Amori e Disamori

di Sselene
(/viewuser.php?uid=132039)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - Tutta colpa di Cupido ***
Capitolo 2: *** 2 - Piani di Conquista ***
Capitolo 3: *** 3 - Compimento del Piano ***
Capitolo 4: *** 4 - Conclusione ***



Capitolo 1
*** 1 - Tutta colpa di Cupido ***


Non che si aspettasse effettivamente qualcosa, da quella discussione, ma la reazione che l’uomo aveva avuto era andata fuori da ogni sua aspettativa. Nonostante la loro lunga e solida amicizia, era bastato dirgli “Sono innamorato di te” per far sì che lui decidesse di chiudere il loro rapporto e di non vederlo mai più. Evidentemente non erano così stretti come sembrava. Certo, la cosa lo addolorava moltissimo, ma se lui non aveva esitato un attimo a mandare all’aria tutto, forse non era veramente la persona di cui si era innamorato.
 
Si lanciò una lunga occhiata inespressiva dallo specchio, osservando il riflesso dei propri occhi castani gonfi e arrossati e delle vistose e profonde occhiaie che li cerchiavano: ma chi voleva prendere in giro? Era distrutto e si vedeva.
Aveva un aspetto orribile, non era certo sorpreso che il suo capo gli avesse detto di tornarsene a casa a riposare, probabilmente temeva gli morisse in ufficio, ed era comprensibile. Doveva temere chissà quale strana malattia! L’avrebbe forse picchiato a sapere che era semplicemente stato rifiutato.
Ma non era colpa sua se stava così male, lui avrebbe voluto tantissimo smetterla di stare così male! Ma, semplicemente, non poteva, non poteva smettere di soffrire e non era colpa sua.
“Dannatissimo Cupido!” Urlò, mollando un pugno allo specchio che si frantumò sotto il suo colpo, ferendogli le nocche chiare, ma lui non se ne curò molto. “Ti ho forse fatto qualcosa? Ti ho forse offeso in qualche modo? Ti chiedo scusa, se è stato così, ti chiedo perdono! Fammelo sapere e ti giuro che mi farò perdonare, ma smettila di giocare con il mio cuore!” Si chinò sul lavandino del piccolo bagno degli uffici, stringendo i denti e gli occhi, cercando di trattenere tra le labbra i singhiozzi che gli scotevano il corpo. “Smettila di giocare con il mio cuore…” Ripeté in un soffio, stringendo le dita sulla ceramica candida.
Sentì la porta aprirsi e cercò immediatamente di darsi un contegno, asciugandosi le guance su cui le lacrime avevano iniziato a scivolare.
“Sam…? Sam, stai bene, ti abbiamo sentito urlare.”
Il giovane rise, passandosi una mano tra i capelli castani, cercando di risultare il quanto più naturale possibile. “Si, io… recitavo.” Si scusò con un immenso sorriso, avviandosi alla porta, passando accanto alla donna, ancora ridendo giovialmente. “Io torno a casa. Ci si vede domani, eh?”
La bionda inarcò le sopracciglia a quella strana reazione, ma si limitò ad annuire. “A domani.”
“Mi raccomando, non sottovalutare una semplice influenza. Pensa che il fratello del nipote del cugino della seconda moglie dello zio del garzone del panettiere di un’amica della fidanzata del cugino della signora che abita accanto alla chiesa si ammalò, anni fa. Pensava fosse solo influenza, anche se la nipote del farmacista di sua cugina aveva detto che doveva stare attento, e invece si è preso una gravissima infezione ed è morto, quel pover’uomo! La moglie, che è la nipote di secondo grado del fratellastro della signora che fa i capelli alla figlia del cugino dell’assistente del panettiere che una volta ha preparato il pane per il nipote della seconda moglie di un truccatore di un attore famoso, povera donna, ne ha sofferto moltissimo! Quindi, mi raccomando, sta’ attento!”
Il giovane osservò l’anziana signora che l’aveva fermato sulle scale a lungo, interdetto, poi un luminoso sorriso gli comparve sul volto. “Ma certo, signora, non si preoccupi, starò attento! E, mi raccomando, mi saluti sua figlia.”
La vecchina sorrise, per poi sussultare. “A proposito, sai che quella sciocca ha rifiutato la proposta di matrimonio del nipote del cugino di secondo grado della sorella adottiva della zia del fidanzato attuale dell’ex fidanzata del meccanico da cui porta la macchina il cugino del cognato della sorella dell’avvocato che si è occupato della causa di divorzio tra la figlia del suocero di un tecnico di un noto cantante e il cugino del secondino che ha tenuto in carcere il suocero della madre del cugino del figliastro dell’idraulico che ha riparato una tubatura nella casa di una bellissima modella? Ma come si fa, dico io!”
Il castano cercò di esprimere grande incredulità con una smorfia, scrollando appena le spalle, cercando di tener la bocca chiusa per non scoppiare a ridere a quell’assurdità.
“Signora, dobbiamo andare o i negozi chiuderanno e non potremo comprare le cose per la cena.”
 La signora volse lo sguardo sulla giovane straniera che le stava accanto ed annuì. “Ma certo. Abbiamo ospiti a cena, stasera.” Spiegò poi, rivolta al giovane che subito dissimulò la sua faccia stravolta in uno smagliante sorriso.
“Allora non vi trattengo oltre, andate pure.”
L’anziana donna annuì, incamminandosi a braccetto della moretta. “Taisha, ti ho mai raccontato di quella volta che il cugino della zia del figlio adottivo della nuora del meccanico…”
La straniera lanciò un’ultima occhiata disperata al giovane che si limitò a sorriderle consolatorio e comprensivo.
Aspettò che le porte del palazzo si chiudessero, poi corse su per le scale, intenzionato a chiudersi quanto prima nelle sicure pareti della sua piccola casa.
Fu con estrema disperazione che, giunto davanti alla sua porta chiara, con la targhetta dorata che indicava il suo nome, si rese conto di non avere le chiavi con sé. Doveva averle dimenticate in ufficio, intento com’era a fuggire verso casa.
Lentamente fece mezzo giro su se stesso, dando le spalle alla porta e fissando lo sguardo su quella che aveva di fronte che, oltre alla stessa piastrina dorata, portava rappresentati, come decorazioni, migliaia e migliaia di fiori di ogni colore e dimensione. Strinse le labbra, alzando lo sguardo al cielo. “Dannato Cupido… anche questa è colpa tua.” Sbottò solo, tra i denti, tremante, prima di accostarsi alla porta floreale e bussare, sistemandosi in viso il miglior sorriso che possedeva. Ad aprirgli la porta, dopo molti insoliti rumori, fu una dolce e tenera bambina dai dolci occhi azzurri e i morbidi boccoli biondi.
“Buongiorno, piccola.” La salutò affettuosamente, chinandosi un po’ in avanti per poter essere più vicino alla sua altezza. “La mamma e il papà sono in casa?”
La bambina tacque, con lo sguardo ceruleo e cristallino fisso su di lui.
Sam aspettò qualche attimo, poi sospirò, accucciandosi davanti alla bimba per guardarla negli occhi. “Piccola, senti… sono rimasto chiuso fuori casa e i tuoi genitori hanno le chiavi. Sono in casa? Potresti chiamarmeli, così me le faccio dare?”
La bambina si ostinò in un lungo e profondo silenzio e così, dopo qualche momento, il giovane si decise ad alzarsi e a scostare da parte la bella bambina bionda, entrando in casa senza alcun invito.
“Buongiorno! Donna, Brandon, siete in casa? Sono Sam, sono rimasto chiuso fuori, avrei bisogno delle chiavi, me le dareste?” Per un lungo, interminabile minuto, ci fu solo il silenzio, interrotto solo dai soliti insoliti rumori, poi una testa riccia si affacciò da una porta.
“Sam, sei tu?” Poi rise, notando che, sì, era proprio lui, uscendo totalmente dalla stanza, in pantaloncini e camicia larga, avvicinandoglisi a braccia spalancate. “Sam, tesoro! Assurdo, siamo vicini, ma da quanto non riusciamo a vederci decentemente?”
Il castano rise, stringendo la donna tra le braccia, battendole affettuosamente una mano sulla schiena. “Hai ragione, Donna. E’ che io sono così impegnato con il mio lavoro e tu e Brandon siete sempre intendi a occuparvi dei vostri splendidi figli. Ho visto la piccola Hannah, dei, cresce così in fretta, mi sembra ieri che la tenevi in braccio! I gemelli, invece? Non li vedo in giro, sono da qualche amico?”
La donna annuì, ridendo, come faceva sempre, portandosi le mani sui fianchi. “Si, è la festa di un amichetto e li abbiamo portati lì. Volevamo mandare anche Hannah, ma i gemelli non l’hanno voluta, in fondo un po’ li capisco, vogliono un po’ di vita solo loro, è comprensibile, ma Hannah c’è rimasta male così le stiamo preparando una festicciola tutta per lei. Ti andrebbe di restare a festeggiare con noi?”
Sam sussultò appena, come mostrandosi sorpreso, per poi esprimersi in una smorfia alla ‘oh, quanto vorrei venire, maledizione, ma perché non posso?’, scotendo appena il capo. “Oh, Donna, sai che resterei davvero volentieri, ma purtroppo temo di non star molto bene. Anzi, ora che ci penso, devo uscire in fretta da qui o potrei portare qualche infezione e i bambini sono così delicati, non vorrei che Hannah o i gemelli si ammalassero a causa mia! Ero qui solo per prendermi le chiavi, io purtroppo ho dimenticato le mie in ufficio.” La soddisfazione più totale lo pervase nel vedere la donna impallidire al pensiero che i suoi figli potessero in qualche modo ammalarsi.
“L-le chiavi, eh? Te le prendo subito, immediatamente!” Assicurò con voce insolitamente acuta lei, spalancando uno dei cassetti della cucina, tirandone fuori una lunga chiave e quasi lanciandogliela addosso. “Sam, non vorrei sembrarti scortese, scusami, ma Hannah è appena uscita da un brutta, bruttissima influenza e non vorrei avesse una ricaduta.” Spiegò rapidamente, già avviandosi verso la porta di ingresso e aprendogliela.
“Figurati, lo capisco, mi sentirei maledettamente in colpa se Hannah si ammalasse a causa mia!” Rassicurò il giovane, uscendo immediatamente dalla casa. “Ci vediamo, Donna.”
“Ci vediamo.”
Sam osservò la porta che quasi gli si chiudeva in faccia, poi sospirò, tornando verso il suo appartamento.
Tornare a casa non era mai stata una tale fatica.
Infilò la chiave nella toppa, girandola un paio di volte, spingendo poi entrambe le mani sulla porta per avanzare nell’appartamento incasinato da libri e scatoloni. Si sfilò la giacca, buttandola sul tavolo in cucina, passandosi stancamente una mano sul viso sciupato.
Fu in quel momento, quasi improvvisamente, che si rese conto dello strano rumore di scorrere d’acqua che proveniva dal bagno. Doveva essersi rotto qualcosa. Fermò a fatica la tentazione di prendere a testate la porta e corse in bagno, spalancando la porta.
Qualsiasi suono gli morì in gola nell’incrociare il tonico, sodo, scolpito, perfetto, abbronzato corpo nudo di un uomo dai biondi capelli scuri e gli occhi simili a due pozze d’acqua cristallina, fissi in un viso perfetto quanto il resto. Schiuse le labbra, boccheggiando. L’uomo sorrise smagliante, inclinando il capo di lato.
“Buongiorno.”
Sam urlò.
 
