Star Trek: Treason

di Phoenix_cry
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 40 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 41 ***
Capitolo 42: *** Capitolo 42 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Questa storia non mi appartiene ma è una traduzione della storia omonima di Phoenix-cry (potete trovarla su Deviant art come Phoenix-cry) Non posseggo né Star Trek né i suoi personaggi, questa storia non è scritta a scopo di lucro.

Star Trek: Treason

Capitolo 1

Sveglio solo per metà Kirk ascoltò il monotono suono del monitor che trillava a ritmo del suo cuore. Il tempo speso in Infermeria non era mai divertente, ma non gli dispiaceva prendersi un po’ di tempo di riposo. Gli ultimi mesi da quando avevano ridotto il sole di Vulcano ad una nana bianca erano stati stressanti. Sembrava che ci fosse bisogno dell’Enterprise in sei luoghi diversi contemporaneamente alla volta.

Tutte le loro missioni erano state semplici, una missione diplomatica qui, una missione di salvataggio là, un controllo su di una stazione di ricerca da qualche altra parte. Era il fatto che queste missioni arrivavano tutte di seguito a logorare l’equipaggio. Erano passati sei mesi dall’ultimo permesso che avevano avuto. Ed era passato altrettanto tempo dall’ultima volta che si erano trovati anche solo vicino ad un’area popolata dello spazio. Stavano passando fin troppo tempo in casuali avamposti per il gusto di Kirk.

“Sta succedendo qualcosa, Bones.” Mormorò Kirk.

“Oh? Non ti senti bene?” 

“Cosa?” Chiese Kirk confuso. “No, non intendevo a me. Volevo dire in generale.”

“Cosa te lo fa dire?”

“L’Enterprise è stata pienamente occupata. Avanti e indietro per la galassia ad occuparsi di stupidaggini. Non ha senso.”

“Ha senso eccome, Jim.” McCoy scosse le spalle. “La Flotta Stellare ha delle commissioni da fare, e tocca a noi. È sempre andata così.”

“Sì, ma perché continuano a tenerci qui sul confine?”

“Perché la Flotta Stellare pensa che in questo modo non ti caccerai nei guai?”

“È un complotto.”

“Ne dubito. Penso che la cosa che ti disturba sia il fatto che la nave non è stata in stato di allarme rosso per cinque mesi. Ti sta facendo impazzire.”

“Bones…”

“Ammettilo, Jim, sei annoiato.”

Kirk fissò ferocemente l’amico. Si sedette e guardò oltre la spalla di Bones l’Infermeria praticamente vuota. C’era solo un’altra persona in un angolo e stava solo soffrendo di un’influenza  particolarmente contagiosa. Dentro di sé sapeva che il dottore aveva ragione, le cose erano state un po’ monotone. La cosa che lo irritava di più era che sapeva che c’erano accesi dibattiti fra la Federazione e Romulus, ma non si trovava minimamente vicino al fronte e nemmeno gli avevano detto niente. Bones si schiarì la gola per catturare l’attenzione di Kirk.

“Abbiamo finito qui?” Domandò Kirk. “Posso riavere la mia maglia?”

“Sì, ero solo un po’ preoccupato per il tuo battito cardiaco per un momento, ma sembra che sia stato solo un capriccio del computer. Sembra che tu abbia passato l’ennesima valutazione fisica.”

Bones si voltò e prese la maglia di Kirk da una sedia lì vicino. Kirk si allungò per prenderla, ma prima che potesse afferrarla McCoy lasciò cadere la maglia e afferrò la mano di Kirk. Kirk roteò gli occhi mentre Bones gli guardava il palmo ispezionando i puntini di sangue a malapena visibili sotto pelle. Raggruppati nel centro del suo palmo vi erano punti di sangue coagulato.

“Jim, che cos’è?”

“Non lo so. Sei tu il dottore, dimmelo tu.”

“Fa male?”

“No.”

“Prude?”

“No.”

“Ti irrita in un qualche modo?”

“No, ma tu stai cominciando a irritarmi.”

“Sei il peggior paziente che si possa avere.” Ringhiò Bones. “Da quanto ce l’hai?”

“Non lo so.” Kirk scosse le spalle. “Posso andare adesso?”

“D’accordo, ma se non migliora in qualche giorno farò dei test più specifici.”

“Sì, Dottore.”

“Dico sul serio, Jim.”

Kirk annuì, sapendo che continuare a ribattere non avrebbe fatto altro che fargli passare alcune ore a fare test intensivi. Bones gli lanciò uno sguardo dubbioso prima di chinarsi a raccogliere l’uniforme di Kirk. Kirk si mise su la maglia e saltò giù dal tavolo. Rivolse a Bones un sorriso rassicurante, ma il dottore rimase preoccupato.

“È solo un po’ di sangue, Bones. Sto bene.”

“Mi ricordo quando pochi mesi fa Spock mi ha detto la stessa cosa…”

“Sì, ma quello era Spock, lui sottovaluta sempre questo genere di cose.”

“Bene, vai,” sospirò McCoy “ma tienilo d’occhio.”

“Ci vediamo a fine turno per bere un po’?”

“Sì.”

“Vedo se riesco a trascinare anche Spock.”

“Perché? Non fa altro che fissarci in silenzio.”

“Qualcosa mi dice che gli farebbe bene un po’ di tempo lontano da Uhura.” Ridacchiò Kirk.

“Volevo parlartene. Uhura ha incominciato a parlare di avere il bambino sulla Terra. Non è sicura di voler avere un bambino nello spazio.”

“Non c’è niente di male nel nascere nello spazio.” Disse Kirk difensivo.

“Lo so, e so che tu ci sei nato. Tuttavia, lei teme che il bambino senta di non avere una casa.”

“Odio dover essere io a dirlo, ma a meno che Spock e Uhura non stiano pensando di lasciare la Flotta Stellare per sistemarsi da qualche parte, il bambino non ce l’ha una casa. La casa di Spock è stata distrutta insieme a Vulcano e per quanto ne so Uhura viveva con i suoi fino a che non è entrata all’Accademia.”

“Non è questo il punto, Jim.”

“E quale sarebbe il punto?”

“So che né Spock né Uhura ti chiederebbero di girare la nave per loro, ma potrebbe essere carino se fossimo sulla Terra quando sarà il momento. Comunque la nave si merita un po’ di riposo. La Terra va bene quanto qualsiasi altro pianeta, in effetti è meglio di molti.”

“Lo prenderò in considerazione.”

“Jim, è il minimo che puoi fare per Spock.”

“Ho detto che ci penserò.”

“Conosco quel tono.” Accusò Bones. “Penso anche che tu abbia paura che una volta diventato padre Spock lascerà la nave, che se lasci che Uhura abbia il suo bambino sulla Terra nessuno dei due tornerà indietro.”

“Se Spock vuole andarsene, è una sua decisione.”

“Pensi che lo voglia?”

“No.” Kirk scosse la testa. “Ma Uhura sì.”

Kirk non voleva tenere questa conversazione proprio in quel momento. Sapeva che l’unico modo di uscirne era battere rapidamente in ritirata. Prima che McCoy facesse altre domande le quali risposte Kirk non voleva condividere marciò fuori dall’Infermeria. I pochi membri dell’equipaggio che incrociò si spostarono immediatamente.

Entrato nel turboascensore da solo si guardò il palmo. Aveva mentito a Bones, prudeva da matti. Alcuni giorni non poteva far altro che impedirsi di grattarsi fino a rimanere in carne viva. Era l’incessante grattarsi che aveva fatto salire le macchie di sangue sotto la pelle, aveva perfezionato la tecnica di grattarsi il palmo con le dita della stessa mano così che sembrasse un gesto scaturito dal nervosismo.

Durante la visita in Infermeria era stato terribile resistere all’impulso di grattarsi, ma sapeva che gli acuti occhi del suo amico dottore lo avrebbero subito notato. Kirk temeva di sapere perfettamente qual era la causa dell’irritazione. Il palmo che gli dava fastidio era lo stesso che aveva usato sei mesi prima per il ‘patto di sangue’ con l’Imperatrice Romulana. Ora che si trovava da solo cominciò a mordicchiarsi come una cane che rosica un osso.

“Sarà meglio che non pruda per i prossimi ventuno anni.” Ringhiò Kirk. “Caverò voi stupide piccole nano macchine dal mio palmo io stesso se sarà necessario.”

Kirk sapeva che la sua minaccia era vuota. Spock lo aveva informato che ormai le nano macchine si stavano nascondendo nel suo cuore a quest’ora. Non si poteva rimuoverle, e Spock dubitava che qualcosa di abbastanza forte da distruggerle avrebbe lasciato incolume il suo cuore. A questo punto Kirk era grato che i test di McCoy non avessero rivelato nulla. Tuttavia, Spock lo guardava con uno sguardo che Kirk continuava ad interpretare di disapprovazione. Kirk sapeva che il Vulcaniano non voleva dire la verità alla Flotta Stellare, voleva che fosse il Capitano a farlo.

“Non accadrà.” Mormorò Kirk. “Dopo tutto quello che è successo non mi farò rimuovere dal mio posto per fare il contadinotto per colpa di qualche stupido Romulano.”

Strofinandosi la mano sull’uniforme Kirk entrò nel Ponte. Non fu sorpreso di trovare Spock seduto sulla sedia del Capitano a fissare l’aurora blu della Velocità di Curvatura. Kirk si affiancò a Spock, sperando di riuscire a coglierlo di sorpresa.

Spock non si faceva sorprendere facilmente e si voltò a fissare il Capitano quando arrivò a fianco della sedia. Si piegò subito in avanti per alzarsi. Kirk si allungò e spinse Spock indietro prima che potesse alzarsi. Sembrava che Spock fosse sul punto di protestare, ma accettò l’offerta di restare seduto. Nonostante fossero passati sei mesi dalla passeggiata con la morte di Spock non si era ancora rimesso del tutto. Spock aveva rifiutato di usare un bastone e ora camminava con il supporto di un bastone da passeggio in ebano che si incurvava leggermente sulla punta.

“Capitano, confido che la sua visita sia andata bene.”

“McCoy non ha trovato niente se è a questo che ti riferisci.”

“Stavo solo informandomi sulla sua salute generale. Se ho oltrepassato i limiti mi scu…”

“Niente scuse, Spock.” Sorrise Kirk. “Che ci fai sul Ponte? Il tuo turno è finito due ore fa.”

“Dato che lei era in Infermeria ho sentito che il Ponte aveva bisogno di un Ufficiale Comandante.”

“Giusto…quindi non ha niente a che fare con Uhura?”

“Ammetto che le donne umane incinte sono…difficili.”

“Sono certo che un uomo incinto sarebbe anche peggio.”

“Gli uomini umani non possono rimanere incinti, Capitano.”

“Lo so, Spock.” Sospirò Kirk. “Era una battuta.”

“Capisco.” Disse Spock, anche se era chiaro che in realtà non capiva. “Capitano?”

“Sì, Spock?”

“La notte scorsa Nyota desiderava qualcosa che non conosco, forse lei sì.”

“Cos’era?”

“Credo lei l’abbia chiamata granita.”

“Oh sì, un classico.”

“Con cipolla.” Finì Spock.

“Okay, questo è un po’ strano.”

Kirk ridacchiò ma Spock continuò a guardarlo con un’espressione vuota. Il Capitano sentì brevemente la mancanza dello Spock più emotivo. Dagli eventi del buco nero di Vulcano Spock era stato molto più riservato circa le sue emozioni di prima, il che era impressionante. Era diventato incredibilmente più difensivo ogni volta che gli scappava qualche espressione puntualizzata per scherzo da Bones.

“Spock, ti serve un po’ di tempo lontano dal Ponte. Ci penso io.”

“Molto bene, Capitano.”

“McCoy ed io andiamo a bere qualcosa fra qualche ora. Ti unisci a noi?”

“Non ho il bisogno di assumere bevande alcoliche.”

“Non è una questione di bere alcol, Spock.” Sospirò Kirk esasperato. “Si parla di passare del tempo fra amici.”

“In questo caso mi unirò a voi.”

“Eccellente. Ora vai su.”

Spock annuì e si alzò con pochi problemi. Aveva lasciato il suo bastone da passeggio per terra ai suoi piedi. Prima che potesse piegarsi per prenderlo Kirk lo raccolse e glielo diede. Contava sul supporto del bastone sempre meno man mano che i giorni passavano, ma ogni tanto inciampava nei suoi passi e aveva bisogno del bastone per evitare di cadere. Aveva assicurato a Kirk e McCoy che sarebbe tornato presto in pieno possesso delle forze. Come uno stregone in pellegrinaggio Spock si incamminò verso il turboascensore con l’aiuto del bastone.

Sedendosi sulla poltrona Kirk si grattò il palmo della mano senza pensarci. Un Guardiamarina gli si avvicinò con un rapporto da firmare e lui lo fece senza nemmeno guardarlo. Fissando l’aurora della Velocità di Curvatura Kirk ebbe la sensazione che qualcosa non andasse. Era una sensazione che aveva continuato a crescere nelle passate settimane.

“Signor Sulu?”

“Sì, Capitano?”

“Quanto siamo distanti dalla Zona Neutrale Romulana?”

“Tre giorni a questa Curvatura.”

“Quanto in ritardo arriveremmo per il controllo alla stazione di ricerca se cambiamo rotta per includere anche una veloce occhiata al confine?”

“Non è proprio di strada. Arriveremmo con cinque giorni di ritardo.”

“Cambi la rotta, e aumenti la velocità. Voglio passare di là.”

“Signore?”

“Imposti la rotta, Signor Sulu.”

“Sì, Capitano.”  

 

Ed ecco a voi il primo capitolo del seguito di Star Trek: Extinction! L’appuntamento con questa storia sarà una volta a settimana come mi è stato chiesto di fare da voi lettori^^

Ho deciso di postare questo capitolo subito dopo la fine della precedente storia come ringraziamento a tutti coloro che hanno recensito i Capitoli di Star Trek: Extinction. Detto questo godetevi questa nuova storia e fatemi sapere!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

Il Dottor McCoy alzò lo sguardo per guardare l’ora e cominciò ad imprecare sottovoce. Sembrava che ogni volta che il suo turno era a pochi minuti dalla fine arrivassero i casi d’emergenza. Il giovane ingegnere sul tavolo aveva un aspetto miserabile con un esteso livido che incominciava a formarsi sotto l’occhio e sangue che gli colava da un taglio alla base del naso. Scotty stava camminando avanti e indietro lì vicino imprecando rumorosamente.

“Scotty…”

“Ti avevo detto di piegarti!” Sibilò Scotty all’uomo ferito.

“Scotty, a meno che non sia ferito anche lei, se ne vada dalla mia Infermeria.”

“Gli avevo detto di abbassarsi.”

“Ne sono certo, ora vada.”

Scotty mormorò ancora per un po’ prima che sul volto gli apparisse uno sguardo dispiaciuto. Si avvicinò e mise una mano sulla spalla del giovane ingegnere. Il ragazzo si ritirò, come se si aspettasse di essere sgridato di nuovo.

“Starai bene, ragazzo, vero?”

“Sto bene, Signore.”

“Ha il naso rotto.” Disse McCoy. “Niente che non possa aggiustare.”

“Bene.” Scotty forzò un sorriso. “Mi dispiace, ragazzo.”

“Sarò più veloce la prossima volta, Signore.”

“Sarà meglio.”

Sapendo che Scotty non se ne sarebbe andato da solo McCoy gli diede una leggera spinta. Tornando all’ingegnere Bones osservò di nuovo la situazione e poi mise a posto il naso rotto. Il ragazzo quasi svenne così Bones ordinò che passasse la notte in Infermeria. Subentrò l’Infermiera Chapel, che pulì il sangue dalla faccia del ragazzo e gli mostrò il suo letto per la notte.

McCoy controllò rapidamente che l’Infermeria fosse a posto per la notte prima di andarsene. Anche se era già in ritardo camminò con calma fino al turbo ascensore. Salendo al livello più alto si diresse verso la principale sala delle osservazioni. Kirk era già lì. Seduto in una delle quattro sedie rivolte verso l’immensa parete finestra che dava sullo spazio aveva già incominciato a bere. McCoy gli si sedette vicino. Un piccolo tavolino alla sua destra aveva sopra qualche bicchiere vuoto e una bottiglia contenente un liquido ambrato

“Stavo cominciando a sentirmi solo.” Scherzò Kirk. “Capisci di avere un serio problema con l’alcol quando cominci a bere da solo.”

“Mi spiace, Jim.” Si scusò Bones. “Scotty ha rotto il naso di qualcuno.”

“Di proposito?”

“Lo sai, non ne sono certo.”

“Mi domando dove sia Spock.” Kirk lanciò un’occhiata alla porta. “Ha detto che sarebbe venuto.”

“Non è da Vulcaniano infrangere la parola data.”

“O essere in ritardo.”

Kirk aveva appena finito con le sue osservazioni che la porta si aprì. Spock entrò con l’aria di qualcuno che si è appena svegliato. Anche se non si stava appoggiando pesantemente sul suo bastone da passeggio a McCoy sembrava che lo stesse usando per mantenersi in equilibrio. Era preoccupato che ci fosse qualche danno permanente, ma cercare di attirare il Vulcaniano in Infermeria non era una battaglia che voleva incominciare in quel momento.

“Beh, parli del Diavolo…” Ridacchiò Kirk.

“Mi scuso per il ritardo, Capitano.”

“Non è niente di che.” Kirk scrollò le spalle. “Siediti.”

Spock annuì e si avvicinò per unirsi ai suoi amici. Piuttosto che semplicemente sedersi Spock si assicurò con una mano di avere la sedia dietro di lui mentre si sedeva. Bones sapeva perfettamente che quello era un segno di qualcuno che si sente insicuro del proprio equilibrio. Cercando di spegnere la sua parte da medico Bones versò un bicchiere a Spock e glielo porse.

“Grazie, Dottore.”

“Hai intenzione di berlo questa volta? O hai intenzione di tenerlo in mano e basta?”

“Non ho ancora deciso.” Replicò Spock seriamente.

“Che ne dite di un brindisi per facilitare quel primo sorso?” Offrì Kirk sollevando il suo bicchiere. “All’Enterprise e al suo equipaggio, che possano continuare a navigare per sempre.”

“Questa non è una proposta molto logica. Tuttavia, dovrò…come dite? ‘Brindare ad essa’.”

“Esatto, Spock.”

Kirk si sporse e toccò il suo bicchiere con quello di McCoy. Spock corrugò leggermente le sopracciglia e seguendo l’iniziativa del Capitano toccò il bicchiere di entrambi con il suo. Con metà della cerimonia completata tutti presero un sorso, alcuni bevendo più di altri. Bones sorrise quando notò Spock che schioccava le labbra ovviamente disgustato.

“Questo è il miglior Whiskey del Tennesee, Spock.” Puntualizzò Bones.

“Le crederò sulla parola, Dottore.”

“La prossima volta berremo della birra Romulana.” Disse Kirk. “Non riesci nemmeno a renderti conto di che gusto abbia quella roba prima che faccia effetto.”

“Potresti stare bevendo diluente per la pittura.” Discutè Bones.

Spock non sembrava avere un’opinione a riguardo e fissò semplicemente fuori dalla finestra. Kirk e Bones notarono immediatamente il modo in cui il loro amico divenne intrappolato nei suoi pensieri. Si scambiarono uno sguardo d’intesa e lo fissarono silenziosamente per vedere quanto ci metteva Spock ad accorgersene. Dopo dieci minuti Kirk non riuscì più a resistere.

“È inutile, Bones, è ad anni luce da qui.”

“Mi stavo godendo questo raro momento di silenzio, Capitano.”

“Godendo?” Ripeté Bones sollevando un sopracciglio. “Pensavo che quella fosse un’emozione umana.”

Spock si irrigidì visibilmente e con un movimento improvviso bevette il resto del suo drink. Mettendo giù il bicchiere sollevò le mani così che le punte delle dite di ciascuna si toccassero gentilmente. Questa volta quando Kirk e McCoy rimasero zitti era perché non sapevano cosa dire. Quando Spock sospirò pesantemente i due si guardarono nervosamente.

“Spock?” Chiese Kirk. “Che c’è?”

“Non so se sono autorizzato a discuterne.”

“Che vuoi dire?” Chiese Bones. “Non ti stai ammalando di nuovo, vero?”

“No, Dottore.”

“Allora che sta succedendo?” Pressò Kirk.

“Mi promettete entrambi che questa conversazione non lascerà mai questa sala?” Chiese Spock.

“Certo.”

“Assolutamente.”

Spock non continuò subito. Ancora una volta il suo sguardo fu catturato dalla nebbia blu fuori dalla finestra. Kirk e McCoy attesero in un teso silenzio, i loro drink dimenticati. Alla fine Spock riportò il suo intenso sguardo nero privo di emozioni sui due. Chiuse brevemente gli occhi prima di aprirli di nuovo e spiegare.

“Non è ancora stato annunciato, tuttavia, l’Ammiraglio Pike sta andando in pensione.”

“In pensione?” Ripeté Kirk scioccato. “È troppo giovane, per non dire che è il miglior Ammiraglio della Flotta. Perché va in pensione adesso?”

“Da quanto ho capito è stato forzato a prendere tale decisione.” Chiarì Spock. “Se non se ne andrà di sua volontà…verrà congedato con disonore.”

“È una follia!” Disse Kirk. “Cosa ha fatto?”

“Non mi ha rivelato tale informazione.”

“Spock,” disse Bones “non credi che sia per quello che ha fatto per te, vero?”

“Tale possibilità grava pesantemente sulla mia mente.” Ammise Spock.

“È stato mesi fa.” Protestò Kirk. “E poi, stava coprendo il mio culo, non il tuo. Sono io che ho deciso di fare un breve viaggetto verso Romulus su una nave rubata.”

“Ci sono cambiamenti nel Consiglio della Federazione.” Disse Spock. “Ci sono nuovi membri, e se bisogna dar retta alle voci che corrono potrebbe esserci addirittura un cambiamento nella catena di comando.”

“Perché nessuno mi dice queste cose?” Ringhiò Kirk.

“Ho dato il rapporto dalla Flotta Stellare sui recenti cambiamenti a lei personalmente.” Puntualizzò Spock.

“Era di questo che parlava quel file?” Kirk sorrise con aria mortificata. “Quella roba sarà  stata lunga un centinaio di pagine.”

“Centocinquantadue.” Corresse Spock.

“Esattamente, non puoi aspettarti che legga una roba del genere.”

“È per questo che ho fatto un riassunto verbale del rapporto.”

“Che stavo facendo?”

“Non lo so. In quel momento credevo che stesse ascoltando. Devo essermi sbagliato.”

“La prossima volta assicurati che stia prestando attenzione.” Scherzò Kirk.

“Sì, Capitano.”

“Non posso credere che si stiano liberando dell’Ammiraglio Pike.”  Sospirò Bones. “Dovrebbe essere a capo del Consiglio, non cacciato via.”

“Non è giusto.” Concordò Kirk. “Dev’esserci qualcosa che possiamo fare.”

“Capitano, la prego, non può far sapere che ne ho discusso con voi. L’Ammiraglio Pike me lo ha detto in confidenza.”

“Di certo non voglio che tu venga scoperto a sparlare dei tuoi segreti.”

Il tono cupo nella voce di Kirk sorprese Bones. C’era una nuova tensione fra i due che non aveva mai notato prima. Kirk si grattò il palmo per un momento prima di nasconderlo incrociando le braccia sul petto. L’espressione impassibile di Spock non cambiò mai.

“Capitano, le ho rivelato questa informazione solo perché sarebbe stato informato lo stesso molto presto.”

“È solo che non posso credere che la Flotta Stellare gli faccia una cosa del genere.” Ridiresse la conversazione Kirk.

“Jim,” disse Bones “potrebbe non avere niente a che fare con te o Spock. L’Ammiraglio Pike non si è mai interessato di politica. È sempre stato parecchio bravo a farsi nemici nei piani alti.”

“Anche io.” Ringhiò Kirk. “Significa che sono il prossimo?”

“L’Ammiraglio Pike non mi ha detto niente a riguardo.” Disse onestamente Spock.

“Quella è una di quelle domande retoriche, Spock.” Kirk si premette la base del naso. “Quello che volevo dire è che se la Flotta Stellare e il Consiglio non riconoscono un eccezionale Ammiraglio quando ne vedono uno forse allora non sono così meritevoli della nostra lealtà come abbiamo sempre creduto.”

“Non ho ragione di mettere in dubbio la mia lealtà alla Flotta Stellare.” Disse Spock.

“Forse ce l’avresti se fossi un po’ più emotivo,” scatto Kirk arrabbiato “un po’ più umano.”

“Jim!” Ammonì Bones.

Kirk non diede segno di rimpiangere le sue parole. Mandando giù il suo a lungo dimenticato drink si alzò e se ne andò. McCoy rimase senza parole per un momento. Guardò Spock, ma lui aveva ripreso a guardare fuori dalla finestra. Sentendo di averne bisogno McCoy bevette il resto del suo drink.

“Spock, non diceva sul serio…”

“Non si preoccupi per me, Dottore. Non ho ‘sentimenti’ da ferire. Non avrei dovuto discutere la situazione dell’Ammiraglio Pike con il Capitano.”

“Allora perché lo hai fatto?”

“Non lo so.”

“Invece io credo di sì.”

Spock puntò il suo intenso sguardo su Bones. Per un momento McCoy giurò di aver visto uno sguardo alla ‘non osare diagnosticare il mio problema’ saettare attraverso i lineamenti quasi immobili di Spock. Per nulla impressionato McCoy si sporse leggermente in avanti per rispondere alla silenziosa sfida che aveva visto negli occhi di Spock.

“Credo che tu avessi bisogno di parlarne con qualcuno, qualcuno che avrebbe capito.” Speculò Bones. “Se non altro per avere qualcuno che ti aiutasse a sorreggerne il peso.”

“Non capisco.”

“I segreti hanno un modo tutto loro di mangiarci dall’interno, Spock.”

“Lo sto scoprendo.”

Senza ulteriori spiegazioni Spock raccolse il suo bastone da passeggio e si alzò. McCoy lo guardò andarsene senza tentare di fermarlo. Quando si ritrovò di nuovo da solo si allungò e prese la bottiglia di Whiskey. Riempitosi il bicchiere lo bevve velocemente. Appoggiandosi allo schienale della sedia guardò imbronciato fuori dalla finestra.

“Perché sento che sono l’unica persona a non sapere cosa sta succedendo?”

 

Ecco il secondo capitolo! Non so voi ma quando Kirk ha detto a Spock di non essere abbastanza umano mi sono sentita male T_T. Il nostro caro Spock a quanto pare sta incominciando a pentirsi di aver mantenuto il segreto di Jim e il povero Bones, all’oscuro di tutto, non sa che fare per aiutare i suoi amici. Che succederà? Come sempre ringrazio per i commenti e per coloro che leggono senza commentare^^

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

“Avanti, Piccolo, alzati. Farai tardi.”

Spock si svegliò di soprassalto e istintivamente si sottrasse al tocco di Uhura. All’inizio lei aveva preso sul personale questo nuovo rituale mattutino, ma poi aveva realizzato che lui non poteva farci niente. Sedendosi Spock si asciugò rapidamente le lacrime che gli rigavano il viso. Era sempre orribile quando si svegliava la mattina, con quelle inesplicabili ondate emotive. Non c’era modo di predire con quale umore si sarebbe svegliato, ma non era mai buono neanche se rideva. Gli ci volevano solo pochi secondi per riprendere il controllo, ma ciò lo irritava lo stesso.

“Spock, ne hai parlato con qualcuno di questa faccenda?” Chiese Nyota dolcemente.

“No, e apprezzerei se non lo facessi nemmeno tu.”

“Forse il Dr. McCoy potreb…”

“Non può aiutarmi.”

“Penso che dovresti almeno provare a parlargliene.” Pressò Nyota.

“No.”

“Almeno fagli sapere quanto hai dormito ultimamente. So che hai cercato di tenermelo nascosto, ma so che sei sempre stanco. Dormi così tanto, ma non sembra esserti d’aiuto. Non passiamo più del tempo insieme, quando finisci il turno praticamente svieni.”

“Il mio lavoro è stressante.”

“È più di questo.” Disse Nyota testardamente. “Non sorridi più.”

“Sono Vulcaniano.” Rispose freddamente Spock.

“Sì, l’ho notato…ma una volta ogni tanto mi mostravi la tua parte umana.”

“Forse è stato un errore. Questo è ciò che sono.”

“Non è quello che sei sempre stato.”

“Ho imparato a caro prezzo che se non controllo la mia parte umana essa controllerà me.”

“Spock…”

Ignorando la preoccupazione di Nyota Spock guardò l’ora. “Avresti dovuto svegliarmi prima.”

“Sembravi così pacifico.”

“Devo essere sul Ponte in dieci minuti.”

“Voglio parlare.”

“Non ho tempo.”

“Il Capitano capirà se sarai qualche minuto in ritardo.”

“Ciò è inaccettabile.”

Uhura sembrava sul punto di piangere, ma Spock non lo notò. Nyota si massaggiò l’ormai enorme ventre per cercare di calmare il bambino che da dentro le stava tirando calci. Spock gettò le coperte a lato e uscì dal letto. Al secondo passo verso il bagno vacillò. Uhura gli si avvicinò per aiutarlo ma lui si scostò e forzò sé stesso a camminare fermamente fino a destinazione. Una volta nella privacy della piccola stanza aprì il rubinetto al massimo.

Usando il suono dell’acqua corrente come copertura Spock si inginocchiò e vomitò bile mischiata con sangue verde. Sentendosi meglio si alzò e usò l’acqua per lavarsi la faccia e sciacquarsi la bocca. Gli attacchi di nausea casuali erano incominciati poche settimane prima. La logica gli diceva che sia i problemi di stomaco che l’esaurimento erano il diretto risultato degli eventi del buco nero di Vulcano. Tuttavia, dove una volta stava lentamente recuperando sentiva ora di stare perdendo terreno.

Prendendo un profondo respiro Spock ricacciò indietro la paura che il suo calvario stesse per iniziare di nuovo. Aprendo l’armadietto delle medicine tirò fuori una piccola bottiglietta con le prescrizioni e ingoiò due delle pillole blu in essa contenute. Il suo stomaco si ribellò contro l’intrusione, ma riuscì a trattenere le pillole.

Non avendo tempo di farsi una doccia si cambiò l’uniforme e rientrò in camera da letto. Uhura lo stava aspettando e gli si avvicinò per abbracciarlo. Spock non contraccambiò l’abbraccio e quando lei continuò a tenerlo fra le braccia lui le prese una spalla e gentilmente la spostò. Uhura lo guardò con espressione ferita.

“Spock, ti prego.”

“Sono in ritardo, il Ponte è incustodito. Parleremo quando ritorno.”

“Sarai troppo stanco.”

“Devo andare.”

Spock oltrepassò Nyota e si diresse direttamente alla porta.

“Spock, il tuo bastone da passeggio…”

“Non ne ho bisogno.”

Senza salutare Spock uscì in corridoio. Camminando a passo svelto entrò nel turbo ascensore. Quando si voltò per inserire il piano al quale voleva recarsi fu colto da un attacco di vertigini che lo fece indietreggiare fino ad arrivare a ridosso del muro. La testa gli si schiarì velocemente e lui dimenticò l’evento.

Tutto era calmo sul Ponte. Il facente funzione di ufficiale comandante non aveva abbandonato il suo posto al cambio dei turni. Aveva atteso l’arrivo di Spock, e solo ora cedette il comando al Primo Ufficiale. Spock non voleva far altro che sedersi, tuttavia, si forzò a fare il suo solito giro per il Ponte.

Gli acuti occhi di Spock scrutarono i vari pannelli e sensori velocemente. Dato che Uhura era in permesso per maternità per l’ultimo mese di gravidanza vi era un giovane Tenente a rimpiazzarla. Il Tenente rassicurò Spock sul fatto che non vi erano comunicazioni sub-spaziali sospette. Arrivato al timone Spock corrugò le sopracciglia.

“Signor Sulu?”

“Sì, Signore?”

“Qual è la rotta attuale?”

“105.10.”

“Questa non è la rotta più diretta verso la nostra prossima missione. Infatti, credo che non solo la nostra attuale rotta aggiungerà tempo al nostro viaggio, ma ci porterà direttamente nella Zona Neutrale Romulana.”

“Il confine della Zona Neutrale è la nostra destinazione.”

“Per ordine di chi?”

“Del Capitano.” Replicò Sulu.

“Sta eseguendo un ordine diretto?”

“Sì, Signore. Devo cambiare la rotta?”

“No.” Spock scosse lievemente la testa. “Continui.”

“Sì, Signore.”

Spock si diresse alla poltrona del Capitano e si sedette. Lottando per rimanere sveglio aprì un file a caso sulla stazione di ricerca dove dovevano andare. Lesse il rapporto, ma solo per ammazzare il tempo. Dopo un’ora si alzò in piedi. Non voleva che l’equipaggio del Ponte pensasse che stava andando a cercare il Capitano per dubitare delle sue decisioni perciò aveva lasciato passare un po’ di tempo fra lo scoprire che erano diretti alla Zona Neutrale e il lasciare il Ponte.

“Signor Sulu, a lei il comando. Tornerò presto.”

“Sì, Signore.”

Spock andò agli alloggi di Kirk, ma lui non si trovava lì. Prima di contattare il Capitano aveva un paio di luoghi da controllare. Il primo era l’Infermeria. Questa volta Spock trovò la sua preda. Kirk stava chiacchierando con McCoy mentre il dottore firmava alcune cartelle mediche.

“Capitano.” Spock annunciò il suo arrivo.

“Svegliato tardi, Spock?” Scherzò Kirk. “Vedo un capello fuori posto, penso di non averlo mai visto prima.”

Spock non si degnò di rispondere alla domanda del Capitano. Restò semplicemente a fissarlo in completo silenzio.

“Non dovresti essere sul Ponte?” Chiese Kirk per spezzare l’improvvisa tensione.

“Infatti, tuttavia, speravo di poter parlare con lei.”

“Va bene. Presumo ‘in privato’.”

“Sarebbe meglio.” Annuì Spock.

“Spock,” disse McCoy “hai dormito ‘sta notte? Sembri esausto.”

“Sto bene, Dottore.”

“Questo non risponde alla mia domanda.”

“Capitano, la prego, vorrei parlarle ora così da poter tornare sul Ponte…”

“Okay. Anch’io volevo parlarti, quindi immagino che vada bene.”

Kirk si alzò dal tavolo di McCoy. Spock seguì Kirk a breve distanza mentre si dirigevano verso gli alloggi del Capitano. Spock non camminava più con le mani dietro la schiena in caso avesse avuto bisogno di loro per mantenersi in equilibrio. I suoi passi vacillarono qualche volta, ma fu in grado di usare il muro per rimanere in piedi. Camminandogli davanti Kirk non notò il modo in cui camminava il suo amico.

Entrati negli appartamenti del Capitano Spock pensò di andarsi a sedere. Eliminando il desiderio di riposare Spock si voltò verso Kirk per affrontarlo. Kirk sorrise con fare imbarazzato e incrociò le braccia sul petto, infilando la mano destra sotto il braccio.

“Senti, Spock, per quello che è successo ieri sera. Ti devo delle scuse.”

“Non è per questo che sono qui, Capitano.”

“Ero più che un po’ ubriaco quando l’ho detto.” Continuò Kirk. “Non dicevo sul serio, ero arrabbiato con la Flotta Stellare non con te.”

“Sono affascinato dagli umani e dalla loro tendenza ad incolpare forze esterne per le loro azioni.”

“ Natura umana immagino.”

“Era ‘più che un po’ ubriaco’ quando ha cambiato la rotta della nave per andare verso la Zona Neutrale Romulana?”

“Spock, se non ti conoscessi bene direi che mi hai appena rivolto del sarcasmo.”

“Sono serio, Capitano. Ha dato istruzioni al Signor Sulu di cambiare la rotta?”

“Sì.”

“Posso chiederle perché?”

“Intuizione.” Rispose immediatamente Kirk.

“Capitano, in passato ho lodato le sue intuizioni.” Disse Spock seriamente. “Tuttavia in questa situazione credo non sia saggio seguirle.”

“Cosa te lo fa dire?”

“Deve mettere distanza fra lei e i Romulani. La guerra potrebbe essere alle porte, non dovrebbe dare a nessuno nessun motivo di dubitare delle sue decisioni.”

“Sei incluso anche tu?”

“Io sono il suo Primo Ufficiale, è mio dovere consigliarla, quindi è ciò che farò.”

“Suona più come una minaccia.”

“Le assicuro che non lo è.”

Spock osservò come Kirk spostava il peso da una gamba all’altra, qualcosa che faceva solo quando stava per attaccare. Kirk notò che Spock raddrizzò un po’ di più la schiena, qualcosa che faceva solo quando si preparava a difendersi. Realizzando quello che stava succedendo Kirk rise per niente divertito e si passò le mani fra i capelli.

“Spock, mi sa che siamo stati qua fuori per troppo tempo, non sono abituato ad andare avanti così a lungo senza un singolo giorno di permesso.”

“L’intero equipaggio è affaticato.”

“Quando avremo finito con questa stazione di ricerca dimenticata da Dio chiederò alla Flotta Stellare di lasciarci tornare sulla Terra per un po’ di riposo. Se dovrò sono disposto a far rompere a Scotty qualcosa che può essere riparato solo sulla Terra.”

“Questo significa che reimposterà la rotta corretta distante dalla Zona Neutrale?”

Kirk esitò a rispondere. Senza accorgersene cominciò a grattarsi il palmo della mano. Spock notò la pelle arrossata della mano di Kirk e i puntini di sangue sottopelle, ma non disse niente. Kirk notò che Spock gli stava guardando le mani e quindi le mise dietro la schiena.

“Non sono sotto il controllo dei Romulani.” Disse Kirk sulla difensiva.

“Non ho mai suggerito che lo fosse. Le sto solo chiedendo di attenersi alla missione affidataci dalla Flotta Stellare.”

Kirk fissò Spock per un momento, ma realizzò presto che il Vulcaniano non aveva intenzione di cedere. Spock stava concentrando tutta la sua energia nel rimanere sveglio. Kirk annuì improvvisamente e si voltò verso l’interfono.

“Signor Sulu?”

“Sì, Signore?”

“Imposti la rotta più diretta per la stazione di ricerca Delharbor 7.”

“Sì, Signore.”

Kirk spense l’interfono e guardò Spock.

“Grazie, Capitano.”

“A che serve un consigliere, se non ascolto i suoi consigli?”

“Logico.”

“Lo immaginavo.” Kirk diede un’occhiata a Spock. “Vai a farti un riposino, in effetti prenditi il resto della giornata per te.”

“Capitano?”

“Non fare il finto tonto. Non serve essere un dottore per vedere che sei esausto. Ci vuole ancora un giorno di viaggio per arrivare alla stazione di ricerca. Questa nave non cadrà a pezzi solo perché non sei sul Ponte per il tuo turno. Va a dormire.”

“Grazie, Jim.”

“Quando vuoi. E per quel che serve mi dispiace davvero per quello che ho detto.”

Spock annuì e si diresse alla porta. Cominciò a dirigersi verso i suoi appartamenti, ma poi ci ripensò. Salendo di alcuni livelli cercò la privacy di una delle stanze VIP vuote. Le luci si accesero automaticamente quando entrò ma lui le spense velocemente. Stendendosi sopra le coperte del soffice letto si addormentò in pochi secondi.

 

Testardo come sempre Spock non vuole proprio chiedere aiuto, e sì che dovrebbe averlo capito che si può fidare dei suoi amici! Nel frattempo la tensione con Kirk si fa più accentuata ed ora ci sono problemi anche con Nyota, che farà Spock? Ringrazio Thiliol, Persefone Fuxia e Soarez per i loro commenti^^

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

Spock stava forse dormendo come un ghiro, ma Kirk non stava avendo la stessa fortuna. Steso sul letto con la pelle madida di sudore Kirk teneva la mano sinistra sul cuore e la destra chiusa a pugno. Durante la notte l’incredibile prurito al palmo si era trasformato in un bruciante dolore. Ora aveva il cuore che galoppava mentre il misterioso dolore si irradiava dal suo petto giù per il braccio.

“È questo che ottengo per aver cambiato la rotta dalla Zona Neutrale?” Ringhiò Kirk a sé stesso.

Serrando i denti Kirk cercò di superare la crescente agonia. Il cuore prese a battergli così forte da riuscire a sentirlo rimbombare nelle orecchie. Quando ogni respiro divenne una lotta Kirk decise che era arrivato il momento di chiedere aiuto. Mettersi in piedi non fu facile, ma ora doveva arrivare all’interfono.

A metà stanza Kirk crollò a terra per un’ondata di nausea. Aveva saltato la cena perciò ebbe solo dei conati a vuoto. Lo sforzo extra del cuore lo scagliò oltre il limite facendolo gridare dal dolore. Rompere il silenzio a quanto pare servì solo a peggiorare le cose. Mettendosi di schiena sul pavimento coperto dal tappeto Kirk si strinse il petto all’altezza del cuore e gridò di nuovo.

“Capitano?” Provenne dal corridoio attraverso la porta una preoccupata voce femminile. “Capitano, sta bene?”

“McCoy, chia…” Kirk non riuscì a finire a causa di un’altra ondata di nausea.

“Dr. McCoy!” Gridò la donna, presumibilmente attraverso l’interfono. “Dr. McCoy, agli alloggi del Capitano ora! Emergenza!”

In stato di allucinazioni per il dolore al petto e il panico di non riuscire a respirare Kirk non aprì la porta con il suo codice. Il tempo si fermò mentre un ghiacciata spada immaginaria si contorse nel suo petto. Sul punto di svenire Kirk gemette in preda all’agonia. Proprio mentre sentiva che non sarebbe stato in grado di prendere il prossimo respiro il dolore cominciò svanire.

“Jim!”

Ansimando pesantemente Kirk girò la testa per vedere il suo amico che gli si avvicinava freneticamente. Come Ufficiale Capo Medico McCoy era una delle poche persone a bordo ad avere il codice d’accesso alle stanze del Capitano. Chiudendo gli occhi Kirk prese un profondo respiro. Anche se il cuore gli andava ancora a mille non era più doloroso. Mentre Bones gli si inginocchiava a fianco lui provò a mettersi seduto.

“Calmo, Jim.” Lo istruì Bones tenendo Kirk a terra.

“Sto bene.” Kirk sorrise debolmente.

“Sarò io a giudicare. Non capita spesso ch’io venga chiamato negli alloggi del Capitano nel bel mezzo della notte perché qualcuno lo ha sentito urlare.”

“Immagino che non crederai fosse solo un incubo.”

“Non con un battito cardiaco del genere.”

Kirk si stese a terra e permise a McCoy di controllarlo. Più passava il tempo e più si sentiva meglio. Alla fine non fu più interessato a permettere a Bones di comportarsi da Mamma Chioccia con lui. Spingendo via il tricorder di McCoy si sedette e cominciò a mettersi in piedi. Bones sospirò e aiutò Kirk ad alzarsi. Kirk camminò fino al letto e si sedette sul bordo. Aveva i palmi sudati e appiccicosi perciò li sfregò contro le lenzuola blu scuro.

“Jim, che diavolo è successo?”

“Non lo so. Improvvisamente ho avuto problemi a respirare, come se ci fosse stato un peso sul mio petto. Non ho appena avuto un attacco cardiaco, vero?”

“No.” Bones scosse la testa. “Non secondo i miei dati. Infatti, secondo loro ora che il tuo battito cardiaco è sceso sei in perfetta forma.”

“Mi sento in perfetta forma.” Disse Kirk onestamente.

“Uomini in perfetta forma non vengono trovati sul pavimento in un bagno di sudore.”

“Non so che dire, Bones.” Kirk scrollò le spalle.

“Jim…qual è stato il tuo livello di stress ultimamente.”

“Stress?”

“Essere Capitano di una Nave Stellare è un lavoro difficile, anche quando tutto è calmo. A questa nave serve un periodo di riposo, e ultimamente non sei stato molto in te stesso.”

“Che vuoi dire?”

“Rispondere a Spock in quel modo. Per non parlare del dirigere la nave verso la Zona Neutrale, per poi tornare indietro.”

“Lo hai sentito anche tu?”

“Le voci corrono. Ci sono più di quattrocento persone su questa nave e sono fra i migliori e più dotati che la Flotta Stellare abbia da offrire. Notano questo genere di cose.”

“Immagino che dovrei preoccuparmi se non fosse così.” Ammise Kirk.

“Capitano, quello che sto dicendo è che questo ‘attacco’ è collegato allo stress.”

“Come un attacco di panico?”

“Esattamente.” Disse Bones. “La Flotta Stellare deve farci ritornare. L’ultima volta che abbiamo avuto un po’ di pausa è stato alla Base Stellare 17 vicino al buco nero di Vulcano, e non è durata più di qualche giorno. In più è stata tutta una questione di lavoro per te e Spock. Perciò se ci pensi, è passato quasi un anno da quando siamo rimasti senza una missione.”

“Non so perché la Flotta Stellare ci sta facendo questo.”

“Hai chiesto di fermare la nave?”

“Diverse volte. Continuano a darmi ordini come se neanche mi sentissero.”

“Hai parlato con l’Ammiraglio Pike?”

“No. Con l’Ammiraglio Cooly.”

“Cooly?”

“Un pezzo grosso della politica,” chiarì Kirk “ha gli occhi puntati su un posto nel Consiglio.”

“Jim, sul serio non hai letto il rapporto, vero?” Chiese Bones saggiamente.

“Cooly è nel Consiglio?”

“Da due mesi.” Confermò Bones.

“Non sono mai stato interessato alla politica, Bones. Lo sai.” Kirk scrollò le spalle. “Ad ogni modo, non è Cooly ad affidarci le missioni, si sta solo occupando di quello che pensavo essere lavoro in più per Pike, ma ora so che serviva solo a ridurre il coinvolgimento di Pike mentre si liberavano di lui.”

“Ne hai parlato con Pike?”

“No.” Kirk scosse la testa. “Spock mi chiesto di non farlo.”

“Immagino che se avessimo potuto aiutare l’Ammiraglio Pike sarebbe venuto da noi.”

“Una volta che commetti un suicidio politico è difficile tornare indietro. Quelli di noi fuori nello spazio non hanno potere su queste cose.”

“Beh, prova a dormire un po’.” Prescrisse Bones.

“Non mi trascini giù in Infermeria?” Scherzò Kirk.

“No. L’ultima cosa di cui ha bisogno l’equipaggio è pensare che sia il Capitano che il Primo Ufficiale siano malati.”

“Pensi che Spock sia malato?”

“A te sembra in salute?”

“No.”

“Di nuovo, sto cercando di non pressarlo troppo con questa cosa perché l’equipaggio è già abbastanza agitato di suo. Tuttavia, se vedi anche solo una goccia di sangue sulla sua uniforme lo mandi direttamente da me.”

“Lo farò.” Promise Kirk. “Bones?”

“Sì?”

“Grazie.”

“Sto solo facendo il mio lavoro.” Sorrise McCoy.

“Stai facendo molto di più. L’ultima volta che ho controllato era responsabilità del Capitano l’assicurarsi che il morale dell’equipaggio sia alto.”

“La salute mentale è sempre salute e quella è mia responsabilità.”

“Grazie lo stesso.”

“Va a dormire, Jim.”

“Giusto.”

Bones poggiò la mano sulla spalla di Kirk per qualche attimo prima di andarsene. Piuttosto che andare direttamente a letto Kirk si fece prima una doccia per lavarsi di dosso il sudore freddo che gli rendeva la pelle appiccicaticcia. Mettendo l’acqua ad una temperatura molto vicina al poter essere definita bollente lasciò che il potente getto gli corresse giù per la schiena. Guardando in basso la sua attenzione fu colta da un rivolo rosso che scendeva per lo scarico. Si guardò il palmo e lo osservò sanguinare per un momento. L’acqua spazzò via il sangue e una volta che esso fu lavato via la pelle ebbe di nuovo un aspetto perfettamente normale.

“È tutto nella mia testa. Solo stress.”

Sentendosi sollevato sia dal dolore che dal prurito Kirk si sentì improvvisamente esausto. Spegnendo l’acqua si asciugò e si diresse verso il letto. Una volta steso si addormentò in pochi secondi. A risvegliarlo fu il suono dell’interfono.

“Qui Kirk.”

“Sono Sulu, Signore. Siamo a pochi minuti dalla stazione.”

“Grazie. Manda i nostri saluti.”

“L’abbiamo fatto, Signore. Nessuna risposta.”

“Strano. Sarò lì in un minuto.”

Kirk si affrettò con la sua routine mattutina e si diresse alla porta. Non avere quel costante prurito alla mano gli migliorò di molto l’umore. Una volta sul Ponte si guardò intorno, notando immediatamente l’assenza di Spock. Kirk diede un’occhiata all’ora e corrugò le sopracciglia. Sedendosi nella poltrona del Capitano premette il tasto dell’interfono.

“Spock?”

“Qui Uhura, Signore.”

“Dov’è Spock?”

“Nella doccia. Sarà presto sul Ponte.”

“Va tutto bene?”

“Io…uh…ho avuto una brutta mattinata e l’ho tenuto alzato. Mi dispiace, Signore.”

“Okay, finché state bene entrambi.”

“Sì, Signore.”

Kirk poteva giurare sul fatto che Uhura sembrava in lacrime, ma non voleva discuterne per l’interfono. Erano ancora a cinque minuti di Curvatura dal pianeta quindi Kirk disse al nuovo Ufficiale addetto alla Comunicazioni di chiamarli di nuovo. Dopo diversi tentativi il giovane Tenente guardò il Capitano.

“Nessuna risposta, Signore.”

“Niente?”

“No, Signore. Ho provato con tutte le frequenze.”

“Chekhov?”

“Sì, Signore?”

“Metta la nave in allarme giallo.”

“Sì, Signore. Pensa che qualcosa non vada?”

“Diciamo solo che non mi piace quando busso alla porta e nessuno mi apre quando so che dovrebbe essere a casa.”

I pannelli blu chiaro della nave si accesero di un giallo brillante per tutta la nave così che l’equipaggio si tenesse pronto per qualsiasi evenienza. Spock arrivò sul Ponte. Usava di nuovo il bastone d’ebano per camminare. Guardò le luci gialle sul Ponte come se per un momento non riuscisse a comprenderne il significato. Scuotendo la testa si diresse sicuro verso il Capitano.

“Problemi, Capitano?”

“Non lo so, non riusciamo a metterci in contatto con la stazione di ricerca.”

“Signore,” chiamò Sulu “usciremo dalla Curvatura in tre, due, uno…”

Uscirono dalla Curvatura e furono salutati da un pianeta di colore rossiccio. Niente sembrava fuori posto da quella distanza. Spock fissò lo schermo per un momento prima di dirigersi ai sensori. Kirk si allarmò quando Spock impiegò più del solito a leggere i dati dei sensori.

“Spock?”

“Capitano, non rilevo forme di vita sulla superficie del pianeta.”

“È impossibile, la stazione di ricerca ha più di duecento persone come personale.”

“Temo che non sia più così, Capitano. Vi è inoltre un insolita quantità di radiazioni residue nell’area.”

“Cosa potrebbero voler dire?”

“Per quanto ne so una sola cosa può spiegarle: un attacco.”

“McCoy,” urlò Kirk nell’interfono “presentati alla sala teletrasporto, porta con te sei ufficiali della sicurezza.”

“Che sta succedendo?” Chiese Bones.

“Non lo so, andiamo a scoprirlo.” Kirk alzò lo sguardo su Spock. “Spock, prendi il…”

“Molto probabilmente avrà bisogno della mia presenza sul pianeta. Se è stata utilizzata un’arma contro la stazione di ricerca potrei essere in grado di identificare il tipo di vascello in grado di causare una tale distruzione.”

“Va bene.”

Kirk avrebbe voluto discutere. Voleva dire a Spock chiaro e tondo che non pensava avesse recuperato abbastanza da poter far parte della squadra di sbarco. Tuttavia, il consiglio di McCoy di fare fronte unito per il bene dell’equipaggio gli echeggiò per la mente. Se Spock si sentiva abbastanza in forze allora doveva fidarsi della parola del suo Primo Ufficiale.

La squadra di sbarco si incontrò nella sala teletrasporto e Scotty li teletrasportò sul pianeta. Kirk non aveva bisogno di un parere Vulcaniano per capire che era stata utilizzata un’arma molto potente contro la stazione di ricerca. Il luogo in cui una volta sorgevano gli edifici era ora ridotto a macerie e fiamme. McCoy prese con sé tre guardie e andò in cerca di sopravvissuti. Kirk sapeva già che non ne avrebbe trovati. Spock non si disturbò nemmeno ad usare il tricorder, semplicemente utilizzò i suoi acuti occhi per sondare la zona.

“Spock?”

“Capitano, ciò che più mi allarma è che questo attacco non può essere avvenuto più di un’ora fa.”

“Come fai a saperlo?”

“Il fuoco arde ancora su materiali altamente infiammabili. Non lo abbiamo evitato di molto, chiunque sia stato.”

“Quindi i sensori a lungo raggio potrebbero riuscire a trovarli?”

“Sì. Se sono fuggiti a Curvatura saremo in grado di individuare la fonte delle radiazioni, se sono a velocità ad impulsi individueremo la nave stessa.”

“Scotty?” Chiamò Kirk attraverso il comunicatore.

“Sì, Signore?”

“Vai ai sensori a lungo raggio, cerca qualsiasi nave nei paraggi.”

“Sì, Signore.”

Avendo fatto il suo rapporto primario Spock cercò goffamente di usare il tricorder con ancora in mano il suo bastone. Alla fine lasciò cadere il bastone azzardandosi a camminare da solo. Kirk raccolse il bastone e rimase vicino a Spock mentre scandagliava l’area. Spock inciampò sul terreno irregolare, ma Kirk fu in grado di stabilizzarlo.

“Interessante.”

“Cosa?” Chiese Kirk.

“Tutto ciò è stato fatto con un singolo colpo.”

“Chi sarebbe in grado di farlo?”

“Una nave della Federazione può provocare tali danni.” Rispose Spock.

“Perché dovrebbero?”

“Precisamente. Non avrebbero nessun motivo. Dovremmo controllare se recentemente è stata rubate qualche nave. O…”

“O?” Chiese Kirk quando Spock non continuò.

“Ho bisogno di più informazioni prima di poter speculare.”

“Non pensi che l’abbiano fatto i Romulani, vero?” Chiese Kirk.

“Un Falco da Guerra potrebbe infliggere questi danni.”

“Ma perché?” Kirk indicò l’area. “Questa è soltanto una stazione di ricerca nel bel mezzo del nulla.”

“Ciò non è vero. Questo non è il bel mezzo del nulla, è due giorni di viaggio dalla Zona Neutrale. Infatti da ciò che stavo leggendo su questo pianeta, questa potrebbe essere stata molto più di una semplice stazione di ricerca. Ha tutte le caratteristiche di una base logistica dalla quale iniziare una guerra. È stata costruita di recente, e sembra aver costato più del normale.”

“Beh, come facevano i Romulani a sapere che si trovava qui?” Domandò Kirk. “Non possono sapere dove si trova ogni singola stazione della Federazione.”

“Concordo. Non è logico da parte loro rischiare una guerra aperta attaccando un posto come questo senza avere prove del suo reale scopo.”

“Qualcosa deve aver attirato la loro attenzione.” Ringhiò Kirk.

“Ancora non abbiamo prova che siano stati i Romulani.”

“Capitano?” Provenne la voce di Scotty dal comunicatore.

“Sì, Scotty? Cos’ha trovato?”

“Niente. Ho cercato ancora e ancora. Nessuno se ne è andato a Velocità di Curvatura recentemente e non c’è nessuna nave nelle vicinanze.”

“Continui a cercare.” Kirk si volse verso Spock. “Puoi esserti sbagliato sull’ora dell’attacco?”

“Lo chieda al Dr. McCoy.”

“McCoy?” Chiamò Kirk col comunicatore.

“Sì, Jim?”

“Trovato niente?”

“Niente di vivo. Un bello schifo però, Jim.”

“Cosa?”

“Dev’essere appena accaduto. Il rigor mortis non è ancora cominciato.”

“Dannazione.” Mormorò Kirk.

“Capitano, sembra sempre più probabile che si sia trattato di un attacco Romulano.” Annunciò Spock. “L’unico modo in cui una nave può sfuggire ai nostri sensori, è attraverso un dispositivo d’occultamento.”

“Qualcosa che i Romulani sanno fare bene.”

 

Ed ecco il nuovo capitolo! Che i Romulani siano davvero i colpevoli o forse un nuovo nemico è alle porte? Come direbbe Spock ‘non vi sono sufficienti informazioni per poter formulare una teoria’ XD. Grazie  a Persefone Fuxia e a Cassandra per i commenti^^

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

“Spock, sei sicuro che siano stati i Romulani?”

“Sono sicuro approssimativamente al 57%.”

“Cinquantasette? Non mi sembra che sia proprio ‘sicuro’.”

“È più della metà. Tuttavia, non ho abbastanza prove per supportare la mia teoria.” Replicò Spock. “È stata la mancanza di prove in primo luogo a portarmi a quella conclusione.”

“Il fatto che non riusciamo a trovare la nave.”

“Precisamente.”

Kirk guardò la distruzione intorno a sé e si passò le mani fra i capelli. Agitato cominciò a camminare avanti e indietro sulla sabbia rossa. Aveva ancora in mano il bastone di Spock ed era tutto quello che poteva fare per trattenersi dall’usarlo per colpire la cosa più vicina che gli capitava a tiro per ridurre un po’ la sua rabbia. Temendo di essere sul punto di fare ciò che temeva Kirk ridiede a Spock il suo bastone. Spock accettò l’offerta e utilizzò immediatamente il bastone per supportarsi. Kirk non lo notò dato che ricominciò immediatamente a camminare avanti e indietro.

“Capitano…”

“Non dirlo, Spock.” Scattò Kirk.

“Cos’è che crede che io stia per dire?”

“Che se non avessi diretto la nave verso la Zona Neutrale saremmo stati presenti al momento dell’attacco. Che se non fossimo arrivati in ritardo, duecentosette persone sarebbero ancora vive.”

“Non vi era modo di prevedere l’attacco nel momento in cui ha cambiato rotta.”

“Non è questo il punto, Spock.” Sospirò Kirk. “Ho preso una decisione, ed è costata vite innocenti.”

“È certamente spiacevole.” Annuì Spock. “Tuttavia, se un Capitano inizia a dubitare qualsiasi decisione da lui presa, e ogni possibile conseguenza, rimarrà paralizzato. Certe volte la vita e la morte possono essere decise dalla più piccola azione, ogni cosa nel corso della vita conduce molto velocemente ad un’altra.”

“L’Effetto Farfalla.”

“Esattamente.”

“Solo che questa volta dovrò spiegare ciò che ho fatto alla Flotta Stellare.”

“Non è da incolpare per questo attacco.”

Kirk si sentì in un qualche modo confortato dalle parole di Spock solo perché sapeva che il Vulcaniano diceva sul serio. Spock non avrebbe mai mentito per proteggere i sentimenti di un amico. Kirk si guardò intorno ancora e decise di aver bisogno di fare qualcosa.

“Avanti,” disse Kirk “vediamo se riusciamo a capire cos’è successo esattamente. Forse sono stati avvertiti poco prima dell’attacco, o forse hanno lasciato un messaggio.”

Spock annuì e seguì Kirk nel bel mezzo delle rovine. La stazione di ricerca copriva all’incirca mezzo miglio quadrato del pianeta disabitato. Con l’avvicinarsi al centro della stazione la distruzione divenne più completa. Alla fine arrivarono al bordo di un cratere ancora fumante per il colpo.

“È qui, il punto d’impatto.” Puntualizzò inutilmente Kirk. “Il tricorder rileva niente che possa darci un indizio su ciò che l’ha provocato?”

“Un momento, Capitano.”

Kirk si voltò e in un primo momento non vide il suo Primo Ufficiale. Spock si era chinato sulle ginocchia nella sabbia. Aveva chinato la testa e teneva il bastone saldamente fra le mani per supportarsi. Prima che Kirk potesse reagire Spock si rialzò in piedi, come se niente fosse successo.

“Spock?” Kirk corse al fianco del suo amico. “Cosa ti sta succedendo?”

“Non è niente, sono solo stanco. Mi riprenderò in un momento.”

“La tua pelle sta assumendo una sfumatura color ruggine. L’ultima volta che è successo eri ad un passo dalla morte.”

“Le assicuro che riesco a respirare perfettamente.” Spock enfatizzò ciò che aveva appena detto riempiendosi i polmoni d’aria. “Il colore rossiccio è molto probabilmente solo un riflesso della sabbia rossa.”

“Dobbiamo farti risalire a bordo, ora.”

“No. Posso portare a termine i miei compiti.”

Kirk prese fiato per ribattere, ma si fermò quando sentì il resto della squadra avvicinarsi. Spock lanciò un’occhiata al di sopra della sua spalla, notando la stessa cosa. Kirk borbottò sconfitto, anche se il palmo non gli prudeva più incrociò lo stesso le braccia sul petto come risultato di una nuova abitudine.

“Bene, non voglio discuterne ora, tuttavia, voglio che tu ti presenti in Infermeria per fare un controllo totale l’istante in cui torniamo a bordo.”

“Capitano, sto ancora recuperando dalla precedente malattia. È tutto.”

“Lo capisco, voglio solo assicurarmi che il recupero proceda.”

“Molto bene.”

Kirk continuò a guardare in ansia mentre Spock cercava di trovare un modo di usare il suo tricorder con ancora il bastone in mano. Alla fine decise che l’unico modo di risolvere il problema era di dargli di nuovo il bastone. Kirk lo prese un’altra volta e rimase vicino così da poter prendere l’amico in caso fosse caduto.

McCoy e gli altri si avvicinarono per fare rapporto. Bones diede un’occhiata a Spock e guardò preoccupato Kirk. Kirk scosse leggermente la testa, ma il dottore non afferrò il messaggio. Si avvicinò a Spock con il suo tricorder medico in mano.

“Spock, sta…”

“Non ora, Bones.” Lo interruppe Kirk.

“Ma…”

“Non ora.” Ripeté Kirk più fermamente.

McCoy si voltò verso Kirk. Aveva uno sguardo a metà fra preoccupazione medica e insulto personale. Kirk sapeva come si sentiva, ma in quel momento voleva solo farla finita con quella missione così da riportare in fretta Spock sulla nave. Da quando era stato allertato che l’equipaggio stava incominciando ad essere nervoso per la salute del loro Ufficiale Comandante era diventato ipersensibile riguardo l’argomento.

“Cos’hai trovato?” Chiese Kirk.

“Un sacco di morti.” Sospirò McCoy mettendo via il tricorder. “Una cosa è certa, non avevano idea di quello che stava per succedere.”

“Come puoi dirlo?”

“Quelli che sono stati uccisi dal calore e dalle radiazioni emanate dal colpo sono ancora ai loro posti, a fare le cose di tutti i giorni. Certo quelli più vicini al centro dell’impatto sono semplicemente svaniti, ma ho la sensazione che fosse un giorno come un altro alla stazione di ricerca quando tutto ciò è avvenuto.”

“Se fossero stati i Klingon probabilmente avrebbero annunciato il loro arrivo.” Aggiunse Kirk. “Una toccata e fuga non è proprio nel loro stile.”

“Inoltre non hanno motivo di trovarsi da queste parti.”

“Quindi è lì che si va?” Chiese Bones. “Romulani?”

“Sembra di sì.” Disse Kirk. “Spock, rileva tutto ciò che pensi possa essere d’aiuto. Il resto di voi raccolga qualche campione del terreno del punto d’impatto, ed anche delle immagini da mandare alla Flotta Stellare. Poi ce ne andremo da qui.”

“Sì, Signore.” Risposero gli uomini.

McCoy guardò di nuovo Spock e prese nota del colore rossiccio della punta delle sue orecchie appuntite. Parte di lui si domandava se non fosse altro che uno scherzo della luce con tutta quella sabbia rossa che li circondava. Voleva chiedere il permesso al Capitano di riportare Spock sulla nave, ma sapeva che non lo avrebbe ottenuto in quel momento. Kirk era tornato sul bordo del cratere e fissava in modo vago al suo interno.

Quando Spock cominciò a muoversi nella direzione opposta Bones lo seguì. Spock era immerso nei dati che stava rilevando con il tricorder e sembrava non aver notato di essere seguito. Come un leone che insegue la sua preda McCoy si assicurò che la distanza fra di loro non aumentasse, sempre tenendosi però abbastanza indietro così da non venir sospettato di stare seguendo il Primo Ufficiale.

Camminarono sempre più distanti dagli altri in un serpeggiante percorso attraverso la distruzione. Proprio nel momento in cui uscirono dal raggio visivo del resto della squadra Spock si fermò improvvisamente. McCoy osservò preoccupato il modo in cui Spock cominciò a guardarsi intorno come se si fosse perso. Lasciò andare il tricorder il quale sarebbe caduto a terra se non fosse stato  sorretto dalla sua cinghia sulla spalla di Spock. Spock sollevò le mani con i palmi rivolti verso l’alto e rimase a fissarle.

“Spock?”

Spaventato Spock sollevò lo sguardo. Gli ci volle un attimo per realizzare di doversi girare per poter trovare la fonte del rumore. Bones gli si avvicinò con cautela ricordandosi di quanto si era rivelato pericoloso l’amico quando malato. Avvicinandoglisi McCoy non ebbe più dubbi sul fatto che Spock stava assumendo un colore decisamente innaturale per un Vulcaniano. Spock fissò Bones come se avesse problemi a pensare.

“Avanti, Spock.” Disse Bones gentilmente. “Riportiamoti a bordo.”

“Dottore, temo di essere sul punto di cade…”

Spock non ebbe la possibilità di finire la frase. Gli occhi gli rotearono indietro fino a diventare bianchi e svenne. Bones balzò in avanti nel momento in cui Spock collassò e riuscì ad afferrarlo proprio prima che colpisse il terreno. Avendo una mano sulle costole di Spock, proprio dove si trovava il suo cuore, Bones poté sentire il potente organo battere contro il suo fianco. Non era abbastanza forte per sollevare Spock così lo fece stendere a terra.

“Jim!” Gridò Bones.

“Bones? Co…” Kirk si fermò una volta arrivato nelle vicinanze e tirò immediatamente fuori il suo comunicatore. “Scotty, portaci via da qui, ora!”

Kirk corse al fianco dei due. Piegandosi prese Spock fra le braccia e lo sollevò dalla sabbia. Mentre si alzava Scotty eseguì l’ordine e l’intera squadra si ritrovò improvvisamente a bordo della nave. Kirk portò Spock in Infermeria con Bones alle calcagna. Arrivato a destinazione Kirk stese Spock su uno dei tavoli mentre Bones cominciava a formulare una diagnosi.

“Qualcuno chiami Uhura, ha bisogno di essere qui.” Ordinò Kirk.

“Sì, Signore.” Rispose una delle infermiere.

“Bones, che è successo?”

“Non lo so.” Replicò Bones leggendo i monitor. “È semplicemente collassato. Secondo i dati preliminari è successo a causa del basso livello di ossigeno nel sangue.”

“Quindi il colore rosso.”

“Esatto.”

“Capitano?” Chiamò l’interfono.

“Qui Kirk.”

“Capitano,” disse il nuovo Ufficiale addetto alle Comunicazioni “c’è l’Ammiraglio Cooly in una trasmissione sub-spaziale per lei.”

“Dannazione.” Mormorò Kirk. “Bones, devo andare.”

“Capisco.”

“Occupati di lui.” Ordinò Kirk.

“Farò del mio meglio.”

Kirk mise una mano sulla spalla di Spock per un momento prima di andarsene per occuparsi dell’Ammiraglio. L’Infermiera Chapel si avvicinò per cominciare a fare gli esami del sangue. Quando Spock cominciò a peggiorare i monitor cominciarono a suonare in avvertimento. Imprecando Bones afferrò la cartella in mano a Chapel con i risultati degli esami del sangue.

“Infermiera, vada a prendere tutto il sangue Vulcaniano compatibile che abbiamo. Sono riuscito a procuramene un po’ quando ero su Natala.”

“Sì, Dottore.”

“Tieni duro, Spock.” Domandò Bones. “Questo forse non ti ‘aggiusterà’, ma dovrebbe darti un po’ di tempo in più.”

“Spock!”

Bones alzò lo sguardo mentre Uhura si affrettava per arrivare da suo marito. Dato che il giorno del parto era vicino aveva qualche difficoltà a camminare figurarsi correre. Prese una mano di Spock e con l’altra gli accarezzò la guancia. Il colore rosato delle sue labbra sarebbe stato un buon segno se lui fosse stato umano, ma per un Vulcaniano era segno di guai. Lacrime cominciarono a scorrere per il viso di Nyota quando alzò lo sguardo su Bones per ottenere risposte.

McCoy desiderava poterla confortare ma Chapel era tornata con il sangue e avevano del lavoro da svolgere. Bones iniziò subito con le trasfusioni e guardò i monitor ansiosamente. Quando il sangue cominciò a scorrere nelle vene di Spock i suoi livelli di ossigeno cominciarono a salire. A metà trasfusione il suo normale pallore cominciò a ritornare. Era contro l’addestramento medico di McCoy considerare un colorito spento come un buon segno.

Anche se Spock aveva cominciato a stabilizzarsi dopo solo due unità di brillante sangue verde McCoy ne ordinò dell’altro in caso ci fosse qualche emorragia interna che i suoi strumenti non riuscivano a rilevare. Uhura rimase silenziosa durante tutto il processo, non volendo interrompere il dottore. Il livello di ossigeno nel sangue di Spock tornò normale, come anche il suo battito cardiaco, ma i sensori mostravano che c’era ancora qualcosa che non andava. Sembrava che ogni organo stesse lavorando più duramente del normale.

“Uhura, non è più in pericolo di vita.”

“Grazie.”

“È stabile, ma questo attacco è stato scatenato da qualcosa e c’è ancora qualcosa di decisamente sbagliato nel suo sistema. Come è stata la salute di Spock ultimamente?”

“È sempre molto stanco. Appena finisce il turno va a dormire. Avrei dovuto dirglielo, ma lui continuava a dirmi che era soltanto una conseguenza della sua precedente malattia.”

“Forse ha ragione. È stato un momento molto difficile per Spock, alcuni danni potrebbero essere permanenti.”

“Quindi non sa cosa c’è che non va in lui adesso?”

“Non ancora. La conta di globuli rossi, o meglio verdi, è pericolosamente bassa. È come se non stesse producendo il sangue come al solito.”

“Cosa lo ha causato?”

“Ancora non ne sono sicuro, ma ti prometto che lo scoprirò.”

“Si è anche comportato stranamente ultimamente.” Ammise Uhura.

“In che modo?”

“È distante, chiuso…” sussurrò Uhura con gli occhi nuovamente lucidi “…freddo.”

“Mi sembra nella norma.”

“Non con me, non in privato.”

“Quindi ce l’ha una parte umana.” Sorrise tristemente McCoy.

“Non più.”

“Quando è incominciata questa cosa?”

“Ha smesso di comportarsi come al solito da quando abbiamo lasciato Natala.” Sospirò Uhura. “Tuttavia, nell’ultimo mese e mezzo è peggiorato. Inoltre…”

“Uhura?” Chiese McCoy quando lei si fermò.

“Si sveglia in preda a ondate emotive. In realtà non si sveglia più. Devo svegliarlo io, e non è sempre facile. Dorme anche se Anubis gli salta sul petto, cosa che in genere lo svegliava immediatamente. Mi dispiace, io…sarei dovuta venire da lei molto tempo fa.”

“No. È stata una scelta di Spock quella di decidere di non dirmi che si stava ammalando.”

“Teme di perdere la sua posizione nella Flotta Stellare. Considera questa nave come una casa. È preoccupato che se non sarà il ritratto della salute lo metteranno dietro un tavolo da qualche parte.”

“Potrebbero.” Ammise Bones.

“Lo ucciderebbe.”

“Non lo dubito.”

Uhura abbassò lo sguardo su Spock e ricominciò a piangere. McCoy le si avvicinò e le mise una mano sulla spalla. Uhura si voltò verso di lui e lo abbracciò malamente con il pancione fra loro due. Insicuro su come reagire Bones ricambiò l’abbraccio e la lasciò piangere sul suo petto. Improvvisamente lei si scostò.

“Uhura?”

“Sto per vomitare…”

“Infermiera.” Chiamò Bones.

Una delle infermiere si avvicinò e scortò Uhura in bagno. Bones poté sentirla vomitare e si scoprì a dover lottare per non mettersi a piangere pure lui. Anche l’Infermiera Chapel era chiaramente sconvolta, ma rimase vicina a McCoy. Bones spostò la sua attenzione dai rumori provenienti dal bagno sui monitor.

“Avanti, Spock, dammi qualcosa su cui lavorare.” Sospirò Bones frustrato.

“Dottore?”

“Sì, Infermiera?”

“Ha visto questi esami del sangue?” Chapel gli porse la cartella.

“Ovviamente.” Scattò Bones irritato prendendole di mano la cartella. “Ho visto l’anemia, solo che non riesco a trovarne la causa.”

“Dottore…lui è Vulcaniano.”

“Così mi hanno detto.” Borbottò Bones.

“Questo vuol dire che i suoi livelli di ferro e rame dovrebbero essere al contrario. I Vulcaniani sono sensibili al ferro quanto noi al rame.”

“Sono un tale idiota.” Ringhiò McCoy a sé stesso.

“Mi è capitato di notarlo.”

“Avvelenamento da ferro unito a una deficienza di rame. Prendi il siero di chelatio, dobbiamo togliere subito quel ferro.”

Uhura uscì dal bagno indebolita. L’Infermiera la supportava e guardò il dottore in attesa di ulteriori istruzioni. Bones le ordinò di portarla in una stanzetta tranquilla per farla riposare un momento. All’inizio Uhura protestò, ma poi seguì gli ordini del medico.

Bones si volse di nuovo verso Spock e cominciò a lavorare per togliere il metallo tossico dal sistema del Vulcaniano. Avendo fatto tutto il possibile per il momento spostò la sua attenzione sui dati per cercare di capire cosa stava succedendo.

“Non c’è ragione per questa deficienza di rame.” Mormorò Bones. “La dieta umana è povera di rame, ma lui lo sa. Ha un integratore speciale proprio per questo. Lo so, gliel’ho prescritto io.”

“Deve aver fatto a meno di prenderlo.” Suggerì Chapel.

“Mi risulta difficile crederlo, ma dev’essere così.” Concordò Bones e corrugò le sopracciglia. “Ma da dove viene fuori tutto questo ferro? È molto più di quanto possa assimilare con una dieta regolare, anche se fosse umana dato che i Vulcaniani non assorbono efficientemente il ferro.”

“Qualcosa nel suo ambiente?”

Bones stava ancora pensando a cosa nel lavoro di Spock poteva avergli fatto finire così tanto ferro nel sistema quando il Vulcaniano cominciò a svegliarsi. McCoy rimase scioccato quando dopo aver aperto gli occhi Spock sorrise smagliante e ridacchiò. Era la prima volta che Bones sentiva qualcosa anche remotamente simile ad una risata provenire dal suo stoico amico. Anche Spock sembrava sorpreso e si morse le labbra per cercare di bloccare qualsiasi altro suono allegro. Si ricompose velocemente e guardò il dottore.

“Spock?”

“Sì, Dottore.”

“Sai dove ti trovi?” Bones pose la domanda standard per testare l’orientamento di Spock.

“Sono nell’Infermeria a bordo della USS Enterprise, Capitano James Tiberius Kirk, io sono il Primo Ufficiale, lei è l’Ufficiale Medico Capo Dr. Leonard McCoy, la Data Stellare è 543…”

“È sufficiente, Spock.” Sorrise McCoy. “Da quanto stai male?”

“Da otto mesi, tre giorni, e uno sconosciuto numero di ore.”

“Otto mesi? Vuoi dire che stai male sin dai primi eventi riguardanti il buco nero di Vulcano?”

“Sì.” Annuì Spock. “Mi scuso per non essere stato sincero riguardo la mia salute.”

“Va bene, so cosa c’è in ballo.” Disse dolcemente Bones. “Spock, perché hai smesso di prendere i tuoi integratori di rame?”

“Li prendo ogni giorno.”

“Davvero?”

“Sì, in effetti ho preso il doppio della dose prescritta negli ultimi sei giorni.”

“Perché?”

“Ho cominciato ad avere voglia di radice di talus, un pianta Vulcaniana che non esiste più. Desiderare la radice di talus è molto spesso segno di una deficienza di rame.”

Bones pensò a questa nuova informazione. Ancora stanco Spock chiuse gli occhi e sembrò addormentarsi. McCoy stava cominciando a sviluppare una teoria, alla quale però non voleva credere.

“Infermiera, può andare a prendere l’integratore di rame di Spock?”

“Ho bisogno del codice di sicurezza per i suoi appartamenti.”

“5269874.”

Chapel annuì e se ne andò. Mentre aspettava che tornasse McCoy andò a controllare Uhura e la trovò addormentata. Ordinò all’infermiera di restare con lei e tornò da Spock. Non ci volle molto perché Chapel facesse ritorno con in mano una piccola bottiglietta piena di pillole blu con sopra un’etichetta con il nome di Spock. Prendendo la bottiglietta l’aprì e prese una delle pillole. Il colore blu brillante derivava dal solfato di rame che la componeva. Passò il suo tricorder sopra la pillola e imprecò.

“Dottore?” Chiese Chapel preoccupata.

“Questo non è rame.”

“Sembra un integratore di rame.”

“Questo perché è stato ricoperto di rame per coprire il sapore di ferro.” Bones spezzò in due la pillola rivelando il centro bianco gesso. “Questa pillola è al 89% ferro.”

“Ma questo vuol dire…”

“So cosa vuol dire, Infermiera.”

Terrorizzata l’infermiera rimase senza parole. Neanche Bones era certo di riuscire a parlare in quel momento. Avendo bisogno di un po’ di tempo per pensarci su la mandò via. Pochi secondi dopo Kirk entrò di corsa nella stanza. All’inizio sembrò arrabbiato, come se avesse appena finito di litigare con l’Ammiraglio. Tuttavia l’istante in cui notò che Spock era ancora incosciente la sua rabbia si trasformò in preoccupazione.

“Capitano…”

“Come sta Spock?” Interruppe Kirk.

“Starà bene. Dovremmo riuscire a rimetterlo in piedi e in perfetta salute in pochi giorni.”

“Grazie, Bones.” Disse Kirk sospirando di sollievo. “Cosa gli è successo?”

“Lui…um…” Bones esitò.

“Dottore?”

“Spock è stato avvelenato.”

“Avvelenato?” Ripeté Kirk scioccato. “Accidentalmente?”

“No, Jim, non credo. Mi sembra un gesto intenzionale.”

 

Ed ecco spiegata la salute di Spock, ma chi può averlo avvelenato? Bones e Kirk hanno prorpio un gran problema per le mani...Grazie a Persefone Fuxia, Soarez e Cassandra^^

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

“No…Bones, no. No!”

“Sto solo dicendo…”

“Stai dicendo che la moglie di Spock è un’assassina!”

“Jim, abbassa la voce.” Sibilò Bones. “Se solo ti calmassi un attimo potresti ascoltarmi.”

“Nyota non farebbe mai una cosa del genere a Spock, lo ama.”

“L’amore può farci fare delle cose strane, Jim.” Sospirò Bones.

“Anche uccidere?”

“Più spesso di quanto pensi. Tuttavia, non credo che la ragione di questo avvelenamento fosse uccidere Spock.”

“Per quale altro motivo avveleneresti qualcuno?”

“Per farlo stare male.”

“Non capisco.”

“Chiunque l’abbia fatto non solo conosce bene i Vulcaniani, ma soprattutto conosce Spock. Tutti i Vulcaniani hanno bisogno di rame, ma lo assumono con la loro dieta. Spock ha scelto una dieta umana…”

“Mi ha detto che era la cosa logica da fare.”

“E lo era. Tuttavia, questo vuol dire che solo una manciata di persone nella galassia sa che prende degli integratori.”

“Io, te e Uhura.” Sospirò Kirk.

“Esattamente, e ovviamente Spock stesso…ma in un qualche modo dubito che sia lui il colpevole.” Aggiunse Bones. “L’uso del ferro stava causando un lento declino nella salute generale di Spock, era facile pensare che non stesse recuperando bene dalla sua precedente malattia. Se Spock non avesse cominciato a prendere il doppio della dose consigliata improvvisamente questo declino avrebbe continuato lentamente fino a che Spock non sarebbe stato forzato a dimettersi dal suo incarico di Primo Ufficiale.”

“Quindi pensi che fosse questa la motivazione…mettere Spock dietro un tavolo?”

“Uhura sta per avere un bambino, sa che i suoi giorni a bordo dell’Enterprise sono contati.”

“Nessuno la sta cacciando dall’Enterprise.” Replicò Kirk sulla difensiva. “Lei e Spock possono crescere qui il loro bambino, non sarebbero i primi.”

“Non è quello che vuole Uhura. Vuole una vera casa per la sua famiglia, vuole che suo figlio possa correre e giocare con altri bambini sotto un vero sole, respirando dell’aria vera.”

“Ti ha detto tutto questo?”

“In realtà l’ha detto a Christine. Lei è venuta da me perché era preoccupata per Uhura.”

“Bones…c’è qualcosa che non mi stai dicendo.”

McCoy si guardò intorno nella sala emergenze con uno sguardo colpevole. L’Infermiera Chapel era insieme a Uhura e non c’era nessuno in quella parte dell’infermeria. Con Spock addormentato lui e il Capitano avevano una privacy completa, ma il dottore continuava a esitare. Kirk si avvicinò e mise una mano sulla spalla di McCoy.

“Avanti, Bones, conosco quello sguardo.” Disse dolcemente Kirk. “C’è qualcosa che vuoi dirmi.”

“È complicato, Jim, come dottore ho il dovere di proteggere i miei pazienti.”

“Dottore, io sono il Capitano di questa nave, devo sapere tutto quello che succede al mio equipaggio.”

“Negli ultimi due mesi ho curato Uhura per grave depressione e ansia.”

“Capisco, e quanto a lungo credi che Spock si stesse avvelenando con questi integratori?”

“Uno squilibrio del genere si avrebbe dopo due mesi probabilmente.”

“Dannazione.” Ringhiò Kirk.

“Mi dispiace, Jim.”

“Bones, non mi interessa come può apparire questa cosa.” Disse fermamente Kirk. “Nyota Uhura non ha avvelenato Spock.”

“È una logica indiziata.” Disse Spock con calma.

“Spock?” Disse Kirk e McCoy all’unisono.

Kirk e McCoy si avvicinarono al tavolo sul quale era disteso Spock. Spock cercò di alzarsi ma Bones gli mise una mano sul petto e lo tenne giù. Guardandolo leggermente irritato Spock si stese e fissò il soffitto con sguardo assente. Kirk e McCoy si scambiarono uno sguardo preoccupato.

“Quanto di quello che abbiamo detto hai sentito?” Chiese Kirk con sguardo colpevole.

“Sono sveglio da qualche tempo. Tutto quello che ha detto il Dr. McCoy è corretto e logico. Tutto torna, anche se non ero a conoscenza del fatto che mia moglie avesse una malattia mentale.”

“Mi dispiace, Spock, non potevo dirtelo.” Disse Bones.

“Lo capisco. Il segreto fra paziente e medico lo proibisce.” Replicò Spock. “Avrei dovuto notare da solo la sua depressione, ma sono stato cieco nei confronti dei suoi sentimenti da un po’ di tempo ormai. Se c’è qualcuno da incolpare per ciò che è successo, sono io.”

“Spock, non puoi davvero credere che Nyota voglia farti del male.” Disse Kirk.

“Non desidero crederlo, tuttavia, la logica mi obbliga a farlo.” Replicò Spock. “Ogni crimine richiede due elementi: un movente, e un’opportunità. Nyota aveva entrambi.”

“Ma…”

“Dov’è?”

“Sta dormendo nella stanza accanto.” Replicò McCoy.

“La porti qui.”

Il tono piatto di Spock per un momento congelò il sangue nelle vene di Kirk. Il suo amico si trovava davanti alla possibilità che sua moglie avesse tentato di ucciderlo e non sembrava essere minimamente preoccupato dalla notizia. Kirk guardò Bones e vide che il dottore stava pensando la stessa identica cosa.

McCoy sospirò inutilmente e andò a svegliare Uhura. Kirk voleva chiedere a Spock di non accusarla finché non avessero trovato prove sufficienti, tuttavia, sapeva che sarebbe stato inutile. Spock avrebbe trattato questo crimine come se non avesse niente a che fare con lui personalmente e niente in tutta la galassia poteva fargli cambiare idea.

“Spock?”

“Sì, Capitano?”

“Sta’ attento.”

“Cosa vuole dire?”

Kirk non ebbe la possibilità di spiegargli quello che riteneva essere stato un avvertimento più che chiaro. Bones rientrò nella stanza insieme a Uhura. Il momento in cui Uhura notò che Spock aveva gli occhi aperti sorrise talmente tanto che Kirk in cuor suo sapeva non essere falso. Si affrettò a raggiungerlo e gli prese la mano.

“Spock, Piccolo, hai una vaga idea di quello che mi hai fatto passare?” Domandò Nyota fingendosi arrabbiata.

“Mi dispiace.”

Lacrime scivolarono giù per le guance di Nyota mentre scuoteva tristemente la testa, ma continuò a sorridere. Per niente disturbata dell’avere un pubblico Uhura si chinò e baciò Spock gentilmente. Quando lui accettò la dimostrazione di affetto lei divenne più sfacciata circa l’essere piena di passione. Spock le poggiò la punta delle dita sulle guance mentre continuavano a baciarsi. La lasciò andare e lei si raddrizzò.

“Ti amo, Spock.”

“Ti amo, Nyota.” Disse Spock dolcemente. “Ritorna nei nostri alloggi, e riposati un po’.”

“Non voglio lasciarti qui.”

“Sono in buone mani. Per favore, vai. Anubis sarà affamato.”

“Okay.” Sorrise Uhura. “Sarò presto di ritorno.”

Uhura baciò Spock sulla guancia un’ultima volta prima di andarsene. Gli tenne stretta la mano quanto più a lungo poté. Spock le sorrise brevemente, ma a Kirk parve un sorriso forzato. Quando Uhura se ne fu finalmente andata Kirk rilasciò il fiato che stava trattenendo. Era sicuro che Spock l’avrebbe accusata di aver tentato di ucciderlo. Tuttavia, sembrava che avesse solo voluto vederla. Spock fissò la porta dalla quale era uscita con un’espressione indecifrabile.

“Spock?” Chiese Kirk.

“Nyota non mi ha avvelenato.”

“Come puoi esserne certo?” Chiese McCoy.

“Quando mi ha baciato ho toccato la sua mente. Ho trovato solo preoccupazione per la mia salute, lei non può essere la causa della mia malattia. Non ha le capacità mentali per nascondere un tale pensiero a me. Infatti lei non sa affatto che sono stato avvelenato.”

“È la verità, non gliel’ho detto.” Annuì McCoy. “Si era già addormentata quando l’ho scoperto.”

“Io ve l’avevo detto che era innocente.” Sbuffò Kirk.

“Lo dubitavo anche io.” Ammise Spock. “Tuttavia, era imperativo esserne certi.”

“Noi però abbiamo ancora un problema.” Puntualizzò Bones. “Qualcuno ha cercato di uccidere Spock, e non abbiamo idea di chi sia stato.”

“Spock, da dove prendi le tue prescrizioni?” Chiese Kirk.

“Dal Dr. McCoy.”

“Qualcosa mi dice che se Bones ti volesse morto lo saresti già.” Kirk sorrise tristemente.

“L’unica ragione per la quale sono vivo è la rapidità mentale del dottore.”

“Grazie, Spock. E tanto perché lo sappiate: se volessi uccidere Spock di certo non cambierei i suoi integratori.”

“Oh?” Kirk sollevò un sopracciglio. “Perché no?”

“È stato troppo facile da capire.” McCoy scrollò le spalle. “L’istante in cui i livelli del suo sangue mi sono stati mostrati sapevo che c’era qualcosa che non andava con la sua prescrizione. Se non fosse stato un tale testardo pazzo dal sangue verde e fosse venuto subito da me non appena aveva cominciato a sentirsi male avrei scoperto la causa molto prima che diventasse un’emergenza.”

“Nessuna possibilità che sia stato semplicemente un errore?”

“No.” Bones scosse la testa. “Quelle pillole sono state ricoperte di rame così che Spock non sentisse la differenza nel gusto.”

