After is before

di suni
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Colazione da Muggles ***
Capitolo 2: *** II. Colazione da maghi ***
Capitolo 3: *** III. Colazione da Purebloods ***
Capitolo 4: *** IV. Nessuna colazione ***



Capitolo 1
*** I. Colazione da Muggles ***


Questa fanfiction non tiene conto di tutte le informazioni contenute in interviste, articoli e altre pubblicazioni, perché sono dell'opinione che se io scrivo una fanfic su una saga, tutto quel che non è scritto nella saga non è canon. Inoltre, per ragioni evidenti di trama, non tiene conto neanche dell'epilogo dei Doni della Morte.
Non ho mai scritto praticamente nulla su questi personaggi – particolarmente Malfoy – e non ho alcuna pretesa di dar vita a un racconto credibile e strutturato. Tutto questo è semplicemente un gentile omaggio alla sempre stimatissima sourcreamandonions, con affetto. Spero di rivederti presto.
A tutti gli altri, auguro una buona lettura.



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Harry fece appena in tempo a vederli, giusto un attimo prima d'imboccare il portone della Gringott per uscirne. Fu una vera fortuna, considerato che avrebbe preferito finire in pasto agli Inferius che nelle grinfie di quella torma.
Giornalisti, assiepato tutt'intorno alle scale, occhieggianti in ogni direzione, ansiosi, pronti a scattare. Qualcuno doveva aver spifferato che l'Eroe del mondo magico si era presentato a Diagon Alley, quella mattina, ed erano arrivati in branco, come feroci Giganti.
Harry si appiattì nervosamente capelli sulla fronte, inquieto, e i suoi occhi verdi dardeggiarono per un paio di secondi in direzione dell'uscita, mentre raggiungeva un'unica, inevitabile conclusione.
Doveva proprio smaterializzarsi.



After is before

I. Colazione da Muggles



Non era mai stato facile essere Harry Potter. Continuava a non esserlo a dispetto del fatto che Voldemort fosse ormai soltanto un ricordo, e dunque teoricamente ogni cosa avrebbe dovuto tornare alla normalità. Ma non c'era proprio niente di normale nel comparire sulle copertine dei giornali un giorno sì e l'altro pure da sei mesi, o nell'essere perseguitato da truppe di giornalisti affamati di pettegolezzo o da sedicenti affaristi che lo volevano come testimonial, da streghette desiderose di un'avventura con la star del momento, da fans assatanati disposti a qualunque psicosi per un autografo e da un incontrollabile, fastidiosissimo brusio ad ogni comparsa in un qualunque luogo pubblico.
Prima, almeno, doveva preoccuparsi soltanto di Voldemort e dei Death Eaters. Adesso invece sembrava che il paese intero si fosse votato a un'unica missione: tirarlo scemo.
Per questo, appena sparito dal Ministero, Harry si barricò a Grimmauld Place attivando tutte le protezioni magiche della dimora dei Black, nella ferma e decisa convinzione di non riemergerne per nessuna ragione fino almeno alla settimana successiva. Fosse dipeso da lui, non si sarebbe mosso da lì per almeno due anni, ma probabilmente in quel modo avrebbe ottenuto soltanto l'effetto di far accorrere tutti lì a preoccuparsi per lui. Era odioso.
Voleva soltanto essere lasciato in pace, finalmente.
Kreacher, il tè.”
Sprofondò in poltrona con un sospiro estenuato. Mentre aspettava che l'Elfo adempisse alla sua richiesta, si sfilò di malo modo il mantello, rimuginando cupamente sul fatto che nemmeno nei periodi più bui e disperati della lotta si era mai sentito tanto solo.
Ron sembrava non capire il suo problema. A lui non dispiaceva affatto quell'improvvisa notorietà, e non capiva perché mai dovesse essere considerata solo negativamente. Hermione invece, da quella roccia che era, se ne disinteressava alla grande. Continuava a fare le cose che aveva sempre fatto, come prima, e se qualcuno la intralciava tanto peggio per lui. Ginny era a scuola, beata lei, e la sua massima difficoltà consisteva nell'ascoltare il brusio degli altri studenti al suo passaggio.
Harry era solo.
Completamente solo con i suoi pensieri.
E fu in quel momento, mentre Kreacher gli portava la tazza, che realizzò drammaticamente di non poter rimanere affatto chiuso in casa fino alla settimana successiva: perché quella sera c'era la serata per la celebrazione dei sei mesi dalla caduta dell'Oscuro, appunto, e lui non poteva assolutamente mancare.
Sospirò stancamente, abbandonò la tazza di tè a se stessa e Kreacher alle sue proclamazioni di cieca obbedienza, avviandosi verso la vasca da bagno con una mezza idea di annegarsi.


Merlino, adesso ammazzo qualcuno. Non ne posso più, giuro, non ne posso proprio più.”
Era arrivato da un'ora e mezza, ma gli sembrava ne fossero passate almeno otto. Un'ora e mezza ad ascoltare convenevoli, complimenti, domande sconvenienti, a posare per fotografie insulse con questo e quel personaggio di spicco, a farsi stringere la mano tante volte da rischiare la slogatura del polso – con tutte le simpatiche battute a sfondo sessuale che ne sarebbero seguite – e a ricevere pacche e congratulazioni da perfetti estranei. Dozzine e dozzine di occhi puntati sulla sua cicatrice.
Si era appena rifugiato nell'angolo più invisibile della sala, mezzo nascosto da un'ampia tenda in broccato, pregando ardentemente che nessuno si ricordasse mai più di lui – ed era impossibile, purtroppo. Gli stava venendo da piangere.
Odiava che tutti fossero lì a festeggiarlo ed osannarlo, spesso con ipocrisia, mentre c'era tutto quell'orrore dietro ogni suo gesto. Non dovevano guardarlo come se fosse stato così speciale. E Sirius? Remus? Dumbledore? Snape, Fred, Tonks e tutti gli altri? Possibile che tutta quella gente li avesse già dimenticati? Lui non ci riusciva per un solo istante della giornata, aveva ancora le loro facce davanti agli occhi come se fossero stati lì con lui. E avrebbero dovuto esserci, sarebbe stato giusto così.
Occhieggiò Ron, che conversava con suo padre e Kinglsely Shaklebolt mentre Hermione, accanto a lui, sfoggiava un'espressione compita che però, agli occhi di Harry, risultava falsata dalla vacuità dello sguardo della sua migliore amica. Evidentemente non le importava nulla di essere lì e lui era quasi sicuro che stesse concentrandosi mentalmente su qualche volume che stava studiando.
E faceva solo bene.
Basta,” borbottò. “Non ce la faccio più.”
Potter.”
Era una voce alla sua sinistra. Una voce sorpresa, infastidita e tragicamente nota. Harry non mosse un solo muscolo, continuando a fissare la sala nella sua più riuscita imitazione di un'armatura di Hogwarts.
E stranamente ti stai lamentando,” proseguì la voce, il cui proprietario evidentemente non si stava prendendo la briga di considerare la sua mancanza di reazioni apparenti. Non che Harry si fosse aspettato altro, conoscendolo.
Malfoy.”
Si voltò a guardare l'interlocutore con riluttanza.
Draco era particolarmente pallido, particolarmente magro e particolarmente elegante. Nonostante la postura signorile e rilassata della sua figura, i suoi occhi grigi continuavano a spostarsi lentamente e attentamente lungo la sala, senza trattenersi su di lui.
Stavi parlando da solo, Potter,” insistette, con una certa soddisfazione.
Non si erano più visti, dopo il processo in cui Harry aveva testimoniato a sua favore, contribuendo a farlo rilasciare, non assolto, ma in libertà vigilata. Doveva andare al Ministero a firmare dei documenti una volta alla settimana e la sua abitazione poteva essere sottoposta a perquisizioni liberamente, inoltre non aveva diritto ad usare la bacchetta magica per un certo tempo, diceva la sentenza. Era successo quattro mesi prima e lui non ricordava nemmeno più bene come fosse andata. Non se lo volevo ricordare, non gli riusciva di pensarci; non riusciva a pensare a un sacco di cose del periodo prima della fine della guerra e le settimane immediatamente successive: una erano le aule di tribunale, le voci che rimbombavano contro i muri, i singhiozzi delle mogli e dei figli dei maghi che venivano condannati. Colpevoli, ma pur sempre uomini. Non si ricordava nemmeno bene il processo dei Malfoy. Era presente e aveva testimoniato, ma non conservava immagini precise di quella giornata. Aveva solo un vago ricordo del giudizio a Lucius, lui era seduto e stringeva i pugni, e quando si era alzato per raggiungere il banco dei testimoni gli tremavano le ginocchia. Non l'aveva nemmeno guardato, mentre parlava, intravedeva la lunga chioma bionda dell'uomo da qualche parte all'estremità del suo campo visivo, ma aveva rifiutato d'osservarlo. A quanto ne sapeva lui, comunque, Draco Malfoy se l'era svignata in una tenuta in campagna della sua famiglia, indisegnabile, e secondo Harry aveva anche fatto bene. Almeno, lui non doveva sopportare quel troiaio.
E' quello che fanno i disadattati, sai,” rispose d'impulso, sistemando nervosamente il mantello piegato sul suo avambraccio.
Se non altro adesso ne sei consapevole,” concesse Draco, storcendo le labbra.
Sì, già,” borbottò Harry a disagio. Pensò rapidamente a qualcosa da dire, e si chiese anche perché mai Malfoy fosse venuto lì nell'angolo a dar noia a lui, anziché pavoneggiarsi davanti alla gente che contava. Nonostante la condanna di Lucius, gli restavano un bel po' di grana e di proprietà di cui vantarsi. “Comunque ti, mh, trovo bene,” buttò lì, vago.
Draco si limitò a fissarlo con aperto scetticismo, distendendo la fronte. Harry si chiese se la reazione fosse dovuta al suo patetico tentativo di dialogo amichevole o al fatto che, effettivamente, Draco al momento fosse davvero troppo pallido e troppo magro per poter avere una bella cera.
Sì, ehn, segui una dieta particolare?” continuò disperatamente, cominciando a sperare che comparisse un giornalista, o qualche impiegato del Ministero che doveva assolutamente accompagnarlo dal suo superiore per sottoporgli un progetto del loro ufficio al quale sarebbe stato in-te-res-sa-tis-si-mo.
Potter, cosa stai dicendo?” chiese Draco, glaciale.
Non lo so, veramente,” ammise lui scrollando le spalle. “Immagino di aver tentato di fare conversazione.”
Non sta funzionando,” osservò Draco, sistemandosi il colletto dell'abito.
L'ho notato,” confermò Harry, depresso. “Ma, ecco, tu sei venuto qui, e io ho pensato...”
Non ti avevo nemmeno visto quando mi sono...spostato qua nell'angolo. Perciò puoi anche continuare a tacere, o a parlare da solo come stavi facendo.”
Draco siglò quell'affermazione con un cenno minimo e secco della mano chiara. Harry lo guardò spiazzato, scompigliandosi nervosamente i capelli, poi annuì perplesso.
Va bene, allora io...vado avanti,” balbettò confuso.
Eri arrivato a non ce la faccio più, Potter.”
Ah.”
Rimase immobile a fissare la sala, o meglio il vuoto, senza più aprire bocca. Comunque era questione di minuti prima che qualcuno lo cercasse. E poi c'era ancora il discorso della autorità, durante il quale sicuramente gli sarebbe toccato prendere la parola. Ed Harry era un disastro a parlare in pubblico. Gli partiva la voce e non era capace a mettere in fila neanche più le lettere dell'alfabeto.
Allora, Potter?”
Draco lo stava fissando, quasi spazientito.
Eh?”
Non stavi andando avanti col tuo affascinante soliloquio?”
Quella domanda lo punse sul vivo, tanto che raddrizzò la testa d'impulso, rabbioso, stringendo leggermente i pugni lungo i fianchi. Non se ne rese conto, ma Draco indietreggiò impercettibilmente.
Ma insomma, Malfoy, a te che te ne frega?” chiese, legittimamente.
Lo Slytherin fece spallucce.
Mi sto annoiando. Questa serata è una schifezza, hai fatto arrestare metà della gente di classe e l'altra metà è emigrata altrove, o troppo schifata per venire qui,” spiegò lentamente, altero.
E tu, allora?” ribatté Harry, infastidito.
Io dovevo per forza presentarmi, dal momento che tu hai convinto la gente che ti ho aiutato contro l'Oscuro. Tra parentesi, è del tutto falso,” osservò Draco, freddo.
Harry sbuffò, ignorandolo.
Comunque ho visto la Parkinson, e anche Zabini e Nott,” gli fece notare.
Grazie, li riconosco da solo,” lo zittì Draco. “Allora?”
Harry lo scrutò stizzito.
Ma alla fine, poi, era meglio starsene nascosto in un angolo con il suo vecchio rivale scolastico piuttosto che lì in mezzo alla fossa dei leoni.
Non ce la faccio più. Sono stanco di essere guardato come se avessi due teste, e di dover leggere sui quotidiani anche quante volte vado al cesso. Vorrei solo che tornasse tutto normale. No...”
Normale?” ripeté Malfoy atono, interrompendolo.
Normale, sì. Come quando non sei nessuno e la gente non ti fissa la fronte.”
Quando è stata l'ultima volta che per te tutto è stato normale?”
La domanda di Draco lo lasciò basito, con la bocca semiaperta e lo sguardo vacuo.
Beh...”
Non sforzarti troppo, Potter, potrebbe esserti fatale.”
Harry fulminò il coetaneo con un'occhiata risentita.
Non è questo il punto,” sentenziò.
Non è colpa mia se ti esprimi come un troll.”
Malfoy... Che cosa vuoi?”
Una poltrona, o tornarmene a casa.”
...Da me?”
Che tu sparisca per sempre, ma se non è stato possibile finora...”
E allora perché mi stai parlando?”
Credevo di avertelo detto in maniera sufficientemente elementare. Mi annoio.”
Malfoy!”
Draco lo osservò interrogativo.
Harry sbuffò rabbiosamente.
Se davvero vuoi che sparisca, non faresti meglio a far finta che io non esista, e tra l'altro sarebbe una piacevole novità, anziché stare qua a punzecchiarmi?” sbottò irritato.
Infatti non intendevo avvicinarti.”
Oh, certo.”
Draco s'inalberò, rigido.
Senti, io mi sono solo nascosto dietro una ten...”
Harry sgranò gli occhi nel momento stesso in cui Draco, facendo altrettanto, s'interrompeva e impallidiva ulteriormente. Lo scrutò allibito.
Cosa? Tu?”
No...n... E tu, allora?” lo rimbeccò Draco, dominando l'imbarazzo.
Io te l'ho appena spiegato! Seriamente, Malfoy, perché mai tu staresti nascondendoti?”
Lo Slytherin emise un sospiro rassegnato.
Davvero, Potter, non so più come dirtelo. Mi sto annoiando. Questa gente mi tedia.”
E staresti qui nascosto anziché farlo notare a tutti quanti?”
Fammici pensare... Sì.”
Harry storse il naso, scettico, prima di sistemarsi meglio gli occhiali. Stava per protestare di non essere affatto convinto, quando sentì risuonare il proprio nome nel salone. Il discorso, per Godric.
Ti chiamano, Eroe,” gli fece notare Draco, maligno.
Vaffanculo, Malfoy.”
Si stropicciò un altro po' i capelli, già sufficientemente terremotati, prima di uscire allo scoperto rassegnato, senza più voltarsi indietro.


...In ogni caso, Harry, dovresti darti una regolata.”
Hermione lo guardava un po' severamente, benevola, al di sopra della tazza di tè. Lui si arrotolò la manica impacciato, con uno sbuffo. Lì alla Testa di Porco si sentiva abbastanza al sicuro dai curiosi, perché non era un posto dove ci fosse un gran passaggio di gente, ma non si poteva mai sapere. L'ansia non lo mollava.
Ma senti...”
Dico sul serio. Devi mangiare meglio, e dormire di più. Hai certe occhiaie... io davvero ultimamente non ti capisco. E Ginny mi ha detto che non le scrivi.”
E cosa vuoi che le dica! Oggi sono sfuggito al seicentotrentesimo agguato di un reporter?” protestò lui, esasperato.
Non usare quel tono con me,” ribatté l'amica, aggrottando la fronte. “Forse potresti andare in vacanza. Ti rilasseresti, anche se a mio avviso faresti meglio a deciderti ed accettare uno dei, fammi ricordare, ventisette lavori che ti hanno...” proseguì implacabile.
Ne abbiamo già parlato,” le ricordò Harry più mite, sporgendosi leggermente in avanti. “E' solo che vorrei passare un po' di tempo in pace.”
Va bene, ma allora fai qualcosa di piacevole,” osservò la maga, pratica, prima di gettare l'occhio all'orologio. “Devo andare, Ron mi sta aspettando. Harry, promettimi che...”
...Andrò a dormire più presto la sera.”
E...”
...Mangerò meglio. Va bene.”
Hermione gli sorrise, affezionata.
Va bene. Ci sentiamo al camino.”
Ciao,” salutò lui, agitando una mano.
Rimase a guardarla allontanarsi frettolosamente, con la chioma scompigliata illuminata dai bagliori del sole. Sospirò tra sé, pronto a scattare per pagare il conto e fuggire via se qualcuno l'avesse notato, quando intravide una sagoma ben nota fare il suo ingresso nel locale insieme a qualcun altro.
Hermione era appena andata via, ed Harry ricordava benissimo quanto l'avesse rimproverato della sua ripetitività nello spiare Malfoy, al sesto anno, ma alla fine era venuto fuori che non aveva avuto poi tutti i torti. Perciò rimase lì seduto, appiattendosi leggermente sul tavolo, mentre il Pureblood e il suo accompagnatore prendevano posto. In fondo, vedere il rampollo più snob della società magica in quel locale da due soldi era piuttosto insolito.
L'uomo che stava lì con Draco Malfoy era un ometto di mezz'età con occhialetti dorati e abiti anonimi, da impiegato. Sembrava il perfetto ritratto di un burocrate.
Mentre conversavano Harry rimase a guardarli, anche se non poteva minimamente capire di cosa parlavano. Li osservò ordinando un altro tè, poi un terzo, una burrobirra, un'altra e per finire pure una mirtograppa. Sembravano avere un sacco di cose di cui discutere, Malfoy era nervoso, brusco e accigliato. Pallido quanto la settimana prima, alla serata del Ministero.
Quando li vide alzarsi si precipitò fuori al loro seguito, lasciando una sostanziosa manata di galeoni sul tavolino. Scattò fuori giusto in tempo per vederli salutarsi stringendosi la mano e prendere ciascuno una direzione diversa.
Malfoy! Ehi! Draco!”
L'interpellato si voltò indietro di scatto, allarmato, poi aggrottò la fronte nel riconoscerlo.
Potter,” esordì, senza alcun entusiasmo. “Cosa ci fai tu qui?”
Harry frenò bruscamente, interdetto.
Ero nella Testa... Tu, piuttosto. Ti credevo tornato al tuo maniero di campagna.”
Devo sbrigare degli affari.”
Alla Testa di Porco?” fece Harry, scettico.
Draco lo guardò con sospetto.
Potter, mi stai ancora spiando?”
No!” esclamò lui, con foga. “Ero solo lì seduto, e ti ho visto entrare...”
Draco allargò gli occhi.
Entrare? Due ore fa? E saresti rimasto lì da solo per due, uscendo casualmente in contemporanea a me...?” soffiò, sdegnoso.
No, aspetta, stai travisando la situaz...” si difese Harry.
L'altro incrociò le braccia al petto.
Ah sì?” ribatté gelido. “E quale sarebbe?”
Harry socchiuse le labbra, smarrito.
...Ero curioso.”
Draco sgranò gli occhi.
Come, prego?”
Harry fece spallucce.
Non so, mi ha stupito vederti lì, e così mi sono chiesto cosa ci facessi, e non avevo niente da fare.”
Draco lo squadrò ostile, arricciando le labbra.
Questo si chiama spiare.”
No,” insistette Harry, caparbio. Non aveva cercato di spiarlo, realizzò in quel momento, aveva solo aspettato che uscisse per chiedere direttamente a lui cosa ci facesse lì. Era sostanzialmente del tutto diverso.
Poi si accigliò. Era tutto diverso, perché lui era diverso. Non era più un bambinetto. Aveva guardato nell'abisso e affrontato l'uomo nero, e l'aveva anche sconfitto. Aveva imparato cose che avrebbe preferito non sapere, e altre estremamente utili. Non si sentiva nemmeno un po' meno inadeguato di prima, ma sapeva di essere un individuo cresciuto.
Anche se fosse, sarebbe legittimo, non credi?” osservò duro.
Draco storse il viso in una smorfia, sciogliendo le braccia lungo i fianchi.
Sai che, Potter? Questa volta ti ci mando io, a fare in culo.”
Si voltò elegantemente indietro per allontanarsi lungo la strada, ignorandolo.
Harry ne fu preso in contropiede, fisso per un istante la sua schiena, considerando di aver rimestato un argomento delicato, sbuffò sentendosi vagamente e stupidamente in torto, quindi scrollò le spalle e lo seguì.
Non mi sembra il caso di prendersela. Io non mi sono veramente arrabbiato, l'altra sera,” osservò, raggiungendolo.
Bravo. Perché tu sei l'Eroe.”
Piantala.”
Perché mi stai seguendo, Potter?”
La domanda poteva avere una sua logica, ma Harry deliberò d'ignorarla. In fondo, non aveva fatto niente di male.
Perché mi hai frainteso, e...”
Oh, per Salazar!” sbottò Draco, voltandosi verso di lui. “Veramente, dopo che ci siamo massacrati a vicenda per anni, te ne frega qualcosa che io ti fraintenda? Dopo il naso rotto e il sectumsempra e tutto il resto? Potter, ma allora sei veramente un coglione!”
Shhh...” sibilò Harry, consapevole che quella piazzata stava attirando un po' troppo l'attenzione. Draco dovette rendersene conto a sua volta, perché tacque di botto e si guardò intorno con circospezione.
E' vero, non importa se mi fraintendi. E poi, almeno ci sarà qualcuno che non mi considera lo splendido Harry Potter,” ammise il Gryffndor, scrollando il busto.
Sta' tranquillo, non sono l'unico,” brontolò Draco sarcastico. “Vittimista del cazzo.”
Già. Beh, ciao, allora,” concluse Harry, facendo per voltarsi.
...E adesso dove staresti andando?” fece Draco, perplesso.
Harry si raddrizzò gli occhiali sul naso.
A casa,” rispose semplicemente. “Prima che un giornalista mi aggredisca.”
Draco annuì.
Fa' attenzione, mi hanno detto che sono più pericolosi dei dorsorugosi,” suggerì canzonatorio.
Harry gli sorrise, a mo' di congedo.
Imbecille,” sentì mormorare con rassegnazione, smaterializzandosi.


