Una giornata di sole

di Dragana
(/viewuser.php?uid=11964)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - In cui si riassumono le sfighe della sottoscritta, che fa sempre bene. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Di quando accadde l'irreparabile e delle seghe mentali che ne conseguirono ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - L'attacco del Tenente Colonnello Custer ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Il viso pallido, l’indiano bello col chiodo nel cervello e l’ex fidanzato. Tutti in una volta. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Un capitolo davvero bellissimo ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - In cui si parla di Madre, di scarpe e di vestiti ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Ovvero come addomesticare una lupa: prima dalle da mangiare, poi forniscile una tana. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - Degli amici e delle scarpe non se ne può fare a meno. E le scarpe già le abbiamo, mi risulta. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - In cui si scoprono gli altarini e rimangono tutti davvero stupefatti ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 - In cui si parla di papere e di donne bionde in garage, ma giuro che non si tratta di un film porno ***
Capitolo 11: *** Epilogo - In cui si riassumono le fortune della sottoscritta, che fa sempre bene. ***



Capitolo 1
*** Prologo - In cui si riassumono le sfighe della sottoscritta, che fa sempre bene. ***


UNA GIORNATA DI SOLE
In cui, per una volta, se qualcosa può andare bene, lo farà



PROLOGO
In cui si riassumono le sfighe della sottoscritta, che fa sempre bene.

Da quando non ero più nel branco di Sam, la mia vita andava decisamente meglio.
Cioè, specifichiamo: rimango comunque Leah Clearwater, la Perseguitata dalla Sfiga,  Quella Che Capitano Tutte A Lei, la regina dell’Opposizione Di Saturno.
Cambiare branco non è stato un procedimento tranquillo, tipo cambiare schieramento politico, metti una croce in un posto diverso da quello in cui la mettevi di solito e dici “Ma come nooo papà, cerrrto che ho votato per Quelli Che Dici Tu!”. No. Ovviamente Maschio Alfa Bis è Jacob, ossia il mio più fiero avversario nella gara di Chi Sta Peggio, che ovviamente non ne voleva sapere mezza di prendermi in branco con lui. E così ho dovuto implorarlo- implorarlo, capito?- di prendermi con lui, per piacere, per aiutarlo a pattugliare casa Cullen! Non sia mai che a Bella Swan capiti qualcosa, povera cara, in fondo si era solo fatta mettere incinta da un morto, davvero inspiegabile il fatto che quei cattivi lupacci fossero un pelino preoccupati delle possibile conseguenze! Che poi ho scoperto che tutto ciò preoccupava persino i succhiasangue, compresa la metà dei fratelli di Edward Cullen, tanto per far capire la portata della cosa.
Ovviamente, una volta ottenuto l’assenso di Jake di Cuori, mica potevo tornarmene a casa per farmi ammazzare da mammà a colpi di schiumarola, senza contare che dovevo pure controllare Palla al Piede (il vecchio soprannome di Seth); così ho vissuto nella foresta dormendo sui prati, vestendomi di felicità e nutrendomi di mamme di Bambi crude e non frollate. Uno schifo. Se mi avessero detto che potevo scegliere tra vincere la lotteria e fare una doccia col sapone, non avrei avuto esitazione alcuna. Ah, in tutto ciò, sempre perché il destino si diverte a giocare a Picchia Leah Con la Mazza da Baseball™, mio fratello e Jake arrivavano con i vestiti nuovi e piattoni di cose buonissime da mangiare gentilmente offerti dal catering dei succhiasangue, cercando di persuadermi a servirmi della loro ospitalità perché pure generosi li dovevo trovare, i vampiri, alla faccia di Lestat Uccisore Di Lupi egoisticamente dignitoso. Mi faceva vomitare solo l’odore, figuriamoci mangiare.
Poi mi sono beccata i portavoce di Sam, adeguatamente istruiti dal suddetto per Colpire Leah Nei Suoi Punti Deboli Che Conosco Benissimo Essendo Stato Il Suo Fidanzato Fino A Due Minuti Fa, con conseguente crisi sbroccata con Jake, che di tutto il mio discorso sul fatto che mi sento inutile, sono un mostro, nessuno mi ama, mi rendo conto di essere antipaticissima ma non riesco a fare diversamente e non mi vengono neanche più le mestruazioni riesce a dirmi solo che tutti quelli del branco erano stati ben felici di vedermi nuda. Ma merda.
Poi Bella Swan (Che si fa dare due botte da un morto e rimane incinta. Io che mi accoppierei con i vivi e vegeti non ho neanche più le mestruazioni, ricordiamolo ancora che non è mai abbastanza, mondo porco!) partorisce un mostriciattolo adorabile di bimba, Jake la vede e Pam! Parte l’imprinting. E Quil perde la gara del Più Pedofilo, tra parentesi. Non vedo l’ora che qualcuno abbia l’imprinting con una sessantenne divorziata dai capelli azzurrini, sarebbe bellissimo.
Comunque io cerco di ricominciare da capo, ora che non sono costretta a vedere e sentire Sam continuamente, mi sembra di rinascere, non mi par vero, ho tutta la vita davanti per capire cosa voglio fare e come voglio farlo, e… Dlin –dlon! Ciao Leah, sono il Destino Porco Bastardo… lo sai chi sta arrivando qui a Forks, pensa te, addirittura dall’ Italia? Un trenta vampiri più i testimoni, facendo una stima approssimata per difetto, che vogliono piallare i Cullen! Ma come “e ‘sti cazzi”? E i patti? E il pericolo? E il tuo compito? E il tuo branco? Dove li mettiamo, mia cara, i tuoi mille vincoli? Dovrai combattere, e non puoi tirarti indietro. Alleandoti al branco di Sam, alla famiglia Cullen e ai loro amici. Ovvio che sono vampiri anche i loro amici. Ovvio che c’è un’altissima probabilità che moriate tutti. Ah, l’hai vista la mia nuova Mazza Chiodata™? Indovina cosa sto per fare?
E invece finisce tutto bene, se si esclude il fatto che più o meno tutti hanno avuto il loro imprinting (tranne Embry che comunque se ne frega e Seth che è piccolo e, parole sue, “ha ancora tempo prima di mettersi le manette da solo”) ed io sono costretta a sciropparmi coppie felici a tutte le ore, dei compagni di branco che mi fanno cadere i denti per la carie, e pensieri condivisi in cui mi ritrovo ad adorare disperatamente bambine capricciosette, proprio io che figli non potrò mai averne. Senza contare perle quali “Oh insomma, voi femmine, quando avete le vostre cose vi lamentate e quando non le avete vi lamentate lo stesso!”. Per non parlare di mammà che fa la gatta morta con Charlie Swan, giuro, una roba da far rivoltare lo stomaco.







NOTE PIU’ LUNGHE DEL PROLOGO CAUSA LOGORREA: Allora. Attenzione, signore e signori: questa è una storia in cui non succede niente. Avete capito bene: niente, un cavolo di niente. È una storia in cui va tutto bene e basta.
Poi non dite che non vi avevo avvertito.
Questa storia nasce un paio di anni fa, mese più, mese meno. È una delle prime che ho scritto, al tempo nemmeno scrivevo dei Volturi, tanto per far capire la portata della cosa. Doveva essere una one-shot in cui regalavo a Leah un lieto fine, poi invece Leah ha cominciato a polemizzare su ogni cosa e per colpa sua l’ho tirata in lungo.
Perché non l’ho mai pubblicata? Boh. Ogni tanto la rileggevo, la risistemavo, ne parlavo a qualcuno, poi basta. Sarà che non succede niente per davvero, e quindi me la tenevo nel pc archiviandola come la pippa mentale che è. Mi ci diverto io (ecco, a scriverla sì che mi sono divertita. Ma tanto. Ma proprio tanto!) e va bene così, pensavo.
Poi, com’è come non è, la passo a vannagio. Che ci si diverte anche lei. Che mi dice di pubblicarla.
E allora, ragazzi miei, è estate, ci vogliono letture da ombrellone, e quindi perché no. Se passate e vi piace leggetela e divertitevi. Se non vi piace (possibile, d’altra parte non succede niente) saltate, vi assicuro che Leah non verrà a bussarvi alla porta.
Nel primo caso, ringraziate vannagio. Nel secondo, date la colpa a lei. Io le mando un bacione, perché sì.
E buona estate a tutti, gente!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Di quando accadde l'irreparabile e delle seghe mentali che ne conseguirono ***




CAPITOLO 1
Di quando accadde l’irreparabile e delle seghe mentali che ne conseguirono

Comunque si ritorna al punto da cui ero partita, e cioè che le cose nel complesso andavano decisamente meglio. Senza elementi di distrazione (leggasi Sam&Emily, che cercavo ovviamente di evitare il più possibile) mi stavo lentamente ricostruendo: ero come un’automobile di Lego, talmente abituata ad essere sempre e solo un’automobile da disperarmi quando mi avevano smontata, senza rendermi conto che potevo essere anche un aeroplano o un motoscafo. Ok, ok, questa mi era venuta in mente guardando Jake e Nessie che ci giocavano, ma non è questo il punto. Il punto è che mi sentivo più serena, quindi più simpatica, quindi più bella. Evviva. Avevo perfino ripreso a studiare, perché accarezzavo l’idea di entrare al college e fare una vita normale, in cui le parole “lupi mannari e vampiri” fossero sempre e solo precedute dalla proposizione “andiamo a vedere un film di”.
Poi, un giorno, accadde l’impossibile.
Mammà era stata tamponata in auto da un cretino che non voleva riconoscerle la ragione; per fortuna lei non si era fatta male, a parte un piccolo colpo di frusta (-Così adesso in famiglia abbiamo tutti bisogno del collare-, aveva commentato… Quella donna è preoccupante, più invecchia e più peggiora). Io e Seth saremmo volentieri andati a spaccare la faccia al tizio, o quantomeno la macchina, ma lo sceriffo Swan ci fece presente che non era il caso e che in cambio ci avrebbe pensato lui a procurare a mammà un buon avvocato.
Il Giorno Fatidico tornavo da una corsa nel bosco in forma di lupo (ogni tanto tendo a rimarcare il fatto che sono la Più Veloce, e zitti… l’orgoglio, gran brutta cosa!) e perciò al mio rientro avevo le foglie nei capelli, la maglietta vecchia che implorava disperata di essere rammendata o uccisa, e i pantaloncini stracciati a giro chiappa che usavo portarmi dietro quando intendevo trasformarmi. Madre mi urlò contro di andarmi subito a cambiare, che Charlie era stato così carino da pregare l’avvocato di passare lui a casa nostra, e non potevo mica presentarmi in quello stato, che figura facevamo con l’avvocato Custer. No, capito?
L’avvocato Custer. In una riserva indiana.
Se Madre aveva una qualche autorevolezza, in quel momento crollò come un castello di carte. Io ho cominciato a ridere come una matta, per poi prendere una lattina di birra dal frigo (mammà le comprava per Charlie Swan? E allora adesso che imparasse!) e una bella coscia tutta unta del pollo che stava in forno, perché i lupi sono affamati per antonomasia. Nonostante gli strilli della mia augusta genitrice mi scaraventai sul divano, continuando a ridere come una matta.
–Ma dai! L’avvocato Custer?- stavo ancora latrando tra un morso di pollo e un sorso di birra, quando il suddetto bussò alla porta e Madre andò ad aprire, incenerendomi con lo sguardo denominato “Dopo Facciamo I Conti”.
Ora.
Questo è ciò che chiunque avrebbe visto e, attenzione, solo se Chiunque fosse stato un bravo osservatore: un bianco sulla quarantina, vestito in maniera formale, piuttosto magro, capelli biondicci, pacato ma dallo sguardo vivace.
Quello che invece vidi io furono le scintille d’intelligenza dentro gli occhi chiari, la piega divertita ed ironica del sorriso, gli atteggiamenti calmi di chi fa il primo della classe per poter combinare danni senza che nessuno sospetti di lui… Vidi la fronte distesa di chi non si fa problemi inutili, le mani lunghe e precise di chi sa accarezzare con cura, la pelle leggermente colorita di chi sa godersi una giornata di sole.
Mi guardò, e fu proprio come avevano detto gli altri: tutti i poli magnetici si spostarono di colpo, riconfigurandosi in base a Lui.
Peccato che scelsero di farlo proprio mentre io stavo inghiottendo un pezzo di pollo, che naturalmente mi andò di traverso rischiando di uccidermi nel sacro momento della mia Epifania. Il Generale Custer chiese se andava tutto bene, io mi ripresi in fretta e Lui si presentò a mia madre e poi a me, tendendomi la mano. Feci per tendergliela a mia volta ma, ricordando che ci avevo tenuto il pollo bisunto fino a qualche istante prima, presa dalla confusione del momento non trovai nulla di meglio da fare che ripulirmela con infinita classe nei calzoni (che, ricordo, erano veramente cortissimi quindi di fatto mi sfregai la mano sulla chiappa destra) per poi porgergliela, sotto lo sguardo terrificante di Madre. In suo onore c’è da dire che Lui non fece una piega e me la strinse lo stesso con quella che io definivo La Stretta Perfetta, forte e ferma.
Porca merda. Avevo avuto il mio fottuto imprinting ed ero sporca, spettinata, sdrucita e mangiavo pollo con le mani e birra in lattina. Viso Pallido Custer, noi prendere tuo scalpo. Augh.

La sfuriata di Madre scivolò su di me come brezza primaverile. Mandai a fare in culo mio fratello quando mi prese in giro, lui mi diede un pugno da lupo e io non mi sforzai neppure di evitarlo, così venni scaraventata con forza sul tavolinetto basso del salotto, che si ruppe. Seconda sfuriata di Madre comprendente anche Seth, questa volta. Lui, preoccupato, mi chiese che diamine mi era successo; dato che rispondevo a ringhi e non gli dicevo nulla, mi propose “una corsetta nel bosco così, per sfogarmi”. Gli feci presente che ancora non mi ero completamente rincoglionita e avevo capito benissimo dove voleva andare a parare. E no, non mi avrebbe fatto bene parlarne con i miei fratelli lupi, grazie.
Il giorno seguente non uscii di casa. Per fortuna Seth era troppo piccolo per sgamare la situazione e troppo abituato ai miei malumori improvvisi per vedere in questo qualcosa di diverso dal solito; in quanto agli altri, Essi erano talmente presi dai loro Eterni Amori da non notare affatto la mia breve assenza.
Il fatto era che, certo a causa della mia non felice esperienza con Sam, dopo una prima e disperata fase in cui speravo di innamorarmi di qualunque cosa mi passasse davanti pur di non pensare a lui, avevo cominciato a detestare il concetto stesso di imprinting. Ci avevo pensato su, ed ero giunta alla conclusione che fosse una orrenda, squallida, schifosa scorciatoia della natura per accoppiarci col partner migliore, manco fossimo stalloni da monta. Insomma, l’amore è sicuramente una questione di attrazione, ma è anche e soprattutto conoscenza, stima, rispetto, affinità. Ed io cosa sapevo di questo avvocato Custer? A malapena il nome di battesimo (Abraham). Non sapevo neanche quanti anni aveva (pareva essere sulla quarantina, probabilmente qualcosa in meno), se era sposato (ma la fede non la portava), come fosse di carattere (pacato, con uno strano fuoco all’interno). Mi avrebbe attratta, se io non fossi mai stata un lupo? Magari era un noioso avvocato sbruffone e pieno di sé, ed io non sarei mai riuscita a capirlo, ottenebrata dall’imprinting. Inoltre, diciamocelo, avevo paura che fosse già impegnato sentimentalmente, e non avendo io un nome che inizia per “Emily” e finisce per “Young” non avrei mai voluto mettermi in mezzo. E se non fosse stato impegnato peggio ancora: come dice il Saggio, se uno alla sua età è single deve per forza avere qualcosa che non va.
Insomma…com’è possibile vedere uno sconosciuto e innamorarsene? Scorciatoia, diceva Sam. Ma io ero infine giunta alla decisione che volevo farmi la strada lunga, cazzo, ed innamorarmi con calma, per conto mio, per poter prendere con gioia questo mio imprinting. Volevo essere certa che il mio amore fosse reale e non viziato da strane reazioni soprannaturali. Volevo… non so cosa volessi. Non avere l’imprinting, ecco. Volevo il vaccino.
E tuttavia non riuscivo a smettere di pensare a un modo per rivederlo di nuovo. Una volta sola. Giusto per far contenta mammà, che l’avvocato non pensasse che aveva tirato su una selvaggia maleducata. Volevo vedere gli angoli della sua bocca alzarsi per formare quel sorrisetto ironico. Volevo sentire il tono basso e misurato della sua voce. Volevo le scintille dietro i suoi occhi.
Il giorno successivo, dopo aver cogitato tutta la notte ed essermi addormentata tardissimo alzandomi di conseguenza, ero giunta alla conclusione che non l’avrei cercato in nessun modo; se davvero il Destino Porco Bastardo aveva in serbo qualcosa per noi due che la smettesse una buona volta di accanirsi e provocasse quegli incontri fortuiti e casuali che si vedono in ogni cazzo di commedia romantica, e magari mi sarei rassegnata. Forse. Fino a quel momento non avrei fatto assolutamente nulla per interagire con Lui. O mi cercava (alquanto improbabile) o lo avrei incontrato per caso, e niente e nessuno al mondo avrebbero potuto smuovere questa mia presa di posizione. Sarei stata più forte dell’imprinting, io. Mica come Sam.
Forte e fiera di questa mia decisione immobilista degna di un’eroina di Jane Austin scesi baldanzosa per colazione, e fu così che mammà mi disse che l’aveva chiamata l’avvocato, aveva bisogno di altri documenti e quindi nel pomeriggio sarebbe passata a portarglieli.
-Li porto io mamma, non preoccuparti!- mi udii dire. Non col cervello, giuro. L’ordine partì direttamente dal midollo spinale. Merda. Per fortuna lei mi guardò disgustata, un po’come si guardano gli scarabei stercorari, per capirci, e ribattè stizzosa: -Non ci pensare neppure, dopo la figuraccia che mi hai fatto fare ieri, signorina!-
Olè, salvata in corner. Meno male. Fu lì, dunque, che non capii proprio perché, perché, perché maledizione, continuai ad insistere.
-Dai ma’, tu hai ancora il collare, stai tranquilla a casa! Così almeno vede che non hai cresciuto una debosciata, insomma, mi comporterò benissimo stavolta!-
Lei sbuffò, ma parve convinta che davvero mi dispiacesse per ieri e volessi rimediare. Mi allungò uno schiaffetto sulla testa.
-A te ti ci vorrebbe il collare, per quando decidi di andare a fare quelle sciocchezze da lupo nei momenti inopportuni! Dai, non preoccuparti per me, pensa a studiare, che dall’avvocato ci mando tuo fratello.-
Ottimo. Altra possibilità di fuga. Annuisci Leah. Dì che va bene. Diglielo adesso.
-Ma figurati se Seth ha voglia di fare le commissioni! Poi casomai dovrà studiare lui, gli daranno pure dei compiti a casa, a me non cambia nulla star via un paio d’ore, no?-
Con mio sommo orrore, stavolta Madre annuì. –Sì, in effetti hai ragione. Grazie Leah. Però, mi raccomando, comportati bene!- mi disse, accigliandosi.








NOTE:Oggi, vagolando su facciabbuco, ho trovato la frase perfetta per Leah: “le mie non sono seghe mentali. Sono scopate in grande stile”.Vero che ci sta? Eh?
Sciocchezze a parte, bella gente, GRAZIE.
Grazie per i vostri commenti e per le vostre risate, grazie per aver letto ed essere passati.
Grazie mille mila!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 - L'attacco del Tenente Colonnello Custer ***




CAPITOLO 2
L’attacco del tenente colonnello Custer

Cretina voltafaccia meretrice. Non ce l’avevo fatta. Tutti i miei buoni propositi sbriciolati in meno di un minuto. Fanculo. Ero Nera Come La Muerte mentre mi dirigevo verso Port Angeles, alla volta dello studio del generale, pardon, avvocato Custer. A farmi innervosire non era solo questo; cioè, era questo sommato al fatto che ero stata tutta la mattina a sistemarmi i capelli, decidere cosa mettermi, farmi le unghie. Mi ero persino truccata; peraltro stavo bene col mio jeans-camicia-blazer casual chic, la chanel blu e l’occhio evidenziato da matita e mascara, ma mi sembrava di essere diventata le Sorelle Di Cullen. Entrambe. E mi sentivo cretina a mettermi tutta in tiro come una quindicenne per uno sconosciuto. Almeno, mammà aveva caldamente approvato.
Trovai facilmente lo studio e parcheggiai di fronte ad esso, chiudendo la portiera con un tale gesto di stizza che temetti seriamente di averla rotta. Poi la riaprii per prendere la borsa che avevo dimenticato dentro, e la richiusi con più grazia. Stacchettai fino alla porta d’entrata del palazzo con le gambe che tremavano, incespicando come neanche Bella Swan ai tempi d’oro. La segretaria mi guardò incuriosita mentre ringhiavo un’imprecazione, poi mi disse di bussare che l’avvocato era libero. Davanti alla porta del suo studio m’imposi di darmi una calmata, respirare e…
E la porta si aprì. Ed io me ne dimenticai completamente, di darmi una calmata e respirare, intendo.
Cos’è che volevo? Il luccichio degli occhi e il sorriso beffardo? Eccoti servita, Leah. Porca merda, li aveva tutti e due, e li stava rivolgendo a me. Non si fa così, dovrebbe essere vietato, cazzo.
-Chiude sempre la portiera dell’auto in quel modo, signorina Clearwater?- Mi chiese, il tono (basso e misurato) lievemente divertito. Ecco. Già una bella Figura Di Cacca, così, per esordire in bellezza.
-Ah… no, io, di solito no, è che…- Cretina. Regina delle idiote. Cosa cavolo balbetti? “È che” cosa, di preciso? “È che pare che tu sia L’Uomo Della Mia Vita e quindi è normale che io sia un po’nervosa e sai, noi lupi mannari spesso abusiamo della nostra forza”, vuoi dire?
Grazie a Dio, si scostò dalla porta per farmi entrare, togliendomi dall’impiccio.
-Mi scusi, ma stavo guardando fuori dalla finestra proprio in quel momento… spero di non essere stato scortese!-
Scossi la testa in segno di diniego, poi tirai fuori dalla borsa i documenti che dovevo portargli. Nel prenderli mi sfiorò la mano. La prossima volta metto direttamente le dita nella presa di corrente, pensai, che magari mi fa un effetto meno destabilizzante.
Mi fece segno di accomodarmi mentre li esaminava velocemente, annuendo tra sé.
-Direi che c’è tutto, così siamo a posto. Ma non doveva scomodarsi a venire fin qui; l’ho detto a sua madre che sarei passato io, abito a Forks, allungarmi a La Push non sarebbe stato un problema!-
Risi. Madre era un terreno molto più sicuro, sapevo esattamente cosa dire.
-Ma si figuri, mia mamma non è il tipo da abusare due volte della sua gentilezza; inoltre, credo non volesse metterla di nuovo di fronte all’orribile visione di una figlia reduce da un pomeriggio nei boschi!-
E questa, poi, da dove cavolo mi era uscita? Ci tenevo così tanto a demolire l’immagine che stavo cercando di ricostruire, riportando a galla momenti che sarebbe stato più saggio seppellire in una tomba senza nome? Sta di fatto che Lui ridacchiò, in maniera molto poco professionale, aggiungerei.
-Non mi sconvolgo per così poco, signorina Clearwater, lo dica pure a sua madre! Comunque-, aggiunse gettando un’occhiata all’orologio a muro, –Solitamente a quest’ora scendo qua sotto per prendere un caffè espresso. Se non ha fretta potrebbe accompagnarmi, così mi faccio perdonare per averle fatto fare tutta questa strada. Ah, e per essere piombato in casa sua proprio mentre era reduce da un pomeriggio nei boschi, ovviamente!-
Il suo atteggiamento era calmo, ma le scintille nei suoi occhi parevano impazzite. Si stava divertendo, mi era chiaro. Rideva con me? O di me? Maledetta fottuta licantropia con tutti gli annessi e connessi… l’idea di stare ancora un po’con Lui mi attraeva da morire. Non solo per un patetico desiderio di vicinanza, capii, benchè quello ci fosse in quanto compreso nel pacchetto imprinting: quell’uomo mi stuzzicava, mi attirava. Mi divertiva.
E questo andava bene. Questo mi piaceva, mi era sempre piaciuto, anche prima. Bene, misi a tacere la coscienza. E risposi di conseguenza.
-Ah, già, questo se lo deve proprio far perdonare! Ma mi dia del tu e mi chiami Leah, tutti questi formalismi hanno il potere di farmi sentire decrepita!-
Rise. - D’accordo, Leah… e per quanto io sia effettivamente più vecchio e decrepito di te, darmi del tu e chiamarmi Abraham è un ottimo modo per farmi sentire più giovane!-
Suggellammo il patto e ci recammo a prendere il caffè al caffè, sotto lo sguardo vagamente perplesso della segretaria.