“Qu-quindi… tu saresti… Cupido…?”
Il biondo si limitò ad annuire, sistemandosi minuziosamente i capelli con la cera che dal nulla si era fatto comparire, così come dal nulla si era fatto comparire, con enorme sollievo di Sam, la camicia appena azzurrina che si era infilato nel jeans a vita bassa.
“E… che ci fai qui?”
Il maggiore rise, voltandosi verso di lui. “Sei tu che mi hai chiamato, Sam.” Gli ricordò con tono gioviale, indicandosi poi i capelli con un dito. “Come stanno?”
Il castano annuì appena, frettoloso, senza prestar troppa attenzione alla pettinatura del dio, né alla sua smorfia imbronciata nel rendersi conto di ciò. “E quando ti avrei chiamato, scusa?” Chiese ancora, portandosi le dita alle tempie, cercando di capire qualcosa in quell’assurda situazione.
“Appena dopo pranzo. Mi hai anche chiamato ‘dannato’.” Rispose tranquillamente il biondo, passandosi una mano tra i capelli, levandone la cera con quel semplice gesto, per poi rimettersi a lavoro con estrema serietà e voglia di perfezionismo.
Sam si sentì vagamente imbarazzato a sentirsi sbattere in faccia quell’infamia con tanta semplicità. “M-mi dispiace, ero nervoso.” Si scusò in un soffio, con lo sguardo basso sul pavimento.
 Il dio dell’amore portò lo sguardo su di lui, piuttosto perplesso, sistemandosi con un ultimo tocco il ciuffo biondo. “Per cosa ti scusi? Per avermi chiamato dannato?” Rise, osservandosi allo specchio, approvandosi con un cenno del capo. “Mi hanno affibbiato nomi peggiori, in perfetta lucidità. ‘Dannato’ non è niente.” Chinò un po’ il capo di lato, sorridendogli. “Tranquillo. E ora pensiamo a conquistare quel tipo!”
Il castano sgranò appena gli occhi, per poi forzare una leggera risatina. “C-conquistare? Quel tipo? D-di che parli?”
Cupido sospirò appena, alzando lo sguardo al cielo per poi riportarlo su di lui. “Dell’uomo che ami e che ti ha rifiutato, no? Ti aiuterò a conquistarlo! Sono il Dio dell’Amore in fondo, no?” Ci pensò un attimo su, uscendo dal bagno, passandogli accanto. “Spero tu abbia del buon vino, non carburo, senza.” Sam tacque, con lo sguardo ancora fisso dinnanzi a sé, sperduto. “Certo…” Soffiò solo “Il dio dell’amore non carbura senza vino.”

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2 - Piani di Conquista ***


Non riusciva ancora a capire come aveva fatto ad accettare l’assurda idea di quell’assurdo tipo che assurdamente si era presentato come Cupido, dio dell’amore. Assurdo. Era una situazione troppo… assurda! Conquistare Rick? Impossibile. Lui era stato ben chiaro, quando l’aveva rifiutato, insistere non l’avrebbe portato a nulla. Solo ad essere odiato più di quanto non fosse già. Non c’era alcun bisogno di tentare di conquistare l’uomo che amava, l’aveva ripetuto più volte a quella ‘divinità’, ma lui non aveva voluto saperne niente e l’aveva trascinato fuori casa, per fargli prendere aria, sapere informazioni su Rick e, intanto, esplorare quello strano mondo che non conosceva per nulla.
 
