Non tutto il male viene per nuocere!

di Sayumi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La punizione ***
Capitolo 2: *** Studentessa universitaria... ***
Capitolo 3: *** La scommessa! ***
Capitolo 4: *** Non ti lascerò vincere ***
Capitolo 5: *** Ricordi del passato ***
Capitolo 6: *** Hai vinto tu... ***
Capitolo 7: *** Proviamoci... ***



Capitolo 1
*** La punizione ***


Capitolo1

Fic improvvisata in un momento di follia… composta da sette capitoli… cercherò di pubblicarne uno a settimana…

Ringrazio per l’aiuto la mia cara sorellona… Se volete lasciate un commento… sono sempre graditi^^

A voi la lettura!

 

 

Capitolo1

 

-La punizione -

 

Parola d’ordine… studio! Effettivamente è abbastanza stancante questa situazione, ma la speranza che questo sia l’ultimo anno mi da la forza di impegnarmi!

Ops! Dimenticavo di presentarmi! Mi chiamo Morgana… per gli amici…. Ehm diciamo che solo per un’amica “Nany”… solo lei e mia madre potrebbero chiamarmi così in effetti.

Beh a parte il nome mistico per il resto che volete che vi racconti? Sono una ragazza normale come tutte le altre. O quasi. Certo forse normale non è molto corretto. Va bene, cancellate! Non sono per niente normale! Ma avreste già dovuto pensarlo dalle prime quattro parole… quale ragazza normale di diciotto anni potrebbe dire che lo studio è importante? Pensate che sia una secchiona? Diciamo quasi. Se vogliamo essere pignoli sono secchiona solo in quello in cui voglio… per il resto faccio un po’ come mi pare, la sufficienza mi basta. Potrei avere anche di più ma a che scopo avere un nove in matematica e fisica? Tanto non diventerò comunque una matematica o una scienziata!

Comunque non è certo per questo che dovete pensare che io non sia normale… oh mamma mi sono persa nel lessico… ho scritto giusto? Mah poco importa…

Diciamo che potrei sembrare strana per i miei interessi. Certo forse a volte dovrei evitare di uscirmene con massime troppo appariscenti o con le mie solite idee strampalate… ma che ci posso fare? Se non lo facessi non sarei io!

Ma dopo aver detto tutto e niente su di me… più niente che tutto in effetti, passiamo alla mia situazione.

Non è un caso che dica che lo studio è fondamentale per me. In verità… non me ne importa proprio nulla. In realtà… sono in punizione.

Mentre sono qui su questo dannatissimo libro di storia dell’arte mia madre è perennemente in ascolto dietro la porta a controllare che io non accenda il pc.

Perché, direte voi… sei in punizione?

Diciamo che i miei genitori non sono molto aperti sulle mie amicizie.

Soprattutto dopo che hanno tentato di ucciderti.

Vi stupisce che dica questo con la più totale noncuranza e semplicità? A me no, per nulla.

In realtà ero perfettamente consapevole che erano persone poco raccomandabili, ma c’era di mezzo la vita di una mia amica e non potevo permettere che ci lasciasse la pelle.

E ora vi starete chiedendo se sono scema… Beh forse si. Ma se lo sono per lo meno sono una scema che non abbandona le amiche.

Fatto sta che le persone che hanno cercato di farmi fuori (invano), sono finite in galera con l’ergastolo… e io… beh anche se non sono dietro le sbarre sono comunque rinchiusa. E devo ringraziare mia madre se non mi trovo in convento.

Che volete che vi dica! Vi suggerirei soltanto di non avere mai a che fare con persone fissate che al mondo ci sono solo persone degne e indegne, e che la seconda categoria deve sparire. E soprattutto, attenti quando vi fidate di qualcuno. Perché non si sa mai cosa potrebbe nascondersi dietro una bella faccia.

Il telefono prende a squillare. Mamma risponde. Dopo circa tre secondi le sue urla invadono la casa. Non era difficile pensare che era sua sorella al telefono. Quelle due vanno sempre d’amore e d’accordo quanto un verme che scappa da una gallina che non mangia da quattro giorni… chi sia la gallina e chi il verme, preferisco non scoprirlo.

Vi starete ora chiedendo cosa diavolo c’è di tanto speciale in una persona che è in castigo.

Beh, non sottovalutate mai una ragazza di 18 anni in castigo che ha voglia di uscire. Perché se vuole, i contatti con il mondo esterno li trova lo stesso.

Sapendo mia madre occupata con la sorella al telefono presi velocemente il cellulare vecchio del quale se ne era dimenticata dell’esistenza. Prima che mi requisisse il mio avevo preso di nascosto la seconda Sim che tenevo nascosta e alla prima occasione l’avevo ricaricata. Iniziai così una conversazione clandestina con la mia migliore amica tramite sms.

 

“Tu che fai? Io sn rinchiusa qui, mamma è al telnn ne posso più di stare qui dentro T.T

 

A lei era andata tanto meglio. Sua madre semplicemente aveva taciuto la cosa al padre quando le forze dell’ordine l’avevano riportata a casa. Effettivamente era stata più furba a nascondere i tagli che si era procurata, evitandosi tre settimane in ospedale. Quindi si era beccata solo qualche settimana di castigo e si era fatta strappare la promessa che non avrebbe più rivisto le persone che ci avevano aggredito. Non che avesse molta voglia di rivederle.

L’apparecchio vibrò tra le mie mani. Mamma stava ancora parlando.

 

Sopravvivo… vorrei salvarti sore! Ma se mi avvicino tua madre mi strangola! Tieni duro, mancano solo due mesi!”

 

Fu la sua risposta.

Due mesi. Già due mesi e avrei ottenuto la maturità. Poi avrei avuto un’intera estate rinchiusa in casa per punizione. Perché ovviamente mia madre non mi avrebbe fatto uscire con gli amici. Forse un voto alto avrebbe addolcito mamma, ma non papà. Ormai era deciso che sarei rimasta in casa a meno che non ci fosse stata scuola.

 

“Due mesi? Ti ricordo che sn prigioniera a vita! =.=”

 

Risposi velocemente per poi fingere di studiare al passaggio di mia madre in camera a controllare. In realtà avevo nascosto un fumetto tra le pagine, ma di certo a lei non lo facevo sapere… Anche per i fumetti si era instaurato un traffico clandestino. Me li portava Ginny (Ginevra, la mia migliore amica… si buffa accoppiata, io Morgana lei Ginevra… quasi assurdo non trovate? Ci mancava solo Artù e Lancillotto e potevamo definirci a posto =.=) di nascosto, quando sapeva che mia madre non era in casa… anche se questo mi costava soldi extra per far tacere mio fratello.

Insomma, non ero finita in carcere, ma quasi.

A volte penso che era meglio il convento…

Ma la mia vita non è mai stata facile quindi presto si sarebbero presentati altri problemi… E il castigo a vita… sarebbe diventato solo un gioco…

 

 

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Capitolo 2
*** Studentessa universitaria... ***


Capitolo 2

Capitolo 2

 

-Studentessa universitaria… -

 

I mesi passarono, e fortunatamente il bel voto alla maturità addolcì i miei che mi concessero di rivedere almeno Ginny e di andare a casa sua… questo mi rasserenò, anche perché dopo la fine del mese di Luglio, a furia di stare in casa i miei avevano notato che stavo decisamente rincretinendo e diventando estremamente instabile a livello mentale, quindi furono in un certo senso costretti a lasciarmi uscire.

Non potete nemmeno immaginare come può essere bello poter uscire all’aria aperta dopo mesi passati su libri di scuola! L’aria che ti soffia in faccia, il calore estivo quasi soffocante, il calore e la luce del sole

Ma la mia libertà era ancora limitata.

Presto anche l’estate finì. Ero sopravvissuta. Il mese di settembre come giunse passò altrettanto velocemente.

Dovevo riprendere a studiare per l’università questa volta e casa mia era invasa da miriadi di documenti per lo più inutili.

E poi iniziò il primo semestre. Ovviamente mio padre all’inizio era contrario che frequentassi in città l’università. L’aveva definita “piena di gente pericolosa” aggiungendo “non ti basta quello che ti è successo?” ma poi dopo un’ampia leccatina (non diciamo di cosa, ma a buon intenditore poche parole…) ho corrotto i miei a farmi proseguire negli studi. Forse studiare per cinque anni le tecniche pubblicitarie è servito a qualcosa.

Fatto sta che mi ritrovai catapultata in un mondo nuovo.

Dove la mia unica conoscenza era la mia compagna di mille avventure.

La stavo seguendo mentre osservavo decisamente curiosa tutta la gente che frequentava la struttura. Si andava dal genere metallaro più nero al punk più stravagante ai semplici e comuni soldatini, come li definisco io… ovvero tutta quella schiera di persone amanti della moda che non sapevo distinguere, non era di certo il mio genere di persone preferite, avendo spesso scontri con il genere amavo tenermene alla larga… io evitavo loro… e con un po’ di fortuna loro evitavano me.

L’ultima volta che avevo incontrato un amante di moda e vestiti ho rischiato l’osso del collo e mi ritrovo ancora con 20 punti di sutura su un fianco che nei giorni di pioggia si fanno sentire.

Mentre mi mostrava le varie aule e qua e là salutava qualcuno di conosciuto la mia vista si soffermò su un gruppetto di ragazzi dell’ultimo anno.

-Ehi!- mi richiamò alla vita Ginny che mi sventolava la mano davanti al muso –Già perso la testa per quelli dell’ultimo anno di Economia?- chiese divertita notando il soggetto del mio sguardo.

Tra i ragazzi che guardavo ce ne era uno, era alto con le spalle larghe e i capelli castani spettinati e lo sguardo scuro con accanto un altro ragazzo di poco più basso dai capelli più scuri e una sottile linea di barba che gli dava dei lineamenti che ricordavano quasi l’attore di un film ambientato nel medioevo. Il primo ci stava provando spudoratamente con una ragazza di molto più bassa di lui dai capelli neri che pareva pendesse come un pesce dall’amo di un pescatore. La scena era quasi disgustosa.

Mi voltai verso Ginny. –Se sono tutti così marpioni e presuntuosi non ne vale la pena di mettersi con nessuno di loro.- dissi ad un tono abbastanza alto da poter attirare l’attenzione dei ragazzi di pochi istanti prima. Percepii distintamente lo sguardo del ragazzo castano di prima che mi guardava quasi sfidato, ma dopo un sorriso ammiccante e fintamente allegro continuai con il giro delle aule.