-Scusa se mi permetto, Leah, ma il caffè espresso è forte… se lo bevi a quest’ora rischi di fare fatica a dormire, stanotte.-
Ecco. Il Figlio della Stella del Mattino che dice alla Lupa di non bere caffè espresso perché è troppo forte… sorrisi, mescolando lo zucchero. Nota: tuttora mi è oscuro il motivo per cui presi un caffè espresso e non qualsiasi altra cosa, una di quelle che prendo di solito. Comunque, era buono. Forse era Destino che bevessi caffè espresso in compagnia di un uomo biondo, almeno una volta nella mia vita.
-Abraham, sono grande, vaccinata e correrò questo immane rischio. Che poi, scusa se mi permetto, ma non vedo per quale strana ragione tu dovresti riuscire a dormire ed io no!-
Brillio nello sguardo e conseguente sorrisetto.
–Perché io lo bevo tutti i giorni, come si fa con i veleni, ed ho imparato a berlo in Italia quando ancora facevo l’università…-alzò un dito - ed eventuali domande su quanto tempo è passato da allora sono quanto mai inopportune.-
-Sei stato in Italia? E dove, a Roma? Firenze? Venezia?-
-Le ho visitate, certo, ed anche Napoli. Ma ho vissuto un anno a Bologna. -
Ok, l’ignoranza abissale da Indiano Al Centro Della Terra mi travolse. Avrei potuto, anzi, avrei dovuto annuire e dire qualcosa tipo “Davvero? Oh, che luogo affascinante!”, e invece me ne uscii con: -Ma scusa, Bologna non è in Francia?-
Per lo meno non mi rise in faccia. Né mi propose un vantaggioso commercio incentrato su braccialettini di vetro colorato e alcolici. Si limitò a scuotere la testa e precisare –No, quella in Francia è Boulogne, Bologna è in Italia. C’è la facoltà di giurisprudenza più antica del mondo occidentale, però a parte questo è un posto splendido. Ma piuttosto… ti piace camminare nei boschi, mi sembra di capire, è così?-
Ecco. Se voleva togliermi dall’imbarazzo della mia pessima conoscenza delle città europee, fallì. “Non troppo…non precisamente camminarci. Ci vado per diventare un essere a quattro zampe e fare le gare di velocità con gli altri del branco”. Che fatica. Cominciavo a provare simpatia per il clan Cullen, il che è tutto dire. Comunque, annuii.
-Sì, mi piacciono i boschi. Ci vado molto spesso, infatti. Non che ci sia molto altro da fare, da noi, ma è un buon passatempo.-
-Già, anche a me piace, magari nei fine settimana. Quando poi si apre la stagione, ogni tanto vado a caccia. Di uccelli però, affrontare gli orsi mi è sempre parso davvero eccessivo! Tu invece fai trekking, giusto?-
E ridagli. “No, combatto con quelli del branco perché affrontare gli orsi mi è sempre parso davvero noioso”.
-Trekking, sì, ma vado anche solo a passarci qualche ora con gli amici, come l’altro giorno. Abiti a Forks, hai detto? Non mi sembrava di conoscerti e sai, mi è sembrato strano perché non è che sia esattamente gigantesca, Forks…-
Complimenti. Bel modo di sviare il discorso. “Ah, ed hai notato? Sta per piovere” era un’altra ovvietà non da poco, dovevo proprio sforzarmi di inserirla da qualche parte e completare finalmente la missione di risultare cerebrolesa in modo definitivo ed insindacabile.
-Sono di Forks, ma ho lo studio qui a Port Angeles e quindi per molto tempo ho abitato in città. Poi i miei genitori se ne sono andati, e la mia compagna ed io ci siamo lasciati, per cui ho deciso che era molto meglio per me tornarmene a Forks… e così sono tre anni che abito lì, ma passo molto tempo qui dove ho il lavoro e gli amici.-
Aveva parlato in tono calmo, ma c’è sempre una nota discordante nella voce di qualcuno che parla di perdita e distacco, ci sono ombre che restano lì, annidate in fondo agli occhi. Magari era il caso di passare oltre, in fondo neppure ci conoscevamo, ma a quanto pare La Cosa Giusta Da Fare era proprio un concetto che mi sfuggiva, oggi.
-Anch’io ho perso il mio papà. E poco tempo prima il mio ragazzo mi ha lasciato per mia cugina. Le due cose non sono paragonabili, ma il brutto è che sembra proprio che le disgrazie e le sfighe si diano appuntamento.-
Lui fece un sorriso triste.
-Mia mamma aveva una brutta malattia, e papà… ecco, lui non ha retto alla perdita. Le era davvero troppo legato. In quanto alla convivente, diciamo che è stato giusto così. Tre anni dopo posso affermare con assoluta certezza che davvero non eravamo fatti l’uno per l’altra.- Tacque per un attimo, lo sguardo vacuo. Poi sorrise. -Ma il tuo ex è stato davvero così folle da preferirti un’altra? Questi giovani d’oggi sono incredibili!-
La sua uscita allegra sembrò spazzare via tutta la malinconia del discorso, come uno squarcio di sole tra le nuvole. I suoi occhi scintillarono. Io mi ingoiai il ringhio che mi saliva alla bocca se pensavo alla Coppia D’Oro, ed agitai una mano.
-Diciamo che… ecco… non ha potuto fare diversamente. Si sono innamorati, e basta. Ma adesso finiamola con questa storia di giovani e vecchi, te lo chiederò a bruciapelo: quanti anni hai?-
Lui non ribattè con puttanate tipo “tu quanti me ne dai?” et similia.
-Trentasette-, rispose tranquillo.
-Però, hai fatto carriera in fretta-, commentai. Lui scosse la testa.
-Ho finito gli studi molto velocemente, contando anche il periodo in Italia. In quanto alla carriera… mi occupo di piccole cause qui a Port Angeles, non sono esattamente un affamato piraña della City! Tu cosa studi?-
-Provo a entrare al college, mi piacerebbe frequentare la facoltà di antropologia-, risposi. –Ma ho perso un po’ di tempo ultimamente, per vari motivi…-
-Capisco- annuì lui. Mi venne da sorridere. Capiva una parte della questione, certo; il pezzo relativo a strane febbri che si concludono con me che ululo alla luna, invasioni di vampiri neonati, gravidanze degne di uno splatter di serie zeta e convegni di mostri venuti da un posto in Italia ancora più sconosciuto di Bologna decisi di ometterlo. Tecnicamente lui era il soggetto dell’imprinting e quindi potevo pure raccontargli tutto, ma diamine! pensai, anche no!
Il caffè era finito, lo zucchero si cristallizzava sul fondo della tazzina e Lui sicuramente sarebbe dovuto tornare in studio entro poco tempo. Ed io chissà quando l’avrei rivisto, pensai con una stupida e fetente punta d’ansia. Decisi che di dignità ne avevo persa già fin troppa, nell’ultimo periodo. Mi avrebbe cercata Lui, mi sarei fatta desiderare, sapeva dove abitavo ed aveva quasi quarant’anni, porca merda, doveva pur avere esperienza in questo genere di cose: Dura E Inflessibile, così sarei stata, una capricciosa e seducente Donna Sfuggente.
Quindi lo guardai, gli occhi che mi stregavano, gli angoli della bocca arricciati che mi seducevano, le mani lunghe che mi tentavano, la postura elegantemente calma che mi conquistava e dissi (perché Lui era una fottuta mazza chiodata che mi sgretolava le decisioni sensate):
-Dato che abiti a Forks, che ne dici di un bel giro giù a First Beach, il primo giorno di sole?-
Lui non mi guardò stupito, non fu reticente, non accampò buoni motivi per rifiutare. Gli si illuminarono gli occhi, o forse era solo una mia impressione. Fatto sta che annuì.
-Mi sembra un’ottima idea! Se è un festivo posso esserci verso le due, se è un feriale purtroppo non posso uscire troppo presto, e dovrò comunque inventare una scusa: va bene alle cinque?-
-E sia!-
Mi tese la mano per suggellare il patto. Si preoccupò che stessi male. Lo tranquillizzai dicendo che è la mia temperatura normale, io ho sempre caldo, non c’è nulla di strano, sono sempre stata così. Certo.
Me ne tornai a casa euforica cantando a squarciagola “Under the boardwalk” fino a che non mi venne un pensiero terribile: e adesso cosa raccontavo ai Fratelli Del Branco?

Non mi andava per niente di parlare del mio imprinting a gente che sapeva dettagliatamente cosa ne pensavo di tutta la stramaledetta questione. E poi volevo un po’ di tranquillità, e volevo anche metterli davanti a qualcosa di più concreto rispetto a “due parole e una specie di appuntamento in spiaggia”. Il giorno seguente non mi feci vedere e quello dopo neanche. Ah, naturalmente pioveva. Ah, naturalmente fino al pomeriggio prima sembrava che il sole fosse quasi sul punto di spuntare. E ti pareva.
Ovviamente arrivò ben presto il momento in cui gli altarini della sottoscritta vennero smascherati.
Non che m’illudessi di poter tenere segreto per sempre il mio imprinting, solo che, non so, speravo che gli eventi si evolvessero più velocemente… no, neanche. Più velocemente di così c’era solo l’opzione Sposarsi A Las Vegas Da Ubriachi. Diciamo che speravo che i fratelli yo del branco fossero talmente rincoglioniti d’amore da non far caso al fatto che il Secondo In Comando avesse saltato le ultime corsette organizzate per fare quella cosa che piace tanto ai maschi licantropi, ovvero Aggiornarci Sui Cazzi Di Tutti Senza Perder Tempo A Parlare E Poi Combattere.
Vana speranza.
Fu Jake Maschio Alfa a trascinarmi fuori un giorno che era passato a prendere Seth, e a nulla valsero le mie patetiche scuse (devo studiare, ho mal di testa, devo guardare la vernice che si asciuga, levati dalle palle Jake non è il momento): non volle sentir ragioni. Io ce la misi tutta per risultare più insopportabilmente acida di quanto fossi mai stata nella mia sfolgorante carriera di Arpia, ma dai tempi del pattugliamento a casa Cullen ci eravamo ormai immunizzati vicendevolmente l’un con l’altro e così dovetti seguirli, ben decisa a non pensare ad Abraham.
Peccato solo aver sottovalutato un minuscolo dettaglio: che l’imprinting, nella mente, non è che passi proprio inosservato. Sam cercava sempre di non pensarci quando c’ero io, ma era inutile: l’effetto che sortiva era più o meno quello di uno che a mezzogiorno frappone la sua mano tra me e il sole e cerca di farmi credere che è notte.
Come conseguenza mi trovai Jake ringhiante a fissarmi, con il pelo dritto.
“Tu… tu che mi hai frantumato le palle per mesi, prima con Sam e poi col fatto che eri la Più Sfigata dell’Universo e avevi il diritto di piangere miseria senza che noi ti dicessimo nulla… tu che mi hai preso per il culo perché ho avuto l’imprinting con una neonata…”
“Ecco! Anche a me!” (Questo era Quil versione Butta Su Che Tutto Fa Brodo)
“Tu adesso osi avere l’imprinting con uno che fa l’avvocato, ha quasi vent’anni più di te, non solo non è un Quileute ma si chiama pure Custer… e non ci dici niente?”
“Ecco perché ti facevi sgridare dalla mamma senza fare una piega!” (Seth e le Epifanie)
“E non sei venuta a fare la gara di corsa l’altro ieri!” (Embry e le Cose Importanti Della Vita)
Jacob si acquattò.
“E adesso io t’ammazzo!
Cercai di saltare via, ma mi avevano circondata. Finì con una stupida lotta tra amici, un bel gruppo di cretini che giocavano come un branco di cuccioli. Non mi sentivo così sollevata, senza pensieri e senza fiato, da un sacco di tempo; era come quando, da bambina, facevo la lotta con i maschi.
Madre scosse la testa vedendo tornare Seth e me più o meno nelle stesse condizioni in cui ci presentavamo a casa dieci anni prima, e quando si accorse che vagolavamo tra forno e frigo facendo man bassa di roba da mangiare ci urlò di andare subito a lavarci e cambiarci, che tra un po’ arrivava Charlie Swan, e che figura ci facevamo a farci vedere così.
Stavolta obbedii subito, dato che non volevo portare la pazienza di mammà oltre i limiti consentiti dall’umana sopportazione, vista la sua recente suscettibilità in materia di figuracce. Con mio sommo stupore, Seth mi trotterellò dietro senza fare una piega.
-Non sia mai che mi venga l’imprinting con l’ispettore Swan-, fu il suo commento.








NOTE:Avviso a chi ancora (se c'è) crede che in questa storia accada qualcosa: non accadrà.
Non è che Leah e Figlio della Stella del Mattino se ne andranno in Italia da Aro, per esempio. Anche se un po' mi dispiace, perchè col senno di poi (col senno di adesso, cioè) un viaggettino culturale glielo fare quasi fare!
Urca... ho appena realizzato quanto è vecchia questa storia: ancora non scrivevo sui Volturi. Quelle tre-quattro sante donne che mi seguono di là, capiranno sicuramente la portata della cosa!
E ora, due cosette:
"Prendere il caffè al caffè" è un'espressione che ho trovato nei libri di Fred Vargas.
A Bologna gli studenti americani (e anche di altre nazionalità, ovvio) ci sono davvero, quindi ci ho ficcato Custer. Sta a vedere che ha incontrato Aro senza sapere che era lui. Anzi, secondo me era il periodo in cui Caius insegnava all'Alma Mater. Ma certo che Caius ha una cattedra all'Alma Mater, anzi, chi volete che abbia fondato la prima università del mondo se non i tre fratelli?
La facoltà che vorrei far fare a Leah deriva dal fatto che mi ero confusa, mi sembrava che fosse lei quella che prendeva appunti attorno al fuoco quando raccontavano le leggende dei Qileute, invece era Emily. Però ormai le lascio quella, sono abituata così!
Leah canta "Under the boardwalk", dei Drifters, perchè "nella sua canzone raccontava che cosa aveva programmato esattamente di fare sotto il lungomare. Si trattava soprattutto di fare l'amore", per spiegarla con le parole di Neil Gaiman.
Infine: GRAZIE. Grazie a chi legge, commenta, chiacchiera, apprezza Leah, Giò, mi dice tutte quelle cose bellissime, ride. Grazie, perchè non sapete quanto mi fate contenta.
Grazie di cuore, davvero.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3 - Il viso pallido, l’indiano bello col chiodo nel cervello e l’ex fidanzato. Tutti in una volta. ***




CAPITOLO 3
Il viso pallido, l’indiano bello col chiodo nel cervello e l’ex fidanzato. Tutti in una volta.

Il primo giorno di sole arrivò dopo quelli che mi sembrarono secoli ed in realtà non erano che cinque stupidi giorni, passati mio malgrado a pensare, immaginare, sognare Lui; una roba da romanzo Harmony, davvero, e anche di quelli scritti male. Almeno avevo scoperto che era single, e che non aveva qualche strano difetto o compulsione: usciva da una storia seria, che però era già finita da un periodo di tempo ragionevole a farmi supporre che non aveva mentito, facendomi intendere che non ne soffriva più. Magari ho delle possibilità, pensai guardando il sole; il sole rende vagamente ottimiste perfino le persone come me. Vagamente, ho detto.
Essendo ovviamente un lavorativo attesi l’ora convenuta come un’anima in pena per poi recami mollemente alla spiaggia, arrivando con un lieve e studiato ritardo. O almeno queste erano le mie intenzioni, poi non so se in verità “trenta secondi circa” rientri nella definizione di “lieve ritardo”. Non farti illusioni, mi dicevo, tanto non viene. Figurati se si ricorda di questa cazzata. Magari a Port Angeles è nuvoloso. Magari non è riuscito a venir via prima dal lavoro. Magari pensa a tutta questa situazione come ad una sciocchezza.
E invece era già lì, col viso rivolto verso il sole e le maniche della camicia tirate su. Quando mi fece un cenno con la mano il mio cuore perse un battito, quando la brezza mi portò il suo odore mi stordì come se fossi ubriaca, e quando mi fissò con gli occhi che al sole erano davvero troppo azzurri pensai che la vita è una cosa meravigliosa.
Ebbene sì, dicesi imprinting una strategia della natura atta ad arricchire i dentisti ed eliminare i diabetici dalla faccia della Terra.
-Ma dai, sei venuto davvero?- fu il mio splendido incipit.
Lui, miracolosamente, non si scoraggiò. Mi sorrise.
-Una bella ragazza mi propone la sua compagnia in una giornata di sole. Non basta?-
Incrociai le braccia, per nascondere l’evidente compiacimento che mi avevano provocato quelle parole.
-E chi sarebbe la bella ragazza? Dici che si arrabbia se ti trova in compagnia della Pocahontas Dei Poveri?-
Mi fissò, apparentemente pensieroso. –Potrebbe. La conosco poco, ma direi che è un tipo piuttosto forte. Anche fisicamente. Potrebbe incastrarmi tra la sua auto e la portiera e sbattermela addosso più e più volte, frantumandomi due o tre costole.-
Un deficiente. Altro che due o tre costole, tra l’altro. Dovetti fare un’espressione buffa, perché scoppiò a ridere, ed io non potei fare a meno di unirmi alla sua risata.
-Allora, eccoti la nostra First Beach, Viso Pallido! Non sarà la California, ma quando c’è il sole non è poi malissimo!-
Abbracciai con un gesto la battigia, la scogliera battuta dal vento, le figurine lontane che sembravano completare un dipinto: una coppia che si teneva per mano, un uomo che giocava con un bimbo, gruppi di ragazzi che approfittavano della bella giornata.
-Quando c’è il sole è particolarmente bella, Pocahontas. Allora, che mi dici?-
Cominciammo a passeggiare, chiacchierando. La cosa che mi colpì fu la facilità con cui scoppiavamo a ridere, entrambi, alle battute reciproche. Aveva un senso dell’umorismo molto simile al mio; faceva battute ironiche con tono calmo, e ogni volta che qualcosa lo divertiva i suoi occhi chiari scintillavano come se qualcuno vi accendesse un fuoco dietro. Mi resi conto per la prima volta, stupita&inorridita, che questa caratteristica a Sam mancava completamente (l’ironia, non gli occhi azzurri): ricordai tutte quelle volte in cui facevo una battuta, lui rimaneva perplesso e a me toccava spiegargliela, e di quanto m’innervosivo a frasi tipo “non capisco cosa c’è che ti fa tanto ridere in Frankenstein Junior”. Per mera curiosità testai perfino il soggetto e sì, ad Abraham Frankenstein Junior era piaciuto, e ci lanciammo in un proficuo scambio di battute. Ritenni opportuno informarlo che “Potrebbe andare peggio. Potrebbe piovere” era la mia preferita, tanto da averla adottata come motto, anche perché la vita non aveva fatto che confermarmi la veridicità di tale asserzione. Dimostrando una certa lungimiranza, la sua era “Werewolf?”“There wolf. There castle”, e qui rischiai per ovvie ragioni di morire dalle risate.
-Bologna-, stavo dicendo, forte delle informazioni acquisite su Google, -è piena di portici, tra cui il più lungo d’Europa, ed ha un sacco di torri, tra le quali una che pende…-, quando una specie di treno merci mi si scaricò sulla spalla sotto forma di pacca amichevole.
-Leah, ma ciao, anche tu qui? Che bello! Allora, non ci presenti il tuo amico?-
Bene, pensai. Io qui, ora, ammazzerò in modo ignorante e cruento Jacob Black.