Naturalmente, in quello stato di cose, quando Harry era stufo marcio di starsene chiuso in casa con una serie di ritratti aggressivi degli antenati del suo padrino e un Elfo psicolabile, si trovava costretto a vagabondare per la Londra Muggle, che era assai più sicura di quella magica per un Eroe che non volesse essere riconosciuto come tale.
Ad Harry piaceva andare in giro per Londra senza meta, vagabondare tra i passanti senza attirare l'attenzione di nessuno e comportarsi come una persona comunissima. Gli dava una sensazione quasi inebriante di leggerezza, tanto che persino le facce dei suoi morti sparivano per un po' e si dimenticava di essere quello che aveva salvato il mondo, diventando soltanto, finalmente, Harry.
Quel che preferiva era trascinarsi fino a Notting Hill, vagabondare per Portobello Road e tutto il quartiere intorno, percorrere le viuzze, attraversare i parchi. Ogni tanto saltava su un autobus a caso e scendeva dopo qualche fermata. Era molto più rilassante del Nottetempo, e poi spesso non pagava nemmeno il biglietto.
Si fermava sovente in un piccolo bar, proprio accanto al mercato, e chiacchierava un po' con la cameriera, una ragazza un po' più vecchia di lui che si chiamava Carol e sembrava considerarlo un tipo assolutamente anonimo; poi percorreva tutta la via di Portobello e scendeva giù verso i Kensigton Gardens. Poteva passare anche la giornata intera lì seduto sulla panchina, o lungo le rive del lago, senza fare niente di particolare. Sorrideva ai passanti, stava seduto a godersi l'ozio, a volte giocava a pallone coi ragazzini e finiva regolarmente per farsi dare della schiappa. Per uno che veniva applaudito ogni volta che si avvicinava a un campo da Quidditch, prima ancora di aver iniziato la partita, era favoloso.
Lì riusciva sempre a trovare un angoletto nascosto in cui smaterializzarsi, o se non aveva fretta, e voleva ancora andare in giro, prendeva un altro autobus per tornare verso casa.
Era abituato così.
I Kensington Gardens erano sì un luogo particolare, in cui vivevano ancora alcune fate, ed i dintorni erano abitati da qualche mago; ma Harry non ne aveva mai incontrato nessuno, e confidava che avrebbe continuato ad essere così in eterno.
In ogni modo, non si aspettava di certo di trovarci quel mago in particolare.
Era statisticamente impossibile, pensò quel martedì mattina, con la brioche della colazione in mano e un'aranciata nell'altra, osservando vacuo Draco Malfoy che, lui, guardava assorto la statua di Peter Pan come se stesse studiandone precisamente le fattezze. Londra era una città enorme, in cui era praticamente impossibile incontrare per caso gli amici più intimi, figurarsi uno che nemmeno ci viveva. Sembrava una barzelletta, ma non faceva ridere.
Fu estremamente tentato di girarsi discretamente indietro e andare a consumare la sua colazione altrove – tipo nascosto in un cespuglio, all'altro capo del parco-, invece in quella Malfoy spostò lo sguardo e lo riconobbe, accigliandosi. Ad Harry non restò altro che sventolare mogio la sua brioche a mo' di saluto.
Malfoy sembrava ancora meno contento del solito di vederlo, e al Gryffndor non fu difficile capire perché: l'aveva appena beccato in piena Londra Muggle, vestito come un comune individuo Muggle – un comune individuo Muggle e pieno di soldi, con un cappotto che costava sicuramente più di tutti i vestiti che Harry possedeva messi insieme, ma comunque – a guardare la statua del personaggio di un racconto Muggle.
Comunque fosse, il Pureblood marciò quasi subito verso di lui, ostile.
Tu mi stai pedinando,” affermò in un sibilo.
Harry sgranò gli occhi, allibito.
Non essere paranoico, Malfoy. Io vengo qui tutte le settimane,” si difese, onesto.
Non venire a parlare a me di paranoici, Potter,” ribatté seccamente Draco. “Vuoi farmi credere che sarebbe una coincidenza?” aggiunse sarcastico.
Non sarebbe, è,” ribadì Harry, cui sfuggì suo malgrado un sorriso.
Draco lo studiò penetrante, socchiudendo le palpebre sugli occhi grigi. La cristallina onestà del viso di Harry, che d'altra parte era in assoluta buona fede, dovette fargli almeno accettare l'idea che si potesse trattare davvero di un caso. Ancora diffidente, scrutò le sue mani occupate.
Cos'è quella roba?”
La mia colazione. Brioche e aranciata. Vengo spesso a mangiare qui.”
Dammene metà.”
Harry spalancò gli occhi esterrefatto, prima di storcere il naso.
Si chiede per favore, Malfoy.”
Dammene metà lo stesso.”
Harry ridacchiò incredulo.
Scordatelo, e comunque è roba Muggle. Potrebbe ucciderti.”
Le brioche le facciamo anche noi.”
Lo stesso no, se non me lo chiedi per favore.”
Potter.”
Malfoy?”
Potter, mi dai metà di quella colazione?”
Harry sospirò, scrollando la testa.
Almeno l'hai chiesto. E va bene, dai, sediamoci,” acconsentì, facendo buon viso a cattivo gioco.
Cosa? Non ho mai detto di voler mangiare la mia metà insieme a te,” protestò Draco.
Harry lo scrutò minaccioso. Questa volta, il suo leggero ritrarsi fu visibile.
Allora vai a comprarti da mangiare.”
Non ho i loro soldi,” obiettò Draco, disgustato.
Harry sospirò rumorosamente.
Io mi siedo,” stabilì, avviandosi verso una panchina.
Quando ebbe preso posto, di faccia al sole, Draco era immobile dove l'aveva lasciato. Un paio di secondi dopo, però, eccolo dirigersi verso di lui e venire a sedersi nell'angolo più lontano della panchina.
La mia metà, Potter.”
Oooh,” bofonchiò lui, stracciando via la carta e spezzando in due il cornetto. “Tieni, sanguisuga.”
Non prenderti certe confidenze.”
Sta' zitto e mangia, Malfoy.”
Draco sembrò piuttosto risentito, ma non rispose e diede un morso alla brioche, esattamente in contemporanea a lui.
Ehi,” osservò Harry, con un sorriso. “Chi l'avrebbe mai detto, io e te che dividiamo la colazione.”
Draco lo guardò con spregio.
Era il genere di commento idiota che mi aspettavo da un Gryffindor. Sto solo approfittando del tuo pasto, noi non dividiamo proprio nulla.”
Intanto la mia roba la mangi!” commentò Harry, ridacchiando. E poi, rifacendosi serio: “Noi ci siamo salvati la vita a vicenda, però.”
Io non ho mai fatto assolutamente niente del genere, e ci terrei che tu non mi ricordassi più che mi hai salvato,” obiettò Draco glaciale.
Harry lo guardò gravemente, bevendo un sorso di aranciata.
Malfoy,” disse lentamente, “tu mi avevi riconosciuto. Ci avevi riconosciuti tutti e tre.”
Draco aggrottò la fronte, guardando fisso davanti a sé. Aveva le labbra serrate strette, la mascella contratta.
Non me lo ricordo. Non stavo molto bene.”
Malfoy.”
Non ero sicuro che foste voi.”
Malfoy.”
Piantala di ripeterlo, finirai per sciuparlo.”
Harry socchiuse le labbra per replicare piccato, ma finì per reprimere un sorriso. Sua grazia Lord Malfoy aveva appena inghiottito un quarto di brioche in un solo, enorme boccone.
Ma è la verità,” aggiunse poi, deciso.
La verità?” ribatté Draco velenoso. “La vuoi sapere la verità, Potter? La verità è che su quella maledetta torre ho capito di essere troppo vigliacco per poter diventare responsabile della morte di qualcuno. La verità è che quando vi ho visti in casa mia me la sono fatta sotto all'idea che una mia semplice parola avrebbe spezzato tre vite,” soffiò con malevolenza. “Anche se si trattava solo delle vostre.”
Harry rimase silenzioso, guardando la sua aranciata. Draco respirò un paio di volte rumorosamente, prima di battersi una mano sulla gamba.
E' questa la verità, Potter. Io non sono un eroe. Quello sei tu, non fare confusione,” aggiunse aggressivo. “Buona giornata,” concluse, alzandosi per andarsene.
Non è mica una cosa brutta,” mormorò Harry, amaro. “Non voler uccidere.”
Draco si voltò di scatto. Gli si erano rosate vagamente le guance, certo per la collera.
Allora non capisci veramente un cazzo. Non è per qualche nobile sentimento idealista che l'ho fatto. Era solo per me. Perché io avevo paura. E poi tu ti sei buttato nelle fiamme per salvarmi e...e vaffanculo di nuovo, Potter! Per quel che valeva, poi!”
Per quel che valeva? Sei ancora vivo, no?” replicò Harry, punto sul vivo.
Oh, sì, grazie. Se non altro.”
Il tono indifferente di Draco lo ferì. Lui aveva fatto del suo meglio per salvare tutti quelli che poteva, e non è che avesse mai desiderato ricoprire quel ruolo. Purtroppo tante persone erano morte comunque, ma gli dispiaceva l'idea che almeno quelle che aveva potuto aiutare disprezzassero quella fortuna, se non altro in memoria di chi invece non ce l'aveva fatta.
D'accordo. Ho capito. La prossima volta ti lascerò lì. Chissà, magari in quel momento avrei potuto essere con Fred Weasley,” bisbigliò amareggiato.
Lo sentì salire dallo stomaco, mentre Draco lo guardava interdetto. Seppe esattamente quando la sua mano stava per iniziare a tremare e posò bruscamente l'aranciata accanto a sé, sulla panchina. Aveva voglia di vomitare e sentiva quella cosa chiudergli la gola.
Ehi, Potter?”
Scosse la testa, come per scacciarlo.
Non abbiamo altro da dirci,” soffiò fuori con un alito di voce.
Draco corrugò la fronte, certo perché lui doveva essere diventato bianco e tremante, ma fece un passo indietro.
Va bene.”
Harry aspettò che si fosse allontanato con gli occhi chiusi, prima di raccogliere le ginocchia e appoggiarvi il viso, cercando di respirare profondamente, senza riuscire nemmeno a deglutire. Non aveva mai voluto essere un eroe. Non aveva mai voluto la responsabilità di tutte quelle vite e tutte quelle morti.
Ma, a differenza di Malfoy, lui non aveva mai potuto scegliere di essere vigliacco.


A Harry piaceva quando lui e Ron cenavano da soli a Grimmauld Place. La fama e tutte le altre cose sparivano, lasciando lì nel salotto soltanto due vecchi amici che ne avevano passate tante e che per buona parte del tempo parlavano di Quidditch, o della buffa e variegata clientela dei Tiri Vispi.
Ron portava sempre il dolce, e si sedevano in poltrona a masticare allegramente finché l'intera torta, o qualunque cosa fosse, spariva. Quella sera si trattava di un dolce al cioccolato che fondeva un po', lasciando dita e labbra piacevolmente marroni e impastate.
L'ha fatto Molly?” chiese Harry, ammirato.
Nah,” rispose Ron, succhiandosi un polpastrello. “L'ho preso a Diagon Alley dopo aver chiuso il negozio.”
E' ottimo,” aggiunse lui, servendosi un'altra porzione. “E come...sta George?”
Esitò prima di porre quella domanda. Lo chiedeva spesso, ma a malincuore. Perché ovviamente George non poteva stare bene. Aveva perso il gemello da pochi mesi e tutti erano già stupiti che fosse sopravvissuto al colpo. Harry non aveva mai pensato che potesse succedere qualcosa a quei due. Non aveva mai voluto che niente di male succedesse a due persone tanto luminose, voleva bene ai gemelli Weasley. Lo stato di George lo deprimeva.
Quella sera, invece, Ron lo sorprese con un accenno di sorriso.
Oggi è stato per più di due ore in negozio!” annunciò con entusiasmo. “Mi ha aiutato a sistemare gli ordini per Natale, e pen...”
Ron si era interrotto per voltarsi a guardare la finestra, con un cenno del capo, ed Harry fece altrettanto nell'udire un frullio d'ali.
Non aveva mai visto prima quel gufo. Era un esemplare maestoso e molto bello di Reale, dal piumaggio folto e il becco aguzzo. Sbatteva le ali contro la finestra chiusa con quella che sembrava indignazione, e quando Harry si avvicinò e si affrettò ad aprire l'animale tentò di beccarlo.
Ehi!” protestò, ritraendo la mano.
Ron ridacchiò divertito.
Ed ecco il grande Harry Potter confrontarsi con il temibile gufo di...di chi è?”
E che no so i...ahio!” sbottò lui, sfuggendo un'altra beccata mentre cercava di recuperare la lettera e poi prendendosi in pieno la terza.
Non sembri essergli molto simpatico, amico,” constatò Ron con una sghignazzata.
E allora potrebbe lasciarmi la lettera e andarsene invece di...ma insomma, uffa,” brontolò Harry stizzito, mentre il gufo continuava a sottrarsi alla sua presa e tentare di beccarlo.
Sembra che si diverta così,” aggiunse Ron, che pareva continuare a trovare il tutto molto comico.
Grazie dell'aiuto,” sibilò Harry, prendendosi un'altra beccata. Poi, finalmente, il rapace sembrò decidersi a collaborare e si depositò sul trespolo dirimpetto alla finestra con magnificenza.
Oh, finalmente,” borbottò Harry, recuperando la busta che gli veniva recapitata.
Harry Potter, 12 Grimmauld Place, Londra, scriveva una mano dalla grafia sottile ed elegante, che a lui non sembrava di riconoscere. Aprì la busta, per trovarci dentro solo un biglietto minimalista.

Potter,
Ci vediamo domattina al parco.
Draco

La sua faccia dovette sembrare così allibita, e in certo senso sconvolta, che Ron raddrizzò la schiena e si sporse leggermente in avanti.
Tutto bene, Harry?” domandò circospetto.
Harry fissò la lettera ancora per qualche secondo, incredulo. Draco Malfoy gli aveva mandato un gufo, a quanto pareva – e già questo di per sé, a raccontarlo, sarebbe sembrato demenziale. Per giunta, nella lettera recapitata da detto gufo, gli chiedeva di incontrarlo l'indomani. Sì, tecnicamente non lo chiedeva e quello sembrava più un ordine tassativo, ma per sempre di richiesta si trattava.
Scrollò la testa, tornando a guardare l'amico.
Certo. Niente di speciale, sai, altre scocciature dal Ministero,” tagliò corto. Non aveva affatto parlato con Ron, e nemmeno con Hermione, dei suoi casuali incontri con Malfoy, perché non ne valeva la pena. Figurarsi se andava a parlargli del successivo, che a quel punto non sarebbe poi nemmeno stato tanto casuale. Senza contare che probabilmente non ci sarebbe nemmeno andato, l'indomani, ai Kensington.
Ron scrollò la testa, lontano anni luce da quei pensieri.
Non capisco perché tu lo prenda così male,” commentò, riprendendo a mangiare. “In fondo...”
Venne interrotto dallo stridio risentito del gufo, che tentò di nuovo di attaccarlo.
Ma che... Ehi! Oh, va bene, va bene!”
Ma che gufi stanno usando al Ministero..?” borbottò Ron, perplesso, mentre Harry si affrettava a voltare il biglietto e cercare una penna d'oca, per rispondere prima che quell'indisponente volatile tentasse di porre fine ai suoi giorni. Non poteva che trattarsi del gufo di Malfoy, a ben pensarci.

Non so se posso venire.
Comunque, simpatico uccello.
Harry.

Contemplò per un secondo il biglietto, assorto. Dopotutto, non era tenuto a fare proprio niente di quel che diceva Malfoy. Era molto strano che lo volesse vedere, e da un lato lo incuriosiva, ma ci avrebbe pensato l'indomani. Il gufo riprese a protestare per l'attesa e lui fu ben felice di congedarlo il più in fretta possibile, prima di tornare verso la poltrona – e la torta di Ron.
Dicevi?” bofonchiò, sedendosi.
Ah, sì. Dicevo che in fondo la gente vuole solo dimostrarti riconoscenza. Non dovresti...”
Ron, non è la riconoscenza il problema, “lo interruppe lui, e non era vero. “Il problema è tutto questo gran polverone. Mi...mi...”
Perché non ti limiti a godertelo? In fondo te lo meriti.”
Harry lo guardò vacuo, senza convinzione.
Non più di altri che non...sono qui a prendere gli applausi.”
Ron si rabbuiò, poggiando i gomiti sulle gambe.
Guarda che anche io ci penso,” brontolò, con una smorfia. “Lo sai.”
Certo che lo sapeva. Ron aveva perso un fratello, in quella guerra. Non era facile nemmeno per lui, che aveva cercato di far fronte al dolore per la sua famiglia: stava lavorando al negozio al posto di Fred, si occupava di George come poteva e cercava di non farlo pesare a nessuno. Dopotutto, l'incubo era finito e non restava che raccogliere i cocci e ricominciare in modo migliore: era molto nella personalità di Ron, di una bella semplicità concreta. A Harry quella visione faceva bene, riusciva a riequilibrare in parte la sua angoscia.
Sì. Mi dispiace. Non volevo dire che...” si affrettò a correggersi.
Ma non è questo il punto, amico. Sai, ne ho parlato anche con Hermione, e...”
Di me?”
Ron lo guardò stralunato.
Che c'è di strano?” ribatté. “Pensiamo che forse dovresti prenderti una bella vacanza. Andare da qualche parte per un bel viaggetto, e...”
Harry sospirò. Certo, l'idea era allettante. Sparire dalla circolazione per un po', liberarsi del codazzo di ammiratori e di tutto il resto, come quando andava in giro per Londra. Ma già immaginava le facce di Kingsley e degli altri.
Ci penserò,” rispose.
Ron non insistette oltre, annuendo.
Harry si allungò contro lo schienale della poltrona, satollo.
Sai che Malfoy è a Londra?” esordì, vago. “L'ho intravisto la sera delle celebrazioni.”
Ron storse il naso con disgusto.
Poteva anche rimanersene a casa,” borbottò aggressivo. “Non sentivamo la sua mancanza.”
Harry ridacchiò, prima di raddrizzare la testa.
Beh, quella volta al Manor ci ha aiutati.”
Aiutati?” ripeté Ron, arrossendo intorno alle orecchie. “Quel cagasotto si è preso paura, ecco cosa!”
Harry strinse le labbra, pensoso. Era la stessa cosa che aveva detto Malfoy stesso. Forse non c'era davvero altro da capire.


