Pirati dei Caraibi: Mari Stregati

di Cicciolgeiri
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Hispaniola ***
Capitolo 2: *** Corvette e cani ***
Capitolo 3: *** Fantasmi e Bouillabaisse ***
Capitolo 4: *** Alla volta di Tortuga ***
Capitolo 5: *** Per amore di Jack ***
Capitolo 6: *** La Sposa Fedele ***
Capitolo 7: *** Andros ***
Capitolo 8: *** La Vendetta dell'Angelo Caduto ***
Capitolo 9: *** I Denti di Squalo ***
Capitolo 10: *** Acque morte ***
Capitolo 11: *** Il segreto di Beatrice ***



Capitolo 1
*** Hispaniola ***


<< Signor Gibbs! >> esclamò Jack Sparrow risoluto, mentre con andatura ondeggiante si avvicinava al suo quartiermastro.
Mastro Gibbs si voltò a guardare il suo capitano, lasciando da parte il sartiame che era impegnato a districare, e gli rivolse un’occhiata interrogativa.
<< Sì, capitano? >> domandò alzando un sopracciglio.
Jack levò un indice con fare saputo e fece schioccare la lingua come se avesse appena ingollato una sorsata di ottimo rum.
<< Abbiamo una rotta >> annunciò.
Mastro Gibbs per poco non si lasciò sfuggire uno sbadiglio.
<< Un’altra? >> domandò tetro. << Ancora? >>
<< Oh, sì >> ribatté Jack riducendo gli occhi a fessure. << Ma stavolta è quella giusta! >>
Il signor Gibbs emise un sospiro profondo.
<< Jack … >> iniziò cauto, guardando il capitano dal basso del pontile fradicio dov’era seduto, << non è per fare il guastafeste, ti pare, ma è da mesi che non facciamo altro che dirigerci ovunque l’ago della tua bussola punti e, fino ad oggi, non ne abbiamo tratto grandi risultati >> accennò con un vago gesto della mano allo squallido molo dove si trovavano: una misera accozzaglia di assi di legno scricchiolanti e scivolose che si protendevano tortuosamente verso le acque verdastre di una piccola baia nei pressi dell’isola di Grenada. Non c’era anima viva in giro ed i pochi avventori che si scorgevano nei dintorni puzzavano di pesce marcio ad un miglio di distanza e avevano tutti un’aria parecchio scontrosa.
Jack scoprì i denti in una smorfia di disgusto.
<< Ahimé molto vero, invero >> commentò allargando le braccia; la sua camicia, che un tempo doveva essere stata bianca, era talmente lercia da avere assunto una preoccupante sfumatura grigio fumo e la bottiglia di rum che si portava appresso era irrimediabilmente vuota e leggera.
<< Ma >> aggiunse subito dopo, facendo tintinnare la bussola che portava legata alla cintola, << se non fosse stato per la mia bussola, a quest’ora non saremmo qui a trastullarci, o mi sbaglio? Indi per cui, io ho assoluta fiducia nei misteriosi moti del suo ago >> agitò le dita inanellate con fare vagamente mistico.
Mastro Gibbs scrollò le spalle.
<< E dov’è che dovremmo andare, stavolta, di preciso? >> domandò scettico.
Jack prese in mano la bussola e la studiò per un po’, in silenzio, poi puntò una mano verso ovest con meno convinzione di quanto il suo quartiermastro avrebbe sperato.
<< Per di qua, esattamente >> disse, spostandosi lievemente sul posto per assecondare gli spostamenti dell’ago della bussola. << O meglio, un po’ più per di là. Nord-ovest. Nord-est. >> strizzò gli occhi in direzione dell’oggetto magico. << Insomma, il nord c’è di sicuro >>.
Mastro Gibbs scosse il capo, afflitto; la schiena gli doleva terribilmente, sia perché non era abituato a tutto quel tempo sulla terraferma senza sentire sotto i piedi il familiare rollio della nave, ma soprattutto perché Jack lo costringeva a trasportare in spalla la Perla Nera e il resto della flotta in bottiglia in un grande e pesantissimo sacco di tela durante i loro pellegrinaggi apparentemente privi di meta. Il quartiermastro si stiracchiò le membra intorpidite e si tirò in piedi di malavoglia, sistemandosi il sacco in spalla.
<< A nord, hai detto, eh? >> chiese. << Vuoi dire che dobbiamo andare sull’isola di Hispaniola? >>
Jack lo precedette con la sua camminata dondolante mentre tornavano indietro lungo il molo sino alla spiaggia e agitò una mano all’aria con noncuranza.
<< E’ lì che il vento ci spinge! E noi lì ci spingeremo >> rispose senza rallentare.
Mastro Gibbs arrancava nella sua scia, sollevando nuvolette di sabbia bianca ad ogni passo, mentre le bottiglie nel sacco tintinnavano seguendo il ritmo della sua andatura.
<< E come intendi farti spingere, senza una nave? >> domandò affannato.
Jack si fermò così repentinamente, arrestandosi di colpo, che per poco Gibbs non gli finì addosso; fortunatamente riuscì a frenare in tempo, ma quasi cadde lungo disteso per terra.
<< Giusta osservazione >> concesse il capitano, voltandosi a guardare il quartiermastro. << Ma noi una nave ce l’abbiamo >> mise su un sorrisetto sardonico.
Gibbs sgranò gli occhi, allibito.
<< Tu dici? >> ribatté. << Jack, intendevo una nave di consona stazza, non una imbottigliata! >> accennò al sacco che teneva in spalla con aria significativa. << Devo seriamente ricordarti che siamo finiti in questa situazione proprio a causa dell’assenza di una nave? Quella faccenda delle tre capre è stata un completo fallimento … e mi dispiace proprio di non poter rimettere più piede in Virginia, sai, Jack? >>
Il capitano scrollò le spalle.
<< Di che ti lagni, Gibbs? In Virginia il rum sa di pipì di scimmia. Odio la pipì di scimmia, ne ho bevuta fin troppa nel corso della mia vita, ecco perché il rum penso possa assomigliare a tutte le varietà di pipì, tranne che a quella di scimmia >> rabbrividì leggermente, disgustato. << Ma comunque non parlavo della nostra flotta, Mastro Gibbs >> riprese. << Parlavo di quella laggiù >> si voltò di scatto, facendo mulinare le treccine dei suoi capelli che sbatterono in faccia a Gibbs, ed indicò una macchia bianca quadrata che si stagliava contro l’orizzonte blu; Gibbs aguzzò lo sguardo: pareva una corvetta della marina britannica e, da come avanzava, doveva essere anche piuttosto veloce.
<< E’ una bella nave non c’è che dire. Ottimo stato, linea agile … e non è nostra. Cosa intendi fare? >> chiese Gibbs. << Siamo in due, Jack, troppo pochi per tentare un abbordaggio >> gli fece notare assennato.
Ma il sorriso di Jack si era allargato e adesso era diventato un ghigno che non prometteva nulla di buono.
<< Dimentichi chi è con te, mastro Gibbs. Io sono capitan Jack Sparrow e valgo per una ciurma intera. Comprendi? >>
 
L’isola di Hispaniola era una fazzoletto di terra verde smeraldo che pareva fluttuare tra le onde azzurre del mar dei Caraibi come se una dama sbadata se lo fosse lasciato sfuggire di mano per sbaglio.
Fitte piantagioni di cotone e canna da zucchero si stendevano a perdita d’occhio su tutto il territorio, rigogliosi palmenti spuntavano in riva alle spiagge di sabbia bianca finissima e fiorenti, piccole cittadine mercantili sorgevano come funghi rumorosi e brulicanti lungo le coste.
Beatrice Bonny stava per compiere vent’anni e, per quanto ricordasse, aveva sempre vissuto lì; lavorava come domestica nella casa del governatore Compton, un inglese corpulento e basso, così sformato da somigliare ad una pingue palla che rotolava invece di camminare.
Beatrice non era particolarmente graziosa; aveva i capelli lunghi di un biondo sporco, ma sfibrati e crespi, il volto magro e affilato, le guance incavate e le mani callose e segnate dal lavoro, ma una cosa spiccava del suo aspetto: i suoi grandi occhi azzurri, forse un po’ troppo vistosi rispetto al resto del volto, che sembravano quasi fuori posto tra quei lineamenti poco interessanti.
Sua madre era morta appena tre mesi prima, di malaria, e l’unica eredità che le aveva lasciato, a parte il cognome, era stato quel lavoro rispettabile nella casa del governatore Compton, senza il quale, altrimenti, sarebbe finita in mezzo a una strada.
“I figli del mare”, così venivano chiamati tutti quei bambini disgraziati frutto dell’unione di una donna del luogo e di un marinaio, che poi era sparito più in fretta delle orme di stivali lasciate sul bagnasciuga; orfani di padre a tutti gli effetti, dato che non l’avevano conosciuto, né l’avrebbero mai fatto.
Beatrice era una figlia del mare; quando era piccola, sua madre Anne era solita raccontarle aneddoti parecchio romanzati riguardo al suo presunto padre che, come ad Anne piaceva ripetere, era un pirata sanguinario dalla nefanda fama. Alla piccola Beatrice quei racconti così avventurosi che avevano per protagonista il suo padre bucaniere piacevano molto e sarebbe potuta stare ad ascoltarle per notti intere senza mai chiudere occhio, ma col tempo, crescendo, si era resa conto che, con ogni probabilità, il suo misterioso padre altri non doveva essere che un semplice marinaio ubriaco, che durante una sbronza si era dato un po’ troppo da fare e poi si era nuovamente dato ai flutti, lasciandosi dietro una donna incinta con tanta fantasia ed una ragazzina a cui piacevano le storie di pirati.
Beatrice sputò sul candelabro d’argento che stava pulendo nell’elegante salone della dimora del governatore Compton, una villa bianca che si affacciava sulla baia di La Navidad, da cui si potevano scorgere le navi mercantili e militari attraccare e salpare dal grande porto della città.
La ragazza lanciò uno sguardo annoiato fuori dalla finestra, verso il mare soleggiato, poi tornò ad occuparsi del candelabro, frizionandolo energicamente con il panno sudicio e producendo uno sgradevole fischio ad ogni passata.
Nonostante ne necessitasse più di ogni altra cosa al mondo, Beatrice odiava il suo lavoro; le assicurava un tetto sopra la testa ,certo, e che tetto!, e pasti caldi ogni giorno, ma non era per niente edificante e non si addiceva affatto alla sua natura svogliata e insolente. Tuttavia, ogni volta che tentava di lamentarsi con se stessa, nelle orecchie le riecheggiava la voce severa di sua madre che la ammoniva di non fare l’ingrata.
La strada è sempre lì in agguato, ripeteva continuamente, soprattutto nell’ultimo periodo, prima di finire con tutt’e due i piedi nella fossa, ringrazia e continua a darti da fare.
Beatrice scatarrò in modo oltraggioso e sputò nuovamente sul candelabro, perché c’era una macchia che proprio non voleva andar via.
Ma il solo pensiero di dover vivere al fianco di quei damerini incipriati per il resto della sua squallida vita e di doverli servire, soprattutto, le faceva ribollire la bile in bocca.
Quel Compton, nonostante avesse la parvenza di un unico, enorme, ammasso di grasso tremebondo, aveva le mani estremamente lunghe e sua moglie Lady Sophia, d’altro canto, era un’arpia dell’alta società, una vipera maligna come poche, con il naso talmente all’insù che se ce l’avesse avuto un po’ più alto avrebbero dovuto staccarglielo dal soffitto; per quanto riguardava le loro due figlie gemelle, Christine e Carole, infine, sarebbero state ottime per rimpinzare gli squali, sempre che quelle povere bestie avessero lo stomaco abbastanza forte, s’intende.
<< Beatrice! BEATRICE! >> strillò una vocetta gracchiante dal piano di sopra, facendola sobbalzare appena. << Beatrice, l’epitaffio! L’epitaffio! Corri! >>
Beatrice alzò gli occhi al cielo e biascicò un’imprecazione che aveva imparato bighellonando giù al porto e che aveva a che fare con un cucchiaio, un tricorno e le parti intime di un cavallo spagnolo, dopodiché abbandonò il suo candelabro ancora macchiato, uscì dal salone e si avviò svelta su per le scale.
<< Si dice epitassi, miss Compton >> urlò mentre saliva i gradini con passo pesante. << Arrivo! >>.
L’andito a cui le scale portavano era illuminato, in fondo, da un’ampia vetrata che dava sulla spiaggia sottostante e la camera delle gemelle era la prima porta che dava sul corridoio; Beatrice l’aprì e trovò la piccola miss Christine Compton adagiata scompostamente su uno dei letti a baldacchino in una posa melodrammatica, i lunghi capelli color miele sparsi attorno al capo in morbidi boccoli appena arricciati, e tutt’e due le mani premute contro il naso sanguinante.
<< Le si macchierà il vestito! >> gracchiò Carole, additando la sorella con aria terrorizzata. << Spicciati, Beatrice! >> ordinò imperiosa.
Beatrice dominò l’impulso di tranciare di netto le teste di quei due piccoli mostriciattoli petulanti con un colpo di coltellaccio da pane ben assestato e frugò tra le pieghe del suo consunto abito giallo per poi estrarne un fazzolettino di pizzo col quale si premurò di tamponare l’emorragia nasale di miss Christine, che perdeva in continuazione così tanto sangue da sembrare un rubinetto spanato.
<< Questo clima non si addice affatto ai vostri fragili capillari, miss >> osservò Beatrice con un largo sorriso che celava qualcosa di vagamente sinistro, tamponando con cura il nasino lentigginoso della bambina. << Vostro padre dovrebbe proprio riportare voi e vostra sorella nella cara, vecchia Inghilterra >>.
<< Dovrebbe >> sbuffò miss Carole dall’altro lato della stanza, alzando il mento con fare altezzoso. << Ma poi tu non ci sei neanche mai stata, cosa puoi saperne? >> ridacchiò giuliva.
La gemella la imitò sommessamente, ma Beatrice le premette il fazzoletto sul volto decisamente più forte di quanto fosse necessario e quella si arrestò all’istante.
<< Mi soffochi! >> strillò annaspando.
<< Perdonatemi, miss >> miagolò Beatrice reprimendo un ghigno.
Quando l’epitassi di miss Christine si fu arrestata, Beatrice ripiegò il fazzolettino macchiato di sangue, lo ripose nuovamente nella tasca della gonna e poi aiutò le gemelle a prepararsi per la cena di gala che avrebbe avuto luogo quella sera nella tenuta di Lord Colin Lancaster e alla quale il governatore, sua moglie e le sue adorabili figliuole erano stati così gentilmente invitati.
Era da una settimana che in casa non si parlava d’altro e Beatrice non vedeva l’ora che quei quattro orribili parrucconi sloggiassero, così da lasciarle un attimo di respiro.
<< Più stretto >> esclamò perentoria miss Christine, mentre Beatrice le allacciava il corsetto attorno al busto pallido e mingherlino. << Va di moda così, adesso >> ansimò.
Benché Beatrice non potesse desiderare nulla di meglio che soffocare quella giovane aspide, non poté fare a meno di trattenersi dall’osservare: << Va dunque di moda non respirare affatto, quest’anno? >>
Carole, che intanto si stava provando vari cappelli piumati davanti alla specchiera dell’armadio, arricciò il naso, altezzosa e disgustata al contempo.
<< Nessuno pretende che tu capisca, Beatrice >> disse annoiata. << Dopotutto sei solo una sguattera e probabilmente possiedi un solo abito, n’es-ce pas? >> sorrise in maniera sgradevole, visibilmente compiaciuta di avere usato quel termine in francese. << Non ti biasimo se non riesci a comprendere l’importanza che un abbigliamento adatto possa avere >>.
A quelle parole, Beatrice tirò la stringa del corpetto di Christine decisamente con troppa forza e alla ragazzina si mozzò sonoramente il respiro.
<< Un paio di stivali e un paio di brache possono salvarti la vita se devi dartela a gambe, miss >> ribatté cercando di mantenere la calma, << questo è tutto ciò che so, ma tanto mi basta >>.
Carole sorrise con condiscendenza e per un attimo somigliò così tanto a sua madre che Beatrice poté indovinare come le gemelle sarebbero apparse da adulte.
<< Appunto >> commentò. << E tanto ti basta >>.
 

***

I Compton se n’erano andati caracollando nei loro assurdi abiti di pizzo e merletto, così grottescamente fuori posto in mezzo alla natura selvaggia dell’isola Caraibica di Hispaniola, da ormai diverse ore e Beatrice si aggirava per l’elegante magione del governatore con aria imbronciata e vagamente furibonda.
Aveva rubato della paprica dalle cucina e con essa aveva già spolverato le fodere dei cuscini delle due schifosissime mocciose, in modo da causare loro quanti più starnuti e prurito possibili; adesso mancavano solo Lady Sophia e Lord Compton in persona.
Aveva deciso di andarsene, dopotutto: di sgombrare, di levare l’ancora e salpare, o in qualunque altro modo si fosse voluta definire la sua scelta, insomma.
Non era più disposta a farsi prendere in pesci in faccia da quella manica di balordi pulciosi con la puzza sotto al naso; sapeva per certo che sua madre si stesse rivoltando furiosamente nella tomba e, da una parte, si rendeva perfettamente conto che la sua era una scelta avventata e stupida e che, probabilmente, se ne sarebbe presto pentita amaramente, ma dall’altra parte, quella più selvatica e meschina che spesso in lei prevaleva, gliene importava meno di un fico secco: qualunque posto sarebbe stato meglio di lì.
Non sono fatta per fare la serva, si disse, mentre entrava nella camera matrimoniale dei Compton, diretta al maestoso armadio di Lady Sophia. Non sono fatta per ricevere ordini ed essere usata come zerbino dai primi omuncoli che passano.
Spalancò le ante dell’armadio; in quel momento aveva un’aria decisamente folle: attorno alle iridi azzurre si scorgeva molto più bianco del solito e aveva i capelli arruffati come se si fosse ritrovata nel bel mezzo di un uragano.
Afferrò l’abito più bello e sontuoso che gli riuscì di trovare e gettò sul pavimento il suo, scolorito e rattoppato, poi indossò velocemente quello di Lady Sophia Compton e si rimirò per qualche istante nello specchio, girando su se stessa: Beatrice era fatta per ricchezze ed abiti lussuosi, per comandare a bacchetta la servitù e ricoprirsi d’oro, gioielli e qualunque altro ben di Dio abbastanza scintillante, per Giove. Sorrise soddisfatta al suo riflesso ben vestito e quello ricambiò con un ghigno.
Dopodiché, la ragazza rovesciò il restante contenuto del guardaroba per terra e si divertì a calpestarlo con i piedi, a stracciarlo, a rosicchiarlo e a ballarci sopra. Quando i meravigliosi abiti non furono altro che cenci deformi e Beatrice poté dirsi soddisfatta del suo operato, si fermò e dedicò la sua attenzione al suo scialbo e vecchio vestito giallo che ancora giaceva abbandonato sul parquet; scoprendo le gengive per la soddisfazione lo raccolse, lo infilò in una gruccia e lo sistemò con cura nell’armadio vuoto.
<< Ecco fatto. E tanto mi basta >> mormorò divertita.
Dalla tasca dell’abito era caduto il fazzolettino ricoperto del sangue di miss Christine Compton, la figlia del governatore, e Beatrice lo raccolse, già progettando di poterlo infilare da qualche parte per giocare un altro tiro mancino a quei fessi imparruccati prima di darsela a gambe, ma qualcosa la distolse dal suo malvagio proposito: l’aria fu squarciata da quello che sarebbe potuto benissimo essere il fragoroso boato di un tuono, se non fosse stato che nessun fulmine era caduto lì vicino, né il cielo preannunciava tempesta.
La casa fu squassata così violentemente da quell’esplosione terribile che il pavimento gemette e si piegò come un fuscello e Beatrice si ritrovò a gambe all’aria prima ancora di potersi domandare cosa stesse succedendo.
Con una certa fatica, si districò dalle pesanti gonne di broccato dorato del meraviglioso vestito che aveva rubato, si rimise in piedi e caracollò confusa verso la finestra della camera da letto. Quando la spalancò e uscì sul balcone fu investita dall’odore acre del fumo e della polvere da sparo, gemiti e lamenti provenivano dalla baia ed il porto di La Navidad era ridotto ad un ammasso fiammeggiante di detriti e monconi.
Beatrice aguzzò la vista e, in mezzo al fumo rossastro dell’incendio e alle nuvole aleggianti di macerie che si erano staccate con l’esplosione della torretta d’avvistamento, fece appena in tempo a scorgere una serie di grandi vele spiegate ed il profilo aguzzo di un’enorme nave nera, che somigliava più ad una carcassa fatta di varie ossa messe insieme, che non ad un’imbarcazione vera e propria; ai lati della spaventosa nave, a poppa e a prua, scintillavano le luci di quelle che parevano lanterne fiammanti, tenute ben salde dalle mani di altrettanti scheletri che spuntavano come alghe dall’inquietante forma dalla chiglia del veliero.
<< PIRATI! >> ululò con voce gracchiante di terrore una sentinella, invisibile da qualche parte in mezzo al fumo e ai detriti. << PIRATI! CI ATTACCANO! >>
Beatrice trattenne il fiato e per poco non si strozzò con il suo stesso cuore, che le era schizzato fino in gola come un uccello impazzito. Si sporse oltre la ringhiera del balcone per osservare meglio la nave, gli occhi spalancati dalla paura, ma all’improvviso l’aria andò di nuovo in frantumi quando i cannoni del veliero pirata iniziarono a sparare contro La Navidad e lei fu ricacciata indietro dall’onda d’urto e violentemente sbalzata di nuovo dentro alla camera da letto.
La sentinella della marina aveva smesso di gridare, ma in compenso il caos nelle strade pareva essere aumentato; tutti gli abitanti della piccola cittadina costiera si erano riversati nelle strade e sciamavano terrorizzati come un nugolo di formiche deliranti, scappando in tutte le direzioni. Le strade e gli edifici esplodevano e collassavano come miseri castelli di carte sotto i colpi tonanti dei cannoni della nave ed uno scossone terribile che fece tremare le viscere di Beatrice le suggerì che anche la casa del governatore doveva essere stata colpita.
Non poteva restarsene lì e rimanere sepolta sotto le macerie nel crollo della casa, così si rimise nuovamente e altrettanto faticosamente in piedi, maledicendo mentalmente quello stupido abito e l’idea malsana che le era venuta in mente, e si gettò con foga nel corridoio e poi giù per le due rampe di scale che la separavano dall’uscita. Il resto della servitù non aveva perso tempo e molti erano già corsi fuori dandosi alla fuga, ma in casa erano rimaste ancora due persone: Beatrice, che correva disperata, impacciata nei movimenti dal tremendo vestito d’oro, e Nathaniel, il vecchio usciere sordo, che nessuno aveva avuto il garbo di avvertire dell’attacco dei bucanieri.
Nathaniel era talmente vecchio e totalmente incurante delle stramberie di coloro che lo circondavano che non aveva prestato minimamente attenzione ai membri della servitù che erano scappati a gambe levate, gettandosi fuori da ogni porta o finestra che capitasse loro a tiro, né si era preoccupato più di tanto dell’improvviso tremore che aveva fatto vibrare la casa fino alle fondamenta e aveva rovesciato parecchie suppellettili, convinto che si trattasse semplicemente di una trascurabile scossa di terremoto, molto comune in quelle zone.
Approfittando della temporanea assenza dei padroni, Nathaniel stava sorseggiando una tazza di buon the al limone, corretta con qualche goccio di rum, stravaccato su una comoda sedia accanto al portone d’ingresso, con la parrucca di traverso ed i piedi appoggiati alla tabacchiera, e non badò affatto a Beatrice quando la ragazza sbucò correndo lungo il pianerottolo che dava sull’entrata sottostante.
Ad un tratto la porta tremò; Nathaniel, che stava appoggiato con lo schienale della sedia contro di essa, fu sbalzato via in malo modo e finì per terra come un fantoccio, mentre Beatrice si arrestò a metà della scala, una mano ancora appoggiata al corrimano, gli occhi spalancati dall’orrore: qualcuno stava tentando di buttare giù il portone per entrare e le violente mazzate di quello che sembrava un ariete percuotevano ritmicamente le assi di legno della porta, facendole piegare e scricchiolare.
La ragazza emise un gemito strozzato, girò svelta sui tacchi e tornò sui suoi passi alla massima velocità consentita da ciò che indossava, lanciandosi dentro il salone e chiudendosi dietro la porta a vetri nello stesso momento in cui il portone esplodeva in mille schegge di legno di quercia, lasciando entrare i pirati.
Delle voci sgraziate riecheggiarono nel pianerottolo; Beatrice si rannicchiò sotto al tavolo da pranzo, cercando di farsi più piccola possibile, e quando lo schiocco secco di un colpo di pistola risuonò al piano di sotto, si premette con forza i palmi delle mani contro le orecchie, disperata: avevano ammazzato Nathaniel.
<< Voi, di sopra: controllate ogni stanza da cima a fondo, trovate quello stramaledetto studio e buttate giù la porta; chiamatemi se trovate qualcosa, qualunque cosa. Voialtri, con me, veloci >> una voce imperiosa gridò gli ordini e, a quelle parole, si udì lo scalpiccio di varie paia di piedi risuonare per la casa; alcuni passi stavano salendo lungo la scala che portava al primo piano, dove c’erano la sala da pranzo, la biblioteca ed il salone, il rifugio di Beatrice.
<< Ehi, per di qua >> sussurrò qualcuno. Beatrice sentì la porta a vetri schiudersi con un cigolio sommesso, mentre le gambe contorte e segnate di due uomini entravano nel suo campo visivo, spuntando tra le sedie in mezzo alle quali era rannicchiata.
<< Mhhh … controlliamo bene >> disse un’altra voce. << Vedi se c’è qualcosa che possiamo portare via >>.
<< Il capitano non ha parlato di saccheggiare la casa >> fece osservare il primo, camminando lentamente davanti al grande camino che occupava per intero la parete di destra, e che non era mai stato acceso in vent’anni, per guardarsi intorno. << Vuole solo che troviamo quello studio >>.
<< Però non ha accennato al fatto che non potessimo portare via un po’ di roba, no? >> ribatté il secondo, spazientito, e si fece così vicino al tavolo sotto al quale Beatrice stava nascosta che la ragazza dovette mordersi le nocche di una mano per non farsi sfuggire un urlaccio.
Il primo ridacchiò stupidamente.
<< Eh, hai ragione >> osservò allegro.
Anche l’altro si mise a ridere.
<< Certo che ho ragione! >> disse.
I due pirati iniziarono a gironzolare per il lussuoso salone, intascando qualsiasi oggetto fosse insieme abbastanza prezioso e facilmente trasportabile, compreso il candelabro d’argento che quella mattina Beatrice stava pulendo, e la ragazza osservava i loro movimenti con gli occhi sbarrati, mentre il suo cervello lavorava febbrilmente, cercando di elaborare un piano per uscire da quella situazione.
<< Lo sai, Pintel >> disse ad un certo punto uno dei due bucanieri, quello più magrolino e con la voce più acuta, << il capitano mi ha rivelato che era proprio qui che stavamo andando l’ultima volta, con la Perla, quando siamo stati attaccati da Barbanera >>.
Il pirata chiamato Pintel si bloccò con la mano a mezz’aria nell’atto di infilarsi dentro le braghe consunte un vaso cinese estremamente delicato e prezioso.
<< Ma dai? >> commentò. << Ma si può sapere che c’è qui ad Hispaniola di così importante? >>
<< Il capitano pare molto interessato a qualcosa che il governatore tiene nascosto nel suo studio >> spiegò il pirata spilungone. << L’ultima volta anche, eravamo diretti qui, ma poi … be’, lo sai >>.
<< Certo che è stato proprio un colpo di fortuna incontrare di nuovo il capitano a Tortuga dopo che eravamo riusciti a scappare dalla Perla >> osservò Pintel, cercando maldestramente di infilarsi il vaso cinese nelle mutande. << A quest’ora chissà che fine avremmo fatto >>.
<< Probabilmente avremmo passato il resto delle nostre vite a rimpiangere i bei tempi andati >> rispose l’altro, sollevando con la punta dello stivale lercio un angolo del tappeto persiano che giaceva sul pavimento. << Oppure avremmo abbandonato la pirateria per imboccato la retta via >>.
<< Quand’è che smetterai di far finta di leggere la Bibbia, Ragetti? >> abbaiò Pintel.
<< Quando tu mi darai ascolto >> ribatté quello balbettando leggermente. << La fede è un cardine fondamentale nella vita di un uomo; senza la fede saremmo come sacchi vuoti, privi di  … >> ma nel bel mezzo del suo discorso così ispirato, il vaso che Pintel stava tentando di rubare scivolò giù per i suoi pantaloni e si fracassò a terra, riducendosi in mille pezzi.
<< Cribbio >> commentò il pirata grasso. << Sembrava rivendibile >>.
<< Non puoi lasciarlo lì >> lo ammonì Ragetti, assennato. << Qualcuno potrebbe scivolare e farsi male >>.
Pintel grugnì qualcosa di poco signorile all’indirizzo del suo compare, ma si chinò comunque per raccogliere da terra le schegge del vaso e si ritrovò alla stessa altezza di Beatrice, che trattenne il respiro conficcandosi più a fondo i denti nel dorso della mano e poteva scorgere la pelata unticcia e lucida del pirata attraverso il groviglio delle gambe del tavolo.
Pintel stava per dire qualcosa e alzò lo sguardo, così da ritrovarsi faccia a faccia con Beatrice. Rimase per un attimo a fissarla, vagamente stupito, poi un ghigno sbilenco e sdentato si dipinse sul suo volto sporco.
<< Ma guarda un po’ chi c’è … ciao, pupattola! >> la salutò sghignazzando.
Ragetti s’inginocchiò svelto accanto a Pintel e anche lui sorrise in modo ebete alla vista di Beatrice.
<< Ciao, pupattola >> ripeté con un risolino.
A quel punto, tutta l’aria che Beatrice aveva trattenuto nei polmoni fino a quel momento, esplose in un urlo belluino e la ragazza si slanciò sotto al tavolo, rovesciò un paio di sedie producendo un gran trambusto e corse ingobbita verso la porta a vetri, , ma con uno scatto i due pirati le si pararono davanti, bloccandole ogni via di fuga, e lei si ritrovò in trappola.
Pintel estrasse lo stocco che portava appeso alla cintura e lo puntò contro Beatrice mostrando i denti anneriti e la ragazza indietreggiò, completamente disarmata.
<< Che cosa ci fai qui tutta sola soletta, eh? >> domandò Pintel, mentre lui e Ragetti avanzavano lentamente verso di lei e lei indietreggiava sempre di più.
Mentre arretrava, passò accanto al camino, appoggiato accanto al quale stava l’attizzatoio; senza pensarci due volte lo afferrò e lo brandì contro i due filibustieri.
<< En garde! >> urlò, sentendosi subito dopo molto stupida.
Ragetti, spaventato, alzò subito le mani in segno di resa, al che Pintel gli assestò una sonora gomitata tra le costole e gli fece bruscamente cenno con la testa di darsi da fare.
<< Peccato, se facevi la brava forse non ti avremmo ucciso. Il capitano mica ce l’aveva detto >> disse Pintel fingendosi dispiaciuto.
<< Però non ci aveva neanche detto il contrario >> aggiunse Ragetti ridacchiando scioccamente e sguainando la sciabola dalla cintola.
Beatrice rinforzò la presa sull’attizzatoio afferrandolo con tutte e due le mani e solo allora le tornò in mente che lei non aveva mai tirato di scherma in vita sua, senza contare quelle occasioni in cui, da bambina, giocava a fare la pirata armata di rami di ginepro. Ma ormai era troppo tardi: i due bucanieri si avventarono su di lei con le loro spade e tentarono un affondo per uno.
Beatrice riuscì a deviare quello di Ragetti con una torsione del polso, ma quello di Pintel andò a segno e la ferì di striscio ad una spalla.
La ragazza barcollò all’indietro, stordita dal dolore, mentre la coppia di pirati ridacchiava divertita ed avanzava.
<< Oh, sei … brava >> si complimentò ironicamente Pintel quando lei riuscì a schivare per un soffio una nuova stoccata, brandendo l’attizzatoio di piatto.
Era chiaro che i due masnadieri volevano solo divertirsi un po’ con lei, altrimenti avrebbero già potuto ucciderla da un pezzo, dato che sapeva a stento destreggiarsi con la sua arma improvvisata, ma la loro sventatezza fu la salvezza di Beatrice; i pirati l’avevano costretta ad indietreggiare sino ai tendaggi in fondo alla stanza, cosicché la ragazza allungò svelta una mano e tirò con forza il laccio che teneva issati i drappi al bastone sopra la finestra aperta: essi caddero al suolo con un tonfo ovattato, imprigionando Pintel e Ragetti come una sorta di rete da pesa, e Beatrice spiccò un salto all’indietro e atterrò malamente sulle tegole inclinate della tettoia che dava sulla baia in tumulto.
<< Aiuto! Aiuto, non ci vedo! >> urlava Ragetti, dimenandosi nella tenda cercando di scrollarsela di dosso.
Pintel, dal canto suo, era riuscito a rotolare di fianco fuori da quella trappola e aiutò svelto il compagno a fare lo stesso.
<< Quella piccola sgualdrina >> commentò. << Prendiamola! Si è gettata giù dalla finestra! >>
I pirati si calarono agilmente sulla tettoia, atterrando sulle tegole rosse con un sonoro acciottolio e facendone scivolare giù alcune.
<< Eccola, la vedo! >> urlò Ragetti, additando un punto verso la grondaia. << Sta cercando di saltare! >>
Beatrice era scivolata giù per una buona parte della tettoia, incapace di arrestare l’inesorabile caduta a causa del suo vestito, ma era lo stesso riuscita ad arpionarsi con le braccia alla grondaia e adesso stava tentando di raggiungere la palma più vicina con le gambe a penzoloni protese verso le alte fronde.
I bucanieri trotterellarono verso di lei in equilibrio precario sulle tegole che continuavano a slittare sotto i loro piedi, mulinando le spade come acrobati per mantenersi dritti, e quando la raggiunsero si smascellarono dalle risate, compiaciuti.
Beatrice stava per cadere giù; aveva abbandonato da un pezzo l’attizzatoio, così si fece forza e, con un grugnito, afferrò saldamente con una mano la caviglia di Ragetti, che a sua volta perse l’equilibrio e agguantò il bavero di Pintel, che si sbilanciò e capitombolò oltre la tettoia tirandosi appresso anche gli altri due.
Tutti e tre precipitarono giù, sbattendo contro le fronde intricate delle palme, ed atterrarono con un tonfo sonoro nel giardinetto antistante le cucine in un groviglio informe e dolorante.
<< Togli il tuo didietro dalla mia faccia! >> esclamò Pintel con voce ovattata, dato che Ragetti gli era cascato con il posteriore addosso.
<< Togli tu la tua faccia dal mio didietro! >> ribatté l’altro, massaggiandosi il collo e lanciando un’imprecazione.
Intanto, Beatrice si era rimessa silenziosamente in piedi e, approfittando degli screzi tra i due bucanieri, stava sgattaiolando verso le aiuole per nascondersi, quando Pintel e Ragetti si resero conto che stava scappando ed iniziarono ad inseguirla giù per la collina.
La loro rocambolesca corsa era accompagnata dai sonori boati tonanti delle cannonate che, di tanto, squarciavano l’aria notturna; Beatrice era normalmente molto svelta, ma il sontuoso vestito che aveva rubato la rallentava terribilmente e, in breve, Ragetti spiccò un salto e la agguantò per un braccio, tenendola stretta, entusiasta. Un istante dopo giunse anche Pintel che la afferrò per l’altro braccio ed i due compari si scambiarono uno sguardo trionfante.
<< Eccoti qui, finalmente >> disse Pintel mentre la strattonavano senza un minimo di garbo. << Sei una che non si arrende, eh,  pupattola? >> entrambi scoppiarono a ridere sguaiatamente.
Beatrice tentava di divincolarsi disperatamente, graffiando, mordendo e prendendo a calci e pugni ogni singola parte dei pirati le capitasse sotto tiro, ma i due, sebbene tra le lamentele, continuavano a trascinarla inesorabilmente e non sembravano affatto disposti a cedere.
<< Non è buffo? >> buttò lì Ragetti ad un certo punto, mentre Beatrice gli faceva schioccare le mascelle ad un soffio dall’orecchio nel tentativo di azzannarlo. << L’ultima volta che abbiamo rapito una fanciulla in casa di un governatore, Elizabeth ci ha chiesto il parlé, ti ricordi? >> chiese, l’occhio buono perso nei ricordi, quello di legno perso da qualche parte nel giardino antistante la cucina dopo la caduta. << Sembrano passati secoli, vero? >>
Pintel stava per rispondere, ma Beatrice fu più svelta di lui e, ancora dimenandosi come un’anguilla nel tentativo di liberarsi, gracchiò: << Che cosa diavolo è il parlé? >>
<< Una gran scocciatura >> spiegò Ragetti annuendo con aria significativa, << è una procedura del Codice dei Pirati, secondo la quale chi lo invoca ha il diritto a non essere torturato finché non ha parlamentato con il capitano, ma il Codice è più che altro una traccia e non … >>
<< Parlé >> urlò allora Beatrice con tutto il fiato che aveva in gola, piantando i piedi nella sabbia per rallentare l’andatura dei due. << Io invoco il parlé, per l'amor d'Iddio! >>
Pintel si voltò verso Ragetti e gli scoccò uno sguardo omicida.
<< Ma tu sei davvero così stupido o lo fai apposta? >> chiese trucemente.

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Capitolo 2
*** Corvette e cani ***


Prima di lasciarvi a questo capitolo vorrei ringraziare tutte le persone che hanno recensito ed iniziato a seguire questa fanfictio. Vi faccio un piccolo appello: se la storia vi piace, vi prego recensite, perché lo sapete tutti benissimo quanto i commenti facciano piacere *o*


La corvetta della Royal Navy, sul cui specchio di poppa splendeva a grandi lettere dorate il nome Sea Breeze, aveva appena attraccato al porto fatiscente dell’isola di Grenada per compiere alcuni rifornimenti d’emergenza; era una nave così bella e signorile che sembrava decisamente fuoriposto in mezzo a quei marinai coperti di cenci e alle loro misere barchette rattoppate, niente più che zattere al suo confronto.
Ma il Commodoro Rogers aveva molto insistito perché gettassero l’ancora lì, convinto che Grenada fosse un sobborgo talmente noioso e squallido da non attirare minimamente le mire di pirati assetati d’oro e ricchezze e che fosse un posto sicuro per attraccare la corvetta e sistemare gli ultimi preparativi in vista del viaggio verso Kingston senza correre il rischio di un abbordaggio.
Jack Sparrow ed il signor Gibbs, effettivamente, al momento non erano assetati né d’oro né di ricchezze: erano assetati e basta e volevano solamente riportare la loro nave a dimensioni normali per salpare alla volta di nuove avventure il più presto possibile, quindi il Commodoro Rogers, in un certo senso, ci aveva visto giusto.
I due pirati avevano aspettato sera e poi si erano arrampicati su per le scalette che risalivano lungo il fianco della nave sino a raggiungere una scialuppa, sospesa grazie ad una carrucola, sopra il ponte di comando e ci si erano tuffati dentro, nascondendosi sotto le traversine.
<< Era proprio necessario? >> domandò mastro Gibbs infastidito, contemplando lo squallido abito da signora che Jack l’aveva costretto ad indossare. << Perché devo farla io, la donna? Il piano è tuo, dopotutto >>.
<< Sappiamo entrambi benissimo che in tal modo il mio fascino sarebbe divenuto tale da distrarti dalle tue mansioni, Gibbs, e per adesso mi servi lucido >> ribatté il capitano con aria di grande ovvietà.
Gibbs emise un grugnito di disapprovazione, ma non si lamentò oltre.
<< Allora, cosa dobbiamo fare esattamente? >> chiese concitato, mentre lui e Jack, al passaggio di un ufficiale della marina, si rannicchiavano sul fondo della scialuppa per non farsi vedere. << Sarebbe meglio sbrigarsi: quest’affare pizzica da morire! >>
<< Molto semplice >> rispose Jack a bassa voce, << tu, signor Gibbs, sarai il fantasma della povera Maria Montoya de Segundo, sedotta e abbandonata da un marinaio senza scrupoli centocinquant’anni orsono. Ed io ti coprirò le spalle >>.
<< Maria Montoya … >> ripeté Gibbs con gli occhi ridotti a fessure, allibito. << E, non per sembrarti inopportuno, davvero, ma come dovrei riuscirci? >>
Jack mimò con le mani inanellate l’atto di svolazzare, producendo un lieve tintinnio.
<< Volando, naturalmente >> disse.
Gibbs aggrottò la fronte senza capire.
<< Io non ho mai volato, Jack, non volerò mai e né ho intenzione di imparare stasera! >> sibilò.
<< Non dovrai volare davvero, naturalmente! >> ribatté Jack, seccato dalla totale mancanza di acume del suo collega. << Sarà un trucco, Gibbs, un effetto speciale … una cima >> disse infine, indicando le sartie allentate che pendevano sopra le loro teste tra un albero e l’altro. << Pronto a librarti nel cielo notturno? Risplenderai come una fulgida gemma, ne sono sicuro >> il capitano ghignò ed uno scintillio di denti d’oro brillò nell’oscurità.
<< Che Giove ti fulmini, Jack Sparrow. Te ed i tuoi stramaledetti piani strampalati!>> grugnì Gibbs, grattandosi poco decorosamente un punto che l’abito faceva prudere in modo spaventoso.
<< Sbaglio o avete omesso un “capitano”? >> ribatté Jack offeso.
 
Beatrice Bonny fu nuovamente trascinata verso la casa del governatore Compton con la stessa cura e delicatezza che si sarebbero potute riservare ad un sacco di patate.
Pintel e Ragetti, strattonandola senza troppe cerimonie, non facevano altro che battibeccare, ma il loro incedere era deciso e inarrestabile e, per quanto Beatrice cercasse di divincolarsi, non riusciva a sfuggire alla loro stretta.
<< Ragetti, sei davvero un’idiota! >> abbaiò Pintel con voce gracchiante. << Il capitano ci scuoierà vivi! Si può sapere che diavolo ti è saltato in mente? >>
<< Io … io stavo solo ricordando un aneddoto piacevole delle nostre avventure passate >> si difese quello, a disagio. << Non pensavo che … >>
<< Eccolo il tuo problema! >> esclamò Pintel con rabbia. << Tu non pensi mai! E adesso, per colpa tua, ci troviamo in questa situazione! >>
Ragetti si guardò nervosamente attorno con aria di colpevole pentimento; subito dopo, però, il suo unico occhio si illuminò.
<< Ehi! Mi è venuta un’idea! >> esclamò, arrestandosi di colpo; Pintel, dal canto suo, continuò ad avanzare senza accorgersi che il suo compare si era fermato e tirò un tale strattone a Beatrice che, per poco, il braccio non le si staccò di netto. Il pirata, allora, notata quella certa resistenza, si voltò a guardare Ragetti con aria imbronciata.
<< Cosa? >> latrò.
<< Buttiamola in mare! >> suggerì Ragetti allegramente. << Tanto ancora non l’ha vista nessuno, eh! Che ne dici? >>
Anche il volto di Pintel si illuminò e sul suo viso contorto si disegnò un ghigno di approvazione.
<< Già! >> acconsentì, scrollando con forza il braccio di Beatrice. << Sì, gettiamola tra i flutti, questa pupattola! >>
Mentre i filibustieri scoppiavano a ridere volgarmente, Beatrice cacciò un urlo a metà tra il furibondo ed il terrorizzato e, contorcendosi disperatamente, rifilò una sonora pedata negli stinchi a Pintel, che grugnì dal dolore e si piegò di lato, ma non mollò la presa.
<< Voi … voi non potete! >> strillò oltraggiata, dibattendo le braccia nel vano tentativo di liberarsi. << Io ho invocato il parlé, che diavolo! Dovete portarmi dal capitano! Devo … parlare con il capitano! >>
<< Te lo faccio conoscere io, il capitano! >> abbaiò Pintel con rabbia, caricandosela in spalla senza curarsi delle sue proteste e dei colpi con cui gli stava bersagliando la testa e le spalle. << Il capitano Davy Jones, che vive in fondo al mare, ti va? >>
<< Ah ah! Buona questa! >> sogghignò Ragetti con voce acuta. << Davy Jones … ah ah! >>
I pirati si sbellicarono ancora una volta dalle risate, dopodiché fecero dietrofront e si misero ad attraversare il giardino sul retro, nel quale Ragetti ritrovò il suo occhio di legno, diretti giù per la collina, verso il mare.
<< Lasciatemi andare, maledetti bastardi! >> ululava Beatrice con gli occhi fuori dalle orbite, dimenandosi come una serpe velenosa. << Luridi topi di fogna che non siete altro, ammassi di letame cenciosi, sottospecie di mozzi con la scabbia … >>
<< Ma sentila! >> osservò Ragetti pacatamente, ficcandosi l’occhio di legno nell’orbita vuota e slabbrata e dandosi poderose pacche sulla fronte per farlo entrare bene. << Dove le hai imparate tutte queste lusinghe, eh? >>
<< Mi sembra quasi di portare in spalla un pescecane! >> borbottò Pintel di malumore, mentre Beatrice gli mordeva selvaggiamente la pelata e tentava di strozzarlo con le braccia. << Prima ce ne liberiamo, meglio è! >>
Ormai il bizzarro trio era quasi uscito dalla proprietà del governatore Compton e Beatrice poteva sentire lo sciabordio ritmico delle onde infrangersi contro i resti esplosi della banchina, i potenti boati delle cannonate che si facevano sempre meno frequenti, il crepitio degli incendi, il clangore metallico delle spade e gli occasionali colpi di pistola, le urla feroci dei pirati e quelle terrorizzate della gente comune che scorrazzava per le strade di La Navidad.
<< Non potete buttarmi in mare! >> ripeteva con le lacrime agli occhi. << Viscidi molluschi bugiardi, io ho invocato il parlé! Non potete uccidermi, Cristo! Devo parlare con il capitano! Non potete ammazzarmi, sono la figlia del governatore … >> non sapeva più nemmeno lei, esattamente, cosa le stesse uscendo di bocca, perché era talmente spaventata e furibonda, ed era così impegnata a mordere ogni pezzo di Pintel le capitasse tra i denti, che aveva perso la cognizione delle sue parole, ma ad un tratto i due masnadieri si bloccarono e Ragetti la fissò con tanto d’occhi da dietro la spalla di Pintel.
<< La figlia de governatore? >> ripeté sconcertato.
<< E perché non l’hai detto subito? >> gracchiò Pintel, che sanguinava copiosamente dai punti che Beatrice era riuscita a raggiungere, mettendola giù in malo modo.
Beatrice boccheggiò, senza sapere cosa dire, sorpresa almeno quanto loro, ma poi si rese conto che il vestito che aveva indosso doveva avere in qualche modo reso credibile la sua bugia, così stette bene attenta a non sprecare quella occasione di salvezza.
<< Be’, voi non me l’avete chiesto! >> esclamò, restituendo uno sguardo altero a Pintel e Ragetti che ancora la fissavano allibiti. << Ma sì, sono la figlia del governatore Compton e voi, schifosissimi avanzi di … >> Ragetti le tappò la bocca con una mano prima che potesse ricominciare a bersagliarli di epiteti poco signorili, ma Beatrice continuò a parlare imperterrita, nonostante le sue parole risuonassero indistinte e ovattate.
<< Orpo di Bacco, stavamo per accoppare la figlia del governatore! >> esclamò Pintel. << E’ stata tutta colpa tua! >> disse arrabbiato, rivolgendosi a Ragetti. << L’avremmo dovuta portare subito dal capitano! >>
<< Ma io … tu hai … >> balbettò Ragetti contrariato, ma l’altro gli fece cenno con la mano di tacere e insieme si diressero di nuovo verso la villa del governatore, scortando Beatrice con un po’ più di garbo di prima, per quanto due pirati potessero mostrarsi garbati.

