai tratti spigolosi, vestito da Conte Dracula, ammiccò con gli occhi pallidi, e le si avvicinò circondandola con le braccia ricoperte da un mantello
Sono Clay – le urlò all'orecchio – Clay Weston -
Lo so! Io sono... -
Sexy – portò le sue mani dalle unghie insanguinate un po' troppo al di sotto dell'Equatore.
Lily s'irrigidì; bello schifo, si disse, se non riusciva a staccare la spina nemmeno per dieci minuti. Un ragazzo mediamente carino che non l'avrebbe più nemmeno guardata le palpava il sedere, e lei voleva solo soffocarlo con un Bolide.
Fatti un giro sanguisuga - un paio di mani smaltate di nero si posarono sulle spalle di Clay Manilunghe Weston, e il ragazzo di voltò rabbioso
Ehi bello, vedi di... - ma quando i suoi occhi incontrarono quelli pesantemente truccati di Scorpius Malfoy, Lily pensò che il cerone pallido sul viso non gli sarebbe più servito – ehi Scorps, amico, come va? - l'altro lo degnò a malapena di uno sguardo, e si sistemò accanto a lei, muovendosi nella bolgia perfettamente a suo agio
Mi spiace per il tuo ragazzo Potter, ma dicono che pomiciare con quei canini sia doloroso – il suo sorriso sarcastico brillò un istante. Lily sbuffò
Da quando sei diventato il mio Angelo Custode Malfoy? – l'altro sogghignò, lo sguardo espressivo ulteriormente accentuato dalla matita nera
E poi chi ti difenderebbe da me, Potter? - fu il suo turno di sogghignare
Io -
Se ci credi... - si guardò intorno, e le fece un cenno del capo in direzione delle scale. Lily scosse la testa
Scordatelo – mimò senza parlare.
Scorpius si avvicinò pericolosamente, tanto che le sue labbra le sfiorarono l'orecchio
Devo forse pensare che tu abbia un altro incontro-pomiciata, con annessa dichiarazione d'amore, con Mister Cambia Pelle? - ma come diavolo faceva a saperlo, per tutti i goblin?!
Lo seguì, senza staccare gli occhi dalla sua schiena, fasciata in un chiodo di pelle dall'aria vintage.
Quando furono abbastanza lontani dalla massa di gente che ancora si agitava sbracciandosi sulla pista, Scorpius Malfoy si fermò, e nella penombra Lily riuscì solo a scorgere il suo sorriso malizioso
Mi domandavo quando avresti giocato quella carta – esordì lei incrociando le braccia al petto. L'altro si strinse nelle spalle
Quale carta? Sei tu che esplodi come un dannato Schiopodo Sparacoda ogni volta che nomino il bel professorino – sembrava perfettamente a suo agio. Si voltò verso di lei con tronfia soddisfazione – a proposito, bacia da schifo come sembra? - Lily si bloccò. Rifletté, inspirò, e si preparò a ribattere un commento caustico.
Lui le poggiò una mano sulla pancia, addossandola senza sforzo all'arco buio della Sala Grande. Sorrise, in un modo che non gli aveva mai visto fare: trionfo, anticipazione, tenerezza, forse. Poi si chinò su di lei, senza smettere di far lampeggiare i suoi denti perfetti nel buio, e le soffiò sulle labbra fiato caldo.
Sapeva, lo sapevano entrambi, che se lei avesse voluto respingerlo e andarsene, o affatturarlo, o ucciderlo, avrebbe potuto in ogni momento. Quell'esitazione, quel secondo d'indecisione, le avrebbero lasciato il tempo di fare un milione di cose. Non ne fece nessuna.
E Scorpius Hyperion Malfoy poggiò le labbra su quelle di Lilian Luna Potter, lentamente, delicatamente, un tocco appena, prima di ritrarsi, respirarle addosso quel suo fiato che sapeva di menta e Whisky Incendiario, e un retrogusto di bagnoschiuma, per sfiorarla di nuovo, muovendo quelle sue stupide labbra purosangue sulle sue, stuzzicando e giocando, rincorrendola e sfuggendole, finché non ci fu un solo neurone sano nella sua mente.
Serrò violentemente le dita attorno agli innumerevoli strati di tulle del suo abito ormai da buttare, mentre le labbra di lui si dischiudevano appena, e la lingua le accarezzava i contorni della bocca.
Esitò, lasciò scorrere il tempo, manipolò, trattenne il respiro, sfiorò, e attaccò, come un devastante predatore. E con altrettanta furia lei si lasciò catturare, offrendogli le sue labbra come una bandiera bianca.
Scorpius Dannato Malfoy si sostenne alla colonna con entrambe le braccia. Non la toccò mai, se non con la bocca, mentre il corpo di Lily si sporgeva involontariamente verso quello di lui, alla ricerca di un contatto che non le avrebbe mai concesso.
Così si concentrò solo sulle sue labbra, e la sua lingua delicata e decisa, il suo tocco fermo ma mai prevaricante, la sensazione della bocca di qualcuno che sembrava volerla divorare un attimo e cuocerla a fuoco lento quello dopo, che le strappava via il respiro con una semplice pressione dei denti sul suo labbro inferiore. Anche se questo qualcuno era Scorpius Malfoy.
Quel baciò finì, lentamente e languidamente com'era cominciato, lasciandola stordita e ansante.
Sentì la bocca di lui distendersi in un sorriso contro le sue labbra
Salutami tanto il tuo innamorato Potter – sussurrò, il fiato caldo che le arrossava le guance, il sapore di menta e whisky sul palato.
Quando Lily aprì gli occhi, lui era semplicemente svanito.
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Angolo della delirante autrice: 'giorno a tutti!!! Mi sa che questo sarà il mio commento più lungo nella storia, al capitolo più lungo della storia...Godric, mi odio quando divento così grafomaneXDXD

Dunque...c'è innanzitutto da precisare che questa notte il Club delle Nottate Folli è stato ancora più tenace e caparbio, perché abbiamo tirato fin ben oltre le due con questo capitolo che mi ha strappato anche le adenoidi...ahahahah

Perciò non posso che dedicare a voi, Club dello Sclero Notturno, questo sudato...(sudato? Scherziamo? Solo 14 capitoli e 87 pagine di word, ma cosa vuoi che siaXD) BACIOOOOOO...alé, accendiamo i petardi!!! Le trombette dove le abbiamo messe??? Gli striscioni con scritto “Scorpius bacia meglio di Dio”? No va beh, mi contengo....tutto per dire che vi amo, CDSN (pure la sigla, come i GUFO e CREPA ahahahah), e per ricordarvi, nel caso ogni tanto ve lo dimenticaste, che senza la vostra pazienza, la vostra follia, il vostro entusiasmo e la vostra esistenza nemmeno questa ff esisterebbe. E' importante, che io lo ricordi, eccoXD

Ma non posso che ringraziare anche tutte le persone che leggono e recensiscono questa ff folle...le nuove superdonne che si sono aggiunte al club, coloro che semplicemente ci buttano un occhio, e quelli che l'hanno segnata da qualche parteXD
Spero di ripagare in parte la vostra incredibile generosità*__*

Bene, ora passiamo alle cose serie, ovvero alle precisazioni del caso, visto che ho sciorinato un po' di nomi e di divinità in questo capitolo. Quindi cerchiami di mettere un po' d'ordine^^

Dunque, innanzitutto l' Asgardhr è l'Olimpo degli dei della mitologia nordica, e le divinità a cui zia Gabrielle Delacour ha cucito addosso ai nostri eroi sono rispettivamente:

James/Odino --> Padre degli dei norreni, di una bellezza devastante, cambia spesso aspetto in virtù dei suoi tanti nomi. Ha sacrificato il proprio occhio pur di raggiungere la sorgente della saggezza. I suoi fedeli corvi vedono tutto e glielo riferiscono, mentre i suoi due possenti lupi lo affiancano in battaglia, dove diventa micidiale e invincibile.

Hugo/Thor –> figlio di Odino, Thor è il Dio del tuono e delle tempeste. Temerario in battaglia e impetuoso, è anche saggio, e una divinità positiva, adorata soprattutto dalla popolazione più umile. Celebre quanto lui il suo martello Mjolnir, importante risorsa in battaglia

Albus/Tyr → dio della guerra, spesso accostato al Marte dei greci, è però molto meno crudele, più giusto, una divinità che usa la guerra come ultima risorsa dei conflitti. È una divinità della giustizia, principalmente, e della forza intesa nel suo senso integrale, non solo la forza bruta del combattimento

Louis/Balder → dio della bellezza e della luce, è noto per il suo profondo amore verso tutte le cose. Più pacato e buono di tutti gli dei, Balder è di una bellezza accecante, senza eguali, ma è completamente privo di malizia, crudeltà o presunzione. Vive la vita nel più naturale e puro dei modi, senza macchiarsi di peccato se non quello dell'amore sconfinato

Lorcan&Lysander/Loki → è il nemico degli dei, il dio dalle molte facce e dalle molte identità, non è in realtà un personaggio completamente negativo. Egli infatti è costretto a interpretare entrambi i ruoli, quello di divinità malvagia e buona, per mantenere l'equilibrio sulla terra e nell'Asgadhr. Spesso in contrasto con il fratello Thor, spesso scende in battaglia a sostenerlo.

Lily/Gulveig → personaggio misterioso della mitologia norrena, si narra che il trattamento che ricevette, venire uccisa al rogo tre volte, e tre volte resuscitata, sia stato fra le cause che scatenarono il Ragnarök , la guerra fra Æsir e Vanir, luce e ombra, ordine e caos, a seguito della quale il mondo si è rigenerato

Roxanne/Brunilde → celebre e impavida regina delle Valchirie, ragazze guerriere incaricate di arbitrare le battaglie, di assegnare il destino di morte ai guerrieri e di condurre le anime degli eroi uccisi in battaglia nel Valhalla, venne punita da Odino, e trasformata in umana, per aver aiutato in combattimento l'avversario del suo candidato favorito, e condannata a giacere addormentata su una rupe in vista del Reno, circondata dalle fiamme, finchè solo il più grande degli eroi, un uomo che non conosceva paura, avrebbe potuto risvegliarla. Quest’eroe fu Sigfrido.

Rose/Snotra → dea della saggezza e delle virtù, nonché dell'educazione

Spero di essere stata sufficientemente esauriente, in caso contrario qui c'è il link dal quale ho tratto tutte le mie preziose informazioni^^

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Lista_di_divinit%C3%A0#Divinit.C3.A0_Nordiche_.28Asgard.29

 

Che dire ora se non...alla prossima???XD

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Capitolo 16
*** Oltre lo sguardo ***


Oltre lo sguardo

 
"Ma se a te piace, volontier saprei
quanto avemo ad andar; ché 'l poggio sale
più che salir non posson li occhi miei"
(Divina Commedia, Purgatorio, Canto IV, vv 85-87)
 
 
La fiumana di studenti imbizzarriti la investì con tutta la sua forza, sballottandola per il corridoio trascinata dal panico.
Lily! - la voce cristallina di sua cugina sembrò sovrastare per un attimo la bolgia che si ammassava insensatamente contro le finestre
Rose! - credette di scorgere i suoi capelli castani raccolti sulla testa da un fermaglio argentato accanto alla colonna che dava sul ripostiglio delle scope, ma l'istante dopo era già svanita – ROSE! - chiamò più forte, infilandosi negli anfratti di ossigeno lasciati liberi dai terrorizzati fuggitivi.
Aderì alla parete più che poté, la folla che la investiva portandosi dietro con uno strappo i veli del suo vestito, le urla, le imprecazioni di chi perdeva la mano che aveva stretto fino a quel momento, i fratelli, gli amici e i fidanzati che si cercavano l'un l'altro, separati dai corpi dei loro compagni invasati di panico e di confusione.
Se fossero stati davvero in pericolo di vita, probabilmente la metà di loro si sarebbe già uccisa a vicenda nel tentativo di mettersi al sicuro.
Ma non erano in pericolo di vita, non finché le difese magiche di Hogwarts fossero rimaste al loro posto
I Mangiamorte! Arrivano i Mangiamorte! - urlava qualcuno sovrastando la mischia.
Lily si lasciò scivolare contro il muro, nella direzione opposta rispetto a quella degli altri. La maggior parte dei suoi compagni stava tornando nelle Sale Comuni, le voci dei Prefetti e dei Capiscuola che tentavano invano di guidarli nella direzione giusta senza che nessuno si ferisse precipitando dalle scale o sbattendo contro le porte chiuse, inutilmente: era bastato che Clancy Jordan annunciasse che dovevano tornare tutti nelle Sale Comuni perché “qualcuno stava attaccando il Castello” che la festa scatenata si era trasformata in una bolgia di urla e spintoni, imprecazioni e preghiere.
Nessuno di loro era lì quando Hogwarts era stata colpita la prima volta, ma nessuno di loro avrebbe mai potuto dimenticare i racconti dei propri genitori sulla paura, la confusione, la lotta e la morte, infida e maleodorante, che impregnava ogni anfratto, e si nascondeva dietro ogni angolo. Anche chi non aveva combattuto in quell'ultima, sanguinosa, battaglia, ricordava la soffocante sensazione di trovarsi in trappola nell'unico posto al mondo dove aveva sempre creduto di essere al sicuro.
Ora quella paura, travasata malamente dai ricordi alla realtà, soffocava i figli come i genitori, mentre la barriera attorno a Hogwarts resisteva ai lampi degli incantesimi che rilucevano letali nella notte.
Sarebbe stato tutto più facile se lei fosse rimasta dannatamente dov'era. Ma lei no, lei doveva sempre invischiarsi nei casini fino ad avere le sabbie mobili alla gola!
Mitra Aswini, la sua compagna del quinto di Grifondoro, le corse incontro afferrandola per le spalle
Hai visto mio fratello? - il suo gemello, anche lui di Grifondoro, aveva indossato una casacca arancione tipica della loro cultura, e aveva un copricapo di seta pregiata calcato sui lisci e nerissimi capelli lucenti. Scosse la testa, e il viso dell'altra sembrò sgretolarsi
E se entrassero? Se arrivassero qui? Se ci uccidessero tutti? - Lily la scosse
Non lo faranno. Non entreranno – cercò di mantenere un tono di voce fermo e rassicurante. Cercò di essere coraggiosa e diretta, come Albus. Cercò di essere la leader naturale che non sarebbe mai stata – Gli Auror saranno qui a minuti, forse ci sono già, e la Preside Maxime, e la Davis...Merlino, King non permetterà che ci facciano del male! - ma sarebbero dovuti restare uniti, in Sala Grande, ad aspettare quei bastardi mascherati con le bacchette sguainate, non lì, terrorizzati e in fuga come topi, come le vittime perfette di ogni dannato attacco. La giovane figlia di Calì Patil tremò lievemente sotto le sue mani, ma i suoi occhi scuri smisero di vagare da una parte all'altra del corridoio in cerca di suo fratello, e si focalizzarono in quelli di Lily
Lo troverò vero? - lei sorrise, forzatamente
Ci puoi scommettere dieci galeoni – Mitra annuì, più determinata e meno annebbiata di poco prima, e si addossò al muro, studiando ogni testa che le balenava davanti cercando uno spazio per scappare.
Mitra! - Shiva Aswini sventolò la sua smilza mano olivastra e si precipitò da loro, ansimando – state bene? - le due ragazze annuirono, ma Lily aveva già lasciato correre lo sguardo nella buia notte che avvolgeva il cortile.
All'orizzonte, lampi di luce si scontravano come fuochi d'artificio nell'oscurità che precede l'alba. Erano ore ormai che non si vedevano altro che scintille, echi di urla e schianti tremendi: era come se i giganti avessero deciso di sradicare Hogwarts dalle sue stesse fondamenta. Perché nessuno diceva niente? Perché, maledizione, qualcuno non veniva a raccontarle cosa stava succedendo?
Mi rifiuto categoricamente di svegliare i Potter – stava ringhiando la Davis
Ma hanno il diritto di sapere che... - Katie Bell sembrava agitata; per una che aveva combattuto la battaglia di Hogwarts più di ventanni prima, era decisamente su di giri
Cosa? Che potrebbero doversi precipitare al San Mungo? Mi dispiace, ma non strapperò quei ragazzi ad una notte di sonno per dire loro che – Lily tese le orecchie allo spasimo nella speranza di cogliere almeno un indizio che potesse rivelarle l'identità della persona di cui parlavano, ma le due donne stavano scomparendo nel corridoio, dirette nelle loro stanze, illese, mentre una delle persone che lei amava stava morendo. Era troppo difficile indovinare chi, nella sua numerosa famiglia di combattenti, poteva essere rimasto ferito al punto da dover essere ricoverato al San Mungo.
Sentì il suo respiro accelerare, il cuore che minacciava di schizzarle fuori dal petto a intervalli regolari.
Si appoggiò contro il muro, la fronte a contatto con la roccia gelida, i palmi delle mani sudate che si aggrappavano alle ruvide irregolarità della parete, come se il solo non crollare a terra fosse un traguardo.
Pensò a James, stupendo nel suo vestito da Odino, l'occhio di vetro di Alastor Moody che roteava follemente al posto del suo occhio castano dalle ciglia lunghissime.
Pensò a suo padre, Harry Potter, che aveva rischiato la vita più di chiunque altro per sconfiggere Voldemort; a quanto aveva già perso, e a quanti altri sarebbe riuscito a lasciar andare prima di impazzire.
Pensò a sua madre, i suoi grandi occhi decorati da quelle piccole rughe d'espressione, e a tutti i suoi zii: il divertente e confusionario Ron, la brillante e appassionata Hermione; George, il mattacchione con quelle ombre baluginanti negli occhi, come se qualcosa di sé vagasse nel suo corpo alla ricerca del suo pezzo mancante. Pensò a suo zio Bill dal bel viso sfregiato, e alla meravigliosa bellezza di Fleur, così simile a Louis. Pensò a cos'avrebbe provato nel saperli in pericolo.
Poi il suo viso le si materializzò davanti. Scosse la testa per scacciare il pensiero di Teddy che lottava per la vita, che rimaneva ferito, che...No, non poteva essere lui...non poteva...non dopo quello che si erano detti. Il loro addio non potevano essere poche parole sputate addosso con disprezzo. Le sue urla disperate non sarebbero state l'unico addio che Teddy avrebbe sentito da lei.
Si asciugò una lacrima con il dorso della mano, cercando di controllare i pensieri. Se si fosse lasciata trascinare dalla fantasia, dal panico e dallo sgomento, sarebbe impazzita.
Sollevò la testa e cominciò a correre verso i dormitori; c'era un solo modo per uscire di lì senza che nessuno la vedesse...
 
***
 
La sigaretta emetteva volute di fumo che si rincorrevano nella gelida aria notturna. Il silenzio, ora, era così spesso da poterci camminare sopra, o azzannarlo, se solo avesse voluto.
Ma Scorpius Malfoy non si era mai trovato a disagio con il silenzio; lo aveva confortato, semmai, quando sentire qualcosa significava restare sveglio la notte ad ascoltare bicchieri in frantumi e lacrime.
Aspirò una generosa boccata, lasciando che la gamba penzolasse fuori dal balcone, distrattamente, i lacci fosforescenti dei suoi anfibi che riflettevano la luce della luna.
La battaglia era cessata, eppure nessuno tornava indietro, nessuno aveva voglia di raccontare agli studenti cosa diavolo fosse successo quella notte.
Mangiamorte? Ne dubitava. Cos'altro?
Un rumore di passi strascicati si avvicinò nel corridoio
Come faremo a spiegarlo ai ragazzi King? – la Jones sembrava profondamente turbata – nemmeno noi sappiamo chi siano quelle persone – l'altro rise, di una risata strana, più simile ad un lamento
E allora diremo loro esattamente questo. Nessuno di quei ragazzi merita rassicurazioni futili o falsi buonismi. Siamo stati attaccati, e qualcuno di noi poteva morire 'stanotte, e tutto perché nessuno si decide ad ammettere che la Guerra Magica non è ancora finita -
King... - la Jones sembrava sull'orlo di una crisi di nervi. Scorpius sogghignò: se qualcuno li avesse attaccati con l'intenzione di ammazzarli, nessuno di loro sarebbe stato lì a raccontarsela
Professoressa, quei ragazzi sono pronti. Devono esserlo. Quella gente non chiederà loro se hanno paura quando estrarrà la bacchetta per ucciderli. Lo farà e basta – un sospiro profondo si sovrappose alle sue ultime parole – forse è meglio se va a riposarsi professoressa...ci penso io a controllare che i ragazzi siano nei dormitori – la voce di King sembrava più dolce del solito, quasi preoccupata, e Scorpius fu costretto a chiedersi nuovamente quanto l'oscurità del suo passato fosse legata all'ambiguità del suo presente.
King congedò la Jones, che si allontanò respirando affannosamente, e lo vide
King – lo salutò Scorpius senza curarsi di gettare la sigaretta
Malfoy...le sembra l'ora di ululare alla luna? - l'uomo si avvicinò, il mantello lacerato in un angolo e un rivolo di sangue gli colava da una ferita al sopracciglio. Scorpius gli porse la sigaretta
Serataccia? - King lo guardò, poi guardò la sigaretta, e scrollò le spalle, afferrandola con l'indice e il pollice. Ne aspirò una generosa boccata ad occhi chiusi
Merlino – sussurrò – sa quanti anni sono che ho smesso con questa roba? - sbuffò, divertito da se stesso – nemmeno me lo ricordo più – ne aspirò un'altra boccata, restituendogli il mozzicone generosamente ghigliottinato. Scorpius portò la sigaretta alle labbra e tirò finché non rimase altro che la brace infiammata che gl'illuminava una parte del viso. Poi la spense contro le pietre umide del ballatoio, in silenzio, gli occhi di King che lo scrutavano seriamente
Che cosa è successo là fuori? - King si fece serio, molto più serio di quanto non fosse stato fino a quel momento, una strana luce negli occhi che lo faceva somigliare più a una creatura mitologica che ad un semplice professore di Difesa Contro le Arti Oscure
I Traghettatori ci hanno attaccati – disse semplicemente – o meglio, hanno fatto finta. Si sono Materializzati, hanno cominciato a lanciare incantesimi contro la barriera, e a fare un sacco di casino – sospirò, pensoso – ma alla fine non sembravano voler davvero entrare – Scorpius era perplesso, anche se si limitò ad annuire
E? -
E sono arrivati i Guardiani – il sopracciglio sollevato dell'altro gli chiarì che non aveva idea di cosa stesse parlando – la Guardia dei Protettori, il corpo scelto di Auror e maghi comuni che la Lega per la Salvaguardia delle Famiglie Purosangue ha proposto al Ministro settimane fa – si passò una mano fra i capelli ricci, scompigliandoli – un branco di idioti con manie di protagonismo, se ha presente cosa intendo – un sorriso amaro spuntò involontariamente dalle labbra di Scorpius
Non ne ha idea... - sghignazzò giocherellando con la collana borchiata che pesava più del suo braccio
Il Professor Lupin è scomparso – le dita artigliarono il ciondolo a forma di lucchetto che gli sfiorava la gola. Deglutì il vuoto
La sua... - esitò – famiglia lo sa? - King si strinse nelle spalle
Io ho votato per informarli, ma non sembra che le mie idee vadano troppo di moda ultimamente – Scorpius balzò giù dal parapetto, come se un Ippogrifo gli avesse appena azzannato le chiappe. King sogghignò – Ha finalmente deciso di andarsene a letto? - il Serpeverde annuì, sperando che la sua espressione fosse abbastanza credibile. Svuotò la mente, e lasciò che ogni pensiero l'abbandonasse. Poi incrociò lo sguardo dell'altro, apparentemente in modo casuale, lasciando scorrere una falsa indifferenza nelle sue iridi grigio chiaro. Se King si accorse di qualcosa, non lo diede a vedere.
Quando l'uomo lo lasciò al piano terra per concedersi una nottata di sonno rigenerante, Scorpius si trovò di fronte all'ingresso della Sala Comune. Ora, aveva semplicemente due scelte: correre ad acchiappare la dannata Potter, che certamente sarebbe scappata per cercare il suo amorevole fidanzatino senza palle scomparso, o andarsene a letto, farsi una doccia, togliersi di dosso quintali di gingilli d'argento, e mandare tutti ai troll. Se quella ragazzina ci teneva tanto a farsi azzannare dalle strane creature che popolavano la foresta proibita, pur di sventolare il fazzoletto bianco davanti agli occhi del suo amato, buon per lei. O no?
 
***
 
Ungaro Spinato – borbottò Lily sovrappensiero al ritratto della Signora Grassa
Signorina, ti sembra l'ora di – la Grifondoro sollevò lo sguardo verso la donna, che tacque; mettersi a sindacare sull'orario, quella sera, con una Potter preoccupata, sarebbe stata la proverbiale goccia. La parete si mosse di lato, lasciandola passare senza ulteriori commenti. Brava ragazza.
Una volta messo piede nella Sala Comune di Grifondoro Lily si sentì debole: il calore del camino ancora acceso la strinse in un abbraccio sonnolento, il profumo di dolci aveva lasciato un aroma zuccheroso nell'aria, come una caramella annusata e mai assaggiata. Le zucche scavate la fissavano nella penombra, gli occhi illuminati dalle candele accese, e il rilassante silenzio che l'avvolgeva fece montare in lei il cieco desiderio di lasciarsi cadere a terra e dormire, rapita da un sonno senza sogni fino a che il mondo non avesse ricominciato a girare come doveva.
Ma non lo avrebbe fatto. Non sapeva cosa fosse successo, ma c'era una sola persona ad Hogwarts che non sarebbe stata capace di mentirle in nessun caso.
Si diresse a grandi passi verso il dormitorio, pregando che Rose, Roxanne e le sue altre compagne di stanza fossero crollate addormentate da tempo.
Spalancò il baule
Accio mantello! - sussurrò con un fil di voce, mentre la lisa stoffa del Mantello dell'Invisibilità le accarezzava le dita. Il solo sentire quella fresca familiarità sulla pelle le diede nuovamente il coraggio e la determinazione di cui aveva bisogno. - Accio mappa – un delicato frusciare di pergamena vecchia le accarezzò un polso, mentre il profumo della carta la riportava indietro nel tempo, a quando James le aveva mostrato la Mappa del Malandrino per la prima volta. “Ad Albus non servirà” aveva sogghignato con quel suo sorriso disarmante “mi mangio una Gelatina al gusto di vomito se sgattaiolerà mai fuori dalla Sala Comune in piena notte”. Ma Lily sì, Lily era abbastanza ribelle da portare il Mantello e la Mappa ripiegati in una tasca segreta della borsa dei libri. Lily era una Potter, almeno in questo.
Strinse al petto i due gioielli, affondando il viso nella calda fragranza del mantello, odore di casa, ma anche di Hogwarts, il profumo dei suoi precedenti padroni: l'odore di Harry adolescente, un profumo vago ma sempre presente, accompagnato da quello ancora più lontano di James, e dal mascolino profumo di dopobarba al pino silvestre di Jimmy. E lì, fra loro, l'albicocca del suo bagnoschiuma, che si faceva largo a gomitate per rimanere impregnato nella stoffa, per lasciare una traccia di sé nell'eredità di famiglia.
Ebbe il coraggio di respirare solo quando le sue ormai rovinate ballerine poggiarono sul soffice tappeto della Sala Comune.
Due paia di occhi socchiusi la scrutarono
Lumos – sussurrò una voce fin troppo familiare. Rose la fissava sospettosa. Hugo aveva un occhio chiuso, ma niente che una bella Gelatina Tutti i Gusti + 1 al caffè non potesse sistemare
Hei – Lily cercò di apparire tranquilla, inutilmente. I suoi cugini la squadrarono come se potessero vedere attraverso il suo vestito di tulle e la sua testa dura
Dove diavolo stai andando, per Merlino? - Hugo sembrava più incredulo che arrabbiato. Rose, d'altra parte, poteva essere arrabbiata per tutti e due. Sua cugina indossava ancora il leggerissimo vestito da Snotra, arricciato e leggero come una pergamena antica. I capelli castani, irrorati di riflessi sanguigni, erano sciolti sulle spalle, liberi dall'elaborata acconciatura della festa. Hugo, d'altro canto, aveva nuovamente i capelli corti, e il suo viso solare era meravigliosamente libero dalla barba posticcia di Thor. La corazza scintillava nella penombra delle zucche, rilucendo di oro liquido. Nessuno dei due aveva messo piede a letto.
La verità sembrava l'unica risposta che le loro orecchie avrebbero accettato. Cosa dire loro? Che forse, ma solo forse, qualcuno della loro famiglia era stato ferito? Che aveva bisogno di risposte? Che il suo istinto le aveva imposto di fare qualcosa, qualsiasi cosa, la sciogliesse da quell'impotente immobilità?
Sospirò, stringendosi al petto il mantello
Devo andare – disse semplicemente.
Dobbiamo decisamente andare – fu l'ultima risposta che si sarebbe aspettata di sentire da Rose, ma l'unica che, dopotutto, avrebbe sempre potuto trovare in lei. Annuì, colma di così tanta gratitudine, da aver paura che strabordasse attraverso gli occhi, in calde lacrime. Ma si trattenne: avrebbe avuto bisogno di molto più che qualche istante per lasciarsi crollare. E lei non aveva nemmeno un istante.
 
***
 
Mi mangiasse un Ippogrifo! - imprecò Malfoy caracollando giù dalla collina – mi masticasse, e mi sputasse fuori a pezzi – serrò la mandibola, aggrappandosi ad un'escrescenza di roccia per non rotolare come un idiota nel buio del fianco della collina.
Una cascata di sassi gli scivolò accanto, sollevando una nube di polvere che rese ancora più confuso l'alone di luce sprigionato dalla sua bacchetta. Aveva un dannato freddo del cazzo, se lo avessero beccato la Davis gli avrebbe fatto leccare tutti i trofei di Hogwarts dalla sua fondazione, e non vedeva ad un palmo dal naso. Se fosse riuscito a trovare la dannata Potter in mezzo a quell'oscurità snervante, ci avrebbe pensato lui a sventolarle il fazzoletto bianco.
La gobba di terriccio sul quale aveva poggiato il piede cedette, mandandolo a sedere a terra con un tonfo
Chi è là? - un intenso raggio di luce lo investì in pieno, accecandolo
Momentaneamente non me lo ricordo, visto che hai appena bruciato tutte le mie cellule cerebrali – borbottò coprendosi il viso con la manica del giubbotto di pelle – ce la fai ad abbassare la torcia, genio, o devo farti ingoiare una manciata di Polvere Buiopesto per sottolineare il concetto? - la terra gli riempì la bocca, costringendolo a tossire
Malfoy? Per le palle di Merlino, cosa ci fai te qua? - il Guardiacaccia di Hogwarts sollevò il suo enorme braccio per impedire che la luce lo friggesse
Venivo a trovare te, coso...è una notte così romantica, pensavo potessimo pomiciare sotto la luna piena – sogghignò sputacchiando polvere
Te sei tutto matto in quella testa lì – il gigante si avvicinò cautamente a lui, porgendogli una mano. Scorpius fece lampeggiare il suo sorriso nella semioscurità
Non credere che facendo il galante mi porterai a letto più facilmente – l'altro sbuffò, e il suo fiato gli arrivò in faccia come una folata di vento caldo.
Se Olympe scopre che sei venuto, me la fa vedere lei la luna! - ma sorrideva. O almeno, se quella sua smorfia ricoperta di ispida barba grigia poteva essere definita un sorriso.
Scorpius si rimise cautamente in piedi, recuperando l'equilibrio
Lei dov'è? - si frustò i vestiti cercando di rimuovere la terra che li aveva colorati di un infelice marrone sporcizia. Hagrid lo guardò con sincerità
Al Ministero ovviamente! Con tutto il disastro che hanno fatto quei balordi fuori dalla barriera, ci hanno veramente rotto le uova di drago! - scosse l'enorme testone peloso – non ci voleva proprio questo, altroché, ce lo dicevo io a Shacklebolt che non poteva continuare a far finta che quei pazzi non gli rapivano i maghi da sotto il naso – borbottò contrariato – e adesso ci hanno fatto la festa, tutti loro, per le ali di Fierobecco – gli fece strada a grandi passi verso la sua capanna che odorava di cavolo
Non la Preside, coso, la Potter...so che è qui – l'omone si voltò, con lo sguardo colmo di sincero stupore
Lily? Non vedo la mia nipotina da un sacco! È un bene che mi viene a trovare meno di suo padre, succedevano sempre i guai quando veniva, però – Scorpius imprecò sottovoce
Non è qui? - il gigante scosse la testa
Mai vista, mai sentita e mai odorata – sorrise, nuovamente in quel modo inclassificabile. Poi si fermò con le mani sui fianchi – ma a te che t'interessa di dove va' Lily poi? Non è che la vuoi fregare come tuo padre eh? Perché io ti sbudello e ti do' da mangiare a Crono – il cane, di tutta risposta, ringhiò dall'interno della casa fatiscente – ecco, appunto. Lo sai che ci piaci – Scorpius sollevò entrambe le mani
Hei amico, frena il cavallo eh! Era per dire! - una volta illuminato dalla tiepida luce della lanterna sullo stipite della capanna, il Serpeverde si sentì meno goffo e incerto – il mezzo-lupo è scomparso, e potrei scommettere le chiappe che lei è corsa a cercarlo in questo merd – Hagrid si voltò minaccioso – nella Foresta Proibita –
Impossibile! Ce lo abbiamo detto mille volte, io e Harry, che la Foresta Proibita è pericolosa. E noi lo sappiamo bene – una risata gorgogliante gli salì alle labbra pelose, come se la sua mente avesse vagato indietro di anni, e fosse l'unico a poter ridere di quelle parole. Giganti...
Ma prima che Scorpius potesse ribattere qualsiasi cosa, un basso ringhio, così spaventoso da fargli accapponare la pelle sulle braccia nude sotto il chiodo, impregnò l'aria di onde vibranti. Il gigante, che a quanto pare non era meno sensibile di lui a quello che stava accadendo, trattenne l'enorme cane nero per la collottola
L'hai sentito? - la bestia guaì, precipitando tra le gambe del Guardiacaccia – buono Crono...cuccia... - ma il cane continuava a tentare di attaccare, il lungo pelo folto irto di rabbia e anticipazione. Qualunque cosa il suo olfatto avesse fiutato, faceva paura anche a lui. Grandioso! - non capisco cosa c'abbia sto cane...di solito non si muove nemmeno per venire a mangiarsi i suoi furetti preferiti -
Il basso ringhio di poco prima si trasformò in un rumore continuo, amplificato dal silenzio notturno e l'eco della Foresta Proibita alle spalle. Poi un altro, e un altro ancora, in un coro di bassi lamenti minacciosi, così profondi da far tremare la terra. Poi l'enorme nuvola grigia carica di pioggia che aveva coperto la luna piena si ritirò, illuminando la piana attorno alla casa. Un paio di occhi gialli fissarono Scorpius e Hagrid da un'altezza che non poteva essere animale, né umana, ma qualcosa di ancor più spaventoso.
Il Serpeverde indietreggiò, sbattendo contro il corpo massiccio dell'altro.
Una zampa gigantesca, dagli artigli lunghi come coltelli, fendette l'oscurità. Un attimo dopo, quegli occhi spaventosi vennero incastonati in un muso lungo, minaccioso, dalle fauci spalancate piene di denti affilati e bava biancastra. Un enorme lupo mannaro, in posizione eretta, fissava entrambi dall'alto, ringhiando, qualcosa sul muso peloso che somigliava terribilmente ad un ghigno divertito. Non emise alcun suono, se non quel monotono e raggelante ringhiare che accompagnava i loro respiri tremolanti.
Si acquattò, pronto ad attaccare
Crono si voltò verso Scorpius, un impeto di adrenalina, e gli balzò addosso, schiacciandolo a terra prima che il licantropo lo azzannasse, affondandogli le zampe nella delicata pelle della spalla, e sul petto.
Scappa ragazzo! - urlò Hagrid mentre il gigantesco cane nero scattava come una lancia ad azzannare i garretti del lupo. Scorpius si voltò, atterrito, osservando la lotta impari dell'animale contro il suo mastodontico avversario. Poi fu solo uno schioccare di zanne, un fendere di artigli, un guaire penoso della bestia che gli faceva drizzare i peli sul corpo.
Crono! - urlò il gigante gettandosi istintivamente verso i due. Scorpius trattenne il respiro un secondo, quello dopo sguainò la bacchetta
NOBUOM IPLEAN CONGULS! - una lama d'argento fuoriuscì dalla sua bacchetta e colpì il licantropo alla spalla. Un fiotto di sangue si riversò sul pelo martoriato del cane, e gli diede il tempo di prendere fiato e ritrarsi, guaendo e zoppicando.
Scorpius mosse la bacchetta, e la lama tornò indietro
Fermo! - urlò il gigante con il suo vocione tonante – lì dentro c'è qualcuno! - Scorpius esitò: avrebbe potuto conficcargli quella dannata lama nel cuore, spappolarglielo come un frutto maturo, e fingere di non averlo potuto evitare. Oppure poteva rischiare che il dannato uomo lupo se li mangiasse tutti in un sol boccone, arrivederci e buonanotte, come antipasto.
Serrò la mandibola, e guidò la lama a lacerargli i tendini delle caviglie, provando una certa, perversa, sensazione di trionfo nel vederlo accasciarsi a terra in un lamento. Sarebbe guarito, ma non subito. E la notte stava per finire, costringendolo a tornare umano e rivelare la sua identità.
Incar – decine di occhi gialli spuntarono nell'oscurità, ululando, e Scorpius trattenne il fiato. Non aveva abbastanza lame o tempo per tutti. E Crono giaceva piagnucolando dolorosamente a terra, il gigante che lo cullava fra sue forti mani nodose.
Deglutì, la bacchetta sospesa, il silenzio che gli premeva contro le orecchie, e la paura che pompava sangue al suo cervello confuso. Inspirò, pronto a dar battaglia. Se volevano mordicchiargli le chiappe, beh, avrebbero dovuto faticare.
Un incantesimo di un grigio accecante balenò nella notte.
Scorpius si voltò, ma non vide nient'altro che la foresta inquietante e il nulla attorno a sé. Il licantropo si agitava ancora agonizzante a terra, il sangue che ruscellava sempre più lentamente dalle ferite, come se si stessero già rimarginando
Bombarda! - un cratere di lapilli esplose a pochi metri da lui, e diversi occhi scomparirono, ululando
Diffindo! -
Stupeficium! - la rossa, la secchiona e il gigante Weasley comparvero dal nulla. La Potter aveva drappeggiato attorno al braccio esile un orribile mantello vecchissimo, e sembrava ridicolmente comica con quel vestito stropicciato che svolazzava a destra e a manca.
Ma il suo sguardo, come del resto quello degli altri due, era determinato e attento
Lily, Rosie, Hugo...ma cosa? - Hagrid era ricoperto di sangue come uno che avesse appena sventrato un cervo, e il cane sembrava muoversi sempre meno, ma i suoi occhi s'illuminarono di preoccupazione, gioia e sollievo, tutto contemporaneamente, magicamente.
Hagrid! - la Weasley si gettò in avanti, provocando un ringhio basso e soffocato al licantropo a terra. Il resto del suo branco era ancora lì, dimezzato ma non finito, in un'attesa troppo umana per essere reale. Cosa diavolo stavano aspettando? Poi si accorse della lama rotante che gli vibrava ancora accanto alla testa, e capì di aver ancora una scelta. Finché quella lama avesse potuto colpire a morte qualcuno di loro, o il loro capo, nessuno avrebbe attaccato.
Mosse l'argento accanto al corpo del licantropo che si agitava debolmente a terra, facendo schioccare le fauci insanguinate
Malf -
Shhh – sollevò la mano libera in direzione della ragazza, che tacque. Incredibile, il pericolo di morte riusciva a farla tacere! Beh, aveva testato già due metodi efficaci, in effetti.
In ogni altra situazione avrebbe sogghignato, ma la posta in gioco era troppo alta anche solo per respirare troppo.
Quando sembrò che la tensione fosse al culmine, un acuto e imperioso ululato li fece scattare come molle, mentre gli occhi gialli nell'oscurità sembravano voltarsi in direzione del richiamo.
Sono sensibili solo al richiamo di uno della loro specie – sussurrò, ovviamente, la Weasley – ma certo! Perché non ci ho pensato io? - camminò lentamente, ben attenta a non attirare troppo l'attenzione, mentre un violento frusciare di rami spezzati e tronchi graffiati li avvertiva che il resto del branco se la stava dando a gambe.
Il mannaro si agitò, si trascinò sul margine della foresta e si voltò verso Scorpius. I loro occhi, umani e disumani, s'incrociarono nella semioscurità, la luna che illuminava la radura e il vento che fendeva le fronde, intonando un canto inquietante e familiare. Scorpius abbassò la bacchetta, e la lama affondò nel terreno, falciando l'erba umida. Per un lungo istante l'altro sembrò sorridere. Ma non poteva. No?
Poi sparì, claudicante e sanguinante, verso il richiamo della sua specie.
COSA DIAVOLO ERA QUELLO? - il rosso Weasley parlò per la prima volta da quando erano arrivati, crollando seduto a terra con un tonfo – credo di essermela fatta sotto – Scorpius sollevò un sopracciglio
Come al solito Weasley -
Ma volete piantarla? - il tono della secchiona era perentorio, spaventato e stravolto, ma determinato. Indicò con un cenno del capo il gigante accasciato accanto al corpo del suo cane. Non sembrava messo troppo bene, osservò Scorpius mentre il torace della bestia si alzava e si abbassava quasi impercettibilmente.
In quel momento, un lento frusciare tra gli alberi li fece voltare all'unisono. Scorpius, avvertì il sangue caldo scivolargli lungo il braccio destro, ma strinse ugualmente la bacchetta fra le dita, in uno spasimo di adrenalina. Un attimo dopo, Teddy Lupin uscì zoppicando dalla foresta, il volto ricoperto di abrasioni, una spalla evidentemente fuori posto, e il passo di uno che non aveva avuto una bella nottata. Beh, benvenuto nel club.
Ovviamente la Potter gli si lanciò contro
Teddy! - l'altro si lasciò cadere in ginocchio, respirando affannosamente.
Dobbiamo portarlo da Katie. Presto – la Weasley sembrava l'unica, in quel gruppetto, a poter gestire razionalmente la situazione. Suo fratello sollevò senza fatica il mingherlino professore di Trasfigurazione, e se lo caricò in spalla, affiancato dalla Potter con la sua lacrimevole faccia da ragazzetta innamorata, e Rose Weasley, che dirigeva il tutto con sicurezza e precisione.
Un improvviso raggio di luce illuminò il terzetto, e Potter l'Incosciente si voltò verso di lui. Un attimo solo, poi tornò a stringere convulsamente l'orlo del mantello lacero di Lupin.
Scorpius si voltò verso l'imponente guardiacaccia, ancora chino sul suo altrettanto mastodontico cane, che sembrava terribilmente immobile.
Si chinò debolmente sull'animale, provando a muoverlo. Crono si voltò facendo rabbiosamente scattare le fauci, sofferente. Non era messo bene: aveva minimo due zampe rotte e la gabbia toracica incrinata...e perdeva sangue da una ferita allo stomaco dalla quale s'intravedeva decisamente troppo delle sue interiora.
Il Serpeverde respirò profondamente, serrando la mandibola. Il gigante sollevò lo sguardo su di lui, gli occhi lucidi che lo imploravano di non condannare a morte il suo coraggioso amico
Lui...è...? - il labbro gli tremò sotto la barba cespugliosa
Morto? - Scorpius imprecò fra i denti tentando di tener fermo l'animale che si dimenava, serrandoli attorno la sua bacchetta di betulla, soffocando il dolore sordo al petto e alla spalla - col cazzo che lo lascio morire adesso, coso – lo guardò – metti le mani qui – Hagrid obbedì, bloccando la testa e la schiena della bestia mentre lui impugnava la bacchetta. - Salazar aiutami...- implorò mentalmente. Pazzesco...lui, Scorpius Hyperion Malfoy, erede di una delle più antiche famiglie di Purosangue di tutto il Mondo Magico, che tentava di salvare la vita ad un cane vinto chissà dove da un mezzogigante fedele a Silente, e presidente del fan club di Harry Potter. Eppure Scorpius si appellò a qualsiasi cosa ci fosse in quel mondo, o nell'altro, e sussurrò – Epismendo -
Non ci fu nessuna luce bianca, nessun rumore di ali d'angelo o cori di giubilo. Solo il suono secco delle ossa che si rinsaldavano e della carne che si rimarginava, coprendo finalmente alla vista lo stomaco quasi squarciato dell'animale. E il respiro di Hagrid, che rallentava e tornava regolare, come quello di Crono, nuovamente capace di vivere, e il suo, che non ricordava nemmeno di aver trattenuto.
 
***
 
Katie non aveva esattamente fatto i salti di gioia quando li aveva visti lì, davanti alla sua porta, ammaccati, sudati e affannati, con Teddy che penzolava privo di sensi dalle spalle di Hugo.
Ma non aveva detto nulla; aveva indossato una vestaglia di lana e li aveva guidati fino all'Infermeria, dando disposizioni su come muovere Teddy e come accasciarlo su un letto immacolato
Da qui ci penso io – decretò tastandogli il polso e toccandogli la fronte, mentre esaminava tutte le sue ferite. Poi si voltò verso di loro – non vi chiederò cos'è successo perché non voglio saperlo. Tornate domani a fargli visita – sorrise – starà bene – gli scostò una ciocca di capelli dalla fronte e sospirò – coraggio, su, non voglio essere costretta a farvi pulire i bagni con lo spazzolino da denti... - Lily sarebbe voluta rimanere, ma lo sguardo risoluto di lei la costrinse a desistere.
Lasciò correre lo sguardo sulla sagoma addormentata di Teddy, e annuì debolmente, mentre Hugo le poggiava una mano sulla spalla, e Rose la guidava con delicatezza fuori dall'infermeria.
Quando furono nel corridoio, sentì le forze che l'abbandonavano. Si appoggiò istintivamente alla parete, respirando profondamente
Hei – Rose le cinse le spalle con un braccio – stai bene? -
Bene – annuì lei – devo solo...ho bisogno di un attimo – i suoi cugini la fissarono incerti e sospettosi. Poi si scambiarono un momento d'intesa, e le scoccarono un'occhiata esitante – sto bene. Davvero. Devo solo... - porse loro il Mantello dell'Invisibilità – io tengo la Mappa, non si sa mai – si sforzò di sorridere. Senza dire una parola, Hugo e Rose si coprirono con il mantello, scomparendo alla vista.
Con un sospiro, Lily si appoggiò al davanzale e lasciò correre lo sguardo sulla mattina ormai grigia profumata d'alba. Hogwarts sembrava tranquilla adesso. I lampi degli incantesimi sembravano essere stati solo un'illusione ottica, così come le grida dei professori che si dirigevano a grandi passi verso i cancelli, l'imponente corpo di Hagrid che accarezzava disperatamente Crono, il suo gigantesco cane dal pelo folto, e chinava il capo, sconfitto.
La maggior parte degli studenti era riuscita a raggiungere la sua Sala Comune senza particolari danni, e non era rimasto nessuno a tormentarsi nervosamente le mani. Alla fine la stanchezza aveva vinto sull'angoscia e la paura. Nessuno, tranne lei, aggrappata al parapetto, il vestito di tulle stracciato dappertutto, le ballerine dorate che quasi strisciavano sul gelido pavimento di pietra, e i capelli, fino a poche ore prima ordinatamente arricciati sulle spalle, che le ricadevano dietro la schiena in ciocche scomposte e arruffate. Avrebbe decisamente voluto piangere. Merlino se avrebbe voluto.
Si lasciò andare contro la parete, crollando a terra. Abbracciò le ginocchia piegate, e appoggiò la fronte dolorante alle mani intrecciate. Respirò, respirò e respirò finché non sentì il cuore tornare a battere regolarmente, l'adrenalina che lasciava lo spazio alla spossatezza e il sollievo. Teddy era vivo, si sarebbe rimesso presto. Tutto a posto, tutto maledettamente a posto.
E allora perché si sentiva come se si fosse appena Smaterializzata a testa in giù su una scogliera?
Lentamente, nel silenzio innaturale che precede l'alba, riecheggiò un rumore di passi, sempre più chiaro, sempre più definito.
Sollevò lo sguardo: Scorpius Malfoy era in piedi di fronte a lei, i calzoni di lana scozzese stracciati al ginocchio, la t-shirt leggera lacerata e insanguinata sul petto a mostrare un luccicante percing, e un rivolo di sangue che gli scivolava lento dal collo.
Si fissarono per un lungo istante, senza parlare. Le sembrò una vita.
Poi si lasciò cadere accanto a lei, allungando le lunghe gambe davanti a sé, e appoggiò stancamente la testa al muro. Il silenzio che li avvolgeva era rotto solo dal lontano gracchiare delle rane, il rilassante ma remoto sciabordio delle acque del Lago Nero, e il monotono stiracchiarsi del Platano Picchiatore, mentre la notte moriva, uno squarcio luminoso le fendeva il petto, e dalla ferita spuntava un raggio di sole nascente, rosa, idilliaco, pacifico. Per un attimo fu come se il mondo restasse col fiato sospeso, in attesa.
Alla fine la luce inondò il corridoio, ed entrambi lasciarono andare un respiro a stento trattenuto.
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Angolo della delirante autrice: buonaseeeeeeeera a tutti!!!!!
Eccoci qui per commentare nuovamente insieme il nuovo capitolo!!!
Ma questo NON E' UN CAPITOLO COME TUTTI GLI ALTRI!!!
Questo è il mio personalissimo regalo di compleanno a Giuls, la nostra meravigliosa Giuls!!!! Non ho potuto fare di meglio tesoro, mi dispiaceXD
E in suo onore non posso che chiarire una questione: NOBUOM IPLEAN CONGULS, la formula che pronuncia Scorpius, altro non è che l'anagramma di BUON COMPLEANNO GIULS^^ In questo modo i miei auguri resteranno impressi nella rete per sempreXDXD
Ti voglio bene cara...lo saiXD
 
I soliti ringraziamenti a tutti quelli che leggono, ricordano, preferiscono e recensiscono questa follia...vi amo*__*
E al Club dello Sclero Notturno che stanotte si riunirà senza di me perchè devo andare ad ubriacarmi ad una festa...ahahahahah...tutto per voi^^

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Capitolo 17
*** Passi ***


Passi

 
Vien dietro a me, e lascia dir le genti:
sta come torre ferma, che non crolla
già mai la cima per soffiar di venti;
ché sempre l'omo in cui pensier rampolla
sovra pensier, da sé dilunga il segno,
perché la foga l'un de l'altro insolla»
(Divina Commedia, Purgatorio, Canto V, vv 13-18)

 
 
Mon Dieu! - brontolò la Preside Maxime trovandoseli di fronte – cosa è successo adesso? - Scorpius e Albus la guardarono senza parlare, l'uno con qualcosa di simile ad un sorriso dipinto sulle labbra, l'altro fumante di rabbia, gli occhi verdi che baluginavano di furore a stento represso
Le solite storie Preside – si affrettò a spiegare Stan Picchetto con il viso paonazzo e sudaticcio. La donna sollevò i grandi occhi scuri al soffitto del suo ufficio
Chi ha iniziato 'stavolta? - quelle parole non erano rivolte a nessuno in particolare, quindi nessuno dei due accennò un minimo di risposta
Nessuno – il tono di Stan Picchetto sottolineava il fatto con lapalissiana delusione. Per quanto si divertisse a fingere di esercitare un qualsiasi tipo di controllo sugli studenti tentando di farli finire in punizione, era evidente a tutti che non godeva della minima autorità a Hogwarts. Meno che mai da parte di Scorpius o Albus. Purtroppo per lui, questa volta, non era volata nessuna maledizione.
Scorpius intervenne
Mi permetta di dire, affascinante Signora Preside, che sono stato portato qui innocente – sembrava serio, ma i suoi occhi grigi sogghignavano – per quanto avrei di gran lunga preferito aver affatturato il signor Potter qui, nessuno dei due a nemmeno sollevato la bacchetta –
Il sopracciglio disegnato di Madame Maxime si sollevò dubbioso rivoltò al Custode, non prima di essersi voltata verso Albus
E' vero Potter? - il frustratissimo figlio del Salvatore del Mondo sembrò fare uno sforzo immane per annuire.
Ma stavano per farlo – dichiarò lagnoso Picchetto – stavano per iniziare un duello in piena regola nel corridoio del secondo piano, e tra poco il quadro del Pescatore ci lasciava la cornice, non so se mi spiego – i suoi occhi vacui erano illuminati di perverso senso di rivalsa. Ma la Preside prendeva in considerazione la sua opinione forse ancora meno dei suoi studenti, perciò si limitò a guardarlo, dolente
Exactement, Signor Picchetto, per cosa dovrei punirli allora? - Scorpius represse a stento un ghigno di soddisfazione, mentre Albus Frigido Potter continuava a stringere il pugno attorno alla bacchetta d'olmo
Probabilmente, il Signor Picchetto – l'ironia incredula delle sue parole sarebbe stata percepita anche da un sordo – intende dire che dobbiamo essere puniti perché ci disprezziamo a vicenda e vorremmo affatturarci reciprocamente ogni volta che c'incontriamo per sbaglio – gli occhi dell'altro mandarono fiamme – ma non credo che l'odio atavico fra le nostre famiglie, che noi così fieramente portiamo avanti, sia sufficiente a condannarci a vita ad Azkaban – se la stava godendo un mondo, come al solito. Portare il Depresso Potter all'esasperazione, costringerlo ad attaccarlo, e finire per salvargli le chiappe per il rotto della cuffia era una delle cose più divertenti del suo essere un bastardo senz'anima che si annoiava facilmente. Lui, d'altra parte, non sembrava trovarlo così divertente, ma, ehi, mica aveva mai detto di essere uno socialmente accomodante?!
Madame Maxime strinse il suo sguardo regale su di lui nella sua perfetta espressione da “non fare il furbo con me”, e sospirò
Merci monsieur Picchetto...ci penso io – lo congedò con un distratto gesto della mano, poi si voltò verso di loro – Bon...malgrado il vostro “odio atavico” non sia sufficiente a punirvi finché non viola il regolamento di Hogwarts, c'è qualcosa che potete fare pour moi e per la Scuola – si alzò dall'enorme scrivania in legno massiccio e li sovrastò tutti e tre, con quella sua postura da dominatrice che lo divertiva immensamente – come forse tutti e due saprete siamo stati attaccati qualche giorno fa – il tono con cui lo disse era di pura constatazione, ma gli occhi scuri le brillavano di una luce battagliera – e il Ministero ha dato disposizioni affinché una squadra di maghi sorvegli i confini fino a quando il mistero di queste sparizioni non sarà risolto – incrociò le braccia al petto, appoggiandosi al ripiano della scrivania – Hogwarts ha già ricevuto decine di lettere di domanda per far parte di quella squadra, e non posso occuparmi di tutto da sola – sorrise di perversa soddisfazione – ed è per questo che voi due sarete incaricati di smistare, catalogare e archiviare ogni lettera che rechi il marchio dei Guardiani – Potter fece per aprire bocca, ma la Preside sollevò una mano aperta – Ogni mattina, prima di colazione, uno di voi, verrà nel mio ufficio e raccoglierà le lettere, distribuendole in egual misura a sé e al suo compagno – la mandibola del Magnifico Figlio dell'Ancor Più Magnifico Harry Potter sembrò scricchiolare – la sera, dopocena, l'altro le dovrà riportare nel mio ufficio, separate per nome, provenienza e credibilità del mandante – s'interruppe, per dare maggior enfasi alla conclusione – ovviamente, entrambi dovrete concordare sul contenuto – i suoi occhi s'illuminarono mentre gli occhiali da lettura di Potter si appannavano per la rabbia. In quel momento, nemmeno lontanamente Scorpius si sarebbe sognato di sogghignare.
Sollevò lo sguardo sulla Preside Maxime, che li osservava con quell'aria di finta innocenza condita di soddisfatta malizia, mordicchiandoli il labbro inferiore. Sadica bastarda.
 
Flashback*****************************************************************
 
Albus, Merlino, la vuoi smettere di fare quella faccia lì? - James era comodamente stravaccato su una delle poltrone dell'Espresso, circondato dai suoi amici del terzo anno di Grifondoro, e lo fissava in quel modo che lo faceva sempre arrabbiare: divertito e indifferente. Lui, d'altra parte, la sua coccarda rossa e oro l'aveva già appuntata al petto, e il Cappello Parlante non avrebbe smistato lui in Serpeverde.
Non trattarlo così James! - lo ammonì Rose con uno sguardo torvo da dietro le pagine ingiallite di Storia di Hogwarts.
Suo fratello sollevò entrambe le sopracciglia nere e la fissò con quei suoi occhi nocciola scuro adombrati da ciglia foltissime
Lo tratto come mi pare, è mio fratello -
Lo tratto come mi pare – scimmiottò Louis con una smorfia, che fece ridere Albus malgrado il nodo allo stomaco che lo soffocava, guadagnandosi un'occhiataccia dal maggiore, e un'espressione di stupido spalleggiamento da parte dei suoi amici
Senti Albus, tesorino – lo canzonò – se vuoi restare qui con noi, bene, ma se hai intenzione di passare tutto il viaggio a frignare di paura, te ne puoi anche andare a farti un giro fra i tuoi nuovi compagni di Serpeverde – Albus lo fulminò con gli occhi verdi severamente serrati e colmi di disprezzo fraterno: Jimmy, a volte, sapeva essere un irrimediabile...rifletté sul modo giusto di definirlo, rievocando nella sua mente innumerevoli serate alla Tana, quando Victoire, Teddy, e i loro genitori si punzecchiavano l'un l'altro colmi di sorrisi e affetto. Rammentò un litigio fra il suo fratellone adottivo e Victoire, la sua cuginetta che sembravano un angelo. Stronzo. Esatto...James a volte era un irrimediabile stronzo. Subito, la nostalgia di casa lo pugnalò al petto: cos'avrebbe fatto Lily tutta sola senza i suoi fratelloni? E suo padre, che la sera tornava a casa, si toglieva gli occhiali rotondi e gli accarezzava la testa, ascoltando per ore intere i resoconti delle sue giornate senza mai annoiarsi, cos'avrebbe fatto ora dopocena? E mamma Ginny? A chi avrebbe rammendato i calzini, e cantato canzoni, e cucinato le frittelle?
Deglutì per ricacciare indietro le stupide lacrime ingannatrici che minacciavano di fargli pizzicare gli occhi, e deglutì, stringendo i pugni sulla maniglia dello scompartimento. Sentì solo Rose che lo chiamava, prima di lasciarsi travolgere dal febbrile chiacchiericcio dell'Espresso rosso e nero di Hogwarts. Hogwarts, la sua Scuola, la sua casa per i successivi sette anni, la sua prigione, se il Cappello Parlante avesse deciso di Smistarlo nella casa sbagliata, circondato dalle serpi, tronfie e cariche di disprezzo verso tutto quello che lui rappresentava.
“Albus Severus, ti è stato dato il nome di due Presidi della Scuola. Uno di loro era Serpeverde...” le parole di suo padre alla stazione gli rimbombavano ancora nelle orecchie. Serpeverde, Severus Piton era stato un grande mago, un Serpeverde, un grande mago...
I lunghi e lisci capelli biondi di Victoire gli oscurarono il passaggio per un attimo. Arrossendo violentemente, Albus sollevò lo sguardo sugli incantevoli occhi azzurri della cugina, che gli sorrise
Hei Al...dove scappi? - i suoi denti bianchi e regolari luccicarono come diamanti, e lui deglutì. Quanto era bella...
Io...ehm...io...vado in bagno – in bagno? Davvero? Niente di meglio?
Il sorriso di lei non s'intaccò mentre gli dava un buffetto sulla spalla magrolina
Ci vediamo allo Smistamento. Teddy ha detto che i Potter sotto il Cappello Parlante sono sempre uno spasso – e si allontanò con quel suo passo leggero ed elegante che faceva sempre scoppiare Albus dalla voglia di piangere di gioia.
Camminò per tutto il treno, avanti e indietro per quella che sembrò un'eternità, ma nessuno scompartimento sembrava lontanamente accogliente: ovunque occhiate incuriosite lo scrutavano, cercando qualcosa sul suo viso che lui nemmeno sapeva di avere. Lo fissavano, bisbigliavano, sorridevano, lo indicavano. E dire che si era specchiato in tutti i finestrini del treno per controllare di non avere gli occhiali storti, o la camicia abbottonata male, o qualche macchia di rossetto di sua mamma sulla guancia. Era a posto, sembrava.
Alla fine si fermò sul fondo del treno, nello scompartimento quasi vuoto vicino al bagno, e guardò dentro: un ragazzo dai lisci capelli biondi che gli ricadevano disordinatamente sul viso affilato era intento a leggere qualcosa che sembrava un libro sulle Antiche Famiglie del Mondo Magico. I suoi vestiti erano ordinati, stirati alla perfezione, non sembravano nemmeno su un treno che li sballottava da una parte all'altra.
Il ragazzo alzò lo sguardo distrattamente, e Albus lo riconobbe. Scorpius Malfoy.
 
Fine flashback**********************************************************
 
Se credi che ti ringrazierò per non aver spifferato alla Maxime, te lo puoi scordare, Serpe – Scorpius scrollò le spalle, lanciandogli un'occhiata di divertito menefreghismo.
Erano appena stati “congedati” dalla Preside, che li aveva invitati a socializzare, perché avrebbero passato molto tempo insieme. Ovviamente, nessuno dei due avrebbe ordinato un bicchiere di Whisky Incendiario per festeggiare la cosa.
Ti avrei fatto a pezzi, come al solito Potter – sogghignò – non vale la pena farla tanto lunga per i tuoi ormoni – gli occhi dell'altro lanciarono fiamme
I miei ormoni? - lo aggredì – sei tu che giri intorno a mia sorella Malfoy – serrò la mandibola – non credere che non ti abbia visto fissarla in Sala Grande – sembrava un ragazzino delle elementari che rivendicava il possesso di una figurina.
Tienitela la tua sorellina Grande P. - lo canzonò mettendosi le mani in tasca – è tutta tua – Albus Potter si fermò nel mezzo del corridoio, guardandolo negli occhi
Non so cos'hai in mente, ma fattela passare Serpeverde – Scorpius sollevò un sopracciglio, continuando a camminare, ma l'altro lo trattenne per la manica della divisa – Dico sul serio Malfoy – si scrollò di dosso le sue lunghe dita Gloriose, e lo fissò con ilare schiettezza, dall'alto; lo sovrastava di un palmo.
Non so quale turba della tua infanzia scegliere per spiegare questo improvviso scoppio di testosterone fraterno – sollevò un angolo della bocca – e sinceramente non me ne frega un Ippogrifo arrosto di che razza di incestuoso rapporto avete tu e la tua adorabile sorellina, ma fossi in te starei attento che qualcun altro non se la porti a letto mentre tu pianti la guardia a me – il Dannato Potter lo afferrò per la collottola e lo addossò al muro. Si fece serio – se mi lasci ora, hai ottime possibilità di non finire in infermeria Potter – ma l'altro non cedette, lo sguardo furente che lanciava fiamme verdi
Sei la persona che detesto di più al mondo Scorpius Hyperion Malfoy – deglutì – e fino a qualche settimana fa pensavo che la mia opinione di te non potesse cadere più in basso – Scorpius sporse teatralmente il labbro inferiore, fingendosi offeso
Oh no, Merlino, come farò a sopravvivere? - lo canzonò mentre la presa di lui sulla sua divisa aumentava spasmodicamente
Ma, che Godric mi aiuti, ho visto cosa stai facendo, e farò qualsiasi cosa per impedirtelo – strinse lo sguardo su di lui, dietro gli occhiali da lettura – qualsiasi – il Serpeverde scoppiò in una risata di commiserazione
Salazar quanto siete maledettamente melodrammatici voi Salvatori del Mondo Libero – se lo scrollò di dosso con un gesto stizzito, sistemando il collo slacciato della camicia e la cravatta, allentandola ulteriormente. Poi assunse la sua tipica postura di distratta strafottenza – potrei portarmela a letto solo per farti dispetto lo sai? - i suoi occhi s'illuminarono di divertimento – sarebbe uno spasso – l'altro sembrava già pronto a scattare – ma io non perdo tempo con i Potter, ho una vita meno patetica da vivere – e se ne andò, con passo deciso ma elegante, le mani infilate nei calzoni e la spocchiosa sicurezza che sembrava insita nel suo DNA.
 
Flashback****************************************************************
 
Albus Severus Potter lo stava guardando da dietro i suoi occhiali dalla montatura rigida. Sapeva tutto di lui, della sua famiglia, di suo padre, l'uomo che Draco odiava di più al mondo.
“Guardati da quella feccia figlio, sono pericolosi” gli aveva detto quella mattina, accompagnandolo al binario, quando i suoi occhi avevano incontrato quelli del famoso Harry Potter, il Salvatore del Mondo Magico, e della sua numerosa famiglia.
Scorpius ricordava solo di aver pensato che anche lui avrebbe voluto avere tutti quei fratelli e cugini.
Ma poi era salito sul treno, e la vita vera era cominciata. Gli occhi di tutti lo avevano puntato, additandolo, bisbigliando, distogliendo lo sguardo quando tentava di salutare, di parlare, di soffocare l'angoscia del primo giorno.
Ma Scorpius Hyperion Malfoy non era mai stato un bambino stupido, ne aveva viste troppe per poterselo permettere. Dopo due ore in cui i suoi compagni di scompartimento avevano fissato il finestrino, chiacchierato fra loro e finto di leggere i loro libri pur di non parlare con lui, si era alzato fingendo indifferenza e aveva cercato uno scompartimento libero. A quanto pare, e fortunatamente per lui, la gente non amava passare l'intero viaggio con la porta del bagno che si spalancava regalando sempre nuove sorprese. Beh, a Scorpius sarebbe andato bene anche trascorrere il suo sulla tazza del water. Almeno, lì, nessuno lo avrebbe guardato come si guarda la cacca di gufo sui vestiti nuovi.
Intanto, il Potter Giovane non se ne andava, immobile a guardarlo.
Prese un respiro, e si voltò verso di lui, sollevando entrambe le sopracciglia come a dire “Allora?”. L'altro si riscosse, poggiando una mano sulla maniglia.
Posso? - accennò un sorriso, più di cortesia che di reale simpatia. Scorpius si strinse nelle spalle
E' un paese libero – gli dedicò appena uno sguardo, immergendosi nuovamente nella noiosissima Storia delle Antiche Famiglie del Mondo Magico; entro le vacanze natalizie avrebbe dovuto imparare tutto l'albero genealogico dei Malfoy, o sarebbero stati dolori.
Si sarebbe aspettato che Potter cominciasse a blaterare, a fargli domande stupide su cosa stesse leggendo, magari chiedendogli chi fosse, se già non lo sapeva ed era lì solo per vantarsi di suo padre.
Ma l'altro non disse una parola, estraendo dalla tasca interna del suo giacchetto una copia sgualcita de Il Quidditch Attraverso i Secoli. I suoi occhi s'illuminarono un istante; aveva pregato suo padre di regalarglielo, ma Draco aveva scosso la testa
“Quando avrai imparato a memoria le tue origini, allora potrai distrarti”.
E così Scorpius si era rassegnato a studiare, e studiare e studiare, finché tutta l'ascendenza dei Malfoy non fosse stata per lui come una filastrocca. Avrebbe fatto qualunque cosa per quel libro.
Albus Potter non si lasciò sfuggire il suo sguardo famelico. Sollevò il libro
L'hai letto? Mio fratello dice che è bellissimo – scrollò le spalle – a me non sembra niente di così speciale -
Ma ti sei bevuto una Pozione Confondente? - ribatté lui lasciando cadere le “Antiche Famiglie” dove secondo lui meritavano di stare – quel libro è il massimo! - l'altro arricciò il naso
Sarà, a me sembrano una marea di cose inutili – poggiò lo sguardo sulla copertina rovinata dagli anni del tomo – quello sì che è interessante – i suoi occhi verdi s'illuminarono – la storia del Mondo Magico è così piena di misteri, e avventure, e maghi coraggiosi! - Scorpius pensò a suo padre, e si chiese cosa ci trovasse di così emozionante quel Potter nel fallimento.
Sarà... - lo liquidò con un'alzata di spalle, riprendendo con la sua “interessante” lettura di chi aveva sposato chi, partorendo chi.
Ma il ragazzino non demordeva
Hei, non è che me lo presteresti? Lo leggo e te lo restituisco, giuro – sembrava davvero sincero, e preso da tutta quella storia del socializzare e scambiarsi regali. Lui, da parte sua, sperava solo che la sua tris tris tris nonna Erenia non avesse deciso di sposare qualcuno con il nome impronunciabile e una lunga sfilza di Maghi Purosangue da ricordare al seguito. Se solo fossero stati tutti diseredati come sua zia, quella che aveva sposato un Babbano.
Senti amico. Non ce l'ho con te, davvero, ma non mi va di chiacchierare ok? Non mi interessa se il tuo criceto Mirtillo ha sposato Gina la tartarughina e hanno avuto tanti strani mezzosangue senza nome. Ho una vita meno patetica da vivere... - l'occhiata che gli lanciò l'altro fu la più strana che Scorpius avrebbe ricordato di aver mai ricevuto. Lo studiò, attentamente, serio e concentrato, come se stesse giocando agli Scacchi dei Maghi, in silenzio.
Poi si alzò, stiracchiandosi
Contento te... - si sistemò gli occhiali sul naso e si richiuse la porta alle spalle.
Quando Scorpius Malfoy alzò finalmente gli occhi dalle pagine puzzolenti di vecchio tomo, “Il Quidditch attraverso i secoli” ricambiò il suo sguardo, distrattamente abbandonato sulla poltrona di vicino all'uscita.
 
Fine flashback********************************************************************
 
Razza di idiota decerebrato, che cosa hai detto a mio fratello? - Scorpius Malfoy si voltò verso di lei così lentamente che Lily represse a stento la voglia di schiaffeggiarlo.
Erano in Sala Grande, e Frances Ilbys stava palesemente tentando di farsi infilare le mani nel reggiseno dal suo amorfo fidanzato, mentre Zane Zabini stava stracciando a scacchi un inutilmente concentrato Anderthon Nott. Incubus Mortimer catturò il suo sguardo un istante, un solo momento che a Lily parve prolungarsi quanto la notte dei tempi. Poi abbassò gli occhi sulla sua pergamena, lo sguardo follemente bello di Ardhesia Nott che lo seguiva costantemente.
Intendi dire specificatamente oggi, o nell'arco dei sette anni in cui abbiamo avuto la sfortuna di frequentare le stesse lezioni? - Lily strinse violentemente lo sguardo su di lui, avvicinandosi fin quasi a sfiorargli il viso; in quel momento, dopo tutto quello che era successo, stargli così vicino era tipo la peggiore delle controindicazioni mortali di una pozione in fase sperimentale. Eppure Albus era tornato in Sala Comune in procinto di scoppiare come uno Schiopodo Sparacoda, e la colpa era sempre e comunque di quell'individuo strafottente che la stava sfidando a fargli una scenata davanti a tutti.
Intendo dire stamattina, per farlo infuriare e finire in punizione...con te – non riusciva a pensare a niente di peggio di suo fratello e Scorpius Malfoy nella stessa stanza, a lungo, con tutti i “piccoli segreti” che quel dannato Serpeverde sembrava capace di mantenere, ma che ogni singolo battibecco fra loro poteva catastroficamente trasformare in armi di distruzione di massa.
L'altro scrollò le spalle, indifferente
Chiamalo servizio alla comunità – lei gli afferrò un lembo della giacca della divisa
Non provare a liquidarmi così –
Mhhhh, ma allora è un vizio – Scorpius coprì la mano di Lily con la propria – dovreste lavorare su questa mania famigliare di afferrare le persone – sussurrò a pochi centimetri dal suo viso, soffiandole in faccia quel fiato caldo che lei sapeva profumava di menta – potrebbe essere compulsiva ricerca di attenzioni – finse di rifletterci su – anche se dubito che al Sacra Famiglia Potter abbia mai risentito di mancanza di popolarità – malgrado il suo solito controllo serrato delle emozioni, quell'ultima frase gli scivolò di bocca troppo amara.
Lily lo lasciò andare di scatto, scansandosi come da una fiamma ardente.
Minaccia violenta buono, contatto fisico cattivo...molto cattivo.
Scorpius abbassò lo sguardo sulla mano di lei sospesa a mezz'aria, e le dedicò nuovamente quel sorriso, quello che diceva tutto e niente, di stolida e maliziosa sicurezza maschile.
Piantala o ti cavo gli occhi con la bacchetta – lo minacciò, con il solo risultato di acuire quello sguardo, e l'effetto controproducente che aveva su di lei
Paura Potter? - sussurrò sogghignando, un suono basso e gutturale, quasi roco
Ti piacerebbe... - strinse la mandibola e lo sguardo, scansandosi quel tanto che bastava per impedire a se stessa di vedere solo lui in tutta la dannata Sala Grande. Poi sospirò – dobbiamo proprio parlarne qui? -
E dove ti piacerebbe parlarne? Dietro quella colonna laggiù magari? - nessuno dei due aveva bisogno di guardare per sapere a quale maledetta colonna si stava riferendo.
Lily s'irrigidì; che cosa aveva sperato, che Malfoy fingesse indifferenza per sempre? Probabilmente sì, anche se ammetterlo la faceva sentire stupida.
Lascia perdere idiota. Cercare di avere una conversazione civile con te è come chiedere a un Ippogrifo di cavalcare un Asticello – scosse la testa – ai troll tu e la tua sindrome bipolare – si allontanò rabbiosamente, con passo deciso, seguita a ruota dallo sguardo divertito dell'altro
Sai Potter, sei decisamente meglio quando dormi... -
 
Flashback****************************************************************
 
Lily si strinse le braccia al petto, reprimendo un brivido di freddo. Aveva sognato i Traghettatori, e i Mangiamorte, e Madame Maxime che ballava il tango con Ruf scagliando incantesimi attraverso enormi bolle di sapone al cioccolato.
Poi aveva avuto incredibilmente freddo, e il suo corpo si era raggomitolato in se stesso. L'attimo dopo si era semplicemente sentita tranquilla, a casa, al caldo e al sicuro.
Un raggio di luce accecante fendette l'aria, scoraggiando ogni tentativo di tornare a dormire, avvolgersi la pesante coperta imbottita attorno al corpo e chiudere le tende del baldacchino.
Un momento, che la mordesse un Basilisco se quello sotto di lei non era il pavimento e la sua schiena non era appoggiata alla solida consistenza delle pietre della parete.
Un vago profumo di bagnoschiuma agli agrumi le accarezzò le narici, assieme ad una strana varietà di odori: Gel Fissatutto Per Capelli Magici, pelle trattata, e menta, mischiata a qualcosa di diverso, whisky, forse.
Batté le palpebre un paio di volte prima di accorgersi che il viso affilato di Scorpius Malfoy era a pochi centimetri dal suo, e lei gli era praticamente sdraiata addosso. Aveva gli occhi chiusi, respirava regolarmente, e sembrava tranquillo, in pace con il mondo.
Si ritrasse lentamente, attenta a non svegliarlo. Ci mancava solo che si accorgesse di quanto era stata stupida e debole, per renderle veramente la vita un inferno totale. Ma le labbra di lui si distesero nel suo solito sorriso, le palpebre ancora chiuse e la postura rilassata
Ma come, non mi fai nemmeno un po' di coccole? - Lily si allontanò di scatto
Che ci fai qui? - il panico, che schifo.
Il cuscino, a quanto pare – finalmente aprì gli occhi, e un guizzo di malizia la inchiodò a terra – non che le mie aspettative future siano così elevate, in piena recessione – sollevò un sopracciglio – ma ho sempre pensato che avrei fatto il collaudatore di materassi, piuttosto – Lily si alzò, rassettandosi il vestito ormai insalvabile
Che ore sono? - Scorpius sporse il collo oltre la finestra
Le dieci e un quarto, anzi no, diciassette, se il sole non m'inganna – lei lo guardò allibita, e il Serpeverde fece scintillare il suo orologio da polso con espressione eloquente. Lily lasciò andare un sospiro
Sai fare qualcos'altro oltre a prenderti gioco delle persone costantemente? - Scorpius sembrò riflettere
Molte cose, a sentire le mie ammiratrici, ma loro non sono affidabili, troppe endorfine danno alla testa – nel suo sguardo brillò una fastidiosa consapevolezza, che Lily preferì ignorare.
Crono è... -
Vivo, per ora...se quello zotico la smette di dargli da mangiare furetti – un sorriso strano si dipinse sul suo viso stravolto: il sangue rappreso delle ferite gli colorava la t-shirt strappata, conferendogli un aspetto vagamente macabro, gli occhi truccati di scuro sembravano pesti, e il resto di lui non sembrava versare in condizioni molto migliori.
Quando fece per alzarsi, il ginocchio quasi gli cedette. Imprecò per il dolore, ma si mostrò divertito dal riflesso di soccorso di Lily – conserva le tue performance da crocerossina per il professorino Potter, io ho ancora una dignità da difendere – la canzonò
Ah sì? E quale? - non rispose, limitandosi a sbadigliare quasi annoiato
So che dato il numero alquanto elevato di membri della tua famiglia, sarai abituata a certe sistemazioni temporanee, ma io avrei un letto piuttosto comodo che mi aspetta nei Sotterranei – le indirizzò un vago saluto militare, prima di voltarsi. Solo quando fu quasi fuori portata d'orecchio Lily riuscì a parlare
Non fai proprio schifo Malfoy – si sentiva dislessica; era tipo la cosa più difficile che avesse mai detto in vita sua.
L'altro non le diede la soddisfazione di voltarsi, ma si fermò
A cosa devo quest'improvviso atto di disarmante gratitudine? All'eroico salvataggio della bestia pulciosa, o... al resto? - Lily si sentì formicolare le dita. Non rispose, mordicchiandosi il labbro inferiore, nervosamente – stammi bene Potter – e sparì, con quel suo sorriso detestabile su quella sua faccia da schiaffi.
Merlino, aveva baciato veramente Scorpius Malfoy!
 
Fine flashback***********************************************************
 
Lily si voltò
Sono certa che se avessi un paio di secoli per rifletterci, riuscirei a trovare un contesto in cui anche tu sia vagamente accettabile, ma se permetti ho un'intensa vita sociale da pianificare – l'altro colse l'allusione, ma si limitò a sogghignare.
Fu mentre Lily pensava a qualcosa di vagamente sensato da dire per cancellargli quel dannato ghigno dalla faccia, che Rose comparve con tutta la sua prorompente fretta.
L'afferrò per le spalle e se la trascinò via
Ma...cosa? - gli occhi castani di lei mandavano fiamme – stai bene? -
La cugina la guardò un lungo istante
E' un lupo mannaro! -
Cosa? - non riusciva ad orientarsi in quella follia rivelatrice
Ero...ero andata nel suo ufficio per restituirgli un libro, sai, erano giorni che lo avevo io – roteò gli occhi con fare teatrale – Ma lui non c'era...così sono entrata, e ho curiosato un po' in giro, sì insomma, per aspettarlo, innocentemente. E poi le ho viste – s'interruppe, recuperando un po' il controllo – le ho viste lì, tutte in fila, le etichette con i giorni della luna piena scritti sopra in quella sua calligrafia da dannato Professore – si passò una mano fra i capelli – Pozioni Antilupo, più di quante mi piacerebbe contarne a Hogwarts – poi, accorgendosi che Lily non dava segno di aver recepito il messaggio sbottò – hai capito cosa ho detto? E' un lupo mannaro Lily, un licantropo vero! - finalmente Lily si decise ad aprire bocca
Ma chi? Chi è un Lupo Mannaro? - in un altro momento sua cugina le avrebbe fatto notare quanto fuori luogo fosse la sua pigrizia mentale, ma non in quel momento.
Lì, in un anfratto piuttosto imbarazzante della Sala Grande, Rose Weasley la fissò nei grandi occhi azzurri e sospirò amareggiata e sconvolta
King –
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Angolo della delirante autrice: Buongiorno!!!!!  Eccomi qui a postare un nuovo capitoloXD
Mi scuso con il Club dello Sclero Notturno ma non avevo proprio tempo di postare ieri in tempo utileXD Sclerermo oggi ahahahaha
Il solito enorme grazie a tutti voi che siete ancora qui a leggere, commentare, recensire o semplicemente ricordare questa stramba ff^^
Vi adoroXD Alla prossima!

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Capitolo 18
*** Lupi e Agnelli ***


Lupi e Agnelli
 
 
Quando si parte il gioco de la zara,
colui che perde si riman dolente,
repetendo le volte, e tristo impara;
(Divina Commedia, Purgatorio, Canto VI, vv 1-3)

 
Dolente di deluderla signorina Weasley, ma nessuno dei due se ne andrà da qui molto presto – King la fissò con derisione, la sua bacchetta che le scivolava lentamente lungo il collo. Rose deglutì
Non potrà ingannarli ancora a lungo professore – l'altro non la corresse, ma roteò gli occhi in modo plateale
Non ho bisogno di ingannare nessuno Rose...il mio problema sei tu tesoro, con questa tua assurda mania d'impicciarti negli affari degli altri – lei indietreggiò di un passo, in modo che la bacchetta fredda di lui non le toccasse la pelle. Non si sarebbe salvata comunque da un attacco, ma almeno non gli avrebbe dato la soddisfazione di vedere la vita spegnersi nei suoi occhi
Sanno che sono qui...i miei cugini, Teddy, loro... - King si lasciò scappare una risata
Così non m'invogli certo a lasciarti andare – aveva ragione, doveva dargliene atto. I suoi occhi scuri baluginarono
Perché lo sta facendo? La licantropia non è illegale, non le accadrà niente! Kingsley Shaklebolt ha emesso un Decreto che proibisce a chicchessia di licenziare qualcuno per questo. Non perderà nemmeno il suo posto! - l'altro sorrise amaramente
Non capisci proprio vero? Merlino...non-hai-idea... -
La foresta era silenziosa attorno a loro. Il solo rumore che accompagnò quelle parole fu il continuo frusciare dei pini ricoperti di neve. In lontananza si percepiva il chiacchiericcio del castello, la confusione degli studenti nelle Sale Comuni a finire i compiti, a rilassarsi, o a ritrovarsi prima di andare a letto. Quella scontata routine non le era mai sembrata così affascinante.
Un lupo ululò disperatamente nella Foresta, facendole rizzare i peli sulle braccia. King non si sarebbe trasformato fino alla luna piena successiva, eppure lei aveva avuto paura di vederlo sfoderare gli artigli fin da quando gli aveva confessato di conoscere il suo segreto.
Capisco solo che è ancora in tempo...essere un Lupo Mannaro non comporta necessariamente l'essere un assassino... - tentò di prendere tempo, come se il distrarlo potesse servire a qualcosa, a quel punto.
Nemmeno gridare l'avrebbe salvata: King aveva imposto il Muffliato a tutta la radura.
Sospirò. Di scappare non se ne parlava; doveva convincerlo a lasciarla andare, non a colpirla alle spalle.
Eppure la tentazione di colpirlo e fuggire era così disperatamente forte da farle formicolare le dita dei piedi.
Ma restò calma, senza mai perdere il contatto visivo, respirando regolarmente e guardandosi intorno febbrilmente, in cerca di una via di fuga. Se solo la sua bacchetta non fosse stata abbandonata chissà dove in dormitorio!
King inclinò il capo, guardandola con curiosità sincera e divertita
Su una delle due cose hai ragione Weasley, ma non quella che credi... - sollevò la bacchetta, e Rose serrò le palpebre violentemente.
E pensò che non sarebbe stata la morte il suo ultimo pensiero...no, Rose Weasley avrebbe avuto un solo pensiero, e avrebbe rincorso loro fino al Castello di Hogwarts illuminato da centinaia di candele, le fiamme che danzavano sul viso familiare dei suoi cugini e di suo fratello...la sua mente scappò alla Tana, dove nonna Molly era certamente intenta a cucinare per il solito esercito di figli e parenti, giusto per mantenersi in allenamento, e a casa sua, dove sua madre e suo padre si stavano certamente punzecchiando per qualcosa d'immensamente stupido, battibeccando con quello strano sorriso che significava pace fatta.
Pensò al sorriso triste di Albus, che doveva ancora trovare la sua strada, alle chiacchiere sussurrate di Lily, nel mezzo della notte, che sarebbero state capaci di svegliare un Cane a Tre Teste. Pensò alla determinazione di Roxanne, il carisma di Louis, il fascino di James, la lealtà di Frank, la bizzarra tenerezza dei gemelli...e pensò a suo fratello, la bocca sempre piena di cibo e risate, con quella sua assurda vitalità capace di farla sorridere in qualsiasi dannato momento.
Pensò che non avrebbe mai più organizzato una festa a sorpresa per il loro compleanno, facendo arrossire Albus fino alla punta degli spettinati capelli neri. E come avrebbe fatto Lily ad andare in giro decentemente, senza che lei le ricordasse di togliersi il pigiama? E chi avrebbe passato a Louis, Lorcan e Lysander gli appunti di Storia della Magia?
Ma loro se la sarebbero cavata, loro sarebbero rimasti insieme, e avrebbero affrontato tutto...era lei che, ovunque fosse finita dopo quella notte, sarebbe stata completamente sola.
La paura le strinse lo stomaco come una morsa gelida, mentre un rivolo di sudore le scivolava fra le scapole.
Ricordò, quasi distrattamente, di non aver ancora finito di leggere il “Prontuario del Perfetto Caposcuola”.
Poi un lampo di calore l'invase, scagliandola lontano...
 
Qualche ora prima************************************************************************
 
Cosa cosa cosa? - Hugo aveva misericordiosamente smesso d'ingozzarsi di Bolle Bolle Bollenti e aveva generosamente prestato attenzione alla sorella, che sembrava ancora ponderare se confessare o meno anche a loro la scioccante verità che aveva scoperto. I suoi occhi indugiarono un momento su Louis, che la guardava con un misto di angoscia e rifiuto, e si mordicchiò il labbro. Non sarebbe stata una serata da abbracci e baci nella famiglia Potter-Weasley.
La Stamberga Strillante era gelida e umida quando si erano trovati lì quella sera; la Sala Comune di Grifondoro era troppo chiassosa e affollata per accogliere il loro Club del Segreto Svelato, e la Stanza delle Necessità non sembrava aver voglia di comparire. Quindi, come una truppa in congedo, si erano divisi in due gruppi e avevano raggiunto il Platano Picchiatore, guardandosi alle spalle ad ogni rumore sospetto, e si erano infilati silenziosamente nel passaggio segreto sotto il tronco.
In quel momento, osservando le espressioni così diverse ma complementari dei suoi cugini, Lily si pentì amaramente di non aver tenuto la sua boccaccia chiusa.
La casa continuava ad agitarsi, sussultare e muoversi, un continuo lamento che sembrava nascere dalle profondità della terra stessa.
La truppa era seduta a terra, stravaccata, nel caso di Hugo, Lily e Roxanne, su un'ampia coperta di lana fatta all'uncinetto da nonna Weasley. Un vivo fuoco scoppiettava nel camino
Ho detto, Hugo, che il Professor King è un Lupo Mannaro – gli occhi verde prato di Louis si dilatarono un istante, e scosse la testa
Non è possibile Rosie, ce ne saremmo accorti! - ma la ragazza non sembrava intenzionata a demordere
Ho controllato. È stata luna piena la notte del Banchetto, per questo lui non c'era! E ad ottobre? È caduta il giorno della festa di Halloween e non era alla festa! E quando i Lupi Mannari hanno attaccato Hagrid e Malfoy, uno di loro è stato ferito, e King ha zoppicato per giorni... -
Albus rimase serio, mentre Lily si tormentava le dita: Teddy era uscito dalla foresta stremato e sanguinante quella notte, poco prima dell'alba. questo poteva significare che anche lui era un Licantropo? Ma come? Perché? Certo, questo avrebbe potuto spiegare il motivo per cui era così schivo e confuso, così lontano da lei. Perché non aveva mai dato loro una possibilità.
Rose – il tono pacato di Albus la sorprese – ne sei davvero sicura? - giocherellò con i suoi occhiali da lettura – perché la licantropia è una cosa seria...potrebbe rovinarlo... - la ragazza sembrava determinata a condannare King senza appello. Annuì
Non c'è dubbio. Sono andata.... -
In biblioteca – le fecero eco con un sorriso Lily, Hugo e Roxanne
Già – ribatté lei con una smorfia – e non c'è niente, ma assolutamente niente, su questo Altair Rigel King in tutti i libri che ho spulciato. Nulla, è come se fosse nato sotto una zucca! - Frank e Albus si scambiarono uno sguardo serio. Lou rimase in a lungo in silenzio, pensoso.
Lorcan e Lysander sedevano a gambe incrociate ai margini della coperta, parlottando fra loro.
Alla fine il primo esordì
Secondo gli agganci di mamma al Cavillo, pare che della sua famiglia non si sappia nulla, se non che hanno viaggiato molto per il mondo, quasi come nomadi. Lavoravano in un circo, dicono. Equilibristi. King ha frequentato Durmstrang per tutti i sette anni di scuola, e poi ha cominciato a spostarsi spesso anche lui, apparentemente per affinare i suoi “talenti” – Lysander si strinse nelle spalle
La missione in Romania aveva a che fare con qualche creatura oscura, ma non hanno saputo dirci di più... - Rose osservò i suoi parenti uno ad uno, con espressione trionfante
Certo che aveva a che fare con una creatura oscura...è lui la creatura oscura! - Louis sospirò pesantemente, passandosi le dita fra i capelli biondi
E' una follia Rosie...condannare qualcuno senza prove, per una cosa... - i suoi occhi sembrarono persi per un attimo, lontani. Lily gli strinse un ginocchio, tentando di sorridere
So che non è responsabile per questo Lou – si difese lei con voce sommessa – ma se è un Licantropo gli studenti dovrebbero saperlo! -
E perché? Per cacciarlo a calci solo perché è stato ferito combattendo? - Rose fece per ribattere, ma ci ripensò, moderando e calibrando ogni parola
Lou, non sappiamo come sia stato contagiato...lui non è... - gli occhi di Louis mandarono fiamme
Mio padre? - lei annuì, abbassando lo sguardo – lo so chi è Rosie, ma la Licantropia è una malattia, e non si può fare niente per contrastarla -
Ha attaccato Hagrid! Poteva ucciderlo! -
Ma non l'ha fatto! - Louis tremava impercettibilmente, la voce rotta dalla rabbia e la frustrazione. Ma Rose non si lasciò impietosire, scavalcando anche il buonsenso
Perché lo abbiamo fermato! Se non lo avessimo ferito avrebbe... -
Cosa? Ucciso tutti sbranandoli vivi? - una risata amara sfuggì dalle sue labbra carnose – e tu fai tutto questo solo perché sei in pensiero per Malfoy, o è perché ti piace così tanto la tua spilletta da Caposcuola che vuoi aggiungere quella di Salvatrice di Hogwartsalla lista? – quelle parole sembrarono schiaffeggiare Rose in pieno viso.
E' davvero questo che pensi? Che voglia catturare il Licantropo per essere premiata? Per cinquanta punti a Grifondoro? - ogni cellula del suo corpo sembrava implorarlo di ritrattare, di rimangiarsi quelle ultime parole fingendo che non fossero mai esistite. Ma Louis non parlò, la fissò negli occhi con la mandibola contratta e i pungi stretti. Determinato e implacabile
Dimmelo tu – gli occhi di lei si riempirono di lacrime di delusione. Abbassò la testa e si afflosciò su se stessa
Se la mia sentenza è già stata pronunciata, allora non c'è bisogno che io resti qui... - afferrò il mantello ordinatamente ripiegato su una sedia, e se lo drappeggiò sulle spalle
Rose – tentò di chiamarla Roxanne, ma Lily la trattenne, scuotendo la testa. Quando i suoi passi smisero di echeggiare in modo sinistro per la Stamberga Strillante, il silenzio fu l'unico rumore nella stanza
Se King è davvero il Licatropo che ha attaccato Hagrid, dobbiamo fermarlo, e dobbiamo fermare il branco che si nasconde nella Foresta Proibita – intervenne Albus pacatamente, ma i suoi occhi verdi saettarono sul cugino in un battito di ciglia. Nessuno di loro, in quella stanza, poteva, in coscienza, negare categoricamente che una piccola, microscopica, parte di Rose avesse seriamente bisogno di essere schiaffeggiata per aver anche solo pensato di sfruttare quello che era successo per il proprio tornaconto, ma Rose era Rose, e il suo enorme cuore conteneva molte più sfumature dell'acqua di mare, e mai e poi mai li avrebbe messi in pericolo per questo. Lou, d'altra parte, era rabbioso e agitato, troppo, per i suoi standard. Alla fine, dopo aver posato lo sguardo su ognuno di loro, Albus parlò di nuovo – ma comunque tutto questo non ha senso... - si passò una mano fra i capelli neri, scompigliandoli, in un gesto che sembrava un retaggio di famiglia antico come la notte. Si alzò, e cominciò a camminare per la stanza – se quello che Rose ha detto è vero, King non dovrebbe essersi trasformato l'altra notte. Ha un ufficio pieno di Pozioni Antilupo, perché dovrebbe cominciare a correre per la foresta la notte di Halloween, con mezza Hogwarts sotto attacco, e l'altra metà in giro? - molte paia di occhi si voltarono verso di lui – uno che non vuole essere scoperto quando diventa peloso durante la luna piena si preoccupa di evitarlo se ne ha la possibilità. E King mi sembra troppo intelligente per trasformarsi a Scuola e scorrazzare per la Foresta Proibita con un branco al seguito – come al solito, il ragionamento di suo fratello era perfetto – ciò non toglie che, chiunque sia, quella gente va fermata – i suoi occhi verdi mandarono lampi, mentre si appoggiava distrattamente allo stipite della porta a braccia incrociate.
Il silenzio pervase la stanza: Roxanne si massaggiava il mento, pensosa, Louis aveva ancora negli occhi una scintilla truce, Lorcan e Lysander erano tornati a baloccarsi con i loro pensieri su creature inesistenti, e Frank, che era rimasto zitto fino a quel momento, osservava i loro visi come ad una partita di Quidditch.
Lily, dal canto suo, sentiva maturare dentro di sé la consapevolezza di aver perso un passaggio, qualcosa, qualsiasi cosa, il tassello mancante di quel puzzle. Se King non era un Licantropo, se davvero la Pozione Antilupo non era per lui, allora chi stava coprendo, per Merlino?
Hugo sbadigliò
Ma se il lupo non è King...allora chi diavolo è? -
 
***
 
Come procede il piano? - Incubus incrociò le mani sul tavolino di vetro che quella sera arredava la Stanza delle Necessità. Ardhesia, Frances, perfino Thorbert Alley, lo fissavano con interesse.
Il suo solito sogghigno si delineò sulle sue labbra
Allora? - Frannie sbuffò – hai intenzione di parlare, o dobbiamo stare qui a guardarti gongolare? - Scorpius le dedicò un'occhiata di sbieco
Non è a te che devo documentare la mia vita sessuale Dottor Stranamore – la freddò
Ma a noi sì – Ardhesia lo raggelò con uno sguardo – il motivo per cui sei qui è che, non riesco veramente a spiegarmi come, i Potter sembrano avere una certa affinità con te – arricciò il naso perfetto – qualcosa di te, e temo non sia qualcosa di cui andrei fiera, sembra attrarli – incrociò le braccia al petto, accavallando le lunghe gambe – perciò adesso piantala di comportarti da idiota e raccontaci le novità – l'altro sogghignò, sollevando un sopracciglio
Però, fai corsi di gestione dello stress? - si appoggiò comodamente ai braccioli della poltrona in pelle nera sulla quale si era stravaccato ormai un'ora prima, e fissò sua cugina nei penetranti occhi chiari - sta andando tutto come deve andare – si limitò a dire.
Gli altri non sembravano soddisfatti, ma Incubus sollevò una mano, per zittirli
Bene – sorrise, sempre con quella luce diabolicamente entusiasta negli occhi – credo che non ci sia altro da dire – oh, ce n'erano eccome di cose da dire, ma niente di quello che gli passava per la mente si sarebbe sposato bene con quel quadretto di felicità famigliare.
Inspirò profondamente, lasciando che i pensieri lo sopraffacessero per un minuto; la situazione si stava complicando, troppo, e nemmeno Scorpius Malfoy aveva così tante risorse da giostrarsi facilmente fra la Resistenza, i Traghettatori, i Potter e...rabbrividiva al solo pensiero, suo padre...
 
Flashback*******************************************************************
 
Sistemati quei capelli Scorpius, sei più sciatto di un Elfo Domestico – la voce tagliente di suo padre gli era sembrata un incubo per i due secondi che erano trascorsi tra quella stilettata e il momento in cui aveva realizzato che Draco era davvero lì, nel mezzo del corridoio del secondo piano, e lo fissava con disapprovazione
Adorabile padre – ironizzò con una smorfia. L'altro lo indicò con il bastone da passeggio con la testa di serpente
Vai sempre conciato come una lurida feccia, o sono solo stato sfortunato? - posò lo sguardo sulle Converse sdrucite, la camicia fuori dai pantaloni della divisa, e la cravatta allentata sotto il maglioncino grigio
Vogliamo davvero parlare di fortuna? - borbottò Scorpius fra i denti, tornando a guardare l'altro, perfettamente abbigliato e pettinato – cosa ci fai qui...padre? - la brunetta di Corvonero che era quasi riuscito a portarsi a letto, si allontanò correndo, spaventata anche solo dall'idea di finire in mezzo alla loro diatriba. Draco la indicò con un cenno del capo, sospettoso
Chi sono i suoi genitori? È gente degna? - Scorpius sbottò in una risata amara
Non lo so papà! Provavo a infilarmi nelle sue mutandine, non nella sua tomba di famiglia! - l'uomo lo colpì con la testa di serpente su una spalla. Il dolore sordo gli annebbiò un attimo la mente, ma non si mosse. Mai e poi mai gli avrebbe dato la possibilità di umiliarlo davanti a tutti. Lo guardò – cosa ci fai qui, a parte criticare le mie scelte di stile e tentare di mutilarmi? - Draco assottigliò le labbra, pregustando la sua reazione a quello che gli avrebbe detto
Tuo zio Theodore mi ha raccomandato alla Preside da parte della Lega per la Salvaguardia delle Antiche Famiglie – affermò con un ghigno perverso
Vuoi entrare nei Guardiani? - per un attimo, uno solo, la pietra fredda del pavimento gli mancò sotto i piedi. Suo padre sembrava gongolare
Devo proteggere la sicurezza del mio unico erede e dei suoi amici – la luce folle che tante volte gli aveva acceso lo sguardo, risplendeva fulgida e inconfondibile. Suo padre avrebbe volentieri raso al suolo Hogwarts il giorno in cui ci aveva messo piede, e a Scorpius era stato concesso andarci solo perché nonno Grengrass aveva minacciato di diseredare la sua famiglia se non avessero permesso al suo adorato nipote di ricevere un'adeguata istruzione magica.
Cosa voleva veramente suo padre lì?
Rovinargli la vita, probabilmente.
 
Fine flashback****************************************************************
 
Si lasciò alle spalle la Stanza delle Necessità e i suoi temporanei abitanti, controllando che Stan Picchetto non pattugliasse i corridoi come aveva fatto per tutta la settimana precedente.
Si diresse a grandi passi verso i Sotterranei, saltando i gradini a due a due.
Lanciò un occhio distratto all'ufficio di King, nel quale sembrava ci fosse ancora qualcuno a quell'ora della notte. Quel tizio non aveva mai pace
Signorina Weasley, che piacere vederla... - il suo orecchio si tese spasmodicamente
So qual'è il suo segreto – rispose la secchiona Weasley senza giri di parole
Ah sì, e quale sarebbe? - King non sembrava minimamente sconvolto dalla cosa. Bravo ragazzo.
Credo che lei lo sappia – Scorpius si appiattì contro il muro quando udì dei passi provenire dal corridoio opposto
Professore – Stan Picchetto bussò un paio di volte prima di entrare – mi dispiace dirglielo, ma la Preside ha ordinato che gli studenti vadano nei Dormitori entro mezzanotte. Sa, per la sicurezza... - non sembrava fregargliene un accidente della sicurezza, e Scorpius non poteva biasimarlo; la sua vita sarebbe stata uno schifo anche senza studenti urlanti per i corridoi di notte.
Per un attimo, solo il frusciare della carta e il grattare della sedia di King sul pavimento annunciarono che c'era vita in quell'ufficio. L'attimo dopo tutti e tre uscirono.
Scorterò io la signorina Weasley alla Sala Comune – dichiarò King quando raggiunsero il bivio delle scale – mi accerterò che non devii durante il percorso – ammiccò verso Picchetto, che se ne andò mollemente, le orecchie a sventola che quasi offuscavano la luce delle torce. La Weasley non sembrava contenta, ovviamente.
Scorpius li seguì, senza nemmeno pensare che si stava per cacciare in un altro dei guai che era andato lì per evitare. Per le palle di Salazar!
Ma se avesse scoperto il segreto di King, avrebbe potuto sfruttarlo affinché votasse a sfavore di Draco nella Guardia di Hogwarts; non importava quanta pressione facesse Theodore Nott perchè la Preside lo prendesse in considerazione, se i professori e la Maxime fossero stati contrari, suo padre sarebbe rimasto fuori dalla sua vita, e avrebbe smesso di ammorbare l'unico posto al mondo che Scorpius aveva potuto chiamare casa.
I due camminarono fianco a fianco, a braccetto, come due fidanzati che passeggiano al chiaro di luna, ma la secchiona sembrava tremare sotto il tocco di lui, che più che un tocco sembrava una morsa.
Sospirando, il Serpeverde si lanciò all'inseguimento.
Non avrebbe saputo dire quanto camminarono quella notte prima di arrivare vagamente da qualche parte.
Quando la sagoma contorta del Platano Picchiatore si stagliò decisa nell'ombra della luna a metà, finalmente King si fermò.
Si voltarono, l'uno di fronte all'altra, mentre l'uomo pronunciava un paio d'incantesimi.
Si fronteggiarono, parlarono, la Weasley sembrò voler prendere tempo. Ma alla fine King le puntò addosso la bacchetta.
In quel momento, accaddero tre cose contemporaneamente: Scorpius uscì dal suo nascondiglio, dal Platano Picchiatore comparve una sagoma alta e snella, e un enorme lupo che non somigliava nemmeno vagamente ad un Licantropo, ma allo stesso tempo era troppo grosso per essere un lupo normale, spiccò un balzo dalla Foresta Proibita, ringhiando contro King.
L'uomo Schiantò la Weasley e puntò la bacchetta contro l'animale famelico.
Poi sollevò lo sguardo su di lui, sbalordito
Ma...cosa? -
Dannazione Malfoy, sta giù! - urlò Albus Potter scagliando un incantesimo di disarmo a King. La bacchetta dell'uomo, colto di sorpresa e ancora controllato a vista dall'enorme lupo, gli volò via dalle mani, perdendosi nella neve.
Nel frattempo, altre teste sbucarono da sotto il Platano Picchiatore: una bionda, una castana, una riccia e scura, due gemelle della più chiara tonalità di biondo, chiara quasi quanto la sua, e due rosse, una che dava quasi sull'arancione, l'altra follemente rossa anche nel buio che li avvolgeva.
L'intera famiglia allargata Potter-Weasley&Affini gli restituì lo sguardo.
Possibile che dove c'è un guaio ci sei tu Malfoy? - Roxanne Weasley, la lesbica del settimo anno, piantò le mani sui fianchi, squadrandolo con disappunto
Disse quella che è appena venuta fuori dalle radici di un albero – ironizzò lui, roteando gli occhi.
King aveva le mani sollevate a mostrare i palmi, mentre con un occhio controllava che il lupo non decidesse che la sua gamba sarebbe stato un buon dessert.
Potter, potresti rimettere il guinzaglio al tuo lupo da compagnia? - azzardò scambiandosi uno sguardo con l'altro, che, impassibile, ammise
Non ho idea di cosa diavolo sia quella cosa Professore -
King -
Non le sembra sia un momento poco indicato per puntualizzare? - Hugo Weasley, che si era gettato sul corpo privo di sensi di sua sorella un secondo dopo essere uscito dal suo bizzarro nascondiglio, l'aveva sollevata fra le braccia come fosse stata un fuscello, ora fissava King con un misto di disprezzo e incredulità.
Come diavolo le è venuto in mente di aggredire Rose? - Lilian Potter aveva la diplomazia di un gargoyle, niente da dire – non l'avrebbe mai denunciata – King scoppiò in una risata incredula
Denunciarmi? Voi non – il lupo ringhiò, Potter si distrasse, e King estrasse un'altra bacchetta, puntandola alla gola del lupo. Più bacchette di quante potesse contarne da lì Scorpius, minacciarono il professore – Ora, se voi non userete a sproposito i vostri legnetti incantati, io non lo farò – Lily Potter sogghignò in un modo fastidiosamente simile al suo
Crede davvero che salveremmo la vita di quel lupo a scapito della nostra? - fu il turno di King di ridere
Io credo di sì – poi si voltò verso l'immenso animale dal pelo rossiccio e folto – non è vero, professore? - tutti gli occhi furono puntati su di lui, tranne quelli di Potter e di Weasley checca, il biondo con l'orecchino di corno.
L'attimo prima l'imponente animale gli stava ringhiando contro, quello dopo, in un battito di ciglia, Teddy Lupin si materializzò davanti agli occhi di tutti, con un'espressione di meste scuse
Teddy? - Lily Potter lo fissò a bocca aperta, e Scorpius, per una volta, non se la sentì d'indirizzarle una battuta acida. Il ragazzo si voltò verso di loro, stringendosi nelle spalle
Credo di dovervi più di una spiegazione, immagino... - Potter abbassò istintivamente la bacchetta
Temo che ce ne vogliano più di un paio – uno dei due gemelli della pazza del Cavillo, annuì all'altro
Dobbiamo farlo proprio qui? - osservò la lesbica sfregandosi le braccia – si gela –
King annuì
Il mio ufficio sarebbe... - ma la rossa Potter sollevò la sua bacchetta, stringendo lo sguardo su di lui
Non ci pensi nemmeno – lo minacciò – abbiamo un paio di cosette da chiederle... -
Il mezzo lupo si frappose tra loro
Lily, sta calma – gli occhi di lei lanciarono fiamme
Calma? Oltre che Animagus sei anche diventato idiota? Ha cercato di uccidere Rose! - nessuna pietà nemmeno per il suo fidanzatino allora. Brava ragazza. Il professore scosse la testa
Non è come pensi – si voltò verso gli altri – non è come pensa nessuno di voi...King non è -
Non divento peloso una volta al mese – chiarì senza troppi giri di parole – Merlino, sono un professore di Difesa Contro Le Arti Oscure, vi stupite davvero di trovare delle fiale di Pozione Antilupo nel mio ufficio? - sembrava incredulo – capisco l'essere sospettosi, sono il presidente dell'associazione Sospettosi Anonimi, ma...ma...questo – li abbracciò con lo sguardo uno ad uno
Lo chiami pure Effetto Malocchio – lo prese in girò il rosso Weasley, che nel frattempo aveva posato a terra la secchiona svenuta.
Il bastardo del licantropo ricominciò a parlare
Forse è il momento che tutti noi... -
No! - il biondo mezzo Veela intervenne con voce secca – Teddy...non posso lasciarvelo fare – sospirò, gli occhi che mandavano lampi. Aveva l'espressione di uno che avrebbe preferito essere pestato a sangue dal Platano Picchiatore piuttosto che restare lì a dire quello che stava per dire
Louis – lo ammonì King mostrando di conoscerlo molto meglio di quanto chiunque di loro avrebbe mai immaginato. Incontrando lo sguardo dell'altro, Scorpius si sentì di tentare che era proprio così.
No, King. Devo farlo io – sospirò passandosi una mano fra i capelli biondi, baluginanti alla luce della luna a metà del suo percorso – Non posso più lasciare che qualcun altro rischi al posto mio – Louis Weasley fece un passo avanti, attento a sistemarsi nel cuore del getto di luce lunare. Lentamente si sbottonò il mantello, lasciò cadere a terra la giacca della divisa, allentò la cravatta gialla e nera, si tolse il maglioncino, e rimase in piedi in mezzo alla neve, in maniche di camicia, senza dare il minimo segno di sentire il freddo. Poi cominciò a slacciare i pantaloni, come se gli costasse un'immensa fatica.
Scambiò uno sguardo con i suoi cugini, uno sguardo pieno di rammarico e scuse, gli occhi pieni di disprezzo per se stesso, e di spiegazioni. Nessuno di loro parlò, mentre i calzoni gli scivolavano lungo le gambe ormai nude.
Gli occhi della combattiva mulatta si dilatarono, riempiendosi di lacrime, mentre Teddy Lupin e King lo guardavano, il primo con tristezza, l'altro con una punta di approvazione negli occhi spaventosamente neri. Fu un bene che Hugo Weasley non avesse più in braccio sua sorella, perché l'avrebbe lasciata cadere a terra. Frank Paciock, che aveva l'irritante abitudine di passare inosservato, scosse la testa dolorosamente.
Solo Lily Potter sembrava...arrabbiata.
Rose Weasley si riprese in quel momento, alzandosi lentamente. Sarebbe svenuta nuovamente, se non fosse stata la progenie della Mezzosangue Granger.
Scorpius si avvicinò silenziosamente, circumnavigando lo spogliarello di Weasley nel mezzo del prato, e trattenne il respiro: cinque lacerate cicatrici di ferite di artiglio solcavano la coscia del mezzo Veela, dal fianco al ginocchio, per traverso, come la zampata di un enorme...Merlino!
Dimmi che quello che vedo non è – la Potter sbottò – perché, Godric, non ce l'hai detto? Idiota! - respirava affannosamente – siamo i tuoi CUGINI! Ti avremmo...ti avremmo – la voce le tremò appena, mentre Lupin tentava di calmarla.
Lo guardò, colma di furore, e lui indietreggiò. Doppiamente brava.
Louis Weasley si lasciò andare ad uno stremato sospiro, e King gli si avvicinò, poggiandogli una mano sulla spalla fasciata solo da un lembo di stoffa
Devo avere una bottiglia di Whisky Incendiario da qualche parte – poi si voltò verso la secchiona Weasley e le lanciò un'occhiata men che innocente – accanto a tutte le prove inequivocabili della mia licantropia – lei arrossì, decisamente più di quanto chiunque altro avrebbe potuto fare senza che gli esplodesse la testa.
Scorpius si voltò verso Lily Potter, mentre Louis si rimetteva, misericordiosamente, i pantaloni; i suoi occhi azzurri sembravano lontani da lì, molto più lontani di quanto le sarebbe piaciuto ammettere.
Allungò un gomito a toccarla
Il film è finito Potter, hanno acceso le luci – lei lo guardò, colma di una determinazione strana, soprannaturale, al di sotto della rabbia e la sofferenza. Sembrava combattere, anche contro qualcosa che non poteva più cambiare.
Non disse nulla, ma a Scorpius Malfoy non erano mai servite troppe parole.
 
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Angolo della delirante autrice: ebbene, so che non ci avrete capito niente di questo capitoloXD Ma prometto con il prossimo molte cose verranno chiarite e dubbi emendatiXD

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Capitolo 19
*** Passaggi Segreti ***


Passaggi Segreti
 
 
Aguzza qui, lettor, ben li occhi al vero,
ché ’l velo è ora ben tanto sottile,
certo che ’l trapassar dentro è leggero.
(Divina Commedia, Purgatorio, Canto VIII, vv 21-23)
 

Li osservò uno ad uno, nella loro quasi tenera giovane determinazione, e si chiese qual'era stata l'ultima volta che lui aveva ascoltato qualcuno così attentamente; non che per King fosse strano essere ascoltato, era il loro dannato professore, ma allo stesso tempo quei ragazzini non ci avevano messo né uno né due a puntargli contro una bacchetta quando avevano sospettato che in lui si potesse nascondere qualcosa di losco.
Eppure erano tutti lì, osservò King, e tutti i loro occhi, castani, azzurri, verdi o grigi che fossero, erano fissi su di lui, in attesa.
La bottiglia di Whisky Incendiario troneggiava mezza vuota sulla sua scrivania. Aveva fatto apparire qualche sedia, ma erano comunque uno appiccicato all'altro nel suo studio stipato di libri, bauli, aggeggi di varia natura, e quella quantità così sospetta di pozioni Antilupo.
Oh beh, se ognuno di loro avesse visto la metà delle cose “sospette” che custodivano quei bauli, probabilmente la Pozione Antilupo sarebbe stato l'ultimo dei loro problemi.
Rose Weasley lo fissava con quel suo sguardo selvaggiamente intelligente, ma non aveva ancora detto una parola. Il giovane Potter lo aveva ascoltato con gli occhi ridotti a fessure, mettendo insieme i pezzi disorganizzati del suo racconto, mentre il resto della loro bizzarra famiglia manifestava la più ampia e dissonante gamma di emozioni che King avesse mai visto: curiosità, sospetto, timore, meraviglia, annoiata strafottenza, e rabbia, baluginante e intensa, che sembrava scavare una traiettoria mortale fra Lily Potter e ciò che la circondava.
Sembrava insensatamente furiosa.
Malfoy era seduto in disparte, distrattamente abbandonato allo schienale della sedia, la caviglia appoggiata al ginocchio, e la osservava con quel misto di divertimento e curiosità che lo stupì, per quanto era genuino: non che avesse mai avuto pregiudizi nei confronti del figlio di Draco Malfoy, malgrado le storie che si sentivano su di lui alla Testa di Porco, ma certo non gli era sembrato il tipo di persona che ha una qualsiasi espressione sincera. Era sveglio, affascinante, probabilmente, per le ragazzine della sua età, indubbiamente oscuro, ma mai sincero. In quel momento, mentre lo osservava sogghignare in direzione di Lily Potter, sembrò quasi vero.
Louis non si era seduto; aveva continuato a camminare imperterrito avanti e indietro lungo il metro e mezzo scarso di spazio che gli concedeva quello strano assembramento di persone.
Non era più il ragazzino spaventato che aveva conosciuto quasi un anno prima: nei suoi occhi verdi e gioviali, la scintilla del terrore aveva lasciato spazio alla quieta determinazione della rassegnazione, dell'accettazione, della pace.
Cerco di convincersi che, malgrado la sua completa inettitudine, anche lui aveva avuto la sua parte in quella miracolosa trasformazione. Se non altro, nel suo inizio...
 
Romania, quasi un anno prima
 
Altair Rigel King si strinse addosso il pastrano sdrucito, barcollando leggermente.
La notte era gelida e buia, il vicolo maleodorante e deserto. Solo il rumore dei suoi passi discontinui riecheggiava sulle pietre del selciato umido.
Era sbronzo.
Non che fosse una novità, ultimamente, ma quella sera era davvero, dannatamente, sbronzo.
Una ragazza dall'aria malaticcia lo invitò a raggiungerla con un gesto audace delle braccia scarne; indossava una pelliccia finta sopra un reggiseno fucsia e una minigonna di pelle nera, e si reggeva a stento in piedi nella tormenta su stivali dai tacchi vertiginosi. Non doveva avere più di quindici o sedici anni, e i capelli lisci e biondi le ricadevano flosci e poco puliti sulle spalle ossute
Hei splendore, ti va un giretto? - il suo rumeno era sporcato da un pesante accento russo.
King avrebbe cercato di aiutarla se fosse stato sobrio. Le avrebbe parlato, allungato qualche euro, magari offerto qualcosa da mangiare nel chiosco dietro l'angolo.
Ma era ubriaco fradicio, aveva la testa pesante e la vista appannata; era da un po' che non sentiva i muscoli del viso muoversi come avrebbe voluto, e stava seriamente temendo di non riuscire ad arrivare al vicolo in tempo per slacciarsi i pantaloni ed espellere i litri di Zuica scadente che quel barista aveva spacciato per nettare degli dei.
Si lasciò alle spalle la prostituta, la via illuminata, e si lasciò trascinare nel buio, il fetore di sporcizia e trascuratezza che gli impregnava le narici.
Gliene era scappato un altro, quella notte. Aveva ucciso tre bambini e due donne prima che riuscissero ad individuarlo. E quella notte avrebbe ucciso ancora, perché lui non l'aveva fermato. Per mesi lo aveva seguito, fiutato. Gli era arrivato alle spalle, sempre, continuamente, ogni notte, e ogni notte lo aveva mancato per un soffio, costretto ad inginocchiarsi accanto a cadaveri dai mille volti, silenziosi e per sempre immobili.
Si lasciò andare contro il muro umido di pioggia e ricoperto di muffa verdastra, armeggiando con i bottoni dei jeans. Il vicolo era solo uno stretto anfratto fra due locali, il cemento armato cospargeva tutto malamente, conferendo agli edifici un tono squallido e un'aria trasandata. L'odore, se possibile, era anche peggio, con quel vago sentore di verdura marcia e carne decomposta, nugoli di mosche che, nonostante il gelo e la pioggia, attorniavano le carcasse dei gatti morti dietro i cassonetti.
Chiuse gli occhi per reprimere un conato, e il pavimento sembrò corrergli incontro per travolgerlo.
Raccolse tutte le forze e la concentrazione che possedeva, e finalmente riuscì nel suo intento
Oh, Merlino... - non si era nemmeno accorto di trattenersi da così tante ore.
Appoggiò la fronte alla parete sdrucciolevole, sospirando; era un pessimo mago, un pessimo figlio e un pessimo Cacciatore. La gente continuava a morire attorno a lui, senza che potesse fare niente, se non ripulire dove altri avevano massacrato e ucciso.
Era diventato più bravo con gli incantesimi di memoria che con qualsiasi altra magia.
Il che, anche in quello stato di ubriachezza lacrimevole, lo faceva incazzare come nient'altro al mondo.
Cercò di ridarsi un tono, inutilmente: i capelli lunghi e ricci avevano bisogno di essere lavati, così come i vestiti, e gli stivali dalla punta in argento che indossava erano macchiati di vomito.
D'un tratto lo sentì. Un urlo agghiacciante, di dolore, paura e furore, spandersi nell'immobile notte come una sirena nel mare in bonaccia.
King rimase in attesa, le orecchie tese, i sensi finalmente attivi, i nervi saldi malgrado l'ubriachezza di poco prima. L'adrenalina della caccia gli scorreva nelle vene come ossigeno, risvegliando quella parte famelica di lui che fiutava l'odore del sangue.
Stanarlo, doveva solo stanarlo.
Si precipitò in direzione delle urla che, sempre più prolungate ma flebili, erano diventate il punto focale di ogni suo senso all'erta.
Svoltò un angolo, poi un altro, precipitandosi nel mezzo della strada poco trafficata della periferia; un taxi dall'aria traballante frenò all'ultimo secondo, e l'autista dal mento sporgente e gli occhi infossati sporse un dito medio poco gentile dal finestrino, urlando qualcosa che, nemmeno nel suo perfetto rumeno, King seppe interpretare.
Un altro lacerante urlo.
Lasciò che il suo istinto lo guidasse, sfrecciando in mezzo agli spacciatori minorenni e le prostitute mollemente appoggiate agli angoli delle strade, finché non la vide: un'ombra gigantesca, riflessa nel baluginare di un lampione scheggiato, che si chinava.
Scattò, estraendo dalla tasca interna del lungo cappotto l'arma caricata a pallottole d'argento, e si preparò a catturare finalmente la sua preda.
Quello che si trovò di fronte non fu il vampiro che si era aspettato...un enorme uomo lupo stava ringhiando contro qualcuno, accovacciato e tremante, immerso nel suo stesso sangue.
La bestia si preparò ad attaccarlo, eccitata dalla carne esposta e le ferite aperte che aveva inferto, pronta a sferrare il colpo di grazia.
Estrasse la pistola e fece fuoco, centrando il Licantropo al petto; un fiotto di sangue esplose dal suo torace, schizzando la sua vittima, che si ritrasse ancora di più in se stessa, cantilenando una nenia sconclusionata di cui King riconobbe solo le parole “Cappello Parlante” e qualcosa che somigliava a “Hogwarts”.
Ma l'analisi linguistica delle paure di un ragazzo morente non era esattamente la priorità di King in quel momento, specialmente perché la bestia si era voltata, rabbiosa, e lo aveva puntato con il suo brutto muso.
Puntò l'arma e fece fuoco, semplicemente, inesorabilmente, la canna che si sollevava e abbassava ritmicamente, i bossoli che cadevano a terra uno a uno, in un tintinnio di morte.
Sparò, e sparò ancora. Sparò anche quando l'unico rumore a tormentargli i timpani fu quello del grilletto che scattava a vuoto, mentre l'enorme animale si accasciava a terra in un lamento, il petto ormai ridotto ad una poltiglia sanguinolenta e la vita che lo abbandonava.
In un attimo il pelo si ritrasse, così come le zanne e gli artigli, e a terra non rimase altro che un uomo anziano, sulla settantina abbondante, nudo e avvizzito, raccolto in posizione fetale.
Era strano vederlo così, inerme, accanto al ragazzo che per poco non aveva ucciso, entrambi vittime di un disegno troppo articolato perché potessero comprenderlo.
King, giudice, giuria e boia, sospirò profondamente, inginocchiandosi accanto al ragazzo che ancora tremava, la coscia squarciata dagli artigli del Licantropo che sanguinava copiosamente, e un principio di shock a stravolgergli i lineamenti del viso attraente. Sarebbe stato bello, uno dei ragazzi più belli che avesse mai visto, se solo non avesse avuto l'aspetto di un morto.
Lo scosse brevemente, nella speranza di non averne perso un altro
Hei...Hei! - l'altro non rispose, limitandosi a spalancare gli occhi di un verde quasi soprannaturale – come ti chiami? - gli chiese in rumeno, ma il ragazzo non sembrò comprendere: aveva mossi capelli biondi, un viso perfetto dai lineamenti cesellati, e un pittoresco orecchino di corno che gli dondolava sinistramente al lobo – non preoccuparti – ripeté in inglese, notando in lui un lampo di comprensione – starai bene – esaminò con uno sguardo la ferita, e si sforzò di non lasciare che l'orrore gli deformasse il viso – come ti chiami? - il ragazzo, che sembrava più forte di quanto non gli fosse sembrato al primo sguardo, deglutì, concentrato
Lou...Louis – King avvolse il suo pastrano attorno alla testa di lui
Te la caverai Louis... - lo rassicurò a mandibola serrata. Poi estrasse una boccetta di essenza di Dittamo, e la stappò, versando poche gocce del suo contenuto sulla ferita aperta del ragazzo. Lentamente, come se il tempo si fosse fermato attorno a loro in quel gelido vicolo fetido, la carne lacerata di lui si ricompose, raccogliendo i suoi lembi slabbrati attorno alle ferite.
Il suo corpo sarebbe guarito, ma la sua anima...
Altair Rigel King chiuse gli occhi. Quella notte era riuscito a salvarne uno. Louis, il biondo incantatore di serpenti con l'orecchino di corno, sarebbe sopravvissuto, ma la sua vita sarebbe cambiata per sempre.
E per sempre è un tempo straordinariamente breve per un Lupo Mannaro adolescente appena trasformato. Lui, di solito, era quello che metteva la parola fine ai “per sempre” di quelle creature.
Nell'osservare quel ragazzo risoluto, che lottava per restare sveglio, e lo fissava con quegli occhi intensamente verdi, pregò di non incontrarlo mai più.
Il biondo gli sorrise. Non lo avrebbe ringraziato se avesse saputo davvero a cosa lo aveva condannato, non avrebbe ringraziato nessuno; il suo futuro, purtroppo, non si sarebbe rimarginato altrettanto rapidamente...
 
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Quando sollevò di nuovo lo sguardo dal bacile dei suoi ricordi, dieci paia di occhi lo fissarono incantati. Espressioni diverse incastonate in visi diversi, ma gli stessi sguardi ammaliati, addolorati e fragili. Erano solo bambini, e il mondo avrebbe dovuto cominciare a sembrare loro brutto solo di lì a parecchi anni.
Eppure erano lì, tutti quanti, ad ascoltare la storia di come, per uno di loro, il mondo aveva cominciato ad essere spaventoso molto presto.
Lily Potter posò lo sguardo su Louis, in un modo che quasi lo fece sentire a disagio: non era addolorata, o partecipe come tutti gli altri. Era furiosa, e ferita.
Perché non ce lo hai detto? – sibilò verso l'altro. Louis rimase in silenzio, ponderando una risposta che non poteva dare. Come avrebbe fatto a spiegarle che non ne aveva avuto il coraggio? Che l'essere un peso per la sua famiglia, già così provata dalle perdite e gli strascichi della guerra, era qualcosa che lui non poteva sopportare? Avrebbe capito, lei, quanto difficile fosse per quel ragazzo affrontare tutto da solo?
Dopo quella che gli parve un'eternità, in cui gli sguardi di Lily Potter saettavano sul viso del cugino, e Malfoy li osservava con attenta concentrazione, mentre il resto della famiglia manifestava con evidenti gesti il proprio disagio, Rose Weasley, finalmente, parlò
Ma se quello che dite è vero, cosa c'entra Teddy in tutto questo? - Lupin la guardò con un mezzo sorriso sul viso gentile, lo stesso viso che lo aveva colpito quando si erano incontrati per la prima volta. Come allora, sembrava nascondere un inarrestabile tormento interiore che non voleva rivelare, di cui non aveva intenzione di parlare, ma che non poteva fare a meno di lasciar trasparire dal suo sguardo sempre triste, anche quando il resto del viso sembrava sorridere. O almeno, questa era stata la prima impressione di King quando quello strano ragazzo si era offerto di aiutarlo nella caccia a quei poltergeist assassini in Germania.
In quel momento, al di sotto della tristezza, sembrava essersi assopita una languida allegria, quasi una perversa forma di felicità. Teddy Lupin sembrava completamente sereno.
I suoi occhi corsero sul viso di Lily Potter, per posarsi immediatamente, colti in fallo, su un punto non identificato alle spalle di lei, quasi come un'abitudine consolidata e difficoltosamente acquisita.
Poi tornarono a posarsi su Rose, pacati e gentili
Diciamo che mi trovavo nei paraggi – sorrise, riavviandosi automaticamente i capelli castano ramati sulla fronte – quando King è stato scelto come insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure, ho immaginato che non fosse perché gli mancavano creature da cacciare, quindi ho tenuto d'occhio i suoi affari – gli rivolse un sorriso complice – ero nella foresta la notte di Halloween perché dopo l'attacco dei Traghettatori ero ferito, e trasformarmi era il modo più facile per guarire – si strinse nelle spalle – poi li ho visti, e ho capito – i suoi occhi azzurri si dilatarono un istante, poi cominciò a parlare.
 
Flashback****************************************************************
 
Correva come se potesse camminare nel vento. Correva come se bastasse a lasciarsi dietro tutto il peso che si portava sulle spalle. Correva, ingurgitando ventate di libertà liquida nella soffice nebbia della notte.
Amava trasformarsi, amava la sensazione del terreno bagnato sotto le zampe, i rami degli alberi che gli sbattevano addosso nella corsa, l'odore intenso della notte nella Foresta Proibita.
Non era un estraneo in quei luoghi. Per la prima volta nella sua vita nessuno si chiedeva cosa sarebbe diventato con la luna piena, se la malattia del padre che non aveva conosciuto era diventata la sua, se la follia dei parenti di sua madre si sarebbe, alla fine, manifestata anche in lui.
Non c'era Acromantula, o Unicorno, o Centauro che si fermasse a chiedergli se per caso aveva intenzione di sbranarlo.
Lì, in mezzo alla terra bagnata, le foglie in decomposizione sul terreno irregolare e solcato dalle radici degli alberi millenari, poteva semplicemente correre, ululare alla luna piena e ridere, gorgogliando come un rospo morente, nell'unico modo in cui un lupo può ridere.
E Teddy era un lupo, per ironia della sorte, un mastodontico lupo dal pelo ramato e gli occhi umani.
Non sapeva se Remus Lupin avrebbe riso nel sapere che l'animale in cui suo figlio si trasformava era il suo peggiore incubo. Probabilmente avrebbe sospirato, a sentire Harry, ma Sirius e James, oh, loro avrebbero riso eccome.
D'un tratto il suo olfatto sviluppato colse un odore familiare, qualcosa che l'animale che era in lui percepiva come branco. Avrebbe potuto continuare a correre e lasciarsi trascinare dall'euforia della caccia e del terriccio molle che gli accarezzava le zampe, oppure...
Scartò di colpo, inseguendo, senza riuscire a comprenderne nemmeno la ragione, quel profumo così delizioso e invitante, l'odore del branco che lo faceva sentire incredibilmente al sicuro.
Corse finché la luce della luna piena non fendette una radura, uno di quei luoghi quasi incantati che a volte la natura sa regalare; un angolo di Paradiso nel mezzo della Foresta Proibita.
Nel mezzo dello spiazzo illuminato, una decina di lupi ululavano alla luna. Teddy si avvicinò guardingo. Ora lo sentiva, misto all'odore del branco, un altro odore, quello del pericolo.
Si acquattò dietro un tronco divelto, e attese, silenzioso, mentre gli enormi animali, molto più grandi di qualsiasi lupo avesse mai visto, si rotolavano giocherellando fra loro, azzannandosi scherzosamente alla gola, alle zampe e alla coda, come se sanguinare fosse il gioco più divertente del mondo.
Era decisamente un comportamento bizzarro per un branco di lupi, questo era un fatto.
Improvvisamente, una sagoma minuta uscì dalla foresta: una donna, nuda, drappeggiata solo da una massa di serici capelli lunghi, si avvicinò lentamente agli animali, con una mano sollevata, l'unica protezione fra sé e la morte istantanea. Ma quelle creature non sembravano intenzionate ad attaccarla: rimasero accucciati e mansueti, come se riconoscessero in lei qualcuno da rispettare, anziché una minaccia, o una preda.
L'intero branco uggiolò e si accucciò, in attesa. Appena la ragazza raggiunse il getto di luce, il suo corpo sembrò scorrere come acqua. Senza emettere un lamento, né un suono che potesse identificare la mutazione che stava subendo, o le sensazioni che stava provando, un uomo lupo, una donna, in quel caso, comparve davanti ai suoi occhi allibiti. Licantropi.
 