Il cielo minacciava pioggia, ma Harry stazionava ugualmente davanti alla statua di Peter Pan con un bicchiere di caffè da asporto e un panino. Erano le undici, più o meno la stessa ora del suo incontro con Draco Malfoy di tre giorni prima, ma del Pureblood non c'erano ancora tracce. Magari non sarebbe nemmeno arrivato.
Alla fine si era detto che, dopotutto, le possibilità che sarebbe andato comunque ai giardini quel giorno erano alte, quindi ci era tornato. Era uscito di buona mattina, ficcandosi nella tasca interna dell'eskimo il Cavillo, l'unico giornale che parlasse poco di lui, per leggerla al parco nel caso in cui Malfoy non si fosse visto, e si era fermato al solito bar per prendersi la colazione.
Lo vide da lontano, mentre percorreva la riva del Serpentine nella sua direzione. Indossava un cappotto nero e aveva una sciarpa verde intorno al collo, si muoveva quasi a scatti. Quando gli arrivò più vicino Harry mosse una mano, non tanto in saluto quanto per farsi individuare. Malfoy rallentò il passò per qualche secondo, poi si diresse verso di lui.
Potter,” esordì raggiungendolo, con voce strascicata, “sono lusingato che tu sia riuscito a trovare del tempo nella tua fittissima agenda.”
Harry gli lanciò un'occhiataccia.
Ciao, Malfoy,” rispose laconico. “Ho portato un panino,” aggiunse, mostrando il pacchetto.
Non ho fame,” replicò l'altro, sostenuto. “Quello?” aggiunse, indicando col capo il suo bicchiere.
Caffè.”
Mi va.”
Harry sospirò rumorosamente, guardandosi intorno. Le panchine erano tutte occupate.
Ci sediamo nel prato?” propose.
Draco lo guardò come fosse stato sterco attaccato alla suola della sua scarpa.
Come non detto...” mormorò Harry, incamminandosi per cercare un posto libero un po' più in là.
Non c'è bisogno che ci sediamo. Sarò sintetico,” osservò Malfoy, sfilandogli di mano il caffè.
Ehi!”
Lo Slytherin fece spallucce, bevendo un sorso.
Mi serve un garante per un contratto di vendita.”
Harry lo osservò a bocca aperta, sbalordito.
Eh?”
Draco sospirò.
Ho bisogno di qualcuno che garantisca per me per un contratto di vendita, per le credenziali e cose del genere. Una semplice bagatella burocratica che non starò a spiegarti adesso.”
Harry continuò ad osservarlo con aria ugualmente rarefatta, senza riuscire a capacitarsi del fatto.
E lo stai chiedendo a me?” rispose, senza riuscire a frenare del tutto un risolino di stupore.
Draco aggrottò la fronte.
E allora?” commentò asciutto.
Harry rise più apertamente.
Perché a me?”
Draco s'incupì, infastidito.
Tu proprio non li leggi i giornali,” mormorò.
No!” confermò Harry con foga. “Parlano sempre di me!” aggiunse candido. “Cos'è che vuoi vendere?”
Draco incassò leggermente la testa tra le spalle, fissando distrattamente la statua.
Il Manor.”
La mandibola di Harry precipitò verso il basso.
Il... Malfoy Manor, vuoi dire? Casa tua? Cosa? Perché?” sbottò, disorientato.
Malfoy scosse la testa.
Harry sgranò leggermente gli occhi. Aveva supposto che Malfoy se la cavasse bene, ma forse dopo l'arresto del padre e tutto il resto si trovava in difficoltà.
Sei...cioè, ti servono..?” balbettò.
Non ho bisogno di soldi!” soffiò Malfoy adirato, guardandolo con sprezzo. “Come ti viene anche solo in mente...?”
E che ne so!” lo placò Harry, sollevando le mani. “Ma allora perché?”
Questi non sono fatti tuoi, Potter,” scandì lo Slytherin altero. “Tu dovresti unicamente firmare dei documenti che attestano la regolarità dell'atto di vendita.”
Perché io?” ribadì Harry, sospettoso. “Potevi chiederlo alla Parkinson o a uno qualunque dei tuoi amichet...”
Perché la tua garanzia vale oro, no?” replicò Malfoy, ripassandogli il bicchiere svuotato a metà.
Harry ristette, pensoso. Non ci credeva nemmeno un po', a quella storia. Era vero che la sua parola, al momento, pesava più di qualunque altra, ma una semplice firma di Pansy o di Gregory avrebbero fatto comunque l'affare, e lui non riusciva a indovinare una sola ragione per cui Malfoy avrebbe dovuto abbassarsi a rivolgersi a lui, quando sarebbe bastato domandarlo ai suoi sodali.
Dimmi prima perché vuoi vendere casa tua,” insistette serio.
Draco emise un gemito esasperato.
Non ti riguarda,” ribadì. “Non è niente di losco, va bene? È un contratto perfettamente regolare, non c'è nulla di...”
Perché, Malfoy?”
Draco fissò il vuoto con gli occhi vitrei.
Non ci vive più nessuno, lì dentro. Narcissa e io abitiamo nello Yorkshire, adesso.”
E allora? Vuoi farmi credere che avere più di una casa vi dà improvvisamente noia?” osservò Harry, soddisfatto dell'obiezione.
Draco si passò una mano tra i capelli biondi, irritato.
Non ci arrivi proprio? Non la vogliamo più quella casa, senza mio padre.”
Oh.”
Harry non si sforzò nemmeno di avere un'aria contrita, dal momento che non gli dispiaceva minimamente di aver fatto spedire Lucius Malfoy ad Azkaban: se c'era uno che meritava di finire i propri giorni chiuso là dentro, quello era lui. Tuttavia si rammaricò un po' per Draco, che aveva pur sempre perso il padre.
Capisco,” commentò neutro.
L'altro scrollò le spalle con uno sbuffo, ad indicare che sapeva benissimo quanto la cosa non gli interessasse.
Allora?”
Harry prese una sorsata di caffè, ormai tiepido.
Ci penserò su.”
Ho bisogno di una risposta entro venerdì.”
La avrai,” assicurò lui, deciso.
Draco lo osservò penetrante, senza dir nulla per qualche istante. Evidentemente si era aspettato di ottenere subito una risposta affermativa.
Va bene, Potter. Non ti ruberò altro tempo, quindi buona giornata.”
Anche a te.”

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Capitolo 2
*** II. Colazione da maghi ***


Altro giro, altro regalo. Ho pensato che tanto il capitolo l'avevo lì e non mi costava nulla postarlo. Rallenterò le pubblicazioni quando non avrò più materiale pronto, come al solito - anche se sono abbastanza certa che non succederà.
Buona lettura.




II: Colazione da maghi

Harry!” Kingsley Shaklebolt posò sulla scrivania il documento che stava leggendo e si alzò per andargli incontro. “Speravo che passassi. Vieni, siediti,” aggiunse, stringendogli rapidamente la mano.
A Harry Shaklebolt piaceva. Era una mago risoluto, onesto e coraggioso, ed era sicuro che sarebbe stato un Ministro molto migliore di Caramell. Inoltre, non lo trattava come una specie di divinità ma, anzi, il suo atteggiamento verso di lui non era cambiato da quand'era più piccolo.
Ciao. Hermione mi ha detto che volevi vedermi,” rispose, accettando il suo invito a sedersi.
Sì, è esatto,” confermò il Ministro, riprendendo posto e rivolgendosi un brevissimo sorriso. “La settimana prossima, forse l'hai sentito dire, riceveremo una visita del Ministero spagnolo.” Harry seppe già esattamente dove sarebbe andato a parare il discorso. “Sarebbe una buona cosa se ci fossi anche tu, ad accogliere i nostri ospiti,” proseguì infatti Shaklebolt.
Harry strinse i pugni sulle ginocchia. Un'altra volta a spacciarsi per grande eroe. Un'altra offesa ai suoi morti.
Naturalmente,” commentò con un sorriso.
Bene,” fece il Ministro sollevato. “Ah, volevo anche ricordarti che hai ancora una settimana di tempo per l'iscrizione posticipata al corso da Auror,” proseguì, con un'occhiata acuta.
Harry la sostenne senza cambiare espressione, teso.
Sì. Beh, penso che mi prenderò un anno sabbatico,” borbottò vago.
Come preferisci, naturalmente, ma...non lasciar correre troppo tempo.”
Lui annuì serio, con il cuore in gola. Auror, naturalmente caposquadra, capitano, e poi comandante del corpo. Era un destino già scritto, che culminava forse con l'occupazione di quella stessa carica di Ministro. Harry Potter, il salvatore.
Cercò di rimanere calmo, senza dimenticare l'altra ragione per cui era lì.
Hai ragione,” bofonchiò, prima di schiarirsi la voce. “Hermione e gli altri miei coetanei si stanno già dando da fare,” aggiunse, vago.
Kingsley si strinse nelle spalle.
E' giusto che ti prenda i tuoi tempi,” commentò, benevolo.
Sì... A proposito,” riprese lui, noncurante, “ho visto che c'era Malfoy l'altra volta alla cerimonia...”
Oh, sì,” confermò l'altro con un cenno vago. “Immagino sia venuto a fare atto di presenza. È stato piuttosto coraggioso.”
Harry aggrottò la fronte.
Perché?”
Shaklebolt lo guardò quasi sorpreso, prima di scuotere la testa.
...Diciamo che la sua popolarità è in ribasso. La tua testimonianza gli ha evitato il carcere, ma non è visto di buon occhio dalla nostra fazione. E nemmeno più dagli altri.”
In che senso?”
...Harry, nessuno vuole essere accomunato a un traditore,” gli fece notare il Ministro, diretto.
La sua mandibola precipitò verso il basso e rimase lì ciondolante, mentre nella mente di Harry finalmente diventava tutto chiaro, sin dagli eventi della sera delle celebrazioni.
Comunque ho visto la Parkinson, e anche Zabini e Nott, gli aveva fatto notare.
Grazie, li riconosco da solo, aveva risposto Malfoy, ma non aveva parlato con nessuno di loro.
Perché nessuno di loro ci voleva parlare, con lui. Il più importante dei piccoli principi pureblood aveva disceso la china ed era rotolato verso fondovalle, e nessuno degli altri voleva più averci a che fare. Lucius era stato condannato ad Azkaban, Draco stesso si era ritrovato ad un passo dall'incarcerazione. Se non fosse stato per lui, per Harry, una decina d'anni di cella di massima sicurezza non glieli avrebbe levati nessuno. Allo stesso tempo, però, Harry aveva affermato davanti a tutta l'Inghilterra magica che Draco Malfoy l'aveva aiutato, vendendo la sua fazione e il marchio nero sul suo avambraccio. Nemico dei vincitori, traditore dei perdenti. Non una bella posizione, da qualunque lato la si guardasse.


Quando Hermione sbarcò a Grimmauld Place con la spesa per lui, Harry aveva davanti una pergamena bianca su cui non sapeva bene cosa scrivere. Era indeciso se chiedere semplicemente a Malfoy di incontrarsi o se annunciargli direttamente che sì, ci aveva pensato ed era d'accordo per ricoprire il ruolo di garante nell'atto di vendita del Manor. Non si trattava, palesemente, che di una decisione infima, che chiunque avrebbe potuto prendere anche ad occhi chiusi. Avrebbe, appunto, perché non era il caso attuale.
Ormai gli succedeva abbastanza spesso – quasi continuamente, per la verità. Di fronte al più piccolo come al più grande quesito, che si trattasse di scegliere tra bere tè earl grey o tè nero a colazione o di stabilire cosa fare della propria vita, Harry si trovava incapace di decidere alcunché. Rimaneva come paralizzato, colto da un leggero senso di nausea, con la mente svuotata e una sottile angoscia, impossibilito a risolversi. Non aveva ancora cambiato nulla dell'arredamento di casa, perché non sapeva decidere cosa tenere e cosa no. Non aveva accettato nessuno dei lavori che gli erano stati offerti perché non sapeva quale scegliere, e per lo stesso motivo non ne aveva nemmeno rifiutato nessuno; allo stesso modo non si era iscritto al corso da Auror perché non era capace di decidere se e quando volesse diventarlo. Continuava ad essere titubante anche nei confronti della richiesta di Malfoy, sebbene il realizzare la sua situazione l'avesse trovato propenso ad accettare per una inconscia forma di puro altruismo; ma non era convinto, come al solito, e forse era quella la ragione per cui temporeggiava. Tutto diventava difficile, una fonte continua di ansia di fronte alla quale il suo cervello rimaneva cristallizzato, passivo e smarrito.
La sua migliore amica lo trovò così, imbambolato davanti allo scrittoio con lo sguardo fisso e un'espressione un po' mesta.
Provviste, Harry,” annunciò a mezza voce, lasciandogli scorrere addosso un'occhiata un po' perplessa, un po' comprensiva.
Non ci andava mai, lui, a farsi la spesa. Presentarsi a Diagon Alley o in qualunque altro posto dove la gente lo conosceva significava immancabilmente ritrovarsi circondato da capannelli di curiosi, di ammiratori o ancor peggio di giornalisti, ed Harry lo faceva solo se inevitabile. Non aveva ancora rilasciato nemmeno un'intervista, dalla fine della guerra, e i cronisti lo pedinavano come segugi.
Grazie, Hermione,” mormorò assorto.
Lei annuì, poggiando i pacchetti a terra.
Tutto a posto, Harry?” domandò pacata.
Il ragazzo si voltò a guardarla, indeciso. Sapeva benissimo che se avesse parlato, ad esempio, con Ron della situazione Malfoy, il suo migliore amico avrebbe dato in escandescenze e avrebbe affermato accorato che sarebbe stato da pazzi dar retta a Malfoy e che c'era sicuramente sotto qualcosa di poco raccomandabile. Non era, naturalmente, una posizione del tutto erronea, ma Ron l'avrebbe espressa soltanto per un preconcetto radicato, di vecchia data. Hermione, invece, sarebbe stata sicuramente molto più obiettiva e ragionevole, ci avrebbe pensato su e gli avrebbe dato un consiglio lucido e ponderato. O almeno sperava.
Non che Malfoy le fosse simpatico, con tutto quel che le aveva combinato a scuola e i fatti della guerra. Ma Hermione Granger era un persona capace di distinguere tra le proprie emozioni personali e la realtà oggettiva, ed era una delle ragioni per cui Harry si fidava tanto di lei.
Non era comunque sicuro che raccontarle tutto fosse una buona idea e avrebbe probabilmente continuato, ancora una volta, a tentennare se lei non l'avesse spronato.
Harry?” ripeté, dal momento che lui rimaneva in silenzio.
Lui prese un ampio respiro.
Ho incontrato Malfoy. Mi ha chiesto un favore,” annunciò sintetico.
Hermione aggrottò la fronte, attenta.
Che genere di favore?” s'informò, abbandonando le vettovaglie a se stesse e avvicinandolo di di un paio di passi.
Harry si strinse nelle spalle.
Vuole vendere il Manor e ha bisogno di qualcuno che gli faccia da garante, vista la sua fedina penale.”
La fronte di Hermione si corrugò ulteriormente.
E perché l'avrebbe chiesto a te?”
Harry sbuffò sommessamente.
Credo che nessun altro lo farebbe.”
Sperò che Hermione capisse i sottintesi, e la piega della sua fronte che si distendeva glielo confermò. La ragazza si accoccolò sulla poltrona accanto, guardandolo penetrante. Certe volte, lo sguardo di Hermione ricordava in maniera preoccupante quello trasparente e sondatore di Dumbledore.
Pensi di accettare?” mormorò.
Harry scrollò la testa.
Immagino non ci sarebbe niente di male. Non penso che Malfoy stia progettando di uccidermi, sai,” osservò, senza veramente rispondere alla domanda.
Hermione annuì pensosa.
Chi è il compratore?”
Harry sgranò un po' gli occhi, socchiudendo le labbra senza una risposta.
Non gliel'ho chiesto,” ammise.
Dovresti,” suggerì lei.
Per qualche istante rimasero in silenzio, tutti e due muti e meditabondi, lui fissando il foglio bianco, lei un angolo del pavimento. Poi Harry spostò l'attenzione sull'amica e storse le labbra in una smorfia.
Pensi che sarebbe stupido accettare?” mormorò.
Hermione si strinse nelle spalle, pratica.
E' Malfoy,” constatò senza ombra d'entusiasmo, prima di allontanare una ciocca di capelli crespi dal viso. “D'altra parte, se vogliamo che le cose cambino dobbiamo essere noi i primi a cercare di cambiarle. Abbiamo combattuto anche per questo, per abbattere le barriere. Sarebbe stupido se proprio noi ci rinchiudessimo al loro interno.”
Per qualche ragione Harry si sentì sollevato da quelle parole, alleggerito da un peso. Fu felice di aver finito per parlarle, consapevole che la visione di lei andava sempre al punto.
Però,” continuava lei, accigliata, “trattandosi proprio di lui sarebbe meglio fare qualche verifica. Cerca di scoprire di chi si tratta e io tenterò di saperne di più,” si propose, affabile.
Harry le sorrise con riconoscenza.
D'accordo.”
Prese la penna d'oca, improvvisamente risoluto e senz'ombra di dubbi, e scarabocchiò sulla pergamena con scioltezza.

Malfoy,
Ci sono un paio di cose che vorrei sapere,
prima di decidere. Vediamoci domattina
al solito posto.
Harry

Gli fece un certo effetto, nel rileggere, l'idea che lui e Draco Malfoy, eterni rivali scolastici e non solo, avessero un “solito posto” in cui vedersi. Tuttavia si strinse nelle spalle, chiuse la pergamena e l'affidò a Tolomeo, il gufo bianco che Ginny gli aveva regalato per sostituire la sua Edvige.
Bene,” sospirò sollevato, guardando il volatile che spariva fuori dalla finestra. “Almeno questa cosa è sistemata. Ti fermi a pranzo?” aggiunse, voltandosi verso l'amica.
Perché no,” rispose Hermione. “Ho comprato un bel po' di roba.”
Harry le sorrise e lei fece altrettanto.
Certe volte, bastava poco per sentirsi a casa.


Agli ordini, eroe, era stata la risposta che Malfoy gli aveva fatto pervenire la sera precedente. Quando Harry arrivò a una ventina di metri dalla statua di Peter Pan, di nuovo alle undici di mattina senza che fosse stato specificato, lo vide già seduto su una panchina, con gli occhi che indugiavano sul Serpentine e le mani intrecciate in grembo.
Si avvicinò con una specie di sorriso di circostanza.
Ciao, Malfoy.”
Potter.”
Non seppe cosa dire, e lo Slytherin si limitò a fissarlo freddamente, senza avere un'aria troppo ostile né minimamente amichevole.
Harry si schiarì la voce, a disagio.
Come va?” chiese vago, senza risolversi a sedersi.
Potter...” sbuffò Draco con aria tediata. “Perfavore,” concluse asciutto.
Harry annuì bovinamente, riuscì in qualche modo a piegare le ginocchia e si accomodò all'altro lato della panchina. Fissò la statua con sguardo vacuo.
Non hai portato la colazione,” constatò Draco piatto, osservando la sue mani vuote.
Mi sono svegliato tardi,” ribatté Harry, vago.
L'altro annuì.
Fortunatamente,” affermò con aria superiore, piegandosi a raccogliere da terra un sacchetto che lui fino ad allora non aveva notato, “ci ho pensato io. Una vera colazione, non quelle schifezze che mangi tu.”
Harry lo osservò sorpreso, con remota curiosità, mentre lo Slytherin svuotava il suo sacchetto depositando in mezzo a loro sulla panchina un contenitore con dei pancakes caldi rivestiti da una colata di marmellata, un altro con delle salsicce fritte e due tazze coperte, probabilmente contenenti del tè.
Veramente?” mormorò.
Draco gli scoccò un'occhiata altera.
Veramente mi nutro di cibo? Sì, capita,” replicò sarcastico. “Allora, che vuoi sapere sulla mia vita privata, specie di seccatore?” proseguì, prendendo un pancake prima di dargli un morso.
Harry lo imitò. Una specie di leggera allegria lo colmò, in contemporanea con la marmellata che inondava il suo palato. C'era un leggero sole, il parco era poco affollato e sommerso dalla chiara luce autunnale e lui stava facendo colazione su una panchina con un suo ex compagno di scuola, come qualunque diciottenne del mondo. Per qualche secondo, si crogiolò nel far finta che fosse tutto lì.
Poi prese fiato.
A dire la verità, non si tratta di te. Vorrei saperne di più sul compratore.”
Draco lo osservò di sottecchi, cauto.
Perché?”
Harry fece spallucce.
Perché sì.”
Draco diede un sospiro irritato, mentre lui ingollava il resto del pancake.
Non è inglese. È un ricco pureblood tedesco, padre di famiglia, di nobili discendenze, che sta impiantando alcuni affari in Inghilterra e vuole una residenza secondaria sul posto.”
Una residenza secondaria, rifletté vagamente Harry. Da quel poco che ne aveva visto lui, il Malfoy Manor era una dimora enorme, lussuosa, in cui avrebbero potuto comodamente installarsi tutti i Weasley con la loro discendenza, senza nemmeno star stretti. Qualcun altro, invece, lo considerava un pied-à-terre. C'erano davvero più mondi che convivevano in uno solo, non sempre pacificamente.
Come si chiama?” continuò, accantonando quelle riflessioni. Allungò la mano e prese una salsiccia tra i due polpastrelli, portandola alle labbra per sgranocchiarne l'estremità. Era squisita.
Sauer. Niklaus Sauer, è un Conte originario dell'Hessen. Si occupa di commercio di materiale da laboratorio, è un titano nel campo.”
Da laboratorio?”
Draco strinse le labbra.
Provette, calderoni, roba del genere.”
Niklaus Sauer...” ripeté Harry a mezza voce, mandando a mente il nome.
L'altro sospirò tra sé, prima di infilare una mano nel bavero del cappotto. Harry non gli badò, arpionando una seconda salsiccia che masticò di gusto.
Tieni,” fece Draco, porgendogli un bigliettino su cui una foto magica piuttosto pomposa, il cui protagonista elargiva brevi cenni di cortesia con il capo, faceva bella mostra di sé accanto ad alcuni dati. “E' il suo biglietto da visita.”
Grazie,” rispose Harry prendendo il bigliettino. Lo osservò di sfuggita, prima di sollevare di nuovo lo sguardo in direzione di Malfoy – e sgraffignare con la mano libera il suo secondo pancake.
Draco scosse il capo con sufficienza, senza replicare. La sua mano chiara andò ad avvolgersi elegantemente intorno alla tazza, che portò verso il viso e scoperchiò scoprendone il contenuto fumante. Harry si stupì nel riconoscerne l'aroma.
E' caffè,” commentò, rallegrandosi e prendendo anche la propria. “Ti facevo più tipo da tè, Malfoy.”
Infatti,” scandì Draco altero. “Ma ho visto...” iniziò, senza tuttavia finire la frase.
Che io bevo caffè?” ipotizzò Harry con un principio di sorriso sornione. “Molto carino da parte tua, Malfoy,” ridacchiò.
L'altro storse le labbra in un sorriso affilato, per niente divertito.
Sono uno Slytherin. So benissimo che per ottenere i favori di qualcuno il modo più semplice è ingraziarselo,” commentò asciutto.
Harry ingollò una bella sorsata di bevanda, storcendo il naso.
Dopo anni di massacri reciproci, come mi ha fatto notare qualcuno poco tempo fa, non ti basterebbe un decennio per ingraziarti il sottoscritto,” gli fece notare, eccezionalmente bonario. Quella mattina il suo umore era ottimo, constatò distrattamente. Forse era per via della colazione, e afferrò l'ennesima salsiccia.
L'appetito però non ti manca,” osservò Draco, ironico.
Harry non si sentì nemmeno un po' a disagio, nonostante forse l'intenzione fosse quella. Invece gettò un'occhiata all'interlocutore.
Tu invece non hai quasi mangiato,” realizzò. Il pancake di Draco, il primo, era smangiucchiato a metà. Non aveva toccato altro, se non il caffè.
Non che siano fatti tuoi, Potter, ma non mangio molto a colazione.”
Harry non disse nulla. Si limitò invece a osservare la sue guance un po' scavate e l'avambraccio esile.
Sono buonissime, sai?” si limitò ad esclamare, sventolando il suo mozzicone di salsiccia.
Certo che lo so,” lo zittì Draco. “I nostri Elfi le preparano da quand'ero bambino.”
Non avevano altro da dirsi. Non erano amici e non avevano argomenti in comune. Forse avrebbero potuto imbastire una specie di conversazione sul Quidditch, meditò Harry senza interesse, ma sarebbe stata una mezza farsa abbastanza inutile. Perciò rimasero semplicemente lì in silenzio sorseggiando il caffè e, nel caso del Gryffindor, continuando a sbocconcellare con entusiasmo.
Quando la tazza di Draco fu vuota, lo Slytherin la ricacciò nel sacchetto, appena prima che Harry gli sporgesse anche la sua.
Io ho da fare, Potter, perciò rinuncerò a prolungare il piacere della tua compagnia,” annunciò Draco, scacciando briciole probabilmente immaginarie dal cappotto.
Il mangiare,” gli ricordò Harry, indicando i due contenitori sulla panchina nel vedere che l'altro si alzava lasciandoli lì.
Tientelo. So che voi plebei odiate sprecare il cibo,” gli concesse Malfoy con sussiego.
Vaffanculo,” ribatté Harry, ma questa volta sorrideva.
Draco fece una specie di smorfia paziente, con gli angoli delle labbra un po' alzati, prima di elargirgli un cenno e allontanarsi senza aggiungere altro.