***

Lo studio del governatore Compton era stato completamente messo a soqquadro: i cassetti penzolavano divelti dai cardini, il loro contenuto malamente sparso sul pavimento, mentre le sedie, le poltrone e i divani erano stai squarciati con colpi di sciabola e le loro imbottiture strappate via e seminate dappertutto. Ogni mobile era stato fracassato, ogni serratura forzata, ogni più recondito anfratto frugato, ma nulla: di ciò che Hector Barbossa stava cercando non c’era la benché minima traccia.
<< Continuate a cercare, cani rognosi! >> ululò il capitano, gli occhi azzurri strabuzzati per la rabbia e la foga, rivolto ai suoi uomini, un gruppetto di pirati brutti, lerci e cattivi che si aggirava per la stanza insieme a lui. << Deve pur essere da qualche parte, per mille diavoli! Datevi da fare, oziosi topi di sentina! >>
A quelle parole, mormorii di assenso si levarono dalla ciurma, anche se nessuno pareva particolarmente fiducioso, e i pirati continuavano a frugare in giro solo per non beccarsi una pallottola in mezzo agli occhi o una sciabola piantata tra le costole; o magari entrambe le cose.
Clonk tunk, clonk tunk, clonk tunk. I passi pesanti e scoordinati di Capitan Barbossa risuonavano sonoramente contro il pavimento tirato a lucido mentre si aggirava per lo studio come un’anima in pena.
Aveva cercato per anni quella stramaledettissima diavoleria che gli era costata molto più di quanto avrebbe voluto: ci aveva rimesso la nave, la ciurma e persino la gamba per entrarne in possesso e adesso che era giunto nel luogo in cui stava nascosta, non c’era.
Barbossa sputò per terra e assestò un poderoso colpo con la sua stampella al primo cane che osò avvicinarglisi troppo, così, giusto per sfogarsi un po’; poi, all’improvviso, dalle le scale provenne lo scalpiccio di passi affrettati e goffi che si avvicinavano svelti e, subito dopo, Pintel e Ragetti fecero irruzione nello studio del governatore trascinando per le braccia una ragazzetta dallo sguardo stravolto.
<< Capitano! Capitano! >> ansimò Pintel concitato. << Guardi un po’ chi abbiamo trovato >> annunciò allegro, scrollando energicamente il braccio della giovinetta.
<< Chi è costei? Sputate il rospo! >> ringhiò Barbossa, che non aveva né tempo né voglia di giocare agli indovinelli.
<< E’ la figlia del governatore, capitano! >> spiegò Pintel in fretta. << L’abbiamo presa mentre cercava di scappare, signore. Noi due. Io e Ragetti. Tutti da soli! >> il suo volto tozzo si aprì in un sorriso lurido e vagamente ebete, mentre il suo compare annuiva calorosamente, come a voler sottolineare la veridicità di quelle parole.
Gli occhi di Barbossa lampeggiarono in modo sinistro ed il vecchio pirata dedicò un ghigno spaventoso alla nuova arrivata, che si sentì tremare le ginocchia dalla paura e seppe con certezza che, se non ci fossero stati Ragetti e Pintel a sostenerla, sarebbe crollata per terra come un fantoccio.
<< Ooooh, niente di meno che la figlia del governatore? >> ripeté Barbossa, nella terribile parodia di quello che voleva essere un tono cortese, avvicinandosi lentamente a Beatrice per osservarla meglio.
<< S-sì >> balbettò la ragazza, il cui sguardo si era inevitabilmente soffermato sull’arto mancante del capitano. << Lady Beatrice … Compton, signore. In persona >> deglutì sonoramente, cercando invano di indietreggiare mentre il capo dei pirati le si faceva ancora più vicino.
<< Estasiato, milady >> sghignazzò Barbossa, portandosi una mano al grande cappello piumato in un accenno di riverenza che aveva ben poco di rispettoso.
Il resto della ciurma ghignò in modo malevolo; Beatrice poteva avvertire i loro sguardi osceni indugiarle addosso e rabbrividì.
<< Posso gentilmente chiedervi dove si trova vostro padre il governatore al momento attuale? >> domandò Barbossa spalancando gli occhi con fare plateale. << A costo di apparirvi indiscreto, mi preme davvero di saperlo, se non vi dispiace >>.
A Beatrice, alla quale ben poco importava della salute di quell’ometto disgustoso, non dispiaceva rispondere purché il discorso si soffermasse su Compton e nessuno minacciasse di buttarla a mare.
<< E’ stato invitato ad un party nella dimora di Lord Lancaster, stasera, insieme a mia madre e alle mie sorelle >> mentì spudoratamente, << ma non so che fine abbiano fatto tutti quanti, date le circostanze >> aggiunse in un sibilo, tremando.
Barbossa scoppiò a ridere sguaiatamente, seguito immediatamente da tutti i suoi uomini, e Beatrice arricciò il naso, disgustata: il suo fiato sapeva di rum e di quelle che avrebbero potuto essere mele bacate.
<< Siete una ragazza sveglia, miss Compton >> acconsentì Barbossa quando ebbe finito di sganasciarsi, << ma è strano: mi avevano riferito che Lord Compton avesse solo due figlie piccole >> inarcò le sopracciglia con fare inquisitorio.
<< Ebbene, vi hanno riferito male >> ribatté Beatrice, cercando di imprimere alla sua voce una sicurezza che non aveva.
<< A quanto pare >> concluse Barbossa vagamente divertito. << I vostri lineamenti mi risultano stranamente familiari, miss Compton >> aggiunse subito dopo, con gli occhi ridotti a fessure, afferrandole il viso con una mano e costringendola a voltarsi per osservarla da tutte le angolazioni. << Vi ho già vista da qualche parte? >>
<< All’Inferno, forse! >> grugnì Beatrice con stizza, divincolandosi bruscamente dalla sua stretta.
A quelle parole i pirati ridacchiarono e Barbossa, con aria teatrale, strabuzzò nuovamente gli occhi, sogghignando in modo raccapricciante.
<< Oh, ci siete stata anche voi? >> rantolò sollazzato.
Mentre la ciurma sghignazzava, Beatrice si sentì avvampare di rabbia e paura e tentò ancora una volta di divincolarsi, ma senza successo.
<< Bene, bene >> riprese Barbossa, prendendo a misurare il perimetro dello studio a grandi passi pesanti. << Dato che non possiamo contare sull’aiuto di vostro padre, sarò costretto a domandarlo a voi … >> si arrestò di colpo, dondolandosi sulla sua gamba di legno. << Dov’è? >> chiese, lanciandole un’occhiata da gelare il sangue nelle vene.
Beatrice deglutì a vuoto e aggrottò la fronte senza capire.
<< Di che diavola… >> incominciò, ma poi si corresse in fretta, dato si presupponeva fosse una lady e certe imprecazioni così colorite non si addicevano al suo rango fittizio, << … voglio dire, a cosa vi riferite? >> balbettò.
<< Non fate la finta tonta con me, madamigella >> la ammonì Barbossa con voce ringhiante. << Conosco molti modi per far parlare un uomo e lo stesso vale per una donna. Volete davvero sperimentarli? >> inarcò un sopracciglio.
Beatrice boccheggiò, terrorizzata.
<< Io davvero non so che cosa … >> esordì, poi le venne in mente qualcosa. << Non starete per caso alludendo a quella strana cassetta per i sigari? >> domandò in fretta, il cuore che le batteva a mille.
Sì, doveva per forza trattarsi di quello: il governatore Compton era molto geloso di quella sua stupida cassetta di mogano lavorato in cui conservava i suoi sigari migliori, ed era solito tenerla nascosta in uno scomparto segreto all’interno della libreria. Se qualcuno della servitù si fosse mai arrischiato a toccarla, era pur certo che si sarebbe beccato così tante frustate da dimenticare persino il suo nome.
<< Mostratemela >> ordinò Barbossa improvvisamente molto più interessato. << Lasciate andare la signora, carogne >> ingiunse, rivolto a Pintel e Ragetti, i quali mollarono all’istante la presa sulle braccia intorpidite di Beatrice.
La ragazza barcollò un momento, ma subito dopo si diresse con passo sicuro verso la libreria, cercando di non posare lo sguardo sui pirati che la circondavano; aveva pulito molte volte l’interno dello studio del governatore Compton e, spolverando la libreria, un giorno aveva scoperto quel bizzarro scomparto segreto che conteneva solo la cassettina dei sigari. L’aveva richiuso senza farne parola con nessuno per paura di incappare in una severa punizione, ma adesso sapeva perfettamente cosa fare.
Tastò il retro della libreria in ciliegio massiccio; i pirati aveva gettato all’aria gran parte dei libri, ma nessuno si era granché dedicato al mobile che li conteneva. Dopo qualche istante, Beatrice trovò un punto della libreria che suonava voto e lo pigiò con forza: uno sportellino di legno scattò di lato, rivelando una piccola nicchia contenente una scatola rettangolare intarsiata.
Non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi, che qualcuno la spinse di lato senza troppe cerimonie e lei cadde a terra con un tonfo: capitan Barbossa si era avventato sulla libreria ed aveva estratto dall’incavo nel legno la piccola cassetta per i sigari.
La fissava con un’inquietante bramosia che baluginava negli occhi azzurri, come se stesse reggendo tra le mani uno scrigno traboccante d’oro e gioielli, si fece strada nello studio e la posò sulla scrivania dall’altro lato della stanza con insolita delicatezza; dopodiché indietreggiò di due o tre passi, estrasse la pistola dalla cintola e sparò al lucchetto che la teneva chiusa, centrandolo perfettamente con un sonoro bang.
Il lucchetto esplose sprizzando scintille e si abbatté su una mensola carica di pesanti tomi notarili, facendo crollare tutto a terra con un gran baccano, ma Barbossa non vi prestò la benché minima attenzione e si scagliò nuovamente verso la cassetta, come uno sciacallo affamato avrebbe fatto con una carcassa.
L’aprì con mano tremante e tutti trattennero il fiato; Beatrice, che intanto si era rimessa in piedi senza che nessuno fosse stato così gentile da darle una mano, spiò il contenuto della cassetta per i sigari allungando il collo da dietro la spalla di Barbossa e scoprì che essa conteneva qualcosa che non aveva nulla a che fare con i sigari o le foglie di tabacco pregiate: lì dentro c’era una testolina di cane mummificata grinzosa ed essiccata, con un paio di gemme rosso sangue incastonate nelle orbite al posto degli occhi ed il muso incartapecorito cucito insieme all’altezza delle labbra con del grosso filo nero.
La ragazza spalancò occhi e bocca, stupefatta e disgustata al tempo stesso: che cosa diavolo ci faceva quella diavoleria vodoo nell’ufficio del governatore Compton?
<< Eccola qui >> sibilò Barbossa, poi richiuse la cassettina con uno schiocco e si voltò verso la sua ciurma trepidante con un sorriso di feroce compiacimento dipinto sul volto incavato. << Uomini >> esclamò a gran voce, levando la cassetta di legno sopra la testa a mo’ di trofeo, << abbiamo ciò che volevamo! Orsù, dunque, spieghiamo le vele per Tortuga! >>
Dalla folla di pirati si levarono ruggiti di approvazione e molti sguainarono rumorosamente le sciabole, poi i bucanieri si lanciarono al galoppo fuori dallo studio e giù per le scale, diretti alla loro nave.
Ma capitan Barbossa e un altro pirata, nero, enorme, con ossa e artigli che gli pendevano dal volto e lo sguardo stranamente vacuo, erano rimasti indietro; Beatrice aveva creduto per un glorioso istante che l’avrebbero lasciata in pace, dato che ormai l’orribile testa di cane era nelle loro mani, ma nel momento esatto in cui Barbossa le posò addosso i suoi sinistri occhi azzurri seppe di essersi illusa invano.
<< Temo proprio che dovrete venire con noi, miss Compton >> disse il vecchio pirata fingendosi addolorato e portandosi una mano al petto, << ma dato che vostro padre è irreperibile, avrò bisogno del vostro aiuto per far funzionare il mio bottino di stasera, voi mi capite, vero? >>
<< Voi … no, non potete … io non … >> ansò Beatrice con gli occhi fuori dalle orbite, guardandosi attorno disperatamente.
I due pirati erano relativamente lontani dall’uscita, così spiccò svelta una corsa verso la porta, tenendo sollevata la lunga gonna del pesante abito di Lady Sophia, e per un istante pensò di essere riuscita a sfuggire a quei masnadieri … ma Barbossa fece un cenno imperioso all’altro bucaniere il quale, mostrandosi lesto oltre ogni sospetto, balzò dietro a Beatrice e la arpionò saldamente per le spalle, sollevandola ad un palmo da terra come se non avesse peso.
La ragazza urlò con tutto il fiato che aveva in gola, si dimenò e scalciò come una forsennata, ma quell’enorme pirata era molto peggio di Pintel e Ragetti messi insieme e rimase perfettamente impassibile, senza neppure degnarla di uno sguardo, la stretta solida come il marmo.
Barbossa spuntò zoppicando da dietro l’enorme schiena del bucaniere gigantesco, un ghigno giallognolo dipinto sul volto grinzoso, e ammiccò alla volta di Beatrice.
<< Non siate sciocca, miss Beatrice >> la ammonì scuotendo lievemente il capo, << o mi costringerete ad appendervi io stesso all’albero maestro per quel vostro collo così grazioso, sono stato chiaro? >>
Beatrice tentò ancora una volta di divincolarsi, più per caparbietà che per vera speranza di riuscire a fuggire.
<< Cristallino >> sibilò furibonda.
<< Molto bene! >> esclamò Barbossa soddisfatto. << E allora andiamo, per tutti i fulmini: il mare ci aspetta >>.


 

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Capitolo 3
*** Fantasmi e Bouillabaisse ***


Oggi la scuola è finita !!!! :D Per festeggiare vi lascio a questo nuovo capitolo ^^ Mi raccomando: recensite in tanti ! Ne approfitto per ringraziare tutte le persone che hanno commentato ed iniziato a seguire questa storia, con la speranza che continuino a farlo fino alla fine *o*


Per la ciurma della Sea Breeze, che altro non era che una male assortita accozzaglia di donnette superstiziose, vedere il signor Gibbs fasciato in un succinto abito da signora volteggiare in aria appeso ad una cima, ululando come un forsennato nel vento della sera, costituì probabilmente l’esperienza più terrificante della vita.
Jack non l’avrebbe mai detto, o meglio: non sarebbe mai stato così ottimista da dirlo ad alta voce, ma quel vecchio lupo di mare del nostromo celava in sé ammirevoli doti recitative ed interpretò la parte di Maria Montoya de Segundo in maniera davvero impeccabile, col risultato che metà dei marinai della corvetta, alla sua vista, si gettò in mare urlando come fanciulline terrorizzate, mentre l’altra metà iniziò a lanciare scongiuri in una serie di lingue e dialetti mai sentiti prima o a recitare l’Ave Maria ad alta voce, per poi seguire inevitabilmente il resto dei colleghi fuoribordo in maniera assai poco dignitosa.
L’unico a non essere caduto nel tranello di Jack e, di conseguenza, a non aver subito il fascino del signor Gibbs, pareva essere il Commodoro Rogers che, invece di farsi il segno della croce e darsela a gambe, alla vista del “fantasma” sfoderò rumorosamente la sciabola e, nel bel mezzo del fuggifuggi generale, intimò a gran voce ai suoi uomini di non fare i codardi.
<< Siamo o non siamo uomini del re? >> gridò con ardore, volgendo intorno a sé uno sguardo infervorato. << Vi farete davvero spaventare da una grassa dama volante? >> esclamò.
Ma nessuno, a parte Gibbs che si stizzì molto per quell’affermazione,  gli prestò particolare attenzione, così Rogers si ritrovò ben presto solo sul ponte.
Jack, arrampicatosi svelto sulle sartie, si era appollaiato alla bell’e meglio sulle griselle e da lì aveva spiccato un’abile balzo verso il pennone di mezzana, da dove dirigeva i movimenti del signor Gibbs con la stessa maestria di un burattinaio, grazie ad una fitta rete di funi e cime legate attorno ad ogni parte utile del quartiermastro.
Inclinandosi da un lato, fece compiere a quest’ultimo una spettacolare virata a mezz’aria che lo mandò a sbattere dritto dritto contro al Commodoro, il quale finì a gambe all’aria sul ponte, facendosi scivolare di mano la sciabola.
<< Non siete così eterea, allora! >> gracchiò Rogers cercando goffamente di rimettersi in piedi, con la parrucca bianca che gli era scivolata sulle ventitré e gli oscurava mezzo volto. << Chi diavolo siete e che cosa ci fate sulla mia nave? >>
<< Jack! >> sibilò Gibbs allarmato, mentre volteggiava per aria appeso alle funi, il lungo vestito che frusciava nella brezza notturna lasciando intravedere sprazzi di lui di cui nessuno avrebbe mai voluto fare la conoscenza. << Jack, per tutti i diavoli, che cos’hai in mente? >>
Jack gli fece cenno di tacere.
<< Shhh! Silenzio, mastro Gibbs! Da qui in poi ci penso io! >> rispose il capitano, dopodiché fece passare i vertici delle cime che legavano Gibbs attorno al pennone, li fissò con un solido nodo in modo che il suo collega rimanesse sospeso, e si lanciò giù, verso il ponte, calandosi lungo la fune.
Atterrò con un tintinnio alle spalle di Rogers, il quale si stava guardando attorno con il naso all’aria, e gli bussò cordialmente sulla spalla; il Commodoro si voltò di scatto e fece appena in tempo a scorgere Jack prima che il pirata, con un gran sorriso, gli assestasse una sonora mazzata in mezzo alla fronte con il calcio della sua pistola.
Per via della botta, gli occhi di Rogers si incrociarono e poi, con un’espressione decisamente ebete dipinta sul volto, l’ufficiale della marina britannica crollò a terra con un tonfo sordo.
<< Ahi >> commentò Jack, arricciando appena le labbra in una smorfia di repulsione, poi si chinò, sollevò di peso il corpo del Commodoro svenuto e, muovendo in avanti qualche traballante passo, lo gettò oltre il parapetto, dove atterrò fragorosamente tra i flutti.
Il contatto con l’acqua dovette risvegliare Rogers, perché un istante dopo si udirono una serie di urla ed imprecazioni poco amichevoli provenire dal punto in cui Jack l’aveva lanciato.
<< Voi, vile canaglia, delinquente farabutto che non siete altro … tornate subito qui! Quella è la mia nave! Essere immondo, mi avete sentito? Non potete lasciarmi qui, io sono il Commodoro Jasper Rogers, perdio! Primo ufficiale della marina britannica, uomo di fiducia di sua maestà re Giorgio II d’Inghilterra, nonché … >>
<< … ed io sono Capitan Jack Sparrow, lietissimo! >> ribatté Jack sporgendosi appena oltre la balaustra e levando il suo consunto tricorno in un amabile saluto. << Pirata sanguinario, bucaniere senza scrupoli ed incallito manigoldo nel tempo libero. Vi ringrazio di cuore per la nave, Commodoro: io ed il mio nostromo ne avremo certamente molta cura, durante la vostra assenza! >> agitò il cappello in aria, poi si voltò di scatto verso il signor Gibbs, che se ne stava ancora appeso al pennone, e con un colpo di pistola tranciò di netto le funi che lo sostenevano, facendolo precipitare sul ponte con un sibilo sordo.
Mastro Gibbs atterrò sul legno con un doloroso schianto, ma non ebbe neppure il tempo di lamentarsi, perché Jack lo costrinse a tirarsi su con un cenno imperioso delle mani inanellate e poi, con andatura ondeggiante, corse a prendere posto al timone sul cassero di poppa.
<< Signor Gibbs! >> ruggì, afferrando la barra di comando con palese soddisfazione.
<< Sì, capitano! >> esclamò il nostromo, massaggiandosi il didietro dolorante mentre si tirava in piedi a fatica.
<< Salpate l’ancora! >> gridò Jack. << E a tutta dritta a babordo. Non c’è un minuto da perdere, siete solo e dovrete fare il triplo del lavoro! Scattare, marche, hop hop! >>
Gibbs sospirò profondamente ed alzò gli occhi al cielo, ma si affrettò ad ubbidire, inveendo tra sé e sé, ed incominciò a darsi da fare correndo a destra e a manca sul ponte sotto lo sguardo vigile del capitano.
<< Agli ordini, Jack >> biascicò di malumore, mentre la Sea Breeze si allontanava dal misero porto di Grenada ed imboccava il largo, lasciando il Commodoro Rogers ad imprecare sonoramente nella sua scia.
 
<< Capitan Barbossa insiste per avervi come ospite nella sua cabina, questa sera per cena >> annunciò Pintel, mentre lui e Ragetti scendevano nella stiva in cui Beatrice era stata segregata al momento della partenza.
La Queen Anne’s Revenge era salpata dal porto di La Navidad la sera stessa dell’attacco alla cittadina, lasciandosi dietro la verdeggiante isola di Hispaniola, e adesso veleggiava veloce e senza intoppi in mare aperto, col vento in poppa che giungeva a gonfiare le grandi vele scure, così leggiadramente da dare a Beatrice l’impressione di stare viaggiando su una distesa d’olio, nonostante, di tanto in tanto, avvertisse lo sciabordio ritmico dei flutti infrangersi contro le fiancate del veliero.
<< Riferite al capitano Comediavolosichiama che preferirei marcire qua dentro divorata dai ratti, piuttosto che cenare con lui! >> ribatté furibonda, agitandosi sul suo giaciglio e facendo tintinnare con ostentazione le manette che le segavano i polsi. << E ditegli anche che, per quanto mi riguarda, non è altro che un grandissimo pezzo di … >> proprio in quel momento, la cima che legava insieme un paio di barili di rum si allentò ed essi crollarono fragorosamente sul fondo della stiva, sovrastando le parole di Beatrice.
<< Si chiama Barbossa, veramente … >> la corresse Ragetti con aria imbarazzata, schiarendosi nervosamente la voce.
<< Quello che è! >> esclamò la ragazza con veemenza, gli occhi azzurri sbarrati per la rabbia.
<< Il capitano aveva detto che avreste risposto così >> rispose Pintel ghignando appena, << e ha ordinato di comunicarvi che, se non accetterete di cenare con lui, vi getterà sul fondo del mare legata all’ancora, ma vuole che sappiate che vi lascia totale libertà di scelta tra le due opzioni >>.
Beatrice ritirò i denti sulle gengive e soffiò come un gatto infuriato.
<< Oh, molto gentile da parte sua! >> abbaiò con voce sgraziata. << Tratta tutte le sue ospiti in questo modo, o io sono l’unica fortunata? >> chiese acidamente.
Pintel e Ragetti si scambiarono uno sguardo.
<< No, voi siete speciale >> concluse Ragetti alla fine. << Prima d’ora non ne aveva mai ammanettata nessuna, nella stiva >>.
 

***

La cabina di capitan Barbossa somigliava in tutto e per tutto al suo proprietario: a prima vista aveva una parvenza di eleganza e raffinatezza, ma puzzava di rum aromatizzato alla mela in modo disgustoso, dalle pareti di legno facevano capolino una moltitudine di scheletri e teschi ghignanti e, qua e là, la tappezzeria scura era macchiata di sangue ed altre sostanze dalle strane colorazioni sulle quali Beatrice non si diede la pena di indagare.
Al centro della cabina, imbandito sontuosamente per la cena, faceva bella mostra di sé un massiccio e signorile tavolo da pranzo Boulle, che pareva decisamente fuoriposto a bordo di quella sinistra nave pirata e, si disse Beatrice, aveva anche un’aria stranamente familiare. Poi la ragazza capì: era lo stesso tavolo che c’era nella sala da pranzo del governatore Compton e i bucanieri l’avevano rubato.
<< Ho pensato che vi avrebbe fatta sentire più a vostro agio >> esordì una voce ringhiante alle sue spalle, facendola sobbalzare, e Barbossa fece il suo zoppicante ingresso all’interno della cabina, ghignando con aria maligna.
<< Un pensiero oltremodo gentile, da parte vostra >> osservò lei in tono affettato, scoprendo le gengive in un sorriso forzato che somigliava più ad una smorfia di dolore.
Barbossa ridacchiò tra sé e sé, poi fece un inchino svolazzante e scostò una sedia dal tavolo, invitandola ad accomodarsi.
 << Dopo di voi, Miss Compton >>.
Beatrice gli dedicò un glaciale cenno del capo e si sedette rigidamente come se avesse appena ingoiato un manico di scopa, lanciando di sottecchi sguardi di odio al capitano pirata, che prese posto a capotavola di fianco a lei.
<< Mia cara, Beatrice >> esordì Barbossa nel suo tono più cordiale. E poi, strabuzzando gli occhi com’era solito fare: << Posso chiamarvi Beatrice, vero? >>
La ragazza deglutì sonoramente, scoprendo di avere la bocca straordinariamente secca.
<< E’ miss Compton >> rispose in un sibilo irato. << Per voi e per chiunque altro su questa bagnarola di masnadieri! >>
Barbossa sospirò e scrollò le spalle.
<< Come volete, madamigella. Un gentiluomo cerca sempre di assecondare le richieste di una signora >> e, detto questo, si stese il tovagliolo sulle gambe con fare ridicolmente pomposo e si servì una generosa porzione di zuppa di pesce da una delle zuppiere d’argento macchiato sistemate sulla tavola.
Quella pietanza emanava un profumo delizioso e Beatrice si ritrovò suo malgrado ad avere l’acquolina in bocca, rivolgendo un’occhiata di pura bramosia al piatto fumante del capitano.
Barbossa intercettò il suo sguardo e le dedicò un grande, fasullo sorriso.
<< Bouillabaisse >> declamò con un tremendo accento francese, indicando la zuppiera d’argento, << la migliore zuppa di pesce di Marsiglia. Volete favorire, miss Compton? >>
<< Non ho fame, grazie >> rispose freddamente la ragazza, ma proprio in quel momento il suo stomaco lanciò un ruggito impressionante e, mentre Beatrice avvampava di rabbia e vergogna, il ghigno sul volto di Barbossa si allargò ancora di più.
<< La vostra pancia sembra pensarla diversamente >> le fece notare ammiccando. << E si dovrebbe sempre dare retta alla pancia, milady, credetemi >>.
Così, senza aspettare una sua risposta, il pirata prese la zuppiera e le versò nel piatto un paio di cucchiaiate di Bouillabaisse, sulle quali Beatrice non poté fare a meno di avventarsi con appetito famelico, dimentica delle buone maniere alle quali sarebbe dovuta sottostare, rimestando rumorosamente con il cucchiaio il contenuto del piatto, per poi portarselo svelta alla bocca.
<< E’ di vostro gradimento? >> domandò Barbossa sarcastico, osservandola divertito.
Beatrice mandò giù un boccone particolarmente sostanzioso e si batté un pugno sul petto nel tentativo di ingurgitarlo.
<< Squisita >> acconsentì alla fine. << Spero solo non sia drogata, perché sarebbe un trucco decisamente meschino perfino per voi >> aggiunse cercando di suonare altezzosa, mentre in realtà il cuore le stava battendo all’impazzata.
Era stato terribilmente stupido, da parte sua, trangugiare il cibo in quel modo: sarebbe dovuta essere più prudente. Dopotutto il pirata, il suo, non l’aveva ancora toccato …
<< Miss Beatrice >> esclamò Barbossa con fare sardonico, << sono a conoscenza di altri e ben più … piacevoli metodi per trattare con una signora >> sorrise ammiccante e si portò alla bocca una porzione di zuppa, bevendola rumorosamente. << Non ho affatto necessità di drogarvi per perseguire i miei scopi >>.
Per quanto disgustata fosse, Beatrice si sentì un po’ più rincuorata: almeno non ci sarebbe rimasta secca crollando con la faccia dentro un piatto di Bouillabaisse, un modo assai poco decoroso per andarsene.  
<< Trattare? >> ripeté la ragazza inarcando un sopracciglio. << Perseguire i vostri scopi? Che cosa volete da me, capitano? Perché sono sulla vostra nave? >> domandò.
Barbossa si prese un po’ di tempo per rispondere a quella questione e le dedicò una strana occhiata indagatrice.
<< Siete mai stata a Tripoli, lady Compton? >> buttò lì, fissandola con gli occhi azzurri ridotti a fessure, quasi si stesse sforzando di ricordare qualcosa.
Beatrice rimase un po’ interdetta da quella domanda.
<< Ehm … no >> rispose incerta. << Non … che io sappia, almeno. No >>.
<< Mhhh … >> mugugnò il pirata pensieroso, sempre scrutandola attentamente. << E che mi dite di Rio de Janeiro? >>
<< Neanche >> disse Beatrice confusa, chiedendosi troppo tardi se quella fosse la risposta appropriata da dare per la figlia del governatore Compton. << Ma perché … >> iniziò.
<< Lasciate stare >> tagliò corto il capitano con un gesto impaziente della mano, ingurgitando un’altra cucchiaiata di zuppa. << Stavamo dicendo … mi avete chiesto perché vi ho portata qui sulla mia nave, dico bene? >>
Beatrice annuì.
<< Esattamente >>.
<< Miss Compton, sapete che cos’era l’oggetto che ho portato via dallo studio di vostro padre e per il quale io e la mia ciurma ci siamo dati cotanto disturbo? >>
La ragazza aggrottò la fronte, poi scosse il capo.
<< Intendete dire quell’orribile testolina di cane? No, non ne ho la minima idea >> ammise candidamente.
<< Avete mai inteso parlare di magia vodoo? >> incalzò Barbossa rifilandole uno sguardo minaccioso.
A quelle parole, Beatrice si trattenne a stento dallo schizzare in piedi dalla sedia, sputare a terra e girare in tondo per tre volte, in un tipico gesto scaramantico che le aveva insegnato sua madre per tenere lontano il malocchio.
<< Diavolacci, signore! >> esclamò risentita. << Abito sull’isola di Hispaniola, poffarbacco! E’ naturale che io sappia cos’è il vodoo! >>
Barbossa ridacchiò.
<< Allora saprete anche cos’è un bocor, presumo >> inarcò le sopracciglia attendendo la sua risposta.
<< Un bocor è uno stregone >> disse Beatrice con la voce che tremava appena; non le era mai piaciuto particolarmente parlare di quelle cose, dato che sua madre, essendo molto superstiziosa, non le permetteva neppure di nominare certi termini in sua presenza. << Qualcuno che parla con gli spiriti loa e pratica la loro magia >>.
Il capitano sgranò gli occhi con fare fintamente compiaciuto, come avrebbe fatto un maestro complimentandosi con la sua alunna più brillante.
<< Eccellente, vedo che siete molto informata. Ebbene, dovete sapere che in quella “orribile testolina di cane”, come avete l’ardire di chiamarla voi, è stato rinchiuso, diversi secoli orsono, uno spirito loa molto potente: tale Baron Samedi. Ne avrete sentito parlare >> ghignò con fare sgradevole.
Beatrice si sentì gelare il sangue nelle vene: Baron Samedi era il loa il cui simbolo era il fuoco che arde lentamente ed era uno degli spiriti più temuti dei Caraibi. Gli indigeni neri di Hispaniola, quando sentivano pronunciare il suo nome, scappavano a gambe levate, terrorizzati, e, dovunque si trovassero, si buttavano nello specchio d’acqua più vicino per allontanare la sfortuna.
<< Sì, ne ho sentito parlare >> mormorò. << Ma cosa c’entro io in tutto questo? >>
Barbossa aveva ormai terminato la sua zuppa di pesce, così si sporse un po’ sulla sedia e prese da un portafrutta al centro del tavolo una bella mela verde, lucida e dall’aspetto succoso, che addentò con uno scrocchio sonoro, schizzando succo dappertutto.
<< Vedete, attualmente ci stiamo dirigendo in un luogo in cui potrò trovare un bocor abbastanza forte da officiare il rito per liberare il caro Barone dalla sua squallida prigione. Ma per farlo necessito del sangue di colui che lo imprigionò la prima volta, tanti anni fa >> spiegò tranquillamente, parlando a bocca piena mentre trangugiava la sua mela, << o, perlomeno, di un suo antenato. Il sangue di un Compton, insomma. Il vostro sangue >> il bianco attorno ai suoi occhi divenne perfettamente visibile, conferendo al bucaniere un’aria folle.
Nella cabina cadde un silenzio opprimente; l’unico rumore che Beatrice riusciva ad udire, a parte il battito forsennato del suo cuore che le riecheggiava dolorosamente nel petto, era quello della mela che Barbossa stava sgranocchiando così tranquillamente, nonostante le avesse appena rivelato che aveva intenzione di ammazzarla per risvegliare uno spirito loa imprigionato da un inglese balordo all’interno di una testa di cane rinsecchita, secoli prima. 
E per cosa poi? Tanto non avrebbe neppure funzionato: lei non era davvero una Compton! Sarebbe morta invano e Barbossa, dal canto suo, sarebbe rimasto con un palmo di naso, scoprendo solo troppo tardi di avere accoppato la persona sbagliata.
Beatrice schizzò in piedi, quasi rovesciando la sua sedia, Barbossa la imitò all’istante, portando svelto una mano all’elsa della spada che gli faceva capolino dalla cintura e la ragazza, per tutta risposta, afferrò il coltello da pane in Sheffield  che spuntava conficcato nel tagliere sul tavolo e glielo puntò contro.
<< Non vi avvicinate, vecchio manigoldo! Putrida carogna, state indietro, o giuro che … >> latrò Beatrice, indietreggiando fino a raggiungere il grande mappamondo dall’altra parte della cabina.
Barbossa emise un verso stizzito ed agitò una mano per aria come a voler scacciare un insetto molesto.
<< Giurate che cosa? Che cosa avete intenzione di fare, eh, Miss Compton? Desiderate finire al Creatore prima del tempo? Dipende tutto da voi e da come vi comporterete >> mosse un claudicante passo in avanti. << Se voi … >> iniziò, ma le parole gli morirono in gola, perché il coltello del pane che Beatrice teneva in mano si conficcò vibrando violentemente nella porta di legno della cabina nel punto esatto in cui, fino ad un istante prima, c’era la sua testa.
Ma non fu quello a scatenare l’ira di Barbossa:  una delle piume del suo enorme cappello era stata recisa di netto  e rimase a fluttuargli per qualche secondo davanti al naso, prima di adagiarsi al suolo senza il minimo rumore.
Il capitano alzò lentamente gli occhi dalla piuma caduta e li posò su Beatrice: se fossero stati solo un tantino più fiammeggianti, tutta la nave avrebbe preso fuoco.
La ragazza deglutì sonoramente, rendendosi conto di aver compiuto un gesto oltremodo sconsiderato e, per di più, di essere rimasta disarmata.
Provò ad arretrare ancora, ma la cabina era finita e si ritrovò con le spalle al muro, mentre Barbossa, aggirando il tavolo, avanzava lentamente verso di lei, furibondo.
<< Voi, signora >> sibilò con gli occhi fuori dalle orbite, mentre il tonfo sordo della sua gamba di legno risuonava inquietante ad ogni passo, << avete rovinato il mio cappello >>.
<< Mi … mi dispiace >> balbettò Beatrice terrorizzata, <<  io non … sono inciampata, il coltello mi è scivolato di mano … >> farfugliò.
Barbossa scoprì i denti neri in un ringhio sordo e afferrò il manico della sua spada; Beatrice chiuse gli occhi, convinta che il pirata l’avrebbe presto sguainata e gliel’avrebbe piantata dritta nel cuore, ma non accadde nulla di tutto ciò: il legno della cabina prese improvvisamente a scricchiolare, le assi gemettero ed il ponte fu attraversato da un tremito violento, simile ad una scossa di terremoto.
Beatrice si arrischiò ad aprire appena un occhio, giusto in tempo per scorgere una serie di assi incresparsi ai suoi piedi similmente alle onde del mare al comando di Barbossa.
Seguendo i movimenti che il pirata tracciava a mezz’aria con la punta della sua spada, una serie di orrendi scheletri e di mani ossute si staccò dal muro, abbrancò la ragazza da dietro e, ghermendola malamente, la sollevò da terra immobilizzandola contro la parete.
<< Che cosa siete? >> urlò Beatrice con il respiro spezzato, atterrita, mentre le assi della cabina e le carcasse ghignanti l’avviluppavano dolorosamente. << Uno stregone? Un mago? >>
<< No >> rispose Barbossa con gli occhi ancora sgranati, << peggio, molto peggio, miss Compton: sono il capitano di questa nave maledetta, nonché vostro peggior incubo! >>
Beatrice grugnì e iniziò a dibattersi violentemente come un pesce attaccato all’amo, ma i suoi tentativi non sortirono alcun effetto e la sua magica prigione rimase solida.
<< Ed ora, se non vi dispiace >> iniziò Barbossa, estraendo dalla cintura che portava in vita un pugnale, la cui lama ricurva brillò minacciosa alla luce della lampada ad olio, << devo proprio darci un taglio! >> scoppiò a ridere sguaiatamente e Beatrice gridò più forte che poté, dimenandosi come un’ossessa, mentre il pirata le si faceva sempre più vicino con il pugnale sguainato.
Quando la lama fu ad un soffio dal suo zigomo, le balenò in mente un’idea.
<< Aspettate! >> urlò disperata, cercando di ritrarre il volto per sfuggire all’arma. << Vi supplico, aspettate, per l’amor del cielo! >>
Barbossa si bloccò col pugnale a mezz’aria.
<< Sì? >> gracchiò, visibilmente contrariato.
<< Io ce l’ho già un po’ di sangue da darvi! >> strillò lei con le lacrime agli occhi, cercando di apparire più buona e cara possibile. << Vi prego, Capitan Barbossa, abbiate pietà di una povera … >>
Il pirata alzò gli occhi al cielo, sbuffando sonoramente.
<< Dov’è questo sangue? >> tagliò corto, aspro, agitando il pugnale sotto al naso della ragazza con fare spazientito.
Beatrice tirò suo malgrado un sospiro di sollievo e, nonostante fosse tenuta appesa ad un palmo da terra da una serie di scheletri stregati, si rilassò un pochino.
<< Ce l’ho nella manica del vestito >> rispose. << Soffro … soffro di epitassi nasali, che guaio, no? >> rise scioccamente, una nota piuttosto isterica nella voce.
Il volto di Barbossa si contrasse in un ghigno stucchevole che lo fece apparire, se possibile, ancora più spaventoso.
<< Quale grande sciagura! >> assentì sarcastico.
 << Ce l’ho proprio qui … >> con una certa difficoltà, dato che la stretta degli scheletri le ostacolava tutti i movimenti, Beatrice frugò nella manica dell’abito di Lady Sophia, dove c’era ancora il fazzolettino di pizzo che il giorno prima aveva usato per tamponare il sangue di Christine Compton, e lo porse a Barbossa.
Il pirata lo prese tra due dita con molta delicatezza, osservandolo avidamente e contemplando le chiazze rosse che lo macchiavano come se fossero la cosa più preziosa del mondo.
<< Una fortuita quanto propizia coincidenza, non c’è che dire >> commentò, intascando il fazzolettino e rivolgendo un sorriso sbilenco a Beatrice. << A quanto pare non ci sarà bisogno di dissanguarvi, dopotutto >>.
<< Da – davvero? >> balbettò Beatrice col fiatone, rincuorata; non aveva mai amato di più in tutta la sua vita quella megera in miniatura di Lady Christine e, qualunque fine la ragazzina avesse fatto, si ripromise che un giorno l’avrebbe ringraziata a dovere. << A –allora, potreste farmi scendere, cortesemente? >>
Barbossa inarcò le sopracciglia, fingendosi sorpreso.
<< Scendere, dite? >> ripeté, mentre il suo orribile sogghigno  si allargava. << Oh, no, non penso proprio. Non per stasera, almeno. Scommetto che combinerete molti meno guai appesa qui, che non in giro per la mia nave. E poi, che rimanga tra voi e me, costituite davvero un incantevole aggiunta al mobilio; ho sempre desiderato avere un appendiabiti grazioso come voi, sapete? >> chiese beffardo e, prima che Beatrice avesse il tempo di ribattere, Barbossa le schiaffò sulla faccia il suo grande cappello piumato ed uscì dalla cabina zoppicando allegramente, completamente sordo ai turpiloqui che la ragazza gli stava sbraitando dietro.

 

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Capitolo 4
*** Alla volta di Tortuga ***


Prima di lasciarvi al capitolo, ci tengo a ringraziare tutti coloro che recensiscono e seguono questa storia. Continuate, mi raccomando xD

La bussola di Jack Sparrow puntava verso ciò che si voleva di più al mondo e, attualmente, il suo ago indicava la stessa direzione di mastro Gibbs, impegnato ad ammainare la vela di trinchetto a bordo della Sea Breeze: la corvetta della Royal Navy che lui ed il capitano avevano gentilmente preso in prestito dal Commodoro Rogers durante la loro permanenza a Grenada.
<< Signor Gibbs >> eruppe il Capitano dall’alto del cassero di poppa, dove stava governando il timone, << la mia bussola vi punta. Avete idea del perché? >> chiese, vagamente stizzito.
Mastro Gibbs si voltò a guardarlo con gli occhi semichiusi nell’abbagliante luce del sole ed un’espressione stralunata dipinta sul volto abbronzato.
<< Non lo so >> rispose sulla difensiva.
<< Avete per caso qualcosa che potrebbe interessarmi? >> incalzò Jack.
Gibbs si portò le mani al petto e, in evidente difficoltà, iniziò a tastarsi sotto la camicia, estraendone subito dopo una fiaschetta di rum.
<< Ehm … potrebbe forse trattarsi di questo? >> domandò, mostrandola al capitano con aria alquanto colpevole. << L’ho trovato a bordo e ho pensato che … be’ … lo sai quanto mi piace il rum, Jack. E questo non sa di pipì di scimmia come in Virginia! >> tentò di giustificarsi.
Jack ridusse gli occhi a fessure, visibilmente contrariato, poi lasciò andare il timone e scese svelto le scalette, dirigendosi con la sua tipica camminata dondolante verso il quartiermastro.
<< Mi avete molto deluso, signor Gibbs >> lo ammonì, strappandogli la fiaschetta di mano senza troppi complimenti. << Nascondere al vostro capitano una simile opportunità di ristoro … Non me lo sarei mai aspettato da voi! >> scosse il capo con disapprovazione, poi si portò il fiaschetto di rum alle labbra e ne scolò il contenuto in un sol sorso, rovesciando indietro la testa.
A quella vista, mastro Gibbs fece schioccare appena le labbra in preda al desiderio, ma quando Jack gli riconsegnò la fiaschetta, essa era asciutta come se fosse rimasta vuota per secoli.
Mentre Gibbs si batteva con foga l’apertura del fiasco sul palmo della mano, nella speranza di riuscire a carpirne qualche goccia, Jack tornò a posare gli occhi sulla sua bussola e poté constatare, con suo grande disappunto, che l’ago puntava ancora verso il nostromo.
<< C’è qualcos’altro che sentite l’impellenza di dirmi, signor Gibbs? >> domandò allora. << Mi state per caso tenendo nascosto del pollo arrosto? Sapete quanto mi piace … >> sorrise speranzoso, ma il quartiermastro scosse il capo e scrollò le spalle.
<< Nient’altro, Jack >> assicurò. << Proprio non capisco >>.
Jack scoprì i denti, infastidito, e fece cenno al nostromo di muoversi sul ponte.
<< Camminate, Gibbs! >> ordinò. << Orsù, muovete quella pellaccia! >>
Borbottando tra sé, il signor Gibbs ubbidì ed iniziò a passeggiare qua e là per tutto il perimetro della nave, mentre Jack studiava con attenzione i movimenti dell’ago della sua bussola.
<< Posso fermarmi, capitano? >> chiese il quartiermastro dopo qualche minuto, asciugandosi il sudore che gli imperlava la fronte e lasciava al suo passaggio delle striature più pallide nello strato di lerciume che gli incrostava la pelle.
<< Eh, come? >> esclamò Jack, distogliendo gli occhi dalla bussola con un lieve sobbalzo. << Oh, sì >> disse poi, agitando una mano con noncuranza alla volta del quartiermastro. << Avreste potuto smettere secoli fa, mastro Gibbs, mi ero dimenticato di voi >>.
Al quartiermastro per poco non caddero le braccia.
<< E allora? >> esclamò spazientito.
<< E allora >> rispose Jack gesticolando, << ho due notizie per voi, mio buon signor Gibbs: una buona e una cattiva. Quale volete sentire per prima? >>
<< La buona >> disse subito Gibbs, dato che sapeva benissimo che, se si devono ascoltare due notizie di quel genere in mare aperto, bisogna sempre iniziare con quella buona o la iella ti perseguiterà per tutto il tragitto.
<< La buona è che la cosa che io e lei di più al mondo bramiamo in questo momento, ossia un modo per far riallargare la Perla, è vicina >> indicò con la mano in direzione nord-est, verso un punto imprecisato dell’orizzonte blu, appena dietro l’orecchio del quartiermastro.
<< E la cattiva? >> incalzò Gibbs in ansia, facendo di nascosto vari gesti di scongiuro più o meno convenzionali.
Jack aprì la bocca per dire qualcosa, ma poi la richiuse, visibilmente deluso.
<< La cattiva >> disse alla fine, << è che sta attualmente facendo rotta verso Tortuga e questo potrebbe potenzialmente portarci a due conclusioni>>.
<< Ossia? >> chiese Gibbs in tono allarmato.
<< Uno >> sentenziò il Capitano, sollevando un indice, << la cosa che stiamo cercando nuota. Due >> alzò un altro dito, poi fece una pausa e arricciò le labbra in una smorfia di irritazione, << qualcuno ce l’ha soffiata >>.
 
<< Coraggio, Miss Compton! E’ una splendida giornata: il sole brilla alto all’orizzonte, il mare è blu e il cielo è terso! Aprite i vostri occhioni, da brava! >>
Capitan Barbossa fece irruzione nella cabina spalancando la porta con un calcio e procedette zoppicando svelto verso Beatrice che, ancora appesa al muro e mezza addormentata, strizzò gli occhi, abbagliata dalla luce che filtrava dal ponte.
<< Voi! >> biascicò alla vista del pirata, le palpebre gonfie di sonno, ma un espressione furente dipinta sul volto pallido. << Ripugnante farabutto che non siete altro, non posso credere che mi abbiate davvero costretta a passare tutta la notte inchiodata qui! >>
Barbossa si piazzò davanti a Beatrice e si puntellò sulla sua stampella esibendosi in un ghigno canzonatorio, poi allungò una mano verso di lei e le sfilò dal capo il cappello piumato che le aveva messo addosso la sera prima.
<< Oh, credeteci pure, mia cara >> ribatté ammiccando, mentre si sistemava l’enorme copricapo sulla testa. << Sono un uomo tutto d’un pezzo, io. Non sentite il desiderio di ringraziarmi dopo che vi ho così gentilmente ceduto la mia cabina, senza neppure  chiedervi nulla in cambio? >> chiese, fingendosi scandalizzato.
Beatrice emise una sorta di ringhio furibondo, dimenando le spalle nel tentativo di liberarsi dalla stretta degli scheletri stregati, ma senza successo.
<< Oh, datemi retta >> sibilò con rabbia, << sono ben altre le cose di cui sento il desiderio e nessuna di esse comprende il ringraziarvi, Capitano! Mi disgustate profondamente >> aggiunse infuriata, << siete l’individuo più ripugnante sul quale i miei occhi si siano mai posati! >>
Barbossa sghignazzò divertito.
<< Detto da voi, Beatrice, lo prendo come un complimento: non dovete aver incontrato molti pirati nel corso della vostra vita, non è così? >> la schernì, utilizzando lo stesso tono che si sarebbe potuto adoperare con un bambino particolarmente piccolo e cocciuto. << Altrimenti sapreste quanto io sia una persona gentile e a modo >> il bucaniere inarcò le sopracciglia con fare significativo, dopodiché appoggiò una mano sull’elsa della sua spada magica con studiata nonchalance ed uno schiocco secco risuonò per la cabina quando gli scheletri si ritirarono nel muro, lasciando cadere a terra Beatrice con un tonfo sordo.
<< Visto? >> le chiese Barbossa con aria visibilmente compiaciuta, offrendole il braccio per aiutarla a rimettersi in piedi. << Le fanciulle apprezzano molto le mie qualità; mi cadono letteralmente ai piedi >> strabuzzò gli occhi col suo solito fare sardonico e Beatrice grugnì disgustata, scostando malamente la mano che il pirata le porgeva e rialzandosi da sola.
<< Deve essere per l’odore che emanano, presumo >> ribatté acidamente, lanciando a Barbossa un’occhiata di disgustata sufficienza. << Quand’è stata l’ultima volta che vi siete lavato, di grazia? >>
Il pirata si irrigidì, ergendosi in tutta la sua considerevole altezza, e la fulminò con una severa quanto offesa occhiataccia.
<< Non tollererò oltre invettive contro la mia igiene personale a bordo della mia nave, sono stato chiaro, Miss Compton? >> proclamò stentoreo. << Inoltre io mi lavo con … discreta regolarità, tanto perché voi lo sappiate, ecco >> aggiunse con fare vagamente impacciato, contraendo il volto in una smorfia stizzita.
Beatrice inarcò scetticamente un sopracciglio, ma Barbossa decise di non badarle e, afferratala malamente per un gomito, la trascinò di peso fuori dalla cabina.
Mentre il capitano la strattonava lungo il ponte, la ragazza avvistò un brulicante via vai generale di mozzi e pirati vari che correvano su e giù a gran velocità, ognuno affaccendato a sbrigare le più svariate mansioni: c’era chi, brandendo uno strofinaccio lurido, lustrava le assi di legno inginocchiato a quattro zampe, altri trasportavano pesanti secchi d’acqua, altri ancora si arrampicavano svelti come scimmie sulle sartie e qualcuno si stava occupando di governare le vele, rosse come il sangue rappreso, che drappeggiavano gli alberi della Queen Anne’s Revenge.
Il loro lavoro era coordinato da certi enormi energumeni dallo sguardo vitreo ed il volto bucherellato, dal quale spuntavano ossa e zanne di varia foggia e misura, che brandivano pesanti fruste di cuoio simili a serpenti giganti e si aggiravano per il ponte con fare minaccioso.
Barbossa spinse Beatrice da un lato proprio in direzione di uno degli inquietanti pirati, che la agguantò al volo mostrando riflessi sorprendentemente pronti, mentre il capitano si arrampicava zoppicando lungo le scalette del cassero di poppa ed imbracciava il timone.
Beatrice era ormai talmente abituata a quel genere di cose con non tentò neppure di divincolarsi, ma fece solamente molta attenzione a non guardare l’orribile volto del pirata che la stava tenendo ferma, concentrandosi invece, con aria decisamente furibonda, su Capitan Barbossa.
<< Mastro Scrum! >> ruggì questi a gran voce, come se avesse dovuto sovrastare il rombo di una tempesta.
A quelle parole, un pirata basso e tracagnotto, con una grande cicatrice che gli sfigurava un lato del volto, trotterellò più svelto che poté alla volta della barra di comando, sfrecciando accanto a Beatrice senza neppure degnarla di uno sguardo.
<< Signorsì, signore, sissignore! >> urlò tutto d’un fiato, mettendosi sull’attenti.
Beatrice si trattenne a stento dal ridacchiare di fronte a quel comportamento così scioccamente ossequioso, ma Barbossa non vi trovò nulla di strano e declamò, sempre sbraitando: << Immediato rapporto sulla rotta, per tutti i diavoli! >>
<< Ci dirigiamo verso la meta a vele spiegate, capitano! >> rispose prontamente Scrum. << Se proseguiamo di questa lena, arriveremo a destinazione entro l’alba di dopodomani! >>
<< L’alba di dopodomani? >> ripeté Barbossa in un ringhio. << Noi non aspettiamo l’alba, Mastro Scrum: noi le veleggiamo incontro, fieri e temibili, ed è l’orizzonte a dover scappare da noi per paura di essere travolto e schiacciato dalla nostra ira, non il contrario! Avrete tempo per oziare quando i vermi banchetteranno con le vostre budella, manica di sfaticati! >> urlò rivolto al resto della ciurma. << Fate lavorare le vostre flaccide membra pulciose, sudicio branco di mozzi! E che Giove ci fulmini se non attraccheremo a Tortuga stasera stessa, corpo di mille kraken! >>
A quelle parole, la ciurma ruggì la sua approvazione e tutti aumentarono il ritmo con cui svolgevano le loro mansioni, mentre gli inquietanti pirati dagli occhi vacui facevano schioccare le fruste urlando ordini a destra e a manca.
<< Perché il capitano usa sempre questi termini così poco gentili? >> sussurrò Ragetti rivolto a Pintel, mentre lui, il suo compare ed altri bucanieri tendevano velocemente la cima della vela di mezzana. << Non si rende conto che anche noi abbiamo dei sentimenti? >>
<< Lo fa per spronarci >> ribatté Pintel saggiamente, << così lavoriamo più in fretta! >>
Ragetti stava per dire qualcosa, ma il loro scambio di battute fu interrotto da uno dei minacciosi omoni dal volto traforato di zanne che fece schioccare loro la sua frusta ad un palmo dal naso, facendoli sobbalzare per lo spavento.
Intanto, al timone, Barbossa ghignò soddisfatto e sfoderò rumorosamente la sua sciabola stregata, puntandola dritta davanti a sé: la nave fu attraversata da un violento sobbalzo che fece gemere e scricchiolare ogni asse e giuntura e la prua si impennò come un cavallo imbizzarrito fino ad oscurare il sole, mentre tutti si reggevano a qualunque appiglio capitasse loro a tiro per non scivolare giù.
L’energumeno che tratteneva Beatrice, nonostante il ponte avesse ormai assunto una posizione quasi verticale, rimase con i piedi ben piantati per terra e restò perfettamente immobile persino quando la prua ricadde giù tra i flutti, innalzando imponenti muraglie d’acqua attorno alle balaustre.
La Queen Anne’s Revenge sfrecciava sul mare azzurro fendendo le onde come se fossero fatte di nebbia e manteneva una rotta ed una velocità costanti, quasi fosse trainata da una forza invisibile che albergava nelle profondità del mare.
Qua e là risuonavano le urla e le invocazioni che i pirati usavano per mantenere il ritmo del loro lavoro e nessuno di loro, si disse Beatrice, sembrava essere particolarmente sorpreso dall’andatura prodigiosa che la nave aveva assunto, con la prua sorprendentemente rigida, senza neppure un sobbalzo …
<< Stregoneria >> biascicò rabbrividendo, e sputò per terra, centrando in pieno l’alluce dell’orribile pirata che la teneva ferma.
Sua madre, con ogni probabilità, in quel momento si stava rivoltando nella tomba come un pesce in secca: la povera Anne Bonny non avrebbe proprio potuto sopportare di vedere la sua unica figliuola invischiata in quelle stramberie stregonesche, superstiziosa e terrorizzata dalla malasorte com’era, e Beatrice non riuscì a fare a meno di domandarsi come la sua trapassata madre avrebbe reagito alla notizia che la sua bambina era stata rapita proprio da un gruppo di bucanieri immischiati in quelle diavolerie fino alla punta del tricorno, con tutti i pirati perbene che c’erano in giro.

