Uscher di Gufo_Tave (/viewuser.php?uid=11431)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: il creatore di maschere ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: La maschera di troppo ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: Un’idea sulla maschera ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: L’apertura della maschera ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: E la maschera proietta la sua storia… ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: sorprese dietro la maschera ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: E la maschera… svanì ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1: il creatore di maschere ***
Capitolo 1: il creatore di maschere
Allora, prima di
partire, vi avviso subito: il 99% dei personaggi non sono di mia proprietà
(oddio, due o tre sì, ma il resto è targato Kurumada), non scrivo questa
storiella a scopo di lucro, ma solo con lo scopo di mettere su carta un’idea.
Vi anticipo inoltre che
“farò finta” di non sapere della reincarnazione dei cavalieri dopo ogni guerra
sacra. Spero siate d’accordo con me che sia un particolare che ha poco senso.
Tra l’altro pare che Kurumada stesso tenda a seguire poco le regole che si è
autoimposto (uno dei motivi per cui ho scelto di non seguire Next Dimension),
per cui, se non lo fa lui, perché dovrei farlo io?
Ah, dimenticavo: se
avete qualcosa da dire recensite pure, non vi mangio.
Se avete ancora il
fegato di continuare, allora dateci dentro!
Uscher
Capitolo 1: il creatore
di maschere
Una nuova era.
Niente più guerre
divine.
Niente più giovani
cuori straziati in assurde lotte di potere.
Questo sperava Atena, in
un silenzioso soliloquio notturno alle porte del tredicesimo tempio.
Quel sanguinoso
conflitto, da cui erano passati dei mesi, ebbe conseguenze piuttosto particolari.
Il fatto più
sorprendente fu la ricomparsa dei custodi dorati, materializzatisi alla
tredicesima casa assieme alla loro dea.
Ovviamente il passato
non si può cancellare, e nessuno si sorprese nel non vedere Saga in giro, dopo
il “perdono” di Aiolos.
Anche perché, più che
un cavaliere, era diventato un panda in armatura d’oro.
Lo stesso Sagittario si
doveva abituare alla strana inversione di ruoli con quello che un tempo era il
suo fratellino, il leone dorato. Cose che capitano quando si è assenti dal
mondo dei vivi per tredici anni.
Per quanto riguardava i
bronze, questi si stavano riprendendo dalla campagna contro Hades, mentre i
cavalieri sconfitti nella guerra galattica riscattavano il loro onore nelle
missioni loro assegnate.
In quella notte, dentro
un capanno non troppo distante dalle dodici case, un uomo lavorava febbrilmente,
senza curarsi delle urla lanciate dal suo corpo, ormai allo stremo, dopo giorni
interi passati sul banco da lavoro.
Sul suo fisico
scultoreo, insolitamente immacolato, spiccava una capigliatura argentea, non
molto curata.
L’artigiano era a pochi
passi dal traguardo, quando entrò un ospite inatteso.
Silenzioso come un
gatto, costui indicò, con un cenno del capo, una parete del locale:
-È indecorosa la tua
perseveranza nel vizio, arrivando per giunta a nasconderlo in un luogo sperduto
come questo- affermò, incapace di trattenere un lieve cenno di disgusto.
L’artigiano, ansimante
per la febbre e la fatica, non perse tempo con le buone maniere:
-Fottiti-
E così facendo, posò
gli attrezzi da lavoro.
L’altro, facendo appena
oscillare i lunghi capelli biondi, aprì gli occhi celesti.
Dalla sua posizione ci
mise qualche minuto per osservare l’opera dell’altro, ansimante dalla fatica.
Una maschera.
Negli ultimi giorni costui
aveva forgiato, modellato ed inciso una lastra d’oro zecchino, al fine di farne
una maschera mortuaria.
Un oggetto molto
simile, ed al contempo molto diverso, a quelli presenti un tempo alla quarta
casa.
A differenza di queste
ultime, era la testimonianza di un volto sereno, addormentatosi placidamente
nel sonno eterno.
Il biondo tornò ad
osservare l’incisore, dagli occhi sanguigni.
Sudava, tremante dalla
febbre e dalla denutrizione degli ultimi giorni.
Eppure quell’oggetto
era un capolavoro: ogni singolo dettaglio del volto, ogni ruga, ogni
imperfezione era stata riprodotta su quella lastra con una precisione
straordinaria, degna di una macchina. Insomma, un vero e proprio miracolo di
oreficeria.
Il visitatore iniziò a comprendere
cosa spinse quell’uomo a ridursi in fin di vita.
-Senso del dovere…-
mormorò, piano, richiudendo gli occhi.
Dopo di che uscì da
quel modesto laboratorio, silenzioso com’era arrivato.
Nel frattempo l’orafo
riprese a lavorare, dando gli ultimi ritocchi alla sua opera.
Aveva appena finito,
quando l’uomo dallo sguardo cieco riapparve. In mano, un vassoio con una teiera
fumante.
L’albino comprese il
gesto di scusa, ed accettò la bevanda, rimanendone sorpreso:
-È dolce-
-Nelle tue condizioni faresti
meglio ad ingerire qualcosa, per questo ho usato del miele-
-Grazie- grugnì. Poi,
notando lo sguardo del biondo, fisso sulla maschera, rispose: -Non siamo tutti
“illuminati” come te, Shaka-
-Conosco quell’uomo,
Death Mask…- ribatté il cavaliere della Vergine, conscio del profondo rispetto
che il saint del Cancro provava per il suo maestro, una delle poche persone ad
aver avuto un rapporto umano col custode dell’Ade.
-…semplicemente
ignoravo fossi stato tu a creare quelle maschere- riprese, riferendosi al
vecchio arredamento della quarta casa.
Death Mask per poco non
ci rimase secco. Tossendo vigorosamente per respirare, non poté evitare di
sghignazzare:
-Scusami, ma una cosa
del genere, detta da uno che si vanta di vedere tutto…-
-Non ho mai detto
questo- si difese l’altro, placidamente: -Niente sfugge alla mia vista
interiore, questo è vero, ma la mia capacità di discernere la verità ha fallito
più di una volta- disse, pensando ad un confronto avuto con un quindicenne,
solo pochi mesi prima.
L’italiano non rispose,
consentendo a Shaka di continuare:
-Ad ogni modo, come mai quelle maschere sulla
parete?- chiese, indicando il muro dietro di loro, quello che lo aveva schifato
durante la sua prima visita.