“Tutto ciò non ha senso.” Ringhiò Kirk frustrato. “Un criminale sveglio non darebbe due mesi alla sua preda per morire o scoprire quello che sta succedendo.”

“A meno che non sappia che Spock nasconderebbe la sua malattia fino all’ultimo. Chiunque lo abbia fatto potrebbe aver lasciato la nave subito dopo aver fatto il cambio di pillole, Spock sarebbe morto lentamente e lui sarebbe stato fuori da ogni sospetto.”

“A parte per il fatto che nessuno ha abbandonato la nave negli ultimi sei mesi.” Puntualizzò Kirk. “L’assassino è a bordo, e noi lo troveremo.”

“Capitano?” Disse improvvisamente Spock.

“Sì?”

“Posso parlarle in privato?”

“Sarò nel mio ufficio se ne aveste bisogno.”Annunciò Bones.

Spock guardò il dottore andarsene e si perse di nuovo nei suoi pensieri. Kirk si mise davanti a lui con le braccia incrociate sul petto, sentendosi sempre più nervoso.

“Volevi parlarmi, Spock?”

“Capitano, c’è un altro ovvio sospetto in questo crimine.” Disse Spock con calma. “Qualcun altro con sia la possibilità e un movente per agire.”

“Chi?”

“Lei.”

“Io?” Chiese Kirk onestamente sorpreso. “Spock, a parte il fatto che sei mio amico, sei il miglior Primo Ufficiale nella Flotta. Perché vorrei ucciderti?”

“Non intenzionalmente.”

“Stai cercando di dirmi che potrei averti avvelenato senza saperlo?” Chiese Kirk terrorizzato.

“È logico, Capitano.”

“No. Mai. Non lo farei mai.”

“Potrebbe non essere in totale controllo delle sue azioni.”

“Guardami nella mente,” disse subito Kirk “dobbiamo saperlo.”

“Non oso.”

“Perché no?”

“Potrei cadere sotto lo stesso incantesimo che la controlla.”

“Ma è una follia!”

“Capitano, non sto dicendo che lei sia il responsabile. Sto solo suggerendo che potrebbe essere una possibilità. Non possiamo sapere che tipo di tecnologia possiedono i Romulani.”

“Se avessero una presa così salda su di me e ti volessero morto perché non mi costringono ad accoltellarti nel sonno? O come Capitano potrei ordinarti di prendere parte ad un mucchio di situazioni pericolose.”

“Argomentazioni valide.” Concordò Spock.

“Spock, devi credermi, i Romulani non mi stanno controllando.”

“La logica mi dice il contrario.”

“Quindi hai intenzione di denunciarmi alla Flotta Stellare?” Sospirò Kirk.

“No.”

“Perché no? È la cosa logica da fare.”

“Perché perderebbe tutto, e c’è un’alta probabilità che io mi stia sbagliando.”

“Il rischio che tu sia sbagliato supera quello del me essere una spia?”

“No. Tuttavia, lei è mio amico, ed anche se va contro la mia natura Vulcaniana ciò annebbia la mia capacità di giudizio.”

“Grazie, Spock.”

“Di niente.”

“Allora che facciamo?” Chiese Kirk stancamente.

“Qualcuno ha tentato di uccidermi e ha fallito. È solo una questione di tempo prima che ci riprovi. Sarò in guardia ora.”

“Spock, mi devi promettere una cosa.”

“Cosa?”

“Devi promettermi che se sarò io a tentare di ucciderti tu mi ucciderai prima che possa farlo.”

“Non posso prometterle una cosa del genere, Capitano. Tuttavia, le prometto che mi difenderò al massimo delle mie capacità.”

“Immagino che dovrà bastare.”

 

Piaciuto questo capitolo? Non so voi ma ogni volta che lo leggo mi viene il cuore in gola e mi si stringe il cuore nel vedere come un'amicizia del genere potrebbe venire distrutta per colpa di qualcosa che non si può controllare, e poi l'assoluta fiducia di Spock nel suo Capitano che gli impedisce di ucciderlo anche se l'assassino dovesse essere lui! A dir poco toccante... Grazie a Persefone Fuxia, Thiliol, Cassandra e Lady Amber che farei senza di voi?

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

Rispettando la privacy di Spock e del Capitano, McCoy entrò nel suo ufficio. Guardò male la bottiglietta di integratori appoggiata sul suo tavolo in piena vista. In un raro atto ambiguo Bones aveva messo un localizzatore nella bottiglietta e l’aveva poi lasciata sul suo tavolo con la porta aperta sperando che colui che aveva scambiato le pillole tornasse a prendere le prove.

“Niente fortuna.”

Da quello che sapeva di psicologia criminale quando un piano non andava come previsto l’assassino tendeva o a provarci di nuovo o a coprire le sue tracce. McCoy si voltò e guardò l’Infermeria, c’era una buona probabilità che l’assassino fosse là, a tenere d’occhio la situazione. Tuttavia, tutti i presenti o lavoravano in Infermeria o erano malati. Nessuno sembrava fuori posto.

“Lascia perdere, McCoy,” sospirò a sé stesso “sei un dottore, non un detective.”

Bones non sapeva perché sentiva di dover essere in grado di scovare il lupo nel loro branco. Decise che era solo perché era l’unica persona a bordo ad avere intimi contatti con ogni singola persona nell’Enterprise. Aveva sottoposto tutti ad un esame prima di salire a bordo della nave. Ad un certo punto aveva avuto in mano la cartella dell’assassino e non aveva sospettato nulla.

Frustrato McCoy si sedette al suo tavolo e prese in mano la bottiglietta. Leggendo l’etichetta fissò il suo nome sotto ‘dottore’. Le pillole provenivano dalla farmacia della Flotta Stellare stessa dato che il composto di rame di cui Spock aveva bisogno, mortale per degli esseri umani, era una sostanza controllata. Bones corrugò le sopracciglia per un momento.

“Non ho commesso un errore…vero?”

McCoy mise giù in fretta la bottiglietta e premette un dito sulla superficie di vetro del tavolo che immediatamente richiese l’identificazione delle impronte digitali. Bones sbloccò il computer e digitò il codice per accedere alla cartella medica di Spock. Il Vulcaniano aveva una cartella piuttosto vigorosa, seconda solo a quella del Capitano.

“Non ho mai conosciuto un duo più soggetto a incidenti di quei due.” Borbottò Bones.

Ogni anno McCoy controllava che gli integratori fossero bilanciati propriamente. Era un procedimento delicato dato che non vi erano precedenti di un Vulcaniano che usava supplementi per regolare i suoi bisogni oltre alla sua dieta regolare. Anche il padre di Spock aveva continuato a seguire la sua dieta Vulcaniana sulla Terra, per quanto potesse essere difficile. L’ultima volta che aveva cambiato qualcosa era stato l’anno scorso, ed era stato un aumento di rame non una diminuzione. Pensando di trovarsi in un vicolo cieco Bones fece per chiudere il file quando una data catturò la sua attenzione.

“‘Rifornimento prescrizioni Data Stellare 4562…’” Lesse Bones a voce alta calcolando. “È stato circa tre mesi fa. Certo ci siamo fermati brevemente per fare rifornimento, Spock avrebbe di sicuro rifornito la sua scorta anche se ne avesse avuta abbastanza per un mese in caso non avessimo fatto in tempo a tornare.”

Bones pensò alle implicazioni di questa scoperta. Allungava la lista di chi avrebbe potuto avvelenare il suo amico. L’assassino non avrebbe più avuto bisogno dell’accesso agli alloggi di Spock, lo scambio poteva essere avvenuto quando i rifornimenti erano stati caricati sulla nave o in un qualsiasi momento fra lo scarico dei rifornimenti e il loro arrivo in Infermeria.

“Ancora non ha molto senso però.” Bones scosse la testa. “Manomettere i rifornimenti medici è così rischioso. I contenitori avrebbero dovuto essere aperti, le prescrizioni trovate fra tutte le altre, scambiate, e poi tutto avrebbe dovuto essere rimesso come era prima. Non è un lavoro facile e veloce, c’è molto tempo per essere scoperti.”

Bones riprese in mano la bottiglietta e ricontrollò la data del rifornimento. Era sicuramente la bottiglietta caricata a bordo tre mesi prima. Aprì la bottiglietta e cautamente rovesciò le pillole sul tavolo. Spese un po’ di tempo a contarle e scoprì che ne era stato usato l’equivalente di due mesi. Bones raccolse le pillole insieme al localizzatore e le rimise nella bottiglietta. Non aveva ancora perso la speranza che l’assassino tornasse per rubarle.

“Sicurezza?” Chiamò McCoy con l’interfono.

“Sì, Dottore?”

“Mi servono i filmati dell’ultimo rifornimento della nave, voglio sapere chi sono tutte le persone ad aver accesso a quel particolare lavoro.”

“È una lista piuttosto lunga, Signore.”

“Allora faresti meglio a iniziare.”

“Sì, Signore.”

McCoy si guardò intorno nell’ufficio, sperando che in un qualche modo la risposta a quel mistero gli comparisse davanti. Era sollevato dal fatto che non doveva trattarsi per forza di una persona fra quelle che avevano l’accesso alle pillole di Spock. Stava cominciando a pensare a cosa fare dopo quando notò Kirk lasciare l’Infermeria di fretta.

“Jim!” Chiamò Bones alzandosi in piedi. “Jim, aspetta…”

Kirk non rallentò e in un momento se ne era andato. Bones sospirò, essendo a conoscenza dei livelli di stress del Capitano negli ultimi tempi. Ora non solo doveva occuparsi della nave, ma anche dell’indagine per trovare l’assassino. McCoy decise che questa nuova rivelazione poteva aspettare e andò a controllare Spock.

Spock era seduto con le braccia incrociate sul petto. Stava fissando vagamente un punto sul soffitto. McCoy si preoccupò quando Spock non lo guardò per fargli capire che lo aveva sentito entrare. Il suo amico sembrava stanco sia fisicamente che mentalmente. Bones si avvicinò e passò una mano davanti agli occhi di Spock. Spock lo guardò, ma non disse nulla.

“Qualcosa non va, Spock?”

“Qualcuno a bordo di questa nave ha tentato di uccidermi.”

“A parte questo voglio dire.”

“Crede che ci sia qualcosa di più importante fra i miei pensieri?” Chiese Spock con una punta di irritazione nella voce.

“No.” McCoy scosse tristemente la testa. “Solo che hai quello sguardo preoccupato che normalmente riservi per quando credi che Jim sia nei guai.”

“Sono preoccupato per il livello di stress del Capitano.” Ammise Spock.

“Anche io.”

Spock annuì lentamente e i suoi occhi persero di nuovo concentrazione. Bones non era allarmato dalla breve attenzione di Spock. L’aveva vista molte volte. Spock era perso nei suoi pensieri, avrebbe risposto ad una domanda, ma non avrebbe iniziato una conversazione. Tuttavia, Spock improvvisamente sospirò, e quello era qualcosa al quale Bones non era abituato. McCoy si avvicinò e mise una mano sulla spalla di Spock. Normalmente Spock avrebbe guardato la mano che lo toccava come per capire cosa voleva dire il gesto umano o in una silenziosa richiesta di togliere la mano. Questa volta guardò McCoy direttamente negli occhi.

“Spock, c’è qualcosa che non mi stai dicendo?”

“Sì.”

“Vuoi parlane?”

“Non posso.”

“Un segreto?” Chiese Bones.

“Sì, Dottore.”

“Ai Vulcaniani non piacciono i segreti,” puntualizzò Bones “li mettono a disagio.”

“Infatti, e questo sta iniziando a costare parecchio.”

“Ha qualcosa a che fare con Jim?”

“Non posso dirlo.”

“Okay,” annuì McCoy “gli parlerò.”

“Grazie, Dottore.”

“Stai diventando bravo nell’essere ‘sottile’, Spock.” Si illuminò McCoy.

“È stancante rimanere onesto e sincero mantenendo un segreto.”

“Beh, cerca di riposare un po’.”

“Posso continuare il mio recupero nei miei alloggi?” Chiese Spock.

“Non vedo perché no. Ho fatto tutto il possibile per te qui. Sei fortunato che quel tuo sistema nervoso Vulcaniano sia così bravo a rimettersi a posto da solo. Ci vorrebbero mesi ad umano per riprendersi da qualcosa del genere, se riuscisse a superarla.”

“Un’altra svista del mio assassino.”

“Forse. Hai bisogno di aiuto per andare nei tuoi alloggi?”

“No. Mi sento più forte di quanto mi sia sentito negli ultimi tempi.”

“Beh non strafare. Non voglio vederti sul Ponte almeno per i prossimi cinque giorni.”

Il fatto che Spock non cercò di discutere su questo punto non fece altro che dimostrare a McCoy quanto si sentiva male Spock. Quasi ritrattò la sua decisione di dimetterlo, ma pensò non fosse giusto continuare a tenerlo separato da sua moglie. Spock scese dal tavolo e si prese un momento per rimettersi in equilibrio. Quando uscì Bones lo seguì.

“Non ho bisogno di assistenza, Dottore.”

“Non sto assistendo nessuno.” Disse Bones innocentemente. “Sono fuori servizio, sto solo facendo una passeggiata.”

“Nella stessa direzione in cui vado io presumo.”

“Presumi bene.”

“Molto bene.”

Bones era grato che Spock avesse deciso di reggergli il gioco. A metà corridoio Spock perse l’equilibrio spontaneamente. McCoy lo spinse leggermente verso il muro così che avesse qualcosa a cui appoggiarsi per riorientarsi. Spock si ricompose velocemente e fu in grado di camminare senza inciampi fino ai suoi alloggi. Prima di scomparire all’interno della stanza Spock si voltò verso McCoy.

“La ringrazio, Dottore, per tutto.”

“Piacere mio.”

“Dottore…” Spock esitò.

“Spock?”

“Nulla. Buona notte.”

Prima che McCoy potesse dire qualcosa Spock si ritirò nei suoi alloggi con una velocità impressionante chiuse la porta. Bones rimase da solo in corridoio ancora una volta con la sensazione che stesse succedendo qualcosa di grosso che né Kirk né Spock sentivano di poter condividere con lui. Sentendosi stressato lui stesso McCoy andò a cercare il Capitano.

Sapeva che quando Kirk si sentiva stressato si ritirava sul ponte d’osservazione principale. Arrivato alle porte della sala sentì il rumore di un bicchiere che si frantumava seguito da diverse imprecazioni. Allarmato Bones entrò. Kirk era davanti allo specchio che copriva il muro di destra. Lo specchio era stato colpito così forte da farne cadere alcuni pezzi a terra. Kirk si teneva la mano, che sanguinava prepotentemente.

“Jim?”

“Dannazione, Bones, sta’ lontano da me.” Sibilò Kirk.

“È un ordine, Capitano? O sta solo facendo il difficile?”

Kirk guardò il suo amico con un’espressione sconfitta. Mormorò qualcosa che sembrava una scusa e fece segno a Bones di avvicinarsi. Kirk porse al dottore la mano senza dire niente. McCoy vi diede un’occhiata critica e tolse un pezzo di vetro fra le nocche di Kirk. Dopo aver cercato in giro per qualche momento Bones trovò un pezzo di stoffa bagnato vicino al piccolo bar. Portandolo con sé lo avvolse intorno alla mano di Kirk.

“Grazie, Bones.”

“Vuoi parlarne?”

“Non realmente.”

“Che ne dici di un bicchierino?”

“Questo suona meglio.”

Bones ridacchiò e tornò al bar per prendere una bottiglia di scotch e un paio di bicchieri. Kirk si diresse alle sedie dove si erano seduti qualche sera prima. Bones riempì un bicchiere e lo passò a Kirk da sopra la sua spalla. Kirk si sporse e bevve con gratitudine il liquore a temperatura ambiente. Versandosi un bicchiere Bones si sedette sull’altra sedia.

“Spock si comporta in modo strano.” Disse McCoy di punto in bianco.

“Sì, beh, qualcuno ha appena tentato di ucciderlo.” Kirk scosse le spalle.

“Penso che ci sia qualcos’altro. Infatti sono vicino all’ordinare un permesso medico per entrambi.”

“Lo accetterei ben volentieri.” Gemette Kirk. “Mi serve un po’ di riposo.”

“E allora prenditene un po’.”

“Non posso.”

“Non essere ridicolo, Jim.” Scattò Bones. “Sei più che meritevole di prenderti un permesso, e Spock sarà presto via per paternità. Fa girare questa nave e riportala sulla Terra.”

“Ci hanno dato un’altra missione, priorità livello A-1.”

“Cosa?” Chiese McCoy sconcertato.

“Mi hai sentito. L’Ammiraglio Cooly mi prenderà a calci in culo per non aver già interrotto l’orbita. Saremo di nuovo in ritardo.”

“Quand’è che ci hanno assegnato questa nuova missione?”

“Mentre stavi cercando di salvare la vita a Spock. Per questo non ero lì, stavo discutendo con l’Ammiraglio Cooly.”

“Gliene importa qualcosa del fatto che potremmo avere un assassino a bordo?”

“No.” Ringhiò Kirk. “Ovviamente in quel momento non sapevo che ci fosse un assassino, ma non penso che avrebbe fatto qualche differenza. Sembrava che non gli importasse niente del fatto che potevo rimanere senza Primo Ufficiale in pochi secondi. Era furioso con me per l’attacco alla stazione di ricerca, e aveva ragione.”

“Jim, l’attacco non è stato colpa tua.”

“Non eravamo lì per colpa mia. Ho cambiato la rotta.”

“Perché l’hai fatto?”

“Onestamente non lo so. Per qualche motivo mi sembrava una bella idea.”

“In effetti sembra strano.” Rimuginò Bones.

“Cosa?”

“Il fatto che tu fossi preoccupato del confine Romulano proprio quando sembra che l’attacco sia stato eseguito da dei Romulani.”

“Non siamo sicuri che siano stati i Romulani.” Disse velocemente Kirk.

“Non hai detto all’Ammiraglio Cooly che Spock pensa siano stati i Romulani, vero?”

“No.” Ammise Kirk.

“Jim, devi dirglielo.” Disse McCoy fermamente, capendo di essere incappato nel segreto che stava disturbando Spock. “Quando Spock sarà di nuovo in piedi la sua teoria sui Romulani sarà nel suo rapporto. Se Cooly lo verrà a sapere da qualcun altro…”

“Lo so, lo so.” Gemette Kirk. “È solo che tutto questo potrebbe far iniziare una guerra, e non mi sembra giusto.”

“Non ti sembra giusto?”

“Il mio intuito mi dice che non sono stati i Romulani. È troppo casuale, troppo in un posto sperduto.”

“Come l’avvelenamento di Spock.”

“Cosa? Cosa vuoi dire?”

“Sta’ calmo, Jim. Dico solo che entrambi questi eventi sembrano sbucati fuori dal nulla.”

“Non pensi che io abbia qualcosa a che fare con tutto ciò, vero?” Chiese Kirk improvvisamente.

“Cosa? Vuoi dire se penso che tu sia la malattia di Spock? Che razza di domanda è?”

“Pensavi che Nyota potesse farlo, non sono io il più ovvio sospetto?”

“Se fossi ‘logico’ circa questa faccenda: sì.” Replicò Bones. “Tuttavia, ti conosco, e conosco Spock, e so che voi due siete buoni amici. Non hai niente da guadagnare dalla morte di Spock. E se non fosse così, lo rispetti abbastanza da garantirgli una morte rapida. L’avvelenamento è un atto di crudeltà, non lo faresti soffrire così, qualsiasi fosse il tuo motivo.”

“Immagino tu abbia ragione.”

“Perché stai anche solo considerando di poter essere tu il colpevole?”

“Non lo so, immagino di volere delle risposte, e sono poche le persone che avrebbero potuto farlo.”

“Spock ha dei nemici, Jim. Ci sono non poche persone a bordo di questa nave alle quali non piace prendere ordini da un Vulcaniano.”

“Non hanno accesso alle sue medicine.”

“Ci stavo pensando, e ho una nuova teoria. Penso che lo scambio sia avvenuto quando le pillole sono state portate a bordo.”

Kirk si perse nei suoi pensieri dopo aver sentito questa novità. Bones lo vide rilassarsi visibilmente e riuscì a rilassarsi un po’ lui stesso. Studiò il suo amico per un po’ e fu improvvisamente colpito da quanto appariva giovane nonostante tutte le preoccupazioni che aveva. Alcune volte era facile dimenticarsi che il Capitano non sembrava giovane, lo era. Gli eventi scatenati da Nero lo avevano portato a diventare Capitano prima del previsto.

McCoy si domandò se per caso passare un po’ di anni senza così tante responsabilità prima di diventare Capitano avrebbero potuto cambiare le cose. Gli sarebbe stato utile avere un mentore ad insegnarli come riuscire a fronteggiare le montagne di stress connesse alla sua posizione. Bones si sporse in avanti e si schiarì la gola per catturare l’attenzione di Kirk. Kirk lo guardò e lo fissò intensamente.

“Jim…richiama l’Ammiraglio, digli di assegnare a qualcun altro questa missione. Abbiamo bisogno di riposo.”

“Credimi, Bones, ho cercato di fargli capire in che stato siamo. Continua ad insistere su questa missione.”

“Verrebbe da pensare di essere l’unica nave nella galassia.” Sbuffò Bones.

“In effetti praticamente è così. In questo momento siamo l’unica nave sotto il diretto controllo di Cooly.”

“Sul serio? Non è un po’ strano?”

“Il fatto che siamo sotto il controllo di un membro del Consiglio è strano. È solo perché l’Ammiraglio Pike si sta ritirando che quello è riuscito a metterci ai suoi ordini. Normalmente il Consiglio si preoccupa dei suoi affari, informa la Flotta Stellare di quello che vuole e poi la Flotta Stellare manda gli ordini alla nave che reputa più adatta.”

“Allora perché Cooly non ci ha lasciato a qualcuno della Flotta Stellare?”

“Sta cercando di mostrare quanto bene può giocare con i suoi pedoni per guadagnare più navi. Penso voglia il meglio dei due mondi, un posto nel Consiglio e il diretto controllo di almeno una parte della flotta. È politicamente motivato e si sta servendo dei miei successi per scalare la vetta.”

“E se fallisci?”

“Sono certo che troverà un modo di usare anche quello a suo vantaggio.”

“Quand’è che hai scoperto tutto questo? Non sapevi nemmeno che Cooly era nel Consiglio fino a pochi giorni fa.”

“Sono arrivato alle mie conclusioni l’istante in cui ho saputo che lo era.”

“Quindi non hai prove che ti stia usando?”

“No, niente di tangibile. Solo…un’intuizione.”

“Stai attento con le tue intuizioni, Jim.” Lo avvisò seriamente McCoy. “Temo che stiano cominciando a cacciarti nei guai.”

“Non preoccuparti per me. Sto bene.”

“Devo preoccuparmi di te, Jim. A parte il fatto che è il mio lavoro, sei anche mio amico e sei in una posizione nella quale non si è mai trovato nessuno.”

“Che vuoi dire?”

“Hai meno anni di servizio del tuo Primo Ufficiale, non è mai accaduto. Devi tener testa alla reputazione di tuo padre, ti devi occupare di una delle navi più preziose della flotta. Per non parlare delle quattrocento e più vite a bordo della suddetta nave. Ora stai lavorando per quasi un anno di seguito senza riposo, con anche un’indagine di omicidio da portare a termine.”

“Bones, questo tuo piccolo discorso ha uno scopo?”

“È un mucchio di pressione per chiunque, e tu hai a malapena trent’anni.”

“Pensi che stia per esplodere.”

“Sì.”

“Beh, immagino che vedremo come andrà.” Kirk bevve il resto del suo drink. “Sarà meglio che vada sul Ponte, abbiamo una missione da compiere.”

“Che tipo di ‘oh tremendamente importante’ missione si tratta?”

“Questo è parte di ciò che mi rende furioso.” Replicò Kirk ridacchiando senza allegria. “Siamo trascinati per venti anni luce fuori strada per guidare la ‘South Pacific’ lungo la sua rotta per l’orlo esterno.”

“Stai scherzando.”

“Magari.”

“Fare da babysitter ad un cargo della Federazione è più importante della salute mentale di un Capitano e della salute fisica del Primo Ufficiale?”

“A quanto pare.”

 

E il mistero si infittisce sempre di più, cosa vorrà fare l’Ammiraglio Cooly? Come sempre grazie a tutti quelli che mi seguono commentando e non. ^^

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

Spock rimase presso la porta, aspettando che McCoy se ne andasse. Il dottore rimase immobile un momento prima di andare da Jim. Certo che McCoy se ne fosse andato Spock entrò nella sua camera da letto. Uhura stava dormendo pacificamente. Attorniata dalle lenzuola bianche e dalle soffuse luci blu Spock si ritrovò meravigliato dalla sua bellezza. Anubis improvvisamente cominciò a strusciarsi contro le sue gambe miagolando.

“Silenzio, Anubis.”

Insultato dal rimprovero Anubis  se ne andò. Spock voleva solo scivolare sotto le coperte con Uhura, ma guardandosi la pelle notò che era ancora coperta dalla polvere rossa del pianeta. Entrando in bagno Spock si tolse l’uniforme e si fece una doccia calda.

Appoggiandosi al muro lasciò che l’acqua gli scivolasse lungo la schiena. La polvere rossa si trasformò in fango e scivolò giù per lo scarico. Spock prese un profondo respiro e notò che col passare dei minuti la sua forza stava ritornando. Non aveva mai subito una trasfusione prima. Gli aveva dato nuova energia, ma poteva sentire la presenza del donatore nelle sue vene.

“T’Pring…un ‘grazie’ per averti liberata, forse?”

Spock non sapeva che T’Pring possedeva un tipo di sangue Vulcaniano donabile universalmente, né che McCoy le avesse chiesto una donazione. Tuttavia, ora che il suo sangue veniva pompato nelle sue vene dal suo cuore, sapeva che si trattava di lei. Col tempo quel sangue sarebbe stato rimpiazzato dal suo e la sensazione di averla vicina sarebbe svanita, ma lui si annotò di ringraziarla la prossima volta in cui si fosse trovato su Natala.

Una volta pulito Spock uscì dalla doccia e si asciugò. Cingendosi i fianchi con l’asciugamano Spock si avvicinò all’armadietto con le medicine. Era una semplice abitudine di prendere gli integratori di rame. Sentendosi vagamente sciocco prese invece il dentifricio. Dopo essersi lavato i denti rimise tutto nell’armadietto e improvvisamente notò una piccola scatoletta laccata di nero sulla mensola più in alto.

La scatola non era niente di nuovo, era rimasta lì per mesi. Apparteneva a Uhura e Spock non aveva mai pensato di toccarla. Ora invece decise di prendere la scatola, esitando però ad aprirla. Quasi sul punto di rimetterla a posto, Spock la aprì. Come temeva all’interno vi erano due bottigliette con scritto il nome di Uhura.

“Nyota, come puoi amarmi? Guarda cosa ti ho fatto.”

Spock chiuse il coperchio e rimise la scatola dove l’aveva trovata. Se era un segreto che Nyota non voleva lui scoprisse allora lui glielo avrebbe permesso. Aveva già deciso di non dirle che qualcuno stava cercando di ucciderlo a meno che lei non gli avesse chiesto direttamente cosa era successo.

Facendo tutto il possibile per non svegliare Uhura Spock rientrò in camera da letto e scivolò sotto le coperte. Uhura rimase immobile, addormentata. Spock si domandò se la causa del suo sonno profondo fosse una delle pillole che le erano state prescritte. Cercò di addormentarsi, ma la sua mente stava lavorando troppo per permettergli di riposare tranquillamente.

Anche se era stato lui stesso a suggerirlo trovava difficile credere che fosse stato il suo stesso Capitano ad attentare alla sua vita. I Romulani dovevano essere molto più potenti di quanto credevano se erano in grado di costringere un uomo ad agire contro la sua natura senza che nemmeno lui se ne accorgesse. Spock era certo che se questo era il caso Kirk non se lo ricordava.

Inquieto Spock si mise sul fianco e si accoccolò al fianco di Uhura. Poggiò gentilmente la mano sul ventre rotondo di Nyota. Chiuse gli occhi e cercò il lieve battito di quel cuoricino. Come se si fosse accorto di essere osservato il bambino non ancora nato calciò il muro del suo santuario. Spock aveva sentito il calcio come anche Nyota. Aspettandosi di stare dividendo il letto solo con Anubis si svegliò di colpo.

“Mi dispiace, Nyota.”

“Spock…” Uhura si stese sulla schiena e lo guardò. “Come ti senti?”

“Abbastanza bene da convincere il buon dottore a rilasciarmi.”

“Starai bene?” Chiese Uhura ansiosa.

“Sì.”

Spock non comprese il motivo delle improvvise lacrime di Uhura dato che erano accompagnate da uno splendente sorriso. Preoccupato le asciugò rapidamente. Uhura si tirò su sul gomito goffamente per baciarlo. Spinse la sua spalla per farlo stendere sulla schiena. Stendendosi sul fianco Uhura appoggiò l’orecchio contro il suo petto e gli si avvicinò quanto più poteva con l’intralcio del ventre.

Spock le accarezzò i lunghi capelli. Sospirando contenta Uhura si rilassò contro di lui. Spock cercò di godersi quel momento, ma i suoi pensieri gravavano pesantemente sulla sua mente. Ora che aveva la possibilità di pensarci se i Romulani avevano una qualche presa sul Capitano allora c’era la possibilità che l’attacco al pianeta non fosse stato casuale. Anche se non era un assassino di sua volontà forse Kirk stava donando informazioni ai Romulani senza saperlo.

“Spock?”

“Sì?”

“Cosa ti preoccupa?”

“Nyota…” Spock esitò. “Nyota, a chi devo la mia lealtà: al Capitano o alla Flotta Stellare?”

“Non dovrebbero essere la stessa cosa?”

“E se non lo fossero?”

“‘E se’?” Ripeté Uhura preoccupata. “Spock, tu non dici mai ‘e se’, non è logico.”

Sentendosi a disagio Spock si scostò da Nyota e si sedette dandole la schiena. Preoccupata che la stesse chiudendo fuori anche Uhura si sedette e gli mise le mani sulle spalle. Spock le prese la mano nella sua, ma ancora non volle guardarla.

“Spo…”

“Hai ragione, tutto ciò è illogico.” La interruppe Spock. “Perdonami per averne parlato.”

“Di cosa si tratta?”

“Di nulla.”

“Spock, credo che tu mi abbia appena mentito.” Accusò gentilmente Uhura.

“Ho fatto una promessa che trovo difficile mantenere.”

“Tutti facciamo promesse che non possiamo mantenere, Spock, è parte della natura umana.”

“Io non sono umano.”

“Hai alcuni dei nostri difetti lo stesso.” Scherzò Nyota.

“Chiaramente.”

Spock si sentì improvvisamente colpito in testa da un cuscino. Finalmente si voltò per guardare Nyota e notò che aveva uno sguardo di finta rabbia. Anche se insicuro circa ciò che aveva fatto per meritarsi l’assalto l’espressione sul suo volto gli fece apparire un leggere sorriso.

“Stupefacente.” Sussurrò Nyota.

“Cosa?”

“L’abilità del Dr. McCoy.”

“Come?”

“Ti ha davvero riportato indietro.” Sorrise Uhura. “Non vedevo quel piccolo sorriso da mesi.”

“Non ti ho trattata bene.”

“Sei stato malato.”

“Non è una scusa. Sin dalla mia esperienza con le mie incontrollabili emozioni sono stato sempre più preoccupato che se non fossi riuscito a sopprimerle completamente tutto sarebbe riaccaduto.”

“Devi trovare un equilibrio.”

“Non sono certo di esserne capace.”

“Forse non da solo, ma è per questo che ci sono io.”

Spock guardò Nyota e corrugò leggermente le sopracciglia. Uhura roteò gli occhi alla sua apparente confusione. In un tentativo di chiarimento gli mise le braccia intorno al collo e si stese, baciandolo. Spock rispose al bacio e mise una mano sul ventre tondo di Nyota.

“Prenderò immediatamente il mio periodo di riposo.” Disse improvvisamente Spock. “A partire da ora.”

“Cosa?”

“Ho sufficienti giorni di riposo per coprire il tempo da ora sino al giorno del parto. Da lì il mio congedo per paternità mi dona un altro mese da passare con voi.”

“Sei serio?”

“Sempre.”

“Spock…” Uhura esitò. “Non voglio avere questo bambino nello spazio, lo voglio su un terreno solido, non mi importa se della Terra o di Natala.”

“Ti porterò sulla Terra, Natala non è la casa di nessuno dei due. Barindin 5 è a non più di sei ore da qui, è un famoso centro di commercio. Troveremo facilmente un passaggio fino alla Terra.”

“Obbligheresti il Capitano a cambiare la rotta della nave per te?” Lo prese in giro Nyota.

“L’intero equipaggio necessita di riposo, mi è stato detto che Barindin 5 è…” Spock cercò la parola giusta.

“Divertente?” Suggerì  Nyota.

“Qualcosa del genere.”

“Pensi davvero che il Capitano ci lascerà andare?”

“Mi deve un favore.”

“Spock, credo di non averti mai sentito dire che qualcuno ti ‘deve’ qualcosa.”

“Prima nessuno mi doveva niente.”

 

Finalmente Spock e Nyota sembrano aver fatto la ‘pace’^^ Grazie mille per i vostri commenti, vi adoro tutti^^

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

Kirk vagava per i corridoi dell’Enterprise con la stessa sensazione di disagio di uno sciacallo costretto ad attraversare il territorio di un branco di leoni. Era tardi e la strada era per lo più deserta. Eppure ogni volta che Kirk incontrava qualcuno faceva del suo meglio per cambiare strada ed evitarli. Non sapeva dove stava tentando di andare, ma non fu sorpreso di ritrovarsi fuori dagli alloggi di Spock.

Kirk sapeva di dover bussare, ma inserì il suo codice di annullamento lo stesso. La porta si aprì e lui entrò senza nessun invito. A dispetto dell’ora tarda Spock era sveglio. In piedi davanti alla finestra del suo salotto fissava le stelle. Sentendo l’aprirsi e il chiudersi della porta Spock si voltò. Mise le mani dietro la schiena con noncuranza e fissò il Capitano, apparentemente non disturbato dall’inaspettata intrusione.

“Problemi a dormire, Capitano?”

“Qualcosa del genere.” Kirk si guardò attorno nella stanza debolmente illuminata. “Dov’è Nyota?”

“Al contrario di noi due sta dormendo.”

“Giusto.” Kirk annuì vagamente. “Spock, ricordi quella spada cerimoniale Vulcaniana della quale mi hai parlato una volta?”

“La ka-flash.”

“Sì, proprio quella. Posso vederla?”

Invece di rispondere Spock si spostò dalla finestra e si diresse ad una mensola con sopra una scatola in legno. Prese cautamente la scatola e la poggiò su un tavolo vicino alla finestra. Aprendo la scatola indietreggiò, così che Kirk potesse vederne il contenuto. Kirk esitò un momento, ma alla fine si avvicinò.

Nella scatola vi era una spada finemente ornata di uno sconvolgente metallo bluastro adagiata su un letto di seta nera. La lama affilata come un rasoio era ancora sporca di sangue incrostato nel punto usato da Spock per tagliarsi quando suo padre gliel’aveva donata. Kirk si mosse per afferrarne l’elsa. Si fermò per guardare Spock, ma sembrava che il suo amico non avesse nulla contro ciò che voleva fare.

La ka-flash pesava più di quanto non apparisse, tuttavia era perfettamente bilanciata e sembrava una cosa naturale impugnarla. In battaglia il peso della spada si sarebbe aggiunto alla forza di colui che la brandiva quando utilizzata contro un nemico. Kirk la tenne sollevata facendone risplendere la superficie lucida.

“È bellissima.” Ammirò Kirk.

“È così.” Concordò Spock. “Tuttavia, ha un passato oscuro. Prima che i miei antenati acquisissero il controllo delle loro emozioni milioni di Vulcaniani in migliaia di anni hanno trovato la morte per mano di una spada come questa.”

“Milioni?”

“Sì, Capitano.”

“Allora forse mi perdonerai il dover aggiungere una vittima a tale conto.”

“Cap…”

Spock fu interrotto quando Kirk impiantò la spada nel suo fianco. Assetata di sangue la spada curva affondò nella carne fra le costole di Spock fino all’elsa. Anche se quel colpo sarebbe stato semplicemente un danno grave per un umano aveva trapassato in pieno il cuore del Vulcaniano.

Tenendo l’elsa della ka-flash sempre saldamente in mano Kirk seguì Spock mentre indietreggiava di alcuni passi fino ad arrivare alla finestra. Kirk si premette contro di lui per supportarlo mentre la sua vita scivolava via. Spock appoggiò pacificamente la testa contro la spalla del suo amico, era illogico lottare a quel punto. Poteva ancora respirare, ma col cuore spezzato non aveva modo di far circolare il sangue ossigenato. Kirk sentì la carezza del fiato caldo di Spock sul suo collo diminuire lentamente. Mentre prendeva il suo ultimo respiro un fiotto di sangue verde schiumoso uscì dalla bocca di Spock sporcando l’uniforme di Kirk.

Quando Spock si rilassò completamente nella morte Kirk lo fece scivolare gentilmente a terra. Inginocchiandosi accanto a lui Kirk tirò via la lama dal fianco di Spock e fissò il brillante sangue verde che copriva la spada e la sua mano. Gli occhi di Spock erano ancora aperti. Kirk li chiuse con la mano ancora pulita.

“Mi dispiace.” Sussurrò Kirk.

“Spock?” La voce spaventata di Nyota spaventò Kirk. “Capitano, sei t…”

Kirk si alzò e si voltò rivelando la scena sanguinosa. Gli occhi di Nyota si spalancarono per l’orrore. Per un momento sembrò che il mondo intero si fosse fermato, tuttavia quando Uhura si voltò per correre Kirk si lanciò contro di lei. Prendendola facilmente la sbatté contro il muro premendo la spada contro la sua gola con l’intenzione di ucciderla.

“James!”

Kirk si svegliò di soprassalto con ancora l’urlo disperato di Nyota in testa. Madido di sudore Kirk lottò contro le coperte che lo tenevano imprigionato. Finendo per terra ebbe dei violenti conati a vuoto per l’incubo appena avuto. Forzandosi in piedi si trascinò fino alla doccia aprendo l’acqua a una temperatura molto vicina all’ustionante. Seduto per terra nella doccia prese alcuni respiri profondi.

Kirk urlò allarmato quando vide un rigagnolo di sangue rosso scivolare giù per lo scarico. Tuttavia, realizzò velocemente che il sangue apparteneva a lui, non a Uhura. Aveva colpito lo specchio nella sala d’osservazione a causa della frustrazione per l’ennesima lotta contro la morte di Spock. Ispezionandosi la mano trovò un’altra piccola scheggia argentata di vetro e la tirò via.

“Non sono stato io, non l’ho avvelenato io. Lo saprei.”

Per niente convinto della sua innocenza Kirk si guardò il palmo della mano. Dalla notte in cui gli aveva causato dolore era stato perfettamente normale. Il prurito era svanito e l’arrossamento se ne era andato. Qualsiasi cosa l’avesse causato sembrava essere sparita.

Alzandosi Kirk spense la doccia. Sapendo che non sarebbe riuscito a dormire quella notte Kirk si asciugò e tirò fuori la sua uniforme. Erano passate da poco le quattro di notte, troppo presto per presentarsi sul Ponte. Sentendosi ansioso a causa del sogno Kirk premette il tasto dell’Interfono.

“Infermeria.” Disse l’infermiera di turno.

“Infermiera, quali sono le condizioni del Signor Spock?”

“Il Dr. McCoy lo ha dimesso ieri sera tardi.”

“Grazie.”

A Kirk non piaceva il fatto che fosse stato permesso a Spock di semplicemente andarsene, ma d’altra parte si fidava del fatto che McCoy sapeva cosa stava facendo. Senza nient’altro da fare Kirk camminò per i suoi alloggi finché le luci dell’Enterprise non divennero più chiare segnalando l’alba artificiale. Si diresse direttamente al Ponte dove il turno notturno stava per finire.

“Tutto a posto qui?”

“Sì, Capitano. Dovremmo arrivare al punto d’incontro con la ‘South Pacific’ in poco più di ventiquattro ore.”

“Tutto tranquillo fino a quel momento?”

“In teoria.”

Kirk annuì e prese il suo posto sulla poltrona del Capitano. Nelle successive ore firmò i vari rapporti che gli vennero piazzati davanti, ma a parte quello passò la maggior parte del tempo cercando di capire chi a bordo dell’Enterprise poteva volere la morte del suo Primo Ufficiale. L’interfono suonò improvvisamente richiamando la sua attenzione.

“Qui Kirk.”

“Capitano.” Salutò la voce di Spock.

“È in permesso per malattia, Signore, possiamo occuparci del Ponte senza di lei.”

“Non ne dubito. Tuttavia, mi chiedevo se potevo parlarle.”

“Certamente. Dove sei?”

“Sala d’osservazione.”

“Arrivo subito.”

“Grazie, Capitano.”

Kirk si alzò e si diresse all’ascensore. Si sentiva ansioso di rimanere da solo con Spock, spaventato di quello che poteva fare. Quando arrivò alla sala d’osservazione congelò. Spock era innanzi alla finestra a fissare le stelle esattamente come nel suo sogno. Kirk scosse via i suoi pensieri e si unì all’amico alla finestra. Guardò bene Spock e fu sorpreso dal cambiamento avvenuto.

“Spock, sembri…in salute.”

“Mi sento più forte di quanto mi sia sentito negli ultimi mesi. Tuttavia, la mia recente malattia mi ha fatto riconsiderare le mie priorità.”

“Priorità?”

“Intendo cominciare subito il mio periodo di permesso per stare più tempo insieme a Nyota.”

“È un’idea eccellente.” Sorrise Kirk.

“A una condizione, scenderò solo se lo farà anche lei.”

“Cosa?”

“So che non ha chiesto permessi superiori ai pochi giorni da quando è diventato Capitano. Deve prendersi un prolungato periodo di riposo.”

“Non posso lasciare l’Enterprise senza il Primo Ufficiale e il Capitano.”

“Penso che possa. L’Enterprise deve fare un controllo completo fra quattro mesi, questi controlli richiedono dai due ai tre mesi per essere eseguiti. Durante questi periodi gli Ufficiali generalmente prendono dei permessi di assenza. Non riesco ad immaginare che la Flotta Stellare rifiuti all’Enterprise di presentarsi in anticipo per questo controllo.”

“Vuoi che mi prenda una vacanza per la mia salute mentale o perché non vuoi lasciarmi senza supervisione a bordo?”

“È così.”

“Apprezzo la tua onestà, Spock.”

“Grazie. Recentemente sono stato preoccupato circa la mia integrità.”

“Mi dispiace, Spock.” Sospirò Kirk. “So di averti messo in una brutta posizione. Se sapessi per certo di non essere in pieno controllo delle mie azioni giuro che mi rimuoverei dalla mia posizione, ma devi capire, Spock, che questa nave, la Flotta Stellare…è la mia vita.”

“Lo capisco.”

“Concordo con le tue condizioni. Parlerò con la Flotta Stellare l’istante in cui avremo finito con la nostra corrente missione.”

“Ho notato che abbiamo abbandonato l’orbita.”

“Dobbiamo soltanto fare da babysitter, non ci vorrà più di una settimana. Chiederò di riportarci sulla Terra, sono certo che il Dr. McCoy potrà scriverci dei certificati di permesso medico in caso.”

“Credo che possa.” Annuì Spock. “Grazie, Capitano.”

Kirk forzò un lieve sorriso. Spock si inchinò brevemente e si voltò per andarsene. Kirk si allungò per fermarlo e per sua sorpresa Spock si allontanò da lui a velocità accecante. L’intera figura del Vulcaniano si era tesa in preparazione ad un combattimento. Kirk alzò le mani in segno di calma e fece un passo indietro.

“Pensi davvero che sia stato io ad avvelenarti.” Disse Kirk con calma.

“Mi dispiace, Capitano.”

“Non scusarti, ti ho chiesto di essere pronto a difenderti.”

“Sto per diventare padre, non posso permettere che disattenzione da parte mia lasci Nyota a crescere nostro figlio da sola.”

“Se credi che sia una minaccia così grande, perché non mi hai consegnato alla Flotta Stellare? Non è solo la cosa più logica da fare, ma è anche il tuo dovere di proteggere questa nave.”

“Ho fatto una promessa, non è qualcosa che i Vulcaniani prendono alla leggera.” Replicò Spock. “Vi è inoltre il fatto che lei è fra i pochi nell’intera galassia che sono orgoglioso di poter chiamare amico. Temo di rovinarle la vita per un mio sospetto che potrebbe non essere fondato.”

“Spock, è una follia. Devo saperlo, devo sapere se sono stato io, e tu sei l’unico che può dirmelo.”

“Le ho già spiegato i motivi per i quali non intendo guardarle nella mente.”

“E io credo che tu stia diventando fin troppo bravo a mentire.”

“Mentire?”

“Mi hai detto di aver paura di finire in un qualche modo sotto il controllo dei Romulani, ma credo che in realtà tu sia spaventato di ciò che potrai trovare. Sei convinto che sia stato io, devi esserlo o non chiederesti un permesso senza prima aver trovato l’assassino.”

“Jim…”

“Dobbiamo a questo equipaggio lo scoprire se il loro Capitano è un assassino.”

Spock guardò Kirk con un’espressione sconfitta e annuì leggermente. Terrorizzato lui stesso della possibile risposta Kirk deglutì pesantemente avvicinandosi a Spock. Non gli era piaciuta la fusione mentale con l’altro Spock, né quando Spock aveva cercato nei suoi ricordi le tracce di una possibile tecnologia futura. Dubitava che questa volta sarebbe stato diverso. Spock sollevò la mano per toccare il volto di Kirk, ma esitò. Anche se il volto di Spock era rimasto inespressivo Kirk poté sentire la paura del suo amico.

“Spock, per favore, dobbiamo saperlo.”

“Nascondersi dalla verità non servirà a cambiarla.”

“Esattamente.”

Spock annuì di nuovo e sollevò nuovamente la mano con più sicurezza. Questa volta fu Kirk a indietreggiare leggermente. Spock si fermò.

“Spock, prima di iniziare, se scopri che sono stato io…mi dispiace.”

“Non mi ferirebbe intenzionalmente.”

“Mai.”

“Non l’ho mai dubitato.”

Kirk sorrise e chiuse gli occhi. Spock raddrizzò le spalle e chiuse la breve distanza fra di loro. Kirk ansimò quando Spock invase i suoi pensieri e cominciò a rovistare fra i suoi ricordi. Dato che si trattava di un ricordo al quale nemmeno Kirk poteva accedere Spock fu costretto a scavare a fondo. Tuttavia la fusione mentale funzionava per entrambe le parti e Kirk si ritrovò a provare in prima persona i mesi passati a lottare per mantenere su le apparenze passati da Spock durante l’avvelenamento.

Mentre Spock continuava a cercare qualche prova Kirk incappò in una incoerenza nella mente di Spock. Mantenere il segreto era molto più difficile per Spock di quanto Kirk potesse immaginare. Era come chiedere a un computer di dividere per zero, la metà Vulcaniana di Spock non riusciva a comprendere le ragioni dietro l’insistenza della sua metà umana a mantenere un pericolo così ovvio vicino al cuore. Questo conflitto creava un circolo infinito che Spock non aveva modo di risolvere. Lacrime cominciarono a rigare il volto di Kirk quando scoprì che fino a poco tempo prima Spock era stato convinto che fosse stata la sua lotta mentale a farlo stare male.

Spock rilasciò il Capitano, ma servì un momento ad entrambi per riguadagnare la loro singolarità. Kirk fissò Spock, in attesa di una risposta. Spock era ancora perso nei suoi pensieri, le sopracciglia arcuate corrugate. Kirk non aveva mai visto il Vulcaniano così confuso. Non sapeva se era un buon segno o meno.

“Spock?”

“Lei è innocente.”

Kirk rilasciò un sonoro sospiro di sollievo e si sedette pesantemente sulla sedia dietro di lui. Sentì un enorme peso che gli lasciava il petto. Kirk guardò Spock, sperando di vedere lo stesso sollievo sul suo volto. Tuttavia, Spock sembrava più spaventato che mai.

“Spock, non preoccuparti. Scopriremo chi è stato.”

“Mi scuso, Capitano, ero certo che fosse lei il mio assalitore.”

“Era logico.”

Spock continuava a sembrare disturbato. Kirk poteva giurare che il suo amico si trovava a pochi attimi dal cominciare a camminare avanti e indietro. I suoi occhi si muovevano freneticamente mentre la sua logica mente cercava di comprendere quello che probabilmente era stato un attacco guidato da delle emozioni. Intrappolato nuovamente in un circolo che non aveva risposte Spock non ritornò nel mondo attorno a lui finché Kirk non si alzò e gli mise una mano sul petto.

“La mia famiglia non è più al sicuro.”

“Non lo sappiamo.”

“Credevo che il motivo dell’avvelenamento fosse il fatto che sono l’unico a conoscenza della sua possibile contaminazione Romulana. Ora che non conosco più il motivo non c’è garanzia che non decidano di attaccare Nyota ora che hanno fallito con me.”

“Li troveremo, dobbiamo solo pensarci logicamente. Chi a bordo di questa nave potrebbe volerti morto per ragioni personali?”

“Personali?” Ripeté Spock confuso.

“Vendetta, gelosia, odio…”

“Non comprendo queste emozioni, pertanto non ho modo di sapere chi serberebbe un tale mortale rancore nei mie confronti.”

“Bene, chiamo l’Ammiraglio, cancelliamo questa missione. Faremo a pezzi questa nave se necessario, ci deve essere qualche prova da qualche parte…”

“No.” Spock scosse la testa. “Non possiamo incominciare una caccia alle streghe. Continui a far proseguire la nave come al solito.”

“E il tuo permesso per riposo?”

“Cancello la mia richiesta.”

“Uhur…”

“Comprenderà.”

Kirk non ne era così sicuro, ma poteva comprendere le ragioni di Spock. Poteva cominciare a sentire il fin troppo familiare stress percorrergli le spalle. Guardando Spock poté vedere che neanche il Vulcaniano ne era immune. Nella luce blu della Velocità a Curvatura appariva pallido e malato di nuovo anche se non mostrava nessun segno di debolezza.

“Ho un’idea.” Disse Kirk improvvisamente. “Lascia che ti accompagni in Infermeria.”

“Infermeria? Mi sento bene.”

“No, non credo.” Kirk sorrise maliziosamente. “Penso che tu stia per avere una ricaduta.”

“Non capisco.”

“Il miglior modo per catturare un predatore è usare un’esca. Niente fa comparire gli sciacalli come una preda ferita.”  

 

Ammettetelo avete fatto un colpo all’inizio quando sembrava che Kirk avesse ucciso Spock^^ Io  mi sono sentita letteralmente sconvolta la prima volta che l’ho letto 0_0 Comunque ringrazio come al solito i miei fedeli lettori e commentatori^^

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

“Posso dire che secondo me questa è una pessima idea?”

“Possiamo forse impedirtelo?” Chiese Kirk.

“No.” Rispose Bones.

“Allora la tua opinione è stata annotata.”

“Grazie, Jim.” Brontolò McCoy.

Spock guardò i due battibeccare dal suo posto sul tavolo dell’Infermeria. Kirk stava definendo i particolari dell’ultimo minuto quando Uhura entrò come una tempesta in Infermeria con due guardie della sicurezza alle calcagna. Spock si mise immediatamente seduto per mostrarle che era incolume.

“Che diavolo sta succedendo qui?” Domandò Uhura, prima di ricevere una risposta si voltò verso le due guardie che la seguivano. “Voi due, indietreggiate!”

“Spock,” castigò Kirk “non gliel’hai detto?”

“Cosa doveva dirmi?”

“Ero insicuro circa il come spiegarlo al meglio.”

“Incomincia con la parte riguardante il quando mi hai messo questi due cani da guardia addosso.” Scattò Nyota.

Kirk era felice di vedere che Uhura aveva conquistato un po’ di quel suo vecchio fuoco, ma quello era davvero un brutto momento. Congedò le guardie alle quali aveva ordinato di sorvegliarla, e disse loro di aspettare fuori dall’Infermeria. Chiuse la porta per dare a tutti loro un po’ di privacy. Uhura incrociò le braccia sul petto e guardò ferocemente Spock.

“Spock, devo saperlo…stai morendo?”

“No,” Spock scosse la testa “tuttavia, qualcuno ha attentato alla mia vita. Non ero ammalato, sono stato avvelenato.”

“Avvelenato?” Ripeté Nyota scioccata. “Chi farebbe una cosa simile?”

“È quello che stiamo cercando di scoprire.” Assicurò Kirk. “Speriamo che chiunque sia stato si faccia vivo se verrà a sentire che Spock è finito di nuovo in Infermeria.”

“Capitano, non approvo che lei usi mio marito come esca.”

“Concordo.” Mormorò Bones.

“Se qualcuno ha una soluzione più logica sono disposto ad ascoltarla.” Annunciò Spock. “Per favore, Nyota, non starò qui per più di due giorni, ritorna ai nostri alloggi e permetti alla Sicurezza di fare il suo lavoro.”

Uhura guardò male Kirk dispettosamente per un momento prima di prendere fiato per continuare la discussione. Tuttavia, tenne i suoi pensieri per sé e chiuse gli occhi con un sospiro sconfitto. Si chinò e baciò Spock sulla guancia. Lui le prese la mano brevemente prima di lasciarla.

“Se non è una cosa con te, Spock, è l’altra.” Uhura forzò un sorriso. “Se nostro figlio sarà anche solo la metà incline a finire nei guai come te allora siamo in guai seri.”

“Concordo.”

Uhura si voltò verso Kirk. “Se permetti che gli succeda qualcosa ti prenderò a calci.”

“Sì, Signora.” Sorrise Kirk.

Uhura baciò di nuovo Spock prima di andarsene contro voglia. Spock si stese nuovamente sul tavolo e guardò il soffitto. Kirk lo guardò criticamente, non sembrava malato. In effetti sembrava pronto per scattare giù dal tavolo, afferrare la prima cosa vivente nei pareggi, e ucciderla.

“Spock? Stai bene?”

“Sono infelice per la mia corrente situazione.”

“Questa mi suona come l’attenuazione del secolo.” Notò McCoy.

“Preferirei proteggere Nyota io stesso.”

“Nessuno la toccherà, te lo prometto.” Disse Kirk.

“Non penso che qualcuno ci proverà,” sorrise Bones “avrebbero per le mani un Vulcaniano veramente arrabbiato.”

“I Vulcaniani non si arrabbiano.”

“Continua a ripetertelo.”

“Signori,” interruppe Kirk “se non lasciamo il Signor Spock da solo questo piano non funzionerà mai.”

Bones scosse la testa in disapprovazione ma permise a Kirk di condurlo fuori dalla stanza. McCoy seguì Kirk all’ascensore. Una volta dentro Kirk lo guardò in attesa.

“Jim, sei certo che sarà al sicuro?”

“Bones, mi hai detto che tu stesso eri impressionato da quanto velocemente ha recuperato. Nessuno riuscirà a scamparla con Spock ora che è in allerta.”

“Deve dormire qualche volta.”

“No invece, Spock può andare avanti giorni senza dormire.”

“Spero che tutto ciò funzioni.” Sospirò Bones.

“Anche io. Nessuno di interessante in quella lista che ti ha dato la sicurezza?”

“Niente di che.”

“Troveremo quel bastardo, e poi ci prenderemo tutti una ben meritata vacanza.”

“Questo sì che è un piano.”

Kirk ridacchiò e diede una leggera spintarella a McCoy per gioco. Le porte dell’ascensore si aprirono e lui uscì. Proprio come Spock si sentiva meglio di quanto non si fosse sentito da mesi. Sentiva come se stessero finalmente facendo qualcosa di utile e che quando avessero acciuffato l’assassino avrebbero avuto la possibilità di rimettere a posto la nave insieme alle loro vite.

“Signor Sulu, come va il nostro incontro con la ‘South Pacific’?”

“In orario, Signore. Mancano approssimativamente undici ore e mezza.”

“Bene. Vediamo di eseguire un’operazione da manuale.”

“Sì, Signore.”

“L’ultima cosa di cui ho bisogno è un’altra complicazione.”

“Sì, Signore.” Annuì Sulu. “Come sta il Signor Spock?”

“Di nuovo in Infermeria, sembra che gli ci vorrà più di quanto pensassimo per recuperare.”

“Cos’è successo?”

“Pensiamo sia solo un po’ di debolezza residua.” Mentì Kirk. “Starà bene.”

“Gli farò una visita a fine turno.”

“Si assicuri di avvisare McCoy prima di farlo.”

“Sì, Signore.”

Kirk non pensò neanche per un secondo che la visita di Sulu potesse essere tutto fuorché amichevole. Le seguenti ore passarono lentamente, ma alla fine il turno di Kirk sul Ponte finì. Andò in Infermeria per controllare Spock, ma scoprì che al suo fianco c’era già Nyota e decise di lasciarli da soli.

Nessuno si aspettava che l’assassino provasse a fare qualcosa prima di notte quindi Kirk continuò la sua giornata come al solito. Parte del piano era di comportarsi il più naturalmente possibile dato che l’equipaggio non era stato informato del fatto che qualcuno aveva avvelenato Spock. Le voci che si erano sparse dicevano che Spock era collassato ma stava recuperando tranquillamente. La speranza era che l’assassino realizzasse che Spock ora era più debole, ma che la situazione non sarebbe durata e quindi quello era il momento di colpire.

Kirk non credeva di essere in grado di dormire, ma intorno a mezzanotte si addormentò sul suo divano. Si svegliò al suono dell’interfono che lo chiamava. Era Sulu che lo avvisava del fatto che erano a dieci minuti dalla ‘South Pacific’ e che era stato stabilito un contatto audio con la stessa. Kirk annuì e chiamò l’Infermeria.

“Bones, come sta Spock?”

“Tranquillo come un  topolino.”

“Okay, tienimi informato.”

“Certo. Jim?”

“Sì?”

“Se non prendiamo questo tipo…”

“Lo prenderemo, ci sono sempre prove per ogni crimine.” Lo interruppe Kirk. “Potrebbe solo volerci un po’ di tempo.”

“Il che era proprio quello di cui volevo parlarti, se non lo prendiamo prima della fine della missione, cosa farai?”

“Appena la ‘South Pacific’ sarà al sicuro nel suo porto farò girare questa nave verso la Terra e farò scendere Spock a forza.”

“Bene, penso che sarebbe la cosa migliore.”

“Considerala fatta.”

Kirk era deluso dal fatto che nessuno aveva provato a fare qualcosa durante la notte, ma non era certo sul punto di arrendersi proprio ora. Dirigendosi verso il Ponte, Kirk arrivò giusto in tempo per vederli uscire dalla Curvatura. La ‘South Pacific’ apparve sullo schermo. Era una nave impressionante, circa due volte l’Enterprise. Aveva alcuni sistemi minori di difesa, ma essere così grande la rendeva preda facile per le più veloci navi piccole.

“Capitano, la ‘South Pacific’ ci sta chiamando.”

“Sullo schermo.”

Un uomo sorprendentemente giovane apparve sullo schermo. Kirk corrugò le sopracciglia preoccupato, pensava che il Capitano della ‘South Pacific’ fosse un veterano con più di vent’anni di servizio. Tuttavia, se quest’uomo era stato sulla ‘South Pacific’ per più di vent’anni allora doveva essere nato a bordo. Il giovane uomo dai capelli color sabbia sorrise smagliante.

“Capitano Kirk, è un onore, Signore.”

“Lo stesso, Capitano…”

“Peters, Signore.”

“Capitano Peters.” Annuì Kirk.

“Devo ammettere, Capitano, che sono lieto che lei e l’Enterprise veniate con noi in questo viaggio.”

“L’Orlo Esterno può essere pericoloso, è il paradiso dei pirati.”

“Così mi han detto.” Concordò Peters.

“Non ci è mai stato?” Chiese Kirk.

“No, Signore.”

“Da quanto è il Capitano della ‘South Pacific’?”

“Da pochi mesi, ma ne sono stato il Primo Ufficiale per tre anni. Conosco questa bellezza come le mie tasche.”

“Ne sono certo. Che è successo al precedente Capitano?”

“Rick? È incappato in un bel po’ di soldi recentemente ed è andato in pensione su Iolion 4. Fortunato bastardo…er…perdonate il mio linguaggio, Capitano.”

“Nessun problema.” Sorrise Kirk. “È ora di mettere in scena lo spettacolo, no?”

“Sì, Signore. La ‘South Pacific’ non ha la stessa capacità di Curvatura dell’Enterprise, possiamo fare solo brevi salti di circa cinque ore prima di fermarci per lasciar raffreddare tutto.”

“Annotato. Sulu, può mostraci la rotta che ci ha assegnato la Flotta Stellare?”

“Sì, Signore.”

Una mappa stellare visibile ad entrambi i Capitani apparve sullo schermo. Kirk si avvicinò per poterla vedere meglio. Passò il dito lungo la linea rossa che mostrava la loro rotta. Facendo schioccare la lingua contro il palato contemplò la rotta e scosse la testa.

“Qualcosa non va, Capitano?” Chiese Peters.

“Qualcuno alla Flotta Stellare non ha letto i miei rapporti.”

“Cosa vuol dire?”

“Il secondo punto, lì si trova un’entità altamente avanzata vicino a quel punto.”

“Nemica?”

“Al contrario, troppo amichevole. Non lascia passare nessuno per il suo territorio senza trattenerlo per una miriade di domande. L’ultima volta che ci siamo avvicinati mi ha quasi fatto cascare le orecchie, ed ha il potere di bloccare una Nave Stellare dove si trova per tutto il tempo che vuole. Non voglio rischiare di attirare la sua attenzione di nuovo.”

“Ha bisogno di parlare con la Flotta Stellare per una nuova rotta?”

“No, mi dia solo un minuto.”

Kirk si posizionò alla stazione del navigatore e studiò la mappa per un momento. Il problema della navigazione per lo spazio era che dovevi pensare in tre dimensioni invece che in due. Vi erano anche ostacoli che necessitavano di essere evitati ampiamente, come la stella supergigante rossa M62x. Facendo i calcoli nella sua mente Kirk digitò una nuova rotta nel computer.

“Sulu, ci sono motivi per non seguirla?” Chiese Kirk.

“Mi sembra buona. Possiamo arrivare al terzo punto da lì e tornare alla vecchia rotta senza problemi. Potremmo anche risparmiare un’ora circa.”

“Perfetto.” Kirk alzò lo sguardo su Peters. “Le sto mandando la nuova rotta. Il suo equipaggio può essere pronto a partire in cinque minuti?”

“Saremo pronti quando vuole, Capitano.”

“Bene. Sulu, imposti la rotta, si sincronizzi con il loro Timoniere, e ci porti via di qui.”

“Sì, Capitano.”

“Peters, usciremo dalla Curvatura qualche minuto prima di voi per assicurarci che tutto sia a posto. Se ci saranno problemi vi contatteremo e voi vi dovrete fermare dove siete finché non sarà tutto a posto. Anche se non mi aspetto problemi.”

“Lo spero, Capitano.”

“Ci vedremo fra qualche ora.”

“Capito.”

L’Enterprise entrò in Curvatura proprio prima della ‘South Pacific’ così da poter arrivare per primi al primo punto. A Curvatura non erano vulnerabili ad un attacco come lo sarebbero stati durante la pausa per far raffreddare i motori. Le ore spese a Velocità Curvatura passarono senza nessun incidente, e senza nessuna notizia da Bones e Spock.

“Due minuti all’arrivo al primo punto.” Annunciò Sulu.

“Bene. Occhi bene aperti.”

“Si aspetta problemi, Capitano?” Chiese Chekov.

“No, ma loro riescono sempre a trovarmi.”

“Cosa trasporta la ‘South Pacific’?”

“Bella domanda.” Replicò Kirk. “Non ne ho idea, non mi sono preoccupato di controllare.”

Curioso Kirk aprì il file sulla ‘South Pacific’. Scorse le pagine della missione fino a che non arrivò al carico della nave. Kirk rimase a bocca aperta per lo shock, forzandosi a leggere l’inventario più volte prima di poter credere davvero a ciò che vedeva. L’Enterprise uscì dalla Curvatura e tutti dissero ‘libero’, ma Kirk stava  a malapena prestando attenzione. Balzò in piedi dirigendosi all’ascensore.

“Sulu, informi Peters che sto salendo a bordo.”

“Qualcosa non va, Capitano?” Chiese Chekov.

“Spero di sbagliarmi.”

Kirk scese alla sala teletrasporto. Scotty stava trafficando con dei circuiti come al solito. Guardò il Capitano con un sorriso che svanì rapidamente quando vide lo sguardo di Kirk che non ammetteva repliche. Subito ad attenzione si mise al pannello di controllo.

“Portami là, Scotty.” Ringhiò Kirk.

“Sì, Signore.”

La vista di Kirk sfuocò un momento e quando si schiarì si trovò nella sala teletrasporto della ‘South Pacific’. Peters lo aspettava lì. Kirk si guardò attorno e vide alcuni membri dell’equipaggio in piedi lì attorno. Si avvicinò a Peters e gli fece cenno di seguirlo in corridoio dove avrebbero avuto un po’ più di privacy.

“Qualcosa non va, Capitano?” Chiese Peters ansiosamente.

“È a conoscenza di cosa sta trasportando il suo cargo?” Chiese Kirk in un calmo sibilo.

“Sì, Signore. Per questo sono così nervoso.”

“L’equipaggio ne è a conoscenza?

“No, Signore, lo sa solo una manciata.”

“Voglio vederlo.”

“Da questa parte, Capitano.”

Peters guidò Kirk attraverso l’immensa nave verso la principale stiva di carico. Peters aprì la porta con il suo codice d’accesso. Kirk entrò e guardò l’enorme quantità di scatole in ultra acciaio impilate accuratamente nella stiva.

“Sei milioni di isotoni di Ultritio.” Annunciò Peters.

“Questo è abbastanza Ultritio da distruggere un intero sistema solare. Che diavolo vuole fare la Federazione portando tutto questo Ultritio nell’Orlo Esterno?”

“Non lo so, non mi è stato comunicato.”

“Ci vorrebbe un’intera flotta come scorta.”

“Credo che abbiano pensato che una nave sola avrebbe attirato meno attenzione.”

“Hanno certamente attirato la mia di attenzione.”

Kirk guardò nuovamente i contenitori di esplosivo chimico. L’Ultritio non solo aveva il vantaggio di essere incredibilmente potente, ma di essere anche virtualmente impossibile da localizzare dai sensori. Era l’arma perfetta in una operazione segreta. Tuttavia, vi era ben poco di segreto in una quantità del genere.

“Capitano?” Risuonò il comunicatore di Kirk.

“Qui, Kirk.”

“Abbiamo qualcosa di debole sui sensori.” Avvisò Sulu.

“Cos’è?”

“Non lo so, quella è l’area di specializzazione del Signor Spock. Potrebbe essere solo una nube energetica o qualcos’altro.”

“Torno subito.” Kirk si voltò verso Peters. “Quando sarà pronto ad andarsene? Non voglio rimanere qui più del necessario.”

“Abbiamo bisogno di almeno ventidue minuti prima di poter entrare di nuovo a Curvatura.”

“Allora ce ne andiamo in ventitré.”

“Sì, Signore.”

“Scotty, mi porti via.”

“Sì, Signore.”

Kirk si materializzò nella sala teletrasporto dell’Enterprise. Era a malapena riuscito a raggiungere il corridoio quando un’esplosione devastante fece ondeggiare la nave. La nave entrò automaticamente in allarme rosso. Gettato a terra a Kirk ci volle un momento per schiarirsi la testa. Trascinandosi all’interfono Kirk sbatté il palmo su di esso per chiamare il Ponte.

“Che diavolo sta succedendo lassù?”

“C’è stata un’esplosione sulla ‘South Pacific’.”

“Dannazione. Scotty!”

“Sì, Signore?”

“Aggancia qualsiasi segnale di vita su quella nave e portalo qui!”

“Sì, Signore!”

“Spock,” abbaiò Kirk nell’interfono “porta il tuo culo fuori dall’Infermeria e sul Ponte immediatamente!”

“Mi ci sto già dirigendo, Capitano.”

Il primo gruppo di sei sopravvissuti includeva un gravemente ferito Peters. Kirk accorse al suo fianco e lo sollevò per portarlo in Infermeria. Peters si aggrappò alla maglia di Kirk e si obbligò ad alzarsi così da avvicinare le labbra al suo orecchio. Kirk si fermò per ascoltare cosa aveva da dire il Capitano.

“L’Ultritio si è rovesciato,” sussurrò debolmente Peters “si sta mescolando…ha un minuto…”

Peters inarcò la schiena fra le sue braccia mentre la morte lo prendeva. Con poco tempo per pensare alla sua prossima mossa Kirk mise giù Peters. Corse all’interfono un’altra volta mentre Scotty lavorava freneticamente per portare altri sopravvissuti a bordo.

“Sulu!”

“Capitano, c’è una debole traccia di ioni…”

“La segua! Vada, ora! Ci porti via di qui! Massima Curvatura!” Kirk si voltò verso Scotty e lo spostò dai comandi del teletrasporto. “Ci dia tutta la potenza che può il più velocemente possibile!”

“Capitano, ci sono ancora dei sopravvissuti a bordo della ‘South Pacific’.” Protestò Scotty.

“Scotty, se non ci allontaniamo da quella nave in trenta secondi moriremo tutti.”

“Giusto. Più potenza. Capito.”

Dato che non poteva fare più niente per Peters, Kirk si diresse al Ponte. Fecero il salto a Curvatura giusto quando il carico a bordo della spacciata ‘South Pacific’ raggiunse la soglia critica. L’improvviso balzo a Curvatura mandò Kirk contro il muro. Sbattendo la testa si aprì un taglio sulla fronte.

Un Guardiamarina lì vicino si alzò e aiutò il Capitano a fare lo stesso. Senza dire nulla Kirk continuò il suo viaggio per arrivare al Ponte. All’interno dell’ascensore si ripulì del sangue che gli colava sull’occhio con un ringhio irritato. Arrivando sul Ponte scoprì che tutto era sotto controllo come ci si aspettava. Spock si scostò dal suo posto alla poltrona del Capitano e si avvicinò a Kirk.

“Capitano, sta sanguinando.”

“Sto bene. Rapporto sui danni?”

“Danni minimi all’Enterprise, gli scudi hanno risposto automaticamente.”

“Automaticamente? Devono aver rilevato una nave.”

“È la stessa conclusione alla quale sono arrivato anch’io, sebbene possano aver semplicemente sentito l’onda d’urto.” Aggiunse Spock.

“La ‘South Pacific’ non è semplicemente esplosa, Spock.” Ringhiò Kirk. “È stata attaccata.”

“È certamente una possibilità, Capitano.”

“Sulu, Chekov, avete visto niente?” Chiese Kirk.

“No, Signore.” Disse Sulu con aria imbarazzata. “C’è stato solo un breve rilevamento dei sensori e prima che potessimo scoprire cos’era c’è stata un’esplosione.”

“Una nave Romulana che ha abbassato gli scudi giusto il tempo per attaccare?” Chiese Kirk a Spock.

“Logico, ma non provabile.”

“Stiamo seguendo una traccia di ioni ora?”

“Sì, Signore.” Rispose Sulu. “C’era una debole traccia sui sensori, ho pensato fosse di una nave che lasciava la zona a Curvatura. Tuttavia, era molto debole, potremmo stare seguendo uno spettro.”

“Allora seguiremo quello spettro fino alla fine della galassia se necessario.”

“A questa velocità saremo alla Zona Neutrale in tre ore.” Annunciò Spock.

“La Zona Neutrale? Non è la prova che sono stati i Romulani?”

“No, Capitano.” Spock scosse la testa. “Vi era un ristretto numero di direzioni possibili quando ce ne siamo andati, il fatto che ci stiamo dirigendo verso la Zona Neutrale potrebbe essere semplicemente una coincidenza.”

“Voglio una prova di quella nave.”

“Con la ‘South Pacific’ vaporizzata la nostra unica speranza di ottenere una prova è catturare quella nave se esiste.”

“Scotty,” Kirk chiamò Ingegneria con l’interfono “può darci più velocità?”

“Sta scherzando, Capitano, siamo a Curvatura 9. In effetti se il pericolo della nostra morte è scampato suggerisco di rallentare prima che si spacchi qualcosa quaggiù.”

“Non è fattibile.”

“Non sarò il responsabile per il conto delle riparazioni.”

“Annotato, Scotty.”

Venti minuti più tardi erano ancora all’inseguimento. Con i rapporti dei danni e il rapporto delle ferite Kirk ebbe poco tempo per pensare al fatto che forse stavano dando la caccia al nulla. Peters gli aveva detto che l’Ultritio aveva cominciato a mescolarsi, ma non gli aveva detto se aveva causato l’esplosione o se era stata l’esplosione a farlo mescolare.

“Capitano,” provenne la preoccupata voce di Scotty attraverso l’interfono “si è appena rotto qualcosa quaggiù, qualcosa di importante. Vi consiglio caldamente di rallentare.”

“Voglio quella nave.” Ringhiò Kirk.

“Capitano,” intervenne Spock “questo inseguimento è inutile. Non possiamo entrare nella Zona Neutrale, particolarmente dato che non sappiamo se stiamo seguendo una nave. Portare una Nave Stellare nella Zona Neutrale significherebbe guerra.”

“Sono piuttosto certo, Signor Spock, di avere già una guerra fra le mani.”

“Potrebbe essere così, ma entrare nella Zona Neutrale è direttamente contro gli ordini della Flotta Stellare. Dobbiamo girarci. Non vi è motivo di rischiare i motori a Curvatura dell’Enterprise in una caccia che non possiamo vincere.”

“Capitano,” disse Sulu “se è di aiuto…il Signor Spock ha ragione, non riusciremo mai a prendere quella nave se esiste, è troppo veloce. Non stiamo guadagnando terreno.”

“Maledizione.” Disse Kirk. “Bene, Curvatura 3, ci faccia girare, Signor Sulu. Tenente, informi la Flotta Stellare della nostra situazione e richieda ordini.”

“Sì, Signore.” Annuì l’ufficiale addetto alle comunicazioni.

“Spock?”

“Sì, Capitano?”

“Sarò nei miei alloggi, il Ponte è suo.”

Kirk si ritirò nei suoi alloggi, avendo bisogno di un momento per capire cos’era appena successo. Il caos era arrivato così in fretta che aveva avuto pochissimo tempo per pensarci. Alla fine solo undici di un equipaggio di settantacinque erano stati salvati. Dilaniava il cuore di Kirk l’aver dovuto decidere di lasciare indietro il resto dei sopravvissuti, ma nessuno sarebbe rimasto in vita se non l’avesse fatto.

“Nessuno avrebbe potuto trovarci così velocemente, nemmeno se i Romulani avessero guardato nella mia testa. Ci stavano aspettando. Ma come? Ho cambiato il primo punto.”

Il taglio sopra l’occhio di Kirk pulsava dolorosamente. Prendendo un panno umido dal bagno si ripulì il sangue che aveva in faccia e premette il panno contro il taglio. Sospirando pesantemente si sedette sul bordo del letto. Era arrivato ai suoi alloggi da non più di dieci minuti quando sentì bussare alla porta.

“Avanti.”

Spock entrò nella stanza e si avvicinò silenziosamente al Capitano. Kirk alzò lo sguardo dal suo posto sul letto e aspettò che il Vulcaniano parlasse. Spock guardò il suo amico, ma non disse niente. Kirk poteva vedere gli ingranaggi nella mente di Spock che si muovevano mentre cercava di dire qualcosa.

“Cosa vuoi?” Fu costretto a chiedere Kirk.

“Mi scuso, Capitano.” Disse lievemente Spock.

“Per cosa?”

“Mi è stato ordinato dalla Flotta Stellare di prendere il comando dell’Enterprise, e di confinarla nei suoi alloggi durante il viaggio di ritorno verso la Terra.”

“Sono in arresto?”

“Non per quanto ne so.”

“Allora perché stai prendendo il comando della mia nave?” Domandò Kirk.

“Non mi è stata comunicata la ragione, solo l’ordine.”

“Ti va di speculare per me?”

“La causa più logica è che i recenti avvenimenti hanno indotto la Flotta Stellare a ritenerla non degno di fiducia. Molto probabilmente vi sarà un’udienza al nostro arrivo.”

“E tu? Ti fidi ancora di me?”

“Sì.”

“Questo è tutto quello che conta.” Kirk forzò un sorriso.

“Devo lo stesso chiederle di rinunciare al comando.” Disse Spock con una punta di tristezza nella voce.

“Prometti di stare attento con lei?”

“Prometto di restituire la nave nelle stesse condizioni in cui era quando mi è stata data.”

“Allora l’Enterprise è tua…Capitano Spock.”

“Facente Funzione di Capitano.” Corresse Spock. “Mi aspetto che lei mi sollevi da questa responsabilità indesiderata.”

“E io intendo farlo.”

 

E così Kirk è stato costretto a rinunciare al comando dell’Enterprise, che succederà ora? Grazie a tutti per i vostri commenti^^

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

“Non sia nervoso, Capitano.”

“Ti sembro nervoso, Spock?”

“Sembrare? No.” Replicò lievemente Spock. “Lo nasconde bene, una delle qualità di un buon Capitano. Tuttavia, io posso sentirlo.”

“Sentirlo? Spock, tu sei un Vulcaniano, tu non ‘senti’ niente, ricordatelo.”

“Sa che non è vero.”

“Hai ragione, scusa.”

“Non c’è motivo di scusarsi. Inoltre non era quello che intendevo per ‘sentire’.”

“Che volevi dire?”

“Come lei ha astutamente puntualizzato, io sono Vulcaniano. Siamo telepati.”

“Attraverso il tatto.” Corresse Kirk.

“L’ho conosciuta abbastanza a lungo e sono stato nella sua mente abbastanza volte da necessitare solo la vicinanza per sentire il suo stato d’animo. Particolarmente quando è così estremo.”

“Va bene, lo ammetto.” Sospirò Kirk. “Sono nervoso.”

“Non stavo cercando un’ammissione di colpevolezza.”

“Che stavi cercando?”

“Tentavo di alleggerire il suo disagio.”

“Beh, non ti sta riuscendo molto bene.”

“Ne è sicuro? Il suo battito cardiaco è più basso.”

“Percepisci anche quello adesso, Signor Spock?”

“No, lo sento semplicemente.”

“Quanto è buono il tuo udito?” Chiese Kirk curioso.

“L’Ammiraglio Cooly è in ritardo per problemi digestivi.”

Kirk fu obbligato a ridacchiare. Spock voltò la testa di lato confuso, chiaramente senza comprendere perché il Capitano stava ridendo. Kirk sorrise, sentendosi davvero meglio adesso. Odiava quelle udienze, lo forzavano sempre a spiegare alla Flotta Stellare nei minimi dettagli che stava semplicemente facendo il suo lavoro.

Kirk era anche irritato dal modo in cui li avevano lasciati in quella stanza vuota senza nessuna spiegazione. Aveva presupposto che fosse una tattica per spaventarli per renderli meno potenti e più inclini a cooperare. Lo metteva a suo agio il sapere che tutto era dovuto al fatto che l’Ammiraglio non si sentiva bene.

Spock sembrava perfettamente a suo agio nell’aspettare come una statua. Con le mani tenute dietro la schiena, come al solito, fissava il muro dietro il lungo tavolo davanti a loro. Il tavolo aveva sedie per quattro Ufficiali della Flotta Stellare e un membro del Consiglio. In questo caso il membro del Consiglio sarebbe stato l’Ammiraglio. Kirk si tirò il collo dell’uniforme.

“Ora sembra nervoso.” Informò Spock.

“Spock, quando vorrò la tua opinione, la chiederò.”

“Molto bene.”

Kirk roteò gli occhi scuotendo tristemente la testa. Quando vide che Spock migliorava la sua già impressionante postura fece lo stesso, sapendo che il Vulcaniano aveva sentito che stavano per avere compagnia. L’Ammiraglio Cooly fu il primo ad entrare, un po’ pallido. Prese posto al centro del tavolo e ispezionò i due davanti a lui. Gli altri Ufficiali di alto rango della Flotta Stellare entrarono e presero posto.

Quella non era la prima volta che Kirk e Spock si trovavano davanti a quel particolare tavolo. Anche se i volti degli Ufficiali erano cambiati, era ancora una situazione familiare. I modi abbastanza inusuali del Capitano nel risolvere i problemi spesso richiedevano di essere spiegati alla Flotta Stellare. Una volta lo avevano portato là per una Corte Marziale, ma le accuse erano cadute ancora prima che il processo avesse inizio. Generalmente lasciava che fosse Spock a parlare. La Flotta Stellare tendeva a considerare le parole del Vulcaniano come dati di fatto, principalmente perché lo erano.

Cooly li fece aspettare ancora mentre scorreva i dati sul computer sul tavolo. Kirk prese un profondo respiro per non arrabbiarsi. Qualcosa in Cooly lo disturbava, e realizzò che probabilmente era il fatto che lo incolpava direttamente per il pensionamento di Pike. Fu solo in quel momento che Kirk realizzò che Pike non era fra gli Ufficiali, c’era sempre stato. Cooly finalmente alzò gli occhi su di lui.

“Nomi.”

“Sapete i nostri nomi.” Rispose Kirk senza pensare.

“È la procedura, Capitano.” Ringhiò Cooly. “E si rivolgerà a me come ‘Ammiraglio’ o ‘Signore’.”

“Sì, Signore.”

“Allora, Capitano?”

“Sì?”

“Nome?” Ripeté Cooly.

“Giusto. Capitano James Tiberius Kirk.”

“Primo Ufficiale Comandante Spock…”

Spock finì la frase con uno strano suono che sembrava di dolore che fece sobbalzare tutti nella stanza tranne Kirk.

“Comandante Spock,” Cooly corrugò le sopracciglia “si sente bene?”

“Sono in salute.”

“Era il suo cognome.” Sorrise Kirk. “Capisce perché non lo usa spesso.”

Cooly guardò male Kirk e poi guardò Spock per capire se stava venendo preso in giro. L’espressione di Spock rimase completamente impassibile. Kirk dovette mordersi la lingua per non ridere dell’Ammiraglio e peggiorare le cose. Cooly si ricompose e fissò Kirk.

“Signori, abbiamo indetto questa udienza per investigare circa diversi avvenimenti riguardo la USS Enterprise. Comandante Spock, a che data stellare dovevate trovarvi alla stazione di ricerca Delharbor 7?”

“767404.83.”

“A quale data siete arrivati?”

“767404.84.”

“Perché il ritardo?”

“Ho cambiato la rotta della nave.” Rispose Kirk.

“Capitano, stavo parlando al suo Primo Ufficiale.” Rispose freddamente Cooly. “Comandante?”

“Il Capitano ha cambiato la nostra rotta.”

“La ha informata del cambiamento lui stesso?”

“No.”

“Ammira…”Cominciò di nuovo Kirk.

“Capitano, sarà espulso da questa udienza se non rimarrà in silenzio finché non verrà interpellato.”

Kirk era sorpreso dalla minaccia di Cooly, dopotutto era lui quello sotto scrutinio lì. Sperando nell’aiuto di uno degli Ufficiali della commissione Kirk li guardò tutti uno ad uno. Tuttavia, nessuno di loro avrebbe messo a rischio la propria carriera per lui. Kirk realizzò che senza l’Ammiraglio Pike non aveva nessun vero amico nei piani alti.

“Comandante Spock,” continuò Cooly “come è venuto a conoscenza del cambio di rotta?”

“L’ho notato durante il mio turno sul Ponte.”

“In quale direzione si stava dirigendo l’Enterprise?”

“105 punto 10.”

“Il che vi avrebbe portati…”

Kirk sapeva che Cooly sapeva esattamente dove era diretta l’Enterprise. Stava solo forzando Spock a dirlo a voce alta.

“Alla Zona Neutrale Romulana.” Rispose Spock.

“La ringrazio.” Cooly si voltò verso Kirk. “Cosa l’ha spinta a cambiare rotta, Capitano?”

“Non lo so.” Rispose Kirk sinceramente.

“Non lo sa?”

“Qualcosa non quadrava.”

“Quindi è stata un’intuizione?” Chiese Cooly.

“Sì, Signore.”

“Chi l’ha convinta a ripristinare la rotta originaria?”

“Il mio Primo Ufficiale.”

“E quando siete arrivati la stazione di ricerca era stata distrutta dai Romulani?”

“La stazione era distrutta, è solo una mia opinione che siano stati i Romulani. Non abbiamo trovato nessuna nave né nessuna prova certa.”

“Comandante Spock, lei crede che l’attacco sia stato eseguito dai Romulani?”

“Io non ho ‘credenze’ al riguardo.”

“Comandante, sta forse cercando di essere evasivo?” Chiese Cooly con tono minaccioso.

“È solo il modo in cui parla, Ammiraglio.” Disse Kirk velocemente. “I Vulcaniani prendono le cose alla lettera.”

“Così pare.” Cooly continuò a fissare Spock. “Comandante Spock, quali sono le probabilità che siano stati i Romulani ad attaccare?”

“Ho calcolato le probabilità essere approssimativamente al 54%.” Rispose Spock. “Non ho abbastanza informazioni per speculare oltre.”

“Sì, le indagini sulla distruzioni sono state brevi.” Annuì Cooly. “Le dispiacerebbe dirmi perché, Comandante Spock?”

“Sono svenuto sulla superficie del pianeta. Il Capitano ha ritenuto fosse meglio far risalire l’intera squadra.”

“Qui dice che lei non era semplicemente ammalato, ma avvelenato.”

“Sì, Ammiraglio.”

“In un modo piuttosto inusuale. Le sue stesse medicine la stavano uccidendo.”

“Sì, Ammiraglio.” Ripeté Spock.

“E con tutti i suoi sensi Vulcaniani ha mancato di notarlo?” Chiese Cooly scettico alzando un sopracciglio.

“Le prescrizioni erano state alterate così da rendermi impossibile notare la differenza.”

“E il suo lento declino della salute?”

“Ritenevo fosse dovuto ad altre cause non correlate.”

“Capisco. La persona che ha alterato le sue medicine è stata catturata?”

Un’altra domanda della quale Kirk era certo Cooly sapesse già la risposta.

“No.” Rispose Spock seriamente.

“Chi ha accesso ai suoi alloggi?”

“L’Ufficiale addetto alle Comunicazioni Uhura, l’Ufficiale Medico Capo il Dr. McCoy, e il Capitano Kirk.”

“E lei?”

“Certo.” Annuì Spock. “Credevo desiderasse una lista del personale me escluso.”

“Qualcuno dei sopracitati non è stato scagionato?” Chiese Cooly.

“Mia moglie, e il Capitano sono stati provati innocenti attraverso una fusione mentale. Il Dr. McCoy non solo è stato colui che ha scoperto il mio avvelenamento, ma è anche colui che mi ha salvato la vita, è stato provato innocente attraverso la logica.”

“Grazie, Comandante.”

Kirk era nervoso a inizio udienza, ma ora era solo confuso. Era come se l’Ammiraglio stesse ponendo tutte le domande sbagliate. Nessun’altro nella commissione emetteva suono. Cooly stava dirigendo lo show. Kirk si era aspettato di essere interrogato circa le sue decisioni, ma finora sembrava che Cooly fosse più interessato a Spock. Kirk stava cominciando a pensare che l’Ammiraglio stesse aspettando che Spock dicesse qualcosa per incriminare il suo Capitano. Era un gioco sporco, ma poteva benissimo funzionare.

“Capitano?”

“Sì, Ammiraglio?”

“Lei ha cambiato nuovamente rotta durante la scorta alla ‘South Pacific’.”

“Sì. A mio parere la rotta stabilita attraversava pericoli non necessari.”

“Il Comandante Spock fu informato del cambiamento?”

“Non credo.” Kirk guardò il suo amico. “Spock, qualcuno te l’ha detto?”

“No.” Rispose Spock.

“E lei non ha informato la Flotta Stellare del cambiamento?” Chiese Cooly.

“No, Signore.” Replicò Kirk.

Kirk pensò ‘eccoci’ nel momento dell’ammissione di colpa. Cooly soppesò l’informazione per un momento. Si voltò verso il computer sul tavolo e digitò qualcosa che solo gli altri membri del consiglio potevano leggere. Tutti contemplarono cosa aveva scritto e inviarono le loro risposte. Kirk non aveva mai visto la commissione usare il computer fra loro per comunicare. Normalmente sussurravano e basta.

