L'Ultimo Vampiro

di Ulisse85
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - avere tre dottorati... ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - avere tre dottorati... ***


Non capisco che bisogno ci sia di scomodare l'FBI. Possiamo cavarcela benissimo da soli” Lisbon era leggermente alterata.

 

Infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e guardò negli occhi l'agente inviato per affiancare la sua squadra. Si rendeva conto che doveva essere una brava persona, dietro a quel modo di fare sbruffone e un po' da cowboy. E dietro a quella fibbia ridicola e vistosa.

 

Booth si sfilò gli occhiali da sole e abbassò lo sguardo verso la piccola leader del gruppetto CBI:

Agente Lisbon.. posso chiamarti Teresa?... non ho alcuna intenzione di soffiarti il caso. Questa volta si tratta veramente di agire insieme e noi possiamo mettere sul piatto tutto l'aiuto scientifico del Jeffersonian... “ Assunse un'espressione da venditore di auto usate che piazzava un'offerta impossibile da rifiutare.

 

Io sono la migliore nel mio campo.” quella di Bones era una affermazione, portata quasi come una prova a sostegno di quanto detto da Booth.

 

Lisbon squadrò quella strana donna che la fissava tremendamente sicura di sé, era bella e sicuramente la sua estetica doveva averla aiutata nella carriera. “Agente Lisbon andrà benissimo...”

 

Lei è urtata perchè sa che noi siamo più bravi e teme di fare cattiva figura...”

 

Bones.. ma che dici! La scusi agente.. il viaggio è stato lungo e siamo molto stanchi.. non pensavamo di iniziare così presto”

 

è la verità Booth, è evidente che il tuo livello all'interno della gerarchia delle forze dell'ordine è decisamente più elevato del suo e oltretutto l'assenza di un valido comparto scientifico avvicinabile come mezzi e competenze alla mia squadra è fortemente penalizzante per il CBI - poi rivolgendosi a Lisbon – quanta gente con tre dottorati avete?”

 

Teresa era esterefatta, un sorrisetto lieve quanto nervoso increspò le sue labbra “ma senti questa...”

 

Booth inforcò gli occhiali scuri quasi a nascondersi dalla probabile evoluzione di quel dialogo.

 

Per sua fortuna la conversazione fu interrotta subito dopo.

Ciao a tutti... lei deve essere la Dottoressa Brennan... lieto di conoscerla - il nuovo arrivato porse la mano con calore a Bones che automaticamente la strinse – è esattamente come me la aspettavo: sono sicuro di essere arrivato appena in tempo. Dubito che lei e Lisbon riuscireste a non litigare per più di 5 minuti...”

 

Mi scusi , lei è...” la domanda di Booth arrivò quasi in contemporanea all'esclamazione indispettita di Lisbon: “Jane, ma che...”

 

Lisbon mi so presentare da solo, tranquilla – sorrise sornione – non ti devi sentire obbligata a fare gli onori della situazione solo perchè sei a capo dell'indagine. - poi, voltandosi verso Bones, di cui ancora teneva la mano tra le sue – come le è stato anticipato, sono Patrick Jane...”

 

Booth... “ anche Seeley diede la mano al nuovo arrivato, pensando che almeno uno normale e capace di sorridere forse lo aveva trovato.

Patrick gliela strinse calorosamente e lo fissò con i suoi occhi fin troppo celesti.

 

Che qualifiche ha? E' un collega di Lisbon..” chiese Bones.

 

No, sono un consulente. Se me lo sta per chiedere: no, non ho un dottorato. Se è per questo non ho nemmeno fatto l'università.. “ lo disse sorridendo quasi divertito.

 

Booth si ritrovò inconsapevolmente ad essere contagiato dal sorriso invadente di Jane e cercò di mascherarlo quanto prima.

Una volta tanto Lisbon decise di lasciarlo fare... una piccola vendetta contro i due “intrusi”.

 

Questa collaborazione la prevedo estremamente faticosa, ma con che...” iniziò Bones

 

... criterio quelli del CBI scelgono i consulenti? Si stava chiedendo questo vero” mentre le finiva la frase Jane continuò a fissarla ironico

 

Guardi che io...”

 

ho tre dottorati... si, l'ho letto dottoressa”

 

Le assicuro che risulta molto irritante...”

 

... il mio modo di fare”

 

Booth – esplose la Brennan – questo...”

 

.. finisce le mie frasi” la precedette Jane.

 

Booth non potè fare a meno di ridere, si coprì la faccia con la mano per nasconderlo alla compagna ma questo non lo salvò da un pugno sulla spalla.

 

Scommetto che stava per chiederle anche di spararmi”

 

Le risate dell'agente del FBI ormai erano aperte.

Furono però interrotte da Lisbon che richiamò i presenti alla situazione.

Erano pur sempre a pochi passi dalla scena del delitto.

 

Intorno a loro la polizia, i nastri isolanti per tenere lontani i curiosi, le sirene accese che lampeggiavano silenziose. La scientifica locale aveva appena terminato di prendere gli ultimi campioni e di fare le foto di rito della scena del crimine.

Vedendoseli venire incontro la Brennan raccomandò loro di farle avere il tutto così che potesse inviare i dati al Jeffersonian per una collaborazione a distanza con la sua squadra.

 

Allora cosa abbiamo...” Booth era tornato serio, una mano sul fianco a scostare la giacca e l'altra a grattarsi il viso non ben rasato per la troppa fretta.

 

Solito modus operandi. Questa è la settima vittima... tra quelle accertate. Scena che bene o male si ripete. Vittima legata alla parete.. in questo caso alla rete metallica. Morta dissanguata. E scommetto che anche questa volta le prove diranno che è morta da quasi cento anni o giù di lì... “ Lisbon era sconsolata, non le capitava un caso così rognoso da molti anni.

 

Sicuramente ci sarà stato un errore nell'analizzare le prove, inviate il tutto alla...”

 

La Brennan fu interrotta per l'ennesima volta da Jane: “.. sua squadra al Jeffersonian. Loro sicuramente sapranno capire la verità. Dico bene?” la sua bocca si aprì in un sorriso pieno e solare, quasi complice rivolto a Bones che si limitò di rimando ad un laconico “si, esatto”, vagamente stizzito.

 

Patrick allora le si avvicinò e le sussurrò all'orecchio con voce suadente: “tranquilla, Temperance... la smetto di interromperti”. Le sfiorò lievemente la spalla e scostandosi le fece l'occhiolino.

Quindi infilate le mani in tasca, si avvicinò alla vittima e aggiunse a quanto detto da Lisbon: “.. a giudicare dal fisico e dalla cura nello spettinarsi doveva fare una professione dove contava l'aspetto. E' davvero un gran bel ragazzo, anche se decisamente un po' troppo pallido.. anche per un morto.. secondo me faceva il modello...”.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


“Angela... mi senti?” La Brennan stava sistemando la ricezione della videochiamata col Jeffersonian per fargli un resoconto su quanto stava per inviare ad analizzare.

 

“Si, tesoro.. dimmi tutto” la sua amica artista sfoderò uno dei suoi sorrisi a trentadue denti capaci di illuminare una stanza buia.

Dietro di lei, Hodgins e Sweets.

 

“Perchè c'è anche Sweets?” Booth, appoggiato alla scrivania qualche passo dietro Bones si dimostrò come sempre un po' fintamente infastidito dal giovane psicologo, anche se questo aveva rinunciato a pubblicare il suo libro su di loro.

 

“Può esserci utile... - rispose Angela, senza problemi, con uno sguardo di complicità al ragazzo – allora, ve la state spassando lì in California? “

 

“Angela... - la interruppe Bones – vi abbiamo inviato dei campioni di sangue prelevati dalla vittima ritrovata questa mattina. Con l'occasione vi arriveranno anche i campioni delle vittime precedenti. La scientifica locale asserisce che in base al sangue e ai campioni di tessuto le vittime sono morte da circa 100 anni alcune e anche di più le altre, nel fascicolo c'è tutto. E' evidente che o sono sbagliate le analisi o deve essersi verificato un pesante processo degenerativo di tutto il sistema. Probabilmente post-mortem... “

 

“Oppure sono zombie...” provò a ironizzare Sweets

 

“Gli zombie non esistono sono solo un portato creato da alcune culture per testimoniare contemporaneamente la possibilità della vita dopo la morte e spaventare...”

