Mental

di ginnyx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incontro ***
Capitolo 2: *** Immersi nel Silenzio ***
Capitolo 3: *** 31 Settembre ***
Capitolo 4: *** Oblio. ***
Capitolo 5: *** Weeping Willow ***
Capitolo 6: *** Mate ***
Capitolo 7: *** Rinnegato ***
Capitolo 8: *** I bivi della vita ***
Capitolo 9: *** Fratelli nel Dolore ***
Capitolo 10: *** 4 Dicembre, mattino. ***
Capitolo 11: *** 4 Dicembre, pomeriggio [La goccia che fa traboccare il vaso] ***
Capitolo 12: *** 4 Dicembre, sera ***
Capitolo 13: *** 4 Dicembre, notte [Mezzora di ricordi.] ***
Capitolo 14: *** 4 Dicembre, notte [What time is it?] ***
Capitolo 15: *** 4 Dicembre, notte [Tra lacrime e sorrisi] ***



Capitolo 1
*** L'incontro ***


Mental

Mental

 

Quanta neve era scesa,

tanta tanta.

Era bianca come la sua stanza,

fredda come l’ambiente in cui si trovava.

Illuminata dal sole mattutino,

come luccicava!

Voleva toccarla, voleva impossessarsene.

Bastava solo allungare la mano e aprire la finestra.

Peccato che la sua stanza ne fosse sprovvista.

 

Questo posto è enorme, stranamente enorme per essere un manicomio.

Ci sono molti malati mentali, proprio come Gideon…

No basta non sono venuta qua per abbandonarmi ai ricordi, sono venuta qui per capirli.

Il dottore che ha il compito di accompagnarmi ha degli strani capelli platinati, ma sa il fatto suo. Mi spiega che il mio primo paziente come specializzando sarà un giovane ragazzo americano di nome Billie Joe Armstrong affetto da cleptomania e allucinazioni.

Cleptomania: disturbo mentale nel quale il paziente si trova vittima di impulsi irrefrenabili: non riuscirà a controllare la voglia di impossessarsi di oggetti vistosi, luccicanti o preziosi.

Allucinazioni: l'allucinazione riscontra uno stimolo esterno che non esiste assolutamente. Ad esempio una persona sente una voce, senza che vi sia uno stimolo sonoro.
Nel caso di un'allucinazione visiva, esso ripropone un'immagine sovrapposta allo sfondo reale esistente, e poiché questo meccanismo è inconsapevole, il soggetto non ha motivo di non credere che sia reale, parliamo quindi di un realismo sensoriale, forma primaria di conoscenza, la quale dà per scontato l'attendibilità della percezione sensoriale. L'allucinazione può adempiersi come risposta a una condizione emotiva di desiderio o angoscia.

Ricordo tutto perfettamente dall’università di psichiatria. Quello che devo scoprire è la causa della malattia e, possibilmente, trovare una cura che possa allietare il paziente.

Mpf…

Tutte chiacchiere, loro non cercano di capire davvero.

Se ne fregano, come hanno fatto con lui.

Per loro sono come animali, cavie da laboratorio. Non persone umane.

Mi sto innervosendo e gli sguardi del dottore “Ken” non mi aiutano.

Così entro nella stanza del paziente. Scommetto che è bianca, come tutto qui dentro del resto. Apro la porta seguito dall’uomo che mi presenta a quello che sarà la mia “cavia”.

Io sto dietro di lui e aspetto, sembra che il ragazzo non voglia ascoltarlo. Come dargli torto, con la voce baritonale che si ritrova! Solo quando il dottore si sposta fuori dalla stanza sbuffando, mi accorgo di lui.

Una macchia di paradiso in quell’inferno di bianco.

 

È lì, fermo, immobile.

Fissa degli oggetti sparsi sul pavimento.

Un paio di orecchini arrugginiti, un braccialetto alquanto vistoso, per i miei gusti, e tanti altri oggetti che facevano parte della sua “collezione privata”, come l’aveva definita il dottor Queer. Quel comportamento è pienamente lineare con il profilo di un cleptomane, lo è anche lo sguardo soddisfatto che rivolge al suo bottino, assolutamente da manuale.

Si, un normale cleptomane.

Continuo a ripetermelo, ma c’era qualcosa che non mi convince. Ci deve essere qualcosa di strano in quel ragazzo.

Me lo sento.

Comincio a esaminare la stanza con lo sguardo alla ricerca di qualcosa che può aiutarmi a capire quel ragazzo ormai abbandonato perfino dalle infermiere che hanno smesso di tentare di capirlo.

Bastarde.

Io sono una Blackwood. Non mi arrendo, se voglio qualcosa lo ottengo.

Nient’altro.

 

La stanza è bianca le uniche cose di un colore diverso erano il ragazzo e i suoi “tesori”.

Non c’è niente, niente di personale.

Non una foto, non un fiore.

Questo ragazzo non ha nessuno.

Che amarezza, alla fine ci assomigliamo.

L’unica cosa che ci distingue e che io vivo fuori, all’aria aperta,

mentre tu rinchiuso in una stanza bianca senza finestre dove non tolgono neanche la polvere sotto al letto! Un attimo…

TROVATO!

Solo adesso mi accorgo che in mezzo a tutto quello sporco c’è qualcosa: una chitarra di un blu spento con le corde spezzate.

Che strano…

È tutta logora e sporca ma non era per niente vistosa o luccicante.

Forse c’è una speranza.

 

 

 

 

:::::::::::::::::angolino della squinternata:::::::::::::::::::

Allora, innanzi tutto non chiedetemi da dove mi è uscita questa storia, vi basti sapere che il video di Basket Case può nuocere alla salute.

Scommetto che non avrete capito niente da questo primo capitolo ma fatevi forza!

Ce ne saranno degli altri!!!(è una minaccia questa?ndBJ) tu zitto e torna a fare il cleptomane visionario! (e noi invece???ndMike&Trè) oh miei cari non preoccupatevi tra poco apparirete anche voi! EHEHEHE (ok, iniziamo a preoccuparci ndGD)

Tralasciando i miei deliri… cosa ne pensate???

Pensate che dovrei esserci io al posto di B (=Billie Joe) in quella clinica? (mi pare un ottima idea!!!ndBJ)

Oppure questa storia così sconclusionata vi ha fatto così pietà che proverete a seguirla? (non farti troppe speranze, è impossibile!!!ndBJ)

I commenti belli, brutti, buoni o cattivi (non è la fine ndBJ_in_versione_Vasco_Rossi) -.-‘’ sono apprezzati…

Detto questo vi saluto e vi auguro…

BUONE FESTE!!!

Un commentino me lo fate????

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Capitolo 2
*** Immersi nel Silenzio ***


Mental2-Immersi nel silenzio

Immersi nel silenzio

 

Juliet, dopo aver visto l’oggetto sotto il letto, si chinò ma non fece in tempo ad allungare la mano che fu scaraventata a terra. Si girò in direzione del letto e quel che vide la inquietò non poco.

Il ragazzo abbracciava la chitarra stringendola al petto e la guardava.

La guardava attraverso un ciuffo ribelle con occhi colmi di odio.

Ringhiava.

Ringhiava e non voleva smettere.

Appena cercava di fare un movimento lui stringeva ancora di più la chitarra e si allontanava.

Cosa doveva fare? Cosa cavolo doveva fare?!?!

Nessun manuale, nessun libro aveva mai parlato di questo!

Dannazione, dannazione e ancora dannazione.

Era proprio un incapace. Li sentiva già i suoi genitori: “Te l’avevo detto che psicologia non era per te, troppo difficile” o anche “Se non sei capace di cuocerti un uovo al tegamino come puoi aiutare altre persone?”

Gli occhi divennero lucidi ma non voleva mollare, non l’avrebbe mai fatto.

Lo aveva promesso, lo aveva promesso a Gideon.

Facendo leva sulle ginocchia si alzo in piedi e chiuse la porta dei brutti ricordi.

-Scusa, non sapevo che quella chitarra fosse tua- disse tenendo la testa bassa.

Il ragazzo smise d’indietreggiare ma continuò a guardarla con sospetto.

-Mi perdoni?- gli chiese alzando finalmente la testa e fu allora che lo vide chiaramente.

Un ragazzo di circa venticinque anni con dei capelli nerissimi e sbarazzini che contrastavano con il colore pallido della pelle e con quegli incredibili occhi verdi.

Era affascinata da quegli occhi. Sembravano una foresta, rigogliosa e tutta da esplorare.

Una foresta piena di segreti.

Segreti che lei aveva intenzione di scoprire, in qualsiasi modo.

Billie Joe non aveva mai smesso di guardarla.

Come uno scanner, partì dal basso.

Lei portava dei pantaloni di raso blu e una camicetta bianca a maniche lunghe.

Raffinata.

Le guardò i polsi ma non notò niente di suo gusto, l’orologio era di acciaio.

Lo sguardo, annoiato, salì ancora.

I capelli nocciola erano lisci all’altezza della cute ma mossi alle punte, il viso era normalmente ovale e la bocca sottile.

Si bloccò davanti agli occhi.

Erano blu, no azzurri, anzi verdi oppure...

Tempesta.

Billie Joe non sapeva che colore attribuirgli, sapeva solo che gli piacevano.

Con uno scatto il ragazzo si alzò e, sempre tenendo la chitarra in mano, si avvicino al viso di Juliet. Quest’ultima, immobile, aspettava.

Gli occhi incatenati non smettevano di fissarsi, il respiro continuava regolare mentre il cuore impazziva.

I nasi si toccarono e la ragazza sussultò.

Timore.

Billie Joe schiuse leggermente le labbra e Juliet si sentì morire.

Indecisione.

Tutto era fermo, tutto era immobile, tutto aspettava lui.

Billie Joe Armstrong, l’angelo del mistero.

-All right…- soffiò prima di staccarsi da lei e tornare dalla sua collezione.

La ragazza non sapeva cosa pensare, non riusciva a pensare.

Lui aveva parlato? L’aveva perdonata?

Forse era stato tutto frutto della sua immaginazione eppure…

Quel ragazzo aveva qualcosa di strano. Se prima era un’impressione adesso ne aveva la certezza, nascondeva qualcosa.

Quella voce, quella voce al confine tra sogno e realtà era speciale.

Come qualsiasi cosa legata a Billie Joe in fondo.

Sorrise.

Aveva fatto il primo passo, piccolo ma l’aveva fatto.

Camminò verso la parte sinistra della stanza dove il ragazzo si era diretto dopo aver rimesso a posto la chitarra.

Quella chitarra era qualcosa di speciale per lui ma non era il momento giusto per chiedere.

Si sedette di fianco a lui e gli sorrise. Il suo sguardo fu ricambiato da quello di Billie con l’aggiunta di un ghigno.

Rimasero lì per mezzora, senza dire una parola.

Immersi nel silenzio.

Poi la porta della camera si aprì e Juliet si voltò a vedere chi li stava disturbando.

Era il dottor “Ken”.

La informava che doveva andarsene perché il paziente aveva altri impegni.

Mentre l’uomo parlava, Billie Joe continuava a guardare il suo braccialetto ma quando lei si alzò in piedi accadde qualcosa che lei non si sarebbe mai aspettata.

Lui aveva alzato lo sguardo, lo aveva alzato su di lei e ora la fissava.

Quegli occhi gli graffiarono l’anima.

Tornerai?

Juliet non poté fare altro che sorridere e sperare che lui avesse capito.

Tornerò.

 

 

*****ANGOLINO DELLA SQUINTERNATA*****

Ed ecco a voi il secondo capitolo di Mental!!!

Cosa ne pensate?

Scommetto che Billie Joe è completamente OOC ma aspettate vedrete che nei prossimi capitoli si mostrerà di più la sua personalità e capirete (si spera XDXD)

Se avete consigli o paternali da farmi sono tutte ben accette, devo migliorare e questo è il modo migliore.

Sperando di non avervi deluso con questo capitolo passo alle risposte ai commenti:

ShopaHolic: la mia prima commentatrice **!!! Scritta bene? Cara vuoi mandarmi al settimo cielo?!? Grazie infinite per considerarla originale, spero che continuerai a seguire =^^=

Mariens: maestro A! Sono super felice che tu abbia commentato la mia storia! È anche merito tuo se l’ho postata quindi… grazie di cuore, sei un’amica.

SilentMoon: tu che commenti una mia storia? Tu, autrice delle autrici??? Mi hai già fatto morire e resuscitare XDXD ti piace il layout? Per fortuna! Io sto molto attenta a queste cose e sono felicissima che sia apprezzato ^^. Eccoti servito il secondo capitolo, cosa ne pensi?

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Capitolo 3
*** 31 Settembre ***


Mental3-31 settembre

-31 Settembre-

 

Appena uscita dalla stanza un sospiro di soddisfazione mista a sollievo uscì dalla bocca della ragazza e il dottore fece una risata strozzata. Lei non ne capì il significato e si voltò a guardarlo chiedendo spiegazioni.

-Questo paziente da problemi da sempre, sei stata proprio sfortunata a beccarti questo cleptomane. Ma non fare caso a lui, tanto cosa vuoi che faccia?-

Ogni parola, ogni maledetta parola, sgocciolava di ironia.

I nervi della ragazza si tesero alle parole dell’uomo e si morse la lingua per non rispondergli in maniera che sua madre avrebbe definito “poco consona a una signorina”.

Ingoiò tutto, le parole, il disprezzo e anche quella rabbia che le stava dilaniando il cuore.

Proseguì a passo spedito verso la camera del suo prossimo paziente senza guardare indietro, era abituata a reprimere le emozioni troppo forti.

Il famoso autocontrollo dei Blackwood, come dimenticarlo!

Quanto sarebbe stato bello gridare al mondo ciò che pensava…

S'immaginava correre per le strade urlando, scherzando senza prestare attenzione alla meta.

Le sarebbe piaciuto tanto ridere, o per lo meno sorridere, ma purtroppo non ne aveva mai avuto l’occasione.

Non fraintendete. Lei sorrideva, certo che sorrideva ma solo se “sorridere” significa incurvare le labbra verso l’alto e mostrare i denti. Quelli erano di cortesia.

Non sorrideva con il cuore da tanti anni, precisamente da quando Gideon se ne era andato.

No, ancora lui no!

Doveva smettere di pensarci come aveva sempre fatto.

Non lo faceva così spesso da anni.

Billie Joe aveva uno strano effetto su di lei o forse era semplicemente l’aria di quella clinica.

Arrivò davanti alla camera del suo secondo paziente.

Bradley James lesse sulla cartella clinica, fece un bel respiro e si stampò in faccia un sorriso.

Ovviamente di cortesia.

 

I giorni si susseguirono tutti uguali.

Billie Joe, Bradley, casa.

Per poi ricominciare da capo ogni mattina.

L’angelo del mistero rimaneva tale ma aveva incominciato a partecipare un po’ di più alle loro conversazioni. Durante l’ultima visita si erano presentati e lei era riuscita a strappare un'espressione di stupore a quegli occhi addormentati.

-Piacere io mi chiamo Juliet Blackwood e sono la tua nuova psichiatra ma tu puoi chiamarmi semplicemente Juliet.- le sembrò di essere diventata una maestra delle elementari.

-Tu come ti chiami?- ora sembrava una di quelle bambine socievoli che quando vanno al parco cercano di fare amicizia con tutti.

Lui alzò gli occhi e la osservo, persino lui capiva la stupidità di quel momento.

-Billie Joe Armstrong- rispose lui quasi sussurrando, come se il suo nome fosse una parola proibita, un peccato.

Il ragazzo continuava a fissare i suoi tesori ma lei sapeva di aver catturato la sua attenzione, ora però non sapeva cosa dire.

Poteva dire cose come “che bel nome” ma non voleva dire stupidaggini.

-Billie Joe, eh?- il suo tono pensieroso non suscitò l’effetto desiderato.

-potrei darti un soprannome, che ne dici?- ancora niente.

Un vecchio detto dice “chi tace acconsente” quindi a modo suo lui aveva risposto.

-Billie e basta non mi piace, se ti hanno chiamato anche Joe ci sarà un motivo- a quelle parole lui drizzò le orecchie ma Juliet non se ne accorse e continuò a parlare.

-BJ non mi piace proprio mentre Bill mi fa venire in mente un inglesino tutto perfettivo quindi rimane solo…- si fermò a pensare. Come poteva chiamarlo?

-B!- esclamò la ragazza guadagnandosi uno sguardo stupido dal ragazzo.

-B è perfetto, non trovi?- lui continuava a osservarla cercando scherno o cattiveria in quelle parole.

-B…- ripeté lentamente lui cercando di convincersi.

-Allora è deciso! D’ora in poi ti chiamerò B- le sembrava una sciocchezza eppure era contenta.

-D’accordo Jul-

Eh?

-Come scusa?- chiese lei, anche lei un soprannome?

-Se io sono B allora tu sarai Jul, non sei contenta Jul?-disse l’altro marcando di proposito l’ultima parola.

La ragazza lo guardò accigliata e lui rispose con un ghigno, come per prenderla in giro.

Juliet gli scoccò un'occhiata di sfida.

Billie Joe lo sai che gli angeli non dovrebbero stuzzicare i diavoli?

Lei si avvicinò lentamente verso di lui e si fermò a un centimetro dal suo naso.

-All right…- sussurrò al ragazzo ma in ghigno non abbandonò le labbra del ragazzo.

La ragazza si rialzò lentamente con fare fintamente orgoglioso e con un cenno di mano salutò prima di uscire dalla porta.

Sentiva uno strano formicolio al cuore che non accennava a smettere.

Possibile che… ?

 

Ed eccoci qui, il 31 settembre.

Juliet strinse la mano che reggeva il pacchetto comprato quella mattina prima di venire alla clinica. Mentre si dirigeva a lavoro, aveva notato un negozio di musica proprio dall’altra parte della strada e inconsciamente l’aveva collegato con Billie Joe, o meglio B.

Era subito entrata e aveva esplorato l’ambiente, non era mai stata in un negozio di musica.

Quando il proprietario le chiese cosa cercava lei rispose la prima cosa che le venne in mente.

Non sapeva se dargli si o no il suo regalo ma ormai l’aveva comprato e lei non l’avrebbe mai usato.

Forza e coraggio!

Aprì la porta della camera dell’angelo con energia ma quello che le si presentò davanti non era ciò che si aspettava.

Buio.

Tutte le luci erano spente e s'intravedeva a mala pena il contorno di una figura rannicchiata sul letto.

Subito lei corse ad accertarsi delle condizioni del ragazzo ma per fortuna il polso era normale, forse un po’ lento ma niente in tutto.

Si tranquillizzò un po’ ma la sensazione rimaneva.

Accese tutte le luci, una alla volta per dargli il tempo di abituarsi.

Ora la stanza era illuminata ma Billie Joe non accennava a muoversi.

Lei lo aiutò a sedersi e lui come un bambolotto si lasciò muovere ma sentiva il suo corpo sussultare ogni volta che lo toccava.

Juliet prese una sedia e si mise vicino al letto non sapendo cosa fare.

Il ragazzo stringeva tra le braccia la sua chitarra, sembrava cercare conforto.

Lei si schiarì la voce e gli parlò.

-Questo è per te, l’ho preso stamattina- gli allungò il pacchetto e lui senza neanche guardarla in faccia lo prese e lo aprì.

Corde per la chitarra.

-Visto che le tue sono rotte avevo pens- ma non fece in tempo a finire la frase che il ragazzo mollò la chitarra e il pacchetto sul letto e con un fortissimo urlo si lanciò addosso a lei.

Caddero sul pavimento e il dolore si fece largo nella mente di Juliet ma non aveva il tempo per compatirsi.

Cercò di alzarsi ma lui la sbatté a terra stringendola per i pugni.

Rabbia.

Odio.

Dolore.

Lo sguardo parlava chiaro, era preso da una furia ceca.

Non sapeva cosa fare.

Tentò di liberarsi mentre cercava di calmarlo ma senza successo.

Billie Joe lasciò il suo polso e caricò il pugno mentre Juliet chiudeva gli occhi e aspettava.

Aspettava il pugno di quel ragazzo senza neanche tentare di bloccarlo.

Per sua fortuna il colpo non arrivò mai.

Di colpo si aprì la porta e l’uomo appena entrato si accorse della situazione.

Si buttò sul ragazzo e lo separò dalla ragazza.

Juliet aveva ancora gli occhi chiusi ma un singhiozzo la obbligò a spalancarli.

L’uomo che l’aveva soccorsa aveva i capelli corti e biondi ma cosa più importante stava abbracciando Billie Joe.

-Bill sono qui, non ti preoccupare- diceva mentre l’altro singhiozzava colpendolo sempre con meno forza la schiena fino a quando non si lasciò cullare dalle braccia dell’altro.

Lei rimaneva immobile, non reagiva. Fissava solo quell’uomo, che a occhio e croce avrà avuto la sua età, vestito da addetto alle pulizie.

Lui alzò lo sguardo dal ragazzo tra le sue braccia e lo posò su di lei.

Ghiaccio.

 

********Angolino della squinternata******

Ehilà! Come va? Vi ricordate di me? *passano le balle di fieno* ehehe ^^’’

Scusate per il ritardo ma questo capitolo non voleva proprio uscire!

Come avrete notato è entrato un “nuovo” personaggio, sapete dirmi chi è??? (guarda che è ovvio ndB) in effetti… (non siamo mica tutti stupidi come te!ndB) zitto te se no ti faccio rimanere in quella clinica a vita e tu e Juliet non concluderete un bel niente è_é!

Dopo le consuete minacce passo ai ringraziamenti per i meravigliosi commenti che mi lasciate ** grazie infinite!

                                               

ShopaHolic: sono felicissima che ti piaccia! Si, sono abbastanza diretta, le descrizioni non sono proprio le mie preferite ^^’’. Billie Joe ti ha fatto un po’ pena? Oddio allora in questo capitolo sono curiosa di sapere cosa mi dirai! Grazie mille per aver fedelmente commentato il capitolo!

 

SilentMoon:lo dico e lo ripeto: tu sei l’autrice delle autrici, con tutta sincerità. Billie Joe si sta innamorando… bè non proprio diciamo che l’amore è un po’ lontano ma tra pochi capitoli… ehehe non ti posso dire niente per ora! Spero che commenterai anche questo capitolo, le tue opinioni sono molto importanti per me. Grazie.

 

Mariens: A! la mia fedelisssssima commentatrice! Amica mia se mi assicuri che B non è OOC vado tranquilla, grazie. Mi hai tolto veramente un dubbio! Neanche in questo capitolo ho spiegato perché si trova lì ^^’’ ma nel prossimo… uhuhuh non sai non sai! Aspetto il tuo commento!

 

Un grazie particolare anche a chi legge, segue e preferisce. Non so come farei senza le vostre opinioni, thank you so much! (cerchi di abbindolarli con l’inglese?ndB) oggi sei proprio ostile, non mi lasci neanche finire i ringraziamenti è_é

 

 

******Spoiler******chi vuole anticipazioni non legga qui sotto!!!!

 

 

Nel prossimo capitolo si aggiungerà un nuovo personaggio e il passato di Billie Joe, l’angelo del mistero verrà a galla. Come reagirà Juliet? Cosa sarà successo a B?

Tutto questo nel prossimo capitolo! (ma stai facendo un anticipazione o un trailer?ndB) antipatico!!!

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Capitolo 4
*** Oblio. ***


Mental4-Oblio

-Oblio-

 

La sensazione durò per poco perché l’uomo riportò lo sguardo sul ragazzo che continuava a piangere tra le sue braccia.

Juliet era bloccata. L’urlo di Billie Joe continuava a echeggiarle nella testa.

Tutta rabbia, tutto dolore represso negli anni era esploso in quell’urlo che l’aveva stordita.

Fino a quel momento lui aveva parlato solo tramite sussurri e ghigni ma mai così.

La potenza della voce di quell’angelo le aveva mozzato il fiato.

Perché nonostante la stesse aggredendo, nonostante fosse pieno di rabbia e di dolore, lei non riusciva a non rimanere incantata dalla sua voce.

Forte. Potente. Coinvolgente.

Non ne aveva mai sentita una così.

Era persa tra i suoi pensieri quando un altro uomo si affacciò alla porta.

-Mike come… oh cazzo- disse prima correre via e tornare con uno stereo.

L’uomo, anch'esso vestito da addetto alle pulizie, aveva i capelli castani e occhi azzurri ma diversi da quelli del collega.

Vitalità.

Era ancora immobile sul pavimento quando la musica riempiva la stanza. Aveva sentito quel gruppo. Si chiamavano… Ramones.

A quel suono Billie Joe si rilassò immediatamente e lasciò cadere la testa sulla spalla dell’uomo che probabilmente si chiamava Mike.

-Sì, sì, bravo Billie Joe. Ascoltali bene, così. Le note, il ritmo e la voce-  gli occhi di ghiaccio si sciolsero mentre diceva quelle parole e delicatamente appoggiava l’altro sul materasso.

Juliet si alzò da terra e aprì la bocca per parlare ma lo sguardo furente di Mike la bloccò.

-Fuori- sussurrò digrignando i denti e indicando con il dito la porta. Lei, con la gola secca e incapace di rispondere, uscì.

Il cuore le batteva a mille mentre camminava velocemente per i corridoi.

Tutto distrutto.

I progressi.

Tutto distrutto.

Le parole.

Tutto distrutto.

Le settimane.

Tutto irrimediabilmente distrutto.

Fermò la sua corsa sulle vecchie scale antincendio della clinica.

Con il cuore a mille, si accasciò contro il muro e mise le mani nei capelli.

Cosa era successo?

Cosa aveva Billie Joe oggi?

Non ebbe il tempo di cercare delle risposte che una voce la interruppe.

-Ehi, tutto ok?-

Era l’amico di Mike, quello che aveva portato lo stereo.

Lei alzò un attimo lo sguardo e lui si sedette di fianco a lei.

-Sai che giorno è oggi?- le chiese.

Che razza di domanda era?

Lei aveva appena causato una crisi in un paziente che aveva cercato di ucciderla e lui cosa le chiedeva?!

-Il trentun settembre- rispose più per educazione che per altro.

-Giusto…- disse tirando fuori una sigaretta.

-Tu ci tieni veramente a Billie Joe?- un'altra domanda.

Quel tipo era il mago del cambiare discorso.

-Non scomparirai tra una settimana, un mese, o un anno?- le domandò guardandola dritto negli occhi con uno sguardo serio.

La domanda l’aveva fatta riflettere. Come potevi rispondergli?

-Io… non lo so- rispose sinceramente.

-L’unica cosa certa è che non me ne andrò finché non avrò aiutato Billie Joe, perché c’è sempre un motivo, qualsiasi cosa succeda. A tutto c’è una spiegazione- finì.

L’uomo le sorrise sghembo e si alzò in piedi per poi spegnere la sigaretta.

-Era questo che volevo sentire-

Poi s'incamminò verso la porta per tornare nella clinica.

-Bè? Hai intenzione di congelarti le chiappe oppure vuoi sapere la storia di B?-.

Lo guardò con la bocca semi aperta e lui rise allungandole la mano.

Voleva veramente raccontarle la storia di Billie Joe?

E come mai lo chiamava B?

-A proposito io mi chiamo Trè Cool e l’uomo di prima era Mike, piacere di conoscerti Jul-

La ragazza sgranò gli occhi.

Sapeva anche quello?

Lui rise ancora. – Sai a volte dimentichiamo che anche Billie è capace di parlare-.

Quindi avevano parlato di lei.

-Piacere Trè e mi dispiace per il caos di prima- disse Juliet mordicchiandosi il labbro.

-Non è stata colpa tua, o almeno non completamente- cercò di rincuorarla Trè.

-E questo cosa vuol dire?- chiese lei curiosa.

Più passava il tempo, più l’angelo del mistero volava in alto.

La nebbia si alzava e lei non riusciva a tenere il passo e oggi l’aveva perso di vista.

Ma forse aveva appena trovato la guida che l’avrebbe condotta fino a lui.

-Forza muovi quelle belle gambine, il mio sedere per mantenersi in forma ha bisogno di calore- ironizza Trè.

La ragazza si alzò in piedi e seguì colui che le avrebbe fatto luce sul “caso Billie Joe”.

Camminavano per i corridoi della clinica senza parlare, l’unica cosa che fece Trè fu lanciare occhiatine di apprezzamento alle infermiere le quali parevano gradire.

Corridoio dopo corridoio, scala dopo scala.

Dove la stava conducendo Trè?

Fuori dalla clinica la brezza di settembre la colpì secca.

-Trè dove…- provò a chiedere ma l’altro la zittì e con fare d’agente segreto si diresse verso il bar di fronte.

In quel momento non era più sicura se fidarsi sì o no di quel pazzo dal nome stravagante.

Ma tanto cosa aveva da perderci?

Appena entrati nel bar, le indicò un tavolo dove sedersi mentre lui si dedicava a fare gli occhi dolci alla barista.

Poco dopo la raggiunse e si sedette di fronte a lei, senza dire nulla.

-Ti ricordi che giorno è oggi?- chiese alla fine Trè.

Juliet sbuffò e gli rispose di nuovo –Il trentun settembre-.

-Vedi di non scordartelo, questo è l’inizio di tutto- disse con voce enigmatica.

Stava per chiedere spiegazioni quando arrivò la cameriera che lasciò le loro ordinazioni sul tavolo.

Fece per parlare ma lui fissando fuori dalla finestra riprese il discorso.

-Ti sei chiesta perché oggi le luci in camera di B erano spente?-

Lei non provò neanche a rispondere perché ormai aveva capito che quello era un monologo con un solo protagonista.

-Sono spente proprio perché oggi è l’ultimo giorno di settembre, durante tutto il mese, ma soprattutto oggi Billie è intrattabile, persino per Mike-

Persino per Mike? Quindi quei due si conoscevano da molto.

Aveva capito da quello sguardo che per lui Billie Joe non era solo un paziente.

-Lui e Mike sono amici da quando avevano dieci anni e non si sono mai separati che io sappia-

E Trè? Lui come li aveva conosciuti? Cos’era per loro?