Ricordandosi l’incredibile udito dimostrato da Spock in precedenza si domandò se per caso il Vulcaniano li stesse rendendo nervosi. Forse non volevano sentisse che stavano cospirando contro il suo Capitano. Quando Cooly alzò lo sguardo Kirk prese un respiro per cominciare a spiegare le sue azioni, tuttavia l’Ammiraglio non si rivolse a lui. Cooly spostò tutta la sua attenzione su Spock.

“Comandante Spock, dove si trovava durante l’esplosione a bordo della ‘South Pacific’?” Domandò Cooly.

“Ero in Infermeria.”

“Può provarlo?”

“Non capisco.”

“Che prove ha che dimostrino che era in Infermeria?”

“Prove?” Ripeté Spock confuso.

“Non comprende, Ammiraglio.” Kirk venne in aiuto al suo amico. “Come Vulcaniano la sua parola di trovarsi là è l’unica prova che pensa gli sia necessaria.”

“Allora sarò chiaro.” Cooly sorrise freddamente. “Comandante Spock, c’è qualcuno che può fornirle un alibi circa la sua posizione all’ora dell’esplosione? Qualche testimone?”

“No. Ero da solo. Il personale dell’Infermeria non era presente apposta.”

“Quindi avrebbe potuto essere dovunque?” Pressò Cooly.

“Se Spock dice che era in Infermeria, allora lì era.” Difese Kirk.

“Non sono interessato a prendere per oro colato parole non supportate da prove, Capitano.”

“Cosa importa dov’era Spock comunque?” Domandò Kirk. “Cosa sta succedendo qui?”

“Capitano, cosa l’ha spinta a salire a bordo della ‘South Pacific’?” Chiese Cooly, ignorando lo sfogo di Kirk.

“Avevo scoperto cosa trasportava il cargo, volevo accertarmi che fosse sicuro.”

“Comandante Spock, cosa trasportava la ‘South Pacific’?”

“Sei milioni di isotoni di Ultritio.” Rispose Spock istantaneamente.

“Com’è che lei lo sa quando non lo sapeva nemmeno il suo Capitano?”

“Ho letto la cartella della missione in Infermeria per passare il tempo.”

“Spock è sempre quello che legge tutti i dettagli.” Aggiunse Kirk. “È colpa mia che non l’ho scoperto prima, avrei dovuto leggere più attentamente.”

“Capitano, approssimativamente da quanto era a bordo dell’Enterprise prima che la ‘South Pacific’ venisse distrutta?”

“Cosa?” Kirk non capiva dove stava andando con questa domanda.

“Lei era in sala teletrasporto quando è avvenuta l’esplosione, da quanto era tornato a bordo dell’Enterprise?”

“Da pochi secondi.”

“Per quanto è stato a bordo della ‘South Pacific’?” Continuò Cooly.

“Non lo so, pochi minuti. Cinque al massimo.”

“Cosa l’ha spinta a tornare a bordo dell’Enterprise così presto?”

“Il Ponte mi ha informato di aver rilevato una lieve onda d’energia.”

“È un avvenimento raro?”

“Lo sa che non lo è.” Replicò Kirk sempre più irritato.

“Allora perché ha chiesto di essere riportato a bordo dell’Enterprise senza nemmeno prendere la precauzione di tornare alla sala teletrasporto della ‘South Pacific’?”

“Qualcosa mi ha detto di tornare all’Enterprise. Che qualcosa non andava.”

“Ha un intuito molto potente, Capitano. È stato lodato per esso in precedenza.”

“Sì, beh, non abbastanza forte da salvare la ‘South Pacific’.” Sospirò Kirk.

Kirk stava cominciando a stufarsi di questo gioco a rimpiattino. La Flotta Stellare aveva sempre bisogno di incolpare qualcuno quando qualcosa andava storto. Se volevano incolpare lui che si sbrigassero allora. Questo inutile interrogatorio su dettagli che non avevano nessuna importanza stava cominciando a dargli sui nervi.

“Capitano, nuovamente ha creduto fosse opera dei Romulani?”

“C’era una debole traccia di ioni, ho pensato potesse essere una nave occultata.”

“E l’ha seguita. Ha pensato di inseguire quella nave in quanto le sue azioni erano classificate come aggressive contro la Federazione?”

“Sì.”

“Eppure ha seguito la traccia per soli venti minuti nonostante la Zona Neutrale fosse distante ore.”

“Ho dovuto dec…”

“Sì o no, Capitano.”

“Sì.” Ringhiò Kirk frustrato.

“Chi l’ha convinta a fermare l’inseguimento?”

“Spock, ma…”

“Grazie, Capitano. È sufficiente.” Cooly guardò Spock. “Comandante, la prego avanzi.”

Kirk corrugò le sopracciglia confuso. Non riusciva a capirci niente, sembrava che la commissione fosse concentrata nel rigirare i fatti nella direzione sbagliata. Il modo in cui Spock esitò per mezzo secondo a seguire gli ordini disse a Kirk che il suo amico era altrettanto confuso. Spock si avvicinò di qualche passo alla commissione e li affrontò senza nessuna traccia di paura. Cooly unì le mani sul tavolo e si piegò in avanti leggermente.

“Comandante Spock, la Flotta Stellare e il Consiglio della Federazione con la presente la accusano ufficialmente di Alto Tradimento. La Corte Marziale è fissata per domani alle ore 0800.”

 

Ok, mi raccomando respirate e cercate di riprendervi dallo shock provocato da questo capitolo, credetemi so come vi sentite….Maledetto Cooly! E così Spock è stato accusato di tradimento, che succederà? Come sempre grazie a tutti e sappiate che cercherò di rispondere a tutte le recensioni con la nuova funzione creata da Erika^^

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12

Per un momento tutto si immobilizzò. Kirk era in uno stato di tale shock che si aspettava di svegliarsi madido di sudore ad ogni momento. Quando capì che quello non era un altro stupido incubo lo stomaco gli si contorse dolorosamente. Spock sembrava completamente inalterato dall’accusa. Tuttavia Kirk sapeva che le apparenze ingannavano quando si trattava del suo stoico amico.

“Tradimento?” Ringhiò Kirk rabbiosamente.

“Capitano, si calmi.” Ordinò Cooly. “Comandante Spock, comprende le accuse mosse contro di lei?”

“Sì.”

“Io no!” Ribatté Kirk.

“Capitano, la prego…” Cominciò Spock.

“No, questo è un oltraggio! Qualcuno nel Consiglio ha guardato bene il mio Primo Ufficiale? Qualcuno nota le medaglie e gli elogi appuntati al suo petto? Negli ultimi quattro anni ha fatto per la Flotta Stellare più di quanto la maggior parte delle persone fa in una vita di servizio.”

“Il passato del Comandante Spock non è il problema qui.”

“È anche un Vulcaniano e la loro lealtà non è da discutere! Non può mentire, credetemi io lo so.”

“È solo per metà Vulcaniano, Capitano. Comunque, non ho dubbi sulla lealtà Vulcaniana. So che è molto difficile ottenerla, tuttavia, non c’è modo di sapere a chi è davvero leale. I Romulani sono del suo sangue. Ha scritto nel suo rapporto circa gli eventi del buco nero di Vulcano che i Romulani hanno salvato il suo popolo dall’estinzione, e che deve loro molto.”

“Spock, lo hai detto?” Chiese Kirk.

“Quelle non sono state le mie esatte parole, tuttavia, è un fatto: senza i Romulani la mia razza sarebbe estinta.”

“È per colpa dei Romulani se i Vulcaniani sono quasi scomparsi in primo luogo!”

“No, Capitano, quello è stato l’atto di un unico Romulano, portato alla pazzia dal dolore. Non è logico giudicare un’intera specie in base ad un singolo individuo.”

“Il Comandante Spock ha inoltre avuto contatto diretto con la leader dei Romulani sette mesi fa.” Disse Cooly.

“Anche io.” Replicò istantaneamente Kirk.

“Ha inoltre scritto una proposta per l’unificazione dei Romulani e dei Vulcaniani come unica speranza di sopravvivenza per i Vulcaniani.” Aggiunse Cooly.

“Spock,” Kirk si premette la base del naso frustrato “so che me l’avevi menzionato…ma non hai scritto davvero da qualche parte quell’idea ridicola, vero?”

“Il Consiglio Vulcaniano ha chiesto la mia opinione su come meglio preservare la nostra razza. I Romulani sono la scelta logica per la diversità genetica che i Vulcaniani necessiteranno per rimanere in vita. I Romulani e i Vulcaniani discendono da antenati comuni.”

“Non avete niente in comune se non il sangue verde.” Puntualizzò Kirk.

“Vi è della verità in ciò e la cultura Vulcaniana verrà quasi sicuramente distrutta, ma almeno i nostri ge…”

“Spock, smettila di parlare.” Ordinò Kirk.

“Vede, Capitano?” Chiese Cooly freddamente. “Sono queste visioni del suo Primo Ufficiale, combinate con gli eventi degli ultimi mesi ad aver condotto la Flotta Stellare e il Consiglio a credere che un’udienza per tradimento sia necessaria.”

“Non posso credere a ciò che sento…” Mormorò Kirk disgustato.

Kirk sobbalzò leggermente quando due ufficiali della sicurezza entrarono nella sala. Spock li guardò e automaticamente si voltò per offrire loro i polsi. Kirk si mise fra Spock e le guardie con uno sguardo omicida negli occhi.

“Avvicinatevi di un altro passo, e vi farò crollare a terra!” Sibilò Kirk.

“Capitano,” disse Spock con calma “non temo un processo per tradimento, non ho cospirato con i Romulani. Sono innocente.”

“Pensi che importi? Nemmeno tu puoi essere così ingenuo, Spock.”

La guardia che teneva in mano le manette esitò a prendere Spock in custodia. Guardò l’Ammiraglio in attesa di ordini. Cooly sospirò e mandò via le guardie. Kirk rimase in posa difensiva finché le porte non si chiusero dietro di loro. Una volta che se ne furono andate si voltò nuovamente verso Cooly.

“Ammiraglio, non può onestamente pensare che Spock sia un traditore.”

“Non ha prestato attenzione, Capitano. Nessuno qui afferma che lo sia, tuttavia, stiamo dicendo che un’indagine e un processo sono necessari.”

“No. Tutte queste vostre cosiddette ‘prove’ provengono direttamente dai suoi pregiudizi verso i Vulcaniani, o qualunque altra razza non umana per quel che importa.”

“Stia attento a ciò che dice, Capitano.” Scattò Cooly. “Tutto ciò non ha nulla a che fare col retaggio del Comandante Spock.”

“Invece io dico di sì. So che lei era coinvolto nel cercare di far passare dei regolamenti nella Flotta Stellare per impedire ai non umani di diventare Ufficiali.”

“Quello è stato molto tempo fa.” Ringhiò Cooly.

“Sta cercando di dirmi che la sua opinione sui non umani è cambiata davvero così tanto negli ultimi otto anni?”

“Quello che sto cercando di dirle, Capitano, è che tutti sanno quanto siate vicini, e che lei è cieco ad ogni mancanza che il suo amico può avere.” Replicò Cooly. “Posso capire che lei non voglia vedere ciò nel suo Primo Ufficiale, umano o no. Tuttavia, i fatti sono fatti e non può sinceramente dirmi che non ha sospettato niente.”

“Posso sinceramente dire di non aver mai sospettato Spock di niente.”

“Allora non ha niente di cui preoccuparsi. Abbiamo solo dichiarato le accuse contro il Comandante Spock, riceverà un giusto processo.”

“No invece. Non può. Non potete radunare una giuria di suoi pari, non esistono.”

“Capitano…”

“Anche se poteste, una volta che si saprà che Spock è stato accusato di tradimento la sua carriera sarà finita, qualunque sia il verdetto.”

“Capitano,” ringhiò Cooly, perdendo la pazienza. “a meno che lei o il Comandante Spock non abbiate delle prove da presentarci che facciano cadere immediatamente le accuse questa Corte Marziale si farà.”

Kirk guardò Spock, ma il suo amico rimase zitto. La calma accettazione di Spock per tutto ciò che stava succedendo fece sentire Kirk fisicamente male per la colpa. Aveva messo il suo amico in quella posizione eppure era chiaro che Spock non aveva nessuna animosità contro di lui. Kirk era certo che ammettere il Patto di Sangue Romulano non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione. Probabilmente li avrebbe messi entrambi davanti alla Corte, tuttavia, non poteva restare là a guardare senza fare nulla.

“Ammiraglio,” Kirk prese un profondo respiro “ho delle prove che non ho condiviso con la Commissione.”

“Capitano, non sarà d’aiu…” Cominciò Spock.

“Mi dispiace, Spock,” lo interruppe Kirk “avrei dovuto dirtelo, ma avevo paura.”

“Capitano, di cosa sta parlando?” Chiese Cooly.

“Spock non è la fonte dalla quale i Romulani stanno ottenendo informazioni…sono io.”

Lo shock dell’Ammiraglio e del resto della Commissione era comparabile a quello che aveva privato Kirk quando tutto era iniziato. Gli altri Ufficiali cominciarono a sussurrare fra di loro. L’Ammiraglio li guardò ferocemente e quelli smisero subito. Cooly si piegò in avanti per guardare Kirk negli occhi.

“Capitano, non può essere serio.”

“Non è stato intenzionale.” Disse Kirk. “Mentre mi trovavo in mano ai Romulani sono stato costretto a stringere un Patto di Sangue.”

“Patto?”

“Ho promesso di portare il figlio di Spock ai Romulani non appena avrà l’età sufficiente da permettere loro di ricordare a lui o lei che devono la loro vita ai Romulani.”

“Perché l’ha fatto?”

“Ho dovuto, o non ci avrebbero mai dato il Trilitio di cui avevamo bisogno per salvare i Vulcaniani e il resto della Galassia. In realtà ho avuto l’impressione che se non avessi preso parte al Patto io stesso, il mio Primo Ufficiale, e il mio Ufficiale Medico Capo saremmo rimasti in mano ai Romulani finché non avessero deciso di ucciderci.”

“Come funziona il Patto?”

“Non lo so realmente, non ho mai avuto intenzione di mantenerlo. Sfortunatamente durante la cerimonia hanno messo qualcosa nel mio sangue per obbligarmi a mantenerlo entro vent’anni. Tuttavia, devo essere stato compromesso da qualche altra tecnologia Romulana. Devono stare seguendo i miei movimenti.”

“Kirk…perché la Flotta Stellare non è stata informata di tutto ciò in precedenza?”

“Non è ovvio? Non credevo che sarebbe stato un problema per i prossimi vent’anni. Non volevo perdere il comando per qualcosa che non sapevo nemmeno essere un problema.”

“Chiaramente è un problema. Un’intera stazione di ricerca e la maggior parte dell’equipaggio della ‘South Pacific’ è morto.”

“Lo so. Tuttavia, la colpa è mia…non di Spock.” Kirk lanciò un’occhiata a Spock il quale continuava a rimanere zitto. “Sono io la fonte, non c’è altra spiegazione. Spock non sapeva del cambio di rotta della ‘South Pacific’ non avrebbe potuto riferire ai Romulani dove trovarla. E per l’esplosione, se conosceste i Vulcaniani sapreste che prenderebbero la loro stessa vita piuttosto che prendere quella di qualcun altro. Se vi serve qualcuno che ve lo garantisca, chiedetelo all’Ammiraglio Pike, vi direbbe che se anche Spock fosse in combutta con i Romulani sarebbe incapace di assassinare l’innocente equipaggio della ‘South Pacific’. I Romulani l’hanno trovata grazie a me.”

“Questa nuova informazione è in effetti avvincente.” Ammise Cooly.

“Ammiraglio, la prego,” Kirk si fece avanti e guardò direttamente Cooly “faccia cadere le accuse contro il mio Primo Ufficiale, sono io quello che merita di essere sotto accusa.”

“La Commissione ed io dovremo parlarne prima.”

Kirk fu sorpreso quando l’Ammiraglio e l’intera Commissione si alzarono e lasciarono la stanza. Ancora una volta i due rimasero soli. Kirk chiuse gli occhi e si passò le mani fra i capelli. Spock lo studiò per un momento prima di parlare.

“Capitano…”

“Non voglio parlarne ora, Spock.” Sospirò Kirk.

“Da quando abbiamo appreso che non è stato lei ad avvelenarmi, non è logico pensare che lei sia responsabile per gli altri avvenimenti. Non credo sia lei la fonte di informazioni dei Romulani.”

“Beh, di sicuro non sei tu.”

“No, anche quello è illogico.”

“Qualcuno doveva prendersi la colpa, e non permetterò che sia tu.”

“Se entrambi siamo innocenti, perché allora uno di noi deve pagare per questo crimine?”

“Perché è così che funziona.”

“È illogico.”

“Benvenuto nel mondo della politica umana.”

La porta si aprì e l’Ammiraglio fece ritorno. Kirk si innervosì quando non tornò anche la Commissione. L’Ammiraglio si avvicinò direttamente a Spock e lo fissò per un momento. Ancora in perfetto controllo di sé Spock aspettò che l’Ammiraglio gli parlasse.

“Comandante Spock?”

“Sì, Ammiraglio.”

“Le accuse contro di lei sono cadute.”

“Grazie, Signore.”

Cooly annuì seccamente. Lanciò un’occhiata a Kirk e per un attimo il Capitano poté vedere dispiacere nei suoi occhi. Lo sguardo di pietà non durò a lungo. Camminò fino al tavolo e accese il computer sulla sua superficie. Dopo aver digitato qualcosa sulla superficie trasse uno stilo dalla sua tasca e lo porse a Kirk.

“Kirk, firmi questo.”

“Cos’è?”

“Le carte per un congedo con onore a causa di condizioni mediche, con l’aggiunta che concorderai col rimanere in quarantena sulla Terra senza ulteriori contatti con la Flotta Stellare. È il meglio che posso fare per te.”

“Cosa? Non dovrebbe trasferirmi in una prigione su qualche colonia? Ho nascosto la verità alla Flotta Stellare e come conseguenza sono morte delle persone.”

“È certamente un’opzione.” Annuì Cooly. “Tuttavia, lei è il più giovane Capitano della Flotta Stellare, ed uno dei più decorati Ufficiali nella flotta. Sarebbe una grande vittoria per i Romulani se ti trascinassimo nel fango e ti imprigionassimo a vita per ciò che loro ti hanno fatto. Chiaramente sei un problema per la sicurezza e non possiamo permetterti di continuare a servire nella Flotta Stellare, ma non c’è bisogno di metterti in una prigione dove saresti immediatamente picchiato a morte dagli altri carcerati una volta riconosciuto.”

“Non mi sta lasciando andare solo per salvare la faccia della Flotta Stellare.” Accusò Kirk. “Cos’è che non mi sta dicendo?”

“James…io e tuo padre eravamo buoni amici all’Accademia.”

“Quindi sta facendo un’eccezione per me per mio padre?”

“Sì e no.” Replicò Cooly.

“Non posso crederci.” Ringhiò Kirk.

“Posso gettarti in una prigione se ti farà sentire meglio.”

“No davvero.”

“Non lo pensavo.” Cooly forzò un triste sorriso. “Firma i documenti per il congedo, James, o non avrò altra scelta che portarti davanti alla Corte Marziale.”

Kirk prese lo stilo dalla mano di Cooly, ma esitò a firmare il documento. Guardò Spock, ma il suo consigliere sembrava non avere consigli per lui questa volta. Una parte di Kirk voleva andare davanti alla Corte Marziale solo per fare un dispetto alla Flotta Stellare,a ma realizzò in fretta che non era da incolpare la Flotta Stellare per ciò che stava succedendo. Era stato lui stesso a mettersi in quella situazione e doveva essere grato della libertà che gli stava venendo offerta. Kirk firmò i documenti.

“Mi dispiace, James.” Disse onestamente Cooly e poi si voltò verso Spock. “Comandante Spock, non amo i Vulcaniani.”

“Lo so.” Annuì Spock.

“Tuttavia, le devo delle scuse.”

“No, Signore.”

“No?” Ripeté Cooly sorpreso.

“Le sue accuse di tradimento contro di me erano perfettamente logiche. Nella sua posizione, con i fatti dal lei ricevuti, avrei considerato me stesso come il primo sospettato per spionaggio.”

“Forse ho mal giudicato i Vulcaniani, o per lo meno ho mal giudicato lei.” Ammise Cooly apertamente. “L’Enterprise ha bisogno di un Capitano, le assegno lei.”

“Ammira…”

“Ritorni alla sua nave, Capitano Spock.” Lo interruppe Cooly. “Anche se verranno tentate tutte le vie possibili per non confrontare i Romulani non possiamo ignorare ciò che è successo. Ritorni all’Enterprise, la prepari per la guerra.”

“Signore…” Provò di nuovo Spock.

“Questi sono i miei ordini, Capitano.” Disse fermamente Cooly. “Ora se volete scusarmi, Signori.”

Col volto pallido l’Ammiraglio se ne andò velocemente dalla sala. Spock lesse i documenti. Anche Kirk fissò i documenti di congedo che ora recavano la sua firma. Si pentiva di aver abbandonato la ‘South Pacific’, la morte a bordo della nave avrebbe risolto un mucchio di problemi. Scuotendo via quei pensieri guardò Spock.

“Glielo avresti lasciato fare sul serio, vero?” Chiese Kirk lievemente.

“Cosa?”

“Marchiarti come traditore.”

“Non avevo scelta.”

“Avresti potuto dir loro di me.”

“Non ho potuto.”

“Perché no?”

“Non credevo sarebbe stato d’aiuto. Alla luce delle nuove informazioni ottenute grazie alla nostra fusione mentale avrei desiderato che lei non avesse rivelato i fatti in questo modo. Credo che la flotta stia perdendo il suo miglior Capitano senza ragione.”

“Stai diventando sempre più bravo nell’arte dell’inganno, Spock.” Accusò Kirk.

“Inganno?

“L’arte del mentire senza mentire per davvero. Credi che non senta le tue parole, credi che non capisca.”

“Capitano?”

“Hai detto non ho ‘potuto’ dirlo, non non ho ‘voluto’…il diavolo è nei dettagli con te. Perché sei stato incapace di dirglielo? Deve essere stato più della tua convinzione che non sarebbe stato d’aiuto.”

Spock non rispose subito. Anche se sapeva che erano da soli Spock si guardò attorni per assicurarsene. Si avvicinò a Kirk. Con ancora le mani dietro la schiena guardò Kirk e un triste sorriso gli piegò gli angoli della bocca.

“Spock?”

“L’Ammiraglio Cooly aveva ragione, la lealtà di un Vulcaniano è difficile da guadagnare. Quando lei in principio mi aveva chiesto di mantenere il suo segreto sapevo di stare scegliendo fra lei e la Flotta Stellare. Era illogico e impossibile rimanere in silenzio e fedele alla Flotta Stellare, così come era impossibile parlare e rimanere leale a lei.”

“Cosa ti ha fatto scegliere me?”

“Lei cosa crede?”

“Ero la scelta logica?” Tirò ad indovinare Kirk scherzando a metà.

“Esatto.”

“Perché?”

“Lei ha fatto di più per guadagnarsi la mia lealtà.”

Kirk considerò brevemente di abbracciare l’amico, ma sapeva che Spock non avrebbe capito il significato del gesto. Dall’espressione di Spock Kirk ebbe la sensazione che Spock non avesse detto quelle parole per amicizia, ma solo per semplice logica. Non importava, in ogni modo si sentiva onorato di essere considerato così tanto dal Vulcaniano.

“Sei unico nel tuo genere, Spock.”

“Vero,” concordò Spock “non esistono altri ibridi umano/Vulcaniani.”

“Ce ne sarà presto un altro, ma non stavo parlando di quello.” Ridacchiò Kirk. “È stato un onore servire con te, Spock. Prenditi cura dell’Enterprise.”

“Non intendo accettare questo incarico.”

“Spock, voglio che tu l’accetti. Non posso permettere che i miei errori rovinino entrambe le nostre vite. L’Enterprise ha bisogno di un Capitano, e non c’è nessuno più qualificato o meritevole di te. La guerra è alle porte, anche se sono io ad attirare i Romulani, hanno lo stesso passato il confine. Lo rifaranno. La Flotta Stellare, anzi no, la Federazione ha bisogno di te.”

“Mi sta chiedendo di essere il Capitano dell’Enterprise?”

“Sì.”

“Allora accetto.”

Kirk sorrise tristemente. Sperava di sentire parole d’amicizia da Spock, invece della fredda accettazione di una responsabilità che chiaramente non desiderava. Tuttavia, il Vulcaniano stava immobile innanzi a lui, come se stesse aspettando il permesso di andarsene, come se stesse aspettando un ordine ufficiale. Kirk si sentiva male, ma non aveva niente a che fare con la sua attuale situazione.

“Spock…siamo ancora amici?”

“Sempre.”

“Allora almeno non ho perso tutto.”

Spock fissò Kirk con un’espressione neutra fin troppo familiare. A dispetto delle apparenze Kirk aveva la sensazione che Spock fosse più a disagio di quanto qualunque Vulcaniano avrebbe mai ammesso. Spock si voltò per andarsene, ma si fermò e ritornò da Kirk.

“Jim, devo ricordarle per favore di onorare la promessa di prendersi cura di mio figlio se io non potrò.”

“Cosa? Ora che non sono più in giro i Romulani non saranno in grado di seguire ogni movimento dell’Enterprise. Starai bene, Spock.”

“Ciò che è accaduto oggi non risolve nulla. Devo ora confrontarmi con le responsabilità di essere un Capitano, così come con il fatto che i Romulani si stanno facendo sempre più aggressivi, la guerra è alle porte, e quella sconosciuta persona vuole ancora le mia morte.”

“Spock…”

“E ora dovrò occuparmene da solo.”

“Non sei da solo, Spock. Ti aiuterò lo stesso a trovare questo tipo, solo non sarò in grado di farlo dalla nave. Se ti serve qualche consiglio su come essere Capitano, chiamami via sub-spaziale. Non intendo scomparire.”

“Non ha letto la clausola del suo congedo attentamente.” Accusò Spock.

“Che vuoi dire?”

“Ha accettato di non avere più contatti con la Flotta Stellare…il che include me.”

 

Le cose si mettono male per Jim e Spock. Non preoccupatevi il nostro (ex)Capitano non sparirà dalla circolazione. Risponderò a tutti personalmente perciò fatevi sentire con consigli, correzioni e quant'altro. Oh, un'ultima cosa...respirate ; )

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13

“Che vuol dire che non tornerà?”

“Pensavo di essermi spiegato bene, Dottore.”

“Beh, pensaci di nuovo!” Ruggì Bones. “Che diavolo è successo laggiù?”

“Non ho tempo per spiegarglielo. Se fossi in lei mi farei teletrasportare giù per dire addio.”

“Addio? Spock, non puoi essere serio! Jim è il Capitano di questa nave.”

“Non più.”

“Perché tu diavolo, freddo, sleale, dal sangue verde con le orecchie a punta…”

“Dottore, crede che insultarmi cambierà la situazione attuale?”

“No, ma…”

“Allora devo chiederle di frenarsi dal rivolgersi a me in questo modo.” Disse Spock seriamente. “Come Capitano di questa nave devo avere il rispetto dell’equipaggio o ne risulterà l’anarchia.”

“Spock, io ti rispetto, ma so anche che tu non vuoi essere il Capitano dell’Enterprise. Dobbiamo fare qual…”

“Ho del lavoro da svolgere, Dottore.”

Spock lasciò McCoy nel corridoio con un’espressione incredula stampata sul volto. Non aveva tempo per le preoccupazioni del Dottore. Le sue nuove responsabilità erano più pressanti. L’equipaggio era ancora all’oscuro del cambiamento nella catena di comando. Voleva assumere il suo nuovo Primo Ufficiale prima di fare qualunque annuncio.

Spock era insicuro circa la reazione dell’equipaggio. Una cosa era avere un Vulcaniano come Primo Ufficiale o Facente Funzione di Capitano, un’altra averlo come Capitano permanente. Mentre camminava per i corridoi un uomo più vecchio di lui di qualche anno gli si mise davanti. Indossava l’uniforme di un Comandante, ma Spock non lo conosceva.

“Capitano Spock?”

“Chi è lei?” Domandò Spock.

“Wow, mi avevano detto che era diretto, immagino non stessero mentendo.” L’uomo ridacchiò. “Mi piace, è rinfrescante.”

“Risponda alla domanda o scenda dalla mia nave.”

“Giusto.” Annuì l’uomo. “Mi chiamo Daniels, Tenente Comandante Daniels, Primo Ufficiale del vascello di ricerca ‘Darwin’.”

“Come posso assisterla, Comandante Daniels?”

“Sono qui per chiederle di essere assegnato come suo Primo Ufficiale.”

Spock sollevò un sopracciglio in una combinazione di sorpresa e sospetto. Daniels sorrise smagliante, ma era chiaro che era nervoso. Spock notò la cartella fra le sue mani e presumette che contenesse il curriculum dell’uomo. Spock non chiese di poter vedere la cartella e fissò freddamente Daniels.

“Non ci ha messo molto.” Disse Spock.

“Ho atteso a lungo l’opportunità di salire a bordo dell’ammiraglia.”

“Come sapeva che la posizione era disponibile? Tale informazione non è stata comunicata nemmeno all’equipaggio attivo.”

“Amici nei piani alti.” Ammise Daniels. “Ero in permesso qui sulla Terra quando l’Ammiraglio Ryan mi ha informato della sua recente promozione.”

“Ovviamente, l’Ammiraglio Ryan faceva parte della Commissione.” Annuì Spock. “Quali sono le sue qualifiche per servire come Primo Ufficiale a bordo dell’Enterprise? I doveri su una Nave Stellare sono ampiamente differenti da quelli a bordo di un vascello da ricerca.”

“Lo capisco, Signore.”

Daniels porse la cartella a Spock. Assecondando Daniels Spock lesse il suo curriculum. Daniels aveva solo tre anni più di lui, ma aveva servito nella Flotta Stellare per quattro anni in più. Dopo l’Accademia aveva scalato i ranghi con solo qualche macchia nei suoi documenti. Spock gli ridiede la cartella.

“Un impressionante documento di servizio, Comandante.”

“Grazie, Signore.”

“Tuttavia, la sua richiesta è respinta.”

“Signore?”

“In tempo di guerra imminente devo avere un Primo Ufficiale del quale posso fidarmi.”

“Non pensa di potersi fidare di me?”

“Il fatto più importante è: io non la conosco.”

“Con tutto il rispetto, Signore…”

“La decisone non è negoziabile.” Disse fermamente Spock. “Tuttavia, avrò presto bisogno di un nuovo Ufficiale Tattico/Timoniere. Vedo che per molti anni ha servito come pilota.”

“Lei realizza che per me questa sarebbe una riduzione di status, sono stato Primo Ufficiale per due anni.”

“Lo capisco, tuttavia, sarà un incremento di vascello, e una logica mossa di carriera se sta pensando di diventare Capitano di una Nave Stellare. Se desidera servire a bordo dell’Enterprise questa è la mia unica offerta.”

“Accetto.”

“Molto bene, Comandante Daniels, l’Enterprise partirà domani alle ore 0900.”

“Sarò a bordo.”

Spock annuì e continuò il suo viaggio per la nave. Con gli ordini di preparare l’Enterprise a partire così presto doveva assicurarsi che tutto fosse a posto per la fine della giornata. Arrivato agli alloggi di Sulu Spock passò la mano sul pannello a fianco alla porta per annunciare la sua presenza.

“Entri.” Disse Sulu allegramente.

Entrato negli alloggi del Timoniere Spock lo trovò intento a fare le valige. Sulu alzò lo sguardo dal suo lavoro e sorrise smagliante. Spock esitò nella sua scelta per un momento, temendo che il giovane ufficiale non fosse adatto alla posizione di Primo Ufficiale. Tuttavia, aveva bisogno di qualcuno che non solo fosse qualificato ma del quale poteva fidarsi ciecamente. L’altra opzione era Scotty, tuttavia, un Capo Ingegnere al livello di Scotty era molto più difficile da rimpiazzare rispetto ad un Timoniere.

“Signor Spock.” Salutò Sulu. “Mi stavo preparando per il mio permesso…ma qualcosa mi dice che è appena stato cancellato.”

“Ha ragione.”

“Lo sa credo che la Flotta Stellare stia cercando di ucciderci.” Sospirò Sulu.

“La Flotta Stellare è impegnativa.”

“Proprio come piace a me.” Ridacchiò Sulu. “Immagino che il Capitano abbia usato il suo fascino per sfuggire all’ennesima udienza della Flotta Stellare?”

“Non esattamente, il che ci porta al motivo per il quale mi trovo qui. Il Capitano Kirk è stato congedato per ragioni mediche.”

“Cosa?” Chiese Sulu scioccato. “Sta bene?”

“Vivrà, ma non ho tempo per i particolari. Sono ora Capitano dell’Enterprise. Mi è necessario un Primo Ufficiale, vorrebbe assumere l’incarico?”

“Io…io sarei onorato.”

“Prima che lei accetti ci sono fatti del quale deve essere a conoscenza.”

“Va bene.”

“Recentemente ho subito un attentato alla mia vita. Il mio assalitore non è stato identificato ed è logico presumere che ci proverà di nuovo. In caso riuscisse nel suo intento lei deve essere pronto e disposto a diventare Capitano.”

“Abbiamo un assassino a bordo?”

“Probabile. Dovrebbe inoltre sapere che siamo sull’orlo di una guerra con l’Impero Romulano.”

“Sembra che saranno tempi duri.”

“Infatti.” Concordò Spock. “È disposto ad assumersi le responsabilità di Primo Ufficiale a dispetto delle difficoltà che affronteremo?”

“Sì.”

“Grazie, Comandante Sulu.”

“Devo dire che questo non è il modo in cui volevo una promozione.”

“Lo stesso vale per me.”

Spock fece un cenno leggero a Sulu col capo e ne ricevette uno in ritorno. Poteva vedere che il suo nuovo Primo Ufficiale aveva molte domande, ma doveva occuparsi di un’altra faccenda quindi si voltò e se ne andò in fretta. Arrivò alla porta dei suoi alloggi ed esitò. Dopo un leggero sospiro entrò.

Uhura stava canticchiando leggermente a sé stessa mentre finiva di fare le valigie. Spock si avvicinò al letto e aspettò che si accorgesse di lui. Uhura alzò lo sguardo e sorrise smagliante. Gli si avvicinò e gli mise le braccia intorno al collo per baciarlo, quando lui non rispose al bacio lei si scostò allarmata.

“Spock, cosa c’è che non va?”

“Non posso lasciare l’Enterprise, andrai in permesso da sola.”

“Cosa?”

“Mi dispiace.”

“Spock, fra qualche settimana sarai padre, la Flotta Stellare non può tenerti a bordo di questa nave. Il Capitano ti ha già dato il permesso di andartene.”

“Nyota…io sono il Capitano ora.”

Il volto di Nyota fu sconvolto dallo shock. Spock poté sentirla lottare per respirare mentre il suo shock si trasformava rapidamente in paura. Le prese le mani e la fece sedere sul bordo del letto. Spock le si inginocchiò davanti così che fossero alla stessa altezza.

“Cos’è successo?” Chiese Uhura frettolosamente. “Dov’è James?”

“Ha sacrificato il suo posto nella Flotta Stellare per impedire ch’io fossi processato per tradimento.”

“Tradimento? Tu? Spock, non ha il minimo senso.”

“È complicato.”

“Spiegami.”

“Non posso, non riesco a capire nemmeno io cosa sta succedendo.”

“Spock, non mi piace, qualcosa non va.” Gli occhi di Uhura si riempirono di lacrime. “Tutto quello che sta succedendo, non può essere una coincidenza.”

“Ciò non cambia il fatto che ora sono il Capitano, e devo agire di conseguenza.”

“Non puoi permettere che questo accada, per quanto detesti ammetterlo l’Enterprise ha bisogno di James.”

“Concordo, ma se vorrà sperare di riaverla allora devo provare che non è una minaccia per la Flotta Stellare.”

“E non sei sicuro che non lo sia.” Sospirò Uhura.

“Non l’ho detto.”

“Posso sentirlo nella tua voce. Cosa ha fatto questa volta?”

Spock esitò a dire a Nyota del Patto Romulano, tuttavia, decise di non avere scelta. Mentre le raccontava la storia la sua ansia si trasformò in rabbia. Quando le disse i dettagli del patto balzò in piedi. Anche Spock si alzò e fece per metterle le mani sulle spalle ma lei si scostò.

“Perché mi è stato raccontato solo adesso?” Chiese Nyota. “Come hai potuto nascondermi una cosa simile?”

“Nyota, per favore…”

“Non venderò mio figlio ai Romulani!” Urlò Nyota.

“Non hai scelta.”

I sensi di Spock furono improvvisamente assaliti da un’accecante lampo di dolore. Gli ci volle un secondo per realizzare che Nyota gli aveva appena tirato uno schiaffo in faccia con considerevole forza. Non la biasimava. Uhura fece per oltrepassarlo e lui scattò per prenderle il polso per fermarla.

“Non osare!” Gridò Nyota cercando di fargli mollare la presa. “Lasciami andare!”

“Nyota…”

“Se non mi lasci andare immediatamente urlerò per la Sicurezza.”

“Non ti farei mai del male.” Disse Spock gentilmente lasciandola andare.

“Pensi che questo non faccia male?” Sibilò lei. “Hai messo in pericolo nostro figlio prima ancora che fosse nato, e l’hai tenuto nascosto a me? Hai venduto nostro figlio ai Romulani!”

“Non ho scelto io. Il Capitano ha stretto il patto, l’ho scoperto troppo tardi. Se non porterà nostro figlio ai Romulani quando sarà l’ora James Kirk morirà.”

“Allora lascialo morire.”

“Nyota…”

“No, no! Ha stretto un patto che non stava a lui stringere, sarà lui a doverne pagare il prezzo!”

“Non aveva scelta. Senza questo patto io sarei morto, la razza Vulcaniana sarebbe destinata a scomparire, e il resto della Galassia sarebbe svanito in seguito.”

“Hai ragione. Non dovrei avercela con James…tu sei il mostro qui.” Disse Uhura mentre le lacrime cominciavano a sgorgare. “Ci hai messi tutti in pericolo coprendo Kirk. L’equipaggio della ‘South Pacific’, gli uomini e le donne alla stazione di ricerca, sono tutti morti perché tu hai sentito il bisogno di proteggere il tuo amico invece di fare ciò che era giusto, ciò che era logico.”

“Né io né il Capitano potevamo sapere che i Romulani avrebbero potuto rintracciarlo.”

“Avresti dovuto dirmelo, avevo il diritto di saperlo.”

“Te lo avrei detto.”

“Quando?” Chiese Nyota.

“Quando fosse giunto il momento di tornare su Romulus.”

Arrabbiata oltre ogni limite Nyota oltrepassò Spock tornando alla valigia sul letto. Per un momento sembrò che stesse cercando di decidere cosa fare. Quando Anubis saltò sul letto lei lo prese e lo strinse forte al petto. Lasciando perdere la valigia Nyota prese il gatto e si diresse alla porta.

“Nyota, dove vai?”

“Lontano da te.”

“Mi dispiace.”

“Non è abbastanza. Me ne vado da questa stramaledetta nave.”

“Dove andrai sulla Terra?”

“Non ho ancora deciso se voglio che tu lo sappia.”

Nyota lasciò i loro alloggi. Spock rimase solo, insicuro se avrebbe visto di nuovo sua moglie e suo figlio. Trovando difficile respirare si sedette per terra con la schiena contro il letto. Fissò il suo anello d’oro che perdeva lentamente colore mentre Nyota si allontanava. Alla fine divenne di un freddo argento, segnalando che Uhura aveva lasciato la nave.

Spock chiuse gli occhi contro il bruciore delle lacrime. La sua logica e organizzata mente stava avendo difficoltà a capire il caos che si era abbattuto sull’Enterprise come una bufera. Si frizionò il petto, senza capire perché sentiva un peso che lo schiacciava. Le emozioni causate dalla perdita non gli erano estranee, ma ancora non riusciva a capirle pienamente. A dispetto dei suoi tentativi una lacrima gli sfuggì.

“Non dovrebbe andare così.”

Aprendo gli occhi Spock strofinò via la lacrima. Alzandosi si diresse fuori in corridoio con in mente un preciso obbiettivo. Quando arrivò alla sala teletrasporto spostò rudemente Scotty dal pannello di controllo.

“Signor Spock? Va tutto bene?”

“La sua domanda è illogica,” ringhiò Spock “è impossibile che tutto vada ‘bene’.”

“Uhura…”

“Non sono affari suoi, Ingegnere.” Lo interruppe Spock.

“D’accordo…uh…dove sta andando?”

“Neanche questo è affar suo.”

Scotty se ne rimase lì ferito mentre Spock saliva sulle rampe del teletrasporto. Aveva programmato il computer così che desse energia da solo e nascondesse la destinazione. Sapeva che sarebbe sembrato sospetto e che non doveva lasciare la nave, ma a questo punto era pronto ad accogliere una Corte Marziale.

Spock si materializzò in mezzo alla pioggia e ne rimase inzuppato rapidamente. Si prese un momento per lasciare che gli occhi si abituassero all’oscurità della notte unita al buio creato dalla tempesta. Una volta che riuscì a vedere si guardò attorno. Se ne stava in una radura erbosa vicino ad una foresta che si poteva a malapena vedere attraverso la pioggia. Vi era un vialetto di ghiaia lungo il quale camminò fino ad una modesta casa annidata fra gli alberi.

La fredda pioggia martellava contro la sua pelle, ma Spock rimase in piedi davanti alla porta, incerto se bussare o no. Il sensore alla porta aveva già allertato il padrone di casa che aveva un visitatore. La porta si aprì, anche se nessuno aspettava Spock sulla soglia.

Spock entrò, ignorando le tracce di fango che lasciava lungo il pavimento di legno. Si diresse immediatamente verso l’enorme vetrata nel salotto e si sedette sulla panchina incorporata nella vetrata. Chinandosi in avanti appoggiò i gomiti in grembo e chinò la testa sconfitto. Gocce di pioggia gli colavano dalla pelle cadendo sul pavimento. Sentì qualcuno avvicinarsi, ma non alzò lo sguardo.

“Spock?”

“Ammiraglio.”

Pike non pressò il suo inaspettato visitatore per la visita in tarda nottata. Ancora confinato sulla sua sedia a rotelle appoggiò le mani in grembo e attese. Spock continuò a fissare il pavimento bagnato per diversi minuti. Alla fine alzò lo sguardo su Pike. Pike aveva un asciugamano sul bracciolo della sua sedia e lo offrì a Spock. Spock lo prese e lo usò per asciugarsi la faccia.

“Grazie.” Disse Spock tranquillamente.

“Sembri perso, Spock,” disse Pike gentilmente “credo di non averti mai visto così.”

“Non sono perso, so esattamente dove sono. Ho programmato io stesso le coordinate…”

“Non intendevo fisicamente perso,” sorrise tristemente Pike “intendevo mentalmente.”

“Sì,” annuì Spock “suppongo che ‘perso’ sia un’accurata descrizione di come mi sento in questo momento. Ho bisogno della sua guida, se è disposto ad offrirmela.”

“Certo.”

“Per una serie di sfortunate circostanze sono diventato Capitano dell’Enterprise.”

“Jim…”

“È vivo.” Assicurò Spock. “Tuttavia, è stato obbligato a lasciare la Flotta Stellare, proprio come lei.”

“Perché?”

Spock raccontò dettagliatamente a Pike tutto ciò che era successo a partire dal Patto di Sangue, del suo avvelenamento fino all’accusa dell’Ammiraglio Cooly di tradimento. Disse a Pike della sua decisione di fare di Sulu il suo Primo Ufficiale, ma si fermò prima di dirgli che Uhura se ne era andata. Pike ascoltò la storia con crescente preoccupazione. Spock finì il racconto e si premette la base del naso contro un crescente mal di testa. Pike non disse niente in principio, spese alcuni minuti a pensare a ciò che aveva appreso.

“Spock, so che non crederai a ciò che devo dire, tuttavia: la Flotta Stellare sta solo facendo ciò che deve con Jim, e tu sarai un eccellente Capitano.”

“Non posso farcela.”

“Certo che puoi.” Lo incoraggiò Pike.

“I Vulcaniani non sono comandanti. Eccelliamo nell’offrire guida quando la situazione richiede un punto di vista imparziale. Tuttavia, dato che siamo logici anche le nostre decisioni tattiche sono basate sulla logica, questo ci pone in svantaggio dato che ogni nemico intelligente può vedere le nostre mosse prima ancora che siano eseguite. Per questo perdo così spesso a scacchi contro Jim, lui possiede una punta di spontaneità che io non posso eguagliare.”

“Kirk ha una spontaneità che pochi, se esistono, possono eguagliare. La Flotta Stellare ha perso un grande Capitano.”

“Ciò è parte di ciò che mi preoccupa. Nessuno sforzo è stato fatto per cercare di evitare il suo congedo.”

“Che vuoi dire?”

“L’Ammiraglio Cooly e il resto della Commissione hanno creduto istantaneamente che lui fosse la fonte d’informazioni, non hanno chiesto alcuna prova, non hanno chiesto se le nano macchine potevano essere rimosse o anche solo localizzate. Prima erano convinti che fossi io il traditore con solo delle prove circostanziali, poi sono stati rapidi ad accettare la sua spiegazione, come se…”

“Volessero crederci.” Finì Pike.

“Esattamente, tuttavia, non riesco a trovare una ragione logica per ciò che è avvenuto.”

“Spock, quando qualcosa va storto gli umani hanno il bisogno di incolpare qualcuno nel modo che meno danneggia il loro modo di vedere il mondo.”

“Non capisco.”

“Se non eravate o tu o Jim a fornire informazioni ai Romulani allora la Flotta Stellare avrebbe dovuto ammettere che doveva essere uno dei loro.”

“Un traditore, fra i piani alti della Flotta Stellare.”

“Esatto, cosa che sarebbe difficile da credere per chiunque in quella Commissione.”

“Suppongo non importi perché lo credano. Deve essere la verità, i Romulani hanno compromesso Jim, e non vedo nessun modo per essere certi che non sia una minaccia per la sicurezza.”

“Mi dispiace, Spock, ma quella è davvero la spiegazione più logica.”

“Lo so, solo non volevo ammetterla.”

“È dura accettare di aver perso il tuo Capitano, ancora di più lo è perdere un amico.”

Spock chiuse gli occhi e chinò nuovamente la testa. La pressione sul suo petto era mutata in una dolorosa pulsazione. Si abbracciò lo stomaco contro l’improvviso attacco di nausea che lo fece sentire come sul punto di vomitare. Per un momento credette che il suo possibile assassino avesse trovato un altro modo per avvelenarlo, ma alla fine ammise a sé stesso che stava soffrendo a causa di una reazione emotiva e non fisica.

“Spock?” Chiese Pike preoccupato.

“Non dovrebbe andare così.” Sussurrò Spock.

“‘Non dovrebbe?’” Ripeté Pike.

“Jim dovrebbe rimanere Capitano dell’Enterprise fino a che l’età non lo costringesse a ritirarsi, non doveva esserci una guerra fra la Federazione e l’Impero Romulano.”

“Spock, non so cosa ti ha detto l’altro te, ma questo non è il suo mondo…”

“No, suppongo non lo sia.” Annuì Spock.

“Spock, ho la sensazione che tu non mi abbia posto la domanda per la quale sei venuto fin qui.”

“Ha ragione.”

“Vuoi pormela?”

“Ho il diritto di dire a James Tiberius Kirk che non può portare mio figlio su Romulus?”

“Questa è una domanda difficile.” Pike sospirò pesantemente. “Hai idea del perché l’Imperatrice Romulana abbia voluto stringere un patto del genere? Perché vuole tuo figlio, o figlia, quando compirà ventun’anni?”

“Ponendo la data in quello che per gli umani è un futuro distante sperava di far abbassare la guardia al Capitano per fargli stringere il patto mascherando le sue vere intenzioni.”

“Conosci le sue intenzioni?”

“Non posso esserne certo. Tuttavia, credo che voglia tenere mio figlio ostaggio fino a che non giungerà il tempo in cui dovrò mantenere la mia promessa ai Romulani salvandoli dalla super nova.”

“Ma accadrà fra un centinaio di anni.”

“Ora vede il mio dilemma. Permetterò che il mio amico muoia o che mio figlio spenda la sua giovinezza come prigioniero su Romulus?” Chiese Spock tristemente. “Certo la questione potrebbe essere accademica.”

“Accademica?”

“C’è la possibilità che io non incontri mai mio figlio.”

“Cosa?”

“Nyota mi ha lasciato, e non la biasimerei se decidesse di non tornare.”

 

Ed ecco a voi un altro capitolo pieno di rivelazioni! La parte in assoluto più bella secondo me è il dialogo finale fra Spock e Pike^^ La vostra? Come sempre ringrazio tutti coloro che leggono commentando e non^^

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14

Seduto da solo ad un bar Kirk beveva una birra, facendo un buon lavoro nell’auto commiserarsi. Era strano essere di nuovo in Iowa, ma non aveva nessun altro posto in cui andare. Non riusciva a credere che a quel punto della vita si ritrovava a vivere con sua madre, ma non aveva un posto suo sulla Terra quindi avrebbe dovuto accontentarsi finché non ne trovava uno.

McCoy non aveva preso bene la notizia che non sarebbe tornato a bordo dell’Enterprise. Aveva richiesto di sapere cosa stava succedendo, ma Kirk non era dell’umore giusto per spiegarglielo. Alla fine Kirk aveva voluto soltanto lasciare San Francisco allontanandosi il più possibile dalla Flotta Stellare. L'Iowa sembrava un buon posto in cui andare.

Kirk sospirò pesantemente e bevve un altro sorso di birra. Alzò brevemente lo sguardo quando un gruppo di quattro uomini entrarono nel bar ridendo e scherzando fra loro. Quando il capo del gruppo lo vide Kirk si girò rapidamente. Tuttavia, era troppo tardi, l’uomo lo aveva notato e si stava avvicinando al tavolo al quale era seduto Kirk.

L’uomo aveva circa l’età di Kirk e sembrava che avesse già bevuto un po’ prima di entrare in quel bar. Sperando che l’uomo se ne andasse via Kirk fissò il bicchiere mezzo vuoto. L’uomo sorrise smagliante e si sedette al tavolo. Si chinò in avanti così da poter guardare meglio il viso di Kirk.

“Hey, Amico, ti conosco?”

“Spero di no.”

“Kirk, vero? Sì, è così!” Gridò l’uomo trionfante sbattendo la mano sul tavolo. “Capitano James T. Kirk! Grandioso. Hey, per cosa sta la ‘T’?”

“Per problemi*.”

“Ah! Ci credo, se solo la metà di quello che ho sentito su di te è vero sei ancora un pazzo figlio di puttana.” Rise rumorosamente. “Ragazzi, venite qui, voglio che incontriate una leggenda, un vero eroe. Il meglio della Flotta Stellare.”

“Una volta forse.” Mormorò Kirk cupamente.

“Cosa?”

“Niente.”

Gli altri tre si avvicinarono, ridendo tra loro per qualche battuta. Sembravano tutti impressionati di incontrare un vero Capitano di Nave Stellare. Kirk forzò un sorriso educato. Immaginava che si sarebbero stufati presto di lui per andare a importunare qualche donna al bar, tuttavia, si sedettero tutti al suo tavolo cominciando a chiacchierare animatamente.

“Sentite, ragazzi, nessuna offesa…ma preferirei restare da solo.” Ammise Kirk.

“Avanti, amico, non fare così.” Si illuminò il capo. “Mi chiamo Wilson, questi sono Billy, Jack e Darren.”

“Incantato.” Disse Kirk con poco entusiasmo.

“Credo che a qualcuno farebbe bene essere tirato su di morale. Barista! Un giro del suo liquore più forte, pago io.”

“Per favore, no.”

“Io rispetto molto voi tipi della Flotta Stellare, il minimo che posso fare è offrirti qualche bicchierino.”

“Davvero non sono chi tu credi.”

“Ci sono poche cose peggiori del bere da soli.” Disse Wilson seriamente. “Che male c’è se ci uniamo a te? E poi, sembra che un amico potrebbe farti comodo.”

“Non posso discutere con ciò.” Sospirò Kirk.

“Eccellente!” Tuonò Wilson. “Cominciamo!”

La cameriera aveva appena portato un vassoio con diversi bicchierini colmi di un alcolico ambrato. Wilson ne afferrò uno e lo buttò giù come fosse stata acqua. Ne afferrò un altro e lo mise in mano a Kirk. Kirk fissò il bicchiere per un attimo prima di berlo in un sorso. Gli uomini applaudirono in approvazione.

Qualche ora dopo Kirk non sentiva letteralmente nessun dolore. Wilson aveva un braccio sulle sue spalle come se fossero stati amici per la pelle. Kirk aveva perso già da tempo il conto di quanti bicchieri si stava scolando e continuava semplicemente a bere qualunque cosa gli venisse messa davanti. Con il passare della serata la capacità di giudizio di Kirk scivolò via. Il gruppo finì a cantare insieme nel loro condiviso stupore causato dall’alcol.

“Mettilo nella barca finché è ancora sobrio, mettilo nella barca finché ancora sobrio, di mattino presto!”

Il gruppo di ubriachi scoppiò a ridere quando finirono insieme la canzone. Kirk lottò per recuperare fiato contro le lacrime che gli scivolavano lungo il viso per il troppo ridere. Temendo di essere sul punto di vomitare Kirk spinse indietro la sua sedia. Quando provò ad alzarsi cadde a terra. Kirk colpì il suolo con un secco thud e ancora una volta il gruppo di ubriachi scoppiò a ridere.

“Sembra che qualcuno abbia bevuto un bicchiere di troppo.” Lo prese in giro Wilson.

“Uno?” Ridacchiò Kirk. “Prova dieci.”

“Allora uno in più non ti ucciderà.” Wilson prese Kirk per la collottola e lo rimise seduto. “Avanti, eccoci qua. Billy, vai a prendere un altro giro.”

“Dovrei davvero smetterla.” Biascicò Kirk.

“La notte è giovane proprio come noi. Un altro…alla strada.”

“Alla strada?” Ripeté Kirk. “Cos’ha da offrirmi la strada?”

Wilson rise e diede una pacca a Kirk sulla schiena. Gettato in avanti dal gesto amichevole la vista di Kirk si fece nera ai bordi portandolo vicino allo svenire. Wilson gli mise una mano sul petto e lo spinse indietro. Kirk scosse la testa per cercare di schiarirsela, ma non  fece altro che far ruotare più velocemente la stanza.

Billy ritornò e appoggiò due bicchierini sul tavolo davanti a loro. Kirk guardò il bicchierino e quasi vomitò solo a vederlo. Wilson si guardò attorno improvvisamente come se temesse di essere osservato. Quando decise che tutto era a posto mise una mano in tasca e tirò fuori una fialetta piena di un liquido verde brillante. Dopo averla aperta ne versò metà in ognuno dei bicchierini.

“Che diavolo è quella roba?” Chiese Kirk cercando di migliorare la sua doppia vista strizzando gli occhi.

“Sangue Vulcaniano…non c’è niente di meglio.”

“Malato.” Kirk cercò di spingere via il bicchiere ma lo mancò colpendo invece la saliera. “Allontanate quella roba da me.”

“Non disprezzarlo prima di averlo provato.”

“Non ho intenzione di berlo.” Kirk si guardò attorno vagamente. “Devo andare a casa. Dovrei andare.”

“Non andrai da nessuna parte, Amico.”

“Co…cosa?”

Kirk provò a mettersi in piedi ma Wilson lo tenne fermo facilmente. Un lampo di paura raggelò il sangue impregnato di alcol di Kirk. Gli altri improvvisamente non sembravano più ubriachi come prima. Kirk sobbalzò quando uno di loro lo afferrò per i capelli. Prima che potesse protestare gli piegarono la testa all’indietro e Wilson gli fece ingoiare il liquore misto a sangue. Sentire il retrogusto di rame  fece venir voglia a Kirk di gridare, invece cominciò a tossire. Wilson afferrò il suo bicchiere e le mandò giù in un secondo.

“Dannazione!” Annaspò Wilson per poi sorridere smagliante. “Questa roba ti fa cadere a terra se non stai attento.”

Sopraffatto Kirk si chinò sotto il tavolo e vomitò rumorosamente. Ringhiando rabbioso Kirk si spinse all’indietro, facendo cadere la sedia e finendo sul pavimento. Un silenzio innaturale permeò il bar quando tutti gli occhi si volsero a Kirk. Incredibilmente ubriaco lottò per non perdere i sensi. Un uomo enorme si fece largo tra la folla e guardò ferocemente Kirk e i suoi nuovi amici.

“Che diavolo sta succedendo qui?” Domandò il proprietario del bar. Abbassò lo sguardo su Kirk e vide la striscia verde che gli colava lungo il mento. “State bevendo sangue Vulcaniano nel mio bar? Andatevene prima che chiami la polizia! Tutti voi! Fuori!”

“Calmo, Amico, calmo.” Wilson alzò le mani pacificamente. “Ce ne andiamo.”

“Portatelo con voi. Non voglio più vedere le vostre facce qui!”

“Credimi,” sorrise Wilson “non ci rivedrai.”

Kirk lottò debolmente contro Wilson mentre l’uomo lo aiutava a rialzarsi. Wilson si scusò brevemente per il comportamento di Kirk. Una volta in piedi Kirk lottò per sfuggire alla presa di Wilson. L’uomo lo tenne stretto come per impedire al suo amico di cadere. Kirk andò nel panico quando cominciò a spingerlo verso l’uscita. Nonostante avesse la mente annebbiata dall’alcol Kirk sapeva che qualcosa non andava.

“No…aspetta…qualcuno mi aiuti…per favore.”

“Non hai amici qui, Amico.” Ridacchiò Wilson nel suo orecchio.

La minaccia nella voce di Wilson fece ribollire il sangue di Kirk di adrenalina. Wilson ridacchiò quando Kirk provò nuovamente a liberarsi. Quelli con lui lo aiutarono a tenerlo sotto controllo e insieme lo trascinarono fuori dal bar. Una volta usciti Wilson smise di fare finta di essere amichevole o sbronzo. Lasciò andare Kirk e rise quando lui provò a indietreggiare.

“Accidenti, Capitano, tu si che sai reggere l’alcol.” Disse Wilson con approvazione. “Il piano era di portarti fuori tranquillamente una volta sbronzo, ma tu non sembravi cedere.”

“Chi…chi sei?” Domandò Kirk traballante sui suoi piedi.

“Nessuno di speciale.”

Sorridendo bonariamente Wilson si lanciò contro di lui sferrandogli un pugno. Kirk indietreggiò contro il lampo di dolore. Cadendo sul solido pavimento del parcheggio alla fine svenne. Wilson si chinò e se lo caricò in spalla. Gettando il suo trofeo nel bagagliaio della sua macchina salutò gli amici e guidò lontano.

Kirk si svegliò con un mal di testa da postumi da sbornia così potente da fargli pensare che qualcuno stesse cercando di aprirgli in due il cranio. Si toccò con la mano cautamente, aspettandosi di ritrovarla macchiata di sangue e possibilmente cervella. Tuttavia, tranne che per il gonfiore intorno all’occhio si scoprì intero. Grugnendo dal dolore Kirk rimase il più immobile possibile visto l’emicrania che aveva.

I suoi ricordi sulla sera prima erano sfocati al meglio. In quel momento non era preoccupato di ciò che era successo, voleva solo morire in pace. Quando la morte si rifiutò di chiamarlo al suo fianco Kirk prese la dolorosa decisione di alzarsi. Lottò per scendere dal soffice letto. Una volta seduto si fermò per assicurarsi di non essere sul punto di vomitare.

“Ma quanto ho bevuto la sera scorsa?” Gemette pietosamente.

Dopo essersi guardato attorno Kirk realizzò che la stanza era troppo buia per riuscire a distinguerne i dettagli. Senza nessuna preoccupazione si alzò su instabili piedi e cercò il bagno. Sapendo che la luce non avrebbe fatto altro che aggiungere ulteriore dolore a quello che stava già provando, decise di lasciare tutto spento mentre accendeva l’acqua per poi buttarsela in faccia.

Perdendo improvvisamente il controllo sul suo stomaco Kirk vomitò nel lavandino. Sospirando pesantemente trovò un asciugamano e ci seppellì dentro la faccia. Deglutendo contro la bile che aveva in gola Kirk barcollò fuori dal bagno e di nuovo in camera. Morendo di sete uscì in corridoio e cercò di trovare la cucina.

“Mamma?”

Ancora non si era reso conto di essere in un ambiente a lui sconosciuto. Credendo di essere a casa sua Kirk vagabondò in cerca di sua madre. Come negli incubi niente sembrava a posto, ma niente sembrava sbagliato. Intontito continuò a camminare per i corridoi tutti collegati, che non assomigliavano per niente a quelli di casa sua.

“Hey? C’è nessuno?” Chiese Kirk all’oscurità. “Mi farebbe piacere avere un bicchier d’acqua con un paio di aspirine.”

Non vi fu risposta alla richiesta di Kirk, solo un familiare ronzio di sottofondo. Kirk corrugò le sopracciglia preoccupato mentre la sua mente cominciava a schiarirsi. La paura cominciò lentamente a farsi strada in lui quando realizzò di non avere idea di dove si trovava. Un rapido sguardo alle pareti del corridoio ai suoi fianchi gli fece capire che si trovava a bordo di una nave, il che spiegava il calmo ronzio di sottofondo.

Lasciando cadere l’asciugamano Kirk cominciò a correre per i corridoi in cerca di un punto di riferimento. Quando arrivò alla cabina di pilotaggio di quella che sembrava una piccola nave le sue paure vennero confermate. Fissò l’infinità dello spazio fuori dalla finestra. Chiudendo gli occhi si premette la base del naso, sperando di svegliarsi. Quando riaprì gli occhi fu ancora da solo sul Ponte di una nave sconosciuta.

“Che ca…sono…sono stato scaricato qui da solo?”

*Purtroppo traducendo la frase perde significato, in originale era T per Trouble. Se qualcuno sa dirmi una parola che inizia con la T che ha un significato equivalente a quello di Problemi, sarò ben lieta di correggere quel punto^^

 

Ed ecco a voi Kirk che ancora una volta è riuscito a cacciarsi nei guai! Accidenti Jim, sei proprio una calamita per i casini...XD Come sempre vi ringrazio tutti, davvero

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15

“Hmmm…”

“Uh, non è proprio quello che uno vuole sentirsi dire da un dottore.” Daniels forzò un sorriso nervoso. “Qualcosa non va?”

“Il tuo metabolismo è alto.”

“Lo so, ho perso qualche ragazza a causa sua.”

“Come?”

“‘Come puoi mangiare così tanto e non ingrassare…gawd, non è giusto!’.” Disse Daniels imitando una voce acuta.

L’unica risposta di McCoy fu l’alzare un sopracciglio.

“Scusi.” Mormorò Daniels. “Il mio metabolismo è un problema, Dr. McCoy?”

“In sé? No. Tuttavia, tutti i tuoi parametri sono a malapena sulla soglia del ‘normale’, battito cardiaco elevato, pressione sanguinea bassa, metabolismo alto, bassa temperatura corporea…”

“Sono sempre stato così.” Daniels scosse le spalle. “97.3, eccomi. Quando la mia temperatura raggiunge i 98.6 sono malato. Tuttavia, mi è sempre stato detto che i miei parametri sono nei limiti posti dalla Flotta Stellare e quella varietà è comune.”

“È comune per qualcuno che ha uno o due parametri fuori dal comune, ma tu hai tutti i parametri sballati. Non ho mai visto niente di simile.”

Bones spostò di nuovo la sua attenzione sui monitor che ancora mostravano i segni vitali del nuovo Timoniere. Non era certo di cosa non gli piacesse in quell’uomo, ma qualcosa lo rendeva nervoso ogni volta che gli si avvicinava. McCoy non riportò la sua attenzione su Daniels finché questi non sospirò pesantemente.

“Comandante Daniels?”

“Vuole proprio farmi scendere da questa nave, vero, Dottore?”

“Cosa?”

“Signore, mi sono sottoposto a diverse visite mediche ogni volta che sono salito a bordo di una nuova nave…nessuna è durata due ore.”

“Non sono passate…” McCoy si voltò per guardare l’ora e scoprì che Daniels aveva ragione. “Mi dispiace, ho perso la cognizione del tempo.”

“Perché ha continuato a cercare una ragione medica per cacciarmi.”

“Non essere ridicolo.”

“Le mie scuse, Dottore.” Disse Daniels anche se era chiaro che non diceva sul serio. “Ho la sua approvazione medica per tornare a lavoro o no?”

“Sei sano.” Ammise Bones. “Sei congedato.”

“Grazie, Dottore.”

McCoy aveva usato apposta la parola ‘congedato’ per vedere che reazione avrebbe ottenuto da Daniels. Vi era stato un leggero lampo d’ira nei suoi occhi blu, dopotutto Daniels era superiore di grado a McCoy anche se la sua corrente posizione sul Ponte non lo dimostrava. Anche se chiaramente seccato Daniels saltò giù dal tavolo degli esami e se ne andò.

“Sono gli occhi, troppo blu.” Mormorò McCoy a sé stesso. “Nessuno ha occhi così blu, non naturalmente comunque.”

Bones sapeva quanto era ridicolo ciò che aveva appena detto, ma non poteva fare a meno di pensare che qualcosa non andava con la loro nuova recluta. Il suo tempismo era stato troppo perfetto per cominciare. Daniels aveva ragione, Bones era determinato a liberarsi di lui. Entrando nel suo ufficio tirò fuori la cartella medica di Daniels e cominciò a sfogliarla.

La cartella del Comandante aveva delle note riguardo lo strano misto di dati registrati che McCoy aveva visto arrivava fino ai suoi primi giorni alla Flotta Stellare. Bones lesse accuratamente la cartella partendo dall’ultima visita, febbre Rigeliana, e continuando a sfogliarla lungo tutti i suoi anni nella Flotta Stellare. Stava per rinunciare quando vide qualcosa che attirò la sua attenzione. Qualcosa capitato nella visita iniziale all’Accademia.

“Il vaccino MMR?” Lesse Bones a voce alta. “A diciotto anni? Perché qualcuno dovrebbe vaccinarsi così tardi?”

Prima che McCoy potesse pensare a una qualunque ragione per la quale la Flotta Stellare aveva vaccinato un adulto per una malattia infantile sentì bussare alla porta. Alzando lo sguardo vide Sulu appoggiato allo stipite della porta. Con le braccia incrociate sul petto sembrava a disagio nella nuova uniforme blu.

“Si gode il suo nuovo grado, Comandante?”

“Non per davvero.” Ammise Sulu. “Ma questo perché è difficile cedere il timone e diventare un passeggero.”

“Si fida di Daniels?”

“Se la cava con i comandi. Può far volare questa bellezza bene quanto me.”

“Almeno è qualcosa.” Sospirò Bones.

“Non le piace il nostro nuovo membro dell’equipaggio?”

“Solo non so che pensare di lui.”

“È nella Flotta Stellare da prima di noi.” Puntualizzò Sulu. “In più è stato il Capitano Spock a permettergli di salire a bordo, e lui non sbaglia spesso nel giudicare le persone.”

“Vero.” Annuì Bones.

“In realtà, sono qui per il Capitano.”

“Cosa c’è che non va?”

“Non so se qualcosa non va…ma è rimasto sul Ponte per cinquantasette ore di fila.”

“Cosa?”

“Da quando abbiamo lasciato la Terra. È diventato parte integrante del Ponte. So che i Vulcaniani non necessitano di riposo quanto gli umani, ma comunque.”

“Ha mangiato qualcosa?”

“Non credo. Ho controllato il computer, non è stato richiesto di portare qualcosa sul Ponte.”

“Quell’uomo sarà la sua morte.” Borbottò Bones. “Va bene, grazie Signor Sulu. Vedrò cosa posso fare.”

“Grazie, Doc.”

Sembrava che Sulu volesse dire qualcos’altro, ma ci ripensò e se ne andò. McCoy aveva la sensazione di sapere cosa avrebbe detto Sulu, era ciò che pensavano tutti. L’annuncio che Spock subentrava come Capitano non aveva creato resistenze da parte dell’equipaggio quanto piuttosto la notizia che era stato cancellato di nuovo il permesso per riposare un po’. Spock aveva permesso a tutto il personale non essenziale di rimanere indietro e in un istante metà equipaggio se n’era andato.

Quelli che erano rimasti erano ora a bordo di una Nave Stellare con un Primo Ufficiale inesperto, il primo vero Capitano non umano, e un equipaggio ridotto a pochi elementi che riusciva a malapena a governare la nave. A peggiorare il tutto il fatto che erano stati mandati direttamente al confine della Zona Neutrale Romulana per controllare un avamposto del quale non si avevano più notizie da giorni.

Chiacchiere e mezze verità correvano impazzite per l’Enterprise. McCoy non era certo di cosa volesse provare la Flotta Stellare mandandoli là fuori in quel modo. Se non avesse conosciuto meglio la Flotta Stellare avrebbe pensato che stessero cercando in ogni modo di far fallire Spock. Sospirando pesantemente McCoy premette il tasto dell’interfono.

“Spo…Capitano?” Si corresse McCoy.

“Sì, Dottore?”

“Posso parlarle?”

“Parli.”

“Nel mio ufficio.” Bones roteò gli occhi all’evasività di Spock.

“Sono estremamente occupato, Dottore.”

“È importante.”

“…molto bene.” Cedette Spock dopo una pausa.

“Jim aveva ragione,” disse Bones a sé stesso “sta diventando bravo a mentire.”

McCoy sapeva che durante il lungo viaggio per il confine Romulano c’era veramente poco per tenere occupato un Capitano. Kirk passava tutto il tempo in Infermeria durante lunghi viaggi a Curvatura, solo perché non aveva niente di meglio da fare. Mentre aspettava Spock Bones cercò di scavare più a fondo nella storia medica di Daniels, ma sembrava che non si potesse andare al periodo precedente i quindici anni.

Spock arrivò nell’ufficio di McCoy e si mise davanti al tavolo come se stesse affrontando la Corte Marziale che aveva a malapena scampato. Bones alzò lo sguardo e scosse tristemente la testa, il Vulcaniano era uno straccio. I capelli solitamente perfetti di Spock erano leggermente arruffati per il fatto di non essere stati lavati per giorni. Anche se Bones era preoccupato dal leggero livido verde lungo la guancia di Spock non voleva menzionarlo dato che presumeva fosse stata Uhura a lasciarglielo. Scotty gli aveva detto che Uhura aveva lasciato la nave infuriata, ma solo lei stessa e Spock sapevano il perché.

“Il minimo che potevi fare era lasciare il Ponte almeno per rasarti.” Disse Bones senza mezzi termini.

Spock corrugò leggermente le sopracciglia in confusione prima di sollevare una mano per farne scorrere il dorso lungo la guancia. Sembrava sorpreso di sentire la pelle ruvida per la leggera barba che la copriva. Spock rimise la mano dietro la schiena.

“La ringrazio per il consiglio, Dottore. Ha bisogno di qualcos’altro?”

“Spock, devi prendere una pausa. Vai a dormire o ti renderò incosciente io stesso con una droga.”

“Sta imponendo delle restrizioni umane su di me.” Replicò Spock. “Io non necessito di dormire quanto lei.”

“Lo so, ma fin’ora avevi sempre aderito al comportamento degli umani.”

“Prima non avevo le responsabilità di Capitano.”

“Spock, sto solo cercando di aiutarti.”

“Non mi serve il suo aiuto.”

“Non sono d’accordo. Penso che tu sia sull’orlo di una crisi mentale e possibilmente emotiva. Fra lo stress di essere il Capitano, di essere distante da tua moglie incinta, di essere il bersaglio di un assassino, il dolore per la perdita di un amico…”

“Provare dolore per una perdita è un’emozione umana, Dottore.”

“Stai cercando di dirmi che non ti manca Jim?”

“Le sto dicendo che diventare emotivi circa il suo destino non servirà a cambiarlo, come non cambierà il nostro. Ho un lavoro da eseguire, e lo farò al meglio delle mie attuali capacità.”

“Diventi meno umano e più Vulcaniano ogni secondo che passi lontano da Jim.” Scattò Bones.

“Grazie.”

“Non era un complimento.”

“Allora dovrei denunciarla per insubordinazione e per aver insultato un Capitano?”

“Provaci figlio di puttana dal sangue verde.”

“Ora non insulta solo me, ma anche la mia defunta madre?” Chiese Spock calmo. “Dottore è sicuro di essere mentalmente in salute per continuare ad essere l’Ufficiale Medico Capo?”

“Bene. Lavora fino a morire, vedrai come me ne importerà.”

“Se lavorerò fino a morire non potrò vedere la sua reazione in quanto sarò morto.”

Bones chiuse gli occhi per la frustrazione e prese un profondo respiro per cercare di controllare il suo temperamento.

“Posso andare ora, Dottore?” Chiese Spock.

“Sei il Capitano ora, fai quel diavolo che vuoi.”

“Sembra più agitato del normale.”

“Immagina.” Sbuffò Bones.

“I Vulcaniani non sono famosi per la loro immaginazione.”

“Spock, cosa diavolo non va in te?” Domandò McCoy. “Sei sempre stato un tipo un po’ rigido e col quale è difficile parlare, ma ora è come fare conversazione con uno stramaledetto computer!”

Spock non disse niente e quando si voltò McCoy pensò che stesse per andarsene. Tuttavia, Spock si stava solo assicurando che non ci fosse nessuno nelle vicinanze che potesse sentirli. Chiudendo la porta si avvicinò al tavolo del dottore. Appoggiando i palmi delle mani sulla superficie di vetro si chinò in avanti e fissò Bones con uno sguardo pericoloso negli occhi.

“Dottore, se pensassi per un solo secondo che dimostrare le mie emozioni potesse risolvere qualcosa mi metterei a piangere in questo momento.” Ringhiò Spock. “Tuttavia, dato come stanno le cose non posso permettermi di perdere il controllo delle mie emozioni, e le chiedo di rispettare tutto ciò.”

“Lasciarsi andare alle emozioni può essere salutare, Spock.”

“Non per i Vulcaniani, Dottore. Mi distruggerebbero.”

“Spock…”

“Non renda più difficile la mia situazione discutendo le mie decisioni e trattandomi come se non potessi badare a  me stesso. Non mi serve che lei…”

“Spock…” Lo interruppe di nuovo Bones.

“Cosa?” Scattò Spock.

“Ti sei reso conto di aver impiantato le unghie nella superficie di vetro del mio tavolo al punto di esserti fatto sangue?”

Spock abbassò lo sguardo e fissò i puntini di sangue che si erano raccolti sotto le sue unghie. Durante il suo discorso aveva stretto così forte il tavolo che quando il vetro si era rifiutato di cedere allora aveva ceduto la sua carne. McCoy guardò con circospezione come Spock tolse immediatamente le mani dal tavolo per metterle dietro la schiena.

“È esattamente ciò di cui stavo parlando.” Sospirò Spock.

“Pensi davvero di poter vincere questa battaglia con te stesso?”

“Me la stavo cavando bene finché non ho cominciato a parlare con lei.”

“Immagino che entrambi abbiamo la tendenza ad arruffarci le penne.”

“Penne?”

“Non importa.” Bones sorrise tristemente. “Spock, io sono dalla tua parte, non importa come sembri a volte. Posso capire se non vuoi parlare con me, ma devi rivolgerti a qualcuno. Chiama Uhura, è sempre stata la migliora fra noi a calmarti.”

McCoy glielo aveva suggerito innocentemente credendo che Uhura si fosse arrabbiata temporaneamente quando Spock le aveva detto che non sarebbe rimasto con lei sulla Terra. Tuttavia, il dolore che vide lampeggiare negli occhi di Spock gli fece temere che fosse successo qualcosa di grave fra i due. Stava per chiedere a Spock cosa stava succedendo quando vide il Vulcaniano tirare indietro le spalle, un chiaro segno che non aveva intenzione di continuare la corrente conversazione.

“La ringrazio, Dottore, per il consiglio. Lo prenderò in considerazione.”

“Prendi anche questo in considerazione: mangia qualcosa e dormi un po’. Stai facendo impazzire l’equipaggio.”

“‘Impazzire’?” Ripeté Spock confuso.

“Non è normale rimanere svegli per giorni.”

“È perfettamente normale per un Vulcaniano.”

“Non è lo stesso modo nel quale ti sei comportato in passato.”

“Vero.” Annuì Spock. “Molto bene, tornerò ad un normale orario.”

“Grazie.”

Spock si inchinò rispettosamente a Bones e si voltò per andarsene. Arrivò fino alla porta prima di fermarsi. McCoy attese di vedere se Spock si sarebbe voltato per chiedere l’aiuto di cui chiaramente aveva bisogno o se se ne sarebbe semplicemente andato. Fu sorpreso quando Spock ritornò al sua posto davanti al tavolo. Con le sopracciglia arcuate corrugate leggermente i suoi occhi si muovevano avanti e indietro rapidamente.

“Spock?” Chiese McCoy preoccupato quando il silenzio divenne insostenibile.

“Forse può aiutarmi.”

“Ci proverò sicuramente.”

“Sto avendo difficoltà nel controllare una certa emozione perché non la capisco, è qualcosa che non ho mai provato.”

“Probabilmente è la ‘perdita’. Non è facile rimanere improvvisamente senza Jim.”

“Ho provato la perdita del mio intero pianeta e non mi ha influenzato a questo livello o in questo modo. Ero in grado di controllare le mie emozioni in quel momento, ora sono in serio pericolo di perdere tale controllo. Non capisco perché.”

“Non per essere offensivo, Spock, ma non avevi amici come Jim su Vulcano.”

“Ho perso mia Madre.”

“Per questo ti senti così per come hai reagito a non avere più Jim vicino.”

“Si può provare un’emozione a causa di un’altra emozione?”

“Sì. La chiamiamo ‘colpa’.”

“È inaccettabile.” Annunciò Spock con tono definitivo.

“Non so che farci.”

“Io sì. Devo meditare profondamente per riaffermare il mio controllo.”

“Quanto ti ci vorrà?”

“Fatto per bene, giorni. Tuttavia, non ho il lusso di così tanto tempo perciò proverò a farcela entro le prossime otto ore.”

“Mi assicurerò che tu non venga disturbato.”

“Grazie.”

Questa volta quando Spock si voltò non vi era dubbio che avrebbe oltrepassato la porta. Improvvisamente aveva un’aura di determinazione intorno a lui. Bones pregò che la meditazione fosse in grado di rimettere in sesto il nuovo Capitano. Aveva visto in prima persona quanto poteva essere pericoloso un Vulcaniano che aveva perso il controllo sulle sue emozioni.

Bones s’era quasi dimenticato cosa stava facendo prima della visita di Spock. Quando abbassò lo sguardo sul computer si ricordò che stava guardando la storia di Daniels. Scavò un po’ più a fondo per cercare di capire perché era stato vaccinato così tardi con un vaccino per bambini e scoprì che non era stato proprio un vaccino, quanto un test per vedere se il vaccino era stato eseguito.

“Non ci sono cartelle mediche su Daniels precedenti i quindici anni, hanno dovuto fare il test per vedere se era stato vaccinato.” Mise i pezzi insieme Bones. “Perché non ci sono dati? Non c’è neanche un certificato di nascita. Come è entrato nella Flotta Stellare senza averlo?”

McCoy stava per cominciare a cercare il certificato di nascita di Daniels quando l’interfono suonò.

“Qui McCoy.”

“Dottore,” provenne la voce di Spock dall’interfono “la prego di venire nei miei alloggi con un tricorder medico.”

“Stai bene?”

“Sto bene, tuttavia, ho bisogno che qualcosa venga analizzato.”

“Arrivo.”

McCoy lasciò perdere quello che stava facendo e prese il suo tricorder. Quando arrivò agli alloggi di Spock trovò il suo amico fuori dalla porta a fissarla. McCoy cercò di capire cosa stava guardando Spock così attentamente.

“Spock, che succede?”

“Nota qualcosa di insolito sulla placca d’accesso alla mia porta, Dottore?”

“Uh…no.”

“Guardi più da vicino, ma non la tocchi.”

McCoy sollevò le sopracciglia e fissò Spock per vedere se il Vulcaniano stava per caso scherzando. Spock rimase serio così Bones decise di accontentarlo. La placca che brillava leggermente d’azzurro gli sembrava normale, controllò i numeri ma erano tutti a posto. Solo quando voltò la testa di lato notò una patina leggermente porpora sulla superficie.

“Sembra che ci sia un qualche olio spalmato sopra.” Disse Bones.

“Cosa dice il tricorder?”

“Dice che si tratta di ‘decloromadesio’.” Annunciò Bones dopo aver controllato il pannello. “Non ho idea di cosa sia, non l’ho mai sentito.”

“È un veleno a contatto estremamente raro, uccide in pochi minuti senza un antidoto.”

“Avvelena al contatto? È una roba piuttosto pericolosa con la quale lavorare.”

“Non per un umano.” Spock scosse la testa leggermente. “il decloromadesio funziona solo su Vulcaniani e Romulani.”

“Quindi se avessi provato ad aprire la porta…”

“Sarei morto.”

 

E così il nostro caro nemico ignoto ci ha provato di nuovo ad uccidere Spock e il nostro caro nuovo Capitano non ha reagito bene alla perdita di Jim...Si prospettano tempi difficili...specialmente per il povero Bones XD

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16

Intrappolato in un sogno Kirk si  muoveva spasmodicamente nel sonno. Una sete bruciante minacciava di farlo uscire di senno. Vagava per i caotici vicoli bui di Qualunquemondo, per la Via Lattea in cerca di qualcosa o qualcuno. Essendo in un sogno non discusse neanche il fatto che non sapeva cos’era che stava cercando così disperatamente.

Una presa salda afferrò l’avambraccio di Kirk tirandolo su dalle sporche strade e portandolo in una stanza egualmente sporca. I muri di calcestruzzo erano coperti di graffiti rudimentali e il pavimento cosparso di frammenti di intonaco e spazzatura. Kirk cercò di sottrarsi alla presa dell’uomo ma le dita serrate attorno al suo braccio sembravano fatte d’acciaio. L’uomo lo strattonò più vicino così che il suo fiato accarezzasse il collo di Kirk.

“Ho quello che stai cercando.” Sussurrò l’uomo nel suo orecchio.

“Chi sei?”

“Nessuno di speciale.”

La risposta fece scattare qualcosa nella mente di Kirk, ma ancora non riusciva a dare un nome al volto dell’uomo. Prima che avesse la possibilità di ricordare chi era l’uomo lo lasciò andare e si allontanò. Kirk lo seguì nell’altra stanza e giù per una rampa di scale. Le scale condussero ad un corridoio illuminato debolmente con dei muri dai quali cadevano gocce d’acqua. Alla fine del corridoio c’erano due uomini ai lati di una porta di metallo arrugginita che si spostarono e aprirono la porta quando videro chi si stava avvicinando.

Kirk seguì il suo nuovo amico all’interno della stanza. Inginocchiato sul pavimento sudicio vi era un giovane Vulcaniano, la testa chinata impediva di vederne i lineamenti. Era nudo fino alla cintola cosa che permetteva di vedere la sua pelle ricoperta da una moltitudine di tagli in vari stadi di guarigione e infezione. Sangue e sudore colavano dal suo corpo abusato mentre il suo petto si sollevava in lenti e dolorosi respiri.

L’uomo che aveva portato lì Kirk girò attorno al prigioniero. Tolse rumorosamente il coltello dal fodero che aveva alla cintura. Kirk avanzò allarmato quando l’uomo premette profondamente il filo del coltello nella spalla del Vulcaniano. Non ci fu reazione da parte della vittima neanche quando l’uomo si chinò e bevve avidamente dal taglio appena fatto. Quando ebbe finito l’uomo afferrò una manciata dei capelli d’ebano del Vulcaniano e gli fece piegare la testa all’indietro.

“Spock…” Ansimò Kirk.

Se Spock aveva riconosciuto il suo nome o l’amico di certo non lo mostrò. I suoi occhi scuri fissavano un punto davanti a lui vacuamente da sotto le lunghe ciglia. L’uomo portò il coltello alla gola di Spock. Kirk si ritrovò incapace di muoversi, poteva solo guardare. Spock chiuse gli occhi e piagnucolò debolmente mentre la lama gli tagliava la pelle e tracciava una brillante linea verde in diagonale lungo la gola dal collo fino a dietro il suo orecchio appuntito.

L’uomo lasciò andare Spock, ma il Vulcaniano non si mosse. Rimase con la testa sollevata e piegata di lato per meglio esporre la nuova sanguinante ferita. Lacrime gli scorrevano lungo il viso, ma il suo volto rimase impassibile. Il fiume di sangue poté scorrere liberamente per il suo petto e l’addome.

Improvvisamente in grado di muoversi di nuovo Kirk si sbrigò a chinarsi davanti al suo amico ferito. Mise le mani sui fianchi di Spock, sentendo il suo cuore Vulcaniano martellare contro le costole. Kirk fissò il sangue che continuava a colare lungo la pelle di Spock. Tuttavia invece di aiutarlo morse la ferita sanguinante lungo la sua gola, placando la sua sete con l’incredibilmente rinfrescante sangue.

Spock gridò dal dolore facendo svegliare Kirk in preda a gridare lui stesso per l’orrore. Disorientato e disgustato dall’incubo Kirk rotolò fuori dal letto a lui sconosciuto e finì sul pavimento. Abbracciandosi lo stomaco cominciò ad avere dei conati a vuoto contro il gusto del sogno. Quando riuscì a controllare di nuovo lo stomaco si sentì annaspare in cerca d’aria.

“Che diavolo era quel sogno?” Domandò Kirk a sé stesso.

Mettendosi in piedi Kirk guardò furiosamente la nave che lo teneva prigioniero. Non sapeva quanto tempo era passato da quando aveva scoperto dove si trovava durante i postumi da sbornia con i quali si era svegliato. Aveva sperato che tutto fosse un’illusione creata dall’ubriacatura, ma dopo essersi svegliato altre due volte nello stesso posto era stato costretto ad ammettere che quella era la sua nuova realtà.

“Se questo è un qualche stupido scherzo non sono per niente divertito, ragazzi.”

Kirk attese qualche momento, pregando perché comparisse un volto familiare. Tuttavia, cominciò lentamente ad accettare il fatto che era da solo. Digrignando i denti per la frustrazione Kirk prese ad aggirarsi ancora una volta per la nave. Aveva già disassemblato l’intera cabina di pilotaggio scoprendo che non solo non poteva comandare la nave ma neanche comunicare.

Il silenzio della nave venne interrotto dallo stomaco di Kirk che borbottò in affamata irritazione. Scrollando le spalle Kirk vagabondò in cerca di qualcosa da mangiare. Gli ci volle un bel po’ per trovare la cucina. Quando vi arrivò notò immediatamente una bottiglia nera su un bancone con un bicchiere accanto.

Kirk afferrò la bottiglia e la guardò. Non c’era nessuna etichetta  né segno che potesse indicare cosa c’era al suo interno. Curioso Kirk aprì la bottiglia e versò un po’ del suo contenuto nel bicchiere lì accanto. Uno sciroppo verde brillante si riversò nel bicchiere schizzandolo. Kirk ansimò e indietreggiò, versando un po’ del denso liquido sul bancone.

Appoggiando velocemente la bottiglia la mente di Kirk lo fece sobbalzare mentre gli riproponeva le immagini della nottata di pesanti bevute. Poteva giurare di sentire di nuovo il sapore di rame in bocca. Sentendosi nauseato Kirk si allontanò dal bicchiere di sangue Vulcaniano e si sedette al tavolo.

Gli ci volle un momento per notare la piccola tavoletta video davanti a lui sopra il tavolo. Lampeggiava segnalando il fatto che conteneva già un video al suo interno. Anche se aveva la distinta sensazione di non voler sapere cosa diceva il messaggio premette lo stesso il tasto play. Kirk riconobbe all’istante la faccia sorridente che comparve come la faccia dell’uomo del suo sogno. Lo stesso che, ora ricordava, lo aveva forzato a bere il sangue Vulcaniano la prima volta.

“Watson…no, Wilson.”

“Salve, Capitano.” Disse il video registrato. “Spero che si goda il dono che le ho lasciato per il viaggio. Una bottiglia del migliore della Flotta Stellare.”

Kirk lanciò un’occhiata alla bottiglia improvvisamente terrorizzato all’idea che non si trattasse del sangue di un Vulcaniano qualunque.