***


La Queen Anne’s Revenge aveva navigato veloce e silenziosa per tutto il giorno, solcando un mare che si era fatto via via sempre più turchese e scivolando sotto un cielo terso e privo di nubi, nel quale il sole si era progressivamente spostato fino a raggiungere il margine più estremo dell’orizzonte, e che adesso si era tinto di un rosso fiammeggiante, preparandosi ad un glorioso tramonto.
<< Uno spettacolo mozzafiato, eh? >> chiese Barbossa appoggiandosi al parapetto accanto a Beatrice, gli occhi persi in lontananza verso il sole che stava per inabissarsi nell’oceano.
<< Oh, sì >> miagolò la ragazza con aria sdolcinata, << ha un non so che di romantico, non è vero, Capitano? E sarebbe ancora più piacevole star qui, ad osservare il crepuscolo in vostra compagnia, sulla vostra bellissima nave … se questo disgustoso individuo non mi avesse tenuta avvinghiata per tutto il giorno, non vi pare? >> aggiunse, accennando al pirata dagli occhi nebulosi che ancora la teneva immobilizzata, mentre il suo sorriso stucchevole si trasformava in un ringhio furente.
Barbossa sghignazzò in modo sgradevole, palesemente divertito, e Beatrice si sentì montare dentro una rabbia quasi dolorosa: odiava quell’uomo con tutta sé stessa.
<< Lo trovate divertente? >> sibilò con le mascelle serrate.
<< Alquanto spassoso, in effetti, sì >> rispose il pirata con un ghigno, sbarrando gli occhi azzurri col suo solito fare beffardo.
Beatrice gli mostrò i denti soffiando piano, furibonda, e stava per ribattere, quando qualcosa al di là del parapetto attirò la sua attenzione: il sole si era appena tuffato dietro la linea dell’orizzonte, infiammando le acque del mare come lingue di fuoco, ed un lampo verde smeraldo aveva per un attimo illuminato il cielo, così repentinamente da somigliare al guizzo della lingua di una serpe, o ad una scintilla di brace che si perde nell’oscurità.
Beatrice trattenne il respiro, incredula, senza riuscire a capire se ciò che aveva appena visto fosse realmente accaduto o non fosse forse frutto della sua immaginazione.
<< Cosa … cosa è stato? >> balbettò a bocca aperta. << L’avete visto, vero? >> domandò rivolta a Barbossa. << Quel … quel … >>
<< … quel verde baleno >> completò il pirata al posto suo, scrutando il cielo con uno strano cipiglio. << Sì, avviene in rare occasioni: nell'ultimo spasmo di tramonto un verde baleno si impenna su nel cielo. C'è chi in tutta una vita non lo vedrà mai e c'è chi afferma che sì, era presente ... e c'è chi dice che segnala quando un anima mette piede in questo mondo da quello dei morti >>.
Beatrice sputò oltre la balaustra, rabbrividendo violentemente.
<< Che gran brutto segno >> commentò con un filo di voce; ma, suo malgrado, il suo cuore batteva svelto per l’emozione di avere appena assistito ad uno spettacolo tanto singolare e meraviglioso.
Sorprendentemente, Barbossa non trovò nulla da ridire e non obiettò quella sua affermazione, rimanendo invece ad osservare l’orizzonte, apparentemente perso in qualche cupo pensiero.
<< TERRA! >> ululò ad un tratto la vedetta dall’alto della coffa dell’albero maestro. << TERRA A BABORDO! >>
<< Bene così! >> urlò di rimando Barbossa senza allontanarsi dal parapetto, con voce così tonante che Beatrice si sentì fischiare le orecchie. << Mantenete la rotta, marmaglia, la meta è vicina! >>
Dalla ciurma si levò un boato festante; Beatrice, dal canto suo, immobilizzata da un losco figuro che tra le orecchie sembrava avere solo aria fresca, e il sangue della quale serviva per officiare una qualche specie di rituale, almeno secondo Barbossa, non sapeva se essere felice o meno: così decise di optare per una diplomatica e piuttosto neutra espressione di sdegno per tutto ciò che la circondava.
<< Riuscite a scorgere quella striscia scura all’orizzonte, Miss Compton? >> domandò Barbossa additando il punto in questione con la mano.
Lei emise una sorta di stizzito sbuffo di assenso.
<< Sapete di che isola si tratta? >> proseguì il Capitano con un accenno di quel suo ghigno insopportabile dipinto sul volto.
<< Dovrei? >> ribatté Beatrice, usando il tono più gelido che le riuscì.
<< Quella è la nostra destinazione >> spiegò Barbossa. Fece una pausa ad effetto, poi dilatò gli occhi con aria teatrale: << Tortuga >>.
Beatrice aveva già sentito quel nome, sia durante il viaggio sulla Revenge che quando viveva ad Hispaniola, ma adesso che si stavano avvicinando a quel luogo non riuscì a fare a meno di provare un certo entusiasmo.
<< Tortuga? >> ripeté, senza essere capace di smorzare del tutto l’emozione nella sua voce. << L’isola dei pirati? Mia madre me ne parlava sempre >> ricordò con un lieve sorriso, << mi raccontava spesso molte storie su … >> il suo cuore perse svariati battiti, quando si rese conto di aver parlato troppo, e si morse la lingua, irrigidendo le spalle.
Barbossa la stava osservando con gli occhi azzurri ridotti a fessure.
<< Sapete, non riesco proprio ad immaginare Lady Compton, la moglie del Governatore di Hispaniola, che racconta a sua figlia storie su Tortuga prima di andare a dormire >> disse tranquillamente, come se stessero chiacchierando del più e del meno, ma c’era qualcosa di sinistro che baluginava nel suo sguardo. << Definitemi pure scarso d’immaginazione, ma è così >> proseguì con un sogghigno stiracchiato. << Vorreste illuminarmi? >>
Beatrice deglutì sonoramente, cercando di mostrarsi calma e sicura di sé, e mise su un sorriso che sperò sembrasse sincero.
<< Oh, che sciocca … ho detto madre? >> ridacchiò, scuotendo appena il capo come se trovasse la propria sbadataggine divertente. << Volevo dire bambinaia. Avevo un bellissimo rapporto con lei, vedete: era proprio come una madre per me, e le piaceva molto narrarmi delle avventure dei bucanieri. E’ morta tre mesi fa >> assunse un’espressione contrita, soffermando gli occhi sulla sagoma scura di Tortuga per non incrociare lo sguardo di Barbossa.
Quest’ultimo sembrava ancora alquanto sospettoso e la fissava con aria indagatrice, come se potesse scorgerle addosso i segni di una bugia.
<< E come si chiamava questa vostra bambinaia, se non sono inopportuno? >> domandò inarcando un sopracciglio.
Beatrice aprì la bocca per rispondere, ma proprio in quel momento il pirata che stava appostato di vedetta urlò di nuovo:
<< NAVE A PRUA, CAPITANO! UNA NAVE SI DIRIGE VERSO DI NOI! >>
Barbossa distolse lo sguardo da Beatrice, improvvisamente attento, e, grugnendo imprecazioni incomprensibili, zoppicò velocemente lungo il ponte fino al castello di prua, dal quale faceva capolino un’inquietante quanto imponente polena a forma di scheletro che teneva tra le mani un calice ed una lunga lancia.
Beatrice, interessata, cercò di divincolarsi dalla stretta del pirata gigantesco, ma senza alcun successo, e così poté limitarsi soltanto ad allungare il collo verso la prora del veliero, dalla quale Barbossa, estratto un cannocchiale d’ottone da sotto il soprabito, scrutava con attenzione la nave in avvicinamento.
Attraverso la lente dello strumento, il Capitano della Queen Anne’s Revenge riuscì a scorgere i dettagli della corvetta, il cui nome: Sea Breeze, brillava sullo specchio di poppa vergato in svolazzanti lettere dorate.
<< Marina britannica >> constatò inespressivo, quasi annoiato.
<< Capitano, attendiamo ordini >> disse concitato il nostromo Scrum, giungendo svelto al suo fianco. << Ci prepariamo all’arrembaggio? >>
Barbossa stava per rispondere, quando scorse qualcuno che, incorniciato dall’oculare del cannocchiale, ritto sulla prora della corvetta della Royal Navy, brandiva un cannocchiale proprio come lui e glielo teneva puntato addosso.
Quando i loro sguardi si incontrarono attraverso le lenti dei due strumenti, l’individuo a bordo della Sea Breeze alzò una mano inanellata in segno di saluto e la agitò allegramente in direzione di Barbossa.
Quest’ultimo allontanò di colpo l’occhio dal cannocchiale, come se l’oggetto fosse diventato improvvisamente bollente, il volto contorto in un’espressione che sembrava quasi di dolore.
<< Si, Mastro Scrum >> rispose allora, rivolto al suo quartiermastro, riponendo il cannocchiale al suo posto nel cappotto. << Preparate i ramponi, branco di fetidi sfaccendati ! >> ruggì alla ciurma, facendo dietrofront ed iniziando a percorrere il ponte a ritroso col suo incedere claudicante. << Devo fare una chiacchierata con Jack Sparrow >> ringhiò minaccioso.
<< Capitan! >> urlò qualcuno in lontananza.
Hector Barbossa alzò gli occhi al cielo.
 

 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** Per amore di Jack ***


Come al solito, prima di lasciarvi al nuovo capitolo, vorrei ringraziare tutti quelli che recensiscono, preferiscono, seguono e anche solo leggono questa storia, ripetendo ancora una volta che, però, i commenti sono sempre bene accetti :D


La Queen Anne’s Revenge e la Sea Breeze si affiancarono sfilando l’una accanto all’altra sul mare calmo ed illuminato dal tramonto al largo delle coste di Tortuga.
Una moltitudine di ramponi furono lanciati fuoribordo dalla ciurma della Revenge e, piovendo dal cielo come uno scroscio di uncini, si andarono ad aggrappare saldamente alle balaustre della corvetta della marina britannica, scavando profondi solchi nel legno finemente intarsiato e sollevando una nube di schegge.
Al comando dei rispettivi capitani, tra le fiancate dei due velieri furono disposte altrettante passerelle di legno, sulle quali Jack Sparrow ed Hector Barbossa si arrampicarono per poter scambiare quattro parole tra gentiluomini in territorio neutrale, sospesi in precario equilibrio sulle acque del mare che scintillavano sotto di loro.
Jack appoggiò il suo stivale impolverato sull’asse che Mastro Gibbs stava reggendo dal ponte della Sea Breeze; Barbossa sbatté la sua gamba di legno su quella che i suoi uomini stavano tenendo ferma dalla Revenge, con un sonoro tonk.
<< Bene, bene, bene: Hector! >> salutò Jack, allargando giovialmente le braccia. << Chi non muore si rivede, eh? >> domandò con un ghigno.
<< Non sempre, Jack >> ribatté Barbossa in tono falsamente cortese, il volto contratto in una smorfia affettata. << Dopotutto, io sono già morto, rimembri? >>
Jack scoprì i denti d’oro con fare vagamente disgustato.
<< Giusto. Me ne dimentico sempre, sai? Hai una così bella cera … >> rispose in modo non molto convincente, accennando con un vago gesto della mano all’altro pirata.
Barbossa perse di colpo tutta la sua aria cordiale, fulminando Jack con un’occhiataccia, e mosse un claudicante passo in avanti sulla passerella traballante; alle sue spalle, gli uomini che la stavano reggendo dovettero accalcarsi contro il parapetto e, tra imprecazioni varie, contorcersi violentemente per mantenerla dritta e non far precipitare in mezzo  ai flutti il loro capitano.
<< Si può sapere che cosa vuoi? >> ringhiò Barbossa. << Che cosa ci fai sulla rotta della mia nave a bordo di una corvetta della Royal Navy? >>
<< Lunga storia >> replicò Jack, avanzando a sua volta sulla sua passerella con andatura ondeggiante; dietro di lui, il povero mastro Gibbs, con il volto arrossato dallo sforzo, strinse i denti e si abbarbicò all’asse di legno con tutte le sue forze, puntellandosi con i piedi alla balaustra della Sea Breeze pur di tenerla in equilibrio.
<< Preferirei parlarne davanti ad un bel bicchiere di rum, che dici, eh? >> Jack ammiccò furbescamente alla volta del capitano della Revenge. << Io e te a sbronzarci come ai vecchi tempi, ti va? >>
Barbossa sogghignò malvagiamente.
<< A quali vecchi tempi alludi, Jack? >> chiese sarcastico, strabuzzando gli occhi come suo solito. << A quella volta in cui ti ho abbandonato su un’isola deserta, a quando mi hai sparato dritto al cuore o magari ti stai riferendo a quello spiacevole episodio della mappa di Mao Kun? >>
Il sorriso di Jack si trasformò in una smorfia tirata.
<< Un po’ a tutto >> rispose poi, scrollando le spalle con noncuranza. << Ma come si suol dire: l’amore non è bello se non è litigarello, no? >> ridacchiò nervosamente.
Barbossa inarcò minacciosamente le sopracciglia e Jack tacque all’istante.
<< Ascolta, Hector >> disse poi, avanzando di un altro passo. Ormai i due capitani erano faccia a faccia, ognuno ritto sulla rispettiva passerella, mentre gli equipaggi si davano da fare dietro di loro per non farli piombare giù.
<< Perché non mi inviti a cena nella tua cabina, sì? Potremmo discutere davanti ad un buon piatto di … >> agitò al vento una mano inanellata << … qualunque cosa. O è un’usanza che riservi esclusivamente alle fanciulle? >> domandò mostrando i denti.
<< Non c’è niente di cui dobbiamo discutere! >> ribatté Barbossa spazientito. << Dimmi perché diavolaccio mi stavi seguendo e poi sparisci, o giuro che potrai considerarti fortunato se ti lascerò gli occhi nelle orbite, Jack Sparrow! >> ruggì, sputacchiando saliva dappertutto.
Jack strizzò le palpebre e si asciugò la faccia col dorso della mano con ostentata disinvoltura, poi, cercando di non dare troppo nell’occhio, sbirciò fugacemente il quadrante della bussola che portava appesa alla cintura e poté constatare ancora una volta che essa puntava proprio verso la Queen Anne’ Revenge: doveva assolutamente trovare un modo per salire a bordo della nave di Barbossa ed impossessarsi di ciò che lui, Capitan Jack Sparrow, desiderava di più al mondo; anche se, a dirla tutta, avrebbe prima dovuto scoprire cos’era che lui, Capitan Jack Sparrow, desiderava di più al mondo, esattamente.
<< Molto bene >> concluse Jack. << A dire la verità, non ti stavo seguendo, se proprio ci tieni a saperlo >> rispose con fare pedante, gesticolando con tanta veemenza che la sua asse scricchiolò pericolosamente.
<< Jack! >> ululò mastro Gibbs, ma nessuno gli badò.
<< Ah, no? >> esclamò acidamente Barbossa, le palpebre spalancate che lasciavano intravedere il bianco attorno ai suoi occhi. << E qual brezza marina >> ringhiò sarcastico, alludendo alla corvetta con un cenno del capo, << ti ha portato fin qui, di grazia? >>
<< Mi sono giunte voci riguardanti un certo galeone spagnolo che passerà vicino alle coste di Tortuga carico di ricchezze sottratte alla Compagnia delle Indie Orientali entro l’alba di domani >> rispose Jack con aria di superiorità, << perciò eccomi qui. Tu non c’entri niente, Hector: vedo che tendi ancora a darti troppa importanza >> lo schernì con un ghigno.
<< Non venire a raccontarmi frottole, Jack >> ribatté Barbossa con voce flautata. << Vedo che tendi ancora ad inventare storielle strampalate sulle tue presunte gesta >> sbarrò gli occhi in modo significativo.
Jack arricciò le labbra, piccato, ed i suoi denti d’oro brillarono alla luce del tramonto.
<< Vedo che sei ancora antipatico >> disse.
<< Vedo che sei ancora un povero mentecatto! >> replicò Barbossa furibondo.
<< Vedo che sei ancora brutto! >> esclamò Jack.
<< Vedo che cammini ancora come una donnetta ubriaca! >> ruggì Barbossa.
<< Vedo che indossi ancora quel nido di tordo a forma di cappello! >> ribatté Jack.
A quel punto, Barbossa non ci vide più dalla rabbia e, lanciato un urlo belluino, sfoderò rumorosamente la sciabola, avventandosi come una furia contro Jack.
Il signor Gibbs e la ciurma della Queen Anne’s Revenge lanciarono in contemporanea una serie di imprecazioni ed urla di disapprovazione ed iniziarono a fare su e giù dietro alle balaustre delle rispettive imbarcazioni, cercando di assecondare con le passerelle i movimenti dei due capitani che, intanto, si stavano dando battaglia saltellando da un’asse all’altra a suon di stoccate ed affondi.
<< Andiamo, Hector! >> esclamò Jack, facendo un balzo di lato e scambiandosi di posto con Barbossa. << Perché vuoi sempre risolvere tutto con la … >> Barbossa menò un fendente facendo mulinare la sciabola e Jack riuscì ad evitarlo solo piegandosi all’indietro più che poté, ritrovandosi la punta dell’arma del suo avversario così vicina al naso che dovette incrociare gli occhi per metterla a fuoco << … spada >> concluse scoprendo i denti.
<< Ritira. Quello. Che hai detto! >> mugghiò ferocemente Barbossa, tentando uno spettacolare affondo a mezz’aria e piombando a piè pari sulla passerella di Jack, che si fletté vertiginosamente sotto al peso del pirata, e poi si raddrizzò nuovamente, tornando in posizione diritta e sbalzando in aria i due bucanieri, che però continuarono a duellare, incuranti di ciò che li circondava.
<< Mai! >> ribatté Jack con altrettanto fervore, facendo mulinare svelto la spada. << Ritira tu quello che hai detto! >>
<< No, ritira tu quello che hai detto! >>
<< No, tu ritira quello che hai detto! >>
<< Ho detto: ritira tu quello che hai detto! >>
<< E io ti dico che tu hai detto di ritirare quello che io ho detto, ma senza averlo detto ti ridico di ritirare quello che tu hai detto! >>
<< SCUSATE! >> urlò rabbiosamente mastro Gibbs che ormai, sudato e con gli occhi fuori dalle orbite, aveva assunto la stessa colorazione di un’aragosta. << Perdonate l’intromissione, ma non potreste risolvere il vostro sì maturo diverbio in un luogo più conveniente? >>
Dalla ciurma della Revenge si levarono cori d’approvazione, ma Jack, per tutta risposta, compì una svolazzante piroetta a mezz’aria e, roteando la sciabola, tranciò di netto la cima di uno dei ramponi tesi a collegare le due navi.
I ponti di entrambe le imbarcazioni furono attraversate da un violento fremito e molti marinai ruzzolarono a terra; mastro Gibbs, dal canto suo, fu sbalzato all’indietro dal contraccolpo, mentre una serie di altri ramponi, persa la presa sulla balaustra della Sea Breeze, schizzarono in aria con un sibilo e precipitarono in mare, inabissandosi.
I due velieri si stavano allontanando sempre di più e le passerelle avevano sempre meno spazio su cui appoggiarsi, rischiando di finire in acqua da un momento all’altro, ma Jack e Barbossa seguitavano a lottare selvaggiamente, facendo riecheggiare un fragoroso clangore metallico ogni volta che le lame delle loro spade s’incontravano.
<< Ti ho sempre trovato insopportabile! >> esclamò Jack, parando un affondo di Barbossa e assestandogli un poderoso calcio in pieno petto che lo sbalzò all’indietro, facendolo crollare a sedere sulla passerella.
<< Anche io! >> ringhiò di rimando Barbossa, facendo a Jack lo sgambetto col suo arto di legno e spedendolo gambe all’aria.
I capitani si ritrovarono seduti l’uno di fronte all’altro; Jack Sparrow assunse un’aria interdetta ed i due smisero per un istante di duellare.
<< Anche tu ti sei sempre trovato insopportabile? >> domandò Jack confuso.
Barbossa emise un ruggito furioso ed abbatté la sua sciabola nel punto esatto in cui, un istante prima, c’era stata la testa di Jack, che riuscì a schivare il colpo gettandosi di lato e rimanendo appeso all’asse con la sola forza delle gambe, a testa in giù.
Intanto, Barbossa stava cercando di estrarre la lama della sua spada dal legno della passerella dove era rimasta conficcata, ma proprio nel momento in cui ci riuscì, lanciando uno sghignazzante ringhio di trionfo, le due assi di legno emisero un preoccupante gemito e scricchiolarono violentemente: la Revenge e la Sea Breeze si erano distanziate troppo.
Jack, con aria più stralunata del solito, si rimise dritto e lui e Barbossa fecero appena in tempo a scambiarsi uno sguardo allarmato prima che le passerelle cedessero di schianto e precipitassero in mare, trascinandosi dietro i due pirati in una nube d’imponenti schizzi.
<< UOMO IN MARE! >> gracchiò a gran voce Scrum dal ponte della Revenge. Tutta la ciurma si sporse oltre al parapetto appena in tempo per vedere Jack e Barbossa riemergere dall’acqua tossicchiando e sputacchiando copiosamente.
<< Lasciateli affogare, per l’amor del cielo! >> urlò Beatrice che, ancora immobilizzata tra le braccia dall’enorme pirata imbambolato, aveva seguito tutto il duello con la coda dell’occhio. << Lasciateli affogare! >>
Ma nessuno l’ascoltò e, anzi, i bucanieri a bordo di entrambe le navi (nel caso della Sea Breeze solo il bucaniere) si diedero un gran daffare per aiutare i due capitani finiti così poco decorosamente fuoribordo.
<< Qualcuno allunghi una gaffa! >> gridò mastro Gibbs rivolto all’equipaggio della Revenge. << E li agganci, prima che si facciano fuori a vicenda! >>
Infatti, nonostante annaspassero in acqua in modo penoso, Hector Barbossa e Jack Sparrow avevano ripreso a combattere, anche se in una maniera non proprio ortodossa: Barbossa era saltato al collo di Jack e stava tentando di strozzarlo a mani nude e Capitan Sparrow, dal canto suo, aveva afferrato la barbetta del suo avversario e tirava con tutte le sue forze.
Pintel e Ragetti spuntarono da dietro al parapetto della Queen Anne’s  Revenge brandendo una gaffa a testa e, sporgendosi oltre la balaustra, le calarono in acqua, agganciando rispettivamente Jack e Barbossa; aiutati dal resto della ciurma, riuscirono ad issare i due capitani nuovamente a bordo e a trarli in salvo.
<< Gettatelo a mollo, branco di molluschi senza cervello! >> gridò furibondo Barbossa nel momento esatto in cui mise piede sul ponte, additando Jack con un indice accusatore.
Capitan Sparrow alzò un dito per scusarsi con i presenti e sputò un rivolo d’acqua dalla bocca come una fontanella; poi estrasse il grande cappello di Barbossa da dietro la schiena e, facendo scattare il cane della sua pistola, la puntò contro il copricapo.
<< Ah, ah! >> cantilenò con un sorrisetto beffardo. << Fossi in te starei attento, Hector. Ci tieni al tuo cappello? >>
Beatrice, che stava seguendo la scena con estremo interesse, non ricordava di aver mai visto gli occhi del capitano della Revenge così spalancati; tutta la ciurma, compreso il signor Gibbs che sporgeva il collo dal ponte della Sea Breeze, stava a guardare col fiato sospeso, in trepidante attesa.
<< Non oseresti >> sibilò Barbossa scoprendo i denti anneriti in un ringhio sordo.
<< Quanto ci scommetti che oso, invece? >> ribatté Jack in tono impertinente, iniziando a passeggiare su e giù per il ponte.
<< La pistola si è bagnata, Sparrow >> gli fece notare Barbossa con un ghigno melenso. << Non puoi sparare al cappello con una … >> ma le parole gli morirono in gola, perché Jack gettò via la pistola (centrando dritto in testa Ragetti) ed estrasse nuovamente la sciabola, la cui lama scintillò alla luce del crepuscolo rosso sangue pericolosamente vicina al copricapo di Barbossa.
<< Hai perfettamente ragione >> acconsentì Jack, << ma le spade tagliano anche se umide, lo sapevi? >>
Barbossa imprecò sonoramente.
<< Che cosa vuoi, Sparrow? >> abbaiò. << Lascia stare il mio cappello e raggiungiamo un accordo >>.
Il sorriso sul volto di Jack si allargò, facendo baluginare i suoi denti d’oro in modo vagamente sinistro, mentre il cielo si faceva sempre più scuro e le tenebre sopraggiungevano.
<< Ora sì che si ragiona >> disse il pirata allegramente. << Facciamo che mi offri la cena, sì? >>
 

***

<< Carino come hai sistemato qui >> constatò Jack Sparrow aggirandosi con incedere ondeggiante per la cabina del capitano della Queen Anne’s Revenge; si affiancò ad un teschio che faceva capolino dalla parete e cercò di imitarne il sorriso, ma senza particolare convinzione. << Molto macabro >>.
Barbossa, seduto scompostamente dietro alla sua scrivania, gli dedicò uno sgradevole ghigno affettato.
<< Ti ringrazio, Jack. L’ambiente in cui un uomo vive rispecchia la sua personalità, lo sapevi? >> domandò ammiccando.
<< Ma dai? >> esclamò Jack fingendosi interessato. << Direi che questa è proprio adatta a te, allora >> constatò guardandosi attorno con un leggero brivido. << Con le ossicina e tutto il resto … >> dal muro spuntava una disgustosa mano scheletrica: Jack la strinse nella sua e la mosse su e giù come per volersi presentare, con aria palesemente disgustata.
Il sorriso di Barbossa si trasformò in un gelido cipiglio.
<< Che cosa sei venuto a fare qui, Jack Sparrow? >> domandò scrutandolo torvamente. << E stavolta voglio la verità, o vedremo quanto sei capace a restare a galla legato ad un barile in fiamme, mentre ti sparano addosso >> strabuzzò gli occhi azzurri, sogghignando malignamente.
Jack arricciò le labbra, contrariato.
<< La verità >> declamò gesticolando, << che cosa strana la verità, no? Uno vive così tranquillo, fin quando non la sa, e poi arriva qualcuno che gliela rivela e addio pacchia! >>
Continuando a gironzolare per la cabina, voltò le spalle al capitano della Revenge e, senza farsi notare, lanciò uno sguardo alla sua bussola: l’ago puntava dritto dritto verso la scrivania di Barbossa.
<< Correrò il rischio >> affermò quest’ultimo.
Jack si voltò di scatto a guardarlo, facendo roteare le sue treccine.
<< Ah, be’ … ne ero sicuro >> commentò con un sorrisetto stiracchiato. << Ecco la verità: voglio la tua scrivania! >> esclamò, accennando al mobile con la mano.
Barbossa aggrottò la fronte, sorpreso.
<<Prego? >> chiese.
Jack indicò la bussola che gli pendeva dalla cintola.
<< L’ago punta verso la tua scrivania: ergo, la cosa che più voglio io in questo momento è la tua scrivania >> spiegò semplicemente.
Barbossa ridusse le palpebre a fessure, squadrandolo con malevolenza.
<< Sei giunto fin qui seguendo la tua bussola? >> domandò sospettoso.
Jack lo additò con un indice inanellato come per dire che aveva indovinato.
<< Proprio così >> assicurò.
<< E dimmi >> proseguì Barbossa con calma, << non ti è venuto in mente che la cosa che più vuoi in questo momento potrebbe essere dentro la mia scrivania? >>
Jack aprì la bocca per parlare, ma si bloccò, schiacciato dalla ragionevolezza di quell’affermazione.
<< La tua logica stringente è … stringente >> acconsentì con fare vagamente impressionato. << Or dunque, consegnamela >>.
<< La scrivania? >> chiese Barbossa sardonico.
Jack mise su un sorrisetto spazientito.
<< La cosa che c’è dentro e che io voglio, da bravo >> ribatté con una smorfia.
Barbossa si esibì in un irriverente ghigno sbilenco e spalancò il primo cassetto della sua scrivania; da esso estrasse quella che aveva tutta l’aria di essere un’elegante cassetta porta-sigari e, con molta cura, la appoggiò in bella vista sul piano del mobile, poi fece segno a Jack di avvicinarsi.
<< E’ questo che tu vuoi >> disse il vecchio pirata, mentre l’altro si avvicinava con gli occhi che brillavano. << Ma io mi domando: perché? >>
<< Perché voglio una cassetta per i sigari? >> domandò Jack senza distogliere lo sguardo dall’oggetto, che sembrava emanare una sorta di aura misteriosa. << Ne ho troppi, ecco, e non so più dove metterli >>.
<< Non è la scatola che tu vuoi, Jack! >> sbottò Barbossa con impazienza. << A meno che tu non sia più bislacco di quanto immaginassi! >> aggiunse in un ringhio. << No, è ciò che sta all’interno, Jack, è sempre ciò che sta dentro. Mai giudicare un libro dalla copertina, ricordi? >>
<< Non è tutto oro quel che luccica >> ribatté Jack.
<< L’abito non fa il monaco! >> rispose Barbossa.
<< Tanto va la gatta al lardo che … >>
<< Basta >>.
<< D’accordo >> acconsentì Capitan Sparrow con un lieve sogghigno che fece scintillare i suoi denti d’oro. << Permetti? >> domandò cauto, alludendo alla cassettina.
<< Accomodati >> replicò Barbossa con un cenno condiscendente.
Con mano tremante, Jack aprì lentamente il coperchio della scatola di legno, ma quando esso si rovesciò del tutto, rivelando il contenuto della cassettina, il suo viso si contrasse in una smorfia di delusione e ribrezzo.
<< Eww >> commentò, arricciando le labbra disgustato. << Io una cosa del genere non la voglio proprio >> disse rivolto a Barbossa, richiudendo svelto la cassettina e porgendogliela. << Non è che ti sei sbagliato, eh? Forse era l’altro cassetto che dovevi aprire … >> tentò speranzoso.
Barbossa scosse il capo, evidentemente divertito.
<< No, era proprio quello >> rispose. << Perché disprezzi un manufatto così singolare e prezioso, Jack? Non sai neppure che cos’è >> lo ammonì, fingendosi amareggiato.
Jack, ancora disgustato, agitò le dita inanellate in direzione della scatoletta che Barbossa stava accarezzando quasi si trattasse di un gattino.
<< Be’? >> esclamò scetticamente. << Ragguagliami >>.
<< Prima dimmi per quale ragione lo stavi cercando >> ribatté Barbossa lanciandogli un’occhiata sinistra.
Jack sospirò profondamente.
<< Perla >> disse solo.
Qualcosa mutò nello sguardo di Barbossa, che si fece all’improvviso emozionato, come se avesse appena udito il nome di una vecchia e cara amica.
<< La Perla Nera? >> ripeté, protendendosi verso Jack.
Quello annuì, facendo tintinnare la moltitudine di gingilli e ninnoli vari che teneva appesa tra i capelli.
<< Cosa c’entra la Perla Nera? >> incalzò Barbossa.
<< Hai presente quel sacco che mastro Gibbs custodisce così gelosamente? >> domandò Capitan Sparrow con uno sguardo significativo. 
<< Sì? >>
<< La Perla Nera è lì dentro; insieme ad una moltitudine di altre navi, invero. A quanto pare, anche Barbanera aveva i suoi piccoli … passatempi >> sputò quella parola come se avesse avuto in bocca qualcosa di particolarmente amaro. <<  C’è chi colleziona monete, chi raccoglie conchiglie … e lui aveva la passione di imbottigliare le altrui imbarcazioni. Che furfante; quasi peggio di suo figlia >> scoprì i denti con un brivido, gli occhi persi in lontananza. << Il signor Gibbs le ha trovate e ci siamo detti che sarebbe stato un vero peccato lasciarle lì abbandonate a loro stesse, poverine >> proseguì, riscuotendosi in fretta. << O no? >>
Barbossa, dal canto suo, aveva la stessa espressione di qualcuno che ha appena ricevuto una badilata in piena faccia.
<< Hector? >> lo chiamò Jack, facendogli schioccare due dita ad un soffio dal naso. << Ci sei? >>
<< Jack >> disse Barbossa con aria imbambolata.
Capitan Sparrow aggrottò la fronte, confuso.
<< Dimmi >>.
<< Non Jack tu! >> ringhiò Barbossa tornando in sé all'improvviso e agitando una mano per aria come per scacciare quell’idea insensata. << Il mio Jack! >> esclamò con veemenza.
L’altro pirata arricciò le labbra, infastidito.
<< Scimmia >> biascicò.
<< Proprio lui! >> confermò Barbossa. << E’ ancora vivo? E’ a bordo della Perla? >>
<< Sì, purtroppo; e sì, per sfortuna >> rispose Jack con un ghigno forzato. << Una scimmia non-morta non si può uccidere; il Cielo solo sa quanto io stesso ci abbia provato >> aggiunse in un borbottio ben udibile; Barbossa lo fulminò con un’occhiataccia. << Comunque è sulla Perla al momento, sì, e con lui c’è anche il pappagallo di Cotton. Sono ancora più fastidiosi, in miniatura. Soprattutto … la scimmia >> a quella parola rabbrividì appena. << Ma ora dimmi >> proseguì subito dopo, << cos’è la cosa che io voglio? E per quale motivo la voglio? >>
<< E’ la prigione di Baron Samedi >> rispose Barbossa senza troppi preamboli; sentendo pronunciare quel nome, Jack trattenne rumorosamente il respiro, orripilato, ma l’altro pirata non gli badò affatto. << E tu la vuoi perché il Barone è l’unico che potrebbe restituire alla Perla il suo antico splendore >> concluse.
<< Splendido! >> esclamò Jack allegramente, battendo una volta le mani. << Allora siamo d’accordo: mi dai la testolina, riallargo la Perla, ti saluto e chi s’è visto s’è visto! >> si sporse in avanti per prendere la scatoletta, ma Barbossa estrasse repentinamente un pugnale dalla sua cintura e lo conficcò nel piano della scrivania ad un soffio dalla mano di Jack, che si ritrasse inorridito.
<< O forse no? >> constatò tenendosi a debita distanza. << Se vuoi, prima ti saluto e poi riallargo la Perla … >> propose incerto.
Barbossa sogghignò malvagiamente.
<< E poi dicono che non sei perspicace >> lo schernì.
Jack assunse un’espressione oltraggiata.
<< Chi lo dice? >> domandò imbronciato.
<< Baron Samedi serve anche a me >> ribatté Barbossa senza prestargli attenzione. << Quindi temo che ci troviamo dinnanzi ad un piccolo conflitto d’interessi >> sgranò gli occhi azzurri con fare sarcastico, una mano ancora stretta attorno all’elsa del pugnale.
<< A me serve più che a te! >> affermò Jack. << Nave piccola: non buona. Nave grande: molto buona! >> esclamò.
<< Io l’ho trovato per primo e io me lo tengo! >> replicò Barbossa.
<< E tu perché lo vuoi, sentiamo! >> disse Jack scettico, mettendosi le mani sui fianchi.
Il ghigno stampato sul volto del capitano della Revenge si allargò ed il vecchio bucaniere scosse il capo con l’aria di chi la sapeva lunga.
<< Niente da fare, Jack. E’ personale >> rispose.
<< E da quando in qua noi due abbiamo dei segreti? >> chiese Capitan Sparrow risentito.
Barbossa inarcò un sopracciglio.
<< D’accordo, d’accordo >> acconsentì Jack, << forse abbiamo iniziato col piede sbagliato io e te, Hector, sì? >> disse. << Ma possiamo arrivare ad un patto: liberiamo insieme il Barone, io gli chiedo di ridarmi la Perla, tu gli chiedi quello che più ti aggrada … ed ecco fatto! Un gioco da ragazzi, no? >> allargò le braccia e fece un gran sorriso.
<< E sentiamo >> replicò Barbossa, giocherellando con la lama del suo pugnale con ostentata disinvoltura, << perché dovrei allearmi con te, quando posso gettarti in mare imbottito di piombo ed estirpare la seccatura alla radice? Mh? >> sollevò le sopracciglia e gli rivolse uno sguardo significativo.
Jack, alquanto a disagio, aspirò l’aria tra i denti producendo un lieve sibilo.
<< Perché? >> ripeté. << Vuoi sapere perché? Per amore di Jack, ecco perché! >> esclamò con ovvietà. << Sto parlando della scimmia, eh: lui è ancora sulla Perla, ancora in miniatura >> sollevò l’indice ed il pollice davanti al volto e li distanziò di pochi centimetri per indicare l’attuale dimensione della scimmietta di Barbossa. << Non lo vuoi aiutare? >>
<< Potrei sempre rubarti la Perla e riallargarla per conto mio: non ho bisogno di te per farlo >> gli fece notare tranquillamente Barbossa. << Ci guadagnerei anche una nave >>.
Jack increspò le labbra in evidente difficoltà.
<< Be’, potresti farlo, non lo nego … >> borbottò, << se tu sapessi dov’è la Perla! >> aggiunse trionfante.
Barbossa lo guardò con quello che avrebbe potuto essere compatimento, facendo schioccare la lingua un paio di volte in segno di diniego.
<< Ma se mi hai appena rivelato che è nel sacco di Gibbs! >> replicò scuotendo lievemente il capo.
Jack ghignò con fare furbesco.
<< Mentivo >> rispose. << O meglio: sono stato impreciso. La Perla era nel sacco, ma l’ho anzitempo occultata in un loco assai più sicuro >> rivelò soddisfatto. << E credimi pure se ti dico che, dov’è in questo momento, non la troverai mai e poi mai. E quando dico mai e poi mai, intendo proprio mai. E non mai in senso figurato, ma proprio mai mai. Comprendi? >> ammiccò scaltramente.
Barbossa gli lanciò uno sguardo torvo, studiandolo con sospetto.
<< Allora tu ti accodi a me per liberare il Barone >> iniziò lentamente, << io faccio quello che devo fare e mi riprendo Jack e la Perla, tu sparisci il più lontano possibile e poi … >>
<< Ah no! >> lo interruppe Capitan Sparrow. << Jack tuo, ma Perla mia! >>
<< Ma mio il Barone! >> replicò Barbossa.
<< E mia la Perla! >> ribatté Jack.
<< Tua la Perla >> acconsentì Barbossa con il volto contratto in una smorfia, << ma mio il modo per riportarla a grandezza naturale! >>
<< Perfetto! >> esclamò Jack allegramente. << Allora mi aiuterai, è deciso! >>
Barbossa s’infuriò.
<< Non ho detto questo, per mille palle di cannone con la barba! >> ruggì sbattendo un pungo sul tavolo e facendo saltare tutte le cose che c’erano sopra.
<< Sì invece >> lo corresse Jack con calma, << hai detto che la Perla è mia, ma che tu hai un modo per allargarla: più chiaro di così! Via, non fare il modesto: dovresti aprire più spesso il tuo cuore agli altri, sai? >> chiese con un sorriso. << Sei un brav’uomo, in fondo >> Barbossa scattò in piedi e gli puntò contro la pistola; il sorriso di Jack si congelò. << Molto in fondo >> aggiunse.
<< A che mi servi, Sparrow? >> domandò minacciosamente Barbossa, aggirando la scrivania e facendo scattare il cane della pistola. << Dimmi subito dov’è la Perla e facciamola finita, magari dopo ti aprirò il mio cuore e ti ammazzerò subito invece di farti divorare dai pescecani, che ne dici? >> propose con un ghigno malvagio.
<< Oh, oh, oh! >> lo ammonì Jack, nascondendosi dietro al mappamondo mentre l’altro pirata avanzava inesorabilmente. << Aspetta, Hector. Non essere avventato. Hai pensato che il Barone potrebbe chiederti qualcosa in cambio dei suoi servigi? >> domandò con fare significativo.
Barbossa esitò un momento.
<< Lo libererò, Jack, che cos’altro dovrebbe chiedermi? >> abbaiò, agitando la pistola con noncuranza.
Sul volto di Jack si dipinse un ghigno astuto.
<< Non lo so … la tua anima, magari >> buttò lì come se niente fosse.
A quel punto, Barbossa parve davvero turbato.
<< E tu come fai a dirlo? >> chiese sospettoso.
Jack scrollò le spalle con falsa modestia.
<< Chiamalo  intuito >> sogghignò.
Mentre Barbossa continuava a studiarne i movimenti, Capitan Sparrow gli diede le spalle ed iniziò a trastullarsi con la lente d’ingrandimento del mappamondo; essa si ruppe con un sonoro crack ed ogni tentativo da parte di Jack di riattaccarla fu inutile.
<< Che cosa proponi di fare, dunque? >> incalzò il capitano della Revenge.
Jack, in preda al panico, si ficcò in bocca la piccola lente d’ingrandimento e la ingurgitò sonoramente, poi si voltò di nuovo per fronteggiare Barbossa.
<< Io ti metto a disposizione un’anima per trattare col Barone: la mia >> rispose, battendosi una mano sul petto. << Ma tu, in cambio, mi lasci la Perla >>.
<< Vorresti davvero cedere la tua anima ad uno spirito loa pur di avere quella nave? >> domandò Barbossa con gli occhi azzurri ridotti a due fessure di pura malevolenza.
<< Andare per mare in eterno, senza un’anima ad appesantirmi, a bordo della Perla Nera >> esclamò Jack, allargando le braccia con un gran sorriso. << Cos’altro può desiderare un uomo? >>
<< Ma saresti legato alla Perla per sempre, Jack: saresti maledetto! >> gli fece notare Barbossa con lo stesso tono che avrebbe utilizzato per raccontare una storia dell’orrore.
Jack inarcò le sopracciglia.
<< Tu di maledizioni te ne intendi, vero, Hector? >> chiese beffardo. << Ma io almeno non sarei ridotto ad uno scheletro. Per sempre bello e affascinante >> declamò, passeggiando baldanzoso per la cabina. Afferrò una bottiglia di rum aromatizzato alla mela da un mobile lì accanto, la stappò con i denti e se ne scolò metà in un sorso solo. << Per sempre Capitano della Perla Nera. Questa sì che è vita, comprendi? >>
<< E va bene >> acconsentì Barbossa con gli occhi che luccicavano in modo sinistro. << A te la Perla, a me Jack e il resto della flotta: queste sono le mie condizioni >>.
Capitan Sparrow arricciò le labbra in una smorfia.
<< Tutta tutta? >> domandò afflitto. << Suvvia, che te ne faresti di tutte quelle navi, eh? >>
<< Tutta >> assicurò Barbossa. << Altrimenti ti farò fare una camminata sul fondo dell’oceano in compagnia di un cannone >>.
Jack gli dedicò un ghigno.
<< Le vecchie abitudini sono dure a morire, eh? Come te, del resto >> aggiunse sarcastico. << D’accordo, affare fatto >> i due pirati si diedero la mano per suggellare il loro patto, stringendo molto di più del necessario e scambiandosi occhiate in cagnesco.
<< Ed ora >> annunciò Barbossa prendendo posto al tavolo finemente imbandito e ricco di squisite pietanze che faceva bella mostra di sé al centro della cabina, << bon appetit >>.
Jack lo imitò, massaggiandosi la mano dolorante, ed i due pirati iniziarono a mangiare, entrambi rimuginando su come avrebbero potuto liberarsi dell’altro il più in fretta possibile.

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Capitolo 6
*** La Sposa Fedele ***


Come sempre ringrazio tutti coloro che leggono, preferiscono, seguono e recensiscono questa storia :D Buona lettura.