Fine flashback**************************************************************
 
E così è andata – terminò Teddy – li ho seguiti, e ho sentito l'odore della paura, e del sangue, e poi la voce di Hagrid... - arricciò il naso – e ho fatto quello che dovevo fare per impedire loro di farvi del male – incomprensibilmente, i suoi occhi azzurri balenarono un istante di troppo in quelli grigi e baluginanti di Scorpius Malfoy. L'altro rimase impassibile, ma la sua postura s'irrigidì impercettibilmente.
Teddy Lupin si alzò con un movimento fluido, e li invitò con lo sguardo a fare lo stesso. Ovviamente, Rose Weasley lo fissò con determinazione
Non starai mica dicendo che ce ne andiamo adesso uh? - suo fratello roteò gli occhi
Io penso proprio di sì Nancy Drew – stiracchiò il suo corpo imponente e poggiò entrambe le mani sulla sedia di lei – solo perché la tua irritante curiosità non ha limiti, non significa che mezza Hogwarts debba restare sveglia ad ascoltare il tuo terzo grado – sul viso di lei si dipinse un'espressione soddisfatta e battagliera
Nessuno ti ha chiesto di rimanere, infatti - i suoi occhi castani e profondi lo immobilizzarono – ma lei lo farà, professore – insistette particolarmente sull'ultima parola, maliziosa. Quella ragazzina non gli piaceva, non gli piaceva affatto.
Eppure lui l'aveva spaventata a morte, Schiantata e scagliata a tre metri di distanza nella neve gelida, quindi si meritava almeno la versione edulcorata e corretta di tutta la storia.
Sospirò sollevando entrambe
Bene, bene, se è così curiosa di conoscere i particolari macabri della mia vita di Cacciatore di Creature Oscure, mi sacrificherò per illuminarla in merito – ironizzò, mentre lei estraeva una piuma e una pergamena dalla tasca interna del mantello. King la fissò con un sopracciglio sollevato, e la Weasley ricambiò lo sguardo con eloquenza
Che c'è? Credeva davvero che non mi sarei attrezzata? - la sua espressione così genuinamente determinata lo fece sorridere. Beh, forse gli piaceva un po' di più.
 
***
 
Tutta la sua famiglia s'incamminò vociando verso le rispettive Sale Comuni: Teddy camminava fianco a fianco con Louis, e gli teneva una mano appoggiata alla spalla. Lily sapeva che quello era il suo modo per fargli capire quanto fosse dispiaciuto ma fiero; Hugo, Frank e Roxanne conducevano con passo deciso la fila, fermandosi di tanto in tanto ad aspettare, i gemelli, che si guardavano intorno sbalorditi dalla “stupefacente bellezza dei ritratti preraffaeliti” a detta loro. Beh, non furono più così stupefacenti quando sollevarono il dito medio per augurare loro la buonanotte.
Al bivio delle scale, il gruppo si divise, con Teddy che scortava i Corvonero fino ai loro dormitori, e i suoi compagni di Grifondoro che si susseguivano in processione per salire al settimo piano e concedersi una beata notte di sonno.
Scorpius Malfoy si appoggiò distrattamente alla ringhiera, fissandola con un mezzo sorriso sul viso illuminato dalla luce delle torce.
Se non fossi patetica, saresti quasi comica Potter – la rabbia che da ore stava tentando disperatamente di soffocare, esplose, riversandosi su di lui
Tu mi parli di patetico Malfoy? - sollevò un sopracciglio, incrociando le braccia al petto. L'altro inclinò il capo, senza smettere di sghignazzare. Poi indirizzò uno sguardo alle sue spalle, soddisfatto e cospiratore, e tornò di nuovo su di lei, indicandole con un cenno i sotterranei.
Probabilmente, se Lily avesse avuto un minimo di autocontrollo in quel momento, o anche solo uno spiraglio di razionalità immerso in quella sua testa aggrovigliata di capelli rossi, gli sarebbe scoppiata a ridere in faccia. Ma Lilian Luna Potter, maledetta lei, non aveva un briciolo di niente in quel cranio, se non una marea montante di ansie e preoccupazioni, una colata di lava di rabbia e frustrazione, e la sensazione che nessuno, nemmeno Albus, avesse compreso appieno quello che aveva significato per lei scoprire che Louis era un Lupo Mannaro. Non gliel'aveva detto, non aveva condiviso con lei quel segreto. Non la riteneva all'altezza, abbastanza matura, intelligente da capire. Semplicemente, non era abbastanza.
E sembrava che solo Scorpius Malfoy, in tutto il Mondo Magico, avesse il coraggio di dirglielo in faccia.
In quel momento, Lily aveva solo bisogno che dalla bocca di qualcuno uscissero parole che significavano realtà, e verità, e non scuse o stupidi giochetti emotivi in cui i Potter-Weasley erano diventati così esperti.
Nemmeno Teddy, nemmeno lui...
Serrò i pugni lungo i fianchi
Lily – suo fratello la guardava dalla cima delle scale, gli occhi verdi che riflettevano la luce delle torce, e sembravano liquefarsi sul suo bel viso. La divisa di Hogwarts, stranamente in ordine, riluceva di un nero quasi innaturale, e l'oro della coccarda sul petto emanava un leggero scintillio – andiamo? - formulò quella frase come una domanda, ma i suoi occhi astiosi che correvano da lei a Scorpius significavano cose molto diverse.
Il Serpeverde, d'altra parte, continuava a zigzagare dal suo sguardo a suo fratello, con soddisfazione sempre crescente. Se la stava godendo, per Godric. Se la stava godendo maledettamente!
Nuovamente, Lily si rese conto di quello che la razionale se stessa avrebbe fatto, mandandolo ai troll e raggiungendo Albus sulla cima delle scale, per ascoltare le sue parole consolatorie e acute, molto più sagge di quelle di chiunque. Le avrebbe spiegato con calma e pacatezza quanto difficile fosse per Louis quel momento, e quanto tutti loro dovessero stargli vicino per affrontare insieme quela nuova situazione. E Lily si sarebbe resa conto un'altra volta di quanto straordinariamente meraviglioso e adulto fosse suo fratello, andando a sbattere contro la triste realtà della propria inenarrabile inettitudine.
Ma Malfoy era l'essere peggiore della terra, no? Non doveva temere di sembrare sciocca o immatura con lui. Insomma, era Scorpius Malfoy!
Così la sua razionalità volò via come un Boccino d'Oro nel campo di Quidditch, e i suoi occhi azzurri, ridotti a fessure, incrociarono quelli verdi e sospettosi di Albus
Dì alla Signora Grassa che mi dispiace – e si voltò.
Anni dopo Lily avrebbe definitivamente decretato che era stato quel momento, lì, sul pianerottolo del secondo piano, a cambiare tutto per sempre, e a far pendere inesorabilmente l'ago della bilancia a favore del caos. Non solo nella sua vita, ma nella natura stessa delle cose, nell'immutabilità della fisica applicata alle Case di Hogwarts. Lei, Lilian Luna Potter, una Grifondoro fin nel profondo delle ossa e dell'anima, stava voltando le spalle a suo fratello, il suo alleato, la sua spalla, un altro Grifondoro, figli di Grifondoro da generazioni, per un Serpeverde. E non un Serpeverde qualsiasi, ma il Principe delle Serpi, Scorpius Hyperion Malfoy!
E quello stesso idiota, continuava a guardarla sogghignando, la bandiera della vittoria che sventolava sopra la sua testa ossigenata.
Ma Lily lasciò andare un piede davanti all'altro, senza incrociare il suo sguardo né voltarsi verso Albus, e cominciò a scendere le scale, accompagnata nella sua discesa agli Inferi solo dal suono delle sue Converse che scivolavano sui gradini; il rumore strisciante del tradimento.
Solo quando si ritrovò sull'ultimo gradino della scala principale, si rese conto che non aveva idea di dove stesse andando.
Allora ebbe il coraggio di guardare su, incontrando a metà strada il viso rilassato e divertito di Malfoy, che scendeva tranquillamente, come se lei non avesse appena rinnegato la sua stessa natura per arrivare fino a lì.
Non guardarmi come se ti avessi dato un colpo in testa con una mazza da Battitore per tramortirti e portarti nella mia caverna – sogghignò – io sono innocente – di nuovo quel tono leggero e malizioso, che celava un milione e mezzo di segreti – sei tu che non riesci a starmi lontana – si strinse nelle spalle con noncuranza – Non fartene una colpa, non ci riesce nessuna – Lily strinse i pugni
Non credere che sia qui per te – borbottò – ora io me ne vado – esitò – da qualche parte, e tu puoi tranquillamente andare a rendere felici tutte le tue ammiratrici - controllò platealmente l'orologio – sono le quattro del mattino, saranno in pensiero! - l'altro sollevò un angolo della bocca, immensamente divertito. Sperò vivamente che non lo fosse dalla sua disperazione.
In quel momento, a mente meno squagliata di rabbia, Lily si rese conto di quanto stupido e avventato fosse stato il suo gesto. Dare ad un Malfoy un dito significava vedersi sbranare, non solo tutto il braccio, ma anche la maggior parte della gabbia toracica! Come aveva fatto ad essere così stupida?
Si voltò, la schiena eretta e i pugni stretti, ma prima che potesse raggiungere nuovamente le scale, Malfoy la fermò
Calma, Grifone, non ti scaldare – una risata a malapena trattenuta gli sfuggì dalle labbra. Fu quella risata a convincerla a restare. Pensando, a mente lucida, probabilmente avrebbe trovato un milione e mezzo di ragioni valide, ma in quel momento fu solo il suono di quella risata a impedirle di mettere il piede sul primo gradino. Era la prima risata vera, priva di qualsiasi malizia, autentica o lontanamente tale che gli avesse mai sentito fare. E sarebbe stata anche l'ultima, probabilmente.
Si voltò, sospettosa
Non vorrai portarmi dietro qualche colonna per strapparmi la mia virtù, vero? Perché ho decisamente superato quella fase – e Scorpius, ehm, Malfoy, la guardò come se si stesse divertendo un mondo, e non credesse ad una sola dannata parola uscita dalle sue labbra
Se volessi strapparti di dosso qualcosa Potter, lo sapresti...- il lampeggiare del suo sguardo fu l'ultima cosa che vide prima che le voltasse le spalle e impugnasse la maniglia di una porta che Lily non avrebbe mai notato, altrimenti – tesoro, sono le quattro del mattino, e io sto morendo di fame, domattina il tuo bel fidanzatino peloso m'infilerà la sua regale bacchetta dove non batte il sole, perché probabilmente cadrò a terra svenuto dalla noia e dal sonno, e domenica c'è il Quidditch, il che vuol dire che la squadra andrà in ritiro pre partita domani dopo le lezioni – la fissò come se la incoraggiasse – il che vuol dire... -
Che non potrai rotolarti da un baldacchino all'altro per tutto il week end - lo fulminò – tesoro...? - lui schioccò le dita
Precisamente – le indicò le scale che scendevano dabbasso con un teatrale movimento del braccio – perciò, ti prego Potter, muovi quel tuo sedere ossuto fino a qui, e smettila di farmi desiderare di averti lasciato in balia dell'ira di tuo fratello...-
Tu non mi ha... - lui fece un cenno distratto con la mano
Certo, certo...muoviti – e scesero lungo la scalinata.
Lily si trovò in mezzo ad un lunghissimo corridoio illuminato, drappeggiato di quadri raffiguranti del cibo, e cercò di riportare alla mente dove diavolo la stesse portando Malfoy; poi i suoi neuroni provati richiamarono alla mente la Mappa del Malandrino e i racconti di scuola di suo padre e dei suoi zii
Non pensi che gli Elfi Domestici potrebbero mandarci ai troll se proviamo ad entrare nelle cucine a quest'ora della notte? – Malfoy sbuffò divertito, come a voler sottolineare quanto ingenua lei fosse.
Appena ebbe solleticato la pera panciuta dell'enorme ritratto che faceva da entrata alle cucine, Lily si sentì investire da una calda fragranza di pane appena sfornato, porridge, marmellata, uova fritte e dolci. Inspirò una generosa boccata di delizioso profumo, e sentì immediatamente lo stomaco contrarsi per la fame.
Malfoy si muoveva con naturale familiarità in mezzo all'enorme stanza dai soffitti altissimi, mentre centinaia di Elfi Domestici di sperticavano in saluti e convenevoli, porgendogli qualsiasi cosa trasportassero.
Lily non poté far altro che guardare la scena a bocca aperta. Niente, mai, in tutta la sua intera vita, avrebbe potuto sconvolgerla di più di un Malfoy che chiacchierava con degli Elfi Domestici.
Ad un certo punto il ragazzo si voltò, quasi spazientito
Non mi prostrerò ai tuoi piedi con una torta sulla testa e una mela in bocca Potter, quindi se hai fame... – le indicò con un cenno la tavola imbandita di cibo. Lily si riebbe, e si avvicinò.
Un elfo dalle grandi orecchie da pipistrello e un ciuffo di capelli rossi più spettinati di quelli di Albus, le porse un vassoio con una nutrita gamma di dessert
La bella signorina prende il dolce di Kliggy – Lily esitò
Se lo rifiuti si offenderà – le sussurrò all'orecchio Scorpius, passandole alle spalle, e sistemandosi a gambe incrociata sul tavolo che, in sala Grande, apparteneva ai Corvonero. Sistemò con noncuranza una quantità spropositata di cibo, probabilmente a causa di quello che le aveva appena detto, e addentò un muffin dall'aria deliziosa.
Bella signorina – la chiamò l'Elfo i cui occhi rotondi cominciavano a brillare – prende? - Lily si affrettò ad accettare il vassoio
Grazie – borbottò in imbarazzo
Kliggy non ringraziato. Kliggy adora cucinare per Madame Maxime – sembrava incredibilmente sincero mentre lo diceva, e Lily sospettò che fosse così; da quando Silente era diventato Preside, e sua zia Hermione aveva portato avanti la sua battaglia per C.R.E.P.A, gli Elfi domestici di tutto il Mondo Magico avevano acquisito una marea di diritti fino a quel momento negati e, specialmente gli Elfi di Hogwarts, ora accettavano persino dei piccoli regali dalla Preside e da chiunque desiderasse ringraziarli per lo straordinario lavoro che facevano per la scuola.
Con un nodo allo stomaco, Lily pensò che Dobby sarebbe stato immensamente fiero.
Perché sul tavolo? - domandò a Malfoy una volta seduta
Se ti sedessi non smetterebbero più di portarti cibo – un sorriso fugace, stranamente reale, gli attraversò il viso – ci ho messo mesi prima di capirlo – addentò una frittella di mele, e le lanciò uno sguardo obliquo – non è divertente volare dopo una notte qui dentro – poi lasciò vagare lo sguardo lontano, all'imponente camino che troneggiava dall'altra parte della stanza.
Lily cominciò a mangiare in silenzio, gli occhi bassi sul suo vassoio di cibo, in imbarazzo; non era mai stata in imbarazzo con Scorpius Malfoy, era uno dei lati positivi dell'odiarlo oltre ogni misura.
Dopo quella che parve un'eternità, non riuscì più a trattenersi
Perché questo? Voglio dire – l'altro la guardò con noncuranza
L'Elfa Domestica del Malfoy Manor è il mio membro preferito della famiglia – il suo tono era leggero, ma non la guardava negli occhi. Non scherzava.
Ma... - evidentemente, quella conversazione, non era il genere di discorso che Scorpius Malfoy aveva voglia di affrontare in quel momento. La interruppe bruscamente, anche se il suo tono non lasciava trapelare alcuna traccia d'irritazione. La sua maschera preferita era di nuovo al suo posto
Sai Potter...sei così disperata che, se ti baciassi, saresti anche capace di cascarci di nuovo... - Lily lo fulminò
Certo, se volessi risvegliarti in infermeria con un vassoio al posto del pomo d'Adamo – lo minacciò serrando la mandibola. Malfoy le concesse il punto, e si limitò a sogghignare sollevando gli occhi al cielo
Allora...cos'è che fa fremere di più la tua delicata anima di adolescente? Che tuo cugino sia un Lupo Mannaro, o che il tuo innamorato non te l'abbia detto? - i suoi occhi intelligenti indugiarono su di lei, prima di dedicare tutta la loro attenzione ad un bignè alla crema appena uscito dal forno.
Malfoy si era accomodato, come al solito, sul grande tavolo, distendendo una gamba e appoggiando un braccio all'indietro, per sostenersi. Con l'altro braccio appoggiato al ginocchio, si portava il cibo alla bocca con estrema noncuranza
Qualunque cosa sia, non la verrò certo a dire a te – si trincerò lei. Ma gli occhi di lui saettarono di nuovo
Oh, andiamo Potter, sai che so mantenere i segreti – il modo in cui lo disse, le fece correre un brivido lungo la schiena. Godric, se lo sapeva!
Alla fine sospirò; se fosse finita all'Inferno, tanto valeva farlo con la coscienza più leggera
E' che loro mi trattano come se – il Serpeverde sollevò la mano per fermarla
Ok, dacci un taglio con l'autocommiserazione, è noiosa – arricciò il labbro – vediamo se indovino....ti senti tanto tanto trascurata perché il tuo cugino licantropo non è corso da te a rivelarti il suo piccolo segretuccio, e il tuo fidanzatino lo ha protetto – sbuffò – Patetica, ed egoista – masticò lentamente un morso di bignè – e se io, il figlio di Draco Malfoy, do' a te dell'egoista, significa che il messaggio è arrivato fino a Marte – sventolò una mano davanti al viso – Per Salzar Potter! Un Licantropo lo ha quasi sbranato, datti pace! - Lily sbuffò
Non pretendo che tu sappia cosa significa condividere qualcosa che non siano le ragazze, Malfoy. Ma noi siamo una famiglia, sai no? Noi parliamo, e ci confrontiamo e... -
Sì beh, è tutto un meraviglioso campo di fiori profumati Potter – roteò gli occhi, apparentemente nauseato – ma il fatto che tu voglia essere chiamata in causa ogni dannata volta che qualcuno dei tuoi va in bagno, a me puzza di sindrome della sorella minore – i suoi occhi baluginarono di vittoriosa consapevolezza – o no? - un mezzo ghigno gli sfuggì dalle labbra, mentre si voltava verso di lei con un luccichio malizioso negli occhi – e poi non mi risulta che tu “condivida” con loro i tuoi, di segreti – ammiccò, pericolosamente vicino al suo viso – uh? - mentre lei tentava di ribattere parole lontanamente sensate, Malfoy si accorse di qualcosa, e scosse la testa – avrei dovuto appellare un bavaglino – commentò caustico, mentre le passava un dito sulle labbra – se mi lasciassero portare te o uno Schipodo Sparacoda a cena con la Regina, non avrei dubbi – e si succhiò via la crema dall'indice. Non lo fece in un modo volutamente sensuale o provocatorio. Si limitò a farlo, e fu sufficiente a farla avvampare fino alla punta dei capelli rossi.
Ma lui se ne accorse, e la guardò. Non sorrideva, semplicemente la fissava, come se potesse rivoltarla. Lily deglutì il nulla, la gola secca e lo stomaco chiuso.
Il Serpeverde si avvicinò impercettibilmente, lentamente, e si passò la lingua sulle labbra.
Lily trattenne il respiro, incapace di muoversi. Se l'avesse baciata l'avrebbe affatturato, si disse, mentre le labbra di lui respiravano fiato caldo sulle sue. L'avrebbe Schiantato come...
Malfoy si avvicinò fino a sfiorarla, ad un soffio, e si fermò. Un sorriso obliquo gli ridisegnò le labbra, e una scintilla maliziosa brillò nei suoi occhi.
Ahh, io non mi sbaglio mai – sussurrò – mai – afferrò un tovagliolo e glielo premette sulla bocca – coraggio Potter...ho un senzapalle incapace che pretenderà da me una Trasfigurazione parziale fra nemmeno quattro ore – si stiracchiò languidamente e la guardò, sempre con quella strana luce negli occhi grigi e rilassati. Non sembrava indossare nessuna maschera in quel momento.
Lily espirò rumorosamente e scese con un balzo ben poco elegante dalla tavolata, lanciando uno sguardo agli Elfi Domestici intenti a preparare la colazione.
Scorpius la bloccò con un sonoro
Io non lo farei se fossi in te...se te ne vai senza aver finito di mangiare potrebbero prendersela a morte – fece schioccare la lingua, estraendo la bacchetta – Evanesco – sussurrò mentre il cibo scompariva, e la tavola rimaneva pulita e intatta.
Lily non disse niente, limitandosi a seguirlo. Mentre lo osservava camminare, perfettamente a suo agio, si rese conto che Scorpius Malfoy le aveva appena fatto la predica. O meglio, e questo era anche più spaventoso, l'aveva ascoltata sfogarsi. Le aveva dato dell'egoista e della patetica, sbattendole allegramente in faccia la sua inettitudine. Eppure era rimasto lì, più o meno, senza comportarsi da emerito idiota.
Guardando la sua schiena che si muoveva nella penombra, trovò a domandarsi quanto di lui doveva ancora scoprire.
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Angolo della delirante autrice: Buongiono!!! Come stanno i miei adorati lettori oggi??? Spero bene^^
Dunque...che dire di questo capitolo...potrebbe essere ancora poco chiaro e oscuro, quindi se avete domande, dubbi, perplessità, incertezze o anche insulti da farmi recapitare, fate pureXD Io sono qui^^
Un paio di precisazioni, come dire, popolari: la Zuica è la bevanda nazionale rumena, ovvero un'acquavite estratta dalle prugne^^, mentre la Nancy Drew citata da Hugo, è la protagonista femminile di una serie di romanzi gialli per ragazzi pubblicata negli Stati Uniti d'America a partire dagli anni trenta, e in Italia a partire dagli anni settanta, da un gruppo di autori che scriveva sotto lo pseudonimo di Carolyn Keene.
Che dire se non grazie a chi ancora, dopo una valanga di capitoli, segue, legge, ricorda e recensisce questo mio folle progetto che è più un lavoro collettivoXD
E ormai l'instancabile ma non meno sincero ringraziamento al Club dello Sclero Notturno che è sempre la farina preziosa con cui impasto questi capitoli. Vi amo*__*
Alla prossima!

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Capitolo 20
*** Aquile Infuocate ***


Aquile Infuocate
 

Poi mi parea che, poi rotata un poco, terribil come folgor discendesse, e me rapisse suso infino al foco. Ivi parea che ella e io ardesse; e sì lo 'ncendio imaginato cosse, che convenne che 'l sonno si rompesse. (Divina Commedia, Purgatorio, Canto IX, vv 28-33)

 
Albus Severus Potter sospirò: un'altra festa, davvero? Gli sembrava che quell'assurdo party di Halloween fosse finito la notte precedente, e invece erano già passati quasi due mesi. E la sua passione per le feste, decisamente, non era aumentata di mezza tacca.
Una ragazza del quinto dai dolci occhi castani e un'impressionante cascata di boccoli scuri, gli sorrise timidamente dal fondo delle scale.
Albus infilò un dito nel colletto dell'abito da cerimonia, allentando il nodo della cravatta bianca. Si sentiva soffocare.
L'Ingresso del Castello era gremito di coppie intente a salutarsi e incontrarsi, ragazze dai lunghi ed eleganti abiti fruscianti, ragazzi a disagio nei loro abiti da cerimonia così simili; sembravano una colonia di pinguini che tentasse di accoppiarsi con uno sciame di farfalle.
Hugo chiacchierava ridendo con la ragazza del quarto che aveva invitato: carina, minuta e dal sorriso timido, sembrava davvero essere felice in quel momento. Buon per lei, Hugo sapeva essere il peggior pasticcione del Mondo Magico, ma il suo incredibile fascino vitale era una calamita per qualsiasi essere vivente nel raggio di dieci miglia.
Lorcan e Lysander, incredibilmente affascinanti malgrado i loro abiti arancioni e verdi, stavano conversando con un paio di ragazzi di Corvonero, probabilmente su qualcosa che riguardava il Ricciocorno Schiattoso in estinzione, o l'ultima campagna del Cavillo per proteggere i Cannoli Balbuzienti dagli attacchi delle Banshee della foresta, chiunque esse fossero.
Scorse di sfuggita Louis muoversi a suo agio tra la folla, scambiando chiacchiere e sorrisi con metà delle persone che incontrava, con quel suo modo così personale di dare importanza a chiunque anche con un solo saluto.
Rose sollevò lo sguardo su di lui, facendogli un cenno; era sola, ovviamente, con una pochette in mano che, quasi certamente, conteneva metà della biblioteca di Hogwarts, “tanto per stare tranquilli”, avrebbe detto lei con quel sorriso sornione.
Cominciò a scendere le scale distrattamente, cercando sua sorella con lo sguardo. Conoscendola, Lily sarebbe anche stata capace di non andare alla festa. Era tremendamente cocciuta quando si metteva in testa una cosa. Come lui, si disse con un sorriso che nasceva spontaneo sulle sue labbra
Niente occhiali cugino? - Roxanne gli si avvicinò, con un bel vestito dai colori caldi e l'aria etnica, di lana intrecciata a mano e la scollatura vertiginosa sulla schiena. Albus si strinse nelle spalle
Non vorrei che quella mandria di Ippogrifi me li facesse a pezzi – rispose lui portandosi l'indice agli occhi nudi in un gesto fin troppo radicato nelle sue abitudini.
Così forse la pianterai di spiarmi – borbottò una voce incrinata di disappunto alle sue spalle: Lily lo fissava con un cipiglio combattivo negli occhi e l'aria decisa, nel suo vestito azzurro cielo con una sola spallina morbidamente adagiata sulla spalla.
Sollevò un sopracciglio scuro
Ho di meglio da fare che spiarti Lily – si limitò a dire mentre incrociava le braccia al petto – e, se preoccuparmi che mia sorella non si faccia prendere per il naso da un Serpeverde della peggior specie, è spiarti, allora vedrò di farmi gli affari miei – ribatté gelido. Lei non si scompose, scrollando le spalle
Buon per te – e li oltrepassò a passo di carica, il vestito leggero che le frusciava attorno alle caviglie. Rox emise un lungo fischio
Questa sì che è aggressività repressa – si guardarono un istante, poi lei sorrise – Andiamo Potter, fa' almeno finta di divertirti! - e lo trascinò nella bolgia vociante di studenti, intenti a dimenticare, almeno per quella sera, che il secondo semestre di lezioni significava esami.
 
Flashback**********************************************
 
Il ritratto della Signora Grassa cigolò brontolando sui cardini, e sua sorella s'infilò in Sala Comune in punta di piedi.
Albus sollevò lo sguardo dal libro dalle pagine ingiallite che stava leggendo, e si massaggiò la base del naso con il pollice e l'indice
Bentornata – la freddò con uno sguardo glaciale – piaciuto il pic-nic di mezzanotte con Malfoy? - Lily lo fissò fra l'astioso e l'imbarazzato, con una punta di curiosità.
Albus sollevò svogliatamente la Mappa del Malandrino. Aveva sempre odiato quella mappa, anche se non aveva avuto il coraggio di confessarlo a suo padre. Era sempre stato convinto che avere la possibilità di imbrogliare non significasse necessariamente doverlo fare. Ma suo fratello James, neanche a parlarne, e la sua ribelle sorellina, sembravano amare quella Mappa più dell'aria che respiravano.
Lily lo fissò impassibile
Suppongo che questo sia il momento in cui fai valere i tuoi diritti di fratello maggiore e cominci a dirmi che... -
Quel ragazzo è pericoloso Lily – la interruppe lui con voce roca: era stanco, aveva una fame da lupi e provava una rabbia così fremente nei confronti del Serpeverde, che sarebbe stato capace di colpirlo per davvero se lo avesse avuto di fronte. Non bastava essere costretto a vederlo ogni mattina e ogni sera nell'ufficio della Preside per quelle dannate lettere, non bastava doverlo sopportare mentre si prendeva gioco di lui in Sala Grande mentre spulciavano insensate richieste e beffarde domande di assunzione nella Guardia dei Protettori. Non bastava neanche vedere il suo profilo affilato ogni giorno a lezione mentre, con nonchalance, imbroccava ogni dannato incantesimo al primo tentativo. Non bastava, no, doveva anche ronzare intorno alla sua facilmente impressionabile sorellina di quindici anni.
Ma lo sguardo tagliente che lei gli lanciò, non aveva niente a che fare né con l'impressionabilità, né con il “quindicenne”.
Sospirò, passandosi nervosamente una mano fra i capelli scompigliati; sarebbe stata una lunga chiacchierata
Oh risparmiamelo Albus! - sbottò lei – sarà anche un prepotente fighetto presuntuoso e irritante, ma non è pericoloso – sbuffò – per Godric! -
No, Lily, non lo è perché tu hai bisogno che non lo sia! - crollò, immediatamente, sotto il peso di quella consapevolezza – tu non vuoi che sia pericoloso perché...perché – esitò, sferzato dalla violenza di quel pensiero. Non Malfoy, Merlino, non lui – perché lui ti piace, Maledetto Salazar! – la risata di sua sorella sarebbe stata convincente se ad ascoltarla non ci fosse stato lui, che così dolorosamente riconosceva ogni sua più piccola sfumatura. Forse non era pronta ad ammetterlo, tanto meno con lui, ma Scorpius Malfoy agiva da catalizzatore del suo bisogno di evadere meglio di un Incanto Patronus nelle celle di Azkaban.
Morgana Albus, sei veramente melodrammatico! - debolmente, il Grifondoro si rese conto di quanto Lily stesse diventando simile a James, ma ancora più bruscamente uguale a Sirius, con quella sua innata capacità di desiderare il rischio fino a consumarsi. Malfoy era attraente, misterioso, strafottente e pericoloso quanto bastava per costringerla a capitolare, e lui si stava comportando esattamente come un padre apprensivo, esattamente come un idiota che cerca di arginare la diga tenendo il dito infilato nel buco.
Lily lo aveva investito con tutta la straripante personalità del suo essere, e in quel momento lo fissava, in attesa che lui si rendesse ulteriormente ridicolo.
Scosse la testa amaramente
Come posso farti capire che Scorpius Malfoy non è la soluzione? - gli occhi di lei persero una tacca di smalto accusatore
Non ho bisogno di nessuna soluzione – Albus sollevò il sopracciglio da dietro gli occhiali rettangolari
Allora smettila di cercare disperatamente il problema – si alzò stancamente, stiracchiandosi debolmente in uno scrocchiare di vertebre affaticate, e se ne andò, il cuore pesante e gli occhi di sua sorella che lo trapassavano, ostili e delusi, un'altra volta.
 
Fine flashback******************************************
 
Gli Incantatori di Serpenti avevano cominciato a spaccare i timpani già da mezz'ora, e senza che Roxanne se ne rendesse conto era già circondata da corpi accaldati e agitati che sollevavano le braccia in alto urlando a squarciagola le parole della nuova hit del momento, “Aquile Infuocate”.
Rose, che ballava con la stessa determinata naturalezza di come studiava, si era lanciata in un folle pogo di proporzioni epocali, il vestito elegante e semplice che svolazzava in tutte le direzioni, i capelli ormai praticamente sciolti sulle spalle che spruzzavano scintille color ciliegia matura danzando con le luci.
Le toccò una spalla, urlandole nell'orecchio
Vado a prendere da bere – Rose annuì, o forse mosse semplicemente la testa per evitare che il gomito del suo compagno di pogo le falciasse un sopracciglio.
La tavolata degli alcolici era decisamente affollata, pensò Roxanne spingendo da parte una schiena sudata fasciata da un vestito da cerimonia di seconda mano.
Quando finalmente raggiunse la Burrobirra gelata tirò un sospiro di sollievo
Guarda, guarda...Weasley Lotta Continua – una voce scanzonata accompagnò l'entrata in scena da bulletto di quartiere di Zane Zabini. Rox sollevò un sopracciglio con sufficienza
Guarda, guarda, un idiota – l'altro rise piano, con voce roca
Sai Weasley, probabilmente la metà degli uomini che hai incontrato non erano nemmeno all'altezza di quel nome, ma io... - lasciò la frase in sospeso, versandosi un generoso boccale di Burrobirra gentilmente offerta da I Tre Manici di Scopa
Tu sei una rana dalla bocca larga e il cervello compresso dalla massa ingombrante del tuo ego – concluse la frase lei facendo per allontanarsi, ma la calca che premeva per farsi largo non le permetteva né di avanzare, né di arretrare. Così si rassegnò a rimanere spalla a spalla con il viscido Serpeverde, fino a che qualcuno non si fosse deciso a rendersi conto che, spintonandosi, nessuno si sarebbe mosso di lì.
L'altro le dedicò un ampio sorriso di denti bianchissimi e perfetti
Vero...ma ho molte altre cose ingombranti che potresti trovare meno – sorseggiò la birra e si passò la lingua sulle labbra carnose per ripulirle dalla schiuma – irritanti – l'espressione men che impressionata di Roxanne non intaccò il suo sorriso. Anzi, scoppiò in una risata musicale, e le diede un leggero colpo sulla spalla con la propria, che ancora si muoveva all'unisono, trascinata dalla bolgia sconnessa di studenti assetati – Andiamo Weasley! Pensavo fossi un tipo divertente! Nervosetta, acida, irritante e sfiancante...ma divertente – lei gli si avvicinò ad un centimetro dal viso e sibilò, abbastanza forte perché potesse sentirla da sopra il frastuono
Ringrazia il tuo amato Salazar perché non ho il tempo di elencarti le innumerevoli cose che penso di te, Zabini, perché ti rimangeresti i denti e scapperesti a casa da paparino in un battito d'ali di Boccino – lo freddò, senza che lui si scomponesse minimamente
Mi piacciono le donne aggressive Weasley, se continui così finirò per innamorarmi di te – la prese in girò baciandole la punta del naso.
Roxanne fece per colpirlo così forte da far bruciare le ossa ai suoi antenati, ma allora la calca informe degli studenti decise di concedere tregua alla sua gabbia toracica, e la fila ricominciò a muoversi quasi ordinatamente, lasciandola libera di andarsene.
Uh, aggressività emancipazionista...sexy – i suoi occhi neri s'illuminarono di malizia. Roxanne ignorò la sua citazione colta e lo squadrò con un ghigno
Si vede infatti...ti circondi di donne così forti e indipendenti – il sarcasmo che impregnava la sua voce era così spesso da poterci camminare sopra
C'è posto per tutte Weasley...ho così tanto – esitò ammiccando – amore da dare... - ma come diavolo era possibile, per Godric, che niente sembrasse scalfirlo?
Nemmeno se fosse Albus Silente in persona a benedire la nostra unione, Serpe – toccò il boccale di lui con il proprio producendo un allegro tintinnio – alla tua Zabini, e del tuo gregge di pecore -
Zane la fissò con sguardo di sfida
Scommetto che non saresti così sicura di te in pista, Weasley – la pungolò con un'alzata di sopracciglia corvine.
Roxanne conosceva quel gioco, ma era più brava di lui ad arrivare alla fine
Potrei essere sicura di me circondata da Basilischi affamati Zabini – lui sogghignò
C'è chi dice che abbiamo molto in comune – le sussurrò all'orecchio prima di afferrarla sotto il gomito, trascinandola via.
 
Flashback**********************************************
 
Malfoy non lo aveva visto arrivare. Come un fulmine, il Bolide lo aveva colpito in pieno, disarcionandolo dalla scopa, e facendolo rovinare a terra. Nessuno aveva avuto la prontezza di riflessi di arrestare la sua caduta. Se non fosse stato per i suoi innati riflessi, che lo avevano soccorso all'ultimo momento permettendogli di aggrapparsi al manico di scopa rallentando la caduta, sarebbe certamente morto. Invece era precipitato, rotolando sul terreno innevato e fermandosi privo di sensi in una posizione degli arti decisamente innaturale.
Roxanne si voltò verso Albus con gli occhi sgranati. Suo cugino stringeva ancora la mazza da Battitore di Hugo fra le dita, e fissava il corpo di Malfoy a terra come un piromane assiste al divampo dell'incendio che ha appena appiccato: affascinato, perversamente soddisfatto, e lievemente spaventato.
ALBUS! - urlò Lily colpendolo alla spalla con un pugno – dannato idiota – non si precipitò al capezzale del Serpeverde morente, ma incontrò lo sguardo di Zabini che planava verso di lui. Roxanne si avvicinò, inginocchiandosi accanto al ragazzo svenuto, controllando i danni; non andava affatto bene. Scosse la testa con un sospiro.
Gli straordinari occhi verdi di Albus le si pararono di fronte, con Zabini che sguainava la bacchetta per restituire il favore
Te la faccio mangiare quella bacchetta Zabini – lo minacciò sollevando delicatamente il braccio rotto di Malfoy. La gamba destra, inclinata in un'angolazione innaturale all'altezza del ginocchio, non versava in condizioni migliori.
Bisogna portarlo... - ma il Serpeverde scosse la testa
Niente infermeria. Katie Bell se lo mangia vivo se nessuno resta a controllare – disse seriamente, il suo onnipresente sorriso da gran fico momentaneamente sostituito dalla seria e competente espressione delle occasioni speciali
Epismendo – sussurrò Albus estraendo la bacchetta, l'espressione rabbiosa e colpevole a stravolgergli i lineamenti del bel viso.
Scorpius Malfoy emise un grido agghiacciante mentre le ossa si rinsaldavano al loro posto. Nessuno di loro avrebbe potuto curare così bene le sue ferite, pensò distrattamente Roxanne. Solo Albus Severus Potter era abbastanza potente da eseguire con facilità un Incantesimo Curativo di quella portata. Ironia della sorte...
Suo cugino si alzò e schiantò i suoi occhi espressivi su Lily, in un'implicita domanda. Lei si voltò dall'altra parte, arrabbiata e delusa. Un mare di parole mai dette rimase sospeso fra loro, poi il ragazzo se ne andò lentamente, l'espressione fiera intaccata da una punta di tristezza. Roxanne sospirò, ma Zabini, che nel frattempo era sceso dalla scopa con un movimento agile, le fece un cenno
Aiutami a portarlo ai dormitori – ordinò secco. Lei sollevò entrambe le sopracciglia
Prego? - ma l'altro non sembrava in vena di giochetti mentali
Tuo cugino lo ha quasi ammazzato, perciò, se non vuoi che vada a farmi una cantatina dalla Preside Maxime su come voi Potter siate diventati irrimediabilmente piantagrane, mi aiuterai a portarlo nei dormitori – sembrava serio e, per una volta, Roxanne non replicò
Lily, riporta indietro la sua scopa – la metteva a disagio l'idea di essere l'unica della sua Casa ad aver messo piede nei dormitori di un Serpeverde.
Sua cugina provò a protestare, ma il suo sguardo affilato la convinse a desistere. Lily sbuffò e si mise a sedere, mentre Zabini sollevava Malfoy da sotto le ascelle e l'aiutava a sistemarselo sulla spalla.
C'impiegarono un'eternità a raggiungere il Castello, con Malfoy che rinveniva a tratti e protestava per camminare da solo, Lily che faceva a cambio con lei quando sentiva le forze abbandonarla, e quell'idiota tutto muscoli di Zabini che sbuffava ogni tre per due perché erano “mammolette, alla faccia della parità dei sessi”.
Finalmente, sudati e accaldati malgrado la neve fino ai polpacci e dentro la divisa a congelare loro i piedi, riuscirono a farsi largo nell'ingresso.
Hugo, intento a scambiare le figurine delle Cioccorane con un tizio del terzo sulle scale, li guardò inclinando il testone gigante. Nessuno di loro parlò.
Date qua – si limitò a ribattere lui afferrando Scorpius Malfoy da un braccio e una gamba e caricandoselo in spalla come fosse stato un cuscino di piume.
Roxanne, Zane e Lily lo seguirono in mezzo alle teste che si voltavano curiose nell'Ingresso, e si fermarono solo quando Zabini esitò davanti alla Sala Comune.
Sollevò gli occhi al cielo
Andiamo Zabini! Non entreremo nel dormitorio a rubarti le mutandine – sbottò – datti una mossa! - l'altro sospirò contrariato
Basilisco – borbottò innervosito.
La Sala Comune brulicava di Serpeverde intenti nelle più diverse attività, compreso tentare di affatturare un ragazzo del primo anno per divertimento.
Rox li raggelò con lo sguardo
Perché non vi trovate qualcosa da fare serpi? - fulminò il più alto con lo sguardo
Porta sbagliata Weasley? - la canzonò Frances Ilbys avvicinandosi a Malfoy con espressione falsamente preoccupata – che gli è successo? - Zane la fulminò con lo sguardo
Levati dai piedi Frannie...non c'è nessuna respirazione bocca a bocca da fare qui – e l'oltrepassò, seguita a ruota dal piccolo seguito di Grifondoro fuori posto.
Roxanne osservò l'espressione risoluta di Zabini e aggrottò le sopracciglia. Però, poteva anche sopportarla la versione adulta di quel tizio.
 
Fine flashback******************************************
 
Louis si lasciò coccolare dalla musica assordante, abbandonando mente e corpo al roboante frastuono dei bassi e della batteria. Se fosse stato capace di lasciarsi liquefare dal rumore lo avrebbe fatto, facendosi trascinare via come acqua dal battente ritmo delle bacchette sui tamburi.
Era stato incerto su quella dannata festa per giorni, ma alla fine aveva ceduto al suo inarrestabile istinto festaiolo. Non poteva permettere che lui controllasse la sua esistenza fino al punto d'impedirgli di scatenarsi in pista.
Era stato capace di renderlo fin troppo ombroso negli ultimi tempi.
Poi lo vide: testardamente appoggiato ad una colonna, le braccia incrociate, la fronte aggrottata in quel suo fin troppo attraente cipiglio imbronciato, lo sguardo fisso su di lui che urlava insulti.
Gli sorrise, con sfida, lasciandosi abbordare da un Tassorosso del settimo che ci provava da settimane. Quando il ragazzo gli fece scorrere un braccio sulle natiche, i suoi occhi erano in quelli di lui, trionfanti e schernenti.
Scott sbiancò, e scomparì tra la folla...
 
Flashback**********************************************
 
Lo vide camminare, e semplicemente si avvicinò; era controproducente, immaturo ed egoistico, eppure lo fece.
Hei – sussurrò piano al suo orecchio. Scott gli lanciò un'occhiata prima distratta, poi sospettosa, poi allarmata
Che stai facendo? - si scostò dalla sua mano che gli sfiorava le dita – ti hanno appena Confuso? - il suo sguardo vagava febbrilmente da una parte all'altra del corridoio, il pomo d'Adamo che si alzava e si abbassava velocemente.
Louis gli sorrise, in quel modo che sapeva gli avrebbe fatto dimenticare molto più del perché si trovava lì.
Pensavo... - un ragazzo del settimo di Serpeverde si avvicinò distrattamente nella direzione opposta. Scott serrò la mandibola e lo freddò
Non-pensare – scandì con rabbia, la tensione terribilmente visibile sui delicati lineamenti del suo viso – ti cerco io – e si allontanò con aria assorta, come se nemmeno lui fosse lì. Salutò con un cenno del capo il suo compagno di Casa e accelerò il passo.
Louis sentì la rabbia affiorargli agli occhi, riempire completamente i suoi pensieri, colmarlo fino quasi a straripare da lui. Sapeva che era il licantropo e non l'uomo a parlare, ma non se ne curò: Scott aveva il diritto di trattarlo come spazzatura, e lui non poteva difendersi, perché con un solo morso avrebbe potuto ucciderlo?
C'erano modi anche peggiori di ferire qualcuno
E se invece non me ne stessi buono buono qui ad aspettare che tu voglia scopare? - la sua voce risuonò nel silenzio immobile del corridoio, un'eco flessuosa che si perdeva a vista d'occhio attorno a loro. Scott dilatò così lo sguardo da sembrare intenzionato ad afferrare le sue parole e costringerlo fisicamente a rimangiarsele.
Louis... - non era più arrabbiato. Terrorizzato, nauseato, preoccupato e sull'orlo del panico, ma decisamente troppo spaventato per essere arrabbiato. Lo scrutava con quei suoi occhi immensamente spalancati implorandolo di smettere, di lasciar andare, di dimenticare.
Ma Louis non poteva più fingere che niente fosse cambiato: la sua famiglia sapeva, il suo segreto non pesava più come un macigno; non si sentiva un paria, un appestato, un diverso intrappolato in se stesso e incapace di uscirne. Qualcosa dentro di lui premeva per venire fuori, per manifestarsi, per sbocciare.
Se qualcuno poteva accettare che fosse un licantropo, allora tutti dovevano accettare che fosse innamorato di un ragazzo.
E il ragazzo in questione era il primo della lista.
Un capannello di persone si era riunito attorno a loro, distrattamente, ancora incerto se curiosare apertamente o fingere di fare qualcos'altro: quando un Grifondoro e un Serpeverde si fronteggiavano nei corridoi, solitamente lo spettacolo valeva il prezzo del biglietto.
Scott e Louis si fronteggiarono a pochi centimetri l'uno dall'altro. Strano, pensò con le dita artigliate alla giacca della divisa di lui, non si era nemmeno accorto di averlo afferrato. Non poteva credere di averlo fatto, eppure sentiva di essere finalmente arrivato al punto in cui niente poteva trattenerlo dall'esplodere.
Che c'è? Hai paura che i tuoi amichetti serpenti non ti vogliano più se... - sentì il sangue in bocca. Prima del dolore, dell'umiliazione e della rabbia, c'era il sapore del sangue: caldo, denso, gustoso, anche se suo. La bestia in lui si mosse, acciambellandosi nel suo stomaco come un gatto pigro. Si stiracchiò, assaporò il sangue, e rizzò le orecchie, in paziente attesa. La luna piena era passata da poco, ma sembrava che i suoi sensi fossero acuti più del solito, e la matassa aggrovigliata di sensazioni che provava in quel momento, non era consigliata in nessun manuale del “Perfetto Lupo Mannaro da Compagnia”. King gli aveva insegnato a compartimentare le emozioni: chiudere gli occhi, rilassarsi, pensare al rumore dell'acqua nel lago Nero che sciabordava contro la costa limacciosa, il bubolare dei gufi la mattina a colazione in Sala Grande, il sapore del gelato al Pistacchio e Api Frizzole che preparava sempre Rose quando si chiudevano in biblioteca a studiare per tutta la notte.
Il lupo che si agitava sotto la superficie si sarebbe calmato, per Scott, per non lasciarlo andare, avrebbe ficcato il muso sotto la sabbia fingendo di non provare niente, ma il ragazzo che era in lui aveva bisogno di tutte quelle emozioni contrastanti; aveva bisogno di sentire scorrere dentro di sé la rabbia, la frustrazione e il bisogno. Voleva disprezzare Scott per la sua cecità e la sua ipocrisia, odiarlo per averlo colpito, e desiderare allo stesso tempo che finalmente cedesse e lo accogliesse laddove nemmeno a lui era stato concesso entrare. Louis voleva essere dilaniato dalle emozioni fino ad esserne sopraffatto, voleva provare tutto, sentire tutto, vivere tutto.
Si tastò il labbro gonfio con le dita, che luccicarono macchiate di sangue vermiglio.
Sollevò lo sguardo sull'altro con un sorriso crudele che non era suo.
Scott lo fissava con i suoi grandi occhi ridotti a fessure, e tremava di rabbia. Sembrava immensamente giovane, e spaventato. Non era la persona che lui aveva conosciuto quel pomeriggio sul lago mentre si allenava per il torneo di nuoto estivo, non era il ragazzo che aveva ritratto nelle sue innumerevoli pose nella Stanza delle Necessità, nottate di un pezzo di vita che non era mai stato reale. Il suo cipiglio imbronciato, quello che di lui lo aveva attratto come un magnete, era contratto dalla rabbia e l'indignazione, come se Louis avesse rivelato un segreto che avrebbe dovuto custodire per patto di sangue, come se avesse infranto tutte le possibili leggi dell'universo anche solo decidendo di avvicinarsi a lui come qualcuno da amare. E forse lo aveva fatto.
“Nessuno deve sapere di questo” lo aveva supplicato quella sera, ritraendosi da lui quasi tremando “mai”. Lui gli aveva sorriso e baciato una spalla, scostandogli una ciocca di capelli dalla fronte.
“E chi mi crederebbe?” il suo tono era leggero, i suoi occhi ridenti, niente di quello che provava era apparso in superficie. Avrebbe stretto dentro quel segreto come il più prezioso dei doni, non accanto alla vergogna, o la paura, ma solo come una macchia di luce nel groviglio della sua oscurità. E Scott aveva sorriso, in un modo che non avrebbe saputo spiegare. Era un patto, fra loro; avrebbero avuto tutto, tranne la realtà.
Ma Louis aveva tradito quel patto quando aveva deciso di far combaciare i lembi della sua vita, tutti, in un solo momento. Il licantropo, e l'uomo, e il bambino spaventato, e l'amante, erano lì, tutto quanti nei suoi occhi verdi illuminati di sfida e supplica.
Sparisci Mezzosangue, stai infettando la mia aria... - fu questo, alla fine, il dirupo in cui Scott li li fece precipitare. Una sola frase, pronunciata con fredda indifferenza, e ogni notte, ogni odore, ogni sapore, ogni tratto di carboncino sulla pergamena, precipitarono al suolo senza pietà. A Louis sembrò quasi di sentirli schiantarsi in un tonfo di sorda e definitiva sconfitta.
Lou – Albus si fece strada tra la folla, il cipiglio determinato dietro gli occhiali dalla montatura balorda, il pugno stretto attorno alla bacchetta.
Louis avrebbe potuto dirgli tutto, e lasciare che suo cugino si ammantasse della sua armatura da giustiziere, cancellando nel duello ogni speranza.
Sollevò lo sguardo a incontrare quello di Scott, tremante di rabbia al di sotto dell'indifferenza così ben recitata, e qualcosa di perverso si mosse dentro di lui, una voglia irrefrenabile di far partire i Fuochi Forsennati di suo zio George e mettersi a urlare.
Ingoiò tutto quello che avrebbe potuto senza implodere, e sorrise al cugino scrollando le spalle
Serpeverde... - disse semplicemente, mentre Stan Picchetto si avvicinava, il lungo naso che fiutava la violazione delle regole a distanze da record
Weasley, Warrington, volete finire il vostro incontro d'amore nell'ufficio della Preside? - Scott s'irrigidì così visibilmente che Louis credette si sarebbe spezzato a metà. I suoi occhi dalle lunghe ciglia arcuate e sottili si posarono con disprezzo sul Custode
Al diavolo anche tu – sibilò voltandogli le spalle e dirigendosi furiosamente nei sotterranei. Il Custode parve sul punto di afflosciarsi sul pavimento per l'indignazione, e cominciò a seguirlo con i pugni sollevati
Questa non la passi liscia Serpeverde! La Preside saprà... - la sua voce si spense nell'androne, mentre Louis continuava a fissare il punto dove poco prima era sparita la snella e slanciata figura di Scott.
Deglutì il vuoto, sentendo dentro di sé spalancarsi una voragine di perdita e rabbiosa frustrazione. Sospirò e si voltò verso Albus, le braccia lungo i fianchi che non stringevano più la bacchetta, cercando inutilmente di celargli il proprio sguardo dietro un ciuffo di capelli biondi.
Il cugino si limitò a guardarlo senza parlare, poggiandogli una mano sulla spalla un lungo istante.
 
Fine flashback*******************************************************
 
Passi da me dopo? - gli urlò nell'orecchio il Tassorosso mordicchiandogli il lobo. In qualsiasi altro momento della vita, Louis lo avrebbe liquidato con una frase gentile e delle scuse accampate in due secondi, ma quella notte era deciso a mostrare a Mister Purosangue Cacasotto che Louis Weasley non era il giocattolo erotico di nessuno, meno che mai di un Serpeverde frustrato con le manie di persecuzione.
Sorrise in un modo che non gli sarebbe piaciuto vedere sul proprio viso, e si premette ancora di più contro corpo dell'altro, notando con orgoglio che sembrava davvero contento di essere lì
Se ti comporti bene – una luce maliziosa vibrò negli occhi castani del ragazzo, che deglutì.
Louis maledì se stesso: si stava comportando da bastardo, e lui non era un bastardo. Corvonero! Lui era una brava persona, lui si prendeva cura della gente...lui non, non, rimorchiava un ragazzo per portarselo a letto e lasciarlo solo la mattina dopo senza una spiegazione. Lui non era un mostro!
Si rese conto che lui aveva vinto, dopotutto. Era riuscito a trasformarlo in una persona completamente diversa, sporca, incapace di empatia nei confronti del prossimo.
Lo aveva trasformato in lui.
Si separò dal ragazzo con uno scatto
Che succede? - domandò l'altro guardandosi febbrilmente intorno. Louis si morse il labbro, abbassando lo sguardo
Mi dispiace...devo...io...non è colpa tua... - si allontanò barcollando, spintonando i ragazzi sulla pista senza nemmeno chiedere scusa.
Si lasciò andare contro una parete nella semioscurità, respirando affannosamente, le lacrime di rabbia e vergogna che gli stringevano la gola.
Non sei nemmeno capace di farmi ingelosire come si deve – commentò una voce nel buio. L'attimo dopo, gli occhi di Scott furono nei suoi. Ma non c'era soddisfazione, né trionfo in quegli splendidi occhi azzurri e malinconici.
Louis si strinse le braccia incrociate al petto, serrando la mandibola
Non c'è nessuno da fare ingelosire, Warrington – lo aveva chiamato per cognome la prima volta che si erano baciati, nella semioscurità del bagno della Testa di Porco. Circondati da pisciatoi scrostati e puzza di fogna, Louis aveva sorriso, dimentico perfino del motivo per cui si trovava lì.
Scott gli si avvicinò, poggiandogli le mani ai lati del corpo. Si avventò su di lui per baciarlo, con quella foga che una volta gli piaceva tanto.
Louis si scansò, spingendolo via. L'altro lo guardò, un sorriso amaro sulle labbra
Un volta ti piaceva farlo negli angoli bui – il Corvonero lo raggelò
Una volta mi piacevi anche tu – Scott si avvicinò, afferrandolo per la collottola dell'abito da cerimonia. Si avvicinò così tanto che le sue labbra quasi lo sfiorarono
E adesso? -
E adesso mi fai schifo – si scansò, voltandogli le spalle
Che cosa vuoi da me? - urlò l'altro con la voce rotta.
Louis si voltò, si avvicinò, e lo baciò sulle labbra, sfiorandolo appena
Voglio questo – posò le labbra su una palpebra chiusa – e questo – si spostò sul collo, poco sotto la mandibola, sentendo la gola di lui pulsare – e questo – sussurrò al suo orecchio. Si allontanò di un passo – e lo voglio là fuori – Scott indietreggiò, seppellendo se stesso nell'ombra scura della negazione.
Louis lasciò cadere il capo e sospirò, allontanandosi stancamente.
Era quasi nuovamente immerso nei corpi agitati, quando una mano gli afferrò la manica penzolante dell'abito.
Si voltò, e gli occhi di Scott, illuminati di feroce determinazione e tenerezza, furono ad un centimetro dai suoi. Gli passò una mano dietro la nuca, e lo attirò a sé. Le sue labbra avevano il sapore della luce del sole. Sorrise contro la sua bocca.
Non ti azzardare mai più a fare lo stronzo con me, Weasley – sussurrò respirandogli addosso
Oh tesoro, ho appena cominciato – lo baciò, mandando ai troll l'ultimo barlume di se stesso che aveva faticosamente guadagnato.
Gli occhi di mezza Hogwarts furono su di loro nel trascorrere di un attimo, ma in quel momento non sembrò importante.
 
***
 
Scorpius la scorse in mezzo alla folla scatenata, intenta ad evitare che il suo vestito rimanesse impigliato fra i corpi sudati dei ballerini. Sogghignò nel vederla strattonare poco gentilmente la gonna dalle gambe lunghe di un Corvonero tarantolato, imprecando a denti stretti con quegli assurdi capelli rossi che mandavano fiamme.
Si avvicinò con un sogghigno, pronto a rivolgerle una delle sue solite battute d'entrata, magari una in cui avrebbe distrattamente menzionato l'epilogo dell'ultima festa a cui avevano partecipato.
Ma non lo fece, perché la Preside Maxime avvicinò la bacchetta alla gola, sussurrando un molto francese
Sonorus – e la musica s'interruppe di colpo, il vociare scemò fino a spegnersi – Buon Natale Hogwarts – esordì la donna con un sorriso – spero che vi stiate tutti divertendo alla nostra piccola festicciola – era chiaro a tutti che lei, almeno, si divertiva eccome. Un singhiozzo le sfuggì dalle labbra, e la donna poggiò le sue grandi mani sulla bocca – ops, excusez-moi – ridacchiò con gli occhi castani luminosi di Champagne – sono estremamente felice – ma dal lampo di disappunto che le sfuggì dallo sguardo fu evidente che non era affatto così – di presentare a tutti voi i membri della Guardia dei Protettori – le grandi porte si spalancarono con un cigolio, e un gruppo di uomini e donne entrò con passo deciso nella Sala Grande nel varco lasciato libero quasi automaticamente nell'improvvisata pista da ballo.
Scorpius studiò i visi febbrilmente, con lo stomaco chiuso dall'angoscia: James Il Dannato Boccino D'Oro Potter apriva la fila, seguito dal tipo che Harry Potter aveva chiamato Michael, Penelope Light, la bionda svampita Lovegood, e qualche altro mago che Scorpius non riconobbe. Gli occhi affilati di sua zia Daphne Greengrass lanciarono fiamme alla sala, con soddisfatta pacatezza. Gregory Goyle svettava in mezzo alla folla, guardandosi intorno, probabilmente in direzione della tavolata del buffet. Avrebbe scommesso la sua Firebolt Special che si era arruolato solo per mangiare di nuovo le prelibatezze degli Elfi Domestici di Hogwarts, anziché la sbobba che gli preparava il suo elfo rattrappito e morente.
Il suo cuore si fermò in un infinito istante di terrore. Draco Malfoy chiudeva il corteo, i radi capelli biondissimi lisciati all'indietro e il suo dannato bastone con la testa di serpente fra le dita lunghe e pallide.
Scorpius serrò violentemente le palpebre nella vana speranza di aver avuto un'allucinazione.
Ma gli occhi grigi del padre si avvicinavano inesorabilmente ad ogni passo, finché non incontrarono i suoi, e sul viso dell'altro comparve il perfido trionfo della vittoria annunciata.
Scorpius si sentì mancare le forze. Salazar, ma come diavolo era riuscito a farlo?
Aveva nascosto la sua richiesta, le sue tre lettere, senza che nemmeno Perfettino Potter se ne accorgesse. Aveva persuaso King, perfino la Davis...cazzo, nemmeno Madame Maxime lo voleva lì! Ma, evidentemente, Theodore Nott e la Lega per la Salvaguardia delle Antiche Famiglie aveva ancora un qualche sprazzo di contorto potere all'interno del Mondo Magico.
Draco sfilò tronfio sotto gli occhi impotenti e stravolti di suo figlio, rimanendo in piedi a fronteggiare con rinnovato orgoglio lo sguardo sospettoso dei presenti.
Scorpius sospirò amaramente, imprecando a denti stretti
Non ti curare di loro Scorpius. Tuo padre sarà fuori della Barriera, non dentro, non potrà metterti i bastoni tra le ruote con la sua incommensurabile incompetenza – chissà come, Incubus Mortimer gli si era avvicinato alle spalle, e gli aveva sussurrato quelle parole.
Si voltò, deglutendo, ma mostrandosi indifferente
Credimi, riesco ad ignorare la presenza di mio padre quando siamo nella stessa stanza, ci riuscirò anche adesso – un sorriso di falsa sicurezza gli dipinse le labbra, e l'altro fece lampeggiare il suo sguardo folle
Ottimo...niente può distrarti dalla tua missione -
 
Flashback**********************************************
 
Scorpius si scrollò di dosso la divisa infangata e la lasciò cadere a terra
Gratta e netta – ordinò mentre si lasciava crollare stancamente sul letto. Quei dannati Corvonero gli avevano dato del filo da torcere questa volta, ma non erano nemmeno lontanamente capaci di sconfiggerli davvero.
Sei bravo – Incubus Mortimer apparve come dal nulla sulla porta del suo dormitorio
Lo so – lo liquidò Scorps con una scrollata di spalle, ripiegando la divisa nel baule del Quidditch.
Il ragazzo si richiuse la porta alle spalle, appoggiandovisi
Ti devo parlare – sembrava serio, più serio del solito.
Scorpius lasciò perdere la divisa e si appoggiò al muro a braccia incrociate
E io che pensavo fossi qui per agitare i pon pon della vittoria – borbottò sogghignando
E' arrivato il momento Scorpius – sospirò lentamente in risposta allo sguardo famelico e irradiato di follia dell'altro – è tempo che tu agisca – Scorpius inclinò il capo
Questo mi puzza un po' troppo di ordine Morty Boy...e lo sai che non mi piace per niente prendere ordini – il suo sguardo si fece affilato – nemmeno dal Nuovo Messia dei Purosangue – l'altro non raccolse la provocazione
Sai perché ti abbiamo scelto... -
Voi chi? Tu e la voce della tua coscienza? - ironizzò – Nessuno mi ha scelto Incubus, io ho fatto tutto questo perché lo volevo – riuscì a guadagnarsi solo un sorriso accondiscendente
Se ti fa piacere... - Malfoy sentì la rabbia crescere dentro di lui, montare a ondate e fargli dolere le mani chiuse a pugno contro il torace – era il tuo destino incontrarci e unirti alla nostra lotta. Niente di te poteva evitarlo – l'espressione divinatoria che riempì i suoi occhi bastò a far capire a Scorpius che niente di quello che poteva dire lo avrebbe smosso dalle sue convinzioni
Sai che posso mandare tutti a farvi fottere dall'oggi al domani vero? - tentò. Incubus sollevò l'angolo destro della bocca in un ghigno perversamente soddisfatto, che increspò la sua cicatrice e lo rese così simile a Draco da farlo indietreggiare
E tu sai cosa accadrà se lo farai, vero? - il blu vellutato del suo sguardo lo perforò da parte a parte, scavandogli dentro come una violenta mano invisibile. Non gli lesse nella mente perché avrebbe avuto bisogno di una bacchetta per farlo, ma Scorpius si sentì ugualmente violato. Incubus si voltò per andarsene, ma all'ultimo istante la sua mano si fermò sulla maniglia – stringi fra le dita la sorte di molte più persone di quante vorresti, amico mio...maneggiale con cura... -
 
Fine flashback*****************************************
 
Ho ben chiari tutti i dettagli – sibilò a denti stretti senza staccare gli occhi da suo padre, ancora in mezzo alla fila. Scorse Incubus sorridere con la coda dell'occhio
Molto bene – poi si voltò verso Lily Potter con sguardo intenso – è molto bella 'stasera, non trovi? Forse potrei risolvere la cosa io stesso... - rise piano, e si allontanò, perdendosi tra la folla.
Draco lo raggiunse con un sorriso tronfio sulla bocca così simile alla sua, e squadrò con disappunto il suo vestito da cerimonia
I consigli di stile sono l'unica forma di dialogo che sembriamo avere, padre, ma almeno per stasera risparmiami – sbottò bruscamente.
Gli occhi dell'altro mandarono fiamme, ma non si scompose
Sono felice di vedere che stai bene figlio – la sua espressione si contrasse – hai sempre quella detestabile aria di strafottenza che mi preoccuperò personalmente di correggere – poi si distrasse, guardando qualcosa alle sue spalle – questa scuola ha ancora criteri di selezione spaventosi, vedo – sibilò in direzione di qualcuno dietro di lui
Signor Malfoy! - Lily Potter gli si affiancò, il frusciante vestito azzurro che si muoveva con lei, e i crepitanti capelli rossi mossi attorno al viso dal cipiglio combattivo – dovrebbe rimandare indietro la confezione di Pozione Rigenerante Per Capelli Fragili – arricciò il naso – non funziona, vedo – le guance smorte di suo padre vibrarono di collera
Tu, sporca... - James Mano di Dio Potter li raggiunse, fermandosi alle spalle di Draco
Metti a cuccia il pitone Malfoy, o ti farò pentire di aver anche solo messo gli occhi su mia sorella – il suo tono era falsamente cortese, minaccioso come il vento in tempesta su un castello di sabbia. Scorpius scorse la mano del padre correre al bastone da passeggio con la rapidità di un falco, ma il buonsenso sembrò avere la meglio, e si rilassò, reazione che gli costò un buon 90% delle sue energie
Godetevi la serata – sputò loro in faccia, rabbiosamente, allontanandosi, non prima di avergli inferto un'occhiata di puro disprezzo e collera.
Lily Potter lanciò un'occhiata simile a suo fratello
Non ho bisogno della balia Jimmy S – ma riuscì solo ad ottenere dall'altro una risata divertita
Era per lui che sono intervenuto – le strizzò l'occhio – se sei mia sorella metà di quanto sei figlia di nostro padre, lo avresti fatto a pezzi – poi i suoi occhi castani incontrarono quelli di Scorpius – Malfoy, l'avvertimento vale anche per te – lo freddò con un'alzata di sopracciglia scure – soprattutto per te -
Jimmy – imprecò la Potter, e il Beato Cercatore del Mondo si esibì in uno di quei suoi sorrisi affascinanti che facevano tremare le ginocchia alle ragazzine idiote, passandosi una mano fra i capelli spettinati
Divertitevi ragazzi – si allontanò anche lui, seguito da molti più sguardi di quanti Scorpius avrebbe potuto raccogliere in una settimana.
 
Flashback************************************************************************
 
Lily dondolò imbarazzata sulla porta. Zane Zabini la fulminò con un sorriso furbo
Non prenderai fuoco Potter, rilassati – adagiò Scorpius sul letto a baldacchino con l'aiuto di Hugo, e scambiò un'occhiata divertita con Roxanne – Weasley Suffragetta, Weasley Geneticamente Potenziato, ve ne potete pure andare adesso – si strinse nelle spalle – potreste contaminarci le lenzuola – il suo solito sorriso pigramente scanzonato sostituì l'espressione razionalmente risoluta di poco prima. Roxanne gli diede uno scappellotto sulla testa
Idiota! - riuscendo a strappargli una risata tonante
Scherzavo tigre, dovete distrarre Katie Bell mentre sgraffigno un po' di Pozione Rinvigorente dall'armadio delle scorte. - Roxanne lo guardò con tanto d'occhi
Quando tiferò Serpeverde alla finale di Quidditch – ribatté sarcastica. Hugo lanciò un'occhiata obliqua a Malfoy, poi a lei, ancora immobile sulla porta, e si morse il labbro
Non ha un gran colorito Rox – mugugnò – se ci rimane secco Albus passa dei guai – non sarebbe morto, ma non sembrava nemmeno molto vivo.
La loro combattiva cugina sospirò profondamente
E va bene, va bene – poi si voltò verso di lei – vieni? - ma Zabini scosse il capo veemente
Non se ne parla – disse sbrigativo – la rossa, qui, resta a controllare che l'idiota non decida di andarsene in giro conciato peggio di Voldemort dopo la Guerra Magica – e, rigorosamente dopo averle strizzato l'occhio, li spinse via
Za...- provò a protestare
Mi ringrazierai dopo Potter – scherzò lui richiudendosi la porta alle spalle.
Così eccola, la grande Stanza dei Sogni di metà delle ragazze della scuola. Non sembrava tutto questo splendore: Malfoy, per essere uno che amava se stesso sopra ogni cosa, non sembrava aver piacere di documentare le sue vittorie, o niente che lo riguardasse. Era stato spesso giudicato il Miglior Cercatore della Scuola dopo che James se n'era andato, ma non sembrava che quei riconoscimenti lo rendessero orgoglioso. C'erano solo bandiere del Quidditch, qualche coccarda verde e argento, e un paio di foto scattate in vacanza con Zabini e Goyle.
Lily si sedette sul bordo del letto, osservando Malfoy dormire, agitato e sudato. Non sembrava stare troppo bene, Zane aveva ragione. Si muoveva spesso, gli occhi roteavano febbrilmente dietro le palpebre serrate, e il respiro era irregolare. La mano sana si stringeva a pugno ogni volta che la mandibola si contraeva in spasmi violenti. Gli poggiò una mano sulla spalla, sorprendendo se stessa nel trovarlo incredibilmente vulnerabile.
Se fosse stato sveglio, o almeno parzialmente cosciente, l'avrebbe presa in giro per la sua debolezza. Ma non era sveglio, era privo di sensi, perso in un mondo da incubo dal quale non riusciva a svegliarsi.
I capelli biondi gli ricadevano disordinatamente sulla fronte imperlata di sudore freddo. Glieli scostò, in un gesto automatico che la fece sentire in imbarazzo.
Ritrasse la mano, guardandosi intorno, per riderne subito dopo. Nessuno poteva vederla.
La spalla di lui si mosse sotto la sua presa, prima di rilassarsi. Scorpius rimase immobile e calmo, gli occhi che tornavano immobili e sereni, il corpo abbandonato contro il materasso.
Con un sospiro, Lily su guardò intorno, curiosando nei cassetti e nei bauli.
Poi qualcosa attirò la sua attenzione: un baule più piccolo degli altri, tanto da somigliare quasi ad un forziere, chiuso a chiave
Alohomora – tentò, senza che si aprisse. Rifletté, lasciando correre lo sguardo alla stanza, in cerca di un indizio. Poi tentò – Serpeverde – niente – Purosangue – ancora niente – Malfoy – chiuso. Sospirò – Quidditch – per un attimo sembrò si aprisse, ma non ci fu niente da fare
Prova con Fatti Gli Affari Tuoi Dannatissima Potter – biascicò una voce debolmente divertita. Lily saltò così in alto che quasi toccò il soffitto. Si voltò, e incrociò gli occhi grigi e leggermente opachi di Scorpius Malfoy.
Perfetto, applausi per me, pensò rabbiosamente Lily maledicendo la propria insaziabile curiosità
Io... - esitò, arrossendo così violentemente da credere che la sua testa sarebbe esplosa.
Ma Malfoy non sembrava arrabbiato. Trionfalmente divertito, semmai.
Le fece cenno di avvicinarsi, sogghignando.
Lily appoggiò il forziere sul letto.
Apriti – sussurrò l'altro con la voce ancora incrinata dalla fatica. Il lucchetto scattò con un click.
Lily lo fissò con un sopracciglio sollevato
Davvero? Apriti? - l'altro trasformò un ghigno in un colpo di tosse
Le risposte semplici sono sempre le più efficaci Potter – Lily lasciò cadere lo sguardo nel forziere, distrattamente, ma ben presto dovette fare i conti con quello che c'era dentro: centinaia di foto di lui nei luoghi più disparati del mondo, i capelli lunghi fino alle spalle scompigliati dal vento, a Parigi, New York, Nuova Delhi, Città del Messico, assieme ai più assortiti personaggi che Lily avesse mai visto
Quello è... -
Il Dalai Lama? - roteò gli occhi – Ho provato a dirgli che dovevo andare, ma non ha voluto saperne di lasciarmi andar via senza aver documentato la mia venuta – ridacchiò sistemandosi debolmente su un gomito.
Scorpius Malfoy aveva girato il mondo con uno zaino in spalla e la serenità negli occhi, vivendo a contatto con i Babbani che suo padre disprezzava, mentre doveva essere altrove, alle Maldive o in qualche isola tropicale a fare sesso con le turiste arrapate, assieme ai suoi amici decerebrati.
Perché? - gli chiese in quel genere di domanda che significava tutto. In un altro momento Scorpius Malfoy le avrebbe risposto con una battuta, ma non in quel momento. In quel momento si fece serio, lasciò correre lo sguardo sulle foto sparse sul materasso e serrò la mandibola, incatenando lo sguardo di lei nella nebbia fumosa dei suoi occhi grigi in tempesta
Perché nessuno può dirmi quello che devo essere – il silenzio corse fra loro saturando la stanza, Lily che non aveva il coraggio di parlare per paura di frantumare quell'attimo di perfetta comprensione. Per la prima volta da quando quella folle storia era iniziata, non sentì il bisogno di ribattere. Quando la tensione fu quasi così spessa da essere soffocante, Scorpius sorrise gongolante – te la immagini la faccia di mio padre se vedesse queste? - entrambi sorrisero nello stesso modo perversamente soddisfatto.
Poi gli occhi di Lily caddero su una foto particolarmente rovinata, evidentemente logora dall'uso, che ritraeva Scorpius davanti ad un cartello con su scritto “Riserva” accanto ad una parola che non poteva leggere, perché una bellissima ragazza dai lunghi capelli neri e lucenti, e i tratti del viso tipici dei nativi americani, le copriva la visuale. Sorrideva, aggrappata al braccio di lui, così felice e serena che Lily se ne sentì quasi contagiata. Ma non furono i suoi occhi a turbarla, malgrado fossero i più profondi e antichi che avesse mai visto in una persona così giovane; fu l'espressione di completa serenità che colorava il viso di lui, rendendolo ancora più bello. Non di quel genere di attrattiva che poteva avere un nuovo taglio di capelli, o un maglione particolarmente bello, ma di quella avvenenza pura e trasparente che sembrava disegnare i suoi tratti solo quando saliva su una scopa.
Ebbene, quella ragazza, chiunque fosse, aveva su Scorpius Malfoy lo stesso effetto di un volo infinito sulla scopa da corsa.
 
Fine flashback**********************************************************
 
Scorpius si voltò verso di lei con l'angolo della bocca sollevato in un ghigno divertito
Da quando sei diventata la mia guardia del corpo Potter? - Lily ricambiò il sorriso, senza nemmeno rendersene conto
Da quando non sei più capace di andartene in giro senza spiaccicarti come un uovo di drago fresco sul prato del campo da Quidditch – il divertimento balenò nei suoi occhi
Touchè – ammise sollevando i palmi delle mani aperte. Lei gli dedicò uno sguardo di sfida
Le risposte semplici sono sempre le più efficaci, Malfoy – lui le lasciò correre un dito lungo la clavicola, riavviandole i capelli dietro la spalla nuda.
Se le avesse rovesciato addosso una vampata di fuoco, Lily non avrebbe potuto avere più caldo
Pare vero... - sussurrò sollevando eloquentemente le sopracciglia.
Ma Lily non cedette, questa volta, alla supplica delle sue gambe di non squagliarsi sul pavimento. Rimase impassibile, con solo un lieve rossore a indicare quello che si stava scatenando senza posa all'altezza delle dita di lui.
Gli prese la mano col pollice e l'indice e la lasciò ricadere da un lato, in quella che si rivelò una pessima mossa.
Risparmiati le occhiate da Divoratore di Ragazze Innocenti con me, Malfoy, non attacca – sarebbe andata bene, sarebbe...Ma la mano di lui scivolò pigramente lungo la sua schiena, fino a incunearsi nell'incavo della spina dorsale. Con una leggera pressione, Scorpius l'attirò a sé, soffiandole sulle labbra
Le occhiate non sono il mio solo talento Potter, se non l'hai notato... - sogghignò, a quei due pericolosi centimetri dalla sua bocca.
Kurt? - una voce calda come la cioccolata di Madama Piediburro sembrò sovrastare l'incessante frastuono degli Incantatori di Serpenti – Sei davvero tu? -
Per un attimo sembrò che Scorpius si sarebbe pietrificato in quell'istante, sul pavimento gelido della Sala Grande. S'irrigidì nervosamente, come un soldatino di piombo.
Lily si voltò verso quella voce così irrimediabilmente avvolgente, e incontrò un paio di antichi occhi neri, circondati da ciglia nerissime e arcuate senza bisogno di alcun trucco, incastonati in un viso dall'ovale delicato, le labbra carnose e definite, e quella massa di liquidi capelli neri.
Scorpius deglutì nervosamente, gli occhi grigi spalancati dalla sorpresa e l'ansia
Wahya? Cosa diavolo ci fai tu qui? - la giovane donna della fotografia li squadrò entrambi con una sola occhiata, poi sorrise
A quanto pare abbiamo entrambi un paio di spiegazioni da dare... - decretò in un baluginare di occhi neri e capelli setosi.
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Angolo della delirante autrice: buonasera a tutti voi!!! Non sentite il freddo della neve e la condensa del fiato sui vetri? No??? Non sapete quanto è divertente scrivere ff ambientate in inverno quando fuori ci sono amabili 30 gradiXD ahahahahah
Che dire, questo capitolo è stato sfiancante e infinito, ma sono contenta di averlo conclusoXD
Fatemi sapere se questa tecnica del punto di vista multiplo vi garba, potrei usarla ancora^^
Che dire....a parte qualche precisazione di cui la maggior parte di voi probabilmente non avrà neanche bisogno^^
Prima Scorpius e poi Zabini, chiamano Roxanne "Lotta Continua"...il mio è un personale omaggio a quel movimento di sinistra comunistarivoluzionaria extraparlamentare che negli anni di movimento del 68-69, e poi per buona metà degli anni settanta, che si prodigò nelle lotte studentesche e dei diritti civili di quel biennio di glorioso attivismoXD
Scott Warrington che abbiamo imparato tutti ad amare (ma dove?XD) altri non è che il figlioletto di C.Warrington, che ha frequentato la scuola dal 1991, ed è diventato Capitano della squadra di Quidditch di Serpeverde dopo Motague^^.
Ringrazio come sempre tuttu voi che ancora mi seguite anche se non vi do' le soddisfazioni che vorreste, e soprattutto l'ormai basilare Club dello Sclero, che oltre ad essere Notturno è anche Pomeridiano, e Mattutino, e Serale e qualsiasi altra cosa desideri essere....sapete che vi amo ragazze, e regalerei ad ognuna di voi uno Scorpius in carne e ossa da maltrattareXD
Alla prossima!!!!

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Capitolo 21
*** Soglie ***


Soglie

 
Poi fummo dentro al soglio de la porta
che 'l mal amor de l'anime disusa,
perché fa parer dritta la via torta,
sonando la senti' esser richiusa;
e s'io avesse li occhi vòlti ad essa,
qual fora stata al fallo degna scusa?
(Divina Commedia, Purgatorio, Canto X, vv 1-6)
 
 
Flashback***************************************
 
Ricordava solo il caldo, ondate di nebbia rovente che salivano dalla strada sterrata e gli si appiccicavano addosso come le fiamme dell'inferno. Caldo e afa, un respiro più difficile dell'altro, i polmoni, la bocca e le palpebre più secchi degli ordini che gli impartiva suo padre.
L'indomabile prateria del Tennessee si estendeva sotto i suoi occhi schermati dagli occhiali da sole. Il tipico cappello da cow boy gli adombrava il viso lo stretto indispensabile per non sentirsi cuocere la pelle al sole. Il pallore molto british con cui era arrivato, era sparito altrettanto in fretta, sotto lo sguardo velatamente fiero della sua guida.
Sembri vivo, almeno – gli aveva detto con quel suo accento grumoso come farina di granturco
Anche tu stai una favola amico – aveva replicato lui sarcastico, prima di calarsi la visiera sugli occhi socchiusi.
Il sole era un disco infuocato e implacabile che sembrava volerli arrostire lì dove si trovavano, e il calore rendeva la prateria un immenso lago immaginario, dove Scorpius credette per un attimo di potersi abbandonare. Ma solo secca terra e paglia sterposa lo avrebbero accolto.
E il caldo, insensato e atroce calore incandescente che lo avvolgeva come un bozzolo.
Poi aveva sentito un rivolo di sudore scivolargli lungo la spina dorsale. Ricordava a malapena com'era passato dalla posizione eretta, a divorare manciate di polvere sul fondo della jeep senza tettuccio.
Batté le palpebre ritmicamente, mettendo a fuoco le sagome che si muovevano febbrilmente contro il cielo di un azzurro innaturale e quasi penetrante. Volti dai lineamenti marcati, occhi a mandorla del nero più cupo e labbra carnose e definite, si susseguivano nel suo campo visivo come tante ombre grigiastre e sfuocate.
Dopo le immagini, lo raggiunsero le voci, distanti, echeggianti, confuse, ma decise
E' un mangia nebbia – diceva qualcuno – cosa diavolo ci fa qui un maledetto damerino inglese? -
Smettila Paul – lo ammonì una voce di donna – sei così patetico -
Wahya non parlare così a tuo fratello – un tono basso e roco accompagnò quelle parole
Si comporta come se tutti gli stranieri che vede fossero qui per cacciare i nostri bisonti e costruire la ferrovia... - ribatté con decisione quella che Scorpius riuscì finalmente a identificare come una ragazza dai caldi occhi castani e i setosi capelli lunghi drappeggiati sulle spalle
Perché, cosa credi che faranno appena... -
Basta! Non siamo al consiglio cittadino, uno straniero ha bisogno di aiuto e noi glielo daremo – nuovamente, la pacata voce roca sedò la discussione
Prometto che mi unirò a voi nella marcia di protesta – biascicò Scorpius tentando di mettersi a sedere – sono sempre stato fico bardato di messaggi a sfondo politico – quando la terra smise di girargli attorno, si appoggiò contro la carrozzeria della Jeep
Sembra stia meglio – commentò sarcastica la ragazza; aveva una pelle levigata del colore delle nocciole tostate, e una voce melodiosa e rilassante.
Qualcuno lo aiutò a mettersi in piedi, e una mano ambrata gli restituì il cappello coperto da un sottile strato di arena rossa.
L'uomo con la voce roca gli porse la mano
Mi chiamo Samuel Show – indicò i due ragazzi che aveva alla destra e alla sinistra – e questi sono mio figlio Paul, e mia figlia Wahya, e ti trovi nella Riserva Cherokee delle Smokey Mountains – entrambi gli concessero appena un cenno: il ragazzo, che ormai era un uomo fatto, portava i capelli legato in una lunga treccia ornata di striscioline di cuoio e campanelle, che frusciavano e tintinnavano ad ogni movimento. Lei, Wahya, lasciava che i lunghi e setosi capelli della più intensa sfumatura del cioccolato fondente le scivolassero morbidamente lungo la schiena. Un paio di orecchini con una piuma colorata all'estremità le decoravano il viso dolce e fiero.
L'uomo, che teneva i capelli sale e pepe corti sulle orecchie, lo accompagnò in quella che doveva essere una specie di locanda. Metà di coloro che si erano fermati a soccorrerlo lo seguì
Al – disse uno al barista tarchiato dietro il banco – dacci qualche pinta – fu così che Scorpius si ritrovò troppo presto sbronzo, a cantare canzoni Cherokee della Riserva, su aquile uccise dall'amore per il proprio riflesso nelle acque dei fiumi, e bisonti saggi che si trasformavano in uomini per guidare le genti in battaglia.
Ma la canzone che stuzzicò maggiormente il suo entusiasmo parlava di uno straniero che aveva conquistato l'amore della figlia del capo e l'aveva disonorata, gettando discordia e maledizioni sulla tribù.
Quando i suoi tentativi di alzarsi dal bancone andarono a buon fine, Wahya Show lo seguì con lo sguardo enigmatico fino alla veranda, uno strano sorriso che non seppe interpretare a decorarle il volto cesellato.
Scorpius si trascinò miracolosamente nella sua camera, ignaro che avrebbe trascorso tutto il resto della sua vacanza a pescare con la lancia e a intrecciare Scacciapensieri, nudo, in pace, la “figlia del capo”, che lui aveva disonorato, che lo fissava, con quei suoi occhi penetranti e antichi, appoggiata ad un gomito.
 
Fine flashback***********************************************************
 
Scorpius non sollevò il mento dal piatto quando suo padre lo chiamò con voce secca. Draco e Astoria lo fissarono con differenti sguardi indagatori; poi sua madre ricacciò indietro qualunque cosa avesse pensato, e tornò a fissare la sua cena come se non esistesse nient'altro al mondo per cui vivere. E forse era davvero così.
Suo padre, d'altro canto, non si lasciò scappare la possibilità di umiliarlo abbondantemente, e si lasciò sfuggire un sogghigno crudele
Stai pensando alla tua fidanzata? - dalla bocca di qualsiasi altro genitore al mondo, la Vigilia di Natale, quelle parole sarebbero anche potute sembrare semplice curiosità, se non addirittura un vago interesse. Dalla bocca del suo, di genitore, risuonarono gelide e schernenti nella semioscurità dell'immenso salotto del Malfoy Manor
No, ma quando lo farò sarai il primo a saperlo – sibilò Scorpius tornando a dedicare tutta la sua attenzione alle patate che lo fissavano dal piatto – sempre che non decida di aprirmi direttamente in due il cervello per controllare tu stesso – Draco ebbe un lieve spasmo delle labbra serrate, e Astoria si voltò di scatto verso di lui
Potrei farlo... - sogghignò suo padre – e tu non potresti impedirmelo – la soddisfazione che traboccava dalle sue parole era così nauseante che Scorpius si costrinse a non guardarlo
Draco – tentò sua madre, le labbra quasi tremanti di lacrime. Se fosse scoppiata nuovamente a piangere, Scorpius non avrebbe davvero saputo controllarsi. Non aveva bisogno di una donna debole che si lasciasse sopraffare da qualunque cosa; aveva bisogno di una madre che lo proteggesse, lo riparasse, e fosse il suo scudo contro la feroce caparbietà di Draco nell'infliggere sofferenza.
Era solo un bambino, non poteva difendersi...
Astoria, quante volte abbiamo fatto questo discorso? - l'ammonì senza nemmeno fingere di aver preso in considerazione qualunque cosa gli avesse mai detto suo moglie – non puoi intrometterti quando tento inutilmente di educare il figlio che hai reso debole -
Lei non mi ha reso debole – scandì fuori dai denti lui, stringendo convulsamente il coltello fra le dita.
Gli occhi di Astoria si riempirono di lacrime di paura e disagio. La sua voce tremolò mentre lo guardava
Non preoccuparti tesoro, tuo padre... -
Mio padre è un gelido e pomposo fallito, che non ha niente di meglio da fare che crogiolarsi nella sconfitta e nel disprezzo, perché non ha la forza di risollevarsi dalla merda nella quale si è affogato lui stesso... - avrebbe voluto rispondere Scorpius, ma ingoiò quelle parole, che bruciarono di rabbia giù per la sua gola.
Draco non si era mosso, ma sembrava aver letto nell'aria attorno a lui i suoi pensieri.
Astoria parlò di nuovo, con voce implorante e lagnosa, così incerta e lamentosa che nessuno, nemmeno il più generoso degli uomini, avrebbe davvero ascoltato quello che aveva da dire.
Avevi detto che non lo avresti più fatto – sussurrò con un filo di voce tremante. Suo padre si voltò con spregio e la squadrò, gli occhi grandi e i capelli setosi che lo avevano affascinato ridotti alla pallida imitazione di quello che erano stati.
Draco osservò il fantasma della donna che aveva amato, e non le riservò nessuna cura
E tu avevi detto che non avresti più ucciso altri figli...siamo entrambi dei bugiardi - Scorpius si alzò di scattò sbattendo le mani sul tavolo di resistente quercia. Scagliò le posate contro la parete con un impeto d'impotente furia; la vista baluginava di puntini bianchi, tanto aveva serrato la mandibola, e le mani gli tremavano per lo sforzo di non torcere il collo di suo padre, e di lei, che così inutilmente sembrava opporsi. Probabilmente, pensò distrattamente, sua madre si sarebbe lasciata ammazzare senza nemmeno reagire.
Draco lo fulminò con lo sguardo, gelidamente
Rimettiti a sedere – sibilò – Kirby! - urlò all'Elfa Domestica dagli aggrovigliati capelli di un giallo evidenziatore – pulisci! - Scorpius osservò impotente l'anziana elfa ciondolare verso la tavola. Si mosse verso di lei, istintivamente, ma Draco lo folgorò – non-fare-una-mossa – il disprezzo e la sfida grondavano da quelle parole come grasso di maiale arrosto. Strinse i pugni fino a piantarsi le unghie nella carne, e ricambiò lo sguardo di Draco con altrettanto disprezzo e furore.
Ma l'altro sembrò tranquillo, e intrecciò le mani sul pesante tavolo.
Astoria, senza proferire parola, cominciò a dondolare piano sulla sedia, fissando suo figlio senza davvero vederlo.
Suo padre si alzò con grazia e cominciò a camminare per la stanza, mentre Kirby rassettava e poggiava le posate accanto alla mano contratta di lui
Il padrone... -
Vattene lurida feccia – le intimò Draco, senza nemmeno guardarla, con un gesto distratto della mano. Scorpius sentì le viscere rivoltarsi di furore, e serrò le dita sui bracioli della sedia fino a farsi sbiancare le nocche; si sentiva così impotente senza la sua bacchetta, nuovamente piccolo e solo, debole, nella penombra della sua stanza con le mani premute contro le orecchie, per non vedere, non sentire, non piangere.
Suo padre, l'uomo che lui sarebbe dovuto diventare, si posizionò alle sue spalle, posando le sue dita bianche sulle sue spalle
Dr...Dr...Dra... - solo gli insensati balbettii di Astoria rompevano il silenzio di quel momento, il crepitare del fuoco, triste, come tutto il resto, imprigionato nella grata del camino, che tentava invano di scaldare quella stanza.
Il gelo delle dita di suo padre che gli artigliavano le spalle penetrò in lui fino a provocargli un brivido. Si sforzò di restare calmo, deglutire e respirare regolarmente. Se non gli avesse dato soddisfazione avrebbe smesso. Smetteva sempre, prima o poi.
C'è qualcosa che devo sapere figlio? Qualche amicizia particolare che stai cercando di nascondermi? - il modo in cui pronunciò la parola “particolare” chiarì immediatamente che non avrebbe gradito, né tollerato una menzogna. Eppure lui doveva mentire, o tutto sarebbe andato a rotoli in un istante
No – scandì chiaramente, senza un tremito. Ma c'erano cose che Draco sapeva, sapeva sempre.
In un istante, sfoderò la bacchetta e gliela puntò alla tempia
Legilimens – sibilò accanto al suo orecchio, mentre Astoria emetteva un verso inarticolato e si raggomitolava su se stessa. Proteggeva se stessa, invece di lui.
 
Flashback*************************************************************
 
Wahya lo guardò con espressione seria, la testa appoggiata ad un gomito nella penombra del dormitorio. Zane e Kork non avevano fatto domande, uno non ne aveva bisogno, l'altro era troppo stupido per porsele.
Nemmeno lui sapeva perché l'aveva portata lì, perché se n'era andato dalla festa senza voltarsi indietro, trascinandola con sé. Sapeva solo che qualcosa gli aveva serrato la gola con gli artigli inafferrabili del panico, e non aveva saputo fare altro che guardarla, bellissima, inaspettata, e così spaventosamente estranea a quella vita, e portarla via, lasciare che lei lo portasse via, che costruisse quel riparo sicuro che era stata nella sua vita.
Forse non le importava chi lui davvero fosse, o forse aspettava solo che fosse abbastanza inerme per confessarglielo, ma Wahya non aveva proferito parola, non una, fino a quel momento
Sei diverso – aveva detto con quel suo accento delle pianure – fai tutto in modo diverso, anche il sesso – Scorpius sollevò amaramente un angolo della bocca
Non tentare di farti rimborsare il prezzo del biglietto. Altro giro altro regalo – gli occhi di lei, che nella penombra sembravano neri e imperdonabili, così come quei suoi liquidi capelli cioccolato fuso apparivano alla luce delle candele, lo scrutarono intensamente. Suo padre gli aveva confidato che Wahya aveva “la vista”, che il suo occhio andava oltre l'umano, il presente, e il conoscibile. Lui non ci aveva creduto fino a che non aveva cominciato a chiamarlo “lo spezzato”; “ci sono urla nella tua vita, e dolore, io li vedo, anche se i tuoi occhi brillano più del sole, e il tuo sorriso sembra solcare l'orizzonte” gli aveva sussurrato una notte, il viso rivolto al cielo terso e stellato del Tennessee, la guancia appoggiata alla sua spalla, le mani intrecciate che disegnavano le traiettorie delle stelle. Da quel momento in poi, lui era stato Lo Spezzato.
Wahya gli scostò i capelli dalla fronte, in un gesto che Scorpius sentì di aver già visto, anche se non ricordava dove
Quando ti ho conosciuto sembrava che nulla potesse scalfirti – sussurrò seria – eri deciso a camminare sull'acqua, e puntualmente ci riuscivi – un debole sorriso le increspò le labbra carnose – eri così splendente che quasi era difficile avvicinarti – scivolò con un dito lungo il viso di Scorpius, disegnandogli la mandibola, il collo, il petto – ora sei davvero spezzato – disse semplicemente poggiandogli il palmo aperto sul cuore.
Scorpius sbuffò, scuotendo la testa
Avrai pure l'occhio interiore tesoro, ma con gli altri due non ci vedi troppo bene – come poteva, lui, Scorpius, essere spezzato quando sembrava la chiave per ribaltare le sorti del mondo libero, e suo padre, e la dannata Lily Potter...Spezzato? Come poteva permetterselo?
Ma Wahya gli dedicò un'intensa occhiata di matura sicurezza. Lui era cambiato, ma lei lo era anche di più.
Non prenderti gioco di me Kurt, o Scorpius, o come diavolo ti chiami davvero. Riconosco la differenza fra un temporale e un fulmine a ciel sereno – si mise a sedere, sovrastandolo con quel suo sguardo liquido e caldo – sei davvero forte adesso, figlio del cielo, anche se non lo sai – si alzò, nuda e perfetta sotto i raggi della luna a cui mancava ancora qualche spicchio, e si voltò verso di lui – e l'amarezza del tuo cuore è palese quanto il sole che sorge ogni mattina dalla sua Madre Terra – lui provò a ribattere, ma lei lo zittì – Ma non sei più sicuro, e non sai più qual'è la tua strada – Scorpius sbuffò, sporgendosi e attirandola a sé
Se avessi voluto farmi leggere il futuro, sarei salito sulla dannata torre di Astronomia – la baciò, sperando di cancellare quei pensieri, e i propri – e la mia strada, ora come ora, mi sembra ben chiara – sogghignò contro le labbra di lei, che non lo ricambiò.
Quel che successe dopo, non liberò Scorpius dagli artigli invisibili del panico, nemmeno per un secondo.
 
Fine flashback***********************************************************
 
Scorpius sentì la mano psichica di suo padre frugargli nella mente, rivoltarla prepotentemente e artigliare i suoi ricordi come frutti maturi da cogliere. Velocemente, prepotentemente, i suoi pensieri si lasciarono setacciare, con la solita facilità con cui suo padre li strappava via da lui.
Astoria gemeva, gridando di tanto in tanto, il labbro che tremava nella penombra della stanza spoglia. Draco aveva ordinato freddamente a Kirby di addobbare l'albero e di comprare a Diagon Alley qualche regalo da metterci sotto, ma non si era mai preso la briga di restare a scartarli con suo figlio. Astoria gli aveva insegnato ad amare il Natale, quand'era piccolo, e lei amava farlo levitare fin sulla cima dell'abete per sistemare la stella, e Draco a detestarlo con tutto se stesso, perché lo aveva intriso di silenzi, di rabbia e di giornate prive di risate. Il dolore di suo padre aveva vinto sull'amore di sua madre, e così in Natale non era diventato altro che un conto alla rovescia per poter tornare ad Hogwarts, ai fantasmi che spuntavano da ogni angolo cantando strane canzoni, e le distese interminabili di neve candida attorno al castello. E il Quidditch, Merlino, quanto gli mancava sfidare il vento gelido e la neve cristallizzata negli occhi in quei pomeriggi di dicembre con il bianco della neve e del cielo che lottavano contro la scintillante luminescenza del Boccino.
Pensare al Quidditch fu un errore: Il Bolide lo colpì in pieno, sorprendendolo, costringendolo a mollare la presa sul manico di scopa. Il terreno si avvicinò inesorabilmente, in una caduta che non sembrava avere mai fine...Zane gli fece un cenno con la mano per avvertirlo del Corvonero che gli stava arrivando alle spalle, ma Scorpius aveva già virato di 180° gettandosi a capofitto all'inseguimento del Boccino...Alicia Spinnett fischiava l'inizio della partita, e sette divise roso e oro ricambiavano il suo sguardo...un mulinare di capelli rossi...
Scorpius serrò la mandibola deviando quel pensiero. Suo padre non poteva, non doveva raggiungere lei nei suoi ricordi.
Ma Draco aveva visto, e non era disposto a rinunciare. La sua mano pallida si serrò come un artiglio attorno alla spalla di Scorpius, e quasi la bacchetta gli affondò nella tempia, tanto fu il rabbioso vigore con cui suo padre tentò di afferrare quell'ultima immagine e rivoltarla da cima a fondo.
Ma Scorpius questa volta non cedette, in quella battaglia senza fine di disperata resistenza. Così pensò all'unica cosa a cui suo padre non avrebbe dato importanza, perché troppo lontana dal suo feroce e gelido modo di vedere il mondo. Pensò a infiniti pomeriggi in Sala Comune, pensò a risate tonanti nella silenziosa quiete del dormitorio dei Serpeverde, pensò alle partite a scacchi dei maghi in Sala Grande, e scorribande notturne nei corridoi del Castello. Pensò ai caldi pomeriggi di primavera a Hogmeade, sulle sponde del Lago Nero a cuocersi al sole dopo gli esami finali, in quelle fin troppo brevi ore che lo separavano dal ritorno a casa. Pensò alla rassicurante quotidianità delle sue giornate, e alla sensazione di pace e di casa che quei semplici gesti significavano per lui. Pensò a quanto vicina alla felicità fosse per lui quella sensazione, e pensò a quanto gli sarebbe mancata.
E Draco lo lasciò andare, violentemente, come un animale ferito
Cos'era, per Salazar, quell'assurdo... - Scorpius quasi precipitò con il viso sul tavolo, per la forza del contraccolpo. Approfittò di quell'attimo di distrazione per sottrarsi ai suoi lunghi artigli e si appiattì contro il muro. Draco lo fissò con gli occhi ridotti a fessure – scoprirò cosa mi stai nascondendo figlio, e non sarà piacevole...per te – sollevò nuovamente la bacchetta, ma in quel momento accaddero due cose contemporaneamente: Astoria si lanciò contro il figlio, facendogli scudo con il suo corpo snello ed elegante, e un'enorme esplosione ridusse in mille pezzi la parete nord del salotto del Malfoy Manor. Una cascata di calcinacci piovve loro addosso come una nevicata improvvisa, e Scorpius si ritrovò coperto di polvere e detriti. Astoria urlò, ma impugnò la bacchetta con una presa salda e decisa. Scorpius non sapeva nemmeno la portasse con sé.
Draco si voltò indignato e rabbioso verso l'imponente squarcio nella parete, bacchetta in pugno, sul viso segnato di rughe d'espressione una determinazione e una furia che Scorpius non ricordava di aver mai visto.
Dieci uomini incappucciati e drappeggiati di mantelli bianchi come la neve, si fecero largo in quella che una volta era la sala da pranzo della sua famiglia, ridendo sguaiatamente, le bacchette in pugno puntate contro Draco
Guarda chi c'è? Draco Malfoy e la sua allegra famigliola riunita - Scorpius riconobbe il difetto di pronuncia dello stesso uomo che aveva attaccato Pansy Parkinson.
Suo padre fece saettare la bacchetta, ma in un istante venne disarmato
Impedimenta! -
Incarceramus – suo padre si ritrovò circondato di funi invisibili che lo bloccavano a terra.
Astoria lanciò un incantesimo contro il più vicino di loro. Accadde tutto così velocemente che Scorpius, a distanza di tempo, non avrebbe saputo descrivere quel momento.
Il Traghettatore colpito dall'incantesimo di sua madre si accasciò a terra, dilaniato da terribili e sanguinanti ferite, l'uomo accanto a lui scagliò Astoria contro il muro in un altro svolazzare di calcinacci, mentre un terzo, il capo, lo sapeva, quello con cui aveva parlato quella notte ad Hogsmeade, gli rivolse quello che certamente fu un sorriso, nascosto dalla maschera greca
E tu da dove salti fuori? - rise – lo sapevo che quella tua faccia pallida mi ricordava qualcuno – Scorpius mise mano alla bacchetta, ma non fu abbastanza veloce da estrarla, prima che l'altro puntasse la propria contro di lui. Avvertì solo l'incantesimo investirlo con tutta la sua devastante potenza, poi due braccia sottili lo avvolsero, e lacrime calde gli scivolarono sul viso
Padrone – riuscì ad udire prima di perdere i sensi.
 
***
 
Lily lasciò correre lo sguardo oltre la finestra della sua camera alla Tana. Era terribilmente presto per cenare, la Vigilia di Natale, ma nonna Weasley stava spadellando dalle due del pomeriggio, e sbraitava ordini a tutti i suoi figli che, Auror o no, obbedivano senza fiatare ad ogni suo ordine.
Nonno Arthur se ne stava comodamente spaparanzato sulla sua poltrona preferita, dopo aver preso in ostaggio suo padre, Hermione e zia Audrey per farsi spiegare per filo e per segno l'esatta funzione di un computer, e ridacchiava nell'osservare suo zio Ron che correva avanti e indietro per casa alla ricerca di chissà che cosa che sua moglie non trovava da anni.
Ma Lily si sentiva la pelle staccarsi di dosso quella sera. Niente riusciva a calmarla, nemmeno le sguaiate risate di Hugo e James che giocavano a scacchi sotto lo sguardo intollerante di Rose, che aveva ancora qualcosa da ridire su “tutta quella violenza ingiustificata”.
Albus era rimasto seduto tutta la sera, in silenzio, a leggere un vecchissimo libro, e non aveva alzato lo sguardo su di lei nemmeno una volta.
Lily si sentiva ignorata e a disagio. Era la prima volta che non si lasciava sommergere dall'allegria contagiosa della sua famiglia in tutta la sua vita. Così era salita in camera sua, la striminzita stanza che era stata di suo zio Ron, e nella quale suo padre aveva dormito nelle più felici e più difficili notti della sua vita.
Rannicchiata contro la piccola finestra che dava sul trasandato cortile della Tana, sospirò.
 
Flashback******************************************************
 
La giovane donna si avvicinò di qualche passo, il sorriso sospettoso e incredulo che le disegnava le labbra piene
Kurt? - quella semplice parola, aveva messo sottosopra la poca stabilità del suo rapporto con Scorpius Malfoy. Il ragazzo, d'altra parte, non sembrava al settimo cielo nel vederla lì, così profondamente a contatto con il mondo che lui aveva fatto così tanta fatica a nascondere.
Lily tentò di scrollarsi di dosso la brutta sensazione che la nuova arrivata aveva portato con sé, e sollevò n sopracciglio in direzione del Serpeverde
Kurt uh? - Scorpius s'irrigidì visibilmente, e deglutì
Perché sei qui Wahya? Io non... - era a disagio, un disagio così bruciante e inaspettato che zittì perfino lei.
La ragazza si avvicinò ancora di un passo, e l'alone del lampadario sospeso in aria la illuminò interamente: la sua prima impressione era sbagliata, pensò Lily nell'osservarla. Né i suoi occhi espressivi, né i suoi capelli lunghi e setosi erano neri, bensì di quell'intensa e palpabile sfumatura di castano che ha il cioccolato caldo quando bolle, della più luminosa e affascinante tinta del fondente. La sua bocca marcata era definita e carnosa, piegata in un sorriso che non significava niente, e la sua pelle sembrava caramello appena sciolto.
Indossava un maglione a collo alto con un lupo disegnato e un paio di jeans scuri. Era evidente che non fosse lì per la festa.
La ragazza le dedicò un sorriso gentile, e le porse la mano
Mi chiamo Wahya, piacere di conoscerti – Lily si riebbe con un attimo di ritardo, ma la ricambiò con una stretta ancora confusa
Lily...ehm...Lily Potter – Scorpius non sembrava stare comodo nella sua nuova veste di impostore smascherato, e dondolava impercettibilmente da un piede all'altro
Madame Maxime mi ha fatta venire qui dal Tennessee per affiancare Fiorenzo nell'insegnamento della divinazione – spiegò brevemente – il mio popolo ha sempre avuto la vista, e Albus Silente non perdeva mai di vista gli “amici speciali” - sorrise, anche lei, al ricordo del grande Preside di Hogwarts, esattamente come tutti quelli che conosceva.
Il tuo popolo? -
I Cherokee delle Smokey Mountaines – chiarì la ragazza con un baluginio negli occhi caldi, indirizzando un'occhiata in tralice a Malfoy. Poi si rabbuiò – hanno distrutto il mio villaggio, e Madame Maxime ha offerto a me e la mia gente un posto dove vivere e sviluppare le nostre “capacità” - Scorpius si fece ancora più pallido
Resterete qui? - Wahya gli dedicò un sorriso trionfante
Siamo appena dall'altra parte della Foresta Proibita – lo fulminò con un'occhiata molto più intima di quanto Lily non fosse disposta ad ammettere.
Fece per parlare, per chiedere qualcosa, qualsiasi cosa cancellasse dai suoi occhi quello sguardo di assoluta padronanza di sé, ma Scorpius fece un passo e le circondò la vita con le braccia
Ok, i telequiz sono finiti – decretò con un gesto secco della mano – io e te abbiamo un sacco di tempo da recuperare – sogghignò, ritrovando la detestabile espressione tronfia e sicura di sé che metteva su quando la tensione raggiungeva il limite, e le indirizzò uno sguardo colmo di soddisfatta malizia. E se ne andò, senza una parola o un gesto, Scorpius Malfoy si allontanò a grandi passi dalla Sala Grande, la luce che lo illuminava a intermittenza, e la musica che accompagnava la sua uscita trionfale al braccio di una perfetta sconosciuta che lo faceva sorridere come nient'altro al mondo sapeva fare.
Lily rimase lì, semplicemente, a guardarlo allontanarsi, il vestito leggero che le frusciava attorno alla vita e la sensazione di aver appena ingoiato una Pasticca Vomitosa.
 
Fine Flashback**********************************************
 
Non si trattava di Scorpius, disse a se stessa. NON aveva NIENTE a che fare con lui o con lo stuolo delle sue ammiratrici sempre più belle e affascinanti.
Si trattava di lei, che voltava le spalle alla sua famiglia prendendo le parti di un Malfoy. Un Malfoy, Morgana!
Era una traditrice, una voltafaccia e un'ingrata. La sua famiglia, tutta la sua famiglia, l'aveva spalleggiata sempre, nel bene e nel male, senza mai chiedere nient'altro che lei fosse quella che voleva essere. Loro non le avevano chiesto niente, ma lei? Lily, cosa aveva preteso da se stessa?
Un leggero bussare alla porta richiamò la sua attenzione
Posso entrare o mi scaglierai contro una fattura? - suo padre, libero dalle curiose grinfie dell'adorato nonno Arthur, si affacciò da dietro la porta con i suoi famosi occhiali rotondi e i capelli scompigliati. Gli occhi verdi che scintillavano di cauto divertimento, e un briciolo di preoccupazione. Non sembrava che quel discorso lo entusiasmasse. Suo padre era l'essere umano che Lily amava più di ogni altro. Adorava sua madre, ma aveva quindici anni, e non poteva non essere in conflitto con lei, non quando era così...testarda. E James e Albus erano i suoi fratelli maggiori, e adorava anche loro, ma nessuno di loro era o sarebbe mai stato suo padre. Perché non importava quanto Harry fosse stanco o provato, non importava quante persone lo andassero a cercare per chiedergli consiglio, aiuto, o semplicemente per guardare in faccia il famoso Harry Potter, suo padre aveva sempre trovato il tempo per essere semplicemente il “genitore Harry Potter”. Lily non sapeva se fosse perché non aveva mai conosciuto i suoi, o perché tutte le persone che avevano rivestito quel ruolo nel corso della sua vita erano morte; sapeva solo che la sofferenza lo aveva reso quello che era, eroico, generoso e fedele, laddove spesso le persone diventavano crudeli, spietate e gelide.
Hei – gli sorrise – il nonno ti ha allungato il guinzaglio? - Harry sorrise, scompigliandosi i capelli in un gesto automatico
Sai com'è fatto...potrebbe passare ore a disquisire sulle mille applicazioni di una papera di gomma – roteò lo sguardo, ma nei suoi occhi non c'era traccia di irritazione o noia.
Si avvicinò, sedendosi con cautela sul suo letto. Sembrava nervoso
Spara – esordì Lily senza troppi giri di parole – hai quella faccia da “cose importanti che pagheresti mille galeoni per non essere tu a dovermi dire” - suo padre sogghignò nel guardarla, divertito da qualcosa che lei non avrebbe potuto capire
Io e tua madre abbiamo fatto a chi prendeva l'Asticello più corto, e ho perso – ridacchiò – quella donna è diabolica – Lily invidiava a morte i suoi genitori, e non era una cosa che ai figli piace ammettere: erano sposati da un secolo, e riuscivano ancora a litigare per cose totalmente stupide e a scagliarsi maledizioni senza fine (questo soprattutto Ginny), per poi ridere come ragazzini sul divano del salotto, senza nemmeno ricordare il perché. Suo padre e sua madre avevano affrontato Voldemort in persona, e tutti i guai della vita da sposati, e Lily non riusciva nemmeno a trovare qualcuno che tenesse abbastanza a lei da non illuderla e deluderla costantemente...
 
Flashback**********************************************************
 
Eri bellissima stasera – Teddy le arrivò alle spalle, senza che se ne accorgesse. Il cuore di Lily mancò un battito, ma non lo diede a vedere. Strinse la presa attorno alla balaustra, e continuò a guardare fuori, senza dare segno di aver notato la presenza dell'altro. Il corpo di lui, però, era caldo e familiare contro il suo. Teddy sospirò pesantemente, appoggiandosi accanto a lei – mi dispiace Lily...davvero -
Sta diventando noioso tutto questo – ribatté lei in tono piatto – ferirmi e scusarti, come se fossi qui ad aspettare che il tuo senso di colpa si faccia sentire... - lui serrò violentemente la mandibola, e i suoi occhi azzurri diventarono subito tristi
Credimi, ferirti è l'ultima cosa che vorrei – tentò – ma sembra anche quella in cui riesco meglio – si voltò verso di lei, appoggiandosi pesantemente alla balaustra con un gomito – Non merito nemmeno che mi guardi in faccia mentre cerco disperatamente di non farmi odiare da te? - Lily espirò, più triste e abbattuta di quanto avrebbe voluto, e più vulnerabile di un cucciolo appena nato lasciato a morire nella neve
Potessi – borbottò
Cosa? - la pungolò Teddy con un apparentemente innocente sforarsi di corpi
Odiarti, dannato idiota...odiarti – Lily, finalmente, sollevò lo sguardo su di lui – non posso odiarti, e tu lo sai, e sai anche come ricordarmelo puntualmente – si strinse nelle spalle, non più arrabbiata, né vendicativa, solo stanca, spossata, e infelice. Prese il respiro, e lasciò che tutto quello che aveva dentro fluisse agli occhi – Sai quello che provo per te, Teddy, penso che anche le armature di Hogwarts lo sappiano ormai – roteò gli occhi, provando quasi pena per se stessa, e per la propria ingenuità – come sanno che tu non provi quello che provo io – espirò, quasi più leggera. Miserabile, abbattuta e nauseata da tutto, ma più consapevole – sono solo una ragazzina per te Teddy, solo una sorella minore da proteggere – l'altro sembrò arrabbiarsi, un luccichio ferito negli occhi azzurri
Credi che sia così? Che sia questo? - rise amaramente, stringendo i pugni contro la balaustra – pensi che io non tenga a te come vorresti? Che non ti ami? - aprì le mani di scatto, impotente – Guardami, Lily, guardami e dimmi che davvero pensi questo – e Lily lo guardò, aprendo a lui ben più dello sguardo, e vide solo un uomo distrutto, curvo sotto il peso delle colpe che addossava continuamente a se stesso, e delle responsabilità che non credeva di riuscire ad accollarsi. La amava, forse, disse a se stessa, ma non sembrava capace di accettarlo.
Contro ogni singola decisione presa quella sera, Lily allungò una mano a sfiorargli le labbra contratte in un penitente dolore. Percorse il suo profilo, e osservò i suoi lineamenti tendersi e rilassarsi, il suo respiro farsi regolare, la sua bocca sorridere. Portò la mano a coprire quella di lei, stringendola quasi febbrilmente fra le sue. Le baciò il palmo, lentamente, quasi guardingo
Cosa significa questo Teddy – si lasciò sfuggire, con un fil di voce. Aveva promesso a se stessa, quasi un anno prima, quando lui l'aveva baciata sotto il vischio per poi fuggire a gambe levale all'altro capo del mondo, che se fosse tornato da lei non gli avrebbe fatto domande, non avrebbe chiesto niente. L'avrebbe stretto, semplicemente, per non lasciarlo più andare.
Ma quell'anno era passato, e lei non era più la stessa esitante e timida Lily che chiudeva gli occhi aspettando il suo amore lontano. Ora voleva sapere, aveva bisogno di sapere, che lui non avrebbe ritirato la mano per andarsene di nuovo. Ne aveva abbastanza di chi le voltava le spalle e spariva. Così continuò a guardarlo, mentre un esitante sorriso gl'increspava le labbra, e la sua mano le scostava i capelli dal viso, dietro la spalla. Un gesto che aveva l'amaro sapore del deja vu.
Teddy si avvicinò lentamente, poggiando le labbra sulle sue. Lei trattenne il respiro, immobile, e l'altro si allontanò un poco
Non posso sfidare il mondo intero Lily – sussurrò tristemente – ma non lascerò che tu creda che di noi non ci sia niente da salvare – le circondò il viso con le mani, e la guardò negli occhi – non so se tutto questo è reale per te, non so se domani vorrai ancora questo – le sfiorò nuovamente le labbra, per poi ritrarsi, e appoggiarle la fronte contro quella di lei, sospirando – ma io sono andato dall'altra parte del mondo per stare lontano da te, e non è servito a niente – sorrise quasi amaramente, e lasciò che lo sguardo vagasse sul viso di Lily, ancora immobile – io ti amo, testarda e straordinaria ragazzina, e prima o poi, te lo giuro, sarò abbastanza forte per dimostrartelo – incrociò il suo sguardo per un ultimo istante, poi se ne andò, con il mantello sgualcito che gli svolazzava attorno al corpo.
 
Fine flashback******************************************************
 
Suo padre la fissava, un sopracciglio sollevato dietro gli occhiali rotondi. Le aveva fatto sicuramente una domanda, domanda che lei non aveva ascoltato
Lily, cos'è successo con Albus? - ecco, sì, la sua lite con Albus. Harry voleva sapere della sua lite con suo fratello. Si strinse nelle spalle, cercando di svicolare
Noi...beh...è una storia lunga papà – il suo sguardo non incontrò mai quello dell'altro.
Harry Potter, colui che aveva sconfitto Voldemort a costo della sua stessa vita, si grattò nervosamente la testa
Lo sapevo che doveva venire tua madre...lei è sempre così...acuta quando si tratta di queste cose... - sorrise – tua zia Hermione dice sempre che noi uomini abbiamo la sfera emotiva di un bradipo, e forse ha ragione... - oh, Merlino, perché doveva sempre rovinare tutto? Perché non poteva semplicemente aprirsi con suo padre e confessargli almeno uno dei miliardi di motivi per cui aveva sempre l'espressione di una deportata ad Azkaban?
Papà – gli occhi verdi di Harry s'illuminarono. Lei sospirò, mordicchiandosi il labbro, ponderando attentamente le parole – credi che sia così...sbagliato difendere qualcuno che non si dovrebbe proprio difendere contro qualcuno che amiamo? - le era uscita una frase veramente infelice. Ma suo padre non sembrò farci caso, anzi, si fece serio, si tolse gli occhiali e cominciò a rigirarseli fra le dita. Senza la familiare montatura a schermargli il viso, Harry non sembrava quasi lui. E quegli occhi incredibilmente verdi sembrarono grandi il doppio
Dipende – disse alla fine – tu credi nel motivo per cui lo fai? Sei convinta che sia giusto? - Lily ci rifletté: si trattava di Malfoy, per Godric, era di Scorpius Malfoy che stavano parlando, non di una persona qualsiasi sulla quale Albus avrebbe potuto sbagliarsi! E Albus era suo fratello, gli voleva bene, era una delle persone più intelligenti e sagge che Lily conoscesse. Voltargli le spalle non era forse il gesto più spregevole che lei potesse fare?
Non lo so – ammise alla fine – io credo...di aver agito solo per istinto. Sai, è stato un momento e... - poi sospirò, sopraffatta – ma papà, se mi sbagliassi? Se stessi facendo tutto questo per le ragioni sbagliate? Se fallissi? - Harry la guardò negli occhi con un sorriso fiero e paterno. La sua cicatrice si vedeva appena, coperta dai capelli perennemente arruffati. In quel momento non c'era nessun Salvatore del Mondo Magico ad ascoltarla, nessun uomo saggio che aveva affrontato mille perdite e sconfitte. Ma allo stesso momento c'era, perché quella parte di lui gli permetteva di vedere di lei quello che nemmeno Lily poteva scorgere.
Sai, Sirius Black, il mio padrino, era l'uomo più istintivo che io abbia mai conosciuto, e anche il più folle – sorrise teneramente – forse. Ma mi fidavo ciecamente del suo istinto, esattamente come mi fido del tuo... - si alzò e fece per andare verso la porta, ma a metà strada si fermò – e se sbaglierai, allora vorrà dire che le persone che ti amano dovranno essere lì per te, in quel momento... - Lily gli sorrise, il cuore colmo di qualcosa di strano e che le dava il prurito, gli occhi verdi di suo padre che mandavano lampi di orgoglio e saggezza. Un tempo non era stato così, sua madre glielo diceva sempre; Harry Potter era il più testardo piantagrane del Mondo Magico, diceva sempre, una calamita per guai. Ma il suo cuore era sempre stato più grande e più puro di quanto ogni suo altro difetto potesse mai diventare. “Anche più del suo cervello” sogghignava Ginny accarezzandole i capelli prima di andare a letto.
Se Lily fosse diventata la metà di suo padre, sarebbe stata fiera di se stessa per tutta la vita.
Harry fece per uscire, lasciandola sola alle sue riflessioni, ma la porta si aprì di scatto, quasi colpendolo in pieno, mentre la testa rossa di suo zio Ron sbucava dallo spiraglio di luce che proveniva dalle scale.
La sua espressione oscillava fra l'incredulo, il preoccupato, e il divertito
Harry, c'è qualcosa che dovresti vedere... - senza che nessuno estendesse anche a lei l'invito, Lily li seguì senza fiatare, precipitandosi giù dalle scale, fino al cortile della Tana: tutta la famiglia era riunita davanti alla porta, perfino nonna Molly aveva abbandonato le sue attività in cucina per precipitarsi fuori.
La luce della veranda illuminava una sagoma raggomitolata e piangente, che dondolava abbracciandosi le ginocchia, avanti e indietro, i sudici capelli giallo evidenziatore le ricadevano disordinatamente sulle scheletriche spalle a malapena coperte da una palandrana di un colore indefinito.
Vuole parlare solo con te – sussurrò Hermione all'orecchio di suo padre – le ho detto che C.R.E.P.A si occuperà di lei, ma non mi ha nemmeno ascoltata – concluse con un accenno di disappunto nel tono preoccupato.
Harry si avvicinò all'Elfa Domestica, e s'inginocchiò nella neve gelida
Ciao – le disse semplicemente, e la piccola creatura gli si aggrappò al braccio sgorgando lacrime
Harry Potter...Hary Potter salva...Dobby dire che Harry Potter eroe degli Elfi... - parlò con una squillante voce sgrammaticata, stiracchiando suo padre per la manica del maglione – Dobby dire che Harry Potter aiutare tutti i deboli, e i disperati...Harry Potter – lui le trattenne le esili spalle con una presa gentile ma non prepotente, e parlò con voce cauta
Va tutto bene. Raccontami cos'è successo – l'Elfa sembrò tranquillizzarsi, e inspirò
Loro venire, e attaccare noi...padrone provare a fermare ma...loro – ricominciò a singhiozzare – Kirby salvato padroncino, ma lui non sveglio...lui sviene... - le lacrime brillarono nuovamente nei suoi occhi grandi come palle da golf, e Harry cercò disperatamente d'impedirle di ricominciare a piangere. Ma prima che potesse fare qualunque cosa, l'Elfa si Smaterializzò, per Rimaterializzarsi un attimo dopo, stringendo convulsamente tra le braccia l'ultima persona al mondo che Lily si sarebbe aspettata di vedere la Vigilia di Natale nel cortile della Tana.
Ahi ahi, qualcuno è stato cattivo quest'anno! - ridacchiò James, guadagnandosi una gomitata nel fianco da una stizzita Rose.
Scorpius Malfoy giaceva privo di sensi, una ferita che gli sanguinava sul sopracciglio, e l'aspetto di qualcuno che aveva avuto una serata veramente pessima.
Harry Potter sospirò, e nonna Molly si fece largo fra la calca di figli, congiunti e nipoti che si spintonavano per vedere
Harry, tesoro, porta quel povero ragazzo in casa! Si congelerà! - poi si voltò verso il figlio minore con espressione risoluta
Ronald Bilius Weasley! Pensi di aiutarlo o devo provvedere io? - Ron fece una smorfia
Oppure potremmo lasciarlo lì e mandare tanti saluti a Malfoy padre da parte nostra – tentò, raggelato da un'occhiata identica da zia Hermione e Rose
Ronald! -
Papà! -
Oppure no – mugugnò chinandosi ad afferrare Malfoy da un braccio
Oh papà, fai schifo! - ridacchiò Hugo sollevando Scorpius come se niente fosse – perché dobbiamo sempre incontrarci così? – sghignazzò in direzione del ragazzo privo di sensi.
Harry si rivolse con un sorriso rassicurante all'Elfa Domestica
Vieni dentro e raccontaci cos'è successo – lei lacrimò abbondantemente
Lo sapeva Kirby che Harry Potter salvava noi... - piagnucolò, seguendolo nella calda e luminosa cucina della Tana.
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Angolo della delirante autrice: Buonasera! Eccoci qui per un nuovo capitolo, che è il primo di una lunga serieXD Non troppo lunga in verità, due o tre al massimo, ambientato nel periodo di Natale^^
Spero vi piaccia com'è piaciuto a me scriverloXD
Esiste davvero, a quanto dice Google, una Riserva Cherokee sulle Smokey Mountaines, sul confine fra il Tennesse e la Carolina del Sud.
A parte questo, non credo ci sia molto da precisare su questo capitolo...se non....buona lettura, e sempre il solito sentito e cantato GRAZIE al Club dello Sclero Ad Ogni Ora^^

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Capitolo 22
*** L'inaspettato ***


L'inaspettato

 
Così a sé e noi buona ramogna
quell'ombre orando, andavan sotto 'l pondo,
simile a quel che talvolta si sogna,
disparmente angosciate tutte a tondo
e lasse su per la prima cornice,
purgando la caligine del mondo.
(Divina Commedia, Purgatorio, Canto XI, vv 25-30)
 

Scorpius batté le palpebre lentamente, con circospezione, avvertendo un flebile dolore al sopracciglio destro. Qualcuno lo aveva guarito, ma l'occhio era rimasto gonfio e tumefatto.
Si guardò intorno: una stanza che sarebbe potuta essere l'immagine esplicativa dell'aggettivo stipato sull'Enciclopedia di Oxford ricambiò il suo sguardo, con i suoi mobili traballanti, i quadri storti e i bauli impilati uno sull'altro disordinatamente. Una sciarpa rosso e oro era distrattamente appoggiata ad una sedia, un'altra era drappeggiata attorno ad un soprammobile a forma di Grifone, e ovunque sulle pareti fotografie in movimento di James Presa d'Oro Potter ammiccavano nella sua direzione.
Sembrava un dannato mausoleo più che una camera da letto.
Quando Scorpius pensò di aver veramente visto tutto, Albus Potter chiuse con un tonfo sordo il tomo inaffrontabile che stava leggendo
Ben svegliato serpe. La camera è di tuo gradimento, o devo chiedere alla tua Elfa Domestica di riarredarla con foto di tuo padre dietro le sbarre di Azkaban, per farti sentire più a tuo agio? - Scorpius si mise a sedere, non senza difficoltà, con la testa che gli vorticava selvaggiamente e la sagoma dell'altro che si faceva sempre meno nitida
Sono morto e sono finito all'inferno? - finse di guardarsi intorno – non penso di meritare un simile tormento – ironizzò sollevando un sopracciglio, il che gli causò una fitta di dolore lancinante e una smorfia ben poco sarcastica – tutta l'eternità nella stessa stanza con te, e circondato dalle foto di tuo fratello il Mago della Scopa – sbuffò – che razza di contrappasso è questo? - Potter sbatté gelidamente il libro su un comodino
Certo, se fosse stata mia sorella la tua infermiera personale, avresti berciato di meno – Scorpius sogghignò
Avrei berciato meno anche se fosse stato un troll – l'altro strinse le palpebre in uno sguardo ostile
Vado a dire a mio padre che ti sei svegliato – bofonchiò – sei riuscito a rovinare anche la Vigilia di Natale – il nervosismo gli deformava i lineamenti del volto, trasformando la sua serietà in contrizione
Non l'ho chiesto io di essere portato... - si bloccò, accorgendosi solo in quel momento dell'assurdità di quella situazione – dove cazzo siamo Potter? - il Grifondoro sbuffò
All'inferno no? Nel girone dei coglioni senza speranza – Scorpius fece schioccare la lingua
E con quella bocca baci la tua sorellina? - Albus lo raggelò
E tu? - lo punzecchiò. Scorpius esitò solo un istante
No grazie, preferisco vivere... - ribatté con un sorrisino impertinente, guadagnandosi solo un'occhiata di compatimento da parte dell'altro.
Vorranno sentire da te com'è andata, la tua Elfa non è stata molto d'aiuto – la delusione e il ribrezzo pesarono come macigni fra le sue parole
Hei, Potter il Magnifico, dalle tregua! - sbottò con un mezzo ghigno sul viso – proprio tu, osannato protettore dei deboli, dovresti difendere la sua innocenza di creatura sottostimata e bistrattata – ma il suo sarcasmo non incontrò altro che gelido disprezzo.
Albus Potter stava diventando tremendamente bravo a nascondersi dietro un muro d'indifferenza. E dire che era stato lui a insegnargli come fare...
 
