Non uscirò mai con te, James Potter

di Eldur
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Anche lui è Caposcuola ***
Capitolo 2: *** Concessioni ***
Capitolo 3: *** Responsabilità e segreti ***
Capitolo 4: *** Strane combinazioni ***
Capitolo 5: *** Che ti aspetti ora, Everett? ***
Capitolo 6: *** Tregua e mezzi rimpianti ***
Capitolo 7: *** Sei cambiato, James Potter ***
Capitolo 8: *** La partita contro Serpeverde ***
Capitolo 9: *** Lettere inaspettate ***
Capitolo 10: *** Hogsmeade ***
Capitolo 11: *** Il Bagno dei Prefetti ***
Capitolo 12: *** Riflessi nello specchio ***
Capitolo 13: *** Vernon, il tacchino di Natale ***
Capitolo 14: *** Tu sei chi scegli di essere ***
Capitolo 15: *** Ma tu non odiavi le scommesse, Lily? ***
Capitolo 16: *** Più che semplice amicizia ***
Capitolo 17: *** La Maledizione Imperius - Parte I ***
Capitolo 18: *** Dalla parte del vincente - Parte II ***
Capitolo 19: *** Compleanno, ricordi e lieto fine ***
Capitolo 20: *** Epilogo - Tre mesi dopo ***



Capitolo 1
*** Anche lui è Caposcuola ***




Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di J.K. Rowling. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Capitolo 1: Anche lui è Caposcuola


L’Espresso per Hogwarts aspettava sulle rotaie, mentre tutti gli studenti si affrettavano per trovare gli amici e uno scompartimento dove passare il viaggio. C’erano solo due ragazze ferme che litigavano a una grande distanza dal treno. “Forse hai bisogno di una nuova sorella. Che ne dici, strega?” disse Petunia sprezzante.
“Sì, hai ragione! Ho bisogno di una sorella che non dica che sono un mostro!” ribatté Lily.
“Allora basta che tu faccia qualche incantesimo e vedrai che cambierò atteggiamento!” aggiunse Petunia urlando. “E’ facile per te, vero? Basta solo che tu muova quello stupido bastoncino!”.
Lily guardò la sorella, irritata. Sarebbe stata l’ultima volta che avrebbero litigato davanti a quel treno.
“Sei sicura di non essere tu il mostro?”, disse allontanandosi.
Con la testa bassa e le lacrime agli occhi raggiunse il treno e cominciò a cercare uno scompartimento vuoto. Il suo settimo anno cominciava come tutti gli altri: aveva litigato di nuovo con Petunia. Voleva bene alla sorella maggiore, ma non avevano più lo stesso rapporto confidenziale da tempo ormai. L’ultima volta che avevano parlato senza urlarsi addosso era stato sei anni prima, quando Lily aveva dieci anni.
Mancavano solo dieci minuti alle undici e Lily non aveva ancora trovato Mary Mcdonald e Kate Everett. Le erano mancate durante l’estate, aveva bisogno di rivederle e di passare un ultimo anno ad Hogwarts con loro. Sorrise al pensiero.
Lily guardò negli scompartimenti della prima carrozza. Non trovando posto, sospirò, e si diresse verso la seconda carrozza.
Mentre guardava nel sesto scompartimento, si accorse che era occupato da Avery e Severus Piton. Non ci pensò due volte: si allontanò in fretta e furia per evitare che Severus la vedesse. Avrebbe cominciato di nuovo a scusarsi. Lily sapeva che non c’era più niente da fare perché avevano perso la loro amicizia e niente li avrebbe più ricongiunti. Sarebbe stato quindi inutile dar modo al ragazzo di Serpeverde di parlarle.
Si guardò intorno cercando anche le sue amiche, ma di Mary e Kate nessuna traccia.
Stava per sbirciare in un altro scompartimento quando la porta si aprì all’improvviso è dall’apertura sbucarono un paio di occhiali e dei capelli ribelli. James Potter.
Non ora!, pensò Lily esasperata.
James Potter era un bel ragazzo alto, per di più Cercatore di Grifondoro. Ma Lily sapeva anche che era soprattutto un irresponsabile, un prepotente. Se ne andava in giro per il castello tronfio e pieno di sé, avendo la cura di non rispettare le regole di Hogwarts. Finiva quasi sempre in punizione, accompagnato dal suo migliore amico Sirius Black. I due facevano parte del gruppo dei Malandrini, come a loro piaceva farsi chiamare. Erano in quattro: Potter, Black, Remus Lupin e Peter Minus.
L’unico con cui Lily si trovava bene era Remus. Era un ragazzo gentile, disponibile e studioso, un prefetto che rispettava i suoi doveri anche se esitava nel punire i suoi migliori amici quando ce n’era bisogno. Per la maggior parte del tempo li guardava malamente e non agiva. Lily sapeva che aveva provato alcune volte ad ammonirli, ma non era riuscito a fargli cambiare atteggiamento e quindi ci aveva rinunciato.
“Ehi, Evans, stai bene?”, chiese soddisfatto James, con un sorriso quasi sfacciato.
“Potter…” pronunciò lei seccata, “Mai stata meglio, grazie”.
“Stai cercando la Mcdonald e la Everett?”.
“Sì. Le hai viste?”.
James sorrise e la invitò ad entrare nello scompartimento, mentre si scompigliava i capelli neri.
“Potter, non ho intenzione di mettere piede lì dentro. Lo sai questo, vero?”, disse Lily, infastidita.
“Niente Mcdonald e Everett, allora”, dichiarò James fingendosi dispiaciuto, “E anche niente scompartimento, a quanto pare…”. Lily osservò la carrozza e vide che erano ormai tutti seduti. Probabilmente non c’era più posto.
Maledizione, ci mancava solo questa, si disse disperata, mentre il treno cominciava a muoversi.
James, compiaciuto per averla incastrata, si spostò ancora per lasciarla entrare nel suo scompartimento.
Mary era seduta e stava parlando con Remus e Peter. Appena vide Lily sorrise e si alzò.
“Lily… ti abbiamo cercato per tantissimo tempo!”, disse abbracciandola.
“Anche io vi ho cercate”, rivelò Lily all’amica. Poi aggiunse preoccupata, “Ma dov’è Kate?”.
James intanto aveva sorriso maliziosamente a Sirius, che aveva risposto con un cenno compiaciuto e orgoglioso che rivolgeva solo al suo migliore amico.
“Allora andiamo, Mary. Potter, Black, Peter, Remus… tanti saluti”, disse Lily, andando verso la porta dello scompartimento.
Stava per uscire quando James le bloccò la via d’uscita.
“Potter, fammi passare. Subito”, lo avvertì Lily con gli occhi infuocati d’odio.
“Dove vuoi andare, Evans? Non c’è altro posto dove sedersi”, rispose risoluto James, senza preoccuparsi minimamente della minaccia della ragazza.
“Kate è nell’ultimo scompartimento di questa carrozza. Io e Mary andiamo lì... ma perché diamine devo dare spiegazioni a te?!”, disse Lily mentre aggiungeva sprezzante un “Addio Potter” carico di rancore.
Ma James non si spostava dalla porta. Lily sbuffò e cercò di smuoverlo dalla sua posizione.
“Potter, fammi passare o ti schianto”, minacciò spietatamente poi, cominciando a sfilare dalla tasca dei jeans la bacchetta.
James sorrise all’avvertimento e la afferrò dolcemente per la vita.
“Lily Evans, ti va di uscire con me?”, sussurrò nel suo orecchio.
Lily rabbrividì al contatto delle sue mani e delle labbra contro la pelle. Si chiese se non potevano rimanere in quella posizione per tutto il viaggio, ma poi si riscosse e tornò alla realtà. Non doveva certo cedere così.
“Smettila di chiedermi se voglio uscire. La risposta è no e non cambierò idea”, ribatté allontanandosi di scatto.
James la lasciò andare sorridendo malizioso e sussurrando “Certo che cambierai idea, Lily Evans”, in modo che solo Sirius lo sentisse. Il ragazzo ridacchiò divertito.
Lily lanciò uno sguardo di fuoco a James e, accompagnata da Mary, uscì dallo scompartimento.
James, seguendo con lo sguardo la ragazza dai capelli rossi, dietro al vetro della porta, tornò a sedersi vicino a Sirius che scoppiò a ridere. Peter sorrise e Remus scosse la testo arreso, a metà tra il divertito e il dispiaciuto.
“Tra un po’ l’avrai ai tuoi piedi, Ramoso”, disse Sirius sghignazzando. James sorrise.
“Non ho mai dubitato di questa possibilità”, confessò orgoglioso.

*



Lily voleva farlo a pezzi. C’erano ragazze che avrebbero dato la bacchetta per essere nella sua situazione: essere corteggiata da James Potter… Eppure lei non lo sopportava. Era arrogante, prepotente e presuntuoso. Erano quasi cinque anni che Potter le chiedeva di uscire e lei non aveva mai ceduto. Questa volta però… era come se lei volesse stare al suo gioco…
No, è solo un’impressione, si disse, scuotendo la testa per scacciare quei pensieri molesti.
Era seduta nello scompartimento con Mary e Kate e guardava fuori dal finestrino mentre loro parlavano. Non vedeva l’ora di cominciare le lezioni. Poi si ricordò che era al settimo anno e che avrebbe dovuto conseguire i M.A.G.O. (Magie Avanzate Grado Ottimale), gli ultimi esami prima di entrare nella realtà del mondo magico, e cominciò a preoccuparsi.
Ma cosa aveva Potter di così speciale? Era solo un arrogante!
E adesso perché pensava a Potter invece che agli esami?
“Lily!”, la chiamò Kate all’improvviso a voce alta. Lily si girò di scatto.
“E’ da un po’ che ti sto chiamando. Stai bene?”, chiese Kate, preoccupata.
“Sì, sto bene”, rispose Lily. Si era quasi dimenticata che era in compagnia delle sue migliori amiche.
“Non hai parlato per tutto il viaggio. Forse Potter ti ha turbata?”, chiese poi l’amica, maliziosamente.
Lily la fulminò con un’occhiataccia.
“Sono circa cinque anni che è innamorato di te e ti chiede di uscire… per una volta non puoi accettare?”, chiese Mary.
“Non ho bisogno di uscire con Potter per capire che è un antipatico arrogante e prepotente”.
Mary fece spallucce a Kate che guardò Lily fintamente dispiaciuta. Non sarebbe mai riuscita a convincerla. Mai. James Potter non avrebbe conquistato il suo cuore.
“Ehi Lily, Potter mi ha detto che ora sei Caposcuola!”, esclamò Mary felice. Kate la guardò fiera: “Brava! Sapevo che ce l’avresti fatta!”.
Lily sorrise ai complimenti delle due amiche, ma poi le sorse un dubbio.
“Come faceva Potter a sapere che sono Caposcuola?”, chiese nervosa.
Mary la guardò dispiaciuta e torcendosi le mani, dichiarò: “Ehm, Lily… anche lui è Caposcuola”.

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Capitolo 2
*** Concessioni ***


Capitolo 2: Concessioni


“Cooosa?!”, urlò Lily disperata.
Kate ridacchiava mentre Mary, mortificata, spiegava quello che le aveva detto James Potter.
“Stavo per andare nello scompartimento con Kate quando Potter e Black mi hanno portato con loro. Potter era tutto contento e voleva darmi un’informazione per te… così l’ho seguito”.
“Probabilmente Silente si sta divertendo”, affermò Kate convinta.
Lily era rossa in viso dalla rabbia o forse dall’imbarazzo. Avrebbe voluto protestare appena arrivata al castello, ma qualcosa le disse che sarebbe stato peggio.
“Ehm…penso che non le passerà in fretta”, sussurrò Mary a Kate che ridacchiò ancora.

*



James e Sirius stavano giocando agli scacchi magici mentre Peter li guardava emozionato e Remus leggeva, sparendo letteralmente dietro al libro.
Sirius mandò il suo cavallo contro una pedina di James, mentre gli urlava di schiacciarla e vincere. James però spostò la regina che lo spinse fuori dalla scacchiera con la lunga spada. Peter batté le mani entusiasta. Sirius sbuffò vistosamente.
“Sembra che tu faccia apposta a farmi vincere, Felpato…”, disse James, fingendo un tono serio e preoccupato. Sirius sbuffò di nuovo e mise la scacchiera, chiusa fino a formare una minuscola scatoletta, nel suo baule. Non riusciva a capire perché i pezzi della sua scacchiera preferissero farsi dare ordini da James.
“Jamie, la prossima partita la vinco io, stanne certo”, disse Sirius. James rise.
“E come hai intenzione di vincere se i tuoi pezzi non si fidano di te?”, disse divertito.
“E tu come hai intenzione di conquistare la Evans se lei ti odia e ti considera un presuntuoso?”, disse invece Sirius, cambiando argomento e cominciando a prenderci gusto. James abbozzò un sorriso.
“Lunastorta, è vero che non avrò problemi?”, chiese rivolto al ragazzo che stava leggendo di fronte a lui. Remus alzò gli occhi dal libro e annuì rivolto verso Sirius.
“Oggi Lily ha esitato quando le hai chiesto di uscire, vero?”, domandò eloquentemente. James annuì compiaciuto.
“Beh, se non altro hai avuto qualche risultato in questi lunghi anni di corteggiamento… la Evans ha esitato”, lo derise Sirius sogghignando. James lo guardò fintamente male. Poi scoppiarono tutti e due a ridere.
Nel corridoio della carrozza si cominciò a sentire un gran frastuono e James e Peter si frugarono nelle tasche per recuperare delle Falci. Infatti, poco dopo, dalla porta dello scompartimento che si aprì, apparve una donna sorridente che spingeva un carrello pieno di dolci.
“Desiderate qualcosa dal carrello, cari?”, chiese gentile.
James prese delle Bacchette Magiche alla Liquirizia e delle Cioccorane che divise con Sirius, mentre Peter comprò delle gomme Bolle Bollenti.
Quando la donna ebbe di nuovo chiuso la porta dello scompartimento, Remus si alzò e guardò fuori dal finestrino.
“Ragazzi, siamo quasi arrivati”, avvisò poi.
Chiuse il libro e lo ripose nel suo bagaglio mentre tirava fuori la divisa scolastica di Hogwarts e se la infilava al posto degli abiti babbani.
“Hai visto che i Puddlemere United hanno vinto il sedicesimo titolo nazionale quest’estate!?”, esclamò James euforico mentre anche lui si cambiava. Sirius fece una smorfia.
“Già, complimenti alla tua squadra preferita, James”, si lamentò. James sogghignò.
“Non sei divertente”, commentò Sirius.
“Ehi, Sirius, è vero che ti sei comprato una casa?”, si intromise Lunastorta. Sirius si aprì in un sorriso.
“Certo, Rem. Mio zia Alphard mi aveva lasciato un bel po’ di oro e così ho deciso di usarlo per evitare che si impolverasse”, scherzò.
“E’ una notizia fantastica, Sirius”, disse Remus.
James finì di infilarsi i pantaloni e si risedette vicino a Sirius. “Come l’avranno presa i tuoi genitori?”, chiese.
“Oh, non penso che l’abbiano presa molto bene. Se lo sanno, certo”, rispose Sirius allegramente. “E non sono neanche sicuro che siano riusciti a staccare i poster e la foto dal muro della mia camera”, sghignazzò poi, con la sua tipica risata a latrato.
“Quanti poster di Grifondoro hai attaccato?”, chiese James ridendo.
“Abbastanza”, disse Sirius con finta noncuranza mentre il treno cominciava a rallentare.
I Malandrini recuperarono le loro cose e scesero con gli altri studenti sul marciapiede stretto e buio. Proseguirono per il sentiero e salirono sulla prima carrozza vuota che trovarono.
“Pensi di riuscire ad essere un buon Caposcuola?”, chiese Lunastorta a James.
“Credo proprio di sì. Quest’anno sarà molto proficuo”, rispose convinto. Sirius ghignò.

*



Lily sedette al tavolo di Grifondoro con Mary e Kate e aspettò che i nuovi studenti fossero smistati e che Silente facesse il suo discorso di benvenuto. Era affamata.
I nuovi studenti attraversarono la Sala Grande fino ad arrivare vicino ad un cappello logoro poggiato su uno sgabello che serviva per lo Smistamento.
Il Cappello Parlante si contrasse e recitò:

Ch’io vi smisti aspettate
e di certo lo farò
nella giusta Casa finirete
ma prima di grande qualcosa dirò.
Restate nella fenice uniti
quando affronterete tre volte colui che non vedrà
ma non sentitevi più forti
perchè qualcosa dopo si fermerà.
Le quattro Case diverse sono
nella storia ognuna si è distinta
mentre in voi rinascono
e una vita darà, giusta o errata.
Forse è Grifondoro colui che vi chiama,
coraggioso e leale,
colui che la cavalleria ama,
la generosità sentirete speciale.
O forse è Tassorosso a cui appartenete,
giustizia, impegno, lealtà,
qui la pazienza è comandante
con una buona solennità.
Che dite di Corvonero invece,
saggio e sapiente,
chi sa che una buona mente c’è,
di questa Casa sarà appartenente.
E Serpeverde? Uomo astuto,
di grande onore,
con molti amici al suo seguito
nel luogo giusto saprà condurre.
Se in capo quindi mi mettete
e tutto confessate
state sicuri che saprete
che esistenza inizierete!


Tutti gli studenti applaudirono e la professoressa McGrannitt aprì la pergamena contenente i nomi di chi sarebbe stato smistato.
“Quando chiamerò il vostro nome, verrete avanti e vi siederete sullo sgabello. Io vi poggerò il cappello sulla testa e sarete smistati nelle vostre Case”, spiegò la professoressa.
C’erano quasi quindici nuovi ragazzi e Lily si ricordò quando, a undici anni, si era seduta e quel cappello aveva urlato “GRIFONDORO!”. Severus era rimasto dispiaciuto che lei non fosse finita a Serpeverde, ma neanche un anno dopo lei si era sentita sollevata per non averlo seguito.
Sì, certo, c’era da considerare che nella sua stessa Casa c’erano anche Potter e i suoi migliori amici…
Dopo che tutti i nuovi studenti si furono seduti ai rispettivi tavoli delle Case, Silente si alzò e aprì le braccia come per accoglierli tutti in un suo abbraccio.
Lily fremette di rabbia. Perché Silente aveva nominato anche Potter Caposcuola?
“Benvenuti ad un nuovo anno ad Hogwarts! Benvenuti ai nuovi studenti e anche ai vecchi!”, disse il Preside. Poi aggiunse: “Sì, lo so che siete affamati, quindi non vi tratterrò a lungo. Buon appetito!”.
Kate esclamò: “Era ora!” e Lily rise. L’amica aveva sempre fame.
“EVANS! EHI, EVANS!”, gridò qualcuno dall’altra parte del tavolo poco dopo. Lei riconobbe immediatamente la voce.
“Cosa vuoi, Potter?”, chiese infastidita, senza neanche alzare gli occhi dal piatto. Sperava che non le facesse fare la figura dell’idiota. Di nuovo, come lo scorso anno.
“Vuoi uscire con me?”, le chiese.
“Ancora?! Ti ho detto di no!”.
Intanto Kate si godeva la scena e sembrava che anche Silente si stesse divertendo. Sirius Black non si perdeva una parola.
“Dai, Evans! Devo parlarti! Ci possiamo vedere stasera in sala comune?”, domandò speranzoso.
Lily stava già per rispondere negativamente quando Kate le si avvicinò e le sussurrò: “Dai Lily! Non ti sta chiedendo niente di male! Per una volta accontentalo, no?”. Lily alzò gli occhi al cielo.
“E va bene!”, urlò.
James sorrise come non lo aveva mai fatto. Portò una mano alla bocca e la baciò. Lily arrossì.
“Grazie, amore mio!”, disse, tornando a mangiare.
“AMORE…AMORE MIO?!”.
Kate alzò le spalle come a dire “io non c’entro niente” e Lily le afferrò la cravatta con i colori del Grifondoro.
“E’ tutta colpa tua se succede qualcosa”, le disse furiosa.
“Dai Lils, che vuoi che succeda?”, rispose lei allegramente. Lily sbuffò. Mary la guardò quasi dispiaciuta, poi sorrise a Kate.
Passarono dieci minuti e dai piatti sparì quello che era rimasto. Comparvero invece i dolci. Lily mise subito gli occhi sulla torta alla melassa, la sua preferita, e se ne tagliò una bella fetta abbondante. Mary invece preferì la torta al cioccolato. Kate, inutile dirlo, prese qualsiasi cosa si trovò davanti. Lily ridacchiò vedendola così impegnata.
Finiti i dolci, Silente si alzò di nuovo.
“Sarete tutti stanchi, quindi vi do il permesso di tornare al vostro dormitorio. Buona notte e buon inizio dell’anno!”, disse contento, battendo due volte le mani.
Lily, Mary e Kate si alzarono e seguirono la moltitudine degli altri studenti fuori dalla Sala Grande.


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Angolo dello scrittore

Ed eccoci al secondo capitolo! 
Mi rendo conto che questa storia non è una delle più serie, non preoccupatevi u.u Bah, James non demorde mai XD
La parte più difficile di questo capitolo è stata la poesia del Cappello Parlante! Ho speso tantissimo tempo per trovare tutte quelle dannatissime rime >.< xD
Beh...spero che la storia vi piaccia! Al prossimo capitolo!

 

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Capitolo 3
*** Responsabilità e segreti ***


Capitolo 3: Responsabilità e segreti


James aspettava nella sala comune con Remus, seduto sul divano davanti al fuoco.
“Cerca di essere un po’ più maturo, d’accordo? Lei ti considera prepotente e presuntuoso, quindi cerca di smentirlo”, gli disse Lunastorta aggiungendo: “Ah, e niente più incantesimi sugli altri per vantarti... lei non lo sopporta”.
“Beh, almeno ha smesso di parlare con Mocciosus”, disse con uno sguardo soddisfatto. Lupin lo fissò di sbieco.
“James… dovresti limitarti anche con lui”, gli disse, capendo che sarebbe stato molto difficile per James cambiare atteggiamento verso Severus Piton.
“Ma non fa che provocarmi!”, protestò Ramoso. Remus Lupin scosse la testa.
“Sarebbe meglio se ti trattenessi”, gli consigliò. James annuì.
Ramoso sentì i passi di qualcuno che stava scendendo le scale dal dormitorio femminile. Capì subito che era Lily e sorrise. Finalmente avrebbero parlato e lei avrebbe capito chi si trovava davanti.
Lily, in compagnia di Kate, si fece strada fino ai due Malandrini con le braccia incrociate e il broncio. Guardò Potter dall’alto al basso, mentre Kate sorrise a Remus.
“Lils, io ti lascio allora”, disse. Poi lanciò un’occhiata a Remus che si alzò e la seguì dall’altra parte della stanza, fino a quando si salutarono e si separarono salendo le diverse scale dei dormitori.
Lily fissò James. Non si era mai sentita così fuori posto come in quel momento.
“Meno male che sei arrivata, Evans”, disse lui, facendole posto sul divano. Lily lo guardò un po’ diffidente ma poi si sedette.
“Cosa devi dirmi?”, gli chiese un po’ scocciata. James si scompigliò i capelli con una mano come sempre. Stette un po’ in silenzio e poi disse: “Sicuramente la tua amica te l’avrà detto… ti avrà detto che sono anche io Caposcuola, no?”. Lily scoccò un’occhiataccia infuriata. Quella parte della faccenda decisamente non le piaceva.
“Già, Mary me l’ha detto”.
“Oh, benissimo”, commentò lui felicemente, senza dar segno di aver recepito la reazione della ragazza.
B-benissimo? No! Era tutto sbagliato! Non c’era neanche una cosa che andasse bene in quella conversazione! Soprattutto il fatto che si fosse incontrata con uno scapestrato come Potter!
La ragazza dagli occhi verdi prese un bel respiro e cercò di calmarsi. Tra pochi minuti sarebbe stata nel suo dormitorio, dimenticandosi di tutto quel discorso. Sarebbe stata al riparo da quel ragazzo che continuava a scompigliarsi i capelli per farsi notare.
“C’è altro che devi dirmi?”, disse Lily che già si stava alzando per andarsene. James le afferrò il polso e la tirò a sé, facendola sedere di nuovo.
“Sì, in effetti sì”, mormorò con il volto a pochi centimetri da quello della ragazza. Lily si spostò subito, rossa in viso. Che diamine cercava di fare?
“Allora muoviti a spiegare: ho sonno”, disse secca.
“Quest’anno, Evans, ho deciso di essere più responsabile e meno presuntuoso”, spiegò lui fiero. Lily prima lo guardò stralunata, poi scoppiò a ridere. Lui, responsabile?
Se James rimase sorpreso dalla sua reazione, non lo diede a vedere.
“Tu? Proprio tu? Responsabile? Ma andiamo!”, esclamò Lily divertita. James la guardò ed annuì per farle vedere che era serio. A Lily scomparve subito il riso dal volto.
“E’ per il fatto che ti hanno nominato Caposcuola?”, chiese.
“Più o meno. E’ anche per te”, rispose lui. Lily alzò gli occhi al cielo. Per Potter sarebbe stato uno sforzo immane lasciarla stare. Ma lei non sarebbe mai uscita con lui. Non lo aveva deciso, la colpa era tutta della strana sensazione che aveva provato la prima volta che lo aveva visto e del fatto che lui usava gli incantesimi sugli altri studenti solo perché era capace. Eppure lui non si faceva scrupoli a chiedere ininterrottamente di essere la sua ragazza.
“Complimenti Potter”, concluse, “Sono davvero contenta per te!”. Detto questo partì alla volta delle scale.
“Evans, non ti scordare che domani sera dobbiamo pattugliare i corridoi!”, esclamò lui. Lei fece un movimento fulmineo e raccattò una pallina di carta che qualche studente aveva fatto cadere inconsapevolmente. Si girò di scatto e la lanciò in testa al ragazzo.
“Buonanotte!”, gridò spazientita.
“Ehi! Hai un’ottima mira!”, fu la sua risposta.


*




Quella mattina ricevettero gli orari. I grifondoro del settimo anno, quel lunedì, si dovevano recare all’ora di Incantesimi insieme agli studenti di Corvonero. Lily e le sue amiche fecero una veloce colazione e poi si diressero velocemente verso la suddetta classe. Fu una lezione riguardante l’incantesimo di duplicazione e sarebbe andato tutto per il verso giusto se solo Mary non avesse lanciato per sbaglio l’incanto sul professore invece che sul suo libro. Quando uscirono dalla classe c’erano ancora due gemelli Vitious che litigavano per chi dovesse insegnare.
La lezione di Trasfigurazione non fu altrettanto rilassante. La professoressa McGranitt fece subito a tutta la classe un discordo preparatorio per i M.A.G.O. e poi fece loro trasfigurare il loro banco in pietra con l’incantesimo “Duro”, dicendo che sarebbe stato solo un esercizio perché era uno degli incantesimi del settimo anno più facili. Jill Sunney fu l’unica che non riuscì a trasformare il suo tavolo e, suonata la campanella, scoppiò a piangere dicendo che non sarebbe sopravvissuta agli esami.
A pranzo, Lily sedeva da sola al tavolo. Mary e Kate erano sparite subito per arrivare in tempo alla lezione di Divinazione. La professoressa viveva in cima al castello e per arrivarci ci volevano ben trenta minuti. Lily non riusciva a capire perché le due ragazze si ostinassero a seguire quell’insulsa materia.
Quel pomeriggio il professor Kettleburn la aspettava al margine della Foresta Proibita per seguire la lezione di Cura delle Creature Magiche. Purtroppo anche alcuni Serpeverde frequentavano il corso. E anche James Potter. Che scocciante, cocciuto ed esasperante!
“Buon pomeriggio a tutti, studenti”, disse il professore, iniziando la sua lezione.
“Ciao Evans!”, la salutò Potter. Lei alzò la mano per salutare, ma non si girò.
“In questa prima lezione studieremo gli unicorni. Se le ragazze vogliono seguirmi…”.
Lily pensò che gli unicorni fossero degli animali davvero bellissimi che rappresentavano la dolcezza di cui alcune persone erano stranamente prive. Un esempio? Quello sbruffone di James Potter e naturalmente anche i Serpeverde.
“Stupidi animali femministi”, commentò Mulciber. Gli altri Serpeverde ridacchiarono.
“Signor Mulciber, non oso pensare alla nostra prossima lezione con l’ippogrifo. Le consiglio di non presentarsi lunedì prossimo”, avvisò il professore. Mulciber fece una smorfia.
“Dovrete disegnare gli unicorni e descrivere le loro varie parti e le loro proprietà come compito per la prossima volta. Cominciate ora”, disse il professore.
Lily prese il suo quaderno e si distese sull’erba per iniziare il compito. Non aveva neanche fatto in tempo a poggiare la matita sulla carta che Potter si era seduto a pochi centimetri da lei.
Alla fine della lezione aveva maledetto almeno dieci volte il ragazzo, cercando di mandarlo via, senza riuscirci.
“Tanto ci vediamo stasera!”, le aveva urlato lui mentre si allontanava furiosa.


*




Lily entrò nella sala comune e buttò violentemente il quaderno sul divano dove erano sedute Kate e Mary.
“Di nuovo Potter, eh?”, chiese Mary. Lily le fece quasi rimbalzare per la forza con cui di sedette vicino a loro. Mary e Kate si lanciarono un’occhiata.
“Sono stufa. Sono stufa!”, esclamò con furia la ragazza rossa, “E devo anche controllare i corridoi con lui! Non se ne parla! Io vado da Silente!”. Kate spalancò gli occhi.
“Che cosa? Ma non puoi andare da Silente per una cosa del genere”, disse Mary.
“Lily, calmati”, ribadì Kate. La ragazza prese dei bei respiri e poi sprofondò nei cuscini. Non doveva perdere la calma così.
“Parlerò io con Potter, domani sera”, le disse Kate. A Lily si illuminarono gli occhi.
“Puoi dirgli che sei innamorata di lui! Sicuramente non mi disturberà più dopo!”, disse Lily estasiata. Kate la guardò storto. Si leggeva nei suoi occhi che non avrebbe fatto niente del genere.
“Che diamine ti viene in mente? Non lo farei mai. Io non sono innamorata di Potter!”, dichiarò e aggiunse: “Non è lui che…”. Si bloccò subito e arrossì.
“Mi stai nascondendo qualcosa, Kate Everett?”, le chiese Lily, guardandola con gli occhi a fessura. Kate si ricompose subito e disse con la testa alta: “Ma non dire stupidaggini, Lily Evans”.
Mary si alzò e disse che aveva bisogno di cenare. Kate la seguì e Lily rimase sul divano con gli occhi sbarrati.
Stava succedendo qualcosa e lei non ne era a conoscenza. Eppure le sue amiche non le avrebbero mai mentito…
Poco dopo si alzò anche lei e si diresse in Sala Grande. La lezione del pomeriggio e lo sfogo l’avevano privata di tutte le forze. Doveva fare il giro dei corridoi e quindi avrebbe avuto bisogno di mangiare. Avrebbe passato la serata a insultare Potter, ne era sicura.


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Angolo dello scrittore

Terzo capitolo!! Mi sono davvero divertita a scriverlo :)
Grazie a tutti quelli che hanno recensito. Vi adoro :D
Per il prossimo capitolo penso che aggiornerò dopodomani. Comunque non si sa mai che acceleri i tempi :)
Ancora grazie!

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Capitolo 4
*** Strane combinazioni ***


Capitolo 4: Strane combinazioni


Il corridoio del secondo piano era deserto e di Potter ancora nessuna traccia. Forse aveva deciso di lasciare l’incarico a qualcun altro.
Lily fece un altro giro del piano e poi di decise a salire le scale per il terzo. Lì doveva esserci il Caposcuola di Tassorosso e forse avrebbe potuto dirle che fine aveva fatto quell’irresponsabile. Aveva appena messo il piede sull’ultimo scalino che sentì un urlo provenire dal piano che aveva appena lasciato. Corse giù dalla scala e si ritrovò davanti James Potter, con in mano un mantello, che tratteneva uno studente di Serpeverde per il colletto della divisa. Lily lo guardò sbalordita.
“Perché sei in giro per il castello a quest’ora della notte?”, stava chiedendo James calmo. Il serpeverde non rispose.
“Sei Knight, non è vero?”. Knight annuì con la testa bassa, infastidito per essersi fatto sorprendere.
“Bene, ti porto dalla McGrannitt”, disse poi sicuro, con un tono quasi disgustato. Lanciò un’occhiata a Lily, un sorriso e poi sparì.
La ragazza, stupita, non riusciva a capire come aveva fatto Potter a comparire così all’improvviso. Lei non aveva visto nessuno studente aggirarsi per il corridoio.
Scosse la testa, indignata. Potter svolgeva il lavoro meglio di quanto avesse sperato. E lei non aveva fatto niente. Si sedette a terra guardando il vuoto.

*



Quando James tornò dove aveva lasciato Lily, la ragazza era addormentata, seduta sul pavimento. Aveva la testa nascosta tra le braccia e la bacchetta abbandonata poco lontano. James la raccolse e se la mise in tasca, mentre cercava di prendere in braccio la ragazza per portarla nel dormitorio di Grifondoro.
Varcò il ritratto della Signora Grassa e la posò sul divano. Si stava allontanando senza fare rumore quando lei si svegliò e lo chiamò.
“Lily? Stai bene?”, le chiese il ragazzo riavvicinandosi. Lily Evans chiuse gli occhi e una lacrima le scivolò lungo la guancia. James la guardò stordito. Le si sedette vicino e la prese tra le braccia.
“Sono inutile”, singhiozzò insonnolita, “Tunia mi odia, Sev è un’altra persona e io non so fare il Caposcuola…”. James sussultò sentendo il nome di Mocciosus, ma la strinse lo stesso dolcemente.
“Non sei inutile, non pensarlo mai più”, sussurrò delicatamente, ”Per me conti molto”. Lily lo fissò tra le lacrime con gli occhi semichiusi.
“Davvero?”.
“Certo”, disse il ragazzo avvicinandosi. I loro nasi si toccarono e poco dopo anche le labbra. La baciò.
Era fin troppo bello per essere vero.
James non riusciva a capire se Lily fosse davvero cosciente e non voleva approfittarsene, ma non riusciva a trattenersi. Era la prima e l’ultima ragazza di cui si fosse davvero innamorato.
Infilò la mano nei suoi lunghi capelli rossi, ma sentì che Lily non rispondeva al suo bacio. Forse era troppo presto… e lei la mattina successiva avrebbe già dimenticato tutto. O almeno lo sperava. Lo avrebbe odiato ancora di più se lo avesse scoperto.
Si allontanò dal viso della ragazza e le baciò la fronte. Frugò nella sua tasca ed estrasse la bacchetta che posò vicino al suo volto. Si alzò e, vicino al ritratto, si girò a fissarla. Si era riaddormentata. Sorrise. Era bellissima anche quando dormiva.
Aprì la porta e tornò al corridoio che avrebbe dovuto controllare.

*



Lily venne svegliata da Kate, che la scuoteva chiamandola per nome.
“Co…Cosa?”, borbottò lei aprendo gli occhi. Era sdraiata sul divano della sala comune e non aveva idea di come ci fosse arrivata. Non stava pattugliando i corridoi?
“Lily”, le disse Mary alzandola, “Sei sicura di sentirti bene?”. Lily si riscosse e guardò le amiche con gli occhi appannati.
“Ha la febbre…”, stava mormorando a bassa voce Kate, “Dobbiamo portarla in infermeria”. Mary annuì e insieme cercarono di farla camminare. Ma si fermarono di scatto.
James e Sirius erano appena entrati ed erano corsi ad aiutare le ragazze. James aveva uno sguardo stravolto.
“Che è successo?!”, chiese preoccupato, mentre la sorreggeva.
“L’abbiamo trovata qui stamattina e non si svegliava. Probabilmente stanotte ha dormito sul divano senza neanche finire il turno di Caposcuola perché non stava bene”, spiegò Kate. Sirius la fissò intensamente e lei arrossì.
“La portiamo noi in infermeria, Everett”, disse James.
Si fece aiutare dall’amico e varcarono la porta.
Kate cadde sul divano con gli occhi persi e spenti. Mary si sedette vicino a lei a intrecciò le mani.
“Chissà cosa le è successo…”, rifletté. Allungò la mano e raccolse la bacchetta poggiata vicino al cuscino rosso. Era la bacchetta di Lily. Kate ancora non si muoveva e non parlava.
“Kate?”, la chiamò. La Everett si riscosse.
“Non puoi fare così davanti a Lily, lo sai che si arrabbierebbe”.
“Sì, lo so, ma lui mi ha fissato come se volesse baciarmi! E poi Lils non mi ha visto, non quasi non riusciva ad aprire gli occhi”, disse Kate.
“Kate, penso che Black lo sappia”. Kate spalancò prima gli occhi, poi sospirò.