Come a intuire il suo pensiero l’uomo rispose –Per ora lasciamo da parte la mia storia, devo andare con ordine oppure dimentico qualcosa, sai non ho buona memoria-

In quel punto estrasse una sigaretta dalla tasca, la seconda nel giro di dieci minuti.

Non si poteva fumare nel bar, proprio sulla sua testa c’era un enorme divieto.

Trè si mise la sigaretta in bocca e si girò a guardare la barista con degli occhi che avrebbero fatto concorrenza a quelli di un cucciolo bastonato.

La proprietaria gli sorrise sciolta da quell’espressione e lui con un ghigno si voltò verso Juliet che era palesemente scandalizzata.

Dopo una sana tirata si schiarì la gola e tornò a guardare fuori dalla finestra.

-Settembre è un mese che potremmo definire taboo per Billie. Proprio in questo periodo ha il suo massimo livello di crisi, per questo prima ti ho detto che non era completamente colpa tua- disse Trè alternando la sigaretta alle parole.

La ragazza intanto ascoltava immobile rapita da quel racconto.

-Ti starai chiedendo il perché proprio settembre, giusto?- si girò verso di lei per avere conferma e poi tornò alla finestra.

-Esattamente quindici anni fa, quando Billie Joe aveva dieci anni, successe una cosa che scatenò a distanza di anni un processo di autodistruzione-

Un trauma infantile! Cosa abbastanza frequente nei malati mentali, non ci aveva ancora pensato. Quella era stata solo la miccia, qualcos’altro aveva dato fuoco a essa.

-Esattamente quindici anni fa nel mese di settembre il padre di Billie Joe è morto, e non serenamente-

Fece per aprire la bocca ma lui la fermò.

-Prima di parlare aspetta che abbia finito la storia, solo allora potrai dirmi la tua opinione-

Juliet rinunciò de finitamente a parlare e incrociò le braccia al petto.

-Billie era il più piccolo di sei fratelli e il padre faceva il camionista mentre la madre la cameriera. Insomma non avevano soldi da sprecare ma erano felici-.

Juliet si sentì stupida. Lei si lamentava sempre della sua famiglia, dei suoi genitori ma almeno lei li aveva e di certo i soldi non le mancavano.

-Ti sarai resa conto che la sua voce è straordinaria. Pensa che solo a cinque anni registrò la sua prima canzone. Suo padre Andy era orgogliosissimo di lui perché aveva ereditato la sua passione per la musica. Andy faceva il musicista part-time ed è stato proprio lui ha regalare la chitarra Blue a Billie Joe-.

Ecco perché era l’unica cosa non brillante che possedeva.

Non era per la sua cleptomania, in verità quella chitarra era il suo unico legame con il padre.

La nebbia incominciava a diradarsi ma un dubbio rimaneva.

Perché le corde erano spezzate?

-Billie venerava Andy, non vedeva l’ora che tornasse a casa per mostrargli i suoi progressi con la chitarra e fargli sentire le sue nuove canzoni. Ogni domenica il padre lo portava a cantare per i pazienti di Rodeo così da rallegrargli la giornata e ci riusciva-.

Trè si fermò per sospirare e spegnere la sigaretta direttamente sul legno del tavolo.

Juliet era impaziente, non riusciva a capire perché si era fermato di raccontare.

Provò a fargli una domanda ma l’altro la fulminò ripetendogli che doveva lasciarlo finire.

-Il declino, se così si può chiamare, iniziò il pomeriggio del quindici settembre. Diluviava e non accennava a smettere. Proprio quel giorno c’era una gara di canto a San Francisco e Billie Joe doveva partecipare…-.

Mentre Trè raccontava, le pareva di vedere la scena con i suoi occhi.

-Caro ne sei sicuro?- chiese una donna.

-Assolutamente sì, non posso fare perdere questa opportunità a Billie Joe- le rispose l’uomo.

-Dalla porta della cucina spuntò un bambino un po’ basso di circa dieci anni che trascinando i piedi si diresse verso i due adulti.

-Papà- disse il piccolo cercando di farsi coraggio.

-Non c’è bisogno che andiamo, fa lo stesso. A me basta rimanere qui con te- mentre lo diceva gli tremava un po’ il labbro. Non aveva mai mentito a suo padre.

L’interessato sorrise vedendo la faccia del figlio, conosceva tutte le sue espressioni e sicuramente in quel momento gli stava dicendo una bugia.

-Bi stai tranquillo- si fermò per piegarsi all’altezza del viso del bambino – Noi andremo a quella gara e tu la vincerai, siamo d’accordo?- concluse solleticandogli la pancia e riuscendo a farlo ridere.

Così lo voleva, sorridente e spensierato.

-Bene ora che siamo d’accordo corri subito a prepararti, intanto io accordo Blue- così Billie Joe corse su nella sua camera lasciando da soli i due genitori.

La donna guardò con dolcezza il marito e lo fermò prima che potesse proferire parola.

-Non dire niente. Solo… state attenti- l’uomo le sorrise e la baciò.

Mezzora dopo tutto era pronto e la macchina partì.

L’autostrada per San Francisco quel pomeriggio era completamente intasata così, per non arrivare in ritardo, i due imboccarono una via secondaria, piena di curve e non asfalta di recente. Era piena di buche ma per fortuna non era lunghissima. Quando arrivarono a San Francisco Billie Joe spalancò gli occhi dallo stupore. Quanto era grande, quanto era vitale! Andy osservava rapito l’espressione del figlio.

-Ti piace così tanto San Francisco?- gli chiese.

-Sì, è tutta illuminata, come un albero di Natale!- esclamò il piccolo facendo ridere il padre.

-Se ti piace così tanto vuol dire che ci torneremo- disse guardando la faccia piena di speranza e di riconoscenza di Billie Joe.

-Dici sul serio?- gli domandò come controprova.

-Sì, te lo prometto- rispose Andy pensando già alla prossima uscita con il figlio, avrebbe mantenuto il giuramento, costi quel che costi.

Ma si sa, la morte è più forte della volontà dell’uomo.

Finalmente arrivarono nell’enorme teatro in cui si sarebbe svolta la gara.

Billie Joe alla vista di quell’edificio strinse la presa sulla mano del padre che, per fargli coraggio, lo guardò fisso.

A volte le parole sono inutili.

Lui credeva in suo figlio, era sicuro che avrebbe dato il massimo e sarebbe stato il vincitore.

Come Andy aveva predetto, esattamente quattro ore e mezza dopo, stavano correndo per le strade ridendo.

Ridevano perché Billie Joe aveva vinto, non solo il primo posto ma anche il premio Giuria.

Ridevano perchè diluviava e, se non si sbrigavano, alla macchina arrivavano zuppi.

Salirono immediatamente. L’uomo al posto del guidatore, il bambino nel sedile affianco.

Quest’ultimo teneva ancora a tracolla la sua fedele chitarra Blue e non voleva lasciarla.

Per il ritorno rifecero la stessa strada dell’andata poiché l’autostrada era sempre intasata.

Discutevano tranquilli finché a Billie Joe non venne un impellente bisogno di andare al bagno e non poteva aspettare di arrivare a casa, erano solo a metà del viaggio.

Così, sotto la pioggia, con la chitarra a tracolla, nel caso di Bi, scesero dalla macchina e andarono dall’altra parte della strada.

Il piccolo finì prima del padre e, per non bagnarsi ulteriormente, s'incamminò per tornare dal lato della strada dove avevano parcheggiato l’auto.

Ma, a metà del percorso, il cinturino che teneva legato lo strumento al corpo del bambino si sfilò e la chitarra incominciò a scivolare a causa dell’acqua sulla strada.

Lui lanciò un grido di sorpresa e cercò di recuperare la chitarra.

Non si sentì niente a causa del rumore della pioggia ma, quando si girò, il terrore gli invase la mente.

Billie era appena riuscito, tra scivoloni e cadute, a recuperare la chitarra e alzò lo sguardo e rimase paralizzato.

Una macchina gli stava venendo contro.

Andy si mise a correre per cercare di spostare il figlio che sembrava essere troppo spaventato per reagire.

Un istante, un attimo, un secondo, può cambiare tutta una vita.

Due braccia forti che lo spingevano via.

Uno stridio secco di una frenata.

Poi silenzio.

Billie Joe non sentiva più niente, neppure il suo cuore che in quel momento batteva all’impazzata.

Dalla macchina uscì immediatamente una persona, uomo o donna non ha importanza.

Il resto fu oblio.

 

 

***Angolino della spastica***

Ehilà! Sono tornata! Scusate per il ritardo ma come vedete ho rimediato con un super mega capitolo (ed hai pure interrotto sul più bello, sadica!ndB) insolente che non sei altro! Non rompere e torna a fare il moribondo tra le braccia di Mike (hai ragione, meglio ascoltare i Ramones che la tua voce stonata!ndB) essere il protagonista gli ha dato alla testa, poveretto.

Stavamo dicendo? Ah! Il capitolo, giusto. Vi è piaciuto?  È stato svelato il passato dell’angelo del mistero ma ricordatevi che questa è solo una parte della storia. Ne avrete da leggere, vi posso assicurare XDXD. Scusatemi se lo scorso capitolo era scritto con i piedi ma l’ispirazione va e viene (e non sono molto brava a scrivere, ma cercherò di rimediare =^^=)

Ora passiamo alle risposte dei commenti!!!

 Mariens: A!!!! grazie di aver recensito anche questo capitolo ^^. Io scrivo bene? Ma hai visto quello che fai tu? 200 volte meglio. Hai perfettamente ragione, grazie per l’incoraggiamento. B spazzino eh… magari una ff… XDXD nono scherzo, non preoccuparti non ho ancora la mente così malata (o forse si?). Tu e i tuoi commenti! Mi fai impazzire di gioia. Ora cosa ne pensi di Mike? E di Trè? Aspetto le tue opinioni. Non mi parlare di trailer perché mi viene ansia XDXD.

 

801_Underground: Uhhh! Una nuova lettrice, benvenuta nel mio sclero personale =^^=. Ti piace l’idea? Per fortuna, pensavo non fosse così tanto originale. Eheh il soprannome B tra poco conquisterà il mondo **. XDXD mi ha fatto molto ridere il tuo commento, è come dici tu alla fine XD.

 

ShopaHolic: Eccoti, terza ma non meno importante! Ti piace come ho caratterizzato B? Wiii evviva, ne sono contentissima, ci tengo moltissimo a lui (ci mancherebbe altro!) scusami se non ho aggiornato presto ^^’’ ma spero che questo capitolo ti abbia soddisfatto a dovere. Fammi sapere cosa ne pensi del passato del nostro angelo del mistero.

 

 ladywho: NOOO, non ci posso credere! Quella che scrive la mia droga giornaliera mi commenta *sorriso a 72 denti* grazie, grazie, grazie **. Non ti preoccupare per le recensioni, sono perfette così ti posso assicurare. Le faccine sono state rivelatrici XDXD. Oggi hai visto come ha reagito B e spero che non ti abbia deluso… e sono contentissima che ti sia piaciuto come personaggio. Ti saluto o se no non finisco più XDXD grazie per aver commentato la mia ff che, in confronto alla tua, è una mezza cicca.

 

Naturalmente grazie anche a chi ha letto, preferito o seguito. Siete la cosa che fa girare il mio cervellino **, non so come farei senza di voi!

Bene, vi ho trattenuto fin troppo e meglio che mi dilegui.

Ciao a tutti, siete fantasticiiiii!

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Capitolo 5
*** Weeping Willow ***


Mental5-Weepin Willow

- Weeping Willow-

 

Quella mattina pioveva, quanto pioveva.

Il momento giusto per avere la macchina dal meccanico.

Stava pedalando sulla sua vecchia bicicletta in mezzo ad una tempesta eppure non ci pensava, diciamo che aveva qualcosa di più importante su cui riflettere.

Una settimana.

Era passata una settimana dalla crisi.

Era passata una settimana da quando era entrata nel bar.

Era passata una settimana da quando le era stato rivelato il trauma

Era passata una settimana e non era ancora riuscita a vedere lui.

Prima era stata la febbre, poi gli impegni e infine Bradley.

Anche quel ragazzo non scherzava, non avevano ancora trovato cosa avesse di specifico.

Finalmente entrò nella clinica e tirò un sospiro di sollievo sentendo l’aria calda dei termo.

Si diresse verso la camera di Bradley come ormai faceva da una settimana.

Era così in sovrappensiero che finì davanti alla sua camera.

 Sospirò, le luci erano spente.

Riprese il suo cammino lungo quei corridoi bianchi che ormai erano diventati familiari.

Girò l’angolo dove avrebbe trovato la porta del suo paziente ma qualcosa, qualcuno, la tirò per la maglietta facendole perdere l’equilibrio.

Era già pronta a prendere una botta al sedere ma non cadette.

Con gli occhi spalancati si rese conto che due braccia, a dir poco muscolose, la stavano reggendo.

Subito si rialzò e si voltò.

Non ci poteva credere.

Non ci poteva credere, erano loro.

Trè stava sghignazzando mentre Mike aveva le braccia incrociate al petto.

-Ehilà Jul, come va?- le chiese ridente Trè.

Lei non capiva, cosa ci facevano qui?

-Scusami se ti ho tirato troppo forte- disse per poi esplodere in una risata. –Ti facevo più stabile, per fortuna che qui con noi c’era super Mike se no ti aspettava un bel volo- concluse lanciando un’ occhiata all’amico che subito distolse lo sguardo con indifferenza.

Come se volesse dire sei-tu-che-mi-sei-caduta-addosso-io-non-ho-fatto-niente.

-Io sto bene, grazie. Piuttosto...-

-Ti sta aspettando- disse Mike interrompendola con voce che potremmo classificare come scocciata.

Ti sta aspettando.

La stava aspettando, lui la stava aspettando?

-Ma…- cercò di parlare ma di nuovo venne interrotta, questa volta da Trè.

-Su, su, siamo in ritardo!- la prese a braccetto mentre la trascinava facendole rifare tutta la strada che aveva percorso neanche due minuti prima.

Cosa avrebbe fatto arrivata là? E se lui era ancora arrabbiato?

-Sai…- incominciò Trè con aria trasognata, distogliendola dai suoi pensieri.

-Devo ammettere che sei ben messa per quando riguarda il lato b- disse dandole una pacca sul sedere per poi lasciarle il braccio e incominciare a correre ridendo.

-Trè!- urlò Juliet inseguendolo, non era seriamente arrabbiata.

Più tardi avrebbe ringraziato Trè per la sua battuta.

Era riuscito ad alleggerire la situazione spezzando la tensione.

Una smorfia somigliante ad un sorriso le si formò sul viso.

Lui si fermò un metro prima della porta.

Lei arrivò subito dopo con ancora il fiatone.

E ora?

Trè la guardò e sorridendole mimò con le labbra un vai.

Juliet fece cenno di sì con la testa e osservò l’uomo camminare lungo il corridoio.

Appena fu fuori dalla sua vista fece un grosso respirò e si avvicinò alla porta.

Di cosa aveva paura? Era solo un paziente.

No, era Billie Joe.

Aprì la porta aspettandosi di trovare lui accucciato per terra o sul letto ad osservare il vuoto, invece…

-Ce ne hai messo di tempo, sei passata da casa per caso?-

No, no.

Non era possibile.

Billie Joe Armstrong, l’angelo del mistero, era… era…

Non esiste un’ aggettivo giusto.

Era in piedi con le braccia incrociate e la fissava battendo il piede ritmicamente per terra.

Al posto della sua solita maglietta si era messo una camicia nera con una cravatta rossa.

Mentre al posto dei jeans aveva dei pantaloni anch’essi neri e delle scarpe lucide.

Cosa cavolo era successo in quella settimana?

Lei lo guardava accigliato, lui scocciato.

-Devi andare da qualche parte?- gli chiese Juliet cercando una spiegazione.

-Certo, al gran galà dei celebrolesi! Sono un pazzo, ricordi?- rispose lui sarcastico.

-Ehy, stai calmo. Era solo una domanda- ora si stava irritando.

Billie Joe stava per ribattere ma l’occhio gli cadde sul orologio che aveva al polso.

-Oh cazzo. Ci dobbiamo sbrigare forza!- disse prendendola per il braccio mentre lei gliene diceva di tutti i colori.

Era già la seconda volta in quella mattinata che la trascinavano via.

Si erano dimenticati che aveva le gambe?

Nonostante tutto non riusciva ad essere irritata.

Una strana sensazione le prese il cuore.

Che fosse… ?

Il ragazzo continuava tenerla per mano e non le dispiaceva, ma non l’avrebbe mai ammesso.

Lui si guardava attorno guardingo continuando a correre.

La ragazza avrebbe voluto tanto sapere dove stavano andando ma era troppo occupata a rimuginare su quella mano che era stretta alla sua.

Era strano.

Con Billie Joe si sentiva sempre strana, non fuori luogo, solo… strana.

Ok, ora era più confusa di prima.

Intanto Billie Joe continuava nella sua missione.

Non doveva fallire.

Quello era uno di quei pochi momenti in qui riusciva a riflettere a mente lucida e non voleva sprecarlo.

Non doveva farsi beccare o suo piano sarebbe andato a farsi friggere.

Per fortuna che in quella clinica tutti se ne fregavano di tutto.

Schifo di sistema.

Era davanti alla porta sul retro della clinica, quella che dava sul giardino.

Sì, esattamente dietro l’edificio c’era un piccolo parchetto con panchine e tavoli dove gli ammalati potevano andare insieme ai parenti in visita.

Quella parte non era molto curata, erbacce ed edera erano ovunque.

Juliet era stupita, non era mai stata lì.

Nonostante la vegetazione fosse abbandonata a se stessa quel posto aveva un non so che di speciale, l’attraeva.

Stava guardando curiosa il parchetto quando improvvisamente il ragazzo lasciò la sua mano.

-Siamo arrivati- disse sorridendo.

Era sereno.

Aveva un espressione beata, come quando si torna a casa dopo tanto tempo.

Erano davanti ad un albero, un salice piangente.

Era grande, imponente e ma bastava un soffio di vento a scuoterlo.

Aveva le foglie fitte, i rami non seguivano un senso comune.

In un certo senso gli ricordava Bi.

Lui con la sua sfacciataggine e i suoi ghigni.

Lui con le sue crisi e le sue lacrime.

Lui che si piegava ma alla fine si rialzava sempre.

-È bellissimo- disse Juliet per poi sedersi contro il tronco dell’albero seguita da Billie Joe.

-Questo è il nostro posto. Quando ci sono giornate così io, Trè e Mike veniamo qui e parliamo e facciamo i cazzoni- terminò con un risolino mettendo le mani dietro alla testa.

Juliet riusciva a vederli ridere spensierati e a parlare dell’ultima conquista di Trè.

Non riusciva a comprendere a che cosa si riferisse il termine “giornate così”.

Per così intendeva come in quel momento sotto il secondo diluvio universale?

No, sicuramente.

-Bi cosa intendi con “giornate così”? Centra col fatto che oggi sei diverso?- guardandolo negli occhi lei capì che aveva colto nel segno.

-Essendo tu psicologa saprai benissimo che ogni tanto tutti i malati hanno dei momenti di lucidità. Bè oggi è uno di questi- rispose guardando malinconico il cielo nuvoloso.

Solo allora Juliet realizzò.

Stava parlando con il vero Billie Joe.

-Comunque scusa per l’ultima volta- riprese pochi secondi dopo.

Parlava di quando le era saltato addosso?

-In verità non era te che volevo uccidere- disse con risentimento.

Uccidere? Lui voleva uccidere qualcuno?

Quante domande aveva da fargli.

I punti interrogativi continuavano a moltiplicarsi nella sua mente.

Ma non poteva fare domande.

O per lo meno, non quella.

Era bagnata fradicia, sotto un salice, con un cleptomane affetto d’allucinazioni.

Cosa voleva di più?

-Senti Bi… ma come vi siete conosciuti tu e Mike?- chiese in fine.

-Oh bè, tieniti forte perché ti sto per raccontare la più grande cazzata della mia vita- disse per poi scoppiare in una grossa risata, più forte della pioggia.

Il suo sorriso.

 

 

 

***Angolino della squinternata***

*Weeping Willow= Salice Piangente XDXD

Non aspettatevi più aggiornamenti lampo, oggi l'ho fatto perchè è sabato e avevo tempo.

Oh mamma mia, che fatica! Ci ho messo 30 anni a scriverlo e non è venuto un gran che (diciamo che lo hai scritto con i piedi ndB) zitto o in quella clinica ci stai a vita è_é

Tornando a noi… avete visto?

Ecco il Billie Joe lucido! (ora lucido, domani con la polmonite, sconsiderata!ndB) dettagli U.U

Comunque ditemi, vi è piaciuto?

Devo dire che questa ff sta sfuggendo al mio controllo, fanno quello che gli pare! Questo capitolo l’ho usato per allentare un po’ la tensione presente nei precedenti.

Non è niente di che, avevo solo voglia di scriverlo.

Mike ora lo vedete molto scorbutico ma ha i suoi motivi, forse nei prossimi capitoli lo scannerizzerò per bene ma non so…

Vi dico solo un ultima cosa prima di passare ai ringraziamenti.

Sapete fino a poco tempo fa avevo in mente una fine triste per questa ff però parlando su msn con Marines ho avuto l’illuminazione e… MWAHAHA non sapete cosa vi aspetta.

Dopo avervi terrorizzato a dovere passiamo ai ringraziamenti!

 

 801_Underground: Sono esaltata anch’io dal tuo commento! Mi dispiace di averti fatto aspettare (questa volta non l’ho fatto XDXD). Per i pezzo di Andy è stato distruttivo per me, trovare la situazione giusta una pena, sono felice che alla fine il risultato sia parso soddisfacente! Siii finalmente ci sono anche quei due pazzi XDXD. Grazie infinite per il tuo commento e spero che questo capitolo scritto coi piedi non ti deluda =^^=

 

Mariens: A!!!! <3<3 che bello che hai commentato anche questo capitolo ^^. Non ti preoccupare per la tuo stato “selvatico”, mi metterò più d’impegno per riuscire a scioglierti **. Hai capito perfettamente sia Mike che Trè, lodi lodi lodi XDXD. Lascia che dica la verità: la tua è migliore punto e a capo XD Grazie per il tuo sostegno che non manca mai, non so come farei senza te.

 

ZofouArtemis: ok, ora posso morire felice. Cioè mi stavi uccidendo di complimenti, lo sai? XDXD grazieeeee. Hai già fatto una buonissima analisi della storia, a B tengo moltissimo. In questo capitolo come ti è parso? Forse era un tantino OOC… La tua umile storia un piffero, la tua dannatamente fantastica storia, così dovresti definirla e non provare a dire di no è_é. Inoltre sono contenta che tu abbia capito il significato dell’urlo, avevo paura di essermi espressa male ^^’’. Grazie per il meraviglioso commento, mi hai aperto il cuore. Spero che ti sia piaciuto questo capitolo!

 

ShopaHolic: la storia di B mi ha fatto dannare, proprio per questo ci ho messo un beeel po’ a scriverla XDXD comunque sono felice che tutto il mio lavoro non sia stato inutile! Trè XDXD quell’uomo è un mito, hai visto? L’ho messo anche in questo capitolo, ti è piaciuto? Mike sembra fin troppo ossessivo ma spiegherò tutto con calma, la storia ha un suo ritmo. Ti ringrazio infinitamente per commentare sempre questa storiellina da due centesimi, sei mitica!

 

12lilla12: una nuova lettrice! Per di più futura psicologa, che bello! Non vi abbandono, almeno per ora XDXD mi raccomando se scrivo delle cavolate dimmelo, confido in te! =^^= grazie infinite, spero che anche questo capitolo sia stato di tuo gradimento.

 

Naturalmente ringrazio anche chi legge, chi segue e chi preferisce.

Mi fa piacere sapere che la mia ff sia apprezzata, mi fate coraggio.

Grazie infinite.

Non ce la farei senza di voi!

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Capitolo 6
*** Mate ***


Mental6-Mate

-Mate-

 

Un tuono tagliò il cielo e fece sobbalzare i passanti nascosti sotto gli ombrelli.

La pioggia aumentava e Juliet pedalava sulla sua bicicletta.

Sempre più forte, sempre più lontano.

Al tempo del suo cuore.

Senza ombrello, senza giacca.

Libera come il suo spirito.

La pioggia cadeva e lei non si preoccupava.

Erano le sei di pomeriggio, era ottobre, eppure non aveva freddo.

L’anima bruciava come non mai.

Si stava mordendo il labbro inferiore.

Stringeva il manubrio spasmodicamente.

Non capiva.

Non voleva.

Non poteva.

Stava salendo, stava salendo.

Incominciò a pedalare in piedi tenendo la testa bassa.

Non si fermava, stava arrivando.

Era incontrollabile, non riusciva a trattenersi.

Eccolo.

Un sorriso, uno di quelli veri.

Tutta colpa sua.

Era tutta colpa di Billie Joe se lei sorrideva come un ebete in mezzo alla strada.

Esso aumentò pensando a quel pomeriggio.

Una grossa risata si faceva strada tra la pioggia.

Juliet era così contenta di essere lì in quel momento.

Sembrava che sotto quel salice i problemi non esistessero.

Era il salice o il ragazzo che aveva accanto a farle quell’effetto?

-Trè ti avrà detto che mio padre è stato investito da una macchina, no?-

Tu annuisti piano per dargli il tuo consenso.

-Lui non è morto sul colpo.- ammise.

Era questo che intendeva Trè con “non serenamente”?

-Lui è stato portato in ospedale ma, dopo ore d’intervento, ne è uscito distrutto. Alternava uno stato vegetativo con pochissime ore di lucidità.-

Disse l’angelo del mistero torturandosi i pantaloni zuppi.

-Non c’è bisogno che…-

-Invece sì!- le urlò in faccia stringendo i pugni.

-Devo… devi sapere.- concluse riprendendo sicurezza.

La ragazza non proferì parola aspettando che l’altro continuasse.

-Lui… io non sapevo cosa fare. Tutti piangevano, io piangevo. È stato bruttissimo. Anna cercava di consolarmi ma io vedevo i loro sguardi.-

Un brivido le fece schiudere la bocca, cosa aveva passato quel ragazzo?

La sua voce la incantava, anche se solo sussurrata.

La cullava e le mostrava, tenendola per mano, cosa era successo.

 

Una ragazza accarezzava la testa mora che, immobile, riusciva solo a piangere.

Il mio papà, il mio papà. Era l’unica cosa che riusciva a pensare in quel momento Billie Joe.

 

Era passata una settimana ed era ora di cena ma nessuno aveva fame.

Anna, sua sorella, venne chiamata da una voce tremolante proveniente dalla cucina.

Il piccolo era seduto in salotto e non piangeva più, le lacrime erano immobili nel suo cuore.

Non sapeva cosa fare, lui voleva solo il suo papà.

Fece vagare lo sguardo, vacuo, sulla stanza.

La chitarra era appoggiata contro la parete.

Allungò la mano e la mise a tracolla.

Subito i ricordi di quella notte tornarono alla mente.

Billie Joe strinse forte gli occhi e ritirò le dita dalle corde dello strumento.

Faceva ancora troppo male, il suo papà non si era ancora ripreso.

Con una smorfia fece per mettere a posto la chitarra quando si accorse che i suoi fratelli lo guardavano.

Sentì le lacrime salirgli agli occhi e si morse il labbro.

Sapeva cosa volevano dire quegli sguardi, sapeva cosa pensavano di lui.

È colpa tua.

È tutta colpa tua.

Le parole, accompagnate dagli sguardi, gli echeggiavano nella testa.

Ciò che lo scuoteva di più era il fatto che avevano ragione.

Era lui la causa di tutto.

Si alzò in piedi e , con la testa bassa, si diresse verso la camera che condivideva con i suoi fratelli.

Voleva solo dormire, non pensarci, fuggire da questo inferno e sperare.

Sperare che l’indomani il suo papà lo venisse a chiamare per andare a scuola.

Il mattino arrivò, ma tutto era rimasto uguale.

Decise di uscire e andare a scuola senza aspettare gli altri.

Chissà forse per una volta sarebbe arrivato in orario.

Stava per uscire quando Anna lo raggiunse e lo seguì.

Lei c’era sempre per lui, come una seconda mamma, gli voleva molto bene.

Anche quella mattina a scuola era andata come al solito.

Aveva risposto male alla maestra, era andato in presidenza, ma finalmente era finita.

Non sopportava la scuola, non l’aveva mai sopportata.

Stava tornando a casa da solo perché i suoi fratelli avevano il pomeriggio.

Decise di allungare il giro, tanto nessuno era interessato a lui.

Passò davanti a una caffetteria, ci andava sempre suo padre.

Una morsa gli prese il cuore ma non fece in tempo a intristirsi che un suono gli arrivò alle orecchie.

Una chitarra.

Qualcuno stava suonando una chitarra, più precisamente un bambino.

Sentì la rabbia farsi strada dentro il petto.

-Fermati subito.- ordinò.

-Io faccio quello che mi pare, smamma citrullo.- rispose l’altro non spostando lo sguardo dalle corde della chitarra.

Era biondo, abbastanza alto, insomma il contrario di Billie Joe.

-Ti ho detto di smettere!- urlò.

Ma il suo coetaneo come risposta continuò a suonare.

Sentì la rabbia montargli nel petto fino ad arrivare alle mani.

Urlando si buttò sopra l’altro e incominciò a colpirlo.

Più colpiva, più voleva colpire.

Dopo lo shock iniziale anche il bambino biondo non esitò a risparmiargli pugni e calci.

Erano due furie.

La gente per strada li guardava e scuoteva la testa per poi continuare per la loro strada.

Per fortuna in quel momento arrivò un poliziotto che li divise immediatamente e li portò alla centrale.

-Adesso venite con me e poi potrete chiamare i vostri genitori.- aveva detto l’uomo.

Ora i due erano in una stanza in attesa delle rispettive mamme.