Flashback*****************************************************
 
Albus camminava tenendosi il naso con le mani a coppa; la borsa dei libri, stipata di qualsiasi cosa potesse entrarci, ballonzolava da una parte all'altra del suo corpo mingherlino, urtando chiunque avesse la sfortuna d'incontrarlo lungo la strada.
Scorpius appoggiò la sua sgualcita e logora copia di Quidditch Attraverso i Secoli nell'erba alta, sospirando
Che cavolo ti è successo adesso? - Albus arrossì fino alla radice dei capelli, gli occhi verdi dietro gli occhiali che brillavano di lacrime.
Sobo orreddo – mugugnò senza spostare le mani dal viso. Lui ridacchiò
Perché, di solito sei Priscilla Corvonero la Bella? - attese per una manciata di secondi, poi sbottò – e dai Albus, accidenti a te! Fammi vedere – gli scostò le mani dal viso a scoprire un enorme naso rosa da maialino. Non riuscì a trattenere una risata alla vista dell'amico conciato in quel modo
Fai schifo – lo accusò l'altro tornando a coprirsi – pessabo che ammeno tu -
Smettila di piagnucolare Potter – lo rimproverò afferrandolo per la manica, e facendolo sedere accanto a sé – e togli quelle mani dalla faccia, non puoi essere peggio di molte altre facce normali qui – il suo sguardo corse a Kork Goyle, che stava sogghignando stupidamente ad una battuta di Zane. Erano stati amici prima che lui arrivasse ad Hogwarts. Zane aveva perso sua madre, e lui i suoi fratelli, perciò nessuno dei due aveva mai guardato l'altro con superiorità. Ma poi Albus Potter era arrivato con il suo libro dell'accidente, e, beh, non poteva mica lasciarlo solo ad affrontare il suo primo anno ad Hogwarts, con quella sua strana capacità di attirare i guai?! Tornò ad esaminare la fattura – chi è stato? - Albus tirò su col naso, il che fece vibrare ridicolmente le grandi narici da maialino
Jabes – di nuovo quell'idiota di suo fratello. Tipico, lo stronzetto voleva farsi bello con qualche ragazza, e se la prendeva con lui – ba è stata coppa mia – borbottò – noddovevo roppere le 'ccatole – Scorpius espirò rumorosamente
Non lo capirai mai che tuo fratello è un idiota del cavolo eh? - aprì il libro di Incantesimi, sfogliandolo febbrilmente, un po' troppo, forse, per i suoi standard. Albus si strinse nelle spalle
Do sseppe, a votte sì – un nauseabondo grumo di muco gli colava incessantemente dal naso da maiale. Scorpius fece una smorfia e roteò gli occhi, fermandosi finalmente alla pagina che cercava
Era una fattura o una pozione? - domandò, senza quasi dar segno di averlo ascoltato. Sapeva fin troppo bene quante scuse avrebbe accampato lo Stupido Potter per difendere il gradasso idiota che era suo fratello maggiore. Sporse il libro aperto in direzione dell'altro, che si asciugò il muco con una manica della divisa – questo può andare bene? - Albus arricciò il naso, senza rammentarne le condizioni, e finì per grugnire
Peddo di codì dopposso ttare do? - come dargli torto?
Scorpius gli puntò la bacchetta verso il viso
Finite Incantatem – mormorò poco convinto, ma la faccia dell'altro si mosse e tremò visibilmente, finché il viso non sembrò risucchiare il naso in un rumore di scarico sturato. L'attimo dopo il suo solito amico, pasticcione e spettinato, apparve arrossendo davanti ai suoi occhi. Scorpius sogghignò – Oh, così sì che sei veramente brutto come piace a me – entrambi sghignazzarono, anche se sul viso dell'altro passò un'ombra di tristezza.
Lui serrò la mandibola e il pugno attorno alla copertina rigida e spessa del libro di Incantesimi, ma tacque. Stranamente, non aveva per niente voglia di fargli la ramanzina di nuovo.
Ma James Dannato Gradasso Potter si avvicinò con il suo pollaio al seguito, e lanciò verso di loro un'occhiata distratta
Oh ma guarda. Il mio fratellino con il suo amichetto traditore. Vi divertite ragazzi? - i suoi occhi straordinariamente belli scrutarono il naso nuovamente normale di suo fratello – però Al, ci hai messo meno di quanto pensassi a riprenderti la tua stupida faccia da scemo – il gregge di pecore che si trascinava dietro scoppiò in una fragorosa risata priva del minimo segno d'intelligenza
Tu invece hai ancora su quella da troll – ribatté Scorpius serrando lo sguardo sull'altro. Poi si coprì la bocca con la mano, fingendo di aver fatto una gaffe – oh, è la tua...sai, non si distinguono bene – Albus sorrise, prima che James fulminasse entrambi con uno sguardo di gelido scherno nei caldi occhi castani dalle ciglia scure
Ti conviene tenere chiusa la tua bocca da traditore Malfoy, o la gente penserà che sei lo stesso Mangiamorte fallito che era tuo padre – Scorpius estrasse la bacchetta, ma l'altro sembrava averla impugnata prima di lui, quasi fosse andato lì con il preciso intento di attaccar briga.
Certo, lui non si sarebbe tirato indietro.
Un lampo di luce scaturì dalla bacchetta di James mentre Scorpius apriva bocca per...beh, dire qualunque cosa avrebbe detto.
Si ritrovò sbalzato indietro, il mantello che gli si era attorcigliato alle gambe e gli impediva i movimenti.
Scorps – lo chiamò Albus incespicando e finendo ginocchia a terra accanto a lui.
Tanti saluti a papino Malfoy – Potter la Carogna si allontanò ridendo con il suo branco di Grifoni idioti, e Scorpius riuscì finalmente a venire fuori dal bozzolo di stoffa scura che era il suo mantello.
Albus provò ad aiutarlo, ma lo scansò con un gesto secco, mandandolo col sedere sul prato
Stattene zitto come al solito tu eh?! - sibilò rabbiosamente, passandosi una mano sporca di fango fra i capelli in disordine. I suoi occhi grigi mandavano lampi, e sapeva per certo di avere un colorito tendente al viola prugna.
Beh, il suo migliore amico non gli aveva coperto le spalle, di nuovo, e aveva fatto la figura dell'idiota con metà Sala Comune di Grifondoro e mezza scuola che li guardava ridacchiando. Poteva essere infuriato?
Albus lo fissava con gli occhi verdi mesti e dispiaciuti, ma Scorpius sbuffò rabbiosamente, la voglia di scagliare qualcosa che gli faceva formicolare le mani infangate.
Si mise in piedi con movimenti bruschi, senza guardare l'altro negli occhi nemmeno una volta; poi afferrò il libro abbandonato sul prato e glielo scagliò contro con veemenza
Hei – si riparò Albus
Vallo a regalare a tuo fratello – lo sfidò – e magari fatti prendere a calci mentre lo fai, così gli vorrai ancora più bene – s'incamminò a grandi passi verso il castello, gli occhi dell'alto puntati sulla schiena.
Se lo avesse fermato, avrebbe ceduto, lo sapeva; avrebbero litigato per un'ora davanti al portone d'ingresso come due bambinette sceme, e probabilmente si sarebbero mandati ai troll una cinquantina di volte, ma alla fine uno dei due avrebbe mollato la presa, e la sera si sarebbero incontrati di nascosto nel ripostiglio del Piano Terra per inventare storie assurde sui professori che vedevano camminare furtivi sulla Mappa del Malandrino.
Ma Albus non lo fermò, non lo chiamò e non gli urlò di tornare indietro. Albus rimase zitto a stringere fra le sue dita mingherline di Figlio dell'Eroe la logora copia del Quidditch Attraverso i Secoli, e lo lasciò andare via senza una sola parola.
Scorpius rallentò, inconsciamente, lo stomaco contratto da qualcosa che somigliava vergognosamente al panico, ma non si voltò, nemmeno una volta, nemmeno per sbaglio. Continuò a camminare, con solo l'orgoglio di Serpeverde a sostenerlo, e non guardò mai indietro.
 
Fine flashback***********************************************
 
RAGAAAAAAAAZZIII! - una voce amplificata di donna gli trapanò le orecchie – LA CEEEENA – Albus lo fissò con un misto di rabbiosa disapprovazione e mascherata impotenza. Scorpius si strinse nelle spalle, ma rinunciò, visti i precedenti, a sollevare un sopracciglio
Datti una mossa Potter...non vorrei rovinare ulteriormente la Vigilia di Natale che hai atteso con tanta ansia – sbatté le palpebre velocemente, prendendolo in giro – chissà cosa ti ha portato Babbo Natale quest'anno, visto che sei stato tanto buono – finse di riflettere – forse un po' di fegato? - lo squadrò – deve esserselo perso tra il Polo Nord e questo posto dimenticato da Dio – Albus lo fissò con gli occhi fiammeggianti di disprezzo
Quest'anno qualcuno mi ha fatto un regalo migliore – sollevò un angolo della bocca, in un'espressione crudele che non gli apparteneva – ma ha mancato il bersaglio – Scorpius serrò la mandibola con un suono secco, e cercò istintivamente la bacchetta, ma la donna esaltata di poco prima fece nuovamente tuonare la sua voce in tutta quella specie di topaia che chiamavano casa
ALBUS SEVERUS POTTER! - l'altro s'irrigidì, gettando uno sguardo distratto alle scale
Cosa farai? Mi passerai il rancio dalla grata Potter? - nel guardarlo, Scorpius realizzò che probabilmente lo avrebbe lasciato morire di fame ben volentieri
E TU MALFOY JR. LAVATI LE MANI PRIMA DI SCENDERE A CENA – trillò la voce colma di disapprovazione – NON SI MANGIA ALLA MIA TAVOLA CON LE MANI SPORCHE DI FANGO! – Scorpius batté le palpebre, realizzando decisamente in ritardo cosa quelle parole significassero
Sta dicendo che... - Albus lo Scontroso Potter sbuffò
Cosa credevi Malfoy? Che ti avremmo affamato? - si lasciò sfuggire una risata amara – credimi, io ho votato sì – dopodiché spalancò la porta della stanza, lanciandogli un ultimo sguardo di sfida – se ti azzardi a mettere in imbarazzo la mia famiglia con quel tuo schifoso modo di fare, ti affatturo da sotto il tavolo – e se ne andò, lasciando che la porta rimanesse aperta sul nulla semi illuminato di quello strano posto chiamato Tana.
La sala da pranzo di quella specie di tugurio da Babbanofili era il posto più strano che Scorpius avesse mai visto: ovunque oggetti sembravano muoversi, precariamente accatastati l'uno sull'altro, indumenti, fotografie che si agitavano sulle pareti, scope e stracci che passavano in mezzo ai piedi delle persone sedute a tavola, un orologio con la più numerosa varietà di lancette esistente al mondo. La maggior parte, tranne alcune che oscillavano fra “in viaggio” e “la Tana”, era ferma, rigidamente e fieramente eretta su quest'ultima destinazione.
Appena Scorpius mise piede al piano terra, una cacofonia sconnessa di voci diverse lo investì con la prorompente forza dell'entusiasmo; ovunque, e quando Scorpius pensava ovunque era perché non c'era un solo angolo libero in quella stanza, c'erano stipate persone e cose, intente a chiacchierare, discutere, apparecchiare e salutarsi, come nella Sala Grande di Hogwarts il primo giorno di scuola.
Quel posto, quella...Tana, odorava di cibo, fango, fritto e...famiglia e affetto, quasi quanto la Scuola. Ma era una famiglia con la quale lui era fermamente intenzionato a non avere niente a che fare.
L'enorme tavolo senza fine che occupava la maggior parte dello spazio era apparecchiato per un esercito, e decine di padelle e pentole si muovevano senza sosta sui fornelli. E lì, in mezzo a quella gioviale confusione di voci e volti, c'era tutta la famiglia Potter-Weasley&Affini riunita, più qualche faccia che Scorpius non conosceva: Harry Potter era intento a ridere di qualcosa che il suo amico rosso aveva appena sputato dalla sua bocca larga, mentre la moglie di lui, la Mezzosangue dalla lingua affilata, sollevava gli occhi al cielo sorridendo. D'un tratto si voltò verso suo figlio, che aveva allungato una mano su una pagnotta dall'aria invitante
Provaci solo Hugo Weasley, e ti ritroverai a far compagnia al demone della soffitta assieme a quell'ingordo di tuo padre! - contemporaneamente entrambi ritirarono la mano dalla loro preda, con identiche espressioni contrariate.
Come ha fatto? - bisbigliò Rosso Padre al Potter Salvatore del Mondo, che sorrise e si strinse nelle spalle.
La Weasley mulatta con le treccioline gesticolava in quello che doveva essere un discorso di vitale importanza con James OhMioDioLoAmo Potter, gesticolando su quella che a Scorpius sembrò una tattica di Quidditch. Il Polso Magico Potter annuiva e sorrideva, scoppiando di tanto in tanto in una di quelle sue fragorose risate così irritanti.
Ma tu guarda chi ci ha portato il gufo 'stasera – commentò con un sorrisetto un rosso con la guancia sfregiata, entrando intirizzito da una porticina accanto ai fornelli. Accanto a lui, una splendida donna dai capelli di un biondo abbacinante, e quelle che dovevano essere le sue due figlie, si scrollarono, rabbrividendo, la neve dai cappotti
Si gela là fuori – brontolò la donna, con un lievissimo accento francese che somigliava a quello di Madame Maxime. Bill Weasley lo Sfregiato e la sua famiglia di Mezzosangue Veela fecero il loro ingresso trionfale alla Tana. L'uomo fece un cenno di saluto alla sala, mentre l'anziata e traccagnotta padrona di casa gli si lanciava tra le braccia
Tesoro, avete fatto buon viaggio? - malgrado si sforzasse di essere cortese anche con la bionda Veela, era evidente che non provava per lei lo stesso affetto che per una qualsiasi delle sue innumerevoli nuore.
Riconobbe in mezzo alla calca una criniera di capelli neri irti e quasi vivi, e la pelle di una sfumatura del petrolio grezzo baluginò nella poca luce della stanza: Angelina Johnson, ex Capitano della squadra di Quidditch di Grinfondoro, la combattiva moglie del gemello ancora vivo di Diagon Alley, seduto fra lei e un ragazzo che doveva essere il loro primogenito, rosso e pallido come tutto il resto dei suoi. Accanto a loro un'amorfa donna dai capelli castani e stopposi mangiava al fianco del palloso Percy Weasley, leccaculo del Ministro e idiota patentato. Scorpius storse il naso nello scorgere anche la pedante Weasley Caposcuola Bizzosa accanto ad un'altra ragazza dall'aspetto ordinario, dai corti capelli castano ramati e occhi intelligenti, ben lontane dalla parte della famiglia che lui conosceva meglio. Potter e i suoi occupavano un quarto del tavolo, tranne per il Secchione, ancora in piedi accanto a lui, immobile come una statua di sale.
I Weasley, il rosso ingordo, la Secchiona e il biondino frocetto, sedevano l'uno accanto all'altro a gomiti stretti, per fare spazio anche al resto della chiassosa combriccola. Il Bastardo del Licantropo, James Presa d'Acciaio Potter, e Lily, con quei suoi folli capelli rossi, completavano in quadretto. Esattamente a capotavola, l'uno di fronte all'altro in quella masnada assurda di corpi, voci e movimenti, sedevano il capofamiglia e la donna urlante, Arthur e Molly Weasley, se ricordava bene, due degli incubi ricorrenti di suo padre nei suoi deliri. Lui, dinoccolato e ormai quasi del tutto calvo, e lei, piccola e rotonda, i capelli rossi dei suoi figli e nipoti striati abbondantemente di grigio, avevano lo stesso identico sorriso, e vagavano con lo sguardo sulla colossale tavolata di parenti come Scorpius faceva sul campo da Quidditch, in modo teso ed emozionato.
Alla fine la donna sollevò su di lui il suo viso increspato di rughe, e sollevò eloquentemente le sopracciglia
Vuoi sederti figliolo, o devo pensare che, oltre a tutto il resto, quella canaglia di tuo padre non ti da' nemmeno da mangiare – scosse la testa, corrucciata – sei più rachitico di Albus – se Scorpius fosse stato un'altra persona sarebbe arrossito nel sentirsi chiamare “figliolo” e “rachitico” da una perfetta sconosciuta, in quella situazione, per giunta. Ma Scorpius era Scorpius, e si limitò a lanciare un'occhiata di tronfio divertimento al Potter ancora immobile accanto a lui e sogghignare.
Si sedettero entrambi, un gomito accanto all'altro, e la fragranza di albicocca dello shampoo della Potter Figlia con Disturbi da Personalità Multipla si mescolò in un modo curioso con il profumo del cibo appena sfornato, le patate al burro e la carne arrosto che troneggiava sul tavolo. Era uno di quegli odori che gli sarebbero rimasti appiccicati addosso per molto, assieme a quella sensazione di rilassata allegria che si sforzava di ricacciare indietro da quando aveva messo piede in quella sala da pranzo.
Arthur Weasley si alzò, più agilmente di quanto si sarebbe aspettato da un uomo della sua età, e sorrise a tutti loro, lui compreso, malgrado fosse esattamente la persona che era
Credo che sia bene ringraziare per questa magnifica serata – dedicò uno sguardo divertito al figlio e al nipote, che già fissavano i piatti con espressione vorace – prima che il lato ingordo della mia famiglia s'impadronisca dell'arrosto – un sottile riso generale accompagnò il resto delle sue parole – e visto che sono il più vecchio di tutta questa tavola, e temo anche della somma di alcuni di voi – i suoi occhi gentili schermati da spessi occhiali da vista, accarezzarono con incredibile tenerezza l'angolo dei suoi chiassosi nipoti – penso proprio che toccherà a me – sorrise, e strinse le mani del figlio sfregiato alla sua destra, e del gemello del negozio di scherzi alla sua sinistra – ringrazio per questa cena, per il dono di averci qui, insieme, un altro anno. Voglio ringraziare per la serenità di questa sera, per la felicità dei nostri occhi, e per l'anno di pace che abbiamo trascorso. Ci siamo persi, e abbiamo perso qualcuno lungo la strada – i suoi occhi si appannarono un istante nell'incrociare quelli del gemello Weasley seduto accanto a lui, che serrò la mandibola, ma non si lasciò sopraffare – e le nostre preghiere non lo dimenticheranno – il Serpeverde sentì il braccio della Potter rabbrividire contro il suo – ma altrettanti ne abbiamo guadagnati, ed è per loro che IO ringrazio, per il loro vivere felici, per le loro piccole vittorie, e per avermi concesso di gioirne con loro, anche vecchio e ammaccato come sono – Scorpius lo vide scivolare su ognuno di loro con disarmante affetto, indipendentemente da chi appartenessero gli occhi che lo ricambiavano, e si chiese come potesse quell'uomo così vecchio e ingobbito avere così tanto amore per quella sterminata famiglia, quando suo padre non riusciva a volere bene nemmeno a se stesso - ma soprattutto ringrazio di avervi tutti qui, anche lontani e differenti come siamo, attorno a questa tavola, di nuovo una sola famiglia. Solo uniti siamo forti. Divisi, siamo perduti... – i suoi occhi si chiusero, e lasciò andare un lungo sospiro, così come molti altri attorno a quel tavolo.
Scorpius osservò di sottecchi Harry Potter deglutire seriamente, mordendosi il labbro, la mente altrove. E osservò la sua urlante moglie combattiva che lo guardava, un'espressione che il Serpeverde non avrebbe saputo interpretare negli occhi grandi, e una mano che, silenziosa, andava a posarsi su quella di lui in un gesto automatico. Si scambiarono un lungo sorriso, in silenzio, prima intimo, ma che si estese rapidamente come una macchia d'olio al rosso padre e alla Mezzosangue Granger, in una muta intesa.
Poi, rapide com'erano venute, quelle espressioni gemelle sparirono, e il vociare nella stanza aumentò nuovamente senza che nessuno si accorgesse di quel muto momento di perfetto equilibrio che era appena sfumato.
Godric! - sbottò il Weasley Ingordo Junior – sto morendo di fame – mugugnò sotto lo sguardo divertito di suo padre e stizzito di sua madre. Arthur Weasley scoppiò in una risata trillante, e augurò a tutti loro una buona serata.
L'intera famiglia Potter-Weasley&Affini si gettò sulla cena, la mezzanotte alle porte e un appetito che li avrebbe convinti a mangiarsi persino l'un l'altro.
Solo quando il primo boccone di patate al burro si sciolse sul palato, Scorpius si rese conto di quanta fame avesse.
Mangiò con appetito, malgrado la situazione tremendamente assurda in cui si trovava, ma non sollevò mai la testa dal piatto se poteva evitarlo. Ma non sembrava che quella famiglia fosse capace di dargli tregua
Allora figliolo – gli domandò educatamente la Weasley confusionaria – sei al settimo anno...quale carriera avevi in mente dopo i M.A.G.O? - era un evidentemente poco efficace modo per comunicare, ma Scorpius gliene fu lievemente grato lo stesso
Ora che il Mangiamorte è un lavoro così poco redditizio... - non era davvero in vena di spiattellare i suoi progetti ad una famiglia di folli Mezzosangue e Babbanofili. Non era capace di confessarli nemmeno a se stesso, non per davvero.
La donna sollevò entrambe le sopracciglia, sorpresa, poi scoppiò in una risata capace di rompere i vetri
Sei spassoso cucciolo Malfoy...questo Lily non ce l'aveva detto – la Potter quasi si strozzò
Nonna! - ma niente sembrava riuscire a scalfire l'allegria di quella piccola gigantessa
Suvvia cara, non essere timida... -
Cosa pensi che voglia fare mamma? - Hugo Weasley salvò in corner la cugina con una patata in bilico fra la bocca e il colletto del maglione – quello che vogliamo fare tutti...i ricchi nullafacenti della nobiltà magica – lo guardò – no amico? - poi si decise finalmente a ingoiare
Parla per te cugino – lo rimbeccò la Weasley Lotta Continua – io vorrei avere una vita un po' più avventurosa di quella degli spocchiosi nobili falliti del Mondo Magico – si voltò verso di lui, sarcastica – senza offesa – Scorpius sogghignò
Ho provato ad iniziare mio padre al giardinaggio... - roteò gli occhi – ma c'è un motivo se casa mia è costruita sulla roccia -
Alla fine Lily Potter gli diede di gomito, gesto che parve completamente casuale visto quanto erano stati a strofinarsi l'uno contro l'altra nel vano tentativo di tagliare l'arrosto
Speri che mi accoltelli per sbaglio Potter? - mormorò sollevando un angolo della bocca
Non ti conviene dare suggerimenti – ribatté lei con gli occhi fissi sul piatto – sei dietro le linee nemiche Malfoy, non te lo dimenticare... - sembrava tesa ancora più di lui, dettaglio che non poté che farlo sorridere
Uh...è una minaccia? - il modo in cui lo disse le provocò un brivido che corse dal braccio di lei al suo. Interessante...
Scorpius Malfoy... - lo chiamò una voce femminile piuttosto lontana, squillante e pedante – hai sbagliato camino? - Lucy Weasley lo guardava dall'altro capo del lungo tavolo, un sorrisetto soddisfatto sul viso insignificante. Era evidente che mettere in imbarazzo la gente le piaceva
Già, cercavo i Falliti Anonimi, e quando ti ho vista seduta lì ho pensato di essere nel posto giusto – la freddò con un sorriso falso e tirato che gli fece dolere il sopracciglio – colpa mia... - incredibilmente, la Potter, la Saccente Weasley e il biondo mezzo Veela si lasciarono scappare un sogghigno che si trasformò rapidamente in un colpo di tosse.
Ma Scorpius sentì più di uno sguardo ostile piovere su di sé. D'altra parte, era il figlio di un Malfoy infiltrato ad una cena di famiglia, che aveva anche la faccia tosta di insultare una di loro. Quel che si dice cominciare col piede giusto...
Albus teneva gli occhi fissi davanti a lui, e sembrava in procinto di vomitare lì su due piedi la cena, James il Glorioso Cercatore aveva la sua solita espressione da tronfio coglione vittorioso, e il resto dell' “angolo della cospirazione” stava fingendo bellamente che quella scena non si fosse mai svolta.
Quanto al magnifico Salvatore del Mondo, si limitò ad osservarlo, studiandolo con tranquilla attenzione.
E tu di falliti ne sai qualcosa eh Malfoy? - era stato il palloso padre a parlare, con quel suo tono da salamelecchi che Scorpius detestava
Percy – lo ammonì a denti stretti lo Sfregiato Weasley in tono pacato
Cosa? Siamo qui a mangiare con il NEMICO! Dico, se il Ministro sapesse... -
Lo sa – ribatté seccamente Harry Potter – e non mi sembra che il signor Malfoy abbia estratto la bacchetta per ucciderci tutti – i suoi occhi verdi baluginarono nei suoi – per ora... - sogghignò
Beh, io e la mia famiglia non abbiamo intenzione di scoprirlo – mugugnò il Pedante Weasley alzandosi da tavola – Mamma, papà, vi chiedo scusa, ma finché certi individui saranno seduti a questa tavola, io non farò finta che... - Scorpius sentì fluire la rabbia e investirlo ad ondate cieche e violente. Ma mantenne il controllo, così come Draco aveva cercato d'insegnarli da sempre, e indossò la comoda maschera di divertita indifferenza che così bene gli si adattava.
Si alzò, sollevando le mani
Non farti venire un colpo, rosso, me ne vado... - sogghignò, ignorando facilmente il dolore – sia mai che la mia presenza rovini questa bella atmosfera da Casa nella Prateria – scostò la sedia con un gesto noncurante, e si chinò a raccogliere il tovagliolo, per sussurrare all'orecchio di Albus Potter uno sprezzante – la Confraternita dei Fessi Frustrati Falliti ha aggiunto un altro membro...il tuo zio palloso è diventato il tuo paladino... – l'occhio destro di lui ruotò quasi completamente, e i lineamenti solitamente gentili s'irrigidirono di furore – mi si stringe il cuore – sibilò sistemando il tovagliolo sul tavolo, e voltandosi verso la Weasley matrona – grande purea di patate, quando la mia elfa si riprenderà dalla shock potrebbe darle la ricetta – i suoi occhi grigi scintillarono – sempre che non decida di non essere più tagliata per questo lavoro, il che sarebbe quasi sensato, se non si trattasse della mia famiglia – portò la mano ad un cappello invisibile e si congedò da tutti e da nessuno – conosco la strada – disse voltando loro le spalle e incamminandosi verso l'uscita.
Nessuno lo fermò, ma non si sarebbe aspettato niente di diverso. Lui era il nemico. Il suo cognome infame gli aveva chiuso le porte del rispetto degli altri per tutta la vita, perché avrebbe dovuto fallire ad una tavola gremita di eroi del mondo magico in licenza?
 
***
 
Lily strinse il tovagliolo fra le dita finché non sentì la stoffa cedere. Lo posò, senza staccare gli occhi da Scorpius Malfoy che si allontanava con disinvoltura dalla casa dei suoi nonni. Era ancora sconvolta dal fatto che ci fosse entrato, figurarsi uscirne in quel solito modo teatrale da eroe tragico.
Sentì improvvisamente troppe paia di occhi a circondarla. Teddy, da sotto il suo ciuffo di capelli ramati, e Albus, con quel cipiglio eternamente corrucciato, e suo padre, e i suoi cugini. Perfino James, che non smetteva di sghignazzare come un idiota da quando Scorpius era entrato nella stanza, lo guardava divertito. Non ebbe il coraggio di guardare suo padre negli occhi, perché se l'avesse fatto probabilmente non avrebbe avuto il coraggio di spingere indietro la sedia, che grattò rumorosamente sul pavimento, e alzarsi in piedi di fronte a tutti loro. Avrebbe nuovamente tradito la sua famiglia, proprio quando suo nonno aveva ringraziato per averla riunita e solidale.
Ovvio, la pecora nera della grande famiglia allargata Potter-Weasley non poteva che mettersi a rincorrere Scorpius Malfoy nella neve alta fino al ginocchio.
Ma lui era rimasto lì per quasi un'ora, a mangiare e mostrarsi mediamente cortese con le persone che suo padre gli aveva insegnato a detestare. Era sembrato perfino a suo agio, sereno, beh, profondamente in imbarazzo, ma quel genere di imbarazzo che si prova quando si è felici in una situazione che non ci si sarebbe mai aspettati di dover affrontare, non l'imbarazzo schifato da “cosa ci faccio con questa feccia Mezzosangue e traditrice”. E, non è che Lily si fosse decisa a redimerlo, quel genere di fantasie da adolescenti le avrebbe volentieri lasciate alle ragazze della sua età che non avevano per parenti eroi dei Mondo Magico, ma non sarebbe stata la sua famiglia a comportarsi da idiota con lui la Vigilia di Natale. Erano i Malfoy i cattivi della sua storia. O no?
Così si alzò in piedi, gli occhi di tutti puntati addosso, colmi di differenti sguardi ed espressioni.
Ma non era la sola a trovarsi in piedi.
Gli occhi verdi di suo padre le ammiccarono, un sorriso a metà sulle labbra. Albus, d'altra parte, la sfidava con lo sguardo a fare un solo passo, e Teddy, i cui occhi azzurri non l'avevano lasciata un attimo quella sera, sembrava sul punto di frantumarsi.
Cominciò a camminare, i piedi che si muovevano autonomamente. L'ultima cosa che sentì fu nonna Weasley che faceva schioccare la lingua
E dire che io ti ho educato bene Percy Weasley – lo rimproverò – non lascerò un ragazzo, con la sola colpa di avere un padre delinquente, a congelarsi dal freddo nel cortile di casa mia... - .
La serata era gelida e umida nella fattoria attorno alla Tana, la neve sfiorava i polpacci, e i campi sterminati che circondavano la casa dei suoi nonni infondevano nell'aria un odore di umido e vegetazione in decomposizione.
Tuttavia la bruciante aria gelida che le inondò i polmoni la fece sentire bene. Malgrado il gelo, e l'umido che le penetrò nelle ossa da sotto il maglione a collo alto marrone scuro, prese un respiro profondo mentre si guardava intorno. Solo allora si accorse che Scorpius Malfoy era sparito.
“Ovvio, idiota”, disse a se stessa “ci vuole un attimo a Smaterializzarsi...”
Malfoy! - lo chiamò mettendo le mani a coppa attorno alla bocca. La sua voce echeggiò sinistra nella campagna circostante, ma non le tornò indietro altro che il silenzio della quieta notte delle colline di Ottery St.Catchpole – Malfoy non fare l'idiota, lo so che era tutta scena – niente, il silenzio più assoluto.
Poi un rumore metallico e un'imprecazione soffocata la raggiunsero dal capanno degli attrezzi che suo nonno aveva vergognosamente ampliato con la magia
Dannato Godric – Lily sollevò un angolo della bocca, roteando gli occhi.
Il capanno della Tana era stato un gazebo minuscolo dove nonno Arthur aveva custodito gelosamente tutti i suoi “tesori”, manufatti Babbani sequestrati e conservati come cimeli di valore. Con gli anni era cresciuto, così come l'ossessione di suo nonno per i Babbani e le loro creazioni: in ogni angolo spazzolini da denti, papere di gomma, trapani elettrici, aspirapolvere, tostapane, accendini, e ogni genere di assurda chincaglieria, avevano reso quel posto un incredibile fonte d'ispirazione per i registi horror e i maniaci dell'ordine.
In quel momento Scorpius Malfoy zoppicava su un piede solo nel poco spazio che un essere umano aveva a disposizione lì dentro, e imprecava senza sosta a denti stretti
Ah...il karma... - sogghignò lei incrociando le braccia al petto. L'altro si voltò rosso in viso per il dolore e l'imbarazzo di essere stato colto in fallo dopo essere andato a sbattere contro
Cosa diavolo è quest'affare? - la motocicletta di Sirius Black troneggiava lucente e familiare nella penombra del capanno
Un pony rosa con la criniera fluente – lo canzonò lei con un'alzata di sopracciglia – è una motocicletta Malfoy, a te cosa sembra? - il Serpeverde fece una smorfia
Per ora mi sembra un'arma di tortura – sghignazzò appoggiandosi al sellino in pelle nera nuovo di zecca – ma immagino sia un altro dei bizzarri modi che ha la tua famiglia per farmi capire che devo girare al largo - Lily si morse il labbro
Mio zio è... - l'altro scrollò le spalle
Non è che il mio carnet di ballo fosse al completo neanche prima – borbottò con indifferenza, girando intorno alla motocicletta pensoso.
Il silenzio fra loro si prolungò così a lungo che Lily sentì formicolare lo stomaco; di solito erano le parole di Malfoy a farla uscire dai gangheri, non la loro assenza.
Poi le balenò in mente un'idea folle, una di quelle che non avrebbe avuto il coraggio di proporre a nessuno, se non a Louis, forse. Ma Malfoy era Malfoy, e non si sarebbe fatto problemi nemmeno a salire sul dorso di un drago.
Si avvicinò a passi guardinghi alla motocicletta. James aveva lasciato le chiavi attaccate.
Dopo la morte di Sirius nonno Arthur aveva riparato la motocicletta e l'aveva regalata a suo padre, come il suo padrino avrebbe voluto, e Harry aveva fatto disperare sua madre centinaia di volte scorrazzando in giro per la città con quel bolide infernale, muovendosi sulla motocicletta anche quando avrebbe potuto comodamente usare la Metropolvere, o Smaterializzarsi. Aveva viaggiato su quella moto con il vento nei capelli e il sorriso sulle labbra per anni, finché James non aveva avuto l'età per guidarla.
Ed eccola lì la leggendaria motocicletta, sulla quale anche nonno James aveva compiuto le sue spericolatezze con l'amico di sempre, che le strizzava l'occhio con le chiavi a disposizione.
Guardò Malfoy con un mezzo sorriso cospiratore, e sul viso di lui si materializzò qualcosa che non si sarebbe immaginata. Trepidante attesa ed eccitazione
Potrei davvero innamorarmi di te Potter, se sapessi guidare questa – la sua espressione era leggera e casuale, così come la postura del suo corpo. Lily non temette un solo istante che dicesse la verità.
Gli lanciò il casco appeso al manubrio e sollevò un sopracciglio
Peccato, io non potrei innamorarmi di te nemmeno se la sputassi fuori, una motocicletta – e Scorpius Malfoy le indirizzò di nuovo quello sguardo, lo stesso che aveva visto in infermeria quel pomeriggio, lo stesso che avrebbe sempre ricondotto a lui; quello colmo di una scintillante e consapevole malizia, come se potesse vedere dentro la sua testa e sapere che stava mentendo spudoratamente. Forse era perché portava una maschera così pesante che aveva imparato a stanare e strappare via quelle degli altri, o forse era semplicemente il suo modo per farle capire che la conosceva meglio di quanto credesse, e questo lato un po' meschino di lei non lo avrebbe fatto scappare a gambe levate. Quale fosse quel motivo, Lily sostenne il suo sguardo con un mezzo sorriso soddisfatto.
Scorpius appoggiò distrattamente il casco su un forno a microonde, e attese che Lily si accomodasse sulla sella
Non uccidermi Potter uh? - le sussurrò all'orecchio mentre la motocicletta scendeva dal cavalletto – ho ancora un sacco di ragazze da rendere felici – sogghignò. Lily diede gas e schizzò fuori con un rombo.
Suo padre l'avrebbe uccisa.
Il motore cantò sotto di lei.
Sua madre l'avrebbe senz'altro uccisa.
Accese le luci, la paradossalmente rassicurante presenza di Malfoy contro la schiena.
James l'avrebbe prima scorticata viva e poi, forse, uccisa.
Sospirò, e accelerò, mentre la moto schizzava in mezzo alla vegetazione umida e maleodorante della campagna.
Probabilmente Albus avrebbe ucciso anche Scorpius Malfoy per averla incoraggiata.
Beh, almeno sarebbero morti dopo un epocale giro in moto fra le nuvole della Scozia.
Premette il bottone sul cruscotto, e la motocicletta prese finalmente il volo.
Uhhhhhhhhhaaaaaaaa – urlò Malfoy alle sue spalle sollevando le braccia in aria e sbilanciandola
Malfoy, te lo giuro, se cadiamo e restiamo vivi, ci penso io – ma l'altro stava ridendo così sguaiatamente che non l'avrebbe sentita nemmeno volendo. La sua risata, calda e fragorosa sul collo, le fece quasi dimenticare per un attimo che si trovavano a centinaia di metri dal suolo.
Sorvolarono la cittadina babbana di Ottery St. Catchpole, le luci accese nelle case, e gli abitanti, come tanti soldatini, che si dirigevano cantando verso la chiesa illuminata a festa. Un enorme albero di Natale illuminato troneggiava nella piazza principale, addobbato da lucine intermittenti e festoni dai colori sgargianti. Il profumo delle frittelle e del cioccolato caldo saliva fino a loro.
Lo stomaco di Lily gorgogliò malgrado la cena luculliana di nonna Weasley.
Malfoy si reggeva comodamente al sellino del passeggero, e si guardava intorno con gli occhi sgranati ed entusiasti.
Lily scese in picchiata e girò attorno alla punta del grande abete, invisibile agli occhi dei Babbani e di chiunque altro, poi sterzò e si diresse verso l'enorme lago ghiacciato nel quale la sua famiglia amava andare a fare il bagno nella breve estate della Scozia.
L'enorme superficie congelata risplendeva alla luce delle stelle e del cielo terso e meraviglioso che incombeva su di loro quella notte. L'aria che le scompigliava i capelli era gelida e le toglieva il respiro ma, colma com'era di ribelle soddisfazione, Lilian Luna Potter avrebbe affrontato anche un Dissennatore a mani nude.
Mi prometti di evitare l'omicidio-suicidio se ti lascio il manubrio? - Malfoy sembrò sorpreso un attimo, e spaccone quello dopo
Non sottovalutarmi Potter! Lo sai che senza una folla che applaude io non mi diverto – sogghignò, sporgendosi per afferrare il manubrio. Lily lo lasciò andare, rilassata, e si godette il vento fra i capelli, il gelido silenzio della notte rotto solo dal rassicurante rombo del motore che le scaldava le gambe, e il profumo di menta e bagnoschiuma che emanava il corpo caldo di lui contro il suo. Malgrado fosse alto, per poter guidare dal sedile del passeggero, doveva sporgersi abbastanza da sentire il suo cuore battere contro la schiena.
Lily si voltò leggermente sul sellino, per poterlo vedere, ma l'unica cosa che riuscì a vedere furono le sue labbra distese in un sorriso a pochi centimetri dalle sue. Deglutì, guardando altrove.
Scorpius planò sul lago non del tutto ghiacciato, e arrivò quasi a sfiorarne la superficie immobile. Lei si raggomitolò istintivamente, artigliando il suo maglione, e guadagnandosi in cambio un sogghigno divertito.
D'un tratto si fece serio, e le schiantò in faccia quei suoi occhi tempestosi grigio scuro.
Lily avvertì il respiro farsi irregolare, e le mani sudate. Possibile che bastasse...
Quella notte non ci fu nessuna scusante di demenza temporanea quando le labbra di Scorpius Malfoy scivolarono sulle sue. Non c'era Teddy che l'aveva appena respinta, o la musica assordante, la Burrobirra, o la calda semioscurità della Sala Grande in festa.
Quella notte c'erano solo il vento gelido che toglieva loro il fiato, il ghiaccio del lago sotto le gomme della motocicletta, e la bocca incredibilmente calda di lui che le aveva fatto dimenticare entrambe le cose.
Fu un bacio diverso, e allo stesso tempo ugualmente irreale. Fu un bacio scomodo, con Lily scomposta sulla sella addossata al torace di lui nel vano tentativo di non cadere. Fu un bacio al calor bianco, le labbra di lei che avevano gettato ai troll ogni stilla di buonsenso, giocando a quel gioco del gatto con il topo che a Scorpius sembrava piacere tanto.
La motocicletta rallentò, planando sulla solida lastra ghiacciata del lago scuro. E si fermò.
Lily roteò sulla sella, addossata al manubrio, i freni piantati nei fianchi. Ma non si accorse di niente, se non di lui che sembrava volerle passare attraverso, del suo fiato alla menta che si mischiava al suo, in un misto di dolci di Natale e glassa di bignè alla crema.
Scorpius Malfoy non cercò d'impressionarla questa volta. Si limitò a baciarla, tanto profondamente e tanto a lungo che Lily credette che le sue mani gelide le sarebbero penetrate nella pelle.
Fu nel gelo dell'inverno scozzese, su una motocicletta ferma sulla superficie di un lago ghiacciato, nel mezzo del nulla, sotto un cielo soprannaturale, che lei sentì finalmente di aver baciato davvero Scorpius Malfoy. Fradici e tremanti di freddo, impigliati nel freni e intirizziti su una sella di pelle che profumava ancora di nuovo, gettarono ai troll una ad una tutte le loro maschere.
Poi il ghiaccio sotto la ruota anteriore emise un rumore sospetto, un crack soffocato e pericoloso.
Scorpius si staccò da lei, sorridendo impercettibilmente
Sentilo bene Potter, perché è il rumore del nostro collo quando il Magnifico Potter lo avrà fra le mani – la ruota anteriore sprofondò con un tonfo nel ghiaccio spezzato. Lily ridacchiò, voltandosi sulla sella
Penso che sia il nostro segnale – mise in moto rombando, e accelerò. La motocicletta partì sballottandoli, e prese quota immediatamente, scaraventandoli nella nebbia della notte, che li avvolse con il suo fradicio abbraccio. Beh, diciamo che l'abbraccio di Scorpius Malfoy, se così si poteva definire il braccio che le aveva fatto passare intorno alla vita, e l'altro accanto al suo sul manubrio, sembrò combattere bene il gelo, la nebbia, e qualsiasi altro fenomeno atmosferico che quella folle notte di Natale le avrebbe portato.
Espirò, scoppiando in una risata scrosciante che si perse nel rombo del motore fumante.
Scorpius non le chiese il perché stesse ridendo, né rise con lei.
Le lasciò semplicemente godere quel momento, con un sorriso storto a disegnargli le labbra.
 
Peccato, io non potrei innamorarmi di te nemmeno se la facessi apparire adesso, una motocicletta...
 
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Angolo della delirante autrice: BuonaseraXD O forse dovrei dire notte vista l'oraXD Vi anticipo già che questo sarà l'ultimo capitolo della ff ad essere postato così velocementeXD Ahimè, il lavoro mi chiama e sarò parecchio impegnata durante la settimana, quindi i prossimi chappy saranno un po' più diluiti nel tempo...ma non temete!!!! Sto lavorando per voi^^
Che dire, la parte con Scorps alla Tana non mi convince molto...avrei dovuto farla durare di più, far interagire meglio i personaggi, forse era un po' telefonata questa cosa che lui se ne andasse e Lily lo seguisse...insomma fatemi sapere perchè questa cosa non mi ha lasciata troppo soddisfatta ù__ù
E poi anche Lily, mannaggia, e baci Teddy, e Scorpius, e ma deciditi ragazza ahahahah
I triangoli che diventano quadrilateri che diventano punti sulla carta geografica della mia demenzaXD
E va beh, prima o poi questo castello di carte mi cadrà bellamente addosso, ma chissenefrega dai ahahahah
RIngrazio come al solito il fantastico Club dello Sclero che mi ricorda sempre quanto amore proviamo per questo folle progetto che prima o poi ci manderà al manicomio ahahahah
E un ringraziamento speciale ai nuovi arrivati, i vecchi amici, i ritardatari e anche quelli che ancora non l'hanno letta ma prima o poi lo farannoXD E bene ringraziare tutti i mattoni di questo muro, no?^^
A presto (spero...)

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Capitolo 23
*** Crepe ***


Crepe
 

Più era già per noi del monte vòlto
e del cammin del sole assai più speso
che non stimava l'animo non sciolto,
quando colui che sempre innanzi atteso
andava, cominciò: «Drizza la testa;
non è più tempo di gir sì sospeso.
(Divina Commedia, Purgatorio, Canto XII, vv 74-78)

 
La cella era fredda e buia. Vedeva a malapena ad un palmo dal naso, e gli altri sensi, disperatamente acuiti, non gli permettevano comunque di capire né dove né con chi si trovasse chiuso in quella prigione umida e maleodorante.
Astoria emetteva deboli gemiti di dolore ogni volta che lui tentava di liberare entrambi dal giogo delle catene ai polsi e alle caviglie. Probabilmente pensando di essere divertenti, i loro carcerieri li avevano incatenati l'uno all'altra, in modo che qualunque movimento richiedesse una catena più lunga a lui avrebbe strattonato dolorosamente quella di sua moglie.
Paradossalmente, in quel momento, Draco si accorse di non esserle mai stato così vicino negli ultimi dieci anni. I capelli lunghi di lei gli solleticavano la nuca, e gli sembrò quasi che il suo profumo di fresie gli fosse familiare.
Con tutte le donne che aveva avuto in quegli anni, era quasi assurdo immaginare che il profumo di sua moglie potesse ancora avere qualche effetto.
Salazar, Astoria – imprecò tirando violentemente il suo capo della catena – se non la smetti di agitarti li attirerai qui – imprecò fra i denti, mentre avvertiva sua moglie ritrarsi nella sua solita posizione fetale; era così da tempo, ogni singola volta che il suo buonsenso si esauriva sul fondo di troppo biglietti di scotch e lo convinceva a tentare qualche tipo di approccio con lei, sua moglie si raggomitolava tremando dall'altra parte del grande letto matrimoniale della loro fredda stanza.
E lui si limitava a imprecare a denti stretti, voltandosi dall'altra parte a covare il suo odio contro tutti, che così tanto lo consolava. Odiarli tutti, dal primo all'ultimo, sussurrando i loro nomi nel buio e gelido silenzio della sua solitudine. Così maledettamente rinfrancante.
Draco – lo chiamò piagnucolando la sua irritante consorte – Scorpius...Scorpius – ripeteva costantemente da quando quei bastardi li avevano trascinati lì. Il loro ribelle unico figlio era sempre rimasto al centro dei suoi patetici pensieri, e la sua bocca, un tempo così attraente, non aveva fatto altro che invocare la salvezza di lui con così tanta convinzione che Draco si era domandato se avesse un'idea di dove si trovassero e che sarebbero morti. Scorpius, ovunque fosse, era probabilmente più al sicuro di loro, al momento.
Il passo pensante di quello che, in quelle poche ore, Draco aveva individuato come il loro carceriere, riecheggiò brevemente nella cella, sciaguattando in qualche pozzanghera sulla pietra fredda, illuminando con una torcia il corridoio a volte che conduceva alla cella.
Il getto di luce illuminò una stanza ampia, circolare, dalle pareti grondanti di umidità e ricoperte da uno spesso strato di muschio che cresceva rigoglioso. Le pareti erano basse e soffocanti, tanto che Draco poteva quasi credere di toccare il soffitto con la testa se fosse riuscito a impuntarsi sul pavimento con sufficiente decisione.
L'uomo entrò con passo sicuro, e girò rumorosamente la chiave nella serratura dall'aria malandata. Draco si mosse, istintivamente, per attaccarlo.
L'altro scoppiò in una risata di scherno a cui mancava qualche dente
Non fare il furbo con me Malfoy – lo minacciò con un pugno sollevato privo di bacchetta. Chi diavolo era questa gente, che li rinchiudeva in una segreta e apriva le porte con misere chiavi babbane anziché con potenti incantesimi ben congegnati?
Gente troppo furba, che sapeva che non era per niente consigliabile aggirarsi con una bacchetta a portata di mano nelle vicinanze di un Malfoy incazzato.
Il viso era coperto dalla maschera dalle fattezze greche tipiche della sua mandria di pecoroni della peggior specie, ma il ghigno sdentato era ben visibile alla luce tremolante della torcia.
Draco sputò selvaggiamente a terra
Non fare tu il furbo con me, feccia...quando mi libererò da queste – fece tintinnare con rabbia le pesanti catene di metallo – e sta sicuro che lo farò, al tuo orrido sorriso mancheranno ancora più denti – l'altro rise, gettando indietro la testa coperta da un cappuccio bianco. Ciondoli di diversi metalli tintinnarono appesi alla cintura attorno alla sua vita, conferendo a quella risata qualcosa di davvero inquietante.
Vallo a raccontare a tua madre Malfoy – s'interruppe – oh, aspetta, non è crepata insieme a quel bastardo di un Mangiamorte di tuo padre? - rise di nuovo, l'acuta sinfonia di un maiale sgozzato. Se non lo era ancora, lo sarebbe stato presto.
La rabbia accecante ebbe su Draco l'effetto di rendere ogni sua azione gelida e impenetrabile, i suoi movimenti lenti e controllati, i suoi occhi vacui e freddi, le sue parole più dure e taglienti
Non osare parlare di mia madre, feccia di un Magonò figlio di una puttana Mezzosangue e di un padre impuro – lo freddò con gli occhi ridotti a fessure – una sola goccia di sangue di mia madre è più pura di tutto quello che potrebbero estrarre dal tuo corpo immondo – una luce perversa gli brillò negli occhi – e sta' sicuro che mi preoccuperò personalmente di questo, quando mi sarò liberato delle vostre sozze catene da Babbani spaventati - l'uomo, al contrario, non sembrò minimamente spaventato. D'altra parte, come avrebbe potuto, quando era lui, Draco Malfoy, Sanguepuro di una delle più antiche famiglie di maghi del Mondo Magico, ad essere in catene in una lurida cella umida e buia? Quando, se perfino la sua bacchetta gli era stata portata via, e un Incatesimo gettato sulla cella impediva loro di Smaterializzarsi?
Astoria si mosse, sollevando il viso verso la maschera inespressiva che sarebbe stata espressione che quella feccia avrebbe mai concesso loro
Ti prego, mio figlio... - grosse lacrime le scivolarono sulle guance, scavando un solco chiaro nella sporcizia dei calcinacci e del sangue raggrumato che le era colato da una ferita al cuoio capelluto.
Il bastardo ghignò, facendo scintillare la maschera alla luce della torcia, un famelico lampo di soddisfazione negli occhi piccoli e infossati
Tuo figlio, puttana dei Mangiamorte? Vuoi sapere dov'è tuo figlio? - si chinò verso di lei, in modo che quella sua grottesca espressione fasulla fosse a pochi centimetri dagli occhi gonfi e disperati di Astoria – se le nostre tracce sono giuste, tuo figlio verrà presto a farti compagnia in questa vostra nuova romantica casetta – le sollevò il mento con due grassocce dita guantate, e Draco strattonò la catena così improvvisamente che sua moglie venne attirata contro di lui in un tonfo secco, che le fece battere i denti.
Non insudicerai la sua pelle con le tue sporche dita da feccia – sibilò con lo sguardo che mandava lampi. Il carceriere rise di nuovo, più cupamente e lascivamente di quanto gli sarebbe stato concesso fare in pubblico. Si portò una mano all'inguine, in direzione di lei
Quando avremo finito con te, insudicerò ben più della sua bella pelle da Purosangue – minacciò – Se ha il fegato di essere la puttana di un Mangiamorte, avrà l'onore di essere la puttana di un Traghettatore – rise – e chi lo sa che un bel po' di carne impura non le piaccia più della tua, Malfoy – non toccava sua moglie da anni, né provava il desiderio di farlo più che in qualche sporadica occasione, ma in quel momento avrebbe dato qualunque cosa per poterlo uccidere fra atroci sofferenze.
Tu, lurido – imprecò Draco agitandosi contro la parete umida, sentendo un gelido rivolo d'acqua penetrargli nel maglione.
Astoria tremò, ma non pianse. Restò immobile, gli occhi fissi in quelli dell'altro, con seria compostezza. Quella feccia l'aveva appena minacciata di stupro e di omicidio, eppure gli occhi di lei rimasero fermi sul suo viso schermato dalla maschera lucente, finché l'uomo non si stancò
Puah – sputò a terra e avvolse le corte dita tozze attorno alla cintura di metallo, provocando nuovamente quel sinistro tintinnio nella notte, e se ne andò, reggendo fra le mani la loro unica fonte di luce.
Qualcosa, della donna coraggiosa e fiera che lui aveva sposato, riposava in Astoria, nella terrorizzata e tremante moglie che si era pentito ogni giorno di aver scelto, in quella fragile ragazzetta senza nerbo che continuava a partorire figli morti e che non aveva nemmeno il coraggio di fronteggiarlo. Ma qualcosa dentro di lei era sopravvissuto, pronto a balzare fuori e azzannare alla gola chiunque si frapponesse tra la madre e il suo prezioso figlio.
Astoria – la chiamò, sorpreso da se stesso per la preoccupazione palpabile che impregnava la sua voce
E' salvo – disse lei di rimando, senza aver dato segno di averlo sentito – non lo troveranno – Draco, per una volta, non trovò niente di crudele da ribattere.
 
***
 
Gli occhi neri e leggermente sporgenti dell'uomo lo squadrarono da cima a fondo, un misto di sospetto e curiosità che illuminava le sue iridi scure come la pece di un'inquietante sfumatura marrone scuro. I suoi vestiti eccentrici e di colori sgargianti avrebbero dovuto infondergli un'aria meno minacciosa, ma non era affatto così: Kingsley Shacklebolt aveva l'aspetto di un leader, in tutto e per tutto, il corpo massiccio, le spalle diritte, l'espressione seria ma non presuntuosa, la severa linea delle labbra carnose che non eccedeva mai nella superbia.
Scorpius aveva mantenuto l'atteggiamento di uno a cui non importava una cacca di gufo secca di trovarsi al cospetto di nientepopodimeno che il Ministro della Magia in persona, ma per quanto la sua maschera di strafottente indifferenza fosse al suo posto, lo sguardo profondo e serio dell'altro sembrava saper scavare dove nemmeno lui osava avventurarsi.
Aveva cambiato posizione sei volte da quando l'altro si era Materializzato nella stanza, e non era affatto un buon segno.
Il Ministro incrociò le braccia sul petto fasciato di una tunica in lana grezza riccamente adornata di fili dorati che riproducevano una perfetta riproduzione di fenice intenta a spiccare il volo, le ali delicate che si spalancavano sul petto e lungo il fianco, la coda che scendeva fiera lungo la coscia sinistra, così realistica da sembrare vera.
Immagino tu sappia perché sei qui ragazzo - Scorpius era così ipnotizzato dalle sottili linee decorative dell'abito, che a malapena lo sentì pronunciare quelle parole. E dire che il Ministro aveva la voce così profonda che quasi sembrava raschiargli la gola.
La prego agente non mi faccia la multa – ironizzò – guiderò piano, glielo giuro – gli occhi profondi e cavi dell'altro si strinsero, poi si voltò verso Harry
Non mi avevi detto che era così stronzetto – fu strano sentirlo da lui, il Ministro della Magia in persona, a Harry Potter il Salvatore, eppure i due si scambiarono un'occhiata di familiare intesa, e Potter si strinse nelle spalle sogghignando.
Poi il Ministro della Magia si voltò verso di lui sollevando un sopracciglio
Sbagliato. Sei qui perché la tua famiglia è stata attaccata e rapita nella sua casa, Scorpius Malfoy. E questo ad opera di un gruppo di maghi davvero pericolosi, che si sono spinti piuttosto oltre sequestrando tuo padre, con le conoscenza che ha nella Lega per la Salvaguardia delle Antiche Famiglie – parlò come se quello fosse semplicemente un fatto, qualcosa di cui chiacchierare al the delle cinque con i suoi quattro amichetti di Hogwarts che non vedeva da tempo – e la cosa curiosa, ragazzo, è che non sono riusciti a prendere te solo perché la tua Elfa Domestica ha rischiato la vita per salvarti – le sue labbra si distesero in un'espressione quasi divertita – comportamento curioso per la – si fermò, cercando la parola giusta – serva di casa Malfoy – scambiò un'occhiata intensa con Harry Potter, sempre in piedi accanto alla soglia dell'imponente ufficio.
Kingsley Shacklebolt non era un uomo che amasse le frivolezze. Questo era certo, e si rifletteva in ogni singolo dettaglio dell'enorme stanza che era il suo ufficio al Ministero della Magia: mobili in solido legno scuro, lucente, resistente al tempo e all'incuria, pochi mobili ben disposti, così da lasciare ampio spazio di manovra. Un mastodontico tappeto dal pelo lungo di un arancione caldo ed esotico, in tinta con il colore generoso delle pareti e delle tende nel mezzo della stanza, dove camminare scalzi, o stendersi, a tarda notte, ad ascoltare il completo silenzio che avvolgeva l'edificio quando tutto il Mondo Magico tornava a casa. Una lampada alta e dalla luce potente era sistemata accanto alla scrivania ordinata ma ricolma di carte e documenti. Scorpius ne dedusse che Shacklebolt amava trattenersi fino a tarda notte, cullato solo dalla calda luce della sua lampada esotica e il silenzio più totale, anche se un giradischi di semplice ottone era accuratamente riposto nell'enorme e ricca libreria che dominava un'intera parete.
La sola fotografia che si poteva intravedere in tutto l'ufficio ritraeva un gruppo di maghi e streghe dall'aria combattiva ma esausta. C'era praticamente tutta la cricca della vecchia generazione Potter-Weasley, perfino il gemello morto, Paciock di Erbologia, Katie Bell, Alicia Spinnet, il padre pieno di treccioline di Clancy Jordan e diversi altri ex studenti di Hogwarts, assieme a molti altri maghi che Scorpius non conosceva. Non si trovava sulla scrivania, ma riluceva di riflessi dorati e arancioni sulla mensola del grosso camino che occupava quasi una parete intera, catturando lo sguardo di chiunque entrasse.
Era una disposizione interessante, pensò Scorps appoggiandosi distrattamente allo schienale della sedia con aria noncurante, prima di ribattere
Mi piacciono gli animali – rispose mollemente, evitando il suo sguardo.
Harry Potter s'irrigidì un infinitesimo di secondo, ma che fu sufficiente per Scorpius. Evidentemente non aveva gradito il paragone, lui, che aveva lottato per liberare dal giogo di Voldemort anche gli Elfi Domestici. Un uomo di Silente fino alla fine, diceva sempre suo padre.
Se l'essere un uomo di Silente significava avere rispetto per gli elfi, allora doveva essere un uomo di Silente anche lui. Ma dubitava che per ottenere il titolo di “Potter dell'anno” fosse sufficiente prendersi cura dei propri domestici.
Resta seduto e ascolta Malfoy – il suono nasale e petulante della voce del Weasley Piattola, risuonò nel silenzio teso della notte. Nessuno gli aveva ancora spiegato cosa ci faceva lì
Percy – lo ammonì Potter con uno sguardo tranquillo ma duro
Oh, ti prego...Percy – tentò di conferire a quell'ultima parola il massimo grado possibile di ribrezzo e spregio – tenta inutilmente di conferire a te stesso un'autorità che non hai – lo freddò – mi piacciono così tanto i buffoni che si travestono da re – l'altro fece per ribattere, ma il suo adorato Ministro sollevò una mano per metterlo a tacere. Fu sufficiente
Non credo che tu abbia capito, ragazzo, che qui nessuno ti sta torchiando per puro piacere personale – sospirò – è Natale, e ognuno di noi aveva certamente cose migliori da fare che chiudersi in questo ufficio fino a notte fonda ad interrogare te – un mezzo sorriso compiaciuto scivolò inavvertitamente sulle labbra di Scorpius, e gli occhi schermati dalla montatura rotonda di Potter si fecero più curiosi – ma sei l'unica persona finora scampata agli attacchi, e l'unica che può dare una descrizione accurata degli aggressori – fu il suo turno d'irrigidirsi
No, forse non ha capito lei, Ministro – puntualizzò con una punta di sfida – i miei genitori potrebbero essere morti, a questo punto, e l'ultima cosa che a me interessa fare è mettermi a distribuire identikit per la città con un numero di telefono e una foto sui cartoni del latte -
E, illuminami Malfoy, cos'è che avresti intenzione di fare? - Shacklebolt non lo stava prendendo sul serio, o almeno, fingeva fastidiosamente bene di non prendere in considerazione le implicazioni delle sue parole. Più Scorpius perdeva la calma, più l'altro acquistava il controllo della situazione; e la cosa buffa era che aveva imparato questo di lui in venti miserrimi minuti.
Quanto, per Salazar, si era rammollito? Lanciò al Ministro un gelido sguardo di sfida
Trovarli? Cercarli? Evitare questi inutili e sfiancanti interrogatori a me, come se fossi io il rapitore? Scelga lei - Scorpius si alzò con un frustrato gesto della mano – e non si scomodi a farmi accompagnare dal suo fido “cane da guardia” - un'occhiata obliqua raggelò Weasley Piattola dove si trovava, in piedi, le gambe e le braccia rachitiche vestite con poco gusto, ad un paio di metri da Shacklebolt.
Potter, d'altra parte, era rimasto fermo a braccia incrociate accanto al camino, la bacchetta che sporgeva dalla tasca dei jeans, e l'atteggiamento rilassatamente vigile di chi si trova a suo agio in ogni luogo. Scorpius si chiese se fosse davvero così o anche il Salvatore avesse una qualche maschera addosso che gli piaceva indossare.
Scorpius – lo chiamò – siamo le uniche persone dell'intero Mondo Magico che possono aiutarti a trovare davvero i tuoi genitori. Draco Malfoy non è mai stato esattamente il mio migliore amico, ma non lascerò che quella gente ti renda orfano – i suoi occhi si fecero cupi e pericolosi – hai la mia parola. Ma devi fidarti di noi, come tuo padre non ha mai fatto, e restare a combattere – combattere, chissà quanto avrebbe combattuto Harry Potter per salvare il suo più acerrimo nemico dei tempi della scuola.
Di certo, Lily pensava fosse l'essere più straordinario della terra. Ma non come mezzo Mondo Magico, ma come qualcuno che adorava di più il suo modo di passarsi le mani fra i capelli indomabili piuttosto che il suo sguainare la bacchetta. Era un affetto strano, quel genere di amore che Draco aveva accanitamente impedito a chiunque di provare per lui.
Scorpius non pensava che suo padre fosse straordinario da più di dieci anni.
 
Flashback**************************************************
 
La notte sembrava trascorrere lentissima, i minuti che si susseguivano disperatamente centellinati dal silenzio e l'immobilità dell'impotenza. Il rombo della motocicletta di Potter che gli rimbombava ancora nelle orecchie, come il caos dei locali fischia fino all'alba, anche a distanza di ore da quando si è tornati a casa, o le urla dei tifosi nel campo da Quidditch resta un boato sordo in mezzo alle orecchie, perfino nel perfetto silenzio del dormitorio. Così era il rombo del motore quella notte; così l'odore del ghiaccio e del freddo, e della notte, e della pelle nuova, e del bagnoschiuma agli agrumi. Così il buio imperfetto della sua stanza all'ultimo piano lo attanagliava senza scampo, James Mano di Godric che gli ammiccava da tutte le pareti, così la sciarpa rosso e oro, così il tomo di mille pagine che Potter aveva abbandonato sulla sedia a dondolo vicino alla porta. E tutto era così accecante, così rumoroso o così profumato da inebetirlo. Anche il solo cigolare della sedia, quando l'aveva urtata passando, aveva prodotto uno scricchiolio insopportabile.
Non aveva pensato a Draco e Astoria per tutta la sera, convincendo se stesso che non fosse quello l'importante; il fatto che fossero morti.
Era orfano da molto tempo, si era detto, da molto prima di rendersene conto.
Ma non era mai stato veramente orfano, non del tutto, mai davvero solo con se stesso.
Un dolore sordo gli sbatacchiava in gola, come un grumo di lacrime mai versate, ma che non sapeva di trattenere. Non aveva pianto, non si ricordava nemmeno cosa significasse, ma si era sentito male lo stesso.
Draco era stato un pezzo di merda con tutti i crismi, e sua madre aveva contato meno dell'ultima squadra della classifica mondiale del Quidditch nella sua vita. Ma l'idea che fossero morti era...atroce.
Ehi, tanto per precisare, si era sempre sentito solo; aveva agito come se a nessuno importasse davvero di lui, come se a malapena ricordassero la sua esistenza, a fine settimana alterni, per mandargli un gufo casuale, che solitamente recava la firma ordinata e aristocratica di lui, un rimprovero, una sterile lode, mai cazzate, mai un “come stai, ci accorgiamo che non ci sei”, mai una sola parola che denotasse il fatto che erano padre e figlio e non un'associazione a delinquere. Ma in quel momento, che era solo davvero, che realizzava che nemmeno quei gufi del cazzo gli avrebbero più beccato le dita un sabato sì e l'altro no recando la firma di Draco Malfoy, nome-e-cognome nel caso si fosse illuso, in quel momento, nell'immoto silenzio di una casa non sua, la notte di Natale, mentre il mondo sembrava rinascere di una nuova tremolante ma vivida speranza, Scorpius Malfoy desiderò quasi di essere ancora capace di piangere. Anche solo per fare qualcosa, ingannare l'attesa, anziché restarsene sdraiato a pancia in su, sotto un quintale di coperte spaiate, a guardare un soffitto che non vedeva.
Così si era alzato per davvero, e si era Smaterializzato sul tetto spiovente di quella catapecchia cadente, gibbosa e ritorta su se stessa, come se non fossero le fondamenta a sostenerla, ma la magia.
E quel tetto, lontano da ogni sua più ingenuamente rosea previsione, gli era sembrato perfino comodo.
In quel momento, nuovamente semi congelato e con le chiappe quadrate, perfino salire lassù gli sembrò una cazzata da cerebroleso.
La notte, se possibile, era diventata ancora più gelida nelle ore che precedevano l'alba, e un leggero ma gelido venticello muoveva pigramente le piante d'acqua della campagna circostante, agitandole ritmicamente attorno alla casa, e dando alla vasta prateria l'aspetto del mare in tempesta. Inquietanti ululati scuotevano il silenzio teso dell'inverno innevato, facendolo rabbrividire fino al midollo.
Dovresti smetterla di tentare di suicidarti. Non ci sarò sempre io a salvarti Malfoy – non l'aveva vista arrivare. Salazar, sarebbe perfino potuto arrivare Voldemort in persona a reclutarlo, che non se ne sarebbe accorto, così stupidamente imbambolato nei suoi pensieri.
Porco Godric Potter! Non la conoscete la parola privacy in questa catapecchia da film horror dove vivete? - si schermò nuovamente del solito sarcasmo, cancellando l'espressione pensosa sotto un sogghigno tirato.
Lei gli lanciò addosso poco gentilmente una spessa coperta patchwork dalla fantasia terrificante. Qualcosa che somigliava ad una zampa di Grifone che tentava di afferrare un Boccino d'Oro dalle ali azzurre, e una civetta candida che spiccava il volo nel cielo colmo di stelle storte. O almeno, quella era l'intenzione di chi aveva cucito quell'obbrobrio di punti alternati, linee curve a scalini e colori mal assortiti. Ma era calda, e confortevole, a dispetto di quella sua presentazione oscena.
Solo allora si accorse che la Potter volteggiava su un vecchio manico di scopa che perdeva rami in continuazione.
Sollevò un sopracciglio.
Lei spalancò la bocca
Che c'è? Il mio mezzo di trasporto non è di tuo gusto? - appoggiò la punta delle Converse sdrucite su un'asse del tetto, lasciandosi cadere accanto a lui con la sua solita, inesistente, grazia.
Estrasse dal pesante giaccone marrone scuro che portava quella che somigliava pericolosamente ad una bottiglia di Whisky Incendiario. Niente bicchieri. Ne bevve un lungo sorso e gli lasciò la bottiglia, il viso arrossato contratto da una smorfia – Merlino! - imprecò arricciando il naso.
Poi si abbracciò le ginocchia, il manico di scopa inerte e dimenticato, in pericoloso bilico, appoggiato ad uno dei diecimila comignoli di quel tetto traballante.
Accidenti Potter, essere la figlia del Dio del Mondo Magico dev'essere stressante – sogghignò buttando giù un sorso di whisky. Il liquido, bruciante e speziato, gli corse lungo la gola stordendolo piacevolmente
Non sai quanto – sospirò lei con un mezzo sorriso rivolto alla campagna circostanze
Povera cara – ironizzò lui – tutto questo essere adorati e rispettati, dev'essere un calvario – roteò gli occhi. Pensò distrattamente che gli sarebbe piaciuto, per una volta, non essere pugnalato alle spalle dagli sguardi ostili della gente. Pensò di chiederle come fosse. Ma non disse niente.
Non che il suo silenzio impedisse a Lily Lagna Potter di piangersi sufficientemente addosso
Senza offesa Malfoy, ma tu non lo sai com'è – lo rimbeccò più dura di quanto volesse sembrare. Scorpius sollevò un sopracciglio, il gonfiore finalmente un ricordo
Già, io ero troppo occupato a schivare maledizioni per strada – mormorò cupamente, ogni traccia d'ironia.
La Potter gli sottrasse la bottiglia dalle mani, bevendo più di quanto avrebbe fatto lui stesso, o fosse consigliabile
Vedila così, se mio padre facesse schifo come il tuo – s'interruppe, emettendo un singhiozzo – non trascorrerei metà della mia vita cercando di restare al passo – Scorpius emise una risata amara
Potter, davvero, sei commovente nel tuo disperato tentativo di apparire una fragile fanciulla in difficoltà, con seria predisposizione al patetico, e ti sarei vicino, sul serio, potrei anche darti una pacca sulla spalla tentando di affievolire il tuo senso d'inferiorità verso il mondo – fece schioccare la lingua – ma, vedi, avrei altro a cui pensare al momento -
Tuo padre è stato rapito – realizzò lei
Morto mi sembra più realistico – la rimbeccò lui fra un sorso e l'altro
I Traghettatori non uccidono – puntualizzò la Potter con sicurezza
Finora – Scorpius sospirò seccamente – ma conosco un due, tremila persone che farebbero un'eccezione per Draco Malfoy il Traditore – Lily Potter si voltò verso di lui con gli occhi ridotti a fessure
Sei preoccupato! Tu, Mr.Disinteresse Totale, hai paura che gli sia successo qualcosa – sembrava divertita e sconvolta insieme. Era irritante, Salazar se era irritante!
Scosse la testa
Potter sei l'unica eccezione di mia conoscenza alla regola “più alcool, più divertimento” - fece per alzarsi – riesci ad essere petulante ed irritante anche sbronza –
Ma guardati, Malfoy l'Intocccabile – quella storia dei nomignoli, disse a se stesso, era una brutta abitudine che le aveva trasmesso lui – così gelido e invalicabile fuori, e debole dentro...pfffff – sbuffò scuotendo la testa – alla fiera del patetico ci giocheremmo il trofeo – s'interruppe, poggiandosi un dito sulle labbra – ma a pensarci bene sei tu quello che finge così malamente di essere un duro per trecentosessantaquattro giorni l'anno, ma in realtà è solo un – si voltò verso di lei, il calore del whisky che gli saliva alle guance e gl'infiammava gli occhi
SONO I MIEI GENITORI CAZZO! - imprecò a denti stretti, serrando i pugni lungo il corpo – vuoi sentirti dire che ho paura? Che sono spaventato? Che me la sto facendo sotto all'idea di non avere più un fottuto parente al mondo che voglia avere a che fare con me? Che mi sento come se una maledetta squadra di Quidditch mi fosse appena volata addosso a duecento all'ora tutta insieme? E' questo che vuoi sentire Dannata Potter Psicologa? E' QUESTO? - la voce gli si era incrinata pericolosamente alla fine, quel groviglio di sensazioni contrastanti che gli avevano serrato la gola fino a quel momento in una morsa di gelida apatia, sembrava essersi sciolto, riversandosi in quelle parole amare che a malapena aveva lasciato andare fuori dai denti. Rimase in piedi, ansante e accaldato, il petto che si alzava e si abbassava aritmicamente, i pugni serrati e lo sguardo furioso e stremato perso in quello di lei, che ora sorrideva tristemente, mordendosi il labbro. Sospirò, porgendogli la bottiglia di Whisky Incendiario come fosse il Santo Graal, quell'espressione dolorosamente soddisfatta che lo trafiggeva come il più pericoloso degli incantesimi.
Nemmeno suo padre, con tutta la sua maledetta Occlumanzia, aveva mai lasciato un solco tanto profondo nella sua armatura.
Si rese conto che avrebbe dovuto essere fottutamente terrorizzato, o fottutamente incazzato. Magari fottutamente entrambi. Ma in quel momento riusciva solo ad essere fottutamente stanco.
Mosse un passo verso di lei, poi un altro, trascinandosi dietro il peso della sua corazza ammaccata, e delle armi ormai smussate. La maschera era calata sul viso a metà, scheggiata, e lasciava scoperta un'ampia porzione di zigomo, e di guancia inerme. Se avesse voluto ferirlo a morte, Lilian Luna Potter avrebbe potuto farlo in qualsiasi momento.
Ma lei sospirò e basta, lasciandogli la bottiglia, senza parole, gli occhi fissi verso la campagna ingrigita dall'alba imminente. La leggera brezza che agitava i suoi folli capelli rossi fece rizzare i peli sul collo di Scorpius, che serrò le dita attorno al collo della bottiglia a metà. La spossatezza del sonno, delle emozioni, e di quel dannato whisky, gli premevano sulle palpebre pesanti, pulsandogli nelle tempie. Poggiò indietro sul legno fradicio la mano, addossandovi tutto il peso del corpo. Buttò giù una lunga e rassicurante sorsata di whisky, e attese. Attese che lei smettesse di lottare contro la sua natura logorroica, e dicesse qualcosa.
Non dovette aspettare più di due minuti
Albus dice che tu mi piaci – Scorpius per poco non sorrise
Ma cosa mai gliel'avrà fatto pensare – ironizzò. Ma lei si voltò seriamente verso di lui
Tu non mi piaci – lo freddò – non mi piaci affatto – per come lo disse, sembrò vero – sei spocchioso, e arrogante, e irritante, e presuntuoso, e superficiale... -
Non vorrei infrangere i tuoi leggiadri sogni di adolescente Potter, ma la tua vita sessuale potrebbe risentire del fatto che infili tre metri di lingua in bocca a tutti quelli che non ti piacciono – lei sbuffò
Tu lo fai! - sembrava scandalizzata – insomma, ti porti a letto ogni cosa che cammina e respira, e non è strano, per te – scosse la testa così violentemente che i capelli rotearono follemente nei tiepidi raggi dell'alba – cos'ho io che non va? - questa volta Scorpius sorrise, ma tristemente, di una tristezza quasi tenera, quasi protettiva
Penso che tu abbia ancora qualche speranza Potter – l'angolo destro della bocca si sollevò, e le porse la bottiglia – non mandarla ai troll – ammiccò – non per uno come me, almeno – lasciò correre lo sguardo sulla campagna debolmente illuminata, una foschia umida avvolgeva tutto, dandogli l'impressione di essere sospeso fra le nuvole. Vedeva a malapena ad un metro dal tetto
Non voglio farlo – ribatté lei, la voce strascicata e un po' lamentosa
Brava ragazza – decretò alzandosi, meno rabbioso e disperato di quanto fosse stato poche ore prima. Malgrado tutto, Lily Potter aveva districato il nodo attorno al suo pomo d'Adamo.
Ma lo faccio – si voltò verso di lei, sogghignando
Non sono la persona più adatta a correggere i comportamenti devianti Potter...dolente di non essere il cavalier servente che volevi - lei sospirò, quasi rassegnata
Il riverbero dell'armatura mi da' fastidio agli occhi, pare... - il suo sogghigno si allargò, trasformandosi in qualcosa che somigliava pericolosamente ad un sorriso vero, che si estese anche agli occhi
Pare – si Smaterializzò in un pop, bisognoso di una dormita, una doccia, e una Pasticca Vomitosa: qualunque cosa per evitare l'interrogatorio di Sua Magnificenza il Ministro della Magia.
 
Fine Flashback*****************************************************************
 
Scorpius parlò, raccontò ogni cosa nei minimi dettagli. Ogni inflessione della voce, ogni scorcio di viso intravisto da sotto la maschera. Perfino le bacchette, riuscì a ricordare.
Kingsley Shacklebolt e Harry Potter lo ascoltarono senza parlare. Perfino Percy Weasley non aprì la sua dannata boccaccia nemmeno una volta.
Quando ebbe finito, Harry Potter annuiva gravemente
Stesso metodo delle altre volte – confermò – veloce, pulito, non lasciano testimoni – esitò – se ci riescono – cominciò a camminare – mi chiedo se avrebbero preso anche te, o ti avrebbero semplicemente ucciso – Scorpius sollevò le sopracciglia
Io non ci torno lì a scoprirlo – il Ministro si succhiò il labbro inferiore
Credo che per questo dovremo solo aspettare – i loro tre sguardi gemelli quasi lo fecero sorridere
Aspettare cosa, Ministro? - chiese Percy Weasley fingendosi preoccupato
Che tornino, ovviamente... - concluse l'altro cominciando a camminare per la stanza.
Scorpius non avrebbe mai saputo dire se fossero state le parole del Ministro a portare sfiga, o la sfiga a guidare le parole del Ministro, fatto sta che un trafelato leccapiedi anonimo si Materializzò in quel momento davanti a loro, sudaticcio e frustrato
Ministro! - sembrava in preda ad un attacco epilettico – Ministro è successo ancora! - ansimava, piegato sulle ginocchia, il viso paonazzo e una vena sulla fronte che pulsava pericolosamente.
Cosa Hornby? - lo incitò a parlare l'altro, apparentemente controllato
I Traghettatori signore...hanno rapito un'altra famiglia...il ragazzo signore... - ora Shacklebolt era davvero teso
Hornby, dimmi cosa è successo per Beda il Bardo! - l'altro uomo, un calvo con la pancetta e il sudore copioso, recuperò una respirazione vagamente regolare
I Warrington Ministro...tutti e tre... - Scorpius s'irrigidì. Merda, Scott Warrington era al settimo anno con lui, Porco Godric! Li avevano Smistati insieme, maledetta Morgana!
 
***
 
Lilian Luna Potter! - urlò sua madre afferrando al volo una padella che stava per sfracellarsi rumorosamente al suolo – devo mandarti un gufo per comunicare con te, o hai intenzione di dirmi quello che ti sta succedendo? - Ginny Weasley Potter era ancora bella. Certo, non bella da mozzare il fiato con un quarto di sangue Veela come zia Fleur, ma una bellezza fiera e solare, lo sguardo determinato ma il sorriso pronto, la battuta tagliente quanto gli abbracci affettuosi. Era una bellezza custodita nei gesti, non nei capelli, negli occhi o nel corpo.
In quel momento, i suoi occhi grandi e così simili ai suoi, la stavano fissando da dietro una frangetta rossa e un caschetto severo che non riuscivano comunque a renderla arcigna.
Benché sembrassero scontrarsi come tempeste in collisione, lei e sua madre erano simili e speculari, e se c'era una persona capace di capirla, quella era Ginevra Potter.
Si strinse nelle spalle
Perché l'hai fatto? - disse – sai, stare con papà, rischiare la vita e il resto – finse un disinteresse che non le apparteneva, e sua madre incrociò le braccia al petto. Lei mise i palmi avanti – non farmi la ramanzina mamma, solo...rispondimi... - non seppe se fu il suo tono a convincere Ginny a mettere da parte ogni palloso consiglio materno del vecchio secolo, o se, semplicemente, sua madre non fosse così antica come lei pensava. Fatto sta che obbedì
Da che ho memoria è sempre stato tuo padre – sorrise, quasi furbescamente – Godric, lui aveva la sfera emotiva di un bradipo, e ci ha messo sei anni a rendersene conto – rise – ma ne è valsa la pena – si strinse nelle spalle – immagino che sia per questo. – si riavviò dietro le orecchie i corti capelli rossi – Non è che potessi scegliere, o decidere, o tirarmi indietro. Harry stava combattendo, e io anche – il modo in cui lo disse, come se stesse dettando una ricetta, fece sentire Lily come se fosse seduta ad ascoltare qualcun altro. Come poteva parlare così? Come se amare suo padre e rischiare la vita fossero stati inevitabili?
Ma perché! Cioè, non c'erano tipo mille persone con cui stare che non ti mettessero in pericolo? . Ginny sorrise, in quel modo così “adulto” e consapevole fa farla sentire piccola e scema
Certo. E sono uscita anche con quattro o cinque di loro. - il tono era allegro, lo sguardo leggero; non la stava prendendo sul serio – Tuo padre era testardo, e incosciente, e ottuso, alle volte – scrollò le spalle – ma ero giovane e innamorata, che vuoi farci – agitò la bacchetta, e la spugna insaponata cominciò a grattare la padella – e rischiare era eccitante – poi si fece seria, e tutto il dolore che aveva provato, e scacciato in quei pochi istanti, si materializzò sui suoi lineamenti, inasprendoli – tesoro, non posso giurarti che la mia vita sarebbe stata la stessa senza la Guerra Magica, il ritorno di Voldemort, e tutto quello che abbiamo visto succedere – sospirò, gli occhi grandi spalancati – non so dirti cosa avrei fatto se la mia vita e quella delle persone che amavo non fossero state costantemente in pericolo, se la morte non fosse stata nascosta in ogni calderone e dietro ogni armatura...nessuno può saperlo... - sorrise, semplicemente – sarei potuta morire un'infinità di volte a Hogwarts, tutto noi potevamo...e questo, in un certo senso, ha amplificato tutto, lo ha reso inarrestabile...di vitale importanza. Ogni piccolo momento – si appoggiò al ripiano della cucina, mentre la spugna insaponava un'altra padella – non amo tuo padre per qualche ragione. Per tante, certo, ma non è il punto – sorrise, sospirò, e si passò una mano fra i capelli, scompigliandoli attorno al viso solcato solo da qualche ruga d'espressione. Capita, a chi ride, e piange, e vive così intensamente – Penso che quando ami qualcuno, smetti di chiederti il perchè fai le cose... - i suoi occhi si fecero di nuovo limpidi, tersi, caldi come una giornata d'estate, e la donna spensierata che conosceva tornò ad essere sua madre. Ma Lily non avrebbe dimenticato il suo sguardo in quelle parole.
D'un tratto un vetro sembrò infrangersi contro la parete ricolma di oggetti della Tana.
Lily si precipitò con la madre verso il fracasso, aspettandosi come minimo un duello all'ultimo sangue fra Ron e Hugo per l'ultima Gelatina Tuttigusti + 1.
E invece trovò solo Louis, i pungi serrati, la spina dorsale che tremava pericolosamente sotto il maglione a collo alto beige, i muscoli tesi che fluttuavano sotto la pelle, i capelli biondi che crepitavano nella luce del sole
Lou...cosa... - suo cugino si voltò, l'espressione stravolta sul viso incantevole devastato dalla rabbia e la paura. La disperazione scavò sottili venature nei suoi lineamenti
Scott – disse con la voce ridotta un sussurro – lo hanno preso... - Lily trattenne il respiro e chiuse gli occhi. Ginny, accanto a lei, rimase in silenzio.
 
Penso che quando ami qualcuno, smetti di chiederti il perchè fai le cose...
 
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Angolo della delirante autrice (stanotte ancora più delirante)...ovviamente il piccolo dettaglio che domani devo svegliarmi alle sette e mi aspettano 10 ore di delirio con la scuola estiva, è ignorabileXD Avrei dovuto portarmi avanti nel week end, ma ho preferito dare la precedenza al delirio alcolico...questione di priorità...povera meXD
Comunque eccoci qui, prima di quanto avevo pronosticato, con un nuovo capitolo un po' di passaggio, come dire, senza particolare azione. Un respiro di sollievo fra le sfighe di ieri e quelle di domani, per capirciXD
Niente...non so cosa dire in realtà...se non ringraziarvi tutti perchè leggete e recensite sempre più numerosi, oltre all'ormai zoccolo duro di questa ff, e questa è una cosa che veramente mi rende felice e mi aiuta^^
Il solito immenso grazie al Club dello Sclero sempre pronto ad espandersi, che non mi abbandona nemmeno quando l'ispirazione è traballante e un po' esosaXD
Spero di non aver fatto attendere per poi deludervi...
Vi adoro tutti^^
Alla prossimaXD

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Capitolo 24
*** Nebbia ***


Nebbia

 
«Oh!», diss'io, «padre, che voci son queste?»
E com'io domandai, ecco la terza
dicendo: 'Amate da cui male aveste'.
E 'l buon maestro: «Questo cinghio sferza
la colpa de la invidia, e però sono
tratte d'amor le corde de la ferza.
(Divina Commedia, Purgatorio, Canto XII, vv 34-39)

 
La radio gracchiava qualcosa d'incomprensibile in una lingua sconosciuta, sua madre sfogliava distrattamente una rivista stranissima con le modelle che si muovevano su una passerella di ghiaccio, e una giovane donna bellissima dai capelli biondissimi veniva accolta fra il pubblico con una pioggia di petali e lustrini.
Suo padre non era ancora tornato a casa, come al solito, e la cena attendeva fumante sulla tavola, senza che né lui né sua madre si sporgessero per afferrare i piatti e cominciare a mangiare. Aleggiava nella stanza quella curiosa speranza che lui arrivasse in tempo, almeno quella sera, per cenare con la sua famiglia, per fingere almeno che gl'importasse sapere che erano entrambi vivi, e stavano bene.
Il loro domestico decrepito zoppicò nella stanza, intento a ripulire il salotto da tutte le inesistenti tracce di sporcizia che, secondo la severa disciplina educativa di sua madre, si erano accumulate vergognosamente nelle due ore precedenti, il tempo trascorso dall'ultima volta che Bryndon aveva impugnato sommessamente scopa e paletta.
Lui si limitò ad aspettare, la mano appoggiata svogliatamente sotto il mento, gli occhi persi fuori dalla finestra, la neve che arrivava quasi a metà dello steccato verde scuro che circondava il loro giardino, e continuava inesorabilmente a cadere in grossi fiocchi quasi grigi in contrasto con il paesaggio abbacinante.
Sospirò, mentre la radio emetteva suoni in un lingua sconosciuta a bassa frequenza, un gracchiare incomprensibile e irritante che sembrava rimbombargli nelle orecchie, accompagnato dai gesti svogliati di sua madre nello sfogliare la rivista di moda dove le immagini si muovevano, curiosamente.
Mamma...non arriverà – si lamentò scendendo con un balzo dalla sedia di legno dagli intarsi fatti a mano. Il lungo tavolo rettangolare che troneggiava in sala da pranzo lo separava dalla madre di una manciata di metri, ma i suoi occhi severi lo scrutarono ugualmente
Arriverà – decretò secca – basterà aspettare un altro po' – abbassò nuovamente lo sguardo su un articolo di cucina che, a giudicare dalle lettere che campavano a caratteri cubitali in cima alla pagina, garantiva di cuocere al meglio una coscia d'Ippogrifo con poco più che un semplice incantesimo. Ippogrifo? Incantesimo? Batté le palpebre più di una volta, nella vana speranza che quelle parole assurde la smettessero di ammiccargli dal fondo del tavolo. Le unghie laccate di rosso di sua madre scintillavano a intervalli regolari, e riflettevano luminescenze vermiglie sulle porcellane lucidate dei piatti vuoti, dandogli la nausea.
Si appoggiò distrattamente al davanzale, rapito dalla neve che si accumulava sul vialetto da poco ripulito, formando un sottile strato di poltiglia quasi trasparente. Sospirò, appoggiando la fronte contro il vetro gelido, ad occhi chiusi, il basso borbottare della radio ancora incomprensibile e delle pagine sfogliate, nel loro sonoro frusciare, una dopo l'altra, a intervalli quasi regolari.
Una macchina frenò nel viale decorato di secchi alberi rattrappiti, e dalla scura e scintillante macchina americana comparve il suo trafelato padre, i capelli castano scuro ingrigiti sulle tempie severamente pettinati con la riga da un lato, scelta di stile che lui non era mai riuscito a trovare azzeccata per il viso lungo e appuntito di suo padre, i suoi baffetti sottili e il pizzetto ancora scuro e luminoso. Ma cosa voleva saperne lui, che non aveva nemmeno undici anni? Il suo domestico gli preparava ancora i vestiti ripiegati sul letto, e sua madre lo mandava dal barbiere a far tagliare i capelli castani ogni volta che raggiungevano le orecchie; non era nemmeno padrone di mettersi i calzini della lunghezza che voleva, figurarsi chiedere a suo padre, che per sua madre era Dio in Terra, di cambiare pettinatura.
Ciao scemo – suo fratello, appena capicollato giù dalla scala che portava alle camere da letto del piano di sopra, gli assestò uno scappellotto dietro la testa, la sua fronte sbatté violentemente contro il vetro della finestra, e una scheggia del legno gli penetrò dolorosamente nella guancia. Trattenne un'imprecazione, mentre la madre borbottava uno stanco
Quante volte di ho detto di non colpire tuo fratello? - ma non prestava loro molta attenzione, intenta com'era a sistemarsi i boccoli corvini freschi di parrucchiere
Mentre si tamponava la ferita sanguinante con l'immacolato tovagliolo di lino bianco ripiegato a triangolo, suo padre si richiuse la porta alle spalle rabbrividendo violentemente. Gli occhi di sua madre s'illuminarono di gioia nel vederlo, seppur in ritardo di quasi un'ora e mezza.
L'uomo si tolse il pesante cappotto lungo fino al polpaccio, e lasciò che il domestico claudicasse fino al guardaroba. Non lasciò andare la valigetta, il suo Santo Graal, la sua unica, vera, ragione di vita da uomo d'affari, e la sistemò contro la gamba del tavolo, piegandosi a baciare fuggevolmente la moglie sulla guancia incipriata. Poi i suoi profondi e infossati occhi blu scuro caddero su di lui, e si assottigliarono
Per l'amor del cielo figliolo – mormorò con disappunto – vatti a medicare quella ferita! - non si preoccupò di chiedergli cosa l'avesse provocata, né se gli dolesse o meno. Fu solo infastidito di essere stato costretto a vederla, dal suo inetto figlio minore senza alcun talento. Arditus almeno era un asso nel polo, e sarebbe diventato capitano della squadra della costosissima scuola privata che i suoi genitori pagavano da anni. E lui? Lui era solo il figlio di cui a nessuno importava niente.
Bryndon si avvicinò a lui cautamente, scostando il tovagliolo intriso di sangue dal suo viso.
Signore, temo ci vogliano dei punti – suo padre sollevò le sopracciglia arcuate ed eleganti in uno sguardo di completo sbigottimento
E allora fai in modo che gli vengano messi – lo freddò con uno sguardo appena accennato, e l'uomo abbassò il capo, il tovagliolo stretto convulsamente fra le lunghe dita bianche.
Il domestico lo prese per mano, conducendolo a passi irregolari verso il guardaroba.
Si divincolò dalla sua presa, con un gesto brusco del braccio magro avvolto in un pesante maglione di lana scuro dal collo alto e avvolgente, perfettamente intonato ai suoi occhi del blu più intenso.
Non voglio andarci – si lamentò rabbiosamente, serrando i bianchi denti perfetti. Il domestico sospirò
Ma signorino... -
NON-CI-VADO – scandì nella più petulante delle sue espressioni, il sangue caldo che gli grondava lungo la guancia fino sul collo – e tu non mi ci porterai...chiaro? - la sua insolenza di bambino di dieci anni s'infiammava facilmente, facendogli perdere le staffe senza ragione. Alle volte bastava uno sguardo, un gesto sbagliato, e tutto si frantumava rumorosamente dentro di lui, incendiandosi di rabbia.
Nemmeno questo piaceva al suo sempre controllato e imperioso padre.
E poi lui non andava a genio agli altri bambini; avevano sempre avuto paura di lui, anche quando si sforzava di convincere se stesso a tentare un approccio con loro invece di chiudersi silenziosamente nella sua stanza a leggere. Questo, invece, a suo padre non dispiaceva. Di solito lo guardava con un misto di orgoglio e fierezza negli occhi blu e sorrideva: “Sei speciale, quella plebaglia non è degna di te”, diceva, e a lui quelle parole sembravano più dolci di ogni biscotto di Natale, o di ogni giorno di vacanza lontano dal chiassoso vociare dei suoi compagno di scuola.
Il domestico sospirò mestamente, ma prima che potesse aprire bocca, le fiamme del camino che troneggiava nel salotto alle loro spalle divennero verdi ed enormi, colorando le immacolate pareti dello stesso accecante colore del fuoco.
Bryndon si gettò su di lui, facendogli scudo con il suo corpo, un lungo indice pallido davanti alle labbra chiuse
Cosa ci fai qui? È pericoloso – domandò la voce di suo padre, in una lingua che lui non aveva creduto di sapere ma che in quel momento capì, incrinata di paura. Era la prima volta che lo sentiva parlare come se non avesse la situazione perfettamente sotto controllo.
L'uomo con cui parlava rise piano
Non sai quanto, amico mio – le fiamme danzarono nuovamente, gettando riflessi verdi anche sul guardaroba. I passi che echeggiarono nel silenzio furono lenti ma decisi. L'uomo parlò di nuovo – pensaci tu – ordinò alla persona che era comparsa dal camino.
Non riusciva a vedere niente, coperto com'era dal corpo del domestico che gli tremava addosso. Non osò muoversi, per non perdere una sola parola
Perché siete venuti? - mugugnò sua madre – se sapessero -
Non sapranno – garantì una voce più bassa e delicata della prima, una voce di donna. Un lampo di luce lo accecò per un attimo, illuminando la stanza. Ne seguirono altri due, e poi tutto fu silenzio, un silenzio innaturale, che gli faceva venire la pelle d'oca in tutto il corpo
Sono qui! - urlò Bryndon nella loro lingua comune, il rumeno, alzandosi e spingendolo via. Obbedì, le gambe che gli tremavano e la mente confusa dal terrore.
Poco prima che il freddo lo accogliesse nella sua stretta mortale, lo vide chiaramente estrarre qualcosa di lungo e sottile dalla divisa inamidata, puntandola contro un'ombra scura e longilinea. Un altro lampo, e anche il domestico cadde a terra come un sacco vuoto.
L'uomo si voltò verso di lui, il volto coperto dalla semioscurità della casa, e allungò un braccio nella sua direzione, un ramo scuro fra le dita...
 
Incubus spalancò gli occhi nel tepore del dormitorio di Serpeverde, la notte quieta di Hogwarts, il pacato canto dei gufi fuori dalla finestra, il ritmico russare del suo compagno di stanza, rientrato ad un'ora improbabile e ancora profondamente addormentato.
Fissò il soffitto vagamente illuminato dalla grande stufa che troneggiava al centro della stanza, e mandava bagliori di calda brace arancione su tutte le pareti.
Nonostante questo, aveva freddo; un freddo innaturale, della mente, un freddo artigliato all'ultimo ricordo che aveva della sua vecchia vita, un freddo che apparteneva ad un bambino di dieci anni, spaventato e inerme, che correva nella neve bagnata e gelida per sfuggire ad un nemico senza volto.
Un bambino che lui non era più.
Si mise a sedere, passandosi una mano fra i capelli madidi di sudore, e sospirò, scivolando fuori dal bozzolo di coperte calde verde e argento.
La biblioteca era deserta quando Incubus Mortimer attraversò fluidamente il corridoio centrale che si snodava nelle gallerie divise per argomento. La pace, il silenzio, l'oscurità, erano il suo elemento naturale, l'essenza stessa del suo essere, così come l'odore delle pergamene antiche e dei tomi quasi ammuffiti della Sezione Proibita.
A Durmstrang quel padiglione era quasi il più nutrito dell'intera biblioteca
 
Flashback*****************************************
 
Fatti da parte, figlio di nessuno – lo freddò con uno sguardo di ghiaccio il suo avversario di quella mattina, con le sopracciglia folte e unite e il naso aquilino. Scosse la testa
Spostami tu – ribatté, sorridendo candidamente – se ci riesci – l'altro estrasse la bacchetta, ma Incubus lo liquidò con un sorriso cortese e una fattura. Il ragazzo si piegò in due tenendosi lo stomaco, la bocca che rigurgitava denso sangue scuro
Cosa mi hai fatto? - sputacchiò terrorizzato, le mani fradice e la divisa puntellata di macchie rosse
Se sparisci dalla mia vista, niente che ti ucciderà – l'altro lo raggelò con uno sguardo di puro disprezzo negli occhi chiari. La bocca insanguinata si contrasse in uno spasmo – ma ti consiglio di correre in infermeria subito – concluse pacatamente, con un mezzo sorriso cortese.
Lo guardò allontanarsi claudicando, le scarpe pesanti che sfregavano sulla pietra annerita dal tempo. Indegno. Avrebbe mai trovato qualcuno capace di soddisfare i suo criteri? Qualcuno che fosse abbastanza?
Mortimer! - tuonò la voce gutturale di Dimitri Volcheck, l'unico professore di tutta Durmstrang a non venerare le sue straordinarie doti magiche – dal Preside! -
Incubus si voltò, l'espressione neutra dell'innocente
Desidera vedermi? - le sopracciglia dell'uomo si aggrottarono sospettose
Hai appena ferito gravemente un tuo compagno Mortimer...devi essere punito – ribatté semplicemente, come se il concetto fosse di una chiarezza disarmante
Ha estratto per primo – Incubus non aveva ancora tentato di giustificarsi; si era limitato a puntualizzare – mi sono difeso –
L'hai quasi ucciso - “quasi”, appunto, non era sufficiente? Lo sguardo corrucciato dell'altro sembrarono chiarire il concetto.
Immagino spetterà a lui giudicarlo... - mormorò.
Camminò lentamente verso l'Ufficio del Preside, ma incrociò Viktor Krum che camminava a passo spedito fuori dalla pesante porta di legno che lo separava dal resto della scuola; Durmstrang non era più quella di un tempo dopo che quel campioncino ne era diventato il Preside. Ma era stato, effettivamente, il Cercatore più forte della Storia, così dicevano, e nessun altro aveva avuto il coraggio di prendersi quella responsabilità dopo la Guerra Magica e il coinvolgimento di Igor Karkaroff nei Mangiamorte. Ora, solo a sentirli nominare, metà dei suoi compagni tremavano di paura, fingendosi scandalizzati all'idea che la loro amata scuola fosse stata, a suo tempo, la dimora delle Arti Oscure. Incubus non temeva le Arti Oscure, erano parte di lui, così come la magia.
Quella rabbia, quel furore che lo divoravano da dentro nei momenti più impensati erano svaniti, si erano riversati nella sua bacchetta e fuori di essa, sotto forma di raggi di luce.
Eppure, fino all'età di dieci anni, non aveva nemmeno saputo di avere dei poteri magici. La sua famiglia, una delle più antiche e potenti del Mondo Magico, era vissuta nel segreto per anni, come una comune progenie di Babbani, e non aveva mai accennato al fatto che lui fosse un mago, un mago dotato, a quanto dicevano i suoi professori.
Eppure Incubus Mortimer, che così a lungo aveva creduto che suo padre fosse un operatore bancario, era diventato improvvisamente orfano e, altrettanto improvvisamente, mago, scaraventato da una parte all'altra del mondo prima di finire nel Fuoco Sacro di Durmstrang ed essere assegnato alla sua Brigata. La leggenda narrava della Scuola di Magia e Stregoneria di Durmstrang, creata dal fuoco, dall'acqua, dalla terra e dall'aria, nata sullo sperone di roccia a picco sul mare, nella brulla e arida terra di nessuno, dove il sole bruciava e uccideva ogni filo d'erba d'estate, e il ghiaccio e la neve lo soffocavano d'inverno, quando il gelo era l'unico rumore, l'unico sapore, l'unico odore che ognuno di loro poteva sentire. E lui era lì, “Il Rinnegato” di Durmstrang prima ancora di arrivarci, una storia triste alle spalle, e tutta quella magia dentro di sé.
Seguì Viktor Krum nei contorti e bui corridoi umidi dell'enorme castello, invisibile e cauto, paziente, come aveva imparato ad essere. Nessuna fretta, nessuna esitazione, nessuna pietà.
Che notizie porti dall'ovest amico mio – mormorò il brizzolato Preside con un inglese marcatamente accentato. Lui aveva scoperto di sapere l'inglese nemmeno troppi anni prima, e non lo aveva rimosso dalla sua mente, così come tutto il resto. Doveva ricordare, ricordare e pianificare.
Il ragazzo deve tornare Viktor – sussurrò una calda voce maschile, giovane, sicura di sé, rassicurante – è Hogwarts la sua casa, lo sai – il Preside esitò qualche secondo
Non è così semplice King. Come gli spiegherò? Come potrà... - un lungo sospirò sembro vibrare nel corridoio – la sua famiglia è stata uccisa, e non abbiamo idea di chi siano i responsabili. Dovevamo nasconderli, e non siamo stati capaci di farlo. Come possiamo raccontargli la verità se ancora ne sappiamo così poco? - l'uomo di nome King non rispose subito; attese una manciata di lunghi istanti
Questo non è il suo posto Viktor. Deve tornare ad Hogwarts, a casa sua. Non puoi tenerlo segregato qui per sempre – un altro sospiro intervallò la riposta di Krum
E sia allora...digli che lo preparerò... -
Harry sarà contento di saperlo – concluse l'altro – lo proteggeremo Viktor. Era solo un bambino, quei delitti non ricadranno su di lui – Viktor Krum si lasciò scappare una risata amara
Le colpe dei padri ricadono sempre sui figli amico mio...sempre... - entrambi tacquero, e Incubus si allontanò silenziosamente, strisciando contro le pareti umide di quella che non sarebbe mai più stata la sua scuola. Hogwarts, nella lontana Scozia. Forse lì avrebbe smesso di essere “Il Rinnegato”, e sarebbe stato semplicemente il qualcuno che aveva deciso di essere.
 
Fine flashback*****************************************************
 
Incubus si lasciò cadere stancamente su una scomoda sedia di legno della biblioteca, prendendosi la testa fra le mani, sorridendo. Era esattamente chi era nato per essere, e avrebbe compiuto il suo destino, esattamente, e ironicamente, come Harry Potter aveva voluto per lui.
Chissà cos'avrebbe detto il caro, premuroso, Preside Krum nel vederlo in quel momento, ad un passo dal realizzare tutto quello che aveva sempre desiderato? Ad un passo dalla vendetta? Dalla giustizia? Dalla lotta?
C'è qualcuno? - una calda ma attutita voce femminile interruppe il gongolante flusso dei suoi pensieri. La lanterna che stringeva fra le dita accecò Incubus per un attimo, rendendo il viso di lei solo una scura ombra sfocata. Batté le palpebre un paio di volte, coprendosi il viso con una mano
Mi stai accecando – commentò
Sarebbe un vero peccato se non potessi guardarti più allo specchio ogni mattina, immagino – ribatté l'altra con una punta di acidità, ma appoggiò la lampada al massiccio tavolo in legno.
Lunghi capelli castano ramati le ricadevano attorno al viso incorniciato da un paio di occhiali da lettura e un cipiglio severo che stonava in modo impressionante con i suoi caldi occhi castani.
Rose Weasley lo fissava con le mani sui fianchi e un'idea fin troppo precisa di quello che ci faceva lì
Credo che fra noi ci sia stato un piccolo malinteso – sorrise stringendosi nelle spalle
Io credo che tu sia nella sezione proibita di notte, cosa che forse i tuoi numerosi fans in tutto il Mondo Magico troveranno incredibilmente figo, ma io non sono tra questi – ribatté lei con gli occhi ridotti a fessure e il tono tagliente di una dannata maestrina. Incubus si alzò elegantemente e lentamente dalla sedia, con i palmi delle mani sollevati
Ti prego, non intendevo mancarti di rispetto...- le si avvicinò, con la precisa intenzione di esercitare su di lei, quella comune strega sufficientemente intelligente da fare carriera, ma così poco “selvaggia” per interessarlo anche solo minimamente, il suo fascino.
Ma il suo sguardo rimase duro, la mandibola fieramente serrata, il mento sollevato, a sfidarlo apertamente
La gente come te non sa nemmeno cosa sia il rispetto – lo freddò – ve ne andate tronfi per la Scuola con la convinzione di essere gli Eletti, i Prescelti, i Grandi Profeti del Mondo Magico, a guardare dall'alto in basso chiunque non risponda ai vostri trogloditi canoni di selezione. Vi credete così speciali e privilegiati perché il vostro sangue è puro, che non perdete nemmeno tempo a chiedervi cosa le persone veramente pensino di voi... - non c'era traccia d'invidia o ironia nella sua voce. Solo una condanna senza appello.
Incubus sorrise in quel modo che sembrava inquietare le persone
E' curioso che tu dica questo, visto che mi hai appena giudicato senza minimamente conoscermi, sulla base della stessa, identica, convinzione fallace che il mio sangue puro ti dia il diritto di odiarmi e condannarmi senza appello – le si avvicinò, fino a sfiorarla, poi sorrise, senza più alcuna traccia di falsa cortesia, o rispetto. La fissò negli occhi minacciosamente, lo sguardo scintillante di violenta determinazione.
Rose Weasley impietrì, ma non si mosse, colma di quella stupida ferrea determinazione che caratterizzava tutta la sua famiglia, indistintamente, da generazioni.
Chiamalo intuito – concluse lei stringendogli addosso uno sguardo di puro disprezzo.
Poi afferrò la lampada che emanava una luce tremolante sul ripiano di legno, e gli voltò le spalle, camminando a grandi passi verso l'uscita.
Cosa Rose Weasley ci facesse in piena notte nella Sezione Proibita della biblioteca di Hogwarts, non gli sarebbe mai stato dato saperlo.
 
***
 
Fiorenzo si muoveva ancora con la grazia e l'eleganza tipiche della sua specie, malgrado avesse un numero piuttosto nutrito di anni alle spalle. La sua chioma fluente gli si agitava attorno al viso vagamente cavallino, dalle folte sopracciglia e gli occhi infossati. Era affascinante, Lily non poteva negarlo, una buona metà delle sue compagne di scuola gli sbavava dietro senza posa, ma per lei era più una sorta di pittoresco zio della domenica, di quelli che si conoscono, e dai quali si percepisce affetto e senso di protezione, ma che non sono mai stati davvero parte della nostra vita. Fiorenzo sarebbe stato lì, pronto a proteggerla, ma non le avrebbe mai sorriso, o accarezzato la testa, o dato un buffetto, né l'avrebbe mai sfidata ad infilarsi un muffin di nonna Molly tutto in bocca in una sola volta, com'era solito fare suo zio Ron, sfida che, puntualmente, lui vinceva senza sforzo, un enorme sorriso costellato di briciole e le guance sul punto di scoppiargli.
Ma quella mattina non era l'attraente centauro ad attirare lo sguardo di tutti, ma la pittoresca e selvaggia ragazza dai capelli castani che se ne stava in disparte nell'aula di Divinazione, al piano terra, dove era stata spostata definitivamente da quando Fiorenzo ne aveva preso la cattedra, una marea di anni prima.
Wahya si era presentata con un sorriso gentile e i caldi occhi castani che abbracciavano con curiosità crescente il quinto anno delle case di Hogwarts, e aveva studiato i loro volti con attenzione, in silenzio, soffermandosi con pacata gentilezza su di lei. Lily aveva deglutito, distogliendo lo sguardo, in imbarazzo. Per un attimo, aveva avuto come l'impressione che lei potesse davvero leggere i suoi pensieri, e la sola idea contribuì a terrorizzarla.
Sembra che voglia mangiarti – borbottò Hugo quando la ragazza fu ormai passata oltre il loro gruppetto per sistemarsi su uno sgabello al fondo della classe.
Già, o uccidermi... - sussurrò lei di rimando, spostando lo sguardo sulla pittoresca collana dell'indigena, uno spesso cordone di cuoio intrecciato dal quale pendeva quella che sembrava una zanna di lupo vera e propria
Inquietante, è inquietante – sogghignò il cugino, mentre Fiorenzo cominciava a illustrare loro le incredibili proprietà del peyote nella lettura del futuro
Ovviamente nessuno di voi ne farà minimamente uso nel mio corso – chiarì il centauro agitando la coda da una parte all'altra dell'imponente corpo di cavallo. Lily aveva sempre pensato che quello sarebbe stato il suo odore, un vago sentore di stalla e di paglia, di fienile, mischiato alla traccia della sua pelle animale, tipicamente cavallina, quasi a monito. Ma Fiorenzo profumava di foresta, di vegetazione rigogliosa e di terra bagnata, qualche volta, nonché di qualcosa di ancestrale, spaventoso e affascinante insieme, antico come la notte e il tronco degli alberi più vecchi della Foresta Proibita. Un sorriso stupido e falsamente scandalizzato provenne dalla “curva dei Serpeverde”, da parte di una ragazza tutta lentiggini che Lily non conosceva. Fiorenzo proseguì – ma è importante che siate consapevoli di quanto le erbe naturali possano essere efficaci e utili ad un mago con le capacità divinatorie necessarie... - s'interruppe, per lanciare un'occhiata alla classe – e nel corso di questo semestre ne studieremo gli innumerevoli usi ed impieghi per... - ma Lily non riuscì più ad ascoltare, lo sguardo perso oltre la finestra, il nebbioso e gelido cielo plumbeo che le ammiccava dal vetro.
 
Flashback********************************************
 
Scott Warrington è stato rapito Lily – Teddy la fissava con gli occhi grandi colmi di panico e dispiacere – so cosa quel ragazzo significa per Louis, e la luna piena è alle porte, quindi – s'interruppe – non è consigliabile che torni a scuola – giocherellò nervosamente con l'orlo del mantello di lana pesante che portava quella sera, le dita macchiate d'inchiostro e gli occhi pesti di sonno. Era nuovamente in una delle sue fasi nevrotico-creative
Non puoi impedire a Lou di tornare a scuola. Ha bisogno di tornare a scuola Teddy. Restare con le mani in mano alla Tana non lo aiuterà affatto. Lui deve -
Deve evitare di aggredire qualcuno mentre è a lezione, o di farsi spuntare gli artigli nella Sala Grande per afferrare un cosciotto di pollo – la interruppe Teddy con espressione risoluta – e questo è difficile se qualcuno a cui tiene è prigioniero dei Traghettatori e la sua natura di lupo compromette le sue -
Le mie cosa? Facoltà mentali? - Louis si affacciò dalla porta della stanza socchiusa di Lily a braccia incrociate, il viso sconvolto dalla stanchezza e da mille altre emozioni ancor più dolorose. Teddy sospirò
Sai che non intendevo questo -
No Theodore – lo rimbeccò Roxanne affacciandosi dalla spalla del cugino – immagino che intendessi dire che chiudere in gabbia Lou nelle notti di luna piena non sia la soluzione migliore – i suoi capelli neri intrecciati crepitarono di energia. Sii appoggiò allo stipite della porta, scrutandoli con attenzione – tuttavia spero che ci capirai se troviamo la tua idea di confinarlo comunque alla Tana per il resto del semestre leggermente retrò – il sorriso che gli rivolse era la una sfida più che un gesto di cortesia.
Sentite, so che cosa pensate, so che siete convinti che Lou possa controllarsi – Teddy mise le mani avanti – ma... -
Ma pensi che perderò il controllo con il primo che mi passerà davanti nella fila per il bagno,e gli staccherò le braccia a morsi – concluse Louis con un gesto distratto delle mani.
Alle sue spalle comparve il testone leonino di Hugo
Non puoi impedirgli di tornare a Hogwarts solo perché è un lupo mannaro. È discriminazione! - sembrava davvero sconvolto dalla cosa
Non per sempre! Solo fino a che il ragazzo... -
Scott – sibilò Louis a denti stretti - “il ragazzo”, si chiama Scott. Scott è il suo nome, e non è Optimus Bolverk, o chi per lui, di cui conosciamo a malapena il nome. È Scott – concluse, come se quelle parole bastassero a spiegare ogni cosa. Respirava profondamente ad ogni frase, ma sembrava padrone di sé. Fino a quel momento.
Teddy si passò una mano fra i capelli rossicci
Louis, cerca di essere ragionevole... - ma come poteva chiedergli di essere ragionevole quando il ragazzo che amava poteva essere morto?
Lily si trovò a chiedersi quando mai Teddy avesse amato davvero qualcosa al punto da difenderlo con tutto se stesso. Non voleva amare qualcuno che non sapeva gettarsi a capofitto nelle cose, che non si lasciava mai andare, che non rischiava. Amava il suo Teddy pacato e ragionevole, non il Teddy ingessato e razionale che non riusciva a capire nemmeno quanto Louis avesse bisogno di sentirsi utile.
Lo sono – ribatté il cugino con un'espressione mortalmente seria in viso
E, ragionevolmente abbiamo deciso che Lou verrà con noi, e faremo tutto il possibile per trovare Scott e gli altri maghi rapiti – Teddy scoppiò in una risata amara
Siete solo ragazzi – li freddò senza veramente avere intenzione di ferirli, non ottenendo però il risultato sperato. Ci mancò poco che Roxanne non ringhiasse, e Louis divenne una maschera di cera. Hugo, dal canto suo, mantenne un'espressione leggermente confusa per tutto il tempo. Teddy si alzò, sospirando pesantemente – il Ministero della Magia è stato sguinzagliato, gli Auror stanno facendo più turni di quanti possano reggerne, e l'intero Mondo Magico è in fermento. E voi credete che, da Hogwarts, possiate trovare i responsabili di queste sparizioni, fra una lezione di Incantesimi e il pranzo? - era incredulo, e anche addolorato. Ciò non toglie che fosse anche immensamente petulante e detestabile
Non penso che nessuno di noi abbia detto questo – Lily sembrò apparentemente calma, ma in realtà fremeva di rabbia
Stiamo solo cercando di non darci per vinti – concluse Rox per lei – ed evitare di annegare nell'autocommiserazione, tenendoci occupati – Teddy sorrise debolmente
E' la vostra ultima risposta? - Lou, Hugo, Roxanne e Lily annuirono all'unisono, con decisione. L'uomo scosse la testa – immagino di dovermi dichiarare sconfitto – mormorò pacatamente – ma i vostri genitori non ne saranno contenti – Hugo sbottò in una risatina
Oh certo, zio Harry sì che ne starebbe rintanato qui, invece che tornare ad Hogwarts a spaccare qualche... - Teddy lo fulminò con lo sguardo
Harry ha rischiato la vita inutilmente innumerevoli volte Hugo! E il fatto che sia stato un dannato sconsiderato quando era un ragazzo, non significa che... -
Dobbiamo essere come lui? - Lily sollevò un sopracciglio, eloquentemente – spiacente, il treno è già passato – si alzò, stiracchiandosi pigramente con un sorriso crudelmente soddisfatto, per nulla adatto al suo viso – io credo spetti a Louis decidere cosa vuole fare della sua vita – s'interruppe – o forse hai intenzione di decidere tu per lui? - gli occhi di Teddy si dilatarono un istante, e quello dopo si spogliarono di ogni luce. Abbassò lo sguardo, addolorato e sconfitto.
Una fitta di senso di colpa la colpì allo stomaco, ma Lily non cedette; era tempo di diventare adulti e smettere di nascondersi dietro i sentimenti per non dover decidere da soli. Se Louis voleva tornare a Hogwarts, allora sarebbe tornato a Hogwarts, che Teddy lo ritenesse ragionevole o meno.
Louis sospirò, gli occhi verde chiaro che tendevano al giallo, socchiusi e risoluti. Sembrò riflettere un'infinità di tempo prima di decidere
So che Teddy ha ragione – ammise alla fine – ma non posso restare qui – sospirò pesantemente, accartocciandosi quasi su se stesso – non ce la faccio... - Teddy si morse il labbro, impassibile, ma chiuse gli occhi a lungo. Alla fine sollevò i palmi delle mani, in segno di resa
Se questa è la tua decisione – inspirò, rabbuiandosi – immagino che avrete qualcosa da festeggiare – ribatté seccamente camminando verso la porta – vedremo se lo farete anche quando qualcuno dei vostri amici resterà ucciso – e se ne andò, accompagnato solo dal frusciare del pesante mantello di lana da viaggio marrone scuro.
Si scambiarono uno sguardo nervoso, lei, Roxanne e Hugo, prima che Louis sorridesse verso di loro, in quel suo modo straordinariamente solare che faceva impallidire qualunque testimonial della pubblicità del dentifricio.
 
Fine flashback*****************************************************
 
E così era andata. Teddy non le aveva rivolto la parola per tutto il resto delle vacanze. E con questo, facevano due, se contava anche l'ombroso broncio di Albus.
Suo padre, sua madre, James e tutta la famiglia, li avevano salutati con una strana agitazione negli occhi, e a Lily non era potuto sfuggire lo sguardo di profondo turbamento che si erano scambiati Ron, Harry ed Hermione sul binario 9 e ¾. Se nemmeno il Trio delle Meraviglie riusciva ad affrontare quella situazione con moderato ottimismo, c'era davvero qualcosa che nessuno di loro sapeva . Qualcosa di terribile che avrebbe cancellato i sorrisi dai loro occhi, e perfino le odiose espressioni di vittoria che avevano messo su quel pomeriggio, come se l'ottenere il diritto di mettere in pericolo l'intera scuola solo per sfidare l'autorità di Teddy fosse un motivo più che valido per gioire.
Lily si era sentita malissimo, ma l'orgoglio aveva vinto sulla ragione, e Teddy non aveva avuto le sue scuse, o il suo chiarimento, o qualsiasi altra cosa si aspettasse da lei.
L'Espresso aveva fischiato sferragliando, e Teddy era sparito dalla sua vista con un pop, così come tutti gli altri.
Addio donna matura, benvenuta adolescente idiota.
 
***
 
Storia della Magia gli faceva schifo almeno quanto vedere il muro di pietra attraverso il corpo semitrasparente del Professor Ruf. Ma doveva essere il migliore, e il migliore non può evitare almeno un Eccezionale ai MAGO in Storia della Magia. E poi era il figlio di Draco Malfoy, e la progenie di un traditore non può ignorare la Storia, specialmente se questa riguarda eventi che hanno coinvolto personalmente la tua famiglia. Per tutta quella questione dell'imparare dagli errori del passato e bla bla bla.
Per cui – borbottava il fantasma con la sua voce piatta e monotona – il regno del terrore di Lord Voldemort raggiunse la sua massima espansione nel 1980-81, poco prima della sua caduta, a seguito degli eventi che tutti noi conosciamo, e che hanno coinvolto Harry Potter... - Scorpius lasciò cadere la testa sul tavolo, senza curarsi del tonfo sordo che ne conseguì; se avesse sentito ancora una volta parlare di come il Magnifico Harry Potter, il Prescelto, aveva distrutto il regno del terrore del più grande mago di tutti i tempi semplicemente esistendo, avrebbe vomitato. O si sarebbe addormentato, il che gli sembrò un'opzione piuttosto invitante. Ma il suo cervello non si decideva a fermarsi, ponderando senza sosta, riflettendo, rimettendo insieme i pezzi, nomi, volti, parole.
Louis Weasley sonnecchiava, appoggiato alla parete opposta alla sua, mentre la noiosa Weasley prendeva vagonate di appunti senza sosta, circondata dall'apatia più totale. Solo Incubus, serio e composto due file dietro di lei, sembrava stare al passo con quell'assurda valanga d'informazioni che tutti conoscevano a memoria. Dedicò un mezzo sorriso alla Secchiona, prima di intingere la piuma nell'inchiostro.
Quello che si dice un atteggiamento assurdo...
 
Flashback*****************************************************
 
Posso dire la mia? - si appoggiò distrattamente con la schiena al vagone impolverato, mentre Louis Weasley era intento a trascinarsi dietro una pesante borsa di libri.
Ovviamente no – lo rimbeccò lui degnandolo a malapena di uno sguardo. Si sistemò la borsa sulla schiena, e s'incamminò nella bolgia della stazione di Hogsmeade. Lo seguì, con espressione leggera. Non batté ciglio nemmeno quando un Thestral dall'aria nervosa agitò le ali da pipistrello scuotendo la testa squamosa
Farò finta che siano i tuoi ormoni a parlare per te – lo canzonò lui con un sorriso furbo – e ignorerò le tue nulle doti di conversatore – sogghignò allo sguardo di commiserazione che gli lanciò l'altro - per dire che è una gigantesca cazzata. Chiunque abbia rapito il tuo fidanzatino e i miei genitori ha in mente un piano ben preciso, e startene qui a schiumare di rabbia con la luna piena in ballo non mi sembra questa grandiosa idea – l'altro lo fulminò con lo sguardo
Cos'è? Ti sei unito anche tu al Team Teddy il Ragionevole? - Scorpius gli avrebbe riso in faccia, ma si trattenne, limitandosi a sogghignare – o ti piace solo rompere le palle per divertimento? -
Io? Mi preoccupo per te... - lo canzonò con finta espressione angelica – non tipo tua madre quando te ne vai in giro sculettando al gay pride, ma più come uno che ci tiene al suo collo. E quando un Weasley incazzato se ne va in giro per la scuola, solitamente è del mio, di culo, di cui mi devo preoccupare – Weasley Mezzo Veela sollevò un sopracciglio, perversamente divertito
Hai paura che venga a cercarti per mangiarti Malfoy? - Scorpius fece schioccare la lingua
Non esattamente. Ma tendo ad essere un po' protettivo verso me stesso quando... - abbassò la voce – un licantropo adolescente se ne va in giro per la scuola con la luna piena e un fidanzato rapito – arricciò il naso – sai com'è, assurde preoccupazioni... - Weasley si bloccò di scatto, puntandogli addosso uno sguardo famelico, sbattendolo contro la carrozza con i pugni serrati attorno al colletto della sua divisa
Sentimi bene, idiota – lo minacciò – cos'è che vuoi davvero da me? Perché te lo scordi se pensi che mi metterò a piangere sulla tua spalla solo perché anche tuo padre è stato rapito – il respiro accelerato disegnava nuvole di fiato condensato attorno a loro. Nel giro di qualche secondo, un paio di occhi li scrutarono incuriositi. A Scorpius sembrò quasi di sentire un sommesso “rissa, rissa” provenire da un gruppo di ragazzi del secondo anno che salivano su una carrozza.
Si limitò a schiantare i suoi occhi grigi in quelli dell'altro, ma una calda voce familiare soffocò sul nascere ogni commento acido
Che succede qui? - Wahya si avvicinò, i capelli sciolti che le mulinavano sulle spalle, un cappello di calda lana d'angora calcato sulla testa. Louis lo lasciò andare di malavoglia, quasi ringhiando. Pessimo, pessimo segno.
Sono irresistibile, che vuoi farci – ridacchiò Scorpius sistemandosi il mantello e il nodo allentato della cravatta. L'altro fumava di rabbia, ma non si voltò nemmeno un istante a incrociare gli occhi di nessuno di loro.
Si allontanò a passo spedito, sparendo ben presto nel fumo e nella nebbia della notte scozzese.
Si voltò verso di lei, un sorriso rilassato sulle labbra. Wahya si morse il labbro
Ho saputo di tuo padre – la sua pietà, in quel momento, lo sfibrò. Ma scosse ugualmente la testa, con leggerezza
Se l'è cercata – commentò lasciando andare lo sguardo al piazzale delle carrozze. Lei gli mise una mano sulla spalla
Scorpius – quel modo così fastidiosamente dolce di chiamarlo, quella vena di assurdo dispiacere, la partecipazione, la tristezza, la pietà, niente di tutto questo voleva sentire Scorpius Malfoy in quel momento
Stasera Goyle e gli altri hanno il poker – disse semplicemente, passandosi nervosamente una mano fra i capelli. Poi il suo angolo destro della bocca si sollevò – potrei avere un paio di assi da giocare anch'io – lei sospirò, piantandogli addosso i suoi occhi color cioccolato grezzo, e lasciò correre lo sguardo oltre le sue spalle, nella direzione in cui Louis Weasley si era dileguato poco prima
Il tuo amico – esordì
Non è mio...-
E' speciale -
Se per speciale intendi che corre sventolando una bandiera arcobaleno per le strade, allora sì, è molto speciale – ma Wahya non diede segno di averlo sentito, nemmeno un istante. Sospirò, e tornò a guardarlo
C'è potere in lui...posso sentirlo. Una forza profonda e antica... - le iridi scure scintillarono di soddisfatto divertimento – digli di cercarmi la prossima luna piena – si allontanò, lasciando Scorpius nel mezzo della piazzetta, lo sguardo allibito che la seguiva nei suoi passi
Wahya – la chiamò. La donna si voltò di tre quarti, così che lui potesse vedere solo il delicato profilo della sua guancia e del suo profondo occhio destro
Io posso aiutarlo a domare quello che è... - disse semplicemente, e si allontanò, scomparendo anche lei in quell'intricato gioco di fumo e nebbia che sembrava risucchiare ogni cosa.
 
Fine flashback*********************************************************
 
Zane lo scosse ben poco gentilmente
Amico – lo chiamò – eddai fratello, datti una mossa! Non voglio arrivare a pranzo con quell'ingordo di Goyle con le mani nel mio piatto – Scorpius si riscosse dal torpore, scuotendo la testa
Merda – borbottò mettendosi a sedere.
Si guardò intorno: l'aula era quasi vuota, fatta eccezione per loro due, un paio di studenti ancora assopiti, e Incubus Mortimer che si avvicinava con un sorriso alla Secchiona Potter e, Scorpius avrebbe potuto scommetterci il manico di scopa, non per chiederle di confrontare gli appunti.
Si esibì in uno di quei suoi sguardi penetranti, e le disse qualcosa che non riuscì a capire.
Lei, ovviamente, da brava frigida Mezzosangue Devota Solo Ai Libri, lo guardò appena, irrigidendosi visibilmente sulla sedia, serrando le dita attorno al libro che stava sistemando nella borsa.
Gli rispose qualcosa di gelidamente breve, e si alzò, non prima di essersi voltata e aver fulminato Scorpius con uno sguardo di disapprovazione. Ottimo, perché non fare amicizia?
Incubus, che sembrava selvaggiamente soddisfatto, si diresse verso di lui con calma, le mani infilate nelle tasche della divisa, e quel suo sguardo di folle sicurezza di sé che gli conferiva un'aria soprannaturale.
Zane fischiò
Ti lascio con il tuo fidanzato. Non vorrei mai diventare il terzo polo del vostro triangolo – borbottò innervosito, alzando i tacchi con più rapidità di quanta Scorpius avrebbe voluto.
Scorpius Malfoy. Passate belle vacanze? - esordì. Lui finse di riflettere
Meravigliose, anche se non so ancora se classificare come grandioso il rapimento dei miei genitori, o considerarlo semplicemente fantastico – l'altro lo fissò con irritante sicurezza
E, dimmi, il tuo soggiorno fra loro è stato produttivo? - Scorpius sarebbe rimasto a bocca aperta, se non avesse avuto una volontà ferrea. L'altro si lasciò andare in una breve risata soddisfatta – non temere amico mio...ricorderai questo giorno come uno dei più elettrizzanti della tua vita... - e si allontanò con quel suo incedere da Messia che gli fece venire voglia di lanciargli dietro il libro di Storia della Magia.
Malfoy? - lo ammonì il Professor Ruf con lo stesso tono di voce monotono di sempre – non hai niente da fare? -
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Angolo della delirante autrice: buona domenica! Fa caldo? Da me sì, e darò la colpa ai 30 gradi che ci sono stati qui per tutto il giorno, per giustificare l'assurdità di questo capitolo. Innanzitutto ho voluto inserire il POV di Incubus perchè lo amo, e stava cominciando a diventare seriamente monoespressivo, monocromatico e monodimensionale, con questa sua follia assurda che sprizza da tutti i pori e questa irritante sicurezza di sè condita con un misticismo un po' troppo pomposo. Vedere il mondo con i suoi occhi, anche solo per poco, mi ha aiutata a disegnare di lui qualche sfumatura in più. Spero di non aver cannato completamenteXD
Non vi stupite se vedete sbucare King in ogni angolo del mondo...Harry Potter ha molti amici ovunque^^
Per quanto riguarda Durmstrang, ho inventato di sana pianta il tutto, perchè non mi pare accenni a niente della sua storia del Calice di Fuoco, o al modo in cui vengono Smistati o suddivisi...così ho semplicemente inventato...spero sia abbastanza in linea con la saga e il vostro immaginarioXD
La storia, ovviamente, si dipanerà lentamente nel corso dei prossimi capitoli, e chiarirò alcuni punti...ufficialmente, così come Louis, credo che Incubus sarà un POV fisso per un po'...non ve la prendeteXD
Che dire, a parte questo, ringrazio come sempre il club dello sclero che mi sostiene anche in questo lungo mese di lavoro, e chiedo venia per tutto le castronerie che ho scritto...sappiate che vi amo e vi stimo, lettori, recensori, preferiti, seguiti e tutto il cucuzzaro^^
Alla prossima (se qualche bambino non mi affoga al mareXD)

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Capitolo 25
*** Fulmini ***


Fulmini
 
 
Com'a l'annunzio di dogliosi danni
si turba il viso di colui ch'ascolta,
da qual che parte il periglio l'assanni,
così vid'io l'altr'anima, che volta
stava a udir, turbarsi e farsi trista,
poi ch'ebbe la parola a sé raccolta.
(Divina Commedia, Purgatorio, Canto XIV, vv 67-72)

 
Il signor Prescott è in infermeria – rilevò sbrigativamente la Preside Maxime incrociando distrattamente le mani sulla pesante scrivania di mogano – ma Madama Bell mi ha rassicurata sulle sue condizioni. Il suo naso tornerà alle dimensioni normali nel giro di qualche ora – i grandi e profondi occhi neri si soffermarono qualche istante di troppo nei suoi, e Louis li abbassò d'istinto; non voleva che lei vedesse quanta soddisfazione provasse per quella fattura. Quell'idiota di Eugene Prescott lo aveva fermato in mezzo al corridoio del secondo piano per sbraitare come un babbano al mercato del pesce, se aveva chiesto il sostegno delle “Frocette Anonime” dopo che Scott era stato rapito. Beh, Eugene Prescott era finito dritto da Katie Bell con il setto nasale grande come una zucca, che gli aveva accavallato due vertebre cervicali e compromesso irrimediabilmente il concetto di “naso importante” scritto sul vocabolario.
Ma Stan Picchetto era arrivato correndo, avvertito da qualche spione di passaggio, e lo aveva spedito dritto da Madame Maxime.
In quel momento la gigantessa lo fissava con una luce quasi preoccupata nelle iridi scure.
Non tentò di giustificarsi, né si offrì di rimediare. Rimase semplicemente in silenzio, come avrebbe fatto Albus, in attesa della sua punizione, chiuso nella più cupa ostinazione.
La donna fece schioccare la lingua, in attesa, ma non parlò.
Per Bacco ragazzo! - sbottò un uomo dallo sguardo arcigno in uno dei ritratti appesi alla parete – e di' qualcosa! - Severus Piton, immobile nella cornice dello stesso colore dei suoi capelli unti pettinati a tendina, gli lanciò un'occhiata esasperata. Non sembrava regnare un'atmosfera festosa fra i vecchi Presidi di Hogwarts. Beh, tanto per dirne una, lui si sarebbe sentito a suo agio ad una festa, in quel momento, come ad una riunione della Lega per la Salvaguardia delle Antiche Famiglie.
Louis – lo chiamò per nome la Preside, dando al suo nome una perfetta cadenza francese che gli fece rimordere lo stomaco di nostalgia di casa. Sua madre e suo padre vagavano alla ricerca di tesori per la Gringott, e le sue due sorelle maggiori sfilavano sulle passerelle più importanti del mondo, e quando si erano rivisti, a Natale, lui era stato troppo occupato con i suoi drammi sentimentali per prestare loro la debita attenzione. Capita, quando metà di una famiglia vive in viaggio e l'altra metà è un idiota mezzo licantropo con la sindrome pre-lunare – essere arrabbiati è normale, ma non puoi affatturare chiunque incontri - “Invece posso” sarebbe stata una risposta vera quanto infantile, e lui era consapevole che la Preside Maxime stava solo cercando di essere d'aiuto. Almeno quel dettaglio non si era perso nella marea montante del suo odio inveterato nei confronti dell'intero universo. La donna si alzò lentamente, avvicinandosi a lui – mi sembra chiaro che non parleremo molto nel tempo che ci rimane – osservò apparentemente tranquilla – ma voglio che tu sappia dove puoi rifugiarti quando tutta quella – esitò – frustrazione ti sembrerà...soverchiante – pronunciò quella parola con pesante accento francese, arrotolando la erre prepotentemente. Era, evidentemente, un termine che non usava spesso.
Si riavviò i capelli ampiamente striati di grigio sulla fronte, e sospirò.
Louis si alzò, notando che la donna non sembrava volerlo punire.
Bella gratitudine! - tuonò nuovamente il Preside arcigno del ritratto – quando io insegnavo ad Hogwarts, nessun ragazzino insolente poteva permettersi di uscire dal mio ufficio senza una sonora punizione! -
Quando eri Preside tu – osservò Severus Piton, tagliente – i calderoni di peltro erano una novità – una buona metà di anziani ex Presidi ridacchiò, l'altra metà apparve disinteressata
Disse il Preside dalla carriera più breve della Storia – lo rimbrottò l'altro.
Ma Louis non sentì la risposta del vecchio insegnante di suo padre, né il commento caustico che Madame Maxime rivolse ad entrambi. Si limitò a mettere un piede davanti all'altro nella speranza di non mettersi a tremare e scricchiolare.
 