Dopo aver assistito ad un paio di corsi mi ritrovai ad aspettare nel cortile interno dell’università, sotto un’arcata a tutto sesto. In attesa dell’arrivo di Ginny.

Mentre aspettavo notai che dall’angolo del corridoio di fronte a me erano appena comparsi i due tizi del quinto anno.

Vidi il sorriso dipingersi sul volto del ragazzo che avevo volontariamente punzecchiato poco prima.

Mentre passava si lasciò fuggire in tono abbastanza eloquente. –Che racchie le matricole di quest’anno!- disse consapevole che lo stavo ascoltando.

L’altro al suo fianco si limitò ad un’alzata di spalle e stette zitto.

Poi mi raggiunse Ginny e finalmente ci dirigemmo a pranzare.

Ovviamente, con la mia solita fortuna non potevo che non beccare nel fast food i due di prima.

Ormai era definitivo, dopo quel pranzo capii una cosa. Era guerra. Si erano seduti di fianco al nostro tavolo, era diventata una lotta all’ultima frecciatina!

-Allora sorellina cara come è andata?- chiese Ginny per evitare che mi mettessi a spaccare la faccia a quel tizio e creare una rissa nel fast food.

Tagliai con un gesto lento la mia fetta di pizza e risposi tranquilla… -Il prof spiega bene anche se ha un alito pestilenziale! Mi ricorda il prof di disegno!-

Dall’altro tavolo il tizio iniziò a farmi il verso con varie smorfie del viso.

Grosso errore. –Che strano oltre che marpioni e presuntuosi sono pure maleducati- dissi con un tono di voce quasi distratto.

Ginny mi guardò perplessa per poi notare l’occhiataccia del tizio seduto di fianco e la risatina, seguita da un calcio partito da sotto il tavolo all’amico.

-Capisco- fu la risposta finale di Ginny.

-Tu invece?- chiesi continuando a trafficare con la mia pizza.

Ginny prese a descrivermi la sua giornata mentre i due ragazzi al tavolo vicino mangiavano in silenzio.

A quel punto vidi la cosa più bella a cui potevo assistere in quel momento. Un lampo di pura perfidia passò negli occhi di Ginny. Ebbene si. Ginevra si era risvegliata in tutta la sua diabolicità!

Si voltò tranquilla con un sorriso angelico scostando una ciocca di capelli corvini dietro la spalla e lasciando intravedere per bene la scollatura data dalla camicia –Ragazzi… c’è qualche problema?- si rivolse ai due con il suo sorriso più angelico e fissandoli diritta negli occhi.  Per poi aggiungere –Sapete, la mia amica ha notato che la fissate intensamente, c’è qualcosa che posso fare per voi?- chiese accentuando il sorriso e proseguendo dopo una breve occhiata all’orologio –ma dovete fare in fretta perché non ho ancora terminato di mangiare e tra poco ho lezione e il mio Docente non rispetta il quarto d’ora accademico- aggiunse fintamente dispiaciuta.

-Non guardare me! E’ lui che ha perso la testa per la tua amica!- disse il moro indicando l’amico che lo ricambiò con un’occhiataccia nera.

-Traditore- mormorò a denti stretti –Non ho affatto perso la testa per la tua amica, figurarsi! Posso trovare di meglio, e comunque, grazie ma non ho bisogno dell’aiuto di nessuno per avere una donna- guardò Ginny sorridendole perfido.

Io guardai la scena estremamente divertita.

Ginny riprese alla carica -Ottimo, di ragazzi così sicuri di potersi fare la prima che passa ce ne sono a bizzeffe, ma tu hai un non so che di particolare..- gesticola con una mano, mentre finse di esaminare la personalità di lui -Dato che non hai bisogno dell'aiuto di nessuno, io mi concentrerò sul tuo amico -gli sorrise di scherno e si volse verso l'altro. -Piacere, sono Ginevra, ma chiamami Ginny -tese la mano - Spero di trovarti ancora in giro per i corridoi, magari potremmo incontrarci… -lo aveva provocato apertamente.

L’altro sorrise divertito mentre l’amico dai capelli castani rimase quasi scioccato mentre l’altro rispondeva –Piacere mio, mi chiamo Daniel, e quell’essere molto simile ad un animale è David.- disse mentre l’altro dichiarava apertamente la sua ostilità incrociando le braccia scocciato. –E tu sei?- chiese questa volta rivolto a me.

-Morgana, piacere- sorrisi educata porgendo la mano, ben attenta che non si vedessero da sotto i bracciali i vecchi graffi.

David scoppiò a ridere. –Ginevra e Morgana! Ah! Lancillotto e Re Artù dove li avete lasciati?- disse in tono canzonatorio.

Mi limitai soltanto a guardarlo.

Uno sguardo che lasciava capire chiaramente il mio pensiero: “Sei un cretino col cervello di un bimbo di due anni”.

-Cos’è non sai più cosa rispondere signorina Morgana?- chiese sfidandomi.

Quel ragazzo era evidente. Voleva morire. Non c’erano dubbi.

-Attento signorino David… Morgana era una strega molto potente… chi ti dice che non lo sia anche io?- sorrisi diabolica mentre lo guardavo scrutandolo fin nei minimi particolari e prendevo a giocherellare con un ciondolino di quarzo bianco.

-Non dire fesserie, le streghe non esistono!- disse lui allargandosi il colletto della felpa.

-Mah… mai dire mai- risposi con un sorrisetto angelico.

-Su dai nemmeno vi conoscete e già vi state scannando!- si intromise Daniel.

Ginny stava zitta, evidentemente aveva colto nelle mie parole riferimenti al passato che i due ragazzi che avevamo vicino non potevano cogliere.

Terminammo il pranzo. Chiacchierammo in tre tranquilli mentre David in un angolo mi guardava malissimo e interveniva ogni tanto per uno dei suoi tentativi di presa in giro.

Terminato il mio pranzo controllai sul display del mio cellulare, finalmente tornato nelle mie mani anche se decisamente ammaccato e pieno di graffi. A breve avrei avuto il treno e dovevo assolutamente andare a casa.

-Wow, deve avere una storia profondamente interessante quel cellulare per essere ridotto a quel modo!- esclamò Daniel osservando tutta la vernice scrostata dai graffi.

Esitai distrattamente prima di mettere via il cellulare e mi limitai ad un sorriso. –Già porta con se molti ricordi che mi aiuta a non dimenticare- guardai Gin per poi farle cenno con il capo che era ora di andare.

-Bene, cenerentola ha bisogno di tornare a casa anche oggi e la carrozza non aspetta- sospirò lei alzandosi e porgendo la mano ai due. –E’ stato un piacere conoscervi-

Daniel però si alzò e si offrì di accompagnarci alla stazione. David lo seguì più perché aveva anche lui il treno da prendere che non per accompagnare noi.

-Temo proprio che il destino sia avverso a voi due… mi sa proprio che dovrete sopportarvi per il viaggio di ritorno da soli.- affermò divertito Daniel poco dopo che scoprii che anche David prendeva il nostro stesso treno per tornare a casa e Ginny sarebbe rimasta in università fino a sera quel giorno.

-Non importa, il treno ha molte carrozze- affermai alzando le spalle.

-Forse non abbastanza- affermò lui acido.

Lo guardai furente. –Cosa vorresti insinuare?- sibilai vicina al prenderlo a sberle.

-Io? Niente!- affermò lui ammiccando diabolico.

Per evitare che la discussione sfociasse in una rissa mi voltai e mi diressi furiosa ai binari.

Mi dava troppo sui nervi! Non lo reggevo!

Mi infilai nella seconda carrozza e cercai posto. Gettai con non curanza la borsa sul sedile a fianco e mi stravaccai sul sedile. Avevo i capelli che sicuramente se ne andavano per i fatti loro sparando in riccioli assurdi e mi misi a giocherellare con uno di essi che penzolava sulla mia fronte mentre, con un piede appoggiato sul gradino rialzato sotto il finestrino pulii una macchia di polvere dalla lunga gonna nera e notai che lo smalto delle mie unghie reclamava il restauro urgente. Presi un fumetto dalla mia borsa e mi misi a leggere in attesa della partenza del treno.

Poco dopo mi raggiunse l’essere insopportabile.

-Posso?- fu la sua unica richiesta.

-Devi proprio?- risposi annoiata staccando lo sguardo dalle pagine.

-Non ci sono altri posti- rispose lui secco.

Alzai le spalle in segno di indifferenza e tornai al mio fumetto.

Il viaggio fu tranquillo, non ci rivolgemmo la parola e mi concentrai sul fumetto che leggevo. Ma l’occhio ogni tanto saliva a controllare oltre il margine della pagina e spesso lo scoprivo a fissarmi.

“Che diavolo ha da fissare?!” fu il mio pensiero.

 

 

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Capitolo 3
*** La scommessa! ***


Capitolo 3

Capitolo 3

 

-La scommessa! -

 

Non riuscivo a togliermelo dalla testa. Quando tornai a casa la vita di tutti i giorni mi ripiombò addosso ma non bastava a togliermi quel ragazzo dalla testa. Che diamine! Non riuscivo a sopportarlo! Come faceva un ragazzo di almeno 23 anni a comportarsi come un bambino! Per giunta credendo che tutte le donne cadrebbero ai suoi piedi!

Passai il resto del pomeriggio cercando di non pensare alla mattinata rifugiandomi nelle pulizie di fine stagione. Svuotai gli armadi di mezza casa lucidando tutti i pavimenti e le superfici di bagno e cucina in un tempo talmente veloce che avrebbe potuto partecipare ai Giunnes mondiali!

La sera mi rifugiai il palestra con le arti marziali sperando con la ripresa dei miei corsi sarei riuscita a sfogare la tensione.

Effettivamente funzionò alla perfezione.

Quella sera arrivai a casa esausta ma soddisfatta.

Mi addormentai come un ghiro al tocco con il letto.

Tuttavia il mattino seguente quando fu l’ora di prendere il treno i pensieri del giorno prima tornarono.

Ma non mi stupii di incontrare David sul treno mentre ero alla ricerca di un posto dove sedermi.

Era in compagnia di una ragazza dai capelli rossi e ci provava spudoratamente davanti agli altri passeggeri.