Osservò il biondo seduto di fronte a lui studiare attentamente il menù che aveva tra le mani, con un’espressione corrucciata in viso. “Allora? Hai deciso cosa prendere?” Gli domandò vagamente annoiato dall’attesa.
Il dio alzò lo sguardo su di lui, ridendo, lasciando il menù sul tavolo. “Certo che no, non so leggere questi caratteri.” Rivelò con un sorriso quieto, posando le braccia incrociate sul tavolino. “Consigliami tu, dai, cosa potrei prendere?”
Sam volse lo sguardo sul menù, leggendo attentamente quanto v’era sopra riportato, un po’ impensierito. “Beh, non saprei… vuoi un cocktail? Un caffè? O preferisci un frappé?”
Cupido alzò lo sguardo sul cielo turchese appena macchiato di bianco, arricciando leggermente le labbra accattivanti, poi rise “Non ho la minima idea di cosa tu stia dicendo, Sam.” Ammise stringendosi nelle spalle, chinando un po’ il capo sulla spalla destra. “Ma il frappé suona bene, credo prenderò quello.” Decise, poggiandosi allo schienale della sedia di plastica, giocando con le dita su un posacenere di metallo, chiedendosi a cosa mai servisse quello strano aggeggio.
Il castano lo osservò a lungo, chiedendosi che risposta avrebbe ricevuto domandando al dio a che gusto volesse il frappé, quindi decise di limitarsi a prenderglielo alla vaniglia, così da non perdere altro tempo nel cercare di spiegargli la differenza tra i vari gusti.
Fermò un cameriere con un cenno della mano, ordinando un semplice caffè per sé e il frappé per la divinità. Attese che il cameriere si allontanasse abbastanza, poi si chinò un po’ sul tavolo per accostarsi al Nume e così poter abbassare la voce nel parlare con lui. “Come pensi di aiutarmi a conquistarlo?”
Il biondo inarcò perplesso le sopracciglia, guardandosi un po’ intorno. “Vuoi conquistare il cameriere?” Chiese innocentemente, ma un po’ confuso.
Il giovane fu tentato di mollargli un calcio da sotto il tavolo e di andarsene. “Ma che cameriere e cameriere. Parlo di Rick.”
Il dio chinò leggermente il capo su una spalla, con sguardo vagamente assorto. “Rick? Il tipo che ti piace e che ti ha nettamente rifiutato, dicendoti che non ti voleva più vedere, nonostante la vostra amicizia durasse praticamente da quando eravate bambini di tre anni a testa? Quel Rick?”
Il 24enne strinse le labbra e i pugni, chinando tremante lo sguardo sul tavolo di plastica, senza commentare per molto tempo, limitandosi a un cenno del capo. Non notando alcuna reazione da parte del dio dell’amore, si forzò di alzare lo sguardo vagamente lucido, prendendo fiato ed esalandolo vibrante . “Si. Lui.”
Cupido lo osservò a lungo, sospirando insofferente, posando il viso sulla mano destra, retta dal gomito posto sul tavolo. “Ma perché vuoi conquistarlo? Ma lo vedi come ti ha trattato? Non merita la tua amicizia e men che meno merita il tuo amore!”
Sam si alzò di scatto, rovesciando la sedia all’indietro, battendo entrambe le mani sul tavolo, irato da quel modo di parlargli, ferito, in cuor suo, dalla verità di cui quelle parole erano pregne. “Senti, io non ho mai chiesto il tuo aiuto, sei tu che sei venuto in casa mia, mi hai trascinato qui, mi hai proposto di conquistare la persona che mi piaceva. Hai fatto tutto tu, quindi non ti permetto di parlarmi in questa maniera! Se non vuoi aiutarmi, fa niente, non lo voglio il tuo aiuto, ma se vuoi aiutarmi allora ti prego di non farmi la partaccia.” Prese fiato, dopo la sfuriata, con il rossore dell’ira che sfumava solo per essere sostituito da quello più bruciante dell’imbarazzo.
Non era sua abitudine fare certe scenate in pubblico, la cosa lo imbarazzava non poco.
Distolse lo sguardo da quello un po’ sorpreso del dio, passandogli accanto per allontanarsi. “Io torno a casa.”
Cupido alzò appena una mano, afferrando il polso del più giovane, fermandolo e alzando lo sguardo su di lui. “Ti aiuterò a conquistarlo, se è quello che vuoi.”
Sam tacque per qualche momento, ma poi annuì con un cenno del capo. “E’ quello che voglio.” Confermò deciso.
Il dio sospirò ancora, ma si alzò, annuendo e facendo un gesto vago della mano. “Va bene, va bene, ti aiuterò.” Si sistemò un ciuffo dei capelli biondi, incamminandosi verso la strada principale, seppur non sapesse bene che percorso stesse percorrendo. “Siete strani, voi umani. Hai me al tuo servizio, potresti avere chiunque tu voglia e il tuo unico desiderio è conquistare una persona per cui, evidentemente, non vali nulla. Perché una cosa del genere?”
Sam scrollò le spalle, con lo sguardo perso su un punto imprecisato, forzando una leggera risata. “Se parli così, evidentemente non sei mai stato innamorato.” Commentò solo, avanzando di qualche passo, al contrario del dio che si fermò, rialzando lo sguardo sul cielo, inspirando a fondo.
“Desiderare a tutti costi qualcuno che non ti merita e che non ti vuole non è amore. E’ solo capriccio.”
Il castano si voltò a guardarlo. Cupido aveva il tono di chi parlava per esperienza personale, e per un attimo fu tentato di chiedergli cosa gli fosse successo, ma subito il dio tornò a sorridere come sempre, passandogli un braccio attorno alle spalle, stringendoselo un po’ contro. “Forza, dove possiamo trovare questo Rick?”
Sam indicò una stradina alla loro sinistra. “Il suo ufficio si raggiunge da questa strada.” Spiegò, sussultando quando il nume lo prese per mano, trascinandolo con estrema gioia.
“Allora andiamo.”
 
“No, no, no, no, no, no, no, aspetta, che vuoi fare?”
Il Dio rise, osservando divertito il totale panico che riempiva gli occhi del giovane che, da così vicino lo poteva vedere bene, non erano semplicemente castani, ma avevano una qualche strana sfumatura quasi in qualche modo dorata. “Hai dei bellissimi occhi.”
Sam si sentì arrossire a quel commento, e quasi ringraziò il fato per le mani del dio poste sulle sue gote di modo da coprire il colore che queste avevano preso. “Che diamine stai facendo?” Gli chiese a voce bassa, cercando di controllare il tremito che sentiva nell’avere il viso del nume così maledettamente vicino.
“Sto cercando di baciarti.” Rispose con estrema tranquillità il dio dell’amore, sorridendo piuttosto soddisfatto nel vedere gli occhi del minore sgranarsi totalmente sconvolti.
“Sam?”
Il giovane sussultò a quella voce, scattando in piedi e parandosi davanti al Dio quasi come a voler provare a nasconderlo. “R-rick! C-che ci fai da queste parti?” Domandò stupidamente, completamente nel pallone, pur sapendo perfettamente che l’uomo lavorava poco lontano da lì e che quello era proprio l’orario di fine lavoro.
Cupido si mise in mezzo, scostando un po’ Sam e avvicinandosi all’altra persona. “Oh, quindi tu sei Rick! Sam mi ha parlato così tanto di te che è come se ti conoscessi da sempre.” Rivelò ridendo, portando una mano sul capo del castano, carezzandoglielo un po’, affettuosamente.
Rick osservò quel gesto di sott’occhio, tenendo lo sguardo sul tipo che aveva davanti, squadrandolo attentamente, sorridendo con fredda cortesia. “Temo di non poter dire la stessa cosa, però. Lei è…?”
Il Dio sussultò, come rendendosi conto di non essersi presentato, stringendo la mano dell’uomo con vigore. “Sono Philia Eros. Ma puoi chiamarmi Eros, come fanno tutti, perché Philia è un nome davvero pessimo.” Rise, prendendo la mano di Sam con la sua, stringendogliela forte per impedirgli di scostarla. “Io e Sam ci frequentiamo da un po’. Sai, qualche giorno fa si è dichiarato ad uno, ma quello stronzo l’ha rifiutato. Non ti dico, Sam ne ha sofferto tantissimo! Io gli ho detto che non era il tipo adatto a lui, che meritava di meglio e così l’ho trascinato ad uscire. Credo di starlo persino convincendo, sai? Andando avanti così, sono assolutamente certo che Sam presto cadrà ai miei piedi.” Annuì alle sue stesse parole, come per confermarle, poi scoppiò a ridere, chinandosi sul castano, baciandogli dolce una guancia. “Non è vero, Sam?”
Lui boccheggiò un paio di volte, cercando qualcosa da ribattere, ma, fortunatamente, né Cupido, né Rick sembravano effettivamente interessanti a lui.
“Sono contento che Sam abbia trovato qualcuno che tiene così tanto a lui.” Mormorò Rick, con la solita gentilezza di circostanza.
‘Eros’ sorrise, stringendosi Sam contro, con gioia e dolcezza. “Non permetterò a nessuno di farlo soffrire.” Promise con voce decisa, per poi lanciare uno sguardo all’orologio che pendeva da uno dei lampioni che riempivano la strada. “Oh, ma è già così tardi? Sarà il caso che ci avviamo, Sam, o arriveremo in ritardo al ristorante.” Portò lo sguardo su Rick, sorridendogli con sincerità. “E’ stato un piacere incontrarti, qualche volta potremmo uscire tutti e tre insieme, credo sarebbe fantastico!”
L’uomo sorrise, annuendo appena. “Si, mi sembra una buona idea. Magari ci sentiamo e vediamo di organizzare qualcosa. Buona serata. Ciao, Sam.” Posò una mano sui capelli castani del più giovane, scombinandoglieli un po’, prima di allontanarsi sotto lo sguardo di Sam e di Cupido.
“M-ma cosa ti salta in mente? Ma che cazzo dici?” Sbraitò il castano quando il suo amato fu abbastanza lontano.
Il dio rise divertito a quella reazione. “Sam, calmati. Sei tu che mi hai chiesto di aiutarti a conquistarlo ed è quello che sto facendo.” Spiegò semplicemente, incamminandosi verso una qualche direzione, seguito dal giovane furioso.
“A me non pare! Ora penserà che non ero sincero, che mi va bene farmela con tutti, che sto con te e che quindi va tutto bene, non mi sembra la tattica giusta per conquistarlo!”
Il dio si voltò di scatto, fermandosi, portando lo sguardo fisso in quello del minore. “Ora sa che sei stato sinceramente male per lui e che hai qualcun altro che può aiutarti a vivere. Sa che non dipendi totalmente da lui, sa che lui non è l’unico, sa che la sua posizione può essere in pericolo. Li conosco i tipi come lui, anche se ti ha rifiutato pretende che tu sia suo, farà di tutto perché tu lo sia. Usciremo qualche volta in tre, gli faremo vedere che stai bene anche senza di lui, che sei disposto a dimenticarlo per amare me, aspetteremo che lui inizi ad avvicinarsi a te e andrai a confidarti con lui, dicendogli che ti ho deluso, che ti ho tradito, che probabilmente non ti amavo come dicevo, che sei confuso, che stai male, che non sai che fare, che è stato uno sbaglio stare con me e così voi due vi metterete insieme e tutto è bene quel che finisce bene.”
Sam schiuse più volte le labbra, cercando di commentare qualcosa, intontito dalla rapidità con cui Cupido gli aveva esposto il piano che, in effetti, gli sembrava perfettamente logico. Chiuse la labbra, annuendo un po’.  “Potrebbe funzionare.” Ammise con tono di sufficienza, riprendendo a camminare, arrossendo furiosamente nel sentire il dio scoppiare a ridere.
 