 

“Bones.. credo che quella di Sweets fosse solo una battuta... “ la interruppe l'agente del Fbi

 

Lo psicologo, via webcam, si lasciò sfuggire un sorrisino a sguardo chino e un lieve cenno a conferma di quanto detto da Booth.

 

“io mi occuperò delle ossa però la dottoressa Saroyan.. a proposito.. dove è Cam?”

 

“tesoro, Cam è a ricevimento a scuola dalla figlia... è fine anno..” le rispose Angela

 

“ah.. vabbè comunque dille di verificare dalle foto quale arma può essere compatibile con le ferite riportate e se sono quelle la causa della morte”

 

“Sono quelle la causa.. hanno già verificato.” Commentò l'agente Lisbon dalla scrivania in fondo con aria scocciata.

 

“Mi scusi, ma credo che sicuramente un'analisi più approfondita sara senz'altro utile” la freddò Bones.

 

Teresa alzò le spalle in segno di noncuranza per la risposta e tornò al rapporto sul ritrovamento del cadavere di quella mattina.

 

“uh uh.. noto del fuoco in sala.. - sorrise Angela - sconosciuta dalla bella voce, anche se non ti vedo.. ciao, io sono Angela...”

 

Lisbon sospirò rendendosi conto di essere stata scortese a non presentarsi e poi intervenire così si affacciò in webcam “Salve signorina Montenegro, lieta di conoscerla.. sono sicura che la vostra collaborazione sarà preziosa”

 

“sarà un piacere per noi” rispose affabile Angela, intanto che i due dietro di lei salutavano con un cenno l'agente del CBI.

 

“Sorriso splendido, Angela... lei ha una relazione con il dr Hodgins.. sbaglio? Siete una bella coppia in effetti.” Jane entrò nell'inquadratura della telecamera dall'angolo dove si era appartato per prepararsi una tazza di the. “... io sono Patrick, suo padre è un musicista o un pittore?”

 

“Musicista.. rocker.. ma .. perchè ha raccolto informazioni su di noi?”

 

“No, Angela non farci caso... mi sa che è proprio così di carattere lui...” intervenne Booth

 

Patrick sorrise all'agente del Fbi... “in effetti sono bello e pieno di charme di natura”

 

Lisbon scosse la testa sorridendo sconsolata all'ennesima auto-celebrazione di Jane.

Era incorreggibile.

 

“mmm.. lieto di conoscerti Patrick.. comunque si, io e il dottore degli insetti ci stiamo per sposare” sorrise orgogliosa Angela.

 

“le mie congratulazioni alla coppia. Ottima scelta: lei è un'anima libera e affascinante e lui un uomo nobile che lavora nonostante non ne abbia bisogno economicamente... funzionerete” Il suo non era un auspicio, ma una constatazione.

 

“torniamo al caso magari?” Bones era irritata.

Si stava creando un clima troppo informale per i suoi gusti e invece il caso, oltre che interessante, era davvero di spessore: c'era una scia di morti che durava da mesi in California e sembrava che la stessa mano avesse ucciso almeno sette persone in circostanze identiche.

 

“beh tesoro le prove ce le stai spedendo, appena avremo qualche novità ti contatteremo sicuramente...”

 

“nel caso io potrei provare nel frattempo a tracciare un profilo del serial killer...” disse Sweets

 

“ok... mi sembra una buona idea” rispose Booth

 

“Lieto di conoscerla Patrick, posso chiederle quale è il suo ruolo?” cambiò argomento il giovane psicologo,

 

“attento Jane.. che anche il nostro Sweets è una macchina della verità portatile” si vantò Booth, riempiendo di orgoglio Sweets.

 

“Ne sono sicuro. - rispose Patrick – ha l'aria in gamba anche se tutti lo sfotterete per l'età estremamente giovane ma non credo che questo infici mai la validità dei suoi giudizi...”

 

“esatto.. grazie..” commentò Sweets

 

“anche se … sicuramente ti rende un po' più ansioso di fare bella figura. Soprattutto con un eventuale maschio dominante” Sorrise Jane guardando Booth, che commentò infilando i pollici nella cintura dalla “fibbia sbruffona”.

 

“dominante.. hai sentito Bones... “ non potè fare a meno di sottolineare,

 

“Patrick... non mi hai risposto ma da come parli intuisco che tu non sia un agente.. consulente? Probabilmente non hai una laurea in psicologia ma ne usi molto strumenti. Come mai senti la necessità di sentirti il più intelligente nella stanza?” domanda il pupillo del Fbi

 

“.. soprattutto quando non lo sei” Bones finalmente accennò un mezzo sorriso.

 

“bravo, vedo che ti difendi bene... mi piacerebbe parlare ancora con te in futuro, anche perchè credo che abbiamo alcune cose in comune. Sfortunatamente per entrambi.”

 

“non capisco...”

 

“Leggiti la mia storia.. ti basterà google temo.. e poi pensa al perchè hai preso quella facoltà” Jane cominciò a bere il proprio the.

Van Pelt in quel momento entrò nella stanza con Rigsby. “Scusate l'interruzione ma è bastato internet per una prima identificazione del cadavere: era un famoso modello, si chiamava – aprì i propri appunti – Edward Cullen”

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Nota dell'autore

 

Questo capitolo è frutto della collaborazione con Ice_heart, grande esperta di Twilight e contiene anche alcuni rimandi alla storia che trovate sulla sua pagina: “Rewind the heart”.

Per me è stato un piacere scrivere con lei, spero per voi risulti altrettanto piacevole leggerci.

 

Marco

 

 

*********

 

 

 

 

Dopo qualche rapida ricerca fatta da Van Pelt e Cho, scoprirono che Edward Cullen aveva tenuto “una serata” in un locale lì vicino, un certo “Twilight”, un disco-pub abbastanza rinomato per gli ospiti vip e l'aria un po' snob che vi si respirava all'interno.

 

Booth e Brennan si recarono sul posto insieme a Lisbon e Jane.

I due ragazzi sembravano decisamente a proprio agio all'interno del locale, tra le cameriere eleganti e bellissime che si preparavano per il turno che sarebbe iniziato tra qualche ora.

Un barman e una barmaid vestiti di tutto punto sistemavano gli “attrezzi del mestiere” e intanto alcuni addetti terminavano le pulizie.

 

Una ballerina già vestita da poliziotta passò vicino a Booth che la squadrò ironicamente e salutò: “collega...”. La ragazza sorrise e gli sfiorò con una mano il petto rallentando appena il passo e lanciandogli uno sguardo come a dire: “non male agente...”.

 

Bones bruciò con lo sguardo la ragazza: “Credo che del proprio corpo si possano fare utilizzi decisamente migliori e più sani rispetto a questi. Non sono a lungo termine e lo scorrere dell'età farà decrescere le potenzialità lavorative in un settore del genere: è decisamente un investimento poco sensato”, sentenziò l'antropologa.

 

Jane sorrise guardando Bones e Booth: quando certe cose erano così lapalissiane non c'era nemmeno gusto a sottolineare le evidenze negate.

 

Lisbon rimase totalmente indifferente a tutta la scena. Il suo sguardo correva rapido a fotografare mentalmente ogni dettaglio del posto e alla ricerca di qualcuno con cui parlare.

 

Il tempo di mostrare i rispettivi distintivi e il capo del personale arrivò da loro.

Un ragazzo sulla trentina, vestito benissimo, capelli neri leggermente lunghi e mossi, sapientemente indirizzati con la lacca. Una giacca nera su camicia nera e grigia. Sotto un jeans strappato e vintage di Armani e un paio di scarpe di Prada. Li accolse con freddezza e finta disinvoltura.

 

Dopo le presentazioni di rito, Booth tirò fuori la foto del cadavere chiedendo se lo riconoscesse.

 

“Sarebbe bastato il nome...” disse disgustato il ragazzo, Max.

 

“Allora, Max... quella sera è stato qui Edward Cullen?” incalzò Lisbon

 

“Si si.. era ospite insieme ad un altro paio di modelle e circondato dal solito nugolo di ragazze adoranti” rispose con un tono un po' astioso

 

“E' successo qualcosa di particolare?” continuò l'agente del CBI

 

“no.. solite ragazze.. autografi.. qualche drink.. un paio di amici...” rispose svogliatamente Max

 

“a che ora è andato via?” ancora Lisbon

 

“non lo so.. posso solo dirvi che per contratto sarebbe dovuto rimanere fino alle 4, ma alle 2 quando sono passato già non c'era più... non so altro..”