Flashback***********************************
 
La Stanza delle Necessità era una radura illuminata dai caldi raggi del sole dell'estate, un cristallino e tiepido laghetto rifletteva placido il cielo terso e intensamente azzurro sopra le loro teste, mentre un tappeto di profumata erba tagliata di fresco gli solleticava le dita dei piedi nudi.
Louis arricciò l'alluce e l'indice distrattamente, la lingua intrappolata fra i denti, concentrato, intento a catturare una sfumatura particolarmente difficile della schiuma bianca che si creava ogni volta che Scott si esibiva in una fluida bracciata.
Quel giorno qualcosa lo preoccupava, notò mentre disegnava la curva del gomito in tensione, e i muscoli irrigiditi ella schiena: solitamente, Scott Warrington si muoveva nell'acqua come se parte di lui le appartenesse completamente, in uno stato di così totale abbandono che sembrava provare solo lì. Anche con Louis, anche quando sembrava felice, c'era sempre qualcosa a trattenerlo. Nuotare era per lui come ridere per Louis, elementare come respirare.
Emerse dallo specchio d'acqua con un movimento orchestrato di braccia e pettorali, con disinvoltura, come se non avesse appena nuotato per quaranta vasche. Si lasciò cadere nell'erba, sfinito, fradicio e gocciolante nel riflesso del sole fra gli alberi di limone dal profumo intenso.
Louis lo osservò da dietro gli occhiali da sole e appoggiò distrattamente la pergamena con il disegno incompleto accanto a sé, sdraiandosi a pochi centimetri da lui, con le teste l'una accanto all'altra e le gambe che formavano una linea spezzata. I loro occhi incredibilmente diversi si osservarono al contrario.
La camicia della divisa di Louis, arrotolata ai gomiti e sbottonata per metà, si colorò dello stesso intenso verde del prato, intonato in modo soprannaturale alle sue iridi illuminate di divertimento e attesa
Ecco a voi, signore e signori, il nuovo campione di nuoto di Hogwarts! - canticchiò fingendo di incoronarlo di fronte alla folla, imitando i fischi d'incoraggiamento e gli applausi del pubblico in visibilio.
Il viso di Scott si rabbuiò, e il cielo terso sulle loro teste si coprì di nubi. Era lui il primo arrivato nella Stanza delle Necessità quella notte, lui aveva desiderato un posto dove allenarsi, un luogo tranquillo dove Louis potesse disegnare nella più completa e rilassante atmosfera, dove il mondo esterno non potesse entrare a distruggere tutto. In quel momento, desiderò che piovesse, che l'acqua spazzasse via tutto.
Lo osservò sollevare lo sguardo e mordersi nervosamente il labbro. Non servì toccarlo in nessun modo per incatenare il suo sguardo.
Non servì nemmeno parlare, perché Scott si sollevò a sedere, le gocce d'acqua che gli scivolavano sulla schiena contratta, rincorrendosi velocemente lungo la spina dorsale e i muscoli delle spalle. Si abbracciò le ginocchia, rintanandosi lontano da lui, più lontano che poté.
Una bacchetta di Sambuco si materializzò accanto a lui, pronta per essere utilizzata. Non era quella originale, ovviamente, ma la sola idea che Scott avesse desiderato di possedere la bacchetta più potente del Mondo Magico gli fece accapponare la pelle.
Ma fu solo quando la pioggia cominciò a cadere su di loro, che Scott si voltò verso lui, l'espressione grave e dolente a stravolgergli i lineamenti eleganti. Una goccia gli scivolò lungo il naso diritto, precipitando dai capelli scompigliati sulla fronte al labbro inferiore.
Loro non mi lasceranno gareggiare – Louis sollevò un sopracciglio
Loro chi? - ma una gelida consapevolezza aveva già cominciato a scivolargli fra le scapole. Guardarlo in faccia in quella posizione era scomodo, e lui aveva bisogno di tutto il contatto visivo del mondo per non lasciarlo andare alla deriva da solo. Lo aveva trascinato nella tempesta senza salvagente, come minimo doveva essere lì per lui se fosse andato a fondo. Si mise a sedere a gambe incrociate la bacchetta abbandonata poco distante
I miei compagni di Casa, i miei amici, la mia – esitò un istante prima di pronunciare l'ultima parola – famiglia – Louis serrò la mandibola
La mia famiglia non mi discrimina per quello che sono...per tutte le cose che sono – Scott lo raggelò con un'occhiata
Certo, perché loro sono i Signori della Tolleranza e l'Emancipazione – borbottò – me l'hai già cantata questa canzone Weasley – Lou s'irrigidì, serrando la presa sulle snelle caviglie abbronzate – ma forse ti sfugge che qui non stiamo parlando di te e della tua meravigliosa famiglia anticonformista, stiamo parlando di me che non rappresenterò la mia Casa al Campionato di Nuoto Estivo perché... - non terminò la frase, ma non servì a nessuno dei due sentire fisicamente quelle parole; aleggiarono fra di loro come energia elettrostatica
Quindi, ovviamente – ribatté lui alla fine, stordito da tutte quelle parole; Scott non era uno che si perdesse in troppi discorsi, e decisamente quella di poco prima era stata una delle frasi più articolate che gli avesse mai sentito pronunciare – si tratta di me. - sollevò eloquentemente le sopracciglia – beh, se si aspettano che mi faccia da parte per non offuscare la tua immagine di macho sexy della scuola in costume da bagno divoratore di donne in calore, possono pulircisi il culo con il loro trofeo del nuoto, Warrington, e anche tu, perché non mi nasconderò nella penombra del tuo successo facendo finta di non esistere – i suoi occhi ardevano di determinazione, ma Scott rise amaramente
Non è il tuo essere un ragazzo Louis... - sembrò a disagio, per la prima volta quella sera, non voleva pronunciare le parole che uscirono dalla sua bocca – è il tuo...sangue – concluse alla fine, stremato da quell'ultima sfida.
Louis spalancò gli occhi, allibito
Non ho capito – sussurrò – non gliene frega niente se ti sbatti un ragazzo, ma diventi un paria se te la fai con un Mezzosangue Veela? È questo? È la mia famiglia che non ha passato il test di ammissione per entrare nelle mutande di un Serpeverde? - espirò rumorosamente – cazzo... - Scott arrossì violentemente, non nel modo involontariamente tenero che lui sapeva riconoscere ad occhi chiusi, ma in quel modo determinato e rabbioso che gli faceva brillare gli occhi di rifiuto e gretta chiusura
Non sfottere ok? Sono con me da sette anni, mi conoscono meglio di chiunque altro al mondo...erano con me quando mio padre è stato arrestato, erano con me al processo, e anche quando lo hanno scagionato, hanno festeggiato con me – il suo sguardo si fece duro – dove credi che saranno la prossima volta? Come credi che reagirà lui? - si passò una mano fra i capelli umidi, che lentamente gli si stavano asciugando in distratte onde castane – merda, questa situazione fa schifo -
Louis si alzò, ignorando gli occhiali che precipitavano fra l'erba e la pergamena che si accartocciava sotto i suoi piedi nudi. Sentì il corpo vibrare di rabbia, la bestia che si risvegliava nell'angolo più remoto del suo corpo, dove dormiva, acciambellata sul fondo del suo inconscio, sempre pronta a balzare fuori. Sentì i muscoli contrarsi per la tensione, carichi di adrenalina e dei riflesso dell'attacco, della caccia, troppo conscio dell'odore di carne e del pulsare del sangue nella carotide di lui. Se a governare la Stanza delle Necessità, quella notte, fosse stato Lou, si sarebbe certo tramutata nella Foresta Proibita, dove il lupo che era in lui avrebbe potuto inseguire e braccare Scott fino ad avventarsi sulla sua gola pulsante, sulla sua carne calda e umida, divorandolo. Rabbrividì a quel pensiero, si sentì sporco e crudele, così terribilmente animale da provare ribrezzo verso se stesso.
Quella consapevolezza, quel dolore, placarono la fame e la bestia.
D'un tratto si rese conto si non volerlo lì, di non potersi permettere di averlo accanto in quelle condizioni.
Forse non era la parte giusta di lui che quei dannati Serpeverde odiavano ciecamente, ma certo qualcosa da odiare c'era. Era un animale, il suo istinto poteva prevalere sulla ragione in ogni momento, ad ogni litigio, avere la meglio sulla razionalità in ogni istante. E in ognuno di quei momenti, Scott sarebbe stato in pericolo.
L'immagine delle sue fauci serrate attorno alla gola di lui, affondate nel suo petto, con il cuore pulsante e sanguinante fra gli artigli, fu così vivida che dovette reprimere un conato. S'inginocchiò a terra, attingendo a piene mani dalla limpida acqua del laghetto.
Una folata di vento gelido gli scompigliò i capelli biondi sulla nuca e il colletto della camicia aperta. Ebbe freddo, d'un tratto, come se il sole si fosse spento, e non fosse semplicemente coperto da nubi passeggere. Non era più estate nella radura della Stanza delle Necessità, e il mondo esterno era penetrato dagli anfratti delle incertezze, distruggendo l'illusione. Non c'era nessuna radura, nessun sole d'estate, nessun cielo terso sopra le loro teste. E non c'erano loro, insieme, nemmeno in sogno.
Louis – la voce di Scott, così carica di bisogni, d'incertezze e di paure, bastò a incrinare la sua volontà
Si voltò verso di lui con espressione dura, deciso ad essere così definitivo da lasciare un segno indelebile nella sua memoria. Doveva, anche se la sola idea era capace di strappargli via ogni stilla di determinazione
Certo, fa schifo...la situazione fa schifo, il mio sangue impuro fa schifo – la sua voce era gelida e tagliente, la postura rigida e falsamente indifferente – sai cos'altro fa schifo? – sorrise crudelmente – Tu. Tu, e i tuoi amici, tutti voi tronfi Serpeverde con il sangue puro... - incrociò le braccia al petto – siete patetici – sputò fuori dai denti, schiantando uno sguardo di sfida negli occhi di lui, pozzi azzurri d'incredulità e dolore – cosa sei venuto a dirmi Scott? Che è finita, che dobbiamo lasciarci, nasconderci, cosa? Che non vado bene ai tuoi amici e quindi nemmeno a te? - annuì testardamente con una smorfia di disprezzo – beh, puoi dire a quei fottuti Purosangue dei tuoi amici che potete andarvene affanculo, tutti voi, insieme alle vostre mammine e i vostri paparini aristocratici del cazzo – infilò distrattamente le scarpe nere e lucide abbandonate lì accanto, assieme alla giacca della divisa e al golf grigio, e se ne andò, gli occhi di Scott piantati addosso
Vuoi davvero sapere perché sono venuto qui? - lo bloccò la voce di lui, pregna di rabbia consapevole – Perché tutto questo? - abbracciò con un cenno la radura, il cielo plumbeo cosparso di compatte nuvole nere, fulmini che squarciavano il cielo come ferite luminescenti – Avevo bisogno di ricordare perché ho cominciato a nuotare, perché correvo al laghetto vicino a casa ogni volta che ero arrabbiato, o triste, o pensieroso...- le sue iridi azzurro chiaro, quasi bianche in contrasto con il fin troppo intenso turchese del lago, si fecero combattive e arrendevoli, come se la sua lotta più faticosa fosse quella per arrendersi – e ti volevo qui, perché mi fai sentire nello stesso modo, come se potessi venire da te e non sentirmi più così, come se non fossi bravo abbastanza, o veloce abbastanza, o abbastanza degno del nome che porto – respirava affannosamente, gli occhi grandi circondati dalle ciglia appiccicate di pioggia, i capelli di nuovo fradici che si gli si incollavano addosso disordinatamente, rendendo la sua bellezza elegante quasi umana, imperfetta, intaccata, e per questo ancora più disarmante. Il ragazzo sospirò – e ora eccomi qui, a dire cazzate sotto la pioggia, sperando che tu non mi faccia pentire di averli mandati tutti a farsi fottere per nuotare in un lago immaginario, sotto un sole immaginario, pregando a denti stretti che sia reale – era vulnerabile, e fragile, per la prima volta, stava cercando di aprire quella porta, quella chiusa a doppia mandata con un cartello con su scritto “anima”.
E Louis era lì per sfondare quella porta e darla alle fiamme senza voltarsi indietro.
Strinse i pugni lungo i fianchi, serrandoli fino a farsi penetrare le unghie corte nella pelle. Sentì il fardello di quella responsabilità calcato sulle spalle, pesante come un macigno, e desiderò poterlo posare, per una volta, lasciare che altri se ne facessero carico. Per un chiaro ma infinitesimale istante desiderò essere normale. Ordinario, a tratti patetico e noioso, ma normale. E non normale nel senso di eterossessuale, ma nel senso di umano. Desiderò di non avere una bestia famelica e rabbiosa dentro di sé.
Per la prima volta nella sua vita, Louis capì perché la licantropia veniva tristemente associata alla solitudine, alla malinconia, e alla sofferenza. Capì il perché del branco, il perché della chiusura e dell'auto esclusione, il perché della rabbia. Capì tutto questo nel momento in cui il ragazzo che amava stava finalmente lasciando aperto uno spiraglio di sé.
Si voltò, il viso contratto in una maschera di rabbia e indifferenza, ma anche di dolore, una sofferenza che non avrebbe potuto celare, che non voleva celare. Spingerlo via non significava ucciderlo, o uccidere il suo desiderio di aprirsi agli altri. Doveva solo scoraggiarlo dall'aprirsi con lui, dal desiderare lui, dall'amare lui.
Forse lo è stata – disse semplicemente, guardandolo sgretolarsi – forse io e te siamo finti come questo cazzo di soffitto – lo freddò, senza che l'altro potesse aprire bocca per replicare.
Affondò la lama in quello spiraglio, così a fondo da sentire lo schiocco secco del legno che cedeva, crollava su se stesso in tante piccole schegge di dolore lancinante e colpa. Sentì il cuore di Scott fermarsi per un istante, inebetito, e precipitare nel vuoto dal quale gli aveva promesso di tirarlo fuori.
Per un istante così lungo da far male, non credette di potercela fare.
L'istante dopo si voltò, e la Stanza della Necessità si aprì verso l'esterno, verso la realtà, verso il domani cupo e solitario come quel cielo di merda che tuonava dolore.
E poi anche quella porta si richiuse, cigolando sui cardini, lasciandosi dietro solo il silenzio innaturale del colpo mortale che va a segno.
 
Fine flashback************************************************
 
Scorpius Malfoy era nudo quando lei arrivò. Era sempre pateticamente poco vestito quando Frances Ilbys faceva il suo ingresso trionfale nel suo Dormitorio, ma questa volta era nudo, sdraiato a terra a gambe e braccia incrociate, fissando il soffitto inespressivo. Un quarantacinque giri dei Doors grattava ormai finito sul piatto del giradischi, e il vago sentore dello spinello che aveva appena spento sul freddo pavimento di pietra aleggiava fra loro come acqua di colonia versata per sbaglio. L'ultima lettera di suo padre, con il suo solito, lapidario, commento su quanto degradata e squallida fosse Hogwarts, e quanto idiota fosse lui a volerci tornare ogni anno, giaceva aperta e semi bruciacchiata sulla scrivania ingombra di pergamene, piume, boccette d'inchiostro a metà e indumenti della divisa da Quidditch, spaiati e laceri. Se possibile, uscire sul campo, quel giorno, aveva contribuito a fottergli ancora di più il cervello, laddove cercava disperatamente di rischiararsi le idee.
Merda. Quella cazzo di ragazzina. 'Fanculo!
Scorpius Hyperion Malfoy, per Salazar, vuoi smettere anche di lavarti, e cominciare a farti crescere la barba e i capelli? - commentò Fran arricciando il naso alla francese – perché, se stai attraversando la fase “sporco è sexy”, ti avverto che ho sempre pensato che la virilità maschile sia sopravvalutata – Scorpius roteò gli occhi per incontrare i quelli di lei, guardando i suoi riccioli biondi accuratamente acconciati, al contrario. La snella figura di lei lo sovrastava, il braccio destro piegato in un'angolazione impossibile per reggere la borsetta rigorosamente firmata in cui riponeva i libri. Quel giorno, quell'oggetto infernale che aveva contribuito a sviluppare in lei bicipiti inquietanti, era perfino intonato con il cerchietto e gli stivali da pioggia di vernice rossa col bordo di pelliccia che la facevano somigliare ad un'attrice porno travestita da Babbo Natale. Ma lui era nudo, quindi, ehi, chi diavolo era per fare da consulente di moda?
Scorpius si mise a sedere, a gambe incrociate, non curandosi nemmeno di coprirsi. Frannie aveva un'idea abbondantemente particolareggiata di molti dei suoi “angoli oscuri”, e fingere una pudicizia che non gli apparteneva non rientrava nei suoi piani quel giorno. Quel giorno, molte cose non era rientrate nei suoi piani, a dire la verità. Lei, per contro, si limitò a sedersi con una smorfia sul copriletto macchiato di chissà-che-cosa di Goyle, e accavallò le gambe. Brava ragazza.
Chiamala Beat Generation – ribatté scrollando le spalle.
Beat cosa? - le sopracciglia sollevate di Fran chiarirono ampiamente che la letteratura babbana di qualità non rientrava nei suoi argomenti di conversazione preferiti. E gli ricordò una volta ancora il perché la preferisse svestita e zitta.
Lascia perdere – la liquidò con un gesto distratto della mano, la bocca impastata e gli occhi arrossati – che sei venuta a fare? Piacere o dovere? - non diede a nessuna delle due parole l'inflessione che avrebbe voluto, ma era troppo stanco, strafatto e incasinato per potersi permettere di fare lo splendido quella sera. Frannie incrociò le braccia al petto
Primo, fatti una doccia Malfoy, secondo, non è con me che dovresti divertirti, ma con la rossa sciatta di Grifondoro – borbottò con una punta di disapprovazione che non gli sfuggì, provocandogli, nonostante tutto, una patetica strana forma di soddisfazione. Non faceva schifo come il tifo, alla fine.
Sollevò eloquentemente un sopracciglio
Uh, gelosa? - Fran si esaminò distrattamente lo smalto carminio sulle unghie, e fece schioccare la lingua, segnale, per Scorpius, che stava per mentire spudoratamente
E se anche fosse? - lunghe ciglia abilmente truccate ombreggiarono gli occhi gialli di lei in uno sguardo civettuolo e falsamente fragile – prima quella Potter dai dubbi gusti estetici, e poi quella Mezzosangue indiana che sembra appena uscita da un catalogo per appassionati di trekking – sospirò – mi capirai se mi sento trascurata – Scorpius scoppiò in una risata scrosciante, sguaiata, divertimento, disperazione, rabbia e marijuana insieme
Frannie, tesoro, sei credibile come un folletto della Gringott che regala galeoni – la canzonò, prima di farsi serio, quasi scuro, in volto – cosa vuole Incubus? Una dichiarazione scritta d'intenti? Vuole che appenda il lenzuolo fuori dalla finestra per festeggiare il mio trionfo? - Frances dondolò la gamba accavallata, a disagio, irritata, e dubbiosa, se poteva avere dei dubbi qualcuno senza un pensiero proprio nella testa.
I tempi sono maturi Scorps – recitò pedissequamente mordicchiandosi il labbro inferiore colorato di lucidalabbra alla pesca – è il momento – lo disse in tono grave, celebrativo, a lei estraneo come la falsa cortesia lo era per lui – so che i tuoi sono prigionieri, e l'ultima cosa che vorresti è fingere di flirtare con quella feccia – spalancò gli occhi, schifata – Salazar, portartela a letto non dev'essere il primo dei tuo pensieri, e credimi se ti dico che hai tutta la nostra solidarietà per questo – storse il naso, teatrale – ma il ciclo di luna è quasi completo, e abbiamo quasi tutto quello che ci serve per completare il rituale di Evocazione – si riavviò i boccoli biondi dietro le spalle, in un gesto volutamente affettato – è ora – dichiarò gravemente, piccola, stupida ragazzina invasata, con uno sguardo falsamente partecipe, e sulla bocca parole che Scorpius non voleva sentire.
 
Flashback*********************************************************
 
Il cielo sembrava un solido cumulo di cotone macchiato di grigio, compatto, indistruttibile e minaccioso, che a tratti assumeva quella tonalità violetta propria dei peggiori temporali, costellati di fulmini, squarciati dai lampi e sconquassati dai tuoni.
Eppure lui aveva riesumato la sua Firebolt Special appena lucidata e si era lanciato a folle velocità in volo, svettando in verticale come una molla impazzita dallo strato ormai alto mezzo metro di neve candida. Gli allenamenti erano stati sospesi per una settimana a causa del maltempo, e Alicia Spinnett aveva caldamente consigliato a tutti gli studenti di non avventurarsi sulla scopa in quelle giornate di tempo instabile, dove l'energia elettrostatica dei fulmini faceva arricciare i capelli sulle spalle degli studenti anche solo nel tragitto fino alle serre di Erbologia.
Beh, non c'erano fulmini quel pomeriggio nel cielo, solo un denso e quasi caramellato grigio antracite che rendeva le ore prima del tramonto un'agonia di semioscurità e temperature da congelamento.
Dopo due minuti, aveva già le dita intirizzite dal freddo, la presa sulla scopa era meno salda, e le mandibole gli dolevano per lo sforzo di non battere i denti. Dopo mezz'ora, non desiderò altro che sprofondare sotto una doccia incandescente, e donare se stesso alle sostanze stupefacenti.
Le parole di Wahya a proposito di Louis Weasley gli risuonavano ancora in testa come un fastidioso ritornello di musica pop, e le conseguenti implicazioni gli facevano pizzicare il naso all'altezza delle sopracciglia. Come poteva lei conoscere il segreto della sua natura, averlo scoperto con simile facilità? E come, per Salazar Serpeverde signore delle serpi, poteva aiutarlo?
Imprecò a denti serrati, mulinando verso il suolo a velocità folle, fermandosi a pochi metri da terra, a testa in giù, disegnando con le dita intirizzite immerse nella neve percorsi arzigogolati nel pallido e gelido candore del campo intonso. Quando i muscoli cominciarono a dolergli per lo sforzo di reggersi al manico di scopa al contrario, si raddrizzò, svettando verso il Lago Nero immerso nell'oscurità e nel placido silenzio della sera.
Di lì a poche ore la Sala Grande si sarebbe riempita di rumori, del vociare confuso degli studenti, dell'assurdo chiacchierare di quegli idioti decerebrati senza uno scopo che avevano il coraggio di farsi chiamare “persone”. Ma in quel momento di perfetto nulla, solo il silenzio era suo compagno di volo nel tramonto che si faceva pressante e calava all'orizzonte.
Rallentò, fino a fermarsi, sospeso a mezz'aria, a pochi metri dalla superficie immobile dell'acqua, e osservò il suo viso riflesso nello scuro specchio che, a quella distanza, sembrava solido. Osservò il proprio volto ondeggiare nell'acqua, imprecò nuovamente. Si diresse verso la riva, il terreno limaccioso coperto di neve sciolta, il prato tutt'intorno che sembrava panna, intoccata, immacolata, così pura da fargli male agli occhi.
Non era il momento di lasciarsi andare ad assurdi e patetici momenti di riflessione, disse a se stesso planando sul prato fino a costeggiare la riva. S'impennò, virò, si lanciò in un paio di complicati giri della morte, e per poco non si schiantò contro il Platano Picchiatore che si scrollava sonnolento dallo spesso strato di neve che riposava sui suoi rami.
Infine, il suono di due voci che discutevano animatamente, catturò la sua attenzione
Smettila! - urlava una vibrante di rabbia
E' così Lily, e tu lo sai. Oggi era quel ragazzino patetico di Eugene Prescott, ma domani potrebbe essere uno dei vostri amici...o tu – la seconda voce, che Scorpius riconobbe come quella di Teddy Lupin, era più ragionevole ma altrettanto decisa – non posso permettere che vi metta in pericolo -
Il ragazzo che ama è stato rapito Teddy! Ha diritto di essere incazzato. Non PUOI ESCLUDERLO! - la voce della Potter era carica d'incredulo furore. Chiaro, si disse Scorpius acquattandosi fra le fronde dell'albero, senza sfiorarlo, immobile, essere ragionevole con lei quando era incazzata era controproducente. Lui lo sapeva, come poteva ignorarlo il bastardello di lupo?
Di chi stiamo parlando adesso? Di Louis o del tuo amichetto Malfoy? - e lei non rispose. Rimase in silenzio, invece di azzannarlo alla gola come probabilmente avrebbe fatto, se Lupin non avesse colpito nel segno – lo sapevo... - il tono dell'altro cambiò, ammorbidendosi. Altra mossa sbagliata
Tu non ne hai idea Teddy – sbottò la rossa colpendo con un pugno qualcosa accanto a lei, imprecando – non sai un cazzo! Perché sei troppo occupato ad essere perfetto per scendere a livello di noi comuni mortali – respirava affannosamente, notò Scorpius, esattamente come la prima volta che li aveva spiati mentre litigavano. Si ritrovò a sperare che l'epilogo di quell'incontro non fosse lo stesso. Guardone a chi? - La gente normale soffre Teddy, e lotta, e rischia, e si fa in quattro per essere felice, anche quando è difficile, e significa combattere – inspirò rumorosamente – e tu non fai altro che piangerti addosso come un patetico – e poi accadde. Successe che Teddy Lupin raccolse quello che delle sue palle gli era rimasto in mezzo alle gambe, e mise fine alle proteste di lei con un patetico bacio da romanzo rosa babbano, con le campane, e gli uccellini che cantano, e la gelida atmosfera da congelamento che probabilmente non rientrava esattamente nei sogni di amore primaverile dei due. Beh, non rientrava nei sogni di nessuno quel cazzo di gelo della malora!
Ma non fu quello, non fu davvero il fatto che, ode a Salazar, sembrò che il mezzo lupo usasse perfino la lingua. Fu Lilian Luna Potter a fare qualcosa che mai e poi mai Scorpius poteva permettere accadesse: lo respinse, con i pugni chiusi premuti contro il suo torace , allontanandogli il viso dal proprio, in quel genere di rifiuto inconsapevole, istintivo, capace di scaldare il gelo e fondere la neve attorno a loro. La sua espressione era allibita tanto quanto quella del peloso, e si specchiava nelle iridi grigie di Scorpius, forse il più sconcertato dei tre.
La Potter indietreggiò di un passo
Oh Godric – sussurrò sfiorandosi le labbra – io non... - tentò di parlare, ma il suo sguardo rimbalzava dal suolo all'altro con nauseante velocità – credo... - le spalle di Teddy Lupin crollarono in un sospiro dimesso. Poi l'uomo si lasciò sfuggire una risata roca, amara, pateticamente sconfitta
E' così allora... - si passò una mano fra gli stopposi capelli rossicci – è lui... - Scorpius per poco non cadde dalla scopa. Chiaramente, rabbiosamente, dolorosamente e inequivocabilmente, era consapevole quanto l'altro di chi fosse il maledetto lui della storia, e sentì le sue speranze andare a farsi fottere.
 
Fine flashback*****************************************************************
 
Frannie lo fissava, dondolando la caviglia sottile in veloci movimenti aritmici
Pensi di tornare tra noi in tempo utile? Devo portarti in un posto – chiosò secca, dedicando un altro sguardo distratto alle unghie smaltate.
Scorpius sollevò un sopracciglio, scettico
E immagino che io dovrei scattare sull'attenti come un bravo soldatino, in attesa che Sua Magnificenza il Signore del Complotto decida qual'è l'angolazione migliore per piazzarmelo in quel posto – l'altra sospirò, esasperata
Quando la smetterai di tentare in ogni modo di negare a te stesso che ormai ci sei dentro quanto noi? - si alzò, passeggiando per la stanza, dedicandogli a malapena uno sguardo, un buon traguardo se si considerava che era ancora nudo come un verme – Incubus ti ha scelto, e tu hai accettato. Assolverai al tuo compito, forse lo farai protestando, con quel tuo atteggiamento da fighetto sarcastico, ma lo farai, e ti piacerà farlo, amerai guardarla sgretolarsi e frantumarsi, e gioirai quando il nostro piano avrà successo perché tu avrai svolto il tuo compito come dovevi – si fermò, sollevando un paio di calzoni della divisa coperti di fango, lasciandoli cadere stizzita a terra. Poi gli dedicò un'occhiata eloquente – perché sei un Serpeverde, Scorpius, e vuoi essere libero di essere fiero del tuo sangue senza essere terrorizzato che il Ministero indaghi su di te, perché vuoi ritrovare la tua famiglia e strapparla dalle mani dei traditori...e perché sei un bastardo, sei crudele, e sei una carogna, e a noi vai bene così – sogghignò – cosa pensi che direbbe la rossa sciacquetta se vedesse quello che realmente c'è dentro di te? Pensi che le piaceresti anche oscuro e avariato come sei? Pensi che potrebbe innamorarsi di te conoscendo il vero Scorpius Malfoy? - la risposta a quella domanda faceva così male che Scorpius tacque. Frances Ilbys, la ragazza più stupida e decerebrata che gli fosse capitato d'incontrare, incrociò le braccia al petto squadrandolo con un cipiglio quasi intelligente – farai quello che Incubus vuole perché è quello che tu vuoi, Scorpius, perché è quello che sai fare meglio, ingannare, mentire e ferire...perchè godi nel farlo, e non potresti fare altro – si avvicinò a lui, che nel frattempo si era alzato, a disagio, e aveva indossato un paio di pantaloni di flanella, e gli sfiorò il torace pallido con un'unghia lunga e smaltata di rosso. Si avvicinò così tanto che il suo delicato profumo da dieci galeoni gl'impregnò le narici – e sei tremendamente sexy quando cerchi di negarlo – gli sussurrò all'orecchio, mordendogli il lobo fino quasi a fargli male – Ma devo portarti in un posto – concluse facendo le fusa – sono sicura che ti piacerà... -
***
 
Lily uscì dalla capanna di Hagrid accompagnata solo dal cupo brontolio di Crono che sembrava salutarla.
Il Guardiacaccia le aveva fatto una lavata di capo epocale per il modo in cui la sua famiglia, in quel momento così delicato, si stava disgregando.
“Se c'avete il morso di tarantola che vi prude, ve lo dovete grattare, e veloce anche, perché questa confusione a me mi sembra troppo uguale a quella di venticinque anni fa. E io a tuo padre non voglio doverci portare il tuo cadavere fatto a pezzi perché non riesci a fare pace con tuo fratello” aveva proclamato gravemente Hagrid davanti ad un bicchierone di uno strano the dal sapore più nauseabondo dell'odore, già terrificante. Lei aveva annuito, e promesso che ci avrebbe pensato, seriamente, ma non aveva mai avuto davvero intenzione di farlo. Troppo orgogliosa, troppo testarda, troppo dannatamente Potter per cedere quando aveva la ragione dalla sua parte.
Albus sarà anche stato un genio, ma non aveva capito un Ippogrifo arrosto di quello che lei davvero provava, e Teddy l'aveva baciata e se ne era andato, osando addirittura insinuare che il suo averlo respinto fosse sintomo di qualcosa di diverso dal semplice, dannato, fatto che stavano litigando. Insomma, erano gli uomini della sua vita a non capire un accidente di lei, e lei doveva scusarsi? Sì, e poi magari sarebbe andata a bussare alla porta di Malfoy per chiedergli di sposarla. Delirio.
Fu immersa in quei pensieri che quell'ombra la sorprese, sul punto di fare un passo nella neve alta fino ai polpacci, intirizzita e infuriata, i capelli rossi schiacciati da un cappelli di lana incredibilmente caldo, che almeno le impedivano di gelarsi il cervello.
Sollevò lo sguardo sulla sagoma in ombra, facendo un balzo di mezzo metro per lo spavento
Godric! - imprecò – mi hai spaventata – sorrise, lasciando fuoriuscire l'aria dai polmoni.
L'altra la guardò, un sorriso appena accennato sulle labbra
Non dovresti essere fuori a quest'ora – la ammonì – il regolamento è cambiato dopo le ultime aggressioni – era vero, e quel confinamento coatto dava a Lily i nervi almeno quanto il patetico tentativo dei professori di farlo rispettare. Se qualcuno fosse riuscito ad entrare ad Hogwarts, trovarsi dentro o fuori dal castello non avrebbe cambiato niente, se non il dove sarebbero morti.
Annuì, stringendosi nelle spalle
Non mi ero accorta dell'ora – si giustificò mestamente – rientro subito – ma la ragazza sollevò un braccio a bloccarle la strada
Non ancora, Lily Potter – solo quando si trovò sotto il getto della luna al suo apice, lei si rese conto che i suoi occhi color caramello non erano i suoi occhi: al loro posto, iridi di un acceso arancione minaccioso, incontrarono i suoi, azzurri e colmi di sorpresa; quelli, decisamente, non erano occhi umani
Che cosa sei tu? - soffiò dalle labbra indietreggiando rigidamente verso il nulla. Wahya Show sollevò un angolo della bocca carnosa in un sorriso di gelida minaccia, misto a qualcos'altro, forse dispiacere
Qualcosa che avresti preferito non dover mai incontrare Lilian Luna Potter... - poi, il suo magnifico corpo dalla pelle color caramello sembrò sciogliersi sotto i raggi caldi di quella luna piena a cui Lily faceva più caso del solito. Le nuvole la coprivano con una spessa coltre di fumo grigio, ma Lily sapeva che c'erano, perché Louis si era rinchiuso nell'ufficio di King per tutto il giorno, dopo la strigliata dalla Preside, e stava scontando lì la sua ingiusta punizione.
Le membra minute della ragazza vibrarono un istante, e quasi sembrò che il suo corpo stesse cercando di ingoiare se stesso.
L'attimo dopo un lupo dal pelo lungo color caramello si acquattò davanti a lei.
Lily non ricordava nemmeno di aver urlato.
 
***
 
La stanza era stranamente calda, e per niente umida. La sedia alla quale era incatenato sembrava imbottita, e gli avevano avvolto degli stracci attorno ai polsi e le caviglie per impedire che il metallo gli scavasse la pelle.
Tutto sommato, si sarebbe aspettato un trattamento decisamente peggiore dai temibili Traghettatori, il nuovo terrore del Mondo Magico.
Lui, dal canto suo, sentiva solo il bisogno di sapere cosa quella gente avesse fatto ai suoi genitori. Che se lo tenessero, lui, pensò distrattamente, lasciando cadere la testa all'indietro, nella tiepida speranza di addormentarsi, inutilmente. Louis gli avrebbe dato del “patetico emo babbano” se lo avesse visto in quelle condizioni. Ma non lo avrebbe visto, anche nel fortunato caso in cui fosse uscito illeso da quella situazione surreale, perché Louis Weasley aveva pensato bene di accoltellarlo al cuore proprio quando aveva cominciato ad usarlo.
Sorrise mestamente alla stanza completamente buia, pervasa da un odore gradevole, apparentemente pulita e lustra, priva di finestre ma ariosa, anche se questo sembrava inspiegabile.
Non gli avevano fatto del male: avevano mandato un Elfo Domestico ad intervalli irregolari, costringendolo a nutrirsi a forza, a lavarsi, e a cambiarsi i vestiti. Gli avevano persino concesso di aggirarsi di tanto in tanto, slegato, per la stanza, passeggiando contro il muro apparentemente circolare e liscio della sua prigione.
Sarebbe morto in quell'androne, si disse; di quello, almeno, era certo.
Sarebbe morto senza sapere se i suoi genitori fossero vivi o morti, sarebbe morto con Louis che lo odiava, con la sua Casa che lo considerava un traditore. Sarebbe morto da martire. Sarebbe morto solo, in una bella stanza arredata, al buio, sazio e pulito, indimenticato. Solo.
D'altra parte se lo meritava; aveva mandato ai troll l'unica possibilità che aveva per rendere la propria esistenze un tantino meno di costellata bugie, meno segreti, per vivere dannatamente la vita che voleva, che sentiva sua.
Curioso, si trovò a pensare, come tutto fosse così chiaro in quella cella profumata e comoda, ad un passo dal nulla. Avrebbe dovuto essere in pericolo mortale molto prima di allora. Forse, in quel caso, si sarebbe reso conto di che immane cazzata stava per fare.
Che si fottessero le paure. Se fosse riuscito, chissà come, ad uscire di lì, avrebbe mandato affanculo tutti.
Si agitò a disagio sulla sedia, colto improvvisamente dal panico: aveva lottato, aveva pianto, si era arrabbiato, aveva contrattato, e alla fine si era arreso a rimanere lì, nella snervante attesa del suo destino, circondato da Elfi Domestici muti e il canto del suo fallimento che rimbombava fra le pareti.
Alla fine aveva smesso di esistere, Scott Warrington, per accettare la disfatta.
Ma qualcosa dentro di lui si rifiutava di arrendersi, e sprazzi di rifiuto e collera si risvegliavano in lui ad intervalli regolari, tentando disperatamente di liberarlo dall'apatia e dal sapore della morte imminente a cui lo avevano ridotto giorni infiniti di prigionia.
Aveva parlato da solo, aveva cantato, aveva anche raccontato al buio le favole di Beda il Bardo che preferiva da bambino. Aveva pregato, anche, senza nessun risultato.
E i giorni erano trascorsi, tutti uguali, intermittenti e interminabili, con sprazzi di lucidità che si alternavano a momenti ormai inquantificabili di follia pura mischiata all'apatia più cupa.
Non gli era stato nemmeno concesso di uccidersi, di affrontare consapevolmente la fine. C'era stata solo l'attesa, silenziosa, rumorosa, irreale e concreta, della fine.
Quando la porta si spalancò per la centesima volta, e non fu l'Elfo Domestico incaricato di lavarlo ad entrare nella stanza, ma due figure umane, Scott seppe che quell'attesa era finita.
Le sagome si avvicinarono, e poté chiaramente distinguere un uomo e una donna, alti e snelli, col volto coperto. Un baluginare di stivali rossi di vernice e un paio di calzoni di flanella dall'aria stazzonata furono gli unici dettagli che riuscì a cogliere prima che la stanza si facesse nuovamente troppo buia.
Lei si chinò e gli parlò accanto all'orecchio, la voce alterata da un qualche incantesimo. Il solo sentire una voce umana, quasi lo fece scoppiare in lacrime. Patetico.
Scotty, tesoro, ti presento il tuo nuovo amico... - indicò con un gesto il maschio alto, slanciato, l'aria fin troppo familiare. La femmina riprese, civettuola anche con una voce fasulla – dovrete fare amicizia – chiosò – lui pensa sia divertente farvi diventare intimi prima che ti uccida – canticchiò, quasi in una melodia che rimbombò di piacere. Eccola, allora, la sensazione che si prova quando si ha la certezza della morte.
Niente lacrime, niente dolore lancinante. Solo una calma e rilassante pace. Rassegnazione, anche.
Addio sofferenza, benvenuto oblio.
Scott sollevò lo sguardo sulla figura di lui, che indietreggiò di un passo, esitante, incredulo, allibito. Non poteva vedere il suo volto, ma c'erano cose che il suo corpo raccontava per lui: s'imparano tante cose degli altri e di se stessi al buio, tentando d'interpretare gli atteggiamenti di un Elfo Domestico muto e di una solitudine senza nome.
Sospirando, abbassò il capo
Di' a lui, chiunque sia, che è un maledetto figlio di puttana -
 
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Angolo della delirante autrice: che nottata!!!! Come al solito sto sacrificando preziose ore di sonno per produrre un capitolo che, non solo non mi soddisfa, ma diventa sempre peggio ogni volta che lo leggo...e non è che alla fine lo riscrivo e lo miglioro, smetto semplicemente di leggerlo. Ottima soluzione ù__ù
Va beh, faccio un paio di precisazioni, anche se so che voi, adorati lettori, siete altamente colti ed informati sulle culture underground del passatoXD
I Doors sono il gruppo rock psichedelico fondato negli anni '60 da Jim Morrison, uno dei capisaldi di tutta la musica del futuro ,e della poesia, a parer mio, di Morrison.
E la Beat Generation citata da Scorpius è, attingo a piene mani da Wikipedia "Beat è un termine che assume molteplici significati già in inglese, ed in italiano è tradotto e spiegato in varie accezioni. Beat come beatitudine (Beatitude), la salvezza ascetica ed estatica dello spiritualismo Zen, ma anche il misticismo indotto dalle droghe più svariate, dall'alcol, dall'incontro carnale e frenetico, dal parlare incessantemente, sviscerando tutto ciò che la mente racchiude. Beat come battuto, sconfitto in partenza. La sconfitta inevitabile che viene dalla società, dalle sue costrizioni, dagli schemi imposti ed inattaccabili. Beat come richiamo alla vita libera e alla consapevolezza dell'istante.
Beat come ribellione. Beat come battito. Beat come ritmo"
Non credo di dover preisare nient'altro, quindi vi lascio con i solito ma ugualmente sentiti ringraziamenti al club dello sclero, a voi che leggete, ricordate, preferite, seguite e recensite questa ff di cui sto completamente perdendo il filo. Vi adoro e vi stimo per essere ancora con me, e alla prossima!XD

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Capitolo 26
*** Abbagliati ***


Abbagliati
 
«Che è quel, dolce padre, a che non posso
schermar lo viso tanto che mi vaglia»,
diss'io, «e pare inver' noi esser mosso?»
«Non ti maravigliar s'ancor t'abbaglia
la famiglia del cielo», a me rispuose:
«messo è che viene ad invitar ch'om saglia.
(Divina Commedia, Purgatorio, Canto XV, vv 25-30)
 
Si risvegliò con il vento gelido dell'inverno che le frustava il viso, immersa nell'odore di pelliccia e terra bagnata che le riportava alla mente, chissà perché, Teddy.
La Foresta Proibita le passava accanto velocemente, come le linee grigie e azzurre del cielo e dell'autostrada quando viaggiava sul sedile posteriore della motocicletta di Sirius, le braccia strette intorno alla vita di suo fratello di James, l'odore di cuoio e pelle nuova e lo shampoo al pino silvestre che le impregnavano le narici. Pensare alla moto del padrino di Harry, in quel momento, gli fece pensare a qualcuno che non era Teddy, e sapeva esattamente il perché.
Scosse la testa, affondando il viso in un manto di pelliccia scura, color cioccolato fuso, odorosa di fogliame e prato, di muschio e selvatico. Si accorse, solo in quel momento, di trovarsi in groppa ad un gigantesco lupo; per la precisione, Wahya Show, trasformata in un licantropo assassino che la stava trasportando in qualche luogo oscuro della foresta per ucciderla e banchettare con il suo intestino tenue.
Nel guardarsi intorno riusciva solo a provare un intenso senso di vertigine e nausea, verde, marrone e bianco che si alternavano in un caleidoscopio di colori e odori. Aveva la stessa sensazione di quando si Smaterializzava, come se qualcuno le strattonasse l'ombelico per strapparle via la pelle di dosso. E questo, rimanendo saldamente aggrappata al pelo soffice di una ragazza-lupo che voleva ucciderla.
Non era suo padre, o sua madre, o fieramente coraggiosa come Albus, che avrebbe rischiato qualunque cosa per fare la cosa giusta. A lei, essere sempre dalla parte della ragione, non era mai interessato più di tanto; aveva inseguito così tante cause sbagliate da poterne riempire una sezione della biblioteca di Hogwarts.
Ma era la figlia di suo padre e di sua madre, e la sorella testarda di Albus, e non si sarebbe lasciata morire d'inedia aspettando che una licantropa inferocita banchettasse con le sue budella. Anche se questo avesse voluto dire sfracellarsi il cranio contro qualche roccia sporgente sul terreno irregolare della Foresta Proibita, o essere divorata da una delle spaventose creature che popolavano quei boschi. Non avrebbe dato a lei la soddisfazione di mangiarle il cuore in tutta tranquillità, nemmeno se questo avesse voluto dire morire di una morte ancora più orrenda, lenta, dolorosa, o umiliante. Semplicemente, non gliel'avrebbe lasciato fare.
Si sporse di traverso sulla schiena irta di pelliccia, guardando verso il basso: il movimento delle zampe della lupa le provocava le vertigini, tanto era vorticoso e confuso, e il terreno irregolare disegnava forme oscure e orribili contro i suoi occhi confusi e terribilmente umani. Sarebbe morta se si fosse lanciata da lì, esattamente come se avesse provato a tuffarsi dall'Espresso si Hogwarts sulle colline verdeggianti della campagna scozzese. Spiaccicata sul fondo verde del terreno come le uova strapazzate di nonna Molly la mattina di Natale alla Tana. Ma sarebbe morta in ogni caso, e più dolorosamente, se avesse lasciato che la licantropa la conducesse dove voleva. Contò fino a tre, cercando disperatamente di non pensare al dolore della caduta, né all'umiliazione, se non fosse riuscita nel suo intento, restando a penzolare inerme e sballottata contro i fianchi poderosi della lupa. Pensò solo a casa, e al profumo del pane appena sfornato, dei dolci e dell'Abete Ballerino decorato a festa che i Weasley lasciavano passeggiare tranquillamente in cortile durante tutte le feste. Pensò a quel Natale, a quanto era stato strano trascorrerlo con Scorpius Malfoy seduto alla stessa tavola della sua famiglia. Pensò al maglione con la L ricamata sopra che sua nonna aveva cucito per lei come per tutti i suoi fratelli e cugini. Pensò al rossore di nonna Weasley quando aveva porto a Scorpius il lembo di lana verde e argento che sarebbe diventato, aveva promesso, una bella sciarpa. E ricordò nitidamente il viso di lui assumere quell'espressione, quella che le aveva fatto rimescolare lo stomaco in quel modo assurdo e irrazionale che l'aveva spaventata a morte.
Fece perno sui talloni che scivolavano contro i fianchi di Wahya in versione pelosa, e si lasciò cadere, rotolando nella neve candida e apparentemente intoccata, avvertendo un lancinante dolore alla spalla, al ginocchio e alla nuca, quando sbatté contro la radice sporgente di un albero gigantesco. Pensò distrattamente che non avrebbe mai indossato il suo maglione con l'iniziale. Poi tutto si fece nuovamente nero.
 
Flashback**********************************************
 
Lily Potter serrò la mani attorno alle tempie, tentando disperatamente di non vomitare. Il dannato Whisky Incendiario di quella notte non aveva avuto, evidentemente, lo stesso effetto su Scorpius Malfoy, che mangiava con appetito a due posti di distanza da lei. In mezzo a loro, sua zia Hermione le gettava addosso qualche sguardo furtivo, prima di distogliere gli occhi da lei e incontrare quelli di Ron, le guance lentigginose piene di cibo, e quel mezzo sorrisone che poteva illuminare tutta una stanza.
Osservò la sua famiglia seduta alla grande tavola della Tana: Albus, che con una mano teneva distrattamente la forchetta, e con l'altra un libro dall'aria noiosa come l'albero genealogico di un Purosangue, mangiava come se fosse obbligato, masticando lentamente, con indifferenza, giusto per mettere qualcosa nello stomaco. James rideva a qualcosa che aveva appena detto Hugo, il suo sorriso ammaliatore tutto dedicato a Dominique Weasley, la loro stupenda cugina col sangue Veela. Louis sedeva sul divano, senza aver toccato cibo, lo sguardo incantatore perso fuori dalla finestra, quasi ipnotizzato dai movimenti goffi dell'abete cinto di festoni.
Suo zio George fece partire un Fuoco Forsennato Weasley, che volò dalla finestra aperta dipingendo nell'aria un gigantesco “Buon Natale Sfigati”, scatenando le ire di nonna Molly e le risate divertite di tutto il resto della famiglia, mentre Fred jr, il figlio maggiore suo e di Angelina Johnson, giocava a Scacchi dei Maghi con uno Hugo particolarmente concentrato. Solo quando Roxanne apparve alle loro spalle brontolando, il suo cugino preferito si rese conto che Fred lo stava truffando con una scacchiera truccata, nuova invenzione del rinnovato duo Fred&George WWW. Fu allora che si grattò il testone leonino arrossendo, e la risata di Fred contagiò immediatamente anche Rox e Rose, fino a quel momento immersa in una serrata discussione sulle proprietà del sangue di drago con un sempre affascinante zio Bill, con la sua coda di cavallo rosso acceso e l'aria di uno che non aveva la minima intenzione di perdere i capelli.
In quel momento, in un pop sommesso, il corpulento fratello maggiore dei Weasley si Materializzò nella cucina della Tana, con le braccia cariche di pacchi e sacchetti di iuta che odoravano di sterco di drago.
Suo zio Charlie, il viso rubicondo solcato da cicatrici e ustioni di ogni genere, lanciò per la stanza regali per tutti. Quando Louis estrasse dalla sua bisaccia una cintura di pelle di drago costellata di minuscole zanne appuntite, i suoi occhi si animarono di un piacere grato, con un fondo di tristezza che non sembrava volersene mai andare. Lily lo osservò, scambiandosi un'occhiata preoccupata con Rose da dietro la spalla di Roxanne, e sua madre, intenta a ripiegare una montagna di tovaglioli di stoffa, con pigri colpi di bacchetta. Gli occhi di Ginny, così simili ai suoi, anche se castani, si assottigliarono in uno sguardo di complice sospetto.
Non avete idea di quello che ho dovuto fare per tenere questa roba lontana dalle manacce dei predoni, in Romania – rise Charlie mettendosi a sedere, circondato dalle braccia e le parole affettuose di tutta la sua famiglia. Nonna Molly ricacciò indietro le lacrime posando lo sguardo su tutti i suoi figli, seduti scompostamente nel salotto della Tana, intenti a chiacchierare, ridere, mangiare o litigare, esattamente come se il tempo non fosse mai trascorso da quando preparava ogni mattina la colazione per tutti loro. Suo zio Percy era rimasto, alla fine, strigliato per bene dal resto dei suoi fratelli, e sedeva comunque in disparte, mangiando il suo porridge addolcito con il miele circondato da sua moglie e Lucy, mentre Molly jr e i suoi corti e spettinati capelli rossi erano immersi in una fitta discussione sulle Holyhead Harpies con Roxanne, James e Victoire, che aveva avuto il suo periodo di gloria nel Quidditch quando aveva giocato come Cacciatrice nei Corvonero.
Ma non mi dire – ribatté Ginny con un deciso colpo di bacchetta all'ultimo tovagliolo – avrei giurato che ci avessi messo più impegno ad evitare quelli del Ministero – sogghignò, lanciando un'occhiata obliqua a suo padre, ancora intento a cacciarsi nello stomaco tutto quello che poteva. Di lì a poco Harry e Scorpius si sarebbero Smaterializzati al Ministero della Magia, in quel canale preferenziale che Kingsley Shacklebolt aveva riservato al Salvatore del Mondo Magico, nonché suo caro amico, da quando si era insediato dietro la scrivania di Ministro della Magia.
Ma in quel momento entrambi erano ancora lì, gli occhi incredibilmente diversi abbassati sui loro piatti di bacon e uova strapazzate, intenti a finire quella colazione a dir poco proteica, in attesa dell'ora X.
Suo padre sollevò gli occhi verdi dall'ultimo boccone di purea di patate, e incontrò quelli di Ginny, in un sorriso sibillino e complice. Era noto a tutti, ormai, che Charlie Weasley aveva una curiosa predilezione per le Creature Magiche altamente pericolose, e non avrebbe sorpreso nessuno, in quella stanza, sapere che ne aveva portate una o due, di straforo, in Gran Bretagna. C'era solo una persona al mondo, che Lily conoscesse, a poter veramente comprendere quell'adorazione smisurata, e fece la sua trionfale entrata nella cucina della Tana nemmeno due minuti dopo, con Madame Maxime al braccio e un sorriso così ampio da inghiottirgli le orecchie.
Da quel momento in poi, la sala da pranzo della Tana divenne una passerella di nuove e vecchie conoscenze: Luna Lovegood, Lorcan e Lysander comparvero agghindati di strani oggetti e carichi di regali impensabili, Neville, Hanna Abbott e Frank sbucarono fuori tossicchiando dal camino con Burrobirra e bibite per tutti, mezzo Ordine della Fenice bussò alla porta quella mattina, compresa una sempre gloriosamente fiera Minerva McGranitt che, alla sua veneranda età e un bastone intagliato con una testa di grifone sul manico, conservava la stessa aura di austera benevolenza di sempre. Il viso rugoso incorniciato di candidi e morbidi capelli severamente acconciati, lanciò occhiate furtive ad ognuno di loro, invocando l'aiuto dei Quattro Fondatori per ricordare tutti i loro nomi. Ovviamente fingeva, come sempre, di essersi rimbambita negli anni. Suo padre le diceva sempre che se Minerva McGranitt avesse estratto la bacchetta dalla tasca interna del suo mantello scuro, non ci sarebbe stato Mago Fondatore di Hogwarts che avrebbe potuto salvare il suo avversario da lei.
Quando l'ultimo dei visitatori di quella mattina ebbe varcato la soglia, un sempre più anziano ma fieramente tagliente Aberforth Silente, la barba ancora folta che gli arrivava alla vita e i lunghi capelli ormai bianchi che lo facevano assomigliare in modo impressionante al ritratto del fratello appeso a Grimmauld Place, fu necessario un incantesimo di Espansione per permettere a tutti di respirare nella modesta sala da pranzo della Tana. In quel momento, come sempre accadeva, l'ingombrante assenza di coloro che non avrebbero mai più potuto essere lì, pesò come un macigno nel minuto di silenzio che trascorse quando nonna Molly li ringraziò di essere venuti, e annunciò che era il momento dei regali. Gli occhi di Teddy divennero gelidi e spenti quando, con parole commosse, suo padre augurò un Felice Natale a Sirius, Silente, Piton, Lupin, Tonks, Fred, James, Lily e tutti coloro che non erano più lì. Non si perse in troppe parole, Harry Potter, non era un tipo loquace, e odiava parlare in pubblico, ma l'amore per che provava per quelle persone era vivo in ogni singola lettere di ogni sua parola. L'amore che provava avrebbe urlato anche nel silenzio.
Oh suvvia! - sbottò ad un certo punto nonna Molly asciugandosi una lacrima con decisione – non lasciamoci andare alle tristezze! - dondolò fino alla montagna di regali incartati che troneggiava accanto al camino e all'altro albero di Natale, immobile, per fortuna. Con un colpo di bacchetta, incantò i doni, che volarono per la stanza in attesa di essere scartati dai legittimi proprietari.
James, Albus, Lily, Rose, Hugo, Fred, Roxanne, Victoire, Dominique, Louis, Molly jr e Lucy ricevettero i loro maglioni, così come tutti i figli Weasley e suo padre, malgrado sapessero che non li avrebbero mai indossati, ognuno personalizzato con l'iniziale, e qualche decorazione che secondo nonna Molly li caratterizzava. Era quel genere di rituale, quello dei terribili regali fatti a maglia, a cui Lily sentiva di appartenere, come il profumo di pergamene nuove, di manico di scopa lucidato di fresco, di divisa appena lavata e di colazione.
Avvertì, suo malgrado, un odore altrettanto familiare di menta e Whisky Incendiario, mentre Scorpius Malfoy si agitava sulla sedia, a disagio. Quando un pacco gli planò gentilmente in grembo, si guardò intorno, quasi nervosamente, avrebbe giurato Lily. Con un mezzo sorriso compiaciuto lo scrutò, mentre si passava il regalo da una mano all'altra, incerto. Era un sadico spasso vedere la sua corazza di fighetto insensibile incrinata, anche se solo per un paio di minuti in tutta la vita.
Alla fine, serrando la mandibola, sollevò lo sguardo sulla stanza, schiarendosi la voce
Ehm, credo che Babbo Natale abbia sbagliato comignolo – borbottò con gli occhi di mezzo Mondo Magico puntati addosso, sollevando il pacchetto con una mano dalle affusolate dita pallide.
Molly Weasley puntellò le braccia su fianchi rotondi, e inclinò il capo
Scorpius Malfoy, credi forse che lascerei qualcuno a dormire sotto il mio tetto, a Natale, senza nemmeno un regalo? - sua nonna lo disse con tono minaccioso, come a volerlo sfidare a mettere in discussione la sua ospitalità. Ma poi sorrise, in quel modo gentile che metteva chiunque a suo agio, lo stesso con cui Rose accoglieva gli allievi del primo anno, trasformando le loro paure in ammirazione, venerazione, affetto.
Malfoy esitò, giocherellando inconsciamente, con la carta verde scuro che ricopriva il suo dono. Ormai tutta la sala aveva dimenticato l'educata indifferenza e gli aveva schiantato gli occhi addosso, in attesa che il figlio di Draco Malfoy si mostrasse per quello che era, rifiutando bruscamente il regalo di qualcuno che non riteneva degno.
Ma Scorpius non fece niente di tutto questo, e nemmeno ringraziò, a voler essere precisi.
Aggrottò le sopracciglia, e afferrò lentamente un lembo del pacchetto, cominciando a scartarlo
Eddai amico! – tuonò Hugo da dietro la spalla di Rose – datti una mossa – Ron ridacchiò, ed Hermione concesse al figlio un'occhiata tra il rimprovero e l'orgoglio. Per Hugo Weasley era naturale volere bene a chiunque, lasciarsi affascinare da chiunque e conversare con chiunque, come se il colore delle divise, il nome, il cognome o il passato non avessero per lui il minimo significato. A volte fingeva di avercela con i Serpeverde, ma la verità era che era troppo immensamente amichevole e istintivo per fermarsi a pensare se chi aveva di fronte era un Purosangue, il figlio di un Mangiamorte o un nemico pubblico. A lui importava solo che avesse figurine delle Cioccorane, una scacchiera o un manico di scopa in mano. Si dice che chiunque abbia un tipo d'intelligenza diverso. Lily aveva sempre pensato che la vitale socievolezza di Hugo fosse la sua.
In quel momento, probabilmente, Scorpius Malfoy sentì il sangue scorrere nuovamente nelle vene, come se quella pausa di tensione si fossa sciolta magicamente. Non aveva bisogno di sguainare la bacchetta, o la sua lingua affilata, per sopravvivere in mezzo a loro. Non aveva bisogno di nessun travestimento.
Scartò con decisione il regalo, estraendo un lembo di stoffa a righe grigie e verdi e una S dai nitidi contorni vergati di filo argentato. Era solo mezza sciarpa.
Nonna Weasley si strinse nelle spalle, con il suo sorriso un po' impacciato
Che c'è? Non è che questa casa pulluli di lana verde e argento – sogghignò – mi sono dovuta arrangiare. Sono una strega, non faccio mica i miracoli! - spiegò lanciando uno sguardo alla sala – la finirò prima della fine delle vacanze cucciolo Malfoy – lo rassicurò – ma dovevi avere anche tu un regalo sotto l'albero – Scorpius fissò lei e poi la sciarpa ancora da finire, stringendola fra le dita con espressione allibita. Qualcosa nei suoi chiari occhi grigi, si mosse contro la sua volontà. Non avrebbe saputo dire, allora, cosa esattamente fosse, ma non c'era traccia di superiorità o scherno nel suo sguardo, quando cadde nuovamente sul fagotto di lana che stringeva in petto. Solo smarrimento. Sembrava qualcuno a cui non avevano mai fatto un regalo, orribile, sferruzzato all'ultimo minuto e incompleto che fosse, ma fatto con un sentimento che a Scorpius Malfoy sembrava estraneo come la Sala Comune dei Grifondoro. Quel ragazzo riusciva a sorprendersi per cose talmente banali!
Qualcosa non va Mister Sicurezza? – lo rimbrottò con un sorrisino – Mai ricevuta una sciarpa in regalo? - Scorpius si voltò verso di lei, senza avere il tempo di nascondere dietro la sua abituale maschera d'indifferenza qualunque cosa provasse. La sorpresa, l'incertezza, lo smarrimento e lo sconvolgimento indugiarono sul suo viso un istante di troppo, palesandosi a lei in un modo che le fece ritorcere le viscere. Sembrò così vero, e allo stesso tempo innaturale, come se quelle espressioni rendessero il suo viso straordinariamente umano. Avrebbero dovuto stridere, lì, tutte insieme, a illuminare i suoi occhi e le labbra piene, eppure sembrarono donare al suo viso qualcosa di più. Lo trasformarono in qualcuno con cui sentiva di poter parlare senza la paura di vederlo ritrarsi spaventosamente in una delle pieghe della sua personalità da rompicapo.
L'altro fece per rispondere, senza nessun sorriso storto a deformargli i lineamenti, ma un tonfo sordo attirò l'attenzione di entrambi verso il divano. Il tomo da mille pagine che leggeva suo fratello era aperto sul pavimento, i fogli assottigliati dal tempo che si sfogliavano con il solo respiro, e Albus era scomparso, sbattendosi la porta alle spalle.
 
Fine flashback*************************************************************
 
Avanti...fallo adesso – lo provocò l'altro sollevando le braccia in orizzontale, a mostrarsi inerme – o sei così cagasotto da portarmi fino in culo al Basilisco prima di uccidermi – Non gli aveva concesso nemmeno una bacchetta, Incubus Mortimer, nemmeno la possibilità di difendersi.
E Scorpius era lì per ucciderlo. O meglio, aveva scoperto in seguito, per torturarlo finché non avesse rivelato loro quello che volevano sapere. Poi, solo dopo, lo avrebbe ucciso.
Ma non era solo questo, non era mai solo “qualcosa” quando Morti Boy decideva di metterti alla prova. Non era più sicuro di lui, non era più certo delle sue motivazioni, delle ragioni che lo muovevano, della sua decisione. Fare quello che lui diceva sarebbe potuto essere l'ultimo atto dimostrativo di quella folle impresa, l'ultima scelta fra quello che era e quello che sarebbe potuto diventare.
Forse così, si disse, non avrebbero più avuto bisogno di lei...
Scosse la testa: Scott Warrington non significava niente per lui. E Lily Potter nemmeno. Chi dei due avrebbe pagato il prezzo di quel folle progetto, non avrebbe fatto la differenza per Scorpius.
Si limitò a camminare ancora, la bacchetta puntata alla schiena di Scott Warrington, i passi soffici e silenziosi si Incubus alle sue spalle a rammentargli che il tempo stava scorrendo, e la bilancia della sua fedeltà pendeva ancora dalla parte sbagliata.
Aveva convinto se stesso che non gl'importava nulla della Resistenza, che partecipava a quelle assurde riunioni da invasati solo perché, da qualche parte dentro di lui, condivideva l'ingiustizia di essere cacciato come un animale solo per il nome che portava. Temeva Kingsley Shacklebolt e il potere che aveva nel Mondo Magico, e sentiva puzza di complotto da che quella storia era iniziata. Ma in quel momento, bagnato fino alle ginocchia di neve e con la punta delle dita gelate dal freddo della notte scozzese, c'erano solo la schiena magra di Scott Warrington e l'urlo di sua madre mentre si accasciava a terra, a rompere il ritmico pulsare del sangue nelle sue orecchie.
Incubus gli si affiancò con un movimento fluido; sembrava che il suo solo muoversi scostasse la neve dai suoi piedi, mantenendolo asciutto e caldo, esattamente come sembrava appiccicarsi alla pelle insensibile di Scorpius per scorticargliela di gelo. Continuò a camminare, la bacchetta a sfregare contro la schiena di Warrington ad ogni passo, mentre Incubus lasciava che il suo sorriso aleggiasse sulle labbra, la cicatrice sulla guancia a ricordargli quanto di lui ancora non conosceva. Troppo forse, probabilmente abbastanza da convincerlo a scappare lontano un milione di miglia per lasciarsi alle spalle lui e il suo Esercito della Resistenza.
 
Flashback********************************************************
 
Scorpius osservò la porta della Stanza delle Necessità anche quando i cardini furono scomparsi e il muro ricambiò il suo sguardo solido e intatto.
Fran lo fissava, la maschera indossata fino a poco prima al sicuro nella borsa dei libri, e sul viso un'espressione sospettosa
A Incubus non piacerà – mormorò mentre discendevano le scale che li avrebbero condotti alla Sala Comune – non gli piacerà per niente Scorps – scrollò le spalle
Ci pulisco la cacca di gufo con quello che piace o non piace a Incubus – ribatté allungando il passo. Gli stivali di vernice rossa di Frannie riflettevano impietosamente le fiamme delle torce – io non ucciderò un ragazzo che nemmeno conosco solo perché lui ha bisogno di essere certo della mia fedeltà – le puntò lo sguardo furioso addosso – che lo faccia lui, se ci tiene tanto a mandare un messaggio – roteò gli occhi ripetendo con spregio le parole pronunciata poco prima da lei. Frances Ilbys era un burattino in balia di quel folle, ormai c'era poco che lui potesse fare, ma non sarebbe diventato lui stesso una marionetta di cui tirare semplicemente i fili. Suo padre, nella sua immensa inettitudine di genitore, gli aveva almeno insegnato, non volendo, ad essere indipendente. Draco Malfoy aveva rovinato se stesso perché non era mai stato capace di agire con la sua testa, di smettere di pensare a cosa suo padre, i Purosangue, o Salazar Serpeverde avrebbero pensato di lui. Era sempre stato un codardo, e un incapace, così abituato a prendere ordini e a servire da non rendersi nemmeno conto di chi o cosa distruggeva sulla sua strada. Se Scorpius avesse mai ucciso qualcuno, sarebbe stato perché lui voleva farlo, e non perché il nuovo Lord Voldemort dei poveri aveva bisogno di certezze. Che le cercasse in un fottuto manuale di psicologia babbana, le sue certezze, Scorpius Hyperion Malfoy non gliene avrebbe garantita nessuna.
Lasciò che lei lo precedesse lungo il corridoio, per essere libero di pensare, di riflettere, di ponderare. Il viso di Scott Warrington, spaventato ma battagliero, aleggiava davanti a lui come se fosse stato reale, marchiato a fuoco nella sua mente. Poteva ancora leggere nei suoi grandi occhi azzurri il timore e la rabbia, la determinazione e il rifiuto. Aveva tremato lievemente quando Scorpius aveva estratto la bacchetta puntandogliela contro, ma non aveva smesso di fissarlo negli occhi attraverso l'oscurità e la maschera che portava. Voleva guardarlo mentre lo uccideva, voleva essere l'ultima cosa che Scorpius avrebbe ricordato di aver visto prima di mettere fine alla sua vita. Lo sfidava a farlo, esattamente come aveva sempre sfidato il mondo per il semplice fatto di essere quello che era.
Ma Scorpius non aveva pronunciato l'Avada Kedavra come Incubus e il suo fans club avevano atteso. Scorpius aveva abbassato la bacchetta, e si era voltato verso il resto della Resistenza, incappucciata, a pochi passi da lui nell'oscurità.
“La Foresta Proibita è più sicura. Nessuno troverà il suo corpo” aveva detto, e Incubus aveva sorriso follemente da sotto il cappuccio scuro.
“E sia” si era limitato a ribattere.
Incontrò lo sguardo di Incubus Mortimer ai piedi delle scale
Fran, Ardhesia ti aspetta in Sala Comune – disse alla ragazza, congedandola con un gesto della mano. Il suo viso era di nuovo libero da impicci, la divisa inamidata della scuola gli scivolava con naturalezza sul corpo, i capelli castani erano pettinati e in ordine, così come il nodo della cravatta. A confronto con la felpa degli Appleby Arrows e i suoi calzoni di flanella grigi, sembrava appena uscito da un catalogo di Gabrielle Delacour Collezione Scuola.
A dopo – disse semplicemente Fran prima di dileguarsi, a nessuno in particolare.
Incubus lo invitò a seguirlo con un gesto appena accennato della mano. Camminarono a lungo prima che il ragazzo decidesse che era arrivato il momento di dirgli quello che, fottuto Grifondoro, doveva dirgli. Non che lui non lo immaginasse, al contrario, ma questo non avrebbe impedito all'altro di sottolineare ampiamente il concetto.
Ho il sospetto che sia coinvolto con il rapimento dei tuoi genitori – esordì – suo padre è stato processato dal Ministro in persona per favoreggiamento, ed erano tutti certi che sarebbe stato condannato, e invece, miracolosamente, dopo il rapimento dei tuoi genitori è stato rilasciato. - Scorpius si voltò verso di lui, scettico
Mi stai dicendo che è il Kingsley Shacklebolt a manovrare i Traghettatori? - rise senza allegria – certo, e Harry Potter è il suo braccio destro – Incubus lo guardò con leggerezza e sicurezza di sé
Probabile - lui sbuffò, infastidito
Ti hanno Confuso una volta di troppo Mortimer – ma l'altro non sembrava scalfito minimamente dalle sue parole
Non trovi che sia alquanto curioso che il Salvatore del Mondo Magico, Colui Che Ha Sconfitto il Signore Oscuro, arrivi sempre un minuto in ritardo, sia sempre un passo indietro, rispetto ai Traghettatori, e non abbia un solo indizio in grado di trovarli? - rise malignamente, quasi come se lo trovasse ingenuo – Scorpius, Scorpius, Scorpius...è quella famiglia – i suoi occhi brillarono alla luce delle torce, mentre si fermava sull'ultima rampa di scale, e lo osservava – ti ho condotto da loro perché li ingannassi, e hanno finito per ingannare te – sorrise, come se questo non lo preoccupasse, e, anzi, lo riempisse di divertimento – non sono i buoni, Scorpius -
Harry Potter mi ha dato la sua parola – lo disse tutto d'un fiato, vergognandosi per quelle parole così tremendamente fiduciose. Incubus sogghignò
Bene, ora ti fidi anche della parola del nemico. Quando diventerai il loro sponsor potrò ufficialmente dichiararmi sconfitto – riprese a camminare, lasciando che lo sguardo vagasse nell'ampio ingresso. Si passò una mano fra i capelli scuri – sai Malfoy? Potter aveva giurato di proteggere anche mio padre, e lui è morto, mia madre è morta, sono tutti morti – si voltò un'ultima volta – così come morirà il tuo. E l'unica cosa che ti è concessa di fare e arrecare ai traditori e assassini dei Purosangue lo stesso dolore che hanno causato a te – solo in quel momento Scorpius si rese conto che la leggera sicurezza di Incubus era una maschera, al pari della sua, così ben costruita e recitata da non dare nemmeno avviso della sua esistenza, eppure costantemente presente. La rabbia, il dolore e la voglia di vendetta non lo lasciavano mai, così come non avrebbero mai liberato lui.
Harry Potter gli aveva fatto una promessa, ma Scorpius non poteva fidarsi di lui, così come non poteva fidarsi di Incubus Mortimer; chi agisce per vendetta non è un alleato affidabile, lo sanno anche i bambini.
Ma perché mai il Prescelto Protettore dei Mezzosangue Di Tutto Il Mondo avrebbe rischiato la vita per salvare qualcuno che odiava? Perché mai accoglierlo nella sua casa, regalargli una stupida sciarpa fatta a mano, salvargli la vita, probabilmente, se non per ripulirsi la coscienza?
Nessuno gli aveva mai offerto niente, meno che mai protezione e affetto, senza un motivo.
E Harry Potter, il nemico numero uno della sua famiglia, l'incubo di suo padre, l'uomo la cui sola esistenza aveva minato le fondamenta della stessa sanità mentale di Draco Malfoy, non poteva essere l'eccezione.
Sospirò. Forse Incubus non era la persona migliore con cui allearsi per trovare la vendetta, se non per arrivare in tempo per salvare Draco e Astoria, ma se non altro era qualcuno che non lo confondeva costantemente. Era folle, probabilmente avrebbe ucciso Scott a sangue freddo nella Foresta Proibita, ma Scorpius sapeva cosa aspettarsi da lui. Sempre il peggio. Ma almeno sarebbe andato fino in fondo.
Era uno dei cattivi, e dai cattivi sai sempre cosa aspettarti.
Sei sicuro di quello che dici? - tentò un'ultima volta – hai la certezza che Warrington sappia qualcosa? - il sorriso dell'altro si allargò, conferendogli un'aura profetica inquietante
Se non ha nulla da dire, non ha nulla da temere – concluse – la Maledizione Cruciatus ha sciolto molte lingue, amico mio, se non scioglierà la sua, significa che mi sono sbagliato – ma il suo sguardo non tradiva un briciolo d'incertezza
E... - Incubus si fermò di nuovo, davanti alla porta della loro Sala Comune, voltandosi appena a guardarlo.
E io tendo a diventare irritabile quando mi sbaglio... - una scintilla di pura follia gl'illuminò lo sguardo, una luce che non aveva nulla a che fare con il fuoco delle torce, o il riflesso della luce sulle cornici dei quadri, era proprio lui, nella sua intera e completa pazzia.
Fine Flashback*******************************
 
Si fermarono nel mezzo di una radura innevata, dove sembrava che nessuno avesse messo piede da anni. E Incubus gli fece segno di fermarsi.
Nessuno qui sentirà i suoi lamenti – decretò scrollandosi un po' di neve dal mantello. Aveva ripreso a nevicare, e ormai Scorpius aveva perso la sensibilità alle gambe. Un cielo coperto di nubi temporalesche li sovrastava, permettendo alla luna piena di filtrare a malapena attraverso la coltre spessa.
Scorpius si trovò a pensare che fosse buffo, se non triste, che Louis Weasley si sarebbe trasformato, o avrebbe resistito alla trasformazione con la Pozione Antilupo, fra atroci dolori, paragonabili solo a quelli causati dalla Maledizione Cruciatus. Quella notte così prossima all'alba, entrambi avrebbero desiderato di morire più di una volta.
Inspirò, puntando la bacchetta contro Scott Warrington, sperando, da qualche parte dentro di sé, che quel testardo ragazzo non decidesse di morire da eroe.
 
***
 
Rose Weasley gli strinse la mano finché non crollò, stremato, sul giaciglio di coperte e cuscini che poche ore prima era stato il suo letto. Louis respirava affannosamente, contorcendosi fra le coperte come se le ossa volessero schizzargli via dalla pelle. Trasformarsi sarebbe stato doloroso, ma non quanto non farlo. Il lupo che era il lui lottava per venire fuori, premendo contro le articolazioni e i muscoli, tirando e premendo dentro la sua gabbia toracica, nella sua testa, contro le cavità oculari, per liberarsi.
Era uno spettacolo terribile. La sofferenza di suo cugino era palese, anche se stava lottando disperatamente per contenersi. Decine di volte si era chinata a sussurrargli nell'orecchio che poteva urlare, dimenarsi, imprecare. Lì, protetti dal Muffliato, nessuno lo avrebbe sentito.
Ma Louis aveva scosso vigorosamente la testa, mordendo allo spasimo il lembo di coperta che aveva stretto fra le labbra quando tutto era iniziato. Aveva morso, aveva pianto, lacrime strazianti che gli scivolavano sul viso contratto in una smorfia di sofferenza inesplicabile.
E lei era rimasta con lui, tutto il tempo, lacrime di dolore impotente che le solcavano il viso e precipitavano ignorate sul colletto della divisa. Le braccia piene di graffi, le mani con le ossa quasi in frantumi per la stretta serrata di quelle di Louis, aveva ignorato il dolore fisico e non si era mai alzata, né spostata, né ritratta dalla figura deforme che lui era diventato talvolta, con le ossa del viso e del corpo che si rompevano e si rinsaldavano un secondo dopo l'altro, conferendogli l'aspetto di una creatura spaventosa.
Altair Rigel King, con tutta la sensibilità di cui disponeva, le strinse una spalla, tirandola via
Fra poco sarà finita – le sussurrò all'orecchio sfiorandolo appena con le labbra. Rose si alzò, lasciando che la circondasse da dietro con le braccia. I graffi le dolevano terribilmente, ma non quanto a Louis aveva fatto male infliggerglieli, quindi non parlò, lasciando andare la testa contro il petto di lui.
Rose non era mai stata una persona amante del rischio. Le piacevano i libri, le tazze di cioccolata calda davanti al camino mentre chiacchierava con Albus, e Hugo e Lily si sfidavano all'ultimo sangue agli Scacchi dei Maghi, le passeggiate sul Lago Nero finiti gli esami, a rilassarsi per qualche giorno prima delle vacanze. Le piaceva il Quidditch, dove diventava una tifosa inesauribile, specialmente sugli spalti dei Grifondoro, e le piaceva ballare, in mezzo alla gente, la vitalità e il senso di libertà che le trasmetteva.
E le piaceva Altair Rigel King, il suo passato misterioso, la sua storia triste, la sua intelligenza e il suo senso pratico. Le piaceva che volesse aiutare Louis anche se poteva smettere di farlo, le piaceva che l'avesse lasciata restare, quando poteva giudicarla troppo giovane o emotiva per assistere.
Le piaceva che non avesse fatto commenti sulle sue lacrime, o sulla sua testardaggine. E sì, forse, le piaceva anche il suo essere un po' “rischioso”.
Ma in quel momento, soprattutto, le piacevano le sue braccia attorno alla vita, l'odore del suo dopobarba nelle narici, e i capelli ricci che le solleticavano una guancia.
Louis lanciò un ultimo urlo agghiacciante, poi si lasciò cadere privo di sensi sul mucchio di coperte e cuscini del letto a baldacchino di King. E finalmente smise di soffrire.
King la fece voltare nella sua stretta, asciugandole con una gesto le lacrime fredde sul viso
Non avresti dovuto vederlo – la rimproverò con serietà – non è una cosa che... - ma lei scosse la testa con decisione
Se Louis ha la forza di sopportarlo, io devo avere almeno la forza di assistere – King serrò la mandibola in un lungo sospiro
Il tuo rapporto peso-testardaggine batte tutti i record Weasley – mormorò sfiorandole le labbra – quasi quanto il mio – la baciò, un po' ruvidamente, come ormai lei sapeva avrebbe fatto.
Gettò uno sguardo all'orologio appeso alla parete e si separò da lui, più riluttante di quanto avrebbe voluto
E' tardissimo – lo frenò sul nascere – domattina il mio professore di Difesa Contro le Arti Oscure vorrà la mia testa se mi addormenterò a lezione – lo prese in giro sciogliendosi dalla stretta
Ne sono sicuro – King l'afferrò per l'orlo della gonna e l'attirò nuovamente a sé – la tua testa, e molto altro – la prese in giro, sorridendo contro le sue labbra.
Louis gemette nel sonno, e Rose gli poggiò le mani sulle spalle
Devo andare – disse semplicemente, stampandogli un bacio a fior di labbra, poi il suo sguardo vagò sul corpo fradicio di sudore di Louis – digli che – ma le sue parole rimasero in sospeso, perché sulla Mappa del Malandrino, aperta sulla scrivania ingombra di pergamene di King, che Rose e Louis avevano usato per arrivare fino a lì e controllare che nessuno li disturbasse, era appena comparso qualcuno che non sarebbe dovuto essere a Hogwarts. Merlino, non sarebbe dovuto essere nemmeno in Scozia, in quel momento. Sarebbe dovuto essere lontano mille miglia, in qualche covo segreto dei Traghettatori, a morire, forse, di una morte tremenda.
Si avvicinò alla Mappa e l'arrotolò con veemenza, stropicciandola
Che succede? - King la osservava con un sopracciglio sollevato. Rose gli mentì, perché non poteva sopportare di lasciare Louis lì da solo, mentre lei e King correvano alla ricerca di qualcuno che non poteva assolutamente trovarsi nel Castello. La Mappa mentiva, era certo, o era difettosa.
Se la strinse al petto e si sforzò di sorridere
Solo Stan Picchetto – sistemò la Mappa sotto il braccio e sistemò con un gesto distratto la camicia e la cravatta rossa e oro. Dopodiché, con un sorriso e un ultimo sguardo a Louis, uscì dalla stanza, sospirando.
 
***
 
Lily riaprì gli occhi nella luce soffusa di una lampada ad olio. Un uomo anziano ma ancora vigoroso, a giudicare dall'aspetto, la fissava con sguardo concentrato e pensoso. Aveva i lineamenti tipici di un nativo americano, e i capelli sale e pepe tagliati corti, molto borghese, molto ordinario, molto cittadino modello. Al collo portava un ciondolo simile a quello che Lily aveva visto addosso a Wahya, una zanna di lupo dall'aria molto “vera”. I suoi occhi neri la fissavano
Ben svegliata piccola rossa – le diede il benvenuto aspirando una generosa boccata da una pipa intagliata con immagini di natura selvaggia. Lily tentò di mettersi a sedere, ma aveva una spalla e una gamba immobilizzate. Non percepiva il dolore, solo un diffuso torpore in tutto il corpo, come se fosse stata anestetizzata, o drogata. L'uomo le sorrise bonariamente – ti abbiamo fatto bere un decotto di erbe, non sentirai dolore per molte ore. - Lily si tastò debolmente la tasca interna della divisa, inutilmente, la sua bacchetta non era lì – temo che mia figlia non abbia giudicato prudente lasciarti in possesso della tua... - s'interruppe, ponderando la parola giusta – arma – sorrise, tirando una generosa boccata dalla pipa di legno, guardandola negli occhi – a giudicare dalla prontezza con cui eri pronta a estrarla, ha avuto ragione -
Non avevo dubbi su questo papà – Wahya, di nuovo in forma umana, entrò con un mezzo sorriso abbozzato sul viso attraente. I capelli castani le ricadevano fluentemente sulle spalle, come se non fosse reduce da una terribile trasformazione.
Perché sono qui? - provò a chiedere Lily, ma la bocca era impastata, e le parole le vennero fuori a stento, soffocate e goffe.
Wahya, che non sembrava più intenzionata a mangiarla, allargò le braccia, come a voler contenere l'intera casetta di legno in cui si trovavano. Lily osservò la grande stanza quadrata, il grosso camino alla parete opposta, il letto sul quale l'avevano riposta, un divano e qualche mobile, un cucinino con un tavolo e quattro sedie da una parte, e una porta che doveva separare la stanza dal bagno, all'estremità opposta di dove si trovava
Perché dovevi vedere questo posto prima di giudicarmi folle – sorrise e si sedette accanto al padre, a gambe accavallate – e devi conoscere la mia gente – poco alla volta, un gruppo di imponenti ragazzi dall'aria stanca, sfilarono nella stanza con espressioni diverse di curiosità, diffidenza, interesse e ritrosia, che non nascondevano comunque l'impellente desiderio di una bella dormita. Se tutti loro erano licantropi, così come lo era Wahya, erano rimasti in forma di lupo per tutta la notte, ed ora, stremati, non desideravano altro che poter riposare. Un ragazzo attraente, dall'aria gentile, ma con una calda lama di sospetto negli occhi scuri, fece un passo avanti
Sono Paul Show, il fratello di Wahya – a turno tutti si presentarono, salutandola con vaghi cenni del capo o autentici sorrisi.
Siamo quello che resta dei Cherokee delle Smokey Mountains dopo che siamo stati attaccati il settembre scorso – annunciò con voce roca l'uomo con la pipa – io sono Samuel Show, il capo tribù, e mia figlia Wahya è lo sciamano del branco, colei che può vedere oltre l'orizzonte della natura mortale -
Già, e noi siamo i parenti poveri che si trasformano una volta al mese e scorrazzano per la Foresta Proibita – bofonchiò il gigantesco Paul, il torace nudo che riluceva con le fiamme del camino acceso. Nessuno di loro pareva avere freddo, osservò Lily, quindi quelle persone avevano avuto l'accortezza di accendere il fuoco per farla stare calda. La sua opinione su di loro guadagnò punti.
Improvvisamente si rese conto di chi erano quelle persone, e del perché le era sembrato che il suo cervello lavorasse febbrilmente alla ricerca di qualcosa. Malgrado il torpore infertole dal decotto che le avevano fatto bere, Lily rimise insieme un pezzo dopo l'altro
Voi siete i lupi che hanno attaccato la scuola alla festa di Halloween! - biascicò senza dare l'intonazione che voleva a quelle parole. Il riflesso della fuga si scatenò in lei, ma il suo corpo era troppo debole per reagire come avrebbe dovuto.
Wahya annuì gravemente
Mi dispiace molto per quanto è accaduto allora – mormorò – eravamo in un territorio ostile, e c'era odore di sangue ovunque – arrossì al di sotto della pelle di caramello – ho perso il controllo del branco per un attimo, e abbiamo rischiato di uccidervi – abbassò lo sguardo, dolorosamente contrita – purtroppo ero convinta che il gigante fosse un nemico, e cercavo di proteggermi. Non avevo idea che fosse uno di voi – Lily ripensò a quella notte, alla lama evocata dalla bacchetta di Scorpius che roteava pericolosamente vicino al muso del lupo. Pensò che poteva uccidere la ragazza che aveva amato, e che forse amava ancora. Un brivido le corse lungo la schiena, che non sfuggì allo sguardo attento e onnisciente di Wahya Show – Non voglio farti del male Lily Potter, ma qualcun altro sì – la fissò gravemente – e se non ti avessi portata qui, rivelandoti quello che sono, quello che siamo, io e la mia tribù, da millenni, non mi avresti mai creduto – lasciò correre lo sguardo fuori dalla finestra chiusa, alla notte che si rischiarava piano e diventava alba – i miei avi erano celebri, fra le altre cose, per il loro dono della Vista – i suoi occhi così antichi si dischiusero appena – io, mio malgrado, ho ereditato questo dono – si alzò, e prese a vagare per la stanza, accarezzando al suo passaggio una fotografia, una statuetta intagliata, una pietra colorata, una piuma appesa al muro. Sembrava che vedere il futuro non fosse poi quella gran figata che Lily aveva sempre pensato. I suoi occhi, le sue spalle, la piega delle labbra e la stanchezza delle membra, rivelavano che vedere oltre l'umano, oltre il possibile, avere la cognizione di quello che sarebbe stato, non era per lei una punizione più lieve dell'essere una licantropa. Il dolore che provava, in quei momenti, doveva essere lancinante per la mente almeno quanto il lupo che si manifestava in lei lo era per il corpo
Quando ci hanno attaccati – intervenne Samuel Show, la bocca libera dalla pipa, ormai spenta, abbandonata sul comodino accanto a lui – volevano Wahya – dichiarò con espressione dura – quella feccia, quei mezzi uomini, hanno ucciso i nostri fratelli, e distrutto la riserva, perché ci siamo rifiutati di consegnarla – strinse a pungo le mani nodose sulle ginocchia.
Lei voleva consegnarsi, ma non gliel'abbiamo permesso – proseguì Paul, l'unico rimasto nella stanza, dopo che i suoi amici si erano dileguati silenziosamente per concedersi qualche ora di meritato riposo. La ragazza sospirò, addossata alla parete dell'entrata
Una tribù sopravvive senza uomini – sussurrò come in una filastrocca imparata a memoria – ma perisce senza la magia della terra – sospirò, riavviandosi i capelli dietro una spalla. Poi si avvicinò a lei, scivolando incorporea sotto la luce delle fiamme scoppiettanti – il mio fato è stato infausto con me, Lily Potter, ma il tuo ti metterà egualmente alla prova – dichiarò con lo sguardo antico perso nel vuoto del mondo. Poi si voltò, con quei suoi occhi dall'aria immortale, triste e amareggiata, quasi sconsolata – qualcuno che ami ti tradirà Aquila Rossa, e distruggerà il tuo mondo per sempre -
Il silenzio di quell'attimo fu rotto da un ululato profondo e allarmato
Accade qualcosa – Samuel Show si alzò con un balzo più agile della sua età
Dalle la sua bacchetta papà – ordinò Wahya.
L'uomo obbedì, e Lily si concentrò profondamente prima di pronunciare l'incantesimo. Suo fratello sarebbe stato molto più bravo di lei, ma Albus non era lì, e non era nemmeno sicura l'avrebbe curata, se avesse potuto. Forse le avrebbe lasciato provare un po' di sano dolore fisico, per infilare una manciata di sale nella sua zucca bacata.
Epismendo – urlò mentre le ossa della spalla si rinsaldavano e tornavano al loro posto, e quasi perse la presa sulla bacchetta. E urlò di nuovo, quando anche il ginocchio rotto tornò normale. Un attimo dopo il dolore finì, e la lacrima solitaria che non era riuscita a trattenere, scivolò sul viso arrossato
Andiamo -
***
 
Scott Warrington giaceva in ginocchio, in attesa.
Scorpius strinse la bacchetta selvaggiamente, sbiancandosi le nocche. Ma nessuna luce bianca fuoriuscì dalla sua punta, tesa allo spasimo.
Incubus sospirò, apparentemente calmo, mentre i fiocchi di neve si facevano sempre più grandi e numerosi sulle loro teste e attorno ai loro corpi.
Poteva sapere dove si trovava suo padre. Poteva portarlo da lui e da sua madre, se erano ancora vivi. Oppure poteva morire nel tentativo di convincerli che non ne sapeva nulla; in ogni caso...
Dove sono i maghi scomparsi Scott? Dove li tiene segregati il Ministro? - esordì Incubus mentre la mano di Scorpius tremolava nella luce dell'alba. L'altro sollevò entrambe le sopracciglia, poi scoppiò in una risata simile ad un colpo di tosse
Salazar, allora è per questo che sono qui? - gli occhi di Incubus, scintillarono di rabbia – se mio padre c'entrasse qualcosa, genio, non credi che mi avrebbe protetto meglio di così? - poi si fece scuro in volto – aspettate un momento. Se voi non siete i Traghettatori, e non avete mio padre, lui dove diavolo è? - Scorpius si soffermò un attimo ad osservare la postura apparentemente rilassata di Incubus, e notò in lui un fremito. Se la Resistenza non aveva preso Warrington e sua moglie, significava che...
Diccelo tu – ribatté Incubus con voce melliflua – sei tu quello alleato del Ministero – Scott scosse nuovamente la testa, visibilmente contrariato
Io non c'entro un cazzo con quelli del Ministero. Non so chi abbia rapito tuo padre, Malfoy, e nemmeno chi ci sia dietro tutto questo – la voce era calma, nonostante tremasse visibilmente, e manteneva un cipiglio determinato, anche con una bacchetta puntata addosso. Scorpius si chiese se non aveva paura di lui, o se semplicemente non contava che l'avrebbe fatto – sono solo un idiota che si è lasciato condizionare da voi invasati Serpeverde del sangue puro, e ha lasciato scappare l'unica persona al mondo con cui non ha dovuto fingere di essere qualcun altro – sputò a terra, ai loro piedi, e la saliva calda affondò immediatamente nella neve alta.
Scorpius serrò la mandibola abbassando la bacchetta. E lui? Cos'era diventato lui?
FERMI! - una voce cristallina frantumò il silenzio della radura. Entrambi si voltarono.
Merda – imprecò Scorpius a denti stretti mentre la chioma castano ramata di Rose Weasley si agitava nel vento dell'alba; la neve le vorticava intorno come un'amara premonizione, e il mantello nero della divisa spiccava quasi doloroso nel bianco che la circondava. Una scopa da corsa giaceva abbandonata contro un tronco. Ragazza intelligente.
Signorina Weasley! - la salutò Incubus con una smorfia inquietante sul viso – ci rivediamo – lei lo fissò con astio e violento ribrezzo
Sapevo che qualcosa non andava in te – lo sfidò – ma questo – i suoi occhi scuri volarono da Incubus a Scott Warrington, ancora inginocchiato e legato in mezzo alla neve – cosa... - in quel momento, sia Scorpius che Incubus sguainarono le bacchette, l'uno verso Scott, l'altro verso Rose Weasley
Obliviate! - pronunciò chiaramente lui; gli occhi di Scott si fecero vacui mentre Scorpius estirpava i ricordi degli ultimi giorni, da quando si supponeva fosse stato rapito dai Traghettatori. Si concentrò, violentemente, serrando la mandibola. Si chinò a slegarlo, e si voltò.
L'incantesimo che Incubus aveva scagliato contro Rose Weasley non aveva sortito alcun effetto, mentre lei si difendeva agguerritamente da ogni attacco, schivando e parando in un continuo scintillare d'incantesimi.
Incarceramus! -
Expelliarmus! -
Protego! -
Stupeficium! - il duello sembrò non dover avere mai fine, mentre i fasci di luce si scontravano, rimbalzavano e si frantumavano contro i tronchi degli alberi.
Incubus si limitava a respingerla, tentando invano di disarmarla o schiantarla, senza successo. Se avesse voluto ucciderla, in quel suo modo contorto di vedere il mondo, probabilmente lo avrebbe già fatto.
Si lanciò contro di lei, Incubus Mortimer, e rotolarono a terra, in un agitarsi di braccia e gambe fasciati di scuro
Lasciami! - urlò lei rossa in volto, mentre l'altro la immobilizzava
Sono certo che prima o poi lo farò – sogghignò tenendole fermi polsi, per disarmarla. La bacchetta di lei scivolò fuori portata. Incubus si abbassò su di lei, sussurrandole qualcosa all'orecchio, e la Seccchiona si dimenò con violenza, premuta a terra dal peso di lui, che sembrava tenerla ancorata al terreno senza sforzo.
Prevedi di farle le coccole ancora a lungo, o pensi di darti una mossa? - sbottò Scorpius dopo qualche secondo.
Alla fine Incubus estrasse la bacchetta e gliela puntò contro
Obliviate – scandì, e il suo incantesimo raggiunse la Secchiona con maniacale precisione. Rose Weasley si sarebbe risvegliata convinta di aver trovato Scott nella radura, svenuto, e di averlo soccorso. Lui e Incubus non sarebbero mai esistiti.
Incubus gettò uno sguardo distratto a Scott Warrington, privo di sensi a pochi passi da loro, e sorrise, sollevando la Weasley fra le braccia senza sforzo. Lei si strinse a lui, inconsapevolmente, gli occhi vacui di chi vive in una dimensione parallela.
Dovrai farle dimenticare anche il tuo atto di estrema cavalleria Morty Boy – osservò Scorpius quando lui l'adagiò nella neve accanto a Scott. L'altro si strinse nelle spalle, sistemandole il mantello sulle spalle
La vita è ingiusta – commentò caustico, prima di voltarsi verso di lui – Bel lavoro Malfoy, potresti essermi utile ugualmente, alla fine... -
Evviva! Perché non ci prendiamo anche una tazza di the per festeggiare, in attesa che ci trovino – sbottò lui sarcastico, appellando la scopa da corsa – monta, Principe dei Piani Fallimentari – inforcò la scopa, e attese che Sua Maestà delle Serpi facesse lo stesso.
Avrebbe potuto lasciarlo lì, probabilmente a morire congelato prima di tornare al Castello.
Avrebbe potuto lanciare un segnale con la bacchetta e chiamare qualcuno della Guardia appostato fuori dalla Barriera. Avrebbe anche potuto ucciderlo per davvero, per quanto ne sapeva, ora che si fidava di lui. Avrebbe potuto fare mille cose a Incubus Mortimer in quella gelida radura in mezzo alla Foresta Proibita, e non ne fece nessuna, lasciando che l'altro salisse dietro di lui e serrasse la presa sul manico di scopa.
Nel momento esatto in cui lui si alzava in volo, qualcosa alle sue spalle, nel folto della foresta, si agitò rumorosamente.
Ebbe solo il tempo di scorgere un enorme lupo dal pelo color cioccolato e un baluginare di capelli rosso fuoco. Lily?
 
Sono solo un idiota che si è lasciato condizionare da voi invasati Serpeverde del sangue puro, e ha lasciato scappare l'unica persona al mondo con cui non ha dovuto fingere di essere qualcun altro...
 
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Angolo della delirante autrice: come sempre ad orari folli questi capitoliXD
Chiedo scusa per la risoluzione un po' folle e affrettata del Caso Scott, ma non era mia intenzione tirarla per le lunghe, anche perchè non era lui il mio obiettivo primario^^
E' servito al suo scopo di chiarire un attimo la posizione di Scorpius all'interno della vicenda, e di far da scusa per vedere un po' di Rose e Incubus insieme, che, pare, ormai riscuotano un discreto successo ahahahaha
Spero di essere stata sufficientemente chiara nello spiegare quello che avevo lasciato in sospeso il capitolo scorso, ma in caso contrario, sentitevi pure liberi di ingiuriarmi quanto vorrete^^
Ormai il solito grazie per il Club dello Sclero Notturno e il loro folle amore per questa folle ff, e a tutti coloro che, pian piano, si aggiungono a questa grande famiglia sull'orlo di una crisi di nervi: lettori che seguono, preferiscono, ricordano e recensiscono questo mio lavoro, sempre più numerosi e fedeli. Vi rispetto e vi stimo, principalmente per il coraggio, sappiatelo^^
E ora che la mezzanotte si avvicina, vi auguro la buonanotte e un arrivederci alla prossima^^

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Capitolo 27
*** Oscurità ***


Oscurità

 
E io: «O creatura che ti mondi
per tornar bella a colui che ti fece,
maraviglia udirai, se mi secondi».
«Io ti seguiterò quanto mi lece»,
rispuose; «e se veder fummo non lascia,
l'udir ci terrà giunti in quella vece».
(Divina Commedia, Purgatorio, Canto XVI, vv 31-36 )
 
 
Correva, il respiro irregolare che si condensava in spesse nuvole bianche nell'aria gelida attorno a lei. La Foresta Proibita la circondava, spaventosa, soffocante, buia e straripante di suoni che il suo povero orecchio umano non riusciva a identificare. La neve le bagnava i polpacci ad ogni passo, sempre più lento, più faticoso, più inutile di fronte alla minaccia che la inseguiva.
Lui l'avrebbe trovata. A poco sarebbe servita quella fuga nel folto buio della foresta, i capelli intrecciati ai rami bassi delle querce, la divisa strappata dalle escrescenze di roccia che le graffiavano le braccia nude e le gambe a malapena coperte dalle calze di lana rosso e oro.
A poco sarebbero valse le sue suppliche di risparmiarla, di non ucciderla, di smettere di chiamarla a sé con quella voce lontana e indecifrabile, persa negli anfratti della foresta che si chiudeva su di lei con quella presa salda ed inquietante.
Pur nella neve alta che riusciva ad attutire ogni rumore, percepì chiaramente i suoi passi, lenti, cadenzati, quasi distratti. Non la stava inseguendo, aspettava che fosse lei a lasciarsi catturare.
Eppure era terrorizzata: intirizzita dal freddo e indolenzita in ogni parte del corpo per lo sforzo di fuggire, le mani dalle unghie rotte e sanguinanti che artigliavano il buio e la nebbia gelida che la circondava, gli occhi lacrimanti per lo sforzo di non battere le palpebre in quella foschia senza nome.
Si voltò indietro e lo vide, alto, snello, attraente e tenebroso, il viso in ombra, la sagoma confusa, i lunghi arti che si muovevano silenziosamente e ritmicamente vicino al corpo, un passo dopo l'altro
Rose – sussurrò la sua voce profonda come l'infrangersi delle onde sugli scogli – Rose – il suo nome si perse nel silenzio innaturale della Foresta Proibita, un silenzio denso e caramellato di gelo, e di ghiaccio che gocciolava dagli alberi spogli tintinnando in modo sinistro.
Lui continuò a camminare, un passo dopo l'altro, sempre più veloce, mentre le sue gambe non rispondevano più ai comandi, agitandosi in modo convulso e disperato senza avanzare di un centimetro. Il panico le si sciolse in gola in rivoli sempre più gelidi, afferrandole con dita invisibili il petto e i polmoni. Se solo avesse avuto la sua bacchetta, se solo fosse riuscita a correre più in fretta, a nascondersi, a perdersi nell'oscurità e a sentirsi a suo agio nel buio come lui. Ma non voleva più lottare, voleva solo lasciarsi trascinare nel baratro e chiudere finalmente gli occhi.
Rotolò a terra rovinosamente, stringendosi le braccia addosso per proteggersi dalla neve che le penetrava in rivoli ghiacciati nel colletto della divisa.
La prese che ancora si agitava, ansimando, sbracciandosi senza posa nella neve alle ginocchia.
L'afferrò mentre era sdraiata a terra, le unghie rotte che graffiavano il nulla tentando di afferrare una radice sporgente per sostenersi.
La sollevò fra le braccia, tenendola stretta. Un torace caldo, asciutto, che non poteva appartenere a lui, lui, che così furiosamente l'aveva inseguita. Come poteva, un assassino, avere quel respiro regolare, quell'odore di pulito, quella risata calda e carezzevole. E Rose desiderava lasciarsi andare a lui, come non aveva mai desiderato altro. Voleva che la trovasse, che avesse su di lei quel potere oscuro. Voleva appartenergli, con un'intensità tale da farle dolere il petto.
E lui si abbassò, a sussurrarle all'orecchio...
Per le palle di Merlino, Katie! E' più pallida della prozia Tessie! -
Rose spalancò gli occhi, incredibilmente sveglia, uno strascico di quel sogno che le rimaneva addosso, il formicolio alle dita strette a pugno e le labbra gonfie per lo sforzo di mordicchiarle nel sonno. Tutta la sua famiglia era lì, o per lo meno la metà che frequentava ancora Hogwarts, più una piacevole aggiunta: James Sirius Potter la guardava dall'alto del suo imponente fisico da giocatore di Quidditch, ridendo alle parole che suo fratello Hugo, Messer Pagliaccio, aveva appena rivolto all'infermiera.
Si guardò intorno, sorpresa che Lily non si fosse lasciata cadere sulle lenzuola ancora sporca di fango dopo l'allenamento di Quidditch, ma invece la trovò forzatamente sdraiata a due letti di distanza da lei, Katie che la esaminava spazientita dalle sue proteste
Katie, per le gonne di Morgana, sto bene! - si agitava sua cugina mentre la donna tentava invano di farle bere una pozione di qualche tipo. In mezzo a loro, sdraiato e immobile nel riposo forzato di qualche Pozione Sonnifera di quelle che piacevano alla Davis, asfodelo in polvere e tutto, Scott Warrington giaceva ancora un po' ammaccato ma apparentemente in salute. Niente ferite apparenti.
Subito, i ricordi di quella notte le affiorarono alla mente, Louis, King, la Foresta Proibita e Scott, riverso nella neve di quella radura, privo di sensi ma vivo. Nient'altro.
Oh Godric...Louis?! - la sua non era né una domanda né un'affermazione, ma solo un'inconscia richiesta d'aiuto; le urla di suo cugino, strazianti anche dietro la patina del ricordo, le risuonavano ancora nelle orecchie intorpidite come dolorose sferzate.
Teddy, un passo dietro Hugo, le sorrise rassicurante, con quella sua tristezza inconscia a illuminargli gli occhi azzurri incorniciati da un ciuffo spettinato di capelli castani. Anche quella straziante luna piena era passata.
Pensare che Louis avrebbe dovuto patire quel tormento per tutto il resto della sua vita, le fece correre un brivido lungo la schiena.
Rosie, lungi da me fare domande spinose – tentò James con quel suo sorrisone d'incoraggiamento – ma quando Lily ti ha trovata, hai farneticato qualcosa su un incubo prima di perdere i sensi – si passò una mano fra i capelli neri spettinati ad arte, trasformandosi nell'esatta copia del suo affascinante nonno scomparso. Nei suoi occhi nocciola chiaro, un lampo d'indecisione conferì al suo aspetto, distrattamente attraente, un'aura d'incertezza – ora ricordi qualcosa? Magari sul perché eri lì, come hai... - Lily si mise a sedere con decisione sul letto, a braccia incrociate, e mimò chiaramente al fratello la risposta fin troppo ovvia a quella domanda. Rose si tastò le tasche, preoccupata, ma la Mappa del Malandrino era scivolata chissà come fuori dalla sua divisa, per finire nelle mani di qualcuno che lei avrebbe scommesso essere Lily. Sospirò, lanciando a sua cugina uno sguardo grato e un po' imbarazzato, scuotendo la testa
Niente – come poteva confessare a tutti i suoi cugini, e agli amici, che piano piano si erano fatti spazio in Infermeria per salutarla, che ricordava solo calore? E desiderio di abbandonarsi? E pace? Come poteva, lei, Rose Weasley, una Caposcuola, studentessa e figlia modello, ammettere di non sapere nemmeno il perché si trovasse nel mezzo della Foresta Proibita a quell'ora del mattino, dopo essere sgattaiolata fuori dalla camera da letto di un insegnante, mentre suo cugino affrontava la notte di luna piena? - so solo che l'ho visto – abbassò la voce, ben attenta che nessuno di indesiderato potesse vederla – sulla mappa – dalla sua bocca uscì a malapena un sussurro impercettibile – e che l'ho seguito fino alla Foresta Proibita – si strinse nelle spalle, e un lancinante dolore alla schiena le fece serrare la mandibola con violenza – il resto è solo nebbia – è neve, e gelo, e braccia calde, e respiro che si condensava nell'aria...Serrò violentemente le palpebre, respirando profondamente – e Scott? - domandò voltandosi a gettare uno sguardo alla figura ancora addormentata e immobile di lui – si è mai svegliato? - James annuì gravemente, incrociando le braccia al petto. Portava un mantello nero con lo stemma di Hogwarts con sopra incrociate due bacchette, simbolo dei Guardiani, ricamato di filo d'argento e dorato. Le bacchette scintillarono quando si mosse
Papà sta arrivando per parlare con lui – arricciò il naso – anche se dubito che gli caverà qualcosa di più di noi – lui e Teddy si scambiarono un'occhiata intensa, che a Rose riportò alla mente quando erano piccoli, e James gli saltellava sempre intorno alla ricerca di attenzioni che il figlio di Lupin sembrava riservare solo a Victoire e il piccolo Albus, col quale aveva sempre avuto un'affinità elettiva. Suo cugino non lo avrebbe ammesso nemmeno di fronte al Wizengamot, ma aveva sofferto così tanto la mancanza di considerazione da parte di Teddy, da aver riversato su Albus le peggiori angherie, per pareggiare i conti. Si adoravano, ma Rose non avrebbe mai dimenticato la sofferenza negli occhi verdi del cugino quando osservava il fratello maggiore da dietro i suoi occhiali dalla montatura rettangolare, mentre faceva a pezzi il suo mondo...
 
Flashback*****************************************************
 
Fammi spazio Serpeverde – ringhiò suo cugino – o devo far diventare i tuoi capelli ancora più biondi? - James era poco più alto del figlio di Malfoy, ma aveva dalla sua due anni di vantaggio e una cricca di amici non indifferente.
Rose si strinse addosso il libro di Incantesimi del secondo anno, e si morse il labbro nervosamente: erano nel mezzo del corridoio del vagone centrale dell'Espresso di Hogwarts, mezza scuola era appena accorsa a ridacchiare per quello che stava accadendo, leccandosi i baffi in vista di un altro duello Potter-Malfoy, che non passava mai di moda, e presto qualche Prefetto, o peggio, un Caposcuola, sarebbe sbucato da uno scompartimento per cominciare a sottrarre punti a Grifondoro. Non voleva che James finisse in punizione; a volte era un gradasso, spaccone, e il suo ego raggiungeva le dimensioni di un Ippogrifo, ma lei gli voleva bene, tutti gliene volevano, perché riusciva a essere anche il ragazzo più amichevole, vitale e coinvolgente di tutta la Scuola. Ma con Malfoy...
Il biondo figlio del nemico di suo padre s'irrigidì, squadrando James con astio e sfida. Era un ragazzino mingherlino del secondo anno, taciturno e schivo, sempre circondato da un paio di Serpeverde che Rose conosceva di vista; non era nemmeno lontanamente ammirato, venerato o idolatrato quanto il quattordicenne asso del Quidditch James Sirius Potter, eppure non si faceva mai da parte, non si fermava per farlo passare né, come in quel caso, gli lasciava la precedenza nello stretto corridoio del treno.
Scorpius e James si fermarono a fronteggiarsi, l'uno torvo, la mandibola serrata e la bacchetta stretta nella tasca della divisa, l'altro con il sorriso tipico di chi ha già la vittoria in tasca. Malfoy era il più giovane Cercatore della Squadra di Serpeverde dai tempi di suo padre, e non aveva comprato nessun posto in squadra con un set di scope nuove, eppure James, che era capace di riconoscere il talento e la passione in chiunque salvo che in quel ragazzo dagli occhi sfuggenti, non lo aveva mai mandato giù. Sarcastico e pungente, suo cugino fissava l'altro dall'alto della sua tronfia popolarità, con un sorriso di scherno sul viso che lei aveva sempre visto sorridere affettuosamente.
Fece un passo avanti, colpendo il biondo al petto con l'indice sollevato
Fatti da parte Malfoy, o mi toccherà farmi spazio da solo – ma l'altro non si mosse, abbassando uno sguardo fosco e burrascoso sulla mano di James. La tensione era così spessa che ci si poteva camminare sopra, pensò Rose guardandosi intorno e incontrando le espressioni eccitate in attesa.
Poteva giurare di aver appena sentito quell'idiota di Annie Maddox sussurrare qualcosa come “Merlino, è troppo carino quando si arrabbia...” con quella sua voce da gallina in calore.
Ormai la folla si era accalcata per assistere ad un altro spezzone di “Chi James Potter umilierà quest'oggi”, e decine di teste sporgevano dagli scompartimenti per godersi lo spettacolo.
Scorpius Malfoy scostò il dito dell'altro ancora puntato su di sé, insolente e quasi sogghignante. Tutto il furore di poco prima si era trasformato in distratta indifferenza
Allora penso proprio che dovrai allargare il treno di un paio di carrozze, Potter, perché il tuo ego sembra piuttosto ingombrante ultimamente – lo canzonò facendo scintillare un sorriso storto – ma non ti preoccupare, c'è sempre lo scompartimento per gli animali – si strinse nelle spalle – non che ci siano tanti altri maiali tronfi sul treno, ma sicuramente troverai qualche gufo intellettualmente alla tua altezza – suo cugino fece scintillare il suo, di sorriso arrogante, e gli puntò la bacchetta alla gola, sorreggendola con il pollice e l'indice, dall'alto. L'attimo dopo, quella di Malfoy gli punzecchiò lo sterno.
In quel momento, con gli occhi di tutti fissi sui duellanti nel mezzo del corridoio, Albus si fece largo tra la folla inebetita, e si sistemò gli occhiali rettangolari sul naso, con un gesto automatico che urlava Harry Potter da tutti i pori. Con i suoi occhi verde smeraldo e i capelli scuri, Albus era il figlio che gli somigliava di più, ma aveva dentro di sé la pacata sicurezza di Lily Evans, e un po' della determinazione di Ginny. Nonché una certa propensione per i guai, che sembrava una tratto di famiglia trasmesso in abbondanza a tutti i figli Potter.
In quel momento suo cugino restò immobile, in silenzio, gli occhi verdi ridotti a fessure e una nervosa attenzione che gli faceva vibrare il corpo.
James premette di più la bacchetta di tasso sul collo dell'altro, e Malfoy deglutì, serrando la presa attorno alla sua.
D'un tratto, la presenza di Albus venne rivelata ad entrambi, quando Annie Maddox, finalmente, decise di spostarsi dalla linea di tiro di un possibile incantesimo
Fratellino – lo chiamò Jamie – hai visto chi c'è qui? Il tuo amichetto Malfoy – ma Scorpius non manifestò alcuna traccia di sollievo nell'incontrare lo sguardo di Albus. Fastidio, rabbia, disprezzo, semmai. Albus si sforzò di rimanere calmo
Arriva il Prefetto dei Corvonero, Jimmy – lo ammonì con un fil di voce da dodicenne. Rose s'infuriò; se c'era qualcuno capace di frenare le folli dimostrazioni di forza di James, quello era Albus, e se ne stava con le mani in mano ad aspettare che quei due se le dessero di santa ragione, magicamente parlando.
Sto solo cercando d'insegnare a Malfoy il diritto di anzianità – ribatté compiaciuto James, mentre Malfoy sbottava
Va' a farti un giro Potter Perfettino – lo schernì, il respiro corto per la punta della bacchetta puntata alla gola – qui c'è gente con le palle che ha da fare -
Hei! - sbottò James – quello è mio fratello, caccola! - i suoi occhi castani si mossero, e le sue labbra carnose furono sul punto di pronunciare un incantesimo, quando Albus, finalmente, parlò
James! - il fratello si bloccò a metà di un'imprecazione. In quella semplice parola Albus riuscì a mettere tutto, apprensione, rabbia e un'invocazione di aiuto, che sinceramente Rose non aveva pensato potesse attecchire in quel momento.
Ma James Sirius Potter usò il poco sale in zucca che sembrava essergli rimasto sotto i suoi capelli spettinati, e si voltò verso Malfoy con uno sguardo di sprezzante sfida
Ti è andata bene 'stavolta, Serpe – abbassò la bacchetta, allontanandosi di un passo e voltandosi verso Albus – e ringrazia il tuo amichetto Potter perché tornerai al tuo stupido vagone vicino al gabinetto tutto intero – si sistemò una piega inesistente della divisa e se ne andò, seguito a ruota dalla sua combriccola di fans adoranti e un nutrito gruppetto di ragazze.
Rose rimase lì ad osservare un altro Potter fronteggiare Malfoy, forse un altro Malfoy
Mi di... - esordì Albus abbassando gli occhi, ma le sue scuse non fecero grande presa sull'altro. Malfoy lo oltrepassò, furente, colpendolo con una spallata che quasi lo lanciò a terra. All'ultimo momento si voltò verso di lui, un nuovo sorriso di falsa indifferenza sul viso affilato, e osservò Albus ancora in piedi in mezzo al corridoio
Che succede Potter Fesso? Non vai a controllare che la piega della divisa del tuo fratellino sia a posto? Sia mai che sia fuori posto quando la Gazzetta del Profeta verrà a fargli le foto – strinse lo sguardo su suo cugino, che sembrò indietreggiare – sempre il solito mocciosetto senza palle eh? - scosse la testa, lentamente, rabbiosamente, i sottili capelli di un biondo innaturale che gli ricadevano disordinatamente sul viso arrossato dalla rabbia e il furore. Guardò Albus come se vedesse in lui qualcosa di veramente orribile, qualcosa da cui desiderava stare il più lontano possibile, pur non potendone fare a meno. Dopo un attimo di esitazione, forse di speranza che Albus dicesse qualcosa, sbuffò – va' a farti calpestare, in posizione eretta non ti riconosce nessuno – e se ne andò, in un frusciare di pantaloni inamidati e capelli sottili.
Rose rimase a fissare Albus, ancora immobile accanto alla finestra che dava sulla campagna assolata. Lo guardò sospirare, stringere i pugni e la mandibola del viso ancora infantile, sistemandosi gli occhiali sul naso. Poi abbassò la testa, cominciando a camminare dalla parte opposta.
 
Fine flashback********************************************
 
Quando Rose Weasley riaprì gli occhi sull'Infermeria, la stanza era buia e silenziosa, con solo il vento che sbatteva sulle finestre a ricordarle che era ancora viva, e che era notte inoltrata. Le gigantesche imposte che davano sul cortile interno erano totalmente ricoperte da uno strato di spumosa neve fresca, e anche la poca luce che sarebbe potuta penetrare dall'esterno era soffocata dalle intemperie.
Rose non avrebbe saputo dire cosa l'avesse svegliata, perché il silenzio attorno a lei era totale. La stanza era immersa nella più densa oscurità, se non per il distratto lampeggiare della brace della stufa, al centro della stanza, che lanciava bagliori sinistri sulle alte pareti di pietra. Rose si strinse addosso la coperta, invasa per un attimo dal disagio. E la sensazione di essere osservata, osservata da qualcuno che non aveva buone intenzioni.
 
Grab your gun
Talk about a hell
I'm no hero
Guilty as charged
 
Ben svegliata Rosie – se il pericolo avesse avuto voce, sarebbe stata la sua. Ma quella voce non aveva volto, solo un lampeggiare di denti bianchi e perfetti, e un baluginare di occhi foschi nel buio.
S'irrigidì, tirandosi la coperta su fino al mento, come se quegli stessi occhi potessero scrutarla anche sotto la camicia da notte di flanella che sua cugina le aveva passato di straforo quel pomeriggio.
Che cosa vuoi? - avrebbe voluto essere minacciosa e gelida, ma riuscì solo a trattenere il tremito delle labbra. Aveva freddo, un gelo strisciante e incorporeo, che le scivolava giù per la spina dorsale come un cubetto di ghiaccio a tradimento.
Silenzio. Lui non rispose, né respirò, apparentemente, celato al suo sguardo da una spessa patina di nera oscurità. Fu solo quando Rose credette di averlo sognato, che il suo sorriso lampeggiò di nuovo
Volevo accertarmi che stessi bene. Non è da tutti restare vivi a meno venti gradi, nel folto della Foresta Proibita – così la notizia aveva già fatto il giro della Scuola. Ovvio, si trovò a pensare lei smettendo di tremare. Riflettere, per Rose Weasley, era come imprecare o arrabbiarsi per qualunque altro essere umano, la rilassava, e le permetteva di combattere ogni sensazione negativa. E certamente, se Incubus Mortimer fosse stato una sensazione, avrebbe scelto l'angoscia.
Immagino che il mio stato di salute sia il primo punto della tua “Lista delle cose importanti” - osservò con una punta d'irritazione: come si permetteva, quel tizio, di entrare in Infermeria di notte a sincerarsi delle sue condizioni, quando mezza Hogwarts lo fissava come se fosse il nuovo Messia? Non teneva in considerazione il fatto che forse, lei, non urlava di gioia all'idea che i loro nomi fossero anche solo lontanamente accostati?
Dal lampeggiare del suo sorriso e dalla sua risposta, Rose Weasley, che nonostante tutto restava modestamente una delle persone più sveglie che lei stessa conoscesse, dedusse di no
Al secondo, al primo c'è sempre “Sovvertire l'Ordine Costituito” - nel suo tono non c'era traccia d'ironia, ma una cupa serietà, vibrante come la cassa di risonanza di un enorme tamburo. La sua stessa pelle stava vibrando di tensione, e di terrore, al solo suono di quelle parole. Nuovamente si chiese come potesse la gente vedere in lui qualcuno da venerare, quando la sua sola presenza era capace di far precipitare la temperatura in una stanza di dieci gradi. Immobile, l'altro attese la sua risposta.
Che cosa vuoi davvero Mortimer? Perché dubito caldamente che tu sia qui per avere un resoconto dettagliato della mia disavventura, o un autografo per il tuo Muro delle Celebrità – finalmente il sarcasmo impregnò la sua voce come desiderava. Il sarcasmo era decisamente meglio del terrore, e infinitamente più efficace. Il sorriso di lui lampeggiò a lungo, questa volta, come se qualcosa che aveva detto lo divertisse infinitamente, qualcosa di cui non l'avrebbe mai e poi mai messa a parte
Chi ti dice che sia qui per qualche motivo? Magari ero solo preoccupato per te – Rose deglutì. Non era normale che delle semplici parole avessero effetto sul suo corpo come vero e proprio contatto fisico. Una voce non poteva sfiorare, né afferrare, né scuotere, eppure la sua voce aveva fatto tutto questo. Inspirò, chiudendo gli occhi – forse voglio solo accertarmi che non ti sia sfuggito nessun dettaglio della tua...disavventura nella Foresta – eccolo, quindi, il punto. Incubus Mortimer era lì per avere l'esclusiva, per essere quello con la notizia più fresca, la mattina seguente, a Difesa Contro le Arti Oscure. S'irrigidì d'indignazione, incrociando le braccia al petto
Ho detto tutto quello che dovevo dire alle persone che m'importava sapessero – sbottò seccamente - e non ho bisogno di ricontrollare per sapere che tu non sei nella lista – un altro lampeggiare di denti bianchi e perfetti, un gorgoglio simile ad una risata, e il rumore flebile del grattare di una sedia sul pavimento di pietra. In quel silenzio avrebbe dovuto rimbombare come una palla di cannone nelle mura, invece fu solo un suono appena percettibile, come se Incubus Mortimer fosse davvero solo un incubo dal quale era impossibile svegliarsi, etereo e incorporeo, e altrettanto mortalmente spaventoso.
Rose si rilassò, avvertendo un silenzio innaturale circondarla, come se si fosse Smaterializzato. Non poteva, ovviamente, “non ci si può Materializzare e Smaterializzare entro i confini di Hogwarts”. Eppure sembrò che fosse lì, e l'attimo dopo no, e basta, semplicemente, senza andarsene. Solo, smettendo di “esserci”.
Poi l'aria vibrò attorno al suo viso, una folata di fiato caldo, e un breve contatto di labbra leggere sulla fronte, labbra incandescenti dalla consistenza impossibilmente reale. Un contatto infinitesimale, così breve e delicato che Rose, per molto tempo ancora, avrebbe pensato di averlo sognato. Ma un pensiero non poteva essere così caldo, e confortevole. Un pensiero non avrebbe mai potuto farla avvampare come se tutto il sangue le fosse affluito al viso. Doveva essere reale.
Poi tutto finì, nel lampeggiare di un sorriso folle e iridi dell'azzurro più fosco.
 
Found my faith
Living in sin
I'm no Jesus but neither are you, my friend
 
***
 
Lily rimase ad aspettare che suo padre interrogasse Scott Warrington per ore intere, prima di decidere che quello non era il posto per lei. Non conosceva Scott, non aveva saputo nemmeno della sua esistenza fino alla gita a Hogsmeade e tutto quello che era accaduto fra lui e Louis, e, con tutto quello che era successo, non aveva nemmeno davvero bisogno di essere coinvolta.
Il suo sfolgorante cugino, d'altra parte, aveva camminato in tondo talmente a lungo che Hugo non era riuscito a trattenersi dal ricordargli che rischiava di consumarsi le suole delle scarpe. Lou aveva quasi ringhiato, scoraggiando uno chiunque di loro dal commentare alcunché.
Da quel momento in poi, il silenzio teso allo spasimo era stato il ritornello della loro ristretta combriccola accampata fuori dall'Ufficio della Preside.
Quando Harry Potter comparve dalla scala a chiocciola sormontata dal minaccioso gargoyle che sorvegliava l'Ufficio, i suoi occhi verdi erano arrossati e stanchi, e la sua espressione sconcertata
E' come avevi detto – si rivolse a Teddy con un sorriso accennato dietro l'espressione stravolta – Obliviato, e da qualcuno che sa quello che fa – sospirò, passandosi una mano fra i capelli già sufficientemente arruffati. Due passi dietro Lily, James fece lo stesso.
Louis smise finalmente di scavarsi la fossa a suon di passi, e si rivolse a Harry senza troppe cerimonie
Posso vederlo? - suo padre dilatò lo sguardo un solo istante, prima di tornare tranquillo. Louis Weasley, comunque, non aveva la faccia di uno che avrebbe accettato un no come risposta, nemmeno se Harry Potter in persona gli avesse proibito di entrare in quella stanza, perciò si limitò a stringersi nelle spalle, annuendo, lievemente imbarazzato. Fu quasi comico vedere suo padre in imbarazzo, e Lily gustò quel momento come una perla rara, spingendola a fondo dentro di sé, dove nessuno potesse frantumare quel ricordo di lui, così deliziosamente umano di fronte alle emozioni violente di chi amava.
Suo fratello Albus, che di norma non parlava mai a sproposito, era rimasto profeticamente in silenzio per ore, osservando un punto davanti a sé, teso e concentrato, in attesa. Nessuno sopportava la tensione come Albus Severus Potter, nemmeno le Sfingi.
Chi pensi sia stato a liberarlo? I Traghettatori, o è riuscito a scappare? - pose la domanda come se non considerasse più Harry un padre, ma qualcuno con cui confrontarsi alla pari. Ed era sempre stato così, da che lei ricordasse, fra loro. Guardò Harry negli occhi, e scambiò con lui quel genere di sguardi da far impallidire i Codici Segreti delle spie di tutto il mondo. Lily non avrebbe saputo dire se Harry avesse imparato a dire tutto con un solo sguardo nascondendosi da Voldemort nella Guerra Magica, o se fosse una dote innata che lui, Hermione e Ron avevano perfezionato da quando si erano conosciuti sul predestinato primo viaggio sull'Espresso di Hogwarts; certo era che nessuno al mondo meglio del Trio dei Sogni sapeva come trasmettere ogni cosa con un solo battito di ciglia. Rose, Albus, Teddy, e in parte anche lei, sembravano aver ereditato un briciolo quella facoltà, ma mai, nessuno, era capace di comunicare come loro. Albus, in quel momento, avrebbe potuto spogliarsi della divisa ed entrare a pieno titolo negli Auror del Ministero, per il modo assolutamente naturale con cui era entrato a far parte di quel mondo.
Perché lasciarlo andare? Perché rischiare? - suo padre si massaggiò il mento in attesa di un'illuminazione – volevano Malfoy, avrebbero preso anche lui se la sua Elfa non lo avesse salvato. E allora perché risparmiare Warrington, perché lasciare libero un prigioniero? - sospirò – cosa vuole quella gente da noi? Confonderci, spaventarci? -
O è solo il grido di aiuto di qualcuno che non avete mai ascoltato – c'era una punta di rimprovero nella voce cristallina di Teddy, solo una punta, ma l'eco si sarebbe avvertita anche oltre la Barriera. Ma Harry, invece d'infuriarsi come avrebbe fatto Lily, come stava facendo Lily, a essere sinceri, assorbì quel commento pungente, annuendo
Ma chi? Chi avrebbe un motivo per rapire i Purosangue? – s'interruppe – un motivo vero, per cui rischiare la vita, Azkaban... - poi sollevò lo sguardo, e un lampo di comprensione gli attraversò il viso, lo stesso che illuminò gli occhi verdi di Albus, quelli azzurri di Teddy, e gli scintillanti occhi nocciola incorniciati da lunghe ciglia scure di James.
Vogliono vendetta – esordì Albus, sempre meditabondo
Giustizia – lo corresse Teddy, un lampo di lucida disperazione e ferrea determinazione – chi non la vorrebbe? Ci hanno massacrati, decimati, rapiti e uccisi – inspirò – chi non ha niente da perdere non può perdere niente – concluse con un cupo brontolio. E allora fu come se potesse sentirli anche Lily, i nomi pronunciati con l'accento strascicato di Neil Jordan a Radio Potter, ogni giorno, inesorabilmente, uno dopo l'altro: i morti, i dispersi, gli scomparsi, con micidiale precisione, come un elenco destinato a non interrompersi mai. Anche lei ascoltò, con il cuore in gola, la cronaca di un supplizio senza fine che si consumava nel silenzio della paura e nei sussurri della speranza. Preghiere senza nome, rivolte ad un Dio che era stato un ragazzino di diciassette anni con il mondo sulle spalle.
Dolore, vendetta, redenzione, assumevano un altro significato quando si rimaneva soli, inginocchiati sul campo di battaglia, a contare i propri morti, che non avrebbero mai ricevuto il lenimento della giustizia.
Lily, ancora una volta, non si sentì parte di quel momento, di quel gioco terribile, nel quale tutti parevano più bravi di lei a destreggiarsi.
Così rimase solo in silenzio, sgattaiolando via dal corridoio con la mente invasa dai pensieri, e un solo posto capace di svuotarglieli dalla mente meglio di un Pensatoio.
 
Flashback****************************************************
 
Ero preoccupato – Albus Severus Potter non sembrava davvero preoccupato: furioso, irritato, sconvolto, ma non preoccupato. Vederla comparire sul limitare della Foresta Proibita trascinandosi dietro una Rose sconvolta e uno Scott ancora privo di sensi non era stato uno spettacolo edificante, né ordinario, nemmeno per uno come lui.
Aveva promesso a Wahya che nessun altro avrebbe saputo della sua tribù, e Albus ultimamente non avrebbe vinto il premio per la “Mente più elastica del Mondo Magico”. Stava diventando pericolosamente totalitario per essere uno che aveva sangue di Weasley nelle vene, ed era il nipote di James Potter.
Così non gli parlò dei licantropi dall'altra parte della Foresta; silenzio, quello, che spalancò ancor più spaventosamente la voragine di cose non dette che li separava, ormai, inesorabilmente.
Sto bene – ribatté secca lei, quasi senza guardarlo. Rose aveva disperatamente bisogno dell'Infermeria, e Lily di una sana e rilassante doccia bollente. Albus, beh, lui aveva bisogno di fare sesso, a giudicare dal cipiglio eternamente corrucciato che si portava dietro peggio di un amuleto.
Suo fratello fece scorrere il braccio dietro la schiena di Scott Warrington, aiutandola a sorreggerlo fino all'Ingresso. Un paio di ragazzini del secondo anno li fissarono sconvolti, additandoli con occhi spalancati. Evidentemente, due Potter che scortavano nel castello un ragazzo dato per morto ad opera di un folle gruppo di nuovi Mangiamorte di diversa bandiera, riscuoteva ancora il suo successo di pubblico.
Un minuto dopo, metà della Scuola li circondava, mitragliandoli di domande. Rose se li scrollò di dosso stizzita, sbuffando ad ogni piè sospinto.
Levatevi di mezzo! - sbottò King facendosi largo praticamente a gomitate – che succede Po...? - ma i suoi occhi divennero due fosche pozze nere quando incontrarono la figura afflosciata di Scott – in Infermeria, presto! - ordinò a due ragazzoni dalle spalle ampie che indossavano una divisa da Quidditch. Poi i suoi occhi saettarono su Rose – Weasley...stai bene? - il suo celebre autocontrollo se ne era andato bellamente ai troll da un pezzo, ma Rose annuì con decisione, sorreggendosi a malapena alla spalla di Albus. Il colorito verdognolo del suo bel viso non prometteva niente di buono. Sarebbe crollata a terra svenuta se King non l'avesse afferrata.
Si voltò verso i due ragazzi che sorreggevano Scott da sotto le ascelle
Allora? Il cane a tre teste vi ha mangiato il cervello? Infermeria, forza! -
Ma... - tentò uno
L'allenamento – continuò l'altro, prima che King li fulminasse entrambi con uno sguardo d'acciaio
In culo al troll anche il maledetto allenamento! - li sospinse senza troppo complimenti verso l'Infermeria. Lily e Albus rimasero in piedi, incerti, nel mezzo dell'Ingresso del Castello. Il Professore si accorse di loro solo quando stava per svoltare dietro una colonna – e voi due non pensate nemmeno lontanamente di esservela cavata così. Mi dovete come minimo un milione di spiegazioni – e sparì dietro l'arcata di pietra che conduceva all'Infermeria.
Si guardarono con un sospiro pesante
Lily... - esordì Albus mestamente. Sapeva cosa stava per dirle, le scuse che stava per accampare, le spiegazioni certamente razionali che avrebbe trovato per spiegare le sue reazioni delle ultime settimane: Albus odiava Scorpius Malfoy come e peggio di una malattia mortale, e l'idea che la sua famiglia non lo trovasse altrettanto letale, lei, specialmente, lo mandava su tutte le furie.
Lily non era mai corsa per i prati sventolando uno striscione con su scritto “Malfoy Fan Club”, ma nemmeno lo avrebbe condannato a vita ad Azkaban per qualcosa che era successo anni prima e di cui nessuno voleva mai parlare. Era uno stronzo, arrogante e saccente, presuntuoso e superficiale, ma lei poteva gestirlo. Doveva gestirlo.
Lascia perdere Al – lo frenò sul nascere – so già come finirà questa discussione – s'incamminarono verso la sala comune, i muscoli indolenziti e i vestiti bagnati fino alle ginocchia.
Suo fratello si passò una mano fra i capelli
No, non lo sai – la corresse con un impeto di furia – non sai niente, è questo che mi fa infuriare! Non sai che razza di persona sia Malfoy, non sai di cosa sia capace per far soffrire le persone – nel suo tono c'era un misto di dolore e rimpianto, condito con una massiccia dose di incazzatura cieca. Lily sbottò in una risata incredula
Lui non vuole farmi soffrire Albus! Sarà pure uno stronzetto arrogante, ma il suo obiettivo non è rovinarmi la vita – suo fratello sorrise amaramente, colmo di qualcosa di ancora diverso dalla rabbia
Lo sarà...quando sarai costretta a scegliere fra lui e quello che è giusto, lo sarà – fece scorrere la mano sulla ringhiera di pietra, e il rumore della pelle che strisciava contro il corrimano li accompagnò per tutto il tempo in cui rimasero in silenzio. C'era troppo di non detto fra loro, anche a proposito di Scorpius Hyperion Malfoy. Da parte di entrambi.
Posso affrontarlo – concluse alla fine Lily, rimangiandosi ogni commento acido che le era salito alle labbra fino a quel momento.
L'altro sorrise, in un modo così simile a quello di Teddy, da farla rabbrividire
Vorrei che fosse così... -
 
So my toy heaven is a hell
Sick as my secrets but im never goint to tell
 
Fine Flashback********************************
 
La notte era scura e gelida, folate di vento le sbattevano addosso il mantello, schiaffeggiandola con i lunghi capelli rossi che aveva lasciato sciolti sulle spalle. L'oscurità sembrava aver inghiottito tutto, come se anche le stelle avessero troppo freddo per brillare. Tutto intorno a lei era silenzio, rotto solo dal pigro sciabordio delle acque del Lago Nero, che s'infrangevano a intervalli regolari sulla costa limacciosa coperta di neve. Non era ancora gelato, quell'anno, anche se le temperature dell'acqua dovevano aver superato di certo i dieci gradi sotto lo zero.
Con la scopa da corsa stretta fra le mani semicongelate e la neve che la investiva a intervalli regolari frustandole le guance, Lilian Luna Potter non si era ancora arresa. Doveva, aveva bisogno di volare libera sul campo da Quidditch, o da qualsiasi altra parte la sua Firebolt Potential l'avrebbe condotta.
Da Hagrid magari, a prendere un the caldo nelle sue gigantesche tazze, corretto con una bella dose di Whisky Incendiario direttamente dalla bottiglia. Scosse la testa, anche il whisky era un pensiero tabù. Doveva esserlo, se sperava di mantenersi mediamente lucida.
O alla Stamberga Strillante, dove guardare il soffitto e ascoltare la casa sussultare, con il solo pensiero di respirare a renderla nervosa. Tutto il suo mondo si era rapidamente trasformato in una girandola di paure e avvenimenti sconcertanti, lasciandole addosso ben più di un segno. E in tutto questo, Scorpius Malfoy aveva smesso completamente di dare segno di vita. Evitava lei e la maggior parte della sua famiglia, aggirandosi per la scuola con il sempre presente Zane Zabini e il suo pittoresco nugolo di amici al seguito, Frances l'Infoiata in prima fila, tornando ad essere l'irraggiungibile e pomposo stronzo di sempre. Ottimo, disse a se stessa, davvero ottimo.
Non la infastidiva, non la infastidiva per niente!
Una scarpa fradicia le rimase impigliata in una radice sporgente, e Lily si chinò a sciogliersi dall'impaccio.
Fu in quel momento, indifesa e sola, che qualcosa la colpì. Qualcosa come un lampo di calore, un incredibile spintone metafisico. Se l'avesse centrata in pieno sarebbe certamente svenuta, invece la prese di striscio, scaraventandola direttamente nelle acque scure e gelide del Lago Nero.
 
