Do you really want me? di talita (/viewuser.php?uid=90909)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Light in the darkness ***
Capitolo 2: *** Little Piece of Me ***
Capitolo 3: *** Promising Future ***
Capitolo 4: *** Bad Choise ***
Capitolo 5: *** Pink Christmas ***
Capitolo 6: *** Even What I Drink... ***
Capitolo 7: *** Open Challenge ***
Capitolo 8: *** Merry Christmas ***
Capitolo 9: *** The Life You've Always Wanted ***
Capitolo 10: *** Back Again ***
Capitolo 11: *** Feel the Heat ***
Capitolo 12: *** My Daughter ***
Capitolo 1 *** Light in the darkness ***
Rieccomi a postare una nuova storia partorita dalla mia mente malata. XD
Era un po' che pensavo di scriverla e un sogno mi
è venuto in aiuto la notte scorsa. È una storia
profonda, sentimenti confusi, una bambina allegra che è la
luce di questa bellissima favola, una donna coraggiosa e un uomo.
Buona lettura.
Intro - Light in the Darkness
Oggi vado a prendere Lillian a scuola, le faccio una sorpresa.
Mi piazzo davanti all'uscita e aspetto che suoni
la campanella. La mia bimba è in prima elementare quest'anno.
Eccola che arriva col suo zainetto rosa e la sua
Barbie in mano. «Mamy!», urla appena mi vede e
corre ad abbracciarmi.
«Ciao piccola mia!», mi
abbasso e la stringo forte a me. Lei si stacca e mi guarda col faccino
triste. «Lilly, che c'è amore? Non sei contenta
che mamma sia venuta a prenderti al posto della nonna?».
«Sì, sono
contenta», mi risponde sorridente. «Ma oggi
è la festa del papà», dice tristemente.
«Dov'è il mio papà?».
«Amore, te l'ho detto. Il tuo
papà non abita qui tesoro».
«Io voglio vederlo».
«Lillian, tesoro, non possiamo vederlo,
lui ha una vita sua e una famiglia».
«La maestra dice che la mamma e il
papà sono la famiglia».
«Lo so, piccola mia», le
accarezzo i capelli. «Va bene, ti farò conoscere
il tuo papà, ok?».
Mi mostra il più grande sorriso che le
abbia mai visto in volto e mi abbraccia.
Arrivate a casa, la prima cosa che faccio è cercare il suo
numero, il padre di Lillian è un brav'uomo, è
solo che quando lei è nata 6 anni fa, lui era troppo
impegnato nella sua carriera e cosi ho deciso di lasciarlo nonostante
sia ancora innamorata persa di lui. Ho bloccato tutto, praticamente ho
smesso di vivere per Lillian, lavoro 10 ore al giorno per poterle dare
tutto quello che merita, ma non me ne pento, è una bambina
fantastica, intelligente e altruista, come suo padre del resto.
Ho trovato il numero e spero vivamente che sia
ancora questo mentre lo compongo sul telefono.
«Pronto». Mi mancava la sua
voce.
«Sono Rebecca».
Per un po' rimaniamo tutti e due in silenzio.
«Ciao, Rebecca. Hai bisogno di
qualcosa?». Sorrido amaramente. Non gli ho mai chiesto
alimenti o niente, mantengo mia figlia con le mie proprie forze
così come ha fatto mia madre con me.
«No, non ho bisogno di nulla,
è solo che Lillian chiede di te».
«Le hai raccontato? Come
sta?», chiede curioso.
«Non le ho raccontato nulla, ha solo 6
anni. E sta bene, è una bambina in salute, furba e vivace,
ti assomiglia». Lo sento sorridere dall'altra parte del
telefono. «Oggi è la festa del papà e
come sai a scuola tutti fanno un regalino al proprio, lei non
può e questo mi fa male al cuore. Vuole
conoscerti».
«Non possiamo», ripete lui,
come anche l'ultima volta. Ogni tanto gli mando qualche foto di Lillian
via mail, ma credo che non le guardi nemmeno. «Lo sai che non
posso essere presente nella sua vita come un vero padre».
«Lei non ha bisogno di un vero padre, le
do io l'amore di cui ha bisogno», gli ripeto.
«Vuole solo sapere che faccia ha suo padre».
«Ok», accosente lui.
«Ok, la vuoi incontrare?».
Sono 6 anni che non lo vedo, ci sentiamo solo per telefono,
chissà che effetto può avere ancora su di me.
«Sì. Dove abitate
adesso?».
«A San Diego, da mia madre».
«Ok. Vengo questo fine
settimana?».
«Sì, tanto ti ricordi dove
abita mia madre?».
«Certo che mi ricordo», mi
sembra quasi di vedere i suoi occhi, li rivedo ogni giorno in quelli di
mia figlia. «Ok, allora ci vediamo».
«Sì, ci vediamo»,
così chiudo questa chiamata fredda e poggio il telefono sul
bancone della cucina.
«Viene?», mia madre mi stava
ascoltando, lo sapevo.
«Sì, viene. Questo fine
settimana», la informo. «Vado a dirlo a
Lillian».
«Rebecca», mi ferma lei.
«Stai facendo la cosa migliore per lei o per te?».
«Mamma, anche io quando avevo la sua
età volevo conoscere mio padre e tu hai esaudito il mio
desiderio».
«Ma durante l'adolescenza lo hai
odiato».
«Sì, solo quando ho saputo
quello che ti aveva fatto, in questo caso è
diverso».
«Lui non potrà essere
presente nella vita di Lillian».
«Lei lo vuole conoscere, e lo vuole
anche lui se ha accettato di venire qua», la supero e corro
da mia figlia a darle la notiza, ma forse mia madre ha ragione; che
Lillian conosca suo padre può essere un male e
sarà un male anche per me rivedere i suoi occhi.
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Ringrazio le mie lettrici; Jess, Jen e Lu! |
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Capitolo 2 *** Little Piece of Me ***
Allora. Avete ragione tutte... questa è una storia scontata
bla bla bla, ma purtroppo parla del fratello grande, non di Jared.
Vi prego di non lasciare recensioni se vi fa
proprio schifo leggere una storia già letta e riusata.
Come dico io, tutte le persone scrivono
diversamente, hanno menti differenti e idee diverse, e questa storia
sicuramente non è uguale a quelle che ci sono qua di questo
tipo.
Detto questo, ringrazio Jennifer e Lucia che mi hanno
spronato a continuare a scrivere.
Little Piece of Me
Ok. Mi fido poco della parola di Shannon, e confesso di non essere
sicura che verrà.
«Mamma, mi dici sempre di non dire le
bugie, ma perché me ne hai dette sul mio
papà?».
Ha ragione. Mi siedo al suo fianco.
«Amore, mi dispiace di averti detto una bugia, davvero, ma
l'ho fatto solo perché non volevo farti soffrire. Tuo padre
non lavora in Europa, e non si chiama Carl, si chiama Shannon,
amore».
«Ma si chiama come me! Lillian Shannon
Lewis», ripete il suo nome per intero. Le ho dato il mio
cognome, non sapevo se Shannon voleva il suo cognome su mia figlia.
E finalmente suonano alla porta. Quando apro i
suoi occhi mi lasciano lì, immobile a fissarlo. È
forse più bello di quando l'ho conosciuto.
«Ciao», dice. Ha un paio di
Jeans neri e una maglietta grigia. Rimango a fissarlo per un
interminabile istante.
«Ciao», dico infine.
«Chiamo Lillian, ti va se andiamo a prendere un
gelato?».
«Sì», annuisce.
«Vi aspetto qua».
Sono forse più nervosa di lui, che
sembra tranquillo come non mai. Torno in casa. «Lillian,
andiamo!», pettino con le dita i suoi lunghi e lisci capelli
castani, le prendo la mano e usciamo.
Lillian va avanti e quando vede Shannon si blocca
e torna indietro per nascondersi dietro di me. Shannon si avvicina e si
abbassa al suo livello. «Ciao piccola», le dice
sorridendo. «Io sono Shannon».
«Sei il mio papà?»,
chiede timidamente con la faccia mezza nascosta dal mio vestito.
«Sì».
«Sai, anche io mi chiamo Shannon,
Lillian Shannon Lewis», illustra a suo padre.
Shannon si rimette in piedi e mi fissa serio.
«Le hai dato il mio nome, ma non il mio cognome»,
mi fa notare.
«Non ne avevo il diritto. E non sapevo
se avresti voluto».
«Sì», dice
guardando ancora sua figlia. Non ho ancora capito se è
felice di conoscerla o la sta rifiutando. «Assomiglia a
Jared», dice ridendo.
«Io trovo che assomiglia a te, gli occhi
sono gli stessi».
«Chi è Jared?»,
chiede Lilly curiosa.
«Jared è tuo zio»,
le risponde sorridendo. «Ti va un gelato, Lilly?»,
le chiede con intimità, è quasi come se la
conoscesse già. Le porge la mano e lei la prende
più che volentieri.
«Papà, a scuola ho fatto un
regalino per te», gli dice. Ho ho osservato bene la faccia di
Shannon quando Lillian lo ha chiamato papà, era quasi
terrorizzato. La bambina corre di nuovo in casa e torna con un foglio e
un sacchetto di plastica trasparente. «È un
disegno che ho fatto per te», dice porgendogli il foglio.
«E questa è una poesia». Shannon accetta
tutto sorridendo a Lillian, che ormai ha superato l'imbarazzo del primo
incontro. Lei gli afferra la mano e mi guarda sorridente.
«Voglio due gelati, uno al cioccolato, come piace a me e uno
al pistacchio, come piace alla mamma», dice saltellando
felice facendo svolazzare il suo vestitino rosa. Credo che questa
parlantina la abbia presa da Jared. «Papà, verrai
ad abitare con noi?», chiede ancora.
Shannon si ferma quando arriviamo al parchetto e
la guarda. «No, tesoro, non posso. Viaggio molto, sono sempre
in giro per il mondo».
«Allora portami un regalo da ogni parte
del mondo».
«Lo farò sicuramente,
piccola».
«La maestra dice che la mamma e il
papà si vogliono tanto bene, tu vuoi bene alla mia mamma?
Perché non stai con lei?», chiede Lillian
inclinando la testa e guardando suo padre con curiosità. Mia
figlia è fantastica, sapevo che avrebbe fatto domande del
genere, non ha peli sulla lingua, è curiosa.
Shannon sospira e mi guarda.
«È difficile da spiegare, piccola»,
comincia cercando di evitare la domanda, ma so che Lilly non
desisterà.
«Ma vuoi bene a me e alla mia
mamma?».
«Sì, vi voglio
bene».
«E allora perché non abiti
con noi? La mia amichetta Christal abita con il suo papà e
la sua mamma e si vogliono bene».
Shannon mi guarda impaurito.
Mi abbasso su Lillian. «Amore, guarda,
ci sono le tue amiche vicino all'altalena, corri a giocare»,
le dico per rimanere sola con Shannon, appena vede le sue amichette di
scuola corre a salutarle.
«Io... io non so come comportarmi con
lei. Mi aspettavo una bimba silenziosa e timida, lei è tutto
il contrario», dice scuotendo la testa.
«Lillian ha avuto problemi nell'iniziare
a parlare, a 4 anni non parlava ancora, diceva solo alcune parole che
le servivano per comunicare con noi», sospiro. «Non
l'ho mandata all'asilo nido, mia madre l'ha tenuta in casa con se fino
a che sono riuscita a convincerla che per farla parlare dovevamo
mandarla alla scuola materna».
«Ora non smette più di
parlare», sorride lui.
«Grazie al cielo sta bene. Il pediatra
mi ha detto che succede a volte, ma Lillian sta bene»,
sorrido. «Lei è speciale».
Shannon si siede sulla panchina e sospira.
«Sì, questo è sicuro. È
molto sveglia», dice e poi mi guarda. «Hai
cresciuto una creaturina speciale, sei una madre fantastica».
«Grazie».
«Quando mi hai chiamato ho avuto
paura».
«Shannon, non ti sto chiedendo di fare
il padre, non sto chiedendo di crescerla insieme a me, come vedi ne
sono capace da sola, lei voleva solo conoscerti».
«No, lei vuole un padre. Non
l'hai sentita?», Shannon la indica con la mano. «Ha
bisogno di una figura paterna nella sua vita».
Mi guardo i piedi senza sapere cosa dire.
«Non ho avuto più nessuno dopo di te»,
è l'unica cosa che gli dico.
«Davvero?».
«Sì. Credo di essere ancora
innamorata di te, Shannon».
Rimaniamo in silenzio a guardare nostra figlia che
ride, corre e si diverte.
«Senti, grazie per essere venuto, l'hai
fatta felice. Non ti chiedo altro se non di chiamare ogni tanto, oppure
venire a vederla», dico alzandomi.
«Non vado via adesso, voglio stare
ancora con voi, voglio conoscere mia figlia», anche lui si
alza e mi fissa. «Sei anni e non sei cambiata di una
virgola».
«Tu invece sei totalmente
diverso», la voglia di toccare il suo viso è
immensa. «Vai via Shannon. È stata la peggior cosa
farti venire qui», mi allontano. Lui non aggiunge nulla, fa
un passo indietro e cerca Lillian con lo sguardo. «Vai a
salutarla. Promettile che chiamerai, solo questo». Fa come
gli dico. Penso a tutte le cose che sono successe fino ad ora mentre lo
osservo parlare con mia foglia. Mi lascia solo un'occhiata prima di
andare via.
Non è andata come mi aspettavo. E cosa
mi aspettavo, che lui rimanesse qui con me e Lillian? Scuoto la testa e
richiamo mia figlia, almeno ha conosciuto suo padre.
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Capitolo 3 *** Promising Future ***
Eccomi qua... Vediamo se con questo capitolo le cose si fanno
più interessanti...
Grazie ancora a tutte...
Promising Future
Mia madre mi ha chiamato stamattina dicendomi che a casa è
arrivato un pacco, ma non ho ancora capito se è per lei o
per me.
Sono passati circa due mesi da quando Lillian ha
conosciuto Shannon, e lui ogni due giorni la chiama per sentire come
sta e sentirla parlare per ore, non posso che essere contenta di
questo, mi basta che lei sia felice.
Quando arrivo a casa mia madre e Lillian sono
chine su una scatola e la osservano.
«Che succede qui?», chiedo
entrando nella stanza.
«Il pacco è a nome di
Lillian», mi informa mia madre. Mi avvicino e osservo anche
io il pacchetto. Riconosco quella scrittura da gallina, il mittente
è Shannon Leto.