Beatrice Bonny si svegliò con la strana impressione di essere osservata.
Quando aprì gli occhi, si ritrovò ad un palmo dal naso lo stesso pirata che, la sera prima, aveva vilmente minacciato di fare a fettine il cappello di Barbossa e che, al momento, la stava fissando.
<< Occhi >> dichiarò Jack Sparrow, scoprendo i denti d’oro in una smorfia di concentrazione, << ne avete due >>.
La ragazza emise un gemito disgustato e tentò inutilmente di divincolarsi dalla stretta dell’energumeno dallo sguardo assente, tra le grinfie del quale il capitano della Queen Anne’s Revenge l’aveva così galantemente abbandonata per un giorno e una notte.
La nave di Barbossa e la Sea Breeze, che era stata anzitempo diligentemente arpionata e che adesso veleggiava a rimorchio nella scia della Revenge, si stavano avvicinando al porto di Tortuga e, nonostante Beatrice fosse furibonda, stanca, affamata e le dolessero punti di cui fino a poco tempo prima ignorava persino l’esistenza, il suo cuore perse un colpo quando scorse la sagoma dell’isola farsi sempre più nitida all’orizzonte: quello era uno dei luoghi di cui per anni ed anni sua madre le aveva parlato nei suoi racconti e, con una fitta di nostalgia, si disse che, sebbene non vi avesse mai messo effettivamente piede, grazie alle storie di Anne Bonny conosceva quell’isola come le sue tasche.
La Sposa Fedele è la taverna più rinomata di tutta Tortuga, soleva ripeterle sua madre, un covo di filibustieri ubriaconi, bucanieri da strapazzo e criminali della peggior specie, ma lì si trova il miglior rum al minor prezzo, ricordatelo.
Dal ponte provenivano i tonfi ritmici che la gamba di legno di Barbossa produceva mentre il capitano si faceva strada lungo il ponte, zoppicando velocemente ed abbaiando ordini a gran voce.
<< Più olio di gomito, schifosissimo branco di luridi perdigiorno! >> ruggì, mentre la ciurma saettava svelta da una parte all’altra della nave. << Dormirete da morti, poltroni! >>
Poi si volse in direzione di Jack e Beatrice e, con un gran sorriso che lo fece apparire ancora più spaventoso del solito, si diresse verso di loro.
<< Jack, smettila di infastidire la mia ospite! Non vogliamo che si spaventi, dico bene? >> domandò  Barbossa rivolgendo a Capitan Sparrow un’occhiata sardonica; poi si dedicò a Beatrice, indirizzandole un melenso quanto sgradevole ghigno.
<< Buondì, miss Compton >> la salutò beffardo, << dormito bene, spero >>.
<< Divinamente >> sibilò la ragazza per tutta risposta, gli occhi azzurri che baluginavano in modo sinistro, << vi ho sognato, sapete? >>
Barbossa inarcò le sopracciglia, fingendosi piacevolmente sorpreso.
<< Ma davvero? >> domandò sgranando gli occhi. << Si è trattato di un incubo, spero >>.
Beatrice gli rivolse una smorfia falsamente cordiale.
<< Oh, no, affatto >> replicò in tono affettato, << si è trattato di un sogno bellissimo, a dire il vero: ho sognato che precipitavate in acqua e venivate divorato dai pescicani. Di voi si salvava soltanto la gamba >> aggiunse con un sogghigno sprezzante, accennando all’arto mancante di Barbossa.
<< Oh allora va bene! >> asserì Jack allegramente. << E’ lì che tiene nascosto il rum, sapete? >> aggiunse con fare cospiratorio.
Barbossa lo fulminò con un’occhiataccia, ma quando tornò a posare lo sguardo su Beatrice aveva un’espressione di insopportabile divertimento dipinta sul volto segnato.
<< Siete decisamente una fanciulla spregevole, miss Compton >> la apostrofò ammiccando, << si direbbe che nessuno vi abbia mai insegnato a tenere a freno quella vostra lingua biforcuta >> aggiunse con voce flautata, allungando una mano nodosa per scostarle una ciocca di capelli dal viso.
Beatrice si ritrasse, inorridita, e fece per sbraitargli contro tutti gli insulti di cui era a conoscenza, ma Barbossa fu più svelto di lei e, con un cenno imperioso del capo, ordinò all’orribile bucaniere di tapparle la bocca con una mano; la ragazza continuò a mugugnare inferocita, gli occhi strabuzzati dalla rabbia, nonostante le sue parole risuonassero come poco più che un brontolio indistinto.
<< Non per ficcare il naso in affari che non mi riguardano, eh >> esclamò Jack con un sogghigno, alzando leggermente la voce per sovrastare il gorgoglio furibondo di Beatrice << ma chi è costei? E come mai l’uomo alto, brutto e cattivo la sta abbracciando? >>   
<< Jack, ho il piacere di presentarti l’adorabile miss Beatrice Compton, figlia del Governatore di Hispaniola >> replicò Barbossa nella sua migliore imitazione di un tono cortese, alludendo con la mano alla ragazza in questione, la quale, al momento, si dibatteva e soffiava come una serpe velenosa e aveva ben poco di adorabile. << Miss Beatrice, questo gentiluomo, invece, è Capitan Jack Sparrow >>.
<< Non ho bisogno di presentazioni, Hector >> lo interruppe Jack scoprendo i denti d’oro in un sorrisetto soddisfatto, << dopotutto io sono me e tutti sanno chi è il mio me. Incantato, gioia >> aggiunse rivolto a Beatrice, portando una mano al tricorno ed esibendosi in una sgangherata riverenza. << Ma, perdona l’impudenza >> proseguì voltandosi verso Barbossa, << che cosa ci fa miss Beatrice Compton, figlia di suo padre, a bordo della tua nave? >> domandò curioso.
<< Diciamo solo che buon sangue non mente >> rispose il vecchio bucaniere strabuzzando gli occhi con fare significativo.
Jack aggrottò la fronte, perplesso, ma il capitano della Revenge non se ne curò minimamente e si limitò a sghignazzare con aria visibilmente compiaciuta; dopodiché girò teatralmente sui tacchi, puntellandosi con nonchalance sul suo arto di legno, e si allontanò lungo il ponte della nave a grandi falcate.
Beatrice continuava a mugugnare imperterrita, rossa in volto a causa dello sforzo, e Jack fece correre febbrilmente lo sguardo da lei a Barbossa, che si stava arrampicando sulle scalette del cassero di poppa.
<< Ma Hector! >> urlò Capitan Sparrow gesticolando. << La lasci così? >>
Barbossa afferrò il timone col suo solito piglio belligerante e gli lanciò uno sguardo indulgente.
<< Prima o poi si stancherà, Jack >> ringhiò per tutta risposta, con l’aria di chi la sapeva lunga. << Lascia pure che si sfoghi! >>
Jack, non trovando nulla da obiettare, scrollò le spalle con noncuranza producendo un lieve tintinnio, poi fece dietrofront e si allontanò dal parapetto caracollando con andatura ondeggiante, lasciando Beatrice da sola a dimenarsi selvaggiamente tra le braccia del pirata imbambolato e ad urlare ingiurie incomprensibili contro Barbossa.

***

La Queen Anne’s Revenge e la Sea Breeze attraccarono al porto di Tortuga che il sole era appena sorto: alla pallida luce dell’alba, le vele furono ammainate, l’ancora gettata e la scialuppe calate.
<< Voglio che facciate sparire il nome dallo specchio di poppa di quella nave, sono stato chiaro? >> ingiunse in un ringhio sordo Barbossa, prendendo da parte alcuni dei suoi uomini (tra i quali Scrum, Pintel e Ragetti) ed accennando alla corvetta della Royal Navy. << L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è avere i tirapiedi di sua larghezza britannica alle calcagna! >> borbottò scontroso.
Poi, afferrando mastro Scrum per il bavero, aggiunse in un roco sussurro: << E già che ci siete … rigiratela da cima a fondo, frugate in ogni anfratto, sollevate ogni materasso e scassinate ogni serratura: la Perla Nera è nascosta lì da qualche parte e, per tutti i diavoli, che io possa tranciarmi di netto anche l’altra gamba se non me la riprenderò! Intesi? >> spalancò gli occhi in un modo che fece tremare le ginocchia a tutti i presenti.
<< I-intesi, capitano >> balbettò Scrum con un filo di voce, tentando di apparire sicuro di sé, << può contare s-su di noi! >>
Pintel e Ragetti, alle sue spalle, annuirono convulsamente come per voler sembrare affidabili, due sorrisi ebeti stampati sul volto.
Barbossa dedicò loro uno sguardo carico di disprezzo e alzò gli occhi al cielo, lasciando andare Scrum in malo modo.
<< E’ proprio questo che mi preoccupa >> brontolò, << ed ora andate, razza di rammolliti incapaci! >>
I bucanieri si affrettarono ad ubbidire, tutti con espressioni più o meno terrorizzate dipinte sul viso, e corsero a prendere posto su una scialuppa che venne agilmente calata in acqua e piombò tra i flutti sollevando una nuvola di schizzi.
Barbossa attraversò il ponte fino a raggiungere la balaustra di babordo e picchiettò sulla spalla del pirata zombificato che tratteneva Beatrice: il bucaniere abbandonò le braccia enormi lungo i fianchi e lasciò andare all’istante la presa sulla ragazza, che rovinò a terra con un tonfo, troppo debole per sorreggersi sulle proprie gambe.
Beatrice grugnì e biascicò qualche frase poco signorile all’indirizzo del capitano, che restò ad osservarla divertito mentre lei tentava di rimettersi in piedi.
<< Mi farete l’onore di deliziarmi con la vostra presenza durante la nostra scampagnata a Tortuga, madamigella? >> le domandò quando si fu rialzata, sgranando gli occhi azzurri col suo solito fare sardonico.
Beatrice rimase interdetta ed il ringhio furibondo che le contraeva il volto si sciolse in un’espressione stupita.
<< A Tortuga? >> ripeté inarcando le sopracciglia. << Davvero? Posso venire anch’io? >> chiese, cercando di non suonare troppo allegra.
Barbossa sogghignò con dileggio.
<< Ma certo che sì, mia cara >> proclamò, fingendosi oltraggiato, << lasciarvi qui, tutta sola, mentre noi ci intratteniamo scorrazzando sulla terraferma … >> scosse la testa con fare deluso. << Per chi mi avete preso? >>
Beatrice ridusse le palpebre a fessure, sospettosa: non sapeva davvero cosa aspettarsi da quell’uomo che, di certo, non aveva intenzione di portarsela appresso per una gita di piacere, questo era poco ma sicuro.
<< Muoio dalla voglia di vedere Tortuga >> assentì la ragazza con un sorriso stiracchiato, << ma, conoscendovi, capitano, temo proprio che dovrò declinare il vostro sì amabile invito: non vorrei morire troppo, se capite cosa intendo >> aggiunse acidamente.
Barbossa ridacchiò in un modo che fece correre un brivido lungo la schiena di Beatrice e posò una mano sull’elsa della sua sciabola stregata con ostentata naturalezza.
<< Il fatto è, miss Compton, che il mio non era un invito >> replicò ammiccando malvagiamente, << scendiamo a Tortuga per trovare il bocor di cui vi ho già parlato, rimembrate? >> domandò muovendo un passo verso di lei; Beatrice indietreggiò e scoprì i denti in un ringhio sordo, impaurita e furibonda in egual misura. << E voi sarete così gentile da seguirmi senza fare troppe storie >> proseguì Barbossa sovrastandola, << perché, ahimé, mi servite viva, è vero, ma non in perfetta salute >>. 
Beatrice trattenne il fiato, inorridita.
Intanto, sul ponte della Sea Breeze, Jack Sparrow ed il signor Gibbs erano immersi in un’accesa conversazione.
<< Mastro Gibbs >> esclamò Jack dondolandosi sui talloni, << durante la mia assenza esigo la vostra presenza a bordo di questa nave, ci siamo capiti? >> domandò con gli occhi scuri ridotti a fessure. << Sono pronto a scommettere tutto il vostro rum >> a quelle parole, Gibbs assunse un’aria orripilata << che Hector la rigirerà da cima a fondo, frugherà in ogni anfratto, solleverà ogni materasso e scassinerà ogni serratura pur di mettere le sue manacce sulla Perla, comprendi? >>
Il signor Gibbs annuì, un cipiglio risoluto che gli increspava la fronte.
<< Agli ordini, capitano: sarò più che mai vigile >> assicurò. Poi, abbassando il tono di voce e sporgendosi verso Jack, domandò cauto: << Ma dov’è che la tieni nascosta, esattamente? >>
Capitan Sparrow gli rivolse il ghigno furbesco che mastro Gibbs aveva ormai imparato ad associare ad uno dei suoi piani stravaganti.
<< In un posto in cui nessun bucaniere, tantomeno Barbossa, si sognerebbe mai di frugare, ma che ad una fanciulla non dispiacerebbe affatto perquisire, ve lo garantisco per esperienza personale >> replicò ammiccando.
Gibbs strizzò le palpebre, vagamente confuso.
<< Che cosa intendi, Jack? >> domandò, perplesso ed anche un po’ allarmato. << Non vorrai dirmi che … >> ma non riuscì a terminare la frase, perché, dal ponte della Revenge, Barbossa abbaiò a gran voce il nome di Jack Sparrow.
<< Datti una mossa! >> ululò, facendogli segno di spicciarsi. << O vuoi che ti lasciamo qui? >>
<< No, no, no! >> urlò di rimando Jack, agitando freneticamente le braccia in aria. << Sopraggiungo, Hector! >> assicurò. << Sopraggiungo senza indugio! >>
A quelle parole, Barbossa roteò gli occhi e scosse il capo, frustrato da cotanta bislaccheria, poi si voltò di spalle e seguitò a sbraitare ordini alla sua ciurma, trascinandosi dietro la fanciulla di nome Beatrice.
Prima di andare, Jack scambiò un’occhiata significativa con Gibbs ed inarcò le sopracciglia all’indirizzo del suo quartiermastro con fare complice, dopodiché, oscillando come un giunco nel vento, trotterellò svelto verso la scialuppa e la calò in acqua armeggiando con la cima che la teneva issata.
Quando Jack mise piede sulle assi umide e scricchiolanti del molo di Tortuga, non poté fare a meno di guardarsi attorno con un sorriso; era da qualche tempo che non tornava sulla sua isola preferita e tutto era esattamente come se lo ricordava: c’erano individui ubriachi fradici che sonnecchiavano ad ogni angolo, gli edifici erano fatiscenti, di tanto in tanto qualcuno sfondava una finestra o veniva lanciato giù da un balcone durante una rissa, le strade fumose brulicavano di una moltitudine di meretrici in cerca di clienti, e, ad intervalli pressoché continuati, tutt’intorno risuonava l’allegro boato di qualche sparo di pistola.
<< Tortuga! >> declamò allegramente Capitan Sparrow, allargando le braccia ed incamminandosi verso Barbossa lungo il pontile fatiscente. << Ti viene in mente un luogo più accogliente, Hector? >> domandò gioviale, mentre, poco più in là, un tizio veniva gettato in mare con un pugnale conficcato tra le scapole.
<< No davvero >> ribatté Barbossa ghignando sommessamente. Dietro di lui, alcuni membri della sua ciurma, smontarono dalla scialuppa e si issarono agilmente sul pontile; uno di loro, il più grosso, con lo sguardo perso da qualche parte in lontananza ed il volto traforato da zanne ed ossicini vari, portava in spalla un grosso sacco che si agitava e dibatteva furiosamente e dal quale provenivano grugnii ovattati.
A quella vista, Jack arricciò le labbra in una smorfia nervosa.
<< Per quale motivo quel sacco si muove? >> domandò guardingo, tenendosi a debita distanza ed additandolo con un indice inanellato.
<< Perché non so esattamente di quanto sangue avremo bisogno per il rituale e mi seccava davvero fare avanti e indietro, così me ne sono portato appresso una scorta che scalpita >> urlò quella parola direttamente al contenuto del sacco << dalla voglia di essere usata >> concluse strabuzzando gli occhi.
<< Ah >> commentò Jack scoprendo i denti, vagamente disgustato. << Allora sarà meglio incamminarci, non credi? Prima che il sacco ceda … e che ciò che c’è dentro tenti di staccarci la testa a morsi >> aggiunse con un sorrisetto stiracchiato.
Barbossa si prodigò in uno svolazzante quanto impudente inchino e gli fece cenno di avviarsi per primo.
<< Dopo di te >> esclamò sogghignando.
Jack si portò due dita alla fronte in un accenno di riverenza e si incamminò lungo la banchina scivolosa, aprendo il singolare corteo con passo baldanzoso.
Nonostante in un altro luogo quel male assortito manipolo di bucanieri sarebbe saltato all’occhio come una spada in un portaombrelli, a Tortuga, girovagare scortato da un gruppetto di zombi, con in spalla una fanciulla rinchiusa in un sacco, alla ricerca di un bocor abbastanza potente da liberare un malefico spirito loa dalla sua rinsecchita prigione, era perfettamente normale, se non addirittura insignificante, perciò nessuno prestò loro particolare attenzione ed i pirati giunsero ben presto nei chiassosi pressi de La Sposa Fedele: la bettola più rinomata di tutta l’isola.
<< Fermiamoci qui >> ordinò Barbossa risoluto, << al mondo non c’è uomo incline a rivelare succose informazioni più di un ubriaco >> asserì, ammiccando malvagiamente in direzione di Jack.
Capitan Sparrow annuì con un incoraggiante ghigno che fece scintillare i suoi denti d’oro ed i due fecero il loro ingresso all’interno della taverna, mentre il resto della ciurma e Beatrice rimasero fuori ad aspettare.
Nel momento esatto in cui Jack aprì la porta, fu investito da un vociare assordante e dall’allegra musica suonata dall’orchestra, ma una bottiglia di rum si andò a fracassare contro la parete ed il pirata la richiuse in fretta, le labbra corrugate.
<< Mi sa che è meglio se vai prima tu >> borbottò rivoltò a Barbossa.
Quello sbuffò sonoramente e lo spinse da parte, poi spalancò la porta con un calcio ed irruppe zoppicando all’interno della taverna, estrasse la pistola e sparò un colpo in aria.
L’orchestra stonò e tacque, il brusio degli avventori cessò di botto ed il silenzio più assoluto cadde all’interno; ad un certo punto si udì un cigolio sferragliante ed un tale piombò rovinosamente giù dal lampadario dove se ne stava appeso, colpito in pieno dallo sparo di Barbossa.
<< Per mille diavoli >> ruggì questi sputacchiando copiosamente, mentre Jack, impressionato, punzecchiava il corpo dell’uomo precipitato con la punta dello stivale, << dov’è il proprietario di questa sottospecie di stamberga puzzolente? >>
Una moltitudine di mani si sollevò all’istante per indicare il bancone dall’altra parte della taverna; Barbossa ghignò malvagiamente.
<< Vi ringrazio >> ringhiò soddisfatto, << continuate pure, prego! >> invitò cordialmente, facendo un cenno all’orchestra.
La musica riattaccò all’istante ed anche il chiacchiericcio ben presto riprese, mentre Jack e Barbossa si diressero verso il bancone e lì presero posto.
Capitan Sparrow si sporse oltre di esso e notò un ometto tremante rannicchiato dietro ad un barilotto di rum con la testa nascosta tra le mani.
<< Ehilà, buonuomo! >> lo chiamò.
Quello alzò lentamente gli occhi e gli dedicò uno sguardo stralunato, come se si fosse accorto solo in quel momento del luogo in cui si trovava.
<< Dite a me? >> domandò, guardandosi intorno alla disperata ricerca di qualcun altro al quale Jack potesse rivolgersi.
Capitan Sparrow sorrise sornione e accanto a lui apparve Barbossa, che si sporse a sua volta oltre il bancone ed afferrò l’ometto per la collottola, costringendolo a rimettersi in piedi.
<< Cercavamo proprio voi, signore! >> esclamò il vecchio pirata nella ringhiante imitazione di un tono cordiale, gli occhi azzurri strabuzzati. << Siete il proprietario, dico bene? >>
Quello deglutì sonoramente ed emise una sorta di rantolo incomprensibile, a dir poco atterrito.
<< P-proprietario è una parla g-grossa >> balbettò con un filo di voce, << io direi piuttosto supervisore, ecco >>.
<< Ebbene, voi siete colui che supervisiona questo luogo? >> incalzò Jack.
<< C-chi lo cerca? >> domandò l’ometto.
<< Capitan Jack Sparrow >> rispose prontamente Jack, esibendosi in un gran sorriso luccicante ed indicando sé stesso, << e Capitan Hector Barbossa, il suo fido aiutante! >> accennò all’altro bucaniere con un cenno del capo.
Barbossa assunse un’aria oltraggiata e distolse lo sguardo dal locandiere per posarlo su Jack.
<< Non sono il tuo fido aiutante! >> esclamò rabbiosamente. << Semmai, tu sei il mio assistente! >>
<< No che non lo sono! >> ribatté Jack offeso. << Io non assisto, io capitano! >>
<< No, io capitano e tu assisti! >> replicò Barbossa.
Jack aprì la bocca per rispondere a tono, ma il locandiere lo interruppe.
<< Aspettate! >> esclamò. << Hector Barbossa, dite? >> domandò concitato. << Il capitano della Queen Anne’s Revenge? >>
Il pirata in questione lanciò a Jack uno sguardo di sfida, poi si voltò a guardare l’ometto con un orribile ghigno di compiacimento dipinto sul viso.
<< In persona, messere >> rispose in tono affettato.
<< Voi siete quello che ha ucciso Barbanera! >> rincarò il locandiere con tanto d’occhi. << Oh, Cristo! Siete voi, non è vero? >>
<< Sì, è lui! >> tagliò corto Jack, visibilmente contrariato, agitando una mano in aria con noncuranza. << Che poi sia stato mio il merito di aver fatto risucchiare Barbanera da un turbine d’acqua assassino, non interessa a nessuno, però, eh! >> gracchiò imbronciato.
Il locandiere lo fissò per un attimo, allibito, poi si volse nuovamente a Barbossa come se niente fosse.
<< Signore, io sono onorato … ma che dico onorato? Sono estasiato di avervi come ospite nella mia umilissima taverna! >> gorgheggiò adulatorio. << Lasciate … lasciate che vi offra qualcosa, per l’amor d’Iddio! Un bel bicchiere di rum, che ne dite, eh? >> propose con un sorriso sgangherato. 
<< Il piacere è tutto vostro >> replicò Barbossa ammiccando, << ma, ahinoi, non siamo qui per … >>
<< Per me sì, grazie >> lo interruppe Jack, appoggiando entrambi i gomiti sul bancone; Barbossa si voltò rigidamente e lo incenerì con uno sguardo di fuoco. << Che c’è? >> domandò Capitan Sparrow con una scrollata di spalle. << Ho sete! >>
Barbossa alzò gli occhi al cielo, poi agguantò il locandiere per il bavero della consunta casacca che aveva indosso e lo scrollò con veemenza.
<< Bando alle ciance! >> ruggì. << Sono qui perché mi serve un bocor, maledizione! Uno forte, uno molto forte! Mi occorre per risolvere una qual certa faccenda e so con assoluta sicurezza che voi potete aiutarmi, signore! >> ringhiò minaccioso, fissando l’oste con gli occhi così sbarrati che gli sarebbero potuti cadere dalle orbite da un momento all’altro.
L’oste annuì convulsamente.
<< Sì, sì >> assentì tremando, << voi state cercando Grog! >>
Jack si accigliò.
<< Uhm … no, io preferisco il rum, a dire il vero. Il grog è troppo annacquato, per i miei gusti >> affermò, agitando le dita inanellate con superiorità.
L’oste scosse il capo.
<< Ma no! >> grugnì spazientito. << Non grog grog! Stavo parlando di Grog Arson, il bocor più potente di tutti i Caraibi! >> spiegò.
Il volto di Barbossa si illuminò.
<< Ah, sì? Ecco, è proprio lui che voglio! >> esclamò. << Dov’è che sta questo Arson? >> domandò concitato, scuotendo l’oste così forte da fargli battere i denti.
<< Non … non c’è! >> riuscì a dire l’ometto. << Se n’è andato giorni fa, siete arrivati tardi! >>
<< CHE COSA? >> abbaiò Barbossa inviperito. << E dove? Dove, per tutti i diavoli indiavolati! Parlate! >>
<< Il … il capitano Teach >> balbettò l’oste. << Il capitano Teach ha chiesto di lui qualche giorno fa e da quel momento il vecchio Grog è sparito: nessuno l’ha più visto in giro! >>
Barbossa lasciò andare la camicia del taverniere così improvvisamente da farlo barcollare all’indietro, ed emise uno spaventoso rantolo gutturale.
<< Teach? >> ripeté in un sibilo, con gli occhi azzurri strabuzzati che lasciavano intravedere il bianco attorno alle iridi. << Edward Teach è morto stecchito, io stesso gli ho inferto la ferita che gli è stata fatale … >>
L’oste fece cenno di no con la testa canuta.
<< Non Edward Teach, signore, no: non parlavo di Barbanera >> spiegò. << E non poteva proprio trattarsi di qualcuno di nome Edward, ah no! >> ridacchiò stupidamente.
<< E perché no? >> domandò Capitan Sparrow, incuriosito.
<< Perché? >> ripeté il locandiere sbattendo una mano sul bancone. << Perché il capitano Teach di cui sto parlando io è la donna più bella su cui i miei occhi annebbiati si siano mai posati, ecco perché! >> dichiarò allegramente.
Stavolta, toccò a Jack sgranare gli occhi e trattenere il fiato, inorridito.
<< D-donna? >> fece eco con un filo di voce, il volto contratto in una smorfia orripilata.
<< Oh, altroché >> assicurò l’oste, annuendo con aria significativa. << Semplicemente … bellissima! Ardeva come una fiaccola, quella lì, credetemi! Sangue caliente, le spagnole! E quegli occhi … neri come la pece, brillavano come le ali di un corvo, che io sia dannato! Era stupenda, ma è stato strano … >> aggiunse poi, rabbuiandosi appena, << mi ha fatto venire … >>
<< … i brividi >> completò Jack, rabbrividendo a sua volta.
<< Esatto, proprio così >> confermò il taverniere, << e ci scommetto che è stata proprio lei a portarsi via Grog! Non mi ha detto per quale motivo, ma mi ha chiesto dov’è che abitasse, di preciso; e io che potevo fare? Quella mi avrebbe scannato su due piedi se non avessi fatto come mi diceva, così gliel’ho rivelato! >>
Jack era impietrito, un’espressione al contempo nauseata e terrorizzata dipinta sul volto, ma Barbossa era più agguerrito che mai e chiese in un ringhio: << E dov’era diretta, voi lo sapete? Ve l’ha detto? >>
<< Ha … ha accennato qualcosa, prima di andarsene … >> borbottò l’oste grattandosi la barba pensieroso, << ma sapete, io ho la memoria corta >> aggiunse con gli occhietti acquosi che brillavano, << se voi poteste in qualche modo rinfrescarmela … >>  
Per tutta risposta, Barbossa estrasse la sciabola dalla cintura e gliela puntò dritta contro il naso.
<< Ma davvero? >> lo schernì con un ghigno malvagio. << Invece la mia memoria è molto affilata, sapete? >> sgranò gli occhi azzurri con fare significativo.
<< Andros! >> esclamò immediatamente il locandiere, alzando le mani in segno di resa. << Era diretta all’Isola di Andros, nelle Bahamas! >>
<< Quanti giorni fa è passata? >> incalzò Barbossa tenendogli l’arma puntata addosso.
<< Tre, tre giorni fa, signore! >> rispose prontamente l’ometto.
Barbossa sogghignò soddisfatto e rinfoderò la spada.
<< Molto bene >> commentò. << Allora è verso Andros che faremo vela >> annunciò e, detto questo, si incamminò velocemente verso l’uscita della taverna.
Ma Jack era rimasto immobile davanti al bancone, le mani strette a pugno contro il petto ed il viso contorto in una smorfia atterrita, e Barbossa fu costretto a tornare indietro e a trascinarlo di peso fuori dal locale, per farsi seguire.
<< E cammina! >> ringhiò spazientito. << Avrai modo di risolvere le controversie con la tua bella a tempo debito! >>
<< Ma io ... non voglio ... avere modo! >> esclamò Jack, dibattendosi come un'anguilla nel tentativo di divincolarsi. << Non capisci, Hector? L’ho già abbandonata una volta, se ci incontriamo di nuovo quella mi ammazza, comprendi? >> replicò con voce stridula.
<< Ah, l’amore! >> declamò Barbossa con aria ispirata, mettendosi una mano sul cuore e trattenendo il bavero di Jack con quell’altra. << Non è una cosa meravigliosa? >>
<< E’ una cosa pericolosa! >> ribatté Capitan Sparrow scoprendo i denti d’oro con apprensione, mentre veniva malamente strattonato lungo il pontile del porto di Tortuga alla volta delle scialuppe. << Mortalmente pericolosa! >>

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Capitolo 7
*** Andros ***


Ciao a tutti! Vi avverto sin da subito che questo capitolo è un po' più lungo del solito: primo, perché inizialmente la prima parte (quella con Angelica e il Commodoro Rogers) avrebbe dovuto stare nel capitolo precedente a questo, ma per motivi di ispirazione (non l'ho scritta -.-) l'ho dovuta inserire in questo; secondo, perché questo è l'ultimo capitolo che riuscirò a pubblicare per il mese di Giugno (vado in vacanza) quindi non volevo lascirvi troppo in sospeso :D Ringrazio come al solito chi legge, segue, preferisce e commenta questa storia, bacioni e alla prossima (che spero sarà il prima possibile). Buona lettura.


Il Commodoro Jasper Rogers se ne stava poco decorosamente spaparanzato a sonnecchiare sulla sabbia bianca della costa occidentale dell’isola di Grenada, la divisa logora e strappata, i capelli incrostati di fango e sudore ed il tricorno liso calato sugli occhi per proteggersi dal sole cocente.
In tutta la sua vita, parola sua, non avrebbe mai pensato, un giorno, di finire ridotto in quel modo: senza una nave, senza una ciurma e senza un briciolo di onore, tutto per colpa di un pirata e lestofante, tale Capitan Jack Sparrow, che se l’era svignata senza troppi complimenti a bordo della Sea Breeze, lasciandolo solo e terribilmente bagnato.
Rogers emise un sospiro profondo.
La rabbia cocente dei primi giorni aveva gradualmente ceduto il posto alla frustrazione e al senso d’impotenza tipici di chi che è costretto a starsene con le mani in mano quando, invece, avrebbe una voglia matta di agire: se non fosse stato per quel maledetto bucaniere, adesso Rogers sarebbe approdato trionfalmente al porto di Kingston per ricevere la tanto agognata promozione a Veceammiraglio, ricevendo tutti i crismi del caso.
Veceammiraglio Jasper Rogers. Suonava tremendamente bene, perdio.
Rogers aveva tentato in tutti i modi di avvertire la Royal Navy della sua attuale ubicazione e della sorte che era toccata alla sua corvetta, ma a Grenada non c’erano basi della marina ed un messaggio avrebbe comunque impiegato settimane, se non addirittura mesi, per giungere a destinazione.
Il Commodoro grugnì, imprecando mentalmente contro Jack Sparrow e tutti i suoi compari filibustieri, che erano la sciagura di ogni marinaio perbene, e si rigirò sulla sabbia rovente cercando di assumere una posizione più comoda, ma senza alcun successo.
Ad un tratto, però, una sorprendente frescura calò su di lui, giungendo così improvvisa e gradita da spronare Rogers a tirarsi a sedere e a sollevare il tricorno dagli occhi: non appena lo fece, il Commodoro scorse l’enorme chiglia di un veliero che gli veniva incontro risalendo il bagnasciuga e le alte vele bianche che drappeggiavano gli alberi oscurarono il sole, proiettando lunghe ombre sul terreno.
Rogers scattò in piedi ed indietreggiò in fretta, mentre il vascello si avvicinava sempre di più. Quando, alla fine, venne del tutto tirato in secca, si arrestò con un sonoro scricchiolio ad un soffio dal Commodoro, che deglutendo sonoramente, si ritrovò la carena davanti alla punta del naso ed il bompresso che gli incombeva sopra la testa.
Sollevando lo sguardo, intravide l’imponente polena del veliero: un angelo finemente scolpito nel legno, con le braccia spalancate e le grandi ali ripiegate sulle spalle.
Dal ponte proveniva un rumore ritmico di passi pesanti ed una voce argentina stava urlando ordini in spagnolo; una cima venne gettata oltre la balaustra di tribordo ed un’esile quanto elegante figura balzò agilmente sulla spiaggia, sollevando con gli stivali una nuvoletta di sabbia.
<< Padre Fernandez! >> esclamò a gran voce il misterioso individuo, rivolgendosi a qualcuno che era rimasto sulla nave. << acompáñame, vamos en busca de comida! >>
Un uomo robusto, col volto abbronzato dal sole e con indosso un liso saio da monaco, si sporse oltre il parapetto, la lunga barba grigia mossa dalla brezza del mare.
<<Ya voy, capitán! >> replicò con voce tonante, poi afferrò a sua volta la cima e, dimostrandosi eccezionalmente agile, si calò sul bagnasciuga atterrando con uno spruzzo d’acqua accanto al suo capitano.
Rogers ridusse gli occhi scuri a fessure, incuriosito, ed osservò le due figure farsi strada lungo la spiaggia avanzavando con passo deciso; quando furono abbastanza vicini, notò con una buona dose di sorpresa che l’elegante individuo che si era calato per primo dal veliero era in realtà una donna.
Aggrottò la fronte, stupito.
I due stavano parlando fitto fitto in spagnolo ma, nonostante Rogers non comprendesse quasi per niente quella lingua, riuscì comunque a cogliere uno sprazzo della loro conversazione e alle orecchie gli arrivò un nome che lo fece sobbalzare, attirando tutta la sua attenzione:  
<< ... Jack Sparrow ... >> sibilò la donna con gli occhi che lampeggiavano, e dal tono che usò si sarebbe detto che tra lei ed il pirata in questione non correva affatto buon sangue.
<< Qui non siamo ad Andros! >> abbaiò all’improvviso una vocetta stridula proveniente dal ponte del veliero; lì, un vecchio tremebondo dalla pelle scura e la barba bianca si aggirava con aria contrariata sulle sue fragili gambe. << Capitano, avevate detto Andros o no? >> sbraitò affacciandosi oltre il parapetto, rivolto alla donna spagnola.
Quella sospirò profondamente, spazientita, e si voltò a guardarlo facendo roteare le lunghe code del soprabito scuro che indossava.
<< E’ ciò che ho detto, Grog! >> replicò ad alta voce con una fortissima inflessione spagnoleggiante. << Non c’è motivo di preoccuparsi: ci fermiamo qui solo per fare provviste, ripartiremo subito! >>
A quelle parole, il vecchio chiamato Grog annuì e sorrise, mostrando un unico dente giallognolo che faceva capolino dalle gengive bianche.
<< Ah, ecco! >> esclamò, visibilmente tranquillizzato. << Lo dicevo io, che il Capitano Teach era una donna di parola! Lo dicevo! >> e si allontanò, borbottando allegramente tra sé e sé.
Il Capitano Teach scosse il capo, stizzita, poi riprese a marciare svelta nella sabbia, seguita a ruota da Padre Fernandez. Quando i due arrivarono in corrispondenza della prora del veliero, il Commodoro Rogers balzò da dietro di essa e si parò loro davanti con aria alquanto folle.
<< Voi, signora, conoscete un pirata di nome Jack Sparrow? >> domandò rabbioso.
Alla sua vista, il Capitano Teach sobbalzò dalla sorpesa, mentre il prete estrasse repentinamente una sciabola da sotto il saio e gliela puntò addosso, in barba alla carità cristiana.
<< E voi da dove siete spuntato? >> esclamò la donna squadrandolo con sospetto.
<< Non avete risposto alla mia domanda! >> ribatté Rogers, ignorando l’arma che gli scintillava ad un palmo dal naso. << Lo conoscete? >> incalzò.
Il Capitano Teach fece segno a Padre Fernandez di abbassare la spada e quello ubbidì, seppur con reticenza, poi si rivolse al Commodoro parlando col suo tipico accento.
<< Sì, ahimé lo conosco bene, señor >> rispose, << e, a giudicare dal vostro stato, direi che anche voi avete avuto la sfortuna di imbattervi in lui >> constatò, corrugando le sopracciglia scure all’indirizzo degli abiti lisi e sporchi di Rogers e alla luce folle che gli illuminava gli occhi.
Il Commodoro ridacchiò amaramente, una risata fredda e priva di allegria, che gli conferì per un attimo un’aria maligna.
<< Jack Sparrow mi ha portato via la mia nave e con essa tutto ciò che avevo: la mia dignità, la mia carriera, il mio futuro … >> fece una pausa carica di risentimento << la mia vita. Quindi sì >> assentì sarcastico, << direi che mi sono imbattuto in lui >>.
Sorprendentemente, sul volto del Capitano Teach si dipinse un sorriso feroce.
<< Allora io e voi abbiamo molte più cose in comune di quanto non si direbbe >> affermò, gli occhi scuri che brillavano, << Commodoro … ? >> aggiunse, sbirciando i gradi che Rogers aveva appuntati sulle spalle della divisa sudicia.
<< … Rogers >> rispose quello, << Jasper Rogers >>.
<< Il mio nome è Angelica Teach, Commodoro Rogers >> disse lei, sollevando il mento con aria fiera, << capitano del vascello che vedete alle mie spalle, il Fallen Angel . E questo è Padre Miguel Fernandez, un uomo di Chiesa dai molti talenti, mio quartiermastro >> proseguì, indicando il prete accanto a lei; Fernandez e Rogers si scambiarono un rigido cenno del capo.
<< Siete pirati? >> non poté fare a meno di chiedere il Commodoro.
Angelica Teach sogghignò.
<< Siamo corsari >> spiegò con voce roca, << abbiamo recentemente accettato il Perdono del Re e veleggiamo con tanto di Patente di Corsa nel pieno rispetto delle leggi britanniche da ben due settimane, ormai >> ammiccò alla volta di Rogers con fare subdolo, il grande cappello piumato che le proiettava sul viso olivastro un’ombra sinistra. << E voi, Commodoro? Cosa siete voi? >>
<< Io non sono niente, oramai >> rispose Rogers tetro. << Niente >>.
<< Oh, io non direi >> ribatté il Capitano Teach con l’aria di chi la sapeva lunga. << Voi siete arrabbiato, señor. Nei vostri occhi leggo sete di vendetta >>.
Rogers annuì lentamente, lanciando alla donna uno sguardo cupo.
<< E voi potete soddisfare la mia sete, presumo >> sibilò con i pugni serrati.
<< Io non mi muovo contro Jack Sparrow, Commodoro >> dichiarò il Capitano Teach, mentre i lunghi capelli scuri le frustavano il volto, agitati dal vento, << ma è assai probabile che mi imbatterò in lui, durante il mio viaggio. E’ questo che state cercando? >> chiese inarcando le sopracciglia. << E’ questo ciò che volete? >>
<< Imbattermi in Jack Sparrow e condurlo io stesso al patibolo sarebbe per me fonte di immensa gioia, Capitano >> rispose Rogers scoprendo i denti in un ghigno spietato. << Vederlo penzolare appeso ad una forca, a pagare finalmente per tutti i suoi crimini … sì, è questo ciò che voglio >> assicurò. << E voglio che succeda a causa mia! >>
Gli occhi neri di Angelica Teach dardeggiarono di compiacimento.
<< Ebbene >> esclamò, un soddisfatto quanto malevolo sorriso che le increspava le labbra, << benvenuto a bordo del Fallen Angel, Commodoro Rogers. Potete star certo che vi sentirete ben presto molto dissetato >> garantì con quell’ostentata cadenza spagnola che la rendeva ancora più terrificante.
Rogers ricambiò con un sogghigno.
<< Vi ringrazio, capitano >> replicò. << Dove siamo diretti, di preciso? >>
<< Andros >> rispose lei prontamente. << Vi arriveremo entro domani, se riusciamo a trovare del buon rum per ingraziarci il vento. Abbiamo un asso nella manica, dalla nostra, sapete? >> dichiarò ammiccando e, detto questo, superò il Commodoro Rogers, che aveva assunto un’espressione allibita, e si incamminò verso l’entroterra dell’isola di Grenada a grandi falcate, scortata come un’ombra dal temibile prete armato di sciabola.

 

***

 
Il viaggio da Tortuga verso l’isola di Andros durò tre giorni e tre notti, la maggior parte dei quali Beatrice li trascorse rinchiusa in una squallida e buia cella sottocoperta a bordo della Queen Anne’s Revenge.
Due volte al giorno, qualcuno scendeva per portarle da mangiare, ma, per quanto lei strepitasse e si lamentasse, nessuno pareva avere intenzione di farla uscire.
<< Il Capitano dice che la vostra pelle è troppo delicata per stare esposta al sole che batte sul ponte >> affermò mastro Pintel annuendo con aria significativa, la mattina del terzo giorno, mentre faceva passare tra le sbarre della cella la sua colazione: una galletta dura come pietra ed una brocca d’acqua melmosa.
Per tutta risposta, Beatrice gli sputò in un occhio.
Quella notte, la ragazza sognò sua madre; erano ancora ad Hispaniola, negli alloggi della servitù della dimora dei Compton, ed Anne Bonny le stava rimboccando le coperte, accarezzandole teneramente i capelli.
<< Mamma, mi racconti altre cose? >>
<< Altre cose su cosa? >>
<< Altre cose su mio padre >>.
Anne Bonny sorrise; era bella quando sorrideva, sembrava più giovane.
<< Tu gli somigli molto. Col tempo ti accorgerai fino a che punto >>.
<< Ma lui com’era? >>
<< Com’è. E’ ancora come me lo ricordo, ci scommetto >>.
<< E allora com’è? >>
La Revenge beccheggiò violentemente, facendo andare a sbattere Beatrice contro la parete della cella, ma la ragazza era immersa in un sonno profondo e grugnì appena, rigirandosi dall’altra parte e seguitando a dormire come se nulla fosse.
La sua mamma le scostò i capelli dalla fronte.
<< E’ coraggioso e crudele, un ottimo spadaccino, ed è uno dei pirati più temuti dei sette mari >>.
<< Perché se n’è andato? >>
<< Sono successe tante cose, piccola mia. Nessun bucaniere degno di questo nome è in grado di resistere al richiamo del mare, quando esso arriva >>
Anne Bonny lanciò un triste sguardo fuori dalla finestra aperta che dava sulla pacifica baia di La Navidad.
Le note di una dolce e triste melodia pervasero l’odorosa aria notturna, mentre le tende della stanza frusciavano sospinte dalla calda brezza marina e Beatrice veniva cullata dalla voce di sua madre:
Una nave in mezzo al mare
Veleggiava al calar del sole
All’orizzonte è sparito
Lui non sa quanto l’ho amato
Il pirata del mio cuore
Si è portato via il mio amore
Dal mio petto l’ha strappato
E con esso se n’è andato
La scena mutò all’improvviso; Beatrice non aveva più otto anni, adesso ne aveva diciannove ed era china al capezzale di sua madre che, ammalata di malaria, agonizzava nel letto.
<< Come si chiamava, mamma? Come si chiamava mio padre? >>
Il viso pallido di Anne Bonny si illuminò per un attimo.
<< Guardami negli occhi, Beatrice. I tuoi occhi … >>
 Lacrime calde sgorgarono dagli occhi azzurri di Beatrice quando sua madre spirò, l’ombra dell’ultimo sorriso ancora stampata sul volto.
<< Mamma! Mamma … >> chiamò la ragazza, agitandosi nel sonno. << Mamma … >>
Si lasciò sfuggire un singhiozzo sonoro, poi sgranò gli occhi nell’oscurità; ci mise un po’ per ricordarsi dov’era, ma di colpo gli avvenimenti degli ultimi giorni le ricaddero addosso come un macigno e Beatrice si svegliò del tutto, il volto sporco rigato di lacrime.
Non conosceva il nome di suo padre: Anne Bonny, per motivi a lei sconosciuti, non glielo aveva mai rivelato e, adesso che era morta, Beatrice non l’avrebbe mai scoperto.
Si abbracciò le ginocchia ed iniziò a dondolare lentamente, piangendo piano e canticchiando con voce spezzata la ninnananna che Anne Bonny soleva cantarle per tranquillizzarla quand’era bambina.
<< Una nave in mezzo al mare veleggiava al calar del sole. All’orizzonte è sparito, lui non sa quanto l’ho amato. Il pirata del mio cuore si è portato via il mio amore, dal mio petto l’ha strappato e con esso se n’è andato >>.

***

<< Oooh, Miss Compton! >> chiamò una voce ringhiante. << Svegliatevi, da brava: siamo giunti a destinazione! >>
Beatrice sobbalzò, tirò sonoramente su col naso e si asciugò febbrilmente gli occhi.
Un sonoro rumore di passi strascicati preannunciò l’arrivo di Capitan Barbossa, che apparve sottocoperta scendendo impacciato le scalette di legno e le rivolse un gran sorriso.
Beatrice si rincantucciò in un angolo della sua cella, lanciando al pirata sguardi d’odio allo stato puro, mentre si avvicinava con incedere claudicante, zoppicando sulla sua gamba di legno.
<< Oh, milady >> esclamò il vecchio bucaniere quando fu abbastanza vicino, fingendo costernazione e sgranando teatralmente gli occhi azzurri, << sono forse lacrime, quelle che vedo? >> chiese, appoggiandosi una mano sul cuore.
Beatrice si frizionò il volto con una manica del logoro abito che indossava, furiosa.
<< Di gioia >> replicò con voce nasale, fulminando Barbossa con un’occhiataccia che avrebbe fatto arrossire un ghiacciolo, << sono così felice di vedervi >> gli dedicò un sorriso forzato che si trasformò ben presto in un ringhio.
Barbossa ridacchiò, scuotendo lievemente il capo e facendo agitare le piume che ornavano il suo enorme cappello.
<< Immagino >> commentò sarcastico. Poi prese a frugare nella tasca del suo soprabito e ne estrasse un mazzo di sferraglianti chiavi arrugginite; infilò la più grande e dall’aria meno usurata, inquietante segno che, generalmente, la Revenge non faceva prigionieri, nella toppa della cella di Beatrice e la spalancò con un sonoro cigolio.
<< Mi duole vedervi ridotta così, mia cara >> declamò amareggiato, mentre l’ombra di un ghigno giungeva ad incurvargli le labbra.
<< Duole più a me, credete >> ribatté acidamente Beatrice, scrutandolo con astio. << Perché mi liberate? >> domandò poi, guardinga, tenendosi a distanza mentre Barbossa entrava nella cella.
<< Non avete voglia di vedere Andros? >> chiese lui, ammiccando malevolmente. << Io penso proprio di sì  e penso anche che stavolta sarete così disponibile da non farvi rinchiudere in un sacco come la volta scorsa, dico bene? >> incalzò, inarcando le sopracciglia con fare significativo.
Beatrice arricciò le labbra, rabbrividendo appena al ricordo della sua breve quanto spiacevole gita a Tortuga.
<< Se mi comporto bene niente sacco? >> domandò, sollevando un sopracciglio con sospetto.
<< Niente sacco >> assicurò Barbossa sorridendo affabilmente, << avete la mia parola d’onore, milady >>.
 