Era già giovedì, il che significava che Hermione aveva al massimo un giorno per le sue indagini su Niklaus Sauer e sulla situazione di Malfoy. Nonostante lo studio e l'addestramento per il corso da Auror l'amica assicurò ad Harry che se ne sarebbe occupata comunque senza problemi e lo lasciò a Grimmauld Place con la promessa di dargli notizie prima possibile. Lui, perciò, non aveva nulla da fare per il pomeriggio e si decise finalmente a scrivere a Ginny. Quando però si fu sistemato davanti all'ennesimo foglio bianco, realizzò di non avere nulla da dire.
L'unica cosa che avrebbe potuto raccontare era la faccenda della richiesta di Malfoy, e dubitava che la sua ragazza ne sarebbe stata entusiasta. Come Ron, avrebbe dedotto che si stava facendo gabbare per troppo buon cuore, o al limite si sarebbe accontentata di inveire contro il pureblood. In effetti non aveva senso parlarne, perché per giunta Ginny era ad Hogwarts e non aveva ben chiara la situazione all'esterno. Si sarebbe soltanto preoccupata.
Tralasciando quel fatto ad Harry non rimaneva assolutamente nulla da dire. Oltre ad incontrare Draco, pranzare con Hermione e cenare con Ron, tolte le sporadiche occasioni ufficiali di impegni barbosi con Ministero, le sue escursioni al parco e quelle nel resto della Londra Muggle, escursioni in cui non interagiva con nessuno tranne Carol la cameriera, non faceva assolutamente niente.
Osservò la pergamena intonsa con aria truce, mordicchiando la sommità della penna d'oca. Di fianco a lui, sullo scrittoio, c'erano le ultime salsicce mantenute calde con un piccolo incantesimo. Ne prese l'ennesima, scrutandola assorto.
Quella mattina, al parco, non si sentiva così apatico. Non aveva nemmeno bisogno di sembrare in gamba e non gli era capitato di pensare a nessuno di quelli che non c'erano più, o a cosa fare di se stesso. Era stato lì seduto a mangiare e rimbeccare Malfoy senza preoccuparsi di qualche cosa e si era ritrovato più a proprio agio di quanto gli succedesse la maggior parte del tempo.
Non gli era necessario sembrare qualcuno, in presenza di Draco Malfoy. Lui non pensava che Harry Potter fosse straordinario, non si attendeva che dicesse o facesse qualche cosa di eclatante o che sprizzasse sicurezza ed eroismo da ogni poro, perché non aveva una grande opinione di lui. Non gli interessava molto che avesse combattuto la guerra perché, probabilmente, proprio come Harry avrebbe preferito dimenticarsela.
Certo, Malfoy almeno si stava dando da fare per rimettersi a posto la vita. Si stava occupando di vendere il Manor e ridare una collocazione normale alla propria esistenza, mentre lui non era stato capace nemmeno di levare gli ultimi ritratti dei Black e il resto del ciarpame in esubero da casa propria.
Si guardò intorno, ispirato: poteva farlo adesso, in realtà. Poteva iniziare a liberare spazio, e magari nelle vacanze di Natale avrebbe chiesto a Ginny di accompagnarlo a scegliere mobili nuovi al posto di quelli che non gli andavano a genio. Lei ne sarebbe stata felice, si sarebbe sentita più vicina, e avrebbe fatto bene a entrambi.
Ma quella risoluzione non passò mai alle vie di fatto. Harry rimase seduto per un po' meditando su cosa volesse buttar via e cosa chiudere in soffitta, sempre più vago e smontato, e alla fine smise semplicemente di pensarci. Non scrisse alla ragazza la lettera che aveva deciso di mandarle, ma abbandonò anche quella sullo scrittoio. Non andò ai Tiri Vispi a trovare Ron, come finì per vagheggiare in un secondo momento, perché probabilmente avrebbe incontrato gente che voleva parlargli o fotografarlo, e alla fine rimase a ciondolare per casa, aprendo libri che non leggeva e preparando un tè che non bevve, finché all'ora di cena Hermione non si presentò al camino.
Ciao!” la salutò con entusiasmo, sollevato dell'essere strappato al suo ozio supino. “Che novità?”
Niente di che,” affermò Hermione solerte. “Nulla di particolare su Malfoy, come supponevo la sua situazione economica sembra essere tuttora più che solida. Non mi sono ancora concentrata molto su quel Sauer, ma sembra pulito. Ha un'impresa molto fiorente nella cui gestione è coinvolto anche il figlio, e non ha mai avuto nessun tipo di problema giudiziario.”
Harry annuì, alleggerito da un ulteriore peso.
Però,” continuò Hermione, “ha fatto parecchi affari con svariati esponenti della nostra classe alta. Non solo con Malfoy padre, ma anche con qualche altro personaggio.”
Harry corrugò la fronte, cauto.
Per esempio?”
Hermione emise un espiro profondo.
Qui vedo Nott, Macnair... E nei tardi anni ottanta, all'inizio della sua carriera, ha avuto parecchi scambi economici con la famiglia Lestrange.”
Lestrange?” ripeté Harry sul chi vive. Dentro al suo stomaco si annodò qualcosa, e si sentì di nuovo piuttosto svuotato.
Malfoy non te ne ha parlato?” lo interrogò Hermione, moderata.
Harry scosse la testa.
No. Te l'ho detto, mi ha raccontato solo che è un ricco conte e che vende provette.”
Hermione piegò appena la testa di lato, col cipiglio grave che le prendeva sempre quando rifletteva intensamente.
Può darsi che non ne sia nemmeno al corrente,” ipotizzò, incerta. “Dopotutto si tratta di una cerchia abbastanza ristretta di famiglie che si scambiano capitali da qualche secolo, anche attraverso le frontiere. Sai come funziona la società magica, no?” concluse, appena un po' contrariata. Sulle ultime sillabe la sua voce suonò pericolosamente simile a quella della McGonagall.
Harry annuì, senza più ombra d'entusiasmo.
Sì,” disse, la voce sorda.
Hermione aggrottò la fronte, scorgendo la sua espressione delusa.
Comunque commercia anche con un sacco di gente normalissima. Da quanto mi risulta, non ha mai dato mostra di posizioni particolarmente reazionarie, sebbene non debba essere esattamente un fan accanito dei mezzosangue,” aggiunse, decisa. “Ma cercherò di saperne di più entro domattina, d'accordo?”
Harry incassò la testa nelle spalle.
Non stare a perderci il sonno, Hermione.”
Lei si accigliò di nuovo.
Credevo fosse importante,” asserì brusca. “Voglio dire, è la prima volta da settimane che ti vedo riflettere davvero su qualcosa di concreto. In realtà, se vuoi la mia opinione, “ aggiunse di getto, come se avesse avuto qualcosa in bocca che voleva sputar fuori perché bruciava, “penso che dovresti comunque accettare.”
Harry sgranò gli occhi, stupito.
Perché?” chiese spaesato.
Perché ne hai voglia, Harry,” rispose lei seriamente. “E' la prima cosa che hai voglia di fare dallo scorso maggio.”
Harry rimase in silenzio senza poter rispondere, mentre realizzava che le parole della sua amica, come sempre, erano esatte. Lui voleva fare da garante a Malfoy, in realtà. Non ne aveva ben chiaro il motivo, era solo una cosa che stava lì, che punzecchiava e rimaneva sempre al limite della sua coscienza.
E non ti sembra strano che tra tutte le cose che potrei voler fare, sia proprio aiutare Draco Malfoy?” mormorò assorto.
Hermione non sembrò particolarmente toccata dalla domanda.
E' un tuo modo per pareggiare i conti, immagino. Se non fosse per lui, prima, e per sua madre poi, probabilmente non saresti nemmeno vivo. E... ”
E la sua bacchetta,” le ricordò Harry. Anche senza quella sarebbe morto di sicuro e la guerra sarebbe finita molto diversamente, non se n'era certo dimenticato. Aveva riparato la propria, ma conservava quella di Malfoy a Grimmauld Place, nel cassetto del comodino.
Sì, beh, non è come se te l'avesse offerta spontaneamente,” gli fece notare l'amica, schietta.
Harry diniegò.
No. Ma lo stesso...”
Senti, Harry. Io ora cercherò di informarmi meglio, ma non c'è altro che possa fare per te. Non posso decidere al posto tuo,” lo interruppe Hermione.
Riusciva spesso a togliergli la capacità di ribattere. Lo lasciava senza parole, con un palmo di naso. Emise un mezzo sospiro e aggrottò la fronte.
Sai, non mi ricordo nemmeno... Non mi ricordo nemmeno bene il suo processo. E quelli di Lucius e Narcissa.”
Tu hai parlato a quei processi, Harry,” esclamò Hermione perplessa.
Sì. Ma non stavo... Non ero veramente lì. Con la testa,” borbottò lui, schiacciandosi istintivamente i capelli sulla fronte, un gesto che ormai gli era diventato automatico quand'era nervoso o imbarazzato.
Lei corrugò le labbra di lato, prima di scuotere la testa.
I loro atti processuali sono accessibili a qualunque cittadino, qui al Ministero,” gli fece notare, spiccia. Esitò per un istante, prima di scrollare i ricci arruffati. “Te ne mando una copia via gufo, va bene?”
Harry sorrise grato.
Sei un mito, Hermione.”
Ma per carità...” borbottò lei, arrossendo visibilmente.


Era mezzogiorno e mezzo. La pergamena bianca per Ginny stava sul suo scrittoio dal giorno prima e, visto che non ci aveva scritto nemmeno una parola, Harry la riciclò per Malfoy. Nelle sue intenzioni doveva trattarsi di un biglietto semplice e conciso, in cui gli spiegava che le informazioni di cui era venuto a conoscenza lo avevano un po' impensierito ma che complessivamente rimaneva favorevole all'accettare la sua richiesta. Si rimise a scrivere con foga, nervosamente, e quel che Draco Malfoy ricevette, alla fine, somigliava a questo.

Malfoy,
Ho finito le salsicce all'ora di cena, insisto
sul fatto che erano davvero ottime. Invece
ho scoperto che il tuo amico Sauer ha fatto
affari con un bel po' di gente da cui sarebbe
stato meglio tenersi lontani, tipo i Lestrange.
Avrei preferito che lo dicessi tu dal momento
che mi stai chiedendo aiuto e ci sono rimasto
un po' così. A quanto pare è in buoni rapporti
economici con tutta la combriccola, e ora mi
chiedo perché mai voglia proprio casa tua.
Immagino che tu ora mi dirai che non sapevi
niente di tutto questo, ovviamente. Per me
andrebbe anche bene farti questo favore e
firmare i tuoi documenti, ma tu dimmi un po'
come faccio a fidarmi esapere che non finisco
in un casino. I giornali non aspettano altro,
e non è che l'idea di farmi incriminare per
qualche losco imbroglio mi sorrida più di
tanto. Pensavo che le cose fossero cambiate.
Vedo che, invece, sono sempre uguali.

Narcissa Malfoy stava salendo in camera con lo scialle stretto sulle spalle fini, un po' stordita dall'emicrania feroce che l'aveva afflitta sin da quando s'era alzata dal letto. Si fermò d'improvviso, a metà del corridoio, nell'udire un tonfo sordo provenire dalla camera da letto del figlio.
Draco aveva passato quasi tutte le giornate a Londra, nelle ultime due settimane. Dopo mesi di isolamento quasi assoluto, quella novità era stata piacevole per l'affezionatissima madre. Sapeva che si stava occupando della vendita del Manor e che si era recato alle celebrazioni per i sei mesi dalla vittoria, ed era pur sempre meglio che rimanere chiuso in camera a rimuginare, vegetando tra letto e divano. Le era parso meno tetro, meno nervoso, e le sembrava che anche la sua insonnia stesse migliorando.
Rimase ferma per qualche istante, circospetta, ma quando sentì un secondo colpo sordo non poté fare a meno di dirigersi verso la sua camera e bussare piano.
Draco?” lo chiamò, impensierita.
Suo figlio non le rispose, ma lo sentì muoversi nella stanza con passo insolitamente pesante.
Sto entrando,” lo avvertì, per permettergli di fermarla nel caso in cui non volesse vederla. Ma lui non disse nulla e Narcissa si affacciò dalla porta, indagante.
Draco stava raccogliendo quel che rimaneva di una tazza rotta, per terra, e di fianco a lui c'era il calderone che, dal suo solito piano d'appoggio, sembrava essere stato sbattuto sul pavimento. Sul suo scrittoio c'era una lettera spiegazzata e un gufetto bianco dall'aria vivace zampettava sul trespolo, sotto lo sguardo disgustato di Alteus, il gufo reale di Draco.
E' tutto a posto, Draco?” s'informò materna.
Sì,” rispose il figlio, atono. Aveva le labbra serrate con rabbia, pallide tra i denti, e i suoi movimenti erano bruschi e rabbiosi. Narcissa lo guardò mentre raccoglieva da terra frammenti di ceramica con gesti tanto nervosi che, prima che lei avesse tempo di avvisarlo, si tagliò un dito con un coccio.
Draco emise un ringhio, affettandosi a lasciar tutto e sollevare la mano, che strinse con l'altra per fermare il sangue. Si raddrizzò mormorando sottovoce qualcosa di ben poco piacevole, suppose lei mentre avanzava nella camera ed estraeva la bacchetta, per far sparire la tazza rotta da terra e far volteggiare il calderone fino a tornare alla sua originaria collocazione.
E' profondo?” s'informò attraverso la porta del bagno di Draco, cercando di sovrastare lo scroscio dell'acqua corrente.
No, non è niente,” rispose lui, con tono decisamente alterato nonostante il suo sforzo di dominarsi. Cercava sempre di usare una voce calma e controllata con lei, per rassicurarla, ma Narcissa sapeva capire dalla prima sillaba quando c'era qualcosa che non andava. Non glielo avrebbe mai detto però, perché quella premura nei suoi confronti la allietava come poche cose.
Attese con calma che il ragazzo uscisse dal bagno, rimanendo graziosamente ferma in mezzo alla sua stanza. Il suo sguardo si posò sulla lettera che doveva aver appena ricevuto, ma naturalmente non si sarebbe permessa di leggerla se non in situazioni estremamente gravi. Osservò invece il gufo bianco, sicura di non averlo mai visto prima.
Era solo un graffio,” annunciò Draco ritornando sui suoi passi, col dito sommariamente medicato.
Cattive notizie, caro?” si azzardò a domandare Narcissa, sapendo benissimo che lui non le avrebbe risposto.
No, ordinaria amministrazione,” replicò infatti Draco, tagliando corto.
Il legame tra lei e suo figlio era incomprensibile e misterioso, ma solido. Draco non le raccontava mai le sue angustie, né lei si sarebbe sognata di esternare a lui le proprie, ma l'empatia tra le loro persone era viscerale. Il conflitto, se tale lo si poteva definire, era sempre stato più marcato tra padre e figlio.
Perciò, Narcissa non insistette.
Meglio così. Se hai bisogno di me sarò in camera mia,” si congedò, con voce morbida.
Certo,” confermò Draco, tutto preso dai propri pensieri.
Non la guardò quasi uscire, immerso nelle proprie meditazioni. Soltanto quando lei si fu chiusa la pota alle spalle, salutata da un sorriso tirato, lasciò cadere la sua aria relativamente calma e si accigliò nuovamente, tornando allo scrittoio e riprendendo in mano la lettera.
Potter era un imbecille, come dimostrava del resto il fatto che non fosse in grado nemmeno di firmare una missiva. Nel suo sproloquio delirante, dalle altisonanti e melodrammatiche conclusioni, stava un bel rifiuto, oltre che un sospetto di attività criminali. Il suo primo, sciocco riflesso fu pensare se mio padre fosse qui...
E poi abbassò lo sguardo, amareggiato.
Sì, se Lucius fosse stato lì avrebbe messi in riga tutti quanti, dal primo all'ultimo. Avrebbe sistemato quel branco di diffamatori che fino a pochi mesi prima erano servili leccapiedi, e li avrebbe rimessi al posto. Avrebbe sistemato le mezze cartucce del Ministero, facendogli capire chiaramente cosa pensava di perquisizioni e vigilanza serrata. Avrebbe trovato il modo di farla pagare anche a Potter, già che c'era, e se mai si fosse trovato a dover vendere il Manor di sicuro l'avrebbe spuntata ad un prezzo migliore, e senza nessun bisogno di alcun tipo di garanzia che non fosse già insita nel suo cognome.
Ma lui non era Lucius. Era Draco, e per la maggior parte della sua vita quel che aveva fatto, appunto, era stato aspettare che suo padre intervenisse e sistemasse le cose. Quando ci aveva provato da solo era finita malissimo. Dumbledore, e poi il resto.
Adesso Lucius non poteva più sistemare proprio niente. Toccava farlo a lui, meglio che poteva. Perciò prese un respiro profondo, strinse con caparbietà gli occhi, che bruciacchiavano, e si rimise allo scrittoio.

Potter,
Posso immaginare che Sauer abbia fatto affari
con un sacco di gente. Come ti ho detto, è un
titano nel suo campo.
Per quanto mi riguarda gli sto solo vendendo
una proprietà. Non sapevo di dover raccogliere
informazioni sulla sua vita privata.
Quanto al resto, pensala come vuoi.
D.

Si soffermò a rileggere quelle poche righe, sperando che il loro tono sbrigativo e superiore avesse ragione della leggendaria ottusità di Harry Potter, quindi le affidò al piccolo sgorbio bianco perché le consegnasse al suo sgorbio di padrone.