I'm on hope above the broken dreams
The simple answer never what it seems
 
Precipitare nell'oscurità del lago fu come essere perforata da un milione di spilli incandescenti, tutti che la pungevano, arroventati, migliaia e migliaia di volte nello stesso punto.
Si agitò, il mantello pesante che la trascinava verso il basso, i capelli bagnati che le volteggiavano attorno al viso, il buio più totale che la inghiottiva. E la paura, intensa e paralizzante, che la colse impreparata, raggelandola. Un terrore istantaneo e altrettanto inspiegabile s'impadronì di lei. Si sentì irrimediabilmente sola, come se l'oscurità avesse inghiottito anche la sua stessa anima, trascinandola a fondo per non restituirgliela mai più.
Urlò, ma dalla sua bocca non uscirono altro che bolle gorgoglianti che salivano in superficie, mentre lei, immobilizzata dal gelo e dilaniata dai crampi, poteva solo osservare impotente l'oscurità che si allargava attorno al suo corpo inerte, raggelato, morente. Lo sentiva, sentiva la vita abbandonarla, il cuore rallentare, la sensibilità e la concezione del suo essere viva che rincorrevano l'ultima bolla di ossigeno dei suoi polmoni.
Il respiro si condensò in un definitivo rivolo di speranza, e l'abbandonò brontolando.
Patetico, disse a se stessa mentre tentava ancora disperatamente di muoversi nella compatta oscurità dell'acqua, morire affogata in una gelida notte d'inverno, solo per uno stupido volo con una stupida scopa in uno stupido campo di Quidditch.
Aveva sempre pensato che, se non fosse morta vecchia e rugosa nel suo letto, sarebbe stato sul campo da Quidditch, magari dopo un salvataggio epocale alla finale della Coppa del Mondo, o sul campo di battaglia, con una bacchetta in mano, e un nemico a cui dare la colpa.
Ma lei no, lei non sarebbe rimasta che una lacrima su una fotografia sbiadita dal tempo e dalla pioggia, una sciocca ragazzina goffa che inciampava perfino nei suoi stessi piedi. Lei non avrebbe avuto il suo ritratto nel Corridoio delle Memorie a Grimmauld Place. Lily era troppo insignificante per guadagnarsi un posto su quella parete. Lei non aveva rischiato la vita per salvare il mondo, come suo padre, e sua madre, Sirius, Silente, Piton, perfino Dobbie, l'Elfo Libero. Lily Luna Potter avrebbe infangato l'albo d'oro della sua famiglia con un patetico annegamento solitario nel Lago Nero.
Godric, chi era così stupido da morire affogato nel Lago Nero in pieno inverno?
 
Let me go
 
Ma quei pensieri le sfuggirono così com'erano venuti, mentre il petto si comprimeva in un dolore intenso e continuo, palpitante, e i polmoni sanguinavano implorando un po' di ossigeno.
Non avrebbe resistito a lungo, col cuore che le batteva ciecamente nelle orecchie, come se volesse schizzarle fuori dalla testa, e il gelo che le faceva scoppiare le tempie. Avrebbe perso i sensi, sarebbe svenuta, e la sua bocca si sarebbe spalancata alla disperata ricerca di ossigeno. E avrebbe trovato solo acqua nera e ghiacciata, tutta per lei, in un sorso di morte.
Poi avvertì qualcosa agitarsi nel buio, sballottandola da una parte all'altra, e una flebile luce, una fiammella di speranza nell'oscurità. Qualcosa l'afferrò sotto lo sterno, trascinandola in alto, verso la superficie un po' meno buia, un po' meno nera, un po' meno definitiva.
Si mosse, agitando quello che le restava del corpo, il mantello che le soffocava i movimenti, e quel qualcosa che la stringeva, tenacemente, senza dare segno di volerla lasciar andare mai più.
La superficie dell'acqua si frantumò e Lily inglobò aria come se fosse il primo respiro di tutta una vita; forse, in qualche strano modo, lo era stato. Ansimò, si agitò, si sbracciò nell'acqua ancora gelida che le pugnalava il petto, e le gambe, e il viso emerso di qualche centimetro, con la neve che le infuriava fra i capelli e negli occhi. Si strappò di dosso il mantello impregnato d'acqua, e quello ricadde nelle profondità del lago come risucchiato da una forza primordiale e impossibile da combattere. Avrebbe fatto la sua stessa fine, se solo...
Vide solo quel lampo di luce, e i suoi inumani capelli biondi, fradici di pioggia, schiacciati contro la fronte.
Si trascinarono stancamente sulla riva, insozzandosi di fango maleodorante e neve. Scorpius Malfoy crollò sulla schiena, stremato, e lei gli scivolò addosso, accasciandosi contro il suo torace fradicio, che si alzava e si abbassava aritmicamente, in cerca d'ossigeno. Restarono così per un attimo, lui con il viso rivolto al cielo coperto di nubi, la neve spruzzata in faccia che gli si appiccicava alle lunghe ciglia, con gli occhi chiusi; e lei, la guancia a contatto con la stoffa inzuppata, una mano abbandonata lungo il fianco, e l'altra di traverso su di lui, a sfiorare la neve gelida accanto al suo petto.
Scorpius Malfoy emise un lungo sospiro.
Lily tossicchiò un po' d'acqua, portandosi la mano al petto come se avesse potuto strizzarsi via l'umido dai polmoni. Le doleva il torace, le gambe erano tutte un crampo, e stava tremando come se le avessero scagliato una Tarantallegra.
Chiuse chi occhi, l'oscurità punteggiata di puntini bianchi. E sentì la sua voce, secca e tagliente, affaticata e scostante
Dannata ragazzina! - bastò questo, il modo in cui lo disse, come se fosse un peso doversi occupare di lei, correre a salvarla, raccogliere i cocci dei suoi guai, e Lily si rintanò in se stessa, come in un bozzolo. Era stata felice di vederlo, per Godric, grata perfino. Era dannatamente pronta a ringraziarlo, beata Morgana, umiliarsi al punto di farlo sentire importante, e il maledetto Scorpius Malfoy se ne usciva con quella frase infelice? - cosa diavolo hai in quella testa, a parte quei folli capelli rossi? - Lily lo freddò con uno sguardo irritato, o almeno, lo credette, visto che aveva perso la sensibilità al viso da dieci minuti buoni.
Nessuno ti ha chiesto d'intervenire, Malfoy...avevo – ma l'altro si voltò, con un sopracciglio sollevato sotto il ciuffo fradicio di capelli sparpagliati sugli occhi
La situazione sotto controllo? Ovvio Potter, e magari eri andata a farti una nuotata nel Lago Nero per fare un saluto alla Piovra Gigante – sbuffò – scusa patetica – un brivido lo scosse dalla testa ai piedi, provocando in lui una secca imprecazione. Si mise a sedere, abbracciandosi le ginocchia per fermare tremito. Solo allora si accorse che il ragazzo aveva il maglione strappato in diversi punti, e sanguinava da una ferita alla gamba che aveva l'aria di essere dolorosa.
Si morse il labbro, ma alla fine cedette
Fa male? - Scorpius sogghignò
Probabilmente sì, se avessi una vaga idea di cosa mi è rimasto più giù del collo – poi lanciò uno sguardo ad un cespuglio di rovi che cresceva rigoglioso poco lontano, un ramo era spezzato, e un minaccioso tronco appuntito sporgeva minacciosamente, con quello che restava dei calzoni di lui che penzolava nella notte intirizzita. Si alzò, lentamente, dolente, la gamba ferita che gl'impediva i movimenti, e si scrollò di dosso la neve quasi liquida. Lily lo imitò, scossa da un tremito convulso e incontrastabile, appena in tempo, mentre il ragazzo perdeva l'equilibrio. Lo sostenne, piantandogli le palme aperte contro il torace, facendo perno sulle gambe intirizzite e malandate. Il viso di lui fu a pochi centimetri dal suo. Era la prima volta, da quella confusa notte di Natale, che si trovavano così vicini l'uno all'altra. Generalmente, quelle situazioni avevano un epilogo prevedibile. Generalmente lei capitolava, finendo come creta nelle sue mani, inerme e idiota, anche questo, certo, in attesa che Scorpius Malfoy disponesse di lei come voleva. Beh, non è che andasse esattamente così tutte le volte, ma Lily si trovò a pensare, con frustrante consapevolezza, che se l'avesse baciata non si sarebbe tirata indietro. Di nuovo.
Ma lui non lo fece. Non tentò di avvicinarsi, di stringerla, o di allungare le mani in nessun modo. Rimase immobile per qualche istante, con il cuore che si agitava contro il palmo aperto di Lily, e un mezzo sorriso a labbra serrate.
Alla fine si mosse, e le lanciò un'occhiata obliqua, il viso contratto in una smorfia di dolore trattenuta a stento; la ferita sanguinava copiosamente. Con un'imprecazione silenziosa, Lily si rese conto di aver lasciato la bacchetta in Dormitorio.
Ma lui pareva meglio attrezzato. Estrasse la bacchetta da un calzino, fradicia ma benvenuta, e la puntò contro la gamba dolorante, che si rimarginò in un istante. Poi un getto di vapore fuoriuscì dalla punta e cominciò ad asciugare i loro abiti.
Lily lo osservò, torvo e concentrato, con i capelli sottili che si agitavano in tutte le direzioni nel vento gelido della notte, e sorrise, senza nemmeno sapere il perché, o volerlo in alcun modo scoprire.
Quando entrambi furono finalmente fuori dalla soglia dell'assideramento, Scorpius si voltò verso di lei
Sei di nuovo ubriaca Potter? - la canzonò con leggerezza, rinfoderando la bacchetta.
Lei sollevò un sopracciglio
Perché, vuoi tentare il terno? - ribatté con un mezzo sorriso sibillino – Spiacente Malfoy, non è la tua serata – lo canzonò scrollandosi la neve dai capelli ormai quasi asciutti. Se li riavviò dietro una spalla, in un gesto che non avrebbe mai più avuto lo stesso significato, e lo guardò, rammentando le parole di Albus. Era pericoloso, ma non tanto per quello che poteva fare, ma per quello che avrebbe portato lei a fare. Quando Scorpius Malfoy era nei paraggi, Lilian Luna Potter perdeva facilmente la cognizione dell'appropriato, se non addirittura del lecito. Ma era forse questa la calamita che li portava a scontrarsi, il rischio, l'essere inequivocabilmente sbagliati insieme, quasi contro natura. E, in quanto tali, s'incastravano alla perfezione se uno aveva il coraggio di accostarli, esattamente come il formaggio con le pere, la pasta al cioccolato, o un Potter e un Malfoy, quella Potter e quel Malfoy. - Se fossi ubriaca farei questo – lo attirò a sé, improvvisamente, inaspettatamente, incontrollatamente. Lui non ebbe il tempo, e forse la voglia, di reagire.
Si limitò a lasciare che fosse lei a condurre il gioco, per una volta, senza imporsi o prevaricarla; malgrado quel suo atteggiamento da figheggiante bulletto, non lo faceva mai.
Ma qualcosa cambiò, come se l'equilibrio sul quale si destreggiavano ormai da mesi si fosse frantumato. Scorpius Malfoy fece qualcosa che, probabilmente, in mille anni di vita non avrebbe fatto mai più. La respinse, appoggiandole le mani sulle spalle, allontanandola da sé. Sorrideva sornione, ma non era un'espressione che Lily avrebbe voluto vedere sul suo viso
Hei, hei hei... - si passò una mano fra i capelli biondo chiaro, sottili e arruffati dal getto caldo della bacchetta – si paga anche per il secondo spettacolo – sorrise, ma il panico attraversò i suoi occhi. Il panico, e qualcosa di incredibilmente diverso, qualcosa simile al senso di colpa. Impossibile.
Gli assestò un pungo contro una spalla, strappandogli, con somma soddisfazione, un lamento
Tienitelo – ribatté piccata
Bel ringraziamento Isterica Potter – si difese lui massaggiandosi dove l'aveva appena colpito, con un sorrisetto – e io che ho rischiato la vita per te – assunse un falso tono melodrammatico.
Lily sbottò in una risata sardonica
Peccato, c'ero quasi – continuarono a camminare verso il Castello, e nessuno dei due tornò sull'argomento.
Quando l'Ingresso aprì loro le sue porte maestose, e il calore li investì restituendo loro qualche anno di vita in più, Scorpius si voltò verso di lei, sorridendo
Dovresti fare i provini per la squadra di nuoto Potter – la canzonò stiracchiandosi – ho sentito che cercano casi umani da salvare – ridacchiò, quasi allegramente, ma il suo sguardo vagava lontano da quello di lei
Hanno già finito il programma “A nuoto con l'idiota” a cui ti eri iscritto tu? - lo rimbeccò. Non sarebbe mai finita altro che così, pensò rassegnata lei, mentre Malfoy le lanciava un'occhiata divertita e sicura di sé; forse erano davvero come la pasta al cioccolato: un solo assaggio, perché troppo avrebbe dato la nausea.
Eppure, quando Scorpius Malfoy si voltò verso di lei, Lily non ebbe affatto la sensazione di provocargli il vomito.
Si portò due dita alla fronte, in uno scherzoso gesto di saluto militare, e le strizzò l'occhio grigio chiaro puntellato di riflessi azzurri
Potter – lei scosse la testa, roteando gli occhi, e si voltò.
Sentì lo sguardo di lui sulla schiena finché non ebbe oltrepassato il primo pianerottolo. Malfoy...
 
***
 
Lock through blame
Burden of my dreams
 
Scorpius la vide scomparire, un nodo che gli serrava lo stomaco, la bocca arida, e la mandibola serrata.
Espirò incamminandosi a passi lenti verso i sotterranei.
Lo sentì arrivare, questa volta
Sei diventato bravo Scorpius – esordì appoggiandosi distrattamente ad una colonna; come sempre, quando si incontravano, era elegante e impeccabile. Lui, tanto per cambiare, era conciato uno schifo
Chiamala pratica – ribatté stancamente – Vingardium Leviosa – sussurrò all'entrata della Sala Comune.
Incubus lo seguì, restando indietro di qualche passo
Penso che sia pazza di te al punto giusto – Scorpius sorrise svogliatamente
Ti piacerebbe Morty Boy! Ma il mio bel culetto è in pericolo come al solito – si tolse le scarpe con un gesto secco, lanciandole a rotolare vicino al camino ancora acceso – Lily Potter è ancora ben lontana dall'essere pazza di me – ma l'altro sorrise soddisfatto e cospiratore, come se sapesse qualcosa di lui che nemmeno Scorpius aveva ancora realizzato. Quella consapevolezza fu capace di serrargli la gola in una morsa impietosa – e anche se lo fosse, non sarebbe così stupida da farmelo sapere – sorrise, malgrado si fosse deciso ad indossare una maschera migliore quella sera. Ultimamente, le sue maschere volavano via come Boccini impazziti nei momenti meno opportuni. Hei, Incubus Mortimer era la seconda persona al mondo di fronte alla quale Scorpius aveva bisogno di mantenere intatta la sua. La prima, lo aveva appena baciato sulla riva fangosa del Lago Nero.
 
Flashback*************************************
 
Incubus lo guardò, soddisfatto, appoggiato elegantemente ad un tronco d'albero
Sai cosa ci serve perché il Rituale di Evocazione funzioni Scorpius... - lui sollevò gli occhi al cielo, annoiato
Se dovrò ripeterlo ancora una volta morirò di combustione spontanea – lo sapeva, troppo bene, e non gli piaceva più di quanto non gli piacesse la prima volta che lo aveva sentito. Lily Potter costeggiava il Lago Nero arrancando nella neve, una dannata scopa spelacchiata in mano e nessuno a guardarle le spalle, o ad avere la minima idea di dove quell'idiota di una ragazzina tutta istinto avesse deciso di andare. Maledetta, idiota, incosciente e assurda ragazza! Per quante volte ancora doveva offrire a Incubus la propria vulnerabilità su un piatto d'argento?
E allora sai anche che abbiamo bisogno di lei perché tutto funzioni. Il sangue versato con consenso del traditore... - gli occhi foschi di Incubus scintillarono – andiamo, si tratta solo di questo in fondo. Sangue, una goccia, un litro, un corpo, per me non fa differenza, ma per te, e per lei...beh, io credo di sì... - Scorpius s'irrigidì spasmodicamente, lo sguardo di gelida falsa indifferenza che scrutava la notte scura attorno a sé.
Non ho ancora la sua fiducia – concluse alla fine – se dovesse scegliere sacrificherebbe me senza fare una piega – cercò di mantenere un tono leggero, ma la notte era fredda, e gli occhi di lui ancora di più.
L'altro si strinse nelle spalle, con noncuranza, estraendo la bacchetta e puntandola verso di lei
L'avrai – scagliò uno schiantesimo, proprio mentre Lily Potter si chinava a sistemare chissà cosa. La colpì a malapena, ma lei precipitò nel lago con un tonfo che sembrò echeggiare per anni.
Avrebbe potuto fingere, sapeva che lo stava mettendo alla prova. Incubus, come sempre, lo stava testando, per capire fino a che punto poteva fidarsi, e affidarsi, a lui. Avrebbe potuto fingere e lasciare che le cose andassero come il destino aveva scelto per loro. Poteva fingere, e ascoltare mentre lei annegava a pochi metri da lui. Avrebbe potuto, e forse Incubus avrebbe smesso di analizzare ogni sua mossa. Lo guardò, gli occhi follemente dilatati in una risata soddisfatta – Io ho fatto la mia parte – lo canzonò – Ora tocca a te... - avrebbe potuto fare mille cose Scorpius Malfoy, ma riuscì solo a lanciarsi contro il tempo in un lago quasi ghiacciato, a salvare qualcuno a cui aveva mentito, che avrebbe ingannato e ferito, qualcuno di cui non sarebbe riuscito a sopportare il dolore.
In quel momento vide solo i suoi folli capelli rossi sprofondare nell'oscurità, e desiderò soltanto di poter arrivare in tempo.
A million little pieces
Stole it from you
 
Fine flashback***************************************************
 
Incubus si esibì in uno dei suoi soliti sguardi infinitamente sicuri di sé, e lo squadrò con una consapevolezza che sfiorava la lettura del pensiero. Poi, sempre sorridendo, gli poggiò una mano sulla spalla
Fa' quello che devi, Scorpius Hyperion Malfoy, e potrai anche sposarla, se tuo padre non vi ucciderà prima entrambi – sogghignò malignamente – Fallisci – continuò minaccioso – e il suo sangue colorerà le pareti della tua stanza ad Hogwarts – serrò la presa contro la sua spalla, facendosi serio all'improvviso – prova a fermarmi, e quel sangue sarà il tuo –
 
Let me go
 
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Angolo della delirante autrice: finalmente, dopo insidie e peripezie innominabili, sono riuscita a postare il nuovo capitoloXD
Che dire, sono abbastanza soddisfatta del tutto, anche perchè sto scrivendo a orari folli, stanca come una mula da traino, quindi posso essere leggermente clemente con me stessa riguardo eventuali "cose che avrei potuto scrivere meglio"XD
Non odiatemi per questo Scorpius così ambiguo e sempre sul filo, io lo amo, anche se è snervante, in tutta la sua frustrante sregolatezzaXD Incubus è un deliriol scrivere di lui è esilarante perchè la follia che è in me si sfoga con luiXD
La canzone che ho citato è Search & Destroy dei 30 Second To Mars, e potete ascoltarla qui^^
Non stranitevi se userò spesso pezzi di canzoni...sono una patita di tutto ciò quanto lo sono dei flashback e delle citazioni iniziali, perciò mi sono stupita di non averlo più fatto da Anarchy in The UK dei Sex Pistols del PrologoXDXD Ci voleva, come si dice, dato che senza musica nelle orecchie non scrivo ahahahah
Un ringraziamento superinnamorato a tutti voi che, sempre più incredibilmente numerosi leggete, ricordate, preferite, seguite, e soprattutto recensite questa ff...anche Scorpius & Co. vi amano alla follia quanto me^^
Il Club dello Sclero Notturno (ma anche a Tutte le Ore) ha sempre tutta la mia fedeltà e il mio amore incondizionato...siete fantastiche ragazze, voi vi sentite parte di questa ff e io sento che lo siete, e che perderei veramente un pezzo di me se mancaste voi*__*
Ora la smetto che sono melensa e MI ODIOXD
Grazie a tutti per essere ancora qui...alla prossima^^

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Capitolo 28
*** Il mostro dagli occhi blu ***


Il mostro dagli occhi blu
 

Resta, se dividendo bene stimo,
che 'l mal che s'ama è del prossimo; ed esso
amor nasce in tre modi in vostro limo.
co chi, per esser suo vicin soppresso,
spera eccellenza, e sol per questo brama
ch'el sia di sua grandezza in basso messo;
è chi podere, grazia, onore e fama
teme di perder perch'altri sormonti,
onde s'attrista sì che 'l contrario ama;
ed è chi per ingiuria par ch'aonti,
sì che si fa de la vendetta ghiotto,
e tal convien che 'l male altrui impronti.
(Divina Commedia, Purgatorio, Canto XVII, vv 112-123)
 
 
Godric, odio San Valentino – borbottò Lily lasciandosi cadere sulla comoda poltrona imbottita davanti al camino della Sala Comune. La divisa infangata di Quidditch chiazzò il pavimento di pietra con macchie scure e viscide di pantano. Hugo la guardò gettare indietro la testa e sospirare profondamente. La ragazza di Corvonero che aveva invitato al ballo lo stava aspettando dietro il Ritratto della Signora Grassa, ma Lily era sua cugina, e lui non poteva mica lasciarla lì a deprimersi solo perché aveva un appuntamento!
Si strinse nelle spalle, sempre più costretto nel vestito da cerimonia verde scuro che sua madre gli aveva comprato all'inizio dell'anno, e si sedette accanto a lei. Hugo Weasley non era il tipo che amasse troppo le chiacchiere a cuore aperto con le donne della sua famiglia; anzi, probabilmente, se qualcuna di loro glielo avesse chiesto prima di mettersi a blaterare, avrebbe chiarito fin da subito la sua posizione anti-confessioni-sentimentali fra cugini. Ma Lily era diversa, Lily non gli parlava mai di “sentimenti”, o di “ragazzi” o di “feste”, né di libri, tutto il giorno, come Rose, e tanto meno di diritti delle donne, degli Elfi e dei Folletti come sua cugina Roxanne. Lily, di solito, si divertiva con lui a mangiare Cioccorane fino alla nausea, chiacchierando di Quidditch, insultando i Serpeverde, ingurgitando Burrobirra che lui arraffava personalmente dalla scorta personale di Stan Picchetto, e ridendo sguaiatamente in quel tipico atteggiamento sciancato che Rose amava definire “inadeguato”.
Ma quella Lily non sembrava più la sua Lily di nottate folli e qualche sbronza ogni tanto tanto per passare il tempo. Quella Lily era terribilmente...adulta. Adulta e pensosa.
Da quando quel tizio era entrato a pieno titolo negli “ospiti indesiderati” della loro allegra combriccola, sua sorella aveva messo su quello strano atteggiamento da artigli sguainati che non le era mai appartenuto. Era sempre sulla difensiva, sempre pronta a schivare attacchi che non sarebbero mai arrivati, sempre in tensione, come se reggesse sulle spalle Hogwarts.
Hugo, dal canto suo, non era esattamente il fan numero uno di Scorpius Malfoy, ma non lo aveva ancora visto fare qualcosa che giustificasse l'ira funesta di Albus o l'atteggiamento guardingo di Teddy. Era semplicemente un po' fighetto e un po' troppo sarcastico, ma, per Godric se sapeva acchiappare un Boccino d'Oro, e sulla scopa se la cava meglio di chiunque altro avesse mai visto giocare in Serpeverde da quando era a Scuola, e anche prima. Hugo giudicava le persone in base a come affrontavano le cose che amavano fare: chi non amava nulla, era da escludersi a priori, ma per gli altri valeva semplicemente la Scala del Talento di Hugo Weasley; Scorpius era dannatamente bravo in quello che faceva, ci metteva tutto se stesso, e non barava, cosa rara per un Serpeverde, un Malfoy, nella fattispecie. Era tutto quello che Hugo aveva bisogno di sapere.
Ma sua cugina, fissando il soffitto in quel modo assurdamente malinconico, gli stava facendo prudere le scapole per l'imbarazzo
Tutto bene? - disse alla fine, incespicando in quelle due parole come in un percorso a ostacoli.
Lily si voltò di scatto, esibendo quel sorriso divertito e allo stesso tempo fastidiosamente costruito che metteva su quando le domande che aleggiavano intorno a lei non le piacevano affatto, e alle quali non aveva minimamente intenzione di rispondere.
A parte quest'aria di patetico romanticismo che aleggia nell'aria? - sospirò – una meraviglia – si alzò in piedi lentamente, con la divisa che lasciava ancora fango paludoso e neve sciolta sulla consulta pelle bordeaux della poltrona – a volte odio il progressismo di Madame Maxime – concluse lamentosa, passandosi il dorso della mano fasciata dai guanti di pelle senza dita della divisa sulla fronte, lasciandovi sopra una traccia di sporcizia scura, che somigliava in modo inquietante ai resti di terriccio che la scopa da corsa si lasciava dietro quando sbatteva contro il terreno.
Ma non avevi un accompagnatore per questo ballo? - le sopracciglia rosso scuro di Lily si aggrottarono istintivamente
Non so nemmeno perché gli ho detto di sì – sospirò lasciando cadere il mento sul petto, in un altro sospiro profondo e frustrato. Hugo, dal canto suo, aveva una chiara idea del perché.
 
Flashback**************************************************************
 
La neve cadeva copiosa il giorno della partita di Quidditch Grifondoro vs Corvonero, e sembrava quasi che facesse meno freddo, così circondati dalla spessa coltre bianca.
Hugo stava ugualmente congelando nella sua divisa da Battitore, facendo roteare la mazza per scaldarsi le articolazioni.
Roxanne saettava nervosamente da una parte all'altra del campo, le treccioline decorate che risaltavano come punti di colore in tutto quell'inquietante bianco. Lui aveva lo stomaco talmente chiuso che quella mattina, a colazione, aveva mangiato solo due ciotole di porridge e qualche fetta di pane. Niente bacon, il che denotava ampiamente il suo stato mentale.
Lily ciondolava pigramente diversi metri sopra di loro, lo sguardo annoiato che scrutava il campo ai loro piedi, bianco come la panna montata appena fatta. La sua mente, ovviamente, era lontana mille miglia da quella partita di Quidditch che per i Grifondoro valeva l'intero campionato. Grifondoro e Corvonero erano a pari punti, seguiti dai Tassorosso e preceduti, ovviamente, dagli inarrivabili Serpeverde di Scorpius Malfoy. Avevano entrambe una sola sconfitta, contro le serpi, e sgomitavano a pari punti dall'inizio del campionato. Quella candida mattina di febbraio, una delle due avrebbe dovuto farsi da parte, e lasciare all'altra la finale contro gli indiscussi dominatori di quel campionato all'insegna delle intemperie.
E Hugo Weasley avrebbe fatto qualunque cosa per vincere.
Poi Alicia Spinnett fischiò, e Hugo non pensò ad altro che ai Bolidi, a Roxanne che saettava da una parte all'altra del campo, e alla sua mazza che roteava febbrilmente per proteggere i suoi compagni di squadra da un viaggio sicuro in infermeria.
E a Lily che continuava ad oscillare sulla scopa come se stesse tentando di addormentarsi piuttosto che giocare una partita.
Rabbiosamente, in un momento in cui tutti i giocatori erano sbilanciati nella metà campo avversaria, impugnò la mazza serrando la mandibola, colpendo un Bolide, lanciandoglielo quasi addosso. La cugina si ridestò, e si voltò verso di lui ad occhi sbarrati
Ti vuoi dare una mossa Maledetto Salazar? - Lily si riscosse, alzando una mano in tono di scuse, ma i suoi occhi non cercarono il Boccino, continuando a fissare di sottecchi un angolo lontano degli spalti dei Serpeverde, sempre intenti a tifare Corvonero dall'alto della loro boria Purosangue. Scorpius Malfoy, mollemente appoggiato ad una ringhiera, assisteva al gioco, con una ragazza bruna che Hugo non riconobbe, che sembrava intenta a leccargli un orecchio. Lui sogghignava, gli occhi grigi prepotentemente fissi su Lily. Gonfiandosi di rabbia, Hugo urlò – LILIAN LUNA POTTER, se lasci che i tuoi ormoni giochino per i Corvonero, TI GIURO CHE NON ti parlerò MAI PIU'! - lei sembrò risvegliarsi da un sonno profondo, lanciando a Malfoy un'occhiata di sdegno, e gettandosi in un salto mortale, svettando verso l'alto. Hugo sospirò, patetico tentativo il suo, disse a se stesso, ma almeno lei aveva ritrovato un po' di sani attributi Potter.
La partita sembrò protrarsi all'infinito, i Corvonero che arrivavano sempre pericolosamente vicini a segnare, a prendere il Boccino, a colpirli con i Bolidi che impazzivano nel campo, ma la mano invisibile del destino, o forse semplicemente il loro impegno, non concessero loro un attimo di tregua.
Poi accadde, il Boccino d'Oro lampeggiò impertinente nell'aria, saettando da una parte all'altra del campo.
Lily e il mingherlino figlio di Cho Chang e del suo marito Babbano si lanciarono all'inseguimento, spalla contro spalla, le scope che sbandavano e si arrotolavano l'una nell'altra nel tentativo di raggiungerlo.
Il Boccino planò un instante, come a volersi far prendere, ma poi schizzò in aria, fuori dal campo, e poi di nuovo dentro, costeggiando gli spalti sfidando i Cercatori ad afferrarlo.
Il Corvonero si arrese, rallentando, con un po' di sale in zucca che sembrava mancare alla famiglia Potter-Weasley. Lily, al contrario, si lanciò in picchiata, sfiorando quasi con i gomiti il solido legno degli spalti, e ingaggiò un furioso inseguimento con il Boccino che si muoveva a zig zag, arrivando quasi a cozzare con gli spalti in uno scintillio dorato.
Alla fine, quando anche Hugo cominciò a sentire il prurito della vittoria fra le scapole, il Corvonero s'inserì nuovamente nella partita, lanciandosi in una folle inversione a U dietro Lily, sbilanciandola. Sua cugina quasi cadde, ma serrò la presa sul manico di scopa e si lanciò all'indietro in un giro della morte, allungando il braccio pericolosamente vicino agli spalti...e afferrò il Boccino D'Oro, sotto gli occhi allibiti dei Serpeverde, che in quell'occasione smisero perfino di gridare insulti, e si fermò un istante, lì davanti, a lanciare una gelida occhiata a Scorpius Malfoy, che finalmente aveva l'orecchio libero dalla lingua della sua compagna di Casa del sesto anno. Si scrutarono un lungo istante, Malfoy con quel suo ghigno strafottente, e Lily, ferma in mezzo al nulla, con il Boccino stretto fra le dita.
Poi sua cugina planò al centro dello stadio, investita dalle grida di ovazione dei Grifondoro e gli applausi scroscianti dei suoi compagni di squadra. Hugo non si era nemmeno reso conto di aver lasciato cadere a terra la mazza.
Tutto finì: la folla cominciò a diradarsi, sciamando fuori dallo stadio, la neve cessò di cadere in grossi fiocchi bianchi, e l'entusiasmo della vittoria si trasformò in rilassante soddisfazione, in attesa di esplodere nuovamente in Sala Comune.
Lily scese dalla scopa, accanto a lui, con un sorriso di battagliera soddisfazione stampato in faccia
Allora cugino, mi parlerai ancora? - ridacchiava
E' stata una mossa stupida, cugina – la rimbrottò Roxanne, comparendo alle loro spalle con espressione grave. Ma poi scoppiò in una fragorosa risata e le assestò una pacca sulla spalla – ma, Godric Onnipotente, è stata una figata! - Hugo si rilassò, leggendo nello sguardo di Lily una ritrovata serenità. Ma fu un momento di pace destinato a durare poco, perché Malfoy e la sua combriccola di idioti si fermarono a pochi passi da loro
Però – esordì Zane Zabini – sembra che qualcuno abbia imparato a volare qui eh?! - sorrise furbescamente in direzione di Roxanne, che gli scoccò un'occhiata di sufficienza
Qualcuno dovrà pur farlo – ribatté
Se continui ad essere così gentile Weasley, potrei invitarti al Ballo di San Valentino – Roxanne sollevò un sopracciglio
Peccato, ti manderei gentilmente ai troll – incrociò le braccia al petto – e poi arrivi tardi Zabini – scrollò le spalle e gli lanciò una vago cenno di saluto, prima d'incamminarsi verso il Castello.
In tutto questo, paradossalmente, Scorpius Malfoy non aveva aperto bocca.
Shiva Aswini li raggiunse, accompagnato dalla sua gemella, Mitra, gli occhi scuri e affusolati accesi di entusiasmo
E' stato fantastico! - esordì con un sorriso a trentadue denti indirizzato a Lily – è stato... - Mitra si mise a chiacchierare con una Cercatrice di Serpeverde, gesticolando animatamente, in disparte. Ma Shiva sembrava completamente rapito dalla performance di Lily, e continuava a cianciare di come fosse stato incredibile, e straordinario, e strabiliante, e tutte quelle cose lì. Hugo sbuffò, in attesa, così come Roxanne a pochi passi da loro, sotto lo sguardo sempre divertito di Zane Zabini e la sua combriccola sempre più esigua. Ormai erano rimasti solo lui, Scorpius Malfoy, e la sua ragazza “lecca orecchie”. Alla fine Shiva abbassò la voce di diversi toni, avvicinandosi a Lily – Ecco io...mi chiedevo...non è che... - sembrava colpito da un qualche Incantesimo Balbuziente, e si torceva le mani dal nervosismo – sì insomma, verresti al ballo con me sabato? - quella proposta fece spalancare gli occhi azzurri di Lily, almeno quanto quelli scuri di Zabini. Scorpius Malfoy continuava a restare impassibile, il braccio attorno alla vita della sua nuova “ragazza ripostiglio”, ma i suoi occhi non si staccavano da lei.
Lily sembrò terribilmente in imbarazzo. Esitò, si guardò intorno alla ricerca di un aiuto di qualche tipo, poi tornò a guardare l'altro negli occhi scuri, rossa in viso.
Malfoy, fece scivolare la mano molto più a sud di quanto sua madre avrebbe trovato lecito in pubblico, e richiamò l'attenzione di Zabini con un cenno. Si allontanò, palpeggiando senza ritegno la sua “ragazza da pomiciare”.
Lily lo guardò allontanarsi, lo sguardo duro, la mandibola serrata, le spalle rigide e la schiena dritta, pronta a colpirlo con una Maledizione. Ma si voltò verso Shiva e sorrise
Perché no? - fu allora che Hugo capì, con una strana, dolorosa, consapevolezza, che sua cugina non avrebbe più mangiato con lui interi pacchetti di Cioccorane scolandosi Burrobirra arraffata, insultando i Sepreverde. O forse lo avrebbe fatto, ma con una precisa ragione.
 
I know everybody here wants you
I know everybody here thinks he needs you
I’ll be waiting right here just to show you
How our love will blow it all away
 
Fine Flashback***********************************************************
 
Shiva Aswini era davvero elegante nel suo abito da cerimonia bordeaux scuro, sanguigno, arricchito di sfumature porpora che conferivano alla sua pelle una calda tonalità cioccolato fuso. I suoi occhi neri la scrutarono con evidente ammirazione, ma Lily avrebbe preferito farsi sbranare da un Ippogrifo che partecipare a quel dannatissimo Ballo.
Aveva toppato alla grande con lui, accettando di accompagnarlo solo per una stupida ripicca nei confronti di Malfoy e la sua volluttuosa amica dalla lingua lunga e i seni al vento. Eppure Shiva sembrava davvero felice di essere lì, a discapito del poco entusiasmo che lei aveva mostrato, perciò Lily si limitò ad accettare il braccio che lui le porgeva, sforzandosi di pensare che, in fondo, se si fosse sforzata di regalargli una bella serata, il suo opprimente senso di colpa avrebbe smesso di bacchettarle sulla testa con il fastidioso ghigno compiaciuto di Scorpius Malfoy.
La Sala Comune era ancora strapiena di gente quando sua cugina Rose, al braccio di un Albus sempre più ombroso, fece il suo timido ingresso, e lo era ancora quando anche Roxanne, stupenda nel suo abito dai colori sgargianti e le perline nei capelli acconciati, scese di corsa dai dormitori reggendosi l'orlo del vestito
Morgana, sono in ritardo! - ululò dirigendosi a grandi passi verso il ritratto della Signora Grassa, scatenando un coro di risate distratte e commenti ammirati. Ovunque la luminosa personalità di Roxanne Weasley decidesse di andare, ben più di uno sguardo l'avrebbe seguita.
La Sala Comune di Grifondoro pullulava di scatole di cioccolatini che galleggiavano nell'aria, andando a cadere delicatamente fra le mani dei destinatari; ovunque c'erano coppiette recenti o rodate che si sbaciucchiavano negli angoli, regalando uno spettacolo ben più dettagliato di quanto Lily avrebbe voluto.
La sua entrata fu seguita da più di uno sguardo: in primis quello di Albus, quasi addolcito da chissà che spiritello di San Valentino, che le si avvicinò sfiorandole la guancia con le labbra
E' meglio così sorellina – le sussurrò stringendola un poco – Shiva è un bravo ragazzo – era così pateticamente banale! Un cliché della peggior specie. E Albus Severus Potter non era tipo da cliché di nessun genere. Si chiese cosa lo avesse trasformato in una nonnetta isterica; lui, proprio il fratello che ogni ragazza avrebbe voluto avere, intelligente, carismatico, saggio, ma ugualmente combattivo e fiero, capace di raccogliere la sfida a piene mani e non arrendersi mai. Si era arreso con lei, indirizzandola su una strada di patetica infelicità che, mai, nessuno dei Potter avrebbe imboccato senza lottare.
Gli sorrise con occhi tristi, inclini a fastidiose lacrime che avrebbe impedito a se stessa di versare.
Hugo la fissava di sottecchi, sospettoso, scrutando Shiva con un misto di dispiacere e disappunto. Le si avvicinò con il sempre più imponente corpo fasciato nel vestito da cerimonia verde scuro che faceva sembrare i suoi capelli rossi fiamma indomabile. La delicata ragazza di Corvonero che aveva invitato, gli occhi timidi e il sorriso tenue, lo aspettava seduta fra Louis, magnifico nel suo completo grigio chiaro con cravatta verde pallido intonata ai suoi occhi felini, e Frank, terribilmente a disagio nel suo, nero e classico. Suo cugino non sembrava nemmeno la stessa persona da quando Scott era tornato, malridotto e confuso, ma vivo. La luce che aveva illuminato i suoi occhi, per poi spegnersi inesorabilmente, era tornata, più intensa e calda che mai. Il Cappello Parlante lo aveva assegnato a Corvonero, ma Lily era certa che la Sala Comune di Grifondoro lo avesse ospitato più spesso della propria. D'altra parte, anche le divisioni fra le Case erano sbiadite da quando Madame Maxime aveva impugnato saldamente la cattedra di Preside. Quello, e tutte le rigide ristrettezze sociali imposte dalla McGranitt, come la sobrietà, la rigida divisione fra i generi, e tutte quelle “chincaglierie conservatrici” che la donnona francese aveva trasformato in feste, balli, coprifuoco meno rigidi e noncurante entusiasmo per lo “scambio” e la “condivisione”.
In quel momento, il vestito verde smeraldo che sembrava soffocarla, le forcine nei capelli raccolti che le infilzavano la testa, e le scomode scarpe con il tacco alto che le torturavano i piedi, Lilian Luna Potter rimpianse ardentemente le regole severe di Minerva McGranitt.
Poi Shiva Aswini le sorrise, in quel modo gentile e rassicurante che le ricordava la calma pacatezza di suo nonno Arthur, e sospirò, avvertendo il peso della colpa farsi più leggero. Avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere per rendere quella serata piacevole, se non altro per non veder svanire dai suoi occhi quella calda sfumatura di trepidazione.
La Sala Grande ci aspetta! - decretò con un entusiasmo un po' troppo forzato, ma l'altro non sembrò accorgersene.
Rose, incredibilmente attraente nel suo abito nero decorato di perline sulla scollatura e sulla fascia in vita, sembrava davvero adatta al braccio snello di Albus, tanto che Lily pensò di sfuggita che sarebbero stati davvero una bella coppia se solo avessero deciso di abbandonare i loro libri puzzolenti e le pergamene sgualcite della biblioteca per dedicarsi maggiormente l'uno all'altra. Erano cugini, era vero, ma nel Mondo Magico, ormai, non c'era nessun mago, Purosangue o no, che non fosse almeno lontanamente imparentato con un altro. E poi le Antiche Famiglie si sposavano fra parenti in continuazione. Lily pensò fuggevolmente a Scorpius Malfoy, e realizzò che forse sarebbe stato meglio che non lo avessero fatto, e che magari avessero deciso di affogare gli affascinanti figli unici dagli occhi di ghiaccio nel Lago Nero. Un dolore al fianco le rammentò che anche il Lago Nero era diventato un tabù per i suoi pensieri.
Quando raggiunsero le imponenti porte d'ingresso della Sala Grande, Lily sentì un nodo severo stringerle lo stomaco; non era pronta, non sarebbe mai stata davvero pronta.
Le porte della sala si spalancarono, rivelando un enorme bomboniera rosa, rossa, dorata e argentata. La Sala Grande era stata trasformata nel Tempio di Cupido, con festoni di tulle di tutte le gradazioni del rosso, dell'oro e dell'argento, con fiori rosa e bianchi disposti a forma di cuore in ghirlande che planavano sul soffitto, vasi intarsiati e decorati con piccoli cherubini nudi intenti a versare vino in coppe dorate, e in complicate composizioni floreali che adornavano piccoli tavoli rotondi, disposti anch'essi a forma di cuore e rivestiti di pregiate tovaglie rosso scuro. Lungo i corrimano della scala di pietra erano state disposte piccole ciotole riempite di oli profumati, nelle quali galleggiavano candele che non si consumavano né colavano cera, e così per tutto il perimetro della sala e sul soffitto, dove galleggiavano accanto alle ghirlande e i lampadari dorati, anch'essi agghindati ad arte per la serata. La musica di un quartetto d'archi si spandeva per la sala, malgrado gli strumenti suonassero da soli, distrattamente disposti in un angolo. Ogni cosa, dai tovaglioli, al cibo, alle bevande, era di un colore rosso vermiglio, perfino il vino che, per l'occasione, era versato in calici di cristallo dalla sfumatura rossastra.
Lily rimase a bocca aperta; nemmeno ad Hogwarts le feste erano così sfarzose.
Per le tette di Morgana! - esclamò Hugo comparendo al braccio di Daisy Williams di Corvonero, la sua timida e minuta accompagnatrice – questo sì che è un party con gli attributi! – Lily e Albus, nemmeno Rose, ebbero nulla da obiettare.
La risposta alla domanda che si stava formulando rapidamente nell'aria, non detta ma ugualmente presente, comparve pochi minuti dopo, in una fila di eleganti uomini e donne, riccamente abbigliati e ingioiellati, tutti con un pesante anello pacchiano all'anulare della mano destra con un rubino a forma di goccia grande quanto l'unghia del pollice di Lily, e inequivocabilmente più costoso.
Theodore Nott, nella sua dinoccolata figura da roditore, apriva la fila, con al collo un pesante medaglione dorato che ritraeva Adamo nel vano tentativo di afferrare la mano di Dio, le dita che quasi si sfioravano, ma nella mano dell'uomo svettava una bacchetta, e con quella Adamo riusciva a sfiorare il polso di Dio, dal quale scivolava una copiosa goccia di sangue. La goccia che aveva dato vita alle Antiche Famiglie, così dicevano gli adepti Purosangue di quella setta inquietante. La Lega per la Salvaguardia delle Antiche Famiglie, nei suoi più esimi rappresentanti, fece la sua entrata trionfale ad Hogwarts, dichiarando senza nemmeno troppe sottigliezze, il dominio assoluto, almeno economico, sulla Scuola.
Quando Theodore Nott salì sullo scranno che era stato di Albus Silente prima, Minerva McGranitt, Piton, e Madame Maxime poi, con tutte le dovute modifiche del caso, un fragoroso coro di applausi e incitamenti salì dall'angolo dei Serpeverde, provocando a Lily un doloroso brivido di disagio.
L'uomo sedò il frastuono con un imperioso e secco gesto della mano dalle dita lunghe e affusolate. La Preside Maxime lo fissava alle sue spalle, alla tavolata degli insegnanti, con un misto di disprezzo e irritazione. Per una mezza gigantessa non doveva essere assolutamente facile vedere un difensore del sangue puro indottrinato come quello impadronirsi dello scranno di tre dei più lungimiranti e combattivi Presidi di Hogwarts.
Buonasera – esordì Nott con un accento gelidamente aristocratico. Il silenzio impregnò ogni cosa come acqua; un silenzio glaciale, ovattato ma attento, affilato come la lama di una spada delle armature. Lily artigliò inconsapevolmente la manica dell'abito di Albus, che si voltò di un soffio, lanciandole un'occhiata seria; qualunque cosa fosse accaduta e stesse accadendo fra loro, scavando dolorosamente un baratro di diffidenza e cose mai dette, il pericolo era qualcosa che li avrebbe sempre avvicinati, così come la lotta, e l'incapacità di sopportare le ingiustizie. In quel momento, tutte quelle cose, sembrarono convergere prepotentemente nelle parole di Theodore Nott e nel suo folle credo – so che molti di voi conoscono già la Lega – indicò con un gesto le persone che si erano disposte ordinatamente ai piedi dei gradini che conducevano sul piano rialzato. I loro volti, aristocratici e fieri, scrutavano con espressioni di critica curiosità i visi che scorgevano nella fiumana di studenti, intenti ad ascoltare – siamo qui, stasera, perché i Traghettatori si sono macchiati d'incresciosi crimini nei confronti dei maghi Purosangue, ma anche nei vostri, tentando di penetrare nella Scuola, sequestrando intere famiglie, e perfino uno studente – i suoi occhi da coniglio vagarono per la stanza, finché non incontrarono quelli di Scott, in piedi, accanto a Louis, anche lui impeccabile nel suo completo azzurro cielo, che conferiva ai suoi occhi una sfumatura pulsante, quasi viva. Non si scorse nessun lampo di preoccupazione o afflato di sentimenti nello sguardo severamente compunto di Nott, solo constatazione. Se quello che Harry aveva detto era vero, il padre di Scott era stato scagionato per il crimine di aver spalleggiato alcuni Mangiamorte, e di esserlo stato lui stesso, e questo, per la Lega, poteva rappresentare un affronto, così come un soddisfacente do ut des. Nott continuò a parlare, sorretto dalla solidarietà di troppi visi, e dalla sicurezza di troppi galeoni e di troppo terrore che scivolava inesorabilmente fra le pieghe della storia passata ma ancora troppo recente – molti di noi partecipano attivamente alla vostra salvaguardia, collaborando con la Guardia affinché i confini siano sicuri – avrebbe potuto dire “operando”, “facendo parte”, perfino “partecipando”, ma Theodore Nott aveva usato “collaborare”, per far chiaramente capire che non aveva intenzione di aggregarsi passivamente alla Guardia, sottostare al Ministero, e annullare il potere della Lega nel Mondo Magico, nemmeno quando si trattava dei suoi studenti, figli dei membri stessi della Lega, i suoi figli, perfino. Ardhesia lo scrutava, splendente nel suo abito di raso viola, acceso di riflessi, al braccio di un cupamente rilassato Incubus Mortimer, etereo e quasi incorporeo, gli occhi blu schiantati su Nott, di una tonalità appena più chiari dell'abito da cerimonia, cupo e baluginante di riflessi, e Anderthon, meno affascinante ma incredibilmente più somigliante al padre di quanto non fosse la sorella, immagine speculare dell'algida Daphne Greengrass, indirizzò un'occhiata distratta agli altri membri della Lega, morbosamente, come se desiderasse farne parte almeno quanto vivere. Gli occhi di Lily caddero su Scorpius Malfoy, a pochi passi di distanza, rigido e sospettoso nel suo abito nero senza cravatta, ma con un fiore rosso sangue sistemato all'occhiello, intonato allo scollato vestito della sua accompagnatrice, la brunetta con la lingua affilata e i seni in bella mostra. Serrò la mandibola, e tornò a concentrarsi sui vaneggiamenti di Theodore Nott – ma il nostro Magnifico Presidente ha ritenuto opportuno rinsaldare la nostra posizione all'interno della questione – un sorriso compiaciuto che non si estese agli occhi rese il suo viso ancora più grottesco – ed è per questo che, in accordo alla volontà del vostro Ministro, io, da lunedì, rivestirò il ruolo di Consigliere de facto del Preside, in questo caso, della Preside – lanciò un'occhiata distratta a Madame Maxime, come se non la ritenesse nemmeno vagamente degna di attenzione.
Un crescente chiacchiericcio ruppe finalmente l'assurdo cianciare di Nott. Evidentemente, non tutti saltavano dalla gioia come le Serpi all'idea di avere un quasi certo ex Mangiamorte nei corridoi della Scuola in un periodo così confusamente pericoloso. Lily, dal canto suo, imprecò, Albus serrò lo sguardo nuovamente privo della confortante presenza degli occhiali da lettura, e Rose sospirò. Ma fu Hugo, con la sua familiare teatralità, a riassumere con pittoresca precisione il tutto
Che se lo mangi un troll quell'idiota snob! Col gambo di una pianta carnivora che lo voglio vedere gironzolare qui intorno come Consigliere!! Che razza di ruolo è, poi, quello di Consigliere? Se ha consigliato anche le decorazioni di 'stasera lo vorrei vedere a scrivere la Rubrica della Strega Casalinga sulla Gazzetta del Profeta, piuttosto che in giro a ficcanasare con quel suo naso schiacciato da coniglio – Louis annuì, preoccupato
Questo è un colpo basso – sussurrò rivolto ad Albus
Troppo, forse – confermò suo fratello, l'espressione truce sul viso scavato – scavalcare l'autorità di Shacklebolt in questo modo mina alle fondamenta il suo potere – scosse la testa – non posso credere che papà non ci abbia detto niente -
Io non credo ne sapesse nulla Al – disse Rose arricciandosi distrattamente una ciocca di capelli sulla fronte – Shacklebolt non avrebbe mai permesso una cosa del genere, lo sappiamo bene, ma se quello che penso è vero, la Lega è venuta qui approfittando dell'invito della Preside per impugnare la Scuola mentre è più vulnerabile – i suoi occhi scuri scrutarono la folla, sconcertati – se domani il Ministro dichiarasse che non ha mai detto niente del genere, e imponesse a Nott di ritrattare, i maghi comincerebbero a sospettare che la teoria secondo cui sarebbe lo stesso Shacklebolt il responsabile delle sparizione, in una sorta di vendetta personale contro i maghi che lui sospettava essere Mangiamorte venticinque anni fa, sia vera. E se dovesse accadere... - lasciò in sospeso la frase, in un silenzio che Albus impiegò un attimo a riempire
Ogni singolo mago vagamente dubbioso sulla natura di queste aggressioni prenderebbe per buona la teoria della cospirazione, e abbandonerebbe le fila del Ministero per unirsi alla Lega, Purosangue o meno – si pizzicò il naso con il pollice e l'indice, pensosamente
Cosa facciamo? - domandò Hugo, la mano di Daisy stretta all'avambraccio che tremava leggermente.
Albus si riscosse, la determinazione che lei tanto ammirava in lui a illuminargli gli occhi di fuoco verde
La Lega ha i suoi infiltrati, e il Ministero avrà i suoi – lanciò a Lily un'occhiata eloquente, di fierezza, decisione e ribellione allo stesso tempo. E una domanda, come se temesse di non poter pronunciare le parole che seguirono. Lei annuì con decisione al suo secco – noi -.
Non aveva dubbi sulla parte della barricata per cui avrebbe lottato.
 
***
 
Roxanne Weasley aveva deciso che avrebbe scacciato via i suoi personali fantasmi ballando disperatamente, ma nemmeno quell'antidoto sembrava funzionare quella sera; per Rose era lo stesso. Nessuna delle due sembrava aver trovato la propria pace nel ritmo. Sembrava che la Lega non gradisse il frastuono, e aveva assoldato un quartetto d'archi in carne e ossa, proveniente da chissà quale teatro per ricconi nel quale né lei né la sua famiglia avrebbero mai messo piede, per “allietare” la serata.
Nel suo personale vocabolario, allietare era diventato sinonimo di ammazzare di noia.
Era ancora accasciata scompostamente su una sedia dallo schienale imbottito a forma di cuore quando Paul le si avvicinò con espressione sofferente
So cosa ti avevo promesso, ma questa festa mi sta facendo uscire di testa – i violini suonavano una melodia strappalacrime, e metà delle coppie era ormai rintanata a pomiciare negli angoli bui della sala anziché in mezzo alla pista, come sarebbe stato umanamente pensabile.
Roxanne sospirò allo sguardo implorante di Paul Show, e si chiese quale fosse l'idea di festa di una tribù indiana scampata al genocidio pochi mesi prima.
Lanciò un'occhiata distratta ai suoi cugini, chi intento a conversare fitto, sicuramente a proposito delle parole di Nott di quella sera, chi noiosamente appoggiato al tavolo a forma di cuore, anche quello, pensò nauseata, chi, come Lily, seduta a braccia incrociate su una sedia, lo sguardo perso chissà dove, rabbioso e furente, e la gamba che dondolava a ritmo di pensieri tutti suoi, sconnessi e intricati come i suoi capelli. Shiva Aswini le stava parlando con tono concitato, ma era evidente che le sue parole erano sussurrate al vento.
Solo Frank Paciock sembrava spassarsela, ballando un lento con una Tassorosso del sesto dalle forme generose e le labbra piene.
Non si lasciò alle spalle i cugini che avrebbe voluto quando si allontanò dal monotono sbaciucchiarsi delle coppiette e la cadenzata litania degli archi.
Seguì Paul fino all'Ingresso, e non fiatò nemmeno quando lui prese a scendere verso la Foresta.
D'un tratto, però, Wahya Show comparve da dietro lo strapiombo che conduceva alla capanna di Hagrid, il viso terreo sotto la naturale abbronzatura
Paul – lo chiamò, e bastò solo quella parola a far drizzare ogni pelo sulle braccia di Roxanne. Il ragazzo s'irrigidì
Dammi un momento – sussurrò prima di voltarsi verso di lei con sguardo afflitto
Non me lo dire...l'umanità ha bisogno di te – sospirò Roxanne, vedendo frantumarsi l'idea di una nottata di pipa della pace e danze attorno al fuoco al ritmo delle percussioni. Paul sospirò, il suo bel viso solcato dal dispiacere
Solo la mia famiglia – se c'era qualcuno in grado di comprendere quelle parole era Roxanne Weasley. Si strinse nelle spalle, sforzandosi di sorridere con leggerezza
Coraggio Superman, sia mai che gli indifesi di tutto il mondo incolpino me delle loro sofferenze – si sforzò di avere un tono leggero, ma il fastidio penetrò ugualmente fra le pieghe del sarcasmo.
Paul si rabbuiò, ma alla fine annuì, avvicinandosi a lei
Paul – lo chiamò con tono secco e urgente sua sorella – dobbiamo andare – l'altro sospirò pesantemente, lasciando la presa sulle spalle di Roxanne
Ti prometto... - ma lei lo fermò
Non promettere supereroe, o finirò per cascarci - sorrise, e l'altro serrò la mandibola
Pa -
Arrivo – ribatté secco voltandole le spalle. Un attimo dopo entrambi erano spariti, come Smaterializzati, lasciandola in piedi nel mezzo del nulla, quei dannati violini che le rimbombavano ancora nelle orecchie.
 
Flashback****************************************************
 
La Pluffa perforò l'aria nel cerchio più alto della porta, e Roxanne la osservò ricadere quasi lentamente a terra, planando con tranquillità per recuperarla. Gli allenamenti intensivi e proibitivi cui sottoponeva se stessa da settimane stavano dando i loro frutti, e ormai non mancava un tiro nemmeno dalla lunga distanza.
Ho idea che ti servirebbe un portiere – una voce sconosciuta, pregna di un accento che non conosceva, ma che le faceva venire in mente la farina di granturco, le distese delle praterie americane e una mandria di cavalli selvaggi che correva fra l'erba, richiamò la sua attenzione. Un ragazzo dai lunghi capelli neri, la pelle di un acceso color caramello con sfumature quasi ramate e gli occhi scuri più intensi che avesse mai visto, ricambiò il suo sguardo con un mezzo sorriso di denti bianchi e regolari dietro labbra carnose e invitanti. Malgrado il gelo del febbraio scozzese, indossava una t-shirt scolorita sotto un giubbotto di pelle.
Ho idea che non siano esattamente affari tuoi – lo freddò, ma l'altro non si scompose
Dicevo per dire, anche per il cavallo cieco è facile cavalcare senza ostacoli – Roxanne sollevò un sopracciglio
Sei così poetico con tutte, o devo ritenermi fortunata? - il ragazzo le rispose con un sorriso accennato, stringendosi nelle spalle
Al contrario, di solito mi diletto in versi e prosa quando conosco una ragazza. Ma non mi sembravi il tipo da sedurre con una rosa e una poesia – lei gli scoccò un'occhiata obliqua
E dimmi Shakespeare, c'è davvero qualcosa in me che da' l'idea che io sia un tipo da sedurre? - l'altro si riavviò una ciocca di capelli avvolta in un filo colorato dietro la schiena
A quanto pare no – e fece per andarsene, affondando con i jeans scuri di mezzo metro nella neve
Aspetta – cedette alla fine – non sono sempre così detestabile – planò a terra, raggiungendolo – l'adrenalina ha su di me effetti inquietanti – sorrise – sono Roxanne – allungò la mano verso di lui, in segno di scuse.
Paul – le sorrise il ragazzo stringendola in una presa incandescente di mani solide e callose – Paul Shaw. Sono i fratello di Wahya, credo che vi conosciate -
Ci conosciamo eccome – come invocata, la ragazza comparve alle sue spalle, i capelli che svolazzavano nel venticello del pomeriggio, eterea, quasi come se non fosse stata immersa nella neve fino al ginocchio – è un piacere vederti Roxanne, la tua famiglia sta bene? Harry e gli altri sono stati molto accoglienti con noi dopo... - i suoi occhi si rabbuiarono, per poi illuminarsi di sicura determinazione – ad ogni modo, spero porterai loro i miei saluti – le sorrise conciliante, rivolgendosi al fratello – ti devo parlare – Paul sembrò scattare sull'attenti. Poi si voltò verso di lei con tono di scuse
Spero di poterti mostrare le mie doti di poeta una volta o l'altra – si strinse nelle spalle
Già – ribatté lei guardandolo allontanarsi. Si trovò, stranamente, a sperarlo lei stessa.
L'attimo dopo, la Roxanne Weasley irrimediabilmente curiosa prese il sopravvento. Silenziosamente, inforcò la scopa e si librò in volo, nascondendosi dietro una possente colonna dello stadio. Li sentì discutere animatamente
Non sta funzionando Wahya. Aquila Rossa non è pronta, e noi non abbiamo più tempo. Devi fare qualcosa -
Non possiamo forzarla Paul. Io l'ho avvertita. Se vorrà correre con il branco lo farà, se sceglierà di strisciare come un serpente, non potremo impedirglielo – l'altro si lasciò andare ad una risata secca
Possiamo – la corresse – tu puoi farlo – puntualizzò
Non lo farò. Le mie doti non possono cambiare il corso degli eventi Paul, solo prevederli, e impiegarmi per fare in modo che le persone coinvolte prendano decisioni diverse. Non vedo ancora chiaramente. È tutto confuso, è come se colui che ho visto cambiasse idea continuamente, si muovesse nella nebbia senza sapersi destreggiare. Non so quanto possa essere pericoloso, né quanto tutto sia già deciso – s'interruppe, probabilmente per riflettere – un'ombra lo avvolge, e non riesco a capire chi lei sia, se qualcuno di cui possiamo fidarci o qualcuno di cui aver paura. Dobbiamo attendere, solo pazientare – Paul colpì qualcosa con un pugno
Sono stufo di aspettare Wahya! Tutti noi lo siamo. Sono mesi che aspettiamo, e guarda come siamo ridotti, a cacciare in mezzo agli unicorni e i centauri! Se tu non prenderai una decisione, lo farò io – la sfidò con una punta di soddisfazione nella voce. Wahya sospirò pesantemente, un moto di frustrazione e impotenza a scuoterle le spalle
Fa' come credi, ma non venire a inginocchiarti di fronte al Grande Spirito per chiedere aiuto quando fallirai. Gli dèi non sono misericordiosi con chi volta le spalle al proprio sangue – parlò come una sacerdotessa, o almeno quella che Rox immaginava essere una sacerdotessa. Paul imprecò, e si allontanò a grandi passi rabbiosi nella neve al ginocchio. Sua sorella lo seguì con lo sguardo, e risalì il sentiero che portava al Castello.
La tua mammina ti ha speigato che non si origliano le conversazioni altrui, o ti ha solo insegnato come sventrare gli animali a mani nude Weasley? - Zane Zabini, con la sua stupida voce baritonale, la fece balzare sulla scopa come una bambinetta paurosa
Che accidenti ci fai qui, per i Quattro Fondatori?! - l'altro sogghignò indicandole la Pluffa, ancora abbandonata sul terreno e semi sommersa dalla neve
E' uno strazio allenarsi per un Portiere – ammise – e Scorpius fa schifo come Cercatore – planò verso la Pluffa, e si voltò verso di lei con un sorriso sornione – che dici Weasley, uno contro uno? - Roxanne sospirò, poi gli si affiancò con un sorriso perfido
Ti strappo di dosso la pelle, Serpe – Zane scoppiò in una fragorosa risata maliziosa
Non vedo l'ora Weasley...non vedo l'ora... -
 
Fine flashback*******************************************************
 
Era ancora ferma nel cortile del Castello, con il calore che proveniva dall'Ingresso e il gelo che le penetrava nelle ossa, risalendole lungo la gamba nuda avvolta in un paio di stivali bassi di camoscio marrone scuro, quando quella voce la raggiunse
Se fossi chiunque altro al mondo, direi che non si lascia un bella ragazza da sola ad una festa, ma trattandosi di te mi stupisco che il tizio in questione sia ancora vivo – Zane Zabini la fissava immensamente divertito, l'abito da cerimonia così incredibilmente bianco da rendere la neve quasi opaca, smagliante quasi quanto il suo sorriso a trentadue denti, colmo di soddisfazione e trionfo.
Si voltò verso di lui con sguardo duro
Se non hai notato, non è aria Zabini. Sparisci – s'incamminò a grandi passi verso l'interno, seguita da lui, a pochi passi di distanza, le scarpe nuove che echeggiavano impudentemente sulla pietra dell'ingresso
Weasley Lotta Continua che non lotta? - sorrise – andiamo! E' una festa porco Godric, divertiamoci – gli scoccò un'occhiataccia
Solo se il divertimento consiste in me che ti sottopongo alle più atroci torture – Zabini sorrise maliziosamente
Fallo. Sono tutto tuo – sollevò un sopracciglio
Non esiste niente di serio per te vero? - l'altro si strinse nelle spalle, casuale
Certo, ma le relazioni sentimentali non rientrano nella categoria. Lacrime, dolore, amore, sono tutte cazzate – liquidò il tutto con un gesto della mano – sai cos'è reale? Il sesso, ridere, ubriacarsi, il Quidditch, ne entri ed esci come se niente fosse, e fanno sempre bene – poi aggrottò le sopracciglia, - beh, non troppo per le ultime due, ma sai cosa voglio dire... - no, Roxanne Weasley, Miss Impegnata Per Cambiare Il Mondo, non aveva assolutamente idea di cosa significasse fare qualcosa che non impiegasse ogni fibra del suo essere e ogni neurone del suo cervello, nonché ogni grammo del suo cuore combattivo. Si chiese come dovesse essere, per una volta, entrare e uscire dalla vita con la stessa naturale noncuranza di Zane Zabini. Il ragazzo la fissò con un mezzo sorriso sul viso sempre gioviale, porgendole la mano – Eddai, prometto che non mi lamenterò se deciderai di torturarmi dolorosamente – strinse lo sguardo su di lei – fammi condurre il gioco per una volta Weasley, e ti prometto che sparirò dalla tua vista se quando lo vorrai – le strizzò l'occhio.
Roxanne sospirò e afferrò la sua mano protesa. Che i Quattro Fondatori se la portassero alla dannazione!
 
***
 
Shiva Aswini non era nemmeno un ragazzo noioso. Aveva cercato di parlare di Quidditch, argomento di cui era ferratissimo malgrado non giocasse, di musica, di cinema babbano, e anche di politica, nonostante avesse candidamente ammesso di non interessarsene. Era stato carino, divertente e premuroso per tutta la serata, riuscendo anche, in un modo o nell'altro, a farla sorridere. Era stata una serata piacevole, anche troppo, molto più di quanto si sarebbe aspettata, ma Lily non poteva ridere davvero, o essere brillante, o divertente, con lui che ingoiava la faccia di Tansy Forrest al centro della pista da ballo, e in ogni singolo angolo buio di ogni singolo centimetro di quella dannata Sala Grande. Semplicemente non poteva.
E quando la Pluffa è entrata, giuro, insomma, non potevo crederci... - Shiva, nel frattempo, si era lanciato in una cronaca diretta dell'ultima partita del Campionato Nazionale, con i Cannoni di Chudley di suo fratello che risalivano rapidamente la china di una stagione sfortunata.
Ma a Lily non recava conforto nemmeno parlare di James. Avrebbe solo voluto affogarsi in una pinta di Burrobirra fino a svenire, cosa che si sarebbe premurata di fare di lì a dieci minuti.
Si alzò, voltandosi verso il ragazzo, sforzandosi di sorridere
Vado a prendere da bere, tu vuoi qualcosa? - Shiva scosse la testa, agitando fra le dita un bicchiere ancora pieno a metà di Burrobirra che doveva avere la temperatura dell'acqua in ebollizione.
Sono a posto, ma se vuoi vado io... - si offrì, molto cavallerescamente. Ma Lily non aveva bisogno di restare seduta a guardare la lingua di Scorpius Malfoy che saettava da una parte all'altra del collo della sua ragazza della serata, aveva bisogno di mettere dei chilometri fra sé e quell'idiota Serpeverde dalle mani lunghe.
Si diresse a grandi passi verso il tavolo delle bibite, i tacchi che ticchettavano sulla pietra e il vestito che si muoveva attorno alle sue gambe ad ogni passo.
Si versò un generoso boccale di birra, e si appoggiò a braccia incrociate al ripiano, schiumando di rabbia. Non voleva essere furiosa, Scorpius Malfoy non meritava una sola stilla della sua rabbia, nemmeno una traccia, eppure era così, eppure si sentiva presa in giro, usata, e faceva male. Faceva dannatamente male. Il suo orgoglio era ferito prima dei suoi sentimenti, molto prima dei suoi sentimenti. Non provava niente per Malfoy, niente che potesse essere lontanamente paragonato all'amore o cose simili, né a quello che aveva provato per Teddy, ma quel...quel...quella serpe aveva giocato con lei come il gatto con il topo, e poi si era semplicemente voltato dall'altra parte sghignazzando, pronto al prossimo giro di giostra. E nessuno, dannata Morgana, poteva prendersi gioco di Lily Potter senza soffrire a lungo, tormentato da un dolore inarrestabile.
A volte ringrazio profondamente per l'esistenza di vestiti eleganti senza tasche – esordì Louis appoggiandosi accanto a lei, molto più somigliante ad una divinità che a un essere umano, sfavillante nel suo completo grigio chiaro – Priscilla sola sa cosa potresti fare con una bacchetta a disposizione in questo momento – le sorrise, in quel modo conciliante da fratello maggiore malizioso. Sollevò il boccale che stringeva fra le mani. Lily sospirò, e fece tintinnare il suo
Come ci riesci? Dico, a essere sempre così irresistibile - Louis scoppiò in una risata fragorosa, di quelle che avevano il vago sapore di Tana e colazioni di nonna Molly
Hai una vaga idea di quanto ci ho messo a farlo capitolare? - scherzò ammiccando in direzione di Scott, che faceva volteggiare Rose in una serie di piroette umanamente impensabili, ma che sua cugina affrontò con grazia e leggiadra sicurezza, entrambe doti che a Lily mancavano in larga misura – anche adesso ogni tanto mi chiedo se sia davvero lì – il suo sguardo si perse per un attimo sulla sala – è una dannato Serpeverde Lily...e quello che gli hanno insegnato non scomparirà magicamente solo perchè tu vuoi che sia così – sorrise, in quel suo modo ingenuo e cospiratore allo stesso tempo, con un baffo di schiuma sul labbro superiore. Sollevò le sopracciglia, asciugandosi la bocca con un gesto distratto – se è quello che vuoi, per Merlino, vattelo a prendere – si staccò dal ripiano e la guardò, un lampo di comprensione e affetto negli occhi verde chiaro.
Lily lasciò correre lo sguardo al centro della sala, dove qualche coppia era ancora lanciata in un lento dalle note struggenti. Nel mezzo dei corpi che si muovevano piano insieme alle languide note degli archi, Scorpius Malfoy la guardava con un ghigno divertito.
 
Hmm, such a thing of wonder in this crowd
I’m a stranger in this town
You’re free with me
And our eyes locked in downcast love
I sit here proud
Even now you’re undressed in your dreams with me
 
 
Serrò i pugni e si diresse a grandi passi verso di lui, amichetta prosperosa e tutto, decisa a mettere in chiaro una volta per tutte che lei, Lilian Luna Dannatissima Potter, non era passatempo della domenica di nessuno, meno che mai di un insignificante Serpeverde ossigenato con seri problemi d'identità.
Ma Scorpius non aspettò che lei lo raggiungesse: prese per mano la sua bruna accompagnatrice e si allontanò dalla pista, a passi lenti e rilassati.
Lily avrebbe voluto cavarsi gli occhi pur di non vedere quello che successe dopo. Tansy Forrest lo seguì nell'angolo cieco della sala, nella semioscurità di una colonna. Quella colonna. Scorpius Malfoy la premette contro la fredda pietra, nell'oscurità, e si avventò su di lei, senza lasciare niente all'immaginazione. I suoi occhi videro tutto questo, nel soave cullare degli archi e delle candele che galleggiavano accanto alla sua testa, spalancati, senza che le palpebre si chiudessero mai a interrompere i fotogrammi rallentati di quel film dal finale scontato.
L'attimo dopo i suoi tacchi alti risuonarono nella Sala Grande, echeggiando sul soffitto a volta e nell'Ingresso, tetri e cadenzati in un concerto di note distorte e crepe che si spalancavano inesorabilmente.
 
Oh, I’m only here for this moment
 
***
 
Rose non lasciò che i maledetti violini la mettessero di cattivo umore. Non avrebbe permesso a nessuno di metterla di cattivo umore quella sera. O almeno, così aveva pensato finché Theodore Nott e la sua combriccola di lestofanti non aveva fatto il suo trionfale ingresso nella Sala Grande, emanando un soffio di gelo capace di spegnere tutte le candele, e ghiacciare il sangue nelle vene. Hogwarts non era più libera.
Una gelida sensazione di paura le scivolò fra le scapole, umida e fredda come il terrore primordiale.
Albus, che aveva accettato di malagrazia di concederle almeno un ballo, irrigidì la presa sulla sua schiena con espressione preoccupata
Va tutto bene? - e lei non annuì, non lo schiaffeggiò con una simile bugia. Era Albus, in fondo, poteva sopportare la verità, conosceva già la verità
Questa Scuola...resisterà ancora? - chiunque altro al mondo non le avrebbe risposto, avrebbe finto di non capire, di riflettere, di cercare una soluzione. Non Albus Potter
Dipende da quanto i padri hanno trasmesso ai figli. Dipende da quanto lotteremo, e da quanto saremo capaci di fare in modo che gli altri lottino con noi – Rose si allontanò da lui per vederlo in viso
Venticinque anni fa Voldemort era vivo...oggi cosa... -
Voldemort era amato tanto quanto era odiato. Faceva paura, era crudele, tirannico, spaventoso tanto quanto era potente. Era una guerra aperta, l'uno contro l'altro, buoni contro cattivi – gli occhi verdi di Albus divennero opachi – questa non lo sarà. Dipenderà da come giocheremo le nostre carte nel buio, dipenderà da come riusciremo a muovere i pezzi sulla scacchiera senza che la Lega anticipi le nostre mosse. Non c'è un cattivo Rose, solo mezzi nemici e mezze vendette – lei sospirò
Non si capisce chi è il vero nemico – ammise pacatamente – ci muoviamo tutti bendati e andiamo a sbattere l'uno contro l'altro, mentre la Lega promette di salvarci tutti e accoglie nuovi adepti – si morse il labbro, lasciando correre lo sguardo sulla sala ancora popolata malgrado l'ora tarda. E incrociò un paio di occhi di un blu fosco, vellutati e attenti, studiare gli studenti che sciamavano tutt'intorno. Ardhesia Nott serrò la presa sul suo braccio, mentre discuteva animatamente con un tizio unticcio che doveva chiamarsi Thorbert.
Incubus Mortimer le sorrise, la minaccia che sovrastava ogni traccia di divertimento, e si allontanò dal tavolo, per raggiungere Scorpius Malfoy, intento a scrollarsi di dosso una ragazza del settimo con un vestito rosso sangue talmente sottile da non lasciare nulla all'immaginazione. Lei tentava di baciarlo, e il ragazzo la scansava con decisi ma ancora gentili cenni delle mani. Quando vide Incubus avvicinarsi, il suo sguardo s'indurì.
Fu troppo da notare perché Rose Weasley rimanesse a volteggiare fra le braccia di Albus senza fare niente.
Si sciolse dalla sua presa, avvicinandosi per sussurrargli all'orecchio. Albus annuì
Sta attenta – la ammonì
Lo sono sempre – finse di sistemarsi il vestito, e spiò i due con la coda dell'occhio, mentre si allontanavano dalla festa per sparire nell'oscurità del corridoio al piano terra.
Le ballerine bianco perla non emisero alcun suono mentre Rose Weasley percorreva la nuda pietra umida di Hogwarts. Le scarpe eleganti di Incubus ticchettavano sommessamente, echeggiando nel corridoio dalle pareti alte illuminate malamente dalle torce che crepitavano nel silenzio innaturale che li avvolgeva. Riusciva a percepire solo sussurri e imprecazioni, toni duri, frasi brevi e imperiose. Quando fu riuscita ad avvicinarsi abbastanza perché il rumore dei loro passi non coprisse interamente le loro parole, si acquattò dietro un angolo, nella semioscurità, nell'angolo cieco del raggio di luce della torcia
Continua a cospirare e governare il tuo piccolo feudo di fissati Morty, e lascia fare a me quello che devo fare – una risata priva di gioia scivolò nell'ombra accanto a lei, sfiorandola come un viscido rettile
Non ti stai impegnando abbastanza Scorpius, è un fatto. Se fossi stato al tuo posto -
Prego, Messia, è tutta tua, prenditela – Incubus sembrò sibilare a quelle parole
TU prendila, e fai in modo che sia inequivocabile – s'interruppe, pare, per recuperare il controllo, ed espirò profondamente – Ti concedo ancora due settimane Scorpius. E poi farò a modo mio – passi si allontanarono furiosi lungo il corridoio, rumorosi come la terra stessa scossa da un terremoto, e poi il silenzio fu nuovamente l'unica cosa che Rose riuscì a sentire.
Si appoggiò lungo la parete, respirando profondamente, le mani sulle tempie a trattenere le parole. Due settimane...due settimane per fare cosa? Di lì a due settimane ci sarebbe stata la gita a Hogsmeade. Cosa aveva a che fare Scorpius Malfoy con Incubus Mortimer? Cosa stavano architettando insieme?
Senza rendersene conto, un brivido di terrore le fece accapponare ogni centimetro di pelle sul corpo.
Tentando di darsi un contengo, si rassettò il vestito e scivolò alla luce.
Un braccio affusolato, fasciato in un completo di alta sartoria del blu più tenebroso e cangiante, le bloccò la strada.
Incubus Mortimer fece schioccare la lingua
Cosa abbiamo qui? Rose Weasley, nientemeno...che coincidenza – il modo in cui lo disse bastò a chiarire che non la considerava affatto una coincidenza. Rose indietreggiò, il battito del cuore che le premeva con decisione contro la stoffa leggera dell'abito, e gli occhi di lui che le corsero addosso come uno sciame di vespe impazzite. Deglutì il vuoto, sforzandosi di ritrovare il controllo
Che c'è? Hai emanato il diritto di proprietà sui corridoi di Hogwarts adesso? - si sforzò di non incontrare i suoi occhi, ma lui la scrutò senza vergogna, un sorriso appena accennato a mettere in risalto la cicatrice sulla guancia, quasi viva nella luce delle torce.
Si staccò dalla parete con un gesto noncurante, impossibilmente lento, e incrociò le braccia al petto. Il suo sorriso sembrò giocare con le ombre intorno a loro
Fare la sostenuta non ti salverà per sempre Rosie – la rabbia montò in lei senza che potesse fermarla
E da cosa dovrebbe salvarmi, sentiamo, da te? - percepì chiaramente tutto il furore e l'accusa di quelle parole. Rose aveva paura, e detestava avere paura, sopra ogni dannata cosa, Rose Weasley detestava avere paura, anche più dell'Inchiostro Balordo dei Tiri Vispi Weasley che trasformava le parole che scriveva in poesie oscene in rima.
E Incubus Mortimer era spaventoso: il suo sorriso minaccioso, il suo sguardo che le vagava addosso seguendo il filo invisibile di chissà quali pensieri, perfino il suo respiro caldo che la sfiorava di tanto in tanto. Ogni cosa di lui era spaventosa. E magnetica, quanto un Incantesimo Attraente della miglior fattura.
Si passò una mano fra i lisci capelli castani, e strinse lo sguardo su di lei con studiata leggerezza
E perché mai? Do' l'idea di essere un tipo di cui aver paura? - sorrise nuovamente, con la stessa inquietante scia di minaccia che coronava ogni suo respiro
No – ribatté immediatamente lei, conscia della poca convinzione che aveva messo in quelle parole – dai l'idea di essere un tipo a cui una bella fattura farebbe solo bene – tentò di oltrepassarlo, ma l'altro si mosse agilmente, sbarrandole la strada con soddisfatto divertimento
Ti piacerebbe tentare? - allargò le braccia a mostrarsi inerme, con senza smettere di sorridere in quel modo che pareva prenderla in giro per qualcosa che Rose nemmeno sapeva.
Serrò la mandibola con rabbia
Non vale nemmeno la pena estrarre la bacchetta per te – lo freddò tentando nuovamente, e altrettanto inutilmente, di oltrepassarlo.
E Incubus sollevò un angolo della bocca definita, in un'espressione che, su chiunque altro, avrebbe significato un sorriso, su di lui assunse le tinte fosche dell'avvertimento
C'è chi dice che io valga la pena di molte cose – si strinse nelle spalle – altri hanno detto il contrario – si fece serio in un attimo – tu da che parte stai? - Rose gli si avvicinò così tanto che poté percepire il suo fiato caldo sul viso, e l'odore di pulito dell'abito da cerimonia
 
Don’t you see, don’t you see?
You’re just the torch to put the flame to all our guilt and shame
And I’ll rise like an ember in your name
 
Dalla parte in cui cadrai – gli sussurrò a pochi millimetri dal viso, scatenando il lui un sorriso rilassato
Sei la benvenuta – sollevò la mano, a sfiorarle il mento con le dita, portando le loro labbra quasi a sfiorarsi – ma ricordati di non piangere per me Rosie...sono uno che lascia il segno – le voltò le spalle e se ne andò, in un ticchettare di scarpe nuove e frusciare di abiti inamidati, e d'un tratto il corridoio sembrò più freddo, e la luce più tenue, la notte più silenziosa.
Rose si lasciò andare contro il muro, emettendo un lungo e travagliato sospiro. Il respiro le uscì dal petto in rapidi scatti, come se qualcosa lo artigliasse prima che potesse venire fuori.
 
Love can taste like the wine of the ages, oh babe,
And I know they all looks so good from a distance
But I tell you I’m the one
 
 
King la trovò così, abbracciata a se stessa sul pavimento di gelida pietra, la fronte appoggiata alle ginocchia e un tremito che la scuoteva dalla testa ai piedi
Rose – la chiamò piano, inginocchiandosi accanto a lei, poggiandole una mano sulla spalla. Lei s'irrigidì un istante, poi sollevò lo sguardo – hei, piccola...sono io – annuì, come se le costasse un'immensa fatica, e si rimise in piedi
Andiamo via – disse semplicemente, le lacrime che facevano a pugni nei suoi occhi per venire fuori, e lei che lottava con tutta se stessa per trattenerle.
King le passò un braccio attorno alle spalle e la condusse nuovamente nella semioscurità del corridoio costellato di torce crepitanti.
 
***
 
La notte era tutto sommato calda per essere metà febbraio in una landa desolata della Scozia. La neve caduta in quegli ultimi giorni aveva ovattato l'atmosfera, come se quel poco calore umano che emettevano i loro corpi affaccendati a muoversi da un'ala all'altra del Castello si fosse cristallizzata in un calore innaturale, quasi inspiegabile, sospeso nell'aria.
Ma Scorpius non sentiva alcun calore, non provava alcun conforto, e non aveva voglia di godersi quel tepore. Voleva solo seppellire se stesso sotto dieci strati di neve e dormire fino alla primavera, magari quella dall'anno seguente, o di dieci anni dopo.
Sospirò, lasciando cadere la testa sulle braccia appoggiate al parapetto, i capelli increspati dalla calma brezza di quella notte immobile, appena accennata, carezzevole.
Aveva perso. Tanto per cambiare, Incubus Mortimer era arrivato un passo prima di lui, e aveva mandato ai troll ogni suo tentativo di sistemare il casino che aveva combinato.
E Lily Potter, ora, aveva solo una possibilità di restare viva in quella stupida faccenda del cazzo in cui lui non aveva mai voluto entrare davvero. Lui.
Avrebbe voluto vedere la sua faccia quando gliel'avrebbe detto. O no.
Si passò una ano fra i capelli, scompigliandoli dalla frustrazione.
Dannato Merlino. Fottuta, maledetta, Morgana. Porco Godric, che situazione di merda.
Diede un colpo al muro, le nocche screpolate che pulsavano ritmicamente, e nessuna nuova idea.
O lui o Incubus Mortimer, o lui o il nulla. O lui, che aveva pomiciato con una cretina decerebrata dalla voce insopportabile dietro la loro colonna, o una lama affilata e un calderone ribollente di sacrifici umani.
Se la conosceva almeno lontanamente bene, Lily Potter avrebbe scelto la seconda.
Sbuffò, imprecando a denti stretti. Ottimo piano, ottimo piano davvero. Coglione.
 
I know I, I know I
I know everybody here wants you
I know everybody here thinks he needs you
 
 
Si appoggiò stancamente al parapetto, il suo abito da cerimonia che frusciava in modo irritante attorno al corpo, quelle odiose scarpe scomode che scricchiolavano ad ogni passo, quel patetico fiore all'occhiello che avrebbe voluto ingoiare. Lo scagliò a terra con veemenza, vedendolo sbriciolarsi sotto il peso della sua furia, i petali distrutti che si sparpagliavano sulla pietra gelida, il gambo che si spezzava lasciando scorrere dense gocce di linfa dalle ferite. Per le palle di Salazar Serpeverde, lui si sentiva anche peggio.
L'attimo dopo il fiore si ritrasse in se stesso e morì, in un secondo, come se una forza avesse accelerato magicamente il tempo, la vita, la fioritura e la morte. La linfa si seccò, lasciando a malapena una macchia verdastra sulla pietra, i petali rattrappirono e si colorarono di un grigio smorto, così come il gambo, raccolto in se stesso in uno stelo appassito. E Scorpius Malfoy lo avvertì; un freddo innaturale che gli percorreva le ossa, gli artigliava la mente, e rendeva l'aria nei suoi polmoni pesante e bagnata. Ma nessuna stagione fredda della fredda Scozia aveva scavato in quel modo nelle sue ferite, come se il gelo avesse un'anima e avesse deciso che lui non era degno di possederne una, come se volesse strappargli il cuore dal petto più dolorosamente possibile.
Sentì di non avere nessuna ragione per vivere, sentì il petto frantumarsi in dolorose schegge, sentì la felicità del mondo che volava via ed esplodeva in un concerto di scintille incandescenti nel cielo nero come la pece.
Poi lo vide: strisciante, senza volto, putrido come la decomposizione che si avvicinava a lui nel suo mantello logoro. Un mostro senza occhi, senza labbra, solo una bocca enorme che gli succhiava via l'anima.
Estrasse la bacchetta, sforzandosi di pensare a qualcosa che non fosse lo schifo del mondo e la sua sofferenza. Pensò al futuro, lontano da lì, in sella alla sua scopa da corsa in una squadra di Quidditch che viveva al caldo, il dannato caldo perenne che sognava da sempre. Pensò al vento fra i capelli e la folla in delirio. Pensò alla mattina di Natale, ma non il suo Natale, quello di suo padre che lo fissava dall'altra parte del tavolo con fredda autorità, un altro Natale, un Natale caldo e profumato di dolci appena sfornati, e purea di patate dolci, e arrosto gocciolante di salsa. Un Natale di risate e sguardi innamorati che attraversavano una lunga tavolata e sfioravano anche lui. Pensò a quei folli capelli rossi che si agitavano nel vento della notte, il rombo di una motocicletta sul ghiaccio, e Whisky Incendiario...
Expecto Patronum – urlò, e un lampo di luce saettò dalla sua bacchetta schiantandosi contro il Dissennatore con tutta la sua luminosa potenza. L'essere arretrò, nutrendosi di quanto di più caro aveva partorito la sua memoria, rallentando, esitando, allontanandosi un poco, sazio, per un attimo, di qualcosa che aveva tenuto Scorpius al caldo.
Ma non bastò, perché quelli erano ricordi falsi, memorie che lui non aveva il diritto di usare, di conservare, di custodire, erano ricordi macchiati dal doppio gioco e le bugie, dai segreti e dalla finzione. Non lei, non loro, ma lui.
Il Dissennatore divorò la sua felicità come se nemmeno fosse esistita, e si scagliò contro di lui, l'odore putrido della paura che si condensava in rivoli gelidi dalle sue labbra. E la sua vera natura esplose in sfavillanti immagini di dolore e colpa, solitudine e paura.
Il vero Scorpius Malfoy, quello reale, si scagliò contro di lui con tutta la sua micidiale potenza, atterrandolo e immobilizzandolo nel pantano della sua stessa coscienza...Draco gli puntò il dito contro, frantumando con un calcio la sua palla di neve, lo sguardo perso di sua madre che li osservava in lacrime dal Castello dei Malfoy...qualcuno lo spinse a terra nel fango, due denti mancanti nella bocca di fogna che lo chiamavano “traditore”, un pugno che lo colpiva in pieno viso scagliandolo nel pantano fetido...il Traghettatore sguainò la bacchetta atterrando suo padre, nelle grida sconnesse di una madre terrorizzata, mentre il corpo di Draco si accasciava a terra, forse morto...due occhi azzurri lo scrutarono rabbiosi e delusi, appiccicati addosso nella semioscurità di quella colonna, i capelli rossi che ricadevano in morbide ciocche sulle spalle esili incurvate per la delusione e il dolore...e vide se stesso, la sua bocca muoversi, le sue mani scivolare su un corpo che non desiderava, quegli occhi a fissarlo, scavandogli dolorose piaghe nella pelle...Astoria gridò, parandosi davanti a lui, nell'ultimo disperato gesto di una madre impotente...
Si aggrappò al nulla, artigliando il senso di colpa e la rabbia, abbandonandosi alla disperazione, mentre il Dissennatore gli portava via tutto.
Expecto Patronum! - un'aquila argentea si librò nell'aria, scagliandosi contro il Dissennatore, colpendolo negli occhi ciechi, allontanandolo dal corpo inerme di Scorpius che stava perdendo rapidamente i sensi. Il Patronus lottò con la creatura, spingendola verso il vano della finestra aperta, finché non caddero giù insieme, librandosi in aria in una nube di luce e ombra, finché la luce non si dilato a dismisura, in un bianco lattiginoso vortice di purezza, e il Dissennatore scomparve nella notte.
La voce imprecò sonoramente, correndo verso di lui. Sentì solo il conforto di una mano calda sulla fronte, sul viso, sul collo, premergli il petto.
Batté le palpebre offuscate sui suoi folli capelli rossi che si agitavano nell'oscurità
Potter – si sforzò di dire, ma dalla sua bocca non venne fuori altro che un sussurro.
 
I know the tears we cried
Have dried on yesterday
The sea of fools has parted for us
There’s nothing in our way
My love
 
Lily s'inginocchio accanto a lui, sollevandolo
Sei sveglio? Malfoy, maledetto Salazar, mi senti? - lui sogghignò, o almeno tentò, sentendo morire ogni intenzione nel profumo intenso di bagnoschiuma agli agrumi. Desiderò solo di lasciarsi andare. Non sarebbe stato male, no, morire in quel modo? Forse qualcuno si sarebbe disperato per lui, forse avrebbero pianto. Forse lei avrebbe pianto, e sarebbe stata salva. Incubus non avrebbe avuto il suo maledetto sangue versato con consenso, e lui non avrebbe dovuto affondare la lama del tradimento di traverso nel suo cuore.
Ma non chiuse gli occhi, non cedette, e non si abbandonò a quella falsa pace. Non era arrivato fin lì per barattare le sue palle con una dipartita indolore.
 
Oh, I’m only here for this moment
 
Batté le palpebre, avvertendo la salda presa di lei attorno alle spalle
Anche troppo Potter, mi stai sfondando i timpani – sussurrò debolmente. Lei lo colpì in viso con uno schiaffo che sembrata tutto fuorché un tentativo di risvegliarlo. Aveva l'aria di un “così impari a pomiciarti le altre dietro la nostra colonna” e anche un po' di “razza di idiota mi hai fatto prendere un colpo”, con una sfumatura di strana dolcezza marca Potter che aveva sempre l'aspetto di un colpo del Platano Picchiatore.
Dovrò portarti in infermeria – gli sussurrò all'orecchio, fiato caldo contro pelle gelida, facendogli accapponare la pelle
Mhn, allora è vero che vuoi uccidermi – scherzò, le forze che sembravano essergli state risucchiate via dal corpo. Tentò di mettersi a sedere, crollando contro di lei mollemente.
Ma Lily Potter non lo respinse per ripicca, come lui si sarebbe aspettato, né lo scaraventò a rotolare come un idiota sulla pietra fredda del corridoio. Diede prova di essere immensamente migliore di lui, di nuovo, lasciandolo crollare su di sé, scostandogli i capelli appiccicati alla fronte, con un sospiro. Poteva avvertire il suo cuore sbattere contro la gabbia toracica in un miscuglio informe di sentimenti contrastanti.
La maggior parte delle volte sì Malfoy – rispose piano, chinandosi per sussurrargli all'orecchio – ma non oggi – Scorpius ricordò di aver sorriso, prima di lasciare che lei lo avesse in pugno, crollando senza forze contro il battito impazzito del suo cuore.
 
Oh let me show you
That love can rise, rise just like embers
 
(Everybody Here Wants You, Jeff Buckley)
 
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Angolo della delirante autrice: Buonasera a tutti!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Finalmente, direte voi, ho aggiornato il nuovo capitolo della ff^^
Penso per la prima volta nella storia mi sento vagamente soddisfatta di come è venuto fuori...spero sarete d'accordo con meXD
Dunque, il titolo è un gioco di parole fra "Il mostro dagli occhi verdi" che è la gelosia, secondo Shakespeare, e Incubus, dagli occhi blu...nonchè, se uno proprio vuole trovare le affinità, anche con il Dissennatore, anche se gli occhi non si vedono hihihihi
La canzone che ho inserito questa volta è Everybody Here Wants You del mai abbastanza venerato e compianto Jeff BuckleyXD Preparatevi perchè con lui sto in fissa, quindi potrei far comparire sue canzoni in ogni dove ahahahahah
La potete ascoltare qui se siete curiosi^^
Ne approfitto per dedicare questo capitolo a tutti voi che così pazientemente mi leggete, seguite, recensite, ricordate e preferite, ma in modo particolare a Giuls, per darle il bentornato dal fantastico viaggio a NY, e a Oksy, come buonafortuna per la vacanza che inizia oggi...vi adoro ragazze^^

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Capitolo 29
*** Maschere e Veli ***


Maschere e veli

 
Però ti prego, dolce padre caro,
che mi dimostri amore, a cui reduci
ogne buono operare e 'l suo contraro».
(Divina Commedia, Purgatorio, Canto XVIII, vv 13-15 )
 
 
La guardò serrare le dita attorno alla bacchetta di caprifoglio con quel cipiglio determinato che non concedeva sconti. Tremava, gli occhi grandi erano lucidi di pianto, e le ciglia appiccicate di lacrime battevano forsennatamente nel vano tentativo di ricacciarle indietro.
 
Non avrebbe pianto, non davanti a lui.
 
Deglutì, lasciando che la sicurezza che non gli apparteneva costruisse attorno a lui una solida corazza di indifferenza, e la fissò. Nel folle imperversare degli incantesimi attorno a loro, si sentì svuotato di ogni sensazione umana, di ogni infido sentimento, di ogni afflato di umanità.
 
Restò semplicemente immobile, a tiro della sua bacchetta, con l'inverno che cedeva il passo alla primavera, la neve che gli si scioglieva contro le caviglie, in un bagnato abbraccio di desolazione. La strada ciottolata era viscida di nevischio acquoso, e il vento gelido di febbraio lasciava ormai lo spazio all'umida brezza di marzo, e la neve che li aveva avvolti nel suo turbinio bianco era ormai pioggerellina sottile che s'insinuava prepotentemente nel colletto dei cappotti e scivolava in lenti rivoli freddi lungo la spina dorsale.
 
New York is dangerous, littered with thieves
We've no morals here, we just do as we please....
 
I capelli di lei erano appiccicati al viso in spesse ciocche bagnate di una sanguigna tonalità di rosso, e le lentiggini spiccavano mortalmente sulla pelle chiara. Le labbra serrate lasciavano andare respiri affannosi e vibranti, sull'orlo delle lacrime, ma non distolse mai lo sguardo. Non avrebbe mai distolto lo sguardo.
 
La fredda nebbia della sera si trasformò nel caliginoso fumo bianco dell'Espresso 9 e ¾, la confusione delle urla e lo schianto degli Incantesimi scrosciò di risate e saluti, ammonimenti e abbracci, lunghi adii commossi e sorrisi accennati. La banchina della stazione di King's Cross gli accarezzò i piedi, fumando calura estiva e scalpiccio affrettato di passi.
 
Quegli stessi occhi lo scrutarono, decisi e sospettosi, dall'altra parte di una famiglia di Babbani che accompagnava il figlio primogenito al vagone, due anziani nonni che camminavano ricurvi sollevando appena le mani raggrinzite in segno di saluto al nipote dall'altra parte del finestrino, un gatto dalle zampe nere sul corpo candido evitava per un soffio la presa frettolosa del suo padrone.
 
Percepì vagamente qualcuno parlare, urlare, chiamare il suo nome, mentre gli occhi di lei non smettevano d'indugiare nei suoi.
 
I suoi capelli erano più corti, arruffati sulla testa di quell'acceso rosso ribelle, ma quegli occhi non lo lasciavano andare, nel frastuono della mattina zoppicante che brillava già sulle loro teste.
 
Aspirava la sua sigaretta e la guardava, sputava fuori il fumo in contorti rivoli grigiastri che si mischiavano al fischio assordante del treno, e la guardava. Se quella ragazzina credeva di costringerlo ad abbassare lo sguardo per primo, si sbagliava di grosso.
 
Ma non cedette, immobile, accanto alla sua fastidiosamente numerosa e chiassosa famiglia, in un silenzio innaturale che gli ovattava le orecchie, e trapanò la sua fronte con lo sguardo finché non si sentì esausto.
 
Poi il treno fischiò, e la nebbia divenne nuovamente fredda e umida, il calore lo abbandonò come un getto di doccia gelata, e il mattino splendente della stazione divenne nuovamente un'umida serata maledetta, con urla e imprecazioni, lampi d'incantesimi che si scontravano nella luce artificiale dei lampioni tremolanti, e quelli stessi occhi spaventosamente grandi, che non sembravano aver bisogno di battere le palpebre.
 
Ricordò di aver vagamente pensato che era una ragazzina testarda, prima di salire nel suo scompartimento di Serpeverde.
 
In quel momento, la luminescente vacuità del suo sguardo serviva a mascherare malamente pensieri che non avevano niente di vago, o di confuso. Brillavano di un'assordante chiarezza, schiacciandolo nella fredda morsa di una consapevolezza senza nome che cambiava identità.
 
Percepì il battito lento e fischiante del suo cuore nelle orecchie, mentre continuava a fissarla. Credette di farlo per ore, quando invece erano stati solo pochi istanti.
 
Il tempo che servì a lei per sollevare la bacchetta che stringeva fra le mani, e scagliare il suo incantesimo...
 
But I don't wanna go home where they all stare at me
cause I'm tattoed, and fired up, and drunk, and obscene...
 
***
 
James Sirius Potter osservò il Serpeverde battere la palpebre confusamente, stringendo la mandibola per la fatica di riprendere conoscenza. Sbuffò, si agitò brevemente sotto le coperte inamidate e deglutì convulsamente. Il sudore gli si era raffreddato sul viso, e il sangue si era rappreso sul labbro inferiore dopo che, poche ore prima, lo aveva morso rabbiosamente. James era rimasto sveglio tutta la notte a controllare che l'effetto del Dissennatore non avesse provocato troppi danni nel cucciolo Malfoy, e non lo aveva visto riposare bene un solo minuto; non avrebbe saputo dire quali incubi la sua mente avesse partorito nelle poche ore che avevano preceduto la gelida alba di quel nuovo giorno, ma gli scheletri nell'armadio del Malfoy Manor dovevano essersi riuniti tutti lì per ballare sulla sua testa.
 
Si sfregò gli occhi stanchi con un gesto distratto, e si preparò ad affrontare la reticente collaborazione di lui, in attesa che suo padre tornasse dalla missione che lo aveva tenuto impegnato per due giorni infiniti.
 
Scorpius Malfoy non avrebbe avuto la sua bella dose di buone notizie, quella mattina.
 
Guarda guarda, qualcuno qui si è preso una bella sbronza – esordì con un mezzo sorriso. L'altro non sembrò apprezzare il suo strascicato senso dell'umorismo
 
Potter, avevo chiesto una bella ragazza, e mi hanno mandato un Dissennatore, mi serve un Megimago e mi mandano qui te – sospirò – devo essere stato proprio un bastardo quest'anno – James si appoggiò con noncuranza allo schienale della poltrona
 
Rilassati Malfoy, non sono qui per farti la respirazione bocca a bocca, se è questo che ti preoccupa – l'altro sogghignò
 
Peccato, ci avevo quasi sperato. Si dice che la tua saliva valga una fortuna... – si passò nervosamente una mano fra i capelli, gesto che non sfuggì allo sguardo attento di James. Qualunque faccia strafottente avesse ereditato Scorpius Malfoy, la fredda noncuranza di suo padre non era compresa nel pacchetto. Non in quel momento, non per davvero.
 
Malgrado i suoi sforzi, restava sempre inesorabilmente, pateticamente, e dannatamente umano.
 
James lo osservò guardarsi intorno, agitarsi impercettibilmente sul materasso, giocherellare con l'orlo della camicia della divisa, i polsini, la cravatta, riassettare una piega inesistente sul lenzuolo, e tornare a guardare lui con forzata inespressività. Era sempre stato dannatamente bravo a diventare chi volesse nel momento in cui lo voleva, ma ricevere il Bacio del Dissennatore era quel genere di esperienza che non lascia molto spazio alla simulazione.
 
Mia sorella ha detto che stavi per rimanerci secco Malfoy – evidentemente, l'altro non era ancora del tutto rimbecillito da non cogliere la sua marcata allusione. Si strinse nelle spalle, con una noncuranza non ancora sufficientemente disinvolta
 
Che vuoi farci, o una marea di ricordi infelici da cui attingere – il suo sguardo si perse in lontananza, verso la finestra aperta, sul tappeto di neve candida che ricopriva il cortile interno della scuola.
 
Una punta di rimorso serrò le dita attorno alla gola di James. Certo, lui era responsabile di una buona parte di essi.
 
Flashback***********************************************************
 
L'Espresso 9 e ¾ fischiò nella calda confusione della banchina di Hogsmeade, mentre gli studenti di Hogwarts si mischiavano come una fiumana multicolore, disperdendosi e raggruppandosi nuovamente accanto alle carrozze trainate dai Thestral invisibili.
 
Aveva di nuovo perso di vista Albus. Lui e la sua cocciuta mania di sparire sempre.
 
Si mosse velocemente, evitando per un soffio un ragazzino del primo che gli sgusciava quasi sotto le gambe.
 
Scusa James – gli disse il ragazzino con un caldo sorriso di acciaio da apparecchio ai denti; doveva essere figlio di Babbani. Eppure la fama di suo padre scavalcava perfino la rassicurante ignoranza dei non maghi.
 
Si voltò per rispondere, ma non trovò niente di particolarmente brillante da dire ad uno sconosciuto che sapeva di lui probabilmente più cose di quante ne sapesse James stesso. Alle volte era frustrante essere figli di una celebrità; non che a James Sirius Potter mancasse la fama. Con una scopa fra le ginocchia e un Boccino in mano, su un campo da Quidditch, perfino la fama del Salvatore del Mondo Magico perdeva importanza. Quando lui prendeva il Boccino, quando era la sua squadra a vincere, non era il figlio di Harry Potter che Grifondoro portava in trionfo, ma lui, James, il suo Cercatore. E non si trattava più di chi fosse suo padre, o cosa avesse fatto poco più grande di lui per il mondo dei maghi, si trattava di lui che era più veloce e più bravo, e più abile nel fare quello che più amava fare e che, per una volta, non aveva niente a che fare con il Bambino Sopravvissuto.
 
Dominique gli si accostò, con quel suo profumo di vaniglia e cannella che gli faceva sempre pizzicare lo stomaco. Aveva tagliato i capelli, e i soffici boccoli biondi, che pochi mesi prima portava lunghi dietro la schiena, si appoggiavano morbidamente sulle spalle. James deglutì, sforzandosi di non sorridere come un ebete.
 
Cerchi Al? - la leggera inflessione francese delle sue parole gli era familiare come il suo odore, dolce e pungente. Era sempre così quando passava le vacanze estive in Francia dai nonni materni. Annuì, senza guardarla nei grandi occhi verdi dalla sfumatura dorata
 
Si caccia sempre nei guai quello lì – bofonchiò arrossendo, e sforzandosi di guardare da un'altra parte; diventava sempre un patetico ragazzino balbuziente quando Nicki era nei paraggi. Specialmente quando erano mesi che non si vedevano, e lei non gli parlava con la erre leggermente arrotolata, e non lo guardava con quel sorriso così luminoso. Inciampò nel bordo del marciapiede, e per poco non si spalmò come una Gelatina Tutti i Gusti + 1 al gusto di idiota sulla banchina sotto di loro.
 
Un ragazzo del quarto dal rilassato sorriso sicuro di sé, che James metteva su solo per mascherare la propria inenarrabile inadeguatezza, si avvicinò con una risata tonante, di quelle che fanno voltare mezza Scuola.
 
Potter, sei davvero così goffo, o ti hanno scagliato una Tarantallegra senza che te ne accorgessi? - passò il braccio intorno alle spalle di Nicki e l'attirò a sé, piantandole tanta di quella lingua in bocca che James si sorprese di non vederla soffocare – come stai piccola? - le chiese a bassa voce. Lei annuì sorridendo, accarezzandogli una guancia.
 
James serrò la mandibola, stringendo i pugni lungo i fianchi, una rabbia cieca s'impossessò di lui, e avrebbe certamente sguainato la bacchetta se Nicki non si fosse voltata verso di lui
 
Albus era nello scompartimento vicino ai bagni insieme ad un ragazzo biondo con un viso familiare – gli sorrise, e James sentì tutta la determinazione di poco prima abbandonarlo. Tutte le ragazze della scuola, perfino quelle più grandi di loro, avevano una specie di cotta per lui. Perfino le Serpeverde del loro anno, e sua cugina si ostinava a non vederlo nemmeno, se non come un fratellino da proteggere, continuando a uscire con quel tizio decerebrato che doveva essere stato Smistato in Corvonero solo per via delle sue sopracciglia inenarrabili.
 
Annuì, deglutendo il vuoto per la rabbia, e inspirò.
 
Dominique lo salutò con un cenno e si lasciò trascinare via dal suo spocchioso ragazzo. James rimase in piedi in mezzo alla banchina, i corpi degli studenti che gli passavano accanto salutandolo, assestandogli pacche sulle spalle e augurandogli un buon anno scolastico, ma lui riusciva a vedere solo i boccoli biondi tagliati di fresco di Nicki allacciata al suo ragazzo in divisa verde e argento, con l'espressione da Campione del Mondo che avrebbe voluto cancellare con una bella Fattura.
 
S'incamminò a testa china verso l'ultimo scompartimento, imprecando fra i denti. Quando scorse la testa spettinata di Albus in mezzo alla folla, qualcosa di simile al sollievo s'impadronì di lui, e per un attimo sentì di poter smettere di essere arrabbiato con tutto il dannato mondo, perché il suo fratellino, malgrado tutto, avrebbe avuto bisogno di lui, sarebbe stato lì, anche se Dominique, e Teddy e suo padre, tutti quanti, avevano di meglio da fare.
 
Si avvicinò con passo spedito, quando una testa di abbacinanti capelli quasi bianchi occupò il suo campo visivo. La divisa era quasi distrattamente fuori posto, ma di alta sartoria magica, e il baule di solido castagno recava le sue iniziali il elegante calligrafia di puro argento, splendente nel sole della Scozia di settembre. Iniziali che James avrebbe preferito leggere scritte su una lapide. Scorpius Malfoy sghignazzava con noncuranza, appoggiato con sicura rilassatezza alla ringhiera della banchina, gli occhi grigi a malapena visibili sotto la zazzera di capelli lasciati al vento, e la sua copia di Quidditch Attraverso I Secoli stretta fra le lunghe dita pallide da ragno.
 
Si avvicinò, il calore che gli saliva lungo il collo fino al viso, con le mani protese che non ricordava di aver sollevato. Colpì Malfoy come un Ippogrifo in corsa, con una scarica di adrenalina che gli attraversava il corpo. Era più alto e massiccio dell'altro, tanto che la sua spinta lo scaraventò a terra, facendolo strisciare sul marciapiede per una buona cinquantina di centimetri. Il libro gli cadde dalle mani, aprendosi a terra mentre il vento leggero sfogliava svogliatamente le sue pagine consunte.
 
James – esclamò suo fratello con gli occhi verdi spalancati dietro gli occhiali da lettura che portava sempre.
 
Malfoy sollevò lo sguardo su di lui, febbrilmente arrabbiato
 
Hei! - sibilò serrando i pugni sotto il mantello aggrovigliato attorno alle braccia – ti hanno sputato nel porridge amico? - James si trovò a fissarlo dall'alto, la gola stretta dalla morsa della furia, il sorrisetto dell'altro sotto i capelli biondi a ricordargli che fallito idiota fosse. Nessuno dei suoi amici era lì a spalleggiarlo, nessuno dei suoi cugini, nessuno, se non una piccola folla di curiosi che lo osservavano incuriositi e divertiti, bisbigliando fra loro. E Albus, ovviamente, che lo fissava immobile, e pallido come Nick-Quasi-Senza-Testa.
 
Puntò il dito contro il ragazzo, che si stava rialzando con noncuranza, scrollandosi di dosso la polvere della banchina. I suoi occhi non gli appartenevano, assumendo la sfumatura azzurra e distratta di quelli di Teddy, quando si chiudeva ore ed ore in camera sua a chiacchierare con Albus di chissà che cosa, e quella verde e stanca di suo padre, quanto tornava a casa con la barba di due giorni e il mantello stazzonato, cadendo addormentato sul divano senza nemmeno ascoltare quello che lui aveva da dire sui progressi che stava facendo sulla nuova scopa che gli aveva comprato. E divennero gli occhi quasi gialli di Dominique, mentre si voltavano verso il suo ragazzo Serpeverde dalle sopracciglia inenarrabili e si allontanava dal suo inetto cugino con il latte alla bocca. Gli occhi grigi e strafottenti di Scorpius Malfoy divennero tutto questo, rimanendo incastonati nel suo viso dai sottili lineamenti aristocratici
 
Sta' lontano dalla mia famiglia, serpe – lo minacciò a denti stretti, una mano ancorata alla bacchetta che stringeva convulsamente la bacchetta nella tasca, e l'altra che si torceva rabbiosamente nel pugno.
 
Ormai tutti li guardavano, compresa Nicki, ancora abbarbicata al suo ragazzo idiota. E James non poteva mostrarsi debole di fronte a lei, non con lei. Estrasse la bacchetta e si preparò a trasformare Scorpius Malfoy nel reietto che meritava di essere.
 
Fine flashback****************************************************
 
Cosa vuoi sapere veramente, Potter? Se sono stato io a evocare quel Dissennatore? - il sogghigno irriverente di lui si allargò – certo che sì, e puntavo a scatenarlo contro gli studenti per evitare di consegnare la pergamena di Pozioni per lunedì – sollevò gli occhi al cielo – trenta centimetri di “Antidoti contro gli incidenti da Smaterializzazione” sarebbero inaffrontabili per chiunque... - roteò gli occhi di un fosco grigio fumo d'autunno, più scuri di qualsiasi tonalità avesse mai visto in un essere umano – oh certo, poi, chiaramente, sono stato così idiota da farmi quasi ammazzare, così, tanto per crearmi un alibi – scosse la testa – ho sempre pensato che fossi caduto dalla scopa da piccolo Potter, ma a questo punto credo anche che un troll di montagna abbia pensato di darti una clavata in testa nel frattempo, perché, seriamente, non puoi essere davvero così idiota... - pur trovandosi in una posizione di palese vulnerabilità, Scorpius Malfoy non gli avrebbe concesso il punto; di questo, almeno, James era certo.
 
Spero vivamente che non la trovi una battuta spiritosa, signor Malfoy – la conigliesca figura di Theodore Nott si stagliò nella penombra di quell'alba coperta di neve. Al suo fianco, Daphne Greengrass, elegante e sempre fastidiosamente attraente del suo completo di alta sartoria magica e il mantello con il collo di ermellino, quasi più lucente dei suoi lunghi capelli legati in una treccia severa che le ricadeva lungo la spalla, incrociò le braccia al petto sollevando un sopracciglio
 
Hai un aspetto piuttosto pezzente, nipote – lo apostrofò con un luccichio negli occhi di un azzurro deciso e vellutato che somigliavano in modo impressionante a quelli della figlia. James era certo che, in ogni altra situazione, senza il Bacio di un Dissennatore a tormentare i suoi incubi, l'erede di Draco Malfoy avrebbe sollevato un angolo della bocca nella sua tipica espressione da strafottente fighetto. In quel momento, di fronte a quello che rimaneva della sua famiglia, Scorpius Malfoy sembrò sgretolarsi sotto lo sguardo tagliente della sorella di sua madre
 
Io almeno non lascio che mia sorella marcisca in qualche cella puzzolente per non rovinarmi le unghie – ma c'era più dolore che disprezzo in quelle parole, come una di quelle ferite piccole, dimenticate, che si rimettono a sanguinare quando si sbatte da qualche parte senza ricordarsene.
 
Daphne Greengrass lo freddò con uno sguardo di puro disprezzo liquido
 
Stiamo facendo tutto il possibile per loro – la donna strinse lo sguardo su di lui, glaciale e sbrigativa come una slavina, e altrettanto distruttiva. Poi si voltò verso James, con un sopracciglio sollevato – Hai intenzione di origliare tutta la conversazione, o mi concederai il privilegio di porre alcune domande a mio nipote? - James invece le indirizzò quel medesimo sguardo di svogliata sufficienza che si sarebbe aspettato di vedere brillare negli occhi di Scorpius. Theodore Nott li guardava in silenzio, lasciando correre i suoi piccoli occhietti svegli sulla scena, senza dare segno di volersi accomodare, o dire una sola parola, o dare segno della propria esistenza.
 
James sollevò entrambe le mani, ridacchiando
 
Sia mai che tutto questo amore parentale mi soffochi – lanciò un'ultima occhiata di divertita indifferenza al terzetto e se ne andò, lasciando che i Greengrass e i Malfoy sguainassero gli artigli l'uno contro l'altro, magari liberando il mondo dalla loro presenza infestante, con un bel duello all'ultimo sangue fra consanguinei.
 
Quando la porta dell'infermeria si fu richiusa alle sue spalle, il sole era ormai alto nel cielo incredibilmente terso di quella mattina di febbraio, e il corridoio era illuminato di una luce accecante e argentea, inusuale, colorata di una tranquillità sospetta.
 
***
 
Serrò le dita attorno alla sua gola, la pelle soffice che gli si increspava fra le dita e acquistava una tonalità rosacea dalle sfumature purpuree. I suoi occhi castani lo fissarono spalancati e pieni di orrore, mentre dalle labbra fuoriuscivano suoni sconclusionati e flebili. Attorno a loro, un caleidoscopico gioco d'incantesimi s'infrangeva nell'aria, creando lampi di colori accesi, spettrali, quasi, nella notte male illuminata.
 
La guardò graffiare la parete umida alle sue spalle, avvertì il disperato raschiare delle sue unghie contro la fredda pietra, l'agitarsi spasmodico dei suoi piedi sul selciato coperto di neve quasi sciolta, e il calore del suo corpo premuto contro il proprio, con il battito impazzito del cuore che gli esplodeva contro il torace in una cascata di stelle impazzite.
 
Si chinò accanto al suo orecchio
 
Lo senti? E' il formicolio dell'incoscienza che ti sale lungo le gambe, fino al petto, e agli occhi. Sono le energie che ti abbandonano, la padronanza di te che scivola via – sussurrò con il sorriso che non demordeva sulle sue labbra da quando lei era arrivata fino a lì – è la morte che s'insinua negli anfratti delle tue peggiori paure – le soffiò sul viso, beandosi della pelle d'oca che la sua sola vicinanza provocava in lei. Sentì le sue piccole dita serrarsi attorno alla lana del suo maglione a collo alto, stringendo convulsamente fino a scricchiolare, tentando invano di spingerlo via. L'intero corpo premuto contro il suo si agitava in un vano tentativo di liberarsi da quella stretta, ingurgitare aria, appropriarsi dell'ossigeno che lui le stava succhiando via dal petto. Lottò, lottò fino a che il suo mugolio non si trasformò in un rantolo, e le gambe le cedettero di scatto, quasi schiantandosi al suolo. Fu allora che allentò la presa, facendole scorrere una mano fra i capelli umidi di neve e pioggia – ora sai cosa si prova a morire – la lasciò andare, scivolando con le lunghe dita sulla pelle arrossata del suo collo, lungo la linea sottile della gola contusa, finché rimase solo l'indice a tracciare arabeschi di calore contro i suoi brividi – cerca di evitare di ripetere l'esperienza – si allontanò dal corpo ancora scosso da brividi, il torace che si alzava e si abbassava, normalizzando il respiro.
 
Un attimo dopo, la guancia gli bruciava, e la mano di lei era di traverso accanto al suo viso, le dita dalle unghie mangiucchiate che tremavano lievemente.
 
I suoi occhi profondi e dilatati fremevano di rabbia e malcelato terrore
 
Tu sei folle – sussurrò con la voce gracchiante e il respiro spezzato
 
Ringrazia il tuo adorato Godric per questo – sorrise – se non lo fossi, tu saresti morta... -
 
Battle lines drawn if you wonder which side speaks the truth
then look closely to which speaks from pride
***
 
L'infido sorriso di circostanza di Theodore Nott la raggiunse a malapena mentre sua moglie si richiudeva la porta dell'infermeria alle spalle
 
Vedo che le amicizie di mio nipote non sono migliorate – commentò senza nemmeno guardarla in faccia, accettando distrattamente il braccio che suo marito le porgeva. I suoi penetranti occhi azzurri saettarono attenti dal corridoio al cortile visibile dalla finestra appannata, e si posarono alla fine su di lei, colmi di malcelato disprezzo – non penso sia in condizioni di ricevere altre visite, ma buon per te se riesci ad accollartelo anche così difettoso – sorrise malignamente, come se trovasse la cosa immensamente comica. Nott la fissò di sottecchi, l'espressione di uno che non aveva mai niente da dire; da vicino il suo cipiglio conigliesco risaltava in maniera disarmante, pur segnato dalle rughe dell'età e la calvizie incipiente fra i capelli dal colore insulso. Al contrario, Daphne Greengrass aveva conservato ogni stilla dell'antica bellezza che aveva reso lei e la sorella celebri ad Hogwarts, anche se i lunghi capelli stretti in una treccia non erano più completamente neri e la pelle non aveva la consistenza della buccia di una pesca. Il suo sguardo, il suo portamento, le sue lunghe mani dalle dita affusolate e curate erano le stesse, colme dello stesso fascino primordiale delle antiche famiglie di maghi che conservavano le fattezze per generazioni, sposandosi fra parenti. Probabilmente, se la vita non l'avesse maltrattata così tanto, Astoria sarebbe stata ancora affascinante e volitiva come sua sorella. Invece, la sua bellezza glaciale e ipnotica, aveva continuao a vivere attraverso suo figlio, negli occhi dal taglio severo e le labbra carnose.
 
La coppia si allontanò, e Lily spinse svogliatamente il pesante portone dell'infermeria: un raggio di sole falciava la stanza a metà, agitandosi contro gli specchi e i vetri dei ripiani chiusi a chiave dei mobiletti con le pozioni. I letti erano ordinatamente inamidati e rifatti di fresco, vuoti.
 
Scorpius Malfoy sollevò il capo verso di lei smettendo di sistemarsi la cravatta verde e argento della divisa, in piedi nel mezzo del corridoio; la giacca era abbandonata sullo schienale di una sedia, e i lacci delle scarpe ricadevano mollemente sul pavimento. Lily trattenne il fiato nell'incontrare il suo viso segnato da occhiaie profonde e violacee, della stessa inquietante sfumatura della morte. Sembrava aver perso dieci anni di vita, invecchiando improvvisamente, la pelle che si tendeva sul viso affilato e scarno. Nel correre a salvarlo, la notte prima, non aveva nemmeno notato quanto vicino fosse andato alla morte. Ricordava solo vagamente di averlo odiato, di averlo visto, di aver pensato che fosse troppo tardi, soffocata dalla paura e dall'angoscia, e di aver lanciato quel Patronus senza nemmeno riflettere sul perché. Non aveva riflettuto, non aveva pensato, non si era minimamente preoccupata di fallire, e di essere attaccata a sua volta. Aveva solo agito, perché lui non poteva morire, non se Lily aveva una sola possibilità di impedirlo. Era così con Scorpius Malfoy, la razionalità lasciava il suo corpo come il fantasma di quello che era stata.
 
Anche se era il più irrimediabile stronzo egoista sulla faccia della terra, era pur sempre uno stronzo egoista che lei non sembrava capace di evitare.
 
Hei... - la voce le venne fuori in un rantolo, e non sembrò capace di travalicare il silenzio.
 
Si sarebbe aspettata per lo meno un debole sorriso, una parola, un cenno. Tutto quello che ricevette fu assoluta immobilità, e un silenzio che sembrò frantumare perfino l'ossigeno. Scorpius non si voltò, né diede segno di averla vista, o sentita, o di provare alcunché a riguardo.
 
Subito, nell'ovattata irrealtà di quel momento, Lily sentì qualcosa di freddo e nauseante scivolarle giù per la gola, fermandosi contro il petto, schiacciandolo.
 
Potter, che sorpresa...fra la tua e la mia famiglia, direi che col giro di visite siamo a posto – le sarebbe piaciuto dire che se lo era aspettato, che quel sogghigno e quel sarcasmo le erano familiari come il profumo della pancetta croccante delle sue colazioni alla Tana, e sarebbe stato così se lui fosse stato se stesso, se non l'avesse guardata con gli occhi grigi sanguinanti di una ferita che nemmeno lei avrebbe potuto rimarginare, e la sua bocca non fosse stata piegata in una dolorosa smorfia di diffidenza e gelido disprezzo.
 
Ma lui non era lui, e quelle parole la ferirono più di quanto avrebbe ammesso anche con se stessa. Ricordava il suo debole sorriso, il calore del suo sguardo offuscato dalla debolezza, ricordava le sue mani aggrappate al suo maglione marrone scuro, il capo appoggiato di lato, contro il suo petto che martellava stonate note di sollievo. Quello era lo Scorpius Malfoy che conosceva, che sapeva fronteggiare, non quello spettro inespressivo dalla voce gelida come una palla di neve sciolta sulla spina dorsale.
 
Però, sei di buonumore – tentò disperatamente di non accettare quel momento, di trasformarlo, anche solo per un secondo, in qualcosa che non puzzasse di morto. Ma qualcosa era morto, qualcosa che lei non aveva mai nemmeno saputo fosse vivo. Loro – non dovresti andartene così presto – osservò nel vederlo indossare la giacca. Scorpius scrollò le spalle, freddo come una stalattite di ghiaccio eterno
 
Sei venuta a verificare che fossi vivo – allargò le braccia, lasciandole ricadere con un tonfo lungo i fianchi. Il rumore sembrò riecheggiare per ore intere – lo sono, è stato un piacere, addio – fece per oltrepassarla, senza nemmeno concederle il punto, noncurante, freddo, distante, la perfetta copia in miniatura di un padre che lei aveva creduto disprezzasse.
 
You ask for the truth,
but you know you could do so much better,
Lo afferrò per un braccio, trattenendolo, bloccando la sua fuga
 
Scorpius... - non avrebbe dovuto dirlo, sapeva che non avrebbe dovuto abbandonare la rassicurante cadenza del solito “Malfoy”, per trasformarla nel suo nome. Seppe che aveva sbagliato nel momento in cui le iridi grigio fumo dell'altro si dilatarono per la sorpresa, un solo istante, prima di tornare piatte come lastre di pietra calcarea. Si divincolò; non fu un movimento brusco o violento, le scivolò dalle mani come un'anguilla, fulmineo e distante. Serrò la mandibola – dove accidenti stai scappando, per Godric? - fu allora che lo vide, quel sorriso sarcastico di fiera noncuranza che si faceva scivolare sul viso ad ogni occasione. Quella volta la terrorizzò
 
Scappare? Io non scappo Potter, ormai dovrebbero avertelo detto i tuoi fratellini falliti. Io me la svigno, da te, la tua malsana ossessione per me, e la tua cottarella da primo anno – sollevò un angolo della bocca, sprezzante – abbiamo giocato, è stato divertente, ma è ora di darci un taglio – si avvicinò a lei, sollevandole il mento con le dita, canzonatorio. Lily si tirò indietro di scatto, sentendo i polpastrelli di lui scivolarle via dal viso in una strisciante scia di veleno – sei patetica, e mezza scuola ride di te alle tue spalle – lottò contro se stessa per non reagire, non concedergli la mossa in quel gioco al massacro
 
Ti hanno Confuso Malfoy? - ribatté lei sforzandosi di fermare il tremito della voce. Non era facile tornare ad abbarbicarsi dietro le mura quando aveva fatto entrare così in profondità il nemico
 
E' probabile, ma non abbastanza da convincermi a portarti a letto – si strinse nelle spalle, sghignazzando. Il suono della sua risata grattò via qualcosa dal petto di Lily – vorrà dire che dovrò offrire da bere a tutta la Sala Comune di Serpeverde fino alla fine dell'anno – si sforzò di non reagire, di mantenere il tono di voce leggero che lui avrebbe ricordato per sempre riportando alla mente quel momento. Doveva fingere che non le importasse, che quelle parole non la stessero dilaniando. Forse non era innamorata di lui, ma non poteva fare a meno di serrare la gola attorno alle lacrime che combattevano per uscire. Si sforzò di parlare, ma non le venne fuori nessun suono. Tuttavia a Scorpius Malfoy non bastò umiliarla, denigrarla e ferirla. Non sembrò bastargli nulla
 
Devi decisamente tornare a letto Malfoy...stai delirando – si afferrò gli indici, torcendosi le dita nervosamente. Stava tentando disperatamente di non lasciare che quelle parole la scalfissero, o penetrassero in profondità dentro di lei, ma le sue orecchie avevano ascoltato, e i suoi occhi visto il grigio fosco dello sguardo di lui. Forse era stato così per davvero, forse era stato il Dissennatore, forse, la lucida chiarezza del dolore aveva spazzato via tutto il resto, lasciandolo solo con quello che era, un crudele bastardo senza sentimenti. E se fosse stato così, se lui si fosse voltato per frantumare la sua autostima contro uno specchio scheggiato, Lily non gli avrebbe permesso di vederle attraverso
 
Non capisci? Era un gioco...solo una scommessa – la raggelò lui con un sorriso crudele – e non è più avvincente vedere in quanto tempo riuscirò a portarmi a letto la verginella Potter – si strinse nelle spalle - all'inizio facevi la difficile, ed era anche interessante...ma adesso – emise un suono fra uno sbuffo e una risata, e Lily sentì la pelle accapponarsi di orrore sulla spina dorsale – ma adesso, sarebbe più facile che con qualsiasi altra – si gettò la giacca dietro la spalla e fece per andarsene, fermandosi un ultima volta davanti alla porta socchiusa – sei stata quasi tenera Potter, tu e la tua crociata per redimermi e vedere in me qualcosa che non c'è. Io non sono un romantico fallito senza palle come il tuo professorino. Non ti porterò dei fiori, e non ti dedicherò una canzone sdolcinata alla prossima festa. Non leggerò poesie, e non ti dirò che ti amo, perciò dacci un taglio e togliti di mezzo, perché io ho di meglio da fare che – ripensandoci, Lily non avrebbe saputo dire quando accadde, quando la sua mano si strinse attorno alla bacchetta per sferrare quell'incantesimo. Avrebbe ricordato solo di aver estratto e colpito, vedendo il lampo di luce fuoriuscire dalla punta della bacchetta e il corpo affusolato dell'altro balzare all'indietro, sbattendo contro il muro per poi accovacciarsi scomposto sul pavimento. Non avrebbe saputo dire nemmeno quando il nodo che si era sforzata di tenere stretto si sciolse lasciando che le lacrime si riversassero fuori come un fiume in piena. Ricordò solo Scorpius che si afflosciava su se stesso, debolmente, lentamente, dolorosamente, ancora provato dall'attacco del Dissennatore e quello Schiantesimo scagliato a così poca distanza. Si sarebbe fermata, era certa che lo avrebbe fatto. Se solo avesse avuto il tempo, la forza, il coraggio, di riflettere. Ma non c'era mai tempo di riflettere con lui.
 