Vi erano appese alcune
maschere di vario materiale, alcune delle quali in oro.
-Vorrei saperlo anch’io-
Fece l’altro, voltandosi: -credo siano delle prove fatte da altri artigiani -
-Anche la maschera di
Aiolos è una di queste “prove”?-
-Ah, quella? Umph, deve
essere stata una delle prime che ho fatto, non l’ho mai finita ed allora devo
averla messa insieme con queste- rispose Cancer, grattandosi un angolo del
mento.
Shaka non rispose.
Sapeva benissimo che Saga, negli anni di usurpazione, aveva vietato ogni tipo
di commemorazione nei riguardi del Sagittario. Probabilmente Death Mask aveva modellato
quella maschera per gioco, per poi nasconderla.
Una volta terminata la
visita, l’indiano tornò alla sua dimora, visibile sullo sperone roccioso sopra
il laboratorio.
Note:
Si, lo so, cosa state pensando: “una storia SENZA Mary
- sue? Senza vedere i gold che s’intrippano tra di loro? Senza far apparire la
Kido come una zoccola sadomaso? SENZA OC (Oddio, senza OC non lo posso
garantire…) ? ”
Ma torniamo a noi.
Questa è la mia prima fic interamente incentrata su
StS. Almeno tra quelle in via di pubblicazione. La storia che state leggendo
adesso, come avete notato, sfrutta il manga (e solo il manga) nella sua
interezza. Niente ouverture del Tenkai, niente OAV. Solo il manga
(eventualmente potrebbe esserci qualche sprazzo di Ep. G e di Lost Canvas, ma
ne dubito).
L’assenza di riferimenti a Next Dimension è l’unico
motivo dell’avvertimento “What if”.
Inoltre avrete notato alcuni particolari: il primo è
che ho descritto Death Mask come un essere pallido e privo di cicatrici. Questo
perché mi sono rifatto al manga, dove tale personaggio è albino. Quindi niente
abbronzatura (e poi, intendiamoci, l’ambiente della quarta come solarium fa
decisamente schifo NdDeathMask). Il fatto che non presenti cicatrici, è dovuto
al fatto che è appena risorto, con un corpo necessariamente nuovo (certo,
direte voi, avrei potuto sfruttare questo particolare per descrivere DM con i
colori dell’anime, ma non mi piace usare colori di capelli che non esistono in
realtà, se il manga mi permette di evitarlo)
Un’ultima cosa, per le
femminucce: a scanso di equivoci, scordatevi lo yaoi. Come avrete capito, Shaka
è stato svegliato (o disturbato, fate voi) dalle bestemmie che Death Mask
tirava mentre lavorava alla maschera. |
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Capitolo 2 *** Capitolo 2: La maschera di troppo ***
Capitolo
2: La maschera
di troppo
Erano
passati alcuni
giorni da allora, e un lieve dubbio rodeva l’animo del cavaliere della
Vergine.
Quando
Death Mask gli
aveva spiegato l’origine delle maschere del suo laboratorio, Shaka
aveva
inconsciamente notato un dettaglio fuori posto.
Per
lavorare su
un’immagine non deturpata del proprietario, l’artigiano spesso
realizzava una
copia in materiale poco pregiato, una prova che faceva anche da backup
del
volto del destinatario.
Questo
era il caso
delle maschere nel covo di Death Mask, se non fosse per la presenza di
due
esemplari in oro.
Il
bronzo, l’argento e
l’oro, erano riservati alle rispettive caste di cavalieri, sebbene ci
fossero
alcune eccezioni di cavalieri di rango inferiori sepolti con maschere
d’oro.
Tuttavia,
niente
spiegava la presenza di quei intrusi.
Se
l’ornamento funebre
di Aiolos era un oscuro omaggio alla forza del Sagittario, l’altra
rimaneva un
mistero.
L’algido
simulacro di
Astrea, un tempo vivente nella superba certezza, aveva imparato a non
ignorare
il dubbio, e le sue conseguenze e aveva ormai preso la decisione di
fugarlo,
per lieve che fosse.
Tuttavia,
in quel
momento la sua attenzione fu distratta dal cosmo di un altro cavaliere.
Death
Mask.
Senza
troppi
complimenti, egli si accomodò davanti alla reincarnazione del Buddha.
L'italiano
si era
ripreso dall’immane sforzo dei giorni precedenti, eppure aveva delle
grosse borse
sotto gli occhi.
Senza
tradire alcuna
espressione, Shaka fece gli onori di casa:
-A
cosa devo la
visita?-
-Ad
una pulce che mi
hai infilato nell’orecchio- rispose l’altro, stancamente.
Virgo
si lasciò
sfuggire un’ombra di sorpresa sul volto. Intimamente
sapeva che entrambi erano afflitti
dallo stesso dilemma, ma non credeva che il custode della quarta fosse
capace
di ridursi in quello stato per cercare la verità.
Non
poté quindi fare a
meno di chiedere, con una punta di malizia nella voce:
-Non
avevi detto che le
maschere del laboratorio erano delle prove?-
-Tranne
questa- ribatté
l’italiano, porgendogli un oggetto.
Una
maschera mortuaria,
tanto per cambiare.
-Dimmi,
cavaliere,
cos’ha di così tanto speciale?- chiese Shaka, sorseggiando del the.
-Tanto
per cominciare,
è una maschera d’oro- rispose Cancer: -Il che significa che la
proprietaria
doveva essere un cavaliere importante, per casta o per meriti-
Effettivamente
l’oggetto presentava lineamenti molto femminili, persino in paragone
col
custode della dodicesima.
Difficile
fosse di
proprietà di un gold saint, una casta tradizionalmente maschile.
-Capisco-
fece Shaka,
portandosi una mano sotto il mento: -E se non si trattasse di un
cavaliere, ma
di una donna di alto rango deceduta qui al Santuario?-
-Si,
certo, come no, nel
luogo più maschilista sulla faccia della Terra?- rispose Death Mask,
scettico.
La
sua risposta provocò
un moto d'indignazione in Virgo, che ribatté: -Dimentichi che a capo
del nostro
ordine c’è una dea-
-Negativo-
gli rispose
l’altro, a braccia conserte: -Atena non ha MAI usato quel tipo di
maschera,
nemmeno per le sue reincarnazioni-
-E
come fai a…-
-L’ho
chiesto alla
diretta interessata…- l’interruppe Cancer: -…che mi ha ordinato di
scoprire la
verità dietro quest’oggetto. Capisci, dunque, che non ti sto
distruggendo la
pace interiore per puro diletto - rispose, la stanca ombra di un ghigno
sul
viso.