Billie Joe non degnava di uno sguardo il bambino e si torturava le mani.

Infondo l’altro non aveva colpa, anche lui prima suonava sempre.

Già, prima.

Era ancora pieno di tristezza, ma quella scazzottata aveva giovato al suo animo.

Aveva qualche livido, però era più leggero.

Si girò verso il biondino che gli dava le spalle.

Era tutto indaffarato a sbuffare e a guardare la sua chitarra che, durante lo scontro, si era rotta.

Lui l’aveva rotta.

Si sentì in colpa, qualsiasi cosa facesse causava solo sofferenza.

Il bambino, però, non sembrava affatto preoccupato o arrabbiato.

Semplicemente stufo.

Billie Joe si fece coraggio e provò a parlare.

-Più a sinistra.-

In qualche modo doveva farsi perdonare, no?

L’altro lo guardò stralunato, così decise di avvicinarsi a lui.

Neppure questa volta il biondo ebbe paura.

-Dicevo che per tornare perfetta devi metterlo più a sinistra e poi applicarci una colla speciale, guarda così.-

Con delicatezza gli prese la chitarra dalle mani, mentre il bambino lo guardava apatico.

Il suo sguardo cambiò quando vide con quanta maestria maneggiava la chitarra.

-Lo sapevo fare anch’io.- borbottò a mezza voce.

-Certo, non lo metto in dubbio.- gli rispose sarcastico.

-Che fai sfotti?- chiese con cipiglio serio.

Si guardarono per un istante per poi scoppiare a ridere.

-Piacere amico, io sono Michael Ryan Pritchard.- disse il bambino che ora aveva un nome.

-Billie Joe Armstrong, amico.-

E poi di nuovo giù a ridere.

-Certo che tu hai un nome da lord inglese.- notò Billie Joe scherzosamente.

-A chi lo dici!- rispose l’altro passandosi una mano tra i capelli.

-Potrei chiamarti Mikey o Mike, ti va?-

Lui sorrise a mezza bocca e annuì.

Dopo quello scambio di battute cadette il silenzio, non sapevano cosa dire.

-Ehm… senti per la chitarra…-

Billie Joe si sentiva ancora in colpa, l’altro sembrava legato allo strumento.

-Ehi tranquillo, basta solo un po’ di colla, vero?- disse Mikey infilandosi le mani in tasca.

Lui sbuffò divertito e fece per chiedergli altro quando la porta si spalancò.

Era sua mamma, scura in volto. Dietro c’era Anna che, preoccupata, lo raggiunse subito per vedere le sue condizioni.

Il viaggio di ritorno fu silenzioso, era pesante.

La scintilla di felicità provata prima venne soffocata da tutte quelle parole non dette.

Faceva male, dannatamente male.

Persino Anna stava zitta, lo guardava e soffriva.

Nel suo sguardo non c’era indignazione, solo quella dolcezza che una sorella può provare verso il suo fratellino.

 

Appena chiusa la porta di casa alle spalle, il piccolo fece per andare in camera sua ma fu interrotto.

-Billie Joe Armstrong, fermati.- la voce che lui aveva imparato a identificare con quella di sua madre lo chiamò.

Ormai era solo una donna distrutta dal dolore, con sei figli e una vita da mandare avanti da sola.

-Mamma mi dispiace per oggi, non so cosa mi è preso, perdonami.- disse raggiungendola e abbassando lo sguardo, l’unica cosa di cui non si pentiva era aver incontrato Mike.

-No.- rispose secca.

Lui alzò la testa di scatto e la fissò con gli occhi sgranati.

Perché?

Quella domanda sorse spontanea, ma non fu mai pronunciata.

Uno schiaffo lo colpì in viso lasciandogli addosso il segno di tutto il dolore che la donna covava da tempo.

-Tu, sempre tu.- iniziò la donna furente.

-Sei sempre tu, ogni cosa. Non riesci a fare niente di buono, hai sempre portato solo guai. Non eri neanche previsto, sei sempre stato di troppo. Con cinque figli riuscivamo a campare a stento ma sei nato tu, un altro peso. Non saresti dovuto mai nascere, mai!-

Billie incominciò a tremare.

Non era possibile, non era vero.

-È colpa tua, è tutta colpa tua. Ci dovevi essere tu su quel letto, non Andy!- urlò la donna per poi accasciarsi a terra e piangere.

Quindi era così.

Lui non doveva esserci.

Lui non doveva esistere.

Un gemito gli scappò dalle labbra prima di correre verso la porta e uscire fuori.

Stava avendo il suo primo attacco di panico.

Correva, correva sempre più.

Un grido si fece largo nel suo petto, muto, rinnegato.

Voleva urlare, liberare tutto ciò che aveva dentro.

Contro il vento, contro il tempo.

Contro un mondo che lo voleva morto.

Ma era nel torto, così pensava.

La sua corsa per le strade non doveva avere mai fine.

Se i piedi sarebbero stati stanchi, avrebbe continuato in ginocchio.

Se le gambe avessero ceduto, avrebbe strisciato.

Se le braccia lo avessero abbandonato, avrebbe usato i denti.

Avrebbe dato tutto sé stesso, finché aveva fiato in gola non si sarebbe fermato.

-Billie Joe!-

La voce appariva lontana, sconosciuta.

-Billie Joe, fermati!-

Non poteva, non doveva farlo.

-Billie Joeee!-

Fu questa l’ultima cosa che sentì prima di cadere rovinosamente a terra.

Due braccia lo tenevano stretto, sull’asfalto, e non volevano lasciarlo.

Preso dall’ansia prese a respirare sempre più in fretta mentre la vista si annebbiava.

-Cristo santo, cosa ti succede Bill?!- chiese la persona che era con lui.

Non capiva bene di chi si trattasse, sembrava bionda.

Non riusciva più a respirare, i polmoni non avevano più aria e le palpebre erano pesanti.

-No, no. Bill! Resta sveglio, cazzo!- la figura era entrata in agitazione.

Intanto lui era straiato per terra, si sentiva più leggero.

Voleva andare via, voleva smettere di provocare dolore.

Ma non ne ebbe l’occasione.

Una cascata d’acqua gli arrivò dritta in viso.

Come appena emerso da un apnea, Billie Joe spalancò gli occhi tirandosi su di scatto.

Ebbe un attimo di smarrimento per poi ricordare tutto.

La persona al suo fianco tirò un sospiro di sollievo.

-Mi hai fatto venire un colpo, coglione.-

Lui si girò a vedere il suo salvatore.

Mikey.

Era proprio lui, biondo alto e con la sua chitarra a tracolla.

Ma cosa ci faceva lì?

 

 

 

***Angolino della spastica***

Ebbene sì, vi mollo così XDXD. Il resto della storia (perché questa è solo la prima parte) lo troverete nel prossimo capitolo. Ho preferito spezzare per alleggerire le cose (certo tu vuoi alleggerire poi mi fai avere un attacco di panico mezzo suicida!ndB) ma sempre a ribattere tu? Fammi lavorare! Che insolente… Dicevamo? Ah! Giusto, il capitolo!

Sappiate che, in verità, l’incontro di Mike e Bi non volevo neanche scriverlo ma chattando su MSN con Marines (ciao amica miaaaa!) ho capito che sarebbe piaciuto, consideratelo un extra =^^=. Ultima cosa (speriamo!ndB) il titolo del capitolo “Mate” significa “compagno/amico”, carino vero? *Billie Joe guarda l’autrice* no, non voglio sapere la tua opinione!

Passiamo alle risposte alle vostre meravigliose recensioni!!!

 Mariens: io mi chiedo come farei senza di te! ** non sai quanto io ti sia grata per i tuoi consigli. Hai capito perfettamente ciò che volevo far trasparire facendolo vestire “bene”. Che attenta lettrice **. Trè è Trè, se no non sarebbe lui (che cavolate sto sparando?XDXD). Il mio amato salice… sono felice che tu l’abbia apprezzato. XDXD hai ragione, devo tenerli sotto controllo i miei cari amichetti >=3. Io amo la tua storia e non smetterò mai di farlo punto e basta. Sai che io sono sempre disponibile e ti sono grata che la cosa sia ricambiata, mate. Incrociando le dita e sperando che il capitolo ti sia piaciuto (anche se sapevi già come andava XD) aspetto il tuo prossimo commento!

 

ShopaHolic: mia fedelissima lettrice! Che bello, hai commentato ancora *saltella allegramente* piaciuto l’aggiornamento lampo, eh? XDXD Trè ti piace? Che bello, avevo paura di farlo poco “Trè”. Per Mike saprai presto perché è così anche se in verità non è un ghiacciolo XD. Billie Joe lucido è come riempirsi  i polmoni d’aria dopo una nuotata. Spero di non averti delusa e di averti fatto provare qualcosina. Non ti potrebbero mai cacciare fuori dal sito, hai scritto delle bellissime ff!

 

12lilla12: piaciuto il capitolo? Hai capito qualcosa? A me sembra piuttosto confuso e Bi sembrava lunatico! Grazie della disponibilità, seriamente. Mi sarai di grande aiuto più avanti nella storia (mi serve un consulto!). intanto, visto che sei esperta, ti è sembrato veritiero il mezzo attacco di panico di Billie Joe? Io non essendo informata sono andata a senso. Grazie per l’informazione sul farmaco ** sei la mia informatrice psichiatrica di fiducia. Grazie per i complimenti e spero di non averti fatto venire troppa ansia con questo capitolo terribilmente triste (e scritto con i piedi!ndBi)

 

ladywho: *O* hai recensito di nuovo? Wiiiii! Grazie per i complimenti, prometto di avvisarti la prossima volta che posto =^^=. Bi è uno dei miei personaggi preferiti in questa ff, anche se li adoro tutti. Come ti ha lasciato questo Bi? Rincoglionita o spiazzata? Aspetterò la tua onorevole opinione. Ciaoooo! P.S perché continui a lasciare le recensioni nel primo capitolo della ff invece che sull’ultimo? Non capisco ?_?

 

Grazie anche a chi segue, preferisce o legge soltanto.

Mi inchino davanti a voi, o divini lettori XDXD scherzo, scherzo.

Ringrazio tutti di aver letto fin qui, avete un’ ottima resistenza!

Ciaoooooo!

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Capitolo 7
*** Rinnegato ***


Mental7-Rinnegato

-Rinnegato-

 

Mike tirò un sospiro di sollievo mentre Billie Joe continuava a guardarlo stupito, incapace di parlare.

-T-tu… cosa c-ci fai… qui?- disse con il fiato corto.

-Potrei farti la stessa domanda, sai?- rispose.

Dopo questo breve scambio di battute, il più grande aiutò l’altro ad alzarsi e, insieme, si sedettero su una panchina.

Faceva freddo.

Il vento di settembre muoveva leggermente i loro vestiti facendoli rabbrividire.

Eppure erano tranquilli, sereni.

Non avrebbero voluto essere in qualsiasi altro posto.

I pensieri nascevano, crescevano e poi morivano in un gioco senza capo né coda.

Alcuni, i più dolorosi, però non volevano mollare e tiravano, tiravano, per uscire.

-Senti Bill… io…- provò a esprimersi Mike.

Il bambino affianco a lui aveva lo sguardo puntato negli occhi del suo nuovo amico.

Aveva tutta la sua attenzione, in quel momento non esisteva altro.

Mike era contrastato. Parlare o avere l’illusione che tutto vada bene?

-Niente. Devo andare a casa- concluse alla fine.

La bugia poteva reggere ancora, il suo cuore poteva ancora farcela.

Billie Joe spalancò gli occhi a quell’affermazione per poi scuotere leggermente il capo in segno di assenso.

Lo guardò allontanarsi con le mani in tasca e a testa alta.

E ora?

Doveva continuare a piangersi addosso?

Doveva continuare ad auto- flagellarsi per un mondo che lo ripudiava?

Per una madre che lo voleva morto?

Per dei fratelli che lo odiavano?

Sentì una morsa alla bocca dello stomaco.

Qual’era la sua colpa?

Essere vivo?

Respirare senza problemi e camminare con le sue gambe?

No, il problema non era suo, era degli altri.

Lui… lui…

Lui era semplicemente sé stesso!

Se questo era un peccato, allora lui sarebbe stato un assiduo peccatore.

Suo padre gli diceva sempre che l’opinione degli altri era relativa, prima venivano i sentimenti.

In quel momento i sentimenti che lo scuotevano nel profondo gridavano solo una cosa.

Io sono quello che sono.

Non me ne frega.

Non m’importa.

 

Un sorriso spezzato s’impossessò del suo viso.

Aveva deciso.

Avrebbe pensato a modo suo.

Avrebbe fatto a modo suo.

Avrebbe vissuto a modo suo.

Nessuno lo avrebbe fermato.

Perché lui era un rinnegato.

 

Camminò fino a casa con questo pensiero.

Appena entrato sua madre gli venne incontro ma lui la ignorò e, sbattendo la porta, andò nella sua camera.

Il primo passo era fatto ora mancavano tutti gli altri.

Peccato che non fu così semplice come pensava.

Sul suo letto, sdraiata, c’era Anna.

La sua faccia di bronzo cedette per un attimo alla vista della sorella.

Sicuramente si era addormentata lì perché lo stava aspettando, voleva consolarlo.

Quanto avrebbe voluto correre da lei, farsi abbracciare e piangere, piangere e piangere.

Ma no, non poteva farlo, ora non più.

Così prese un cuscino e delle coperte e si distese sul pavimento a dormire.

Non aveva avuto cuore di svegliarla, alcune cose non cambiano mai.

Il pomeriggio dopo Mike era di nuovo nello stesso punto.

L’unico problema era la chitarra, faceva uno strano rumore.

Era tutto corrucciato e impegnato sulla sua chitarra che sobbalzò quando sentì una mano sulla spalla.

Si sarebbe aspettato di tutto. Un poliziotto, uno dei soliti bulli, i suoi genitori, ma non lui.

-Billie Joe? Che cosa ci fai qui?- gli chiese interdetto.

L’altro gli rispose facendo oscillare la sua chitarra davanti agli occhi.

Allora anche lui era un musicista, aveva ragione.

Senza lasciare spazio alla parole incominciò a suonare e Mike lo ascoltava con attenzione, rapito.

Cavolo se era bravo! Lui era lontano anni luce da quel livello.

Billie Joe si voltò verso di lui e gli parlò.

-Forza, cosa aspetti?-

L’altro rimase ancora più stupito, il suo tono era… felice?

Fece il suo solito sorriso sghembo per poi informarlo sulle condizioni della sua chitarra, ma l’altro lo sorprese ancora.

-Secondo te perché vado in giro con un tubetto di super colla?-

-Per incollarci le chiappe del preside?- rispose con ironia.

Lui scoppiò a ridere a quell’affermazione e Mike si sentì lusingato.

-Potrebbe essere un’ottima idea, ma la chitarra prima di tutto, coglione-

Sorrise a quell’insulto che sapeva d’amicizia.

Si trovava bene con lui, doveva ammetterlo.

Non si accorse neanche che l’altro, il suo amico, aveva già finito.

-Mike? Ti ho detto che ho finito! Devi solo aspettare che si asciughi-

Billie Joe sorrideva soddisfatto del suo lavoro ma Mike era dubbioso.

-Quanto ci vuole prima che si asciughi?- chiese.

-Dunque… circa tre, quattro orette, deve attaccarsi per bene- disse l’altro.

-Cazzo…-

Solo dopo averlo detto Mike si accorse di cosa aveva fatto, gli era scappato.

Ora aveva attirato l’attenzione di Billie Joe.

Ora avrebbe dovuto dare spiegazioni e lui non voleva.

-Bè, se vuoi per oggi suono io per te, così non perdi i soldi di questo pomeriggio-

Era la terza volta, o forse quarta?, che quel puffetto moro lo stupiva.

Come lo sapeva?

-Avevo notato che tenevi un cestino per le offerte, così ho tirato le somme ed eccoci qui! Comunque tu sai cantare?-

-Certo che so cantare ma… aspetta perché dovrei cantare?-

Billie Joe lo guardò stranito, quella mattina aveva dimenticato il cervello a casa?

-Perché voglio suonare una canzone e sarebbe bello se la cantassimo assieme, ti va?-

Assieme… assieme?

Non l’avevano mai fatto però si prospettava una cosa divertente.

-Perché no, ma ti avverto, io non sono tipo da canzoni “caramel pop”-

Il più piccolo scoppiò a ridere, la pensava allo stesso modo.

-Allora sei pronto? One, two. One, two, three go!-

Cominciarono a cantare e fare i cretini.

Quanto si stavano divertendo.

Mike alternava il canto al suo basso immaginario, dicendo “dirnt dirnt”.

Billie Joe rideva mentre cantava e continuava a suonare la sua chitarra.

La gente passava e li guardava.

Alcuni si fermavano e gli davano qualche soldo, altri commentavano acidi.

Ma a loro non interessava, loro volevano solo suonare, suonare e divertirsi.

Assieme.

I pomeriggi passavano ma la scena era sempre la stessa.

Trovavano nuovi testi da suonare.

Molto spesso facevano scherzi o facevano impazzire i passanti.

Avevano scoperto di essere nella stessa scuola però in sezioni differenti.

Infatti il preside si era ritrovato stranamente attaccato alla sedia.

I colpevoli non erano stati trovati.

Loro facevano di tutto ma la cosa importante non era lo scherzo in sé.

Era il fatto di farlo insieme.

Ridendo, quando la scampavano, o tristi quando li punivano e non potevano vedersi.

In due sole settimane erano diventati inseparabili.

 

Era il pomeriggio del trentun dicembre e pioveva, a dirotto.

Mike stava aspettando il suo migliore amico.

Migliore amico…

Quelle due parole lo fecero sorridere.

Lo aspettava sotto la tettoia del bar vicino al loro solito ritrovo.

Sapeva che né la pioggia né sua madre l’avrebbero convinto a non venire da lui.

Un altro sorriso.

Cavolo, quel puffetto aveva uno strano effetto su di lui.

Fu interrotto dai suoi pensieri da una visione a dir poco comica.

Billie Joe che correva sotto la pioggia cercando di tenersi su i pantaloni, troppo lunghi per lui, cercando di non cadere, era imperdibile.

Aveva già la battuta pronta, ma l’espressione del suo amico gli fece cambiare idea.

Era serio, dannatamente serio.

-Ehy, tutto ok amico?- chiese Mike sentendosi ridicolo a parlare come Bugs Bunny.

L’altro, con ancora il fiatone e le mani sulle ginocchia, non ascoltò minimamente la sua domanda.

-Mike… Mike…- disse mangiandosi le parole.

L’interpellato lo fissava e aspettava.

Ognuno aveva i suoi tempi, lui aveva imparato quali erano quelli del suo migliore amico.

Billie Joe fece un respiro profondo e lo guardò.

Diritto negli occhi.

-Mike ti andrebbe di conoscere mio padre?- sputò fuori frettolosamente, come se avesse paura di un rifiuto.

Lui sbuffò e fece il suo tipico sorriso sghembo.

Quel gesto, lo sapeva l’altro, valeva più di un “assolutamente sì”.

S’incamminarono, piano, sotto la pioggia.

Goccia dopo goccia.

Le parole rievocavano il passato.

Billie Joe parlava e Mike ascoltava.

Il più piccolo guardava la città, come se accasciati sulla strada ci fossero i suoi ricordi.

Le sue speranze, i suoi sogni rotti.

Cocci di una vita appena iniziata a cui era stato impedito di continuare.

Mondo di merda.

Ma questo era secondario.

Billie Joe parlava e Mike ascoltava.

 

A volte avrebbe voluto interrompere l’amico e sommergerlo di domande, ma sapeva che non era questo quello di cui necessitava.

Il più grande osservava e incanalava tutto ciò che sentiva.

Ora capiva, tutto. Non c’erano più segreti tra loro due.

Un peso, però, continuava a gravare sul petto di Mike.

Ammirava la volontà dell’altro, ammirava la sua forza.

Come faceva ad essere così… così sé stesso?

Come poteva dopo tutto quello che era successo?

Eppure lui camminava, rideva, si divertiva e suonava quella chitarra.

Quello stesso strumento che avrebbe dovuto odiare con tutto se stesso.

Era confuso, ma sapeva una cosa.

Anche lui doveva tirarsi via quel peso dal petto, o ne sarebbe rimasto schiacciato.

Quella strada non gli era mai sembrata tanto lunga.

 

Le gocce provvedevano a non lasciare seccare le labbra di Billie Joe.

Quanto era doloroso camminare per quel viale.

Quel viale che avrebbe potuto ironicamente rinominare “Boulevard of Broken Dreams”.

Pezzo dopo pezzo, passo dopo passo, stava raccontando la sua storia a Mike.

Già, a Mikey. Quel ragazzo con cui prima si era picchiato per poi diventare inseparabili.

Anna diceva che il mondo era imprevedibile e bellissimo.

Lui non era della stessa opinione.

Tutti quei pensieri non riuscirono a fermare il fiume di parole che produceva la sua bocca.

Tutto d’un tratto era diventato logorroico.

Bè, meglio logorroico che stressato fino al midollo.

 

Quando l’ultima verità, l’ultimo ricordo, finì calò il silenzio tra i due bambini.

Che dire? Che fare?

Niente, niente.

Solo tenere la bocca chiusa e camminare.

Camminare assieme, lungo quel viale.

Fare sentire all’altro che sei lì.

Sei insieme a lui e non vorresti essere da nessun altra parte.

Quello era il viaggio della speranza, alla ricerca di una fede persa.

Quella nella vita.

 

La pioggia lavava il loro passaggio, ma non poteva lavare i loro pensieri.

Quando l’ultimo passo fu compiuto, non ci furono più scuse.

Erano davanti alla porta dell’ospedale.

Poteva essere l’ultima volta in cui ci entrava, oppure no.

Non potevano più aspettare, non volevano aspettare.

Avrebbero affrontato tutto ciò che li avrebbe ostacolati.

Assieme.

Ora, tra un attimo, fino alla morte.

 

 

***Angolino della squinternata***

Ehilà! Sono tornata *passano le balle di fieno* (vattene e lasci in pace!ndB) zitto tu o se no faccio un finale strappa lacrime dove tu muori di atroci sofferenze (O_o ndTutti) non… non vi piace? *arrivano melanzane*

In verità con questo capitolo dovevo concludere questa parentesina sul passato di Bi e Mike ma ho tirato troppo la cosa così mi tocca farne un altro, chiedo perdono ^^’’ prometto che il prossimo sarà l’ultimo (si spera!ndB) è_é troppo insolente…

Questo strano capitolo che avete davanti è stato scritto ascoltando costantemente Are We The Waiting, canzone che adoro **. Infatti sembra un miscuglio tra questa, Boulevard of Broken Dreams e Jesus of Suburbia. (pazza! Sei tu quella da rinchiudere in manicomio!ndB) e naturalmente si chiama Rinnegato :D.

Basta con le baggianate e passiamo ai ringraziamenti!

 

Kumiko_Chan_: una nuova lettrice *O* che bellezza! Grazie per i complimenti, non sai quanto mi fa piacere che ti piacciano le mie storie =^^=. Questo incontro con Mike ha riscosso molto successo… allora forse ti sarà piaciuto anche questo capitolo!

 

Mariens:*gli manda un bacione virtuale* A, mia cara A! la mia storia entusiasma? Come al solito mi fai arrossire! Questi capitoli narrativi mi stanno sfinendo, sono terribilmente difficili e B continua a fare quel cavolo che gli pare sfociando nell’ OOC ç_ç. Mi dispiace tantissimo aver intristito Lauren, non era mia intenzione! Se le cose per B si metteranno meglio? Ehm ehm… siiiiiii *suda freddo*. Cambiando argomento ^^’’ non finirò mai di ringraziarti, Juliet mi ha detto che più lavoro c’è meglio è, quindi se gli dai i nomi dei tuoi “amici” ci pensa lei. XDXD Ciao.

 

ShopaHolic: grazie per i tuoi soliti commenti da capogiro, mi fai toccare le stelle. Ti sono venuti i brividi? Vado in visibilio **. Riguardo le circostanze dell’incontro di quei due pazzi ne ho pensate tantissime, alla fine erano rimaste questa e una a sfondo scolastico ma alla fine per attenermi un pelino di più alla storia originale ho deciso questa, sono felice che sia stata “azzeccata” ^^. Ti ringrazio anche per aver commentato le mie one-shot, ti dovrei dare una carta abbonati però non saprei la sua utilità XDXD.

 

heily blue: ed ecco qua il capitolo che aspettavi! Mi dispiace aver tardato ma il capitolo non voleva saperne! Sono felice che ti sia piaciuta la mia ff! ringrazio anche la noia XD. Grazie per gli innumerevoli complimenti!!! Per Trè… eh… lo vedrai in azione, non ti preoccupare XDXD. Appena avrò finito questi capitoli della “perdizione” verrà il suo momento. Ti dico solo di pensare a un Trè di appena 5 anni e tanti TANTI barattoli di yogurt XDXD. Vedrai vedrai. Spero che anche questo capitolo sia di tuo gradimento, ciao!

 

ladywho: questa volta hai commentato il capitolo giusto! Sono contentissima che questa ff ti piaccia anche se non è slash. Però questo capitolo… mentre lo rileggevo mi sono detta “cavolo! Ma qui è pieno di riferimenti slash!” pensavo di toglierli ma alla fine mi sono detta “li lascio per ladywho che li apprezza sicuramente”. Non posso garantirti che in futuro ce ne saranno degli altri però ci sto facendo un pensierino… XDXD. Come ti è sembrato questo Mike?

 

skye182cla: uhhhhh una new reader! Scoppio di contentezza! Ti piace il mio stile???? WAAA che bello!!! Devo dire che a me non soddisfa più di tanto. Io lo definisco strano XD. Sono contenta di riuscire a trasmetterti qualcosa. Mi dispiace aver ritardato e di aver postato un capitolo scritto con i piedi, spero che mi perdonerai! Sono curiosa di sapere la tua opinione, ciaaao!

 

12lilla12: per ultima ma non meno importante, la mia aspirante psicologa!!! Grazie di avermi tranquillizzato, in queste cose non sono molto brava ^^’’, a volte mi sembra di scrivere delle cose che non stanno né in cielo né in terra. *O* grazie infinite per queste nuove informazioni, ne farò tesoro. Questo capitolo è visto soprattutto dall’ottica di Mike, cosa te ne pare? Spero di non averti fatto addormentare con questo capitolo, se così si può definire.

 

Mi scuso per eventuali errori di ortografia e strafalcione, non ho avuto molto tempo per correggere, la scuola e la mamma chiamano -_-‘’.

Ringrazio infinitamente chi preferisce, chi segue e chi legge.

Vi abbraccerei tutti se potessi!

Alla prossima!!! >=3 tornerò!!!

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Capitolo 8
*** I bivi della vita ***


Mental8-I bivi della vita

I bivi della vita

Le porte automatiche si aprirono.

L’odore tipico degli ospedali investì Billie Joe.

Aveva voglia di vomitare.

Aveva voglia di scappare.

Aveva voglia di piangere.

Ma no, non poteva.

Prese un lungo respiro di quell’aria velenosa ed entrò a testa alta seguito da Mike.

Si sentiva morire.

 

Il più grande lo seguì.

Che il padre del suo amico fosse malato?

Eppure non ne sapeva niente.

Forse era un medico.

Si girò per chiederglielo ma, appena vide i suoi occhi, gli fu tutto chiaro.

Le mani strette, il mento rivolto verso l’alto e il suo sguardo rovente di rammarico.

Assolutamente e irrimediabilmente malato.

Per quanto il suo comportamento da fuori poteva sembrare borioso, era estremamente tormentato, sull’orlo di un bivio.

Disperazione o speranza?

Dopotutto anche lui era nella stessa situazione, solo che lui ignorava quel bivio.

Forse avrebbe dovuto anche lui raccontargli la sua maledizione.

Ma non in quel giorno, non in quel posto.

 

I ragazzi camminarono lungo quei corridoi.

Tutti uguali, tutti bianchi, intrisi di emozioni.

Disperazione o speranza?

Billie Joe aveva imparato a memoria quel percorso.

Non l’avrebbe mai scordato, mai.

Per quanto gli anni potessero cancellare i ricordi, quell’odore, quell'ospedale, quel numero, sarebbe rimasto impresso nella sua anima, marchiato con il fuoco dell’angoscia.

Il respiro rimase in gola a quella visione.

333.

Terzo piano, terzo corridoio, terza stanza.

Il tre non era il numero di Dio e il triplo tre dei miracoli?

Allora perché suo padre non era ancora guarito?

Perché il suo sorriso si spegneva ogni giorno di più?

Billie Joe strinse ancora di più i pugni.

Non aveva mai creduto nell’esistenza di Dio ma se esisteva, perché non faceva niente?!

 

Era fermo davanti alla porta, non accennava a muoversi.

Il tempo non passava e il silenzio regnava sovrano.

Mike, sempre dietro all’amico, decise di affiancarlo.

Bastò un secondo.

L’attimo in cui le loro spalle, non ancora adulte ma già cariche di problemi, si sfiorassero.

Solo un lieve tocco, casuale, senza secondi fini, bastò.

Bastò per far scorrere nuovamente il tempo.

Bastò per recuperare la speranza persa.

Bastò per ricordarsi che non erano soli.

 

La mano di Billie Joe era ferma sulla maniglia.

Il suo proprietario alzò lo sguardo spaventato da quel contatto, ma fu subito rincuorato da un dolce e sincero sorriso.

Mike voleva fargli capire che ci sarebbe stato, sempre.

Appoggiò delicatamente la sua mano sopra quella dell’altro e strinse.

Non l’avrebbe abbandonato, mai, qualsiasi cosa fosse successa.

Insieme aprirono la porta e una luce potente li colpì.

La stanza era illuminata, Andy Armstrong era sveglio e straordinariamente lucido.

-Papà!- gridò Billie Joe correndo dal padre.

-Sdraiati subito, non affaticarti a stare seduto!- lo rimproverò preoccupato, ma felice.