 

“.. e chi potrebbe sapere qualcosa di utile?” Intervenne Booth

 

“i suoi amici e le due ragazze che erano con lui...”

 

“ci può dare i loro nomi?” Lisbon precedette Booth di un soffio

 

“qualcosa tipo Rosalie e Isabella credo.. non so altro davvero.. mi spiace che sia morto ma non so come aiutarvi.. quindi...” l'invito di Max a togliere le tende era evidente

 

“antropologicamente parlando lei si è costruito un paradiso fatto di tentazioni cui non attingere: deve avere una vena alquanto masochistica oppure chiede favori sessuali al personale?” chiese Bones con il consueto tatto

 

“eh.. ma cosa sta dicendo? Ma … come si permette?” si infuriò Max.

 

“Temperance non credo che Max faccia niente del genere. Possiamo andare. La ringrazio” Chiuse Jane la conversazione

 

“Non decidi tu quando è finita!” lo sgridarono quasi in contemporanea l'agente dell'FBI e del CBI

 

Patrick alzò le spalle e chiese scusa con un cenno della testa e l'aria fin troppo contrita. “Posso aggiungere solo una cosa? - disse mentre Max tornava nel suo ufficio e loro si avviavano verso l'uscita, e continuò senza attendere la risposta - Max è gay. Voleva provarci con Edward ma nel corso della serata ha capito che lui invece era etero.” Sorrise trionfante come per aver rivelato qualcosa di essenziale.

 

“Pensiamo a convocare ed interrogare queste due ragazze...” gli rispose Lisbon

 

“concordo..:” chiuse Booth.

 

*******

 

Bastarono un paio di telefonate all'agenzia cui era legato Mr Cullen, e Rosalie e Isabella furono convocate nella sede centrale CBI.

Booth e Lisbon decisero di dividersi in due coppie e di interrogarle in contemporanea.

 

“Che noiaaa” Patrick si lasciò cadere sul divano, simulando un'alterazione e un urto sconfinati.

 

Bones lo osservava perplesso.

 

“Adesso entreremo lì... io e Lisbon .. voi due.. che noiaaa” ripeté

 

“e sentiamo cosa proponi?” Lisbon si pentì della domanda mentre la stava ancora formulando

 

Patrick non aspettava altro: saltò su dal divano e disse: “coppie miste. Rosalie la interrogherete tu e l'agente Booth e io e la dolce Temperance ci dedicheremo a Isabella”.

Sfoderò un sorriso largo e ammaliante per strappare un “si” a Lisbon.

 

“No, Jane. Ma non ci pensare proprio...” Teresa rispose a tono

 

“e perchè?” Jane non smise di sorridere, sapeva già che l'avrebbe spuntata

 

“perchè nessuno di voi due è un agente!” sbottò Lisbon

 

“si ma.. io ho il tesserino CBI, loro non sono due sospettate.. saranno due ragazze tranquille e qui abbiamo a che fare con tutt'altro e poi.. lei ha tre dottorati !” indicò Bones

 

“è vero... ne ho tre” confermò lei e per una volta decise di dare manforte al consulente “e poi io ho un quoziente intellettivo molto alto e lui, anche se tira palesemente ad indovinare, sembra che ci prenda abbastanza”. L'idea di poter condurre un interrogatorio senza Booth la attraeva troppo.

 

“lasciamoli fare...” l'agente dell'FBI sorrise amichevole alla collega CBI “in fondo, sono solo due persone informate dei fatti di contesto e non possono fare tanti danni...”

 

Lisbon storse la bocca ma la sua mancanza di una replica fu letta unanimemente come un “si”.

 

 

Cho entrò nella sala ed annunciò che Isabella e Rosalie erano arrivate.

Le due squadre improvvisate si divisero.

Jane e Bones andarono verso la stanza con dentro Isabella.

 

Aprirono la porta.

Isabella era una ragazza estremamente attraente. Il suo fisico alto e slanciato faceva ben intendere che lavorasse anch’ella nel campo della moda. Lunghi capelli castani le ricadevano in morbidi boccoli sulle spalle e fungevano da cornice al suo volto perfetto.

Le sue labbra erano rosse e carnose, i suoi occhi nocciola erano troppo dolci per il campo in cui lavorava. Il suo portamento fiero, tipico delle modelle, non riusciva però a nascondere gli occhi lucidi, velati dal pianto.

Camminava nervosamente per la stanza, le mani portate diverse volte tra i capelli, per sistemarli, per toglierli dal volto o semplicemente in un gesto che le permettesse di scaricare un po’ di tensione.

 

Bones non diede segno di notare la bellissima ragazza che aveva di fronte.

Jane si illuminò con un sorriso e pensò che sarebbe stato un interrogatorio piacevole oltre che divertente. Ma non dimenticò ovviamente il dolore della ragazza che aveva di fronte cui dedicava il suo massimo rispetto come sempre.

 

“io sono la dottoressa Temperance Brennan” si presentò fredda lei,

 

“salve...” rispose Bella asciugandosi una lacrima furtiva

 

“io sono Jane” , Patrick si sedette a metà strada tra Bones e la ragazza “adesso le faremo qualche domanda... risponda tranquillamente mi raccomando” aggiunse sfiorandole lievemente il dorso della mano destra.

 

“Di cosa si occupa?” Iniziò la Brennan

 

“Sono una modella”

 

“.. da quanto tempo?” continuò la dottoressa

 

Da circa 5 anni, ne avevo 18 quando ho iniziato e adesso vado per i 23.. “ Bella si era in parte ricomposta e dopo aver ascoltato la domanda da Bones rispondeva sempre guardando negli occhi Jane.

 

come mai conosce Edward Cullen?” arrivare lentamente al dunque e con un certo tatto non era una delle tante capacità dell'antropologa

 

La ragazza abbassò lo sguardo e una lacrima scese silenziosa a rigarle il volto. “Lavoravamo per la stessa agenzia di moda quando ho iniziato a lavorare, - prese una lunga pausa, si tamponò gli occhi con un fazzoletto e riprese- poi lui ha cambiato agenzia a causa di alcuni... disguidi con il proprietario dell’agenzia...”

 

Lei stava per dire contrasti o sbaglio?” Jane le sorrise e parlò con voce dolce e quasi sussurando.

 

Io.. no.. si.. comunque tanto ha cambiato agenzia alla fine... era solo che il proprietario aveva frainteso.. i suoi.. gusti diciamo e poi oltretutto gli faceva problemi sugli orari di lavoro...” Bella si rendeva conto di essere lievemente incartata ma non poteva certo dire esplicitamente: era gay ci provava con lui e non accettava che Ed lavorasse solo di notte!

 

... di che natura era il vostro rapporto?” Bones tornò ai fatti

 

Avevamo una relazione da 3 anni, non è stata mai resa ufficiale a causa del nostro lavoro.- i singhiozzi le impedivano di parlare chiaramente - Far credere che io ed Edward fossimo single giovava di più alla nostra immagine, soprattutto con i fan.. sa com'è...”

 

No. Non lo so veramente...”

 

Eh si la capisco..” Jane coprì quasi subito la risposta di Temperance e le mandò un'occhiata vagamente allusiva e un largo sorriso quasi a scusarsi del suo immenso charme che lo rendeva conscio di tali problematiche...

 

Poi rivolgendosi a Bella: “ci parli di quella sera...” tornò a toccarle le mano. Il contatto si fece più consistente e la prese proprio nella sua, come ad incoraggiarla.

 

Quella sera Edward doveva fare un'ospitata in un locale, il Twilight, e, come spesso succedeva, io l’avevo accompagnato. Eravamo in un privè insieme ad altri amici, abbiamo preso qualche drink, una bottiglia di champagne e poi verso l’una e mezzo siamo andati via...”