-Questo
l’ho notato,
cavaliere- fece Shaka, alzandosi in piedi: -Anche se mi sorprende
questo tuo
attaccamento al dovere-
-Questo
mi offende. Mi
si poteva criticare sul metodo, in passato, ma mai sulla mia obbedienza
agli
ordini- rispose, fingendo un’aria offesa.
Shaka
troncò il
discorso:
-Certamente-
fece, prendendo
in mano l’oggetto misterioso. Esaminandolo, Virgo usò il proprio cosmo,
ottenendo una risposta.
-L’hai
notato, vero?-
chiese l’albino, tornato serio.
-Sì,
Cancer. In quest’oggetto
è stato infuso del cosmo- riconobbe il biondo: -Tuttavia, non si tratta
di una
coscienza-
-Già-
confermò l’albino:
-In tal caso l’avrei rispedita nell’Ade-
-Immagino
che tu abbia
provato a fare qualche ricerca-
-Immagini
bene. Molto
bene- ammise l’italiano: -A momenti stavo per prendere a testate il
muro della
biblioteca-
-Allora
è questo il
motivo per cui Mu ti ha dovuto fermare col Crystal Wall-
La
battuta di Shaka
provocò una strana smorfia sul volto di Cancer, prima di mettersi a
sghignazzare.
Ghigno
che sparì quando
Virgo riprese la parola:
-Purtroppo
ignoro cosa
sia stato fatto a quell’oggetto…-
Shaka
ebbe tutto il
tempo di vedere una smorfia di rassegnazione sul volto del custode
dell’Ade,
prima di finire la frase:
-…tuttavia,
se me lo
consenti, vorrei condurre una ricerca più approfondita su questo
artefatto-
In
quel momento Death
Mask era indeciso, frustrato e irritato.
La
missione, in sé e per
sé, era stata assegnata a lui, non certo al biondino.
Ma
è anche vero che lui,
da solo, era ormai alla frutta.
“Al
diavolo”,
pensò: “Meglio
abbassarsi ad accettare una mano che far incazzare la signora”
Note:
Francamente
non c’è molto da dire su questo
capitolo, fa giusto da transizione tra il primo e i prossimi.
Probabilmente i
miei personaggi sono leggermente OOC, e di questo mi scuso, sebbene per
Death
Mask si possa tranquillamente motivare il cambiamento con i suoi
trascorsi
post-Hades.
Per
quanto riguarda Shaka, il discorso è leggermente
diverso, perché lo vedo meno arrogante, dopo la battaglia delle dodici
case (in
effetti, prendersele da un bronze farebbe abbassare la cresta a
chiunque, ve lo
posso dire per esperienza NdDM).
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Capitolo 3 *** Capitolo 3: Un’idea sulla maschera ***
Capitolo 3: Un’idea sulla maschera
Capitolo 3: Un’idea
sulla maschera
Passarono dei giorni,
durante i quali Death Mask non riuscì a trovare risposta alcuna.
Dopo l’ennesima,
infruttuosa ricerca, crollò esausto su una colonna della propria casa, senza
neanche privarsi della sacra blinda.
Passò un po’ di tempo,
prima che qualcosa lo distrasse dal suo torpore.
Nella penombra della
sua dimora, distingueva malamente una sagoma femminile, che lo stava tastando
con un bastone.
Rincoglionito dal sonno
e dalla fatica, il cavaliere credeva fosse una delle sue attendenti.
Ad essere precisi, una
ragazza che aveva la bizzarra abitudine di verificare che fosse addormentato,
prima di intrattenere dei rapporti intimi assolutamente non autorizzati.
Normalmente avrebbe fatto
finta di dormire, ma in quel momento aveva la libido ai minimi storici, e
l’idea di essere violentato in quella situazione non gli andava molto a genio.
Mentre l’italiano
iniziava a svegliarsi, notò alcuni dettagli sul corpo dell’intrusa, che non combaciavano
con quelli della serva.
Ornamenti in oro.
Capelli color miele.
Occhi azzurri.
Uno scettro a forma di
pala della pizza, con cui lo stava tastando, come si fa con un animale per
vedere se morde.
Quando Cancer realizzò chi
o, meglio, cosa fosse, il suo
cervello uscì di colpo dalla modalità provvisoria.
Atena in persona lo
stava punzecchiando con lo scettro di Nike, per controllare che fosse ancora
vivo.
E lo faceva con lo
sguardo di un’adolescente impaurita, non certo la tipica espressione di una
divinità guerriera.
Imbarazzato per la
figura da cioccolataio, il cavaliere del Cancro s’inginocchiò alla velocità
della luce.
Nella posizione in cui
era, il custode dell’Ade poteva solo intuire l’espressione di Saori, sospirante
di sollievo.
Tuttavia poteva notare,
con la coda dell’occhio, la figura di due bronze, uno dei quali stava
diventando cianotico, nel tentativo di non scoppiare a ridere.
Pure la dea doveva
averlo intuito, perché lo redarguì:
-Seiya, ti pregherei di
portare rispetto verso un cavaliere di rango superiore-
Pegaso in qualche modo
riuscì a rimettersi in una posizione vagamente dignitosa, anche se il suo
comportamento non gli risparmiò uno scappellotto dal collega, dall’armatura
violacea, con un corno frontale.
Ad ogni modo, Death
Mask diede il consenso per il passaggio dei cavalieri di bronzo, prima di
spedirli per direttissima nell’altro mondo.
Atena, al contrario,
preferì rimanere nella quarta casa:
-Come sta andando la
missione che ti ho assegnato?-
-Ci sto ancora
lavorando- ammise l’italiano, con una punta di sconforto.
-Capisco- rispose la
dea, invitando il suo cavaliere a mettersi comodo.
Dopo che un’ancella (casualmente
proprio quella con un debole per il custode albino) servì del the, con latte e
biscotti, Saori riprese la conversazione.
-Immagino che le abbia
tentate tutte, per ridurti in questo stato-
-Detesto ammetterlo, ma
è così- disse Cancer: -Non ho la più pallida idea di cosa possa essere
quell’oggetto: ho cercato ovunque, avanzato diverse ipotesi…-
-Hai persino scomodato
i tuoi colleghi, tu che sei abituato a fare tutto da solo- disse la dea,
accennando un sorriso.