C'era scritto che il primo era stato Draco, perché era un ragazzino. C'era scritto che prima avevano testimoniato alcune sue vittime, o presunte tali, e che quasi tutte avevano testimoniato contro di lui. Soltanto qualche ragazzetto aveva ammesso che in qualche occasione, quando era sicuro di non poter essere visto, Draco Malfoy aveva evitato un paio di punizioni e anatemi a qualcuno, ma era difficile capire chi parlasse per pura onestà e chi per risentimento, per odio nei confronti di ciò che Draco e il suo cognome rappresentavano, o chi invece lo facesse per rispetto di quelle stesse cose. C'era scritto che Harry Potter si era presentato come testimone straordinario e aveva affermato di essere stato aiutato da Draco Malfoy in due occasioni: quando aveva finto di non riconoscerlo, al Manor durante le vacanze di Pasqua, e successivamente lasciandogli la sua bacchetta magica poiché Harry ne era sprovvisto.
Per qualche istante, rimase sbigottito nel leggere quelle parole. Gli atti le riportavano proprio così: “lasciandogli la sua bacchetta”. Ma Harry l'aveva presa per conto proprio, la bacchetta di Malfoy, e non ricordava assolutamente di aver mentito al processo.
C'era scritto che poi era stato il turno di Narcissa, ed Harry Potter, tra i tanti detrattori, aveva di nuovo testimoniato a suo favore, sostenendo che gli aveva salvato la vita nel dire a Voldemort che lui era morto, quando invece sapeva che non era vero perché si erano parlati. Narcissa Malfoy gli aveva chiesto se Draco fosse vivo e lui aveva risposto affermativamente.
C'era scritto che invece proprio nessuno aveva testimoniato in favore di Lucius.
Il suo sguardo tornò al paragrafo su Malfoy, rileggendolo, e poi saltò in avanti di pagine e pagine, alla ricerca delle righe che riferivano dell'emissione delle sentenze.
Per Draco Malfoy, scoprì, era stato stabilito che l'entità delle sue colpe, unita alla sua giovane età e al fatto che si fosse ravveduto, appoggiando Harry Potter, non giustificavano un'eventuale reclusione nel carcere di Azkaban. Tuttavia sarebbe stato necessario, per il bene della comunità, privare il suddetto Draco Malfoy dell'uso di bacchetta magica e surrogati, oltre che di una sorveglianza della sua persona costante. Una volta alla settimana doveva recarsi al Ministero di Londra per un rapporto e una firma di presenza, e la sua abitazione privata era passibile di reiterate e improvvise perquisizioni. Inoltre non aveva diritto di partecipare a concorsi pubblici, di effettuare atti notarili e scambi economici importanti senza una garanzia esterna, di lasciare il territorio britannico, di assumere cariche pubbliche e una quantità di altre cose elencate a seguito. I provvedimenti avrebbero avuto un valore di anni tre. L'imputato era prosciolto fino a prova contraria.
Gli venne in mente in quel momento, come se fosse appena esploso qualcosa nella sua testa.
L'imputato è prosciolto fino a prova contraria.”
Aveva visto la sua faccia diventare ancor più bianca del normale e le sue ginocchia cedere. Era stato un Auror a tenerlo in piedi, perché Draco era sembrato proprio incapace di restare dritto. Gli si erano riempiti gli occhi di lacrime di sollievo, l'aveva visto anche da lì, e lo Slytherin si era guardato intorno confuso, tremante. Aveva da poco compiuto diciotto anni, in una cella.
Si ricordava anche della sentenza di assoluzione di Narcissa, di come si fosse quasi avventata sul figlio, con urgenza, e di come in quel caso fosse stato lui a sorreggerla, distaccato, trasognato. Harry si ricordava, adesso, di quanto spasmodicamente l'avesse osservato, cercando chissà cosa. Ma Draco continuava a fissare il banco degli imputati.
Ricordava benissimo la sentenza di Lucius, anche. Il giudice che annunciava la reclusione a vita ad Azkaban. Narcissa aveva emesso uno strillo acuto che contrastava con tutta l'eleganza e la signorilità mostrate fino ad allora, ma era stato Draco, era stato lui a scagliarsi avanti, bloccato dalla presa di un altro Auror. Aveva teso il braccio verso il genitore ed Harry aveva visto, più che ascoltare, il movimento delle sue labbra che articolavano ripetutamente una sola parola: papà. Papà. Papà.
Non gliel'avevano lasciato avvicinare. L'avevano tenuto fermo e lui allungava il braccio, ed era scoppiato in singhiozzi violenti.
Harry se lo ricordava molto bene, adesso, perché gli tornò in mente che a quel punto aveva avuto bisogno di alzarsi e uscire, per prendere una boccata d'aria perché troppo turbato: non tanto per la visione del suo vecchio avversario così evidentemente schiacciato dal dolore, ma per qualcos'altro. Per quello che respirava da questo lato del banco degli imputati, e non da quell'altro.
Soddisfazione. La platea, compiaciuta, osservava i colpevoli espiare le loro colpe, anche se in quel momento specifico “i colpevoli” era un ragazzino di diciotto anni che stava perdendo per sempre il proprio padre.
Se lo ricordava perfettamente, e adesso ricordava perfettamente anche il momento in cui aveva testimoniato. Era stato per la stessa ragione per cui era uscito più tardi dopo la sentenza che, volutamente, aveva pronunciato quella frase falsa. Draco Malfoy non si era mai sognato di lasciargli la sua bacchetta magica, ma lui l'aveva sostenuto lo stesso, sotto giuramento, perché si sentiva soffocare dall'atmosfera che sentiva intorno, dall'aria gelida che proveniva da tutte le parti, dagli osservatori, dalla giuria, ovunque. Era un'aria di linciaggio, e lui aveva pensato che, semplicemente, per quanto fosse uno stronzo e un mezzo psicopatico, Draco Malfoy il linciaggio non lo meritava. Nessun tribunale in tempo di pace avrebbe condannato uno studente ad Azkaban, e il Wizengamot di Dumbledore non avrebbe mai emesso una sentenza simile. Era il suo cognome a condannarlo, ma Harry non aveva fatto tutta quella fatica, guardando morire tutta quella gente, perché poi alla fine non cambiasse niente e si continuasse a basare il mondo sui nomi e sul sangue.
Perciò, dopo aver giurato, aveva mentito. Aveva guardato con i polmoni serrati le facce intorno, affamate di giustizia sommaria, e aveva mentito tranquillamente.
Semplicemente perché non era per quello che James Potter, Lily Evans, Sirius Black, Remus Lupin, Fred Weasley, Nimphadora Tonks e tutti gli altri erano morti.
Inspirò profondamente, con un tremito, ritornando a sfogliare indietro le pagine. C'era scritto che Draco non poteva usare la bacchetta per tre anni. Erano tanti, tre anni, per un mago fresco di diploma. Bastavano a dimenticare quasi tutto quel che si era imparato.
Perché sì, ne era quasi certo, il nome di Draco era con gli altri nella lista di quelli cui veniva fornita la possibilità di ottenere i MAGO senza ripetere l'anno. Non poteva giurarlo, dal momento che in quel periodo era a malapena cosciente di essere Harry Potter, assolutamente non del resto del mondo intorno, ma così gli pareva.
Le sue elucubrazioni vennero interrotte dalla comparsa di Tolomeo, che sbatacchiava contro la finestra le ali candide. Harry gli sorrise automaticamente, si alzò dalla sedia ed andò ad aprirgli, leggendo con urgenza il biglietto di Malfoy.
Quando l'ebbe fatto, con una distratta carezza al piumaggio del gufo, si tornò a sedere e rispose.

Va bene.
Allora facciamo che mi fai avere la
documentazione al più presto, così
posso leggere tutto con calma prima
di firmare.
Ma ho una condizione. Voglio che la
faccenda rimanga tra noi due e
che la mia partecipazione non
diventi di dominio pubblico.

Harry

Non voleva far partire di nuovo Tolomeo, che aveva già fatto un bel giro quella notte, perciò chiuse la busta e si ripromise di spedirla l'indomani mattina. Il gufo, però, non sembrava minimamente intenzionato a riposare – e d'altra parte era notte fonda – e quando Harry lo vide svolazzare verso il davanzale, realizzando che desiderava uscire, non poté che complimentarsi mentalmente con Ginny per l'ottima scelta e rifilargli la nuova lettera. Vedendo che il rapace non reagiva male ma anzi sembrava ben felice di poter fare un altro volo, lo lasciò partire.
Ormai tranquillizzato, presa infine la decisione, si tuffò di nuovo nella rilettura degli atti processuali dei Malfoy; nel giro di tre minuti la sua testa era precipitata in avanti, ed Harry Potter si addormentò scompostamente, mezzo stravaccato sullo scrittoio. Erano le quattro e mezza del mattino.


Quando un bussare persistente alla porta d'ingresso lo riscosse, Harry sussultò e rischiò di cadere dalla sedia tirandosi dietro fogli e boccetta d'inchiostro. L'orologio a pendolo segnava le sette e venti del mattino e lui si stropicciò gli occhi con un sospiro, domandandosi perché mai Hermione dovesse presentarsi a casa sua il sabato a un orario così indecente. Perché doveva trattarsi per forza di lei, dal momento che tutte le altre - pochissime – persone a cui era consentito raggiungere casa sua, cioè quelle che lui aveva istruito in merito, di sicuro stavano dormendo. Non ce lo vedeva, Ron, ad alzarsi alle sette il sabato per fare colazione con lui.
Sbuffando sonoramente, si tirò sulle gambe a stento a barcollò giù per le scale, abbandonandosi a peso morto oltre ogni gradino. Ci fu un nuovo bussare, poi uno scampanellio.
Arrivo, 'Mioneeee!” biascicò spazientito, prima di appendersi alla porta con un afflato d'insofferenza e spalancarla stancamente. “Hai idea di che ore so...?”
La sua sentita protesta s'interruppe lì, mentre i suoi occhi si sgranavano.
Tu sei schizofrenico, Potter,” affermò Draco Malfoy, sventolandogli in faccia la lettera di quella notte.
Harry aprì la bocca, la richiuse, starnutì e si grattò la zazzera scompigliata, sotto lo sguardo un po' schifato dello Slytherin che, impettito e sdegnoso, rimaneva impalato davanti a lui.
Cosa... ci fai qui, Malfoy? Nessuno può arrivare a questa casa se non lo decido io,” domandò con voce roca, scrutandolo sospettoso.
Non ci sono più le protezioni dell'Order su quest'edificio,” sentenziò Draco, indifferente.
E quindi?” borbottò Harry. “Ce ne sono altre.”
E quindi credo che una manciata di decenni prima che tu portassi il tuo sedere Gryffindor in questa casa, qualcun altro abbia deciso che qualunque membro della famiglia Black può arrivare qui anche senza il tuo signor permesso.”
Harry rimase ancora per qualche secondo con la bocca semiaperta, come indeciso, quindi la richiuse e la storse leggermente. Giusto, Draco era il figlio di Narcissa Black Malfoy. Geneticamente era un Black.
Mh,” biascicò. “Beh, non mi piace.”
Me ne farò una ragione, Potter.”
Harry sbuffò di nuovo, sbadigliò ampiamente e si appoggiò allo stipite della porta.
Cosa ci fai qui, comunque? Sono le sette e mezza del mattino. Non è questa l'ora di presentarsi a casa della gente.”
Non venire a insegnare l'educazione a me, signor Harry Sono-cresciuto-nel-sottoscala Potter,” ribatté Draco, che non sembrava per niente di buonumore. “A parte il fatto che hai un disturbo della personalità, visto che un attimo mandi lettere deliranti di recriminazioni e il momento dopo ti va tutto bene, ti avevo detto di necessitare una risposta entro venerdì, cioè entro ieri. E ieri non è stamattina. Se tu non fossi così Gryffindor e pressapochista...”
Malfoy, non ti sto ascoltando,” confessò candidamente Harry, interrompendo il suo monologo concitato. “Mi sono appena svegliato. Vuoi...” Esitò per un paio di secondi, gettando lo sguardo alle proprie spalle. “Vuoi entrare a fare colazione?” si decise a proporre infine.
Draco lo guardò con estrema condiscendenza.
Ti ho portato una copia del contratto con tutte le clausole, insieme a tutti i documenti che ti concernono. Hai tre ore per leggerli, se no mi va a monte la vendita.”
Harry spalancò gli occhi, esterrefatto da tanta faccia tosta. Gli stava facendo un favore, e quello pretendeva di schiavizzarlo.
Ma io sto ancora praticamente dormendo,” osservò, prima di accigliarsi lievemente. “Malfoy, per chi ti sei preso?”
Guarda che hai fatto tutto tu, Potter,” lo liquidò l'altro. “Sicuro di aver tempo per fare chiacchiere e colazione?” aggiunse, mellifluo.
Harry gli lanciò un'occhiata non scevra di un certo livore, alla quale Draco reagì irrigidendosi impercettibilmente. Poi il Gryffindor gli tese il braccio, seccato.
Vedere,” brontolò.
Al solo soppesare il plico, Harry realizzò che l'impresa era impossibile.
Negativo, Malfoy,” affermò. “Non ce la farò mai a leggere e capire tutto in tre ore.”
Immagino che capire sia il problema maggiore,” commentò Draco, tagliente.
Guarda che c'è una soluzione,” gli fece notare Harry, dando una scorsa alla prima pagina.
C'era, vuoi dire. Purtroppo l'Oscuro è morto senza riuscire a risolvere il problema,” aggiunse Draco, asciutto.
Harry gli scoccò un'occhiataccia.
D'accordo, senti, se questo è il tuo modo di collaborare mentre io ti sto facendo un favore credo che...” sbottò, spazientito.
Quale soluzione, Potter?” domandò Draco, con l'aria di fargli una gran concessione.
Harry assaporò quel piccolo personale trionfo, prima di stringersi brevemente nelle spalle.
Mentre io sfoglio i documenti tu mi fai un riassunto sommario e spieghi i punti salienti,” propose, pratico.
Malfoy serrò appena la mascella con gli occhi che si sgranavano, diede uno sguardo al cielo e concluse con un sospiro rassegnato.
Sei riuscito a togliermi la capacità di replica, Potter,” gemette sconfitto.
Harry sorrise, trionfale.
Te l'avevo detto che serviva, la colazione,” ribatté, spalancando la porta per permettergli di entrare in casa.
Draco scosse un'ultima volta la testa e, con il suo più riuscito sguardo di spregio, oltrepassò il suo ospite per entrare al dodici di Grimmauld Place.





___________________________________________



*(Mi sono dimenticata di allegarla alla scorso capito)
NOTA
Il Serpentine è il lago artificiale che collega i Kensington Gardens e Hyde Park. Ha una forma allungata e abbastanza sottile, curva, come il corpo di un rettile. Verso l'estremità nord del lago, di fronte alla riva, è collocata la statua di Peter Pan in questione.

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Capitolo 3
*** III. Colazione da Purebloods ***


III: Colazione da purebloods



Ricapitoliamo.”
A quell'affermazione di Harry, Draco emise un sordo brontolio.
Cosa? Cosa vuoi ricapitolare, ancora?”
Harry si grattò la guancia.
Non sono sicuro di aver capito esattamente questa parte qui sulla rateizzazione,” affermò incerto.
Potter, siamo al paragrafo tre. Ne restano altri sedici,” ringhiò Draco.
Sì, beh, e io non ho capito. Se non capisco non firmo,” insistette il Gryffindor, caparbio. “E poi sei vago. Secondo me nemmeno tu sei poi così esperto in queste cose,” aggiunse bizzoso.
Perché, ti sembro un dannato agente immobiliare?” lo rimbrottò Draco, stizzito. Emise un sospiro stremato, ingollando l'ennesima sorsata di caffè.
Harry si chiese distrattamente se, dato che non sembrava abituato a berne, non si sarebbe trovato da un momento all'altro con un Malfoy in pieno attacco di nervi nel suo salotto, con la prozia Walburga al piano di sotto che urlava per simpatia.
Come ti pare,” bofonchiò.
Draco sbatté la tazza sul tavolo.
Come pare a me è che firmi questa roba e tante grazie.”
Se tu avessi passato buona parte della tua vita a cercare di non farti ammazzare da mezzo pianeta, faresti più attenzione a quello che firmi,” ribatté Harry sostenuto.
Potter, ma se non guardi nemmeno dove metti i piedi!”
Non è affatto...” protestò Harry stizzito e nella foga urtò col gomito la teiera, che si ribaltò sul tavolo rovesciando il proprio contenuto sul pavimento.
Seguì qualche istante di ragionevole silenzio.
Dicevi, Potter?”
...Spero che la Piovra ti divori, Malfoy,”borbottò Harry, estraendo la bacchetta per rimediare a quel pasticcio.

Se io devo garantire che questa casa è effettivamente tua, cosa ne so? Magari l'hai già venduta a altre sei persone,” osservò Harry, imbronciato.
Draco lo guardò storto.
Ma ti pare, Potter?” sospirò. “Comunque è per questo che ti ho portato tutti questi altri documenti,” aggiunse, sfogliando rapidamente il plico. “Ecco, questo è l'atto di proprietà, emesso tre settimane fa. Vedi?”
Harry sporse la testa, scorrendo attentamente il documento.
Sì.”
E' ancora a nome di mio padre, ma abbiamo aggiunto una corrige, qui, la postilla, che afferma che io assumo funzione vicariale nei suoi confronti,” continuò lo Slytherin, indicandogli rapidamente le righe in questione.
Vicariale,” ripeté Harry, atono.
Vuol dire che faccio le veci,” illustrò Draco, irritato.
Avevo capito, eh. Passami una fetta di pane.”
Prenditela da solo, Potter.”
Harry smozzicò una protesta, allungò il braccio al di là di Draco, ficcandogli il gomito praticamente in gola, e si servì di pane imburrato.
E se questo documento fosse falso?”
Non lo è, questo sigillo è magico, ti basta fare un incantesimo di svelamento per verificarlo,” replicò Draco senza scomporsi.
Va beh,” soprassedette Harry, passando oltre. “Andiamo avanti.”
Hai capito così in fretta?” lo schernì Draco con un mezzo sogghigno.
Imparo rapidamente, Malfoy. Per questo faccio il mazzo ai supercattivi.”
Ti è andata solo di culo, ti è andata.”

Fai dell'altro caffè, Kreacher.”
Draco lo osservò di sottecchi.
La Granger non ti scoccia per come tratti l'Elfo?” domandò ironico.
Kreacher non è nelle grazie di nessuno. Nemmeno di Hermione,” rispose Harry, laconico.
Per la storia di Black?” s'informò Draco a bruciapelo, con noncuranza.
Harry si schiarì la voce.
Stavi dicendo, di quell'atto di proprietà?” affermò pratico, riportando lo sguardo al foglio.
Draco rilesse un paio di righe, la fronte aggrottata.
Perché rimani in questa casa?”
Perché me lo stai chiedendo? Vuoi vendere anche questa?” rispose bruscamente Harry, alzando lievemente la voce.
Draco gli lanciò un'occhiata ostile.
Stavo dicendo che la proprietà è ancora a nome di mio padre, ma io sono stato aggiunto in funzione vicariale,” continuò freddamente, con una mezza smorfia sprezzante.
Perché è l'unica che ho,” esclamò Harry a mezza voce. “Ed è l'unica cosa che ho di tutti loro, questa casa.”
Draco non aggiunse altro. Rimase in silenzio per qualche secondo e poi riprese a parlare del contratto.