Il mio sguardo di fuoco si schiantò contro il sorriso a quarantadue denti del maledetto Jacob, che se ne stava gonfio e tronfio a fissarmi circondato dal suo, anzi, dal nostro branco di merda. Più, proprio per la serie “non facciamoci mancare niente”, i vecchi compagni che erano rimasti con Sam, perché poverini, volevamo davvero escluderli dal giochino?
Non ne mancava uno: Paul, come al solito curioso come una scimmia, Embry con l’aria d’aspettativa di uno che va al cinema a vedere il film dell’anno, Quil che con la scusa di portare Claire a giocare al mare mi guardava con la faccia innocente, Jared con la faccia di bronzo dell’ambasciator che non porta pena e Seth con l’espressione Io Non Volevo Mi Hanno Costretto che non ingannava più neanche Madre, figuriamoci me.
-Che combinazione, ragazzi, tutti in spiaggia oggi?-
Alzai gli angoli della bocca. Tanto. In quello che, da un punto di vista canino e ancestrale, doveva essere un ghigno minaccioso.
-Eh, sai, con una giornata così… Quil portava Claire a giocare in spiaggia, e abbiamo pensato di accompagnarlo!
Quil prese in braccio una ridente Claire, come a volerla mettere tra me e lui, e mi guardò con l’espressione Non È Stata Un’Idea Mia.
Maschio Alfa non cedette di un millimetro. Rivolse il suo sorriso di plastica ad Abraham e continuò imperterrito.
-Leah, sei proprio maleducata però! Vorrà dire che mi presenterò da solo. Noi siamo gli amici di Leah: lui è suo fratello Seth, quello con Claire è Quil Aetara, loro sono Embry Call, Jared Cameron e Paul Lahote ed io sono Jacob Black, molto piacere!-
Abraham aveva guardato questo teatrino tra il perplesso e il divertito; strinse la mano al Grandissimo Figlio Di Puttana senza scomporsi, presentandosi. Figuriamoci se Jacob Black si lasciò sfuggire l’occasione.
-Custer? Ma proprio come il generale?-
Con l’aplomb di un santo e l’espressione di uno che si è sentito fare la stessa battuta fin dai tempi delle elementari, Lui sorrise.
-Esattamente. Ma dato che nessuno di voi amici di Leah si chiama Cavallo Pazzo o Toro Seduto non dovrebbero esserci grossi problemi, no?-
-No no, figuriamoci! Gli amici di Leah sono nostri amici! Abraham… posso darti del tu, vero? Sai, noi siamo davvero amicissimi, con Leah. Lei sa tutto di noi e noi sappiamo tutto di lei! Ogni volta che ha un problema ce ne mette a parte, e noi la stiamo ad ascoltare lamentarsi anche per mesi, se necessario! Ci racconta ogni cosa, ed anche quando non lo fa, ecco, siamo talmente amici che è proprio come se le leggessimo nella mente!-
Cristo, quanto si stavano divertendo. Seth fingeva di essere serio ma aveva i goccioloni. Jared faceva da contraltare a Jake, annuendo con espressione compìta. Quil era terrorizzato da una mia possibile reazione. Embry pareva aver scoperto che nel film dell’anno c’erano ancora più esplosioni di quante se ne aspettasse. Paul ogni tanto scoppiava a ridere fingendo accessi di tosse.
In compenso io stavo seriamente per assassinare il mio capobranco e trascinarmi all’inferno mio fratello con tutti quei fottuti, stupidi, idioti ragazzetti di cui si circondava. Sarebbe anche stata una situazione comica, se non mi stessero rovinando un Momento Mio Privato E Felice Come Non Ne Avevo Da Secoli. Maledetti pulciosi bastardi. Mi stavo per far chiudere la vena per davvero, trasformarmi e farla finita Qui Ed Ora, quando qualcuno parlò dietro di me.
-Cosa state facendo?-
Quella.
Voce.
L’avrei riconosciuta tra mille, anche in mezzo ad una folla urlante. Mi aveva fatto battere il cuore, me lo aveva frantumato in pezzi piccolissimi, mi aveva fatta dannare.
Seguii inorridita lo sguardo educatamente incuriosito di Abraham: Sam era alle mie spalle con la faccia severa ed Emily tre passi dietro di lui. In un angolino della mia mente mi resi conto che erano loro la coppia felice che passeggiava sulla spiaggia, e che io non avevo avuto nemmeno il tempo di accorgermene: Abraham era venuto davvero, mica potevo badare a tutte le stupide ed inutili quisquiglie che fino a pochi giorni prima mi avrebbero distrutto il fegato, eccheccazzo!
-Niente Sam, non facciamo niente, perché, cosa ti fa pensare che stessimo facendo qualcosa?-
Ahi, gara di testosterone in atto. Territorio Mio, mi sembrava di vedere scritto negli occhi di Jake, condito da un qualcosa che potevo leggere come un “Leah adesso è molto più mia che tua, le voglio molto più bene io di te, quindi se ci voglio giocare al gatto col topo sono affari miei e tu non intrometterti”. Mi sarebbe risultato quasi commovente, se non ci fosse stato quell’istinto omicida così preponderante sul resto.
Sam s’ingrugnì, guardò me come per esortarmi a dire la mia e sbugiardare Alfa Bis, poi il suo sguardo rimbalzò su Abraham che sembrava sempre più divertito, infine si riposò su di me e mi guardò bene in faccia.
Poi realizzò.
Spalancò gli occhi nella sua tipica espressione di Sorpresa Maxima e indicò col dito Abraham continuando a fissarmi. Ottimo. Mancava giusto questo per completare definitivamente l’impressione di trovarsi in mezzo ad un gruppo di evasi dal più vicino manicomio.
-Leah, ma tu…-
-Sam.-
Grande Emily. Grande sorella. Anni e anni a confidarci i nostri segreti segretissimi allora non ti sono serviti solo a fregarmi il moroso, alla fin fine!
Lei sorrise a tutti col suo volto che riesce a rimanere bello qualunque cosa accada, prese Claire dalle braccia di Quil e menò il Colpo Basso:
-Allora, cuccioletta, ti va di venire a casa della zia? Ho fatto una torta proprio come piace a te, sai?-
Lei si mise un ditino in bocca valutando attentamente l’offerta, perché era evidente che anche la situazione in corso in qualche strana maniera la divertiva. –Con la cioccolata?- chiese, per essere ben certa di fare la scelta più saggia.
-Ah, come hai fatto a indovinare? Proprio con la cioccolata! Che ne dici, ci portiamo dietro Quil e tutti gli altri dadi?-
-Sì!- decretò insindacabilmente la piccola.
A quel punto fu come aver fatto cadere la prima tessera del domino. Quil non si sarebbe staccato da Claire, Jake non poteva mettersi a fare a chi ce l’ha più lungo con Emily, Embry e Seth di conseguenza e nel caso in cui a Jared e Paul balenassero nella mente strane idee ci pensò il ringhioso –Andiamo- di Sam a fargliele scomparire del tutto.
Emily, sei un angelo. Sei una Santa. Sei una benedizione del cielo. Sei Madre Teresa. Sei Elvis. Sei Dio (sì, Sin City mi è piaciuto moltissimo, grazie), pensavo guardandola come non la guardavo da un sacco di tempo. Lei mi sorrise come non mi sorrideva da un sacco di tempo.
-Ci vediamo presto, Leah!- disse, guidando tutti i suoi cagnolini in direzione di casa.

-Simpatici, i tuoi amici!- mi disse Abraham appena gli Stronzi Patentati si allontanarono abbastanza, con gli angoli della bocca pericolosamente increspati. Siccome gli unici commenti che mi sentivo di fare avrebbero fatto vergognare uno scaricatore di porto, decisi di soprassedere e di passare oltre dicendo la prima cosa che mi veniva in mente, perché sicuramente non poteva essere nulla di peggio.
Sbagliai.
La prima cosa che mi venne in mente fu: -Quello era il mio ex.-
“Mai parlare di un ex quando stai uscendo con un altro” è una regola importante, basilare, primaria e fondamentale nella costruzione di un sereno e duraturo rapporto d’amore, lo sanno anche i sassi, e lo so pure io. Allora, Grande Spirito E Tutti I miei Antenati, perché?
Abraham come al solito rimase calmo, ma si rabbuiò. Forse un osservatore meno attento, meno ossessionato da ogni suo minimo cambiamento nel volto non se ne sarebbe accorto, ma io sì. Fu come se una nuvola avesse coperto il sole. Andai in panico.
-Si vede che ti è ancora molto affezionato-, commentò semplicemente.
A me si bloccò il respiro. Stai a vedere che quel dannato Sam non ha ancora finito di farmi soffrire. Stai a vedere che riesce a mettermi i bastoni tra le ruote proprio adesso. Maledizione, ma proprio oggi doveva venire in spiaggia? Proprio con me doveva fare il fenomeno? Non gli era chiaro che stavo cercando di evitarlo da mesi, quale parte di “viviti la tua vita perfetta e non cercarmi, non guardarmi, non pensarmi neppure” gli era sfuggita?
-Beh, mi sarà affezionato senz’altro. Non che questo conti molto, però-, balbettai. Sentivo il viso caldissimo, dovevo essere arrossita di rabbia. Pure.
-Non avevo capito che foste rimasti amici-.
Merda. L’aveva detto col tono più neutro che avesse, ma la nota discordante che le mie orecchie innamorate colsero stridette come il gesso sulla lavagna. Rimasti amici. Io e Sam. Feci una breve risata, che in verità uscì molto più simile ad un ringhio.
-Non siamo rimasti amici. Non ci tiriamo i coltelli, ma non ci frequentiamo più-.
Dal suo sguardo colsi un orrido messaggio: non ci aveva creduto manco per un istante. Pensai di andare a prendere Sam, legarlo, ucciderlo e mandarlo in busta chiusa a quel vampiro italiano, quello che odiava i lupi mannari, allegato ad un mazzo di fiori.
-Ah, capisco. Ma non ti aveva lasciata per un'altra? O la loro relazione è già finita?-
-Beh, no… l’altra è la ragazza che era con lui, Emily…- ribattei perplessa. C’era qualcosa che non andava: in genere tutti si accorgevano del fatto che Sam ed Emily fossero una coppia. Persino i muri. Lui mi lanciò uno sguardo strano, perplesso a sua volta.
-Ma… il tuo ex non è quel Jacob Black?-
Oh. Mio. Dio. Certo non fui molto carina, ma gli scoppiai a ridere in faccia, biascicando –Jacob Black!- tra un respiro e l’altro.
-No, eh?- mi disse sorridendo quando ebbi finito di ridere, una mano dietro la nuca in quel gesto universale maschile d’imbarazzo.
-Ma no! Jake è esattamente quello che ha detto di essere: uno dei miei più cari amici che voleva vedere cosa facevo oggi perché si sente molto Maschio Alfa e deve avere tutto sotto controllo… il mio ex è Sam, e tra me e lui non c’è più assolutamente niente!-
Era vero: cioè, era vero da circa una settimana a questa parte. Ma perché perdersi in inutili e puntigliosi dettagli? Mi stavo appena rendendo conto che mi ero giustificata con Abraham di qualcosa che non aveva ragione di essere giustificato con uno che conoscevo da una settimana, e che comunque era sembrato infastidirlo. Stavo per chiedergliene la ragione, quando lui mi precedette. Bastardo lui e i suoi quasi vent’anni di esperienza in più.
-Scusa, cos’è esattamente che il tuo amico Maschio Alfa doveva avere sotto controllo, oggi?-
Lì mi sentii come i tizi dei cartoni animati giapponesi, quando venivano colpiti da un gigantesco masso caduto dal cielo che gli si frantumava in testa. I neuroni gripparono e le corde vocali mi si annodarono tra loro.
-Ma no… niente di particolare… così, è un modo di dire…- balbettai pietosamente.
-Senti, ho una proposta-, proruppe Abraham. Lieta del cambio di argomento, mi apprestai fiduciosa al vaglio di essa. Lui fissò il sole che stava rosseggiando sull’acqua e guardò l’orologio.
-Si sta facendo tardi, e certamente tra poco dovrai andare a cena. Io ho guardato le previsioni del tempo su tre siti diversi e incredibilmente sono tutti concordi sul fatto che sabato ci sarà il sole. Posso proporti una giornata di trekking con pranzo al sacco, o devo prima passare da Jacob Black e tutti gli altri tuoi amici?-
M’illuminai d’immenso. Non era scappato a gambe levate dopo tutto ciò, incredibile. Cosa significava? Potevo illudermi che almeno questa volta andasse a finire bene?
Accettai con entusiasmo, assicurandogli che a Jake ci avrei pensato io. Cosa che peraltro feci il giorno dopo, radunando tutti quelli del branco e trasmettendogli in diretta una sfuriata di quelle che non avrebbero dimenticato mai più, comprensiva di promessa di fargliela pagare settanta volte sette. Per farsi perdonare mi offrirono da bere per una settimana intera.







NOTE:Note: gentaglia, ma a voi piace "Frankestein Junior"? Perchè ho notato che, a differenza di "Robin Hood un uomo in calzamaglia" o "Balle spaziali", che a chi più e a chi meno piacciono a tutti, quello c'è chi lo adora e chi non ride per niente. Io sono una di quelli che ridono (tranne nella scena del vecchio cieco, lì riesco a commuovermi XDD)! Non so perchè immagino Sam totalmente privo di senso dell'umorismo. L'ho sempre immaginato così, però. Ho lasciato in originale la battuta sui lupi mannari perchè nella traduzione italiana ("Lupi ululì, castello ululà") il dettaglio del mannaro si perde, ed era quello che invece volevo conservare.
E sempre parlando di film, anche la frase che pensa Leah rivolgendosi ad Emily è presa da un film, che è anche un fumetto, ossia "Sin City": la dice Dwight a Miho nell'episodio "Un'abbuffata di morte".
Infine, la stupidaggine: ma voi da piccoli la cantavate la filastrocca in cui ad un certo punto compariva "l'indiano bello col chiodo nel cervello"? A me faceva morire dal ridere, assieme a quella del "fantasma della zia Gioconda che ripuliva la sua tomba nera e fonda"! Ero una bambina adorabile!

Bene, che dirvi se non GRAZIE?
A tutti, dal primo all'ultimo. Per ogni vostra risata, per ogni vostra lettura, per ogni vostra parola, GRAZIE.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4 - Un capitolo davvero bellissimo ***




CAPITOLO 4
Un capitolo davvero bellissimo

Avendo trascorso tutta la giornata di venerdì a cazziare i miei compagni di branco il sabato arrivò velocemente e senza troppe ansie da parte mia (sfogarsi sugli amici aiuta parecchio in casi di questo genere). Come avevano promesso i tre diversi siti il tempo era splendido, e come avevano solennemente promesso i quattro Lupi In Fabula non ci sarebbe stata ombra di creature sovrannaturali intorno a noi, quel giorno.
La mattina trascorse meravigliosa senza niente da segnalare, se si eccettua l’euforia che provavo di fianco ad Abraham; la cosa strana dell’amore è che l’hanno provato praticamente tutti, ma ognuno crede di essere L’Unico E Solo A Vivere Sentimenti Così Forti. E ricordiamo inoltre che in realtà Pedro non è tuo padre, è tuo figlio, e Brooke ancora una volta si è scoperta innamorata di Ridge. Incredibile quanto facciano ridere i sentimenti, se li si osserva da vicino.
Chiacchierammo e ridemmo tanto e chiacchierammo ancora, poi quando il sole fu a picco ci trovammo una radura comoda e ci sedemmo sul grande telo che avevo portato a mangiare i nostri panini. Era una cosa così normale stare serenamente al sole con una persona accanto, scalza a mangiare un hamburger gigante, senza lupi, vampiri o Sam in mezzo ai miei pensieri, che mi veniva quasi da piangere. Decisi di vivere questa situazione con calma, senza essere sopraffatta dall’imprinting, di godermi i singoli istanti e frenare gli istinti animali.
Come ogni volta, se prendo una decisione del genere è matematico che capita qualcosa che poi me la fa crollare miseramente, e di solito questo qualcosa accade per colpa mia.
Chiedere a bruciapelo –Ma l’altro giorno l’atteggiamento di Jake ti ha dato fastidio?-, per esempio.
Perché Lui ci pensò su un momento, corrugò le sopracciglia e intrecciò le mani, tutti segnali che avrebbero dovuto suggerirmi che mi stava per dire Qualcosa Di Serio. Ma allora non lo conoscevo abbastanza per saperlo.
-No, all’inizio no. Anzi, mi divertiva.-
-E quand’è che ti ha dato fastidio, che gliela faccio passare io la voglia di fare lo scemo?-
Lui ridacchiò. –No, no, lascialo stare, non ha fatto niente di male! Ero io che…- s’interruppe. Poi fece un’espressione risoluta, quella del giocatore che decide di giocarsi tutto in una sola mano, vada come vada. –Quando ho frainteso, pensando che fosse il tuo ex. E che voi aveste un legame affettivo così evidente. È stato lì. Ma come vedi non è colpa sua.-
-Ah-, boccheggiai, cercando di calmarmi onde impedire al cuore di sfondarmi la cassa toracica e fare un giro nel bosco per i fatti suoi, -ti ha davvero dato fastidio questo?-
-Sì-. Rispose. E basta. Secco e risolutivo, guardandomi negli occhi, fulminandomi d’azzurro.
Fulminandomi troppo. Bruciandomi i neuroni. Sopprimendomi i buoni propositi. Facendomi il funerale alla razionalità.
Taglio corto.
L’ho baciato.
È stato un bacio lento e lungo, e all’inizio un po’impacciato. Non ero più abituata. Quando sei talmente assuefatta al fiele che ormai neanche ti accorgi più che è amaro, riempirti la bocca di miele può essere parecchio destabilizzante, all’inizio. Mi staccai senza fiato, mi sentivo le labbra bollenti, il viso rosso, le mani sudate.
Lui sembrava pensieroso, ma gli occhi scintillavano. Mantenne un tono di voce calmissimo, quando dopo qualche interminabile secondo mi rivolse la parola.
-Mi hai appena fatto infrangere la mia ultima regola, Leah. Ti sembra una cosa carina?-
-Quali regole, scusa?-
Lui le elencò con innaturale lentezza, alzando le dita una dopo l’altra.
-Uno: la pausa caffè è sacra e intoccabile e non si condivide con nessuno, foss’anche il Presidente in persona. Due: i clienti sono solo clienti, anche se te li raccomanda Charlie. Tre: non ci si fa invitare da una donna, non è galante. Quattro: non si esce con una ragazza giovane e bella, neanche nel bosco, anzi, soprattutto nel bosco. Cinque: non ci si fa sedurre dalla suddetta.-
-Finite?- chiesi, alzando le sopracciglia.
-Finite. Almeno, però, non ho infranto la regola numero zero!-
Il luccichio di divertimento nei suoi occhi fu immediatamente seguito dall’onnipresente ghigno beffardo. Io ovviamente feci la domanda che si aspettava.
-E qual è la regola numero zero? Una cosa tipo “non ci sono regole”?-
-Ma no! Sarebbe: mai evitare di godersi le giornate di sole!-
Adesso il ghigno era diventato un sorriso trionfante, e i suoi occhi erano troppo azzurri. Ed io non sono mica di pietra. Lo baciai di nuovo, con impeto.
Ero rapidamente giunta alla conclusione che non si può fermare il fiume con le mani, quindi tanto valeva farsi trascinare dalla corrente. Tale conclusione veniva sottolineata dal fatto che Abraham con le mani non stava cercando di fermare proprio nessun fiume; diciamo che ci avevo visto giusto, la prima volta che me l’ero trovato di fronte: mani lunghe, abili ad accarezzare. Impiegai davvero poco a stare al passo: l’avevo studiato talmente tanto che ero letteralmente bramosa di sapere se tutto quello che mi ero figurata, sognata e immaginata corrispondesse al vero.
E naturalmente non gli corrispondeva.
Perché Lui era mille volte meglio.
Perché Lui, signori, sembrava avere la mappa del mio corpo stampata nei geni, e pareva non avere intenzione di lasciare nulla di intentato; non avevo mai provato qualcosa di così completo, di altrettanto travolgente. No, neppure con Sam. A proposito: ma chi cazzo è ‘sto Sam?

-Leah, a costo di sembrare scemo, vorrei dirti che questa è la prima volta che mi succede.-
-Ah sì? Strano, sembravi parecchio scafato!-
Era steso sulla tovaglia da pic-nic, un braccio attorno a me e l’altro alzato a schermarsi gli occhi dalla luce del sole. Si era rimesso quegli inutili pantaloni, purtroppo, ma almeno era rimasto a torso nudo. No, il suo torace non era marmoreo e scolpito, dai tartarugati addominali guizzanti ed i pettorali prorompenti; direi che era un torace piuttosto normale, fatto per la funzione che dovrebbero assolvere i toraci, in questo preciso caso farmici appoggiare sopra la testa nel punto in cui si sente il cuore.
Mi guardò perplesso, poi si mise a ridere.
-Ma dai, cretina! Intendevo: non credere che sia uno abituato ad avere intrallazzi di vario tipo con le figlie dei miei clienti o con le ragazze più giovani di me. Di solito sono una brava persona. Una gran brava persona.-
Meno male, pensai, che con me sei stato cattivo. Ci mancava il puritano del Solo Con L’Anello Al Dito, mi sarei direttamente sparata con una pallottola d’argento. Ovviamente non glielo dissi.
-E che cos’è che ti ha fatto cambiare idea?- gli chiesi invece. Ero curiosa. E sulle spine. Lui attese un momento, corrugò le sopracciglia e poi rispose, calmo.
-È stata colpa tua, naturalmente. La prima volta che ti ho vista eri la ragazza più buffa del mondo, ma allo stesso tempo eri così sensuale, praticamente nuda con quegli stracci addosso, che mi sei rimasta in testa per delle ore.-
-Buffa…- ringhiai.
-E sensuale. Che fai, Giglio Tigrato, perdi i pezzi?-
Giglio Tigrato. No, rendetevi conto. L’avevo rimossa, questa tizia. Lui aspettò che finissi di ridere, poi proseguì. Evidentemente mi doveva dire qualcosa di Fondamentale, pensai.
-Poi, il giorno dopo, io sono lì che butto l’occhio fuori dalla finestra dello studio e tu arrivi precisa. Buffa, di nuovo. Aspetto che tu salga, ti sento che arrivi, apro la porta, e sei di nuovo sensuale. Mi hai incuriosito talmente tanto che mi sono azzardato ad offrirti il caffè, e guarda che prima non scherzavo: ho sconvolto la mia segretaria, e da quel giorno mi chiede sempre “novità, avvocato?” con in faccia quell’odiosa espressione saputa di chi ha già capito tutto, e neanche ho la soddisfazione di poterle dare torto!-
Risi, affondando la faccia nella sua clavicola. Alzai lo sguardo e i suoi occhi azzurrissimi di sole brillavano.
-Sono lì che mi chiedo come fare a rivederti, pensavo già di dover inventare cose inutili da portare a tua madre, e invece tu mi batti ancora. Da lì, mia cara, è stata una specie di slavina. Sei un capolavoro, Leah. E oggi... non c’è mai il sole, a Forks. Quando c’è, tutte le altre cose si mettono da parte. L’unica cosa giusta da fare è godersi la giornata.-
-Te l’ho detto che adoro questa tua filosofia?- chiesi io, che vedo la pioggia anche quando non c’è, e la Natura lo sa che l’uomo perfetto per me è quello che invece disperde le nuvole.
-Me l’hai detto adesso!- Rise Lui. Poi si girò su un fianco, allungandomi la maglietta.
-Rivestiti, dai, che prendi freddo e poi voglio vedere cosa racconti a tua madre!-
Prendo freddo. Io. Gli presi la mano e la portai sul mio viso, sul collo, sul seno. Sperando ardentemente che non ci fossero foglie secche in prossimità di me, anche se a Forks lo vedo improbabile.
-Ti sembro una che sta prendendo freddo?- La mia voce si era arrochita. Tanto. Controllati, accidenti, dissi al mio corpo che andava per conto suo, devi proprio fare la figura della cagna in calore?
Ad Abraham quella figura lì parve comunque non dispiacere particolarmente.
-No, in effetti no-, rispose, incurvando le labbra in quel suo sorrisetto ironico e beffardo e proseguendo la mia carezza sul corpo, scendendo lungo il ventre.
Ci mise poco a togliersi di nuovo i pantaloni. L’avevo detto, io, che erano inutili.

