Ricatto d'Amore

di Emily Kingston
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Posta via gufo ***
Capitolo 2: *** Facciamo finta ***
Capitolo 3: *** Il nuovo fidanzato di Hermione ***
Capitolo 4: *** Zia Adelaide ***
Capitolo 5: *** Essere un babbano ***
Capitolo 6: *** Incidente bagnato, incidente fortunato ***
Capitolo 7: *** Quello che non sai di me ***
Capitolo 8: *** Ricatto d'amore ***



Capitolo 1
*** Posta via gufo ***


Ricatto d’Amore

 
 
Una bugia
è solo una grande storia
che qualcuno
ha rovinato con la verità

- Barney Stins
 

Capitolo uno
(Posta via gufo)

 
 

Cara Hermione,
Ci manchi molto, non ti vediamo dal tuo ultimo giorno di scuola e, speriamo, tu ti stia divertendo alla Tana. Ringrazia tanto la signora Weasley da parte mia.
In proposito volevo chiederti di tornare a passare le ultime due settimane di vacanza a casa.
La zia Adelaide arriverà tra qualche giorno da Edimburgo con Sophia e gradirebbe tanto vederti.
Puoi invitare anche Harry, Ginny e Ron, se ti va.
Spero, inoltre, che inviterai il tuo amico Viktor, ne ho parlato talmente tanto alla zia che non vede l’ora di conoscere, cito le sue parole, “il giovane uomo che ha rubato il cuore della mia piccola Hermione”.
Ti vogliamo bene,
Mamma e Papà.
 
Hermione, seduta sul suo letto nella camera di Ginny, leggeva e rileggeva la lettera di sua madre con sguardo ormai vacuo, sperando che, riscorrendola, le parole vergate sulla carta sarebbero cambiate.
Sospirò sconfitta quando, dopo alcuni minuti, le parole restarono le stesse così come il loro significato.
Si lasciò cadere sul letto, sbattendo la schiena contro il materasso, ed appoggiò la lettera sul comò; si posò le mani sugli occhi ed inspirò profondamente assaporando il silenzio che in quel momento avvolgeva la Tana.
Ron e i gemelli erano a giocare a Quidditch al campo, Molly stava cucinando, Arthur era al Ministero e Ginny era andata a Diagon Alley con Harry.
Si scoprì gli occhi e lanciò nuovamente un’occhiata interrogativa alla lettera che si era arrotolata sul comodino sgangherato alla sua sinistra.
Un raggio di sole morente colpì la pergamena, illuminando le poche parole che Hermione riusciva a leggere in quella posizione : La zia Adelaide arriverà tra qualche giorno da Edimburgo con Sophia…
Fece una smorfia.
Sua cugina Sophia era quanto di più fastidioso e detestabile ci fosse sulla terra.
Aveva un paio di anni meno di lei, lunghi capelli biondi e grandi occhi verdi-azzurri.
Era bella, spesso le era costato molto ammetterlo, ma si era trovata costretta a confrontarsi con l’evidenza dei fatti ed essa, quasi urlando, diceva che sua cugina era proprio una bella ragazza.
Tra di loro non c’era mai stato un grande rapporto, diciamo che non si erano mai prese per il verso giusto, ecco.
Quando erano piccole Sophia la prendeva spesso in giro perché leggeva tanto e non voleva mai giocare, oppure amava deriderla per il modo in cui vestiva “poco raffinato e femminile, sembri un maschio, Jean “ e poi aveva quell’odiosa mania di chiamarla con il suo secondo nome, Jean.
Ogni volta che lo faceva, Hermione stringeva i denti dalla rabbia.
Sospirò di nuovo, lanciando uno sguardo distratto fuori dalla finestra.
Il sole era quasi del tutto tramontato dietro le colline di Ottery e la luna si vedeva pallida nel cielo, ora tinto dei colori del tramonto.
Tra non molto la signora Weasley li avrebbe chiamati per la cena.
Si alzò svogliatamente dal letto, sbuffando, ed afferrò una delle pergamene che custodiva sulla scrivania.
Intinse la punta della piuma nel piccolo barattolo d’inchiostro che giaceva sul suo comò ed iniziò a scrivere, passando freneticamente la piuma sulla carta, la quale l’incideva con uno sfrigolio familiare che le ricordava tanto la biblioteca di Hogwarts.
 
Cari mamma e papà,
sarò molto felice di tornare a casa per il resto delle vacanze, sono molto emozionata all’idea di rivedere zia Adelaide e anche Sophia, ovviamente.
 
Il suo volto si trasfigurò in una smorfia infastidita, ma la scacciò subito via.
 
Chiederò a Ron, Harry e Ginny di venire con me come mi hai chiesto e non penso avranno da ridire in proposito.
Ci vediamo presto,
Hermione.
 
Rilesse la missiva con calma, controllando la grammatica e la punteggiatura.
Era chiara e diretta, poco prolissa e coincisa al punto giusto.
La lesse una volta ancora e, mordendosi il labbro sovrappensiero, intinse di nuovo la punta nell’inchiostro e riprese a scrivere.
 
PS. Io e Viktor siamo solo buoni amici, non è lui che mi ha rubato il cuore.
 
Soddisfatta ripiegò accuratamente la pergamena e scese in cerca di un gufo.
La signora Weasley trafficava in cucina controllando una pentola auto mescolante ed una padella che le volteggiava accanto con alcune frittelle.
- Ehm, signora Weasley? – pigolò Hermione, soffermandosi sulla soglia.
Molly volse lo sguardo su di lei, sorridendole maternamente.
- Dimmi, Hermione cara –
- Potrei prendere uno dei vostri gufi per far recapitare una lettera a mia madre? – chiese, abbassando lo sguardo.
La donna le sorrise amabilmente.
- Certo, cara, certo. Prendi Leotordo, dovrebbe essere nella sua gabbietta –
Hermione annuì e sorrise, sparendo su per le scale di legno.
Entrò in camera di Ron, che si trovava all’ultimo piano, e si guardò intorno, alla ricerca del piccolo gufetto grigio.
Trovò Leo nella sua gabbia che si puliva le penne con minuzia, mordicchiandosi qua e là.
- Ehi, piccolo – gli sussurrò, sorridendogli.
Leotordo alzò il muso e la guardò; appena vide la pergamena tra le sue mani iniziò a svolazzare allegro dentro la gabbia, sbattendo forte le ali.
- Calmo, calmo – ridacchiò Hermione dandogli la libertà di uscire.
Gli legò la pergamena alla zampetta e poi, prima di dirgli di portare la lettera a sua madre, gli dette uno dei Biscotti Gufici che gli aveva comprato Ron.
Leotordo volò via emettendo un basso e roco gorgoglio, che a Hermione ricordò tanto il suono delle fusa di Grattastinchi.
 
Pochi giorni dopo il gufo tornò con la risposta di sua madre, non che Hermione si aspettasse una qualche risposta, ovviamente, le pareva di essere stata chiara nella sua precedente lettera.
Staccò la pergamena dalla zampa del gufo e si sedette sul divano a leggere.
 
Cara Hermione,
saremo ben felici, quindi, di ospitare i tuoi amici.
Mi dispiace se ho frainteso ciò che c’è tra te e Viktor, è che ne parli talmente tanto e talmente tanto bene che non ho potuto fare a meno di immaginare che tra voi ci fosse qualcosa.
Non volermene se ne ho parlato con la zia.
A questo punto, dopo il post scriptum della tua lettera sia io che la zia ci aspettiamo che tu ci presenti colui che, veramente, ha rubato il tuo cuore.
Sophia non sta nella pelle, ha detto che non vede l’ora di conoscere il tuo fidanzato e, devo confessarti, che anche io sono emozionata.
Comunque, mi sono messa in contatto con la signora Weasley; il signor Weasley vi accompagnerà qui tra due giorni.
Quindi ci vediamo presto,
Mamma.
 
Gli occhi di Hermione si dilatarono e tornarono a rileggere i punti salienti della missiva di sua madre.
Lei credeva che le avrebbe presentato il suo fidanzato.
- E’ una lettera di Viky?– la voce scocciata di Ron la colse di sorpresa facendola sobbalzare.
Si portò una mano al petto e gli lanciò uno sguardo tagliente.
- No, è mia madre – rispose, inviperita, tornando a rimuginare sulla lettera.
- Oh – sussurrò Ron, sedendosi sul divano al fianco di Hermione.
- Si aspetta che presenti a lei ed alla zia il mio fidanzato – disse, osservando Ron con la coda dell’occhio.
- Fidanzato? – chiese, sbalordito – Ah, e come si chiama? –
- Nessuno – rispose, Hermione.
Ron la guardò inarcando un sopracciglio.
- Nessuno, Ron – sbuffò Hermione – vuol dire che non esiste –
- Ah –
Il silenziò si protrasse tra loro, avvolgendoli.
Ron si lasciò sprofondare tra i cuscini del divano, mentre Hermione si tormentava un povero ricciolo sfortunato.
- Beh, non vedo il problema allora. Digli che non hai nessun fidanzato – disse Ron, risoluto.
Hermione si voltò verso di lui, sospirando.
- Il fatto è che…- inspirò e poi abbassò lo sguardo – se mi rimangiassi ciò che loro credono che io abbia detto mia cugina mi prenderebbe in giro fino alla morte – disse, tutto d’un fiato.
Ron scoppiò a ridere.
- Non. È. Divertente – sillabò Hermione, sottolineando ogni parola con un colpo sul braccio di Ron.
Il ragazzo smise di sghignazzare e la guardò di sottecchi.
- Non credevo che Hermione Granger si facesse confondere da simili stupidaggini – la canzonò.
Hermione incrociò le bracci al petto e sbuffò.
- Sei incredibile! –
- Lo so, è per questo che non sai resistermi – Hermione avvampò, cercando di nascondere il viso tra i capelli mentre Ron, il quale doveva essersi accorto di ciò che aveva appena detto, sperò di essere diventato parte integrante della tappezzeria.
Poi, però, il volto di Hermione si girò lentamente verso Ron e gli occhi della ragazza si restrinsero, osservandolo minuziosamente, preoccupandosi di non lasciare inviolato neanche un centimetro del suo corpo.
Le orecchie del ragazzo quasi fumavano quando lo sguardo penetrante di Hermione ebbe smesso di osservarlo.
- Ron – disse, un sorriso compiaciuto che le danzava sul volto – dovresti farmi un favore –  

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Capitolo 2
*** Facciamo finta ***


Capitolo due
(Facciamo finta)