Sam osservò molto attentamente il locale davanti al quale si erano fermati, portando poi lo sguardo sul dio, che appariva incredibilmente emozionato, e nuovamente sul locale. “E’ una pizzeria.” Constatò sperduto e confuso dall’eccitazione quasi palpabile del biondino che annuì vigorosamente.
“A volte mi è capitato di vederle, da lassù, ma non ho mai assaggiato una pizza, sono certo che è squisita!”
Il castano non riuscì a reprimere una leggera risata nel vedere il dio dell’amore così emozionato per una semplice pizza. “Allora entriamo a sederci.” Acconsentì, prendendo, un po’ esitante, una mano del biondo nella sua, accompagnandolo all’interno del locale, fino a un tavolo un po’ in disparte a cui si sedette insieme a lui.
“Tu cosa prendi?” Domandò curioso Cupido, rubando un menù dal tavolo accanto, studiandolo sebbene sapesse perfettamente che da lì non poteva ricavarne nulla, a causa degli strani simboli che non sapeva riconoscere.
“Credo che prenderò una semplice margherita.”
Il dio ci pensò su, annuendo lievemente, sorridendo poi. “Allora ne prenderò una anch’io.” Confermò, guardandosi intorno in attesa di un cameriere che non si fece aspettare più di tanto.
“Buonasera, signori, avete già scelto cosa ordinare?”
Prima che Sam potesse rispondere, Cupido annuì, prendendo la parola. “Vorremmo due Margherite. Mi raccomando, il mio amico è allergico al Basilico, quindi non dovete assolutamente metterlo sulla pizza.”
Il cameriere segnò con estrema cura sul blocco, annuendo. “Da bere?”
“Un litro di vino rosso della casa.”
Il cameriere segnò anche questo, poi prese il menù. “La vostra ordinazione arriverà subito.” Rassicurò, allontanandosi verso le cucine, sotto lo sguardo impaziente del dio che già nella sua mente cominciava a gustare quella sconosciuta pietanza che spesso aveva visto mangiare con gusto.
Sam lo fece tornare alla realtà, posando una mano sulla sua. “Come lo sai?”
Cupido lo osservò perplesso, cercando di capire a cosa si riferisse.
“Come sai che sono allergico al Basilico? Non te l’ho mai detto.” Esplicò il castano, facendo ridere leggermente il Nume.
“Lo so perché ti osservo da quando sei piccolo.” Rispose con estrema tranquillità, prendendo la mano tra le sue, disegnandogli vari ghirigori sul dorso con la punta dell’indice della destra.
Sam ritirò la mano, portandosela in grembo. “E perché mi osservi?” Domandò, immediatamente diffidente, arretrando appena col busto, poggiandosi così alla sedia di legno.
Cupido rimase in silenzio qualche attimo, guardandosi intorno. “Tua madre era pagana.” Rispose, col tono di chi ha ancora molte cose da aggiungere, nonostante già di per sé quella fosse, per Sam, una risposta sufficiente. “Lei era davvero molto fedele e credeva totalmente in noi Dei.” Si mosse sulla sedia, quasi come fosse a disagio a rivangare quei ricordi, seppure il suo viso rimanesse calmo e quieto. “Quando tuo padre morì, che tu non eri ancora nato, lei si ritrovò in molte difficoltà e venne da noi. Ricordo esattamente ogni sua parola. Disse ‘Vi chiedo perdono, miei Dei, se il mio cuore, ora, tentenna nel dubbio. So che questa disgrazia non è certo stata un accadimento desiderato da voi, ma darvi, nel mio cuore, la colpa, mi permette di metabolizzare meglio il dolore per questa tragedia, così da poter crescere al meglio il figlio che mi sta per essere donato’. Lo ricordo come fosse ieri.”
Tacquero entrambi, a lungo.
Cupido intento nei suoi ricordi, evidentemente, in qualche modo, rammaricanti, Sam perso in una spirale di pensieri che gli stringevano lo stomaco in una morsa di disagio e confusione.
L’arrivo delle pizze, comunque, interruppe entrambe le catene, riportando il Dio nel suo stato di febbricitante emozione. “Ha un aspetto splendido e anche un odore meraviglioso.” Constatò, chiudendo gli occhi, annusando il buon profumo che quella focaccia evoluta emanava. “Sembra davvero fantastica.”
Il più giovane rise, tagliando la pizza in quattro con forchetta e coltello. “Beh, in fondo è un cibo amato in tutto il mondo, un motivo deve esserci.” Ammise, staccando un quarto del cerchio e piegandolo a metà, mangiandone il primo boccone, seguito da Cupido che cercava di imitarlo nei gesti e che, al primo morso, quasi si immobilizzò per assaporare al meglio quel piatto tanto desiderato.
“Mh, è veramente deliziosa.” Confermò con estrema gioia, sorridendo euforico al ragazzo che ricambiò il sorriso.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3 - Compimento del Piano ***


Alla fine, Cupido l’aveva convinto che la sua idea di fingere di stare insieme per far ingelosire Rick era vincente e che avrebbe fruttato a breve, risolvendo tutti i suoi problemi amorosi. Non che avesse motivo di dubitare di questo. In fondo era il Dio dell’Amore ad aver progettato la cosa, mentre lui dell’amore ne sapeva poco o niente. Aveva avuto poche, pochissime, relazioni e tutte durate appena una settimana al massimo, non era certo il migliore in questioni di cuore. Qualsiasi idea gli avesse proposto Cupido gli sarebbe sembrata perfetta e perfettamente logica, per quanto strana potesse sembrare alla sua mente non abituata certo al corteggiamento.
Per quello era lì, in quel momento.
 