Passai oltre senza nemmeno salutare, lanciando un’occhiata da “non ti smentisci proprio” che lo fece voltare a guardarmi.

Andai in fondo al vagone, in una posizione dove speravo non mi raggiungesse, anche se sfortunatamente per me ero fin troppo visibile.

Sentii distintamente la voce della ragazza. –Chi è quella? Una tua amica?- chiese guardandomi.

Lanciai un’occhiata di sottecchi facendo capire che non amavo essere osservata. Lui non rispose e si limitò a riprendere il discorso che doveva aver interrotto al mio arrivo.

La ragazza non apprezzò il gesto e fingendo di avere un’amica che l’aspettava in un altro vagone se ne andò con la promessa di ritornare prima dell’arrivo. Ovviamente era una patetica scusa per andarsene.

Un paio di ragazzine che avevano assistito alla scena ridevano dall’altra parte del vagone.

Lui si alzò e con le mani in tasca e lo zaino posato su una spalla, si diresse verso la poltrona di fronte alla mia per poi sedersi.

-E’ mai possibile che ogni volta che compari mi rovini i piani di conquista? E’ la seconda volta questa…- disse inacidito.

-E’ un problema tuo caro, io non faccio niente- sorrisi fintamente ingenua.

-Non è che ti sei presa una cotta per me?- disse lui ammiccando come se avesse appena scoperto l’America.

-Nemmeno se tu fossi l’ultimo uomo al mondo- risposi guardandolo con uno sguardo da “ma sei scemo?”.

Evidentemente era troppo pieno di se per poter ammettere che fosse possibile che una donna non provasse nulla per lui. Semplicemente, è un illuso. Poveretto, mi fa quasi pena… quasi.

-Dai ammettilo che vuoi chiedermi di uscire!- si alzò per sedersi di fianco a me e portare un braccio attorno alle mie spalle.

Presi la mano e dopo avergliela quasi stritolata e averla allontanata il più possibile da me aggiunsi. -Riprovaci e la mano non te la ritrovi più!-

Dolorante, in quel momento forse capì che la dura realtà era una sola. Con me non aveva speranze.

-Ma perché non te ne vai dalla rossina! Mi sembrava ci stesse con te poco fa…- dissi distratta ammiccando per poi tornare a guardare fuori dal vetro del finestrino. Quel giorno pioveva a dirotto.

-L’hai fatta scappare, che figura ci faccio se la inseguo? Devo farmi desiderare per conquistare- sorrise soddisfatto di se stesso.

-Oh ma che bravo, perché non scrivi un libro. 100 e uno modi per portarsi a letto una donna- sorrisi diabolica per poi tornare al finestrino.

Il treno in quel momento si fermò e le luci si spensero. Una pallida luce grigiastra arrivava dai finestrini appannati.

-Guarda che per me le donne non sono solo oggetti da portarsi a letto!- ribatté lui, decisamente poco convincete.

-Oh ma davvero?! Non l’avrei mai detto… avrei quasi scommesso che ti bastasse una donna che respiri e sei a posto!- commentai acida.

-Oh si certo ho capito! Tu sei il tipo che deve Amare un uomo per poterci andare a letto vero? Fammi indovinare, sei ancora vergine!- rispose lui altrettanto acido.

Perché il treno non si decideva a ripartire!?

-Pensala come vuoi, non mi conosci comunque- risposi alzando le spalle.

-Colpita ed affondata- rispose lui con un sorriso di vittoria stampato in faccia. Quanto avrei voluto strapparglielo con le unghie…. Ma ero una persona civile….

-Avrai anche ragione, ma tu quante delle donne che ti sei portato a letto hai amato veramente?- sapevo che stavo arrossendo… e pregai che le lampade non si accendessero proprio in quel momento. Grazie al cielo almeno qualcuno mi aiutò. Non si accesero.

-Tutte!- rispose lui soddisfatto.

-Certo… allora qui i casi sono due… o non te ne sei mai portata a letto nessuna e ti vanti di fantasie fittizie… oppure non hai ancora capito che andare a letto con qualcuno non vuole dire amare. La mammina non ti ha mai detto che sesso e amore sono due cose diverse?-

Per i primi cinque secondi ci fu silenzio. Poi la sua bocca riprese a sparare fesserie e con essa riprese a funzionare anche il treno… grazie al cielo!

-Ti posso assicurare che ho avuto molte relazioni e ho voluto bene ad ognuna delle donne che ho avuto!- rispose lui insistente.

-“Voluto bene” non vuole dire che le hai amate, amore ed affetto o piacere sono cose ben differenti. Ma non credo che tu possa capire la sottile differenza- risposi acida.

-La vita non è tutta rosa e fiori d’arancio lo sai?- rispose lui sarcastico.

-Nemmeno portarsi a letto la prima che ti capita a tiro è indispensabile!- imitai il suo stesso tono di voce accettando la sfida.

-Allora visto che ti credi tanto esperta dimostrami tu come si fa ad innamorarsi? Se sai bene come si fa, sarà un giochetto farmi innamorare di te!- sorrise lui vittorioso e sfidando il mio orgoglio.

Brutta cosa.

Stavo per lasciarmi sopraffare dall’istinto di competizione quando una vocina nel mio cervello mi portò alla lucidità. Non potevo, ero ancora in punizione, e non avrei mai avuto la possibilità di farlo innamorare di me se non potevo uscirci. Avrei perso nel momento stesso in cui avrei accettato la sfida.

-Non ha senso, non puoi obbligare qualcuno a farlo innamorare di te!- ribattei calma.

Ti prego non dirlo… Scongiurai tutti gli dei della Terra affinché non pronunciasse quella frase inevitabile… una frase che avrebbe decretato la mia perdita di controllo…

“Non lo dire, ti prego non lo dire

-Hai paura di perdere forse?- l’aveva detto. Le parole proibite. Il suo sorriso di soddisfazione.

Il meccanismo a catena sarebbe cominciato.

-No!- risposi indignata. Forse era più terrore ripensandoci.

-Allora perché non accetti?- continuava a sorridere.

Adesso glielo strappo dalla faccia quel sorriso!

-Non ha senso quello che mi chiedi-

Mi stavo arrampicando sui vetri… per giunta bagnati!

-Hai paura di perdere!- rideva vittorioso.

-Accetto-

Mi ero appena rovinata.

-Bene-

Imprecai in almeno dieci lingue, di cui 5 nemmeno conoscevo.

-Se perdi però vieni a letto con me!- rispose lui sorridendo.

Sapevo che c’era qualcosa sotto! Altre imprecazioni!

-Stai scherzando spero!- alzai la voce indignata.

-Visto che sei tanto sicura delle tue affermazioni non avrai problemi a vincere, per cui, perché non rendere la cosa più divertente!?- sorrideva divertito.

Non potevo, dovevo ritirarmi prima che…

-E se ti ritiri ora… sarà come se avessi perso… quindi o accetti la posta in gioco o altrimenti….-

Lo stavo davvero odiando. Dovevo recuperare il mio sangue freddo.

-E se vinco io? Tu cosa mi dai in cambio?- dovevo volgere la situazione a mio favore.

-Avere il mio cuore non ti basta? Sei così cattiva?- rispose lui fintamente offeso.

-Non mi prendere in giro! Cosa offri tu?- insistetti.

-Diventerò il tuo schiavo, qualsiasi cosa vorrai la farò per tutta la vita.- disse lui.

Alzai un sopracciglio perplessa.

-Ne sei proprio sicuro?- chiesi scettica per conferma. Avevo acceso il lettore mp3 che avevo al collo nella modalità registrazione per assicurarmi di avere una prova concreta. Certe abitudini erano dure a morire…(capirete più avanti ndA)

-Giuro! Se vincerai tu sarò il tuo schiavo!- ripeté lui sollevando una mano e posando l’altra in segno di giuramento.

-Perfetto, se non manterrai la promessa avrò qualcosa che te lo ricorderà- sorrisi diabolica. –Se invece perderò io…- divenni seria –farò quello che mi hai chiesto- confermai.

-Bene- annuì lui.

Il treno arrivò pochi istanti dopo.

Nell’intento di scendere mi posò una mano sulla spalla. –Comincia pure anche adesso se preferisci- sorrise e mi aiutò a scendere. –Tanto perderai, ma comunque ti do la possibilità di provarci- sorrise diabolico prima di raggiungere Ginny e Daniel che ci aspettavano davanti alla biglietteria.

 

Il resto della giornata la passai tra una lezione e l’altra cercando disperatamente di trasformare le parole del prof in frasi di senso compiuto che a quanto pareva il mio cervello non riusciva ad elaborare.

Nella mia mente c’era un solo disperato pensiero. Trovare un modo per incastrare quell’essere insopportabile… non sapevo nemmeno dire, in quel momento, se lo facevo per una questione di principio o più semplicemente perché se avessi perso, cosa che temevo sarebbe successa, avrai dovuto pagare un prezzo troppo alto.

Avevo un disperato bisogno di aiuto.

Pensai subito ad un'unica persona che poteva aiutarmi in quel momento. Ginny. Solo lei poteva.

Tornammo a casa fortunatamente questa volta senza David che a quanto pareva aveva un seminario da seguire.

Sorrisi. Un sorriso disperatamente supplichevole mentre lei era assorta nel suo libro pieno di appunti a margine della pagina.

Non osavo chiamarla. Sapevo che si sarebbe arrabbiata. Però dovevo provare.

-Cosa hai combinato sta volta?- chiese dopo dieci minuti abbondanti guardandomi torva da sopra il suo libro, si era sforzata di non farci caso, mi ero fatta venire i crampi facciali ma alla fine la sua attenzione era stata catturata.

-Niente! Volevo solo dirti che ti voglio tanto bene!- sorrisi ancora di più sempre che fosse umanamente possibile.

-Avanti di cosa hai bisogno?- mi guardò rassegnata sospirando.

-Di un aiutino….- alzai gli occhi con aria angelica.

-L’ultima volta per un aiutino per poco non tiravi le cuoia!- esclamò sarcastica.

-Non è niente del genere sorellina! Niente che possa farti rischiare l’osso del collo o rischiare spargimenti di sangue!- almeno… tecnicamente parlando… ma preferivo non rassegnarmi ancora al peggio.

Lei alzò un sopracciglio attendendo che le spiegassi la cosa.