-Tra me, Shaka, Mu e
Doko…- disse, contando sulle dita: -…non siamo riusciti a cavare un ragno dal
buco-
La conversazione fu
interrotta dal bussare della porta.
Era Aiolia, di ritorno
alla sua dimora, dopo gli allenamenti del mattino.
Una volta entrato, l’attenzione
del Leone fu attirata dalla maschera misteriosa. Dopo averla esaminata per
qualche minuto, mormorò, grattandosi il mento:
-Questo fenomeno mi è
famigliare…-
-Che diavolo intendi?-
-Ti ricordi di Lythos?-
-La mocciosa che avevi
adottato una vita fa? Purtroppo sì-
Aiolia sorrise, sapendo
che la sorellina si era recentemente presa una piccola vendetta nei confronti
di Death Mask, reo di averla maltrattata durante un Chrysos Synagein di molti
anni prima.
Per inciso, era
riuscita nell’impresa di addobbare la quarta casa con maschere da Hello Kitty
all’insaputa del proprietario. Un arredamento persino più spaventoso dell’originale,
a detta di molti, Shiryu compreso.
-Quando la incontrai la
prima volta- riprese il biondo: -Suo padre, morto da poco, si era incarnato in una
delle sue statue. Per liberarlo, dovetti dar fondo a tutto il mio cosmo-
-Mpf, in pratica era un
fantasma-
Aiolia non gradì molto
il commento superficiale del collega:
-Quell’uomo stava
cercando di proteggere la figlia anche dopo la morte, cosa cazzo vuoi saperne?
Chiedo perdono- Fece il Leone, rendendosi conto solo ora della dea, la quale
preferì nicchiare sul linguaggio del Leone, insolitamente colorito.
Mentre Aiolia,
mortificato di fronte alla dea, lasciava la casa, Death Mask vide il posto dove
il collega ripose l’oggetto. Un lettore CD.
Senza volerlo il
cavaliere dai fulmini aveva acceso la proverbiale lampadina nella mente di Cancer.
-Spero di sbagliarmi, o
te ne dovrò una, gattaccio spelacchiato- sussurrò cupo l’italiano, uscendo di
fretta: -Con permesso, ma ho una missione da compiere-
Senza perdersi in
formalità, Death Mask schizzò fino alla sesta, dove trovò Shaka, assorto
davanti a dei manoscritti.
Notando il collega,
ansimante per la corsa, alzò lo sguardo:
-Immagino che tu abbia
delle notizie importanti-
-Forse ho trovato una
pista- rispose l’albino, con un grosso ghigno sul volto.
Note:
Sì, lo so, state pensando: “ma quella NON può essere
Saori”(e non perché non abbia i capelli viola. Come ho già spiegato, sto usando
i colori del manga), e in effetti avete ragione. Semplicemente mi piaceva
l’idea di uno scambio di persona, e di un comportamento anomalo di un
personaggio, nel caso specifico proprio la padrona di casa.
Ed ebbene sì, in questo capitolo appare un OC,
sebbene l’ancella ninfomane mi sia servita più come spalla comica, di cui ha
beneficiato un’altra new-entry, il ronzino che dà il nome alla serie.
E continua pure qui l’opera di umanizzazione dei
saint, con Aiolia che si lascia sfuggire una parolaccia di fronte alla casta
Saori.
In origine, in questo capitolo
Shaka doveva stare di fronte ad un laptop, ma mi sono reso conto che, benché
esistessero già alla fine degli anni ’80, non erano così comuni come ai giorni
nostri. Non che il personaggio in questione non possa utilizzare un computer,
se lo ritiene necessario (probabilmente, se StS fosse ambientato ai giorni
nostri, non si farebbe scrupoli a riguardo), ma era un anacronismo che ho
preferito evitare. |
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Capitolo 4 *** Capitolo 4: L’apertura della maschera ***
Capitolo 4: L’apertura della maschera
Capitolo 4: L’apertura
della maschera
Trascorsero alcuni
giorni, prima di poter verificare la teoria di Cancer.
D’altro canto,
bisognava quantomeno prendere qualche provvedimento, in caso d’imprevisti.
E nel Santuario, quando
ne capitano, spesso sono di dimensioni galattiche.
Letteralmente.
Nonostante le
precauzioni, Death Mask, deputato all’esecuzione materiale dell’esperimento,
avrebbe rischiato di combinare un bel macello.
Anche se cercava di non
darlo a vedere, il cavaliere del Cancro non era per niente rilassato.
Virgo aveva notato lo
stato d'animo del collega:
-Tutto a posto,
cavaliere? Sei piuttosto nervoso-
-Beh, ho tutte le
ragioni di esserlo- rispose l’italiano, senza neppure tentare di nascondere la
tensione: -Se sbaglio qualcosa, sveglierò persino i morti, col botto che farò-
-Non preoccuparti-
rispose Shaka, con tono paterno: -Non credo farai più danni di quelli causati
nell’ultima guerra santa-
-Lo spero per te,
Virgo, non sono del tutto sicuro di poterti risarcire, in caso di fallimento-
sdrammatizzò l'italico cavaliere, col suo solito ghigno.
Infatti, Shaka aveva insistito
per tenere l’esperimento all’interno della propria dimora.
Probabilmente perché
era una delle case meglio isolate del Santuario, o semplicemente per via della
curiosità che stava aggredendo segretamente l’uomo più vicino agli dei.
Dopo aver preso un
grande respiro, Cancer iniziò a bruciare il proprio cosmo, aiutandosi con le
mani per direzionarlo sull’oggetto misterioso.
Questo iniziò a sua
volta ad irradiare luce, creando un effetto surreale nella penombra della sera.
Death Mask stava
tremando. Per lui, abituato ad usare il cosmo alla stregua di un’arma da fuoco,
era innaturale agire in quel modo.
In pratica, stava
sondando l’artefatto, come uno scassinatore con una cassaforte, cercando la
combinazione cosmica per aprirlo.
L’unico problema, era
che un ladro di solito non rischia di fare un enorme buco.
Nel santuario, non nel
pavimento della sesta casa.
Anche Virgo se n’era
accorto, e senza preavviso, gli afferrò la mano.
Nessuno dei due seppe
esattamente cosa accadde l’istante dopo.
Nel momento in cui il
cavaliere della Vergine pose la mano su quella del collega, ci fu uno scoppio,
abbastanza forte da mandare ko entrambi.