Sollevò il viso con un sogghigno crudele, debole e falso, così falso che per un attimo Lily ebbe paura di vedere cosa ci fosse di vero in tutta quella assurda sceneggiata. Il vero Malfoy era lontano da lì, più lontano di quanto non fosse da sempre, e la persona che aveva di fronte era solo il suo spettro maciullato, l'ombra distorta di un gioco di prestigio orchestrato male.
 
Ma Lily non voleva vedere il vero Scorpius Malfoy, voleva solo smettere di vedere e basta.
 
Si allontanò in una corsa febbrile, le scarpe che sbattevano e sciaguattavano contro il pavimento freddo, lasciando impronte bagnate contro la pietra in un disegno impressionista d'impronte impotenti che fuggivano dalla realtà. In un gioco di macabre assonanze, se Scorpius avesse voluto seguire le sue tracce, come il principe testardo di quella fiaba Babbana che aveva provato la scarpetta a tutte le dame del regno in attesa di trovare il suo amore perduto, l'avrebbero portato da lei.
 
Ma le impronte si asciugarono sotto l'intensa luce del sole di mezzogiorno, evaporando nell'aria come sogni succhiati via dalla realtà.
 
And you sat on your fences, you've screamed no retreat...
So now what will your legacy be?
 
Flashback************************************************************
 
Non entrare lì dentro – gli occhi di Teddy stringevano su di lei una presa molto più salda della sua mano – ti prego – Lily si sentì sprofondare nel freddo pavimento di pietra, mentre lo sguardo ferito di lui le scivolava addosso come una lama incandescente di senso di colpa. Aveva creduto che quello che sentiva per il figlioccio di suo padre fosse amore, ne era stata sinceramente convinta per anni, e forse era così anche in quel momento, mentre la presa dell'altro indugiava sul suo gomito in una muta supplica. Non avevano più parlato di quello che aleggiava fra loro, non dalla sera sotto il Platano Picchiatore, trascinati com'erano nelle disarmanti avventure della loro famiglia allargata, ma le parole che non avevano pronunciato si muovevano altrettanto rumorosamente di quelle dette, e ne avevano lasciate andare troppe per fingere ancora che nulla fosse successo. Quel “è lui” aleggiava ancora come un fantasma nel silenzio del corridoio che conduceva all'infermeria, sfuggendo allo sguardo, ma non alla verità, e Lily, contro tutto e tutti, non poteva più negare la verità
 
Teddy, lui è... – tentò, senza davvero sapere quello che gli avrebbe detto. Non era innamorata di Scorpius Malfoy. Se l'amore era davvero quello che sua madre le aveva descritto, se davvero era inevitabile, se davvero amare qualcuno significava essere e non provare qualcosa, se entrare in quella stanza, dopotutto, avrebbe significato una dichiarazione d'intenti, e se per Teddy lei avesse dovuto tornare indietro e voltare le spalle alla persona che si trovava lì dentro, a malapena viva dopo l'attacco di un Dissennatore, probabilmente lei non amava Scorpius Malfoy. Ma non amava nemmeno Teddy Lupin, anche di questo era certa. Perché non era naturale come respirare, non era difficile come soffocare, né intenso come risvegliarsi dalla morte. Qualunque cosa lei credesse di provare, non era lo stesso amore, punto e basta. Per nessuno dei due.
 
Quasi morto, lo so – Teddy si fece serio – ma io l'ho osservato Lily, e ho visto cose che non credevo avrei più rivisto o sentito dopo la caduta di Voldemort. È pericoloso, ha amici che mi fanno accapponare la pelle, e suo padre e sua madre sono prigionieri, se non morti, a causa dei Traghettatori – si passò una mano fra i capelli castano ramati, che gli ricaddero attorno al viso dai lineamenti gentili – lo so che è dura sentirselo dire Lily, lo so bene, ma quel ragazzo ha tanta rabbia e troppo dolore dentro di sé – sorrise, con un afflato di tenerezza – troppo anche per te – le scostò una ciocca di capelli dal viso – prima o poi scopriremo cosa è successo, e tutta questa storia sarà solo un brutto ricordo su cui rideremo, ma Incubus Mortimer non è amico di chi non può dargli nulla in cambio, e ci sono troppe cose che potrebbe volere da lui – sospirò, pesantemente, stancamente, e dolorosamente, come se non dormisse da giorni, e da altrettanti si tormentasse – so che sono stato un inetto idiota con te, so che avrei potuto lottare e non l'ho fatto, ma credimi se ti dico che tengo a te come in qualsiasi altro momento della tua vita, e per questo ti prego, Lily, ti supplico di stare lontano da quel ragazzo – sollevò lo sguardo su di lui, mentre il sole del mattino filtrava di soppiatto dai vetri delle finestre del corridoio che portava all'infermeria, e si chiese quando avesse smesso di provare per Teddy quello che aveva creduto fosse amore.
 
La risposta la spaventò al punto da soffocarsi in gola.
 
Starò attenta – lo rassicurò con un sorriso leggero – e se dovesse estrarre la bacchetta mi ricorderò di essere più veloce – ma lo sguardo dell'altro si offuscò ancora di più
 
Non è dell'incolumità del tuo corpo che ho paura, ma di quella del tuo cuore – si morse il labbro, scuotendo la testa per un secondo – sono terrorizzato all'idea di non poterti proteggere da lui Lily, ed è lo stesso per Albus, e Hugo, e tutti noi – Lily si sentì in colpa per un attimo, un istante che le si parò davanti con disarmante chiarezza: la sua famiglia era lì, malgrado lei si sforzasse di fingere che non fosse così, che ogni mattone di se stessa lo aveva messo da sola; non era vero, e lo sapeva. La gang allargata Potter-Weasley & Affini aveva sorretto le sue mani mentre sollevava ogni mattone, e si era assicurata che non cadesse, sfracellandosi a terra in mille schizzi di sanguinolenta poltiglia emotiva. E ognuno di loro, anche silenziosamente, osservava con il respiro mozzo ogni suo passo nella direzione sbagliata, aspettando che Scorpius Malfoy la spingesse nel dirupo, godendo della sua disfatta. In quel momento come sempre, si sentì la sorellina minore che tutti volevano proteggere, quella che nessuno interpella se non quando tutto è deciso, e un moto di rabbia mista a gratitudine si mescolò in lei
 
I love you. I swear it. I would never lie...
But I fear for our lives and I fear your closed eyes...
Sono abbastanza grande per fronteggiare Scorpius Malfoy senza scoppiare in lacrime Teddy...non sono più la ragazzina che ti correva dietro per casa in cerca di attenzioni – strinse lo sguardo su di lui, attaccandolo, come aveva imparato a fare quando qualcosa attorno a lei non funzionava. Come un muro di gomma, Teddy lo avrebbe assorbito e sopportato, come sempre – Ma se così non fosse mi assicurerò di correre da te per sentirmi dire “te l'avevo detto” - l'altro fece per ribattere, ma in un quanto mai fastidioso deja vu, sua cugina Rose li raggiunse col fiato corto, ansimando vistosamente, i capelli sanguigni agitati sulle spalle. Si voltò verso Lily con un mezzo sorriso, subito oscurato dall'ombra del sospetto
 
Ero sicura che fossi qui – si strinse il petto, inspirando per recuperare il battito. Si passò una mano fra i capelli e sospirò – so come è entrato qui il Dissennatore – Lily e Teddy si fissarono un istante – e non posso credere di essere stata così stupida da non accorgermene -
 
Fine flashback*****************************************************
 
Avvertì i suoi passi ovattati nel silenzio della notte, il ritmico ticchettare delle suole sulla pietra consumata che infondevano all'atmosfera cupa un che di sinistro. Il buio era il suo elemento, il silenzio gl'infondeva pace, e la paura la riempiva di calma rilassatezza.
 
Lo trovò che armeggiava con una chitarra babbana, i piedi ciondolanti giù da un cornicione, deboli note malinconiche che si perdevano in lontananza
 
Se intendi gettarti nel vuoto per non portare a termine la tua missione Scorpius, dovrai evitare di essere così melodrammatico – storse il naso, lasciandosi cadere accanto a lui – non ti rende giustizia la lacrimevole autocommiserazione – l'altro roteò a malapena un occhio per guardarlo di sbieco
 
Va' a farti fottere Mortimer – Incubus fece schioccare la lingua, compiaciuto
 
Temo che questo sia un'incombenza che spetta a te – sorrise, lasciando correre lo sguardo oltre le serre di Erbologia, verso la Foresta Proibita che si stagliava oscura nella flebile luce delle torce che segnavano il sentiero – a proposito, non ti aspettavo già dimesso a quest'ora; un Dissennatore a piede libero non è una di quelle cose per cui Katie Bell sarebbe capace d'ignorare la tua ascendenza? - incrociò le braccia al petto, più per posa che per sedare i brividi. Anche il freddo gli piaceva, manteneva intatte le cose.
 
Scorpius Malfoy si voltò verso di lui con una lentezza estenuante, mentre un tronfio sorriso soddisfatto si delineava sul suo viso scavato e malconcio
 
I'm in the mood where I come all untied,
I'm in the mood to say things that'll change people's minds...
 
E io temo che tu abbia torto, Morty Boy – il sorriso si allargò, mostrando un chiostro di denti bianchi e regolari che scintillavano nella penombra. La chitarra emise una nota che apparì a Incubus come trionfante, e l'altro strimpellò un motivo babbano che gli sembrava di aver già sentito altrove. Si alzò, facendo perno sulle gambe malferme, e per un attimo credette di vederlo volare giù dal cornicione, espressione tronfia e tutto il resto. Ma non cadde, appoggiandosi stancamente al freddo muro esterno della Sala Comune – Lily Potter non mi rivolgerà mai più la parola – decretò con gli occhi grigi sfavillanti – e se è furba mi starà alla larga per tutto il resto della sua vita – qualcosa di malinconico gli attraversò il viso, prima di tornare ad essere gelidamente soddisfatto – Niente più sangue di traditore per te e la tua cricca d'invasati, dolente – si strinse nelle spalle – vattela a prendere tu la verginità di qualche Potter, Mort, ma Lily è fuori da tutto questo, e anch'io – gli voltò le spalle
 
Potrei prendere quello che voglio io stesso -
 
Voglio esserci quando ci proverai – il tono dell'altro era leggero, ma il lieve tremito della mano che reggeva la chitarra gli rammentò che Scorpius Malfoy non era suo padre, e non c'era solo glaciale disprezzo e fredda indifferenza dentro di lui
 
O potrei ucciderla, e prendermi tutto quello che mi serve da qualcun altro. E potrei uccidere te, e tutto quello che ami, fino a che su questa terra non sarai rimasto solo tu con la tua patetica propensione a fare la cosa giusta – lo gelò con uno sguardo duro – non vuoi proteggere quello che ami Scorpius Malfoy? - il ragazzo si voltò, per elmo il suo sorriso dolente di sfida, e come corazza un coraggio che, contro ogni legge di natura, sembrava aver ereditato dalla donna che un tempo era stata sua madre. Non gli era mai appartenuto Scorpius Malfoy, lo aveva sempre saputo.
 
Lo sto facendo – in lontananza un lupo ululò. Davanti a lui, una serpe smise per un attimo di strisciare, sollevandosi a fronteggiarlo. Lo lasciò andare, con un sorriso a increspare le sue labbra, in una lieve e misurata soddisfazione.
 
Non era mai stato suo davvero, per questo amava i piani di riserva.
 
So now what will your legacy be?
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Angolo della delirante autrice: Buon Ferragosto!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Lo so che è passata una vita, e probabilmente mi manderete a farmi friggere perchè posto a Ferragosto, ma che volete farci, questa è stata una settimana infernale, e non sapevo proprio quando e come scrivere...anticipo che questo capitolo è ampiamente di passaggio, nell'attesa del prossimo, in cui ne vedremo delle belle sul piano della tramaXD
Ormai siamo arrivati ai nodi al pettine, per dirla in modo sgrammaticalmente corretto ahahaha
La canzone citata è War Sweater degli Wakey!Wakey! e potete ascoltarla qui
War Sweater
Come al solito ringrazio tutti coloro che leggono, ricordano, seguono, preferiscono e recensiscono questo progetto che sembra non avere mai fineXD, ma soprattutto il Club dello Sclero, che ho lasciato orfano della mia presenza anche troppo a lungo^^

 

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Capitolo 30
*** Prede e Cacciatori ***


Prede e Cacciatori
 
 
Vattene omai: non vo' che più t'arresti;
ché la tua stanza mio pianger disagia,
col qual maturo ciò che tu dicesti.
(Divina Commedia, Purgatorio, Canto XIX, vv 139-141)
 
 
Tutto odorava di sangue. L'aria umida, la terra bagnata, il selciato ricoperto di muschio scivoloso, perfino il ciottolato che percorreva la cittadina in ogni suo angolo più remoto, odorava di sangue.
E a Louis Weasley il sangue non faceva lo stesso effetto delle altre persone. Lui sentiva la gola contrarsi, lo stomaco brontolare per il desiderio di azzannare carne tenera, cruda, sanguinolenta e appetitosa, strapparla via dalle ossa e sentirne in bocca il sapore metallico.
Strinse i pugni così testardamente da sentire le unghie corte penetrare nella pelle dei palmi. Ma nemmeno il dolore sembrò sortire alcun effetto, con l'aroma del suo sangue caldo appena sgorgato che gli solleticava le narici, confondendosi con quello muschiato e dolciastro della paura.
Il terrore, quello vero, aveva un odore ancora più appetitoso del sangue, e di terrore, quella notte, nella calma cittadina di Hogsmeade, appena fuori dai confini di Hogwarts, si sarebbe potuta nutrire una schiera di Dissennatori.
Avvertì il tremolio familiare della bestia che si acciambellava nel suo petto in attesa di uscire.
Di lì a meno di ventiquattrore sarebbe stata luna piena, e il licantropo che era ormai la parte più istintiva del suo essere si preparava a venire fuori, manifestare se stesso e sconfiggerlo in quella lotta impari da cui Louis era sempre riuscito a uscire vincitore.
Ma allora si accorse di essere impotente: nelle urla, nel frastuono, nella neve che si sollevava sciolta ai rami spogli degli alberi che costeggiavano il vialetto, nello scontrarsi impietoso degli incantesimi, lui era impotente, una bestia incatenata assetata di sangue, che godeva della sofferenza e del sangue come qualsiasi altro essere che avrebbe dovuto cercare di combattere.
Una scossa elettrica gli attraversò i muscoli sotto la pelle, tendendoli come corde di violino, mentre una strega dall'aspetto malconcio e un'orribile sfregio sul viso si riparava sotto una panchina esplosa a pochi metri da lui.
Fu quando si accorse di aver desiderato brevemente di mangiarla, piuttosto che di aiutarla, che Louis capì di non essere nel posto giusto.
Si voltò di scatto, correndo in mezzo alla folla impazzita, che ricacciava indietro incantesimi, riparandosi dalla pioggia di lampi guizzanti che pioveva loro addosso da ogni dove.
Svoltò un angolo pregno di umida oscurità maleodorante e si lasciò cadere contro il muro, il respiro corto e la bestia che si agitava famelica nel suo torace. Chiuse gli occhi, recuperando il controllo, regolando il flusso di aria nei polmoni, i pugni serrati e le gambe che tremavano per lo sforzo di non balzare fuori gettandosi contro la giugulare di qualcuno
Devi resistere Louis – la voce di lei lo raggiunse come un tuono premuto contro la calotta cranica – doma la tua bestia...trattienila, sfruttala. E' parte di te, usala – quell'ultima sillaba si perse nuovamente nel frastuono del combattimento, uno schianto dopo l'altro.
Il grido disperato di qualcuno si confuse con la voragine di parole, urla e imprecazioni che si mescolavano alla neve sciolta e il sangue.
Chiuse gli occhi e si lasciò travolgere dall'istinto della caccia. Se non avesse mangiato qualcuno, forse sarebbe riuscito anche a rendersi utile.
 
Flashback*******************************************************
 
Non lo stai facendo – la Foresta Proibita odorava di cose che Louis Weasley non aveva mai pensato potessero trovarsi in un bosco. I suoi sensi erano acuiti allo spasimo, come una mostruosa donna incinta bionica, e avvertiva la tensione dei muscoli che guizzavano sotto la pelle, come quelli di un cavallo, o di un lupo, autonomamente dalla sua volontà o quella di chiunque altro.
Wahya lo fissava severamente, a braccia incrociate su una tunica di lino che le arrivava alle ginocchia. Tenendo conto che le temperature oscillavano sotto lo zero, era decisamente insolita come mise da giorno.
Se doveva davvero essere sincero con se stesso, quella situazione era decisamente insolita: lui, nudo, sdraiato nella neve che quasi lo ricopriva, a gambe e braccia aperte, in attesa che il calore del suo corpo sciogliesse il ghiaccio attorno a lui, tentando vanamente di recuperare un vago controllo.
La ragazza lupo lo esaminava con sguardo cattedratico, correggendo la sua postura, le sue intenzioni e i suoi goffi tentativi di non sembrare un inetto.
Lo sto facendo eccome – ribatté piccato, mentre muoveva contemporaneamente gli arti in una patetica imitazione di un angelo di neve.
L'altra fece schioccare la lingua
Se non riesci a controllare le tue sensazioni fisiche, non potrai mai dominare la bestia – in quel momento, a dieci gradi sotto lo zero, immerso fino ai denti in un grumo di gelida neve che stava ghiacciando, umiliando se stesso nel tentativo di produrre un angelo di neve decente, sarebbe stato clemente con se stesso se non avesse dominato i suoi istinti. In quel momento, a voler essere sinceri, non avrebbe dominato nessun istinto, specialmente quello di alzarsi da lì, nudo o no, e mandare tutta la venerabile tribù dei pelosi delle Smokey Mountaines a farsi mangiare dai troll.
Ma restò lì, perché se aveva una sola possibilità di controllare quello che di animalesco si agitava in lui, valeva la pena tentare. Se non altro per evitare di sventrarsi in nottate di sofferenze inenarrabili, mentre il suo corpo era scosso da brividi gelidi e incandescenti, e sembrava che il suo intero scheletro volesse schizzargli fuori dalla pelle.
Wahya gli si avvicinò
Per curiosità, a cosa pensi possa servire tutto questo? - tentò con un mezzo sorriso imbarazzato, mentre lo sguardo dell'altra vagava sul suo corpo nudo, soffermandosi con precisione quasi clinica sulla cicatrice sulla coscia. La ragazza si chinò a sfiorargli a malapena la pelle, e Louis poté percepire chiaramente la bestia rispondere al suo richiamo, premendo su quel punto come se Wahya fosse stata capace di strapparla via e liberarla dalle catene dell'autocontrollo. Si contorse e fremette, raggomitolandosi quasi su se stesso
Concentrati – lo ammonì – pensa al freddo, il gelo che ti attanaglia; pensa alla neve che conserva immobile tutte le cose, al ghiaccio che le cristallizza nel tempo. Pensa che la tua bestia sia lì, imprigionata dai ghiacciai eterni, e che tu possa decidere di rinchiuderla lì fino a quando non ti servirà, quando vorrai, come vorrai e solo se lo vorrai – gli sorrise dolcemente, in un modo così avvolgente che la fece apparire antica, non vecchia o materna, ma antica come una matriarca, come uno dei pilastri della terra, Madre Natura stessa che si rivolge ai suoi figli con uno sguardo di affettuoso rimprovero, aprendo le porte del mondo ai loro deboli e fragili occhi mortali.
Premette le lunghe dita color caramello sullo squarcio di tessuto cicatriziale che sembrava rincorrere se stesso come un lungo artiglio tremolante, e Louis avvertì chiaramente la sua gabbia toracica squassarsi di colpo, collassando su se stessa, spalancandosi e vomitare fuori il lupo mannaro che era in lui. Ma non accadde nulla, se non il cieco dolore che gli martellava in ogni fibra del corpo.
Urlò, urlò e urlò ancora, anche quando dalla sua gola martoriata non uscirono altro che laceranti e silenziose preghiere senza voce.
AHH! MERLINO! -
Controlla la tua bestia – gli intimò a denti stretti avvicinandosi al suo viso così improvvisamente da farlo trasalire – è tua, ti appartiene. Non lasciare che ti controlli. Sii padrone di te stesso Occhio di Lupo. Fermo come i ghiacci eterni. Freddo come le nevi. Calmo come il Lago Nero – Louis si abbandonò al suono della sua voce, ipnotico e penetrante, mentre il suo corpo si rilassava.
Malgrado la sua temperatura corporea sopra la media, il freddo gli aveva fatto perdere sensibilità alla schiena e alle gambe, avvolgendolo in un abbraccio che poteva ucciderlo da un momento all'altro. Ma allo stesso tempo frenò ogni suo istinto, concentrò ogni stilla della sua energia verso l'interno di sé, verso quella bestia che gli graffiava il petto e gli artigliava il respiro. Focalizzò ogni suo pensiero, ogni pacata riflessione su quel millimetro inesistente di lupo mannaro che aveva imparato a conoscere come la sua bestia, e gli sembrò quasi di poterla vedere, rabbiosa e infelice, scontrarsi contro le sbarre metafisiche del suo subconscio, lottando ininterrottamente per essere libera.
E la ricacciò indietro, così com'era venuta, con una naturalezza che per poco, di sorpresa, non gli fece perdere il controllo. Fu una carezza psichica, uno sfiorarsi di sé a malapena palpabile, e il licantropo si sottomise all'uomo, almeno per il momento, acciambellandosi nel suo subconscio.
Louis sollevò lo sguardo su di lei quando il dolore scomparve così com'era venuto, a malapena un'eco lontana di quello che poteva essere.
Gli sembrò quasi di non aver mai provato quelle fitte laceranti al petto, la sensazione che qualcosa stesse spingendo contro il suo cranio per implodere e ucciderlo, la pelle che sembrava rivoltarsi al di fuori di lui per squarciarsi contro i muscoli dilaniati.
Sentì solo di essere integro, di aver appena incastonato alla perfezione le due metà di sé che fino ad allora erano state fuori posto.
Spalancò gli occhi in quelli di Wahya, che avevano assunto la tonalità fosca di due laghi di cioccolato fondente, e boccheggiò una domanda che lei sembrò leggergli nella mente
Ora sei completo Occhio di Lupo – poi sorrise – ma dovrai imparare a farlo anche senza mettere a mollo le palle nella neve – gli strizzò l'occhio, porgendogli una mano calda e rassicurante, antica come la terra stessa sulla quale poggiavano i piedi.
Paul si avvicinò, una decisa sfumatura purpurea sotto la pelle dal colore acceso del caramello filante, e distolse lo sguardo da tutto quello che d'indecente poteva incontrare sulla sua strada.
Gli lanciò un telo di lana grezza che gli fece pizzicare il corpo in ogni anfratto, ma Louis se lo strinse addosso comunque, grato di non aver più nulla che sballonzolasse al vento gelido della Scozia in febbraio.
Si diresse a grandi passi verso la solida casa di legno dal tetto spiovente degli Shaw, pronto a trangugiare almeno un litro e mezzo di Whisky Incendiario. Avvertiva i sensi all'erta, amplificati come per effetto di un incantesimo Potenziante, e sentiva quasi fluire il sangue nelle vene
Lo stai forzando Wahya, potrebbe non farcela – diceva Paul, probabilmente ignaro della ritrovata potenza del suo udito
Ce la farà, è forte – ribatté la sorella con voce ferma – deve farcela, non possiamo permetterci che sia vulnerabile adesso. Non con... - ma entrambi si voltarono nella sua direzione, e i loro sguardi s'incrociarono attraverso il vetro della finestra chiusa.
Louis sollevò la mano con un gesto distrattamente rilassato, e mise a bollire un pentolino di cioccolata calda che avrebbe prontamente corretto quando fosse stato il momento.
Fissò con disinvoltura la fiamma del fornello a gas dell'Anteguerra Magica e armeggiò con un cucchiaio di legno dall'aria malandata.
Paul e Wahya lo raggiunsero chiacchierando amabilmente fra loro, punzecchiandosi con naturalezza, esattamente come avrebbero fatto i suoi cugini.
Ma quei ragazzi, malgrado i sorrisi leggeri e le canzonature, erano licantropi, discendenti di antiche famiglie native, con doni soprannaturali che superavano ogni sua più fantasiosa proiezione mentale...e volevano lui, per qualcosa che forse nessuno di loro sapeva sarebbe accaduto.
Nessuno, forse, tranne Wahya Show.
 
Fine flashback****************************************************
 
I suoi occhi scuri e penetranti la fissarono a distanza ravvicinata, colmi di un gelido ammonimento che non vi aveva mai scorto prima.
Era stata stupida, stupida e distratta ad avventurarsi nella cittadina da sola, inerme, in quella confusione di incantesimi e urla agghiaccianti.
Avrebbe dovuto immaginare che sarebbe successo.
L'aveva afferrata senza che potesse fare niente per evitarlo, premendola contro il freddo muro esterno della Testa di Porco. Sapeva che l'avrebbe trovata nello stesso momento in cui il suo nome le era uscito dalle labbra di fronte all'espressione allibita e addolorata di Madame Maxime.
Era ammutolita, al di sotto della scorza di falsa sicurezza che stava simulando, e la mano le tremava attorno alla bacchetta che stringeva convulsamente sotto il cappotto.
Non sapeva fino a che punto fosse coinvolto con quanto stava accadendo, ma le faceva paura, e non le aveva mai fatto paura. Forse l'aveva preoccupata, un po' inquietata, attratta da subito, ma mai spaventata.
Lui si avvicinò, serrandole una presa decisa attorno alle spalle. Nel suo sguardo aleggiò qualcosa di simile alla colpa
 
One night of the hunter
One day I will get revenge
One night to remember
One day it'll all just end
 
Non capisci Rose – le disse – non hai nemmeno idea di quello che ti sta succedendo intorno, le persone coinvolte, le conseguenze – i suoi occhi scuri e plumbei mandarono lampi provenienti da un passato lontano ma mai dimenticato – quello che accadrà...devi tirartene fuori – malgrado la voce controllata e l'espressione di neutra superiorità, il suo volto aveva assunto quella pallida tonalità vicina al panico, all'incredulità e al rimorso. L'uomo che aveva di fronte era una persona diversa da quella che aveva conosciuto, con cui aveva condiviso qualcosa di più dei momenti passati insieme. Se davvero era responsabile del Dissennatore e dell'aggressione a Scorpius Malfoy, Rose aveva attorno a sé più mosse letali che vincenti.
Dimmi solo a che scopo sguinzagliare un Dissennatore a Hogwarts nel bel mezzo di una festa – strinse lo sguardo su di lui – Malfoy poteva morire, e non solo lui – sospirò, la rabbia e la paura che montavano a ondate prepotenti lungo la sua spina dorsale – dimmi perché –
Intorno a loro il caos della battaglia infuriava di urla, schianti e lampi d'incantesimi che si scontravano nella notte. Il ciottolato accanto a loro esplose in una nube di pietre e terra bagnata, inzaccherando il mantello della divisa di Rose, e il suo completo da viaggio di una cupa tonalità di grigio petrolio.
L'uomo di voltò a malapena, un moto di rabbiosa disperazione a stravolgere per un attimo i lineamenti attraenti.
Altair Rigel King emise un lungo sospiro tremolante, e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi
C'è una guerra Rosie, una guerra che la maggior parte di voi non sa nemmeno di combattere – le avvicinò due dita al viso, sfiorandola appena – e così deve restare – sorrise debolmente, amaramente – quando Harry Potter mi ha chiesto di venire a insegnare ad Hogwarts ho pensato scherzasse – si strinse nelle spalle – ho l'attitudine all'insegnamento di uno Schiopodo Sparacoda – Rose fece per ribattere, ma si rese conto, contro ogni logica, che non era di scuola che stavano parlando in quel momento – ora credo abbia sempre saputo che sarebbe successo... - le si avvicinò, poggiandole le labbra socchiuse sulla fronte, espirando rumorosamente
Cosa, COSA sarebbe successo? - King si fece improvvisamente serio
Non c'è più tempo – le afferrò le spalle con una presa decisa e ammonitrice – promettimi una cosa. NON tentare di capire Rose, non cercare né me, né chiunque altro. Non ficcare il naso in questa faccenda, comunque vada, chiunque sia coinvolto, qualunque cosa tu venga a scoprire. Tutto questo è più grande di te, di noi, di Harry, perfino – le sollevò il mento con l'indice e il medio, ispezionando il suo viso alla ricerca di una traccia di menzogna – devi avere paura, ma non delle persone che credi – le diede un rapido bacio sulle labbra, anche se si concesse un attimo per assaporare quell'ultimo contatto – guardati da Incubus Mortimer e la sua gente – Rose socchiuse le labbra per chiedere spiegazioni, ma dei passi sul selciato umido echeggiarono minacciosi nella penombra del vicolo mal illuminato. King la guardò brevemente – Promettimelo -
Rose lo fissò, i capelli arruffati, la barba di giorni che svettava eretta sulle guance scavate e gli occhi infossati. Chiunque fosse, Altair Rigel King non le aveva detto tutta la verità.
Non rispose, continuando a fissarlo negli occhi scuri che parevano rilucere nella penombra, solcati da profonde occhiaie scure e malsane.
Un fuggitivo, ecco cos'era diventato, ed era stata tutta colpa sua
 
Flashback******************************************************************
 
Albus camminava avanti e indietro da mezz'ora, passandosi una mano nervosa fra i capelli scarmigliati
King? King ha mandato il Dissennatore ad attaccare Malfoy? - Rose si strinse nelle spalle
Questo non lo so, ma sono sicura che sia lo stesso che ha liberato a lezione all'inizio dell'anno – sospirò, strofinandosi gli occhi con le nocche – forse Scorpius non era il suo obiettivo, ma pare abbia una certa affinità con lui – lanciò uno sguardo casuale a Lily, e la trovò rigidamente incastrata nella poltrona di fronte al camino, a fissare rapita le fiamme, con seria determinazione, come se ne andasse della sua stessa vita.
Teddy la fissava da lontano, il viso deformato in un'espressione di addolorata protettività, e scuoteva la testa di tanto in tanto, serrando la mandibola fin quasi a sentirla scricchiolare.
Rose si sistemò un po' più comodamente sul bracciolo del divano, e si mordicchiò il labbro inferiore pensosamente
Erano tutti in Sala Comune di Grifondoro, compresi i gemelli Lovegood, Scott e James, gli occhi a malapena socchiusi per la stanchezza.
Se mio padre fosse Draco Malfoy – commentò Hugo sbuffando – starei ben attento a tenermi lontano da quei cosi – sfogliò distrattamente una rivista di Quidditch dell'Inserto Speciale della Gazzetta del Profeta.
Roxanne giocherellava distrattamente con un ciondolo a forma di piuma che aveva intrecciato ai capelli, riflettendo cupamente. Paul Show, nella sua espressione di cauta curiosità, le poggiava distrattamente il palmo aperto su un ginocchio, accarezzandolo in lenti movimenti circolari. Louis li osservava con un sorrisetto cospiratore stampato sul viso finalmente sereno, e Scott Warrington, di cui ancora Albus non si fidava completamente, era appoggiato al muro in silenzio, le braccia incrociate dietro la schiena e l'espressione torva con cui sembrava aver deciso di mostrarsi al mondo.
Cos'ha detto la Preside? - domandò Frank spostando un alfiere sulla scacchiera, che andò a frantumare il cavallo di Lorcan con un infrangersi sordo
Indagherà. Quando me ne sono andata stava convocando King per chiedere spiegazioni – non ci aveva riflettuto un secondo. Malgrado avesse una relazione con lui, Rose Weasley aveva denunciato King senza battere ciglio, senza chiedergli nessuna spiegazione, senza stare a sentire le sue motivazioni. Aveva gettato ai troll la sua pseudo relazione segreta sulla base di una supposizione solo perché credeva di fare la cosa giusta.
Si trovò a pensare distrattamente che se Incubus Mortimer fosse stato presente, l'avrebbe teatralmente derisa e velatamente minacciata. Un brivido le corse lungo la schiena.
Era una persona pessima. Semplicemente. Scavalcare King era stata una carognata, e ogni cellula del suo corpo, malgrado mantenesse un atteggiamento di studiata noncuranza, fremeva per quella consapevolezza.
Non sarebbe nemmeno stata la prima volta in cui si sbagliava su di lui, in cui lo ricopriva di assurde calunnie quando era lì solo per aiutare.
Ma in cuor suo aveva capito subito che quel Dissennatore non poteva che provenire dal baule a sette serrature che troneggiava nel suo ufficio. Era sempre stato lì, e fin dal primo momento King aveva avuto le idee ben chiare su come usarlo.
Ma perché essere così sciocco da farsi scoprire? Perché mostrarlo alla classe durante una lezione, se aveva intenzione di sguinzagliarlo per i corridoi del Castello nel mezzo della notte?
Troppe domande e poche risposte le attanagliavano la mente, e nessuna di esse poteva anche solo lontanamente alleggerirle la coscienza.
Devi stare attenta Rosie. Tutti noi dobbiamo – Albus era terreo in volto, più emaciato del solito e con l'aria di uno che non dormiva o mangiava bene da giorni
Vi sbagliate – intervenne Louis – su King, intendo. Qualunque sia la ragione che lo ha spinto ad evocare quel Dissennatore non era malvagia – i suoi occhi verdi rilucevano delle fiamme rosse del camino – forse non lo conosco come vorrei, ma nessuno lo obbligava ad aiutarmi con la faccenda della luna piena, eppure lo ha fatto, in Romania l'anno scorso e ogni singola volta anche qui. Se dovessi mettere la mano in bocca ad un Ippogrifo per qualcuno, non sarebbe certo per Scorpius Malfoy – Rose si sarebbe aspettata di vedere Lily voltare almeno lo sguardo, ma sua cugina rimase testardamente ipnotizzata dalle fiamme del camino, e solo la tensione delle sue spalle denotava che stava ascoltando ogni parola di quella surreale conversazione
Oh andiamo ragazzi! - James si alzò di scatto, in tutta la sua potente grazia di Cercatore, e prese a camminare per la stanza, gesticolando in un modo un po' troppo Weasley per non farla sorridere – sono stato con lui tutta la notte, e credetemi se vi dico che non ha evocato quel Dissennatore – si passò una mano fra ricci capelli scuri, e si voltò di sbieco verso suo fratello, che lo fissava poco convinto da dietro i suoi occhiali da lettura rettangolari
Forse no, ma c'è un motivo se quel Dissennatore ha attaccato lui – Hugo sbottò in una risata, che stridette inesorabilmente contro l'atmosfera della stanza
Troppa infelicità da cui attingere immagino – concluse al posto suo Roxanne sarcastica – Andiamo gente! Siamo qui a disquisire su chi sia il più inaffidabile fra i due, e ci siamo dimenticati di una cosa fondamentale: chi riuscirebbe a controllare un Dissennatore? Perché se la memoria non m'inganna, Scorpius Malfoy non è quello che si dice uno specialista in materia. Altair Rigel King avrebbe avuto le capacità, l'occasione e il luogo dove nasconderlo. Malfoy se la fa sotto anche solo a sentirlo nominare, ed è rimasto mezzo morto sul pavimento finché Lily non è arrivata a salvargli le chiappe. Non mi sembra il comportamento di uno che se la gode da matti – qualche sguardo si voltò insistente verso Lily, in attesa di una sua risposta.
Ma lei si limitò a serrare le labbra in una severa linea continua, scambiando un rapido sguardo svogliato con il resto della sua famiglia
Lily, cos'hai da dirci? - chiese Frank con la pacata cautela di cui sembrava essere ricco
Già cugina, quanto scommetteresti su Malfoy? - rincarò la dose Hugo con un sorriso decisamente eccessivo per la situazione. Lei si limitò a deglutire, ricacciando indietro qualsiasi risposta le fosse salita alle labbra
Il suo collo, se fossi sicura di perdere... - in quel momento Archer Finnegan comparve trafelato dal ritratto della Signora Grassa, ansimando vistosamente.
Si tenne una mano premuta sul petto mentre parlava
Non avete idea di cosa è appena successo – si piegò sulle ginocchia, deglutendo – King è scomparso – in quel momento, nemmeno il testardo Louis ebbe il coraggio di spezzare una lancia in favore dell'uomo.
 
Fine Flashback**********************************************************
 
Il respiro di King si condensava in paffute nuvole bianche fuori dalle sue labbra. La fissava ancora
Dimmi che smetterai di cercare – la bocca gli si serrò in una morsa risoluta – promettimi che ti terrai fuori da questa storia – la presa attorno alle sue spalle si fece più decisa, quasi dolorosa – Dillo – Rose sapeva che le sarebbe bastato promettere, accettare e fingere per vederlo scomparire dalla sua vita per sempre. Ma Rose Weasley non avrebbe mentito per vivere tranquillamente, non quando l'alternativa era così allettante
Mi dispiace – sussurrò – ma devo sapere – gli occhi dell'altro si colorarono di un cupo intento, e la mano scivolò sull'impugnatura della bacchetta con rapidità disarmante. La estrasse e la puntò contro il petto di lei
In questo caso dovrò assicurarmi che tu non lo faccia – un'addolorata crudeltà animò i suoi occhi, e Rose sentì il peso della paura schiacciarle il petto.
Ma si preparò a lottare, come le era stato insegnato, a discapito di tutto.
Serrò le dita attorno alla bacchetta.
I passi sul selciato risuonarono nuovamente, più vicini ed echeggianti, e Rose seppe che avrebbe avuto due scelte quella notte: urlare o rischiare di ucciderlo, o morire nel tentativo.
Non le venne concesso il lusso di decidere, quando un'affusolata ombra scura apparve alle spalle di King. L'uomo si voltò, e un attimo dopo era svanito in un pop che si perse nelle urla che infuriavano nella piazza.
Non ti piace proprio l'idea di arrivare alla vecchiaia Rosie uh? – la cadenza tagliente della sua voce le fece accapponare la pelle laddove nemmeno le sue mani avrebbero potuto toccarla, e il suo sorrisetto sicuro di sé lampeggiò nella semioscurità del vicolo maleodorante. Fece schioccare la lingua camminando lentamente verso di lei, con quel suo passo strascicato ed elegante, quasi come se il solo muoversi lo annoiasse. Si stagliò nella penombra, con l'insegna della Testa di Porco che cigolava in modo sinistro, proiettando un'ombra oblunga sul suo profilo fastidiosamente bello
Cosa ci fai qui? – lo aggredì serrando la mandibola – non hai un esercito di discepoli terrorizzati all'idea che tu possa essere ferito? - malgrado a poche centinaia di metri da loro infuriasse la battaglia, Incubus Mortimer sembrava appena uscito da un catalogo di abiti eleganti da passeggio, con i setosi capelli scuri un po' lunghi sulle orecchie che incorniciavano il volto dai lineamenti ipnotici. I suoi occhi indaco scuro scintillarono nel riflesso di un lampione che lampeggiava debolmente
Ma come Rosie? Ti ho appena salvato dalle mire di un malintenzionato, e mi ringrazi così? - scosse la testa, rilassatamente divertito – ragazza ingrata -
Qualunque malintenzionato – lo scimmiottò lei – è meno pericoloso di te – il ragazzo le fu di fronte in un attimo, e la addossò contro il muro
Così pericoloso? - la bocca di lui premette violentemente contro la sua, immobilizzandola in una stretta dalla quale non sembrava capace di liberarsi.
Rose resistette più di un istante, spingendo le mani contro il torace dell'altro, agitando i piedi quasi staccati da terra, ma l'odore di lui la inebriò completamente, stordendole i sensi. Odore di pulito, di abiti lavati di fresco, di alta sartoria. E al di sotto, l'odore del proibito, del salto nel vuoto, del poco rassicurante e mortale abbraccio del lato oscuro. Il profumo di qualcuno che non le avrebbe mai fatto promettere di restare in disparte, al sicuro, di qualcuno che disprezzava al punto di ricambiare il suo bacio con rabbia, nel vano tentativo d'imporre se stessa.
 
Pleasure to meet you but better to bleed
Rise, I will rise, I will rise
 
Incubus la schiacciò contro la parete, premendo il suo corpo con il proprio contro la pietra grondante di condensa grigiastra di neve sciolta e fango. Sentì scivolarle una goccia fra i capelli e lungo la nuca, poi un'altra, e un'altra ancora, finché il colletto della camicia sotto gli indumenti invernali non fu zuppo d'acqua sporca. Anche allora la lotta impari delle loro bocche infuriava, sfiancante e pericolosa quanto quella che li accompagnava oltre il vicolo, nelle strade invase di persone spaventate e inermi, e incantesimi che si schiantavano contro i vetri delle case in una pioggia di cristalli mortali.
Incubus le mozzava il respiro, concedendole a malapena il lusso di inglobare aria, la presa ferrea delle sue mani attorno al corpo.
Gli circondò il labbro inferiore con i denti, e strinse, strinse finché il sapore del sangue dell'altro non le scivolò in gola, e anche allora la lingua di lui non smise di lottare con la sua.
Alla fine, quando Rose credette che non avrebbe mai avuto fine, Incubus Mortimer si ritrasse, con un sorriso folle negli occhi azzurro fosco, il sangue che riluceva scarlatto contro la pelle pallida. E la punta della sua bacchetta premuta contro il collo di lei. La sua gli punzecchiò il torace, e Rose sogghignò
Pericoloso così – lo freddò premendogli la bacchetta contro le costole. Fece schioccare la lingua sul palato – cosa mi dici ora Messia? Sono ancora la fanciulla da salvare? - un lampo attraversò il suo sguardo. Poi si accostò al suo orecchio, socchiudendo appena le labbra
No, sei la fanciulla da uccidere – le sue mani si chiusero attorno al collo di Rose, in una presa ferrea e mortale.
 
Honest to God I will break your heart
Tear you to pieces and rip you apart
 
***
 
Il tronco di un albero esplose a pochi passi da lui, scagliando in aria schegge taglienti di corteccia frantumata. Una lama del tronco gli schizzò addosso a folle velocità mentre si voltava per evitare un incantesimo sferrato di sbieco da un Traghettatore. Riuscì a scansarla appena prima che gli si conficcasse in un occhio, ma dal dolore pungente che avvertì allo zigomo intuì che non lo aveva mancato del tutto. Un attimo dopo, un rivolo di sangue caldo gli scivolò lungo la guancia irta di barba ispida. Lo asciugò con un gesto distratto della mano rotolando dietro un cassonetto dell'immondizia rovesciato.
La confusione attorno a lui si condensò in un cacofonico gioco di urla e schianti, mentre la gente correva coprendosi la testa nel vano tentativo di allontanarsi dal campo di battaglia.
La piazza con la fontana di Hogsmeade era cosparsa di massi divelti, corpi immobili e tronchi di alberi esplosi, sradicati, accasciati sui marciapiedi dalle piastrelle frantumate e calpestati dalla marea di studenti impazziti che fuggivano in tutte le direzioni.
E poi c'erano loro, i Traghettatori, con le tuniche bianche e le catene di metalli tintinnanti, le maschere immusonite della tragedia greca e le bacchette sguainate. Theodore Nott gli si parò davanti con un ghigno crudele, respingendo un attacco, schiena contro schiena a sua zia Daphne che, malgrado combattesse da quasi mezz'ora, aveva ancora i capelli perfettamente in ordine. Alcuni membri della Lega che Scorpius non conosceva avevano accerchiato un Traghettatore, e gli puntavano addosso le bacchetta sguainate. Quando l'uomo si tolse la maschera, scomparve in un turbinare di Polvere Buiopesto.
Non possiamo Smaterializzarci! - urlò Nott con la voce rotta per lo sforzo.
Dall'altra parte della piazza Scorpius incrociò la figura alta e atletica di James Potter, il casco della motocicletta assicurato alla cintura dei pantaloni, la bacchetta sollevata che lanciava lampi rossi a destra e sinistra. Una ragazza del terzo anno si riparava dietro di lui, le lacrime a rigarle le guance sporche di polvere e fango.
Il luccichio di un incantesimo splendette alle sue spalle
Non oggi amico – sibilò colpendo con uno Schiantesimo la figura che apparve poco dopo nella sua visuale. Lo centrò in pieno, e l'uomo schizzò in alto prima di ricadere al suolo in un movimento scomposto.
Potter si voltò verso di lui, portandoli le dita alla fronte a mo' di saluto militare
Bel colpo Serpe – lo canzonò con uno di quei sorrisi da calendario della Rubrica per Casalinghe della Gazzetta del Profeta.
Veramente avevo mirato a te – gli gridò di rimando Scorpius. L'altro rise
In tal caso fai schifo come al solito - assestò un Incarceramus ad un altro Traghettatore che stava per colpire Annie Maddox, e la ragazza gli dedicò uno sguardo adorante. L'altro si voltò – portala via! Si farà ammazzare qui – lei sembrò riluttante all'idea di staccarsi dal fianco del suo eroe, ma quando la ragazzina del terzo scoppiò in lacrime, mise su un'espressione risoluta e si lanciò allo scoperto, schivando per un soffio una tegola lanciata da un Corvonero preso dal panico, trascinandosi dietro l'altra sotto shock.
Scorpius ricordò a malapena quello che successe dopo. Tutto quello che la sua mente riuscì a catturare furono i folli capelli rossi di Lily Potter che saettavano da una parte all'altra del suo campo visivo, mentre incantesimi le piovevano addosso da tutte le parti
POTTER! - lei si voltò, e un lampo dorato le scintillò accanto, mandandole a fuoco un orlo del mantello. Se lo levò di dosso, calpestando la stoffa finché non s'inzuppò di neve sciolta e fango.
Poi sollevò lo sguardo, e la bacchetta.
 
I was born of the womb of a poisonous man
Beaten and broken and chased from the land
but I rise up above it, high up above it and see
 
Scorpius lesse nei suoi occhi tutto il dolore e la rabbia, l'orgoglio ferito che sanguinava disprezzo.
E lui si sentì bene per la prima volta da quando era stato costretto a spingerla via da sé per salvarle la vita. Lo odiava, lo avrebbe odiato fino a quando sarebbe stato troppo tardi per usare il suo sangue, per farle del male, per ucciderla, per servirsi di lei. Quello era il giorno in cui avrebbe dovuto consegnarla ad Incubus, nel suo voltafaccia definitivo.
Ma Lilian Luna Potter lo raggelava con tutto il rabbioso odio di cui era capace, ed era salva, lontana dal dolore, quello vero, che sarebbe stato costretto a infliggerle altrimenti.
Ricacciò indietro qualsiasi protesta la sua mente avesse contemplato fino a lì, spingendo il fischio del treno alla stazione di King's Cross così a fondo dentro di sé che avrebbe potuto giurare di non averlo mai sentito, e la fissò con sguardo vacuo, divertito, sarcastico, in attesa che le sue lacrime in bilico fra le ciglia cadessero a terra per scavare fra loro il baratro definitivo.
La bacchetta emise un bagliore, e Scorpius fu pronto a respingere l'incantesimo, ma il lampo scarlatto e luminescente lo mancò.
Un gemito sofferente alle sue spalle lo costrinse a voltarsi, mentre il corpo inerme di un Traghettatore s'inginocchiava dolorosamente a terra.
Quando si voltò verso di lei, era sparita.
 
Skinned her alive, ripped her apart
Scattered her ashes, buried her heart
Rise up above it, high up above and see
 
Albus Potter, la Weasley Lotta Continua e un altra manciata dei loro cugini svitati erano sparpagliato per la piazza, ingaggiando duelli con qualsiasi cosa somigliasse ad un Traghettatore. Scorpius si chiese brevemente se qualcuno di loro non si stesse rotolando a terra con un manichino dell'emporio lì accanto.
Sentì un grido provenire da un vicolo. Ogni cellula del suo corpo lo implorò di allontanarsi dal campo di battaglia, di Smaterializzarsi al sicuro davanti al cancello di Hogwarts e urlare fino a quando qualcuno non fosse emerso dalla tetra oscurità del parco per accoglierlo all'interno.
Ma Hogwarts era la sua scuola e, malgrado la metà di loro avesse riso di lui chiamandolo “traditore” per sette anni, le urla che lo circondavano, i corpi privi di sensi che ogni tanto era costretto a scavalcare, e le lacrime che bagnavano i visi di quelle persone appartenevano ai suoi compagni, ragazzi con i quali invasava Mandragole, afferrava Boccini e condivideva i banchetti.
E Scorpius Malfoy non era un codardo. Forse doveva ancora capire da quale parte stare, ma di certo non avrebbe strisciato al sicuro quando altri rischiavano la vita.
Maledetto Godric – imprecò gettandosi nel buio maleodorante dello stretto vicolo.
Una luce tremolante illuminò una chiazza di pavimento, dove giaceva raggomitolato un ragazzo del terzo che si dondolava ritmicamente, piangendo
Ha detto che li hanno presi – continuava a ripetere ostinatamente, senza smettere di piagnucolare – li ucciderà...se non glielo consegniamo li ucciderà – Scorpius poggiò un ginocchio a terra, artigliando un braccio dell'altro, scuotendolo
Chi ucciderà? Chi dobbiamo consegnare? -
Guarda guarda chi c'è qui – una voce dal pesante accento incolto della periferia echeggiò minacciosamente fra i muri grondanti di umidità. Il Traghettatore dall'improbabile pronuncia della esse gli si parò davanti con un ghigno soddisfatto dietro la maschera sorridente – tuo padre ti manda i suoi saluti Malfoy – Scorpius sentì montare una cieca rabbia omicida, e sollevò la bacchetta contro l'altro. Un lampo rosso gli mancò per un soffio la spalla sinistra, mentre il suo incantesimo rimbalzava contro lo scudo difensivo dell'altro, andando a vuoto.
L'uomo ruotò su se stesso, e la bacchetta emise un afflato dalla smeraldina sfumatura dell'Avada Kedavra. Scorpius si lanciò dietro un muretto semidistrutto, tirandosi dietro il ragazzo ancora balbettante.
Si lasciò sfuggire un'imprecazione, mentre il Traghettatore si avvicinava inesorabilmente
Sei un coniglio Scorpy...proprio come il tuo paparino – lo schernì – chissà come piangerà quando gli porterò il tuo cadavere pallido da faccia di merda – Scorpius serrò la mandibola e la presa attorno alla bacchetta, rotolando fuori dal nascondiglio, scorticandosi i gomiti nell'atterraggio.
Lo Schiantesimo colpì di striscio il Traghettatore, che cadde all'indietro, la frazione di secondo necessaria ad afferrare il ragazzo per la manica e trascinarselo fuori dal vicolo cieco.
Un lampo gli sibilò vicino all'orecchio, e l'altro lo centrò in una gamba. Un rivolo di sangue cominciò a scivolargli giù dai calzoni squarciati, ma non ci badò, zoppicando alla luce dei lampioni, nel centro della piazza di Hogsmeade.
James Potter, che perdeva sangue da una ferita alla testa, era circondato da quattro Traghettatori, mentre Albus e una buona parte della sua famiglia parevano dare del filo da torcere agli altri.
La Lega sembrava scomparsa, e solo gli studenti sembravano lì a fronteggiare l'attacco.
Ma dove Merlino era la Cavalleria?
Si voltò verso il ragazzo
Ce la fai a trovarti un posto un po' meno segnalato sulla Guida Micheline Dei Posti Da Aggressione? - l'altro lo fissò per un secondo interdetto, poi annuì con decisione e si allontanò. Scorpius s'immerse nuovamente nella mischia, smettendo di chiedersi dove maledizione fosse lei.
Tutto accadde mentre un uomo dalla corporatura di un lottatore fece per scagliargli una Maledizione Cruciatus. Louis Weasley sbucò trafelato da una via, incespicando sui calcinacci sparpagliati sul pavimento. Tra le braccia sorreggeva Lily Potter, il maglione inzuppato di sangue e un braccio spaventosamente inerte appoggiato al torace.
Contro ogni logica umana, e ogni sua ferma decisione, Scorpius si avvicinò
Si è Spaccata – la voce di lui era incrinata di rabbia, e tremava visibilmente ad ogni movimento – uno di loro voleva prenderla, ma sono riuscita ad afferrarla prima che si Smaterializzasse – abbassò lo sguardo sul viso terreo di lei, gli occhi chiusi e la bocca mortalmente chiusa - bisogna allontanarla da qui, ma io... - il suo sguardo vagò al cielo, dove la luna quasi piena li fissava minacciosamente – devo prendere la Pozione -
Ma non ha senso, nessuno di noi può Smaterializzarsi – osservò senza riuscire a staccare gli occhi dallo squarcio spaventoso che riluceva sulla pelle di lei.
Il lampo di uno Schiantesimo gli sibilò accanto
Stava lottando contro un tizio vicino alla stazione, forse l'Incantesimo non si estendeva fino a lì – la fronte di Louis era imperlata di sudore freddo e ansimava. Se non fosse stato un giovane licantropo, probabilmente non sarebbe riuscito a salvarla.
Malfoy! - urlò James lanciandogli qualcosa di lucente, che tintinnò in modo sinistro nel silenzio rotto solo dagli schianti degli incantesimi. Scorpius riaprì la mano, e le chiavi della moto di Potter scintillarono sul suo palmo – PORTALA VIA! - Scorpius avrebbe dato qualunque cosa per non doverlo fare, per non essere costretto ad essere nuovamente il suo salvatore, per non essere lì quando si fosse svegliata, a spiegarle che perfino suo fratello si era fidato di lui.
Era certo che Lily avrebbe preferito farsi rapire da un Traghettatore che passare del tempo con Scorpius. Doveva andare così, a qualsiasi costo, eppure non aveva altra scelta. Ehi, lei era in pericolo...
Accio motocicletta! - urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, la rabbia e l'impotenza che gli facevano dolere il petto, la concentrazione tesa allo spasimo. Per un attimo non accadde nulla.
Poi la sagoma scura e lucente della motocicletta si avvicinò fra la nebbia della notte e i residui della Polvere Buiopesto. Molte teste si sollevarono, incappucciate e non, ad osservare la mastodontica motocicletta sfrecciare verso di loro.
Scorpius notò la pelle scura di Zane Zabini, respingere un attacco incrociato. Incubus, Ardhesia e l'altra metà del Club dei Purosangue in Calore non si erano visti da nessuna parte.
Un Traghettatore basso e tarchiato si volò verso di loro con un ghigno
Prendete la ragazza! - urlò a due dei suoi compari che tentavano di respingere gli attacchi di una tintinnante Roxanne Weasley particolarmente agguerrita.
Scorpius respinse un attacco, afferrò con malagrazia il manubrio della moto e lasciò che Louis sistemasse Lily sul sedile.
L'attimo dopo si stava librando sopra la piazza ancora rilucente d'incantesimi, il rassicurante rombo del motore a coprire le urla e gli schianti, e il corpo inerme di lei appoggiato al petto.
 
Pray to your God, open your heart
Whatever you do, don't be afraid of the dark
Cover your eyes, the devil's inside
(Night Of The Hunter, 30 Second To Mars)
_______________________________________________________________________________________________________________________________________
 

Angolo della delirante autrice: buonsaera gente!!! Vi sono mancata? No? E va behXD
Sono già qui con il nuovo perchè non potevo resistere^^
Ho letto e riletto l'ultima parte nella speranza di migliorare l'impatto emotivo di questo salvataggio, ma sinceramente non ci sono riuscitaXD
Spero che anche così sia accettabile...
Siamo arrivati ormai ad una svolta, il rituale è alle porte e Scorpius ha mollato Morty Boy nel bel mezzo del divertimento...ci sarà da ridere...
Ringrazio tutti come sempre, lettori, recensori, chi la ricorda, la preferisce, la segue, o anche chi lo farà, e sempre il solito sincero grazie al CDSN per la sua sempre più importante presenza**
La canzone che ho citato è The Night of The Hunter dei 30stm e potete trovarla qui^^
Grazie come sempre e alla prossima, sperando sia al più presto ahahah

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Capitolo 31
*** Raccogliere i cocci ***


Raccogliere i cocci
 

O ciel, nel cui girar par che si creda
e condizion di qua giù trasmutarsi,
quando verrà per cui questa disceda?
(Divina Commedia, Purgatorio, Canto XX, vv 13-15)

 
Tum tum
Il rombo di un motore nel silenzio, il respiro regolare di qualcuno che non aveva la forza di vedere
Tum tum
Il cielo plumbeo tutt'intorno, nell'atmosfera attonita che precede l'alba
Tum tum
Il vento sul viso, che mandava i capelli a schiaffeggiarle le guance
Tum tum
Ombre confuse, pallidi lineamenti stagliati nella penombra, il riflesso di uno sguardo grigio chiaro, ombreggiato dalla stanchezza
Tum tum
Un presentimento, un lampo di incredula consapevolezza.
Poi, il nulla.
 
Aprì gli occhi in una gelida stanza buia che odorava di legna bagnata, quasi immersa in un materasso troppo morbido che sembrava volerla risucchiare.
L'oscurità le faceva bene agli occhi, che si muovevano per la stanza dolorosamente e stancamente, ma non le permetteva di vedere altro che ombre scure attorno a sé.
Il terrore le soffocò la gola in un rantolo sconclusionato.
Tentò di parlare, ma dalla bocca arida le uscì solo un respiro sconnesso.
Provò a muoversi, ma una fitta lancinante alla spalla la ricacciò in basso sul materasso.
Sembrava immersa nel nulla più assoluto, confortata solo dall'inarrestabile frinire dei grilli e lo scroscio ininterrotto di un corso d'acqua in lontananza che sbatteva sulle pietre levigate.
Solo il nulla e il dolore.
Il nulla e l'oscurità.
Il nulla e il terrore.
 
***
 
Albus Severus Potter si mosse febbrilmente sul campo di battaglia, inginocchiandosi accanto ai corpi privi di sensi dei suoi compagni di scuola. Tastò polsi, esaminò ferite, fasciò arti rotti scompostamente, in attesa dei Medimaghi del San Mungo.
Non si fermò a guardarli in faccia, né a tentare di parlare con loro, muovendosi come sotto l'effetto di un incantesimo, tentando disperatamente di non crollare.
Annie Maddox si trascinò su una panchina, ferita superficialmente ad una spalla, e si accasciò su se stessa cedendo ad un pianto dirotto. La ragazza del terzo che si era portata dietro tutta la notte le si era stretta addosso, tentando vanamente di confortarla.
Mitra Aswini era appoggiata ad un muretto diroccato con entrambe le mani, lo sguardo fisso su un punto imprecisato davanti a sé, senza parlare, da quando, un'ora prima, Albus le aveva giurato che suo fratello stava bene, ed era riuscito a raggiungere il Castello assieme a molti studenti del quinto che, al momento dell'attacco, si trovavano ai Tre Manici di Scopa. Qualcuno a cui non aveva prestato troppa attenzione gli aveva detto che i Traghettatori avevano provato ad attaccare anche lì, ma Hannah Abbott li aveva fronteggiati assieme ad un nutrito gruppo di avventori, cacciandoli dal centro di Hogsmeade a proverbiali calci nel sedere. Da quando il nome di Shiva e le parole “al sicuro” erano uscite dalla sua bocca nella stessa frase, Mitra aveva pianto lacrime silenziose appoggiata a quel muretto, senza nemmeno curarsi di bendare il polso sinistro, gonfio come un'arancia.
 
All around me are familiar faces
Worn out places, worn out faces
 
Albus provò un intenso senso di nausea, e si aggrappò all'inferriata di un cancello distrutto, le sbarre storte e ripiegate su loro stesse come un macabro scheletro. Intorno a lui, regnava il caos più totale, con i suoi cugini che tentavano invano di rassicurare i terrorizzati studenti e si affrettavano a soccorrere i feriti meno gravi, che avevano solo bisogno di qualche incantesimo e parole gentili.
Ma lui non era uno che amasse le parole gentili, o i convenevoli, e non era capace di fissare qualcuno negli occhi e raccontare stupide bugie su come tutto sarebbe tornato a posto. Niente sarebbe tornato a posto, e il cadavere grigiastro, gelido come il ghiaccio dagli occhi sbarrati che giaceva disteso in mezzo ad una pozza di fangosa neve sciolta sembrava urlarlo ai quattro venti con il suo implacabile ed ormai eterno silenzio.
Lo fissò nelle pupille offuscate, contornate da sottili rughe d'espressione, mordendosi a sangue il labbro inferiore già gonfio per il pugno che aveva ricevuto da uno studente del terzo nel vano tentativo di calmarlo. Si chiese chi fosse, e quante persone avesse lasciato quella folle notte. Si accasciò accanto a lui, sentendo la neve sciolta infiltrarsi al di sotto dei calzoni della sua divisa. Il contatto con l'umido gelo del terreno gli consentì di recuperare almeno uno straccio di autocontrollo.
Rimase lì, ad osservare la piazza animarsi pian piano, poi scivolare inesorabilmente nel frustrato e sfiancato silenzio che segue le battaglie, e si limitò ad ascoltare il lento e ritmico gocciolare della neve, il debole lamento del vento che scivolava negli anfratti dei muri distrutti e gli alberi divelti, e il vociare che sommessamente riprendeva il suo corso, trasformandosi in parole, frasi, domande che non avrebbero ricevuto risposta, e risposte più spaventose di qualsiasi domanda.
 
Going nowhere, going nowhere
 
E allora capì, senza più l'ombra di un tronfio e adolescenziale dubbio da figlio d'arte, quanto dolorosa, sfiancante e frustrante fosse lottare davvero. E si chiese come avessero fatto suo padre e i suoi zii, a combattere contro Voldemort senza avere nemmeno il tempo di seppellire i loro morti.
Dopo quelle che sembrarono ore infinite, qualcuno gli poggiò una mano sulla spalla; James, con una spaventosa ferita alla fronte che aveva decisamente bisogno di cure, gli sorrise debolmente, in qualcosa che somigliava più a una smorfia di dolore che a un'espressione rassicurante
Hei Potter Perfettino – lo prese in giro, il tono che grondava spossata ironia – papà è qui – non avrebbe saputo dire perché, ma quelle parole non lo rassicurarono quanto avrebbe voluto.
Si alzò a fatica, facendo perno sulle gambe doloranti e fradice di neve infangata.
Harry Potter, Hermione, Ron, Justin Finch-Fletchley e tutta la squadra di Auror del Ministero al gran completo era già in formicolante fermento, dirigendo senza ombra di stanchezza le manovre dei Medimaghi.
Sua madre gli andò incontro, stritolando lui e James in una abbraccio schiacciacostole marcato Weasley. Poi, ovviamente, li colpì con uno scappellotto
Dovevate Smaterializzarvi al sicuro appena possibile – esordì con gli occhi castani grandi e minacciosi in direzione dei suoi due figli maggiori. Poi, quegli stessi occhi attraversarono in un angoscioso istante la piazza distrutta di Hogsmeade, e un sospiro tremante le scivolò via dalle labbra – ma non sareste figli miei se lo aveste fatto – si guardò intorno febbrilmente, accorgendosi in quel momento che qualcosa non andava – ditemi che vostra sorella è a Hogwarts come tutto il resto del suo anno – Albus e James si scambiarono un'occhiata eloquente, ma nessuno dei due sembrò intenzionato a parlare.
Suo padre si avvicinò quasi correndo, con l'espressione grave di chi aveva da ripulire un enorme, dannatissimo, casino magico
Gli altri stanno bene – esordì con uno sguardo di velatamente orgoglioso negli occhi identici ai suoi – Rose era terribilmente scossa da qualcosa, ma ha già scortato il primo gruppo di studenti illesi ai cancelli – si passò una mano fra i capelli già ampiamente scompigliati, con un sospiro – voi state bene? - il suo sguardo indugiò sul labbro spaccato di Albus e sul sangue rappreso sul viso di James, ma non disse nulla in proposito – Louis mi ha detto di Lily – annuì fra sé, pensoso – ormai Scorpius dovrebbe già essere qui... - Ginny sollevò un sopracciglio
Scorpius? Scorpius Malfoy è con nostra figlia? - Harry si strinse nelle spalle, rivolse un'occhiata a James, che la rimandò indietro vagamente
Con la mia motocicletta -
La tua... - il piccolo corpo di sua madre sembrò diventare enorme, e le spalle le tremarono per lo sforzo di non mettersi a urlare.
Teddy si è Rimaterializzato ora – Hermione e Ron comparvero alle loro spalle – l'ultimo gruppo di studenti è al sicuro nel Castello, ma qualcuno dovrà occuparsi di avvertire le famiglie dei ragazzi feriti, e dei – Hermione esitò, lo sguardo che si rabbuiava improvvisamente – morti... - Albus avvertì chiaramente il cuore saltare un battito. Negli occhi castani di Hermione Weasley non c'era traccia della spiegazione che avrebbe voluto, ma suo padre si affrettò a chiarire
Ci è andata bene questa volta – proseguì amaramente – voi ragazzi state tutti bene, e anche i vostri compagni in gravi condizioni si riprenderanno completamente, ma i famigliari delle persone che hanno perso la vita vorranno sapere perché, e noi non sappiamo cosa dire – sospirò, e sua madre gli strinse la spalla in un gesto di conforto. Albus comprendeva a pieno la reale gravità della situazione, e il prurito che lo tormentava fra le scapole suggeriva che non ci sarebbe stata una soluzione semplice a quel rompicapo: se il Mondo Magico avesse smesso di fidarsi di Harry e del Ministero, le blande soluzioni della Lega per La Salvaguardia delle Antiche Famiglie sarebbero apparse ai loro occhi come manna dal cielo. E nessuno di loro poteva in coscienza desiderare che questo avvenisse. Non quando Theodore Nott era il Vicepresidente e il Consigliere De Facto della Preside Maxime. Ci sarebbe andato a nozze con quegli avvenimenti, e avrebbe avuto materiale per denigrare Shacklebolt e, di riflesso, suo padre, per tutto il resto della vita.
Un nugolo di giornalisti vocianti si Materializzò in quel momento, aggirandosi famelico attorno alle rovine di Hogsmeade.
Harry sollevò gli occhi al cielo
Ci penso io – sospirò, e si allontanò strascicando i piedi nella neve ormai sciolta del colore del fango liquido
Vado con lui – dichiarò fermamente Hermione – come portavoce del Ministero. Meglio io che tuo fratello Percy – le labbra di sua madre si distesero in una sottile linea di disappunto, mentre si riavviava i capelli corti dietro le orecchie
Andiamo, i giornalisti non mi amano troppo dopo l'ultima volta – una delle storie con cui i suoi fratelli amavano prenderla in giro risaliva a quando, lasciate le Holyhead Harpies per dedicarsi alla sua famiglia, Ginny era stata assunta alla Gazzetta del Profeta nella rubrica sul Quidditch, e aveva quasi infilato una bacchetta nell'occhio a Rita Skeeter, arrivata in redazione per farsi intervistare a proposito della Trilogia sulla Guerra Magica. Da allora, per quanto gentile e disponibile fosse, Ginny Potter incuteva in certo terrore negli occhi dei suoi famelici colleghi a caccia di scoop.
Si mossero in gruppo, portando un piede davanti all'altro senza sapere davvero dove stessero andando, Albus che continuava testardamente a guardarsi intorno in cerca di qualcuno svenuto, lasciato lì e dimenticato per correre ai ripari. Ma i suoi stravolti occhi verdi non incontrarono nessuno compagno di scuola accasciato sul selciato fangoso o contro un muro fatto a pezzi. Scorse solo ragazzi zoppicanti sorretti da Medimaghi e amici ritrovati che si abbracciavano liberi finalmente dal terrore. E lesse nei loro volti il vero terrore, quello che rende le persone stupide, e le fa sottomettere a chiunque proponga una soluzione più efficace di “restate uniti e guardatevi le spalle”. Anche se quella soluzione fosse stata “guardatevi gli uni dagli altri, e correte a spifferare tutto quello che sentite”.
 
Their tears are filling up their glasses
No expression, no expression
 
I Tre Manici di Scopa non sembrava nemmeno la stessa locanda dove aveva trascorso infiniti pomeriggi di libertà: il pavimento era ricoperto di schegge di vetro infranto, i massicci tavoli in legno rovesciati davanti alle porte e le finestre, a fungere da riparo per chi aveva lottato, le scope si muovevano all'unisono, quasi troppo lentamente perché Albus potesse sopportarle, in contrasto con l'agitarsi frenetico delle persone che si muovevano all'interno. Hannah Abbott era seduta sul bancone, un Medimago che le rivolgeva qualche cauta domanda, e una borsa di ghiaccio levitava vicino alla sua fronte, anche se lei tentava vagamente di scacciarla.
Neville e Frank le erano accanto, uno con la bacchetta ancora stretta fra le mani, e l'altro con un orecchio sanguinante a cui mancava un pezzo di lobo
Non sai cosa fanno le ragazze per una ferita di guerra – tentò di scherzare James, con quel suo modo contagioso di vedere il mondo che non conosceva sofferenza prolungata, comunque andasse.
L'altro si strinse nelle spalle, emettendo un verso che poteva essere una risata come uno sbuffo
Vorrà dire che sarà la prima cosa di me che le ragazze faranno a gara per vedere – Neville si avvicinò immediatamente a sua madre, sussurrandole qualcosa all'orecchio. Gli occhi castani di lei si spalancarono un poco, quasi impercettibilmente, ma Albus conosceva troppo bene quell'espressione, così simile a quella che metteva su Lily talvolta, da cogliere all'istante quel prepotente afflato di pericolo.
Ginny si allontanò a grandi passi, seguita a ruota da Michael Corner, Penelope Light e la Professoressa Davis, un po' ammaccata ma sempre sicura di sé nel suo passo deciso.
Albus fece per seguirli, ma James lo trattenne con quella sua morsa da dannato Cercatore
Non vinceremo la guerra 'stanotte Severus, rilassati... – era l'unico, di tutta la sua famiglia, a chiamarlo così, e Albus si era spesso chiesto il perché. Prima o poi, disse a se stesso mentre fissava l'altro in quei suoi soprannaturali occhi castani circondati da ciglia innaturalmente lunghe, gliel'avrebbe chiesto.
James sorrise debolmente, con l'orribile squarcio sulla fronte che sembrava volergli ingoiare la testa, e Albus sospirò
Epismendo – borbottò seccamente, mentre la ferita si rimarginava con una lentezza estenuante. Vedere la testa di suo fratello finalmente integra gli regalò un attimo di pace. Solo un secondo, ma bastò
E finalmente sentì di poter crollare, di poter cedere il passo al sollievo e alla stanchezza.
Per quella notte, forse, poteva smettere di combattere.
 
Hide my head I want to drown my sorrow
No tomorrow, no tomorrow
 
***
 
La Sala Grande brulicava di studenti impauriti, tremanti e incerti, nel chiacchiericcio concitato che precedeva qualunque cosa sarebbe venuta dopo.
Rose si tormentava le mani in silenzio, nella nervosa attesa di Madame Maxime e l'immancabile Theodore Nott, con la sua schiera di Guardiani elegantemente inamidati e dalle espressioni serie.
Se Rose conosceva bene la sua famiglia, nessuno di loro sarebbe stato lì a pontificare mentre altri avevano bisogno di cure; il lavoro sporco, i Purosangue, lo avevano sempre lasciato agli altri.
Shiva Aswini le si avvicinò concitato, con un cerotto sul sopracciglio e un occhio nero
Merlino Shiva, stai bene? - l'altro annuì, stringendosi nelle spalle
Sai qualcosa di Mitra? - la sua voce era un debole sussurro – sai, lei era... - s'interruppe, deglutendo – i nostri genitori stanno arrivando...mezzo Mondo magico sta arrivando, e come farò a dire a mia madre che – Rose avrebbe voluto avere una risposta confortante per lui. Morgana, avrebbe voluto avere almeno una risposta, ma lei non era lì quando i suoi amici avevano avuto bisogno di lei, lei non era arrivata in quella piazza in tempo per combattere davvero, in tempo per essere d'aiuto. Istintivamente si portò le mani alla gola avvolta in una calda sciarpa rosso e oro, le impronte delle mani di lui che le bruciavano contro la pelle sembrarono avvolgerla nuovamente in quella stretta mortale, fino a soffocarla.
 
Flashback**************************************************************
 
Incubus Mortimer la fissò negli occhi, impenetrabile come una statua di sale, in silenzio, mentre gli schianti e i boati della battaglia infuriavano attorno a loro.
Non parlò finché Rose non sentì l'attesa logorarla, e non ruppe il silenzio
Perché sembra che tutto questo non spaventi te come spaventa me? - lo disse tentando vanamente di darsi un contegno, ma lo sguardo dell'altro aveva già smascherato ogni sua più remota fragilità, e l'avrebbe usata contro di lei alla prima occasione
Forse mi spaventa – scrollò le spalle impercettibilmente – forse sono terrorizzato quanto te, forse di più – sorrise debolmente, gli occhi accesi di cupa follia – credi davvero che quello che vedi sia quello che è? Sei presuntuosa a tal punto, Rose Weasley, da pensare che ti basti un attimo per capire quello che penso? - fece schioccare la lingua – non ti conviene... - Rose piantò le mani sui fianchi
E' una minaccia? - un debole sbuffo divertito sfuggì dalle labbra ancora sporche di sangue di Incubus
Mi sottovaluti, e nemmeno questo ti conviene – le fece scorrere una mano fra i capelli che si asciugavano lentamente dall'umidità. Incontrò un nodo alla radice, e tirò seccamente, avvicinando il viso di lei al proprio così tanto che a Rose sarebbe bastato respirare profondamente per sfiorarlo. Ma non lo fece, terrorizzata e inerme come pareva sentirsi solo con lui, rimase immobile ad osservare la bocca dell'altro muoversi – tu non mi conosci Rosie, e io non conosco te, e credimi quando ti dico che è una fortuna per entrambi – la lasciò andare, scostandosi quasi con violenza.
Solo allora Rose si accorse che gli schianti erano cessati, e il rumore della battaglia sembrava essere stato rimpiazzato da urla concitate, frastuono dei soccorsi e appelli urlati a squarciagola nel gelido e umido silenzio di Hogsmeade. La battaglia era terminata, e non restava loro che uscire allo scoperto e mettersi a contare le vittime.
Hanno bisogno di me – sussurrò a mezze labbra con lo sguardo rivolto alla strada principale mal illuminata.
Ma Incubus Mortimer non amava raccogliere i cocci, o ripulire dove altri avevano sporcato. Lui si sarebbe limitato a fingere che quel momento non fosse avvenuto, che lo stridio dell'impotente dolore che li aveva sovrastati fosse solo un rumore di fondo al quale non prestare attenzione.
Con un sorriso spaventoso e folle che le fece accapponare la pelle, sparì in un pop che quasi rimbombò nel silenzio inquieto di quel momento.
 
And I find it kinda funny
I find it kinda sad
The dreams in which I'm dying
 
Rose Weasley, una persona che avrebbe preferito non incontrare sul cammino delle “se stessa che avrebbe potuto essere” si lasciò abbracciare dalla gelida stretta dei lampioni traballanti, e si preparò a radunare tutto il coraggio che fosse riusciva a raccogliere dentro di sé.
Non le piaceva chi stava diventando, ma era l'unica Rose che aveva a disposizione, e le persone che amava erano là fuori, e avevano bisogno di lei, anche della sua versione mal riuscita.
S'inginocchiò accanto ad un ragazzo del quarto che si reggeva a stento sulle gambe. La destra, dalla caviglia fratturata, ciondolava in modo grottesco
Epismendo – sussurrò sovrappensiero mentre le ossa dell'altro si rinsaldavano fra urla di incredulo dolore.
Fosse bastato un incantesimo a cancellare l'ultima mezz'ora, Rose Weasley l'avrebbe cercato in capo al mondo. Ma esisteva solo lei, e la sua completa incapacità di togliersi di dosso l'odore di vestiti appena lavati, anche quando l'odore del sangue, della paura e del fango sembravano ammorbare ogni più piccolo respiro.
 
Fine flashback*****************************************************
 
La situazione che ci apprestiamo ad affrontare è gravissima – esordì Theodore Nott con espressione tetra – i Traghettatori hanno superato ogni limite questa notte, attentando alla vita di ognuno di voi – la sua espressione conigliesca appariva inquietante nella luce soffusa della Sala Grande.
Godric – sussurrò Rose a denti stretti, sollevando lo sguardo sul pulpito che era stato di Silente prima, della McGranitt dopo e di Madame Maxime, da quando lei aveva memoria. Vederlo profanato dalle gelide mani cospiratrici di Theodore Nott le provocò un dolore fisico così pungente da costringerla a stringere le braccia al petto per non tremare.
L'intero corpo insegnanti di Hogwarts lo fissava con sguardo apprensivo reagendo in modi diversi alle sue parole. Nessuno di loro appariva meno che ostile, in ogni caso
Se il Ministero non sarà in grado di fornire adeguate tecniche di difesa contro questi uomini pericolosi e malati, la Lega per la Salvaguardia delle Antiche Famiglie si adopererà affinché queste sparizioni e questi attacchi abbiano fine, a costo di limitare la libertà degli stessi studenti e del corpo docente – l'uomo sembrava un tacchino rimpinzato prima del Ringraziamento, il collo sollevato con aria soddisfatta, mascherata fin troppo malamente sotto una falsa rabbiosa preoccupazione. Alla fine, i suoi occhietti acquosi si fecero stretti e minacciosi – domani stesso presenterò al Ministro una mozione per costituire delle Squadre Speciali con poteri assoluti che pattuglino il territorio attorno alla Scuola, e un Tribunale addetto alla regolamentazione dei reati di favoreggiamento, omertà e sostegno nei confronti di questi individui – inspirò una boccata di veleno nell'aria stessa che lo circondava – chiunque verrà anche solo sospettato di affiancare questi traditori, assassini e delinquenti verrà sottoposto ad un processo serrato e imparziale, che esaminerà senza sconti la condotta di ognuno di noi – fece lampeggiare un sorriso, con l'evidente intenzione di renderlo rassicurante, ma che ottenne l'effetto opposto di far gelare il sangue nelle vene di Rose – Azkaban attende chiunque si accosterà ai Traghettatori, e la giustizia sarà implacabile – un silenzio funereo scese sulla sala, così spesso che Rose avrebbe potuto camminarci sopra.
Qualunque mossa avesse fatto il Ministero sulla scacchiera, la Lega sembrava aver assestato il colpo definitivo.
 
***
 
Lily aprì finalmente gli occhi su una stanza rettangolare dalle pareti e il pavimento di legno, in un piccolo letto ad una piazza appesantito da pruriginose coperte di lana grezza e il materasso molle nel quale le sembrava sempre di affondare, e un camino acceso così basso che lei stessa non avrebbe potuto entrarci accovacciata. Tuttavia le fiamme guizzavano allegre e il profumo della resina sulla legna secca aleggiava per la stanza, conferendole un che di familiare e rassicurante. La luce filtrava attraverso i vetri appannati di una finestra rotonda, senza tendina, che volgeva lo sguardo sul fianco di una collina accarezzata da un torrente in piena che si muoveva fragorosamente fra le pietre levigate.
Per un lungo istante si sentì al sicuro, protetta, felice, come se quelle spesse pareti di quercia potessero proteggerla da ogni spaventoso pericolo che l'attendeva lì fuori.
L'attimo dopo, quello stesso pericolo le precipitò addosso con la stessa pressante concretezza di sempre, e fu solo un rincorrersi di urla, schianti d'incantesimi e sciaguattare disperato di scarpe fradice nelle pozzanghere di neve sciolta mischiata a fango.
Il terrore la paralizzò per un attimo, sola, rinchiusa fra mura che non conosceva, in soffici bende di lino che le bloccavano la spalla e il torace. Avvertiva un vago dolore, come se sapesse di doverne provare di più, ma qualcosa si fosse frapposto fra lei e la sofferenza che avrebbe provato altrimenti. Sentì che il suo corpo soffriva e, morente, tentava di rimettersi in sesto, ma il suo cervello registrava solo che, laddove avrebbero dovuto esserci grida e lacrime disperate, solo una vaga pulsazione si agitava sotto la pelle.
Senza sapere perché, ne fu immensamente grata.
Ma il terrore non la lasciò andare, nemmeno quando, faticosamente si mise a sedere, scrutando con occhi ancora gonfi di sonno il selvaggio panorama dall'unica finestra della stanza. Il soffitto basso e spiovente le dava un senso di vaga protezione, ma anche di claustrofobia, così come ogni cosa, lì dentro, oscillava fra la calda familiarità e l'oscura incertezza.
Sospirando fece scivolare le gambe nude lungo il profilo del basso letto in legno scuro, lucido, che odorava ancora vagamente di resina, e si accorse che i suoi vestiti erano spariti. Come unica alternativa, chiunque l'avesse condotta fino a lì, per salvarla o ucciderla più lentamente, questo non avrebbe saputo dirlo, le aveva lasciato una lacera t-shirt sbiadita taglia extra-large con quattro tizi in giubbotto di pelle appoggiati ad un muro fatiscente.
Infilarla fu meno traumatico del previsto, con la mano destra fortunatamente illesa. In certe situazioni, anche non avere le chiappe al vento appare come un modo prezioso per non stare da schifo.
Già che era in piedi, la sua naturale curiosità marca Potter ebbe il sopravvento, e cominciò a gironzolare per la casa come un cane da tartufo, esaminando ogni cosa, afferrando ogni oggetto, annusando ogni candela distrattamente abbandonata in un bicchiere, in una tazza, incollata con la cera al fondo di qualche piatto.
Ma non fu la strana mancanza di energia elettrica a turbarla. Al di là delle dimensioni ridotte e l'idea che ogni cosa fosse troppo piccola per un essere umano, quel posto era una casa vera, con una sala da pranzo e cucina, un bagno con una doccia e l'acqua calda e camera da letto con il camino acceso che scoppiettava allegro. A colpire Lily fu l'inspiegabile sensazione di trovarsi in un mausoleo, o per lo meno in un posto dove il tempo non sembrava essere passato. Dai libri datati da prima della Guerra Magica, ai dischi in vinile che occupavano un'intera parete, accatastati l'uno vicino all'altro in un ordine che Lily non avrebbe saputo interpretare, al giradischi con la puntina sollevata, alla chitarra babbana appoggiata distrattamente al divano a due posti dall'aria vissuta, tutto, lì dentro, aveva il nostalgico sapore del passato, un passato che nessuno che lei conoscesse poteva aver vissuto davvero.
Eppure si trovava lì, sospesa nel tempo e nello spazio, incerta se quella che stava visitando fosse la casa del suo salvatore o del suo aguzzino.
Spalancò l'anta di un armadio a muro, e un intenso profumo di menta la stordì per un attimo.
O di entrambi.
Lo sapevo che dovevo mettere un Cane a Tre Teste a sorvegliarti Potter – Scorpius Malfoy era distrattamente appoggiato all'arco che collegava la camera da letto al soggiorno, e la fissava con un ghigno sbilenco a braccia conserte.
Lily avvertì ogni muscolo del suo corpo tendersi, compresi quelli della spalla, che le lanciarono una fitta dolorosa in tutto il corpo, come una scossa elettrica.
Sentì le gambe cederle e la testa vorticare furiosamente.
L'altro mosse un passò verso di lei, ma la sua mano scattò in avanti, a proteggersi da qualunque maschera il ragazzo avesse deciso d'indossare quel giorno. In tutta sincerità, non sarebbe stata capace di fronteggiare un altro attacco frontale con lui, non in quel momento, quando avrebbe solo voluto infilarsi sotto le coperte e smettere di vedere la sua faccia da stupido Purosangue borioso ed egoista.
Resta dove accidenti hai deciso di stare, maledetta Morgana – sputò fuori in un rantolo. Le sopracciglia di Malfoy si inarcarono di riflesso – o salvarmi e umiliarmi rientra in un'altra scommessa che hai fatto con i tuoi amichetti? - lui non si mosse, serrando i pugni violentemente
Beh, almeno posso dire a paparino che ti sei ripresa completamente – quel sarcasmo fu dolorosamente familiare, come se niente fosse mai cambiato, e per un attimo Lily si cullò nell'illusione che fosse così. L'attimo dopo, Scorpius Malfoy sogghignò nuovamente – occuparmi di te è un vero strazio Potter, parli nel sonno... - e si voltò, per andare chissà dove, e, contro ogni logica, qualsiasi, che Lily conoscesse, tentò di fermarlo.
Cosa è successo? - indicò con un cenno del capo la fasciatura che le avvolgeva la parte sinistra del torace – sei stato tu? - l'altro si strinse nelle spalle con noncuranza
Qualcuno doveva pur farlo... - minimizzò.
Lily deglutì il vuoto, tentando di dare un ordine alle parole che le salivano alle labbra
James, Albus, e gli altri...stanno bene? - si accorse di non volere una risposta da lui, terrorizzata all'idea che quello che avrebbe detto avrebbe piantato un chiodo definitivo sulla bara delle sue ingenue speranze. Non voleva che proprio lui fosse il testimone del suo dolore, non poteva permettere che avesse un'altra arma da usare contro di lei.
Malfoy avrebbe sghignazzato come una iena mentre le dava la notizia che le persone che amava erano morte o disperse, o ferite orribilmente e sofferenti al San Mungo. E lei era lì, l'impotente ragazzina da proteggere, così inutile da meritare che lui, la persona che più detestava, la portasse in salvo. Merlino, cosa avrebbe dato pur di non essere costretta a mostrarsi fragile davanti alla degna progenie di suo padre.
Tutti bene – rispose seccamente – la tua famiglia da Catalogo della Casalinga della Gazzetta del Profeta è salva. Evviva – i suoi occhi mandarono un lampo mentre il sarcasmo impregnava quelle parole.
Ma Lily non sentì altro che “bene”, e cominciò a respirare regolarmente, accorgendosi a malapena di aver trattenuto il fiato fino a quel momento.
Bene – sussurrò seccamente voltandogli le spalle. Un dolore, ben lontano dal suo corpo, la fece sussultare, mentre avvertiva i passi di Scorpius allontanarsi dalla stanza.
 
I find it hard to tell you
I find it hard to take
When people run in circles
 
***
 
Ardhesia Nott lo fissava con i suoi intelligenti occhi azzurri dall'altra parte del tavolo rotondo della Sala Comune di Serpeverde. Il suo alfiere aveva appena mangiatola sua torre e, se Incubus avesse condotto il gioco come voleva, le avrebbe dato matto in quattro mosse
Mio padre vuole incontrarti – sussurrò quando le loro ginocchia si sfiorarono sotto il tavolo. Erano talmente concentrati che non si erano nemmeno resi conto di essere rimasti gli unici nella stanza.
Incubus diede ordine al cavallo di muoversi, portandolo a tiro della torre di lei, in attesa
Non ne vedo il motivo – rispose casuale. La ragazza rispose esattamente come aveva previsto, lasciando il fianco scoperto – Scacco – parve frustrata, passandosi una mano fra i lunghi capelli scuri
Ai troll la tua dannata regina! - sbottò dando un colpo alla scacchiera. I pezzi rotolarono a terra in una discontinua cacofonia di legno contro pietra – tutto quello che abbiamo atteso da sempre, tutto quello per cui lottiamo si sta avverando, e mio padre ne è l'artefice! Perché non ti decidi a collaborare con lui? - il sorriso si disegnò sulle sue labbra automaticamente
Tuo padre non mi piace. La gente come lui ha sempre fatto i suoi comodi, negando la propria fedeltà al Signore Oscuro quando gli è convenuto – si alzò, rassettandosi i calzoni con la piega.
Gli occhi di Ardhesia mandavano lampi. Era furiosa, frustrata e insicura, e lui non le stava dando le soddisfazioni che cercava. Si sarebbe comportata da stupida, proprio come Incubus aveva previsto
E' rimasto fuori da Azkaban per compiere il volere di Lord Voldemort quando fosse arrivato il momento Incubus! Dietro le sbarre non sarebbe servito a niente, e tu lo sai -
Draco Malfoy ha tenuto tuo padre fuori da Azkaban, quando ha giocato l'ultima carta che gli è rimasta e non ha lottato nell'ultima battaglia – lasciò andare lo sguardo oltre la finestra, alla neve che si scioglieva e lasciava il posto alle distese di erba profumata che ricordava dalla prima volta che aveva messo piede a Hogwarts.
Flashback**************************************
 
L'erba che rivestiva come un manto la collina su cui poggiavano le fondamenta della Scuola era di un intenso verde acceso, e si muoveva quasi armoniosamente sul terreno, disegnando strane e ipnotiche spirali.
L'estate non era ancora finita, ma l'aria era fresca e profumata di autunno. Aveva l'odore del trionfo e della vendetta.
Harry Potter camminava avanti e indietro da quasi un'ora, passandosi le mani fra i capelli già abbondantemente spettinati in un gesto che diede a Incubus l'impressione di essere di fronte ad un retaggio di famiglia.
Si domandò distrattamente se lui avesse mai ereditato un tratto peculiare dalla sua, di famiglia, ma i volti dei suoi genitori apparirono sfocati e incerti nella sua memoria.
Erano passati solo cinque anni, ma dalla sua casa non aveva potuto portare via niente, e le fotografie erano andate distrutte nell'incendio che quelle persone avevano appiccato per cancellare le loro tracce. Rammentava a malapena gli occhi infossati e le labbra carnose e sogghignanti di suo fratello, ma sapeva che anche quei ricordi sarebbero sbiaditi presto. Non era ai loro volti che avrebbe reso giustizia, ma alla loro memoria, e al loro sangue.
Una donna gigantesca apparve davanti al gargoyle di pietra con l'espressione inquietante che Incubus si era trovato a fissare diverse volte in quel pomeriggio assolato, mentre Harry Potter tentava vanamente di fare conversazione. Era un omino basso e ossuto, la camicia che indossava gli ballava addosso, e i calzoni avevano un'aria decisamente stazzonata. Niente del suo aspetto, tranne la gloriosa cicatrice a forma di saetta sulla sua fronte, avrebbe mai potuto dare a immaginare che quello fosse l'uomo che aveva sconfitto il più grande mago oscuro di tutti i tempi. A soli diciassette anni, per giunta. Sembrava solo un portiere di notte, stanco e scarmigliato.
Ma quando la gigantessa apparve davanti ai loro occhi, il suo viso sembrò illuminarsi
Arrì, che piacere vederti – la donna schiantò i suoi penetranti occhi castani sul suo viso – è lui? - Harry Potter annuì
Viktor ti manda i suoi saluti – lei sorrise e si voltò finalmente verso Incubus
Sono Madame Maxime, la Preside della Scuola -
Immagino sappia già chi sono io – ribatté lui in tono piatto, ma nessuno dei due sembrò curarsene
So il tuo nome, ma per sapere chi sei, temo, ci vorrà più tempo – sorrise, ma nel suo sguardo tremò un lampo di fiera determinazione – seguitemi, il Cappello ci aspetta -
Harry Potter gli aveva spiegato che a Hogwarts era un tale Cappello Parlante ad assegnare gli studenti alla loro Casa, e pareva che, nonostante tutto, anche a lui toccasse quella noiosa incombenza.
Quando tutti e tre furono comodamente assestati nell'ufficio della donna, Madame Maxime lo fece accomodare su uno sgabello e gli calcò in testa un lurido cappello sdrucito, vecchio come le più antiche pietre della Scuola.
Dei Quattro Fondatori oggi vi voglio narrar la storia – Harry Potter ridacchiò, mentre la gigantessa tossicchiava
Ah, ehm, salterei quella parte, s'il vous plait – il cappello sembrò distendere il brutto squarcio che aveva per bocca in un'imitazione mal riuscita di sorriso
Oh, bene, andiamo al dunque... - appena la stoffa ebbe sfiorato la sua nuca, il Cappello ricominciò a parlare, nella sua mente, come se gli altri due non potessero udirlo – Bene bene beeeeeeeeeeeene – esordì sghignazzando. Se Incubus fosse stato un ragazzo come gli altri, avrebbe come minimo fatto un salto sulla sedia. Ma rimase immobile, ad ascoltare gli assurdi vaneggiamenti di quel consunto pezzo di stoffa – sembra che qui abbiamo un bel po' di talenti. Un bel fegato, cervello niente male e ...oh – s'interruppe, riflettendo – beh, in questo caso ragazzo, c'è un solo posto dove potrai portare avanti questa tua impresa – lasciò trascorrere il tempo necessario per incrementare spasmodicamente l'attesa, e alla fine parlò – SERPEVERDE! - Harry Potter sembrò rabbuiarsi, mentre la Preside Maxime si succhiò il labbro inferiore, costernata.
 
Children waiting for the day they feel good
Happy Birthday, Happy Birthday
Made to feel the way that every child should
 
Fine flashback********************************************************
 
L'erba bagnata; non i banchetti, le lezioni o il dannato Quidditch, ma l'odore di erba bagnata sarebbe stato il suo ricordo prediletto di Hogwarts. Beh, quello e l'amara fine.
E dov'è ora Draco Malfoy? Nelle mani dei Traghettatori, forse morto. Magari si farà liberare da Potter e giurerà fedeltà al Ministero. Chissenefrega – Ardhesia cominciò a camminare per la stanza, agitata e in collera contro il muro di gomma che le aveva messo di fronte – sai che ti amo Incubus, ma non sono disposta a sottostare ai tuoi capricci in eterno. Mio padre ha diritto di sapere cosa stiamo facendo, è nella posizione migliore per aiutarci, in una posizione decisamente migliore della nostra, visto che il tuo burattino preferito ha reciso i fili – la nota di amara soddisfazione che le sfuggì dalle labbra le illuminò anche lo sguardo. Un piccolo trionfo per una piccola persona – io te l'avevo detto che di lui non ci si poteva fidare – chiosò fiera – è un traditore, proprio come suo padre – Incubus sorrise, incrociando le braccia al petto
Lo è – sussurrò – il sangue del traditore... -
 
***
 
 
 
Sit and listen, sit and listen
 
Lo raggiunse che stava ancora suonando. Una melodia lenta, malinconica, di una tristezza esasperante. Muoveva le dita sulle corde con una cadenza quasi di riflessione, come se fossero i suoi pensieri e non la sua volontà a guidare le note.
Era piegato sulla chitarra babbana come se potesse tenerlo a galla, essere il filo che legava insieme la marea montante delle sue continue contraddizioni e false partenze.
Come poteva un ragazzo come quello, che sembrava felice solo su una scopa da corsa, che nascondeva se stesso a suo padre e al resto del mondo, che così caparbiamente lottava per affermare la sua identità al di là del nome che portava, essere in realtà il bastardo egoista e manipolatore che tutti credevano?
Come potevano tutte quelle parole, e quegli sguardi, e quelle sensazioni, essere solo il frutto di una messa in scena?
Osservandolo accarezzare le corde con lentezza esasperante, chino sulla melodia come se potesse respirarla, con una delle sue folli magliette piene di scritte, Lily si trovò a chiedersi, impotente e stremata, cosa di quello che c'era stato fosse reale.
La risposta, in ogni caso, sarebbe stata capace di paralizzarla.
Di traverso lungo la schiena le parole danzavano, scritte di getto con un pennarello rosso, che sulla stoffa aveva sbavato, in un'inquietante lacrima di sangue
“Ho molto da dire, ma lo lascio a te”
E Lily parlò, perché l'unico modo di scrollarsi di dosso la paralizzante paura di lui era affrontarlo, e affrontare se stessa nei suoi occhi.
Forse non amava Scorpius Malfoy, perché amarlo era difficile, e non era naturale come respirare, non nel modo in cui sua madre amava suo padre, e lo aveva amato fra la disperazione della perdita e il terrore della battaglia, ma allo stesso tempo, nonostante tutto, malgrado le parole che si erano detti, e la rabbia che scavava solchi profondi fra loro, erano lì entrambi. Forse per troppe ragioni sbagliate, magari perché non ne potevano fare a meno, ma si trovavano lì, insieme, e non era semplicemente una serie di sfortunati eventi. Erano scelte, scelte che erano spettate a loro fin dall'inizio
Potevi dire di no – esordì, la voce di un tono troppo stridula anche per i suoi gusti.
Scorpius continuò a suonare, senza alzare gli occhi dal pavimento
Non ho l'abitudine di lasciar dissanguare la gente, nonostante l'opinione che tu e i tuoi parenti avete di me – Lily strinse il pugno della mano destra, avvertendo il dolore lancinante alla spalla sinistra, nel vano tentativo di fare lo stesso
Già, non hai l'abitudine nemmeno di lasciarla cadere da una scopa, o di lasciarla affogare – ribatté senza nemmeno prendere il respiro – ma hai l'abitudine di schiacciartela sotto le scarpe quando hai finito di voler essere l'eroe della situazione, e umiliarla. Allora, Scorpius Malfoy, quale delle due versioni di te è quella vera? - L'altro sollevò il capo dalla chitarra, poggiandola con cura contro i cuscini del divano
Quella che si alza da questo divano per liberarsi della tua voce stridula che rimbomba per tutta la casa – ma Lily non lo lasciò andare da nessuna parte, afferrandolo per un braccio. Malfoy si voltò di scatto, gli occhi grigio chiaro serrati di rabbia
Cosa ti avevo detto, Potter, a proposito della vostra comune mania di afferrare la gente? - sibilò. Qualunque persona anche solo vagamente dotata di buon senso lo avrebbe lasciato andare, fuggendo ad una buona decina di chilometri dal suo sguardo furioso.
Lilian Luna Potter gli assestò uno schiaffo in pieno viso, che riecheggiò nel silenzio come un colpo di frusta.
Che c'è? Sei arrabbiato, vorresti affatturarmi? Magari uccidermi? Perché è così no? - lo colpì nuovamente – Tu te ne freghi di tutti, te ne freghi dei tuoi genitori prigionieri dei Traghettatori, te ne freghi della Scuola e del tuo futuro – quando le sue dita entrarono a contatto con la guancia di lui, Lily sentì che stava oltrepassando il limite. E allora che fosse, che accadesse, qualunque cosa dovesse succedere fra loro a quel punto – te ne freghi di me, oh, sì, soprattutto di me, perché sono solo la patetica Potter buona a niente che volevi portarti a letto per scommessa – questa volta, quando la sua mano si mosse per colpirlo, la mano di lui non serrò la sua in una presa tremante di rabbia controllata a stento.
E Lily tremava dalla testa ai piedi nella sua t-shirt troppo grande per entrambi che sapeva di menta. E Scorpius Malfoy le serrava le dita attorno al polso, con una tale forza che, se avesse voluto, avrebbe potuto spezzarlo. L'espressione del suo viso tradiva ogni stilla di rabbia, frustrazione e stanchezza avesse accumulato in quei giorni, e per la prima volta Lily si rese conto che lui non aveva ancora dormito. Da quando, chissà come e chissà perché, l'aveva trascinata lì sull'orlo del collasso, Scorpius Malfoy si era mosso come una trottola impazzita, pur di non essere costretto a stare nella stessa stanza con lei, a parlarle, a guardarla, ad ammettere con se stesso che non era bravo come credeva a mascherare le emozioni.
 
Went to school and I was very nervous
No one knew me, no one knew me
 
Potter – parlò come se avesse un rospo incastrato in gola. Ma lei aveva tolto il tappo della ragione ai suoi pensieri, e le parole si rincorsero fuori dalle sue labbra come se non avessero atteso altro da sempre
SMETTILA DI FINGERE! - aveva urlato, e non era riuscita a cacciare indietro la rabbia e la frustrazione che si facevano strada nei suoi occhi in calde e imbarazzanti lacrime. Le sentì arrivare, e fermarsi in bilico fra le palpebre. Afferrò la fasciatura e la tirò via, lacerandola dalla spalla al torace, in un lungo doloroso squarcio – non t'importa di questa? - scrollò le spalle, provocando a se stessa un altro fremito incontrollato – bene, strappiamola via -
Smettila -
Chissenefrega no? È solo la mia ferita. Perché prendersi il disturbo di medicarla. In fondo non t'importa, perché dovrebbe... – tirò, ma un fendente le bruciò la spalla, come se qualcuno gliela stesse staccando dal corpo. E allora ricordò, il Traghettatore, la mano di Louis che l'afferrava poco prima che la portasse via con sé, e la sofferenza del suo corpo spaccato a metà. Ricordò il viso sfocato di Scorpius Malfoy sulla motocicletta di James, e quello stesso viso piegato su di lei mentre faceva cadere sulla ferita qualche goccia di essenza di dittamo. Ricordò la sua espressione, preoccupata e stanca, mentre si stiracchiava ai piedi del suo letto, ravvivando distrattamente il fuoco. Infine il suo odore, intenso, e penetrante, circondarla in bozzolo di rassicurante familiarità, i suoi occhi chiusi a pochi centimetri da quelli di lei, raggomitolato accanto al suo corpo bruciante di febbre in quel letto grande a malapena per uno. Ricordò quella persona, e osservò quella che aveva davanti, chiedendosi quando l'avrebbe rivista.
Poi la vista cominciò a punteggiarsi di macchie scure, e le gambe persero l'equilibrio che aveva mantenuto a stento fino a quel momento.
E Scorpius Malfoy l'afferrò, come sembrava non essere capace di evitare, un attimo prima che cadesse.
Dannata ragazzina – sussurrò a denti stretti nel sollevarla.
Prima di perdere i sensi, Lily ricordò solo odore di menta.
 
Look right through me, look right through me
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Angolo della delirante autrice: Buonasera a tutti^^ Eccomi qui con il nuovo capitolo pieno di riferimenti alle cose che amo tanto**
Innanzitutto preciso che la canzone citata in questo capitolo, quella che, anche se non si capisce molto bene, sta suonando Scorpius, è Mad World, originariamente della band Tears For Fears e successivamente riadattata da Gary Jules per fare da colonna sonora di Donnie Darko, e potete ascoltarla qui^^
In secondo luogo, anche se la maggior parte di voi lettori l'avrà certamente capito, sulla t-shirt che Scorpius lascia a Lily è stampata l'immagine più famosa del gruppo punk Ramones, in cui Dee Dee, Joey, Johnny e Tommy, i membri della formazione, sono appoggiati ad un muro non poco lontano dal CBGB's, il locale di NY dove si esibivano^^

Potete trovare la foto qui

E in ultimo ma non ultimo, la scritta che ha Scorpius sulla maglietta che indossa è una citazione di Kurt Cobain, leader dei Nirvana, tratta da una pagina dei suoi diari.

Bene...fatemi sapere cosa ne pensate dei risvolti della storia, perché io ci sto seriamente uscendo di testa ahahahah

Come sempre ringrazio tutti voi per leggere, ricordare, preferire, seguire e recensire questa ff, e alle meravigliose persone che sono con me dalla prima parola, e so che ci saranno fino all'ultima, vada come vada...ovviamente parlo di voi CDSNXD

 

PS: Buon viaggio Giuls ;-)

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Capitolo 32
*** Colori Pastello e Bandiere Bianche ***


Colori Pastello e Bandiere Bianche
 
 
Quei cominciò: «Cosa non è che sanza
ordine senta la religione
de la montagna, o che sia fuor d'usanza.
Libero è qui da ogne alterazione:
di quel che 'l ciel da sé in sé riceve
esser ci puote, e non d'altro, cagione.
(Divina Commedia, Purgatorio, Canto XXI, vv 40-44)

 
Sarà stata a malapena l'alba quando arrivarono: due uomini, incappucciati, con le loro maschere nere dalla lucentezza accecante, strascicando i piedi uno sull'altro, biascicando con quell'accento incomprensibile lontano ed indefinito.
Astoria strattonò la catena di Draco, appoggiato malamente alla sua schiena, i radi capelli biondi che le solleticavano il collo ora che stavano crescendo rapidamente, secchi e sterposi, all'oscura umidità della loro cella.
L'acciaio le scavò dolorosamente nella pelle dei polsi ricoperti di piaghe sanguinanti e infette. Trattenne un gemito e tentò vanamente di chiamare il marito
Draco. Sono qui – sussurrò nel suo orecchio, abbastanza vicino perché non mascherasse il rumore dei lenti passi che si avvicinavano – sono venuti a prenderci – non sapeva che ora fosse, o che giorno fosse. Ricordava a malapena i pasti che aveva consumato, o le volte in cui le avevano concesso la privacy per espletare le sue funzioni corporali. Una volta, perfino, le avevano permesso di lavarsi, restando lì a guardarla, con quei sorrisi malefici mascherati dalle espressioni contrite della tragedia greca.
Ma Astoria Greengrass Malfoy non aveva esitato, o pianto, né aveva concesso loro il lusso di vederla arrossire. Si era spogliata, gli occhi schiantati nei loro, il mento sollevato e imperioso, il portamento della donna che era e la strega che era stata, e aveva lasciato che la saponetta ruvida le scavasse via dalla pelle lo sporco e l'umidità di quella prigionia senza fine. Li aveva sfidati ad avvicinarsi, a sfiorarla, a fare qualsiasi cosa le desse modo di sapere che erano reali, e non il frutto della sua mente ormai provata. Eppure i loro sogghigni erano palpabili, la lasciva noncuranza delle loro risate sguaiate, la luce perversa nei loro occhi, tutto sembrava suggerire che quegli uomini fossero davvero lì, in tutto la loro detestabile boria.
Suo marito non rispose, limitandosi a sbuffare nel sonno. Draco non era mai stato un uomo forte; tagliente, crudele, imperioso, ma mai realmente forte, di quella ferma determinazione che lei credeva di aver trovato in lui. Era solo un agnello travestito da lupo, che aveva dimenticato quale dei due fosse il vero se stesso. E la sopraffaceva, sempre, crudelmente, perché lei era un lupo travestito da agnello, e aveva perso il coraggio di togliersi di dosso la sua pelliccia quando aveva sentito spegnersi di colpo il respiro dei suoi figli.
Il primo di loro si avvicinò claudicando vistosamente, trascinandosi dietro un braccio inerme dalla spalla alla mano. Qualcuno aveva avuto una giornata peggiore della sua.
Alzati – avvertì la nuca di Draco sfiorarla, in un impercettibile segno di vita. Ma il Traghettatore la afferrò con un gesto brusco, scavandole nella pelle impronte brucianti. La catena tintinnò allegramente, tendendosi allo spasimo
Bastardo Sangue Sporco! - imprecò Draco strattonandola dalla sua parte – non oesare contamianrla con le tue sporche mani da Mezzosangue - l'uomo rise, di una risata roca e stremata, ma attese che il secondo lo affiancasse prima di infilare la chiave nella serratura e far scattare le catene che la tenevano imprigionata mani e piedi. Appena sentì l'acciaio tintinnare sulla pietra bagnata, Astoria provò una tale soverchiante sensazione di sollievo che credette di cadere in ginocchio. Ma strinse i denti, in attesa. Non c'erano molte ragioni per cui quella gente poteva decidere di separarla da Draco, e nessuna di queste era più allettante delle catene attorno ai polsi.
Il secondo Traghettatore, alto e massiccio, assestò a Draco un manrovescio sulla bocca, in un movimento che costò a suo marito buona parte del labbro inferiore e della mandibola. Sputò il sangue grumoso in un gesto di stizza sulle scarpe dell'altro, che sogghignò in un suono basso e prolungato. Con un gesto rapido la allontanò da lui, quasi sollevandola fra le braccia, con la stessa grazia di un Ippogrifo che calpesta un prato di margherite.
Cammina – intimò il primo uomo, basso e corpulento, con la veste strappata e macchiata di sangue, sospingendola di malavoglia lungo la cella buia di archi bassi e gocciolanti.
Draco era ancora accovacciato nell'angolo contro la parete, l'altro Traghettatore che si abbassava vicino al suo orecchio per sussurrargli qualcosa che lo fece agitare e imprecare dove si trovava.
Astoria continuò a camminare, il fiato maleodorante del Traghettatore che l'avvolgeva, ancor più ripugnante dell'odore che aveva percepito emanare da se stessa in quei lunghi giorni di prigionia forzata. O erano mesi?
Ebbe appena il tempo di abbassare la testa prima che un arco basso la sfiorasse, appena in tempo per non aggiungere un'altra ferita alle tante che le dilaniavano la pelle.
La condusse in un lungo e stretto cubicolo, una galleria gocciolante di umidità, gelida quasi quanto la cella, e altrettanto sudicia, ma quando Astoria raggiunse l'uscita della galleria, un'ampia sala da bagno la accolse con una vasca colma d'acqua profumata, oli e unguenti di ogni tipo, e il confortante calore di un camino scoppiettante
Vuole che tu sia presentabile – biascicò l'altro stringendosi nelle spalle come se non ne comprendesse la ragione. Si fissava le scarpe infangate, chiazzate d'acqua sporca e della polvere della strada; le ginocchia, sotto la tunica, erano forse conciate peggio, così come i gomiti e le mani, completamente anneriti dal fumo e dal fango. Si passò una mano sul cappuccio, cercando vanamente i capelli in un gesto automatico di agitazione. Per un attimo, solo uno, Astoria si chiese se fosse davvero possibile per lei tentare di rubargli la bacchetta e aggredirlo. L'attimo dopo, lo sguardo dell'altro le chiarì che i suoi occhi avevano parlato troppo – Non ci pensare nemmeno dolcezza – la ammonì – dove diavolo potresti andare dopo? - lo sentì sogghignare, e sospirò pesantemente
Chi vuole che io sia presentabile? - tentò, inutilmente, di chiedere
E te lo vengo a dire a te chi mi manda – la prese in giro con un accento pesante e una sintassi da far accapponare la pelle.
Lei gli voltò le spalle, incrociando le braccia al petto
Ti ha detto anche di assistere? - un ghigno lampeggiò dietro la maschera nera, ma la donna non si scompose, cominciando a liberarsi con gesti secchi e rabbiosi di quello che era rimasto dei vestiti con cui era arrivata lì
Non penso sia necessario – la voce la raggiunse quando le dita armeggiavano ancora con i bottoni dorati della sua camicia di seta strappata e macchiata di qualsiasi cosa potesse trovarsi in una stretta cella umida e fredda. Astoria restò immobile, credendo di trovarsi di fronte un incantesimo ben riuscito
Tu? Ma...perchè? - la figura alta e snella che le si era parata di fronte sorrise malignamente, furbescamente, di un ghigno compiaciuto e soddisfatto, quasi cospiratore
Oh, avremo molto tempo per parlare di questo... - il silenzio si fece così spesso da farle correre un gelido brivido lungo la schiena – Imperio... -
 
***
 
Era un bel po' di tempo che volevo conoscerti Mortimer – se Incubus fosse stato un diciassettenne come tutti gli altri, probabilmente si sarebbe agitato incessantemente sulla sedia, tentando vanamente di sfuggire allo sguardo indagatore di Theodore Nott. Ma non era noto per la sua “ordinarietà”, perciò rimase semplicemente seduto a gambe accavallate, con noncuranza, osservando l'altro che si versava una generosa dose di Whisky Incendiario in uno spesso bicchiere di cristallo zigrinato – gradisci del vino? Ho un Merlot del '74 che potrebbe combattere lo sguardo di un Basilisco – si portò il bicchiere alle labbra con studiata lentezza, senza staccare i suoi penetranti occhi da coniglio dal suo viso – o preferisci restare...come dire...lucido per il nostro colloquio? - Incubus non si lasciò sfuggire che per avere a che fare con lui alla pari avrebbe dovuto scolarsi una cantina francese intera, e si limitò a declinare il calice che gli veniva offerto da un Elfo Domestico basso e orripilante, coperto da un pastrano così sporco da risultare indefinibile
Sono a posto – le sopracciglia ancora scure dell'altro si inarcarono appena
Avevo sentito che sei un estimatore di vini pregiati – il tono con cui lo disse avrebbe dovuto farlo sentire nudo e inerme sotto il suo sguardo onnisciente
Si sentono un sacco di cose imprecise sul mio conto – ribatté lui con falsa modestia – la maggior parte delle quali dona un quadro di me non troppo fedele alla realtà – un sorriso sibillino incurvò le labbra di Nott
E quale sarebbe, se posso chiedere, un quadro fedele? - Incubus si lasciò sfuggire una breve risata, bassa e controllata, di circostanza
Temo che fatto da me risulterebbe altrettanto falsato – l'Elfo tornò con un vassoio di tartine dall'aria, dovette ammetterlo, piuttosto invitante. Raschiò i piedi sul tappeto dall'aria terribilmente costosa che ricopriva l'intero pavimento e quasi sbatté contro la libreria di mogano scuro che troneggiava accanto alla porta dell'ufficio del Consigliere, ma riuscì comunque a raggiungerlo, una goccia di sudore che gli scivolava pigramente fra le orecchie da pipistrello tese allo spasimo. Declinò anche il cibo, avvertendo lo stomaco brontolare – ma sono certo che Ardhesia sarà estasiata all'idea di collaborare alla mia biografia postuma – i suoi occhi si schiantarono in quelli dell'altro con un sorriso malizioso. Si appoggiò con rilassatezza ai braccioli della sedia e attese che l'altro iniziasse la trattativa.
Theodore Nott era intelligente, su questo non aveva mai avuto di che obiettare, e sarebbe stato sufficientemente cauto da dargli del filo da torcere. Sua figlia, malgrado tutto, aveva ereditato una certa dose di impulsività dalla sua attraente madre, e non aveva mai davvero imparato a studiare l'avversario prima di pianificare le mosse. L'uomo che aveva di fronte non avrebbe commesso lo stesso errore.
Bene, pensò mentre l'altro sorseggiava amabilmente il suo Whisky, in attesa, sarebbe stata una partita alla pari, dopotutto.
 
***
 
Sembri in salute ragazza, buon per te – osservò con uno sguardo distratto la Signora Grassa. Lily sollevò un sopracciglio, trattenendo fra le labbra la secca risposta
Ape Frizzola – Rose, da brava Caposcuola ed ex Prefetto anziano dei Grifondoro, si era preoccupata di procurarle tutti i compiti, gli appunti e le comunicazioni dei Professori da quando era mancata da Scuola fino a quel giorno. I cancelli scricchiolanti i Hogwarts le erano sembrati il Paradiso dopo un'intera settimana al San Mungo. La lezione di Storia della Magia di quella mattina, in compenso, le aveva fatto rimpiangere il cibo insapore dell'ospedale, e il colore abbacinante delle pareti.
La Sala Comune era deserta, i divani di morbida pelle bordeaux disposti disordinatamente vicino al fuoco erano ricoperti di pergamene accartocciate, piume lasciate lì distrattamente da qualcuno prima di scendere a pranzo, compiti da finire, e pile di libri aperti dalle pagine ingiallite. L'ultimo trimestre era ufficialmente iniziato, e i GUFO cominciavano a diventare inesorabili spade di Damocle sui loro esili colli provati.
Shiva Aswini sollevò la spettinata testa corvina da un bracciolo, e si asciugò con foga un rivoletto di saliva che gli era scivolato agli angoli della bocca
Hei...Lily...ciao – sorrise, e i suoi scuri occhi allungati brillarono di felicità nel vederla. Lilian Luna Potter sentì chiaramente il pungolo del senso di colpa attraversarle le scapole e centrarla in pieno petto.
Ciao – sorrise di rimando, tentando di essere vagamente credibile – pensavo non ci fosse nessuno – se avesse avuto la sensibilità a tutte e due le mani, probabilmente avrebbe cominciato a tormentarsi le dita dietro la schiena. Invece il braccio era ancora immobilizzato sul petto da una spessa e candida fasciatura, e solo l'essenza di dittamo aveva impedito che una parte del suo corpo le venisse strappata via. Essenza di dittamo che lui le aveva somministrato. Scosse la testa scacciando quelle immagini dalla sua mente. Aveva promesso a se stessa di non concedere Malfoy il beneficio del dubbio. Mai più.
Ti aspettavo, veramente – ammise l'altro abbassando gli occhi – volevo parlarti... -
Non avrebbe voluto ascoltarlo. In tutta sincerità, Lilian Luna Potter aveva appena trascorso la mattinata più difficile della sua vita, rendendosi rapidamente conto di non sapere la metà delle cose che a quel punto avrebbe dovuto sapere per avere una vaga speranza di agguantare un Accettabile nei suoi GUFO, Wahya Show l'aveva fissata tutta la lezione di Divinazione con un sorriso di malcelata ansia sul viso dai lineamenti marcati, e il Professor Ruf l'aveva fermata dopo la lezione per chiederle se era preparata a dovere sull'”Epoca d'oro dei commerci marittimi dei troll”. Il fatto che fosse la prima volta nella sua vita che Lily sentiva che i troll avevano fatto altro a parte le rivolte per cui erano famosi l'aveva pietrificata.
No, decisamente, quello non era il momento adatto per pretendere da lei una seppur vaga attenzione. Ma Shiva Aswini aveva trascorso ogni secondo libero delle sue giornate seduto sullo scomodo sgabello dei visitatori nella sua camera al San Mungo, parlando a ruota libera di tutto quello che gli passava per la mente, tratteggiando distrattamente una caricatura di Theodore Nott sul tavolino mobile accanto al suo letto. Aveva parlato, parlato e parlato, sollevandola dall'incombenza di dover ricambiare, rispondere, o anche solo pensare. Lily, in quelle fin troppo brevi ore trascorse con lui, aveva avuto come unico pensiero quello di ascoltare e annuire, talvolta rispondere con un vago cenno del capo, mentre quello strano ragazzo dall'animo gentile tentava di rendere la sua giornata meno deprimente.
Perciò gli sorrise, rammentando a se stessa che stringersi nelle spalle non era uno dei movimenti consigliati a qualcuno che si era Spaccato durante una Smaterializzazione.
E' successo qualcosa? - il lato Potter e inguaribilmente pessimista della sua personalità si fece strada a tentoni in quella risposta
No...è...è solo che... - esitò, si morse il labbro, stropicciò i piedi e abbassò lo sguardo, ma alla fine la guardò, stringendo gli occhi scuri su di lei con fermezza – vorrei che ci ripensassi a proposito di me e te – Lily sollevò un sopracciglio. Ecco, probabilmente non era la prima cosa che il Prontuario dell'Adolescente avrebbe consigliato di fare dopo quelle parole, ma davvero, davvero, non avrebbe saputo come altro reagire
Shiva... -
Lo so che non sono Scorpius Malfoy – la interruppe lui roteando gli occhi – Godric, beh, non vorrei nemmeno esserlo se è per questo, con tutta quella boria, e suo padre che è terribilmente stempiato, ed è un criminale, probabilmente, e tutto il resto – si fermò – lo sapevi che c'è una probabilità su due che il figlio di un calvo diventi calvo? Davvero, dico, è inquietante no? - non aveva detto Mangiamorte, né si era aggrappato alla questione del Sangue Puro. Di tutte le cose orribili che avrebbe potuto dire su Draco Malfoy, era stato il fatto che fosse stempiato a sconvolgerlo, in tutta la sua inarrivabile gentilezza e correttezza.
Senti -
No aspetta, ti prego, fammi finire perché questo discorso me lo sono provato, e veniva bene, davvero... - Shiva si sporse verso di lei con un braccio proteso, tentando quasi inconsciamente di fermare il flusso dei propri pensieri – lo so che non sono un fico, e nemmeno nel Quidditch sono proprio quello che si dice il Cercatore dell'Anno o cose così, ma la tua vita è già abbastanza un casino senza il ragazzo sexy e impenetrabile di turno che te la scombini ancora di più – sorrise timidamente – io non sono né sexy ne impenetrabile, anzi, mia madre dice che la maggior parte delle volte do' anche troppe informazioni su di me, non so se mi spiego – rise nervosamente, passandosi una mano fra i capelli che si gli erano scompigliati appisolandosi sulla poltrona cicciottella davanti al camino – non ti sto chiedendo di innamorarti di me e sfidare l'odio atavico delle nostre famiglie per far trionfare l'amore e il progressismo, ti chiedo solo di pensarci, tutto qui – scrollò le spalle – ok? - Lily si lasciò per un attimo cullare dalla possibilità di avere un ragazzo come Shiva, di non dover eternamente lottare con la sua incapacità di provare emozioni umane, o con l'età e la semiparentela che li univa. Ma se non amava davvero Teddy come aveva creduto per anni, o Scorpius Malfoy, non nel modo in cui Ginny Weasley e Harry Potter si erano conosciuti e amati sotto i lampi delle bacchette sguaiate, certo non amava Shiva Aswini. Avrebbe potuto provare tenero affetto, rispetto, quel genere di sentimenti tinte pastello che coronavano i libri di fiabe a lieto fine. Ma Lily Potter non amava le tinte pastello, e il fatto che a lui andasse bene anche così, era qualcosa con cui non poteva fare i conti
Non posso – disse solamente, con un peso glaciale che le scivolava in gola – penso che tu sia fantastico, e non sei logorroico, per la cronaca, tua madre si sbaglia – si morse il labbro, vedendo l'espressione dell'altro sgretolarsi all'istante – e ti giuro che passare il tempo con te mi piace, e mi fa stare bene, ma non è quello che vorresti da me, non è la felicità che vorrei per me stessa – sospirò, passandosi una mano fra i capelli indomabili marca Potter – o per te. Non ti dirò che meriti di meglio, anche se probabilmente è vero, ma con me sarebbero tinte pastello e un accontentarsi di tanto in tanto. E tutto questo non ha a che fare con Scorpius Malfoy, per niente, ha a che fare con me, e con te, che dovresti stare con qualcuna pronta a essere per te quello che vorresti essere per me. Io non...non posso scegliere un acquerello di un paesaggio capisci? Io sono tipo da Guernica di Picasso, o una alla Norman Rockwell e le sue immense tele incasinate fatte con qualsiasi cosa – sorrise, suo malgrado – non ce la faccio ad essere... - Shiva la bloccò, i pugni stretti e le spalle incurvate
No, va bene, ho afferrato – Lily desiderò ardentemente che lo avesse fatto, che avesse capito, che si sforzasse di farlo. Non lo avrebbe meritato, ma si trovò a sperarlo comunque. Ma l'altro sollevò lo sguardo colmo di rabbia e delusione, e lei si rese conto di aver ferito un altro potenziale amico di lunga data – niente paesaggi, solo ansia, dolore e angoscia – sollevò il pollice in un sarcastico OK – sai Lily, non penso che sia da ragazza così vissuta cercare di rivivere la storia dei tuoi genitori – quel commento la ferì più di quanto avrebbe ammesso – forse a te non andranno bene i colori pastello perché stai aspettando di trovare il tuo Harry Potter illuminato a festa come il campo di Quidditch alla finale della Coppa del Mondo, e va benissimo eh, è ok – raccolse la giacca della divisa, ordinatamente ripiegata sullo schienale della poltrona, e fece per andarsene, bloccandosi a pochi passi da lei – ma lascia che ti dica una cosa, da idiota appena respinto con un'autostima inesistente caduta ancora più in basso quale sono – sospirò – non scarterei il pastello se fossi in te, perchè i colori accesi sono quelli che fanno male agli occhi – Lily sentì solo cigolare il ritratto della Signora Grassa prima di essere nuovamente circondata dal silenzio ovattato della Sala Comune.
 
Childhood living is easy to do
The things you wanted I bought them for you
 
Flashback**********************************************
 
Sto bene Albus, accidenti a te – si lamentò mentre lo sguardo indagatore di suo fratello la esaminava intensamente
A parte che quando ti abbiamo raccattata per strada sembrava che Beda il Bardo ti avesse trasformata in uno dei suoi personaggi, stai una favola – James sogghignò, lasciando che il timido sole di marzo giocasse con i riflessi corvini dei suoi capelli scompigliati ad arte. Lily avrebbe incrociato le braccia al petto se solo la dannata fasciatura non l'avesse immobilizzata come una mummia. Certo, non avrebbe più potuto usare quella vecchia...
L'intera combriccola Potter-Weasley e Affini aveva ottenuto il consenso di andarla a trovare, direttamente dalla Metropolvere del camino nell'ufficio della Preside. Probabilmente, in qualsiasi altra circostanza, Madame Maxime non sarebbe stata così entusiasta di lasciare che dieci dei suoi studenti viaggiassero indisturbati per il Mondo Magico con la sola promessa di arrivare al San Mungo “prima o poi”, e decisamente quelli non erano tempi in cui un mago avrebbe potuto gironzolare per camini indisturbato, come se niente fosse, ma la sorveglianza era stata raddoppiata, a Hogwarts e in ogni altro luogo dove i Traghettatori avrebbero potuto decidere di colpire, e la faccia da coniglio di Theodore Nott sarebbe diventata così deliziosamente paonazza sapendoli in giro dopo il coprifuoco, che la gigantessa non aveva fatto altro che opporsi alla cosa il tempo necessario a mantenere una certa credibilità, sorridendo con quella luce cospiratrice negli occhi che rammentava a Lily i tempi in cui i Professori impugnavano la bacchetta per spaccare veramente i culi dei Mangiamorte. La sensazione che quei tempi non fossero poi così lontani la fece rabbrividire dolorosamente in tutto il corpo.
Dopodiché Louis sorrise, facendo lampeggiare il suo orecchino di corno nuovo, arrivato per posta direttamente dalla Romania, e Lily dimenticò anche cosa fosse l'ansia. Aveva visto la luce animalesca nel suo sguardo quando il suo incantesimo aveva centrato il Traghettatore che stava per trascinarsela dietro chissà dove, e aveva sentito il guizzare dei suoi muscoli soprannaturali al di sotto della pelle mentre correva a velocità inumana per i vicoli di Hogsmeade. Non avrebbe saputo se ringraziare il destino o chiedersi quale piano chissà chi aveva predisposto per lei, ma se a trovarla in quella piazzola della stazione fosse stato chiunque altro, e non il suo cugino licantropo, o se il suo adorato cugino dalla risata gorgogliante fosse stato più umano di quanto non fosse, probabilmente sarebbe morta dissanguata accanto ai binari dell'Espresso di Hogwarts. Non si fermò a chiedersi cosa sarebbe stato, gli sorrise, semplicemente, sperando che bastasse.
Fu in quel momento che suo padre apparve nel sottile spiraglio di luce che separava la stanza dal corridoio, l'espressione tetra sul viso stravolto, e gli occhiali in bilico sul naso
James – bastò quella semplice parola perché tutti, nella stanza, s'irrigidissero come corde di violino. Suo fratello spense all'istante il sorriso che gli era nato sulle labbra per qualcosa che aveva appena detto Hugo, e annuì gravemente, sgattaiolando fuori. Rose, Albus, Lily e Hugo si scambiarono un'occhiata, mentre Louis si appiattì contro il muro, tentando vanamente di carpire qualche informazione.
Fu allora che accadde, in un istante che a malapena Lily avrebbe ricordato come tale, uno di quei momenti che nessuno si sente di dire siano basilari nella propria esistenza, ma che assumono significato, il significato di un istante che cambia la vita.
Lysander si accasciò a terra, gambe e braccia tese, cominciando a contorcersi in preda agli spasmi. I suoi occhi, già solitamente vacui, si spalancarono di terrore, dopodiché assunsero le tinte fosche della consapevolezza, e uno sguardo che Lily non gli aveva mai visto oscurò il suo viso. Le labbra si aprirono, e una voce che non sembrava la sua, ma che allo stesso tempo non poteva che esserlo, uscì dalle sue labbra in una serie di versi sconnessi.
Albus si abbassò su di lui, tentando di ridestarlo, ma l'altro, con un colpo dalla forza inaspettata, lo mandò a sbattere contro il muro
E' così che andrà – sussurrò – quando il sole compirà il suo viaggio più lungo sull'orizzonte la via sarà aperta, il sangue sarà versato, la carne lacerata, e il cuore spezzato. E il crudele apparirà giusto, e il giusto traditore, e l'innocente si macchierà di colpa, e il colpevole sarà innocente. Allora, quando la speranza sarà vana, il traditore dovrà lottare al fianco del giusto per far calare finalmente la notte... - poi si accasciò sul pavimento, privo di sensi. Lily, che aveva trattenuto il respiro fino a quel momento, si lasciò cadere sulla pila di cuscini alle sue spalle.
Rose sollevò lo sguardo su di loro, i grandi occhi castani spalancati per lo sforzo di non lasciar andare le parole di Lysander
Morgana, ditemi che qualcuno ha preso appunti! -
 
Fine flashback************************************************************
 
Il ritratto della Signora Grassa cigolò nuovamente, e la voce della donna nel dipinto chiocciò un ossequioso
Buongiorno a te splendore – con una risatina da far accapponare la pelle di Lily anche dove aveva perso la sensibilità. Albus entrò nella Sala Comune con una pila di libri sotto il braccio e una goccia di sudore che gli scivolava lungo il naso. Le sorrise, gentilmente, allegramente e teneramente com'era solito fare prima che Scorpius Dannato Idiota Malfoy si frapponesse tra loro
Giornataccia? - Lily sollevò entrambi gli occhi al soffitto ad arco della stanza
Diciamo che non ho avuto una settimana allegra – suo fratello trafficò per un attimo nella borsa dei libri che gli pendeva distrattamente da un fianco ed estrasse un Boccino d'Oro contraffatto dei Tiri Vispi Weasley
Jimmy dice che devi esercitare il braccio - si strinse nelle spalle, passandosi distrattamente una mano fra i capelli che ricadevano ormai lunghi sulle orecchie – io personalmente avrei pensato ad un altro paio di modi, ma sei tu il capo – e sparì trafelato nel Dormitorio maschile, il ticchettare delle sue scarpe come unico suono ad accompagnare la sua uscita di scena.
Lily si fece passare il Boccino fra le dita irrigidite della mano. Era lei o la Sala Comune era diventata improvvisamente soffocante?
 
***
 
Scorpius osservò la donna che aveva accanto, sforzandosi di concentrarsi sui propri piedi che sciaguattavano nel pantano umido del prato a metà marzo. Lei sembrava muoversi al di sopra del fango e dell'acqua sporca che costeggiava la riva limacciosa del lago, i capelli lunghi, lisci e setosi che le scivolavano da una spalla all'altra ad ogni passo dell'andatura fiera ed elegante.
 