*



James e Sirius uscirono dall’infermeria, dirigendosi verso la Sala Grande. Non ci avevano messo molto a portare Lily da Madama Chips. La ragazza non aveva pronunciato neanche una sillaba e James cominciava a preoccuparsi. Sperava che la febbre non dipendesse dal bacio della sera prima.
“Perché continui a sospirare?”, chiese Sirius, risvegliando James dai suoi pensieri.
“Come?”, disse James impassibile. Sirius ridacchiò per la strana reazione dell’amico.
“Siamo ad Hogwarts per l’ultimo anno, ti va di divertirci ancora un po’?”, disse malizioso. James gli fece un sorriso malvagio. Rovistò nella tasca della divisa ed tirò fuori delle Pallottole Puffole.
“Ti sei ridotto a quelle, Ramoso?”, rise Sirius. Poi lo guardò riflettendo e disse: “In giro ci sarà Pringle…”.
Si diressero verso l’ufficio del custode e, controllando che non ci fosse nessuno nelle vicinanze sulla Mappa del Malandrino, si introdussero nella stanza.
L’uomo sarebbe arrivato a momenti, così, sotto il Mantello dell’Invisibilità, si divisero gli scherzi comprati da Zonko e aspettarono.
La Mappa indicava che Pringle sarebbe arrivato di lì a poco e infatti, quando i ragazzi alzarono lo sguardo, entrò borbottando e lamentandosi di alcuni studenti di cui i due non afferrarono il nome. Si guardarono contando in silenzio e all’uno tirarono insieme le Pallottole Puffole.
Pringle si era girato verso gli archivi sulla parete opposta cercando qualche permesso e non aveva notato le strane palline che volavano nella sua direzione. I due Malandrini aprirono la porta e se la filarono.
Quando scattò la serratura della porta che Sirius si era premurato di chiudere con la magia, ci fu uno scoppio e si sentì il custode che urlava parole incomprensibili.
“Pix! Sei stato tu!”, urlò arrabbiato. Felpato e Ramoso risero e allontanandosi fecero in tempo a sentire la solita frase del custode contro il Poltergeist: “Ti farò cacciare da Silente stavolta! Stanne certo!!”.
Raggiunto il dormitorio, i ragazzi si tolsero il Mantello mentre stavano ancora ridendo. James lo piegò con la Mappa del Malandrino e lo nascose sotto al letto.
“Andiamo da Lunastorta e Codaliscia? Ho visto che sono al parco, seduti sotto al solito albero”, disse James.
“Magari Remus sta facendo quel tema sulla pozione restringente per Lumacorno”, dichiarò Sirius speranzoso.
“Mi meraviglio di te, Felpato”, disse James, “Sei qui da neanche tre giorni e già vuoi copiare un compito!”. Felpato ghignò.
“Piuttosto, com’è andata la ronda ieri sera?”.
“Sì, alquanto bene”, rispose James fingendo noncuranza. Sirius lo squadrò da capo a piedi e poi disse: “E’ successo qualcosa con la Evans, vero? Qualcosa di diverso dagli insulti intendo. E’ tutto il giorno che sei stranamente taciturno. Non è da te”. James sorrise e rispose: “Sì, può darsi. Sai, non si può resistere al mio fascino”. Sirius rise.
“L’ho baciata”, specificò Ramoso impensierito. Sirius sgranò gli occhi.
“Eh no, non si può resistere al tuo fascino, Potter!”. E finirono a terra lottando furiosamente mentre ridevano.

*



Lily aprì gli occhi e si ritrovò in un letto stranamente comodo che non aveva le tende a baldacchino rosse del suo dormitorio. Batté le palpebre e si guardò intorno: era in infermeria. Mary e Kate erano sedute sulle coperte e le davano la schiena. Stavano parlando e non si erano ancora accorte che lei era sveglia.
“Io penso che dovresti dirglielo, Kate”, stava dicendo Mary. Kate non rispondeva.
Lily si tirò su e si sedette. Le due ragazze si girarono e sorrisero.
“Lily! Sei sveglia finalmente”, disse Kate, “Come ti senti?”.
“Sto bene, non preoccupatevi”, rispose lei, “A chi è che devi dire qualcosa?”. Kate guardò Mary che annuì e sospirò. Non ce l’avrebbe mai fatta a nascondere qualcosa di così grosso alla sua migliore amica, senza contare che presto l’avrebbe scoperto da sola.
“Prima però rispondi alla mia domanda: che ci facevi sul divano ieri sera? Perché hai dormito lì stanotte?”.
Lily la guardò stordita e pensò a quello che aveva fatto la sera prima. Si era seduta a terra dopo aver visto Potter che portava via il serpeverde e quasi certamente si era addormentata. Si ricordava di aver pianto anche se non sapeva per cosa. Ma poi…
Sentì di nuovo il tocco delle labbra di qualcuno sulle sue e sui suoi capelli. Rimase pietrificata. Non poteva essere…
“Potter! Chiamatemi Potter! Immediatamente!”, urlò mentre le due amiche la guardavano sbalordite.


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Angolo dello scrittore

Spero che vi piaccia questo capitolo pieno di novità :) Spero anche di aver accontentato Viktor Malfoy ;)
Grazie mille a lui, a agatka_1995, a SeleneLightwood, a _falsa pista_, a Lily_James e a GingerHair per le recensioni. Siete mitici!
Che succederà adesso? Lily strangolerà James? XD
Al prossimo capitolo! Vi adoro! :)

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Capitolo 5
*** Che ti aspetti ora, Everett? ***


Capitolo 5: Che ti aspetti ora, Everett?


Lily era distesa nel letto dell’infermeria con mille pensieri in testa. Kate era corsa a chiamare James Potter e ora aspettava. Non poteva crederci. Come aveva potuto solo pensare di farlo?
Ora non sapeva come comportarsi. Il fatto era che sotto, molto in profondità, l’aveva voluto. Aveva desiderato quel dolce bacio della buonanotte. Certo, non era proprio quella che si poteva definire una persona cosciente, ma il tempo che era passato da quando si era svegliata quel pomeriggio le aveva rinfrescato la memoria.
La porta dell’infermeria si aprì ed entrò Potter vestito con la divisa di Quidditch.
“Allora, Evans. Volevi vedermi?”, le chiese sereno. Probabilmente il fatto che lo avesse chiamato per parlare -mai successo in effetti-, lo aveva reso radioso. Il suo sorriso e i suoi occhi splendevano come non mai…
Lily scosse la testa. Che stramaledettissimi pensieri si formavano in quel momento nella sua testa?
“Sì!”, esclamò lei furiosa, tirandosi su di scatto, “Voglio dirti che la prossima volta che ti avvicini sei morto!”.
“Andiamo, Evans. Devo stare sulla porta?”, disse lui spiritoso. Lily soffiò rabbiosa.
“Smettila di prenderti gioco di me, perché io ormai non ti asseconderò più!”.
“E quando mai mi hai assecondato?”.
Lily arrossì al ricordo, ma non poteva tirarsi indietro proprio in quel momento, mostrandosi debole. Doveva buttare tutto fuori, subito.
“L’altro ieri sera! E ieri… ieri sera!”, urlò la ragazza, prendendo coraggio ad ogni parola, “Hai approfittato del fatto che non mi sentissi bene! Non ti sei fatto problemi!”.
“Evans, non l’avrei mai fatto se tu non avessi accettato”, confessò James. Lily strabuzzò gli occhi.
“Io non ho accettato! Menti”, disse Lily spazientita.
James mosse un passo verso il letto ma lei urlò.
“Stai fermo lì, non avvicinarti!”. Il ragazzo non la ascoltò e camminò lentamente fino a raggiungerla. Lily si alzò dal letto improvvisamente e tastò freneticamente il comodino cercando la bacchetta. James rimase immobile fissando i suoi movimenti ansiosi.
“Evans, dovresti cominciare a pensarla diversamente su di me”, dichiarò. Lily rinunciò a cercare la bacchetta e lo fissò fuori di sé.
“Dovrei?! DOVREI? Tu non dici a me quello che devo fare, capito? Non devi neanche provarci!”, urlò, “Credi che perché sei popolare, una asso nel Quidditch, tutti farebbero quello che vuoi? No, e io ne sono la prova!”.
“Hai pensato a quello che hai fatto tu quella sera? Hai pensato che forse la colpa potrebbe non essere del tutto mia?”, disse lui, avvicinandosi mentre le gesticolava febbrilmente.
“Come osi dire che la colpa non è del tutto tua?”.
“Ti sto dicendo che anche tu l’hai voluto!”, rispose James. Lily spalancò gli occhi, inacidita.

*



Sirius Black e Kate Everett ridevano fuori dalla porta dell’infermeria, appoggiati agli stipiti, mentre dentro, Lily e James si urlavano contro. Neanche i rimproveri di Madama Chips erano serviti a farli calmare.
La donna, dopo esser stata ignorata, aveva anche provato a cacciare James dall’infermeria per far riposare Lily, ma la ragazza l’aveva zittita con un gesto improvviso della mano. Madama Chips, sbalordita, aveva sgranato gli occhi e stizzita, si era allontanata borbottando che avrebbe chiamato il Preside.
“Mi sono mancate queste urla”, commentò Sirius. Kate annuì ridendo.
“Anche a me, tanto”. Si guardarono in silenzio per alcuni istanti sempre con un sorriso beffardo sul volto e poi scoppiarono a ridere ancora più sguaiatamente.
“Che ne dici? La Evans si accorgerà che Potter è un bravo ragazzo?”, chiese Sirius.
“Non so… da quello che ho sentito urlare da Lily adesso, deduco che avranno da insultarsi ancora per molto. Ma prima o poi lei gli sarà grata per questa faccenda”, disse la ragazza convinta, “Chi ha mai avuto l’onore di essere baciata da James Potter?”. Sirius rise.
“Sei in gamba”. Un commento adulatorio quasi buttato a caso. Kate si guardò i piedi, lusingata dal complimento. Poi si ricordò di tornare in sé e, con uno sguardo ancora più mordace, degno di un Malandrino, rispose: “Sì, l’ho sempre saputo. Se te ne sei accorto solo ora farei fatica a credere che tu sia più intelligente di un cane”.
Per la prima volta in tutti quegli anni, Kate vide Sirius ammutolire e divenire pensoso.
“Ca-cane?”, balbettò perplesso. Black confuso? Proprio Sirius Black?
“Sì, Black. Mai sentito parlare di grossi animali pelosi con la coda che scodinzolano?”, disse Kate, divertita e soddisfatta per la reazione del ragazzo.
Sirius strizzò gli occhi e si poggiò una mano sulla nuca come a voler ricordare qualcosa. Poi riaprì le palpebre e la fissò con una strana espressione seria, assolutamente non da lui. Si spostò all’improvviso verso il lato della porta dove si trovava Kate e appoggiò le mani al muro, come per bloccarla in quella posizione.
“Che ti aspetti ora, Everett?”, chiese mormorando lui.
Kate, dapprima fu sorpresa da quell’azione improvvisa, ma poi tornò al suo sguardo burlesco e spifferò altezzosa: “Dovrei aspettarmi qualcosa? O sei tu che aspetti?”. Sirius ghignò e la sbatté rumorosamente al muro in modo che il suo corpo aderisse perfettamente alla parete grigia.
Kate aveva il fiatone e non aveva corso. Sarebbe stata questione di secondi e lei non si muoveva, non si ribellava a Black. Non aveva idea di cosa stesse succedendo: un minuto prima stavano ridendo ed ora lui la schiacciava contro il muro rendendo perfettamente noto il fatto che si aspettava qualcosa da lei, qualcosa che la ragazza non era sicura di sapere o di voler sapere.
Sirius Black la fissava con i suoi occhi scuri e non le dava scampo. Sarebbe stato impossibile non cedere.
Gli soffiò sul viso, accattivante. Sirius arricciò un lato della bocca.
“Potter! Cosa ti fa pensare che io l’abbia voluto?! Tu… LA COLPA È TUTTA TUA! E non negarlo!”, urlava Lily ancora più forte di prima. I due ragazzi fuori risero a fior di labbra.
“Vuoi provare anche tu? Ti va l’idea anche se non hai la febbre e io non sono James Potter?”, bisbigliò Black.
Kate sentì che le punte del loro naso quasi si sfioravano. Arrossì. Voleva rispondere di no, ma le sue labbra non si decidevano a pronunciare quelle due lettere.
Le urla cessarono all’improvviso e James, fulmineamente, aprì la porta e uscì. Li sfiorò con lo sguardo e fece finta di non vederli.
Sirius seguì i suoi movimenti fino a che non sparì scendendo le scale. Si voltò verso Kate, si scambiarono uno sguardo d’intesa e si separarono. Sirius corse giù per le scale cercando di raggiungere James e Kate invece entrò in infermeria.
Lily singhiozzava, raggomitolata sul letto in mezzo alle lenzuola bianche.
Kate si avvicinò, si sedette sul letto accanto a lei e la abbracciò confortandola. Lily tirò su con il naso.
“Io… non so… io…”, balbettava sconvolta. Kate la strinse a sé.
“Lily, dimmi la verità. Non avevi la febbre ieri, vero?”, le chiese, “E non stavi male…”. Lily alzò lo sguardo sull’amica e la fissò tra le lacrime. Annuì, contrariata.
“Stamattina non ricordavo quasi niente, ma adesso che ho parlato con Potter ho capito tutto… io… ieri ho cercato qualcuno a cui confessare quello di cui non sono molto soddisfatta e… Potter era l’unico e… ero stanca…”, rispose. Poi tornò in sé e aggiunse esclamando: “Ma io non ho mai voluto che mi baciasse! Non avevo chiesto niente di tutto questo! Lui mi aveva detto che sarebbe stato più responsabile!”. Kate annuì, comprensiva.
“Ho fatto finta di essermi riaddormentata. Ero rimasta sconvolta…”, proseguì Lily. Kate si frugò nella tasca ed estrasse la bacchetta che poche ore prima era poggiata sul divano. La porse alla ragazza dagli occhi verdi e le sorrise.
“E’ stato gentile con te, no?”, chiese, “E non è un cattivo ragazzo”. Lily non rispose. Si rigirava nelle mani la bacchetta, confusa e imbarazzata.
“Ho deciso, Kate. Non gli darò altre opportunità. Cercherò di trovarmi qualcuno, così che lui la smetta di perseguitarmi”, proclamò.
“Fai quello che credi migliore, Lils”, le sorrise Kate mentre si abbracciavano. L’amica le accarezzò i capelli e poi la fece distendere ancora sul letto.
“Kate?”, la chiamò. La ragazza si girò verso di lei.
“Hmm?”.
“Dovevi dirmi qualcosa prima che fossimo interrotte da… quella cosa”, dichiarò Lily. Kate abbassò lo sguardo al pavimento.

*



“Ramoso, fermati”, disse Sirius, raggiungendo l’amico. Varcarono insieme il ritratto della Signora Grassa e salirono le scale del dormitorio maschile. James, appena arrivato, si lasciò cadere sul letto, con un braccio a coprirgli gli occhi.
Remus stava aiutando Peter con un incantesimo che non aveva capito bene. Non appena videro i due Malandrini chiusero i libri e si avvicinarono al letto di James.
“Che è successo?”, chiese Peter, sconvolto dall’espressione sul viso di James.
“Ha litigato ancora con la Evans. Ieri sera l’ha baciata”, rispose Sirius. Peter e Remus sbarrarono gli occhi inorriditi.
“Più cerco di avvicinarmi e più mi scappa”, mormorò Ramoso, come in un lamento. Remus scosse la testa.
“James, hai corso troppo”, disse, “Forse dovresti lasciarla un po’ in pace. Lei alla fine capirà, ne sono certo”.
James si sedette e guardò Lunastorta negli occhi.
“Tu dici che c’è ancora speranza se la ignoro?”, chiese. Remus annuì.
“Ne sono più che sicuro, James. Ma non fare mai più azioni avventate del genere”. Sirius fece una smorfia.
“Ok, Ramoso. Ora sei quasi ufficialmente libero… Ti va di uscire con me?”, chiese, ridendo con la sua risata a latrato. James rise e disse: “Prima voglio un anello!”.
“Affare fatto!”, confermò Sirius. Risero tutti e quattro.
“Ehi, Felpato, perché ci stavi provando con la Everett?”, chiese poi James. Sirius spostò lo sguardo a un comodino e tentò –senza riuscirci- di renderlo più interessante con un’espressione indifferente.

*



Mi sono innamorata di Sirius Black, Lily, le aveva confessato a malincuore Kate. Non poteva crederci.
Era quasi mezzanotte ed era da sola in infermeria, lasciata ai suoi pensieri. Pensieri che la stavano torturando e non le facevano prendere sonno.
Aveva detto a Kate che non le importava. E in effetti era così. Solo che c’era qualcosa che non le andava giù, qualcosa che non la faceva sentire a posto.
Sospirò, sconfitta. Quelli non erano gli unici pensieri che la tormentavano.
Doveva ammetterlo. Il bacio di James Potter le era piaciuto.


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Angolo dello scrittore

Grazie cari per avermi seguito fino a qui :) Non so come farei senza di voi.
Sì, lo so, stavolta sono un po' in ritardo. La mia ispirazione aveva deciso di fare un bel viaggetto XD Scusatemi u.u
Spero che la storia vi stia piacendo :)

Oddio, mancano pochissimi giorni alla fine di tutto!! ç_ç Non voglio che finisca! Poi non saprò più cosa aspettare, ho vissuto per Harry Potter io XD

Grazie ancora a tutti quelli che mi seguono!

PS. Venerdì pomeriggio parto e tornerò più o meno verso martedì prossimo, quindi il sesto capitolo lo pubblicherò la prossima settimana. In vacanza continuerò a scrivere, non preoccupatevi. Così potrò subito pubblicare il capitolo appena torno :)

Allora a presto!

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Capitolo 6
*** Tregua e mezzi rimpianti ***


Capitolo 6: Tregua e mezzi rimpianti


Nelle due settimane successive, James, deciso a rispettare l’accordo con Remus, ignorò completamente Lily. Naturalmente non fu per niente facile, non dopo tutti quegli anni di pedinamenti.
Sapeva che se si fosse fermato a pensare non sarebbe sopravvissuto, così trovò una soluzione. Non si lasciò neanche un po’ di tempo libero: si buttò a capofitto sugli allenamenti di Quidditch, senza lasciarsi tregua.
Quel mercoledì addirittura si addormentò sul manico di scopa in volo, mentre il boccino che sarebbe riuscito a prendere in pochi minuti fuggiva per il campo lasciandosi dietro il consueto e inconfondibile luccichio dorato.
Era il capitano ed era intenzionato a far vincere la sua squadra di Grifondoro. La prima partita sarebbe stata contro i Serpeverde e non potevano assolutamente permettersi di perdere.
James frequentava alla mattina le lezioni, al pomeriggio gli allenamenti e alla sera faceva i compiti in compagnia dei malandrini. Sì, cercava di farli… Stranamente le pergamene che avrebbe dovuto riempire con i temi assegnati dagli insegnanti rimanevano scritte a metà, mentre non sapeva perché lui e Felpato si stavano rotolando sul tappeto nella sala comune, davanti al fuoco.
Tre volte alla settimana pattugliava i corridoi con Lily e altri due Caposcuola ogni sera di una casata diversa.
Una notte avrebbe giurato di aver visto la ragazza dai capelli rossi che lo guardava stranita e sbalordita dopo che lui le era passato accanto senza guardarla dicendole solo che avrebbe dovuto controllare il quinto piano mentre lui pattugliava il sesto. In fin dei conti non era così drammatica la faccenda, almeno si stava divertendo.
“Allora ci vediamo per gli allenamenti di dopodomani, Potter”, gli disse uno dei battitori mentre usciva dagli spogliatoi insieme a tutta la squadra che si era allenata tutto il pomeriggio mettendo finalmente di buon umore il Cercatore.
James, rimasto solo, si sedette su una delle panche, si passò una mano nei capelli e sospirando, si coprì il volto stanco con tutte e due le mani.
Quella notte ci sarebbe stata la luna piena e perlomeno si sarebbe distratto, dimenticandosi che la ragazza che amava lo odiava e non gli rivolgeva neanche più la parola per un insulto. Da quell’”incidente” lo trattava come se portasse tutto il tempo il Mantello dell’Invisibilità.
Era già ottobre e James non mancava tutti i giorni di pensare che ognuno di quei momenti sarebbe stato l’ultimo ad Hogwarts. Quello sarebbe stato il suo ultimo anno in quella che era diventata la sua casa. Non sapeva proprio cosa ne avrebbe fatto del suo futuro. Sospirò ancora.
La pioggia cominciò a cadere. James sentì il ticchettio delle gocce di acqua che si abbattevano sul tetto dello spogliatoio. Prese una decisione improvvisa. Afferrò la scopa che aveva poggiato poco lontano, oltrepassò la porta fino ad arrivare in mezzo al campo da Quidditch e si alzò in volo. Sarebbe tornato in sala comune fradicio, lo sapeva. Ma non gli importava.
Volò fino ad arrivare vicinissimo alle torri del castello e poi aumentò la velocità. Fece un giro dell’intera Hogwarts e si fermò poco vicino a una delle finestre della sua sala comune. C’erano diversi studenti che ridevano o facevano i compiti. Dei malandrini nessuna traccia, mentre la ragazza rossa che cercava era seduta su una poltrona vicino al fuoco intenta a leggere un libro. Era bellissima quando si concentrava. Era bellissima quando sorrideva, si arrabbiava o dormiva e persino quando era sconcertata o stravolta. Era sempre bellissima.
Distolse lo sguardo a fatica, sapendo che quella era una delle poche volte in cui poteva osservarla senza che lei gli urlasse contro. Si alzò più in alto che poté e poi decise di tornare nel dormitorio. Stava gelando.
Si guardò intorno e sfrecciò in una delle poche finestre ancora aperte che aveva visto. Sarebbe atterrato con l’abituale grazia e leggerezza se la professoressa McGranitt non stesse camminando proprio per quel corridoio.
Il Cercatore incappò involontariamente nella donna e entrambi caddero rovinosamente a terra in un groviglio di braccia, gambe e legno.
James si rialzò subito e, conscio della punizione che sicuramente si era procurato, aiutò la professoressa ad alzarsi, borbottando mille scuse.
La McGranitt si spolverò il vestito verde e il mantello e lo guardò minacciosa. “Le giuro, professoressa, che mi dispiace immensamente”, cercò di giustificarsi James.
La professoressa lo guardò accigliata. “Spero solo che questa entrata così teatrale significhi che si sono appena svolti gli allenamenti e che quest’anno la Coppa di Quidditch si troverà a luccicare nel mio ufficio”. James sorrise. Aveva evitato la punizione.
“Ma certo che sì, professoressa! La vittoria è nelle nostre mani!”, esclamò il ragazzo.
“Bene, signor Potter, sarà meglio per te e per la squadra che vinciate, soprattutto contro i Serpeverde”.
“Certamente, non si preoccupi”.
La donna si allontanò e James tirò un sospiro di sollevo. Poi, senza riuscire a trattenersi, scoppiò in una fragorosa risata, talmente forte che anche una delle armature del corridoio si girò a fissarlo. Raccolse la scopa e si diresse velocemente verso la sala comune. Le sue scarpe, come tutta la divisa, colavano acqua dappertutto, e sapeva che se non si fosse dato una mossa, il custode l’avrebbe rinchiuso in quel sudicio ufficio e avrebbe dato il compito a un’insegnante di dargli una punizione per la poca educazione nei confronti della scuola. Cos’era dopotutto un po’ di acqua in giro che sicuramente si sarebbe asciugata in poco tempo, dannazione?
“Veritaserum”, disse una volta arrivato davanti al ritratto della Signora Grassa.
“Ehi, amico, chi ti ha lanciato un incantesimo acquatico?”, lo derise Sirius quando lo vide entrare nella stanza. James gli sorrise malignamente.
“Voi, maledetti animaletti da compagnia, dove siete stati fino ad adesso?”, chiese rivolto a Sirius e a Peter, sarcastico. Remus non c’era, probabilmente Madama Chips lo stava aiutando a sopportare le prime fasi del dolore della trasformazione quando c’era la luna piena.
Fece un passo verso il dormitorio maschile, deciso a sistemarsi per bene per la cena, ma si bloccò subito dopo. Si sentiva stranamente osservato. Ci era abituato perché d’altronde lui era James Potter – modestia a parte, eh -, ma questa volta c’era qualcosa di diverso, lo sentiva. Voltò la testa verso il divano e notò che la ragazza dai capelli rossi non aveva smesso di fissarlo in quello strano modo desideroso e appassionato fin da quando era entrato. Sicuramente lo stava facendo inconsapevolmente: non era il tipo di ragazza che voleva farsi sorprendere a fissare un nemico giurato, come lo chiamava lei, in quel modo. James le sorrise senza malizia nello sguardo. Era contento.
Dorcas Meadowes, Alice Crowley, Marlene McKinnon e Mary McDonald, - le sue compagne di dormitorio - che erano sedute vicino a lei sul divano, si voltarono nella sua direzione sollecitate da Kate e risero.
James fece in tempo solo a sentire Marlene che diceva beffardamente: “Lily, hai finito di sbavarti sulla divisa e di spogliare Potter con gli occhi?” e il tonfo di una cucinata andata a segno prima di salire le scale e rifugiarsi dietro alla porta sogghignando. Remus aveva proprio ragione. Quel lupacchiotto l’aveva spuntata ancora una volta. Dannato genio dal cervello sorprendente.

*

 

Gli aveva morso la coda. Odiava quando lo faceva. Sicuramente gliel’avrebbe fatta pagare.
Prese la rincorsa e cercò di incornarlo. Il cane nero, però, si scostò velocemente verso sinistra e lo schivò. Il cane abbaiò e corse verso di lui. Proprio quando stava per saltargli addosso, il cervo sporse le corna e lo lanciò lontano.
Il lupo aveva osservato tutta la scena immobile e silenzioso. Scrutava il paesaggio con gli occhi gialli e ogni tanto alzava lo sguardo alla luna. Prese di mira il cervo, fece uno scatto improvviso e corse verso l’animale. Lo graffiò con gli artigli e sarebbe riuscito ad andare più a fondo se l’animale non si fosse mosso all’ultimo momento.
Il cane, tornato con un balzo improvviso per salvare il cervo, lo allontanò con una forte spinta e ringhiò. Il lupo ululò e corse in tondo circondandoli.
Un topo strisciò fuori da un piccolo buco in una roccia e squittì, attirando l’attenzione del lupo mannaro. Scivolò fino ad arrivare al cervo e al cane e si nascose dietro le loro zampe. Il lupo ringhiò tutta la sua frustrazione.  


 

*

Lily osservò ancora per qualche minuto la tenda rossa sospesa sul suo letto, poi si alzò. Non riusciva a dormire.
Si infilò la vestaglia e scese nella sala comune deserta. Il fuoco scoppiettava ancora nel camino.
La ragazza individuò una poltrona solitaria e l’accompagnò fino a una delle finestre. Si avvicinò poi al fuoco e lo spense. La stanza piombò nel buio.
Si accucciò sulla poltrona e guardò fuori dalla finestra senza però vedere realmente gli alberi al limitare della Foresta Proibita o il Lago Nero che si estendeva vicino al parco.
Non riusciva a capire cosa le stava succedendo. Ormai erano quasi passati due anni dal suo litigio conclusivo con Severus Piton, eppure quella notte le parole che si erano detti le ultime volte rimbombavano nella sua testa, senza un preciso motivo o ordine.
“Non mi serve l’aiuto di una piccola schifosa Mezzosangue!”.
“Troppo tardi. Ti ho giustificato per anni”.
“Non volevo chiamarti schifosa Mezzosangue, mi è…”.
“…scappato?”.
“Non posso più fingere. Tu hai scelto la tua strada, io la mia”.
Una lacrima le scese lungo la guancia. Le sembrava impossibile che dopo tutti quegli anni di amicizia si fossero potuti separare in quel modo così drastico.
Era Serpeverde… Serpeverde. La causa di tutto era la casa di appartenenza? Se solo lui non avesse dato ascolto ai suoi compagni di casa… se solo non si fosse lasciato trascinare nel buio…
Lily pianse. Non lo faceva quasi mai, ma quella volta non riuscì a trattenersi e le lacrime le scesero prepotenti dagli occhi.
Doveva trovare un modo per aiutare Piton. Le mancava terribilmente la sua compagnia. Si erano fidati l’uno dell’altra per tanti anni. Era stato lui che l’aveva aiutata all’inizio, a undici anni, spiegandole tutto su Hogwarts e sul mondo magico. Era stato lui che l’aveva accompagnata nelle difficoltà.
Era stato lui che l’aveva fatta disperare e piangere. Era stato lui che aveva scelto la strada sbagliata, per sempre.
No, non poteva aiutarlo. Come poteva cambiarlo? Come poteva solo pensare di aiutare una persona che la considerava una nullità perché era nata da Babbani? E soprattutto voleva unirsi a Voldemort che distruggeva la vita e l’amore e che aveva cominciato quella guerra inutile. No, non ce l’avrebbe mai fatta.
Stava per chiudere gli occhi, crollando addormentata, quando scorse dalla finestra una strana figura. Sembrava un cervo. Si avvicinò un po’ al davanzale per controllare, ma era già sparito. Sicuramente l’aveva immaginato.
Si alzò, salì le scale e tornò nel suo dormitorio, sperando che sarebbe riuscita a prendere sonno.

 

*

 

James, Sirius e Peter entrarono in Sala Grande portando tra le braccia un’infinità di cibo di ogni genere. Si sedettero al tavolo dei Grifondoro, il più lontano rispetto agli altri tre della grande stanza e poggiarono tutto sul legno.
Era ancora presto e non c’era anima viva in giro per il castello.
“Felpato, la prossima volta che mi mordi la coda te la farò vedere. Sperando che Lunastorta non si metta ancora a darci la caccia per tutta la Foresta Proibita…”, disse Ramoso spalmandosi una generosa quantità di marmellata di arance sul toast. Sirius ghignò divertito.
“Non posso farci niente James, la tua coda mi attira in modo particolare”, rispose Felpato sarcastico. “E ricordati che non riesco a mettere bene a fuoco le idee quando sono un bel cane affascinante dal lungo pelo lucente nero”. James alzò gli occhi al cielo.
“Ma certo, Sirius”, disse James beffardo. “Comunque non puoi competere con le mie splendide corna ramose”. Sirius stava bevendo del succo di zucca e a quelle parole se lo fece andare di traverso. Tossì un po’ e posò il bicchiere. Poi rise forte.
Peter si guardò intorno, girando la testa a testa e a sinistra freneticamente, sperando che nessuno avesse sentito le sue risate. James fece segno a Sirius di abbassare la voce.
“Ma dai, James. Secondo me, con quelle corna, devi guardarti dalla tua futura ragazza”, sogghignò Sirius. James, irritato per il riferimento implicito a Lily Evans, gli diede una gran pacca sul braccio sinistro e lo fece inveire.
“James, dannazione!! Lì ho una ferita talmente grossa che non riesco neanche a richiuderla con la magia!”, ululò Felpato. Peter lo zittì con un segno. James sghignazzò.
“Dopo andremo a prendere il dittamo, ok?”. Sirius lo fulminò con lo sguardo e annuì.
“Guarda che è vero. Devi guardarti dalla Evans, eh!”, continuò ironicamente il ragazzo, testardo.
Ramoso fece finta di aver capito qualcosa all’improvviso e imitò un’illuminazione. “Ah, adesso capisco tutto! Hai paura che quella magnifica ragazza dagli occhi verdi ti rubi il posto di amante occasionale? Non preoccuparti, sarai per sempre nel mio cuore”, disse James divertito, battendosi una mano sul petto.
“Oh, mio caro James, ti amo da impazzire quando fai così!”, dichiarò Sirius con una vocina acuta. James rise e poco dopo si unirono anche gli altri due, dimentichi del pericolo di essere scoperti dagli insegnanti o da Pringle.
“Andiamo da Remus?”, chiese Peter, dopo aver smesso di ridere, “Tra un po’ si sveglieranno tutti”. James e Sirius annuirono.
Fecero evanescere il cibo rimasto e si affrettarono per raggiungere l’infermeria.
“Ehi, siete venuti a trovare il ragazzo con il piccolo problema peloso?”, chiese Remus sarcastico. James sorrise.
“Sei il mio coniglio preferito, Remus”, disse sghignazzando.
Sirius intanto stava controllando in tutti gli armadi cercando l’essenza di dittamo. Quando la trovò si alzò la manica mostrando il taglio profondo e con il contagocce si versò qualche goccia della pozione. La ferita ci mise poco a richiudersi e il ragazzo tirò un sospiro di sollievo.
“Sono stato io, vero?”, chiese Remus preoccupato. “Stavolta ho esagerato un po’. Mi dispiace”. Sirius lo guardò comprensivo.
“Non è colpa tua, Lunastorta”.
Madama Chips varcò la porta dell’infermeria e Felpato posò velocemente la bottiglietta, cercando di non farsi vedere. Peter ridacchiò.
“Non dormite, voi, la mattina?”, chiese irritata la donna. “I miei pazienti hanno…”.
“…bisogno di cure e tranquillità. Sì, lo sappiamo”, concluse per lei James, sorridendo. Madama Chips lo fissò con un sopracciglio alzato. 



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Angolo dello scrittore

Eh, sì, lo so, sono in ritardo. Mi dispiace immensamente. Ma non vi ho fatto aspettare coooosì tanto, vero? Anche perchè questo capitolo è più lungo degli altri :D
Non ho niente di scritto per il prossimo capitolo quindi ci metterò un po' più di tempo, ma non temete: continuerò sicuramente la storia u.u
Come vedete questo capitolo è molto più descrittivo e riflessivo. Sintetizza un po' le emozioni sia di James che di Lily. Solo che Lily non pensa a lui ma a Piton XD
Ma a voi piace Piton???? Io, dopo la rivelazione dell'ultimo libro ancora non riesco a farmelo piacere. Lo odio dal più profondo del mio cuore >.<
Comuuuuuunque... avete visto il trailer che è uscito ieri??? E' BELLISSIMO, vero?? Vengono i brividi solo a guardarlo! Però, tutte quelle differenze tra il libro e il film... mi irritano un po' u.u
Innanzitutto volevo ringraziare tutte le persone che seguono la mia storia. Siete in 35! Grazie, grazie! Ma soprattutto quelle brave persone che hanno perso del tempo a recensire questa strana storia... UN GRAZIE ANCORA PIU' GRANDE!! :D
Mi impegnerò al massimo per non farvi aspettare tanto al prossimo capitolo... avete la mia parola u.u
Allora a presto! :D



(*)Lupin precisa a Harry che la gente ad Hogwarts, pensava che il suo "piccolo problema peloso" fosse un coniglio ribelle XD
"In compagnia lo chiamava il mio "piccolo problema peloso". Un sacco di gente si era fatta l'idea che avessi un coniglio ribelle".