Iniziai con il racconto. Poi al resto lasciai fare al lettore mp3 che aveva registrato per me.

Rimase in silenzio ascoltando tutto il racconto. Poi sospirò.

Sempre senza dire una sola parola.

-Potevi anche rifiutare… -disse rassegnata.

-Mi ha provocato!- cercai di giustificarmi.

-Avrà sicuramente scherzato… non penso che sia davvero così… determinato…- cercò di ragionare lucidamente.

-Non ne sono altrettanto sicura… non mi va di rischiare- dissi disperata.

-Se lo sanno i tuoi ti uccideranno…- ammise lei.

-Se non mi hanno ammazzato sei mesi fa non lo faranno ora…- risposi.

-In effetti… comunque posso indagare e chiedere una mano a Daniel… mi ha invitato ad uscire sabato pomeriggio.- sospirò rassegnata.

-grazie, cosa farei senza di te!- dissi sorridendole grata.

-Saresti già morta sorellina!- ammiccò lei.

 

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Capitolo 4
*** Non ti lascerò vincere ***


Capitolo 4

Capitolo 4

 

-Non ti lascerò vincere… -

 

Tornai a casa, mia madre come a suo solito strillava dietro a mia nonna che aveva per l’ennesima volta allagato il bagno dopo una delle sue crisi mentali in cui si divertiva a fare impazzire chi per primo gli capitava a tiro.

-Sei tornata?- mi chiese mamma subito come mi aprì la porta.

-Se mi vedi è perché forse… si sono tornata!- dissi sarcastica. Entrando in casa e trascinandomi in camera. Ero decisamente esausta. Non so se per le lezioni e la montagna di cose che avevo ancora da studiare o se per la scommessa che avevo fatto con David.

-Anziché stare lì a poltrire pulisci la tua camera e anche la cucina che io devo stirare e preparare da mangiare a tuo padre! Non sono mica la tua cameriera! Sta sempre e solo a studiare e non fai mai nulla! Se vuoi essere mantenuta almeno fai qualcosa! E muoviti con quei libri! Non vedi che sono tutti sparsi per casa….- la prole di mia madre andò avanti per un bel pezzo…. Il resto non lo stavo nemmeno a sentire… ormai era diventato un discorso che ripeteva da 9 anni… l’avevo praticamente imparato a memoria. E poi dopo 19 anni passati con una donna simile viene praticamente automatico decidere di staccare la spina che collega l’udito all’orecchio.

A meno che non si è particolarmente masochisti e si ami farsi spaccare i timpani da lei.

Ma visto che non apprezzo questo genere di cose…

Mi limitai ad indossare una maglietta vecchissima bianca con un taschino militare sul braccio e dei pantaloni lunghi neri. Erano decisamente larghi, dopo che iniziai a praticare sport dimagrii parecchio nel corso di un anno quindi gran parte dei vestiti dovetti adattarli alla mia condizione attuale.

Era finita da poco l’estate e l’aria più fredda dell’autunno cominciava a farsi sentire.

Mi infilai le pantofolone azzurre e mi dedicai ai miei libri catalogando tutti i miei disegni in un angolo per fare spazio ai volumi pesanti di storia e letteratura dell’università.

Dopo una breve riordinatine dei libri detti una spolveratine alla libreria. Ne andavo decisamente fiera! Anni e anni a leggere libri su libri di ogni genere, da quelli per bambini, con favole e racconti fantastici; a romanzi più seri, fino ad arrivare ai maggiori classici della letteratura. Sotto di loro la mia vasta collezione di fumetti che diventava sempre più ampia cominciava a straripare dagli scaffali, mentre in un angolo cercavo di nascondere Dvd d’ogni genere e cd di musica dai generi più vari… passando dalla musica classica agli anni Disco… all’anno in cui mi ero appassionata di Death metal… sorrisi. Mi ricordava la mia incostanza del passato e a quanta fatica avevo impiegato per raggiungere la stabilità. Per ultimi, i libri che mi avevano letteralmente cambiato… quelli che erano sempre rimasti miei nonostante tutte le peripezie passate. In un angolo nascosto dell’armadio i miei libri di magia, un angolo segreto, circondato dal magico profumo di una mescolanza di incensi d’ogni tipo e candele colorate con vecchi talismani e ciondoli che dovetti far sparire.

Se i miei avessero scoperto che li tenevo ancora mi avrebbero senza dubbio bruciato tutto.

Dall’accaduto di circa sette mesi prima, mi avevano severamente proibito di avere a che fare con quei libri. Avevo mentito facendoli sparire dalla Vale, bruciando vecchi appunti inutilizzati al loro posto. Poi sempre segretamente li avevo fatti tornare al loro posto. Non riuscivo a farne a meno. Il disegno e la magia erano sempre state le mie più grandi passioni da sempre. Erano il mio piccolo segreto speciale.

Sentii i passi di mia madre arrivare alle mie spalle e tornai ad occuparmi dell’armadio dei vestiti sistemando la biancheria pulita che aveva appena portato.

Passai il resto del tempo a pensare ad un modo per vincere la mia scommessa. Per qualche istante mi venne anche in mente l’idea di qualche incantesimo d’amore, ma non era con i trucchetti che volevo vincere. In fin dei conti avevo già fatto innamorare altri ragazzi prima… ed ero riuscita semplicemente comportandomi come me stessa.

Se era destino di vincere allora avrei vinto! Altrimenti… sarei passata al piano B… come cercare di evitare la penitenza!

                                                                   ..::*_*::..

(ora si passa nella mente di David, quindi la persona che narrerà gli avvenimenti sarà lui  ndA)

Forse sono stato troppo avventato…

Terminata la pesantissima lezione in aula, della quale avevo seguito poco o niente, ero troppo preso a pensare alla scommessa per capire altro, mi diressi al bar dell’università sperando di incontrare Daniel.

Sfortunatamente non era ancora arrivato, quindi mi dedicai ad un caffè mentre leggiucchiavo la gazzetta posata su un tavolino. Qua e là mi capitò di salutare qualche conoscente, per lo più ragazze in effetti, delle quali nemmeno ricordavo il nome. Poco importava, delle donne non mi interessava molto. Mi piace semplicemente divertirmi con loro, niente di più. Ed effettivamente la sfida appena iniziata con quella Morgana sembrava parecchio divertente!

Non mi sarei mai innamorato di lei, non era per niente il mio tipo… andiamo! Si vede lontano un chilometro che è la tipica ragazzina casa e chiesa, ancora vergine, che si vergogna di qualsiasi cosa e con un particolare… anzi direi quasi strano, modo di vestire. Le uniche due volte che l’avevo vista era passata da un look semplice con jeans e maglietta ad un abbigliamento che pareva un incrocio tra una dark e una metallara. Per non parlare dei lineamenti. I capelli biondi le ricadevano decisamente disordinati sulle spalle e gli occhi erano scuri, che sembrano perennemente tristi. Le occhiaie poi! Sembra che non dorma da tre anni! Senza contare del suo vizio di portare trentamila braccialetti rumorosi che le coprivano le mani. Come diavolo faceva a scrivere così?

In ogni caso la signorina di buone maniere più assurda che avessi mai visto! Come si faceva ad essere perfettini e allo stesso tempo così trasandati!

Mah chi le capisce le donne!

E soprattutto chi capisce quella!

E’ strana…

Sentii qualcuno battermi sulla spalla e mi destai da quei pensieri. Solo allora mi resi conto che la gazzetta… la stavo leggendo a rovescio…

-Ehi! Nuovo modo di leggere? C’è forse un alfabeto nascosto?- era Daniel.

-Ero distratto, nemmeno la vedevo…- posai le pagine e mi stropicciai gli occhi –troppe ore di lezione… oggi ne ho dovute seguire decisamente troppe!- dissi cercando di sembrare tranquillo.

-Lezioni? Non è che è la biondina amica di Ginny?- chiese lui ammiccando.

Ginny? Da quando in qua la chiamava così? Qui gatta ci cova…

-Siete già diventati così intimi…. Comunque non pensavo affatto a quella racchia!- esclamai irritato io… ricordandomi del caffè che tentai di bere, anche se ormai aveva perso gusto adesso che era freddo.

-Non siamo diventati “così” intimi, però le ho chiesto di uscire…e comunque a giudicare da come l’hai chiamata… pensavi proprio a lei!- sghignazzò divertito. Non si rendeva conto che rischiava la lapidazione?

-Ci esci fantastico! Auguri e figli maschi… deve essere davvero un miracolo…- si decisamente un miracolo! Daniel era il tipico secchione, per anni aveva pensato solo allo studio e raramente si era divertito con qualcuna, doveva essere una persona particolare per lui, altrimenti non ci provava nemmeno.

-Non hai risposto alla mia domanda… ci stavi proprio pensando parecchio… non è che ti piace ma non vuoi ammetterlo?- disse lui senza badare alle mie parole… ecco perché andavamo tanto d’accordo…

-Ma l’hai vista come si veste?! Figurati se mi può piacere una così! E’ praticamente una stracciona! Ed è pure grassa!- sbottai irritato.

-Non è grassa… e sembra ti abbia stregato!- scoppiò a ridere divertito.

Mi chiedo cosa ci sia da ridere. Proprio non capiva.

-Finiscila! E’ solo che ci ho fatto una scommessa!- confessai terminando ciò che restava di quel caffè.

-Scommessa?- lo vidi alzare un sopracciglio come segno di proseguire.

-Ho scommesso che deve farmi innamorare di lei…- dissi quasi sottovoce.. temevo la sua reazione.

Che fu confermata circa quattro secondi dopo con delle risate che riuscirono ad attirare tutta l’attenzione del locale. –Allora caro mio hai già perso!- disse poi sottovoce fintamente preoccupato.

-Ma nemmeno in un altro mondo!- questa volta fui io a ridere.

-Piantala! Scommetto che da che la conosci non fai che pensare a lei!- disse lui con uno sguardo divertito.

Odio quando ha così maledettamente ragione! Ma non gliela do vinta! E comunque i miei sono pensieri di disprezzo… mica di apprezzamento!

-Mi fa schifo- era come ammettere che aveva ragione.

-Chi disprezza compra mio caro!- disse lui trattenendo un nuovo attacco di risa.

-Finiscila, sono tutte palle! E comunque… non ti ho detto la posta in palio- in realtà non intendevo affatto portarmela a letto, ma sarebbe stato divertente da morire vederla fare di tutto pur di vincere, sicuramente non avrebbe mollato facilmente.