 

..è l'ultima volta che l'ha visto?” intervenne Bones

 

Si.... beh.. è’ stata quella sera. Usciti dal locale siamo andati al mio appartamento e….abbiamo passato la notte insieme, poi, quando mi sono svegliata lui non c’era più. Non gli ho dato peso più di tanto, Edward era un tipo che non dormiva molto e spesso usciva prima dell'alba per andare a correre”

 

Ha notato niente di particolare?” sempre Jane

 

Assolutamente no. Mi ha solo lasciato un biglietto sul comodino in cui mi avvisava che mi avrebbe chiamata presto e che…- s’interruppe mentre il petto veniva scosso da singhiozzi più forti -…aveva scritto che mi amava”

 

Bones disse che per lei poteva bastare per adesso e si alzò. Jane anche si alzò dalla sedia, lasciando la mano della ragazza ma poi aggiunse: “mi scusi la domanda strana.. la prego risponda come le viene: se Edward fosse un animale, che animale sarebbe?”

 

Una pantera, senza dubbio sarebbe una pantera... “ sorrise tra le lacrime Bella

 

Si tenga a disposizione... la ricontatteremo” chiosò Bones.

 

Jane fece un gentile cenno di saluto.

 

Va bene... e… state attenti” rispose Bella guardando negli occhi Jane.

 

Patrick lesse una reale preoccupazione nei suoi occhi. Era stata sincera durante l'interrogatorio.

Non aveva detto niente di falso ma aveva omesso molte cose: il suo battito non mentiva.

 

... e poi – concluse ad alta voce, fuori dalla stanza Jane rivolgendosi più a se stesso che a Bones – odorava anche di paura non solo di dolore, aveva quell'odore acre di ...una paura primordiale.”

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Jane e Bones, usciti dalla stanza degli interrogatori, incontrarono Lisbon e Booth che avevano terminato qualche minuto prima di loro e, sorseggiando il caffè, stavano riflettendo sul da farsi.

 

.. che vi ha detto?” chiese Temperance

 

niente di che.. ha parlato della serata.. di quanto era cupo e misterioso ma anche 'a posto' e bello... bla bla bla.. se ne è andato con Isabella a casa.. quindi.. diteci voi...” rispose Lisbon

 

Prima dell'alba è andato a correre, ha lasciato un romantico biglietto e poi .. è morto...” intervenne sintetico Jane per fare contenta Teresa, “.. io lo dico sempre che lo sport fa male”

Avvalorò la sua ultima osservazione buttandosi sul divano, incrociando con ostentata disinvoltura i piedi e simulando uno sbadiglio.

 

ma fa sempre così?” Temperance era oggettivamente incuriosita, non riusciva a ricondurre Patrick all'interno di alcuno stereotipo caratteriale a lei noto. Era diverso. Quindi inquietante per lei.

 

ha un comportamento particolare e leggermente sopra le righe ma ti assicuro che … è bravo in quello che fa..” lo difese Lisbon

 

si ma.. di preciso che cosa fa? - continuò Bones, ormai la sua curiosità scientifica aveva preso il sopravvento su quella personale e sapeva che fintanto che non fosse successo altro o arrivato qualche riscontro dalla sua squadra si era in una fase di parziale stallo

beh lui... capisce le situazioni.. le persone... “ per l'agente del CBI era difficile spiegarlo: Jane andava vissuto, non raccontato.

 

non capisco...Booth tu hai capito?”

 

Seeley era un po' perplesso ma in linea di massima aveva colto che Patrick aveva alcune abilità da rileva-bugie come Sweets ma anche molte frecce al proprio arco, ma non riusciva a razionalizzarlo, cosi si limitò a rispondere: “.. più o meno, lo capiremo mano a mano”

 

Proprio in quel momento arrivò Cho: “Capo abbiamo il mandato per perquisire la casa di Edward Cullen”.

 

Grazie Cho – rispose Lisbon – veniamo io e Jane... volete unirvi anche voi?” si rivolse per cortesia a Bones e Booth.

La prima optò per andare nel laboratorio ad analizzare i campioni a sua disposizione, ma l'agente del Fbi ovviamente accettò.

 

Jane intanto si era alzato dal divano e si stava riallacciando il gilet grigio del suo completo, pronto a partire e a curiosare nell'appartamento del modello.

Booth salutò Bones sussurrandogli di fare la brava mentre lui era assente.

Lisbon la salutò con un cenno della mano intanto che dava alcune consegne a Van Pelt su delle ricerche e strappava dalle mani di Rigsby l'ennesimo panino della giornata che questo stava scartando.

Booth a sua volta lo rubò a lei, prima che questa lo buttasse: “... sarebbe un peccato!” Lo addentò al volo. Quindi rivolto all'affamato agente privato del panino: “ottima scelta amico.. decisamente”.

Cho e Van Pelt sorrisero.

Rigsby no. Sapeva che in frigo di là c'erano solo quei maledetti mini yogurt...

 

Uscirono tutti, Jane si attardò un secondo per sussurrare a Bones: “Non temere Temperance... non starò via a lungo: non voglio che la mia lontananza ferisca il tuo cuore delicato.” Con un gesto ironico quanto sensuale sfiorò le braccia della dottoressa e uscì anche lui.

 

********

Il viaggio non durò a lungo e nonostante le rimostranze dei due maschietti, guidò Lisbon.

Non sapeva come guidasse l'agente ma sapeva come lo faceva Jane e voleva rimanere viva...

Questo diede il tempo a Booth e Patrick di scambiare qualche battuta.

L'argomento ricadde inevitabilmente sul passato di Jane. All'ex cecchino dei ranger era simpatico il consulente CBI e ci teneva a manifestargli la sua partecipazione per la tragedia che lo aveva segnato. Decise però di prenderla alla larga e si limitò a dire “.. io ho un figlio.. si chiama Parker...”

Dicendolo tocco istintivamente il petto e la proprio giacca.

 

mi vuoi far vedere una sua foto?” chiese Jane

 

Booth stava per chiedergli come facesse a sapere che ne aveva una ma per lui era naturale averla e oltretutto era consapevole di aver portato la mano all'altezza della tasca interna dicendo il nome del figlio.

Tirò fuori la foto e la passò orgoglioso a Patrick.

 

Sembra un ragazzo sveglio – sorrise lui - ha lo sguardo fiero ma dolce. Lo ha preso da te.”

 

Booth rimase un attimo sorpreso dalle parole gentili e prive di contorsioni psicologiche di Jane.

 

Grazie.. è un ragazzo in gamba. Ha 9 anni e.... lancia una stupenda palla curva”

 

Si girò leggermente verso Patrick sorridendo. Questi rispose nel medesimo modo e commentò, restituendogli la foto: “Sei un buon padre. Anche quando ne dubiti e proprio perchè ogni tanto ne dubiti...”

 

Booth riprese la foto e la riposo con cura nella giacca.

Negli occhi di Jane intravide un velo di tristezza di chi aveva in fondo al cuore un peso immenso e destinato a non estinguersi nemmeno con la morte ma vi lesse soprattutto sincerità.

Decise di fidarsi di lui.

 

Intanto erano arrivati davanti il palazzo dove abitava Edward.

Era proprio in centro, nella zona lussuosa di Sacramento. Il suo appartamento era al 7 piano.

Presero l'ascensore e lo raggiunsero.

Non avevano la chiave ma Patrick risolse rapidamente il problema mentre i due agenti rassicuravano un vicino un po' ficcanaso mostrandogli il mandato.

Entrarono.

 

L'appartamento era ampio e arredato in modo minimale, i mobili bassi e in stile squisitamente modernista erano pochi e disposti con ordine.

Non c'era polvere e la casa era perfettamente pulita.

 

Booth andò ad aprire le finestre che avevano tutte le serrande abbassate.

Lisbon, infilati i guanti, curiosò in giro, cominciando dal salotto, dato che l'altro agente si era diretto nella camera da letto.

Patrick era stranamente silenzioso. Si diresse verso la cucina, quindi in bagno e alla fine si andò a sedere su una poltroncina in corridoio.

 

Lisbon lo raggiunse per prima. “niente direi.. una casa noiosissima direi. Nessun indizio utile. Tu?”

 

Jane era stranamente pensieroso ed aspettò l'agente Booth prima di fare le sue considerazioni. Non appena questo arrivò continuò il filo dei propri pensieri però ad alta voce: “... in frigo non c'era niente di niente. Il vuoto totale: anche se era un modello qualche volta avra mangiato, no? E' invece è perfettamente pulito... praticamente nuovo... se non fosse che è un modello di due anni fa. E poi non avete notato niente di strano? - Booth e Lisbon lo guardarono con aria interrogativa – questa casa praticamente odora solo di pulito ma .. non di qualcuno e poi.. scusate – accennò un mezzo sorriso – è un modello e non ha uno specchio nemmeno al bagno? Curioso direi...”