Portò lo sguardo sulla cameriera che si era avvicinato con le pizze –Cupido aveva insistito incredibilmente tanto per andare in una pizzeria- allungando le mani per prendere il piatto con la propria semplice e solita margherita, posandosela davanti, voltando il capo verso il Dio nel vederlo avvicinarsi per osservare al meglio la pizza.
“Neanche una traccia di Basilico, bene!” Esclamò il biondo, palesemente pienamente soddisfatto dalla cosa, tornando a dedicarsi alla sua pizza con olive e prosciutto cotto, caldamente consigliata dalla cameriera che, con fare civettuolo e tono sensuale, si era persino sbottonata uno dei bottoni della camicetta bianca nel rivolgersi al dio dell’amore che, però, a quelle cose non aveva fatto alcun caso, forse solo per star meglio nella recita che lo vedeva totalmente cotto del castano.
“Sam, vuoi una fetta della mia pizza?” Chiese Rick, come a voler spezzare quel silenzio che se per i due ‘fidanzatini’ sembrava molto piacevole, metteva a disagio lui come fosse costretto ad assistere a una discussione in una lingua sconosciuta, porgendo una fetta al castano che storse appena il naso, osservando i funghi che decoravano la pizza.
“A Sam non piacciono molto i funghi.” Ribatté Eros, infilandosi nel discorso, lanciando un’occhiata languida alla fetta. “Però a me piacerebbe molto assaggiarla, ti va di fare scambio con una fetta della mia?”
L’uomo esitò qualche attimo, per poi concedere al biondo uno dei suoi soliti sorrisi freddamente cortesi.
“Ma certamente.” Rispose con tono educato.
Cupido prese la fetta coi funghi, piegandola a metà come Sam gli aveva insegnato a fare, mordendone la punta, assaggiando quel novello gusto con fare pensieroso, ingoiando e chiudendo gli occhi, deliziato.
“Io adoro la pizza.” Ammise con estrema veemente convinzione, schiudendo gli occhi solo per osservare il castano che aveva accanto che ridacchiava sommessamente. “E adoro anche te.” Aggiunse, chinandosi a baciargli la guancia che immediatamente si arrossò sotto quel tocco.
Rick si schiarì la voce, per ottenere nuovamente l’attenzione dei due amorosi piccioncini amoreggianti.
“Non sapevo non ti piacessero i funghi, Sam. Di solito li mangi senza problemi.”
Il castano schiuse le labbra, cercando rapidamente qualcosa da dire, nonostante la mente gli fosse immediatamente andata in black out a quella semplice constatazione. Non poteva certo rivelargli che, accanto a lui, aveva sempre cercato di farsi andare bene tutto per non mostrarsi capriccioso e viziato ai suoi occhi, perché così facendo avrebbe ammesso non solo di non aver avuto alcuna esitazione a mentirgli su una sciocchezza del genere -e quindi perché non farlo anche su questioni più importanti-, ma anche che con lui non era riuscito a essere totalmente sé stesso e che, quindi, non si sentiva comodo nel loro rapporto e che, quindi, in effetti la loro amicizia non era stretta come sembrava.
Il pensiero che la loro amicizia si era dimostrata una bolla di sapone già per il fatto che Rick aveva deciso di non vederlo più solo per un sentimento non ricambiato e che ora gli fosse nuovamente dolcemente e pienamente amico solo perché sentiva il suo primo posto all’interno del suo cuore in pericolo, non gli solcò la mente, in quel momento totalmente nel pallone.
“In realtà è una cosa recente.” Intervenne Cupido, stringendo tra le mani le redini della situazione. “Sai com’è, il giorno prima qualcosa ti piace, il giorno dopo non più tanto e se puoi evitarlo è meglio.” Rise, passando un braccio attorno alle spalle del giovane ‘amato’, stringendoselo contro con affetto. “Non è così, Sam?”
Il ragazzo forzò una risatina, portando una mano imbarazzata ai capelli, scostandosi un ciuffetto impertinente dalla fronte, annuendo appena.
“Si, esatto.” Confermò con un sorriso luminoso, scostandosi dal biondo per riprendere a mangiare la sua margherita, tenendosi la bocca impegnata di modo da non poter avere la possibilità di rispondere ad altre eventuali domande impertinenti.
Il resto della cena si svolse piuttosto tranquillamente, con chiacchiere per lo più inutili su vari argomenti che non interessavano veramente a nessuno dei tre. Fu la cameriera a rompere quella strana situazione di scostante allegria, posando accanto al biondo divo un tovagliolo di stoffa azzurrata.
“Il tovagliolo che avete chiesto, signore.” Spiegò con un sorriso estremamente smagliante, lanciandogli un’occhiata languida prima di allontanarsi.
Rick si sporse appena in avanti pensieroso. “Abbiamo chiesto un tovagliolo?” Domandò perplesso, cercando di ricorda quando mai avessero fatto qualcosa del genere, senza approdare a nessuna memoria.
“Beh… no…” Rispose perplesso Cupido, prendendo il fazzoletto da cui cadde un bigliettino con su scritto, in bella calligrafia, un numero di telefono e il nome Hellen.
“Ti ha lasciato il suo numero.” Constatò piuttosto inutilmente Sam, osservando il biglietto, senza espressioni particolari, ma sorpreso dall’audacia di quella ragazza.
Il Nume osservò attentamente il bigliettino, portando poi lo sguardo sulla sala per cercare la cameriera che scoprì ad osservarlo e che gli rivolse un sorriso malizioso. Si osservarono qualche attimo, poi il ragazzo si voltò, chinandosi sulle labbra del castano accanto a lui, baciandolo morbidamente e castamente, sorridendo appena nel vederlo sgranare sconvolto gli occhi, riportando poi lo sguardo sulla cameriera che era rimasta a bocca aperta e senza parole. Cupido si concesse un sorrisetto soddisfatto, prima di tornare alla pizza.
 
Camminavano in silenzio lungo la strada silenziosa che li avrebbe portati a casa, dove avrebbero potuto riposare dopo quella giornata che era riuscita a levar loro ogni residuo di forza. Non era successo niente di particolare, in fondo, ma Rick era riuscito a sfinirli in un modo che non sembrava possibile. Aveva posto mille e mille domande e trovare una scusa convincente a ogni sua minima, contorta e intricata curiosità non era sempre stato semplice. Spesso Cupido si era limitato a ridere, evitando la risposta con qualche commento come ‘Se continui a fare tante domande dovrò iniziare a pensare che mi vuoi portare via Sam’ o cose simili, ma esagerare con queste evasioni avrebbe solo portato Rick a insospettirsi, quindi avevano dovuto stare molto attenti. Cupido comunque, doveva ammettere Sam in cuor suo, se l’era cavata davvero alla grande. Si chiese quanto spesso gli fosse capitato di dover recitare una parte di quel genere, ma preferì non approfondire la questione o, ne era certo, avrebbe perso fiducia in ogni gesto del Dio.
Improvvisamente infastidito dal silenzio che li avvolgeva, si schiarì la voce, portando lo sguardo sul biondo che camminava con lo sguardo verso il manto scuro che li copriva.
“Perché hai agito in quel modo, con la cameriera?”
Il Nume chinò lo sguardo su di lui, inarcando le sopracciglia, perplesso da quella domanda che gli pareva piuttosto inutile. “Se avessi agito in maniera diversa Rick avrebbe dubitato del nostro rapporto, non credi? E’ mio dovere fare tutto quello che devo per far sì che la nostra relazione sia totalmente credibile.”
Il castano annuì un po’, portando lo sguardo dinnanzi a sé. “Questo è vero.” Ammise, affondando le mani nelle tasche dei pantaloni chiari che indossava. “Ma avresti potuto anche evitare di baciarmi. Non era necessario per confermare il nostro rapporto a Rick e facendolo hai solo perso la possibilità di poter fare qualcosa con la cameriera, eventualmente, una volta finita questa sceneggiata.”
Cupido scoppiò a ridere, posandogli una mano sul capo, scompigliandogli i sempre sistemati capelli castani. “Sei talmente ingenuo, Sam.” Lo rimproverò affettuosamente, dandogli un leggero buffetto sulla guancia. “Pensi davvero che se volessi andare con quella ragazza me lo impedirebbe l’averti baciato dinnanzi a lei? Posso inventare migliaia di scuse per averla comunque.” Lo rassicurò sorridendogli smagliante come sempre, stringendogli un braccio attorno alle spalle di modo da premerselo un po’ contro il petto. “Ma ti ringrazio moltissimo per esserti preoccupato per me.”
Sam borbottò qualcosa di indefinito, distogliendo lo sguardo, con le gote che gli avvampavano di colore, districandosi dall’abbraccio del dio per allontanarsi verso una strada.
“Dobbiamo andare di qui.” Spiegò frettoloso, notando lo sguardo perplesso che, da un po’ di distanza, gli rivolgeva il biondo che sorrise e subito lo seguì, prendendolo per mano.
“Non vedo l’ora di essere a casa, ho bisogno di un po’ di vino.” Ammise con il suo solito tono allegro.
 