Quando si ripresero,
rimasero stupefatti.
Difficile non esserlo, vedendo
una ragazza fluttuare nell’epicentro dell’esplosione.
Fortunatamente, questa
lasciò un cratere di dimensioni molto più contenute di quanto temesse il
cavaliere del Cancro.
-Sembra un ologramma-
costatò l'italiano, notando come la figura non avesse forma fisica.
-Hai ragione, Cancer-
confermò Shaka: -La maschera è semplicemente il proiettore della coscienza di un
defunto-
Death Mask si avvicinò,
con un vivo disappunto sul viso.
Quando Aiolia aveva
posato la maschera vicino al lettore, era convinto fosse un supporto di
memorizzazione, non un mezzo per visualizzare un’anima dall’Ade.
Non che fosse andato
molto lontano dalla sua ipotesi: credeva, infatti, che la maschera servisse a
recuperare dei dati e, in un certo senso, era così.
Osservando meglio la
figura, notò che aveva i capelli rossi, portati fino alle spalle, e gli occhi
azzurri. Non era molto alta, ma aveva un fisico proporzionato, sia pur nascosto
dall’abito mortuario che indossava.
Alla defunta, però, non
andavano a genio le attenzioni di Cancer.
Infatti, gli tirò un
coppino, manifestando così una certa tangibilità:
-Vè, granchietto, mai
visto un fantasma?-
Death Mask stava
preparandole un viaggio di sola andata per l’aldilà (non realizzando
l’inutilità del gesto), quando Shaka gli si parò davanti.
Il fantasma sembrò
calmarsi, fissando l’indiano:
-Dunque è stato l'attuale
cavaliere della Vergine a chiamarmi…-
Death Mask si
spazientì:
-Ma che cosa? Sono
stato io a richiamarti dall’altro mondo!-
La ragazza non aveva
preso bene la frase dell’italiano.
Ella socchiuse gli
occhi, e sibilò:
-Non farmi ridere,
stronzetto. Figurati se risponderei al tuo cosmo di…-
Non finì la frase, per
merito di Shaka, che si frappose tra i due:
-Pregherei entrambi di
calmarvi- disse, con la sua solita calma: -Durante il rituale di richiamo ho
cercato di fermare il mio compagno d’arme, probabilmente il mio cosmo ha fatto
da portante per il suo-
Una volta calmatesi le
acque, la rossa si sedette a mezz’aria, incrociò le gambe, e chiese:
-Ad ogni modo, qual è
il motivo di questa evocazione?-
Se Shaka riuscì a
mantenere un minimo di contegno, Death Mask non riuscì a nascondere un certo
imbarazzo.
Dopo alcuni secondi di
attesa, l’italiano fece un passo indietro, alzò le mani e ammise:
-Prove tecniche di
trasmissione-
-Stai scherzando,
vero?- chiese la ragazza, impietrita.
-Purtroppo no, mi sono
ritrovato in laboratorio una maschera di troppo e la dea in persona mi ha
ordinato di investigare-
Il fantasma stava per
ribattere, ma uno sguardo dato al cavaliere della Vergine la fece desistere:
-Insomma, pare proprio
che non ricordiate nulla, riguardo alla storia di questa maschera-
-Hai azzannato il
bersaglio, cocca- confermò Death Mask, calmatosi.
-E sia- rispose la
proiezione, sedendosi su di un cuscino sbucato dal nulla: -Però vi consiglio di
mettervi comodi, ci vorrà molto tempo-
Note:
Non ho molto da dire su questo capitolo, mi serve
più che altro come transizione tra il mistero su "cosa è" la
maschera, e la storia che l'oggetto nasconde. Qui vedete pure il mio secondo (e
ultimo) OC di questa storia, questo misterioso fantasma che non cede
esattamente di buon occhio il nostro granchietto made in Italy.
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 5: E la maschera proietta la sua storia… ***
Capitolo 5: E la maschera proietta la sua storia…
Capitolo 5: E la
maschera proietta la sua storia…
Dietro suggerimento della
proiezione, i due cavalieri si accomodarono, mentre questa esordì:
-Il mio nome è Aleola, e sto per traghettarvi in una
storia che si perde molto, molto lontano, in un tempo in cui il mito faceva
ancora parte del quotidiano.
A quel tempo Atena, vincitrice della prima guerra
sacra contro Poseidone, rimase sconvolta dal sacrificio dei suoi cavalieri,
armati soltanto del loro coraggio.
Per questo motivo, ella volle donare loro delle
protezioni: unendo l’oro, il sangue, umano e divino, sacrificato sul campo di
battaglia, fece forgiare dagli alchimisti dell’isola di Mu delle corazze, vere
e proprie vestigia di quell’epoca-
-Insomma, stai parlando
delle nostre armature- Chiese Death Mask, con un lieve fare annoiato.
Aleola era visibilmente
scocciata, ma riprese:
-Ebbene sì, sto parlando proprio di quelle antiche,
misteriose blinde. Ma torniamo alla storia, prima che il granchietto si annoi- fece, ironizzando sull’atteggiamento del cavaliere
del Cancro:
- Erano ormai passate sei generazioni da quella
prima vittoria, e a quell’epoca i cavalieri non si occupavano di difendere un
luogo sacro, come fate voi oggi; allora, semplicemente, il Santuario non
esisteva.
I pochi saint allora esistenti, vivevano in un
villaggio poco distante da Atene, addestrandosi l’un l’altro e iniziando a
tramandarsi le primitive tecniche di combattimento, proprie delle loro
costellazioni.-
Il fantasma
s’interruppe, notando l’espressione meravigliata ed incredula del cavaliere del
Cancro. Un’impressione confermata dal custode della sesta:
-Immagino che a
quell’epoca la situazione fosse molto meno cristallizzata dell’attuale-
Aleola sorrise al
biondo guerriero:
-Immagini bene, all’epoca non c’erano tutte quelle
regole che vi portate appresso, e che mi stai involontariamente mostrando nei
tuoi ricordi-
La frase del fantasma
infastidì leggermente Virgo, che venne tranquillizzato da Death Mask:
-Non farci troppo caso,
da questa distanza non è così strano che un fantasma riesca a captare dei pensieri,
specie se li esprimi troppo apertamente-
Aleola guardò divertita
il cavaliere della sesta:
-Non fraintendere, simulacro di Astrea. Le tue
difese psichiche sono eccezionali, ma a breve distanza qualcosa lasciano
trapelare, se il tuo interlocutore è uno spirito-
Dopo qualche istante, la
ragazza riprese il racconto:
-Credo che a questo punto abbiate intuito quale fosse
la situazione: al tempo, Atena non aveva un esercito permanente, e la maggior
parte dei suoi guerrieri viveva in mezzo alla gente comune.