-Figliolo non ti ci mettere pure tu, ci pensano già i dottori a tenermi prigioniero qui.- rispose scherzoso l’uomo.

Vedere il padre così allegro, così vivo, lo fece sorridere di cuore.

Mike osservava la scena e rimase incantato dall’espressione di Billie Joe.

Quello era il sorriso più sincero, più vero, che aveva mai visto.

-Oh! Non mi ero accorto che avevi portato Mike!- esclamò Andy.

Il ragazzo, sentendosi nominato, scattò sull’attenti facendo ridere, e tossire, l’adulto.

-Mike stai tranquillo, non mangio. Il mio piccolo Billie Joe mi ha parlato molto di te.-

-Papà!- lo riprese imbarazzato da quel “piccolo”.

-Oh andiamo figliolo, come dovrei chiamarti? Il mio solenne gigante? Via quel muso!- disse l’uomo scompigliando i capelli del figlio provocando una breve, serena, risata.

Mike continuava a guardarli.

Tanto amore, tanto affetto.

Tutto racchiuso in quei piccoli gesti quotidiani che sapevano di casa, di famiglia.

Quei gesti che lui non avrebbe mai avuto.

Era tutto così caldo, avvolgente, tutto così intimo che lui si sentiva un intruso.

Forse era meglio andare via e lasciarli da soli.

Chi era lui per intromettersi in quel quadretto famigliare.

-Mike, allora, non sei curioso di scoprire i segreti dell’infanzia del mio piccolo Billie Joe?- lo interpellò l’uomo lanciandogli un’ occhiata divertita.

Il ragazzo non sapeva come comportarsi.

Lui era abituato a essere ignorato, non considerato minimamente.

Cosa spingeva quell’uomo a… a prestargli attenzioni?

-No papà, ti prego. Almeno risparmiagli la storia del parchetto!- supplicò il più piccolo.

-Ma se quella è la più bella! Vero Mike che vuoi ascoltarla?-

Ancora.

Continuava a coinvolgerlo.

Perché?

Guardò il suo amico e decise.

Al diavolo le domande!

-Assolutamente sì, signor Armstrong- rispose ghignando verso un Billie Joe ormai rassegnato.

-Bravo così ti voglio! Vieni, vieni, avvicinati. Avremo tempo per parlare mentre il mio adorato figliolo mi va a prendere una birra.-

-Ma papà la birra…-

L’uomo sbuffò prima di controbattere

-Ti prego, oh mio solenne gigante!-

Il più piccolo rise e borbottando qualcosa sulla salute uscì dalla porta.

Erano solo loro due.

Mike stava per chiedere qualcosa ma una potente tosse s’impossessò della gola di Andy.

L’uomo cercò di rimettersi in sesto il più presto possibile e mormorò un debole scusa.

Il bambino capì che aveva cercato di trattenerla per tutto il tempo per non far preoccupare il figlio, aspettando che fosse andato via eppure perché non aveva fatto uscire anche lui?

-Mike scusami se ho mentito, ma dovevo. In verità non ti ho trattenuto qui per raccontarti storielle divertenti su Billie Joe ma devo chiederti un enorme favore.-

Era terribilmente serio.

-Il mio tempo è vicino, lo sento. Queste ore sono paragonabili al sereno prima della tempesta. Non so quanto durerà ancora.-

Il più piccolo sentì il cuore battere sempre più velocemente.

Perché gli diceva quelle cose?

Perché le rivelava a un bambino di dieci anni appena conosciuto?

-Io… io voglio essere certo che Billie Joe viva al sicuro e sereno, mi capisci vero? Non vorrei mai che per colpa mia si autodistruggesse. Non lo sopporterei. Vorrei essere io a vegliare su di lui, vorrei essere io a proteggerlo, ma non posso. Per questo mi sto rivolgendo a te.-

Gli occhi chiari e penetranti di Andy s’incatenarono con quelli del suo interlocutore.

-Vorrei che fossi tu a proteggere mio figlio.-

A Mike mancò il fiato.

Lui?

-Non essere stupito, so quel che basta per avere la certezza che tu non abbandonerai mai Billie Joe. Mio figlio mi ha raccontato tutto, sai? La vostra amicizia mi sembra più salda di molte tra adulti.-

Era davvero così?

Come poteva fidarsi di lui?

-Tu conti davvero molto per lui, non aveva mai portato nessun altro a conoscermi.-

Il cuore di Mike ebbe un sussulto.

Nessun altro?

Billie Joe si fidava a tal punto di lui?

Lo considerava così tanto?

Sentì il suo petto infiammarsi di un emozione sconosciuta.

-Signore io…- non trovava le parole.

Come poteva dare forma a ciò che lo scuoteva, lo scaldava, dentro?

-Veglierai Billie Joe? Proteggerai mio figlio da qualsiasi cosa, Michael Ryan Pritchard?-

Mike strinse le labbra e annuì con sguardo deciso.

Avrebbe fatto qualsiasi cosa per il suo amico.

Andy sospirò, come se si fosse tolto un macigno dal petto, e tossicchiò un po’.

-Bene, sapevo di poter contare su di te, grazie di tutto cuore.- disse sorridendo l’uomo.

Poi fece una cosa che Mike non si sarebbe mai aspettato.

Lo abbracciò.

Lo abbraccio come se fosse un padre.

Lo abbraccio come se fosse suo figlio.

Era piuttosto imbarazzante, ma non poteva competere con l’appagamento.

-Bene! Direi che abbiamo ancora un po’ di tempo prima che quella testa quadra di mio figlio si ricordi che non vendono birra negli ospedali. Che ne dici? Ti va di sentire la storia del parchetto?-

-Certo!- rispose entusiasta Mike.

A volte le domande erano completamente inutili.

I bivi andavano affrontati, non ignorati.

Pensava a questo mentre rideva, rischiando di cadere dalla sedia, per le disavventure di Billie Joe.

 

 

 

***Angolino della squinternata***

Ehilà! Sì, sono io. No, non sono morta.

Scusatemi per l’immenso ritardo e per il capitolo microscopico.

Ieri sera mi è successa una cosa che mi ha permesso di scrivere questo pezzo. Normalmente sono troppo felice per scrivere pezzi tristi come questi ma ieri sera… lasciamo perdere.

Devo avvisare che questo è il penultimo pezzo dell’infanzia di Billie Joe, il prossimo sarà l’ultimo (spero!).

Avrete notato che è quasi interamente dedicato a Mike. Spero di aver reso bene questo personaggio a cui tengo veramente molto. Qui ho incominciato a introdurre il “problema” di Mike che scoprirete nel prossimo capitolo.

Scusatemi per la caratterizzazione di Andy, ma mi andava di farla così. Spero di non aver deluso le vostre aspettative con questo capitolo scritto con i piedi. Avrei voluto aspettare di averlo completo ma era molto che non postavo così…

Volevo solo specificare che è vero che Mike è stato uno dei pochi a conoscere di persona Andy Armstrong.

Bene, sperando di aver detto tutto, passo alle risposte al precedente capitolo!

 

heily blue: Devo dire che il caso gioca poche volte a favore di Bi ma quando lo fa ci da dentro alla grande XD. Una amicizia del genere non è facile da trovare, gli amici per quanto possano essere stretti hanno sempre quel qualcosa che manca. Il mio maestro di karate dice sempre che l’uomo più fortunato della terra è quello che ha incontrato un vero amico. Contentissima che tu abbia trovato realistico Billie Joe (anche lui non è facile da caratterizzare, io non voglio fare un Bi frignone ed emo!). XDXD Tranquilla per lo slash, anch’io rileggendo il capitolo mi sono accorta di alcuni accenni non voluti XD. Billie Joe è un pervertito, concordo U.U (brutta…ndB) prego? Cosa stavi dicendo? Vuoi morire lentamente e dolorosamente? Non c’è problema! (Nooo non mi stavo riferendo a te ndB ^^’’) ahhh mi sembrava XDXD. Ciao e grazie di commentare sempre **.

 

 Kumiko_Chan_: torna subito? Oh che carina! Grazie =^^=. Anche nella realtà, a quanto so, la loro amicizia è nata in fretta. Il preside e i passanti ci faranno l’abitudine prima o poi XDXD. Davvero in stile Boulevard of Broken Dreams? *saltella di gioia* Spero che ti piaccia questo capitolo past, Juliet tornerà al più presto e conosceremo anche la sua famiglia TAAA DANNN. Grazie infinite, ciaooo!

 

Mariens: A!!! Non sai quanto sono felice quando leggo i tuoi commenti! Se leggendo il capitolo scorso hai capito che ero carica, da questo capirai come sia il mio stato d’animo ^^’’. Lo spirito ribelle non può mancare, mai. Soprattutto in Bi! Billie Joe rimarrà sempre l’eterno bambino cresciuto troppo in fretta a causa degli avvenimenti della vita. Uff… sono ancora bloccata nei capitolo past, questo è il penultimo… spero. Grazie per i tuoi incoraggiamenti, mi sei veramente di sostegno. Grazie di cuore.

 

ShopaHolic: devo assolutamente spedirti la carta abbonati al più presto! La loro amicizia viene sempre più a galla, non possono stare separati. Sono contenta di avere dato una piega realistica al sentimento che li lega, pensavo di essere stata troppo frettolosa ^^’’. Io? Un genio? Ma tu vuoi farmi volare in paradiso! *O* grazie mille!

 

ladywho: devo dire che anche io la penso come te su quei due. ** sono contentissima di avere reso bene Mike, ci tengo moltissimo alla sua caratterizzazione. Piuttosto… come ti è sembrato in questo capitolo il nostro Mikey? Ho provato a far salire a galla la sua fragilità ma che vista dall’esterno non si nota. Perché in fondo secondo me Mike fa così, se gli succede qualcosa non vuole che gli altri si preoccupino. Ok, sto divagando XDXD. Eccoti la parte di Andy, spero che sia come te lo sei immaginato. Grazie, oh grande dea dello slash, per avere commentato! Thanks.

 

12lilla12: davvero è stato interessante? *esulta con trombette* se ti è piaciuta l’ottica di Mike, te la ripropongo in questo capitoletto scritto con le dita dei piedi ^^’’. Billie Joe ha l’antenna attrai sfortuna incorporata XDXD non ci posso fare niente XDXD. Spero che questo capitolo ti sia piaciuto e non ti abbia deluso. Come ti sembra la caratterizzazione di Mike?

 

skye182cla: grazie, grazie, grazie per i complimenti >///<.  Siii mitico Mike ** ma sai che il soprannome “Dirnt” viene proprio da lì? Veramente Mike suonava il basso immaginario cercando d’imitarne il suono cantando dirnt dirnt XDXD Quante cose si scoprono eh? Grazie mille per la recensione ^^.



RINGRAZIO ANCHE CHI LEGGE, CHI SEGUE E CHI PREFERISCE.
THANK YOU SO MUCH!!!

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Capitolo 9
*** Fratelli nel Dolore ***


Mental9-Fratelli nel Dolore

-Fratelli nel Dolore-

 

Mike sospirò.

Era davanti alla porta di casa sua, era quasi ora di cena e lui aveva fame.

Bussò e aspettò.

Delle grida che venivano dall’interno sovrastavano il suo battere.

Un'altra ferita nel suo cuore.

Era stufo di quella situazione, di quella casa, di quella famiglia, se cos’ si poteva chiamare.

Loro non erano i suoi veri genitori.

Sua madre era una tossico dipendente e lui era stato affidato ai servizi sociali per poi essere smollato ad una famiglia adottiva.

Picchiò con tutta la rabbia che aveva in corpo, facendosi male alle nocche.

Le voci si fermarono e ci fu il silenzio.

Quel silenzio teso, così assordante, pieno di parole non dette.

Odiava quel silenzio, odiava quelle urla.

Odiava quella vita.

La porta fu aperta da una donna che gli sorrise tirata.

-Mike, giusto in tempo per la cena.-

Ecco, questo è l’unico commento che sapeva fare. La cena.

Non si era preoccupata di dove era stato, con chi era stato o a fare cosa.

No, era come se non esistesse.

Subito gli saltò in mente l’immagine di Anna che ricopriva di domande Billie Joe.

Già, Billie Joe. Una delle poche cose belle della sua vita.

Non riusciva a capire bene cosa lo legasse a quel ragazzo, ma sentiva che c’era qualcosa.

Magia?

Chi può dirlo, sicuramente non un bambino di dieci anni.

Entro mesto in casa.

Un uomo, con lo sguardo indifferente mascherato con uno occupato, lo salutò a mala pena.

Dopo tutto chi era lui per meritarsi il saluto di quello che sarebbe dovuto essere suo padre?

Nessuno, ecco chi era.

A volte faceva male, davvero.

Però ci aveva fatto l’abitudine, più o meno.

Da quando stava con Billie Joe aveva capito che non era tanto male essere un Nessuno se essere un Qualcuno vuol dire essere come il resto della società

Meglio stare fuori dalla massa, se questa è indice d’ipocrisia.

 

La casa era fredda, non comunicava niente.

I mobili scelti dal più esperto degli arredatori, i quadri comprati solo per la fama, le foto scattate più per obbligo che per piacere, l’ordine maniacale.

Tutto ciò che lui detestava.

Era tutto così perfetto, ma non era questa la realtà.

In verità era tutta una farsa progettata per fare bella presenza.

Mpf… bella presenza, che parola inutile.

Continuava a ripeterla, mentre saliva le scale verso la sua camera.

Neanche un richiamo per la cena.

Certo, a chi importava se lui mangiava?

Un ricordo di un pomeriggio passato lo fermò sulle scale.

-Cavoli Mike, come sei magro! Ma mangi? Guarda che se non mangi, non cresci e non sei in forze! Poi io con chi mi diverto? È da idioti non mangiare!-

Sorrise impercettibilmente.

Billie Joe, sempre lui.

Quel puffo aveva monopolizzato il suo pensiero, il suo tempo e le sue giornate.

Ancora non capiva come aveva fatto, il loro primo approccio non era stato dei migliori.

Era stata una gran bella scazzottata, la migliore della sua vita.

Il sorriso aumentò ancora.

Certo era Nessuno, ma per Billie Joe lui era Qualcuno.

Mike non chiedeva altro.

 

Riprese a salire le scale e si chiuse in camera, appoggiò la chitarra e si sdraiò sul letto.

La testa era leggera e il pensiero volava.

Volava, superava la camera, il salotto, le urla e usciva all’aperto.

Volava, superava le strade distrutte, l’ipocrisia, il dolore e rincorreva la vita.

Quella vita che gli era stata tolta troppo presto.

Lui non credeva in niente, tranne che nella speranza.

La speranza di un mondo migliore, di un futuro.

Il futuro che ai Nessuno come lui era vietato.

Ma lui se ne fregava, se ne fotteva di ciò che dicevano gli altri.

Avrebbe fatto a modo suo, avrebbe vissuto a modo suo.

Come faceva Billie Joe.

Sorrise soddisfatto.

Sì, come Billie Joe.

Aprì gli occhi e tirò fuori la rabbia repressa negli anni.

Scese dal letto e corse giù per le scale.

Ormai non gliene fregava più niente delle loro attenzioni.

 

La cena passò nel più completo silenzio e, per la prima volta, Mike non si senti schiacciare.

Era estraneo a quella situazione, come se non appartenesse più a quella famiglia.

Forse era così, ora era un semplice bambino.

Era solo Mike, non Michael Ryan Pritchard.

A quel pensiero si sentì ancora meglio, si sentì libero per la prima volta dopo tanti anni.

Libero dalle grida, libero dall’ipocrisia, libero da un peccato che non era il suo.

Dopo la cena gli adulti uscirono e lui si mise in sala a strimpellare un po’ con la chitarra.

Stava suonando per l’ennesima volta la stessa canzone, ma non stava provando niente.

Non era colpa della canzone, né della musica.

Solo gli sembrava così pesante suonare la chitarra, quella era adatta per Bill.

Lui voleva uno strumento più dinamico, uno strumento che con la sua semplicità riuscisse a stupire tutti e a lasciarli senza fiato.

Proprio mentre rifletteva su questo il campanello suonò.

Uff, sicuramente avevano dimenticato qualcosa.

Aprì la porta con una faccia scocciata, ma quell’espressione mutò alla visione che gli si parò davanti agli occhi.

-M-Mike…-

Un brivido gli passo lungo la schiena.

Billie Joe era di fronte a lui, bagnato fradicio e con la testa china.

Cosa significava tutto questo?

Le domande erano tante e la confusione troppa, così decise di lasciare perdere i perché e concentrasi esclusivamente sull’amico.

Con un gesto lo invitò a entrare e il bambino, tremante, avanzò fino a quando Mike non gli chiuse la porta alle spalle.

C’era un terribile silenzio che appesantiva ancora di più la situazione, ma nessuno dei due si azzardava a parlare.

Gesti, solo piccoli gesti, dettati da una fiducia e una cura reciproca.

Gli vestiti bagnati furono tolti, prontamente sostituiti con altri asciutti e caldi.

Mike notò come i suoi indumenti stessero larghi all’amico e ebbe l’istinto di sorridere, ma non lo fece.

Billie Joe non aveva ancora detto una parola e sembrava intenzionato a mantenere quella posizione per tutta la serata.

All’altro ciò non dispiaceva, perché alla fine neanche lui sapeva cosa dire.

 

Mike prese la mano dell’amico e lo condusse su per le scale fino alla sua camera.

Chiusa la porta, si sdraiarono entrambi sul letto a contemplare il soffitto bianco.

Il silenzio era palpabile, neanche il vento e la pioggia riuscivano a scalfire quella bolla di sapone che si era venuta a creare in torno a loro.

I respiri quasi impercettibili si mischiavano tra loro, donando alla stanza una sensazione di famigliarità che Mike non aveva mai notato.

Si trovò a sospirare.

Aveva avuto per l’ennesima volta la conferma di quanto Billie Joe fosse diventato importante per lui.

Sentiva un legame, un sottile filo rosso, unirlo all’altro.

Era strano, ma assolutamente confortante.

Billie Joe era tutto quello che Mike aveva sempre desiderato.

Una persona con cui ridere, scherzare, piangere, fare a botte, confidarsi.

Una persona con cui non importa ciò che si fa, basta che sia fatta assieme.

Anche stare in silenzio a guardare il soffitto.

Nonostante questo, i dubbi rimanevano e la curiosità chiedeva di essere saziata.

Ma ciò non era importante, non così importante come quel silenzio.

Il loro silenzio.

 

Perso nei suoi pensieri, Mike si accorse in ritardo delle mani strette a pugno dell’amico.

-È morto- disse.

-Mio padre è morto-

Basto questo, bastarono quelle poche parole per sconvolgerlo completamente.

Non pensò, agì.

Subito si girò verso l’amico e lo abbracciò, facendo posare la sua testa sulla spalla.

Non disse niente, lo strinse soltanto.

Come se con solo un abbraccio potesse fargli capire quanto gli volesse bene.

Un singhiozzo gli trafisse l’orecchio.

Sentiva il corpo dell’amico sciogliersi alla sua presa e rilassarsi.

Altri singhiozzi e le prime lacrime della serata.

L’abbraccio divenne più stretto, quasi soffocante.

Ma aveva bisogno di sentirlo, di farsi sentire.

Lui era lì, lui ci sarebbe sempre stato.

Non era solo, non erano soli.

Perché sapeva che questo stava provando Billie Joe.

Solitudine.

Si sentiva sperduto nel viale vuoto che era stato quell’ultimo mese.

Aveva voglia di urlare, ma non poteva.

Aveva voglia di piangere, ma non poteva.

Aveva voglia di scappare da quel maledetto viale, ma non poteva.

Non finché fosse rimasto solo.

E Mike, quella sera, cercava disperatamente di trovarlo.

Di trovare uno svincolo nel suo viale per arrivare a quello dell’amico.

Cercava di sfuggire a quella stupida regola che non ammetteva l’incontro tra due rette parallele, o in questo caso, tra due vite parallele.

Così vicine, ma al tempo stesso così lontane.

Stupide regole imposte da uno stupido mondo.

Costringevano le persone a trattenersi, a non esprimersi liberamente.

A non essere se stessi.

Ora basta, ora è finita.

Al diavolo le regole, al diavolo il mondo.

Conta solo questo istante.

 

Sentiva gli occhi bruciare, sentiva il cuore urlare.

Era finito il tempo della rabbia repressa, era finito il tempo delle parole taciute.

-Bill, ti devo raccontare una storia, ti va di ascoltarla?-

Niente più segreti.

-Inzia così: c’era una volta un bambino di nome Michael Ryan Pritchard…-

Per quanto facesse male, per quanto avesse graffiato, morso e colpito la sua anima, lui avrebbe continuato a parlare e a raccontare la sua storia.

La storia della sua vita.

Che non era una favola, ma neanche una tragedia.

Era una semplicissima storia, triste, difficile e dannatamente reale.

Ma non importava, perché Billie Joe aveva il diritto di sapere.

Di lui si fidava, era l’unica persona a cui avrebbe affidato la sua vita, la sua storia.

 

Così passarono la notte.

Tra lacrime per i sogni infranti, passati nascosti e rabbie soffocate.

Semplicemente loro.

Nessuno per la società, Qualcuno per loro.

Semplicemente Mike e Billie Joe.

 

 

 

 

***Angolino della squinternata***

Ehm… saaalve… ehehe sapete com’è io… *incominciano a volare le cose più disparate*

Sì, sono tornata e inutile dirvi quanto sono dispiaciuta per questo ritardo >.<

Mi scuso tantissimo per aver lasciato passare così tanto tempo, ma io e le long fic non andiamo proprio d’accordo.

Tengo molto a questa storia, anche se è terribilmente difficile da scrivere e prima o poi mi farà venire un ulcera perché seriamente è troppo complicata da tenere a bada.

Finto con le mie patetiche scuse passiamo al capitolo!

Con questo finalmente si conclude il girone dei capitoli past only Bì and Mike (wow suona bene! =D). Con il prossimo si tornerà al presente con la nostra Juliet in bicicletta.

Vi anticipo che riusciremo a conoscere meglio questa ragazza rimasta un po’ nel mistero e capirete anche chi è questo fantomatico Gideon da lei sempre citato.

Un’altra cosa! Sicuramente avete notato che questo capitolo è interamente dedicato a Mike, non mi sono soffermata tanto sulle sensazioni di Bì sulla morte di suo padre proprio per questo. Il protagonista era Mike quindi per un attimo ho accantonato Billie Joe e ho lasciato spazio hai suoi pensieri. Forse molti di voi penseranno che sia affrettato ma cercate di capire, raccontare la sua storia equivaleva a distrarre in qualche modo Bi dal suo dolore e concentrarlo su qualcos’altro, in questo caso il dolore di Mike. Allo stesso tempo questo fa si che nessuno dei due si senta più solo perché sono sulla stessa barca, sono “Fratelli nel dolore” come cita il nome di questo capitolo.

Altra cosuccia è che veramente la madre di Mike era una drogata e lui è stato adottato da un’altra famiglia. Ovviamente non penso che lo trattassero male però mi ha perplesso il fatto che Mike sia andato ad abitare a casa di Billie Joe quando è cresciuto senza un motivo apparente.

Ora che ho finito (finalmente!ndB) passiamo alle risposte alle recensioni del precedente capitolo **

 

Mariens: ciao A! ^^ naturalmente non rispondo alle tue domande sul mio stato d’animo perché ormai sto bene XD se solo ripenso a quel periodo mi sembra passato un secolo! Non solo quel capitolo, ma tutta questa ff è amara non perché io sia sadica e voglia far soffrire i personaggi, semplicemente perché la vita è amara, molte volte bella ma anche amara. Io sto cercando di mantenere più realismo possibile. Sono contentissima di averti fatto apprezzare i momenti padre-figlio, visto che non è una cosa che succede tutti i giorni. Hai visto? Ce l’ho fattaaa! Ho finito i capitoli past! Seee! Adesso si riprende con il presente e la nostra cara psicologa. Non sai cos’ho in mente per lei! Basta che se no ti faccio più spoiler di quanto io ti abbia già fatto XD. Bacio sia a te che a Lauren che a Bi che a Mike che a Trè che alle donzelle…

 

ShopaHolic: dirmi che ti emozioni leggendo le mie storie è il complimento più grande che tu mi possa fare. Perché nonostante sia ripetitivo, sia usatissimo e a volte dato per scontato è la cosa più importante per un autore. Trasmettere. Che siano sentimenti o messaggi non importa, basta che lascino una traccia. Andy si sente terribilmente in colpa, perché lui sa ma non può dire niente a suo figlio. È arrabbiato con se stesso. Per quanto sia forte l’amore il cancro riesce a vincerlo, lui non sentirà niente ma quelli che lascerà sentiranno, oh si che sentiranno. Per questo si sente in colpa Andy, lui non vuole fare soffrire nessuno, tanto meno il suo figlioletto che ha incontrato troppo presto la verità cruda della vita. Spero di continuare a coinvolgerti perché ora tu non immagini neanche come gireranno le cose, forse smetterai anche di leggere però deve andare così, magari arriverai alla fine solo per tirarmi una ciabatta in testa XD. Scusami se ho aggiornato dopo secoli, cercherò di essere più puntuale… grazie mille per i tuoi meravigliosi commenti, non so come farei senza, mi danno sempre tanta carica =^^=

 

 

 ladywho: sono bambini, solo bambini e questo fa ancora più riflettere. Io la penso come te sull’infanzia di Mike e Billie Joe, infatti hai notato come ho allargato la cosa in questo capitolo (anche se avrebbe meritato più di ciò che ho scritto). Andy ha uno scopo, ora che sta per andarsene deve portare a termine ciò che si era prefissato, certo gli dispiace per Mike ma non può fare a meno di chiedere il suo aiuto. “Resterà se,pre quel sognatore dagli occhi verdi come là speranza.” Sì, è esattamente come hai scritto tu, non avrei saputo trovare parole migliori, davvero. Anche quando mi fai delle recensioni sei capace di spiazzarmi, sei incredibile. Grazie per il tuo supporto, bacio.

 

Kumiko_Chan_: la tristezza doveva esserci, in momenti del genere arriva perfino a pesare sul petto. Andy aveva un compito da portare a termine ma non avrebbe potuto farlo. Il cancro è stato più determinato di lui, per questo ha chiesto a Mike. Billie Joe farebbe qualsiasi cosa per suo padre, ha una totale fiducia in lui per questo non ci pensa neanche che negli ospedali non vendono birra, infondo ha dieci anni, è un bambino. Non t’immagini neanche cosa è successo al parchetto XDXD ti dico solo Billie Joe e principessa, il resto deducilo tu XD. Finalmente nel prossimo capitolo ci sarà la psico(patica)loga Juliet XDXD Grazie mille per avermi fatto ridere con il tuo commento!

 

 skye182cla: commento corto ma pieno di emozione! Tutto il capitolo è sul filo del rasoio, basterebbe uno spiffero fuori posto a far saltare tutto. Tensione, incertezza e disperazione. Un climax da infarto XD. Grazie ancora.

 

 lynch: mi commenti anche qui? *si scoglie* grazie, grazie, grazie non so che dire >///< mi metti in imbarazzo così! Sono così contenta di averti fatto provare le stesse emozioni che mi fai provare tu con le tue fantastiche storie, e quasi come rendere il favore, no? XD spero che questo capitoletto non ti abbia deluso e ti abbia colpito almeno un po’. Spero di sentirti presto (ho voglia delle tue storieeee) ciao.

 

Rebel Girl: davvero ti piace l’idea? Sono contenta che la ritieni una storia originale =^^=. Cercherò di aggiornare il più presto possibile però non posso assicurare niente, scusa. Grazie anche per le bellissime lodi alla mia scrittura ^^. Non me le merito.

 

12lilla12: la mia mezza psicologa! Mike… un tronco? XDXD oddio questa non l’avevo mai sentita. Qui come ti è parso? Hai capito perfettamente la caratterizzazione che volevo dargli. Accidenti, devo stare attenta o se no tu mi scopri tutta la trama prima che finisca la storia XD! E il prossimo capitolo si torna al presente con Juliet, naturalmente vorrò tutte le tue impressioni sul personaggio, mi farebbe tantissimo piacere ^^. Siamo assolutamente e irrimediabilmente tutti matti, hai ragione. Grazie mille.

 

 heily blue: per ultima, ma non meno importante, ci sei tu! XDXD tranquilla a volte capita anche a me di perdere degli aggiornamenti, non è la fine del mondo, non ti perdi niente di che alla fine.  Bi e Mike sono semplicemente loro, è difficile descriverli in altri modi. Li hai trovati realistici?*fa tre, e dico tre, salti di gioia*  Qui ho dato molto spazio a Mike perché in seguito lo lascerò un po’ da parte, anche se mi dispiace. Andy è difficile da immaginare, visto che non abbiamo informazioni su di lui. Ho pensato come potrebbe essere uscito un coso come Billie Joe se non aveva un padre speciale? Partendo da questo presupposto ho creato il “mio” Andy. L’amicizia è una cosa importantissima, senza di essa nessuno di quei due sarebbe andato avanti. La solitudine è una brutta bestia, l’unico modo per sconfiggerla è essere uniti. Anche in questo capitolo avrai notato il fattore “solitudine”, una solitudine che alla fine li lega, cavolo se sono contraddittoria XD. Grazie, davvero.

 

Naturalmente ci tengo a ringraziare anche chi legge, chi segue e chi preferisce.

Un infinito grazie a tutti.

Alla prossima! Si torna nel presente, seeee!

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Capitolo 10
*** 4 Dicembre, mattino. ***


Mental10-4 Dicembre, mattino

-4 Dicembre, mattino.-

 

Settembre era finito.

Ottobre era volato seguito da novembre.

Dicembre era piombato con tutta la sua pesantezza e la sua tristezza.

E Natale?

Natale è una festa per bambini e famigliole felici.

L’unico giorno che si salvava era proprio oggi.

Il 4 dicembre.

Sapete il perché?

-Buongiorno Billie Joe!-

No?

-Bì? Ma cosa stai facendo?-

Juliet lo sa molto bene.