“Il Comandante Spock è stato molto più difficile da prendere.” Continuò Wilson. “Mi è stato detto che ci vuole molto per costringere un Vulcaniano a mostrare delle emozioni e ancora di più per farlo gridare. Posso dirle per esperienza che è la verità. Non ha idea di quello che ho dovuto fare al suo amico dalle orecchie appuntite per fargli emettere anche solo un suono. Un uomo qualunque sarebbe svenuto per il dolore prima che il tuo Vulcaniano cominciasse anche solo a sudare.”

“Ti ucciderò.” Ringhiò inutilmente Kirk alla registrazione.

“Comunque, se vuole vedere in prima persona il mio lavoro dicono che se beve abbastanza sangue di un Vulcaniano può vedere i suoi ultimi ricordi.” Wilson sorrise e sollevò un bicchiere di sangue Vulcaniano in un finto brindisi. “Si rallegri, Capitano.”

Kirk non poté sopportare di guardare Wilson mandare giù la bevanda sanguinosa. Il messaggio finì e la tavoletta iniziò a riformattarsi così che tutto venisse cancellato. Kirk si premette la base del naso con le dita per cercare di controllare il mal di testa in arrivo prima di alzarsi. Cercando di agire prima di perdere coraggio afferrò il bicchiere di sangue e lo portò alle labbra.

Il puzzo metallico del sangue che stava ormai coagulando impedì a Kirk di portare a termine l’atto. Voleva disperatamente sapere se il sangue apparteneva a Spock, tuttavia il prezzo per conoscere la verità era troppo alto. Arrabbiato e frustrato Kirk lanciò il bicchiere contro il muro. Il bicchiere si frantumò rumorosamente e il sangue colò giù per il muro.

“No,” Kirk scosse la testa “non è possibile che quel bastardo abbia preso Spock. Il sangue dev’essere di qualcun altro.”

Kirk cercò di convincersi della veridicità delle sue parole, ma c’era sempre il fatto che non c’erano molti posti dove poter reperire così tanto sangue Vulcaniano senza ucciderne uno. Dato che il 99.9% dei Vulcaniani vivevano su Natala non c’erano molte possibilità a riguardo.

“Ma poi chi è questo tizio? Che diavolo gli abbiamo fatto?”

Non avere risposte stava diventando fisicamente doloroso per Kirk. Determinato a riprendere il controllo della situazione si diresse rapidamente alla cabina di pilotaggio. Due ore dopo non era ancora riuscito a fermare o a cambiare la rotta della nave.

Steso sulla schiena in mezzo a una miriade di cavi Kirk continuò a lavorare al suo vano progetto. Quando afferrò per sbaglio due cavi gridò di dolore quando la corrente gli attraversò il petto. Mettendosi a sedere rapidamente sbatté la testa contro la parte superiore del pannello al quale stava lavorando e cadde di nuovo a terra. Sospirando sconfitto Kirk chiuse gli occhi e rimase immobile.

“Dov’è Scotty quando ho bisogno di lui?” Mormorò amaramente Kirk.

Le comunicazioni a bordo erano altrettanto inutili, ma non cedette altrettanto rapidamente. Senza il giorno e la notte artificiali Kirk perse rapidamente cognizione del tempo a bordo della nave mentre viaggiava per lo spazio. Senza sapere precisamente per quanto era rimasto incosciente in principio era impossibile sapere qual era la Data Stellare. Spese il suo tempo cercando di riparare tutti i sistemi o cercando per lo meno di bypassarli, dormendo ogni volta che si sentiva troppo esausto o frustrato per continuare a lavorare. Il meglio che era riuscito a fare era stato creare un debole segnale di soccorso, un semplice impulso a ripetizione che magari sarebbe stato captato da qualche nave.

Alla fine Kirk non ebbe più la forza mentale per continuare a lavorare su quei maledetti circuiti. Avendo trovato una risma di carta Kirk stava ora occupando il suo tempo piegando la carta per farne degli aeroplanini che lanciava per la stanza.

“Morte per noia…una punizione alquanto inusuale e crudele.”

Sospirando pesantemente ancora una volta Kirk continuò a cercare di perfezionare l’aerodinamicità dei suoi aeroplanini. Aveva appena lanciato il suo duecento ventiquattresimo aeroplano quando cominciò a suonare un allarme.

Kirk si stava dondolando sulla sedia e quando l’allarme suonò lo spaventò tanto da farlo cadere a terra. Rialzandosi Kirk corse alla cabina di pilotaggio per vedere che stava succedendo. Sapeva che alla meglio poteva essere un’altra nave, alla peggio poteva essere l’avvertimento che stava per schiantarsi su una stella. Arrivato alla cabina di pilotaggio si sedette pesantemente sulla sedia del Capitano e fissò lo schermo davanti a lui.

“O potrebbe essere un Falco da Guerra Romulano…che fortuna.”

Per un momento Kirk fissò la nave nemica, aspettandosi che decidesse di sparare prima per poi fare domande. Tuttavia i Romulani sembravano interessati agli intrusi e chiaramente non si sentivano minacciati. Senza il dispositivo di occultamente attivato cominciarono a girare intorno alla nave come uno squalo. Impossibilitato a chiamarli Kirk incrociò le braccia e attese.

“Allora, venite qui spesso?” Chiese Kirk al silenzio. “Avete per caso fatto saltare in aria qualche bella stazione di ricerca?”

Kirk fece schioccare impaziente la lingua mentre i Romulani continuavano a studiarlo. Dopo quelle  che sembravano settimane passate da solo era lieto di avere compagnia, anche se ostile. Mentre i Romulani continuavano a girargli intorno si domandò se per caso stavano cercando di chiamarlo o se semplicemente si divertivano a fare sfoggio della loro superiorità.

“Ovviamente la domanda è: siete voi ad averla o sono io?”

Il distinto suono di qualcuno che si teletrasportava a bordo attirò la sua attenzione. Volendo vivere abbastanza da poter capire che stava succedendo Kirk si alzò e mise le mani dietro la testa. Non ci volle molto prima che un gruppo di quattro Romulani con addosso uniformi Imperiali arrivasse al Ponte. Sembrarono tutti sorpresi di trovare un umano. Il capo si fece avanti con la sua arma puntata a quello che sarebbe stato il cuore di Spock, ma solo la costola di Kirk.

“Chi sei?” Chiese il Romulano.

“Se non mi riconoscete allora sarà meglio che non lo dica.” Replicò Kirk. “Ultimamente mi sono lasciato un po’ andare, se avessi saputo che avrei avuto ospiti mi sarei dato una pulita. Consideratevi fortunati che oggi non sia ‘il giorno del bucato’, questo è il mio unico paio di jeans così avrei dovuto andare in giro nudo mentre li pulivo.”

Il Romulano fu preso alla sprovvista dalla lunga risposta di Kirk e dal suo atteggiamento rilassato. Strinse i suoi occhi scuri e fece un passo avanti. Piegò il labbro superiore in un miscuglio di disgusto e aggressività. Tenendosi per sé la sua paura Kirk piegò leggermente la testa di lato e si mise in volto il suo miglior sorriso.

“Immagino che non siate interessati a offrirmi un passaggio per la Terra? O anche solo alla più vicina Basa Stellare.”

Il Romulano gli si gettò contro colpendolo alla tempia con il phaser. La potenza del colpo fece cadere in ginocchio Kirk mentre lottava per non svenire. Sapeva per esperienza che i Romulani erano forti quanto i loro cugini Vulcaniani, solo che era molto più probabile che usassero tale forza contro di te. Kirk sollevò una mano e si toccò cautamente lo sfregio provocato dal Romulano.

“Lo prendo come un ‘no’.” Tirò ad indovinare Kirk. “Che ne dite di ‘portatemi dal vostro capo’? Io e lei abbiamo condiviso dei bei momenti, sono piuttosto sicuro che riusciremo a capire cosa fare.”

Ancora più arrabbiato il Romulano sollevò improvvisamente il ginocchio, colpendo Kirk alla mascella. Caduto a terra Kirk sentì su di lui diverse mani. Lo stesero sullo stomaco e gli legarono velocemente le mani dietro la schiena con un paio di manette veramente strette. Mentre veniva trascinato in piedi un altro Romulano li raggiunse con in mano la bottiglia di sangue.

“Signore, ho trovato questa.”

“Cos’è?”

“Puzza di sangue Vulcaniano.”

“Dammela.”

Il capo dei Romulano prese la bottiglia e ne annusò il contenuto. Corrugando le sopracciglia arcuate assaggiò cautamente il contenuto. A contatto con il liquido voltò la testa e lo sputò a terra. Kirk era un po’ sorpreso dalla reazione del Romulano, pensava che dato che i Romulani detestavano i Vulcaniani si sarebbero gustati il loro sangue. Il Romulano spinse la bottiglia davanti alla faccia di Kirk.

“Che fai con una bottiglia di sangue Vulcaniano?” Chiese il Romulano.

“In verità…non ne ho idea.”

“Dovrei forzarti giù per la gola questo sangue.”

“Ti prego, no. Giuro che non è mia. In effetti…non potresti dirmi se è puro sangue Vulcaniano o se ha qualche caratteristica umana?”

“È puro.”

“Grazie.”

“Hmmm, se sei così preoccupato per un ibrido Vulcaniano allora devi essere un amico del Comandante Spock.” Disse il Romulano. “Ti prego, dimmi che non sei il Capitano Kirk, sei troppo patetico e ne sarei alquanto deluso.”

“Posso dirti con estrema sicurezza che non sono il Capitano Kirk.”

 

E così Kirk è stato ‘salvato’, diciamo così, anche se non proprio dalla persone più simpatiche della Galassia J eh, Jim, la tua sfortuna non ti abbandona mai! Vi ringrazio sempre di seguire questa storia commentando o meno^^

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17

“Spock!”

L’urlo di Uhura fu seguito da un grido d’agonia da spezzare il cuore. Spock le passò una mano fra i capelli bagnati dal sudore, cercando disperatamente di aiutarla ma incapace di farlo. Stesa su un tavolo in Infermeria urlò di nuovo a causa dei crescenti dolori del parto. Il caos era intorno a loro mentre i dottori urlavano ordini e i monitor suonavano impazziti. Uhura gettò la testa indietro e urlò di nuovo prima di afflosciarsi.

“Nyota?” Disse Spock disperatamente cercando di svegliarla. “Nyota!”

Gli occhi scuri di Uhura si aprirono, ma erano distanti. Spock guardò con orrore come dalla sua bocca colava sangue. Quando gli occhi le rotearono indietro il monitor collegato al cuore fece risuonare un’unica funebre nota. Completamente nel panico Spock guardò McCoy. Coperto di sangue McCoy teneva dolcemente fra le braccia un neonato. Tuttavia, lacrime rigavano il viso del dottore poiché il bimbo era silenzioso quanto sua madre morta.

Spock sobbalzò, rizzandosi a sedere ansimando in cerca d’aria. Si passò le mani fra i capelli umidi scoprendole tremanti. Il tremito si trasmise a tutto il suo corpo mentre la paura scorreva per tutto il suo organismo. Chiudendo gli occhi Spock respirò profondamente cercando di riconquistare la calma. Non era abituato a sognare, tantomeno ad avere incubi, ed aveva ancora qualche problema a controllare le sue emozioni quando si svegliava.

Anche quando ebbe ripreso il controllo delle sue emozioni gli rimase una strana pesantezza al petto. Si guardò attorno nell’oscurità della stanza VIP e sospirò. Spock aveva deciso che i suoi alloggi non erano più un posto sicuro. Dato che non gli sembrava giusto appropriarsi degli alloggi del Capitano era rimasto senza una stanza a bordo della nave. Aveva cominciato a dormire ovunque ci fosse posto.

Alzandosi dal letto Spock si diresse immediatamente verso l’interfono. Era passata una settimana e ancora non aveva avuto notizie da Nyota. Più il tempo passava più cresceva in lui il timore che lei non volesse davvero perdonarlo. Sentendosi il cuore pesante Spock premette il tasto dell’interfono e chiamò le comunicazioni.

“Qui Ponte.”

“Tenente, comunicazioni dalla Terra?”

“No, Signore.”

“Grazie.”

Spock si appoggiò contro il muro e fissò il soffitto. Realizzando che dispiacersi per sé stesso non avrebbe portato a niente si schiaffeggiò violentemente in viso. Il lampo di dolore lo aiutò a riconcentrarsi sul presente e sui suoi attuali problemi. Gli ricordò anche che se non si rasava avrebbe violato le regole della Flotta Stellare.

Facendosi velocemente una doccia Spock si preparò per un altro giorno. Anche se tecnicamente non avrebbe più dovuto indossare l’uniforme blu non si era preoccupato di andare a cercarne una del colore appropriato. Non aveva nemmeno cambiato lo stemma della maglia da quello di scienza a quello di comando, ma fin’ora nessuno se n’era accorto, e se qualcuno l’aveva notato non aveva detto nulla.

Uscendo dalla porta Spock quasi si scontrò con Bones che stava per bussare. Senza perdere tempo McCoy mise la mano sul petto di Spock e lo spinse dentro la stanza. Seguendolo all’interno Bones si assicurò che la porta si chiudesse per bloccarla. Sembrava estremamente agitato e aveva in mano un PAD.

“Dottore?”

“Spock, ho scoperto chi ha spalmato il veleno sulla tua porta.” Annunciò McCoy in un sussurro. “Erano di fretta e hanno soffiato sulla tastiera per far asciugare più in fretta il veleno, sono stato in grado di trovare del DNA dalla saliva residua.”

“Chi è?”

“Jordan Fuller.”

“Chi?” Chiese Spock confuso. “Non so chi è.”

“Esattamente, per quanto ne so non ha assolutamente nessuna connessione con te. Questa è la sua foto.”

Spock prese il PAD in mano e guardò la foto dell’uomo che aveva provato a ucciderlo. Non vi era nulla di speciale in quell’uomo, e Spock non lo riconobbe. Guardando il suo profilo scoprì che Fuller era un meccanico di basso grado rimasto nella Flotta Stellare senza ricevere una promozione. Spock passò il PAD di nuovo a McCoy.

“Non ha senso. Perché quest’uomo vorrebbe uccidermi?”

“Anch’io all’inizio ero un po’ confuso. Ho chiamato immediatamente la Flotta Stellare per farlo arrestare dato che le nostre registrazioni mostrano che durante la permanenza sulla Terra lui era a bordo dell’Enterprise, visto che era un meccanico. È scomparso.”

“Scomparso?”

“Svanito. Ho guardato più a fondo e qualcun altro è recentemente scomparso dalla Flotta Stellare e dal resto del mondo. Un farmacista di nome Timothy Blake.”

“Un farmacista?”

“Sì. Il tuo altro assassino.” Disse Bones con un gesto di frustrazione. “Per tutto questo tempo abbiamo pensato che dovesse essere stato qualcuno a bordo dell’Enterprise a cambiare i tuoi integratori, ma la verità è che sono stati cambiati alla fonte. Blake era incaricato di rifornire le tue medicine, ha messo le pillole di ferro ricoperte di rame nel contenitore e le ha mandate a te. Un mese dopo ha lasciato il suo lavoro per ‘motivi familiari’ e nessuno lo ha più visto.”

“Entrambi sono stati assunti da qualcun altro.” Concluse Spock.

“È l’unica teoria che avrebbe senso.”

“Buon lavoro, Dottore.” Spock annuì pensieroso.

“Grazie, ma non credo che questo ci porti più vicino a trovare il tuo vero assassino.”

“Sappiamo una cosa su di loro: hanno abbastanza fondi. Non è facile comprare qualcuno che non ha mai commesso crimini e persuaderlo a uccidere.”

“Inoltre ho guardato il veleno che hanno usato nell’ultimo tentativo. È estremamente difficile da trovare, non è qualcosa che puoi comprare ovunque.”

“Devono avere legami col mercato nero per potersi permettere queste sostanze.” Aggiunse Spock.

“C’è anche un’altra cosa che sappiamo di loro…hanno un’intima conoscenza della Flotta Stellare e del suo personale. Non è di dominio pubblico il nome del farmacista che riempie determinate medicine.”

“A meno che non abbiamo comprato anche quell’informazione.” Disse Spock. “In ogni caso, i soldi lasciano sempre una traccia.”

“Controllerò, ma nel frattempo…”

“Farò attenzione, Dottore.” Interruppe Spock.

“Anche quello. Ma quello che stavo per dire era: nel frattempo perché non mi dici che ne pensi di Daniels?”

“Si è comportato in modo esemplare fin’ora.”

“Immagino di essere l’unico su questa nave che non si fida di lui.”

“Ha delle ragioni per non fidarsi?”

“Non ha un certificato di nascita nella sua cartella medica, né dati anteriori ai quindici anni.”

“Inusuale.”

Spock si voltò verso il computer e lo accese. McCoy si avvicinò per guardare oltre le sue spalle finché Spock non si fermò per guardarlo. Sollevando le mani in segno di resa Bones arretrò. Spock ritornò a lavorare col computer.

“Come Capitano ho accesso ai file originali, e alla completa cartella di servizio. Per il momento tutto ciò che mi ha detto è vero.”

“E il certificato di nascita?”

“È entrato nella Flotta Stellare con un ID della Federazione, cosa comune.”

“Ti serve un certificato di nascita per ottenerlo.” Disse Bones.

“Sì, ma non c’è bisogno di presentarlo direttamente alla Flotta Stellare.”

Spock lesse i dati di Daniels con scarso interesse fino a che notò qualcosa fuori posto. Rilesse l’informazione diverse volte per essere certo di aver visto giusto. Spegnendo il computer si voltò per andarsene.

“Spock?”

“Mi scusi un momento, Dottore.”

“Spock, va tutto bene? Hai quello sguardo che sembra voler dire ‘spedirò qualcuno all’Inferno con una presa Vulcaniana’. Cos’hai scoperto?”

“Forse nulla.”

“Mi riesce difficile crederlo.” Sbuffò Bones.

Spock non si curò di discutere col dottore. Uscendo in corridoio andò alla ricerca di Daniels per una spiegazione. Arrivato ai suoi alloggi Spock passò una mano sopra la placca che lo avrebbe annunciato.

“Entri.” Disse Daniels.

La porta si aprì e Spock entrò. Daniels era seduto sul pavimento con una qualche cerimonia del tè disposta davanti a lui. Alla vista del Capitano si alzò velocemente. Daniels arrossì leggermente e forzò un sorriso imbarazzato.

“Capitano.” Salutò Daniels.

“Aspettava qualcun altro?”

“In effetti, sì.” Ammise Daniels. “Io e la Guardiamarina Yamata abbiamo scoperto di amare entrambi gli antichi infusi di tè verde.”

“Non la tratterrò a lungo.”

“Cosa posso fare per lei?”

“Può dirmi chi è davvero.”

Daniels impallidì leggermente sotto lo sguardo di Spock. Prese un respiro per dire qualcosa in sua difesa, ma poi sospirò sconfitto. Aggirò cautamente la teiera con le tazzine messe sul pavimento per mettersi davanti a Spock. Prima che avesse la possibilità di dire qualcosa il campanello della porta attirò la sua attenzione.

“Mi scusi un momento, Signore.” Disse Daniels rispettosamente.

“Certo.”

Daniels si avvicinò alla porta e l’aprì. In corridoio vi era una Guardiamarina più giovane di lui di qualche anno. Sorrise smagliante e fece per entrare quando vide Spock.

“Mi dispiace Lee, io e il Capitano dobbiamo parlare di una cosa. Forse possiamo vederci più tardi?”

Chiaramente terrorizzata Yamata semplicemente annuì e se ne andò. Daniels chiuse la porta e attivò la luce rossa della placca fuori dalla porta così da avvisare di non essere disturbato. Spock attese in silenzio mentre Daniels gli si avvicinava di nuovo. Daniels forzò un sorriso triste, ma il volto di Spock rimase impassibile.

“Devo dedurre che il buon dottore non abbia mollato?” Chiese.

“Qui non si tratta del Dr. McCoy, si tratta di lei. Perché l’Ammiraglio Cooly è la persona da avvisare in caso lei muoia durante il suo servizio nella Flotta Stellare?”

“Perché è mio padre.”

“Sarà confinato nei suoi alloggi fino a che l’Enterprise non avrà fatto ritorno sulla Terra così da poterla riassegnare alla ‘Darwin’.”

“Capitano, la prego, non può liberarsi di me per colpa di mio padre.”

“La sto sollevando dall’incarico perché mi ha mentito.” Replicò Spock.

“Tecnicamente non ho mentito, non mi ha mai chiesto chi era mio padre, e quando me l’ha chiesto ho risposto sinceramente.”

“Ha cambiato il suo nome…”

“Non è un crimine.” Controbatté Daniels.

“Sta a me decidere chi serve sul mio Ponte.” Disse Spock. “I suoi servizi non sono più necessari.”

“Non è minimamente curioso del perché ho cambiato il mio nome e del perché mi sono impegnato così tanto per nascondere le mie relazioni familiari non solo a lei, ma a chiunque nella Flotta Stellare non guardasse attentamente?”

“La curiosità è un’emozione umana.”

“Vero…ma lei è per metà umano.”

“Ciò non cambia i fatti, non mi interessano le sue ragioni. Sarà riassegnato alla ‘Darwin’.”

Spock si voltò per andarsene e Daniels automaticamente si allungò e mise una mano sulla sua spalla per fermarlo. Spaventato dall’improvviso contatto Spock gli afferrò il polso e glielo piegò. Spock lasciò andare Daniels sbattendo il palmo contro il suo petto. Inciampando all’indietro Daniels inciampò sul servizio da tè e cadde a terra. Realizzando di aver esagerato Spock si mosse per aiutarlo a rimettersi in piedi. Daniels si ritrasse terrorizzato dal forte Vulcaniano.

“Mi scuso, Comandante Daniels.”

“Capitano…sta succedendo qualcosa?”

“Cosa vuol dire?”

“Mi ha appena attaccato per averla toccata. Non è stata una reazione logica.”

“No, non lo è stata. Mi scusi.”

“Penso che io e lei abbiamo in comune molto più di ciò che lei pensa.” Daniels si rimise in piedi lentamente. “Pensavo di essere l’unico ad odiare mio padre, ma vedo che lo odia anche lei.”

“L’odio è…”

“‘Un’emozione umana’.” Finì Daniels. “Mi dica la verità: se avesse scoperto che avevo cambiato il mio nome da ‘Smith’ o ‘Doe’ sarebbe lo stesso così arrabbiato? O è proprio il fatto che sono il figlio dell’Ammiraglio ad averla disturbata così tanto?”

Spock esitò a rispondere. Daniels aveva ragione, non era molto importante che Daniels avesse cambiato nome. Particolarmente quando Spock prese in considerazione che l’aveva cambiato più di vent’anni fa. Daniels attese pazientemente una risposta con uno sguardo indignato. Quando Spock continuò a non rispondere la sua espressione mutò in una di sofferenza.

“Non deve rispondere, Capitano.” Sospirò Daniels. “Immagino che non abbia importanza, ho perso la sua fiducia, e non la riavrò. Mi dispiace che le cose siano andate così, desideravo davvero servire a bordo dell’Enterprise. È una nave leggendaria con un altrettanto leggendario equipaggio. Accetto di essere confinato nei miei alloggi, e non dirò a nessuno che mi ha colpito.”

Spock corrugò le sopracciglia pensieroso. Colpire un compagno ufficiale era un reato da Corte Marziale e non aveva avuto nessun diritto di gettare Daniels dall’altra parte della stanza. Spock lo guardò dirigersi verso il piccolo divano e sedervicisi pesantemente. Sembrava sull’orlo del pianto, ma era chiaro che non avrebbe permesso a sé stesso di versare delle lacrime. Spock si voltò per andarsene, ma poi ci ripensò.

“Comandante?”

“Sì?”

“Perché ha cambiato il suo nome?”

“Ironicamente perché sentivo che avrebbe rovinato il mio futuro nella Flotta Stellare.” Daniels rise di una risata vuota.

“Non capisco.”

“Mio padre è un Ufficiale in carriera, anche vent’anni fa si sapeva che sarebbe stato Ammiraglio un giorno. Avevo ogni intenzione di dedicare la mia vita alla Flotta Stellare io stesso. Non volevo che qualcuno pensasse che avevo guadagnato un grado solo grazie a mio padre.”

“Mi sta chiedendo di credere che lei si trovava davvero al posto giusto nel momento giusto per salire a bordo dell’Enterprise?”

“No, ho mentito a riguardo. Non avrei dovuto insultare la sua intelligenza.” Ammise Daniels. “Tuttavia non è stato l’Ammiraglio Cooly ma piuttosto l’Ammiraglio Rand ad informarmi dell’imminente udienza. Ha detto che aveva la sensazione che l’Enterprise avrebbe presto avuto bisogno di un nuovo Primo Ufficiale. Certo pensava che sarebbe stato lei ad andarsene non Kirk. Ad essere sinceri non ho parlato con mio padre da quando ho quindici anni.”

“Perché?”

Daniels non rispose subito. Fissò il tè che stava inzuppando il tappeto con espressione spenta. Si passò le mani fra i capelli color sabbia prima di appoggiarsi indietro fissando il soffitto. Presumendo di non poter sapere più niente da lui Spock si voltò per andarsene.

“Capitano, aspetti…” Chiamò Daniels. “Se…se potesse nascondere di essere metà Vulcaniano o metà umano…lo farebbe?”

“Non capisco la domanda. Che motivo potrei avere per nascondere ciò che sono?”

“Per inserirsi. La vita da ibrido non può essere facile. Non desidera mai di essere un qualunque Vulcaniano o un qualunque umano?”

“È illogico desiderare qualcosa che non può essere.”

“Ma se potesse?”

“Non tratto con i ‘se’. Qual è il suo punto, Comandante?”

“Io…” Daniels esitò. “Non sono umano.”

“Come?”

“Sono come lei, un ibrido umano.”

Spock non poté trattenere l’espressione confusa che gli attraversò il viso. Daniels forzò un altro sorriso triste e incrociò le braccia sul petto come se avesse avuto la nausea. Si alzò dal divano e si avvicinò a Spock.

“Non ha senso, vero?” Chiese Daniels retoricamente. “Mio padre non ha mai tenuto segreto il suo pregiudizio contro gli alieni. Ha combattuto arduamente in passato per tenerli fuori dalla Flotta Stellare. Immagini il suo disgusto quando scoprì che sua moglie e, per estensione, suo figlio, erano alieni.”

“Sua madre…”

“Camaleoide.”

Spock si allontanò di un passo da Daniels. Vedendo come si era teso Daniels scosse tristemente la testa.

“Vedo che neanche lei non può accettarmi. Speravo che, in quanto ibrido lei stesso, avrebbe avuto meno pregiudizi. Spero che ora lei possa capire perché ho fatto tutto ciò che era in mio potere per nascondere ciò che sono.”

“I Camaleoidi sono mutaforma.”

“Infatti, difficile fidarsi di qualcuno che può trasformarsi in chiunque, vero?” Chiese Daniels amaramente. “Anche se non sono un bravo mutaforma, dopotutto sono solo mezzo Camaleoide.”

Daniels fissò intensamente Spock per un momento, studiandolo attentamente. Spock guardò come Daniels cominciò lentamente a imitare il suo volto. Quando ebbe finito assomigliava più a una versione umana di Spock. Non era stato in grado di cambiare i capelli, le orecchie, i suoi occhi azzurro chiaro e la pelle più scura. Daniels mantenne quelle fattezze solo per un momento prima di ritornare sé stesso.

“Potrebbe essere un inganno, potrebbe stare trattenendo volontariamente la sua abilità così da farmi sentire sicuro del fatto che non può copiarmi perfettamente.”

“Lo so. Non ho modo di provare a nessuno che non posso imitarli…per questo ho optato di passare per umano. La Flotta Stellare afferma di non discriminare nessuna razza, ma pensa davvero che mi avrebbero permesso di arrivare a questo grado se sapessero cosa so fare? Chi sono veramente? Quale equipaggio potrebbe mai fidarsi di me? I Camaleoidi sono odiati ovunque per il fatto che possono ingannare facilmente.”

“Anche lei è stato ingannevole.”

“Solo per sopravvivere.”

“Come è riuscito a nascondere la sua doppia natura così a lungo?”

“In parte ci sono riuscito perché il mio DNA e la mia fisiologia sono così simili a quelle umane da non poter essere distinte se non si guarda attentamente. Il Dr. McCoy è stato il primo a guardarmi e a percepire che qualcosa non andava.”

“L’altra parte?”

“Ho alcuni amici ai piani alti, amici che capiscono che volevo allontanarmi da mio padre, ma non perché, non l’ho mai spiegato a nessuno tranne lei. In ogni modo hanno fatto sì che alcune cose non venissero registrate. Non sapevo che qualcuno aveva messo Cooly come mio parente più prossimo. Immagino che uno dei miei amici abbia pensato che mio padre dovesse essere informato della mia eventuale morte, anche se non parliamo mai. Ovviamente se morissi e qualcuno dicesse a mio padre che ‘William Daniels’ è morto, lui non saprebbe neanche chi è.”

“L’Ammiraglio Cooly non è a conoscenza della sua nuova identità?”

“No. Quando avevo quindici anni sono stato attaccato da una banda del posto. Ero così terrorizzato che finii per copiare la faccia del mio assalitore, il che probabilmente mi salvò la vita visto che lo fece andare via di testa. Fino ad allora non avevo idea di non essere umano. Quando arrivai a casa con l’aspetto di qualcun altro mia madre fu costretta ad ammettere che non era umana. Mio padre ci gettò in strada immediatamente.”

“Mi dispiace.”

“Va bene.” Daniels scosse le spalle. “Non ho bisogno di lui, tutto ciò che ha fatto è stato rovinarmi la vita.”

Spock non sapeva che fare con tutte quelle informazioni. Daniels si avvicinò ad una mensola con sopra diverse bottiglie di alcol. Si versò un bicchiere e ne offrì uno a Spock. Spock si limitò a scuotere la testa. Daniels scosse le spalle e ritornò al divano con in mano il bicchiere che si era appena versato.

“Capitano, posso stringere un accordo con lei?”

“Un accordo?”

“Se mi dimetto dalla Flotta Stellare, qui e ora, promette di mantenere il segreto sulla mia natura di mezzo sangue? So di averla messa in una brutta posizione, e posso accettare che la mia carriera nella Flotta Stellare sia finita, ma se si viene a sapere che sono un Camaleoide non potrò trovare lavoro da nessuna parte. Dovrei di nuovo cambiare la mia identità, e per farlo dovrei gettare via otto anni di servizio nella Flotta Stellare.”

Spock lo fissò per un momento. Daniels stava fissando il bicchiere di brandy che si era versato senza dare segno di volerlo bere. Spock non eccelleva nel comprendere le espressione umane e il linguaggio del corpo perciò il fatto di poter vedere il rammarico in Daniels gli fu sufficiente per fargli pensare che tutto quello non fosse una ‘recita’. Mise le mani dietro la schiena e si avvicinò di proposito a Daniels.

“Comandante se darà le dimissioni dalla Flotta Stellare, non avrò più un Timoniere e ciò sarebbe inaccettabile.”

“Mi permette di rimanere?” Chiese Daniels scioccato.

“Sì.”

“Non voglio sembrare ingrato, ma non è la decisione più logica.”

“No, non lo è.”

“Allora perché mi fa restare?”

“Perché quand’ero giovane desideravo poter essere completamente Vulcaniano, per ‘inserirmi’ fra coloro che mi circondavano.”

“Da giovane, e ora?”

“Ora sono a mio agio con chi e cosa sono.”

“Immagino che non possa insegnarmi come fare?” Chiese Daniels con tono privo di speranza.

“Il primo passo e non vedere il suo stato di mezzo sangue come uno svantaggio. Me l’ha insegnato l’Accademia delle Scienze Vulcaniana. Una volta che ci sarà riuscito il passo successivo sarà di non nascondere chi è, me l’ha insegnato l’Ammiraglio Pike, ed ho trovato questo consiglio come il più utile.”

Daniels ci pensò per un momento e poi annuì lentamente. Mise giù il bicchiere e chinò la testa per un momento. Si tolse un paio di lenti a contatto blu dagli occhi. Quando rialzò lo sguardo i suoi occhi mostrarono uno strano colore dorato in essi. Era un colore non propriamente umano, ma nemmeno completamente alieno.

“È un buon inizio?” Chiese Daniels.

“Credo proprio che lo sia.”

 

Ed ecco spiegato il comportamento sospetto di Daniels e la srana sensazione di McCoy. Che ne pensate? Il nostro Capitano ha fatto la scelta giusta? Come sempre ringrazio tutti e auguro a tutti voi un Buon 2011!!!!!!!

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18

“Svegliati!”

“Non appena lo farò comincerete a torturarmi…perché dovrei obbedire?”

La risposta da spiritosone di Kirk fu ricompensata con un calcio allo stomaco. Ringhiando di dolore fece del suo meglio per impedirsi di vomitare. Era rimasto disteso sul pavimento di metallo della prigione Romulana per giorni ed ogni singola giuntura del corpo protestò quando tentò di mettersi in piedi. Con i polsi ancora legati dietro la schiena l’impresa si rivelò piuttosto ardua.

Una volta in piedi il Romulano che lo aveva svegliato gli si avvicinò con una striscia di tessuto nero in mano. Non vedendo altre alternative Kirk rimase immobile mentre la guardia gliela legava attorno alla testa per coprirgli gli occhi. Era una tecnologia piuttosto antica, ma lo accecò perfettamente. Mentre veniva afferrato per il braccio e fatto muovere Kirk spese un po’ delle sue energie mentali cercando di ricordarsi il suo addestramento all’Accademia sull’essere dei prigionieri. La regola di sopravvivenza numero uno era ‘rimanere calmi’. Legato, accecato, e lontano anni luce da casa Kirk trovava quella regola più facile a dirsi che a farsi.

Dopo aver camminato per un bel po’ Kirk fu fatto fermare. Il familiare formicolio che accompagnava il teletrasporto lo allertò del fatto che molto probabilmente aveva lasciato la nave e si trovava ora su Romulus. Continuarono a camminare per un po’ prima di fermarsi di nuovo. Quando Kirk sentì una pressione sul retro del ginocchio e si inginocchiò spontaneamente. Stava seguendo quella che credeva essere la regola numero cinque: ‘non far sì che una piccola richiesta si trasformi in una gran baraonda’.

Come ricompensa per aver obbedito gli vennero slegati i polsi. Portando le mani davanti a sé si massaggiò i polsi indubbiamente arrossati. Sentì che l’uomo che lo aveva portato lì se ne andava velocemente. All’inizio pensò di essere rimasto da solo, ma poi sentì un paio di tacchi risuonare contro il pavimento mentre qualcuno gli si avvicinava. Lavorando sulla seconda regola, ‘non mostrare paura’, Kirk forzò un sorriso smagliante.

“Hey, Cel’esta.” Salutò allegramente. “Non vedevi l’ora di riavermi qui, eh? Anche tu mi sei mancata.”

“Non pronuncerai di nuovo quel nome.”

La profonda voce maschile chiaramente non apparteneva all’Imperatrice Romulana Cel’esta. La benda che aveva addosso Kirk fu improvvisamente strappata via. Kirk alzò lo sguardo sul giovane e potente Romulano che lo stava fissando ferocemente. Ogni volta che Kirk osservava un volto Romulano trovava sempre più difficile credere che loro e i Vulcaniani una volta fossero un’unica razza. L’espressione di puro disgusto e rabbia sul volto del Romulano era qualcosa che non riusciva ad immaginare sul volto di Spock.

“Il mio nome è Ty’rick.” Annunciò il Romulano come se tale nome dovesse essere noto al suo prigioniero.

“Sono Bond, James Bond.”

“Immagino che questa risposta sia estremamente intelligente da dove vieni.”

“È più ‘spiritosa’ che ‘intelligente’.” Kirk scosse le spalle.

“Non importa, so che sei il Capitano James Tiberius Kirk della Terra e della Nave Stellare Enterprise.”

“I miei amici mi chiamano ‘Jim’.”

“Non sono tuo amico.”

“Non dirlo così presto, sono piuttosto socievole.” Insistesse Kirk con un sorrisino amichevole. “Dividi con me qualche bicchiere di quella famosa Birra Romulana, e saremo due amiconi.”

Ty’rick perse quel poco di controllo che aveva sul suo temperamento e tirò un manrovescio a Kirk talmente forte da farlo cadere a terra. Dopo aver atteso che il fischio nelle sue orecchie fosse svanito Kirk si mise seduto, attento a rimanere in ginocchio. Si massaggiò mestamente la mascella, aveva dimenticato quanto erano forti i Romulani.

Dopo averlo guardato male per qualche minuto Ty’rick si voltò silenziosamente e camminò fino ad una delle guardie. Kirk colse l’opportunità di guardarsi attorno. Quella non era la stessa sala delle udienze usata da Cel’esta, ma era altrettanto vasta. Doveva ammettere di essere rimasto impressionato dalla loro architettura. La pietra scura e l’acciaio che lo circondava si amalgamavano organicamente, anche se gli davano la fastidiosa sensazione di trovarsi letteralmente nella pancia della bestia.

Ty’rick interruppe i pensieri di Kirk rimettendoglisi davanti. Kirk alzò lo sguardo sul Romulano e gli si ghiacciò il sangue. Ty’rick aveva in mano quella che ha prima vista Kirk credeva essere una strana piccola creatura vivente, ma che grazie alla luce presente nella sala scoprì avere una natura meccanica. Sembrava una specie di lumaca ricoperta da un’armatura.

“Cos’è?” Chiese Kirk nervoso.

“Penitenza per le innocenti vite perdute.”

“Penitenza? Per cosa?”

“I circa duemila Romulani morti.”

“Hey, la colpa è stata unicamente loro.” Ringhiò Kirk credendo che Ty’rick stesse parlando di Nero e del suo equipaggio.

“Non abbiamo fatto niente per meritarci una tale brutalità.”

“Sei un folle, vero?” Sibilò Kirk.

“Quale arroganza. Sai all’inizio non ci credevo…ma ora sì.”

“Credevi cosa? Stiamo partecipando entrambi alla stessa conversazione?”

“Neghi di aver assassinato la mia gente?”

“Non è stato un assassinio, è st…”

Kirk non ebbe la possibilità di finire poiché la rabbia di Ty’rick si mostrò di nuovo. Velocemente gli afferrò una manciata di capelli e li tirò indietro così da fargli piegare la testa con una forza tale da quasi rompergli il collo. Kirk ansimò a causa dell’improvviso trattamento, e si trovò rapidamente in bocca l’oggetto che Ty’rick teneva in mano. Cercò di sputare quel viscido aggeggio ma Ty’rick fu più veloce a tenergli serrata la mascella.

Il fatto che quella cosa non avesse un gusto discernibile fece credere a Kirk che non fosse viva, tuttavia, allo stesso tempo sembrava che si stesse facendo strada giù per la sua gola. Ad un certo punto i riflessi presero il comando facendogliela ingoiare. Ty’rick lo lasciò andare e lui si piegò in avanti tossendo e sputando sul lucido pavimento di pietra.

“Sto cominciando a stufarmi delle persone che mi forzano ad ingoiare della roba.” Ringhiò Kirk.

“Ti darò un’ultima possibilità di dirmi tutto.”

“Tutto?” Ripeté Kirk con forzato coraggio. “Buona fortuna allora, non ti ho neanche dato ufficialmente il mio nome.”

Stringendo gli occhi Ty’rick mosse la mano davanti a Kirk come fosse stato sul punto di fare qualche trucco di magia. Kirk stava cominciando a credere che quel Romulano fosse davvero fuori di testa quando i suoi pensieri vennero frantumati da un dolore nauseante. Stringendosi lo stomaco con le braccia Kirk annaspò in cerca d’aria mentre il disagio si trasformava in agonia. Piegandosi di nuovo in avanti non ebbe altra scelta se non quella di seguire la regola finale di sopravvivenza del prigioniero: ‘grida se devi’.

A malapena in grado di respirare fra le urla Kirk si mise il dito indice in bocca nel tentativo di forzarsi a vomitare espellendo così il dispositivo che aveva ingoiato. L’attacco di conati di vomito a vuoto che ne conseguì servì solo a peggiorare la situazione. Kirk appoggiò le mani sul pavimento di pietra per impedirsi di cadere a terra mentre vomitava a vuoto contro il dolore accecante che era cominciato dal suo stomaco ma stava ora minacciando di soggiogare il suo intero addome. Piegato su mani e ginocchia vomitò bile sul pavimento. Si aspettava di vederci dentro del sangue, ma non ne vide traccia. Cominciò ad avere la distinta sensazione di essere sul punto di essere spezzato in due.

Anche se aveva cominciato a vomitare di proposito stava avendo delle difficoltà a smettere. Prendendo un profondo respiro lo usò per urlare più che poté mentre la misteriosa agonia si impossessava del suo petto. Incapace di supportarsi su mani e ginocchia Kirk si accasciò su un fianco e si raggomitolò in un vano tentativo di alleviare il dolore indicibile che gli attraversava la pancia. Ty’rick lo guardò impassibile cominciare a tremare violentemente. Aspettò fino a che gli occhi del suo prigioniero rotearono all’indietro fino a diventare bianchi in preludio ad un attacco prima di muovere nuovamente la mano davanti a lui.

La fine della tortura Romulana non fu istantanea. La lama immaginaria che gli si contorceva nelle budella scomparve e da lì il dolore cominciò a scemare. Kirk rimase di fianco respirando affannosamente. Chiuse gli occhi per un momento, incapace di concentrarsi su qualunque cosa non fosse il battito del suo cuore che sentiva rimbombare nelle orecchie.

“Ti prego non rifarlo…” Gemette Kirk.

“Conto di rifarlo.”

“Credimi, io…io non ho…niente che tu voglia.” Ansimò Kirk cercando di riprendersi.

“Non concordo, sto già provando un’immensa soddisfazione grazie a te.”

“Non sono più nella Flotta Stellare, ogni codice in mio possesso è già stato cambiato.” Continuò Kirk, avendo sentito a malapena le parole di Ty’rick. “Infatti, puoi averli, prendi una penna, scriviteli, ma scoprirai che sono inutili.”

“Credi che mi interessino dei codici?” Sputò Ty’rick.

“Allora cosa vuoi?” Ruggì Kirk.

“Voglio una spiegazione per le azioni della Federazione!”

Kirk non rispose perché ancora non capiva cosa voleva Ty’rick. Se si trattava della Narada allora le azioni della Federazione si spiegavano da sole. Distruggere Nero era stato un gesto di auto difesa. Quando Kirk rimase zitto Ty’rick gli tirò un calcio abbastanza potente da farlo stendere sulla schiena.

Kirk fissò il soffitto sopra di lui cercando di capire cosa stava succedendo. Niente di quello che diceva questo Romulano aveva senso e niente di quello che lui diceva sembrava renderlo felice. Stava cominciando a credere che Ty’rick ce l’avesse personalmente con la Federazione piuttosto che fare tutto ciò per un qualche senso di orgoglio razziale. Dopo aver preso un respiro per calmarsi Kirk si tirò su sulle ginocchia.

“Dov’è l’Imperatrice Cel’esta?” Chiese Kirk educatamente. “Devo parlarle.”

“Ripeti il suo nome e ti strapperò il cuore a mani nude!” Gridò Ty’rik.

“Bene…vuoi una qualche scusa da me, allora prima dimmi perché i Romulani hanno attac…”

“Non sei nella posizione di fare richieste.” Lo interruppe Ty’rick. “Anche se credo che il passato non abbia più importanza, e le spiegazioni non possano più cambiare nulla. Dato che la guerra è inevitabile è mio dovere assicurarmi che Romulus disponga di ogni vantaggio possibile. Questo è ciò che desidero da te, Capitano: il numero delle Navi Stellari nella flotta della Federazione, una lista con la posizione delle Basi Stellari più importanti, e un dettagliato resoconto sulla vostra tecnologia bellica.”

Kirk ridacchiò. Piegò la testa indietro e sputò addosso a Ty’rick, macchiandogli la giacca.

“Devo considerarlo un ‘no’?” Chiese Ty’rick con calma.

“Dovresti considerarlo come un ‘vai a farti fottere’.”

Kirk guardò con sfida Ty’rick, preparandosi internamente per quello che sarebbe stato senza dubbio un assaggio della rabbia della creatura che aveva nello stomaco. Nonostante la sua calma apparente la pelle di Kirk pizzicava per la paura mentre guardava come Ty’rick muoveva di nuovo la mano. Come prima cominciò come un sentore di nausea allo stomaco, come il morso di un serpente cominciava con la semplice puntura paragonabile a quella di un ago prima che entrasse in circolo il veleno.

Determinato a combattere quello che gli stava succedendo questa volta Kirk continuò a fissare Ty’rick mentre il dolore cominciava a crescere. Ty’rick lo guardò con occhi privi di interesse. La pelle di Kirk cominciò a farsi madida di sudore mentre i due continuavano a guardarsi come due cani pronti alla battaglia. Kirk maledì silenziosamente la pressione al retro della gola che faceva di tutto per farlo gridare per il dolore. Mantenne gli occhi fissi su Ty’rick anche quando cominciò a tremare. Il Romulano annuì in segno di approvazione.

“Impressionante, Capitano. Ti rispetto per l’aver scelto l’agonia piuttosto che il disonore. Tuttavia tutto ciò è inutile, una volta che verrai spezzato, o impazzirai per il dolore, potremo semplicemente utilizzare altri mezzi per frugare nella tua mente per le risposte che cerchiamo.”

Kirk deglutì convulsamente per aiutarsi a rimanere zitto.

“Alla fine avrò ciò che voglio da te.” Continuò Ty’rick. “Se vuoi evitare tutto questo annuisci e farò finire tutto per farti esaminare la mente. Dopo di che ti ricompenserò con una morte rapida.”

Lacrime cominciarono a rigare il volto di Kirk mentre lottava per mantenere la padronanza di sé contro le incredibilmente violente onde che gli assalivano i sensi. Ty’rick attese che il suo prigioniero lo pregasse di smetterla. Kirk fu forzato alla fine ad abbracciarsi di nuovo lo stomaco per ricominciare con i conati di vomito. Tuttavia non diede segno di voler cominciare a parlare. Ty’rick sospirò pesantemente e scosse la testa tristemente.

“Tornerò tra un’ora.” Ty’rick informò le guardie. “Assicuratevi che non si uccida mentre non ci sono.”

Dopo aver sentito che sarebbe rimasto così per un’ora Kirk dovette mordersi le labbra abbastanza da farle sanguinare per impedirsi di chiedere pietà. Sentì i passi di Ty’rick allontanarsi, ma non si preoccupò di controllare se il Romulano se n’era andato davvero o no. Non aveva importanza, che il suo aguzzino lo stesse guardando o no Kirk non poteva più rimanere in silenzio. Prendendo un profondo respiro urlò con quanta forza aveva in corpo. Si portò il braccio alla bocca e lo morse sperando che il dolore auto-inflitto lo aiutasse a resistere al dolore che non poteva più controllare. Funzionò, ma solo per un momento.

Collassando a terra Kirk scalciò e inarcò la schiena convulsivamente. Come faceva a continuare a sopravvivere al dolore, per non parlare del rimanere cosciente, era un mistero. Sembrava che qualunque cosa fosse che aveva ingoiato stesse cercando di aprirsi una via per uscire, ma l’unico sangue che sgorgava era quello provocato da lui sul suo braccio. L’istinto lo spinse a cercare un modo per liberarsi, a scappare fisicamente. Perciò cercò di mettersi in piedi diverse volte per obbedire alla parte dell’istinto ‘battersi o battersela’ che lo spingeva a fuggire.

Ogni volta che si metteva in ginocchio crollava in avanti. Presto fu incapace di muoversi. Ridotto di nuovo alle urla Kirk gridò fino a che la voce gli divenne roca. Proprio quando stava cominciando a perdere conoscenza il dolore svanì. Disteso a terra annaspando in cerca d’aria aveva appena cominciato a riprendersi quando tutto ricominciò.

Il sollievo intermittente era molto più crudele del dolore costante. Il fatto che gli fosse dato qualche attimo di pausa lo faceva andare nel panico ancora di più quando il dolore lentamente ritornava. Senza le pause sperava di diventare presto insensibile all’agonia, o almeno di svenire. Sembrava che il dispositivo capisse quando era sul punto di svenire e lo liberasse per evitarlo.

Quando tornò Ty’rick Kirk aveva ormai smesso di urlare. Steso sul pavimento e con un braccio a coprirgli  gli occhi piangeva pietosamente. Aveva oltrepassato la soglia di tolleranza da un bel po’. Dopo che il dolore era svanito e ritornato una dozzina di volte sia il suo corpo che la sua mente avevano accettato che non c’era via di scampo ed era stato pervaso da un senso di rassegnazione. Ty’rick fece svanire di nuovo il dolore, ma Kirk continuò a tremare.

Il suo respiro tremante era poco più di un boccheggio. Ty’rick aspettò che si ricomponesse. Kirk non ci stava nemmeno provando, sapeva che non aveva senso provarci. Pregando che la morte o almeno il sonno, lo raggiungesse Kirk si mise su un fianco e chiuse gli occhi, troppo spento per continuare a piangere. Senza quel dolore straziante il freddo pavimento sembrava un letto di piume.

Alla fine Ty’rick si chinò e lo trascinò di nuovo sulle ginocchia. Senza più un briciolo di forza in lui Kirk si sedette pacificamente sui talloni e appoggiò le mani in grembo. Come uno schiavo pestato per bene attese ordini con la testa china. Sudore gli gocciolava dai capelli mentre continuava a tremare. Ty’rick non gongolava né sorrideva, sembrava piuttosto impietosito.

“Sei pronto a parlare?”

Kirk scosse leggermente la testa.

“Ti lascerò a marcire in agonia in una cella finché non impazzirai.”

La minaccia fece stare male Kirk anche senza l’aiuto del dispositivo di tortura che aveva in corpo. Ty’rick aspettò che dicesse qualcosa che voleva sentire, o che almeno pregasse di morire. Rimanendo muto come una statua Kirk chiuse gli occhi e si godette quelli che potevano essere i suoi ultimi dolorosi respiri.

“Bene.” Sputò Ty’rick. “Soffri. Te lo meriti.”

“Lo merito?” Ripeté Kirk. “Hai detto che sto pagando per la morte di qualche centinaio di Romulani…chi sta pagando per i miliardi di Vulcaniani morti?”

“Vulcaniani?” Chiese Ty’rick confuso.

“Nero…”

“Non puoi biasimare Romulus per ciò che ha fatto Nero!” Gridò Ty’rick.

“Non mi stai punendo per vendicarlo?”

“Ti sto punendo per l’attacco a Remus condotto dalla Federazione meno di sette giorni fa!”

“Cosa?”

“Devono desiderare la guerra!”

“No.” Kirk scosse la testa. “No, la Federazione non attaccherebbe Remus…non ha senso. Noi vogliamo la pace con i Romulani…”

“Non può esserci pace fra noi ora. Persino mentre parliamo la flotta sta vendendo radunata per iniziare la rappresaglia. La guerra è l’unica risposta.”

“No,” sussurrò rocamente Kirk “no, dev’esserci uno sbaglio…la Flotta Stellare non romperebbe il trattato.”

Ty’rick afferrò una manata di capelli di Kirk e lo fece alzare. Troppo esausto per lottare Kirk permise all’arrabbiato Romulano di trascinarlo per la sala. Camminarono per un lungo tratto prima che Ty’rick lo gettasse contro un grande muro di vetro. Chiudendo gli occhi contro il freddo del vetro Kirk cercò di svenire.

“Dimmelo!” Ruggì Ty’rick. “Dimmi che quella non è una nave della Federazione!”

Delirante e sul punto di svenire Kirk all’inizio non si mosse né parlò. Alla fine forzò gli occhi aperti per pura curiosità. Guardando attraverso la finestra Kirk corrugò le sopracciglia allo spettacolo davanti a sé. Scosse la testa per cercare di schiarirla, ma la bizzarra visione rimase. Più realizzava che era reale più diventava coerente. Lottando per alzarsi Kirk appoggiò le mani contro il vetro e fissò ciò che aveva davanti.

La finestra dava su un immenso hangar trasformato in un laboratorio forense. La struttura principale era un grosso pezzo bruciato e spezzato di una Nave Stellare. Era un pezzo del disco principale. Kirk poteva leggere ‘…CC-17…’ il resto del nome e del numero di identificazione era mancante o annerito dalle bruciature. Tuttavia, non si poteva negarlo, quel pezzo proveniva da una nave della Federazione. Kirk era senza parole, freneticamente in cerca di un motivo per il quale i Romulani erano in possesso di una nave della Federazione.

Solo in quel momento realizzò che quello poteva essere tutto ciò che rimaneva dell’Enterprise. Era il giusto tipo, l’identificazione che vedeva corrispondeva. Kirk disse a sé stesso che Spock non avrebbe mai portato la nave oltre la Zona Neutrale, nemmeno per salvarlo. Tuttavia, era difficile guardare quella prova davanti ai suoi occhi e non chiedersi fin dove si spingeva la lealtà del Vulcaniano. Ridotto in silenzio Kirk fissò il pezzo di Nave Stellare terrorizzato dalla possibilità che i suoi amici si fossero trovati a bordo.

“Allora, Capitano?”

“Uh…scusa, qual era la domanda?”

 

Ed eccovi il capitolo con Kirk che a quanto pare si trova nel Guaio del secolo! Questo capitolo è stato piuttosto difficile da tradurre specialmente per la tortura di Kirk che mi faceva sentire malissimo T_T

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19

“Ma sei uscito fuori di senno?”

“Avevo la sensazione che l’avrebbe detto.”

“Oh? Ma davvero? Avevi la sensazione?”

“Stavo solo provando ad usare una delle vostre frasi umane.” Replicò Spock tranquillamente.

“Eccotene un’altra: sei fuori come un balcone!”

“Mi dispiace, Dottore, non posso neanche cominciare a tentare di capire cosa vuole dire.”

Bones emise un suono di pura frustrazione. Spock attese che l’irritabile dottore si calmasse. Aveva portato McCoy nella sala conferenze così da informarlo circa quello che stava succedendo con Daniels e Bones non la stava prendendo con grazia. Entrambi erano in piedi, ma mentre Spock rimaneva immobile in un punto Bones camminava per tutta la stanza.

“La sua reazione a Daniels è illogica.” Lo informò Spock. “Non può essere stato lui a tentare di uccidermi. Non ha abbastanza denaro per comprare quel tipo di lealtà, ed anche se è in grado di cambiare il suo volto non può cambiare il suo DNA e quindi non ha spalmato il veleno sulla mia porta. Ha un eccellente curriculum di servizio, ed è un notevole Timoniere.”

“Non posso credere che ti fidi di un Camaleoide.”

“Lei è un razzista, Dottore, e io non lo tollererò.” Disse Spock seriamente.

“Ci ha già mentito.”

“Il Comandante Daniels è un ibrido umano/Camaleoide, tuttavia, nella domanda di arruolamento della Flotta Stellare non viene chiesta la specie. Non ha mentito né alla Flotta Stellare né a me.”

“Si è solo convenientemente dimenticato di informarci.” Sbuffò Bones.

“Perché temeva reazioni ignoranti…come la sua.”

“Ignoranti?” Scattò McCoy. “Sai cosa penso, Spock?”

“No. La prego, mi illumini.”

“Penso che sia tu quello accecato dalla razza.”

“Non capisco.”

“Credo che tu sia così veloce a fidarti di Daniels a dispetto del suo essere un ibrido proprio perché lo è. Quand’è stata l’ultima volta che hai incontrato un altro mezzo umano?”

“Non ho mai incontrato un altro mezzo umano.”

“Esattamente.”

“Dottore,” ringhiò Spock avvicinandosi fino ad essere faccia a faccia con McCoy “se crede sinceramente che metterei a rischio la mia vita, quella dell’equipaggio, e la sicurezza dell’Enterprise stessa per l’aver forse trovato un ‘amico’ allora devo chiederle di iniziare le procedure per rimuovermi dal Comando immediatamente.”

“Spock, io non…non intendevo quello.”

“Allora cosa intendeva?”

“Volevo solo dire che il tuo giudizio riguardo Daniels potrebbe essere offuscato.”

“Come il suo.”

“Spock,” sospirò Bones “perché ogni volta che proviamo ad aiutarci finiamo per litigare?”

“Perché io penso con la mia mente, e lei col suo cuore.”

McCoy prese fiato per sputare un insulto a Spock, ma poi realizzò che il Vulcaniano stava semplicemente dicendo la verità. Spock non lo voleva insultare, aveva solo pronunciato una frase basata sulle sue esperienze con il dottore. McCoy gli appoggiò una mano sulla spalla.

“Spock,” disse Bones abbassando la voce “non posso fare a meno di avere il presentimento che qualcosa di grosso e terribile stia accadendo e che qualcuno voglia te e Jim fuori dai piedi quando sarà la fine. Perciò chiama la mia mancanza di fiducia in Daniels ‘razzismo’ se vuoi, ma assicurati di prendere tutto ciò che ti dice con un grano di sale.”

“Un grano di sale, Dottore? È un ordine medico? Perché i Vulcaniani necessitano di molto poco sodio.”

“Mio Dio se è difficile parlarti.” Bones scosse tristemente la testa. “Volevo solo dire di non prendere ciò che dice come un dato di fatto senza applicarci un po’ di logica.”

“Applico la logica su tutto, Dottore.”

“Allora dov’è la logica nel tenere il retaggio di Daniels un segreto al resto dell’equipaggio?”

“Sento che è meglio per Daniels e l’equipaggio stesso.”

“Ciò che non sanno non può ferirli?”

“In un certo modo. In più non credo che Daniels sia pronto ad affrontare ciò che è. Ha passato la sua intera vita cercando di scappare dalla realtà. Non è giusto esporlo improvvisamente. Vorrei poter credere che la Flotta Stellare non reagirebbe negativamente, tuttavia, la logica e ciò che ho appreso dagli umani mi dicono che invece sarebbe così.”

“Lo esporrebbe inoltre a suo padre.”

“Non ci avevo pensato, ma lei ha ragione, Dottore.”

“A proposito dell’Ammiraglio Cooly…ci sta ancora manovrando?”

“Sì.”

“Come ti senti al riguardo?” Chiese Bones con un sopracciglio alzato.

“In questo momento mi fido molto più del figlio che del padre.”

“Lo sai…” McCoy esitò e si guardò intorno nervosamente “Cooly avrebbe accesso diretto ad entrambi i tuoi assassini.”

“Dottore, a meno che lei non abbia delle prove tangibili del coinvolgimento dell’Ammiraglio devo chiederle di non speculare.”

“La speculazione è il modo in cui gli umani cominciano a cercare risposte. Fammi un favore e pensa a questi fatti con la tua mente logica: Cooly è quello che sta spingendo l’Enterprise al punto di rottura impedendoci di avere delle licenze, ha convocato la tua Corte Marziale, ha accesso a tutte le cartelle personali, è politicamente motivato, e non ha mai tenuto segreto il fatto che è contro gli alieni in posizioni elevate nella Flotta Stellare.”

“L’Ammiraglio mi ha reso Capitano.” Puntualizzò Spock.

“Certo che l’ha fatto. Quale miglior modo per provare che ha ragione di metterti in una posizione elevata per poi farti fallire?”

“Interessante.” Annuì Spock. “Ci penserò.”

“Nel frattempo continua a guardarti le spalle, non credo che smetteranno di provare ad ucciderti.”

“Concordo.”

Vi fu un attimo di silenzio fra i due. Spock guardò la mano di McCoy, ancora sulla sua spalla. Bones la spostò immediatamente e incrociò le braccia sul petto. Si guardò attorno nella sala conferenze e sospirò pesantemente.

“Qualcosa non va, Dottore?”

“Vorrei che Jim fosse qui. È più bravo di noi in questo genere di cose. Quello e sono preoccupato per lui.”

“Come me.” Ammise Spock.

“Qualcosa mi dice che sta riuscendo a cacciarsi nei guai anche se lasciato sulla Terra.”

Spock annuì e la conversazione si fermò di nuovo. L’interfono suonò improvvisamente attirando l’attenzione di Spock.

“Qui Spock.”

“Capitano, chiamata urgente dalla Flotta Stellare.”

“L’Ammiraglio Cooly?”

“No, Signore, l’Ammiraglio Pike.”

“Pike?” Replicò Bones sorpreso. “Questo non è un buon segno.”

“Passi la comunicazione alla sala conferenze.” Ordinò Spock.

“Sì, Signore.”

“Spock?” Provenne la voce dagli altoparlanti nascosti.

“Sono qui, Ammiraglio, come anche il Dr. McCoy.” Replicò Spock. “Posso chiederle se è tornato al Comando della Flotta Stellare?”

“In un certo senso. Mi hanno chiesto di presentarmi come ‘esperto’.”

“Esperto di cosa?”

“Vulcaniani.”

“Lei ne sa molto più di qualsiasi umano io conosca, tuttavia, se la Flotta Stellare necessita di un esperto sui Vulcaniani dovrebbe contattare l’Ambasciatore di Vulcano.”

“È una situazione spinosa.” Ammise Pike. “Abbiamo trovato un ragazzino Vulcaniano qui sulla Terra.”

“Un ragazzino?”

“Sì,” sospirò Pike “Spock, è stato gravemente abusato. La polizia lo ha trovato in una gabbia nel seminterrato di una casa nella quale sono stati ritrovati i cadaveri di quattro uomini che sembrano essere stati giustiziati, uno in un modo particolarmente cruento.”

“Cos’è successo?”

“Non lo so, il ragazzo non vuole parlarci, rifiuta qualsiasi trattamento medico, è…è veramente messo male, fisicamente e mentalmente.”

“Qualcuno ha qualche teoria su chi potrebbe essere?” Chiese McCoy.

“No.” Sospirò Pike. “Non vuole dirci il suo nome.”

“Ammiraglio, la Flotta Stellare deve contattare Natala,” insistette Spock “il ragazzo deve essere restituito ai Vulcaniani.”

“Gliel’ho detto, ma la Flotta Stellare non vuole andare a bussare alla porta del Consiglio Vulcaniano con un giovane Vulcaniano torturato senza prima avere qualche risposta. Le relazioni fra umani e Vulcaniani sono piuttosto tese ultimamente da quando l’Ammiraglio Cooly è entrato nel Consiglio della Federazione.”

“Questo è inaccettabile.” Spock strinse gli occhi per l’irritazione. “La Flotta Stellare non ha nessun diritto di trattenerlo. Il ragazzo è Vulcaniano, solo i Vulcaniani possono aiutarlo.”

“Lo so, per questo ti sto chiamando. Sono stato in grado di tirargli fuori una sola parola, ed è stata il tuo nome, Spock.”

“Quanti anni ha?”

“Credo 15 o 16.”

“Non conosco nessun Vulcaniano di quella età.”

“Spock, tu sei famoso fra i Vulcaniani.” Puntualizzò Bones. “Non devi per forza conoscerlo perché lui conosca te.”

“Logico.”

“Penso che parlerà con te, Spock.” Disse Pike. “Potresti almeno provare.”

“Certo.”

“Aspetta un attimo devo andare alla cella.”

“La Flotta Stellare lo ha rinchiuso di nuovo?” Chiese Bones disgustato.

“Per la sua sicurezza, Dottore.” Assicurò Pike.

Bones lanciò uno sguardo dubbioso a Spock. Il sopracciglio del Vulcaniano si sollevò, la cosa più vicina ad un gesto di concordo che McCoy avrebbe ricevuto. Pike rimase zitto per un po’. Quando ritornò parlava con voce dolce. Era chiaro che stava cercando di spiegare al giovane Vulcaniano che non gli avrebbe fatto male. A Spock sembrava che non stesse funzionando.

“Spock, è terrorizzato da me.” Disse Pike. “Non posso biasimarlo. Per favore, Spock, guarda se riesci a convincerlo ad accettare cure mediche per le sue ferite.”

“Ferite?” Chiese Bones allarmato.

“Sfregi, sono dappertutto sul suo petto, il collo, la schiena, e le braccia. Alcuni sono abbastanza recenti da sanguinare attraverso la maglia, altri sono così vecchi da essere cicatrici sbiadite. Ha i capelli completamente bianchi, suppongo per lo stress, i suoi occhi sono così sensibili alla luce da dover tenere le luci al minimo o urla di dolore.”

“Mio Dio…” Sussurrò McCoy per l’orrore “devono averlo avuto per anni.”

“È quello che crediamo.” Concordò Pike. “Ragazzo, ho il Comandante Spock in comunicazione sub-spaziale. Vai, Spock, almeno adesso mi sta guardando.”

‘Vulcaniano, io sono Spock.’ Annunciò Spock nella sua lingua natia. ‘L’uomo lì con te è l’Ammiraglio Pike, è un mio vecchio amico. Mi fido di lui con la mia vita, cosa che puoi fare anche tu. Per favore, lascia che ti aiuti.’

“Sta scuotendo la testa, Spock.” Disse Pike tristemente. “Non penso che ci creda, penso che pensi sia un imbroglio.”

“Una logica supposizione.” Spock si guardò attorno nella sala conferenze. “Ammiraglio, siamo correntemente in orbita attorno all’Avamposto 10 vicino alla Zona Neutrale Romulana. Hanno avuto problemi con le comunicazioni a causa di un mal funzionamento tecnico che il Signor Scott mi ha informato necessiterà di tre giorni per essere riparato. Dopo di che impiegheremo approssimativamente cinquantasette ore per ritornare sulla Terra.”

“Bene, ci vedremo allora.” Disse Pike. “Pike chiudo.”

Spock rimase immobile a fissare vagamente il pavimento con le mano tenute dietro la schiena. Corrugò le sopracciglia cercando di capire tutto ciò che gli era stato appena detto. Non aveva senso, non era logico. Bones si schiarì la gola e sventolò una mano davanti agli occhi di Spock.

“Cerchi di trovare una connessione, Spock?” Chiese McCoy sapientemente.

“Infatti.”

“Potrebbe non essercene una.”

“Anche se non c’è, perché mai qualcuno vorrebbe tormentare così un Vulcaniano? Particolarmente uno così giovane.”

“Spock…” McCoy gli si avvicinò e gli mise un braccio sulle spalle. “Ci sono un sacco di persone malate nella Galassia, non è logico, ma è un fatto.”

Spock annuì, ma la sua espressione rimase agitata. Bones sospirò tristemente e gli suggerì di andare a riposare un po’. Spock si scostò dal braccio di McCoy e lasciò la sala conferenze. Anche se non aveva intenzione di dormire Spock si diresse verso gli alloggi VIP. All’ultimo secondo cambiò idea ed entrò nei vecchi alloggi di Jim.

Kirk aveva dovuto andarsene così in fretta che era toccato a Spock impacchettare tutte le sue cose per poi spedirgliele. Gli alloggi vuoti davano la raggelante sensazione di essere appartenuti a qualcuno che ormai era morto. Spock non era certo di cosa sperasse di ottenere presentandosi lì. Vagabondando fino al letto si sedette sul bordo. Si massaggiò il petto, lo sentiva stranamente stretto. Sobbalzò violentemente quando suonò l’interfono.

“Capitano?” Chiese l’interfono.

“Qui Spock.”

“Comunicazione personale dalla Terra per lei.”

“Grazie, la prenderò qui.” Spock balzò in piedi e passeggiò nervosamente finché non sentì il clic del trasferimento della chiamata. “Nyota?”

“No, Spock, sono Winona.”

“Signora Kirk.” Salutò Spock formalmente. “La prego di capire che non posso parlare con suo figlio…nemmeno attraverso lei.”

“Lo so, Spock.” Disse Winona tristemente. “Infatti non puoi immaginare la quantità di favori che ho dovuto riscuotere per avere il permesso di chiamare l’Enterprise.”

“Come posso esserle di aiuto?”

“James è scomparso.”

“Scomparso?”

“Era da me finché non fosse riuscito a trovarsi un posto suo. Cinque giorni fa è uscito, e non è più tornato. Sono così preoccupata per lui, non se la stava cavando molto bene prima di scomparire.”

“È semplicemente svanito?” Chiese Spock preoccupato.

“Sono andata in alcuni bar nei quali di solito va James per appendere delle sue foto. Non…non crederai a quello che mi ha detto un barista. Ha detto…”

“Signora Kirk?” Chiese Spock quando lei non continuò.

“Mi ha detto che aveva cacciato James e i suoi amici la notte in cui è scomparso perché stavano bevendo…bevendo sangue Vulcaniano.”

“Sangue Vulcaniano?” Ripeté Spock sopreso.

“Non può essere vero!” Disse Winona nervosamente. “Prima di tutto non farebbe mai qualcosa di così disgustoso, e secondo…beh, non ha amici qui. Penso sia stato forzato a berlo, non so perché, e portato via dagli uomini con i quali era insieme, di nuovo non so perché.”

“La polizia locale…”

“La polizia locale ricorda com’era Jim da giovane.” Sospirò Winona. “Sono convinti che se ne sia andato per andare a Las Vegas o che altro. Ma lui non se andrebbe così, mi farebbe sapere dov’è…”

“Winona,” la interruppe Spock “lo troverò.”

“Grazie, Spock.” Disse Winona con ovvio sollievo. “Sono certa che voi ragazzi non parlate mai di queste cose, ma tu sei davvero il più grande amico che James abbia mai avuto, e voglio ringraziarti per questo.”

“Non c’è bisogno di ringraziarmi, è stato un amico egualmente leale per me.”

“Non è giusto che la Flotta Stellare vi tenga separati così.”

“La Flotta Stellare non ha avuto scelta.”

“Stronzate.”

“Signora Kirk?”

“Non importa, solo ti prego…trovalo.”

“Lo farò.” Promise Spock.

Dopo che la chiamata della madre di Kirk fu terminata Spock alzò le mani e fece toccare la punta delle dita di ciascuna mano mentre pensava. Dubitava che la parte del sangue Vulcaniano fosse vera, al di là del non credere che il suo amico ne avrebbe mai bevuto, era incredibilmente raro trovare del sangue Vulcaniano in vendita sulla Terra.

“A meno che…”

Spock balzò in piedi e corse alla sala teletrasporto. Uno dei Guardiamarina lo salutò, ma lui lo ignorò completamente. Aprendo il comunicatore Spock contattò Scotty e gli ordinò di risalire sulla nave. Scotty arrivò dopo qualche minuto, con le mani e il viso coperti di olio.

“Oy! È un vero casino là sotto.” Si lamentò Scotty. “Il loro ingegnere dovrebbe essere licenziato per negligenza.”

“Signor Scott?”

“Sì, Capitano, cosa posso fare per lei?”

“Può teletrasportarmi al Comando della Flotta Stellare?”

“Vuole dire sulla ‘Terra’?”

“Sì, Signor Scott.”

“Beh, teoricamente…”

“Allora lo faccia.”

Gli occhi di Scott si spalancarono per lo shock mentre Spock saliva su una delle rampe del teletrasporto. Spock guardò il Capo Ingegnere con uno sguardo pieno di aspettative. Ancora un po’ sconcertato Scotty guardò il Guardiamarina in cerca di aiuto, ma quello scosse le spalle impotente.

“Capitano, non credo…”

“Non ho tempo per questo, Signor Scott. Devo ritornare sulla Terra, la contatterò quando sarò pronto per risalire.”

“Ha afferrato la parte in cui dicevo ‘teoricamente’, giusto?”

“Se riesce a teletrasportare qualcuno su una nave che viaggia a Curvatura, allora può fare anche questo.”

“Ma se…”

“Lo faccia, è un ordine.”

“Sì, Capitano.” Sospirò Scotty.

Spock attese sulla rampa mentre Scotty inseriva i calcoli nel computer del teletrasporto. Passarono cinque minuti prima che Scotty sollevasse lo sguardo dallo schermo brillante. Quando non continuò Spock sollevò un sopracciglio in segno di disapprovazione.

“Capitano Spock, sa cos’è successo l’ultima volta che ho provato a fare qualcosa del genere, vero?”

“Energia.”

“Non ho mai trovato quel povero cane…”

“Signor Scott!”

Scotty sobbalzò al tono di Spock e diede energia al teletrasporto. Il viaggio non sembrò più lungo del solito, ma l’atterraggio fu un po’ brusco. Rimettendosi in piedi Spock si guardò attorno nel largo atrio dai pavimenti di marmo. Apparire dal nulla nel cuore del Comando della Flotta Stellare non era qualcosa che la sicurezza prendeva troppo bene, anche se a farlo era un Capitano. Un giovane Guardiamarina gridò per la sorpresa subito seguita dal suono dell’allarme.

Spock alzò le mani pacificamente mentre la sicurezza lo circondava. Fu identificato velocemente, ma la sicurezza non abbassò la guardia. Spock aveva appena infranto una dozzina di regole e il suo arrivo per niente ortodosso aveva messo in agitazione la sicurezza. Non ci volle molto prima che Pike arrivasse facendosi strada nel circolo di guardie. Guardò Spock dalla sua sedia a rotelle e scosse la testa incredulo.

“Sai di certo come fare una bella entrata in scena, Spock.”

“Saluti, Ammiraglio. Sono qui per vedere il Vulcaniano.”

“Lo immaginavo. Non potevi aspettare di avere un modo più sicuro per arrivare qui?”

“Non è il mio tempo che temo stia per finire.”

 

Ed ecco un altro mistero, chi è il giovane Vulcaniano dai capelli bianchi gravemente torturato?

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Capitolo 20

“Ammiraglio, il ragazzo Vulcaniano deve essere trasferito su Natala il più presto possibile. Potrebbe non essere al sicuro qui.”

“Non è al sicuro al Comando della Flotta Stellare?”

“È stato compiuto un altro attentato alla mia vita.”

“Credi che non sia solo contro di te personalmente, ma contro tutti i Vulcaniani?”

“Forse. Tuttavia, ciò che più mi preoccupa è che il Dr. McCoy ha rintracciato entrambi i mie assalitori, ed entrambi fanno parte del personale della Flotta Stellare.”

“Cosa?” Chiese Pike scioccato. “Questo non ha senso, cos’hanno avuto da dire al riguardo?”

“Niente. Sono scomparsi entrambi.”

“Dannazione.” Ringhiò Pike. “Spock, cosa sta facendo la Flotta Stellare al riguardo?”

“Cosa vuole dire?”

“Spock, sei un Ufficiale della Flotta Stellare, un Capitano per giunta, e qualcuno sta cercando di ucciderti…quando ero nella Flotta questo genere di cose mandava il Consiglio su di giri.”

“Su di…giri?” Chiese Spock.

“Quello che voglio dire è che è più che strano che la Flotta Stellare non si sia lanciata nell’investigazione e non abbia tentato di proteggerti da futuri attacchi. Hanno fatto qualcosa? Il Dr. McCoy non dovrebbe essere quello che cerca i tuoi assalitori, è un dottore, non un detective.”

“Dov’è l’Ammiraglio Cooly?” Chiese Spock improvvisamente.

“Lontano dal pianeta. Perché? Credi che centri in questa storia?”

“Non l’ho detto.” Disse Spock velocemente.

“Lo hai pensato così intensamente che l’ho sentito pure io.”

“Davvero?”

“No, Spock, non davvero.” Sorrise Pike. “È un modo di dire. La verità è che ci sono molte persone che cominciano a risentirsi del fatto che sia stato ammesso nel Consiglio della Federazione. Dice che i suoi giorni di razzista verso gli alieni sono ormai alle sue spalle, ma io non ci credo neanche per un secondo. Cos’è che ti ha fatto pensare a lui?”

“L’Ammiraglio è colui a cui faccio rapporto, è l’unico a cui ho mandato il verbale sui miei attacchi.”

“E non ha fatto niente. Spock, non per sembrare cinico, ma questa potrebbe essere una cosa buona.” Disse Pike. “Questo è uno scandalo che lo farà espellere immediatamente dal Consiglio della Federazione.”

“Potrebbe non essere uno scandalo. Potrebbe stare conducendo un investigazione senza renderla pubblica. Gli affari interni in genere non sono comunicati alle masse. Se si sapesse che si sta investigando sarebbe molto più difficile catturare il colpevole.”

“Ma avrebbe almeno dovuto avvisare te se stesse facendo qualcosa.” Puntualizzò Pike.

“Potrebbe averlo fatto.” Ammise Spock. “Correntemente ci sono centotrentasette documenti nei file del mio computer che non sono stati letti.”

“Non è da te, Spock.” Disse Pike preoccupato.

“Sono stato inondato da una vasta quantità di rapporti che non sono stato in grado di analizzare nemmeno con la mia elevata velocità di lettura. Non riesco a capire come possa un Capitano di Nave Stellare occuparsi di così tante scartoffie.”

“Non leggerle.” Ridacchiò Pike. “Firmale e basta.”

“È inaccettabile.”

“Hey, ti sto solo dicendo come vanno le cose. Anche io all’inizio ho provato a leggerle, ma poi ho realizzato che una rapida occhiata al titolo era tutto quello che bastava.”

Spock guardò Pike e piegò la testa leggermente di lato sollevando un sopracciglio. Pike sorrise smagliante e rise.

“Non guardarmi così.” Sorrise Pike. “Comincerai a firmare quei rapporti senza guardarli in men che non si dica.”

“Suppongo che le cinquecento pagine di dati dalla sezione Ingegneristica che ricevo ogni tre ore tendano ad essere sempre le stesse.”

“E se non lo fossero puoi scommettere il tuo sedere che Scotty verrebbe a bussare alla tua porta per dirtelo personalmente.”

Spock corrugò le sopracciglia e inclinò indietro la testa per guardarsi il posteriore, domandandosi perché mai qualcuno vorrebbe usare il proprio sedere in una scommessa, e chi la accetterebbe. Pike notò lo sguardo confuso di Spock e scosse tristemente la testa.

“Immagino che quello che stai cercando di dirmi è che tutto ciò che collega l’Ammiraglio Cooly ai tuoi recenti attacchi è la mia personale avversione nei suoi confronti. È così?”

“Corretto.” Concordò Spock.

“Va bene, comunque non mi piace.” Disse Pike fermamente. “Non preoccupiamocene adesso, preoccupiamoci piuttosto del nostro giovane amico Vulcaniano.”

Spock annuì e seguì Pike al livello di isolamento medico. Entrarono in una stanza d’osservazione con uno schermo che permetteva di vedere solo da una parte. Dalla parte del paziente sarebbe apparso come un comune muro, ma dalla parte di Spock e Pike quel muro era trasparente. Spock si avvicinò alla barriera e abbassò lo sguardo sul prigioniero che essa tratteneva.

Il ragazzo non sembrava nemmeno Vulcaniano con quegli scioccanti capelli bianchi che ricadevano sul suo volto in ciocche scompigliate. Nella stanza c’era un letto ma lui se ne stava ranicchiato su un fianco per terra in un angolo. Sembrava stesse dormendo, ma i suoi muscoli continuavano a contrarsi. Spock notò che i tagli verdi e le cicatrici che si potevano vedere erano tutti diagonali e aperti lungo le braccia secondo precisi schemi. Anche sul suo volto vi erano dei segni, ma erano ormai vecchi e guariti. Sotto l’occhio sinistro vi erano sei cicatrici parallele che gli correvano giù per la guancia formando quasi un tatuaggio tribale. Sul collo vi era un largo squarcio fresco e infetto.

“Fa venire la nausea vederlo, vero?” Chiese Pike con calma.

Spock non poteva rispondere, non aveva parole per esprimere come si sentiva a guardare qualcuno di  così giovane segnato così profondamente. Il Vulcaniano si svegliò improvvisamente gridando dal panico. Guardandosi attorno terrorizzato si premette contro il muro in angolo abbracciando strettamente le ginocchia al petto. Gli ci volle un momento per calmarsi, poi rimase a fissare con occhi vitrei il suolo.

“Potrei non essere in grado di aiutarlo.” Disse Spock.

“Tutto quello che ti chiediamo è di provare.”

Spock annuì e lasciò la stanza d’osservazione per entrare nella cella di contenimento. Pike gli aveva dato il codice che fece aprire la porta. La porta si chiuse e lui si diresse all’angolo opposto a quello in cui si trovava il ragazzo così che fra loro ci fosse tutta la distanza possibile. Il ragazzo aveva chiuso gli occhi quando aveva sentito aprirsi la porta.

Spock attese che il Vulcaniano si abituasse all’idea che qualcuno fosse entrato. Aveva cominciato a tremare e l’aria nella stanza di dimensioni medie puzzava di paura e sangue. Alla fine, dato che non era stato toccato, il Vulcaniano osò aprire gli occhi. Ansimò acutamente alla vista di Spock e scattò in piedi. Sempre premuto contro il muro fissò Spock diffidente.

‘Sono Spock di Vulcano’. Disse Spock in Vulcaniano. ‘Desidero aiutarti.’

Sembrava che nessuna delle due affermazioni potesse convincere il ragazzo. Aveva lo sguardo diffidente di un animale in trappola nei suoi occhi scuri mentre continuava a fissarlo. Spock ricordò che il ragazzo stava ascoltando quando aveva detto a Pike che ci avrebbe messo una settimana a tornare sulla Terra. Il Vulcaniano avrebbe dedotto logicamente che o gli avevano mentito prima, o gli stavano mentendo adesso.

‘Capisco la tua diffidenza. Tuttavia, ti assicuro che sono un Vulcaniano.’

In un tentativo di provare la sua identità e guadagnare un po’ della fiducia del ragazzo Spock si mise lentamente in ginocchio. Sedendosi sui talloni Spock mise le mani dietro la schiena e chiuse gli occhi. Dopo aver preso un profondo respiro trattenne il fiato. Il punto era di rimanere abbastanza tranquillo da permettere al giovane Vulcaniano di sentire il suo battito cardiaco. Il suo rapido ritmo non era qualcosa che poteva essere replicato da un umano travestito da Vulcaniano.

Spock non sapeva se il ragazzo avrebbe capito, o se gli sarebbe anche solo importato, ma gli diede un momento per osservare passivamente il suo visitatore. Sentì nascere qualche speranza quando lo sentì spostarsi dal suo angolo. Spock tenne gli occhi chiusi quando lo sentì avvicinarsi. Poteva percepirlo chinarsi davanti a lui e rimanere completamente fermo. Fu sorpreso di sentire la mano del Vulcaniano sulle sue costole proprio sopra il suo cuore. Invece di ascoltare e basta il battito cardiaco sembrava aver bisogno di sentirlo fisicamente per esserne convinto.

‘Sa…Salen.’

‘Saluti, Salen’. Disse Spock. ‘Posso aprire gli occhi?’

‘Sì.’

Aprendo lentamente gli occhi Spock guardò Salen. Salen rimosse la mano dalle sue costole e la intrecciò con l’altra in grembo. Tenne gli occhi bassi in una dimostrazione di sottomissione. Anche se continuava a tremare stava facendo del suo meglio per mantenere le sue emozioni sotto controllo. Anche se le lacrime gli rigavano il volto spaventato, combatté per fermarle. Spock sentì i suoi stessi occhi bruciare per lacrime non versate.

‘Mi scuso per la mia emotività’. Sussurrò Salen.

‘Non sono necessarie scuse. Ogni creatura, anche Vulcaniana, ha un punto di rottura.’

Salen annuì anche se sembrava lo stesso imbarazzato dal suo comportamento. Spock guardò impotente come il giovane Vulcaniano si mordeva il labbro inferiore per cercare di trattenere le sue emozioni. Incapace di trattenersi Salen scoppiò a piangere.

Anche se non era nella natura Vulcaniana confortare qualcuno attraverso il tatto Spock decise di provarci comunque. Lo aveva visto funzionare varie volte con gli umani quando diventavano eccessivamente emotivi. Allungò una mano e la poggiò leggermente sulla spalla di Salen. Prima ancora di rendersene conto Salen gli si gettò contro abbracciandolo.

Stringendosi a lui come se stessero per strapparlo da Spock Salen pianse amaramente contro il suo petto. Incerto su cosa fare all’inizio Spock rimase fermo. Quando Salen continuò a piangere lo abbracciò dolcemente. Tuttavia, a dispetto degli umani che lenivano il dolore rilasciando le loro emozioni, più a lungo continuava a piangere peggio diventava. Il suo tremito si fece violento e cominciò ad avere le convulsioni.

‘Salen,’ sussurrò Spock ‘devi riprendere il controllo di te stesso.’

‘Non so come.’ Piagnucolò Salen attraverso le lacrime.

‘Prendi un profondo respiro e trattienilo. Focalizza tutti i tuoi pensieri e le tue energie nel visualizzare le tue emozioni sotto forma di una fiamma di candela. Una volta solidificata tale immagine nella tua mente allungati e spegnila con le dita.’

Salen prese un tremolante respiro e annuì. Si scostò da Spock e si sedette sui talloni con i palmi delle mani appoggiati sulle ginocchia. Anche se le lacrime continuavano a rigargli le guance si forzò ad ignorarle. Chiudendo gli occhi prese un profondo respiro e lo trattenne. Il tremito del suo corpo si fermò lentamente fino a che non rimase immobile come una statua. Alla fine si allungò e spense la candela immaginaria. Quando riaprì gli occhi era molto più calmo.

‘Grazie, Spock, hai alleviato un po’ del mio dolore.’

‘Non durerà a lungo. Imparare a controllare le tue emozioni dopo un evento traumatico come quello che devi aver passato necessiterà di molta pratica.’

‘Lo capisco. Anche ora posso sentire la paura e il panico che riaffiorano.’

‘Salen, devo sapere cosa ti è successo. Credo che il tuo destino sia collegato a quello di un mio amico.’

‘Io…io non posso parlarne.’

‘Se permetti, cercherò io stesso le risposte.’

Salen esitò visibilmente. Quando ricominciò a tremare chiuse gli occhi e ripeté il trucco meditativo che gli aveva insegnato Spock. Si calmò e quando riaprì gli occhi annuì. Spock si allungò e toccò dolcemente il volto di Salen per iniziare la fusione mentale.

‘Mentre condividiamo la mente, guarda nel mio passato e impara tutto ciò che mi è stato insegnato sul controllo delle emozioni. Ti sarà d’aiuto.’ Sussurrò Spock.

Salen annuì ancora e Spock completò la connessione per scivolare nel passato di Salen. Apprese immediatamente che Salen era il figlio di un geologo e di una botanica. Spiegava come avesse fatto a sopravvivere alla distruzione di Vulcano, dato che in quel momento si trovava con i suoi genitori su Geti-9 per delle ricerche. Quando fu stabilita la nuova colonia Vulcaniana il padre di Salen decise di trasferirsi con la famiglia su Natala.

Non finirono mai il viaggio. Guardando attraverso gli occhi di Salen come fossero stati i suoi Spock vide suo padre picchiato a morte dagli stessi uomini che avrebbero dovuto portarli su Natala. Si trovavano su una piccola nave da qualche parte nella vastità fra Geti-9 e Natala. Poteva sentire le mani di sua madre sulle sue spalle in piedi dietro di lui, calma nonostante la sorte del suo compagno. Un umano possente entrò nel suo campo visivo. Spock si guardò in giro e scoprì di essere circondato da altri sei umani sorridenti.

“Beh, Wilson, quale dovremmo tenere?” Chiese uno degli uomini.

“Il ragazzo.” Rispose subito Wilson.

“Non so, la donna non è male.”

“Quello è il problema. È troppo facile simpatizzare, anche provare pietà per una bellissima donna, di qualunque specie sia. Per gli scopi di Langin il ragazzo va meglio.”

“Possiamo divertirci con lei allora?”

“Fate quello che volete con lei,” Wilson scosse le spalle “assicuratevi solo che sia morta, e dissanguata nelle prossime quarantotto ore.”

“La vuole per primo, ‘Capitano’?” Ridacchiò l’uomo.

“Non toccherò quell’animale.”

Quando gli uomini si avvicinarono a Spock lui guardò la madre di Salen con apprensione. Lei fissava suo figlio, memorizzandone il volto per l’ultima volta. Quando fu presa rudemente per il braccio si chinò in avanti e premette le labbra contro l’orecchio di Salen.

‘Ti voglio bene, Salen’. Sussurrò.

Proprio come Salen non aveva avuto nulla da dire quando tutto ciò era successo Spock non aveva nulla da dire in quel momento. Confusa dagli avvenimenti illogicamente violenti attorno a lui la sua mente cercava di capire. Salen aveva a malapena tredici anni e doveva ancora apprendere che le altre specie erano in grado di essere crudeli e ingannevoli. Cinque uomini se ne andarono con sua madre, lasciando con lui Wilson e un altro.

“Non vuoi unirti a loro, Jake?”

“Diavolo no. Preferirei farmi un cane-ratto Targhiliano.”

“Bravo.” Ridacchiò Wilson. “Non che possa biasimarli, le donne Vulcaniane sono bellissime, è una delle cose che temo di più della loro razza.”

“Io sono più spaventato da quello.” Jake indicò Spock. “Guardalo, sembra che non gli importi minimamente del fatto che abbiamo appena ammazzato suo padre e mandato sua madre incontro ad un destino ancora peggiore.”