Non vi dico i compagni di branco. No, perché non ci si crede.
Appena tornata a casa Seth mi requisì per portarmi giù a First Beach, dove avevano passato il pomeriggio ad allestire un falò, riempirsi di schifezze e procurarsi birra con la scusa che tanto per riuscire ad ubriacare uno di noi bisognerebbe prosciugare la Germania. A quel punto hanno voluto sapere com’era andata; io, che ancora mi aggrappo tenacemente alla convinzione di far parte della razza umana, avrei voluto raccontare a voce la mia giornata, ma loro? Figuriamoci: avrei potuto mentire od omettere pezzi importanti (che in verità era proprio quello che avevo intenzione di fare, mica per cattiveria, ma insomma, trovo che un brandello di pudore ogni tanto sarebbe carino conservarlo), ed avrebbero dovuto stare in silenzio ad ascoltarmi, e perché farlo quando, parole testuali di Jacob, “basta che ci trasformiamo giusto quei cinque minuti e poi mettiamo su le salsicce”?
E io contro gli ordini di Maschio Alfa perdo. Ed anche contro le salsicce.
Dopo quei famigerati cinque minuti partirono gli incitamenti, le urla e i cori da stadio, corredati da biechi commenti sulla sessualità di Abraham degni dei Peggiori Bar Di Caracas che misi a tacere aiutata da Seth. Per nessuna ragione apparente infatti quest’ultimo aveva deciso di mettersi a fare la parte del fratello oltraggiato, e beveva cupo del rhum spuntato fuori da chissà dove minacciando di tanto in tanto di prendere il fucile ed andare ad aspettare sotto casa quel bastardo bianco che aveva sedotto sua sorella. Embry obiettò che lui il fucile non lo sapeva usare e comunque avrebbe provocato molto più danno con un semplice rullo di botte, Seth sputò per terra e ribattè che le tradizioni vanno rispettate. Quando Quil gli fece presente che non c’è nessuna tradizione dei Quileute che preveda di sparare col fucile agli amanti delle proprie sorelle, Seth rispose che adesso c’era. Jacob ci pensò su e disse che in effetti vista così la cosa non gli dispiaceva per niente, e che siccome lui era capobranco dichiarava millenaria questa nuova usanza e annunciava la prossima morte di Paul. Io mi chiedevo a chi era venuta in mente la teoria per cui i licantropi non si ubriacano, perché questi mi sembravano tutti un pezzo in là; ma dal momento che anch’io ci stavo andando giù pesante e non sentivo che un lievissimo giramento di testa conclusi che erano semplicemente un gruppo di scemi.
Attualmente lo spettacolo migliore lo stava dando Jacob, che in piedi su un ceppo di legno come su un pulpito stava per motivi ignoti anche a lui battagliando al telefono con tutta la famiglia Cullen.
-No, Bella, non sono ubriaco, passami Carlisle, te lo dice lui che i licantropi non possono ubriacarsi! Nessie è lì? Ma come sarebbe è con Rosalie? Perché sta con Barbie Girl in a Barbie World? Cosa ride Alice? Diglielo, che la sento! Lo so che mi senti anche tu, ciao nana, cosa ridi? No, no, Bella, non ti stiamo facendo reggere il telefono mentre facciamo conversazione tra noi, dai, strappa tua figlia dalle grinfie di Narcissa Malfoy e passamela! Ecco, mentre l’andate a chiamare passami mio suocero, che Seth gli deve parlare! Ma Edward, no? E chi, scusa? Deve chiedergli di prestargli la Ferrari, perché da ormai diecimila anni i Quileute ammazzano i propri nemici andando a casa loro in Ferrari per poi fucilarli! Ma non siamo ubriachi, ti dico! No, dì a Emmett che la sua Hammer non la vogliamo, perché non è rossa come il sangue! Sì, poi se Psycho ci monta il NOS Dominick Toretto ci fa una sega! Oh, sento Nessie! Passamela! Ciao mostro, ti volevo dare la buonanotte… Ragazzi, dite tutti “buonanotte” a Nessie! Sì che vengo domani mattina, tu quando ti alzi mi telefoni ed io vengo. Dì a tuo papà che lo sento! Sì, anche se ti alzi alle cinque, ma perché poi ti dovresti alzare alle cinque? Ma scusa, mostro, allora guarda le corse col papà e le zie, e poi io vengo e mi dici chi ha vinto…ok, no. Agli ordini. Ci vediamo domani, allora. Fai dei bei sogni. Per esempio potresti sognare me! Edward, ti sento! Va bene, Nessie, buonanotte! Certo che ti voglio bene, te ne voglio più di tutti! Ciao, mostro! Ragazzi, Nessie vi saluta. Cazzo avete da guardare?-
Ridemmo fino alle lacrime. Io ero stesa nella sabbia con i crampi alla mascella ed i lacrimoni, rendendomi conto che stavo passando La Più Perfetta Giornata Della Mia Vita. All’improvviso Seth si riebbe e mi si avvicinò con un ghigno sinistro, le fiamme verdastre che gli creavano strane ombre sul viso, la bottiglia del rhum semivuota.
-E così ti ha invitata fuori a cena, eh? “Cena italiana a Port Angeles”, eh?-
Abraham mi aveva invitata fuori mentre tornavamo a casa, dicendo che un conto è invertire l’ordine di due o tre tappe dell’inizio di una relazione, un conto è saltarne qualcuna di fondamentale tipo uscire a cena (pregasi notare la parte importante: aveva proprio detto “relazione”).
-Sì Seth. Sì. Che diamine c’è, adesso?-
Lui rise, una risata isterica, da pazzo. Noi lo guardavamo perplessi ed anche un po’ preoccupati.
-E adesso voglio vedere come lo racconti alla mamma!-
Jacob, Quil ed Embry ricominciarono a ridere come scemi, mentre io cercavo di farmi passare il brivido freddo che mi era corso lungo la schiena. Per fortuna a quel punto mio fratello lanciò a Quil la bottiglia e mi stritolò in un abbraccio spaccaossa come non me ne dava più da quando alle elementari gli avevano detto che le femmine fanno schifo e non si toccano, dicendo che mi voleva bene ed era felice per me e aveva dovuto farsi fuori una bottiglia quasi intera per riuscire a dirmelo. È ufficiale: sono imparentata con un cretino.
Molte ore, salsicce, birre e cazzate dopo mi trovai seduta a fianco di Jake, osservando mio fratello dormire ed Embry e Quil tirare sassi nell’acqua.
-Siete stati davvero carini, Jake. Grazie. Che poi se la giornata fosse andata male avreste dovuto saltare la festa, e considerando la mia Sfiga Brevettata avete corso un bel rischio!-
Lui mi passò la birra che aveva in mano, sorridendo.
-Ma figurati Leah, era ovvio che sarebbe andata bene: gli imprinting vanno bene per forza, almeno mi auguro…-
Nella bottiglia c’erano non più di due sorsi contati di birra, quindi appena lo vidi incupirsi la finii per poi picchiarlo sulla testa con la suddetta.
-Se ti pesco ancora a pensare che quella sottospecie di aborto amazzonico travestito da Quetzalcóatl possa portarti via il mostro di Loch Ness ti eviro con un cavatappi, Jacob Black, sono stata chiara?-
-Ahia, idiota, mi hai fatto male! E comunque, figurati: già mi sono fatto scappare Bella, ci manca solo questo qui. Se si avvicina a Nessie gli do fuoco con l’accendigas. Un ultimo appunto, Leah. La festa si faceva comunque.-
-In che senso, scusa?-
Lui assunse un’espressione trionfante.
-Se ti fosse andata bene, avremmo fatto la festa per festeggiare. In caso contrario, sarebbe stata una festa di consolazione!-
Ci provò a fuggire di scatto. Ma sono la Più Veloce, e lo picchiai comunque.







NOTE:Che dire? Si tromba. Non succede niente, a parte una trombata. Almeno quella.
Custer ci tiene a far sapere che ha anche un'altra regola, che è "Non parlare mai del Fight Club", ma non era il caso di inserirla nel contesto...
Ogni riferimento a toraci marmorei e puritani del Solo Con L'Anello Al Dito è puramente voluto.
Gente, non so come ringraziarvi. Siete... siete... non so, mi dite cose che... aiuto. Mi lasciate senza parole.
Grazie mille, davvero. Grazie.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 5 - In cui si parla di Madre, di scarpe e di vestiti ***




CAPITOLO
In cui si parla di Madre, di scarpe e di vestiti

Non è facile essere figli di Sue Clearwater.
Non è tanto il fatto che è una donna con le palle; è che non le ha quadre, le ha cubiche.
Se mai uno dei succhiasangue decidesse di prendersi Madre, lei col solo suono della voce comanderebbe le folle. Ovviamente poi quel succhiasangue morirebbe male, ma non è questo il punto. Se Madre dice no, è No. Se lo dice a Satana, Satana china la testa e chiede scusa.
Quando è morto papà si è concessa tre giorni di lutto, poi si è guardata attorno, ha preso atto del fatto che doveva occuparsi dei suoi due figli che oltre ad avere perso il padre non capivano ancora come si collocasse nel mondo il fatto che esistessero dei lupi mannari e loro erano tra questi, ci ha guardato in faccia ed ha detto: -Va bene, adesso andiamo avanti.-
È andata avanti e ci ha trascinati avanti con lei.
Sue Clearwater è una locomotiva. Davanti agli imprevisti papà è sempre stato spiazzato e con l’avanzare dell’età questo gli è stato fatale, io faccio finta che vada tutto bene per poi perdere la testa appena la patina di autocontrollo crolla, Seth abbassa filosoficamente il capo e aspetta che il momento brutto passi. Madre no. Madre tira la carretta, e se non ce la fa da sola mette tutti gli altri dietro a spingere.
È abbastanza ovvio che in queste condizioni fare qualcosa che lei potrebbe disapprovare è pressochè impossibile. Sam il Super Maschione Alfa le volte che la vede, pur non avendo nessuna colpa per il suo imprinting con Emily e sapendo che Madre lo sa, manca poco che si stenda ai suoi piedi mostrandole la gola. Billy Black dice che sarebbe stata un gran bel lupo, e sbaglia: lei non sarebbe stata un lupo, sarebbe stata Il lupo.
Questo excursus Tutto Su Mia Madre è solo per far capire in che stato ero sapendo che non potevo scampare, dovevo dirle che uscivo con l’avvocato che le aveva procurato Charlie e che ci uscivo perché ero innamorata di lui nonostante avesse quasi il doppio della mia età e non fosse non solo uno della riserva, ma nemmeno un nativo. Augh, tu essere puttana dei visi pallidi.
Tentai subdolamente di prenderla larga.
Un paio di sere prima della Giornata Fatidica la beccai sul divano del salotto intenta ad indovinare la parole di un quiz. Mi presi dunque una lattina di birra dal frigo e ne portai una anche a lei, assicurandole che non l’avrebbe mai saputo nessuno. Mammà sorrise e aprì la sua birra, il profilo illuminato appena dalla luce del sole lucido che tramontava dietro la pioggia sottile. Le somiglia più Seth di me, pensai.
-Allora ma’, non viene Charlie Swan, oggi?- Chiesi.
-Oggi? No, Leah, perché? Hai bisogno di qualcosa da Charlie?-
-No, era solo perché, beh, mi sembra che andiate molto d’accordo voi due ultimamente…-
Lei mi guardò assorta. Una musichetta da film western ci sarebbe stata benissimo.
-Sì, Leah, andiamo d’accordo. Lo conoscevo in maniera superficiale, invece ho scoperto una persona molto piacevole. Ma entrambi, come ben sai, abbiamo dei figli che vengono prima di ogni altra cosa. Senza contare che siamo tutti e due vecchi e stanchi-, aggiunse con un sorriso che diceva tutt’altro.
-Ma dai, mamma, che c’entriamo noi? Siamo tutti abbastanza grandi, figurati! Forse all’inizio mi dava un po’ fastidio avere un dannato poliziotto in giro per casa, ma adesso è tutto a posto, sai?-
-Farà il paio con l’avvocato!- piazzò lei, ridendo sotto i baffi. Colpita e affondata.
Sputai per tutto il salotto il sorso di birra che avevo in bocca, per poi abbaiare –Cosa ti ha raccontato Seth?- appena mi ripresi. Decisi in cuor mio che in fondo un fratricidio non era poi un delitto così mostruoso, visto che perfino Dio non aveva permesso a nessuno di far del male a Caino.
-Seth non mi ha raccontato un bel niente, signorina. Ma sei mia figlia, ti ho portato in grembo e ti ho cresciuta, e sarei proprio una madre da poco se non riuscissi a capire neppure queste cose. Senza contare che viviamo a La Push, e il pettegolezzo è uno sport parecchio diffuso qui; chiaro che se te ne vai in giro in spiaggia con un uomo lo vengo a sapere ancora prima che rientri a casa!-
Ma porca merda. Tutti questi dannati indiani fancazzisti ed impiccioni. Dove sono i cow-boy quando servono? Lei ovviamente continuò.
-Oltretutto sono molto più vecchia di te, e il tuo tentativo di cercare di fregarmi barattando il tuo favore a Charlie in cambio del mio non avrebbe mai funzionato. È puerile e malfatto, ma spero che almeno su questo l’avvocato possa migliorarti.-
Risi, ma mi bloccai quando mi accorsi che lei mi stava invece guardando accigliata.
-E allora, Leah, cosa volevi dire con tutto questo bel teatrino?-
Strinsi le spalle sotto i suoi sguardi che pungevano come strali e guardando ovunque tranne che verso di lei biascicai che Abraham mi aveva invitata a cena per dopodomani e che io avevo accettato.
-Ah, siamo già a questo punto?- commentò secca.
Porca puttana. Meno male che non sapeva proprio tutto, altrimenti temo che avrebbe dissotterrato l’ascia di guerra da sotto l’ortensia e sarebbe andata a prendersi lo scalpo di Abraham indossando un copricapo piumato.
-Mamma… è una cena. Cosa vuoi che succeda? Mi vesto bene, mangiamo roba italiana, parliamo, poi magari beviamo qualcosa e mi faccio riaccompagnare a casa!-
Lei mi guardò con l’espressione Non Raccontiamoci Favole.
-Ma tu, Leah, credi veramente che non li abbia avuti anch’io vent’anni? E a voler essere pignoli ne ho avuti anche quaranta, quindi né tu né quell’altro potete stupirmi in alcun modo. Non provarci neppure.-
Sospirai. –Insomma, mamma… ti va bene o no?-
Mi trapassò con lo sguardo. –Perché, se dicessi di no cambierebbe qualcosa?_
Cazzo. Cazzo, cazzo, cazzo. Non credevo che potesse essere così difficile; Sam le era andato bene subito… certo che poi, visto come era finita, magari aveva fatto tesoro dell’esperienza e come risultato adesso faceva la severa con L’Uomo Della Mia Vita. Che razza di sfiga.
Ma per quanto amassi follemente mammà, la risposta era a senso unico. Mi ersi come un’aquila e affrontai fiera Madre.
-No mamma, non cambierebbe niente. Non da parte mia, almeno, e mi auguro che tu non ti comporterai come le suocere terribili da soap-opera di serie zeta. Però ecco, se tu fossi contenta, o se almeno aspettassi di vedere se questa volta mi va bene prima di arrabbiarti, io sarei molto più tranquilla.-
Lei mi guardava in silenzio, accigliata, severa come un idolo.
-Dai mamma, fai la brava, per piacere!- implorai.
Lei scoppiò a ridere. Ma tanto, e di gusto, ’sta stronza.
-Ti sto prendendo in giro, sciocca! Fai quello che vuoi, sei grande, vaccinata e ti trasformi in lupo mannaro. Se dovesse andare male, Leah, io ho le spalle grandi, lo sai. Ma a occhio e croce stavolta direi che potrebbe anche andare bene!-
-Mamma! Ma ti sembra il caso? Sei impazzita?- poi mi interruppi, valutando il senso del suo discorso. –Davvero pensi che andrà bene?- chiesi ansiosa. Sono donna, il parere di mammà conta eccome.
-Hai cambiato faccia da quando quell’avvocato ha messo piede qui. È tornata la mia Leah, e solo per questo già sta andando bene, perché mi mancava tanto. E Abraham Custer… è stato irreprensibile, ma non ti ha perso di vista nemmeno un secondo. Certo, a voler essere pignoli è un po’ troppo grande e non è nemmeno un nativo, ma credo che tu abbia bisogno che ti stia accanto un uomo più grande… l’ho sempre pensato, sai, anche se non credevo così tanto. Vacci pure a cena Leah, ma mi raccomando, fai la brava!-
E certo. La brava, come no.
Il meglio però fu Seth. Quella sera venne nella mia camera, mi chiese di non parlare e mi snocciolò il suo discorso tutto d’un fiato:
-Leah, io sono felice per te, davvero. Ma ricordati bene di una cosa: se questo Custer ti fa soffrire, se io ti vedo solo una volta piangere per colpa sua, appena lo saprò, perché io lo saprò, sai bene come, questa volta non va a finire come con Sam. Questa volta io l’ammazzo. Ci siamo capiti?-
-Devo attaccare la musica del Padrino?- fu la mia risposta.
Lui s’incupì, ma non aggiunse altro. Tornò in camera sua e quando fu sulla soglia mi gridò –Io ti ho avvertito!- per poi chiudere la porta sbattendosela alle spalle.

-Leah, vieni con me e Seth? Andiamo dai… cacchio!-
La privacy, a casa mia, era come il lupo marsupiale della Tasmania: estinta.
Con la scusa che tanto ormai non c’era nulla che non si sapesse degli altri membri del branco, tutti tendevano a fare quel diavolo che gli pareva come ad esempio, nel caso contingente, spalancare la porta della mia camera mentre mi provavo il vestito per la cena italiana. Fortuna che almeno l’avevo già addosso.
-Toc toc. Chi è? Sono Jake, posso entrare? Un momento… sì, avanti. Dai, ripeti. Vedrai che ce la fai, se t’impegni.
Lui sbuffò e agitò la mano, come se le mie parole fossero inutili mosche che gli ronzavano intorno.
-Certo, certo… Però, Leah, che gran fica che sei! Guarda che così lo ammazzi quel povero vecchio!-
-Uno che potrebbe andare in galera con solo una mezza parola sbagliata dovrebbe stare attento a come definisce le Anime Gemelle degli altri, sai Jake? Specialmente poi considerato che parli tu, che chiami la tua col nome del mostro di Loch Ness!-
Ridacchiò. –Ma, infatti, io sono conscio delle caratteristiche intrinseche di Nessie. Quindi tu Abraham lo potresti soprannominare Nonno, per esempio. Comunque stavamo proprio andando dai Cullen, io e Seth; vieni anche tu per una volta! Magari finisce che ti piacciono!-
Lo fulminai. Non ne volevo neanche sentirne parlare. Già mi faceva schifo che mio fratello tornasse a casa con addosso quell’odore cimiteriale di fiori in decomposizione, figuriamoci se mi ci andavo ad infilare in mezzo quando non ne ero obbligata.
-Farò finta di non aver sentito. Già che ci sei, guarda bene: così o così?-
Avevo optato per un abitino nero, molto femminile, dalla linea semplice; non che avessi una gran scelta in fatto di abiti eleganti, ma quello mi era sempre piaciuto un sacco: faceva talmente tanto Audrey Hepburn che in quanto ad eleganza era praticamente una certezza. Ora ero dilaniata da un dubbio: ci mettevo la spilla di tessuto bianco e nero con le piumette, o la cintura alta in vita? Jake mi guardò, perplesso.
-Mah. Boh. Sono belle tutte e due. Dai, che ti frega, metti la prima che capita, gli uomini non le guardano mica queste cose!-
Ecco cosa vuol dire avere solo amici maschi. Pensare che non li chiedo mai i consigli sull’abbigliamento. Mai. M’importa anche poco, in genere, del modo in cui sono vestita. No ragazzi, davvero, l’Amore è uno stronzo. Se lo conosci lo eviti.
-Comunque Jake, anche volendo, e non vorrei, non potrei venire con voi: oggi pomeriggio vado con Emily a Port Angeles.-
-Con Emily?-
-A Port Angeles. Devo trovare un paio di scarpe decenti. Sai, stamattina è passata da casa con la scusa di lasciare delle cose a mammà, e così… Una volta, neanche troppo tempo fa, era praticamente mia sorella, Madre dice che Tutte Le Donne Sono Sorelle e poi l’amore rende tolleranti. Sono quasi sicura che non l’ammazzerò, oggi.-
La previsione rischiò di non avverarsi, perché ovviamente ci si mise di mezzo il Destino Porco Bastardo che decise di accanirsi nell’unico modo in cui gli fu possibile farlo: a Port Angeles non vidi un paio di scarpe decenti nemmeno col binocolo, le uniche che potevano quasi soddisfarmi erano di marca e non mi sembrava il caso di accendere un mutuo per un paio di tacchi. In tutto questo, poi, si aggiunga che il lungo distacco mi aveva fatto dimenticare una caratteristica topica della mia cugina-sorella-rubafidanzati: ossia che Emily è bellissima (o almeno lo era prima che l’Idiota le scartavetrasse via mezza faccia), dolcissima, generosissima e la Miglior Cuoca Dello Stato Di Washington, ma è disperatamente malvestita.
Cioè, non è che parli la Carrie Bradshaw Delle Minoranze Etniche, io sono la prima che esce di casa messa come il porco, ma almeno due nozioni due mammà me le ha inculcate, a forza di “non si abbinano le fantasie diverse” o “blu e kaki non vanno insieme, e comunque lascia perdere il color kaki, non sei mica nella savana”. Lei no. Lei non capiva perché non andassero bene quelle scarpe così antiche che forse avrebbe schifato anche la Terza Moglie o quelle tremendamente rosa da Reginetta Del Ballo. Ed io non potevo sbottarle contro, che senso ha passare sopra gli screzi in nome dell’Amore e poi mandarla definitivamente a fare in culo per un paio di scarpe?
Così tornai a casa senza aver comprato niente, Nera Come La Muerte, ma con una Emily felicissima e la promessa di una torta grassa e buonissima piena di cioccolato per il giorno dopo.
L’Epilogo Glorioso Di Questa Nobile Quest fu che dopo cena Jake riaccompagnò Seth recando seco un grosso sacchetto e sfoggiando l’espressione da bambino che ha fatto una marachella e non sa bene cosa aspettarsi da sua madre.
-Leah, scusa, sai, non è che io volessi dirglielo, ma Edward legge i pensieri e poi non siamo riusciti a fermare Alice… dice che tanto a Port Angeles non avresti trovato niente, e non perché può vederti, non può, ma è che dice che lì i negozi fanno proprio schifo, punto… Dice che puoi tenerle, tanto l’unica col tuo numero è la psicopatica che sicuramente non si metterà le stesse scarpe che ha indossato una di noi. E dice anche che la spilla è più bella della cintura, è più particolare… scusa…-
Nel sacchetto c’era una scatola da scarpe bianca e rosa, legata con un nastro. Dentro c’erano un paio di decolleté nere a tacco alto, con davanti una fila di brillantini ai quali erano agganciati dei piccoli Swarovski pendenti. E un pendente era attaccato anche al tacco, come una goccia di cristallo. Puzzavano di vampiro, ma erano il mio numero e, porca merda, erano davvero bellissime.
L’amore rende tolleranti? E tolleriamo, cazzo.
-Va bene,- ringhiai, -ringrazia i Cullen. Ma le terrò solo in prestito, poi gliele riporti, e che la psicopatica faccia di loro quello che le pare.-
Jake sorrise, sollevato. –Vedi che in fondo, alla fine, non sono poi così male?-