Annaspò, stringendo gli occhi, mordendosi forte il labbro inferiore, aggrappandosi con forza alla maglietta del biondo che lo teneva bloccato contro il muro, cercando invano di allontanarlo in qualche modo da sé.
“C-cupido…” Lo chiamò implorante, con la voce quasi rotta dai singhiozzi, voltando il capo di lato per allontanare il viso del dio dal suo collo, ma questi non sembrava intenzionato a lasciarlo e, anzi, lo morse, facendolo gemere leggero di dolore. “Cupido, per favore…” Pregò supplicante, posando le mani sul petto del biondo, spingendolo per farlo allontanare, tremante sotto i suoi tocchi famelici lungo il suo corpo.
“Sta’ buono.” Sbottò seccato il Nume, stringendogli una mano sul mento per guardarlo dritto negli occhi lucidi. “Sta’ buono.” Ripeté perentorio e freddo, soffiando sulle sue labbra, palesemente innervosito dalle sue lamentele.
Qualcuno si schiarì le labbra dietro di loro, portando entrambi a voltare lo sguardo su di lui.
Sam sussultò, sgranando gli occhi, avvampando d’umiliazione, schiudendo le labbra.
“R-Rick…” Chiamò in un soffio, implorando chiunque volesse ascoltarlo di far divenire quell’incubo soltanto una visione di una mente palesemente disturbata.
“C’è qualche problema?” Domandò freddamente Cupido, rimanendo ben fermo davanti al castano, come a voler impedire a Rick qualsiasi mossa verso di lui.
L’uomo comunque, si limitò a scrollare le spalle. “Se lo fate qui qualcuno potrebbe vedervi, anche se è ormai sera, e denunciarvi per atti osceni in luogo pubblico.” Ribatté solo, particolarmente artico, con lo sguardo fisso in quello del Dio, muta sfida ricolma d’odio.
Il Nume annuì appena con un cenno infastidito del capo. “Grazie tante per la preoccupazione.” Sbottò appena, per poi afferrare una mano di Sam, trascinandolo via per una strada sotto lo sguardo di Rick.
Dopo qualche metro, si fermò, voltandosi verso il castano, carezzandogli le guance, per poi stringerselo contro il petto.
“Ora va’ da lui.” Gli disse a voce bassa, quasi carezzevole. “Digli che abbiamo litigato, che non ero come ti aspettavi. Che sono un tipo violento e irritabile, che ho alzato persino le mani su di te, che hai sbagliato tutto, che non vuoi più avere niente a che fare con me.” Si scostò, sorridendo, pizzicandogli appena una guancia ancora vagamente arrossata. “E vedrai che otterrai l’uomo che ami.”
Sam boccheggiò qualche attimo, tamponandosi gli occhi ancora un po’ lucidi per l’umiliazione provata nel farsi ritrovare da Rick in una situazione come quella, seppure programmata.
“G-grazie… per l’aiuto.”
Il biondo rise, infilandosi le mani nelle tasche del jeans, sorridendogli gentilmente. “E’ stato un piacere, Sam. Buona fortuna.” Lo salutò con un cenno della mano, volgendogli le spalle, allontanandosi.
“Tu cosa… cosa farai…?”
Il dio si voltò a guardarlo e scrollò le spalle. “Torno su. Ormai non hai più bisogno di me.” Tornò a sorridergli, smagliante come suo solito. “Sii felice, Sam, mi raccomando.” E si allontanò, voltando in un vicoletto, lasciandolo lì.
Inspirò a fondo la fresca aria notturna, stringendo un po’ gli occhi verso il manto blu che li ricopriva per cercare di individuare, assai inutilmente, almeno qualche stella, nonostante le accecanti luci che riempivano la strada che stavano percorrendo glielo impedissero con estrema veemenza. Espirò un po’ deluso, affondando le mani nelle tasche dei pantaloni, portando lo sguardo intorno a sé, osservando la gente che, passando, pur a quell’ora tarda, riempiva la notte di caos e schiamazzi.
Era talmente diverso, quel mondo, da quello in cui in passato spesso aveva vissuto. Era più veloce, più caotico, più nevrotico. C’erano alcune cose davvero apprezzabili, che l’avevano emozionato molto e l’avevano fatto gioire per la sosta, ma, mai come quella sera, la maggior parte delle novità di quel mondo, di quel tempo, lo facevano solo sentire a disagio, sperduto, perso in un luogo che con lui non c’entrava nulla.
Non aveva alcuna intenzione di restare ancora in quel mondo.
Sarebbe tornato all’Olimpo, a subire gli sfottò e le ramanzine di Afrodite che, per l’ennesima volta, gli avrebbe ricordato che gli Dei non erano fatti per aiutare gli umani.
Si fermò, osservando il locale poco distante in cui aveva assaggiato per la prima volta le labbra di Sam.
Sarebbe tornato all’Olimpo, a subire gli sfottò e le ramanzine di Afrodite che, per l’ennesima volta, gli avrebbe ricordato che gli Dei non erano fatti per amare gli umani.
 
“Dev’essere stato un periodo orribile.” Mormorò consolatorio Rick, stringendo tra le braccia il giovane che, in quel momento, in lacrime, sembrava ancora più piccolo del solito. “Ed è stata tutta colpa mia. Oh, Sam, mi dispiace così tanto.”
Sam sussultò a quelle parole, scuotendo la testa, abbozzando un pallido sorriso. “Ma no, cosa dici? E’ stata solo colpa mia, volevo talmente tanto qualcuno che non mi sono reso conto di che tipo fosse la persona che avevo trovato.” Mormorò chinando lo sguardo, portandosi una mano sugli occhi. “Sono stato così idiota.”
L’uomo gli pose una mano sotto il mento, alzandogli il viso. “No, Sam, non è così. Se io non ti avessi rifiutato tutto questo non sarebbe successo. Se solo avessi capito prima cosa provo per te, Sam…”
Il minore sgranò sorpreso gli occhi a quelle parole, alzando lo sguardo su quello serio della persona che amava. “C-co…?”
Rick gli impedì di parlare, posando morbidamente le labbra sulle sue, sorridendogli teneramente. “Sono innamorato di te, Sam. Perdonami se non l’ho capito prima.”
Sam tacque, mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime, poi saltò al collo dell’uomo, stringendosi forte contro di lui. “A-anch’io ti amo, Rick… ti amo così tanto…”
L’uomo lo strinse forte, chinando il capo per posare morbidamente le labbra sulle sue, stendendolo dolcemente sul divano, sotto di sé, passandogli una mano sul corpo con gesti teneri. Schiudendo gli occhi, fremendo sotto i tocchi dell’uomo che amava, Sam si ritrovò a chiedersi se Cupido lo stesse osservando anche in quel preciso istante.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4 - Conclusione ***


[piccola nota: ero sicurissima di aver già inviato questo capitolo secoli fa! Sono mortificata!]