 

 

Il ragazzo alla voce femminile, ormai conosciuta, si voltò.

Gli occhi vagavano ansiosi.

-Cosa stavi facendo?-

Chiese lei con sincera curiosità.

Accidenti.

Le cose si mettevano male per l’angelo del mistero.

Prese in fretta una decisione.

Aprì la bocca con uno schiocco e indicò stupito un angolo della camera.

Juliet, sorpresa da quell’espressione, si voltò verso punto indicato, ma non vide niente.

Il gioco era fatto.

Era o non era un perfetto attore?

Si girò per osservare il ragazzo, ma tutto era tornato tranquillo.

Del misfatto rimaneva solo un fruscio perso nell’aria.

Juliet lo guardò perplessa per poi sospirare.

Non sarebbe riuscita a cavare un ragno dal buco, ne era sicura.

Se ne sarebbe occupata poi, oggi aveva troppe cose da fare.

I mesi erano passati e il rapporto che la legava con Billie Joe si era intensificato.

Si era sentita più vicino a lui dopo la giornata passata sotto il salice.

Quanto aveva piovuto quel giorno!

Per poco non si prendeva una polmonite.

Da allora si erano avvicinati, quasi inconsapevolmente.

Discutevano.

Cioè, Juliet gli parlava e Billie Joe interveniva di tanto in tanto, ma si mostrava interessato.

Aveva scoperto tante cose, Juliet, veramente tante.

Aveva scoperto che gli piaceva ascoltare la radio, soprattutto se c’erano i Ramones.

Aveva scoperto che faceva parte di una band insieme a Mike e Trè.

Aveva scoperto che i suoi parenti non lo passavano più a trovare.

Ecco, su quel punto si era un po’ innervosita, poi la sua mentalità da psicologa aveva fatto due più due e aveva capito il motivo.

Avevano perso la speranza.

Non credevano più in lui.

Aggrottò le sopracciglia a quel pensiero.

Non le piaceva per niente.

Bisognava lottare, sempre e comunque.

Lo aveva imparato a sue spese.

A spese di Gideon.

Degluitì.

Era il 4 dicembre.

Billie Joe osservava impassibile le emozioni muoversi sul viso di Juliet

Ne aveva tantissime, bastava solo soffermarsi ad osservarla per trovarle.

Era straordinaria.

Era una ragazza straordinaria.

-Allora Bì? Oggi che hai voglia di fare?-

Spostò gli occhi sul pavimento arricciando le labbra per poi dire

-Un giretto-

Non ci aveva pensato, solo dopo si rese conto di ciò che aveva fatto.

 

Juliet venne scossa da quella voce.

L’aveva sentita molte volte ormai, ma non riusciva ad abituarsi.

Annuì e gli disse di aspettare un attimo.

Uscì dalla porta e se la chiuse alle spalle.

Fece solo in tempo a vedere Billie Joe che, frenetico, cercava qualcosa.

Poi, Juliet, ci penserai poi.

Se lo ripeteva la ragazza, mentre si dirigeva verso l’ufficio del dottor Queer.

Storse le labbra nel pensare a quell’uomo.

Non le piaceva per niente.

Secondo lui i pazienti non erano persone, solo animaletti da tenere a bada.

Soldi, soldi e sempre soldi.

Quanto faceva schifo quel paese.

Se non avevi soldi non eri nessuno.

Meglio essere Nessuno che sentirsi sporchi.

Perché i soldi rendono sporchi, disonesti e ipocriti.

Bussò alla porta dell’ufficio e mise su la sua maschera da “dipendente modello”.

Si salutarono cordialmente, anche se l’uomo non la degnava di uno sguardo.

-Mi scusi se la disturbo dottor Queer, ma Billie Joe voleva fare un giretto e…-

Non la lasciò neanche finire che subito partì all’attacco.

-Billie Joe? Chi? Il cleptomane perennemente incazzato, quella bestia da circo?-

Aveva già detto che lo odiava?

-Sì- rispose stringendo i denti – Il paziente della stanza 7 di questo piano.-

Lui, senza neanche smettere di battere alla tastiera gli rispose con finta compassione.

-Mia cara, si vede che lavora da poco qua dentro.-

Una risata viscida si propagò per la stanza.

Che schifo.

-Vede… lei è giovane, ma imparerà con l’esperienza a diventare come me.-

Le parlò borioso e saccente.

Juliet sperò con tutto il suo cuore di non assomigliare mai a un tipo come lui.

Quanto avrebbe voluto dirgli tutto quello che pensava…

-Deve capire che quelli come lui sono senza speranza, li teniamo qui solo perché nessuno li vuole più, come è ovvio che sia.-

Come è ovvio che sia…

Strinse i pugni.

Bestia da circo, senza speranza e poi?!

Non ce la faceva veramente più, ma aveva promesso.

-Le assicuro che ho tutto sotto controllo, un giretto e poi…-

-Forse non mi sono spiegato, signorina. Il mio era un modo gentile per dire no e poi mi dica-

Un'altra risata che le fece ghiacciare il sangue nelle vene.

Di rabbia.

-Che cosa cambia a quella sottospecie di umano se esce o no. tanto non ci sta con la testa, non capisce niente. È inutile, è inutile trattare con casi del genere. Creda a me, glielo assicuro.-

Proclamò con fare lascivo.

 

Che schifo.

Che schifo, che schifo, che schifo!

Una sottospecie di umano… ma chi si credeva di essere?

Lurido uomo, viscido bastardo.

Ma non poteva disubbidire, era il capo.

Cosa avrebbe fatto se lui l’avesse licenziata.

Non poteva proprio fare niente.

Zitta e subisci.

Non sei nessuno per protestare.

Quante volte aveva sentito queste parole.

Una mano invisibile le strinse il cuore.

Faceva male, tanto male.

Si morse il labbro e a testa bassa si diresse verso la porta.

Cosa altro poteva fare?

Quante volte avrebbe dovuto ingoiare il rospo?

Quante?

-No, io lo porterò fuori.-

Sussurrò sul ciglio della porta.

-Come scusi?-

Gli chiese distrattamente il dottore, mentre picchiettava sul suo computer.

-Io lo porterò fuori, che lei voglia o no.-

Si girò a guardarlo e per la prima volta lui la fissò negli occhi.

-Le ho detto che non può.-

Una risata ironica le si creò in gola.

-Ah sì?- rispose strafottente.

-Ok, mi mostri dove c’è scritto che un paziente non può uscire.-

L’uomo, scosso da quella determinazione, farfugliò incerto.

-Nel regolamento. C’è… c’è scritto che il superiore deve approvare quindi…-

-Quindi ho ragione io.-

Non  avrebbe ammesso sconfitte.

Doveva farcela.

Per se stessa, per Bì.

-I motivi devono essere validi. Scommetto che una commissione ammirerebbe molto gli aggettivi con cui si riferisce ai pazienti: “bestie da circo”, “sottospecie di umani” oppure la polvere sotto il letto. Vogliamo parlare delle condizioni del giardino?-

Queer capitolò, non sapeva come ribattere.

-Facendo un paio di conti, il tutto le costerebbe la chiusura della baracca e tanti, tanti indennizzi alle famiglie dei pazienti-

Sorrise cattiva.

Si stava sorprendendo della sua maschera.

Lui la guardò atterrito.

Aprì la bocca ma la richiuse subito dopo, borbottando qualcosa simile ad un consenso.

Colpito e affondato.

Juliet uscì dallo studio a testa alta e con le gambe tremanti.

Chiusa la porta, si lasciò andare in un sorriso, un enorme sorriso di felicità.

Ce l’aveva fatta.

Aveva lottato, aveva insistito e aveva vinto.

Corse euforica ad annunciare la notizia a Billie Joe.

Non si era per niente accorta di due paia di occhi che la osservavano.

Il ghiaccio e il diamante.

 

Billie Joe era completamente immerso nei suoi pensieri.

Una ragazza straordinaria.

Extraordinary girl.

Sì, era un nome perfetto.

Stava godendosi i suoi risultati quando sentì risuonare dei passi per i corridoi.

Sembrava quasi che qualcuno stesse correndo.

Molto probabilmente era Juliet, anche se il suo passo di solito era diverso

Nascose in fretta il suo piccolo segreto e si mise nella sua tipica posizione.

-Bì!-

Con grinta la ragazza irruppe nella stanza, facendo sobbalzare il ragazzo.

-Andiamo a fare il nostro giretto!-

Cosa?

Potevano davvero?

Cosa aveva combinato quella ragazza per fare acconsentire al vecchio scorbutico?

Strano, veramente strano.

Anzi, si corresse.

Straordinario, veramente straordinario.

Billie Joe alzò lo sguardo soffermandosi sul suo viso cercando una spiegazione.

Ma quello che vide fu tutt’altro.

Oh… una nuova espressione.

 

 

 

*** Angolino della squinternata ***

Ehilà! Come va popolo di EFP? Sarò stata brava? Non vi ho fatto neanche aspettare tanto, ne? *la colpisce una padella*

In questo capitolo non succede niente di che, è solo di transizione, ma mi raccomando tenete bene a mente tutto, servirà in futuro MWHAHAH! Signori miei non sapete neanche quanto, questo capitolo mi è servito per incominciare a mettere fuori delle cosine… ma delle cosine che alla fine di questa storia vi faranno dire “ma è vero! Ecco perché quella cosa!” niente è lasciato al caso (a me non sembra… ndBì) zitto se no niente giretto!

In verità questo è solo una parte del vero capitolo “4 Dicembre” che si dividerà in mattino (che avete appena letto), pomeriggio e notte. Sicuramente troverete più interessante pomeriggio e notte ma per ora vi tocca accontentarvi ç_ç mi dispiace.

Come vi è sembrato questo Bì? Attivo? Scommetto che avete capito cosa stava facendo… ehehe solo quella gne-gne di Juliet non capisce.

Il dottor Queer mi sta sulle balle, ma proprio tanto. Però mi è utilissimo, fin troppo **.

Forse pensate che il suo comportamento sia esagerato ma vi assicuro che avendo un padre che lavora in ospedale e una sorella che fa tirocinio nel policlinico e nella casa per anziani, storie del genere non sono né vecchie né nuove. È triste ma è così.

Altra cosuccia! I quattro occhi che guardano Juliet, ghiaccio e diamante, sono rispettivamente Mike e Trè. Ghiaccio per Mike mi sembra scontato, per Trè ho scelto diamante perché è splendente, attrae le persone ed ha una forza travolgente. (tu sei malata, dovresti esserci tu mica io in quella clinica!ndBì)

Direi di avere finito con le informazioni inutili, quindi direi di passare alle risposte ai vostri meravigliosi commenti **.

 

Eldrion300: leggi anche questa? Ma sei straordinaria! Grazie mille, mi fai arrossire con tutti i tuoi complimenti >//<  non riesco a capire come ti possa piacere il mio “stile” di scrittura, visto che è molto scontato. Sono felice di averti fatto comprendere bene il legame che c’è tra quei due ^^. Io stavo pensando di fare una spin-off di questa storia incentrata su quei due, ma non so ancora…  Ho cercato di aggiornare in tempi quasi decenti, spero che ne sarai soddisfatta. Grazie del tuo sostegno, mi dai forza =^^=

 

skye182cla: mia fedele commentatrice **. Mi dispiace averti fatto aspettare *si sente in colpa* però questa volta ho fatto in fretta, no? e poi con l’estate dovrei avere più tempo quindi l’attesa diminuirà =D. Ti giuro che mi hai stupito con il tuo commento. “vivo” non penso che ci sia commento più bello per uno scrittore. Grazie, grazie, grazie.

 

Mariens: Mia cara A! noti che riservo questo colore, essendo il tuo preferito, solo per te? Sarò brava? XDXD scherzi a parte, grazie infinite per trovare sempre il tempo e la voglia per commentare le mie storie. Sei davvero speciale. Questo capitolo inaugura la lunga serie dei “4 dicembre” XD esco da una serie passata, entro in una serie futura, sono senza speranza XD. Sono contenta che tutto sommato i capitoli past ti siano piaciuti ^^. Vuoi un anticipo? Dunque… posso dirti che nel prossimo capitolo si vedrà come Jul tratta con Bradley e che tipo è questo. Mi raccomando non sottovalutare questo personaggio, sembra un po’ inutile in apparenza ma… (MWHAHA non sai cosa combinerà ndTrè) Trè mi freghi anche le battute adesso? Non mi spaventare Lauren e torna a fare quel che devi fare (uh-hu non ti facevo così audace ndTrè) -.- ok, lasciamo perdere. Grazie mille per i  tuoi bellissimi commenti. Abbraccio.

 

ShopaHolic: Macciao! la mia fedelissima con tanto di carta di fedeltà XDXD sono contenta che ti sia piaciuta. Era una cosina così, non era neanche tanto bella viste le mie doti artistiche -.- . grazie di aver pazientemente aspettato, sono una disgrazia quando si parla di aggiornamenti ^^’’ questo capitolo è molto di transizione ma è simpatico, mi serviva per alleggerire la tensione e per preparare il finale di questa ff *si alza nebbia di mistero*. Non potrò mai dirti grazie abbastanza. Io tengo molto alla caratterizzazione di Mike, è una persona complicata e con lui io vado con le pinze. Stessa cosa vale con Trè XD il tuo adorato Trè. Un bacio e alla prossima.

 

Kumiko_Chan_: tranquilla XD non sei ripetitiva. A uno scrittore fa piacere farsi elogiare, anche sulle stesse cose (tanto ha la testa dura, devi ribadire il concetto se no non capisce poveretta ndBì). Mike è magnifico, io lo adoro. Con Bì poi è una cosa assurda XD. Bì conquisterà il mondo, altro che “Billie”!XDXD ohh sei troppo cara a farmi pure le citazioni, mi hai mandato in estasi **, sono stra felice che il capitolo su visione di Mike sia piaciuto perché ci tenevo veramente. King for a day è sempre quella XDXD magari ci potrei fare uno spin-off su quella vicenda.. mhhh… ed eccoti tornata alla carica la nostra Juliet =^^=. Trè è solo citato ma prossimamente ci sarà perché Trè vede tutto, tienilo a mente. Spero che questo capitolo non ti abbia fatto venire il latte alle ginocchia ma è solo di transizione. Spero che tu possa perdonarmi. Grazie ancora.

 

 

Devo assolutamente ringraziare chi legge, chi segue e chi preferisce.

Siete fantastici e mi sostenete in modo meraviglioso!

 

 

P.S volevo segnalare che l’altra mia long-fic slash “Gradirei un bicchiere del suo amore, signor Armstrong” è stata aggiornata e potete leggere il capitolo 2!Clicca qui!

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Capitolo 11
*** 4 Dicembre, pomeriggio [La goccia che fa traboccare il vaso] ***


Mental11-4 Dicembre, pomeriggio1

 

-4 Dicembre, pomeriggio-

[La goccia che fa traboccare il vaso]

 

 

Juliet inspirò l’aria di Dicembre.

Non avrebbe saputo dire quale odore c’era, ma le piaceva.

Di fianco a lei Billie Joe, l’angelo del mistero, la guardava interessato.

Lei chiese se c’era qualcosa di strano, ma lui abbassò lo sguardo e scosse la testa.

Il suo cuore sorrise a quella visione.

Le piaceva stare con lui, anche solo per un giretto.

Peccato che anche quel momento doveva finire.

Juliet guardò l’orologio e si rese conto di quanto era tardi.

-Cavoli! È già l’una, devo proprio andare.-

Il ragazzo la guardò e a lei parve che i suoi occhi gli stessero parlando.

Devi già andare? Mi abbandoni?

Lei si umettò le labbra e provò a spiegargli i suoi motivi.

Non le piaceva vederlo così.

-Mi dispiace, veramente. Solo che ho un paziente che mi aspetta, non posso tardare.-

Lei si alzò in piedi e prese a camminare.

Bì a quelle parole spalancò gli occhi.

Paziente.

Ovvio, lei era una psicologa, lo sapeva benissimo.

Eppure aveva paura.

Aveva paura di quella straordinaria ragazza.

Si alzò e la seguì, perso nei suoi pensieri.

Anche lui era solo un paziente?

 

Percorsero il corridoio, diretti verso la stanza del ragazzo, in silenzio.

-Allora, ti è piaciuto il giretto?-

Chiese Juliet per spezzare quell’atmosfera pesante che si era venuta a creare.

Billie Joe risorse dai suoi pensieri e fece un mezzo sorriso.

Sì, mi sono divertito.

Rincuorata da quell’espressione lei intraprese una discussione nuova.

Non aveva mai parlato tanto quanto con lui, doveva ammetterlo.

Parlava, parlava e si nutriva di quelle piccole risposte che l’altro gli dava.

Piccole ma piene di significato.

Ormai aveva imparato a decodificarle quasi tutte e non poteva essere più felice.

 

Billie Joe continuava ad ascoltarla e guardarla.

Ogni tanto annuiva o spezzettava qualche parola.

Si era accorto che quando parlava, il viso di lei s’illuminava.

E questo gli piaceva.

Quindi si sforzava di mettere a tacere la voce della sua testa e di dire qualcosa.

Lei cercava sempre di coinvolgerlo, non si arrendeva mai.

Non aveva mai trovato una ragazza con una lingua così scattante.

Straordinaria, veramente straordinaria.

Questo è l’aggettivo che si sposava meglio con lei.

Giusto, si doveva ricordare di finire il lavoretto di prima.

 

Juliet continuava a parlare a ruota libera, ponendo ogni tanto domande facili.

Piace anche a te?

Non sei d’accordo?

Preferisci questo o quello?

Ora era ferma all’argomento libri, un argomento accessibile a tutti.

-Qual è il tuo libro preferito?-

Gli chiese guardandolo dritto nella foresta che erano i suoi occhi.

Lui sembrava distratto, almeno questa era la sua impressione.

-Allora?-

Ripeté gentilmente.

Ma non ricevette una risposta, solo uno strattone.

In meno di un secondo si trovò presa per la mano e a contatto con il petto dell’altro.

Cosa… cosa era successo?

Solo allora si rese conto del cigolio presente nel corridoio.

Con la coda dell’occhio vide il carrello degli inservienti svoltare, fuori dalla sua visuale.

Si voltò verso Billie Joe e si sentì avvampare.

Troppo vicino.

Lui la guardava serio.

-Ti stava per colpire.-

Disse per poi lasciarla allontanarsi un po’.

-Ti stava per colpire così ti ho tirato via. Potevi farti male.-

Juliet era ancora confusa.

La mano… il calore del suo petto… il carrello…

Biascicò un grazie e riprese a camminare.

Solo non si rese conto della sua mano ancora stretta in quella dell’angelo del mistero.

 

Ormai erano quasi arrivati, dovevano solo attraversare la sala comune.

Quando entrarono Juliet mise su il suo solito sorriso da dipendente modello.

In verità aveva solo voglia di nascondersi dietro una delle sue maschere.

Fare finta di niente, eliminare tutto, scappare.

Sarebbe stato semplice, ma non lo avrebbe potuto mai fare.

Non con Bì.

 

Nella sala c’erano poche persone, la maggior parte vecchi.

Proprio una di queste la chiamò.

-Ah, ragazza! Ragazza, vieni qui da me, vieni da questa povera vecchia.-

Juliet si girò e riconobbe la paziente.

Meredith Taylor, una signora con allucinazioni di stadio avanzato.

Credeva di vedere il futuro, di leggere la mano.

Provò a spiegarle che aveva fretta, ma non ci fu niente da fare.

-Dammi la tua mano cara, leggerò il tuo futuro, ci metterò poco.-

La ragazza si girò verso Billie Joe, ma non trovandolo contrariato accettò l’offerta.

-Bene, tesoro, ora dammi la mano sinistra.-

Chiese la vecchia.

Lei fece per obbedire quando la sua maschera ebbe un cedimento.

La sua mano era ancora incrociata con quella di Bì.

Lentamente la staccò e il ragazzo non oppose resistenza.

La lasciò dolcemente, come per dirgli che non era un addio.

Per l’ennesima volta si umettò le labbra e porse la mano alla signora.

-Perfetto cara, adesso vedrò cosa ti aspetta.-

Incominciò a seguire le linee sul suo palmo, studiandole, percorrendole in entrambi i versi.

Le guardò i polpastrelli, saggiò la loro consistenza e poi alzò lo sguardo.

Prima su Juliet, poi su Billie Joe e sospirò.

-Ragazza, ragazza mia. Vedo e non vedo.-

E questo cosa voleva dire?

-Ti perderai nella foresta, riderai, sarai accaldata, sarai felice, ma le apparenze ingannano. Non sottovalutare il sole, ha una doppia faccia. A te non potrebbe mai accecare, ma alle persone a te vicine…-

Dopo quell’ultima affermazione fissò lo sguardo su Bì.

Che si riferisse a lui?

Continuava a non capire, ma aveva una brutta sensazione.

-L’angelo ti farà male, dentro, in profondità. Correre non ti servirà, lui ti colpirà, come ti è già successo in passato. Ti farà male, potrebbe distruggerti e probabilmente lo farà, perché lui non può farne a meno. Lui è solo una marionetta, manovrata dal peggiore dei nemici, il proprio Io. Non ci sarà pace finché il suo sangue non gocciolerà sul pavimento.-

A quel punto Billie Joe sussultò.

Una fitta al cuore lo colpì.

Consapevolezza.

Una risata gli echeggiò nella testa.

E fece l’unica cosa possibile.

Scappò.

-Billie Joe!-

Gridò preoccupata Juliet e fece per correre da lui, ma qualcuno la trattenne.

Meredith la teneva bloccata per il polso.

-Attenta ai desideri che esprimi.-

Disse prima che la ragazza rompesse il contatto per fuggire via.

Intanto le grida della vecchia echeggiavano per il corridoio.

-Attenta ai desideri che esprimi, potrebbero ritorcerti si contro!-

Perché tutto questo?

Perché proprio oggi?

Gideon…

 

Billie Joe era arrivato nella camera e si era rannicchiato tremante.

Il respiro era corto e a scatti, il cuore non voleva fermarsi.

La voce era forte e rideva.

Lo sapeva, lo sapeva che sarebbe successo.

L’avrebbe ferita, prima o poi l’avrebbe fatto.

Che stupido.

Si era illuso di poter migliorare, di poter concludere qualcosa.

Di poter legare con qualcuno senza ferirlo.

Si sentiva da schifo, lui era uno schifo.

L’unica cosa che sapeva fare era distruggere.

Se stesso e gli altri.

Come aveva fatto con suo padre, Mike, Trè…

-Bì…-

E ora anche Juliet.

-M-Mi dispiace… io…-

Ma lui non l’ascoltava, non doveva ascoltarla.

Disse altre parole, ma le orecchie erano chiuse.

Il grido del suo cuore era stato soppresso.

 

Non si era neanche accorto che se n’era andata, fino a quando la porta non si riaprì.

-Billie Joe, cosa è successo?-

Una domanda, una risposta.

Il silenzio.

Nonostante fosse Mike, in quel momento non ce la poteva fare a rispondere.

-Magari è ancora scosso da quel pirata che stava per investire Jul.-

Disse Trè per poi sghignazzare come era suo solito.

Bì mosse la testa un po’.

Era stupito.

Quindi era stato Trè a combinare quel casino in modo che lui prendesse Juliet al volo.

Che coglione, che amico.

Un sorriso si stava formando nel cuore, ma non arrivò alle labbra.

Quella dannata voce lo soffocò prima.

-Sicuro di star bene, Bill?-

Chiese ancora una volta Mike preoccupato.

L’interpellato annuì stancamente e alzò la testa.

Erano i suoi migliori amici, non l’avrebbero mai lasciato.

Per quanto lui li avesse feriti loro continuavano a stargli affianco.

Mi dispiace…

-Ma non siamo qui per questo! Mike e io abbiamo assistito alla litigata del secolo!-

-Adesso non esagerare Trè, a me pareva più un ricatto.-

-Ma cosa dici! Quella ragazza, oltre ad avere un culo da paura, ha anche le palle!-

Ok, non stava capendo niente.

Di che ragazza stavano parlando?

-Billie, come mai quella faccia? Non sapevi che la nostra Jul-Jul ha preso a calci in culo Queer? È stato uno spettacolo fantastico, anche se non ho capito benissimo quale fosse l’argomento in discussione. Un “giretto” o qualcosa di simile…-

No, non era possibile.

Juliet aveva…

Si sentiva ancora più uno schifo.

Lei faceva tutto questo per lui e come la ricambiava?

Come?

Perdonatemi.

-Bill… ma tu hai gli occhi lucidi!-

Perdonatemi tutti.

 

 

 

 

***Angolino della squinternata***

E anche questa è andata. Quello che avete appena letto è il primo pezzo del pomeriggio.

In verità all’inizio doveva essere un capitolo unico, ma alla fine ho deciso di dividere in due parti perché se no risultava troppo pesante. Spero che mi perdonerete ^^’’

Era da un po’ che non aggiornavo, lo so, ma ho scritto così tante cose (non pubblicate) in questo periodo che ho lasciato un po’ da parte mental.

In questo capitolo penso che non ci sia nulla da spiegare.

Se non avete capito niente sulla predizione fatta dalla vecchia Meredith, tranquilli, capirete a tempo debito. L’unica cosa molto sottolineata è la parte dell’angelo e noi sappiamo di quale angelo si tratta. Adesso vi chiederete “ma è tutto vero? Farà soffrire Jul?” e io vi rispondo con un grosso sorriso e un “non lo so”. Cioè… lo so ma alcune cose potrebbero cambiare.

Bene, direi di passare alle risposte alle recensioni dello scorso capitolo.

 

 skye182cla: eccolo il tuo aggiornamento xD ti ho depresso abbastanza? Però ti posso rassicurare che Queer ha un certo ruolo nella storia, non scomparirà subito, tranquilla xD. Sono contenta che Juliet ti piaccia, avevo paura che fosse troppo Mary Sue, ma spero che questa opinione venga spazzata via dai capitoli che verranno, dove verrà spiegato il suo passato. Grazie mille per il tuo commento, non sai quanto mi hai fatto piacere **.

 

Eldrion300: la “nuova arrivata” xD Grazie per i complimenti, perché tu mi fai seriamente arrossire, sei troppo buona. Io non mi sottovaluto, sono realista, ma non sai quanto mi fanno piacere le tue parole, i tuoi elogi >//< Mi dispiace non aver potuto aggiornare “subito” come chiedevi, ma spero che il capitolo ti piaccia lo stesso. Grazie ancora.

 

Mariens: mia cara! Sai quanto per me siano importanti i tuoi commenti, mi scaldano il cuore =^^=. Sono contentissima che ti sia piaciuto il personaggio di Juliet, ci tengo molto al tuo giudizio. Come ti ho già detto su MSN mi piace l’idea che tu colga tutte le sfaccettature di Bì e che tu capisca ciò che voglio dire. Mi dispiace ma l’agenda di Juliet è piena fino a data da prestabilirsi, però vedrò di trovarti un buchino xDxD Trè è Trè, cosa vuoi farci? Spero che questo capitolo ti sia piaciuto e non ti abbia depresso troppo. Un abbraccio.

 

12lilla12: Bè, non ho proprio descritto tutto il giretto, ma una buona parte. Oh, Mike non scomparirà mai xDxD tranquilla, vedi che qui è già tornato alla carica xDxD Grazie per i tuoi complimenti, per le slash… vedrò xD

 

ShopaHolic: ti credo eccome! Anche a me capita spesso, purtroppo -.- comunque… Macciao! xD Adesso siamo passati al “maestro” e “allieva”? Ma tu esageri, mi mandi in brodo di giuggiole. Eheh, la curiosità è una brutta bestia, vero? Mi dispiace averti fatto aspettare ma ecco a te quello che doveva succedere. Hai voglia di commettere un omicidio? Se me lo dici mi dai il tempo per nascondermi xD. Che bello, sono contentissima che Juliet abbia avuto questo piccolo successo. Sono arci contenta che la metafora degli occhi ti sia piaciuta ** ci ho pensato tanto, soprattutto per gli occhi di Trè. Grazie infinite per il tuo sostegno di sempre, sei insostituibile!

 

Kumiko_Chan_: come si dice, meglio tardi che mai! Sono contenta che tu abbia trovato un attimo di tempo per recensire la mia storia ^^. Tranquilla, capisco che la scuola ti succhi un sacco di tempo, maledetta! Sono contenta che Juliet ti stia simpatica, ero preoccupata, pensavo che fosse di troppo. Queer è inumano, hai ragione, peccato che esistano veramente persone simili -.- non ne parliamo. Tu dici Holiday? Tutto è possibile quindi non lo escludo xDxD non sei fumata, affatto perché hai azzeccato. Stava scrivendo di questa “straordinaria ragazza”… ti ricorda qualcosa? xD Brava ragazza, forse sei un po’ troppo furba, non è che adesso capisci la predizione della vecchia e mi mandi all’aria tutta la storia? (sii fallo così lei chiude qui e mi lascia in pace!ndBi) zitto tu U.U. Hai visto che è tornato Trè insieme a Mike? ** sono felice che diamante ti sia piaciuto! C’ho ragionato un sacco per farlo azzeccato, ma non ne ero sicura. Comunque ai visto il giretto? Hai visto il nostro Bì che combina? Spero che di non averti depresso troppo! Ciao e grazie mille per i tuoi commenti, mi fanno sempre morire dal ridere xDxD.

 

 

Naturalmente ringrazio chi legge, chi segue e chi preferisce.

Ho visto che il numero di lettori è calato… c’è qualcosa che non va?

Se avete delle lamentele sarò felice di sentirle e provare a rispondervi.

Mi dispiace di aver rotto le scatole ^^, scusate.

 

P.S.

All’inizio ho detto che sto lavorando ad altre cose non pubblicate, ricordate? Ebbene sto scrivendo una long-fic su Joey, il figlio di Billie Joe, a voi interesserebbe?

Vi piacerebbe se fosse postate?

Dite che si può postare qui sul fandom?

Naturalmente da come mi risponderete deciderò se postarla si o no.