 
- Che cosa?! – urlò Ron, in preda al panico.
La piccola mano di Hermione corse subito a tappargli la bocca, mentre la ragazza si guardava intorno freneticamente, sperando che nessuno li avesse sentiti.
Liberò la bocca del ragazzo solo quando sentì qualcosa di umido e caldo bagnarle il palmo.
- Bleah! Dovevi proprio sbavarmi la mano?! – chiese, irritata, ripulendosi il palmo sul bracciolo del divano.
- Dovevi proprio tapparmi la bocca?! – gli fece eco lui.
- Dovevi proprio urlare?! –
Ron aprì bocca per ribattere ma, come sempre nel loro duelli verbali, era a corto di parole.
Hermione lo guardò, soddisfatta della vittoria, ed incrociò le braccia al petto, attendendo.
- E’…è una pazzia, Hermione, mi meraviglio che proprio a te sia venuta un’idea del genere –
- Dovresti solo fingere di essere il mio ragazzo, non mi sembra così terribile – sbuffò, volgendo lo sguardo verso il camino spento.
- Non…non è questo il punto…insomma, non mi sembra…non mi sembra giusto mentire a tua madre…e a tua zia e…oh, miseriaccia, mentire a tuo padre sarebbe una pessima idea!– balbettò.
Hermione sorrise appena.
- Senti, si tratta di fingere per le due settimane che starete da me. L’avrei chiesto ad Harry, se non stesse con tua sorella – disse e il volto di Ron si oscurò un poco.
- Non credo che Ginny apprezzerebbe – osservò Ron, sospirando.
- Già, e visto che conosciamo tutti la fama delle sue Fatture Orcovolanti…- le labbra di Ron s’incurvarono in un sorriso.
- E da tutta questa farsa cosa ci guadagno, io? – chiese, infine, guardandola con le sopracciglia alzate.
Hermione sbuffò – Che ti faccio copiare i compiti di Piton –
- E anche il tema della McGranitt – aggiunse Ron e lei, dopo aver sfoderato un’espressione indignata, annuì.
- Bene – asserì Ron, alzandosi – però devi chiedermelo – un lampo furbo brillò nei suoi occhi ed Hermione aggrottò le sopracciglia, confusa.
- Chiederti cosa? –
- Chiedimi di essere il tuo ragazzo – le pupille di Hermione si dilatarono mentre le gote assumevano una vivace – e deliziosa – colorazione rosso porpora.
- Ehm, vuoiessereilmioragazzo? Ecco, te l’ho chiesto – disse, tutto d’un fiato.
- Chiedimelo, come se fosse vero –
Hermione sbuffò, rollando gli occhi.
- Ron, ragione della mia vita, luce degli occhi miei, vorresti essere il mio ragazzo? – chiese, con una vena un po’ troppo mielosa nella voce.
- Va bene, non ho apprezzato il sarcasmo, ma sarò il tuo ragazzo – rispose lui, ridacchiando sotto i baffi.
Hermione sbuffò e gli colpì piano la spalla con un buffetto sussurrando qualcosa tra i denti che Ron, anche se non aveva sentito, poté giurare che fosse la parola “idiota”.
 
- Per Merlino amico, questa sì che è una notizia! –
 
- Ma dai, e lui che ti ha detto? –
- Beh, non era molto entusiasta all’idea, però ha accettato –
 
- Insomma, lei ti ha chiesto di fingere di essere il suo ragazzo –
- Già –
- Credi che riuscirai a resistere? –
- Sì, credo di farcela –
 
- Harry, non ce la farò mai! – Ron era entrato in camera come una furia, sbattendosi la porta alle spalle.
Era bianco come un cadavere ed aveva profonde occhiaie violacee sotto gli occhi.
- Non ce la farai mai a fare cosa? – gli abiti di Harry erano sparsi per tutta la stanza, ammucchiati qua e là sul pavimento.
Ron, per avviarsi verso il suo letto, quasi inciampò in una pallina fatta di divise e calzini enormi
- probabilmente appartenuti a Dudley.
Appoggiò i gomiti alle ginocchia e si prese la testa tra le mani.
- A stare con lei per finta – mormorò, affondando le lunghe dita tra i folti capelli rossi.
Harry sospirò, battendogli una mano sulla spalla.
- Miseriaccia, tu cosa faresti se potessi avere mia sorella sempre intorno, che ti tiene la mano, che fa la carina con te, che ti bacia ogni tanto ma sapessi che non puoi fare di più, che è tutto un facciamo finta?-
Harry si ritrovò a boccheggiare, la scena descritta da Ron gli si era materializzata nella mente e non poteva fare a meno di pensare che ciò che Ron si apprestava a fare era una vera e proprio tortura.
Gli strinse la spalla tra le dita, sperando di trasmettergli conforto e poi lasciò la stanza.
 
Il giorno della partenza per casa di Hermione Ron ancora non aveva sistemato il suo baule.
- Ron, sbrigati, manchi solo tu! – la voce di sua madre l’aveva raggiunto dal primo piano.
Il ragazzo, che teneva una maglietta tra i denti ed aveva le mani occupate da pile di abiti, sbuffò e mugolo una risposta che, sicuramente, sua madre non aveva né capito né udito.
Infilò nel baule quanta più roba poté, senza badare a tenerla ordinata e lo richiuse con un tonfo, caricandoselo in spalla e scendendo le scale a due a due.
Arrivato infondo quasi inciampò ma, fortunatamente, Harry lo sorresse.
- Calmati – gli intimò l’amico, stringendogli un po’ di più l’avambraccio.
Ron annuì ed appoggiò il baule a terra, vicino a quello degli altri.
- Bene, papà vi accompagnerà con la macchina poiché la casa dei signori Granger non è collegata alla linea della Metropolvere e non mi fido a farvi Materializzare –
Ron grugnì, ricevendo una gomitata nelle costole da Hermione.
- Comportatevi bene, voi due – disse, alludendo ai due figli, prima di abbracciare e baciare tutti con le lacrime agli occhi.
- Potevamo benissimo Materializzarci, abbiamo passato l’esame – protestò Ron, ripulendosi la gota dove la madre l’aveva baciato.
Hermione sbuffò, scotendo il capo, mentre Harry ridacchiava tra sé stringendo la mano di Ginny.
Il signor Weasley li aspettava vicino alla sua Ford Anglia azzurra; ne aveva presa un’altra dopo che l’altra era fuggita nella Foresta Proibita.
Il bagagliaio e l’interno erano innaturalmente grandi per una macchina normale, segno che era stata magicamente modificata.
- Pronti? – chiese Arthur, voltandosi per controllare che tutti e quattro fossero seduti sul retro.
I ragazzi annuirono e il signor Weasley partì, sollevandosi in aria lentamente.
Atterrarono davanti a casa Granger appena in tempo per il pranzo.
Ron ed Harry tirarono fuori i bagagli dalla macchina ed Arthur, salutati i figli e Harry e Hermione, ripartì, diretto al Ministero.
Hermione inspirò profondamente, lanciando uno sguardo a Ron.
- Posso tirarmi indietro? – balbettò il ragazzo, mentre sentiva la mano di Hermione infilarsi nella sua.
- No, non puoi – disse, seria, lei. – Ricorda il tema di Piton – gli sussurrò all’orecchio.
- E quello della McGranitt – gli ricordò Ron e lei sbuffò, roteando gli occhi ma abbozzando un sorriso divertito.
Allungò una mano e suonò il campanello.
Una donna di media statura, poco più alta di Hermione, si presentò davanti ai loro occhi.
Aveva corti capelli castani, ricci, e profondi occhi scuri.
- Hermione! – esclamò la donna, abbracciandola forte.
- Mamma! – rispose lei di rimando, stringendola a sua volta. – Ricordi Ron, mamma? – le chiese, quando la donna si fu allontanata.
- Oh, certo – rispose, sorridendo – come va Ron? –
- B-bene signora Granger – balbettò.
- Ecco, vedi…- sospirò Hermione, socchiudendo gli occhi.
- E’ lui vero? Oh,come sono felice! – esclamò, stringendoli entrambi in un abbraccio da far concorrenza a quelli di Molly. – John, John, vieni! E’ arrivata Hermione con il suo ragazzo!–
Ron sbiancò.  

 

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Capitolo 3
*** Il nuovo fidanzato di Hermione ***


Capitolo tre
(Il nuovo fidanzato di Hermione) 

 

Ron batteva nervosamente un piede sul pavimento, stringendo la sua tazza da tè così forte che le nocche gli erano diventate bianche.
Il padre di Hermione gli lanciava qualche occhiata furtiva ogni tanto, quando sapeva che la ragazza era troppo presa a parlare con sua madre per notarlo.
Harry era immerso in una fitta conversazione con Ginny e, ogni tanto, osservava Ron che, tremante, sedeva al fianco di Herrmione sul divano.
- Così lui sarebbe Ronald – esordì il signor Granger, dopo lunghi minuti di silenzio.
Hermione smise di parlare con la madre, lo guardò confusa e annuì.
- Mmmh – mugolò, appoggiando la tazza da tè sul basso tavolino da fumo.
Si sistemò meglio sulla poltrona, lisciandosi i pantaloni, e si rassettò gli occhiali sul naso, il tutto sotto lo sguardo terrorizzato di Ron.
- Bene, sarò chiaro con te, che intenzioni hai con mia figlia? – Ron divenne color pulce ed iniziò a balbettare frasi sconnesse e senza senso a proposito di ragni, cugine e capelli ribelli.
Hermione sbuffò, afferrandogli la mano.
- Non terrorizzarlo papà! – lo rimproverò, mentre la madre guardava il marito annuendo.
- Forza – disse la signora Granger, alzandosi dal bracciolo del divano. – Sarete stanchi ragazzi, andate a riposare, vi chiamo quand’è pronta la cena –
I quattro annuirono e si avviarono verso le scalette di legno che portavano al piano superiore.
- Non mi piace Jane, non mi piace per niente – sentirono borbottare il padre di Hermione.
- Oh, ma dai, John! – sbuffò la moglie.
- E poi hai visto che capelli? –
- Cos’hanno che non va i suoi capelli? – chiese, esasperata.
- Sono rossi, Jane, rossi – esclamò, come se la cosa fosse estremamente ovvia.
Ma lo era?
Hermione ridacchiò sotto i baffi sbirciando l’occhiata contrariata di Ron.
Il ragazzo si portò una mano ai capelli e li tastò, osservandosi poi le ciocche rosse della zazzera.
- Hermione? – le chiese, mentre Harry e Ginny erano qualche scalino più in basso.
- Mh? –
- Secondo te i miei capelli sono troppo rossi? – chiese ed Hermione scoppiò a ridere.
Si voltò e vide Ginny scuotere la testa rassegnata, mentre Harry tratteneva un risolino.
- No, Ron, ma il tuo cervello è decisamente troppo stanco –
Ron la guardò aggrottando le sopracciglia ma continuò a salire le scale, continuando ad osservare i ciuffi rossi che gli costellavano il capo.
 