NOTE:La mamma di Leah e Seth si chiama davvero Sue. Quanto sia Mary non lo so, ma suppongo parecchio, dato che tutti la adorano e appena rimane vedova imbrocca immediatamente due omini (Billy e Charlie)! Scherzi a parte mi è sempre sembrata una donna molto forte, ed è così che ho cercato di rappresentarla.
Perché Emily è malvestita? Perché da qualche parte, in non so quale dei libri, la Meyer le aveva messo una mise allucinante. Ora, la Meyer manda Bella al suo primo appuntamento con camicia blu e gonna lunga color kaki, e lascia che Edward vada a fare trekking con pantalone kaki, camicia bianca e pulloverino (praticamente vestito come i vecchietti del bar), quindi magari il problema non è di Emily ma della Meyer, però insomma… Emily è Santa et Perfetta, potrà almeno vestirsi male, no? Carrie Bradshaw (che nomina Leah) è la protagonista di “Sex and the city”, e naturalmente anche i consigli di mammà sugli abbinamenti NON sono puramente casuali! XDD
le scarpe di Leah esistono, sono di Les Tropeziennes e io LE HO. Già, le ho. Trovate in supermegasaldo, una botta di culo allucinante perché costavano uno sproposito ed era da un anno che le puntavo, ma le ho.
Ok, capitemi, lo so che non ve ne fregava nulla, ma sono una maniaca delle scarpe! E quelle sono bellissime, giuro!
Bene, detto ciò, vi ringrazio di nuovo. Grazie per ogni vostra risata, per ogni vostra parola, e grazie ai vostri mariti per non avermi ancora mandato i sicari sotto casa (ditegli almeno di sceglierli fighi, se proprio devono)! Non riesco a ringraziarvi come vorrei, non so farlo. Sappiate solo che vi adoro!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 6 - Ovvero come addomesticare una lupa: prima dalle da mangiare, poi forniscile una tana. ***




CAPITOLO 6
Ovvero come addomesticare una lupa: prima dalle da mangiare, poi forniscile una tana.

-E così appena è uscito a fumare gli abbiamo scambiato il vino che aveva nel bicchiere con il rosso della casa; quando è tornato dentro l’ha fatto girare, l’ha annusato e l’ha bevuto soddisfatto facendo anche considerazioni argute su bouquet e tannino. Non riuscivamo a guardarci per paura di scoppiare a ridergli in faccia, sta di fatto che da quella volta lo chiamiamo Brunello.-
Risi di gusto bevendo il mio bicchiere di vino rosso; Abraham mi stava raccontando dell’ultima volta che era stato in Italia a trovare gli amici che aveva là, un anno prima. La provvidenziale torta al cioccolato di Emily aveva il pregio di avermi fatto il fondo, così evitai di buttarmi sui ravioli con la voracità di uno sciacallo, e l’abitino alla Audrey con annesse scarpe delle vampire avevano fatto la loro porca figura, a giudicare da come mi stava guardando Lui. Che era bellissimo.
No, davvero. No, non è una questione di imprinting, era bellissimo obbiettivamente, quella sera. Non che di solito non lo sia. Ok, magari di solito è imprinting, ma quella sera no. Giuro.
-Prima o poi mi toccherà andare in Italia davvero!- gli dissi ridendo. Lui mi versò un altro po’di vino.
-Ma certo. Ti ci porto io.-  Poi alzò un sopracciglio. –Da sola correresti il rischio di trovarti in Francia per sbaglio, ed i francesi sono veramente insopportabili.-
-Ah. Ah. Ah. Guarda che adesso non puoi più tirarti indietro. Dovrò salire sulla torre pendente di Bologna.-
Lui scosse la testa. –Mi spiace disilluderti, ma non ci si può salire. E tu non puoi salire neppure sull’altra: dicono che farlo prima della laurea porti sfortuna. Ma se vuoi una torre pendente posso portarti su quella di Pisa che è molto più bella e famosa, e poi in Toscana ci sono un sacco di paesini splendidi: Lucca, Montepulciano, Volterra…-
Volterra. Ecco qual era il nome del paese sconosciuto da cui venivano i Supercattivi. Protestai con veemenza perché non volevo vedere mai più nella mia vita il Bello, Il Brutto E Il Cattivo versione Dracula, né correre il rischio di ritrovarmi nuda, incatenata ad un trono e con al collo un guinzaglio di diamanti facenti parte del tesoro perduto di Giovanni Re Fasullo D’ Inghilterra.
-Niente Toscana. È troppo inflazionata, la Toscana. Voglio davvero vedere Bologna. E Venezia, ecco, vorrei andare su una gondola e comprarmi una di quelle maschere bellissime.-
-Come vuoi-, asserì lui. Poi sorrise. –Stai già progettando le nostre vacanze?-
Oh, cazzarola. Tira il freno a mano, cretina, pensai. È cosa nota che gli esseri di sesso maschile si spaventino a parlare di progetti e tu cosa fai? Ne parli durante la prima uscita (o seconda, o terza, non capivo bene come dovevo considerarla)?  È che io sono proprio una da progetti, a dispetto del mio aspetto da maschiaccio punkabbestia. Col mio ultimo ragazzo progettavamo di sposarci non appena avessi terminato il college, per dire. Poi ci sono stati dei lievissimi incidenti di percorso, ma non è questo il punto.
Così biascicai qualcosa ridendo imbarazzata, bloccai il cameriere per ordinare il secondo e mi tuffai con gioia dal trampolino del cambio d’argomento. Lui mi seguì e la cena proseguì senza intoppi, tra discorsi di libri, musica e vita vissuta. Non dirò una banalità... non è vero, ora la dico: mi sembrava di conoscerlo da sempre. E mi viene da vomitare da sola, ho detto tutto.
La Seconda Parte Della Serata ebbe inizio sul pontile di fronte al ristorante, su cui eravamo andati a fare due passi. Proprio quel pontile dove tutte le coppie si intorcigliano a limonare nelle sere come questa, guardati con un certo disprezzo da persone come me che non sopportano le effusioni in pubblico, e su cui ora stavo pensando “baciami stupido” con un’intensità quasi dolorosa. Perché Lui, dimostrando più decenza, si limitò a tenermi a braccetto e sganciare La Proposta.
-Adesso potremmo andare a bere qualcosa in uno qualunque dei locali che ci sono qui a Port Angeles,- mi disse stringendosi nelle spalle, -Oppure potremmo andare a Forks a casa mia, ti faccio sentire il rhum con il cioccolato fondente e ti presto “Il buio oltre la siepe” così quando ti riaccompagno dovrai darmi immediatamente in cambio un tuo libro. Scegli tu, come preferisci.-
Le parole “a casa mia” mi si erano stampigliate in testa come un marchio a fuoco. Scelsi quella, ovviamente, motivandola con uno stupido “non ho niente da leggere”.

Casa Sua non era né la classica casa da scapolo con calzini sul ventilatore e acari della polvere grossi come levrieri, né l’appartamento impeccabile e minimalista da maniaco della precisione. Era ordinata ma vissuta, la classica casa di uno a cui piace condividerla con gli amici. Pensai istintivamente a una tana calda, ed i lupi nelle tane ci stanno benissimo.
Mi ero accomodata sul divano dai colori vivaci, del genere che io definisco Divano Killer perché sono comodissimi e si finisce per addormentarcisi sopra ogni volta che si guarda il televisore, quando Lui si palesò dalla porta della cucina in cui era entrato. Si era tolto la giacca ed arrotolato le maniche della camicia, in una mano aveva la bottiglia del rhum con due bicchieri e nell’altra un piatto pieno di scaglie di cioccolato fondente. Se dalle altre due porte fossero entrati Johnny Depp vestito da Jack Sparrow e Brad Pitt vestito da Mickey lo zingaro, giuro che non me ne sarei nemmeno accorta. O meglio: me ne sarei accorta, li avrei guardati un pochino e poi avrei maledetto la mia sfiga che me li faceva comparire davanti proprio ora che non ci avrei combinato nulla, perché era inutile: in quel momento Lui li sconfiggeva entrambi.
Fu da quel preciso istante che nel mio mondo interiore l’espressione “voglio il mio avvocato” assunse un significato radicalmente diverso da quello per cui era stata coniata.
Sperando che non mi fosse caduta la lingua di fuori e che la mia natura ferina stesse a cuccia, sorrisi con grazia e con estrema classe attesi di essere servita, poscia libammo ne’ lieti calici degustando alfine il cioccolato. Lui mi guardava ridendo sotto i baffi, fece qualche superficiale osservazione sul rhum, e mi riempì di nuovo il bicchiere quando lo terminai.
-Stai cercando di ubriacarmi?- lo apostrofai.
-Sto cercando di ubriacarla, signorina, onde raggiungere l’ottimale via di mezzo sita tra le fasi “statua di ghiaccio” e “menade impazzita”. Quanto crede che mi manchi?-
Presa alla sprovvista, vuotai il bicchiere in una sola sorsata. Lui scoppiò a ridere, io appoggiai il bicchiere vuoto sul tavolino, mi pulii la bocca col dorso della mano e ghignai.
-Direi che ci siamo appena arrivati-, lo provocai.
E allora, solo allora, mi baciò.
Ma piano, e così, quasi con nonchalance. Quasi come se si fosse chinato e toh, guarda un po’, le mie labbra erano sulla sua traiettoria. E come bacia bene, Abraham. Potrebbe scrivere libri, sull’arte del baciare. Tomi. Enciclopedie. Ha quel modo di accarezzare il collo, leggero, che manda brividi in tutto il corpo e che quella volta contingente me l’ha fatto abbracciare di slancio, affondandogli la mano nei capelli. E siccome io sono un lupo mannaro e lui no, il mio abbraccio irruento l’ha sbilanciato e siamo caduti stesi sul divano, in posizione perfetta e precisa per… ci siamo capiti. Fare quelle cose lì.
E avrebbe potuto farle immediatamente, con foga, come quel pomeriggio nel bosco quando c’era l’urgenza di stare vicini perché quasi non ci credeva nessuno dei due e bisognava concludere prima di scoprire che era solo un sogno o roba del genere; ma questa volta non c’era urgenza, c’erano tempo e una tana calda, e baci al sapore di rhum e cioccolato fondente. E ce li godemmo a lungo, tutti.
Smettemmo di dedicarci alle meritate sconcezze solo quando Lui incrociò casualmente lo sguardo con l’orologio a muro e mi disse: -Scusa, Leah, temo di averti fatto fare parecchio tardi-. Rovesciai controvoglia la testa verso l’orologio e sibilai un’imprecazione, formulando ad alta voce il seguente pensiero: -Mia mamma dovrà farsene una ragione.-
Lui si alzò dal divano, recuperando i vestiti. -Il che significa che posso invitarti fuori altre volte.-
-Mi sembra chiaro.-
-Sempre che Sue Clearwater non ti chiuda a chiave in camera tua. Non credo di essere in grado di declamare versi poetici sotto ai balconi. Può andare bene lo stesso la Costituzione?-
-Non ho il balcone, e Romeo mi è sempre stato sulle palle. Ti rendo noto, comunque, che non ho quindici anni e mia mamma non mi chiuderebbe mai a chiave in camera mia.-
Più che altro perché sa bene che sarebbe completamente inutile, aggiungerei.
-No, queste decisamente non sono scarpe da quindicenne. Sono troppo sensuali.- Mi stava porgendo le scarpe delle vampire, foriere peraltro, devo ammettere, di giochetti erotici niente male. “Capisci che gira male quando ti senti in colpa per essere stato sgarbato coi vampiri”; c’era un periodo che Jacob faceva sempre pensieri di questo genere, ed ora c’ero cascata anch’io. Maledetti Cullen.
Abraham recuperò giacca e chiavi della macchina e poi, dopo averci pensato un attimo, un paio di lettere. Al mio sguardo interrogativo spiegò che il tizio che aveva tamponato mammà pagava danni, risarcimenti e quant’altro, e se avessimo trovato la suddetta con in volto la pittura da guerra e il tomahawk tra le mani avremmo potuto cercare di placarla con quella notizia in anteprima.
-La supremazia delle leggi dell’uomo bianco!- esclamai ridendo.
-Sai a cosa pensavo, Leah?- mi disse dopo un po’, mentre metteva in moto l’auto e partiva. Non chiamandomi (grazie agli dèi) Edward Cullen, feci cenno di no. Era buio e Lui guardava la strada, ma io sono un lupo e vedevo i suoi occhi brillare persino sbirciandoli dallo specchietto retrovisore.
-Che se fossimo non dico fidanzati, ma per lo meno una coppia, sarebbe tutto molto più semplice: non dovresti calarti giù da nessuna finestra appena mi senti declamare sentenze, e potremmo persino progettare le vacanze.-
Grande Spirito, Ephraim Black, Levi Uley e Quil Aetara I, se sto dormendo proteggete quel povero disgraziato che verrà a svegliarmi, a meno che non vogliate ritrovarvelo al più presto tra i verdi pascoli del cielo.
-Quindi… mi stai chiedendo di essere la tua ragazza?-
E con questo il premio della Domanda Più Cretina Del Secolo ce lo siamo portato a casa. Congratulazioni.
-“La mia ragazza”. Sì, mi piace. Sì, te lo sto chiedendo.-
Il cielo si aprì, comparve una grande luce e un coro di cherubini dalle ali rosse si mise a cantare “I’m in Heaven”.
-Accosti, avvocato Custer, che ratifichiamo l’accordo.-
Lo ratificammo alla prima piazzola di sosta, accrescendo ulteriormente il mio ritardo. E chi se ne frega, però.
Davanti a casa Madre non c’era e le luci erano spente. Ma mentre salivo a prendere il libro per Abraham (“American Gods”, perché si abituasse a credere all’impossibile) mi resi conto che il silenzio era irreale, Seth non russava, mammà era immobile. Cretini.
Consegnai il libro, rientrai in casa, attesi che il rumore dell’auto di Abraham si allontanasse.
Allora accesi tutte le luci e annunciai a voce alta:
-Lo so che non state dormendo, quindi ascoltatemi perché lo dirò una volta sola e poi andrò a dormire: ho il ragazzo!-
Secondo voi ci riuscii ad andarmene a letto?
Risposta ovvia: no.







NOTE:L’episodio che apre il capitolo è realmente avvenuto. Sì, ho un amico che chiamiamo Brunello a sua insaputa (il vino che gli è stato scambiato con il Sangiovese della casa era appunto Brunello di Montalcino).
A Bologna si dice che non si possa salire sulla torre degli Asinelli (ossia quella non pendente) prima della laurea perché porta sfortuna.
“Il buio oltre la siepe” è un libro bellissimo, se non l’avete letto fatevi un favore e leggetelo (no, il film non vale). Invece avrei voluto che Leah prestasse ad Abraham “Uomini d’arme” di Terry Pratchett, perché vi compare il personaggio della lupa mannara Angua, ma è il secondo di una serie e quindi non avrebbe avuto molto senso. Ho ripiegato su “American Gods” di Neil Gaiman in cui ci sono indiani d’America e divinità assortite.
Suppongo che tutti voi sappiate chi è Jack Sparrow; per chi invece non conoscesse Mickey lo zingaro, guadratevi “The snatch” di Guy Ritchie, e amatelo. Tu fa scommessa?
Quando Abraham prende le lettere per mammà avrei voluto far dire a Leah “E al dio degli inglesi non credere mai”, ma dubito che a Forks ascoltino de Andrè.
Ho chiacchierato troppo, ci do un taglio: GRAZIE A TUTTI!
Ragazzi, l’estate è lunga, ci sono 48 gradi percepiti (giuro), il lavoro è duro, ma voi siete il mio cocktail e il mio cocomero:mi mettete di buonumore! GRAZIE, davvero! !

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 7 - Degli amici e delle scarpe non se ne può fare a meno. E le scarpe già le abbiamo, mi risulta. ***




CAPITOLO 7
Degli amici e delle scarpe non se ne può fare a meno. E le scarpe già le abbiamo, mi risulta.

Gli uomini, dicono i Grandi Saggi Cinesi, possono essere capiti attraverso l’analisi delle tre cose che rendono la loro vita degna di essere vissuta: donne, lavoro e sport. Per gli Asceti Stiliti la triade è potere, denaro, donne. Per gli Anziani Pellerossa famiglia, donne e amici. Per gli Sciamani Africani vino, donne e canzoni.
Come futura antropologa mi risultava evidente perciò che indagare sull’argomento “donne” è piuttosto fondamentale, essendo una costante archetipica delle triadi sunnominate; peccato che su questo argomento Abraham non si sbottonasse per nulla. Salvo qualche minimo accenno alla convivente (che, scoprii, tecnicamente aveva lasciato lui, ma il fatto che le cose andassero disastrosamente e che un mese dopo lei fosse già felicemente fidanzata con un collega apre tutto un ventaglio di ipotesi piuttosto ovvie) e la strepitosa ammissione che sì, certo, prima di lei aveva avuto delle storie e nei periodi da single qualche avventura, l’argomento era tabù. Lo annoiava, diceva che non aveva importanza e una sera mi disse che era inutile indagare tanto, le sue storie precedenti erano piuttosto banali in confronto al fatto che ora stesse con una ragazza molto più giovane di lui. Ah, tesoro, qui non posso darti torto, pensai: e figuriamoci se sapessi la parte che comprende mutazioni animalesche e combattimenti contro i vampiri!
Ribattei comunque che la banalità non c’entrava, in fondo pare che anche il Joker di Batman fosse stato sposato e questo certo non lo rendeva un uomo banale, al che lui mi sviò prendendomi il mento e dicendomi con un gran sorriso –Ma adesso ci sei tu, Zucchina!-. Io ovviamente scoppiai a ridere come una cretina per poi esclamare –Ma da quando un serio avvocato trentasettenne legge i fumetti dei supereroi?-.
Si degenerò in discussioni degne di due adolescenti occhialuti con l’acne e l’argomento “donne” venne accantonato se non per un dettaglio: da ragazzino Abraham era follemente innamorato di Tempesta degli X-Men. E qui mi sovvenne un fatto raccapricciante: ai tempi della calata dei vampiri Mafia&Mandolino a casa Cullen c’era un alleato della Famiglia Addams che era africano e controllava gli elementi atmosferici. Io ci avevo riso su per tre giorni di fila, ricordo che avevo cominciato a chiamare Jacob “Wolverine”ed Edward “Jean Gray”; ma bastò questo per farmi entrare in panico. E se questo vampiro avesse avuto, poniamo, una parente con i suoi stessi poteri, fighissima e magari mezza albina, cosa che pare alquanto improbabile ma con il Destino Porco Bastardo non si scherza, in fondo chi lo doveva dire che esistessero i vampiri e i lupi mannari proprio in questo sputo di mondo che è Forks? Considerai brevemente il travaso di bile che mi venne al solo pensiero e decisi che Abraham si era dimostrato molto più saggio di me.
Sull’argomento “donne” decisi di soprassedere.
Neanche di sport parlava molto, era evidente che se ne appassionava il giusto. Preferiva il basket al baseball ed entrambi al rugby, e ogni tanto con i suoi amici organizzava qualche partita di calcio, in cui ricopriva il ruolo di mediano. Gli avevo chiesto cosa diavolo fa il mediano, Abraham mi aveva risposto che Gioca Generoso e io non insistei. La pesca lo faceva addormentare, mentre gli piaceva andare a caccia, a patto di osservare due regole fondamentali: Regola Uno, mai uccidere un merlo, Regola Due, cacciare soltanto ciò che si riesce a mangiare.
Degli amici invece parlava tantissimo, così quando venne il momento in cui me li presentò mi sembrava di conoscerli già da un pezzo. La serata adibita alle pubbliche relazioni iniziò con una me stessa simile a una statua di sale, terrorizzata dal timore di fare brutta figura e risultare ai loro occhi poco più di una bambinetta idiota, e finì con il personale del locale che continuava ad offrirci cose al tavolo e sedersi con noi perché Eravamo Troppo Simpatici. Nel mezzo si colloca anche un tour nel bagno delle donne con le Migliori Amiche Di Abraham, durante il quale Esse mi resero noto tra un pettegolezzo e l’altro che erano felici di avermi finalmente conosciuta, erano così curiose che non vedevano l’ora, e per una volta Abraham aveva avuto il buonsenso di trovarsi una ragazza simpatica, restasse tra noi ma quella di prima era insopportabile. Il mio solito ottimismo mi fece pensare che fosse solo pietà nei confronti di una ragazzina fino a che Abraham, molto più tardi, buttò lì: –A proposito, sei rimasta davvero simpatica alle ragazze, non se la finivano più di dirmelo; ti hanno persino chiesto di andare in bagno con loro!- addirittura, pensai, che meravigliosa prova di integrazione, ma Lui specificò.
-Non te l’avevo detto per non agitarti, ma nessuna gli è mai piaciuta subito… noi capiamo che accettano una donna quando nei locali la chiamano con loro in bagno a spettegolare. Tu hai il non indifferente record di esserci riuscita la prima sera.-
L’ho scampata bella, pensai. Chiesi ad Abraham cosa avessi fatto di tanto strabiliante, e lui si limitò a scoccarmi un sorrisetto. –Leah, a loro piacciono le donne che hanno personalità. Tu potresti esportarla, la personalità. I ragazzi invece mi hanno detto che sono un vecchio porco fortunato, e naturalmente hanno ragione.-
In effetti mariti delle suddette, più l’Amico Single Che È Nato Da Solo E Morirà Da Solo (parole sue) e quello divorziato che Vorrebbe Una Compagna Ma Tutte Le Stronze Le Incontra Lui (e che in effetti è talmente sfortunato da farmi sorgere il dubbio che l’Imprinting abbia sbagliato l’Anima Gemella) sono stati molto più facili, prendendomi in simpatia al primo scambio di battute.
Fu al termine della serata che Abraham, riaccompagnandomi a casa, mi disse: -Leah, io i miei amici te li ho presentati!-
-Certo, e quindi?- Lui soffocò una risata, e neppure gli riuscì bene.
-Quindi è ora che mi presenti i tuoi!-