«Lilly, apri. È per
te!». La bambina sorridente strappa con le ditina lo strato
di pellicola trasparente e impazientemente apre la scatola. Un foglio
al suo interno dice: "Piccola mia, questi sono alcuni regalini per te
da ogni parte del mondo in cui sono stato, come ti ho promesso. Un
bacio, Shannon."
La prima cosa dentro la scatola che attira
l'attenzione di Lilly è una piccola borsetta di cotone che
lei afferra e indossa. Sulla parte frontale il nome di una
città; Ciudad de México.
La seconda che tira fuori mia madre è
un vestitino bianco di sangallo che sul petto, in piccolo, porta il
nome di un'altra città: Rio de Janeiro. Scavando ancora di
più sotto il polistirolo, Lilly trova delle maracas. Dentro
una piccola scatolina bianca un modellino in miniatura del Colosseo e
io sono sempre più impressionata.
«Mamma, mamma! Guarda che bella
torre!», la bambina giocherella con la Tour Eiffel e un
piccolo basco alla francese. Un peluche a forma di canguro con in mano
un boomerang. Un colbacco grigio da bambino che può aver
comprato sotto casa, ma ha decisamente l'aria sovietica.
In fondo alla scatola una busta bianca con il mio
nome sopra.
La apro senza pensarci due volte.
"Ciao Becca. Vi scrivo dalla Germania, dove siamo in tour in questo
momento. Ho cercato in ogni paese la cosa più bella che
potesse piacere a Lillian. E se ho fatto un buon lavoro la guarderai e
lei starà sorridendo". Ed è esattamente
così, Lillian riguarda ogni regalo e sorride. "Il nostro
tour finisce a dicembre e mi piacerebbe un sacco che tu e Lillian
passaste il Natale con me e Jared. Scrivimi per sapere cosa ne pensi.
Il mio numero è sempre lo stesso. Baci, S."
Rileggo quelle righe due, quattro, cinque volte, ma non riesco a
capire. Infondo alla busta 700 dollari. Rimango di sasso.
«Cosa dice, mamma?».
«Sì, Rebecca, cosa ti scrive
Shannon? E quanto ti lascia?», mia mamma calca sul suo nome e
ha già avvistato le banconote.
«È in tour, finisce a
dicembre e vuole che passiamo il Natale con lui e Jared»,
comunico alle due. «Gli scriverò dicendo che non
possiamo».
«Dai, mamma!!! Sì che
possiamo!».
«No, Lillian. Il Natale lo abbiamo
sempre passato io, te e la nonna, non abbiamo bisogno di nessun
altro!», insisto.
«Forse quest'anno si potrebbe fare
un'eccezione», interviene mia madre.
«Non eri tu quella che non voleva farle
conoscere Shannon? Hai cambiato idea?», le faccio notare.
«Sì. Ho cambiato idea
perché Shannon è cambiato, non è
più quel ragazzino di prima, è in grado di fare
il padre».
«No, non è in grado. Non sa
nemmeno cosa significhi», mi sto arrabbiando. «Di
sicuro non porto mia figlia a Los Angeles. Sai che vuole lui? Fama,
magari usando mia figlia. Sai che scandalo sarebbe se si venisse a
sapere che Shannon Leto ha una figlia di 6 anni? No..». Non
ci voglio nemmeno pensare. «Diventeremo bersagli dei
paparazzi. Non è questa la vita che voglio dare a mia
figlia».
«Ma se tu sei anni fa volevi essere al
suo fianco in ogni cosa, ogni momento, anche con i paparazzi attorno,
la cosa ti piaceva. Non volevi la fama anche tu?», dice.
Quando comincia cosi non la sopporto.
«Sì, ero una ragazzina
innamorata di una rock star, avevo solo 22 anni, sono
maturata».
«Non litigate», si intromette
Lillian.
«Lasciamo scegliere alla
bambina», propone mia madre e si gira verso Lillian.
«Lilly, vorresti passare il Natale con il tuo
papà?».
La bambina ci guarda attentamente tutte e due.
«Sì, voglio conoscere la casa del mio
papà e voglio conoscere lo zio Jared».
Bene, colpita e affondata. Mi giro arrabbiata e mi
dirigo in cucina per bere qualcosa. No, questo Natale sarà
un disastro.
Novembre, manca un mese a Natale e non ho ancora detto nulla di sicuro
a Shannon, lui pensa che passeremo il Natale con lui perché
ogni volta che chiama per parlare con Lillian lei gli dice che andremo,
spero all'ultimo di convincere mia madre che non è una buona
idea.
«Rebecca, siediti», mi dice
con autorità, quando ci si mette, mi fa paura.
«Parliamo».
«Di cosa?».
Lei sospira e scuote la testa. «Sei
ancora innamorata di lui, perché ti ostini a non volerlo
nella vita di tua figlia?».
«Tu non lo conosci, mamma. Lui non
è capace di fare il padre».
«Rebecca, sono passati sei anni, le
persone cambiano sai, e lui mi è sembrato diverso. Lillian
parla continuamente di lui, lei ne ha bisogno».
Penso bene alle sue parole. Da quando ha ricevuto
tutti quei regali da tutte le parti del mondo, da quando parla con lui
tutte le settimane, Lillian non fa altro che dire: "papà di
qua, papà di la".
«Non voglio che Lillian soffra quando
lui non ci sarà per andare in tournée».
«Non vuoi che soffra lei o non vuoi
soffrire tu?», domanda guardandomi negli occhi.
«Potresti sorprenderti e poi esistono i telefoni, i
computer...».
«Perché lo stai
facendo?», le chiedo unendo le sopracciglia, perplessa. Lei
ha sempre odiato Shannon.
«È troppo tempo che sei
infelice», sospira, «hai dedicato tutti questi anni
a tua figlia e non a te stessa».
«Era il mio dovere di madre».
«Sì, ma non tutte le madri
sono come te, Rebecca. E poi Lillian è così
felice quando parla con Shannon. L'ultima volta sono stati al telefono
quasi un'ora, avresti dovuto vederla, girava per casa col cordless
all'orecchio raccontandogli ogni cosa che le era successa a scuola. Lei
ha bisogno di lui».
«Ok», annuisco.
«Basta che lo chiami e gli dici di
sì, non ti costa nulla». Prendo il telefono e
compongo il numero.
«Pronto», la sua voce
è inebriante.
«Ciao Shannon».
«Becca! Come sta Lilly?».
«Tutto bene, grazie. Ti ho chiamato per
dirti che veniamo a Los Angeles per Natale, voglio che Lillian sia
felice, vivo per questo, in più ci tiene un mondo a
conoscere Jared».
«Ok. Quando potete venire?».
«Sono in ferie dalla seconda settimana
di dicembre».
«Quindi rimanete per un tempo buono.
Tipo... fine gennaio?».
«No, devo tornare a lavorare i primi di
gennaio. Non posso permettermi di più».
«Perché non ti prendi una
pausa?».
«Non posso».
«Ok, non insisto, ne parliamo quando sei
a Los Angeles».
«Sì, meglio. Ok,
ciao».
«Ciao».
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Capitolo 4 *** Bad Choise ***
È lui che ci viene a prendere, la cosa non mi piace
perché questo mi costringe a rimanere là
finché vorrà lui.
Dovrebbe arrivare a momenti, Lillian è
già bella e pronta che aspetta l'arrivo di Shannon con la
sua tracolla di Città del Messico con tutte le sue cosine
dentro.
Mia madre mi osserva mentre controllo di aver
preso tutto per queste tre settimane. «Hai preso
tutto?», chiede ancora una volta. Non le rispondo nemmeno.
«Chiamami appena arrivate e se hai bisogno di qualsiasi
cosa...».
Mi giro verso di lei e la abbraccio forte.
«Mi dispiace non passare il Natale con te, mi spiace
lasciarti sola».
«Starò bene tesoro, tu
rilassati e fai divertire Lillian».
«Lo farò».
Quando Shannon arriva è Lilly ad
aprirgli la porta, gli si butta addosso come un koala.
«Ciao piccolina, come stai?».
«Ciao papà! Bene!
Andiamo?», Lilly si gira verso di me e mi sorride, poi corre
col suo mini trolley verso la macchina di Shannon.
«Ciao», mi saluta.
«Lascia, porto io», dice prendendo la valigia. Lo
lascio fare mentre apro la portiera e monto il seggiolone di Lillian al
centro, così che possa vedere la strada.
Dopo aver sistemato Lillian, mi siedo davanti, al
fianco di Shannon.
Partiamo, e per un po' a parlare è solo
Lillian. Racconta ogni cosa, non sta zitta un attimo.
«Papà, la mamma ha detto che
fai musica, me la fai sentire?».
Shannon mi guarda, io alzo le spalle. Indica il
cruscotto. «Li, ci sono dei CD», mi
dice. Prendo un porta CD rosso e lo apro. Passo i
vari CD di Shannon: U2, Scorpions, Led Zeppelin, Pink Floyd, Deep
Purple e altri che non conosco finché ne trovo uno che
conosco molto bene e che da tempo ascolto di nascosto da tutti. Un CD
bianco con un triangolo blu, lo tolgo dal suo posto e lo passo a
Shannon, lui sorride. Mette su il CD e tutti in silenzio siamo pronti
per ascoltare.
Lillian ascolta con attenzione la voce di Jared.
«Mi piace questa musica!», commenta seguendo il
ritmo di Night of the Hunter.
Non dico nulla, lascio che la batteria di Shannon
s'impossessi del ritmo del mio cuore, come ha fatto la prima volta che
li ho visti dal vivo.
Su Alibi mi giro per guardare Lillian,
è troppo silenziosa. «Si è
addormentata», sorrido.
«Le piace, ha questa musica nel
sangue», dice anche lui sorridendo. «Grazie per
aver accettato».
«L'ho fatto per lei, ha bisogno di
te».
«E io sento di aver bisogno di
lei», le sue parole mi arrivano al cuore, non sta scherzando.
«Sai quel giorno, al parco, prima che andassi via cosa mi ha
detto?».
Lo guardo curiosa. «Cosa?».
«"Vorrei tanto poterti vedere tutti i
giorni, come tutti i papà delle mie amiche, ti voglio bene"
e mi ha abbracciato. È stato come...», scuote la
testa senza trovare le parole per descrivere quel momento.
«Mi si è sciolto il cuore. Lei è una
parte di me, la sento così vicina, senza nemmeno conoscerla
veramente, capisci?».
«Sì, conosco la
sensazione».
«Rebecca, io voglio essere parte della
sua vita, non voglio che cresca sapendo di avere un padre che se ne
frega. So cosa vuol dire, io non voglio che quando sia grande rifiuti
di vedermi o mi odi».
«Ho capito. Ma cosa vuoi che
faccia?».
«Torna a Los Angeles, stai
più vicina».
«Shannon, più vicina? Tu sei
8 mesi in giro per il mondo, come vuoi fare?».
«Siamo in pausa da adesso. Sono due anni
che siamo in tour, ora ci fermiamo e riposiamo, voglio spendere questo
tempo con mia figlia».
«Sì? Per quanto? Un paio di
mesi?».
«No, per un tempo buono, due o tre
anni».
Non ribatto. Respiro profondamente. «Io
non posso tornare a Los Angeles, a San Diego ho il mio
lavoro...».
«Puoi trovare lavoro anche a L.A se lo
vuoi», m'interrompe.
«Ma che cosa vuoi in realtà?
Vedere Lillian il fine settimana per portarla al parco con il
cane?».
«No», risponde serio.
«La voglio in casa con me, tutti i giorni. Voglio che mi
svegli alla mattina saltando sul letto e urlando "svegliati
papà, mi devi portare a scuola", ecco cosa
voglio». Crash, il mio cuore in mille pezzi, con questa frase
ha detto tutto.
«E io? E noi?». Distoglie un
attimo lo sguardo dalla strada per guardarmi. Non mi ha mai amato,
quando stavamo insieme, per lui era solo sesso, il sesso prima della
fama mondiale.
«Non lo so», risponde.
«Io non...».
«Ho capito», sospiro.
«Vuoi l'affidamento? Vinceresti, puoi darle una vita migliore
di quella che le do io».
«No! Non avrei mai il coraggio di
togliertela così», spiega.
«Ok». Mi rassicura sapere che
non ha intenzione di farmi causa per avere l'affidamento.
«Se vuoi possiamo riprovarci. Con
calma».
«Non so se è una buona idea,
non ne sembri tanto convinto. Non hai mai provato niente di
più per me che solo semplice attrazione fisica».
«Lo so, è vero e mi dispiace.
Possiamo ricominciare daccapo, che dici?».
«Shannon, non voglio obbligarti a stare
con me, se non lo vuoi lo capisco. Tua figlia la puoi vedere lo
stesso», gli dico e lui si rilassa. Eh sì, sono
proprio una stupida, che cosa volevo ottenere venendo qui? Il suo
amore? «Prima mi assicuro che tu sappia prenderti cura di lei
e te la lascio due settimane al mese se vuoi».
«Ok, sì. È una
buona idea».
«Allora io... Non importa».
Stiamo in silenzio finché non arriviamo in quella casa che
ricordo così bene.
«Mamma, siamo arrivati?»,
chiede con la voce ancora impastata dal sonno.
«Sì, amore. Siamo
arrivati». Scendiamo dalla macchina e entriamo in casa. Ad
accoglierci un Jared sorridente. «Ciao Jay! Quanto
tempo», lo abbraccio. Ho sempre adorato Jared e mi mancava il
suo sorriso.
«Rebecca! Che bello
rivederti». Jared guarda dietro di me, Lillian è
imbarazzata come ad ogni primo incontro.
Mi abbasso e le accarezzo la guancia.
«Amore, non volevi conoscere lo zio Jared. È
lui». Lillian lo guarda, curiosa.
«Ciao», Jared si abbassa
all'altezza della bimba e le sorride porgendole la mano.
«Che begli occhi che hai, zio
Jared».
Jared ride. «Venite, vi faccio vedere la
vostra camera», ci fa strada su per le scale, anche se
conosco benissimo la casa. «Starete qui per le prossime
settimane, contente?».
«Grazie Jared».
«Figurati. Appena siete pronte scendete
che vi presento un po' di gente». Ritornare qui ha fatto
saltare tutti i punti a quella immensa ferita che c'era nel mio cuore.
Io e Lillian ci siamo fatte una doccia calda e ci siamo cambiate, ora
scendiamo è quasi ora di cena.
In salotto ci sono alcune persone che non conosco.
Raggiungiamo Shannon.
«Lui è Antoine. Emma, la
conosci solo di vista e lei è Nicole una amica di
Jared», ci indica i ragazzi che si alzano per salutarci.
«Ragazzi, lei è Rebecca e questa piccolina
è Lillian».