 

già... ma non ci aiuta Lisbon” commentò Lisbon, pragmatica come sempre.

 

tu che ci dici Booth?”

 

eh.. niente. Non ho visto niente di interessante” rispose lui.

 

non è vero..” sorrise Patrick

 

Lisbon cominciò a fissare alternativamente entrambi.

 

Che vorresti dire? Che vi sto nascondendo qualcosa?” Booth si avvicinò a Jane con aria leggermente irritata

 

se vuoi intimidirmi con la tua stazza – rispose Jane - beh, ci stai riuscendo benissimo... ma stai sottovalutando due cose: la prima è che rimane il fatto che stai occultando qualcosa e, seconda, ma più importante, che so che sei una brava persona e che quindi non mi farai del male... “

 

Booth si portò ad un passo da Jane, mettendo le mani sui fianchi e digrignando leggermente i denti.

 

.. comunque nel dubbio Lisbon tieni la mano sulla pistola eh... “ Jane borbottò alla collega che lo ignorò palesemente ma si rivolse a Seeley: “è verò agente Booth?”

 

L'agente del Fbi emise un sospiro e tirò fuori un bigliettino di un locale poco distante: “volevo solo farlo analizzare a Bones prima di darvelo... non credo sia niente di importante.. comunque, tieni...”

 

Lo passò a Lisbon che lo guardò perplessa: non sapeva come interpretare il comportamento del nuovo arrivato. Non gli sembrava tipo da non collaborare ma.. in fondo, è pur sempre del Fbi...

 

Booth passò tra i due del Cbi e uscì dalla stanza, lanciando un'occhiataccia a Jane che gli sorrise tranquillo di rimando.

Non appena fu uscito, Lisbon scosse la testa con fare perplesso.

 

Sa più di quanto voglia ammettere ma... non sul caso, solo su quel biglietto...” commentò Jane.

 

Lo lessero insieme.

Era un biglietto da visita rosso con scritte in bianco contornate di bordi neri, di un locale chiamato “Redemption” ma la cosa più interessante era la scritta a mano presente sul retro:

 

Vieni domani sera dopo la chiusura, passa dal retro. Non farti seguire. Ci saremo tutti.

Spike”

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


... e dopo la lunga assenza di cui nessuno ha avvertito il peso, ritorna il mega cross over con un lungo capitolo a 4 mani scritto con Amy90: la super esperta di The Mentalist. Spero sia di vostro gusto.... ringrazio G. per la divertente collaborazione che confido di poter ripetere quanto prima!  Ora, a voi...

“Redemption”

La brillante insegna rosso sangue si stagliava maestosa sopra all’elegante ingresso del locale. Il corsivo perfetto, le curve morbide delle lettere, la rendevano quasi viva, pulsante, come se stesse respirando. Eppure, le luci erano fisse e illuminavano il colore del metallo cromato in cui era stata forgiata la scritta, vivida, di un caldo rosso scuro.

Sotto al nome, si apriva l’ingresso. Un lungo tappeto nero che tagliava a metà lo spazio lasciato dalle porte aperte. L’intero ingresso, come anche l’interno, era una perfetta unione fra antico e moderno.

Le luci soffuse contrastavano con la musica poco ricercata, sicuramente troppo commerciale per le orecchie di Bones, abituate a tutt’altro genere. I tavolini, le sedie, il bancone del bar, sembravano usciti da una reggia ottocentesca, ma era come se un folle designer li avesse distrutti e ricostruiti usando tanto vetro e poco legno. Dove dovevano esserci gli armoniosi tagli del legno scuro, si trovano, invece, eleganti decorazioni in vetro e plastica dura e fredda. Di nuovo, si creava quel vivido contrasto fra caldo e freddo, fra materiale e astratto. Il vetro, freddo e asettico, si univa perfettamente a ripiani e rifiniture in legno scuro. Le luci rosse, soffuse, illuminavano innaturalmente il pavimento e il soffitto in vetro opaco. I lampadari di cristallo, forse vero, vista la brillantezza, erano irradiati da migliaia di candele sparse per tutto il locale.

I drink erano serviti in eleganti bicchieri dalle forme inconsuete e le poltrone dove sedersi erano imbottite e rivestite di dura pelle nera o bordeaux, così comode da permettere all’imbottitura di adattarsi perfettamente al corpo umano.

Bones scrutò lo spazio intorno a sé un’altra volta. Ancora non capiva come aveva fatto Jane a convincerla a violare gli ordini di Lisbon e recarsi prima del tempo in quello strano locale. L’atmosfera era surreale, quasi come se fossero chiusi e sospesi in una bolla d’aria, lontano dal mondo, persi nell’universo.

E Bones aveva paura. Aveva paura e non sapeva perché.

Forse per via della clientela. Possibile che, eccetto qualche individuo, fossero tutti bellissimi?

Non una donna con un capello fuori posto. Non un vestito spiegazzato. Non una pelle scoperta che non fosse liscia, bianca e quasi lucente. Niente imperfezioni. Se non li avesse visti parlare, muoversi, ridere, bere, respirare, Bones avrebbe giurato di essere davanti a un gruppo armonioso di statue cristallizzate.

In pochi, molto pochi, uscivano da quell’aura di perfezione, ed erano isolati rispetto al resto della folla. Se Bones avesse creduto al sovrannaturale, avrebbe quasi detto che quelle poche persone potevano essere definite “comuni mortali” e gli altri “dei scesi in terra”.

Ma Bones non credeva al sovrannaturale, perciò non si pose il problema. Giustificò, come sempre grazie alla sua mente razionale, quell’aura di perfezione come una semplice riunione di persone altolocate che amavano essere perfette in ogni occasione. Punto.

 

Jane non era d’accordo. Seguiva lo sguardo di Bones e guardava ciò che lei stava guardando.

Quelle persone erano diverse.

Non esiste la perfezione. Lui l’aveva sempre saputo. Eppure..eppure tutto ciò che riuscivano a trasmettergli era un’innata perfezione, un’innata bellezza che colpiva direttamente il cuore.

Jane sapeva che c’era qualcosa di strano. Troppe cose l’umanità non sapeva spiegarsi, e la sua mente era abbastanza aperta per accettare il fatto che gli umani non fossero gli unici a popolare il pianeta.

Ma forse si sbagliava. Forse era solo un’illusione ottica, un qualche trucco di luce che rendeva quegli esseri umani meno umani.

Perché parlavano. Ridevano, bevevano, mangiavano. Come tutti, come “gli altri”.

E per una volta, la mente di Jane fu vinta dall’incertezza.

Ma non dalla curiosità..quella mai.

 

“Allora, che ci facciamo qui?” chiede Bones, per l’ennesima volta.

Jane sorrise alla sua impazienza. Sapeva cosa provava. E non avrebbe perso l’occasione di divertirsi.

Allungò una mano e accarezzò lentamente quella della donna. Bones si irrigidì e fece per ritrarre la mano, ma lui la trattenne.

“Se dobbiamo fingerci una coppia che si gode una serata in un bel locale, devi smetterla di evitarmi e di respingermi” commentò Jane, con un sorriso divertito.

La mano di Bones rimase lì dov’era, ma lei non accenno a rilassarsi. Era ancora un pezzo di ghiaccio. Il dito di Jane scivolò sul polso della donna, dove poteva sentire i battiti del suo cuore. Pulsava frenetico, era agitata, nervosa.

“Perché siamo venuti qui?” chiese Bones di nuovo.

“Studiare, ricercare, apprendere” rispose Jane, scrollando le spalle.

Lei inarcò un sopracciglio “In un locale?”

“Temperance, io studio le persone, e se le persone si trovano in un posto io devo essere con loro” rispose lui, sorridendo.

Le ricordò Booth. Anzi, per un momento, dovette concentrarsi per non sentire la voce di Booth.

Jane, che aveva capito, si complimentò con se stesso per aver imitato alla perfezione l’agente dell’FBI.

“E che cosa dobbiamo fare?” chiese Bones.

“Scoprire perché Cullen doveva venire qui e chi doveva incontrare”

“Potrebbe essere il suo assassino?”