“Cos’hai da dire, Vulcaniano?” Domandò Wilson. “Sei così privo di emozioni che nemmeno la vista dell’acquoso sangue verde di tuo padre non ti disturba?”

“Le lacrime non lo riporteranno in vita.” Sussurrò Spock. “Scongiurarvi di essere magnanimi non servirà a risparmiare mia madre.”

“Non ha torto.” Puntualizzò Jake.

“Non è comunque naturale essere così freddi.” Sputò Wilson.

Quando Wilson si avvicinò Spock fece del suo meglio per reprimere il misto di paura e ripugnanza che lo stava dilaniando dall’interno. Rimase calmo anche quando Wilson lo attaccò colpendolo alla tempia. Sbattuto al pavimento perse conoscenza e la sua memoria si fece nera.

Spock rimase nella mente di Salen e si mosse al prossimo ricordo più forte del ragazzo. Condividere la mente del Vulcaniano aveva come effetto collaterale il fatto che quei ricordi divenivano suoi temporaneamente, rendendogli difficile ricordarsi che non lo erano per davvero e che quello che vedeva non stava succedendo per davvero. Dopo aver sperimentato la morte dei genitori di Salen voleva ritirarsi, ma ancora non aveva le risposte che stava cercando.

Confinato in una gabbia di fili metallici che a malapena gli permetteva di muoversi Spock si abbracciò le ginocchia e aspettò l’oscurità. Poteva sentire un sacco di urla e applausi in sottofondo. L’aria era calda e umida, piena del puzzo degli umani. Erano passate poche settimane da quando ciò che restava della sua famiglia era stato ucciso e lui aveva passato la maggior parte del tempo confinato in quella gabbia. Ad un certo punto aveva sentito che erano atterrati sulla Terra, ma ancora non sapeva cosa volevano da lui.

Spock si tese quando sentì qualcuno avvicinarsi. Sbatté le palpebre rapidamente contro l’accecante luce artificiale quando il telone fu tolto dalla gabbia. Wilson lo guardò ferocemente e sorrise smagliante. Sbloccò la porta e l’aprì.

“Vieni. Fuori da lì…è l’ora dello show.”

Quando Spock non diede segno di volersi muovere Wilson ringhiò furiosamente. Inserendo un braccio nella gabbia gli afferrò i capelli e lo tirò fuori a forza. Lo trascinò per una strana strada che assomigliava alle quinte di un vecchio teatro. Mentre camminavano il rumore della folla divenne più alto. Una voce spiccava sopra le altre, ma lui non riusciva a capire cosa stava dicendo.

Il rumore aveva raggiunto un tono quasi insopportabile quando arrivarono ad un vecchio e sudicio sipario rosso. Dopo essere stato fermato Spock sentì la mano di Wilson sulla sua schiena. Con una singola potente mossa Wilson gli strappò la maglia facendola cadere a terra. Prima che Spock potesse reagire Wilson lo spinse da dietro facendogli attraversare il sipario.

Accecato da diversi punti luminosi Spock si immobilizzò. Il rumore proveniente dalla folla era scomparso. Quando i suoi occhi si aggiustarono alla luminosità Spock scoprì di trovarsi su un palco con un uomo vestito elegantemente con capelli di un biondo chiaro innanzi ad un vasto pubblico. Confuso e spaventato cercò di ritirarsi per la stessa strada dalla quale era arrivato solo per scontrarsi contro Wilson che li aveva raggiunti.

“Osservate il nostro padrone, Fratelli!” Annunciò l’uomo dai capelli biondi con molta teatralità.

Vi fu un orribile sibilo dalla folla come fosse stata una bestia. Anche se respirava pesantemente quando Spock vide che non aveva via di fuga rimase immobile dove si trovava aspettando di vedere come sarebbero andate le cose.

“Troppo a lungo i Vulcaniani si sono spacciati per i ‘consiglieri’ della Terra, quando in realtà ci stanno solo controllando. Potremmo distruggere nemici come i Romulani e i Klingon, ma perché non cancellarli dalla nostra Galassia? Perché i Vulcaniani insistono sulla pace e noi li ascoltiamo come un cane ascolta il suo padrone.”

La folla gridò arrabbiata e serrò i ranghi.

“E ora che si sono quasi estinti credete davvero che se ne andranno nel dimenticatoio? Certo che no! Quando vedranno di stare affrontando la vera estinzione incominceranno a riprodursi con gli umani rovinando per sempre la nostra razza! Sappiamo già che può essere fatto, Spock il mezzo sangue Vulcaniano deve metà del sangue ad un’umana. Vi sembra umano? Agisce come un umano? O ha semplicemente sfruttato la sua condizione per avanzare sempre di più fra i ranghi della nostra Flotta Stellare?”

In quanto Salen Spock non prese l’insulto personalmente. La folla già eccitata stava ora iniziando a urlare in cerca di sangue. Sorridendo come chi sa che tutto sta andando come vuole l’uomo biondo si voltò verso Wilson e gli diede il segnale. Spock non aveva visto che Wilson si era tolto la cintura, ma la sentì tagliare l’aria pochi secondi prima che lo colpisse sulla schiena. Il potente colpo gli lacerò la pelle e fece sì che sangue verde gli gocciolasse lungo la schiena. Aveva sentito l’attacco abbastanza presto da prepararsi e come risultato non urlò né indietreggiò quando venne ferito.

“Non sente nemmeno dolore.” Sputò l’uomo biondo. “È davvero questo ciò che vogliamo per il futuro della razza umana? Vogliamo che i nostri figli sanguinino in questo modo?”

Wilson obbligò Spock a voltarsi per far vedere il sangue verde che gli sgorgava dalla ferita colandogli lungo la schiena. Spock chiuse gli occhi e prese qualche respiro per calmarsi. La logica gli diceva che ciò che volevano questi uomini era nient’altro che vedere una sua qualche reazione e che mostrargliela avrebbe solo peggiorato le cose.

“Sono disposto a scommettere che non ha nemmeno un’anima.” Continuò l’uomo dai capelli biondi. “Niente più dell’intelletto, è un computer vivente.”

Con la schiena sempre rivolta verso la folla che applaudiva Spock attese semplicemente che lo ‘spettacolo’ finisse. Continuò a guardarsi intorno in cerca di un modo per scappare, ma Wilson lo osservava attentamente pronto ad anticipare qualsiasi sua mossa. Lo aveva lasciato senza cibo apposta per indebolirlo. Anche se dubitava di essere in grado di sconfiggere Wilson anche in perfetta forma.

Alla fine il raduno finì e Spock si ritrovò di nuovo in gabbia ad attendere il suo destino. Non riusciva a pensare a nessuna ragione logica per tenerlo in vita ora che aveva esaurito il suo scopo, a meno che non programmassero di tenere altri spettacoli. Il taglio lungo la sua schiena pulsava dolorosamente e cercò di passare qualche momento a provare a controllare la sensazione. Essendo così giovane Salen non era ancora stato addestrato completamente e il continuo disagio era difficile da ignorare per lui.

“Beh, Langin,” la voce di Wilson penetrò la meditazione di Spock, “sono stato bravo o no?”

“Sei stato bravo. C’erano degli uomini particolarmente potenti ‘sta notte, e sono rimasti impressionati.” Concordò l’uomo dai capelli biondi avvicinandosi per lanciare un’occhiata all’interno della gabbia. “Onestamente pensava di stare buttando via i miei soldi assoldandoti. Non dev’essere stato facile catturare un Vulcaniano.”

“Non lo è stato.”

“E sei sicuro che nessuno lo cercherà?”

“La società Vulcaniana è in un tale disordine e così tanti sono morti che nessuno noterà la sua assenza.”

“Dalla distruzione di Vulcano il nostro gruppo è cresciuto notevolmente.” Langin sorrise e poi guardò di nuovo Spock. “È spaventoso quanto è calmo. È come se non fosse spaventato. Questo è proprio ciò che rende i suoi simili così pericolosi.”

Dentro di sé Spock era terrorizzato e ancora addolorato per la morte dei suoi genitori. Tuttavia, era fuori questione mostrare una qualsiasi di quelle emozioni così come era fuori questione dimostrare la rabbia crescente che stava sviluppando per i suoi rapitori. Langin si chinò e fece passare le dita fra le sbarre così da impiantare le unghie nel taglio sulla spalla di Spock. Con poche possibilità di scappare Spock permise all’umano di allargare la ferita ancora di più. Langin guardò il volto della sua vittima per qualche reazione, quando non ne trovò nessuna la lasciò e si strofinò la mano sui pantaloni neri per rimuovere il sangue.

“Perché non parli?” Chiese Langin a Spock.

“Non ho niente da dire.” Rispose Spock sinceramente.

“Potresti chiedermi di risparmiarti la vita, potresti pregarmi di lasciarti andare.”

“Non lo farai.”

“Hai ragione. La tua razza ha uno sproporzionato senso del coraggio, questo te lo concedo.” Langin annuì. “Wilson, uccidilo.”

“Non preoccuparti, Langin, me ne occuperò io.”

Spock chiuse gli occhi e si concentrò sul non tremare. Il giovane Salen sapeva che non doveva temere la morte, tuttavia, stava lottando per sopprimere il panico in lui. Uscendo un po’ dal ricordo di Salen Spock strofinò via la lacrima che gli scivolò lungo la guancia. Sentì Langin andarsene, ma la sua presenza venne subito rimpiazzata da quella dell’amico di Wilson, Jake.

“Non lo ucciderai davvero, vero Wilson?”

“Diavolo no. C’è oro verde nelle sue vene.”

“Ho già venduto ogni singola goccia degli adulti. Penso che dovremmo cominciare a chiedere un prezzo più alto.”

“Concordo.”

 Sentendo di aver appreso tutto ciò che poteva da quel ricordo Spock passò al successivo. Rinchiuso dietro le sbarre di una cella costruita in un buio seminterrato Spock tremò per il freddo. Diventando di nuovo Salen non poté nemmeno ricordarsi l’ultima volta in cui aveva sentito caldo. Il ratto con il quale aveva fatto amicizia dandogli da mangiare qualche briciola del suo cibo gli si arrampicò sulla spalla. Si mise a suo agio contro il suo collo offrendogli un po’ di calore e conforto.

Non era sicuro da quanto stava vivendo in quell’oscurità, ma stimava che fossero passati un po’ di mesi. Fin’ora tutto ciò che avevano fatto i suoi rapitori era stato assicurarsi che rimanesse in vita. Qualche volta gli sembrava che passassero giorni interi senza che vedesse nessuno. Il suono di passi pesanti sulle scale gli disse che Wilson e Jake stavano arrivando. Spaventato dall’arrivo degli umani il ratto saltò giù dalla sua spalla e corse via.

Spock serrò gli occhi contro la luce accecante che invase la stanza quando Wilson premette un interruttore. Mettendosi in piedi Spock premette la schiena contro il muro più distante della cella per allontanarsi il più possibile dagli umani. Più tempo passava in quell’oscuro isolamento più trovava difficile frenare le sue emozioni, in particolare la paura e la solitudine. Wilson si avvicinò e infilo le braccia fra le sbarre appoggiandosi tranquillo alla gabbia. Fissò Spock con un sorriso malizioso.

“Il tuo compratore ha finalmente accettato il tuo prezzo, eh?” Ridacchiò Wilson parlando con Jake.

“Ha venduto tutta la roba che gli avevo dato e ora vuole disperatamente averne dell’altra.”

“Ora che Natala si è stabilita e i Vulcaniani sono un po’ più organizzati non sono facili da trovare e uccidere. Scommetto che siamo gli unici con una sicura fonte di sangue.”

“Allora come vogliamo fare?”

“Immagino che non ci resti altro che tagliarlo.”

Spock si tese quando Wilson aprì la porta della cella e entrò. Non aveva passato tutto quel tempo seduto al buio ad auto commiserarsi. Anzi, aveva fatto tutto il possibile per rafforzare i suoi muscoli per il giorno in cui Wilson avesse osato entrare nella sua cella. Spock stava per lanciarsi contro di lui quando un suono assordante, troppo alto per poter essere sentito dagli umani, tagliò l’aria.

Quel suono agonizzante lo fece cadere in ginocchio. Premette i palmi delle mani contro le orecchie cercando disperatamente di proteggerle. Wilson lo sovrastò ridacchiando. Utilizzò quell’opportunità per afferrare una manciata di capelli di Spock tirandolo in piedi. Wilson fece segno a Jake di spegnere quel suono. Anche quando smise Spock si sentì disorientato e ansimante.

“Prova a fare qualcosa e il mio amico qui farà sì che quel dispositivo emetta un suono così alto da farti sanguinare da quelle tue orecchie appuntite.” Ringhiò Wilson.

“Per favore…lasciami andare.” Piagnucolò alla fine Spock.

“Dopo tutto quello che è successo, quel suono è ciò che ti fa implorare?” Gongolò Wilson. “Mi piace.”

“Voglio solo andare a casa.”

“Non ce l’hai una casa.”

Perdendo completamente il controllo Spock si divincolò dalla presa di Wilson e lo attaccò. Fu in grado di colpirlo con forza in faccia una sola volta prima che Jake attivasse di nuovo il congegno ultrasonico. Urlando per il dolore Spock collassò sul pavimento di pietra con le mani premute sulle orecchie. Wilson lo calciò con forza nelle costole prima che Jake spegnesse gli ultrasuoni.

Troppo dolorante per lottare Spock permise pacificamente a Wilson di trascinarlo fuori dalla cella. Lo portarono nella stanza accanto la quale era priva di qualsiasi mobilio con l’eccezione di un secchio in ferro per terra. Wilson lo portò al secchio e lo obbligò ad inginocchiarsi. Prese il polso di Spock con mano ferma e tirò fuori un coltello.

“Sta’ fermo.”

Nonostante ciò che gli era appena stato ordinato Spock tirò indietro il braccio per cercare di scappare. Giovane e mezzo morto di fame non aveva possibilità contro quel potente umano. Spock urlò dal dolore quando Wilson gli aprì tre profondi tagli sul palmo della mano. Tenne la mano sanguinante di Spock sopra il secchio per farci gocciolare dentro il sangue. Wilson permise ai tagli di sanguinare liberamente per qualche minuto prima di liberare Spock dandogli un panno. Tremante Spock avvolse il panno attorno alla sua mano per fermare il sangue.

“Non è stato poi così male, eh?” Lo prese in giro Wilson.

“Per favore non tagliare più la mia mano.” Chiese Spock calmo. “Posso mostrarti dove sono tutte le vene sottopelle vicino alla superficie in qualsiasi altro posto.”

“Sembra più semplice.” Wilson scosse le spalle. “Che ti cambia?”

“Le mani dei Vulcaniani sono molto sensibili, questo è estremamente doloroso, un taglio sul braccio o sul petto sarebbe meno oneroso.”

“Facciamo un patto, tu collabori e io ti lascio decidere dove venire tagliato.”

“Logico. Mi sta bene.”

“Rompi il nostro patto anche solo una volta e ti taglierò le mani fino a renderle inutilizzabili. Capito?”

“Sì.” Annuì Spock. “Posso chiederti un’altra cosa?”

“Sentiamo.”

“Ho molto freddo.”

“Credo di poterti trovare una coperta.”

“Grazie.”

“Sentilo, Jake, ci sta ringraziando.” Ridacchiò Wilson.

“Piccole comodità sono meglio che non averne.” Spiegò Spock.

“Fa’ il bravo ragazzo e vedremo cosa fare per renderti più comodo. Ora alzati.”

Spock annuì e si alzò in piedi. Tenendo la mano ferita stretta al petto si alzò e ritornò pacificamente in cella. Come aveva detto Wilson gli portò qualche spessa coperta con la quale coprirsi. Qualche giorno dopo Wilson tornò e lanciò un coltello nella cella.

“Scegli un punto.” Gli ordinò.

Sospirando sconfitto Spock uscì da sotto le coperte e prese in mano il coltello. All’inizio esitò a marcare da solo la sua stessa pelle, ma poi si rese conto che se lo faceva lui avrebbe ripreso in mano un po’ di controllo sulla sua vita. Il suo palmo stava ancora guarendo perciò scelse un punto sul braccio e praticò la prima di diverse incisioni.

I mesi passarono tutti allo stesso modo. Wilson aveva portato una stufa così che Spock non sentisse freddo. Il rituale del tagliarsi divenne così normale da non disturbarlo più. Praticava incisioni diagonali con un metodo che rendesse più lento il dover cambiare parte del corpo. Alla fine arrivò a tornare nel punto delle cicatrici iniziali e riaprì le vecchie ferite.

Spock era caduto così profondamente nella monotonia della vita di Salen che quasi dimenticò ciò che stava cercando. Salen sembrava aver accettato il suo destino e non sentiva più nessuna emozione nei confronti dei suoi rapitori. Solo dopo due anni nelle loro mani le cose cominciarono a cambiare.

Svegliarsi con la febbre era qualcosa che capitava spesso a Salen, così quando si svegliò madido di sudore un mattino non pensò che qualcosa non andasse. Guardando in quei ricordi tuttavia Spock capì che non si trattava di una normale febbre e che sarebbe peggiorata decisamente prima di migliorare.

Spock esitò a condividere la prima volta del Pon Farr di Salen. Intrappolato in quel seminterrato Salen non aveva modo di alleviare il dolore della tempesta mentale e fisica che arrivò. Con il passare dei giorni diventò sempre più imprevedibile, e per i suoi rapitori, pericoloso. Spock decise di non voler rivivere quei ricordi, tuttavia il legame fra lui e Salen si era fatto così forte che scoprì di non avere scelta.

Spock andò nel panico per un momento, non era mai rimasto connesso ad un altro Vulcaniano così a lungo da perdere il controllo lungo il processo. Realizzò che avrebbe avuto bisogno dell’aiuto di Salen o di qualcun altro da fuori per riuscire a terminare la fusione mentale. Strappato dai suoi stessi pensieri e riportato in quelli di Salen Spock inarcò la schiena e gridò mentre il Pon Farr imperversava per il suo corpo.

“Credi sia malato?” Chiese Jake.

“Non lo so.” Wilson scosse le spalle.

“Devo tornare su Vulcano.” Ringhiò Salen.

“Buona fortuna.”

La voce di Wilson grattò contro l’udito di Salen portandolo sull’orlo della pazzia. Con una velocità accecante balzò in piedi e corse alle sbarre. Wilson non indietreggiò abbastanza in fretta e Salen riuscì a prendergli la maglia tirandolo con forza verso di sé. Wilson imprecò mentre cominciava a sgorgargli sangue dal naso. Spock infilò una mano fra le sbarre e afferrò un orecchio di Wilson con tutta l’intenzione di staccarglielo.

L’unica cosa che lo impedì fu la rapida decisione di Jake. Spock dovette lasciar andare la sua preda quando Jake attivò il congegno a ultrasuoni. Wilson era infuriato ormai e spalancò la porta della cella. Spock in quel momento non voleva nulla più di una battaglia all’ultimo sangue e nonostante gli ultrasuoni si gettò di buon grado contro Wilson.

La violenza che seguì fu caotica, ma breve. Nonostante la sua sete di sangue dopo due anni di abusi e drenaggi di sangue Salen non era in grado di competere con la forza di Wilson. Perdendo come aveva perso Salen Spock finì contro le sbarre della cella. Sia lui che Wilson erano ormai coperti di sangue. Wilson strappò via ciò che era rimasto della maglia di Spock e gli legò i polsi dietro la schiena prima di trascinarlo fuori dalla cella e su per le scale.

“Dove lo stai portando?” Chiese Jake nervoso.

“Fuori.”

“Fuori siamo a meno dodici gradi.”

“Esattamente.” Ringhiò Wilson. “Gli farò raffreddare i bollenti spiriti.”

“Lo ucciderai.” Lo avvisò Jake. “I Vulcaniani vanno rapidamente in ipotermia.”

Sembrava che a Wilson la cosa non importasse. Una volta fuori per Salen fu più scioccante vedere la luce del sole che si rifletteva sulla neve che poter respirare l’aria fredda. Wilson lo mise in ginocchio sulla neve e ordinò a Jake di tenerlo giù. Spock voleva guardarsi attorno per vedere cosa lo circondava ma i suoi occhi non riuscivano ad aggiustarsi alla luce.

Già tremante per il freddo invernale che gli penetrava nelle ossa il cuore di Spock quasi si fermò quando Wilson gli rovesciò un secchio d’acqua gelata sulla schiena. Gridando quando l’acqua sulla sua schiena si trasformò in ghiaccio Spock cercò di alzarsi, ma l’ipotermia cominciò ad instaurarsi privandolo di tutta la forza che gli era rimasta. Tremando per il ghiaccio che gli congelava le ossa Spock gridò di nuovo quando il ghiaccio sulla sua schiena cominciò a bruciare sulla pelle. Wilson attese fino a quando la sua vittima quasi perse conoscenza prima di riportarlo dentro.

Salen aveva speso quasi due mesi per rimettersi dalla combinazione del bagno di ghiaccio e del Pon Farr. Il patto che aveva fatto con i suoi rapitori era finito. Dovettero lottare con lui per ogni goccia di sangue dopo l’incidente con la neve. Le lotte di Salen non fecero altro che provocare sempre di più Wilson rendendolo incredibilmente crudele. Divennero anche più sfacciati con i loro clienti permettendo loro di venire direttamente nel seminterrato per bere il sangue dal povero tormentato Vulcaniano.

Un anno dopo Salen ritornò ad essere privo di vita e spezzato. Non lottava più contro Wilson e gli altri. La loro impresa era cresciuta e c’erano due nuovi uomini che li aiutavano a mandare avanti il loro commercio sul mercato nero. Quando Wilson e gli altri entrarono nella sua cella con una bottiglia di vino e gli aprirono un taglio lungo la gola per riempirla Spock, nel corpo di Salen, non lottò.

“A che serve la bottiglia di vino, Wilson?”

“Abbiamo un nuovo lavoro da un cliente piuttosto interessante per domani sera.”

“Oh? Di che si tratta?”

“Te lo dirò lungo la strada.”

“Dove andiamo?” Chiese Jake.

“In Iowa.” Sorrise Wilson.

“In Iowa? Che c’è in Iowa di valore?”

“Il Capitano James Tiberius Kirk.”

Spock voleva saperne di più ora che era arrivato al ricordo che più gli interessava. Tuttavia sia le sue forze che quelle di Salen erano quasi esaurite. Il ricordo sfumò solo per essere rimpiazzato da diversi giorni passati languidamente in prigione senza nulla da mangiare. Il momento successivo nel quale i ricordi del giovane Vulcaniano si discostarono dalle solite cose mondane fu quando sentì urlare al piano di sopra. Salen non aveva prestato molta attenzione al litigio cosa che spinse Spock a cercare più in profondità nel suo sub-conscio, un posto dal quale poteva benissimo non ritornare.

“Dov’è?” Chiese una furiosa voce sconosciuta.

“Ti avevo detto che mi sarei occupato di lui e l’ho fatto.” Disse Wilson con calma.

“Voglio la prova che è morto!”

“Se non lo è già, starà desiderando di esserlo.”

“Cosa vuoi dire?”

“L’ho spedito in un viaggio di sola andata nello Spazio Romulano.” Ridacchiò Wilson.

Ciò che successe dopo fu difficile da capire. Tutto ciò che Spock sapeva per certo era che Wilson stava incontrando una morte lenta e dolorosa. Il suo datore di lavoro sembrava non essere soddisfatto del modo in cui aveva operato. I rumori dal piano di sopra suggerirono che anche gi altri tre fossero stati uccisi.

Quando Spock sentì dei passi avvicinarsi era certo che fossero venuti ad uccidere anche lui. Le sue emozioni al riguardo erano mescolate. Il suo cuore accelerò per la paura, tuttavia la sua mente sembrava impaziente di essere liberata dalla prigionia, non importava in che modo. Una luce invase la sua oscurità e gli impedì di identificare i nuovi visitatori, ma le loro voci gli dissero che erano almeno in due. La paura di Spock per i due visitatori sconfisse il suo desiderio di morire e si premette contro l’angolo.

“Non sapevo che il Vulcaniano che avevano fosse così giovane.” Disse l’estraneo che aveva sentito parlare in precedenza.

“Non ho mai visto un Vulcaniano con i capelli bianchi prima d’ora.”

“Sono certo che non fosse nato così.”

“Dovremmo ucciderlo?”

“No.” Rispose gentilmente l’estraneo. “Creerà più guai alla Federazione da vivo. Lascia che la polizia lo trovi. Lo porteranno alla Flotta Stellare e si scatenerà l’Inferno.”

“E Kirk?”

“Dubito che i Romulani lo lasceranno vivere ancora a lungo.”  

Spock voleva sapere dell’altro dalle persone che fissavano Salen attraverso le sbarre, tuttavia, non poteva cambiare il passato poteva solo osservarlo come lo aveva visto Salen. Avendo scoperto quello che voleva Spock provò a separarsi dalla mente di Salen. Il giovane Vulcaniano fece resistenza non volendo rimanere solo. Il suo isolamento era stato così totale e le sue emozioni così travolgenti che ora che aveva trovato qualcuno con cui condividerle non voleva lasciarlo andare.

Quando Spock sentì una forte mano sulla sua spalla i suoi pensieri andarono immediatamente a Wilson, credendo di essere risvegliato nuovamente dal regno dei morti per essere tormentati. Piegando le labbra per la rabbia Spock si voltò velocemente e attaccò prima che potessero venire feriti. Scoprì che c’era qualcuno dietro di lui e così lo sbatté contro le sbarre stringendogli la gola con l’intenzione di ucciderlo.

“Spock!” Urlò una voce familiare. “Fermati, è un ordine!”

Anche se la stanza che lo circondava cominciò a dissolversi trasformandosi in una delle stanze del Comando della Flotta Stellare continuò a sentire il profondo desiderio di uccidere l’uomo nella sua stretta. Pike aveva cominciato a preoccuparsi e aveva mandato dentro un attendente per separare fisicamente i due Vulcaniani.

“Spock,” disse Pike gentilmente “lascialo andare.”

Spock annuì e si allontanò dal pover’uomo che aveva quasi ucciso. Si guardò attorno e scoprì che Salen si era rintanato di nuovo in un angolo. Spock prese qualche profondo respiro per separare la sua vita da quella di Salen prima di avvicinarsi a lui. Gli si inginocchiò di fronte.

“Salen, grazie di aver condiviso con me i tuoi ricordi.”

“Ho trovato molta forza nei tuoi ricordi.”

“Spero ti aiuti a riprenderti. Non è più necessario che tu rimanga confinato al Comando della Flotta Stellare, farò sì che l’Ambasciatore Tek’tiel in persona venga a prenderti per portarti su Natala.”

Salen si tese e i suoi occhi luccicarono di lacrime ancora una volta.

“Salen?” Chiese Spock dolcemente. “Cosa c’è che non va?”

“Non so se sono pronto a ritornare alla società Vulcaniana…le mie emozioni…”

“Capisco. Per favore dammi un momento, cercherò di trovare una soluzione.”

Spock uscì in corridoio e fece segno a Pike di seguirlo. Una volta fuori dalla portata visiva di Salen Spock si passò le mani fra i capelli e si appoggiò pesantemente al muro. Chiuse gli occhi e cercò di concentrarsi. Pike si mise al suo fianco e sollevò una mano per toccargli il braccio. Spock si scansò rapidamente dal tocco spaventato, ma si forzò a rilassarsi.

“Stai bene, Spock?”

“Stavo rivivendo gli abusi di Salen. Lui è la fonte del sangue Vulcaniano venduto al mercato nero.”

“È disgustoso.”

Spock annuì semplicemente senza fissare nulla.

“Spock?”

“Conosce un uomo di nome Langin?”

“Oh sì,” sospirò Pike “è il capo di un gruppo esistente da più di una decade, sono anti-alieni, ce l’hanno particolarmente con i Vulcaniani.”

“Lo faccia arrestare.”

“Non credere che non c’abbiamo provato, ma è pulito. Potremmo anche non concordare con i suoi discorsi sull’odio, ma ha il diritto di dire ciò che vuole.”

“Ha pagato per far uccidere i genitori di Salen, e poi ha fatto picchiare lo stesso Salen su un palcoscenico per sostenere ciò che stava dicendo innanzi ad un pubblico.”

“Questo è diverso. Lo farò portare dentro urlando e scalciando.”

“Ammiraglio, può farmi un favore?”

“Certo.”

“Si prenda cura di Salen finché non si sentirà pronto a tornare su Natala. Ha guardato nella mia mente, si fiderà di lei quanto me.”

“Può vivere con me per tutto il tempo che vuole.” Sorrise Pike. “Però perché ho la sensazione che tu mi stia nascondendo qualcosa?”

“Perché mi conosce troppo bene.”

“Hai intenzione di parlamene?”

“Non posso.” Spock scosse la testa. “È meglio se non lo sa.”

“Va bene.” Annuì Pike. “Un’altra cosa, Spock…hai sentito niente da Nyota?”

“No.” Ammise Spock.

“Quando è il parto?”

“Fra quindici giorni.”

“Sai, potrei riscuotere qualche favore e trovarla.”

“No. La scelta è sua. Per favore mi scusi, è giunto il momento per me di tornare all’Enterprise.”

Spock sapeva che ogni secondo che sprecava era un secondo in meno che aveva per trovare il suo amico prima che i Romulani si stufassero di torturarlo e decidessero di ucciderlo. Ritornò nella stanza di Salen per informare il giovane Vulcaniano che Pike aveva accettato di prenderlo con sé. Salen sorrise quando lo seppe anche se cercò di trattenersi.

“Grazie, Spock, per tutto.”

“Ho appreso molto da te.” Replicò Spock sinceramente.

“Il ‘Kirk’ di cui stavano parlando coloro che  mi hanno liberato è il tuo amico il Capitano James T. Kirk?”

“Sì.”

“Spero tu riesca a trovarlo.”

“Grazie a te so dove cercarlo.”

Salen sorrise timidamente e arrossì. Spock si chiese se Salen sarebbe mai stato in grado di inserirsi nella società Vulcaniana dopo tutto quello che aveva passato. Non solo avrebbe dovuto imparare a controllare le sue emozioni ma anche a fidarsi delle buone intenzioni degli altri. Sapendo che Salen era in mani capaci con Pike Spock si sentì sicuro ad andarsene.

Scotty si lamentò come in precedenza quando Spock gli chiese di essere teletrasportato di nuovo a bordo della nave. Ancora una volta l’Ingegnere fu convinto a fare il suo lavoro e riportò con successo Spock a bordo dell’Enterprise.

“Diavolo se sono bravo.” Si illuminò Scotty.

Spock non disse nulla e scese dalla rampa del teletrasporto. Scoprendo di avere le scarpe fuse col pavimento Spock quasi perse l’equilibrio. Irritato Spock tolse i piedi dalle scarpe. Scendendo scalzo dalla rampa passò Scotty senza parlare. Scotty guardò le scarpe fuse col pavimento.

“Okay, sono abbastanza bravo.” Ammise.

Senza lasciarsi il tempo di ripensare a quello che stava facendo Spock andò a caccia di Daniels. Trovò il Timoniere sul Ponte e gli chiese di unirsi a lui nella sala conferenze. Pochi a bordo dell’Enterprise, Daniels incluso, sapevano che Spock aveva appena fatto un viaggetto sulla Terra. Una volta in ascensore Spock si voltò verso Daniels.

“Daniels, ho bisogno che lei diventi il Capitano dell’Enterprise.”

“Co…cosa? E il Comandante Sulu? Lui è il Secondo in…”

“No, non un semplice Capitano…ho bisogno che lei sia me.”

 

Non avete idea di quanto ci abbia messo per tradurre questo capitolo, ma alla fine eccolo qui! Devo avvisarvi che potrebbe essermi necessario rallentare un po' nel postare i capitoli perchè ultimamente ho davvero poco tempo per stare al computer :( Spero comunque di non dover arrivare a quel punto^^

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Capitolo 21

Seduto sui talloni Kirk si guardò attorno nella grande e spoglia stanza. Si domandò di che razza di metallo fosse composto il soffitto e se ogni arco e curva era stato creato da un artista o se era il risultato di qualche processo meccanico ad aver prodotto l’aspetto organico. Il pavimento di pietra scura era brillante e incredibilmente sgombro di sporco e polvere tranne che per qualche macchia causata dal suo sangue e dal suo sudore.

“Capitano,” ringhiò Ty’rick “mi sta ascoltando?”

“Cosa? Oh…uh…no, in realtà no.”

“Fa di nuovo lo spiritoso?”

“No, solo non mi interessa la faccenda.” Replicò Kirk. “Pensavo avresti fatto di nuovo il tuo trucchetto per sondare la mente per poi uccidermi. Possiamo procedere?”

“Non riesco a capire se questo è coraggio o un bluff.”

“Ha importanza?”

Ty’rick guardò Kirk per un momento. Una notte passata steso sul pavimento di pietra di una cella non era servita a migliorare l’atteggiamento di Kirk. Si ricordava di essere stato trascinato fuori da quella cella di mattina e di essere stato steso su un tavolo o qualcosa del genere, ma più ci pensava più credeva che si fosse trattato semplicemente di un sogno. Non che gli importasse saperlo. Vi fu un improvviso lampo di dolore quando Ty’rick lo schiaffeggiò sulla guancia.

“Presti attenzione.” Ordinò Ty’rick.

“Sto ascoltando.”

“Voglio sapere come è riuscito a schermare la sua mente da noi.”

“L’ho fatto? Wow, è proprio un bel trucchetto.” Disse Kirk impressionato. “Onestamente non ne ho idea. Devo dedurre che abbiate provato a sondarmi la mente?”

“Sì, per questo ha un vuoto nella memoria.”

“Deduco che non abbiate trovato quello che volevate.”

“No, è voglio sapere perché! È forse un nuovo potere degli umani? Nemmeno i Romulani possono resistere a una sonda mentale.”

“E i Vulcaniani?”

“Ne sono immuni, ma lei non è Vulcaniano.”

“No.” Sorrise Kirk. “Ma sono amico di uno.”

“Spock le ha fatto questo.”

“Probabilmente.” Concordò Kirk. “Suppongo sia stato quello più vecchio, e se è così allora fidati quando ti dico che l’unico modo che avete per entrarmi nella testa è di aprirmela in due.”

“Potrei farlo.”

“Prego.”

“Lei davvero non teme la morte, è così?” Chiese Ty’rick con una punta di approvazione.

“Non ho niente da perdere.” Kirk scrollò le spalle.

“Si spieghi.”

“No, non credo di volerlo fare.”

Ty’rick mosse la mano e Kirk chiuse gli occhi contro l’ormai familiare dolore provocato da quel gesto. Prima che si facesse insopportabile si stese su un fianco con le braccia strette contro lo stomaco. Concentrandosi sul respirare lentamente riuscì ad ignorare la bestia che gli rosicchiava le budella. Fu sorpreso quando il dolore cominciò a svanire prima di diventare troppo intenso.

“Questo tipo di tortura è inutile, non è così?” Ridacchiò Ty’rick.

“Esatto.” Kirk forzò un sorriso.

Ty’rick annuì e chinandosi premette la mano contro lo stomaco di Kirk. L’improvviso movimento nello stomaco fu molto più allarmante del precedente incontro col dolore. Kirk si mise su mani e ginocchia vomitando incontrollabilmente. Non ci volle molto prima che riuscisse ad espellere la strana lumaca corazzata che gli aveva fatto ingoiare Ty’rick.

“Grazie.” Disse Kirk sputando un po’ di sangue sul pavimento.

“Non mi ringrazi ancora.”

Chiamate le guardie Ty’rick lo fece sollevare da terra e mettere di nuovo in ginocchio. Incrociò le braccia al petto e abbassò lo sguardo su Kirk come se stesse cercando di decidere cosa fare. Kirk aveva detto al Romulano che non temeva la morte, ma era stato un bluff per la maggior parte. Più di ogni altra cosa voleva ritornare nella Flotta Stellare per scoprire cosa diavolo stava succedendo. Allo stesso tempo per quanto ne sapeva il Romulano si stava approfittando del fatto che non aveva idea di cosa fosse successo nell’ultima settimana o giù di lì. Kirk stava cominciando ad avere il presentimento che la guerra fosse già iniziata e che Ty’rick stesse facendo la parte dell’innocente assalito per farlo cedere.

“Non volevo arrivare a tanto.” Sospirò Ty’rick. “Volevo tenerlo per me.”

“Arrivare a cosa?”

Ty’rick stese la mano e uno dei Romulani gli porse una bottiglia bianca. L’ormai già abusato stomaco di Kirk si rivoltò alla vista. Era la bottiglia che conteneva il sangue Vulcaniano. Ty’rick la aprì e ne annusò il contenuto. Posò lo sguardo sulle guardie e strinse gli occhi.

“Tutti fuori!” Abbaiò.

Senza dire niente i Romulani uscirono. Kirk corrugò le sopracciglia preoccupato quando sentì la porta chiudersi lasciandoli soli, non poteva essere un buon segno che Ty’rick volesse passare un po’ di tempo da solo con lui. Kirk si voltò quando Ty’rick improvvisamente prese un lungo sorso di sangue Vulcaniano.

“È buono.” Disse Ty’rick maliziosamente. “Chiunque sia, è giovane. Dal gusto si sente che ha sofferto enormemente per dare questo sangue. Ne vuoi un po’?”

“No.”

“So che questa bottiglia non le appartiene. So che la nave chelai ha portato qui non era sua. So che l’unico motivo per il quale è qui è perché qualche nemico che si è fatto lungo la strada la ha mandata da noi perché pensava che le stesse bene o perché era troppo codardo per ucciderla lui stesso.”

“Wow, bene…okay, um…ora che abbiamo chiarito la faccenda, posso andare a casa?”

Ty’rick rise e portò la bottiglia aperta più vicina al naso di Kirk. Cercando di non mostrare il suo disgusto Kirk rimase il più immobile possibile. Ty’rick non se la bevette e sorrise smagliante.

“Non mi interessa perché è qui, e la verità è che non vedo l’ora che cominci la guerra.”

“Allora perché non è iniziata? Voglio dire se una nave della Federazione ha attaccato Remus…”

“Per quanto mi secchi ammetterlo, non c’è prova che la Federazione abbia attaccato. Non è stato recuperato nessun corpo umano dalla nave distrutta, e la nave stessa non ha attaccato si è solo…schiantata. I membri del Senato si comportano come dei codardi e anche se siamo pronti per la guerra, non l’hanno ancora dichiarata.” Ringhiò Ty’rick disgustato. “Non pensano che possiamo vincere. Tuttavia, io so che possiamo. Devo solo farla iniziare, e poi una volta condotti i Romulani alla vittoria contro la Federazione sarò il nuovo Imperatore. Potrei anche eliminare ciò che resta dei Vulcaniani durante la mia carica.”

“Aspetta…aspetta, il Senato? E Cel’esta?”

“Grazie a lei…è morta.”

“Cosa?”

“La sua ‘pietà’ nei suoi confronti e il suo aiutare i Vulcaniani ha dato al Senato il potere necessario per spodestarla.”

“L’hanno uccisa?”

“Il disonore l’ha uccisa, i Romulani lo temono più della morte.”

“Così ho sentito.”

“Allora,” sorrise Ty’rick “facciamo un patto.”

“Non stringo patti con i Romulani.”

“Mi ascolti. In un modo o nell’altro questa guerra si farà, me ne assicurerò io. Mi dia le informazioni che desidero e non solo la lascerò vivere, ma prometterò di lasciar vivere anche la razza Vulcaniana…so che è molto affezionato a loro.”

“In realtà per la maggior parte mi fanno incavolare.”

“Non trattano bene il suo amico mezzo sangue, vero?” Ridacchiò Ty’rick. “Devo dedurre che ancora non abbiamo un accordo?”

“Non lo avremo mai.”

Ty’rick annuì e poi sorrise freddamente. Nonostante l’avesse visto fare molte volte Kirk era stupito dalla velocità di movimento di un Romulano. Ty’rick si allungò e afferrò la mascella di Kirk. Forzando la bottiglia aperta oltre i denti di Kirk gli versò il sangue Vulcaniano in gola. Kirk bevette convulsamente il sangue. Quando venne rilasciato si chinò in avanti e lo vomitò sul pavimento di pietra.

Furioso Kirk si lanciò cecamente contro Ty’rick. Il Romulano schivò facilmente l’attacco spostandosi di lato. Kirk ridirezionò l’attacco, ma Ty’rick era ormai pronto e lo fece crollare sul pavimento insanguinato con un poderoso calcio. Kirk cercò di risollevarsi ma fu tenuto a terra da un piede appoggiato sulla sua schiena.

“Anche se non posso spezzarla,” ringhiò Ty’rick “almeno avrò la mia vendetta.”

“Vendetta?”

“La amavo. Cel’esta era tutto per me…anche se non ho mai avuto la possibilità di dirglielo.”

 

Ed ecco un altro Capitolo è un po' corto ma spero vi piaccia^^

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Capitolo 22

“Spock, è una follia, non puoi farlo.”

“Devo.”

“Secondo quale logica?”

“Se qualcuno vuole sapere la mia opinione,” disse Daniels mitemente “credo che sia una pessima idea.”

“Ecco, vedi?” Esclamò Bones. “Grazie, Daniels, sono lieto di non essere il solo con un po’ di buon senso in giro.”

Spock guardò entrambi calmo. Aveva fatto venire Daniels nell’ufficio di McCoy per spiegare a entrambi ciò che voleva fare e stava incontrando una considerevole resistenza. Sapeva che entrambi avevano ragione, stava chiedendo loro di correre un rischio tremendo e lui stesso aveva poche probabilità di successo.

“Signori,” disse Spock “con o senza il vostro aiuto lascerò l’Enterprise. Daniels le sto chiedendo di impersonarmi per avere una possibilità di ritorno. È un favore personale, tuttavia, lo registrerò come un ordine ufficiale così che se sarà scoperto la sua carriera non sarà a rischio. Dato che non è un ordine ufficiale spetta a lei decidere se desidera aiutarmi.”

“E la tua carriera, Spock?” Domandò Bones. “Se vieni scoperto nell’abbandonare la tua nave…”

“Non me ne frega niente della mia maledetta carriera, Dottore.” Ringhiò Spock.

Bones indietreggiò di un passo alla rabbia nella voce di Spock. McCoy corrugò le sopracciglia cercando di ricordarsi dell’ultima volta in cui aveva sentito Spock imprecare. Daniels li guardò con apprensione, chiaramente insicuro su cosa pensare riguardo ciò che stava accadendo. Spock guardò ferocemente McCoy, sfidandolo a continuare a ribattere. Bones sospirò pesantemente.

“Spock, anche io voglio indietro Jim, ma se l’hanno preso i Romulani probabilmente sarà già morto.”

“No.” Spock scosse la testa. “I Romulani non ucciderebbero qualcuno con delle conoscenze così preziose.”

“Non possono strappargliele con la forza?”

“L’altro me si è assicurato che la sua mente fosse protetta in caso fosse accaduta una cosa simile. L’unico modo in cui potrebbero carpire delle informazioni da Kirk è attraverso la tortura, e ne sono certamente capaci.”

“Jim non si lascerebbe spezzare facilmente.”

“Per questo credo che sia ancora vivo.”

“Spock…”

“I Romulani hanno l’abilità e la motivazione per torturarlo per anni. Anche se non riuscissi nel mio intento e venisse catturato indubbiamente ci rinchiuderebbero insieme.”

“E in che modo ciò sarebbe d’aiuto?”

“Sarò in grado di ucciderlo garantendogli una morte rapida.”

“E tu?” Chiese Bones dolcemente. “Non finiresti soltanto per prendere il suo posto?”

“Ciò non ha importanza.”

Bones prese fiato per continuare a discutere, ma era difficile non concordare con una tale cieca lealtà. Diventando sempre più agitato ad ogni secondo che passava Spock spostò il suo peso da una gamba all’altra e cominciò a strofinarsi i polsi. Daniels si avvicinò e gli appoggiò una mano sulla spalla. Spock lo guardò e Daniels cominciò a mutare per trasformarsi in Spock come aveva già fatto.

“Lo farò. La aiuterò.” Daniels sorrise tristemente. “Anche se non riesco a cambiare completamente, avrò bisogno di aiuto con le orecchie e i capelli.”

“E la voce.” Aggiunse Spock.

“Veramente,” disse Daniels abbassando il tono di voce “posso cambiarla da solo, dica qualcosa che mi aiuti a imitarla.”

“La veloce volpe marrone saltellò verso il pigro cane marrone.”

“Classico.” Daniels ridacchiò e apportò qualche aggiustamento. “La veloce volpe marrone saltellò verso il pigro cane marrone. Lo dica ancora.”

Spock ripeté la frase e Daniels mutò voce per copiarlo. Bones guardò con inquieto interesse come Daniels diventava sempre più simile a Spock. Fu in grado di riprodurre la sua voce perfettamente dopo un po’. Bones era indeciso circa la versione più umana di Spock nella stanza, incerto su quanto si fidasse veramente di Daniels. Spock si voltò verso Bones.

“Dottore, potrebbe aiutare Daniels con le orecchie?” Chiese Spock.

“Siete entrambi matti.”

“Questo non risponde alla domanda.”

“Bene.” Sospirò Bones. “Avanti, Daniels, se proprio dobbiamo fare questa cosa, vediamo di farla bene.”

Daniels seguì McCoy nella stanza accanto per applicare le punte alle orecchie. Spock lanciò un’occhiata allo specchio appeso al muro dell’ufficio di McCoy e si domandò cosa avrebbero dovuto fare per farlo sembrare non solo Romulano, ma irriconoscibile come sé stesso. Andando al tavolo di McCoy prese un paio di forbici e, tornato alla specchio, cominciò a tagliarsi la frangia. Accorciare i capelli facendoli stare per aria disordinatamente cambiò di molto il suo aspetto.

Era sera tardi e l’equipaggio di pochi membri stava dormendo per la maggior parte permettendo così a Spock di attraversare liberamente le stanze. Andando all’armadio prese un abito tradizionale Romulano e un’uniforme da Capitano per Daniels. Tornato in Infermeria Spock si avvicinò ad uno degli attrezzi medici per usarlo in un modo decisamente non appropriato.

Spese qualche attimo a digitare il nuovo programma del laser che normalmente veniva usato per riparare la pelle. Quando sentì di aver immesso il programma correttamente si avvicinò ancora di più al laser e chiuse gli occhi prima di premere il tasto d’accensione. Vi fu un breve lampo di dolore alle tempie e quando si scostò il suo viso era ormai ornato da una serie di tatuaggi tribali. Tornando nell’ufficio di McCoy si tolse lo stemma della Flotta Stellare dall’uniforme e lo appoggiò sul tavolo del dottore. Non passò molto tempo che Daniels e McCoy tornarono. Daniels improvvisamente assomigliava a Spock più di lui stesso.

“Buon Dio, sono tatuaggi veri?” Chiese Bones.

“Li ho applicati in modo non tradizionale, ma sono reali.”

“Potrei non essere in grado di rimuoverli senza lasciare una cicatrice.”

“Ce ne preoccuperemo più tardi.” Spock si voltò verso Daniels che ora aveva orecchie appuntite, una parrucca nera e delle lenti a contatto scure. “Impressionante, sembra me.”

“E lei sembra un Romulano.” Rispose Daniels.

“Le mie orecchie sono troppo appuntite.”

“Sono anni che lo dico.” Sbuffò Bones.

“Le orecchie Romulane non sono definite come quelle Vulcaniane,” continuò Spock “forse dovrebbe smussarle, Dottore.”

“Smussarti le orecchie, Spock? Non facciamoci prendere la mano. Non credo che qualcuno le noterà. Voglio dire chi mai sano di mente sospetterebbe mai di vedere un Vulcaniano su Romulus di sua spontanea volontà?”

“Un punto per lei, Dottore.”

Spock si diresse al computer e cominciò a digitarvi dentro. McCoy studiò i due Spock nella stanza. Anche se Daniels sembrava Spock il suo portamento era tutto sbagliato e Bones si domandò se l’equipaggio si sarebbe lasciato ingannare dal Camaleoide. Spock d’altra parte aveva qualcosa di nuovo che non aveva niente a che fare con il taglio di capelli o i tatuaggi. Era qualcosa che Bones trovava difficile definire, qualcosa nell’intensità del suo sguardo.

“Daniels,” Spock alzò lo sguardo dal computer “ho inserito degli ordini perché lei mi impersoni come parte di un programma d’addestramento per l’equipaggio per vedere se riescono a capire quando qualcosa non è come dovrebbe. Dottore, anche lei è nel test. In questo modo se verrà scoperto o io non ritornerò avrà un alibi in quanto stava seguendo degli ordini. Sembrerà che le abbia mentito per riuscire a lasciare la nave.”

“Io…voglio dire, farò del mio meglio per far sì che nessuno mi scopra.”

“Grazie.”

“Spock,” disse McCoy “voglio venire con te.”

“Lo capisco, Dottore, ma è impossibile. Io ho una possibilità di essere scambiato per Romulano, lei no.”

“Lo so.” Sospirò Bones. “Va bene, vai via di qui, riprendi Jim, e cerca di non cominciare una guerra interstellare mentre lo fai.”

“Farò del mio meglio, tuttavia, è probabile che la guerra sia ormai inevitabile a questo punto.”

“Cosa te lo fa dire?”

“I recenti avvenimenti suggeriscono che qualcuno di potente la voglia.”

“Cooly.” Ringhiò McCoy.

“È il principale sospettato.” Annuì Spock. “Daniels, capisce che in quanto ‘me’ lei è ora il bersaglio degli attentati.”

“Sì.”

“Daniels,” disse McCoy “devo saperlo, perché stai rischiando così tanto per aiutare Spock? Lo conosci appena.”

“È la prima persona ad avermi accettato per quello che sono. In più sta riponendo grande fiducia in me lasciandomi praticamente il comando dell’Enterprise.”

“Tutto qui?” Chiese Bones sollevando un sopracciglio scettico.

“Ammetto di avere anche motivazioni personali.”

“Pensi che se te la caverai, e Spock ritornerà potrebbe aiutarti a diventare il Capitano di una nave tua?”

“Il pensiero mi ha attraversato la mente.” Sorrise Daniels.

“Ha ragione, Daniels.” Concordò Spock.

Sembrava che McCoy ancora non si fidasse, ma Spock non aveva tempo per preoccuparsi. Come primo test per vedere se Daniels era in grado di fingersi il Capitano Spock gli disse di recarsi nella sala teletrasporto e ordinare al turno di notte di fare rapporto in ingegneria per permettere loro di utilizzare la sala indisturbati. L’uomo di turno obbedì rapidamente a Daniels e se ne andò.

Spock e McCoy si unirono a Daniels nell’ormai vuota sala. Mettendosi ai comandi Spock utilizzò il programma creato da Scotty per mandarlo sulla Terra. Calcolando le coordinate per Romulus nella sua mente Spock modificò il programma. Quando ebbe finito si posizionò su una delle rampe.

“Buona fortuna, Spock.”

“Lunga vita e prosperità, Dottore.”

Spock guardò Daniels ai comandi del teletrasporto e annuì. Daniels esitò un momento prima di attivare il teletrasporto. Spock scoprì presto che i suoi calcoli non erano buoni come quelli di Scotty. Materializzatosi a mezzo metro da terra Spock cadde sul terreno sabbioso. Alzandosi si spolverò i vestiti e si guardò attorno.

Romulus era simile a Vulcano in molti modi anche se aveva una temperatura più bassa. Il terreno sabbioso sul quale era atterrato non offriva molto in quanto a piante. Dopo aver capito dove si trovava Spock cominciò a dirigersi a Nord. Se i suoi calcoli erano corretti al di là dell’essersi materializzato a mezzo metro dal suolo la capitale di Romulus doveva essere più o meno sei miglia in quella direzione.

Spock coprì quella distanza rapidamente camminando verso la città. Quando arrivò in cima ad una bassa collina vide sotto di lui la città che si stendeva in una vasta e piatta valle. Il design circolare della città e il modo in cui gli edifici si facevano più alti verso il centro ricordò a Spock delle ormai scomparse città Vulcaniane. A distanza era facile dimenticarsi di essere su un pianeta ostile e non a casa.

Spingendo via la nostalgia Spock cominciò a scendere ed entrò nel distretto esterno della vasta città. Camminò accanto ad alcuni Romulani e fu sollevato di scoprire che nessuno faceva caso a lui. Più si addentrava nella città più questa si faceva popolata. Al contrario di Natala questa città pullulava di vita e azione. Spock si mescolò alla folla come un qualsiasi altro Romulano senza nome.

Spock trovò la città troppo rumorosa. I Romulani non si vergognava di urlarsi dietro in pubblico. Né trattenevano improvvisi scoppi di risa. Diverse volte Spock aveva dovuto cambiare strada per evitare do essere coinvolto in risse scoppiate all’improvviso. Generalmente queste risse rimanevano fra i due o tre che le avevano fatte iniziare, ma Spock non era interessato ad essere preso in mezzo fra le due parti contendenti.

Camminando con uno scopo preciso in mente Spock si fece strada verso l’immenso edificio nel cuore della città che si allungava verso lo scuro cielo Romulano. Sapeva che McCoy aveva supposto che avrebbe usato la sua copertura da Romulano per localizzare Kirk, ma quella non era mai stata sua intenzione. La possibilità di trovare e salvare Kirk in quel modo era così bassa da non poter essere calcolata. Gli bastava che la sua copertura durasse abbastanza da permettergli di entrare.

Le enormi guardie all’entrata pubblica gli permisero di entrare senza problema. La grande sala all’interno non era molto affollata a quell’ora e Spock non dovette attendere a lungo per il suo turno.

“Nome?” Chiese la receptionist.

“Selek.” Replicò Spock.

“Cosa vuoi dall’Impero, Selek?”

“Desidero un’udienza con l’Imperatrice Cel’esta.”

“Cel’esta?”

“È mio diritto di Romulano richiedere un’udienza con l’Imperatrice, così come è suo diritto farmi uccidere se crederà ch’io abbia sprecato il suo tempo.”

“Sì…sì, certo. Un momento.”

Spock annuì al Romulano e attese. La receptionist si alzò dal suo tavolo e scomparve in una stanza dietro esso per un momento. Tornò con un Romulano più vecchio ammantato con un’aria di importanza. Si avvicinò a Spock e lo guardò.

“Tu sei Selek?”

“Sì.”

“Io sono Valin. Seguimi, l’Imperatrice ha precisamente un minuto per vederti.”

“Sarà più che sufficiente.”

Valin annuì e si voltò per andarsene. Spock lo seguì per le immense sale del palazzo. Alla fine arrivarono ad una porta che Valin aprì e attraversò. Quando Spock passò per la stessa entrata fu immediatamente fatto crollare sulle ginocchia a causa di un potente pugno fra le scapole. La porta si era serrata alle sue spalle e due guardie erano ora accanto a lui. Valin si avvicinò e lo fissò.

“Che significa tutto ciò?” Ringhiò Spock arrabbiato, sperando di comportarsi da Romulano.

“Chi sei?”

“Ve l’ho detto. Sono Selek.”

“Vieni dalla città?”

“Sì.”

“Allora come fai a non sapere che Cel’esta è morta?”

Spock non rispose. Non aveva pensato a questa eventualità. In effetti mandava tutto a monte. Il piano era di ragionare con Cel’esta, avvisarla che era un traditore nella Flotta Stellare a cercare di far scoppiare la guerra e non l’intera Federazione. Spock sapeva che lei sarebbe stata ragionevole e che una guerra con la Federazione non era una possibilità auspicabile. Magari li avrebbe liberati entrambi se avessero promesso di fermare la guerra prima che cominciasse. Se quel tentativo fosse fallito aveva sperato di scambiare la sua vita per quella di Kirk per liberarlo.

“Allora?” Sputò Valin. “Puoi confermare di essere in effetti ‘Selek’?”

“Ponete domande delle quali conoscete già le risposte.” Replicò Spock calmo. “Suppongo che abbiate già ricercato ‘Selek’ nei vostri database scoprendo che non esiste.”

“Qual è la tua identità?”

Spock rimase zitto, incerto su come comportarsi. Rapidi aggiustamenti a piani falliti e inventarsi bugie credibili erano più le specialità di Kirk. Il continuo silenzio di Spock gli fece guadagnare un colpo da una delle guardie con una delle lunghe lance che teneva in mano.

“Chi sei?” Domandò di nuovo Valin. “Cosa ti porta qui?”

Spock non disse nulla.

“Non so a che gioco stai giocando, ma non te ne andrai finché non avrai risposto.”

“Chi è ora il capo di Romulus? Parlerò con lui.”

“Parlerai con me o con nessuno.”

“Allora sospetto che non parlerò con nessuno.”

“Se non sapessi che sei Romulano direi che sei Vulcaniano.” Ridacchiò Valin.

“Non c’è bisogno di insultare.” Ringhiò Spock.

“Portatelo via da qui finché non sarà pronto a discutere sul perché vuole parlare con qualcuno che non esiste più.”

Una delle guardie prese Spock per il braccio e lo tirò in piedi. Spock non fece resistenza mentre veniva scortato ai livelli inferiori. Arrivarono ad un gruppo di celle con sbarre tradizionali invece che campi di forza. Vi erano una dozzina di Romulani dentro esse e tutti sputavano vari insulti alle guardie. Senza prestare attenzione la guardia spinse Spock nella prima cella libera e sbattè la porta chiudendola. Spock mise le mani dietro la schiena e si guardò attorno.

“Non è andata bene.”

Un’ora dopo Spock era ancora in piedi nella cella nella quale lo avevano abbandonato. Aveva speso un po’ di tempo a cercare una via d’uscita, ma la primitiva cella in un qualche modo aveva meno punti deboli di una normale cella con campo di forza. Spock stava avendo difficoltà a trovare un logico modo di proseguire perché il fatto che si trovasse in quella situazione era illogico di per sé.

“Forse in questo momento l’onestà è la migliore linea di condotta.”

Spock si avvicinò alle sbarre e le afferrò. Urlò per ottenere l’attenzione di qualcuno. Ci volle un po’ perché una delle guardie si interessasse abbastanza da andare a controllarlo. Il Romulano non sembrava felice di aver dovuto alzarsi per controllare un prigioniero particolarmente chiassoso.

“Sta’ zitto o ti spezzo la mascella.” Ringhiò la guardia.

“Non ne dubito. Tuttavia, per favore dì a Valin che ho deciso di rivelare la mia identità, ma la comunicherò solo ad un militare di alto grado.”

“Non sei nella posizione di fare richieste.”

“Credo che scoprirai che verrai ricompensato profumatamente per aver passato questa informazione.”

“Sei davvero così speciale?”

“Sì.” Annuì Spock.

La guardia sembrava dubbiosa e quando se ne andò Spock non fu certo che la sua richiesta fosse stata presa seriamente. Col passare delle ore Spock cominciò a camminare avanti e indietro nella piccola cella. Chiamò la guardia diverse volte, ma nessuno tornò. Alla fine Spock si diresse verso un angolino e si sedette.

Poco dopo essersi seduto Spock sentì qualcuno avvicinarsi. Si alzò immediatamente e tornò alle sbarre. La guardia con la quale aveva parlato in precedenza lo indicò e se ne andò. Qualche secondo dopo un Romulano dall’aria potente si mise con calma davanti alle sbarre. Non si muoveva come un burocrate o una guardia di basso livello. Il Romulano osservò Spock per qualche momento. Corrugò le sopracciglia.

“Hai un aspetto familiare…ti conosco?”

“Forse. Lei è un militare?”

“Sono Ty’rick, Comandante della Flotta Stellare dell’Impero.”

Ty’rick tirò fuori una carta olografica e la porse a Spock attraverso le sbarre. Spock la guardò. Era un ID militare che mostrava quanto fosse importante il Romulano davanti a lui. Spock non era certo che l’ID fosse autentico, tuttavia, decise di non avere altra possibilità se non di presumere che lo fosse. Quando restituì la carta Spock notò uno schizzo di sangue su un polso di Ty’rick, sangue rosso. Per un momento rimase senza parole, fissando quello che doveva essere il sangue del suo amico sulle mani Romulane.

“Allora?” Domandò Ty’rick. “Chi sei? Sarà meglio che rimanga impressionato o ti farò picchiare per avermi trascinato qui.”

“Sono Spock.”

“Vuoi dire ‘Spock di Vulcano’?” Chiese Ty’rick scioccato.

“Infatti.”

“Beh ora…sono impressionato.”

 

Eccoci qua, come sempre vi ringrazio tutti quanti!

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Capitolo 23

Pike guardò fuori dalla porta di vetro nel suo cortile e sorrise. Nel retro della casa il terreno era abbastanza piano da permettere la costruzione di una larga veranda rialzata, offrendo così una pacifica vista della foresta tutt’attorno. Salen sedeva in veranda beandosi del sole sul suo viso. Doveva indossare un paio di occhiali scuri quando usciva mentre i suoi occhi si abituavano alla luce del giorno, cosa che i dottori avevano detto sarebbe successo in qualche settimana.

Il giovane Vulcaniano viveva con lui da soli tre giorni, tuttavia in quel breve periodo Pike aveva visto dei considerevoli progressi. Dopo l’incontro con Spock Salen aveva permesso ai dottori di curare le ferite che ancora erano aperte ed aveva debellato in fretta le infezioni alle altre. Sentendosi più forte camminava ora con le spalle tirate indietro e la testa in alto nella perfetta postura per la quale erano conosciuti i Vulcaniani. Era ancora molto tranquillo, ma quando parlava la sua voce non tremava più.

Anche se Salen sembrava sempre più in salute era ancora dolorosamente chiaro che davanti a lui aveva ancora una strada molto lunga per recuperare completamente. Sobbalzava ad ogni suono, e rimaneva scosso per lo spavento ad ogni movimento improvviso. Era raro che guardasse le persone negli occhi e quando lo faceva i suoi occhi si muovevano in continuazione come in cerca di qualcosa. Si stendeva sul suo letto nella stanza degli ospiti che ormai gli apparteneva, ma al mattino si ritrovava sempre ranicchiato al suolo in angolo.

Salen si era subito dimostrato interessato a continuare a studiare, e Pike gli aveva dato pieno accesso alla Biblioteca della Federazione. Era stupefacente la velocità con la quale leggeva, e quante informazioni assorbiva. Spendeva la maggior parte del suo tempo leggendo, tuttavia faceva sempre una pausa quando il sole era alto in cielo per uscire e rimanere sotto di esso per qualche ora.

A Pike piaceva la tranquilla compagnia di Salen. Vi era una grande intelligenza dietro i suoi occhi ansiosi e Pike aveva la sensazione che Salen avesse un grande futuro innanzi a sé. Il suo comportamento malsicuro gli ricordava Spock quando aveva appena incontrato il mezzo Vulcaniano. Pike sperava che un giorno Salen avrebbe avuto la stessa fiducia in sé stesso che aveva sviluppato Spock.

Un leggero ‘bip’ fece sapere a Pike che la lavastoviglie aveva terminato il suo lavoro. Con la sedia a rotelle si fece strada verso la cucina. Ogni cosa era stata costruita ad un’altezza tale da permettergli di usarla facilmente. Mettendo via le stoviglie si rese conto che mancava qualcosa. Pike guardò in diversi posti per controllare, ma quando l’oggetto scomparso non saltò fuori sospirò tristemente.

Lasciando la cucina Pike si spinse verso la porta a vetri che si aprì automaticamente. L’udito di Salen era stato danneggiato dall’apparecchio sonico che aveva usato Wilson per controllarlo. Come risultato non si accorse che Pike si era unito a lui in veranda. Pike rimase indietro, non volendo prendere di sorpresa il Vulcaniano parzialmente sordo.

“Salen.”

Salen si rannicchiava ogni volta che Pike chiamava il suo nome, e questa volta non fu un’eccezione. Voltandosi Salen si mise in piedi. Pike gli fece segno di avvicinarsi. Salen automaticamente si guardò attorno in cerca di una via di fuga prima di avvicinarsi lentamente. Per parlare a Pike Salen ogni volta si metteva sulle ginocchia, mettendo le mani in grembo e tenendo gli occhi bassi dietro le lenti scure.

“Non devi inginocchiarti, Salen.” Disse gentilmente Pike per la centesima volta.

“Non desidero che lei debba alzare gli occhi per guardarmi, né che io debba abbassarli, questo ci mette sullo stesso piano.”

“Sono abituato ad alzare gli occhi per parlare con qualcuno.”

“Per favore, Signore, sono più a mio agio così.”

“Va bene.” Annuì Pike.

Pike guardò Salen per un momento, incerto su come proseguire. Vedere come Salen teneva il braccio sinistro vicino al corpo gli fece temere che i suoi sospetti fossero fondati. Salen indossava una lunga e larga maglia nera per nascondere le cicatrici. Cercando di non sembrare minaccioso Pike mise le mani in grembo.

“Salen, il coltello da cucina è scomparso. Lo hai preso tu?”

“Sì, Signore.” Rispose con calma Salen.

“Perché?”

Salen si guardò di nuovo attorno in cerca di una via di fuga, ma non si mosse minimamente. Pike poteva vedere come il suo petto si alzava e abbassava sempre più rapidamente. Attendendo pazientemente Pike guardò come Salen tentava di rispondere varie volte senza riuscirci. Apriva la bocca per parlare, ma sembrava incapace di emettere qualunque suono.

“Salen, ti stai tagliando?” Chiese Pike dolcemente.

Salen esitò, ma alla fine annuì leggermente. Cominciò a tremare leggermente rimanendo in ginocchio ai piedi di Pike. Senza che gli fosse chiesto alzò il braccio sinistro e tirò su la manica. Il suo braccio già pieno di cicatrici era stato guastato con una dozzina di nuovi tagli aperti sopra vecchie cicatrici. Salen rimise le mani in grembo.

“Mi dispiace, Ammiraglio.” Si scusò Salen. “La prego non si arrabbi con me.”

“Non sono arrabbiato, Salen.” Assicurò Pike. “Sono preoccupato per te. Perché lo fai?”

“Aiuta ad attenuare il dolore.”

“Attenuarlo?” Replicò Pike sorpreso. “Direi che è doloroso.”

“È fisicamente doloroso, tuttavia, riduce la mia angoscia emotiva. Non so perché. So che è illogico.”

“Non ne sono certo.” Sospirò Pike. “Ha senso che il dolore fisico ti dia qualcos’altro su cui concentrarti invece che sulle tue emozioni.”

“Sto facendo del mio meglio per controllarmi, ma lo trovo troppo difficile.” Ammise Salen. “Sono colmo di paura.”

“Qui sei al sicuro, non ti farei mai del male né permetterò a qualcun altro di fartene.”

“Logicamente lo so, tuttavia…il saperlo non sembra lenire la mia ansia.”

“Beh, tagliarti non è la soluzione. Giusto?” Chiese Pike.

“No. Non lo è, Ammiraglio.”

“Troveremo un modo migliore per aiutarti.” Promise Pike.

“Grazie.”

“Non c’è di che, Salen.” Sorrise Pike. “Da quello che ho visto non è facile essere Vulcaniani anche nelle migliori circostanze, non sentirti frustrato se ti ci vuole un po’ di tempo per riprenderti il tuo controllo emotivo.”

“Io…” esitò Salen “non sono certo che sarò in grado di essere un buon Vulcaniano.”

“Salen, tu sei un eccellente Vulcaniano. Datti solo un altro po’ di tempo.”

Salen annuì, ma ancora non sembrava molto sicuro. Pike voleva allungarsi per toccarlo e offrirgli qualche conforto. Tuttavia, sapeva che non solo in quanto sopravvissuto ad una tortura, ma anche in quanto Vulcaniano, il contatto fisico era l’ultima cosa che Salen voleva o necessitava.

“Goditi il sole, Salen, penseremo a qualcosa da farti fare al posto di ferirti da solo quando avrai finito.”

“Grazie, Ammiraglio…per tutto.”

“Voglio solo aiutarti.”

“Le credo.”

Pike sorrise e ritornò dentro. Salen rimase sulle ginocchia per qualche minuto prima di tornare al suo posto al sole. Pike era sollevato dal fatto che il confronto fosse andato così bene. Si era preoccupato che Salen negasse tutto ritirandosi ancora di più nella sua mente. C’erano volte in cui Pike vedeva il suo giovane ospite perdere contatto con la realtà attorno a lui, e non sapeva come riportarlo indietro.

Qualcuno suonò alla porta. Pike guardò lo schermo che mostrava la veranda principale e sorrise. Non si aspettava che questo visitatore arrivasse così velocemente. Si spinse fino alla porta e questa si aprì automaticamente. Lo stoico Vulcaniano alla porta abbassò lo sguardo e offrì a Pike un leggero inchino. Aveva una borsa di tessuto, buttata su una spalla.

“Ammiraglio Ritirato Pike.”

“Ambasciatore Tek’tiel.” Salutò Pike. “Grazie di essere venuto così in fretta.”

“Queste sono circostanze inusuali e pertanto sono venuto il più in fretta possibile. Come si sta comportando il ragazzo?”

“Bene quanto ci si aspetta.” Replicò Pike. “Ha grossi problemi a controllare le sue emozioni, anche se cerca di tenerselo per sé.”

“È stato preso ad un’età nella quale un Vulcaniano riceve un intenso addestramento per raggiungere tale controllo. La mancanza di addestramento combinata con il trauma della prigionia ha logicamente condotto a tale difficoltà. Tuttavia, i Vulcaniani sono resilienti, si riprenderà con il dovuto tempo.”

“Non ne dubito. Spero che ad un certo punto vorrà anche completare il suo viaggio per Natala.”

“Fino a quel momento è disponibile ad assumersene la totale responsabilità?”

“Assolutamente.”

“La sua richiesta è inusuale. Se fossimo in altre circostanze l’avrei negata.” Disse Tek’tiel schiettamente. “Tuttavia, la sua argomentazione per tale richiesta è logica.”

“Penso davvero che sia per il meglio. Ha i documenti?”

“Sì.”

Tek’tiel mise una mano nella sua sacca e tirò fuori un documento digitale. Lo porse a Pike con uno stilo. Pike lesse brevemente il documento prima di firmarlo e restituirlo. Tek’tiel osservò la firma prima di annuire e riporre il documento nella sacca.

“Mi servirà un campione di sangue per il censimento Vulcaniano.”

“Non credo che Salen sia pronto a dare a qualcuno il suo sangue per il momento.”

“Molto bene, può attendere.” Annuì Tek’tiel. “Posso incontrarlo?”

“Certo.”

Pike guidò Tek’tiel fino alla veranda sul retro. Salen era tornato al suo posto al sole e ancora una volta non si accorse della porta che si apriva. Tek’tiel guardò preoccupato come Salen non reagì quando si unirono a lui sulla veranda. Quando l’Ambasciatore avanzò di un passo per avvicinarsi a Salen Pike lo fermò. Tek’tiel guardò confusamente Pike ma concesse di rimanere dove si trovava.

“Salen.”

Sobbalzando violentemente Salen si voltò nella direzione dalla quale era provenuto il suo nome. Anche se indossava gli occhiali Pike poté vederlo sgranare gli occhi quando vide l’altro Vulcaniano. Pike si sentì il cuore pesante quando vide quanto Salen era terrorizzato da Tek’tiel. Balzando in piedi Salen indietreggiò di qualche passo prima di avanzare e mettersi istantaneamente in ginocchio.

“I Vulcaniani non si inginocchiano.” Disse Tek’tiel freddamente.

Salen si ritrasse al suono della voce di Tek’tiel. Si alzò e mise le mani dietro la schiena. Pike stava cominciando a temere che l’incontro tra Salen e Tek’tiel avrebbe causato più danni che altro. Con la testa china Salen sembrava un prigioniero in attesa della pena capitale.

“Alza la testa, devi guardare negli occhi la persona con la quale stai parlando.” Ordinò Tek’tiel.

“S…sì, Signore.” Salen si forzò a sollevare la testa e guardò Tek’tiel.

“Meglio. Saluti, Salen. Io sono l’Ambasciatore Tek’tiel.”

“È qui per portarmi via?” Chiese Salen spaventato.

“No, Bambino.” Tek’tiel scosse la testa. “Puoi rimanere per tutto il tempo permesso dall’Ammiraglio Pike. Sono qui con un dono.”

Tek’tiel rimise una mano nella sacca che aveva con sé e tirò fuori quella che a Pike sembrò un’antica lampada ad olio. Salen si allungò esitante per accettare l’offerta. Prendendo la piccola lampada in mano l’ammirò per un momento prima di sollevare lo sguardo su Tek’tiel.

“Grazie, Ambasciatore. Mio padre ne aveva una uguale.”

“Ti sarà di aiuto in tempi difficili.” Disse Tek’tiel e poi sollevò la mano nel tradizionale saluto Vulcaniano. “Lunga vita e prosperità, Salen di Vulcano.”

“Lunga vita e prosperità, Ambasciatore Tek’tiel di Vulcano.” Replicò Salen sollevando la mano allo stesso modo.

Pike vide Tek’tiel stringere gli occhi leggermente per la rabbia quando vide le cicatrici lungo il palmo della mano di Salen. Confortò un po’ Pike sapere che anche un Vulcaniano del grado di Tek’tiel aveva difficoltà a nascondere il disgusto che provava per gli uomini che avevano tormentato Salen. Tek’tiel informò Pike che avrebbe trovato da solo l’uscita.

Salen guardò con circospezione il Vulcaniano. Quando l’Ambasciatore se ne fu andato cominciò a ispezionare l’oggetto che gli era stato dato. Pike non aveva notato quanto era teso il ragazzo fino a che non lo vide rilassarsi. Salen passò le dita sopra le scritta in Vulcaniano in rilievo sul bordo metallico della lampada.

“Cos’è?” Chiese Pike.

“È una lampada Vulcaniana per la meditazione. La fiamma che contiene da a qualcuno qualcosa su cui concentrarsi. L’abilità della lampada di imbrigliare il caos del fuoco serve come guida.”

“Sembra un buon sostituto per il coltello.”

“Sì, credo che lo sarà.”

Un leggero sorriso comparve sulle labbra di Salen mentre continuava a ispezionare il dono. Pike era grato che l’oggetto Vulcaniano sembrasse far ricordare a Salen dei bei momenti. Salen gli chiese il permesso per portare la lampada nella sua stanza e Pike annuì. Salen ritornò presto con il coltello da cucina e lo diede a Pike.

“Puoi semplicemente metterlo in lavastoviglie.” Sorrise Pike.

“Sì, Signore.”

Salen scomparve nuovamente. Pike si spinse di nuovo in casa. Dopo essere andato in cucina Salen si sedette sul divano per continuare la sua lettura. Avendo lui stesso un libro da leggere Pike si spinse in salotto e rimase lì a leggere. Dopo un po’ ebbe la sensazione di essere osservato. Alzando gli occhi dal suo libro digitale scoprì che Salen lo stava fissando. Era qualcosa che il Vulcaniano faceva spesso, ma per la prima volta non scostò lo sguardo quando venne scoperto.

“Salen?”

“Grazie di permettermi di restare qui. …mi sento al sicuro qui.”

“Bene.” Sorrise Pike. “Mi fa piacere averti qui.”

Salen sorrise imbarazzato e si fece leggermente verde in viso facendo risaltare le cicatrici. Pike si domandò perché avessero inciso quegli strani segni stranamente decorativi sul suo volto. Dubitava fosse stato per raccogliere del sangue, sembrava più che altro che lo avessero marchiato per divertimento o per identificarlo. Salen improvvisamente realizzò di stare arrossendo e tornò a leggere cercando di ignorare il fatto di stare arrossendo ancora di più.

Pike si morse le labbra per non ridacchiare ferendo così la delicata autostima del Vulcaniano. Ritornando entrambi alle loro letture i due passarono qualche ora in un confortevole silenzio. Quando suonò il campanello Pike alzò lo sguardo e corrugò le sopracciglia.

“Qualcosa non va, Ammiraglio?”

“Salen, non spaventarti, ma sarebbe meglio se ti nascondessi dalla vista finché il nostro ospite non se ne sarà andato.”

Pike fu sorpreso dalla velocità con la quale Salen scomparve. Chiunque altro avrebbe probabilmente chiesto perché nascondersi, ma Salen aveva deciso di andarsene e basta. Pike non era nemmeno certo di dove si fosse nascosto. Prendendo un profondo respiro si spinse verso la porta e la aprì. Cooly entrò senza aver ricevuto nessun invito.

“Dov’è, Pike?” Domandò Cooly.

“Salve anche a lei, Ammiraglio.”

“La smetta con queste cretinate, Pike.” Ringhiò Cooly. “Ha fatto arrestare un’importante figura dalla Flotta Stellare e poi è scomparso con l’unico testimone? È parecchio irritante. Gli avvocati di Langin ci sono così addosso da riuscire a contarci le ciglia.”

“Spock ha già concordato di servire come testimone. Richiami l’Enterprise sulla Terra se vuole mandare via i cani di Langin.”

“Pensa davvero che una qualsiasi corte rimarrà ad ascoltare una testimonianza basata su un qualche trucchetto mentale Vulcaniano?”

“Non è un trucchetto.”

“Non mi interessa. Il Vulcaniano ritornerà con me al Comando della Flotta Stellare.”

“Il suo nome è Salen, e no andrà da nessuna parte con lei.”

“Allora dovremo liberare Langin.”

“Per ora.” Pike scrollò le spalle. “Langin trasformerebbe qualsiasi processo in un banchetto per i media, e Salen non è abbastanza stabile da sopportare tutta quella attenzione. Se proteggere Salen significa permettere a Langin di godersi qualche altro mese di libertà, allora così sia.”

“E se questo Vulcaniano non sarà mai pronto?”

“Allora immagino che Langin la passerà liscia. In ogni caso non siete autorizzato a vedere Salen, men che meno a toccarlo.”

Cooly guardò ferocemente Pike. Per nulla spaventato Pike lo guardò con assoluta calma. Dopo un po’ Cooly riuscì a ricontrollarsi. Pike ebbe la pelle d’oca al sorriso sornione che comparve sul volto di Cooly. Era piuttosto pallido, quasi malaticcio per lo stresso o per una malattia, ma ancora possedeva un certo potere e ne era chiaramente consapevole.

“Il Vulcaniano verrà con me.” Disse Cooly fermamente.

“Non ha il diritto di prenderlo.” Replicò Pike.

“Ho ogni diritto. È un alieno illegale e sarà portato al Comando della Flotta Stellare.”

“No. Niente in lui è illegale, è sotto la mia custodia, custodia valida in ogni tribunale.”

“Di che diavolo sta parlando, Pike?”

“L’Ambasciatore Vulcaniano Tek’tiel è passato questa mattina portando con sé i documenti per l’adozione.”

“Cosa?”

“Salen è mio figlio.”

 

Dite la  verità, non amate Pike ogni secondo di più? Beh, io lo adoro letteralmente!!!! XD

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Capitolo 24

Daniels sedeva sulla sedia del Capitano sentendosi a disagio nella sua stessa pelle. Non aveva mai provato a spacciarsi per qualcun altro prima d’ora. In qualche occasione aveva cambiato i suoi lineamenti per non essere riconosciuto, ma non aveva mai provato ad essere qualcuno per un lungo periodo di tempo. Continuava a temere di distrarsi ritornando sé stesso.

“Capitano? ...Capitano Spock?”

“Sì?” Daniels rispose al secondo appello di Sulu.

“Come si sente il Comandante Daniels?”

“Non bene, sarà confinato in Infermeria per un periodo di tempo indeterminato.”

“La febbre Tighilliana è altamente contagiosa.” Notò Sulu.

“Sì, per questo la quarantena si dimostra necessaria.”

“Spero si senta meglio presto.” Disse Sulu con tono che suonava sincero.

“Si fida di lui al timone della sua nave?” Chiese Daniels.

“La tratta con amore, Signore.” Sorrise Sulu. “In più lei si fida, questo a me basta.”

“Grazie, Comandante Sulu.”

Daniels non pensò nemmeno di frenarsi dal sorridere lievemente fino a che non notò le sopracciglia corrugate di Sulu alla vista della dimostrazione di emozioni. Facendo del suo meglio per ritornare ad avere il freddo ed impassibile volto di un Vulcaniano Daniels si voltò per evitare Sulu e finse di leggere un rapporto dall’ingegneria che aveva in grembo. Sulu, seduto alla postazione del Timoniere guardò Chekov, ma il Russo non fece altro che scuotere le spalle.

“Scott a Enterprise.” Suonò dall’interfono.

“Enterprise, qui Spock.” Replicò Daniels. “Come procedono le riparazioni, Signor Scott?”

“Bene, Signore. Le comunicazioni sono a posto, ma c’è un gran bel casino qui con la banca dei sensori. Funziona, ma andrà in pezzi in pochi mesi se non faccio qualcosa subito.”

“Si prenda tutto il tempo di cui ha bisogno.”

“Capitano?” Chiese Scotty, per nulla familiare con uno Spock che non gli dava limiti di tempo.

“Se deve fare un lavoro, lo faccia bene.”

“Sì, Signore. Dovremo rimanere qui ancora qualche giorno.”

“Perfetto.” Mormorò Daniels sollevato.

“Signore?”

“Niente. Faccia ciò che deve, Signor Scott.”

“Sì, Signore.”

Daniels notò come Sulu e Chekov si lanciarono un’altra occhiata. Sapeva che sarebbe stata solo una questione di tempo prima che il nuovo Primo Ufficiale andasse a parlare delle sue preoccupazioni a McCoy. Poteva solo sperare che Bones fosse in grado di rassicurarlo che tutto andava bene, anche se non era proprio così. Lo stress di nascondersi in piena vista stava cominciando a far sudare i palmi di Daniels. Stava per scusarsi dal Ponte quando l’Ufficiale addetto alle Comunicazioni richiamò la sua attenzione.

“Signore, c’è una chiamata personale per lei.”

“Chiamata personale?”

“Dalla Terra, Signore.”

“Dica che lascino un messaggio.” Replicò Daniels.

“Capitano, è sua moglie.”

“Mia…moglie?” Ripeté Daniels. “Uh…giusto…um…in questo caso…risponderò negli alloggi del Capitano.”

“Sì, Signore.”

Daniels si mise in piedi e si obbligò a camminare con calma fino al turbo ascensore. Una volta che le porte si furono chiuse cominciò a camminare avanti e indietro imprecando. Non si diresse direttamente agli alloggi del Capitano dove lo aspettava la chiamata. Non poteva nemmeno entrarci in quegli alloggi, nessuno aveva pensato di fornirgli il codice. Invece decise di rintracciare McCoy ordinandogli di presentarsi nel suo ufficio.

“Daniels, che diavolo ti è preso? Dovresti essere sul Ponte.”

“Dottore, ho una moglie?”

“Che ne so, ce l’hai?”

“Voglio dire Spock, è sposato?” Chiarì Daniels.

“Non lo sapevi?”

“No! Cosa devo fare?”

“Non preoccuparti, è sulla Terra.”

“In questo momento mi sta chiamando via sub-spazio.”

“Non va bene.”

Daniels fissò McCoy, in cerca di guida. McCoy aveva improvvisamente cominciato a pensare a cosa fare. Alla fine prese Daniels per il braccio e cominciò a trascinarlo verso gli alloggi del Capitano.

“Dottore? Non posso parlarle!”

“Non hai altra scelta, devi parlarle, e per lo Spazio vedi di farlo per bene. Incomincia chiedendole scusa.”

“Scusa?”

“Hanno litigato prima che lei se ne andasse.”

“Per cosa?”

“Non ne ho idea, ma per quanto ne so questa è la prima volta che lo contatta dal giorno del litigio. Devi mettere a posto le cose.”

“Credo che preferirei affrontare una flotta di Klingon…”

“Non ne hai idea.” Concordò Bones. “Devi far sì che perdoni Spock, lei è tutto per lui. È l’unica donna che ho mai conosciuto in grado di scaldare quel suo gelido cuore Vulcaniano.”

Arrivarono agli alloggi del Capitano e McCoy usò il suo codice per aprire la porta. Daniels esitò ad entrare, ma dopo aver preso un profondo respiro lo fece. La porta si chiuse dietro di lui, lasciando McCoy in corridoio. Daniels si mosse per rispondere alla lucina lampeggiante sul tavolo ma si bloccò improvvisamente voltandosi verso la porta. Questa si aprì rivelando che McCoy stava ancora aspettando fuori.

“Qual è il problema?” Abbaiò Bones. “Rispondi a quella chiamata.”

“Il nome, qual è il suo nome?” Chiese in fretta Daniels.

“Uhura. No, aspetta, Nyota.”

“Quale dei due?” Daniels andò nel panico.

“Nyota, lui la chiama Nyota.”

“Non funzionerà mai.”

“Deve funzionare.” Sibilò Bones. “Entra lì dentro!”

“Giusto…”

“E un’altra cose,” aggiunse McCoy “è incinta di nove mesi col figlio di Spock.”

“Non funzionerà mai.”

McCoy spinse Daniels nella stanza e la porta si chiuse nuovamente. Sapendo di non avere via d’uscita Daniels prese un profondo respiro e sedette al tavolo. Premette il pulsante alla base del monitor sul tavolo. Il pannello prese vita e Uhura lo fissò. Daniels non era sorpreso dalla sua bellezza, ma lo stesso rimase senza parole momentaneamente.

“Spock?”

“Posso iniziare dicendo ‘mi dispiace’?” Chiese Daniels.

“È un buon inizio.” Replicò Uhura con un leggero sorriso. “Immagino di dovermi scusare pure io. Mi manchi.”

“Mi manchi anche tu.”

Daniels era sollevato dal fatto che Uhura sembrava disposta a perdonarlo, tuttavia compì lo sbaglio di sorridere. Dopo aver visto quel sorriso nervoso Uhura si tese. Daniels imprecò contro sé stesso mentalmente mentre eliminava il sorriso dal suo volto. Uhura strinse gli occhi per un momento prima di rilassarsi e sorridere.

“Spock?” Chiese dolcemente.

“Sì.”

“Ti amo.”

“Anche io ti amo.” Daniels cercò di suonare sincero anche se si sentiva orribile a pronunciare quella particolare bugia.

“Spock, sto avendo qualche problema col bambino. Devo parlare col Dr. McCoy.”

Daniels fissò Uhura, sentendosi sempre più in colpa. Lei stava cercando di nascondere la paura, ma lui riusciva a vedergliela negli occhi. Non c’era dubbio nella sua mente del fatto che si sentisse orribile ad impersonare Spock. Avere l’aspetto di qualcuno non significava esserlo per davvero. Poteva essere sufficiente per ingannare l’equipaggio, ma questo era diverso. Uhura continuò a fissare Daniels.

“Spock, il bambino è in pericolo.” Ripeté Uhura. “Devo parlare subito col Dr. McCoy.”

“Stai dicendo la verità o hai realizzato che non sono tuo marito?” Daniels sospirò sconfitto.

“Ammetto che all’inizio mi avevi ingannata. Gli assomigli un sacco.” Disse Uhura. “Chi sei?”

“Sono il Comandante Daniels, Timoniere dell’Enterprise.”

“Perché ti stai fingendo Spock?” Domandò Uhura.

“Perché me lo ha chiesto lui.” Daniels si rilassò nel suo vero viso.

“Come…come lo hai fatto?” Chiese Uhura andando nel panico.

“Sono per metà Camaleoide, un mutaforma. Mi dispiace di averti mentito, non volevo.”

“Che sta succedendo? Dov’è Spock? Cosa gli hai fatto? Dov’è il Dr. McCoy?”

“Vado a prenderlo.”

Daniels si alzò e andò alla porta. Quando si aprì e McCoy vide che Daniels aveva il suo vero aspetto Bones imprecò e si fece strada negli alloggi. Si sbrigò ad arrivare al pannello delle comunicazioni e si sedette per affrontare Uhura. Lei sembrava terrorizzata e stava visibilmente annaspando per respirare. Daniels si avvicinò e rimase in piedi dietro McCoy così che lei potesse ancora vederlo.

“Uhura, sono qui, va tutto bene.”

“Dr. McCoy? È davvero lei?”

“Sì, Uhura, mi dispiace così tanto. Avrei dovuto saperlo che non avresti mai creduto che Daniels era Spock. Mi dispiace tanto. Non volevo che ti preoccupassi.”

“Beh, ha fallito. Cosa sta succedendo? Dov’è Spock?”

“Non è qui.” Rispose Bones evasivamente. “Spock ha chiesto a Daniels di prendere il suo posto così da non finire davanti alla Corte Marziale per aver abbandonato l’Enterprise nel mezzo di una missione.”

“Dov’è?”

“Jim è finito nei guai e lui è andato ad aiutarlo.”

“Guai? Che genere di guai? Pensavo che Jim fosse sulla Terra.”

“Um…beh…è stato rapito.”

“Rapito?” Ripeté Uhura in un miscuglio di shock e incredulità.