Stringo la mano a tutti mentre si spupazzano
Lillian, sono venuti tutti solo per conoscerla.
Dopo aver mangiato lascio che Lillian giochi con le sue bambole in
salotto mentre guarda qualche cartone animato.
«Ciao». Mi giro e questa
ragazza bionda mi osserva. «Sono Nicole».
«L'amica di Jared?», chiedo.
Lei sorride. «Sì, l'amica di
Jared».
«Amica intima?», domando
curiosa.
«Diciamo che in giro fingiamo di essere
solo conoscenti», mi spiega lei.
«Non avrei mai detto che Jared si
mettesse con qualcuna dopo... be', dopo tutto quello che ha
passato».
«Ma infatti non stiamo
insieme», mi dice. «Ecco... noi siamo solo amici
per il momento niente di serio».
«Ho capito», annuisco.
«Sei giovane, quanti anni hai?».
«22».
«L'età che avevo quando sono
rimasta incinta di Lillian», sorrido al ricordo.
«Shannon non ha voluto raccontarmi la
storia. Come è successo? Ti va di raccontare?»,
è una ragazza curiosa.
«È stato.... uno sbaglio, lo
sbaglio più grande della mia vita, ma che rifarei miliardi
di volte», dico. «Era la fine del 2003, avevo 20
anni. Abitavo qui a Los Angeles con una amica, studiavo moda e li
seguivo da un po', la mia mia amica era pazza di Jared, lo seguiva
ovunque e mi ha trascinato un giorno a un loro concerto, facevano
ancora da band di supporto. Lì ho visto per la prima volta
Shannon e ho sentito per la prima volta la sua batteria, un colpo di
fulmine. È stato in quel post concerto che ci siamo
conosciuti. Gli piacevo, fisicamente, e diciamo che non sono stata
molto delicata, mi sono fatta avanti e lui non mi ha rifiutato, quella
stessa sera siamo andati a letto insieme», sorrido al
ricordo, la notte più bella della mia vita.
«Abbiamo continuato a vederci ancora e ancora, io ero
innamorata persa, ma a lui piaceva solo il sesso con me, infatti mi
tradiva a destra e a manca, ma lo perdonavo sempre, a volte facevo
finta di niente, mi bastava averlo con me nel mio letto. È
andata avanti per un anno circa. Loro avevano appena finito di
registrare A Beautiful Lie, quando scoprii di essere incinta. Ero
felicissima, ma quando l'ho raccontato a lui è impazzito,
non voleva, un figlio era come distruggergli la carriera, e niente, gli
ho detto solo: "Il bambino lo tengo, non m'importa quello che pensi",
dopo di che sono tornata a casa da mia madre, che mi ha quasi uccisa,
ma ama Lillian incondizionatamente».
Nicole mi guarda quasi con ammirazione.
«Wow. Hai avuto coraggio. Se scoprissi che il mio uomo mi tradisce,
non tornerei mai più con lui».
«Eh, lo so, ma ero giovane e innamorata.
Shannon era tutto per me».
«Sei ancora innamorata di
lui?».
«Forse sì», ci
penso su. «Sì», annuisco ammettendolo a
me stessa.
«Ma... torneresti con lui?».
«Non è una cattiva persona,
immagino tu lo sappia, ma non penso proprio che voglia tornare con me,
non abbiamo abbastanza per costruire una relazione».
«Ma avete Lillian. Vuole darle la vita
che lui non ha avuto», mi dice mettendosi seduta di traverso
sul divano.
«Sì, ma può farlo
anche non stando con me», ribatto. «Non siamo
obbligati a fingere di essere la coppia perfetta quando nemmeno
c'è amore solo per crescere un figlio».
«Hai ragione».
«Non gli impedirò mai di
vedere sua figlia», guardo Lillian, mi alzo per portarla a
dormire e tornando a guardare Nicole mi accorgo di Shannon che
ascoltava ogni parola appoggiato al muro. Sospiro. «Lilly,
tesoro, è ora di andare a nanna», la prendo in
braccio e la porto su nella camera che Jared ci ha fatto vedere,
seguite da Shannon. La svesto, le metto il pigiama e la infilo sotto le
coperte, tutto sotto lo sguardo attento di Shannon.
«Tesoro, vuoi bere qualcosa prima di
dormire?». Lei scuote la testa e quando fa così so
che mi sveglierà nel cuore della notte per chiedermi un
bicchiere di latte. «Ok. Buona notte e sogni d'oro piccola
mia», le bacio la fronte e la copro per bene.
Esco dalla stanza lasciando la porta socchiusa e
Shannon è sempre li che mi osserva.
«Che cosa c'è?»,
chiedo impaziente.
«Nulla. Volevo parlare», dice
con le mani in tasca. Aspetto che sia lui a parlare a me non va proprio
dopo quello che ci siamo detti in macchina. «Io... Mi
dispiace».
«Per cosa?».
«Per averti lasciata da sola a crescere
una bambina, sono stato una persona orribile, egoista, tu invece hai
rinunciato ad un sogno per lei».
«Lei è il mio
sogno», gli dico con orgoglio. «Ti amavo
così tanto, Shannon, che quando ho scoperto di essere
incinta ero al settimo cielo, era tutto quello che volevo, un figlio
dall'uomo che amavo, ma la vita non è una favola a lieto
fine», mi sfogo, dico cose che ho tenuto dentro per troppo
tempo. «E poi tu torni nella mia vita così,
scombussolando mia figlia e la nostra vita».
«Sei tu che mi hai cercato per la festa
del papà».
«Potevo dire di no a mia figlia?
Continuare a mentirle su suo padre?». Lui si zittisce.
«Mi aspettavo che venissi a conoscerla e poi sparissi, come
hai fatto sempre».
«Sei tu che sei sparita quella mattina
di marzo di 6 anni fa».
«Sapevo che non mi avresti voluto con un
figlio», ribatto. «Non mi amavi nemmeno, come
potevi?». Lui abbassa la testa. «Non sentirti in
colpa».
«Voglio rimediare».
«Non c'è niente a cui
rimediare. A Lillian non è mai mancato nulla, le ho sempre
dato tutto quello di cui aveva bisogno», ed è la
verità. Ho sempre fatto di tutto per renderla la bambina
felice che è. «Ti confesso che sognavo una vita
come quella dei film, una casa, un marito, una figlia, e forse ci spero
ancora».
«Quindi mi ami ancora?», mi
domanda avvicinandosi.
«E tu? Mi hai mai amato?», lo
spiazzo ribattendo con una domanda che odia sentire. Lo supero
lasciandolo perso nei suoi pensieri.
Raggiungo la cucina dove Nicole sta lavando i
piatti e Jared le sta appiccicato. Questi due non sono solo amici.
Mi schiarisco la voce e Jared si allontana di poco
per guardarmi.
«Rebecca! Tutto bene?»,
sorride.
«Sì. Nicole hai bisogno di
una mano?».
«No, grazie. Ormai ho finito»,
dice mettendo a posto gli ultimi piatti. Si asciuga le mani e si gira
verso di me.
«Ho notato che non avete l'albero di
Natale», dico indicando il salotto.
«Oh sì, Shannon voleva
aspettare Lillian per scegliere l'albero», dice Jared.
«Domani mattina andiamo a cercarlo».
«Ok, ma voi non conoscete Lillian,
vorrà fare un albero enorme tutto rosa e
sbrilluccicoso», rido al ricordo dell'ultimo Natale.
«Non importa», dice una voce
dietro di me. Shannon. «È lei la piccola stella di
questo Natale».
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Capitolo 5 *** Pink Christmas ***
Scusate il ritardo...
Buona lettura.
Pink Christmas
Lillian mi sveglia alle 4 e mezza perché vuole un bicchiere
di latte. Con attenzione scendo le scale e accendo la luce del
corridoio per entrare in cucina, ma la luce lì è
già accesa e trovo Shannon seduto sullo sgabello con una
tazza di latte e cereali.
«Cosa ci fai qua?», mi chiede
pulendosi la bocca con la mano.
Sorrido per la scena. «Lillian vuole un
bicchiere di latte», dico aprendo il frigo.
«Abbiamo solo latte di soia»,
mi dice.
«Lilly beve solo latte di
mucca», dico maledicendo il momento in cui ho deciso di
venire qui.
«Be', non l'abbiamo», dice
indifferente.
«Come mai non sei a letto?»,
chiedo curiosa.
«Non riuscivo a dormire»,
abbassa la testa sulla tazza. «Continuo a pensare a quello
che hai detto a Nicole».
«Forse ti fai troppo problemi,
Shannon», dico prendendo la bottiglia di succo, l'unica cosa
che possa piacere a mia figlia in questo frigo.
«Non sei tu quella che si sente in
colpa», dice mentre verso il succo in un bicchiere.
Sorrido. «Non è mai troppo
tardi per recuperare, te l'ho detto. Lillian ti adora, passa il
più tempo possibile con lei e sentirai la coscienza
più leggera. Quando sarai in tour, continua a chiamarla
tutti i giorni, raccontale tutto, sono certa che le
basterà», mi avvicino a lui. «La sua
maestra mi ha chiamato un paio di settimane fa per dirmi che Lillian
è sempre più vivace, con le amichette parla
sempre di suo padre. È fiera di te».
Finalmente vedo un piccolo sorriso sulle sue
labbra. «Quindi sto andando bene?».
«Benissimo», annuisco. Rimango
a fissarlo per un po' mentre guarda i cereali e sorride. «Ti
va di portarle il succo?».
«Sì. Così le dico
che domani andiamo a prendere il latte di mucca e l'albero di
Natale».
Insieme saliamo le scale e raggiungiamo la stanza
dove Lilly è seduta sul letto tutta spettinata illuminata
soltanto dalla luce dell'abatjour. Shannon entra e si siede sul letto
di fianco a lei porgendole il bicchiere.
«Ciao papino», dice assonnata
strofinandosi gli occhi.
«Piccola, non abbiamo il latte che piace
a te, domani andiamo a comprarlo, ok?». La bimba annuisce.
«Bevi questo». Lillian afferra il bicchiere con le
due manine e lo beve tutto d'un sorso poi rimette il bicchiere nelle
mani di Shannon e si risdraia sul letto.
Shannon si alza e io mi avvicino.
«Papino, rimani a dormire qui con
me?», Lillian si alza seduta di nuovo guardando suo padre con
gli occhioni da cucciolo indifeso. Shannon subito guarda me.
«Ehm...», ci penso su. Alzo le
spalle. «Ci stiamo in tre», dico.
Shannon sorride. «Ok, piccolina
mia», dice sdraiandosi sul letto e Lillian gli fa spazio
mettendosi in mezzo. Prima di sdraiarmi li osservo per un po'. Lillian
ha messo un braccino attorno al suo collo.
Sorrido e mi sdraio dall'altra parte del letto
addormentandomi quasi subito.
Quando mi sveglio, mi alzo e vedo quella scena, sorrido. La scena che
vorrei vedere tutti i giorni della mia vita: Lillian e Shannon che si
abbracciano dolcemente addormentati, quasi come li ho lasciati sta
notte.
Li lascio li per farmi una doccia veloce.
Quando torno in camera Shannon è
sveglio e accarezza dolcemente i capelli di Lillian.
«Ora che la osservo mentre dorme, ti
assomiglia un sacco. Il nasino, le labbra sono tue», dice.
Sorrido. «È bellissima, come te».
«Grazie e buongiorno».
«Ho dormito benissimo», dice
alzandosi facendo attenzione a non svegliare Lilly.
«Ne sono felice».
«Ok, mi faccio una doccia anche io.
Avvisami quando si sveglia che andiamo a cercare un bel albero e gli
addobbi rosa che vuole», mi sorride.
«Sì», annuisco e lo
guardo mentre esce dalla stanza. Ho sbagliato ancora una volta, venire
qui... il mio amore per lui sta tornando in superficie e basterebbe una
sua parolina per farmi ricascare ai suoi piedi e questo non va bene,
non voglio soffrire ancora e non basta fingere di essere la dura.
Dopo aver vestito Lillian scendo assieme a lei, pronte ad uscire.
Sono tutti in salotto ad aspettarci, Jared e
Nicole parlano tra loro e Shannon ci osserva.
«Pronte?», chiede.
«Sì!», gli risponde
Lillian correndogli incontro. Shannon la prende in braccio e io
raggiungo Nicole.
«Buongiorno bellissima», mi
dice sorridente.
«Ciao», le sorrido, questa
ragazza mi porta allegria. «Bellissima proprio no».
«Ma smettila!», mi prende
sotto braccio e mi trascina in macchina.
«Allora, Lilly, quanto grande vuoi
l'albero di Natale?», le chiede Jared.
«Tanto grande, zio! Grande come
te!», dice allungando le manine verso l'alto.
«Grande come me?».
«Sì! Grande come lo zio, va
bene mamma?», mi guarda per chiedere l'autorizzazione.
«Sì, tesoro».
«E come lo addobbiamo,
Lilly?», chiede ancora Jared.
«Allora, ci mettiamo tutti i festoni
rosa, come piacciono a me, le palline rosa con i glitter e poi ci
spargiamo sopra la neve».
Tutti in macchina ridono.
«Lo vuoi proprio tutto rosa,
Lilly?», le chiede Shannon.
«Sì, perché rosa
è il mio colore preferito», annuisce lei.
«Lo avevamo capito, piccola»,
dice Nicole. «Lo facciamo tutto rosa allora, a Babbo Natale
piacerà un sacco, sarà un Natale molto
femminile».
Arriviamo al discount dove ci sono veri pini in
vendita.
Scendiamo dalla macchina e Lilly corre avanti
prendendo le mani a Jared e a Shannon. È incredibile come
Lillian riesca sentire così vicine a sé persone
che conosce da così poco.
«Lillian è incredibile,
è simpaticissima, svogliata e allegra», mi dice
Nicole. «Ho sempre adorato i bambini, non vedo l'ora di
averne uno mio».
«Hai tutto il tempo, Nicole. Goditi i
tuoi 22 anni. Sei giovane, divertiti il più
possibile».
Raggiungiamo Jared e il venditore.
«Signore, questa piccolina vuole un albero grande come me,
giusto Lillian?».
«Giusto, zio», annuisce lei
guardando dal basso i due uomini. Non ha lasciato un minuto la mano di
Shannon. Il venditore ci accompagna all'albero.
«Piccola, questo può
andare?», chiede l'uomo.
Lillian si avvicina all'albero e lo analizza
attentamente. «È alto come lo zio?»,
chiede al venditore.
L'uomo sorride alla bambina e poi guarda Jared che
si avvicina il più possibile all'albero. Shannon la prende
in braccio.