“No, credo più che si tratti di un amico, o di un gruppo di amici, forse qualcuno di cui si fidava. O forse mi sbaglio, e stiamo per vedere il suo assassino”

“Potresti sbagliarti” sottolineò lei, con enfasi.

“Lo so, l’ho appena detto” ribatté lui.

“Le tue affermazioni sono sempre vittime di un margine di errore troppo alto” commentò lei sprezzante.

“Al 99,9 % sono vere” replicò lui, scrollando le spalle in un gesto tranquillo.

Lei aggrottò le sopracciglia “Dove hai presto questa percentuale?” chiese sinceramente perplessa.

Lui rise divertito “Ah Temperance, quando imparerai che la vita non può essere riassunta in un ammasso di numeri e formule?” chiese retorico.

Ovviamente, Bones e la retorica non erano mai andate d’accordo. “Io penserò sempre che l’universo, la vita e il mondo possano essere spiegati solo da cifre e formule. È l’equilibrio della vita”

“L’equilibrio della vita è scandito dalla volontà dell’uomo, qualcosa che i numeri non possono spiegare” ribadì Jane.

“I numeri possono spiegare tutto. Ciò che non può essere spiegato dai numeri non è concreto, e perciò, non è reale” ribatté lei con un sorriso vittorioso.

Si stavano lentamente sporgendo l’uno verso l’altra, Bones inconsapevolmente, Jane decisamente di proposito.

“Esistono tante cose concrete che non sono spiegate dalle tue formule” commentò Jane, senza arrendersi.

“Fammi un esempio” lo sfidò lei.

“L’amore”

“Serotonina” rispose schietta.

“Non ho detto attrazione, ho detto amore” ribatté lui.

Lei scosse la testa, sorridendo “L’amore è solo un nome stupido che gli uomini hanno creato per dare un significato a quelle reazioni dell’organismo che ci attraggono. Il corpo umano reagisce alla vista di un altro corpo se questo è lineare, e nel suo piccolo perfetto. Il nostro cervello è attratto dalle caratteristiche fisiche di un altro essere umano, poiché è lui stesso ad averle nella sua memoria, è lui stesso a crederle perfette. Perciò reagisce e libera la serotonina, che spiega l’attrazione e l’emozione. Aumenta il battito cardiaco, aumenta il piacere fisico e la carica sessuale. Tutto questo spiega l’amore”

“No, tutto questo spiega il sesso” ribatté lui tranquillo, ma deciso a farsi valere.

Lei sorrise “Mi sembra di parlare con Booth”

“Tu ami tuo fratello?” chiese di getto Jane.

“Come sai che ho un fratello?” chiese lei, aggrottando la sopracciglia.

“L’ho letto nella tua mente” rispose Jane.

“Oh, ma per piacere” sbuffò lei, alzando gli occhi al cielo.

“Non tergiversare, ami tuo fratello?”

“Si, certo” rispose sincera.

“Ma non sei di sicuro invasa dalla serotonina in sua presenza”

Jane sentì i battiti di Bones rallentare, mentre incassava il primo colpo: uno a zero per Jane.

“è mio fratello, sangue del mio sangue. Lo amo per questo” tentò lei.

Jane scosse la testa “E non può essere così anche con un’altra persona?”

“No”

“Perché?”

“Perché l’amore non esiste!”

“Guardami negli occhi” esordì Jane. Bones smise di respirare e i suoi occhi verdi si concentrarono su quelli azzurri del mentalista. Era completamente assorta, attratta e respinta allo stesso tempo dalle sue iridi azzurre. A Bones capitava spesso di sentirsi confusa, questo è certo. Ma mai nella sua vita aveva perso il lume della ragione, né la concentrazione. Mai con in quel momento. L’abitudine l’aveva portata a reagire dignitosamente anche in presenza di Booth, nonostante fosse consapevole di negare a sé stessa le emozioni che provava in sua presenza. Era l’abitudine che l’aveva portata a complimentarsi con se stessa per la bravura con cui nascondeva quei sentimenti. Ma Booth era Booth, era un “nemico” che la sua fragile quanto superiore mente poteva ostacolare. Jane no..

Jane non poteva essere ostacolato, perché per quanto Bones lo negasse, sapeva di essere vista. Era impossibile non notare la differenza fra una persona che guarda nei tuoi occhi e una persona che invece legge nei tuoi occhi.

Persino per una raziocinante come lei, quella differenza era palese.

“Guardami negli occhi Temperance” riprese Jane, sapendo di averla completamente rapita “e dimmi un’altra volta che l’amore non esiste, che l’attrazione è solo frutto di un’insignificante sostanza riversata nel sangue; dimmi che non hai provato né mai proverai qualcosa di nettamente superiore a un’attrazione fisica, e io ci crederò”

La sua voce, così calzante e calda, scosse i neuroni stranamente intorpiditi della dottoressa. Dovette ricordarsi di respirare e dovette anche concentrarsi per parlare. Cosa le succedeva? Perché quell’uomo aveva il potere di sublimare non solo la sua intelligenza, ma, soprattutto, la sua razionalità.

“Io..” iniziò, poi si dimenticò subito cosa stava per dire.

“Si?” la incitò Jane con un sorriso talmente malizioso che Bones arrossì.

“Io..credo di aver bisogno di una vodka” continuò, seguendo l’istinto e l’arsura della sua bocca.

Senza staccare gli occhi dai suoi,Jane alzò una mano e con la coda dell’occhi e il dito fece cenno a un cameriere di servire il secondo giro.

La sua mano, su quella della donna, diventava calda e Bones ne percepiva la morbidezza. Più che calore era bruciore. Ora scottava, era scomoda, si sentiva spiata da quel contatto. Avrebbe voluto ritrarla, ma il senso del dovere che l’accoglieva ogni volta che risolveva un caso le permise di resistere.

“Allora?” chiese, cercando di concentrarsi e distogliere tutta la sua attenzione da quel contatto.

“Allora cosa?” ripeté Jane.

“Cosa hai scoperto con le tue doti discutibili e inesatte?”

“Sempre pronta a criticare, eh” commentò lui con un sorriso, per nulla offeso dalla testardaggine della dottoressa “Qui accade qualcosa”

“E cosa?” chiese lei curiosa, guardandosi intorno con fare circospetto.

“Non guardarli così, o capiranno che sospetti qualcosa” le suggerì lui sottovoce.

Lei spalancò la bocca, come accorgendosi solo in quel momento che stava radiografando ogni persone presente in sala e si concentrò di nuovo su Jane, richiudendo la bocca in una smorfia imbronciata, per essere stata corretta e ripresa da lui.

“Credo che dietro alla facciata dell’elegante locale, ci sia il ritrovo di una setta, o di un gruppo particolare di persone”

“Gli assassini di Cullen?”

“Probabile”

“Amici?”

“Altrettanto probabile”

“In sostanza non hai capito ancora niente” concluse lei.

“Vero, ma non del tutto. Mi resta un’ultima cosa da fare”

“Ovvero?” chiese lei perplessa.

Lui sorrise e si alzò dalla sedia, portando via la mano da quella di Bones. La mancanza provocò un vuoto freddo sulla pelle della sua mano, come se la sua unica fonte di calore fosse appena scomparsa. Il leggero pizzicore che percepì sulle sue dita la infastidì.

Jane sorrise, leggendo il susseguirsi di reazioni nello sguardo della donna.

“Dove vai?” chiese lei, cercando di riportare l’attenzione sulla conversazione interrotta pochi secondi prima.

“Al bagno”

“Davvero?” chiese perplessa.

“Certo” rispose lui con un sorriso, prima di allontanarsi.

Bones non era proprio la persona adatta a scovare bugie e inganni. Ma non era stupida.

Concesse a Jane cinque minuti di vantaggio e poi si alzò, seguendolo nel corridoio oltre una porta rossa, dove l’indicazione piuttosto elegante indicava la via per i bagni. Percorsi pochi metri nel corridoio silenzioso e irradiato di luce soffusa, vide Jane svoltare l’angolo opposto a quello dei bagni. Alzò gli occhi al cielo e proseguì la sua camminata.

Svoltato l’angolo si rese conto che avrebbe dovuto fare i conti con le conseguenze della sua curiosità..e di quella di Jane.

Rimase qualche minuto interdetta sul da farsi.

Jane aveva varcato una porta con scritto chiaramente “staff only” ed era sparito all'interno.