“Sì.”

“Dov’è Spock?” Ripeté Uhura.

Bones esitò a rispondere.

“Dottore, dov’è mio marito?” Domandò Uhura.

“È su Romulus.”

McCoy sembrava un bambino intento nel dire alla madre di aver rubato qualcosa. Una varietà di emozioni attraversarono il viso di Uhura, ma tutte finirono in un gemito di dolore. Uhura mise le mani sul suo ampio ventre e cominciò ad ansimare pesantemente. La mascella di McCoy cascò per l’orrore mentre la guardava gemere di nuovo per il dolore.

“Nyota, ascoltami attentamente, chiama aiuto e vai subito in ospedale. Capito?”

Uhura annuì. Guardò da qualche parte oltre lo schermo e chiamò sua madre. Una donna anziana apparve in fretta e dopo aver aiutato sua figlia a mettersi in piedi guardò ferocemente McCoy e Daniels prima di terminare la comunicazione. McCoy appoggiò la testa sul tavolo e gemette. Daniels spostò il peso da una gamba all’altra a disagio e ritornò ad essere Spock.

“Dottore, cos’è successo?”

“Credo di averle appena provocato un parto prematuro.”

 

Beh, a quanto pare il piano di Spock non è andato molto bene...

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


Capitolo 25

Kirk stava disteso sullo stomaco sul freddo pavimento di pietra della sua cella con la testa appoggiata sulle braccia incrociate. Stava cercando di dormire, ma la calda pulsazione proveniente dallo squarcio sulla sua schiena glielo impediva. Ty’rick aveva abbandonato i suoi metodi altamente tecnologici in favore di punizioni vecchia scuola. Kirk aveva già avuto modo di sperimentare una frusta in mano ad un nemico più umano, ma l'esperienza non si poteva minimamente paragonare al danno che gli poteva provocare un Romulano infuriato.

Anche se la pelle era stata squarciata in quattro punti sempre sulla schiena giurava che le ferite inflitte da ogni colpo parevano attraversargli il corpo fino a spuntargli sul petto. Se gli si fossero materializzati degli ematomi lungo il petto in corrispondenza delle ferite sulla schiena non sarebbe rimasto poi così sorpreso. Si era tolto quello che era rimasto della sua maglia per paura che potesse attaccarsi alle ferite mentre il sangue si coagulava. Kirk aveva la distinta sensazione che Ty’rick questa volta non stesse minimamente cercando di carpirgli qualche informazione, piuttosto stava sfogando la sua rabbia unita al dolore.

“…sulla mia schiena.” Borbottò Kirk a sé stesso.

Kirk fece una smorfia ricordandosi del rumore provocato dalla frusta quando aveva infranto la barriera del suono pochi secondi prima di mordergli la carne. Cercando di mettersi in una posizione più comoda Kirk mosse le spalle. Ringhiò per il dolore quando uno dei tagli si riaprì cominciando a versare sangue. Rabbrividendo per l’inizio di una febbre si rassegnò a non dormire. Sedendosi con cautela si guardò di nuovo attorno nella spoglia cella. Non era certo di che ora fosse, ma sembrava che Ty’rick fosse in ritardo per la sua visita.

“Comincio a non sentirmi amato.”

Neanche fosse fatto apposto Kirk sentì dei passi risuonare contro il pavimento di pietra e metallo. Determinato a non mostrare nessuna debolezza si costrinse ad alzarsi in piedi. Incrociò le braccia sul petto nudo e attese. Fu leggermente sorpreso quando a presentarsi alle sbarre non fu Ty’rick. Il Romulano aprì la porta e fece segno a Kirk di seguirlo.

“Andiamo, vieni mosso in un luogo più sorvegliato.”

“Ty’rick ha troppo da fare oggi da non riuscire a trovarmi un posticino nella sua agenda?” Scherzò Kirk.

“In effetti è proprio così.”

Kirk non sapeva perché, ma il tono del Romulano e il sorrisetto lupesco che l’accompagnarono gli gelò il sangue. Quando Kirk non diede segno di voler lasciare la cella il Romulano entrò e fece per prenderlo per il braccio. Kirk attese fino all’ultimo momento prima di opporre resistenza. Normalmente Ty’rick portava con sé due guardie per un totale di tre a uno, questo Romulano era stato abbastanza superbo da presentarsi da solo.

Dato che erano alla pari Kirk sentì che questa sarebbe stata la sua migliore possibilità. Scattando sbatté il palmo della sua mano contro il naso del Romulano. Vi fu un soddisfacente schiocco accompagnato da uno zampillio di sangue verde. Il Romulano alzò istantaneamente le mani per proteggersi il naso rotto, esponendo lo stomaco. Kirk sollevò il ginocchio colpendolo proprio alla parte esposta facendolo crollare sulle ginocchia. Un altro possente colpo portato alla base del cranio del Romulano lo mise fuori combattimento.

Kirk frugò il Romulano incosciente in cerca di armi trovando una daga e la versione Romulana di un phaser. Infilando il coltello nella cintura dei suoi jeans Kirk lanciò cautamente un’occhiata al corridoio con il phaser in mano. Non c’era nessuno così uscì dalla cella, chiudendola dietro di sé per intrappolare la guardia.

Non aveva modo di sapere dove si trovava o quale sarebbe stata la strada migliore da prendere. Essere su un pianeta ostile lontano dallo spazio della Federazione prospettava di essere un problema anche se fosse riuscito ad uscire dall’edificio. Non sarebbe riuscito a chiedere aiuto per lasciare quel maledetto pianeta senza rischiare di essere riconsegnato nelle mani di Ty’rick.

“Un problema alla volta, esci di qui, esci dalla città, e poi preoccupati.”

Sentendosi meglio ora che aveva qualcosa che assomigliava ad un piano Kirk continuò a camminare per gli intricati corridoi della fortezza Romulana. Diverse volte incappò in altri Romulani, ma la strana architetture offriva abbondanza di ombre e luoghi in cui nascondersi finché il pericolo non era passato. Alla fine trovò una finestra e scoprì di essere più o meno a dieci piani dal suolo.

“Dove sono un paio di stivali ad anti-gravità quando ne hai bisogno?”

Anche se ne aveva ancora di strada da fare per uscire almeno la finestra gli aveva fatto capire dove si trovava. Guardando direttamente sotto di lui Kirk notò un piccolo balcone in cui poteva starci una persona sola. Aveva ogni intenzione di scendere senza solcare strade che comprendevano scale o ascensori dato che erano le vie più frequentate.

Scendendo per la finestra senza vetri Kirk utilizzò gli appigli del muro per calarsi fino al balcone. Guardò oltre il bordo per vedere se poteva semplicemente calarsi per il resto dell’edificio, tuttavia, non c’era modo di scendere senza l’equipaggiamento adatto. Osservando la stanza alla quale era arrivato fu sollevato di trovarla vuota. Cercando delle scale o un ascensore Kirk continuò a gironzolare per i corridoi scarsamente illuminati.

Oltrepassò una porta serrata e congelò quando sentì un suono che gli fece accapponare la pelle. Anche se sapeva di doversi muovere appoggiò l’orecchio contro la porta. Al di là di questa proveniva il respiro affaticato di qualcuno che chiaramente stava soffrendo, ma faceva del suo meglio per nasconderlo. Il leggere gemito che riuscì ad oltrepassare la porta fece contorcere lo stomaco di Kirk in solidarietà. Chiunque fosse sembrava che fosse in agonia da troppo tempo per avere ancora forza per gridare.

“Ci sono stato.” Sospirò Kirk.

Guardò lungo il corridoio vuoto e vide qualcosa che assomigliava ad un entrata per delle scale. Fece un passo per allontanarsi dalla porta ma si scoprì inchiodato al suolo un’altra volta quando sentì la vittima dall’altra parte della porta che inspirava tremante per poi rilasciare un gentile gemito. Kirk desiderò che stesse semplicemente urlando, sentiva che in un qualche modo se quello fosse stato il caso si sarebbe sentito meno dispiaciuto per lui. I leggeri gemiti che assomigliavano ai miagolii di un gattino abbandonato erano patetici e dilanianti. Lanciò un’altra occhiata alle scale, pensando che ogni momento che rimaneva lì immobile era una chance in più di venire catturato.

“Muoviti, James. Avanti, andiamo, lascia perdere.” Kirk provò a convincersi ad andarsene. “Non hai tempo per i problemi altrui.”

Quando il prigioniero dall’altra parte della porta cominciò a piangere silenziosamente Kirk chiuse gli occhi e imprecò sottovoce. Incapace di lasciare qualcuno, anche se Romulano, a soffrire una lenta e dolorosa tortura premette il pulsante per far aprire la porta. La stanza non era chiusa a chiave. Phaser in mano Kirk perlustrò con gli occhi la stanza priva di mobilio in cerca di qualcun altro oltre la vittima.

Vedendo che non c’era nessun altro Kirk entrò. Al centro della stanza vi era un giovane Romulano nudo fino alla vita, in ginocchio, con la testa china in avanti. Le braccia erano aperte ai lati e assicurate ad una sbarra appoggiata sulle sue spalle grazie a delle luccicanti manette a campo di forza che gli circondavano i polsi così come i gomiti e le spalle. La quantità di peso che il Romulano stava immettendo nelle braccia gli fece capire che la sbarra stessa che aveva sulle spalle era tenuta ferma sopra il suolo da un campo di forza.

“Torturano anche quelli della loro razza…è malsano.” Disse Kirk disgustato.

Sudore gocciolava lungo la pelle leggermente verde del Romulano dai suoi capelli sparati in ogni direzione. Il suo petto si sollevava ad ogni respiro mentre lottava non solo contro il dolore, ma anche contro la fisica di avere le braccia aperte ai lati che gli rendevano più faticoso inspirare. Con la testa abbassata per la sconfitta Kirk poteva a malapena vedere le sopracciglia arcuate e i tatuaggi che correvano lungo le sue tempie e gli arrivavano fino alla fronte.

Il Romulano aveva già smesso di piangere ed era ritornato ai suoi respiri difficoltosi. Kirk pensò di poterlo sentire mormorare tranquillamente a sé stesso, e pensò che magari si trattava di qualche trucco meditativo Romulano per sopportare il dolore. Si stava piantando le unghie nei suoi stessi palmi con abbastanza forza da far colare sangue verde dai suoi pugni serrati.

“Va bene, Amico, se ti porto fuori di qui…devi promettermi che non cercherai di uccidermi. Capito?”

Kirk non ottenne risposta, infatti il Romulano sembrava non essersi accorto della sua presenza. Tremando per l’agonia il Romulano cominciò a vomitare senza ottenere nulla. Fece cadere sangue verde lungo il suo muscoloso petto mentre riprendeva controllo del suo stomaco. Kirk appoggiò il phaser a terra e si mise dietro il prigioniero per cercare di capire come spegnere le manette a campo di forza.

Aveva sperato che dato che la vittima non poteva raggiungere il retro della sbarra ci sarebbe stato un semplice bottone per spegnerla proprio lì. Sfortunatamente vi era una tastiera sulla quale bisognava inserire un codice situata fra il punto in cui si trovavano le scapole dell’uomo. Kirk provò a digitare qualche codice sulla tastiera, ma ogni volta questa non faceva altro che illuminarsi dal blu al rosso per un momento. Riprendendo in mano il phaser lo mise su stordimento e cercò di mandare in corto circuito tutto quanto.

L’energia sparata dal phaser o si trasmise alla sbarra o agitò chissà quale altro meccanismo causando dolore al Romulano. Non appena Kirk ebbe sparato lui ruggì in un miscuglio di dolore e rabbia, e lottò per alzarsi. Dimenandosi a destra e a manca combatté inutilmente contro ciò che lo incatenava al suolo fino a che sangue non cominciò a colare do ogni punto di contatto. Dopo un minuto di lotta ininterrotta si calmò di nuovo e ritornò alla passiva accettazione del suo destino.

Sempre in piedi dietro al prigioniero Kirk spese ancora qualche minuto a cercare di trovare un modo per liberarlo. Cercò di usare il coltello per rimuovere la tastiera e urlò per il dolore quando una scarica elettrica gli attraversò il braccio. Alla fine Kirk arrivò alla conclusione che non sarebbe riuscito a spegnere quella sbarra, ed ogni minuto che trascorreva lì non faceva che metterlo sempre più in pericolo. Kirk non era sicuro del perché lo fece, ma si allungò e passò gentilmente un dito lungo il bordo dell’orecchio del Romulano.

“Mi dispiace.” Disse Kirk tristemente. “Non posso aiutarti.”

Kirk fece per lasciare lì il Romulano dirigendosi alla porta. Proprio quando stava per aprirla un sospiro d’angoscia a malapena udibile fuoriuscì dai denti del Romulano. Kirk si odiò per come il suo cuore mancò un battito per la sofferenza di un dannato Romulano. Sapeva che se la situazione fosse stata al contrario quel Romulano avrebbe riso di lui. Anche se se lo ripeteva non riusciva ad andarsene. Si voltò e si avvicinò al Romulano.

“L’unica libertà che posso offrirti è la morte.” disse Kirk freddamente. “Maledetto Romulano, dovrei lasciarti qui a soffrire come un cane abbandonato. Tuttavia, ho un phaser: vuoi che ti uccida? Sarebbe una morte veloce.”

Kirk non ricevette risposta. Sospirando pesantemente Kirk fece scivolare una mano sotto il mento del Romulano e gli sollevò il viso così da poterlo guardare. Non offrì nessuna resistenza a Kirk e fece cadere indietro la testa completamente esausto. I suoi occhi erano bianchi, roteati all’indietro in una qualche trance. Kirk fissò incredulo i distinti tratti dell’uomo, inorridito da ciò che vide. Lacrime cominciarono a rigargli il volto mentre cercava di trovare un modo per negare ciò che aveva davanti a lui.

“Sp…Spock?”

 

Ed ecco che fine ha fatto Spock, finalmente lui e Kirk si sono reincontrati...

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


Capitolo 26

“Maledizione, Pike, non volevo che si arrivasse a tanto.”

Sputò Cooly nel suo salotto. Continuò a camminare avanti e indietro tra i pregiati mobili per un po’. Stava aspettando un’importante chiamata che sperava non sarebbe mai arrivata. Alla fine il pannello delle comunicazioni suonò gentilmente a dispetto dei suoi desideri.

“Merda.”

Prendendo un profondo respiro Cooly si avvicinò al pannello. Si aggiustò il colletto dell’alta uniforme che si era messo giusto per ricordare al suo interlocutore con chi stava trattando. Cooly lasciò che colui che lo stava chiamando aspettasse ancora un po’ prima di accendere lo schermo prendendo la chiamata. Langin con i suoi biondi capelli tirati indietro lo fissava.

“Vestito bene vedo, Ammiraglio. Va da qualche parte?”

“A dire il vero è così.” Mentì Cooly.

“Riunione del Consiglio?”

“Non sono affari tuoi.”

“No. Tuttavia, essere arrestato per il rapimento e la pubblica tortura di qualche ratto Vulcaniano sì che lo è.”

“Me ne occuperò.” Ringhiò Cooly.

“Ha avuto l’occasione di ‘occuparsene’ tre anni fa.” Sputò Langin.

“Controllare che Wilson avesse ucciso il ragazzo non era compito mio.”

“No, non lo era. Tuttavia, quando ha chiesto informazioni su di lui ho presupposto che lo facesse per proteggere i nostri interessi.”

“Wilson era il tuo cane,” sogghignò Cooly “non è colpa mia se non sei riuscito a controllarlo.”

“Dov’è il Vulcaniano?”

“Te l’ho detto, me ne occuperò.”

“Perché vuole così disperatamente tenerlo lontano dalle mie mani?” Chiese Langin sospettoso. “Non è da lei offrirsi di sporcarsi le mani.”

“Non dovremmo neppure stare parlando, è pericoloso…”

“Per lei.” Sorrise Langin. “Mi dica dov’è il Vulcaniano o renderò pubblico che il mio gruppo ha privatamente finanziato la sua campagna per entrare nel Consiglio.”

“Saresti nei guai quanto me.”

“Non era un’azione illegale da parte mia offrirle i soldi, è stato illegale da parte sua prenderli e usarli per quello per cui li ha usati.”

“Langin…”

“Voglio quel Vulcaniano!” Ruggì Langin. “Non marcirò in prigione per colpa di un miserabile cucciolo alieno!”

“Perché l’hai fatto poi?” Sibilò Cooly. “A che stavi pensando quando hai comprato i servigi di Wilson?”

“C’erano persone importanti fra il pubblico quella sera, persone con soldi. Dovevo provare loro che non ero soltanto bravo a parlare. Avrei dovuto tagliargli la gola quella sera e spargere tutto quel suo schifoso sangue verde per il palco.”

“Perché non l’hai fatto?”

“Perché gli uomini che stavo cercando di impressionare erano proprio come lei, gli piaceva l’idea di una galassia pulita, ma non volevano guardare i cani morire in prima persona. Volevano solo che il problema sparisse. Troppo sangue di qualsiasi colore li fa stare male.”

“Tu invece no?”

“Niente affatto. Intendo aprire io stesso la pancia di quel Vulcaniano. Mi dica dov’è prima che mi venga voglia di sangue rosso e venga a cercarla. Sta a lei. Quale colore dovrebbe avere la mia bevanda? Verde? O rosso?”

Cooly esitò a rispondere. Tirò indietro le spalle e prese fiato per minacciare Langin, ma esitò di nuovo. Langin era pericoloso e quando parlava di interessarsi al sangue rosso sapeva che si trattava di una mossa politica e non di una aggressione fisica. Cooly non poteva sopportare di perdere tutto ciò per il quale aveva combattuto fino a quel momento.

“Ce l’ha l’Ex Ammiraglio Pike.” Sospirò Cooly. “A casa sua.”

“Pike, avrei dovuto saperlo. La personale puttana di Vulcano nella Flotta Stellare.”

“Langin…uccidi il ragazzo, ma lascia stare Pike.”

“Che le importa?”

“Pike era un Ammiraglio della Flotta Stellare, merita un po’ di rispetto.”

“Nessuna promessa.”

“Lang…”

Cooly non riuscì a terminare perché Langin ormai aveva chiuso la comunicazione. Cooly si strinse la base del naso fra le dita per tentare di contrastare l’emicrania che di sicuro gli sarebbe venuta. Chiuse gli occhi e scosse tristemente la testa. Aprendo gli occhi prese fiato per chiedere al computer di collegarsi con Pike per avvisarlo che Langin stava arrivando.

“No.” Sussurrò Cooly a sé stesso. “Pike sapeva a cosa stava andando incontro quando ha deciso di accogliere quel ragazzaccio in casa sua. Che paghi per i suoi errori.”

Voltò le spalle al pannello per le comunicazioni e si diresse al suo piccolo bar. Prese il suo bicchiere preferito e mandò giù in una volta sola due dita di bourbon versandosene subito dell’altro. Camminando fino al divano di pelle si lasciò cadere su di esso di peso. Appoggiò il bicchiere mezzo vuoto di bourbon sul tavolino lì vicino e sospirò. Sentendosi accaldato si sbottonò il colletto dell’uniforme.

Era già buio quando era tornato dalla visita a casa di Pike e non si era preoccupato di accendere troppe luci in casa così quando gli sembrò di vedere un’ombra che si muoveva non ci fece troppo caso. Solo quando sentì una bassa risatina sobbalzò.

“Chi c’è?” Domandò Cooly.

“Un’amica.” Disse una sensuale voce femminile.

“Celine?”

Cooly ansimò violentemente quando il suo ospite inatteso uscì dall’ombra. Il vestito nero che indossava avvolgeva le sue curve in modo possessivo, quasi come un ragazzo geloso. Cooly non aveva mai incontrato il suo partner in crimine, avevano parlato solo attraverso comunicazioni audio. Aveva sempre immaginato che fosse stupenda. Quello che non si era aspettato erano i suoi lineamenti alieni, le sopracciglia arcuate e le orecchie delicatamente appuntite che si combinavano con la sua pelle dalla tinta leggermente verde.

“Celine…sei tu?”

“In realtà il mio vero nome è Cel’esta.”

“Sei…sei Vulcaniana?” Balbettò Cooly scioccato.

“Prova di nuovo.”

“No, non puoi essere Romulana.”

“Oh, ma lo sono.” Sorrise Cel’esta. “Al cento per cento Romulana e fiera di esserlo.”

“Ma tu sei quella che mi sta aiutando a cominciare questa guerra con Romulus!”

“Qualcosa che non sei riuscito a fare.” Sibilò Cel’esta. “Ho fatto tutto tranne che attaccare l’Impero io stessa!”

“Il Consiglio sta cominciando ad essere d’accordo sul fatto che i Romulani sono una minaccia. Abbiamo anche informazioni sul fatto che la flotta Romulana si sta ammassando ai confini della Zona Neutrale, immagino che quella vecchia Nave Stellare fuori commissione si sia schiantata su Remus come richiesto. Tuttavia, sembra che non sia servito a nulla nemmeno quel gesto. Entrambe le parti sono ad un passo dall’agire.”

“Allora dov’è il problema?”

“Il Consiglio Vulcaniano ha votato di rimanere neutrale in qualsiasi ostilità contro i loro ‘cugini’.”

“Sarà difficile per loro rimanere neutrali quando i Romulani inizieranno a prenderli uno ad uno, saranno colpiti loro prima degli umani.”

“Sono appena stato su Natala, quella maledetta polveriera, e gliel’ho detto. Si rifiutano di combattere.”

“Allora moriranno.”

“Non è così semplice, sai che la Federazione non fa niente senza l’approvazione di Vulcano.”

“È una delle ragioni per la quale è necessario che si estinguano.” Disse Cel’esta quasi facendo le fusa.

“Concordo. Tuttavia, non posso fare nient’altro. La guerra inizierà o no. Io sono fuori.”

“Fuori?”

“Sta diventando tutto troppo complesso, e più le cose si fanno complesse più è probabile che vengano commessi degli errori…errori che potrebbero condannarmi.”

“Molli finché sei in tempo, eh?” Cel’esta sollevò un sopracciglio.

“Esattamente.”

Cel’esta, una volta Imperatrice dell’Impero Stellare Romulano, studiò l’Ammiraglio Cooly per un momento. Lui si tese quando lei si avvicinò. Si sedette accanto a lui e gli appoggiò una mano sulla coscia. Il respiro di Cooly sibilò fra i suoi denti mentre lei faceva scorrere la mano lungo la sua coscia avvicinando le labbra al suo orecchio. Era paralizzato dalla sua vicinanza e dal suo profumo intossicante. Cooly poteva sentire il suo cuore battere fuori controllo.

“La tua improvvisa paura ha qualcosa a che fare con il piccolo Vulcaniano orfano?” Sussurrò dolcemente Cel’esta. “Forse è il fatto che hai ricattato Wilson nel darti metà dei suoi profitti? Quanto di questa casa è stato pagato con soldi verde sangue?”

“C…come fai a saperlo?”

“Ho investito molto su di te, Ammiraglio. Pensavi che non ti avrei controllato?”

“Non ha importanza.” Cooly allontanò Cel’esta. “Wilson è già morto, il Vulcaniano sarà il prossimo.”

“Anche da morto il Vulcaniano può farti crollare.” Pressò Cel’esta.

“No, una volta che sarà morto e Langin soddisfatto nessuno riuscirà a trovare una sola goccia di sangue Vulcaniano sulle mie mani, tutto è stato lavato via.”

“Non una sola goccia? Neanche di Spock?”

Cooly sgranò gli occhi scioccato. Aveva già sentito che la sua pelle si stava ricoprendo di sudori freddi, ma ora poteva sentirli colare già per il collo. Cel’esta ridacchiò e gli mise una mano sulla guancia affettuosamente. Lo fissò negli occhi, ipnotizzando la sua preda.

“Oh, sì, so che hai cercato di uccidere Spock alle mie spalle. Inaccettabile, Ammiraglio.”

“È pericoloso.”

“Come me.” sbottò Cel’esta. “Spock è mio, come Kirk.”

“Kirk è morto.”

“Lo vorrebbe.” Ridacchiò Cel’esta. “Un uccellino mi ha detto che il tuo uomo ha fatto un lavoro a metà spedendolo ai Romulani. Lo tortureranno per anni, avrò la mia occasione con lui. Questa guerra sistemerà tutti…”

“Ma perché poi vuoi uccidere la tua stessa gente?”

“Sono affari miei. Adesso, la nostra prossima mossa…”

“No.” Cooly scosse la testa. “Non c’è nessuna prossima mossa. Esci dalla mia casa.”

“Ammiraglio…”

“Il nostro lavoro insieme è terminato, Celine, Cel’esta o come diavolo vuoi essere chiamata. Vattene.”

“Sta commettendo un errore, Ammiraglio.”

“Non puoi farmi niente.” Disse Cooly con più sicurezza di quanta ne sentiva. “Esporre me vorrebbe dire esporre anche te.”

“Hai approssimativamente due minuti per cambiare idea.”

“Due minuti, due anni o duemila. Ho chiuso, la guerra inizierà oppure no. Io non farò più niente.”

“Lo rispetto. Ti propongo un accordo. Dimmi dove sono il ‘Capitano’ Spock e l’Enterprise in questo momento e io me ne andrò per mai più ritornare.”

“Hai intenzione di ucciderlo?”

“Di certo non sono interessata a sposare quel mezzo sangue traditore.”

“L’Enterprise in questo momento è in orbita attorno all’avamposto dieci lungo il confine della Zona Neutrale Romulana.”

“Grazie, Ammiraglio.”

“Per favore, vattene.”

Cel’esta annuì e si alzò in piedi. Cooly si sentiva in un qualche modo intontito dal suo incontro con lei. Qualcosa, quando l’aveva incontrata la prima volta con le sue risorse per iniziare una guerra fra la Federazione e Romulus, gli aveva detto che tutto era troppo bello per essere vero. Una volta in piedi Cel’esta tirò fuori una piccola fialetta che aveva tenuto nascosta nella sua ampia scollatura. Togliendo il tappo ne versò il contenuto in ciò che era rimasto del bicchiere di bourbon di Cooly. Il liquore ambrato assunse una nauseante tinta verde. Cel’esta si voltò e sorrise all’Ammiraglio.

“Cos’è?”

“Un dono da parte di un mio amico.” Replicò Cel’esta. “Sangue Vulcaniano, non di un Vulcaniano qualunque. Credo che il suo nome sia Salen.”

“Non lo berrò.”

“Non devi. Il danno è già stato fatto.”

“Danno?”

“Non avevo mai pensato a te come un candidato per suicidio, ma immagino che quando hai scoperto che il piccolo Salen era stato salvato non hai potuto sopportare il pensiero di essere gettato in pasto ai media. Certo, quando non sei riuscito a strappare il ragazzo a Pike hai capito che era solo una questione di tempo prima che lui riuscisse a riprendersi dal trauma per poi cominciare ad esporre al pericolo tutti gli uomini che lo avevano ferito.”

“Di che stai parlando? Non ho mai toccato quella roba! Non ha mai visto il mio volto!”

“Il suicidio è molto meglio che essere etichettato come dipendente da sangue Vulcaniano perdendo tutto ciò per cui hai lavorato in un modo veramente pubblico. Non sei d’accordo?” Cel’esta continuò. “Ti sei anche vestito bene per l’occasione, molto onorevole, Ammiraglio.”

“Pensi di potermi uccidere?” Scattò furiosamente l’Ammiraglio.

“L’ho già fatto.”

“Cosa?”

“Sei un uomo prevedibile, Ammiraglio.” Cel’esta scosse le spalle. “Bevi il tuo bourbon sempre dallo stesso bicchiere.”

Cooly fissò il bicchiere con il quale aveva già bevuto un bourbon e mezzo. Improvvisamente capì che tutti i sintomi che aveva riscontrato la sera non avevano nulla a che fare con l’ansia. Il cuore gli rimbombò contro il petto mentre si sentiva le mani diventare fredde. Cel’esta lo guardò senza pietà.

“No, aspetta, dammi l’antidoto. Farò tutto ciò che vuoi.”

“Ho messo l’antidoto insieme al sangue…”

Cooly afferrò il bicchiere di bourbon macchiato di sangue e lo bevve avidamente. Mentre gli scorreva giù per la gola dovette fare il possibile per impedirsi di vomitarlo. Il sapore di rame era nauseante e il suo stomaco aveva già preso a contorcersi per il veleno. Lasciò cadere il bicchiere che si frantumò con fragore a terra mentre le sue mani cominciavano a tremare.

“Tuttavia, ormai è troppo tardi, Ammiraglio. Il veleno è penetrato troppo profondamente a questo punto, e ora il medico legale nel suo rapporto dichiarerà che nel tuo stomaco c’erano tracce di sangue Vulcaniano.”

“No…”

“Scusa. Fra pochi secondi il dolore si farà insopportabile.” Lo informò freddamente Cel’esta. “Goditi i tuoi ultimi dolorosi respiri.”

Cooly cercò di mettersi in piedi me i muscoli delle sue gambe si erano trasformati in gelatina e non riuscivano a supportarlo. Prese fiato per sputare un insulto a Cel’esta ma gettò la testa indietro urlando in agonia mentre il veleno gli invadeva il sistema nervoso. Cel’esta lo guardò con un sorriso sul suo bellissimo volto.

L’Ammiraglio cominciò a contorcersi violentemente sul pavimento. Quando smise rimase ad annaspare rumorosamente. Quando chiuse gli occhi una schiuma rosa spruzzata di verde gli colò dalle labbra. Aveva artigliato la pelle del divano così forte da lasciarci dei segni durante i suoi spasmi di dolore, ma ora il suo corpo era completamente rilassato. Cel’esta scosse la testa con finto rammarico fissando l’uomo morto ai suoi piedi.

“Morte piuttosto che disonore, Ammiraglio…non che io viva secondo quel motto.”

 

 

A quanto pare Cel'esta non era proprio morta, a differenza di Cooly...

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


Capitolo 27

“Salen?” Chiamò dolcemente Pike. “Salen, è tutto a posto ora, puoi venire fuori.”

Pike attese per un minuto. In giro non c’era nessun segno di Salen, era effettivamente sparito. Pike non era troppo preoccupato. Il giovane Vulcaniano tendeva a nascondersi ogni volta che sperimentava un’emozione che non riusciva a controllare, non volendo avere testimoni della sua supposta debolezza. Presumette che Salen fosse ancora spaventato e che non volesse mostrarsi finché non si fosse calmato.

“Va tutto bene, Salen. Prenditi tutto il tempo che ti serve.”

“Grazie, Signore.” Venne la debole risposta da sotto il divano.

Pike sollevò le sopracciglia stupito. Non pensava che Salen potesse infilarsi sotto il divano, ma apparentemente ci riusciva. Ora che Pike sapeva dove si trovava notò il leggero suono di Salen che cercava di impedirsi di vomitare. Desiderò poter fare qualcosa per alleviare la sua ansia. Era così potente che avrebbe finito per farlo vomitare davvero, almeno vomitare a vuoto se non aveva mangiato niente di recente. Salen fallì nel controllare la sua paura e cominciò ad avere dei conati.

“Salen, cosa ne dici di venir fuori da lì sotto? Potrebbe aiutarti.”

“S…sì, Signore.”

“Non è un ordine, solo un suggerimento.”

“Lo so.”

Pike mantenne le distanze mentre Salen strisciava fuori da sotto il suo mobile. Si inginocchiò a terra con le mani in grembo tremante come una foglia scossa dal vento. Improvvisamente Pike ebbe un pensiero che gli fece gelare il sangue nelle vene.

“Salen, avevi mai incontrato prima l’Ammiraglio Cooly?”

“Non ne sono certo. La sua voce mi ricorda di quando ho ottenuto le cicatrici sul viso.”

“Cosa è successo?”

“Sono stato bendato e trascinato al piano superiore per essere mostrato a qualcuno. È stato quando sono finito per la prima volta nel seminterrato della casa di Wilson. Non mi ricordo molto bene. L’uomo aveva ringhiato qualcosa sul fatto che i Vulcaniani sono tutti uguali e in risposta Wilson mi ha ferito al viso.”

“Per identificarti.” Annuì tristemente Salen. “Quell’uomo aveva la voce di Cooly? Pensi che fosse lui?”

“Io…io non mi ricordo davvero.” Replicò Salen esitante. “Mi sono spaventato quando ho sentito la sua voce. Non mi piace il modo in cui mi chiama ‘Vulcaniano’. Anche se sono Vulcaniano non mi piace come lo usa per descrivermi…non so perché, non sembra logico.”

“È perfettamente logico perché lui lo dice come un insulto.”

“Suonava ostile nei miei confronti.”

“Non gli permetterò di farti del male.” Gli assicurò Pike. “Lo prometto.”

Salen alzò gli occhi e donò a Pike un breve e raro momento in cui lo fissava direttamente. Pike sorrise per cercare di incoraggiare il suo ospite comprensibilmente timido. Quel gesto sembrò avere l’effetto opposto e Salen abbassò immediatamente lo sguardo a terra. Pike sospirò e si spinse un po’ più vicino. Salen non si tese al suo avvicinarsi, ma Pike notò come i suoi occhi saettarono ai lati in cerca di una via di fuga.

“Salen, hai sentito la mia conversazione con Cooly?”

“Sì, Signore.”

“Forse dovremmo parlarne.”

“Mi…” Salen alzò di nuovo gli occhi “mi avete adottato davvero?”

“Sì.” Annuì Pike.

“Perché?”

“Se non ti avessi reso legalmente mio figlio sapevo che non sarei stato in grado di proteggerti da Cooly o qualcun altro come lui a lungo. Non te l’ho detto perché volevo che ti sentissi libero di andartene quando vuoi, in più non volevo che ti sentissi di nuovo come se fossi stato venduto e comprato.”

“Non mi sento come una proprietà.” Disse Salen. “Il fatto che lei mi abbia adottato è…logico.”

“Non hai nessun obbligo nei miei confronti, Salen. Non sto cercando di rimpiazzare la tua famiglia, puoi restare o andartene a tua scelta.”

“Suppongo di dover ritornare su Natala.”

“Non preoccupartene per il momento. E poi, magari un giorno vorrai ritornarci.”

“Non è quello che voglio.” Sussurrò Salen.

“Cosa vuoi?”

“Io…” Salen si fermò e si guardò di nuovo attorno.

“Salen?”

“Desidero rimanere con lei.”

“Puoi chiamare questo posto ‘casa’ per il resto della tua vita se è quello che vuoi.”

Salen aveva calmato il suo tremito, ma tenne gli occhi incollati al suolo. Dopo un momento di silenzio appoggiò i palmi delle mani a terra e spostò il suo peso su di essi. Pike guardò come Salen si alzò in piedi esitante. Il Vulcaniano percorse la distanza fra loro e si inginocchiò di nuovo.

Pike stava per ricordare nuovamente a Salen che non aveva bisogno di inginocchiarsi davanti a lui. Tuttavia si fermò quando inaspettatamente Salen si allungò e gli prese la mano. La strinse leggermente, l’equivalente di un caloroso abbraccio per un Vulcaniano. Pike sorrise e per sua sorpresa Salen gli sorrise timidamente di rimando lasciando andare la sua mano.

“Lui la ha sempre rispettata.” Disse improvvisamente Salen.

“Come?”

“Spock. Uno dei suoi primi pensieri che mi ha toccato è stato quello in cui sentivo che se qualcuno avesse potuto salvarmi sarebbe stato lei.” Salen sembrò scivolare nel ricordo. “In quanto Vulcaniano non è mai stato in grado di dirle quanto lei significhi per lui. Se non riusciva a dire ai suoi stessi genitori quanto li amava, come poteva esprimere la gratitudine che provava nei suoi confronti?”

“Volevo solo che avesse successo.” Replicò Pike modestamente.

“E c’è riuscito.”

“Ci riuscirai anche tu.”

Salen chinò leggermente il capo nella sua direzione. Riportando indietro le spalle Salen si mise in piedi e ritornò al divano per continuare a leggere. Pike era compiaciuto che lo avesse fatto senza prima chiedergli il permesso. Era un buon progresso, anche se Pike era un po’ preoccupato di non riuscire ad essere all’altezza delle alte aspettative che Spock aveva piazzato nella mente di Salen.

Mentre Salen leggeva seduto in divano Pike si fece strada verso la cucina per preparare la cena. Cucinare era qualcosa che adorava fare sin dai giorni all’Accademia, tuttavia una volta entrato nella Flotta Stellare si era abituato al cibo dei replicatori. Ora che era di nuovo sulla Terra poteva godersi di nuovo i suoi momenti in cucina. Non conosceva nessun piatto Vulcaniano, ma fino a quel momento Salen non si era mai lamentato.

Non serviva mai chiamarlo per venire a tavola. Il suo fine olfatto gli permetteva di sapere quando mancava poco perché fosse pronto da mangiare. Pike stava per prendere i piatti quando Salen entrò in cucina a prese tutto ciò di cui c’era bisogno per preparare la tavola. Era incoraggiante vedere Salen agire di nuovo senza chiedere il permesso.

Dopo aver preparato il tavolo Salen vi portò la cena che Pike aveva preparato. Come sempre attese che Pike fosse al suo posto prima di sedersi, ma Pike era piuttosto certo che stesse semplicemente essendo educato piuttosto che sottomesso. L’Ammiraglio era preoccupato che se mai qualcuno avesse attaccato Salen lui si sarebbe semplicemente sottomesso invece di difendersi. Sedendosi il ragazzo chiuse gli occhi e inspirò profondamente attraverso il naso.

“È magnifico.” Respirò Salen.

“Non lo hai ancora provato.” Puntualizzò Pike.

“Lo so, è solo che mi piace essere di nuovo vegetariano.”

“Non avevo pensato che ti avessero dato da mangiare della carne, ma so che ci sono ancora molti uomini che la mangiano sulla Terra. Non sono sorpreso che quegli animali fossero fra loro.”

“Ho cercato di farmi morire di fame durante la prigionia, ma la punizione quando non mangiavo era…severa.”

“Beh se non ti piace quello che cucino, non sei obbligato a mangiarlo. Troveremo qualcos’altro.”

“I miei standard a riguardo sono diventati eccessivamente bassi.” Replicò onestamente Salen.

“È un bene.” Ridacchiò Pike.

Salen corrugò le sopracciglia proprio come faceva Spock quando cercava di capire per quale motivo stavano ridendo gli umani. Pike scosse semplicemente la testa e cominciò a mangiare. Salen cedette nel suo tentativo di capire e si unì a lui. Se qualcosa non gli piaceva non lo faceva capire. In quanto giovane Vulcaniano sulla via del ristabilirsi da anni passati praticamente sul punto di morire di fame aveva bisogno di molte calorie. Pile era stupito da quanto mangiava e gli vennero alla mente i suoi anni da adolescente quando sua madre diceva che a furia di mangiare avrebbe divorato anche tutta la loro casa.

Quando i due ebbero finito Salen prese nuovamente l’iniziativa e sparecchiò mettendo via tutto. Dopo di che sembrò indeciso su cosa fare. Il sole era ormai calato e lui camminò avanti e indietro davanti alle porte finestre della veranda. Pike aveva già visto quel comportamento le precedenti tre notti che Salen aveva trascorso a casa sua. L’oscurità della notte faceva fuoriuscire in pieno il suo malessere. Quando Salen cominciò a grattarsi le ferite aperte che aveva sul braccio Pike decise di intervenire.

“Salen?”

“Sì, Signore?”

“Forse questo è il momento adatto per utilizzare la lampada Vulcaniana da meditazione che ti ha dato l’Ambasciatore.”

“Sì.” Annuì Salen. “L’avevo dimenticata.”

Si scusò e andò nella sua stanza. Entrando nella stanza degli ospiti  che gli era stata data Salen si sentì meno ansioso. La stanza era circa il doppio della cella in cui aveva vissuto e il fatto che la porta non si chiudesse alle sue spalle era confortante. Eppure, la paura apparentemente senza fonte continuava a rodergli lo stomaco causando una sensazione di freddo sulla pelle. Lo frustrava il non riuscire a controllare quell’emozione.

“Sei al sicuro qui, Salen.” Sibilò a sé stesso. “Non c’è nessun motivo logico per continuare ad avere paura.”

Per quante volte se lo ripetesse continuava a sentirsi nauseato. La notte era sempre peggio. L’oscurità gli si chiudeva attorno ricordandogli il buio seminterrato. Alla disperata ricerca di una via di fuga Salen prese la lampada.

Inginocchiandosi a terra si sedette sui suoi talloni e studiò di nuovo la lampada. Su di essa vi era un piccolo interruttore che lui premette. Una scintillante fiamma gialla prese vita e danzò in cima ad un piccolo beccuccio nella lampada. Appoggiò l’oggetto sul pavimento e appoggiò i palmi delle mani sulle ginocchia.

All’inizio quando fissò la fiamma riuscì a pensare solamente a quella volta in cui aveva provato a scappare. Aveva fatto credere a Wilson di stare dormendo e quando aveva aperto la cella era scattato verso le scale. Sfortunatamente Wilson aveva chiuso a chiave la porta in cima alle scale per precauzione. Per punirlo Wilson gli aveva bruciato le piante dei piedi con un accendino. Il dolore bruciante ai piedi era stato molto peggio di qualunque taglio e c’erano volute settimane prima che potesse rimettersi in piedi.

Determinato a bandire quella crudele punizione dalla sua mente Salen si concentrò sulla bellezza della fiamma danzante. Rifacendo ciò che gli aveva insegnato Spock durante la fusione mentale Salen riuscì lentamente a rilasciare la tensione nei suoi muscoli. Alla fine l’unico pensiero nella sua mente era la fiamma tremolante.

Era così preso nella meditazione da non rendersi conto di quanto tempo stava passando. Le luci della stanza si fecero più scure automaticamente con l’innoltrarsi della sera. Avendo finalmente trovato la pace Salen non voleva distogliere lo sguardo. Diverse ore dopo la mezzanotte Salen era ancora immobile sul pavimento a guardare la fiamma.

A causa del suo udito danneggiato e della profonda meditazione mancò di notare l’aprirsi della porta di camera sua. Gli si rizzarono i peli sul retro del collo pochi secondi prima che una mano si serrasse sulla sua bocca. Salen prese fiato per gridare mentre veniva sollevato dal pavimento e premuto contro il petto del suo assalitore. Il suo urlo di puro panico venne soffocato dalla mano che gli serrava la bocca.

“Salen!” Gridò Pike dalla stanza accanto. “Salen, scappa!”

Il cuore di Salen batté con talmente tanta violenza contro le sue costole che per un attimo temette fosse sul punto di fermarsi. Combatté duramente contro il grosso umano che lo tratteneva senza successo. L’uomo ridacchiò e lo trascinò in salotto. Altri due stavano portando in salotto anche Pike. Salen si divincolò costringendo l’uomo che lo stava trattenendo a riaggiustare la presa intorno alla sua esile vita.

Vestito solo con pantaloni del pigiama scuri Pike combatté aspramente contro i due uomini che lo trattenevano. Ognuno di loro lo teneva per un braccio e lo trascinava lungo il pavimento. Pike aveva minimo uso delle gambe, ma non erano abbastanza forti da poter sorreggere il suo peso. Cercò lo stesso di tirare un calcio ai suoi assalitori. Quando riuscì a colpire uno dei due facendogli mollare la presa su di lui l’altro lo lasciò cadere a terra. Pike tese le braccia per frenare l’impatto mentre cadeva. L’uomo che era stato colpito si riprese e gli diede un rapido calciò alle costole.

“Ammiraglio!” Urlò Salen. “Vi prego, non fategli del male!”

“Lascialo stare, Langin!” Ruggì Pike quando un quarto uomo emerse dalle tenebre.

“Tu sei quello che ha incoraggiato le autorità ad arrestarmi.”

“Mi dispiace, giuro che non testimonierà mai contro di te, ti prego…”

Salen udì a malapena Pike che pregava di essere lasciati stare. L’istante in cui aveva sentito la voce di Langin era stato riportato al principio di tutto. Quella notte sul palco non aveva capito appieno cosa fosse la paura per sapere cosa stava succedendo, ma ora conosceva fin troppo bene la sensazione. Andando in stato di shock smise di lottare e permise pacificamente all’uomo di tenerlo fermo.

Pike si era tirato su sui palmi delle mani per cercare di parlare e magari ragionare con Langin. Langin d’altra parte aveva momentaneamente perso interesse in Pike. L’uomo dai capelli biondi si avvicinò a Salen e lo studiò. Un sorriso lupesco gli si distese in viso. Terrorizzato al punto di essere completamente insensibile Salen non fece altro che fissare Langin senza alcuna espressione in viso.

“Ciao, Vulcaniano.” Lo salutò allegramente Langin. “Ti ricordi di me?”

Salen non poteva rispondere, era paralizzato. Non avendo ottenuto una risposta Langin piegò le labbra in un ringhio disgustato. Tirò indietro la mano e poi colpì Salen con un manrovescio così forte da spaccargli il labbro. Pike sembrò più scosso dal colpo di quanto lo fosse Salen. Cercò di mettersi in piedi ma il suo corpo non voleva collaborare.

“Maledizione, Langin!” Ringhiò Pike. “È solo un ragazzino!”

“Sbagliato, è solo un Vulcaniano.”

“È una persona migliore di quanto tu potrai mai essere.” Sibilò Pike dal pavimento. “L’umanità non ha bisogno di essere salvata dai Vulcaniani, ma dai bastardi come te!”

Langin strinse gli occhi furioso. Si piegò in avanti e afferrò una manata dei capelli bianchi di Salen tirandolo via dalla presa del suo rapitore. Salen non offrì resistenza quando Langin lo gettò a terra. Cadendo su mani e ginocchia non cercò di mettersi in piedi per scappare. Terrorizzato serrò gli occhi, aveva imparato a caro prezzo che non si poteva vincere contro gli umani.

“Sei davvero pronto a difendere questa patetica creatura con la tua vita, Pike?” Sputò Langin.

Pike strisciò per la breve distanza che lo separava da Salen. Senza rispondere verbalmente a Langin si allungò e circondò protettivamente Salen con le braccia. Salen appoggiò la testa contro il petto di Pike e ascoltò il forte battito del suo cuore. Langin torreggiò sui due con la testa tenuta sprezzantemente alta. Pike lo fissò ferocemente.

“Toccalo di nuovo e ti giuro che ti ammazzerò con le mie mani.”

“Non mi serve toccarlo.”

Langin mise una mano in tasca e tirò fuori un piccolo strumento di forma ovale che stava nel palmo della sua mano. Agli umani nella stanza non successo niente quando premette il tasto sulla sua superficie. Tuttavia Salen urlò di dolore quando il suono ad alta frequenza squarciò l’aria. Pike alzò una mano e la premette contro l’orecchio di Salen premendolo più forte contro il suo petto per cercare di bloccare il suono. Nonostante i suoi sforzi quel suono raggiungeva lo stesso Salen. Ridotto a piagnucolare Salen tremò fra le braccia di Pike.

“Smettila!” Urlò disperatamente Pike. “Smettila, ti prego! Smettila!”

“Detesto vederti implorare, Ammiraglio.” Sospirò Langin.

Guardò il dispositivo sul palmo della sua mano e lo spense. Libero dal dolore Salen si rilassò contro Pike, ansimando. Pike gli accarezzò i capelli e gli sussurrò quelle che Salen presumette fossero parole per confortarlo. Salen trovava i tentativi di rassicurarlo di Pike totalmente illogici, gli era chiaro come il sole che sarebbero stati uccisi entrambi o peggio.

“Langin, non farlo…”

“Ti farò un favore e ucciderò prima il cucciolo così che non debba guardarti morire.”

“No, per favore…”

“Non avresti dovuto accoglierlo in casa tua, Pike.” Lo castigò Langin con finta cortesia. “Temo che la polizia di troverà morto per mano di un coltello da cucina. I Vulcaniani non sono noti per essere vendicativi, ma nessuno farà domande se lui ti si rivolterà contro per poi scomparire.”

Salen non sapeva perché il sentire che sarebbe stato incolpato per la morte di Pike gli fece nascere dentro una tale furia. Logicamente non avrebbe dovuto importare visto che sarebbero stati morti entrambi. Tuttavia, a lui importava. Digrignando i denti Salen si scostò da Pike e balzò in piedi.

Langin fu preso di sorpresa ma riuscì lo stesso ad afferrare i  polsi di Salen prima che lui riuscisse a mettergli le mani attorno al collo. I tre uomini che Langin fecero per intervenire ma lui li fermò, sicuro di potersela cavare da solo. Quando Langin sentì di avere il Vulcaniano sotto controllo sorrise. Salen rimase calmo anche quando Langin ridacchiò.

“Solo per questo renderò la tua morte assai dolorosa.”

“Interessante,” disse seccamente Salen “stavo pensando esattamente la stessa cosa.”

Uno sguardo preoccupato attraversò gli occhi di Langin al tono serio di Salen. Invece di cercare di liberarsi dalla presa di Langin la usò per avvicinarsi. Improvvisamente spaventato Langin lasciò andare la preda così da poterlo spingere via. Salen fu troppo veloce e si gettò su di lui afferrandolo per i capelli.

Salen non era esattamente certo di cosa successe dopo, permise semplicemente all’istinto si prendere il sopravvento. Langin urlò in agonia mentre Salen gli penetrava la mente in una fusione mentale incontrollata e aggressiva. Salen non era mai stato addestrato in quel delicato processo e non aveva nessuna intenzione di essere gentile. Invece riversò tutto il suo trauma e la sua paura nella sua inaspettata preda.

Gli uomini di Langin si dispersero nel panico mentre Langin gemeva per l’agonia sotto il tocco di Salen. Abbandonando la casa scomparvero nella notte, lasciando indietro il loro capo. Langin cadde in ginocchio e Salen lo seguì a terra. Poteva sentire la rabbia che si intensificava e ruggì infuriato mentre Langin urlava per il dolore. Si sentì sprofondare nell’oscurità ma non fece nulla per mollare la presa sulla mente di quell’uomo.

“Salen,” chiamò urgentemente Pike “Salen, lascialo andare.”

“No!” Urlò Salen.

“Salen, lascialo andare.” Ripeté Pike calmo.

“Vuole ucciderti!” Urlò Salen finendo sempre più vicino alla follia. “Ho guardato mio padre morire una volta, non lo permetterò di nuovo!”

“Salen, se vuoi che io sia tuo padre mi devi ascoltare…lascia Langin. Non permettergli di renderti un assassino.”

“Voglio solo salvarti.” Piagnucolò Salen.

“Lo hai già fatto.”

Salen sentì la rabbia diminuire improvvisamente. Gli occhi di Langin rotearono indietro mentre cominciava a perdere conoscenza. Salen aveva attaccato usando l’istinto, ma ora doveva usare l’intelletto per rompere la connessione. Gli ci volle un momento per separare i suoi pensieri da quelli di Langin così da poterlo rilasciare in sicurezza.

Quando lo lasciò andare Langin cadde a terra. A malapena in grado di restare in ginocchio Salen si sedette sui talloni. Mentre sentiva di stare perdendo ciò che gli rimaneva di forza sentì la forte mano di Pike su una spalla. Sentendosi al sicuro si permise di svenire. Non era certo di quanto tempo fosse passato quando sentì qualcosa di umido contro la sua fronte.

“Avanti, Salen” disse dolcemente Pike “non cedere ora.”

“Signore…” Sussurrò Salen.

“Salen?”

“Sono…sono qui…”

Mentre lottava per riprendere conoscenza sentì la calda mano di Pike su un lato del viso. Usò quel contatto per aiutarsi a tornare alla realtà. Aprì gli occhi. Cercò di mettersi a sedere, ma era troppo stanco. Era steso a letto con Pike accanto di nuovo sulla sedia a rotelle. Vedendo l’espressione preoccupata di Pike Salen si forzò a sorridere debolmente.

“Pensavo di averti perso.” Disse Pike con una punta di ansia nella voce.

“Mi dispiace.”

“Non scusarti, Salen. Mi hai salvato la vita.”

“Non sarebbe stato in pericolo se non fosse stato per me.”

“Vali il rischio.” Sorrise Pike.

“Li ho portati a lei. Non si pente di avermi accolto in casa sua?”

“Neanche per un secondo.”

“Langin…” Ansimò Salen nel panico.

“Tranquillo, Salen, va tutto bene.” Lo rassicurò Pike. “La polizia è arrivata e se n’è andata. Langin sopravviverà, ma dubito che sarà lo stesso di prima, di certi non ci disturberà più.”

“Lei non ancora al sicuro.”

“Perché lo dici?”

“Ho visto nella mente di Langin…l’Ammiraglio Cooly gli ha detto dove trovarmi, erano connessi in un qualche modo…qualcosa su dei soldi.”

“Maledizione.” Ringhiò Pike. “Lo temevo. Non preoccuparti di Cooly, mi occuperò io di lui.”

“È stato Langin,” mormorò Salen sentendosi sprofondare di nuovo nel sonno “Langin ha dato a Wilson l’idea di mandare Kirk su Romulus…”

“Cosa?”

“Sta lavorando con qualcuno…qualcuno che non conosce…”

“Salen,” disse Pike preoccupato “hai appena detto che James Kirk è su Romulus?”

“Sì.”

“Spock…”

“Era sua intenzione seguirlo…” Sussurrò Salen lottando per rimanere sveglio “…per salvarlo.”

“È…è…altamente illogico.”

“I Vulcaniani non sono sempre logici…”

“Così ho imparato.”

 

Ed eccovi qui il confronto fra Salen e Langin, che ve ne è parso?

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


Capitolo 28

“Dannazione, Spock, tu leale, avventato, dalle orecchie a punta, figlio di pu…che ci fai qui?”

Kirk non si aspettava una risposta, ma doveva chiedere comunque. Le palpebre di Spock si mossero sui suoi occhi bianchi mentre lottava per rimanere nella sua trance meditativa. Kirk teneva ancora il mento di Spock con una mano, mentre sollevava l’altra e la passava gentilmente fra i capelli madidi di sudore dell’amico. Spock inspirò seccamente e gemette tranquillamente mentre l’agonia trapelava attraverso la barriera mentale che si sforzava di mantenere. Quel suono dilaniò il cuore di Kirk.

“Mi dispiace così tanto, Spock.” Sussurrò Kirk. “Ti tirerò fuori di qui, tieni duro.”

Prima che Kirk potesse fare qualcosa il corpo di Spock si afflosciò. Era come se qualcuno avesse premuto il tasto di spegnimento di un androide. Terrorizzato Kirk premette le dita contro l’arteria sul collo di Spock. Respirò di sollievo quando sentì il battito del suo cuore, era debole e pericolosamente lento per un Vulcaniano, ma comunque era presente. Pensò che il suo amico fosse svenuto finché non notò che stava lottando contro i lacci di ioni.

“Spock?”

Spock corrugò le sopracciglia al suono della sua voce, la prima reazione che Kirk era riuscito a ottenere. Gli appoggiò una mano sulla guancia e i suoi occhi ritornarono normali. Spock alzò lo sguardo sul suo amico senza riconoscerlo all’inizio. Kirk forzò un sorriso per aiutare Spock a riconoscerlo, vedendo che qualunque dolore stesse sopportando in precedenza sembrava essere scomparso. Spock scosse la testa per schiarirsela e cercò di alzarsi. Lanciò un’occhiata alle manette come se si fosse dimenticato di averle e poi fissò Kirk.

“Jim, scappa.”

“Non ti lascio qui, Spock.”

“Non riuscirà a liberarmi, e se ci riuscisse sarò troppo debole per viaggiare.” Controbatté Spock. “Vada. Non v’è una ragione logica per morire entrambi.”

“Spock…”

Kirk si fermò quando gli occhi di Spock si riempirono di paura. Fu solo in quel momento che Kirk realizzò di non averlo mai visto spaventato per davvero. Lo sguardo di Spock divenne ipnoticamente intenso e Kirk si ritrovò a fissare quegli occhi quasi neri, incapace di distogliere lo sguardo. C’era una pressione crescente sulla sua mente che presto si trasformò in un doloroso mal di testa. Una stilettata di dolore lo fece indietreggiare, sangue che improvvisamente gli colava dal naso.

“Spock…che stai facendo?”

“Sta cercando di ucciderla.”

La profonda voce fece accapponare la pelle a Kirk. Voltandosi vide Ty’rick appoggiato allo stipite della porta. Poteva ancora sentire la pressione dell’emicrania farsi più forte mentre il sangue continuava a gocciolare dal suo viso. Kirk avanzò aggressivamente di un passo verso Ty’rick, ma il dolore si stava facendo accecante. Fu costretto a inginocchiarsi mentre Ty’rick si spostava di lato per permettere a una guardia con un secchio in mano di unirsi a loro nella stanza.

Il Romulano si mise alle spalle di Spock e gli versò addosso il contenuto del secchio. Spock urlò e lottò per liberarsi di nuovo mentre l’acqua e il ghiaccio gli scivolavano lungo la schiena. Per Kirk l’agonia che aveva provato nella mente era smessa l’istante a cui Spock era stato fatto quel bagno ghiacciato. Quando il Romulano se ne andò notò che fra loro e Ty’rick c’era un campo di forza. Spostò lo sguardo dal Romulano al Vulcaniano, cercando di capire cos’era appena successo.

“L’acqua ghiacciata non fallisce mai nel rompere la concentrazione di un Vulcaniano.” Ridacchiò Ty’rick.

“Ty’rick…”

“Ho sentito che i Vulcaniani possono uccidere con una fusione mentale se hanno abbastanza motivi per farlo.”

“Ti prego, Ty’ri…”

Kirk si fermò e corse da Spock quando il Vulcaniano gettò indietro la testa e gridò in rinnovata agonia. Essendo stato svegliato dalla sua trance non era preparato a schermarsi dal dolore quand’era tornato. Chinando di nuovo il capo serrò gli occhi e ringhiò a denti serrati. Kirk non poté fare nulla mentre i suoi respiri si facevano sempre più irregolari. Appoggiando una mano sul petto di Spock Kirk guardò oltre la sua spalla Ty’rick.

“Smettetela!” Urlò Kirk. “Smettetela, vi prego!”

“Ha un phaser,” replicò con calma Ty’rick “lo faccia smettere lei.”

“C…cosa?”

“Io non metterò fine alle sue sofferenza, ma non la fermerò. Lo uccida.”

“No!”

“Lui ha avuto la decenza di cercare di porre fine alla sua vita per evitarle ulteriori torture, il minimo che può fare è offrirgli la stessa cortesia.”

Infuriato Kirk si gettò contro di lui. Sbatté contro il campo di forza che aveva visto brillare a pochi centimetro da Ty’rick. Il Romulano non si ritrasse minimamente mentre Kirk prendeva a pugni l’invisibile barriera. Alle sue spalle Spock gridò di nuovo per l’agonia crescente. L’urlo successivo sembrò più intriso di terrorizzante disperazione. Kirk non aveva mai sentito quel livello di emozione nella voce di Spock, e la trovò terrificante.

“Si sta frantumando, Kirk.” Lo informò freddamente Ty’rick. “Ci sono volute dodici ore del più intenso dolore che riesce fisicamente a provare per portarlo a questo punto.”

“Smettila!” Ordinò inutilmente Kirk.

“I Vulcaniani sono straordinariamente forti, ma quando si spezzano si sbriciolano come vetro. Si frantumano, per non essere più rimessi a posto. Se tenesse davvero al suo amico metterebbe fine alla sua miseria prima che diventi folle, gli dia una morte onorevole, Capitano…o lo ascolti gridare per le prossime trenta ore.”

“Trenta…”

“Oh, sì, James. Quando un Vulcaniano comincia a gridare…beh, è solo l’inizio della fine.”

Kirk si sentì nauseato. Fissò Ty’rick, implorandolo silenziosamente sperando di ricevere una pietà che sapeva non gli sarebbe mai stata data. L’acuto gemito di Spock fendette di nuovo l’aria, rimbombando contro le pareti di metallo. Chiudendo gli occhi contro le lacrime Kirk voltò le spalle a Ty’rick per affrontare Spock.

Forzandosi di aprire gli occhi fissò Spock. I suoi occhi erano ritornati bianchi, ma questa volta non riusciva a trovare pace neanche con la meditazione. Kirk in precedenza aveva desiderato che il leggero piagnucolio che aveva sentito da dietro la porta fosse stato invece un vero grido, ora si pentiva di averlo desiderato. Quando Spock cominciò a tremare e ad avere conati di vomito convulsivi Kirk non poté più resistere.

Afferrò il phaser da terra. Cambiando l’impostazione da stordimento a uccidere lo puntò al petto dell’amico. Esitò, non volendo uccidere il suo miglior amico. La sua mira cominciò a spostarsi mentre il suo braccio tremava. Stava per abbassare l’arma quando Spock tirò contro le manette al punto di mettere in evidenza ogni singolo muscolo del suo torso seguito da un grido che rasentava la follia.

Agendo quasi automaticamente Kirk sparò con l’arma mortale. Il lampo prese Spock in pieno petto e per la sorpresa di Kirk sbalzò indietro il Vulcaniano. Le manette si erano spente e la sbarra cadde al suolo facendo rumore, rapidamente seguita da Spock. Kirk lasciò cadere il phaser e corse da Spock.

Cadendo in ginocchio accanto al suo amico Kirk ansimò acutamente. Anche se incosciente Spock stava ancora respirando. Il phaser avrebbe dovuto aprire un buco sanguinoso sul suo petto, ma al di là del danno provocato dalle manette non c’erano altri segni sul suo corpo. Anche da svenuto cominciò a muoversi di scatto. Kirk lo prese fra le braccia al meglio e fissò ferocemente Ty’rick.

“È ancora vivo.”

“Sì, lo so.” Sorrise Ty’rick. “L’impostazione per ‘uccidere’ sul phaser è stata abbassata fino a stordimento.”

“Cosa? Perché?”

“Per poter giocare con lei.”

“Giocare?” Chiese Kirk smarrito.

“Non ha creduto di essere davvero riuscito a fuggire?”

Kirk chiuse gli occhi e chinò il capo frustrato. Era stato tutto pianificato, e si sentiva un idiota per esserci cascato. Fra le sue braccia Spock aveva cominciato a tremare. La sua pallida pelle verdastra brillante di sudore e sangue bruciava per la febbre. Kirk poteva sentire il suo stesso sangue colare dai tagli sulla schiena, ma in un qualche modo non erano più dolorosi. Spock cominciò a deglutire convulsamente e sembrava sul punto di svegliarsi da un  momento all’altro.

“Lo stordimento dovrebbe andarsene in pochi minuti e poi potremo ricominciare daccapo.”

“Non vi dirà mai niente.” Ringhiò Kirk.

“Non mi aspetto che mi dica qualcosa.”

“Ti aspetti che sia io a parlare.”

“Quanto a lungo può guardarlo soffrire? Ore? Giorni? Anni?”

“Neanche un altro secondo.” Ammise Kirk.

“Personalmente, posso votare il resto della mia vita a tutto ciò.”

“Lascialo andare, fallo arrivare sano e salvo su un pianeta neutrale e ti dirò tutto quello che so.”

“Non funziona così.”

“Se ti dico quello che so prima allora non farai altro che uccidere entrambi.” Ringhiò Kirk.

“E se lo lascio andare lei si rinchiuderà di nuovo nel suo silenzio.”

“Non abbiamo davvero nessuna soluzione…no?” Sospirò Kirk.

“Avanti, Capitano, so che è famoso per il non credere a situazioni senza via d’uscita.”

“Cosa possiamo fare per far sì che tutti vincano in questa situazione?”

“Personalmente, io ho già vinto.”

Kirk questa volta abbassò la testa sconfitto. Quando Spock cominciò a tornare cosciente Kirk prese di nuovo in mano il phaser. Senza esitare lo premette contro il petto di Spock e premette il grilletto. Spock inarcò la schiena mentre l’energia stordente gli attraversava il corpo e poi si rilassò di nuovo. Kirk gettò di lato l’arma.

Mentre Kirk sedeva imbronciato sul pavimento con Spock svenuto in grembo un Romulano si avvicinò a Ty’rick e gli sussurrò qualcosa all’orecchio. Ty’rick sollevò le sopracciglia leggermente scioccato e chiese al Romulano di ripetersi. Dopo aver confermato l’informazione si voltò verso Kirk.

“Lei non cederà mai.” Affermò Ty’rick più che chiedere.

“No. Non tradirei mai Spock in quel modo.”

“Tradirlo?”

“Non è compito mio darvi le informazioni che lui non vuole darvi. Il dolore è suo da sopportare, e non mi perdonerebbe mai se lo fermassi per lui. Non vorrei che lui cominciasse a parlare per salvarmi, non posso non fare lo stesso in una situazione inversa.”

“Capitano, per essere un umano devo ammettere che sto cominciando a rispettare il suo senso dell’onore.”

“Oh che bello.” Kirk roteò gli occhi. “Proprio quello che ho sempre voluto: il Sigillo Romulano d’Approvazione.”

La risatina di Ty’rick gli diede sui nervi. Dato che stava fissando Spock notò che Ty’rick era entrato nella stanza solo quando gli fu davanti. Kirk mostrò i denti al Romulano quando questi si chinò per toccare Spock. Ty’rick si tenne distante e piegò la mano in aria sopra lo stomaco di Spock. Kirk si allarmò quando Spock cominciò ad avere conati di vomito anche da incosciente.

“Lo metta  su un fianco così che non si soffochi col suo stesso sangue.” Istruì Ty’rick.

Anche se Kirk non voleva in nessun modo ascoltare Ty’rick era chiaro che se non avesse fatto come gli era stato detto Spock si sarebbe soffocato. Kirk posizionò Spock di lato e lo tenne fermo. Dopo qualche teso momento di conati Spock sputò una creatura rossa simile ad un polipo seguita da abbastanza sangue verde.

“Devo chiedere?” Disse Kirk a disagio.

“Uno strumento che avrebbe fatto impazzire un umano in pochi minuti.” Rispose Ty’rick. “Non ho mai nemmeno incontrato un Romulano in grado di resistere per più di sei ore sotto la sua influenza, Spock ha resistito dodici ore senza fiatare.”

“Sembri impressionato.” Sputò amaramente Kirk.

“Lo sono.”

Kirk lo guardò sospettoso. Il Romulano sorrise leggermente e annuì con approvazione a Kirk. Kirk strinse gli occhi e guardò il phaser lì vicino. Ty’rick lanciò un’occhiata alla porta e una guardia si fece vedere dall’oscurità. La guardia prese il phaser e tolse la daga Romulana da dove Jim se l’era infilata nella cintura. Kirk imprecò contro sé stesso per essersi dimenticato del coltello.

“Pensi di poterlo portare?” Chiese Ty’rick.

“Portare dove?”

“Alla piscina, per pulire la sua pelle…e la tua.”

Kirk corrugò le sopracciglia confuso. Ty’rick lo attese, perfettamente serio circa la sua offerta. Sentendo di non aver nulla da perdere a quel punto Kirk raccolse Spock fra le sue braccia e si alzò in piedi. Ty’rick lo condusse silenziosamente per il corridoio e le scale. Non sfuggì all’attenzione di Kirk la presenza di varie guardie che lo tenevano strettamente sotto controllo.

Ty’rick lo portò in una stanza piuttosto larga con un’enorme piscina scavata nel pavimento di pietra. Il sudiciume sulla sua pelle cominciò a bruciare e la sua mente gioiva all’idea di essere pulito. C’erano alcuni gradini che portavano giù fra le chiare acque. Kirk guardò Ty’rick da sopra la spalla ma lui lo stava semplicemente osservando con le braccia incrociate sul petto.

Anche se forse era una trappola di qualche genere Kirk decise che valeva la pena rischiare. Con Spock ancora addormentato fra le braccia entrò cautamente in acqua. Spock respirò profondamente quando l’acqua fredda gli toccò la pelle. Aprì gli occhi, ma non sembrava essersi svegliato. Mentre Kirk si addentrava di più nella piscina l’acqua si tingeva di rosso e verde. Facendosi un po’ più coerente Spock cominciò a lottare debolmente per liberarsi dalla presa di Kirk.

“Sta’ calmo, Spock.”

“Che sta succedendo?”

“Non ne sono certo. Ty’rick ci ha offerto di farci un bagno e tutto considerato ho deciso di accettare.”

“Cosa gli ha detto?”

“Niente.”

“Grazie.”

“Trattieni il fiato, mi immergo per un secondo.”

Chiudendo gli occhi Spock prese un profondo respiro e lo trattenne. Kirk fece immergere entrambi. Tornando su si sentì migliaia di volte meglio di pochi secondi prima. C’era qualcosa nell’acqua fresca che purificava molto più che la sola pelle. Spock aprì gli occhi, tuttavia, era troppo esausto per rimanere cosciente e svenne di nuovo.

Anche se Kirk sentiva di poter rimanere lì dentro per sempre Spock stava cominciando a tremare di freddo. Tornando al bordo della piscina Kirk risalì i gradini. Camminò verso Ty’rick e si fermò a qualche passo da lui. Sobbalzò per la sorpresa quando due donne Romulane entrarono con in mano degli ampi asciugamani. Kirk si tese ma rimase fermo mentre le due facevano del loro meglio per asciugare lui e Spock.

“Ty’rick?” Chiese Kirk nervosamente. “Che gioco è questo?”

“Niente più giochi. Mi segua.”

Ty’rick si voltò e se ne andò. Kirk pensò di non seguirlo, ma poi le guardie si fecero vedere di nuovo. Scrollando le spalle Kirk seguì Ty’rick. Camminarono abbastanza a lungo per i contorti corridoi del palazzo da far asciugare i vestiti di Kirk. Arrivarono a una pesante porta di metallo che Ty’rick aprì con un codice.

Kirk accettò il suo invito ad entrare. La porta portava ad un salotto riccamente decorato. Il muro più distante era niente più che un campo di forza che permetteva di guardare la città Romulana che si estendeva sotto di loro. Era notte  e la città brillava con mille luci. Le braccia e la schiena di Kirk cominciarono a protestare per l’aver tenuto in braccio Spock così a lungo perciò lo portò ad un divano e lo adagiò lì. Una volta sicuro che Spock stesse bene si voltò verso Ty’rick che ancora se ne stava sulla soglia della stanza.

“Cosa sta succedendo? Perché improvvisamente ci stai aiutando?”

“Ho appreso che eri disposto a salvare Spock anche quando credevi che fosse un Romulano. In più eri disposto ad ucciderlo per mettere fine al suo dolore, e infine a rimanere in silenzio anche innanzi alla prospettiva di ulteriori torture. Per quanto riguarda Spock è venuto di sua volontà su Romulus per salvare te, era inoltre pronto a ucciderti per evitare che tu soffrissi ulteriormente, ed è rimasto in silenzio a dispetto di un’agonia che avrebbe portato anche il più forte dei Romulani a parlare di tutti i suoi segreti.”

“Immagino di non riuscire ancora a capire…”

“Una tale integrità e lealtà deve essere rispettata, Kirk.”

“Vuol dire che ci lascerai andare?”

“No, ma non vi tormenterò più. Questa gabbia dorata è ora la vostra casa.”

“La prigionia è sempre un tormento.”

“Allora si senta libero di trovare la libertà nella morte.”

 

Che dire...difficile giudicare se la situazione è migliorata o peggiorata, ma almeno le torture a quanto pare sono finite. Tipicamente Romulano imprigionare coloro che stimano...

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


Capitolo 29

“Quanto ancora, Signor Scott?”

“Non molto, Capitano.”

“Grazie, Signor Scott.”

Daniels chiuse la comunicazione con il pianeta sottostante. Seduto alla poltrona del Capitano fece del suo meglio per non agitarsi. Sapeva di non essere un buon Vulcaniano, ma per il momento nessuno aveva fatto domande. Erano passati tre giorni da quando aveva assunto il ruolo di ‘Capitano’ dell’Enterprise e Daniels stava cominciando a preoccuparsi che Spock non sarebbe tornato.

Pensare a Spock gli fece venire in mente Uhura. McCoy non aveva avuto notizie su di lei e nessuno aveva idea delle condizioni in cui si trovavano lei e il bambino. Daniels detestava pensare che quel bambino poteva venire al mondo senza il padre o la madre. Chiuse gli occhi per un momento e prese un profondo respiro per calmarsi.

“Capitano?” Chiese Sulu più sospettoso che preoccupato.

“Sì, Signor Sulu?”

“Sto avendo qualche problema con il sistema di navigazione, potrebbe darmi i necessari calcoli correzionali per mantenere l’orbita?”

Daniels dovette mordersi la lingua per non sorridere. Non poteva non ammirare la risorsa di furbizia del Primo Ufficiale. I calcoli orbitali erano qualcosa che Spock come Vulcaniano avrebbe potuto fare nella sua mente con la stessa facilità con la quale un umano faceva due più due. Tuttavia, Daniels non era un Vulcaniano e non aveva modo di rispondere alla domanda. Sapeva che Sulu era perfettamente in grado di occuparsi da solo del navigatore. Questo era un test.

“Signor Sulu, cosa c’è che non va nel navigatore?” Chiese Daniels evasivamente.

“Forse nulla, i numeri però non mi sembrano giusti. Se mi desse i calcoli potrei usarli per controllare e in caso ricalibrare.”

Era in momenti come questi che Daniels era grato del fatto che se c’era una cosa che sapeva fare era occuparsi del timone dell’Enterprise. Alzandosi in piedi camminò fino alla console e cominciò a muovervi sopra espertamente le dita. Fece fare un paio di simulazioni al computer e qualche ricalibrazione prima di voltarsi verso Sulu.

“Il computer non sta sbagliando, Signor Sulu.”

“Oh, grazie…Signore.”

Dentro di sé Daniels sospirò. Lui e Sulu andavano d’accordo prima che lui si fosse trasformato in Spock. Odiava dover mentire al Primo Ufficiale, e lo rispettava per il fatto che aveva notato che qualcosa non andava. Daniels ritornò alla poltrona quando l’Ufficiale addetto alla Comunicazioni chiese improvvisamente di avere la sua attenzione.

“Signore, comunicazione di priorità uno per lei dalla Flotta Stellare.”

“Sullo schermo.”

“Sì, Capitano.”

Una parte di Daniels si aspettava di essere salutato dal volto di suo padre. Aveva fatto del suo meglio per evitarlo mentre era alla Flotta Stellare e Cooly non aveva idea che lui fosse entrato all’Accademia. Per la prima volta fu grato di avere l’aspetto di Spock, anche se dubitava che suo padre lo avrebbe riconosciuto dopo tutti quegli anni. L’Ammiraglio che apparve sullo schermo non era Cooly, era l’Ammiraglio Yang.

“Capitano Spock.”

“Sì, Ammiraglio Yang?”

“Da questo momento farà rapporto a me.” Lo informò Yang.

“E l’Ammiraglio Cooly?”

“Immagino che lei debba saperlo. Dato che al momento c’è un’investigazione in corso devo chiederle di non parlarne con nessuno al di fuori dell’equipaggio sul Ponte.”

“Ha la mia parola, Signore.”

“L’Ammiraglio Cooly è stato trovato morto questa mattina.”

“Morto?” Ripeté Daniels scioccato.

“Il rapporto iniziale afferma che si tratta di suicidio, ma alcuni hanno i loro dubbi.” Disse Yang. “L’Ammiraglio aveva molti amici, ma anche un eguale numero di nemici.”

Daniels sentì a malapena le parole dell’Ammiraglio. Si sentiva come se gli avessero appena sfilato un tappeto da sotto i piedi. Cooly poteva anche averlo respinto per quello che era, ma era comunque suo padre. Temendo di essere sul punto di perdere l’equilibrio mise una mano sul bracciolo della poltrona del Capitano.

“Capitano Spock?” Chiese Yang preoccupato. “Sta bene?”

“Sì, Signore.” Rispose automaticamente Daniels. “Ha dei nuovi ordini per me?”

“Finisca le riparazioni sull’avamposto 10 poi ritorni sulla Terra per imbarcare la parte del suo equipaggio che aveva deciso di prendersi dei giorni di permesso.”

“Sì, Ammiraglio.”

Col cuore che gli rimbombava in gola Daniels fece del suo meglio per mantenere la calma almeno esteriormente. L’Ammiraglio terminò la chiamata e lo schermo ritornò all’immagine dello spazio. Con il passare dei secondi Daniels sentì che le sue emozioni contrastanti si facevano più forti. Quando sentì gli occhi bruciare per le lacrime realizzò di stare avendo delle difficoltà a mantenere le fattezze di Spock. Il suo mutare forma stava diventando una battaglia per il controllo.

“Prenda il comando, Signor Sulu.” Ordinò Daniels con una voce che non sembrava né quella di Spock né la sua.

“Capitano? Sta bene?”

“Esegua gli ordini, Signor Sulu.”

Correndo verso l’ascensore fu in grado di mantenere le sue sembianze abbastanza a lungo fino al chiudersi delle porte. Incapace di restare qualcun altro Daniels si rilassò nel suo stesso viso. Sapeva di non potersi permettere di mantenerlo a lungo e mentre l’ascensore si muoveva tentò di ritornare all’aspetto che aveva preso in prestito. Guardò nel riflesso delle lucide pareti di metallo, ma quella che lo fissava di rimando era sempre la sua stessa faccia.

“Dannazione.” Ringhiò Daniels. “Ti ha gettato in strada molto tempo fa, solo perché è morto le cose non cambiano.”

Le parole non furono d’aiuto, era ancora sull’orlo delle lacrime. Cosa più importante non riusciva a calmarsi abbastanza da mutare forma. Non poteva semplicemente ritornare sé stesso, la parrucca nera sarebbe venuta via senza sforzo, ma le sue orecchie erano tutta un’altra cosa. Quando le porte dell’ascensore si aprirono Daniels decise che avrebbe fissato il pavimento dirigendosi velocemente da McCoy. Fece tutta la strada senza che nessuno lo guardasse una seconda volta o almeno così credeva.

“Capitano Spock?”

Facendo finta di non aver sentito l’Infermiera Chapel marciò nell’ufficio di McCoy. Lei lo chiamò di nuovo ma lui riuscì a sgusciare nell’ufficio appena in tempo. Le porte si chiusero alle sue spalle e lui le bloccò. Appoggiandosi alla porta ansimò in cerca di fiato. Bones alzò lo sguardo dal suo tavolo con espressione seccata che presto si trasformò in una scioccata.

“Santo Dio!” Ringhiò Bones. “Che stai facendo?”

“Uh…sono me stesso?” Replicò Daniels con aria mortificata.

“Lo vedo, la domanda è ‘perché’?”

“Mi…mi dispiace…” Daniels lottò più duramente contro le lacrime.

“Santo Cielo…stai piangendo?” Domandò McCoy alzandosi dalla sedia dietro il suo tavolo. “I Vulcaniani non piangono!”

“Lo so, lo so, sono un Vulcaniano terribile.”

“Beh…prendilo come un complimento, ma che è successo per lo Spazio?”

“Mio padre è appena stato trovato morto.”

“Tuo padre? L’Ammiraglio Cooly?” Chiese McCoy incredulo.

“Sarebbe lui.” Sospirò Daniels.

“Che è successo?”

“Per il momento affermano che si tratti di ‘suicidio’, ma lui non era il tipo d’uomo in grado di togliersi la vita.”

“Allora è omicidio.”

“Sì.” Daniels chiuse gli occhi e si premette la base del naso. “Dannazione! Che c’è di sbagliato in me?”

“Hai appena perso tuo padre.” Disse McCoy gentilmente.

“Mi odiava, mi ha diseredato.” Ringhiò Daniels. “Perché dovrebbe importami se è morto?”

Daniels chinò il capo per nascondere le lacrime al dottore. La rabbia completamente dimenticata Bones sospirò pesantemente. Avvicinatosi a Daniels gli appoggiò una mano sulla spalla in segno di simpatia. Daniels alzò lo sguardo su McCoy e forzò un sorriso triste.

“Devo riuscire a rimettermi in sesto.”

“Daniels, non sei un Vulcaniano e quindi hai tutto il diritto di avere queste emozioni contrastanti. Non importa quello che tuo padre pensava di te, era pur sempre tuo padre e mi dispiace che se ne sia andato.”

“Non dovrebbe dispiacersi. Era un bastardo.”

“Sì, lo era. Tuttavia, quando qualcuno muore tendiamo a ricordarne solo le parti migliori.”

“Non ho il tempo per questo genere di cose adesso.”

“No, non ce l’hai. Ti darò un leggero sedativo per ridurre la tua agitazione. Immagino che tu abbia il tuo aspetto perché non riesci a mutare.”

“Non avevo mai provato a mantenere una determinata forma per così tanto tempo, e ora che sono così emotivo non sembro in grado di mantenerla.”

“Resta qui.”

Daniels annuì e si spostò di lato così che McCoy potesse entrare in Infermeria. L’istante in cui il dottore apparve Chapel cominciò a sommergerlo di domande.

“Dottore, qualcosa non va con il Capitano?”

“Sta bene.”

“Ha…ha avuto notizie da Nyota?” Chiese Chapel nervosamente.

“No.”

“Quindi non sappiamo ancora nulla?”

“No.” Bones afferrò Chapel per le spalle e la rimosse fisicamente dalla sua strada. “Sono molto impegnato, Infermiera, per favore ritorni al suo posto.”

“Dottore…io…” Chapel esitò “credo che dovrebbe sottoporre il Signor Spock ad un esame completo.”

“Annotato, Infermiera.” Sbuffò Bones cominciando a rovistare fra le siringhe.

“Cosa sta cercando?”

“Infermiera, la prego!” Scattò McCoy. “Ritorni al suo posto.”

“Sì, Dottore.”

Dopo aver lanciato un’occhiata alla porta chiusa dell’ufficio del dottore Chapel ritornò ai suo doveri. Bones roteò gli occhi, sapendo che si trattava di una questione di tempo prima che Daniels venisse scoperto. Aveva già dovuto alleviare i timori di Sulu diverse volte. Col passare delle ore senza nessuna notizia da Spock McCoy stava cominciando a temere che lo stoico Vulcaniano avesse esaurito la scorta di fughe miracolose.

“Era ovvio che lui e Jim prima o poi avrebbero esaurito la loro fortuna.” Mormorò tristemente a sé stesso McCoy.

Quando ritornò nel suo ufficio ‘Spock’ era ritornato. Daniels sedeva al suo tavolo. Apparentemente aveva riguadagnato abbastanza controllo da mutare di nuovo. Alzò gli occhi su McCoy e sul suo volto Vulcaniano apparve un sorriso genuino. Bones strinse gli occhi.

“Levati quello stupido sorriso dal volto, non sembri per niente Spock quando sorridi.”

“Mi dispiace, Dottore. Ho appena ricevuto un messaggio sub-spaziale dal dottore di Nyota. Ha detto che sono stati in grado di fermare il parto, ma che non sanno quanto a lungo riusciranno a ritardare la nascita del bambino. Probabilmente non arriverà alla fine della gravidanza, quindi lo faranno nascere fra qualche giorno.”

“Dobbiamo riprenderci Spock.” Disse Bones fermamente. “Dev’essere lì per la nascita.”

“Quindi che faremo per assicurarcene?”

“Non ne ho idea.” Ammise McCoy.

“Capitano?” Risuonò l’interfono.

“Sì, Signor Sulu?”

“Una piccola, sorprendentemente veloce nave è appena uscita dalla Curvatura a dritta rispetto a noi.”

“Grandioso,” mormorò Daniels “e ora?”

“Signore?” Chiese Sulu.

“Signor Sulu, chiami la nave.”

“Ci sta chiamando lei in questo momento.” Lo informò Sulu.

“Ci passi la chiamata.”

“Enterprise qui è Christopher Pike, permesso di salire a bordo?”

“Ammiraglio Pike?” Chiesero Bones e Daniels allo stesso tempo sorpresi.

“Spock?” Chiese Pike egualmente sorpreso. “Sei a bordo dell’Enterprise?”

“Sì, Signore.” Mentì Daniels.

“Capisco…” Replicò Pike per nulla convinto. “Permesso di salire a bordo?”

“Certo, Signore. La sua nave è abbastanza piccola da poter entrare nell’hangar?”

“Sono sorpreso che tu non lo sappia.” Disse Pike.

“Non sono sul Ponte in questo momento, ho poche informazioni sulla sua nave.”

“Giusto. Sì, aprite le porte dell’hangar.”

“Signor Sulu, ha sentito?” Chiese Daniels.

“Sì, Signore.”

“Allora esegua. Ammiraglio, la incontreremo nell’hangar.”

McCoy se ne stava accanto all’interfono e lo spense. Daniels fece per passarsi le mani fra i capelli, ma si fermò ricordandosi che non solo era un gesto poco Vulcaniano, ma che probabilmente si sarebbe tolto i capelli facendolo. McCoy incrociò le braccia al petto e si avvicinò al tavolo.

“Daniels, l’Ammiraglio conosce Spock da prima di tutti noi. Non riuscirai ad imbrogliarlo proprio come non hai imbrogliato Nyota.”

“Non intendevo nemmeno provarci.” Lo informò Daniels. “Lo saluterò come Spock, ma poi lo porteremo in una sala privata, e gli diremo tutto.”

“Beh, se c’è qualcuno di cui potersi fidare quel qualcuno è l’Ammiraglio Pike.” Annuì Bones. “Ti conosce?”

“Non ci siamo mai formalmente incontrati.”

“Andiamo ad introdurti allora.”

Lungo la via per scendere all’hangar incontrarono Scotty che era appena tornato a bordo. Non era stato abbastanza presente per essere sospettoso perciò cominciò a raccontare nei minimi dettagli le riparazioni che aveva compiuto nell’avamposto. La cosa non interessava né a Daniels né a McCoy, ma lasciarono che Scotty continuasse a parlarne. L’hangar si era appena ripressurizzato quando arrivarono e le porte si aprirono per loro.

“Oooo, che bellezza!” Ammirò Scotty. “Scommetto che riesce ad andare a Curvatura 14 senza la minima fatica.”

Daniels doveva ammettere che era una nave bellissima. Il liscio design era chiaramente pensato per darle velocità ed eleganza. Era una vista impressionante con la sua mole tre volte quella di una navetta. Si diressero al retro della nave che si stava aprendo per formare una rampa. Pike mosse abilmente la sua sedia a rotelle fino a loro e guardò per bene Daniels. Daniels raddrizzò le spalle leggermente, non aveva nessuna idea di come doveva salutare l’Ammiraglio ormai in pensione.

“Benvenuto a bordo, Ammiraglio.” Salutò McCoy.

“È una gran bella nave, Signore.” Si illuminò Scotty. “Le dispiace se le do un’occhiata?”

“Proceda pure, Scotty, basta che non la faccia a pezzi. Non è mia, l’ho presa in prestito da un amico.”

“Grazie, Signore.” Sorrise Scotty, correndo a bordo.

“Spock, non mi aspettava di vederti qui.” Ammise Pike.

“Devo dire che nemmeno io mi aspettavo di vederla qui.” Replicò Daniels. “Tuttavia, sono lieto che ci sia.”

“Avrei semplicemente chiamato, ma qualcosa ha messo in agitazione la Flotta Stellare e neanche con i miei contatti potevo mandarvi un messaggio.”

“Come sapeva dove trovarci?” Chiese Bones.

“Salen lo sapeva.”

“Salen?” Ripeté McCoy.

“Spock qui può parlarti di lui.” Pike fissò Daniels. “Sono sorpreso che tu non gliene abbia già parlato. Avanti, dì al buon dottore chi è.”

Daniels lanciò un’occhiata a Bones che scosse leggermente le spalle. Quando Daniels si voltò per cercare di dare una spiegazione a Pike scoprì di avere un phaser puntato al petto. Pike aveva estratto l’arma con una velocità sorprendente.

“Ammiraglio…” Cominciò Bones.

“Dottore, quest’uomo non è Spock.”

“Lo so.”

“Ammiraglio, il mio nome è Comandante William Daniels, Timoniere della USS Enterprise.”

“E Spock?” Domandò Pike.

“È andato su Romulus per salvare James Kirk.”

“Perché, o meglio come, mai hai l’aspetto di Spock?”

“Sono un ibrido Camaleoide, lui mi ha chiesto di prendere il suo posto.”

Daniels e McCoy trattennero il fiato mentre aspettavano che Pike decidesse se credere loro o no. Dopo un momento Pike abbassò il phaser e lo rimise nella sua fondina. Guardò Daniels e scosse la testa.

“Sembri davvero lui.”

“Lei non è un uomo che si lascia ingannare dalle apparenze.” Notò Daniels.

“Spock non mi farebbe mai ripetere una richiesta di salire a bordo.”

“Certo.” Annuì Daniels. “Se verrà con me e il Dr. McCoy le spie…”

Daniels si fermò quando dall’interno della nave provenne un urlo terrorizzato. Pike si voltò immediatamente e si diresse alla nave.

“Salen?” Urlò Pike. “Salen!”