<< Avevate detto niente sacco! >> latrò Beatrice furibonda, mentre, legata come un salame, veniva malamente caricata a bordo di una scialuppa in compagnia di Pintel e Ragetti.
<< E’ proprio quello che ho detto, miss: niente sacco >> ruggì di rimando Barbossa, un ghigno soddisfatto dipinto sul volto, mentre a sua volta prendeva posto sulla traversina di prua di un’altra scialuppa, << ma non mi sembra che avessimo accennato alle funi, o mi sbaglio? >> scoppiò a ridere sguaiatamente, seguito ben presto dal resto della ciurma, compresi Pintel e Ragetti che, mentre remavano, tenevano gli occhi fissi su Beatrice sghignazzando malvagiamente.
<< Ti è andata male, eh, pupattola? >> osservò Pintel divertito. << Non lo freghi il capitano, al capitano non lo frega nessuno! >>
<< Già, ti è andata male! >> ripeté Ragetti con voce stridula. << A Barbossa mica lo freghi, non lo frega nessuno a Barbossa! >>
Pintel gli assestò un sonoro scappellotto.
<< E’ quello che ho detto! >> esclamò arrabbiato. << La smetti di ripetere sempre quello che dico io? >>
<< S-scusa, eh >> borbottò Ragetti,stringendosi pietosamente nelle spalle.  << Non volevo >>.
Beatrice scoccò loro una sprezzante occhiata carica di disgusto, poi si voltò e tenne lo sguardo caparbiamente puntato davanti a sé, impettita come un fusto, mentre il forte vento carico di salsedine le spettinava i capelli.
La Queen Anne’s Revenge e la Sea Breeze (che, dopo essere stata sottoposta ad una diligente sessione di scorticamento preventivo del nome da parte degli uomini di Barbossa, si chiamava solo: Eeze ) erano state ormeggiate al largo di una piccola insenatura sulla costa orientale dell’isola di Andros e adesso gli equipaggi di entrambe le navi si stavano dirigendo a bordo di una moltitudine di scialuppe verso il basso e sabbioso litorale della lussureggiante isola, remando contro i flutti del mare cristallino.
<< Non … non vedo nessuna nave >> borbottò Jack Sparrow con una nota vagamente isterica nella voce, mentre, appollaiato sulla prua della barca che divideva con Barbossa, Mastro Gibbs ed altri marinai, scrutava attentamente il profilo rigoglioso dell’isola con il cannocchiale. << Forse, è probabile, c’è la possibilità che non siano ancora arrivati … magari hanno fatto naufragio … >> mormorò speranzoso.
Barbossa alzò gli occhi al cielo e gli strappò di mano il cannocchiale poi, senza troppe cerimonie, gli afferrò la testa e lo costrinse a voltarsi dalla parte opposta.
<< Eccome se sono arrivati! >> ringhiò spazientito, indicando con la mano l’imponente veliero che era stato tirato in secca sulla spiaggia ed i cui massicci alberi si stagliavano contro la verdeggiante vegetazione della foresta.
Jack trattenne il fiato, inorridito.
<< Ah >> commentò con un filo di voce, arricciando le labbra in una smorfia.
<< Se hanno con loro quello stramaledetto bocor, allora non c’è da sorprendersi: sarebbero in grado di compiere il giro del Pacifico e ritorno in meno di un’ora >> osservò cupamente Mastro Gibbs, scuotendo il capo mentre remava.
<< E allora sarà meglio per noi trovarli alla svelta >> replicò Barbossa con un gran ghigno, rivolgendo a Gibbs un’occhiata significativa. << Spingete su quei remi, fetido branco di cani rognosi! >> ruggì il capitano a gran voce, facendo riecheggiare le sue parole tutt’intorno. << Remate fino a quando gli scalmi non si arroventeranno e le mani non vi cadranno, per tutti i fulmini di Giove: abbiamo un bocor da recuperare! >>
Dalle barche si levarono tonanti urla di approvazione e la flottiglia di scialuppe, con in testa quella di Barbossa e Jack, approdò una dopo l’altra sulle immacolate sabbie dell’isola di Andros: un vero e proprio paradiso tropicale.
<< Si dice che Morgan abbia nascosto qui il suo tesoro >> disse Jack smontando agilmente dalla scialuppa e caracollando sul bagnasciuga al seguito di Barbossa, che era costretto a reggersi il cappello con tutt’e due le mani per non farselo volare via dalla testa come un uccello bizzarro. << E come biasimarlo, quel furbacchione? Guarda qui che posto! C’e tutto: sole, mare, atmosfera; manca solo qualche bella indigena che porti il rum … Tu che mi dici, Hector? >> domandò Capitan Sparrow con studiata noncuranza. << Non lavorasti con lui, quand’eri giovane? >>
<< Ti dico che non è affar tuo >> ribatté quello, spazientito, << ho altre e più urgenti questioni a cui pensare, che non al tesoro di Morgan e alle tue … indigene che portano il rum! >> concluse irritato, agitando una mano in aria come per voler scacciare quell’idea insensata.
<< Ma non devi pensarci tu >> gli fece notare Jack con un sorrisetto, adocchiando le bizzarre orme che il suo compare lasciava nella sabbia, << tu me lo dici e basta, poi ci penso io, al tesoro, comprendi? E poi quella delle indigene è una grande idea, se ci rifletti bene: potremmo offrire un posto di lavoro a molte ragazze in difficoltà, quelle povere creature! Sai che noia, tutto il giorno sperdute nella giungla? Noi potremmo … >>
<< Capitano! >> urlò a quel punto mastro Scrum, affrettandosi verso i due pirati e distogliendoli dalla loro conversazione. << Le scialuppe sono state tirate in secca, signore >> esclamò, << che cosa facciamo, adesso? >>
<< Dobbiamo raggiungere quel veliero dall’altra parte della baia, mastro Scrum >> ringhiò Barbossa in risposta, << radunate una decina di uomini robusti e che non abbiano paura del buio ed assicurate quella piccola aspide con qualche altra cima: partiamo prima di subito! >> asserì.
Scrum annuì e borbottando un “agli ordini, capitano”, girò sui tacchi e corse via lungo la battigia.
<< Perché ti servono una decina di uomini robusti che non abbiano paura del buio? >> domandò Jack, accostandosi a Barbossa con fare vagamente allarmato.
Il capitano della Revenge si voltò a guardarlo con un sogghigno indulgente.
<< Jack, la tua ignoranza certe volte sconfina nel ridicolo >> lo apostrofò sornione, poi fece dietrofront e si incamminò verso la ciurma che era rimasta presso le scialuppe; quando fu abbastanza lontano, Jack gli fece la linguaccia alle spalle, poi gli corse appresso agitando le braccia.
<< E la tua ridicolaggine certe volte sconfina nell’ignorante! >> ribatté offeso. << Insomma, perché? >> chiese curioso, parandosi davanti a Barbossa e afferrandolo per le spalle.
<< Hai mai sentito parlare di Le Buisson? >> gli domandò Barbossa, spalancando gli occhi con fare maligno.
<< Uhm … no, non da sobrio, perlomeno >> rispose Jack, aggrottando la fronte.
<< Be’, Le Buisson è … >> iniziò Barbossa con fare saputo, poi si accorse che Jack gli teneva ancora le mani sulle spalle e se lo scrollò malamente di dosso. << Le Buisson >> riprese << è lo spirito loa il cui simbolo è la vegetazione rigogliosa e si dice che dimori proprio qui, ad Andros >> spiegò, accennando con un vago gesto della mano alla folta foresta che cresceva alle loro spalle.
Jack aspirò l’aria tra i denti con aria visibilmente afflitta.
<< E cosa c’entra questo con noi ed i nostri sordidi piani? >> domandò cauto, corrugando un angolo della bocca in un moto di repulsione.
<< C’entra >> replicò Barbossa strabuzzando gli occhi, << perché per riprenderci il bocor dovremo attraversare la selva, Jack, E dimmi >> chiese poi, ghignando malvagiamente, << tu hai paura del buio? >>
 
<< Domanda >> proruppe Jack Sparrow, mentre si facevano strada tra la fitta vegetazione, brancolando nella foresta di mangrovie con l’acqua torbida che arrivava alla cintola e ribolliva sinistramente attorno a loro, << perché stiamo facendo la strada più lunga e faticosa, passando in mezzo ad una foresta maledetta, quando saremmo potuti passare bel belli dalla costa? >>
<< Perché passare bel belli dalla costa era ciò che quegl’altri si aspettavano che avremmo fatto! >> replicò Barbossa con impazienza, sferzando con la sciabola l’aria davanti a sé e tranciando di netto una serie di liane e rami. << Sopraggiungeremo alle loro spalle col favore delle tenebre, mentre loro terranno gli occhi piantati sulla baia, convinti di vederci approdare a bordo delle scialuppe >> scostò una fronda con la mano e passò oltre, lasciandola andare all’improvviso; quella si piegò all’indietro e sbatté in pieno contro il grugno di Pintel, che finì a gambe all’aria nella palude.
<< Oh, capisco >> commentò Jack, senza mostrarsi particolarmente convinto, << e dimmi: per quale motivo quegl’altri hanno rubato il nostro bocor e sono venuti qui? >> chiese.
Barbossa si accigliò.
<< Questo lo ignoro >> rispose tetro.
Dietro di loro, si udì l’improvviso scroscio prodotto da qualcuno che era ruzzolato nell’acqua e una sonora imprecazione di Mastro Gibbs fece loro intuire che la situazione, là dietro, non era delle migliori.
<< Capitani! >> urlò il quartiermastro, zuppo fino al midollo. << Non sarebbe meglio … che so, camminare su qualcosa di solido, tanto per cambiare? >> esclamò, tentando faticosamente di rimettersi in piedi. << Temo che questa fanghiglia potrebbe essere molto pericolosa! >>
<< Conserva il fiato per quando verrai inghiottito dalle sabbie mobili, Gibbs >> replicò Barbossa sprezzante, << ti servirà! >> aggiunse sogghignando e continuò imperterrito a farsi strada a suon di sciabolate, mentre tutti arrancavano faticosamente dietro di lui.
Mastro Gibbs scosse il capo e borbottò furibondo tra sé e sé, alludendo in maniera piuttosto sconcia a qualcosa che Barbossa avrebbe fatto meglio ad infilarsi in un certo posto, mentre Beatrice annaspava penosamente nella sua scia, l’enorme gonna dell’abito liso che le ostacolava ogni movimento.
L’estremità delle funi che tenevano legata la fanciulla erano strette da Ragetti, che la precedeva con andatura incerta, strattonandola di tanto in tanto per non farla rimanere indietro.
Le tenebre calarono presto su di loro, così fitte e dense da costringerli ad accendere una serie di torce nel tentativo di riuscire a scorgere qualcosa ad un palmo dal naso, e la foresta si fece sempre più fitta e oscura man mano che procedevano: non si udiva alcun suono, né il cantare di un uccello, né il ronzare di un insetto, ed il cielo era invisibile, nascosto alla vista da un’inespugnabile intreccio di rami.
<< Lo senti anche tu? >> sussurrò Jack rivolto a Barbossa, tenendo la fiaccola tesa davanti a sé per fare luce.
<< Che cosa dovrei sentire, di grazia? >> replicò quello sarcastico.
<< Niente, è proprio questo il punto >> spiegò Capitan Sparrow con gli occhi scuri ridotti a sospettose fessure, << non ti pare quantomeno bislacco? >>
Barbossa si arrestò così repentinamente che Jack non se ne accorse ed andò a sbattergli contro; Mastro Scrum non vide Jack e gli rimbalzò addosso; il Signor Gibbs non notò che i tre si erano fermati e li urtò violentemente; Pintel, Ragetti e Beatrice fecero lo stesso e capitombolarono addosso al resto del gruppo, trascinando la comitiva in una rovinosa caduta multipla con un sonoro splash.
Le torce piombarono in acqua e si spensero sfrigolando, mentre i pirati rimasero impantanati nella melma fino al collo.
<< Corpo di mille sirene con la barba! >> ruggì Barbossa furibondo, annaspando alla cieca nella fanghiglia. << Dove diavolo è finito il mio cappello? >>
Il copricapo di Barbossa galleggiava sull’acqua poco più in là; Jack Sparrow riemerse proprio in quel punto e lo centrò in pieno, ritrovandoselo in testa sopra al suo tricorno, mentre sputacchiava copiosamente e cercava di ripulirsi la lingua imbrattata di fango con le mani. Quando il bucaniere notò una piuma inzaccherata ballonzolargli mollemente davanti al naso, si sfilò il cappello e lo riconsegnò gentilmente a Barbossa, che se lo infilò con stizza, calcandoselo sul capo con aria oltraggiata.
<< Ma perché vi siete fermato? >> domandò Scrum sputando un rivolo di fango dalla bocca, << stavamo tutti per aff … >> Barbossa gli afferrò il volto con una mano e strinse forte, stritolando la faccia del suo quartiermastro, che mugugnò qualcosa di incomprensibile.
<< Shhhh! >> ingiunse sputacchiando, gli occhi azzurri spalancati che brillavano nell’oscurità. Tutti tacquero.
La foresta fu attraversata da un sinistro fruscio ed i tronchi degli alberi presero a gemere e a scricchiolare, mentre le fronde stormivano e si allungavano verso di loro come a volerli ghermire; quando un rametto gli sfiorò la spalla, Ragetti cacciò un urlo e abbracciò Beatrice, terrorizzato, ma la ragazza gli rifilò una sonora ginocchiata laddove non batte il sole ed il pirata la lasciò subito andare, piegato in due da quel dolore così atroce.
<< Qualcosa >> sibilò Barbossa con voce roca. << Ci osserva >>.
<< Qualcosa cosa? >> domandò Jack in un sussurro teso, stringendosi al suo fianco.
<< Un sospetto ce l’ho, spero solo di sbagliarmi >> rispose l’altro pirata con lo sguardo perso nel buio. << E togliti! >> ingiunse poi, spingendo lontano Jack.
La marcia riprese ancor più faticosamente di prima, a causa della totale mancanza di luce, ma anche, e soprattutto, per il fatto che ormai tutti quanti avevano la sgradevole impressione di essere seguiti.
<< Non ce la faccio più! >> si lagnò Beatrice, puntando i piedi nel fondale melmoso. << Quanto manca all’arrivo? >>
<< Tanto! >> ringhiò la voce di Barbossa poco più avanti.
<< Se fai così è peggio >> la ammonì Ragetti con l’aria di chi la sapeva lunga, << più vuoi arrivare, più la meta si allontana, se invece non ci fai caso, arrivi prima! >>
<< E come faccio a non farci caso, secondo te? >> gracchiò Beatrice con voce stridula, sgranando gli occhi. << Ho fango infilato anche in punti che non sapevo di avere, dannazione! >>
<< Perché non cantiamo una canzone? >> propose Scrum con un sorriso stiracchiato. << Peccato, non ho portato il mio mandolino … >>
<< Oh, sì, certo! >> commentò Pintel di malumore. << Ci mancava solo il mandolino, in questa stramaledettissima palude puzzolente! >>
<< La puzza probabilmente viene da te >> lo schernì Beatrice, rivolgendogli uno sguardo sprezzante che si perse nel buio. << Cantare mi piace, è una buona idea >> assentì.
<< Orsù, dunque, cantate qualcosa, Miss Beatrice >> la spronò allegramente Scrum, << scommetto che avete una voce bellissima >>.
In breve tutti iniziarono a pregarla di cantare una canzone e, alla fine, Beatrice acconsentì, convinta che avrebbe aiutato a smorzare un po’ la tensione.
Prese un respiro profondo e incominciò: le dolci note della ninnananna di Anne Bonny risuonarono melodiose per la foresta di mangrovie, riecheggiando tra i rami degli alberi in modo vagamente sinistro.
<< Una nave in mezzo al mare veleggiava al calar del sole. All’orizzonte è sparito, lui non sa quanto l’ho amato. Il pirata del mio cuore si è portato via il mio amore, dal mio petto l’ha strappato e con esso se n’è andato >>.
<< Che bella canzone, non trovi Hector? >> domandò Jack con un vago sorriso che gli incurvava le labbra, mentre dondolava la testa a ritmo di musica. << Ha un non so che di romantico … >> si voltò verso Barbossa, ma il capitano della Revenge non era più al suo fianco: Jack si guardò attorno nell’oscurità, facendo mulinare le treccine dei suoi capelli, ed intravide la schiena di Barbossa che, sollevando grandi schizzi, si stava dirigendo a passo di marcia verso Beatrice. << Hector? >> lo chiamò Jack, osservandolo allontanarsi con aria interdetta.
<< Quella canzone! >> ringhiò Barbossa, afferrando la fanciulla per le spalle e scuotendola con violenza. << Dove hai sentito quella canzone? >>
Beatrice boccheggiò, impaurita da una tale reazione.
<< Io … io >> balbettò con voce spezzata, << mia … la mia bambinaia >> mentì in fretta, << me l’ha insegnata quand’ero piccola … >>
<< IL NOME! >> ruggì Barbossa con gli occhi strabuzzati. << DIMMI IL NOME, MALEDIZIONE! >>
<< Anne! >> strillò la ragazza, atterrita, cercando disperatamente di divincolarsi. << Anne Bonny! >>
I pirati trattennero il respiro come un sol uomo.
<< Anne Bonny? >> ripeté Ragetti. << Proprio quella Anne Bonny? >>
<< La vecchia Anne era la tua bambinaia? >> esclamò stupefatto Pintel. << Parola mia, questa è buona … >>
Barbossa la scrollò ancora una volta.
<< E dov’è adesso? >> abbaiò. << Rispondi! >>
<< E’ … è morta >>  farfugliò la ragazza lasciandosi sfuggire un singulto. << Tre mesi fa, di malaria. Ad Hispaniola >>.
Barbossa la lasciò andare lentamente e su quel poco del suo volto che si riusciva a scorgere nella penombra, Beatrice notò un’espressione indecifrabile: il bianco degli occhi spalancati che riluceva nel buio, la fronte increspata in un cupo cipiglio. Poi il vecchio pirata fece dietrofront e ritornò alla guida del bizzarro manipolo come se nulla fosse successo.
<< Datevi una mossa, manica di fannulloni, se non ci tenete a passare la notte sommersi dal fango! >> e riprese a marciare imperterrito nella fitta vegetazione.  
Beatrice si divincolò dalla stretta di Ragetti e gli corse goffamente dietro, ansimante e confusa.
<< Capitano! >> urlò stridula. << Capitan Barbossa! >> ma lui non si voltò, né diede l’impressione di averla udita. << Voi la conoscevate? >> incalzò la ragazza con voce tremante, il cuore che batteva all’impazzata. << VOI LA CONOSCEVATE? >>
<< Fatela tacere, dannazione! >> ordinò Barbossa furibondo, senza nemmeno dedicarle uno sguardo << O giuro che le mozzerò la lingua io stesso! >>
Pintel e Ragetti riuscirono di nuovo ad acciuffare Beatrice e la trascinarono indietro, lontano dal capitano, per poi premersi febbrilmente un dito sulle labbra, ingiungendole di tenere la bocca chiusa.
Ad un tratto, dal cuore della palude si levò un rumore orripilante, simile al soffiare di un gatto arrabbiato, ma molto più forte.
<< Cos’è stato? >> esclamò Mastro Gibbs allarmato.
L’acqua iniziò a ribollire ed il terreno sotto ai piedi dei bucanieri ondeggiò come se qualcuno l’avesse scrollato con forza; Jack Sparrow cacciò un urlo acuto quando qualcosa lo strattonò con violenza per una caviglia e lo fece sprofondare nel fango fino al mento.
<< Chi mi da una mano? >> domandò agitando le braccia sopra la testa; con suo immenso orrore, vide che stavano assumendo progressivamente l’aspetto di robusti rami nodosi. << Oh, mannaggia >> commentò scoprendo i denti d’oro.
<< E’ Le Buisson! >> fece appena in tempo a ruggire Barbossa, prima che una liana gli si annodasse attorno alla vita e lo sollevasse a mezz’aria.
I bucanieri urlarono atterriti, mentre mastro Gibbs si fece velocemente il segno della croce, e sguainarono con un gran frastuono le loro armi, brandendole contro le piante che saettavano nell’oscurità cercando di ghermirli.
Pintel e Ragetti, abbandonata Beatrice, ingaggiarono una lotta furibonda contro un cipresso che aveva assunto le preoccupanti sembianze di un gigantesco coccodrillo frondoso e faceva schioccare le sue fauci di legno nel tentativo di inghiottirli; Barbossa, appeso a testa in giù, stava duellando con la sua sciabola contro un gruppo di rami di salice che si abbattevano su di lui come scudisciate, sibilando furiosamente; Jack stava tentando di districare i piedi dal pantano in cui era caduto, ma radici robuste gli erano spuntate dagli stivali e la cosa era alquanto difficile.
<< Ehm … Hector? >> chiamò allarmato, mentre il tricorno gli si sollevava dalla testa, sospinto in alto dal cespuglio che gli stava germogliando al posto dei capelli. << Che cosa proponi di fare? >>
<< Non mi viene in mente nulla, al momento, sono spiacente! >> replicò sarcasticamente l’altro, tranciando di netto uno dei rami assassini che lo minacciava; dal salice si levò un furioso ruggito di dolore, mentre una moltitudine di radici schizzarono fuori dall’acqua e si abbatterono sui pirati, contorcendosi come serpenti impazziti.
<< Maria madre di Dio! >> ululò mastro Gibbs atterrito. << Che cosa diavolo … >> ma non riuscì a terminare la frase, perché una radice lo abbrancò, strisciandogli svelta incontro, e iniziò a stritolarlo come un pitone.
Per la foresta riecheggiavano i sibili furibondi delle piante stregate ed il clangore che le spade dei pirati producevano nel tentativo di difendersi da esse.
Beatrice sguazzava terrorizzata nella palude, cercando di scappare, ma qualcosa di enorme e pieno di foglie le si parò davanti, bloccandole la strada.
<< AAARRHHHHHHHHHGGG! >> ruggì una mostruosa mangrovia.
Beatrice urlò con tutto il fiato che aveva in gola, facendo subito marcia indietro e andandosi a nascondere dietro Scrum; il pirata la squadrò scandalizzato, come se trovasse molto offensivo che lei avesse scelto di ripararsi proprio dietro di lui, ma fu meramente sbalzato via dall’albero con un colpo di un ramo e la mangrovia maledetta, curvando la corteccia del tronco in un ghigno crudele, si piegò in avanti per afferrare la fanciulla scricchiolando sonoramente.
<< Aiuto! >> strillò Beatrice, mentre i rami la afferravano e la graffiavano, trascinandola sempre più a fondo nella chioma dell’albero. << AIUTATEMI, FATE QUALCOSA! >>
Barbossa, intanto, era riuscito a tranciare la liana che lo teneva appeso per aria ed atterrò in acqua con uno scroscio fragoroso.
<< Allontanati, spirito maligno! >> ruggì, rimettendosi in piedi barcollando. << Fuggi finché sei in tempo, dinnanzi al tuo padrone! >> abbaiò sputacchiando e allargò le braccia rivolto alla foresta.
<< Ma che gli è preso? >> soffiò Mastro Gibbs, ancora avvinghiato nella stretta della radice. << Ha battuto la testa? >>
Jack Sparrow scosse le fronde che gli erano spuntate al posto delle mani come per dirgli di tacere, mentre Barbossa si frugò sotto al cappotto e ne estrasse la scatoletta porta-sigari.
<< Ritirati, spettro screanzato! >> latrò con una luce decisamente folle che gli ardeva negli occhi. << Agita sotto il nostro naso i tuoi cespugli e gridaci nelle orecchie quanto vuoi: noi abbiamo il fuoco, dalla nostra! >> scoppiò a ridere sguaiatamente e cacciò fuori dalla cassettina la piccola testa di cane rinsecchita, brandendola come fosse uno scettro.
L’intera foresta sussultò, le fronde stormirono terrorizzate e tutte le piante stregate ritornarono immobili ed innocenti: le radici sparirono di nuovo sott’acqua, lasciando liberi coloro che avevano catturato, gli alberi risputarono fuori le loro vittime e si adagiarono nuovamente sugli argini, le liane smisero di agitarsi e di frustare l’aria lanciando sibili furiosi e Jack Sparrow tornò ad essere Jack Sparrow, senza radici o compromettenti bouquet che gli facessero capolino dai punti più impensati.
La notte tornò calma e la brezza carica di salsedine che spirava dal mare giunse ad allietare il loro respiro: erano usciti dalla palude.
Lanciando gemiti di sollievo, i pirati si lanciarono sulla spiaggia al galoppo, felici di essere vivi e di avere ancora tutti i pezzi al posto giusto. La luna brillava alta nel cielo come un doblone d’oro, rischiarando la sagoma di un grande veliero tirato in secca sulla spiaggia sul cui specchio di poppa si intravedeva il nome Fallen Angel e contro al quale le onde s’infrangevano dolcemente.
<< Be’ >> esclamò Jack addrizzandosi il tricorno sulla testa, << non ho idea di quello che sia successo, né del perché sia successo, ma sono contento che non mi sia successo, perché se mai succedesse allora sarà meglio evitare che succeda di nuovo! >> concluse, annuendo con decisione.
<< Jack, non ho capito una parola di quello che hai detto … ma sono d’accordo con te >> commentò Mastro Gibbs, crollando in ginocchio sul bagnasciuga e baciando appassionatamente la sabbia, per poi sputacchiare disgustato.
 
I pirati si erano accampati sulla spiaggia nel punto più lontano dal Fallen Angel, nei pressi di una piccola rientranza della costa, nascosta all’ombra degli alti alberi.
Capitan Barbossa aveva detto che avrebbero dato inizio all’abbordaggio appena la luce che filtrava dai vetri della cabina del capitano del veliero si fosse spenta; dopodiché era sparito da qualche parte a camminare per conto suo, perciò tutti se ne stavano con gli occhi puntati sul misterioso vascello, attendendo che quel flebile bagliore si smorzasse del tutto.
Beatrice era ancora profondamente scossa: non tanto perché era quasi stata inghiottita da un albero impazzito, ma quanto per la reazione che il nome di sua madre aveva suscitato nei bucanieri. L’avevano slegata, perché tanto, anche se avesse voluto, l’unico modo per scappare sarebbe stato tornare nella palude stregata e lei, esattamente come gli altri, non ci teneva nemmeno un po’.
Mastro Gibbs si era steso sulla sabbia poco lontano da lei, a sonnecchiare dopo quel grande spavento, probabilmente, e Beatrice gli si fece vicino lentamente, cercando di non farsi notare dagli altri.
<< Signor Gibbs >> lo chiamò piano, scuotendolo appena per una spalla, << Signor Gibbs! >>
L’uomo grugnì e si svegliò di soprassalto, ma alla sua vista parve tranquillizzarsi.
<< Oh, siete voi, miss Compton >> commentò tirandosi su e reprimendo uno sbadiglio. << Tutto bene? Avete bisogno di qualcosa? Lo sapete che porta male svegliare un uomo che dorme … >> aggiunse poi, accigliandosi appena.
Beatrice lo fissò con gli occhi che luccicavano di lacrime.
<< Signor Gibbs >> mormorò con voce flebile, << perdonatemi, ma … ecco, voi siete l’unica persona normale in mezzo a questo branco di matti e … >> si lasciò sfuggire un singhiozzo, << io devo sapere, signor Gibbs! Lo devo sapere assolutamente … >>
Mastro Gibbs la fissò con tanto d’occhi.
<< Che cosa dovete sapere? >> domandò con apprensione. << Via, via, calmatevi … non piangete … >> borbottò impacciato, non osando sfiorarla neppure con un dito.
Beatrice si asciugò gli occhi con stizza e ringhiò sommessamente.
<< Perché conoscete Anne Bonny? >> domandò ansante, gli occhi che dardeggiavano. << Ditemelo >> sibilò scoprendo i denti, disperata.
Il signor Gibbs si agitò sul suo giaciglio, visibilmente a disagio.
<< Suvvia, non credo che voi … insomma, certe storie … >> borbottò senza guardarla in faccia. << Che cosa potrebbe interessarvi, ad ogni modo! >> proruppe infine. << Era solo la vostra bambinaia, no? >>
Beatrice strinse i pugni e scosse il capo.
<< Signor Gibbs, Anne Bonny non era la mia bambinaia >> replicò con voce roca, il cuore che le rimbombava dolorosamente nel petto. << Anne Bonny era mia madre >>. 

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Capitolo 8
*** La Vendetta dell'Angelo Caduto ***


Ciao a tutti! Scusate per la lunga attesa, ma sono stata al mare a godermi una (meritata) vacanza dopo i bui mesi scolastici, immersa in una perfetta ambientazione piratesca; ahimè, tuttavia, in quel sì soave loco non v'era straccio di connessione Internet, perciò non ho potuto aggiornare LOL Comunque sia ho scritto diversi capitoli mentre ero lì: li pubblicherò uno alla votla per darvi il tempo di recensirli tutti, eheheh ... Come sono premurosa, eh? Prima di lasciarvi alla lettura (questo capitolo è un po' più lungo del solito per farmi perdonare la lunga attesa) ci tengo a fare un paio di precisazioni.
Questo è il medaglione di Barbossa; lui lo indossa sempre e mi sono presa la libertà di romanzarci un po’ sopra; ovviamente la storia di come l’ha avuto non è canon, ma frutto della mia mente geniale U_U (capirete nel corso della lettura): http://i53.tinypic.com/2wpjq8i.jpg
Questa, invece, è Anne Bonny, la bellissima mamma di Beatrice, nonché vecchia fiamma di Barbossa (checché lui ne voglia dire; capirete anche questo strada facendo): http://kids-book-club.wikispaces.com/file/view/anne_bonny_800x6001.jpg/144599389/anne_bonny_800x6001.jpg




<< Vostra madre? >> esclamò a gran voce il signor Gibbs, sgranando gli occhi dalla sorpresa.
Beatrice gli fece freneticamente segno di non urlare ed il quartiermastro sussultò, guardandosi attorno con aria colpevole, temendo che qualcuno avesse potuto udirlo, per poi ripetere in un sussurro sbigottito: << Vostra madre? >>
La ragazza annuì.
<< E allora, perché … >> iniziò mastro Gibbs, confuso. << Perché vi chiamano Miss Compton? Vostro padre è … >>
<< Non so chi sia mio padre >> lo interruppe Beatrice in un sibilo, << non l’ho mai saputo. Ho finto di essere la figlia del governatore per non essere uccisa dagli uomini di Barbossa, capite? >> spiegò. << Ma io non c’entro niente con i Compton! Lavoravo in casa loro come domestica insieme a mia madre, niente di più! >>
Mastro Gibbs la fissò a bocca aperta.
<< Che Dio me ne guardi, sei la copia sputata di Anne >> sussurrò con gli occhi ridotti a fessure, << ecco dov’è che mi sembrava di averti già vista, avevi in qualche modo un’aria familiare … >>
<< Per quale motivo la conoscete? >> incalzò Beatrice protendendosi verso di lui. << Perché tutti voi sapete chi era mia madre? >>
Gibbs sospirò profondamente e si passò una mano sul volto.
<< Che cosa sai di tua madre? >> domandò.
<< Io … >> iniziò Beatrice, ma poi scrollò il capo, abbattuta, << niente! >> esclamò con voce spezzata. << Non so niente di mia madre, arrivata a questo punto! Abbiamo sempre vissuto ad Hispaniola, ma lei non mi ha mai raccontato nulla del suo passato, di ciò che faceva prima di andare ad abitare lì. Ho sempre dato per scontato che fosse solo una cameriera … >>
<< Una cameriera! >> ripeté  mastro Gibbs con sdegno, per poi prendere fiato e sputare rumorosamente per terra. << Anne Bonny una cameriera! Quella donna è stata molte cose, figliola, ma una cameriera proprio no! >> asserì deciso.
<< E allora cosa è stata? >> domandò Beatrice con impazienza. << Rispondete alla mia domanda, per tutti i diavoli! >>
Gibbs emise un altro sospiro profondo e le lanciò un’occhiata di sbieco.
<< Ecco, non credo di essere la persona più adatta per parlarti di queste cose … >> borbottò accigliato.
Beatrice emise un ringhio furibondo e batté con forza i pugni contro la sabbia, tremando violentemente.
<< Signor Gibbs >> rantolò, << voi avete la più remota idea di quello che sto passando in questo momento? >> lo interrogò, spalancando gli occhi con aria significativa. << Avete anche il più vago sentore di come mi possa sentire? Per tutta la mia vita … ho vissuto in una menzogna! Per tutta la mia vita ho creduto di conoscere mia madre, mia madre, signor Gibbs! Colei che mi ha messa al mondo! Poi mi metto a cantare una canzone e vengo quasi ammazzata da un pirata impazzito! >> soffiò furibonda. << Io ho il diritto di sapere chi era veramente mia madre e voi me lo direte: con le buone … o con le cattive! >> aggiunse minacciosa.
Gibbs rimase per un attimo allibito e la fissò con aria vagamente interdetta, come se stesse riflettendo sul da farsi, poi, finalmente, si decise a parlare.
<< Anne Bonny era una piratessa >> rivelò a bassa voce. << E non una piratessa qualsiasi, oh no! >> proseguì scuotendo il capo, mentre sul suo volto sporco si disegnava un lieve sorriso ed i suoi occhi scintillavano, persi nei ricordi. << Era una furia, quella donna, un predone dei sette mari, che Dio l’abbia in gloria! La incontrai per la prima volta durante l’assalto a Charles Town, quando ancora prestavo servizio nella Royal Navy e lei faceva parte della ciurma di Calico Jack >>.
<< Calico … >> stridé Beatrice, incredula. << Calico Jack? >>
Sua madre le aveva spesso raccontato aneddoti su quel famoso pirata: storie di duelli e scorrerie via mare, straordinariamente dettagliate, certo, ma pur sempre storie; invece, a quanto pareva, era tutto vero.
<< Proprio lui >> assentì Gibbs serio. << Anne la chiamavano Bombardiera Bonny, ti lascio indovinare il perché >> disse con un sogghigno allusivo. << Aveva una mira così buona che si diceva potesse ficcarti una pallottola nel … >> si bloccò all’improvviso e si schiarì nervosamente la gola, imbarazzato << … sì, insomma … >> ed indicò il punto in questione con un significativo cenno del capo; Beatrice si lasciò sfuggire un fischio d’ammirazione, << bendata e con una mano dietro la schiena. Io l’ho vista all’opera e ti posso assicurare che certe leggende che circolavano sul suo conto non erano leggende neanche la metà: quando mi sparò, il suo proiettile mi inseguì per tutto il ponte di batteria della nave su cui servivo e fui costretto ad arrampicarmi sul bompresso e a gettarmi in acqua per non finire bucherellato peggio di un colabrodo >> ridacchiò sommessamente ed anche Beatrice sorrise, entusiasta ed incredula al tempo stesso.
<< E poi? >> incalzò con curiosità, gli occhi che brillavano avidi di nuove informazioni.
<< Mi imbattei nuovamente in Anne qualche anno dopo >> proseguì Gibbs, << avevo disertato le file della marina per darmi alla pirateria: un’occupazione assai più redditizia e, ahimè, anche assai più fuorilegge, e lei aveva abbandonato Calico per unirsi a Morgan >>.
Sentendo pronunciare quel nome, Beatrice trattenne rumorosamente il respiro, impressionata, poiché sapeva perfettamente che Morgan era stato uno dei bucanieri più famosi di tutti i tempi: tra le sue innumerevoli imprese, si annoverava anche, ma non solo, l’essere stato uno degli autori del celeberrimo Codice dei Pirati, l’insieme di norme e regole che “regolamentava” (o, perlomeno, avrebbe dovuto farlo) gli atti di pirateria.
Ma il signor Gibbs ormai parlava a raffica e non badò alla sua reazione, continuando nel suo racconto come se nulla fosse. 
<< Io ero nuovo del mestiere, capisci? >> domandò. << Quando entrai a far parte della ciurma di Morgan ero poco più che un novellino: venivo da un ambiente totalmente diverso, eppure tua madre si offrì di aiutarmi >> il suo sorriso assunse una piega malinconica. << E’ stata una delle prime persone che mi offrì la sua amicizia, quando ero a bordo della Storm Belt, ed è stata una mia cara amica, finché non decise di lasciarci >>.
Beatrice sbatté più volte le palpebre, confusa.
<< Come? >> domandò stupita. << Così? Abbandonò la nave e sparì senza spiegarvene la ragione? >>
Gibbs annuì tristemente.
<< Esatto. Dopodiché non l’ho mai più rivista; lasciai la Storm Belt di Morgan cinque anni dopo, ma di Anne Bonny non c’era più traccia. Fino ad oggi, perlomeno. Fino a te >> aggiunse, accennando a Beatrice con il mento.
<< Ma … perché l’ha fatto? >> chiese la ragazza, mal celando una nota di risentimento nella voce. << Perché abbandonare la pirateria? Lei … lei amava così tanto il mare e non ha fatto altro che narrarmi storie sui bucanieri sin da quando ero in fasce. Perché andare a morire ad Hispaniola, senza un briciolo d’onore, fingendo di essere una sguattera … facendo vivere anche me come una sguattera >> aggiunse aspra, << quando avremmo potuto essere piratesse? Arraffare tesori, saccheggiare città, vivere mille avventure! >> sibilò con rabbia, le labbra ritirate sui denti in una smorfia feroce.
Gibbs scrollò le spalle, estrasse una fiaschetta di rum da sotto la camicia e bevve un avido sorso, per poi asciugarsi la bocca con il dorso della mano.
<< Non ne ho idea >> borbottò, << nessuno lo sa >> le lanciò una fugace occhiata, come se volesse aggiungere qualcos’altro, ma poi dovette decidere che era meglio di no, perché le porse il fiasco e glielo agitò sotto al naso. << Voi bevete, miss Bonny? >> domandò.
Sentirsi chiamare miss Bonny fece a Beatrice uno strano effetto, anche se non avrebbe saputo dire se le piacesse oppure no.
Per tutta risposta, arraffò la fiaschetta dalla mano di Gibbs e si scolò un abbondante sorso di rum gettando indietro la testa, salvo poi tossicchiare e battersi con foga una mano sul petto, perché la bevanda era troppo forte.
<< Salute! >> commentò Mastro Gibbs, riprendendosi il fiaschetto e riponendolo al suo posto sotto la blusa consunta. << Si direbbe che lo apprezziate alquanto >>.
<< No, in verità >> rispose Beatrice tetra, sputando per terra, << ma ti alleggerisce la testa, se sapete cosa intendo >> commentò con un leggero singhiozzo.
Gibbs sorrise con l’aria di chi la sapeva lunga.
<< Oh, sì, capisco bene >> replicò con un lieve sorriso. << Il rum è adatto ad ogni umore e non ti tradisce mai. Salvo quando finisce >> aggiunse cupo.
Tra i due calò un attimo di silenzio, durante il quale gli unici rumori udibili furono la risacca sul bagnasciuga ed il dolce stormire delle fronde degli alberi. Beatrice si sentiva quantomeno scombussolata.
<< Dovete promettere che non lo rivelerete a nessuno, sono stata chiara? >> ingiunse all’improvviso, scura in volto. << Barbossa mi userebbe per ingrassare gli squali se sapesse che ho mentito >> mormorò con un brivido, << mi ucciderebbe seduta stante, se scoprisse che in realtà non gli servo a un bel niente >>.
<< Sapendo che siete la figlia di Anne Bonny? >> commentò Gibbs, inarcando scetticamente le sopracciglia. << Ne dubito fortemente >>.
Beatrice ridusse le palpebre a fessure.
<< Che cosa volete dire? >> domandò sospettosa.
Il signor Gibbs scrollò le spalle.
<< Fidatevi di me e basta >> ribatté con fare vagamente misterioso, << rischiate di più a fingere di essere qualcuno che non siete, credetemi >> le assicurò, poi si sdraiò sulla sabbia e si girò dall’altra parte, riprendendo a russare come se niente fosse.
 
Capitan Barbossa  era sparito ormai da tempo; Jack Sparrow, che fino a quel momento era rimasto sulla spiaggia ad attendere che il lumino all’interno della cabina del capitano del Fallen Angel si spegnesse, decise di andarlo a cercare e, dopo aver percorso un buon tratto di bagnasciuga in direzione sud-est, lo trovò appollaiato su un piccolo promontorio roccioso a scrutare la baia sottostante, ritto nell’oscurità, le piume del grande cappello che si agitavano nella brezza in modo vagamente solenne.
<< Oi, Hector? >> lo chiamò allegramente Jack.
Barbossa rimase impettito nella sua posizione.
<< Sparisci, Sparrow >> ringhiò a denti stretti, senza neppure degnarlo d’uno sguardo.
Jack gli si fece vicino ondeggiando lievemente e si sporse oltre l’orlo del promontorio per osservare i flutti che, più in basso, si infrangevano in spuma contro gli scogli.
<< Se mediti di spiccare il tuo ultimo balzo >> lo ammonì con fare pedante, alludendo al mare con uno svolazzante gesto della mano inanellata, << lasciami la tua gamba, sì? In tal modo io ed i ragazzi avremo qualcosa con cui brindare alla tua compianta dipartita >> si voltò a guardarlo con un sorrisetto.
Barbossa rimase immobile, lo sguardo puntato verso l’orizzonte buio.
Il ghigno dipinto sul volto di Jack si congelò e Capitan Sparrow arricciò il naso, infastidito.
<< Vuoi che ne … ehm … >> fece schioccare le labbra, alla ricerca del termine giusto, << parliamo? >> chiese infine, inarcando le sopracciglia.
<< Preferirei tranciarmi la lingua e usarla come segnalibro, piuttosto che parlare con te, Jack Sparrow >> ribatté Barbossa con sdegno, lanciandogli un’occhiataccia fulminante.
Jack si mordicchiò la lingua per assicurarsi che fosse ancora al suo posto, disgustato da quell’immagine così cruenta.
<< Mi dispiace per Anne Bonny >> affermò poi, dondolandosi sulle punte dei piedi in modo da raggiungere la stessa altezza di Barbossa.
<< Dispiace più a me >> replicò quest’ultimo.
Jack scoprì i denti, seccato dalla totale mancanza di collaborazione da parte dell’altro pirata.
<< Era da anni che non la vedevo >> affermò Barbossa all’improvviso. << Non avevo idea di che fine avesse fatto. Ma questa non era la morte che avrei immaginato per qualcuno come lei >>.
<< Io non la conoscevo bene >> buttò lì Jack, approfittando di quel momento in cui Barbossa pareva essere in vena di confidenze. << L’avrò vista sì e no un paio di volte, ma mi è sembrata davvero … >>
<< … superba >> completò l’altro al posto suo con aria ispirata.
Jack si accigliò.
<< No, veramente volevo dire … >>
<< Sapeva usare quella stramaledetta pistola meglio di chiunque altro >> seguitò Barbossa, ignorandolo completamente. << La conobbi anni fa, quando facevamo entrambi parte della ciurma di Morgan … >>
<< Ah >> commentò Jack interessato, << quindi anche lei sapeva dove sta il tesor … >>
<< … e, per tutti i diavoli, il mare solo sa quante ne abbiamo passate >> lo interruppe Barbossa, totalmente perso nei ricordi.
Jack lo lasciò andare avanti a ruota libera, osservandosi con spiccato interesse le unghie delle mani e mangiucchiando ciò che vi trovava incastrato sotto, commentando di tanto in tanto con qualche generico “oh!”, “ma davvero?”, oppure “questa, poi …” giusto per dare l’impressione di stare a sentire, mentre Barbossa si era lanciato in un infervorato monologo sulle mille avventure che aveva vissuto in gioventù in compagnia di Anne Bonny a bordo della Storm Belt, la famigerata nave di Morgan.
<< Lo vedi questo? >> domandò il capitano della Revenge ad un certo punto, indicando il pendaglio che portava al collo.
Jack sussultò, riscuotendosi da una fantasticheria su certe avvenenti indigene che gli portavano il rum mentre lui se ne stava spaparanzato all’ombra di una palma con un’espressione beata dipinta sul volto, ed adocchiò il ciondolo di Barbossa.
<< Ah ah >> assentì. << Mi ricordo che lo portavi anche la prima volta che mi abbandonasti su quell’isola dimenticata da Dio, o sbaglio? >> domandò inarcando un sopracciglio.
 << Già >> replicò Barbossa soddisfatto. << Era suo; me lo regalò lei. E’un pezzo che rubò da un antico tesoro aborigeno durante un’incursione a Puerto Rico >> spiegò, rigirandosi il ciondolo tra le dita nodose.
<< Oh, Hector >> commentò Jack, intenerito, << e tu l’hai tenuto indosso per tutto questo tempo? >>
<< Sempre >> asserì quello, rimettendo l’oggetto in questione a posto sotto al soprabito.  << L’ho sempre portato con me, senza mai toglierlo >>.
<< Mai? >> ripeté Capitan Sparrow, arricciando un angolo della bocca. << Be’, questo spiega perché i colletti delle tue camice sono tutti macchiati >> commentò con fare significativo. << Lo sai, a lungo andare l’argento scolorisce e … >> ma si interruppe, realizzando all’improvviso qualcosa. << Aspetta >> borbottò sollevando un indice, le palpebre ridotte a fessure, << hai sempre tenuto con te il ciondolo che Anne Bonny ti aveva regalato … >> iniziò lentamente. << Tu ne eri innamorato! >> esclamò.
<< Non ne ero innamorato! >> gli ruggì contro Barbossa. << Amore non è una parola che fa parte del mio vocabolario, Jack, tu meglio di tutti dovresti essertene accorto! >> replicò strabuzzando gli occhi.
<< E l’amore per le mele, allora? >> incalzò Jack con un ghigno malizioso. << Per il tuo cappello? E per Jack! >> aggiunse compiaciuto. << Vogliamo parlare di Jack? >>
<< Ma che c’entra! >> ribatté l’altro, sventolando in aria una mano con noncuranza. << Un conto è amare una mela o un cappello >> sfiorò il suo con ostentata deferenza, << un conto è amare un’adorabile scimmietta non-morta e un conto è amare una persona! Sono cose completamente diverse. Io non ero innamorato di Anne Bonny >> ribadì con fermezza, scoccando a Jack uno sguardo di fuoco, << ma si può dire che nutrivo nei suoi confronti un certo … >>
<< Sentimento? >> domandò Capitan Sparrow sogghignando.
<< Sollazzo! >> replicò Barbossa con gli occhi che dardeggiavano.
<< Trasporto? >> chiese allora Jack, mentre il suo sorrisetto si allargava.
<< Trastullo! >> ribatté l’altro sputacchiando.
<< Amore? >>
<< Ammirazione! >> mugghiò Barbossa con gli occhi fuori dalle orbite. << Io nutrivo nei suoi confronti una certa ammirazione, ecco! Aveva un’ottima mira >> aggiunse in un borbottio.
<< Ci credo >> commentò Jack sarcastico. << Ti ha centrato dritto al cuore, eh? Ed in un modo assai più subdolo di come abbia fatto io al mio tempo >> asserì assottigliando lo sguardo.
Barbossa emise un verso sprezzante, sputò per terra, e tornò a guardare dritto davanti a sé con fare caparbio.
Jack sogghignò.
<< Compare >> esclamò beffardo, cingendogli le spalle con un braccio in modo cameratesco << compagno di scorrerie, mio fido ex primo ufficiale che mi si è ammutinato contro per ben due volte, abbandonandomi su un isola deserta prima e su un molo circondato da signore arrabbiate poi >> declamò tutto d’un fiato, dedicandogli un sorriso gioviale; Barbossa inarcò un sopracciglio. << Portarsi appeso al collo un gingillo che una piratesca donzella ti ha regalato più anni fa di quanto tu non ci tenga a ricordare >> gli fece notare Jack, scoprendo i denti d’oro in un ghigno scintillante, << potrebbe voler dire due cose: o che ne eri innamorato, o che la chiusura si è rotta e non riesci più a sfilartelo. Scartando a priori la seconda ipotesi, io dico che tu ti eri preso un bell’abbaglio per la vecchia Anne, ma che poi hai deciso di mettere in pratica la più nobile e antica tradizione piratesca >> ammiccò con fare allusivo << e te la sei data a gambe lo stesso. Dico bene o dico giusto? >>
Barbossa si voltò rigidamente e scoccò uno sguardo rabbioso in direzione del braccio che Jack gli teneva appoggiato sulle spalle; a quella vista, Capitan Sparrow si ritrasse svelto, sorridendo nervosamente.
<< Jack Sparrow, non osare … >> ringhiò Barbossa furibondo.
<< Sei davvero un individuo ripugnante >> lo apostrofò Jack scuotendo il capo con un lieve tintinnio, mentre le treccine che componevano il suo pizzetto si agitavano. << Come me del resto >> aggiunse arricciando le labbra, nel momento esatto in cui Barbossa sguainava la spada e si preparava a vibrare un colpo, << ho messo anch’io in pratica la più nobile e antica tradizione piratesca e me la sono data a gambe >>.
Il capitano della Revenge si bloccò nell’atto di trapassare Jack da parte a parte con la sua sciabola.
<< La figlia di Teach >> affermò in un lampo di comprensione, l’arma sollevata sopra la testa.
<< Proprio lei >> assentì Jack con voce flebile, scoprendo i denti in una smorfia tirata.
Barbossa rinfoderò la spada.
<< Sai, trovo che sia davvero adatta a te, Jack >> affermò sarcastico. << Chiunque abbia intenzione di ucciderti meriterebbe una opportunità di riuscita, non credi? >> commentò ammiccando malvagiamente.
<< Angelica non vuole uccidermi e basta >> replicò Jack, << lei vuole farmi fare una fine ben peggiore, lenta e dolorosa, invero >> rabbrividì violentemente, lanciando una fugace occhiata in direzione del Fallen Angel. << Ohibò >> commentò inorridito, additando il veliero con mano tremante, << sbaglio o la luce si è spenta? >>
<< Non sbagli >> asserì trucemente Barbossa, lo sguardo puntato sul vascello. << E’ il momento >>.
 