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Capitolo 7
*** Sei cambiato, James Potter ***


Capitolo 7: Sei cambiato, James Potter


Lily entrò nell’aula di Storia della Magia in compagnia di Mary e vi trovò già seduti tre dei quattro malandrini. Troppo strano per i suoi gusti. E soprattutto Remus non c’era: ancora più strano. Anche Mary lo notò e fece una faccia sorpresa.
Le ragazze si sedettero in fondo all’aula, il più lontano possibile dai malandrini, e tirarono fuori il libro di Bathilda Bath e le pergamene per gli appunti con le penne d’oca.
James Potter annusò l’aria come un segugio e si voltò subito in direzione della sua preda, mentre i suoi occhi si illuminavano. Poi, come se si fosse scottato, si girò fulmineamente, fissando la lavagna.
Lily seguì i suoi movimenti con la coda dell’occhio e ridacchiò divertita quando vide che si voltava così all’improvviso. Mary, invece, la guardò preoccupata.
Finalmente alcuni studenti di Tassorosso e Grifondoro, tra cui Marlene, Alice e Dorcas, entrarono e cominciarono a prendere posto. Marlene, mentre si sedeva, borbottò lamentandosi del fatto che Storia della Magia fosse stata assegnata alla prima ora del mercoledì e Mary la guardò comprensiva. Quella materia era una noia mortale: nessuno riusciva a stare completamente attento, dall’inizio della lezione fino alla fine. Anche Lily cedeva dopo mezz’ora.
Dorcas si sedette vicino a Lily e la salutò. Poco dopo notò Sirius e cominciò a lanciargli occhiatine appassionate. Alice la vide subito in quegli atti vergognosi, come li chiamava lei, e le tirò il libro in testa. Dorcas inveì.
“Alice, smettila, maledizione!”, esclamò massaggiandosi il capo, mentre Lily rideva.
Subito dopo quelle parole, entrò in classe Frank Paciock e Alice, come la più perfetta imitazione di Dorcas, lo fissò ammirata. Meadowes la guardò con gli occhi a fessura e sollevò anche lei il libro, ma Alice lo bloccò a pochi centimetri dalla sua testa.
“Sai, non siamo tutte come te, Dorcas. Io almeno sto attenta anche a quello che accade nei dintorni”, disse facendole la linguaccia. Dorcas sbuffò, imbronciata.
Il professor Rϋf, il fantasma che teneva le lezioni di Storia della Magia, entrò e senza neanche dare un’occhiata alla classe, cominciò a spiegare.
“Ma dov’è Kate? E’ in ritardo!”, sussurrò Mary. Lily alzò le spalle.
“Aveva detto che finiva di fare colazione in Sala Grande. Sapete com’è fatta: mangia qualsiasi cosa si trova davanti e non è mai sazia”, spiegò Marlene. Mary e Lily sorrisero. Conoscevano bene quella parte di Kate.
Le ragazze sarebbero tornate a guardare il professore se non si fossero accorte, poco dopo, che Peter scuoteva Sirius e James, profondamente addormentati sul banco. Lily alzò le sopracciglia, sorpresa.
Peter provò in tutti i modi a svegliarli e, dopo numerosi tentativi che comprendevano anche il solletico con la piuma sotto il naso dei due, si arrese sospirando. Dorcas, invece, scoppiò a ridere con Marlene.
Cinque minuti dopo Kate irruppe nell’aula alla maniera di un cannone, tutta affannata. James e Sirius scattarono come molle al rumore improvviso e Peter ridacchiò.
“Scusi il ritardo, professore! Sono stata in infermeria”, si giustificò Kate, con il fiatone. Lily la guardò con gli occhi strabuzzati. In…infermeria?!
“Signorina Etherege, si sieda”, proclamò il professore. La ragazza si spostò verso i banchi e si sedette, mormorando sottovoce “Etherege” almeno una decina di volte, ridacchiando.
“In infermeria?”, le chiese Lily. “Che ci facevi in infermeria?”.
“Ehm, niente… non preoccuparti, Lily”.
“No, Kate. Voglio saperlo. Adesso”, la costrinse lei. Kate alzò gli occhi al cielo.
“Va bene, va bene. Sono andata a trovare Remus”.
“E’ ancora malato?!”, esclamò Lily preoccupata. “E da quando tu hai un rapporto così confidenziale con lui?”, chiese poi, ancora più sospettosa. Kate sfidò il suo sguardo con un’espressione fiera. Lily sospirò. Non le avrebbe mai detto niente.
“Ma non è possibile che sia ancora malato…”, pensò a bassa voce.
“Escono di nascosto, di notte. Ha qualcosa di strano, quel Lupin. Dov’è che va sempre?”.
“E’ malato, dicono che è malato…”.
“Tutti i mesi con la luna piena?”.
Lily scosse la testa, scacciando il flashback con Piton. Era solo la teoria di un Serpeverde che odiava Remus. E lei sapeva che era un ragazzo gentile, disponibile, un buon studente e soprattutto un grande amico. No, non avrebbe dato ascolto a un Mangiamorte. E poi, che differenza avrebbe fatto se fosse stato davvero un lupo mannaro? Era sempre Remus.
“Professore, non mi sento tanto bene. Posso andare in infermeria?”, chiese Lily, alzandosi di scatto dalla sedia.
“In infermeria…? Sì, sì, vada pure, signorina Evanbury”, le rispose Rϋf.
Lily raccattò le sue cose e le infilò nella borsa. Poi corse fuori dall’aula.
James Potter, dall’altra parte della stanza, la guardò allontanarsi, sbalordito.

*

Remus stava leggendo un libro seduto sul letto quando Lily entrò.
“Li…Lily?”, domandò Remus, un po’ scosso. La ragazza si avvicinò e posò la sua borsa accanto al letto.
“Come ti senti, Remus?”, chiese poi.
“Molto bene, grazie”, rispose lui. “Certo che ricevo diverse visite, oggi. Potrei essere diventato famoso senza essermene accorto?”. Ridacchiò malizioso.
C’erano quei momenti in cui Lily si chiedeva perché Remus Lupin facesse parte dei malandrini, e c’erano altri momenti in cui trovava da sola la risposta. Per esempio in quel preciso istante.
Sorrise. “Volevo solo venire a trovarti e sapere se stavi bene”.
“Saltando le lezioni?”. Silenzio.
“Lily, dimmi: cos’è che ti tormenta?”. La diciassettenne abbassò gli occhi.
“Vorrei la verità da te, Remus”. Lui sospirò, afferrando subito la questione.
“Già, non si può ingannare una ragazza come te. Avrei dovuto saperlo”, disse, sorridendo malinconico. Lily rispose al sorriso.
“Allora è tutto vero? Proprio… tutto?”, chiese Lily. “Tu, tu… tu sei…”.
“Sono Remus. Remus Lupin”. Lily scosse la testa ridendo.
“Comunque sì”, disse Lupin. “Mi hanno morso quand’ero ancora piccolo. E’ solo grazie a Silente se frequento questa scuola. Gli devo molto. Qualsiasi altra persona non avrebbe mai permesso che uno come me passasse del tempo con persone normali”.
“Ma, Remus…! Tu sei una persona normale!”, ribatté Lily. Remus rise.
“Certe volte mi ricordi James”, disse. La ragazza arrossì e lo guardò accigliata.
“Non è vero”, dichiarò convinta. Lupin rise ancora.
“Ma loro, gli altri… Potter, Black e Minus, lo sanno?”.
“Questa è una domanda che dovrai fare a James”, rispose lui, tranquillo. Lily abbassò lo sguardo alle lenzuola. Lo sapevano, quindi? Ma poi, perché doveva chiedere proprio a Potter?
“Lily, ascolta. James…”, cercò di dire Remus, bloccato poi con un gesto della mano di Lily. Ma lui non si lasciò fermare così facilmente.
“James è un bravo ragazzo. So che non lo sembra e avresti tutte le ragioni di questo mondo per odiarlo, ma cerca almeno di metterlo alla prova. So che non rimarrai delusa”. Lily sospirò.
“Silente gli ha dato il distintivo da Caposcuola e ultimamente ha capito molte cose importanti senza l’aiuto di nessuno. Dovresti solo provare a sopportarlo. Non so se l’hai notato, ma fa qualsiasi cosa per compiacerti”. Lily annuì debolmente.
“Farò come vuoi: lo metterò alla prova”, disse esasperata, con una grande forza di volontà. Remus sorrise.
Poco dopo, gli occhi verdi della giovane rivelarono che si era appena ricordata qualcosa.
“Come mai tu e Kate siete così in confidenza?”, chiese sospettosa. Il ragazzo scoppiò a ridere.
“Dai, Lily, non sarai mica gelosa!”.
“Ma, ma… certo che no!”, esclamò lei indignata. Lui, a quella risposta così insicura, continuò a sghignazzare ancora più divertito.
“Non preoccuparti, Lily”, disse poi. “Kate, stamattina, è corsa qui chiedendo di Sirius. Pensava che si fosse fatto male lui e non io. Quando mi ha trovato nel letto ha capito tutto e si è messa a ridere. Sì… era più che altro una risata isterica di liberazione…”. Ghignarono tutti e due.
“Era spaventata per Sirius, eh?”, disse sarcasticamente Lily. Remus annuì.
“Tra quei due funzionerebbe a meraviglia. Sono dannatamente uguali”, specificò la rossa.
Sorrise e lo abbracciò. Una lacrima le scese lungo la guancia e lei la asciugò subito, così come sparirono gli occhi lucidi.
“Non so cosa farei senza di te”, sussurrò.
“Sei la persona migliore che io conosca, Lily”, rispose lui, mormorando. Si separarono e Evans raccolse la sua borsa. Doveva arrivare in tempo per la seconda ora di lezione.
“Ci vediamo oggi in sala comune?”, chiese. Lui annuì. Lily lo salutò e si diresse verso la porta. L’aprì e si fermò poco dopo.
“Sì, è vero che è cambiato”, mormorò in un sussurro, voltandosi. E si richiuse la porta alle spalle.
Remus sorrise e riprese il libro dal comodino.
“Sì, però…”, urlò lei da fuori, “Questo non cambia niente, chiaro!?”.
“E’ sempre uno sbruffone, sregolato, irresponsabile, idiota, arrogante, egocentrico…”, elencò a ogni gradino che scendeva. Poi la sua voce si affievolì e scomparve.
Remus scoppiò a ridere. Non sarebbe stata male tra i malandrini.

*
 

   Quando entrò in sala comune, quel pomeriggio, trovò i malandrini stravaccati su un divano, da soli. La stanza era silenziosa come non mai.
“Ce l’hai fatta, allora!”, lo accolse Sirius. Remus alzò gli occhi al cielo.
“Che ti aspettavi? Che non uscissi più dall’infermeria?”, chiese crucciato, “O forse lo speravi?”. Sirius ghignò.
“Lo sai che ti amo, Lunastorta”. Lupin scosse la testa, arreso.
“Devo parlare con te, James”. James era tutto preso dal boccino che acchiappava facilmente grazie ai suoi riflessi da Cercatore e non si rese conto del fatto che Remus lo chiamava. Sirius prese la bacchetta e fece uscire un po’ di vapore dalla punta che aveva rivolto verso James. Quello si riscosse imprecando, con il viso tutto bagnato. Sirius rise ancora. Si divertiva da matti a torturare Ramoso.
“James, Lily sa del mio “piccolo problema peloso””, disse Lunastorta, sedendosi. I tre amici lo guardarono allibiti.
“Cosa?”, esclamò Sirius.
“Come diamine ha fatto a scoprirlo? Quella ragazza è un genio!”, disse James ammirato.
“Oh, James! Risparmiaci le tue ennesime lodi verso Lily Evans! Ti prego anche in ginocchio, se vuoi”, disse Sirius, esasperato. James ammiccò.
“Ma non sa di voi. Non sa che siete animagus”, spiegò Remus. “Le ho raccontato della mia situazione e quando mi ha chiesto di voi le ho detto che doveva chiedere a te, James”. A Ramoso si illuminarono gli occhi.
“IO – TI – ADORO – REMUS – LUPIN!”, urlò James, buttandolo a terra con tutta la forza che aveva in corpo.
“Jam… James… non respiro!”, cercò di dire Lupin, sotto le sue braccia. Ramoso ridacchiò e si alzò.
“Non sei per niente leggero, James”, disse Lunastorta, spolverandosi la veste. “Cerca di comportarti bene con lei, ok? Almeno stavolta…”.

“Oh, non preoccuparti, mio caro Remus. So cosa devo fare, ora”. Lupin lo guardò allarmato. Non significava niente di buono l’espressione che gli stava rivolgendo in quel momento.
 

   *
 

  Regulus Arcturus Black camminava per il corridoio dei sotterranei, dirigendosi verso la sala comune dei Serpeverde. Si sentiva orgoglioso di se stesso: Voldemort, per la prima volta da quand’era Mangiamorte, gli aveva affidato un compito della massima importanza. Si fidava di lui. Non aveva pensato ad Aries, Avery o addirittura Mulciber. Aveva deciso di incaricare di quel dovere solo lui. E cosa importava se il Signore Oscuro aveva detto che tutti i Serpeverde più vicini a lui del suo gruppo di “amici” dovevano aiutarlo? Era lui che avrebbe preso le redini del gioco. I suoi genitori sarebbero stati fieri.
L’unica cosa che dava fastidio a Regulus era suo fratello. Gli rovinava la reputazione. Ma forse Lord Voldemort gli avrebbe concesso l’onore di liberarsene per sempre.
Aries Knight era appostato fuori dalla sala comune e, appena lo vide avvicinarsi, gli andò incontro. Portava la divisa tutta scombinata con la camicia fuori dai pantaloni e la cravatta verde e argento sciolta, appesa al collo. Il ragazzo aveva dei capelli biondissimi che tendevano quasi al bianco e gli occhi azzurri. Il suo viso sottile, però, lo rendeva quasi serpentesco.
Tutto quel disordine gli donava. Non era ignoto che quasi tutte le ragazze di Hogwarts, soprattutto quelle appartenenti a Serpeverde, lo ammirassero.
“Che ti è successo, Aries? Qualcuno ti ha investito con un manico di scopa?”, chiese Regulus, malignamente.
“Non sei per niente divertente, Regulus”, rispose Aries Knight, stizzito. “Ti stavo aspettando. Mio padre ha sentito il Signore Oscuro parlare di una missione che voleva affidarti”. Regulus annuì, irritato. Voleva organizzare lui tutto, prima che gli altri lo scoprissero! Adesso doveva sopportare i compagni che non sapevano affatto come muoversi. Dannazione. L’unica che forse sarebbe stata i grado di seguire il suo piano era Carina Knight, la sorella di Aries. E magari anche Bellatrix: era molto nota tra i Serpeverde per la forte lealtà verso Voldemort.
“Allora? Hai intenzione di dirci cosa vuoi fare?”, chiese Aries, spazientito dal silenzio di Regulus. Regulus sbuffò.
“So già come muovermi e chi includere nella lista delle vittime”, sibilò. “Ma dovete lasciarmi in pace per adesso. Organizzerò da solo”.
Si spostò verso il ritratto spintonando il ragazzo biondo, borbottò la parola d’ordine e entrò. Carina Knight era in piedi vicino al divano nero e si rigirava tra le mani il braccialetto con le pietre nere e verdi che lui gli aveva regalato. Anche lei, come il fratello, aveva i capelli biondi, ma i suoi occhi erano neri. Regulus l’aveva conosciuta sull’espresso per Hogwarts, il primo anno, e da allora non si erano mai più separati. Peccato che il fratello fosse un gran impiccione. Più volte aveva ripetuto al Black che la ingannava soltanto, ma lui non gli dava ascolto. Voleva molto bene a quella ragazza. Forse era l’unica con cui riusciva davvero a essere se stesso.
Cara vide Regulus che entrava. I suoi occhi luccicarono e fece un gran sorriso.
“Reg! Mi stavo chiedendo dov’eri finito”, disse, abbracciandolo. Regulus sorrise.
“Non devi preoccuparti, Cara. Io sto bene”, la rassicurò lui. Carina annuì.
“Ti va di fare un giro per il parco? E’ tutto il giorno che non esco dal castello”, disse lei. “Ah, sai…”, aggiunse poi, “Aries si è beccato una punizione dalla McGrannitt tre settimane fa e l’ha scontata poco fa. Non sa neanche guardarsi da quell’idiota di Potter”. Rise. Regulus increspò le labbra in un sorriso. Proprio come si aspettava: quel ragazzo non sarebbe stato in grado di aiutarlo con Voldemort.
“Andiamo, allora?”, disse poi alla ragazza. Lei lo prese sottobraccio e si avviarono. 

  


 



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Angolo dello scrittore

Mi ammazzate? XD Ce l'ho messa tutta ma non sono riuscita a scrivere un capitolo in più... però, siccome vi amo molto, non ho voluto farvi aspettare ancora u.u Quindi, ecco qui il capitolo! Che ne pensate? :D
Anche questo capitolo è più lunghino :)
Lily si sta rendendo conto che James è... va beh, un pochino (u.u) cambiato. Lupin lo sta davvero aiutanto con Lily :)

Avete seguito il countdown per Pottermore? Io quasi non mangiavo per vedere l'annuncio XD Però il sito è disponibile solo da ottobre e per alcuni fortunati anche dal 31 luglio -.- Tutta questa attesa per altra attesa XD
Volevo ringraziare tutte le persone che mi seguono... ma oddio! Ora siete 42! :D Grazie!
Beneeeee! Vi lascio dicendovi che ho una grande idea per il prossimo capitolo! :D
Ci sentiremo ancora, lo prometto u.u

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Capitolo 8
*** La partita contro Serpeverde ***


Capitolo 8: La partita contro Serpeverde


Venerdì 28 ottobre gli studenti di Grifondoro e Serpeverde del settimo anno si trovavano nei sotterranei per la doppia ora di Pozioni.
Il professor Lumacorno era il direttore della casa dei Serpeverde e il professore di Pozioni. Aveva occhi acquosi sporgenti e baffi da tricheco che si stavano lentamente tingendo di un bianco lucente. Non era molto alto e i suoi pochi capelli giallastri stavano cominciando a perdere luminosità.
Amava “collezionare” gli studenti che avevano parenti famosi e quelli che eccellevano nella sua materia: un vizio che lo rendeva assai famoso ad Hogwarts. Naturalmente, Lily, che si distingueva in Pozioni come la migliore della classe, faceva parte di quel gruppo. Il professore lo chiamava Lumaclub. Anche Severus Piton era tra i pochi scelti da Lumacorno.
“Bene, bene, ragazzi. Prendete posto, sistemate il materiale e aprite la vostra copia di Pozioni Avanzate a pagina 113”, disse Lumacorno.
Lily si sistemò sul tavolo che condivideva con Kate e Mary e posò il suo calderone con il materiale che aveva comprato a Diagon Alley nella Farmacia.
“Per questa lezione ho preparato diverse pozioni da farvi vedere”, spiegò, allargando le braccia e indicando ognuno dei quattro calderoni disposti per tutta l’aula. Lily si tirò su le maniche della camicia e sbirciò i liquidi alzandosi in punta di piedi, entusiasta. Davanti a lei c’era un calderone pieno di un liquido opalescente che diffondeva degli odori alquanto insoliti. Insoliti ma buoni…
Kate e Mary erano attirate da quel fluido quanto lei, ma al contrario delle amiche, Lily cercò di tornare alla realtà per seguire la lezione. Si divertì tantissimo quando notò che quelle due avevano una faccia a dir poco estasiata.
L’odore di melassa, di lavanda e del legno di manico di scopa che sentiva solo lei, ne era sicura, continuavano però a persistere nell’aria.
“Guardate tutti qui. Qualcuno sa dirmi di cosa può trattarsi?”, chiese Lumacorno, osservando tutta la classe e indicando un calderone vicino alla sua scrivania. La mano di Lily scattò subito in aria. Anche Piton alzò la sua, ma non fece nulla per fare in modo che Lumacorno lo notasse. Indietreggiò nell’ombra dell’aula e guardò Lily con una strana espressione triste. Lumacorno vide la ragazza che si stava sbracciando e le fece segno di rispondere.
“Quello è sicuramente Elisir dell’Euforia”, rispose Lily convinta, “Si riconosce dall’acceso colorito giallo e dall’odore delicato di menta”. Lumacorno sorrise e la incoraggiò a continuare. “Mette di buon umore chi la beve, ma presa in eccesso può causare sporadici effetti collaterali come il pizzicore al naso e soprattutto riso e canto esagerato”.
“Benissimo, signorina Evans!”, esclamò contento il professore. “Ora, chi sa dirmi cosa contiene questo calderone? E’ una pozione un po’ più pericolosa…”, disse ridacchiando, spostandosi verso il secondo calderone.
Piton, stavolta, fece scattare in aria la sua mano prima della ragazza rossa.
“Sì, signor Piton”.
“E’ la Pozione Esplodente. E’ ricavata dal corno di Erumpent ed è considerata pericolosa perché bisogna fare molta attenzione quando si prepara. Potrebbe esplodere al minimo tocco”.
“Perfetto, signor Piton”. Lumacorno si mosse verso il terzo calderone che si trovava vicino al tavolo di Kate, Lily e Mary.
“Questa invece sì che è pericolosa!”, disse Lumacorno, divertito.
Spero solo di sbagliarmi…, pensò Lily.
“E’… Amortentia, signore”. Il professore annuì, compiaciuto. “Si riconosce dal colore madreperlaceo, dal colore cangiante e dal vapore che sale a spirale. Ha un odore diverso per ognuno di noi a seconda di ciò che ci attrae”.
“E consiglio calorosamente a voi tutti di controllare quello che bevete se avete un ammiratore particolarmente seccatore e insistente!”, disse Lumacorno, ridendo. Lily guardò prima lui con gli occhi sbarrati e poi Potter che ridacchiava dopo l’avvertimento del professore.
Oh, no! Non gli avrà mica dato un’idea su come conquistarmi senza che abbia bisogno del mio consenso!, pensò Lily, disperata.
“Ah, sfortunatamente per alcuni di voi, l’uso di questa pozione è vietata dal Ministero della Magia stesso”. Lily tirò un sospiro di sollievo, ma James continuò a sorridere.
“Ehm, professore…?”, cominciò Kate.
“Dica pure, signorina Everett”.
“E’ normale… è normale sentire odore di pelo di cane nell’Amortentia?”. Tutti risero.
“Signorina Everett, tutto dipende da lei!”, esclamò estasiato Lumacorno, “Avrà un amore segreto per i cani!”. Poi ammiccò nella direzione di Kate che arrossì. Gli altri studenti risero ancora.
“Ok, ok, ragazzi! Ora vediamo se riconoscete questa”, disse il professore interrompendo quelli che ancora ridacchiavano e spostandosi verso il tavolo dei malandrini. “Questo piccolo paiolo contiene una pozione strana ma molto utile. Qualcuno…?”.
“E’ la Felix Felicis, signore!”, disse Lily.
“Già, proprio lei!”, affermò Lumacorno, “E’ fortuna liquida. Rende la persona che la beve più fortunato di chiunque altro non l’abbia bevuta finché, ovviamente, l’effetto non svanisce. E’ molto complicata da preparare e ci vuole moltissimo tempo, ma vi giuro che è davvero utile per chi non sa far fruttare la fortuna…”. Ammiccò. “Quindici meritatissimi punti a Grifondoro e cinque a Serpeverde per le vostre geniali risposte. Ora, se volete cominciare a leggere a pagina…”.

*
 

Lily entrò in sala comune, posò la borsa nel dormitorio e si sistemò su una poltrona vicino al fuoco. Era fuggita dall’aula di Pozioni. Tutti quegli odori che esalava l’Amortentia le stavano facendo venire i brividi. Non aveva neanche aspettato che le amiche sistemassero le loro cose e la seguissero.
“Ok, Sirius. Smettila-di-fare-lo-stupido”.
“Non sto facendo lo stupido, Remus! Lei lo sa o lo scoprirà presto! E’ già la seconda volta!”.
“Ma… Sirius, non può saperlo, vero?”.
“Peter, ma non hai sentito niente di quello che ho detto finora?”.
“Ah, Sirius… sei troppo ossessionato da quella ragazza”.
“Beh, scusami James, ma io sto cercando di dirtelo da quasi cinque anni!”.
Lily ascoltò la conversazione dei malandrini e ridacchiò, mentre loro entravano nella sala comune e si sedevano su  un divano vicino a una finestra.
“Ciao, Evans”, la salutò James, sorridendo. Era la prima volta dopo un mese che le rivolgeva la parola e Lily ne rimase alquanto scossa. Potter la salutava come se non fosse successo mai niente, e per di più le sorrideva in modo strano. In un modo per niente James Potter. Era… sincero. Lily perse un battito. Era la prima volta che notava che Potter aveva dei profondi occhi nocciola e un delicato profumo -quasi irriconoscibile se non ci si faceva caso- di… lavanda e legno. Arrossì e la consapevolezza arrivò nella sua coscienza come un masso. Stava per aprire la bocca per rispondere –non sarebbe uscito niente più di un gorgoglio lo stesso-, quando Kate e Mary entrarono all’improvviso dal buco del ritratto.
“Lily! Perché non ci hai aspettate?”, chiese Kate, facendo un cenno i saluto ai quattro ragazzi.
“Avevo…freddo”, rispose Lily. Kate non sembrò molto convinta ma non indagò.
“Domani c’è la partita di Quidditch e domenica si va a Hogsmeade. Avremo pochissimo tempo questo weekend”, disse Mary, sedendosi.
“Già! Niente compiti, Caposcuola!”, esclamò Kate, prendendola in giro. Lily alzò gli occhi al cielo e cominciò a tirare i libri e le pergamene fuori dalla borsa. Non aveva scelta: doveva fare tutti i compiti quel pomeriggio.
Per quanto riguardava l’odore dell’Amortentia, non ci avrebbe dato peso: era solo una coincidenza.

*
 

Un boato accolse le squadre che entrarono in campo, inforcando le scope. Madama Bumb fischiò e liberò i Bolidi, la Pluffa e il Boccino d’oro, che sfrecciò e sparì velocissimo.
“La partita è iniziata! Abigail Davies di Grifondoro prende subito la Pluffa e la passa a Brown. Brown sfreccia alla velocità della luce e… la Pluffa è stata intercettata da Aries Knight di Serpeverde… Davies la recupera! Vola fino agli anelli… il Portiere di Serpeverde si prepara… GRIFONDORO HA SEGNATO! DIECI A ZERO PER GRIFONDORO!”.
James Potter fece il giro di tutto il campo e esultò. Poi tornò a scrutare il campo, cercando il Boccino d’Oro.
“I Cercatori Black e Potter volano in alto mentre Serpeverde è in possesso della Pluffa. Dixon schiva un Bolide, si avvicina agli anelli e tira! …SERPEVERDE SEGNA! IL PUNTEGGIO E’ DI DIECI A DIECI!”. Delle forti urla si alzarono dagli spalti dei Serpeverde.
“Andiamo, ragazzi! Ce la possiamo fare!”, urlò James. Gli altri giocatori gli sorrisero e si concentrarono ancora di più sul gioco.
Dieci minuti dopo un Cacciatore di Serpeverde era fuori gioco, colpito da un Bolide e il punteggio era di sessanta a settanta per Grifondoro.
“KNIGHT!”, James sentì urlare da Madama Bumb, “PUNIZIONE PER GRIFONDORO PER TENTATO SABOTAGGIO AL CACCIATORE BROWN!”. Difatti, Evan Brown ansimava sulla scopa a pochi centimetri da terra. James socchiuse gli occhi, lanciando uno sguardo maligno a Knight. Lui gli rispose alzando le sopracciglia e arricciando la bocca in un sorriso.
Abigail Davies segnò e i Grifondoro esultarono.
“Sessanta a ottanta per Grifondoro! …oh, no, aspettate… quello era il Boccino! E James Potter gli sta alle strette!”. James stava sfrecciando dietro al Boccino e sentiva la presenza del fratello di Sirius, Regulus, alle sue spalle.
“Non mi prenderai mai, Black!”, urlò, mentre si buttava in avanti, verso il Boccino e atterrava elegantemente al centro del campo. Aveva la pallina d’oro stretta nel pugno. Ce l’aveva fatta. Avevano vinto.
“James Potter ha preso il Boccino! GRIFONDORO VINCE!”. Ci furono parecchie urla esaltate e James sorrise agli altri componenti della squadra che, dopo esser scesi dalle scope, lo abbracciarono.
Su, agli spalti, Lily l’aveva seguito per tutta la partita.
“Ben fatto… James”, sussurrò.

*
 

“Ma non si può fare un po’ di silenzio?! Potter, mi meraviglio di te! Sei Caposcuola e sono le undici di sera! Andate tutti a letto!”.
“Dai, Evans, domani è domenica! Facci festeggiare un po’!”.
“Avete già festeggiato abbastanza! Adesso basta!”.
“Evans… non puoi scendere cinque minuti?”.
“Stai scherzando! Va-a-letto, Potter!”.
Lily girò sui tacchi e sbatté la porta del dormitorio con violenza. James, con un boccale di Burrobirra in mano, fece spallucce a Peter e a Remus -Sirius era casualmente sparito- guardandoli come se volesse convincerli che la colpa non era sua.
“Lily ha ragione, James. Andiamo a dormire”, disse Remus, “Siamo fortunati che la McGrannitt non sia ancora venuta a sgridarci”. James sospirò.
“E va bene”. Posò il bicchiere e si rivolse a tutta la sala comune, mandando tutti i Grifondoro nei rispettivi dormitori.
“Andiamo James, dai”, gli disse Remus.
“Voi andate. Io devo fare ancora un cosa”. Remus sospirò e sparì nel dormitorio con Peter.
James recuperò una pergamena e una penna e si sedette a un tavolo. Intinse la penna nell’inchiostro e cominciò a scrivere.

*
 

Sirius aveva portato Kate al settimo piano e la ragazza non riusciva a capire il perché.
“Andiamo, Sirius. Torniamo a letto”, disse, sbadigliando. Sirius le sorrise.
“Non ora, signorina Everett”. Si fermò davanti a una parete, tastò qualche mattone e poi annuì. Camminò avanti e indietro per tre volte davanti a quel muro e quando si fermò apparve una porta che Kate non aveva mai visto.
“Dopo di lei”, le disse Sirius, sorridendo all’espressione di assoluta sorpresa di Kate. Mentre questa stava per aprire la porta, lui la fermò per un braccio e la appoggiò delicatamente al muro.
“Aspetta…”, mormorò, prima di stamparle un bacio sulle labbra. Lei socchiuse gli occhi e quando il ragazzo si staccò non li riaprì. Rimase pochi secondi immobile e poi lo afferrò improvvisamente per la cravatta e lo tirò a sé, mentre Sirius la sospingeva verso la porta.

*

James salì al dormitorio femminile con la scopa –aveva già provato a salire al terzo anno senza scopa e il risultato era stato davvero umiliante- e depositò una lettera davanti alla porta. Poi gli venne un’idea. Estrasse uno specchio dalla tasca e chiamò “Sirius!”. Il ragazzo non rispondeva. Strano: non si era visto per tutta la sera e ora non rispondeva neanche.
Ma dove diamine si è cacciato?!, pensò, seccato.
James sbuffò, raggiunse il suo dormitorio e recuperò la Mappa del Malandrino e il Mantello dell’Invisibilità. La Mappa riportava Pringle al quinto piano e la McGrannitt nell’ufficio di Silente. Si diresse velocemente verso la metà del terzo piano senza fare rumore e si fermò davanti alla statua della Strega Orba, mormorando “Dissendium”. Diede un’altra occhiata alla Mappa e notò il puntino di Severus Piton che si aggirava al primo piano. C’erano anche Regulus Black e Bellatrix Black al settimo piano. James, parecchio sorpreso, entrò nel passaggio che si era aperto nella statua. Che cosa ci facevano Piton e i due Black in giro a quell’ora? E Bellatrix Black non aveva già finito da un pezzo di studiare a Hogwarts?
In quel momento, comunque, aveva cose più importanti da fare che seguire i tre Serpeverde.
La porta da dove era entrato si richiuse, lasciandolo al buio.
 


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 Angolo dello scrittore


Ecco un altro capitolo! :)

Riuscite a pensare a quello che vuole fare James? Sono sicura che rimarrete sorpresi :D Poi Piton, Bellatrix e Regulus in giro per il castello... strano, eh? XD

Cooooomunque, finalmente James e i Grifondoro hanno giocato a Quidditch contro i Serpeverde e... hanno vinto! Avevate dubbi, forse? :) James è il migliore, sarebbe risultato davvero strano farlo perdere, non trovate?

Sono sicura che sarete contenti per la svolta nella storia di Kate e Sirius... finalmente ce l'hanno fatta ;)

L'Amortentia ha dato a tutti molto su cui riflettere, anche a Lily. Ci voleva proprio qualcosa che le provasse che in fondo, mooolto in fondo, è innamorata di James. Lei non ama per niente il Quidditch e i manici di scopa, come avrebbe potuto sentire l'odore del legno del manico di scopa? E la lavanda? Ma lei non ci vuole ancora credere, sciocca ragazza u.u
Grazie a tutti quelli che mi seguono e soprattutto a quelli che recensiscono :) Mi seguite in tanti ora: vi ringrazio!

Mancano 11 giorni alla fine, eh? Mi viene da piangere. Penso che inodenderò il cinema di lacrime ç_ç

Grazie ancora a tutti!!! :D

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Capitolo 9
*** Lettere inaspettate ***


Capitolo 9: Lettere inaspettate


Quella domenica mattina, Lily si svegliò di soprassalto, urlando.
“Lily… che succede?”, chiese Mary, assonnata, avvicinandosi al letto dell’amica e sbadigliando vistosamente.
“C’era… c’era una cosa nera poco fa… sul mio letto!”, disse lei, agitata, scrutando il dormitorio.
“Ehm, Lily… intendi il gattino nero appostato accanto al tuo comodino?”, chiese Alice che si stava alzando proprio in quel momento, scoprendosi delle coperte. Era vero: c’era un gattino minuscolo seduto vicino al mobile di legno. Lily sorrise e lo prese in braccio.
“Ma da dove diamine spunta?”, chiese Dorcas, con gli occhi mezzi chiusi per via della luce diretta del sole che proveniva dalla finestra aperta. Lily la guardò e fece spallucce. Tornò a guardare il gatto e notò un piccolo rotolo di pergamena legato con un nastro a una zampa. Sopra c’era scritto “Lily”. Era indirizzato a lei. Lo sfilò dal fiocco e lo srotolò. Mary e le altre –Marlene, stranamente, stava ancora dormendo- la guardarono incuriosite.
La lettera era scritta con una calligrafia arrotondata e ordinata:
 

Cara Lily Evans,
sono davvero pentito del mio comportamento di ieri sera e ti chiedo scusa. Hai ragione come al solito: dovrei essere più responsabile, soprattutto per il fatto che Silente mi ha nominato Caposcuola. Tu meriti appieno la carica, te lo garantisco, mentre io… insomma, so solo fare un gran baccano e far finire un po’ di gente in punizione.
Spero mi perdonerai, ma ti capirò se sarai ancora arrabbiata con me. Lo so, non sono un soggetto facile da sopportare, soprattutto per te. Comunque, so che adori i gatti e mi sono preso la libertà di comprartene uno. Spero lo troverai di buona compagnia come l’ho trovato io in queste poche ore notturne.
Buonanotte Lily,
James.
 
P.S. Divertiti domani ad Hogsmeade!