Daniels e McCoy si scambiarono un veloce sguardo confuso e poi corsero dietro a Pike che era già ritornato alla nave. A bordo trovarono Scotty a terra nella principale sala della nave vicino al muro. Aveva rimosso un pannello dalla parete e aveva infilato il braccio dentro il varco creatosi fino alla spalla. Il terrorizzato urlo di panico di prima si ripeté e Daniels rimase scioccato dal fatto che provenisse da dentro il muro.

“Ha un passeggero clandestino di qualche genere, Ammiraglio.” Ringhiò Scotty. “Non si preoccupi, l’ho preso.”

“No, lo lasci andare.”

“Signore?” Chiese Scotty confuso.

“Lo lasci andare, prima di farsi male.”

“Io?”

“Signor Scott, faccia come dice l’Ammiraglio.” Ordinò Daniels.

“Sì, Signore.”

Scotty scrollò le spalle e rilasciò il suo prigioniero. Pike si avvicinò e fece segno a Scotty di spostarsi. Pike si chinò in avanti il più possibile, ma non riuscì a vedere nulla nel buco. Daniels guardò McCoy, ma il dottore sembrava confuso quanto lui.

“Salen?” Chiamò dolcemente Pike. “Sei lì dentro?”

“Sì, Signore.” Arrivò la debole risposta.

“Vieni fuori, nessuno ti farà del male.”

Vi fu un momento di silenzio seguito dal rumore di cavi che venivano spostati. Daniels si aspettava di vedere o un giovane bambino o un piccolo alieno. Rimase sorpreso quando un adolescente umanoide riuscì ad uscire dal piccolo pannello dell’areazione. Il ragazzo sembrava Vulcaniano tranne per i capelli disordinati e di un bianco scioccante. Linee verdi brillanti gli segnavano il viso.

Daniels si sentì pieno di compassione per il giovane alieno. Aveva la sensazione che fosse come un cane bastonato. Strisciando fuori dal suo nascondiglio si inginocchiò immediatamente davanti a Pike con la testa china in segno di sottomissione. Pike sospirò e scosse la testa tristemente, ma sul suo viso c’era un leggero sorriso.

“È arrabbiato, Signore?” Sussurrò Salen.

“Un po’. Pensavo di averti detto di rimanere a casa.”

“Non volevo rimanere solo, e devo molto a Spock. Si è diretto verso il pericolo a causa di quello che ha appreso da me…voglio aiutarlo.”

“Ammiraglio,” disse McCoy “è questo il ragazzo Vulcaniano per il quale aveva chiamato Spock?”

“Precisamente. Dr. McCoy ti presento Salen, Salen questi sono il Dr. McCoy e…”

Pike si fermo quando vide Salen tendersi per la paura. Salen aveva alzato gli occhi su Bones e Daniels ed aveva ansimato acutamente. Fissò Spock e poi lentamente si mise in piedi. Si chinò verso Pike e gli sussurrò qualcosa all’orecchio.

“Va tutto bene, Salen.” Sorrise Pike. “So che non è Spock.”

“Sono un pessimo bugiardo.” Sospirò Daniels.

“Non è necessariamente una cosa brutta.” Replicò Pike. “Andiamo alla sala conferenze così da poter capire cosa sta succedendo.”

Salen mantenne i suoi occhi diffidenti su Daniels e  non si mosse fino a che non lo fece Pike. Daniels era sollevato di avere a bordo l’Ammiraglio. Per quanto avesse voluto una posizione su una Nave Stellare stava cominciando a sentire la mancanza della sua vita come Primo Ufficiale a bordo del vascello di ricerca. Si erano appena riuniti nella sala conferenza quando l’interfono riusconò per catturare l’attenzione di Daniels.

“Sì, Signor Sulu?”

“Signore, stiamo ricevendo una richiesta di soccorso.”

“Potrebbero essere loro!” Disse McCoy.

“La passi alla sala conferenze.”

“Sì, Signore.”

“Enterprise? Enterprise, vi prego rispondete.” Risuonò una chiara voce femminile. “Mayday-mayday-mayday. Enterprise, vi prego…”

“Oh no…” Gemette Bones. “Conosco quella voce.”

“Chi è?” Chiese Pike.

“Cel’esta.”

“E chi è?” Chiese Daniels.

“L’ultima volta che ho controllato era l’Imperatrice dell’Impero Stellare Romulano.”

“L’Imperatrice Romulana?” Replicò Daniels scioccato. “Che ci fa qui?”

“Se dovessi tirare a indovinare direi che sta cercando di causare problemi.”

 

Ed ecco qua un altro Capitolo, che ne dite di Cel'esta? Starà portando guai con sè oppure no?

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


Capitolo 30

Spock si svegliò lentamente da un incubo che non era suo. Ricordi derivanti dalla fusione mentale con Salen avevano infettato il suo subconscio causando l’apparizione di quelle immagine rivoltanti. La lista di atrocità che aveva dovuto sopportare era più lunga di quella che aveva sperimentato nella fusione, ma tutte quelle informazioni gli erano rimaste impresse nelle mente. Era difficile dimenticare, anche per una mente allenata come quella di Spock. Prima di avere la possibilità di ricordarsi in che situazione si trovava si domandò brevemente come stava il giovane Vulcaniano. Fu solo quando sentì Kirk russare lievemente che si ricordò del suo disastroso tentativo di salvataggio.

Svegliandosi completamente Spock si sedette. Ogni muscolo, forse ogni cellula, del suo corpo protestò contro l’improvviso movimento. Dovette chiudere gli occhi un momento per ritrovare l’equilibrio per impedirsi di vomitare. Spock stimò che ci sarebbero volute settimane al suo organismo per riprendersi dalle torture subite.

La trance nella quale era caduto per proteggere sé stesso dalle torture inflittegli da Ty’rick aveva creato vari buchi neri nei suoi ricordi. All’inizio non ebbe senso per lui il guardarsi intorno in quel appartamento ben decorato. I ricordi di Spock gli fecero tornare in mente la fresca piscina dove Kirk aveva potuto portarlo. Ragionò di trovarsi probabilmente nella loro nuovo cella.

Ancora sul divano guardò fuori dalla finestra che dal soffitto arrivava a terra. Era ancora buio, l’orizzonte color porpora parlava di un’alba imminente. Tutto era calmo e pacifico, era strano pensare che si trovavano ancora in mano all’uomo che aveva causato loro così tanto dolore.

“Non durerà a lungo tutto ciò.” Mormorò Spock a sé stesso. “Il sollievo è parte del gioco.”

Spock abbassò lo sguardo sul pavimento e vide Kirk. Il suo amico riposava pacificamente a qualche passo da lui. Era disteso sullo stomaco per evitare che le ferite sulla schiena toccassero terra. Nonostante i segni rabbiosi sul suo dorso sembrava che fosse completamente a suo agio immerso in un sonno profondo.

Sospirando tranquillamente a sé stesso Spock si mise lentamente in piedi, attento a non disturbare il sonno di Kirk. Passeggiò per la stanza fino a che non arrivò ad una statua in metallo nero di una figura femminile Romulana nuda. Studiò l’oggetto come se avesse dovuto scriverne una critica. Era alta circa centoventi centimetri e aveva un diametro di meno di trenta centimetri nel suo punto più spesso.

Si chinò e prese la statua per i fianchi. Indebolito com’era dovette lottare un po’ per sollevarla dal pavimento ricoperto di moquette. Non era inchiodata al suolo, ma pesava più o meno quarantacinque chili. Assicurandosi di avere una buona presa sulla statua la portò dove stava dormendo Kirk.

“Mi dispiace.”

La voce di Spock innescò qualcosa nella mente di Kirk che lo portò immediatamente ad uno stato quasi cosciente. Kirk aprì gli occhi e alzò lo sguardo giusto in tempo per vedere Spock sollevare la pesante statua di metallo il più in alto possibile proprio sopra la testa di Kirk. Non ancora completamente sveglio strisciò all’indietro solo grazie all’istinto proprio mentre Spock sbatteva l’oggetto al suolo con tutta la sua forza. La statua colpì il pavimento dove pochi secondi prima si trovava la testa di Kirk con abbastanza forza da crepare il piedistallo.

“Woah!” Urlò Kirk allarmato.

Lo sforzò necessario per brandire l’arma impropria aveva messo in ginocchio Spock. Ansimò in cerca d’ossigeno per un momento prima di alzare gli occhi su Kirk. Irritazione lampeggiò nel suo sguardo quando notò che la sua preda era riuscita a fuggire. Con un’espressione terribilmente vuota si forzò a mettersi in piedi per avvicinarsi a Kirk.

“Aspetta, Spock,” Kirk alzò le mani pacificamente mentre indietreggiava lentamente “sono io, sono Kirk.”

“So chi è, Jim.”

“Bene, allora ti ricordi che sono tuo amico.”

“Sì, per questo devo ucciderla.”

“Uccidermi? No, co…”

Kirk non ebbe l’occasione di finire perché Spock si lanciò in avanti. Sapendo sin troppo bene che Spock avrebbe benissimo potuto ucciderlo se gli avesse messo le mani addosso Kirk si scostò di lato per evitarlo. Con tutto il momento che lo spingeva in avanti il Vulcaniano mancò la sua preda sbattendo nel muro di vetro. Sentendo ancora gli effetti del giorno prima Spock fu lento a riprendersi e girarsi.

“Spock, possiamo parlarne?”

“No.”

“Lo temevo.”

Quando Spock ritrovò la forza cercò di nuovo di afferrare Kirk. Indietreggiando di un passo Jim riuscì a malapena a sfuggire alla sua presa. Corse alla parte più distante del divano per metterlo fra lui e il suo feroce amico. Spock cercò di seguirlo, ma Kirk si spostò all’altro capo tenendo sempre il divano fra loro. Non era una strategia che avrebbe funzionato se Spock fosse stato in piena salute, ma al momento la breve caccia aveva fatto sì che sulla pallida pelle verdastra dell’amico comparisse una patina di sudore.

“Spock, smettila.” Urlò Kirk. “Ti ordino di non uccidermi.”

“Lei non è più un Capitano,” gli ricordò Spock con voce vuota “non può darmi ordini.”

“Valeva la pena provarci.”

Kirk si spostò immediatamente quando Spock fece un altro goffo tentativo di prenderlo. Vedendo che anche solo rimanere in piedi stava esaurendo le forze di Spock Kirk forzò il Vulcaniano a seguirlo. Alla fine Spock crollò in ginocchio nel mezzo del salotto. Con la testa china lottava per respirare. Sentendosi al sicuro Kirk si avvicinò e si chinò davanti all’amico.

“Spock, questo è ridico…”

Con un’esplosione d’energia Spock alzò di scatto le mani, puntando alla gola di Kirk. Jim fu abbastanza veloce da afferrargli i polsi. Dato che al momento avevano la stessa forza rimasero bloccati con Spock che cercava di stringere fra le mani il collo di Kirk per spezzarglielo e Kirk che faceva del suo meglio per impedirglielo.

Quando lo stallo cominciò a pendere a favore di Spock Kirk cominciò a piegarsi all’indietro. Perdendo improvvisamente l’equilibrio Jim cadde a terra. Urlò quando il suo dorso ferito sbatté sulla moquette. Spock lo aveva seguito nella caduta e finalmente glia aveva messo le mani al collo.

Mancando la forza bruta per rompergli le ossa del collo in un sol colpo Spock premette fermamente i pollici contro le arterie ai lati della gola. La pressione impediva al sangue di arrivare fino al cervello di Jim, in pochi secondi sarebbe svenuto. Spock giudicava più umano farlo svenire prima di strangolarlo visto che il soffocamento era una morte piuttosto lunga e dolorosa.

“Spock…” sussurrò Kirk quando cominciò a svenire “è davvero questo che pensi di me? Che sia un codardo?”

“No, mai.”

“Allora…dammi una…possibilità…”

Spock mantenne la presa anche quando gli occhi di Kirk rotearono all’indietro e lui finalmente svenne. Tuttavia quando arrivò il momento di ucciderlo esitò. Chiudendo gli occhi Spock sospirò sconfitto e mollò la presa. Spostandosi da sopra il suo amico Spock si sedette e aspettò che si svegliasse.

Kirk non rinvenne immediatamente, e quando lo fece ansimò aspramente e strisciò lontano da Spock. Contrito il Vulcaniano rimase dov’era, a fissare il pavimento. Dopo un momento Kirk si avvicinò di nuovo e si sedette davanti a lui. Lo guardò e alzò le sopracciglia in attesa.

“Proverai di nuovo a uccidermi?”

“Mi dispiace. Non desideravo ucciderla, tuttavia…”

“Ti è sembrata l’unica soluzione logica.” Finì Kirk con un sorriso triste.

“Esattamente. Non desidero che lei muoia lentamente e dolorosamente per mano di Ty’rick, morte che potrebbe richiedere anni.”

“Nemmeno io faccio i salti di gioia all’idea, ma non credo che sia ora per un omicidio/suicidio.”

“Desisterò dall’ucciderla a meno che non sia lei a chiedermelo.”

“Uh…grazie…penso.”

“Jim, tutto ciò che voglio è evitarle ulteriori torture.” Spock alzò gli occhi su Kirk. “Proprio come lei ha tentato di uccidermi con il phaser per liberarmi dal mio stesso dolore.”

“Sì, mi dispiace.”

“Non c’è nulla di cui scusarsi, era l’unico atto logico da compiere viste le circostanze.”

“Parlando di circostanze,” Kirk si guardò nell’appartamento “che diavolo sta succedendo alle nostre?”

“Non capisco cosa vuole dire.”

“Mi sto solo chiedendo perché Ty’rick ha avuto questo improvviso ripensamento.”

“Dubito che l’abbia avuto. Ha visto che non avrebbe ottenuto nulla da noi utilizzando il dolore, così ha semplicemente cambiato strategia.”

“Immagino che si prendano più mosche con il miele che con l’aceto.” Annuì Kirk. “Comunque, mi sembra che ci sia qualcos’altro sotto.”

“Forse è rimasto impressionato dal senso dell’onore che ha dimostrato. I Romulani valutano la lealtà e l’onore più di qualsiasi altra cosa.”

“Sì, ho sentito che prenderebbero la loro stessa vita prima di cadere in disgrazia.”

“Il che probabilmente è ciò che è accaduto a Cel’esta.”

“Devo forse intendere che parte del tuo piano di salvataggio comprendeva il suo aiuto?” Ridacchiò Kirk.

“Infatti.” Annuì Spock. “In esattamente un’ora e ventitré minuti perderemo la nostra finestra di tempo per tornare all’Enterprise.”

“Finestra?”

“Ho programmato il teletrasportatore perché materializzi a bordo qualsiasi creatura vivente in un raggio di trecento metri dal mio punto d’arrivo.”

“Quindi tutto quello che dobbiamo fare è uscire da qui e arrivare fino a lì.”

“Le possibilità di successo sono così basse da non poter essere calcolate. Non solo dovremmo scappare da qui, ma camminare per le strade della città fino al posto deserto in cui sono arrivato.”

“Penso che possiamo farcela.”

“Io non posso.” Replicò Spock tranquillamente. “Se riesce a trovare una via per uscire da questa stanza, allora deve andarsene.”

“Non senza di te.”

“Il viaggio di andata che mi ha condotto qui è durato due ore e in quel momento ero in grado di camminare a passo spedito. Non riuscirei a farcela nelle mie attuali condizioni.”

“Allora dovremo pensare a qualcos’altro.”

A Kirk sembrò che Spock avesse preso quelle parole come un ordine. Si guardò attorno nella stanza e corrugò le sue sopracciglia arcuate pensando intensamente. Kirk non disse nulla, sperando che Spock stesse lavorando ad un nuovo piano. Dopo qualche minuto sembrò che non gli stesse venendo in mente nulla. Improvvisamente si tese e per un momento Kirk temette che il Vulcaniano fosse sul punto di provare nuovamente a strangolarlo.

“Spock?”

“Ty’rick, lo sento arrivare.”

“Bene.” Ringhiò Kirk. “Ho un osso o due da litigarmi con lui.”

Spock chiaramente non riuscì a capire la frase, ma decise di non dire nulla. Sollevò la mano in una silenziosa richiesta di aiuto per alzarsi in piedi. Alzandosi lui stesso Kirk si chinò e tirò su Spock. Prima di lasciarlo andare si assicurò che riuscisse a rimanere in piedi da solo.

Qualche minuto dopo Ty’rick apparve alla porta e si invitò ad entrare. Guardò i suoi prigionieri e sorrise smagliante. Camminò fino ai due e li salutò come fossero stati vecchi amici. Kirk dispettosamente fissò con ferocia il Romulano, e pensò brevemente di aggredirlo. Spock percepì l’umore di Kirk e avanzò di un passo per mettersi tra lui e Ty’rick.

“Stai cercando di proteggere lui o me, Spock?” Ridacchiò Ty’rick.

“Entrambi.”

“Logico.” Annuì Ty’rick e poi fissò la macchia di sangue e la statua in frantumi. “Avete avuto una discussione amorosa?”

“Non preoccuparti, pagheremo per qualsiasi danno.” Replicò Kirk. “Lasciaci su una qualche Base Stellare. Mandami il conto, e ti manderò i crediti.”

“Molto carino da parte sua, Capitano.”

“Io sono il Capitano.” Corresse immediatamente Spock. “Quest’uomo non è niente più che un civile.”

“Lo sai, ho controllato.” Disse Ty’rick. “Non è stata un’informazione facile da reperire, ma ho scoperto che avete ragione. Quindi, le mie scuse, Capitano Spock.”

“Dato che lui è un civile le sue azioni contro di lui sono disonorevoli. Rilasciatelo.”

“Spock…”

“No, James,” lo interruppe Ty’rick “il Capitano qui ha ragione. Infatti, è per questo che vi ho portati qui, per darvi tregua. Certamente anche se James non è altro che un civile è pur sempre un trasgressore e quindi punibile con l’incarcerazione. Tuttavia, ho deciso di rilasciarlo.”

“Non vado da nessuna parte senza Spock.” Ringhiò Kirk.

“Questa è, ovviamente, una sua libertà.” Ty’rick scosse le spalle. “Nel frattempo, James, vorrei invitarla a colazione. Dato che ha reso chiari i suoi sentimenti circa la separazione intendo estendere l’invito anche al Capitano qui.”

“Vai al di…”

“Saremmo onorati.” Interruppe Spock.

“Stupendo. Scoprirete che nelle camere da letto ci sono dei vestiti per voi.” Annuì Ty’rick. “Fra cinque minuti manderò una guardia a prelevarvi.”

Spock si chinò leggermente a Ty’rick al che il Romulano rispose con un leggero inchino. Kirk guardò Spock, cercando di capire cosa stava pensando il suo amico. Spock d’altra parte non fece altro che voltarsi per dirigersi verso una delle due camere per prendere una maglia. Kirk lo seguì e prese anche lui una maglia nera dall’armadio.

“Sono sorpreso che tu non insista per farmi andare via. Non che ti darei retta, ma sono sorpreso.”

“Verrebbe ucciso l’attimo in cui mettesse piede in città.”

“Certo, e visto che sarebbe stata una mia scelta quella di andarmene, Ty’rick avrebbe le mani pulite.”

“Esattamente.” Replicò Spock mettendosi la sua nuova maglia Romulana. “L’unico modo per attraversare la città Romulana sarebbe farlo di notte o meglio ancora con una navetta che ci portasse sopra essa.”

“Quindi siamo finalmente d’accordo? O ce ne andiamo entrambi o restiamo entrambi qui?”

“Infatti.”

“Allora perché accettare l’invito a colazione di Ty’rick?”

“Se dobbiamo scappare dobbiamo conoscere la configurazione della nostra prigione.”

 

Ed eccovi il nuovo capitolo!

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


Capitolo 31

Salen era in piedi innanzi alla finestra che dal soffitto arrivava a terra nella sala VIP a guardare l’oscurità color inchiostro dello spazio. Incrociando le braccia al petto rabbrividì leggermente. Era abituato ad avere freddo, ma qualcosa nell’essere nello spazio lo faceva rabbrividire. Guardando le stelle ricordi del suo ultimo viaggio gli invasero la mente.

‘Ti voglio bene, Salen.’

Chiudendo gli occhi contro le lacrime pungenti Salen cercò di eliminare le ultime parole di sua madre dalla sua mente. Non aveva mai visto la paura nei suoi occhi prima di quel momento e anche a quella tenera età sapeva che scaturiva dalla preoccupazione per lui e non per sé stessa. Sapeva quale sarebbe stato il suo destino, ma lei non aveva idea di che cosa sarebbe successo a suo figlio. Il suo corpo senza vita era stato trascinato nella stanza più tardi, ma Salen aveva tenuto gli occhi chiusi, non volendo vederla morta come aveva visto suo padre.

“Salen?”

Spaventato da quella dolce voce Salen scattò in avanti e si scontrò con la finestra di vetro dalla quale stava guardando fuori. Alzò una mano e si massaggiò il naso voltandosi. Pike era entrato nella stanza con una coperta piegata in grembo. Aveva un’espressione colpevole per aver spaventato il giovane Vulcaniano.

“Mi dispiace.” Si scusò Pike.

“Non è colpa sua. Non c’è un buon modo di avvicinarmisi.”

“Ho parlato col medico della Flotta Stellare, il tuo udito è troppo danneggiato per essere messo a posto. Ci sono apparecchi…”

“Non è l’udito il mio problema.”

“Vero. Potrebbe crearti ancora più problemi se riuscissi a sentir cadere uno spillo come Spock.”

Salen annuì. Pike stava per dire qualcosa quando lo spazio da nero si fece azzurro segnalando che l’Enterprise era entrata a Curvatura. Preso alla sprovvista dal cambiamento di luce nell’ambiente Salen si voltò di scatto verso la finestra. Inciampando all’indietro per lo spavento cadde a terra e strisciò via.

“Stavo per avvisarti.” Disse Pike. “Va tutto bene, è solo quello che succede quando l’Enterprise entra a Velocità di Curvatura.”

“Dove stiamo andando?”

“Ad incontrare l’Imperatrice Romulana, non è molto distante.”

“E…e Spock?”

“Non ha senso aspettarlo qui, non è riuscito a tornare sull’Enterprise come aveva stabilito.”

“Non capisco.”

“Vieni qui.”

Salen seguì gli ordini senza esitazione. Avvicinatosi a Pike si mise automaticamente in ginocchio. Notò il leggero sguardo addolorato che attraversò il volto di Pike quando si inginocchiò, ma non poteva farne a meno. Wilson aveva speso tre anni per addestrarlo ad essere così sottomesso e non era una cosa che si poteva scordare facilmente. Salen corrugò le sopracciglia quando uno strano odore muschiato catturò la sua attenzione. Annusò delicatamente l’aria, ma non riuscì a identificare quell’odore.

“Devo dedurre che non ci sia nulla che non va con il tuo olfatto?” Ridacchiò Pike.

“No, Signore. Cos’è?”

Pike sorrise smagliante e dispiegò la coperta che aveva in grembo. Salen ansimò quando scoprì che la coperta nascondeva un animaletto peloso. La creatura era ranicchiata in una sfera perfetta delle dimensioni di un’arancia. Aveva un corto pelo blu argento con una singola striscia scura che correva al centro.

Salen guardò affascinato come l’animale si stiracchiava. Una piccola testina con un nasino appuntito circondato da puntini bianchi spuntò dalla massa di pelo. Aveva occhi scuri di dimensioni troppo grandi in confronto al muso, e piccole orecchie tonde. Annusando l’aria come aveva fatto Salen in precedenza sembrò decidere di essere al sicuro. Aveva corte gambe che terminavano in zampe rosa artigliate, tuttavia, la sua caratteristica più risaltante era la lunga coda coperta di scaglie argentate di aspetto quasi metallico.

“Cos’è?” Chiese Salen.

“È un topo opossum Romulano dalla coda argentata.”

“Non ne avevo mai sentito parlare.”

“Essendo Romulani sono piuttosto rari nel resto della galassia.” Replicò Pike e afferrò cautamente il l’animale. “Tieni, prendilo.”

Salen esitò un momento prima di mettere le mani a coppa per tenere il coda argentata. Pike sorrise e piazzò la creature nelle mani di Salen. Il coda argentata annusò Salen poi avvolse la sua lunga coda attorno al suo polso. Allungandosi il più possibile il piccolo topo opossum mosse in avanti la sua zampa anteriore per cercare di afferrare la maglia di Salen.

Capendo cosa voleva la creatura Salen la avvicinò al corpo. Afferrando la maglia di Salen il coda argentata si arrampicò sul suo petto. Salen non cercò di fermarlo quando avvolse gentilmente la sua lunga cosa attorno al suo collo. Una volta assicurato di avere una presa salda afferrò il colletto della maglia e ci si infilò dentro.

Salen rise quando il soffice pelo del coda argentata gli solleticò il petto. L’animale tenne la coda avvolta attorno al suo collo e rimase appeso a testa in giù dentro la sua maglia come un pendente troppo cresciuto. Contento il coda argentata squittì un paio di volte prima di rimanere in silenzio.

“Pensavo che gli saresti piaciuto.” Disse Pike. “Sono debolmente telepatici, possono sapere se un altro animale vuole far loro del male. Sono degli ottimi animali domestici perché si legano facilmente a chiunque sentano si prenderà cura di loro.”

“Vuole che lo tenga?”

“Solo se vuoi.”

Salen tirò il colletto della sua maglia e guardò la soffice palla di pelo rannicchiata contro il suo petto. Il coda argentata strinse la presa attorno al suo collo per un momento prima di rilassarsi, come se lo avesse abbracciato.

“Mi piacerebbe.” Sorrise Salen. “Ma dove lo ha trovato?”

“Beh, a quanto pare Spock non è semplicemente andato su Romulus senza un qualche piano per tornare indietro. Ha impostato un timer sul teletrasportatore così che materializzasse qualunque essere vivente in un ampio raggio. Scotty sta ancora ridacchiando. Tuttavia quando il teletrasportatore si è attivato, questa è stata l’unica creatura che si è materializzata.”

“Poveretta.” Disse Salen. “Gli mancherà casa sua?”

“Sfortunatamente non possiamo riportarla indietro. Scotty conosceva le coordinate per la Flotta Stellare, ma Spock deve avere calcolato quelle per Romulus nella sua mente. Tuttavia, se tratterai bene il piccolo coda argentata sarà più che felice di rimanere con te.”

“Mi ricorda Tagu.” Disse Salen tranquillamente guardando la palla di pelo.

“Tagu?”

“Un ratto Terrestre che mi ero fatto amico…Wilson ha avvelenato lui e il resto della sua famiglia. Li chiamava ‘pesti’. ‘I ratti sono pesti, Vulcaniano, proprio come te.’.” Salen ripeté le parole di Wilson. “Non so cos’è una peste però. Non avevo mai sentito quella parola. Cosa significa?”

“È qualcosa di seccante, ma tu non sei una peste, Salen.”

“Spero di no. Non voglio causare guai a nessuno.”

“Sei un bravo ragazzo, Salen.” Disse Pike onestamente.

“Anche se mi sono nascosto nella sua nave?”

“Non stavi cercando di fare del male a qualcuno.”

“No.” Salen scosse la testa. “Anche se avevo ragioni egoistiche.”

“Oh?”

“Volevo rivedere Spock.”

“Qualche ragione particolare?” Chiese Pike.

“È un Vulcaniano altamente addestrato…lui…lui può farmi dimenticare.”

“Dimenticare? Nel senso di ‘cancellarti la memoria’?”

“Sì.”

“Non sapevo che i Vulcaniani potessero fare una cosa del genere.” Disse Pike sorpreso.

“Non tutti possono. Tuttavia, ho toccato la sua mente. Crescendo da ibrido ha lottato più duramente di molti per essere in totale controllo della sua mente. Sono certo che Spock saprebbe influenzare la mente di qualcuno senza nemmeno doverlo toccare, potrebbe anche uccidere semplicemente col pensiero se fosse abbastanza motivato.”

“Salen…” Pike si fermò “anche se Spock potesse cancellarti la memoria, quella non sarebbe la giusta soluzione.”

“Voglio che ne cancelli solo una.” Sussurrò Salen.

“Se non ti dispiace la mia domanda, quale?”

“Le ultime parole rivoltemi da mia madre. Mi ha detto che mi voleva bene.”

“Non dovresti mai dimenticarti quelle parole. È un bellissimo ricordo al quale aggrapparsi, Salen.”

“Non per un Vulcaniano.”

Salen fissò il pavimento, combattendo duramente contro le lacrime che gli stavano riempiendo gli occhi. Il coda argentata nella sua maglia si strusciò contro la sua pelle per cercare di calmare il suo nuovo proprietario. Salen alzò una mano e accarezzò senza pensarci l’animale sotto la maglia.

“Salen,” disse Pike dolcemente “non vuoi perdere davvero quel ricordo…vero?”

“Sì.”

“Perché? Non capisco.”

“Perché le volevo bene, e mi manca, e sapere che mi voleva bene non fa altro che rendere tutto più doloroso.”

“Dovevi saperlo già che ti voleva bene anche prima di quel momento.”

“L’amore è un’emozione.”

“Ai Vulcaniani è permesso amare.”

“Non così.” Salen scosse la testa testardamente. “Immagino che non abbia importanza, io…io non sarò mai abbastanza Vulcaniano.”

“Abbastanza Vulcaniano? Abbastanza per cosa?” Chiese Pike gentilmente.

Salen non aveva una risposta. Non era qualcosa che sentiva di poter spiegare nemmeno a sé stesso, figuriamoci a qualcun altro. Le lacrime contro le quali stava combattendo scivolarono lungo il suo viso. Pike si chinò in avanti così da poter afferrare il mento di Salen. Gli piegò la testa così che lo guardasse.

“Salen, l’unica cosa nell’intero Universo che tu devi essere è te stesso.”

“Ha detto le stesse parole a Spock una volta…l’ho visto nei suoi ricordi.”

“Lo hanno aiutato?”

“Sì.”

Pike sorrise e Salen sentì un sorriso sulle sue stesse labbra. Invece di cercare di nascondere le sue emozioni Salen si allungò e afferrata la mano di Pike la strinse. Dato che non era più sotto la pressione di controllare ogni singolo pensiero o emozione Salen scoprì che gli era più facile respirare. Quando Pike aveva dato quel consiglio a Spock lui lo aveva usato per permettersi di controllare le sue emozioni nel modo che preferiva, Salen usò quello stesso consiglio per permettersi di dimostrare quelle stesse emozioni.

“C’è qualcosa che vorrei essere.” Ammise Salen.

“Cosa?”

“Qualcuno che sarebbe fiero di chiamare figlio.”

“Sei già quella persona.”

“Dobbiamo trovare Spock.” Disse Salen improvvisamente.

“Vuoi ancora cancellare quel ricordo?”

“No.” Salen scosse la testa. “Voglio ringraziarlo per averle chiesto di accogliermi in casa sua.”

“Non preoccuparti, ci riprenderemo Spock e Kirk. Anche se dovessi aprire in due Romulus per farlo. Devo anche io ringraziare Spock.”

“Per cosa?”

“Per il tuo stesso motivo.”

 

Eccovi il nuovo capitolo! Come sempre vi ringrazio infinitamente XD

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***


Capitolo 32

“Non che qualcuno me lo stia chiedendo…ma questa è una pessima idea.”

Bones indossò il suo migliore cipiglio scontento, ma non c’era nessuno nei dintorni che potesse rimanerne colpito. Non aveva mancato di notare che le infermiere stavano facendo del loro meglio per rimanere lontane da lui. Sin da quando Pike aveva convinto Daniels a smetterla di far finta di essere Spock e ad andare a prendere Cel’esta McCoy era stato di pessimo umore. In quel momento erano in rotta verso la nave della Romulana apparentemente in avaria.

“Senza dirlo alla Flotta Stellare.” Brontolò McCoy. “Verremo tutti appesi per gli alluci per questa faccenda.”

Camminando per l’Infermeria come un animale in gabbia McCoy cercò qualcosa da fare. Con l’equipaggio ridotto a pochi membri la sua Infermeria era vuota. Anche se non aveva nessuna intenzione di ammetterlo nemmeno a sé stesso era terribilmente preoccupato per i suoi amici persi su Romulus ed era ansioso al punto di doversi prendere qualcosa per calmarsi perché non poteva fare niente riguardo la situazione in cui si trovavano. Per spostare la sua attenzione su qualcos’altro cominciò a mettere in ordine alfabetico tutte le medicine contenute nell’armadietto dei medicinali.

“Dottore?”

“Cosa?” Abbaiò Bones

“Non…non importa, mi dispiace di averla disturbata.”

“Salen?”

“Sì, Signore.”

McCoy si voltò e trovò il giovane Vulcaniano fermo all’entrata dell’Infermeria. Teneva le mani dietro la schiena alla stessa maniera di Spock. Tuttavia, a differenza di Spock teneva gli occhi puntati a terra. Scaricava il peso tutto da una parte così che se avesse avuto la necessità di scappare avrebbe avuto già una direzione verso la quale correre. Bones sorrise tristemente e si avvicinò di un passo. Sentendolo avvicinarsi Salen alzò gli occhi su McCoy attraverso i capelli bianchi che li ricadevano sul viso segnato.

“Salen, come posso aiutarti?”

“Se è occupato…”

“No, in effetti è esattamente il contrario. Cosa ti porta quaggiù?”

Salen si guardò attorno prima di avvicinarsi a McCoy. Dopo essersi assicurato di nuovo di essere soli afferrò il bordo sinistro della manica della sua maglia. Bones non poté non gemere quando vide il braccio di Salen una volta tirata su la manica. Oltre alle vecchie cicatrici vi erano diversi nuovi tagli di un brillante blu.

“Non capisco cosa sta succedendo. Le mie ferite non sono mai diventate di questo colore.”

“L’ho già visto in alcuni Vulcaniani, o almeno l’ho visto accadere a Spock una volta.”

“Cos’è?”

“Errore umano.” Ammise Bones. “Vieni, posso metterlo a posto.”

McCoy fece segno a Salen di salire su uno dei tavoli per gli esami. Salen all’inizio non si mosse, doveva pensare un attimo all’offerta. McCoy capì, poteva vedere che il Vulcaniano stava cercando di essere coraggioso nonostante fosse chiaramente terrorizzato. Bones gli sorrise caldamente.

“Forse ti sentiresti più a tuo agio se l’Ammiraglio Pike fosse qui?” Suggerì Bones.

“No.” Replicò istantaneamente Salen. “Non desidero che lui sappia cos’è successo, temo che si preoccuperebbe.”

“Non c’è niente di cui preoccuparsi. Il tuo sangue sta reagendo all’antibiotico che probabilmente ti hanno dato alla Flotta Stellare. Aveva scritto un rapporto specificando che quel farmaco non andava usato con i Vulcaniani, ma immagino che loro non lo abbiamo letto. La prima volta che Spock è venuto da me con una brutta ferita gli diedi la stessa medicina senza pensarci ed accadde la stessa cosa. Il farmaco si è legato con il rame presente nel fattore coagulante del tuo sangue, per questo la colorazione blu attorno ai tagli.”

“Mi farà del male?”

“No, ma rallenta il processo di guarigione e rende più difficile alla ferita il richiudersi. Posso neutralizzarlo e darti qualcosa che funziona meglio sui Vulcaniani.”

“Grazie, Dottore. Sapevo che poteva aiutarmi.”

“Oh?”

“Spock rispetta molto le sue abilità.”

“Davvero?” Ridacchiò McCoy. “Non lo avrei mai detto.”

“Non sa come interagire con lei. In quanto dottore lei lo vede nei suoi momenti di maggiore debolezza e non è nella natura Vulcaniana permettere a qualcuno di vederci deboli.”

“Immagino che abbia senso.”

“La reputa inoltre la creatura più emotiva che abbia mai incontrato e semplicemente non la capisce.”

“Questo mi sembra più da Spock.” McCoy roteò gli occhi. “Non so cosa voi Vulcaniani consideriate complicato in me, sono un semplice medico di campagna.”

“Spock crede che lei lo confonda più degli altri perché è più umano di molti.”

“Non comincerò neanche a cercare di capire cosa vuol dire con quelle parole.”

“Non lo capisco neanche io.”

“Come fai a sapere così tanto di quello che pensa Spock?” Chiese Bones.

“Abbiamo condiviso la mente per un esteso periodo di tempo e ho cercato di imparare il più possibile per rifarmi del tempo perduto e per aiutarmi a vivere in questo nuovo mondo.”

“Nuovo mondo?”

“Uno dove la mia gente è una specie in via d’estinzione. È un concetto difficile da accettare.”

“Ne sono certo.”

Bones fu sorpreso di vedere il triste sorriso che toccò le labbra di Salen. Avendo finalmente accettato di essere curato l’adolescente si arrampicò sul tavolo. McCoy si mosse lentamente e disse a Salen esattamente cosa stava per fare prima di toccarlo. Il monitor cardiaco accelerò troppo anche per un cuore Vulcaniano, tuttavia Bones poteva fare molto poco a proposito. Ciò che trovò strano fu che il suo paziente aveva un secondo battito cardiaco.

“Salen? Hai due cuori?”

“No. Quello è il cuore di Til’ik.”

“Til’ik?”

Salen alzò una mano e tirò giù il colletto della sua maglia rivelando una creatura grigiastra rannicchiata al suo petto. Era rimasta ben nascosta sotto la maglia fin troppo grande di Salen. Essendo stato esposto alla luce l’animale squittì.

“Non è un tribolo, vero?” Chiese Bones nervosamente.

“No. È un topo opossum Romulano dalla coda argentata.”

“Posso chiedere cosa ci fa sul tuo petto?”

“Mi tiene compagnia.”

“Mi sembra giusto.”

Salen coprì di nuovo Til’ik e l’animale si rimise al suo posto. McCoy eliminò i precedenti farmaci utilizzati da Salen e li sostituì con un altro più appropriato. Dopo aver ripulito le ferite le avvolse con una benda. Mentre finiva Til’ik fece capolino con la testa dal colletto della maglia di Salen e fissò il dottore prima di strofinarsi contro la mascella di Salen prima di sparire di nuovo.

“Ecco qua, Salen.”

“Questo è tutto?”

“Già. La colorazione blu dovrebbe andarsene in qualche ora, le ferite guariranno più in fretta adesso.”

“Grazie, Dottore.”

“Non c’è di che.”

Salen si mise seduto e tirò giù la manica per coprirsi il braccio. Bones cominciò ad avere la sensazione che il ragazzo non fosse venuto da lui per avere dell’assistenza medica, era stata semplicemente una scusa. Attese che Salen dicesse qualcosa, ma sembrava che avesse perso tutta la sua risoluzione.

“Salen, sei venuto quaggiù per parlarmi di qualcos’altro oltre al tuo braccio?”

“Cel’esta…non bisogna fidarsi di lei.”

“Nessuno si fida di lei, Salen, credimi.”

“Spock...beh…non so se è mio dovere dirlo…” Salen esitò. “Spock…”

“Dottore?” Dall’interfono risuonò la voce di Pike.

“Sì, Ammiraglio?”

“C’è bisogno di lei sul Ponte.”

“Arrivo.”

“Dottore, Salen è lì con lei?” Chiese Pike.

Rispettando la riservatezza del suo paziente Bones spostò gli occhi su Salen per vedere se voleva rispondere.

“Sono qui, padre.”

“Per favore ritorna nella tua stanza, e non lasciarla per nessun motivo finché non ti farò sapere che va bene uscire.”

“Sì, Signore.”

Bones sperava che Salen continuasse da dove si era fermato, ma era chiaro che qualsiasi cosa era sul punto di condividere ora se la sarebbe tenuta per sé. McCoy fece cenno a Salen di camminare con lui finché non furono costretti a prendere due strade diverse.

Arrivare sul Ponte fu un po’ surreale, dopo tutto quello che era successo il Ponte funzionava come un meccanismo ben oliato. Pike indossava l’uniforme da Capitano e sedeva sulla sedia del Capitano per celare il suo handicap. Con Sulu di nuovo al Timone e Daniels in piedi vicino a Pike in veste di Primo Ufficiale sembrava che avessero un Ponte in piena regola.

“Dottore, Salen sta bene?”

“Sì, Signore.” Annuì Bones. “Stava solo avendo una brutta reazione ad un antibiotico, ora va tutto bene.”

“Sono felice che abbia sentito di poter venire da lei. Tuttavia, in questo momento abbiamo problemi più grandi di cui occuparci. Arriveremo alla nave di Cel’esta in pochi minuti.”

“Non vedo come tutto questo non possa essere che una trappola.”

“Concordo, il che è esattamente il motivo per cui faremo tutto come da manuale…a parte il fatto che non ho nessuna autorità per essere Capitano.”

“Sono felice che abbia voluto prendere il mio posto.” Disse Daniels onestamente.

“In quanto Romulana Cel’esta avrebbe capito subito che non eri Spock proprio come Salen. Almeno in questo modo sembrerà che abbiamo la mano vincente anche se in realtà stiamo bluffando.”

“Ammiraglio…er…Capitano,” si corresse McCoy “cosa speriamo di guadagnare da tutto questo?”

“Se la lasciassimo semplicemente nelle mani della Flotta Stellare, non verremo mai a sapere niente da lei su Kirk e Spock.” Replicò Pike.

“In più non sappiamo di chi fidarci alla Flotta Stellare.” Sospirò Bones.

“Esattamente.” Annuì Pike. “Signor Sulu, rapporto?”

“Usciremo dalla Curvatura in tre, due, uno…”

L’Enterprise si arrestò e lo spazio li circondò ancora una volta attraverso il vasto schermo sul Ponte. Dritto davanti a loro c’era un falco da guerra Romulano, abbandonato alla deriva nello spazio. Pike studiò la nave con occhi attenti per un momento.

“Daniels, cosa dicono i sensori?”

“Completamente  spenta, Signore. I motori a Curvatura non hanno energia, il sistema di supporto vitale è al minimo.” Daniels lanciò un’occhiata al pannello delle comunicazioni. “Tuttavia, ha i sensori in funzione, ci sta chiamando.”

“Sullo schermo, è ora dello spettacolo. Dottore, lei è l’unico qui ad aver mai visto l’Imperatrice, se non è chi dice di essere mi informi immediatamente.”

“Sì, Signore.”

Bones non sapeva cosa si aspettava che apparisse sullo schermo, ma di certo non la patetica creatura che fece la sua apparizione. Era Cel’esta, ma non come lui la ricordava. Abbigliata in un paio di sciatti pantaloni color oliva e una maglia grigia troppo grande sembrava più una naufraga che un’Imperatrice. I capelli le ricadevano in ciocche disordinate invece che nei soffici riccioli che ricordava. Anche se il cambiamento più evidente era lo sguardo di completa sconfitta sul suo bellissimo volto.

Lei guardò per il Ponte e quando i suoi occhi caddero su Pike li sgranò leggermente per lo shock. Bones non poté capire se era semplicemente sorpresa di non vedere Kirk o se in un qualche modo aveva riconosciuto Pike. Qualsiasi fosse il caso lacrime cominciarono a rigarle il viso.

“Cel’esta?” Chiese Bones senza pensare.

“Dottore?” Sorrise tristemente Cel’esta. “Speravo di vedere il suo volto, la prego mi deve aiutare.”

“Deciderò io se aiutarla o meno.” Ringhiò Pike.

“Sì, certo, Capitano…” Non finì Cel’esta.

“April.” La informò Pike.

“Capitano April, sono la precedente Imperatrice di Romulus, Cel’esta. Ho chiamato l’Enterprise in cerca di asilo politico.” Disse formalmente Cel’esta. “Ho inoltre importanti informazioni riguardanti James T. Kirk. Per favore permettetemi di salire a bordo, il supporto vitale della mia nave sta per finire.”

“Daniels?” Pike guardò il suo Primo Ufficiale.

“È la verità, Capitano. I nostri sensori dicono che ha meno di un’ora di supporto vitale rimasto.”

“Ho portato un regalo, in segno di buona volontà.”

Cel’esta alzò una scatola trasparente che conteneva qualcosa dall’aspetto di un globo di vetro frantumato circondato da una polvere argentata e da quello che a Bones parve sangue secco. Pike corrugò le sopracciglia guardando la strana offerta.

“Cos’è?” Chiese Pike.

“È la sfera del Patto di Sangue stretto tra me e il Capitano Kirk.”

“Vuoi dire che è libero dal giuramento?” Chiese McCoy sconvolto.

“Sì. Sono stata cacciata da Romulus perché ho provato ad aiutarlo quando violò la Zona Neutrale. Al momento è un prigioniero su Romulus e sta venendo torturato fino alla morte. per favore, Capitano April, mi permette di salire a bordo, può trattarmi come una prigioniera, non voglio morire da sola nella vastità dello spazio. Vi aiuterò a riprendere Kirk, so dov’è. E dato che non vedo Spock sul vostro Ponte, suppongo che anche lui ora abbia bisogno di essere salvato dalla mia gente.”

Bones non era certo di poter credere ad una sola parola di ciò che udiva, ma d’altra parte non riusciva a trovare una ragione per la quale Cel’esta dovesse mentire. Perché altrimenti si trovava da quella parte della Zona Neutrale se non in esilio? Pike non sembrava così incline a credere a quella storia.

“Imperatrice, questo non mi sembra il tipico comportamento Romulano.”

“Io non sono una tipica Romulana, Capitano.”

“I Romulani sono famosi per scegliere la morte prima del disonore…eppure lei sta scegliendo di continuare a vivere, chiedendo addirittura l’aiuto degli umani, nonostante il disonore di essere stata cacciata da Romulus.”

“Sono stata cacciata ingiustamente, pertanto non vi è ragione per uccidermi per l’Impero Stellare come loro vogliono. Per favore, Capitano, se non accetta il mio aiuto Kirk morirà, e sono certa che Spock morirà insieme a lui.”

“Quale aiuto crede di poter offrire?”

“La mia nave è completamente priva di energia, ma possiede ancora un dispositivo di camuffamento…so che la Federazione lo desidera ardentemente.”

“Infatti è così, tuttavia, non riesco a vedere come ciò aiuti il nostro Capitano disperso.”

“Capitano April, se l’Enterprise fosse invisibile potrebbe andare su Romulus e nessuno lo verrebbe mai a sapere…”

 

Ok, non ho avuto tempo di riguardare questo capitolo erciò fatemi sapere tutti gli errori che trovate : )

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Capitolo 33
*** Capitolo 33 ***


Capitolo 33

“Non posso credere di aver acconsentito a questa roba.”

“Era la scelta più logica.”

“La tua logica fa schifo, Spock.”

Kirk guardò come Spock corrugava le sopracciglia cercando di capire il significato della strana affermazione che aveva appena fatto. Quando Spock prese fiato per chiedergli di spiegarsi Kirk lo fissò con uno sguardo che diceva chiaramente che non aveva intenzione di scendere nei dettagli. Seduti ad un largo tavolo in mogano ricoperto dalla migliore frutta fresca e pane che Romulus potesse offrire i due aspettavano il loro ospite.

“Jim, non aveva senso fare i difficili con Ty’rick per questa piccola richiesta.”

“Perdonami, Spock, se non trabocco di gioia all’idea di sedere e condividere il cibo con un Romulano completamente folle che ha tratto un immenso piacere dalle torture inflitteci.”

“Dubito che sarà necessario condividere, sembra che ci sia abbastanza cibo per tutti.”

Kirk chiuse gli occhi e contò mentalmente fino a dieci. C’erano dei momenti nei quali, a dispetto di tutta la sua logica, non si poteva proprio ragionare con Spock. Guardandosi attorno Kirk notò che nascoste nell’ombra vi erano diverse guardie. Fin’ora nulla in questo gioioso tè che avevano deciso di bere insieme li aveva aiutati a trovare un modo per scappare.

Spock si alzò improvvisamente in piedi. Kirk stava per fare la stessa cosa quando vide la ragione del comportamento dell’amico. Ty’rick era appena entrato nella stanza. Kirk non era minimamente interessato a comportarsi educatamente come Spock quindi rimase seduto. Ty’rick rivolse a Spock un leggero inchino prima di sedersi dalla parte opposta alla loro. Ora che Ty’rick era al suo posto Spock si risedette.

“Grazie per avermi atteso, Signori.” Ty’rick sorrise amichevolmente.

“Certo.” Annuì Spock.

“Neanche avessimo avuto scelta.” Brontolò Kirk come un bambino petulante.

“James, posso comprendere i suoi sentimenti nei miei riguardi…”

“Davvero? Strano, ho provato così tanto a nasconderli, fot…”

“Ty’rick,” lo interruppe Spock “presumo ci abbia portati qui per raggiungere una sorta di compromesso.”

“Molto logico, Spock.”

“Grazie.”

“Spock,” sibilò Kirk “se lo ringrazi un’altra volta ti ammazzerò con le mie mani.”

“James, Spock sta solo provando ad essere civile.”

“Non meriti di essere trattato civilmente. Hai provato a farci ammazzare l’un con l’altro così da non soffrire più le tue perverse torture. Ti aspetti che ci mettiamo a fare affari con te? Scordatelo, farà freddo all’Inferno prima che io mi metta a collaborare con della feccia Romulana!”

Ty’rick sorrise e prese uno dei frutti dai colori accesi posti sul tavolo. Afferrando un piccolo coltello cominciò a tagliare via la spessa scorza del frutto. Kirk si guardò attorno in cerca di un coltello simile ma non ne trovò nessuno. Incrociò le braccia al petto e fissò cupamente il Romulano. Spock guardò il cibo in tavola e prese un frutto somigliante ad una mela.

“Spock, che stai facendo?”

“Non mangio da diversi giorni.”

“Probabilmente è avvelenato.” Sbuffò Kirk.

“Non è logico che Ty’rick cerchi di avvelenarmi.”

“Ha ragione, James, non è avvelenato. La prego, mangi.”

“No grazie, preferirei morire di fame.” Replicò Kirk dolcemente.

“È una sua scelta.”

“Sto cominciando a stancarmi di sentirtelo dire. Perché dovremmo credere a qualsiasi ‘accordo’ tu voglia fare con noi comunque?”

“Sarei disposto a fare un Giuramento di Sangue con voi.”

“No grazie. Ho già fatto l’esperienza.”

Ty’rick annuì e prese un morso del frutto che aveva in mano facendosi colare lungo il mento il succo giallo che ne uscì. Spock mangiò con calma la sua mela, emettendo addirittura un leggero suono d’approvazione. Sentendosi un po’ tradito Kirk continuò a guardare ferocemente Ty’rick. Pensò di tirargli dietro una di quelle ciambelle appiccicose che aveva davanti, ma poi ci ripensò.

“Spock,” disse Ty’rick “lei è una creatura votata alla logica.”

“Infatti.”

“Allora sa che la conclusione logica per la vostra presenza qui è la guerra contro la Federazione.”

“Non la vedo come una conclusione logica.”

“Quando la Federazione saprà che abbiamo uno dei migliori Ufficiali della Flotta Stellare, quale altra opzione avrà?”

“Non sono venuto qui seguendo degli ordini né in qualità di Ufficiale della Flotta Stellare, non faranno nulla per riportarmi indietro.”

“Ne è sicuro? Anche se voi due foste stati dei civili pensa davvero che la Federazione se ne starebbe in disparte permettendoci di uccidervi?”

“Voi non uccidereste un civile. Anche se lo faceste, non avrebbero scelta. Il trattato afferma che chiunque appartenente alla Federazione venga trovato oltre la Zona Neutrale finisce sotto la vostra giurisdizione.”

“Può essere così sulla carta,” Ty’rick scrollò le spalle “ma non può dirmi che la Federazione non farebbe tutto ciò che è in suo potere per farla ritornare a casa.”

“La Federazione non è pronta a cominciare una guerra per due sole vite.”

“Perché vuoi così tanto cominciare una guerra che non puoi vincere?” Chiese Kirk.

“Perché preferirei morire in battaglia piuttosto che di vecchiaia.” Replicò Ty’rick severamente. “I Romulani si stanno addolcendo troppo, dobbiamo versare del sangue se vogliamo riacquistare la nostra antica gloria.”

“La guerra non è l’unico modo in cui si può raggiungere la gloria.” Notò Spock. “Immagina il suo posto nella storia se portasse la vera pace fra Romulani, Umani e Vulcaniani?”

“La pace è per i deboli, Spock.”

“È molto più difficile creare che distruggere.” Argomentò Spock.

“Smettiamola con queste chiacchiere inutili.” Disse Ty’rick.

“Sì, per favore,” gemette Kirk sollevato “ritorniamo alla più tradizionale tortura, tutto questo fingere di essere carini l’uno con l’altro mi sta uccidendo.”

Ty’rick ignorò Kirk e fissò Spock. Mostrando di essere disposto ad ascoltare Spock mise giù il suo frutto mezzo mangiato e donò al Romulano la sua totale attenzione. Ty’rick annuì in segno di rispetto prima di continuare.

“Questo è l’accordo, Spock, lei parlerà al Senato Romulano, dirà loro che la Federazione sta preparando una guerra per voi due, che se non attaccheranno per primi allora perderemo tutto Romulus, ammetterà che è venuto qui in veste di spia per raccontare delle debolezze Romulane. In cambio mi assicurerò che lei e il suo amico veniate scortati su un pianeta neutrale incolumi, parlerò inoltre col Senato cercando di convincerlo a permettere a Vulcano di rimanere neutrale in questa guerra. Si rifiuti e vi farò giustiziare pubblicamente in quanto spie della Federazione, e vi avviso che i metodi di esecuzione dei Romulani sono lenti e dolorosi. Molto peggiori di qualunque cosa abbiate affrontato fin’ora.”

“Ty’rick,” ringhiò Kirk “stai sprecando il fiato. Spock non è un traditore, io e lui accetteremmo con gioia qualunque morte tu ci offra prima di accettare un accordo simile. Ciò che tu ci offri non è comunque libertà, verremmo arrestati immediatamente dalla Federazione per tradimento ed imprigionati per il resto della nostra vita. E poi non esiste che Spock menta per aiutare a iniziar una guerra intergalattica per…”

“Lo farò.” Lo interruppe Spock.

“Spock?”

“Parlerò al Senato Romulano.”

“Eccellente.” Sorrise Ty’rick.

“Sei completamente uscito di senno!” Ruggì Kirk.

“Questa è la più logica linea d’azio…”

Spock non ebbe la possibilità di terminare. Infuriato Kirk scattò dalla sua sedia lanciandosi contro Spock. I due caddero a terra in un mucchio aggrovigliato. La lotta che seguì durò poco visto che diverse guardie intervennero subito separandoli. Kirk lottò duramente per potersi lanciare di nuovo contro Spock mentre quest’ultimo lo fissava impassibile.

“Traditore!” Urlò Kirk.

“Sto solo facendo ciò che penso sia migliore e logico.” Replicò Spock. “Ty’rick ha ragione, se verrò giustiziato pubblicamente la Federazione non rimarrà neutrale, inoltre anche Vulcano prenderà a cuore l’insulto portando alla guerra ciò che resta della mia specie. Vi sarà la guerra in un modo o in un altro, forse in questo modo Vulcano sopravvivrà. Ty’rick, posso parlare ora al Senato?”

“Certo.” Sorrise Ty’rick.

“Spock! Non farlo!”

“Devo.”

“Non ti perdonerò mai.”

“Sono pronto ad affrontare anche questo.”

Kirk lottò nuovamente contro le guardie. Ty’rick gli si avvicinò e ordinò ai suoi uomini di legare i polsi di Kirk dietro la sua schiena. Kirk ringhiò di dolore mentre i tagli lungo la sua schiena si riaprivano a causa del modo in cui gli vennero mosse le braccia. Ty’rick lanciò un’occhiata a Spock, che se ne stava immobile, pacifico come un agnello, prima di voltarsi di nuovo verso Kirk con un sorriso smagliante.

“Non la prenda sul personale, James, un Vulcaniano è leale solo alla sua logica.”

“Apparentemente.”

Ty’rick fece da guida e Kirk fu obbligato a seguirlo. Spock camminò al suo fianco di sua libera scelta. Mentre camminavano per i contorti corridoi Kirk cercò silenziosamente di far cambiare idea a Spock. Spock non diede segno anche solo di essersi accorto dei tentativi dell’amico di farlo sentire in colpa con il suo sguardo raggelante.

Era chiaro che il Senato non stava aspettando il loro arrivo infatti spesero diversi minuti in attesa nel salone mentre Ty’rick entrava. Con Ty’rick lontano Kirk cercò nuovamente di far ragionare Spock.

“Spock, se lo stai facendo per me…”

“Non è così.”

“Oh…um…okay, qualsiasi sia il tuo motivo, ti prego non farlo.”

“Mi dispiace, Jim. Questa è l’unica via.”

“Non puoi crederlo davvero…stai per far cominciare una guerra…”

“La guerra è già cominciata.”

Kirk ringhiò in preda alla frustrazione, ma Spock lo ignorò completamente. Ty’rick ritornò con un sorriso lupesco stampato in faccia. Aprì l’ampia porta doppia e invitò Spock ad entrare. Kirk fu obbligato a seguirli dalle guardie. All’interno il Senato Romulano li attendeva. La stanza era praticamente uguale a quella del Consiglio Vulcaniano con i membri seduti in posizione elevata dietro un ampio tavolo di pietra nera.

C’erano dodici membri, tre dei quali donne. Spock si fermò al centro della sala e si inchinò rispettosamente al Senato. I Romulani lo guardarono con ciò che Kirk poté descrivere unicamente come disinteresse. Vedere Spock mostrare loro un tale rispetto mentre loro pensavano chiaramente che lui fosse poco più che un animale gli fece ribollire il sangue.

“Sono Spock di Vulcano.”

“Sappiamo chi sei.” Disse sbrigativamente il capo del Senato, Vin’el. “Tutto quello che ci interessa è perché sei qui.”

“Sono qui per informarvi del fatto che la Flotta Stellare sta preparando una guerra contro Romulus.”

“Guerra?” Domandò Vin’el. “Se la Federazione desidera la guerra allora l’avrà!”

“Non ho detto la Federazione, ma la Flotta Stellare.” Corresse Spock.

“Non c’è differenza.” Ringhiò Vin’el. “Quindi ciò che ha detto Ty’rick è vero, sei qui in quanto spia.”

“Sono qui per salvare il mio amico.”

“E cosa ci fa lui qui?”

“È stato mandato qui per cominciare la guerra.” Disse semplicemente Spock.

“Cosa?” Chiesero all’unisono Kirk, Ty’rick e Vin’el.

“Qualcuno sta cercando di ingannare sia la Federazione che i Romulani. Ci sono diverse incidenza che puntano verso una collaborazione tra un potente Romulano e un potente membro della Flotta Stellare, per cominciare questa guerra. Membri del Senato credo che ci sia un traditore fra i vostri ranghi. La logica afferma che Ty’rick stesso è il principale sospettato.”

“No! Mai!” Sputò Ty’rick.

“Ha già stretto un accordo con me per garantirmi la libertà in cambio della mia ammissione di essere una spia.”

“È la verità, Ty’rick?”

“Infido Vulcaniano!”

“Ty’rick è la verità?” Domandò nuovamente Vin’el.

“Non intendevo mantenere la promessa.”

“Senato,” Spock si rivolse a loro con rispetto “ci sono stati due attacchi sul suolo della Federazione che sembrano essere di natura Romulana.”

“Per questo la Federazione ha mandato una Nave Stellare su Remus?” Scattò Ty’rick.

“Una Nave Stellare?” Chiese Spock sorpreso. “Posso vederne i resti?”

I Senatori parlarono fra loro per un momento giungendo poi ad un accordo. Vin’el digitò brevemente sul computer innanzi a lui. Diverse foto del relitto che Kirk aveva visto in precedenza apparvero sullo schermo piazzato sul muro di lato. Spock guardò le foto per un momento prima di voltarsi verso il Senato.

“Questo conferma i miei sospetti su una cospirazione.” Annunciò Spock. “Quella nave è la USS Valor, messa fuori commissione dieci anni fa, ma mai smontata a causa del suo valore scientifico. In quanto progetto fluttuante e per la maggior parte dimenticato nessuno si accorgerà della sua mancanza.”

“Spock,” sorrise Kirk “come diavolo fai a saperlo?”

“La Valor è stata l’unica Nave Stellare ad essere realizzata con una lega sperimentale di titanio che doveva ridurre la necessità di utilizzare degli scudi, tuttavia,  il suo scafo era altamente suscettibile alla magnetizzazione a causa di incomprese complicazione con la sua lega. Noterete che diversi pezzi dello scafo, non più connessi ad esso, sono ancora attaccati. Lo scafo creava un campo magnetico che rovinava i computer, ma l’unico metallo che attraeva era sé stesso. il problema non fu mai risolto, e alla fine venne abbandonato.”

Il Senato appariva impressionato e ancora una volta i suoi membri cominciarono a parlare fra loro. Ty’rick poté vedere che stava perdendo il suo pubblico e si avvicinò a Spock. Gli mostrò i denti per un momento prima di voltarsi verso il Senato.

“Vin’el, niente di tutto ciò importa, la Federazione sta tentando di attaccarci, il Vulcaniano lo ha ammesso. Dobbiamo colpire per primi se vogliamo vincere questa guerra.”

“Non deve esserci per forza una guerra.” Disse Spock. “Senato, liberate James Kirk e me su un pianeta neutrale, permetteteci di determinare chi è il traditore nella Flotta Stellare portandolo innanzi alla giustizia. Non c’è bisogno che la Federazione e l’Impero Stellare si annientino l’un con l’altra, non è logico.”

“Questo è tutto un trucco!” Gridò Ty’rick. “Direbbe qualunque cosa per ottenere la libertà!”

“Basta Ty’rick.” Ringhiò Vin’el. “Vulcaniano, ammetti la presenza di corruzione fra i ranghi della Federazione?”

“Spock, no…” Cominciò Kirk.

“Sì.”

“Investigheremo.” Vin’el guardò Ty’rick. “Ty’rick sei in arresto fino a che non potrai provare di non aver fraternizzato con la Flotta Stellare e cospirato contro l’Impero Stellare.”

“Cosa?” Gridò Ty’rick. “No!”

“Portatelo via.” Ringhiò Vin’el.

Kirk non poté fare a meno di sorridere mentre le guardie afferravano Ty’rick e lo portavano fuori dalla sala. Si dimenò in preda alla furia e lottò con le unghie e con i denti, ma alla fine fu sopraffatto dalle guardie e rimosso. La guardia che prima tratteneva Kirk lo aveva lasciato andare permettendogli quindi di avvicinarsi a Spock mettendosi al suo fianco. Kirk alzò gli occhi sul Senato.

“Quindi…che farete di noi?”

“James T. Kirk, tu non sei altro che un civile, è nostra linea di condotta quella di interrogare e poi deportare gli intrusi nell’Impero Stellare su un pianeta neutrale.”

“Credo che abbiate già finito con la parte circa ‘l’interrogatorio’.”

“Concordo. Sarai immediatamente scortato su un pianeta neutrale incolume.”

“E Spock?”

“Questa è un’altra storia. In quanto membro della Flotta Stellare è un prigioniero militare e un nemico…”

“Non è venuto qui in veste di Ufficiale della Flotta Stellare.” Protestò Kirk.

“Non ha importanza. L’esecuzione di Spock comincerà all’alba.”

“No, non potete…”

Kirk sobbalzò quando una guardia gli si avvicinò per liberarlo. Un altro Romulano si era avvicinato a Spock prendendolo in custodia. Spock non offrì nessuna resistenza mentre gli legavano i polsi dietro la schiena. Kirk si scostò dalla guardia che lo aveva liberato e afferrò il braccio di Spock proprio sopra il gomito con fare possessivo.

“Non potete semplicemente ucciderlo, non ha fatto niente di male!”

“Non sono d’accordo.” Sorrise freddamente Vin’el.

“Cos’ha fatto?”

“È nato Vulcaniano.”

 

Ed ecco decretati i destini dei nostri cari eroi, come se la caveranno ora? Come sempre vi ringrazio infinitamente per il vostro supporto, siete fantastici!

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Capitolo 34
*** Capitolo 34 ***


Capitolo 34

“Allora, Dottore?”

“Tutto quello che posso dirle è che il sangue appartiene sicuramente a Jim.”

“Ma questo non significa che lei stia dicendo la verità.”

“No. Non ho mai assistito alla cerimonia del Giuramento di Sangue.” Bones punzecchiò una delle schegge del globo che avevano portato a bordo. “L’unico che potrebbe dirci se questo è l’originale è Spock.”

“Grandioso.” Sospirò Pike.

“Ammir…er…Capitano.” Risuonò la voce di Daniels per l’interfono. “Sono rimasti solo circa venti minuti di supporto vitale a bordo della navicella di Cel’esta.”

“Grazie, Daniels.”

“Signore,” disse McCoy “non importa ciò che penso di Cel’esta, non possiamo semplicemente lasciarla a morire a bordo della sua navicella.”

“Concordo.”

“E la Flotta Stellare tenta da anni di mettere le mani su un dispositivo di occultamento.”

“Vero.” Annuì Pike.

“Tuttavia…”

“Non si preoccupi, Dottore, non porterò l’Enterprise nella Zona Neutrale, che sia occultata o no.”

“Non è che non voglia andare a riprendere Jim e Spock, ma se venissimo scoperti significherebbe l’inizio di una guerra intergalattica.”

“E la perdita di milioni di vite.” Aggiunse Pike. “No, ha ragione, Dottore. In effetti l’intero equipaggio è sull’orlo di commettere delle gravi violazioni del regolamento della Flotta Stellare.”

“Anche se è in pensione è comunque l’ufficiale di più alto grado a bordo, Ammiraglio, ciò che faremo dipende da lei.”

“Lo so. Qualche consiglio, Dottore?”

“Sì,” sospirò Bones “ma lei non lo vuole sentire e io non voglio dirlo.”

“Chiamare la Flotta Stellare, dire loro tutto, portare loro le prove che abbiamo, e attendere gli ordini.”

“Qualcosa del genere.”

“Ha ragione, non volevo sentirlo.” Pike forzò un triste sorriso. “Preferirei correre il rischio di fidarmi di Cel’esta, dirottare l’Enterprise, e andare a riprenderci i nostri amici.”

“Stesso per me.” Concordò McCoy.

“Tuttavia, non si diventa ‘Ammiraglio’ senza riconoscere il valore di due vite a confronto con milioni.” Pike si passò le mani fra i capelli grigi. “Ho un’altra idea, rasenta il tradimento, ma credo che rischierò.”

“Ammiraglio?”

“Ho una nave piuttosto veloce nell’hangar degli shuttle, farò sì che Scotty installi lì il dispositivo d’occultamento invece che sull’Enterprise, e poi andrò a prenderli io stesso.”

“Non pensi neanche per un secondo che io non venga con lei.” Disse fermamente Bones.

“Odio doverlo ammettere, ma probabilmente avrò bisogno del suo aiuto.”

“È di certo una missione suicida, ma sono stanco di rimanere ad aspettare.”

“La Flotta Stellare sarà infuriata quando verrà a sapere che sto rubando loro la possibilità di mettere le mani su un dispositivo d’occultamento.”

“Lasci che si infuri.” Sorrise McCoy.

Anche Pike riuscì a sorridere genuinamente. Non sapeva se sarebbe stato d’aiuto andare su Romulus, dopotutto Spock ci aveva già provato e chiaramente non sarebbe riuscito ad andarsene senza aiuto. Tuttavia, dopo il piano ‘rischia tutto’ di Kirk e Spock per salvarlo dalle grinfie dei Romulani quattro anni prima, sapeva che ci avrebbe provato lo stesso. Seduto nell’ufficio di McCoy Pike accese l’interfono.

“Sulu, ha il comando. Daniels, Scotty, voglio che voi due incontriate McCoy e me nella sala teletrasporto.”

“Sì, Signore.”

“Sicurezza?”

“Sì, Signore?” Rispose la Sicurezza.

“Voglio tre uomini armati nella sala teletrasporto.”

“Sì, Signore.”

“Crede che abbia voglia di lottare?” Chiese Bones.

“È Romulana,” ringhiò Pike “lottano e ingannano fino al loro ultimo respiro. E proprio come degli animali feriti sono più pericolosi quando messi alle strette.”

“Immagino che sia il massimo dell’essere alle strette quando un Romulano chiede aiuto alla Federazione.”

“Non vuole il nostro aiuto, ma la nostra nave.”

“Allora perché la lascia salire a bordo?” Chiese McCoy senza pensare.

“Perché non possiamo lasciarla morire solo perché è nata Romulana.”

Avendo detto le sue ultime parole sul discorso Pike sbloccò la sua sedia a rotelle e si fece strada verso la sala teletrasporto. Non gli piaceva dover mostrare le conseguenze del suo ultimo incontro con i Romulani a Cel’esta, ma non aveva modo di evitarlo. Sapeva che lei, in quanto Romulana, non avrebbe capito come poteva continuare a vivere anche se disabile. I Romulani non accettavano quel tipo di debolezza e si aspettavano che uno si suicidasse piuttosto che continuare a vivere in quelle condizioni.

McCoy camminò al fianco di Pike mentre entravano nel turbo ascensore. La scorta armata era già al suo posto con Scotty e Daniels. Pike chiese a Daniels quanto supporto vitale rimaneva nella nave di Cel’esta e scoprì che ormai era una questione di minuti prima che finisse. Decidendo di farla aspettare fino all’ultimo momento Pike attese prima di portarla a bordo. Spiegò a Daniels e Scotty qual era il nuovo piano mentre attendevano.

“Va bene, fate salire a bordo la nostra ‘ospite’.”

“È sicuro, Signore?” Chiese Scotty. “Voglio dire…gli incidenti, accadono davvero.”

“Per quanto sia allettante l’idea, Scotty, no. Falla salire a bordo.”

“Sì, Signore.” Sospirò Scotty.

Pike sorrise notando che non era l’unico a sentire un sapore amaro in bocca quando si trattava di Romulani. Scotty attivò il tele trasportatore e in pochi secondi Cel’esta si materializzò su una delle rampe per il teletrasporto. Pike notò che non appena arrivata il suo bel viso era contorto in un’espressione di rabbia. Vedendo che aveva ottenuto quello che voleva cambiò subito quell’espressione trasformandola in un sorriso.

Cel’esta si guardò attorno in cerca di Pike, quando scoprì che era più basso di diversi centimetri a confronto con i presenti nella stanza a causa della sua sedia a rotelle, sollevò le sopracciglia arcuate in segno di sorpresa. Cosa che invece sorprese Pike fu che lei gli si avvicinò inchinandosi davanti a lui nello stesso modo di Salen. L’unica differenza era che nei suoi occhi non c’era nessun segno di sottomissione.

“Capitano April.” Salutò Cel’esta con voce musicale. “Stavo cominciando a credere che mi avrebbe lasciata lì a morire.”

“Non sarebbe stato un comportamento da gentiluomo da parte mia, non è vero?”

“No, niente affatto.” Cel’esta sollevò una mano e accarezzò gentilmente una guancia di Pike. “Ma posso vedere che lei è un vero Gentiluomo. La mia nave e tutti i suoi segreti sono suoi, tuttavia, hanno un prezzo.”

“Quale?”

“Qualcosa di decente da indossare e un pasto. Non mangio da giorni.”

“Penso di poter arrangiare la cosa.” Pike alzò gli occhi su Scotty. “Signor Scott, prenda tutti gli uomini che reputa necessari e vada a prendere il dispositivo di occultamento, lo voglio sulla mia nave per la fine dell’ora.”

“Sì, Signore.”

Cel’esta fece per rimettersi in piedi con difficoltà. Il Gentiluomo del Sud che c’era in McCoy lo forzò a offrirle la mano. Lei lo guardò e sorrise furbamente prima di accettare l’offerta. Una volta in piedi trattenne la mano di McCoy per un momento.

“Grazie, Dottore. È bello rivederla.”

“Uh…” Fu l’unica risposta di McCoy.

“Venga, Imperatrice, le troveremo dei nuovi vestiti e forse dopo ci farà l’onore di unirsi a noi per cena.”

“Sarebbe incantevole…le guardie si uniranno a noi?”

“Una precauzione.”

“Credete che sia pericolosa?”

“Credo che ogni donna bellissima sia pericolosa.” Replicò Pike con un leggero inchino.

“L’adulazione la porterà ovunque, Capitano April.” Ridacchiò Cel’esta. “Cos’è questa cosa circa i Capitani di Nave Stellare e il fascino? Sembrano andare a braccetto.”

“È un corso obbligatorio all’Accademia.”

“Le hanno insegnato bene.”

“Davis,” disse Pike al capo delle guardie “scorti l’Imperatrice alle sue stanze VIP per cambiarsi e poi la porti alla sala d’osservazione principale per la cena.”

“Sì, Signore.”

Prima di andarsene Cel’esta si chinò a baciare Pike sulla guancia. Lui forzò un sorriso mentre la guardava andarsene. Alzò lo sguardo su Bones che stava roteando gli occhi. Quando Cel’esta se ne fu andata si voltò verso Pike e incrociò le braccia sul petto.

“Crede che sia una buona idea lasciarla vagare per la nave in quel modo?”

“Non proverà a prendere questa nave con la forza.” Pike scrollò le spalle. “È troppo occupata a fare la parte della vittima.”

“Cerca di approfittarsi delle nostre emozioni? Della nostra pietà?”

“È quello che credo.”

“E se non fosse una recita? E se fosse davvero ridotta a questo livello?”

“No. Morte piuttosto che disgrazia, è un concetto caro ai Romulani come lo è la logica per i Vulcaniani. Se dovessi tirare a indovinare direi che la nostra colomba ha molto a che fare con i guai fra la Flotta Stellare e Romulus.”

“Crede che abbia attaccato la stazione di ricerca e la ‘South Pacific’?” Chiese Daniels.

“Il pensiero mi ha attraversato la mente.”

“Far scoppiare una guerra fra le due parti sarebbe una gran bella vendetta.” Annuì Bones.

“E credo che ormai abbiamo imparato tutti quanto i Romulani amino le vendette in grande stile.”

Pike si spinse fuori in corridoio con Daniels e Bones alle spalle. Salirono fino al ponte principale d’osservazione dove Pike ordinò fosse posto un tavolo per la cena. Proprio quando tutto era stato quasi disposto l’interfono chiamò Pike.

“Sì, Scotty, che novità?”

“Mi dispiace, Signore, la sua nave non ha potenza a sufficienza per supportare il dispositivo d’occultamento.”

“Dannazione.” Ringhiò Pike. “Può installarlo sull’Enterprise?”

“Credo di sì.”

“Lo faccia.”

“Sì, Signore.”

“Signore,” Bones fece un passo avanti “non starà ripensando di far oltrepassare la Zona Neutrale all’Enterprise?”

“No.” Sospirò Pike. “Ma sarebbe carino avere qualcosa con la quale impressionare la Flotta Stellare quando ritorneremo.”

“E Kirk e Spock?” Chiese Daniels.

“Parlerò al Consiglio Vulcaniano e al Consiglio della Federazione sperando che aprano qualche canale diplomatico per riportarli indietro. O forse…”

Pike non terminò la frase completandola nella sua mente. Bones e Daniels si scambiarono un’occhiata, ma nessuno dei due sapeva a cosa stava pensando Pike. Pike si diresse all’interfono e chiamò il Ponte.

“Sulu, ci porti sul confine della Zona Neutrale il più vicino possibile a Romulus senza rompere nessun trattato.”

“Sì, Signore.”

“Ammiraglio?” Chiese McCoy.

“Sto cominciando a chiedermi se Romulus sia al corrente che la loro capricciosa Imperatrice è ancora viva. Scommetto che non lo sanno, se fosse stata davvero esiliata si sarebbero aspettati che andasse a sbattere la sua nave contro una delle nostre per almeno morire in modo onorevole guadagnandosi un posto nel Vorta Vor. Ora che ha dato alla Federazione un dispositivo d’occultamento ha commesso alto tradimento contro l’Impero Stellare. Suppongo che la rivorranno indietro per assicurarsi che la sua sentenza di morte sia adeguata.”

“La darebbe ai Romulani in cambio di Kirk e Spock?”

“In un batter d’occhio.”

“Mi piace.” Si illuminò McCoy.

“Sa molto sui Romulani, Ammiraglio.” Disse Daniels impressionato.

“Daniels, se desidera davvero diventare un Capitano la prima regola della guerra è ‘conosci il tuo nemico’.”

Daniels annuì, anche se desiderava ancora di essersene rimasto sul suo vascello da ricerca. Pike in quel momento non aveva tempo di preoccuparsi di Daniels e si diresse al bar per portare qualche forte liquore in tavola, sapendo che l’alcol era un’altra debolezza Romulana. Tutto era pronto quando Cel’esta, scortata da Davis, entrò.

Pike non fu sorpreso dal succinto vestito nero che Cel’esta aveva scelto. Attorno al collo aveva una collana d’oro dalla quale pendeva un largo cristallo che brillava di bagliori purpurei. Il suo portamento non era certo quello di un’esiliata o di una prigioniera su una nave nemica. Si guardò attorno nella sala d’osservazione come fosse di sua proprietà. Assecondandola Pike si avvicinò e le baciò gentilmente la mano.

“Non credo che l’Enterprise abbia mai avuto un ospite più adorabile.”

“Grazie, Capitano.” Fece le fusa Cel’esta. Guardò fuori dalla finestra mentre il nero dello spazio veniva rimpiazzato dall’alone blu della Velocità di Curvatura. “Dove stiamo andando, Capitano April?”

“Alla Zona Neutrale ovviamente.”

“Eccellente.” Sorrise Cel’esta. “James e Spock sono suoi personali amici?”

“Sì. Buoni amici. Grazie di voler provare ad aiutarli.”

“Ero sorpresa di aver rivisto James e questa volta la mia gente non aveva nessuna intenzione di lasciarlo andare. Ora che indubbiamente hanno anche Spock li useranno uno contro l’altro.”

“Chi comanda Romulus ora che voi non ci siete?”

“Il Senato.” Ringhiò Cel’esta con malcelato disgusto.

“Beh, il Senato dev’essere sciocco per avervi mandato via.”

Pike condusse Cel’esta fino al tavolo e le spostò una sedia per farla accomodare. Anche McCoy e Daniels presero posto. Per il momento erano perfettamente felici di lasciare che fosse Pike ad occuparsi dell’Imperatrice Romulana. Pike sapeva di poterla semplicemente gettare in cella mentre loro si dirigevano verso la Zona Neutrale, ma sperava di riuscire a carpirle qualche informazione dato che ancora non sapeva come contattare il Senato.

Durante la cena Pike si assicurò che Cel’esta avesse a disposizione tutte il brandy necessario. Con il passare del tempo si fece sempre più loquace. Se si doveva credere alla sua storia aveva cercato di far mandare Kirk su un pianeta neutrale quando era stato trovato nella Zona Neutrale. Il Senato aveva usato la sua pietà contro di lei deponendola, gettandola nello spazio a morire come più preferiva. Prima di andarsene aveva rubato il globo del Giuramento di Sangue da offrire come segno della sua buona volontà nei confronti della Federazione.

“Conta di tornare sul trono o è pronta ad accettare l’asilo della Federazione per il resto della sua vita?” Chiese Pike casualmente.

“Il Senato è niente senza di me.” Scattò Cel’esta. “Se ne accorgerà e mi scongiurerà di tornare. Quando lo farò, spero di riuscire a portare una nuova pace fra Romulus e la Federazione.”

“Davvero?”

“Mi sono affezionata a voi umani e al vostro coraggio, senza parlare della vostra lealtà.” Cel’esta allungò una mano ancora una volta ad accarezzare la guancia di Pike. “Penso che le nostre specie insieme possano arrivare molto lontano.”

“La Federazione non è composta solo di umani.” Puntualizzò Pike. “Essere amici della Federazione significa essere amici di una vasta varietà di esseri…compresi i Vulcaniani.”

“Vulcaniani.” Ripeté Cel’esta con un sorriso. “I Vulcaniani non sono che Romulani che hanno perso il loro cuore. Vedranno la logica nel riunirsi ai Romulani. Col tempo le nostre razze torneranno ad essere una sola e i nostri passati disaccordi saranno dimenticati.”

“Capitano?” Provenne la voce di Scotty dall’interfono.

“Sì, Signor Scott? Ha installato il dispositivo?”

“C’è voluto del tempo, ma sì, Signore, è tutto a posto.”

“Grazie, Scotty.”

Pike aveva voluto specificamente che Cel’esta sentisse che il dispositivo era pronto. Più si sentiva in controllo più sarebbe stata disposta a divulgare informazioni. Poteva già vedere un sorrisetto farsi strada sulle sue labbra. Pike lanciò a McCoy e Daniels uno sguardo significativo per assicurarsi che rimassero in guardia. Pike sollevò il bicchiere di brandy e attese che gli altri facessero lo stesso.

“All’unione dell’Impero Stellare e della Federazione.”

Cel’esta sorrise come un gatto che ha ancora fra i denti le penne del canarino. Sollevò il bicchiere e lo bevve in un sorso. Mettendo giù il bicchiere cominciò a giochicchiare con il pendente che aveva al collo. Pike ansimò mentre all’improvviso gli veniva in mente cosa stava succedendo, ma ormai era troppo tardi. Cel’esta strappò la collana fracassandone il cristallo contro il tavolo.

“Oh mer…”

Pike, Bones e Daniels cercarono di allontanarsi dal tavolo. Tuttavia il gas porpora che si sollevò dal cristallo frantumato si diffuse. Il gas intossicante fece crollare tutti a terra. Cel’esta sorrise e sollevò le schegge che ancora gocciolavano di liquido porpora. Le portò alla ventola e le tenne attaccate ad essa così da spargere le droga per tutta la nave.

“O posso usare l’Enterprise per massacrare tutto ciò che è rimasto della specie ormai in rovina conosciuta come ‘Vulcaniani’ e ritornare ad essere l’Imperatrice dell’Impero Stellare e oltre.”

 

Ecco la Cel'esta che tutti amiamo e adoriamo! Un Romulano è sempre un Romulano XD Come sempre vi ringrazio di seguirmi ogni settimana

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Capitolo 35
*** Capitolo 35 ***


Capitolo 35

“Se non stai attento diventerai grasso.”

Til’ik, l’opossum dalla coda argentata, alzò lo sguardo su Salen per un momento e mosse i suoi lunghi baffi bianchi prima di affondare avidamente i denti nel largo cubo di frutta che teneva fra le zampe. Salen ridacchiò e passò la punta delle dita lungo la soffice schiena di Til’ik. Til’ik rispose avvolgendo brevemente la lunga coda a scaglie intorno al suo polso.

Salen era seduto sul suo letto con la schiena appoggiata al muro. Guardando fuori dalla finestra notò che lo spazio si era appena trasformato nell’aurora azzurra della Velocità di Curvatura. Aveva le ginocchia tirate su con Til’ik appollaiato sopra esse a sgranocchiare allegramente il suo cibo sintetico dai colori sgargianti. Anche se Til’ik era piuttosto piccolo riuscì a divorare l’intero cubo. Leccandosi il muso con la sua lunga lingua color porpora si guardò attorno in cerca di qualcos’altro da mangiare.

“Credo tu ne abbia avuto abbastanza per ora, Til’ik.”

Til’ik piegò la testa di lato e fissò Salen con i suoi grandi occhi scuri. Squittendo allegramente allungò una piccola zampetta rosa e cercò di afferrare il colletto della maglia di Salen. Salen tese il palmo della mano davanti all’animaletto per permettergli di salirci. Con la coda avvolta attorno al suo polso Til’ik strusciò il muso contro la mano del suo padrone.

“Mia madre aveva sempre voluto darmi un fratello.” Disse tristemente Salen. “Mi disse che aveva intenzione di chiamarlo Til’ik. I miei genitori avrebbero avuto un altro figlio una volta stabiliti su Natala.”

Til’ik si sedette sul palmo della mano di Salen, apparentemente interessato all’origine del suo nome. Salen si chinò in avanti e toccò il suo naso con quello dell’animale. Til’ik squittì di nuovo e accrebbe la forza della sua stretta sul polso di Salen. Percependo che il suo padrone era disturbato l’opossum si mise sulla schiena offrendogli il suo soffice stomaco da grattare. Salen sorrise leggermente e lo accarezzò.

“Sai, la parte peggiore degli ultimi tre anni non è stata il dolore e nemmeno l’umiliazione…era il confinamento nella solitudine.” Sussurrò Salen. “Non è una cosa che sanno in molti, ma i Vulcaniani sono creature davvero socievoli. Quando mi sentivo veramente solo dicevo loro di praticare il taglio in un posto che sapevo avrebbe sanguinato lentamente, così i miei aguzzini avrebbero passato più tempo con me.”

Salen sospirò pesantemente al ricordo. Vedendo che il Vulcaniano ancora non stava bene Til’ik saltò via dalla sua mano e avvolse la coda attorno al collo di Salen così da potergli leccare la guancia. Salen ridacchiò e spostò l’opossum. Til’ik si dimenò fra le sue mani, cercando di nuovo di raggiungere il colletto della maglia. Salen sorrise, ma qualcosa non andava.

“Cos’è questo odore?”

Til’ik annusò delicatamente l’aria e poi cominciò a barcollare sulla mano di Salen. Senza accoccolarsi a palla come faceva di solito il piccolo coda argentata svenne. Ansimando acutamente Salen cercò di svegliarlo, tuttavia Til’ik non rispose. Il suo piccolo petto continuava a sollevarsi e abbassarsi ritmicamente.

“Til’ik? Stai solo facendo l’opossum? Til’ik?”

Temendo per la vita della creatura pelosa Salen la appoggiò cautamente sul letto e uscì in cerca di aiuto. Sapeva che Pike gli aveva detto di restare nella sua stanza, ma sentiva che questo era abbastanza importante da infrangere il coprifuoco. Uscito in corridoio Salen si sentì insolitamente solo. L’equipaggio dell’Enterprise era ridotto a pochi elementi, ma in genere c’era sempre almeno una persona in giro per i corridoi.

“C’è…c’è nessuno?” Chiese Salen nel vuoto corridoio.

Una fredda paura cominciò a strisciargli sotto la pelle mentre continuava a camminare per i silenziosi corridoi dell’Enterprise. Pensò di usare l’interfono per chiamare il suo nuovo padre, ma qualcosa gli disse di non farlo. Arrivò fino in Infermeria prima di incontrare qualcuno. L’Infermiera Chapel era stesa a terra come fosse svenuta alla sua postazione. Salen corse al suo fianco e la girò attentamente facendola stendere sulla schiena.

“Signorina Chapel?” Salen premette le dita contro la sua gola. “Signorina Chapel? Si svegli. Dr. McCoy, aiuto!”

Salen si guardò attorno disperatamente in cerca del dottore, ma lui non c’era. Rimessosi in piedi cercò per il resto dell’Infermeria e trovò una guardia stesa a terra. Correndo verso di lui Salen si inginocchiò e premette la mano contro la sua gola. Proprio come con Chapel la pulsazione era forte, ma non si svegliava.

Temendo che questo improvviso collasso fosse accaduto in tutta la nave Salen andò in cerca di Pike. Arrivato sul Ponte scoprì Sulu svenuto contro la console. Senza nessuno al timone la nave continuava a sfrecciare per lo spazio senza controllo. Salen spostò Sulu e studiò il timone per un momento. Aveva rubato alcune cose circa la nave dalla mente di Spock, ma fra esse non c’era l’abilità di fermare l’Enterprise senza rischi.

Sempre con la speranza di trovare Pike continuò nella sua ricerca. Più persone incontrava stese a terra più sentiva che non avrebbe trovato Pike in condizioni migliori. Salen cominciò a muoversi per la nave con cautela, controllando ogni corridoio prima di attraversarlo.

“Dev’essere stata Cel’esta.” Pensò fra sé Salen. “La droga probabilmente funziona sull’emoglobina a base di ferro. La droga non ha effetto su di lei, e di certo non si aspettava che a bordo ci fosse un Vulcaniano ora che Spock se n’è andato.”

Salen aveva cercato in diversi luoghi nella speranza di trovare Pike prima che gli venisse in mente di controllare il ponte principale di osservazione. Avvicinandosi lentamente scorse Davis svenuto a terra nella sala. Scivolando vicino alla porta Salen si mise a quattro zampe, così da non far scattare le porte automatiche, e premette l’orecchio contro di essa. Desiderò che il suo udito non fosse stato danneggiato, ma era quasi sicuro che nessuno stesse facendo rumore all’interno della sala.

Prendendo un respiro Salen si alzò così che le porte si aprissero. All’interno vi era un tavolo completamente apparecchiato e del cibo lasciato da parte. Salen trovò Pike e corse al suo capezzale. Era caduto dalla sua sedia a rotelle. Gentilmente lo fece stendere sulla schiena e gli passò una mano fra i capelli. Si guardò attorno e vide McCoy e Daniels a terra in uno stato simile. Salen riportò la sua attenzione su Pike e premette la mano contro il suo petto disperatamente.