La cosa peggiore fu realizzare di non avere chissà quanti amici da presentargli. Pensare che una volta ne avevo un sacco, di amici. La Push è un posto talmente piccolo e triste che per forza di cose conosci tutta la gente del luogo e si creano grandi compagnie miste, si organizzano falò, feste in spiaggia, si fanno collette e si compra da mangiare, mentre i maggiorenni portano da bere. Di tutta questa gente, oltre ad Emily e Sam, avevo alcuni amici stretti con i quali dicevo sempre che saremmo andati tutti al college e a La Push ci saremmo tornati solo per Natale, addio e grazie per il pesce. Per cui loro erano andati al college, io invece ero diventata una licantropa e non avevo neanche potuto spiegargli perché, dato che la mia vita era evidentemente un disastro, non fuggivo a gambe levate dal luogo da cui avevo sempre sostenuto di voler fuggire a gambe levate. Son cose belle.
Di tutta questa riflessione mi uscì solo la frase: -Non posso presentarteli, non ci sono, vanno al college.-
Lui inarcò un sopracciglio. –Non andranno tutti al college, suppongo.-
Sbuffai. –Gli unici che non ci sono andati sono Sam Uley, mio ex fidanzato, e la mia migliore amica che però è l’attuale fidanzata di Sam Uley. Vuoi proporre un’uscita a quattro?-
Lui non se ne uscì con cose come “Ah, è vero, quel bastardo che ti ha lasciato per la tua migliore amica puttana”, che è una frase che mi manda in bestia perché nel caso specifico non è vera, e perché se lo fosse stata e avessi potuto catalogare Sam come “bastardo” ed Emily come “puttana” avrei sofferto molto meno, paradossalmente.
Disse solo: -Le uscite a quattro con gli ex sono una pessima idea perfino nelle fiction di serie zeta-, cosa che peraltro ho sempre pensato anch’io.
-E comunque, Leah, non mi risulta affatto che tu non abbia amici da presentarmi-, aggiunse con uno strano luccichio divertito negli occhi. –Cosa mi dici riguardo al gruppo di Jacob Black?-
Porca.
Merda.
La prima obiezione fu che li aveva già conosciuti quella volta in spiaggia. Obiezione respinta, non eravamo ancora una coppia e quindi non contava. La seconda fu che erano ragazzini, e insomma, cosa ci doveva fare Lui con tutti quei ragazzini? Per esempio andare al cinema a vedere il nuovo film di Tarantino, rispose senza colpo ferire. Tarantino trascende le generazioni e rinforza i legami, perché piace a tutti. Giusto?
Non trovai nulla da obiettare (a Sam Tarantino non esaltava granché. Abraham lo adorava, io anche. Anime gemelle), e la proposta sortì un effetto insperato. Perché quando dissi ai ragazzi che pensavo di organizzare un’uscita con Abraham, e Jake mi chiese se avevo intenzione di portarli alla bocciofila, io potei rispondere: –No, caro il mio frequentatore di asili nido, si pensava di andare a vedere Grindhause-, e la proposta raccolse consensi all’unanimità.
Tarantino e Rodriguez ci fecero volare le tre ore abbondanti di film. Il trailer di “Machete” cominciò da quella sera a essere la colonna sonora della vita del branco e veniva citato da chiunque, a proposito e a sproposito, ad ogni ora del giorno e della notte. Peraltro Jake aveva preso l’abitudine di appostarsi dietro ad Edward Cullen e immaginarselo dietro la scrivania che urlava al telefono “dove sono mia moglie e mia figlia?”, per poi passare alla scena successiva con lui al posto di Machete nudo in piscina, Bella e Nessie Versione Adulta Maggiorenne E Consenziente che lo accarezzavano voluttuose, mentre la voce fuori campo recitava “ammalia le donne”. Edward ci diventava pazzo, e valeva la pena di passare dai Cullen con la scusa di fare i rapporti al capobranco solo per vederlo sbottare isterico indirizzando insulti a Jake.
-Abraham-, disse Jacob, cominciando ad attaccare il suo panino nel locale in cui ci eravamo spostati per il tradizionale hamburger del dopo cinema. –In qualità di…- stava per dire capobranco, ma riuscii a tirargli un calcio in tempo, -migliore amico di Leah, è mio dovere avvisarti: Leah può raggiungere livelli d’insopportabilità tendenti a più infinito.-
Mi voltai a bocca aperta verso di lui, sconvolta da cotanta impudenza, quando Embry colpì alle spalle: -Ed è pesante. Non se la finisce mai, mai, mai. Una palla assoluta.-
Abraham sghignazzò, sorseggiando la sua birra.
-Suvvia, ragazzi, qualche lato positivo l’avrà anche lei, no? Magari lo nasconde bene!-
Maledetto, ma perché doveva sempre stare al gioco? Se ci fosse stato Cullen al suo posto si sarebbe risentito, ed avrebbe affermato con Convinzione E Sacro Fuoco Negli Occhi che il suo cuore mi apparteneva o cazzate analoghe… ripensandoci, meglio così, grazie tante.
-Certamente sì, Abraham, certamente sì… è solo che adesso come adesso non ce ne viene in mente neanche uno!- rispose Quil, provocando le risate ululanti degli altri tre. Cretino.
-È che non vogliamo che poi la riporti indietro dicendo che era merce fallata. Noi ti avvisiamo, così poi è tutto nero su bianco, chiaro come il sole. Capito?- puntualizzò Seth con la sua tipica espressione da gangster, quella che fa quando vuole mettere seriamente le cose in chiaro.
Le labbra di Abraham erano ancora incurvate in quel suo perenne sorriso beffardo, ma il suo sguardo si fece serio. Fissò mio fratello negli occhi, intensamente.
-Penso proprio che non la riporterò indietro, Seth. Poi sai, le donne con troppi lati positivi non le voglio. Mi annoiano.-
Seth annuì, come dire Ci Siamo Capiti. Io ripensai alla trasferta in bagno con Le Amiche di qualche giorno prima: -E poi lei era perfeeetta: precisa, dolce, accomodante, oddio, seeemplice… Cristo, che palle di donna!- . –Non me la ricordare quella persona insopportabile, che grazie a Dio non la rivedremo mai più! Povero Abraham, se ripenso a che razza di croce si trascinava dietro… per fortuna si è ripreso! Tu sei troppo simpatica, Leah!-
Evvai. Sono casinara, acida, egoista, complicata, e non lo annoio!
Pagai da bere a tutti, per la gioia.


In tutto questo tripudio di Beltà, Amore e Felicità ci fu un’altra cosa che accadde, tanto perché i livelli di zucchero nel mio sangue non erano già abbastanza oltre il livello di guardia.
Dovevo vedermi con Emily. Mi aveva promesso di insegnarmi a fare la torta alla cioccolata, quella buonissima con la crosta fuori e tutta la cioccolata liquida dentro, e così dovevamo andare insieme a prendere gli ingredienti. Appuntamento alla panchina alle quattro, se piove passo in macchina. Certo.
Pioveva, ovviamente. No, diluviava. E io che facevo, stavo alla panchina a lottare contro gli elementi? Mi infilai nel gazebo di legno che c’era nel parchetto dietro la panchina, uno di quelli che tutte le coppiette di ragazzini di La Push usano per pomiciare. Me compresa, a suo tempo. Stavo mandando un messaggio a Emily per dirle di suonarmi il clacson una volta arrivata davanti alla panchina quando una sagoma fin troppo nota si infilò con un movimento fluido nella piccola costruzione, tirandosi giù il cappuccio del giubbotto.
-Ciao, Lee-lee. Scusa il ritardo.-
Ok. La mascella mi cascò per terra con un sonoro tonk. Sì, tutti venivano a pomiciare qui, me compresa: me e lui.
-“Scusa il ritardo”? Sono per caso finita in una linea parallela del continuum spazio temporale e non me n’ero resa conto? Dì, Sam, tu ci credi ai lupi mannari?-
Lui mi guardò vagamente perplesso.
-I lupi mannari? Leah… tutto a posto? Che dovevi dirmi?-
Bene. Trattasi di candid camera, pensai. Tra un po’salterà fuori Jake ridendo e io lo ucciderò.
-Sam. Niente. Non devo dirti niente. Sto aspettando Emily… a proposito… ti ricordi di mia cugina Emily? Esiste anche lei in questa linea temporale, vero?-
Assunse un’espressione sbigottita, poi la consapevolezza si fece strada nei suoi occhi neri.
-Ah, capisco. Emily. Sì. Lei mi ha detto che volevi parlare con me, e che mi avresti aspettato alla panchina, io non ti ho vista ed ho immaginato che saresti venuta qui, sai, come…ehm…-
-Come quando venivamo qui ad imboscarci. Sì.-
-Già. Ecco… mi sa che ha fatto tutto lei. Emily. Farci incontrare, intendo.-
-Sì. La volta scorsa ho fatto tutto io, farvi incontrare, intendo, magari voleva vedere se gli imprinting rimbalzano.-
Sam mi guardò afflitto. Abraham avrebbe riso, pensai. Abraham non riusciva a non ridacchiare almeno un po’a una battuta, anche se era acida e sarcastica. Il pensiero di Lui fu come un raggio di sole nella pioggia, tra il nero dei miei occhi e quelli di Sam, una specie di piccolo arcobaleno. Non c’era ragione di essere arrabbiati. Non ora, non più. Chi se ne frega? Io sono felice, Sam è felice, sbronziamoci e cantiamo di gioia!
Sorrisi a Sam, il primo vero sorriso che gli rivolgevo dal giorno in cui mi aveva lasciata per Emily. Gli sorrisi e agitai la mano, come per scacciare degli insetti.
-Spero comunque che non rimbalzino, perché mi dispiace ma non baratterei mai con te il mio attuale fidanzato, nonostante tu sia stato un ottimo fidanzato, almeno fino a che non hai cominciato a camminare a quattro zampe!-
L’effetto di questa frase sul viso di Sam fu commovente. Il sollievo era visibile, come se gli avessero tolto di dosso cento chili di peso.
-E quindi, Lee-lee, sei felice adesso? Devo fidarmi?-
-Devi fidarti. Oppure chiedi a Jake. Fai quel che vuoi. Comunque è palese, direi.-
Lui mi si avvicinò, con cautela. Poi mi strinse a sé come non faceva dai secoli dei secoli amen, accarezzandomi i capelli e spingendosi perfino a baciarmi con veemenza sulle guance.
-Era da un pezzo che volevo farlo. Riabbracciarti.-
In un altro momento gli avrei girato la faccia con uno schiaffone per una frase del genere, invece lì per lì non mi dette particolarmente fastidio. Dopo un po’mi sciolsi dal suo abbraccio, ridendo.
-Finiscila, che se Abraham ci vede ti rovina!-, gli dissi.
-Cosa? Lui rovina me? E chi è questo Abraham, scusa, un mutaforma orso?-
-Peggio: un avvocato. Hai presente? Come un vampiro non vegetariano, ma molto più cattivo.-
Lui sorrise. Poi, credendosi autorizzato dal fatto che l’avevo semi-perdonato, mise su l’espressione del Saggio Che Ti Da I Consigli Giusti e cominciò la filippica.
-Senti Lee-lee… so che sono l’ultima persona ad avere il diritto di parlare, ma sei certa che questo tipo vada bene per te? Insomma, è molto più grande, conduce un tipo di vita diversa, forse nel tuo caso l’imprinting…-
La sua voce scemò. Aveva notato il mio sguardo, credo. Che doveva essere piuttosto simile a quello di Jack lo Squartatore (non il mio capobranco, proprio l’assassino), perché lo fece impallidire.
-Ok, come non detto. La vita è tua e ti meriti tutta la felicità del mondo, con chi vuoi. Ho sbagliato a intromettermi, non succederà più.-
-Hai sbagliato, Sam. Ma ti tranquillizzo: sono assolutamente certa che Abraham vada bene per me.-  Spero di andare bene io per Lui, pensai, ma non lo dissi. Non davanti a Sam, mai.
-Sai, Lee-lee, pensavo… perché non ritorni nel mio branco, ora?  La tua situazione è cambiata, e sai bene che non sono stato io a volere che tu ti separassi da noi…-
-Ma scherzi? Non vorrai mica privarmi dell’opportunità di avere un capobranco culo e camicia con i Freddi!- gli risposi. Sam mi scrutò di sottecchi, perplesso, cercando di capire con precisione quante cose erano cambiate in me negli ultimi mesi, senza rendersi conto che la situazione contingente era più o meno quella di quando ancora eravamo fidanzati e lui non capiva mai un tubo. Scoppiai a ridere.
-Dai, Sam, era una battuta! Da quanto tempo ci conosciamo? E ancora non capisci quando scherzo e quando parlo seriamente? Altro che la mente del branco, a te ti ci vuole la maestra di sostegno!-
Gli allungai un buffetto sulla guancia, perché si era messo a ridere e quindi se lo meritava. Ma dovevo mettere i puntini sulle i.
-Comunque non tornerò nel tuo branco. Sto benissimo nel mio. E non possiamo diventare super amiconi io e te, forse un giorno saremo di nuovo amici, ma non subito… le ferite si chiudono, ma le cicatrici restano. Facciamo che per ora sai che non ce l’ho più con te e che mi considero pari, e se farai il bravo quando mi sposerò ti permetterò di fare il damigello d’onore di Abraham. Ok?-
Lui si accigliò lievemente.
-Questo è un colpo basso, Leah. Ma capisco che di più non posso ottenere da te, ora. E lo sai quanto mi sono sentito in colpa per tutto, adesso capisci perfettamente perché non potevo fare altro che ciò che ho fatto, e comunque sei stata tu ad accettare di fare la damigella d’onore a Emily!-
Ah, il colpo basso era la battuta sul damigello d’onore? Ma doveva far ridere, pensai. Beh, come sanno bene i Cullen, non si può cavare sangue da una rapa. Decisi saggiamente di soprassedere.
-Va bene, Sam, va bene, fine primo round! Non rimestiamo nel torbido, non è il caso. Sai che ti dico? Che adesso tu mi accompagni da quella impicciona della tua fidanzata, perché mi ha attirato qui promettendomi una ricetta, e se Abraham non avrà quella torta al cioccolato vincerà una scommessa, cosa che io non posso permettere per nessun motivo. Ok?-
-Certo Lee-lee, come vuoi… ma… che scommessa, scusa?-
Alzai le spalle.
-Cercavo di fargli credere che sono anche una splendida casalinga, tra le altre cose. Come ben sai mentivo spudoratamente, peraltro sapendo che lui lo sapeva. Mi ha sfidata a dimostrarlo, e gli ho promesso che avrei preparato davanti ai suoi occhi la torta più buona del mondo. Quindi devo padroneggiare la ricetta entro domani sera, perché se vincerò io potrò vantarmi di essere La Donna Perfetta e lui dovrà annuire con espressione riconoscente per una settimana, ma se dovesse vincere lui avrà il diritto di mettersi a sindacare su ogni cosa che faccio ed io potrò rispondere solo “sì caro” e “come dici tu, caro” per il medesimo arco di tempo. E quindi devo vincere. Non posso permettermi una sconfitta.-
Lui mi guardò vagamente allibito.
-Sei pazza, Lee-lee-, commentò prima di portarmi da Emily.







NOTE:in questo capitolo non succede niente più del solito, lo so… però adesso è tutto sistemato, nella vita di Leah. Tranne una cosa: James Potter la chiamerebbe “il suo piccolo problema peloso”.
Vi lascio la frase da cui ho deciso quali sono le cose importanti per gli Sciamani Africani: è di Neil Gaiman, ed è questa “Ci sono tre cose, tre cose soltanto che possono alleviare il dolore della condizione mortale e arrestare la devastazione della vita. E queste tre cose sono: il vino, le donne, le canzoni”. Naturalmente tutto il resto l’ha inventato Leah lì per lì.
Che il Joker di Batman fosse stato sposato è una di quelle cose che so, ma non so come faccio a saperle. Sta di fatto che attualmente pare accompagnarsi con una tizia parecchio più giovane di lui, che almeno nella traduzione italiana chiama “zucchina”, da qui la battuta di Abraham. Che vi prega di non prenderlo per il culo a causa dei risvolti nerd del suo passato, grazie. E a proposito di risvolti nerd: ma solo a me la parte finale di “Breaking Dawn” sembrava il raduno nazionale dei mutanti d’America? Mi aspettavo che saltasse fuori Xavier da un momento all’altro, giuro!
La Regola Uno sulla caccia viene diritta da “il buio oltre la siepe”, libro che al signor Custer piace molto. In senso reale e figurato, nel libro sta per “non nuocere a chi è indifeso”.
Grindhouse in America era uscito all’incirca nel periodo in cui avevo ambientato la storia. Giuro che all’epoca avevo fatto tutti i conti, giuro. Fidatevi, che non ho la forza di rifarli. E il trailer di Machete è una tamarrata meravigliosa.
Sam non fa che dare teorie sue circa l’imprinting, nei libri. Stavolta Leah l’ha stoppato.
Ragazzi, GRAZIE di nuovo.
Grazie perché volete bene a Leah e perché ridete delle sue disgrazie, che insomma, tanto disgrazie non sono, a questo punto!
Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 8 - In cui si scoprono gli altarini e rimangono tutti davvero stupefatti ***