Di quella mattinata al dodici di Grimmauld Place, negli anni, avrebbero conservato entrambi un ricordo molto simile, immagini analoghe riflesse a specchio, e qualcosa cominciò a cementarsi proprio in quell'occasione.
Harry si sarebbe ricordato una manciata di secondi: Draco che, per qualche ragione che poi avrebbe dimenticato, una frase, un battibecco dei soliti – precisamente, relativo al colore della sua maglietta – piegava leggermente indietro la testa e scoppiava a ridere. Una risata genuina, chioccia e discreta, scappata fuori dai suoi polmoni con naturalezza e senza alcuna cattiveria. Tutto il suo viso pallido s'illuminava e nel grigio dei suoi occhi si accendeva una luce vivace, le sue labbra si schiudevano in un sorriso spontaneo che ingentiliva i suoi tratti, la sua mano si sollevava e lo colpiva in uno spinta quasi bonaria. Non l'aveva mai visto ridere così di gusto, senza scherno o malevolenza, e trovò quasi stupefacente la trasformazione che quell'atto così comune conferiva alla sua persona, trasfigurandola.
Draco avrebbe rammentato la faccia di Harry che, al suo commento sull'infelicità dell'idea del CREPA, si strafogava col caffè, spruzzandolo nella tazza con un sussulto che diventava un feroce accesso di tosse da asfissia e poi si trasformava gradatamente in una trascinante risata. Il suo torace sobbalzava per il riso e gli occhi verdi dietro gli occhiali si riempivano della vitalità che aveva sempre sospettato nascondessero – perché non era possibile sopravvivere a tutto quello cui era sopravvissuto Harry Potter, se non essendo visceralmente attaccati alla vita – trasformandolo in un diciottenne bruno e scarmigliato straripante energia, che strizzava le palpebre in un esubero d'ilarità e poi scoppiava in un nuovo scroscio di risa che riempiva tutta la stanza, contagiando anche lui di allegria.
Due frammenti in mezzo ad ore che, col tempo, sarebbero sparite dalla loro memoria. Le ore, sì, ma non la sensazione, una cosa sottopelle, inconsapevole, che nessuno dei due avrebbe veramente percepito salvo poi scoprirla in seguito col pensiero, tornando indietro a quel momento.
Lì per lì, invece, continuarono a discutere, spiegare e darsi noia finché le tre ore divennero tre e mezza. Soltanto a quel punto, mentre la conversazione diventava uno scambio di battute sempre più lento e svogliato, quando il pendolo scoccò il mezzogiorno Draco si riscosse e diede un profondo sospiro.
Abbi pietà, Potter: ti ho spiegato tutto lo spiegabile. Deciditi.”
Harry lo imitò, stiracchiandosi.
Va bene. Firmiamo,” acconsentì di buon grado.
Draco emise un sospiro di sollievo, raccattando metodicamente i fogli prima di alzarsi in piedi.
Ottimo. Allora muoviamoci: abbiamo appuntamento con Sauer a mezzogiorno e mezzo al Manor.”
Abbiamo?” ripeté Harry, perplesso.
Sì. Ci rimane giusto il tempo che tu ti renda presentabile. Non devi indossare niente a righe verdi e arancioni,” precisò, con un'ultima occhiata disgustata alla sua vecchia maglietta da casa.
Non sapevo di dover venire anche io,” osservò Harry, riluttante. “Questo ti sei dimenticando di puntualizzarlo, mi sa,” aggiunse ironico.
Draco sbuffò con noncuranza.
Meglio, no? Così potrai vederlo in faccia. Muoviti, Potter.”
Harry agitò una mano come a significare che gli stava bene, senza aggiungere nulla, e zampettò in piedi con un mezzo sbadiglio. Mentre caracollava verso la porta, però, si bloccò di scatto e sgranò gli occhi. Sabato. Era sabato.
Gli spagnoli!” esclamò allarmato, prima di portarsi una mano al viso con urgenza.
Che stai farneticando, Potter?” domandò Draco, scettico.
Gli spagnoli!” ripeté Harry con foga. “Oggi arrivano quelli del Ministero spagnolo! Kingsley mi aveva chiesto di essere presente, aveva... Merlino!”
Draco socchiuse gli occhi, prendendo un profondo respiro.
Naturalmente. L'eroe deve dare il benvenuto agli ospiti. E tu te n'eri completamente dimenticato,” affermò perentorio, senza che fosse necessario dare alla frase un'intonazione interrogativa. “A che ora?”
Alle due. Che razza di...!” Harry si abbandonò contro la parete, avvilito. “Non ci voglio andare.”
Draco si cacciò una mano in tasca, tamburellando il piede in terra con aria esasperata.
Va bene, Potter. Facciamo così: tu ora ti vesti da persona civilizzata, vieni a firmare e poi te ne vai direttamente a farti mettere in mostra al Ministero. Ti lamenterai in un altro momento.”
Harry cercò di guardarlo con tutto l'astio possibile. Draco non sembrò impressionato, forse perché la sua faccia era un po' troppo divertita per sembrare convincente. Alla fine bofonchiò un'ultima, vaga lamentela e si diresse in camera, per cercare dei vestiti e poi buttarsi in doccia.
Aspettami qua, ci metto un attimo,” suggerì prima di dileguarsi.
Si chiuse nella sua stanza, frugando nell'armadio e buttando tutto fuori alla rinfusa. Stabilì che in una doppia occasione formale come quelle sarebbe stato bene un abbigliamento sobrio, semplice, magari sui toni del nero o del grigio. Qualcosa di tradizionale da mago, ma non troppo. Cincischiò per un po' col suo povero guardaroba prima di decidersi quasi a casaccio, poi si fiondò in bagno e si gettò sotto l'acqua.
Non aveva idea che, mentre lui si preparava, Draco stesse passando il tempo prima a gironzolare per il salotto, studiando per qualche minuto l'arazzo della famiglia Black, che segnalava anche il suo nome, per poi dedicare una blanda attenzione ad alcuni libri e riviste che Harry aveva abbandonato in giro – per lo più edizioni degli ultimi mesi del Cavillo – e infine imbattersi nella copia degli atti del processo che Hermione gli aveva mandato soltanto la sera prima. La sfogliò accigliato, senza davvero leggere se non soffermandosi, come aveva fatto Harry stesso, sul paragrafo che riportava la testimonianza dell'eroe. I suoi occhi esitarono per qualche istante su quelle particolari righe in cui Harry Potter affermava che lui gli aveva lasciato la propria bacchetta magica.
Potter era molte cose, per lo più spiacevoli, ma non un contaballe. Magari ne aveva raccontata qualcuna, certo, ma niente di grosso: non era una cosa da lui, e i membri della sua Casa di solito di rivelavano pessimi mentitori, quando si trattava di cose importanti; erano bravi più che altro a inventarsi balle su delle sciocchezze. Ma quella volta, in un'occasione in cui proprio mentire era una cosa da non farsi, Harry Potter se n'era uscito con una fregnaccia colossale, immotivata. Draco stesso, nonostante in quel momento avesse ben altro per la testa e il terrore in ogni atomo del corpo, si era reso conto con incredulità che Harry stava mentendo per difenderlo. Non aveva capito perché, allora, e continuava a non capirlo adesso. Era un'incognita che non sarebbe forse riuscito a risolvere mai, ma che sovente tornava a solleticargli l'intelletto, insieme a tante altre che si riallacciavano alla sua complicatissima relazione con la figura di Harry.
Quella bacchetta, per la cronaca, non gli era mai stata restituita.
Dopo aver osservato ancora per un po' la pagina incriminata, Draco rimise il documento dove l'aveva trovato e continuò la sua silenziosa esplorazione, proprio mentre il getto della doccia veniva aperto: dal salotto si avventurò in corridoio, affacciandosi dapprima in un paio di stanze spoglie e abbastanza impersonali per poi imboccare, in terza battuta, la porta della stanza in cui dormiva il Gryffindor, riconoscendola al primo sguardo.
Draco era convinto che i capelli di Potter dicessero un bel po' di cose della sua personalità, e il tutto si rifletteva anche sulla sua camera: sembrava che qualcuno fosse entrato li dentro e si fosse divertito a lanciare tutto per aria e far esplodere l'armadio a colpi di bacchetta. C'erano vestiti e ciarpame ovunque, anche abbandonati sul pavimento, in un ammasso di abiti, vettovaglie, libri, giornali, lettere, ninnoli infantili, artefatti magici, boccini defunti, scarpe spaiate, tazze, posate, un paio di dischi e un riconoscibilissimo raccoglitore di fotografie in precario equilibrio sul bordo del comodino.
Draco tese l'orecchio, sentendo che la doccia continuava a scrosciare, e allungò la mano ad afferrare quell'ultimo oggetto. Aprendolo, scoprì che si trattava di una manciata di povere foto del matrimonio di James Potter e Lily Evans, come dedusse dal fatto che l'uomo ritratto somigliava in maniera devastante ad Harry. Riconobbe il testimone dello sposo a naso, dal momento che il ragazzo bruno e avvenente che compariva accanto agli sposi non assomigliava nemmeno vagamente a quello sulle foto segnaletiche dell'evaso di Azkaban, e stava già per posare il raccoglitore quando, facendolo scorrere per richiuderlo, intuì di sfuggita delle fotografie di altra fattura nelle pagine seguenti. Lo riaprì, incuriosito.
C'erano delle altre foto, in effetti, e non c'entravano niente con il matrimonio dei Potter. Un paio, dall'aria piuttosto datata, ritraevano un gruppetto di quattro ragazzi nel quadro della scuola di Hogwarts. Draco riconobbe di nuovo un James Potter ragazzino, pressoché identico all'Harry dei suoi ricordi scolastici. Individuò con una smorfia un grassoccio Peter Pettygrew e indovinò di nuovo l'identità del suo procugino per pura evidenza cronologica. Il quarto gli prese qualche secondo di riflessione, ma lo identificò nel vedere le cicatrici al lato della sua faccia: un professor Lupin adolescente. Un'altra foto immortalava l'inaugurazione dei Tiri Vispi Weasley, e i gemelli sghignazzavano in primo piano stringendosi violentemente la mano, entusiasti. C'era una foto di Colin Canon che fotografava se stesso nello specchio; trasalì nel trovarne una in cui, nell'angolo del quadro di un'immagine abbastanza insignificante delle cucine di Hogwarts, faceva capolino il faccino di Dobby; poi un ritratto in bianco e nero di Remus Lupin e sua cugina Nimphadora che teneva in braccio un bimbetto piccolissimo – sua madre gli aveva detto, se non sbagliava, che si chiamava Ted. C'era una foto, anche quella sicuramente opera di Canon, dei due campioni di Hogwarts al Torneo Tremaghi, con Diggory che sorrideva franco verso l'obiettivo, sventolando educatamente la mano; una con il vecchio Moody e qualche altro membro dell'Order, una di Severus Snape che cazziava uno studente Hufflepuff di cui in quel momento gli sfuggiva il nome e c'era persino una fotografia, che strappò a Draco un respiro sconnesso, di Gregory e Vincent nelle loro divise di Slytherin. Dovette girare di scatto la pagina per non tremare, ma l'immagine successiva lo raggelò.
Era una panoramica della Sala Grande col cielo limpido e pulito, inquadrava le estremità dei tavoli affollati di studenti e nel centro c'era quello dei professori, ma l'unica cosa che Draco vide veramente fu il Preside Dumbledore in piedi davanti a tutti. Quell'immagine a tradimento gli tolse il fiato. Il vecchio mago con uno dei suoi soliti abiti di foggia arcaica, la lunga barba bianca, gli occhi azzurrissimi, limpidi e bonari. Aveva un braccio alzato con cui reggeva il calice in un brindisi festoso che, sebbene rivolto alla sala, a Draco sembrò indirizzato proprio a lui. Dalle sue labbra socchiuse scappò fuori un gemito angoscioso.
Malfoy?” lo riscosse la voce stupita e contrariata di Harry, che lui non aveva sentito uscire dal bagno.
Mentre sollevava la testa di scatto non gli riusciva nemmeno di respirare. Restò lì immobile, colto in flagrante, senza arrivare per una manciata di secondi a controllare la trazione innaturale dei muscoli tesi del suo viso.
Harry, la fronte aggrottata e lo sguardo decisamente furente, gli strappò di mano l'album con un gesto rabbioso, per posare l'occhio sulla foto e poi rialzarlo su di lui con amarezza.
Chi ti ha dato il permesso di entrare qui?” esclamò veemente, con una smorfia che mostrava perfettamente la sua collera. Chiuse il raccoglitore di scatto, portandosi via Dumbledore, Vincent e quegli altri di cui non importava nulla.
Draco si umettò le labbra e ricompose il proprio volto in un'espressione che sperava essere calma e padrona di sé.
Mi annoiavo e ho dato un'occhiata in giro,” affermò con sussiego. “Mi piacciono gli album di foto,” mentì deciso. Aveva ancora una brutta sensazione nello stomaco e gli era venuta improvvisamente molta voglia di uscire e prendere una boccata d'aria.
Harry non ribatté ma non cambiò nemmeno espressione, segno che non se l'era bevuta. Si limitò a ficcare i piedi nella scarpe con espressione livida e tirata e a spingerlo non troppo garbatamente fuori dalla porta della stanza.
Andiamo,” gracidò seccamente.


Sauer sembrava corrispondere esattamente alla sommaria descrizione di Draco e alle deduzioni di Hermione. Era un mago alto e magro sui cinquant'anni, dall'aria elegante e signorile, che si muoveva con gesti manierati e con una sicurezza che aveva qualcosa di arrogante, come succede a chi è abituato ad essere – o a considerarsi - un filo al di sopra degli altri. Era inguainato in abiti di foggia perfetta, dinnanzi ai quali Harry si domandò vagamente se il suo aspetto non lo rendesse simile a un senzatetto. Malfoy però non aveva criticato il suo abbigliamento – non che fosse stato in posizione di criticare alcunché, dopo che l'aveva beccato a ficcanasare in camera sua.
Il famoso Harry Potter,” stava esclamando Sauer con tono pomposo, marcato da un forte accento teutonico e da vocali secche e raschianti, sorridendo nella sua direzione con un misto di rispetto e condiscendenza. Probabilmente, pensò Harry, quella sfumatura di indulgenza superiore non lasciava del tutto la sua voce nemmeno mentre parlava con Ministri e autorità mondiali.
Sorrise meccanicamente, sperando di avere un'espressione abbastanza rilassata, qualcosa tra la modestia affettata e la fierezza, ma probabilmente stava sembrando soltanto quel che era, cioè a disagio.
In persona,” confermò a mezza voce, tendendo la mano.
E' un vero piacere conoscerla, signor Potter. Ho sentito un gran parlare di lei anche sul vecchio continente,” continuò Sauer con fare formale, stringendo la sua mano e guardandolo con l'aria – Harry non avrebbe potuto definirla altrimenti – di essere stato lui a far sì che diventasse un eroe. Quell'uomo emanava una tale boria che si dovette trattenere per non ritrarre il braccio anzitempo.
Ma davvero?” chiese schiarendosi la voce.
Gli occhi grigi di Draco saettarono verso i suoi, ironici, e una specie di impercettibile smorfia di scherno, e d'intesa, gli ombreggiò le labbra. Harry sollevò leggermente un sopracciglio in risposta, come per rimproverargli insinuazioni immaginarie sulla sua fame di notorietà, e Draco alzò lo sguardo verso l'aria con fare innocente.
Ma certamente. Il suo è un nome sulla bocca di tutti, signor Potter. Non mi aspettavo certo che il famigerato garante del signor Malfoy fosse lei,” stava proseguendo Sauer, con quello che più che stupore sembrava scetticismo.
Harry si strinse nelle spalle, appiattendosi i capelli sulla fronte.
Io e Draco ci conosciamo da parecchi anni,” affermò vago.
Tecnicamente era vero: ormai erano più di sette anni che si conoscevano; che poi si fossero costantemente odiati per tutto quel tempo era un problema loro e certo non di Niklaus Sauer.
Naturalmente,” commentò Sauer, lasciando perfettamente intendere che quelle parole non l'avevano convinto.
Il signor Potter,” intervenne formalmente Draco, cavandolo d'impiccio, “ha già visionato tutti i documenti, insieme a me. Se non ci sono cambiamenti dell'ultimo minuto possiamo sbrigare l'affare, Conte, così poi spero mi vorrà fare il piacere di invitarla a pranzare in un locale che sarà sicuramente di suo gusto.”
Harry si limitò ad annuire, preferendo non intervenire oltre in quella serie di convenevoli.
Mi sembra un'ottima idea,” confermò Sauer. “Signor Potter, sarà delle partita?”
Harry ci mise un attimo a capire che gli stava chiedendo se avrebbe pranzato con loro. Quando la cosa gli fu chiara, sbatté gli occhi e scosse debolmente la testa.
No, mi spiace, io... Il Ministro spagnolo o qualcuno del suo ufficio, non ho proprio capito, è in visita a Londra per qualche giorno e il signor Shaklebolt mi aspetta per accogliere gli ospiti,” farfugliò con leggero imbarazzo, scrollando le spalle a mo' di chiosa.
Sauer sgranò leggermente gli occhi, vagamente compiaciuto.
Capisco,” commentò soltanto.
Harry tirò un respiro profondo, prima di seguire gli interlocutori a sedere. Li lasciò discutere per conto loro sfoggiando la sua miglior espressione attenta, quella che aveva messo a punto in sei anni di lezioni di Pozioni, per pensare intanto serenamente ai fatti propri.
Il fatto che Malfoy avesse messo le mani sul suo piccolo santuario personale lo aveva messo in imbarazzo. Le foto che aveva raccolto, di cui solo una parte figuravano nell'album, erano il suo patrimonio segreto. Nemmeno Hermione, Ron e Ginny sapevano che le aveva collezionate – ricevute dalla famiglia Canon, per lo più. Non che ci fosse qualcosa di male, aveva semplicemente preferito non parlarne. Non gli andava che i suoi amici avessero le prove di come il tempo che passava a ripensare alle cose successe fosse di gran lunga maggiore di quello che investiva riflettendo su quelle che poteva fare in futuro.
La verità era che Harry non riusciva a immaginarsi granché, per l'avvenire. Per tutti quegli anni alla sua esistenza era stato attribuito un unico scopo: quello di diventare colui che avrebbe annientato Voldemort. Adesso che la meta era stata raggiunta, e ad un prezzo altissimo in termine di vite umane, lui non sapeva più che farsene di se stesso. Si sentiva fuori posto, sbattuto in un “dopo” che durante tutta l'adolescenza non aveva potuto permettersi d'immaginare. Certo, aveva sempre saputo, più che altro perché sembravano pensarlo tutti, che se fosse sopravvissuto sarebbe certamente diventato Auror, forse Ministro, ma era una cosa troppo distante che non lo riguardava veramente in prima persona. A diciotto anni, l'età in cui normalmente si comincia a dare forma concreta alle proprie ambizioni, lui si ritrovava a non averne nessuna, perché l'unica ambizione di Harry Potter era stata fermare il Signore Oscuro. Era quello il suo ruolo e il suo posto. Ormai era tutto finito e ogni cosa era tornata uguale a prima e insieme infinitamente diversa, e quasi non riusciva a capire perché tutta quella gente fosse morta. Forse era quello a costringerlo a ripensare insistentemente a tutti loro. Perché loro, e perché non lui. Loro non c'entravano niente, i loro nomi non comparivano nella Profezia, ci compariva il suo. Anche se non l'aveva mai desiderato e se aveva sognato un sacco di volte di essere chiunque altro.
...Potter?”
Sì, va bene,” affermò meccanicamente, annuendo con vigore nella speranza che gli altri due non si accorgessero che non li stava ascoltando.
Draco sbuffò.
Lo sappiamo che va bene. Quindi firma, che ne dici?” strascicò ironicamente.
Harry prese la penna d'oca con aria estremamente compresa e appose una serie infinita di firme su tutti i fogli che gli altri due gli misero davanti, riconoscendoli a naso per averli letti poco prima. Quando quell'ultima incombenza fu sbrigata aspettò in silenzio che Malfoy e Sauer sbrigassero le ultime formalità, facendo rimbalzare distrattamente lo sguardo dall'uno all'altro, e infine con sollievo li imitò quando si alzarono stringendosi la mano. Si alzarono in piedi e ad Harry sembrò di riemergere da un torpore sottile. Uscendo, con Sauer e Malfoy che borbottavano qualche ultimo commento sulla magione, si prese il tempo di guardarsi intorno più tranquillamente di quanto avesse fatto all'arrivo, di corsa e ancora turbato per l'album di foto.
Non ricordava affatto la sua precedente visita al Manor, che aveva assunto i contorni di un incubo nebuloso, sicché osservò con leggera curiosità l'alto soffitto della dimora e l'eleganza del luogo, in un principio di decadenza – c'era un po' più polvere di quanto sembrasse bene, constatò.
Molto bene, signor Malfoy. Vogliamo andare a pranzo?” stava domandando Sauer, cerimonioso.
Senz'altro, è già tardi,” rispose Draco, la voce un po' più tesa del normale.
Harry colse il suo sguardo correre freneticamente lungo le pareti, su per il soffitto e sulle superfici dei mobili dell'atrio, rimbalzando avanti e indietro come nel timore di aver saltato qualcosa.
Ehm... Signor Sauer, cosa pensa di fare con il giardino?” intervenne a sproposito, indicando all'uomo il parco antistante la casa.
Non lo so, ancora. Pensavo di aggiungere delle aiole,” esplicò l'uomo, con remota indifferenza.
Davvero?” continuò Harry con aria interessata. “Dove?” insistette. Così riuscì a pilotarlo fuori lungo il sentiero, per lasciare ancora per qualche secondo Draco Malfoy solo con la casa in cui era nato e cresciuto. Si sorbì per qualche minuto le sue dissertazioni sulla sua concezione del futuro giardino, ingollò qualche altra ampollosa pillola di noblesse e finalmente vide ricomparire lo Slytherin, se possibile più pallido che mai ma perfettamente composto. Draco gli mandò uno sguardo che poteva anche sembrare all'incirca non riconoscente, magari, ma abbastanza benevolo.
Potter, non vogliamo trattenerti oltre. Ti aspettano per esporti,” affermò, amabile come sempre.
Porti i miei ossequi al nuovo Ministro, signor Potter,” aggiunse Bauer.
Buona giornata a voi. Signore... Malfoy,” si congedò, spiccio.
Potter,” rispose l'altro, allungando la mano di slancio verso di lui.
Harry tese meccanicamente la sua e Draco la strinse con vigore.
Lo fecero d'impulso, senza pensarci, ma per un istante tutt'e due rimasero grottescamente rigidi, guardandosi con una specie di sottile soggezione. Era la prima volta che Draco Malfoy e Harry Potter si stringevano la mano: al tentativo precedente, quando il primo aveva teso la propria l'altro l'aveva rifiutata.
Poi tirarono indietro le braccia con cautela.
Beh, ciao,” bofonchiò Draco, ed Harry si schiarì la gola.
Ciao.”


Sfinito. A pezzi. Liquefatto.
Dopo sei ore in compagnia dei delegati del Ministero spagnolo e di mezze le autorità di quello inglese, a Harry sembrava che un'altra battaglia di Hogwarts sarebbe quasi stata meno traumatica. Il brutto tempo e i nuvoloni spessi e pesanti che sovrastavano Londra, preannunciando pioggia, non lo aiutavano a rimanere attivo. Aveva l'impressione di essere stato travolto dall'Espresso e l'udito un po' ovattato. Passò dal panettiere dietro l'angolo, invece di materializzarsi direttamente a casa, ma era così rintronato che si dimenticò di comprare il pane e acquistò invece una ciambella. Per inerzia, la ingollò lungo il brevissimo tragitto verso casa e quando arrivò a Grimmauld Place, al crepuscolo, lo trovò lì.
Era seduto su una delle due panchine arrugginite che si trovavano in mezzo alla piazza, sovrastate dai rami radi di due betulle rinsecchite. Era lì col mento affondato nel bavero del mantello, la testa bassa, il busto reclinato leggermente in avanti e le mani intrecciate sulle ginocchia.
Harry si avvicinò a passi lenti, silenzioso.
Ehi,” mormorò.
Draco non si mosse, non alzò nemmeno la testa – anzi sembrò irrigidirla in quella posizione – ma emise una sorta di mugugno che poteva anche essere immaginato come un saluto.
Harry diede uno sbuffo sommesso, prima di lasciarsi andare seduto un po' più il là sulla panca. Per un paio di minuti rimase lì fermo e nemmeno Draco si mosse.
Quando la prima goccia gli atterrò sulla lente sinistra degli occhiali aggrottò lievemente la fronte, ma non fece altro. Alla seconda si asciugò la guancia, alla terza si coprì la testa con la mano e alla quarta prese un respiro.
Pioviggina,” annunciò.
Draco annuì per qualche secondo.
Già.”
Harry strinse le labbra, osservandolo di sbieco.
Tutto...sistemato?” chiese piano.
Draco annuì di nuovo.
Sì. Gli ho dato le chiavi di casa e tutto il resto.”
Il Gryffindor espirò rumorosamente, osservando vago il lastrico della piazza.
Perciò è fatta,” concluse.
Un altro silenzio prolungato seguì quelle parole. Harry si alzò il cappuccio sulla testa e tirò leggermente su di naso, accoccolandosi meglio sulla panchina. Draco continuava con la sua interpretazione della vittima di Petrificus, ma dopo qualche altro minuto raddrizzò lievemente il dorso e aggrottò la fronte, assorto.
Non sapevo dove altro andare,” disse, non col tono di volersi giustificare ma come una constatazione piuttosto decisa. “Non avevo voglia di tornare da mia madre e confermarle che no, Malfoy Manor non è più nostro,” continuò.
Non sembrava la voce di uno che voleva essere compatito o che cercava di coprire una debolezza, ma una spiegazione lucida e molto seria, tinta appena di rabbia. La sua fronte rimaneva aggrottata con gravità.
Harry fece spallucce.
Quello lo puoi sempre fare dopo.”
Draco sbuffò ilare.
Potter, il campione del rimandare,” borbottò, ed Harry spalancò gli occhi con enfasi.
E' un talento,” si difese.
Draco scrollò appena la testa, accennando un rapido sorriso.
Pensavo che sarei invecchiato in quella casa,” commentò con tono distaccato. “Quand'ero bambino e un po' meno intelligente volevo un campetto per il Quidditch nel giardino, ma mio padre diceva che avrei disturbato i pavoni di Narcissa. Ho sempre pensato che il giorno in cui glielo avesse chiesto mio figlio non sarebbe stato capace di rifiutare.”
Harry si corrucciò, amareggiato.
Mi...” iniziò, prima di rendersi conto che affermare il proprio dispiacere sarebbe stato grottesco. Gli dispiaceva che Lucius Malfoy fosse ad Azkaban? No, nemmeno per idea, neanche lontanamente. Scosse la testa. “Un po' meno intelligente... Non c'è che dire, Malfoy, sei sempre un campione di modestia,” ridacchiò quindi, soprassedendo.
Draco stiracchiò un sorriso un po' più convincente.
E' una dote naturale.”
Una delle innumerevoli.”
Allora ogni tanto qualcosa lo capisci, Potter.”
Vaffanculo per l'ennesima volta, Malfoy.”
Hai veramente un vocabolario limitato.”
Meno del tuo cervello, Malfoy.”
Potter, questa era già vecchia quando siamo nati.”
Questo non cambia i fatti.”
Draco finì per emettere un sorta di risolino come colpi di tosse. Poi sollevò definitivamente il capo e riguadagnò una posizione eretta e più composta.
Sta proprio piovigginando,” constatò. “Sai che ti dico, ma ne vado a casa.”
Harry assentì.
Ok,” commentò con mitezza.
Draco si alzò in piedi per primo, picchiettando i piedi in terra un po' intirizzito.
Potter...” iniziò a voce bassa, vago.
Malfoy,” ribatté Harry con un leggero sorriso.
Beh, è stato un bel gesto eroico, come al solito,” commentò Draco con una mezza smorfia.
Harry si grattò il naso.
E' il mio lavoro.”
Già. Ci si vede, Potter.”
Sai dove abito,” confermò Harry alzandosi a sua volta. “Buon rientro.”
E buona serata a te,” concluse Draco con una specie di cenno della mano, prima di voltarsi e iniziare ad allontanarsi. Harry lo osservò per un paio di secondi prima di girarsi verso casa per fare altrettanto.
Potter.”
Si voltò indietro perplesso, incrociando nuovamente la figura di Draco e il suo sguardo stranamente limpido.
Grazie,” fece Draco, facendogli spalancare un po' gli occhi. “Per non aver detto che ti dispiace.”
Harry socchiuse le labbra d'impulso, esitando tuttavia a parlare. Poi le richiuse in un sorriso sbilenco.
Sono Harry Potter. L'eroe senza macchia.”
Draco sogghignò con un cenno d'assenso.
Giusto, come dimenticarlo.”
Si voltò di nuovo indietro con un gesto più evidente del braccio e si allontanò davvero, sparendo dalla piazza nello stesso momento in cui lui si chiudeva la porta alle spalle.