«Sì, è alto come
lo zio, vedi?».
Lillian annuisce e rimane in braccio a suo padre.
«È questo quello che voglio, lo prendiamo
papà?».
«Certo», le risponde Shannon.
«E ora andiamo a cercare le palline rosa con i
glitter».
«Sì!!», urla di
felicità la bambina.
«Faccia arrivare l'albero a questo
indirizzo entro questa sera», dice Jared passando un foglio
all'uomo.
Dopo aver fatto mille giri per tutti i
supermercati e discount di Los Angeles, ne troviamo uno assortitissimo
che ha le tanto volute palline rosa con glitter. Jared e Shannon
comprano qualsiasi cosa Lillian chieda a loro.
«La state viziando», dico
scuotendo la testa.
Arrivati a casa Shannon e Lillian si preparano a ricevere l'albero e
dopo addobbarlo assieme a Nicole.
Anche se è freschino esco in piscina.
È cambiato tutto.
Rimango per un po' a bordo della piscina ad
ammirare il fondo di piastrelle blu scuro e penso a questi ultimi mesi
che Shannon è ricomparso nella mia vita.
Jared mi raggiunge. «Pensi troppo. Te
l'ho sempre detto».
«Siamo in due, allora», gli
sorrido. «Vuoi farmi la paternale Jared?».
«Per ricordare i vecchi
tempi», mi sorride, un sorriso caldo che non dimenticherei
per nulla al mondo. Avrei tanto voluto un fratello come Jared,
è stato lui a consigliarmi di non abortire e tenere Lillian.
Stiamo in silenzio tutti e due a guardare la piscina finché
non parla lui. «So che sei convinta che Shannon non possa
essere un bravo padre».
«Dici? Come mai solo dopo sei anni si
è ricordato di avere una figlia?».
Jared scuote la testa e ride. «Non
è assolutamente così», dice.
«Hai presente quella borsina di cotone che Lilly porta
sempre?», mi chiede.
«Sì. Che
c'è?».
«L'ha presa per lei nell'agosto del 2010
quando siamo stati a Città del Messico per la prima
volta».
«Davvero?», chiedo incredula.
«Ti giuro. La torre Eiffel? A Parigi nel
2008. Le ha tenute tutte da parte per dargliele quando ne avesse avuto
la possibilità. Si ricorda di avere una figlia, ma
è solo negli ultimi quattro mesi che si è reso
conto che la bambina ha bisogno di lui».
«Sì, lo so. È
difficile ammetterlo, ma l'ho visto nei suoi occhi».
«Allora lascia che impari a fare il
padre», mi afferra per le spalle e mi stringe. «Lui
ne ha bisogno più di quanto ne abbia bisogno lei, so che sei
un ottima madre, ti fai in quattro per Lillian, ma arriverà
un momento che sarai sfinita e non avrai tempo per tua figlia, invece
dovresti passare più tempo possibile con lei, è
l'età in cui hanno bisogno di un esempio da
seguire».
Lo osservo con ammirazione mentre mi parla.
«Sono io quell'esempio?!», scuoto la testa. Pessimo
esempio. «Grazie Jay», lo abbraccio.
«Lascia che ci riprovi».
«Con me?», chiedo scostandomi
da lui. «Lo sai che non...», scuoto la testa.
«So che sei ancora innamorata di
lui». Abbasso la testa, sorrido e annuisco. «Come
pensavo», sorride. «È maturato, dagli
una possibilità».
«Potrà mai innamorarsi di
me?».
«È già sulla buona
strada. Sei una donna fantastica, e quella giusta per lui, questo lui
lo sa».
«E tu e Nicole?».
Si stacca completamente da me e ci avviamo verso
casa di nuovo. «Noi siamo amici».
«Sì, smettila Jared. Da
quanto siete amici?».
«Eeeeh, da un po'».
«Se non me lo dici tu me lo dice
lei», gli faccio notare.
«Da più un anno».
«E allora è qualcosa di
più, Jared».
«Non voglio che qualcuno lo
sappia».
«Non puoi nasconderlo per sempre e cosa
te ne frega dell'opinione degli altri? Sei infelice da troppo tempo,
Jay, lascia andare i tuoi sentimenti».
«Facciamolo entrambi allora»,
cosi dicendo entriamo in casa dove Shannon sta prendendo in braccio
Lillian per farle mettere una pallina rosa sull'albero.
«Mami, vieni ad aiutarci!».
__________________
Forse a qualcuno di voi non interessa, ma ho dato dei
volti ai miei
personaggi, lo faccio sempre.
Se non volete rovinare l'immagine di ognuno di
loro allora non guardate queste foto.. ps. per Lillian mi sono ispirata a mia cugina, infatti la foto è lei. Letizia.
Rebecca: http://oi53.tinypic.com/11t4h82.jpg
Lillian: http://oi52.tinypic.com/xdid6e.jpg
Nicole: http://oi52.tinypic.com/2yyzchy.jpg
Nonna Gwen (madre di Rebecca): http://oi51.tinypic.com/2my2st1.jpg
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Capitolo 6 *** Even What I Drink... ***
Grazie a tutte! ;)
Even What I Drink...
Mancano quattro giorni a Natale e non ho ancora comprato il regalo a
nessuno, a parte quello di mia figlia.
«Nicole, posso lasciare Lillian con te
mentre vado a fare compere?», le chiedo. Nicole è
una ragazza dolcissima, ci sa fare con i bambini, Lillian si
è già innamorata di lei, la chiama pure zia.
Le due si sono messe in cucina a fare la prova per
la torta di compleanno per Jared, ovviamente lui non c'è e
non ne sa nulla. «Certo. Noi siamo qua che cuciniamo! Fai con
calma», mi sorride.
«Ok, allora... vado. Se hai bisogno
chiamami, ok?».
«Vai, mamma. La zia Nicky sta con
me». Le do un bacio sulla fronte e mi sposto in salotto dove
vedo Shannon. È sul divano e guarda Top Gear.
«Shannon, posso prendere la tua
macchina?», chiedo. Lui si gira sorpreso, non mi aveva visto.
«Devo andare a comprare il regalo per Nicole e
Jared».
«Ti accompagno».
«Ok», annuisco. Sapevo che non
mi avrebbe mai dato la sua macchina e sinceramente ho paura di stare da
sola con lui.
Mi porta al centro commerciale, lo stesso dove
venivo a rifugiarmi quando litigavo con lui sette anni fa. È
cambiato tutto, ma ha sempre quell'aria di casa, con alcuni negozi che
sono rimasti gli stessi, quei negozi dove lasciavo tutto il mio
stipendio. Sorrido al ricordo.
Entro da Victoria's Secret, qui
prenderò il regalo per Nicole, ho intravisto tra le sue cose
molto di Victoria's Secret.
«Che prendi qua?», mi chiede
curioso guardandosi intorno, gli piace il posto.
«Il regalo per Nicole».
«E anche per Jared a quanto
pare», sogghigna. «Ne prendi uno anche per
te?». Lo guardo, i suoi occhi sprizzano malizia da tutte
parti. «Chiedevo...», alza le spalle.
«Tanto non ho nessuno per cui
indossarlo». Scuoto la testa e torno alle mie compere.
Dopo aver girato tutto il centro commerciale, pit-stop da Starbucks, mi
siedo al tavolino.
«Faccio io», dice.
«Solito caffè mocha?», chiede in un
mezzo sorriso.
«Sì», dico quasi
sussurrando. A volte penso che si sia scordato tutto di me, invece si
ricorda persino cosa bevo da Starbucks.
Quando torna con i due caffè, si siede
davanti a me. Per un po' stiamo in silenzio, poi è lui a
parlare.
«Sei silenziosa, non lo sei mai
stata», beve un sorso del suo caffè e mi guarda
attentamente. «A che pensi?».
«Pensavo alle cose che ricordi di
me», sorrido. «È poco, ma abbastanza da
sorprendermi, pensavo mi avessi totalmente cancellata dal
cervello».
«Perché avrei dovuto? Sei
stata una persona importante in quel periodo, mi hai aiutato tanto,
solo ora mi rendo conto della cazzata che ho fatto».
«Infatti», bevo anche io il
mio caffè mentre lui mi fissa.
«Il tuo colore preferito è il
giallo, non sopporti chi spreme il tubetto del dentifricio a
metà, devi prendere minimo tre caffè al giorno di
cui due la mattina se no non ti svegli bene, caffeinomane come me, odi
le cipolle, ti piacciono e usi profumi da uomo, odi le monete piccole,
quelle da 1, 2, 5 e 10 centesimi e adoravi dormire abbracciata con me
quando stavamo insieme», mentre parlava si è
avvicinato e mi guarda fisso negli occhi mentre sono ancora sorpresa.
«Sì, ora dormo abbracciata a
Lillian e lei ogni giorno che passa mi ricorda sempre di più
te», sorrido distogliendo lo sguardo. Quante cose sa di me
che nemmeno io ricordavo, cose minuscole che ogni giorno ha assimilato
e ricordato. «Quelle che hai detto sono cose che non
cambiano, ma io sono molto cambiata da quando ci siamo
lasciati».
«Lo posso immaginare, ti ho ferita,
è normale. Mi odi ancora?».
«No. Cioè... Sì,
un po'», mi porto i capelli dietro l'orecchio e cerco di non
guardarlo negli occhi.
«Sono ancora in tempo per farmi
perdonare?».
«In teoria no, ma siccome siamo qui,
tanto vale lasciarti provare. Hai un punto perché tua figlia
ti adora».
«Ottimo, allora sono già a
buon punto». Sorride e beve ancora dal bicchiere di carta.
«Domani arriva mia mamma», dice senza guardarmi.
«Ovvio, sì. È
Natale, giusto che lo passi con voi», dico. Cazzo, Constance!
Non ci avevo pensato.
Il telefono squilla con insistenza, ho appena vomitato, le nausee
stanno peggiorando, di questo passo non riuscirò a finire il
semestre all'università. Mi pulisco velocemente la bocca e
corro a rispondere. È Shannon.
«Senti... Mia madre vorrebbe incontrarti
per parlare», dice. Il suo tono non mi piace, e
perché mai sua madre vorrebbe incontrarmi per parlare?
Ovvio, le avrà detto che sono incinta, forse
cercherà di convincermi ad abortire.
«Ok». Ho solo sentito parlare
di Constance, ma non ho mai avuto il piacere di conoscerla. Io e
Shannon ci siamo lasciati da quando gli ho detto che ero incinta due
settimane fa e questa è la prima volta che si fa sentire da
allora.
«Stiamo venendo da te adesso».
Che? Adesso? È pazzo! Chiudo la
chiamata e metto un po' in ordine la casa ed è proprio
mentre sistemo i cuscini del divano che suonano alla porta.
Quando apro, Shannon e sua madre mi fissano.
«Prego, accomodatevi».
«Ciao Rebecca, io sono Constance,
è un piacere conoscerti», dice la donna bionda
dagli occhi azzurri.
«Piacere mio, Constance». Li
faccio accomodare sul divano. «Volete qualcosa da bere?
Acqua? Birra?», chiedo guardando Shannon sull'ultima parola.
«No, cara. Siamo apposto
così», sorride. «Shannon, tesoro, puoi
aspettarmi fuori? Vorrei parlare con Rebecca da sola».
Shannon guarda sua madre confuso, ma poi annuisce.
«Sì, faccio un giro», apre la porta e se
ne va lasciandomi sola con sua madre.
«Rebecca, non sono venuta qua per dirti
di abortire, io stessa nella tua situazione non l'ho fatto»,
la sua voce è dolce, melodica quasi come quella di Jared.
«Volevo solo conoscerti per sapere che intenzioni
hai». Cala il silenzio tra di noi e la nausea mi fa girare la
testa. Respiro profondamente. «Ti senti bene,
cara?».
«Solo un po' di nausea».
«Oh, anche io con Shannon ne ho avute
tante», sorride comprensiva. Già, sarà
il gene... «Allora?».
«Non abortirò, non voglio
nulla da Shannon e stia pur certa che nessuno verrà mai a
sapere che questo bambino è suo. Se è per questo
che siete preoccupati, state tranquilli, il bambino non
rovinerà la sua carriera».
«Un bambino non è mai una
rovina. Shannon è preoccupato perché non sa
ancora cosa vuol dire, io lo vorrei tanto un nipotino, ormai
è ora»
Non so trattenere le mie emozioni, infatti
comincio a piangere. «Non volevo che finisse
così».
«Mi dispiace, Rebecca, perché
vedo che sei un'ottima ragazza».
Mi pulisco le lacrime e respiro profondamente.
«Grazie per essere venuta», mi alzo, «mi
saluti suo figlio e gli dica che gli auguro tutta la fama del mondo,
che abbia tutto ciò che desidera, che sia felice».
«Perché tutta questa
collera?». Dove la sentita la collera quando gli stavo
augurando ogni bene?
«Hai mai amato così tanto una
persona, tanto da soffrire immensamente solo per non vederla infelice?
Be', ecco perché».
«Ti capisco», annuisce.
«Non essere arrabbiata con lui, crescerà e
capirà dove ha sbagliato».
«Già», dico
ironicamente. «Che non osi ritornare alla mia
porta».
«Mi dispiace che la vedi
così, è comunque suo figlio».
«Non per lui. È solo una cosa
andata male, che lui non è riuscito a controllare. Questo
è mio figlio», dico con una mano sul ventre.
«Sei parecchio arrabbiata adesso,
inutile discutere», si avvicina alla porta e mi guarda la
pancia. «Un giorno vedrò questo bambino, spero
prenda da te la tua forza d'animo», sorride.
«Crescilo bene».
«Oh, lo farò per certo. Ah, e
dica a Shannon che torno a casa». La donna esce guardandosi
indietro solo una volta.
«Rebecca?», mi chiama mettendosi nella traiettoria
della mia visuale.
«Eh? Sì, stavo pensando a tua
madre».
Ride. «Non vede l'ora di conoscere
Lillian».
«Lo so», sospiro.
«Aveva ragione, su tutto». Mi guarda strano, non ha
capito e non mi chiede nulla. «Hai preso un regalo per
Lillian?», gli chiedo.
«No, ci stavo pensando assieme a
Jared», ci alziamo e continuiamo il nostro giro per il centro
commerciale. «L'altro giorno stavamo scherzando nello studio
di Jared, Lilly era affascinata dalla chitarra, le ho anche fatto
provare... Penso proprio che sia il regalo ideale, e in più
le posso insegnare».
«È una bellissima
idea», gli sorrido. «Che hai preso per il
compleanno di tuo fratello invece?».