 
Lily rilesse più e più volte la lettera, incredula, pensando di essersi immaginata tutto. James Potter che si scusava per i suoi comportamenti? Il grande James Potter che scriveva una lettera apposta per lei? E come accidenti faceva a sapere che adorava i gatti? E soprattutto, cos’era quell’accenno a Hogsmeade senza neanche un invito? Forse stava davvero cambiando…
“Pronto? Lily?”.
“Eh? Quando?”, chiese senza alcuna logica lei, che stava guardando ancora la lettera. Mary rise.
“Andiamo a colazione, allora?”, chiese impaziente.
“Sì… sì, certo…”, rispose distrattamente Lily. Lasciò andare il gatto che si acciambellò sul tappeto vicino al suo letto e fissò ancora la lettera. Era tutto così strano…
“Lily! Allora, ti vuoi muovere?!”.
“Cosa…? Ah, sì, arrivo!”.
Si vestì con le altre e poi si legò al collo la sciarpa di Grifondoro.
“Ehm… intendi svegliare Marlene?”, chiese Dorcas a Alice. Lei ghignò e disse: “Possiamo anche lasciarla dormire. Poverina, è così stanca”.
“Lo sai che ci ammazzerà”, affermò Dorcas con un sopracciglio alzato. Alice face spallucce e, dicendo che doveva incontrare Frank Paciock, uscì dal dormitorio. Dorcas lanciò un intenso sguardo all’amica che ancora dormiva, come se volesse svegliarla solo guardandola, e poi, un po’ controvoglia, uscì anche lei.
“Sai dov’è finita Kate?”, chiese Mary una volta che Dorcas si fu chiusa la porta alle spalle. Lily scosse la testa, preoccupata. Ma dove diamine si era cacciata?!
“La troveremo giù, immagino”, disse Lily. Mary annuì e insieme lasciarono il dormitorio.
La Sala Grande era piena di studenti che si erano svegliati presto apposta per andare a Hogsmeade. Le due ragazze si sedettero al tavolo di Grifondoro, una di fronte all’altra, e si guardarono intorno. Kate era sparita dalla sera prima e Potter –Lily dovette ammettere a malincuore che stava cercando proprio lui- probabilmente, non era ancora sceso a fare colazione.
Mentre sospirava si ricordò del discorso fatto con Remus in infermeria poche settimane prima. Doveva proprio metterlo alla prova? Che situazione orrenda.
Giuro che ammazzerò Remus Lupin prima o poi!, pensò irritata. Prese la caraffa di succo di zucca e lo versò ovunque tranne che nel bicchiere.
“Lily, ti senti bene?”, chiese Mary con le sopracciglia inarcate. Lily annuì repentinamente come a voler chiudere la questione. In realtà era appena iniziata.
“Mary, conosci qualcuno che vorrebbe venire con me a Hogsmeade oggi?”, chiese imbarazzatissima, senza guardarla in faccia. Mary sgranò gli occhi.
“Che ne dici di James Potter? Lui sì che verrebbe con te. Cerca di invitarti da cinque anni!”, disse Kate, sedendosi energicamente vicino a Mary. Aveva i capelli decisamente scompigliati e un sorriso che avrebbe avuto solo bevendo la Felix Felicis. Lily la guardò accigliata.
“Dove sei stata stanotte? Sei sparita alle sette e non sei più tornata, neanche per dormire”, la rimproverò, “Potrei preferire di andare al villaggio con la Piovra Gigante, se solo ne avessi la possibilità”, aggiunse poi. Kate sbuffò.
“Ehi, stai diventando monotona, ragazza! Non è la stessa cosa che hai ripetuto a Potter al quarto e al quinto anno, tutte le volte che cercava di invitarti?”, esclamò ironicamente lei. Lily la scrutò, imbronciata.
“Ci dici dove sei stata, ieri?”, chiese Mary, captando il pericolo tra le due: Lily diventava irascibile al primo accenno a quel ragazzo. Kate arrossì un po’, ma sostenne lo sguardo di tutte e due.
“E’ una lunga storia e mi dispiace dirvi che non dovrete chiedermelo se non vorrete che vi racconti bugie”.
“Sì, sì, d’accordo”, disse Lily. All’improvviso il movente che aveva spinto Kate a passare la notte fuori non le interessava poi così tanto. “Allora, volete aiutarmi? Ci sarà pur qualcuno che non ha nessuno che lo accompagna!”. Kate e Mary si scambiarono un’occhiata in tralice.
“Che combini, Lily Caposcuola?”, chiese Kate, sospettosa. Lily la guardò come se fosse superiore all’amica e rispose: “Mi dispiace dirti che non dovrai chiedermelo se non vorrai che ti racconti bugie”. Kate fece uno strano suono a metà tra una risata e uno sbuffo. Lily, soddisfatta, si guardò intorno cercando James per la seconda volta. Stava impazzendo? Non faceva altro che continuare a cercarlo! Sì, stava decisamente impazzendo!
“Penso che quel Richards di Corvonero…”, cominciò Mary. “No, non se ne parla”, ribatté Lily.
“Che ne dici di Leavis di Tassorosso…?”, disse Kate. “No, non posso puntare così in alto. Lo sai che è circondato da milioni di ragazze tutti i giorni”, la interruppe Lily. Kate le fece la linguaccia.
“Edgar Willis?”, propose ancora. Lily scosse la testa.
“E… George Mitchell di Corvonero?”, chiese timorosa Mary. “Lo sai che è fidanzato con la Tennison da più di sei mesi”, le ricordò Lily.
“Severus Pit…?”, provò Kate. “Non ci penso neanche, chiaro?!”, rispose subito Lily, stizzita.
“Non potrebbe andare bene Remus… ?”, chiese Mary. Lily sospirò. “Sì, lo so, Mary. Sarebbe il candidato perfetto, solo che…”. Solo che Potter sarebbe morto dalla gelosia vedendo il suo migliore amico con la ragazza che cercava di invitare da tanti anni. Non andava assolutamente bene. Eppure… qualcosa le diceva di scegliere lui. Ma no, non poteva.
Era arrivata al capolinea. Si era davvero ridotta a scegliere un ragazzo qualsiasi per mettere alla prova Potter? Sospirò. Sì, l’avrebbe ucciso quel Remus Lupin.
Comunque era troppo tardi. Non si era mossa prima per via di tutti quegli impegni scolastici del settimo anno. Avrebbe organizzato tutto per il prossimo fine settimana a Hogsmeade. Aveva ancora tutto l’anno davanti. L’ultimo anno, l’anno dei M.A.G.O… l’anno che le stava fuggendo tra le dita come fumo...
Sorseggiò il succo di zucca, diede un morso all’ultimo biscotto e si alzò dalla panca, mettendosi sulle spalle la borsa.
“Andiamo?”, chiese alle amiche ancora sedute che la guardavano sorprese per il cambiamento improvviso di programma.
Percorse la Sala Grande da sola, ma si bloccò a metà. Potter era seduto al tavolo con Black.
Tossicchiò pigramente per annunciare la sua presenza e James si girò di scatto, con la bacchetta pronta nella mano. Quando vide che il disturbatore era Lily, sorrise, imbarazzato. Lily lo fissò eloquentemente.
“Vuoi scagliarmi una fattura, Potter? In tal caso sarei contenta di precederti”, disse ironicamente, con la mano in tasca, pronta. James ridacchiò.
“Oh, no, non potrei mai colpirti. Lo sai bene”, spiegò serio. Poggiò la bacchetta sul tavolo, vicino al piatto, e tornò a guardarla.
“Volevo ringraziarti e dirti che sei perdonato”, disse Lily, senza guardarlo. “Però, la prossima volta, sarà meglio che ti ricordi che non è da eroi finire in punizione. E soprattutto… SMETTILA DI FARE IL FIGO!”, urlò, quando vide che James ostentava un sorrisone attraente. La irritava il fatto che potesse sconvolgerla con un sorriso quando lei lo odiava a morte. Pochi giorni prima non avrebbe fatto che urlargli addosso quanto era arrogante e irrispettoso, e ora…
Parecchie teste si voltarono nella sua direzione quando urlò, ma lei sorrise e salutò, come se niente fosse. Naturalmente tutti gli studenti erano al corrente dell’antipatia di Lily verso James, ma vederla così serena dopo aver parlato con il ragazzo, li lasciò tutti parecchio sconvolti.
“Me lo ricorderò, Lil…”, cominciò lui.
Evans, Potter. Io per te sono solo Evans…”, disse lei, interrompendolo. “… per ora, comunque”, aggiunse poi, sottovoce. Il sorriso di James si allargò ancora di più.
“Mi dispiace, Li… voglio dire, Evans”.
“Molto meglio, Potter”, rispose lei con un tono sprezzante.
Remus entrò proprio in quel momento con Peter e la salutò, sorridendo per il fatto che stesse parlando con James. Lei rispose a sua volta con un sorriso e gli si avvicinò all’orecchio, sussurrando: “Remus John Lupin, sei morto, lo sai?”. Lui ridacchiò e si sedette al tavolo con gli altri malandrini.
“Lily? Ora possiamo andare a fare un giro a Hogsmeade?”. Lei si girò verso la voce che l’aveva chiamata: Mary e Kate le si erano avvicinate e ora la scortavano fuori dalla Sala Grande per un braccio, mentre lei continuava a lanciare occhiate penetranti al tavolo di Grifondoro.

         *

 

La foto ritraeva due ragazzi di poco più di dodici anni che ridevano spensierati e non sapevano cosa li avrebbe separati non molto tempo dopo. La bambina sulla sinistra aveva i capelli lunghi e rossi e gli occhi verdi. Il bambino, invece, aveva i capelli neri unti e guardava l’amica sorridendo ammirato, come se riuscisse a vedere qualcosa di più degli altri in quegli occhi così chiari e felici. Erano nel parco di Hogwarts, vicino al lago, sotto una grande quercia.
Le mani che trattenevano la foto tremavano.
Severus Piton alzò lo sguardo e delle grosse lacrime gli scesero lungo le guance. L’aveva fatta fuggire. Lei, che era più importante della sua stessa vita, non voleva più parlargli. L’aveva allontanata e la colpa era tutta sua, tutta sua…
Una lacrima cadde sulla foto e lui la rimise sotto il cuscino, mentre si asciugava il volto stanco.
“Severus! Sei qui?”. Qualcuno lo chiamava. Si girò e si ritrovò di fronte Regulus Black, pallido ma con una strana aria soddisfatta.
“Regulus? Che c’è?”, chiese, nella penombra del suo letto.
“Niente, volevo solo chiederti com’è andata ieri sera”.
“Tutto bene”.
“Il Signore Oscuro sarà molto contento di noi”, proclamò Regulus. Severus annuì e rispose un vago “Bene…”. Calò il silenzio e Regulus si sedette sul letto, vicino a Piton. Quando parlò di nuovo la sua voce era quasi roca.
“Tu saprai tutto di Lily Evans”, disse. Severus, incredulo, lo fissò minaccioso.
“Io non la conosco più di tutti voi, se è questo che intendi”.
“Lo so che eravate amici prima…”, cominciò Regulus.
“E con questo?”, urlò Piton, “Pensi ancora che ti aiuterò se il piano prevede come vittima anche Lily Evans? E INVECE TI SBAGLI!”.
Regulus sospirò e chiuse gli occhi per un istante.
“Severus, mi dispiace. Mi dispiace tanto”, disse, uscendo dalla stanza.

 

*
 

  “Che ha detto, Reg?”, gli chiese Bellatrix appena si sedette sul divano della sala comune.
“Niente di buono. Non vuole che si tocchi Lily Evans”, rispose Regulus. Bellatrix fece un versetto soddisfatto.
“Come mi aspettavo”, disse, “Ma noi andremo avanti lo stesso, giusto?”. Regulus annuì.
“Non mi lascio fermare per una cosa da niente come questa. Se non vuole più partecipare non lo costringo; avremo gente più qualificata”.
“Quella sporca Mezzosangue… quella sudicia ibrida… l’ho sempre detto che Piton è uno svitato”, commentò Bellatrix, gustandosi i suoi insulti. “E anche un traditore del suo sangue a essere onesti. Anche se…”, scoppiò a ridere, “lui non è già un mezzosangue? Quel balordo del padre è un babbano, me l’ha detto mia madre”. Rise ancora, ma Regulus non si unì a lei.
“Allora? Che facciamo?”, chiese la ragazza dopo aver smesso di ridere. Regulus tornò a guadarla e disse in tono pratico: “Penso che a Mulciber piacerebbe avere il controllo sulla ragazza. Daremo a lui il compito”. Bellatrix schioccò le labbra, deliziata.
“Io mi occuperò di tuo fratello, che ne dici, Reg?”, chiese, maliziosa. Gli occhi di Regulus si incendiarono quando Bellatrix nominò Sirius.
“Fai pure, Bella. Meglio due dalla nostra parte che uno. E poi lo ucciderò personalmente”, rispose Regulus, risoluto. Bellatrix sorrise, folle. 





  

Angolo dello scrittore
Ehm... ehilà gente...? Lo so, lo so, è un ritardo mostruoso, ma ho avuto un sacco di cose da fare e poi internet non mi funzionava >.< Comunque spero mi perdonerete con questo capitolo! :D
L'idea del gatto mi è venuta come un'illuminazione :) Sapete che Lily e James hanno un gatto a Godric's Hollow? Ecco, è proprio quel gatto :D
Sono stata al cinema per vedere l'ultimo Harry Potter... cosa ne pensate del film voi?
Io, purtroppo (-.-) non me lo sono goduto appieno perchè c'era gente che ridacchiava, gente che mi dava i calci dietro alla poltrona e altri (CHE NERVI) che insultavano Harry. Ma... ma... ç_ç Quando ha spezzato la bacchetta di Sambuco l'ha fatto per il bene dell'umanità! Perchè insultarlo? La gente non capisce niente quando si parla di potere -.-
Ora vi lascio! Godetevi il capitolo! :)

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Capitolo 10
*** Hogsmeade ***


Capitolo 10: Hogsmeade


Il locale dei Tre Manici di Scopa era accogliente come sempre quando Lily, Mary e Kate entrarono e si sedettero a un tavolo. Le tre non avevano proferito parola per tutta la mattina, dopo che avevano portato via Lily da James.
Lily aveva marciato nervosa su e giù per la strada principale del villaggio, finché non si era decisa a fermarsi. Ora, nel locale, si mangiucchiava deliberatamente le unghie, nella speranza di scaricare la tensione altrove. Le amiche, d’altra parte, la stavano fissando abbastanza turbate: non avevano mai visto Lily Evans perdere così vistosamente il controllo - tranne, ovviamente, quando insultava Potter.
Mary si schiarì la gola improvvisamente e si alzò dal tavolo di legno. “Vado a ordinare qualcosa. Cosa volete, voi?”, chiese, senza alcuna traccia di emozione.
“Una Burrobirra a tutte e tre, no?”, disse Lily, facendo una smorfia simile a un sorriso. Kate ridacchiò, ma ben presto trasformò la sua risata in colpi di tosse quando Mary le fece un’occhiataccia.
“Per me va bene, Mary”, disse poi, cercando di rimanere seria.

 *
 

“Scusami, James, ma posso chiederti che cosa hai fatto perché la Evans ti perdonasse?”, chiese Peter a uno dei suoi tre amici, mentre camminavano per il villaggio. Sirius sospirò, divertito. James scosse la testa, incredulo.
“Ti dirò due cose, Codaliscia”, cominciò, alzando un dito. “Uno: non chiedere mai se puoi fare una domanda se non ti stai rivolgendo a una bella ragazza che deve considerarti un gentiluomo”. Remus roteò gli occhi e Sirius ridacchiò. “E…”, continuò James, “due: possibile che tu sia così ingenuo? Probabilmente le ho fatto le mie più sentite scuse, no?”. Si inchinò con aria giocosa.
“Oh, James, piantala per favore”, sbuffò Remus. “Spero soltanto che tu abbia fatto qualcosa di ragionevole. E…“, aggiunse, quando vide che Ramoso stava per interromperlo, “non ho intenzione di sapere cos’è”. Ramoso sorrise beffardamente e Lunastorta sospirò.
“E io non ho intenzione di dirv-“.
“Come?”, lo interruppe Sirius, “Non mi dirai niente?”. James alzò un sopracciglio, ridendo.
“Beh, mi scusi signor Voglio-sapere-tutto, ma non mi pare che ieri sera tu mi abbia detto dove sei andato. Ti stavo cercando perché avevo bisogno di te, ma tu non mi hai risposto”. Sirius si mordicchiò un labbro.
“Mi dispiace, ma non ho sentito niente”, disse.
“E lo credo bene, lo specchio era ancora sul tuo comodino. Da quand’è che ti dimentichi di portarlo dietro?”.
“Ieri mi sono dimenticato di metterlo in tasca, contento?”, sibilò Sirius, spintonandolo. James scosse la testa, facendo sporgere il labbro inferiore.
“No, non sono contento per il fatto che te ne vai in giro a fare disastri senza di me, Felpato”, piagnucolò.
Sirius fece la sua risata simile a un latrato e James e Peter si unirono a lui. Anche Remus si aprì in un sorriso.
“Allora, tutti da Zonko?”. E così si diressero verso il piccolo negozio di scherzi di Hogsmeade.
“Avremo bisogno di una fornitura a vita di Polvere Pruriginosa”, sussurrò Sirius, mentre entravano.
“Già, così finiremo un altro mese in punizione come l’anno scorso, Felpato”, sibilò Remus a denti stretti, infastidito. Ma James, purtroppo per lui, non era dello stesso avviso.
“Hai ragione, amico mio. Io direi di prendere anche un paio di fuochi d’artificio. Non vedo l’ora di mettere delle Caccabombe nel letto di qualcuno…”, commentò contento. Peter sorrise svogliatamente e li seguì.
Il negozio era talmente affollato che si faceva fatica a muoversi verso gli scaffali, e Remus, annoiato da tutto quel trambusto decise di uscire. Così lo urlò ai tre amici tra la folla. “Ehi, voi tre! Io vado a prendermi una Burrobirra!”.
“Cosa?”, urlò Sirius in risposta. Remus sbuffò.
“Vado ai Tre Manici di Scopa!”, ripeté più forte.
“Che hai detto, Lunastorta?”, chiese James senza guardarlo, impegnato a riempirsi le tasche di scherzi.
“HO-DETTO-CHE-VADO-AI-TRE-MANICI-DI-SCOPA!”, sbraitò.
“Non ti sentiamo, Rem!”, gridò Sirius. Peter gli fece spallucce.
“Oh, non importa”, sospirò Remus, rassegnato. “Peter, vi aspetto qui fuori! Andiamo dopo insieme!”, disse al ragazzo paffuto dagli occhi acquosi. Lui annuì e Lunastorta uscì dalla porta del negozio. Vide una panca poco lontana e si sistemò lì, aspettano che i suoi amici uscissero.
Era lì da poco tempo quando vide per caso due persone in un vicolo buio di fronte a lui mentre si Smaterializzavano.

*
 

   Mary portò tre boccali di Burrobirra al tavolo dove erano sedute Lily e Kate.
“Grazie Mary”, disse Lily avvicinando il bicchiere alle labbra. Il liquido la riscaldò immediatamente, e lei  si sentì più calma quando appoggiò boccale di vetro sul legno.
“Allora Lily, ti senti meglio adesso?”, le chiese Kate. Lily sorrise e annuì. L’amica sospirò di sollievo.
“Oh, grazie al cielo, altrimenti potevamo dire addio alla nostra intelligente e razionale Caposcuola”, ammiccò. “E sappiamo tutti quanto abbiamo bisogno di un aiuto in pozioni…”. Lily rise.
“E’ tardi.”, disse Mary guardando l’orologio da polso, “Sono quasi le cinque e mezza e stasera c’è il banchetto di Halloween”. Le altre due annuirono.
“Dai, James, fai in fretta che dobbiamo tornare”.
“Ho capito! Ne prendo quattro e torno subito”.
James entrò all’improvviso dalla porta del negozio, camminando velocemente verso il bancone, e incrociò le tre ragazze che stavano uscendo. Fece un cenno di saluto, un sorriso, e poi si rivolse a Madama Rosmerta che gli portò quattro Burrobirre. Lui posò delle monete davanti alla barista e due secondi dopo sembrava non fosse mai entrato. Lily alzò un sopracciglio.
“Scusa, ma come è possibile che James Potter sia entrato e scomparso in pochissimo tempo e senza creare danni?”, chiese ad alta voce, arrovellandosi.
“Beh”, disse Kate, “a te non sembra più strano il fatto che ti abbia dato solo un’occhiata veloce e poi sia scappato senza proferire parola o senza una delle sue battutine?”. Mary ridacchiò.
“Cosa ne so io di quello che pensa o fa?”, chiarì Lily, cercando di cancellare la sua prima domanda. “E poi, secondo te mi importa qualcosa? Può fare quello che vuole, basta che non faccia disastri”. Kate piegò la testa da un lato, scettica.
“Come no, Lils”. Lily aprì la bocca per ribattere arrabbiata la sua risposta, ma Mary, per calmarla, la prese sottobraccio e disse a voce innaturalmente alta: “Oooooook, ora andiamo, eh?”.
Appena chiusa la porta del locale dietro di sé, Lily rabbrividì e si strinse nel suo mantello: l’aria fredda di novembre era alle porte
.

   
*

 

La Sala Grande era affollatissima come la sera dello Smistamento. Lily si sedette al tavolo di Grifondoro con Mary, Kate, Dorcas, Marlene e Alice, ma tutte non bastavano a coprire i posti intorno alla rossa. Difatti rimasero un posto alla sua destra e uno di fronte a lei.
Alcuni pipistrelli neri volarono per il perimetro della stanza fino al soffitto in alto trapunto di stelle lucenti. Tutti sapevano che il soffitto non era davvero spalancato alla notte, ma guardando in alto ci si sentiva lo stesso all’aperto, in balia di una delicata brezza.
Sui tavoli delle diverse case c’erano un buon numero di candele dentro le zucche intagliate che erano anche appese al soffitto e rilucevano insieme alle torce ai lati della stanza.
Silente si alzò dalla sua sedia dietro al lungo tavolo degli insegnanti e con un bel sorriso e un tono gioviale annunciò l’inizio della cena. I piatti si riempirono da soli di buonissime pietanze preparate dagli elfi domestici nelle cucine. Lily non avrebbe mai saputo dire dove si trovassero… il castello era pieno di passaggi celati e solo i malandrini sembravano conoscerne tutti i segreti: erano loro che durante le feste nella sala comune portavano da mangiare e da bere.
I grandi battenti della Sala Grande si aprirono improvvisamente rivelando James, Sirius, Remus e Peter in ritardo che correvano a rotta di collo verso il tavolo dei Grifondoro. Tutti gli studenti si zittirono e li guardarono divertiti, ma Lily sbuffò e girò la testa per guardare il Preside che aveva alzato un sopracciglio.
“Signore… mi dispiace… tanto… non volevamo… fare tardi”, proferì James con il fiatone. Un paio di ragazze ridacchiarono e lui ammiccò, mentre Lily scuoteva la testa in rabbiosa disapprovazione.
“Sì, signore… la prego di… scusarci”, continuò Sirius. Il Preside si alzò nuovamente dalla sedia e li fissò in silenzio. Poco dopo si aprì in un sorriso e dichiarò: “Signor Potter e signor Black, sono sicuro che avete fatto del vostro meglio per arrivare… siete appena in tempo, sedetevi”. James sorrise e ringraziò. Altre ragazze ridacchiarono interrottamente, guardandolo di sottecchi.
Che cosa?!, pensò Lily, è imperdonabile!
“Ma, professor Silente, è sicuro di non voler…”, iniziò la professoressa McGrannitt, alzandosi dalla sedia. Silente sorrise e si rivolse a lei.
“Suvvia, Minerva, stiamo festeggiando. E ora torniamo a mangiare!”, esclamò.
Kate, seduta di fronte a Mary, indicò a Sirius il posto vuoto di fronte a Lily, sventolando velocemente la mano. Lily articolò un “no” con le labbra ma lui si era già seduto, sorridendo. Lily sospirò e capì subito quello che sarebbe arrivato di lì a poco. Kate, seppure dispiaciuta, le fece spallucce e una smorfia triste prima di tornare a parlare con Sirius, sorridendo come non mai.
“Ehilà, salve gente!”, esclamò allegramente James Potter, sedendosi alla destra di Lily. Lei, disperata, chiuse gli occhi e si passò una mano sul viso, appoggiando il gomito destro sul tavolo per nascondersi a James.
Remus prese posto di fronte a James insieme a Peter e cominciò a mangiare, rosso in volto. A lui sì che dispiaceva di essere arrivato in ritardo.
“Ciao Evans”, la salutò James contento, “e ciao anche alle altre due!”. Kate e Mary sorrisero e tornarono a mangiare.
“Allora…”, gli disse Lily, cercando di nascondere quanto fosse davvero arrabbiata con lui perché era arrivato in ritardo e se l’era cavata lo stesso, “sei riuscito a sederti lo stesso vicino a me senza arrivare prima, eh Potter? Non approvo per niente questo comportamento, sappilo”. James agitò una mano con noncuranza mentre infilzava una patata con la forchetta.
“So che non approvi perchè non ho avuto una punizione. Vorrà dire che dopo potrai darmi tutte quelle che vuoi, e se non lo farai le andrò a chiedere alla McGrannitt”.
In un primo momento Lily strabuzzò gli occhi, poi, richiamando la sua calma naturale rispose: “Non ce n’è bisogno, non preoccuparti. Era solo un mio capriccio”.
Stavolta fu il turno di James a essere sorpreso, ma non fu bravo come lei a nasconderlo perché di stampò un bel sorriso in viso. “Grazie, Evans”.
“Non c’è di che”, disse, abbozzando anche lei un sorriso, senza riuscire a trattenerlo.
James sembrava così felice per aver parlato con lei senza che si gridassero addosso e quando sfoderava quell’espressione contenta che ora aveva in faccia appariva ingenuo, sincero e spontaneo come non lo era mai stato. 






Angolo dello scrittore
Finalmente sono riuscita a postare un nuovo capitolo :)
Sì, è piuttosto inutile, lo so, ma è un pezzo intermedio della storia. Il prossimo capitolo sarà più emozionante, ve lo prometto ;)
Ringrazio le persone che leggono la mia storia e che l'hanno inserita tra le seguite, preferite e ricordate. Ma soprattutto, chi spende un po' del suo tempo per lasciarmi qualche recensione. Vi adoro e lo ripeterò mille volte ancora u.u Come fate a leggere la storia di una pazza come me? XD
Spero con tutto il cuore che siate riusciti a iscrivervi a Pottermore :D (io purtroppo non ce l'ho fatta -.-).
Il prossimo capitolo arriverà più velocemente, spero sarete contenti :)
Au revoir!

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Capitolo 11
*** Il Bagno dei Prefetti ***


Capitolo 11: Il Bagno dei Prefetti


Novembre proseguì come sempre: Lily rimase la prima della classe in Pozioni, James finì in punizione con Sirius per l’ennesima volta, Peter quasi distrusse la classe di Trasfigurazione mentre Potter rimaneva il migliore nella materia, tutti gli insegnanti li avvertivano riguardo ai M.A.G.O. e li caricavano di compiti, Kate si era messa con Sirius… 
“Esci con Black??”, quasi urlò Lily nella sala comune, “Ma stai scherzando?!”. Kate rise e scosse la testa.
“E questo quando è successo?”, chiese Mary, disinvolta.
“Sono più o meno due settimane fa… poco infon-“.
“Che cosa? E tu non ce l’hai detto per tutto questo tempo!”, esclamò Lily, sbalordita. Kate le si avvicinò e le posò una mano sulla spalla. “Prima non era proprio ufficiale e così non ve l’ho detto”, spiegò.
Lily rise e l’abbracciò. “Sono contenta per te, davvero”.
“Grazie, Lily”.
“E questa bella sceneggiata?”, disse all’improvviso una voce dall’altra parte della stanza. Kate sorrise e raccolse la sua borsa con i libri.
“Arrivo, Sir”.
“Ehi, non ti ha ancora chiesto di chiamarlo Siriuccio?”, sussurrò Mary a Kate nell’orecchio. Kate la guardò minacciosa, mentre Lily si girava di scatto e puntava un dito contro il ragazzo, in un modo che incuteva terrore.
“Black, in questo momento ho voglia di farti a pezzettini anche se sei il ragazzo di una mia migliore amica. Quindi non pensare che io cambi atteggiamento verso di te solo per questo motivo”. Black fece la sua risata simile a un latrato.
“Va bene, Evans. Dirò a James che purtroppo non ci abbonerai delle punizioni… E pensare che ci contavo”.
Lily sbuffò, ma alla fine rise.

*

“E bravo il nostro Felpato”, disse Remus, lasciando trasparire fastidio nella sua voce. “Proprio brav-“.
“Sssh, Lunastorta”, lo zittì James con l’orecchio poggiato sulla porta socchiusa da cui provenivano le risate di Lily. In quel momento gli occhi di Ramoso luccicavano di sincera felicità nel sentirla ridere.
Remus sospirò e la sua espressione si addolcì, dimenticando la rabbia contro Sirius. James era davvero innamorato di quella ragazza.
“Senti che risata cristallina? L’unica cosa che mi dà noia è il fatto che non sono io a farla ridere…”, disse, mentre colpiva la porta con il pugno.
“James… ehi…”, gli si avvicinò Lunastorta, poggiandogli una mano sulla spalla. “Sono sicuro che ce la farai”. James annuì.
“E sai una cosa? Hai ancora una carta da giocare”.
“Già”, sospirò Ramoso, “ma non sono sicuro che funzionerà”. Remus si mise sulla spalla la borsa e portò a James la sua.
“Dai, andiamo anche noi, altrimenti arriviamo in ritardo a Difesa contro le Arti Oscure”.

*

Quella sera Remus non vedeva l’ora di andare a dormire. Non aveva intenzione di parlare con Sirius e neanche di guardarlo negli occhi.
Si infilò il pigiama e andò ad aprire la finestra per far passare un po’ di aria. La luna sarebbe stata piena la settimana dopo e lui già si sentiva affaticato. Non riusciva neanche a stare dietro a tutti i compiti.
“Coda! Ma si può essere più scemi?”, urlò James all’improvviso. Il suo pigiama aveva cambiato colore: invece dei colori del Grifondoro, il pigiama era verde e argento. “Ma per le mutande di Merlino, non voglio neanche più metterla questa robaccia! Che schifo!”.
Sirius stava ridendo come un matto e non accennava a voler smettere. Si premeva le braccia sulla pancia e si rotolava per terra.
“Sì, bravo Felpato, ridi pure! Vorrei vedere te!”, disse James paonazzo, mentre si sfilava i pantaloni e frugava nel suo baule alla ricerca di un altro pigiama. “Peter, fai un incantesimo anche ai suoi vestiti!”.
“Ramoso, basta che ti infili una parrucca…”, sghignazzò Sirius, prendendo fiato, “una parrucca di peli di troll unticci e assomiglierai in tutto e per tutto a Mocciosus!”. Peter si rigirava la bacchetta nelle mani senza dire una parola. Quando alzò lo sguardo disse timidamente, rispondendo a James: “Ehm… Ramoso, io… io non mi ricordo neanche come ho fatto”. James ruggì tutta la sua disapprovazione e si buttò a capofitto su Felpato, cercando di strozzarlo.
“Remus!”, tossicchiò Sirius, “Digli… di smettere…”. Remus li separò con un colpo di bacchetta e si voltò dall’altra parte. Prese a sistemare i suoi vestiti nel baule come se il ragazzo con i capelli neri non avesse detto niente e poi, con la bacchetta, picchiettò il pigiama di James posato su un letto. Quello tornò subito del suo colore originale.
Intanto, la lotta tra i due si era fermata. Lo guadavano tutti con un’espressione sorpresa in viso e Remus si accorse di aver esagerato. Se voleva che nessuno si accorgesse di niente doveva almeno incitare uno dei due a fare fuori l’altro oppure sorridere e assistere oppure sgridarli perchè bisognava andare a dormire. Ma quella sera non ne aveva voglia.
Purtroppo per lui Felpato se ne era accorto da tempo che c’era qualcosa che non andava nel loro rapporto di amicizia.
Indifferenza, Remus, indifferenza, si disse Lunastorta, sospirando.
 “Adesso basta, Lunastorta”, disse Sirius, alzandosi da terra. “Non mi parli più normalmente da quattro giorni. Ti comporti così solo con me. Perché?”. Remus non rispose.
“L’altro giorno mi hai anche schiantato e hai detto che non l’avevi fatto apposta… non ci credo, la tua mira è perfetta”. Ancora silenzio.
L’atmosfera nella stanza, da gioiosa e allegra, si era raffreddata improvvisamente: non sembrava proprio che poco tempo prima Peter avesse fatto uno dei suoi soliti incantesimi falliti. 
“In effetti non mi parli più da quando vi ho detto che esco con Kate. Che c’è? Sei innamorato della Everett?”, continuò Sirius, avvicinandosi a lui.
“No, non sono innamorato della Everett!”, urlò Remus abbandonando l’indifferenza di poco tempo prima. Sirius sgranò gli occhi sorpreso dalla sua reazione. “E ora perché mi urli contro? Cos’hai che non va?! Cosa ti ho fatto?!”.
“Non ho niente che non va!!”, gridò Lunastorta, afferrando le spalle di Felpato e spintonandolo in mezzo alla stanza. Non voleva che si avvicinasse.
“Allora sono io, eh? Cosa ti ho fatto?!”, chiese Felpato, con un’espressione spaventosa in viso. Nessuno l’aveva mai visto così arrabbiato tranne quando aveva scoperto che Remus era un lupo mannaro e non l’aveva detto a nessuno, neppure a lui.
Mi hai lasciato un vuoto nel cuore, pensò Remus in risposta. Ma non poteva dirglielo. Non avrebbe mai potuto farlo. Boccheggiò senza che una sillaba gli uscisse dalla bocca.
“Allora? Rispondi!”, gli urlò Sirius.
Remus abbassò gli occhi al pavimento e non rispose. Si creò un silenzio carico di tensione che né James né Peter vollero rompere. I due guardavano da un amico all’altro, tentando di capire se quello era un vero litigio che sarebbe durato per anni.
“Io vado a letto”, disse Remus in tono secco, “buonanotte”. Si sistemò sotto le coperte e tirò le tende a baldacchino. Poco dopo la luce si spense.