Bones da un lato sentiva che Patrick avrebbe potuto aver bisogno di lei e dall'altro era impaurita. Percepiva nuovamente quella sensazione provata varcando la porta del locale.

Ma la sua mente decise di combattere questi sommovimenti così irrazionali, emotivi e pericolosi. Così umani. Si sforzò di respirare, si appoggiò al muro, trasse un bel respiro e cercò di mettere a fuoco lucidamente la situazione.

Perchè non sarebbe dovuta entrare? Perchè era proibito, erano in un locale e Booth le avrebbe detto di non violare la legge. Ma se quella porta fosse stata veramente un accesso riservato e ristretto avrebbero messo un lucchetto o qualcosa di simile... il suo pensiero non fece in tempo ad esaurire la proprio eco nella sua mente che vide a terra un lucchetto abilmente aperto con un pezzetto di fil di ferro attorcigliato. Decisamente era ingegnoso quel consulente.

Intanto, all'interno, Patrick provò ad accendere l'interruttore ma la luce era decisamente fioca, praticamente era costretto a muoversi in penombra.

Questo era il posto a cui si arrivava accedendo dal retro ma... era pieno solo di scatoloni e di qualche scartoffia poggiata in archivi polverosi.

Cominciò a dare un'occhiata in giro sicuro di trovare qualche indizio interessante, degli elementi... anche solo un particolare.

Sentì un rumore.

Indietreggiò automaticamente di un passo: non era mai stato un cuor di leone.

Ma il rumore si fece più vicino e una voce da dietro gli scatoloni lo apostrofò semplicemente dicendo: “che ci fai qui? Torna di là”

“ehm.. chiedo scusa.. mi devo essere perso... cercavo il bagno”

“era dalla parte opposta.. c'è una scritta bella grossa... non puoi non averla vista” le ultime parole dette dalla seconda voce che arrivava da dietro di lui erano state quasi ringhiate più che pronunciate.

“va bene .. si lo ammetto.. in realtà in mezzo a tutte quelle persone così meravigliose mi sentivo a disagio.. mi stavano nascendo dei pesanti complessi di inferiorità e avevo bisogno di un po' di buio... non se capite cosa intendo..”

Patrick accennò un sorriso ad accompagnare l'ennesima balla

Di fronte a lui nella fioca luce proiettata dalle lampade malfunzionanti apparve una figura esile ma scattante che gli si avvicinò, appena sfiorando il terreno su cui camminava.

Quando fu abbastanza vicino Jane lo vide in faccia e non potè trattenere una smorfia di disgusto: il viso era tutto grinzoso e corrugato come in un'immobile smorfia di rabbia.

“... e mi sa che mi capite decisamente... “ sussurrò appena.

L'individuo che aveva di fronte venne verso di lui senza distogliere gli occhi dal viso di Jane che indietreggiò fino ad urtare una delle file di scatoloni.

Sapeva che la porta era sulla sua sinistra e stava valutando se avrebbe fatto in tempo a scappare o se fosse necessario tentare un qualche giochetto per prendere tempo, quando la strada gli fu sbarrata da una seconda figura molto simile nell'espressione quasi animalesca alla prima.

“certo che qui dentro non avete mezze misure sull'estetica, eh?” provò a scherzare, più per fare coraggio a se stesso che per cercare di guadagnare punti con i due tizi.

Questo era il tipico momento che solitamente riusciva a risolvere urlando il nome di Lisbon o al limite di Cho ma sapeva che nessuno dei due sarebbe venuto a salvarlo.

Il tizio più alto che gli precludeva la fuga diede un pugno a pochi centimetri dal suo orecchio: “chi sei e che ci fai qui...?”

“sono un consulente del CBI e sto indagando su un omicidio... se non mi lasciate andare sarò costretto a spararvi” mise la mano in tasca afferrando il cellulare e mostrandone la forma attraverso la giacca. I due indietreggiarono di un passo ma più interdetti che realmente spaventati.

Proprio in quel momento Bones ne atterrò uno con un calcio ben assestato.

L'altro fece un passo indietro.

“no, ma vabbè .. ma che aspettavi? Ti sei messa a fare uno schema sulle variabili della decisione?” Patrick si arrabbiò un po' con Temperance per l'intervento tardivo

“solitamente non ho bisogno di salvare il mio partner da un paio di tizi... intervengo solo sopra le quattro persone” si pavoneggiò Bones

Il secondo tizio partì alla carica e lei lo stese con un paio di pugni ben assestati ma entrambi si rialzarono senza dar segno di aver accusato minimamente la colluttazione.

“andiamo via...” Patrick afferrò Bones per un braccio per tirarla alla porta ma proprio in quel momento si sentì sollevare e scaraventare contro gli scatoloni come fosse un contenitore vuoto e leggero. Atterrò male su un braccio e si ritrovò sommerso da scatole grigiastre.

Bones si girò per vedere chi fosse il nuovo aggressore, appena in tempo per schivare un pugno che la avrebbe mandata a tappeto ma subito si sentì afferrare da dietro e bloccare da uno degli altri due.

Il pugno nello stomaco arrivò rapidamente e sentì un po' di sangue scorrerle lungo le labbra.

Lo sputò.

Cerco di colpire con un calcio l'aggressore che aveva di fronte ma con scarsi risultati.

Vide che questo prendeva la carica per sferrarle un altro pugno e dell'angolazione della spalla e dalla torsione del bacino capì che era diretto al volto.

Istintivamente chiuse gli occhi.

Ma il colpo non arrivò.

Li riaprì e di fronte a lei vide per un secondo solo una figura esile dai capelli biondi e non più l'energumeno che la stava per stendere.

Sentì che la presa del tizio che la tratteneva si era allentata e ne approfitto per eseguire una mossa che le aveva insegnato Booth per liberarsi e colpire poi l'aggressore ma evidentemente non aveva appreso a pieno la tecnica perchè si liberò solo parzialmente e questo la colpi molto forte su un braccio mandandola a sbattere contro l'archivio di ferro.

Le ultime cose che registrò prima di svenire furono il dolore alla testa, l'apertura di un profondo taglio sulla sua spalla e la ragazza bionda che borbottava: “ah.. topi di laboratorio” e poi si lanciava tranquillamente contro i due tizi.

Mentre Bones dopo la strenua resistenza crollava, Patrick sommerso dagli scatoloni che lo immobilizzavano aveva una visione molto parziale degli eventi.

Il primo dei tizi dall'estetica non troppo gradevole aggredì la biondina che nonostante la struttura fisica estremamente esile parava i colpi con una facilità infinita, schivando quelli più potenti.

Il secondo andò ad aiutare l'aggressore e nonostante fossero in due lei sembrava addirittura annoiarsi.

Ad un certo punto si fermò: “basta giocare”.

Stese uno dei due con un calcio, roteò su se stessa impugnando qualcosa, un'arma che conficcò nel petto del primo aggressore ed estraendola con una rapidità infinita, che poteva essere data solo dall'abitudine, la conficcò anche nel petto del secondo.

Jane vedendo cosa successe ai due malcapitati fu sicuro che non avrebbe mai dimenticato quella scena.... altro che Kristina Frey e le sue candele profumate...

Il suono delle sirene si infiltrò tra le maglie dello stupore di Jane.

Il tempo di battere le palpebre e la ragazza bionda era sparita.

Anche Jane perse conoscenza ma quasi sorridendo.

Forse perchè sapeva che tra quelle sirene c'era anche la macchina di Lisbon,

Forse per il semplice sollievo di essere sopravvissuto.

Forse per essere riuscito a far uscire allo scoperto quella ragazza che li pedinava da quando erano arrivati in città o magari semplicemente perchè il caso si stava rivelando più interessante del previsto.

Bones era seduta sul lettino del pronto soccorso con indosso solo il reggiseno e i pantaloni. Una abbondante fasciatura teneva al sicuro i punti con cui le avevano suturato la profonda ferita alla spalla. Il dolore si era molto attenuato e il gonfiore all'occhio destro ora lo percepiva appena grazie agli anti-dolorifici che le avevano somministrato.

Il medico era appena uscito e sapeva che tra poco sia Booth che Lisbon la avrebbero rimproverata per essere andata in quel locale e, sopratutto, per esserci andata con Jane.

Non sapeva come giustificare il proprio comportamento né aveva una chiara idea di cosa fosse successo in quella stanza.