La signora Granger li chiamò per la cena qualche ora dopo.
Ginny ed Hermione scesero subito ad aiutarla mentre Harry e Ron, i quali si erano persi in chiacchiere, ci misero qualche minuto in più.
- Possiamo dare una mano? – chiese Harry, entrando in cucina.
La madre di Hermione si voltò verso di lui e gli sorrise riconoscente, indicandogli poi una ciotola d’insalata e chiedendogli di portarla in tavola.
- Ron, tu potresti portare l’acqua di là? – chiese, indicando una brocca di vetro vicino al piano cucina.
- Oh, certamente! – rispose Ron, afferrando la brocca e sparendo in sala da pranzo.
Hermione era al suo fianco che la aiutava a tagliare le verdure, canticchiando a mezza voce una canzone delle Sorelle Stravagarie che aveva sentito alla Tana.
- Allora cara, da quant’è che state insieme? – chiese, sorridendo, la signora Granger.
Hermione arrossì e, per poco, non si tagliò.
- Ehm..non da molto…lui, ecco…lui, si è dichiarato l’ultimo giorno di scuola – buttò lì, ridacchiando istericamente.
- Sai – disse, la voce tremolante – sono tanto felice per te, tesoro mio –
- Mamma – Hermione si voltò e vide sua madre che si asciugava gli occhi con il grembiule azzurro che teneva legato in vita, le ricordò molto la signora Weasley, la quale, senza dubbio, avrebbe reagito allo stesso modo saputa una notizia del genere.
Era più meno scoppiata in lacrime, ricordò Hermione con un sorriso, quando Harry e Ginny avevano palesato la loro relazione alla famiglia e, senza indugio, aveva abbracciato Harry dicendogli che aveva sempre saputo che sarebbe stato lui a rubare il cuore della sua piccola Ginny.
- Scusa, cara, scusa – disse, regolando la voce e schiaffeggiandosi appena le gote.
Hermione sorrise e l’abbracciò, stringendola forte tra le braccia.
- Ehm, scusate – il capo di Ron fece capolino dalla sala da pranzo – il signor Granger vuole sapere tra quanto è pronto – disse, abbassando gli occhi ed arrossendo sulla punta delle orecchie.
Hermione sorrise timidamente e si avvicinò a lui.
- Digli che manca poco – gli scoccò un bacio sulla gota e tornò a tagliuzzare le verdure al fianco della madre, sempre canticchiando tra sé.
Ron rimase impalato a guardarla per diversi minuti, ancora intontito dal gesto della ragazza.
Si tastò la guancia, come per controllare di non aver sognato, e la sentì umida e calda.
Sorrise e tornò in sala da pranzo canticchiando.
 
- Tuo padre mi odia! – Ron si buttò a peso morto sul letto di Hermione, il quale sprofondò sotto al peso del ragazzo.
Hermione sbuffò, sedendosi sul bordo.
- Non essere ridicolo – lo rimbeccò – mio padre non ti odia affatto –
Ron alzò appena il capo, quanto bastava per vederla in viso e sbuffò.
- Se gli sguardi di tuo padre potessero uccidere adesso saresti vedova –
Hermione scoppiò a ridere.
- Vedova? Ron, non siamo mica sposati! –
- Fa lo stesso – mugolò lui, coprendosi gli occhi con le mani.
- Se avete finito di fare i piccioncini noi andiamo a dormire – annunciò Ginny, allacciando il suo braccio intorno a quello di Harry.
- Ehi, un momento! – Ron balzò di scatto a sedere sul letto. – Cosa significa, noi?! –
- Significa che io ed Harry andiamo a dormire e, visto che siamo due, ho usato il plurale – sbuffò, esasperata.
- Beh, allora andiamo Harry – disse, alzandosi in piedi.
- Ron, ecco, vedi, loro…-
- No! – esclamò Ron, interrompendo le balbettanti spiegazioni di Hermione.
- Cosa, no? Senti Ron non ho tempo di stare a sentire le tue storielle, buonanotte –
Ginny, preso Harry per il polso, uscì, sbattendosi la porta alle spalle.
Ron guardò Hermione, colto dal panico.
- Ho capito male, vero? Loro non dormiranno nella stessa stanza – balbettò, isterico.
- Beh, ecco, penso proprio che sia così, invece –
Ron si lasciò cadere sul letto e si prese la testa tra le mani.
- Su, non farne una tragedia, tua sorella è abbastanza grande per fare ciò che vuole – disse lei, battendogli una comprensiva pacca sulla spalla.
- E se tua madre venisse a svegliarci domani mattina e li trovasse insieme? – poi sgranò gli occhi, immerso nel panico più totale. – E se tuo padre venisse a svegliarci e trovasse noi due insieme?! –
Ron si voltò subito verso di lei e le prese le mani tra le sue, disperato.
- Tu mi vuoi bene, Hermione, vero? Ti prego, non farmi questo, non…-
- Nessuno verrà a svegliarci domani – l’interruppe, sfilando le mani dalla stretta delle sue – perché i miei genitori saranno alla stazione a prendere mia zia e mia cugina – spiegò.
Il volto di Ron assunse di nuovo un colorito normale e subito il ragazzo si rilassò.
Hermione sbuffò, nascondendo un sorriso divertito, e, afferrato il suo pigiama, si chiuse in bagno.
Quando la porta sbatté alle sue spalle la ragazza vi si poggiò contro, inspirando profondamente.
Lanciò il pigiama in un angolo ed aprì freneticamente il rubinetto del lavandino, lanciandosi subito sul volto una manciata di acqua fresca.
Socchiuse gli occhi, beandosi della sensazione dell’acqua sulla pelle.
Quando li riaprì si osservò allo specchio.
Come le era saltato in mente di chiedere a Ron di fingere di essere il suo ragazzo?
Era stato stupido, irresponsabile e patetico.
Il tutto solo per colpa di sua cugina e di ciò che avrebbe potuto fare, già, potuto.
Sbuffò, rimproverando il suo riflesso con lo sguardo.
Si sfilò velocemente la maglia e i jeans, rimanendo con un paio di slip bianchi ed un reggiseno di cotone.
Rimirò per qualche secondo il suo corpo allo specchio, poi indossò il pigiama ed uscì.
- Senti Ron, a proposito di mia zia, volevo dirti che...Ron, ma che diavolo stai facendo!? –
Il ragazzo si voltò, tenendo ancora tra le mani la maglietta che stava ripiegando.
Era in piedi in mezzo alla stanza, a petto nudo, con indosso solo una paio di pantaloncini gialli a vita bassa dai quali fuoriusciva una porzione dei boxer neri.
Hermione avvampò, chiudendo di scatto la porta dietro di sé.
- Io…ehm…scusa…avrei…dovuto bussare – balbettò, lanciando sulla sedia i suoi abiti e sedendosi sul letto a gambe incrociate.
Ron alzò le spalle e tornò a ripiegare la sua maglietta.
- Allora, dicevi? – chiese, appoggiando la maglia sulla scrivania insieme ai jeans.
Hermione alzò finalmente lo sguardo su di lui e gli rivolse un mezzo sorriso imbarazzato.
- Sì, ecco, mia zia non sa che sono una strega e neanche mia cugina –
- Niente magia, quindi – sbuffò Ron, sdraiandosi sul letto con le mani dietro la testa.
Hermione annuì.
- Ti sarà subito addosso e ti tempesterà di domande, spero solo che non ti metta in imbarazzo –
Ron fece un gesto di stizza con la mano, come a dire che non gli importava poi tanto.
- Comunque, se te lo chiede: tuo padre fa il ricercatore, frequenti la mia stessa scuola, stessa classe, tua madre non lavora, Bill lavora in banca, Charlie all’estero, Percy è il segretario di un avvocato, Fred e George sono imprenditori. La tua aspirazione dopo la fine della scuola è lavorare con i gemelli. La tua squadra del cuore è il Manchester, non ti piacciono i film, né i libri, né i videogame, Ginny ha una anno meno di te e frequenta la nostra stessa scuola e…-
- Hermione – l’interruppe Ron.
- Sì? –
- Respira – la ragazza sbuffò e si stese sul materasso, incrociando le braccia al petto.
- Beh, scusa tanto se volevo facilitarti le cose e volevo evitarti figuracce davanti ai miei genitori! – esclamò, stizzita, voltandosi verso il muro e dandogli la schiena.
Sentì il letto di Ron cigolare sotto il peso del ragazzo e dei passi avvicinarsi a lei, attutiti dal legno del pavimento.
Ron le accarezzò una spalla, delicatamente.
- Ti ringrazio, davvero – sussurrò, scostandole i capelli dal collo. – Ma lasciami essere me stesso, okay? –
Hermione si voltò ritrovandosi il volto di Ron ad un palmo dal naso.
Il ragazzo arrossì, deglutendo.
- Okay, mi fido di te – rispose Hermione con un sorriso.
Ron le sorrise di rimando e tornò al suo letto, gongolante.
- Buonanotte Ron – disse la ragazza, spegnendo la luce.
- Buonanotte Hermione –
  

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Capitolo 4
*** Zia Adelaide ***


Capitolo quattro
(Zia Adelaide)

 
Un caldo raggio di sole solleticò beffardo il volto di Hermione, stuzzicando le sue palpebre abbassate.
Mugolò, rotolandosi tra le lenzuola e beandosi del pigro calore donatole dal sonno.
Sorrise, quando sentì un familiare profumo di bacon provenire dal piano di sotto; si stiracchiò ed aprì piano un occhio, incontrando la malandrina luce del mattino.
Oltre ad essa, però, nel suo campo visivo entrò anche l’immagine di Ron che camminava in su e in giù in mezzo alla stanza, gesticolando.
- Ron? – chiese, con la voce ancora impastata dal sonno.
Il ragazzo si arrestò e si voltò verso di lei.
- Oh, scusa – disse, arrossendo e grattandosi il capo – non volevo svegliarti –
Hermione sbadigliò mettendosi a sedere sul letto, con la schiena sul cuscino.
- Che stai facendo? – chiese, sospettosa.
Ron arrossì e si sedette sul bordo del suo letto.
- Ripassavo – ammise, abbassando gli occhi.
- Ripassavi, cosa? – domandò nuovamente.
- Quello che mi hai detto ieri. Mamma non lavora, papà ricercatore, Charlie all’estero, Bill in banca, Percy segretario di un vocato
- Avvocato, Ron – lo rimbrottò.
- Oh, sì giusto, avvocato. Fred e George imprenditori, Ginny penultimo anno di scuola…di chi era segretario Percy? – chiese, disperato, contando i suoi familiari sulla punta delle dita.
Hermione sorrise e si alzò, andandosi a sedere al suo fianco.
- Dov’è andato a finire il Ron che era sicuro di cavarsela essendo solo se stesso? – ridacchiò.
- Dopo aver dormito si è ricordato che non sa un bel niente sui babbani – sbuffò. – Rovinerò tutto, ne sono sicuro –
- Ron – sussurrò Hermione, stringendogli debolmente la mano. Lui arrossì ma si voltò comunque a guardarla – non rovinerai tutto –
- Oh, se tua madre scoprirà che stiamo fingendo le verrà un colpo, e tuo padre mi ucciderà e mia madre mi ucciderà! – disse, disperato, prendendosi il capo tra le mani.
- Non lo scopriranno, Ron, staremo attenti e, terminate queste due settimane, fingeremo di lasciarci con una scusa, nessuno si accorgerà di nulla – lo rassicurò, aumentando la stretta sulla sua grande mano.
Ron annuì distrattamente, osservando atono il pavimento.
- Hermione! – la voce della signora Granger risuonò squillante dal piano terra – E’ arrivata la zia! –
Il sangue nelle vene di Ron si gelò.
- Com’era che si chiamava quello di cui Percy era segretario? – Hermione sorrise e scosse il capo, rassegnandosi all’evidenza: non sarebbe cambiato mai.
 