Sul Fallen Angel regnava un’insolita quiete: l’ora era tarda, la luna e le stelle splendevano alte nel cielo e la ciurma al completo stava riposando sottocoperta.
Jack Sparrow, Barbossa ed il resto dei loro uomini si aggiravano sul ponte del veliero con passo felpato, tentando di non far scricchiolare le assi al loro passaggio e lanciando tutt’intorno occhiate guardinghe.
<< Dividiamoci >> sentenziò Barbossa in un rauco sussurro, facendo dei gesti con la mano, << voi con me, gli altri sul ponte di batteria. Dobbiamo trovare il bocor e andarcene in fretta; se qualcuno vi si para davanti non esitate a tranciargli di netto la giugulare o a farlo fuori nel modo che più vi aggrada >>.
<< Possiamo dargli fuoco? >> domandò allegramente Pintel, sollevando la lampada ad olio che teneva in mano.
Barbossa ghignò malvagiamente.
<< Date pure sfogo alla vostra fervida fantasia, signori! >> acconsentì, ammiccando con fare sardonico.
Pintel e Ragetti si scambiarono uno sguardo entusiasta e cominciarono e sghignazzare stupidamente, per poi trotterellare via tutti contenti.
Jack Sparrow seguì Barbossa alla volta del cassero di prua; quando, però, adocchiò la porta della cabina del capitano, rimase indietro e vi sgusciò dentro silenzioso come un’ombra, senza farsi notare da nessuno.
L’alloggio era un ambiente abbastanza ampio, illuminato da una grande vetrata che occupava tutta la parete di fronte all’ingresso; al centro c’era un massiccio tavolino ingombro di carte nautiche e strumenti per effettuare le misurazioni delle rotte e, addossato al tramezzo di destra, c’era un letto all’interno del quale stava riposando qualcuno.
Jack si guardò attorno con circospezione, come se temesse di essere osservato, poi si diresse con andatura dondolante verso il letto e si sdraiò accanto al suo occupante, facendosi piccolo piccolo al suo fianco.
<< Angelica >> sussurrò fissando il soffitto, << tu non vuoi uccidermi, tu mi ami alla follia e non hai alcuna intenzione di farmi a pezzettini. Mi hai perdonato per tutto ciò che è malauguratamente capitato tra noi due in passato ed ora non provi alcun rancore nei miei confronti della mia rispettabilissima persona >> ripeté a bassa voce; aveva sentito dire che, parlando nel sonno a qualcuno, quello assimilava le informazioni che gli venivano propinate senza nemmeno rendersene conto, quindi tanto valeva la pena provare.
La persona che stava dormendo nel letto bofonchiò qualcosa e si girò dall’altra parte, gettando un braccio oltre il cuscino e abbracciando Jack.
<< Sì, così >> bisbigliò quest’ultimo con un sorrisetto.
Ad un tratto, però, un’acre zaffata stuzzicò il naso di Capitan Sparrow, che fece fremere le narici un paio di volte per annusare l’aria: che strano, si disse, da quando in qua Angelica puzza di fango rappreso?
Con una mano scostò la coperta sotto al quale era nascosto il volto della donna per poterla guardare, ma … ciò che vide non assomigliava neanche lontanamente ad Angelica.
 Si lasciò sfuggire un gridolino nauseato ed il Commodoro Rogers sgranò gli occhi: i due si ritrovarono faccia a faccia, abbracciati stretti nel letto, ed il Commodoro cacciò un urlo, drizzandosi a sedere e scrollandosi di dosso le coperte, mentre Jack rotolò giù dal letto, atterrando con un tonfo per terra.
<< TU! >> abbaiò Rogers con aria stravolta; evidentemente non riusciva a capacitarsi se quello fosse un incubo o meno. << Mi perseguiti anche durante la notte! >>
Jack si accigliò, turbato.
<< Ehm … desolato >> borbottò, rimettendosi in piedi con un tintinnio, << ora io, ecco, tolgo il disturbo e ti lascio sognare qualcos’altro, va bene? >> agitò le dita inanellate all’indirizzo del Commodoro con fare ammaliante, mentre trotterellava verso la porta della cabina ondeggiando vistosamente. << Magari qualche bella signorina, sicuramente più gradita di me e senza tutti questi peli … >> posò una mano sulla maniglia e spalancò l’uscio, felice di essere riuscito a scamparla con tanta facilità, ma quando si voltò, incorniciata dallo stipite della porta, si ritrovò davanti Angelica Teach in persona e allora la richiuse in fretta, terrorizzato, appoggiandovi contro la schiena.
<< Non sto sognando! >> latrò Rogers, scendendo lentamente dal letto e fissandolo con un’inquietante luce che gli ardeva negli occhi, mentre Jack gli faceva freneticamente segno di chiudere la bocca, agitando le mani come un forsennato. << Tu sei reale, perdio! >> e, detto questo, il Commodoro sfoderò la sciabola e si avventò su di lui.
Jack scartò di lato per evitarlo ma, proprio in quel momento, Angelica buttò giù la porta con un calcio e prese in pieno Rogers, che crollò all’indietro ed atterrò sopra al tavolo, fracassandolo.
<< JACK SPARROW! >> ululò Angelica; aveva i capelli scarmigliati e non indossava il soprabito, segno che fino a qualche momento prima stava dormendo. << O MALDITO HIJO DE PUTA! TRAIDOR MAL QUE NO HAYAN SIDO… >>
<< Via, via >> tentò di placarla Jack, ridacchiando nervosamente ed alzando le mani in segno di resa mentre indietreggiava, << che bisogno c’è di offendere la mia mamma? >>
<< … ODIOSA SUPERÁVIT DE ABONO! QUE’ DEMONIOS HACES AQUI’? MENTIROSO, REPULSIVO, VISCIDI REPELENTE… >> continuò a sbraitare Angelica con gli occhi che fiammeggiavano; afferrò un compasso dal tavolo dove Rogers si era andato a schiantare e lo brandì contro Jack a mo’ di pugnale, avventandosi su di lui e tentando di bucherellare ogni sua parte che le capitasse a tiro.
<< Angelica … tesoro … meo amor … mi corason … ahio … parliamone, colombina mia … >> grugnì Jack, tentando in tutti i modi di schivare i colpi della donna.
<< Colombina mia? >> ripeté Angelica con gli occhi sgranati dalla rabbia, smettendo per un momento di bersagliarlo con il compasso tanto era scandalizzata. << COLOMBINA MIA?! >>
Jack scoprì i denti in una smorfia atterrita e deglutì a vuoto.
<< Non ti piacciono le colombe? >> domandò a disagio. << Preferisci piccioncina? >> tentò incerto.
Per tutta risposta, Angelica lanciò un urlo furibondo e si scagliò contro di lui; Jack la afferrò per la vita e le fece compiere una piroetta a mezz’aria, poi i due persero l’equilibrio e caddero sul pavimento con un tonfo.
<< Per tutte le pustole di Davy Jones, gioia! >> esclamò Capitan Sparrow osservando Angelica da vicino, un sogghigno che gli incurvava le labbra, mentre lei si dibatteva sotto di lui cercando di divincolarsi. << La Fonte della Giovinezza funziona, eh? Ti trovo benissimo >>.
<< Non posso dire la stessa cosa di te, Jack >> replicò la donna con voce flautata, lanciandogli uno sguardo provocante << presto sarai morto >> e gli assestò una dolorosa ginocchiata dove faceva più male, scrollandoselo malamente di dosso e rimettendosi in piedi.
<< Grazie, cara >> soffiò Jack, rannicchiato a terra in preda ad un tremendo dolore.
Intanto, Rogers era rinvenuto e, con aria alquanto frastornata, riemerse da sotto le macerie del tavolo e si tirò su barcollando.
<< Commodoro! >> esclamò Angelica dirigendosi verso di lui con piglio risoluto. << State bene? >>
<< Stavo meglio prima >> replicò Rogers, sbattendo più volte le palpebre per mettere a fuoco ciò che lo circondava.
<< Non c’è tempo da perdere >> tagliò corto lei, caparbia, << dobbiamo scoprire che cosa … >> ma non riuscì a terminare la frase, perché un urlo disumano riecheggiò dai meandri del veliero e Pintel e Ragetti schizzarono fuori da sottocoperta strillando terrorizzati, inseguiti da un enorme prete dall’aria feroce con il saio in fiamme.
Angelica, il Commodoro Rogers e Jack, che intanto si era rialzato ed era andato loro vicino, osservarono per un istante quella scena, allibiti, poi Rogers emise un mugghio furibondo e si voltò di scatto verso Capitan Sparrow, facendogli sibilare la spada ad un soffio dal naso.
Jack cacciò un urlo e corse fuori dalla cabina, inseguito dal Commodoro e da Angelica, mentre anche il resto della ciurma del Fallen Angel si era svegliata ed aveva intrapreso una dura lotta contro gli uomini di Barbossa.
Sul ponte e sottocoperta infuriava la battaglia; i pirati combattevano contro i corsari del Capitano Teach in un duello all’ultimo sangue: le spade sibilavano, tutt’intorno riecheggiavano urla, grugniti e colpi di pistola, ed il ponte era piombato nel caos più totale.
Pintel e Ragetti infilzarono all’unisono il prete che avevano incendiato, ma quello si limitò ad estrarsi le loro sciabole dalla carne e a gettarle fuoribordo; i due pirati, rimasti disarmati, optarono per un approccio più amichevole e gli dedicarono un paio di sorrisi sgangherati, per poi rimettersi a correre, urlando in preda al panico. Scrum ed altri pirati si erano arrampicati sul pennone di mezzana e lì stavano combattendo contro un uomo abbarbicato sulla coffa che lanciava loro contro bottiglie vuote di rum; il signor Gibbs afferrò l’uncino di una carrucola che pendeva dalle sartie, lo scagliò con forza contro un corsaro che gli stava correndo incontro a sciabola sguainata, e lo agganciò sollevandolo a mezz’aria; quello prese a volteggiare per la nave gridando come un forsennato.
<< TU! >> sbraitò Rogers infuriato, fendendo l’aria davanti a Jack con la spada e costringendolo a spiccare brevi saltelli all’indietro per evitare le sue sferzate. << TI RICORDI DI ME, JACK SPARROW? >>
<< Capitan, veramente >> lo corresse Jack infastidito. << Certo che mi ricordo di te! >> aggiunse poi, balzando di lato per schivare un altro colpo. << Tu sei il proprietario della nave che ho preso in prestito a Grenada, vero? Il Viceammiraglio Rogers! >> esclamò giovialmente.
<< Non ancora Viceammiraglio, grazie a te! >> lo corresse quello, acido, sferrandogli un colpo di sciabola; Jack scivolò svelto contro la balaustra per evitarlo e la spada del Commodoro si andò a conficcare nel legno del parapetto, vibrando violentemente.
<< Ah ah! >> commentò Jack, sogghignando soddisfatto alla vista della fine che era toccata all’arma. << Ops, Commodoro, allora >> rettificò con un sorrisetto; alzò lo sguardo, incontrò gli occhi fiammeggianti di Rogers ed il suo sorriso lasciò il posto ad una smorfia nervosa.
<< Ma che cosa vi è successo? >> commentò, squadrando la lercia persona del Commodoro. << Siete piuttosto sudicio >>.
<< Ho incontrato te! >> ribatté Rogers furibondo, e sfoderò un’altra spada dalla cintura, tentando un nuovo affondo:  Jack riuscì ad evitarlo ruotando su se stesso e facendo mulinare le sue tintinnanti treccine, e ancora una volta l’arma del Commodoro si piantò nella balaustra.
Rogers non si perse d’animo e sguainò una scure da sotto il soprabito; Capitan Sparrow mise su un’espressione interdetta, squadrandolo con le labbra corrugate.
<< E quella da dove l’hai tirata fuori? >> domandò allibito.
Rogers scoprì i denti in un ghigno malevolo e si avventò contro di lui roteando la scure sopra la testa; Jack parò il colpo con la sua spada, dopodiché girò svelto sui tacchi e si diede poco coraggiosamente alla fuga, agitando le braccia in aria, mentre il Commodoro lo inseguiva lanciando ululati di rabbia.
I due presero a girare intorno all’albero maestro; Jack si affacciò svelto da un lato, facendo capolino da dietro all’albero, e Rogers abbatté con foga la sua scure in quel punto, piantandola a fondo nel legno. Jack emise un verso disgustato e se la diede a gambe, ondeggiando tra la folla e schivando i vari colpi.
<< Torna subito qui, Sparrow! >> ruggì Rogers, fuori di sé dalla rabbia. Divelse la scure da dove era rimasta incastrata e gli corse dietro; Jack si guardò nervosamente alle spalle e, vedendolo sopraggiungere, scoprì i denti con stizza e si arrampicò svelto sul cassero di poppa.
Il Commodoro lo raggiunse ed i due incominciarono a duellare attorno al timone.
<< Jack Sparrow >> iniziò Rogers, parando un colpo di Jack e tentando contemporaneamente di decapitarlo, << in nome dei poteri conferitimi da sua maestà britannica Re Giorgio II … >> si arrestò per deviare un affondo di Capitan Sparrow << … in nome … dei poteri … maestà … britannica … insomma, ti dichiaro in arresto! >> ringhiò e si sporse oltre il timone per infliggere un colpo a Jack, ma questi afferrò la barra di comando e la fece ruotare velocemente su se stessa, in modo che i picchetti del timone sbattessero in rapida successione contro la faccia del Commodoro.
<< Salutatemi sua bassezza reale, quando lo vedrete, quasi Viceammiraglio Rogers grazie a me! >> lo congedò Jack, sfilandosi il tricorno ed esibendosi in un inchino sgangherato. << Ricorderete questa notte come la notte in cui avete quasi dichiarato in arresto Capitan Jack Sparrow >> ammiccò furbescamente e spiccò un agile balzo oltre la balaustra del cassero di poppa, piombando a piè pari sul ponte.
Il sorrisetto soddisfatto che aveva stampato sul volto si deformò in una smorfia d’orrore, quando si rese conto di essere atterrato proprio davanti ad Angelica.
<< Ma guarda un po’ chi si rivede >> esordì la donna sogghignando lievemente, gli occhi scuri che brillavano.
Jack fece rigidamente dietrofront, pronto a fuggire a gambe levate ancora una volta, ma Rogers scese svelto le scalette del cassero di poppa e gli si parò davanti, bloccandogli la strada.
Capitan Sparrow si voltò nuovamente verso Angelica esibendo un gran sorriso accondiscendente.
<< Ed eccoci qui! >> esclamò allegramente, allargando le braccia. << Io e te, tu ed io, noi. Più l’uomo sporco e arrabbiato qua dietro >> alluse al Commodoro Rogers indicando alle sue spalle con il pollice; quello si accigliò con fare oltraggiato. << A proposito, perché dormiva nel tuo letto? >>
Angelica emise uno sbuffo sprezzante.
<< Gliel’ho ceduto perché versava in condizioni pietose dopo essersi imbattuto in te! >> replicò con rabbia. << E poi perché dovrebbe interessarti? Tu mi hai abbandonata, Jack Sparrow. Di nuovo! >> aggiunse furibonda.
Lui scrollò le spalle con un tintinnio.
<< Io? Abbandonarti? Dovevo essere parecchio sbronzo, eh? Non l’avrei mai fatto da sobrio >> assicurò agitando le mani con convinzione, << ero sotto i nefandi influssi dell’alcol, mia cara, credimi! Barbossa! >> esclamò ad un tratto. << E’ stato Barbossa a costringermi. Tu … mi spiace dirlo, ma penso proprio che tu gli stia un po’ antipatica. Vallo a capire, quello … >> borbottò sdegnoso.
Intanto, alle sue spalle, era sopraggiunto nientemeno che Barbossa stesso che, sentendo pronunciare il suo nome, liquidò i due corsari contro i quali stava lottando afferrando le loro teste e facendole cozzare con forza l’una contro l’altra, per poi gettarli entrambi fuoribordo e dirigersi con passo pesante verso il gruppetto, attento alla conversazione che stava avendo luogo.
<< … è un uomo davvero pessimo >> stava dicendo Jack, << e poi quella sua stupida barbetta ispida! >> aggiunse, arricciando le labbra con aria palesemente disgustata.  << Non capisco proprio perché continua ad ostinarsi ad andare in giro con quella cosa che gli pende dalla faccia >> accostò una mano al mento ed agitò le dita in modo significativo.
Dietro di lui, Barbossa scoprì i denti in un ringhio sordo.
<< Ma davvero? >> proruppe a gran voce, facendo sobbalzare Jack, che si voltò di scatto a guardarlo con espressione atterrita.
<< Hector! >> esclamò giovialmente. << Cosa … cosa hai sentito esattamente? >>
Per tutta risposta, Barbossa accostò una mano al mento ed agitò le dita in modo significativo.
<< Ah >> commentò Jack con una smorfia.
Angelica scosse il capo, nauseata.
<< Ma guardati, Sparrow! >> gli abbaiò contro. << Volti le spalle persino ai tuoi alleati, pur di salvarti la pelle! >>
<< Sì alla prima e non proprio alla seconda: tecnicamente lui non è mio alleato >> la corresse Jack sollevando un indice, << direi piuttosto che … una sorte avversa ci ha spinto a perseguire il medesimo scopo, tutto qui >>.
<< Questo vuol dire essere alleati >> replicò il Commodoro Rogers inarcando freddamente le sopracciglia, continuando a tenergli  la scure puntata addosso.
Jack stava per rispondergli a tono, quando una potente sberla da parte di Angelica lo fece rigirare sul posto.
Sciaff.
Jack si trovò faccia a faccia con Rogers e, senza pensarci due volte, gli assestò un sonoro ceffone; il Commodoro barcollò all’indietro, intontito dalla botta, e stava per schiaffeggiare colui che aveva alle spalle, ma, quando si ritrovò davanti Barbossa, si voltò nuovamente verso Jack e lo colpì con un poderoso manrovescio.
<< Insomma, piantatela una buona volta, branco di inetti! >> ruggì Barbossa. << Io sono venuto qui per riprendermi il mio dannatissimo bocor, per tutti i diavoli, e chiunque tenterà di mettermi i bastoni tra le ruote patirà pene ben peggiori della morte, sono stato chiaro? >> latrò sputacchiando.
Angelica strappò la sciabola di mano a Jack, lo spinse di lato e puntò l’arma contro Barbossa.
<< Tu! >> ringhiò respirando affannosamente. << Assassino! Ladro! Dovrai prima passare sul mio cadavere! >> asserì, il vento che le scompigliava i lunghi capelli.
Jack rimase imbambolato a guardarla.
<< Con piacere! >> esclamò Barbossa, poi lanciò un urlo belluino e fece mulinare la spada sopra la testa, vibrando un colpo che Angelica riuscì a parare a mezz’aria.
Lottarono con ferocia, affondando, parando e scagliando poderose stoccate, mentre le lame delle loro spade cozzavano svelte, producendo un clangore assordante.
<< Hai ammazzato mio padre, vile cane! >> esclamò Angelica, tentando di disarmare il suo avversario con una repentina torsione del polso. << E hai rubato la sua nave! Pagherai duramente per ciò che hai fatto, Hector Barbossa: io vendicherò il tuo affronto! >>
<< Taci, lurida sgualdrina! >> replicò l’altro con ferocia; fece sibilare la spada ad un soffio dalla gola di Angelica, che riuscì a schivare il colpo per un pelo, balzando all’indietro. << Tuo padre era uno schifossissimo bastardo, nonché ladro di altrui arti inferiori >> affermò, assestandole una significativa pedata con la sua gamba di legno, << ed è stato lui il primo a rubarmi la nave! Io mi sono solo ripreso ciò che di diritto mi spettava! >>
Angelica urlò adirata e gli si avventò contro; Barbossa scartò di lato all’ultimo secondo e la evitò, facendola finire dritta tra le braccia di Jack che, senza troppi preamboli, premette le labbra contro le sue e la baciò con trasporto, approfittando di quel momento di distrazione per sfilarle di mano la spada.
Angelica lo spinse via e sputò per terra, disgustata.
<< Come osi? >> strepitò. << Non ti intromettere, è una questione tra me e lui! E’ da tempo che lo aspettavo! >>
<< Ora puoi anche far finta ch non ti sia piaciuto >> replicò Jack con condiscendenza, << e questo lo capisco: un galantuomo  concede sempre ad una signora le sue piccole finzioni >> asserì ammiccando, << ma penso che dovremmo riporre per un attimo le spade … >> rinfoderò la sua, poi lanciò uno sguardo di sottecchi a Rogers << o qualsiasi altro tipo di oggetto contundente >> aggiunse gesticolando << e riflettere per un attimo da persone civili ed educate quali siamo >> si raddrizzò il tricorno sulla testa con fare affettato, mentre, dietro di lui, pirati e corsari continuavano a darsele di santa ragione.
Barbossa, Angelica ed il Commodoro Rogers lo fissarono allibiti e Jack ricambiò i loro sguardi stralunati con un gran sorriso.
<< E poi perché lo stavi aspettando? >> incalzò rivolto ad Angelica. << Quali aspettative nutri tu nei suoi confronti? Da te non me lo sarei mai aspettato … >>
<< Lo aspettavo per ucciderlo! >> gracchiò lei in risposta, scoccando a Barbossa uno sguardo carico d’odio. << Per vendicare mio padre! >>
<< Una ragazza casa e chiesa come te che blatera di insensate speculazione sulla vendetta! >> la apostrofò Jack. << Dov’è finito il buon vecchio porgi l’altra guancia e tutto il resto? >>
Angelica si accigliò e non disse nulla, scrutandolo con astio, al che Capitan Sparrow sorrise con uno scintillio di denti d’oro e le si fece vicino oscillando.
<< Richiamiamo i nostri uomini, orsù, prima che restiamo tutti senza ciurma, tesoro. E cerchiamo di risolvere questo increscioso equivoco del bocor senza ammazzarci a vicenda, ti va? >> propose.
Angelica e Barbossa si scambiarono una fugace occhiata, poi entrambi acconsentirono.
<< Smettete di lottare, miei prodi! >> iniziò Angelica. << Avete combattuto con valore, ma ora … >>
<< BAAAAAAAASTAAAAAAAAAAAAAAAA! >> latrò Barbossa, sovrastando la voce della donna col suo ruggito.
Tutti si arrestarono di botto e si voltarono a guardarlo; Barbossa ghignò soddisfatto e lanciò ad Angelica un’occhiata di sardonico compiacimento da sopra la spalla.
<< Ho assoldato Grog Arson prima di voi e lui è ben lieto di prestarmi i suoi servigi >> affermò il Capitano Teach. << Non c’è nient’altro di cui discutere! >>
<< Ah, è così? >> ribatté Barbossa, parandosi davanti a lei con la mano appoggiata all’elsa della sciabola, gli occhi scetticamente strabuzzati. << L’hai assoldato, eh? E per fare che cosa, sentiamo? >>
<< Non è affar tuo, maldido! >> sibilò Angelica scoccandogli un’occhiataccia. << Abbandonate la mia nave, finché ve lo permetto, altrimenti … >>
<< … altrimenti vi incendio tuuuuutto il sottobosco, signori miei >> completò una vocetta stridula al posto suo; dalla botola della stiva era spuntato un vecchio gracile e tremolante, che barcollava verso di loro brandendo un bel bottiglione di rum. Il vecchio sghignazzò, lasciandosi sfuggire qualche singhiozzo, poi attaccò le labbra al collo della bottiglia e ne ingurgitò sonoramente il contenuto.
Jack aggrottò la fronte.
<< E questo chi è? >> domandò confuso.
<< Grog Arson >> spiegò Angelica con un ghigno soddisfatto. << Un grandissimo ubriacone, nonché bocor più potente di tutti i Caraibi >>.
Grog sollevò la bottiglia al suo indirizzo come per dedicarle un brindisi.
<< Potete dirlo forte, Capitano! >> affermò con voce impastata dall’alcol, traballando sul posto sulle sue esili gambe rinsecchite.
Barbossa arricciò un angolo della bocca, inorridito.
<< Io, il Capitano Teach, per unirmi a voi non la lascio mica! >> affermò il vecchio con tutta la decisione di cui un uomo completamente sbronzo potesse disporre, rivolgendosi con fare minaccioso ad una delle colonnine della balaustra. << Mi avete sentito, eh? >>
<< E perché non la vuoi lasciare? >> chiese Jack, avvicinandosi cautamente a lui ed agitandogli una mano davanti al viso per farlo riscuotere.
Grog sobbalzò e si voltò a guardarlo, tentando di metterlo a fuoco con gli occhietti cisposi, come se si fosse accorto solo in quel momento della sua presenza.
<< Perché? >> ripeté. << Perché lei è bella e tu no, ecco perché >> rispose. << E neanche lui è bello, ah no, se proprio lo vuoi sapere >> proseguì additando Barbossa, che si irrigidì con aria offesa.
<< Ascoltami bene, tu, vecchio topo di fogna che non se altr … >> ringhiò minaccioso, muovendo un ostile passo verso di lui, ma Grog levò una mano al suo indirizzo e Barbossa si bloccò boccheggiando, come se delle funi invisibili l’avessero ghermito all’improvviso.
<< Io lavoro per il Capitano Teach, e questo e quanto >> asserì Grog, facendosi scappare un singulto che lo fece sussultare; anche Barbossa sobbalzò, scosso dalle corde magiche che lo tenevano stretto. << Dobbiamo trovare il tesoro di Morgan, ecco cosa dobbiamo fare, ed io le servo per spezzare le maledizioni che troveremo sul nostro cammino, perciò eccomi qui >> bevve un altro sorso di rum e fece schioccare la lingua con fare estasiato. << Mi rendo utile! >>
<< Il tesoro di Morgan? >> ripeté Jack interessato.
Angelica scoccò uno sguardo furente al bocor, ma quello era decisamente troppo ubriaco per farci caso e si limitò a mandarle dei baci da lontano con le labbra.
<< E’ così >> confermò la donna alzando gli occhi al cielo.
<< Lo sai che il buon caro Hector, qui >> iniziò Jack, alludendo a Barbossa che stava cercando in tutti i modi di liberarsi dall’incantesimo di Grog, << ha fatto parte della ciurma di Morgan, in gioventù? >> ammiccò con fare furbesco.
Angelica si fece improvvisamente attenta.
<< Dice il vero? >> domandò rivolta a Barbossa.
<< Sì >> confermò quello in un ringhio furibondo, scrollando le braccia nel tentativo di divincolarsi.
<< Lo faccio un sacco di volte! >> replicò Jack con fare altezzoso. << Sempre tutta questa diffidenza … Allora, senti, questo è il piano >> proseguì volgendosi ad Angelica e cingendole le spalle con un braccio, << io ed Hector ti aiutiamo a raggiungere il tesoro di Morgan, tu fai quello che devi fare con il simpatico nonnetto brillo >> diede un calcetto a Grog, che cadde a terra con un tonfo e incominciò a russare sonoramente, al che Barbossa poté di nuovo muoversi, << e poi ce lo consegni per fare quello che noi dobbiamo fare, in modo che possiamo farlo, comprendi? >>
Angelica sorrise con fare provocante e gli passò le braccia intorno al collo.
<< E chi mi dice che questo non è un altro dei tuoi inganni, Jack? >> domandò con voce suadente, avvicinando il volto al suo.
<< Nessuno >> rispose lui inebetito, protendendo le labbra nel tentativo di baciarla; Angelica lo spinse via in malo modo, facendolo rimanere con un palmo di naso.
<< E no! >> esclamò risoluta. << Io voglio un’assicurazione, qualcosa che ti impedisca di scappare via un’altra volta! >>
<< Non ti basta la mia parola d’onore? >> domandò Jack offeso. << Potremmo fare giurin giurello … >> propose speranzoso.
<< La signora ha ragione, Jack >> s’inserì Barbossa, il viso contratto in un ghigno che non prometteva niente di buono; Capitan Sparrow lo fissò allarmato. << Perché non le dai la tua bussola come pegno della nostra buonafede? >> propose strabuzzando gli occhi.
Jack sussultò e strinse a sé la bussola che teneva appesa alla cintura.
<< No, mia bussola! >> esclamò.
<< Andata! >> assentì Angelica, voltandosi verso Barbossa e stringendogli la mano.
<< No, no, no! Non è andata da nessuna parte! >> replicò Jack sbracciandosi. << Che ne dici del mio tricorno, eh? E’ un cappello bellissimo … o quello di Hector, magari? Guarda quante piume carine … >>
<< No! >> tagliò corto Angelica, sporgendosi verso di lui e staccandogli la bussola dalla cintura senza troppi complimenti. << Questa va benissimo, così avrò la certezza che non te ne andrai in giro senza rispettare gli accordi presi >> assentì.
<< Ma a che ti serve la bussola se hai Hector che ti guida? >> si lagnò Jack, cercando di strapparle di mano il prezioso oggetto, ma senza alcun risultato.
<< La bussola servirà a capire se lui sta mentendo e mi sta conducendo nella direzione sbagliata >> spiegò Angelica, lanciando una fugace occhiata a Barbossa. << Questo è quanto. Affare fatto, Jack >> affermò con un sorriso malevolo.
Capitan Sparrow arricciò le labbra e scoprì i denti d’oro, irritato, mentre Angelica girò sui tacchi e sparì nella sua cabina, seguita a ruota da Rogers e Barbossa che, prima di sparire oltre la soglia, scoccò a Jack uno sguardo di crudele compiacimento.
<< Ottimo lavoro, Jack >> lo schernì ammiccando beffardo, per poi chiudersi la porta alle spalle con un tonfo.
Jack sussultò e gli fece la linguaccia.

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Capitolo 9
*** I Denti di Squalo ***


Ciao a tutti :D Eccomi con un nuovo capitolo.
Prima di lasciarvi alla lettura ci terrei a farvi vedere qualche foto *___*
Questo, ebbene sì, è il Commodoro Rogers: http://i56.tinypic.com/308ifr6.jpg
E questo, ebbene sì, è Norrington. Non c’entra niente, ma in questa foto è troppo carino e volevo farvelo vedere xD: http://i52.tinypic.com/2rxy1if.jpg
Ok, ora buona lettura :3

 
Angelica Teach stava ritta sul cassero di poppa con un piede appoggiato alla balaustra e scrutava con il suo cannocchiale la spiaggia sulla quale il Fallen Angel era stato tirato in secca.
In lontananza, al limitare della foresta, avvistò un piccolo puntino dorato che, dopo un’osservazione più approfondita, si rivelò essere una ragazza con indosso un consunto abito.
<< E quella chi è? >> chiese il Capitano Teach, porgendo il cannocchiale ad Hector Barbossa che le stava accanto.
Quello prese lo strumento e appoggiò l’occhio all’oculare, poi imprecò sonoramente.
<< Dannazione! >> esclamò fissando la baia. << La ragazza! Me ne ero scordato! >>
<< La ragazza? >> ripeté Angelica inarcando minacciosamente un sopracciglio scuro. << Non mi avevi parlato di una ragazza quando ci siamo accordati, ieri sera nella mia cabina >>.
<< Deve essermi sfuggito >> replicò Barbossa indirizzandole un ghigno sardonico. << Tuttavia non penso che lei possa in qualche modo interessarti: la tengo con me per motivazioni prettamente riservate >> affermò.
<< E quali sarebbero queste motivazioni? >> incalzò Angelica.
Barbossa ridacchiò.
<< Questo non è affar tuo, vero, señorita Teach? >> le fece notare ammiccando. << Io ti aiuto a recuperare il tesoro di Morgan, dopodiché tu mi lasci il bocor e sparisci dalla mia vista: questo è il patto, non sono tenuto a darti spiegazioni di sorta >> asserì in tono mellifluo.
<< Sai, Barbossa >> replicò Angelica con fare fintamente pensoso, << mi è giusto tornato in mente che sono entrata in possesso di un oggetto prodigioso in grado di guidarmi verso ciò che voglio di più al mondo. Perciò, dimmi … a cosa mi servi tu? >> lo interrogò aspra, lanciandogli un’occhiata minacciosa.
<< La bussola può condurti verso il tesoro di Morgan >> acconsentì Barbossa, senza che l’insopportabile ghigno che aveva dipinto sul volto accennasse a smorzarsi, << ma non può indicarti i pericoli che troverai sulla strada per raggiungerlo. Quello posso farlo solo io >> strabuzzò gli occhi azzurri con aria di estremo compiacimento.
Angelica lo squadrò con odio, poi gli strappò di mano il cannocchiale, furiosa per il fatto che avesse ragione.
 << Ad ogni modo non possiamo lasciarla lì >> esclamò con fermezza, tornando ad osservare ragazza.
<< La mia natura misericordiosa mi induce a concordare con te >> convenne sarcasticamente Barbossa.
La donna emise un verso sprezzante e lo apostrofò con un termine spagnolo decisamente poco gentile, dopodiché si voltò e si diresse a grandi passi verso il parapetto che dava sul ponte di comando. << Commodoro! >> chiamò a gran voce.
Rogers, che era impegnato a supervisionare il lavoro di alcuni mozzi, si voltò a guardarla, una mano sollevata davanti agli occhi per schermarsi il volto dal sole.
<< Sì, Capitano? >> domandò.
<< Salite a bordo di una scialuppa ed andate a prendere la ragazza che è rimasta sulla spiaggia >> ordinò Angelica. << In fretta >>.
 
<< Commodoro, andate a prendere la ragazza con la scialuppa! Commodoro, sbrigatevi! Commodoro, lustratemi gli stivali, già che ci siete! >> gracchiò Rogers stridulo, in una perfetta imitazione dell’accento del Capitano Teach, mentre, a bordo di una scialuppa che veniva sballottata dai flutti, remava svelto verso riva.  << Corsari! Ma quali corsari? Maledetti pirati, ecco cosa sono! Tutti della stessa risma, quelli! Stramaledetti pirati! >> borbottò acidamente.  
Quando raggiunse la spiaggia, smontò dalla scialuppa e la trascinò faticosamente sulla terraferma, mentre il vento soffiava deciso, frustandogli il viso con fastidiosi granelli di sabbia.
<< Perché diavolo pensa che indossi questa parrucca? >> mormorò tra sé e sé, furibondo. << Per scaldarmi il capo? Non sono un mozzo, perdio, non può mandarmi a recuperare tutte le sprovvedute che capitano … eccola lì >> aggiunse con le palpebre ridotte a fessure, adocchiando la ragazza poco lontano. Si diresse a passo di marcia verso di lei, che se ne stava seduta in riva al mare con aria decisamente imbronciata, e le si parò davanti senza troppe cerimonie.
<< Signora! >> esclamò in tono sbrigativo. << Sono venuto per portarvi a bordo del Fallen Angel sotto ordine del Capitano, quindi cercate di darvi una mossa e … >>
La ragazza si voltò a guardarlo: aveva grandi occhi azzurri che scintillavano come il mare ed un’espressione caparbia dipinta sul volto magro e affilato; teneva i lunghi capelli di un biondo sporco legati in una crocchia disordinata e alcune ciocche le sferzavano gli zigomi, sospinte dal vento carico di salsedine.
Rogers si dimenticò all’improvviso di essere contrariato e si sfilò in fretta il tricorno, appoggiandoselo galantemente sul petto.
<< Signorina … >> mormorò ossequioso; le prese una mano tra le sue per farle il baciamano, ma lei fraintese quel gesto e si rimise in piedi aggrappandosi a lui. 
<< Era ora! >> gracchiò con voce sgraziata, scrollando la sabbia dalla lunga gonna dell’abito che aveva indosso. << Vi manda Barbossa? >>
<< No, signorina >> replicò il Commodoro, ritraendo la mano con leggero imbarazzo, << mi manda il Capitano Teach, a dire il vero >>.
<< E chi diavolo è questo Teach? >> sbottò la ragazza, accigliandosi. << Barbossa è morto? Che fine hanno fatto tutti? >>
<< Angelica Teach è il capitano del Fallen Angel >> spiegò Rogers rimettendosi in testa il cappello, << il veliero che è ormeggiato laggiù, e Barbossa non è morto, ma si è alleato con lei proprio ieri sera >>.
La ragazza alzò gli occhi al cielo.
<< Maledetti pirati >> biascicò sputando per terra, << non li sopporto più tutti questi intrighi, e che diavolo! Mi hanno lasciata qui a marcire per tutta la notte, mentre loro si alleavano! Ho sabbia infilata in ogni pertugio, dannazione! Stramaledetti pirati! >> batté un piede per terra, irritata, poi si voltò a guardare il Commodoro con un sopracciglio inarcato. << Voi non siete un pirata, eh? >> constatò squadrandolo.
<< Giammai, milady. Commodoro Jasper Rogers al vostro servizio >> replicò lui, gonfiando il petto e scoccandole uno sguardo fiero. << Con chi ho il piacere? >>
La ragazza aprì la bocca, ma si bloccò, titubante.
<< Beatrice … Compton >> disse con voce incerta.
Rogers aggrottò la fronte.
<< Non sarete imparentata con i Compton di Hispaniola? >> domandò.
<< Voi li conoscete? >> chiese nervosamente Beatrice.
Il Commodoro scosse il capo.
<< Solo di fama >> rispose.
Lei parve rasserenarsi.
<< Sì >> disse allora, << con i Compton di Hispaniola >>.
 Rogers piegò il capo in un accenno di riverenza e si prodigò in un inchino per indicarle la scialuppa che li attendeva poco più in là.
<< Dopo di voi, miss Compton >> la invitò.
Beatrice si diresse di gran carriera alla volta della scialuppa senza neppure degnarlo di uno sguardo e il Commodoro non poté fare altro che affrettarsi a seguirla, reggendosi il cappello sulla testa.
<< Prego, miss >> le porse la mano per aiutarla a salire sull’imbarcazione; Beatrice la prese e si issò a bordo, mentre lui iniziò a spingere la poppa della scialuppa per riportarla in mare, lasciandosi dietro una scia nella sabbia. Quando l’acqua sommerse del tutto i suoi stivali, Rogers scavalcò agilmente la fiancata della barca e prese posto sulla traversina di fronte alla ragazza.
<< Commodoro, eh? >> domandò Beatrice incuriosita. << Che cosa vi ha spinto ad unirvi ad una ciurma di pirati, signore? Se non sono inopportuna >> aggiunse con fare vagamente beffardo.
<< Vendetta nei confronti di un altro pirata >> rispose Rogers semplicemente, sistemando i remi negli scalmi ed iniziando a remare alla volta del Fallen Angel. << E voi, invece? Come mai siete qui? >>
<< Sono stata rapita >> spiegò lei con lo stesso tono tranquillo che avrebbe utilizzato per parlare del tempo. << Da Hector Barbossa, il capitano della Queen Anne’s Revenge. Che vuole uccidermi >>.
<< Ah >> commentò il Commodoro, << capisco >> asserì atono.
Dopo poco, la prua della scialuppa andò a cozzare contro il fianco del veliero. Rogers si alzò in piedi ed aiutò Beatrice a fare lo stesso, poi la afferrò per la vita e la sorresse mentre lei si inerpicava con qualche difficoltà su per le scalette che risalivano lungo la fiancata del Fallen Angel.
<< Perdonate tanta confidenza, miss >> mugugnò il Commodoro tentando di sostenerla, mentre lei gli piantava un piede in faccia senza troppi complimenti. << Avrei dovuto precedervi al fine di evitare situazioni sconvenienti, ma … >>
<< Chiudete il becco, Commodoro >> tagliò corto Beatrice, proseguendo nell’arrampicata, << e reggetemi stretta, o questo vestito infernale mi trascinerà sul fondo degli abissi, che io sia dannata! >>
Inveendo mentalmente contro l’individuo a cui era venuta la brillante idea di inventare le gonne, Beatrice riuscì finalmente a raggiungere la balaustra del Fallen Angel, stremata, e afferrò la mano che le veniva offerta per issarsi oltre il parapetto e salire sul ponte.
<< Grazie >> ansò affannata, << molto gentile … >> alzò gli occhi per guardare in volto il suo soccorritore e per poco non ricadde in acqua dalla sorpresa.
<< Non c’è di che, mia cara >> replicò Barbossa sogghignando orribilmente.
Beatrice emise un verso disgustato e tentò in tutti i modi di sottrarre la sua mano dalla stretta del pirata, ma senza risultati.
Dietro di lei, intanto, anche il Commodoro Rogers aveva raggiunto il ponte e Barbossa si voltò a guardarlo, sempre tenendo stretta Beatrice.
<< Vi ringrazio dal più profondo del cuore per avermela riportata sana e salva, Commodoro >> declamò con fare melodrammatico, << non so proprio che cosa avrei fatto se avessi perso la cara miss Compton, qui >> sgranò gli occhi azzurri con fare decisamente malvagio e strattonò con veemenza il braccio di Beatrice, facendola barcollare.
<< Lasciatela andare subito, signore, o ve ne farò pentire amaramente >> ribatté Rogers con glaciale compostezza.
Beatrice gli scoccò uno sguardo sorpreso, mentre il ghigno dipinto sul volto di Barbossa si allargò.
<< Come volete >> replicò in tono affettato. << Non è mia intenzione indurre un gentiluomo come voi a compiere qualche gesto sconsiderato a causa di una avvenente fanciulla >> lanciò al Commodoro un’occhiata sardonica e lasciò andare Beatrice all’improvvisò, spingendola in malo modo verso di lui, che ne intercettò la caduta e la prese al volo tra le braccia; poi il pirata girò sui tacchi e si avviò sghignazzando lungo il ponte, le piume del grande cappello che ondeggiavano nella brezza.
<< Quantomeno avventato da parte vostra >> commentò freddamente Beatrice, guardando negli occhi il Commodoro. << Non ho bisogno di essere difesa, sapete? >>
<< Ne sono convinto >> rispose Rogers, ammiccando lievemente senza smettere di abbracciarla. << Effettivamente, ve la stavate cavando benissimo da sola. Consideratela dunque come una deformazione professionale da parte mia, miss Compton >>.
Lei si lasciò sfuggire un sorriso.
<< Chiamatemi pure Beatrice, Commodoro >>.
<< Certo, miss Compton. Volevo dire: Beatrice >>.
 
Il Capitano Teach aveva convocato Jack e Barbossa nel suo alloggio per discutere del tragitto che avrebbero dovuto seguire. Erano seduti tutti e tre attorno al tavolo al centro della cabina, che era stato nottetempo riparato dopo il rovinoso capitombolo del Commodoro Rogers, e se ne stavano chini su una mappa raffigurante l’isola di Andros.
<< Noi siamo qui >> annunciò Angelica, picchettando con un dito su un punto della cartina. << Secondo le mie ricerche, il tesoro si trova nascosto qui >> indicò un luogo piuttosto lontano sulla mappa, << quindi per raggiungerlo dovremo circumnavigare il litorale e … >>
<< Le tue ricerche si stanno rivelando quantomeno imprecise >> la interruppe Barbossa con fare sprezzante. << Il tesoro di Morgan è nascosto in una caverna al centro dell’isola il cui ingresso può essere raggiunto solo risalendo il fiume >> dichiarò, facendo correre l’indice nodoso lungo una serpeggiante striscia blu che tagliava in due la foresta. << Perciò io dico di dirigerci fino alla foce con un gruppo di scialuppe >>.
<< Fammi indovinare >> esclamò Jack mentre si sventolava con due ventagli contemporaneamente, i piedi incrociati sul tavolo davanti a sé, << per farlo dovremo attraversare di nuovo quella palude maledetta maledettamente maleodorante? >>
<< Oh, no >> rispose Barbossa sogghignando. << Per farlo dovremo passare in mezzo ai Denti di Squalo, questo gruppo di scogli quaggiù >> spiegò, additando alcuni triangolini dall’aria quanto mai appuntita che si trovavano al largo della costa est e attorno ai quali erano state dipinte una moltitudine di carcasse di navi.
Jack storse la bocca.
<< Che bello >> mormorò sarcastico. << Non so perché, ma qualcosa mi dice che sarebbe meglio non farlo, dico bene? Non so, forse sono tutte quelle navi dall’aria affondata sparpagliate lì in giro: hanno un non so che di lugubre >> vi accennò con una smorfia crucciata agitando verso di esse le dita inanellate.
Angelica si sporse per osservare la bussola magica che teneva appoggiata accanto a sé: l’ago puntava in direzione nord-est, esattamente verso il luogo menzionato da Barbossa.
<< E va bene >> acconsentì. << Qual è il piano? >>
<< Con le navi raggiungiamo i Denti di Squalo e li attraversiamo >> Barbossa afferrò due modellini raffiguranti altrettante navi in miniatura e li sospinse sulla cartina fino agli scogli in questione, << poi attracchiamo a riva, ci incamminiamo nella foresta verso la foce del fiume e lo risaliamo con le scialuppe >>.
<< E la grotta? >> incalzò Angelica. << Come vi si accede? >>
Barbossa sghignazzò con dileggio.
<< Capitano Teach, se ti dicessi tutto adesso, a cosa ti servirei dopo? >> domandò fingendosi amareggiato. << Ogni cosa a suo tempo >>.
<< Giusto >> convenne Jack; Angelica lo fulminò con un’occhiataccia.
<< Ad ogni modo, chi ti ha parlato del tesoro di Morgan? >> domandò Barbossa rivolto alla donna, sforzandosi di ignorare i continui screzi tra i due.
<< Mio padre >> spiegò lei.
<< E come contavi di raggiungerlo se non sei a conoscenza della sua esatta ubicazione? >> insistette il pirata, inarcando le sopracciglia con fare inquisitorio.
Angelica sogghignò.
<< Sapevo che qualcuno sarebbe giunto per darmi una mano >> rispose compiaciuta. << A Grog certe volte capita di avere degli … attacchi di previsione del futuro, per così dire. Basta saperli sfruttare a proprio vantaggio >> ammiccò con fare significativo.
<< Quindi il vecchietto ti ha predetto il nostro arrivo? >> domandò Jack sgranando gli occhi, vagamente impressionato.
<< Ha profetizzato la venuta di due antichi nemici che si sarebbero rivelati molto utili, sì. E infatti eccovi qui >> replicò Angelica soddisfatta.
Jack si imbronciò.
<< Io sono un nemico più antico di lui! >> esclamò offeso, accennando a Barbossa con sdegno. << Non è giusto! >>
<< Ci sono molti tesori che farebbero gola a qualsiasi bucaniere degno di questo nome >> replicò Barbossa senza badare ai commenti di Capitan Sparrow, << perché cerchi proprio quello di Morgan? >> domandò sospettoso.
<< Questo non è affar tuo, vero, Hector Barbossa? >> ribatté freddamente Angelica. << Ogni cosa a suo tempo >>.
Barbossa scosse il capo e ridacchiò, ma nei suoi occhi azzurri baluginò un lampo sinistro.
<< Che strana situazione, no? >> buttò lì Jack, rigirandosi un ventaglio tra le dita. << Si direbbe che io non vi serva a niente, quindi … tolgo il disturbo >> fece per alzarsi, ma Angelica fece correre una mano alla tasca interna del cappotto e ne tirò fuori una bambolina dall’aria terribilmente familiare, che sbatté con malagrazia sul tavolino proprio davanti a Jack; lui arricciò le labbra, seccato.
<< Te la ricordi questa, Jack? >> domandò la donna con voce flautata, alludendo alla bambolina vodoo che lo rappresentava.
<< Ciao >> disse Jack rivolto al pupazzetto, levando una mano in segno di saluto senza particolare entusiasmo e scoprendo i denti in una smorfia tirata.
<< Tu devi venire con noi, non vai da nessuna parte >> affermò Angelica con gli occhi scuri ridotti a minacciose fessure. << Grazie a questa sei in mio potere, posso farti fare tutto ciò che voglio: se solo mi aggradasse potrei costringerti ad uccidere lui >> proseguì, indicando Barbossa con un cenno del mento, << qui, su due piedi. O peggio! >>
<< Peggio di ucciderlo? >> ripeté Jack sconcertato. << Non vorrai mica costringermi a baciarlo! >> esclamò disgustato.
Barbossa alzò gli occhi al cielo.
<< No >> replicò Angelica, << ma potrei fare in modo che tu ti uccida da solo >> si protese sul tavolo verso di lui. << Con le tue stesse mani >> aggiunse con voce roca.
Jack sobbalzò e si guardò le mani con aria preoccupata, come se si aspettasse che potessero strozzarlo da un momento all’altro.
<< D’accordo >> acconsentì, << le tue argomentazioni sono, invero, alquanto convincenti. Credo che verrò anch’io a fare una scampagnata alla volta degli scogli della morte, dopotutto, eh? Non riesco proprio ad immaginare un luogo migliore dove andare a sfracellarsi con la propria nave >> ridacchiò nervosamente. << Quando si parte? >>
<< Seduta stante >> rispose Angelica con un ghigno.
Jack e Barbossa si scambiarono uno sguardo.
 