-Questa cosa mi puzza… avrai sicuramente architettato un metodo per prenderla in giro…- disse lui guardandomi torvo.

-Esatto, le ho detto che se vincevo io sarebbe dovuta venire a letto con me- dissi soddisfatto della mia cattiveria.

-Così mal che vada te la porti a letto comunque, e potrai aggiungere un nuovo nome alla tua lista immagino- disse lui questa volta serio. –Quando ti deciderai a capire che le donne non sono giocattoli?!- sembrava arrabbiato… mi dava sui nervi quando mi faceva la paternale…

-Andiamo non me la porto a letto veramente! E’ solo per vedere fino a che punto è capace di spingersi!- cercai di giustificarmi.

-Poni, anche solo per un istante, che lei riesca a vincere e tu ti innamori di lei. Che fai?- mi chiese in tono di sfida.

Una vocina prese a parlare nella mia testa: “Ha ragione! Cosa farei se lei vince?”

Scacciai via il pensiero così come era arrivato.

-Non vincerà- ribadii più per convincere me stesso che lui.

-Ne sei proprio sicuro?- chiese lui incalzante.

“No” disse la vocina.

-Sicurissimo- andiamo chi la vuole una sfigata simile!

Lui si alzò, mi guardò senza aggiungere nulla. Poi uscì e lo seguii poco dopo.

Non avrebbe mai vinto quella ragazzina, non aveva niente di attraente ed era poco più di una bambina.

Ma in quel momento… ignoravo totalmente quello che stava per accadermi.

Mi giunse un messaggio. Presi il cellulare e meccanicamente presi a leggere. Era lei.

Il nome Morgana lampeggiò per qualche istante sul display.

Morgana… che nome ridicolo!

“Ciao come va? Io sto per uccidere mia madre… che mi racconti?”

Le parole erano impresse. A che gioco stava giocando? Perché mi chiedeva come stavo? Cosa le sarebbe potuto importare?

 

                                                          ..::*_*::..

 

Avevo appena spedito il messaggio.

Non avevano senso come domande… ma per riuscire ad essere me stessa dovevo prima di tutto cominciare a vederlo come un amico. Perché, chissà per quale arcano motivo, tutti quelli che consideravo semplicemente amici finivano sempre con l’innamorarsi perdutamente… quindi a rigor di logica seguii il principio. Almeno cercavo di ottenere dialogo. Altrimenti tutte le mie speranze sarebbero volate via come fumo…

Non rispose.

Preferii giustificare la cosa come un semplice. “E’ occupato e non ha tempo di rispondere, lo farà più trdi

Visto che ormai erano passate le 11 di notte, decisi di smettere di ripassare la lezione e di andare a dormire.

Era evidente che non voleva proprio rispondere.

Ma per evitarmi un ulcerai mi limitai a catalogare la sua mancata risposta con un “ha finito i soldi”.

In realtà volevo strangolarlo.

Mentre fissavo il soffitto della mia camera e ripassavo meccanicamente i contorni degli adesivi appiccicati sul lato del letto che raffiguravano personaggi assurdi di anni fa sentii vibrare qualcosa sul comodino.

Mi voltai a fissare il cellulare che si era illuminato.

Ero tentata di ripagarlo con la stessa moneta e non rispondergli, ma poi una vocina disse che poteva anche essere qualcun altro e mi sforzai di prenderlo.

Dopo essermi quasi accecata nell’accenderlo –non so se avete provato a passare tre ore al buio e poi trovarvi la luce del cellulare sparata in faccia… vi assicuro che non è bello..- notai che erano più o meno la una e mezza e lessi il messaggio.

Non so se odiai di più l’operatore telefonico per aver rotto i maroni a quell’ora o se odiavo più lui perché non aveva risposto. Era un noiosissimo messaggio di pubblicità che cestinai immediatamente. Non feci in tempo a riposare il cellulare che tra le mani vibrò nuovamente.

“Se questa volta non è lui ammazzo chiunque sia!” pensai fra me e me.

Era lui.

Presi fiato, chiedendomi poi cosa diavolo mi stava prendendo e lo lessi.

“Non riesco a dormire tu?” erano le sue uniche parole.

Per lo meno si era creato un dialogo.

Senza nemmeno accorgermene risposi “nemmeno io riesco a dormire”

Pochi istanti dopo “ti detesto” fu la sua risposta.

Lo ammazzo! Fu il mio pensiero ma una risposta che mi passò per la testa la preferii. 

“Io di più! ^_^ Buona notte e incubi d’oro!”

La frase “incubi d’oro” non la auguravo più da secoli…

Sapevo che questa volta non avrei ricevuto risposta, quindi mi girai. Non feci in tempo a chiudere gli occhi che mi addormentai. Sembravano essere passati solo pochi minuti quando mi svegliai e trovai il sole già sorto.

Una vibrazione proveniva dal comodino e a tentoni cercai di afferrare quell’aggeggio maledicendolo.

-Chi è?- avevo la voce impastata dal sonno e volevo uccidere quel profano che aveva osato svegliarmi a quell’ora!

-Sveglia e brilla mia bella addormentata! Ti va di uscire questo pomeriggio?- la voce squillante mi spaccò quasi un timpano e allontanai l’apparecchio dall’orecchio.

-Non posso ho da fare- devo dormire! Mi sembra fin troppo importante come impegno.

-Scherzi? E’ così che speri di vincere la tua scommessa?- mi disse lui svegliandomi completamente. –Hai lezione?- continuò lui.

Che giorno era? Nemmeno lo ricordavo.

Era giovedì… non avevo lezione…   qualcosa rispose al posto mio, perché evidentemente la mia testa era ancora dormiente.

-No- fu l’unica cosa che riuscii a pronunciare.

-Allora ci vediamo?-

-Ti ho detto che ho da fare non posso- sempre la solita vocina mi ricordava che mi era vietato uscire in settimana, specie con persone che non conoscevo.

-Capisco peccato, questo non ti aiuta però, mia cara…- attaccò senza nemmeno darmi il tempo di rispondere.

Per il resto della giornata non si fece sentire.

Passai il resto della giornata lavorando per mia madre… o meglio sfacchinando per lei a destra e sinistra.

Arrivai a sera riuscendo a mala pena a leggere qualcosa della lezione di due giorni prima, tanto per non ritrovarmi a studiare tutto all’ultimo momento.

Anche se in realtà la mia testa non leggeva. Come a mio solito c’ero cascata nuovamente. Non poteva succedere di nuovo. Non potevo innamorarmi ancora o pensare ad un ragazzo. Me l’ero imposto dopo gli ultimi avvenimenti. Avevo già passato abbastanza guai per aver commesso l’errore di innamorarmi della persona sbagliata.

Il cellulare prese a squillare. Mi stupì vagamente, non ero abituata a sentirlo suonare due volte nella stessa giornata se non per questioni importanti.

Lessi il messaggio sul display… era il mio ex… il cuore mi mancò un battito.

Il messaggio mi chiedeva semplicemente come stavo… niente di che.

Risposi vaga mentendo che andava tutto benissimo e che presto mi sarei fatta sentire…

In realtà lo avevo volutamente evitato per mesi con la speranza di togliermelo dalla testa… ma era capace di farsi ricordare ogni volta che credo di essere riuscita nel mio scopo.

Eppure questa volta accanto al suo volto nella mia mente apparve anche un altro volto.

 

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Capitolo 5
*** Ricordi del passato ***


Capitolo 5

Capitolo 5

 

-Ricordi del passato -

 

Dopo il messaggio di Max rimasi per tutta la notte a fissare il cassetto del comodino di fianco al letto.

Sapevo perfettamente che lì dentro c’era una cosa che avevo scelto di chiudere per sempre il giorno in cui ci eravamo detti che era meglio fermarci. Che non aveva senso continuare una storia con tutti i chilometri che ci dividevano. Eravamo stanchi tutti e due e gli errori commessi avevano lasciato una ferita troppo grande per poter essere scordati e ripetuti.

Eppure il mattino dopo, con solo poche ore di sonno alle mie spalle mi svegliai e non riuscii a fare a meno di indossare il suo ciondolo.

Nell’indossarlo provai una strana sensazione.

Non sentivo più la solita sensazione di prima. Sorrisi un po’ amareggiata.

Nelle poche ore di sonno la mia mente aveva realizzato per me quello che il mio Io razionale non voleva ammettere. Mi stavo prendendo una nuova cotta alla quale sarei dovuto stare attenta.

La mia mente mi ripeteva che è solo un gioco, se mi scotto mi farei solo del male.

Forse per questo avevo indossato quel ciondolo.

Invocai silenziosamente il mio amore passato per Max con la speranza che mi aiutasse a fermare quello che stava cominciando a nascere.

Mi vestii per andare all’università. Alla porta bussarono. Sapevo che era Ginny. Terminai di lisciare il colletto della camicia che scollata lasciava ben visibile il ciondolo, mentre la gonna di jeans che arrivava al ginocchio completava l’effetto.

-Ehi! Nany! Abbiamo fatto le ore piccole?- Ginny entrò in camera facendosi strada tra le cianfrusaglie e i videogiochi di mio fratello. -Wo! Il tuo ciondolo! Qui la vedo brutta vi siete chiamati?- notò subito il ciondolo. Ormai mi conosceva fin troppo bene.

Scossi la testa e sorrisi allegra.

Terminai di mettere le scarpe e una volta raccolta la borsa uscimmo di corsa prima di perdere il treno.

-Avanti cosa è successo per mettere il ciondolo?- mi chiese sospettosa.

-Niente di che… speravo che mi aiutasse per una cosa ma è stato inutile…- alzai le spalle noncurante.

-Aiutarti per che?-sollevò un sopracciglio e mi guardò stupita.

-Niente non ti preoccupare!- raggiungemmo la stazione e chiacchierammo del più e del meno fino al giungere del treno.

Non feci nemmeno in tempo a salire che una mano mi trascinò sulla carrozza e mi costrinse a seguirlo.

Era David. Mi voltai per vedere dove fosse Ginny ma l’avevo persa di vista. Mi sentii strattonare e costretta a sedermi.

-Si può sapere cosa diavolo ti è preso?!- lo guardai torva mentre lui, come al suo solito in perfetta forma mi fece un sorriso diabolico.