Cercava di mettere ordine nei pensieri ma sentiva la testa che a tratti rimbombava per poi tornare a ronzare pesantemente.

La porta si aprì leggermente e la testa ben pettinata di Jane fece capolino con l'aria sorniona e un po' indecisa di chi ha il sospetto di dover chiedere scusa ma senza avere la minima intenzione di farlo. Controllò che Temperance fosse sola nella stanza e ignorando il fatto che indossava solo il reggiseno le si avvicino.

Era un po' malconcio anche lui, ma aveva soprattutto lividi e qualche taglio, di cui uno sopra un occhio. Indossava la solita camicia bianca ma ora portata di fuori e parzialmente sbottonata.

Si andò a sedere vicino a Bones e le sorrise con quel suo fare giocoso e ironico.

“Wonder Woman ha molto da invidiarti” commentò, catturando l’attenzione della donna.

“Jane, Wonder Woman è un personaggio di fantasia, inventato per ridestare la figura della donna dai canoni della fragilità e dell’inutilità. È un personaggio inventato” aggiunse con quel suo tono da perfetta secchiona “non può invidiarmi, perché di fatto non esiste”

Jane si limitò a sorriderle “Grazie” disse.

“Per cosa?”

“Per aver provato a salvarmi” rispose lui.

“Tentavo di liberarci da una situazione piuttosto scomoda. Ma gli avversari erano nettamente superiori”

“Gli avversari non erano superiori, erano semplicemente non umani” la corresse lui.

Lei sollevò il sopracciglio e sbuffò “Si certo..” borbottò.

“Sul serio, non crederai mai a quello che ho visto!” esclamò eccitato. Si avvicinò pericolosamente al volto di lei, con un sorriso metà fra il malizioso e l’entusiasta. “La biondina è una forza della natura!”

“Il suo calcio era poco equilibrato” commentò lei sprezzante, quasi punta da una nota di invidia.

“Ma ha steso quei due..anzi no! Li ha polverizzati!”

“Ma che diavolo stai dicendo?” chiese lei, aggrottando le sopracciglia in un’espressione confusa e scettica che è tipico rivolgere a un malato mentale che sta delirando.

“Li ha trafitti al cuore con un solo colpo preciso e loro sono svaniti, polverizzati!” spiegò lui, sorridendo estasiato.

“Jane, che antidolorifico ti hanno dato?” chiese lei, con tono improvvisamente comprensivo, come etichettando ufficialmente Jane al delirio.

“Temperance, non ti sto prendendo in giro! Non so che razza di creatura abbiamo incontrato, ma quella biondina lo sa sicuramente ed è venuta a salvarci, perciò ci stava pedinando! E scommetto anche che conoscesse la vittima, altrimenti non l’avrei notata durante le indagini”

“Quindi la bionda conosceva Cullen, ma questo non significa che siamo in balia di essere sovrannaturali. È scientificamente impossibile che..”

Lui la interruppe, “Mah, al diavolo la scienza!” esclamò, scacciando l’aria con la mano, evitando il viso di Bones per un soffio.

Lei sgranò gli occhi. Per lei, quella frase era un insulto a tutti gli effetti.

“Jane..per l’ultima volta” scandì “Non importa cosa pensi. La scienza attesta con certezza che non possano esistere altre forme di vita con poteri sovrannaturali”

“Non parlo di Superman e Wonder Woman!”

“E di cosa allora?”

“Pensa all’evoluzione dell’uomo! E se qualcosa fosse andato storto? Se “loro” fossero nati con noi, esattamente come ci siamo evoluti noi stessi?”

“Loro chi?” chiese lei, più confusa e perplessa che scettica.

“Esseri sovrannaturali, diversi, potenti, ma comunque dalle sembianze umane!” rispose lui, avvicinandosi ancora di più.

Il cuore di Bones prese a scalpitare, senza una ragione, o almeno senza una ragione che lei potesse comprendere. Si sentiva stupida per quelle reazioni, così decise di ignorarle e di concentrarsi sul potente odio che provava per le affermazioni di Jane.

“Jane non esistono esseri sovrannaturali!” lo corresse, rivelandosi più acida di quanto avesse calcolato.

“Questo lo dici tu!”

“Lo dice la scienza!”

“Che tu interpreti!”

“Io non ti interpreto! Razionalizzo!”

“Al diavolo la razionalità!”

“Ma la smetti?”

“Di fare cosa?”

“Di mandare al diavolo tutto quello in cui credo!”

“Ma è stupido?”

“Cosa?”

“Basare la propria vita sulla razionalità e sulla scienza, sulle prove tangibili che non possono spiegare fino infondo l’equilibrio di un mondo che l’uomo conosce solo in parte!”

“Ciò che non si può spiegare non esiste! E non esiste nessuna prova scientifica che degli esseri umani possano essere polverizzati da un coltello piantato nel cuore!”

“Ma io l’ho visto!”

“Forse hai battuto la testa!”

“Perché non mi credi?”

“Perché sei irrazionali e per nulla empirico!”

“E tu sei un’arrogante cervellona!”

Lei inarcò un sopracciglio “Be’, almeno non vado in giro a caccia di mostri che si polverizzano con un coltello!”

“Non era un coltello, era una mazza appuntita..” sussurrò lui.

Senza rendersene conto, anche Bones abbassò il tono di voce. “Qualunque cosa fosse, non può polverizzare la gente!”

“La gente comune no..ma forse..”

“Oh ma piantala!” lo interruppe lei.

“Non vuoi sentire ragione eh?”

“No, perché so di avere ragione!”

“Ti dimostrerò il contrario! Ti sbagli su di “loro” e ti sbagli anche su di me, te lo dimostrerò!”

Lei aggrottò la fronte “Su di te?”

“Hai una pessima opinione di me” commentò lui, pungendola nel profondo. Voleva vedere la sua reazione, divertirsi con quella mente così affascinante e complessa.

“Io non ho una pessima opinione di te..come persona” aggiunse subito, arrossendo. “sei un brav’uomo ma le tue condizioni ti rendono meno intelligente di quanto potresti essere se applicassi le tue capacità mentali a materie di studio più empiriche e razionali”

“Vogliamo la botte piena e la moglie ubriaca” commentò lui.

Lei lo fissò perplessa “Che c’entrano la botte e la moglie?” chiese confusa.

Lui sospirò, ricordando che la dottoressa aveva una certa tendenza a interpretare tutto alla lettera “è un modo di dire, Temperance. Mi vuoi intelligente, con le mie capacità, ma mi vuoi anche scientifico e razionale, cosa che le mie capacità escludono automaticamente”

“Io non ti voglio..” lo corresse lei, e inorridì non appena pronunciò quelle parole, rendendosi conto che non era esattamente quello che voleva dire, e questo, se possibile, la inorridì ancora di più.

“Intendevo dire..” tentò di spiegarsi, arrossendo per il sorriso malizioso del biondo “che non sono io a volerti in questo modo, dico solo che sarebbe un premio alla tua intelligenza..” borbottò.

“Davvero non mi vuoi?” chiese lui, ficcanaso e impertinente.

“No” rispose lei in fretta. Ed era sincera..forse.

Era sincera, in quanto non provava un’attrazione per quello strano consulente. Ma allo stesso tempo mentiva, perché c’era qualcosa che la attraeva come una calamità. Il suo modo di fare, il suo aspetto fisico decisamente piacevole, tutto di lui gridava tentazione. Eppure quella tentazione Bones non coglieva appieno. Si comportava come una ragazzina di quindici anni in sua presenza, ma in realtà non era attratta da lui, era semplicemente..scossa.

Jane, nel suo profondo silenzio, avevo letto i mille significati dietro a quel no. E aveva anche già trovato risposta alle domande che la mente sveglia della dottoressa si era posta. Ma non voleva spiegargli niente, voleva che lei si muovesse per conto suo, che capisse cosa realmente stava cercando nella sua mente, ma, soprattutto, nel suo cuore.

“Che gran peccato..” sussurrò, con un sorriso sornione.

Si alzò dal lettino, lasciandola lì, arrossita e scossa. Si girò verso la porta sorridendo e uscì in corridoio.

Giusto in tempo per incontrare la risposta alle sue di domande, ma soprattutto , giusto in tempo per imbattersi nella stessa figura che gliel’avrebbe fatta pagare cara, molto cara ( Lisbon)

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