La zia Adelaide ricordò a Ron, per certi versi, un po’ sua zia Muriel.
Appena la ragazza era scesa di sotto l’aveva stretta in un abbraccio e le aveva sbavato le gote a suon di baci.
Somigliava molto al padre di Hermione: aveva corti capelli neri e ridenti occhi nocciola, celati da un paio di occhialini dalla montatura a mezza luna che gli riportarono alla mente quelli di Silente.
Harry e Ginny li avevano raggiunti subito e si erano messi al fianco di Ron ad osservare come la donna strapazzava Hermione, inondandola di domande.
La piccola Sophia era rimasta silenziosa in disparte, accanto alla signora Granger, e stava squadrando Ron dal momento in cui aveva messo piede nella piccola villetta azzurra.
- Allora, cara, quale di questi due baldi giovanotti è il fortunato? – chiese, adocchiando Harry e Ron ai piedi delle scale.
Ron deglutì e fece un passo avanti.
- Ehm – disse, grattandosi il capo – credo di essere io –
La zia lo osservò con sguardo critico, poi sorrise.
- Ottima scelta mia cara – asserì, battendo una pacca sulla spalla della nipote. – Ottima scelta –
Ron arrossì, osservando la donna che si avvicinava a lui tendendogli la mano.
- Adelaide Granger, caro –
- Ron Weasley – rispose, stringendo la mano dalle unghie smaltate di rosso.
La donna gli sorrise, affabile, e poi tornò vicino ad Hermione.
- Sophia – disse poi, rivolta alla figlia – hai salutato tua cugina? –
- Ciao Jean – la ragazza abbozzò un sorriso verso Hermione, prima di incamminarsi verso Ron e porgergli la mano. – Sophia Prescott –
- Ehm, come sopra – rispose lui, stringendo la mano di lei che, subito, arrossì.
Ginny soffocò una risata, mentre osservava lo sguardo tagliente con il quale Hermione si stava rivolgendo alla cugina paterna.
- Oh, forza, non stiamo qui in piedi, andiamo in salotto – la signora Granger, con un sorriso smagliante, si diresse verso il salotto, prendendo posto sul bracciolo del divano, al fianco di Hermione.
- Ah, Adelaide, quelli sono Harry Potter e Ginny Weasley, due compagni di scuola di Hermione – disse, additando Harry e Ginny.
- Oh, molto piacere cari – i due sorrisero, facendo un cenno con il capo.
Sophia prese posto sul bracciolo della poltrona, mentre Adelaide si adagiò su di essa.
- Allora, quant’è che state insieme? – chiese, osservando Ron ed Hermione.
I due si guardarono, arrossendo subito dopo.
- Dall’inizio dell’estate – li anticipò la signora Granger, - Hermione me ne ha parlato ieri. Ha detto che Ron si è dichiarato l’ultimo giorno di scuola – gli occhi della zia s’illuminarono, mentre si portava una mano al petto, commossa.
- Sai, mi piacerebbe proprio sapere cosa è successo di preciso. Come ti sei dichiarato, Ron? –
Ron sorrise istericamente, passandosi una mano tra i capelli.
- Beh, ecco…- quando sentì la mano di Hermione stringere la sua un’idea gli balenò alla mente.
- Sapete, in realtà è Hermione che adora raccontare questa storia – Hermione si strozzò con la sua stessa saliva. – Vero tesoro? –
Gliela stava facendo pagare.
Hermione annuì, stringendo con forza la sua mano in quella di Ron.
- Ecco, da dove cominciare…sì. Ero in biblioteca a studiare quando un ragazzino più piccolo è entrato dicendomi che Harry mi stava cercando e che mi aspettava nel parco. Così ho preso i miei libri e sono andata subito, chiedendomi cosa mai volesse Harry da me in quel momento – fece una pausa, guardando compiaciuta il volto deluso di Ron. – Ma, quando sono arrivata lì, Ron mi stava aspettando sotto all’albero dove siamo soliti studiare nei caldi pomeriggi di primavera. Stava giocando con un filo d’erba, era molto depresso –
- In realtà – intervenne il ragazzo – temevo che non sarebbe venuta, avevo preparato tutto con estrema cura…-
- Oh, sì! – continuò Hermione, lanciandogli occhiate di sfida – Intorno a noi c’era una lieve musica mentre piccoli petali bianchi volavano via dalla margherita che stava sfogliando…-
-…non sapevo cosa fare nel mentre che attendevo…-
-  Poi mi sono avvicinata e gli ho appoggiato una mano sulla spalla. Lui ha sussultato e si è voltato, aveva gli occhi lucidi –
- Sono allergico ai pollini –
- Mi disse che oramai non sperava più in un mio arrivo, si alzò…-
- Non potevo più restare lì seduto con le mani in mano -
- ..quando lo guardai in viso – continuò Hermione, ignorando bellamente Ron, - calde lacrime rigavano le sue guance, voleva dirmi qualcosa ma i singhiozzi gli impedivano di parlare così…-
- Così le ho chiesto “Vuoi essere la mia ragazza?” e lei ha risposto “Eccome!”, finito – le orecchie di Ron viravano al rosso porpora, mentre le sue gote erano decisamente viola.
Hermione sorrise soddisfatta e si sistemò meglio nel divano.
- Oh, Ronnie, come sei sensibile – lo canzonò la sorella, poggiandosi una mano sul cuore.
Ron la fulminò con lo sguardo, zittendola.
- Davvero un racconto avvincente – commento la zia, osservando scioccata i due ragazzi.
Hermione le sorrise timidamente, mentre Ron alzò appena lo sguardo, arrossendo miserabilmente anche sul collo.
La signora Granger propose di fare un tè e la zia Adelaide si offrì subito di aiutarla, sparendo con lei dietro le porte della cucina.
Quando anche l’ultimo svolazzante velo della gonna della zia fu scomparso, Ron si rilassò sul divano, sospirando.
- Hai per caso del succo di zucca? – chiese, non badando alla presenza di Sophia nella stanza.
- Succo di cosa? –
Hermione gli diede una gomitata, guardandolo male.
- Nulla, Sophia, voleva del succo di frutta – disse.
Sophia aggrottò le sopracciglia, sospettosa, ma poi sospirò.
- Se lo dici tu Jean – borbottò e posò gli occhi fuori dalla finestra. – Quanti anni hai, tu? – chiese, poi, rivolta a Ron, dopo diversi minuti di silenzio.
La signora Granger e la zia erano ancora in cucina a parlottare e preparare il tè, mentre Harry e Ginny si erano defilati con una patetica scusa.
- Diciassette – rispose Ron, sprofondando tra i cuscini del divano.
- Cosa ha dovuto fare per convincerti a fingere? – chiese.
Ron quasi si strozzò, mentre Hermione sgranava gli occhi e si voltava verso la cugina.
- L’ho capito sai, che fate finta – asserì, osservando la mano di Ron appoggiata con nonchalance sul ginocchio di Hermione. – Ah, per la cronaca, fate pena, il racconto di prima era pessimo –
Poi lo sguardo di Sophia andò a posarsi su Ron; gli sorrise, sbattendo le lunghe ciglia nere.
Gli occhi di Hermione fiammeggiarono ed intrecciò repentinamente le dita con quelle di Ron, appoggiando la gota sulla spalla di lui.
- Non stiamo fingendo, Sophia, che tu ci creda o no lui è il mio ragazzo – decretò, sentendo l’accelerato battito del cuore di Ron a pochi centimetri dal suo orecchio.
- Allora datevi un bacio –
Ron sbiancò, sgranando gli occhi, ed Hermione deglutì, voltandosi terrorizzata verso sua cugina.
- Prego? –
- Baciatevi, ho detto. Se state insieme l’avrete fatto un sacco di volte, no? – disse, con la dolce voce angelica ed innocente di una bambina piccola.
- Beh, sai…noi…noi di solito non ci baciamo in pubblico, preferiamo non avere gente intorno che ci guarda…ecco – balbettò Ron, rosso più dei suoi capelli.
Sophia inarcò le sopracciglia e lo guardò scettica.
- Ripeto, a fingere fate pena –
Hermione la guardò, furibonda – Vuoi che ci diamo un bacio? Bene –
Si voltò verso Ron, gli afferrò il colletto della camicia e portò il volto verso il suo, stampandogli un sonoro bacio sulla bocca.
Per un attimo Ron rimase a guardarla ad occhi sbarrati, incapace di muoversi, poi socchiuse gli occhi, appoggiando le mani sui fianchi di Hermione.
Nel momento stesso in cui le loro labbra si toccarono la ragazza si dette mentalmente della stupida per aver ceduto allo sporco giochetto alla quale la cugina l’aveva sottoposta.
Sentire le labbra di Ron sulle sue era la miglior sensazione che le fosse mai capitato di provare in tutta la vita; erano morbide, calde e si adattavano perfettamente alle sue.
Allentò la presa sul suo colletto alcuni minuti dopo, scostandosi da lui, con le gote in fiamme.
- Scusa – bisbigliò ad un soffio dalle sue labbra, prima di tornare comodamente seduta sul divano.
Ron le sorrise, passandole un braccio dietro alle spalle e stringendola a sé, le orecchie rosso carminio ed un sorriso beffardo a deformargli le labbra.
Sophia li guardò, stizzita, ed incrociò le braccia al petto, alzando il mento e puntando gli occhi fuori dalla finestra, con aria indispettita.
La signora Granger apparve poco dopo con un mano un vassoio d’argento.
- Tè? – chiese, ma nessuno le dette ascolto, tutti troppo impegnati a perdersi nei propri pensieri.  

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Capitolo 5
*** Essere un babbano ***


Capitolo cinque
(Essere un babbano)
 

 
Ginny lanciò un grido.
Hermione era uscita a cercarla appena Ron si era allontanato dicendo che voleva riposare un po’.
L’aveva trovata con Harry sul dondolo nel giardino, le aveva afferrato il polso e l’aveva trascinata dentro casa fino in camera dove, tutto d’un  fiato, le aveva raccontato ciò che era accaduto.
- L’hai fatto davvero? – chiese sbalordita.
Hermione annuì, arrossendo vistosamente sulle gote.
- L’ho fatto davvero – asserì, lasciandosi cadere a peso morto sul letto, le mani sugli occhi chiusi.
- Credi che adesso ne stia parlando con Harry? – mugolò, continuando a tenere i palmi premuti sugli occhi.
Ginny balbettò qualche parola sconnessa prima di rimanere in silenzio e mormorare un basso “sì”.
Hermione sospirò.
- Allora, come bacia mio fratello? – chiese Ginny, ridacchiando.
- Ginny! – esclamò indignata Hermione, saltando a sedere e lanciandole il cuscino del suo letto.
Ginny scoppiò a ridere subito seguita da Hermione, la quale si lasciò cadere nuovamente sul materasso, ancora scossa da risate sommesse.
 
- Merlino, amico! – esclamò Harry.
Ron sorrise dall’altro letto osservando Harry che lo guardava con gli occhi sbarrati.
Appena il moro aveva messo piede in camera Ron l’aveva praticamente assalito iniziando a raccontare ciò che era accaduto quando lui e sua sorella se ne erano andati.
- Non me lo sarei mai aspettato da una come Hermione – balbettò Harry, ancora sotto shock.
- Figurati io – gli fece eco Ron, lasciandosi andare con la schiena contro la parete alle spalle del letto.
Harry annuì distrattamente, osservando il sole che fuori dalla finestra brillava nel mezzo del cielo azzurro, segno che la mezza era vicina.
- Hermione ti ha baciato – sillabò Harry. – Hermione ti ha baciato! – esclamò, voltandosi allora verso Ron con un sorriso malizioso sulle labbra.
- Ehm, credo di si..- balbettò, imbarazzato, grattandosi la testa.
Harry si alzò e si sedette al fianco di Ron, battendogli una pacca sulla spalla.
- Allora, amico, come bacia Hermione? – chiese.
Ron arrossì vistosamente sul collo e sulle orecchie; poi si voltò, inarco le sopracciglia e colpì Harry con una forte pacca tra le scapole.
- A te cosa importa? – chiese.
Harry alzò le spalle, tentando di tastarsi il punto colpito dalla mano di Ron.
- Mi hai ucciso – annaspò, accasciandosi contro il muro.
Ron sorrise beffardo e tornò a stendersi sul materasso, le mani dietro la testa e lo sguardo perso su una macchia informe sul soffitto.
Si umettò le labbra, sorridendo quando sentì il sapore di Hermione di nuovo su di esse.
 