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Capitolo 4
*** IV. Nessuna colazione ***



IV: Nessuna colazione 


Ciao!” esclamò allegramente Harry, spalancando la porta.
Ehilà, amico,” sorrise Ron affabile.
Ciao, Harry,” aggiunge affettuosamente Hermione, prima di entrare in casa.
Harry li lasciò passare entrambi, aspettando che si fossero levati i mantelli per prenderli e sistemarli all'attaccapanni.
Kreacher sta preparando il pranzo,” annunciò, facendo strada verso il piano di sopra. “Goulash, come avevamo detto,” precisò soddisfatto.
Spero che non ci avveleni,” borbottò Ron, che conservava una certa diffidenza nei confronti dell'Elfo, balzellando su per le scale.
Non essere ridicolo, Ronald,” lo riprese meccanicamente Hermione.
La cosa peggiore che può fare è sbagliare il dosaggio degli ingredienti,” ridacchiò Harry, accomodandosi in poltrona per lasciare ai due amici il divano.
Ron si stravaccò comodamente, dando uno sbuffo rilassato, mentre Hermione prendeva posto sistemandosi i capelli.
Hai letto la Gazzetta, ieri?” chiese vaga.
Harry aggrottò la fronte.
No. Perché, parlava di quante volte vado in bagno?” scherzò.
C'era un trafiletto sulla vendita di Malfoy Manor,” affermò Ron, leggermente cupo.
Ma davvero?” s'informò lui, con innocenza.
Hermione abbassò gli occhi, arrossendo leggermente.
Gliel'ho raccontato, Harry,” confessò colpevole.
...Oh,” esalò lui, prima di spostare uno sguardo reticente sull'amico.
Ron non aveva per niente un'aria contenta. Lo osservava con rimprovero, irritato e piuttosto serio.
Voi due dovreste smetterla di fare le cose alle mie spalle,” affermò risentito. “Con Malfoy, poi! Non so cosa vi sia passato per la testa. Da te, Harry, me lo potevo anche aspettare...senza offesa, amico. Ma tu, Hermione!” aggiunse, con fare oltraggiato.
Te l'ho già detto, Ron, Harry non l'ha mica aiutato a massacrare passanti!” protestò lei, stizzita.
Potrebbe esserci sotto qualcosa di losco!” sbottò Ron, apparentemente esterrefatto dalla loro dabbenaggine.
Mi sono informata, Ronald, e...” si difese lei, esasperata.
E' solo una casa,” intervenne Harry, interrompendo quello che prometteva di diventare l'ennesimo battibecco tra i suoi due amici, il cui modo di interazione primario sembrava proprio essere quello di pizzicarsi. Harry ne conosceva, di coppie litigiose, ma Ron e Hermione erano i campioni indiscussi. Sospettava fosse il loro contorto modo di dimostrare l'importanza reciproca.
E' Malfoy, il piccolo furetto nervoso!” esclamò Ron contrariato.
Harry scosse la testa, noncurante.
Sono sicuro che è tutto perfettamente regolare,” commentò definitivo.
Ron si corrucciò, rassegnato.
Se succede qualcosa, non dite che non vi avevo avvisati,” brontolò.
Hermione levò lo sguardo al soffitto.
Per Merlino, Ronald, non essere catastrofista,” lo riprese esasperata.
Harry ridacchiò, osservandoli per qualche secondo. Ronald Weasley ed Hermione Granger, le due persone più fantastiche che avesse avuto la fortuna d'incontrare. Se l'avesse saputo quel giorno, sull'Espresso, quando aveva undici anni, li avrebbe abbracciati.
Vado a controllare Kreacher,” annunciò alzandosi.
Aspetta, ti accompagno,” fece subito Hermione, scattando in piedi. “Ron, vuoi qualcosa da bere?” aggiunse, prima di seguire il padrone di casa.
Un succo di zucca, magari,” gli rispose il ragazzo, affondando la testa nei cuscini.
Harry trotterellò giù per le scale, tampinato dall'amica, ed in silenzio entrarono in cucina.
Tutto a posto, Kreacher?” chiese Harry, allungando il collo per guardare nella pentola.
Sissignore, padron Potter,” confermò L'Elfo, freddo e indaffarato. “Sarà pronto tra dieci minuti, signore.”
Bene,” annuì Harry, seguendo con la coda dell'occhio i movimenti nervosi di Hermione lungo la stanza.
Scusalo, Harry,” esordì infine lei, riempiendo un bicchiere di succo. “Ron è il solito testone, ma in realtà non è solo per via di Malfoy che è preoccupato,” continuò, richiudendo la bottiglia.
E allora perché?” s'informò lui.
Hermione sollevò lo sguardo e lo fissò negli occhi, leggermente inquieta e un po' accigliata.
Ginny,” ammise. “Ieri si sono sentiti, e lei è molto giù di morale. Dice che sono quasi tre settimane che non le dai tue notizie. Credo stesse piangendo.”
Harry ebbe un riflusso di senso di colpa che lo fece leggermente arrossire e si schiacciò i capelli sulla cicatrice, imbarazzato. Si sentì molto stupido e meschino: non c'era niente che non andasse, tra lui e Ginny, e non vedeva l'ora che lei tornasse a casa per le vacanze di Natale, ma per un motivo o per l'altro non riusciva mai a trovare il giusto stato d'animo per scriverle, forse perché non era molto bravo con le parole.
Mi dispiace,” commentò, schietto. “Sono un idiota,” aggiunse tetro.
Hermione diede un sospiro.
Confesso che questa volta nemmeno io ti capisco,” affermò pacata. “Credevo che tra voi le cose andassero bene.”
Ma è così, infatti!” esclamò Harry con foga. Durante l'estate, i momenti che aveva passato con Ginny erano stati i migliori di tutti, e la sua presenza rassicurante e affezionata lo aveva avvolto confortevole, dolce, morbida. Ma poi Ginny era tornata a scuola lui si era trovato invischiato in quella strana apatia da cui faticava a sbrogliarsi. Tutto era distante e ovattato, come su uno strano rumore di fondo alterasse le cose e gliele allontanasse.
Hermione lo osservò partecipe.
Allora penso che dovresti farglielo sapere, Harry.”
Lui annuì, grave, ed Hermione gli sorrise con intesa.
Dai, andiamo,” lo spronò.
Quando ritornarono in salotto, trovarono Ron che sfogliava pigramente il Cavillo.
Sai che dovremmo fare, Harry?” lo apostrofò di slancio. “Dovremmo proprio comprarci i biglietti e andare allo stadio a vedere la partita giovedì sera, tu e io,” propose con entusiasmo.
Harry sorrise, piacevolmente colpito dall'idea, prima di realizzare che la sua presenza allo stadio di Quidditch certo non sarebbe passata inosservata.
Non saprei,” commentò vago, sedendosi.
Andiamo, Harry!” insistette Ron. “Compreremo due biglietti in tribuna, nessuno farà caso a noi,” insistette, voltando lo sguardo su Hermione in cerca di appoggio. Lei non sembrò troppo convinta ma annuì, ferma.
Ron ha ragione, Harry. E poi non puoi passare il resto della tua vita barricato in casa perché qualcuno potrebbe avvicinarti,” osservò, ragionevole.
Harry sbuffò, incerto. Sicuramente vedersi una bella partita di Quidditch sarebbe stato divertente, senza contare che erano secoli che lui e Ron non andavano insieme da qualche parte.
D'accordo, d'accordo,” cedette, levando le mani a mo' di resa. “Cosa avete fatto a Diagon Alley?” domandò, mentre Ron svuotava il bicchiere.
Cercavamo un regalo per Bill,” rispose Hermione.
Sabato è il suo compleanno, ricordi? Sei invitato a cena,” aggiunse Ron, cogliendo il suo sguardo farsi confuso.
Oh, giusto,” assentì Harry, picchiandosi la mano sulla fronte. “Me ne stavo dimenticando. Dovrò trovare qualcosa anche io.”
Kreacher comparve in salotto in quel momento, annunciando che il pranzo era servito, e il terzetto si diresse in cucina per mettersi a tavola.


Da dieci minuti Harry osservava vacuo la pergamena su cui aveva scritto unicamente Ciao, Ginny. Si rigirava in mano la penna d'oca, distratto, e sbuffava tra sé.
Se pensava alla sua ragazza, gli venivano in mente un'infinità di cose. La morbidezza dei suoi capelli, il sorriso luminoso che riservava unicamente a lui, la consistenza soffice delle sue labbra e quella tenera della sua pelle sulla schiena altezza dei fianchi, il modo in cui pronunciava il suo nome, Harry, come se fosse stata la parola più importante del mondo. La limpidezza fiduciosa del suo sguardo, il suono scrosciante e allegro della sua risata, la sensazione delle dita della sua mano intrecciate a quelle di lui e il mormorio della sua voce la sera, accanto alle sue orecchie sul cuscino.
Aveva un sacco di immagini di Ginny, ma nessuna parola da scrivere. Se l'avesse avuta davanti, presente, sarebbe stato sicuramente più semplice.
A quel pensiero sorrise, illuminandosi, prima di intingere la penna nell'inchiostro.

Ciao, Ginny,
Spero che ad Hogwarts vada tutto bene.
Ti chiedo scusa di essere stato così
distante, ultimamente, ma non pensare
che sia per qualcosa che ti riguarda.
Ho molta voglia di vederti e di parlare con
te. Sarebbe fantastico se domani sera
riuscissi a trovarti al camino della sala
comune verso le undici e
mezza, così potremo vederci e parlare
con calma.
Mi manchi,
Harry

Rimirò il risultato delle sue fatiche storcendo il naso. Il suo biglietto non traboccava certo di romanticismo, ma si disse che quello l'avrebbe riservato alla conversazione a voce della sera successiva.
Bene, Tolomeo,” mormorò, avvicinandosi al gufo per accarezzargli la schiena piumata. “Vai a portare questa a Gin,” mormorò, attaccando la lettera alle sue zampe.
Il gufo prese il volo nel tardo pomeriggio autunnale, ed Harry tornò ad accoccolarsi nel divano con uno sbadiglio rilassato. Ron gli aveva mandato il suo biglietto per la partita e il mercoledì sera doveva uscire per raggiungere Neville e cenare con lui. Era contento di vederlo, perché non si erano dati molte notizie nelle ultime tre settimane, dopo la serata dei sei mesi dalla Battaglia di Hogwarts.
C'erano pochissima persone con cui Harry Potter si sentiva veramente a suo agio: Hermione, Ron, Ginny e Neville, principalmente. Teddy non contava ancora, dal momento che non aveva neanche un anno di vita.
E Malfoy.
In effetti era piuttosto stupefacente e non se lo sarebbe mai aspettato, ma in compagnia dello Slytherin non si era sentito sulle spine, a disagio, come gli succedeva con la maggior parte della cena. Non stava a contare i minuti che lo separavano dal prossimo spazio di solitudine o a chiedersi come suonasse quello che stava dicendo, né a rimuginare su eventi passati facendo il confronto con quello presente o a sentirsi fuori posto, osservato e sotto pressione. Le parole gli uscivano di bocca molto naturalmente, il suo corpo non lo ingombrava ma stava semplicemente lì, le ore passavano alla giusta velocità e non troppo lentamente e tutto succedeva in modo spontaneo. Con Malfoy gli era sembrato di essere Harry Potter, tutto lì, come avrebbe potuto essere John Smith o Charles White: una persona e basta.
Si domandò come se la stesse passando Malfoy, nello Yorkshire. Chissà in che modo trascorreva le giornate lui: non riusciva a immaginarlo come sfaccendato gentiluomo di campagna, isolato nel suo giardino invernale in compagnia di volpi e cavalli. A Hogwarts Malfoy era abituato a spadroneggiare in giro con la sua corte di leccapiedi e a considerarsi un personaggio di spicco, un nome conosciuto. Prefetto, Cercatore, membro del Lumaclub, pupillo di Snape e tutto il resto, era sempre stato ben in vista, circondato di gente.
Adesso era solo con sua madre. Non doveva essere semplice.

La brughiera era una cosa deprimente.
Non c'era assolutamente nulla a parte ginestra, erbacce e conigli, pioveva spesso e c'era un sacco di nebbia. Uno spettacolo desolante.
Draco rimase immobile davanti alla portafinestra, contemplando il giardino con espressione funerea. Né lui né Narcissa si erano ancora preoccupati a dare al luogo lo stesso aspetto fiorente e raffinato di quello del Manor e si domandò, come già altre volte nei mesi trascorsi, se non avrebbe forse potuto comprarle dei pavoni anche lì. Non era sicuro che sua madre l'avrebbe davvero apprezzato: quella era stata un'idea di Lucius nei primi tempi del matrimonio, ancora antecedente alla sua nascita.
Magari poteva avanzare l'idea e vedere come lei l'avrebbe presa. Narcissa si fingeva forte per non angosciarlo, ma Draco l'aveva sentita piangere, durante la notte, sola nella sua camera. Era successo diverse volte perché a lui capitava spesso di rimanere sveglio, soffriva d'insonnia e gli succedeva sovente di alzarsi, stufo di rotolarsi nel letto senza poter prendere sonno, e aggirarsi senza scopo per la dimora silenziosa. Udire i singhiozzi soffocati della madre, peraltro, non aiutava a conciliargli il riposo.
Negli ultimi giorni era riuscito a dormire un po' meglio. La conclusione della vendita di casa Malfoy doveva averlo sollevato di un peso scomodo, chiudendo in maniera definitiva un capitolo di transizione spiacevole, e lasciarsi alle spalle quel pensiero pressante era stato liberatorio. Per questo, probabilmente, le sue ore notturne si erano alleggerite.
E poi, anche se gli seccava ammetterlo, vedere Potter che faceva il grand'uomo sfaccendato nella casa della sua famiglia l'aveva spronato. Se Potter, che era la causa di tutto quanto, poteva dormire sonni tranquilli sugli allori, andandosene in giro a dare una mano a vecchi nemici con nonchalance e prendendo il sole al parco, non c'era nessunissimo motivo per cui anche lui non dovesse fare altrettanto. Se Harry Potter aveva quell'aria allegra e la battuta pronta e zero preoccupazioni che esulassero dalla colazione e gli impegni onorifici, allora lui non poteva certo sembrare pateticamente depresso, stravolto e immobilizzato al mese di giugno.
Sì, per la prima volta nella sua vita Harry Potter si era reso veramente utile, naturalmente senza volerlo, spingendolo a rimettersi in questione.
Ma questo non era vero, constatò Draco con una punta di stizza. Potter era sempre stato un motore che lo metteva in movimento. Sin dal primo anno di scuola era stato la causa di una parte preponderante dei suoi sforzi – distruttivi, per lo più – e una figura di paragone automatica alla quale opporre la volontà che di solito non impiegava con tanto impegno. Quell'opposizione negativa con gli anni aveva finito per sfumare, sommersa da problemi ben più gravi e opprimenti, ed era sorprendente ritrovarselo adesso in mezzo ai piedi come ingranaggio positivo.
Ma stava sempre in mezzo ai piedi, quello. Da quando l'aveva conosciuto, a undici anni, non era riuscito a levarselo di torno. Gli era impossibile ignorare Potter; poteva deprecarlo, schernirlo, mettergli i bastoni tra le ruote, ma non era mai riuscito a tributargli l'indifferenza che sapeva riversare su qualunque altro essere umano. Potter era sempre lì, in un angolo del suo universo cosciente, e Draco non se ne riusciva a liberare. Adesso l'aveva addirittura invischiato nella vendita del Manor e in qualche contorto modo si era persino divertito.
Era inquietante, in un certo senso. A guardarla da un certo punto di vista, poteva quasi sembrare che lui avesse una fissazione per Potter. Ma Draco preferiva non pensarci troppo, perché l'idea di Potter aveva un retrogusto spiacevole, ingombrante.
Draco?” lo riscosse la voce di Narcissa, alle sue spalle.
Sì?” replicò, voltandosi indietro con un sorriso automatico.
Mi piacerebbe uscire a fare una passeggiata nei dintorni. Vorresti accompagnarmi?” lo interrogò lei, serafica.
Certamente,” rispose il ragazzo di buon grado. “Mi metto le scarpe,” aggiunse, mettendosi in movimento.
Fece una capatina in camera, per vestirsi in maniera adeguata, e attese la madre al piano di sotto mentre lei si preparava per la passeggiata.
C'è un lago, qui vicino,” lo informò lei, oltrepassando la porta che il figlio le teneva aperta. “Ti ci abbiamo portato qualche volta, quand'eri piccolo,” aggiunse con un mezzo sorriso.
Non me ne ricordo,” ammise Draco, prendendola a braccetto per iniziare a camminare, a passo lento. Senti il corpo esile della madre rilassarsi nella sua stretta leggera, mentre si avventuravano lungo il sentiero tra i cespugli, in mezzo agli alberi.
Eri convinto che ci fosse dentro un kelpie. Volevi assolutamente vederlo,” raccontò lei, con una sfumatura di divertimento.
Draco ridacchiò, allungando il piede per scacciare dalla traiettoria della madre un ramo spezzato. Non aggiunse niente mentre proseguivano il cammino, scrutando distrattamente il panorama brullo e il cielo costellato di nuvole.
Sono contenta di come hai sistemato la vendita del Manor, Draco,” affermò Narcissa distrattamente. “Come hai risolto il problema del garante?” aggiunse con tono carezzevole.
Draco si schiarì la voce, puntando lo sguardo verso una nube.
L'ho chiesto a Pansy,” rispose indifferente. “Non era molto contenta ma ha finito per accettare comunque,” precisò con una mezza smorfia.
Narcissa annuì delicatamente, senza porre altre domande. Draco soffocò un espiro prolungato, rilassandosi dalla tensione senza rendersi conto che, come ogni volta, sua madre aveva capito perfettamente che stava mentendo.
Di là,” affermò lei, indicando la stradina sulla sinistra del bivio che avevano appena raggiunto. Il lago è proprio lì dietro la curva, se non sbaglio.”
Draco assentì, imboccando la direzione indicata.
Ora che la questione è sistemata,” stava proseguendo Narcissa con tono controllato, “dovremmo occuparci di sistemare un po' meglio questa casa. Siamo incredibilmente sciatti, Draco,” osservò costernata.
Lui scoppiò brevemente a ridere, scuotendo la testa.
Non esagerare. È comunque più confortevole di tutte le altre case che conosco,” le fece notare, pacato.
Narcissa storse le labbra, scettica, proprio mentre oltrepassavano il leggero declivio al di là del quale, scintillando leggermente ai raggi deboli del sole offuscato di nubi, si estendeva un laghetto circondato da qualche salice. Il panorama era gradevole ma Draco percorse i metri successivi, che scendevano dolcemente verso la riva, senza riuscire a goderselo, incerto se parlare o meno. Quando Narcissa si fu fermata, per allontanarsi appena da lui e rimirare l'acqua con occhi quasi trasognati, si fece forza e prese fiato.
Ti...piacerebbe se ti prendessi dei pavoni?” propose a voce bassa.
Narcissa si voltò indietro, gli occhi azzurri che si posavano su di lui con premura, leggermente sgranati, poi si morse delicatamente le labbra e tornò ad accostarlo poggiandogli la mano sul braccio.
Draco,” lo chiamò, accorata, “non devi sostituire nessuno. Tu sei tu, ed è perfetto,” mormorò decisa.
Il ragazzo chinò lo sguardo a terra, stranamente impacciato, ed annuì brevemente in modo meccanico.
Certo,” bofonchiò svelto.
Narcissa sorrise con dolcezza.
Ma mi piacerebbe, sì,” concluse, ferma.
Suo figlio tornò ad alzare gli occhi incontrando quelli di lei e per qualche secondo rimasero a guardarsi senza parlare, riuscendo comunque a capirsi perfettamente.