«Ecco, qui volevo il tuo aiuto... Sai,
di solito chiedo a Emma, ma questa settimana credo abbia il ciclo,
troppo stressata».
Non mi trattengo e rido. «Anche tu hai
difficoltà a trovare un regalo per tuo fratello».
Strano, per lui dovrebbe essere facile.
«Lo so, ma lui è
così complicato... Comunque ho in mente una cosa. Che ne
dici se gli regalo un viaggietto? Ha bisogno di riposare».
«Sì, potrebbe essere
un'ottima idea», annuisco. «Mandalo ad Aspen
assieme a Nicole».
Mi guarda felicemente sorpreso. Ha appena trovato
il regalo perfetto per suo fratello. «Sei un genio!
Sì, è perfetto! È inverno, lui adora
la neve, sì». Mi piace vederlo così
felice. «Ora ci penso su bene e organizzo tutto»,
prende fuori l'iPhone e digita qualcosa, poi si ferma e mi guarda.
«Grazie», sorride, quel suo sorriso sincero che mi
uccide ogni volta.
Mando giù la saliva e sfoggio il
più falso dei miei sorrisi. «Prego».
Quando riprende a camminare posso tornare a
respirare. Mi piace questo Shannon più maturo, mi piace sia
interiormente che esteriormente, era già bello, ma ora lo
è ancora di più, gli anni gli hanno fatto solo
bene.
Debole. Sì, è questo quello
che divento quando lui mi sta accanto.
Cammino leggermente più indietro
rispetto a lui e quando se ne accorge si ferma.
«Che succede?».
«Niente», altro sorriso falso.
«Pensavo a cosa prendere io per Jared».
«Cosa? No, il regalo che gli faccio
è da parte mia, tua e di Lillian». Sì,
la bella famigliola felice.
«Ah sì?», chiedo
sorpresa.
«Sì, assolutamente».
«Ok, allora manca il tuo».
«Non ce n'è bisogno. Il
regalo me l'hai già fatto: portare Lillian qui, è
stata la cosa più bella, era quello che
desideravo».
«Che dolce... No, comunque un regalo te
lo faccio lo stesso, per farti capire che non ti odio», gli
faccio una smorfia, quelle tipiche di Lillian. «Facciamo
così, io vado a prendere il tuo regalo, tra mezz'ora ci
incontriamo davanti alla banca del primo piano, ok?».
«Ok». Si gira e dopo poco
sparisce in mezzo alla gente.
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Capitolo 7 *** Open Challenge ***
Chiedo scusa per queste settimane in cui non ho postato, ma avevo
bisogno di stare un po' con me stessa dopo quest'estate..
vabbé.. non vi interessa.. XD cmq..
Buona lettura..
Open Challenge
Sono sveglia da un po', ormai sono quasi le 8, sto riordinando il
disastro che ha fatto ieri sera Lillian per scegliere il vestito da
mettere la sera di Natale quando bussano leggermente alla porta. Piano
piano si apre e sbuca fuori la testa di Shannon.
Sorrido per la scena, sembra un bambino quando fa
così.
«Vi ho svegliate?», sussurra.
«No, Lillian dorme ancora».
«Ok. Volevo avvisarti che stiamo andando
a prendere mia madre in aeroporto. Tra un ora torniamo. Nicole
è di sotto, rimane qui».
«Va bene. Grazie per avermi
avvisata».
Mi sorride. «Di nulla. A dopo».
Dopo che ne se va, mi sbrigo a finire e mi faccio una bella doccia
rilassante. Confesso che sono leggermente nervosa nel rivedere
Constance, la prima volta che l'ho vista l'ho trattata così
male, che penso mi odi.
Dopo aver scelto qualcosa di sobrio e serio da
mettermi sveglio Lillian.
«Amore, svegliati». Si gira a
pancia il giù coprendosi il viso. «Su, Lillian,
alzati».
Le faccio fare una doccia, poi scendiamo per fare
colazione e troviamo Nicole in cucina.
«Buongiorno principessa»,
abbraccia Lillian che le è corsa incontro.
«Facciamo colazione prima che arrivi la nonna?».
Lillian mi guarda con gli occhi da gattino.
«Viene la nonna?».
«Non nonna Gwen, amore, nonna Constance.
Non la conosci».
«E perché devo conoscerla? Io
ho già una nonna», dice facendosi mettere sullo
sgabello da Nicole.
«Perché tutti hanno due
nonne. Nonna Gwen è la mia mamma e nonna Constance
è la mamma di Shannon».
«Ah, ho capito», dice
sorridendo. «Ma nonna Constance è la mamma anche
delle zio Jared?».
«Sì», le rispondo,
dopo di che si immerge nella sua tazza di latte e cereali e mi sembra
di vedere Shannon quando mangia. «Conosci già
Constance?», chiedo a Nicole.
«Sì, l'ho conosciuta la
scorsa primavera. È una donna dolcissima».
«Lo so», annuisco.
«Ho avuto la possibilità di parlarle una volta, ma
non è stato uno dei migliori incontri».
«Perché? Che è
successo?».
«È venuta a parlarmi quando
sono rimasta incinta di Lillian, voleva solo sapere quello che avrei
fatto, mentre io l'ho quasi aggredita».
«Capisco...», non chiede
altro, per non essere invadente.
E finalmente dopo qualche minuto sentiamo arrivare
la macchina di Shannon.
Io e Nicole ci guardiamo mentre Lillian corre alla
porta, ma ci aspetta prima di aprirla. Infatti è Nicole che
apre proprio mentre Jared entra con la valigia di Constance.
«Ciao baby», dice e le lascia
un piccolo bacio sulla guancia poi ci osserva sorridendo. Lillian
è davanti a me, le stringo le spalle tenendola vicino.
«Buongiorno belle signore».
«Ciao zio Jared», Lillian lo
saluta con la manina. Io gli sorrido solamente, troppo nervosa per
parlare.
E dopo di lui Constance, che si ferma alla porta
mentre Nicole gliela tiene aperta. Fissa a bocca aperta Lillian, poi si
avvicina lentamente abbassandosi alla sua altezza.
Il suo sorriso mi alleggerisce il cuore, i suoi
occhi sono lucidi e sorridono. «Ciao, piccolina».
Lillian la osserva bene.
«Ciao», dice.
Poi finalmente Constance mi guarda. «Oh,
mio Dio, che bambina meravigliosa», dice portandosi una mano
sulle labbra. «Assomiglia a Jared da piccolo».
«L'ho detto anche io quando l'ho
vista», Shannon compare dietro Constance con un'altra valigia
in mano. «Mamma, se ti sposti magari riesco a
passare».
Constance si alza per lasciar passare Shannon.
«È un piacere rivederti, Rebecca».
Le sorrido. «Il piacere è
mio».
«Tua figlia è davvero
bellissima». Le sorrido e lei torna a guardare Lillian con
gli occhi della nonna che vuole dare tutto al nipotino. «Io
sono Constance», le dice sorridendole. «La tua
nonna».
Lillian distoglie lo sguardo imbarazzata, ma sono sicura che appena
Constance risponderà a qualche sua domanda non la
smetterà più di parlare.
Lasciamo che Constance sistemi le sue cose mentre
Nicole prepara il pranzo.
«Constance stava per mettersi a
piangere», mi dice Nicole ridendo. «Voleva proprio
conoscere Lillian, ha sempre voluto un nipote, ma quei due hanno non
hanno mai voluto», sospira.
«Tra un po' tocca a te», scherzo.
Lei ride senza aggiungere altro.
«Shannon ti ha detto che voleva organizzare una serata con
Antoine per il compleanno di Jared?».
«No, a me ha detto che voleva fargli un
bel regalo, un viaggio ma nient'altro... Una serata?».
«Sì, sai... Quelle che fanno
ultimamente. Dj set e Shannon alle percussioni, è
divertente».
«Ah, sì... Divertente.
Immagino».
In quel momento Shannon entra in cucina.
«Posso rubarvi Lillian? Nonna Constance vuole
conoscerla», dice prendendo in braccio la bambina che non
obietta.
Quando Shannon se ne va, Nicole si guarda attorno
per controllare che non ci sia nessuno. «Sai, volevo parlare
con Jared seriamente», il suo tono è basso, faccio
fatica a sentirla così mi avvicino.
«Che succede? Tutto bene?».
«Sì, tutto bene, solo che ora
ho bisogno di sentirmi sicura, sai... di avere una vita stabile. Sono
due mesi che vivo qui con lui ed è quasi un anno che lavoro
due giorni si e venti no, perché lui mi chiama e dice che
vuole vedermi quando è a Praga, e io cosa faccio? Mollo
tutto e corro da lui. E... e...», si blocca senza riuscire a
dire altro.
«Vuoi che ufficializzi la vostra
relazione?».
«Forse», alza le spalle.
«Sì, ma non a tutto il mondo, solo a me. Posso
continuare a nascondermi, mi basta avere la certezza che
tornerà da me. Forse sono egoista...».
«So esattamente come ti senti, ho
provato a farlo anche io con Shannon, con scarsi risultati, ma lo sai
che loro due sono molto diversi».
«Lo so...», piega la testa di
lato confusa. «Sono innamorata di Jared, faccio tutto per lui
senza chiedere nulla in cambio. Gli sono stata accanto questi mesi,
sopportando di vederlo cantare quando non aveva voce, ma non ho nessun
potere su di lui».
«Che cosa vuoi fare?».
«Dipende da quello che vuole lui. Lo sai
che è ferito nel profondo... Tu c'eri nel periodo che ha
sofferto di più».
«Sì».
«O mi da qualcosa di stabile o ci
lasciamo definitivamente», sospira. «Anche se non
vorrei... Sento il bisogno di tornare a lavorare».
«Che cosa facevi?».
«Sono una modella». Rimango
sorpresa. Tipico di Jared, ma pensavo che Nicole fosse una ragazza
"normale", non che non lo sia, ovvio. Ormai le modelle non sono
più considerate delle oche. «Più che
altro facevo cataloghi e sfilavo qui e a New York, non era tanto, ma mi
piaceva un sacco, mi divertivo, e riuscivo anche a pagare l'affitto del
mio appartamento sulle colline».
«Lo paghi ancora?».
«Lo paga Jared».
Strabuzzo gli occhi. «Cioè...
Jared ti paga l'affitto??».
«Sì, ma solo da quattro
mesi».
«E dici poco...». Non sapevo
tutte queste cose. «Ok, allora... Parlagli, ma non adesso;
siamo in troppi in questa casa...».
«Che buon profumino», Shannon
ci interrompe. «Che si mangia?», ci chiede
sorridendo. Shannon è il più allegro in questa
casa assieme a Lillian. «Che c'è?».
Nicole gli sorride. «Risotto con i
funghi e una manciata di verdure».
È la vigilia di Natale. Sinceramente neanche nei miei sogni
più remoti pensavo di passare un Natale così,
confesso che ho un po' paura, ma posso resistere, manca ancora solo una
settimana, poi la mia vita torna al normale.
Ieri Nicole ha portato me e Lillian a conoscere il
suo appartamento sulle colline e direi che è a dir poco
bellissimo.
Sono in cucina che aspetto che il mio
caffè venga su.
«Lillian adora già mia
madre», Shannon come al solito spunta dal nulla.
«Ovvio, le date tutto quello che vuole,
è una ruffiana quella bambina», rido.
«Senti, Becca... Volevo parlarti di
quella cosa».
«Che cosa?», mi volto verso di
lui curiosa, non so veramente di cosa sta parlando.
«Di noi... insomma... io... tu...
noi».
Mi scappa un risolino. «Shan, te l'ho
gia detto, ora che finalmente siamo in armonia, non ti voglio obbligare
a tornare con me», dico dandogli le spalle per controllare il
caffè che non è ancora salito. «Ma che
dico, non siamo mai stati insieme».
Con la coda dell'occhio lo vedo scuotere la testa.
«Perché dovresti obbligarmi? Sono io che ci voglio
riprovare».
«Perché?».
«Per nostra figlia». Mi giro
verso di lui pronta a ribattere... «Zitta! Non dirlo,
perché non voglio farti soffrire ancora, voglio solo provare
a far funzionare le cose».
«Non può
funzionare! Quante volte mi tradirai? Quante volte mi lascerai da sola
con Lillian per fare le tue serate con il tuo amico Antoine? E i
tour?».
«È il mio lavoro,
Rebecca».
«Non voglio litigare con te, Shannon,
è Natale», alzo una mano per farlo star zitto.
«Hai così paura che io ti
ferisca ancora...».
«Sì, perché la
ferita è ancora aperta e se vuoi proprio saperlo sta ancora
sanguinando», abbasso lo sguardo sulla mano che ho messo sul
petto e inaspettatamente lui mi abbraccia. Il suo abbraccio caldo,
meraviglioso.
«Mi dispiace», dice
stringendomi contro il suo petto. Devo trattenermi dal piangere.
«Amo il tuo odore. È diverso, più
donna».
Sorrido sul suo collo. «Anche il tuo
è diverso, ma sempre meraviglioso», dico e dopo
aver respirato il suo odore inebriante, sento quello che proviene dalla
moca sul fuoco. «Oddio, il mio caffè!»,
mi lascia di scatto e spengo la fiamma, spegnendo anche quell'abbraccio
stupendo che per una volta mi ha fatto sentire amata.
«Ti rivoglio nella mia vita».
Metto il caffè nella tazza, due
cucchiaini di zucchero e mescolo poi lo guardo.
«Sì, ormai ci sono».
«Ma non solo in questo
senso...».
«Cioè mi rivuoi anche nel tuo
letto?».
«Non cominciare, Rebecca...»,
si arrabbia.
«Odio quando dici il mio nome
così», giro ancora il cucchiaino nella tazza e ne
bevo un sorso. «Ok. Dovrai riconquistarmi. Puoi
farcela?».
«Non sfidarmi».
Rido. «Sfida aperta. Senza
regole», dico leccando il cucchiaino e poggiandoglielo sulla
spalla.
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Capitolo 8 *** Merry Christmas ***
Salve mie lettrici.. Innanzi tutto volevo ringraziarvi tutte,
sopratutto alle ragazze che recensiscono, grazie davvero, siete
l'ancora che tiene ferma questa barca, altrimenti sarei andata al
largo..
Ecco il Natale di Lillian, Becca e la famiglia
Leto..
Merry Christmas
Si stanno tutti preparano per il grande cenone che abbiamo preparato
io, Nicole e Constance. Ci siamo trovate benissimo, per fortuna.
Lillian ha scelto il vestitino rosa con il fiocchetto davanti
che Nicole e Jared le hanno regalato. Io invece ho optato per un tubino
grigio lungo fino al ginocchio.