*

“Ehi, Kate”, chiamò Lily. “Non è che hai visto Remus? Devo parlargli di alcuni turni dei Prefetti”.
La sala comune era molto più affollata del solito perché fuori pioveva e soffiava un vento gelido che nessuno sarebbe stato in grado di sopportare. Era molto meglio rintanarsi tra i Grifondoro vicino al fuoco.
Kate sedeva in un angolo, a terra, poggiata sulle gambe di Sirius mentre lui agitava svogliatamente la bacchetta facendo volare diversi piccoli oggetti.
“Non ho idea di dove sia, Lils. Tu sai dov’è Remus, Sir?”, chiese rivolgendosi poi al ragazzo. Lui si irrigidì appena sentì il nome di Lupin.
“Non mi interessa sapere dove si sia cacciato”, disse infastidito, facendo cadere un calamaio sulla testa di uno studente del primo anno. Kate sospirò.
“Per quanto tempo ancora non vi parlerete?”, chiese. Lui le fece spallucce.
“Puoi sempre chiedere a James, però”, disse Black, “se vuoi mi faccio dire dov’è”. Lily, seppure trovasse strano il fatto che potessero parlarsi anche a distanza, annuì. Non che le piacesse dover chiedere proprio all’egocentrico.
Sirius mise una mano in tasca e tirò fuori un piccolo specchio.
“James, mi senti?”, domandò al vetro. Lily pensò che fosse pazzo e quasi si mise a ridere.
“Ti sento”, disse una voce fievole. Lily sgranò gli occhi e si avvicinò allo specchio. Da lì vide il viso di Potter.
“La Evans vuole parlarti”, disse Sirius.
“Come? Sul serio?”, esclamò Potter, d’un tratto molto più contento e illuminato. Lily alzò gli occhi al cielo: doveva solo chiedergli dove poteva trovare Remus!
“Passamela, Felpato”. Sirius salutò Ramoso e passò lo specchio a Lily.
“Salve, Evans. Ti trovo bene”, disse. Ma non era il solito James, sembrava spento e abbattuto. A Lily fece stranamente tenerezza. Cambiò subito obiettivo, senza neanche pensare.
“Dove sei? Posso raggiungerti?”, chiese. Lui sorrise attraverso il vetro e annuì.
“Se ti va, vieni pure… Sembrerà strano, ma sono nel… Bagno dei Prefetti”, concluse. A Lily non sembrava per niente strano: quel posto trasudava tranquillità e qualche volta anche lei si era rifugiata lì.
“Allora arrivo. Aspettami”. Restituì lo specchio a Black, salutò e uscì dalla sala comune.
Mentre camminava verso il quinto piano si rese conto di essersi rovinata la reputazione con Sirius e Kate e poco dopo l’avrebbe fatto anche con James. Cosa le era saltato in testa? Lei e Potter sarebbero stati soli in un bagno dove nessuno poteva entrare se non conosceva la parola d’ordine… in che guaio si era cacciata? Voleva cambiare subito direzione per tornare alla sala comune ma poi si ricordò il viso abbattuto di Potter e, sospirando, continuò a scendere le scale. Quello era davvero un suicidio: altro che buttarsi dalla torre di Astronomia.
Quando arrivò alla statua di Boris il Basito e individuò la porta del bagno, si avvicinò, esitò per qualche secondo e poi, maledicendosi, sussurrò la parola d’ordine: Verdaloe.
James era seduto a un lato della vasca che aveva riempito di acqua profumata. Lily pensò che quello, visto da un’altra persona, poteva sembrare un appuntamento tra due fidanzati. Scacciò subito quei pensieri molesti dalla mente.
“Stai bene?”, chiese, avvicinandosi.
James annuì. “Certo che sto bene”, rispose.
“Ah, gli uomini”, sospirò Lily, sedendosi, “non ricordano mai che una donna sa sempre se c’è qualcosa che non va”. James rise e poi calò il silenzio. Lily respirò profondamente chiedendosi cosa mai stava facendo.
“E’ per Remus e Sirius, veramente”, disse James, rompendo il silenzio mezz’ora più tardi. “Non riesco a capire dove ho sbagliato”. Lily lo capiva. Anche lei non sopportava quando Mary e Kate litigavano e lei doveva fare da intermediario cercando di riappacificarle.
James era davvero triste e fu quell’espressione abbattuta sul suo viso più di ogni altra cosa - come allo specchio di Sirius - a ammorbidire Lily. “Sono sicura che non è colpa tua, Ja…”, cominciò a dire, bloccandosi subito dopo. “Potter!”, urlò per correggersi. Intanto James aveva cominciato a fissarla sbalordito.
Lily arrossì. Era un errore troppo grosso perché si potesse rimediare - Potter aveva già sentito -, ma si poteva comunque fare finta di niente, quindi scelse quella tattica.
“Sono sicura che quei due torneranno amici in poco tempo, vedrai”, disse, ancora rossa in viso. Stranamente anche James continuò come se Lily non avesse mai detto il suo nome.
“Spesso ho l’impressione che quei due siano un po’ più di ami… non importa”, si fermò. Poi sorrise.
“Piuttosto, devo dire che è stata una piacevole sorpresa vederti attraverso lo specchio di Sirius… grazie per essere venuta a consolarmi, Evans”. Lily rimase un po’ in silenzio, decidendo cosa dire, poi annuì.
“Non sei tu, è più che altro per il fatto che odio vedere qualcuno giù di morale… comunque prego, Potter”.
Lui rise e ammiccò. “Sai che è strano stare qui con te? Senza insultarci, intendo”. Lily sbuffò.
“Non abituartici. E’ solo una tregua”. Lui rise ancora di più e Lily sbuffò ancora. Fece scattare il braccio verso la schiena di James e lo spinse in acqua.
La vasca del Bagno dei Prefetti era enorme, profondissima e piena di schiuma. Quando lui risalì in superficie era tutto gocciolante e pieno di bollicine profumate.
“Grazie per il bagno, Evans. Aspettavo da tantissimo tempo che tu mi lanciassi in acqua, anche se qui non è il massimo nuotare da soli”, disse, ammiccando. Lily si alzò di scatto e indietreggiò.
“Non provarci neanche!”, urlò, avvicinandosi alla porta. Lui continuò a ridere mentre usciva dalla vasca.
“Stavo scherzando, Evans”, la rassicurò, passandosi la bacchetta sui vestiti bagnati che si asciugarono gradualmente, intanto che si spazzolava via la schiuma con le mani.
“I pantaloni sono ancora un po’ umidi, ma può andare”, sorrise. Lily lo guardò ancora un po’, in silenzio, e poi abbassò il capo.
“Mi dispiace, ma ho dovuto farlo. Mi dai i nervi”, disse. Lui agitò la mano per dirle che era tutto a posto e si sfilò le scarpe da cui uscì ancora dell’acqua. Poi si sedette, tentando di asciugarle.
Lily rimase in piedi, dietro di lui, in silenzio. Quello era un momento adatto per chiedergli di Remus.
“Potter, devo farti una domanda”. Lui si girò sorpreso e annuì per farla andare avanti.
“So della condizione di Remus, ma non so se voi… ecco, sapete”.
Tutto d’un tratto, l’espressione di James si fece seria. “Evans, voglio farti vedere una cosa”.
“Cosa?”, chiese lei, sorpresa dall’improvviso cambio di tono della voce del ragazzo.
“Seguimi e lo scoprirai, no?”, sussurrò lui, porgendole la mano. “Questa stanza è un po’ piccola per fartelo vedere”. Lily sospirò e annuì, ma non allungò il braccio. Non aveva intenzione di andare mano nella mano per il castello con lui.
“Tranquilla, non ci vedrà nessuno”, spiegò James. Lily alzò un sopracciglio, scettica.
“Vedi, Potter, non siamo soli a Hogwarts. Come diamine pensi di passare inosservato - proprio tu, poi - se attraversiamo tutto il castello… mano nella mano?”, chiese, arrossendo vistosamente anche se aveva cercato di trattenersi.
“So io come fare”, disse James. “Ti fidi di me?”, domandò poi. Lily rise.
“Mica tanto, sai”.
“Allora questo è il momento che tu ti ricreda”. Calò il silenzio e Lily pensò a cosa fare.
“Va bene, accetto”, si arrese poco dopo, sospirando. “Ma non sognarti che io cammini tenendoti la mano”.  

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Capitolo 12
*** Riflessi nello specchio ***


Capitolo 12: Riflessi nello specchio 


Il Mantello dell’Invisibilità di James era incredibile: sottile, lucente, scorrevole sotto le dita come seta, perfettamente invisibile visto da fuori quando c’era qualcuno sotto. Lily era senza parole.
“E’…incredibile”, disse, facendo scivolare il tessuto tra le dita.
James, poco prima, l’aveva lasciata fuori dalla sala comune, davanti alla Signora Grassa, per andare a prendere qualcosa che li avrebbe nascosti agli occhi degli altri studenti e degli insegnanti. Mentre camminavano più vicini del solito ma senza tenersi la mano, lui le aveva accennato di dover andare nel Parco del castello, al limitare della Foresta Proibita, per evitare che qualcuno li vedesse.
Mentre aspettava, Lily si era chiesta cosa c’entrasse la Foresta Proibita con Remus e quello che il ragazzo aveva da dirle.
Di certo James era un egoista, un irrispettoso e un egocentrico, ma in fondo - ora Lily l’aveva capito - era ingenuo e gentile. Amava i suoi amici più di se stesso e si preoccupava personalmente quando qualcosa non andava per il verso giusto. Il fatto che si fosse allontanato dai malandrini per pensare a quello che era successo lo provava. E soprattutto, continuava a incolparsi anche se, ovviamente, lui non c’entrava niente.
“Il Mantello era di mio padre… a quanto pare ce lo tramandiamo da generazioni”, spiegò lui, contento per essere riuscito ad attirare la sua attenzione.
“Quindi è da decine di generazioni che infrangete le regole della scuola?”, chiese lei, con un sopracciglio alzato. James rise.
“In realtà non lo so. Mio padre non mi ha mai raccontato quello che combinava a scuola”, disse, passandosi una mano nei capelli per scompigliarli. “Però io sono il migliore in famiglia, su questo non c’è dubbio”. Lily sbuffò.
“Certo, Potter!”, esclamò, con un tono falsamente convinto che fece ridere di nuovo James. Lui le sfilò il Mantello dalle mani e li coprì entrambi.
Camminavano piano per non farsi scoprire, ma le scarpe di Potter ancora piene di acqua, producevano uno sciacquio alquanto rumoroso. Lily girò la testa verso di lui e lo guardò male.
“Potter, potresti evitare di far scricchiolare le tue scarpe?”, sussurrò. Lui le fece spallucce.
“Non è colpa mia se qualcuno mi ha buttato nella vasca”, rispose lui, inclinando leggermente la testa e guardandola in modo eloquente. “Sono bravo con gli incantesimi, ma non sono certo capace anche di asciugare le mie scarpe con una sola passata di bacchetta. Non è per niente facile”.
“Scusa”, disse Lily a bassa voce. Lui sorrise fulmineamente, poi si irrigidì e continuò a guardare davanti a sé. Era abbastanza teso.
Lily pensò che non era una buona situazione quella. Si trovava appiccicata a James sotto un mantello, respirava la sua stessa aria e, nonostante tutto non voleva scostarsi da lui. Il che era più che stupido.
Stavano per mettere i piedi sul primo scalino della scala che li avrebbe portati al piano terra quando…
“JAMES!”, chiamò qualcuno urlando. La voce proveniva dalla tasca di Potter. Lui rovistò e estrasse lo specchio.
“Siriu-?”.
“No, non c’è tempo!”, lo interruppe. “Muoviti! Torna nella sala comune! Il professor Silente deve parlarti!”. E sparì dallo specchio improvvisamente come era entrato. Ma James teneva il vetro ancora in mano, senza muoversi. Probabilmente stava facendo scorrere nella sua testa tutti i guai che aveva combinato dall’inizio dell’anno.
Ma Lily era più spaventata per qualcos’altro: Potter e Black erano già stati puniti due settimane prima e lei era sicura di non averli più visti combinare guai. E da quando in qua, poi, James organizzava disastri senza Black?
Sirius e un ragazzino del terzo anno li aspettavano dietro al ritratto della Signora Grassa. Il tredicenne era terrorizzato e non appena vide James varcare il ritratto gli andò subito incontro.
“Silente vuole vederti. Mi ha detto che devi recarti immediatamente nel suo ufficio”.
James annuì, cercando ti mantenere la sua faccia tosta. “Wow, non sono mai stato nell’ufficio di Silente. Magari, stavolta, ho combinato qualcosa di davvero grosso! Sono fiero di me stesso!”, scherzò. Sorrise a Sirius e a Lily e sparì.
Sirius era pallidissimo in volto e non osò neanche rispondere al sorriso d’incoraggiamento dell’amico.
“Black… sai cos’è successo?”, chiese Lily, dolcemente, in modo da convincerlo a parlare. Lui deglutì a vuoto.
“Pensano che si tratti dei suoi genitori. Dei genitori di James”.
I Mangiamorte non potevano averli presi, era assolutamente fuori discussione. O almeno lei lo sperava.
Sirius, cinque minuti dopo, era ancora lì, fermo e pallido come lei. Guardava il pavimento senza dar segno di vita. Allora Lily si ricordò che una delle poche cose che apprezzava di James era il peso che dava all’amicizia. Quel ragazzo amava Sirius come un fratello e loro due passavano molto tempo insieme a casa Potter. Sirius conosceva sicuramente molto bene i genitori di James. E li amava, come se fossero i suoi reali genitori. Per questo era spaventato a morte.

*

Erano le undici di sera e Lily ancora non si decideva ad andare a dormire. Aveva stampate in mente, da quel pomeriggio, le espressioni contrastanti di James e Sirius, e non voleva affacciarsi a uno specchio per vedere il suo volto sfinito dalla preoccupazione e dalla stanchezza. Il sonno, a quanto pareva, non voleva arrivare.
Perché era così preoccupata? Si era appena accorta che non conosceva per niente il vero James. Era tutta una facciata la parte dell’egocentrico.
Perché avrebbe dovuto rimanere alzata finchè non fosse tornato al suo dormitorio? E perché sentiva un’agitazione crescente ogni volta che il ritratto scricchiolava? 
Lily si passò una mano sul volto e chiuse gli occhi.
Sirius era scappato nel suo dormitorio quel pomeriggio. Era talmente sconfortato… Lily non lo aveva mai visto così, con gli occhi lucidi e la fatica a respirare. Non lo aveva mai visto piangere, neanche quando aveva litigato con Remus…
Il ritratto si spostò tanto lentamente e silenziosamente che Lily neanche lo sentì. La ragazza scattò in piedi solo quando un’ombra si allungò sul divano dov’era sdraiata.
“James!”, esclamò. Ma lui non rispose. L’abbracciò soltanto. Lei trattenne il respiro dalla sorpresa.
“James…”, ripetè, pianissimo. Lui cominciò a singhiozzare sulla sua spalla, lasciando cadere le lacrime bollenti sulla sua spalla.
Gli ultimi tizzoni ardenti si spensero, lasciandoli nell’oscurità della sala comune. Lily chiuse gli occhi e alzò le braccia per circondargli le spalle. “Mi dispiace”, sussurrò, mentre la prima lacrima le solcava la guncia. Lui si limitò ad annuire debolmente.
Chiunque fosse sceso dai dormitori li avrebbe visti così; abbracciati e uniti per l’unica cosa che avrebbe potuto distruggere le barriere tra di loro: il mondo reale.

*
  

 

 James non si fece vedere per le due settimane seguenti e anche Sirius sparì dopo pochi giorni.
Remus e Peter erano sempre più agitati e disperati. Niente arrivava a calmare la loro inquietudine.
Remus non riusciva a seguire più nessuna lezione e per lui era diventato difficile anche solo concentrarsi per svolgere i compiti. Peter, invece, aveva sempre gli occhi bassi e l’aria più malaticcia e smunta del solito.
“Vado a letto”, recitavano tutti e due, ogni sera alle sei e mezza.
Anche la professoressa McGranitt era più dolce con loro, anche se questo non le impedì di assegnare una punizione ai due per il mancato svolgimento dei compiti di una settimana.
Quella mattina i Grifondoro erano seduti al loro tavolo a fare colazione quando Sirius comparve dall’enorme porta di legno della Sala Grande. Non ci fu nessuno spiegazione da parte sua, solo un sorriso che sembrava una smorfia quando Remus e Peter gli diedero delle pacche di conforto sulla spalla.
“James ha bisogno di noi”, disse soltanto. Poi si voltò verso Lily e le si avvicinò.
“Lily, posso chiederti un favore?”. Pronunciò il suo nome con sicurezza. Lily lasciò cadere il cucchiaio nel porridge e annuì. “Stagli vicina”, disse Black.

   










 

Angolo dello scrittore
Scusate, scusate, scusate! Che ritardo pazzesco! Spero mi perdonerete! ç_ç Sono una buona a nulla!
Le cause del mio piccolo (XD) ritardo sono principalmente due: la mancanza di ispirazione e la MALEDETTISSIMA scuola che è appena iniziata e già mi dà problemi -.-
Spero di riuscire a scrivere più velocemente ora... Ma anche voi venite riempiti di compiti come se foste dei tacchini del ringraziamento? ç_ç
E' molto più corto come capitolo, sorry... mi è dispiaciuto tantissimo per i genitori di James, ma la Rowling stessa ha confermato quello che io poi scriverò ;)
Vi amo perchè continuate a seguirmi nonostante tutto :) Grazie!

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Capitolo 13
*** Vernon, il tacchino di Natale ***


Capitolo 13: Vernon, il tacchino di Natale


A Natale, Lily si ritrovò a casa sua, senza niente da fare e con mille pensieri nella testa che non la facevano neanche dormire.
James non sorrideva più e di conseguenza i Malandrini non scherzavano, ma si attenevano a un rispettoso e rigoroso silenzio. Erano rimasti tutti e quattro a Hogwarts, mentre lei era dovuta partire subito il giorno dopo che James e Sirius erano tornati a scuola dopo il funerale. Non aveva neanche avuto il tempo di consolare James, e per questo una sensazione bruciante le rodeva nello stomaco: aveva promesso a Black che non lo avrebbe abbandonato.
Ora sapeva che la causa della morte dei genitori di James non riguardava la guerra e i Mangiamorte, ma la loro vecchiaia e una malattia che li aveva colti entrambi nello stesso momento.
I due non avevano voluto far preoccupare loro figlio e così, avevano mantenuto il segreto fino alla morte. Sapevano ormai, da una visita al San Mungo con qualche Guaritore, che per loro non c’era più scampo. L’unica testimonianza che era rimasta a James era una loro lettera scritta in punto di morte. Lui non aveva voluto mostrarla a nessuno.
Lily sospirò e lasciò cadere le tende che aveva scostato per guardare la neve sulla strada.
James non era l’unico problema che la tormentava.
Sua sorella, in quei pochi giorni, aveva fatto di tutto per mantenerla in disparte. Prevedibile, in effetti: l’ultima volta che si erano viste si erano lanciate addosso insulti di ogni genere.
Comunque, Petunia stava per sposarsi. Con un tizio strano di nome Vernon Dursley.
Lily l’aveva visto di sfuggita il giorno prima dalla finestra della sua camera, mentre consegnava a sua sorella un bel mazzo di peonie e le stampava un bacio appiccicoso sulla guancia.
“Lily, tesoro, vieni a fare colazione?”. Sua madre che la chiamava dal piano terra aveva di sicuro appena sfornato una torta al cioccolato con lo zenzero: era la tradizione personale natalizia della famiglia Evans.
“Arrivo subito, mamma!”, urlò Lily in risposta, aprendo la porta della sua camera e richiudendola subito dopo.
Si sedette sul letto e sospirò di nuovo. Doveva tornare a Hogwarts: quello non era più il suo posto.

*

“Finalmente, tesoro. Pensavo non saresti più scesa”, la accolse sua madre appena apparve sulla soglia della porta della cucina.
“Ero un po’ stanca, stamattina. Mi sono sdraiata un attimo sul letto”, rispose Lily, accomodandosi sulla prima sedia che trovò. “Dove sono tutti?”, chiese.
La madre tagliò una fetta di torta e gliela porse insieme a una tazza fumante di latte. “Tuo padre è andato al supermercato per comprare il tacchino di Natale”, spiegò. “Petunia, invece, è in giro con Vernon. Quel ragazzo sembra proprio giusto per Tunia”. Lily annuì e sorseggiò il latte.
“Lo penso anche io”, disse. Erano tutti e due sgradevoli e fastidiosi. Certo che stavano bene insieme. Forse sarebbero andati avanti crescendo un figlio enorme e rimpinzandolo di cibo. 
“Ti vedo molto strana rispetto a quest’estate, Lils. Qualcosa non va?”, chiese la signora Evans, squadrandola. Lily si riscosse dai suoi pensieri, deglutì a fatica e scosse la testa.
“No, niente, mamma”, rispose, fingendosi disinvolta. Poi sorrise.
La madre non volle indagare, e così, sorrise anche lei e cambiò argomento. “Come trovi la mia torta, quest’anno, cara?”.
“Buona come sempre. Io non ho ereditato neanche un gene della tua abilità culinaria”, rispose Lily.
La madre rise e esclamò: “Ci credo! Voi avete quegli Gnomi sfaccendali o come si chiamano…”.
“Elfi domestici, mamma”, la corresse la figlia. Risero tutte e due.
La porta dell’ingresso si aprì portando con se folate gelide di vento e qualche fiocco di neve.
“…ho invitato Vernon qui, per la cena di Natale, papà. Era così contento di passare del tempo con voi!”, stava dicendo Petunia.
Lily sgranò gli occhi. Una cena con tutti e due a casa? Era solo un incubo quello, vero?
“Buongiorno mamma”, salutò Petunia quando passò per la cucina. “Vado nella mia camera a posare la giacca e arrivo subito”. Ignorò del tutto Lily e salì le scale.
La signora Evans sospirò, triste. “Abbiamo fatto di tutto in questi anni per convincerla a dimenticare il suo rancore verso di te. Niente da fare, è sempre peggio”, commentò.

         *

Vernon avrebbe potuto benissimo essere il tacchino, quella sera. Portava un completo seppia elegante, una cravatta in tinta, il fiore all’occhiello, un paio di scarpe lucide e, come se non bastasse, un altro mazzo enorme di fiori per Petunia.
“Grazie, tesoro”, gli aveva mormorato Petunia, con le guance rosse, appena lui le aveva consegnato i fiori.
Il collo di Vernon era quasi invisibile, e questo contribuiva alla somiglianza con l’uccello che la signora Evans aveva posizionato in mezzo al tavolo. E il fidanzato era tutto il contrario di Petunia: lei aveva un collo che era quasi più lungo di lui. Vernon era basso e tozzo, mentre lei era alta e magrissima.
Una coppia perfetta, pensò Lily.
Le presentazioni, secondo lei, non erano andate poi tanto male. Sì, forse Petunia aveva detto a Vernon che lei era da odiare a prescindere, tuttavia, a parte la sua strana occhiata, Vernon le aveva stretto la mano come con i suoi genitori e le aveva rivolto un sorriso. Sorriso che, a parer di Lily, era disgustoso.
Ma era il gesto che contava, giusto?
Ora erano seduti tutti a tavola, mentre il padre di Lily inforcava il coltello e cominciava a tagliare il tacchino.
“Oh, signora Evans, ha fatto un ottimo lavoro con quel tacchino”, la elogiò Vernon, con la sua voce sgradevole. Lily inarcò un sopracciglio: quello era uno dei mille complimenti che Dursley aveva fatto ai suoi.
“Sei troppo gentile, Vernon, caro”, disse la madre.
“Signora, non sia modesta. E’ squisito alla vista, e sicuramente lo sarà anche al palato”, continuò lui, rincarando la dose. Il signor Evans gli porse un piatto con fagiolini, patate e una coscia enorme di tacchino.
“Potrà constatare lei stessa, signora Evans. Se il cibo è buono, quasi non so esitare”, dichiarò Vernon. Notando la sua stazza, si poteva certamente capire quel particolare del suo carattere senza che si preoccupasse di ammetterlo.  
Quindi quello non avrà sicuramente problemi a finirlo in meno di cinque minuti, si disse Lily.
“Sei un bravo ragazzo”, gli disse il signor Evans, sedendosi al suo posto e dando il via a tutti per mangiare.
“Dov’è che hai studiato, Vernon?”, chiese poi, guardandolo con interesse.
Lily notò che il fidanzato di sua sorella sembrava stesse per gonfiarsi dall’orgoglio.
“A Snobkin, signor Evans. E’ la miglior scuola di Londra, e anche dell’Inghilterra a mio parere”, rispose lui. Il signor Evans annuì.
“Hai ragione. Le mie figlie sono state iscritte ad altre scuole, ma-“.
“Sì, la mia è davvero una bella scuola, vero papà?”, lo interruppe Lily. Le arrivò un calcio da sotto il tavolo. Non volle indagare, ma era sicura che provenisse dalle parti di Petunia.
“Oh, voi due non avete frequentato la stessa scuola?”, chiese Vernon, interessato. Petunia diventò talmente rossa che sembrava stesse per scoppiare.
“No, purtroppo Petunia non è stata ammessa, quindi ha dovuto frequentarne un’altra…”, spiegò Lily. “Io sono all’ultimo anno, e mi è dispiaciuto molto non averla come guida… ma ce l’ho fatta lo stesso e anche lei è contenta dei miei risultati. Vero, Tunia cara?”, concluse, rivolgendosi direttamente a lei.
Petunia scattò in piedi, fumante di rabbia, e Lily la imitò subito.
“Non mi importa se ti credi superiore per la tua stupida “anormalità”!”, cominciò a urlare la sorella. “Sono stanca del tuo vantarti in continuazione. Prima almeno lo tolleravo!”. Lily inclinò la testa con finto dispiacere.
“Ma di fronte a lui… La prima cosa che dovresti fare quando c’è il mio fidanzato è stare zitta e imparare qualcosa di normale da noi!”.
“Petunia!”, la richiamò il padre, severo. La sorella scosse la testa energicamente, senza fermarsi.
Vernon aveva gli occhi fuori dalle orbite e cercava di richiamare all’ordine la sua ragazza tirandola leggermente per la manica della giacca, ma senza risultati.
“E tu, invece? Ti disperi perché quello stupido ragazzo anormale come te non ti lascia un secondo in pace”, disse Petunia. ““Potter è solo un egocentrico!”, “Non sopporto più James Potter”, “Potter mi fa impazzire””, imitò con una vocetta stridula.
Lily, a quei commenti scattò come una molla. James, l’amico fedele. James, il ragazzo che l’aveva baciata e l’aveva consolata quando i ricordi di Petunia e di Severus la tormentavano... James, il ragazzo che le aveva chiesto scusa... James, il ragazzo che ora era orfano…
“Non parlare così di lui! E poi, come ti sei permessa di leggere le mie lettere alle mie amiche?!”, urlò Lily.
“Tu e quell’altro ragazzo unticcio avete letto la mia!”.
“Sono passati sette anni, Petunia. Sette!”.
Ci fu una pausa silenziosa di trenta secondi in cui le due si guardarono in cagnesco con il fiatone, e i signori Evans e Vernon guardarono spaventati l’una e l’altra in successione.
“Sarà un idiota alticcio, quel James Potter”, commentò infine Petunia, con un sorriso sprezzante.
Lily ridusse gli occhi a fessura. Questo non avresti dovuto dirlo.
Subito dopo il viso di Petunia si ricoprì di pustole e la finestra dietro di lei esplose in mille pezzi di vetro.
La ragazza si coprì il viso con le mani e corse fuori dalla stanza. Lily si guardò le sue mani, spaventata. Non aveva neanche la bacchetta nei jeans.
“Lily! Perché l’hai fatto?”, la sgridò sua madre.
“Ha letto le mie lettere, ha insultato James, mi chiama “mostro” e “anormale” e mi odia per qualcosa di cui io non sono responsabile!”, spiegò Lily, infervorata. La madre sospirò.
Dursley era come pietrificato. I pezzetti di vetro si erano conficcati nel suo schienale e lui era stato risparmiato per un soffio. “C-che d-diamine…”, balbettò, sfilandone uno dalla pelle della sedia con incredulità.
Si decise ad alzarsi e mormorò qualcosa di confuso come “mi dispiace di essermi intromesso” e “vado a cercare Petunia”. Così sparì nell’altra stanza.
Devo tornare a Hogwarts. E lì che dovrei essere ora, pensò Lily.
Con James

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Capitolo 14
*** Tu sei chi scegli di essere ***


Capitolo 14: Tu sei chi scegli di essere


Sei anni prima
Il treno sbuffava a pochi passi da Regulus Black e la sua famiglia. Sirius, suo fratello del secondo anno, era scappato in uno scompartimento con James Potter, un lontano parente, e altri due schiocchi, senza neanche salutare Walburga, sua madre, e Orion, suo padre. Una vergogna, secondo tutti i Black, anche per il fatto che fosse finito a Grifondoro e non fosse minimamente pentito.
“Tu saprai renderci fieri di te, Regulus”, dichiarò Walburga con una nota acida nella voce, riferendosi chiaramente al suo figlio maggiore.
“Sii un vero Black, figlio mio”, disse invece suo padre, distaccato. “Toujours pur”.
“Toujours pur”, ripeté Regulus. Suo padre gli diede una pacca sulla spalla e poi lo spinse malamente verso la porta del treno più vicina.
Era giusto emarginare alcune persone solo perché provenienti da famiglie diverse? Era giusto che lui fosse considerato superiore perché appartenente ai Black? Questo gli aveva chiesto Sirius, quell’estate.
Per lui Sirius era un modello da seguire e un buon fratello, ma ora che era passato dalla parte sbagliata, come diceva sua madre, il legame di sangue non importava più come prima. A meno che non avesse cambiato ideali, ovvio.
Regulus, però, non sapeva proprio da che parte stare. Qual era la vera parte sbagliata?
Per fortuna riuscì a trovare uno scompartimento vuoto quasi subito, anche se, in realtà, avrebbe voluto stare con suo fratello.
Solo quando il treno cominciò a muoversi non fu più da solo. Una ragazza bionda dagli occhi neri aveva appena fatto scorrere la porta di vetro. Regulus rimase spiazzato. Era la ragazza più bella che avesse mai visto.
“Oh”, fece lei mortificata, arrossendo, “pensavo che fosse libero. Scusami tanto”. Regulus si alzò in piedi e fermò la ragazzina prima che chiudesse del tutto la porta.
“Io sono da solo. Non preoccuparti, se vuoi puoi venire a sederti con me”, la invitò gentilmente. Lei sorrise e poco dopo si lasciò cadere sul sedile, di fronte a Regulus. Lui non riusciva a distogliere lo sguardo dai suoi occhi e dai suoi lineamenti gentili.
“Mi chiamo Carina Knight”, si presentò. Sentendo il cognome della ragazza, il volto sorridente di Regulus si spense.
“Tu sei… la figlia di Lycoris Knight e Arabella Prince?”, chiese prudente. “Cassiopea Black è tua nonna e… Cygnus Black il tuo bis-nonno?”.
Carina annuì. “Tu come ti chiami? Sarai dei Black o un discendente, suppongo. Sai tutto l’albero genealogico a memoria”.
“Sono Regulus Black, figlio di Walburga e Orion Black. Mi riconosci?”, disse Regulus.
Carina sorrise. “Certo”.
“A che Casa vorresti essere assegnata?”, chiese Regulus. “Mio fratello è finito in Grifondoro, ma io spero di andare come tutta la mia famiglia a Serpeverde”.
“E’ inusuale finire a Grifondoro per un Black. Tuo fratello è… diverso?”.
“Già”, rispose Regulus. Calò il silenzio per qualche minuto, mentre i due si guardavano imbarazzati.
“Tu vuoi bene a tuo fratello?”, chiese poi Carina.
“Certo che gli voglio bene”, rispose lui.
Carina rincarò: “Anche se ha ideali diversi dalla tua famiglia?”. Regulus non riusciva a capire dove volesse andare a parare.
“Ma che domande. E’ automatico che risponda di sì”, spiegò Regulus.
“Vedi, allora?”, disse Carina. “Non conta quello che siamo, ma quello che vogliamo fare. Perché sono le nostre azioni che ci rendono diversi. Dico bene?”. Regulus sorrise. Aveva capito le risposte che avrebbe dovuto dare alle domande di Sirius.
“Giuro che diventerò tua amica anche se saremo in Case diverse”, disse poi Carina, convinta. “Grifondoro e Serpeverde non dovrebbero lottare solo perché le nostre famiglie ce l’hanno insegnato”.
Regulus allungò la mano verso quella ragazzina bionda che sembrava tanto ingenua. I due si strinsero la mano energicamente e scoppiarono a ridere.
“Beh, puntiamo verso Serpeverde comunque, no?”, disse Regulus.
“Ma sicuramente! Non riesco a vedermi in nessun’altra Casa di Hogwarts che non sia quella”, esclamò lei.
“Noi dovremo sentirci dei Serpeverde già da adesso. E’ quello che vogliamo”, dichiarò Regulus.
La biondina annuì e Regulus la guardò ammirato.
Quello che voleva era un’amica come lei. Qualcuno che l’accompagnasse nella sua vita e nelle sue scelte.
Ma quella ragazzina era speciale e unica. Era imprevedibile e diversa.
 
Regulus pensò a suo fratello e a quello che aveva fatto a sua madre. Perché era scappato rendendo necessario il suo sacrificio nell’aratro della famiglia Black? Perché si era comportato così con lui, dopo che avevano litigato per l’ultima volta? Forse se fossero rimasti più uniti come fratelli, Regulus sarebbe stato diverso da come era adesso.
Il problema era che non aveva ancora capito da che parte doveva stare. Qual era quella buona? E quella cattiva?
Lui stava dalla parte di Voldemort. Era una cosa giusta da fare?
Già, i suoi genitori erano orgogliosi di lui. Il Signore Oscuro era sulla buona strada: voleva difendere i veri maghi. Era lui che aveva ragione quindi.
O no?
 
Un anno prima
“Tu la stai usando per i tuoi scopi!”, gridò Aries. Regulus impallidì.
“Ma come ti viene in mente una cosa del genere?”, chiese a voce alta. “Lei è la mia migliore amica!”.
Aries prese un bel respiro profondo e si lasciò cadere sul divano della sala comune.
“Ti giuro che è così”, disse Regulus. “Non ti mentirei mai su Cara. E’ la persona che amo di più a questo mondo”. Aries alzò un sopracciglio, scettico. Lui non sapeva cosa fosse il vero amore.
“Che significa, questo?”, chiese il biondo, sospettoso. Regulus sospirò: stava per fare la più grande confessione di tutta la sua vita.
“Io la amo. Sono innamorato di lei dalla prima volta che l’ho vista”.
 
Trascinando Carina nella sua missione stava facendo la cosa giusta? Non avrebbe dovuto proteggerla?
Lei era la cosa più cara che aveva. Nel suo mondo tutto era andato in fumo, tranne lei. Lei era l’unica che non l’aveva abbandonato.
Sua madre e suo padre erano sempre stati distaccati con lui. Suo fratello era scappato di casa lasciandolo nel buio delle sue idee. Il Signore Oscuro… Regulus era solo un seguace, per lui.
Avrebbe dovuto proteggere Cara. Se le fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato.
 
Era in una classe vuota a esercitarsi, le aveva detto. Invece si era rifugiato lì per pensare a quello che gli aveva detto Knight quella sera. Non si stava illudendo su Cara, di questo ne era certo.
Era seduto con le gambe penzoloni su un banco in prima fila. Se l’avessero scoperto lì, a quell’ora del crepuscolo, sarebbero stati guai.
Una piuma bianca svolazzò nell’aria. Probabilmente era una piuma del cuscino di Wright della lezione di quella mattina. Invece di trasfigurarlo in una colomba l’aveva fatto esplodere.
Regulus alzò la bacchetta e pronunciò “Accio”. La piuma arrivò dritta nella sua mano. Lui la soppesò un po’ e poi la stropicciò nel palmo.
“Che stai facendo, Reg?”, chiese all’improvviso una voce. La sua voce.
Cara era sulla porta e lo guardava tristemente, con la testa inclinata. Regulus deglutì a vuoto.
“Niente”, rispose. Carina mosse alcuni passi verso di lui.
“Non devi mentirmi, Regulus. Aries mi ha detto che avete litigato”. Si avvicinò ancora di più.
“Perché me l’ha detto mio fratello e non il mio migliore amico?”, chiese poi. Regulus sospirò.
“Non mentirò”, disse. Prese coraggio e pronunciò: “Avevo paura di dirtelo”.
Cara arcuò le sopracciglia. “E perché mai?”.
Regulus sorrise malinconicamente. “Perché mi avresti chiesto perché abbiamo litigato”.
“Quindi devo dedurre che non vuoi dirmelo?”, chiese lei. Regulus annuì.
“Ti prego, Reg. Sei il mio migliore amico”, lo supplicò lei, “Non riesco a sopportare di vederti così. E’ un mese, ormai”. Regulus si agitò sul banco, inquieto.
“Voglio aiutarti, ma tu non vuoi dirmi cosa c’è che non va”, continuò lei, sedendosi sul banco accanto a lui.
“Non voglio soffrire e non voglio che anche tu soffra…”, disse Regulus. “L’amicizia sarebbe rovinata e i passi che abbiamo fatt-“.
“Di che diamine stai parlando?”, esclamò Carina. “Noi saremo sempre migliori amici”, sussurrò poggiando dolcemente le sue mani sul volto di lui. Ma Regulus scansava il suo sguardo.
“Regulus, guardami”, disse lei. Una lacrima scese lungo la guancia del ragazzo.
“Cara…”, cominciò con voce roca. Si schiarì la gola.
“Sì?”, lo spronò lei.
“Posso baciarti?”, chiese lui.
L’espressione di Cara, in quel momento, era indecifrabile. “Come?”, sussurrò, avvicinando il suo volto a quello di Regulus.
“E’ per questo che abbiamo litigato”, mormorò lui, prendendo coraggio e spostando una ciocca bionda di Carina dietro l’orecchio. “Perché ti amo”.
Lei si morse un labbro, indecisa. Poi fissò le labbra di Regulus e deglutì.
“Io ti ho sempre amato, Regulus. E tu non l’hai mai visto”.
“Posso baciarti?”, continuò lui, testardo. Carina si avvicinò ancora di più e toccò le sue labbra in un movimento impercettibile.
“Sì”.
 
Severus amava Lily Evans. Non si vedeva? Non era ovvio? Anche lui era innamorato della sua migliore amica.
Ma perché il fatto che lei fosse Babbana avrebbe dovuto cambiare qualcosa? E se Carina fosse stata una mezzosangue, lui non si sarebbe lo stesso innamorato di lei?
Quindi non avrebbe dovuto usare la Evans come cavia. Che effetto avrebbe fatto a Severus?
Se Carina fosse stata usata al posto di Evans, lui non si sarebbe sentito in collera con il mondo per la sua sfortuna? La Evans, quindi, era sfortunata. Tutto il contrario di Cara.
Allora, forse Bellatrix aveva ragione. “I Black amano solo i purosangue”, questo gli aveva detto.
Suo fratello, invece, gliel’aveva spiegato tanto tempo prima.
“Tu sei quello che scegli di essere”. 

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Capitolo 15
*** Ma tu non odiavi le scommesse, Lily? ***


Capitolo 15: Ma tu non odiavi le scommesse, Lily?