Nel frattempo, gli alchimisti dell’isola di Mu
lavoravano alacremente per completare le armature mancanti, compresa quella di
Libra, l’ultima delle armature d’oro ad essere stata forgiata.
A quel tempo non esistevano grosse differenze di
classe tra i guerrieri sacri, e non sembrò strano quando il cavaliere della
Lince s’innamorò di una sacerdotessa di casta superiore-
Death Mask alzò la mano
per interrompere, alla stregua di uno scolaretto:
-Sacerdotessa, hai
detto? È vero che spesso chiamiamo così i cavalieri con la maschera, ma
formalmente l’unico sacerdote che conosco è il gran capo della baracca-
Aleola annuì, severa,
mentre Shaka chiarì il dubbio:
-Un tempo tutti i
cavalieri erano considerati veri e propri officianti della dea; se ci fai caso,
le nostre armature sono sempre state definite vesti sacerdotali-
Stringendosi il mento
con le dita, l’italiano sembrò d’accordo:
-Quello che dici
avrebbe senso… in fin dei conti il nostro capo è tuttora chiamato Gran
Sacerdote… anche se da quello che ci ha detto Aleola, forse all’epoca non
esisteva-
Il fantasma riprese la
narrazione, annuendo:
-è
così, infatti. Mancando alcuna gerarchia, non esisteva nessun capo, al di fuori
della Dea in persona. All’epoca, ogni guerriero aveva la stessa importanza,
poco importava se di bronzo, d’argento o d’oro. E la mancanza di un comandante,
di un “Gran Sacerdote”- disse,
sospirando: -Forse contribuì alla
tragedia che si stava sviluppando nella comunità dei saint di Atena, una delle
prime e più devastanti della storia del corpo-
Dopo qualche attimo di
silenzio, necessario a recuperare i ricordi di quei giorni infausti, Aleola
riprese:
-Allora i saint si governavano in regime
democratico. Ovviamente, in quella primitiva comunità di guerrieri, non
mancavano certo gli screzi: tipico era quello dovuto alla disparità di
trattamento dei due custodi della terza casa.
Due cavalieri, una sola armatura.
Ciò portò nel tempo a numerosi scontri, ma nulla che
non potesse essere mediato senza spargimento di sangue.
Tuttavia, l’attenzione rivolta verso i Gemelli
lasciò inosservato l’operato di un altro uomo… le cui azioni s’intersecarono
con le vite della Lince e della sua amante.
Ma andiamo con ordine: come dissi, i due cavalieri
si amarono, ed essendo in tempo di pace, il loro amore diede i suoi frutti, con
la nascita di un maschietto.
Ciò che passò inosservato… fu che a qualcuno quel
rapporto non piaceva.
Un essere diabolico nutriva sentimenti impuri verso
l’amante della Lince.
Sentimenti che ella non ricambiata, donando la sua
anima a Linx.
Impossibilitato a nuocere direttamente alla donna,
in quanto suo parigrado, rapì padre e figlio, e li portò su un monte poco
distante da Rodorio.
Ironicamente… proprio lo stesso monte su cui ci
troviamo ora.
Lince fu ritrovato in mille pezzi. Solo i resti
bronzei della sua armatura permisero all’amata di riconoscerlo.
-Insomma, invece di
puntare su un bersaglio difficile, ha fatto fuori quello più facile- commentò
Death Mask: -Ma il marmocchio che fine ha fatto? Morì anche lui?-
-No, Cancer. Il figlio di quella coppia venne
nascosto dall’assassino di Lince. Egli aveva architettato un piano infame,
costringendo la donna a usare la propria veste per proteggere il figlio.
In entrambi i casi avrebbe raggiunto il suo scopo:
se fosse morto il bimbo, il cavaliere sarebbe stato disonorato, mentre se
avesse ceduto al ricatto, sarebbe stata uccisa.
Nonostante ciò, ella decise di combattere, sia pur
priva della sacra blinda. Nonostante tutto, cercò di tenergli testa. Tuttavia,
col passare del tempo, la stanchezza e le ferite la costrinsero a cedere, di
fronte ad un avversario che la odiava a tal punto, da macchiarsi di atti infami,
pur di trarre soddisfazione-
Aleola, piuttosto
sofferente, prese una pausa, notando lo sguardo perplesso del cavaliere della
quarta:
-Sembri deluso, Cancer, la storia non è forse di tuo
gradimento?-
Note:
Finalmente inizia il cuore del racconto. Come avete
notato, Uscher non si propone come una tipica fic, piena zeppa di
combattimenti, ma è il racconto di una parte della storia dei cavalieri,
precedente alla fondazione del Santuario. Chiaramente ho preso spunto
dall’Hypermith, ma ammetto anche di essermi preso alcune licenze, come sul
numero di armature allora esistenti. Il motivo sta nel fatto che all’epoca, non
esistevano tutte le costellazioni attuali: basti pensare che le stelle che oggi
formano la costellazione della Bilancia, un tempo erano le “chele”di quella
dello Scorpione (benché in altre culture esistesse già la costellazione di
Libra)
Anche la situazione sociale in cui vivevano i
cavalieri dell’epoca è completamente inventata, Perché mi serviva un modello di
società “prototipale”, in cui non ci fossero le regole attuali. Tra l’altro, ho
voluto giocare un po’ con la versione italiana dell’anime, in cui i cavalieri
Marin e Shaina sono chiamate, impropriamente, sacerdotesse. Anche l’uso del
termine “vestigia” è stato fatto per sottolineare l’errore insito nel
doppiaggio italiano.
Prima che me lo chiediate… l’uso
del corsivo per le battute di Aleola è voluto, al fine di evidenziare quello
che è il cuore del capitolo.