Cominciavo a desiderare di strapparglielo dalla faccia. Il sorriso.

-Voglio stare da solo con la mia cara sfidante! Perché ieri non hai accettato ad uscire? Ti sei già arresa?- ecco dove voleva arrivare. Poco dopo giunse anche Ginny che lo guardò male.

-No non mi arrendo, ma devi capire che non sono a tua disposizione tutte le volte che vuoi!- sbottai irritata per voltarmi a guardare fuori dal vetro.

Per il resto del tragitto rimase muto a guardarmi.

Ginny leggeva in silenzio il suo libro, dando ogni tanto un’occhiatina ogni volta che si dava cenno di movimento.

Sinceramente non badai molto a David anche se sbuffava e mi sfiorava la gamba ogni volta che sperava di attirare la mia attenzione.

Ero troppo stanca per litigare e non gli detti peso fino a che non si stancò e prese anche lui a ripassare le sue lezioni.

Arrivammo in stazione e Daniel si portò via Ginny, avevano una lezione più tardi quindi volevano approfittarne per farsi un giro.

A me toccò la tortura di sopportarmi David per il resto del tragitto fino a scuola.

-Sei sempre così permalosa?- chiese per rompere il silenzio.

-Si- risposi seccamente.

-Magnifico… che simpatica! Già sento di amarti!- disse lui sarcastico.

Mi limitai a guardarlo storto.

-Di chi è quel ciondolo?- chiese lui, avvicinandomi istintivamente per prenderlo.

Mi ritrassi di scatto.

-Ehi calma! Non te lo rubo mica!- lui continuò a dire qualcosa ma non vi badai, scesi nella stazione della metro e non gli prestai attenzione.

Poco prima di entrare nell’edificio mi sentii prendere per un braccio.

Mi voltai decisamente arrabbiata.

-Si può sapere che ho fatto?- chiese lui incazzato.

Non volevo prendermela con lui, semplicemente non ero dell’umore giusto per parlare.

-Scusa… ma oggi non è giornata… non ho chiuso occhio e sono stanca, non mi va di parlare.- risposi tranquilla senza alzare la voce.

Lui fece un segno d’assenso e se ne andò su per la sua aula lasciandomi perdere.

 

                                                       ..::*_*::..

 

(i pensieri di Daniel ndA)

Perché me la prendo tanto! Dannazione!

Io speravo di prenderla in giro un pochino e lei subito a mettere il muso! Che carattere impossibile! Come si fa ad innamorarsi di una persona del genere!

Nemmeno le fosse morto il gatto!

Che nervi!

Passai la prima lezione a imprecare contro quell’oca…

Poi finalmente beccai in un corridoio Daniel e lo raggiunsi di corsa.

-Ehi! Così quel muso lungo!?- chiese lui con un sorriso misto tra divertimento e curiosità.

-Odio quella ragazza! Ha un tale caratteraccio! E’ impossibile!- esplosi in mezzo al corridoio, alcune ragazze mi fissarono… non me ne fregava niente!

Non era da me questo.

-Te l’ho già detto che chi disprezza compra?- chiese lui fintamente pensoso.

-Credo di si…- lo guardai malissimo –Che nervoso! Questa mattina era arrabbiata per i fatti suoi e non mi ha degnato di uno sguardo! Come può pensare di vincere così?!- non mi resi nemmeno conto effettivamente della cavolata che avevo appena sparato. Sfortunatamente per me Daniel l’aveva udita benissimo.

-Scusa ma tu non volevi farla perdere? Adesso ti preoccupi anche del suo modo per farti innamorare di lei? Non ha molto senso questa cosa mio caro… Non è che sei tu che speri che sia lei ad innamorarsi di te?- chiese come uno che la sa lunga.

-Io…. Si hai ragione! Cosa diavolo me ne importa! Tanto peggio per lei!-

Non aveva senso preoccuparsi! Con il suo caratteraccio non avrebbe mai avuto la vittoria!

-Sei proprio andato… poi ieri ho saputo da Ginny che non siete usciti…- lo detestavo quando ficcava il naso così e rigirava il coltello nella piaga.

-No, aveva da fare- dissi imitando la sua  voce.

-Capisco… senti c’è una cosa che dovrei forse farti sapere su di lei…- disse lui questa volta serio.

-Cosa?- risposi irritato. Odiavo quando mi tenevano sulle spine.

-Non puoi sperare di vederla oltre la scuola, Ginny ha detto che per alcune cose successe in passato non può uscire di casa se non per venire a scuola… una specie di punizione- rispose.

-Punizione? Ha vent’anni e la mettono ancora in punizione?!- scoppiai a ridere.

Era assurdo! Aveva quanto… diciannove anni e ancora la mettevano in punizione?!

-Pare, a giudicare da quel che ho capito dal racconto di Ginny, che tempo fa avevano avuto a che fare con delle persone poco raccomandabili… non so altro- era serio non rideva.

-A che stai pensando?- chiesi sospettoso, smettendo di ridere.

-L’hai vista come si veste… non è che ha fatto parte di qualche setta o robe del genere? Capitano cose del genere e nella vostra zona avevo letto tempo fa di alcuni malati di mente…- disse lui più per chiedermi conferma.

-Non so… ma se fosse così potrei capire il perché della punizione… fosse mia figlia non la lascerei uscire di casa- ragionai.

-Pensi già al matrimonio?- questa volta era una presa per il cu**. Non era divertente.

Matrimonio?  E poi con chi?

Comunque tornando alla discussione mi venne in mente che forse con un po’ di educazione sarei riuscita a farmi dire qualcosa da lei sul perché di questa storia.

 

                                                         ..::*_*::..

 

Terminai la lezione e cercai di evitare il più possibile David. Sfortunatamente fu impossibile e me lo dovetti portare dietro a pranzo.

Stavo quasi per addentare il mio panino quando…

-Cosa avevi da fare di tanto importante ieri per non poter uscire?- chiese di botto infrangendo il silenzio.

Sospirai. Non mi andava di dire che ero in punizione… sarebbe suonato ridicolo e avrebbe comunque creato altre domande… ma evidentemente qualcuno aveva già accennato alla mia situazione.

-Sei in punizione per caso?- quella domanda fu carica di significati. Lo guardai.

Sospirai di nuovo. –L’hai saputo da chi questo?-

-Daniel… che a sua volta l’ha saputo dalla tua amica- disse lui guardandomi curioso. Voleva ficcare il naso non c’era dubbio. Ma tanto valeva dirglielo, visto e considerato che in alternativa avrebbe insistito fino a portarmi alla disperazione. Cosa che volevo per altro evitare.

-Beh si non posso uscire, i miei me lo proibiscono- risposi secca. Non c’era scritto da nessuna parte che avrei dovuto dirgli tutto però.

Addentai il mio panino.

-Perché?- temevo lo chiedesse.

-Tempo fa ho avuto a che fare con gente poco raccomandabile e ho rischiato parecchio. Come i miei l’hanno saputo mi hanno proibito di uscire- risposi vaga addentando di nuovo il mio pranzo.

Non gli bastava… doveva per forza continuare –Come li hai conosciuti?-

-Non vedo come possa interessarti…- risposi irritata dal fatto che un estraneo mi chiedesse parti della mia vita privata.

-Non avevamo una scommessa in palio noi due?- rispose lui con un guizzo perfido negli occhi.

-Non era compresa nel pacchetto la mia vita passata- risposi sorridendo, perfida.

-Ma mi serve per conoscerti. Avanti che tipo di persone erano? Cosa ti hanno fatto?- continuava insistente.

Non avrebbe mollato tanto valeva raccontare la versione abbreviata.

-Inizialmente uscivamo come compagnia, e a tutti piaceva la magia in generale.. solo che loro erano un po’ più tendenti a cose poco pulite, io e Ginny eravamo contrarie. A loro questo non ha fatto piacere e ci hanno allontanate. Poi presi da un apparente scatto di bontà ci hanno chiesto scusa… e sono tornati… per cercare di sacrificarci per qualche idea malata delle loro… li abbiamo denunciati e fine della storia- in realtà avevo tralasciato mooolti particolari come ad esempio che volevano ucciderci e che in realtà tentarono anche di screditarci… se non fosse stato che l’avevamo anticipato.

-Sacrificarci? Vuoi dire che anche tu sei dentro quel genere di cose….?- questo era quello a cui non volevo arrivare. Essere accusata di quello che non ero e per cui, tra l’altro, ero sempre stata fermamente contraria. Non avevo mai fatto nulla di male se non accendere candele e incensi profumati… ma per gran parte delle persone che ignorano le cose additano e fanno di tutto un grosso fascio, senza badare a quello che succede realmente.

-Io non faccio quel genere di cose! Non paragonarmi a quei mostri!- mi sentivo offesa mi alzai, così come la mia voce si fece più alta.

-Ehi calma calma… era solo per essere sicuri… anche Daniel apprezza molto quel genere di cose… e non fa nulla di male…- mi aveva messo le mani sulle spalle e cercava di farmi sedere.

Cercai di ricacciare dentro le lacrime di rabbia che bruciavano ai lati degli occhi.

Rimasi in silenzio e ripresi a mangiare.

-Non mi hai detto del ciondolo, chi te l’ha regalato?-

E’ proprio un ficcanaso!

-E’ del mio ex- risposi secca.

-Se devi farmi innamorare di te non dovresti dirmi certe cose- uno sguardo diabolico lo colse. Possibile che non riuscisse a pensare ad altro che a quella scommessa?

-E’ un ricordo speciale. E’ importante per me.- non aggiunsi altro.

-Ci sono delle parole… cosa c’è scritto?- ficcanaso e pure testardo! Non capiva quando era ora di smetterla?

-Non credo ti possa interessare- questa volta era giunto al limite.

-Lo amavi parecchio eh?- adesso basta!

-Ma possibile che tu non sappia pensare ad altro che a quella maledetta scommessa!- esplosi non ce la facevo più.

-Rinuncia e io smetterò di insistere- disse lui angelico.

-Non sai pensare ad altro? Sei una persona impossibile! Credi che sia così stupida! So perfettamente che moriresti piuttosto che ammettere di avere perso!-

Adesso chi mi fermava più?