“James, Lily è tornata!”, urlò un esuberante Sirius Black, appena entrato nella sala comune saltellando. James si illuminò del primo vero sorriso dal giorno in cui seppe della morte dei suoi genitori.
“Davvero?”, chiese.
“Davvero”, rispose Lily, varcando il ritratto della Signora Grassa. James si alzò dal divano e non si mosse. Fu lei a fare la prima mossa. Corse verso di lui e lo abbracciò.
“Lil… Evans, lo sai che mi stai abbracciando di tua volontà?”, disse James, mentre si allontanava da lei con un’espressione incredula in viso.
“Chiamami Lily, James”, dichiarò Lily. “Mi dispiace di averti lasciato da solo per tutto questo tempo. Sappi che per riuscire a tornare qui, ho dovuto distruggere una finestra del mio salotto e riempire di pustole il viso di mia sorella”, aggiunse poi con le sopracciglia aggrottate.
James, seppur spaventato per il fatto che Lily lo avesse chiamato con il suo nome e avesse detto che aveva cercato di tornare a scuola per lui, non disse niente che l’avrebbe fatta infuriare.
“Allora sei anche tu una malandrina”, scherzò. Lily si incupì.
“Non è stato per niente bello quello che ho fatto a mia sorella. L’ho fatto inconsapevolmente… eppure se lo meritava”, aggiunse.
James alzò una mano in modo da farle battere il cinque. Lei, invece di rispondere, si allontanò e lo scrutò da capo a piedi.
“Sei dimagrito troppo”, constatò, con le gote rosse. “Ora Sirius andrà nelle cucine -sì, so che sapete dove sono e che rubate il cibo da lì- e ti prenderà qualcosa di sostanzioso da mangiare”. Fece segno a Black di esaudire la sua richiesta e lui, afflitto, si avviò all’uscita borbottando che ora sarebbe diventato per Lily un servo e che quello era un “lavoro da cani”. Kate si affrettò a seguirlo e il ritratto si chiuse dietro di loro. 
Lily si accomodò su una poltrona davanti al fuoco e osservò ancora James. Sembrava più vecchio di quando l’aveva lasciato. La tristezza e l’insonnia gli avevano scavato delle occhiaie scurissime sotto gli occhi.
Decise di rompere il silenzio che si era creato.
“Voglio fare una scommessa con te”. James strabuzzò gli occhi.
“Tu odi le scommesse”, constatò. Quelle quattro parole restarono sospese nell’aria, nel silenzio dubbioso di lei.
“Da quanto lo sai?”, chiese Lily.
“Da quando io e Sirius abbiamo scommesso al secondo anno che tu saresti caduta tra le piante pugnaccio della Sprite”, rispose James, con una sensazione di colpevolezza.
“Sì, ricordo”, sputò con veleno Lily. Poi si raddolcì pensando che erano passati cinque anni e che loro all'epoca erano dei bambini.
Si schiarì la voce. “Sì, ho proprio voglia di fare una scommessa con te”.
“Su quale argomento?”, domandò lui drizzandosi, pensando subito a qualcosa di terribilmente scolastico.
Lily prese un bel respiro e pronunciò quasi sottovoce: “Scommetto che non riuscirai mai a baciarmi”. Poi sussurrò sdegnata: “E soprattutto, il bacio dell’inizio di quest’anno non conta”.
James rimase impassibile, ma con il volto segnato da una strana espressione, come se si stesse trattenendo. Lily lo esaminò preoccupata. Forse aveva esagerato.
“Beh? Ci stai?”, chiese. Lui annuì lentamente.
A quel movimento, Lily schizzò in piedi dal divano. “Ci vediamo domani allora!”. E si allontanò verso il dormitorio.
James alzò un sopracciglio. Che diamine significava quella conversazione così veloce e piena di fatti? E che ne era della solita Lily?

*

Mary stava leggendo un libro seduta sul letto, quando un’esplosione la interruppe. Alzò lo sguardo preoccupata e vide Lily a terra, sdraiata in un una posizione scomposta.
“Che ci fai sul pavimento, Lils?”, disse aiutandola ad alzarsi. Lily si massaggiò le ginocchia e un’anca.
“Sono inciampata sul mio baule”, rispose, mentre provava a distendere un braccio. Mary scosse la testa, disapprovando le situazioni così ridicole che caratterizzavano Lily in quel pomeriggio.
“Che ti succede? Sei alquanto distratta da quando sei tornata”, constatò. Lily arrossì.
“Non ho visto il baule, tutto qui”, disse alzandolo e trasportandolo sotto il suo letto. Il suo gatto nero denominato James le girò intorno alle gambe facendo le fusa. Lei lo prese tra le braccia e lo accarezzò.
“Tutto questo ha a che vedere con James Potter. E’ inutile cercare di nasconderlo”, dichiarò Mary.
“Ma che dici? Non è assolutamente ver-“.
“Vuoi parlarmi allora della dolce discussione che avete avuto poco fa? Tu eri rossa come i tuoi capelli e James era più strano del solito. Qualcosa sta cambiando tra voi due, lo sento”, la interruppe l’amica.
“Mary, non mi sono rivolta a una veggente, grazie”, disse Lily ridendo. Mary sorrise.
Odiava ancora James Potter? …No, non del tutto. Lo amava? Forse.

Ma come le era venuto in mente di fare una scommessa del genere con James? Si meravigliava di se stessa.
Da quando aveva rovinato il viso di Petunia durante la cena di Natale non era più la stessa.
Forse si era resa conto delle vere cose importanti nella vita. Aveva capito che erano i rapporti tra le persone a regolare la propria felicità.
James era innamorato di lei da tantissimo tempo e lei l’aveva visto fino a quel momento solo come uno sregolato senza intelligenza. Quanto era stata ottusa. Lui le aveva anche detto che sarebbe stato più responsabile, e così era stato.
“E tu che cosa ci guadagni con questa scommessa?”, le aveva chiesto quella sera. Lily non aveva risposto.
Aveva appena ammesso con se stessa che in fondo amava James. Come avrebbe fatto ad ammetterlo davanti alle sue amiche e soprattutto a lui stesso?
 

*

Due giorni dopo, Remus sfogliava svogliatamente un volume di trasfigurazione. Il tavolo della biblioteca era pieno di libri della materia che piaceva tanto a James, ma lui non riusciva a concentrarsi sui due rotoli di pergamena che avrebbe dovuto consegnare alla McGranitt. Il pensiero della sua immaturità non gli lasciava entrare in testa le nozioni della Trasfigurazione Scambiata riguardante il trasformare una parte del corpo umano in una vegetale o un animale. Si vergognava della reazione che aveva avuto alla notizia del fidanzamento di Sirius.
La morte dei genitori di James li aveva in qualche modo riuniti per aiutare il loro amico, ma quando i due si ritrovavano da soli evitavano accuratamente di guardarsi e non parlavano. Era una situazione inaccettabile.
Remus avrebbe voluto scusarsi, ma ammettere di aver sbagliato davanti a Sirius sarebbe stato ridicolo.
Guardò ancora qualche pagina senza veramente leggerla e poi chiuse il libro. Cosa avrebbe dovuto fare?
Maledisse il giorno in cui aveva saputo di Sirius e Kate e si alzò dalla sedia.
“Ciao”, disse una voce femminile aldilà di uno scaffale pieno di libri.
Era proprio Kate. La giornata andava di male in peggio.
“Anche tu stai facendo i compiti?”, chiese Remus, evitando così che lei avanzasse discorsi scomodi.
“Già. Ho bisogno di fare potenziamento di Pozioni, e Lily non vuole aiutarmi”, sospirò lei.
Remus si accinse a recuperare tutte le sue cose sparse sul tavolo e a metterle nella sua borsa. Non vedeva l’ora di filarsela.
Stava per muovere il primo passo verso l’uscita, quando Kate lo fermò per un braccio.
“Mi spieghi perché tu e Sirius avete litigato? Lui non vuole dirmelo”, chiese con una punta acida nella voce. Si notava subito come non le piacesse il fatto che Felpato non le dicesse tutto.
“Ehm… Kate, se lui non te l’ha detto non vedo come possa farlo io”, borbottò Remus, cercando di salvarsi. “Se non vuole fartelo sapere avrà le sue ragioni e… beh, io ho le mie”.
Kate, delusa, lo osservò come se potesse fulminarlo in un solo colpo. “Lupin, penso che Sirius abbia intenzione di finirla tra noi due. E’ una cosa che sento nell’aria e non mi piace per niente”, rivelò.
Remus spalancò gli occhi. Quei due erano troppo innamorati per potersi lasciare. La loro storia per adesso era la più lunga che Sirius avesse mai avuto, con un record di due mesi. Anche Remus era rimasto sconcertato dalla sua durata. Non perché non avesse fiducia in Sirius, ma perché l’amico non era mai stato realmente innamorato di nessuno. Aveva sempre cercato delle relazioni corte e non serie.
“Ho pensato che forse potesse avere a che fare con il vostro litigio”, continuò Kate, all’improvviso rattristata. “Ma probabilmente mi sono sbagliata”, aggiunse, cominciando ad allontanarsi.
Remus non sapeva che dirle per tirarla su di morale. Parlare di Sirius con una ragazza lo imbarazzava tantissimo, soprattutto se era la sua fidanzata.
“Non ha niente a che fare con voi due, Kate. E sono sicuro che Sirius non avrebbe mai il coraggio di porre fine alla vostra relazione: è troppo innamorato di te”, disse con gli occhi bassi.
Lei sorrise. “Grazie per avermi ascoltato, Remus. Spero che quello che hai detto sia vero”.
Remus sospirò. Prima o poi avrebbe dovuto parlare con Sirius, era inevitabile.

*

Qualche giorno dopo Capodanno Hogwarts si ripopolò. Mancava solo un giorno alla fine delle vacanze e chiunque era depresso per il termine del proprio tempo libero. Gli studenti del settimo anno in particolare, vedevano gli esami finali, i M.A.G.O., avvicinarsi sempre di più.
Mary e Kate erano in biblioteca quando una sussurrò all’altra qualcosa. Poco dopo stavano salendo le scale del loro dormitorio cercando di non farsi notare.
Le due controllarono che Lily non fosse nei paraggi e chiusero la porta della loro stanza delicatamente.
“Cosa volevi dirmi?”, chiese sottovoce Kate. Mary le si avvicinò.
“Ho sentito un cosa stranissi-“.
“Ciao!”, esclamò Dorcas, entrando nel dormitorio con Alice e Marlene. Kate si massaggiò la fronte e sospirò. Addio riservatezza.
“Ciao”, salutò Mary gentile. “Avete per caso visto Lily in giro per la sala comune?”.
“No, Mary”, disse Marlene. ”Io l’ho vista nei sotterranei. Si stava esercitando in Pozioni. Come se non fosse già la prima della classe…”, aggiunse sbuffando.
“Allora campo libero”, ridacchiò Kate.
“E piantala”, la rimproverò Mary, mormorando a denti stretti.
“Se parlate così a bassa voce noi non sentiamo”, proclamò Alice alzando le sopracciglia.
La mente di Kate lavorò velocemente una soluzione.
Far sapere a tutti quel qualcosa che Mary voleva dirle su Lily sarebbe stato irrispettoso, ma Alice, Marlene, Dorcas e loro tre erano amiche dal primo anno e non sarebbe successo niente se Mary l’avesse detto anche a loro. Povera Lily, di sicuro c’entrava qualcosa il caro James.
“Dai, Mary, dillo anche a loro”, la pregò Kate, sorridendo. Le altre annuirono, contente.
“Guardate che non è un mio segreto. Il problema è che non voglio farlo sapere troppo in giro. Potrei rischiare una vita ridotta a un catorcio per colpa di una certa rossa”, spiegò Mary. Risero tutte: sapevano a chi si riferiva. Lily non aveva per niente un carattere facile e quando qualcosa non andava per il verso giusto se la prendeva con chiunque. Già, aveva proprio un bel caratterino, Lily Evans.
“Beh, l’altro giorno, in sala comune, James e Lily stavano parlando amichevolmente, dopo essersi abbraccia-“.
“Cosa?!”, la interruppero tre voci diverse.
Alice, Marlene e Dorcas non sapevano ancora degli ultimi sviluppi della relazione Potter-Evans, così Mary raccontò delle vacanze di Natale e della sorella di Lily. Disse loro anche che aveva intuito che era tornata a Hogwarts prima della fine delle sue vacanze solo per non abbandonare James. Trattennero tutte il respiro a ogni risvolto della storia, sorprese più che mai.
“Non avrei mai creduto che Lily potesse essere così affezionata a James”, dichiarò Dorcas, sorridendo.
“Comunque ho sentito che Lily ha proposto a James una scommessa su un bacio e lui era talmente sconvolto dopo aver accettato che non si è alzato dal divano dove stava seduto per almeno due ore”, disse Mary.
Erano tutte senza parole. Dov’era finita la Lily di sempre?
“Quindi hanno scommesso che James non riuscirà mai a baciarla?”, domandò Kate.
“Come diamine fai a saperlo?”, esclamò Mary. Kate ammiccò.
“La conosco molto bene come te, Mary. Anche se in questo periodo mi sembra insondabile e imprevedibile”, aggiunse meditabonda.
“Io scommetto che James riuscirà a baciarla”, disse Marlene, decisa.
“Non si può scommet-“, cominciò Mary.
“Anche io”, disse annuendo Dorcas, concordando con quello che aveva detto Marlene, senza sentire Mary e il suo tentativo di stroncare quell’idea malsana.
“Scommettiamo su una scommessa, quindi?”, chiese McDonald strabuzzando gli occhi.
Alice sorrise: le piaceva come idea.
“Hmm, io scommetto che Lily non si lascerà baciare molto facilmente. Ci metteranno un bel po’”, concluse Kate.
“Ma-“, cercò di dire Mary.
“Secondo me Lily ha fatto questa scommessa per tirarlo su di morale. Magari si farà baciare da James, ma quando lui pretenderà una relazione più profonda lei lo rifiuterà per paura”, ragionò Alice.
Dopo la sua affermazione tutte scrutarono Mary, aspettando che dicesse anche lei qualcosa.
“E va bene”, sospirò allora, sconfitta per non essere riuscita a fermare l’idea diabolica delle amiche. “Secondo me sarà James a baciare Lily, ma quando accadrà, lei risponderà con molto entusiasmo”.
Dopo la sua affermazione la guardarono tutte stralunate.
Si sentì un colpo alla porta e poco dopo essa si aprì.
“Salve ragazze!”, esclamò Lily, esuberante, accarezzando James accoccolato tra le sue braccia. “Indovinate un po’ che cosa ho preparato per il professor Lumacorno? Non ci crederete mai, ma mi ha…”, cominciò a raccontare per poi interrompersi. Le altre ragazze, infatti, si guardavano complici e in silenzio e i loro sguardi avevano catturato subito l’attenzione di Lily.
“Che stavate facendo qui dentro, si può sapere?”, chiese la rossa. Alice tossicchiò.
“Stavamo parlando del tuo gatto, Lily”, disse, “…ha lasciato un bel ricordino sul mio copriletto”.
 

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Capitolo 16
*** Più che semplice amicizia ***


Capitolo 16: Più che semplice amicizia


Nessuno sapeva come mai Lily e James si incontravano regolarmente dopo ogni lezione. Era stato un cambiamento improvviso di cui ogni tanto gli studenti si divertivano a parlare o a fare supposizioni.
I diretti interessati, invece, affrontavano la cosa come se non avessero mai litigato o gridato l’uno contro l’altro. Si comportavano con una naturale disinvoltura che Severus Piton non riusciva a sopportare.
Questo suo disprezzo per il nuovo rapporto di amicizia tra Lily e James era emerso immediatamente con degli episodi alquanto bizzarri per una come Lily. Lei, in passato, li avrebbe subito rifiutati.
Come al solito, Potter e Lily, facevano i turni da Caposcuola per alcune sere. Piton, quel giorno, al contrario, si era ritrovato a girovagare per il castello senza una meta precisa. Casualmente, li aveva visti nascosti dietro un’armatura del quinto piano mentre parlavano talmente a bassa voce che quasi non si sentivano l’uno con l’altro.
Qualche giorno dopo, invece, mentre stava studiando, li aveva scorti in uno dei reparti della biblioteca: Lily cercava di prendere un libro dallo scaffale mentre James la spingeva contro di esso.
“James, sei un arrogante. Spostati”, aveva ridacchiato lei. James, in risposta, le aveva sussurrato “Neanche per sogno” contro il suo orecchio.
Questo aveva fatto scaturire dal cuore di Piton una sofferenza e una gelosia tanto grande da non riuscire più a guardarsi allo specchio. Erano le sue labbra ad aver pronunciato le fatidiche parole che avevano allontanato Lily; era la sua anima che l’aveva portato sulla strada sbagliata. Come aveva potuto chiamare la sua migliore amica, la persona di cui era innamorato da quando aveva dieci anni, “mezzosangue”?
La nuova amicizia, se così si poteva chiamare, sbocciata tra Potter e lei era colpa sua. Non se lo sarebbe mai perdonato.
Intanto Regulus, Knight, Mulciber, Avery e addirittura Bellatrix Black tramavano qualcosa e se prima lui c’era dentro fino al collo, ora non aveva idea di quello che il gruppo aveva organizzato. C’entrava Lily, e per questo Piton si sentiva più amareggiato che mai. Come avevano potuto fargli una cosa del genere? L’unica persona a cui lui teneva davvero era lei, ed era sempre in pericolo per colpa sua.
Lei lo aveva sempre difeso da tutti. Non badava mai alle dicerie che giravano sulla loro amicizia perché credeva in lui. E lui l’aveva delusa.
Ma Potter…! Come aveva potuto diventare amica di quell’essere ignobile? Lei lo odiava. O almeno, prima lo odiava.
Forse era cambiata più di quanto Severus credeva fosse possibile.
Cosa avrebbe dovuto fare adesso? Avrebbe dovuto intralciare i piani dei suoi compagni di Casa per salvarla? Decise di no: non ce l’avrebbe mai fatta. Ormai era tutto finito.

*

“Potete andare, ora”, disse l’insegnante di Difesa contro le Arti Oscure.
Lily raccolse le sue cose e seguì fuori dalla classe Kate, Sirius e James, mentre Mary, Peter e Remus si erano già avviati verso i sotterranei.
“Meno male che adesso abbiamo Pozioni”, cinguettò allegramente Lily. James soffiò e Sirius fece un sorrisetto che non riuscì a nascondere alla ragazza.
“Che c’è da ridere, Black?”, chiese, “E’ la mia materia preferita. Hai qualche problema mentale o non riesci a capire il significato delle parole?”.
James fece un principio di risata, simile a uno sbuffo. Sirius lo fulminò con un’occhiataccia e cercò di stenderlo con un pugno.
“Bravo James, guarda che hai combinato”, disse scherzosamente infastidito, “Adesso avremo miss Prefetto-Caposcuola a girarci intorno per sempre”.
Lily si fermò di botto in mezzo al corridoio e mise la mani sui fianchi.
“Se non ci fossi io, voi sareste perduti”, dichiarò in tono rabbioso. Sirius scoppiò a ridere.
“Come no, Evans. L’unico ad essere perso è James, e tu non lo stai neanche portando sulla giusta strada. Per guardarti, non sa neanche dove sta andando. Una volta, camminando, è andato a sbattere contro una colonna. Un’altra volta, se Remus non lo avesse fermato, sarebbe scivolato sulla sua stessa bava”, disse.
James, alle parole dell’amico era impallidito, ma poi si era colorato di una sfumatura rosso accesa. Alzò le mani verso Sirius e cercò di strangolarlo. Lily si posizionò in mezzo ai due, allargando le braccia e ridendo.
“Dai, andiamo Lily o faremo tardi”, commentò Kate a sorpresa.
“E da quando ti interessa arrivare in orario alle lezioni?”, scherzò l’amica. Kate scrollò le spalle.
Poco dopo arrivarono nei sotterranei e Lily si sistemò sul suo tavolo, cercando di mettere la borsa non troppo vicina al calderone di Mary.
“Bene, ci siamo tutti”, pronunciò Lumacorno allegramente, una volta che tutti si furono accomodati dietro ai rispettivi tavoli. Prese una scatola e cominciò a passare tra i vari banchi, distribuendo piccole boccette di liquidi ignoti.
“Secondo me vuole avvelenarci”, sussurrò James a Sirius.
Lily prese la provetta che il professore le aveva offerto e osservò il suo contenuto: la pozione era di un rosa acceso, senza nessuna sfumatura.
Mary, di fianco a lei, aveva ricevuto un liquido nero e bianco e lo fissava come se fosse qualcosa di inguardabile e disgustoso.
“In queste ultime due ore della settimana, dovrete trasformare il potentissimo veleno che avete tra le mani in un’innocuissima fiala d’acqua”, spiegò Lumacorno. “Stavolta non vi darò nessuna indicazione. Nel libro ci sono alcune informazioni, ma dovrete metterle insieme da soli, e sappiate soprattutto che riguardano un procedimento molto complesso”. Nessuno fiatò.
“Chi vuole tornare alle inoffensive pozioni del primo anno?”, scherzò James, rompendo il silenzio. Lumacorno ridacchiò.
“Spero riuscirà a combinare qualcosa di più dell’ultima volta, signor Potter”, disse. “Non faccia del male al povero signor Lupin, soprattutto”. Remus si rabbuiò e si spostò lentamente verso l’altro lato del tavolo, il più possibile lontano da James.
Lily cercò di non mettersi a ridere. Ricordava perfettamente quando, il mese prima, James aveva fatto esplodere il suo calderone, mandando in panico Remus. Lunastorta aveva fatto un salto di tre metri per evitare il fuoco, ma alcune ciocche dei suoi capelli si erano bruciacchiate lo stesso.
“Bene, potete cominciare, ragazzi”, annunciò il professore.
“Ok”, sussurrò Lily, decisa. Stappo la provetta e versò il contenuto nel suo calderone, poi accese il fuoco con la bacchetta.
Gli altri stavano ancora versando la pozione quando Lily aggiunse il suo quinto ingrediente.
James continuava a guardarla per cercare di copiare le sue mosse, ma i movimenti della ragazza erano talmente fulminei che le sue mani quasi non si riuscivano a vedere.
Lumacorno era orgoglioso di quella piccola pozionista e tutte le volte che la guardava in azione sorrideva compiaciuto.
Le si avvicinò e contemplò il suo lavoro. “Signorina Evans, lei avrebbe dovuto essere smistata nella mia casa. Non se ne vedono tante in giro di persone così abili in Pozioni”. Lily si fermò un attimo e lasciò il suo libro di pozioni sul tavolo. Chiuse gli occhi e sospirò.
“Non vorrei mai appartenere alla sua Casa”, rispose e aggiunse poi, rossa in viso “Signore”. Si era accorta di aver parlato in modo offensivo a un insegnate. Spalancò gli occhi e la bocca, sorpresa dalla sua stessa sbagliata audacia di fronte a un adulto a cui avrebbe dovuto portare rispetto. Però non volle tirarsi indietro: era quello che pensava e aveva pronunciato “sua Casa” come se fosse qualcosa di disgustoso perché per lei era qualcosa di disgustoso.
Piton fece cadere la boccetta del liquido che stava per versare nel calderone. Tutti si voltarono verso Lily e il professore e così si creò un orribile silenzio. James era l’unico sorridente.
Poi Lumacorno rise e ruppe la tensione. “Mostri un’eccezionale ostinazione, signorina Evans. Ora capisco perché sei una Grifondoro. Sono fiero di te”, disse, allontanandosi di nuovo verso la sua cattedra e continuando a ridacchiare.
Lily riprese a leggere le istruzioni sul suo libro un po’ imbarazzata e gli altri tornarono alla loro pozione. James, invece, continuava a sorridere nella sua direzione. Era una perfetta malandrina, su questo non c’era dubbio. Quando avremo un figlio, dovremo rincorrerlo per tutta la casa, pensò contento.
 
Un’ora dopo, i sette, uscirono dai sotterranei per affrontare l’imminente fine settimana. Lily era l’unica illesa del gruppo e l’unica della classe, insieme a Piton, ad aver ricevuto i complimenti del professore per la perfetta riuscita della trasformazione del veleno in acqua.
La lezione era stata un fiasco totale per quasi tutti gli studenti.
Kate era riuscita a versarsi addosso tutto il contenuto del suo calderone, e così, i suoi vestiti avevano cominciato a corrodersi. Jill Sunney, seduta vicino a lei, che di solito era discreta in Pozioni -cosa che non era nelle altre materie- aveva dovuto abbandonare il suo lavoro perché l’acido le aveva fatto un buco nel metallo del paiolo. Kate aveva passato il resto dell’ora a scusarsi con la Tassorosso sempre più depressa. Lily era sicura che se non fosse suonata la campanella, sarebbe stata capace di fulminarla con il pensiero e senza nessun incantesimo.
James e Sirius, invece, avevano cercato tutta l’ora di copiare le mosse di Lily. James osservava e metteva nel suo calderone quello che pensava Lily avesse messo e Sirius lo imitava. La cosa finì quando avvenne simultaneamente una reazione chimica nei due contenitori di metallo. Nella classe, dopo l’esplosione, si era creato talmente tanto fumo che non si riusciva più a distinguere il proprio vicino. Solo quando si fu diradato, i componenti della classe poterono vedere i volti neri di fuliggine e i capelli perfettamente alzati di tre ragazzi Malandrini. Remus, che era in mezzo, aveva preferito non esprimere la sua frustrazione per il suo ennesimo fallimento causato da James -e stavolta anche da Sirius.
Mary era stato un caso a parte. Non aveva voluto guardare neanche una mossa di Lily perché voleva farcela da sola. La sua pozione stava procedendo bene finché le scintille che sarebbero dovute uscire al terzo stadio della pozione non le bruciarono le dita. Ora aveva delle grosse e disgustose bolle gialle sulle mani.
Stavano salendo le scale principali quando Sirius notò: “Ora potremo rilassarci”, mentre James annuiva contento.
“No! Non possiamo rilassarci, Felpato”, disse invece Remus, trovando una valida alleata in Lily.
“Già, quest’anno è l’anno dei M.A.G.O. Avremo bisogno di tutto il tempo libero a nostra disposizione per allenarci e studiare”, confermò la rossa. James sbatté le palpebre e Sirius sbuffò.
“Ehm, se non vi dispiace io vado in infermeria”, annunciò Mary, improvvisamente di malumore ricordando la sua sfortuna con il compito di Lumacorno. “Ci vediamo dopo”.
Tutti la salutarono e lei sparì per farsi sistemare le mani da Madama Chips.
James, infervorato, non volle perdere il discorso con Lily e Remus. “Lily, questo fine settimana c’è Hogsmeade!”, dichiarò, più per lei che per se stesso. “Questa è un’ingiustizia”. Remus e Sirius risero. Sapevano tutti e due che cosa aspettava fiduciosamente James: sperava di riuscire ad invitare Lily a Hogsmeade.
Infatti lui non chiedeva a Lily e a Remus di poter avere del tempo libero perché non avrebbe mai fatto quello che volevano, piuttosto voleva che lei si liberasse da impegni.
“Dai Remus, faremo un po’ di pausa”, disse Kate. “Va bene, Lily?”.
Intanto, erano già arrivati al ritratto della Signora Grassa. Lily pronunciò la parola d’ordine e annuì. James saltò, l’abbracciò e superò tutti correndo verso il dormitorio maschile. Lily lo guardò sorpresa.
“Che ha in mente?”, chiese a Remus.
Lui scosse la testa, come se le dovesse spiegare qualcosa di ovvio. “La tua fine o quella di tutti noi, Lily”.  

*

 

Il dormitorio maschile del settimo anno di Grifondoro era stranamente calmo quella sera. James leggeva un libro sul Quidditch, Peter era sdraiato sul suo letto con gli occhi chiusi ma senza un preciso scopo e Sirius guardava il soffitto. Si aspettava qualcosa quella sera, ma non sapeva ancora da dove provenisse quello strano presentimento.
Remus entrò nella stanza senza fare rumore e rimase scioccato alla vista di James che leggeva. Poi guardò meglio la copertina del libro e capì tutto. Sorrise, pensando che il suo amico non sarebbe mai cambiato.
Sirius si riscosse improvvisamente e guardò Remus che appoggiava piano la porta, in modo che nessuno si accorgesse che era entrato. Fece qualche passo e in seguito fece segno a Sirius di seguirlo con un cenno della mano.
Sirius rimase dapprima spiazzato, ma poi, sospirando, si alzò lentamente dal letto e seguì Remus nella sala comune. Forse era questo che si aspettava prima, quando era seduto sul letto. Sperava soltanto che non dovesse succedere niente di destabilizzante.
La sala comune era buia e deserta; solo il fuoco ardeva nel camino rischiarando la parte centrale della stanza.
Remus si fermò davanti alle scale e Sirius lo imitò, temendo per le sorti della serata. Avrebbe voluto andare a dormire in tranquillità, ma ovviamente non sarebbe stato possibile.
“D’accordo, Lunastorta. Parla. C’è qualcosa che non va?”, chiese, arrivando subito al punto.
“No, veramente no”, cominciò a spiegarsi Remus. “Volevo solo… solo scusarmi”, concluse con grande fatica. Non era facile ammettere i propri errori.
Sirius rimase per un momento spiazzato, ma poi la sua bocca si aprì in un sorriso e cominciò a ridere. Remus rimase impassibile.
Quando Felpato lasciò spegnere anche l’ultima risata, Remus tirò un sospiro di sollievo.
“Ho capito tutto”, disse Sirius, mettendo il licantropo di nuovo sull’attenti. “Mi dispiace tantissimo. Come tuo amico avrei dovuto dirti subito tutto quello che stava succedendo”.
“Oh”, fece Remus, un po’ deluso e un po’ contento che non avesse capito perfettamente il motivo della sua rabbia.
“E poi, è normale che i miei amici siano gelosi perché passo anche un po’ di tempo con una ragazza”, continuò Sirius. “Insomma, guardami”, dichiarò sorridendo e ammirandosi. Era sempre il solito e come James, non sarebbe mai cambiato.
“Non sono il migliore amico che tre Malandrini come voi potrebbero mai avere?”, chiese ancora. Remus annuì con gli occhi al cielo solo per farlo stare zitto.
Sirius allungò una mano e Remus lo imitò. Se le strinsero e sorrisero.
“Mai più litigi, Felpato?”, disse Lunastorta. Sirius abbaiò per l’emozione. Si portò una mano alla bocca e cominciò a tossire per mascherare quel suo strano verso.
“Mai più, amico mio”, rispose poi.

 

“Ma che carini, i nostri due canidi”, commentò James con l’orecchio poggiato contro la porta. Peter sorrideva, contento che i suoi due amici avessero dimenticato il litigio di qualche settimana prima.
“Ora siamo uniti come prima”, disse Codaliscia. Si rese conto di aver detto qualcosa di sbagliato e aprì la bocca un paio di volte senza che ne uscisse niente. Alla fine riuscì di nuovo a parlare. “Sì, insomma, non che in queste settimane non fossimo uniti, ma… sì, loro erano più che altro… veramente io pensavo…”.
James scosse la testa, divertito. “Lascia stare, Coda, ho già capito”.

 

*

Kate correva per i corridoi, cercando di raggiungere lo studio del Preside. I piani erano del tutto deserti: neanche i Caposcuola stavano girando per la loro ronda serale. Infatti era troppo presto. Il coprifuoco sarebbe scattato solo alle nove. Sperava che gli studenti fossero tutti rintanati nelle loro sale comuni.
La ragazza girò l’angolo e andò a sbattere direttamente contro il professor Silente, che usciva dal suo studio proprio in quel momento per una passeggiatina al tramonto.
“Signorina Everett, è un piacere”, disse sorridendole. Quando la guardò meglio in viso si incupì. “Che è successo? Chi l’ha ridotta così?”, chiese, indicando il taglio profondo lungo la sua guancia.
Kate respirò a fatica. “Professore… i Mangiamorte. Loro… sono qui”, disse. Silente si fece serio tutto d’un tratto.
“Torni immediatamente alla sua sala comune e dica a tutti di non muoversi da quella stanza. Andrà in infermeria quando ce ne sarà la possibilità”.
Ma Kate non si mosse. “Professore, hanno… ucciso un ragazzo al terzo piano. E hanno preso Black… Regulus Black”, spiegò, con le lacrime agli occhi. Silente trasalì.
“Ricordi quello che le ho detto”, disse, prima di partire a passo spedito e sparire oltre il corridoio.
Kate, intanto, si asciugò le lacrime che le erano scese lungo le guance, ma quando portò le mani all’altezza degli occhi cominciò a tremare. Il sangue che le scendeva dal viso era molto di più di quanto si aspettasse. Alcune gocce le avevano anche sporcato la camicia bianca della divisa.
Non importa, si disse. Non importa.
Sapeva cosa fare. Si asciugò il sangue che gocciolava dalle mani sulla gonna e pensò al grande tradimento dei Serpeverde.
La Maledizione Cruciatus l’aveva stordita. Mai aveva provato un dolore tanto intenso.
Doveva sbrigarsi. Nessuno doveva uscire dalla sala comune.
Avrebbe pensato a tutto Silente, il più grande mago del mondo, il mago che Tu-Sai-Chi temeva di più.
Corse senza fermarsi, salendo le scale a una velocità sempre maggiore. 