Flashback***********************************************************
 
Abbiamo trovato tua madre – Potter il Magnifico Salvatore esibiva il paio di occhiaie più accentuate che Scorpius avesse visto da molto tempo. Il maglione stropicciato e i calzoni stazzonati che si reggevano da soli attorno alle sue gambe smilze erano gli stessi di quando, due giorni prima, si era presentato da lui per riportare Lily al sicuro, con le persone che avrebbero dovuto prendersi cura di lei, davvero, lontano da lui e da tutto quello che la sua deleteria presenza scatenava in lei. In quel momento lo fissava con le mani appoggiate alle ginocchia, e sembrava completamente esausto, e altrettanto confuso – non ha voluto parlare con me, ovviamente – osservò con una punta di amaro disappunto nella voce – ma è viva e illesa, apparentemente, e desidera vederti – Harry Potter sospirò, un verso carico di amarezza e impotenza – è la seconda vittima che viene ritrovata libera a vagare per le strade, e non ne sappiamo di più di quanto non ne sapessimo quando mia figlia ha trovato Scott Warrington nella Foresta Proibita – si passò una mano fra i capelli, e Scorpius provò una tenace fitta allo stomaco al pensiero di quella notte, all'idea che lui e Incubus, da idioti immaturi quali erano stati, avevano probabilmente sballato ogni possibile supposizione di chiunque a proposito del modus operandi dei Traghettatori e del destino delle loro vittime. In quel momento, si rese conto che sua madre era viva, a discapito di ogni pessimismo cosmico e ogni momento di rassegnazione. L'attimo dopo, l'uomo che aveva di fronte frantumò ogni sua stupida punta di speranza, speranza che aveva sempre, nonostante tutto, conservato gelosamente – l'unica cosa che continua a ripetere è “Draco lo troverà” - l'Indistruttibile Potter sembrava tutto fuorché invincibile. Poi sollevò lo sguardo su di lui, e un vago sorriso accennato gli tirò gli angoli del viso che sembravano destinati a cadere inesorabilmente verso il basso – a proposito...lei si sta chiedendo dove sei finito – il Rosso Weasley soffocò una risata nella sua enorme bocca da trangugiatore universale.
Per un solo istante, Scorpius si domandò se mettersi a fissare le punte delle sue scarpe da ginnastica fosse una risposta soddisfacente, ma, Morgana, era Scorpius Malfoy, e abbassare lo sguardo non faceva parte del suo corredo genetico, specialmente non davanti ad un dannato Perfettissimo Potter.
Alla fine il Rosso impugnò una manciata di polvere e la lanciò nell'enorme camino che troneggiava nell'ufficio della Preside Maxime
San Mungo – biascicò ridacchiando, e scomparve.
Harry Potter gli lanciò uno sguardo casuale
Sei... -
Hei Potter, rilassati, ce la faccio... - sollevò un sopracciglio mentre l'altro indicava la destinazione alla Metropolvere.
Scorpius mise un piede davanti all'altro, trascinando un passo dopo l'altro verso il camino, indeciso se essere maggiormente terrorizzato all'idea di rivedere sua madre dopo mesi di prigionia, o la dannatissima Lilian Luna Potter.
 
Graceless lady you know who I am
You know I can’t let you slide through my hands
 
 
Fine flashback*******************************************************
 
Poi sua madre parlò, e la sua voce non tradì una sola goccia di paura, ansia o preoccupazione. Si limitò a constatare
E' stato lui Scorpius. Lui ha organizzato tutto – il completo di alta sartoria magica tradiva tutti i galeoni che era costato, e nonostante le temperature ancora proibitive che si respiravano ad Hogwarts, Astoria Greengrass Malfoy non indossava il mantello. Si rigirò la fede nuziale attorno all'anulare con calma.
Più lei si sentiva tranquilla, più a Scorpius veniva voglia di urlare e scappare a gambe levate da quella donna così diversa da sua madre
Non è possibile madre – ribatté testardamente – piuttosto che tradire i suoi amichetti della Confraternita del Sangue Puro, Draco si farebbe tatuare la faccia di Potter sul cuore – Astoria sorrise lievemente e si fermò, scostandogli una ciocca di capelli dalla fronte aggrottata
Ma guardati...chi l'avrebbe mai detto che, fra tutti, proprio tu saresti corso in sua difesa? - sembrava immensamente divertita da questo. Scorpius rimase ipnotizzato dai suoi occhi, così decisi e luminosi al di sotto del pallido e insulso colore che lui ricordava. Paradossalmente, al di là di ogni stilla di ragione umana, Scorpius rimpianse la donna che aveva sempre conosciuto, le sue lacrime e la sua voce esile che a stento penetrava nel severo silenzio del Castello Malfoy. Desiderò di doverla proteggere, di dover essere il suo sostegno, la sua stessa personalità, desiderò perfino di vederla ignorare le sue lacrime di bambino impaurito, ragazzino deluso e adolescente arrabbiato, pur di non leggere la stessa gelida determinazione che illuminava lo sguardo di Daphne Greengrass. Quella donna, chiunque fosse l'estranea scampata alla prigionia dei Traghettatori, non solo non era sua madre, ma stava platealmente accusando suo padre di essere il mandante di tutto.
Hei, non è che Scorpius fosse esattamente il fan numero uno di Draco, ma pensarlo a orchestrare dietro le quinte i rapimenti dei Purosangue non era esattamente l'immagine che avrebbe scelto per descriverlo.
Difesa? Il bastardo che tu hai permesso diventasse mio padre è stato rapito davanti ai miei occhi...io stesso ho quasi rischiato di essere ammazzato da quella gente perché la mia dannata faccia è così simile alla sua! E ora tu risorgi dal mondo degli Apatici Senza Speranza, e vieni a dire a me che mio padre è la mano invisibile dietro a tutto questo? - si lasciò sfuggire un'amara risata che gli raschiò la gola come una manciata di sabbia – cosa farai adesso? Mi dirai che i Nargilli esistono davvero e ho un Gorgosprizzo nell'orecchio? - Astoria non diede segno di averlo nemmeno sentito. Gli poggiò le mani sulle spalle con fare accomodante, e gli accarezzò il collo con un dito dall'unghia laccata di rosso
So che è difficile Scorpius, figlio mio, lo so - i suoi occhi divennero per un instante tristi, come se quello che la sua bocca si sforzava di dire fosse la stessa cosa che il suo cervello, il suo cuore, o qualunque cosa aleggiasse al centro del suo petto, provavano in quel momento. Il Platano Picchiatore si stiracchiò pigramente, lasciando che il rumore dei suoi rami nodosi che si agitavano nel pomeriggio della Scozia fosse l'unico rumore ad accompagnare le parole di sua madre – ma tuo padre è responsabile di tutto questo, e noi dovremo fare i conti con questa realtà prima o poi – sospirò – ce ne andremo domattina. Ho parlato con Theodore e la Preside, e potrai conseguire i tuoi MAGO quando sarà il momento. Tutto il Mondo Magico è alla ricerca di Draco, e saperti qui potrebbe essere pericoloso – sollevò entrambe le sopracciglia biondo chiaro, in un'espressione che non gli sembrò nemmeno sua da quanto sentì tirare la pelle
Astoria, lui sa che sono qui, ha sempre saputo che ero qui, ma che Merlino... - fu allora che accadde: gli occhi di Astoria si fecero scuri e foschi al di sotto delle sopracciglia aristocratiche, e la presa sulle sue spalle divenne insistente
Noi andremo via di qui Scorpius, e puoi scegliere di farlo con me, al sicuro, protetto dalla Lega per la Salvaguardia delle Antiche Famiglie, o puoi scegliere di farti trascinare fino ai cancelli da tutte le mani che potranno metterti addosso – s'interruppe, mentre un passo strascicato si univa al loro
O forse devo pensare che il ragazzo abbia a che vedere con questo cognata? - la voce bassa dalle note altalenanti di Theodore Nott accompagnò la sua entrata bene quasi quanto il sorriso mellifluo che gli arricciava la bocca da coniglio. Il suo incedere sicuro di sé riluceva di soddisfazione
Gira al largo Bugs, affari di famiglia – la bacchetta di Nott comparve nella sua mano prima ancora che Scorpius avesse il tempo di finire la frase; una spessa rete di radici gli si avviluppò attorno al corpo con determinata e dolorosa precisione, immobilizzandolo. Le mani dalle dita lunghe dell'altro si serrarono attorno alla sua mandibola, stringendo fino a fargli scricchiolare le ossa
Sentimi bene ragazzino. Tuo padre è ricercato da tutto il Mondo Magico e perfino da quello Babbano. Se mi arrivasse alle orecchie il solo flebile afflato di una tua collaborazione con lui, ho una cella ad Azkaban con ricamato il tuo nome sopra – i suoi occhi da coniglio si serrarono di perversa soddisfazione – perciò, fossi in te, me ne starei buono e zitto nel tuo fetido angoletto fino a quando noi non avremo risolto la situazione – il suo sguardo vagò brevemente su Astoria, seriamente – Tieni a bada la tua progenie cognata, o dovrò preoccuparmene personalmente – sua madre lo fissò con preoccupato rimprovero, e scosse amaramente la testa
Speravo che almeno tu avresti capito Scorpius – sospirò seguendo i passi dell'altro, mentre il sole, che fino a quel momento aveva lottato fieramente contro la coltre di nubi grigiastre che oscurava il cielo, cedette definitivamente il passo all'oscurità, che scese improvvisa e opaca sul Lago Nero, trasformando la placida superficie dell'acqua in una lastra scura e impenetrabile.
Scorpius si lasciò cadere scompostamente nell'erba bagnata, avvertendo l'umidità penetrargli al di sotto della divisa. Non si mosse, nemmeno quando la prima goccia d'acqua s'infranse sul suo viso contratto, scavando un gelido rigagnolo fra le rughe di preoccupazione che gl'increspavano le sopracciglia.
 
***
 
Rose Weasley lasciò cadere con uno sbuffo sommesso l'ennesimo numero della Gazzetta del Profeta, che recava il solito titolo a caratteri cubitali della notizia del giorno, le inutili e controproducenti interviste ai suoi genitori e Harry Potter sull'avanzamento delle ricerche delle persone scomparse, e una bella dichiarazione di un sempre più potente e pomposo Theodore Nott sull'inutilità degli Auror e del Ministero che, a suo dire, coprivano il vero colpevole. Tutto questo, ovviamente, tenendo conto del fatto che Astoria Grenngrass Malfoy era stata ritrovata pochi giorni prima, decisamente in buona salute e con le idee chiare, mentre urlava all'intero Mondo Magico che il responsabile di tutte quelle sparizioni altri non era che il suo affettuoso marito Purosangue.
Sospirò, lasciando cadere la testa sull'ultima pagina, dove il viso dai lineamenti attraenti di King la fissava quasi di sbieco, con la taglia in galeoni gustosa come una fornitura gratuita a vita di Cioccorane per Hugo che sembrava risplendere all'altezza del petto.
Restare fuori da quella storia, certo, come no, era esattamente quello che avrebbe fatto Rose Weasley, figlia di sua madre e di suo padre, i più grandi “impiccioni magici” di tutti i tempi.
La biblioteca era illuminata solo dalla tiepida luce delle torce quando l'ultimo dei pesanti tomi che stava spulciando per i suoi MAGO e i numeri arretrati della Gazzetta del Profeta furono ordinatamente impilati alla sua destra e alla sua sinistra, e la piuma tracciò l'ultima lettera sulla pergamena leggermente increspata sul tavolo ingombro.
Le tempie le pulsavano dolorosamente, il collo e le spalle erano rigidi per le infinite ore piegata sul grosso tavolo in legno, e una patina opaca le era calata sugli occhi che le bruciavano come sotto l'effetto di un Incantesimo Incendiario. Infilò la piuma dietro l'orecchio, tentando vanamente di domare i nodi che le avevano aggrovigliato le punte dei capelli castani.
Rose ripeté a se stessa che quei passi la colsero impreparata perché era troppo stanca per accorgersene, ma la verità era che l'avrebbe sempre e comunque colta di sorpresa, Incubus Mortimer, anche nella sua giornata più fortunata.
Guarda guarda, dev'essere la mia serata fortunata – il silenzio spettrale della biblioteca sembrò soffocare quelle parole sotto una coltre di pioggia scrosciante. Ma lei avvertì chiaramente la nota minacciosa e sarcastica nella voce di lui, in modo così istantaneo e cristallino da farle paura. Si alzò, tentando vanamente di dissimulare i brividi di terrore che le correvano lungo la schiena, afferrò il libro di Incantesimi e sgattaiolò verso l'uscita, sperando che, almeno per una volta, Incubus Mortimer la lasciasse andare. Ma il ragazzo fece schioccare la lingua, frapponendosi fra lei e l'unica via d'uscita da quello che sembrava l'incrocio fra un incubo e un deja vu.
Lasciami passare – il sorriso di lui scintillò nella penombra
L'ultima volta che qualcuno me l'ha detto non ha fatto una bella fine – lei sospirò nervosamente, serrando lo sguardo, mentre Incubus sollevava entrambe le sopracciglia – Ma come? Non lo sai? È Draco Malfoy il colpevole di tutto...il tuo professore è salvo – sollevò le braccia sardonicamente – evviva – sibilò schiantando i suoi occhi foschi in quelli di lei, baluginanti alla luce delle torce – non sono io il cattivo della tua storia, Rosie, dovresti esserne contenta – la velata minaccia del suo tono non le sarebbe sfuggita nemmeno se fosse stata sorda, ma allora, stanca e spaventata, con il temporale primaverile che s'infrangeva in rabbiose secchiate d'acqua contro le finestre buie della biblioteca, il terrore le rimbombò nelle orecchie come un sordo boato di consapevolezza. Allo stesso tempo, non poté fare a meno di notare come la luce mobile delle torce donasse ai suoi capelli una sfumatura calda e accogliente, e alla severa linea della mandibola una morbidezza e una dolcezza che sapeva non potevano appartenergli. In quell'oscurità artificiale, fatta di ombre che si rincorrevano al riparo dalla luce, la vera essenza di Incubus Mortimer sembrava mitigata da quella stessa oscurità da cui sembrava trarre coraggio.
Io non ho la più pallida idea di chi tu sia – quelle parole scatenarono in lui una reazione fra il divertito e l'incupito
Buon per te – sussurrò pensoso, perso in un flusso di pensieri che non le sarebbe mai dato decifrare.
Incubus sollevò una mano e gliel'avvicinò al viso con noncuranza. Le sue dita affusolate arrivarono perfino a sfiorarle la pelle. Pietrificata, Rose trattenne il respiro, serrando le palpebre. Ma non accadde nulla, se non le mani di lui che afferravano la piuma incastrata dietro il suo orecchio, con in viso un'espressione indecifrabile. La tenne sospesa davanti agli occhi di un blu baluginante di riflessi infuocati, e sorrise ironicamente, sollevando un solo angolo della bocca
Sei a corto di cartoleria? - buttò lì lei ingoiando il rospo che le soffocava la gola. Di tutta risposta, il Serpeverde sbuffò
Sono queste le armi letali del vostro esercito? - la prese in giro agitando la piuma nell'aria in una traiettoria che ipnotizzò per un secondo lo sguardo di Rose. Un'estremità le sfiorò lo zigomo, la tempia, la fronte, e le labbra, in un ultimo movimento meno rapido degli altri – non troppo letali, mi sembra... - la ragazza fu certa, per un attimo, che in mano a lui ogni cosa avrebbe potuto trasformarsi in un'arma. Per lo meno, per abbattere il suo controllo di sé.
E le tue di armi? - lo sfidò stringendo lo sguardo sulla sua figura eretta nella penombra – quali sono le tue Incubus Mortimer? - il ragazzo lasciò cadere lo sguardo dalla piuma a lei, e scosse la testa impercettibilmente, noncurante
Il solo fatto di non saperlo fa di te una ragazza immensamente fortunata Rose Weasley... - lasciò scorrere quelle parole fra di loro, custodi di più di un significato nascosto. Dopodiché lasciò scivolare la piuma nel bavero della giacca della divisa, come la macabra imitazione di un fiore all'occhiello, e le fece un sarcastico inchino accennato – Sogni d'oro Rosie – si piegò, fino quasi a sfiorarle i lobi con le labbra – e se dovessimo incontrarci, ricordati di essere gentile con me...almeno nei sogni – il breve suono roco che emise, terrificantemente simile ad una risata, fu capace di tramortirla come un contatto vero e proprio non avrebbe mai fatto. Il contatto di chiunque altro, almeno.
 
I know I dreamed you a sin and a lie
I have my freedom but I don’t have much time
Faith has been broken, tears must be cried
Let’s do some living after we die
 
Strinse al petto il libro di Incantesimi, come se il solo contatto con la copertina rilegata potesse sostenerla, e lo fissò negli occhi
Nei tuoi...di sogni – una terribile oscurità divenne allora la maschera del buio nel suo sguardo; quello che Rose aveva creduto di veder brillare poco prima nelle iridi blu scuro sembrò scomparire, sostituito solo da una piatta e spessa coltre di folle inquietudine
Prega il tuo amato Godric di non entrare mai nei miei sogni signorina Weasley – inspirò, simile ad un simile ad un sibilo raggelante. Così com'era venuto, quel qualcosa scomparve, lasciandola nuovamente sola con lui e il suo sorriso sibillino e provocatorio – consideralo il mio primo e ultimo consiglio da amico – fu il turno di Rose di ridere
Amico? - sollevò un sopracciglio, sistemandosi nuovamente il libro fra le braccia
E' la mia offerta migliore... - ribatté Incubus voltandole le spalle, e cominciando a camminare, la piuma infilata all'occhiello che emanava cupe ombre contro la pietra delle pareti.
Lo guardò andare via, lo guardò fino a quando il buio non ingoiò ogni centimetro di lui e il silenzio assorbì il veloce ticchettare dei suoi passi sulla pietra. Lo guardò fino a quando la vista non le si appannò e le orecchie non cominciarono a fischiarle contro il silenzio. Lo guardò finché, probabilmente, non fu arrivato ai Dormitori. Più lo guardava, e meno riusciva a vederlo.
 
***
 
I watched you suffer a dull aching pain
Now you decided to show me the same
No sweeping exits or offstage lines
Could make me feel bitter or treat you unkind
 
Lo trovò che la pioggia cadeva a secchiate su ogni cosa, infradiciandole ogni singolo centimetro di pelle. I capelli le si erano appiccicati malamente sulle guance, frustandole il viso ad ogni folata di vento gelido, arricciandosi e contorcendosi come tentacoli insanguinati.
Stava vanamente cercando un posto dove togliersi di nascosto la fasciatura e liberare la spalla dalla stretta tortura delle bende, quando, sulla Mappa del Malandrino, aveva visto lui. E non avrebbe dovuto raggiungerlo, per niente al mondo, non sotto la pioggia battente e il tornado che si stava scatenando fuori dalla finestra. Non lui, non Scorpius Malfoy.
Ma era rimasto fermo nello stesso punto per ore, mentre il sole accarezzava le sponde del lago e si assopiva dietro le colline ancora spoglie raggelate da quell'ultimo barlume d'inverno che sembrava rimanere ancorato ad ogni cosa fino all'ultimo istante. E lei era uscita, solo per dare un'occhiata, solo per controllare, in fondo non è che fosse consigliabile restare soli, di notte, fuori da Scuola. Non era consigliabile restare soli e basta, non con i pensieri che potevano incrociarsi nel vento, non con le paure che diventavano sempre più grandi e reali, non con le colpe che pesavano contro le spalle, affondando i piedi nel fango fino alle caviglie. E, in fondo, volente o nolente, lui c'era stato per lei.
Si avvicinò silenziosamente, ma non ci fu nemmeno bisogno di sforzarsi con il vento che ululava fra gli alberi della Foresta Proibita e la pioggia che si scontrava con la superficie rigonfia del Lago Nero.
Tuttavia spalancò entrambi gli occhi grigi quando Lily si fermò sopra di lui, sovrastandolo. Le pupille si restrinsero, risucchiate nel grigio scuro delle iridi cangianti
Mi stai sgocciolando in faccia Potter – esordì appoggiando il dorso della mano alla fronte
Scusa, eri così caldo e asciutto prima...– lo freddo lei sarcastica. L'altro si mise a sedere, abbracciandosi le ginocchia. Era così zuppo che i calzoni della divisa gocciolavano sul prato, e la camicia arrotolata sui gomiti gli aderiva alla schiena come una seconda pelle. La giacca era ripiegata li accanto, nella poco riuscita imitazione di cuscino che era stata fino a quel momento. Si passò una mano fra i capelli, che lanciarono gocce impertinenti tutt'intorno, rimanendo eretti sul capo, di un colore indefinibile fra il biondo e il bianco perlato.
Si lasciò cadere accanto a lui, in silenzio, la tensione palpabile nella quale aleggiava ancora il loro ultimo incontro.
 
Flashback*******************************************************
 
Spalancò gli occhi nell'oscurità, il respiro affannoso e il dolore alla spalla che le mozzava il respiro. Non sapeva cosa fosse stato a svegliarla, ma le era sembrato che un'intera squadra di Quidditch le fosse andata a sbattere contro. Contemporaneamente.
Sulle prime percepì solo il suo respiro, poi il suo agitarsi scompostamente sulla poltrona, e alla fine quell'odore inconfondibile di menta, che così naturalmente si mescolava con qualsiasi altra cosa lo circondasse.
Il sollievo durò un secondo, sostituito all'istante da un accecante ondata di rabbia. Non sarebbe stata una di quelle volte.
Restò in silenzio, fingendo di dormire, sforzandosi di mantenere il respiro profondo e regolare.
Scorpius si alzò, avvicinandosi piano al letto. Il profumo di menta si fece così intenso da stordirla per un attimo.
Avvertì il suo indice scivolare sulla fasciatura e percorrerla per tutta la sua lunghezza; quando raggiunse il collo, la sfiorò a malapena, scostandole e i capelli dal viso. La mano rimase immobile, sollevata a pochi centimetri dalla sua pelle, così vicino che Lily poté avvertirne il calore, ma non la toccò più, andando a poggiarsi sulla testiera del letto.
Avvertì il suo respiro sulle labbra, il suo petto che si alzava e si abbassava contro le lenzuola, l'odore di menta che stava rapidamente diventando l'unico che Lily credette di aver sentito nella vita.
Dannata ragazzina – sussurrò quasi contro le sue labbra, e se ne andò, il passo rapido e furioso di chi sembrava lottare contro un nemico troppo forte. Se quel nemico fosse lei, suo padre, i Traghettatori o Scorpius Malfoy, Lily non riuscì a scoprirlo. Fece appena in tempo a sognare di correre sulla sponda del lago Nero, in un pomeriggio assolato di giugno, verso il campo di Quidditch, il bisogno di raggiungerlo che le soffocava il petto. Sognò l'odore di menta ed erba appena tagliata, cuoio e lucidante per manici di scopa, lavanderia e sudore. Sognò colori accesi e accecanti, così intensi da costringerla a tenere gli occhi semichiusi, in cui s'immerse completamente. Dimenticò perchè si trovava lì, ma, quando fosse arrivato il momento, seppe che lo avrebbe ricordato.
 
Fine flashback********************************************************************
 
Fu lei a rompere quel silenzio, come sempre accadeva, fra loro
Immagino ora inizierà la solfa dell'irraggiungibile Malfoy che mi disprezza e non sa cosa farsene di me – lui si voltò a malapena, senza sorridere, troppo stanco anche per mettere su la sua nuova maschera
Non dovresti essere qui – biascicò fra i denti con lo sguardo fisso contro il Lago Nero
Perché? Aspetti la tua fidanzata? - lo prese in giro con la schiena eretta per la tensione – o semplicemente non mi vuoi fra i piedi? - la mano di Scorpius scattò, afferrandole la spalla sana e costringendola a voltarsi verso di lui
Devi smetterla, Potter – lasciò andare fra i denti, gli occhi che mandavano fiamme d'argento – piantala, ok? Piantala di seguirmi, piantala di parlarmi, piantala di tentare di redimermi – la lasciò andare con un gesto secco, che le provocò una fitta di doloroso piacere; qualcosa in lui quella sera era cambiato – faccio schifo, ok? Rassegnati. Niente Coppa del Bastardo Redento per me, niente riabilitazione di successo. Punto – lo guardò: nessuna traccia di maschere, nessuna traccia di autocontrollo. Solo lui, splendidamente inerme.
Sollevò una mano e gli asciugò una goccia di pioggia dal viso, così vicina da poter sembrare una lacrima
Allora piantala di salvarmi – si avvicinò fino a sfiorargli le labbra con le proprie, che si distesero in un sorriso – Dannato ragazzino – si alzò con uno scatto che le costò un'imprecazione fra i denti. Gli porse la mano sana, il palmo aperto rivolto verso l'alto, e sorrise.
Scorpius Malfoy guardò la pioggia rimbalzare disordinatamente sul suo palmo aperto dalle unghie mangiucchiate. Lo guardò così a lungo, che Lily credette l'avrebbe liquidata con una battuta sarcastica e uno sguardo di noncurante superiorità.
Ma non avvenne: lui sollevò lo sguardo sul suo viso in qualcosa che somigliava inaspettatamente alla gratitudine, e a un lampo che sparì troppo presto perché Lily potesse interpretarlo.
Sospirò stancamente, come se tutto il peso del mondo fosse sulle sue spalle, e afferrò la sua mano, tirandosi in piedi. Le loro dita s'intrecciarono in un lungo momento, fradice d'acqua. Alla fine, quando anche il solo respirare sembrò qualcosa di cui dover discutere, Lily cominciò a camminare, la pioggia che le scivolava addosso e andava ad insinuarsi lungo la spina dorsale, la fasciatura fradicia appiccicata al corpo, le gambe avvolte nei jeans stinti.
E Scorpius Malfoy, alle sue spalle, malgrado tutto, qualcosa a cui sentiva di poter appartenere.
Un lampo esplose nel celo plumbeo, accecandola un istante. Capita, dicono, con i colori accesi.
 
Wild horses couldn’t drag me away
Wild, wild horses, we’ll ride them some day
(Wild Horses, Rolling Stones)
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Angolo della delirante autrice: Devo chiedere profonda venia per il terribilee ritardo...ma proprio non riuscivo a continuare...spero che con questo capitlo immensamente lungo io mi sia fatta minimamente perdonare^^
Di cose da capire ce ne sono a decine in questo capitolo, non odiatemi se non sarà chiaro...prima o poi chiarirò^^
Un grazie a tutti quelli che sono qui dall'inizio, a quelli che si sono aggiunti e chi aggiungeranno...vi adoro**
E un rinnovato ed enorme GRAZIE con tanto amore al Club dello Sclero, sempre presente, sempre meraviglioso e sempre lì, a sostenermi, anche quando la vita fa troppo schifo anche solo per pensare di scrivere...
Come dice sempre Giuls...la letteratura ci salva sempreXD E' bello ogni tanto, far succedere alla vita quello che vogliamo noi, e non il contrario^^ Vi adoro, siete sempre e comunque i pezzi più importanti di questo folle puzzle <3<3<3<3
La canzone ce ho usato è Wild Horses dei miei amato Rolling Stones...e potete trovarla qui^^

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Capitolo 33
*** Libertà e Catene ***


Premessa: è doveroso riallacciare il filo del discorso dopo tutto questo tempo...all'inizio ho pensato di ricominciare la ff da dove l'avevo lasciata, come se non l'avessi mai lasciata, ma io non sono sicura che sarebbe stata una buona idea. Del tempo è passato da quel lontano giorno d'estate in cui avete letto le ultime parole del  capitolo precedente, e rileggendolo penso che potrebbe benissimo essere considerato un finale di stagione con tanto di cliffangherone finaleXD Ora, se vorrete accettare questa mia versione dei fatti e continuare a leggere, è importante che non vi sentiate estranei alla storia per come ho deciso di portarla avanti. Come ogni telefilm che si rispetti, la seconda stagione può ricominciare immediatamente dopo  la prima o dopo un buon scarto di tempo, presentandoci situazioni "già rodate" e lasciandoci ricostruire il periodo che ci manca attraverso le più disparate tecniche narrative. La mia, come ben sapete, è quella del flashback, utilissimo in questo caso (come insegna la cara e mai abbastanza compianta Veronica Mars) per ricostruire pezzi di storia persi per strada. Spero che deciderete di essere fedeli ai nostri amati personaggi ancora una volta, provando a confrontarvi con questa nuova realtà. Buona lettura...
 
Libertà e Catene
 
 
 
Veramente più volte appaion cose
che danno a dubitar falsa matera
per le vere ragion che son nascose.
(Divina Commedia, Purgatorio, Canto XXII, vv 28-30)
 
 
“Cosa credi di fare bellezza? Non è il tuo posto questo” un dannato armadio a quattro ante gli si parò davanti con l'atteggiamento spaccone di chi è sicuro di avere il mondo ai suoi piedi. I libri dalle pagine ingiallite sporgevano dal suo braccio destro tozzo come un tronco, e le sopracciglia posticce che si congiungevano sulla fronte gli conferivano un'aria da idiota peggiore di quella di Kork Goyle. Si trovò a ricordare con una dolorosa punta di nostalgia i suoi occhi vicini dall'espressione ritardata e la bocca larga che si spalancava ogni volta che credeva di aver scoperto il lucidante per scope da corsa. Cazzo, gli mancava perfino la faccia da ebete di Goyle di quella maledetta scuola.
 
I've got my clipboard, text books
Lead me to the station
Yeah, I'm off to the civil war
 
Sollevò il mento in segno di sfida
“Di certo. Nel mio posto il quoziente intellettivo della gente raggiunge la soglia del troll, bellezza” gli sputò in faccia quell'ultima parola con gli occhi grigi ridotti a fessure. L'altro lo fissò dall'alto dei suoi due metri abbondanti e scoppiò in un risata cavernosa che provocò una cascata di nauseabonde gocce di saliva malsana; avere in bocca il più vasto assortimento di denti marci della Bulgaria non era garanzia di alito fresco. Scorpius si trovò a ricordare quasi con piacere le bravate di James Potter la Mano di Godric e la sua combriccola di Grifoni sprezzanti. Cadere nel fango di Hogwarts era meglio di dormire in un fottuto letto di piume in quel posto maledetto. Anche caderci da venti metri a faccia in giù. Perfino vivere a casa sua sarebbe stato meglio. La lettera della settimana di sua madre gli bruciava ancora nella tasca interna della divisa di lana grezza.
 
“Perdonami, ma lì avrai qualcuno pronto a proteggerti.
Prenditi cura di te figlio.
Astoria”
 
Come se non lo avesse sempre fatto. Come se non si fosse occupato di se stesso, e di lei, per tutta la sua fottuta vita. Ma aveva compiuto undici anni e le porte del Malfoy Manor si erano chiuse alle sue spalle per dieci mesi, quasi un intero anno in cui si era sentito davvero vivo, e aveva scoperto che la notte non doveva dormire con il cuscino calcato sulla testa per non sentire. C'erano luoghi in cui la notte era semplicemente silenziosa, inframmezzata dal russare leggero di qualcuno che sapeva cosa fossero i bei sogni. Hogwarts aveva aperto i suoi cancelli al figlio del traditore, e anche se nei corridoi le sue scapole erano bersagliate da sguardi ostili, nessuno avrebbe mai potuto disprezzarlo più di suo padre. E ora la Scuola era lontana migliaia di kilometri, e il solo rumore a cullarlo la notte erano i suoi sospiri agitati nel guardare il soffito.
Era ancora inverno inoltrato a Durmstrang quando era arrivato, congelato e sfiancato dal viaggio infinito dalla Stazione dimenticata da Salazar di quel paese nel mezzo del nulla dove si erano Materializzati. Non si era aspettato un comitato di benvenuto nel buco del culo del Mondo Magico dell'Est, ma nemmeno il mago ingobbito dalle mani callose e screpolate coperte da guanti di pelle di drago lo aveva accolto con un grugnito, il baule con le sue cose gettate alla rinfusa ai piedi, e un mantello simile al suo, rivestito di pelliccia, abbandonato distrattamente su un braccio massiccio. Non si erano scambiati una parola per tutto il viaggio infinito fino alla Scuola, gli occhi di Scorpius che vagavano sulla steppa brulla e desolata ricoperta di neve che li circondava con malcelata stizza, e il vecchio che chiacchierava cupamente con il guidatore della slitta di qualcosa che non avrebbe mai potuto capire. Della conversazione era riuscito ad afferrare solo “Krum” e “Malfoy”, ma le parole in mezzo gli erano parse chiare come scoregge di drago.
 
I've got my kit bag, my heavy boots
I'm runnin' in the rain
Gonna run till my feet are raw
 
A Hogwarts la neve si era sciolta, il vento fischiava minaccioso negli spifferi della pietra in corridoio, e i più coraggiosi avevano già il fegato di montare in sella e farsi un giro per il campo da Quidditch. Ricordava a menadito quella sensazione, quei primi, timidi raggi di sole che sconfiggevano il gelo per qualche ora striminzita ma gloriosa, il manico in legno scivoloso come le anguille del Lago Nero, e la persistente e familiare impressione di spiaccicarsi sull'erba impiastricciata e bagnata di lì a pochi secondi. A quell'ora ad Hogwarts avrebbe accarezzato il terreno umido e molle con la meravigliosa consapevolezza della semifinale di Quidditch che si avvicinava inesorabilmente. E invece era bloccato in uno squallido covo di comunisti bulgari che giocavano a carte ubriachi fradici di rakia.
Il tizio ancora immobile di fronte a lui diede uno strattone deciso ai libri che stringeva fra le mani. Storia della Magia, o almeno la polverosa versione di quella scuola vecchia come i dolci di marzapane sul fondo del suo baule, precipitò a terra con un suono soffocato, spalancandosi ad un descrizione sanguinosa marcata Durmstrang della ribellione dei troll. L'idiota rise di nuovo, mostrando ancora con inspiegabile orgoglio il rostro di denti in decomposizione che sembravano in equilibrio precario nella sua bocca di fogna.
“Raccoglili!” bofonchiò inspirando come un maiale soffocato
“Dopo di te coso” lo rimbeccò Scorpius senza muovere un muscolo “non me ne frega una cacca di gufo secca della vostra pidocchiosa Storia della Magia, perciò se ti interessa tanto sapere come tuo padre ha conosciuto tua madre e i matrimoni fra vacche e troll sono tornati di moda, raccoglitelo da solo il tuo libro schifoso” la faccia dell'altro si colorò di una pericolosa tonalità violacea e un pugno dall'aria minacciosa si strinse scricchiolando. Scorpius strinse fra le mani la bacchetta sotto il mantello
 
Slip kid, slip kid, second generation
And I'm a soldier at thirteen
 
“Tu, con la faccia da ragazza, il Preside vuole vederti” uno studente del secondo anno interruppe quello che sarebbe diventato un duello in piena regola, o un pestaggio. Scorpius si voltò di scatto, sollevando un sopracciglio. Nel corso dei suoi ultimi, patetici, diciassette anni di vita, la sua faccia era stata oggetto di un numero esponenziale di commenti sarcastici, ma nessuno aveva mai pensato che somigliasse a quella una donna. Osservando la barba scura che gli ombreggiava le guance e la consistente nube corvina che erano le sue sopracciglia, si trovò a pensare che probabilmente nemmeno le donne erano glabre quanto lui in quel posto maledetto.
Si strinse nelle spalle e lanciò un ultimo sguardo di commiserazione al suo nuovo amico costipato
“Fattene una ragione bello...getterei in mare tutti i miei galeoni perché mio padre fosse un troll” e si allontanò dopo aver indirizzato all'altro un vago cenno di saluto. Il libro di Storia della Magia rimase a sfogliarsi da solo nella leggera corrente d'aria che sfiorava il pavimento, con le Guerre di Indipendenza che lasciavano il posto al Regime Autoritario di qualcuno che Scorpius non riuscì a leggere.
Il Preside Krum accolse con uno sguardo quasi divertito la sua espressione appena ebbe varcato la pesante soglia del suo ufficio scarlatto. I colori della nazionale bulgara di Quidditch ricoprivano con disordinata naturalezza ogni superficie vagamente piana della stanza, e anche qualche cornice intagliata che sbucava senza un ordine preciso nella sua visuale. Principalmente le foto ritraevano Krum in sella alla sua scopa da corsa, in una serie di istantanee di una carriera conclusasi dignitosamente.
Se Scorpius non avesse detestato quel posto con ogni cellula difettosa del suo corpo di Purosangue probabilmente si sarebbe messo a saltare come un fottuta groupie alla sola idea di avere Viktor Krum, indiscutibilmente il miglior cercatore della storia del Quidditch, come Preside. Ma detestare il mondo era maledettamente sfiancante, e non lasciava molto spazio alle idiozie da adolescente nutrito a pane e “Quidditch Attraverso i Secoli”.
A Hogwarts si era malapena accorto di essersi scrollato di dosso l'incazzata sensazione di aspettare con ansia la fine del mondo, aggirandosi per i corridoi canticchiando nichiliste canzoni punk. Nemmeno aveva notato la differenza, la percezione distorta di scivolare via dalla placenta di gelido disprezzo in cui si era raggomitolato, ed accorgersi di quanto il sole fosse caldo, e l'erba profumasse di terra bagnata. Forse nemmeno lo avrebbe mai fatto se non fosse stato costretto a risvegliarsi dal torpore.
Ricordò distrattamente la sua prima gita a Londra a quattro o cinque anni, quando suo padre non era ancora lo spauracchio di se stesso e sua madre non vaneggiava di pericoli sotto ogni tavolo e dietro ogni porta. Avevano incrociato un uomo con un cane al guinzaglio, impensabile nel Mondo Magico, e Scorpius aveva chiesto a Draco il perché non lo lasciasse semplicemente correre libero. Non ricordava esattamente cosa avesse detto l'altro, ma l'immagine dei grandi occhi nocciola del cane che incontravano i suoi era marcata a fuoco nella sua mente. E in fondo era così, la casualità delle cose è sadica come un fottuto padrone distratto che porta a spasso il suo cane, fermandosi, talvolta, illudendolo di avergli concesso un po' di tregua; ma proprio lì, quando quel povero animale finiva per illudersi di poter finalmente pisciare, quello ripartiva, tirandoselo dietro, incurante di averlo illuso per un attimo di troppo che il mondo non facesse così schifo. Gli aveva lasciato spago, lo spiraglio di speranza di poter fare di testa sua una sola volta nella sua fottuta vita, e poi aveva tirato il guinzaglio, giusto per ricordargli che non aveva il potere su niente, nemmeno sulla sua cazzo di vescica.
Scorpius Malfoy si sentiva come se qualcuno avesse deciso di tirare il suo guinzaglio fino a strozzarlo.
 
Slip kid, slip kid, realization
There's no easy way to be free
No easy way to be free
 
Viktor Krum inclinò di lato la sua testa dalla forma un po' irregolare
“Non posso mandare qualcvuno a chviamarti ogni folta che fai lo spaccone Malfoy” lo prese in giro col suo inglese pesantemente accentato, senza accennare nemmeno un vago tono ironico “Prima o pvoi tofrai prenderle” la piuma grattava insistentemente sulla pergamena, completando una lunga lettera indirizzata a qualcuno che Scorpius non riuscì a individuare. Harry Potter, sarebbe stato pronto a scommettere. Era fottutamente colpa di quel cazzo di Salvatore del Mondo se lui si trovava lì. Colpa sua e del maledetto Theodore Nott.
Krum strappò un piccolo lembo della pergamena e vergò qualcosa velocemente, distrattamente, porgendogliela
“Evviva, sono qui da nemmeno un mese e già devo lucidare qualche trofeo? Raschiare il vomito secco di lumaca dai calderoni? Grattare la cacca di gufo dalle scarpe degli Studenti Anziani?” a Durmstrang non esistevano i Prefetti, ma solo gli Anziani, una manica di coglioni tronfi e impettiti da loggia massonica in miniatura, che si trascinavano nei corridoi come un circolo di vecchi militari in pensione. Il Preside lo fissò per un momento, confuso, poi agitò con un cenno tranquillo il lembo di pergamena che teneva in precario equilibrio fra l'indice e il medio
“Clara ha bisogno di un Cercatore” disse semplicemente. Clara Ivanova era stata la Cacciatrice della Nazionale Bulgara di Quidditch per sette anni; poi aveva deciso che la vodka le piaceva più del volo ed era precipitata nel limbo dell'alcolismo all'apice della carriera. Quando si era rimessa in sesto, nemmeno le squadre dell'asilo volevano sentirla nominare; Viktor Krum l'aveva assunta come insegnante di volo, le aveva dato un posto come stare e l'aveva anche sposata. C'era ancora qualcosa che riusciva a sorprendere Scorpius nonostante la sua comprovata soglia di tolleranza alle stranezze.
“Ha tutta la mia simpatia” ribatté sarcastico, sulla difensiva. Krum sollevò un angolo della bocca, annoiato
“Tomani ci sono selezioni” rispose tranquillo; c'erano poche cose che sembravano turbarlo. Scorpius rimase in silenzio. Dargli l'impressione di essere un disperato che aspettava solo di poter salire su una scopa da corsa per giurare eterna fedeltà a quella catapecchia umida e gelida costruita sul nulla era l'ultimo dei suoi pensieri. Perciò rimase semplicemente zitto, in attesa che l'altro s'incazzasse di brutto e ritirasse l'offerta. Ma Krum si limitò a fargli cenno di uscire, tornando a dedicarsi alla lunga lettera ripiegata accanto al suo gomito “Scorpius” lo chiamò quando aveva già la mano chiusa attorno al pomo della maniglia “Boccino è sempre Boccino, anche a Durmstrang”.
In quel momento, semplicemente, l'uomo stava offrendo a lui la stessa via d'uscito dal pantano che lo aveva inghiottito fino alle ginocchia.
 
It's a hard, hard world
 
***
 
I left my doctor's prescription bungalow behind me
I left the door ajar
I left my vacuum flask
Full of hot tea and sugar
Left the keys right in my car
 
Il panico: era decisamente una sensazione strana il panico si trovò a pensare Lily lasciando cadere la testa sul libro di Storia della Magia. Le assurde Guerre di Indipendenza dei troll stavano cominciando a renderla isterica. Aveva confuso per tre volte i nomi dei capi tribù, aveva versato succo di zucca su mezza tavolata dei Grifondoro a colazione perché qualcuno aveva accennato al fatto che i GUFO sarebbero stati di lì a due mesi, e per poco non aveva accecato Albus nel vano tentativo di effettuare una trasfigurazione parziale su un pulcino. Morgana, a chi poteva interessare davvero quale Gulruk, Brawford o Kvantr era riuscito a sancire la pace per primo? Erano tutti dei cavolo di perdenti in ogni caso.
Il fatto che Rose si muovesse per la Sala Comune con un Ippogrifo sulla spalla non la rassicurava per niente: per lei si trattava dei MAGO, del suo futuro, e sembrava non riuscire a pensare a niente di diverso.
Albus la fissava di sbieco dall'altra parte della stanza, un po' più sereno, divertito, tranquillo come il fratello maggiore che aveva sempre conosciuto. Le sparizioni e i rapimenti erano cessati da quando il Ministero si era messo sulle tracce di Draco Malfoy, e la vita era tornata alla normalità, o quasi. Sapeva che nessuno della sua famiglia aveva creduto per un solo secondo che fosse davvero lui il responsabile, ma tirare il fiato per qualche tempo non poteva fare che bene, agli Auror e a suo padre, nonché a lei, che non doveva più guardarsi le spalle in attesa che qualche Traghettatore cercasse di staccarle l'altro braccio. Un lampo di ombrosa pensosità passò fra le sopracciglia aggrottate di Albus mentre abbassava lo sguardo sul suo tomo da mille chili di Pozioni, e Lily avrebbe potuto scommettere i suoi tre arti sani che non era la Pozione Polisucco a renderlo cupo. Sospirò, scosse leggermente il capo e tornò a seguire le lettere sulla pagina con acuta concentrazione.
Lily fece lo stesso, convinta che mai e poi mai Sgurtan Muktrf e la sua Pace dei Complotti le sarebbe rimasta in mente per più di cinque minuti.
Una leggera pioggerella di aprile batteva a intermittenza sui vetri delle finestre, mentre l'intera Sala Comune di Grifondoro sembrava avere il collo piegato su qualche libro di testo. Lily osservò le gocce schiantarsi contro il vetro appannato, e chiuse gli occhi; quel suono non avrebbe mai più significato solo la pioggia, non per lei.
 
Slip kid, slip kid, second generation
Only half way up the tree
 
Flashback**********************************************************
 
Era già stata lì, eppure quella sera qualcosa era diverso. Scorpius Malfoy non aveva la seducente andatura del lupo che trascina la preda nella sua tana, ma si muoveva circospetto, quasi nostalgico, accarezzando con lo sguardo tutta la stanza.
Sembrava che stesse per morire e non fosse ancora pronto a lasciare tutto. Si voltò solo alla fine, quando il silenzio nella stanza si era fatto quasi denso, e solo la pioggia che sbatteva sui vetri come per frantumarli era diventato un tutt'uno con i loro respiri mai sincronizzati.
Lily si fermò in mezzo alla stanza con i quattro baldacchini dalle tende pesanti, e non avvertì alcun suono
“Non torneranno prima di domattina” la rassicurò l'altro con un sollevarsi quasi casuale degli angoli della bocca “c'è una festa chissà dove nella Foresta Proibita”, sospirò a lungo, lo sguardo perso fuori dalla finestra dalla quale s'intravedeva solo la condensa dei loro respiri contro il vetro.
Un istante la stanza era immobile, fatta di silenzio e cautela, una calma innaturale che non poteva durare. Lily sapeva che prima o poi sarebbero caduti dalla corda sospesa fra loro, da una parte o dall'altra dell'infinitesimale decisione che separava il noi dal non vedersi mai più. Deglutì, improvvisamente in imbarazzo.
“Malfoy” esitò, concentrandosi sulle punte delle sue scarpe fradice che gocciolavano impunemente sulla pietra irregolare del pavimento
“Mio padre non voleva che venissi qui” interruppe il flusso inconsistente dei suoi pensieri con un sorriso a mezza bocca, un sorriso più intriso di tristezza di qualsiasi lacrima “è stata Astoria a convincerlo che mandarmi a Durmstrang avrebbe insospettito il Ministero” sbuffò sprezzante, appoggiando un gomito alla parete; la divisa era ancora completamente fradicia, appiccicata alla pelle, e Lily poté notare una macchia scura e confusa sul fianco dell'altro, come una scritta cancellata male, fra la stoffa fradicia della camicia e la pelle “non le aveva mai dato ascolto in tutta la vita, quindi immaginavo che sarei finito fra quelle dannate montagne ghiacciate a congelarmi le chiappe” si allontanò dalla finestra con un gesto secco, incrociando le braccia al petto “ora penso dovrò farci l'abitudine” scrollò le spalle
“Di che accidenti stai parlando Malfoy?” aveva tentato di fermarlo, di ricacciarlo indietro nelle profondità del suo essere così irrimediabilmente idiota quando aveva a che fare con lui, ma quel tono terrorizzato non sembrò nemmeno vagamente mascherato dall'incredulità che cercò di spruzzarci sopra poco dopo. L'altro rimase quasi immobile
“Stappa la tua miglior bottiglia di Whisky Incendiario Potter, non vedrai gironzolare qui intorno la mia stupida faccia da Purosangue per un po'” Lily avvertì una goccia gelida scivolarle lungo la schiena, o forse era solo la consapevolezza di aver capito bene anche la prima volta che aveva parlato
“Mi stai dicendo che gliela dai vinta? Che te ne vai?” di nuovo quel tono intriso di panico. Dannata Morgana Lilian Potter, un po' di autocontrollo.
“Vedila così Potter, forse quest'anno riuscirete a vincere la Coppa del Quidditch” Lily strinse i pugni lungo i fianchi, e la ferita le lanciò una dolorosa fitta fino nelle più intense profondità della bocca dello stomaco
“Semplicemente lasci che decidano per te? Una mattina tua madre si sveglia rinata e decide che devi andartene, e tu semplicemente la lasci fare?” gli occhi di lui si ridussero a due spilli ostili
“Tu non sai cosa voglia dire Potter. Non...” si passò una mano fra i capelli che avevano cominciato ad asciugarsi scompostamente “tu hai avuto una fottuta famiglia, con le fottute feste di Natale e i fottuti pranzi tutti insieme fino a scoppiare. Io ho avuto solo un padre che pensava che cenare ai quattro lati di un tavolo da venti persone restando in silenzio fosse il massimo grado di armonia famigliare, e una madre terrorizzata dalla propria ombra. Se andare via da Hogwarts è l'unico modo che ho perché lei stia bene allora sì, Godric Maledetto, andrò perfino in culo ad un Ippogrifo!” Lily deglutì il nulla, espirando rumorosamente
“Vattene ai troll Malfoy” imprecò a denti stretti, imboccando quasi di corsa la scala a chiocciola che portava ai dormitori dei Serpeverde. Lungo la strada la voce tonante di Zane Zabini la raggiunse da dietro l'angolo che portava alla porta nascosta dietro al muro
“Hei, non c'è un certo odore di animale a sangue caldo da queste parti?” Lily lo oltrepassò sbattendogli contro una spalla, decisa a non rimanere in quel maledetto sotterraneo un minuto di più.
Zane salì rapidamente le scale, con falsa noncuranza, e si appoggiò a braccia conserte contro lo stipite della porta. Scorpius Malfoy stava fa schifo, come sempre, ultimamente, quando la strana Potter dai capelli rossi gli gironzolava intorno; quasi da schifo quanto le volte in cui non lo faceva. “E' avanzato del Whisky Incendiario” buttò lì senza pretendere una risposta. L'altro sollevò a malapena il capo dalle mani abbandonate fra le gambe, senza dire una parola “Lo prenderò per un cosa ci fai ancora qui idiota? Portamene una bottiglia” scimmiottò. Donne, pensò distrattamente, potevano mandarti al San Mungo senza togliersi nemmeno le scarpe!
 
Fine flashback*******************************************************
 
Keep away old man, you won't fool me
You and your history won't rule me
 
La stanza era buia e umida, e il continuo scivolare dell'acqua fra le increspature del legno la stava facendo letteralmente impazzire. Era immersa nei suoi vestiti lerci e quella posizione aveva cominciato a farle dolere ogni singolo muscolo del corpo ore prima. Tentò vanamente di sistemarsi in modo da non stuzzicare le ferite aperte che le catene avevano scavato nei suoi polsi, ma le bastò un minuto per capire che non sarebbe riuscita ad evitare di sanguinare nemmeno librandosi in volo.
Sbuffò, e un ciuffo di capelli stopposi le ricadde davanti al viso paonazzo per lo sforzo
“Dovresti smetterla di agitarti Rosie, la prigionia non ti dona” Rose sollevò lo sguardo verso l'altro, incrociando per un attimo lo sguardo blu fosco a pochi centimetri da lei
“Risparmiamela Incubus, questa situazione è sufficientemente penosa senza che tu debba renderla infernale” si agitò un'altra volta, avvertendo chiaramente il metallo delle catene penetrarle nella carne martoriata. Serrò i denti attorno al labbro inferiore per trattenere un gemito di dolore, inutilmente. Incubus sbuffò qualcosa che somigliava ad una risata “Ti diverte? Hai così poca fantasia da godere perfino di questo?” il morso della catena si allentò, e per un attimo il sollievo fu così intenso da farle sentire il sapore delle lacrime in gola. Ma Lord Voldemort sarebbe tornato dalla tomba prima che lui la vedesse piangere.
“Oh, mi sottovaluti. Non hai davvero idea di quanta fantasia io abbia”
La stanza era buia, illuminata a malapena da un braciere incrostato di bruciato che fungeva anche da fonte di calore. L'unica fonte di calore. Il primo giorno Rose aveva urlato, si era dimenata, aveva imprecato e tentato di liberarsi maledicendo qualsiasi cosa le capitasse a tiro. Poi la fiamma del braciere si era affievolita, e lei si era quasi strappata le articolazioni per avvicinarsi abbastanza da avvertire il calore sulla pelle. Alla fine si era lasciata cadere contro la parete bagnata e gocciolante di sporcizia, in attesa che qualcosa la uccidesse. Ancora non era successo.
Incubus serrò la mandibola con uno scatto, e la catena si tese nuovamente, provocandole un gemito di dolore. Inarcò la schiena rigidamente, senza riuscire in alcun modo ad avere il controllo. Sbuffò: erano giorni, forse settimane che aveva peso completamente il controllo di sé, ed era forse questa la tortura peggiore alla quale il suo aguzzino l'aveva sottoposta. Rose Weasley non dismetteva mai la maschera del controllo, non lasciava che le cose semplicemente accadessero. Pianificava, pianificava, pianificava fino a quando qualsiasi cosa assumeva l'ordine che lei aveva deciso di dargli, fino a quando tutto andava come doveva andare. Come Rose aveva progettato sarebbe andata.
Ma Incubus Mortimer era entrato nella sua vita come una dannata Rivoluzione dei Giganti, calpestando ogni certezza, ogni spiraglio di ordinarietà che aveva la sua vita, seminando il caos laddove lei aveva creduto di aver chiusa la porta a doppia mandata. Ed ora si trovava in quella pidocchiosa cella immersa nel nulla, con i vestiti sporchi e stropicciati, i capelli stopposi e la terrorizzante certezza che non sarebbe mai uscita di lì.
“Rose, davvero, sta ferma” era la prima volta che la chiamava col suo nome; non aveva mai lasciato trasparire altro che divertimento e distacco da quando era arrivata lì, provocandola, giocando con i sui nervi a pezzi e con le sue illusioni da ragazzina ingenua. Aveva spento la fiamma della sua speranza e alimentato la sua consapevolezza. E lo aveva odiato, ogni singolo, maledetto giorno di quella folle prigionia, Rose Weasley aveva odiato Incubus Mortimer; per la sua aria rilassata, per il suo contegno, per quegli occhi foschi e imperturbabili che le scavavano la pelle anche peggio di quelle dannate manette d'acciaio indistruttibile.
 
You might have been a fighter,
but admit you failed
 
La porta rettangolare dall'aria malferma che teneva segregata la cella scricchiolò e si aprì. E lui entrò, a passi strascicato e frustrato, ma sclerotico, agitato, come se aspettasse di essere inseguito da un momento all'altro
“Non devi farlo Rose, ti prego...” il suo tono aveva oltrepassato l'orlo della disperazione tempo prima. Eppure non l'aveva ancora liberata. S'inginocchiò di fronte a lei, accarezzandole il viso con l'indice. Lei si scansò, facendo tintinnare la catena e provocando un altro stridere di mandibole “Mi dispiace piccola, ma non posso fare nient'altro” sospirò pesantemente “tutto questo è folle, ma non posso lasciarti andare, mi capisci? Non posso” si accostò al suo viso per baciarla, e lei lo colpì sul naso con una testata. Altair Rigel King si scostò con una mano sul viso, e con l'altra le assestò uno schiaffo secco che le provocò quasi le vertigini. La catena tirò ancora.
“E' per questo maledizione...per QUESTO!” urlò, calciando con violenza il braciere. Carboni ardenti si disseminarono per la cella, illuminando il pavimento con aloni arancione intenso, prima di spegnersi lentamente. Uno rotolò ai piedi di Incubus, e lui lo calciò quasi distrattamente. Solo Rose si accorse della furia cieca custodita in quel gesto.
King lo schiacciò, spegnendolo con stizza. La luce si affievolì e morì sotto gli occhi di lei. L'uomo le afferrò il viso con due dita, stringendole il mento in una morsa
“Falla finita con tutto questo King” tentò l'approccio morbido. Da quando l'aveva incatenata a quella parete, Rose aveva tentato ogni possibile strada per convincerlo a desistere. Se avesse dovuto promettergli di passare il resto della vita con lui lo avrebbe fatto, pur di poter avere in cambio vestiti asciutti e cibo vero. Lo aveva colpito, insultato, supplicato e aveva mercanteggiato, ma King era tornato ogni giorno per poi andarsene, recidendo il debole filo di speranza che albergava in lei. Ma non si era ancora arresa “Se ti consegni chiederò che ti venga addolcita la pena. Ti è successo qualcosa King, non sei in te. Vedrai, ce la caveremo” i suoi occhi si riempirono di lacrime e la testa le si inclinò di lato, accomodante. Non sapeva come chiunque avrebbe potuto considerarla attraente in quel momento, ma forse c'era ancora qualcosa di lei che aveva effetto su quel folle che aveva preso il posto dell'uomo che un tempo aveva quasi creduto di poter amare. “Mi manchi...non voglio più stare qui senza di te”. Incubus, questa volta, non trattenne una risata. King si avvicinò a lui con una falcata, e gli afferrò i capelli dietro la nuca, tirandogli indietro la testa con violenza
“Chiudi quella bocca sporco Mago Oscuro schifoso, o manderò all'aria i miei propositi e mi toglierò la soddisfazione di farti a pezzi come uno stufato di drago” il ragazzo rimase immobile ma Rose sapeva che i loro sguardo stavano combattendo una battaglia silenziosa iniziate nelle aule di Hogwarts. Merlino, le mancava perfino il fango delle serre di Erbologia!
Incubus sogghignò, ma immediatamente quel suono si trasformò in un lamento soffocato, mentre l'altro stringeva le dita sulla sua gola. Vide chiaramente i suoi occhi spalancarsi per la sorpresa e la consapevolezza della morte. Lo avrebbe ucciso, senza batter ciglio, lo avrebbe ucciso con una sola soffocante stretta fino a quando perfino i suoi occhi di velluto avrebbero sanguinato. Malgrado tutto, Rose non lasciò che accadesse.
“King” lo chiamò Rose con la voce intrisa di panico. L'uomo allentò la presa frustrato, e lo spinse via. Le catene si tesero allo spasimo, e lei trattenne un lamento.
“Manderò qualcuno a sistemare questo disastro” si passò una mano fra i lunghi capelli, più disordinati e striati di un grigio malsano di quando lo aveva conosciuto, ed emise un lungo sospiro “Se solo sapessi” sussurrò debolmente, lamentoso. Lasciò cadere le spalle e se ne andò, trascinandosi quasi senza vita fuori dalla cella.
Rose si lasciò andare contro il muro, la parte destra del viso che le pulsava per il dolore
“Sarai contento” borbottò mentre Incubus si rimetteva faticosamente a sedere, allentando la pressione delle catene sui suoi polsi. Emise un breve sbuffo
“Estasiato. Ti sei trovata proprio un bel fidanzato Rosie, non c'è che dire” commentò caustico
“Smettila” lo freddò infastidita “Sono stanca” avvertì il fiato di lui sul collo, più caldo di quanto lo ricordasse, e rabbrividì
“Per quello che vale, io avrei accettato...” per un istante avvertì la spossatezza nel suo respiro, la debolezza, la frustrazione e il dolore. Poi più nulla. Incubus le sfiorò la pelle con le labbra un istante, poi la catena tintinnò di nuovo e fu nuovamente freddo.
 
I'm not affected by your blackmail
You won't blackmail me
 
***
 
Era ancora china sul libro di Storia della Magia quando qualcuno le si avvicinò di soppiatto
“Hei!” scattò in piedi nervosa, maledicendo se stessa per quell'immaturità del cavolo. Shiva la fissava dall'alto, i capelli neri e arruffati e un pigiama dalla fantasia agghiacciante. Non si erano più parlati dal giorno in cui lo aveva respinto. Le era mancato avere qualcuno che non implicasse dolore e rabbia e frustrazione anche solo sentendolo nominare.
Shiva si morse il labbro, a disagio, costringendola a maledirsi anche per questo
“Ero, sai, passato a vedere se eri già arrivata alla Dittatura dei Goblin nell'Irlanda Orientale, perché mi sembrava una ficata, sai, parlare di quale capo tribù era il migliore e...” esitò nell'incrociare le sopracciglia aggrottate di lei “no eh?” si grattò il mento, a disagio “Io beh...vado...” Lily esitò un solo istante, poi prese la sua decisione
“Shiva” l'espressione di lui d'illuminò un istante troppo lungo da sopportare “possiamo andare in Sala Grande domani a...discutere su quale capo tribù dei goblin era più fico” il ragazzo sorrise mestamente, ma comprese che quello era l'unico modo in cui Lily poteva tendergli una mano, per quanto ammaccata e raggrinzita fosse. Annuì
“Andata...ma ti avverto che sono un drago nelle Dittature dei Goblin” e fece per andarsene. Quando ebbe posato il primo piede sulla scala a chiocciola che portava al suo dormitorio, si voltò nuovamente verso di lei “Ah, e mi dispiace per, sai, Malfoy...spero che suo padre non sia davvero quello che dicono”. Non voleva pensare a Malfoy, alla pioggia battente e gelida che picchettava contro le finestre quando l'aveva messa di fronte alla realtà dei fatti, né a quella leggera pioggerellina nebbiosa della mattina di marzo in cui era semplicemente partito, senza lasciarsi dietro nemmeno un calzino...
 
I've got my clipboard, text books
Lead me to the station
Yeah, I'm off to the civil war
 
Flashback**************************************************************
 
Fu una civetta nerissima dagli intensi occhi rotondi a svegliarla, picchettando contro il vetro appannato della finestra del dormitorio delle ragazze. Si scambiarono uno sguardo, la civetta inclinò il capo soffice da un lato, squadrandola con circospezione e sospetto
“Hei, tu, che hai da fissare così? Ti devo una manciata di galeoni e non me ne ricordo?” si stropicciò gli occhi con un gesto annoiato, stiracchiandosi fino alle punte dei piedi. L'animale emise un verso soffocato e imperioso, picchettando nuovamente il vetro per costringerla ad aprire la finestra.
Alla fine, senza sapere perché un dannato animale avesse un simile potere su di lei, obbedì.
La pioggerellina appiccicosa di marzo le inumidì il viso mentre la civetta si posava sulla sua mano e le beccava il polso “ahia, accidenti a te uccellaccio del...” poi, semplicemente, lo vide. Emise un fischio penetrante, prolungato, argentino, e l'animale si librò in aria con la grazia tipica della sua specie, stagliandosi in contrasto con il cielo candido colmo di pioggia e nebbia. Le nubi parvero diradarsi a tratti proiettando sull'erba bagnata giochi di luce di lame incrociate che sprofondavano nel Lago Nero. Scorpius Malfoy allungò il braccio mentre la civetta corvina gli si poggiava delicatamente sul palmo della mano.
Lily lo fissò duramente, con astio, il petto pesante e nebuloso di rabbia. Dentro di lei non c'era un solo dannato raggio di sole a cui aggrapparsi per fendere la nebbia.
 
 
 
Lui non si mosse, la carrozza trainata dai Thestral ad attenderlo al cancello, il vociare concitato della donna che doveva essere sua madre, e Hagrid che caricava i bagagli senza il minimo sforzo nonostante la sua considerevole età. Chiuse la finestra con uno scatto, la sagoma dell'altro che persisteva come una macchia indelebile contro il vetro appannato. Non se ne sarebbe mai andata, e lei lo sapeva. Poteva tirare le tende, sprangare tutto, e quella macchia sarebbe rimasta lì a ricordarle che sarebbe stato il suo volto sfocato dalla condensa l'ultima ricordo che avrebbe avuto di Scorpius Malfoy.
Sospirò, e pregò che nessun Ritratto decidesse di fargliele girare di brutto quella mattina.
Hogwarts era deserta a quell'ora del mattino di una domenica particolarmente pigra, le scale scivolose, e per poco il maledetto Pix non le rovesciò un secchio di farina in testa rubato alle cucine. Doveva ritenersi fortunata che non fosse cacca di gufo raccattata in Guferia.
Raggiunse il prato che la carrozza era ancora ferma. Malfoy era a metà strada fra il punto in cui lo aveva lasciato e la sua destinazione, trascinando un piede dietro all'altro per dilatare al massimo quegli ultimi momenti.
 
I've got my kit bag, my heavy boots
I'm runnin' in the rain
Gonna run till my feet are raw
 
“HEI” urlò mettendo le mani a coppa attorno alla bocca.
Scorpius si voltò con un mezzo sorriso di compiacimento dipinto in faccia. Lo sapeva, maledetto lui, lo sapeva sempre.
Slip kid, slip kid, slip out of trouble
Slip over here and set me free
 
I loro occhi rimasero in sospeso un instante, in attesa di decidere come avrebbero dovuto salutarsi. Probabilmente non sarebbe stato un addio vero, di quelli definitivi, di quelli che la sua famiglia aveva dovuto affrontare infinite volte. Ma il senso di perdita non sta a contare i giorni; brucia e basta, senza sosta, come quando si lascia la mano sulla fiamma troppo a lungo, tracciando linee zigzaganti nella coscienza, fra l'arrendevolezza di perdersi e la consapevolezza di volersi ritrovare. Fu questo che si dissero i loro occhi, con i raggi obliqui del sole che rendevano tutto luminoso e accecante, tanto da doversi parare il viso con la mano.
 
Slip kid, slip kid, second generation
You're slidin down the hill like me
 
Il Serpeverde si portò due dita alla fronte mimando un gesto di saluto, e le sue labbra si mossero in un arrivederci silenzioso
“Ci si vede in giro Potter...”
 
No easy way to be free
(Slip Kid, The Who)
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Spazio della delirante autrice: salve a tutti. Non ho minimamente intenzione di trovare giustificazioni per la marea di tempo che separa questo capitolo dal precedente, e non ve ne vorrò se decidere di mandarmi a quel paese e non proseguire nella lettura, anche se, ovviamente, amerei molto che decideste comunque di restarle fedeli e proseguire^^.

Detto ciò, sono consapevole che sia straniante riprendere da dove avevamo lasciato come se niente fosse, quindi, quello che apre questo capitolo è uno scenario piuttosto inquietante, ambientato un mese dopo gli eventi del precedente. E' passato tempo per me, per voi e per i personaggi, quindi mi sembrava più coerente aprire porte nuove e ricostruire gli eventi salienti (fra cui il compleanno di Lily) nei flashback, e concentrarmi su queste nuove situazioni. Non temete se vi sfuggirà qualcosa, piano piano tenterò di rendere tutto più chiaro^^.

Intanto un paio di precisazioni: la rakia è un alcolico tipicamente Bulgaro, molto forte, pare.

Clara Ivanova esiste davvero: era una giocatrice della Nazionale Bulgara di Quidditch ai tempi del Calice di Fuoco. Ho pensato che, in buona tradizione della ff, fosse carino inserire un personaggio realmente esistito come Insegnante di Volo di Durmstrang.

La canzone che ho citato è Slip Kid dei The Who, e potete ascoltarla qui se vi va^^

Ogni dedica è importante, ma nessuna lo è stata come questa. Non posso fare a meno di dedicare a Giuls questo capitolo, perché tenacemente e incommensurabilmente è parte integrante della ripresa di questa storia e della lana con cui ho intessuto il tutto. Se non fosse stato per la sua rincuorante tifoseria, le sue imbeccate e l'incrollabile fiducia, probabilmente Scorps e Lils sarebbero ancora sotto la pioggia^^. Questa ff nasce dalla nostra reciproca fomentazione per questa coppia, per la sua fiducia anche esagerata nelle mie capacità, Rose e Incubus sono quello che sono perché la hanno appassionata, e praticamente ogni parola che scrivo è frutto della domanda “Cosa penserà Giuls di sta cosa?”. Non è solo la mia scrittrice di fanfiction preferita e un mega boss in qualsiasi cosa faccia, nonché una preziosa amica virtuale, ma ha atteso tutto questo per una quantità immemore di tempo e come minimo glielo devo. Le dovrei un capitolo decisamente migliore, ma mi sa che meglio di così non posso proprioXD. E ovviamente con lei il mio affetto va a tutte le meravigliose e folli lettrici del Club dello Sclero, che mi conoscono e sono certa che mi perdoneranno per l'attesa^^

Ora basta che poi divento melensa e voi non avete voglia di stare qui a sorbirvi le mie sviolinate. Ma era necessario^^
Vi amo anche se mi odiate. Alla prossima (in tempi più brevi lo giuro^^)

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Capitolo 34
*** Ritorni e Fughe ***


Ritorni e Fughe
 

«O dolce padre, che è quel ch'i' odo?»,
comincia' io; ed elli: «Ombre che vanno
forse di lor dover solvendo il nodo».
(Divina Commedia, Canto XXIII, vv 13-15)
 
 
“Quindi questo è quanto. Non voglio allarmarvi, ma i GUFO sono praticamente dopodomani, quindi consiglierei a tutti voi di...” Teddy s'interruppe mordendosi il labbro pensosamente “oh, ai troll i consigli barbosi da professore emerito! I GUFO non sono la cosa peggiore che dovrete affrontare nella vita, e non cambierà un gufo di nulla a nessuno di voi se prenderete Eccezionale o Troll” inspirò “quello che sapete o non sapete fare seduti ad un tavolo davanti a maghi e streghe incartapecoriti non determinerà né chi sarete né come affronterete la vita fuori da Hogwarts. Chi siete, ora, è molto più importante di quanto sarete bravi” si rabbuiò, e Lily percepì la pesante consapevolezza nelle sue parole gravare su di loro in un misto di collera e impotenza “Studiate, impegnatevi, deprimetevi sui quei libri perché è capitato a tutti, e fa parte della vita di questa Scuola come il Quidditch e la Coppa delle Case, ma non credete di dover dimostrare qualcosa allora, perché dovete dimostrare qualcosa a voi stessi. Oggi” nemmeno Piz avrebbe avuto il coraggio di scrivere col muco frasi oscene sulle pareti in quel momento; non uno solo di loro aveva fiatato, né l'avrebbe fatto per i prossimi dieci secondi.
Poi Hugo alzò una mano. Teddy sorrise impercettibilmente e gli fece cenno di parlare
“Ecco, beh, potrebbe fare questo discorso a mia madre quando prenderò un Troll in Pozioni?” i Grifondoro e i Tassorosso del quinto anno scoppiarono in una fragorosa risata liberatoria impregnata di giovane speranza: poco importava quanta paura scorresse nelle strade di Londra, fuori dai cancelli, ad Hogsmeade e nell'intero Mondo Magico, c'era qualcosa nella spaventosa routine dei GUFO che poteva scacciare per un attimo tutta l'incertezza del domani. Esorcizzare una paura terrificante con una meno terrificante trasformandola nella fine del mondo era un buon modo di tenere sotto controllo lo stress, si trovò a pensare Lily mentre ridacchiava assieme a Hugo uscendo dalla classe.
Teddy sistemò i libri nella borsa sgualcita dal colore indefinibile che era appartenuta a suo padre e Harry si era premurato di fargli avere. Lily era sempre stata istintivamente certa che il loro rapporto prescindesse anche lo stesso concetto di parentela. Si trattava di gentilezze impercettibili che avevano tratteggiato negli la tela del loro venerarsi reciprocamente. Harry Potter sapeva cosa significasse scegliere la propria famiglia, intessere affetti nate dal nulla, mai date per scontate in virtù di legami già prescritti. Ogni attimo che la triste infanzia di suo padre aveva strappato alla desolazione di una famiglia a cui non apparteneva era stato condiviso con le persone che facevano parte della sua vita perché si erano scelte; non razionalmente, senza desiderare nulla in ritorno, solo per scelta. Harry aveva trovato una famiglia amorevole nei Weasley, fedeltà incrollabile dai suoi amici, e amore incondizionato da Ginny. Aveva donato tutto se stesso a qualcuno che non era obbligato a ricambiarlo. Ma l'aveva fatto.
Quando Teddy era entrato nelle loro vite Harry era stato per lui quello che Silente, Lupin e Sirius avevano rappresentato. A giudicare da come il Professore di Difesa Contro le Arti Oscure era diventato, aveva fatto moderatamente un buon lavoro.
“Lily” la chiamò con la sua voce piana e un po' roca “come sta' Louis?” sembrava veramente preoccupato
“Così...sai, si abitua” cercò con lo sguardo qualcosa che non fosse il viso apprensivo dell'altro; quando Teddy le chiedeva come stavano gli altri, solitamente stava cercando di capire come stava lei. Ma Lily non si poneva domande di quel genere da tempo ormai. “Come stai”, “A cosa pensi”, “Cosa vorresti fare”...erano tutti quesiti a cui non avrebbe saputo trovare una risposta, o comunque non le sarebbe piaciuta. Non era depressa, non nel vero senso del termine, ed era concentrata, attiva e stacanovista più di quanto la sua stessa natura non le avesse mai imposto di essere. Nella sua mente c'era spazio solo per la Guerra dei Folletti della Cornovaglia, La Dittatura dei Troll, come Trasfigurare un animale in un oggetto, e quale ingrediente fra la radice di asfodelo in polvere e l'occhio di rana non avesse niente a che vedere con il Distillato della Morte Vivente. I suoi capelli rossi erano più arruffati che mai, e nemmeno lo Smalto Castorino dei Tiri Vispi Weasley riusciva a farla desistere dal rosicchiarsi le unghie fino alla pelle. I GUFO erano davvero qualcosa di inaffrontabile, disse a se stessa, mentre l'espressione mesta di Teddy si trasformava in tenerezza
“Harry mi ha detto che le notizie da Durmstrang sono buone...Krum sembra fiducioso” ma Lily non voleva sentirsi dire quanto Scorpius Malfoy fosse diventato bravo nel Quidditch Bulgaro, o quante ragazze avesse rimorchiato nei week end liberi delle vacanze. Voleva continuare a fingere di non averlo mai conosciuto, magari dimenticarsi proprio della stupida faccia aguzza dagli occhi espressivi e il sorriso storto. Rimozione e repressione, ecco la chiave del successo.
Si fissò testardamente le punte delle Converse infangate, e osservò con un interesse fin troppo meccanico una linguetta di gomma che si stava staccando dalla suola. “Lily” la voce di Teddy si fece più morbida, e le sue dita le sollevarono il mento con delicatezza. Niente a che vedere con l'agitarsi sconnesso di arti a cui era abituata ultimamente “tuo padre è preoccupato”; di nuovo, ebbe la certezza di conoscere il soggetto reale di quella frase
“Non dovrebbe esserlo. Sono grande adesso. Sedici anni, no? Adolescenza travagliata e tutto il resto” scrollò le spalle con una disinvoltura così ben simulata da sembrare vera. Se Teddy notò che stava spudoratamente deviando l'attenzione dal reale problema, non lo diede a vedere. Ecco perché lei aveva sedici anni e lui era un uomo, ecco perché la sua dannatissima cotta infantile non aveva mai davvero avuto senso: le voleva bene, e non l'aveva mai obbligata a schiantarsi contro la realtà. Proteggerla era più importante che vederla rinforzarsi, farsi più aspra, più consapevole e più adulta. Lui l'avrebbe sempre tenuta sospesa sulla realtà senza permetterle mai di toccarla. Teddy non poteva amarla, non davvero, nonostante tutto, non con tutta la rabbia, l'intensità e il dolore che significava lasciarla camminare da sola. Era sempre pronto ad afferrarla, senza capire che quello di cui aveva davvero bisogno era cadere, precipitare e schiantarsi, solo per vedere se sarebbe riuscita a rimettersi in piedi, alla fine.
“Lils” Albus apparve sulla soglia dell'ufficio di Teddy con le braccia cariche di libri e lo sguardo indagatore da fratello maggiore schermato solo in parte dagli occhiali rettangolari. Gli sorrise istintivamente, incapace di lasciar trasparire l'antica complicità dalla sua espressione. Oltre a tutto il dramma politico, sociale, emozionale e sensoriale di quegli ultimi mesi, doveva convivere con il fatto che il suo Albus, suo fratello, l'amico imprescindibile di ogni più piccola disavventura infantile, non era più segno indelebile nella sua vita. Crescere significava davvero lasciarsi alle spalle l'abitudine a lasciarsi andare all'abitudine?
 
Flashback***************************************************************
 
When there's no where else to run
Is there room for one more son
One more son
 
“Sorpresa!” Lily non aveva avuto alcun dubbio che sarebbe successo: la famiglia Potter Weasley e Affini non si era mai lasciata scappare l'occasione di festeggiare, meno che mai i compleanni della nuova generazione, e certo i suoi sedici anni non potevano essere passati in sordina, come se nulla fosse.
La Tana era letteralmente ricoperta di festoni, segno che nonna Molly aveva nuovamente dato fondo a tutte le sue abilità magico-casalinghe per regalare alla “piccola di casa” un sedicesimo compleanno meno deprimente di quello dei suoi figli. Lei lo aveva definito deprimente, ma non c'era davvero nessuno che osasse considerare le più piccole celebrazioni alla Tana con un aggettivo meno enfatico di magiche.
Deprimente era il genere di aggettivo che lei si sentiva formicolare addosso da settimane, ad esempio; deprimente, incostante, irritata e nervosa. Non nello stesso ordine e con la stessa intensità. C'erano giorni in cui maniaca omicida avrebbe abbracciato più realisticamente l'intero spettro delle sue variazioni umorali.
Ma tutti erano lì, per lei, con sorrisi più o meno splendenti e più o meno stanchi, pronti a farla sentire davvero a casa, come se appartenere a quattro mura significasse davvero qualcosa. Erano la sua famiglia, il nido dal quale non si era mai sentita davvero pronta a spiccare il volo, eppure era a disagio come se una parete invisibile la separasse da tutti gli altri. Il solo considerarli altri implicava l'averli allontanati da sé, proprio quando aveva più bisogno di loro. Forse Scorpius Malfoy aveva ragione quando l'accusava di essere una ragazzina viziata e vittimista. Forse era davvero una bambina insopportabile e irritata dal mondo, che non faceva altro che pretendere da altri quello che non era pronta a richiedere a se stessa. Probabilmente era per quello che non si era nemmeno preoccupato di mandarle un maledetto diavolo di gufo schifoso e spelacchiato da quel posto dimenticato dai Fondatori in mezzo alle rocce gelide e al mare in tempesta, arido e morto come la terra su cui poggiava. Forse era per questo che se n'era andato senza una sola esitazione. Abbandonarla pareva facile, riusciva benissimo a chiunque. Niente di speciale, Potter, capita quando si è così dannatamente ordinari.
 
I wanna stand up, I wanna let go
You know, you know
No you don't, you don't
 
Hugo le si avvicinò, con la bocca incredibilmente vuota per uno che si trovava ad una festa. Incredibilmente vuota per lui, almeno.
“Ehi piccoletta, ce l'hai fatta” Lily sollevò un sopracciglio
“Incredibile risultato compiere sedici anni, non è davvero da tutti” bofonchiò irritata
“No, infatti” suo fratello James si appoggiò al muro accanto a lei, un piatto di patate al burro intonso “dentro questa stanza ci sono persone che hanno visto morire amici che li hanno compiuti a stento, Lily” i suoi occhi castani adombrati da ciglia soffici e nerissime accarezzarono con cupa devozione l'intera sala da pranzo della Tana “amici, Lily, che la vita non l'hanno mai davvero vissuta” si voltò verso di lei, un'ombra di severo rimprovero a deformare lineamenti che ricordava di aver visto solo mescolarsi ai sorrisi “non chiuderti in te stessa, scricciolo, solo perché il tuo ragazzo non ti scrive, e ricordati che la tua famiglia sta cercando di renderti la vita meno schifosa...” Hugo tossicchiò
“Jimmy...” lo ammonì, vagando febbrilmente da una parte all'altra della stanza
“Pensi che la tua vita sia orribile? Bene, hai sedici anni, per Godric, sei nel pieno delle paranoie da foruncoli dell'adolescenza, ma non hai davvero idea di quello che ha fatto mamma per averci tutti qui, per te, e vedere quel muso da adolescente insoddisfatta sta rovinando decisamente la festa” James non l'aveva mai davvero sgridata. Era uno di quei fratelli maggiori un po' mascalzoni, che preferivano dare il cattivo esempio che buoni consigli. Era Albus, di solito, la Pluffa al piede che non le lasciava scappare nulla. Sentirsi rimproverata da lui fece ribollire di rabbia anche l'ultimo angolo di calma che aveva conservato intatto. Si voltò, la voce già incrinata di recriminazione
“Beh, grazie, non l'ho mica chiesta io questa festa del cavolo!” sbottò più forte di quanto avrebbe voluto. Una decina di teste si voltò verso di lei, e nessuno di quei dieci sguardi le piaceva. C'era troppa delusione, e dispiacere, e imbarazzo perché lei, in quel momento, potesse davvero tollerarli.
 
I wanna shine on in the hearts of men
I want a meaning from the back of my broken hand
 
Si allontanò dalla parete che era stata la sua barricata difensiva, e si lanciò a perdifiato sulla scala ripida e arzigogolata della Tana, fino alla stanza più alta, appena sotto le urla e i lamenti del loro allegro mostro della soffitta. Non pianse, non era ancora davvero pronta a piangere, a lasciare che tutta quella rabbia, quella frustrazione e quel senso di inadeguatezza fluissero via da lei. Ne aveva bisogno, aveva bisogno di ogni stilla di rancore e stizza che riusciva a racimolare, solidi e rassicuranti mattoni delle sue difese. Se avesse lasciato davvero andare tutto, tutto il suo castello di carte sarebbe semplicemente crollato.
Teddy le arrivò alle spalle un istante dopo
“Lily. Parlami, non chiudere semplicemente la dannata porta dietro di te...” Lily si voltò verso di lui e fu semplicemente sovrastata dalla rabbia
“E perché non dovrei, lo fanno tutti? E' esattamente quello che fate, tutti voi, quando vi siete stancati della piccola e adolescente Lily che non è abbastanza per meritarvi” a nessuno dei due sfuggì il plurale di quelle parole. Teddy si passò una mano sul viso, espirando rumorosamente
“Sei ingiusta, e lo sai. Questa festa è per te, siamo tutti qui per te” lei serrò la mandibola distogliendo lo sguardo “quasi tutti...”
“Volete smetterla tutti quanti di farmi fare la figura della Filtro-d'amore-dipendente che aspetta sospirando il suo amore lontano? Non me ne frega una cacca di gufo secca di lui, ok? Siete tutti qui a girare intorno al problema, come se non facessi altro che piangermi addosso tutto il giorno pensando a quel dannato idiota” si prese il viso fra le mani, protetta dalla spessa coltre di capelli ormai lunghi sulla schiena che le ricadde davanti. Lì, difesa e protetta, si sentì quasi in diritto di crollare. Ma non l'avrebbe fatto, non sarebbe stata la piagnucolante adolescente innamorata che si dispera per il suo bello lontano. Non era bello, e ai troll se era lontano.
Teddy si lasciò sfuggire uno sbuffo che somigliava pericolosamente ad una risata
“Ti interessa così poco che non riesci nemmeno a chiamarlo per nome...” si sedette accanto a lei “non vorrei che fosse accaduto a te Lily, davvero. Avrei desiderato per te momenti più sereni, e magari un bravo ragazzo con cui stare bene” sorrise mestamente “non ho mai potuto essere io, anche se c'è stato un momento in cui ho desiderato con tutto me stesso di esserlo” le accarezzò con delicatezza una spalla, scostandole una ciocca di capelli ribelle incastonata dietro l'orecchio “ma è successo, Scorpius Malfoy è successo. I Traghettatori, la Lega ad Hogwarts, Incubus Mortimer e il suo Fan Club...tutto questo è successo, e magari tu e lui nemmeno vi sareste mai parlati davvero se non fosse stato così. Ma è stato così, e noi siamo qui per non permettere che le cose terribili che potrebbero accadere c'impediscano di vivere attimi che perderemmo” sorrise “Il tuo compleanno è solo una stupida scusa, magari una festa che non volevi, ma non sottovalutare l'importanza della tua famiglia in salotto e del loro bisogno di ricordarti che sono sempre al piano di sotto” Lily sospirò così pesantemente da sentire la pressione contro il petto. Poi si sollevò e annuì, il groppo in gola che quasi le faceva tremare il mento. Teddy le batté una mano affettuosa sul ginocchio e annuì a sua volta, richiudendosi la porta alle spalle con accurata delicatezza.
Poi il camino improvvisato all'altro lato della stanza cominciò a gonfiarsi di corpose e guizzanti fiamme verdi, e l'odore di cenere bruciacchiata tipica della Metropolvere si diffuse nell'aria. Lily si coprì gli occhi per evitare che quella caligine maleodorante le scendesse in gola. Un solo istante, e bastò
 
Another head aches, another heart breaks
I'm so much older than I can take
 
“Potter, maledetto Godric, ero venuto qui per la purea di patate della rossa pazza e tu mi costringi ad assistere all'ennesimo atto della tragedia “Amore e Incesto: istruzioni per l'uso?” Scorpius Malfoy fece schioccare la sua maledetta lingua d Purosangue, in piedi, sul suo tappeto dagli angoli logori, appoggiato distrattamente alla cappa del camino a braccia e gambe incrociate. I jeans sbiaditi erano macchiati in più punti, e il maglione di lana a collo alto di un verde cupo sembrava il ritratto impressionista di una foresta; nonostante questo, Lily non riuscì a tenere chiusa la bocca abbastanza da evitare che la cenere le si appiccicasse al palato. Cominciò a tossire, lacrimando. “Salazar se so cosa sono le entrate trionfali”
“Perché, maledetta Morgana, sei qui Malfoy?” Lily si tirò a sedere, tentando vanamente di impedire alla fuliggine di accecarla. Scorpius si strinse nelle spalle con falsa noncuranza
“Pare ci sia una festa” poi finse di esaminarla “non mi sembri di spirito troppo festaiolo tu, però” Lilly deglutì sforzandosi di non pensare al fatto che lui si trovasse davvero lì. Come, Merlino impestato, era arrivato fino a lì? Perché?
“Non fanno feste a Durmstrang?”
“Solo quando il circo delle prostitute contorsioniste si ferma in città” sbuffò riavviandosi i dannati capelli di un biondo improponibile sulla testa. Erano più lunghi di come li ricordasse, e anche il suo viso appariva più teso, meno accurato, un appena percettibile strato di barba sulle guance e l'aria vagamente trascurata di chi non si guardava attentamente in uno specchio da un po'. Lo stomaco lei si contrasse così tanto che ebbe paura di sentirlo scricchiolare. Ma non era davvero il dannatissimo momento di manifestare inequivocabilmente le proprie emozioni. Così, semplicemente, continuò a concentrarsi sulla macchia di fuliggine appena sotto l'occhio, sullo zigomo che si distese in un sorriso storto. Grave errore.
“Potter, davvero, resterei qui a farti da guida turistica sulle bellezze locali della Bulgaria, ma sto davvero morendo dalla voglia di mettere nello stomaco qualcosa che non richieda ogni mio sforzo immaginativo per associare a del cibo” Lily si alzò e gli arrivò di fronte, facendo affidamento a tutta la rabbia e la frustrazione accumulata in quelle ultime settimane, e lo colpì a palme aperte al petto. Scorpius Malfoy ebbe appena il tempo di spalancare gli occhi per la sorpresa prima di cadere a terra con un tonfo sordo. L'aver represso e rimosso rabbia e frustrazione per tutto quel tempo era stato utile
 
And my affection, well it comes and goes
I need direction to perfection no no no no
Help me out
 
“Maledetto IDIOTA!” urlò mentre l'antro si schiantava a terra come un sacco di pus di Bubotubero andato a male
“Hei Grifondoro, non ti hanno insegnato a giocare pulito?” Lily incrociò le braccia al petto
“E a te? Comparire dal nulla dopo settimane senza una parola Malfoy...a te hanno insegnato questo in quel covo di serpi dove stavi?” Scorpius Malfoy allungò una mano
“Dammi una mano ragazzina, prima che le mie chiappe prendano la forma di questo tappeto di quarta mano comprato alla Fiera del Kitsch” lei attese giusto il tempo di vederlo sollevare un sopracciglio, e allungò una mano. Ovviamente quando aveva a che fare con lui doveva saper prevedere che non le avrebbe lasciato mantenere il controllo di una conversazione per più di dieci secondi. Le afferrò il polso e la trascinò giù, in un inestricabile matassa di braccia e di gambe che si agitavano sconnesse.
Non i loro volti, ad un respiro di distanza.
“Hei” sussurrò lui ad uno di quei centimetri scarsi dalle sue labbra che significavano solo una cosa. E Lily avrebbe davvero voluto essere una persona migliore, una donna indipendente che lasciava che chiunque cadesse ai suoi piedi, o che s'impuntava per una mera questione d'orgoglio; che si faceva desiderare, e sapeva come rigirarsi gli uomini attorno ad un pollice.
Se lo fosse stata, probabilmente lui non l'avrebbe baciata, e lei non lo avrebbe lasciato fare, muovendosi in quella massa di arti intricati che sembrava cullarla laddove avrebbe dovuto farla sentire costretta.
Avrebbe voluto fare finte di niente Lily Luna Potter, lasciando che quel momento significasse solo quello che loro avrebbero voluto significasse. Ma non si trattava più di fare finta che le cose stessero semplicemente accadendo. Era lei, tutta se stessa, che sentiva di non riuscire più a staccarsi da lui senza sapere se sarebbe stata semplicemente l'ultima volta. Lasciò trascorrere secondi infiniti e infinitamente preziosi prima di allontanarsi. Con i suoi occhi pericolosamente affilati e pericolosamente vicini non sarebbe stato facile articolare i suoni.
“Non puoi fare questo Scorpius Dannato Malfoy. Presentarti qui quando ti pare e incasinare di nuovo tutto” inspirò “Potevi decidere se andartene e l'hai fatto, e va bene, ma non farmi questo adesso, non fare finta che niente sia cambiato”. Non piangere maledetta idiota, disse a se stessa. Non ti azzardare a piagnucolare adesso o mi lancio dalla finestra adesso.
Scorpius la fissò, e il sorriso disteso che aveva introdotto quelle parole era diventato composta serietà. Mai nella vita aveva creduto di vedere quell'espressione sul suo volto. Prime volte...allungò una mano verso di lei, accarezzandole il viso quasi distrattamente, per scacciare qualcosa che solo lui vedeva. Ma quando parlò la sua voce venne fuori dura, vagamente sarcastica. Non avrebbe tentato di indorarle la pillola, mai.
 
And when there's nowhere else to run
Is there room for one more sun
These changes aint changing me
The cold-hearted boy I used to be
 
"Sono qui. Ora. Se ti aspettavi Unicorni dorati e Ippogrifi vestiti di rose hai sbagliato storia" inspirò “non sei una ragazzina scema Potter. A volte rientri anche troppo facilmente nel Catalogo della Psicopatica in Erba, ma non puoi permetterti di essere stupida, non con il padre che ti ritrovi e il Mondo Magico pronto a vederti diventare il Principe Harry della famiglia” scavare a fondo, in un luogo così buio e oscuro di se stessa in cui lei non voleva guardare. In barba al tenerla sospesa sulla verità. Scorpius la costringeva a caderci di faccia “non sono venuto qui per fischiare dentro una trombetta e mettermi uno stupido cappello di cartone colorato, e meno che mai a giustificarmi” si passò una mano fra i capelli “non lo so nemmeno io, Maledetto Godric e La sua Spada perché accidenti sono qui” sollevò gli occhi al soffitto.
Poteva continuare a parlare, sforzandosi di capire, convincerlo a parlare, a spiegare, e mettersi a fare quei discorsi infiniti su chi dei due dovesse cedere per primo. E invece si strinse nelle spalle sdraiandosi a terra
“Beh, io non lo so di certo”
Scorpius la guardò dall'alto con quella sua espressione storta che poteva essere un sorriso come una presa in girò, e si sdraiò accanto a lei, in quell'intricato gioco di reciproci spazi in cui sembravano ormai ferrati.
Si voltò verso di lei, tanto vicino che Lily poté contare i cerchi di riflessi cangianti nelle sue iridi, e sorrise in un modo strano, completamente suo, per il quale dovevano ancora inventare un aggettivo
“Non dev'essere così importante allora, Potter Psicopatica” intrecciò le sue dita alle sue, sospese in aria
“Così pare Dannato Malfoy”
 
Yeah, you know you gotta help me out
Yeah, don't you put me on the backburner
You know you gotta help me out
 
Fine flashback**********************************************
 
***
 
Rose era riuscita ad appisolarsi un istante quando King sbatté la porta rabbiosamente alle sue spalle
“Vuole vederti” dichiarò con uno sguardo d'odio puro rivolto a Incubus, apparentemente addormentato poco più in là. Un paio di muscolosi uomini incappucciati portarono nella stanza una piccola vasca di ottone con i piedi di grifone e la sistemarono lì accanto. Lei rimase a bocca aperta, senza sapere se il fatto di permetterle di lavarsi significasse che sarebbe morta oppure no.
King le si avvicinò con un gesto brusco e Rose si alzò, allontanandosi istintivamente dalla figura baluginante nella semioscurità della stanza, che si muoveva meccanicamente e furiosamente nello spazio di pochi metri. Afferrò con malcelato nervosismo le catene che la tenevano prigioniera e le scorticavano i polsi. Le prime volte, quando la ragazza aveva nutrito ancora segretamente la speranza che prima o poi l'avrebbero lasciata andare, King si era preoccupato di curarle le ferite con un incantesimo. Alla fine lei lo aveva colpito con una testata in pieno viso e aveva tentato di rubargli la bacchetta. C'era riuscita, per un soffio, ma Incubus Mortimer l'aveva calciata via con un gesto secco e l'aveva fulminata con lo sguardo, indicandole con un gesto i tre maghi incappucciati che li tenevano sotto tiro. King non le aveva mai più rivolto una parole davvero gentile, e non era tornato in quella stanza con la bacchetta, lasciando che i suoi polsi sanguinassero e si scorticassero per poi cicatrizzarsi, all'infinito.
Le lanciò un fagotto di vestiti che si srotolarono sul terreno lercio e ringhiò
“Mettili. Hai dieci minuti per avere un aspetto accettabile” e se ne andò, avvolgendosi nel pastrano sdrucito che era stato il suo mantello.
Rose osservò la figura immobile di Incubus e la vasca, alternativamente, ripetutamente, come se il solo fatto di guardarlo avesse potuto svegliarlo. Certo, se non lo avevano fatto due giganti nerboruti trascinando una vasca da bagno in ottone, non poteva farlo il suo sguardo.
Si godette per un istante la splendida sensazione di libertà che il corpo libero dalle catene le aveva trasmesso. Leggerezza, tranquillità. Senza quelle manette poteva illudersi di essere nella sua stanza, alla Tana, ad ascoltare i rumori sommessi della cucina poco al di sotto, le voci soffocate della sua famiglia, accoccolata sotto le coperte di un'altra mattina di Natale innevata. Una lacrima traditrice le solcò il viso per ricadere sulla pietra dura e ricoperta di paglia che era il suo giaciglio permanente. Incubus era ancora immobile.
Cautamente, si spogliò, rimanendo in piedi di fronte alla vasca che si riempiva magicamente di acqua calda fumante e intrisa di schiuma. Inspirò ed entrò.
 
Flashback***************************************************************
 
“E' morto. Ci abbiamo provato Incubus, e quella feccia dal sangue contaminato è morta. E faranno domande” Ardhesia Nott sembrava posseduta dalla Tarantallegra. Si muoveva con malagrazia mescolata a panico autentico, agitando le mani e scuotendo il capo, la voce incrinata da qualcosa che Rose avrebbe voluto somigliasse al senso di colpa. Aveva detto di che qualcuno era morto, qualcuno che loro avevano ucciso, e dalla sua voce soffice e vellutata non era trapelata una sola punta di rimorso. Solo rabbia, frustrazione, incertezza e nervosismo. Quel qualcosa, qualunque cosa fosse, che non aveva funzionato la stava mandando al San Mungo senza passare dal “Via”.
Incubus Mortimer, beh, lui non sembrava avere spazio per nessuna emozione fra i lineamenti cesellati del viso e la grotta arida e gelida che era il suo petto. Si limitava a restare appoggiato al Platano Picchiatore con noncuranza, le braccia incrociate che sfioravano lo stemma verde e argento dei Serpeverde a malapena visibile nella notte. La luna era stata all'apice appena la notte precedente, e il cielo era in lutto, con una nebbia fuligginosa tipica del marzo scozzese che si arrotolava malignamente attorno ad ogni cosa, confondendo i sensi di Rose, mutando anche ciò che conosceva in un'ombra indistinta e spaventosa. Ma niente che ricordasse nella sua breve vita, era mai stato più spaventoso dell'espressione di calcolata tranquillità di lui di fronte all'omicidio. Sua madre le aveva insegnato a cercare a fondo nel prossimo quello che apparentemente non c'era: Hermione Weasley aveva trovato l'amore della sua vita nelle profondità di qualcuno che non sapeva nemmeno pronunciare correttamente “Vingardium Leviòsa” e lo amava ancora con la disperata intensità di una nottata di notte nella Camera dei Segreti; era stata l'amica più fedele e incrollabile di Colui che Aveva Sconfitto il Male Oscuro nella sua forma più pura e tuttavia riusciva a ricordarne meglio la sua testa che crollava addormentata a lezione di Storia della Magia piuttosto che il momento in cui li aveva salvati tutti. Sua madre le aveva insegnato che non era mai troppo tardi per concedere una seconda possibilità, anche a Draco Malfoy, anche in una stanza divorata dall'Ardemonio a bordo di una scopa che si stava consumando rapidamente. Ma lei non aveva mai imparato quella lezione. Rose, come Albus, non riusciva a scavare davvero, nemmeno in se stessa; aveva denunciato King per il Dissennatore anche se sentiva di provare qualcosa. Distingueva il bene dal male con severa chiarezza, Rose Weasley, e non c'era sfumatura abbastanza intensa da convincerla a desistere. Ma, se davvero sua madre aveva ragione, doveva sforzarsi di trovare qualcosa di meno ombroso in quell'inquietante ragazzo che sembrava impassibile perfino di fronte alla morte per sua volontà. C'era ancora qualcosa da salvare in Incubus Mortimer? Osservando i suoi lineamenti aristocratici confondersi con la nebbia oleosa di quella notte senza luna, avvertì solo un istintivo brivido di terrore percorrerle il corpo. I suoi occhi, gli stessi in cui sembrava smarrirsi, erano a fondo cieco, spogliati di qualsiasi emozione.
“Thorbert dov'è” disse semplicemente, lasciando vagare lo sguardo sul pantano di erba bagnata sotto le sue scarpe immacolate
“Non esce dal Dormitorio da ieri, e non ha aperto bocca né con Evans né con Buckley. Incubus, devi ripensarci” la voce di Ardhesia s'incrinò impercettibilmente. Probabilmente lui non ci aveva prestato attenzione, perché quando si hanno a disposizione tutti i sensi la percezione si disperde, ma lei, coperta dall'intricata fantasia delle radici del Platano Picchiatore, poteva usare solo l'udito, e la nota stonata delle parole della ragazza le era arrivata alle orecchie chiara come uno squillo di tromba. Era pronta a scommettere che avrebbe pianto di lì a qualche minuto. La Stamberga Strillante era rimasta l'unico posto in cui Louis potesse trascorrere le faticose nottate di luna piena, con Hogwarts invasa dalla Lega per la Salvaguardia delle Antiche Famiglie e i piccoli occhietti da topo di Theodore Nott sempre in agguato. Rose, Albus, Roxanne e Scott si erano dati il cambio ad oltranza negli ultimi tre giorni, per non lasciare il loro carismatico cugino in balia di se stesso. Hugo, Frank, Lily e i gemelli Lovegood avevano vegliato il mese precedente. Era diventata un'indefinibile routine: con l'avvicinarsi della luna piena erano tutti tesi e nervosi, anche se non si trattava della loro maledizione. Eppure era così, esattamente come doveva essere stato per Remus, Sirius e James alla loro età, il dolore delle persone che amavano era talmente totalizzante ad abbracciarli, ognuno di loro, e risvegliare l'archetipo della bestia che giaceva, sonnolenta e dimenticata, ai margini del subconscio.
“No” la risposta di lui fu ferma e incolore. Anche da lì, Rose era incapace di distinguere qualsivoglia afflato di umanità sopravvissuto al genocidio che Incubus aveva operato sulle sue emozioni
“Incubus la Resistenza ha bisogno di te...IO ho bisogno di te. Non possiamo farcela con Malfoy che se l'è data a gambe e quei maledetti esseri pulciosi con gli occhi sempre su di noi” eccole, le aveva previste ma non si era aspettata davvero di sentirle, non da lei almeno, l'algida e intoccabile progenie del Sangue Purosangue, eppure le lacrime avevano cominciato a scendere, in convulsi spasmi di rabbia e paura. Ardhesia Nott era terrorizzata all'idea di dover vivere un altro giorno nell'incertezza e nel dubbio di essere scoperta. A tutto quel vortice di sentimenti che gli stava riversando addosso, Incubus reagì con freddo distacco
“E il tuo venerabile padre cosa ne pensa?” il rabbioso disprezzo che celavano quelle parole le trasformò semplicemente in una folata di vento capace di congelare il fuoco di drago. Silenzio, la risposta di Ardhesia fu solo un susseguirsi inintelligibile di mormorii e singhiozzi. Probabilmente non sarebbe più riuscita a guardarla muoversi boriosamente nei corridoi senza avere di fronte l'immagine delle lacrime che le filtravano fra le dita.
Un lungo sospiro interruppe il silenzio “Ti avevo detto di non farlo Ardhesia. Lo rammenti? Subito dopo averti detto che tuo padre non doveva sapere nulla di questo e subito prima di spiegarti che non siamo Il Fronte di Liberazione degli Elfi Domestici e dobbiamo restare nascosti. Non è sufficiente prenderne uno e tentare, riesci a mettere sotto sforzo la tua bella testolina piena di ostentata presunzione da Purosangue viziata e capire? Non è uno a caso, mia cara, è solo uno, come solo uno è ognuno di loro” la voce di Incubus sembro fendere la notte, la nebbia, il freddo bagnaticcio che penetrava nei vestiti di Rose e afferrarle qualcosa nella bocca dello stomaco; aveva parlato con la calma di un politicante e l'efficacia di un imbonitore, eppure non c'era sillaba in quel discorso che non le smorzasse il respiro. Non fu solo quello che disse, ma come lo disse, come se fosse capace di cementarlo indelebilmente nella testa della Serpeverde, e ora anche di Rose. Provò l'impulsivo desiderio di sfiorarlo, di fargli sentire la sua presenza, di sfidarlo a terrorizzare e umiliare anche lei, se ne era capace. Si trattenne all'ultimo istante, poco prima si sfiorargli la caviglia con le dita intirizzite. “Adesso torna da loro e calmali. Falli sentire al sicuro. Maledizione Ardhesia, fa' quello che vuoi ma impedisci a quei ragazzi di perdere il controllo”. Un'imprecazione, solo una per sgretolare all'istante quella sua maschera così ben spolverata. Una sola parola e lei aveva visto i fili che muovevano il burattino.
“Non tornerai mai è così?” Ardhesia era nuovamente in sé, e aveva parlato in modo piatto, senza inflessioni, come se avesse appena chiesto ad un passante qualunque dove fosse la fermata del Nottetempo.
“Il coprifuoco scade fra poco” ribatté lui apatico. Lei esitò un istante in un'implicita domanda “io devo fare una cosa” Rose avvertì i passi della ragazza allontanarsi speditamente, mentre i piedi dell'altro rimanevano saldati al terreno. Il cuore di Rose batté convulsamente cinque volte, poi quelli stessi piedi rivestiti da costosi stivali scintillanti nella notte si volsero verso di lei, tanto che le punte furono a poco più che un respiro da lei. Per un istante rimasero immobili, l'attimo dopo il viso di Incubus ne prese il posto, tanto improvvisamente che lei sobbalzò mentre il suo fiato caldo la investiva in una nuvola di nebbia biancastra “Piaciuto lo spettacolo Weasley? Modestamente le mie capacità interpretative sono notevoli” vide solo la radice scansarsi e la sua mano afferrarla “Cosa devo fare con te?” fece scioccare la lingua e scosse la testa, impenetrabilmente sarcastico.
 
Yeah, you're gonna bring yourself down
Yeah, you're gonna bring yourself down
Yeah, oh don't you put me on the backburner
Yeah, you're gonna bring yourself down
 
Fine flashback*************************************************
 
Si abbandonò alla rigenerante sensazione di pulito della pelle, che lentamente si idratava e tornava ad avere un vago colore umano. Il suo corpo di rilassava, tendendosi e rilasciandosi al di sotto del pelo dell'acqua, mentre gli arti tornavano a rispondere al suo volere, e i capelli stopposi e sporchi si scioglievano in ciocche fradice oltre il bordo. Si strofinò con così tanta energia che credette di farsi sanguinare la pelle, come se lavare via i segni dal corpo potesse sciacquare via il terrore dell'anima. Sarebbe morta, prima o poi, e nessuno avrebbe mai saputo che la persona che si aggirava nella sua vita era solo un maledetto impostore gonfio di Pozione Polisucco.
Si alzò, avvolgendosi un candido e pruriginoso asciugamano di lana grezza attorno al corpo e si mosse nel completo silenzio attraverso la cella. Nell'attimo in cui si chinò per districare la matassa di vestiti puliti che King le aveva lasciato cadere di malagrazia fra capo e collo, lui la sfiorò, e l'asciugamano cadde a terra, accartocciandosi malamente nel pantano umido di fango e paglia che era il pavimento. Lo avrebbe messo addosso comunque, se solo la voce dell'altro non l'avesse sfidata
“Salazar, il pudore è così deliziosamente perverso di questi tempi” quelle parole le scivolarono impertinenti sulla pelle, sollevandola dal corpo come se una mano invisibile la stesse rivoltando per bene. Non si voltò, rimanendo orgogliosamente immobile davanti a lui, il vago calore del suo corpo che le sbatteva contro la schiena, fino ai talloni.
 
Over and in
Last call for sin
 
Incubus Mortimer le avvolse le mani fra i capelli, facendo precipitare gelide gocce d'acqua sui vestiti ancora abbandonati a terra. Le tirò indietro la testa fino quasi a toccarla, e Rose deglutì, senza riuscire nemmeno ad espirare. Le affondò il viso nell'incavo del collo, così lentamente che poté avvertire la loro pelle incollarsi, centimetro per centimetri, finché lui non si mosse per sussurrarle all'orecchio “quando ti dico giù, buttati a terra, mi hai capito? Non fare domande” scandì con le labbra incollate al suo lobo, il fiato incandescente che si mescolava all'odore di pulito dei capelli di lei.
Una mano incrostata di sangue secco le coprì l'ombelico e Rose riuscì solo a pensare vagamente che quel contrasto sembrava quasi artistico. La fece voltare verso di sé con un movimento fluido, mai davvero prevaricante, e la fiamma del braciere danzò all'unisono con i suoi occhi folli.
Posò le labbra sulle sue con una lentezza estenuante, quasi dolorosa, e i loro corpi, a malapena separati da uno strato di stoffa, furono semplicemente uno contro l'altro. Non doveva essere un bacio vero, ma la paura alimenta il bisogno della pelle di qualcuno sulla propria, il calore di qualcun altro per convincersi che non si sta davvero per morire. E quell'altro era lui, Incubus Mortimer, le lunghe dita affusolate che le scivolavano lungo la base della schiena, fra i capelli dietro la nuca, sui fianchi. Era Incubus Mortimer che l'avrebbe vista morire per mano di qualcun altro mentre le concedeva l'ultimo attimo d'intenso vivere di tutta un'esistenza. Non fece niente se non lasciarsi guidare a terra, in un reciproco crollarsi addosso.
L'attimo dopo, lui le soffiò una sola parola sul viso
“Ora” Rose restò a terra, mentre l'altro estraeva una bacchetta dal cumulo di abiti che sapevano vagamente di stantio e rotolò fra la paglia secca e maleodorante mentre un lampo rosso scuro eruttava dalla punta di legno. Incantesimi piovvero da ogni dove, di ogni colore e intensità, lampi di luci che illuminavano la cella di nuovi riflessi. Rose si voltò nell'osservare Incubus tentare vanamente di fronteggiare un attacco incrociato. Con un solo bersaglio, calcolò mentalmente, le probabilità che uscissero davvero vivi da lì erano davvero irrisorie. Afferrò la palla di vestiti ammucchiati e cominciò a lanciarla in aria, alzandosi e muovendosi a zig zag nella cella. Incantesimi cominciarono a cercarla, alcuni di un rosso acceso, altri bianchi, altri gialli, altri pericolosamente tendenti al verde.
Un attimo prima stava correndo per la stanza come se non ci fosse un domani, l'attimo dopo Incubus urlò
“Finite Incantatem” e si gettò su di lei. Avvertì uno strappo violento all'ombelico, e capì di essere salva.
Quando avvertì la gelida consistenza della neve sotto i piedi e il bacio crudele del gelo sulla pelle, s'inginocchio a terra e rigettò l'intero contenuto del suo stomaco.
 
While everyone's lost, the battle is won
With all these things that I have done
Time kills hearts
If you can hold on
(All These Things That I've Done, The Killers)
 
“Troverai qualcuno che amerai davvero, qualcuno che non riuscirai a toglierti dalla testa, che saprà farti arrabbiare come nessun altro, e battere il cuore alla stessa maniera.
Ti innamorerai davvero, e sarai pronta a qualsiasi cosa pur di difendere quell'amore...”
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Angolo della delirante autrice: salve a tutti...un postaggio ad un'ora improponibile della notte? Sono veramente tornata ahahahaha
Questo capitolo è espressamente un'autofomentazione allo shippaggio folle, e più che muoversi ci da' qualche elemento per capire come le cose siano ora, le relazioni che ci sono fra i personaggi, insomma, un po' di scuse per shippare selvaggiamente.
Non temete, l'azione tornerà ben presto^^
Preciso che il Principe Harry è ovviamente il nipote della regina d'Inghilterra che noi sappiamo essere "quello scapestrato della famiglia". Come Incubus e Rose siano riuscii a fuggire verrà ben presto spiegato, non temete...per quelle che troveranno ingiusta una loro prigionia così breve dirò, consolatevi perchè disseminerò i prossimo chappy di flashback chiarificatori. Questo capitolo è prettamente fangirlaggio della peggior specie, quindi non spiegherò più nulla...Dico solo che la canzone usata in questo capitolo potete ascoltarla qui^^ Buona notte e sappiate che vi amo<3<3 Giuls, spero che questo appaghi il tuo bisogno di fangirlare pazzamenteXD

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Capitolo 35
*** Ferite nel muro ***


Ferite nel muro


«La mia sorella, che tra bella e buona
non so qual fosse più, triunfa lieta
ne l'alto Olimpo già di sua corona».
(Divina Commedia, Canto XXIV, vv 13-15)



L'aveva preso. Aveva semplicemente sollevato le dita dalla sua logora copia de “L'Orfeo emerso” e lo aveva afferrato. Istintivamente, naturalmente, con la semplicità della pratica e dell'amore incondizionato. E ora le  ali si dibattevano senza sosta nel suo palmo, la solleticante e famigliare sensazione di piacevole fastidio che trasformava la sua pelle nello specchio rilucente di un Pensatoio, laddove la memoria non poteva correre, l'istinto si muoveva senza sosta.
Era come una danza la loro, un mai noioso rincorrersi e ritrovarsi, la superficie zigrinata al tatto, scivolosa e gelida anche quando il raro sole della Scozia riluceva sulla sua faccia sferica di migliaia di riflessi diversi, fastidiosi ed ipnotici, impossibili da controllare e altrettanto incomprensibilmente desiderabili. Il legno odoroso di muschio degli spalti, il vento sempre freddo sospesi nell'aria, la solida sensazione del manico di scopa fra le ginocchia strette, l'erba bagnata e fangosa che si stendeva come un tappeto indistinto dieci piedi sotto. E il Boccino, che si dimenava prigioniero della sua morsa soddisfatta e inquieta, la strisciante sensazione di poter semplicemente aprire la mano e vederlo volare via solo per poterlo nuovamente rincorrere. La consapevolezza dell'inconsistenza del tempo, consumato e glorioso nella goccia di un attimo che si dilata all'infinito.

Weep for yourself, my man,
You’ll never be what is in your heart
Weep Little Lion Man,
You’re not as brave as you were at the start


Poi Scorpius tornò sulla nuda e brulla terra di Durmstrang, con il Boccino d'oro che ancora solleticava le pronunciate venature della sua mano, sembrava sospirare, riempirsi di  disperata energia, e arrendersi un poco, senza mai davvero lasciare che vincesse, che si ritenesse soddisfatto, che si lasciasse andare alla molle sensazione di vittoria. Dischiuse le dita, lentamente, assaporando quell'ultimo istante di perfetta sintonia, di casa, di riflessi infuocati mischiati al sole che si perdevano nel tramonto dietro gli spalti. Ma quell'assurda palla non si mosse, scrollandosi a malapena di dosso la patina che la sua stretta gli aveva lasciato, come un cane appena uscito dall'Oceano, e sembrò restare lì, semplicemente a guardarlo scacciare con un cenno del capo la nebulosa ombra dei suoi ricordi più intensi, sbattendo fuori l'ultimo baluardo di una memoria tattile che era stato lui stesso ad imprimere nel difficile percorso ad ostacoli che Scorpius Malfoy aveva affrontato per lasciarsi alle spalle lo spregio di sentirli pronunciare il suo nome come un'orribile malattia mortale. Solo allora, solo quando la sua scopa sfiorava la brina del campo di Quidditch con l'oro cangiante delle ali del boccino fra le dita, nessuno ricordava più perché “Malfoy” fosse un nome da non pronunciare, se non con il veleno fra i denti e la lingua, e la condanna negli occhi. E allora lui era solo un coro compatto di urla di gioia e sollievo, di eccitazione e di comunione. Per un solo momento, mentre il suo nome rimbalzava tra gli spalti  in quell'innaturale bolgia di urla, Malfoy era solo un'altra parola che si perdeva nella danza scoordinata della vittoria.
E, come ogni volta, rimettere piede a terra fu doloroso come la lama doppia calata su una colpa che non era sua.
“Tu. Dammi” un ragazzo dell'ultimo anno, la muscolatura sviluppata di chi si allenava costantemente e il cipiglio corrucciato di un gorilla in gabbia, allungò la sua possente mano ricoperta di peluria scura nella sua direzione. Non si sarebbe aspettato un sorriso da igienista dentale con tanto di ringraziamenti e pacche sulle spalle, ma nemmeno quel biascicare da orso ritardato.
Giocherellò col Boccino che ancora sembrava guardarlo attraverso la piegatura delle dita; lo aveva sempre messo alla prova, alla fine, il Boccino D'Oro, sia che lo stringesse febbrilmente alla fine di una partita, sia che gli sfuggisse per un soffio, con il ghigno da Cercatore dell'Anno di James Potter che glielo strappava dalle mani all'ultimo secondo; sia che se lo rigirasse fra le dita, in un fottuto posto dimenticato da Salazar, pensando a quanto più confortevole sarebbe stato averlo in pugno fra l'erba appena tagliata del campo di Hogwarts. Era stato un perdente, era stato quello con la spalla lussata che non scendeva dalla scopa, era stato quello che meritava il beneficio del dubbio, era stato il figlio del Traditore che lavava il suo nome infame con la pioggia di novembre che ghiacciava le ossa, la neve di dicembre che intirizziva i sensi, e il vento umido di marzo che schiaffeggiava i capelli sul viso. Era stato quello che l'aveva afferrata e tirata in sella, convincendo se stesso che lo stava facendo per pareggiare i conti. E il dannato Boccino D'Oro era stato fra le sue dita anche allora, come sempre, a pesarlo e misurarlo, per una sola volta, senza trovarlo mancante.
Inclinò il capo di lato, socchiudendo gli occhi contro il riverbero del sole dietro le spalle dell'altro, il vago senso di frustrazione che era la sua nuova pelle a Durmstrang che si trasformava nella perversa voglia di sfidare il mondo ad atterrarlo ancora.
“Rilassati amico, la Rivolta dei Troll è finita, non te l'hanno detto?” sollevò un angolo della bocca nell'osservare il delinearsi dell'incognita fra i lineamenti dell'altro, un'implicita domanda che si faceva strada fra la barba rossiccia e il naso schiacciato, evidentemente rotto, che sembrava contraddistinguere ogni dannato giocatore di Quidditch di quello schifo di scuola. E poi esplose in una risata cavernosa che avrebbe potuto fare a gara con  il rosso ingordo Weasley. Gli porse una mano, in un gesto dall'innaturale delicatezza per qualcuno che aveva la mole di un troll di montagna e tutto il diritto di portare quelle stesse mani a fracassargli il mento.
Nessuno aveva mai allungato una mano verso Scorpius Malfoy senza finire per tirarla indietro, ferita, in fretta, come scottata da una fiammata improvvisa. Nessuno, neanche uno, tranne lui...

Flashback**************************************************

La piuma si poggiò con  estenuante lentezza sull'irregolare pavimento di pietra, bilanciando un peso inesistente fra la punta e la coda. Scorpius aveva osservato l'intero processo come rapito, attanagliato dalla noia e l'indecisione. Quidditch o non Quidditch, arrendersi o non arrendersi, lasciarsi inglobare da quella vita che non aveva chiesto, in una scuola che non aveva chiesto, con persone che non aveva chiesto di conoscere, in un posto che non sembrava entusiasta di ospitarlo come lui non era entusiasta di viverci. Aveva affidato ad una stupida piuma d'uccello sconosciuto le sorti nebulose di un destino che non aveva chiesto. Fottuto Godric se non l'aveva chiesto. Hogwarts era la sua maledetta casa. Eppure avrebbe dovuto lasciarla, prima o dopo, ognuno di loro aveva fatto i conti con questo il primo giorno del loro settimo anno. Non allora, dannata Morgana, perché era così schifoso lasciarla andare in quel momento?

Rate yourself and rake yourself,
Take all the courage you have left
Wasted on fixing all the problems
That you made in your own head


L'ingombrante figura di Viktor Krum si stagliò nella penombra della stanza, mentre uno spiraglio di luce traballante filtrava attraverso la porta socchiusa. Non era uno che mandava a chiamare, il Preside Krum, era quel genere di tipaccio pragmatico ma dal cuore tenero che si si sarebbe occupato personalmente di medicare anche le ferite dei suoi studenti, se non fosse stato per quel provvidenziale dettaglio che portava lo scomodo nome di Infermeria.
“Ragazzo, qvalcuno cerca te” malgrado gli anni trascorsi a interagire con qualsiasi forma di vita, magica o meno, della circonferenza dell'intero diavolo di globo, quell'uomo riusciva ancora a parlare l'inglese con la stessa maestria con cui lui sarebbe riuscito a fare le treccine ad un Dissennatore. Tuttavia Scorpius si affrettò, quasi inconsciamente, a spostare i piedi dal ripiano in mogano scuro della scrivania del Preside, sgrammaticato o meno, colto in fallo.
Sollevò comunque un sopracciglio sarcastico, giusto perché era ben inculcato nel suo DNA, come la dannata faccia a punta di suo padre.
“Finalmente si è deciso a consegnarmi al nemico?” l'altro lo degnò a malapena di uno sguardo mentre ribatteva un perentorio
“Subito. Cente non ha ta pertere tempo con tuo umorismo” lo seguì lungo un corridoio illuminato approssimativamente da una torcia ogni dieci passi, con le loro ombre oblunghe che si dilatavano e si ritiravano ad ogni passo.
Si fermò davanti ad una porta chiusa di legno marcio, tendente ormai al verde muschio e scheggiata in più punti. L'unica decorazione che poteva vantare oltre alla maniglia di ottone, era uno strano ghirigoro di bacchette che sembrava identificare un numero. Gettò a Krum un distratto sguardo interrogativo, che l'uomo si limitò a deviare sull'entrata con un cenno del mento squadrato. Scorpius si portò due dita alla fronte ironicamente ed entrò.
Al centro della stanza, accanto ad un mastodontico camino della Metropolvere Magica, Albus Potter stava inutilmente tentando di ripulire le lenti dei suoi occhialetti quadrati dalla fuliggine; più smilzo e trasandato dell'ultima volta che si erano visti, aveva inutilmente provato a pettinarsi, ottenendo l'unico risultato di somigliare pericolosamente alla copia Weasley di suo padre.
Emise un sospiro strafottente e si appoggiò all'arco umido della porta. L'intera stanza sembrava essere stata brutalmente immersa nel lago nero, e tirata fuori senza essere strizzata. Perfino il tappeto sotto i piedi dell'altro era raggrinzito e puzzolente di muffa.
"Questo posto fa così schifo che sono quasi contento di vederti..." Albus Potter si voltò nel mezzo di un movimento, serrando la mandibola come da copione
“E' bello notare che sei sempre la stessa carogna strafottente” Scorpius fece schioccare la lingua
“Ah, parole d'amore di prima mattina...” si staccò dalla parete con un movimento modulatamente distratto e si lasciò cadere con falsa noncuranza su una poltrona alla quale mancavano diverse molle “A cosa devo l'onore Potter?” sogghignò “o forse devo pensare che la mia brutta faccia ti manca veramente” sbatté le palpebre per fargli intendere quanto interesse aveva intenzione di rivolgere a quella loro quanto mai inaspettata conversazione. Ma il Potter Manico di Scopa nel Sedere non era il primo del suo corso da sempre perché era figlio di suo padre. Era intelligente e intuitivo, e Scorpius non aveva proprio idea di quali trucchi avesse escogitato la sua famiglia per permettergli di diventare così. Incrociò le braccia al petto, serio come un cadavere. Il senso dell'umorismo, si trovò a pensare Scorpius, con cosa diavolo lo aveva barattato?
“Manchi a lei” disse semplicemente, godendosi per un attimo quello che vide nel so sguardo.
Lui non era pronto, assolutamente non era pronto. Non gliel'aveva detto nessuno che avrebbe dovuto “esserci”. Sbuffò, lasciando che la natura del suo stesso essere riposizionasse la maschera fra i suoi pensieri e le sue azioni

But it was not your fault but mine
And it was your heart on the line
I really fucked it up this time
Didn’t I, my dear?
Didn’t I, my…


“Manco ad un sacco di gente” finse di riflettere “i Traghettatori mi vogliono morto, e anche mio padre, presumibilmente” elencò “c'è una concreta possibilità che qualche ragazza, ad Hogwarts, mi aspetti ancora davanti allo sgabuzzino delle scope al quarto piano e, beh, la Lega per la Salvaguardia delle Antiche Famiglie ha tentato inutilmente di eleggermi come paladino, ma temo che dovranno cercare un altro sponsor per la Campagna Sangue Puro” si strinse nelle spalle, innalzando le sue barriere naturali, una ad una, che non si era costretto a ergere in un luogo dove niente poteva davvero toccarlo. Non apparteneva a Durmstrang, non c'era niente lì per lui, niente per cui valesse la pena di fingere, di manipolare e di nascondersi dietro l'eterna armatura di se stesso.
Nessuno lo conosceva, o pretendeva sapere cosa volesse dire. Nessuno lo fissava dietro un paio di occhiali rettangolari srotolandolo come una pergamena nuova. Poteva avvertire il frusciare dei propri pensieri, perfettamente intelligibili, che scivolavano senza sforzo sul pavimento lercio. Potter Idiosincratico rimase a guardarlo semplicemente realizzare tutto questo, senza apparentemente respirare. Non sarebbe servito nemmeno parlare, a quel punto, non a loro, malgrado i tutti e quattro Fottuti Fondatori.
“Preferirei  essere sbranato in eterno da un Ippogrifo rabbioso che essere qui Malfoy” esordì dopo cinque interminabili minuti in cui non avevano fatto altro che studiarsi a vicenda. Scorpius si chiese cosa l'altro avrebbe trovato di diverso in lui, cosa nei suoi capelli leggermente lunghi sulle orecchie, cosa nei suoi occhi, cosa nella sua postura. Si chiese cosa avrebbe letto il suo primo vero amico nel mondo vedendolo lì seduto, parlandogli di lei, di quanto difficile fosse quella situazione. Si domandò se avrebbe capito la verità ancora prima di lui, o se semplicemente l'avrebbe chiusa fuori assieme all'evidenza.
“Non potevano mandare un Elfo a richiamarmi all'ordine? Proprio tu, Potter Piattola, sarai la mia guida in questo viaggio?” Ironizzò facendo schioccare la lingua sul palato.
“Fra dieci minuti tornerò indietro e dimenticherò anche di essere stato qui Malfoy. Lily non lo saprà mai, nessuno lo saprà mai se non Madame Maxime che mi ha prestato il camino” si lasciò sfuggire un nebuloso sorriso, il primo accenno di espressione sulla sua faccia inequivocabilmente marca Potter. Poi lo fissò negli occhi con  una serietà inaudita “Fa' quello che vuoi, ma non credere di poterla lasciare in sospeso come una deficiente qualsiasi ad aspettare di rivederti, idiota, perché se ormai è tropo tardi per proteggerla da quello che prova per te, posso almeno proteggerla da quello che tu senti per lei...” strinse le dita attorno alla bacchetta, intimidatorio “a costo di affatturarla personalmente, non ricorderà nemmeno che stupida faccia hai Malfoy” detto ciò fece un passò deciso verso il camino, le dita serrate attorno alla manciata di polvere che aveva preventivamente afferrato poco prima, e gli dedicò un ultimo, intenso, sguardo prima di dichiarare con dolorosa e consapevole chiarezza la sua destinazione. “Hogwarts”

Tremble for yourself, my man,
You know that you have seen this all before
Tremble Little Lion Man,


Per un solo, centellinato istante, Scorpius pensò di lanciarsi tra le guizzanti fiamme verdi insieme a lui. Affondò le unghie nei palmi stretti a pugno, e distolse lo sguardo.
Scorpius Malfoy non era mai stato uno da sorprese. Non era mai stato uno che tornava indietro, a cui mancavano le cose, che teneva alle persone. Aveva sempre messo un passo davanti all'altro, senza voltarsi a guardare necessariamente alle sue spalle, per capire se quello che stava lasciando era ancora lì.
Così aveva fatto con la sua famiglia, poi la persona che era stato nel suo viaggio da Babbano per il mondo, e poi a Durmstrang, lontano da Hogwarts e tutto quello che aveva significato casa.
E ora quel dannato Potter si presentava nella sua Scuola per dirgli che la sua stupida sorella aveva bisogno di lui? Cosa si aspettavano tutti, un Malfoy tirato a lucido per sopperire alle mancanze di un'adolescente con le bizze? Pensavano davvero che bastasse alla ragazzina Potter il solo vederlo per stare bene? Per crescere?
Nessuno, magari, si era chiesto cosa tutto questo avrebbe significato per lui?
Si passò una mano fra i capelli, espirando dolorosamente, domandandosi quando avesse smesso di chiedersi il senso di quello che faceva, comportandosi come un maledetto idiota altruista del cazzo.

You’ll never settle any of your scores
Your grace is wasted in your face,
Your boldness stands alone among the wreck
Now learn from your mother or else spend your days
Biting your own neck


Fine flashback********************************************

L'armadio era ancora lì che lo fissava, con la sua enorme mano spalancata a rivelare un'invidiabile cartina geografica di calli e cicatrici a spiegare senza dubbio quanto quel Boccino significasse per lui, tanto quanto significava per Scorpius.
“Tu viene. Tu gioca. Io faccio culo te” probabilmente l'elementare educazione civile che aveva ricevuto comprendeva quello strano puzzle di psicologia inversa e provocazione, tuttavia il suo sorriso ampio sembrava sincero, e la sua mano era aperta davanti a Scorpius, traslucida nella luce opaca della sera imminente. Forse poteva essere davvero qualcun altro a Durmstrang; forse il suo cognome, lì, non avrebbe avuto il retrogusto di un boccone amaro che non aveva mai chiesto gli venisse servito.
Forse, per una volta, il Malfoy che avrebbero urlato dagli spalti sarebbe risuonato di un solo significato.

***

Il bagno delle ragazze al secondo piano non era mai occupato. Nessuno voleva entrare lì per via di Mirtilla Malcontenta, che infestava il sifone con le sue lacrime e i suoi guaiti lamentosi.
Albus adorava il bagno delle ragazze al secondo piano, e anche Mirtilla Malcontenta. Certo, cercava di rimorchiarlo, quindi probabilmente di ucciderlo, dalla prima volta che ci era entrato, ma trovava sempre rilassante sedersi sul coperchio di un water qualsiasi a riflettere, a leggere, a studiare, a fare qualunque cosa riuscisse a strapparlo qualche ora dalla sua fin troppa affettuosa e numerosa famiglia. Li amava, tutti quanti, ma c'era veramente poca individualità nei Potter Weasley&Affini. Poco tempo per restare semplicemente in silenzio a guardare il mondo srotolarsi fuori dalla finestra senza che Hugo scoppiasse a ridere, Roxanne si gettasse in una conversazione sul sessismo implicito nei simboli delle Case di Hogwarts e Rose sbuffasse perché l'una o l'altra cosa la stavano deconcentrando.
Albus non era uno che sbuffava, o rimproverava. Lui si dileguava con una scusa, sistemandosi gli occhiali sul naso in un gesto imbarazzato e spariva, letteralmente, giù per le scale.
Assaporava sempre la sensazione di attesa che lo accompagnava fino al secondo piano, l'esitazione nel bussare, nel fare il primo passo all'interno, nell'avvertire il vago odore di acqua stagnante nei sifoni inutilizzati, il tintinnio dei rubinetti che perdevano gocce a tempo di musica, tempo che si trovava a contare con le dita sul coperchio della tazza. A volte si fermava solo qualche minuto per prendere il respiro, scostarsi i capelli dalla fronte e incrociare il proprio sguardo nello specchio. Altre, quando il rumore della vita che esplodeva attorno a lui lo faceva sentire terribilmente inadeguato e stanco, trascorreva ore accovacciato sul gabinetto, caviglie incrociate, divisa spiegazzata e nuca appoggiata al muro. Nessuno aveva mai conosciuto quell'Albus, l'Albus che si allentava in nodo della cravatta rosso e oro, l'Albus che si sbottonava la camicia e se ne stava semplicemente lì ad assaporare il silenzio.
L'unica persona con cui aveva condiviso il bagno delle ragazze del secondo piano lo aveva costretto a nascondersi lì un centinaio di volte, la mano davanti alla bocca e il respiro accelerato, in un orribile nascondino che gli costava spesso una punizione.
Poi Albus Severus Potter aveva semplicemente imparato a venire fuori e affrontare il suo inseguitore, con tutta la calma e la corazza di falso coraggio che aveva imparato ad indossare sempre, così che il mondo non si accorgesse di quanto stupido, spaventato e piccolo fosse il figlio del Salvatore del Mondo Magico.

But it was not your fault but mine
And it was your heart on the line
I really fucked it up this time
Didn’t I, my dear?