-Hai ragione morirei piuttosto che ammettere di avere perso, arrenditi non hai speranze!- si avvicinò e mi accarezzò la schiena. Mi irrigidii. Lo sentii sussurrarmi: -Vieni a letto con me e togliti questo pensiero, tanto è inutile negare l’evidenza…- le sue parole erano dolci… non riuscivo a muovermi. Imprecai in decine e decine di lingue assurde. Prese a baciarmi lungo il collo  lentamente e con tocchi leggeri che riuscivano a farmi rabbrividire.

-Smettila!- lo allontanai riacquistando il controllo. –Che diavolo ti è preso!- sapevo di essere rossa, anche se non ero certa del motivo per cui lo ero diventata.

Lui parve rendersi conto solo dopo qualche istante di quello che stava facendo e dopo aver fissato per un minuto abbondante un punto imprecisato dietro le mie spalle raccolse la sua roba e se ne andò senza proferire una parola.

 

                                                                   ..::*_*::..

 

Come era possibile! Aveva ragione… che diavolo mi era preso! La stavo baciando e accarezzando senza nemmeno capire il perché!

Mi ero bevuto il cervello forse? Assurdo, volevo baciarla, la sua pelle, sentivo ancora il suo sapore.

Era come se avessi desiderato da sempre assaggiarla. E mi era persino piaciuto.

Aveva quel gusto dolce, di vaniglia.

Cercai di riscuotermi da quei pensieri. Pensieri che andavano avanti, vagavano senza fermarsi.

Da quanto volevo e speravo che lei mi guardasse? La conoscevo da tre giorni! Non era possibile una cosa del genere!

Fisicamente non era nemmeno il mio tipo!

Mi lasciai cadere sulle gradinate che conducevano al quarto piano.

Non ricordo quanto ero rimasto lì immobile con un gomito appoggiato sulle ginocchia piegate a fissare il vuoto e a passare la mano tra i capelli ogni volta che ripetevo a me stesso che non era possibile.

Dovevo essere impazzito, sicuramente!

Era lo stress prima degli ultimi esami, avevo quasi terminato, doveva essere quello non c’è dubbio!

Mi rialzai e ripromisi a me stesso che avrei rinunciato a quella scommessa! Si sarei andato da lei a dirglielo! Guardai l’orologio.

Doveva essersene già andata. Mi diressi alla stazione con la speranza di vederla ma fu tutto inutile.

Sulla carrozza mi misi a cercare un posto dove sedermi.

Sentii la sua voce in un angolo e incrociai lo sguardo di Ginny che fece finta di non vedermi.

La sentivo parlare dei professori e decisi di sedermi esattamente nel sedile dietro di lei.

Per non farmi notare chiesi alla sua amica di far finta di niente.

Alle mie spalle parlava spedita, come non avevo ancora avuto modo di sentirla, e rideva di gusto mentre parlava con l’amica seduta di fronte.

Poi prese anche a parlare della scommessa.

La sentii sospirare.

-Che cosa hai in mente?-  le chiese Ginny, ben consapevole della mia presenza.

-Spero semplicemente che gli passi di mente e che con il tempo ci rinunci… anche se però… temo ci vorrà parecchio… oggi continuava ad insistere…- la sua voce era tranquilla… non era accusatoria.

Il treno era arrivato. La sentii raccogliere la sua roba per scendere.

Mi passò di fianco. La vidi impallidire mentre spalancava gli occhi.

Sapeva che avevo assistito ad ogni cosa che aveva detto.

Per un istante pensai che non se ne sarebbe fatto nulla.

Ma qualcosa mi spinse a dire tutt’altro.

-Devo dedurre che ti arrendi?- sorrisi diabolico.

Mi odiai per questo.

Lei non disse nulla. Semplicemente si limitò a scendere in silenzio.

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Capitolo 6
*** Hai vinto tu... ***


Capitolo 6

Chiedo scusa se posto questo capitolo un po’ in ritardo… ma ho avuto alcuni problemi abbastanza gravi di recente e purtroppo il periodo di crisi è appena cominciato quindi non assicuro una data precisa di pubblicazione per le altre fan fic che scrivo… per questa, visto che è già stata terminata nella stesura,  dopo questo capitolo ci sarà l’ultimo e conclusivo penso di riuscire a postarlo entro il fine settimana… chiedo scusa per l’inconveniente.

Nel frattempo ne approfitto per ringraziare delle persone (ma questo solo a fine capitolo)

A voi la lettura!

 

 

Capitolo 6

 

-Hai vinto tu… -

 

Avevo sperato che fosse una persona più intelligente.

Lasciai passare il fine settimana ignorando tutti i messaggi del cellulare.

Facevo semplicemente finta di non averli letti i suoi. Anche se sussultavo ad ogni segno di vita dell’apparecchio.

Presto arrivò il lunedì successivo Cercai di ignorarlo il più possibile correndo via ogni volta che vedevo qualcuno che gli potesse somigliare.

Per un paio di settimane non fu difficile evitarlo.

Ma non poteva durare in eterno.

Stavo scappando ne ero consapevole. Ma fino a che ero ancora in tempo avrei cercato di non innamorarmi di lui.

Anche se non riuscivo a fare a meno di pensarlo.

Un mercoledì pomeriggio dopo una lezione particolarmente noiosa uscii dall’aula e mi prese un colpo quando lo vidi davanti a me con la borsa a tracolla che penzolava ricolma di libri ai suoi piedi e lui, con la sua imponente figura, con braccia incrociate e una felpa rossa che gli illuminava i bei lineamenti.

Sentii il cuore mancare un battito e la mia mente pensare “rinuncia hai perso, ha vinto lui, ti sei innamorata” scossi la testa scacciando quel pensiero. Un terrore improvviso salì lungo la mia schiena. Salutai le mie compagne di corso che sorridevano maliziose.

Sospirai e feci finta di non averlo visto.

Lo sentii fermarmi con una mano, mentre un brivido di caldo saliva dal punto in cui mi aveva sfiorato fino al collo.

-Vieni con me- il suo sussurro leggero. Sentii il suo fiato che mi accarezzava il collo mentre il mio corpo prendeva a vagare da solo, seguendolo, ignorando totalmente la mia testa.

Non sapevo dove mi stesse portando. Semplicemente notai che mi portava fuori dall’edificio e in silenzio attraversavamo le vie della città, con il caos dei presenti e i negozi pieni di vita.

Lui silenzioso che camminava davanti a me e che aveva trasformato la sua presa in una stretta di mano salda che mi conduceva in un posto che temevo di vedere.

La mia voce prese a funzionare, e la mia mente si risvegliò quando vidi la stazione comparirmi davanti.

-cos… dove stiamo andando? Me lo vuoi dire?- forse avrei dovuto trovare prima la voce per chiederlo.

-Ti faccio il biglietto… per che ora devi essere a casa?- lo guardai sorpresa di quella risposta e della sua successiva domanda.

-Veramente dovrei essere a lezione… - forse avrei dovuto pensarci prima di allontanarmi dall’edificio. Tuttavia mi sentivo come se la mia mente fosse completamente in tilt.

-ti ho chiesto per che ora devi essere a casa… non se hai lezione…- disse lui accigliato.

-Per le sette e mezza…- risposi senza capire lo scopo della sua domanda.

Lui non aggiunse altro e riprese a trascinarmi.

Una volta all’interno della stazione riprese a parlare.

-Aspetta qui, e non muoverti- per chi mi aveva preso per una bambina?

Tuttavia il mio corpo non si sarebbe mosso comunque. Sapevo cosa aveva in mente. Forse lo temevo più che altro. Ma non riuscivo a ribellarmi.

Tornò indietro poco dopo con un biglietto che mi mise in mano e mi trascinò verso il treno che prendevamo tutti i giorni.

Mi costrinse a sedermi ignorando tutte le mie domande e non rispose mai a nessuna di esse. Si limitò a fissare fuori dal finestrino.

Sospirai ancora, troppe volte mi capitava di sospirare quando si trattava di lui.

-Mi stai portando a casa tua… ?- chiesi, anche se era più un’affermazione.

-Forse…- rispose lui vago.

-Andiamo mi credi così stupida da non averlo capito?- voleva che mantenessi la mia parola… o forse più semplicemente era solo una scusa per portarmi nel suo letto. La seconda ipotesi era la più probabile.

Lui sospirò… dovevo essere contagiosa. –Devi mantenere la tua parola!- rispose lui con il suo solito sorriso tra il perfido e il divertito.

-Non è che è stata solo una scusa per portarmi nel tuo letto sin dall’inizio?- chiesi acida.

-Ti preferivo quando eri zitta- rispose lui.

Per tutto il resto del tragitto non mi mossi. Ad ogni fermata mi ripromettevo che me ne sarei scesa e tornata indietro ma non riuscivo a trovare la forza.

Forse perché volevo che succedesse?

Dovevo essere impazzita.

Vidi passare anche la mia abituale fermata. Per un istante credetti quasi di averla la forza di scendere e feci per alzarmi.

La mano di lui mi fermò posandosi sulla mia e prima ancora che me ne accorgessi le sue labbra si erano posate sulle mie. All’inizio con insistenza, più per trattenermi che per altro, poi, incapace di fermarle mi abbandonai ad esse lasciandomi trasportare.

Sentii vagamente il treno fermarsi e ripartire alla fermata successiva, ma mi accorsi realmente che era successo solo qualche attimo dopo quando fui più cosciente di quello che era successo.

Era stato solo uno stratagemma per trattenermi sul treno! Eppure avevo come l’impressione che ci fosse dell’altro.

Lo vidi tornare a sedersi mentre si portava una mano alle labbra.

Notai forse soltanto in quel momento la bellezza del ragazzo che avevo davanti.

O meglio, non era una bellezza classica però aveva quel qualcosa che lo rendeva molto attraente. O forse era soltanto il bacio di prima che me lo faceva notare…

Aveva un fisico quasi scolpito con spalle larghe e le mani erano forti e davano una strana sicurezza.

Provai il desiderio di essere stretta da quelle mani.

Raggiungemmo anche la sua fermata e la stretta dell’inizio tornò sul mio polso.

Lo seguii con una leggera speranza che cambiasse idea all’ultimo e allo stesso tempo il desiderio di continuare per quella via.

Mi condusse verso un palazzo dall’aria un po’ consumata. Osservai involontariamente la struttura dell’edificio analizzandolo. Quasi senza rendermene conto stavamo salendo le scale fino al terzo pianerottolo. Era silenzioso, questo mi metteva un po’ in agitazione mentre un barlume di razionalità mi diceva “ma cosa diavolo stai facendo?”.