CAPITOLO 8
In cui si scoprono gli altarini e rimangono tutti davvero stupefatti

Allora, mettiamo bene in chiaro una cosa.
Non è che non pensassi mai all’unico, piccolo, insignificante dettaglio della mia vita che nascondevo ad Abraham. Ci pensavo eccome, e se mai non l’avessi fatto ci avrebbero pensato Amici E Parenti Tutti a mettermi di fronte al problema. Erano un dannato muro compatto. Glielo dovevo dire. Era il come a costituire il problema principale.
Certo a sentire Jake era semplicissimo: portavo Abraham nel bosco, gli dicevo –Ah, ti piacciono i tizi con i superpoteri, eh, Nonno? Allora guarda un po’ questo!- e il problema era risolto. In fondo con Charlie aveva funzionato benissimo, e se proprio volevo avrei avuto la facoltà di cambiare le parole della frase. Meno male.
Risulta superfluo specificare che non avevo nessuna intenzione di affrontare l’argomento in questo modo? A voler essere sinceri non avevo intenzione di affrontare l’argomento, punto. Tra l’altro ero stata accettata al college con sommo giubilo di Mammà, Abraham e soprattutto mio, e questo significava niente lupi per un po’. I lupi mi piacevano molto poco; da quando il primo della nostra tornata era cambiato la mia vita si era tramutata in una discarica e la Sfiga mi aveva scelta come Stendardo Per Portare Il Suo Messaggio Nel Mondo. Peraltro Jake mi aveva chiesto se avessi davvero intenzione di andare al college; l’avevo guardato come se fosse impazzito e lui aveva bofonchiato che non sapeva io, ma lui si sentiva soffocare lontano da Nessie e insomma, il college non è proprio dietro l’angolo, e quindi... Io invece mi ero sentita soffocare al pensiero dello sguardo di Abraham nel caso in cui gli avessi dovuto comunicare che avevo intenzione di abbandonare di nuovo gli studi e darmi alla preparazione di marmellate pur di stargli appiccicata, e avevo fatto presente a Jake che, non sapevo lui, ma io se mi fossi sentita soffocare mi sarei comprata una bombola di ossigeno.
 Insomma, il college voleva dire stare meno a La Push, i succhiasangue erano sotto controllo e, se il destino non ci metteva la sua sporca manaccia, questo significava niente più trasformazioni per un bel po’ di tempo. Magari non avrei avuto neanche bisogno di dirgliela mai questa faccenda dei lupi mannari, e per i dettagli tipo la temperatura corporea ed il muscolo di ferro le spiegazioni “ho sempre caldo” e “faccio un sacco di sport” per ora funzionavano piuttosto egregiamente. Ci pensavo proprio in quella bella mattina in cui il sole faceva sforzi micidiali per mettere fuori la testa, quasi sempre riacchiappato per le caviglie dalle nuvole ma senza mai smettere di provarci.
Avevo espresso il desiderio di andare a caccia con Abraham e Lui mi aveva accontentata promettendomi una cena a base di volatili, se fosse riuscito a prenderne. Era solo un cacciatore della domenica, aveva detto, ma voleva vedere se gli riusciva una doppietta. Mi spiegò che in gergo venatorio una doppietta significa uccidere in rapida successione due uccelli o due qualsiasi altri animali sparando prima con la canna sinistra e poi con la canna destra; disse che era una cosa molto difficile e che in ogni caso non mi aspettassi che uccidesse uccelli due a due come se piovesse, d’altronde non voleva sterminare la fauna locale ma soltanto procacciarci la cena (Regola Due). Lo baciai e gli dissi di non preoccuparsi, che se fosse andata male la cena ce la saremmo procacciati al take-away.
Ce ne vagolavamo così alla ricerca, diceva Abraham, di “un buon posto”, quando in una piccola radura del sentiero mi accorsi dell’individuo che ci scrutava ghignando, seminascosto nella vegetazione.
Era pallido. Era scalzo. Aveva gli occhi completamente neri. Non l’avevo mai visto prima. Era sottovento.
Va da sé che non sono stata lì a chiedermi la risposta alla domanda sull’Universo, La Vita E Tutto Quanto.
Nel tempo in cui il mio cervello aveva formulato la frase “ma che cazzo di sfiga!” erano già successi i seguenti eventi: il succhiasangue si era scagliato contro di noi con l’evidente intento di procacciarsi cibo anche lui, io mi ero frapposta tra lui ed Abraham ovviamente assumendo la forma lupesca (e fottendomi in un sol colpo la tuta nuova che mi ero comprata perché le magliette vecchie e i calzoncini erano troppo imbarazzanti) e avevo lanciato l’ululato di avvertimento, quello che avrebbe fatto accorrere i miei compagni di branco ovunque si trovassero.
Peccato che probabilmente sarebbero arrivati in un intervallo di tempo compreso tra “appena troppo tardi” e “decisamente troppo tardi”, mi resi conto mentre lottavo col mostro.
Fu a quel punto lì che Quello Stronzo Del Destino ebbe la sua nemesi, perché mi suonò forte e chiara nella mente la voce di Jake che mi disse “Sono dai Cullen, Leah, tieni duro, arriviamo subito!”.
Grazie. Nel frattempo quel succhiasangue bastardo mi stava facendo a pezzi, perché non è che ne potevo beccare uno normale, no, questo era abbastanza giovane per essere piuttosto forte ma non completamente sprovveduto, ed io non potevo smettere di ingaggiarlo in lotta perché temevo che si scagliasse su Abraham. Notai con la coda dell’occhio, peraltro, che il suddetto invece di rimanere lì a balbettare e non credere ai suoi occhi o tentare la fuga aveva imbracciato il fucile e stava cercando di tenere il mostro sotto tiro, ma non faceva fuoco perché temeva di colpirmi.
Stupido, meraviglioso Amore Mio. Un fucile. Tanto valeva provare a tirargli un gavettone, magari gli avrebbe bagnato i vestiti e la cosa l’avrebbe disturbato molto di più.
Anche mettendoci la disperazione, era troppo forte per me. Avrei avuto ragionevoli chance se fossi stata sola e avessi potuto impostare una strategia di battaglia, ma non potevo permettermi di saltellare qua e là col rischio che quello nel frattempo mi falciasse sotto gli occhi L’Uomo Della Mia Vita. L’unica era sganciarsi dalla lotta, prendere Abraham e correre il più velocemente possibile in direzione di Jake e dei rinforzi.
Peccato che tra il dire e il fare ci fu di mezzo un colpo in testa che mi lasciò a terra stordita, a quel punto il mostro decise che era ora di merenda e si scagliò su Abraham.
Che gli sparò.
E lo colpì.
Con tutte e due le pallottole.
Mi diede solo un secondo, più per lo stupore del mostro che per il danno, ovviamente nullo, che gli aveva inflitto. Non fu abbastanza per permettermi di portare Abraham via da lì, ma fu sufficiente a farmi balzare di nuovo sul vampiro che si stava avventando contro l’insolente umano che l’aveva colpito due volte, riprendendolo in lotta.
“Cazzo Leah! Stiamo arrivando!”
Lo implorai di sbrigarsi, per favore, intanto che quello mi apriva come una borsetta. Poi inaspettatamente il mostro parve decidere che ero già abbastanza in punto di morte, si sganciò dalla lotta e riprovò a scagliarsi su Abraham, che aveva già ricaricato il fucile.
Ruggii disperata, balzando dietro di lui con le ultime forze. Nell’istante in cui mi fu chiaro che non ce l’avrei fatta, un lampo biondo fece sparire Abraham dalla mia visuale e Jake, Edward Cullen e Suo Fratello Grosso si avventarono sul succhiasangue.
L’adrenalina defluì, e persi i sensi.

Mano a mano che emergevo dalla nebbia dell’incoscienza mi rendevo sempre più chiaramente conto che ero sputtanata, Abraham mi aveva visto diventare lupo e di certo ora non era più né a Forks né a Port Angeles, optando per un subitaneo trasferimento nella città più tranquilla del multiverso. Qualcosa tipo Paperopoli, probabilmente.
Voglio dormire per sempre, pensai, mentre mi tornavano i sensi.
-Meno male che ero vicino, che culo, questa ci rimaneva secca!- (Meno male, Jake!)
-Cavolo però, ha tenuto botta, eh?- (Si Quil, come darti torto.)
-Ne ha prese un treno…- (Grazie Embry, non me n’ero accorta, sai?)
-Sì, ma ne ha anche date un treno!- (Ma che dici, Quil? Ah, di questo non mi ero accorta per davvero!)
-Io, Edward ed Emmet ce lo siamo bevuti in un secondo, quello stronzo. Era rovinato. Secondo Edward si stava buttando su Abraham per cercare di rinforzarsi, nutrendosi.- (Wow, Jake. Sono fica.)
-Starà bene, vero? Starà bene?- (Che ansia, Seth! Sono davvero messa così male?)
-Shh, Seth. Certo che starà bene. Vero dottore?- (Se Madre parla con questo tono obbedisce anche Satana, figuriamoci il dottore. Il dottore?)
-Starà benissimo, non preoccupatevi. Questo qui era messo quasi peggio, e a giudicare da come corre e salta quando è a casa mia direi che potete stare tranquilli!- Ah, pensai, mano a mano che mi tornava l’odorato. Il dottore è Carlisle Cullen, certo.
Il corpo mi formicolava leggermente, immaginai di essere imbottita di anestetici e di trovarmi nel salotto di casa. E qualcuno mi stava tenendo la mano: dita lunghe, presa delicata ma ferma.
-Allora non sei emigrato a Paperopoli!- biascicai, aprendo gli occhi.
Tutti mi guardarono preoccupati pensando che fossi confusa dalle botte in testa, tranne Lui. Abraham mi guardò, fece scintillare gli occhi e scoppiò in una specie di risata isterica, evidentemente sollevato. Risi anch’io e provai ad abbracciarlo, ma sia Lui che Madre mi urlarono: –stai giù!- contemporaneamente e non mi parve il caso di contrariarli.
Di colpo mi ricordai di un particolare, e mi premurai di farlo presente a tutti gli astanti: -Abraham, ma… prima dici di essere un cacciatore della domenica e poi colpisci due volte un vampiro in movimento?-
Gli occhi di tutti si catalizzarono su di Lui. Era stata un’impresa non da poco, quelli erano tutti maschi a parte Madre e quindi, dottore compreso, non vedevano l’ora di sentire il racconto della Mirabolante Impresa in prima persona. Ma Abraham aggrottò le sopracciglia e, da bravo avvocato, rivoltò la frittata in un secondo.
-Fatemi capire: io scopro che la mia fidanzata e tutti i suoi amici si trasformano in lupi, in questo momento è in cura da un vampiro, e state cercando di farmi credere che sono io a stupirvi? Leah Clearwater, sbrigati a guarire, perché quando sei guarita a fucilate ti ci prendo a te!-
Il tono era leggero, ma lo sguardo no. Era al mio fianco, era preoccupato per me e stava mantenendo una notevole calma, ma ora che il dottore aveva decretato che ero fuori pericolo stava affiorando la rabbia; la vedevo nel suo sguardo, la sentivo nelle crepe della voce. E aveva ragione ad arrabbiarsi. Cazzo se aveva ragione.
Voltai la testa verso di lui per poterlo fissare negli occhi, e da brava Cucciola Cattiva feci atto di sottomissione.
-Scusa-, uggiolai. –Non era previsto che lo sapessi in questo modo.-
L’atmosfera cambiò repentinamente, tipo Gelida Cortina Di Ghiaccio Scesa D’Un Tratto Su Di Noi. Tacevano tutti, maledetti. Jake mi guardava persino con quello sguardo odioso, quello che diceva a chiare lettere Te L’Avevo Detto.
-Ah, quindi era previsto che lo sapessi? Almeno è già qualcosa-, commentò Lui in tono piuttosto caustico, riuscendo a farmi sentire una merdaccia. Inutile illudersi, si stava decisamente arrabbiando.
-Abraham, però… ecco, non dovresti raccontarlo a nessuno. Qualunque cosa tu decida di fare questo deve rimanere un segreto, perché…-
Lui alzò una mano per farmi tacere. Tacqui.
-Non dovresti parlare, ti sforzi troppo. Dovresti riposarti e guarire. Non ne parlerò a nessuno, Leah, stai tranquilla; sai, ciascuna delle persone presenti in questa stanza mi ha già ribadito lo stesso avvertimento, alcuni più di una volta, e nessuno ha pensato che probabilmente c’ero già arrivato da solo essendo una cosa abbastanza ovvia. Anche perché non andrei a raccontare in giro cose che mi farebbero passare per pazzo senza passare dal via, non credi?-
Ahi. Si passa al sarcasmo. Era incazzato come un picchio.
-Abbiamo solo messo i puntini sulle i, Nonno. Non si sa mai.-
Grazie Jake. È bello avere un amico paziente che capisce al volo le situazioni, placa gli animi ed è maestro di diplomazia.
Abraham gli rivolse uno sguardo all’acido fosforico, ma prima che la situazione degenerasse intervenne il dottor Cullen con la sua pacatezza plurisecolare.
-È solo che ci sono delle leggi, signor Custer, che le verranno spiegate; ma come lei sa perfettamente la legge non ammette ignoranza. Così ognuno di noi si è sentito in dovere di avvisarla per garantirle sicurezza: meglio ripetere una cosa fino alla noia che darla per scontata rischiando l’errore.-
Abraham annuì; era evidente che il dottore gli piaceva. Pure simpatizzante dei succhiasangue, adesso, e pensare che si chiama come Van Hellsing. Così impari, mi dissi.
-Capisco benissimo, e mi scuso per la mia reazione. È che sono un po’scosso in questo momento. Scusate.-
Per non scoppiare a piangere scoppiai a ridere, sapendo che l’avrei pagata cara appena l’effetto degli antidolorifici si fosse attenuato. Un po’scosso. Aveva rischiato di morire, aveva scoperto una realtà di cui ignorava l’esistenza, aveva scoperto che la sua ragazza ne costituiva parte integrante. Non aveva urlato, imprecato, mandato a cagare me e tutta la mia stirpe di mostri. Aveva mantenuto un aplomb di ferro e fatto una battuta pungente. E si scusava perché era un po’ scosso. Ma perché proprio a me?
-Da dove usciva quel… quel…-
-Mostro?- completò per me il dottore, in tono piatto. Annuii, senza sentirmi in colpa neanche per un secondo.
-Non saprei. Non ci è giunta alcuna notizia preoccupante, quindi posso ipotizzare che si tratti di un neonato che si è trovato a vagabondare da queste parti; a volte capita, solo che di solito… ecco, di solito mia figlia riusciva a vederli, così potevamo intercettarli ed assicurarci che non nuocessero a nessuno, mentre ora se il loro futuro si intreccia col vostro non riesce a vedere nulla… probabilmente si trattava di qualcuno che veniva da molto più lontano ed ha vagabondato fin qui. In effetti hai avuto parecchia sfortuna, Leah.- E chi l’avrebbe mai detto. Sfortuna, io? Ma va’.
Il dottore si alzò in piedi.-Ad ogni modo i miei figli stanno pattugliando la foresta, se ci sono altri pericoli lo sapremo in breve tempo. Anzi, vado subito a controllare la situazione.- Intercettò lo sguardo di Madre e fece un sorriso tranquillizzante. -Tornerò a controllare sua figlia tra qualche ora, signora Clearwater. Le lasco il mio numero di cellulare, non esiti a chiamarmi per qualunque problema.- E fu così che mi toccò anche vedere Madre scambiarsi il numero di telefono con un vampiro. Ottimo.
Poi il dottore uscì, Jake e gli altri del mio branco lo seguirono e Madre se ne andò a farmi il brodo. Pregando Abraham di rimanere appena un po’, per piacere, in caso io avessi bisogno. Magistrale mammà. Abraham sarà anche stato arrabbiato, ma nonostante non volesse altro che starmi vicino e controllare che non facessi cose tipo alzarmi e trascinarmi sui gomiti verso il Glen Grant, non si sarebbe mai permesso di imporre la propria presenza a Madre in casa sua.
-Scusa…-, non trovai di meglio che mormorargli di nuovo, appena restammo soli. Cominciavo a sentirmi esausta. Mi andava davvero il Glen Grant di cui sopra.
-Un lupo grigio. La mia ragazza diventa un lupo grigio.- Intercettò il mio sguardo e mi appoggiò un dito sulle labbra. –Non ti scusare. Ci sarà certamente una spiegazione logica e razionale a tutto ciò, ma l’ascolterò quando sarai guarita.-
Sgranai gli occhi. –Logica e razionale? Al fatto che mi trasformo in lupo grigio?- gli risposi interdetta. Lui sorrise.
-Ma no. Al fatto che non me l’hai mai detto. E finiscila di scusarti, mi hai salvato la vita, direi che non solo sei perdonata, ma sei quasi in credito.-
Scossi appena la testa. Cristo, quanto girava. Mi veniva da piangere.
-Rosalie Hale ti ha salvato la vita. Io non ci sono riuscita.-
-Leah. Se non ci fossi stata tu con me né Rosalie Hale, né Jacob Black né nessun altro avrebbe fatto in tempo a salvarmi la vita. Sarei stato ucciso sul sentiero. Quindi prenditi i tuoi meriti in santa pace e riposati, altrimenti ti faccio dormire io con una botta in testa, e la prossima volta che guardi l’armadietto dei liquori li butto via. Intesi?-
Non la vedevo affatto così, ma davvero non ce la facevo più. Mi addormentai, stringendogli la mano.







NOTE:oh, non so da voi, ma qui ha fatto una settimana di brutto tempo quasi ininterrotto. Ma siccome “non può piovere per sempre”, sembra che il tempo si stia rimettendo… vannagio, cara, il Destino Porco Bastardo ti manda tanti baci.
No, Leah non abbandonerà gli studi per stare appiccicata all’ammmore suo, eccheccavolo. Su questo sono categorica, imprinting o meno.
La risposta alla domanda sull’Universo, La Vita E Tutto Quanto è 42, come insegna Douglas Adams in “Guida galattica per autostoppisti”.
Sul fatto che Paperopoli sia la città più tranquilla del multiverso… ho tredici biscioni, nel loggione (anzi, dodici biscioni e una biscionessa), che protestano vivamente. Diciamo così: è una città tranquillissima, sempre che tu non sia senza cuore.
“La legge non ammette ignoranza” è uno dei capisaldi della giurisprudenza, come ho imparato dalla coinquilina avvocato, e come dicono anche i Volturi, non proprio con le stesse parole ma il concetto è quello.
Van Hellsing è il cacciatore di vampiri in “Dracula” di Bram Stoker e in altre mille salse, dal filmaccio di qualche anno fa a Sir Integra. Il nome proprio di Van Hellsing? Abraham. Giuro che non è stato voluto. Giuro. Mi fa troppo ridere, sta cosa.
Alice, povera cara, con tutto ‘sto intreccio di licantropi e mezzosangue che le gira intorno, è cieca. Aoh, miss Brandon, mica le ho fatte io le regole, se la prenda con il Demiurgo, anzi, la Demiurga!
Nel mio mondo mentale il fatto che gli uomini di legge siano abili cecchini è praticamente un clichè. Colpa di Atticus Finch. Sennò perché avrei rotto le palle con riferimenti a “il buio oltre la siepe” ogni due per tre?
E con questo, gente, siamo quasi alla fine. C’è il prossimo capitolo, poi l’epilogo, poi basta.
Nel frattempo io vi ringrazio per i commenti, per i momenti di fanghèrlismo, per chi si è rovinato la reputazione, per chi ha letto in silenzio e per chi ha commentato in diretta.
A proposito, mi avevano suggerito questo titolo (senza sapere di cosa parlasse il capitolo): "Capitolo 8. Che, per cambiare un po', non ha un titolo. ma è figo lo stesso". Ringrazio Abraxas per la fiducia!

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 9 - In cui si parla di papere e di donne bionde in garage, ma giuro che non si tratta di un film porno ***




CAPITOLO 9
In cui si parla di papere e di donne bionde in garage, ma giuro che non si tratta di un film porno

-Allora. Sono un cacciatore piuttosto in gamba, ho un’ottima mira, sangue freddo, riflessi rapidi e un certo talento naturale, senza contare che spesso ci si mette anche una buona dose di fortuna. Non te l’ho detto perché mi sembrava stupido uscire con te e passare il tempo a bullarmi della mia abilità con il fucile da caccia e, mea culpa, speravo di farti vedere la mia abilità all’opera. Al contrario, il mio contributo è stato inutile, non l’ho nemmeno scalfito e ti sono stato d’intralcio…-
C’era un pallido sole, e Abraham ne aveva approfittato per convincere Madre a lasciare che mi portasse in spiaggia. Ero ancora un po’dolorante e sembravo Il Ritorno Delle Mummie Viventi, ma stavo guarendo alla grande e tutti mi coccolavano. Tranne, in questo momento, Lui.
-Ed ora veniamo a lei, imputato Clearwater. Spero che la mia deposizione sia sufficiente a convincere la giuria ad assolvermi, inutile dire che il suo processo sarà molto più lungo.-
-Ma… ma scusa, un vampiro ci attacca, io mi trasformo in lupo davanti a te, iniziamo a combattere e tu che fai? Non fai una piega e prendi la mira?-
Lui aggrottò le sopracciglia, ma non perse la pazienza.
-E che altro dovevo fare? Stare lì a farmi domande su ciò che stava succedendo? Bussarvi sulla spalla e chiedere “scusate, qui mi dovreste spiegare due o tre cosette, ne andiamo a parlare al bar davanti ad una tazza di tè”? Le emergenze si affrontano, ed io l’ho affrontata. Ma ora veniamo a te, perché non ho intenzione di sprecare una parola di più sul mio dannato fucile, dato che non è questo il fulcro della questione!-
Aveva ragione. Stavo solo tergiversando, e lo facevo perché avevo paura. Paura che se ne andasse, che decidesse che in fondo la vita da single non gli dispiaceva poi così tanto, o che preferiva una donna che magari non fosse Quella Della Sua Vita ma camminava su due gambe il cento per cento del tempo.
Una raffica di vento freddo ci investì. Lui si voltò verso di me e mi tirò sulla testa il cappuccio della felpa, badando che le mie contusioni fossero coperte. Ecco, sono sempre stata sensibile alle piccole gentilezze. Mi sciolgono, proprio.
E così gli raccontai tutto. Partii dalle leggende dei Quileute, di Taha Aki, della terza moglie. Parlai di Ephraim Black e del patto che stinse con i Cullen. Gli raccontai della mia trasformazione.
-E fin qui sembra una cosa fica, Abraham. Adesso arriva L’Altro Lato Della Medaglia, sei pronto?-
Annuì. Non mi abbracciò, né fece alcuna stupida smanceria. Si limitò a fissarmi attento con i suoi chiari occhi indagatori.
Così gli parlai di Sam, dell’imprinting. Della mente del branco, della divisione in due gruppi e, dulcis in fundo, del mio essere unica, senza precedenti e sterile.
-Credevo che l’imprinting ce l’avessero le papere-, fu il suo unico commento. Pensai bene di fulminarlo con un’occhiata.
-Quale parte ti è sfuggita del “se perdiamo il controllo rischiamo di fare seriamente del male a chi ci è nelle immediate vicinanze”? Perché con questa uscita sei a rischio, non so se te ne rendi conto!-
-Vediamo se ho capito: tu non mi hai mai detto nulla, pur potendo farlo secondo le leggi della tua tribù, perché pensavi che non volessi una donna più forte di me, che rimane a lungo giovane e bella, e si è innamorata di me a prima vista?-
-La fai quasi sembrare una cosa bella!-
-Non lo è?-
Lo guardai stupefatta.
-Leah, non ho bisogno di essere più forte della mia compagna per sentirmi uomo e mi stimerò come un pavone ad avere al mio fianco una ragazza come te. L’unica cosa che mi rende perplesso è questa storia dell’imprinting… è un riconoscersi al volo di anime gemelle, dici?-
-Io ti riconosco al volo. Io lupo. Tu non so… secondo gli altri, è come se tutto ciò che facessimo fosse la cosa giusta da fare in quel momento, compresa una lite. Io sono fottuta. Tu… tu dovresti avere delle scappatoie, suppongo.-
Mi faceva male al cuore dirgli così. Neanche sapevo se era vero, peraltro. Avrei preferito convincerlo che sì, mi avrebbe amato per sempre ed ero La Sua Donna Perfetta, ma non sarebbe stato giusto: se doveva stare con me, che fosse senza catene. Cristo, quanto odiavo l’imprinting.
Però mica si è Anime Gemelle per niente, come dicono sempre i nostri saggi la natura difficilmente sbaglia ed i suoi dubbi erano gli stessi che avevo avuto io.
-Imprinting a parte, Leah, cosa ci trovi in me?-
Ah, questa la sapevo. Quanto tempo, quante volte ci avevo pensato, chiedendomi se il mio amore era vero o era una splendida assuefazione soprannaturale. Ed ero sempre giunta alla risposta che mi ci sarei innamorata lo stesso, con la stessa forza e gioia, anche se fossi stata solo Leah e non la Lupa. Chissà come sarebbe andata: magari in un mondo parallelo sarei stata io a lasciare Sam per lui, ed Emily l’avrebbe consolato. Oppure i vampiri italiani mi avrebbero rapita, avrebbero assunto Abraham come avvocato e per farmi liberare avrei dovuto sedurlo, finendo incastrata… no, magari questo no, ma avevo l’impressione che questo fosse un punto a cui la nostra vita doveva arrivare, prima o poi.
Gli spiegai tutto questo, gli dissi come l’avevo visto quella volta che tornavo dai boschi, gli elencai tutto quello che amavo di Lui e mi fermai solo al “mi fai ridere”, perché Abraham mi interruppe dicendo che anche Roger Rabbit aveva conquistato così Jessica, e perciò era più che abbastanza.
Ma io non avevo ancora finito di tirarmi zappate sui piedi. Sono sempre stata una Campionessa Di Negatività e avevo intenzione di ribadirlo con tutte le mie forze. Eccoti tutta la merda, Amore. Se l’accetti, io sono qui. Se scappi la chiudiamo con i giochetti genetici venuti male. Niente mezze misure, oggi.
-Adesso rimane un problema, anzi, due. Non t’importa che io rimanga giovane, dici. Lo dirai ancora tra vent’anni? E poi, sono sterile. Non potremo avere figli. Mai. Nessun piccolo generale Custer. Dovresti pensarci, sai.-
Lui sospirò.
-Se non ti conoscessi, direi che stai cercando di farti lasciare da me. Hanno ragione i tuoi amici, sei capace di essere davvero insopportabile, mia cara.-
-Ma questo non toglie che io abbia ragione.-
-Questo semplicemente non cambia i fatti, la ragione non c’entra. Vedi, Leah…- Fece una breve pausa. Stava raccogliendo i pensieri per Esprimere Qualcosa Di Fondamentale, entro qualche attimo avrebbe corrugato le sopracciglia ed avrebbe intrecciato le mani. Detto fatto.
-Quando sono nel bosco e penso che la cosa più pericolosa che mi troverò davanti sarà un’ape arrabbiata, un uomo pallido ci si scaglia addosso e tu diventi lupo e lo fermi, in quel momento non ha senso arrabbiarmi perché c’è qualcosa che ti eri “dimenticata” di dirmi. Le spiegazioni te le chiederò dopo. In quel momento la situazione è da affrontare in un altro modo, ed io agisco così, affronto le situazioni impreviste che mi si presentano davanti cercando di sfruttare ogni occasione per risolverle al meglio; sono nato a Forks, ed è da quando ero bambino che ho imparato a godere al massimo dei giorni di sole. Ora, il fatto è che io ti amo. Non guardarmi come se non ti fosse mai stato chiaro, non posso pensare che tu sia una stupida; quello che posso fare è stare con te. Invecchierò prima di te? Succederebbe in ogni caso, mi risulta. Sei sterile? Intanto studia, vai al college e poi, quando ti sarai creata un’autonomia e vorremo dei figli, ci penseremo: le soluzioni esistono, c’è l’affidamento, l’adozione, mia madre diceva che i figli sono di chi gli paga le scarpe ed io sono perfettamente d’accordo. Leah, davvero. Non c’è nulla di cui preoccuparsi, adesso.-
-Mi prendi lo stesso? Davvero non t’importa che io sia pericolosa, sia solo una mezza donna e mi trasformi in lupo grigio?- implorai.
-Leah. Giusto cielo, che due palle. Mi spieghi come diamine ti sopportano quei quattro disgraziati che ti leggono la mente? Sì che ti prendo lo stesso. Ma per amor del cielo, smetti di perderti nel labirinto delle tue paranoie!-
Sorrisi con poca convinzione. Poi ripensai a quella stupida frase che non ci eravamo mai detti.
-Da quando in qua mi ami?-
-Da quando in qua tutto quello che dico può essere usato contro di me in tribunale?-
-Non è mica un tribunale.-
Lui sospirò. –Senti, facciamo così, mettilo agli atti e archivialo, va bene?-
Decisi che mi era andata grassa e mi andava benissimo, per cui annuii e mi rialzai un po’ dolorante. Lui si affrettò a sorreggermi per paura che cadessi.
-Comunque, Abraham, anch’io ti amo-, gli dissi. –Molto più di quanto qualunque stupida papera abbia mai amato la prima stupida cazzata che le si è mossa davanti.-
Mi rivolse un ghigno beffardo. –Ti rendi conto, Leah, che questa è la peggiore dichiarazione d’amore che abbia mai ricevuto?-
Ridacchiai. –Tu neanche ti sei sforzato di farmela, ti sei limitato ad inserirla en passant in un discorso più ampio. Quindi ho vinto.-
Per evitare di farmi scaraventare per terra in malo modo, finsi una serie di dolori che in realtà non sentivo affatto; funzionò, e ci avviammo verso casa abbracciati, come una vecchia, vecchissima coppia.