E, alla fine, giorno dopo giorno, era passato così tanto tempo che gli sembrava di aver incontrato il bel Dio dell’Amore anni e anni prima, seppur il calendario gli ricordasse che erano passati solo 42 giorni.
42 giorni che aveva trascorso insieme alla persona che amava e che con tanto impegno aveva cercato di –ed era riuscita a- conquistare che, seppur per i primi giorni le fosse stata talmente vicina da risultare a tratti soffocante, dopo poco aveva cominciato a distaccarsi, diventando sempre più freddo e insofferente.
Arrivato al 26esimo giorno, Sam si era reso conto che, della cosa, non se ne curava poi più di tanto e che, probabilmente, il voler a tutti i costi conquistare Rick era stato solo un capriccio, forse perché ormai non poteva che continuare a mentire a sé stesso, convincendosi di amare lui, solo lui, pienamente lui e di poter essere felice solo accanto a lui.
Sospirò alla calura che gli pesava addosso mentre scavava nella valigetta da lavoro per trovare le chiavi della porta di casa. Rick, che da un po’ aveva cominciato a vivere con lui, sebbene nessuno dei due lo volesse davvero, era fuori città per una questione di lavoro e lui aveva deciso di uscire prima da lavoro per potersi godere un po’ da solo la tranquillità ormai svanita della propria casa.
L’aria era diventata così pesante da quando l’uomo aveva preso a vivere con lui, che trovava molto più piacevole passare le serate in compagnia dell’allegra famigliola che aveva come vicini e che, molto velatamente, gli aveva fatto capire che Rick non era invitato con grande gioia in casa, siccome ad Hannah non piaceva. La cosa, in effetti, non poteva che renderlo particolarmente felice.
Smise per un attimo di cercare le chiavi, portando lo sguardo sulla porta dall’altro lato del pianerottolo, perso nei ricordi.
Una volta aveva visto giocare Hannah con un immenso peluche bianco che spesso la bambina aveva adocchiato in una macchina vicina a casa, da cui si poteva provare a prendere peluche con un gancio a tre dita che scendeva dall’alto, e che spesso Brandon aveva provato a catturare, con scarsi risultati.
‘Oh, allora alla fine Brandon ce l’ha fatta.’ Aveva commentato divertito, parlandone con Donna, ma lei aveva riso, scotendo il capo ricciuto.
‘Oh, no, non è stato Brandon.’ Aveva risposto, posandogli la tazza di caffè davanti. ‘E’ stato Eros, quel tuo amico. Ci sa davvero fare coi bambini, in 5 minuti è riuscito a stregare sia Hannah che i gemelli.’ Donna aveva persino insistito spesso perché invitasse Eros a cena da loro, rimanendo molto delusa quando gli aveva rivelato che, purtroppo, non era possibile perché il ragazzo era partito per tornare a casa sua.
Sospirò, scotendo il capo, tornando a cercare le chiavi nella borsa, riuscendo finalmente ad aprire la porta così da poter entrare in casa, lasciando la borsa da lavoro per terra e immobilizzandosi appena fatti un paio di passi dentro la casa.
Si era lamentato spesso, coi vicini, per lo più, della sottigliezza di cui erano dotate le pareti di casa sua –i vicini avevano assicurato che anche per loro era così-, che permettevano di sentire qualsiasi rumore girasse per casa.
Proprio quello che stava succedendo in quel momento.
Soprattutto perché la ragazza in camera da letto non cercava minimamente di tenere a bada le urla di intenso piacere. Non aveva certo bisogno di arrivare fino in camera per capire chi la stesse facendo gridare tanto.
Tornò ad uscire dalla casa, chiudendosi la porta alle spalle, allontanandosi immediatamente le scale, scendendole rapidamente, quasi fuggendo dal palazzo per uscire a prendere un po’ d’aria. Non era come si aspettava. Aveva sbagliato tutto. Questa volta davvero.
 
Il sasso rimbalzò un paio di volte sull’acqua per poi affondare sotto la superficie, precipitando verso il fondo, dove più nessuno l’avrebbe potuto recuperare e da dove non si sarebbe più mosso.
Sospirò insofferente, affondando le mani nelle tasche dei pantaloni leggeri, camminando sulla piattaforma di cemento che si estendeva verso l’acqua marina, resa quasi paludosa da anni e anni di scarico illegale di ogni tipo di schifezza. Qualcuno osava persino farci il bagno, dato che il cartello per il divieto di balneazione era ormai stato totalmente cancellato dalle intemperie che aveva dovuto subire nel corso degli anni e dai vandalismi di qualche gruppo di mocciosi idioti che credevano che rovinare un cartello li rendesse più fighi.
Nell’ultimo periodo, intento com’era a concentrarsi su qualsiasi cosa potesse impedirgli di pensare alla sua cosiddetta relazione con Rick si era reso conto di quanto facesse schifo il mondo in cui viveva. Caotico ed egoista, basato sull’apparenza e nient’altro, non era certo quello in cui si divertiva da bambino. Non era certo il mondo che aveva amato quando accanto a sé aveva Cupido.
Sospirò ancora, per l’ennesima volta, chiedendosi se il Dio lo stesse guardando vagare in quel modo come un fantasma senza pace, se fosse triste nel vederlo così depresso o se invece fosse seccato per averlo aiutato a conquistare un uomo che, in realtà, non voleva davvero. Probabilmente ormai credeva fosse un idiota e l’aveva totalmente abbandonato.
In fondo, era solo per sua madre che aveva sempre tenuto un occhio su di lui, per assicurarsi che non gli succedesse nulla e per aiutarlo quando poteva.
Alzò lo sguardo sul cielo colmo di nuvole plumbee che non facevano altro che aumentare il soffocante calore che gli si appiccicava addosso senza alcuna intenzione di lasciarlo andare, di permettergli di respirare.
Ormai aveva smesso di farci caso, comunque, perso in tutt’altro tipo di pensieri.
La prima volta che si erano incontrati, Cupido gli aveva detto che era venuto perché lui l’aveva chiamato. Forse chiamandolo sarebbe venuto ancora. O forse no. In fondo era un Dio, non era certo al servizio di uno stupido ed inutile mortale come lui. Probabilmente, il lunghissimo tempo che era passato per lui, per Cupido era solo un istante.
Si passò una mano tra i capelli sudati, tornando verso la strada principale.
Probabilmente Cupido aveva di meglio da fare che stare ad assecondare un idiota come lui.
 
“Oh, Sam, bentornato!” Lo salutò con eccessiva affettuosità Rick, andandogli incontro quando sentì aprire la porta, stringendogli le braccia attorno alla vita, baciandogli morbidamente le labbra, carezzandogli la guancia.
“Siamo stati lontani solo un giorno, ma mi sei mancato da morire.” Gli rivelò sulle labbra, con tono pieno di tenerezza, baciandolo ancora, persino più dolcemente del primo bacio.
Sam si ritrovò a pensare, con estremo cinismo, che quel mondo era davvero ben popolato, per quanto riguardava attori e bugiardi.
Si scostò dal bacio, allontanandosi verso la cucina, forzando un leggero sorriso almeno finché non gli volse le spalle nel camminare.
“Com’è andato il lavoro? Era stancante?” Domandò con estrema tranquillità, recitando perfettamente la parte del fidanzatino innamorato ed ignaro, aprendo il frigo per cercare qualcosa per la cena, che fosse facile da cucinare, dato che non aveva alcuna voglia di mettersi ai fornelli.
“Mah, al solito.” Rispose vagamente Rick, avvicinandoglisi da dietro, stringendogli le braccia attorno alla vita. “E’ sempre stancante un lavoro che mi porta via da te.” Ammise al suo orecchio, per poi chinarsi a baciargli morbidamente il collo.
Sam si chiese se Rick si rendesse conto di quanto fosse sospettosa quell’eccessiva dolcezza, che da tempo non gli rivolgeva.
“Cosa vuoi cenare?” Domandò solo, cambiando discorso, andando ad aprire altri mobili di modo da avere una scusa per scostarsi dal suo abbraccio che, unito al calore della casa, lo faceva solo star male.
L’uomo rise appena, fermandolo per un braccio, voltandolo per stringerselo contro, chinandosi sulla sua gola, baciandola con morbida malizia.
“Te.”
Sam si voltò di scatto, mollandogli un ceffone nel movimento, con una rabbia montata dentro che non riusciva neanche bene a spiegarsi totalmente.
“Cos’è, la puttanella di oggi non ti ha soddisfatto abbastanza? E sì che dalle urla sembrava che steste andando forte.”
Vide Rick boccheggiare nel vano tentativo di trovare una scusa qualsiasi, ma alzò una mano, impedendogli di parlare ancora prima che iniziasse.
“E’ finita, Rick. Scusami se ti ho infastidito per tutto questo tempo.” Sbottò, uscendo dalla cucina e da casa, correndo giù per le scale quando sentì l’uomo seguirlo per poter fargli perdere le tracce.
Fortunatamente, Rick smise di seguirlo presto.
Prese fiato, poggiandosi con la schiena contro il muro del palazzo vicino al quale si era fermato, scivolando seduto per terra.
Non sapeva quanto aveva corso, non sapeva dov’era arrivato, non sapeva come tornare a casa e non sapeva neanche se voleva, effettivamente, tornare a casa.
Chiuse gli occhi, alzando il capo verso l’alto, poggiandolo contro il muro dietro di sé.
“Ho bisogno di te.” Mormorò in un soffio appena udibile. “Mi dispiace… mi dispiace, Cupido… sono stato… sono stato talmente idiota… mi dispiace… ho bisogno di te… ho bisogno di te, Cupido…” Strinse i denti, cercando di trattenere il singhiozzo che gli era salito alle labbra, reclinando il capo in avanti, nascondendolo tra le ginocchia, cominciando a singhiozzare sommessamente. Aveva sbagliato tutto. Aveva sbagliato tutto.
 