 

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Capitolo 17
*** La Maledizione Imperius - Parte I ***


Capitolo 17: La Maledizione Imperius - Parte I


Kate entrò trafelata nella sala comune, inciampando nel tappeto in mezzo alla stanza. Remus e Sirius sentirono il rumore improvviso e quando la videro a terra corsero ad aiutarla.
“Kate, stai bene?”, chiese Remus spaventato. Lei si rimise in piedi, mentre il labbro inferiore cominciava a tremarle.
“Sono tutti qui, gli studenti di Grifondoro?”, chiese. Sirius aggrottò le sopracciglia, sorpreso dalla domanda.
“Non importa, Kate”, disse preoccupato, “piuttosto, dimmi come ti sei procurata quella ferita”. Kate scosse la testa.
“No, Sirius. E’ questo che non è importante. Voglio prima sapere se sono tutti nei loro dormitori”, disse con voce tremante ma decisa.
“Ok…”, fece lui. “Beh, sì, stasera è stranamente tutto tranquillo. I Grifondoro sono tutti qui”, la rassicurò.
Kate espirò lentamente. Una volta affrontato il problema più importante, bisognava trattare quello minore, ma non meno preoccupante. “Sirius, i Mangiamorte hanno preso tuo fratello”.
Sirius increspò la fronte. “Come?”.
“I Mangiamorte sono a Hogwarts e hanno rapito tuo fratello!”, ripeté lei. Sirius rimase perplesso.
“E’ impossibile”, disse. Poi si schiarì la gola, segno che non voleva rivelare quello che sapeva. “Ehm, credo che mio fratello stia, ecco… dalla loro parte”, concluse con gli occhi bassi.
“E’ comprensibile, Felpato. Appartiene a Serpeverde. Non devi fartene una colpa”, cercò di consolarlo Remus.
Kate si intromise. “Secondo me non funziona così. Dovresti preoccuparti, Sirius: non penso che i Mangiamorte trattino così uno dei loro”.
Visto che nessuno commentava o sembrava aver capito, continuò: “Nessuno ha il proprio destino già scritto. Che importa se è stato smistato in Serpeverde? Nessuno può sapere quali sono le cose veramente importanti per lui nella vita. Ha un fratello fantastico che è riuscito a distinguersi dalla propria famiglia perché considerava i loro valori qualcosa di sbagliato anche se era stato cresciuto così. Ha rinnegato l’appartenenza ai propri parenti perché voleva seguire la strada che credeva giusta. Potrebbe aver seguito il suo esempio, perché so per certo che gli vuole ancora bene. Sei una persona speciale, Sirius Black. La tua vita è un miscuglio di coraggio, audacia, generosità e… impertinenza”.
I due erano rimasti paralizzati per tutto il discorso, ma all’ultima parola Sirius era scoppiato a ridere.
“Gran bel modo di chiudere un discorso filosofico, Everett”, commentò sarcastico. “Mi avevi quasi convinto”.
“L’ho detto che sei impertinente”, sospirò Kate.
“Dobbiamo andarti a prendere dell’essenza di dittamo, comunque”, disse Remus. “Non puoi lasciare aperta un ferita del genere. Potrebbe infettarsi”.
“Oggi è il tuo giorno fortunato”, annunciò Sirius, sorridendo. “Ho una boccetta di dittamo sotto il mio letto”.
“Hai del dittamo sotto il letto?”, chiese a denti stretti Remus. Ma a rispondere per Felpato fu un rombo terrificante. Anche il castello ne risentì e il pavimento traballò per un istante.
“Maledizione”, mormorò Sirius, con un tono di voce completamente cambiato che Kate non gli aveva mai sentito. “E’ così grave?”. Lei annuì, senza parole. Non avrebbe mai creduto che potesse esistere un rumore tanto forte.
In quel momento Mary scese le scale del dormitorio.
“Avete visto Lily? Quel rumore non mi sembra tanto norma-“, si interruppe. “Cosa hai fatto alla faccia, Kate? Che sta succedendo?“, chiese poi. Ma Kate era spaventata da qualcos’altro. Alla prima domanda di Mary era sbiancata d’un colpo.
“Come? Lily non è con te?”, chiese terrorizzata. Mary scosse la testa.
“Era andata in biblioteca per studiare qualcosa di Trasfigurazione e non è ancora tornata. Pensavo che stesse parlando con voi… ho sentito le vostre voci dalla porta della nostra stanza”, spiegò. “E’ vero che sei impertinente, Black”, aggiunse, ammiccando. Lui non rispose scherzoso come al solito, però.
“Ti sei persa il pezzo più importante, McDonald. I Mangiamorte sono a Hogwarts”. Mary sbarrò gli occhi.
All’improvviso si sentì un vociare su per le scale: tutti gli studenti stavano cercando di capire da dove potesse provenire quel rumore assordante. Alcuni passi più pesanti rimbombarono dappertutto e si sovrapposero alle voci degli studenti. Quel rumore di piedi sulla pietra delle scale si rivelò appartenere a un James rosso e agitato.
“Lily! E’ lì fuori con i Mangiamorte!”, urlò, prima di fiondarsi fuori dalla sala comune, attraverso il ritratto.
“Potter! Torna qui!”, cercò di fermarlo Kate. “Il Preside ha detto di rimanere nei dormitori, maledizione!”, gridò, dopo che ebbe capito che James non sarebbe tornato indietro. Poi uscì anche lei, come se Potter le avesse dato il via libera. I tre che erano rimasti sul tappeto accanto alle scale del dormitorio si guardarono a turno.
“Direi che non posso restare qui dentro come un codardo con quei due lì fuori”, annunciò Sirius. Infilò una mano in tasca e tirò fuori la bacchetta. Lo stesso fecero gli altri due.
I bambini del primo anno furono i primi ad affacciarsi sulla sala comune, seguiti poi dagli altri. Si riversarono tutti insieme nella stanza, pronti per qualcosa di importante.
Mary non aveva intenzione di lasciarli uscire e di metterli quindi in pericolo, perciò, prima che gli altri ci pensassero, inventò una scusa. “Il Professor Silente ha ordinato che tutti voi rimaniate nei vostri dormitori. Noi tre dobbiamo andare a controllare i corridoi”.
Nessuno sembrava avere niente da ridire, quando da dietro i primini si sentì uno sbuffo.
“Certo. Vi siete autorizzati da soli a uscire, non è vero?”, disse una voce infastidita e scettica di un ragazzo. “Mentre noi dobbiamo seguire gli ordini di Silente, voi vi sentite abbastanza in gamba da poterli ignorare perché siete i più grandi”.
Nessuno fiatò e Mary cominciò a rispondere all’accusa, quando Sirius parlò per lei.
“Sta’ zitto, Richardson. L’ordine non viene da noi, ma da Silente in persona. Perciò, se non vuoi essere messo in punizione da Remus, non fiatare e stai al tuo posto”, controbatté, guardando il ragazzo biondo del sesto anno.
Dopodichè Sirius passò attraverso il ritratto, seguito da Mary e Remus, lasciando senza parole e ancora più arrabbiato lo studente che aveva cercato così prontamente di screditarli agli occhi del resto dei Grifondoro.

*


La biblioteca era abbastanza silenziosa, quella sera. Lily sbadigliò e guardò l’orologio che aveva al polso. Erano le nove meno cinque. Il coprifuoco stava per scattare in cinque minuti e lei non voleva farsi sorprendere da nessuno in giro per il castello nelle ore proibite. Raccolse i suoi libri, rimise a posto quelli della biblioteca negli appositi scaffali e sistemò la sedia sotto il tavolo.

Stava per uscire dalla stanza quando il castello fu mosso da un rombo terrificante e il pavimento ricevette una scossa. Dagli scaffali caddero alcuni libri con un tonfo ovattato, come se le orecchie della ragazza non funzionassero più bene. Poi tutto tacque di nuovo.
Lily aveva il fiatone per l’ansia. Non aveva mai sentito un rumore del genere all’interno della sua scuola. Assomigliava a un aereo in partenza, ma era molto più innaturale.
Si voltò di nuovo e raccolse tutti i libri caduti. Quando anche l’ultimo libro fu infilato tra gli altri, Lily prese i suoi. Voleva mettersi a correre per raggiungere la sala comune e chiedere agli altri se sapevano cosa era successo, ma uno scricchiolio interruppe i suoi pensieri sulla fuga. Poggiò un’altra volta i suoi volumi di Trasfigurazione sul tavolo dove aveva studiato tutto il pomeriggio e tirò fuori la bacchetta da una delle due tasche della divisa.
Un altro scricchiolio e un sussurro rivelarono a Lily la loro provenienza. Se era nel giusto, c’era qualcuno dietro allo scaffale riguardante i draghi. Mosse un passo, ma non riuscì a vedere nessuno, poiché una sensazione di libertà si stava lentamente diffondendo nel suo corpo. Si sentì svuotata dalle preoccupazioni e dalle emozioni, come se stesse galleggiando tra la felicità infinita.
Raggiungi i Mangiamorte al primo piano, le sussurrò una voce nella testa.
Perchè?, pensò lei, sto molto meglio qui…
Vai, ora!
Lily si abbandonò completamente alla voce e uscì dalla biblioteca.

*


James corse a perdifiato verso la biblioteca urlando il nome di Lily. Era in pericolo, lo sentiva.
La biblioteca era in ordine come al solito, ma c’era qualcosa di strano nell’aria; come se fosse troppo immobile, come se nessuno fosse sopravvissuto.
Il locale era buio e freddo, quasi senza vita. Nessuna lampada illuminava i tavoli, ma l’odore dell’olio bruciato persisteva ancora nell’aria. Qualcuno era stato lì poco tempo prima.
Girò nel corridoio a sinistra, quello di Trasfigurazione, e cercò di distinguere la testa rossa di Lily tra gli scaffali. Sul tavolo più vicino c’erano alcuni libri impilati e inginocchiandosi, vide sotto una lanterna rotta che riversava ancora l’olio a terra. Immerse un dito nel liquido e sentì che era ancora caldo. Si pulì la mano sulla divisa e si rialzò.
Guardò i libri sul tavolo e un presentimento si fece lentamente strada nella sua mente. Sfogliò velocemente le pagine cercando ciò che lo avrebbe confermato. Gli bastò solo un’occhiata alla prima pagina per capire che qualcosa davvero non andava. Le lettere rifinite con cura con l’inchiostro nero sulla carta recitavano Lily Evans. E Lily non lasciava mai i suoi libri incustoditi.
Una strana determinazione si impossessò di lui. Stava per correre ad annientare chi aveva rapito la ragazza che amava quando improvvisamente udì dei passi. Qualcuno stava entrando nella biblioteca. Si guardò intorno, ma non vide nessuno, così si nascose dietro uno scaffale. Cercò di sbirciare attraverso le fenditure tra i libri e si coprì la bocca e il naso con una mano per non far avvertire il suo respiro affannoso a chiunque stesse entrando nella biblioteca.
Lily era un pensiero prepotente nella sua mente che tornava a galla come una spugna. Ogni volta che cercava di ignorare l’istinto di correre e raggiungerla, l’angoscia riemergeva e comprometteva quello che stava cercando di fare: non farsi scoprire per poterla poi aiutare. Non riusciva a ragionare coerentemente sapendo quanto fosse in pericolo.
Doveva trovarla. Doveva difenderla. Non poteva lasciarla morire per mano dei Mangiamorte che così tanto aveva voluto combattere. Lily era forte e determinata, ce l’avrebbe fatta anche da sola, ma James sentiva questo bisogno primario di proteggerla e di farla sentire al sicuro. Lei era la sua salvezza.
Solo da poco tempo aveva capito di amarla. Gli anni prima aveva pensato che quello che provava per Lily fosse attrazione e qualcosa di simile all’amore, non un sentimento talmente serio da portarlo alla disperazione se le fosse successo qualcosa.
Questo settimo anno era diventato più maturo e la morte dei suoi genitori non aveva fatto che irrobustirlo nell’animo. Lei forse l’aveva intuito.
“Black non si è ancora mosso?”, sussurrò una voce maschile.
“Stai zitto, deficiente!”, lo sgridò a denti stretti una donna. “Ho sentito qualcuno entrare nella biblioteca, prima, e a quanto pare stanno cercando la sporca Mezzosangue”.
James si sporse un po’ e notò la capigliatura folta e nera di Bellatrix Black. Quello con cui stava parlando era uno studente perché aveva ancora la divisa scolastica, ma non riuscì a vederlo in volto poiché era nascosto dalla figura di Bellatrix.
Dunque c’erano dei traditori, ad Hogwarts. Qualcuno che aveva aiutato i Mangiamorte a pianificare e a entrare nel castello. James avrebbe scommesso la sua bellissima scopa che i traditori appartenevano alla casa dei Serpeverde.
James aveva urlato troppo forte il nome di Lily e se ne pentì. Ora non avrebbe saputo dove si trovava perché nessuno dei due avrebbe parlato con una possibile spia nascosta lì vicino. Il ragazzo stava parlando di un certo Black… si riferiva a Sirius o a suo fratello? Probabilmente a Regulus: da anni i Malandrini sapevano che Sirius non voleva più fare il nome di suo fratello. James sapeva che il suo migliore amico aveva provato a parlargli per fargli cambiare ideali di vita e per portarlo sulla buona strada, ma lui aveva ostinatamente puntato verso la via del male. Ora era dalla parte dei Mangiamorte, o così pareva.
“Tanto non la troveranno, non più ormai”, sogghignò il ragazzo. Uno schiocco risuonò attraverso i muri. Bellatrix lo aveva colpito in faccia con uno schiaffo.
“Ti ho detto di tacere, imbecille!”, urlò. Il ragazzo tirava su con il naso: quasi certamente lei glielo aveva fatto sanguinare.
“Stupida cagna”, la insultò, sputando.
A quelle parole Bellatrix si mosse come un fulmine. Lo afferrò per il collo e lo strinse. A quel punto James riuscì a vedere il volto dello studente.
Aveva vinto la scommessa. Era Aries Knight, lo studente di Serpeverde del sesto anno che aveva beccato fuori dal letto di notte all’inizio dell’anno.
Knight diventò rosso mentre cercava di inalare aria che non sarebbe mai arrivata se lei non lo avesse lasciato.
“Prova di nuovo a insultarmi e non vedrai mai più la luce del sole!”, disse rabbiosa Bellatrix, lasciandolo afflosciare sul pavimento. Knight inspirò una grande quantità d’aria, tossicchiò e si asciugò gli occhi lucidi e rossi.
James puntò la bacchetta sulla Mangiamorte. Visto che Aries ora era indifeso, avrebbe potuto rallentare Bellatrix e fuggire per raggiungere Lily.
Levicorpus!, pronunciò nella sua mente. Quello era il momento di fuggire per aiutare qualcun altro, non di combattere fino alla morte. Lo avrebbe voluto tanto ma non poteva. Voleva fargliela pagare per tutto quello che aveva commesso, ma non poteva.
Bellatrix si alzò in aria a testa in giù, come se fosse appesa per una caviglia da un filo invisibile. James uscì dal suo nascondiglio e corse fuori prima che qualcuno potesse fermarlo.
Knight stava ancora tossendo, ma alzò gli occhi quando notò quel movimento innaturale e si allarmò.
“Fermalo!”, urlò la Black, isterica, ma James era ormai lontano.

 

*

“Giuro solennemente di non avere buone intenzioni”, disse Sirius puntando la bacchetta contro la Mappa del Malandrino. L’inchiostro si sparse formando muri, scale e persone sulla pergamena.
Mary e Remus si avvicinarono, mentre Sirius la teneva dritta, osservandola.
“Lily! E’ al primo piano!”, esclamò Mary, tamburellando con il dito sul quadratino che portava scritto il nome di Lily Evans.
“Con Lestrange, Avery, Mulciber…”, disse Remus, lasciando la frase in sospeso. Il pericolo era implicito nelle parole che non aveva pronunciato.
“E James e Kate?”, chiese poi, tralasciando il problema maggiore per contemplare l’insieme.
“James sta correndo per le scale, guarda”, disse Sirius. “Raggiungiamolo e cerchiamo di…”. Si interruppe e rimase in silenzio guardando la pergamena.
“Black…?”, domandò Mary. Non sembrava neanche che respirasse da quanto era evidentemente sorpreso.
“Bellatrix… è a Hogwarts”, disse.
“Non è possibile”, affermò Remus. “Si è diplomata da molti anni. Non dovrebbe essere qui”.
“E’ una Mangiamorte”, dichiarò Sirius. Fece una pausa e poi disse: “Dobbiamo andare da James. Almeno possiamo aiutarlo a salvare Lily”.
Mary indicò ancora la Mappa. “Kate ora è al quarto piano. Non ho ancora capito cosa stia cercando”.
Sirius sospirò. “Dobbiamo fermare anche lei prima che combini qualche guaio”.
“E tuo fratello?”, chiese Remus.
Sirius sospirò. “Gli darò un’altra possibilità. Salverò anche lui”. 












Note dell'autore:
Ehilà! :D Come state?
Io sono stata molto occupata con la scuola, quindi non sono riuscita a pubblicare subito questo capitolo... spero mi perdonerete :)
Premetto che non sono molto brava a descrivere situazione estreme, quindi non ho idea di come verrà questa battaglia :P Io sono molto più per le storie sdolcinate, ma mi cimenterò nel raccontare qualche avvenimento carico di adrenalina lo stesso... poi vedremo il risultato!
Sono talmente felice di questa cosa e quindi la scrivo anche qui: ho iniziato un corso di giapponese ed è fantastico!!! Ok, forse non vi interessava ma mi andava di dirlo XD
Voi abitate al Nord? Avete sentito il terremoto? Io tutte e due le volte ero a scuola: sia mercoledì che oggi. E' stato bruttissimo, pensavo che la ragazza dietro di me stesse cancellando... Poi mi sono accorta che tremava tutto D:

Beh, grazie a tutti quelli che mi seguono :) Quelli che recensiscono, ma anche i lettori silenziosi (siete 131! :3).

Volevo lasciarvi qualche anticipazione, tanto per farvi intuire qualcosa :)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
A presto, cari e ancora grazie :D





“James, Lily è con i Mangiamorte!”, esclamò Sirius, andandogli incontro.
 [...]
“Tuo fratello ti vuole bene, e tu così lo ripaghi?”.
“Mio fratello ha screditato la mia famiglia agli occhi di tutti. Questo comportamento non è accettabile; è per questo che mia madre ha bruciato il suo nome sull’arazzo della nobile casata dei Black”.
 [...]
“Ho cercato di farti vedere la verità, ma tu mi hai ignorato. Capirai presto cosa comporterà la scelta che hai fatto”.

 

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Capitolo 18
*** Dalla parte del vincente - Parte II ***


Capitolo 18: Dalla parte del vincente - Parte II


Tutti gli studenti erano ormai usciti dalle loro sale comuni. Saputa la notizia dell’intrusione dei Mangiamorte a Hogwarts avevano deciso di voler combattere.
I corridoi, ora, erano un miscuglio di urla, incantesimi e risate di Mangiamorte.
Al quarto piano, Kate raggiunse i Mangiamorte che si erano allontanati dal gruppo principale. Regulus era con loro, ma non veniva trascinato per il corridoio come prima. Anzi, stava ridendo.
Non sapendo cosa pensare, Kate immaginò che i due Mangiamorte enormi al suo fianco gli avessero scagliato contro la Maledizione Imperius e che si stessero divertendo a fargli fare cose senza senso.
Si preparò con in mano la bacchetta e, messe due dita in bocca, fischiò con fare canzonatorio. I tre si girarono all’improvviso, cercando la fonte del rumore. Quando si accorsero di Kate, Regulus sorrise. Con un movimento rapido di una mano indicò la ragazza agli altri due Mangiamorte che si incamminarono verso di lei. La afferrarono per le braccia fulmineamente, senza lasciarle scampo. Capì tutto.
La bacchetta le cadde dalla mano con cui la stringeva. Era inerme.
“Regulus Black, sei uno sporco doppiogiochista! Si fidava ancora di te!”, urlò Kate, mentre Regulus raccoglieva la bacchetta della ragazza e la puntava contro di lei.
“Intendi il mio caro fratellino? Anche io mi fidavo di lui”, dichiarò senza alcuna emozione. “Poi ho capito quello che dovevo veramente fare. Se non stai dalla parte del vincente perdi tutto. Ho già perso abbastanza per capire che non ci guadagni niente se segui chi credi sia nel giusto”.
Kate si agitò invano. “Ti sbagli! Meglio morire per ciò in cui credi che vivere una vita da codardo!”.
“Attenta a come parli, Everett”, la rimproverò Regulus con gli occhi socchiusi, infastidito. “So benissimo quello che devo fare, non c’è bisogno che me lo dica tu, grazie”.
Kate si mosse ancora, cercando di liberarsi dalle mani dei Serpeverde che la tenevano ferma.
“Cosa hai fatto a Sirius? Dimmelo!”, esclamò, preoccupandosi.
“Gli ho semplicemente teso una trappola”, ammise Regulus, con un sorriso disgustoso.
Il mondo sprofondò. Non era possibile, era tutto uno scherzo. Lei aveva convinto Sirius che c’era possibilità che suo fratello fosse dalla loro parte. Aveva sbagliato e lo stava portando forse alla morte. Sperò che non riuscisse a raggiungere Regulus.
“Tuo fratello ti vuole bene, e tu così lo ripaghi?”, disse lei, scoraggiata dalle rivelazioni.
“Mio fratello ha screditato la mia famiglia agli occhi di tutti. Questo comportamento non è accettabile; è per questo che mia madre ha bruciato il suo nome sull’arazzo della nobile casata dei Black”, rispose lui. Uno dei due energumeni che la tenevano le sferrò un pugno, facendole sanguinare il naso. Avevano notato la reazione infastidita del loro superiore e perciò, secondo le loro regole, avrebbero dovuto farla tacere. Alcune gocce di sangue caddero sul pavimento, formando una piccola pozza.
Una lacrima scese sul volto di Kate, che si accasciò, rinunciando a liberarsi.
“Ne sei innamorata, vero?”, chiese Black, ridendo. Kate non rispose.
“Sei un pazzo”, disse poi, sputando a terra, vicino ai piedi di Regulus. “Spero che un giorno tu ti renda conto di tutti i tuoi errori e che rimpianga la tua stupida scelta fino alla morte”.
“Stai zitta, e non parlare di cose che non capisci”, rispose lui, senza che le parole della ragazza lo avessero toccato. “Ti lascio andare solo perché so cosa significa amare una persona più di te stesso. Va dal tuo caro innamorato e non farti più vedere. Prova a seguirci e morirai”. Sorrise e scagliò lontano la bacchetta della ragazza.
I Mangiamorte la lasciarono andare, ridendo, facendola cadere a terra. Kate atterrò su mani e ginocchia e se li graffiò. I due tali vestiti di nero si unirono a Black e sparirono in poco tempo svoltando a destra.
Kate si vergognava di aver sprecato tempo prezioso cercando di salvare Black. In realtà le aveva teso una trappola: non a Sirius, ma a lei. Ed era stata proprio lei, poi, ad aver cercato di convincere Sirius dell’innocenza di Regulus.
Si passò velocemente una mano sotto il naso e, rabbiosamente, scrollò la mano dal sangue. Si alzò in piedi, con una feroce determinazione che le premeva nello stomaco. La sua bacchetta era finita in fondo al corridoio. La raggiunse, la raccolse e portò la punta vicino al suo naso.
“Epismendo”, disse, e l’osso del naso tornò com’era prima.

*

“Eccolo, è James!”, ansimò Mary a Remus e Sirius. Sembrava che stessero correndo da ore. James non era facile da raggiungere quando aveva in testa qualcosa. E quel qualcosa era salvare Lily. Era infatti ancora più determinato quando di mezzo c’era la ragazza dai capelli rossi che tanto amava.
“James!”, lo chiamò Sirius per farlo fermare. “James!”. E lui, inaspettatamente si fermò, aspettandoli.
“James, Lily è con i Mangiamorte al primo piano!”, esclamò Sirius, andandogli incontro.
“Cosa? Stai scherzando, vero?!”, esclamò James, il viso rosso di fatica per la corsa.
“No, amico, l’hanno presa”, spiegò Sirius, poggiando le mani sulle ginocchia e boccheggiando. “Mi dispiace tanto”, aggiunse triste.
“Non dispiacerti. La vado a prendere. Adesso!”, disse, mentre già correva di nuovo.
“James, aspetta!”, lo richiamò Remus, invano. Mary scosse la testa.
“Ci tocca inseguirlo. Di nuovo!”, esclamò, depressa. Remus alzò le sopracciglia.
“Devi aspettarti questo quando conosci James Potter. Io ormai mi ci sono abituato, anche se a malincuore, devo dire”, sospirò.
“Non perdiamo tempo!”, esclamò Sirius. “Raggiungeremo Kate e poi andremo al primo piano. Muovetevi!”.
“Ma non dovevamo…?”, cominciò Mary. Sirius la zittì.
“Sono preoccupato per Kate. Andiamo?!”. I due annuirono e ricominciarono a correre verso il quarto piano.
Mary non aveva idea di che cosa fare. Una delle sue amiche era al primo piano, mentre l’altra era al quarto. Lei non aveva mai messo nessuna amica al di sopra di un’altra, perciò non sapeva chi raggiungere per prima. Però, visto che James stava andando da Lily, lei e gli altri sarebbero dovuti andare da Kate. Era logico, in fondo. Tuttavia, era preoccupata per James e Lily. Erano in mezzo al gruppo più numeroso e più pericoloso di Mangiamorte.
Comunque, Sirius aveva ragione: Kate, per lei, si stava cacciando in guai grossi correndo da sola per i corridoi con una cinquantina di Mangiamorte in giro per la scuola.
“Kate!”, cominciò a chiamare Sirius, una volta arrivati al quarto piano. “Kate!”.
Il corridoi era deserto. Strano, visto che ormai erano tutti in giro a combattere.
“Si sarà spostata mentre noi parlavamo con James”, ansimò Remus. “Ci tocca guardare ancora la mappa”.
Sirius sbuffò e sfilò dalla tasca la pergamena che in realtà era la Mappa del Malandrino. “Ma che diamine sta combinando? Si sta comportando da stupida e ci rischia anche la pelle se le va male!”.
Mary strabuzzò gli occhi. Sirius non si era mai rivolta a Kate chiamandola “stupida” o in modo offensivo. Evidentemente, la paura per la sua sorte doveva averlo portato al limite della sopportazione.
“Li hai trovati?”, chiese Remus, cercando di sbirciare le mappa oltre le spalle dell’amico.
“Regulus e Kate… piano terra, Sala Grande”, recitò Sirius, incredulo.

*

Una strana sensazione la opprimeva. Si sentiva libera da pensieri, ma in fondo sapeva che c’era qualcosa di sbagliato. Le sembrava di trovarsi nell’oceano, sospesa tra le onde, e di respirare acqua salata. Ma non si trovava tra la marea, di questo ne era sicura.
Che mi succede?, pensò, ma poi tornò a riflettere sulla bellezza e la tranquillità del fondale marino, come se non avesse mai provato quell’attimo di lucidità.
Tra le onde intravedeva pareti solide di un edificio, ma non potevano essere la realtà. Se fossero state reali lei non avrebbe fluttuato come se fosse stata in acqua. Era assolutamente impossibile. Ripensò ancora al fatto che non poteva trovarsi davvero in mare, ma poi si abbandonò alla dolce sensazione di leggerezza. Perché preoccuparsi? Nessuno poteva farle del male, ora.
“Incosciente!”, sentì urlare come da una grande distanza. Non se ne preoccupò al momento, ma poi sentì anche la risposta. “Levati di mezzo! Stupeficium!”.
La voce le era familiare, ma non riusciva a capire chi fosse.
“Comincia a sopraffare la maledizione, fa qualcosa”, sussurrò qualcuno, e la frase rimbombò nella sua testa come un tamburo. Come in risposta a quell’incitazione, un’altra mente premette sulla sua.
Stai ferma dove sei, le disse.
Per quale motivo avrebbe dovuto rispettare quell’ordine? Stava così bene in quella tranquillità senza che nessuno dovesse dirle niente. E poi, qualcuno era in pericolo, da qualche parte. Piuttosto avrebbe fatto il contrario: avrebbe reagito.
Ti ho detto resta dove sei!, le urlò più forte la voce che disturbava la sua serenità infinita.
Non aveva scelta, purtroppo. Doveva fermarsi e non agire anche se avrebbe voluto con tutto il cuore poter muovere un passo verso chi aveva bisogno.
Ma poi, dove doveva andare? Nell’enorme distesa d’acqua non c’era nessuno a parte lei. Forse la voce aveva ragione. Rimanere ferma era la cosa migliore.
“Lily! Ribellati!”, esclamò qualcuno. “Fa vedere loro chi sei! Reagisci!”. Ancora quella voce conosciuta…
James? Possibile che fosse lui?
Lily sbatté le palpebre e il mondo marino si dissolse gradualmente fino a lasciare il posto a un corridoio. Inciampò su qualcosa di grosso e il polso destro scricchiolò, provocandole un’ondata di dolore quasi insopportabile.
Quando la sua vista tornò quella di prima, vide che era caduta sul corpo di un Mangiamorte. Si rialzò, attenta a non poggiarsi sul polso rotto o slogato - era quasi sicura di esserselo fratturato - e si guardò intorno: lampi di ogni colore rimbalzavano sulle pareti, accompagnati da un frastuono di voci che urlavano incantesimi uno dopo l’altro.
Tastò ogni tasca in cerca della sua bacchetta, ma solo in seguito si ricordò che era rimasta sul pavimento della biblioteca perchè chi la controllava le aveva ordinato di lasciarla cadere. Si guardò intorno e notò che la mano del Mangiamorte su cui era inciampata era ancora stretta alla bacchetta. Per quanto la disgustasse usare la bacchetta di un alleato di Voldemort, doveva farlo per aiutare James. Era grazie a lui se aveva potuto sconfiggere la Maledizione Imperius. Se fossero sopravvissuti lo avrebbe ringraziato di cuore: le aveva salvato la vita.
Questa era la prova che cercava da tanto tempo. Lui non la considerava solo il premio di una caccia, perché era davvero innamorato di lei. Nonostante tutto quello che stava succedendo, Lily sorrise.
Era lui che amava.
“Impedimenta!”, urlò, colpendo il Mangiamorte che puntava la sua bacchetta contro James che era di spalle.
James si voltò verso di lei e le fece un sorriso enorme. Lei gli rispose con uno ancora più grande, ma si interruppe vedendo che un altro Mangiamorte stava puntando il ragazzo.
“Attento!”, urlò, mentre quello cominciava a pronunciare l’Anatema che Uccide. James si girò fulmineamente e si abbassò prima che il getto di luce verde lo colpisse. Poi pronunciò “Pietrificus Totalus” e colui che aveva osato cercare di colpirlo colpì il pavimento prima che James si alzasse di nuovo in piedi.
Insieme schiantarono un paio di Mangiamorte e si allontanarono progressivamente dal centro del corridoio dove stava infuriando la vera battaglia.
“Tutto bene, Lily?”, le chiese James, tra un incantesimo e l’altro.
“Mai stata meglio prima!”, esclamò lei. “E tu?”.
“Sto abbastanza bene, escludendo il fatto che rischiamo di morire!”, rispose lui, schivando una maledizione.
Scesero le scale, seguiti a ruota da altri cinque Mangiamorte.
“Expelliarmus!”, urlò Lily. La bacchetta cadde giù dalle scale, sparendo dalla vista del proprietario che ora era indifeso.
Subito dopo successe qualcosa di strano: lui e un altro compagno vicino si alzarono in aria e cominciarono a pendere per una caviglia. A Lily bastò un’occhiata alla sua sinistra per capire chi era stato. James rideva come un bambino del suo scherzo infantile.
La ragazza sospirò. Quel particolare incantesimo le aveva ricordato un episodio spiacevole che avrebbe voluto dimenticare. Anzi, non uno solo, ma almeno altri dieci simili che avevano sempre a che fare con le stesse persone.
Lily si preparò a colpire gli altri tre Mangiamorte che li stavano seguendo, quando, improvvisamente, caddero rovinosamente dalle scale. Alle loro spalle apparvero Alice Crowley, Dorcas Meadowes, Frank Paciock e Marlene McKinnon con le bacchette alla mano e pronti per qualsiasi evenienza.  Lily e James sorrisero e li salutarono.
“Lily, ho visto gli altri dirigersi verso la Sala Grande”, la informò Alice.
“C’erano anche Sirius e Remus? E Peter?”, chiese James. Alice fece spallucce.
“Ho visto solo Sirius, Remus e Mary correre. Peter, questa sera, non si è fatto vivo. Non l’ho visto da nessuna parte”, rispose lei, mortificata.
L’espressione che James aveva in volto si fece più dura. Uno dei suoi amici poteva essere in pericolo. Lily lo capiva perfettamente perché non aveva idea di dove potesse trovarsi Kate.
“Andiamo”, disse sicura.

*

Stava agendo in modo irrazionale, questo lo sapeva.
“Ti avevo detto di NON SEGUIRMI!”, sbraitò Regulus, voltandosi velocemente. Lei rimase in mezzo alla stanza, impassibile. Non sapeva perché lo stava facendo. Forse per tutti, forse per Sirius, forse per se stessa, forse per nessuno.
“Voglio capire cosa ti ha spinto a unirti a lui. Voglio capire ogni singola motivazione per cui una persona dovrebbe combattere per difendere ciò che pensa un folle come Voldemort”, disse lei. Regulus sorrise e le si avvicinò. I suoi lineamenti erano quasi serpenteschi, i suoi occhi arrossati dalla foga. Kate capì subito perché era stato smistato in Serpeverde e perché era diverso da Sirius.
“Potrai anche essere coraggiosa, ma il tuo coraggio non supera la tua stupidità. Perché andare incontro alla morte solo per qualche futile risposta?”, la canzonò lui.
L’attenzione di Kate venne attirata dalla Sala Grande. Gli enormi tavoli erano sgombri, ma fecero venire a Kate una gran voglia di cenare per l’ultima volta ad Hogwarts insieme a tutti i suoi compagni di Casa.
“Io non vado incontro alla morte. Io combatto”, affermò lei, posando i suoi occhi in quelli di Regulus. “Cosa che tu hai smesso di fare, a quanto pare, Black”, aggiunse, provocandolo. Ma lui non si scompose.
“Hai ragione, ho smesso. E non mi vergogno ad ammetterlo”, disse lui. “Ma devi capire, che per difenderti devi metterti dalla parte del vincente. Non c’è niente di male in questo, te l’ho già detto prima”.
“Tu mi hai detto che capisci cosa significa amare una persona più di te stesso”, cominciò Kate. “Perfino tu credi nell’amore. Sei diverso, non sei come gli altri Mangiamorte. Hai qualcosa dentro di te che ti rende innocente, nonostante le tue azioni”.
Regulus cominciava ad agitarsi, ora. Puntò la sua bacchetta su Kate.
“Non sono innocente. Non provare mai più a dirlo. Io sono un seguace del Signore Oscuro perché è dalla parte giusta”.
“Capisco…”, sospirò Kate. “Sei contraddittorio, ma anche io lo sarei se dovessi sostenere Voldemort”.
Ci fu una pausa, durante la quale Regulus continuava a camminare avanti e indietro. Infine si rivolse di nuovo a Kate.
“Beh, ti ho promesso che se mi avessi seguito saresti morta. Ho l’impressione che tu non voglia più vivere, ed è per questo che sei qui ora. Vuoi che io diventi il tuo boia”, dichiarò. “Se è questo che vuoi, ti accontento. Ma solo per lo stesso motivo che ti ho accennato quando ci siamo incontrati prima e che hai ripetuto adesso. Ti capisco più di quanto immagini”. Kate annuì.
“Questa è l’ennesima vita rovinata da lui”, precisò Black.
L’ultima cosa che Kate vide fu un lampo di luce verde, poi nient’altro.

*

“NO! KATE! KATE!”, urlò Lily, correndo verso la ragazza distesa a terra con i lunghi capelli castani appoggiati in modo scomposto sul pavimento di pietra. Appena raggiunse il corpo crollò a terra, senza attutire la sua caduta.
Le lacrime cominciarono a scenderle lungo le guance senza freni. Poggiò le mani sulle spalle dell’amica e la scosse leggermente, chiamandola. Non poteva credere che fosse morta.
James la raggiunse proprio in quel momento, sbigottito. Neanche lui voleva crederci.
Alice, Marlene, Dorcas, Frank corsero fino al centro della Sala Grande, tra i tavoli e trattennero il respiro. “Non può essere…”, sussurrò Dorcas.
James guardò Lily, distrutta. Anche lui era dispiaciuto per Kate, ma Lily non poteva rimanere ancora lì, vicino al corpo. Sapeva perfettamente cosa significava perdere qualcuno che si ama e non riuscire a staccare lo sguardo dal loro corpo. E sapeva anche che continuare a guardarlo e a piangerci sopra avrebbe solo peggiorato le cose.
“Lily, ormai non possiamo fare più niente…”, disse, con le lacrime agli occhi, cercando di mantenere la voce ferma.
“E’ tutta colpa mia… Sono stata io a lasciarla da sola. Non sarei dovuta andare in biblioteca, stasera…”, singhiozzò Lily sulla spalla di James, mentre lui la consolava accarezzandole la schiena.
“Non è stata colpa tua”, la rassicurò lui, sussurrandole in un orecchio. “Andiamo via, Lily. Dobbiamo farti sistemare questo polso…”. Ma Lily scosse la testa e si aggrappò con più forza a lui.
Alice e le altre erano scosse da singhiozzi incontrollati. Frank aveva gli occhi rossi e anche lui avrebbe ceduto alle lacrime in poco tempo.
Uno scalpiccio di passi rivelò la presenza degli altri tre che mancavano all’appello: Mary, Sirius e Remus.
“DOV’È KATE?”, urlò Mary. Poco dopo vide il corpo steso a terra e si lasciò cadere come Lily, singhiozzando sul petto dell’amica. Poi Lily e Mary si abbracciarono, piangendo.
Sirius era rimasto impassibile e sembrava che non respirasse neppure. Ma sbottò subito dopo anche lui.
“Noi ci eravamo lasciati, maledizione!”, rivelò, tirandosi la cravatta fin quasi a strozzarsi. “Ci eravamo lasciati!”, urlò ancora, correndo fuori dalla Sala Grande.

*

La lotta tra Hogwarts e i Mangiamorte si era conclusa. Arrivati gli insegnanti, ma soprattutto Silente, tutto si era sistemato. Il bilancio dei morti era arrivato a quattro: due Mangiamorte e due studenti.
Regulus sedeva nell’erba del parco, al chiaro di luna. Quella ragazza lo aveva scosso profondamente. Gli ricordava molto la sua Cara. Tutte e due erano coraggiose e perseguivano i propri obiettivi senza cercare strade facili o vie di mezzo.
Nessuna azione compiuta da Kate era stata da codarda. Aveva affrontato qualsiasi cosa le si era presentata davanti, tranne quell’ultimo fatto…
Forse non voleva vedere più morte, distruzione e corruzione? Non lo sapeva per certo, però era l’unica soluzione possibile. La lotta con Voldemort sfiancava tutti, persino i suoi seguaci. Questo Regulus lo sapeva bene.
Per fortuna, prima della guerra, era riuscito a convincere Cara a rimanere nel dormitorio dei Serpeverde. Non voleva che corresse alcun rischio.
Alcuni passi che risuonarono calmi dietro di lui lo fecero voltare. Era Sirius, con la divisa strappata fuori posto e con diverse bruciature. Aveva gli occhi rossi e gonfi di pianto. Si fece un po’ più avanti, ma rimase comunque nascosto nell’ombra.
“Ho cercato di farti vedere la verità, ma tu mi hai ignorato. Capirai presto cosa comporterà la scelta che hai fatto”, sussurrò. Dopodichè se ne andò, lasciandolo solo, confuso e arrabbiato.