<< Capitano … tutte quelle leggende che circolano sui Denti di Squalo … sul fatto che sono infestati dagli spiriti e tutto il resto … sono solo … ehm … storie, vero? >> domandò nervosamente Pintel.
<< Ogni leggenda ha un fondamento di verità >> ribatté Barbossa scrutando l’orizzonte, il vento che gli sferzava il viso, mentre la Queen Anne’s Revenge veleggiava velocemente alla volta di quel luogo misterioso. << Altrimenti da dove prenderebbero spunto certe storie? >>
<< Ah >> commentò Pintel, per niente rassicurato; lanciò un’occhiata in tralice a Ragetti, che gli fece segno di proseguire. << E capitano … è vero che sono praticamente insuperabili ed ogni singola nave che ha mai tentato di attraversarli è colata a picco? >>
<< No >> replicò Barbossa, voltandosi a guardarlo con un ghigno, << una c’è riuscita >> asserì ammiccando.
Pintel e Ragetti assunsero per un attimo un’aria sollevata, poi assimilarono a dovere le parole del capitano e sui loro volti si dipinsero un paio di espressioni angustiate.
<< E chi, di preciso? >> chiese Pintel tormentandosi le mani. << Chi è riuscito ad attraversarli? >>
<< Morgan >> rispose Barbossa con voce ringhiante, volgendo di nuovo lo sguardo dritto davanti a sé, << con la Storm Belt. E noi tenteremo di emulare la sua impresa >>.
Pintel e Ragetti si congedarono dal capitano ed iniziarono a confabulare tra loro mentre camminavano sul ponte.
<< Sbaglio, o “tenteremo” non suona bene come “ce la faremo”? >> constatò Pintel a denti stretti.
<< Ma-magari andrà tutto bene. Forse tutte quelle altre navi hanno fatto una brutta fine s-solo perché i loro capitani non le conducevano con prudenza >> balbettò Ragetti speranzoso. << Sai, può darsi che fossero ubriachi >>.
<< Hai ragione >> concordò Pintel acido, << perché solo ad un ubriaco verrebbe in mente di attraversare quel tratto di mare! >>
Jack, che aveva ascoltato la loro conversazione da lontano, si scostò dalla balaustra contro alla quale se ne stava appoggiato e si diresse con andatura ondeggiante sino al cassero di poppa, da dove Barbossa stava governando la nave.
<< Capitan capitano >> esclamò, mettendosi sull’attenti in maniera quantomeno sbilenca, << noto nella ciurma una certa serpeggiante quanto divagante e crescente sensazione di inquietudine >> annunciò. << Sei proprio sicuro che dobbiamo gettarci nella bocca dello Squalo? >> domandò abbassando la voce.
Barbossa gli scoccò uno sguardo sprezzante.
<< La rivuoi la Perla sì o no? >> lo interrogò aspro.
Jack, sentendo nominare la sua amatissima nave, annuì convulsamente.
<< Sì, eccome! >> garantì con foga.
<< E allora, se necessario, ci faremo ingoiare dallo Squalo >> replicò Barbossa sgranando gli occhi. << Se vogliamo prenderci quell’idiota di un bocor dobbiamo rispettare i patti. O, perlomeno, dare l’impressione di rispettarli >> aggiunse con una malvagia alzata di spalle.
<< Ma non c’è nessun altro che potrebbe liberare il Barone a parte questo Arson? >> domandò Jack. << Che ne so … tu sei rimasto in buoni rapporti con Tia Dalma? >> tentò speranzoso.
<< C’è solo Arson >> replicò Barbossa in tono lugubre. << Tra una sbronza e l’altra è solo un vecchio babbeo, ma da ubriaco è lo stregone più potente di tutti i Caraibi. Solo lui può affrancare Baron Samedi dalla sua prigione >>.
Jack emise un sospiro profondo, afflitto.
Intanto, man mano che avanzavano, l’atmosfera intorno a loro cominciò a farsi sempre più cupa: il sole si inabissò progressivamente dietro la linea dell’orizzonte ed il mare si andò via via ingrigendo, finché non si ridusse ad una confusa distesa nebbiosa.
La Queen Anne’s Revenge con il Fallen Angel al seguito brancolavano in un denso banco di foschia, che sembrava strisciare sotto i vestiti dei marinai ed infilarsi fin dentro le loro ossa; tutt’intorno risuonavano suoni inquietanti e misteriosi, simili alla strana eco che si ode appoggiando l’orecchio ad una conchiglia o al lamento di qualche animale ferito, e tutti tenevano gli occhi spalancati nel tentativo di intravedere qualcosa che non fosse caligine, rabbrividendo di freddo e di paura, senza riuscire a scorgere nulla a parte ombre indistinte e minacciose.
<< La leggenda vuole >> esordì il signor Gibbs ad un certo punto, scrutando torvamente i volti dei suoi compagni, << che in queste acque alberghi una creatura. I Denti di Squalo sono la dimora di un mostro, un mostro orribile e famelico, assetato del sangue di marinai. Esso si diletta a spazzare via la nave da sotto ai tuoi piedi, prima di trascinarti sul fondo del mare per banchettare con le tue ossa! >> sputò rumorosamente per terra e molti altri lo imitarono a più riprese, spaventati, riempiendo il ponte di saliva.
Si udì un forte scricchiolio ed un brivido collettivo attraversò la ciurma; i pirati si scrutarono attorno guardinghi, abbracciando strette le loro armi. Qualcuno stava pregando a bassa voce, qualcun altro si stava prodigando in vari gesti di scongiuro ed altri ancora tremavano e basta.
<< D-di che mostro si tratta? >> domandò Ragetti con voce flebile, deglutendo sonoramente.
Gibbs si voltò a guardarlo con le palpebre ridotte a minacciose fessure.
<< Nessuno lo sa >> rispose con voce roca, << perché nessuno è mai tornato indietro per raccontarlo >> sputò per terra ancora una volta e nuovamente molti lo imitarono, producendo un gran rumore di sputacchi; Jack ne approfittò per voltarsi e sputare sullo stivale di Barbossa.
<< Un racconto degno di una donnicciola paurosa, signor Gibbs >> ringhiò quest’ultimo dall’alto del cassero di poppa dove stava reggendo il timone, scrutando la ciurma sotto di lui con gli occhi malevolmente spalancati. << E ditemi, da dove pensate che provengano queste storielle che vi dilettate tanto a narrare, se mai nessuno è tornato indietro per raccontare ciò che ha visto? >>
Gibbs aprì la bocca per ribattere, ma la richiuse subito, turbato.
Barbossa ghignò con l’aria di chi la sapeva lunga.
<< Esattamente >> commentò. << Voglio essere sincero con voi, ciurmaglia >> ruggì, << queste acque sono infestate da bestie infernali, demoni che la maggior parte di voi molluschi non si sognerebbe di vedere nemmeno nei suoi peggiori incubi, che fremono dalla voglia di assaggiare le vostre budella! >>
 Dalla ciurma si levarono gemiti di panico e strepiti vari e qualcuno scoppiò in lacrime.
<< Forse sarebbe stato meglio se fossi stato un tantinello meno sincero >> gli sussurrò Jack all’orecchio.
<< Ma ci tengo anche a dirvi >> proseguì Barbossa con voce tonante, << che noi solchiamo questi mari stregati a bordo di una nave malvagia, una nave che incute terrore e fa rabbrividire persino il più spaventoso dei mostri! Questa nave strappata con il sangue si porta appresso una scia di sangue e noi uomini valorosi la conduciamo con ardimento alla volta della nostra meta! Non v’è paura che attanagli i nostri cuori mentre calpestiamo queste tavole che si piegano al nostro comando! Non v’è terrore nei nostri sguardi quando essi si posano sul grugno squamoso di qualche essere immondo! >>
Un velo di speranza misto ad orgoglio iniziò a serpeggiare tra gli uomini sul ponte, che si lasciarono sfuggire tiepide grida di assenso.
<< Sì! >>
<< Ben detto! >>
<< E allora >> proseguì Barbossa in un ringhio infervorato, << andremo incontro alle sfide che si annidano tra i flutti tremando come conigli spauriti o le affronteremo a testa alta, da intrepidi lupi di mare? >>
<< Da conigli! >> urlò in risposta Pintel; tutta la ciurma si voltò nella sua direzione per fulminarlo con lo sguardo. << Volevo dire: da lupi di mare! >> si affrettò a rettificare, sorridendo nervosamente.
<< Da lupi di mare! >> esclamò Scrum, levando un pugno in aria.
<< Da lupi di mare! >> gridò il signor Gibbs con gli occhi che brillavano.
<< Da lupi di mare! >> strepitarono i pirati, agitando le armi sopra la testa.
<< Da lupi di mare morti! >> borbottò tra sé e sé Jack. << Sei un grande oratore, Hector, non c’è che dire >> aggiunse rivolto a Barbossa, che aveva assunto un’aria a dir poco soddisfatta, << hai mai pensato di intraprendere una carriera nella politica? >>
Barbossa gli lanciò un’occhiata sardonica.
<< Che c’è, Jack? Non ti fidi? >> domandò con un ghigno sbilenco. << Oppure hai soltanto paura? >> lo schernì sgranando gli occhi.
Jack emise un verso sprezzante.
<< Tsk! Paura? Io? >> esclamò scettico. << Ah, no. Fifa, semmai. E comunque mi chiedevo soltanto quanto di ciò che hai appena rifilato a quei poveracci corrisponde a veritiera verità >> replicò.
Barbossa assunse per un attimo un’aria pensosa.
<< Un buon terzo >> rispose poi, sogghignando sarcastico.
<< Ciò è quanto mai rassicurante >> commentò Jack arricciando le labbra.
Nel frattempo, a bordo del Fallen Angel, la ciurma svolgeva le sue mansioni in religioso silenzio, quasi che gli uomini temessero che un solo rumore avrebbe potuto compromettere la strana calma che si era andata a creare.
<< Siamo entrati nei Denti di Squalo, capitano >> comunicò il Commodoro Rogers rivolto ad Angelica, additando la sagoma scura di un enorme scoglio che si intravedeva nella nebbia.
Lei annuì.
<< Siamo nelle mani di Grog >> replicò seria, << possiamo solo sperare che faccia bene il suo lavoro >>.
Il Commodoro sospirò e si schiarì la gola con scetticismo.
<< Chissà perché ciò non mi rassicura affatto >> commentò freddamente.
Poco più in là, Beatrice se ne stava appoggiata con i gomiti contro il parapetto ed osservava con un nodo in gola il fosco paesaggio che li circondava; qua e là facevano capolino dal mare ferrigno gli incombenti profili di scogli affilati come zanne, che davano davvero l’impressione di provenire dalla bocca di qualche squalo gigantesco.
La ragazza era finalmente riuscita a liberarsi del vestito che aveva rubato a Lady Sophia quelli che ormai le sembravano secoli prima e adesso indossava una blusa bianca ed un paio di calzoni di tela, entrambi appartenenti al Capitano Teach, che si era gentilmente offerta di ospitarla sul suo veliero per tutta la durata del viaggio; Barbossa aveva acconsentito, a patto che non la perdessero mai di vista e così, adesso, Beatrice era finalmente libera di starsene sul ponte a guardarsi intorno senza che nessun pirata zombificato la trattenesse o che qualche sacco puzzolente le oscurasse la visuale.
Angelica le si avvicinò sorridendo; era una donna bellissima, fiera ed indomita, e Beatrice provava una simpatia atavica nei suoi confronti, poiché le ricordava in qualche modo sua madre.
<< Tutto bene? >> le domandò con il suo tipico accento.
La ragazza annuì, ma si lasciò sfuggire un sospiro nervoso.
<< Potrebbe andare meglio >> rispose. << Sono piuttosto agitata, a dire il vero >>.
<< Questo è comprensibile >> commentò Angelica scrollando appena le spalle. << Ti riterrei una sciocca se non lo fossi >> aggiunse, scrutando la nebbia di fronte a sé.
Beatrice osservò il suo profilo altero, con il cappello piumato che le conferiva un’aria minacciosa ed i lunghi capelli che frusciavano nella brezza.
<< Capitano Teach, posso farvi una domanda? >> chiese ad un certo punto.
Angelica si voltò a guardarla.
<< Certo >> assentì.
<< Come mai conoscete Barbossa? >>
Un’ombra scura attraversò il viso del Capitano Teach ed i suoi occhi scuri dardeggiarono d’odio.
<< Ha ucciso mio padre >> spiegò a denti stretti.
<< E perché vi siete alleata con lui per trovare il tesoro di Morgan, allora? >> incalzò Beatrice senza capire. << Voglio dire: avreste potuto ucciderlo subito, vendicare vostro padre … >>
Sul volto di Angelica si dipinse un sorriso malvagio.
<< La vendetta è un’arte sottile, miss Beatrice, e può essere adempiuta in molti modi >> rispose enigmatica, << molti dei quali non necessariamente così appariscenti >>.
Beatrice aggrottò la fronte, confusa, ma il Capitano Teach non aggiunse altro e si accomiatò da lei con un brusco cenno del capo, incamminandosi lungo il ponte alla volta del castello di prua senza smettere di sogghignare.
Beatrice sospirò profondamente e si voltò, dando le spalle al mare; davanti a lei, con la schiena appoggiata all’albero maestro, se ne stava seduto a gambe incrociate il vecchio stregone di nome Grog Arson: aveva gli occhi chiusi e l’espressione insolitamente concentrata. Respirava profondamente, sollevando e abbassando il petto rugoso, e Beatrice si rese conto con un brivido che il ritmo del suo respiro coincideva esattamente con quello con cui il Fallen Angel avanzava.
<< Speriamo che non starnutisca >> commentò amaramente il Commodoro Rogers, che aveva già notato il fenomeno.
Beatrice si voltò a guardarlo con gli occhi sgranati.
<< E’ … è lui? >> balbettò alludendo ad Arson. << E’ Grog che sta spingendo la nave? >>
Rogers annuì e la raggiunse accanto alla balaustra, osservando impettito la bruma davanti a sé.
<< Ci sta guidando tra gli scogli >> spiegò senza guardarla, << altrimenti sarebbe impossibile governare la nave in queste condizioni così sfavorevoli >>.
<< E’ tutto talmente strano >> mormorò Beatrice scuotendo lievemente il capo, << fino a poco tempo fa non avrei mai creduto possibile che potessero capitarmi tutte queste cose >>.
Rogers si voltò verso di lei con le sopracciglia appena inarcate e la sua espressione severa parve addolcirsi un poco.
<< Deve essere stato molto difficile per voi >> asserì, << ve ne sono successe di tutti i colori, da quanto mi è sembrato di capire. Essere stata rapita da quei pirati … >>.
<< Oh, sì, ma non parlavo del rapimento. Quello non è stato poi così spaventoso >> replicò lei scrollando le spalle; Rogers la fissò con tanto d’occhi. << E’ solo che non sopporto la stregoneria, mi fa venire i brividi >> rabbrividì appena e sputò oltre il parapetto.
<< Parole bizzarre per la figlia di un Governatore >> commentò Rogers. << Siete una ragazza decisamente singolare, miss Beatrice >> aggiunse con un mezzo sorriso.
<< E’ un bene o un male? >> domandò lei sogghignando.
<< Un bene, senz’altro un bene >> replicò il Commodoro. << Almeno per quanto mi riguarda >>.
Beatrice gli dedicò un gran sorriso.
All’improvviso, però, la nave fu attraversata da un violentissimo scossone ed il Fallen Angel beccheggiò in modo spaventoso, rischiando di capovolgersi; gran parte della ciurma finì gambe all’aria, Beatrice piombò addosso a Rogers, mentre Arson iniziò a sudare, la fronte aggrottata, tentando di riportare il veliero in asse.
<< Cos’è successo? >> boccheggiò Beatrice spaventata.
<< Uno scoglio >> replicò il Commodoro, << c’è mancato poco >>.
Ci volle qualche istante prima che i due si rendessero conto di essere abbracciati.
<< Oh, cribbio >> sogghignò Beatrice, << sono una tale sbadata: è la seconda volta, oggi, che finisco tra le vostre braccia >> inarcò beffardamente le sopracciglia all’indirizzo del Commodoro.
<< Figuratevi >> disse Rogers, << voi … ehm … potete cadermi addosso quando più vi aggrada >> aggiunse, schiarendosi nervosamente la voce.
<< Il rum! >> ruggì ad un tratto il Capitano Teach, facendo sobbalzare i due, che fecero un passo indietro e si separarono. << Ci vuole altro rum! >>
Padre Fernandez si districò dal cumolo di marinai sotto al quale era caduto e corse a riempire il bottiglione di rum che giaceva vuoto accanto a Grog.
<< La mano del destino >> sussurrò il vecchio stregone con un filo di voce, << la mano del destino è su colei che ha il ghiaccio negli occhi e il fuoco nel cuore e divampa la fiamma del fato attorno a lei. A grandi cose è destinata, a grandi pericoli va’ incontro. I lontani mari d’Oriente solcando e la rinascita cercando. Dalle ceneri risorge e dalla morte fugge. Colei che ha su di sé la mano del destino ha il ghiaccio negli occhi e il fuoco nel cuore >>.
Ma nessuno riuscì a sentirlo.
Il Fallen Angel e la Revenge avanzavano piano tra gli scogli, il primo sotto l’influsso magico di Arson, la seconda guidata da Barbossa, che si era piazzato accanto al timone ed agitava in aria la sua sciabola stregata; la nave obbediva ad ogni suo movimento, scricchiolando e gemendo, il trinchetto si bracciava da solo e le cime strisciavano lungo il ponte come serpi, costringendo la ciurma a saltellare da una parte all’altra per schivarle.
Improvvisamente, il fondale incominciò a tremare producendo un gorgoglio sordo e l’acqua prese a ribollire e a schiumare; l’equipaggio corse ad affacciarsi alle balaustre per osservare cosa stesse accadendo, ma la nebbia rendeva sfocata ogni cosa ed era possibile intravedere soltanto ombre confuse e vorticanti che si agitavano fuoribordo.
<< Maria madre di Dio! >> esclamò il signor Gibbs con aria stravolta. << Sbaglio o quello scoglio si è appena mosso? >> domandò, additando con mano tremante una sagoma scura poco distante.
Un borbottio impaurito si levò dalla ciurma mentre i pirati allungavano il collo per guardare meglio.
Intanto, strani tonfi provenienti dal fondo del mare facevano vibrare il legno dello scafo ad intervalli regolari.
<< S-somiglia al battito di un cuore >> balbettò Ragetti impaurito, tremando come una foglia. << U-un cuore gigantesco >>.
Da un punto imprecisato oltre il parapetto di dritta provenne uno scroscio sonoro: i pirati corsero in quella direzione appena in tempo per avvistare un grande scoglio inabissarsi in mare, come se fosse stato improvvisamente risucchiato giù, innalzando un’imponente muraglia d’acqua e scomparendo alla vista.
<< Oh mannaggia >> commentò Jack scoprendo i denti. << Ho davvero visto ciò che ho appena visto o sbaglio a pensare di averlo visto? >>
Ma Jack non sbagliava: la ciurma al completo aveva assistito al fenomeno e, ben presto, molti altri scogli vennero risucchiati sott’acqua, sempre più velocemente, finché il mare non iniziò ad incresparsi e grandi onde presero a squassare le imbarcazioni.
<< Hector! >> urlò Jack per sovrastare il fragore della tempesta. << Hai qualcosa da dire al riguardo? >>
Per tutta risposta, Barbossa afferrò il timone ed invertì bruscamente la rotta, facendo barcollare Capitan Sparrow, che per non cadere fuoribordo fu costretto ad aggrapparsi alla balaustra. E allora lo vide.
Qualcosa, qualcosa di enorme, stava emergendo dall’acqua: una voragine oscura si spalancò sotto la superficie del mare in corrispondenza delle due imbarcazioni ed una miriade di zanne iniziarono a fare capolino tutt’intorno. Con immenso orrore, Jack si rese conto che quelle zanne erano gli stessi scogli che si erano inabissati poco prima e che adesso erano attaccati alla bocca di un essere impensabilmente gigantesco, che si levò tra i flutti ruggendo in modo spaventoso, così forte da costringere i marinai a tapparsi le orecchie con le mani per non farle sanguinare.
Il mostro possedeva una pinna dorsale grande il doppio della Queen Anne’s Revenge, che si trovò ben presto totalmente oscurata dall’ombra da essa prodotta mentre l’immenso essere si agitava nell’acqua, dando vita a gorghi ed onde altissime.
<< Che diavolo è quell’affare? >> urlò Jack; il ponte era battuto da una pioggia sferzante e la nave dondolava come un ramoscello in mezzo al mare, inclinandosi pericolosamente ed imbarcando acqua da ogni lato.
<< Non lo vedi? >> ruggì di rimando Barbossa con gli occhi follemente sbarrati. << I Denti di Squalo ce lo dovranno pur avere uno Squalo a cui stare attaccati, no? >> scoppiò a ridere sguaiatamente, ma la sua risata fu sovrastata dal fragore prodotto dall’enorme Squalo che agitava l’orribile testone nel tentativo di azzannare la Revenge.  
Jack scoccò a Barbossa uno sguardo a dir poco orripilato, poi si voltò dall’altra parte e vide le zanne di roccia del mostro farsi sempre più vicine.
Barbossa sollevò la spada a mezz’aria e bracciò il trinchetto tutta a tribordo; la nave virò ed evitò la bocca dello Squalo per un soffio.
<< Batteria di dritta! >> latrò il capitano a pieni polmoni. << Preparate i cannoni, pronti a far fuoco! >>
Una moltitudine di bocche di cannone uscì da sola dai boccaporti di dritta; Barbossa sferzò l’aria davanti a sé con la sciabola e dai cannoni eruppero immense fiammate che investirono in pieno il muso dello Squalo, accecandolo.
La bestia emise un terribile strepito di dolore che fece accapponare la pelle a tutti i presenti ed iniziò a contorcersi, mentre le pupille gli andavano a fuoco come tizzoni giganti.
<< Caricare! >> ruggì Barbossa. << FUOCO! >>
Altre fiamme si levarono dai cannoni, stavolta ferendo la bestia su un lato del corpo; lo Squalo si inabissò sferzando un poderoso colpo di coda e grida di gioia si levarono dai marinai, convinti che il mostro fosse stato battuto.
<< Tornerà presto, branco di insulsi cani rognosi! >> gridò Barbossa, ponendo fine ai festeggiamenti. << Questo era solo un assaggio! >>
La Revenge ed il Fallen Angel si affiancarono mentre veleggiavano alla volta di meno mortali lidi, fuggendo più velocemente possibile.
<< Barbossa! >> urlò Angelica dal veliero. << Che cosa facciamo? >>
<< Ordina ad Arson di erigere una barriera protettiva, qualcosa che tenga lontano lo Squalo >> rispose Barbossa a gran voce.
<< E come dovrei … >> ma la donna non riuscì a terminare la frase perché una scossa violentissima squassò entrambe le imbarcazioni; Angelica cadde a terra e ruzzolò giù per le scalette del cassero di poppa, finendo sul ponte con un tonfo doloroso.
Si rimise svelta in piedi e corse verso Grog, che se ne stava abbracciato stretto all’albero maestro tracannando rum dalla sua bottiglia.
<< Grog! >> strepitò Angelica con voce rauca, afferrando il vecchio per le spalle e scrollandolo con veemenza. << Devi proteggerci dal mostro, devi tenerlo lontano con un muro di protezione! >>
Grog sorrise con aria ebete e si scolò un altro abbondante sorso di rum.
<< Come fatto, Capitano! >> replicò tra un singhiozzo e l’altro.
Proprio in quel momento, il ponte del veliero fu spazzato da un’ondata gigantesca che sommerse tutto e trascinò svariati marinai fuoribordo.
<< ADESSO! >> abbaiò Angelica, reggendosi all’albero maestro con tutte le sue forze.
Grog chiuse gli occhi ed un rombo lontano, simile al rumore di un tuono, iniziò a far vibrare l’aria, poi una sfera di luce scintillante avvolse le due navi, rischiarandole come un tenue bagliore d’alba.
La pinna dorsale dello Squalo affiorò nuovamente dall’acqua e prese a descrivere cerchi sempre più piccoli attorno alle imbarcazioni; il mostro riemerse e sollevò un’ondata gigantesca, che si abbatté contro il Fallen Angel e la Revenge con violenza inaudita, facendole cozzare l’una contro l’altra.
Lanciando un ruggito impressionante che fece tremare la terra fino in profondità, la bestia spalancò le fauci ed una voragine nera e pulsante, irta di zanne-scoglio, si aprì dinnanzi alle due imbarcazioni, pronta ad inghiottirle senza fatica; il fiato del mostro era pestilenziale, il puzzo peggiore che uomo avesse mai avuto la sfortuna di sentire, e la sua bava corrosiva faceva sfrigolare il legno con cui veniva a contatto.
Con un poderoso colpo di coda, lo Squalo scattò in direzione delle sue prede; il cielo venne oscurato dalla mole della creatura quando essa si librò sopra le teste dei marinai e torse il muso per serrare le sue mandibole su di loro.
Ma non ci riuscì: la barriera magica che Grog aveva eretto aumentò di luminosità fino a diventare abbagliante ed il mostro si schiantò contro di essa con un terribile scossone; la grande sfera di luce s’incrinò come vetro, poi esplose in una miriade di frammenti scintillanti producendo un potente boato. Lo Squalo si contorse e si dimenò, facendo schiumare il mare come un cane rabbioso, e venne scaraventato nuovamente nelle profondità degli abissi, dove sparì lanciando inquietanti gemiti.
Stavolta nessuno ebbe la forza di esultare o di mostrarsi in qualche modo allegro: erano tutti troppo spaventati e sfiniti, bagnati fradici e tremanti, e si limitarono ad osservare con gli occhi spalancati il punto in cui la bestia era sprofondata, trafelati.
Quando la Queen Anne’s Revenge e il Fallen Angel si allontanarono ed uscirono finalmente dal banco di nebbia, a prua apparve il contorno frastagliato della spiaggia che era la loro meta; alle loro spalle, invece, un enorme gorgo comparve nell’acqua e dal mare affiorarono nuovamente i Denti di Squalo, ritti nella foschia come se non si fossero mai mossi.
 
 

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Capitolo 10
*** Acque morte ***


Come al solito ringrazio tutti coloro che seguono, leggono, recensiscono e preferiscono questa storia. Buona lettura :D
PS Ho trovato la colonna sonora per Jack e Hector xD E' questa: http://www.youtube.com/watch?v=FlKcQdlM6mc



La costa era alta e rocciosa e pendeva a strapiombo sul mare; la Queen Anne’s Revenge ed il Fallen Angel furono ormeggiati al largo della scogliera ed i marinai condussero le scialuppe fino a riva, per poi accamparsi sulla spiaggia.
Vari falò furono accesi al limitare della foresta e pietanze più o meno commestibili furono messe a cuocere sul fuoco; spesso qualche sguardo correva ancora all’orizzonte, verso l’inquietante banco di nebbia che aleggiava perennemente attorno ai Denti di Squalo e che, si disse Beatrice, probabilmente era prodotto dal fiato della creatura stessa.
<< E’ un fenomeno di condensa >> spiegò Ragetti a Pintel, mentre lui ed il suo compare tentavano di cucinare allo spiedo un paio di noci di cocco. << Le goccioline prodotte dall’alito dello Squalo salgono in alto ed essendo più calde dell’aria circostante, e quindi più leggere, rimangono sospese, dando origine alla nebbia >>.
Pintel lo fissò a bocca spalancata con un’espressione alquanto ottusa dipinta sul volto.
<< Ma che bravo che sei! >> commentò impressionato. << Tu dovevi fare l’uomo di scienza, ecco che cosa dovevi fare! >>
Ragetti ridacchiò, lusingato, ma all’improvviso la sua noce di cocco prese fuoco e la conversazione si interruppe lì.
<< Be’, non si può certo dire che la vita del pirata non sia avventurosa >> borbottò mastro Gibbs che, seduto su un tronco accanto a Scrum, stava tracannando rum dalla sua inseparabile fiaschetta.
<< Ah no! >> replicò allegramente quello. << Ciò mi fa venire in mente una canzone >> cacciò da sotto il suo cappotto un mandolino che doveva aver visto tempi migliori e incominciò a suonare un’allegra melodia.
<< Oi, questa la cantiamo! >> esclamò Jack non appena udì il ritmo, schizzando in piedi con un tintinnio. Si schiarì la gola battendosi una mano sul petto ed intonò a gran voce: << I veri amici di noi Pirati ... che amano l'avventura ... noi siamo Pirati e ci piace perché la vita è fatta per noi ... YO OH! YO OH!>> si voltò verso Barbossa e lo indicò come per dire che toccava a lui.
<< La spada, il corvo, il mare! Pirati e corsari, gran filibustieri e gran bucanieri... >> ringhiò Barbossa sogghignando.
<< YO OH! BEVIAMOCI SU! >> urlarono in risposta tutti gli altri.
Ben presto, non ci fu pirata sulla spiaggia che, più o meno ubriaco, non stesse cantando a squarciagola la canzone, mentre Jack, ritto nel mezzo, si sbracciava per dirigere il coro:
Yo oh! Yo oh!
La spada è qui con me!
Rubiamo, assaltiamo, bruciamo, arraffiamo,
trinchiamo allegri yo oh!
Ci piace aggredire, imbrogliare e rapire,
trinchiamo allegri yo oh!
Yo oh! Yo oh!
La spada è qui con me!
Siamo pecore nere,
gente spietata …
Trinchiamo allegri yo oh!

<< Che spettacolo patetico >> brontolò burbero il Commodoro Rogers, calandosi il tricorno sugli occhi e sdraiandosi sulla sabbia nel tentativo di dormire. << Vedere uomini adulti che strillano come avvoltoi e si rendono ridicoli nel nome di un ignobile ideale quale la pirateria >> sputò quella parola con sdegno, palesemente disgustato. << A dir poco indecoroso >>.
<< Farete meglio a procurarvi dei tappi per le orecchie, allora >> lo rimbrottò Angelica guardando di sottecchi Jack, che si era messo a ballare come un forsennato attorno al falò, brandendo una bottiglia di rum già mezza vuota. << Oppure spero per voi che abbiate il sonno pesante, perché continueranno per tutta la notte, questo è certo >> ghignò malvagiamente e le ombre danzanti che le fiamme proiettavano sul suo bel viso la resero per un attimo davvero spaventosa.
Rogers borbottò qualcosa riguardo a certi individui poco raccomandabili e quanto mai stonati, dopodiché si sistemò alla bell’e meglio sul suo giaciglio improvvisato, voltandosi caparbiamente dall’altra parte e dando le spalle alla penosa scenetta che stava avendo luogo dietro di lui.
Quando anche Jack, l’ultimo dei bucanieri rimasto sveglio, crollò a faccia in giù nella sabbia russando sonoramente, Beatrice si tirò a sedere nella fievole luce prodotta dalle braci morenti e si guardò attorno: tutti ronfavano beatamente e non c’era anima viva che potesse vederla, così, stando bene attenta a non svegliare nessuno, strisciò carponi fino a Barbossa, che stava dormendo poco più in là a braccia conserte, con il cappello calato sul volto.
Beatrice aveva in mente un piano estremamente audace e rischioso, ma attuabile: voleva fare fuori Barbossa e scappare con il Capitano Teach, entrando a far parte della sua ciurma di corsari per prendere finalmente il posto che le spettava di diritto a bordo di una nave e che sua madre le aveva così ingiustamente negato.
Frugò nella tasca dei calzoni e ne estrasse un piccolo pugnale: l’aveva sottratto durante la cena dalla saccoccia di quel buono a nulla di Ragetti, che non se n’era accorto minimamente, impegnato com’era a tentare di spegnere la sua stupida noce di cocco.
La ragazza si curvò su Barbossa con gli occhi ridotti a fessure, concentrata, brandendo il pugnale: il pirata riposava a braccia conserte in una posizione che avrebbe reso impossibile colpirlo al cuore; conoscendolo, doveva essere una tattica appositamente studiata per evitare di essere pugnalato durante la notte.
Avrebbe potuto sgozzarlo, se solo avesse saputo esattamente da che parte stava la giugulare, ma quella stupida barbetta ispida le oscurava la visuale e l’idea di ferirlo e basta non le andava minimamente a genio: le conseguenze sarebbero state a dir poco spiacevoli.
Così, con estrema delicatezza, Beatrice afferrò il braccio di Barbossa e lo spostò un poco, in modo da scoprire il petto del pirata. Quello emise un debole grugnito e fece schioccare le labbra un paio di volte; Beatrice trattenne il fiato e si irrigidì, ogni muscolo teso per l’apprensione, ma Barbossa borbottò qualcosa d’incomprensibile e riprese a russare tranquillamente.
La ragazza tirò un sospiro di sollievo e si arrischiò a spostare il braccio un altro po’; il suo sguardo fu catturato da qualcosa che brillava sotto il soprabito di Barbossa: scostò con cautela un lembo del colletto della camicia, rivelando un pendaglio d’argento finemente lavorato.
Beatrice aggrottò la fronte, interessata, e prese il ciondolo in mano, sfiorando le elaborate linee degli intarsi con il polpastrello del pollice.
Fu allora che Barbossa si svegliò; spalancò gli occhi azzurri all’improvviso e schizzò repentinamente a sedere, afferrandola per il polso. Beatrice non fece neppure in tempo ad urlare dallo spavento che si ritrovò una pistola puntata alla tempia.
<< Tu >> ringhiò minaccioso il pirata. << Piccola serpe velenosa, che cosa stavi facendo? >>
La ragazza boccheggiò, colta alla sprovvista, e lo sguardo di Barbossa si posò sul pugnale che lei teneva in mano.
<< Io … >> balbettò Beatrice con voce tremante, mentre Barbossa la squadrava con astio, << … voi … voi avevate una macchia >> buttò lì ridacchiando nervosamente. << Qui, sul vostro ciondolo, vedete? E’ tutto incrostato ed è un vero peccato, perché è proprio un gran bell’oggetto, perciò mi sono detta … “e che diavolo, diamogli una bella ripulita!”, e ve lo stavo giusto pulendo con il coltello, così >> afferrò di nuovo il pendaglio e, sfoggiando un sorriso tirato, iniziò a passare la punta del pugnale in mezzo alle intarsiature serpentiformi per liberarle dalla sporcizia. << Visto? >>
Barbossa inarcò le sopracciglia e fece scattare il cane della pistola; Beatrice deglutì a vuoto.
<< Un eccesso di zelo, da parte tua >> commentò sarcastico. << Chi ti ha mandata, eh? >> domandò scrollandola. << Teach? E’ stata lei? >>
<< No >> soffiò la ragazza in risposta, << è stata una mia idea … quella di ripulirvi il ciondolo >> aggiunse in fretta.
<< E sentiamo >> sibilò Barbossa tirandola a sé; Beatrice si dimenò e tentò di divincolarsi, disgustata, mentre lui le accarezzava il collo con la fredda canna della pistola, << che cosa avevi intenzione di fare dopo avermi ripulito il ciondolo, mh? Dimmi, sono curioso! >> incalzò strabuzzando gli occhi.   
<< Non è affar vostro! >> replicò lei furibonda.
<< Oh, io penso di sì, invece >> affermò lui ghignando malvagiamente, << non sono riemerso dal regno dei morti per farmi ammazzare da una sgualdrinella impudente come te, miss Compton. Adesso dovrò ucciderti, lo sai questo, vero? >> domandò fingendosi costernato. << Per evitare che spiacevoli incidenti come questo capitino in futuro >> le strappò di mano il pugnale e la spinse sulla sabbia, dove Beatrice cadde con un tonfo sordo.
<< Voi conoscevate Anne Bonny >> ansò la ragazza con la voce che tremava appena, mentre Barbossa incombeva su di lei brandendo il coltello in una mano e la pistola in quell’altra. << So che è così >>.
Il pirata la scrutò con il volto contratto in una smorfia ostile.
<< Sì, la conoscevo. E a quanto pare anche tu >>.
<< Dove vi siete incontrati? >> chiese Beatrice.
Barbossa sogghignò con fare sardonico.
<< Ad un party >> rispose beffardo, << servivano il the al limone, sai? >>
Beatrice ritirò i denti sulle gengive e soffiò come un gatto selvatico.
<< Non prendetevi gioco di me, Barbossa >> ringhiò con gli occhi che dardeggiavano, << io voglio sapere! Ho il diritto di sapere! >>
<< Ma davvero? >> la schernì il pirata. << Tu non hai nessun diritto, signorinella, a parte quello di scegliere con quale di questi simpatici arnesi vuoi essere spedita all’altro mondo. Allora >> chiese, alludendo alle armi che teneva in mano, << pugnale o pistola? >>  
<< Pistola, grazie >> replicò acidamente Beatrice. << Rapido e indolore >>.
<< Bene >> acconsentì Barbossa, soppesando la pistola con lo sguardo, << allora pugnale! >> concluse, sgranando gli occhi e sogghignando malignamente.
Beatrice grugnì e rotolò su un fianco, tentando di fuggire, ma Barbossa la afferrò dolorosamente per i capelli e la trascinò di nuovo giù, ghermendola per le spalle.
<< Che gran peccato >> commentò il pirata scuotendo il capo con finta costernazione, mentre Beatrice si lamentava e dibatteva nel tentativo di liberarsi. << Una ragazza così giovane e ardita, così bella … >> le scostò una ciocca di capelli dal volto con la punta del pugnale. << Avete un ultimo desiderio, milady? >> le chiese galantemente.
 << Sì >> rispose lei caparbia. << Voglio che mi raccontiate di Anne Bonny >>.
Barbossa abbandonò per una volta la sua abituale espressione beffarda e si accigliò, sinceramente sorpreso da quella richiesta.
<< Perché mai vi interessate tanto ad Anne Bonny? >> chiese.
<< Perché le volevo bene >> sussurrò Beatrice con gli occhi lucidi. << Proprio come ad una madre >>.
 
Quando Jack si svegliò, la mattina seguente, si tirò a sedere lentamente, stiracchiandosi, poi emise un sonoro sbadiglio e si guardò attorno stropicciandosi gli occhi.
Era piuttosto presto e dormivano ancora tutti, stravaccati sulla sabbia a russare in maniera a dir poco oscena: Pintel e Ragetti se ne stavano schiena contro schiena con la testa ciondoloni ed emettevano degli inquietanti rantoli simili a ruggiti; il signor Gibbs riposava con le gambe rivolte verso l’alto, appoggiate al tronco di una palma, e, di tanto in tanto, lanciava grugniti degni di un maiale selvatico; Scrum si era appisolato con la faccia schiacciata contro il suo mandolino e, mentre ronfava, faceva vibrare con la punta del naso la corda del sol, che risuonava ad intervalli regolari e faceva da colonna sonora a quel bizzarro concerto di fiati.
Jack arricciò le labbra in un moto di repulsione e posò distrattamente lo sguardo su Barbossa, per poi passare oltre; sobbalzò e si voltò nuovamente in quella direzione, meravigliato: accucciata accanto al capitano della Revenge sonnecchiava beatamente niente di meno che miss Beatrice Compton.
<< To’ guarda: chi disprezza compra >> commentò Capitan Sparrow con un sorrisetto. Si avvicinò a Barbossa con la sua tipica camminata dondolante e lo stuzzicò picchiettandogli addosso due dita senza il minimo garbo.
<< Hector? >> lo chiamò. << Orsù, sveglia e risplendi! >>
Barbossa grugnì e aprì gli occhi di malavoglia, abbagliato dalla luce del sole.
<< Per tutti i fulmini di Giove, Sparrow! >> ringhiò con voce impastata dal sonno. << Perché diavolo strilli tanto? >>
Jack sogghignò ed alluse con un cenno del capo alla fanciulla addormentata che giaceva accanto a Barbossa; questi si voltò nella direzione indicata e, alla vista di Beatrice, trasalì.
<< Oh, no! E’ ancora viva! >> esclamò drizzandosi a sedere. << Maledizione, devo essermi addormentato! >> aggiunse furibondo.
Jack lo squadrò con la fronte aggrottata, confuso.
<< Ma come? >> sbottò. << Una graziosa signorina si rannicchia accanto a te durante una fredda notte tenebrosa e tu mediti di ucciderla anziché offrirle riparo tra le tue accoglienti braccia? >> chiese gesticolando.
Le narici di Barbossa fremettero di rabbia.
<< Ma di che riparo vai blaterando? >> proruppe sputacchiando. << Questa schifosissima arpia voltagabbana ha tentato di accopparmi, stanotte! E ci sarebbe riuscita se non fosse stato per i miei impeccabili riflessi! >> aggiunse con gli occhi fuori dalle orbite.
<< Ah sì? >> commentò Jack, osservando Beatrice impressionato. << Be’, questo cambia le cose. Ma non spiega perché la schifosissima arpia voltagabbana stia dormendo della grossa accanto alla sua mancata vittima, cioè tu >>.
<< Mi ha chiesto di raccontarle di Bombardiera Anne Bonny >> replicò Barbossa. << E la narrazione si è protratta un po’ più del previsto >>.
<< Tutto qui? >> domandò Jack inarcando scetticamente le sopracciglia. << Avete parlato. Tutta la notte >>.
<< E’ un’ottima ascoltatrice! >> replicò Barbossa stizzito, poi si mise in piedi con qualche difficoltà ed assestò un colpo tra le scapole della ragazza con la sua stampella.
Beatrice si vegliò di soprassalto, il respiro spezzato, ma non ebbe il tempo di lamentarsi, perché Barbossa la afferrò malamente per un braccio e la costrinse a tirarsi su.
<< Buongiorno, miss >> la salutò beffardo. << Dal fatto che abbiate sentito dolore deduco che siete ancora viva, perciò cercate di non sprecare il mio generoso atto di magnanimità ed evitate di compiere di nuovo gesti avventati che avrebbero certamente un epilogo cruento e doloroso … per voi >> aggiunse sogghignando.
<< Canaglia! Putrida carcassa! Sudicio manigoldo! >> lo apostrofò Beatrice dimenandosi come un’anguilla. << Lasciatemi andare immediatamente o giuro che avrò le vostre luride manacce per cena! >>
Jack sghignazzò.
<< Però >> commentò ammiccando, << che bel caratterino, che abbiamo >>.
Barbossa e Beatrice si voltarono all’unisono e lo fulminarono con un paio di identiche occhiatacce azzurre; Jack sgranò gli occhi e arricciò le labbra, turbato.
<< Perdono >> si scusò giungendo le mani, << vi lascio soli >> e girò sui tacchi con un tintinnio.
Beatrice attese che Capitan Sparrow si allontanasse abbastanza, poi, tenendo lo sguardo puntato sui propri piedi mormorò un: << Grazie >> quasi incomprensibile all’indirizzo di Barbossa.
Lui sgranò teatralmente gli occhi.
<< E per cosa, mia cara? >> domandò nella sua migliore imitazione di un tono piacevolmente sorpreso.
La ragazza sbuffò, impacciata, e seguitò ad osservare la punta dei propri calzari con smisurato interesse.
<< Per ieri notte >> borbottò in risposta. << Vi siete dimostrato insolitamente disponibile, ecco >> aggiunse arrossendo lievemente.
Barbossa sghignazzò.
<< Nascondo in me numerose doti, miss Compton >> replicò ammiccando, << molte delle quali piuttosto insospettabili >>.
Beatrice liberò il braccio dalla sua stretta con uno strattone secco e lo scrutò imbronciata.
<< Chi mi dice che non avete mentito? >> sibilò. << Dai vostri racconti mi è parso quasi che voi e … >> tentennò un istante << … ed Anne foste amici >> ridusse le palpebre a fessure e gli scoccò uno sguardo torvo. << Ma io la conoscevo, non avrebbe mai potuto affezionarsi a qualcuno come voi >> affermò decisa.
<< Non la conoscevi bene come affermi, allora >> replicò Barbossa serio; a quelle parole, Beatrice sentì nascerle in gola un groppo doloroso e non ebbe la forza di ribattere.
La cosa che più le faceva male era che Barbossa aveva ragione: lei, sua madre, non la conosceva affatto. Ed era crudele che quel pirata avesse trascorso tanto tempo insieme ad Anne, mentre Beatrice, che era sua figlia, non avrebbe mai avuto l’opportunità di farlo.
Il capitano della Revenge rifilò a Beatrice un ultimo sguardo truce, poi le voltò le spalle e la lasciò sola con i suoi tristi pensieri, allontanandosi sulla spiaggia con incedere claudicante.
Nel frattempo, Jack Sparrow si era incamminato ondeggiando verso il signor Gibbs, che dormiva poco più in là, e gli aveva spinto via le gambe dal tronco della palma con una pedata, facendolo scivolare a terra; il quartiermastro si ridestò all’improvviso, spaventato, e si tirò repentinamente a sedere, sbattendo con la nuca contro la palma e facendo piombare giù una noce di cocco, che gli atterrò in testa con un tonfo sonoro.
<< Ben svegliato, signor Gibbs! >> esclamò Jack, mentre il nostromo si massaggiava la zucca imprecando sonoramente. << Posso scambiare due paroline con voi? >>
<< Uhm … certamente >> grugnì Gibbs, rimettendosi in piedi barcollando. << Che cos’è successo? >>
Jack si accostò a lui con fare cospiratorio.
<< Ora che ci penso, le parole sono più di venti. Te la senti comunque di prestarmi orecchio? >> domandò in un sussurro, inarcando le sopracciglia in attesa di una risposta.
Gibbs lo guardò con aria allibita, anche se sarebbe stato impossibile dire se quell’espressione fosse dovuta alla botta che aveva ricevuto o semplicemente al fatto che era curioso, poi scrollò le spalle.
<< Signorsì >> assicurò. << Allora? >>
<< Io sospetto che miss Compton non sia veramente miss Compton. E dubito che miss Compton sia davvero chi vuole farci credere di essere, ossia miss Compton. Comprendi? >>
Il signor Gibbs sbatté le palpebre un paio di volte, confuso, poi i suoi occhi si illuminarono come se gli fosse appena tornato in mente qualcosa.
<< E infatti non lo è! >> confermò a bassa voce. << Non è una Compton, Jack! Miss Beatrice è la figlia di Anne Bonny! Me l’ha rivelato la sera dell’attacco, sulla spiaggia; ha finto di essere la figlia del governatore per non essere uccisa >>.
Jack ridusse gli occhi a fessure e si arricciò i baffi con fare meditabondo.
<< Ah ah. Capisco. E … >> fece schioccare le labbra << suo padre? Chi è suo padre? >>
Gibbs scosse la testa.
<< Non ne ho idea. Nemmeno lei lo sa: a quanto pare Anne non gliel’ha mai rivelato >>.
<< Come biasimarla. Certe cose è meglio non saperle, dico io >> asserì Jack con un sorrisetto furbesco. << E’ più divertente scoprirle >>.
Mastro Gibbs aggrottò la fronte, perplesso, ma Capitan Sparrow si limitò a sogghignare e gli voltò le spalle, dirigendosi di gran carriera a svegliare il resto della ciurma.
 