Grazie ancora.

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Capitolo 12
*** 4 Dicembre, sera ***


Mental12-4 Dicembre, sera

-4 Dicembre, sera.-

 

Juliet rimase immobile davanti alla porta chiusa.

Aveva provato a chiamare Bì diverse volte, ma lui si era rinchiuso nel mutismo.

Lo stesso mutismo che gli aveva visto addosso la prima volta che l’aveva incontrato.

Una paura strinse il cuore della ragazza, facendole spalancare gli occhi.

Che i progressi iniziali fossero stati vani?

Deglutì piano e si auto impose la calma.

Billie Joe non era stupido, lei non era stupida.

Tutto si sarebbe risolto…

Forse.

Sospirò e guardò l’orologio.

Era ora di andare dall’altro paziente, Bradley James.

Si massaggiò una tempia a quel pensiero.

Quello era un soggetto difficile, non l’angelo del mistero.

Ma era un suo paziente, doveva fare di tutto per lui come lo faceva per Bì.

Fissò la porta chiusa e abbassò lo sguardo.

Non c’era niente da fare, ormai era indissolubilmente legata a quel ragazzo.

Non sapeva se era il filo rosso del destino, il sangue o chissà quale altra stregoneria.

Tipo quella predizione che la vecchia Meredith le aveva fatto.

Aveva preso sul serio le parole di quella vecchia?

Credeva veramente che prima o poi l’avrebbe ferita?

Sospiro e si umettò le labbra.

L’unica cosa certa è che lei non poteva abbandonarlo.

O non voleva abbandonarlo?

A quella domanda il suo cuore la sua mente si chiuse.

Non era ancora tempo di risposte.

Girò i tacchi e si diresse verso altri piani, altri corridori.

Lontano da quello che stava diventando importante.

Lontano da quello che l’avrebbe ferita.

Lontano da quello che l’avrebbe guarita.

 

-Bradley?-

Chiese Juliet mentre apriva la porta.

Un sorriso cordiale quanto falso, gli si parò davanti agli occhi.

-Ehy, finalmente! Incominciavo a pensare che la mia Juliet mi avesse abbandonato.-

Disse lui in tono scherzoso venendole in contro.

Era un ragazzo di circa 30 anni, alto, biondo e con gli occhi azzurri.

Era anche piuttosto prestante, i muscoli di certo non gli mancavano.

Molto meglio Bì.

Rispose con le solite parole di cortesia e gli chiese di sedersi sopra il letto.

-Ai suoi ordini, mia signora…-

Ribatté l’altro mellifluo, accarezzandole distrattamente la mano.

Juliet si trattenne dal dirgli qualcosa.

Ormai pensava di aver capito quale genere di malattia aveva colpito Bradley.

Sicuramente era un  disturbo della personalità.

Il problema era capire quale e quanto grave.

-Allora cosa mi racconti oggi?-

Chiese pensierosa, mentre si sedeva sulla sedia vicino al letto.

-Mhh decidi tu. Passato, presente o futuro?-

Le rispose sorridendo con i suoi occhi azzurri.

Si vedeva che era un attore o un ex attore per lo meno.

I suoi occhi erano in grado di esprimere molto di più delle parole.

-Se non ti dispiace andrei sul passato.-

Già, lei andava sempre con ordine.

I ricordi, le memorie, i legami, per quanto tempo passino ci modellano.

E Juliet questo lo sapeva bene, forse troppo bene.

-Perché no, infondo il passato è passato, no?-

Le chiese Bradley alzando un minimo la testa.

Lei sorrise e annui, ma non era quello che avrebbe voluto fare.

Avrebbe voluto dirgli che, no, il passato non è passato.

Il passato t’incide l’anima, ti scortica vivo.

Ti brucia, ti brucia dentro, fuori e tutto quello che hai intorno.

Non puoi dimenticarlo, non puoi cambiarlo.

No, Bradley, il passato non è mai passato.

E lui si mette a raccontare.

Di cose insignificanti che però dovrebbero fare tenerezza.

La ragazza che lo ha lasciato, dell’acne e di tante altre cose.

Bradley sa benissimo che quelle cose non centrano niente eppure racconta, lui adora parlare.

Vuole farla ridere, Juliet lo capisce, così ogni tanto lo accontenta.

Basta uno sbuffo divertito per far riprendere vera vivacità a quegli occhi.

Quando lui racconta non sta mai fermo con lo sguardo, gesticola, alza e abbassa la voce.

Proprio come  un vero attore.

Quella sembrava una giornata buona, nessuna crisi isterica o valle di lacrime.

Sembrava veramente una persona simpatica, quasi sincera.

Juliet adorava giornate come quelle e ringrazio mentalmente Bradley di aver scelto proprio il 4 dicembre per sembrare tranquillo.

-E poi lei e due miei amici sono venuti a vedermi, sai?-

Si gira di nuovo verso di te e tu annuisci incoraggiandolo.

Felice riprende il suo discorso.

-Hanno applaudito tanto, hanno detto che ero il più bravo. Dominavo la scena…-

Ecco, appena si toccava l’argomento teatro le sue emozioni cessavano di esistere.

Lui deglutì e rise isterico.

In un certo senso poteva capirlo.

-Il teatro era tutto per te, giusto?-

Disse guardandolo senza giudicare.

Brad non rispose, si limitò a fissare il soffitto, ma lei sapeva che lo stava ascoltando.

-Sai, anch’io facevo teatro alle medie, a volte manca anche a me.-

Non lo stava dicendo per rincuorarlo, non era una balla.

Lui si mosse appena sul letto.

La sua baldanza iniziale, tutti quei sorrisi esagerati erano scomparsi.

Quello sul letto era solo un ragazzetto biondo che aveva perso tutto.

-Dici… dici sul serio?-

Domandò incerto mentre si osservava le mani.

-Certo. Pensa che non vedevo l’ora che arrivasse il pomeriggio per scappare sul  palco!-

Finalmente lui si voltò verso di lei con la bocca spalancata.

-Anch’io!-

Esclamò con gli occhi lampeggianti di felicità.

E a quell’espressione, a quella reale eccitazione, Juliet non poté fare a meno di sorridere.

Davvero.

Bradley se ne accorse e sorrise anche lui, tirandogli due pacche sulle gambe.

Si tirò seduto e si appoggiò contro al muro.

-La sensazione che si ha sopra il palco, il silenzio in platea e le risate del pubblico che ti penetrano nel cervello sono la cosa più bella di questo mondo…-

Affermò quasi trasognato, come se stesse tornando a quel passato che aveva tanto amato.

Juliet lo guadava e registrava tutto.

Era la prima volta che riusciva a parlare così serenamente dell’argomento “teatro”.

Sorrise internamente pensando ad un'altra persona che reagiva allo stesso modo.

Sei stato tu a fare questa magia, Gideon?

-E tu?-

Eh?

Questa domanda arrivò a tradimento.

Non poteva dirgli che si era distratta, avrebbe rovinato tutta la giornata.

-Brad, siamo qui per parlare di te, non di me.

E questa dove gli era uscita?

Lui sbuffo e si mise a gesticolare.

-Baggianate, raccontami cosa hai fatto, chi hai impersonato! Infondo io e te siamo colleghi.-

Juliet fece un espressione divertita a quella definizione.

-E va bene, ma solo per te, Brad!-

A quelle parole gli si illuminò lo sguardo e si mise seduto più comodo.

Come un bambino che aspetta la favola della buona notte.

-Dunque come ti ho detto ho fatto teatro alle medie, non erano cose molto serie.-

La faccia del ragazzo si aggrottò a quell’affermazione.

-Il teatro è sempre serio, in qualsiasi sua forma.-

Lei portò le mani in alto.

-Scusa, scusa. Comunque cosa abbiamo fatto? Mh…-

Fece finta di pensare anche se in verità si ricordava fin troppo bene.

Quei giorni erano stati tra quelli più felici della sua vita.

-Abbiamo fatto uno spettacolo di Natale di cui non mi ricordo il nome e non guardarmi così!-

Bradley ridacchio un po’, poi ripeté il gesto con le mani che Juliet aveva fatto prima.

La stava pure prendendo in giro!

A quel pensiero ebbe quasi un lampo.

I capelli color del sole diventavano neri e gli occhi azzurri diventavano grigi.

Gli sembrava di averlo proprio lì, dopo tanto tempo.

Ma fu solo un momento.

-Juliet?-

Chiese Bradley perplesso.

Lei si riscosse e si scuso.

-Perdonami, ero persa nei ricordi.-

Infondo non era una bugia vera e propria.

-Ma stavamo dicendo... Ho fatto anche My fair lady, Mary Poppins e Don Chiscotte!-

Il ragazzo emise un verso di apprezzamento.

-E quali ruoli avevi?-

Era proprio curioso!

-Dunque nel primo ho fatto Eliza, nel secondo Bert lo spazza camino e nel terzo Don Chiscotte! Mamma mia, che brutto lavoro che era!-

Disse sorridendo appena ai ricordi spezzettati nella sua memoria.

-Ma erano tutti ruoli principali, dovevi essere brava. Non una professionista, ma brava.-

Si complimento con il solito orgoglio lui.

Stava per tornare su di lui, l’ombra di tristezza iniziale e Juliet decise di condividere di più.

-Anche se Mary Poppins è stato traumatico! Ormai so tutte le canzoni sia in inglese che in spagnolo. Quel pazzo del regista ce l’ha fatto fare anche in spagnolo!-

Brad rise, ma risuonava lontano nella mente della ragazza.

Quel pazzo del regista…

-Già, i registi sono sempre un po’… eccentrici!-

Sì, lo erano eccome.

Cercando di tirare via la tristezza al ragazzo, l’aveva buttata addosso a se stessa.

Ma sapeva che il peggio doveva ancora arrivare.

Quella sera, come quelle da 11 anni a quella parte.

Lui la stava aspettando.

 

 

 

 

 

***Angolino della squinternata***

Ebbene sì, ce l’ho fatta! Sono le 3.12 del mattino ma ho appena finito di scrivere il nuovo capitolo di Mental *w*

Ma mettiamo subito le cose in chiaro.

Se vi è arrivata questa schifezza di capitolo è tutta colpa di Anna, quindi prendetevela con lei *che scarica badile xD*. Mi ha dolcemente assillato su FB abbastanza per riuscire ad aprire quel documento word che non aprivo da troppo tempo.

*le lettrici la guardano inferocite*

Ehm-ehm ma passiamo alle solite note di fine capitolo!

1)Come avrete facilmente intuito questo è un purissimo capitolo di passaggio, ma non vi conviene dimenticarvi di lui, perché ha appena buttato le basi per una cosuccia futura *ride sadicamente*.

2) il signor Bradley James esiste veramente ed è l’attore che fa Artù nel telefilm Merlin e io lo adoro con tutta me stessa **. Questa è una fotoà

1  http://hollywoodcrush.mtv.com/wp-content/uploads/2009/07/hdh70809_2.jpg     

2   http://images2.fanpop.com/image/photos/8700000/Sweet-Arthur-bradley-james-8787847-624-352.jpg 

3    http://images2.fanpop.com/image/photos/9100000/Bradley-James-the-merlin-cast-9159487-406-604.jpg

Ne ho messe tre perché non sapevo quale scegliere (l’ultima ha la barbetta! **). È troppo simpatico, bello e biondo! *ok, tutti hanno scoperto l’inclinazione bionda dell’autrice*

Bradley a parte, si hanno di nuovo riferimenti al misterioso Gideon che, tanto per informarvi, va letto “Ghideon” non all’italiana è_é

Il teatro… io A D O R O il teatro, è una delle mie grandi passioni e il signor Brad è stato un teatrante per cui mi scuserete questo escursus =D.

E mi raccomando, non sottovalutate Mary Poppins. Io sono arrivata ad odiarla! Io le so tutte quelle maledette canzoni, in italiano, in inglese come preferite! Il mio prof di teatro era perfido (in verità lo adoro ihihi) gli avevo espressamente chiesto di NON fare Mary Poppins e lui? Non solo mi tiene per ultima quando da le parti credendo che si sia dimenticato di me (mannaggia al mio nervosismo), ma pure mi fa fare lo spazzacamino iper vesito con cappello nero, pantaloni lunghi e maglia lunga! Cioè vestitevi così il 4 giugno e state per sul palco a saltellare per ore, a cantare e sorridere mentre la pillola va giù! E il bello che lui rideva, rideva beato! Basta, se continuo così scrivo una pagina di sclero su Simone (il mio prof di teatro, ma chiamatelo “prof” e vedrete i vostri sogni finire!)

Unitevi con me alla campagna contro Mary Poppins! *e l’ultimo neurone si bruciò*

Ma passiamo alle risposte ai commenti dello scorso capitolo!

 

Mariens: sei prima, amica mia =D! Sono felice di non averti depresso e di suscitare le domande “curiose” di L xDxD Ehhh il contatto del tipo maschio alfa “ti proteggo io” è molto in voga xDxD ok, scusa per la demenza ma sono le 3.33 del mattino! Il nome di Meredith è stato estratto a casaccio, il primo che mi è venuto in mente, non centra con Grey’s Anatomy. Ma cara, come sei perspicace! Sì, hai ragione su tutto! Mike e Trè sono gli amici che tutti vorrebbero avere. Non c’è dubbio. Ti chiedo scusa per aver scritto poco ma il mio cervello sta andando a farsi friggere. Ciao A, un bacio a te e a L!

 

Eldrion300: corri, corri a letto. Per fortuna i miei dormono a un piano diverso dal mio se no mia mamma mi avrebbe già ammazzato. Ti ringrazio per il supporto di sempre, spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto =D

 

skye182cla:la vecchietta rompe le balle? xD Ma se ha fatto un super mega spoiler sulla storia! Quale? Bhe, risolvi la predizione ed avrai più o meno tutta la storia servita su un tavolino! La tempestuccia, come la chiami tu arriverà e come. Prevedo minacce di morte xD Ti ringrazio dei complimenti su Bì, metto tutta me stessa per farlo sembrare coerente e tutto. Spero che questo capitolo, nonostante tutto ti sia piaciuto. Ti ringrazio della tua costanza, mi lasci sempre commenti facendomi tantissimo piacere, siete voi il motivo per cui non abbandono la ff! Grazie ancora.

 

ShopaHolic: Macciao, mia fedele lettrice =D. Spero che tutto vada bene e che questo capitolo ti sia piaciuto almeno un pochino! La previsione della anziana è lo scheletro su cui si baserà la storia… più o meno xDxD Ci sono tante cose da dire, tante persone da fare litigare, baciare e… emh ehm meglio fermarsi ^^’’. Ogni volta che vedo un tuo commento mi viene spontaneo sorridere, grazie di tutto.

 

Kumiko_Chan_: il tuo ritardo è niente al mio, tranquilla =^^=. Trè è e sarà sempre un genio xD pirata della corsia forever! La predizione deve essere oscura oppure sapreste tutta la ff dall’inizio e i protagonisti sarebbero cretini a fare gli stessi errori pur sapendolo xD. Ahh adesso anche Juliet diventa Ju xDxD va bene, tanto a me piacciono i soprannomi corti =D. Ehm… non devo far soffrire Ju? Ehm-ehm siiiii, va bene, come no… ^^’’ xDxD Tu leggeresti la mia storia su Joey? Oh che cara, grazie mille per l’incoraggiamento ma non penso che la posterò =^^=. Grazie di tutto quello che fai per me, non sai quanto conta.

 

 

Signori e signore, sono le 3.48 del mattino e io ho appena finito Mental!

Non l’ho neanche ricorretto quindi mi scuserete gli orribili errori che ci troverete in mezzo ma ho scritto di fretta e senza ispirazione (maledetta lei!).

 

Ringrazio chi legge, chi segue, chi ricorda e chi preferisce!

Grazie, se non fosse per voi questa storia sarebbe finita abbandonata o nel cestino.

Un salutone!

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Capitolo 13
*** 4 Dicembre, notte [Mezzora di ricordi.] ***


Mental12-4 Dicembre, notte [Mezzora di ricordi.]

4 Dicembre, notte.-

[Mezzora di ricordi.]

 

La chiacchierata con Bradley è stata proficua, finalmente sono riuscita a parlargli e a farlo parlare di tutto, assolutamente tutto.

Persino il teatro, lo spettro della sua vita.

Per un attimo mi sono sentita come se stessi parlando veramente a uno spettro.

Lo spettro di Gideon.

Lo spettro di mio fratello.

Stringo forte il volante della mia macchina.

Ed eccolo che arriva, forte e sempre chiaro.

Nonostante siano passati undici anni.

Undici fottuti anni, cazzo.

Rido, ma solo per non piangere.

A lui non piaceva vedermi piangere.

No, Gideon detestava vedermi piangere.

Mi… mi ricordo la prima volta.

Avevo solo cinque anni e saltando sul letto mi ero fatta male.

Piangevo come una matta e non c’era nessuno in casa.

Nessuno a parte lui.

Si è catapultato da me e appena a visto le mie lacrime ha incominciato a dare di matto.

Ha urlato di tutto di più, ma è stata la sua ultima esclamazione a farmi morire.

Dalle risate.

-Per la barba del nonno Gianni, del parroco e anche di quella che ancora io non ho!-

Solo mio fratello, solo Gideon, poteva dire una cosa del genere.

Lui ha sempre saputo cosa dirmi, come farmi ridere, come farmi arrabbiare.

Già, io lo adoravo, l’ho sempre adorato, ma a tutto c’è un limite!

Da piccola lo veneravo.

Avevamo quattro anni di differenza e lui era il mio eroe personale.

Mi ricordo che sorrideva sempre quando scandivo bene la parola fratello, per far capire bene a tutti che io ero sua sorella, solo io avevo il diritto e il piacere di chiamarlo così.

Quando ho incominciato a crescere la cosa si è fatta diversa.

Se prima subivo i suoi scherzetti senza fare niente, adesso ribattevo e mi arrabbiavo anche.

Sapeva essere insopportabile quando voleva, ma era impossibile non perdonarlo.

Insomma, eravamo i tipici fratelli.

I tipici fratelli senza genitori.

Mio fratello li odiava, li odiava con tutto il cuore.

Loro avevano occhi solo per lui, era la loro stella del mattino.

Io ero qualcosa di non voluto, di casuale.

Semplice tappezzeria.

Ma non ho mai invidiato mio fratello.

L’unica volta che l’ho fatto, lui arrabbiato mi ha preso da parte.

-Juliet, sei gelosa? Sei gelosa di me?-

Mi aveva detto con la faccia più seria che gli avevo mai visto.

-Non ti azzardare ad essere gelosa di me per colpa loro. Loro non lo meritano, non meritano né la tua gelosia né il tuo dolore. Niente ci dividerà, promettimelo.-

Avrò avuto circa sette anni e non capivo tutta questa foga, avrei capito in seguito.

Avrei capito la crudeltà.

Avrei capito il valore di quella promessa.

Avrei capito la morte.

 

Io non posso parlare d’infanzia rubata.

L’ho vissuta fino in fondo, magari non come gli altri bambini, ma era perfetta.

A modo suo.

Mio padre era ed è il proprietario di una grande azienda che porta il nostro cognome.

Blackwood.

Qualsiasi cosa in città e in tutta la regione era controllata dai Blackwood.

Perfino la gente quando sentiva il tuo cognome cambiava atteggiamento.

Gideon odiava queste cose.

Quando andavamo fuori a mangiare soli, visto che mio padre lavorava sempre e mia mamma era solo un burattino, diceva sempre un cognome semplice.

Smith, Wright, Edgeworth oppure, se quel giorno era in vena, un cognome straniero.

Rossi, Gonzales e tanti altri che non ricordo più.

Quanto ci divertivamo a recitare quelle parti.

Se poi sceglieva Gideon erano le più assurde.

Da Gonzales, il famoso lanciatore di coriandoli spagnolo.

A Smith, l’inglese collaudatore di materassi in cerca di fortuna.

Appena mio fratello mi vedeva un po’ giù di morale o era annoiato, si andava.

Prendevamo il treno, il pullman, un taxi o qualsiasi altro mezzo di trasporto per scappare via.

Via da quel posto.

Via dal nostro stesso cognome.

 

Mia madre era proprio una burattino e mio padre teneva i fili in mano.

All’inizio provavo solo disprezzo per mia madre.

Poi pena.

Lei era sempre attenta a ciò che pensava la gente, le sue amiche, mio padre.

Mi ricordo quando mi obbligava a vestirmi come voleva lei.

Come una signorina per bene.

Finché andavo alle elementari era tutto a posto, ma quando feci il salto alle medie incominciai ad avere gusti miei e le gonne a ruote non rientravano più nel mio stile.

Provai a spiegarglielo, ma non ci fu niente da fare e subì passiva.

Una volta Gideon mi prese in giro scherzosamente e io, già nervosa di mio, gli risposi in un modo che mi sempre ero proibita di fare.

-Certo, facile per te! Non hai mica nessuna madre che ti obbliga a vestirti di rosa con gonne orribili e i capelli sempre perfettamente ordinati!-

Appena dette quelle parole, mi pentì subito e cercai di andare in camera mia, ma lui mi afferrò per il braccio.

-Cosa hai detto?-

Il tono era calmo, ma io lo conoscevo bene e sapevo cosa si agitava dentro di lui.

Non osavo neanche guardarlo negli occhi.

-Non volevo dirlo, non intendevo dire questo.-

-Invece sì che volevi dirlo, era proprio ciò che intendevi.-

In quel momento mi sentivo un verme.

Chi ero io per dire quello a Gideon?

Quello che subiva pressioni da mattino a sera.

Quello a cui non era permesso sognare cose diverse da quelle che sognava mio padre.

Strinsi i pugni e abbassai lo sguardo.

-Mi dispiace.-

Era vero e lui lo capì subito.

-Lo so.-

Mi lasciò piano il braccio e si avvicinò a me.

-Non volevo essere duro con te, solo… solo non voglio che tu diventi come me.-

A quelle parole mi voltai di scatto e spalancai gli occhi.

-Ma io voglio essere come te! È per questo che ho deciso di diventare avvocato, così potrò aiutarti quando tu erediterai l’azienda!-

Quel giorno ero veramente brava a farlo arrabbiare.

Subito i suoi occhi si riaccesero di quel fuoco che lo caratterizzava.

Stavo per scusarmi di nuovo, quando lui mi strinse a sé con un abbraccio quasi soffocante.

-Ti prego…-

Mi disse con voce che sembrava quasi rotta.

-Ti prego, non rovinarti la vita per me, per nostro padre o per nostra madre.-

Si staccò un po’ da me, in modo da vedermi bene in viso.

-Tu sei speciale, Juliet. Non lasciarti condizionare da nessuno. Sei come sei, nient’altro.-

Mi stava parlando col cuore, stava parlando per esperienza.

Lui non mi ha mai raccontato niente, ma io sapevo, forse fin troppo.

-Tu non vuoi fare l’avvocato, lo fai solo perché vuoi aiutare me, giusto?-

Per quanto mi costasse ammetterlo, era così.

Annuii lievemente con la testa.

Lui mi accarezzò leggermente i capelli e mi sorrise a mezza bocca.

-Tu non devi fare niente solo per me, tu devi badare a te stessa, capito? Segui i tuoi sogni, JJ, segui i tuoi gusti, i tuoi amici. La tua vita. Preoccupati solo di questo, alla mamma ci penso io.-

Detto questo sciolse l’abbraccio e mi abbandonò in corridoio.

Aveva solo quindici anni, ma sembrava già un uomo.

Io lo guardavo scendere le scale, diretto in sala da nostra madre.

Io lo guardavo e non vedevo altro.

Gideon.

Mio fratello.

La mia sola famiglia.

Non desideravo altro.

 

Da quando Gideon era andato al liceo pubblico, visto che si era ribellato a mio padre, era perseguitato dalle ammiratrici.

Persino quelle dell’ultimo anno.

In fondo non potevo dargli torto.

Era alto più di un metro e ottanta, fisico slanciato e leggermente muscoloso, capelli corvini e occhi grigi.

Questi ultimi erano quelli che mi piacevano di più di lui.

In famiglia, mio padre ha gli occhi azzurro ghiaccio, mia madre blu.

Io ho sempre avuto un colore strano di occhi.

Cambiava in base ai vestiti che mettevo, ma era sempre indefinito.

Gideon però ha sempre sostenuto che non fossero blu o azzurri, ma grigi.

Esattamente come i suoi.

Al contrario delle apparenze e dei nostri scherzi quotidiani, eravamo molto legati.

Infatti io ero un po’ gelosa di tutte queste ragazzine che gli giravano attorno.

Ma solo per un breve periodo, solo finché non mi accorsi che qualsiasi cosa fosse successa lui non si sarebbe dimenticato di me.

E poi che motivo avevo di preoccuparmi? A lui le ragazze quasi non interessavano.

Certo, aveva avuto alcune fidanzate, ma non le aveva mai portate a casa, né erano durate più di un mese.

Sembrava quasi, o forse era così, che lo facesse solo per mio padre.

In verità Gideon era una persona molto socievole, aperta e piena di energia.

Aveva un sacco di amici che gli telefonavano chiedendogli di uscire o di vedersi.

Ma lo stesso non venivano mai a casa nostra.

Una volta come al solito avevano chiamato per lui e avevo risposto io.

-Pronto?-

Una voce maschile mi rispose immediatamente.

-Pronto, scusa se disturbo, cercavo Gì.-

Ci misi mezzo secondo a capire che Gì era Gideon.

Era strano come soprannome, di solito lo chiamavano tutti Gid, solo io sporadiche volte lo chiamavo Gì.

Un po’ insospettita passai la chiamata a mio fratello, ma dopo me n’ero già dimenticata.

Solo giorni dopo tornando a casa trovai due chiamate perse fatte da una persona che era stata soprannominata M <3.

L’unico che poteva averlo fatto era mio fratello.

Mio padre lo chiamavano solo sul cellulare e mia mamma non sapeva fare i cuoricini.

Cancellai immediatamente le chiamate per evitare scandali, ma la mia mente lavorava.

Ero un’adolescente annoiata da sola in casa, cosa dovevo fare?

Quel cuoricino indicava sicuramente una fidanzata, non c’era dubbio.

Mio fratello non era tipo da smancerie inutili.

Quindi, dopo aver collegato il cuore alla figura femminile, mancava solo l’identificazione.

M poteva stare per Melanie, Monique, Melissa o altro, ma non mi ricordavo nessuna ragazza con quel nome.

Così nei giorni seguenti prestai più attenzione alle chiamate e ai nomi pronunciati da mio fratello.

Una volta stavo facendo merenda, quando il telefono si è messo a squillare.

Ho guardato il numero e la scritta M<3 lampeggiava.

Stavo per cliccare il tasto verde, quando mio fratello, correndo giù per le scale, mi ha fermato.

-NON RISPONDERE!-

Mi ha gridato tutto trafelato.

-Perché non dovrei?-

Gli avevo chiesto in vena di sfida.

Il telefono continuava a squillare e mio fratello sembrava non saper come rispondere.

-Ti prego dammi il telefono, quando ho finito ti spiego tutto.-

Lo guardai male, sapevo che mio fratello aveva la memoria corta.

-Te lo prometto, ma ora dammi il telefono, ti prego.-

Doveva essere una cosa seria se mi parlava così.

Gli porsi il telefono e lui si avventò a rispondere.

Un sorriso gli si accese sul viso, quando udì la voce dall’altro capo dalla linea.

Mentre si avviava su per le scale, osservai il suo passo zompettante di felicità.

Mi toccava solo aspettare, sapevo benissimo che quando Gideon prometteva una cosa la manteneva.

Aspettai veramente tanto.

Era stato al telefono due ore.

Due sacro sante ore.

Avranno messo giù solo perché stava per andare a fuoco il telefono!

Io cercavo di fare i compiti di matematica per togliermi il pensiero, quando Gideon entrò in camera mia, ovviamente senza bussare.

Non mi disse niente, aprì solo la porta e si diresse in camera sua.

Io non opposi resistenza e mi catapultai dietro di lui.

Quando lui ebbe chiuso la porta della sua stanza, si sedette alla sedia di fronte al suo computer e mi fece segno di fare lo stesso sul letto.

Appena ci fummo sistemati, lui schioccò le labbra.

-Sicuramente vorrai sapere chi è questa persona che mi chiama sempre e con cui sto al telefono delle ore.-

Io annuì e continuai a fissarlo.

-Devi sapere che… questa persona è… è molto importante per me.-

-Gideon, non sarò un genio, ma qui c’ero arrivata.-

-Se è così allora non c’è bisogno che ti dica niente…-

Stava per alzarsi quando io lo fermai immediatamente.

-No, no, no. Continua a parlare!-

Sapeva benissimo come far leva sulla mia curiosità.

-È importante per me, mi dispiace tenerti all’oscuro di tutto, ma non sei pronta… non ancora.-

Per poco non mi cascarono le braccia.

-Tutto questo mistero per poi non dirmi niente? Gìììì, ma sai che io non lo direi a nessuno!-

-Lo so, JJ, lo so.-

Il tono era quasi desolato, arreso, non si adattava al solito tono di mio fratello, ma io non ci feci caso.

-E allora se lo sai, perché non me lo dici?-

Lui appoggiò il gomito sulla scrivania e, appoggiando il mento sopra la mano, incominciò a fissare il computer.

Quando faceva così era pensieroso e non c’era modo di farlo parlare.

Ma quello che dissi sembrò scuoterlo.

-Sai che non ti giudicherei mai.-

Lui si voltò immediatamente verso di me e mi guardò negli occhi.

Non riuscivo a capire bene quello sguardo, ma mi bastò il sorriso che mi fece dopo.

Mi chiamò a sé e io, come un automa, eseguii l’ordine.

Mi fece piegare, finché non fummo faccia a faccia.

All’improvviso il suo sorriso mutò e divenne quasi sadico.

Mi prese per la testa e ci strofinò sopra le nocche, mentre io mi dimenavo e lui rideva.

Rideva come un matto, quel bastardo!

Quando riuscì a liberarmi stavo per insultarlo, ma lui mi parlò.