Quando scendiamo in salotto sono tutti li, chiacchierano e
sorridono, sembra davvero il Natale perfetto. Mi sbagliavo, ora sono
felice di aver accettato l'invito.
Shannon si avvicina a noi. «Siete
bellissime», dice prendendo in braccio Lillian per darle un
bacio. È bellissimo in jeans e la camicia con i primi tre
bottoni slacciati. Sembriamo davvero la famigliola felice.
La cena è stata perfetta, eravamo tutti felici sopratutto
Lillian, comincia veramente a legare tanto con suo padre, suo zio e sua
nonna. Sono contenta e serena come da tanto tempo non ero.
Ci spostiamo in salotto per chiacchierare tutti seduti sul
divano.
«Mamma, Babbo Natale mi porterà quello
che gli ho chiesto?», mi chiede Lillian all'orecchio.
«Certo amore, come tutti gli anni», le
sorrido. Sono io Babbo Natale, quest'anno mi ha chiesto una strana
Barbie e il suo castello e le scarpe di Hello Kitty.
E ora che mi ricordo, mi alzo e esco per chiamare mia madre.
«Ciao mamma, come stai?».
«Tesoro, qui tutto bene. Li, come procedono le
cose? Va tutto bene?».
«Sì, mi sbagliavo. Avevi ragione
tu».
«Stranamente», se la ride.
«Che cosa hai fatto?».
«Oggi? Sono uscita con Mrs. Matthews e mi ha
invitato a cenare con loro, sai che sono meravigliosi. Siamo qua che
giochiamo a scarabeo», la sento tranquilla, ora posso tornare
alla mia serata.
«Ok. Il tuo regalo è quello nel
pacchetto verde sotto l'albero. Ti voglio bene, mamma».
«Anche io, tesoro. Divertiti. Mi manchi».
Torno a sedermi sul divano e Lillian al mio fianco, dopo poco
si addormenta tra le mie braccia.
«Vuoi che la porti su in camera?», mi
chiede Shannon vicinissimo al mio orecchio, se sapeste l'effetto
devastante, mi è venuta la pelle d'oca. Annuisco, Lillian
comincia a pesare. Shannon si alza, prende la bambina in braccio e
s'incammina verso le scale.
«Mettiamo a letto Lillian, torniamo
subito», annuncio.
Seguo Shannon fino in camera dove sdraia la bambina sul letto
dopo si fa da parte.
Le tolgo le scarpe e il vestitino, poi la sposto
più al centro del letto, se si muove troppo rischia di
cadere, poi la copro.
Un bacio sulla fronte. «Buon Natale tesoro
mio».
Mi giro e Shannon ha osservato tutta la scena con un sorriso
magnifico sulle labbra. Gli sorrido anche io, solo che lui rimane fermo
a fissarmi.
«Che c'è?».
«Nulla, andiamo».
Mi sveglio con Lillian che mi scuote.
«Mamma! È Natale!», sussurra.
«Posso andare a svegliare papino?». Mi fa ridere
già di prima mattina.
«Sì, tesoro. Non so quanto ne
sarà contento, ma... Andiamo», mi alzo, mi sistemo
un po', mi lavo la faccia e i denti e seguo Lillian fino in camera di
Shannon dove apre piano piano la porta. Lui è sdraiato a
pancia in giù, mezzo scoperto e a torso nudo.
«Papino...», lo chiama una volta, ma non
riceve risposta. Sto ferma alla porta, sono curiosa di cosa
farà. Lillian si avvicina al letto e osserva bene Shannon.
«Papino?». Riesco a stento trattenere una risata
per come lo sta guardando in questo momento.
Lillian sale sul letto e con un ditino scuote suo
padre. «Papino, sveglia! È Natale!»,
dice con voce ora più alta. Shannon si muove, si
è svegliato, ma rimane sdraiato in silenzio, sorridendo
sotto i baffi. Lillian mi guarda disperata. «Mamma, non si
vuole svegliare», dice quando all'improvviso Shannon si gira
e l'afferra.
«Buona Natale, piccola mia»,
dice facendole il solletico.
Lillian ride, cercando di liberarsi dalle dita di
Shannon sui suoi fianchi. La sua risata mi rallegra la giornata,
è felice.
Quando finalmente la lascia lei lo abbraccia. Un
piccolo gesto che mi fa perdere un battito del cuore.
«Andiamo ad aprire i regali?».
«Corri. Ti raggiungo subito».
Lillian scende dal letto e corre fuori dalla
stanza fiondandosi giù per le scale.
«Grazie», gli dico.
«Per cosa?».
«Per renderla così
felice». Mi sorride solamente.
«Mamma, vieni?», mi chiama
urlando dal salotto. Esco dalla sua camera e raggiungo Lillian in
salotto che parla con Constance. «Nonna, tu lo hai chiesto il
regalo a Babbo Natale?».
«No, tesoro. Babbo Natale porta i regali solo ai
bambini», dice sistemando dei pacchetti sotto l'albero rosa e
poi mi vede. «Buongiorno, cara».
«Buongiorno e Buon Natale, Constance», mi
avvicino a lei per un abbraccio.
«Mamma, apriamo i regali?».
«Amore, non adesso. Aspettiamo che lo zio Jared e
Nicole si sveglino, ok? Intanto andiamo a fare colazione».
Ci spostiamo in cucina e dopo un po' ci raggiunge Shannon.
E finalmente arriva l'ora che Lillian tanto aspettava.
«Prima Lillian», annuncia Jared.
Lei lo guarda tutta sorridente mentre Constance le passa il
primo regalo.
Scarta il primo. La Barbie che tanto voleva. Si sorprende per
tutti i regali che riceve, ma quello che la prende di più
è la chitarra che le ha regalato suo padre. Le scatto una
foto mentre lo abbraccia.
Jared apre la sua busta da parte di Shannon e rimane sorpreso
quando legge il nome della città.
«Aspen?», chiede sorridendo a Shannon.
«Rebecca me lo ha suggerito».
Jared mi sorride. «È un sacco che non ci
vado», poi guarda Nicole. «Una vacanza per noi due,
visto?».
«Questo aprilo dopo, magari ad Aspen»,
dico passando a Nicole il mio pacchetto di Victoria's Secret,
vergognandomi anche un po'. Lei ride e Constance pure. Poi passo la
scatolina a Shannon. «Questa è per te e la puoi
aprire ora», gli sorrido.
Abbassa lo sguardo sulla scatolina e la apre tirando fuori un
bracciale in argento. «Ci sono incisi due nomi: Lillian
Shannon», passa il dito sul metallo.
«Grazie», mi sorride e dopo si fa aiutare da sua
madre a mettere il bracciale sul polso destro dove stranamente non ha
nulla. Poi prende un pacchetto da sotto l'albero rosa e mi guarda.
«Il mio regalo per te non è di valore
monetario», dice guardando il suo bracciale, «ma
sentimentale. Spero ti piaccia», mi passa il pacchetto
abbastanza pesante e io mi siedo per aprirlo. Strappo la carta e trovo
un album fotografico rosso. Lo guardo sorpresa e lui sorride. Lo apro e
la prima foto che trovo è la prima che ci siamo fatti
insieme, non ricordavo nemmeno che esistesse. Giro la pagina e ne trovo
altre due, assieme a Jared, Tomo e Matt. Continuo a sfogliare l'album e
gli occhi mi si riempiono di lacrime, le foto sono tutte in perfetto
ordine cronologico.
«Come hai fatto?», chiedo.
«È bellissimo», mi alzo, non resisto, lo
abbraccio.
«È ancora da completare», dice
tirando fuori una foto che si è fatto questi giorni con
Lillian, prende l'album e attacca la loro foto sulla copertina rossa.
«Voglio che riempi questo spazio con le foto di Lillian
quando era più piccola, di quando eri incinta e poi me le
farai vedere».
«Ok», annuisco. È
il più bel regalo che abbia mai ricevuto.
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Capitolo 9 *** The Life You've Always Wanted ***
Aaaaaaah... ritardissimo... Scusate, ho avuto due settimane orribili..
Grazie per le recensioni.. ok... questo capitolo.. è un po'
stupido.. nn avevo intenzione di scriverlo, ma una mia amica ha
insistito perciò..
Buona Lettura..
The Life You've Always Wanted
Mi sveglio splendidamente e scendo per fare colazione assieme a Lillian
pronta per fare gli auguri a Jared, ma trovo l'agitazione. Constance e
Shannon attorno ad un Jared, che singhiozza, malinconico più
del solito.
«Auguri zio!!», urla Lillian non capendo
la situazione. C'è qualcosa che non va.
Prendo Lillian in braccio e le faccio segno di stare zitta.
«Amore, vai di la a giocare con le tue nuove
barbie», lei controvoglia lo fa. Mi avvicino a Jared.
«Che cosa è successo?», chiedo. Shannon
mi prende la mano e mi porta lontano da Jared.
«Nicole se n'è andata ieri
sera», mi dice.
«Che cosa? In che senso se n'è
andata?».
«Jared dice che ha detto cose strane, sulla loro
relazione... è arrabbiata. Ne sai qualcosa?».
«Certo che ne so qualcosa...», dico
scansandolo per andare a parlare con Jared, ma lui mi blocca.
«Non ti preoccupare, so cosa è successo».
Mi avvicino a Jared lentamente. Alza il suo cupo sguardo su
di me. Con gli occhi gli dico che so tutto.
«Andiamo fuori», mi dice prendendomi per
un braccio. Guardo Shannon, so che odia non sapere quello che succede a
suo fratello, ma dopo gli racconto tutto. Jared si siede sul tavolo
fuori in piscina e io rimango in piedi aspettando che sia pronto a
parlare, non sembra, ma Jared è tanto sensibile.
«Ha detto che con me teneva sempre un piede indietro. Non le
do abbastanza, vero?».
«Non è questo... Lei vuole solo qualcosa
di stabile, di concreto e con te non lo è, capisci Jay? In
più tieni la storia segreta come se avessi paura che
qualcuno possa distruggere quello che c'è tra voi. Lei
è molto innamorata di te, perdutamente innamorata».
Lui mi guarda, sa che quello che ho detto è vero.
«Sì, ma lo faccio per proteggerla».
«No, lei non ha bisogno di essere protetta da
questo. Lei ha bisogno che le dimostri che tieni a lei».
«Mi ha detto che mi ama e io mi sono
arrabbiato».
«La ami anche tu?».
Alza lo sguardo su di me, ha gli occhi lucidi e mi annuisce
soltanto. «Cosa faccio per dimostrarglielo?».
«A volte bastano parole, e tu con le parole ci sai
fare, ma questa volta c'è bisogno di qualcosa di
più».
«Cioè?».
«Sei felice con lei? Stai bene?».
«Sì, sono felice come non lo sono mai
stato», dice.
«Allora perché nascondersi?»,
gli chiedo. «Pensaci su, ok?».
«È la stessa cosa che mi ha detto
lei».
«Lo so. Senti... vado da lei, ha bisogno di
un'amica adesso, ma appena torno tu avrai già le idee chiare
ok?». Lui annuisce e io corro da Shannon. «Dammi le
chiavi della macchina e rimani con tua figlia!», dico
imperativa.
«Che cos...?».
«Ho detto dammi le chiavi della
macchina!», lo minaccio con uno sguardo assassino e lui tira
fuori le chiavi. «Ti racconto tutto dopo, ok?»,
dico dandogli un bacio sulla guancia. Prendo le chiavi dalle sue mani e
mi dirigo verso la porta.
Riesco ad entrare nel condominio senza dover suonare il campanello
anche perché non conosco il cognome di Nicole, non ci ho
nemmeno fatto caso. Salgo le scale di corsa e prendo fiato solo quando
sono davanti alla sua porta.
Busso. «Nicole?». Sento dei passi.
«Sono Rebecca».
Apre la porta con gli occhi pieni di lacrime.
È scalza, pantaloncini e canottiera.
Mi abbraccia. «Oh, Becca...».
Non dico nulla. Si stacca e si pulisce il viso col dorso della mano.
«Non dovevo farlo».
«No... Hai fatto quello che sentivi,
stai tranquilla». Mi invita ad entrare con lo sguardo.
«Hai parlato con lui, vero?».
«Sì, ho parlato con
lui».
«Che ti ha detto?».
«È convinto di proteggerti
facendo così, forse è un po' insicuro, ma ti ama.
Ora che gli hai chiarito la situazione sono certa che farà
qualcosa per rimediare».
Lei sospira. «Spero la situazione non
degeneri».
«Tranquilla...», e proprio
mentre lo dico bussano alla porta.
Nicole mi guarda, io guardo lei. Si alza e va
verso la porta, e io la seguo. Ho la strana sensazione che sia Jared,
infatti quando apre la porta lui è li fermo con una mano
appoggiata al muro che prende fiato.
«Che ci fai qui?», Nicole fa
un passo indietro.
«Mi hai detto di pensare...»,
respira profondamente e mi guarda. «Anche tu me lo hai detto,
ma io so quello che voglio», si rimette in piedi eretto e
fissa Nicole dritto negli occhi. «E quello che voglio sei tu.
Stavo così maledettamente bene che non mi sono reso conto di
quello che ho trovato in te. Ti ho dato poca importanza e mi dispiace,
perché ti amo». Nicole rimane immobile a guardarlo
senza sapere che dire. «Non nasconderò
più questa relazione, perché quello che voglio
è essere felice con te, e per il momento tu sei l'unica. Lo
sai che qualcuno ti odierà, quando abbiamo cominciato a
vederci lo sapevi, ma non m'importa, devono capire che sono
felice». Si avvicina lentamente dopo qualche secondo di
silenzio e l'abbraccia.
«Ok, ora posso andarmene»,
dico sorpassandoli.
«Rebecca», mi chiama Nicole.
«Grazie», le sorrido solamente. Questo è
il minimo.
Torno a casa e racconto tutto a Shannon. Per
fortuna tutto si è risolto piuttosto in fretta.
«E comunque stasera c'è una
festa», dice entusiasta.
«Ok», dico dandogli le spalle
per cercare Lillian.
«Ok, cosa vuol dire? Che
vieni?», mi segue cercando di superarmi.
«Ovviamente no!», rispondo
seria. Arrivo in salotto dove Lillian è seduta sul divano
assieme a Constance, le due si girano per guardarci.
«È il compleanno di
Jared», insiste.
«Lo so». Non ha capito?
«No, Shannon, non posso».
«Dai Rebecca...».
«Che succede?», Constance
s'intromette alzandosi in piedi. «Rebecca, Jared sta
bene?».
«Sì, è tutto a
posto», le sorrido e lei si rilassa.