Per la seconda volta in vita mia misi piede dentro casa Cullen. C’era una cosa che dovevo fare, e decisi di levare il dente il prima possibile. Mi ricevettero Fratello Jasper e Sorella Alice, lui con un fiero cipiglio e le mani in tasca, lei con una specie di piroetta e un sorriso.
-Cerco Rosalie-, fu la mia richiesta. Chiara, rapida e concisa.
-E a cosa deve questa visita inaspettata?-  chiese Biondo Era E Bello, nello stesso istante in cui la sua Sorella Sposa mi rispose –È in garage-.
Lui le rivolse un’occhiataccia, ma lei si limitò a sorridere ancora di più, cosa che non credevo fosse possibile, e affermare tranquilla –Non succederà niente di male.-
-Come fai a esserne sicura? Non puoi vederla!-
-Scommettiamo?- replicò lei.
Questa uscita, inspiegabilmente, chiuse la bocca al fidanzato, che si limitò a scortarmi fino all’entrata del garage con espressione preoccupata, sovraccaricandomi di Calma, Serenità e Buona Disposizione D’Animo in quantità tali da uccidere un diabetico.
Scesi rapida le scale con passo leggero; Miss American Pie era sotto ad un’automobile sportiva rossa ed appena udì la porta aprirsi disse: -Edward, sei tu? Ti dispiace passarmi la chiave del sei? Ah, no, eccola!-
La sua mano si strinse attorno ad un attrezzo da meccanico. Poi si irrigidì e lei scivolò via da sotto l’auto, veloce.
-Mi sembrava, infatti, di aver sentito puzza di cane! Che ci fai qui?-
Ringraziai Il Torvo per le massicce dosi di calma. Non ero venuta a litigare. Restai ai piedi delle scale, le mani nelle tasche.
-Vengo a ringraziarti, Rosalie.-
Lei alzò un sopracciglio perfetto. –Carlisle ci ha già portato i tuoi ringraziamenti, ed anche Jacob.-
Sapevo che non me lo avrebbe reso facile. Nota mentale: spedire mazzo di fiori a Jasper Cullen.
-Sì, ma io devo ringraziare te personalmente. Non per aver aiutato me. Per Abraham. L’uomo che era con me, non so se ti ricordi, il vampiro stava per ucciderlo e tu l’hai salvato.-
-E come non ricordarmi?- fece un sorriso sarcastico. –“L’uomo che ha fatto una doppietta su un vampiro in movimento”. Si chiama Abraham? Devo dirlo a Emmett, è entrato nella sua lista di miti personali.-
Il sorriso d’orgoglio mi si aprì in faccia prima che potessi fare qualunque cosa per impedirlo. Lei strinse gli occhi.
-E così abbiamo accoppiato un altro cagnolino, quindi. Non posso fare a meno di pensare che se facciamo una media fra la sua età e quella di mia nipote tu e Jacob ridiventate perfettamente normali… Già, la natura non sbaglia proprio mai. Adesso manca solo una bella cesta di cuccioli, congratulazioni!-
Non so perché non ribadii i miei ringraziamenti e me ne andai. Non so cosa mi spinse a dire quello che dissi in seguito. Forse la strana empatia che avevo sentito con lei ai tempi della gravidanza di Bella; o il tono acido che avevo già sentito un sacco di altre volte e ricordavo bene dove, perché era nella mia bocca; o magari la voce di Madre, che mi ha sempre insegnato che tutte le donne sono sorelle. Chissà.
-Niente ceste di cuccioli per me, Rosalie. Non sei mica l’unica, sai. Mi sa che in due non facciamo una donna completa, io e te.-
Il suo volto si raggelò. L’avevo ferita.
-Sono sterile-, mi affrettai ad aggiungere. –Da quando mi sono trasformata la prima volta non ho più avuto il ciclo. Non avrò figli miei, mai.-
Lei aggrottò le sopracciglia, un’espressione furiosa scombinò per un momento i lineamenti del suo viso. Poi mi sorrise, con un sorriso talmente gelido da risolvere da solo il problema del surriscaldamento globale.
-Sei sterile, eh?-, sussurrò. Io anuii.
A questo punto, di colpo e inaspettatamente, mi vomitò addosso un fiume di parole sibilate.
-Stupida. Cretina. Regina degli idioti. Sei sterile perché non hai più le mestruazioni, vero? Io lo sapevo che i cani hanno un cervello più piccolo del nostro, ma non credevo così tanto, giuro, ero convinta che fosse Jacob ad essere un caso disperato!-
Io ero rimasta talmente sorpresa da questa sua reazione da non avere neppure l’istinto di trasformarmi dalla rabbia. La guardavo a bocca aperta, basita.
Lei continuò imperterrita la sua filippica, gesticolando verso di me con in mano la chiave del sei.
-Stupida cagna… se tu non ti fossi bruciata i neuroni a forza di “mente del branco”, forse avresti riflettuto sul fatto che voi licantropi, o mutaforma, o quel diavolo che siete, raggiungete la maturità fisica e poi invecchiate in maniera estremamente più lenta del normale, anzi, leggimi il labiale, finché vi trasformate è come se il tempo per voi non trascorresse… dai che lo sai. Me l’ha detto Edward che l’ha letto nella mente di Jacob, e se l’ha capito perfino l’indiano bello col chiodo nel cervello allora davvero è un concetto a prova d’idiota, no?  Il passo successivo dovrebbe esserti abbastanza ovvio, suppongo, a meno che io non sopravvaluti le tue capacità di ragionamento logico, cosa piuttosto probabile.-
Avevo ancora la bocca aperta. Non poteva essere. Non così facile. Mi avevano tolto ogni speranza, ed ora? Bastava questo, davvero?
-Ma Sam ha sempre detto…- balbettai.
-Sam! Certo, se l’ha detto Sam allora vai tranquilla, dopotutto Sam parla per scienza infusa! Cosa può saperne Sam? Mi risulta che tu sia la prima e unica donna lupo a memoria di grande saggio della tribù; su che basi parla? È dottore, Sam? Ha una laurea in medicina? Beh, io sì, e inoltre sono una donna, quindi magari ne capisco qualcosa in più di mestruazioni, che ne dici? In quanto tempo per le tue cellule passa l’equivalente di un mese, se è vero che finchè continuate a trasformarvi non invecchiate? Quanto spesso ti sei trasformata da quando sei diventata lupo la prima volta? Te lo sei mai chiesto?-
In tutto ciò, io ero di sasso. La Bella Statuina. Uno Due Tre Stella, quando arriva Stella. Penso che non stessi neanche respirando, me ne stavo lì a sentirla che mi urlava in faccia sventolandomi davanti quella maledetta chiave del sei come se fosse stata una fata con la bacchetta magica, venuta a dirmi che era pronta a riscattarmi da una vita che parevo destinata a trascorrere tra la cenere del camino.
-A differenza mia, non mi sembri affatto condannata senza appello. Vai da Carlisle, cretina, ingoiati il tuo orgoglio del cazzo e fatti visitare; io ti manderei a quel paese, dove ti meriti di stare per la tua lampante stupidità, ma lui non lo farà perché è buono e probabilmente un giorno lo faranno santo.-
Non mi accorsi più di nulla, finchè non sentii un canovaccio ruvido sulla mia guancia. Solo a quel punto mi resi conto che stavo piangendo a fiumi e che Rosalie, probabilmente contagiata da Empatia&Sorellanza, si era avvicinata a me e mi asciugava le lacrime sbuffando. Io non l’ho mai detto a nessuno, ma grazie a Edward temo che lo sappiano tutti, che finii a singhiozzare come una bambina tra le braccia di una succhiasangue bionda. L’effetto era più o meno quello di essere consolata dalla statua della Madonna.
Uscii da casa Cullen in una specie di limbo, con gli occhi rossi e un’ansia quasi dolorosa, tanto che vidi il vampiro biondo spalancare gli occhi e ritrarsi come stordito dalla forza delle mie emozioni.
Destino Porco Bastardo, dovevo venire a conoscenza di questa semplice verità biologica per bocca di Rosalie Cullen, e vedermela in seguito confermare da suo padre.
Da quel giorno in poi, la parola “speranza” mi forma l’immagine mentale delle pareti grigie di un garage, con una donna bionda davanti ad un’auto rossa fiammante.







NOTE:"I figli sono di chi gli paga le scarpe" è un proverbio che usa anche mia madre... mi sono accorta che tiro fuori le scarpe in continuazione. Vi ho risparmiato quello tipico delle tre lune nei mocassini di un altro, almeno.
Per la teoria scientifica Dragana/Hale circa il sistema di concepimento delle licantrope donne, si ringraziano le serate passate a discutere di stupidaggini con la mia coinquilina (quella che fa l’avvocato). Dal momento in cui ha esordito con un “Scusa, Veronica, ma perché Leah deve essere sterile?” sono partite le congetture, e alla fine siamo giunte a questa, che ci ha soddisfatto entrambe. E così l’ho ficcata qui, dato che Tutto Deve Andare Bene.
Oh, ma solo io sono convinta che Leah e Rosalie siano molto simili sotto parecchi aspetti, e potrebbero piacersi tantissimo se fossero meno testarde? Per la cronaca: l’empatia di Leah nei confronti di Rosalie non l’ho inventata io, è canon: lo dice Leah stessa in “Breaking Dawn”, parlando con Jacob. E sono canon anche gli insulti gratuiti di Rosie a Jake… prima o poi li farò risolvere le loro diatribe mediante una gara automobilistica alla Toretto, giuro!
Bene, la prossima settimana saremo a ridosso di ferragosto, e ci sarà l’epilogo. Vi avviso: è una roba diabetica a livelli estremi. Astenetevi se vi fanno paura i dentisti. Tenete l’insulina a portata di mano. Io declino ogni responsabilità, sappiatelo.
Poi non dite che non ve l’avevo detto.
E infine il solito, enorme, pantagruelico GRAZIE a tutti voi. Non sapete che bello, quando passate di qui e leggete; tutti quanti, nessuno escluso!

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Epilogo - In cui si riassumono le fortune della sottoscritta, che fa sempre bene. ***


AVVERTENZE:il qui presente epilogo è glucosio puro. Puro e bollito, praticamente caramello. Astenersi diabetici, deboli di stomaco e odontofobici.
Se decidete di proseguire, sappiate che l’autrice non si assume responsabilità di sorta. Scollegate i neuroni e buona lettura!









EPILOGO
In cui si riassumono le fortune della sottoscritta, che fa sempre bene

E allora, questa storia iniziata tanto tempo prima che io nascessi, com’è finita?
È finita che allo stato attuale delle cose mi chiamo Leah Custer, ma è una cosa talmente ridicola che uso sempre il mio nome da ragazza.
È finita che dopo il college mi sono sposata, anche perché altrimenti Madre me l’avrebbe tirata lunga una vita; ma tutto sommato è stato un giorno magnifico, e ovviamente era una giornata di sole. Il mio album di nozze è qualcosa di apparentemente banale e in realtà così epico: ci sono gli anziani della tribù venuti a godersi il matrimonio della lupa e a commentare lo sposo Viso Pallido; c’è il mio gruppo di amici vecchi e nuovi che ho ritrovato al college, quelli che di lupi mannari non sanno nulla ma a fare branco sono maestri indiscutibili; ci sono avvocati americani, le Migliori Amiche Dello Sposo e perfino persone da Bologna, Italia, che ridevano spesso e bene ed attaccavano bottone con chiunque, arrotando tutte le r; ci sono Sam ed Emily e la loro sbrancata di cuccioli che non stanno mai fermi; ci sono Quil e una Claire dallo sguardo troppo furbo, Embry e Penny Il Femmino, Paul e Jared con le rispettive fidanzate, e i piccoli del branco che adesso non sono più tanto piccoli, tutti in giacca e cravatta tranne David, che però ha costretto Nate ad indossarla al suo posto; c’è perfino un cospicuo gruppo di gente troppo pallida, troppo puzzolente e troppo bella, che lo sposo ha voluto a tutti i costi perché “ammettilo Leah, sono persone splendide”, e che è sotto i gazebo in ogni foto tranne quelle fatte di sera; c’è un Jake elegante, bello e commosso, e una ragazzina dai capelli rossi che pare farmi una carezza in volto e invece mi sta mostrando il momento in cui il suddetto ha finto che gli fosse caduto qualcosa per mascherare le lacrime agli occhi; c’è Madre che invece piange senza ritegno al fianco di un ormai onnipresente Charlie Swan; c’è il mio bouquet illuminato dal sole, sulla tomba di papà; c’è Seth con un sorriso che gli taglia la faccia in due, e la sua nuova fidanzata, quella da cui è stato ben lieto di farsi mettere le manette e che chiama “Sergente Hartman”, perché era ovvio che la Donna Ideale di un maschio assomigliasse a sua madre; e naturalmente ci siamo io e Abraham, che facciamo sfoggio di una felicità così sfacciata che ci viene da ridere solo a guardare.
È finita con il college terminato brillantemente, e una bella serie di articoli, pubblicazioni e perfino un libro sulla tribù dei Quileute, leggende dei licantropi comprese; quando Jake, Sam e gli anziani hanno provato ad opporsi ho fatto presente che tanto ormai i vampiri di mezzo mondo, italiani compresi, sapevano tutto, e se lo sapevano loro non vedevo che differenza avrebbe fatto il mio libro, che oltretutto è un trattato che interessa solo agli antropologi; la tribù ha ceduto e mammà ha la soddisfazione di poterlo esibire sullo scaffale. Il mio lavoro a volte mi porta lontano; quando può Abraham mi accompagna, quando non può basta che chiuda gli occhi e chieda a me stessa “cosa direbbe adesso?” per immaginare la sua risposta, che quasi sempre mi fa ridere.
È finita nel mio salotto, con tra le braccia il peso più leggero del mondo, che chiedo alla mia interlocutrice come mai secondo lei la mia bambina ha la pelle chiara ed i capelli biondi, dato che, se la genetica non è un’opinione, i miei sarebbero i caratteri dominanti.
-Perché si chiama come me, quindi mi somiglia!- risponde lei in visibilio. Eh, sì, perché c’è anche questa: Abraham ha deciso che i Cullen sono benvenuti nella nostra umile dimora, a patto che si annuncino suonando il campanello ed entrino dalla porta, e dato che i debiti si pagano, la mia preziosa primogenita si chiama Rose.
È finita con la preziosa e bellissima primogenita all’asilo ed io ancora sbigottita con in mano l’ecografia che ritrae due gemelli, mentre Abraham si premura di mettermi al corrente che sì, in effetti ora che ci pensa ci sono stati tantissimi parti gemellari nella sua famiglia, e tutti danno la loro opinione sul nome da dargli: Seth mi impone solo un veto, perché “Harry Clearwater” lo vuole per sé ed è giusto così; Jacob mi dice che gli devo almeno un figlio col suo nome, ma faccio presente che avere in famiglia “Jack e Rose” mi scatenerebbe il terrore di farli salire su qualsivoglia imbarcazione per sempre; la Preziosa Primogenita pretende che almeno uno dei due si chiami Nobody detto Bod come il protagonista del suo libro preferito (in cui peraltro tale Bod ha come tutori un vampiro e una licantropa, perche mia figlia ha già capito da che parte soffia il vento) ed ovviamente siamo un po’restii ad accontentarla; paradossalmente finora quelli che hanno avuto più successo sono stati quelli di Rosalie Hale che, saputa la notizia, ha sibilato: -E per fortuna che era sterile-, per poi lanciare Romolo e Remo. Abraham ha riso così tanto che temo che questi soprannomi gli rimarranno appiccicati per sempre, poveri figli miei.
È finita che ancora non mi fido dell’imprinting, o forse il Destino ha fatto sì che il mio Uomo Perfetto fosse quello che non riesco mai a dare per scontato, quindi alla fine di tutto ciò non posso che ringraziarlo, il mio maledetto Destino Porco Bastardo.
È finita che la pessimista cronica è rimasta tale. Perché so benissimo che se si pensa che non possa andare peggio di così si scopre solo di non aver avuto abbastanza immaginazione, che quando si tocca il fondo si comincia a scavare e che potrebbe piovere.
Intanto però mi sto godendo la mia lunga, lunghissima giornata di sole.







NOTE: Penny il Femmino, David e Nate non appartengono a me, ma a Kukiness e Abraxas. Dato che li ho adorati ed erano lì, a La Push, li ho infiltrati al matrimonio. Il sergente Hartman sapete tutti chi è, mi auguro (rispondete “signorsì signore!”), Jack e Rose sono i protagonisti del film “Titanic”, il libro preferito di Rose è “il figlio del cimitero” di Neil Gaiman, il cui protagonista, Nobody Owens, ha davvero come tutori un vampiro e una licantropa, oltre a parecchi fantasmi. Non credo che Leah conoscesse la leggenda di Romolo e Remo, ma suppongo che (dopo aver finito di ridere) gliel’abbiano raccontata.

E così questa storia è finita, e non è successo niente. Ah, però io ve l’avevo detto, vero? E anche vannagio me l’aveva detto; non che non succede niente, ma che dovevo pubblicarla. E aveva ragione.
Perché se l’avessi tenuta per me non avrei avuto le vostre parole, i commenti qui, a voce o in chat, che tante volte sono stati raggi di sole in giornate stancanti o piene di sclerosi da stagione estiva. Che vorrei incorniciare e rileggere nei momenti di scarsa autostima, perché mi avete detto cose davvero bellissime, ma davvero proprio.
Questa storia è per voi. E a voi che siete passati da qui e avete letto, avete messo la storia nei preferiti, seguiti o ricordate, avete lasciato commenti, non vi siete fatti sentire ma vi siete divertiti, vi siete fatti sentire e anche vedere: per tutte le vostre parole, per tutte le vostre risate, GRAZIE. Che i vostri giorni di sole non finiscano mai.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=727277