Flashback***************************************************************

“Severuuuuuuuuuuus vieni fuori, Severus!” la voce cristallina di James risuonò fra le pareti del bagno del secondo piano, rimbalzando impietosamente sulla ceramica sbeccata dei lavandini gocciolanti e contro le sue orecchie tappate. “Avanti fratellino. Non ti facciamo niente...promesso” lo faceva sempre, promettergli che non gli avrebbe trasformato la faccia in quella di un maiale, o fatto crescere le radici di chissà che albero dalle punte dei piedi. Diceva sempre che si faceva così, tra fratelli, semplicemente ci si divertiva.
L'idea di divertimento di James  Sirius Potter lo terrorizzava come poche altre cose al mondo.
Si accoccolò contro il water, le palme sudate delle mani premute contro la testa, mentre tutt'intorno a lui esplodevano frammenti di sanitari e s'infrangevano specchi.
James lo trovò così, accucciato sul pavimento fradicio e attorniato da fontanelle che spruzzavano acqua fredda tutt'intorno. Lo trovò sporco e umiliato, le lenti appannate dal suo stesso respiro accelerato, le palpebre serrate, a dondolare piano avanti e indietro, per scacciare via la paura.
“Severus” lo rimbeccò circondato dalla solita mandria di pecore che erano i suoi amici. Fece schioccare la lingua con disappunto “quante volte ti ho detto che devi venire da me quando ti chiamo?” Albus sollevò lo sguardo sul fratello maggiore tremando solo leggermente. Diventava così cattivo quando lo guardava in quel modo.
Le due ragazze di Grifondoro che facevano parte della sua cerchia di amichette urlanti lo fissavano con identici sorrisi di compatimento, e Albus sentì le punte dei capelli fradici tingersi di rosso fuoco. Una di loro, Rachel Benton, aveva sollevato un sopracciglio sarcasticamente. Non gli sarebbe davvero importato se non avesse avuto una cotta strabiliante per lei dal primo giorno.
James si accucciò accanto a lui, ben attento a non infradiciarsi più del dovuto l'orlo dei calzoni scuri della divisa
“Non è stato un bello scherzo quello che mi hai fatto Sev...come spiegherò alla Preside Maxime che non ho portato io quel Pus di Bubotubero nel suo ufficio e che non volevo che la sua preziosa cattedra di legno di noce si rovinasse irrimediabilmente?” lo sollevò per un orecchio “come, per Godric, devo dirle che il mio stupidissimo fratello voleva farmela pagare perché non sono stato affatto gentile con quella feccia di Scorpius Malfoy al Banchetto di inizio anno?” torse con violenza il suo orecchio, e Albus poté chiaramente avvertire il dolore pulsargli in tutto il cranio. Non aprì bocca, non mosse un muscolo, trattenne disperatamente le lacrime finché i denti che serravano forsennatamente il labbro inferiore non si macchiarono di sangue.
James lo lasciò andare, con un disprezzo palpabile nella postura e nel tono di voce
“Levatevi dai piedi” disse brusco alla combriccola di amici adoranti alle sue spalle. Finalmente anche le sopracciglia inarcate di Rachel Benton svanirono dietro la porta.
Quando suo fratello posò lo sguardo su di lui, non era più lo stesso James Potter; tutta la rabbia, la tensione, il livore, la frustrazione di vivere nella sua pelle sembrava semplicemente scivolati via; anche lui era figlio del Grande Harry Potter, e ne portava il peso ogni giorno.
Si lasciò cadere senza remore nella pozzanghera d'acqua ai piedi di Albus, ed emise un sospiro sibilante
“L'ufficio di Madame Maxime? Davvero? Non potevi, chessò, nascondermi la cacca di gufo nella federa del cuscino o cose così?” si voltò verso di lui, quasi sorridendo “hai idea di quanti secoli mi terrà in punizione quella lì?” Albus si sentì terribilmente in colpa, più di quando si era intrufolato nella serra numero tre a rubare il pus, e poi direttamente nell'ufficio della Preside per spalmarlo sulla sua preziosa cattedra di legno massiccio. Si sentì in colpa, non perché James l'avesse scoperto, non perché probabilmente avrebbe sfogato su di lui ogni più piccola particella di vendetta che riempiva il suo strano testone spettinato, ma perché non era servito a niente. A niente. Avrebbe potuto portare un drago vivo nell'ufficio della Maxime senza che questo servisse a cambiare niente. Un cavolo di maledetto niente.
Si morse il labbro
“Tu non dovevi farlo Jimmy...io sono”
“Cosa? Triste perché il tuo compagno di giochi non ti parla più? Scorpius Malfoy adesso è pappa e ciccia con l'altro idiota di Zane Zabini e tu sei triste?” batté le palpebre, schernendolo.
Non era così, non era vero che James non capiva cosa significasse perdere qualcuno. Semplicemente, voleva che Albus fosse solo, proprio come lui.
“Parlerò con Madame Maxime e le dirò la verità” concesse alla fine, dopo un minuto di silenzio così spesso da poterci camminare sopra. Jimmy si lasciò sfuggire una risata tremolante
“Chissenefrega, le ragazze impazziscono per queste cose” fece lampeggiare il suo sorriso e si alzò, porgendogli una mano umidiccia e coperta di ferite da Quidditch. E Albus accettò quella mano, semplicemente perché James era suo fratello, e solo o meno che fosse, idiota o meno che fosse, non lo avrebbe mai lasciato indietro, nemmeno per tutto il Pus di Bubotubero del Mondo Magico.
“Dimmi una cosa Severus bello” si appoggiò ad un lavandino sbeccato che schizzava acqua ovunque. Agitò distrattamente la bacchetta, e tutto tornò al suo posto “E' davvero per Malfoy del cavolo che lo hai fatto, o volevi solo farmela pagare?” sogghignò scrollando le spalle “perchè andrebbe bene anche così” gli scompigliò i capelli con un buffetto “Sei fico fratello, proprio fico” Albus lasciò per un attimo correre lo sguardo sul cortile interno, sulle pietre del selciato che rilucevano di un rosso infuocato al tramonto. Aveva trascorso giorni interi con Scorpius in quei cortili, su quelle panchine a tentare di mettere una toppa agli incantesimi che suo fratello aveva provato su di lui. Sospirò e si strinse nelle spalle
"Noi...beh....lui era mio amico" non lo disse mai, ma qualcosa di scomodo nel centro del suo stomaco non avrebbe mai smesso di crederlo.

Fine flashback************************************************************

But it was not your fault but mine
And it was your heart on the line
I really fucked it up this time
Didn’t I, my dear?
(Little Lion Man, Mumford & Sons)


Mirtilla Malcontenta non ci impiegò che un paio di minuti prima di venire fuori dal suo bagno preferito, librandosi a pochi centimetri da lui
“Ciao Allllllllllllbussss” sibilò con una risatina dietro gli occhiali dalla montatura spessa. Il suo viso tondo e sfocato gli ammiccò. Come sempre, malgrado sette anni trascorsi con il fantasma in quel bagno, Albus arrossì
“Ciao Mirtilla...ehm...come ti senti oggi?” l'altra rispose stringendosi nelle spalle
“Morta come ieri...ma è veramente beeeeeeello che tu sia qui” storse il naso, innervosita da qualcosa
“Ieri pensavo che fossi tu ma era quella” strizzò entrambi gli occhi con disappunto “svenevole di Serpeverde con il suo amichetto tenebroso” si morse il labbro “un po' la invidio sai?” gli si strofinò contro la spalla, o lo avrebbe fatto se non fosse stata solo una massa indistinta di luci e ombre oblunghe “è così cariiiiiiiiino” i Albus non ebbe il tempo di chiedere a chi si riferisse, che la porta sbatté violentemente contro i cardini, e passi veloci si mossero nella cacofonia di echi che era quella stanza. E poi ci furono ansimi, e gemiti, e qualcosa che somigliava ad una zip che si abbassava, e sussurri, e risate soffocate, e versi che Albus non aveva mai davvero sentito provenire da persone umane.
Si avvicinò alla porta socchiusa sforzandosi di non scendere dal water per non farsi scoprire. Frances Ilbys era addossata ai lavandini, il reggiseno di un rosso che sua nonna avrebbe giudicato osceno, in bella mostra, i suoi boccoli perfettamente curati gettati distrattamente sulle spalle inarcate. E Incubus Mortimer si muoveva contro di lei aritmicamente, sbuffando come un mulo in calore, decisamente meno aristocratico di quanto Albus si sarebbe aspettato.
In un'altra situazione, avrebbe fatto semplicemente finta che non stesse accadendo, accoccolandosi sul water in attesa che riversassero tutta la loro libido e se ne andassero, ma quel giorno non riuscì a smettere, semplicemente, di fissarli. Non avrebbe saputo dire cosa veramente lo spingesse sull'orlo del voyerismo, se fosse Frances Ilbys che, per una volta, non sembrava appena uscita da un catalogo di alta sartoria per streghe, o per Incubus Mortimer, che dismetteva la sua maschera di gelido stronzo snob per trasformarsi in qualcuno di vero, di vivo, con il sangue che pulsava nelle vene. Avrebbe dovuto essere schifato, inorridito e irritato per quell'interruzione fuori programma ai suoi monotoni sermoni mentali del pomeriggio, eppure non poté  fare a meno di deglutire il vuoto nella gola secca, un vago senso di calore sciogliersi lentamente alla bocca dello stomaco.
Serrò le palpebre, tentando vanamente di ricacciare indietro quei pensieri men che illibati, e appoggiò la testa alla parete di pietra fredda del bagno. Ispirò in silenzio mentre Frances Ilbys emetteva mugolii inarticolati e sospirava rumorosamente. Incubus sembrò soffocare un rantolo, e solo il rumore feroce di respiri accelerati riempì il silenzio assordante di quei pochi secondi.
“Non sa cosa si sta perdendo” ridacchiò Frannie armeggiando con la camicetta stropicciata. Incubus sogghignò mellifluo, l'espressione perversa dei suoi occhi appannata dalla spossatezza
“Probabilmente starà cercando invano di portarsi a letto la ragazzetta” le dita di lui scivolarono sulle asole, ma non sembrarono muoversi armoniosamente come al solito. L'indice indugiò sul penultimo bottone un secondo di troppo “vorrei esserci per vederlo...” Frannie scrollò le spalle
“Sinceramente non mi interessa. Possono pure farsi sbranare da un Ippogrifo con la rabbia” la sua bocca dal rossetto sbafato si contrasse in una smorfia di disappunto, mentre si riavviava i boccoli con una forcina verde acceso, in perfetto pendant con le ballerine di vernice
“Sei crudele, è una cosa a cui tieni anche tu” si voltò verso di lei, avvicinandosi al suo viso “sei gelosa?” l'altra sbuffò passandosi velocemente una mano di rossetto carminio sulle labbra
“Dico solo che questa pagliacciata è durata anche troppo. Abbiamo bisogno di lei per il Rituale, e non riusciremo a catturarne un altro prima della prossima luna piena” sporse le labbra per controllare di aver applicato il tutto alla perfezione e fece schioccare la lingua “finché la situazione non si sblocca siamo costretti a fingere, e non mi piace che quella Wahya ci stia addosso come un falco. Mi sento stanata” Incubus Mortimer le fece scivolare una mano sul seno
“Non dai l'idea di essere una che soccombe allo stress” si scambiarono una lunga occhiata carica di significati, e Albus si costrinse a fissarsi la punta delle scarpe macchiate di fango.
Poi la porta sbatté di nuovo, facendolo sobbalzare
“Siete qui...” la voce emise un sospiro sibilante “c'è qualcosa che dovreste sapere” Incubus si voltò verso Frannie e annuì impercettibilmente
“Me ne occupo io...finisci di sistemarti” passi sovrapposti si allontanarono concitati, e il gocciolare ritmico dei lavandini fu l'unico rumore a impregnare la stanza.
Albus si sporse verso lo spiraglio di luce della porta socchiusa e incontrò lo sguardo di lei nello specchio. Frannie non se ne accorse, occupata com'era ad osservarsi, nei minimi dettagli, a labbra serrate in un'espressione indecifrabile. Poi si staccò di colpo dal lavandino e sbatté la porta del bagno accanto al suo, rigettando anche l'anima. Restò lì, squassata dai conati, per un minuto intero, e cominciò a respirare affannosamente, respiri che si trasformarono in singhiozzi, e in un pianto convulso, tanto agghiacciante da spalancare nella mente di Albus la possibilità di farle avvertire la sua presenza, anche solo per assicurarsi che non soffocasse. Poi i singhiozzi cessarono, e lo sciacquone coprì il vano tentativo di Albus di andarsene senza farsi vedere.
Rassegnato all'inevitabile, si avvicinò al lavandino e cominciò a lavarsi le mani, fingendo indifferenza. La porta si dischiuse piano alle sue spalle, e Frances Ilbys ne uscì eterea e intoccata come una bambola di porcellana. Forse, pensò Albus, quella crepa sul suo viso perfetto l'aveva vista solo lui. Per un attimo, anche lei era stata viva e umana.
Ma lo sguardo di gelida noncuranza che incrociò il suo nel riflesso dello specchio raccontava una storia di cui entrambi conoscevano la fine
“Potter, hai deciso di confessare al mondo i tuoi più intimi segreti?” Albus sollevò un sopracciglio
“Mi sto lavando le mani in un bagno, non mi sembra di aver fatto niente di sconvolgente”
“Delle ragazze, Idiota, il bagno delle ragazze, e a meno che tu non abbia deciso di ammettere la tua confusione sessuale, non spiega cosa ci faccia qui” si avvicinò per sciacquarsi il viso, e i loro gomiti si toccarono senza che lei si scostasse. Anche solo sfiorarlo aveva sempre rappresentato un'onta inaffrontabile per Frances Ilbys. Quella volta nemmeno ci fece caso, sfregandosi le mani come se le avesse immerse nello sterco di drago ancora caldo.
“Mi dispiace” ironizzò “la prossima volta che dovrò svuotarmi la vescica scenderò ancora due piani e magari la farò in un'armatura” Frannie sollevò eloquentemente un sopracciglio accuratamente disegnato
“Per quello che mi interessa, puoi anche bertela d'un fiato” estrasse un tubicino color verde acido e sembrò dedicare tutta la sua concentrazione nell'applicare il mascara sulle ciglia arcuate. In realtà i suoi occhi quasi gialli indugiarono un istante di troppo su di lui, sulla sua cravatta allentata e i capelli più spettinati che mai. Un angolo della bocca le si sollevò in segno di scherno
“Non verrai mica qui a giocherellare con la tua bacchetta Verginello Potter?” Albus, malgrado tutto, arrossì, scatenando in lei una sonora risata gorgogliante “Per Salazar...sei così tenero” il modo in cui lo disse, chiarì inequivocabilmente l'opinione che lei aveva delle persone tenere.
Albus si sistemò istintivamente, punto nel vivo. Con lo sguardo di lei che lo studiava
"Potter sei patetico...riuscirai mai a perdere la verginità, o dovremo organizzare un altro Torneo Tremaghi?"
“Ti farò un fischio quando succederà” la freddò “tanto i tuoi standard non sono mai stati troppo elevati” per un attimo gli sembrò di vederla sgretolarsi dalla rabbia, il giallo che diventava verde e poi nuovamente giallo nelle iridi. L'attimo dopo il suo viso sembrò semplicemente inespressivo
“Non così poco elevati Potter” ripose con cura il tubetto nella borsa dei libri e gli dedicò un'ultima occhiata sprezzante.
Il ticchettare delle ballerine sulla pietra risuonò come la ritirata di un esercito sconfitto.

***

La teiera emise un fischio così penetrante da farle storcere la bocca e chiudere gli occhi nel tentativo d'impedire a quel rumore di diventare tutto il suo universo. Si sforzò di allontanare le unghie già abbondantemente mangiucchiate dalla bocca screpolata, tentando inutilmente d'impiegarle in qualcosa che non le facesse sanguinare.
La rivista babbana datata e incartapecorita che le era capitata a tiro aveva perso ampiamente tutta la sua attrattiva appena le aveva dedicato più di un briciolo della sua attenzione, e le figure in primo piano sulla copertina patinata non erano altro che personaggi dello spettacolo fotografati in spiaggia, sui loro yacht da chissà quanti soldi dei babbani senza avere nessun merito se non quello di essere uno più svestito dell'altro.
Magica o meno, la popolazione del mondo amava sbirciare nelle vite degli altri più di quanto si sforzasse di vivere la propria. Almeno nelle riviste scandalistiche dei maghi le figure si muovevano, aveva pensato lasciandola cadere, annoiata, su un tavolino ricoperto di polvere.
L'interno della casa era buio e odorava di chiuso e abbandono: era stata una dimora signorile un tempo, probabilmente illuminata a giorno degli sfarzi di un'epoca di benessere, persone che entravano e uscivano, che le attribuivano un significato, dei sentimenti, qualcosa di se stessi. Era stata una casa invidiabile un tempo, con ampie vetrate colorate, pavimenti di parquet pregiato, tappeti pregiati e quadri d'avanguardie artistiche appesi alle pareti. Probabilmente nel camino dove le fiamme lottavano per non essere soffocate dalla trascuratezza e la polvere, anni prima c'era stato un fuoco vivo e scoppiettante, un calore che si spandeva in ogni dove e penetrava nelle ossa.
Incubus si sedette sui talloni, tentando di salvare il salvabile, le fiamme incerte che disegnavano strani arabeschi fra i suoi lineamenti.
Anche lui, anni prima, doveva essere stato così. Allo stesso modo era spento, gelido, incolore, soffocato dalla polvere che aveva lasciato accumulare, a strozzarsi con la trascuratezza di cui era responsabile.

Flashback*******************************************

La neve si spandeva a vista d'occhio nel fischio del vento implacabile che le frustava il viso e il corpo indifeso. Era rimasta inginocchiata nella neve che andava sciogliendosi a contatto con la sua pelle ad osservare le palme aperte delle mani che si congelavano piano piano; i capelli fradici e aggrovigliai giocavano di strani riflessi con l'immutabile candore attorno a lei, schiaffeggiandole il viso e le spalle.
Incubus la guardava due passi dietro, immobile, senza in realtà vederla. Era rigido, la mandibola contratta di una pace perversa, l'espressione indecifrabile sul viso sporco di terra e sangue, i capelli appiccicati alla fronte e la divisa ormai stracciata e lercia. Stringeva fa le dita la bacchetta come se fosse il suo stesso cuore pulsante, convulsamente, le nocche bianche allo spasimo tese sulla superficie. Un solo attimo di pressione e l'unica arma che avessero per contrastare qualunque cosa li stesse minacciando si sarebbe frantumata sotto il peso di una rabbia convulsa e di un furore inarrestabile, mascherati dalla vitrea rilassatezza di una farsa.
Alla fine, quando era diventata quasi viola per il freddo, Rose era riuscita a rimettersi in piedi a fatica, gli arti che non rispondevano al suo volere e la sensazione che la carne le si sarebbe staccata dalle ossa. Aveva alzato lo sguardo e l'aveva vista: una casa enorme, signorile, minacciosa e spoglia che si ergeva contro il bianco del cielo e del terreno, quasi un'illusione ottica incastonata nell'insopportabile candore.
"Che cos'è?" si trovò a chiedergli come una stupida di fronte all'imponente abitazione. Gli occhi di lui vagarono quasi distrattamente sulla facciata ricoperta di edera, arrampicata sui cornicioni, le imposte scardinate, gli scavi delle crepe e le macchie scure che disegnavano strani paesaggi sugli angoli bruciati e il tetto cadente. Sembrava una casa a cui avessero strappato la vita con violenza, condannandola alla perenne e maestosa bellezza corrotta dalla desolazione.
Incubus non le rispose per quelli che sembrarono interi  giorni.  Il vento ululava disperatamente infiltrandosi negli spazi scavati dalle intemperie in un continuativo e insopportabile lamento di dolore. Sembrava li implorasse di essere distrutta definitivamente, bruciata e ricoperta di sale; sembrava chiedere la pace di poter essere lasciata andare definitivamente.
Camminarono in mezzo a quello che un tempo era stato il giardino, la staccionata divelta in più punti, i pali che sbucavano sparuti dalla neve, storti e marci, l'ultimo baluardo di quello che erano stati, fieri e lucidi in giorni lontani e pieni di colore.
Il ragazzo si fermò, inginocchiandosi a terra nella neve alta e intoccata, scavando duramente nella gelida consistenza del terreno, fino a che il vecchio selciato non si mostrò ai loro occhi, bagnato e invecchiato, intaccato dal gelo e il disuso. Su una pietra levigata grande quanto un piatto da portata una scheggia verde scavava una venatura inquietante nel ciottolo appiattito, come una goccia di sangue sgorgata da una ferita del terreno.
Incubus fece scivolare le dita in quello che era l'ultimo ricordo rimasto di un Incantesimo mai andato a segno.  
"E' il posto dove sono morto..." sussurrò, sfiorando concentrato l'Avada Kedavra che lo aveva mancato per un soffio, portandosi via tutta la sua famiglia. Tutti conoscevano quella storia, a Hogwarts, da quando Incubus Mortimer aveva fatto la sua comparsa a Trasfigurazione al quinto anno. Il nuovo Bambino Sopravvissuto cresciuto come un babbano fino a quando il suo segreto era stato svelato.
L'ultima traccia visibile della Maledizione Senza Perdono che lo aveva sfiorato appena riluceva di una luce intensa e spaventosa, la cicatrice di un passato che tutti sembravano conoscere meglio di lui. Quella era casa sua, ferita, abbandonata e divorata dalle intemperie, portava la cicatrice che Incubus non aveva mai mostrato a nessuno. Rose trattenne il respiro mentre l'imponente abitazione le restituiva uno sguardo impassibile.

Fine Flashback****************************************

Si sforzò di ignorare i passi di lui dietro le spalle, raggomitolandosi sul tappeto logoro e maleodorante di muffa con le mani protese verso il debole fuoco. Si sentiva come se non esistesse più calore capace di scaldarla, come se il gelo della neve le si fosse impregnato nei muscoli, i nervi e le ossa, come se lo stesso sangue che pompava debolmente nelle vene fosse stato sul punto di congelarsi. Il getto d'aria calda che Incubus aveva usato per asciugare i suoi abiti, e lei, non era stato lontanamente sufficiente a sottrarla da quella sensazione di morte che la circondava.
Non aveva sollevato lo sguardo nemmeno per un secondo, comportandosi come se Rose a malapena esistesse, continuando a muoversi a ritmo serrato in ogni angolo della casa, senza requie, senza aprire bocca, respirare, o dare segno di essere vivo e non uno spettro che popolava quelle mura e attraverso esse tornava a vivere.
“Questo è il posto in cui sono morto” aveva detto poco prima di trascinarsi in stato di trance nella tetra villa abbandonata, e forse era stato davvero così. Forse il bambino venuto fuori dalla neve sette anni prima non era lo stesso che ci era entrato. Forse Rose conosceva solo quello che il gelo gli aveva fatto, che il fuoco aveva bruciato, che l'abbandono aveva consumato di lui. Forse l'Incubus bambino che correva per le stanze preda dell'entusiasmo e della vitalità dei suoi dieci anni le sarebbe piaciuto, forse non avrebbe guardato il mondo con quella fredda noncuranza, forse sarebbe stato anche capace di amare. Forse.
Ma l'Incubus che conosceva lei, quello che silenziosamente, quasi strisciando, le si era fermato alle spalle, non aveva da donare più calore di quelle fiamme morenti, soffocate, disperate. Ciò che era rimasto, dopo la neve, e il fuoco e la polvere erano occhi che non si animavano se non di follia, parole che scivolavano attraverso un cuore vuoto, e gesti meccanici privi di anima, che toccavano il mondo per caso, senza affondarvi, senza lasciare né prendere, senza pulsare. Eppure, come quei guizzi tremolanti di strenua lotta tentavano imperterriti di non venire sopraffatti, qualcosa poteva essere rimasto sepolto al di sotto di decine di strati di dimenticanze e abbandono. Eppure il suo respiro controllato era caldo, e ritmico, e le sfiorava la pelle dietro il collo come soffiato via da un posto che non poteva essere morto, non del tutto.
Incubus si accovacciò a gambe incrociate accanto a lei, fra le dita una mastodontica radio babbana con le valvole, di quelle che nonno Arthur esponeva da anni nel capanno vicino alla Tana, felice come un bambino nel negozio di Scherzi di suo zio George. Le sue dita ancora insanguinate e incrostate di sporco sotto le unghie si muovevano distrattamente, girando le rotelle sovrappensiero, lo sguardo fisso nelle fiamme illuminato di una nuova follia. Se fosse un nuovo tipo di follia o solo un'evoluzione, Rose non era sicura di volerlo sapere. Deglutì mordendosi il labbro
“Perché siamo qui? Perché non siamo tornati indietro, a Hogwarts?” lui non le rispose, le mani impegnate a trovare una stazione radio senza voce, sintonizzata su una frequenza fantasma. Alla fine, lentamente, si fermò, poggiò l'anticaglia accanto al fuoco, in modo che le deboli fiamme si riflettessero sulla liscia superficie in legno, restando a guardarla senza sbattere le ciglia, come se temesse di perdere anche solo un istante di quell'ipnotico spettacolo. E rispose
“Piagnucolare non rientra nei miei piani” ribatté semplicemente, la voce modulata e piatta. Rose avvertì la rabbia sbirciare dall'angolo remoto in cui l'aveva custodita fino ad allora. La paura, il dolore e il senso di sconfitta che l'avevano attanagliata durante quei lunghi giorni di prigionia erano stato appropriatamente soffocati dal sollievo di essere salva, fuori da quella cella che odorava di speranza tradita. Incubus non le aveva parlato, non l'aveva guardata o toccata in nessun modo, e si stava avvinghiando in se stesso per non doverla affrontare. E lei non era una persona facile da ignorare
“Bene” si alzò, allontanandosi dalla debole carezza delle fiamme, rendendosi veramente conto di quanto, in realtà, facesse freddo. Fece per Smaterializzarsi, inutilmente.
“Non ci sperare, finché io sarò vivo questa casa sarà Irrintracciabile e nessuno potrà Materializzarsi o Smaterializzarsi tranne me” Cominciare a fargli domande sul genere di Incanto Fidelius che avevano usato sarebbe stato tremendamente da Rose, ma tremendamente inopportuno.
“Lasciami andare allora. Non ti servo a niente, non vuoi nemmeno avere a che fare con me, né io con te. Riportami a casa e resta qui a contemplare il fuoco acceso fino alla fine dei tempi, non mi interessa. Io voglio solo tornare a casa” lo sguardo di Incubus scintillò nel suo, minaccioso
“Tu non ti muoverai di qui Rose Weasley, non fino a quando non avremo scoperto chi ci ha rapiti, e perché?” serrò i pugni contro i fianchi
“E se io non volessi saperlo? Se a me importasse solo di essere viva e di avere ancora una vita da cui tornare?” l'espressione che comparve lentamente sul viso dell'altro non sarebbe sembrata un sorriso nemmeno a Pablo Picasso, eppure poté giurare che lo fosse
“Tu non hai proprio niente da cui tornare Rosie. Tu sei a Hogwarts, nel tuo comodo letto a baldacchino insieme alle tue compagne di stanza a dormire beatamente, ignara di cosa sia il dolore, o la prigionia, o la paura” inspirò “tu non esisti più, e nemmeno io” ravvivò il fuoco con un attizzatoio arrugginito “goditela, perché esistere pare incredibilmente difficoltoso ultimamente” continuò a giocherellare con le braci ardenti per interi minuti, finché lei non sbottò, strappandogli l'attizzatoio dalle mani, mandandolo a schiantarsi contro una parete. Il clangore si spandette nel silenzio tombale di quella stanza, scivolandole sulla pelle come un brivido gelato. Non a lui. Lui non sentiva niente.
“GUARDAMI, MALEDETTO SALAZAR!” urlò più per scacciare il terrore che per richiamare la sua attenzione. Aveva mantenuto la calma costantemente, senza lasciarsi andare allo sconforto e a nient'altro che potesse renderla debole. Ma lei si sentiva debole, era davvero terrorizzata, e si sentiva parte di un disegno di cui non riusciva nemmeno a scorgere i contorni, intrappolata in una tela troppo complessa per la sua povera mente e i suoi poveri nervi. Era a pezzi, avvertiva il mondo scricchiolarle sotto i piedi impietosamente, impiegava ogni briciolo di volontà per non mettersi a tremare fino a battere i denti, e Incubus Mortimer sembrava più interessato a far funzionare una maledetta radio d'epoca che non riceveva una frequenza da anni piuttosto che guardarla negli occhi.
Lo colpì ad una spalla con tutta la debole forza che riuscì ad imprimere a quel gesto. Lo colpì, cercando di scrollarlo, di ravvivarlo come il patetico fuoco ai loro piedi.
Incubus si alzò con uno scatto, bloccandole le spalle. Se le avesse urlato contro non avrebbe potuto ottenere un effetto più immediato. Ogni pensiero partorito dalla mente di Rose si spense in un vorticare di sensazioni diverse che le intossicarono la stessa facoltà di discernimento.
Si sentì improvvisamente debole, e desiderò solo di essere con qualcuno che non avrebbe battuto ciglio nel vederla piangere disperatamente. Ma non avrebbe pianto Rose Weasley, perché piangere non avrebbe rappresentato che un nuovo problema da gestire, e a lei era stato insegnato che i problemi vanno risolti, non alimentati.
Incubus Mortimer le stringeva le spalle in una presa che sarebbe potuta essere imperiosa, ma sembrò a malapena sfiorarla. Il suo sguardo, figlio di una follia mai vista prima, poteva incatenarla ovunque senza toccarla.
“Hogwarts è compromessa” esalò alla fine “non siamo al sicuro lì più di quanto non lo siamo stati in quella cella” sollevò un angolo della bocca, tentando di apparire rilassato “Ma non si dica che sono un autoritario miope e senza cuore” si attorcigliò una ciocca di capelli attorno all'indice e sogghignò “Se vorrai andare ancora via domani, allora ti scorterò personalmente dalla tua mammina Mezzosangue e potrai riabbracciare i tuoi patetico parenti. Per quanto possa essere spaventoso condividere con me un'altra notte” il modo in cui lo disse, quasi senza emettere suono, le fece accapponare la pelle sulla spina dorsale “è meglio che tornare lì”. Solo in quel momento, Rose Weasley si accorse che tutto, fuorché la paura di restare lì, avevano mosso le sue azioni.
Malgrado tutto, che Incubus Mortimer fissasse ostinatamente fiamme morenti di un camino semidistrutto o la decidesse che baciarla fosse la tattica migliore per fuggire da una prigionia di giorni, aveva smesso di farle paura molto tempo prima. Forse, l'unica cosa a farle davvero paura, era il modo in cui agiva di riflesso.
“Non mi terrorizza Incubus” sentire il proprio nome pronunciato da lei fece danzare qualcosa nella follia dei suoi occhi “stare qui non mi terrorizza, questa casa distrutta non mi terrorizza, il tuo sguardo folle non mi terrorizza” inspirò tremando leggermente, e poso le mani su quelle di lui, ancora poggiate sulle sue spalle. Ricaddero lungo i fianchi, mollemente, debolmente, stancamente. Chiuse gli occhi, avvertendo solo il ritmico pulsare del proprio sangue. Poi li riaprì, nella semioscurità di una casa infestata da fantasmi che non poteva vedere, perché sopravvivevano in lui. Al posto suo, divorandolo.
“Questo mi terrorizza" ammise semplicemente lasciandogli andare le dita "non avere più paura di te...è terrificante...” Incubus Mortimer le coprì lo zigomo con il palmo della mano
“Sono sempre il cattivo della tua storia Rosie, dimenticarlo è da stupidi” la vena vagamente minacciosa delle sue parole le scivolò addosso impietosamente. Era vero, tutto maledettamente vero.
“Non è la cosa più stupida che ho fatto ultimamente” tornò a fissare le fiamme, che nel frattempo sembrarono ravvivarsi leggermente, sfrigolando contro il legno finalmente asciutto.
Incubus si chinò sulla radio ancora accanto al camino, e la gettò nel fuoco dopo appena un attimo di esitazione. Il fuoco parve cantare e scoppiettò investendoli di un rassicurante respiro di calore.
E il gelo sembrò semplicemente essere andato via, come mai arrivato.
Si abbracciò le ginocchia contro il petto e rimase semplicemente in silenzio.

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Angolo della delirante autrice: buonasera...stranamente non notte, non ad orari improponibili e con un po' più di calma (e meno errori di ortografia) del solito^^
Questo capitolo tenta vanamente di scavare un po' di più nel nostro (almeno mio sì) amato Albus, il suo rapporto con James, tutto quello che della sua “rottura” con Scorpius non abbiamo mai saputo. Non ha raccolto molti fans Albus, e posso anche capire perché, spero di averlo ridimensionato agli occhi dei miei amati lettori. Fatemi sapere se il suo fan club si è rimpolpato un po'^^
Un paio di precisazioni tanto per dire. Orfeo Emerso è un romanzo di Kerouac (la Beat piace a Scorpius, come certamente voi attenti e adorabili lettori ricorderete), e, direttamente da Wikipedia, “narra le passioni, i conflitti e i sogni di un gruppo di giovani bohemians . Kerouac scrisse il romanzo subito dopo aver conosciuto Allen Ginsberg, William Burroughs, Lucien Carr e altri futuri amici. La vicenda si svolge all'interno e intorno alla Columbia University.”
La canzone che fa da colonna sonora al capitolo è Little Lion Man dei Mumford & Sons (gruppo folk inglese che amo come poche altre cose al mondo*__*) e potete trovarla qui
Un immenso a mai abbastanza caldo ringraziamento a tutti voi che siete ancora qui nonostante tutto, al Club dello Sclero nelle manifestazioni e nei momenti in cui si palesa, e a quelle persone che ormai tutti conoscete che sono alle mie spalle, sempre, nel caso perdessi nuovamente l'equilibrio. Nessuna dedica sarebbe mai abbastanza.

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Capitolo 36
*** Il Paradiso Perduto ***


Il Paradiso Perduto

Sangue perfetto, che poi non si beve
da l'assetate vene, e si rimane
quasi alimento che di mensa leve,
prende nel core a tutte membra umane
virtute informativa, come quello
ch'a farsi quelle per le vene vane.
(Divina Commedia, Purgatorio, Canto XXV, vv 37-42)


Gocciolò. Rosso scuro, vivo, pulsante e denso scivolò giù per il suo gomito come acqua che ruscella sulle rocce d'estate, in modo così naturale che quasi pensò fosse così che doveva andare, fosse quello il suo posto, la sua destinazione. La pelle si macchiava un millimetro alla volta, impregnandosi, rallentando la sua corsa fino all'estremità, dove lo attendeva solo il baratro.
I suoi occhi indugiarono su di lei un istante di troppo.

Spare me your judgements and spare me your dreams
Cause recently mine have been tearing my seams

Una goccia precipitò a terra rimbombando nel silenzio con uno schiocco fradicio. Era stata silenziosa, eppure gli intontiva ancora i timpani come un'esplosione.
“E' questo che vuoi?” parlò lei alla fine, tenendo il braccio sollevato in aria, il sangue che scorreva sulla pelle come le sue lacrime sul viso. Si sarebbero mischiati a terra, pensò distrattamente, vorticando sulla fredda pietra impermeabile. Prima di quel momento lui non vi avrebbe prestato che una vaga attenzione, lo avrebbe notato, come un dettaglio fastidioso da tenere a mente per evitare di sporcare la volta seguente. Ma allora se ne accorse, e lo trovò ipnotico, e stupendo nel suo naturale manifestarsi.
Anche del dolore di lei si sarebbe a malapena accorto. Fino ad allora, forse nemmeno lo avrebbe riconosciuto come tale. “E' questo che ti serve?” il palmo della sua mano cozzò contro il suo viso, impiastrandolo di sangue caldo e dall'odore metallico “Questo?” lacrime calde scivolarono una sull'altra a sostituire quelle che erano cadute sullo scollo, fra le labbra socchiuse, al di sotto del cotone marrone scuro del pullover. Strinse le mani a pugno con violenza, e lo afferrò per la camicia immacolata. L'aveva previsto, l'aveva visto succedere nella sua mente migliaia di volte; anche un attimo prima che si muovesse e lo afferrasse, anche prima che le sue dita si chiudessero attorno alla stoffa per macchiarla irrimediabilmente, anche prima che il suo sguardo fosse così vicino da vedere le gocce tentennare fra le ciglia.
L'aveva visto succedere, ma era rimasto paralizzato, immobile, disarmato da quella dimostrazione di dolore così insopportabilmente umana. Era diventato insensibile alle miserie dell'uomo, eppure non poteva spingerlo via da sé, non voleva, ne era affascinato e rapito ad un punto tale da perdere coscienza di quale fosse il suo ruolo in quel momento.
Alle sue spalle avvertì qualcuno trattenere il respiro, ma non un solo suono si agitò nella calca della tensione e l'attesa.
Lei esaminò per un attimo la ferita, come se cercasse nei suoi ricordi il motivo per cui se l'era inferta. Sembrò smarrita, e persa, e incredibilmente inerme. Poi gli avvicinò il braccio al viso, spalmandogli il sangue sulle labbra come un'impronta, intangibile e incancellabile.
Le lacrime che non voleva lasciar asciugare sulle guance risucchiate dalla pelle disidratata.
Si leccò le labbra con lentezza, assaporando il ferroso sapore della vittoria. Letteralmente.
“A cosa è servito? Tutto il dolore, e la sconfitta, e la frustrazione, a cosa sono serviti?” aveva smesso di piangere, rimanendo inerme davanti a lui, con il sangue denso che rallentava fino a fermarsi, incastrandosi fra le dita, imprigionato dalla sua stretta, pur nella forza di gravità. I pugni serrati tremavano lungo i fianchi, ma non si allontanò né abbassò lo sguardo.
Soppesò la risposta a quella domanda fino a quando il dilatarsi stesso del silenzio sembrò insopportabile alle sue orecchie

I sit alone in this winter clarity which clouds my mind
Alone in the wind and the rain you left me

“Se ti può essere di conforto, sei parte di qualcosa che nemmeno immagini” non lo era, e non lo sarebbe stato nemmeno per lui.
L'afferrò con malagrazia, accelerando il flusso sotto le sue dita, assieme al battito di lei intrappolato sotto la pelle, e avvicinò il suo polso al calderone fumante di miasmi violacei e cupi. L'odore della pozione aveva il vago sentore della decomposizione e la morte, ed era così denso da poter fondere il peltro in pochi secondi. Eppure si agitava blando nel suo contenitore, in attesa.
Le loro mani rimasero sospese per qualche istante, mentre seguiva con lo sguardo il percorso ad ostacoli della goccia di sangue, l'ultima, che avrebbe completato il rituale, finalmente, restituendo ad ognuno di loro quello che di se stessi che avevano immolato alla vita per arrivare fino a lì.
In un attimo dove anche un solo respiro avrebbe frantumato i vetri delle finestre, la goccia si sangue tremolò e cadde, semplicemente, come se non ci avessero impiegato tutta una vita a fare sì che accadesse.
L'ultima cosa che vide, fu la lacrima di lei che scivolava lungo la guancia e precipitò sulla sua mano appoggiata al bordo dai contorni irregolari del calderone. La sentì bruciare sulla pelle come fuoco di drago, ma non ritrasse la mano.

It’s getting dark darling, too dark to see
And I’m on my knees, and your faith in shreds, it seems

***

“Cosa significa questo?” Incubus sollevò a malapena gli occhi dal libro che stava leggendo. Era in rumeno, la sua lingua madre, e Rose non era riuscita a decifrare una sola parola. L'unica cosa di cui poteva dirsi certa era che, qualunque cosa ci fosse scritto, era per Incubus più importante di lei. E del mondo, e di qualsiasi spiffero gelido falcidiasse i suoi respiri e costringesse le fiamme del camino a ritrarsi in se stesse. Era snervante doversi muovere a ritmo del fuoco nella speranza di catturare una fiammella di calore in quell'umido pastrano logoro che era il loro rifugio.
Si strinse addosso il cappotto sdrucito e rosicchiato dai topi che aveva trovato in un armadio all'ingresso, divorato dai tarli, che puzzava immondamente di chiuso e muffa. L'odore le era penetrato così a fondo che non era certa di essere capace di liberarsene.
Incubus sollevò un sopracciglio, interrogativo
“Questo?” sollevò il tomo consunto e impolverato “non lo conosci? E dire che pensavo fossi una strega informata” il suo tono era intriso di sarcasmo, accompagnato da una lieve sfumatura noncurante. Non c'era più intensità, o una scintilla di umanità nel suo sguardo, o nella sua postura, o nei gesti misurati con cui si passava il dito sulle labbra per poi sfogliare le pagine “Paradiso Perduto, un'ottima lettura, se si considera che l'autore era un Babbano” sussurrò percorrendo con lo sguardo il profilo del libro, l'angolo acuto della copertina, il frontespizio dalle pagine ingiallite della consistenza di una pergamena antica e l'odore di polvere e di marcio.

Corrupted by the simple sniff of riches blown
I know you have felt much more love than you’ve shown

Lo sfogliò velocemente, le dita lunghe e affusolate che si muovevano con grazia sulle pagine incartapecorite, e sorrise. Non c'era niente di vivo nel distendersi delle sue labbra, nell'arcuarsi sottile della cicatrice a mezzaluna, nello scintillare di denti bianchi e letali come quelli di un predatore. Le aveva chiesto una notte, una sola notte per decidere, e Rose la stava trascorrendo a guardarlo mummificarsi
“Sbalordito il diavolo rimase, quando comprese quanto osceno fosse il bene” sussurrò in un tono a malapena udibile avvertendo un pesante nodo di ghiaccio scivolarle in gola. Non sarebbe mai uscita viva da lì, lo comprese con chiarezza in quel momento. Probabilmente lo aveva sempre saputo, ma solo allora si rese conto che Incubus Mortimer non l'avrebbe mai lasciata andare. Che lui fosse o meno il Diavolo incarnato, un incubo in carne ed ossa pronto a sbranarla e a trascinarla nelle più oscure pieghe dell'Inferno, Rose Weasley aveva perso parte di se stessa in quel viaggio, indipendentemente dalla destinazione.
Incubus le concesse un sorriso compiaciuto, un'espressione che su chiunque altro sarebbe sembrata rincuorante, ma che l'atterrì. La terrorizzò, e allo stesso tempo sembrò strapparle con un pugno l'aria nei polmoni.
Fece perno sui braccioli della poltrona sventrata su cui si era seduto e si alzò, avvicinandosi a lei, accovacciata sul tappeto logoro davanti al camino, ancora stretta nel suo cappotto bucherellato.
“Perché credi che ti abbia salvato la vita Rosie? Per pietà, misericordia, empatia?” lei si voltò, fendendo lo spazio che li separava con uno sguardo tagliente
“Perché non sei un assassino, mi verrebbe da pensare, ma credo di sbagliare anche in questo...” biascicò a mezza bocca, tornando a fissare le fiamme. Incubus fece schioccare la lingua con divertito disappunto
“Temo che tu non comprenda appieno in che incredibile guerra sotterranea ti sei cacciata” non sembrava né costernato né infastidito. Solo affettato, in un modo che Rose avrebbe voluto strappargli via di dosso per vedere se avrebbe sanguinato, o respirato, o sarebbe morto. Qualsiasi cosa pur di provare a se stessa che aveva di fronte qualcuno vagamente vivo.

And I’m on my knees and the water creeps to my chest

“L'unica guerra che conosco l'hai dichiarata tu” mormorò rabbiosamente, gettando tra le fiamme un lembo di tappeto che le si era disintegrato fra le dita “hai avvelenato qualsiasi cosa. Hogwarts, la mia vita, la tua” si voltò verso di lui il gelo in gola che si scioglieva in respiro ribollente di angoscia “Non hai nessun diritto di farlo Incubus. Forse la tua famiglia è stata uccisa, forse hai avuto un'infanzia orribile e forse covi dentro di te tanta rabbia, e sofferenza, e paura anche...ma questo” indicò la stanza dalle pareti dardeggiate di quadri e drappi preziosi, vecchi, consunti, lisi fino a cancellare la trama dei tappeti e la fantasia delle tende “e questo” inchiodò su di lui il suo sguardo, indugiando sul suo viso pietrificato dall'immobilità, la ruga appena accennata fra le sopracciglia brune e la linea distesa delle labbra “non ti rendono una persona che cerca giustizia e per farlo è costretta a scavalcare i sentimenti degli altri” deglutì, avvertendo il nodo del suo petto allentarsi “ti rendono solo un essere vuoto, un mostro incapace di fermarsi e di restare aggrappato alla realtà” serrò le dita attorno alla stoffa lisa del tappeto, artigliandosi al tessuto cadente come se potesse impedirle di sprofondare davvero fino nelle incandescenti viscere della Terra.
Incubus restò immobile per un attimo, inghiottendo voracemente le sue parole. Poi sorrise, meno rigidamente e meccanicamente di poco prima, eppure inquietante allo stesso modo
“Quindi è così che mi vorresti? Un disperato eroe romantico legittimato alla vendetta? Protetto nel suo ferire gli altri dall'inattaccabile logica della sua motivazione?” incrociò le braccia al petto, sentenzioso “mi stai veramente dicendo, Rose Weasley, che se fossero il dolore e la sete di rivalsa a muovere le mie azioni, diventerei il tormentato protagonista della tua storia, anziché il cattivo?” Rose si alzò per fronteggiarlo, avvertendo la pelle non più esposta al calore del fuoco farsi umida e fredda. Si strinse nelle braccia, inutilmente. Eppure il cuore le pulsava con una potenza quasi sfiancante, e il sangue scorreva veloce, quasi dandole alla testa.
I due si osservarono per qualche istante, prima che lei riuscisse a rispondere
“E con questo? Non sarebbe giusto vendicarti? Legittimo?” Incubus rise, riversandole addosso un'ondata di brividi gelati. Fu una risata di scherno così tagliente che Rose credette di sentirla frantumarsi contro il muro alle sue spalle
“La legittimità non  rende meno dolorose le ferite che ho inferto o meno amare la lacrime che sono state versate. La legittimità non peserà meno su di me, e non renderà la mano con cui ho scagliato i miei incantesimi più ferma” si passo una mano sul collo, nell'unico gesto umano che gli avesse visto fare fino ad allora “non posso fingere di essere solo un bamboccio sentimentale perché tu possa volermi, al sicuro da te stessa e dalla dilaniante paura che hai di diventare come me...” quelle parole piovvero fra loro in una cascata scrosciante di consapevolezza e terrore.

But plant your hope with good seeds
Don’t cover yourself with thistle and weeds

Incubus fece un passo verso di lei, poi un altro, e un altro ancora, finché non si trovò così vicino da percepire  il flebile calore emanato dal suo corpo.
Allungò una mano a coprirle una guancia, e serrò le dita attorno al suo mento, nella solita frustrante mescolanza di dolore e anticipazione che la facevano sentire sporca e disperata.
“Ma guardati Rosie, così inerme e tremante” sogghignò crudele “lì, in attesa che mi avventi su di te così che tu non debba ammettere che vuoi tutto questo quanto lo vuoi” le fece scivolare un fito lungo il collo, percorrendo quasi distrattamente la clavicola. Sorrise, a rilento, come se assaporasse davvero quel momento.
Rose si divincolò con un  movimento brusco
“Non è così” sibilò passandosi con decisione una mano sul viso, tentando inutilmente di allontanare da sé la sensazione della sua mano, e la consistenza di quel tocco, reale, vivo, a dispetto di quella situazione paradossale “sei spaventoso. Ho pensato, maledetta Morgana, ho davvero creduto che tu avessi ancora qualcosa per cui sforzarsi di capire Mortimer. Ho sperato che la tua fosse solo una recita ben congegnata, qualcosa oltre cui andare per poter vedere davvero cosa si nasconde in te. Mi hai salvato la vita quando potevi semplicemente lasciarmi al mio destino in quella cella, e non mi hai ancora uccisa neanche adesso, nonostante io sappia cosa nascondi” deglutì, inspirando profondamente “non so chi tu sia, credevo di saperlo ma non è così. Non voglio entrare nella tua testa, non voglio conoscere altro di te perché so che non potrei riemergere dall'orrore che è la tua mente” si passò una mano sul viso “voglio solo smettere di vedere la tua faccia in ogni istante di questa follia, e tornare a casa, e non sentirti sotto la pelle come una dannata malattia, e non pensare che c'è una piccola parte di me che vuole tutto questo, e si sente soffocare al pensiero di vedere l'alba domani, e tornare ad essere la persona che era” sospirò lasciando scorrere le calde lacrime di resa che aveva trattenuto fino a quel momento “non sono più quella persona, ed è tutta colpa tua...” ansimava. Non si era accorta di aver percorso interamente la stanza a grandi passi, gesticolando, imprecando, muovendosi come un animale in gabbia. Le sue sbarre, Rose Weasley, le stava sradicando una ad una.
Incubus le arrivò alle spalle, non tanto vicino da toccarla, ma abbastanza da assicurarsi che sentisse su di sé la sua presenza
"Posso essere tutto quello che vuoi” sussurrò al suo orecchio sfiorando la pelle dietro il collo “posso essere il tuo eroe tormentato, il tuo martire, il tuo paria, qualsiasi cosa” le fece scivolare la mano sul ventre, attirandola a sé, imperioso e crudele, come sempre “Potrei addirittura pentirmi e chiedere pietà, inginocchiarmi di fronte ad un potere che non riconosco” le affondò il viso fra i capelli inspirando profondamente “implorare e piangere per una giustizia in cui non credo, Rose Weasley e rinunciare ad ogni mio proposito da qui all'eternità. Potrei essere quello che tu desideri, quello che va bene per te e per nutrire la tua coscienza rancida e piena di falle, ma non sarebbe altrettanto...appagante" intrecciò le dita ai suoi capelli, costringendola a ripiegare il capo all'indietro, e a voltarsi, così da non poter vedere altro che le iridi intarsiate di pagliuzze dei suoi occhi, così da non lasciarle altro margine di manovra che il suo corpo, anche solo per restare in piedi. Si avvicinò fino quasi a sfiorarle le labbra “Ma tu mi vorrai ugualmente Rosie, così tanto da precipitare con me ovunque cadrò. E dovrai diventare un mostro per farlo, esattamente come me...”

Rain down, rain down on me
Look over your hills and be still
The sky above us shoots to kill
Rain down, rain down on me

***

La Sala Grande di Hogwarts era stata il suo incubo così a lungo che non sarebbe mai stato capace di collegarla a nessun dannato momento felice: lì tutti potevano guardarlo dall'alto in basso, di sbieco, sussurrandosi l'un l'altro quanto fallito e patetico fosse, quanto suo padre fosse folle e codardo, e quanto la sua famiglia fosse caduta in basso. Aveva amato i candelabri di Hogwarts sospesi nell'aria, in suo finto soffitto, le cucine, le serre e il campo di Quidditch, aveva perfino trovato confortevole i Sotterranei, che lo facevano sentire protetto e al sicuro, nella penombra, dalle occhiatacce del resto del mondo, ma da quando aveva messo piede in Sala Grande la prima volta e il Cappello Parlante lo aveva assegnato a Serpeverde, non aveva c'era più stato un momento in cui si era sentito davvero a casa.
Beh, forse c'era, ma non valeva.
Durmstrang era brulla e inospitale, le zone limitrofe alle stalle puzzavano costantemente di cavallo, il cielo non aveva mai sorriso da quando era arrivato, costantemente appesantito da nubi che minacciavano una pioggia di fuoco, il gelido inverno aveva fine solo un giorno prima della torrida e irrespirabile estate di vortici di arena rossa e venti caldi capaci di riardere la lingua in gola, ma non aveva mai temuto lo sguardo di  nessuno.
Quella scuola non gli piaceva, la lingua severa e dura, gli insegnanti arcigni, i compagni di classe dai lineamenti così simili fra loro, ma nessuno conosceva Scorpius Malfoy, nessuno sapeva davvero chi lui fosse o cosa significasse vivere nella sua pelle.
Gli mancava Hogwarts, gli mancavano l'aria costantemente umida di marzo e le prime giornate di sole ad aprile, gli sarebbe mancato fare il bagno nel Lago Nero con Zane finiti gli esami, e le nottate sulla torre di Astronomia a fumare spinelli e cantare stonati e sbronzi. Probabilmente anche Stan Picchetto con la sua inespugnabile convinzione di avere un qualche ascendente su di loro avrebbe conservato un certo posto nel modo in cui, di lì a qualche anno, avrebbe rimpianto quegli anni. Li rimpiangeva già, senza che nemmeno fossero trascorsi.
Ma a Durmstrang lui poteva essere chiunque, anche se stesso. E se c'era un modo per mettere fine per sempre alla sua vita scolastica, questo gli sembrava incredibilmente vicino all'anonimato del Castello, arroccato sulla scogliera, il rumore costante delle onde che s'infrangevano sulla parete di roccia frastagliata, l'ululare minaccioso del vento nelle grotte di stalattiti, sotto le fondamenta, che s'inflitrava fra le crepe nel muro. Nessuno, lui era semplicemente un altro Signor Nessuno che si muoveva nei corridoi distrattamente, automaticamente, scambiando qualche parola con gli altri a caso, senza avere la pretesa di farsi degli amici.
Non aveva mai funzionato da quel punto di vista.

Flashback****************************************************************

Era terrificante, pensò Scorpius sollevando il capo verso la donna enorme che sedeva a capotavola. La gente non dovrebbe essere così gigantesca no? Le persone dovrebbero essere alte, basse, magre o robuste, ma non in quel modo.
Eppure lei sorrideva velatamente dietro una frangia severa, castana striata di grigio, e appoggiava lo sguardo su di loro con malcelato divertimento. E una punta di tenerezza, osservò Scorpius dall'alto dei suoi undici anni e una concezione di tenerezza che avrebbe sfidato quella di un cucciolo di Schiopodo Sparacoda. Anche tenera, sì.
Albus Potter era accanto a lui, poco dietro, immerso nella fiumana di parenti e amici che gli arruffavano i capelli, gli davano pacche sulle spalle e buffetti. Si fissava insistentemente le punte delle scarpe, stropicciando i piedi in preda all'ansia. Scorpius sfiorò distrattamente la sua borsa nuova di zecca, la copia di  Quidditch Attraverso i Secoli che pesava come un macigno segandogli la spalla. Avrebbe dovuto restituirgliela, in fondo nemmeno si conoscevano, figurati se erano amici, e lui non era un  mendicante che accettava regali da chissà chi, men che mai da un Potter, traditore della sua specie e del suo sangue, come diceva sempre Draco.
Quel Potter nella fattispecie non sembrava pericoloso, non con tutta la paura che urlavano i suoi occhi verdi abbassati sul pavimento, mentre la vernice delle sue scarpe buone scricchiolava impunemente.
Una donna di mezza età dall'aria ordinata li oltrepassò velocemente, mettendosi alla testa del gruppo, con una pergamena in mano e un paio di occhiali dalla montatura di corno
“Bene bene, ma quanto siete adorabili voi tutti qui eh?!” sorrise, sforzandosi di rendere il loro trapasso un po' meno traumatico. Suo padre l'avrebbe definita una “debole Maganò dal cuore tenero” ma lui non poté fare a meno di trovarla gentile “ora entreremo nella Sala Grande e a turno indosserete il Cappello Parlante, così che possiate essere assegnati a quella che sarà la vostra Casa per i prossimi sette anni ad Hogwarts”   Albus Potter sibilò come un topo in trappola sussurrando qualcosa come “Non Serpeverde” e Scorpius provò uno strano senso di partecipazione. Poteva capirlo meglio di chiunque altro, si trovò a pensare allungando il collo in direzione della donna che stava finendo di spiegare con quale criterio il Cappello avrebbe scelto. Se fosse stato Smistato in una casa diversa da quella di tutta la sua intera famiglia (il traditore Black escluso) Draco gli avrebbe letteralmente fatto sputare tutto il suo sangue puro. Rabbrividì.
Probabilmente il Grande Harry Potter Salvatore del Mondo Magico non avrebbe picchiato suo figlio con il bastone da passeggio a testa di serpente, ma non sarebbe stato troppo contento di sapere che il suo figlio prediletto non avrebbe reso onore alla Casa di Grifondoro.
Avvertì il panico serrargli lo stomaco, e a malapena si accorse che la Professoressa aveva smesso di parlare e
aveva appoggiato la mano rugosa sul portone.
Un attimo poteva sentire solo i bisbigli e i sussurri dei ragazzini del primo anno ammassati contro l'ingresso della Sala Grande, l'attimo dopo fu solo luce accecante, boati roboanti di applausi eccitati e fischi, urla, risate e incitamenti. Avvertì un grande calore, e il desiderio che quelle urla fossero, almeno in minima parte, anche per lui.
Albus Potter si posizionò al suo fianco, la pelle che aveva assunto un ben poco rassicurante colore verdognolo e gli occhi dietro gli occhiali che saettavano da una parte all'altra della stanza senza requie.
“Mio fratello mi uccide se non mi Smistano in Grifondoro” sussurrò tormentandosi le unghie. Scorpius si sforzò di apparire tranquillo, scrollando le spalle
“E' solo un dannato Cappello, non può decidere al posto tuo” avrebbe voluto che fosse vero, con tutto se stesso, avrebbe potuto scegliere veramente la sua strada. Ma a lui non era concesso il beneficio del dubbio, da nessuno.
L'altro sembrò rilassarsi
“Mio padre dice che non è così uno schifo finire in Serpeverde” sospirò “anche Piton era in Serpeverde e...” si voltò verso di lui con espressione scocciata
“Mi piacerebbe stare qui ad ascoltare le meravigliose gesta della tua famiglia Potter, ma vorrei evitare di essere preso in giro a vita da chiunque perché non ho sentito pronunciare il mio nome” biascicò con un occhio rivolto alla pergamena che si srotolava lentamente.
Alla fine la donna bassa e sottile lo chiamò
“Scorpius Hyperion Malfoy” il silenzio scese sulla Sala Grande, lasciandosi dietro solo un sottile filo di bisbigli concitati e increduli. Il vuoto più martellante, proveniva dal tavolo di Serpeverde.
Mosse un passo, un altro, e un altro ancora, avvertendo gli occhi di centinaia di persone bruciargli sulla schiena. Maledisse se stesso per non essersi sistemato i capelli, non aver riassettato la divisa, per non essere la persona che avrebbero voluto. Non era mai la persona che gli altri volevano.
Trattenne il respiro, avvertendo solo il rumore dei pochi passi che lo separavano dal resto della sua vita. Aveva mentito, quel dannato Cappello avrebbe deciso davvero chi sarebbero diventati e come.
Si sedette rigidamente, lentamente, con circospezione, artigliando spasmodicamente lo sgabello di legno un po' traballante, e attese.
Attese che un pezzo di stoffa rattoppata e puzzolente plasmasse il suo futuro. E lui odiava che altri decidessero per lui. Lo odiava da quando suo padre gli faceva ripiegare i vestiti dalla loro Elfa ai piedi del letto, quando gli stringeva il cravattino, lo squadrava, lo misurava e lo pesava con lo sguardo, con disappunto. E avrebbe odiato anche quel dannato Cappello Parlante e le sue considerazioni su quanto indegno e sciocco fosse a pretendere di avere voce in capitolo nelle sue decisioni di lì a sette anni
“Ohhhhhhh, cosa abbiamo qui? Un Malfoy” fece schioccare la lingua, o almeno credeva. I cappelli parlanti hanno la lingua? Nel silenzio rimbombante della sua confusione, il Cappello parve riflettere, entrandogli nella testa, non nello stesso modo di Draco, con la magia, ma semplicemente, senza dolore, sfogliando i suoi pensieri come leggendo un libro, provando un piacere innocente e malizioso, divertito “c'è qualcosa che on va nella tua mente caro mio” mormorò “non riesco a capire” una pausa lunga una vita, poi riprese “sei intelligente, determinato, con una buona dose di tronfio coraggio anche...” mugugnò “mhhh, credi ciecamente in quello che fai, ma non sai davvero qual'è il tuo posto...”
“Non dovresti dirmelo tu amico? Non sei tipo qui per questo?”
“Bene, una sana dose di arroganza, mi piace...” attese ancora, rimaneggiandolo come un calzino bagnato “eppure manca qualcosa...cosa vuoi dal tuo futuro Scorpius Malfoy? Essere ammirato, amato, venerato, o vuoi solo” si zittì nuovamente “oh, capisco...beh, a questo punto...”
“Senti coso, hai idea di cosa voglia dire essere me?” sbottò alla fine, muovendosi nervosamente sullo sgabello, mentre mezzo Mondo Magico lo fissava impaziente
“No, e a quanto vedo qui, sono un Cappello fortunato...”
“Se non finisco in Serpeverde mio padre farà in modo di farmene pentire, e probabilmente tornerà qui a scucirti l'orlo punto per punto” la risata che il cappello fece nel suo orecchio lo convinse quasi a fare lo stesso
“Quello che tuo padre vuole Scorpius Malfoy m'importa meno della moda in fatto di fodere interne per cappelli. Quello che vuoi tu, figliolo, m'interessa già di più” Scorpius sospirò profondamente tormentandosi le mani. Incrociò lo sguardo angosciato di Albus Potter osservarlo, dilaniandosi nell'attesa di conoscere il suo destino. Non avrebbe contrattato, lui, con un pezzo di stoffa vecchio di millenni, ma Scorpius non era mai stato come gli altri bambini, non aveva avuto la scelta di esserlo, e nessuno gli aveva mai dato una scelta. Quel pastrano lurido con uno squarcio pidocchioso per bocca era il primo ad avergli mai chiesto cosa veramente volesse
“Voglio essere libero. Voglio che nessuno mi fissi, e nessuno mi detesti solo perché mio padre è un uomo orribile. Vorrei che si mettesse il cuore in pace e capisse che la Guerra Magica è finita. Vorrei davvero che mia madre non fissasse la parete tutto il giorno senza dire una parola...e vorrei, più di ogni altra cosa nel Mondo Magico, che nessuno mi conoscesse qui, per essere chi voglio” ribatté tutto d'un fiato, senza nemmeno prendere il respiro, soffocandosi con la forza dirompente di quelle parole.
Il Cappello Parlante rimase in un silenzio così totale che Scorpius pensò di aver esaurito tutta la magia che lo animava, ma alla fine parlò, e parlò con una tale solennità da fargli rizzare i capelli severamente tagliati dietro la nuca.
“Non c'è un posto dove tu possa essere quello che vuoi essere, se non tu stesso, Scorpius Malfoy. Non c'è una Casa che ti accoglierà dimenticando chi sei, nessuno lo farà. Ma potrai essere chi vuoi in ogni caso, un faticoso giorno alla volta, semplicemente lottando” Scorpius inspirò mentre il Cappello Parlante lo assegnava alla sua casa e dal tavolo di Serpeverde si levavano deboli mormorii concitati.
Scorpius saltò giù dallo sgabello, dirigendosi a testa alta verso la Tavola della sua Casa, pronto ad non abbandonarla per i successivi sette anni.
Albus Potter gli sorrise debolmente. Mentre gli passava accanto, sussurrò
“Magari stare insieme a Serpeverde non farà così schifo” per un attimo, prima che anche lui si sedesse sotto la stoffa logora del Cappello, Scorpius s'illuse che avesse ragione.
Poi un tonante “Grifondoro!” risuonò nella Sala Grande accompagnato da fischi e urla di gioia, e il piccolo posto felice che aveva cominciato a costruire si fece nuovamente freddo.

But I will hold on
I will hold on hope

Fine Flashback************************************************************

Viktor Krum si avvicinò al suo posto mentre tentava vanamente di separare la brodaglia informe della cena da un pezzo di broccolo malandato e insapore che galleggiava fra le altre verdure.
I suo compagni s'irrigidirono attorno a lui, nell'enorme tavolata a ferro di cavallo che troneggiava nella Sala Grande di Durmstrang.
“Ivana mi ha detto che ti ha visto giocare” borbottò con il suo accento marcatissimo “le piaci...” Scorpius sollevò un sopracciglio sogghignando eloquentemente, ma il Preside non raccolse la sua provocazione nemmeno quella volta. Era meno zotico di quanto apparisse al primo sguardo “Il Quidditch ti aiuterà a farti degli amici”
“Non è che sia esattamente un animale da branco” sentenziò giocherellando con una mollica di pane “la gente tende e a trovarmi fastidioso, chissà perché...”
L'uomo incrociò le braccia al petto, esaminandolo attentamente “Sei spaventato...” decretò alla fine. Il ragazze sollevò la testa dal piatto, di sbieco, aggrottando le sopracciglia
“E da cosa? Dal grande Boccino Cattivo che vuole mangiarmi?” scrollò le spalle “sono solo una dannata palla, una dannata scopa e un dannato campo. Davvero spaventosi, come no” sbuffò infastidito
“E allora gioca, entra in squadra” lo pungolò con severità "Sei dentro Scorpius, fai parte di tutto questo adesso, perchè stai esitando?" serrò le dita attorno al tovagliolo, e avvertì l'aria umida di Hogwarts diventare una secca tormenta, il Lago Nero, placido e popolato di sirene ululare contro la scogliera in un lamento eterno, scavando grotte e canali sotto le fondamenta. Sentì il suo cognome come un boato svanire nel tempo, e sbiadirsi nella labile memoria come qualcosa di affatto importante.
Immaginò di sentirsi chiamare solo amico, senza sguardi affilati e sopracciglia aggrottate. Pensò ai mesi successivi senza la responsabilità di qualcun altro sulle spalle, senza provare cose che non pensava avrebbe mai conosciuto sulla pelle, senza chiedersi costantemente cosa stava succedendo alla sua vita. Pensò di ricominciare davvero da capo, definitivamente, libero dal macigno della sua ascendenza.
Pensò a lei, malgrado tutto, e al mondo in cui si scacciava via i capelli dal viso quando era nervosa, e alle punte delle sue scarpe consumate dall'uso, all'incoscienza con cui lo aveva accolto nella sua vita, sforzandosi fino alla stremo di non rendersene conto.
Non si trattava più di cosa sarebbe stato meglio per lui, di cosa lo avrebbe reso felice. Si trattava di quello che era giusto, e di quello che voleva. D'un tratto, scegliere gli sembrò terrificante, e allo stesso modo terrificantemente naturale.

I begged you to hear me, there’s more than flesh and bones

***

Il frastuono sarebbe stato insopportabile se non fosse stato letteralmente ipnotizzante. Tamburi, flauti, movimenti ritmici e ripetuti si srotolavano nella notte nemmeno troppo fredda di aprile, catturando ogni lampo di luce, ogni riflesso e ogni ombra, succhiando via da lei ogni pensiero, ogni ansia, ogni contraddizione insita in quel suo sangue mescolato a fama che le pesava nel petto ad ogni battito di cuore. Paradossalmente, l'idea di uscire, immergersi nel folto minaccioso della Foresta Proibita per raggiungere il gruppuscolo di case in legno che costituivano la nuova riserva Cherokee, prospettiva che fino a qualche giorno prima sarebbe stata capace di farle serrare le labbra più di Minerva McGranitt, era stata un'idea sua; o meglio, lui le aveva accennato quasi casualmente che quella notte i Cherokee avrebbero festeggiato l'inizio del periodo di raccolta, ma era stata Lily, totalmente e innegabilmente lei a decidere che era arrivato il momento di dismettere i panni di Priscilla Corvonero la Triste e cominciare ad avere davvero 16 anni. E lui l'aveva lasciata fare, sorridendole con quegli intensi occhi innaturalmente gialli e gentili Aveva smesso di tenere il conto delle tazze di legno intagliato colme di liquido caldo e alcolico che le erano passate fra le mani, alla decima. Louis era in piedi, e si dimenava attorno al fuoco come posseduto dalla Tarantallegra, saltando e strisciando come una maledetta anguilla, sotto lo guardo estasiato dell'intera comunità nativa femminile, e perfino maschile. Lily non era una che arrossiva facilmente, ma quella sera aveva visto sguardi capaci di spogliarla senza nemmeno rimanere fissi su di lei; i Cherokee non erano come i ragazzi che aveva conosciuto. Perfino Scorpius Malfoy, al limite autolesionista del loro rapporto, aveva mantenuto con lei un atteggiamento meno allusivo. C'era qualcosa di leggero e vago nel suo sguardo quando la provocava, qualcosa di volatile, di cristallino, mai così ingordo.
Trovò a domandarsi, suo malgrado, se Wahya Show avesse lo stesso ricordo di lui, o se li ricordasse semplicemente nudo, spalmato da qualche parte nell'immensa prateria ai piedi delle Smokey Mountaines, con una sigaretta penzolante fra le labbra e un braccio pigramente appoggiato alla fronte per ripararsi dal sole cocente.
Lily strinse le palpebre fino a intravedere le luci bianche nell'oscurità, e si pizzicò il naso con il pollice e l'indice maledicendo l'undicesima tazza di chissà cosa e la propria immaginazione. Pensare a lui, in qualsiasi modo, in qualsiasi contesto e per qualsiasi ragione era sempre pericoloso, ma così, quasi ubriaca e gettata alla rinfusa in una festa orgiastica di nativi americani che danzavano intorno ad un fuoco mezzi nudi e unticci, era veramente la proverbiale goccia.

Let the dead bury the dead, they will come out in droves
But take the spade from my hands and fill in the holes you’ve made

Quando si concesse di riaprire gli occhi, Scott Warrington le stava sventolando senza troppo entusiasmo una mano davanti al viso
“Ehi, ti sei scollata per un attimo” non sapeva se scollata sarebbe stato il termine esatto, ma sicuramente aveva caldo, un caldo innaturalmente intenso alla bocca dello stomaco, e la testa che sembrava rotolarle da una spalla all'altra in equilibrio precario.
Aveva dei begli occhi, pensò osservando la linea delicata delle sopracciglia che sfumava verso le tempie; grandi occhi azzurri dalle ciglia arcuate che le ricordavano quelli di Jimmy. Ma lui era scuro e mascolino, difficile da guardare, alle volte, con la bellezza trasandata così simile a quella del loro zio Bill, ma potente, intensa, quasi palpabile nell'odore intenso che emanava.
E Scorpiu Malfoy? Che odore aveva Scorpius Malfoy?
Serrò nuovamente le palpebre a voler scacciare il sapore, e l'odore, e l'immagine di lui in controluce nella penombra del Dormitorio, il silenzio ad orchestrare parole mute, e quell'intenso e penetrante profumo di menta come un soffio gelido. Era l'odore di lui che non poteva scacciare. Per quanto lunghi e disordinati fossero i suoi capelli, per quanto stanchi diventassero i suoi occhi, per quanto pallido ed emaciato diventasse, per quanto il suo sorriso s'intaccasse di amarezza e frustrazione, e la sua voce sillabasse tonalità discostanti a ritmo con l'irrigidirsi della sua mandibola, Scorpius Malfoy sapeva di menta. Sapeva di menta nel vagone dell'Espresso per Hogwarts, sapeva di menta quando l'aveva salvata sul campo da Quidditch, e in Infermeria, appena scampato dall'attacco del Dissennatore, di menta e Whisky Incendiario la prima volta che si erano baciati. E così sempre, che dalla sua bocca uscissero parole o semplici respiri, che il suo sguardo significasse tregua o battaglia all'ultimo sangue, che la toccasse, la guardasse, le parlasse o meno, il profumo di menta sovrastava ogni altro senso. La menta bruciava sul palato, trasformava l'ossigeno in un soffio di gelo, permeava ogni cosa, s'impadroniva del suo senso del gusto, della sensibilità delle sue labbra e premeva contro le tempie come una musica assordante. Eppure non c'era sapore che potesse contaminarla, o coprirla. Qualunque cosa usasse per mescolarla e guastarla, la sua lingua sapeva riconoscerla, e riconoscerne l'incorruttibilità. La menta era sempre menta, indipendentemente da che crescesse sulle sponde del Lago Nero o le venisse servita assieme al the.

But plant your hope with good seeds
Don’t cover yourself with thistle and weeds
Rain down, rain down on me
(Thistle & Weeds, Mumford & Sons)

Un ragazzo dai lisci capelli stretti in un nodo alla base della nuca le si sedette accanto, allungando nella sua direzione un'altra coppa dal contenuto dubbio
“L'aquila rossa deve bere, altrimenti non è una festa” aveva il viso ampio, squadrato, affatto bello, non per una semplice questione di canoni estetici, ma proprio per come la percepiva lei: troppo facile, troppo decifrabile, troppo aperta e sincera. Troppo vera. Non c'era un segnale che dovesse cogliere, un afflato di qualcosa che significava qualcos'altro. Era solo un ragazzo dal sorriso aperto e divertito che mostrava chiaro interesse per lei. Non doveva capire cosa davvero pensasse, non avrebbe mai dovuto chiederselo.
Sollevò due dita in segno di resa
“Direi che per 'stanotte l'Aquila Rossa ha bevuto abbastanza” non voleva essere sgarbata, ma quella frase le era uscita come un definitivo Levati dai piedi amico, non è aria e il ragazzo si allontanò semplicemente, un po' ammaccato nell'orgoglio, così naturalmente che Lily poté vedere i suoi pensieri delinearsi sul viso. Semplice, come saper leggere, e altrettanto automatico.
Un capogiro le mozzò il fiato sul limitare di una frase con cui scusarsi, e Lily si prese la testa fra le mani, tentando inutilmente di passare inosservata
“Tutto bene?” Paul Show, con le treccine colorate che danzavano con le fiamme, le poggiò una mano sulla spalla, peggiorando la situazione.
Lily avvertì qualcosa mescolarsi nello stomaco, un dolore stringente, soffocante. Represse un conato, portandosi la mano alla bocca, spiazzata.
“Sì, io devo solo...” cercò un appiglio a tentoni, inutilmente; solo erba e corpi stretti l'uno all'altro, persi nella danza delle fiamme.
Scott le fu alle spalle prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa
“Accidenti” imprecò a bassa voce, sorreggendola mentre si metteva in piedi a fatica. Louis interruppe la sua danza scatenata, e si scambiarono uno sguardo. Fu decisamente strano, inspiegabile, ma l'attimo dopo il ragazzo la guidava fra gli arbusti intrecciati della Foresta Proibita, sorreggendola appena, attento che non inciampasse nel terreno irregolare e nelle felci del sottobosco.
Quando furono abbastanza lontani, Lily s'inginocchio a terra, affondando le mani nel terriccio molle e odoroso.
Chiuse gli occhi, tentando vanamente di respirare con regolarità, lo stomaco che sussultava e il corpo scosso  dagli spasmi della nausea. Aveva la bocca secca e la lingua impastata, ma le vertigini i stavano attenuando
“Non dovreste bere se non reggete l'alcool” commentò il Serpeverde appoggiandosi al tronco di un albero cavo che doveva avere mille anni almeno
“Non ho cinque anni” biascicò Lily dondolando lentamente per recuperare il controllo “se voglio ubriacarmi posso farlo, Maledetto Salazar” l'altro non sembrò offeso dall'epiteto poco carino che aveva appena affibbiato al Fondatore della sua Casa.
Scott sollevò entrambe le palme aperte
“Accidenti se voi Potter siete suscettibili” sghignazzò. Da che lo conosceva, Lily non era mai riuscita  a prevedere una sola delle sue reazioni. Assurdo, pensò, come poteva Louis stare con qualcuno che non gli concedeva un margine di contatto, di familiarità, di alchimia? Non c'era un suo gesto caratteristico che poteva osservare sorridendo, non un modo di dire che potesse ricondurlo ad altri momenti, altri posti, intimi segreti che al resto del mondo sarebbero rimasti per sempre celati. Non c'era quell'intimità di sapere dell'altro cosa stava per dire dopo nemmeno due secondi che aveva iniziato la frase.
Poi ripensò a quello sguardo, all'istante di perfetta comprensione di poco prima, e si sentì una vera idiota patentata. Aveva considerato se stessa una persona sveglia, capace di captare le connessioni, eppure si trovava a fare i conti con i suoi sedici anni, ancora una volta, ancora da svezzare se paragonati al mondo che la circondava. Umiltà, era una parola che da tempo non riusciva a far combaciare con se stessa.
Si piegò sul terreno e buttò fuori ogni maledettissima tazza di brodaglia alcolica che aveva ingurgitato dall'inizio della serata.
Scott Warrington non aprì bocca, limitandosi a impedirle di cadere di faccia nel suo stesso vomito, sorreggendola alla bel e meglio con un braccio, mentre con l'altro le premeva la fronte. Non imprecò, non sussultò, non emise nessun suono finché Lily non si lasciò cadere a terra esausta
“Scusa” mormorò passandosi una mano sporca di terra sulla fronte lucida di sudore freddo. Avvertì chiaramente la traccia di sporco che le si depositava sulla pelle ad ogni millimetro. Non le importava.
L'altro si strinse semplicemente nelle spalle larghe e atletiche da nuotatore, infilando le mani nelle tasche del suo cappotto di alta sartoria
“Ho imparato a ingoiare le stranezze della vostra famiglia come la medicina contro il Morbillo di Drago a cinque anni” ribatté semplicemente “per quanto mi sembri assurda adesso, so che mi farà un gran bene” la vaga eco di un sorriso gli ammorbidì i lineamenti, rendendo la sua aristocratica bellezza più umana e imperfetta, rendendola smagliante. In quell'attimo Lily capì cosa di lui avesse affascinato tanto Louis: Scott era qualcuno di completamente altro da sè, di sorrisi difficili, parole difficili, che difficilmente sembrava voler toccare o farsi toccare da qualcuno, che rendeva ogni cosa una sfida continua. Un'incredibile vittoria era anche solo il sentirlo ridere. Per tutto questo, e per molto altro ancora, ogni suo gesto significava tutto.
Essersi esposto per Lou, aver ammesso la verità di fronte ad Hogwarts, al mondo, a chiunque, non significava solo che lo aveva scelto, ma che solo lui ne valeva davvero la pena. C'era così tanto amore in questo, pensò Lily, nel regalarsi a vicenda intimi attimi di completezza, che Lily avrebbe pianto se solo i suoi liquidi non fossero stati tutti completamente sparsi nella terra smossa della Foresta Proibita.
“Come sta tuo padre?” non era una domanda da fare a qualcuno ad una festa, specialmente a lui, specialmente dopo avergli quasi vomitato sulle scarpe come una povera mentecatta incapace di controllare i movimenti del proprio stomaco, ma Scott Warrington  si strinse semplicemente nelle spalle, calciando distrattamente una pigna secca ai suoi piedi
“E' sempre un incredibile stronzo, ma pare sia una moda da queste parti...” ma qualcosa inghiottì l'attimo dopo la risposta di Lily. Gli occhi dell'altro rotearono impazziti, e cadde a terra, cominciando a dimenarsi convulsamente. Sembrava in preda allo stesso attacco assurdo di Lorcan Lovegood al San Mungo settimane prima. Sembrava qualcosa che presagiva tragedia.
Lily s'inginocchiò al suo fianco, tentando di tenergli bloccate le spalle, che sembravano scivolare via dalla sua presa per cozzare violentemente contro il terreno sotto di lui, e facevano rimbalzare il capo a caso da una parte all'altra in un agghiacciante sbattere di denti incontrollato.
“Louis!” LOUIS!” urlò Lily sdraiandoglisi addosso nella vana speranza che il suo peso potesse arrestare quelle convulsioni sfiancanti; ma il corpo di Scott si muoveva ancora come in preda alla Tarantallegra, e quel rumore terrificante di sbattere di denti, di scricchiolare di ossa, di sofferenza soffiata via dai gemiti soffocati le rimbalzava in  testa come un ritornello martellante.
Nessuno arrivò, nemmeno suo cugino, la sua voce isterica che si perdeva fra i silenzi mai totali della foresta e i tamburi che sembravano voler spaccare in due la terra e Scott Warrington sotto di lei che poteva soffocarsi con la sua stessa lingua da un momento all'altro.
Poi tutto fu immobile, solo il bubolare dei gufi, il frusciare del sottobosco sempre vivo e popolato, il rombo della festa in lontananza che si mescolava al suo respiro affannoso, e Scott Warrington spalancò gli occhi con uno schiocco di mandibole
“Lo so...” sussurrò con più controllo di sé di quanto ne avesse lei “So chi mi ha portato qui” si mise a sedere, sbalzando Lily che gli era ancora accasciata addosso e serrò i pugni attorno al terriccio umido
“Cosa? Cosa significa Scott...stai bene?” gli occhi incredibilmente azzurri dell'altro batterono un paio di volte, con decisa consapevolezza
“So chi mi ha rapito” decretò “e non sono stati i Traghettatori” l'attimo che seguì fu per Lily il più lungo e assieme il più breve di tutta la vita; o per lo meno dell'immediato futuro. Il ragazzo si morse il labbro quasi affranto, e sospirò “Ho idea che quello che sto per dirti non ti piacerà per niente...”

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Angolo della delirante autrice: Buonasera! Eccoci qui con un nuovo più o meno sorprendente capitolo^^ Purtroppo sono in ritardo di quasi una settimana rispetto a quanto sarebbe stato per lo meno d'uopo, ma dedico questo sgorbietto che m'è venuto fuori alla cara Oksy che ha compiuto 17 anni!!! Auguri tesoro!!!! Scusa il ritardo, ma come sai ho il tempismo di un preservativo bucatoXD
Dunque, da dire sul capitolo c'è solo che il libro che sta leggendo Incubus, Paradiso Perduto, è il poema epico di John Milton che narra della cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso. Personaggio centrale è Lucifero, che appare quasi come "giustificato" da Milton nel suo tenace tentativo di contrapporsi a lui in nome dell'autoaffermazione. Non so, ditemi voi, ma a me sembrava calzante^^
La canzone è Thistle & Weeds dei Mumford & Sons (un'altra volta, lo so, sono pessima^^) e potete trovarla qui
Come al solito ringrazio tutti voi e anche quelli che passeranno di qui dopo di voi, e in particolar modo la mia motivatrice personale Giuls che, nonostante componga opere magnifiche e non abbia nemmeno il tempo di vivere, trova sempre il modo di pungolarmi e stimolare la mia creatività in ogni modo a lei possibile <3

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Capitolo 37
*** Acque Torbide ***


Non c'è niente che io possa fare, anche solo lontanamente, per spiegarmi, farmi perdonare, o implorare il vostro perdono. decisamente niente. E' più di un anno che non aggiorno, e non è la prima volta che siete costretti ad interporre una pausa lunghissima e insensata fra un capitolo e l'altro. Me la sono cavata con un escamotage narrativo, la prima volta, ma non ho intenzione di farlo questa volta. Non ha senso, e toglierebbe continuità alla storia.
Quindi non vi chiederò nella maniera più assoluta di scusarmi o di leggere questo capitolo, men che meno di commentarlo, perchè avreste tutte le ragioni del mondo per mandarmi ai troll. 
Quindi mi limiterò a fare un riassunto delle "puntate precedenti" e lasciarvi quello che sono riuscita a fare, a più di un anno dal febbraio 2012 nella speranza che vorrete accoglierlo e farne quello che volete.
Sinceramente grata a tutti voi,

sistolina

Dove eravamo rimasti: Hogwarts è flagellata: da una parte i Traghettatori, che rapiscono e attaccano le famiglie di maghi Purosangue che ritengono non essere stati adeguatamente puniti dalla giustizia magica ai tempi della Battaglia di Hogwarts, dall'altra la Lega per la Salvaguardia delle Antiche Famiglie, capeggiata dal mellifluo Theodore Nott, acquista sempre più potere all'interno della Scuola, sfruttando la paura e accusando il Ministero della Magia di non prendere sufficienti provvedimenti in merito.
Theodore Nott entra definitivamente, de facto, a far parte dell'organizzazione della scuola, e tramite la Guardia dei Protettori, squadra di maghi scelti assieme al Ministero per proteggere gli studenti di Hogwarts, di cui fanno parte anche Draco Malfoy e Jimmy Potter.
Coinvolti nella vicenda sembrano essere anche i sospetti licantropi della riserva delle Smookey Mountaines, la cui "sacerdotessa" Wahya Show, sembra avere un piano ben preciso che riguarda "Aquila Rossa", ma che sembra dalla parte dei buoni, aiutando Louis a controllare la sua licantropia senza l'ausilio della Pozione Antilupo. Le cose si complicano quando un membro della tribù viene trovato morto nella Foresta Proibita.
Il professor King, fuggito dalla scuola dopo che Rose lo ha accusato di aver liberato il Dissennatore che ha attaccato Scorpius, prende in ostaggio la ragazza e Incubus Mortimer, prima che il Serpeverde, grazie ad una bacchetta nascosta fra gli abiti di Rose, riesce a salvare entrambi Smaterializzandosi nella sua vecchia casa, in Romania, dove anni prima a sua famiglia è stata massacrata da maghi ignoti. Lì Incubus sembra volerle confessare la verità, ma le sue bugie sono difficili da stanare.
Alla Scuola, nel frattempo, Scorpius scopre che la madre, rapita assieme a Draco a Natale, secondo molti dai Traghettatori, è sana e salva, e va dicendo in giro che è stato Draco a ordinare di rapirla e che vorrebbe uccidere Scorpius. Sembra vicina alla Lega come non mai, e ordina a Scorpius, "per la sua sicurezza", di terminare l'anno a Durmstrang, dove sostiene che Krum lo proteggerà.
Scorpius è indeciso, ma dopo aver definitivamente lasciato la Resistenza Purosangue e aver attirato le ire di Incubus su di sè respingendo Lily in modo da non poter in nessun modo portare a termine in piano, pensa che lasciare la Scuola sia l'unico modo per lasciarsi alle spalle il passato e il suo nome. A Durmstrang le cose non sembrano migliorare troppo, specialmente perchè dimenticare quello che sa di Hogwarts e il suo legame con le persone lasciate indietro non è semplice come sembra.
Albus, nel frattempo, sembra aver scoperto che qualcosa non torna in Frances Ilbys, Ardhesia Nott e Incubus Mortimer, e dopo aver spiato una conversazione ambigua, è sempre più sospettoso. In realtà non sa che la cugina e Incubus non sono nella scuola, perchè altre due persone, probabilmente grazie alla Pozione Polisucco, hanno preso le loro sembianze temporaneamente, per non insospettire nessuno.
Che ci sia quindi la Resistenza Purosangue dietro il loro rapimento, dato che Incubus li ha lasciati quando ha scoperto che Ardhesia aveva parlato del gruppo a suo padre, Theodore Nott?
Durante la cerimonia funebre del licantropo ucciso nella tribù di Wahya, Scott Warrington, in preda ad un attacco di convulsioni, sembra improvvisamente ricordare chi, mesi prima, lo ha rapito assieme alla sua famiglia per poi abbandonarlo nella Foresta Proibita poco prima che Lily lo ritrovasse, Confuso e con la memoria cancellata: Scorpius e Incubus.
La resa dei conti sembra quindi vicina.


 

Le dovute dediche non hanno mai altro nome
ma per questa, questa speciale dedica cosparsa di cenere
e inginocchiata sui ceci
A Giulia va' sempre l'immensa riconoscenza
a chi sa ispirare e ridestare, a volte anche contemporaneamente,
e a Elle, perchè iniziare una storia come questa,
con un Draco Malfoy come questo,
per una Dramione dev'essere assai dura.
Spero di non deludere nessuna di voi,
preziose compagne di avventura 

 

Acque Torbide


 
Ed elli a me: «Tu lasci tal vestigio,
per quel ch'i' odo, in me, e tanto chiaro,
che Leté nol può tòrre né far bigio. 
Ma se le tue parole or ver giuraro,
dimmi che è cagion per che dimostri
nel dire e nel guardar d'avermi caro».  
(Divina Commedia, Purgatorio, Canto XXVI, vv 106-111)

 
Non aveva mai amato la Sala Comune silenziosa e deserta. Fingeva di cercare il silenzio, ma in realtà voleva solo un rumore che le fosse affine. 
Quell'assenza di morbido caos la destabilizzava. 
Non una risata, parole sussurrate ridendo da dietro un palmo aperto, scacchi che si frantumavano.
Quel silenzio innaturale permetteva al frastuono nella sua testa di riecheggiare senza ostacoli contro le pareti.
Le parole di Scott, vergate nella sua mente con la stessa bruciante efficacia della piuma di Dolores Umbridge, non smettevano di scavarle nella mente scenari di devastazione e inganno.
Avrebbe voluto credere di poterlo prevedere.
Avrebbe voluto che quelle parole colpissero un bersaglio che lei stessa aveva creato.
Ma erano esplose in aria, nella completa e inaspettata sorpresa.
Lily non era riuscita a respingere l'idea, ma nemmeno a ritrovarla fra i propri sospetti. Di tutto, di tutta la follia che Scorpius Malfoy aveva ricamato nella sua vita, quel disegno non lo aveva mai tracciato.
Era rimasta accovacciata sulla sua poltrona preferita, la molle e cicciotta poltrona della Sala Comune, per tutta la notte. L'alba, quella mattina, l'aveva colta totalmente impreparata.
Così come la figura sinuosa di suo cugino che rientrava al Castello dalla Stamberga Strillante dopo l'ultima luna piena. Louis aveva sollevato lo sguardo sulla torre e l'aveva scorta con i suoi sensi iper sviluppati da licantropo. Si erano incontrati a metà della scalinata, e Lily aveva zittito la Signora Grassa con un sonoro “Pasticche Vomitose” gettato in faccia senza tanti complimenti. Il ritratto l'aveva fissata con disappunto, ma non aveva commentato la presenza di un Corvonero nella Sala Comune all'alba.
Ad un certo punto anche i ritratti avevano smesso di fare domande alla famiglia Potter Weasley & Affini.
La fissava senza parlare, l'orecchino di corno che giocava pigramente con la luce nella stanza, a malapena accennata. Nuvole grigie minacciavano pioggia, ma il vento soffiava dal Lago Nero con un rassicurante pronostico di sereno.
A Lily non sarebbe potuto importare di meno nemmeno se Albus Silente fosse apparso vestito solo di un gonnellino hawaiano e il cappello a punta.
“Come sta Scott?” Louis sorrise a quella domanda di circostanza, ma rispose con l'educata empatia di sempre
“Dice che l'Infermeria diventa più piccola ogni volta che ci finisce” sorrise “Fortuna che fra un paio di mesi ci sono i MAGO, altrimenti chi lo sopporta un altro anno” l'amarezza che gli attraversò lo sguardo non colò minimamente sulla pelle di Lily, che avvertì la malinconia a stento trattenuta, ma decise di ignorarla. Se si fosse aggrappata alla complicata quotidianità di Lou non avrebbe più avuto il coraggio di confessargli la verità
“Cosa ti ha detto?” a nessuno dei due servivano precisazioni
“Solo che la sbronza gli ha appannato il cervello” ma Lou non si limitava mai a credere ciecamente a Scott, era una regola aurea della loro strampalata vita insieme. C'erano ancora delle ombre nella vita del Serpeverde, che Louis Weasley aveva deciso di affrontare un po' alla volta, in lente e profonde bracciate.
“E basta”
“E basta”
Louis si stiracchiò, rivelando piccole ferite già rimarginate sul collo e il torace. Trasformarsi nella Stamberga Strillante era più sicuro di una corsa nella Foresta Proibita, ma le esercitazioni con Wahya Show lasciavano sul suo corpo più segni che piacere.
Eppure suo cugino sembrava sereno, se non felice, conscio di aver afferrato una sfida assolutamente inaffrontabile per la maggior parte delle altre persone, ma vitale. Aveva o no convinto Scott Musone Warrington ad uscire allo scoperto, e a frequentare la masnada disorganizzata dei suoi cugini strampalati?
Accorgersi di aver affibbiato a qualcuno un nomignolo le punse il palato fino al cervello. Era qualcosa che lui faceva sempre.
Scorpius.
Il motivo per cui si trovava lì. 
Intrecciò nervosamente gli indici, tormentandosi le unghie già corte e martoriate.
“C'è la possibilità, che ne so, che tu non esplodi come uno Schiopodo Sparacoda dopo che ti avrò detto quello che sto per dirti?” Lou sorrise, sempre bello e apparentemente noncurante
“Dipende, stai per raccontarmi dettagliatamente di come Scott si è calato un po' di peyote e si è lasciato guidare nel viaggio da un nativo muscoloso e sudato?”
Lily rimase zitta. Il peyote, quella lezione di Divinazione con Fiorenzo, Wahya Show seduta in un angolo ad osservarla, e il peyote di nuovo, quella droga visionaria e antica che avrebbe permesso, se assunta con esperienza e metodo, di spalancare le porte della percezione. Capace di scavare talmente a fondo nella mente di qualcuno da contrastare perfino un incantesimo di memoria.
Era stata lei.
Lily non sapeva ancora a che scopo, ma Wahya Show aveva dato il peyote a Scott in modo che lui ricordasse, che sapesse, e anche lei.
Tornò a fissare Louis, che ricambiò il suo sguardo con un nervosismo malcelato. Dovevano essere passati secoli da quando le aveva posto quella domanda spinosa, un accenno di ironia e una velata ansia.
“Lils...ci ho preso o...”
“NO! No no no no Lou, ma dai...” gesticolò lei con il formicolio alla spina dorsale che non accennava a lasciarla andare. “E' peggio, in un certo senso...ma anche meglio...” inspirò, “non ha a che vedere con te, non...direttamente” espirò, cercando di rilassarsi. Lou le afferrò le mani, impedendo all'indice di scavare una ferita profonda e dolorosa senza che lei se ne rendesse conto. La fissò senza parlare, con un sorriso
“Lils, non è per fare del protagonismo spicciolo, no davvero, ma sono un dannato Lupo Mannaro, fottuta Morgana! Credi davvero che ci sia qualcosa-”
“Scorpius ha rapito Scott. E Incubus Mortimer. Scott ha visto i loro volti nella Foresta Proibita che gli lanciavano un incantesimo di memoria. Non sa perché, non sa se abbiano qualcosa a che fare con le altre sparizioni o cos'altro. Ma sono stati loro a portarlo lì” confessò tutto così, d'un fiato. Fu spaventoso ma non letale.
Louis s'irrigidì.
Imprecò, si alzò e si mise a camminare come un felino in trappola per tutto il perimetro della Sala Comune
“Perchè?”
“Non lo sa”
“Perchè non me l'ha detto?”
“Gli ho chiesto io di non farlo” si bloccò a metà di un passo, schiantandole addosso uno sguardo ambiguo
“Per Malfoy?” non aveva senso, a quel punto, mentire.
Annuì
“E' una cosa che dovevo fare io, da sola. Devo” esitò “ancora capire. Parlargli” suo cugino sbuffò rumorosamente
“Pensi veramente che possa spiegarsi? È un fottuto-” lo vide rabbrividire, osservò il suo corpo assecondare quel tremito animalesco. Gli occhi gialli si dilatarono fin quasi a diventare quelli di un lupo.
Lily fremette, ma attese. Se Louis non era in grado di trattenersi nemmeno in quella situazione, non c'era speranza per Scorpius di tornare a casa intero.
Com'era emersa, la natura lupesca di Lou defluì.
“Lo so. Insomma, non lo so, ma posso immaginarlo. Ma devo sentirle da lui tutte le schifezze che immagino abbia fatto. Non so come ma...”
“Prova con il camino della Maxime” Albus e il suo pigiama a righine sottili non si sposavano bene con la luce dell'alba che inondava la stanza. La sua espressione, e quella di Hugo, non avevano nulla di caldo, o luminoso.
Era la prima volta che suo cugino la guardava in quel modo in tutta la vita. Sembrava ferito, deluso, arrabbiato e solo, desolatamente solo.
Lo sguardo di Albus, d'altra parte, non era che una copia carbone di qualsiasi altro le avesse lanciato da quando Scorpius-lo-divorasse-un-Ippogrifo era entrato nella sua vita.
“Hei” tentò a vuoto, poi si rese conto di un dettaglio “Tu come accidenti fai a sapere come arrivare da Malfoy, per tutti i folletti della Cornovaglia?!” la risposta di suo fratello non ebbe bisogno di venir tracciata nell'aria dal suono.
Prima che le urla di Lily sovrastassero qualsiasi soglia dell'accettabilità, Louis intervenne
“Devo parlare con Scott. Albus, vieni con me? Sono troppo stanco per pensare...” se Lily non fosse stata sicura di non aver visto l'espressione di suo cugino mutare, avrebbe giurato di averlo visto ammiccarle. Hugo rimase immobile in mezzo alla stanza, una larga porzione delle sue caviglie massicce in bella vista sotto l'orlo del pigiama con i Boccini.
“Allora, che notizia eh?” ma Hugo non si limitò ad adagiarsi su quella falsa noncuranza. Al contrario, incrociò le braccia al petto e sbuffò
“Quel figlio di un'Acromantula velenosa ti ha rimbambito il cervello cugina. Ma dico, ha rapito Scott e voleva cucinarselo per bene nella Foresta Proibita, e tu che fai? Te ne vai fino a Durmstrang per parlarci? Quale cavolo di Pozione Confondente ti sei bevuta?” Lily si mordicchiò il labbro
“Hu...io...non lo so. Devo andarci e basta” l'altro scosse la testa leonina con disappunto. Un disappunto misto alla delusione più autentica
“Non so più chi cavolo sei cugina. Non lo so davvero...” fece per andarsene, ciondolando su per le scale con un peso indicibile sulle spalle larghe che Lily era convinta fossero in grado di sopportare qualsiasi notizia. 
“HU!” l'altro si voltò “scusa” non sorrise, ma ci provò
“Sei ancora la mia cugina preferita Rossa, ma non farmene pentire...” i suoi passi pesanti frammentarono un detestabile silenzio in un inaffrontabile caos.
Hugo non l'avrebbe mai abbandonata davvero. Nemmeno Albus, Teddy, James. Ma lei aveva smesso di preoccuparsi per gli altri da quando Malfoy era entrato nella sua vita senza dire Alohomora. Aveva smesso di pensare a Hugo, a Rose a Roxanne, a come si sentivano. Aveva smesso di essere una Potter e aveva cominciato ad essere solo Lily. Aveva guadagnato a morsi un'identità, libera dai confortanti abbracci della sua famiglia, ma non era riuscita a toccarli. Sembrava destinata a barcamenarsi fra il rimanere inevitabilmente aggrappata alla sua numerosa e chiassosa famiglia, e spingerli via, come se essere se stessa con loro non rappresentasse un'opzione.
Scorpius Malfoy l'aveva sfidata più di chiunque altro, mettendola alla prova anche con la sua sola presenza.
Ma la persona che era diventata, l'individualista Lilian Luna Potter capace di passare sopra i sentimenti di chiunque pur di non lasciarsi scivolare di mano le sue scelte, non era la persona che lei voleva essere. Non quella che i suoi genitori, cugini, fratelli e amici amavano, non quella che Teddy voleva proteggere, non quella che i suoi compagni di Grifondoro avevano imparato a conoscere. Solo qualcuno disposto a grattare via dagli altri quello che serviva per costruire se stesso.
I colori accesi l'avevano costretta a ripararsi dalla luce così tenacemente da chiudere gli occhi di fronte al resto, inebetita e incapace di capire.
Non era quella la Lily che voleva varcasse i cancelli di Hogwarts per le vacanze estive.
Ma quella persona, ideale o meno che fosse, aveva bisogno di risposte. E se l'unico camino capace di portarla da Scorpius Malfoy era davvero quello di Madame Maxime, allora l'ufficio della Preside sarebbe stato l'ultima stanza di Hogwarts ad ospitare quella Lily ostinata, immatura ed egoista. Al suo ritorno, disse a se stessa respirando profondamente, la persona che voleva essere sarebbe sbucata fuori ricoperta di fuliggine.
 
***
 
Era il terzo.
Bolide.
Contro una spalla, una gamba, il torace.
Non farsi disarcionare dalla scopa, a quel punto, acquistava quasi il sapore di una sfida contro i suoi stessi compagni di squadra. Molto più di una partita, o di un meticoloso scontrarsi di vedute su come un scopa da corsa avrebbe dovuto volare. Molto più di una semplice questione di “provenienza” magica o di “educazione”.
Era proprio Durmstrang, erano i “fieri ed integerrimi” figli di Durmstrang, che volevano la sua testa. O la sua virilità, pensò impennando il manico di scopa per evitare un altro Bolide ad altezza inguine.
Non erano semplicemente barriere linguistiche, era proprio un massacro.
Decifrare i loro nomi sulle divise era stata un'impresa titanica. Ma per uno che di secondo nome faceva Hyperion, notò ironicamente lanciandosi in un giro della morte quasi contro il fondo del campo, rocce affilate e terra brulla, aveva sulla lingua il gusto della metafora.
Non si trattava semplicemente di una partita di Quidditch. 
Era Scorpius Malfoy contro Durmstrang, Hogwarts e il suo gioco da “ragazzina spaventata”, contro il precipitare a cento all'ora vicino ad un masso di pietra calcarea levigata dal vento del Nord e la siccità terrosa dell'estate senza pioggia.
Si trattava, nonostante lui dubitasse seriamente che qualcuno di quei troll imbizzarriti lo avesse intuito, di una prova d'iniziazione bella e buona.
E come ogni sfida a cui la vita avesse mai sottoposto Scorpius, era intrisa di scricchiolii di ossa rotte, sangue dal naso e inenarrabili avvitamenti sulla scopa da corsa.
Aveva anche il sapore di fumo dell'Espresso sul Binario 9 e ¾, di neve, di terra e di frittelle.
Una sciarpa incompleta sferruzzata all'ultimo momento, e il rombo di una motocicletta sul ghiaccio incrinato.
Il Battitore della squadra avversaria, un grugno inespressivo che sbraitava direttive in quella lingua rigida e senza vocali, quasi gli sbatté contro nella foga di mettere alla prova i suoi riflessi.
Niente, niente era capace di scatenare il narcisismo aristocratico di un Malfoy come un tizio anonimo dall'aspetto di una creatura che Hagrid il barbuto sgrammaticato di Hogwarts avrebbe adottato all'istante.
Virò all'ultimo istante, beandosi per una frazione di secondo dell'espressione corrucciata che probabilmente era il modo di Durmstrang di manifestare il panico, del Battitore bardato come un muflone delle praterie e altrettanto profumato.
La scopa dell'altro sfiorò il terreno e s'impennò, disarcionandolo.
Scorpius saettò in aria, al di sopra del campo, dei Bolidi che gli ringhiavano vicino alle orecchie, degli altri giocatori che sembravano aver messo da parte per un attimo lo spirito competitivo del Quidditch per disprezzarlo in una ferma linea compatta.
“Quando si dice farsi amare dal prossimo” sogghignò Scorpius osservando la febbrile preoccupazione con cui l'altro Cercatore scrutava il campo.
Il Boccino non gli si sarebbe materializzato davanti al grugno solo perché strizzava gli occhi, disse a se stesso mentre librava lentamente nell'aria in affusolate spirali.
“Devi amarlo quel coso, amico, amarlo e odiarlo, e desiderarlo. Non è solo un oggetto, è vivo, è impregnato di una Magia antica e senza nome che si tramanda da generazioni. Non è una palla tanto carina con le ali. È tutto quello che deve servirti, a cui pensi, che cerchi, che vuoi disperatamente”
C'era così poco sentimento in lui, così tanta energia lasciata defluire fra le spalle tese e la schiena dolorante. C'era quel modo di stare in sella che a Scorpius ricordava gli interrogatori del Ministero di cui suo padre gli parlava sempre quand'era piccolo. Rigido, preoccupato, spaventato.
Non era vivere, non era respirare. Era arrangiarsi, era tossicchiare, era soffocare.
Lo diceva con quello sguardo, perso chissà dove, che lui aveva imparato ad associare al dolore. Draco Malfoy non aveva mai avuto molti amici, di questo suo figlio era stato pateticamente certo da sempre. Ma mai come quel giorno, al Wizengamot, era stato così fragile. E solo.
Non andava bene a nessuno Draco, perché era stato troppo crudele con chi avrebbe dovuto proteggere, e troppo codardo per essere abbastanza crudele da diventare un Mangiamorte. Aveva avuto paura quando era stato il momento di decidere, ed aveva semplicemente lasciato che altri lo facessero per lui.
Ma nessuno aveva dimenticato, mai, il ghigno di suo padre dietro le spalle della Umbridge, mentre dispensava punizioni con il fregio di quella carica straordinaria di cui aveva abusato. Nessuno aveva dimenticato la supponenza, l'alterigia, il classismo e il viscido arrivismo.
Nemmeno Harry Potter, che pure gli aveva salvato la vita nella Stanza delle Necessità.
Aveva rischiato la condanna a vita ad Azkaban, con o senza Dissennatori, era arrivato ad un soffio dall'essere il mago più odiato dai Mangiamorte di tutto il Mondo Magico. Dopo Harry Potter, Draco Malfoy era quello che aveva tradito, chiunque, dovunque, mai abbastanza.
Scorpius aveva vissuto con l'infamia del suo nome per sette anni, ed era fuggito. A Durmstrang, dove i Bolidi gli sfioravano le orecchie, colpiti a cento all'ora dai suoi stessi compagni di squadra in una danza al massacro in cui a sopravvivere, forse, sarebbe stato solo il suo manico di scopa.
Draco era rimasto, e ne aveva pagato il prezzo. Tutti loro l'avevano fatto.
Il Boccino d'Oro luccicò fremendo a due metri da lui, saettò scompostamente a destra e a sinistra, come un Promemoria del Ministero della Magia colpito dalla Tarantallegra. Non era come ad Hogwarts, dove anche nelle giornate più cupe e fredde, anche quando il sole si nascondeva scialbo dietro una coltre di nubi e non illuminava le sue ali dorate, il Boccino si stagliava luminoso contro il cielo e l'erba tagliata di fresco, contro la neve, il fango, le pozzanghere sul terreno. Lì, in quella terra brulla e gelida nelle profondità del nord, doveva lottare contro la polvere che si alzava in mulinelli pruriginosi contro la pelle e negli occhi, impastava la bocca e il respiro. Sapeva di sale e di fuoco, di sole raro e trasparente, di freddo e solitudine.
Giorni che erano notti ininterrotte e piccoli sprazzi di luce discontinua e malinconica.
La luce timida del Boccino quasi si arrendeva alla notte.
Si lanciò in un duello incrociato con il Cercatore dell'altra squadra, e metà della sua che tentava in ogni modo di ostacolarlo.
Sorrise, quando il Portiere alle sue spalle si sporse per nascondere il Boccino alla sua vista.
Ma nessuno aveva davvero capito cos'era in ballo in quel momento. Perché si trovavano tutti lì a rincorrere una pallina dorata stregata allo scopo di essere inafferrabile. Con il Boccino d'Oro, Scorpius Malfoy avrebbe afferrato Durmstrang. Amara, chiusa, ancora rigida, l'intera Scuola di Magia e Stregoneria di quei rozzi barbuti dalle espressioni ebeti sarebbe stata sua.
Non lo avrebbero idolatrato inneggiando alla sua nomina di Caposcuola, e probabilmente sarebbe sempre stato il tizio di Hogwarts con “la faccia da ragazza”, ma sarebbe stato il tizio di Hogwarts con la faccia da ragazza che faceva il culo a zucca a due squadre di Quidditch. Contemporaneamente.
Il Cercatore avversario, occupato a grugnire delle sue sventure atletiche sul manico di scopa, non aveva notato il Boccino che saettava ad un paio di metri alla sua destra, evitando un Bolide lanciato appositamente contro Scorpius che aveva seguito inaspettatamente la traiettoria di un mulinello di polvere e detriti sollevati dal campo.
Scorpius deviò, lanciandosi dalla parte opposta, attirando l'attenzione degli altri giocatori su un punto imprecisato sul fondo del campo. Nei tre secondi successivi due Bolidi vennero scagliati nella sua direzione, uno dei quali lo colpì in pieno ad un ginocchio. Le ossa scricchiolarono e la presa cedette costringendolo ad avvitarsi su se stesso per non essere disarcionato. 
Perse la presa e sfregò il gomito contro la nuda roccia del campo. Gemette, mentre un fendente lacerante gli pulsava dal gomito alla gola, al petto e alle tempie. 
Imprecò e si rimise in sella, un altro Bolide che lo mancò per poco e il Battitore della sua stessa squadra che lo fissava ottusamente, probabilmente sorpreso che fosse ancora vivo.
Il Boccino era scomparso, il ginocchio probabilmente rotto, e il dolore gli appannava la vista in disomogenee macchie fluorescenti.
Serrò la mandibola con una tale testardaggine da sentirla sfrigolare, serrò le dita intorpidite attorno al manico di scopa, e provò a virare in direzione dell'altro Cercatore, lanciato all'inseguimento di qualcosa che somigliava preoccupantemente al Boccino.
Poi accadde.
Fu semplicemente un istante di distrazione, uno di quelli che costano così cari solo in un duello all'ultimo sangue. Si deconcentrò per seguire l'ipotetica traiettoria di un Boccino che non riusciva a vedere, la bile che si rimescolava nello stomaco per l'agitazione, fendenti letali al ginocchio, al torace e alla spalla, il gomito che sanguinava copiosamente, il calore vischioso che gli faceva scivolare via le dita, la parte destra del corpo apparentemente insensibile. 
Ad Hogwarts, se un giocatore avesse riscontrato ferite come quelle, Alicia Spinnett avrebbe interrotto il gioco all'istante per spedirlo in infermeria con un calcio nel sedere. 
Apparentemente, a Durmstrang il sangue era compreso nel prezzo.
“Ora sì che mi sento a casa”, bofonchiò a mezza bocca tentando vanamente di mantenere il controllo della scopa, ammaccata quanto lui.
Il Bolide lo colpì in pieno sul fianco, in una carambola di arti scomposti e dolore lancinante, disarcionandolo.
Fu una caduta tutto sommato indolore, considerando che metà di lui era già martoriata e l'altra sembrava non rispondere più ai comandi.
Ma l'impatto, quello sì che gli fece esplodere l'intera scorta di Fuochi Forsennati Weasley contro le tempie. Schiena, nuca, spalle, anche. Il suo corpo sembrò sfracellarsi come una Bolla Bollente contro il campo di roccia acuminata di Durmstrang.
Per un attimo la vista annebbiata coprì totalmente il sole impietoso che ogni tanto sferzava perpendicolarmente il campo. 
Nella polvere, nelle narici, in gola, sul palato, negli occhi, Scorpius Malfoy riconobbe il gusto metallico del sangue. 
Sangue e bile.
Sangue e vergogna.
Sangue e rabbia.
Krum, che non disdegnava un bell'incontro con qualche ammaccatura, gli si avvicinò con la sua andatura ciondolante. A vederlo in quel momento, il mantello a svolazzargli attorno agli arti sgraziati, nessuno avrebbe mai potuto immaginare quanta grazia e bellezza sapesse evocare semplicemente montando su una scopa da corsa.
Ma Scorpius era troppo occupato a tentare strenuamente di non svenire per riportare alla mente l'emozione di averlo visto giocare per l'ultima volta, prima che decidesse di ritirarsi e prendere in mano le redini di una Durmstrang dilaniata dalle faide interne e abbandonata a se stessa dopo l'abbandono del terzo Preside rinunciatario dalla fuga di Karkaroff. Silente aveva cercato di mediare, pare, con un paio dei suoi milioni di amici sparsi per il Mondo Magico, ma nessuno aveva davvero avuto il fegato di spiumare l'Ippogrifo di Durmstrang. Troppe famiglie Purosangue interessante a mantenere i propri privilegi, troppi Mezzosangue che percorrevano mezzo Mondo Magico per iscriversi a scuole che permettessero loro di conseguire i loro MAGO nonostante il sangue misto.
Troppe lobby che spingevano in ogni direzione per ingurgitare la tradizione fiera di Durmstrang e innestarvi i propri interessi economici e politici.
Victor Krum aveva stretto le sue lunghe dita affusolate da Cercatore attorno alle mura e i torrioni della Scuola e aveva messo a tacere con quel primo e unico Editto da Preside ogni lamentela sibilata e strisciante sotto le pietre brulle di quel posto dimenticato da Salazar. 
Nessun limite di sangue avrebbe mai più precluso ai figli di Babbani di studiare a Durmstrang, e che i Purosangue indignati trovassero un altro posto dove instillare nei propri pargoli viziati inutili valori di purezza e incontaminata nobiltà.
Non un solo mago o strega aveva osato opporsi. 
Non dopo la Battaglia di Hogwarts e la morte di Voldemort. Non con il Ministero della Magia in mano a Kingsley Shacklebolt.
Non con Harry Potter e i suoi Auror.
Non con il Wizengamot che aspettava solo un passo falso per spedire intere famiglie in esilio ad Azkaban. 
Jus in bello.
“Epismendo” sussurrò Krum con un tono di voce che era quasi un brontolio. La ferita al gomito di Scorpius si rimarginò in pochi istanti, ma le ossa fratturate del suo corpo avrebbero richiesto un po' di sano soggiorno in infermeria.
Scorpius si lasciò trasportare senza lamentarsi fino all'Infermeria di Durmstrang, nella torre Ovest, una stanza circolare dalle pareti spesse e l'arredamento scarno tipico di tutto il Castello. 
Malgrado il nuovo Preside avesse apportato alla struttura una quantità necessaria di aggiustamenti, il vecchio spirito da apparato militare non avrebbe mai abbandonato del tutto la Scuola. 
Nemmeno le citazioni dei Guaritori famosi che inneggiavano alla resistenza di fronte al dolore e alla forza che un mago deve mostrare di fronte alle ferite e alla morte.
Non erano esattamente aforismi incoraggianti sulla salute del malato.
Julia Vorobjova lo accolse con una smorfia, ma dopo l'esperienza annale con Katie Bell, a Scorpius Malfoy parve quasi un sorriso incoraggiante.
“Io curo te. Tu smamma” sorrise a quelle parole, così faticosamente apprese in qualche gangster movie Babbano di quarta categoria.
Annuì, lasciando che il dolore scemasse e gli intorpidisse i sensi.
Krum bofonchiò qualcosa riguardo ad una “bella parlata” con i giocatori, che evidentemente voleva essere una “bella chiacchierata”, e si allontanò a grandi passi disomogenei. 
La donna si occupò di ogni pozione, ogni fasciatura ed ogni incantesimo in silenzio, mentre Scorpius si aggrappava alle lenzuola già stropicciate per non imprecare ad ogni osso sistemato.
Alla fine anche lei uscì silenziosamente, lasciandolo solo con le massime di vita e di sopravvivenza dei suoi predecessori, e un ronzio incessante dietro le palpebre.
Dopo quella che sembrò un'eternità, la porta cigolò di nuovo contro i cardini.
Lily Luna Potter lo fissava a braccia incrociate dall'altra parte della stanza.
 
Close your eyes
let me touch you now
 
“Ma per favore, maledetto Merlino, anche le allucinazioni...” imprecò a denti stretti alla sagoma dai capelli rossi e aggrovigliati che si avvicinava. 
“Peccato. Durmstrang mi ha tolto metà del divertimento di fare a pezzi il tuo nobilissimo culo di Serpeverde” curioso, si disse, che la Rossa Potter lo insultasse anche nelle sue assurde fantasie da fallito sull'orlo della perdita di conoscenza.
Già che aveva la Tarantallegra, tanto valeva ballare.
“Dolente, ho provato a dirgli di lasciartene un pezzo, ma lo sai quanto va di moda farmi il culo ultimamente...” tentò di voltarsi verso di lei, ma le fasciature lo immobilizzavano, e la Pozione Rilassante parecchio potente della Vorobjova lo aveva costretto a collassare fra le coltri.
Lily Potter continuò a camminare nella sua direzione, il passo incerto ma determinato, una Converse sfilacciata davanti all'altra, e le braccia incrociate per il freddo.
Non avrebbe avuto freddo nella sua mente. Né paura. Non ci sarebbe stato altro di lei se non qualcosa a cui arrendersi. 
Ma lei sembrava così vera, e reale, e stravolta.
I suoi capelli erano più lunghi, le clavicole in evidenza, le ginocchia esili.
Non sarebbe stata stanca, arrabbiata, e sola.
Solo quando l'orlo della sua gonna a pieghe ricoperta di fuliggine ingrigì il lenzuolo spiegazzato, Scorpius Malfoy realizzò incontrovertibilmente che lei era lì.
“Potter”
“Malfoy”
 
let me give you 
something that is real
 
***
 
Close the door
leave your fears behind
 
Il giorno aveva seguito la notte. Una, due, dieci volte.
E lei era ancora lì.
Non perché la trattenesse davvero, o perché volesse essere davvero lì. Ma perché l'aveva privata, semplicemente, della volontà. 
Alla fine aveva ceduto, Rose Weasley, a quella verità. Perché voleva, era più facile.
Semplicemente, una certezza spaventosa era stata meglio di ogni domanda dall'esito incerto.
Costruire il mostro, solo per lei. Edificarlo, renderlo grande, maestoso e imperscrutabile.
Non la verità, quella no, non avrebbe potuto davvero sopportarla.
Da allora l'aveva solo osservata ritrarsi sempre di più nel silenzio, nella rassegnazione, nel vuoto d'aria di pensieri sconcertanti e addii a labbra serrate.
L'aveva ascoltata piangere nella notte, l'eco a spandersi come acqua gelida sul pavimento e gli archi, lungo i muri e negli anfratti. Solo Incubus era rimasto impermeabile a quel dolore, contando i giorni, i minuti e le ore che lo separavano dalla sua vendetta.
Rose Weasley non era mai entrata nei piani. A stento l'aveva guardata, a stento sapeva di lei, a stento ci aveva pensato. 
Ma non esiste piano di riserva che non contempli il sacrificio di qualcuno, Incubus lo sapeva. Da quando l'Avada Kedavra aveva sibilato accanto al suo orecchio quella notte, Incubus aveva riposto un'insaziabile fiducia nel sacrificio degli inermi.
Rose Weasley non era mai stata inerme. Forse gli era piaciuto crederlo, forse, nel profondo, ci aveva sperato, anche quando si era ritratta istintivamente da lui. 
Aveva sbagliato, Incubus Mortimer, a riporre nella sua tattica tutte quelle speranze. Aveva sbagliato ogni cosa fin da quando, compiaciuto, l'aveva designata senza premurarsi di osservarla. Ma per quanto coraggiosa, non aveva davvero speranza.
Non c'era modo di lasciarla vivere, nemmeno rispettandola.
Provare quel fastidio era fonte d'inesauribile piacere per Incubus. Un piacere quasi struggente, quasi dolorante sul fondo del petto.
In una casa vuota dalle mura divenute frammenti, provava un piacere malsano nel dispiacere e nell'imperfetto esito di quel piano.
Ucciderla non sarebbe stato indolore come aveva creduto, non così semplice. E solo la consapevolezza di quella ferita, impercettibile e bruciante, era capace di esaltarlo come nient'altro.
La guardò anche in quel momento, raggomitolata in se stessa sul tappeto logoro, il vestito impolverato, il fuoco che scoppiettava ormai allegro, il camino che aveva ormai scaldato piacevolmente quella stanza come un vero soggiorno.
Mangiava a stento, non riposava mai, non parlava. Non lo guardava, nemmeno per rispondere alle sue domande a monosillabi.
Solo una notte, in preda al delirio per la febbre, aveva sussurrato
“Morirò qui vero?” prima di piombare nuovamente nell'oscurità. 
“Sì Rosie” le aveva promesso con le dita dalle unghie troppo lunghe e scheggiate dall'incuria “morirai...” lei aveva debolmente sorriso, quasi rassicurata, quasi in pace.
Condurre qualcuno così vicino alla follia e tirarlo via all'ultimo istante era una prova che nemmeno lui era certo di aver superato senza conseguenze. Quella ragazza, il cui cipiglio combattivo era stato fonte di più di una sorpresa per il suo orgoglio monolitico, stava morendo molto prima che lui pronunciasse la sua sentenza.
Si sedette sui talloni accanto a lei, fingendo di ravvivare il fuoco, lo sguardo fisso sulle braci incandescenti.
“Mi avevi promesso una notte intera Rosie” all'oscurità compatta della notte innevata, il grigio aveva già sottratto la supremazia. Strisciante e infida l'alba cominciava a irretirgli i sensi affaticati, a giocare con la percezione e imbrogliare la ragione.
“Quante notti vuoi ancora da me Incubus Mortimer? Quando la smetterai e la faremo finita?” era la prima frase di senso compiuto da quando si era ripresa dalla febbre. Da quando il calore aveva fatto evaporare da lei anche la testarda determinazione che era stato il suo marchio di fabbrica.
Masticò quelle parole senza assaporarle, senza più metterlo alla prova.
Si rannicchiò lontano, a disagio. Tremò leggermente, e per la prima volta Incubus domandò a se stesso se avesse definitivamente varcato quella soglia fra l'attrazione e la repulsione, senza poterla più richiudere dietro di sé.
Era la morte, l'odore marcescente della menzogna, il gelo della paura ad averli portati lì. Non un incantesimo, non la prigionia, non la follia di King. L'odore della cancrena del senso comune che andava sgretolandosi.
La morte li aveva condotti lì, e da lì li avrebbe strappati.
 
let me give you what you're giving me
you are the only thing
that makes me want to live at all
 
E Rose Weasley, con le sue ginocchia strette al petto e il terrore desolante sagomato sulle spalle, era ancora una tentazione. Qualcosa di pesante al centro dello stomaco, e contro la spina dorsale. 
Ma così no, così sarebbe stato come la maledizione Imperius. Una bambola rotta, una bacchetta difettosa, un incantesimo pronunciato male.
Un errore di giudizio.
“Presto Rosie. Presto sarà finita” lei sospirò, avvicinandosi di una manciata di centimetri. Forse a lui, forse solo al fuoco
“Perché non mi uccidi e basta? Puoi dare la colpa a King, raccontare di come eroicamente mi hai salvata dalle sue grinfie, ma di come sono inevitabilmente rimasta vittima del duello” inspirò, gli occhi vuoti, ridotti ad enormi pozze scure “puoi essere l'eroe del momento, e smettere di cercare la tua vendetta.” Incubus rimase in silenzio, e lei sorrise di una tristezza quasi solida “Ma non basterà mai vero? Non ti fermerai mai”
Si strinse nelle spalle, Incubus Mortimer, senza che quella promessa di gloria eterna sfiorasse nemmeno la sua pelle. Qualcos'altro però lo fece, silenziosamente, una consapevolezza nuova e diversa di una prossimità a cui non aveva mai fisicamente prestato orecchio.
“Ti ho già detto cosa voglio Rosie, non farmelo ripetere”
“Orrore” ribatté lei irrigidendosi visibilmente. Qualcosa della Rose Weasley che si divertiva a terrorizzare nei corridoi di notte, rispose al suo richiamo quasi animale.
“Equilibrio” precisò “il ristabilirsi di un antico ordine” lei rise così amaramente da tossire
“Il tuo ordine. Assoluto e irrevocabile. Che bravo, ci riuscirebbe anche un troll di montagna a stabilire un ordine in cui crede solo lui” Incubus sorrise, senza gioia, ma con piacere
“C'è una vaga giustizia in quello che ti aspetti da me. Ma dimentichi che non credo nella giustizia, non quella del Ministero, o quella dei tuoi genitori, o di Harry Potter” Rose sistemò una piega inesistente del vestito lacero. Quel piccolo vezzo gli era familiare, e sconcertante fu riconoscerlo in qualcuno che credeva morto.
“Ognuno ha la sua giustizia, ma se perseguissimo i nostri piani calpestando gli altri, non rimarrebbe niente per nessuno” fu allora che si rese conto che lei era ancora lì, sotto i capelli aggrovigliati, i vestiti logori e la pelle pallida. 
Senza rendersene conto, provò quasi sollievo. Trionfo. Desiderio.
Si alzò di scatto, quasi sopraffatto dal disgusto, l'elettricità statica, e qualcosa di difficile da identificare per una persona come lui. Il dubbio. Una piccola sillaba di debolezza fra le scapole.
 
when i am with you
there's no reason to pretend
that when i am with you i feel flames again
 
Rose non sembrò accorgersene.
“Per questo solo alcuni di noi si appropriano del diritto di farlo, e altri obbediscono all'autorità senza fare troppe domande” lei lo osservò muoversi nella stanza, con una punta di curiosità sotto i troppi strati di rassegnazione di cui andava velocemente spogliandosi.
“E voi cosa siete, un'avanguardia?” sembrò scettica. 
Rilasciava elettricità statica il suo essere scettica.
Elettricità che titillava dolorosamente la sua giugulare.
“Io, Rosie, ci sono solo io”
Le voltò le spalle, fissando lo sguardo su un punto a caso della parete. Un'incrostazione particolarmente resistente, una macchia di umidità maleodorante che focalizzasse la sua attenzione su qualsiasi cosa non fosse il tono di scherno di Rose Weasley, e quella scarica dolorosamente piacevole che gli provocava.
Lei si alzò camminando così lentamente da costringerlo ad ascoltarne ogni attimo
“E cosa sei tu?” non era una domanda, solo un sussurro appena udibile.
E Incubus sogghignò, al di sotto di ogni altra nota dolente nel suo petto, perché lei era sua. Davvero.
Completamente.
Crollata.
Si voltò con quello stesso sogghigno spaventoso inondato dalla luce tremolante del camino, e rispose.
“Tutto quello che vorrai” 
Fu un istante in cui nessuno dei due esitò. Fu qualcosa di diverso da qualsiasi cosa Incubus conoscesse. Fu un combattimento senza tregua né possibilità di resa. Di labbra, denti, pelle e arti scomposti.
Abiti logori e difese che crollarono a terra senza cedere. Unghie nella pelle, manciate di polvere strette fra le dita. Un pavimento cosparso di foglie secche entrate dalla finestra rotta in autunno, un tappeto sdrucito dalla trama irriconoscibile. Una copia del Paradiso Perduto dalle pagine arricciate e macchiate di umidità.
Rose Weasley non lo lasciò mai, nemmeno per un secondo, prendere il sopravvento. Non si arrese, non rinunciò ad attaccarlo serrando le dita fredde attorno alla sua gola per allontanarlo, osservarlo, sfidarlo a vincere in quel modo, senza il controllo che tanto vantava. Non qualcosa di meccanico da svolgere senza pensare, limitandosi ad accontentare le richieste di qualcuno la cui opinione non era altro che un marginale segnalibro ai margini della razionalità. Non un esercizio di retorica epidermica, affabulazione e soddisfazione vuota e meccanica.
Ingaggiò contro la sua pelle e le ossa sporgenti del bacino una battaglia di intenti, un massacro di intenzioni, una guerra di posizione in cui ogni centimetro guadagnato lo sorprendeva e indeboliva.
Uno scontro alla pari di volontà.
E Rose Weasley si fermò. Quando Incubus Mortimer credette di aver vinto, finalmente, le sue resistenze, lei lo trattenne in una presa decisa e tremolante fra i capelli 
“Chi sei tu?” non più cosa, solo chi.
Chi sono io? 
Non fu Incubus a trovare la risposta a quella domanda.
Forse, nemmeno ne esisteva una.
 
Just put me inside you
i would never ever leave you
 
Un momento di sorpresa. Nell'inconciliabilità di quel momento con la realtà, nell'incoscienza spaventata che muoveva i suoi polpastrelli, le ossa spigolose sotto la pelle, la stessa epidermide a scontrarsi contro di lei, Incubus serrò le dita contro i palmi e lasciò che il suo corpo la incontrasse.
Il dolore, il fremito, la scoperta.
Il sangue del traditore versato con consenso. Un consenso strappato a morsi e grattato via con le unghie insanguinate. Un prezzo che non era più sicuro di poter pagare.
Ma non incontrò nessuna resistenza. Nessuna espressione di dolore sui suoi lineamenti così vicini e irriconoscibilmente conosciuti. Appena un attimo di esitazione in quel contatto, una pressione che lo destabilizzò per quanto sembrò leggera e naturale.
Nessuna resistenza.
Rose lo fissò negli occhi attentamente, in attesa. Registrò ogni cambiamento della sua postura, ogni mancato contatto, ogni silenzio. Misurò le distanze e le perdite di quella battaglia così scoordinata e disarticolata. Nessun vincitore.
Terrore, sguarnito di ogni difesa, provò solo terrore. E quel lancinante sollievo nascosto negli anfratti dello sterno.
Sollievo. Così accecante da costringerlo a chiudere gli occhi e deglutire, ispezionarsi febbrilmente il petto alla ricerca del battito perduto.
“Non c'è ordine” sussurrò più a se stesso che a lei “nessun equilibrio” 
Incredulo terrore.
Incredibile sollievo.
Terrore.
E sollievo.
“Hai perso ancora, Incubus Mortimer” sussurrò lei con quella fulgente fiamma di testarda determinazione che non era mai riuscito nemmeno ad acquietare.
Sconfitto.
Quasi rise. Follemente, disperatamente.
Il sangue del traditore non poteva essere versato, non da lui. 
Non così.
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Angolo di un'autrice che fate bene a disprezzare totalmente perchè se lo merita: spero che il riassunto iniziale vi sia stato d'aiuto, spero altrettanto che questo capitolo vi sia piaciuto, e che non vi abbia straniti più di tanto, dopo tutto questo tempo.
Non l'ho riletto troppo, quindi mi scuso per eventuali ripetizioni o errori, ma ero troppo entusiasta ed eccitata di averlo finito che sono proprio partita a razzo :D
La mia scrittura è cambiata, ma ho cercato il più possibile di uniformarmi al modo in cui ho sempre scritto, pur dedicando ampio spazio alla descrizione, visto che era importante principalmente capire dove eravamo arrivati, dove ci trovavamo e dove saremo andati a parare^^ Niente di così eclatante è successo, ma non potevo riprendere da dove avevo iniziato con flashback a tutto spiano ed eventi che si susseguivano a ruota. Non avrebbe avuto senso^^

Spero sia tutto chiaro, col cuore...

Preciso solo che Julia Vobjova, l'Infermiera di Durmstrang, è questa Julia qui che si credeva fosse una maga e una guaritrice ai tempi della Russia sovietica^^ 
E niente, volevo ringraziare con il cuore tutti coloro che mi hanno letta, seguita e recensita fino a qui. Posso solo assicurarvi che una cosa del genere non accadrà mai più, e che questa long troverà la sua fine nel modo migliore in cui riuscirò a guidarla fino al traguardo^^
Potete trovarmi qui, se ancora non mi odiate abbastanza da volermi dare fuoco ahahahah

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