L’entrata nel suo appartamento durò quasi come un lampo e prima ancora che me ne accorgessi lo stavo baciando e mi stavo lasciando accarezzare da quelle mani forti.

Chiuse la porta con un rumore secco mentre sentii il muro freddo contro la mia schiena.

Lentamente mi lasciai andare tra le sue braccia.

Non mi accorsi nemmeno di essere sdraiata sul suo letto.

Semplicemente mi ero abbandonata a lui senza più capire molto di quello che successe poi.

Facemmo l’amore, all’inizio provai dolore che fu ben presto sostituito dal piacere.

Non ricordo nemmeno quanto tempo passai a lasciarmi cullare dalle sue braccia anche dopo.

Mi accorsi però che era diventato decisamente buio.

Lo vidi al mio fianco addormentato. Pareva così dolce.

Quando un pensante macigno mi cadde sul cuore.

Ero stata usata… ne ero ben consapevole e non avevo fatto nulla per impedire tutto quello che era successo.

Lentamente mi rivestii. Mentre stavo per infilarmi le scarpe sentii le braccia di lui avvolgermi.

-Non lasciarmi… resta ancora un po’- mi sussurrò.

Guardai la sveglia sul suo computer a fianco del letto. Erano le sei e dovevo sbrigarmi per tornare a casa.

-Devo andare a casa… -mormorai mentre sentivo le sue labbra sfiorarmi di nuovo. –David non è il caso ti prego…- lo scostai dolcemente trattenendomi dalla tentazione di baciarlo e abbandonarmi alle sue carezze.

-Ti scongiuro… solo un’altra volta…- le sue parole erano insistenti e cariche di promesse.

Quella vocina che fino a qualche ora prima era rimasta muta riprese a parlare.

“Vuole solo divertirsi… per lui non conti nulla”

Lo sentii sfiorarmi lungo la maglietta per andare a toccare quello che nascondeva.

-Hai avuto quello che volevi… basta così… fa già abbastanza male…- sentii che le lacrime stavano per cadere quando presi e scappai fuori dall’appartamento mentre era lì. Immobile a fissarmi ad occhi spalancati.

Uscii di corsa e non so come feci a trovare la giusta strada per arrivare nella stazione che si rivelò deserta.

Piansi, non so quanto mentre aspettavo il treno.

Lui era rimasto là nel suo appartamento.

Arrivò e salii sulla carrozza. Mi abbandonai con gli occhi gonfi di pianto lungo il finestrino.

Il treno era in pausa in attesa della coincidenza dell’altro binario.

Proprio mentre stava per partire sentii qualcuno bussare sul vetro e lo vidi lì a guardarmi e supplicarlo di aprire il finestrino.

Non ci riuscii volevo solo nascondermi e mi voltai dall’altra parte.

Ero stata soltanto una stupida. E tutto a causa di una scommessa.

 

                                                           ..::*_*::..

Se ne era andata sul treno.

Come avevo potuto essere più idiota!

Perché ho dovuto fare per forza di testa mia!

Non avevo mai provato sensazioni simili! Sentivo di stare male e quando la vidi uscire dal mio appartamento qualcosa di superiore alla semplice paura mi colse alla sprovvista.

Rimasi a fissare la porta prima di capire che quella paura era il terrore di non vederla più.

Mi rivestii ad una velocità mai conosciuta. Corsi per la strada a perdi fiato fino a raggiungere la stazione. Il treno non era ancora partito quando la vidi sulla carrozza illuminata con gli occhi rossi di pianto. Andai verso di lei chiedendole di abbassare il finestrino. Ma il treno partì.

Non persi la speranza. Cercai di chiamarla ma dopo decine di squilli l’unica voce che sentii fu quella dell’operatrice.

Non chiusi occhio quella notte sperando di rivederla il giorno dopo in università.

Non riuscii a trovarla da nessuna parte.

Trovai Ginny in compagnia di Daniel.

-Ginny! Ti prego! Dimmi dov’è Morgana!- le chiesi disperato.

Mi rivolse soltanto uno sguardo freddo.

-Non vuole avere a che fare con te… dimenticala, è un consiglio- le sue parole suonarono distaccate e mi voltò le spalle.

-Ti prego! Dimmi dov’è!- supplicai prendendola per le mani.

La guardai negli occhi disperato.

-Perché la cerchi con tanta insistenza? Non hai avuto quello che volevi?- era decisamente arrabbiata. Doveva aver saputo.

-No che non l’ho avuto! Cioè io non…- mi accasciai a terra senza avere più forza nelle gambe per riuscire a reggermi.

Daniel al fianco della ragazza mi guardò. Era forse un sorriso quello che vidi?

-Ti sei innamorato… tu ascoltare mai?- disse spazientito. Poi lo vidi rivolgere uno sguardo a Ginny –credo che la situazione non sia così grave…-

-Morgana è a pezzi…- disse la ragazza.

-Credo che se questo deficiente gli dirà quello che prova la situazione possa sistemarsi…- disse  Daniel.

Passavo lo sguardo da l’uno all’altra con la speranza di capire di cosa stavano parlando.

Poi Ginny si voltò. Mi squadrò da capo a piedi. –aula magna, muoviti la lezione termina tra dieci minuti-

Non capii nient’altro, anche perché mi fiondai su per le scale di corsa per raggiungere l’aula magna. Ero dall’altra parte dell’istituto e avrei impiegato parecchio per raggiungerla.

Maledissi l’architetto di quella struttura non so quante volte e raggiunsi l’aula appena in tempo per il suono della campana.

Vidi uscire una marea di gente e tra loro, con i capelli un po’ spettinati, la gonna nera e il maglione in tinta, c’era lei.

Le vidi profondi solchi sul viso, segno di una notte in bianco.

Le andai incontro e la vidi sbiancare nuovamente mentre mi notò alzando lo sguardo.

 

 

..:: ..:: ..:: ..:: ..:: ..:: ..:: ..::

 

Ringraziamenti:

Prima di tutto un ringraziamento speciale alla mia sorellona che mi ha aiutato a caratterizzare meglio il personaggio di Ginny decisamente ispirato da lei :P

Poi voglio ringraziare: Marochan, damned88, mysticmoon, Valentina e _Kristel_

Mi fanno molto piacere i vostri commenti e sono contenta che vi sia piaciuta la mia storia^^ spero di non deludervi nel prossimo capitolo con la fine…

 

A presto

By Sayu^^

 

 

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Capitolo 7
*** Proviamoci... ***


Capitolo 7

Capitolo 7

 

-Proviamoci…. -

 

Lo vidi lì, davanti a me. Non era il sogno di questa notte, era reale.

Mi sentii la testa girare e prima che me ne rendessi conto ero svenuta come una pera cotta.

Sentii la sua voce lontana che lentamente si faceva più forte. Con la sua c’era la voce di Ginny decisamente preoccupata e quella di Daniel.

-Io uno di questi giorni ti strangolo!- urlava Ginny in un modo che riusciva a farmi pulsare terribilmente le tempie.

-Per favore Ginny, non urlare…- mormorai.

-Si è svegliata?- questa volta era David. O almeno ho identificato come lui l’armadio che mi stava stritolando in quel momento impedendomi di respirare.

-Vorrei… poter… respirare…- mormorai.

Lui mi lasciò andare e prese a dire un casino di parole a raffica che non riuscii a capire.

-Ehm frena… dammi qualche istante per riprendermi…-

Daniel disse qualcosa come “vi lasciamo soli” e sparì trascinandosi al seguito una preoccupatissima Ginny.

-Morgana, non voglio che tu pensi che io ti abbia usato… cioè, forse all’inizio era così, ma ieri mi hai fatto capire che in realtà quella scommessa l’hai vinta tu…- lo guardai negli occhi. Parevano lucidi e molto preoccupati.

-Che intendi non capisco?- chiesi cercando di riprendermi.

-Che hai vinto… credo proprio di essermi innamorato di te…- disse lui tutto d’un fiato con un tono di voce bassissimo.

Rimasi interdetta per un po’ senza sapere cosa dire.

-Non credi che sia un po’ troppo azzardato dirlo…-dissi cautamente cercando di ragionare.

-…- lui fece una piccola pausa prima di cominciare –io non so se sia ancora il momento di dirti “ti amo” o cose del genere- fece una pausa spostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio – però non ho mai provato per altre quello che provo ora per te… nessuna mi aveva mai coinvolto tanto… da molto tempo… e so di avere un caratteraccio, però vorrei provare… e vedere fino a che punto possiamo arrivare…- disse lui mentre mi accarezzava una guancia dolcemente.

Lo guardai intensamente negli occhi e sorrisi. –Mi vorresti anche sapendo del mio caratteraccio?- chiesi trattenendo una risatina.

-Ovvio! Adoro il tuo pessimo carattere!- disse sfiorandomi le labbra con lei sue.

 

Da quel giorno come si suol dire tutti vissero felici e contenti….

O almeno… fino a quando non venne il giorno in cui dovetti dirlo ai miei.

Inizialmente mio padre la prese… decisamente male.

Per circa tre mesi mi tenettero strettamente sotto controllo, ma una volta capito che non rischiavo più l’osso del collo riuscii a riavere la mia libertà.

Per cui al momento in cui vi scrivo posso solo dire che da un semplice castigo… e grazie ad una stupida scommessa, ora ho il mio ragazzo, vivo una vita serena e tranquilla. Passando il tempo con lui e con Ginny, che nel frattempo fece coppia fissa con Daniel.

A turbare un po’ quell’armonia fu la notizia che le persone che erano state condannate per il tentato omicidio furono liberate qualche anno dopo per buona condotta… peccato che fuori ripresero tranquillamente il loro giro… e in pochi mesi tornarono nelle loro celle, questa volta buttando via la chiave.

Non dissi mai completamente l’accaduto del mio passato a David.

A lui non importava.

 In fondo…non tutto il male viene per nuocere!

 

FINE!!

 

 

 

Con questo capitolo si conclude la storia.

Spero sia stata gradita, in ogni caso ringrazio tantissimo: marochan, damned88, mysticmoon, Valentina, _Kristel_, Sheila, Takami e Tsuby (quest’ultima ringrazio anche per l’aiuto in alcune parti della storia).

Ringrazio, inoltre, tutti coloro che hanno letto la storia.

A presto by Sayu^^

 

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