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Capitolo 6 *** Capitolo 6: sorprese dietro la maschera ***
Capitolo 6: sorprese dietro la maschera
Capitolo 6: sorprese
dietro la maschera
Il cavaliere del Cancro
era alquanto perplesso:
-Non è quello che mi
aspettavo- ammise, ricordando malvolentieri un episodio in cui se le prendeva
da un ragazzino: -Ho visto colleghi, anche di grado inferiore al mio, fare
letteralmente miracoli in situazioni del genere-
-In effetti, qualcosa accadde- confermò Aleola: -Ma
non quello che ti potresti aspettare. Semplicemente, altri cavalieri compresero
l’accaduto, e accorsero in aiuto. Il resto potete immaginarvelo-
-Ovviamente la mammina
si sarà presa la giusta vendetta- ghignò l’italiano.
Di fronte alla sua
affermazione, il volto della ragazza si addolcì, mostrando una vena di
malinconia mentre volgeva lo sguardo oltre i due guerrieri:
-Giusta? In quel momento ero troppo impegnata a
salvare mio figlio, per pensare di ottenere una qualsiasi forma di soddisfazione.
E poi, non credo che la signora dietro di te consideri la vendetta qualcosa
moralmente giustificabile-
Quando Death Mask si girò,
per poco non gli venne un colpo.
Non si era accorto, dall’inizio
del racconto, dell’arrivo di:
·
Due equini di
bronzo (ed uno d’oro, contando Aiolos).
·
Il fratello
dell’equino d’oro.
·
La servetta
ninfomane, ironicamente (e provvidenzialmente) tenuta a bada dalle Catene di
Andromeda. Sulla testa si riconoscevano i segni lasciati dallo scettro di Nike.
·
I restanti
fratelli di bronzo (con tanto di popcorn al seguito).
·
La “Signora” di
cui parlava Aleola, tal Saori Kido meglio conosciuta come Atena, equivocamente
seduta sulle ginocchia di Aiolos, essendo le sedie della sesta casa andate distrutte
durante l’evocazione di Aleola.
Una volta superata
l’impasse, fu la stessa dea a voler continuare:
-Cosa accadde dopo
l’incidente? Se non ricordo male, a quell’epoca non ero in questo mondo-
Aleola si inchinò
davanti alla dea:
-è
corretto, mia signora. Voi tornaste sulla Terra all’incirca due anni dopo i
fatti che sto narrando, e crescendo, rivoluzionaste la comunità dei saint, edificando
il Santuario. Nel frattempo, nonostante alcune pressioni, abbandonai
l’armatura, e mi dedicai alla cura del mio cucciolo, che seguì le orme del
padre. Tra l’altro, somigliava moltissimo a quel ragazzino laggiù… qual è il
suo nome?-
Al cavaliere di Pegaso,
colto alla sprovvista, andò di traverso il popcorn. Una volta ripreso fiato, si
presentò, prima di prendersi un altro scappellotto da Jabu:
-Mi chiamo Seiya,
bronze saint di Pegaso-
-Seiya? È un nome che non ho mai sentito. Che cosa
significa?- Chiese Aleola, credendo
di aver sentito male.
-Letteralmente
significa “freccia del cielo”-
Il cavaliere fantasma
si mise a riflettere:
-Freccia del cielo… una cometa, giusto?-
Seiya, tornato
improvvisamente serio, annuì.
-Quale ironia… anche il mio piccolo Kométes era
cavaliere, ma non ebbi mai l’opportunità di vederlo in viso, mentre indossava
l’armatura-
-Come mai?- chiese Death
Mask, sorpreso.
-Vedi, colui che assassinò il padre di Kométes era
intenzionato a colpirmi sfruttando la mia duplice natura di madre e
sacerdotessa. Era un uomo che amava la forza sopra ogni cosa, e non sopportava
l’idea che mi fossi innamorata di un cavaliere a me inferiore. A causa sua
capimmo che finché eravamo sacerdoti di Atena, altri avrebbero potuto far del
male ai nostri cari per impedirci nella nostra missione suprema. Fu per questa ragione che decidemmo di
restituire le vesti in pubblico, per indossarle in segreto, nascosti da una
maschera. Probabilmente fu uno dei primi atti che portò il nostro mondo a
separarsi da quello esterno-
Finendo la frase,
Aleola fece apparire una maschera, simile a quella che indossavano Marin e
Shaina. Veri e propri oggetti malefici agli occhi del cavaliere di Pegaso, che
patì molti problemi a causa loro.
Dopo questo gesto, il
silenzio cadde sulla platea improvvisata, quando Saori prese la parola:
-Nobile Aleola, comprendo
perfettamente le vostre ragioni. Tuttavia, episodi recenti mi hanno portato a
riflettere su questo costume del Santuario, giacché non ho mai dato ordini
riguardanti camuffamenti. Dato che all’epoca non esisteva la figura del gran
Sacerdote, devo desumere che le maschere furono una vostra scelta-
-Più che altro una necessità impostaci dagli eventi,
mia signora, ma non certo da qualche autorità: verso la fine della mia vita,
infatti, alcuni cavalieri maschi avevano già smesso di usarla…-
Il cavaliere fantasma
non ebbe modo di terminare la frase, prima di sentire un tonfo.
Seiya, infatti, era
andato in crash.
Letteralmente.
Note:
Sostanzialmente, questo è un capitolo in cui si
inizia a scoprire gli altarini: si scopre cosa faceva Aleola da viva,si fa
prendere un colpo a Death Mask, si tiene a bada la focosa serva del custode
della quarta XD… e si riesce a far ciò in cui nemmeno gli dei sono riusciti a
fare, tirare giù Seiya con un colpo solo. Vi avviserò inoltre che non tornerò a
postare prima di fine Agosto - inizio Settembre (tanto per non lasciare
capitoli avviso in giro…).
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Capitolo 7 *** Capitolo 7: E la maschera… svanì ***
Capitolo 7: E la maschera… svanì
Capitolo 7: E la
maschera… svanì
Death Mask, nel
frattempo, iniziava a non capirci più nulla:
-Qualcuno mi potrebbe
spiegare cosa c’è di tanto scandaloso?-
-Cavaliere del Cancro-
rispose Saori: -In questo periodo, essendo libera da impegni militari, stavo
cercando una spiegazione riguardo alla maschera che la legge del Santuario
impone alle donne guerriere. So per certo che fu Saga, nelle vesti di Arles, a emanare
ufficialmente questa norma, ma non ho trovato alcuna prova scritta di tale
obbligo in epoche precedenti, e il racconto della nobile Aleola lo conferma-
-In pratica, Seiya ha
subito le angherie di Shaina per niente?- chiese Shun, costretto a tendere le
catene di fronte all’esagitata serva.