- Allora Ron – disse la zia durante il pranzo. – Siete solo tu e Ginny in famiglia? – chiese.
Ron alzò il capo dal suo piatto e guardò Hermione, la quale annuì.
Il signor Granger non l’aveva perso di vista per tutto il pranzo, osservandolo quando sapeva che né la moglie né la figlia avrebbero potuto vederlo.
- Oh, no, no, siamo sette fratelli, nove in tutto, con mamma e papà – rispose, addentando un pezzo di pane bianco.
- Sette fratelli? – chiese, sbalordita.
- Oh, sì, tutti maschi, Ginny è l’unica femmina – spiegò.
La zia la guardò, riservandole uno sguardo comprensivo.
- Sai, cara, anche io sono cresciuta in mezzo agli uomini – disse, sorridendole.
- Fortunatamente poi è arrivata Hermione – esordì Ginny che, fino a quel momento, era rimasta in silenzio. – Lei è come una sorella per me – rivolse ad Hermione un sorriso mentre la riccia la guardava con gratitudine.
Sophia fece una smorfia, sorseggiando la sua acqua dal bicchiere.
- E i tuoi fratelli cosa fanno, Ron, studiano ancora? – Ron rivolse ad Hermione uno sguardo di panico, deglutendo.
- Ehm, no. Bill, il più grande di noi, lavora in banca – iniziò, balbettando. – Charlie è all’estero e Percy è il segretario di un…- inspirò profondamente, cercando di ricordare ciò che Hermione gli aveva detto appena la sera precedente. Stava iniziando a sudare freddo quando sentì la piccola mano di Hermione intrufolarsi nella sua da sotto il tavolo, stringendola forte.
La zia lo stava fissando, ancora attendendo che continuasse a parlare.
- Percy è segretario di un avvocato – riprese, stringendo a sua volta la mano di Hermione. La ragazza gli sorrise. – Mentre Fred e George, i gemelli, sono imprenditori, hanno un negozio di scherzi – terminò, sentendo la stretta della mano di Hermione farsi più salda sulla sua.
- Interessante – commentò la zia, porgendo alla signora Granger un po’ di stufato.
- E tu, Sophia? – chiese Hermione alla cugina che li aveva guardati in cagnesco per tutto il tempo.
Sophia parve riscuotersi e la guardò.
- Oh, Sophia ha ancora due anni di scuola – parlò per lei la madre.
Sophia annuì, sventolando i lunghi capelli biondi.
- Ronald, mi passeresti il sale? – la voce del signor Granger rimbombò nel teso silenzio che si era allungato nei minuti precedenti.
Ron afferrò la saliera e la passò, con mano tremante, al padre di Hermione.
Il signor Granger lo scrutò mentre parlava con Harry, osservando come la mano del ragazzo stringeva quella di Hermione da sotto il tavolo.
- Mamma, noi saliamo – annunciò Hermione, alzandosi insieme a Ginny, Ron ed Harry.
I quattro salirono le scale in silenzio, osservando il movimento dei loro piedi sugli scalini.
- Noi andiamo in camera – disse timidamente Ginny, afferrando la mano di Harry e dileguandosi dietro la porta della stanza degli ospiti.
Ron sospirò e si diresse, al fianco di Hermione, verso la stanza della ragazza.
Si buttò a peso morto sul letto che sarebbe dovuto essere quello di Ginny e si passò le mani sulla faccia.
Hermione lo guardò scuotendo il capo, rassegnata, e si sedette sul suo letto a gambe incrociate decisa a leggere un libro che aveva iniziato qualche giorno prima alla Tana.
- Hermione! -  la voce della signora Granger rimbombò dal piano inferiore alcune ore dopo.
- Si? – rispose la ragazza, chiudendo il libro ed affacciandosi alla porta.
- Papà è dovuto andare in studio, io e la zia usciamo a fare due passi, Sophia rimane qua con voi – Hermione fece una smorfia ma gridò il suo assenso, chiudendosi immediatamente la porta alle spalle.
- Siamo soli in casa – annunciò, tornando a leggere il suo libro.
Ron saltò in piedi e corse ad aprire la porta.
- Harry?! – chiamò e la faccia del ragazzo apparve dalla stanza degli ospiti. – La zia se n’è andata, possiamo giocare a Spara Schiocco! – esclamò.
Harry sorrise e fece per tornare in camera per prendere le carte.
- C’è mia cugina di sotto! – gemette Hermione, fermando appena in tempo i due ragazzi.
Ron sbuffò, scuotendo la testa ad Harry che, malinconico, tornò in camera.
- Credi davvero che preferisse giocare con te che stare con Ginny? – chiese scettica Hermione, senza alzare gli occhi dal libro.
- Credo che non volesse passare il pomeriggio a pomiciare con mia sorella perché alla lunga è stancante – asserì.
- Già, perché tu sei esperto – borbottò Hermione.
- Non mi risulta che tu e Viky vi guardaste negli occhi! – esclamò Ron con le orecchie arrossate.
Hermione chiuse di scatto il libro, alzando gli occhi verso Ron.
Fiammeggiavano.
- Perché devi sempre metterlo in mezzo?! –
- Perché tu metti sempre in mezzo Lavanda! –
Hermione sbuffò, indignata.
- Non mi pare di aver nominato Lavanda! –
- Non credere che non abbia capito a cosa ti riferissi! –
Hermione si passò una mano sugli occhi, esasperata, mentre Ron si sedeva sbuffando sull’altro letto.
Si alzò di scatto, dirigendosi verso la porta, non aveva proprio voglia di litigare con lui, in quel momento, non con sua cugina che, al piano di sotto, stava sicuramente gongolando.
- E ora dove diavolo vai? – chiese lui, brusco.
- A fare un giro – rispose, secca, Hermione aprendo la porta. – E non chiamarlo Viky! – esclamò, prima di sbattersi la porta alle spalle.

  

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Capitolo 6
*** Incidente bagnato, incidente fortunato ***


                          Capitolo sei                     
(Incidente bagnato, incidente fortunato)

 
Ron scese le scale sbuffando, deciso a bersi un buon bicchiere d’acqua, sperando che gli stendesse i nervi e lo ridestasse un po’ dal calore estivo.
Aprì con uno scatto nervoso l’anta del frigorifero ed afferrò la brocca d’acqua che avevano usato durante il pranzo; era ancora piena.
Si riempì un bicchiere fino all’orlo e lo bevve tutto d’un sorso, si ripulì le labbra dai residui d’acqua e tornò verso le scale.
Stava ormai per salire il primo scalino quando notò una chioma bionda fare capolino dallo schienale del piccolo divano bianco del salotto.
Si avvicinò cauto, attento a non fare troppo rumore e, arrivato di fronte al mobile, notò Sophia che, rannicchiata vicino al bracciolo, sonnecchiava placidamente.
Cercò di avvicinarsi di più, quanto bastava per sedersi sulla poltrona, ma inciampò sulla moquette bianca e cadde rovinosamente a terra, sbattendo il mento contro il pavimento.
Sophia si svegliò di soprassalto, sussultando,mentre Ron si massaggiava la mascella mugolando.
- Scusa – biascicò, notando gli occhi azzurro-verdi della ragazzina puntati su di lui – non volevo svegliarti, sono inciampato –
Sophia scosse il capo e sventolò una mano, appoggiando nuovamente il capo contro il morbido cuscino del divano.
- Tu e Jean avete litigato? – chiese, mentre Ron si sedeva sulla poltrona ed apriva e chiudeva la bocca, facendo qualche smorfia dolorante.
Si voltò verso di lei e la guardò con un sopracciglio inarcato.
- Vi ho sentiti gridare – si giustificò, arrossendo.
- Oh – bisbigliò Ron, lasciandosi andare contro lo schienale. – E’…complicato – disse, infine, massaggiandosi l’attaccatura del lungo naso lentigginoso.
Sophia annuì, comprensiva, poi volse lo sguardo fuori dalla finestra.
- Perché la chiami Jean? – chiese, all’improvviso, il ragazzo.
La ragazzina si voltò verso di lui e si strinse nelle spalle.
- E’ il suo nome – disse, semplicemente.
- Beh, allora dovresti chiamarmi Bilius – asserì, storcendo le labbra.
- Bilius? –
- Era il nome di un mio zio morto subito dopo aver visto un…- si bloccò, non era poi tanto sicuro che divulgare il fatto che suo zio aveva visto un Gramo fosse propriamente una buona idea né era sicuro che Hermione avrebbe apprezzato il gesto. - …ladro – balbettò – dopo aver visto un ladro –
Sophia annuì, distrattamente, tornando ad osservare il cielo limpido fuori dalla finestra.
Il silenzio si allungò, interrotto solo dal ticchettare dell’orologio da parete della cucina e dal rumore delle auto che passavano davanti al vialetto.
- Non ti dà neanche un po’ fastidio? – chiese, infine, la cugina di Hermione.
Ron si voltò e la guardò, confuso.
- Mi dà fastidio cosa? – domandò.
- Fingere di stare con lei – disse.
- Non faccio finta, ci sto con lei – rispose, giocherellando con l’orlo della polo azzurra.
Sophia sbuffò, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
- Sì, certo, certo – cinguettò, stirando le lunghe gambe sul divano.
Ginny apparve dal corridoio con Harry per mano e guardò in direzione del fratello.
- Ron, dov’è Hermione? – chiese, osservando con un sopracciglio alzato la ragazza seduta sul divano.
- Ha detto che andava a fare un giro, per sbollire – disse.
- Se la trovo a piangere giuro che ti affatturo! – esclamò, uscendo dalla porta principale e lasciando Harry da solo in mezzo al corridoio che si guardava intorno imbarazzato.
- Avete litigato ancora? – chiese il moro, avvicinandosi ai due.
Ron annuì, guardando dalla finestra l’immagine della sorella che, di gran carriera, setacciava il giardino alla ricerca di Hermione.
Harry guardò Ron scuotendo il capo e si sedette sul bracciolo della poltrona.
- Ah, non guardarmi così! – esclamò. – Ha tirato di nuovo fuori quella storia – si giustificò, incrociando le braccia al petto.
- Cos’ha detto che ti farà, quella ragazza? – chiese Sophia, rimuginando sulle parole di Ginny.
- Oh – biascicò Harry – è il suo modo per dirgli che gliela farà pagare, vero Ron? – disse, dando una gomitata al rosso che, ancora indispettito, fissava il soffitto.
- Oh, sì, sì, certo – balbettò, preso in contro piede dalla domanda della ragazzina.
Sophia parve soddisfatta e tornò a fissare un punto impreciso della stanza con sguardo vacuo.
- Scommetto, però, che anche tu non ci sei andato leggero, sei bravo con i ricatti morali – osservò Harry, guardandolo con eloquenza da sotto le lenti degli occhiali.
Ron sbuffò, arrendevole e si alzò di malavoglia dalla morbida poltrona.
- E va bene, vado a cercarla – sbuffò, alzando le mani al cielo in un gesto disperato ed avviandosi verso le scale.
- Litigano spesso? – chiese Sophia quando Ron fu sparito per le scale.
- Sempre – rispose Harry che, con un sorrisetto compiaciuto, stava ancora fissando il punto in cui Ron era scomparso.
 