«Mamma, dille che deve venire alla festa
per Jared». Sì, a volte sembra avere
l'età di sua figlia.
«Perché non vuoi andare,
Rebecca?», chiede Constance.
«Non posso. Non posso lasciare
Lillian». Pensavo avessero capito che lei è la mia
priorità, sempre.
«Ma rimango io con lei».
«Ecco visto, mamma rimane con Lilly e tu
vieni», Shannon soddisfatto mi sorride.
«Non lo so. Constance, dovresti andare
anche tu, è il compleanno di tuo figlio».
«Ma figuarati! Sono vecchia e ho
già passato altri 39 compleanni con lui».
Sorrido. «Ma non ho niente da
mettermi».
«Chiedi a Nicole», suggerisce
Shannon.
«Mi prendi in giro? Nicole è
una modella», incrocio le braccia al petto. Forse riesco
ancora a convincerli che devo stare a casa con mia figlia.
«Non sei mica grassa...»,
Shannon mi puntella il fianco con un dito.
«Suvvia, Rebecca, qualcosa
troverai».
Il posto è un nuovo club che hanno aperto su Hollywood Blvd.
Alla fine Nicole è riuscita a trovarmi un vestito, e me lo
ha pure regalato.
Jared, Shannon e il suo amico Antoine stanno al Dj
set.
Ecco un altro motivo per cui non volevo venire:
sono gelosa. Hanno un sacco di belle ragazze attorno e tutte
determinate a conquistare. Smetto di guardarlo e mi giro per prendere
un altro drink.
«Ti da fastidio, eh?», Nicole mi affianca al bar.
La fisso per qualche secondo, cercando di capire
come ha fatto ad intuirlo. «Già»,
sorrido.
«Anche io ero gelosa all'inizio, ma alla
fine mi ci sono abituata».
«Sì, perché Jared
è fedele. Shannon un tantino meno», sottolineo il
"tantino" con l'indice e il pollice e prendo in mano il mio drink.
«Vero», annuisce dandomi
ragione.
«E poi chissene, mica stiamo
insieme», alzo le spalle e sorrido a Nicole mentre lei ride
della mia affermazione.
«Sì, certo».
A parte questo la serata procede bene, ovviamente,
non mi diverto come facevo un tempo, sto invecchiando, ma alla fine
è bello essere qui.
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Capitolo 10 *** Back Again ***
Scusatemi il ritardo, ma non avendo internet a casa è
scomodo dover chiedere a qlcn 5 min per postare.. ahaha.. cmq ho
rimediato, dalla prossima settimana mi attivano la linea..
ok, grazie ancora a tutte e buona letturaaa!!!!
Back Again
Arrivo in cucina e Nicole e Jared stanno confabulando qualcosa in
silenzio, ma appena mi vedono si zittiscono e rimangono ad osservarmi
mentre preparo il latte col nesquik per Lillian.
«Che avete da fissarmi?»,
chiedo.
Nicole guarda Jared, sorride e si avvicina a me.
«Pensavo... Ti va di lasciare Lillian questo pomeriggio con
me Jared e Constance? La portiamo al parco, a mangiare qualcosa in
centro... Così, tanto per divertirci e tu puoi
rilassarti».
«Non lo so...», rido
mescolando il latte al cacao. «Ok. Ma Jared, non comprarle
tutto quello che vuole».
«Perfetto!», dice Nicole
sorridendo a Jared. «Corro a dirlo a Lillian».
Rimango in cucina a fissare Jared.
«C'è qualcosa che non so?».
Lui alza le spalle. «Nulla di
che».
Inclino la testa perplessa.
«Sì, meglio non indagare. Trattate bene la mia
piccola».
Lillian è felicissima di uscire, adora Jared e Nicole, li
chiama "gli ziietti", e a Nicole piace un sacco essere chiamata zia.
Con Constance invece è come se si conoscessero da tutta la
vita.
«Vi affido la mia vita», le
dico lasciando andare Lillian. «State attente che Jared non
esageri, sapete che è troppo buono».
«Sì, stai
tranquilla», mi rassicura Constance.
«Ciao mamma, vado con la zia Nicky e la nonna
Constance», dice Lilly afferrando le mani delle due.
Così lascio andare mia figlia, ma
già preoccupata.
Li guardo lasciare il vialetto e dopo di che torno
dentro in casa, un deserto senza Lillian che corre di qua e di la. Mi
siedo sul divano e accendo la tv per cercare qualcosa di interessante,
ma nulla. Sfoglio una rivista, ma mi annoio. Giro un po' per la casa e
mi sale la voglia di chiamare Nicole per sapere come sta andando e se
Lilly si comporta bene, ma resisto almeno lascio passare qualche oretta.
Dopo poco Shannon entra in casa. È
uscito sta mattina e ha mangiato fuori.
«Ciao», mi guarda stranito.
«Sei da sola?», si guarda in giro mentre continuo a
sfogliare MarieClaire.
«Sì, Jared, Nicole e
Constance hanno portato Lilly a fare un giro», gli rispondo.
«Ah, ok», poggia la sua chiave
sul tavolino dell'ingresso e si toglie la giacca. Lentamente si
avvicina. «Che fai?».
Non lo vedi? «Leggevo un
articolo...», indico la pagina. Si siede sul divano al mio
fianco ma lontano. «Jared è venuto a parlarmi quel
giorno che abbiamo comprato l'albero», dico.
«Sì? Che ti ha
detto».
«Un po' di cose», dico
chiudendo la rivista e guardandolo. «Davvero hai preso quella
tracolla a Città del Messico l'anno scorso?».
Lui sorride. «Sì. Tutto
quello che le ho spedito l'ho comprato prima di parlare con te alla
festa del papà».
«Perché non me lo hai
detto?».
«Sarebbe cambiato qualcosa? Mi odi lo
stesso».
«Sarebbe cambiato tutto. E io non ti
odio», dico indifferente, ma lui sa perfettamente quali sono
i miei sentimenti per lui.
«Becca», dice il mio nome in
quella maniera che mi fa andare fuori di testa. No, ti prego, non ti
avvicinare.
Prima che lui possa avvicinarsi mi alzo.
«Il mio cellulare sta suonando», dico correndo su
per le scale. Mi chiudo in camera dopo poco bussa leggermente alla
porta.
«Rebecca». Apro la porta solo
dopo qualche minuto e lo trovo con il mio cellulare in mano, lo afferro
e me lo porto al petto. «Non scappare di nuovo da
me».
«No, Shannon ti prego, non
farlo».
«Perché no?», mi
afferra e mi avvicina a se baciandomi il collo.
«Hai solo voglia di sesso?»,
gli chiedo senza paura.
Lui subito si ferma. «Rebecca, io mi sto
innamorando di te. Dopo sette anni lascia che succeda veramente, non
era quello che volevi, che ti amassi?», mi guarda dritto
negli occhi, sincero.
Non dico più nulla, gli sorrido con lo
sguardo e lascio che torni sul mio collo spingendomi verso il letto.
Mi guarda negli occhi e mi bacia finalmente, un
bacio diverso da quello che ricordavo.
Dopo poco mi ritrovo nuda sul letto, il suo corpo
nudo sopra il mio. Sento il suo calore, mi mancava questa sensazione,
caldo come l'inferno.
Le sue labbra sono ovunque mentre la mia mente
cerca ancora un valido motivo per respingerlo, ma ormai sono sua. Ci
sono ricascata.
I suoi baci sono caldi, le sue mani sicure. Il suo corpo è
cambiato, i suoi movimenti sono cambiati.
Mi guarda negli occhi per avere il permesso e dopo
entra in me. Mi lascio scappare un gemito, era tanto tempo che non
succedeva e lui è stato l'ultimo.
Si muove con lentezza, come non aveva mai fatto
prima con me, mi sfiora la pelle con le labbra, inspira profondamente
il mio odore, mi osserva, vuole più di questo contatto
fisico, cerca una connessione spirituale, un qualcosa che ci leghi di
più, ed è una sensazione incredibile, non era mai
successo prima.
Arrivo al limite urlando il suo nome,
aggrappandomi ai suoi capelli, alle sue spalle.
Rimane sopra di me per un altro po', fissandomi
con insistenza.
«Perché mi fissi?»,
gli chiedo dopo aver ripreso fiato.
«Perché sei più
bella di quanto ricordassi», sorride accarezzandomi il viso,
poi si stende al mio fianco e mi tiene vicina a sé. Stiamo
in silenzio fermi così per un po'.
«A cosa stai pensando?», gli
chiedo.
«A Lillian. Mettile il mio
cognome».
«Ma dopo si chiamerà Lillian
Shannon Leto!».
Lui ride. «Sì, e che problema
c'è? Sapranno tutti che è mia figlia».
«Ok allora», sorrido e gli
rubo un bacio. «Grazie».
«Per cosa?».
Sorrido. «Sei cambiato».
«Sì. Ora è
diverso».
Gli sorrido e mi metto sopra di lui per ripetere
l'episodio appena terminato, ma una vocina ci interrompe.
«MAMMINAA!!», la voce di
Lillian arriva assordante. Mi alzo subito dal letto cercando qualsiasi
cosa da mettermi addosso mentre Shannon fa lo stesso ridendo.
Ho messo su le prime cose che ho trovato per
terra, esco dalla camera di corsa seguita da Shannon, che appena vede
Lillian salire le scale cambia direzione e va in camera sua mentre io
vado incontro a Lillian.
«Mami!», mi abbraccia.
«Mi sono divertita tanto con gli ziietti, li ho anche
sposati!».
Guardo Nicole stranita e lei mi sorride alzando le
spalle. «Ok, piccola», sorrido.
«Siamo andate al centro commerciale e la
zia Nicky mi ha comprato tanti vestitini, sai?», mi dice
indicando i sacchetti che Nicole ha in mano.
«Abbiamo prosciugato la carta di credito
dello zio, vero Lilly?».
«Vero!», sorride annuendo.
«Non dovevate. Nicole, ti avevo di non
farlo».
«Ma smettila, è stato Jared
ad insistere».
Guardo Jared che sorride. «Shannon
è tornato?».
«Sì, credo sia in camera
sua», dico senza guardarlo. Non vedo l'espressione che fa, ma
so che ha capito tutto in più Shannon glielo
confermerà. «Lilly, amore, ti va di farmi vedere
quello che ti ha comprato la zia?».
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Capitolo 11 *** Feel the Heat ***
Ecco un'altro capitolo..
Grazie mille ancora a tutte voi.. <3
Buona lettura...
Feel the Heat
Abbiamo passato una splendida serata dopo la piscina abbiamo cenato e
abbiamo chiacchierato spensieratamente.
Lillian si mette il pigiama mentre lavo il suo
costume dal cloro e lo metto ad asciugare.
Bussano alla porta leggermente. So già
chi è, e non faccio in tempo a dire "avanti" che Shannon ha
già preso Lillian in braccio.
Mi piace come stanno andando le cose.
«Buona notte, tesoro», la
mette a letto e la copre dopo averle dato un bacio.
«Notte, papino», dice lei e
poi si gira da una parte, mettendo le manine sotto la guancia, stremata
dalla giornata intensa.
Shannon mi raggiunge. «Ciao»,
mi afferra facendomi girare verso di lui. Gli sorrido e lui mi bacia,
strisciando le mani lungo la mia schiena fino a raggiungere il bordo
dei miei pantaloncini.
«Shan...», lo ammonisco.
«Che c'è?»,
sussurra al mio orecchio con fare innocente. Potrei perdere il
controllo se continua.
Lo allontano. «Smettila e vai a farti
una doccia e poi a dormire».
«Non possiamo passare qualche minuto
insieme?», chiede.
«In realtà sì, ma
sono davvero stanca, Shan», dico per poi dargli un bacio
sulla guancia e tornare a guardarmi allo specchio.
Lo vedo sorridere e avvicinarsi alla porta.
«Buona notte, piccola».
«Buona notte».
Mi sveglio agitata, Lillian si sta muovendo troppo nel sonno.
Le tocco la fronte, è caldissima e
suda. Oh, mio Dio. Mi prende il panico. Cerco il termometro nella
borsa, grazie a Dio lo tengo sempre li, ma questa volta non ho preso
nessuna medicina.
«Amore», cerco di svegliarla
per metterle il termometro.
38.8. Ora sono preoccupata. Esco correndo dalla
stanza per svegliare Shannon.
«Shan», lo scuoto, ma lui geme
e si gira dall'altra parte. «Shannon!».
«Ehi...», apre gli occhi piano
piano. «Che succede?», chiede quando vede la mia
faccia preoccupata.
«Lillian ha la febbre alta, non ho
niente da darle, nemmeno una tachipirina».
«Non non abbiamo medicine, lo
sai», si alza subito dal letto uscendo spedito dalla stanza
verso Lillian.
«Sì, per questo voglio che mi
accompagni a cercare una farmacia aperta».
Entra nella stanza e tocca la fronte di Lillian e
sospira. «Non dovevamo lasciarla andare in
piscina», scuote la testa.
«Lo so», annuisco e mi
avvicino a Lillian accarezzandola. È sveglia, ma non dice
nulla, ha il viso arrossato e ogni tanto tossisce, spero sia soltanto
un piccolo virus di passaggio.
«Ok, mi vesto velocemente e
andiamo», dice uscendo dalla stanza.
Mi vesto anche io e metto le scarpe ed un
maglioncino a Lillian.
«Mettile anche una giacca»,
dice rientrando nella stanza. «Fa abbastanza
freddo». Dopo averla coperta tutta, Shannon la prende in
braccio e scende attentamente le scale.
Sto nel sedile posteriore con Lillian in braccio.
Sembra ancora più calda, o forse è solo un
impressione.
«Questa è chiusa»,
dice sorpassando la farmacia. Lo vedo teso e sta cercando di pensare
velocemente, con scarsi risultati. Il suo cellulare squilla, ma lui
nemmeno se ne accorge. Mi viene quasi da ridere, perché
è la prima volta che lo vedo veramente preoccupato per sua
figlia. «Cazzo», sussurra battendo la mano sul
volante e sorpassando un'altra farmacia chiusa.
«Shan, stai tranquillo, ok? Fai con
calma e cerca di ricordarti dove ce n'è una aperta 24
ore», gli dico tenendo Lillian stretta a me, che tossisce e
si lamenta leggermente facendo voltare Shannon.
«Ho un idea migliore», dice
mettendo la freccia a sinistra per una rapida inversione. «La
portiamo in ospedale», decide categorico.
«Mami, l'ospedale no, non mi
piace», fa un visino triste e ora che la guardo ha le guance
rosse e gli occhi un po' gonfi. «Non mi piacciono le
punture».