-Ti voglio bene, Juliet.-

Il fiato mi si mozzò in gola.

Non potei fare altro che abbracciarlo e ripeterglielo.

-Anch’io ti voglio bene, Gideon.-

 

E te ne voglio ancora.

 

Tutto questo successe nell’anno dei suoi diciassette e dopo questo episodio smisi di preoccuparmi di quella stupida M, di quelle stupide telefonate.

Gideon era felice, dentro e fuori, cosa volevo di più?

 

Una volta, una delle tante, si era ammalato.

La sua tosse, in parte provocata dalle sigarette che fumava senza ritegno, si era aggravata e si era trasformata in febbre polmonare.

Io ero andata a scuola, ma mi ero affrettata a tornare per verificare le sue condizioni.

Mio fratello aveva una sana attinenza per farsi male.

Si era rotto gambe, braccia, piedi e una volta quasi la testa.

Insomma, non c’era mai da stare tranquilli.

Che si fosse ammalato non era una novità, ma di solito lo rimaneva solo per due o tre giorni.

Ma in questo lasso di tempo era più propenso ai guai.

E io, da brava sorella, corsi a casa.

Ma il tempo di appoggiare cappotto, cartella e arrivare a metà scale, suonarono al campanello.

Scocciata, corsi velocemente verso la porta, pronta a scacciare ogni venditore ambulante.

Ma quando l’aprì non mi trovai davanti un venditore di scope elettriche.

-Salve, come sta Gideon?-

Era un ragazzo non molto alto, probabilmente dell’età di mio fratello, con dei capelli rosso ramati.

Provai a rispondere, ma lui mi precedette.

-Ma tu devi essere JJ, ossia Juliet, la sorellina di Gideon! Oh, non sai quanto mi ha parlato di te!-

Mio fratello parlava di me ai suoi amici?

Ancora una volta non riuscì a dire niente, perché la figura  pallida e dinoccolata di mio fratello si affacciò dalle scale.

-Matt, sei tu?-

Chiese con voce roca e impastata.

-Gideon, cosa ci fai qui? Torna immediatamente a letto!-

Feci per avvicinarmi e andare da lui, ma il suddetto Matt mi fermò.

-Tranquilla, lo metto a letto io.-

L’altro non avanzò nessuna protesta, così io accettai la cosa.

Ringraziai Matt e lui sorridendo mi riempì le mani di caramelle.

Io mi guardai per un attimo quei dolci, poi tornai su di lui, ma il suo sorriso era immutato.

Era proprio un tipo gentile.

Entrambi si avviarono al piano superiore, mentre io fissavo la mia mano piena.

Fu l’ultima volta che lo vidi a casa nostra.

 

L’anno più intenso delle nostre vite fu l’anno successivo.

Io ero in terza media e lui era all’ultimo anno di superiori.

La vena artistica di Gideon non era mai stata così alta.

Sì, Gideon era un artista, ma non come tutti gli altri.

Lui non lavorava con le mani.

Lui lavorava con la mente.

Era stato sempre pessimo a disegnare, a fotografare ed era disordinatissimo.

La sua scrittura, quando era di fretta, era indecifrabile a tutti, a parte me.

I suoi appunti sembravano geroglifici a detta dei suoi compagni di classe.

Nonostante tutto questo era un artista.

Non l’ho mai messo in dubbio.

Fin da quando ricordo, ha sempre avuto un sacco di fantasia e voglia di sognare.

Sì, era un sognatore, ma non quelli da divano, uno di quelli che scende in prima fila.

Se dovessi descrivere Gideon con tre parole sceglierei proprio artista, sognatore e ribelle.

Sognatore perché lui immaginava sempre un mondo diverso, situazioni diverse, gente diversa.

Ribelle perché ha sempre combattuto per ciò in cui credeva e per quello che voleva.

Artista perché era un attore nato, ma ancora di più un regista.

È sempre stato il suo sogno, avere il controllo sulla situazione.

Il regista era la cosa più adatta.

Lui scriveva il copione, lui assegnava le parti, lui diceva come si dovevano muovere.

-È come essere i padroni di un micro cosmo!-

Gli avevo detto una volta io e lui aveva riso.

-Hai ragione, ma ricordati sempre che un buon attore, un buon regista, non è niente senza un buon pubblico.-

Ed io ho sempre concordato con lui.

Questa frase era il suo motto personale.

Me lo ripeteva sempre, soprattutto se dopo avevo uno spettacolo.

Neanche io come lui avevo grandi attitudini di artista, non sapevo né suonare, né cantare, però me la cavavo abbastanza con la recitazione.

Mi ricordo che ogni volta che avevo uno spettacolo non dicevo niente a mio fratello, né sulla trama né sul giorno, in modo da fargli una sorpresa.

Volevo che lui arrivasse lì e non si fosse fatto idee premature e tutto fosse nuovo per lui.

In questo modo quell’anno mi creai un sacco di problemi.

Avevo detto a mio fratello che quell’anno lo spettacolo non l’avrei fatto e lui tutto contento mi aveva proposto di aiutarlo con il suo.

L’ultimo anno, i ragazzi del liceo di mio fratello organizzavano uno spettacolo tutto loro, senza prof, e ovviamente lui si era proposto ed era stato eletto come regista, nonostante l’insistenza di molti per farlo recitare.

-Vi ringrazio della vostra fiducia, ma preferisco agire nell’ombra, in modo che quando conquisterò il mondo nessuno possa accorgersene.-

Aveva detto per poi aggiungere una risata da tipico cattivone alla fine.

Ovviamente tutti avevano riso e non si era più discusso.

Gideon aveva fin troppo carisma e sapeva usarlo fin troppo bene.

Infatti inconsapevolmente ero diventata la sua aiuto regista e purtroppo le prove del loro gruppo si tenevano proprio quando avevo le mie.

Avevo pensato di rifiutare, ma avrei insospettito Gideon e poi mi dispiaceva non aiutarlo.

Così quando fu il momento annunciai a Simon, il mio prof di teatro, che non avrei potuto partecipare.

Lui ovviamente mi chiese il perché e non credette assolutamente al mio ripensamento, visto che io ero la più ansiosa di fare lo spettacolo, così m’inventai una balla che mi si ritorse contro.

-Io non volevo dirtelo perché… perché è una cosa di famiglia. Mi dispiace, Simon, non sai quanto.-

Mi stava per rispondere, ma la campanella era suonata e io corsi via.

Mi pentii di avergli mentito, lui era sempre stato gentile e amichevole con me, mi faceva sempre fare tutto, scatenando la gelosia delle mie compagne, ma non era colpa sua.

Non ci pensai più, sono sempre stata dell’idea che quel che fatto è fatto.

Il problema però si ripresentò quando Simon venne a casa mia.

Ad aprire la porta fu mio fratello, ma appena sentì la sua caratteristica voce bassa corsi giù.

-Ah, Juliet, questo signore dice di essere qui per te, lo conosci?-

Mi chiese mio fratello con sguardo indagatore.

Io maledissi mentalmente Simon.

-Certo, lui è il mio prof di teatro. Simon, questo è mio fratello Gideon.-

Si strinsero la mano e si diressero in salotto.

Io volevo scomparire, venire inghiottita dalla terra.

Come ne uscivo?

-Scusate l’intrusione senza avviso, ma non potevo non dire niente.-

Gideon guardò entrambi in modo molto perplesso.

Io istintivamente spostai lo sguardo.

-Forse tu non lo sai, ma tua sorella è una delle migliori attrici che abbiamo nella nostra scuola.-

Ecco, quando Simon incominciava quei discorsi avvampavo e diventavo come la mia verdura preferita, ossia i pomodori.

Quella volta non feci eccezione.

Mio fratello ridacchio leggermente e rispose che, sì, lo sapeva.

-Ma se lo sai, perché vuoi impedirgli di fare lo spettacolo?-

In quel momento chiusi gli occhi, mentre sentivo gli occhi di mio fratello bruciare sulla mia testa.

-Io ho fatto cosa?-

-Ah, forse non sei stato tu, ma i tuoi genitori.-

Peggio di così non poteva andare.

Avrei voluto strangolare Simon.

-Juliet, è così?-

La voce di Gideon apparentemente era regolare, ma io ci leggevo dentro apprensione.

Quando alzai lo sguardo, i suoi occhi mi pugnalarono.

Stava soffrendo.

Stava soffrendo per me.

-Io… mi dispiace, Gideon.-

Simon sentì che l’atmosfera non era quella giusta e fece per andarsene, ma mio fratello lo pregò di aspettare.

-Juliet, mi puoi spiegare? Voglio solo aiutarti.-

Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo.

Cazzo!

Deglutii a vuoto e con un sospiro decisi di dire la verità.

Non volevo far stare male Gideon, soprattutto per colpa mia.

-Io… Ho mentito. Ho mentito sia a te, Simon, sia a te, Gideon.-

I due si guardarono negli occhi per poi tornare su di me.

Sentivo il mio labbro tremare e gli occhi pungere.

-Io volevo fare lo spettacolo, ti giuro, ti giuro, Simon, ma… ma per mantenere il segreto non lo detto a Gideon e… e…-

Non riuscivo neanche a parlare e respiravo velocemente.

Mio fratello, come al solito, capì al volo.

-Bene, penso non ci sia altro da dire. Simon, è stato un piacere, ti contatterò io.-

L’altro annuì e se ne andò salutandomi piano.

Quando sentii la porta sbattere, un singhiozzo mi scappò dalla gola.

Gideon mi fu subito a fianco e non fece altro che abbracciarmi e ascoltarmi mentre cercavo di spiegarmi, senza riuscire a combinare neanche una frase.

Quando mi fui calmata, si sdraiò sul divano e mi stese sopra di lui come una coperta.

-Sei una stupida.-

Mi disse e io non risposi.

Sapevo che era così.

-Dovevi dirmi la verità da subito, ma visto che sei la mia sorellina, hai ereditato la mia stessa zuccaccia dura, non è vero?-

Mi chiese, dandomi un buffetto sulla guancia.

Io chiusi gli occhi e sorrisi timidamente.

Mi sarei potuta addormentare lì.

Gideon era sempre stato così caldo, sembrava una stufetta.

Solo quando si ammalava le sue mani diventavano gelide.

Mi sarei potuta addormentare rassicurata da quel calore, ma una domanda mi ronzava in testa.

-E adesso?-

Lui non mi rispose.

Di scatto si alzò e mi buttò sulle sue spalle.

Io lanciai un gridolino di sorpresa, ma mi lasciai trasportare.

Mi gettò sul mio letto e mi sorrise a mezza bocca.

-Tu lascia fare al tuo super eroe preferito, quello che devi fare ora è solo dormire.-

Risi con tutto il cuore e vidi i suoi occhi rasserenarsi.

-Ma sono solo le cinque di pomeriggio!-

Commentai con tono di sfida e provando ad alzarmi, ma lui non era della stessa idea.

Mi respinse sul letto e mi coprì.

-I bambini devono andare a letto presto, i super eroi agiscono solo quando dormono!-

Disse come se fosse un assioma di geometria.

Io annuii fintamente scocciata e lui mi diede la buona notte spegnendo la luce.

Avevo intenzione di alzarmi non appena lui avesse finito di scendere le scale, ma il sonno mi prese all’improvviso.

Ero serena, i miei nervi non erano mai stati così rilassati.

Non avevo una sola preoccupazione al mondo.

C’era Gideon, e questo mi bastava.

Purtroppo il mio sonno fu interrotto, quando sentì cadere un corpo su di me.

Subito, senza pensarci, lo colpii agli occhi e capo voltai la situazione.

Avevo il fiatone ed ero diventata un pezzo di ghiaccio.

Ero completamente tesa, quando sentii una risata famigliare inondarmi le orecchie.

-Allora i miei insegnamenti ti sono serviti a qualcosa!-

-Gideon!-

Urlai facendolo ridere di più.

Mi spostai subito da lui e corsi ad accendere la luce.

Mio fratello faceva karate da tanti anni e mi aveva iniziato alla difesa personale.

Controllai che non si fosse fatto male e mi accorsi che fuori era completamente buio.

-Che ore sono?-

-Sono le sette e mezza e tu ti devi preparare.-

Disse saltando giù dal letto e sgranchendosi un po’.

-Prepararmi?-

Chiesi ancora intontita dal sonno.

-Sì, perché sta sera si va fuori a cena!-

Sorrisi spontaneamente.

-Era da tanto che non ci andavamo! Hai già in mente qualcosa?-

Ero impaziente di sapere e lui fece finta di pensarci un po’ su.

-Che ne dici di Belette, un famoso francese impagliatore di piccioni?-

La mia risata gli assicurò che, sì, era perfetto.

Mentre ci allontanavamo in macchina, mi spiegò che aveva parlato con Simon ed era tutto a posto.

Avrei potuto partecipare alla recita e anche aiutarlo con la regia.

Era riuscito a spostare le prove con il suo gruppo dalle quattro alle sei, invece che dalle due alle quattro, quando c’erano quelle della mia scuola.

Quindi mi sarei fatta quattro ore di teatro di filato.

-Cosa vuoi di più? È il mio sogno farlo tutto il giorno.-

Sì, questo era il sogno di mio fratello.

Non quello di mio padre, non quello di mia madre, non quello della società.

Ma il suo personalissimo sogno, che avrebbe difeso con tutto se stesso.

Lui sarebbe diventato un grande regista.

 

 

Ma quell’anno mi riservava altre sorprese.

Incontrai una delle persone più importanti della mia vita.

L’evento scatenante di tutto fu proprio la noia.

Finché c’era scuola sapevo che fare, ma superati gli esami di terza media, c’era il vuoto.

Mio fratello era impegnato con l’esame di maturità, ma soprattutto stava preparando un piano di attacco per spiegare a nostro padre che lui sarebbe andato a Hollywood, non all’università.

I ricordi della mia recita e dello spettacolo di mio fratello mi riecheggiavano nelle orecchie.

Simon e mio fratello erano diventati amici e il mio prof era molto propenso a far entrare mio fratello nel “giro giusto”.

C’era mancato poco però che neanche ci andassimo alla recita.

Mio padre non c’era e neanche mia madre, noi non avevamo la macchina e gli autobus non c’erano.

Io ero entrata nel panico più totale, era tardi e io dovevo entrare in scena.

-Gideon!-

Chiamai al limite della disperazione.

Lui mi rispose con un mugolio poco convinto e alquanto soffocato.

-Faremo tardi, cavolo!-

Gridai, ma lui non mi rispose.

Così scesi al piano inferiore e non lo trovai.

Con i nervi tesi sentì dei rumori provenire dal garage.

Mi avviai lì e lo trovai a scasinare con una vecchia Harley Davinson.

-Cioè… io sono in ritardo e tu lavori a quel catorcio?!-

-Juliet, guarda che…-

-Non te ne frega niente di me?! Sai cosa succederà?!-

-Aspetta, io…-

-Disonore su di me, sulla mia famiglia, SULLA MIA MUCCA!-

-JULIET!-

Mi urlò zittendomi, subito dopo la mia peggior citazione di Mulan.

-La moto è pronta…-

Aprì la bocca per parlare, ma la richiusi subito dopo, mettendo il broncio, mentre lui rideva.

-Dai, salta su.-

Io riluttante lo feci, ma ero alquanto reticente.

-Ma sei sicuro che questo catorcio vada?-

Lui mi guardò sorridendo cattivo.

-Sta a vedere.-

Si mise il casco, i guanti e strinse il manubrio.

Col piede accese il motore, ma prima di dare gas gridò:

-Vai, Germana rombo di tuonooo!-

E via, eravamo sparati a ottanta miglia orarie mentre io urlavo stringendomi a lui.

Non lo sentii ridere, ma sicuramente lo stava facendo.

Lo insultai più forte che potei in modo da farmi sentire.

Me la feci quasi addosso quando sorpassammo mentre un camion ci veniva incontro, ma arrivammo in orario.

-Allora, non ringrazi il tuo fratellino?-

Per poco non lo mandai a quel paese.

Per il resto la mia recita filo liscio e io mi divertii un sacco.

La sera dopo ci fu la recita di mio fratello al teatro comunale.

Quello sì che fu un successo.

Io ero seduta di fianco a lui e lo aiutavo il più possibile.

Era nervoso, non lo dava a vedere, cercando di fare battutine, ma aveva i nervi a fior di pelle.

Sapevo che ci teneva molto a quel copione.

Lui ogni volta che scriveva una scena la ricontrollava milioni di volte, poi la passava a me.

Io ero l’addetta alla caratterizzazione dei personaggi e alla gestualità, nonché ai vari errori di distrazione.

Abbiamo passato pomeriggi interi a parlare di quei personaggi, di quei mondi.

Discutevamo e a volte avevamo opinioni discordanti, ma il copione era comunque una meraviglia.

Mi ricordo che, a un mese dallo spettacolo, entrai in camera sua per cercare un libro e lo trovai a scrivere al suo amato computer.

-Non starai mica ritoccando il copione?-

Chiesi, estenuata dalla puntigliosità di Gideon.

-No, è un progetto nuovo.-

Mi rispose concentrato.

Sapevo che quando scriveva non c’era modo di smuoverlo e parlandogli l’avrei solo infastidito, così uscì dalla stanza piena di curiosità.

Alcune ore più tardi, sentii la porta spalancarsi e capii che era arrivato il momento delle spiegazioni.

-JJ, sarà un capolavoro.-

-Certo, ci abbiamo lavorato per tanto tempo!-

-Ma non mi riferisco allo spettacolo, ma al mio nuovo copione!-

Mi voltai verso di lui interessata.

-Di cosa parla?-

-Di Charlie Chaplin, della sua vita, dei suoi film.-

Charlie Chaplin era un famoso regista morto non molto tempo prima ed era l’idolo di mio fratello.

-Come l’hai impostato? Seguirà intreccio o fabula?-

Lui rise alle mie domande.

-Sei proprio partita in quarta, eh?-

Io sbuffai e gli feci segno di continuare.

-Si chiamerà Charlot e partirà dagli ultimi giorni di vita di Charlie.-

-Quindi seguirà la sua biografia!-

Lui annuì con la testa e perse a gesticolare.

Lo vedevo con gli occhi annebbiati dalla fantasia, che guardavano lontano, in un mondo che vedeva solo lui.

-Allora che te ne pare?-

Mi chiese ansioso, dopo avermi raccontato le sue idee.

-Bhe…-

Dissi io grattandomi il mento con fare da finta esperta.

-Ci sarà molto da lavorare, ma può andare.-

Non riuscii a trattenere una risatina finale.

-Dannata sorella malfidata! Adesso ti faccio vedere io cosa “può andare”!-

Mi si fiondò addosso per ingaggiare una battaglia con le settimane enigmistiche.

Finimmo in parità e con fiatone, ma eravamo carichi come non mai.

Il mese passò in fretta e non ci fu un giorno in cui Gideon non lavorasse al suo copione e io non ne discutessi ardentemente con lui.

Molto spesso lo provocavo apposta, per giocare e scacciare la noia.

Non vedevo l’ora che finissero le medie, ovviamente private.

C’era solo gente spocchiosa lì dentro, non mi andava di avere “amici di cognome”.

Sarei andata allo stesso liceo pubblico di mio fratello e avrei vissuto come ogni altra adolescente.

O almeno così speravo.

 

 

Era quasi luglio, faceva un caldo cane e io morivo dalla noia.

Gideon era fuori e io non avevo niente da fare.

Quando tornò a casa per cena e vide la pila di libri di fianco a me si allarmò.

-Dimmi che quelli lì non hai appena presi…-

Io mi distrassi mal volentieri dalla lettura.

-Sì, lì ho finiti oggi e mi sa che domani dovrò ripassare in libreria.-

Lui sospirò scuotendo la testa.

-Sai quanto anch’io ami leggere, ma c’è un limite a tutto, JJ.-

Io roteai gli occhi e tornai a concentrarmi sull’ennesimo libro giallo.

-Quanti soldi hai speso per questi?-

Mi chiese dopo un po’.

-Mhh… non saprei esattamente, però ora che mi ci fai pensare sono quasi senza soldi…-

Cavolo, non avevo pensato a questo.

Gideon sorrise sardonico e si sedette di fronte a me.

-Le opzioni sono due. O vai in biblioteca creando scompiglio generale o…-

Fece una pausa.

Si divertiva a tenermi sulle spine.

-Gììì, smettila di fare il cretino!-

Lui sbuffò divertito prima di rispondermi.

-O ti trovi un lavoro.-

La mia espressione sbalordita sembrava quella da lui desiderata, visto che sorrise ancora di più.

-Un lavoro?-

Chiesi alquanto sorpresa.

Lui si alzò in piedi pieno di energie.

-Ma certo! Cosa c’è di meglio in un estate piena di noia e povera di soldi? Un bel lavoro in un baretto sui viali alberati!-

Dall’entusiasmo sembrava che avesse fatto la scoperta del secolo.

-Dai, domani vai a vedere se c’è un posto, se vuoi ti accompagno.-

Declinai subito l’offerta.

-No, grazie, farò da sola.-

Lui mi sorrise e, prendendomi in giro, mi accarezzò i capelli.

-Oh, la mia piccola JJ sta diventando grande… dimenticherà il suo vecchio?-

-Gideon, sei passato alle telenovele?-

Lui sorrise al mio commento.

Riposai gli occhi sul libro, poi mi venne in mente una cosa.

-Comunque non hai avuto una cattiva idea, non mi dispiacerebbe provare. L’unica cosa…-

Mi bloccai prima di dire altro e ributtai la faccia nel libro.

Ovviamente questo non soddisfò Gideon che me lo prese, buttandolo in aria.

-Ma porco pinguino! Gideon, mi hai fatto perdere il segno!-

Lui mi guardò con cipiglio serio.

-Sorvolando su quel “porco pinguino”, mi puoi dire quale sarebbe il problema?-

Io mi umettai le labbra e sbuffando mi alzai per andare a recuperare il mio sventurato libro.

-Che problema, scusa?-

Mi bloccò subito per le spalle.

Odiavo quando faceva così.

-Non fare la finta tonta, ti conosco bene.-

-Forse un po’ troppo.-

Sussurrai acidamente, ma lui mi sentì perfettamente.

Cercai di avanzare, ma lui non aveva intenzione di mollarmi.

-E con questo cosa intendi dire?-

Strinse la presa e io persi la pazienza.

-Niente, Gideon, niente!-

Urlai staccandomi nervosamente da lui.

-Possibile che per te io abbia sempre un problema? E se non volessi dirtelo?!-

Lui mi fissava impassibile, ma sapevo cosa gli si agitava negli occhi.

-Io ho il diritto di sapere tutto, sono tuo fratello.-

Quell’ultima affermazione mi fece digrignare i denti.

-È la mia di vita non la tua, io non ti devo niente!-

Mi avviai verso la porta, ma la sua voce mi fermò.

-Juliet, non ti azzardare a uscire se no…-

-Se no cosa, Gideon? Cosa?!-

Lo sfidai girandomi.

Lui mi blocco per un braccio.

-Lasciami!-

Gli gridai dibattendomi.

-No, prima mi devi delle spiegazioni!-

La presa si fece più stretta, insieme alla mia disperazione.

Sentivo la rabbia crescermi dentro.

Ora esplodevo.

-TU NON SEI MIO PADRE!-

Gridai fino a farmi male.

Gideon spalancò gli occhi.

Potevo leggerci infinito dolore.

Le sue dita si aprirono lentamente, liberando il mio braccio.

Me ne pentii subito, ma non feci marcia in dietro, non mi scusai.

Abbassai subito la testa, non volevo vederlo in faccia.

Girai i tacchi e uscii di casa sbattendo la porta.

Cercavo di concentrarmi sulla mia rabbia e non sui suoi occhi feriti.

L’aria calda di quella sera m’investì e io non seppi più trattenermi.

Mi fermai e chiusi i pugni.

Maledetto Gideon!

Avevo una dannata voglia di urlare, di sfogarmi.

Di fare qualsiasi cosa che non fosse pensare.

Così mi avviai verso i viali, verso i bar.

Entrai nel primo che mi si parò davanti.

Andai dritta verso il ragazzo del bancone, il barista.

Ad occhio e croce aveva qualche anno in più di me, alto con i capelli e gli occhi corvini, ma questo lo notai solo dopo.

-Voglio il lavoro, subito.-

 

 

Ottenni l’incarico facilmente.

Grazie all’aiuto del ragazzo e del mio bell’aspetto.

Quando la mia furia si fu calmata, mi lasciai scappare un sospiro di sollievo.

-Ma allora sei umana!-

Mi girai verso la voce che aveva parlato.

Era il barista.

-Piacere, sono Robert, ma puoi chiamarmi Rob.-

Disse il tendendomi la mano.

Non potevo immaginare che in futuro quella mano mi avrebbe sostenuto fin troppe volte.

-Piacere mio, sono Juliet. Scusa per prima ero un po’…-

-Nervosa?-

Completò con un sorriso sulle labbra.

Ed era così contagioso che ne feci uno timido anch’io.

-Per fortuna che ora stai meglio, mi hai quasi spaventato prima!-

Io mi grattai la testa e alzai le spalle.

-Comunque sei stata fortunata, sta sera chiudiamo prima. Aiutami a portare dentro i tavoli.-

Io annuii e sollevai tavolini e sedie.

-Certo che ne hai di forza per essere una ragazzina delle medie.-

A quella affermazione, gelai sul posto.

Come poteva avere intuito la mia età?

Se lo diceva al capo, ero fritta.

L’unico modo era fare la finta tonta.

-E tu come fai a dirlo?-

Lui appoggiò una sedia e si accese una sigaretta.

-Semplice, io al liceo conosco tutti e non ti ho mai vista, quindi ho dedotto che dovevi essere delle medie, anche se non lo dimostri affatto. Per fortuna che il capo è un po’ tontolone.-

Ridacchiò e mi offrì una sigaretta che rifiutai.

-Ma come facevi a sapere che non andavo al liceo privato?-

Rob mi guardò stranito.

-Bhe, una che fa un liceo privato non si sognerebbe mai di lavorare in un bar e poi, fattelo dire, tu sei troppo simpatica e strana per essere una spocchiosa.-

Ridacchiai anche io e lui fece una faccia soddisfatta.

Ero contenta.

Non ero più la più piccola dei Blackwood, ma Juliet.

Solo Juliet.

-Invece tu? Quanti anni hai?-

Chiesi tanto per fare conversazione.

-Ne ho sedici, mentre tu ne avrai più o meno quattordici, giusto?-

Annuii con la testa.

Finimmo di sistemare il locale nel più completo silenzio.

L’unico rumore che aleggiava nell’aria era una vecchia pendola.

-Hai fretta?-

Mi domandò all’improvviso.

-Fretta per cosa?-

Non riuscivo a capire.

Mi girai verso di lui e lo vidi chiudere il bar.

-Fretta di tornare a casa.-

Spostai istintivamente lo sguardo.

Gli occhi di Gideon mi lampeggiarono nella mente, ma io scossi la testa.

-No, assolutamente no, tu?-

Lui sospirò, prendendo un’altra boccata dalla sigaretta.

-Neanche io.-

Si mise le mani in tasca e s’incamminò per la strada.

Dopo solo sei passi si fermò.

 -Ti va… di fare un giro al parco?-

Io tentennai un po’ ma poi acconsentii e mi affiancai a lui.

Non parlammo.

Non ne sentivamo il bisogno.

Ci sedemmo su una panchina e lasciammo che la brezza ci scompigliasse i capelli.

C’era silenzio eppure non eravamo in imbarazzo.

Ci sentivamo a nostro agio, come se ci conoscessimo da sempre.

-Il cielo è meraviglioso sta sera, vero?-

Disse lui, col naso rivolto all’insù.

-Bellissimo, anche se di stelle se ne vedono poche.-

Risposi imitando la sua posizione.

-Io starei qui tutta la notte, piuttosto di…-

S’interruppe.

Io lo guardai e aspettai.

Non spostava gli occhi, ma lo sguardo era diventato più intenso.

Alzai anche io il volto verso le stelle.

Sapevo cosa voleva dire, lo sapevo fin troppo bene.

-Piuttosto di tornare a casa.-

Completai sospirando.

Lui non disse nulla, ma sapevo di aver fatto centro.

Una ventata più forte delle altre mi fece rabbrividire.

Il tempo sembrava fermo, immobile.

Non esistevamo nient’altro che noi due.

Sembrava che il mondo avesse smesso di girare per concederci tempo.

Un minuto, un secondo, un nostro piccolo pezzo di eternità.

-Io evito mio padre, non lo sopporto.-

Sussurrò Rob, riportando lo sguardo a terra.

Io lo guardai nuovamente e lo vidi.

Lo vidi davvero per la prima volta.

Era solo un ragazzo, un semplice ragazzo, ma con le spalle troppo larghe.

Troppo larghe, troppo forti per aver sopportato solo quello che la nostra età dovrebbe comportare.

No, c’era di più.

C’era uno specchio, c’era uno specchio tra noi due.

Due poveri semplici riflessi.

Inimitabili e allo stesso tempo identici.

Così presi la mia decisione.

Così decisi di confessarmi.

-Io evito mio fratello, abbiamo litigato.-

Lui spostò il suo sguardo dalle scarpe al mio viso.

I suoi occhi, pozzi neri fatti di una solitudine senza fondo, mi trapassarono.

Mi sentii letta, ma allo stesso tempo capita.

Due riflessi, due semplici riflessi.

Inspirammo entrambi e ci sorridemmo stanchi.

Stanchi di quella situazione.

Stanchi di quel mondo.

Stanchi di quella vita.

 

Un'altra ventata mi strinse il cuore.

Sentivo di dover dire tutta la verità a quello sconosciuto.

Quello sconosciuto che sentivo vicino come nessun’altro.

-Blackwood.-

-Cosa?-

Mi chiese lui preso in contro piede.

-Blackwood, mi chiamo Juliet Blackwood.-

Lui mi guardo e sbuffò divertito.

-Downey, Robert Downey Jr.-

A quelle parole capii la sua ilarità.