Ron si trascinò stancamente in giro per il piano superiore, bussando ad ogni porta e chiedendo se Hermione era all’interno.
Sbuffando si diresse in camera di Hermione trascinando i piedi sul pavimento; si chiuse con uno sbuffo la porta alle spalle ed iniziò a spogliarsi.
Aveva bisogno di una doccia, una bella doccia rinfrescante.
Si sfilò velocemente i boxer e si legò in vita un ampio asciugamano di spugna che la madre di Hermione aveva lasciato per Ginny sulla scrivania della ragazza.
Uscì dalla stanza guardandosi i piedi e, appena entrato in corridoio, cadde rovinosamente a terra.
- Ma che diavolo…? – imprecò, aprendo gli occhi.
Sotto di lui, con i ricci fradici e coperta solo da un lungo asciugamano, c’era Hermione che lo fissava con le gote viola dall’imbarazzo.
- Io…scusa…non ti avevo…non ti avevo visto – balbettò la ragazza, tenendo le mani strette sul nodo all’altezza del petto che teneva ben saldo al suo corpo l’asciugamano.
Ron, le cui orecchie quasi fumavano, si alzò di scatto da lei, porgendole la mano per aiutarla a tornare in posizione eretta.
- Oh, non importa – biascicò, una volta che la ragazza si fu rialzata.
- Grazie – disse lei, lasciando la sua mano. – Ora è meglio che vado a…a cambiarmi – con l’indice indicò la porta della stanza dalla quale era uscito Ron ed il ragazzo annuì, osservandola sparire all’interno della camera.
Il ragazzo rimase per un momento in piedi a fissare il pavimento, cercando di ricostruire nella mente il momento esatto in cui il corpo di Hermione aveva cozzato contro il suo.
Arrossì, ma non riuscì a scacciare dalla mente l’immagine di Hermione che balbettava arrossata sotto di lui.
Si riscosse, volgendo il capo verso la porta aperta del bagno.
Adesso aveva decisamente bisogno di una lunga doccia fredda.
  

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Capitolo 7
*** Quello che non sai di me ***


Capitolo sette
(Quello che non sai di me)

 
La settimana trascorse tranquilla; le giornate si accorciavano e, presto, il primo settembre fu alle porte.
Il padre di Hermione continuava a scrutare Ron di sottecchi, mentre la zia Adelaide continuava a tempestarlo di domande sulla sua famiglia e sui suoi progetti futuri.
Era sera tardi quando, dopo aver giocato un po’ a scacchi magici in camera di Harry e Ginny, Ron tornò nella stanza di Hermione.
La ragazza stava leggendo un libro stesa sul letto, con il lenzuolo che la copriva sino alle ginocchia e la finestra aperta che permetteva alla fresca brezza notturna di rinfrescare la stanza.
- E’ una lettura interessante? – chiese, distendendosi sul suo letto.
Hermione annuì, voltando una pagina del volume passando a leggere la successiva.
- Chi ha vinto la partita? – domandò, dopo diversi minuti di silenzio.
Ron le sorrise e le rivolse uno sguardo eloquente.
- Io, ovviamente – rispose, gonfiando appena il petto.
Hermione ridacchiò, sfogliando di nuovo le pagine del piccolo tomo al quale si stava dedicando.
- Non sei il Re solo nel Quidditch, quindi – ridacchiò, scuotendo appena il capo.
- Se mi conoscessi almeno la metà di come credi sapresti che sono il Re in tante altre cose, oltre il Quidditch – disse, inarcando maliziosamente un sopracciglio.
Hermione avvampò.
- Sono tante le cose che non sai di me, Hermione – asserì, portando le mani dietro la testa e socchiudendo gli occhi.
- Ah sì? – disse, chiudendo il libro ed appoggiandolo sul comò.
- Dimmi cosa sai del tuo migliore amico, signorina Granger – la canzonò, sorridendo beffardo.
- Squadra del cuore: Cannoni di Chudley, odi la carne in scatola, hai paura dei ragni, la tua bevanda preferita è il succo di zucca e il tuo cibo preferito non esiste, mangi di tutto – Ron ridacchiò, ma annuì. – Ami il Quidditch, le scope da corsa, ti piacciono le Sorelle Stravagarie ma non ne vai matto, bevi volentieri Burrobrra e hai aspettato con ansia i tuoi diciassette anni solo per poter fare l’esame di Materializzazione e poter bere del Whisky Incendiario –
- Già, ne è valsa la pena però – commentò, sorridendo allegramente.
- Si bocciato la prima volta all’esame di Materializzazione perché hai lasciato indietro un sopracciglio –
- Ehi – protestò – non vale, eri presente! –
- Ma è una cosa che so di te – rispose Hermione, guardando soddisfatta la smorfia contrariata di Ron.
- Per tre anni hai inventato i compiti di Divinazione, sei stato Prefetto, hai fatto parte dell’Esercito di Silente, il suo secondo nome è Bilius, odi essere chiamato con il tuo nome per intero, Ronald, sei insicuro, pigro, simpatico, bravo a giocare a Quidditch, negato per Pozioni, odi leggere e studiare, ami dormire sotto il pioppo ai piedi del Lago Nero e sei un irrimediabile imbranato – concluse, con un sorriso beffardo sulle labbra.
- Ah, dimenticavo – aggiunse – sei un mago negli scacchi –
- Non male – ammise, voltandosi di fianco verso di lei.
Hermione sorrise e si stese supina sul materasso, volgendo gli occhi al soffitto.
Rimasero in silenzio per un po’, circondati dal tubare degli uccelli notturni e dal fruscio del vento che muoveva le corte tendine bianche alla finestra della stanza.
- Odio i ragni perché i gemelli hanno trasformato il mio orsacchiotto preferito in un ragno gigante, quando avevo cinque anni, perché avevo rotto il loro manico di scopa – la voce di Ron ruppe improvvisamente il silenzio, sovrastando qualsiasi altro rumore.
Hermione non rispose, né si mosse, socchiuse gli occhi e rimase ad ascoltarlo parlare.
- Vorrei diventare un Auror, mi piace disegnare, da piccolo avevo paura dei temporali e andavo a rifugiarmi nel letto di Bill, mi piace far ridere le persone e, a quanto mi dicono, ho la sfera emotiva di un cucchiaino da tè – Hermione proruppe in una risata cristallina che riempì tutta la stanza.
Rimasero a ridacchiare sommessamente per alcuni minuti, l’una fissando il soffitto e l’altro fissando il letto di lei.
- Sai, a volte penso che se non fosse per Harry, noi due, amici non lo saremmo affatto – disse ed Hermione si voltò verso di lui, affondando il gomito nel morbido cuscino ed appoggiando la gota al palmo della mano.
- E perché? –
- Perché litighiamo sempre e perché…- disse, pensieroso. - …non lo so –
Hermione si alzò dal letto, facendo sventolare l’orlo della camicia da notte, e si avvicinò al letto di Ron, fermandosi davanti a lui.
Un tuono rimbombò nell’aria ed Hermione sobbalzò, saltando sul posto.
- Hai paura dei temporali ‘Mione? – ridacchiò.
La ragazza lo guardò in cagnesco ed incrociò le braccia al petto, si voltò, stizzita, quando le braccia di Ron la trascinarono sul materasso.
- E dai, scherzavo – sussurrò, le labbra ancora increspate all’insù.
Hermione sbuffò, ma si stese meglio, appoggiando il capo di fianco a quello di Ron.
Pian, piano si rilassò nel suo abbraccio, sentendo il calore di Ron propagarsi sul suo corpo, beandosi della sensazione delle sue braccia strette attorno a lei.
- Ho paura dei temporali, è vero – ammise – e ogni volta che Malfoy mi chiama Mezzosangue mi nascondo da qualche parte a piangere. Non mi piace Piton e una volta ho strappato un libro pagina per pagina –
- Era Divinazione, scommetto – ridacchiò Ron e lei, sorridendo, annuì.
- Rileggo Storia di Hogwarts ogni anno, amo le rose e – disse, rigirandosi nell’abbraccio di Ron. Gli poggiò le mani sul petto nudo e poi alzò il volto verso il suo, incrociando i suoi occhi – non sono,
né sono mai stata innamorata di Viktor Krum –
Le orecchie di Ron assunsero una bizzarra colorazione scarlatta, ma il ragazzo annuì.
Un altro tuono esplose nel cielo, facendo sobbalzare Hermione, che strinse le dita sul petto di Ron, socchiudendo gli occhi e respirando a fondo.
- Vuoi..ehm…vuoi restare qui? – chiese, balbettando, il ragazzo.
Hermione alzò gli occhi ed inarcò le sopracciglia.
- Voglio dire, la mamma dice sempre che quando si ha paura di qualcosa è bello avere qualcuno che ci sta a fianco e…ecco…mi chiedevo se vuoi…vuoi restare qui…con me – spiegò, arrossendo sul collo e sulle orecchie.
Hermione gli sorrise, accarezzandogli distrattamente il petto.
- Sì, va…va bene, grazie – biascicò, imbarazzata.
Il ragazzo annui, balbettando e sistemò meglio le braccia intorno al corpo di Hermione.
- Grazie, Ron, buonanotte – sussurrò, appoggiando il capo sulla sua spalla.
Ron sorrise ed adagiò il capo sul cuscino, appena sopra la testa di Hermione.
- Buonanotte, Hermione –
Il buio e il silenzio della notte li avvolsero, le labbra di Hermione increspate in un dolce sorriso.
 