«Non ti faranno la puntura,
amore», la rassicuro. «Ti daranno solo una medicina
per farti star meglio, ok?». Lei annuisce e chiude gli occhi,
ha l'aria stanca.
Il cellulare di Shannon squilla un'altra volta e
lui finalmente risponde mettendo il vivavoce e lanciando l'iphone sul
cruscotto.
«Ho sentito la macchina andar via, sono
andato a vedere in camera e non c'era nessuno, che è
successo?», Jared preoccupato.
«Lillian ha la febbre alta, la stiamo
portando in ospedale», risponde a suo fratello.
«Oddio. Fammi sapere qualcosa dopo,
ok?».
«Sì, certo».
E finalmente entriamo nel parcheggio del pronto
soccorso. Aspetto che Shannon mi apra la portiera e prenda Lillian in
braccio.
Entriamo nella struttura e mi sorprendo che ci sia
così tanta gente nel pronto soccorso a quest'ora. Shannon si
avvicina al punto informazione.
«Prego», l'infermiera si alza
e guarda Shannon con Lillian in braccio.
«Mi figlia ha la febbre alta
e», mi guarda, sguardo impaurito, occhi rossi per via del
sonno, «non sappiamo cosa fare».
«Ok. Quanto aveva di febbre l'ultima
volta?», chiede facendo segno di seguirla fino ad un lettino
Io e Shannon la seguiamo.
«38.8», le rispondo mentre Shannon sdraia la
bambina sul lettino. «Era agitata nel sonno, mi sono
svegliata e le ho toccato la fronte, bruciava».
L'infermiera annuisce mettendo il termometro alla
bambina. «Faccio venire subito un dottore», ci
sorride.
Guardo Shannon, è agitato.
«Shannon, stai tranquillo, vedrai che non è nulla.
Ha solo preso un colpo di freddo».
«Sì, lo spero»,
dice tirandomi verso di lui per abbracciarmi. Credo che non mi abbia
mai abbracciato di sua spontanea volontà in passato.
L'infermiera ritorna per controllare la
temperatura di Lillian che è salita a quasi 39.
«Le do qualcosa per abbassarle la febbre e il dottore
verrà appena possibile», ci comunica.
«Intanto, signori, vi chiedo di firmare i moduli».
Shannon si gira verso di me, ancora più
preoccupato. «Lillian ha l'assicurazione sanitaria,
vero?».
«Certo», annuisco. Lavoro
così tanto per questo, solo per lei, io sono quella che non
l'ha. «Vado io a firmare, stai qui con lei», gli
dico e poi seguo l'infermiera.
«Come si chiama la bambina?».
«Lillian Shannon Lewis», le
dico dandole anche il codice dell'assicurazione.
«Ok», dice facendomi vedere
dove firmare. Quando torniamo con Lillian e Shannon c'è
già un medico che la sta visitando.
«Come ti chiami?», le chiede,
lei risponde quasi senza voce e tossisce. Il dottore le controlla le
tonsille poi la sdraia e le tasta il pancino con le mani.
«Ora, Lillian prendo un po' del tuo sangue, posso?».
«Mi devi fare la puntura?»,
chiede impaurita.
Il medico si gira e guarda noi.
«Sì, ma la mamma e il papà ti terranno
la manina, ti prometto che non sentirai nulla», le dice con
tono rassicurante che farebbe cambiare idea anche a me.
Lillian annuisce e guarda Shannon, lui si avvicina
e le prende la mano accarezzandole i capelli. «Sono qua,
tesoro».
Il dottore le lega il laccio attorno al braccio e
tasta alla ricerca della vena. «Allora Lillian, raccontami
qualcosa. Sei brava a scuola?».
«Sì, la maestra a volte mi
sgrida, ma sono brava».
«Ah sì?», il
dottore sorride. «E cosa ti ha portato Babbo Natale
quest'anno?», le chiede ancora e mentre lei pensa a cosa
rispondere e ai suoi regali il dottore le infila l'ago nel braccio,
nemmeno se ne accorge e risponde allegramente. «Ecco fatto.
Abbiamo già fatto, Lillian. Hai sentito male?».
«No», risponde lei sorpresa
guardandosi il braccio.
«Allora adesso porto il tuo sangue alla
dottoressa che lo esaminerà per dirci che cos'hai,
ok?», le sorride poggiando la mano sulla sua testa poi si
rivolge a me e a Shannon. «Apparentemente la bambina sta
bene, sembra una comune influenza, ha la gola un po' arrossata, ma
faremo comunque un esame del sangue per confermarlo», ci
rassicura. «Faremo più presto possibile, vi prego
di attendere qui, intanto teniamo sotto controllo la temperatura di
Lillian».
Molto gentilmente ci saluta e se ne va.
Nel frattempo Lillian si addormenta e la febbre si
mantiene a 37.5. Shannon ha già chiamato Jared e gli ha
detto che è tutto ok.
«Sei stato super premuroso»,
gli dico. Sono veramente stanca, sono quasi due ore che siamo qui e so
che anche lui lo è, tanto che si è seduto
nell'unica sedia presente.
«Ero preoccupato che fosse qualcosa di
grave, ora sono più tranquillo», sospira.
«Sei stanca, vero?», dice mettendosi composto sulla
sedia. «Vieni qui», batte la mano sulle gambe.
«Siedi».
Non me lo faccio ripetere due volte, mi siedo su
di lui di traverso poggiando la testa sulla sua spalla e un braccio
attorno al suo collo. «Grazie», dico prima di
baciarlo.
Non so per quanto rimaniamo li, ma adoro la sua
mano calda sul mio fianco. E finalmente il dottore torna con i
risultati degli esami.
«Vostra figlia sta benissimo,
è solo un comune raffreddore, dovrà riposare un
po'», ci comunica con nostro grande sollievo. «Vi
firmo le carte per dimetterla».
«Grazie mille», Shannon gli
stringe la mano e l'uomo sorride, poi si gira verso di me e mi bacia,
davanti a Lillian. Solo dopo mi accorgo che lei sta sorridendo.
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Capitolo 12 *** My Daughter ***
Ok, sono davvero una pessima persona.. Sono quasi due mesi che non
posto, ma perdonatemi, ero senza internet a casa e ora invece devo
partire.. Ciò non mi giustifica però..
Magari vi siete anche dimenticati la trama della storia etc..
ma spero non mi odiate.. ;)
Ho alzato il Rating ad arancione,
ovviamente non ci sono scene così esplicite, ma si capisce
di cosa sto parlando, per cui se non gradite, vi prego di non leggere.
Scusatemi davvero..
Prima di partire - sto via due mesi circa - vi
posterò qualcos'altro.. Promesso.
Ok, ora vi lascio.. Buon Natale a tutte e un
felicissimo anno nuovo..
My Daughter
Tornati a casa rimetto Lillian a letto e anche se sto cadendo a terra
dal sonno non riesco a dormire.
Mi alzo e vado in camera di Shannon. Anche lui
è sveglio, sul letto, con addosso solo i boxer e legge.
Non dice nulla e io in silenzio mi avvicino.
Rimango in piedi vicino al letto, si toglie gli occhiali da vista,
poggia il libro e allunga una mano per tirarmi dalla gamba
avvicinandomi ancora più a sé. Sorride e si
sposta, io mi siedo sul letto per poi distendermi su di lui, mentre lo
bacio lui mi stringe.
«Nostra figlia sta bene. Ero davvero
preoccupato», dice.
«Lo so, ma ora è tutto ok,
no?», lo bacio.
Lui sorride e continua a fissarmi. «Ho
voglia di fare l'amore con te», sussurra sulle mie labbra. Un
brivido mi corre dall'orecchio, giù per la schiena fino ad
arrivare tra le mie gambe.
«Cosa vuoi fare?», chiedo come
se non avessi capito, mettendomi a cavalcioni su di lui.
Mi osserva sorridendo accarezzandomi i fianchi.
«Voglio fare l'amore con te», ripete.
Mi abbasso raggiungendo il suo orecchio toccandolo
leggermente con la lingua. «Peccato, perché io
avevo voglia di fare sesso selvaggio», gli dico sussurrando.
Lo sento sorridere sul mio collo e poi mi ribalta
mettendosi sopra di me. «Be', se proprio insisti possiamo
fare come vuoi tu», dice spogliandomi impaziente.
Mi fissa. Sorride mentre fa scorrere le mani sul
il mio ventre e le segue con le labbra fino a raggiungere la mia
intimità.
Quando mi tocca leggermente con la lingua
sussulto, gli afferro i capelli e lo avvicino ancora. Mi sta facendo
impazzire, ma prima che possa arrivare al limite si ferma, lasciandomi
insoddisfatta e torna sopra di me per baciarmi, sa di noi.
Quando meno me lo aspetto mi sposta le gambe e
entra in me.
Questa volta lo facciamo come ai vecchi tempi,
selvaggiamente, ma sento che è presente e mi fissa come se
fossi l'unica donna al mondo. Finalmente viene, stringendomi forte,
baciandomi e accarezzandomi.
Col respiro corto si rilassa e si lascia cadere
sul mio corpo, schiacciandomi. Rimane fermo per un po' riprendendo a
respirare normalmente, lo sento sul mio collo, lo bacia e sorride.
«Ti amo, Rebecca».
Per un secondo mi viene da ridergli in faccia, ma
i suoi occhi sono fissi nei miei e anche se stesse mentendo non
riuscirei a dirgli nulla.
Infatti non dico nulla e lui ci rimane
visibilmente male. «Scusami, ma ho detto quello che sentivo
in quel momento», si giustifica.
«Lo so», sospiro. «E
sai benissimo che anche io ti amo, ma forse non era il momento giusto
per dirlo».
«E quando allora, se non dopo aver fatto
l'amore?».
Gli sorrido. «Hai ragione». Si
sdraia a pancia in su guardando il soffitto. Mi distendo al suo fianco
con una gamba sopra lui mentre lui mi accarezza.
«Lo rifacciamo?», propone
allegro.
«No», mi alzo dal suo letto e
prendo la prima cosa che trovo e me la metto, una sua maglietta.
«Buona notte Shannon», dico uscendo da camera sua.
Lillian ha solo qualche linea di febbre, ma sta molto meglio.
Oggi Nicole e Jared partono per Aspen mentre
Constance torna a casa. Rimarremo solo io, Lillian e Shannon, avremo il
tempo per conoscerci e cominciare a sentirci una famiglia.
«Ok donne, è ora di
salutarci», dice Nicole poggiando la borsa in bilico sul
trolley. Si abbassa per abbracciare Lillian. «Piccolina
prometti che baderai tu a mamma e papà , ok?».
«Promesso», annuisce la bimba.
«Brava. Miraccomando non farli
litigare», dice. Lillian annuisce ancora e sorride correndo
incontro a Jared che ha appena finito il check-in.
Abbraccio forte Nicole. «Oh, ti prego
divertiti e rilassati. Goditi il tuo uomo».
Lei ride. «Lo
farò», dice staccandosi da me. «E tu
goditi il tuo. Ora non hai più soltanto una figlia, ne hai
due!», ride dandomi una pacca sulla spalla poi si guarda
attorno sospettosa. «Hai visto i paparazzi?».
«Quali?», mi giro per seguire
il suo sguardo e vedo tre uomini con macchine fotografiche che cercano
di nascondersi inutilmente. «Oddio».
«Jared ha detto che non mi devo
preoccupare».
«Cioè non devi più
nasconderti?».
«Esatto», sorride.
«Preparati a vedere le prime foto della pazza che ha
conquistato il cuore di Mr. Leto».
Rido. «Era ora! Te le mando via mail
appena le trovo!», le faccio l'occhiolino.
L'abbraccio l'ultima volta e la guardo
allontanarsi mano nella mano con Jared mentre Shannon mi affianca con
Lillian in braccio.
«Li hai visti i paparazzi?»,
chiedo.
«Sì. Che
c'è?», dice facendo scendere Lillian dalle sue
braccia.
«Nulla», dico prendendo la
bambina per mano e avviandomi verso il parcheggio. «Mi
chiedevo cosa diranno di te con una ragazza madre».
Ovviamente non penseranno mai che la bambina possa essere sua.
«Ti importa?».
«Be', no. Mi chiedevo se non importa a
te far sapere che è figlia tua».
Mi guarda interrogativo per qualche secondo.
«Ovviamente... Meglio non sconvolgere
troppo le Echelon. Ora Jared ha una ragazza e poi Shannon con una
figlia... Sì, è troppo».
Perché l'ho detto? Ora che siamo in pace, perché
rovinare tutto?
Stiamo in silenzio per tutto il resto
del viaggio con Lillian che canta tutto il CD This is War.
Arrivati a casa mi siedo sul divano col portatile
di Shannon sulle gambe e comincio a cercare qualche bella casetta in
affitto e sopratutto una scuola per Lillian.
Dopo poco Shannon si siede vicino a me, ma rimane serio e in silenzio.
Continuo la mia ricerca incurante della sua
presenza.
«Rebecca», mi chiama,
«passami il computer», dice prepotente.
Glielo passo senza ribattere, è suo.
«Non chiudermi la finestra almeno, grazie», dico
poi prendendo il telecomando della tv.
«Cerchi casa?».
«Già», annuisco
mettendo su Discovery Channel.
Non diciamo più nulla. Smanetta col
macbook mentre sto attenta a quello che succede in questa puntata di
MythBusters.
«Ecco», dice soddisfatto
ripassandomi il computer. «Guarda», indica la
pagina aperta davanti a me.
È la sua pagina personale di twitter e
l'ultimo tweet dice: "Se ultimamente avete visto foto di me con un
bambina, be', quella è mia figlia".
Lo fisso sconvolta, lui sorride, sembra che si
senta sollevato. «Che cosa hai fatto? Ma dico, sei
scemo?».
«Ho fatto quello che mi
sentivo».
«Oddio! Ti riempiranno di domande, lo
sai?».
«Sì, ovvio, ma
risponderò solo allo stretto necessario».
Guardo ancora la pagina di twitter e scuoto la
testa. È un pazzo. Clicco sulle menzioni perché
ne stanno arrivando a blocchi e leggo.
«È uno scherzo, vero?
Perché ce lo hai tenuto nascosto? Chi è la madre?
Come si chiama la bambina?».
«Rispondi», mi dice sorridendo.
«Assolutamente no!», gli passo
il computer. «È tuo questo coso». Gli
sto a fianco mentre scrive. «Sei incredibile,
Shannon». Ha solamente scritto il nome della bambina e nulla
più.
Lui mi passa il computer dopo aver chiuso la
pagina. «Ho scritto solo il necessario», dice
alzandosi dal divano dopo avermi dato un bacio sulle labbra.
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