Quando tutti si furono rimessi in piedi, Angelica e Barbossa diedero l’ordine di iniziare la spedizione: alcuni marinai si caricarono in spalla le scialuppe e le trasportarono sino alla foce del fiume, dove vennero spinte in acqua; Scrum ed altri uomini trascinarono una delle barche così vicino a Barbossa che il capitano non dovette neppure bagnarsi gli stivali (o meglio, lo stivale) per salire a bordo.
Poco lontano, Rogers si volse in quella direzione per guardare Beatrice; Barbossa, che le stava accanto, intercettò lo sguardo del Commodoro e, con un orribile sogghigno che gli increspava le labbra, appoggiò una mano nodosa sulla spalla della ragazza. A quella vista, Rogers si irrigidì e serrò la mascella, mentre Barbossa gli scoccò un’occhiata canzonatoria; Beatrice, confusa, si voltò per guardare la mano che il pirata le teneva posata sulla spalla, poi alzò appena gli occhi ed incontrò lo sguardo di Rogers. Sorrise debolmente ed aprì la bocca come per voler dire qualcosa, ma Barbossa la spinse nella scialuppa e si sedette accanto a lei, senza che il suo insopportabile ghigno accennasse a scomparire.
Rogers emise un sospiro tremante, furioso.
<< C’è qualcosa che vi turba, Commodoro? >> domandò Angelica accostandosi a lui.
<< Non sopporto che quel vecchio balordo … la tocchi >> sibilò a denti stretti. << Non possiamo permettere che miss Beatrice rimanga con quell’uomo un istante di più, Capitano >> affermò deciso, un cupo cipiglio che gli increspava la fronte. << Prenderò provvedimenti io stesso, se necessario! >>
A sorpresa, le labbra della donna si curvarono in un sorriso, il primo vero sorriso che Rogers avesse mai visto dipinto sul suo bel volto: senza ombra di scherno o malizia a guastarlo.
<< Siete un uomo retto e coraggioso, Jasper Rogers >> declamò. << Vi prometto che strapperemo la vostra Beatrice dalle grinfie di quel cabron il prima possibile >> giurò.
Rogers annuì, sollevato, quando all’improvviso si rese conto a dovere delle parole che Angelica aveva appena pronunciato e trasalì.
<< Aspettate >> balbettò impacciato, << miss Compton non è la mia Beatrice, io semplicemente sono infastidito dal comportamento tenuto da … insomma non … lei è … però io non ho … >>
Angelica ridacchiò di gusto e scosse il capo, allontanandosi e lasciandolo alle sue farneticazioni. 
I due equipaggi salirono a bordo delle imbarcazioni ed iniziarono a risalire il corso d’acqua, seguendo il suo tortuoso percorso tra la fitta vegetazione.
Al contrario della palude infestata da Le Buisson, la foresta pullulava di vita: grandi uccelli tropicali dal piumaggio variopinto spiccavano brevi voli da un ramo all’altro lanciando i loro chiassosi richiami, nell’acqua torbida nuotavano una moltitudine di pesci di varia specie e misura e nuvole di insetti ronzanti sciamavano in aria, pungendo e pizzicando con i loro aculei così voracemente da costringere i pirati a prendersi a sberle da soli pur di allontanarli; una grossa zanzara si poggiò sulla guancia di Pintel, e Ragetti, a quella vista, assestò un sonoro ceffone al suo compare, che per poco non cadde giù dalla scialuppa.
<< Zanzara >> si giustificò Ragetti con una scrollata di spalle, quando Pintel riuscì a rimettersi dritto e lo fulminò con uno sguardo truce, << stava per pungerti, quella malandrina! >> ma Pintel non apprezzò affatto quella gentilezza e, per tutta risposta, lo colpì forte sulla zucca con un remo.
Barbossa se ne stava ritto sulla traversina di prua a scrutare le torbide acque davanti a sé con l’enorme cappello che gli conferiva un’aria solenne, mentre, nella scialuppa che seguiva dappresso, stavano seduti Angelica, Grog, Rogers ed altri corsari, tutti impegnati a guardarsi attorno.
<< Avverti qualcosa? >> domandò Angelica a Grog.
Lo stregone fece vagare intorno a sé il suo sguardo annebbiato, poi prese un’abbondante sorsata di rum da una fiasca che teneva nascosta sotto la traversina e si strinse nelle spalle.
<< A parte questa puzza di marcio? Niente di niente >> rispose allegramente.
Angelica imprecò e lanciò uno sguardo alla bussola magica che aveva ottenuto da Jack; il suo ago puntava più avanti, dritto verso la schiena di Barbossa, segno che la direzione che stavano seguendo era quella giusta. Eppure c’era qualcosa che la rendeva nervosa, anche se non avrebbe saputo dire esattamente di che cosa si trattasse.
<< Credete che abbia qualche altra spiacevole sorpresa in serbo per noi? >> chiese Rogers con gli occhi ridotti a fessure, alludendo a Barbossa con un cenno del capo. << Lui sapeva benissimo a cosa stavamo andando incontro l’ultima volta, ai Denti di Squalo, eppure non ci ha detto niente. Non credo potremo sopravvivere ancora a lungo, se seguita a tenerci all’oscuro di certi dettagli >> aggiunse con fare significativo.
Angelica lanciò uno sguardo di sottecchi a Barbossa.
<< Non ci rivelerà niente, Commodoro >> replicò tetra. << Possiamo soltanto portare pazienza e stare in guardia. Dopotutto, le profezie di Grog sono sempre attendibili: Barbossa ci condurrà al tesoro di Morgan >> asserì.
Rogers si guardò intorno con fare circospetto, poi si sporse sulla traversina per sussurrare qualcosa al capitano in modo da non essere udito.
<< E perché, se posso chiedere, volete essere condotta al tesoro? Non è solo per qualche gioiello, o sbaglio? >> domandò inarcando le sopracciglia. << Voi non siete tipo da mettere a repentaglio la vostra vita e quella della ciurma per qualcosa di meschino come qualche ninnolo scintillante >>.
Angelica sorrise con fare vagamente misterioso.
<< Dite bene, Commodoro. Tuttavia dovreste sapere che certi tipi di tesoro non scintillano >> replicò ammiccando malvagiamente.
Rogers si accigliò.
<< Che cosa intendete dire? >>
 << Non credo che sarebbe opportuno rivelarvi le mie vere ragioni >> tagliò corto il Capitano Teach. << Poi dovrei uccidervi >>.
La risalita del fiume portò via gran parte della giornata e proseguì tranquilla fino al calar delle tenebre, quando i marinai furono costretti ad accendere le torce e ad appenderle alle prue delle scialuppe per far luce.
Poco dopo il tramonto, la flottiglia raggiunse un punto della foresta in cui il letto del fiume si ampliava e dava origine ad una polla d’acqua stagnante; dentro di essa galleggiavano una miriade di ossa e teschi, contro ai quali gli scafi delle barche urtavano durante l’avanzata, facendole muovere e cozzare l’una addosso all’altra producendo un’inquietante acciottolio. Beatrice, che stava osservando quel macabro spettacolo con un’espressione d’orrore dipinta sul volto, incontrò con lo sguardo le orbite vuote e nere di un teschio umano che faceva capolino dall’acqua e rabbrividì violentemente, trattenendo a stento un conato di vomito.
I vogatori cercavano di evitare di colpire le ossa con i remi, ma la superficie dello stagno ne era completamente oscurata e scansarle era impossibile.
<< Hector? >> chiamò Jack, tenendosi nervosamente a distanza dalla fiancata della scialuppa, nauseato. << Orsù, esprimiti al riguardo di questi … cosi >> ordinò agitando le dita inanellate.
Barbossa si guardò attorno con un’espressione assorta dipinta sul volto segnato, gli occhi ridotti a fessure.
<< Be’, non ci vuole un cannocchiale per vedere che ci sono degli scheletri nell’acqua >> commentò alla fine.
<< Questo l’ho notato >> replicò Jack scoprendo i denti con impazienza. << Ma per quale motivo ci sono degli scheletri nell’acqua, io mi chiedo >>.
<< Probabilmente questi poveri diavoli sono caduti nel fiume e non sono più riusciti ad uscirne >> ipotizzò Barbossa, calando in acqua la sua stampella ed agganciando con essa uno sgocciolante braccio scheletrico. << Oppure gli indigeni usano questo luogo come una sorta di fossa comune … >> disse poi, ma neanche lui sembrava troppo convinto.
Jack arricciò un angolo della bocca, teso.
<< Grog >> disse Angelica con un accento appena più marcato del solito, << che cosa diavolo sta succedendo? >>
Grog rise in un modo che ricordò un latrato canino, spandendo tutt’intorno il suo alito fetido, poi sbarrò gli occhi all’improvviso ed il suo sguardo si fece opaco come quello di un pesce morto.
<< Che cosa gli prende? >> gracchiò il Commodoro Rogers. << Sta avendo un infarto? Una sincope? >>
Angelica gli fece cenno di tacere e continuò a tenere lo sguardo puntato su Grog, attenta: lo stregone roteò gli occhi verso l’alto ed iniziò a tremare violentemente.
<< Su acque morte scivolano i viandanti >> ansò con voce roca e tonante, una voce che non gli apparteneva affatto, << se uno ne sale ne scendono venti. Parole serpeggiano strette tra i denti e se scorrono tu non le senti. Degli uomini audaci questa è la sorte, andare dritti incontro alla morte >> Grog emise un terribile rantolo spezzato, come se si stesse strozzando con qualcosa, poi cadde all’indietro con un tonfo ed iniziò a russare tranquillamente.
Le sue parole erano riecheggiate tutt’attorno, di scialuppa in scialuppa, ed ogni sguardo era puntato su di lui.
<< Cosa … che cos’è appena successo? >> balbettò Rogers sconvolto.
<< Ha giusto enunciato una profezia >> rispose Angelica con la fronte aggrottata. << Anche se questa era più simile ad un indovinello … >>
<< Un indovinello? >> ripeté Rogers sgranando gli occhi, la voce di un paio d’ottave più acuta del normale. << Allora svegliamolo, perdio, e facciamoci spiegare che cosa diavolo volesse dire! >> strepitò.
<< Sarebbe inutile >> rispose Angelica scuotendo il capo. << Sono certa che non ne ha la minima idea: Grog non ha cognizione della sue profezie, né del loro significato >>.
Un generale mormorio di angoscia si levò dalle barche.
<< Be’, non è il caso di farsi prendere dal panico! >> esclamò Jack a gran voce; si mise in piedi e trotterellò ondeggiando fino alla poppa della sua scialuppa, che oscillò paurosamente sotto ai suoi passi. << E’ il caso di essere molto spaventati, invero, ma non di farsi prendere dal panico. Adesso dobbiamo solo unire i nostri cervelli … in senso lato, è chiaro … e venire a capo di questa spinosa e … >> fece vagare lo sguardo sugli scheletri che affioravano dall’acqua con i denti scoperti in una smorfia di disgusto << … ossuta faccenda. Allora >> proruppe allargando le braccia, << c’è qualcuno che se la cava con enigmi, indovinelli ed infimi lambiccamenti del medesimo genere? Coraggio, non siate timidi >>.
Ragetti, che remava insieme a Pintel a bordo della scialuppa di Jack e Barbossa, alzò lentamente una mano; i marinai si voltarono verso di lui come un sol uomo.
<< Mi piacciono gli indovinelli >> asserì Ragetti con un sorriso nervoso. << S-sono divertenti >>.
<< Gli indovinelli non sono divertenti! >> ribatté Pintel arrabbiato; tutti si voltarono a guardarlo. << Va sempre a finire che qualche poveraccio muore! Ma appena prima di schiattare, si rende conto: “No, non dovevo ascoltare le sirene!”, “Non dovevo prendere la pentola d’oro!”. Ma ormai è troppo tardi, e muore! >> abbaiò nell’orecchio di Ragetti, che sobbalzò impaurito. << In maniera orribile e spesso ironica! E in questo caso … i poveracci saremmo io e te! Quindi non venirmi a dire che gli indovinelli sono divertenti, perché non sono divertenti! >>
<< M-ma non capisci? >> replicò Pintel, punto nell’orgoglio; gli sguardi dei marinai si posarono nuovamente su di lui. << In questo caso, risolvere l’indovinello significherebbe salvarsi! E questo è piuttosto semplice … su acque morte scivolano i viandanti … i viandanti siamo noi e le acque morte questo acquitrino pieno di ossa >> affermò con aria concentrata. << Se uno ne sale ne scendono venti. Questo potrebbe avere un’accezione metaforica, se lo si considera in un ambito allegorico … potrebbe essere un’analogia con la morte: molti spiriti malvagi vengono dannati, mentre solo poche anime si dimostrano rette e ascendono alla pace eterna. Parole serpeggiano strette tra i denti e se scorrono tu non le senti >> si picchiettò i denti con un indice, pensieroso. << Questa è facile: i “denti” devono essere i Denti di Squalo. Probabilmente da essi parte un fiume sotterraneo, che si snoda fino nell’entroterra parallelamente al corso del fiume che stiamo attraversando noi e non udiamo il rumore dell’acqua perché essa scorre troppo in profondità. Degli uomini audaci questa è la sorte, andare dritti incontro alla morte. Da un punto di vista empirico quest’affermazione non ha alcun significato nascosto: tutti dobbiamo morire, prima o poi, ed è ovvio che gli uomini audaci, che vanno incontro a più pericoli nel corso della loro vita, siano esposti al rischio di andarsene prima del tempo >> concluse soddisfatto.
Tutti lo stavano guardando con gli occhi sgranati, strabiliati, senza fiatare; gli unici suoni udibili erano lo svolazzare insistente degli insetti e il rumore prodotto dalle ossa che cozzavano l’una contro l’altra nell’acqua.
<< Corpo di bacco >> commentò Scrum impressionato.
<< Che cosa dobbiamo fare, allora? >> incalzò il signor Gibbs.
<< Sì, mastro Ragetti >> ringhiò Barbossa, ghignando con fare sardonico e muovendo un claudicante passo verso di lui, << illuminateci: siamo nelle vostre sudice mani, adesso >>.
Ragetti fu attraversato da un brivido e deglutì sonoramente, ma poi si schiarì la voce e trovò il coraggio di parlare.
<< Io … io dico che dobbiamo comportarci da uomini audaci ed affrontare la morte senza t-temerla >> balbettò. << E q-quindi, se vogliamo raggiungere il fiume sotterraneo, dobbiamo seguire le indicazioni degli spiriti >> additò nervosamente gli scheletri galleggianti. << Loro ci guideranno. L’indovinello dice così >> annuì convulsamente.
Barbossa sogghignò ed appoggiò una mano sulla spalla di Ragetti, che sussultò come se quel contatto fosse stato doloroso.
<< Molto bravo, mastro Ragetti. Arguto, oserei dire >> si complimentò Barbossa con le palpebre ridotte a malvagie fessure; Ragetti assunse un’aria di ebete compiacimento e ridacchiò appena. << Mi aspetto dunque che sarete voi il primo uomo audace ad aprire la strada >> Barbossa sbarrò gli occhi e spinse Ragetti fuoribordo.
Il pirata piombò in acqua sollevando uno schizzo fragoroso e riemerse annaspando tra le ossa, i capelli incollati sulla faccia; nuotò svelto di nuovo verso la scialuppa, ma qualcosa lo abbrancò per i vestiti, trascinandolo indietro. Tutti si sporsero oltre le fiancate delle barche per vedere cosa stesse succedendo e quello spettacolo gelò loro il sangue nelle vene: gli scheletri si erano animati ed una moltitudine di ossute mani bianche aveva afferrato Ragetti e tentava di trascinarlo sul fondo.
<< Ebbene? >> ruggì Barbossa sghignazzando malignamente, mentre osservava la scena dalla scialuppa. << Non c’è anima, viva o morta, che voglia guidare noi umili viandanti verso la nostra meta? >>
A quelle parole, diverse braccia scheletriche si sollevarono dal pelo dell’acqua e si volsero tutte nella stessa direzione, indicando un punto davanti a loro; lì, il fondale dell’acquitrino collassò, dando vita ad un orrendo mulinello in cui gli scheletri si agitavano e si urtavano, scrollati dalla forza della corrente in quella che sembrava una macabra danza.
Le scialuppe iniziarono a scricchiolare e a dondolare, mentre le ossa si arrampicavano sopra di esse come ragni bizzarri ed afferravano i marinai per trascinarli in acqua; quando un orribile teschio ghignante si volse a guardarlo, Jack cacciò un urlo e gli assestò una sonora mazzata con un remo, poi si mise a correre superando i suoi compagni di scialuppa e spiccò un balzo, atterrando carponi nella barca di Angelica; i due si scambiarono uno sguardo, poi Jack afferrò Angelica per un braccio e la costrinse a seguirlo nella sua disperata corsa balzelloni.
<< Corri come se ti pagasse qualcuno! >> le urlò.
In breve, ogni marinaio imitò il loro esempio e tutti iniziarono a saltellare di traversina in traversina cercando di fuggire, mentre le scialuppe si accartocciavano, si spezzavano ed affondavano sotto i loro piedi, bersagliate dagli scheletri che, ad ogni colpo, facevano esplodere le tavole di legno degli scafi in una pioggia di schegge.
Molte caviglie furono abbrancate da putridi moncherini ed uno dopo l’altro pirati e corsari furono ghermiti dagli scheletri stregati, che li afferrarono con stretta solidissima, rendendo vano ogni tentativo di divincolarsi, ed iniziarono a trascinarli inesorabilmente verso il gorgo: una voragine nera dalla quale si protendevano dita ossute e mani scheletriche, ancora tese nell’atto di indicare quella direzione, che afferrarono e ghermirono senza pietà, trascinando giù, sempre più giù, in un raccapricciante vortice di ossa.
<< Oh, mannaggia >> commentò Jack scoprendo i denti d’oro con disgusto, prima di prendere fiato ed inabissarsi nel gorgo. 

 

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Capitolo 11
*** Il segreto di Beatrice ***


Prima di tutto: scusate per il ritardo. il blocco dello scrittore è una disgrazia, soprattutto se lo si aggiunge al fatto che fa un caldo boia xD Però, dai, il caldo ci piace! Ok, spero che questo chappy vi piacerà e che qualcuno vorrà ancora commentare questa storia. Bacioni e buna lettura :D

Scivolarono e scivolarono, scendendo lungo cunicoli oscuri e ripide cascate sotterranee, trascinati dalla corrente impetuosa; l’aria era satura di urla terrorizzate più o meno acute e del continuo e fragoroso scrosciare dell’acqua, mentre pirati e corsari venivano sballottati qua e là dai flutti.
Alla fine di una tortuosa galleria, il fiume sotterraneo compiva un salto impressionante, gettandosi da un’altura e dando vita ad una serie di rapide; i membri della ciurma precipitarono dallo strapiombo uno dopo l’altro, e piombarono giù sollevando grandi schizzi .
Il primo a riemergere fu Jack, che si aggrappò con tutte le sue forze alla sponda sabbiosa e si issò sulla terraferma, sputacchiando affannato.
Ben presto molti altri lo seguirono: il signor Gibbs crollò a faccia in giù nella sabbia, stremato ed in preda alla nausea a causa di tutto quello sballottamento; il Commodoro Rogers stramazzò al suolo con aria decisamente sconvolta, ansante e senza più né tricorno né parrucca; Pintel e Ragetti barcollarono sino a riva con un colorito piuttosto verdognolo, tremando vistosamente, e, quando Ragetti si rese conto di avere attaccate al bavero della giacca due mani scheletriche, cacciò un urlo terrorizzato e iniziò a saltellare sul posto nel tentativo di scrollarsele di dosso, ma senza successo; Barbossa si fece strada fino all’argine del fiume avanzando nell’acqua bassa, ma la sua gamba di legno rimase incastrata nella rena ed il pirata capitombolò poco decorosamente per terra.
<< E’ così è questa la caverna sotterranea >> commentò Angelica guardandosi attorno. << E’ qui che è nascosto il tesoro di Morgan >>.
<< E’ qui >> confermò Barbossa, liberando la sua gamba dalla sabbia con uno schiocco secco. << Sono un uomo di parola, io, Capitano Teach >> aggiunse sogghignando. << Dovresti essertene accorta, ormai >>.
Per tutta risposta Angelica lo fulminò con un’occhiataccia, dopodiché fece vagare il suo sguardo fiammeggiante attorno a sé.
<< Ci siamo tutti? >> tuonò a gran voce per sovrastare i gemiti ed i conati di vomito dei marinai stesi a ventaglio tutt’intorno. << Commodoro? Jack? Miss Beatrice? Padre Fernandez? Grog … >> si guardò febbrilmente intorno facendo mulinare le umide code del cappotto. << Grog? >> chiamò nuovamente, con voce stridula. << Dove diavolo si è cacciato? >>
Anche il resto della ciurma iniziò a scrutare in giro per vedere dove fosse finito il bocor, ma di lui non c’era alcuna traccia.
<< Sarà morto? >> ipotizzò Beatrice nervosa, strizzandosi i capelli con le mani.
<< Non può morire >> replicò aspramente Barbossa << E’ lo stregone più potente di tutti i Caraibi, che diavolo! Sarebbe una morte davverostupida! >> abbaiò.
Ma di Grog Arson non si vedeva neppure l’ombra; Scrum ed altri pirati iniziarono a sondare il fondale del fiume alla ricerca del corpo del vecchio, nel caso fosse affogato, ma le acque erano troppo torbide e buie per riuscire ad avvistare qualcosa.
<< Niente di niente, capitano >> comunicò tristemente Scrum. << Arson sembra scomparso >>.
Angelica urlò un’imprecazione in spagnolo, furibonda, e la sua voce riecheggiò per tutta la caverna, facendo sollevare dal soffitto costellato di stalattiti un nugolo di pipistrelli, che volarono via strillando terrorizzati.
<< Smettila di lanciare i tuoi soavi richiami, Teach >> la apostrofò acidamente Barbossa, << o ci farai crollare addosso questo posto! >>
Lei si voltò a guardarlo con gli occhi che mandavano lampi inquietanti.
<< Ma non capisci? >> gli sbraitò contro. << Senza di lui abbiamo fatto tutta questa strada invano! Senza Arson non posso … >> si mise le mani nei capelli e mugghiò inferocita senza terminare la frase.
<< Piantala di sbraitare, stupida cagna! >> latrò di rimando Barbossa con gli occhi fuori dalle orbite. << Arson serve anche a me, maledizione! >>
<< Stupida cagna? >> ripeté Angelica, inviperita. << Come osi, viscido avanzo di letame di capra? >>
<< D’accordo, d’accordo! >> s’inserì Jack alzando le mani e correndo a frapporsi tra i due. << Adesso basta scambiarsi amabili apprezzamenti correlati al regno animale e facciamo tutti un respiro profondo, sì? >> propose con un sorriso stiracchiato, facendo correre lo sguardo da Angelica a Barbossa, che si stavano lanciando occhiate in cagnesco. << Quello che dobbiamo fare adesso è semplicemente contare fino a dieci e … >>
<< Che cosa? >> gracchiò Angelica scrutandolo torvamente. << Dobbiamo? >> ripeté inarcando le sopracciglia.
<< Contare fino a dieci >> ribadì Jack annuendo con aria significativa, << hai presente tutti quei simpatici simboli grafici che si usano per l’enumerazione di quantità e oggetti? >> spiegò agitando le dita inanellate con fare significativo.
<< Noi non dobbiamo fare proprio un bel niente >> sibilò la donna. << Niente bocor … niente accordo! >> sguainò la spada e la puntò addosso a Barbossa; quello la imitò all’istante e con uno svolazzante gesto della mano brandì contro di lei la sua sciabola, gli occhi sbarrati che lasciavano intravedere più bianco del solito.
<< Sfidi la sorte, Capitano Teach? >> la schernì con voce ringhiante, facendole sibilare la lama ad un soffio dal viso. << Un accordo smette di sussistere solo nel momento in cui uno di coloro che l’hanno siglato muore. Ed io non ho intenzione di morire di nuovo! >> affermò con ferocia.
<< Niente bocor … >> iniziò lentamente Jack con le palpebre ridotte a fessure << … niente Perla! >> sfoderò la sciabola e la puntò contro Barbossa; questi si voltò verso di lui con i denti neri scoperti in un ringhio.
<< Cane traditore! >> lo apostrofò sputacchiando.
<< Ho imparato dal migliore >> ribatté Jack con un ghigno. << E poi lei mi fa più paura di te >> aggiunse  alludendo ad Angelica.
<< Ma tu l’hai sedotta e abbandonata! >> replicò Barbossa; Angelica grugnì e puntò l’arma su Jack.
<< Ha ragione! >> stridé.
<< Ma tu hai ucciso suo padre! >> fece notare Jack accennando a Barbossa con la punta della sciabola; Angelica si voltò di nuovo verso Barbossa.
<< Anche lui ha ragione! >> strepitò.
<< Questo non è del tutto vero >> la corresse Barbossa esibendosi in un ghigno sgradevole, << non eri tu, Jack, che non molto tempo fa ti vantavi di … com’era esattamente? >> assunse per un momento un’aria fintamente pensosa. << Oh, sì >> esclamò subito dopo, ammiccando con fare sardonico, << avere il merito di aver fatto risucchiare Barbanera da un turbine d’acqua assassino >> recitò sogghignando soddisfatto.
<< Però, che memoria >> commentò Jack arricciando le labbra con stizza; Angelica rivolse la spada nuovamente contro di lui.
<< Ho imparato dal migliore >> asserì Barbossa compiaciuto, << cioè da me >> aggiunse sgranando gli occhi.
Ad un tratto si udì il rumore di un’altra arma sguainata e tutti si voltarono nella direzione da cui proveniva il suono: il Commodoro Rogers stava minacciando Jack con uno stocco.
<< E tu che c’entri? >> chiese Capitan Sparrow stralunato.
<< Mi stai antipatico >> replicò Rogers a denti stretti.
Tutti gli altri si strinsero nelle spalle.
<< Comprensibile >> acconsentì Barbossa in tono pratico.
<< Vale anche per te >> sibilò il Commodoro fulminandolo con un’occhiataccia.
I quattro iniziarono a girare in tondo lanciandosi sguardi truci e tracciando nella sabbia un solco circolare con i loro stivali, le armi puntate l’uno contro l’altro.
Il primo a farsi avanti fu Rogers, che abbatté il suo stocco su Jack; questi riuscì a parare il colpo e lo deviò su Barbossa, che a sua volta lo scansò e vibrò una stoccata contro Angelica. Angelica fece una piroetta e gli restituì l’affondo, Barbossa lo parò senza difficoltà e si scagliò contro Jack, Jack scartò di lato e parò col piatto della lama, poi si voltò con un tintinnio e sferrò un colpo a Rogers.
Quel serrato fraseggio di lame andò avanti per un bel po’: i quattro contendenti facevano vorticare le loro spade a ritmo impressionante, generando un forte clangore metallico ad ogni affondo, e le armi si scontravano e incrociavano in elaborati intrecci, correndo più volte il rischio di rimanere incastrate tra loro.
<< Alt! >> esclamò Jack ad un tratto, facendo un passo indietro e smettendo di combattere. << Angelica >> disse, << tu vuoi il tesoro di Morgan, ma per volere ciò che tu vuoi, volendolo, vuoi trovare Grog per la volontà di volere il tesoro. Comprendi? >> sorrise scaltramente ed i suoi denti d’oro brillarono nell’oscurità.
Angelica aggrottò la fronte, confusa.
<< Io voglio trovare Grog per arrivare al tesoro di Morgan >> ripeté lentamente, poi il suo sguardo si illuminò. << Ma certo: la bussola! >> rinfoderò la spada e frugò nella tasca interna del soprabito, per poi estrarne il magico oggetto ed iniziare a consultarlo. Jack, Barbossa e Rogers si strinsero dietro di lei per sbirciare da oltre la sua spalla i movimenti dell’ago: esso vacillò per un momento, compiendo un incerto giro del quadrante, poi ebbe un fremito e ruotò velocemente verso nord.
Ci fu un istante di silenzio; i quattro si scambiarono uno sguardo circospetto.
<< A chi arriva prima! >> farfugliò Jack scattando svelto in avanti. Gli altri lo imitarono subito e si scapicollarono nella direzione indicata.
Jack era il più veloce e correva alla testa del gruppo dondolando e sbracciandosi; Rogers seguiva dappresso lanciato al galoppo e dietro al Commodoro caracollavano Angelica e Barbossa, che se le stavano dando di santa ragione durante la corsa.
Angelica fece mulinare la spada e tranciò di netto la parte finale della gamba di legno di Barbossa, facendogli perdere l’equilibrio e superandolo; ma il pirata non si perse d’animo e, lanciandosi in avanti, afferrò Angelica per i capelli e la gettò per terra. Lei ruzzolò al suolo e Barbossa le calciò una nuvola di sabbia negli occhi, accecandola, per poi saltellare via su una gamba sola sghignazzando malvagiamente.
Poco più avanti, Rogers spiccò un balzo e tentò di infilzare Jack con lo stocco; Capitan Sparrow si accovacciò appena in tempo e il Commodoro gli volò sopra la testa piombando malamente a terra. Jack lo oltrepassò oscillando e lo salutò beffardamente con la mano mentre si allontanava; stando girato di spalle, però, non vide la roccia che si ergeva imponente proprio davanti a lui e, quando si voltò, ebbe solo il tempo di assumere un’espressione orripilata, prima di andare a schiantarsi di faccia contro di essa.
Il Commodoro si rimise in piedi ed aggirò Jack di gran carriera.
<< Con vostra licenza, Capitan Sparrow! >> lo schernì sfrecciandogli accanto.
Jack imprecò tra i denti e gli corse dietro ancheggiando; raccolse una pietra da terra e gliela lanciò contro, centrandolo dritto sulla nuca, ed il Commodoro crollò a faccia in giù nella sabbia.
<< Licenziato, Commodoro! >> replicò sarcastico Jack portandosi una mano al tricorno, mentre scansava Rogers con un salto.
<< Ma che diavolo stanno combinando? >> domandò Beatrice, mentre, insieme a Pintel e Ragetti, osservava la scena da lontano.
<< Tutti e quattro vogliono trovare Grog per ragioni diverse >> spiegò Ragetti in tono saputo. << A Capitan Barbossa serve per liberare Baron Samedi ed ottenere in tal modo i suoi favori; Jack lo vuole per riportare la Perla Nera alle sue dimensioni originarie; il Commodoro Rogers vuole fare fuori Jack e quindi è ben lieto di ostacolarlo nei suoi piani, anche se non ha un vero interesse nei confronti di Grog; mentre il Capitano Teach lo vuole per poter raggiungere il tesoro di Morgan in tutta sicurezza senza correre il rischio di incappare in qualche maledizione >> annuì ed incrociò le braccia al petto, soddisfatto.
Pintel e Beatrice si scambiarono uno sguardo colpito.
Nel frattempo, seguendo le indicazione della bussola, il bizzarro quartetto di duellanti aveva raggiunto l’oscura imboccatura di una galleria che sorgeva al riparo di alcune enormi stalagmiti. Dall’interno del tunnel provenivano strani suoni soffocati e stridule grida vagamente simili a risate.
Jack si schiarì nervosamente la voce, non osando muovere neppure un passo più avanti.
<< Tetro, a dir poco >> commentò. << Be’, prima le signore >> sorrise accondiscendente ed indicò ad Angelica l’entrata della caverna con un elegante cenno della mano.
Per tutta risposta, Angelica sogghignò acidamente.
<< Sai essere così galante, Jack, quando ti conviene >> ribatté stringendo gli occhi sarcastica.
<< Quanto bene mi conosci! >> assentì Sparrow allegramente. << La convenienza, cara mia, è la chiave della nostra esistenza, disse … quello là >> borbottò arricciando le labbra e agitando una mano con noncuranza.
Angelica alzò gli occhi al cielo e scosse il capo, dominando l’impulso di assestare a Jack una sonora mazzata con il primo oggetto più o meno contundente che le fosse capitato a tiro, dopodiché puntò lo sguardo caparbiamente dritto davanti a sé ed entrò nel tunnel a testa alta. Venne immediatamente inghiottita dall’oscurità e si lasciò Jack, Rogers e Barbossa alle spalle.
<< Allora? >> riecheggiò la voce del Capitano Teach dagli umidi meandri della galleria. << Venite anche voi o aspettate un invito di sua maestà? >>
<< Lei ha la bussola. E se pensa di accaparrarsi Grog si sbaglia di grosso >> replicò Barbossa con voce bassa e ringhiante, più rivolto a sé stesso che agli altri, e anche lui entrò nel tunnel.
Jack e Rogers si lanciarono un’occhiata di sottecchi; il Commodoro non era un codardo, Jack invece sì, ma desiderava più di ogni altra cosa al mondo riavere la sua amata Perla sotto ai piedi, così entrambi si decisero ad avanzare.
<< Non si vede ad un palmo dal naso >> borbottò Jack tendendo le mani davanti a sé nel tentativo di barcamenarsi nelle tenebre della cavità. << Ripensandoci, non mi vedo neanche il naso >> aggiunse cupo.
<< Sparrow >> ringhiò Barbossa da un punto imprecisato davanti a lui, << toccami un’altra volta e giuro che ti taglio le mani e te le faccio mangiare a colazione! >>
<< Ops, credevo fosse Angelica >> si scusò Jack con un sorrisetto che venne celato dal buio. << Chiedo venia >>.
Proprio allora si udì uno sfrigolio e l’oscurità della caverna venne improvvisamente rischiarata dal bagliore della torcia che la donna aveva acceso.
Angelica lanciò uno sguardo alla bussola, che indicava proprio davanti a loro, e riprese a camminare spedita, seguita a ruota dagli altri tre, mentre i loro passi rimbombavano in modo sinistro contro le umide pareti del tunnel.
Avanzarono per un buon tratto nel più assoluto silenzio; la fine della galleria era immersa nella totale oscurità ed il buio era talmente fitto che la luce della torcia riusciva a stento ad illuminare il punto in cui si trovavano i quattro. Ombre tremolanti e oblunghe strisciavano sulle pareti al seguito dei viandanti, simili ad inquietanti inseguitori.
Poi all’improvviso si udì un rumore secco provenire da dietro di loro e Jack, Rogers, Barbossa e Angelica si voltarono di scatto in quella direzione.
<< Chi va là? >> esclamò la donna con voce tonante, brandendo la fiaccola davanti a sé nel tentativo di illuminare la fonte del suono.
Quando nel cono di luce prodotto dalla torcia comparve il volto magro e affilato di miss Beatrice, Rogers per poco non si lasciò sfuggire un gemito.
<< Miss Beatrice! >> proruppe aspro. << Che cosa diavolo ci fate qui? >>
<< Vi stavo seguendo, non è ovvio? >> ribatté lei semplicemente. << Preferisco restare con voi ed il Capitano Teach in un luogo pericoloso, piuttosto che con quegl’altri imbecilli in un luogo squallido >>.
<< Senti, gioia >> s’inserì Jack facendo un passo in avanti, << non riesco a trovare un modo cortese per dirtelo, ma … sei mingherlina, lagnosa e cammini come una lumaca zoppa, e noi, vedi, andiamo di fretta, perciò … saluti! >> girò sui tacchi con un tintinnio e fece per proseguire nell’avanzata, quando si accorse che gli altri tre non si erano mossi e continuavano a fissare Beatrice.
<< Beatrice >> iniziò Angelica in tono insolitamente mansueto, << sarebbe meglio che tu restassi sulla spiaggia finché noi non avremo ritrovato Grog. Capisco il tuo stato d’animo nel ritrovarti in compagnia di certi individui, ma … >>
<< … ma esporsi a rischi inutili è decisamente inopportuno >> completò Rogers apprensivo. << Se dovesse succedervi qualcosa, io … >>
<< D’accordo >> enunciò Barbossa a sorpresa.
Tutti si voltarono a guardarlo con vari gradi di sorpresa dipinti in volto.
<< Davvero? >> domandò Beatrice sgranando gli occhi: si era spettata che Barbossa sarebbe stato quello a fare più storie di tutti, una volta che si fossero accorti di lei, e invece, a quanto pareva, aveva preso un granchio; sembrava che la cosa gli andasse perfettamente a genio.
<< Certamente. Perché negarvi un’allegra scampagnata, se se ne presenta l’occasione? >> replicò il vecchio bucaniere sogghignando in un modo che avrebbe dovuto essere cordiale, ma che invece faceva rabbrividire come al solito. << Coraggio, in marcia >> si voltò e riprese a camminare come se nulla fosse.
Jack lo squadrò con aria decisamente stralunata, ma venne totalmente ignorato; Angelica e Rogers si scambiarono uno sguardo, poi però anche loro iniziarono nuovamente ad avanzare lungo la caverna ed il Commodoro si premurò di prendere sottobraccio Beatrice al fine di assicurarsi che non cadesse, scivolasse, mettesse un piede in fallo o sciagure simili. E a lei, d’altro canto, tutto quell’interessamento non dispiacque affatto.
Mentre camminavano, Jack notò con la coda dell’occhio che Barbossa non faceva altro che tastarsi continuamente il taschino interno del soprabito.  Gli venne in mente la notte in cui avevano attraversato la palude di Le Buisson e si ricordò che era proprio da lì che Barbossa aveva estratto la scatoletta porta-sigari contenente la testa di cane dentro la quale Baron Samedi era tenuto prigioniero.
E di cosa ha bisogno Hector per liberare il Barone?” si chiese Jack. Fece alla svelta mente locale: quando erano andati a Tortuga per cercare Grog, Barbossa gli aveva rivelato che, per officiare il rito, il bocor avrebbe avuto bisogno del sangue di Beatrice, che il capitano della Revenge era convinto fosse una Compton e quindi la discendente di colui il quale aveva avuto la brillante idea di imprigionare Baron Samedi tanti anni prima.
Ecco perché Barbossa non si era lamentato del fatto che la fanciulletta si fosse clandestinamente unita a loro: contava, chissà come, di raggiungere Grog prima di Angelica e di costringerlo in qualche modo a celebrare il rituale che avrebbe restituito la libertà al Barone, ma per farlo necessitava della ragazza. O, almeno, era quello che credeva lui.
Mentre Jack rimuginava su tutto questo successe qualcosa di decisamente inatteso: il suolo iniziò a tremare violentemente ed un rombo lontano simile ad un tuono giunse dalle profondità della terra.
<< Cosa sta succedendo? >> chiese Beatrice spaventata, cogliendo al volo l’occasione per stringersi ancora di più al Commodoro Rogers, mentre dal soffitto piovevano polvere e detriti e la caverna sussultava come in preda ai singhiozzi.
<< Grog non deve essere lontano >> replicò Angelica appoggiando una mano alla parete della galleria per non perdere l’equilibrio e soppesando la bussola con lo sguardo. << Mi chiedo come diavolo sia riuscito a finire in questo posto … >> brontolò riprendendo a camminare con andatura incerta a causa delle forti scosse.
Ad un certo punto i cinque arrivarono dinnanzi ad un bivio: il tunnel si snodava in due direzioni diverse, dando origine ad un paio di cunicoli perfettamente identici.
Angelica fissò nuovamente la bussola e, con suo sommo orrore, scoprì che era come impazzita: l’ago non faceva che oscillare, dondolando incerto, indicando prima a destra e poi a sinistra senza mai fermarsi.
<< Maldiciòn! >> inveì la donna. << Che gli prende a quest’aggeggio? >>
Angelica iniziò a scuotere il magico oggetto nella vana speranza che tornasse ad indicare una direzione precisa, ma l’ago seguitava ad ondeggiare come se nulla fosse, indicando entrambi i cunicoli ad intervalli regolari.
<< Jack! >> esclamò il Capitano Teach voltandosi verso Sparrow. << Dimmi subito perché non funziona e niente bugie o te ne pentirai amaramente! >>
Jack scrollò le spalle con aria quanto mai innocente.
<< Che cosa dovrei dirti? Forse sei un po’ confusa. Magari la mia vicinanza ti ha fatto cambiare idea su quale sia la cosa che davvero brami di più al mondo … >> Sparrow sorrise sotto ai baffi ed ammiccò con fare seducente.
Angelica stava per ribattere con una serie di invettive poco gentili da indirizzargli, ma Barbossa la interruppe.
<< O forse >> iniziò cauto, << entrambe le strade sono giuste >>.
Tutti si voltarono a guardarlo, accigliati.
<< Cosa? >> esclamò Angelica.
<< Ho detto che tutti e due i cunicoli portano ad Arson >> replicò Barbossa sprezzante. << Non è così difficile da capire. La bussola non sbaglia mai, se è nelle mani giuste >> lanciò uno sguardo carico di dileggio a Jack, il quale si sentì quanto mai offeso da quella velata presa in giro.
<< Vorresti dire che le mie mani non sono giuste? >> domandò piccato. << E sentiamo, che cos’hanno che non va? Sono un po’ sporche, questo è vero, ma … >>
<< Taci, perdio! >> ruggì Rogers furibondo.
Jack sobbalzò e si voltò a guardarlo facendo roteare le treccine dei suoi capelli con il volto contratto in una smorfia sorpresa.
<< Se entrambe le strade sono giuste quale delle due strade scegliamo? >> domandò il Commodoro inquieto.
<< Non è detto che siano entrambe giuste >> fece notare Jack in tono saputo, << potrebbero anche essere entrambe sbagliate >> si guardò attorno con aria palesemente soddisfatta, ma nessuno gli prestò minimamente attenzione.
<< Dividiamoci >> sentenziò infine Barbossa. << Tu, Teach, e Rogers andrete a sinistra; io, Sparrow e miss Compton andremo a destra >>.
<< No >> disse Angelica decisa. << Io andrò a destra e porterò con me il Commodoro e Beatrice >>.
<< Sì >> confermò Beatrice stringendo forte il braccio di Rogers, << io voglio andare con loro >>.
<< Certo! E poi magari ti caricherò su una scialuppa diretta ad Hispaniola con tanti saluti >> la schernì Barbossa scoprendo i denti lerci in maniera decisamente acida. << Hai già tentato di svignartela una volta, ragazzina, ed il tuo piano comprendeva il truce omicidio del sottoscritto  >> ringhiò il pirata battendosi un dito sul petto. << Quindi se pensi che ti permetterò di passeggiare allegramente con questi due, dandoti la possibilità di prendere il largo quando più ti aggrada … ti sbagli di grosso! >> sputacchiò con gli occhi sgranati.
Il fatto che Barbossa insistesse così tanto per portarsi appresso la falsa miss Compton non lasciò a Jack adito a dubbi: Hector aveva un piano in mente. E, se tutto andava per il verso giusto, ciò significava che presto la Perla sarebbe stata di nuovo abbastanza grande da starci in piedi senza correre il rischio di fracassarla.
<< Mi sembra quantomeno corretto >> approvò Jack annuendo assennatamente. << Dopotutto la cara miss Compton non è esattamente un esempio di affidabilità, o sbaglio? >> Sparrow sorrise scoprendo i denti d’oro all’indirizzo di Beatrice e lei lo squadrò con un astio, le narici frementi, furibonda. << Ergo, credo proprio sia il caso che siamo noi a scortarla durante il tragitto, per poi farla ricongiungere al caro Commodoro e alla cara te >> disse rivolto ad Angelica << quando le nostre strade torneranno ad incrociarsi >>.
Il Capitano Teach ponderò per un attimo la questione, scura in volto.
<< D’accordo >> acconsentì in fine, facendo sollevare da Rogers e Beatrice grida scandalizzate.
<< E’ inammissibile! >>
<< Non ci penso neanche! >>
<< E invece sì, perché più stiamo qui a battibeccare per te, più il mio bi maledetto bocor si allontana, quindi chiudi il becco e risparmia il fiato per la camminata che ti attende! >> la rimbrottò Barbossa; la afferrò malamente per un polso e la tirò verso di sé, strappandola dalla stretta del Commodoro che dovette fare appello a tutto il suo sangue freddo per non avventarsi contro il vecchio pirata a spada sguainata.
<< Osate sfiorarla anche solo con un dito … >> ringhiò a denti stretti, fissando Barbossa dritto negli occhi in un modo in cui pochi avrebbero osato guardarlo.
<< Non temete, Commodoro >> replicò Barbossa sarcastico. << Se volessi farle del male, un dito sarebbe davvero l’ultima cosa con la quale la sfiorerei >> assentì ammiccando malvagiamente.
<< Sbrighiamoci a trovare Grog e andiamocene di qui >> esclamò Angelica, dato che il tremolio incessante della caverna iniziava a farsi davvero preoccupante. << Ho la bussola, perciò non tentate di fare deviazioni. Se lo farete … io lo saprò >> li avvertì la donna in un sibilo minaccioso, alludendo all’oggetto prodigioso con fare significativo.
Detto questo, Rogers e lei si incamminarono nel tunnel di destra, mentre Jack, Barbossa e Beatrice in quello di sinistra.
Non ci volle molto per capire che Barbossa aveva calcolato tutto e che, in verità, sapeva perfettamente dove stavano andando: la galleria di sinistra era illuminata da pallide lame di luce solare che filtravano timidamente da alcuni squarci che costellavano l’alto soffitto a volta zeppo di stalattiti e conferivano all’ambiente una luminosità fredda e grigia, ma pur sempre un’illuminazione.
Ben presto i tre si ritrovarono all’interno di una vasta caverna nella quale affluiva un ramo del fiume sotterraneo e, adagiato sulla riva sassosa a sonnecchiare tranquillamente, stava niente meno che Grog Arson.
<< Eccolo lì, quel fetido buono a nulla >> grugnì Barbossa zoppicando alla massima velocità consentita dalla sua malconcia gamba di legno verso il vecchio bocor addormentato. << La corrente deve averlo trascinato fin qui mentre dormiva e non se n’è neppure accorto >> commentò osservando lo stregone con disgusto.
Jack pungolò Grog con la punta del suo stivale, ma quello si limitò a grugnire debolmente e a girarsi dall’altra parte, un sorriso ebete e sdentato dipinto sul volto rugoso, seguitando a russare come se nulla fosse.
<< Mh >> borbottò Sparrow massaggiandosi il mento. << Qui ci vogliono le maniere forti >> si voltò versò Barbossa. << Hector >> disse deciso, << necessito della tua gamba di legno, se non ti dispiace, e anche se ti dispiace dammela lo stesso >>.
Barbossa inarcò un sopracciglio, ma si chinò e svitò la sua protesi, per poi consegnarla a Jack, che stappò il fiaschetto porta-rum e lo agitò sotto al naso di Grog.
A quell’odore il vecchio aprì repentinamente gli occhi e si rizzò a sedere, guardandosi febbrilmente attorno.
<< RUM! >> gridò. Poi si accorse di chi gli stava attorno e ridusse gli occhi a fessuri, facendoli praticamente scomparire tra le grinze del suo volto incartapecorito. << Dov’è il Capitano Teach? >> chiese con la sua solita vocetta impastata.
<< Ci raggiungerà tra poco >> replicò Barbossa esibendosi in un ghigno gioviale; strappò di mano la gamba a Jack ed iniziò a sventolarla ad un soffio dal viso di Grog, in modo che l’effluvio della bevanda potesse raggiungerlo; il bocor seguiva i movimenti tracciati dalla fiaschetta con gli occhi che brillavano. << Che ne dici di fare un piccolo lavoretto prima che si unisca a noi? >> chiese Barbossa senza smettere di sogghignare.
Grog allungò le mani per prendere la gamba carica di rum, ma Barbossa la allontanò di scatto.
<< Ebbene? >> lo interrogò il pirata sgranando gli occhi.
Grog sbuffò e si lasciò sfuggire un singhiozzo pietoso.
<< Che genere di lavoretto? >> domandò di malavoglia.
<< Uno che solo tu potresti fare >> replicò Barbossa. << E dopo al quale ti darò questa >> aggiunse scuotendo la gamba porta rum che aveva in mano in modo tale che il liquido al suo interno sciabordasse in maniera invitante.
Grog si accigliò.
<< E il Capitano Teach? >> chiese guardingo.
<< A lei non darebbe nessun fastidio >> assicurò Barbossa annuendo in quella che avrebbe voluto essere una maniera rassicurante. << Occhio non vede, cuore non duole >>.
Grog parve rifletterci un attimo, poi le parole di Barbossa dovettero sembrargli convincenti, perché scrollò le spalle ed annuì.
<< E va bene. Lo so cosa vuoi fare, tu, ecco. Non pensare che io non lo sappia. Ma per farlo sai di cosa ho bisogno, eh? >> chiese tra un singulto e l’altro. << Mi serve il sangue di un Compton >>.
Barbossa sghignazzò compiaciuto ed estrasse dalla tasca interna del soprabito la cassettina porta-sigari.
<< Ecco, qui dentro c’è tutto … testa, sangue, Barone … tutto >> poggiò il piccolo contenitore davanti a Grog,  il quale dovette prendere bene la mira prima di riuscire ad aprirlo con la sua mano tremante e poi ne scrutò l’interno con l’espressione più assorta che uomo avesse mai visto dipinto sul suo volto.
<< Non c’è sangue qui. Proprio per niente. Non è che ti sei sbagliato, eh? >> domandò tornando a guardare Barbossa.
A quelle parole, lo stomaco di Beatrice fece una dolorosa capriola ed il suo cuore perse svariati colpi.
<< Che vuol dire non c’è sangue? >> ripeté Barbossa furioso, afferrando la scatola da per terra ed esaminandone con foga il contenuto: era vero! Il fazzolettino macchiato di sangue era sparito! << Corpo di mille polene inabissate! >> ruggì quando appurò che il fazzoletto non c’era davvero. << Deve essermi caduto nella palude, quando ho usato il potere del Barone contro Le Buisson! Ma non è poi una gran disgrazia >> aggiunse ritrovando velocemente la calma, mentre l’ombra di un ghigno iniziava a farsi strada sul suo volto.
Beatrice deglutì sonoramente ed iniziò ad indietreggiare fino a ritrovarsi con i piedi nell’acqua, mentre Barbossa si voltava lentamente verso di lei.
<< Ho un’intera scorta di sangue di Compton pronta all’uso, qui con me >> sogghignò Barbossa. << Non è vero, mia cara? >> chiese rivolto a Beatrice.
La ragazza boccheggiò, terrorizzata.
<< Eh? >> esclamò Grog a quel punto. << E dove? >> domandò guardandosi attorno.
<< Proprio lì! >> replicò Barbossa indicando Beatrice. << Quella è Lady Beatrice Compton, figlia del governatore Compton di Hispaniola >>.
Grog fece vagare il suo sguardo annebbiato da Beatrice a Barbossa e viceversa, poi scosse tranquillamente il capo.
<< No, non è vero. Quella non è una Compton. Non ha neanche uno straccio di sangue di Compton nelle vene >> annunciò.
<< Che cosa diavolo vai blaterando? >> abbaiò Barbossa sputacchiando a destra e a manca, afferrando Grog per il bavero e scrollandolo con violenza. << Quella è una Compton, brutto incompetente della malora, ora officia questo dannatissimo rito o ti faccio passare io la voglia di fare lo spiritoso! >>
Grog si limitò a fissarlo con espressione serafica, mentre Barbossa continuava a sballottarlo in preda ad una furia cieca.
<< Sai, Hector >> s’inserì Jack con calma, osservando con spiccato interesse la lurida unghia del proprio indice sinistro. << Penso che Grog abbia ragione. Forse c’è qualcosa che miss Beatrice sente l’impellenza di dirti, o sbaglio? >> buttò lì lanciando uno sguardo a Beatrice, che era pallida e spaventata come non lo era mai stata in vita sua.
Infine era arrivato il momento di dire la verità; Barbossa lasciò andare Grog ed incominciò ad avanzare verso di lei con gli occhi che dardeggiavano di collera: doveva dirgli la verità, tanto, a giudicare dalla faccia che aveva, l’avrebbe fatta a pezzettini e gettata agli squali comunque.
<< Tu >> sibilò Barbossa con uno sguardo decisamente folle quando fu ad un soffio da lei. << Sei o non sei la figlia del governatore Compton, biscia schifosa? >> latrò afferrandola per le spalle e scuotendola come aveva fatto poco prima con Grog. << Rispondi! Parla! >>
<< No! >> urlò Beatrice lottando disperatamente per liberarsi. << Non lo sono e Iddio solo sa quanto sia felice di non esserlo! >>
Barbossa trattenne sonoramente il respiro, gli occhi fuori dalle orbite, e le assestò un ceffone così brutale da farla finire a gambe all’aria. Un dolore lancinante le esplose in corrispondenza della guancia destra e la vista le si annebbiò immediatamente, mentre in bocca iniziò ad affiorare il sapore metallico del sangue.
Barbossa portò una mano all’elsa della sciabola e stava per estrarla, quando Jack gli corse incontro e si frappose tra lui e Beatrice.
<< Oh, questa sì che è una sorpresa! >> commentò fingendo che per lui fosse tale. << Un atto davvero deprecabile, quello di mentire così spudoratamente, e ad un uomo di tale dirittura morale, poi! >> proseguì indicando Barbossa e facendo schioccare la lingua in segno di disapprovazione. << Ma io ora mi chiedo … di chi sei dunque figlia, figliola? >> domandò rivolto a Beatrice, che se ne stava ancora sdraiata per terra in preda ad un dolore atroce.
<< Chi se ne importa! >> ruggì Barbossa. << Io la ammazzo! Spostati, dannazione, devo ammazzarla! >> il capitano della Revenge spinse Sparrow da un lato e sguainò rumorosamente la sciabola, brandendola contro Beatrice.
In quell’istante, ciò che mastro Gibbs le aveva detto sulla spiaggia, la sera dell’attacco al Fallen Angel, le riecheggiò nella mente: rischiate di più a fingere di essere qualcuno che non siete.
<< Di Anne Bonny! >> urlò disperata. E serrò gli occhi, convinta che quelle sarebbero state le ultime parole che avrebbe pronunciato in vita sua. << Sono figlia di Anne Bonny >>.
E invece il colpo non arrivò e lei non morì. Alla fine si decise ad aprire le palpebre e vide che Barbossa si era bloccato con la spada a mezz’aria, nell’atto di vibrare la stoccata che l’avrebbe spedita a fare compagnia alla sua defunta madre.
<< Di Anne Bonny? >> ripeté Jack sempre utilizzando quel tono falsamente sorpreso. << Ohibò, questa sì che è buona! Ma, effettivamente, noto una certa somiglianza con Bombardiera Anne, eh sì >> constatò massaggiandosi il mento. << Per tutti i gabbiani con la raucedine! Questa fanciulla è la copia sputata della vecchia Anne, parola d’onore! Tranne che per gli occhi >> aggiunse aggrottando la fronte, mentre Barbossa non riusciva ancora a muoversi. << Quegli occhioni azzurri devi averli presi dal papà, vero? >> domandò cordialmente.
<< N-non … non lo so >> replicò Beatrice con voce flebile, facendo correre lo sguardo da Sparrow a Barbossa, sorpresa per le reazioni di entrambi. << Non so chi sia mio padre >>.
<< Oh, hai sentito, Hector? >> esclamò Jack rivolto a Barbossa. << Non è triste? La poverina non ha mai conosciuto suo padre, né tantomeno conosce la sua identità. Una spiacevole vicenda, non trovi? >>
<< Quanti anni hai? >> domandò Barbossa con voce roca, trovando finalmente la forza di parlare e rinfoderando lentamente la spada.
<< Diciannove >> rispose Beatrice confusa, tirandosi lentamente a sedere. << Quasi venti >>.
A quella risposta, Barbossa si lasciò sfuggire una sorta di gemito ringhiante ed assunse la stessa espressione di qualcuno che è stato colpito con una colpo di remo sulla zucca.
<< Sei proprio sicura? >> la interrogò brusco.
Beatrice emise un verso sprezzante, massaggiandosi la guancia che le doleva da impazzire.
<< Sì >> replicò acidamente. << Sì, ne sono abbastanza certa >>.
Barbossa aprì la bocca, ma poi la richiuse subito. La aprì di nuovo e ancora una volta la richiuse. Dopodiché si limitò a deglutire a vuoto, come se avesse mandato giù un boccone particolarmente amaro della sbobba che Scrum era solito preparare, e girò sui tacchi senza dire una parola, incamminandosi nuovamente verso Grog.
E Beatrice, che fino a quel momento era stata a dir poco confusa, capì.
Beatrice ebbe una vera e propria illuminazione, eppure quel momento fu decisamente diverso da come non aveva fatto altro che immaginarlo per i quasi vent’anni della sua vita.
<< NO! >> urlò affannata, schizzando in piedi, all’improvviso dimentica del dolore alla guancia. << NO! >> ripeté sempre più stridula. << Tutti tranne te! >> si voltò appena per lanciare uno sguardo di sottecchi a Jack, che stava mangiucchiando il lerciume incastrato sotto l’unghia del suo pollice con spiccata vivacità. << E te >> aggiunse disgustata; Jack sbatté le palpebre un paio di volte, oltraggiato.
<< Non puoi essere tu! >> proseguì la ragazza con le lacrime agli occhi, mentre Barbossa, dandole le spalle, si riprendeva la sua preziosa scatoletta porta-sigari e la rimetteva al sicuro sotto al soprabito. << Tu non puoi essere mio padre! >>

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