- Che dici, li svegliamo? – chiese Ginny, osservando il fratello ed Hermione che dormivano abbracciati nel letto di lui.
Harry si strinse nelle spalle, lanciando un’occhiata furtiva dietro di sé per controllare che non stesse arrivando nessuno dei familiari di Hermione, non era molto sicuro che il signor Granger avrebbe apprezzato la cosa.
Ginny sospirò e si avviò a passo felpato all’interno della stanza.
- Hermione – sussurrò, scuotendo la ragazza per una spalla – Hermione –
Hermione biascicò, muovendosi tra le braccia di Ron.
- Ron – mugolò, aprendo piano gli occhi.
Appena le sue iridi castane incontrarono il volto lentigginoso di Ginny sobbalzò, sbattendo la spalla contro il naso di Ron che si svegliò con un mugolio di protesta.
- Porca miseria, Hermione, che stai…? – il fiato gli si mozzò in gola, notando Harry che ridacchiava appoggiato allo stipite della porta e Ginny che li guardava accovacciata a fianco del letto.
- Buongiorno ragazzi! – esclamò allegra.
- ‘Giorno Gin – pigolò Hermione, abbassando gli occhi, imbarazzata.
Ron grugnì e lanciò un’occhiata assassina ad Harry che, subito, smise di ridacchiare.
- Co-cosa ci fate voi due qui? – chiese, presa dal panico, Hermione.
Ginny si alzò, sbuffando.
- Dovresti ringraziare Merlino che siamo noi anziché tuo padre – il volto di Ron si contrasse, terrorizzato. – Comunque volevamo dirvi che la colazione è pronta, ci ha mandato tua madre a vedere se vi eravate svegliati – disse e, con pochi passi, arrivò sulla soglia, afferrò Harry per il polso ed uscì, diretta nella camera degli ospiti.
Hermione sospirò, appoggiando la schiena contro la testiera del letto, mentre Ron guardava atono la porta bianca che Ginny si era chiusa alle spalle.
- Poteva entrare tuo padre – disse, piatto.
Hermione annuì, massaggiandosi le tempie.
- Grazie per ieri sera – pigolò la ragazza, arrossendo sulle gote.
- Oh, figurati – balbettò Ron, grattandosi i capelli imbarazzato.
- Hermione! – il sorriso sul volto di Ron si congelò mentre Hermione fissava terrorizzata la porta bianca, dietro la quale i passi della signora Granger si avvicinavano sempre di più.
La ragazza, allora, si alzò di scatto.
- Devi nasconderti! – disse, pratica, afferrando le braccia di Ron e tirandolo per farlo alzare in piedi.
Ron annuì, guardandosi freneticamente intorno, alla ricerca di un buon nascondiglio.
All’improvviso, quando ancora stava osservando la stanza, Hermione lo spinse dentro l’armadio e, dopo avergli intimato di fare silenzio, chiuse le ante.
Hermione fece appena in tempo a nascondere i vestiti di Ron sotto al suo letto che la madre spalancò la porta, entrando nella stanza.
- Ah, sei sveglia – disse, notando la figlia in piedi in mezzo alla camera.
Hermione sorrise appena ed annuì.
- Io e papà andiamo a sistemare lo studio mentre la zia e Sophia sono fuori – disse, guardando con occhio sospettoso la stanza di Hermione.
- La zia e Sophia sono uscite? – chiese e la madre annuì.
- Hermione – disse la donna prima di uscire, - perché la maglietta di Ron è sotto il tuo letto? –
Hermione arrossì e si voltò di scatto, notando che un lembo della polo blu del ragazzo fuoriusciva da sotto il letto.
- Oh, ehm…ieri sera Ron si è cambiato qui – balbettò.
- E perché mai? – domandò la signora Granger, inarcando un sopracciglio.
- Perché…perché Harry si era chiuso nella loro stanza per cambiarsi e lui mi ha chiesto di cambiarsi qui, deve averla dimenticata – continuò, ridacchiando istericamente.
La signora Granger annuì e, anche se non sembrava molto convinta dalle parole di Hermione, le sorrise e sparì oltre la porta.
Hermione sospirò, allungando una mano alla sua sinistra per aprire l’armadio.
- Ieri sera si è cambiato qui? – disse, scettico, Ron.
- Oh, sta’ zitto! -  i due scoppiarono a ridere.
 
Harry e Ron avevano il volto praticamente appiccicato al vetro del negozio sugli articoli per il Quidditch, intenti a sbavare dietro ad un nuovo modello di Firebolt.
Ginny sbuffò, sistemandosi meglio tra le mani i libri che avrebbe dovuto usare per il sesto anno.
- La smetteranno mai? – chiese, inarcando un sopracciglio, Hermione.
Ginny scosse il capo, rassegnata, scorrendo con gli occhi la lista dei libri.
- Oh no! – gemette, sbuffando. – Dobbiamo tornare al Ghirigoro – annunciò, ma né Harry né Ron parvero averla sentita, ancora intenti a spiaccicare il naso contro la vetrina.
- Ragazzi! – esclamò Hermione e i due si voltarono. – Dobbiamo tornare al Ghirigoro, venite anche voi? – i due scossero il capo e dissero che avrebbero atteso lì il loro ritorno.
Ginny ed Hermione sbuffarono ma si avviarono con passo lento verso la cartoleria.
- Cos’hai dimenticato? – chiese Hermione, lanciando un’occhiata furtiva alla lista dei testi di Ginny.
- Pozioni Avanzate di Bernard Beckhold – disse, facendo una smorfia.
Hermione le sorrise, sfilando il libro dalla sua borsa a tracolla.
- Posso darti il mio, Lumacorno ci ha fatto prendere un altro libro per il settimo anno– Ginny la guardò, boccheggiando, poi l’abbracciò stretta.
- Grazie! – esclamò. – Non avevo proprio voglia di tornare indietro – afferrò il libro e lo ficcò nella sua borsa, insieme agli altri.
Poi afferrò il braccio di Hermione e la trascinò di nuovo verso il negozio di articoli per il Quidditch.
- Ora, non m’importa cosa diranno ma noi li porteremo via da lì andremo a prendere un gelato da Flor…- le parole si bloccarono nella bocca di Ginny quando, arrivate di fronte alla vetrina del negozio videro che le teste di Harry e Ron erano, adesso, ben lontane dal vetro, mentre i due ragazzi chiacchieravano animatamente con Lavanda Brown e Calì Patil.
Hermione sentì la presa della mano di Ginny stringersi intorno al suo avambraccio, torturandolo.
Ginny fece schioccare la lingua sul palato e, abbandonata la presa sul braccio di Hermione, si diresse a passo spedito al fianco di Harry e gli afferrò la mano, sorridendo a Calì.
Hermione, al contrario di lei, rimase ferma in mezzo al via vai di persone ad osservare il modo in cui le labbra di Ron s’incurvavano quando Lavanda diceva qualcosa di divertente, il modo in cui i suoi occhi si posavano sulle labbra della ragazza mentre parlava, il modo in cui arrossiva quando lei diceva qualcosa di malizioso e poi, subito dopo, si lasciava andare ad una sonora risata quando Lavanda gli batteva una pacca sulla spalla dicendogli che stava solo scherzando.
Quando gli allegri occhi di Ron incontrarono i suoi, Hermione, si sentì una persona decisamente orribile.
- Hermione! – esclamò il ragazzo, correndole incontro. – Che fai qui tutta sola? Dai, vieni, ci andiamo a fare una Burrobirra ai Tre Manici di Scopa – disse, allegro, afferrandole il polso.
Hermione, però, non si mosse di un passo.
- Ehi, che hai? – le chiese, avvicinandosi.
Hermione scosse il capo, allontanando il suo polso dalla stretta della mano di Ron ed indietreggiando di qualche passo.
- Nulla – disse, sistemandosi un ricciolo dietro l’orecchio – è che la mamma starà per tornare e tra poco dovremmo andare – vide la luce negli occhi di Ron spegnersi mentre mugolava un annoiato “ah” e si girava verso Ginny ed Harry per dirgli di sbrigarsi che c’era da tornare a casa.
Il percorso fino a casa Granger fu silenzioso, solo Ginny ed Harry si scambiavano qualche parola, osservando curiosi il comportamento di Ron e Hermione.
Varcarono la soglia che già la zia e la mamma di Hermione erano in casa.
- Oh, siete tornati – disse, la signora Granger.
Hermione annuì, distratta, e, senza dire nulla, iniziò a salire le scale diretta nella sua stanza.
Ginny ed Harry preferirono rimanere in silenzio e dileguarsi nella stanza degli ospiti, mentre Ron, con un sospiro, bussò alla camera di Hermione.
- Mamma, non ho assolutamente voglia adesso, quindi per piacere vattene! – rispose.
La porta si aprì appena e dallo spiraglio apparve la testa del ragazzo.
- Sono io – disse, semplicemente. – Posso entrare? – Hermione annuì.
Ron si richiuse accuratamente la porta alle spalle e si andò a sedere sul bordo del proprio letto.
- Allora, vuoi dirmi cos’hai? – le chiese, osservando la sua figura stesa supina sul materasso.
- Sono una persona orribile, vero? – domandò, coprendosi il viso con le mani.
- No, non lo sei – rispose, semplicemente.
Hermione aprì uno spiraglio tra le dita e lo guardò scettica.
- Oh, se mia madre ci scoprisse ne morirebbe! E la zia…e Sophia mi torturerebbe per il resto dei miei giorni! – gemette, rituffando il volto tra le mani.
Ron, allora, si alzò ed andò a sedersi sul bordo del letto di Hermione; le scostò le mani dal volto e la guardò diritto negli occhi.
- Andrà tutto bene, non scopriranno nulla – la rassicurò, sorridendole.
- Chi te lo dice? –
- Tu! Tu mi hai detto che sarebbe andato tutto bene quand’ero io ad essere spaventato – le ricordò.
Hermione sentì gli occhi inumidirsi ma annuì: aveva ragione.
Scesero per la cena qualche ora dopo, chiamati dalla squillante voce di zia Adelaide.
Harry e Ginny si guardarono sospettosi quando notarono gli occhi arrossati di Hermione e rivolsero uno sguardo interrogativo a Ron che rispose loro con un’alzata di spalle.
- …quindi lui mi ha detto che lei l’ha tradito con il vicino di casa perché credeva che lui l’avesse tradita con la segretaria – terminò, indignata, la zia.
La signora Granger rollò gli occhi ma le rispose con un’espressione abbastanza scioccata, come se la notizia le avesse sconvolto la giornata.
- Ah, la gente al giorno d’oggi non ha più valori – sospirò – un po’ di pollo Jane? – la signora Granger scosse il capo.
- Allora, tesoro, quando ci presenterai i genitori di Ron? – chiese la zia, ammiccando verso il ragazzo che arrossì sperando che il colletto della maglia potesse risucchiarlo.
Il signor Granger lo fulminò con lo sguardo, prima di tornare a tagliare il suo pollo, mentre la signora Granger gli rivolse un largo sorriso.
- Mamma – la sedia di Hermione aveva emesso un basso rumore quando la ragazza si era alzata.
- Devo dirvi una cosa – disse.
Abbassò gli occhi su Ron, il quale scosse il capo, mentre la ragazza, ignorandolo, deglutiva e tornava a fissare il volto di tutti i presenti.  