Harry!”
La voce di Ginny squillò con enfasi e la ragazza si precipitò verso il camino con gli occhi che si facevano lucidi. “Harry!” ripeté, tendendo la mano per accarezzargli la guancia. “Come...come stai?”
Ciao, Gin,” rispose lui con un ampio sorriso, guardandola raddolcito. Non era in pigiama, come ci si poteva aspettare ad un'ora del genere, ma indossava ancora la divisa scolastica e aveva i capelli ben pettinati, un'aria graziosa e un viso fresco.
Mi sei mancato tanto,” mormorò lei con voce umida, sporgendosi per posare le labbra sulle sue. Harry ricambiò il bacio con entusiasmo, sorridendo poi contro la sua pelle.
Anche tu, Ginny,” rispose, allegro. “Sei... Sei proprio... Beh, vederti è fantastico,” continuò con enfasi.
Lei ridacchiò con remoto imbarazzo prima di accucciarsi davanti al camino.
Come stai? Che stai facendo in questo periodo? Aspettavo una tua lettera da un secolo, credevo che...” lo investì Ginny, parlando velocemente e mangiandosi le pause.
Lo so. Lo so, Gin, scusami,” la interruppe lui. “Sono stato abbastanza stupido, e ti chiedo scusa. Soltanto che è ancora tutto un po'...strano, e...” spiegò, impappinandosi.
Lo capisco,” commentò lei annuendo. “Non sono arrabbiata, Harry. Forse dovrei, ma ti capisco, è normale,” proseguì, franca e sicura.
Harry le sorrise rassicurato. Eccola lì, la sua Gin, lo scricciolo che non si fermava davanti a niente e nascondeva una forza di carattere incredibile – questione di pura e semplice sopravvivenza, con la mandria di fratelli maggiori in mezzo alla quale era cresciuta.
Grazie,” affermò. “Come va la scuola? Hogwarts?”
Ginny si strinse nelle spalle.
Tutto bene, direi. Ci sono dei nuovi studenti e praticamente tutti quelli vecchi sono tornati a scuola. Abbiamo un'insegnante di Difesa piuttosto brillante. Voi tre mi mancate un sacco, ma per fortuna c'è Luna.”
Harry ridacchiò scuotendo le spalle, ripensando con affetto alla stravagante ragazza.
Come sta?” s'informò
Bene,” rispose Ginny, soffocando un risolino. “Mi ha detto di salutarti tanto e di ricordarti che le vecchie case come la tua sono spesso piene di Succhiagrozzi, qualunque cosa siano, quindi dovresti fare attenzione.”
Harry rise nuovamente.
Non mancherò,” assicurò, ironico.
Ginny si fece di nuovo un po' più seria.
Tu come stai? Cosa fai in questo periodo?” gli chiese.
Harry diede uno sbuffo per tergiversare, trovandosi davanti proprio la domanda cui non aveva voglia di rispondere. Storse appena il naso.
Bene, sto bene. Il Ministro mi fa correre spesso qua e là per qualche impegno ufficiale, e vedo quasi tutti i giorni tuo fratello e Hermione. Lei sta impazzendo per il concorso di ammissione da apprendista Auror e lui se la cava molto bene col negozio.”
Esitò, domandandosi se fosse il caso o meno di parlarle di Malfoy. Alla fine decise che sarebbe stato soltanto un cruccio e che l'avrebbe fatta allarmare – o arrabbiare – per niente.
Hai deciso cosa fare nei prossimi mesi?” continuò Ginny.
Ehm, no,” rispose lui imbarazzato. “Credo che mi prenderò tutto l'anno per stare tranquillo e aspettare che cali il polverone. Mi piacerebbe sistemare Grimmauld Place e cambiare un po' di mobili.”
ginny storse le labbra, ironica.
Non hai ancora iniziato, eh?”
No,” ridacchiò Harry. “Sto, mh, bighellonando, immagino.”
Lei scoppiò di nuovo a ridere, facendogli nascere un sorriso spontaneo sulle labbra.
E allora cosa fai?”
Vado in giro,” rispose lui. “Passeggio per la Londra Muggle, dove non mi conosce nessuno. Vado ai giardini e mi siedo lì senza fare niente, assaporando il fatto che non devo stare a pensare a come uccidere un pazzo.”
Ginny annuì, aggrottando leggermente la fronte.
Non ti annoi?”
Harry sgranò un po' gli occhi, soffiando un po' d'aria fuori dalle labbra.
Non lo so. Non ci ho pensato,” ammise.
Lei lo guardo ancora per un attimo, poi scrollò le spalle.
Gli allenamenti vanno bene,” riprese, cambiando argomento, “e penso seriamente di poter tentare dei provini per iniziare a giocare professionalmente, l'anno prossimo,” affermò raggiante.
E' fantastico, Gin!” commentò il ragazzo con foga, non senza una punta di rimpianto. Anche lui adorava giocare a Quidditch. Negli anni di Hogwarts i suoi momenti più rilassanti li aveva trascorsi col sedere sulla scopa, e i più gloriosi soffiando il Boccino sotto il naso a Malfoy. Naturalmente ormai era tardi per cercare di entrare nel circuito professionistico, - e poi sarebbe stato assurdo, considerando che lui era Harry Potter, che si mettesse semplicemente a fare il giocatore di Quidditch - ma era contento che almeno Ginny ne potesse avere l'occasione.
Speriamo,” sbuffò lei senza calcare la mano.
Harry continuò ad ascoltare il suo chiacchiericcio vivace e a prendere informazioni sugli studenti che conosceva, cercando di rimanere lontano dai lidi confusi e pericolosi della sua vita all'esterno. Aggiunse qualche vaga informazione su Neville e sulle sue impressioni sulla stato d'animo della famiglia Weasley, senza soffermarsi su George e la sua depressione per non rattristarla, ed era mezzanotte passata quando decisero di salutarsi.
Mi scriverai, Harry?” lo apostrofò lei, battagliera.
Promesso,” commentò lui, annuendo. “E, beh, volevo farti una sorpresa ma sono sicuro che finirei per tradirmi, perciò... Ti vengo a prendere io alla stazione per la vacanze di Natale, ok?” annunciò con un sorriso.
Sì! Sì, lo sapevo!” esclamò Ginny con una risata di gioia. “Oh, Harry, non vedo l'ora!”
lui ridacchiò a sua volta.
Anche io. Finalmente ti potrò abbracciare,” rispose con un sospiro. “Allora ti mando un gufo appena riesco, ok?”
D'accordo. Buonanotte, Harry,” concluse lei, sporgendosi per salutarlo con un ultimo bacio che si protrasse per un paio di minuti.
Notte, Ginny,” si congedò lui, prima di riemergere dal camino e ritrovarsi nel salotto di Grimmauld Place.
Diede un sospiro assonnato, con sollievo: il problema era risolto, Ginny si sarebbe tranquillizzata per qualche tempo e non avrebbe più temuto che lui potesse non amarla, cosa del tutto falsa. Harry sapeva benissimo di amare Ginny Weasley. Era soltanto che, con lo stato d'animo che aveva addosso in quel periodo, la lontananza di lei più che provocargli nostalgia lo estraniava.
Sarebbe andato tutto meglio, quando fosse stata lì con lui. Avrebbero riso, si sarebbero baciati e avrebbero fatto l'amore fino a stufarsi, se una cosa del genere era possibile. Ora, invece, aveva visto la sua ragazza, gli era venuta voglia e si sarebbe dovuto accontentare della solita vecchia mano destra.
Non conosceva altri eroi così sfigati.


Ciao, Harry.”
Neville sorrideva bonario, alzandosi dal tavolino per tendergli la mano con calore.
Ehilà, Nev,” salutò lui con allegria. “Ti trovo bene. Come va?” replicò, accomodandosi a sedere di fronte all'amico.
Testa di Porco, il classico potteriano degli ultimi mesi: se proprio doveva stare in un luogo pubblico, meglio che fosse poco frequentato e un po' malfamato. Se poi qualcuno avesse pensato di potergli dare noia, probabilmente Aberforth Dumbledore gli avrebbe infilato un boccale su per il retto con qualche incantesimo poco raccomandabile.
Benone. Sto studiando come un pazzo,” rispose l'amico, dando un sospiro sfinito.
Oh, sì. Ehm, ricordami per...” commentò Harry.
Un concorso per un posto al Ministero. Ufficio per la conservazione del patrimonio floristico.”
Oh, giusto,” confermò Harry, annuendo ripetutamente. “Me ne avevi parlato. Beh, Neville, è perfetto per te,” commentò con un sorriso.
Si osservarono per qualche istante senza aggiungere nulla, i sorrisi aleggianti sulle labbra. Hartry Potter e Neville Longbottom, i due possibili Prescelti.
Anche lui ora aveva le idee chiare, e sembrava ben determinato a tradurle in realtà. Harry constatò, di nuovo, come ancora una volta sembrasse lui l'unico che non stava smuovendo nulla. In fondo, però, gli stava bene così.
Non gli fece domande su quel che stava facendo lui, invece, e questa era una cosa di Neville che ad Harry piaceva molto. Era discreto e leale, probabilmente aveva capito che in quel periodo era un po' sballato e preferiva cortesemente non indagare.
Buongiorno, giovanotti,” li interpellò la voce burbera e gracchiante del gestore, come suo solito piuttosto arruffato. “Che piacevole visita, già. Come ve la cavate?”
Salve,” ribatté Harry, con un gran sorriso. “Non c'è male, Aberforth. Qui tutto bene, no?”
Come al solito,” rispose lui, tagliando corto. “Che cosa vi porto?”
Oh, ehm, due piatti del giorno andranno benissimo,” ipotizzò Neville incerto. “No?” aggiunse, in direzione di Harry.
Certo. E due aperitivi,” precisò lui.
Arrivano,” confermò Aberforth con un cenno affermativo, prima di voltare i tacchi e tornare verso la cucina.
Neville poggiò i gomiti sul tavolo.
Hai sentito che Malfoy ha venduto la casa di famiglia?” chiese a bruciapelo, giocherellando con un lembo della tovaglia non proprio immacolata.
Harry aggrottò la fronte, in allerta.
Sì. Era sulla Gazzetta. Perché?”
Neville scrollò le spalle.
Ieri ero al Ministero. Ho visto il nuovo proprietario, è un nobile tedesco gonfio di galeoni, credo. “E, ehm, sembra che voglia usare una parte della tenuta dei Malfoy per allevare Ippogrifi in cattività. Era lì per dei permessi.”
Harry si accigliò, perplesso.
Ippogrifi? Credevo si occupasse di pentole.”
Neville fece spallucce, indicando la propria ignoranza.
Buffo, no? Ippogrifi a casa di Malfoy. Non è che corresse proprio buon sangue,” osservò senza cattiveria, genuinamente divertito.
Harry ridacchiò, ricordando l'episodio Fierobecco.
Non proprio, no,” concordò.
Se ce l'avessi io, un terreno del genere, ci terrei tante di quelle piante da diventare pazzo,” sospirò poi l'amico, sognante.
Dovresti farlo. Pensa alle serre di Hogwarts...”
Uao,” mormorò Neville, annuendo. “Stavo esattamente ricordandole. Quanto mi piacerebbe averne di uguali.”
Comprensive di adolescenti esagitati che sfasciano tutto?” osservò Harry, ironico.
Beh, non mi dispiacerebbero neanche quelli, in realtà,” replicò Neville pacato. “Dev'essere bello educare la gente a rispettare le piante.”
Harry tentennò, con un sorriso affezionato.
Potresti. Voglio dire, la Sprite un giorno a l'altro andrà in pensione, qualcuno dovrà sostituirla,” ponderò.
Sì,” rispose Neville, senza l'aria scoraggiata che avrebbe avuto un paio d'anni prima.
Tacquero per qualche istante, non potendo immaginare che stavano profetizzando.
I vostri aperitivi, giovani,” li avvisò Aberforth, piazzando loro davanti i bicchieri pieni. “Dì, un po', ragazzo, quella tua casa, quella a Londra...” iniziò, rivolto ad Harry.
Quella a Grimmauld Place?”
Esatto,” commentò il vecchio, soddisfatto. “C'è un bel po' di paccottiglia lì dentro, non è vero?”
Harry reclinò il capo, esitando.
Buona parte è già stata liquidata, ma restano parecchi vecchi cimeli, sì,” confermò.
Già, già. Beh, se dovessi decidere di liberartene fammi sapere,” richiese Aberforth.
Ok,” sorrise Harry.
Quando si fu allontanato, lui e Neville ridacchiarono sottovoce.
Ti troverai la casa piena di ricettatori, Harry,” mormorò Neville ilare.
Probabilmente finirò per farmi arrestare,” confermò lui, tra le risa.
Ci pensi? L'eroe del mondo magico in prigione per commercio non regolare di manufatti magici,” rincarò Neville, asciugandosi una lacrima di divertimento.
Si lasciarono ridere ancora per qualche istante, poi Harry strinse una mano intorno al bicchieri e lo sollevò verso l'amico.
Un brindisi ai nati sull'estinguersi del settimo mese da chi tre volte lo ha sfidato, Neville,” recitò serio.
A noi,” confermò l'amico dopo una breve esitazione, facendo tintinnare il calice contro il suo.


Yoo-hoo! Harry!”
La voce di Ron suonava insolitamente allegra e festosa, come quella di quando avevano tredici o quattordici anni ed entrambi i suoi fratelli nati gemelli si divertivano ad angariarlo. Harry, che si stava giusto finendo di vestire in camera, lanciò a sua volta un saluto squillante.
Ti aspetto qua sottoo!” lo informò Ron dal basso delle scale.
Va benee!” si sgolò Harry ficcandosi la bacchetta nella cintura.
Gettò un'occhiata distratta allo specchio, si appiattì i capelli sulla fronte e prese un respiro profondo. Sarebbe andato tutto al meglio, si disse: soltanto perché il suo amico era un titano coi capelli rossi e lui aveva una cicatrice a forma di saetta in faccia non voleva dire per forza che qualcuno li avrebbe riconosciuti come Harry Potter e Ronald Weasley. Potevano benissimo essere i loro sosia.
Gemette scoraggiato.
Era possibile che gli altri spettatori non avrebbero badato a loro: erano lì per vedere una partita e l'attenzione di tutti sarebbe stata calamitata sul campo di gioco. Sarebbe bastato arrivare proprio all'ultimo minuto. Occhieggiò comunque il baule in cui riposava il suo Mantello dell'Invisibilità, accarezzando l'idea di portarlo con sé, ma la bocciò dicendosi che Ron l'avrebbe trattato come un fobico all'ultimo stadio.
Eccomi,” annunciò con un sospirò, caracollando giù per le scale. “Non siamo in ritardo, no?” aggiunse, comparendo a piano terra e scoppiando poi a ridere allo scorgere Ron con cappello, sciarpa, guanti e striscione dei Cannoni di Chudley.
Ti sei dimenticato la spilletta,” gli fece notare, ilare.
Ce l'ho sul maglione,” lo rassicurò Ron, strappandogli un'altra risata.
Quando arrivarono allo stadio c'era ancora un po' di fila all'ingresso ed Harry si posizionò in fondo ad essa sistemandosi nervosamente il cappuccio del mantello in testa.
Amico, così sembri davvero qualcuno che ha qualcosa da nascondere,” gli fece notare Ron, guardandosi intorno con fare eccitato. “Credi sia possibile che qualche altro giocatore professionista venga a vedere la partita e che noi lo incontriamo?” aggiunse poi, speranzoso.
Io ho qualcosa da nascondere, Ron. La mia faccia,” gli fece notare Harry, con un accento nevrastenico.
Non ci guarda nessuno,” obiettò l'altro, stringendosi nelle spalle.
Perché ancora non hanno notato occhiali, occhi verdi e capelli scompigliati,” osservò Harry torvo.
Ron sbuffò e gli batté la mano sulla spalla, fraterno.
Senti, siamo qui per divertirci. Fra cinque minuti saremo seduti e nessuno farà caso a noi,” lo incoraggiò spiccio. “Ehi, voglio prendere delle Cioccorane.”
Harry si abbandonò a un sorriso rassegnato, scuotendo appena la testa. Tirò il fiato, ma proprio in quel momento qualcuno gli picchiettò la mano sulla spalla. Si girò indietro, ansioso.
Sei tu, vero?” esclamò un perfetto estraneo dall'aria esaltata. “Sì, sei proprio tu! Sei Harry Potter!” affermò di slancio, a voce alta. “E' fantastico! Io... E' un onore conoscerti! E' Harry Potter! È lui!” affermò entusiasta all'indirizzo della ragazza che aveva accanto.
Shhh!” intimò Harry atterrito, mentre quello lo scuoteva come uno shaker.
Qualcun altro si avvicinò e gli batté la spalla con approvazione, un'altra mano strinse quella che gli rimaneva libera e non servì a niente che Ron tentasse di intervenire per calmare le acque, perché di lì a pochi secondi una piccola folla si accalcava intorno al salvatore del mondo per manifestargli la propria stima. Ron si ritrovò a sua volta a stringere qualche mano, schiacciato in mezzo alla ressa, e in breve ai cancelli non c'era più quasi nessuno perché erano tutti lì.
Permesso! Permesso, per la miseria! La partita...” sbraitava con foga.
Sì... Grazie, io...” gemeva Harry, tentando invano di farsi largo, di ritrarsi e di diventare invisibile in contemporanea. “Grazie, non... Scusate, veramente...” farfugliava, angosciato. Voleva levarsi di lì, voleva che smettessero tutti di stargli addosso, fissarlo e fare quella cagnara. Stava proprio per smaterializzarsi, vinto, quanto alcuni massicci maghi della sicurezza iniziarono a farsi largo in mezzo alla gente a spallate, intimando di liberare il passaggio.
Signor Potter!” esclamò un gigantesco guardiano, mentre lui si liberava di un'ultima mano tenace. “Non è prudente entrare di qui. Da questa parte, ci segua.”
Harry si lasciò pilotare come una marionetta, inebetito, con Ron che lo tallonava depresso con la collottola un po' rossa, segno che il fallimento del suo piano lo imbarazzava. In capo a due minuti si ritrovarono in tribuna d'onore, con qualche decina di sguardi puntati addosso.
Noi non avevamo dei biglietti per stare qui. Noi...” osservò torvo.
Beh, tanto meglio,” fece Ron scrollando la testa. “Almeno è servito a qualcosa di buono.”
Harry non rispose e si limitò a sedersi in silenzio, cercando di ignorare tutti quegli sguardi fissi su di lui. Ron si comprò le Cioccorane e salutò qualche persona qua e là prima che iniziasse la partita, ma nemmeno quando le due squadre si levarono in volo Harry riuscì del tutto a distendersi. Soltanto alla terza Pluffa andata a segno su un bellissimo lancio di McPherson gli sgorgò di gola un'esclamazione ammirata e le sue mani batterono con enfasi, e di lì a pochi minuti si sgolava anche lui come l'amico, rapito dal gioco.
La partita fu molto accesa e durò più di tre ore. A metà del gioco, quando il Battitore dei Falconi di Falmouth quasi fece precipitare giù dalla scopa il Cercatore dei Cannoni con un colpo violento, fu tra quelli che saltarono in piedi tra vigorose urla di protesta e grida ingiuriose, ma dovette interrompersi per trattenere Ron che, furibondo, sembrava sul punto di scagliarsi in campo o eventualmente cadere giù dalla tribuna. Alla fine dell'episodio scoppiarono a ridere di gusto, sganasciandosi.
Quello stronzo!” esclamò Ron con foga, al di sopra del baccano del gioco. “Si meriterebbe di farsi infilare la bacchetta...”
Là dove il sole non batte,” completò Harry per lui, ilare. “Una Cioccorana?” chiese, vedendosi immediatamente passare il sacchetto.
Spero che cada...” brontolò Ron.
Harry ridacchiò.
Questo non è molto carino, Ronald,” lo rimproverò, con la sua migliore imitazione della voce di Hermione. Diede un morso al dolce e il suo umore migliorò ulteriormente, mentre ridevano ancora.
Ti è venuta proprio... EHI! BASTARDO!” sbraitò Ron diventando violaceo, ad un nuovo tentativo di disarcionare il suo beniamino.
Nemmeno questo è molto carino...” borbottò Harry prima di imitare il suo fischio di protesta.
Lo scarto con cui i Cannoni persero l'ennesima partita non era nemmeno troppo esagerato, considerata la pessima nomea e il gioco sporco degli avversari. Per la verità secondo Harry avevano giocato molto bene, ma Ron era comunque imbronciato e incavolato nero quando uscirono dallo stadio – per ultimi, di modo da evitare di ritrovarsi di nuovo in mezzo alla calca.
Ron lo seguì a Grimmauld Place per bere un bicchiere di fine serata e si ritrovarono sul divano con due burrobirre gelate.
Quei vigliacchi stronzi e infami,” mugugnava Ron indispettito. “Sono più sporchi della cacca di Grattastinchi.”
E più puzzolenti,” sorrise Harry.
Ron storse il naso.
Su questo non ci giurerei,” osservò incerto, facendolo ridacchiare.
Sorseggiò la bibita gelata pigramente, e in breve tempo anche Ron si calmò.
Comunque, è stato figo vedere la partita in tribuna d'onore,” commentò assorto, con un mezzo sorriso.
Harry sbuffò.
Io avrei preferito passare inosservato,” biascicò rassegnato.
Lo so,” commentò Ron in assenso. “Ma guarda il lato positivo...”
Harry sospirò tra sé, per niente convinto. Il suo amico, più pratico di lui, non aveva tutti i torti: la situazione era quella e quella sarebbe rimasta. Non gli restava che accettarla e cercare di approfittare dei lati migliori che gli offriva.
Peccato solo che gli riuscisse così difficoltoso.

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