Il dio si alzò di scatto, facendo svanire la nuvoletta su cui si era seduto per osservare al meglio cosa stesse accadendo a Sam.
“Io vado.” Avvertì, facendosi svanire il drappo che gli copriva solo le parti intime per coprirsi con dei vestiti più adeguati al mondo in cui sarebbe comparso.
Il giovincello dai capelli mori si aggrappò immediatamente al suo braccio, per impedirgli di andarsene, lanciandogli un’occhiata gelida. “Ma sei idiota o cosa, Cupido?” Lo ammonì, portandosi la mano libera al fianco, con atteggiamento da capetto.
“Che diamine vuoi, Bacco?” Sbottò il biondo, cercando di ritirare il braccio dalla presa del dio del vino, che non lo mollò di certo.
“Hai intenzione di tornare da lui, Cupido? Hai intenzione di buttare alle ortiche il tuo orgoglio e tornare da lui a elemosinare un po’ d’amore perché lui, in un momento di sconforto, ha deciso che vuole vedere se sei bravo a fare il cagnolino?”
Il nume dell’amore ritirò seccamente il braccio dal tocco dello zio, palesemente infastidito da quelle parole.
“Sam ha bisogno di me e io non ho alcuna intenzione di negarmi a lui.” Sbottò freddamente, volgendogli le spalle.
“Finirà com’è finita con Psiche, Cupido! Quanto l’amavi? E quanto ti ha deluso?” Gli gridò dietro Bacco, nonostante Cupido fosse a pochi passi da lui, incrociando le braccia l petto.
Il biondo Nume si volse appena verso di lui, senza però guardarlo.
“Non è stata colpa di Psiche.” Obiettò debolmente, stringendo le labbra quando sentì l’altro dio scoppiare a ridere con gusto.
“Se ti avesse amato davvero, Cupido, non si sarebbe certo fatta tentare da Venere.” Per qualche attimo Cupido cercò qualcosa con cui obiettare, poi si limitò ad un gesto stizzito della mano.
“Comunque Sam non è Psiche! Lui non mi deluderà.”
Bacco gli lanciò una lunga occhiata, ma decise di non insistere su quel punto.
“E quando morirà, Cupido? E’ umano, quanti altri anni pensi che vivrà ancora? 80?” Rise appena, sottolineando con uno sguardo la ridicolezza di quel numero. “E poi che farai? O forse hai intenzione di farlo diventare immortale come Giove ha fatto con Ganimede?” Si portò una mano al petto nudo, lanciando un’occhiata all’immagine del giovane che ancora singhiozzava. “In fondo è un mortale di bell’aspetto, sono certo che il Sommo accetterebbe ben volentieri di renderlo immortale se lui gli scaldasse un po’ il letto.”
Cupido tremò leggermente al pensiero di condividere il suo Sam con qualcuno.
“Ci penserò quando sarà il momento.” Sbottò solo, portando lo sguardo su Bacco, come a sfidarlo a dire qualcos’altro.
Il moro sospirò, portandosi una mano sugli occhi. “Cupido, è una pazzia. Ne soffrirai solo!”
Il dio dell’amore si strinse nelle spalle, distogliendo lo sguardo dalla figura del parente.
“Forse hai ragione, forse soffrirò. Ma so che soffro molto di più al vederlo così senza fare niente. Forse è una pazzia, ma lo è anche star qui a far niente.” Riportò lo sguardo su lui, sorridendo convinto. “Io lo amo, Bacco. Lo amo e voglio vivere con lui anche solo per 80 miseri anni.”
Il moro lo osservò a lungo, poi gli sorrise di rimando, chinando il capo di lato. “Beh, allora va’ a dirglielo. Spero sarete felici, per questo breve tempo.” Cupido sorrise. “Lo saremo.” Rassicurò, sparendo.
 
“Sam…”
Il ragazzo alzò di botto il capo, sgranando gli occhi, osservando la persona in piedi poco lontana da lui.
“C-cupido…” Soffiò sorpreso, prima che un sorriso euforico gli colorasse le labbra. Scattò in piedi, gettandosi tra le braccia del Dio che se lo strinse forte contro. “Oh, Cupido, ho sbagliato tutto, ho sbagliato tutto. Non me ne frega niente di Rick, voglio te, voglio solo te.” Affondò il viso contro il suo petto, singhiozzando disperato “Mi dispiace, Cupido, mi dispiace, sono stato così idiota.”
Il biondo posò morbidamente le labbra sul suo capo, alzandogli poi il viso, passandogli le mani sulle guance per asciugarle dalle lacrime copiose che le bagnavano.
“Ti amo anch’io, Sam.” Mormorò solo, con tono carezzevole e un sorriso gentile sulle labbra, socchiudendo gli occhi e chinandosi a baciargli la labbra con estrema dolcezza.
Sam lo assecondò immediatamente, aggrappandosi alle sue spalle, spingendosi contro il suo viso per approfondire il contatto con estrema foga, giocando con lui finché il fiato non gli mancò, costringendolo ad allontanarsi con disappunto dal dio, che avrebbe volentieri proseguito il bacio ancora a lungo, che gli sorrise dolcemente, baciandogli una guancia.
“Ti amo, Sam.”
Il castano sorrise, baciandogli castamente le labbra, ancora riprendendo fiato. “Ti amo anch’io, Cupido.” Ammise felice, stringendosi contro di lui.
 
Un po’ di tempo dopo


“Zietto!”
Il biondo si voltò verso chi l’aveva chiamato, ridendo nel vedere i bei boccoli biondi della piccola vicina.
“Hannah!” La prese in braccio, sistemandosela contro, sorridendole. “Ciao, piccola.”
La bambina sorrise, passandogli la braccia candide attorno al collo. “Zio, oggi a scuola abbiamo studiato gli dei greci. Ma è vero che Eros è l’altro nome di Cupido, il dio dell’Amore?”
Il Nume rise un po’, annuendo. “Si, è vero.” Confermò, carezzandole una guancia morbida.
La piccola batté le mani contenta. “Quindi posso chiamarti Zio Coop? Come il fidanzato di Phoebe?”
Eros inarcò le sopracciglia perplesso, cercando di capire la domanda della piccolina.
Fortunatamente Donna arrivò in suo soccorso, ridendo. “Phoebe è un personaggio di un telefilm che Hannah e i gemelli amano molto. E il suo fidanzato è Cupido, chiamato Coop. Zio Coop, dai figli della sorella di Phoebe.” Spiegò, prendendo la bimba dalle braccia del vicino, tenendosela in braccio.
“Allora certo che puoi chiamarmi zio Coop.” Confermò il Nume, carezzando i capelli della bambina, che batté le mani felice.
“Che bello! Allora ciao, zio Coop.” Poi chinò la testolina bionda, portando lo sguardo sull’altro ragazzo, come a notarlo solo in quel momento. “Ciao, zio Sam.”
Il castano le sorrise gentilmente. “Ciao, piccola. Ciao, Donna, ci vediamo stasera, allora.”
La riccia annuì, tenendosi meglio contro la bimba. “Si, certo, a stasera.” Confermò con un sorriso, allontanandosi verso casa.
Cupido le osservò allontanarsi, portando poi lo sguardo sul giovane che aveva vicino e che abbracciò dolcemente. “Ma se io sono zio Coop, tu sei Phoebe?” Domandò divertito, ricevendo un’occhiata gelida.
“Idiota.” Sbottò il castano, facendo ridere il Nume che si chinò a baciargli il collo, con estrema morbidezza.
“Ti amo da morire, Sam.”
Il giovane non riuscì a reprimere un sorriso contento a quelle parole, stringendosi meglio contro il maggiore. “Ti amo anch’io ‘zio Coop’.”
Il dio sorrise, chinandosi sulle labbra dell’amato, baciandolo teneramente.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=725278