Anche lui aveva un cognome da nascondere.

Suo padre era Robert Downey Senior, il famoso regista.

Non dicemmo altro.

Il vento, il cielo, il parco, parlavano per noi.

Non ci fu bisogno d’altro.

Niente parole.

Niente segreti.

Niente di niente.

Come un patto suggellato in silenzio, diventammo amici.

Migliori amici.

 

 

***Angolino della squinternata***

E dopo tempo immemore sono qui. In verità questo capitolo era già pronto da Agosto, ma tra le vacanze e altre attività *coff coff* mi sono dimenticata di postarlo.

Qui finalmente compare il passato di Juliet. La sua famiglia e il suo mondo.

Compare Gideon, il tanto nominato Gideon. Devo dire che mi sono innamorata di questo personaggio, dei suoi modi di agire e reagire. Quindi sono curiosissima di sapere cosa ne pensate VOI! Forse alcuni di voi avranno trovato piccole affinità della descrizione di Gì con quella di Sherlock Holmes xD tipo gli occhi grigi, l’altezza, la figura dinoccolata… xD bhe, dopotutto anche Holmes era un artista quindi…

Ovviamente non è finita qui la storia di Gideon, anzi, è solo all’inizio. Il prossimo capitolo continuerà sulla linea past, sperando di non annoiarvi.     

Devo dire che su questo capitolo mi sono trattenuta moltissimo, avrei dovuto scrivere 30 pagine per introdurvi bene la famiglia Blackwood ma non volevo annoiare nessuno e allora ho messo delle barriere.

Qui compare e viene citato per la prima volta Rob. Bhe ovviamente JJ non poteva non avere come migliore amico quel magnifico attore che è Robert Downey Jr!

Per i profani e per i curiosi questo è come appare Rob nella mia ff.

http://l-userpic.livejournal.com/96718206/19184992

Per i fan, non preoccupatevi, Rob farà comunque l’attore… in che modo lo scoprirete xD.

Mi raccomando non dimenticatevi di lui, perché alla fine di questa storia lo ringrazierete tutti xD

Bhe, smetto di rompervi le scatole e procedo con le risposte alle recensioni sullo scorso capitolo!

 

409inMyCoffeeMaker: Giusvalda, mia cara compagna di scleri! xD Ed ecco il capitolo tanto atteso con il mio amato Gid! Jul è coinvolta molto con Bì?? Nooooo, ma che dici?!? xD Comunque lei è una calcolatrice, per lei è più facile affrontare la situazione prendendola come un problema non personale. “Il passato non è mai passato” è il mio motto ormai. Io do sempre piccoli indizi così che l’attento lettore quando trova la spiegazione dice “ecco il perché di quella cosa!” e sono contenta che tu li abbia colti =). Quello che hai detto su Brad è giustissimo, partendo da quello si potrebbe arrivare al suo problema, a quale malattia lo tormenta. Come la febbre che si alza la sera, anche qui alla sera i ricordi si fanno così intensi che la portano a ripercorrere le fasi della sua vita con Gideon. Brad è un personaggio importante nella storia quanto lo è Bì e vedo che tu l’hai capito! Cavolo se continui così mi racconti tu la storia xD. Sai che c’è un perché anche per il nero? Ma quello lo spiegherò un’altra volta, adesso mi cucio la bocca xD Grazie per tutto quello che fai per me.

 

Mariens: la mia indispensabile A! Come stai cara? Spero abbastanza bene. L ha fatto delle osservazioni molto perspicaci, tra poco mi scopre il vero senso del comportamento di Brad e mi sviscera tutta la storia! Il rapporto tra loro due è una cosa strana ma L ci ha preso… Si L, puoi esultare xD. No, per il capitolo la mia musa è stata un'altra, anche se A è un’ ottima musa lo stesso xD. Grazie per i costanti incoraggiamenti e per tutta la pazienza che hai con me. Ciao cara.

 

 skye182cla:guarda, io sono campionessa mondiale del “chiudi la recensione prima di mandarla” xD Ti capisco molto bene. Una fan di quei due??? Ma che meraviglia! Non mi aspettavo di trovarne una anche qui sul fandom dei GD xD Sono contenta di averti fatto nascere dei dubbi perché è quello che volevo fare. “La profezia di Meredith centra con Brad?” ehh non posso risponderti, ma ti dico solo che il ruolo di Brad sarà determinante in questa ff u.u quindi tienilo d’occhio! Grazie mille per i tuoi soliti complimenti e mi dispiace aver tardato tanto… sono veramente una cattiva ragazza xD Ciao e grazie ancora.

 

ShopaHolic: e guarda chi c’è? La mia allieva preferita xD! Non ti preoccupare per la lunghezza dei commenti, a me fa già un grande onore sapere che tu segui questa storia e poi come hai detto tu l’estate ci porta via. Non posso darti torto. Sono contentissima di come consideri il mio Billie Joe perché non è facile, assolutamente no xD. La tua presenza costante mi riempie sempre di gioia e quindi mi ripeto e ti dico “grazie per tutto”.

 

 

Inoltre devo assolutamente ringraziare chi legge, chi segue, chi preferisce e chi ricorda.

Se sono qui sono per voi lettori e a voi lettori devo tutto.

Al prossimo capitolo, l’ultimo past prima di tornare al presente.

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Capitolo 14
*** 4 Dicembre, notte [What time is it?] ***


Mental14-4 Dicembre

-4 Dicembre, notte-

[What time is it?]

 

 

Quando tornai a casa tutte le luci erano spente.

La porta della camera di mio fratello era chiusa.

Mi ritrovai a fissarla con amarezza.

Ma forse era meglio così.

Mi buttai nel letto, stanca come non ero mai stata.

Non avevo mai veramente litigato con mio fratello, non così.

Era stata una serata orribile.

Ma anche piacevole.

Alla fine io e Rob ci eravamo raccontati tutto, ogni cosa.

Dal fatto che il suo sogno fosse fare l’attore.

A quando, all’età di otto anni, suo padre gli avesse ficcato in bocca il primo spinello.

Alla fine lui era quello che se la passava peggio, non aveva avuto un Gideon su cui fare affidamento.

Lui ne aveva parlato con un sorriso, ma la cosa gli pesava.

Era simpatico, con la battuta o l’imitazione sempre pronta.

Si atteggiava da uomo forte, ma il verità si faceva un sacco di pare mentali.

Sorrisi tra le coperte.

Non avrei potuto incontrare collega migliore.

Avevamo parlato per ore, su quella panchina.

Finché nel parco, buio come non mai, avevano incominciato a girare strane compagnie.

Rob si era guardato in torno umettandosi le labbra e si era seduto più vicino a me.

Io non capivo, ma lui mi prese la mano e mi trascinò fuori.

Io non sapevo cosa dire e seguivo il suo passo frettoloso.

Aveva uno sguardo duro negli occhi e per tutto il viaggio aveva sempre tenuto la testa alta.

Appena fuori dal parco, si fermò sotto un lampione.

-Dove abiti?-

Mi chiese.

Io gli risposi e la nostra camminata riprese.

Non mi guardava negli occhi, ma osservava bene l’ambiente circostante.

Mi stringeva la mano come se solo uno spiffero si fosse messo tra noi due, mi avrebbe perso per sempre.

Appena arrivati sotto casa, io gli chiesi spiegazioni.

Lui scosse la testa e alzò le spalle.

S’infilò le mani in tasca e con un gesto della mano mi fece un cenno di saluto.

Lo vidi scomparire dopo il terzo lampione.

Non avevo capito bene il suo comportamento, ma il giorno dopo, a lavoro, avremmo avuto tempo di chiarirci.

 

Non mi accorsi neanche di avere chiuso gli occhi che era già ora di svegliarsi.

-Juliet…-

Sentii sussurrare, mentre una mano calda era appoggiata sulla mia spalla.

Riconobbi subito il proprietario e mi alzai lentamente.

Il mio cuore era un subbuglio di sentimenti.

Non riuscivo neppure a guardarlo in faccia.

-Ti aspetto giù.-

Disse soltanto, poi chiuse delicatamente la porta.

Io mi lasciai ricadere sul letto e fissai il soffitto bianco.

Cosa dovevo fare?

Ignorare tutto e sorridergli come niente fosse?

Insultarlo nuovamente e mandarlo a quel paese?

Oppure…

Mi grattai la testa e decisi di smettere di pensare.

Il mio unico problema, in quel momento, era vestirmi.

Dopo averlo risolto, scesi le scale lentamente, cercando di svegliarmi completamente.

Due muffin al cioccolato erano appoggiati sul tavolo.

Allungai la mano per afferrarne uno, ma una voce mi fermò.

-Attenta, sono ancora caldi. Li mangeremo appena arrivati.-

Io annuii senza voltarmi verso Gideon.

Lui si avvicinò, mise i dolci nel suo fedele zainetto e mi fece segno di seguirlo.

Entrammo nel garage e lui, dopo avermi caricato, fece partire Germana.

Questa volta la guida era più dolce e rilassata.

Passavamo per le strade deserte mentre la luce dei lampioni stava per essere sostituita da quella solare.

Un attimo… come mai era così buio?

Che ore erano?!

Io provai a domandarlo a Gideon, ma lui probabilmente non mi sentì.

Così mi rassegnai e mi godetti il viaggio.

Stavamo uscendo dall’area metropolitana e ci stavamo dirigendo verso la costa.

Mio fratello ha sempre adorato il mare e adorava portarmi con sé.

Quindi non fu per me una sorpresa, quando parcheggiò la moto vicino l’Euro bar, il nostro solito locale.
Mi venne da sorridere pensando che lì tutti ci conoscevano come londinesi DOC.

Io scesi e Gideon mi prese immediatamente per mano.

Sospirai internamente.

Ormai era diventata un’abitudine in quegli ultimi giorni.

Un odore di pane caldo m’invase le narici, mentre la saracinesca si alzava.

Il bar aveva appena aperto, quindi dovevano essere più o meno le sei del mattino.

Mi stropicciai gli occhi stanca e osservai la schiena di Gideon sparire dentro il locale.

Io decisi di aspettarlo fuori, mentre la brezza cercava di svegliarmi.

-Ehi, carina!- sentì dietro alle mie spalle.

M’immobilizzai e non mossi un muscolo.

Sicuramente era qualche cretino che si divertiva a fare lo spaccone, perciò decisi d’ignorarlo.

-Bambolina, sei sorda o solo timida?-

Sentivo i passi avvicinarsi, ma io non ero intenzionata a voltarmi o dargli corda.

Le mie mani erano diventate gelide per il nervosismo.

Cosa voleva quel tipo da me?

Feci per entrare nel bar, quando una mano mi si posò sulla spalla facendomi voltare.

-Allora, oltre che le gambe hai anche la faccia carina.-

Mi sorrise mellifluo e fece per toccarmi la guancia, ma io arretrai incapace di fare altro.

Puzzava d’alcool e aveva gli occhi completamente stralunati.

Non mi piaceva quel tipo, non mi piacevano i suoi modi di fare e non mi piaceva il modo in cui mi guardava.

Andai ancora più indietro, senza staccare gli occhi da lui.

-Dai, perché non mi dici niente?- ridacchiò prendendosi gioco di me e avvicinandosi.

Io avevo la mascella contratta dalla paura e i pugni stretti.

Sarei scappata via all’istante, se non avessi sentito la voce di mio fratello alle spalle.

-Sparisci.-

Disse soltanto, ma dal suo tono glaciale sapevo che non scherzava.

L’uomo scoppiò in una risata sguaiata barcollando un po’.

-Sparisci tu piuttosto, io e la signorina stavamo discutendo. Non è vero, cara?-

Allungò una mano verso di me, ma prima che potessi fare qualcosa Gideon gliela afferrò girandogliela dietro la schiena.

-Non ti azzardare a toccarla, capito?-

Il suo tono era calmissimo, il suo respiro quasi impercettibile, ma i suoi occhi divampavano.

-Ahia cazzo! Lasciami!- si lamentò l’uomo tentando di ritirare la mano, ma Gideon non mollava la presa.

Fece pressione, finché l’altro non si ritrovò in ginocchio, poi strinse ancora di più le ossa della mano, ma all’ennesimo grido di dolore dell’uomo lasciò la presa.

Quando faceva così faceva paura anche a me, sarebbe stato capace di qualsiasi cosa, anche di rompere le ossa a quell’uomo.

Era sempre stato un ragazzo che non se la prendeva troppo, ma quando si arrabbiava veramente perdeva il controllo.

Per fortuna aveva ritrovato il controllo  in tempo.

Io sospirai visibilmente e lui mi fece un piccolo sorriso che venne subito soffocato dalle parole dell’uomo.

-Stronzo! Ma chi cazzo sei per fare questo? Io ti denuncio, brutto bastardo!-

Lui non lo guardò minimamente e mi prese nuovamente per mano.

Il tipo continuava a sbraitare, ma Gideon mi trascinava via come se niente fosse.

Solo dopo la fine delle grida, rallentò il passo e mi prese a braccetto.

In quel momento avrei voluto rassicurarlo, dirgli che mi dispiaceva, che non si doveva preoccupare per me, ma non lo feci.

Rimasi zitta, con le parole in gola, e lo sguardo fisso su di lui.

Quanto cose avrei voluto dirgli, quante cose avrei voluto fargli notare, raccontargli, ma all’epoca non ci davo troppo peso.

Tanto avrei sempre avuto tempo per dirgliele, giusto?

 

Arrivammo a piedi nella spiaggia vicina.

Il sole batteva già sulle nostre teste, ma non c’era troppo caldo.

Gideon aprì il suo zainetto e estrasse un telo da mare su cui sederci.

Ci accomodammo e incominciammo a mangiare i muffins.

Il tempo scorreva lento come non mai.

Le onde s’infrangevano dolcemente sulla spiaggia.

Vedevo la schiuma cristallizzarsi per poi venire assorbita.

Era un circolo vizioso.

Andare e tornare.

Tornare e andare.

Eppure mi affascinava, mi risucchiava.

Era eterno, inscindibile, qualcosa sopra la mia comprensione.

Ma la cosa che mi coinvolgeva di più, era proprio quel senso di lentezza, d’immortalità.

Come se fosse la ninna nanna della natura.

Io non sono mai stata l’amate del mare, non sono mai stata una tipa da spiaggia.

Preferivo la montagna, le sue ombre verdi e i suoi boschi sempre pronti ad accoglierti.

Questo però non mi ha mai impedito di fare battaglie in acqua con Gideon o con Rob.

Il fatto è che preferivo osservare, perdermi in quel labirinto senza capo né coda.

Infinito.

-Juliet…-

Sbattei velocemente gli occhi, riemergendo dai miei pensieri.

Mi voltai verso l’unica persona che mi poteva chiamare con quell’intonazione.

Lo guardai, ma non risposi.

Lentamente anche il suo sguardo si posò su di me ed assunse un significato che non seppi decifrare.

-Tu… tu sai quanto pesa un orso polare?-

-Eh?-

-Abbastanza per rompere il ghiaccio, sorellina!-

-Ma che cazz…-

Cercai di sbraitare io all’idiozia che aveva appena detto.

Ma lui fu più veloce e si lanciò addosso a me.

Mi prese in un abbraccio stritolante e incominciò a farmi il solletico.

Io mi dimenavo come una matta, ma ridevo.

Ridevo insieme a lui.

Perché sapevo che solo lui poteva fare una cosa del genere.

Solo lui poteva svegliarsi a ore impossibili per portarmi al mare.

Solo lui poteva inventarsi una stupidaggine simile per fare pace.

Solo lui poteva farmi ridere così.

E in quel momento, mentre ci contorcevamo sul bagnasciuga, mentre lo insultavo soffocata dalle risate, ho capito veramente la felicità.

Ho capito per cosa vale la pena vivere.

 

 

 

 

***Angolino della squinternata***

Ed ecco il nuovo aggiornamento! Scusate se è molto corto e non troppo bello, ma ho preferito spezzare la narrazione in modo da non far passare troppo tempo tra un capitolo e l’altro. Spero che apprezziate la mia scelta =^^=

Ma passiamo al capitolo! Come avrete notato siamo ancora al passato, alla Juliet adolescente che ha appena conosciuto Rob. Qui il personaggio l’ho introdotto un pochino di più, ma vedrete che nei capitoli a venire sarà meglio analizzato.

Gideon (che ripeto si legge Ghideon) è sempre lui xD. Spero che vi sia piaciuto, perché in questo personaggio ci sto veramente mettendo l’anima.

Spero che la battuta dell’orso polare non venga giudicata squallida perché a me fa morire dal ridere xDxD.

Ma basta annoiarvi con queste mie paturnie, passiamo a quelle meravigliose persone che hanno commentato lo scorso capitolo **

 

409inMyCoffeeMaker: sappi che la tua recensione mi ha ucciso, sul serio. Potrei stare qui a scrivere parole su parole ma non riuscirei ad esprimere tutta la gratitudine che ho dentro. Mi  affiderò a quella vecchia ed abusata parola che però per me vuol dire tanto: Grazie, grazie dal cuore. Sono contenta che tu credi in me, nonostante io non condivida le tue opinioni sul mio conto. Io vivo a modo mio e lo fai anche tu, questo è l’importante. Gideon, non se tu l’abbia intuito, ma è solo un simbolo. Riesci ad indovinare quale?

 

skye182cla: ragazza, tu hai degli ottimi gusti u.u xD. Scherzi a parte, cavolo non mi aspettavo di trovare una fan Downeyana qui!! =D Lui è il mio attore preferito, non ho resistito a mettercelo xD. Sono contentissima che Gideon ti piaccia, lo amo così tanto che avevo il terrore di farlo venire male. Hai anche tu un fratello più grande? Io 2 sorelle xD ci tormentiamo un giorno si e l’altro no, ma ci vogliamo bene =^^=. Ahh, ma tu sei troppo attenta! La spiegazione su Rob l’avrai, tranquilla, ma tra un po’ di capitoli. Spero di non averti fatto aspettare troppo per questa schifezzuola di capitolo ^^. Grazie di seguirmi sempre, perché sappi che io vado avanti a pubblicare solo per voi, visto che gli altri si sono volatilizzati =D.

 

ShopaHolic: la mia fedelissima lettrice ** Macciao! Mi dispiace per avervi fatto aspettare molto per il capitolo precedente, spero che questo non valga per il nuovo che hai appena letto. Gideon è il personaggio che ho amato di più in questa ff, dico sul serio. Non sai quanto mi dispiacerà fare quel che devo fare ç_ç.  Io ho cercato di ricreare un tipico rapporto tra fratelli, però bisogna tenere conto che l’introspezione è di Jul quindi Gideon sembra molto eroico per quello xD. Rob ci regalerà tante sorprese e nell’ultimo capitolo lo osannerete xDxD. Tu non sai quanto io ammiri la tua costanza a seguire una ff sconclusionata come questa, sei davvero troppo buona. Grazie ancora.

 

 

Ovviamente ringrazio anche chi legge, chi segue, chi ricorda e chi preferisce.

Al prossimo capitolo!!!

 

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Capitolo 15
*** 4 Dicembre, notte [Tra lacrime e sorrisi] ***


Mental15-4 Dicembre, notte [Tra lacrime e sorrisi]

 

-4 Dicembre, notte-

[Tra lacrime e sorrisi.]

 

Dopo la nostra pacificazione, tutto sembrò andare per il verso giusto.

Gideon aveva imparato la lezione.

Lo vedevo a volte mordersi la lingua, impedendosi di dire l’ennesima cretinata.

Naturalmente l’avevo imparata anch’io.

Infatti mi ritrovavo a sgobbare dalle 8 della mattina fino alle 6 di sera, ovviamente con pausa pranzo in mezzo, per i miei maledettissimi amati libri.

Se non fosse stato per Rob avrei mollato subito, i clienti sanno essere odiosi.

Se non gli porti il loro dannato ombrellino blu, mi raccomando BLU, non lo guardano neanche il drink!

Potevo lamentarmi quanto mi pareva, ma la regola era sempre una sola.

-I clienti hanno sempre ragione, nonostante siano degli emeriti coglioni!-

Così diceva Rob e così mi faceva scappare da ridere.

Quel ragazzo era veramente straordinario.

Non ho mai capito bene cosa ci legasse.

Infondo avevamo interessi, compagnie e idee differenti, però…

Però mi sembrava di respirare un aria diversa quando stavo con lui.

Era tutto più leggero, più facile.

-Juliet, emhhh c’è un cliente che chiede di te!-

Mi gridò Rob da fuori con un tono strano.

Io gli risposi un ok perplesso, poi mi precipitai ai tavolini e vidi una mano alzata, così mi diressi lì.

-Salve posso… NO, ancora tu!-

Esclamai non poco scocciata e come risposta mi arrivò una risata.

-Dai, sorellina, non è colpa mia se qui servono il caffè più buono della città.-

Io lo guardai male e lui scoppiò di nuovo a ridere.

Ebbene sì, Gideon passava minimo due volte al giorno a prendere questo famoso caffè, che in verità era della brodaglia imbevibile.

Ma ormai mi ero rassegnata ad averlo tra i piedi.

Avevo capito che era un modo tutto suo per starmi vicino.

 

-Allora cosa ti porto?-

Gli chiesi mentre boccheggiavo per il caldo.

Era metà giugno, ma sembrava di essere ad agosto inoltrato.

-So che il caffè non me lo risparmierai mai, quindi quello, tre ciambelle più un muffin.-

Mi segnai tutto sul taccuino e lo guardai perplessa.

-Hai paura di rimanere a stomaco vuoto, Gideon?-

Lui sospirò teatralmente e scosse una mano davanti al suo naso.

-No, scema. Sto aspettando i miei amici.-

Io gli feci una linguaccia a quell’insulto e ripresi il giro delle ordinazioni.

Più o meno così si svolgevano le giornate della mia estate.

Conobbi anche altri ragazzi che lavoravano o erano clienti lì al bar.

Gente semplice e alla mano, ognuno con proprie sue particolarità e i propri modi di fare.

Settimana dopo settimana ritiravo il mio misero stipendio, ma andava bene così.

Ci riuscivo a comprare poco, ma almeno riuscivo a pagarmi da sola il biglietto per il cinema quando Rob m’invitava.

Almeno lì Gideon non mi seguiva.

In verità non glielo dicevo neanche, quindi non c’era pericolo.

Mi viene da ridere a pensare che erano queste piccole cose a fare la mia giornata.

Ridere insieme a Robert, azzuffarmi con Gideon, leggere libri.

Dio, quanto mi manca.

 

Era il mio ennesimo giorno al bar.

Luglio era appena iniziato e, con l’avvicinarsi dell’esame finale, le visite di Gideon si erano fatte più sporadiche.

Non che ne sentissi la mancanza, ma non lo invidiavo affatto.

Sapevamo tutti che ce l’avrebbe fatta e sarebbe passato con i voti migliori.

Il problema era l’università.

O, nel caso di mio fratello, Hollywood.

Gideon aveva provato più volte a parlarne con mio padre, ma lui faceva il finto tonto.

Sperava ancora che fosse un semplice capriccio.

Povero burattinaio illuso.

Era un così buon padre che non ascoltava neanche i suoi figli.

Quando gli faceva comodo diventava sordo come pochi.

Se poi si parlava del futuro di mio fratello, diventava logorroico.

Ma in sintesi i suoi discorsi rifluivano in un'unica costante.

-Mio figlio seguirà le mie orme e diventerà un ottimo presidente per l’azienda.-

E lui non vedeva.

Non vedeva gli occhi di Gideon velarsi.

Non vedeva le sue mani strette sotto il tavolo.

Non vedeva che il suo sogno aveva un nome solo.

Cinema.

 

Mi ricordo che al tempo c’era in gioco un grande affare.

L’industrie Blackwood avrebbero comprato la Lockhart inc.

Quando si parlava di questo gli occhi glaciali di mio padre s’illuminavano, mentre quelli di Gideon si spegnevano, andandosi a specchiare nel pavimento.

-Juliennnn!-

La voce di Rob mi riscosse dai miei pensieri.

-Rob, smettila di chiamarmi così, sai che non mi piace quel nome!-

Gli risposi un po’ irritata dal soprannome e lui strabuzzo gli occhi sbuffando.

-È colpa mia se tu sei così tra le nuvole che l’unico modo per richiamare la tua attenzione è urlarti cose che non sopporti?!-

Non potei fare a meno di ridere, faceva certe facce!

-E non ridere, è una cosa seria!-

Aumentai d’intensità e lui si lasciò scappare un sorriso.

-No, smettila… n-no.-

Cercò di fare il serio prima di esplodere e seguirmi a ruota, continuando a ripetere che la mia era una risata stregata, ti costringeva a seguirla.

Con le lacrime agli occhi e i crampi allo stomaco incominciò ad insultarmi chiamandomi “strega”, “idiota” o simili.

Adoravo quel ragazzo.

-Juliet, Robert, cosa state facendo? Non siete qui per divertirvi!-

Ma non adoravo quel lavoro.

Così, lanciandoci un ultima occhiata, procedemmo con le rispettive ordinazioni.

 

Dopo cinque minuti di gimcana intorno a diversi tavoli, venne il turno di mio fratello.

Con il vassoio delle ordinazioni mi diressi verso di lui e notai che tutti i suoi amici erano arrivati, però una sedia rimaneva vuota.

-Ecco qui le tre ciambelle, il muffin e “il caffè più buono della città”.-

Gli dissi ridacchiando mentre gli porgevo la tazzina, ma lui sembrava in sovrappensiero.

Guardava in continuazione l’orario, sbuffava e i suoi occhi tradivano una certa preoccupazione.

-Gideon, tutto ok?-

Gli chiesi sfiorandolo sulla spalla e improvvisamente si riscosse.

-Ah, scusami, pensavo ad altro.-

-Non l’avrei mai detto.-

Risposi meritandomi una sua occhiataccia.

-Aehm, scusate ma noi ci conosciamo?-

Entrambi ci girammo verso l’altra parte del tavolo, dove i tre ragazzi mi stavano sorridendo.

-Oh, voi dovete essere gli amici di Gì, piacere io sono Juliet! Scusatemi se vi ho interrotto.-

Dissi molto cortesemente e assai incuriosita da quei ragazzi.

Insomma finalmente conoscevo gli amici di mio fratello!

Per me era una grande conquista, conoscere loro equivaleva a conoscere una parte di Gideon che fino a quel momento mi era stata impossibile capire.

-Tranquilla, non hai interrotto niente. Comunque io sono Axel.- mi rispose un tipo dagli strani capelli a istrice, non smettendo mai di sorridere.

Gli altri due, se non ricordo male, si chiamavano Mark e Josh, o forse Victor?

Quello che mi è sempre rimasto impresso, è la paresi facciale che pareva essersi impossessata del loro viso.

-Sì, sì, abbiamo capito. Juliet, ma tu non devi tornare a lavoro?-

Interruppe quello strano comizio mio fratello, ma subito Axel tornò all’attacco.

-Eddai, Gid, lasciala stare un attimo, mica ti freghiamo la ragazza!-

Alla parola “ragazza” mio fratello si fossilizzò all’istante.

-Cosa?-

Esclamai io assolutamente stupita.

-Ma, non sei tu quella Juliet fidanzata con lui? Dalla descrizione che ci ha fatto, sembreresti proprio tu… insomma magari ho capito male e il vostro fidanzamento andava tenuto segreto… io…-

Non mi curai dei balbettii di quell’istrice e puntai lo sguardo sul mio presunto fidanzato.

-Gideon, maledetto, cosa gli hai raccontato?-

Gli dissi con le parole che gocciolavano di rabbia repressa.

Lui alzò le spalle e mi fece uno stupidissimo sorriso a trentadue denti.

Gli avrei staccato la testa se la voce di Rob che invocava il mio aiuto non mi avesse distratto, ma prima di andarmene dovevo chiarire le cose.

-Ora scusate devo andare e so che non dovrei dirvelo ma… Gideon è mio fratello, la sua fidanzata in verità è quel travestito che si vede di tanto in tanto sulla statale. Seviziatelo quanto volete, non mi opporrò, anzi se volete una mano vi assisto!-

Stavo per correre via quando una voce scocciata mi distrasse per l’ennesima volta dal mio operato.

-Ha bisogno di qualcosa, signore?- dissi girandomi velocemente con un sorriso soddisfatto.

-Juliet?!-

Ci misi un attimo per capire chi avevo davanti.

Il blocco delle ordinazioni cadde per terra insieme al vassoio.

-Cosa diavolo ci fai qui?!-

I miei genitori.

Mio padre mi guardava gelido, ma nello stesso momento mi marchiava con tutto il disprezzo che possedeva in corpo.

Mi gettai a terra cercando di recuperare tutto quello che avevo fatto cadere.

Il cuore mi batteva a mille e avevo una gran voglia di correre via.

Le mie mani incominciarono a tremare e cercai di balbettare qualche scusa.

Rob vedendomi in difficoltà si fece avanti, parandosi davanti a me, come per farmi scudo.

Voleva proteggermi dallo stesso pericolo che lo minacciava ogni giorno.

-Ci penso io, signori, desiderate?- chiese con affabilità.

-Togliti di mezzo ragazzino, voglio parlare con mia figlia.-

Non fece segno di stupirsi, dopotutto chi non conosceva i coniugi Blackwood almeno di vista?

-Se vuole parlare con Juliet lo farà durante la pausa, adesso sta lavorando.-

-Mia figlia non lavora in un bar, mia figlia non metterebbe in ridicolo i propri genitori, non li farebbe vergognare! Quella…-

Lo vidi digrignare i denti e sputare fiamme dagli occhi.

Fiamme che stavano bruciando il mio cuore.

-Quella non è mia figlia, non più.-

Lo guardai negli occhi, dritta, ma non vidi niente.

Niente.

Io non ero niente.

E in quel momento il mondo sparì, lasciandomi sola, soffocata dalle lacrime di una vita, trattenute nel cuore fino a quel momento.

E stavano uscendo, una ad una.

E io affogavo, sempre di più.

Morivo, e mio padre mi voltava le spalle.

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