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Capitolo 19
*** Compleanno, ricordi e lieto fine ***


Capitolo 19: Compleanno, ricordi e lieto fine


Il suo letto nel dormitorio non le era mai sembrato così scomodo. Forse era la tristezza, o il fatto che il letto alla sua destra fosse vuoto da una settimana, ormai.
Le dicevano tutti di dimenticare, di non pensarci, di ricordarla così com’era in vita. Inutile dire che non poteva.
Il suo corpo indifeso la terrorizzava. Era sempre stata così coraggiosa, mai pronta a lasciarsi andare, a non combattere.
La guerra cancellava tutto questo. Rendeva vani gli sforzi di chiunque.
Il funerale del giorno dopo la battaglia era stato semplice e sobrio e la cerimonia si era svolta senza corpi. I genitori di Kate e dell’altro ragazzo erano arrivati al castello solo per recuperare i loro figli e i loro effetti e portarli a casa. Dopo aver parlato con Silente nessuno li aveva più visti.
Lily e Mary conoscevano da molto tempo i genitori di Kate e nessuno più di loro aveva notato le espressioni spente dei due così diverse da quelle del solito. Nella vita di tutti i giorni si poteva subito capire da chi Kate avesse preso il suo carattere solare e giocoso. Ora era rimasta solo un’ombra di quell’antica felicità.
Lily non parlava più con nessuno. Si ritirava presto nel suo dormitorio e partecipava solo alle lezioni. L’ultima persona con cui aveva parlato era stata James: si vergognava per essersi lasciata andare ancora un volta con lui, piangendo sul suo petto mentre lui la abbracciava e la consolava.
Ogni tanto, nei lunghi silenzi che popolavano le sue giornate, pensava a quello che avrebbe voluto Kate. Non avrebbe voluto che si lasciasse andare così, ne era certa, ma era inevitabile.
Si alzò controvoglia dal suo letto e si avvicinò alla finestra del dormitorio accanto al letto di Dorcas. Lì, acciambellato, c’era James, il suo gattino nero. Appena la vide fece le fusa e le si arrampicò in grembo.
Lily aprì la finestra e si sedette sul davanzale, mentre la brezza le accarezzava il viso. Era ancora gennaio, ma quel giorno non era freddo come il resto dei giorni invernali e c’era il sole, anche se non riscaldava molto.
Una delle sue due migliori amiche non c’era più. Faticava ancora a crederlo. Ogni giorno si guardava intorno, aspettando che Kate la rallegrasse con la sua presenza e le sue solite battute. Invece non poteva. Non avrebbe mai più potuto parlarle, non avrebbe più passato le vacanze con lei, non avrebbe più riso con lei e non avrebbe più potuto confessarle i suoi problemi o i suoi segreti.
Ora, non poteva fare altro che assistere impotente alla perdita.
Per lei avrebbe dovuto essere un giorno speciale quel sabato 30 gennaio, ma non trovava la forza di aprire la porta del dormitorio e affrontare le facce dei Grifondoro che le auguravano un buon compleanno. Avrebbe dovuto fingere. Fare grossi sorrisi non le riusciva bene, visto che potevano solo sembrare smorfie.
I suoi le avevano mandato un grosso gufo che portava un pacchetto incartato e un biglietto. Non aveva ancora avuto il coraggio di aprirlo.
Gli altri regali erano invece accatastati ai piedi del suo letto. Non aveva voglia di aprire neanche quelli, ma prima o poi l’avrebbe dovuto fare. Mary era distrutta quanto lei -come tutte le ragazze del settimo anno di Grifondoro- ma non le avrebbe mai permesso di passare il giorno del suo compleanno nello sconforto più totale.
Come se le avesse letto nel pensiero, Mary entrò appoggiando la porta. Prima guardò circospetta i pacchetti e poi si rivolse a lei con un’espressione davvero poco amichevole.
Anche lei era molto pallida, ma ultimamente cominciava a riprendere un po’ di colore.
“Ti decidi ad aprire quei pacchetti?”, le chiese, avvicinandosi. Lily fece spallucce.
“Sono sicura che se lo farai, poi ti sentirai meglio”, disse, raddolcendo la voce per rassicurarla. Lily scosse ancora una volta le spalle.
“Non so se ci sarà ancora qualcosa che mi farà sentire meglio”, rispose, parlando per la prima volta dopo tanti giorni. Gli occhi di Mary diventarono lucidi, ma solo per un momento così breve che Lily pensò di esserselo immaginata. Mentre la guardava negli occhi, il viso di Mary rispecchiò improvvisamente una forte determinazione.
“Smettila di fare l’incompresa e reagisci. Come pensi che mi senta io mentre tu mi abbandoni? Non dovremo invece superare il dolore insieme? Da vere amiche?”, chiese, sedendosi su un letto vicino alla finestra. “Ti prego, Lily. Fai qualcosa di diverso dal startene tutto il giorno chiusa in una stanza. Vorrei farlo anche io, ma so che Kate non approverebbe. Noi due la conosciamo bene”.
Lily si mosse inquieta sul davanzale: Mary aveva ragione. Conoscendo Kate, non avrebbe voluto che le sue due migliori amiche si abbandonassero allo sconforto.
“E poi… lei vive in noi”, sorrise Mary, mentre una delle lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento le strisciò una guancia.
Lily si alzò e la abbracciò più forte che poté. Poco dopo iniziarono a piangere tutte due, godendo l’una del conforto dell’altra.

*

Bussò con reverenza sulla porta dello studio del Preside. Era vero che proprio lui l’aveva mandato a chiamare, ma questo non lo aiutava affatto a sentirsi meno fuori posto.
La serratura scattò da sola e la porta si aprì. Sirius entrò e se la chiuse alle spalle. Alcuni oggetti argentei sbuffavano e tintinnavano, come se si lamentassero di essere stati disturbati.
Sirius mosse ancora qualche passo avanti e si ritrovò improvvisamente Silente di fronte. Un Silente alquanto sorridente.
“Black, sei arrivato”, lo accolse, mettendogli una mano sulla spalla e accompagnandolo alla scrivania in fondo alla stanza. Lo fece sedere di fronte a lui e lo scrutò in silenzio, con un guizzo dei suoi occhi azzurri dietro alle lenti a mezzaluna.
Poi il suo sorriso scomparve, lasciando il posto a un’espressione perplessa, come se avesse visto qualcosa che non si sarebbe mai aspettato.
Fece un gran sospiro. “Ti ho chiamato per chiederti come stavi. Avrei voluto parlare anche con la signorina Evans, ma sono sicuro che non avrebbe retto. E’ troppo presto per lei, come anche per la signorina McDonald”.
Sirius rimase in silenzio.
“In quanto a te”, aggiunse il Preside ”vedo che ti stai preoccupando il doppio di loro. La tua inquietudine riguarda le due facce di una stessa medaglia. Mi sbaglio?”.
Sirius non aveva idea di come facesse a sapere che era stato Regulus a uccidere Kate e neanche che era tormentato dalla morte della sua ex-ragazza quanto dal fratello assassino che non era riuscito a salvare dall’influenza della sua famiglia. Ma forse non intendeva niente di tutto questo. Se Silente avesse saputo di Regulus, sicuramente l’avrebbe espulso, o no?
“No, signore, non si sbaglia”, ammise a malincuore. “Ma spero che non succeda niente di grave per questo… avvenimento”.
Silente scosse la testa. “Che intendi? Non ho idea di cosa tu stia parlando, Black”. Poi sorrise e cominciò a canticchiare uno strano motivetto. Salì le scale -probabilmente verso la sua stanza da letto- e sparì.
Sirius guardò sorpreso la porta che si era chiusa dopo Silente. Era come se il Preside si fosse improvvisamente dimenticato perché stessero parlando. C’era chi diceva che era rimbambito, ma Sirius non pensava che avessero ragione. Forse lo stava solo avvertendo che nessun altro avrebbe dovuto sapere di Regulus.
Si accorse poco dopo che non era solo: Fanny, la fenice di Silente, lo guardava con occhi acquosi da un trespolo vicino a un armadio. Sirius si alzò dalla sedia e si avvicinò lentamente. Mentre contemplava quell’uccello magnifico dalle penne di fuoco, all’improvviso l’armadio di aprì, spaventandolo. Fece un salto indietro dalla paura, tirando fuori la bacchetta, pronto ad attaccare, ma si accorse che nessuno voleva ucciderlo e che l’armadio conteneva solo un basso bacile di pietra. Qualunque cosa ci fosse all’interno, emanava sfumature argentee e biancastre.
Sirius si avvicinò e capì subito di cosa si trattava: era un Pensatoio. Con quell’oggetto qualunque persona poteva travasare i suoi pensieri e ricordi all’interno, riviverli o nasconderli a chi non avrebbe dovuto vederli. Aveva trovato quelle spiegazioni in uno degli orribili libri che si trovavano a casa dei suoi genitori. Si ricordava quanto era rimasto traumatizzato, quel pomeriggio di dieci anni prima, per aver guardato ogni libro e ogni oggetto che apparteneva alla sua famiglia. Anche allora cercava delle prove per capire se i suoi fossero dalla giusta parte.
Gli venne subito in mente un’idea. Si guardò attorno, chiedendosi se Silente avrebbe voluto che guardasse i suoi ricordi all’interno di quell’oggetto magico. Ma cos’altro aveva da perdere ormai?
Si portò la bacchetta a un tempia ed estrasse i suoi due ricordi più belli con Regulus e Kate. Avvicinò la testa al bacile e vide comparire la sua vecchia stanza al numero 12 di Grimmauld Place.
Si tuffò e… atterrò in piedi sul pavimento.
Il giovane Sirius di otto anni di fronte a lui era seduto a terra e giocava con un modellino di una scopa volante giocattolo.
La porta si aprì ed entrò suo fratello. Aveva ancora i capelli lunghi e mossi come i suoi. Sirius si ricordò quando Regulus volle farseli tagliare per non assomigliare più a lui e questo gli diede un altro colpo al cuore.
“A che giochi?”, chiese il piccolo Regulus, avvicinandosi e sedendosi di fronte al fratello.
“A niente che possa interessarti”, rispose freddamente Sirius, recuperando la miniatura del manico di scopa e guardandolo male. Il sorriso di Regulus sparì immediatamente.
“Sirius, mi dispiace di aver detto alla mamma che hai rotto quel cofanetto di famiglia e hai strappato alcune pagine di una delle copie di Nobiltà di Natura: Genealogia Magica!”, esclamò. “Non volevo farlo ma lei mi ha costretto! E se non le avessi detto tutto, mi avrebbe fatto del male!”, singhiozzò.
Il piccolo Sirius sospirò. “In questo modo è stata lei a fare male a me”, rispose. Si toccò la schiena, come per ricordarsi dove fossero le conseguenze della sua disobbedienza, e sussultò dal dolore. Erano passati tre giorni e i lividi si facevano sempre più dolorosi.
“Mi dispiace, Sirius”, gemette ancora Regulus, sciogliendosi in lacrime. “Non lo farò mai più. Anzi, la prossima volta prenderò la tua punizione su di me”.
Sirius alzò lo sguardo e lo guardò negli occhi. Quella frase fuori luogo per un bambino di sette anni l’aveva riscosso. “Mi dispiace se ti ho evitato e ti ho risposto male per tutto questo tempo. Scusami”, disse, cogliendo il fratello di sorpresa. “Io sono il fratello maggiore e devo prendermi le mie responsabilità. La prossima volta non nasconderò niente così la mamma non ti chiederà cose che riguardano me”.
Regulus rimase in silenzio. Sirius si avvicinò e lo abbracciò.
Quando si staccarono, il piccolo Regulus si asciugò le lacrime e tirò fuori da una tasca un altro modellino di scopa. Aprì la mano e lo lasciò volare per la stanza.
Sirius sorrise e fece volare anche il suo.
Il Sirius in piedi continuò a guardare quel ricordo fino a quando i due bambini non smisero di giocare per andare a cena. Kreacher, l’elfo domestico, era entrato e aveva rovinato tutta quell’atmosfera.
Come al solito, si disse Felpato, asciugandosi l’unica lacrima che non era riuscito a trattenere.
Il ricordo si affievolì e la stanza si divise in tante piccole gocce che formarono un cielo stellato come quello della Sala Grande e un pavimento di pietra. Era la Stanza delle Necessità.
Quella era la sera della vittoria di Grifondoro nella partita di Quidditch con i Serpeverde del 29 ottobre. Mentre Sirius aspettava che qualcuno aprisse la porta, si preparò a quello che avrebbe visto.
Proprio in quel momento Kate e Sirius entrarono nella stanza baciandosi. Quando lei alzò gli occhi al soffitto, rimase senza parole.
“O mio Dio, Sirius…”, sussurrò, “non può essere vero”. Sirius sorrise.
“Beh, mia cara, dipende tutto da come la vedi tu”, disse, cominciando a sogghignare con la sua risata simile a un latrato. Kate sorrise a sua volta e scosse la testa, disapprovando le parole provocatorie di Black.
Camminò verso il centro della stanza e poi si sedette, probabilmente desiderando qualche libro da leggere, perché apparvero in una pila ordinata alla sua destra.
“Che diamine…”, disse, sussultando. Sirius rise ancora di più.
“Stavo pensando di dire che sarebbe stato bello avere qualcosa da leggere in questo posto e prima che lo avessi detto, sono apparsi qui i miei libi preferiti!”, spiegò, analizzando i titoli sul dorso.
All’improvviso si alzò e raggiunse Sirius. Cominciò a prenderlo a pugni giocosi, sottolineando una parola ad ogni colpo. “Ora-mi-dici-che-cosa-succede-in-questa-stanza!”.
“Va bene, va bene!”, esclamò Sirius sorridendo, cercando di ripararsi. Kate si fermò, gli stampò un bacio sulla bocca e incrociò le braccia, aspettando la spiegazione.
“Questa si chiama la “Stanza delle Necessità” o “Stanza Va-e-Vieni”. L’abbiamo scoperta io e i Malandrini girando per il castello… di notte”, concluse, perplesso, cercando di non rivelare niente su Remus. Avevano scoperto quella stanza, infatti, quando le prime volte che erano insieme durante la luna piena, Remus si era azzannato da solo e perdeva troppo sangue per poterlo portare da Madama Chips.
“Non c'è bisogno di fare quella faccia. Lo sapevo già che uscivate di notte per andare nelle cucine e per girare nel castello”, rise Kate, senza sapere di cosa si stava realmente preoccupando Sirius. “Comunque, vai avanti”, lo spronò, facendolo accomodare con lei a sinistra della pila di libri.
“Insomma… se hai bisogno di qualcosa, basta che lo pensi ardentemente e passi tre volte avanti e indietro davanti a quel muro. La porta appare e se la chiudi, nessuno può entrare con te, a meno che non sappia cosa hai desiderato”.
“Non male”, commentò la ragazza sbadigliando, aprendo un libro e cominciando a leggere. Si poggiò alle ginocchia del ragazzo e rimasero in quella posizione a lungo.
Solo in seguito Sirius si accorse che Kate si era addormentata. Si avvicinò di più e la strinse tra le braccia.
Mentre dormiva sembrava non avesse alcun pensiero. La sua espressione mostrava tutta la sua felicità nello stare finalmente con lui.
Anche questo ricordo cominciò ad affievolirsi, ma stavolta Sirius si ritrovò nello studio di Silente, da dove era partito tutto. Si asciugò le numerose lacrime che gli avevano bagnato le guance e ringraziò il Preside, anche se non era sicuro che potesse sentirlo. Diede anche una carezza alla fenice e poi chiuse la porta, attraversando il castello diretto alla Stanza delle Necessità.

*

Finalmente, grazie all’aiuto di Mary e delle altre era riuscita ad aprire i regali di compleanno. I suoi le avevano regalato un bel bracciale con il suo nome. Sul biglietto c’era scritto che per lei, quel giorno, era davvero importante e che le volevano bene. Ovviamente la firma di Petunia non c’era.
Mary le aveva regalato un bel libro intitolato Ampolle e Pozioni, Alice un altro che aveva impresso sul dorso Magie Difensive. Le due avevano perfettamente inquadrato le sue vere passioni.
Quando qualcuno entrò dalla porta, stava scartando il regalo di Dorcas. Era affannato, portava un manico di scopa nella mano ed era… James Potter.
Le altre quattro ragazze si mimetizzarono con la carta da parati, ridacchiando.
“James! Che ci fai qui?”, chiese Lily, sorpresa. James sorrise.
“Non volevo perdermi lo scivolo del dormitorio delle ragazze”, commentò sarcastico.
Lily alzò un sopracciglio. “Non dovresti esserne fiero, sai. Questa è violazione della privacy”. James ridacchiò.
“Ti ho portato un regalo”, disse porgendole il pacchetto. La carta era del colore dell’arcobaleno e la ragazza rimase incantata dalle sfumature. Pensò che forse aveva qualcosa a che fare con il suo umore. James voleva rallegrarla? Voleva farle capire di tornare in se stessa? D’altronde lui c’era già passato e capiva…
“Su, aprilo. Spero che ti piaccia, perché ne ho dovuto discutere anche con i tuoi”, disse, lasciando Lily senza parole.
“Cosa? Hai parlato con i miei genitori? Perché?”, chiese sconvolta. James ammiccò.
“Lo scoprirai presto”.
Lily sentiva che con James al suo fianco sarebbe potuta tornare presto alla vita. La sua personalità giocosa, non più immatura come un tempo, le stava rapidamente tirando su il morale, come non era riuscito a fare nessun altro.
Scartò il regalo e rimase meravigliata dal suo contenuto. Era un braccialetto simile a quello che le avevano regalato i suoi, ma impresso non c’era il suo nome. Era quello di James.
Contemplò il regalo per due minuti buoni, cercando di carpirne il significato.
“Ovviamente è da amico…”, cercò di dire James, preoccupato, ma subito Lily lo interruppe prendendolo per un braccio e trascinandolo fuori dal dormitorio. Le altre ragazze si guardarono stupite.
Lo trascinò fino al parco, sotto una grande quercia.
Erano tutti e due affannati, lei con il pacchetto ancora stretto in mano e lui con il manico di scopa.
“Lily?”, la chiamò lui, sperando che non gli facesse una ramanzina.
“Va bene, lo dirò. Adesso”, dichiarò lei all’improvviso, illogicamente. James la guardò confuso.
“Cosa?”, chiese, temendo una risposta tagliente in arrivo.
Lily prese un respiro profondo. Non poteva crederci: stava per dirlo.
Le parole le uscirono così, senza che avesse pensato a una dichiarazione migliore.
“Non ho bisogno di una stupida scommessa per capire che mi sono innamorata di te”.
James sorrise come non aveva mai fatto e le allacciò il braccialetto al polso, vicino all’altro.
“Neanche io”, disse lui. “Ho capito di essermi innamorato di te più o meno quest’anno e non è stato affatto facile”. Lily annuì.
“L’ho sempre saputo che non eri realmente innamorato di me e che cercavi solo un appoggio. Quest’anno si è subito visto che eri cambiato”, spiegò, arrossendo.
Il cuore di Lily batteva all’impazzata, tanto che aveva paura che James lo sentisse. Finalmente aveva capito tutto su James e lui tutto su di lei.
James sembrava frastornato, come se non riuscisse a credere a quello che era appena successo.
Lui si avvicinò lentamente, le infilò una mano tra i capelli fiammanti profumati e scrutò i suoi bei occhi verdi.
La baciò.
Qualcosa all’interno di Lily si sciolse. Non aveva mai provato un’emozione così.
“Comunque ho vinto io”, dichiarò lui quando si staccarono. Il sorriso di Lily lasciò il posto a un’espressione che non prometteva niente di buono.
Lo schiaffo sulla spalla di James arrivò subito dopo, ma lui se l’era aspettato.
“Stai zitto, Potter”, disse. Ma poi si tradì ridacchiando.
I due si presero per mano e si incamminarono verso il castello. 








Angolo dell'autrice:

Ta-daaaa, finalmente Lily e James si sono baciati!
Potete perdonarmi il ritardo nell'aggiornare con questa scena ?? ç_ç Spero di sì!

La nostra storia comincia a volgere al termine.
Spero che vi sia piaciuto il capitolo! :3
Grazie a chi mi segue in silenzio e a chi recensisce. Senza di voi non sarei mai arrivata a qusto punto.
A presto!

PS. Buona Pasqua a tutti! :3

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Capitolo 20
*** Epilogo - Tre mesi dopo ***


Epilogo -  Tre mesi dopo


“James! In piedi!”, urlò una ragazza, mulinando i lunghi capelli rossi e saltando sul letto del malcapitato. Lui mugugnò e si schiacciò il cuscino sulla testa.
“Dai!”, lo incitò ancora Lily, scoprendolo delle sue coperte. James si agitò ancora di più nel letto, cercando le lenzuola, ma non si alzò.
“Evans, sono le otto di mattina”, bofonchiò Sirius, con la voce impastata di sonno. “Torna a letto, da brava”. Lily gli lanciò uno sguardo, indignata.
“Black, sono le dieci, per la precisione. E non è presto!”, disse. “La prossima volta vengo a svegliarvi alle sei”.
“Ma è domenica…”, borbottò ancora lui, interrompendosi per ricominciare a russare.
Lily, stufa, si alzò dal letto di James e sorrise meschina.
“A Hogsmeade ci vado con William Leavis, se non ti dispiace. Addio, Potter”, proclamò, camminando verso la porta del dormitorio maschile del settimo anno come una ballerina.
Evidentemente una lampadina si era accesa nella testa di James, perché lui saltò in piedi e la guardò truce.
“Come?”, chiese, “Vuoi tradirmi dopo solo tre mesi che stiamo insieme? Sono stato così insopportabile?”. Lily rise e si riavvicinò al letto, stampandogli un bacio sulla bocca.
Proprio in quel momento, Sirius si svegliò di soprassalto e mimò un conato di vomito. Lily lo guardò severa e lui si giustificò con un “Non mi sono ancora abituato”.
“Sei solo invidioso”, dichiarò invece Lily e lui le fece una linguaccia.
Un’ora dopo erano tutti pronti e si accalcavano fuori dal castello per andare a Hogsmeade. Lily stringeva convulsamente la mano di James, tanto che lui la guardò preoccupato. Lei, però, rispose con un sorriso enorme e non sembrava fosse nervosa.
“E’ la prima volta che usciamo a Hogsmeade da fidanzati”, proferì James, quando arrivarono davanti al negozio di Mondomago. “Solo pochi mesi fa mi odiavi, te lo ricordi?”. Lily gli lanciò un’occhiata torva, ma poi sorrise e gli indicò il negozio di Madama Piediburro che si intravedeva tra gli altri edifici.
“Non avrai intenzione di portarmi lì, oggi, spero”, disse, evidentemente disgustata. James scosse la testa e rise.
“Lo sapevo che non avresti apprezzato certe smancerie”, rispose prontamente. “Ricordati sempre che io ti conosco bene, e da più tempo di quanto pensi”.
Lily non si era mai sentita così leggera come in quel momento. James Potter aveva quel potere su di lei.
“Andiamo ai Tre Manici di Scopa: un appuntamento così sembrerà molto più da ragazzi maturi”.
“Sì, beh…”, cominciò Sirius, “Io vado. Non voglio assistere ai vostri sbaciucchiamenti”.
“Ma quando mai l’abbiamo fatto?”, esclamò Lily sdegnata, ma lui non la sentì neanche perchè si era già allontanato con Remus e Peter.
“Non ti piacerebbe farlo?”, disse James maliziosamente. “Io ci sto”.
Lo scappellotto arrivò subito dopo. “Io no, invece”, rispose lei, con uno sguardo fulminante.
 
James e Lily entrarono nel locale e presero un tavolo.
“Vado a chiedere due Burrobirre, aspetta qui”, disse James e sparì subito dopo.
Quando tornò, parlarono del più e del meno, bevendo dai loro boccali.
“Ti piace il tuo primo appuntamento?”, chiese poi James. Gli occhi di Lily luccicarono, senza che lei lo facesse apposta. Ma era normale: lui era James, James Potter. Lui era l’unico che riusciva a farla sentire se stessa.
Si sporse per baciarlo ma lui spostò un attimo lo sguardo alla finestra e disse, sbalordito: “Ma quella non è Mary?”.
Lily seguì il suo sguardo e notò Mary in compagnia del suo nuovo ragazzo, acquisito da meno di quindici giorni. Sorrise, fiera della sua amica, ma soprattutto felice per lei.
“Sì, Richardson ora è il suo ragazzo”, spiegò Lily.
“Ma quello non è il ragazzo del sesto anno che non voleva che Remus, Sirius e Mary stessa non uscissero dalla sala comune la sera…”. Sapeva benissimo dove voleva andare a parare: la sera dell’entrata a Hogwarts dei Mangiamorte, la sera della morte di Kate.
“Già, è proprio lui”, disse lei, mascherando quell’attimo drammatico con un sorriso triste. James attirò una delle sue mani tra le sue e la strinse per rassicurarla. Lily lo guardò dolcemente per ringraziarlo.
“Come ha fatto a innamorarsi di un ragazzo così fastidioso?”, domandò poi James, ridacchiando.
“Non è così male se lo conosci. Comunque… Potrei farmi la stessa domanda”, gli rispose Lily, scherzosa.
James si avvicinò alla rossa e cercò nuovamente di baciarla. Anche Lily si sporse, dimenticandosi di tutte le persone che avevano intorno.
“Posso farti vedere un cosa, Lily?”, chiese James, rovinando l’atmosfera tanto improvvisamente che la ragazza si riappoggiò allo schienale della sedia, delusa, allontanandosi dal volto del suo compagno.
“Certo…”, rispose, e lui lasciò delle monete sul tavolo, la tirò per il polso e la portò all’esterno del locale in tutta fretta.

*

“Sai per quanto tempo James ha aspettato questo momento?”, chiese Remus, sorridendo.
Sirius sbuffò. “Per veramente troppo tempo, secondo il mio modesto parere”.
“Ma, Sirius, non sei contento per Ramoso?”, domandò ingenuamente Peter. Sirius lo squadrò dalla testa ai piedi e rise.
“Ma certo, che domande!”, esclamò, spintonandolo. Ma il suo sorriso si spense in fretta e il suo volto si rabbuiò. “Stavo solo pensando…”, cominciò con voce seria, “tra poco tempo daremo i nostri M.A.G.O. e poi non rientreremo più a Hogwarts come studenti”.
Quell’affermazione fece in modo che nessuno più parlasse. Peter spostò lo sguardo all’erba ai suoi piedi e si sedette, mentre Sirius guardava le nuvole che si spostavano nel cielo e Remus fissava il suo volto. Era sicuro che stessero pensando alla stessa cosa: nella vita tutto era passeggero, persino la vita stessa.
“Tranne gli amici”, disse Sirius, come se gli avesse letto nel pensiero. “Gli amici rimangono per sempre”.
Si guardarono tutti e tre negli occhi e sorrisero.
Non importava quello che li aspettava, bastava che lo affrontassero insieme. Ci sarebbero sempre stati l’uno per l’altro, come avevano fatto per tutti quegli anni.
“Visto che la tua paura è non tornare più qui come studente, posso consigliarti qualcosa?”, disse Remus inaspettatamente, sorridendo.
“I tuoi consigli sono sempre ben accetti, Remus Lunastorta Prefetto”, lo schermì Felpato.
“Non studiare, non superare i M.A.G.O., e vedrai che i professori non si sentiranno in dovere di cacciarti via dal castello”, proclamò Lunastorta, ghignando.
Il sorriso di Sirius diventò una smorfia.
“Ma chi è stato a farti Prefetto?!”.

*

James tirava Lily ancora per un braccio, camminando a passo svelto. Quando si fermarono, erano su una collinetta vicino alla Stamberga Strillante.
“Jamie, che ci facciamo qui?”, chiese Lily, guardandosi intorno e poi cercando qualche indizio della pazzia del suo ragazzo sul volto di quest’ultimo.
“Voglio metterti a parte del mio ultimo segreto per te”, sussurrò lui. “Ho cercato di dirtelo tante volte, ma ci sono sempre stati dei contrattempi. Ora non ce ne saranno, te lo prometto”. Poi rimase in silenzio, dondolandosi da un piede all’altro come se fosse un bambino a cui chiedono di spiegare quello che ha studiato.
“Sei sposato?”, chiese Lily, fingendosi arrabbiata.
James strabuzzò gli occhi. “NO!”, disse.
Urlò talmente forte quel monosillabo di diniego che Lily pensò ci fosse sotto qualcosa.
Lui tirò fuori la bacchetta, rimase qualche secondo concentrato e poi mormorò “Expecto Patronum”. Dalla punta della sua bacchetta uscì un sottile filo argenteo che, piano piano, prese la forma di un magnifico cervo. L’animale girò attorno alla testa di Lily maestoso e poi si dissolse nel suo stesso fumo.
Ci fu un momento di silenzio in cui Lily trattenne il respiro, capendo quello che James voleva dirle. Ma lei l’aveva già scoperto qualche mese prima, quando, non riuscendo a dormire, si era affacciata a una delle finestre della sala comune di Grifondoro e aveva intravisto tra gli alberi un cane e un cervo. Non aveva mai visto un cane così grosso e nero nei dintorni di Hogwarts, però non era la prima volta che vedeva il cervo. Era già successo una sera di quel lontano ottobre, all’inizio dell’anno, quando lei ancora odiava sentir pronunciare il nome “James Potter”. Quella notte, mentre pensava a Severus, credeva di essersi immaginata le corna e il corpo magnifico dell’animale. Ma adesso non lo credeva più. Non dopo averlo visto più di una volta e averlo collegato al Patronus del suo ragazzo.
Sì, forse avrebbe dovuto ammettere che aveva origliato una delle conversazioni dei Malandrini e aveva sbirciato nella stanza… A parte questo, stava di fatto che aveva osservato il Patronus uscire dalla bacchetta di James e aveva compreso tutto all’istante.
Non aveva voluto dirgli niente, però. Quando James sarebbe stato pronto a rivelarlo, quello era il momento giusto per fargli sapere che lei conosceva ogni centimetro del suo stupendo ragazzo.
E, a quanto pareva, il momento era arrivato.
“Hai già capito? Sì, lo so, non sono stato molto chiaro…”, borbottò James, nervoso, vedendo che Lily non accennava a voler parlare.
“Ho già capito cosa? Che sei un Animagus?”, chiese lei.
James era sbalordito. “Ma come…?”
“Uno, dovreste imparare a nascondervi meglio nella foresta durante i vostri giretti notturni. Due, il tuo Patronus, il tuo cervo, ha due corna che solo tu puoi permetterti e la cosa si collega perché ce l’ha anche l’Animagus e… tre”, enfatizzò, visto che James aveva intenzione di interromperla, “ti amo”.
James sbatté le palpebre più volte, incredulo.
“Hai appena dett-“, cominciò, ma lei lo interruppe.
“Sì, ti amo”, ripeté lei, mostrandosi ancora più convinta di quanto potesse aver dimostrato prima.
James sorrise dolcemente. “Anche io ti amo, Lils”.
Poi si inginocchiò e le prese una mano tra le sue. Lily quasi sobbalzò, temendo quello che avrebbe potuto significare quella posizione e la scatoletta di velluto blu che stava lentamente estraendo dalla tasca dei pantaloni.
Trattenne il respiro, senza sapere cosa fare.
“Oh mio Dio”, esclamò poi, coprendosi la bocca con la mano che le era rimasta. “James, non vorrai mica…?”.
“Lily”, cominciò lui. La ragazza dai capelli rossi cominciò a scuotere lentamente la testa. Come erano arrivati fino a quel punto?
”Io ti amo”, continuò lui, “e non voglio più separarmi da te. Sei il motivo per cui ancora respiro e vivo. Grazie a te la mia vita è cambiata. Da quando ti ho incontrata, non sono stato più lo stesso”. Si indicò il petto dove sapeva che c’era il cuore. “Non sono stato più lo stesso qui, qui dentro. Perciò…”.
Il cuore di Lily batteva all’impazzata, come sapeva che stava battendo anche quello di James. Era un passo enorme, quello. Troppo grosso.
Ma chi avrebbe mai potuto fermarla? Nessuno, solo se stessa.
“Vuoi”.
Oh mio Dio, lo sta per fare!, urlò nella sua mente.
“Tu”.
Era pronta per un passo del genere? Non lo sapeva neanche lei. Erano troppo giovani! Lei aveva provato cos’era l’amore solo con quel ragazzo che ora le stava per chiedere se voleva passare tutta la vita con lui.
Ecco perché aveva urlato quel ‘no’ quando Lily gli aveva chiesto se era sposato. Lui era già agitato per quello che avrebbe fatto, non perché di lì a poco avrebbe rivelato di essere un Animagus.
Sperò che si fermasse e che la lasciasse riflettere per qualche istante.
“Sposarmi?”.
“Sì!”, esclamò Lily all’improvviso, sorprendendo perfino se stessa. Arrossì fino alle punte dei capelli e capì che aveva fatto la scelta giusta anche se non aveva pensato. Il suo cuore le diceva di sì. Le diceva che era pronta per quel passo, e così ci credette.
James sorrise e la abbracciò, beandosi del profumo dei suo capelli fiammanti. Poi la baciò. La baciò per minuti interi, finché non ebbero bisogno entrambi di respirare.
“Mi hai reso l’uomo più felice della Terra”, sussurrò James. “Non importa se c’è una guerra lì fuori, finché vivremo, la affronteremo insieme”.
“Oh, James…”, mormorò Lily, contro il suo petto. Alcune lacrime calde di gioia risplendevano sul suo volto.
“Ti ho mai urlato, nelle tante volte in cui abbiamo litigato in questi anni, ‘non uscirò mai con te, James Potter’?”, chiese, sporgendosi per baciarlo ancora, dopo essersi asciugata il viso e aver riacquistato la sua solita spavalderia.
“Hmm, qualche volta, sì”, rispose lui, completamente in balia del profumo della sua fidanzata.
“Beh, mentivo”.
James rise e si passò una mano tra i capelli, scompigliandoli come sempre. “Sei sempre la solita, Lily Evans”.
Lily non rispose e James cominciò a preoccuparsi.
“Che succede? Ci stai ripensa-?” Ma non riuscì a finire la frase perché la rossa aveva infilato improvvisamente le sue mani delicate tra i suoi disordinati capelli castani.
“Ma che stai facendo?” si lamentò James.
Lei rise. “Non sai da quanto tempo aspetto di farlo!”


The End














Angolo dell'autore
Innanzitutto, volevo ringraziarvi per il vostro supporto. L'ho sempre detto e lo ripeterò anche qui: non sarei mai arrivata qui se non fosse stato per voi. Quindi, GRAZIE. Grazie per i vostri meravigliosi commenti, grazie anche solo per aver preferito o ricordato o seguito questa mia long disimpegnata.
E' stata un'impresa, lo devo ammettere xD La mia ispirazione va e viene (l'avrete sicuramente notato u.u) e non è per niente facile far in modo che le cose quadrino perfettamente con quello che ha inventato quella grande donna che è Joanne Kathleen Rowling *-*
E' stato anche divertente, questo sì :D James, Sirius, Remus, Lily, Mary, Kate e sì, anche quel disgraziato di Peter mi hanno accompagnata per quasi un anno in questa storia e non posso che esserne felice.
Eh, già, ora che ci penso, tra un po', "Non uscirò mai con te, James Potter" compirà un anno. Precisamente il 28 maggio prossimo u.u
La sto tirando molto per le lunghe, lo so e mi dispiace ç_ç Dirò solo qualcosina che vale la pena dire per chiudere in bellezza :)
Questa storia mi ha aiutato a capire meglio qual è il mio stile di scrittura, come mantenere un impegno (a parte la puntualità, e di questo mi dispiace ç_ç), cosa fare durante le noiose lezioni xD, come creare un personaggio e, migliore di tutto, come terminare di scrivere una storia. Non sono mai riuscita ad arrivare dove sono arrivata con questa long. Spero di aver capito come organizzare un'ambientazione, una trama e dei personaggi ^^
Ora vi lascio, ma non senza ringraziarvi ancora di tutto.
E questa è veramente la fine :)
All was well.

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