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Capitolo 8
*** Ricatto d'amore ***


Capitolo otto
(Ricatto d’amore)

 
Hermione inspirò profondamente, incontrando gli occhi beffardi di Sophia che la stava fissando, in attesa.
- Su, cara, non tenerci sulle spine – disse, impaziente, la zia.
Hermione abbandonò il volto della cugina e puntò gli occhi in quelli della zia.
- Io e Ron non stiamo insieme – disse, tutto d’un fiato e, per poco, il signor Granger non si strozzò con il sorso di vino che aveva appena preso.
- Cosa significa che non state insieme? – chiese la zia.
Hermione sentì gli occhi pungerle mentre una lacrima le inumidiva le palpebre e le ciglia.
- Significa – deglutì – significa che abbiamo fatto finta –
Ron abbassò lo sguardo, fissandosi i jeans scoloriti.
- E perché mai? – chiese, lievemente irritato, il signor Granger mentre sul volto si Sophia si apriva un sorriso soddisfatto.
- Perché non volevo deludervi. Voi eravate così felici…eri così felice – disse, rivolta alla madre, la quale teneva lo sguardo fisso sul suo piatto. – Eri ansiosa di conoscere questo fantomatico ragazzo, non vedevi l’ora, non sono riuscita a dirti che non esisteva, che l’avevi solo immaginato. Non prendetevela con Ron – si affrettò ad aggiungere – ha accettato di aiutarmi solo perché gli ho promesso una cosa in cambio –
- Perché l’hai fatto, Hermione? – domandò, atona, la signora Granger, mantenendo ancora lo sguardo fisso sul tavolo.
- Tu…tu credevi che fossi…fossi –
- Innamorata, Hermione, ecco cosa credevo che fossi! – gridò, alzando lo sguardo su di lei.
Aveva gli occhi lucidi ma il suo sguardo era fermo e austero; a Ron ricordò lo sguardo che gli rivolgeva Hermione alla fine dei loro litigi, ferito ma sempre e comunque forte e fiero.
- Hermione – sussurrò, cercando di prenderle la mano.
La ragazza fuggì la sua stretta e si allontanò dal tavolo.
- Ho bisogno di fare due passi, se volete scusarmi – sussurrò, affrettandosi verso la porta.
- Hermione! – Ron si era alzato in piedi ma il suo richiamo fu sovrastato dallo sbattere della porta d’ingresso.
Il silenzio si dilungò per diversi minuti, interrotto solo dal respiro sommesso di Ron e da quello tremante della signora Granger.
- Io l’avevo detto che fingevano – disse, Sophia, mordicchiando un’albicocca.
La madre la guardò in cagnesco e la ragazzina alzò le spalle in segno di scusa.
- Vai – la voce della signora Granger rimbombò nel silenzio. La donna alzò gli occhi su Ron e lo guardò decisa. – Vai! – l’incitò.
- Io…io…- balbettò, arrossendo sulle orecchie.
Jane sorrise.
- Non farla scappare di nuovo, so che è successo tante volte – disse.
Ron inarcò un sopracciglio e la guardò, sorpreso.
- Lei come…? – chiese, imbarazzato.
- I tuoi occhi – rispose, semplicemente, la donna. – La guardi come se fosse la cosa più bella di tutta la terra. E adesso vai o ti seminerà – sorrise e Ron annuì, correndo verso la porta che, per la seconda volta in pochi minuti, sbatté rumorosamente.
 
Hermione corse a perdifiato tra la folla, urtando i passanti ed inciampando sulla sporcizia che abbondava sul marciapiede scuro.
Soho era affollato anche a quell’ora di sera.
Alzò gli occhi al cielo, notando le piccole lanterne rosse che illuminavano le strade e non poté fare a meno di ricordare quella frase che aveva letto pochi anni prima su un libro che aveva trovato in casa “Soho non dorme mai, è a Soho che risiede l’anima di Londra”.
Un buon odore di kebab si diffuse nell’aria quando passò accanto ad una bancarella sul ciglio della strada gestita da un grasso uomo indiano che, sorridente, offriva un pasto ai passanti.
La sorpassò, incontrandone un’altra gestita da un’orientale che smerciava involtini primavera e poi un’altra gestita da un uomo dai lunghi capelli neri e la folta barba brizzolata, il quale le offrì un semplice hot dog con ketchup e maionese.
Rifiutò e riprese a correre, intravide anche una bancarella che vendeva magliette e capellini per i turisti ed un’altra, appena all’incrocio con Charing Cross Road che offriva souvenir.
Le sorpassò entrambe e continuò a camminare a passo svelto, cercando di mettere più distanza possibile tra lei e casa sua.
Si fermò soltanto quando sentì lontano il vociare di Soho e vide una panchina solitaria, celata da un cespuglio, in una silenziosa e deserta Leicester Square.
Si lasciò andare sulla panca, appoggiando la schiena al duro schienale di pietra e sospirò, reclinando il collo all’indietro ed osservando il cielo che, quella notte, quasi brillava di luce propria per quanto era limpido e ricco di piccole stelle argentee.
- Sei una stupida – si disse, notando come un gruppetto di stelle formasse la parola che più in quel momento la rappresentava: liar.
Sentì le lacrime pungerle gli occhi quando una grande mano si posò sulla sua spalla, delicata, ed un sorriso più brillante delle stelle apparve davanti ai suoi occhi.
- Ti ho cercata ovunque –
 
Ron era uscito di corsa da casa Granger e si era ritrovato nella confusione che, anche a quell’ora insolita, affollava le strade di quel quartiere della Londra babbana.
Si guardò intorno, freneticamente, cercando di individuare qualsiasi cosa potesse dirgli da che parte era andata Hermione quando, mentre osservava un banchetto che vendeva kebab caldi, vide una ribelle chioma castana saettare tra i passanti.
Si affrettò, scansando le persone e cercando di non inciampare sui suoi stessi piedi e, arrivato al banchetto del kebab, la vide ferma a guardarsi intorno.
Riprese a correre, diretta verso l’incrocio, e lui tentò di seguirla, ma la perse presto di vista in mezzo alla calca che lo costringeva sul marciapiede impedendogli di attraversare la strada e raggiungerla.
Da lontano, al fianco di una bancarella che vendeva souvenir, la vide correre verso una piazza poco illuminata e deserta e poi sparire dietro ad un cespuglio.
Riuscì, spintonando qualche passante, ad arrivare alla strada e corse verso la piazza, ma non c’era nessuno. La statua troneggiava solitaria al centro, vegliando su essa nel silenzio della sera, quando, all’improvviso, notò un movimento dietro ad un cespuglio.
Si avvicinò e la vide, seduta sulla panchina che guardava il cielo.
Sorrise e camminò fino a lei, appoggiandole una mano sulla spalla; lei sussultò e si voltò, incontrando il suo volto.
- Ti ho cercata ovunque –
 
Ron si sedette al fianco di Hermione, osservando silenziosamente le piccole lanterne rosse che illuminavano le strade in mezzo alle quali era rimasto bloccato alcuni minuti prima.
- Come mai sei venuto? – chiese la ragazza, guardando ostinatamente il banchetto dell’indiano che vendeva kebab e che, in quel momento, stava porgendo ad un uomo sui quaranta un caldo panino.
Ron alzò le spalle e si rilassò contro lo schienale della panchina.
- Non volevo lasciarti andare, di nuovo – disse, ignorando il rossore che aveva colpito le sue orecchie. – Tua madre non è arrabbiata con te, comunque, e dovresti fregartene di ciò che pensa Sophia – disse, incrociando le mani dietro la testa e perdendo le sguardo tra le stelle.
Hermione deglutì.
- Scusami – disse.
- Per cosa? –
- Non avrei dovuto trascinarti in mezzo a tutta questa cosa, io…io sono una stupida – si coprì il volto con le mani e sospirò.
- Ero d’accordo. Me l’hai chiesto e ti ho detto che andava bene –
Hermione annuì, rilasciando il volto e volgendo lo sguardo verso il cielo con un sospiro.
Sentì la mano di Ron scivolare lungo la panchina e posarsi delicatamente sulla sua, ricoprendola.
- Come fai Ron? – gli chiese, senza smettere di fissare il cielo stellato.
- A fare cosa? – domandò, guardandola confuso.
- Ad esserci sempre quando ho bisogno di te –
Ron arrossì, imbarazzato, ed abbassò lo sguardo sulle loro mani.
- Beh, suppongo che sia esattamente ciò che l’amore dovrebbe fare – disse, prendendo un lungo e profondo respiro.
Non aveva più senso aspettare; da quando aveva provato cosa voleva dire averla tutta per sé non aveva pensato ad altro e non avrebbe più avuto alcun senso rimanere indifferenti alla voglia che aveva di poter assaggiare nuovamente le sue morbide labbra.
Hermione si voltò verso di lui, sgranando gli occhi, sorpresa.
- Cosa vuoi dire? – balbettò, il cuore che martellava forte nel petto, sconquassandolo.
Ron inspirò, poi, alzando gli occhi al cielo, iniziò a parlare.
- Voglio dire che mi piaci, Hermione. Mi piaci da…da sempre. Mi sei piaciuta sempre, non ricordo un giorno della mia vita in cui non mi sia piaciuta tu – le parole uscivano dalle sue labbra lente, calcolate, scelte; alle sue orecchie sembrava quasi che stesse parlando qualcun altro al posto suo.
- Voglio dire che voglio stare con te, per davvero, se tu mi vuoi –
Hermione annuì.
- Certo – pigolò – certo che ti voglio –
Il volto di Ron si voltò lentamente verso il suo, un sorriso allegro a deformargli le labbra, mentre la stretta della mano del ragazzo sulla sua si faceva più sicura.
Allungò una mano e, con la punta delle dita, le sfiorò una gota, poi il profilo delle labbra, poi la mascella, poi la linea del collo.
Infilò le dita tra i suoi ricci, appoggiandole alla base del suo collo mentre Hermione chiudeva gli occhi, beandosi della consapevolezza che, pochi istanti, e le labbra di Ron sarebbero nuovamente state sulle sue e non sarebbe stato per finta, sarebbe stato vero, sarebbe stato giusto.
Le attese trepidante finché non le sentì su di sé che, desiderose, lambivano le sue, assaggiandole piano, mordicchiandole, deliziandole con fuggevoli carezze.
Si aggrappò alle spalle di Ron, spingendo il suo volto più contro quello del ragazzo, muovendo arrendevole le labbra sotto le attenzioni di quelle di lui che, esperte, la torturavano deliziosamente.
Si allontanò da lui quando l’aria iniziò a mancarle, un po’ per la cessata respirazione un po’ per l’emozione stessa.
- Oddio – disse, tastandosi le gote umide e febbricitanti – mi dispiace – balbettò, arrossendo.
Ron le sorrise dolcemente, avvicinandosi di nuovo a lei.
- E di cosa? Ti dispiace essere così bella? – le disse, baciandola dolcemente, piano, assaporando attimo per attimo le sue labbra.
Hermione socchiuse gli occhi, abbandonandosi al contatto con le labbra di Ron.
Sorrise sulle sue labbra, stringendosi a lui.
- Quindi stiamo insieme – disse Ron, quando Hermione si allontanò da lui ed appoggiò il capo sulla sua spalla.
Hermione rise, riempiendo l’aria della sua risata cristallina.
- Mi pare che in questi casi ci voglia una proposta – ridacchiò.
- Attenta che lo prendo come un sì – rispose, alzandole il mento con le dita.
Hermione osservò i suoi occhi azzurri che la guardavano beffardi.
- Va bene – mugolò quando, nuovamente, le labbra di Ron cercarono le sue.
Rimasero a baciarsi su quella solitaria panchina sotto lo stellato cielo di Soho per tutta la sera, desiderosi di ritagliarsi un momento solo loro.
Quando tornarono a casa, qualche ora più tardi, Hermione non riuscì a prendere sonno, ancora elettrizzata a causa degli eventi accaduti appena poco prima.
Si rigirò nel letto, attenta a non svegliare il ragazzo che le dormiva accanto, ed osservò il cielo stellato fuori dalla finestra.
Sorrise, ripensando a tutto ciò che era accaduto nelle ultime due settimane. La lettera di sua madre, il patto con Ron, l’arrivo a Londra, l’incontro con la zia, quella sua confessione, forse, un po’ troppo teatralmente drammatica ed, infine, la panchina di Leicester Square.
Le venne quasi da ridere all’idea che fosse nato tutto da uno stupido ricatto.
Sì, perché il suo era stato un ricatto; uno sporco ricatto d’amore.
  

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