-Temo proprio di sì-
rispose Atena, desolata: -Anche perché, con le forme che hanno certe armature
femminili, è alquanto evidente che le maschere non servono certo a nascondere
la femminilità, anzi-
-Vedo…- rispose
Aleola, attingendo dai ricordi della dea: -Eppure,
ai miei tempi, le nostre armature erano molto meno scoperte. D’altro canto,
c’erano molte più donne tra le nostre file-
Ikki, finora silente,
prese la parola:
-Per pura curiosità,
quante ce n’erano all’epoca?-
-Su un totale di quarantadue saint, almeno diciassette,
comprese le schiere più alte-
rispose, mentre Atena annuiva.
Il dato doveva essere
piuttosto sconvolgente per dei guerrieri abituati a vedere pochissime donne in
armatura. Ma la domanda più sorprendente fu posta da Aiolia:
-Mi perdoni, ma cosa
intende per “schiere più alte”? Non certo quelle dei cavalieri d’oro-
Aleola accennò un
broncio:
-Vedo che i tuoi pregiudizi t’impediscono di
arrivarci per cui, se la nostra signora è d’accordo, ti mostrerò quale aspetto
aveva l’armatura che indossavo- rispose,
maliziosa.
Ottenuto con un cenno
l’assenso, Aleola si alzò in piedi e chiuse gli occhi. D’un tratto, la
fanciulla fantasma si trovò circondata da piccoli frammenti di luce, vorticanti
attorno alla sua persona. Il sudario che indossava fino a quel momento lasciò
lentamente il posto ad una sorta di chitone cui si sovrapposero piastre dorate.
Aiolia rimase shoccato
da ciò che vide, tanto che cadde in ginocchio.
E ne aveva ben donde, giacché
Aleola indossava una corazza dorata; benché fosse molto differente dalle
attuali, chiunque poteva intuire che fosse la gold cloth del Leone.
O meglio, una sua
versione precedente.
A parte le ovvie
differenze nelle fisionomie dei proprietari, nella corazza della donna sì
intravedevano drappi di candido tessuto, che
nascondevano parti di armatura altrimenti privi di fregi, specie sul bacino
e sulle braccia, fino al gomito. Al contrario, gli elementi esposti erano
pesantemente decorati, più di quanto non fossero quelli attuali.
Agli occhi di tutti era
evidente come, nel corso dei secoli, si fossero abbandonati certi fronzoli in favore
di una maggiore funzionalità.
Soprattutto, era ovvio
come le donne, all’epoca, occupassero posizioni decisamente più importanti
delle attuali, se una di loro faceva parte della ristretta elite dei custodi
dorati.
Intuendo i pensieri dei
vivi Aleola tornò ad accomodarsi:
-Come vi ho già detto, a quel tempo erano molte le
donne in servizio nel corpo dei saint di Atena: ce n’erano tre solo contando i
cavalieri d’oro-
-E chi erano le
fortunate?- chiese Death Mask con una punta di malizia nella voce, dimentico di
essere al cospetto della dea.
-Oltre a me, Virgo e Pisces. Fu lei a salvare me e
Kométes, nonostante fosse sorella del traditore-
-Scusami, cocca-
interruppe Death Mask gettando nel cesso ogni forma di cortesia: -Ma come mai
quello stronzetto del mio predecessore non ha semplicemente spedito Kométes
nell’Ade?-
Più che l’indignazione,
poté la sorpresa: come poteva Death Mask conoscere la costellazione del
traditore?
L’italiano, alzando le
mani, spiegò: -Non fate quella faccia, è da quando l’abbiamo evocata che questa
qua vuole farsi uno spuntino ai danni del sottoscritto, non ci vuole molto a
capire chi l’ha resa vedova-
Aleola cercò,
inutilmente, di soffocare una risata nervosa, per poi tornare seria:
-Hai indovinato, cavaliere, fu il Cancer dell’epoca ad
uccidere il padre di Kométes-
-Non mi stupirei se
avesse voluto ucciderlo sotto i tuoi occhi, appena prima di finirti. Che
villain da quattro soldi-
-Ti sbagli, Death Mask. Il tuo predecessore era un
uomo violento, ma non era raffinato nelle uccisioni. Non era il tipo da spedire
le proprie vittime nello Yomotsu, o da condurci interi combattimenti-
-Insomma, visse da
bestia, morì da bestia- rispose l’italiano, cupo.
-Vero, ma non è detto che tu debba fare altrettanto- rispose la narratrice, alzandosi.
Senza alcun preavviso,
la figura di Aleola iniziò a svanire.
Con calma, oltrepassò
Cancer e Virgo, e fece un inchino davanti alla dea:
-è stato un onore poter parlare di nuovo con lei,
mia signora-
-Addio, leonessa di
Atene- rispose la dea, tenendo nervosamente la mano del suo antico cavaliere.
E la maschera, vera e
propria protagonista di questa storia… svanì.
Insieme ad Aleola, s’intende.
Note:
E così finisce la storia di Aleola. Come avrete
capito, fondamentalmente l’idea alla base di questa fic era di spiegare perché
diamine le donne cavaliere dovessero portare una maschera, mentre gli uomini no.
Come avete capito, la spiegazione è molto semplice:
non c’è stata alcuna regola (almeno, fino all’intervento di Saga), solo una
consuetudine, che col tempo è stata deformata, come ha compreso il povero
Seiya.
Di fatto, i cavalieri dell’epoca, dopo aver
sperimentato i pericoli dell’identità pubblica, hanno scelto combattere con
un’identità segreta.
Infatti, il corpo dei Saint di Atena è piuttosto
anomalo: tecnicamente si tratta dell’esercito della dea, tuttavia, l’estrema
specializzazione dei suoi membri (ad eccezione dei soldati semplici, vera e
propria carne da cannone) li rendono dei facili bersagli, se non in prima
persona, quantomeno verso i loro cari. Un esempio è quello di Shunrei durante
lo scontro Death Mask – Shiryu, in cui il primo spedisce a mollo la ragazza del
secondo (facendo impennare il dragone XD NDserva). Oppure, nella guerra contro
Hades, il caso Seiya-Seika, con la seconda protetta dai bronze “panchinari”.
Spero con questa storiella di non avervi annoiato, e
di avervi proposto una storia diversa dal solito, sebbene non sia basata su
combattimenti, rincorse al salvataggio della solita dea o amoreggiamenti vari.
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