“Si svegli, Ammiraglio, la prego.” Lo implorò Salen. “Mi serve il suo aiuto…”

“Questo è ovvio.”

Salen congelò al suono della voce vellutata di Cel’esta. Sempre inginocchiato accanto a Pike guardò lentamente sopra la sua spalla. Cel’esta era a pochi passi da lui con una mano appoggiata su un fianco e l’altra stretta con noncuranza attorno ad un phaser. Corrugò le sopracciglia arcuate mentre studiava il suo volto. Fece un gesto con il phaser per ordinargli silenziosamente di alzarsi. Salen si alzò e la guardò. Cel’esta chinò il capo di lato continuando a studiarlo.

“Cosa sei tu?”

“Mi chiamo Salen.”

“Non ho chiesto ‘chi’ sei, ma ‘cosa’ sei.”

“Non capisco la domanda.”

“Parli come un Vulcaniano.” Notò Cel’esta.

“Io sono un Vulcaniano.”

Cel’esta apparve leggermente sorpresa, ma poi fece un suono di improvvisa comprensione e annuì. Sorridendo si avvicinò. Temendo che Pike potesse venire coinvolto in ciò che poteva succedere Salen si spostò di qualche passo di lato. A Cel’esta non sembrò importare, si sentiva chiaramente in completo controllo della situazione. Lanciò un’occhiata agli Ufficiali addormentati a terra e si leccò le labbra prima di spostare la sua attenzione su Salen.

“Togliti la maglia.” Ordinò Cel’esta.

“Mi scusi?”

“Voglio vedere cosa ti hanno fatto gli umani.”

“Imperatrice, la prego…”

“Lo ucciderò.” Cel’esta puntò il phaser su Pike.

“No!” Andò nel panico Salen. “La prego, non gli faccia del male!”

“Ho notato che sembri molto affezionato all’Ammiraglio, veramente illogico.” Sorrise Cel’esta. “A proposito, lo hai chiamato Ammiraglio.  Lui si è presentato come ‘Capitano April’, tuttavia, se non erro egli non è altri che il coraggioso Ammiraglio Pike. Sapevi che è stato un Romulano a farlo finire in sedia a rotelle?”

“Sì, lo sapevo.” Salen annuì avendo visto quegli avvenimenti dai ricordi di Spock.

“Bene allora, se non vuoi che questa Romulana finisca il lavoro…”

Salen scosse la testa spaventato e afferrò il colletto della maglia. Togliendosi la maglia a maniche lunghe la lasciò cadere a terra. Cel’esta sollevò un sopracciglio con un sorriso da felino. Salen spostò il peso da un gamba all’altra per nulla a suo agio mentre lei faceva scivolare gli occhi lungo il suo corpo. La sua esposta pelle d’alabastro era cosparsa sia da vecchie cicatrici che da tagli più recenti. Anni di prigionia avevano rafforzato i muscoli del suo corpo lasciandogli una definita muscolatura che Cel’esta sembrava approvare.

“Quanti anni hai?”

“Sedici.”

“Che ci fai a bordo dell’Enterprise?”

“Sto fermo ad attendere che mi uccida.”

“Ah, quindi sei davvero un Vulcaniano. La tua razza prende tutto così alla lettera.” Cel’esta roteò gli occhi. “Anche se, stai tremando…hai paura?”

“Sì.” Ammise Salen.

“Forse c’è ancora speranza per te.”

“Speranza?”

“Devi aver perso gran parte del lavaggio del cervello Vulcaniano, forse posso fare di te un Romulano.”

“Non capisco.”

“Salen, gli umani sono addormentati, non devi mentirmi.”

“Non ho mentito.”

“In quanto Romulano potresti perseguire la vendetta. Devi odiare gli umani che ti hanno fatto tutto questo. Anni di prigionia e torture solo perché sei nato con il sangue verde.”

“Io non li odio.”

“Devi almeno temerli.”

Salen non poteva negare altrettanto facilmente quell’affermazione. Cel’esta fece schioccare la lingua contro il palato in segno di pena. Scuotendo tristemente la testa gli si avvicinò. Con la mano libera tracciò una delle cicatrici sul petto di Salen con un’unghia. Il petto di Salen si sollevò mentre lui annaspava in cerca d’aria. Il tocco di lei sembrava quasi elettrico, mandava un leggero fremito lungo la sua spina dorsale che non era interamente spiacevole.

“Non devi temerli. Con il mio aiuto potresti comandarli.” Sussurrò Cel’esta. “Come Romulano non dovresti negare le tue emozioni. Nasconderti da esse non le farà andare via, ti causerà solamente più dolore.”

“Non desidero nascondermi da esse, desidero controllarle.”

“Penso che sappiamo entrambi che questa è una bugia.” Disse dolcemente Cel’esta sporgendosi verso di lui. “Vedo così tanto potenziale in te Salen, mi fai pensare che se salvassimo i Vulcaniani quando sono ancora giovani allora non dovremmo ammazzarli, potremmo aiutarli.”

“I Vulcaniani non hanno bisogno di essere soccorsi.”

“Sei così giovane, sai così poco. Non sai nulla di cosa significhi davvero essere Vulcaniani…o forse lo sai ed è per questo che ora non sei su Natala. Ti accompagni agli umani e ho la sensazione che tu lo faccia perché sai che i Vulcaniani non ti accetteranno.”

“Io…”

“Ti assicuro che i Romulani ti accetteranno per quello che sei.” Fece le fusa Cel’esta. “Potresti diventare molto potente, potresti ferire coloro che ti hanno ferito.”

Salen rimase immobile, incerto su cosa fare. Cel’esta ridacchiò e fece scivolare la mano lungo il suo petto e poi sulla stomaco. Quando inserì due dita oltre l’orlo dei suoi pantaloni Salen osò bloccarle il polso. Cel’esta non andò oltre, ma non tentò nemmeno di scostarsi.

“Cosa sta facendo?” Chiese Salen.

“Volevo solo vedere se tutto è uguale.”

“Posso assicurarle che tutti i peli del mio corpo sono bianchi, se è questo che intendeva.”

“Sei mai stato baciato, Salen?” Chiese improvvisamente Cel’esta.

“Mia madre…”

“Non in quel modo, in questo.”

Cel’esta liberò la mano dalla presa di Salen, inserendola fra i suoi lunghi capelli bianchi e lo tirò in avanti. Salen sgranò gli occhi mentre lei lo ingaggiava in un bacio appassionato. Cercò di scostarsi, ma presto fu tenuto contro l’immensa parete vetrata che ancora brillava per l’aurora. Alzò le mani per spingerla via facendo sì che lei gli mordesse il labbro inferiore.

Cel’esta terminò il bacio e premette il suo corpo formoso contro il suo. Salen ansimò quando lei tolse la mano da in mezzo ai suoi capelli e cominciò a giochicchiare con la punto del suo orecchio. Le cicatrici sul suo volto si fecero di un verde brillante mentre lui arrossiva. Cel’sta si strusciò contro il suo collo, respirando il suo odore.

“Ti è piaciuto?” Gli chiese dolcemente.

“Non…non sono sicuro. Le sue azioni sono così…illogiche.”

“Non sono d’accordo, sto solo cercando di diventare tua amica.”

“Perché?”

“Salen, gli umani dicono che il nemico del mio nemico è mio amico. Tuttavia, i Romulani dicono che l’amico del mio nemico è un amico molto più potente…e tu hai amici ai piani alti dei miei nemici.”

“Capisco.” Disse Salen lentamente, lanciando un’occhiata a Pike. “Forse…forse se mi baciasse di nuovo…potremmo diventare amici.”

“Sono disposta a diventare ben più di un’amica per portarti dalla mia parte, Salen.”

Questa volta Salen non attese che fosse lei a cominciare. Si chinò e fece esattamente quello che lei gli aveva fatto in precedenza. Quando lei lo incoraggiò facendo scivolare la lingua fra i suoi denti lui accrebbe la passione del suo assalto. Quel bacio profondo non era il modo in cui tradizionalmente i Vulcaniani dimostravano affetto, infatti la maggior parte dei baci si eseguiva semplicemente toccandosi le mani.

Cel’esta premette Salen con più forza contro la finestra mentre applicava una gentile pressione sul suo labbro inferiore con i denti. Con il phaser ancora stretto fermamente in mano aveva solo una mano con la quale esplorare il suo corpo. Quando gli fece scivolare una mano lungo la schiena Salen osò sfiorarle la punta di un orecchio. Facendosi più aggressivo Salen le inclinò la testa all’indietro così da poterle mordere gentilmente la gola.

Cel’esta gemette di piacere e poi ridacchiò. Si scostò leggermente da lui per stuzzicarlo. Annaspando in cerca d’aria Salen ringhiò per la frustrazione mentre lei lo teneva a bada. Cel’esta sorrise smagliante e si chinò in avanti per ingaggiarlo in un altro bacio. Salen ringhiò profondamente e si premette contro di lei con più forza. Cel’esta cominciò a tirare l’orlo dei suoi pantaloni continuando a baciarlo.

Salen tolse lentamente la mano dall’orecchio di Cel’esta e la fece scivolare lungo la sua gola. Quando lei non fece resistenza al suo tocco lui continuò fino a che non raggiunse il punto in cui la spalla incontrava il collo. Improvvisamente premette le dita nella sua carne. La presa Vulcaniana rese immediatamente incosciente Cel’esta.

Salen le permise di cadere pesantemente al suolo. La fissò con occhi stretti talmente tanto da sembrare fessure. Alzando una mano Salen si passò il dorso contro le labbra prima di voltarsi e sputare a terra.

“Disgustoso.”

Chiudendo gli occhi prese un profondo respiro per calmarsi. Non aveva mai provato la prese Vulcaniana in precedenza, e l’aveva appresa solamente dai ricordi di Spock. Se non avesse funzionato sapeva che lei lo avrebbe ucciso. Temendo che potesse svegliarsi presto Salen raccolse il phaser e lo inserì oltre il bordo dei pantaloni.

Chinandosi raccolse Cel’esta da terra. Lei rimase inerte come una bambola di pezza  mentre lui la portava fuori dalla sala. Salen guardò sopra la sua spalla Pike per un ultimo momento, ma era chiaro che l’Ammiraglio non si sarebbe svegliato. Digrignando i denti per la rabbia a malapena repressa Salen portò Cel’esta nei livelli inferiori dove erano situate le celle.

Mentre la posava a terra Cel’esta gemette cominciando a svegliarsi. Salen strinse le mani a pugno, volendo niente di più che colpire l’infida Romulana. Per la sicurezza di entrambi Salen uscì dalla cella e attivò il campo di contenimento. Si sedette a terra davanti al campo di forza e fissò ferocemente Cel’esta mentre si svegliava.

Scuotendo la testa Cel’esta si guardò attorno confusa. Quando vide Salen sorrise smagliante. Si avvicinò al campo di forza e si sedette davanti a lui. Lui voleva attraversare il campo di forza per attaccarla, invece non fece altro che sollevare il phaser puntandoglielo contro. Senza nessuna paura Cel’esta rilasciò una risata musicale.

“Avevo ragione su di te,” sorrise lei “sei un Romulano in tutto e per tutto.”

“No, mai.”

“Eppure mi hai catturato grazie ad un inganno e posso vedere la rabbia in te…non è stato un comportamento molto ‘Vulcaniano’.”

“Cosa hai fatto all’Ammiraglio Pike e agli altri?” Domandò Salen.

“Preoccupato per i tuoi amici? Lui è umano, non comprenderà mai appieno il tuo potenziale come invece farei io. Avanti Salen, fammi uscire da qui…‘parliamo’. Pike non è tuo amico, vuole solo usar…”

“Hai ragione, non è mio amico.” Disse Salen fermamente. “Lui è la mia famiglia, e non lo tradirò mai!”

“Guarda quanto sei arrabbiato. Lo adoro.” Fece le fusa Cel’esta. “Il tuo sangue è Romulano, non importa chi siano i tuoi genitori. E non importa quanto tu voglia mischiarti agli umani non farai mai parte di loro, non ti accetteranno mai. Sei fuori dalla tua gabbia da solo un paio di giorni, non conosci neanche Pike. Non ti amerà mai davvero.”

“È orgoglioso di chiamarmi figlio, è tutto quello che mi serve sapere.”

“Allora tuo ‘padre’ morirà!” Scattò Cel’esta arrabbiata. “A meno che tu non faccia esattamente quello che ti dico non ti darò mai l’antidoto per la droga con la quale li ho avvelenati tutti.”

“Non mi serve il tuo aiuto.” Disse improvvisamente Salen e si alzò in piedi per lasciare Cel’esta da sola nella sua cella.

“Come farai a trovare da solo l’antidoto?”

“Sono un Vulcaniano…userò la logica.”

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Capitolo 36
*** Capitolo 36 ***


Capitolo 36

“Tutto questo non può essere vero.”

“Le assicuro che lo è.”

“Spock…sta’ zitto.”

“Mi dispiace.”

“No…” Sospirò Kirk. “A me dispiace. Mi dispiace, non avrei dovuto dubitare di te, avrei dovuto sapere che non avresti mai fatto una cosa del genere.”

“Avevo contato sulla sua reazione al mio apparente tradimento. La sua rabbia alla facilità con la quale desideravo tradirla ha reso tutto molto più credibile e ha aiutato a far sentire Ty’rick fiducioso in sé stesso. Le sue azioni mi hanno aiutato a parlare con il Senato Romulano.”

“Um…okay…beh, in questo caso: non c’è di che. Credo.”

Spock guardò Kirk e sollevò un sopracciglio. Erano seduti in una stanza spoglia divisi da un campo di forza. Il muro che dava verso l’esterno era fatto di vetro e dava direttamente sulla città Romulana ormai immersa nel buio. Kirk sapeva che erano stati rinchiusi lì dentro così che potessero avere una bella vista dell’alba, segno che il loro tempo insieme era giunto ormai alla fine.

Le nuvole che circondavano l’orizzonte stavano appena iniziando a tingersi di rosso sangue. Non ci sarebbe voluto molto perché il sole cominciasse a risplendere su quello che sarebbe stato un brutto giorno. Kirk fissò il suo amico, sbalordito dalla calma che dimostrava. Spock lanciò un’occhiata al rosso inizio dell’alba.

“Il cielo rosso di notte è la gioia del marinaio.” Sospirò Kirk a sé stesso. “Il cielo rosso al mattino è per lui un avvertimento.”

“Jim?”

“È un antico detto della Terra. Il cielo rosso al mattino è segno che sta per arrivare una tempesta, è un brutto presagio.”

“L’alba arriverà tra poco.” Disse Spock. “Devo chiederle di nuovo un favore che riguarda la mia famiglia.”

“Sarò morto prima di portare qualsiasi tuo figlio su Romulus, Spock.”

“Ciò non sarà necessario. Con la morte di Cel’esta il Giuramento di Sangue è rotto. Tuttavia, la prego di trovare Nyota, le dica che mi dispiace, ho avuto torto a volerle nascondere la verità.”

“Che vuol dire ‘trovala’?”

“Sono certo che la Flotta Stellare sappia dove si trova.”

“Ma tu no?”

“No.”

Kirk prese un respiro per dire qualcos’altro, ma non riuscì a pensare a niente. Voleva protestare contro il prendersi la responsabilità di dover portare qualunque messaggio a Uhura, voleva insistere che Spock le avrebbe detto tutto quello che voleva lui stesso. Tuttavia, a meno di un miracolo Spock non avrebbe mai avuto quella possibilità. I due guardarono in silenzio l’inizio dell’alba e il primo raggio dorato del sole che attraversava il paesaggio innanzi a loro.

“Spock…”

“Ritorni all’Enterprise, Jim.” Lo interruppe Spock. “Lei è il suo legittimo Capitano, ha bisogno che sia lei a comandarla.”

“Io…ha bisogno anche di te, Spock.”

Prima che qualcos’altro potesse venire detto vi fu un suono alla porta. Kirk si alzò in piedi e camminò avanti e indietro lungo il campo di forza che li separava. La sensazione di non poter fare nulla era peggio di qualunque tortura di Ty’rick. La porta dalla parte di Spock si aprì e Ty’rick stesso entrò nella stanza seguito da tre guardie. Kirk notò immediatamente il modo in cui Ty’rick zoppicava. Quando il Romulano si avvicinò Spock si alzò lentamente in piedi.

“In ginocchio, Vulcaniano.” Disse Ty’rick cupamente.

Spock annuì. Si mise pacificamente in ginocchio, e tenne le mani dietro la schiena. Kirk si sentiva il cuore battere così forte in petto da rendergli difficile respirare. Ty’rick si avvicinò a Spock e abbassò su di lui occhi disgustati.

“Ty’rick, ti prego…” Cominciò Kirk.

“Il tempo delle preghiere è finito, James.” Sibilò Ty’rick. “Ho dato ad entrambi la possibilità di venire liberati e voi mi avete sputato in faccia. Non hai idea della notte che ho passato per provare la mia innocenza.”

“Penso che possiamo dire tranquillamente che sappiamo bene che notte hai passato!” Ringhiò Kirk. “Non farlo, non ce n’è motivo, i Romulani e la Federazione potrebbero guadagnare molto dall’essere alleati invece che nemici.”

“Non c’è nulla che la Federazione possa offrire di cui l’Impero Stellare abbia bisogno o voglia.” Disse Ty’rick altezzosamente. “Tuttavia, se sei davvero così convinto a voler salvare il tuo amico Vulcaniano ti offro l’opzione di prendere il suo posto.”

“Sì.” Disse immediatamente Kirk. “Portate Spock su un pianeta neutrale, morirò io al suo posto.”

“Spock, accetti questi termini?” Chiese Ty’rick.

“No.”

“Spock…” Ringhiò Kirk.

“Scusa, James, per legge entrambe le parti devono essere d’accordo.” Sorrise Ty’rick.

“Se lo giustizierete giuro che voterò il resto della mia vita a darti la caccia!” Urlò Kirk infuriato.

“Accetterei volentieri la sfida.”

Accecato dalla rabbia Kirk si gettò inutilmente contro la barriera che li separava. Ty’rick sorrise e fece segno agli altri di avvicinarsi. Allungò una mano e uno degli uomini gli porse una siringa contenente un fluido color rosa acceso. A differenza delle siringhe utilizzate da McCoy questa pungeva la pelle con un largo ago di metallo. Kirk sbatté i pugni contro il campo di forza.

“No! Fermatevi!” Ordinò. “Non lo merita!”

“Non sono d’accordo.”

Tremante di rabbia e paura Kirk continuò a sbattere i pugni contro il campo di forza in un futile tentativo di riuscire ad abbatterlo. Cercando di calmare Kirk Spock senza parlare tese un braccio e appoggiò la mano contro il campo di forza con le dita divise nel tipico saluto Vulcaniano. Kirk cadde in ginocchio e premette anche lui la mano contro il campo di forza. Spock lo guardò con il suo solito volto privo di emozioni.

“Jim, non temo tutto questo.”

“Lo so, Spock.” Kirk forzò un triste sorriso.

Ty’rick annuì ad uno dei suoi uomini e la guardia afferrò Spock per i capelli. Gli tirò indietro la testa con troppa forza per fargli esporre la gola. Tenendo la mano contro il campo di forza Spock non offrì nessuna resistenza ai Romulani. Kirk non voleva guardare, ma scoprì di non poter spostare lo sguardo mentre Ty’rick inseriva l’ago in una vena sul collo di Spock.

Il sangue di Kirk si gelò mentre guardava come il fluido rosa veniva iniettato nell’organismo di Spock. Quando Ty’rick estrasse la siringa ormai vuota Kirk deglutì trattenendosi dal vomitare. All’inizio sembrò che Spock non avesse nessuna reazione alla droga, tuttavia pochi secondi dopo cominciò a lottare per respirare. La mano scivolò via dal campo di forza mentre il suo petto si sollevava e abbassava violentemente mentre cominciava ad avere le convulsioni.

“Spock!” Urlò Kirk quando Spock improvvisamente collassò.

Con le mani ancora premute contro la barriera con abbastanza forza da farle sbiancare Kirk fissò Spock che non riusciva a respirare. Kirk si piegò in avanti per i conati di vomito sopraggiunti alla vista del suo amico ridotto in quello stato. Si passò le mani fra i capelli e li tirò con forza per cercare di bloccare lo stress emotivo causandosi del dolore. Guardò ferocemente Ty’rick e sputò violentemente contro il Romulano.

“Bastardi Romulani!” Ruggì Kirk. “Spero che il vostro sole diventi una supernova proprio ora così da liberare la galassia dalla vostra presenza! Avete ammazzato un brav’uomo senza nessun motivo!”

“Non è ancora morto, James.” Disse Ty’rick freddamente. “Questo è solo un esperimento. La droga è solo uno strumento per aiutarci a portargli via il suo prezioso controllo emotivo. Non ho mai avuto la possibilità di provarla fino ad ora. Pensala in questo modo, sarà estremamente fortunato se non si sveglierà.”

“Non sono un uomo religioso, ma sono disposto a provare ad esserlo se significa che finirai a marcire all’Inferno.”

“Ci incontreremo là.”

Ty’rick lanciò un’occhiata a Spock e sorrise prima di andarsene. Kirk sbatté la spalla contro il campo di forza in un ultimo disperato tentativo di raggiungere il suo amico caduto. Arrendendosi appoggiò la fronte contro la barriera e lasciò che le lacrime gli scorressero libere per le guancie. Dieci minuti dopo quando sentì Spock che cominciava a svegliarsi il cuore gli perse un battito. Una parte di lui aveva continuato a pregare che fosse finita e che qualsiasi droga sperimentale avesse usato Ty’rick lo avesse davvero ucciso.

Kirk guardò come Spock cercava di mettersi seduto. Qualsiasi cosa gli stesse scorrendo nelle vene stava devastando il suo organismo. Spock inarcò la schiena e gemette disgustosamente. Rotolò sulla pancia e si forzò a mettersi in piedi. Barcollando come fosse ubriaco Spock fece alcuni passi prima di andare a sbattere contro la barriera crollando a terra. L’esatto momento in cui toccò terra cercò subito di rimettersi in piedi.

“Calmo, Spock.” Disse Kirk gentilmente. “Rimani fermo.”

“Capitano?” Chiese Spock confuso.

“Sono qui.”

“Mi ricordo ora.”

Kirk guardò col cuore appesantito come Spock lavorava per riprendere il controllo. Riuscì a mettersi seduto e si premette la mano contro il fianco proprio dove si trovava il suo cuore. Respirava rapidamente e sembrava arrossito, la pelle pallida divenne più verde del solito. Sudore gli bagnò rapidamente i capelli mentre fissava senza motivo il pavimento.

“Spock?”

Per la prima volta Kirk vide Spock sobbalzare di paura. Alzò gli occhi su di lui con un’insolita espressione di terrore dipinta in volto. Spock gli mostrò i denti, ma lui non sapeva se il Vulcaniano era arrabbiato o solo in preda al dolore. Kirk appoggiò i palmi delle mani contro il campo di forza sperando che Spock facesse altrettanto. Invece Spock si avvolse lo stomaco con le braccia e serrò gli occhi.

“Non è abbastanza per loro mettermi a morte!” Ringhiò Spock rabbiosamente. “Devono prima cercare di spogliarmi di quello che sono.”

“Non ci riusciranno…tu sei più forte di tutto questo.”

Spock annuì e prese qualche profondo respiro. Kirk lo guardò operare per calmarsi. Dopo qualche minuto di concentrazione sul respiro Spock allungò una mano e imitò il gesto di estinguere una fiamma fra le punte delle dita. Kirk poteva vedere che la nuova calma era solo superficiale, le mani di Spock tremavano mentre lui le riportava in grembo. Aprendo gli occhi Spock lo guardò e sorrise. Kirk era così scioccato di vedere quel sorriso da essere senza parole.

“Sono lieto di aver raggiunto il mio obiettivo venendo qui e che lei sarà rilasciato.” Disse Spock annuendo soddisfatto.

“Ci stavo pensando, e non credo di poterti lasciare qui a morire…”

“La prego, se rimarrà qui a morire il mio sacrificio sarà stato vano e mio figlio non avrà nessuna figura paterna alla quale rivolgersi.”

“Vorrei che tu non fossi venuto,” disse Kirk onestamente “non ho mai voluto che tu scambiassi la tua vita per la mia.”

“Non è mai stato quello il mio intento, ma accetto il prezzo da pagare.”

Kirk sapeva che Spock intendeva davvero le parole che aveva appena detto, ma poteva anche vedere la paura che cominciava a prendere il sopravvento mentre la droga continuava a derubarlo del suo controllo emotivo. Fuori il sole era ormai alto in cielo e sembrava prenderli in giro mostrando loro i limpidi cieli di Romulus.

Quando sentirono i passi di Ty’rick e degli altri ritornare Spock cominciò davvero ad andare nel panico. Tremante di paura si premette contro il campo di forza. Quando Ty’rick entrò cominciò ad andare in iperventilazione. Kirk detestava vederlo privato del suo controllo sulle sue emozioni proprio nel momento in cui ne aveva più bisogno.

“Spock, guardami.” Disse Kirk dolcemente.

Gli ci volle un  momento ma Spock eseguì l’ordine. I suoi occhi scuri erano dilatati per la paura e lacrime gli scorrevano lungo le guancie.

“È stato un onore servire insieme a te, Spock, e un onore averti come vero amico.”

“Lunga vita, e prosperità James Tiberius Kirk. Lei è stato il mio più grande amico.”

Con il suo coraggio restaurato Spock si mise in piedi e camminò in contro a Ty’rick. Il Romulano sembrò sorpreso quando Spock gli offrì i polsi per venire ammanettato. Anche Kirk si alzò in piedi e fece del suo meglio per stare al fianco di Spock. Ty’rick guardò i due e sorrise freddamente. Ordinò silenziosamente ad una delle guardie di ammanettare Spock con un paio di spesse manette connesse da una corta catena.

Kirk li guardò andarsene, ancora incapace di credere che questo era il modo in cui sarebbe finita la vita del suo amico. Guardandolo al di sopra della sua spalla Spock sorrise di nuovo all’amico. Ogni paura che aveva sentito in precedenza sembrava essere stata lavata via. Il suo comportamento era ormai di accettazione.

Chiudendo gli occhi Kirk si voltò e scivolò a terra con la schiena premuta contro il campo di forza. Portando le ginocchia al petto piegò indietro la testa e pianse silenziosamente. Non notò nemmeno che Ty’rick era entrato nella sua cella se non quando il Romulano gli calciò un piede. Kirk aprì un occhio e lo fissò con ferocia.

“Che cazzo vuoi adesso?” Sibilò.

“Voglio che tu assista.”

“Preferirei di no.”

“Lo so.”

Kirk costrinse Ty’rick a chiamare le sue guardie per metterlo in piedi. Gli legarono i polsi con una semplice corda, ma a quel punto non era particolarmente necessario. Non aveva intenzione di lottare contro di loro perché sapeva che qualsiasi disperata dimostrazione emotiva era esattamente quello che Ty’rick voleva. Ty’rick fece strada e le guardie si assicurarono che Kirk lo seguisse.

Spock era già alla fine del corridoio in compagnia di due guardie. Camminava tranquillamente con una di loro davanti a sé e l’altra al suo fianco. Non guardò mai alle sue spalle. Kirk non fece nulla per avvertire il suo amico che era proprio dietro di lui. A Ty’rick non sembrava importare nulla e la processione procedette verso l’esterno.

Kirk non era certo di cosa aspettarsi, ma di certo non aveva pensato che ci fosse quella che sembrava mezza Romulus ad attenderli. Il rumore proveniente dalla folla lungo le strade era assordante. Kirk sentì degli insulti lanciati in sua direzione, ma la maggior parte dei Romulani spendeva la sua energia a ridicolizzare il cugino Vulcaniano.

Mentre continuavano verso la loro destinazione Spock non guardò mai la folla. Camminò a passo normale con le spalle tirate indietro e la testa alta. Kirk notò che Ty’rick sembrava un po’ disgustato dal fatto che Spock non fosse spaventato e riuscì a sorridere leggermente a spese del Romulano. L’attenzione di Kirk fu catturata di nuovo dalla folla quando uno dei membri gettò in strada una bottiglia di Birra Romulana che si frantumò pochi passi davanti a Spock.

Anche se avrebbe potuto benissimo aggirare la bottiglia rotta Spock continuò nel suo cammino direttamente sopra le schegge di vetro. Kirk si sentì male alla vista dell’impronta verde brillante lasciata da Spock mentre le schegge di vetro gli tagliavano le piante dei piedi nudi. Apparentemente non influenzato dal dolore Spock continuò a camminare come se niente fosse senza zoppicare minimamente. Kirk si aspettava che i Romulani si facessero ancora più eccitati ora che avevano visto del sangue, tuttavia, la volontà di Spock a camminare sopra i resti della bottiglia di vetro improvvisamente fece cadere nel silenzio la folla e nessun altro provò a lanciare qualcosa lungo il cammino del Vulcaniano.

Alla fine arrivarono in uno spazio aperto con al centro un palco in pietra sormontato da un pilastro sul quale vi erano incise parole in Romulano che Kirk non riusciva a leggere. Vin’el e il resto del Senato erano già lì ad aspettarli. Senza che gli fosse detto nulla Spock andò verso il pilastro di metallo. Voltandosi vi premette contro la schiena e sollevò i polsi incatenati sopra la testa. Un pezzo del pilastro si mosse e formò un gancio che andò ad attaccarsi alle catene fra i polsi di Spock prima di ritrarsi di nuovo nel pilastro così che la catena e il monolite in metallo sembrassero un’unica cosa.

Kirk si guardò attorno e notò che le sue guardie e Ty’rick non stavano prestando particolare attenzione a lui. Approfittandosi dell’occasione si avvicinò e Vin’el e cadde in ginocchio davanti a lui. Il Romulano sembrò sorpreso e fece un passo indietro. Con le mani ancora legate strettamente dietro la schiena Kirk attese che Vin’el gli parlasse.

“Cosa ci fa lui qui?” Vin’el fissò intensamente Kirk.

“Imploro pietà.” Replicò Kirk col capo chinato.

“Ho pensato che per lui sarebbe stato meglio assistere a tutto ciò così che potesse informare la Federazione su cosa succede ai nemici dell’Impero Stellare.” Disse Ty’rick con un sorriso smagliante.

“No. È un civile. Lasciatelo libero.”

“Senatore, vi prego, non giustiziate Spock.”

“È accusato per la morte dell’equipaggio della Narada, spionaggio all’interno dell’Impero Stellare, e violazione volontaria della Zona Neutrale e del trattato fra la Federazione e l’Impero Stellare.”

“Capisco, tuttavia, ha fatto tutto ciò per me…non merita di morire.”

“Vulcaniano,” Vin’el si rivolse al prigioniero “preferiresti spendere il resto della tua vita naturale confinato in un’oscura cella?”

“No.” Rispose semplicemente Spock.

“Allora procederemo. Capitano Yinin, porti via questo umano, lo trasporti su un pianete neutrale.”

“Sì, Senatore.” Il Capitano Romulano annuì e si chinò per afferrare Kirk per il braccio.

“Spock…”

“Addio, Jim.”

Prima che Kirk avesse la possibilità di dire qualcos’altro il Capitano lo tirò in piedi e cominciò a condurlo via. Le due guardie lo seguirono in silenzio. Non disposto ad andarsene pacificamente Kirk lottò ad ogni passo, tuttavia il Romulano era troppo forte facendo sì che venisse semplicemente trascinato via. La folla si divise per loro mentre si facevano strada verso il palazzo.

“Fidati, umano, non vuoi rimanere per assistere.” Ridacchiò il Capitano Yinin. “L’ultima esecuzione è durata cinque giorni.”

Kirk chiuse gli occhi contro il rinnovato ritorno delle lacrime e continuò a lottare contro il suo aguzzino. Erano ormai a metà strada quando un orribile grido d’agonia fendette l’aria mattutina seguito dal ruggito d’approvazione della folla assettata di sangue. Il grido di Spock aveva colpito Kirk fino alle ossa e gli fece impiantare i talloni al suolo per impedire di essere trascinato in avanti. Il grido si ripeté, innalzandosi oltre il rumore prodotto dalla folla.

“Spock! No!”

Kirk si liberò dalla presa di Yinin. Nello stesso movimento si afferrò il pollice sinistro con la mano destra e lo dislocò. Ci fu un nauseante lampo di dolore, ma la nuova flessibilità permise a Kirk si liberare i polsi dalla corda. Kirk non perse tempo a sferrare un pungo in faccia a Yinin con abbastanza forza da farlo crollare a terra con sangue verde che gli sgorgava dal naso.

Voltandosi per tornare dal suo amico morente Kirk corse direttamente contro una delle guardie in attesa. La lotta che seguì fu violenta e alla fine ci vollero entrambe le guardie e l’aiuto di tre uomini dalla folla per tenere sotto controllo Kirk. Gli uomini continuavano a tenerlo in ginocchio così che potesse essere legato di nuovo, ma alla fine furono costretti a premere tutto il suo corpo a terra sedendoglisi sulla schiena.

In inferiorità numerica Kirk ruggì come un leone ferito e continuò a lottare per liberarsi. La mano rotta mandava lampi di dolore lungo tutto il suo braccio e sangue gli colava dal labbro spaccato. Il Romulano seduto sulla sua schiena stava riaprendo le ferite della sua precedente fustigazione, ma niente di tutto questo servì a togliergli la volontà di lottare.

Alla fine il corpo percosso e quasi morto di fame di Kirk cominciò a cedere mentre cominciava ad esaurire l’adrenalina. Quando perse fisicamente l’abilità di lottare le guardie furono in grado di trattenerlo meglio. Tenendogli le mani serrate dietro la schiena i Romulani lo fecero alzare. A malapena capace di rimanere in piedi Kirk ansimò in cerca d’ossigeno e lottò per rimanere cosciente. La voce torturata di Spock risuonò di nuovo facendosi sempre più alta fino a che non fu più percettibile dall’udito umano di Kirk.

“Spock! Spock! Spock…”

 

Ed ecco qui Kirk e Spock, sembra proprio che il Vulcaniano questa volta non riuscirà a cavarsela...

 

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Capitolo 37
*** Capitolo 37 ***


Capitolo 37

“Sono Vulcaniano…dovrei riuscire a capire.”

Facendosi sempre più frustrato Salen continuò a fissare i dati che gli venivano mostrati dai computer medici. I computer gli stavano dando un sacco di informazioni, ma lui non sapeva cosa poterci fare. Aveva preso Pike, McCoy e Daniels e li aveva portati in Infermeria. Anche il piccolo Til’ik era raggomitolato su uno dei tavoli.

Salen guardò Pike e sospirò pesantemente. Il suo nuovo padre era ancora intrappolato nel suo sonno innaturale, ma con il passare del tempo il suo battito cardiaco si faceva sempre più debole. Secondo il tasso di rallentamento del cuore stimava che l’equipaggio avesse approssimativamente due ore e mezza prima che il loro cuore si fermasse definitivamente.

“Dev’esserci qualcosa su questa fottutissima nave che può essere d’aiuto!” Ringhiò Salen frustrato.

Aveva imparato quel linguaggio volgare da Wilson. Si era detto che non avrebbe mai utilizzato quella parola, ma in quel momento gli sembrava una scelta logica pronunciarla. Incapace di controllare la sua ansia sempre più forte afferrò una cartella clinica e la lanciò contro il muro. Ansimante chiuse gli occhi e si obbligò a rilassarsi. Spostandosi dal tavolo del Dr. McCoy si affiancò a Pike. Gli prese la mano e se la premette al petto.

“Non desidero perderla, tuttavia, non posso rilasciare Cel’esta.” Sospirò Salen. “Non credo che comunque vi aiuterebbe. Probabilmente vi ha lasciati vivi in primo luogo piuttosto che usare un veleno mortale semplicemente per torturarvi una volta tornata su Romulus. Padre…non so cosa fare.”

Quando il ritmo del cuore di Pike rallentò visibilmente sugli schermi Salen cominciò ad andare nel panico. Mise giù la mano di Pike e guardò il dottore addormentato. Salen strinse gli occhi, le risposte erano nella mente di McCoy, doveva solo prenderle. Abbassando lo sguardo sulle sue mani Salen esitò. Non era mai stato addestrato a praticare in modo corretto la fusione mentale Vulcaniana.

“L’ultimo uomo che ho toccato in questo modo è impazzito…tuttavia moriranno tutti se non faccio niente.”

Deglutendo Salen si avvicinò a Bones. Allungò una mano e cercò di ricordare come Spock aveva posizionato le dita sul suo volto. La fusione fra lui e Spock era stata solo cinque giorni fa, ma a lui sembrava che fosse passata una vita da quel momento. Appoggiò le dita tremanti sulla pelle di McCoy il più leggermente possibile. Chiudendo gli occhi lavorò per contattare la mente del dottore.

“Diminuzione nel livello di coscienza, battito cardiaco in diminuzione…” Sussurrò Salen. “Dottore, le nostre menti sono una. Cosa farebbe? Cosa faremmo?”

Salen urlò di dolore e tolse immediatamente la mano mentre McCoy combatteva subconsciamente la goffa fusione mentale. Salen alzò una mano e si premette la base del naso con le dita contro un improvviso mal di testa. Sentendosi nauseato si piegò in avanti velocemente e vomitò. Passandosi una mano sotto il naso scoprì che stava sanguinando copiosamente. Senza pensarci si ripulì il sangue sulla maglia nera. Raddrizzandosi lentamente ansimò acutamente.

“Cordazina!” Gridò.

Affrettandosi all’armadietto dei medicinali Salen cominciò a frugare fra le varie bottigliette in cerca dello stimolante. Quando trovò il liquido di colore rosso acceso lo inserì in una siringa. Voltandosi guardò i tre uomini. La Cordazina era un medicinale pericoloso, e mortale quando usato nella situazione sbagliata. Salen si avvicinò ad un letto.

“Mi dispiace, Til’ik, ma tu sei la scelta logica per un test.”

Salen mise la siringa su minima dose. Gli si inumidirono gli occhi per le lacrime quando pensò che forse stava per uccidere una creatura innocente. Non avendo scelta premette la siringa contro il soffice pelo di Til’ik. All’inizio non successe nulla. All’improvviso Til’ik strillò e balzò, i peli ritti. Guardò Salen e poi si gettò contro il Vulcaniano.

All’inizio Salen pensava che il coda argentata volesse attaccarlo. Tuttavia, Til’ik non fece altro che avvolgere la coda attorno al suo collo strettamente per poi nascondersi sotto la sua maglia. Salen sorrise e accarezzò la creatura tremante. Sentendosi un po’ più sicuro si avvicinò al letto successivo.

“Lei è il prossimo, Dottore.”

McCoy ebbe una reazione simile a quella di Til’ik alla Cordazina. Entrò in uno stato di puro panico e finì per cadere dal tavolo strisciando via. Rintanatosi in un angolo Bones lottò per respirare con gli occhi sgranati per il terrore. Salen gli si avvicinò lentamente e si inginocchiò davanti a lui.

“Dottore, la prego non abbia paura.”

“Sa…Salen?” Bones si guardò attorno in Infermeria. “Che diavolo è successo?”

“Cel’esta ha drogato l’equipaggio dell’Enterprise con qualcosa che ha effetto solo sui mammiferi con il sangue a base di ferro.”

“Quella subdola bastarda dalle orecchie a punta.” Borbottò McCoy. “Salen…sei appena stato nella mia mente?”

“Sì, Signore.”

“Posso dirlo. Ho questo orribile ricordo di aver baciato Cel’esta.”

“Ha provato a sedurmi.”

“Che hai fatto?”

“L’ho resa incosciente con una presa Vulcaniana e l’ho rinchiusa in una cella.”

“Mi piaci, Salen.” Sorrise Bones. “Sei un ragazzo intelligente.”

“Ci sto provando.”

“Hai fatto un lavoro migliore con Cel’esta di noi ‘adulti’.” Disse McCoy seriamente.

Salen arrossì diventando di un verde brillante. Alzandosi in piedi offrì una mano a Bones per aiutarlo a rialzarsi. Accentando l’offerta McCoy si tirò su e prese la siringa dalle mani di Salen. Aggiustando il dosaggio ancora una volta svegliò Pike e poi andò a rianimare Daniels. Pike si forzò in una posizione seduta e si guardò freneticamente attorno fino a che non vide suo figlio.

“Salen!” Gridò felicemente Pike. “Stai bene?”

“Sì, Padre.”

“È grazie a lui se siamo svegli, Ammiraglio.” Aggiunse Bones.

“Che è successo? Dov’è Cel’esta?”

Salen gli raccontò cos’era successo mentre Daniels si svegliava violentemente. Pike non tentò nemmeno di nascondere l’orgoglio che provava per Salen. Senza pensare allungò un braccio e strinse il Vulcaniano in un caldo abbraccio. Salen si tese all’inizio, ma poi si rilassò e rispose all’abbraccio. Bones e Daniels si avvicinarono e aiutarono Pike a ritornare sulla sua sedia a rotelle.

“Rapporto sulla situazione, Dottore.” Chiese Pike formalmente.

“C’è abbastanza Cordazina da permettere di svegliare cinque membri dell’equipaggio. Credo che Salen abbia ragione nel dire che senza trattamento il resto dell’equipaggio comincerà a morire in circa due ore. Potremmo usare il Rimazel per stabilizzare gli altri, dovrebbe darci un giorno o due di tempo.”

“Usi il resto della Cordazina su Sulu, Scotty, e tutti i membri del personale medico che può. Il resto del personale medico può aiutarla col resto dell’equipaggio. Salen, la nave è ancora a Velocità di Curvatura?”

“Sì, diretta verso Romulus.”

“Ammiraglio,” Bones si fece più vicino “se siamo già oltre la Zona Neutrale…”

“Allora tanto vale andare fino a Romulus.” Sorrise Pike. “Daniels, vada a cercare Scotty, vi voglio entrambi sul Ponte in dieci minuti. Dottore, dia a Daniels abbastanza Cordazina da svegliare Scotty, e a me dia quella per svegliare Sulu. Una volta che avrà stabilizzato il resto dell’equipaggio venga sul Ponte.”

“Sì, Signore.” Rispose entrambi gli uomini all’istante.

“Dovrei tornare nella mia stanza.” Disse Salen con calma.

“Solo se vuoi. Credo tu ci abbia provato di essere un membro della Flotta Stellare, puoi unirti a me sul Ponte.”

“Mi piacerebbe.”

McCoy divise la Cordazina in tre siringhe e le diede a Pike e Daniels. Salen rimase accanto a Pike mentre velocemente si dirigevano verso il Ponte. Una volta in ascensore Pike alzò lo sguardo su Salen e gli sorrise caldamente. Salen inclinò la testa di lato e cercò di capire perché il suo padre adottivo gli stava sorridendo in quel momento.

“È la seconda volta che mi salvi la vita, Salen.”

“In entrambe le situazioni sono stato colui che ha posto la sua vita in una situazione nella quale avrebbe potuto essere in pericolo.”

“Non è questo il punto.”

“Qual è il punto?”

“Hai fatto molta strada da quando te ne stavi ranicchiato in un angolo in una cella di contenimento della Flotta Stellare.”

“Devo crescere ancora molto.”

“Certo. Sono comunque fiero di te.”

Salen abbassò lo sguardo su Pike e un sorriso genuino gli comparve in volto. Pike annuì in segno di approvazione. La porta dell’ascensore si aprì e i due si fecero strada per il Ponte praticamente deserto. Salen mise Chekov in una posizione più comoda mentre Pike inseriva la siringa nel collo di Sulu.

“Am…Ammiraglio?” Chiese Sulu confuso. “Cos’è successo?”

“Per farla breve: l’Enterprise sta sfrecciando per lo spazio e noi dobbiamo fermarla.”

“Sì, Signore.”

“Dove siamo?”

“Vediamo…uh-oh.” Sulu ricontrollò il timone.

“Comandante?”

“Siamo profondamente all’interno del territorio Romulano, Signore.”

“Il dispositivo di occultamento sta funzionando?” Chiese Pike preoccupato.

“Stiamo per scoprirlo.” Li informò Scotty entrando sul Ponte con Daniels. “Ammiraglio, la nave è stata spinta a massima Curvatura, è surriscaldata da troppo tempo. Se non usciamo dalla Curvatura nei prossimi dieci minuti la dilanieremo.”

“Sulu, quanto manca per raggiungere Romulus?”

“Sette minuti.”

“Ci porti lì, orbita standard.”

“Ne è sicuro, Ammiraglio?” Chiese Sulu. “Se il dispositivo di occultamento non funziona…”

“Comandante,” lo interruppe Daniels “se il dispositivo di occultamento non dovesse funzionare i Romulani ci catturerebbero ugualmente sette minuti più vicini a Romulus o sette minuti più distanti. Potremmo ritrovarci nella posizione di salvare il Capitano Spock e Jim Kirk nel minimo tempo possibile se il dispositivo è funzionante.”

“Esattamente quello che pensavo anche io, Comandante Daniels.” Sorrise Pike. “Diventerà un bravo Capotano di Nave Stellare un giorno, Daniels.”

“Mi fa piacere che la pensi così, Signore.”

“Okay,” sorrise Sulu “che Romulus sia.”

Non volendo intralciare nessuno Salen si diresse alla stazione dei sensori dove normalmente stava Spock. McCoy arrivò sul Ponte pochi secondi prima che arrivassero a Romulus. Salen sapeva quanto era stressato Bones, lo aveva percepito quando era entrato nella mente del dottore. La parte emotiva di McCoy non credeva che i suoi amici fossero morti, ma la parte razionale della sua mente non pensava che potessero essere sopravvissuti così a lungo. Anche se non riusciva a capirlo Salen era confortato dal fatto che McCoy fosse disposto a credere contro ogni logica che i suoi amici potessero ancora essere salvati.

“Arrivo a Romulus in 5, 4, 3, 2, 1…” Sulu contò alla rovescia.

Tutti trattennero il fiato mentre uscivano da Curvatura. Lo schermo fu immediatamente riempito da Romulus. Vi erano almeno una dozzina di Falchi da Guerra in orbita attorno al pianeta, tuttavia, nessuno sembrò notare l’Enterprise.

“Beh schiaffeggiatemi fino a farmi diventare stupido, e chiamatemi Dolly*.” Scotty scosse la testa incredulo. “Quel dannato aggeggio Romulano funziona davvero.”

“A quanto pare.” Aggiunse Pike solennemente. “Adesso come faremo a trovare i nostri ragazzi su un pianeta ostile?”

“Teletrasportarci laggiù sembra fuori discussione.” Disse Bones. “Verremmo uccisi nel giro di pochi secondi.”

“Se siamo fortunati.” Puntualizzò Pike.

“Non so il Capitano Spock, ma Kirk dovrebbe essere facile da trovare.” Disse Daniels. “Dovrebbe essere la più grande forma di vita sul pianeta con un’alta concentrazione di ferro invece che di rame.”

“Non credo che i sensori possano essere impostati in quel modo.” Controbatté Pike.

“Certo che possono. Lo facevamo sempre sulla Darwin quando dovevamo catalogare delle forme di vita. Ci vuole solo una mano attenta per ricalibrare la frequenza. Posso farlo.”

“E Spock?” Chiese McCoy. “Come faremo a trovarlo? Non c’è molta differenza fra Romulani e Vulcaniani…beh, almeno non fisicamente.”

“C’è una buona possibilità che se troviamo Kirk, troviamo anche Spock.” Disse Pike fiducioso. “Daniels, lo faccia.”

“Sì, Signore.”

Salen sperò che Pike sentisse davvero la fiducia che traspariva dalla sua voce. Si spostò quando Daniels si avvicinò per usare i sensori. Tutti rimasero in un silenzio tombale mentre Daniels riaggiustava i sensori per cercare l’unico umano nel mondo sotto di loro. Concentrandosi duramente sui dati Daniels cominciò improvvisamente a sembrare Spock, letteralmente.

“Penso di averlo trovato.” Daniels sobbalzò al suono della sua voce, la voce di Spock. Ritornò al suo aspetto. “Scusate, stavo pensando a come trovare Spock, devo aver cominciato a mutare.”

“Pensi di aver trovato Jim?” Chiese Bones.

“Sì, ma c’è un problema. Se è lui, è circondato da un mare di Romulani. Trovare Spock sarà come trovare una molecola di sale nell’oceano.”

“Mandi le coordinate di Kirk alla sala teletrasporto.” Ordinò Pike.

“Ammiraglio…abbandoneremo davvero Spock?” Chiese McCoy.

“Preferisco salvare uno di loro piuttosto che nessuno dei due. In quanto dottore lei dovrebbe capirlo, qualche volta è il meglio che si possa fare.”

“Come dottore lo capisco, ma come amico…”

“Lo so. Non piace neanche a me.”

McCoy guardò disperatamente Scotty, ma l’ingegnere non aveva nessun’altra opzione. Salen seguì Pike nell’ascensore. Bones, Scotty e Daniels si unirono a loro, lasciando Sulu al timone per portarli via in fretta se fosse stato necessario. In sala teletrasporto Scotty entrò in azione.

“Ammiraglio, ho agganciato una forma di vita approssimativamente del peso del Capitano alle coordinate che mi ha dato il Comandante Daniels.”

“Energia.”

Salen guardò ansiosamente le rampe del teletrasporto insieme a tutti gli altri. Ci volle un momento prima che comparisse un debole vortice di luce che si materializzò in Kirk. Cadendo pesantemente sulla rampa del teletrasporto su mani e ginocchia Kirk sputò del sangue sulla pulita superficie del pavimento prima di lanciarsi ciecamente in avanti. Aspettandosi chiaramente di essere trattenuto Kirk sbatté contro il muro della sala teletrasporto.

McCoy avanzò per aiutare il suo amico ma indietreggiò quando Kirk si voltò di scatto, mostrandogli i denti insanguinati e ringhiano come un cane randagio. Sangue scorreva liberamente lungo il volto di Kirk dal naso rotto e dal labbro spaccato. Teneva la mano sinistra stretta al petto come per proteggerla. Del sangue gli era colato sugli occhi da un taglio alla tempia e lo stava effettivamente accecando.

“Ji…”

McCoy non riuscì a dire nient’altro. Sentire una voce aveva dato a Kirk una direzione verso la quale attaccare. Sbatté Bones a terra e gli fu sopra in pochi secondi. Il suo stato frenetico non lasciava spazio a nessun concetto di amico contro nemico. Terrorizzato dal violento umano Salen indietreggiò. Scotty e Daniels si lanciarono in avanti e tirarono via Kirk dal dottore prima che potesse fargli male. Furono obbligati a tenerlo stretto quando si lanciò di nuovo in avanti cercando di liberarsi.

“Spock!” Gridò Kirk con voce fredda. “Spock!”

“Calmo, Jim, calmati.” McCoy appoggiò gentilmente le mani sul petto di Kirk. “Sono io, McCoy, il tuo amico. Puoi dirci dov’è Spock?”

“Bones?” Chiese Kirk stupito cercando di togliersi il sangue dagli occhi sbattendo le palpebre.

“Sì, Jim.”

“Sei al sicuro sull’Enterprise, Kirk.” Aggiunse Pike. “Dov’è Spock?”

“Lo stanno uccidendo! Vicino al palazzo…” Ansimò Kirk. “Dovete rimandarmi lì, non posso lasciarlo indietro…”

“Quanto era distante da lui quando è stato teletrasportato a bordo?” Chiese Daniels.

“Non…non lo so, cinquecento metri, forse seicento.” Kirk cercò di liberarsi di nuovo. “Lasciatemi andare!”

“Jim, fermati, stai perdendo un sacco di sangue…” Disse Bones.

“Non me ne frega!”

Kirk sembrò perdere la sua forza per un momento facendo sì che Daniels e Scotty allentassero la presa. Con rinnovata vita Kirk si liberò e spinse McCoy a terra. Pike si mise immediatamente fra lui e i controlli del teletrasporto. Quando Kirk si avvicinò troppo a Pike per i gusti di Salen il Vulcaniano si lanciò in avanti. Si mise fra Pike e Kirk. Jim fece per rimuovere con la forza Salen. Difendendo sé stesso e Pike Salen allungò una mano e gentilmente eseguì la presa Vulcaniana su Kirk, facendolo crollare a terra.

“Jim!” Gridò McCoy allarmato.

“Non gli ho fatto del male.” Disse Salen velocemente.

“Va tutto bene, Salen,” Bones si chinò accanto a Kirk per sentirne il battito cardiaco “doveva essere fatto.”

“Scotty, aiuti il Dr. McCoy a portare Jim in Infermeria.” Ordinò Pike imbronciato.

“Ammiraglio, non possiamo lacia…” McCoy non terminò. “Mi scusi, mi…mi prenderò cura di Jim.”

Senza dire nient’altro McCoy e Scotty sollevarono Kirk e lo portarono in Infermeria. Salen si sentì il cuore andare in pezzi mentre guardava Pike che fissava la macchia di sangue sulla rampa del teletrasporto. Pike chiuse gli occhi mentre una lacrima gli solcava la guancia.

“Mi dispiace così tanto, Spock.” Sussurrò. “Non posso fare niente, forse se potessi camminare…”

“Io posso camminare, Signore.” Disse Daniels avanzando.

“Non ha importanza, Daniels. Questa è la ‘situazione senza via d’uscita’ nella quale Kirk si rifiuta di credere.” Pike si coprì gli occhi con una mano. Salen gli mise una mano sulla spalla in silenzioso supporto. “Daniels, la prego dica a Sulu di portarci a casa.”

“Ma sappiamo che Spock è in un raggio di cinquecento metri.”

“Non possiamo agganciarlo. Qualcuno dovrebbe andare lì giù…”

“Ci andrò io.”

“No, Daniels,” disse fermamente Pike “i Romulani la ucciderebbero in pochi secondi.”

“No se pensano che io sia uno di loro.”

“Non abbiamo tempo, so che può cambiare il suo volto ma non sarà sufficiente…”

Pike si fermò quando Daniels chiuse gli occhi e lentamente cominciò a mutare. Sudore cominciò a imperlargli la pelle che gradualmente si faceva più verde, qualcosa che non aveva mai provato prima. Le sopracciglia cominciarono ad arcuarsi e i capelli si allungarono prima di farsi così corti da scomparire. Con un grido di dolore cadde in ginocchio mentre forzava la punta delle sue orecchie a farsi appuntita. Ansimando in cerca d’aria aprì gli occhi, rivelando che erano annuvolati dal sangue. Quando il sangue schiarì i suoi occhi una volta blu erano diventati neri come la mezzanotte.

Respirando più facilmente Daniels si rimise in piedi. Mentre si alzava un delicato intrico di tatuaggi comparve attorno ai suoi occhi estendendosi poi lungo la sua testa ora priva di capelli. Si tolse la maglia della Flotta Stellare e la offrì a Salen. Capendo le sue intenzioni Salen si tolse la maglia nera, esponendo Til’ik, e la diede a Daniels. Daniels si mise addosso la semplice maglia nera. Tremante per l’immenso sforzo della trasformazione abbassò lo sguardo su Pike inchiodandolo con occhi assassini.

“Come le sembro, Ammiraglio?”

“Come uno di loro…”

 

*purtroppo questa frase tradotta non ha praticamente senso, in lingua originale era: 'Well, slap me silly, and call me Dolly.'

Kirk è finalmente stato salvato ora resta da vedere se Daniels riuscirà a salvare il nostro caro Vulcaniano!

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Capitolo 38
*** Capitolo 38 ***


Capitolo 38

“Sarei dovuto rimanere a bordo del mio vascello di ricerca.”

Borbottando fra sé e sé Daniels scivolò lungo i vicoli deserti della città Romulana. Non avevano osato materializzarlo troppo vicino alla folla in caso qualcuno lo avesse notato. Pike aveva reso chiaro che non era obbligato a fare nessun tentativo di salvataggio, ma quelle parole non gli avevano certo impedito di essere mandato sulla superficie del pianeta.

Daniels era quasi arrivato alla folla il cui rumore si sentiva in sottofondo quando vide il suo riflesso su un vetro di una finestra. Fermandosi immediatamente alzò una mano e la passò fra i capelli biondi. Ringhiando per la frustrazione cercò di ritornare ad essere calvo. Quando non ebbe successo riuscì almeno a farli diventare neri. Mantenere i lineamenti che non aveva mai provato prima era stato doloroso, e Daniels trovava incredibilmente oneroso rimanere mutato.

“Almeno ho ancora le orecchie appuntite.”

L’adrenalina che gli pulsava nelle vene non stava certo rendendo più facile rimanere Romulano. Il cuore gli batteva così forte da fargli temere che i veri Romulani lo avrebbero sentito realizzando istantaneamente che non era uno di loro. Respingendo quell’idea in un angolino della mente, Daniels svoltò l’angolo e si ritrovò alla fonte dell’agitazione.

Quando nessuno si voltò e lo accusò di non essere un Romulano Daniels guadagnò un po’ di fiducia in sé stesso. Immergendosi nella folla eccitata cominciò a farsi strada verso il centro dove immaginava si trovasse Spock.

Qualsiasi dubbio sulla posizione di Spock svanì quando un grido d’agonia si innalzò al di sopra della folla. Il penetrante lamento fece rabbrividire Daniels e gli fece venire immediatamente la pelle d’oca. Il resto dei Romulani risero e gridarono. Daniels guardò male l’uomo ridente più vicino a lui. Tuttavia quando l’uomo lo notò Daniels fu costretto a ridere insieme agli altri.

Sentendosi nauseato Daniels continuò a lottare per arrivare alla voce straziante del suo Capitano. Attraversare il mare di Romulani per la maggior parte ubriachi era come lottare contro un’improvvisa marea. Quando arrivò al bordo della radura circolare che conteneva il palco Daniels dovette fermarsi e fissare il terreno davanti a sé per un momento per ricomporsi assicurandosi di essere rimasto nei panni di Romulano.

Realizzando di dover sorvegliare la situazione si forzò a guardare di nuovo innanzi a sé. Spock era proprio dove Kirk lo aveva visto l’ultima volta solo che ora sangue verde smeraldo gli colava dalle braccia sollevate e correva liberamente lungo il suo petto da dove le manette gli avevano ferito i polsi.

Con la testa gettata all’indietro e la schiena inarcata Spock si stava effettivamente sollevando da terra per mezzo delle manette d’acciaio. All’inizio Daniels non capì perché non si permetteva di appoggiare il suo peso sui piedi. Tuttavia quando vide come Spock contorceva le braccia si rese conto che il Vulcaniano stava facendo la cosa logica cercando di rendere i tagli abbastanza profondi da farlo morire dissanguato rapidamente. Sfortunatamente sembrava che il metallo producesse solo danni superficiali.

Qualsiasi cosa stesse provocando dolore a Spock si attivò nuovamente. Daniels digrignò i denti per impedirsi di stare fisicamente male mentre Spock cadde in un terrificante attacco. Quando finì Spock chinò la testa e ansimò mentre cercava di nuovo di terminare la sua vita servendosi delle manette d’acciaio. Daniels quasi dimenticò cosa stava facendo su Romulus mentre fissava con orrore Spock.

“Non ti godi lo spettacolo?” Chiese improvvisamente una profonda voce.

“Sì.” Replicò immediatamente Daniels. “Solo…um…è la mia prima esecuzione.”

“Beh, goditela finché puoi, si stanno facendo sempre più rare.”

Daniels forzò un sorrisetto e annuì. Si guardò di nuovo intorno, memorizzando tutto così che una volta tornato all’Enterprise potessero localizzare Spock alla perfezione. Vi erano diverse guardie che sarebbero state dei punti di riferimento niente male visto che avevano l’aria di non dover andare da nessuna parte. Così come i quattro Romulani sul palco con Spock. Se necessario avrebbero potuto teletrasportarli tutti e pensare a cosa farne dopo.

Anche se Daniels non sapeva il suo nome Ty’rick era il Romulano più vicino a Spock. Daniels notò lo sguardo affamato negli occhi di Ty’rick mentre il Romulano si saziava della sofferenza della sua vittima. I suoi denti affilati erano ben visibile grazie al sorriso smagliante che esibiva. Quando Spock trasse un respiro particolarmente tremante Ty’rick fece scivolare la mano sotto il mento del Vulcaniano e lo obbligò a guardarlo negli occhi.

“Avanti, Spock,” disse dolcemente “il dolore è solo costrutto della mente, e quindi può essere controllato. O forse non sei abbastanza Vulcaniano da poterlo fare?”

Oltre a un minimo restringimento degli occhi scuri Spock non diede nessuna risposta.

“Non devi rispondere, il fatto che tu sia venuto qui è una prova sufficiente della tua mente illogica.”

Questa volta Spock rispose. Si liberò dalla presa di Ty’rick e alzò il ginocchio in un ampio arco così da farlo sbattere contro le costole di Ty’rick. Sbattuto a terra il Romulano si rimise in piedi con un ruggito furioso. Tirò indietro un pugno per colpire Spock ma fu fermato quando la folla si agitò.

“Senatori! Comandante Ty’rick!” Gridò un grosso Romulano correndo verso di loro. “L’umano, è svanito.”

“Svanito?” Domandò Ty’rick. “Come sarebbe a dire ‘svanito’?”

“Sembra che sia stato teletrasportato via.”

“Impossibile! Nessuna nave della Federazione può entrare così in profondità nel nostro territorio.”

“Chiaramente ce l’hanno fatta, Comandante.”

Ty’rick si avvicinò rapidamente al Romulano e gli tirò un manrovescio abbastanza forte da farlo finire a terra. Con tutti che osservavano la scena in anticipazione di una battaglia Daniels cominciò lentamente a mettere una mano in tasca per tirare fuori il suo comunicatore. Era rischioso contattare l’Enterprise nel mezzo dei Romulani per dar loro le coordinate, ma se stava per cominciare una battaglia dubitava che sarebbero riusciti a scoprirlo.

“Ty’rick,” disse seriamente Vin’el “se Kirk è stato salvato dalla Federazione allora il prossimo sarà Spock.”

“Non faranno in tempo.” Sputò Ty’rick.

Daniels ansimò allarmato quando vide un bagliore argentato mentre Ty’rick sguainava una daga con più punte. Era a quasi nove metri da Spock mentre Ty’rick era a soli quattro metri e mezzo. Tuttavia, Ty’rick non stava correndo e, prima che Daniels potesse ripensare a quello che stava facendo, lui sì. Scansando la guardia che cercò di fermarlo Daniels corse a rotta di collo verso Spock.

Quando saltò sul podio phaser cominciarono a sparare nella sua direzione spaccando il pavimento di pietra sotto i suoi piedi. Dato che si stava muovendo troppo velocemente per riuscire a fermarsi andò semplicemente a sbattere contro Spock. Avvolse un braccio intorno alla vita di Spock e tirò fuori il comunicatore con l’altro. Aprendolo in un unico fluido movimento tenne Spock stretto contro il suo petto e serrò gli occhi.

“Enterprise!”

Il disperato grido d’aiuto di Daniels non rimase inudito. Nella sala teletrasporto Pike aveva già cominciato a preoccuparsi del fatto che Daniels non li avesse ancora contattati. Scotty aveva mantenuto agganciato il comunicatore, pronto ad attivare il teletrasporto se necessario. Avendo controllato che Kirk fosse stabile Bones era stato richiamato in sala teletrasporto in caso di necessità.

“Energia, Scotty!” Abbaiò Pike.

“Già fatto, Ammiraglio.”

Proprio come quando Kirk stava ritornando finalmente a bordo dell’Enterprise tutti trattennero il fiato attendendo che Daniels apparisse. Tutti ansimarono improvvisamente quando videro che con lui c’era Spock. Essendo stati così vicini erano stati teletrasportati insieme.

“Spock!” Bones corse fino a lui. “Daniels, ce l’hai fatta!”

Daniels annuì semplicemente e permise pacificamente a Bones di prendere Spock. Era difficile capire se Spock sapeva dove si trovava. Non lottò contro McCoy, tuttavia, aveva gli occhi serrati e urlava come un animale scuoiato vivo. Bones iniettò una siringa di tranquillanti nel suo collo facendolo rilassare in un qualche modo. Scotty aiutò Bones a stendere Spock sulla barella che il dottore aveva portato lì dall’Infermeria.

Ancora in piedi sulla rampa del teletrasporto Daniels fissò la scena senza riuscire a vederla per davvero. Era ritornato alle sue sembianze per un momento, ma ora aveva ripreso a trasformarsi leggermente. I suoi capelli cambiarono colore diverse volte prima di diventare di nuovo biondi. Corrugando le sopracciglia cercò di fare un passo in avanti ma si scoprì incapace di farlo. Fu Pike il primo a rendersi conto che qualcosa non andava.

“Salen!” Gridò Pike. “Prendi Daniels!”

Salen era rimasto al fianco di Pike ma si lanciò in avanti per aiutare Daniels. Il giovane Vulcaniano non riuscì ad afferrarlo ma fu in grado di aiutarlo a mettersi in ginocchio. Gli occhi di Daniels cambiarono dall’oro al blu al nero prima di tornare al loro naturale colore ambrato. Aprì la bocca per parlare e sangue rosso scuro colò dalle sue labbra.

“Dottore!” Gridò Salen.

“Bones!” Chiamò Pike. “Ritorni qui!”

McCoy era a malapena riuscito ad uscire in corridoio con Spock. Si voltò istantaneamente e corse all’interno della sala teletrasporto. Vedendo Daniels in ginocchio con sangue che gli colava lungo il mento si apprestò a raggiungerlo sulla rampa del teletrasporto. Salen si scostò di lato per lasciare spazio al dottore.

Supportando Daniela al meglio McCoy cercò freneticamente di isolare il problema. Prima che potesse anche solo cominciare gli occhi di Daniels rotearono all’indietro facendosi bianchi. Inarcò brevemente la schiena prima di rilassarsi. Bones lo fece scivolare a terra steso sul fianco prima di premere le dita contro la sua gola. Chiudendo gli occhi McCoy scosse leggermente la testa.

“Bones, che sta succedendo?” Chiese Pike facendosi più vicino.

“Mi dispiace, Ammiraglio, è morto.”

“Morto? Pe…perché?”

Piuttosto che rispondergli Bones estrasse la lunga daga di Ty’rick dalla parte inferiore della schiena di Daniels e la mostrò a Pike. La daga argento scuro era ricoperta di sangue rosso fino all’elsa. Salen ansimò acutamente e indietreggiò per la paura. McCoy guardò criticamente dove si trovava la ferita.

“Quello non è un punto sulla schiena dove si ferirebbe un umano o un Romulano se si volesse ucciderli, questa spada doveva finire nel cuore di un Vulcaniano da davanti.” Notò McCoy. “Dev’essere stata avvelenata altrimenti sarebbe ancora vivo.”

“Daniels deve aver protetto Spock dal colpo.” Aggiunse Pike guardando Daniels.

“Lo porterò in Infermeria.”

“No.” Sussurrò Pike e scosse la testa tristemente.

“Ammiraglio?” Chiese Bones preoccupato.

“Vada a prendersi cura di Spock, Dottore.”

“Sì, Signore. Farò tutto il possibile per assicurarmi che il sacrificio di Daniels non sia stato vano.”

“Non importa come andrà con Spock…il Comandante Daniels resterà comunque un eroe.”

 

Finalmente è stato salvato anche Spock, ora come sempre sarà il buon Dottore a doverlo salvare per davvero!

 

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Capitolo 39
*** Capitolo 39 ***


Capitolo 39

“Perché non funziona, testardo, dalle orecchie a punta…”

Bones non terminò il suo borbottio frustrato. Si pizzicò la base del naso, lasciandoci sopra una sbavatura verde di sangue. L’Infermiera Chapel passò per vedere se poteva aiutare, ma McCoy semplicemente scosse la testa e le ordinò di assicurarsi che Kirk rimanesse stabile. Lei alzò una mano e con un panno tolse il sangue di Spock dal volto del dottore prima di tornare da Kirk. Gli avevano messo a posto la schiena con della pelle artificiale, e messo a posto le ossa rotte, a parte quello Kirk era arrivato a bordo in condizioni straordinariamente buone e si sarebbe ripreso in fretta.

Lo stesso non si poteva dire di Spock. Abbassando lo sguardo su di lui Bones sospirò pesantemente. Anche se il Vulcaniano era sedato, e sembrava pacificamente addormentato, il bioletto sul quale era disteso lampeggiava a ritmi frenetici con avvertimenti di ogni tipo. Bones non riusciva a trovare nulla di specifico, tuttavia era chiaro che qualcosa stava logorando pesantemente l’organismo di Spock.

McCoy allungò una mano e la appoggiò sul petto di Spock. L’assenza di battito cardiaco sotto il suo palmo era naturale per un Vulcaniano, ma Bones la trovava comunque inquietante. Improvvisamente ebbe la sensazione di essere guardato. Alzando gli occhi vide Salen fermo sul ciglio della porta, mezzo nascosto, mezzo in piena vista. La sua corporatura snella era nascosta dalla maglia dell’uniforme di Daniels macchiata di sangue rosso.

“Salen?” Chiese Bones con un sopracciglio alzato. “Posso aiutarti?”

“No, Signore.”

“Sembra che tu stia aspettando qualcosa.”

“Sono qui in caso le condizioni di Spock peggiorino e lui cominci a morire.”

“Potresti salvarlo se quello fosse il caso?” Chiese McCoy.

“Non potrei prevenire la sua morte, ma potrei assicurarmi che la sua essenza e le sue esperienze non vadano perdute.”

“La sua anima,” chiarì Bones “stai parlando del kaf…kerf…”

“Katra.” Disse Salen. “Sì, sto parlando del trasferimento di Katra.”

“Mi sembrava che il processo di trasferimento del Katra fosse difficile. Sai come farlo?”

“Non…esattamente.” Ammise Salen.

“Salen…”

“Lo devo a Spock di provarci.” Lo interruppe Salen avvicinandosi. “Mi ha donato una seconda possibilità di vivere una vita degna di questo nome.”

“Lo so.” Annuì Bones. “Tuttavia, so anche che non vorrebbe che tu gettassi via quella vita rischiandola per lui.”

“Dottore, la prego…”

“Salen, cosa ti succederà se il trasferimento di Katra non verrà eseguito correttamente?”

“Un improprio trasferimento di Katra può risultare in personalità multiple, sindrome di Pa’nar, significativi danni al cervello, coma…”

“Morte?”

“Morte.” Confermò Salen.

“Quali sono le possibilità che un giovane Vulcaniano non addestrato riesca a trasferire il Katra nel modo giusto?” Pressò Bones.

“Se Spock fosse completamente Vulcaniano, le probabilità sarebbero inferiori al due percento.”

“Sappiamo entrambi che Spock non è completamente Vulcaniano.”

“Il che complica le cose.” Disse Salen con voce calma.

“Salen, Spock non vorrebbe che tu rischiassi la tua possibilità di vivere una nuova vita per preservare la sua ‘esperienza’. Se vuoi ringraziarlo allora cerca di trarre il meglio dalla vita che ti è stata concessa.”

“Come posso raggiungere un tale obiettivo?” Chiese Salen seriamente.

“Beh, il meglio che ognuno può fare con la sua vita è essere felice e in salute, e cercare di aiutare gli altri ad essere altrettanto.”

“Sta suggerendo che diventi un dottore?”

“Sto suggerendo che tu faccia ciò che ti rende il più felice possibile e il resto verrà da sé.”

Salen corrugò le sopracciglia mentre pensava al consiglio di McCoy. Bones guardò come il giovane Vulcaniano sollevava una mano per poi sfiorare gentilmente i neri tatuaggi che ancora decoravano le tempie di Spock. McCoy fu sorpreso di vedere quanto maturo appariva Salen per la sua età e situazione. Non tutti gli adolescenti erano disposti a prendere in considerazione così seriamente il consiglio di un adulto.

“Grazie, Dottore. Seguirò il suo consiglio, in questo momento mi renderebbe felice vedere l’Ammiraglio Pike capire che la morte del Comandante Daniels non è stata colpa sua.” Salen premette il dorso della mano contro la guancia di Spock per un momento. “Dottore, se Spock non dovesse sopravvivere la prego di non sentirsi in colpa…ha sopportato immense sofferenze e lei non può fare l’impossibile.”

“Non hai appena provato una fusione mentale con lui, vero?” Chiese Bones preoccupato. “Quelle parole sono tue o sue?”

“Mie.” Lo assicurò Salen. “Non serve un telepate o un tricorder per vedere che gli ultimi giorni hanno avuto un impatto significativo su di lui.”

McCoy annuì tristemente d’accordo. Salen si chinò leggermente in rispetto al dottore e si voltò per andarsene. Bones ripensò a quando lui aveva sedici anni e si domandò cosa avrebbe fatto se si fosse trovato al posto di Salen. Non poteva nemmeno immaginare di dover sopportare quello che aveva sopportato il Vulcaniano, e di certo non con neanche la metà della grazia che lui sembrava esibire senza nessuno sforzo apparente.

“Salen?” Chiamò Bones.

“Sì, Signore?”

“Quell’uniforme della Flotta Stellare ti sta proprio bene.”

“È troppo larga.”

“Ci crescerai dentro.”

Un leggero sorriso incurvò le labbra di McCoy quando Salen abbassò lo sguardo sulla maglia blu come se stesse prendendo il commento alla lettera. Tracciò i contorni dell’emblema argenteo che sarebbe stato sopra il suo cuore se fosse stato un umano. Sorrise fra sé e sé e si inchinò di nuovo al dottore prima di andarsene.

McCoy lo guardò scomparire prima di ritornare ai problemi correnti. Notò una striscia di sangue rimasta sull’addome di Spock dopo l’intervento. Mentre la lavava via decise che c’era solo un’altra cosa che poteva fare per il suo amico. Prendendo un piccolo laser McCoy avvicinò uno sgabello al letto di Spock e cominciò l’accurata operazione di rimozione dei tatuaggi Romulani.

Sul bioletto alle spalle di Bones Kirk stava lentamente riprendendo conoscenza. Aprì gli occhi, ma li richiuse in fretta quando le luci sopra di lui li ferirono con la loro intensità. Il mal di testa che aveva in quel momento non era paragonabile a nessun altro in tutta la sua vita, e per un momento temette che la testa fosse davvero sul punto di spaccarglisi in due.

Forzando i suoi occhi ad aprirsi Kirk spostò lo sguardo su McCoy e Spock. Corrugò le sopracciglia cercando di ricordarsi come avevano fatto a ritornare sull’Enterprise. Si ricordava vagamente di essere stato in sala teletrasporto, ma non riusciva a capire come avevano fatto a riportare sù anche Spock. Alla fine decise che non aveva importanza come avevano fatto, ciò che importava era che erano di nuovo a bordo dell’Enterprise.

Il sorriso smagliante di Kirk si trasformò rapidamente in una smorfia di dolore quando si mise a sedere. L’Infermiera Chapel fece subito per avvicinarsi e aiutarlo ma lui le fece cenno di non farlo. Lei lanciò un’occhiata a Spock e Bones e annuì prima di indaffararsi da qualche altra parte. Kirk apprezzò il fatto che l’Infermiera Chapel seguisse ancora i suoi ordini.

Mettendosi in piedi Kirk si morse le labbra per non guaire dal dolore. La pelle artificiale che copriva i marchi sulla sua schiena serviva solo ad aiutare la pelle a ricrescere, ma non impediva alle ferite di dolere. Abbassò lo sguardo e si ritrovò il pollice destro racchiuso in un gesso progettato per aiutare le ossa a rimettersi a posto. Alzando una mano Kirk si ispezionò il naso rotto, trovandolo a posto anche se circondato da un bel livido scuro a forma di farfalla.

Senza preoccuparsi di tutti gli altri tagli Kirk camminò fino alla sponda del letto di Spock. Bones era così intento nel suo lavoro alla tempia di Spock da non notare di avere uno spettatore. Kirk si schiarì gentilmente la gola. McCoy alzò lo sguardo su di lui e sollevò un sopracciglio in segno di disapprovazione. Bones era riuscito a trasformare i tatuaggi neri su un lato del volto di Spock in delle vaghe ombre verdastre.

“Dannazione, Jim, dovresti essere ancora a letto.” Sbuffò McCoy.

“Bones…che stai facendo?”

“Io…uh…non volevo che Spock passasse dell’altro tempo con questi scarabocchi Romulani sul volto.”

“Sei proprio un tenerone.” Sorrise tristemente Kirk.

“È il minimo che posso fare per lui.”

“Qual è il massimo?”

“Onestamente? Farlo sentire a suo agio fino alla fine.”

“Sta morendo?” Chiese Kirk cupamente.

“Sembra di sì.”

“Che diavolo vorrebbe dire?” Domandò Kirk. “Cos’è che lo sta uccidendo?”

“Non ne ho idea.” Ammise McCoy. “Ho rimosso questo da uno dei suoi stomaci.”

“Uno dei?”

“La digestione Vulcaniana è molto complicata.”

Kirk indietreggiò disgustato quando Bones gli mostrò un piccolo contenitore in vetro che conteneva una lumaca meccanica che si contraeva. Proprio come con gli altri dispositivi Romulani con i quali Kirk era diventato familiare era difficile dire se la creatura era viva o meccanica. McCoy la rimise giù, ma continuò a fissarla. Spock improvvisamente piagnucolò tranquillamente nel suo sonno innaturale.

“Sta ancora soffrendo.” Notò Kirk.

“Sì, e lo stress al quale quel dolore sta sottoponendo il suo corpo è ciò che sta causando il suo lento declino di salute.”

“Allora dobbiamo fermarlo.”

“Fermarlo? Jim, non riesco nemmeno a capirlo.” Disse Bones esasperato. “Pensavo che quella cosa gli stesse causando il dolore, ma rimuoverla non ha cambiato niente.”

“Quanto tempo abbiamo per capire cosa gli sta succedendo?”

“Se riusciamo a mantenerlo sedato potrebbe resistere una settimana, forse due.”

“Che intendi con ‘se riusciamo a mantenerlo sedato’?”

“I Vulcaniani non sono facili da tenere sotto controllo. Guardalo, anche adesso sta lottando.”

Kirk stava già guardando Spock e poteva vedere che il suo amico stava in effetti lottando per svegliarsi nonostante le conseguenze delle sue azioni. A Kirk sembrava che più parlassero più Spock lottasse per poter partecipare alla conversazione. Sudore cominciò a imperlargli la pallida pelle mentre il suo petto si sollevava in respiri sempre più lievi. Quando Spock ringhiò qualcosa che suonava come ‘Ty’rick’ Kirk prese una decisione.

“Sveglialo, Bones.”

“Cosa? Sei uscito di senno? Hai sentito niente di quello che ti ho detto? Qualsiasi cosa gli stia succedendo lo sta sottoponendo ad una quantità folle di dolore.”

“Non devi dirmelo, l’ho visto di persona.” Scattò Kirk. “Ma voglio che lo sappia, merita di saperlo.”

“Sapere cosa?”

“Che è tra amici, che è di nuovo sull’Enterprise, e non innanzi ad una folla di Romulani assetati di sangue.”

“Jim…”

“Bones, ti prego.”

Kirk non aveva più il potere di trasformare quella richiesta in un ordine. Tuttavia, Bones sospirò e annuì contro il suo miglior giudizio. Tirò fuori una siringa con la formula inversa del potente sedativo che manteneva Spock addormentato. Piazzò un’altra siringa con all’interno il sedativo in tasca così da poter stendere rapidamente Spock se si trovava in un dolore troppo forte per essere coerente o se la situazione si faceva troppo pericolosa.

Non ci volle molto perché Spock reagisse alla formula inversa del sedativo. Ansimò acutamente e digrignò i denti per impedirsi di gridare. Tenendo gli occhi serrati impiantò le unghie nel soffice materasso. Kirk allungò una mano e ne appoggiò il palmo sul petto di Spock. Sobbalzando violentemente Spock increspò il labbro superiore e soffiò come un gatto arrabbiato.

“Va tutto bene, Spock.” Lo rassicurò Kirk.

“Ji…Jim?” Ansimò Spock. “Scappi…”

“No, siamo sull’Enterprise.”

Prendendo un profondo respiro Spock aprì gli occhi e guardò i suoi amici. Dopo aver lanciato un’occhiata ai lati per confermare dove si trovava Spock si rilassò visibilmente. Annuì leggermente e lentamente chiuse gli occhi. Cercò di rimanere calmo, ma un leggero gemito gli sfuggì dalle labbra socchiuse. Kirk guardò ansiosamente McCoy. Bones guardò i monitor che mostravano una stima del dolore che stava sopportando il paziente.

“È abbastanza, Jim, permettimi di sedarlo.”

“Fallo.”

Spock spostò leggermente la testa di lato, rendendo la gola un bersaglio più semplice. Bones non perse tempo premendo la siringa contro la pelle dal colorito verde di Spock. Il Vulcaniano ricadde immediatamente nel suo sonno irrequieto.

Anche Kirk chiuse gli occhi, più per frustrazione che per altro. Li riaprì immediatamente quando sentì dei passi frettolosi avvicinarsi. Salen entrò in Infermeria, fermandosi di botto a circa tre metri, quasi timoroso di farsi più vicino. Kirk non sapeva che pensare di Salen, non era neanche certo a che razza appartenesse.

“Dottore, che sta succedendo?” Chiese Salen nel panico.

“Chi sei tu?” Domandò Kirk.

“Sono Salen, Signore, il figlio dell’Ammiraglio Pike.”

“Il figlio di Pike?” Kirk sollevò le sopracciglia. “Bones…quanto sono rimasto su Romulus?”

“Adottato.” Chiarì Salen. “Avete…avete svegliato il Capitano Spock?”

“Sì,” replicò McCoy “come fai a saperlo?”

“L’ho percepito.” Salen si massaggiò il petto come se qualcosa gli stesse causando del dolore. “È come se qualcosa gli stesse rosicchiando il sistema nervoso.”

Il fiato di Kirk gli sibilò fra i denti quando capì cosa stava succedendo. Si voltò verso McCoy ma il dottore stava pensando esattamente la stessa cosa. Guardarono entrambi il dispositivo che Bones aveva estratto dallo stomaco di Spock.

“Nanomacchine.” Dissero insieme Kirk e McCoy.

“Perché non ci ho pensato prima?” Si domandò Bones arrabbiato con sé stesso. “Per questo rimuovere quella cosa non è servito a niente, è solo un sistema di distribuzione.”

“Possiamo estrarre le nanomacchine?” Chiese Kirk.

“Non saprei nemmeno da dove cominciare.”

“Io so da dove incominciare, Dottore.” Disse Pike unendosi a loro.

“Ammiraglio?” Chiese retoricamente Kirk sorpreso.

“È bello vederti sveglio e in piedi, Kirk.” Salutò Pike.

“Ammiraglio,” intervenne Bones “ha detto di sapere da dove cominciare con le nanomacchine?”

“Cel’esta.” Disse Pike semplicemente.

“L’Imperatrice?” Chiese Kirk. “È morta.”

“Affatto.” McCoy roteò gli occhi. “È viva, esiliata da Romulus, ma viva. Ha cercato di impadronirsi della nave, ma grazie a Salen ora si trova in cella.”

“In cella, eh?” Chiese Kirk. “Immagino non sia dell’umore giusto per aiutarci.”

“Non senza stringere un accordo.”

“Allora andiamo a farne uno.”

“Jim, lo sai che probabilmente vorrà l’Enterprise.”

“Allora può averla.” Kirk scrollò le spalle.

“Cosa?” Esclamò Bones. “Sei impazzito?”

“Ho detto che gliela darei…non che le permetterei di tenersela.”

 

Vai Jimmyboy, fagliela vedere tu a quella Romulana!!!!! XD

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Capitolo 40
*** Capitolo 40 ***


Capitolo 40

“James, è così splendido vederti.” Fece le fusa Cel’esta. “Stavo cominciando a temere che nessuno stesse guidando questa nave.”

“E di chi sarebbe la colpa in quel caso?”

“Quel piccolo mostriciattolo Vulcaniano dai capelli bianchi è quello che devi incolpare, ma suo ‘padre’ dovrebbe prendersi la responsabilità di avermi permesso di mettere a dormire l’intero equipaggio in primo luogo.”

“Io stavo dicendo che tu non avresti dovuto mettere a dormire il mio equipaggio in primo luogo.”

“Il tuo equipaggio?” Cel’esta sollevò un sopracciglio. “Quando sei rientrato nella Flotta Stellare?”

Kirk chiuse brevemente gli occhi nel tentativo di dominare la sua collera. Non aveva senso permettere a Cel’esta di irritarlo. Stava solo cercando di dimostrare che anche se si trovava dietro un campo di forza aveva ancora il potere fra le mani. Kirk incrociò le braccia sul petto e la fissò cupamente. Cel’esta sorrise e si avvicinò alla barriera fino a trovarsi a pochi centimetri da essa.

“Avanti, James, io e te sappiamo entrambi che non mi terrai imprigionata così. Quindi perché non mi lasci andare ora? Mi toglierò tutti i vestiti se potrà farti sentire meglio.”

“Perché, in nome dello Spazio, dovrebbe farmi sentire meglio?”

“Potresti vedere che non ho armi con me.” Ridacchiò Cel’esta cominciando a sfilarsi una delle spalline del vestito.

“Puoi tenerti addosso il vestito,” Kirk forzò un sorriso “qualcosa mi dice che saresti più pericolosa senza.”

“Posso esserlo.” Concordò Cel’esta. “Allora, James Tiberius Kirk, cosa vuoi da me?”

“Cosa ti fa credere che io voglia qualcosa da te?”

“Il fatto che tu mi stia parlando.”

Kirk lanciò uno sguardo alla sua destra dove Bones e Pike se ne stavano fuori dalla visuale di Cel’esta. Bones scosse le spalle. Pike lo guardò senza nessuna espressione, fidandosi di Kirk per fare la cosa giusta. Kirk aveva appena deciso di arrendersi e chiederle aiuto quando Cel’esta cercò di guardare lungo il corridoio.

“Posso sentirla respirare Ammiraglio, e anche lei Dottore.” Disse. “Chi non posso sentire è Spock. Qualche problema a riprenderti il tuo amico mezzo sangue, James?”

“Onestamente: sì.” Ammise Kirk. “Lo abbiamo recuperato da Romulus, ma avevano già cominciato l’esecuzione.”

“Poveretto, deve stare soffrendo terribilmente.” La voce di Cel’esta suonava sincera ma lei aveva stampato in volto un sorriso felino. “Anche solo prima di considerare di aiutarvi lo voglio vedere.”

“Prima parliamo.”

“No.” Controbatté Cel’esta.

“Imperatrice…”

“Non è una decisione aperta ad un dibattito, James.” Lo interruppe lei. “O mi permette di vederlo o lo dovrà guardare mentre muore in una lenta agonia, in effetti molte vittime impazziscono in una questione di giorni.”

“Sei davvero una stronza dal cuore di ghiaccio, lo sai vero?” Sibilò Kirk.

“Ne sono consapevole.”

“Bene. Andiamo.”

Kirk inserì il suo codice nella porta della cella, ma non successe niente. Corrugò le sopracciglia e provò di nuovo. Cel’esta ridacchiò.

“Sembra che tu non abbia l’autorità di stringere accordi con me, James T. ex-Capitano Kirk della USS Enterprise.”

“È stata tutta colpa tua, vero?”

“Sì. Ho distrutto la stazione di ricerca, in realtà era un’idea dell’Ammiraglio Cooly. Poi vi ho seguiti e ho distrutto la South Pacific…più per noia.”

“Hai fatto sì che Spock venisse avvelenato e io venissi spedito su Romulus?”

“No, Cooly ha fatto tutto da solo in quelle occasioni.”

“E che mi dici delle nanomacchine dentro di me? Le stavi usando per rintracciarmi?”

“No, sono programmate solo per il Giuramento. In realtà l’unica cosa che possiamo far fare loro è causare dolore. Quando sono stata cacciata dal posto che mi spettava di diritto ho portato con me il globo usato contro di te…sfortunatamente si è rotto quando la mia nave è stata colpita dai detriti della South Pacific.”

“Quindi ora è libero?” Chiese Pike.

“Sfortunatamente.” Sospirò Cel’esta.

“Jim, ricordi che ti ho trovato a terra poco dopo la distruzione della South Pacific?” Chiese Bones.

“Sì, deve essere stata colpa delle nanomacchine.”

“Corretto, James, e se vuoi che le nanomacchine lascino anche il tuo amico Spock ti conviene smetterla di chiacchierare e andare a prendere qualcuno che conosca il codice della Flotta Stellare per aprire questa porta.”

“Ammiraglio?”

“Sono in pensione, non conosco i codici delle celle.”

“Bones?”

“Il mio codice di annullamento non funziona per la massima sicurezza.”

“Okay, questo potrebbe essere un problema.” Rimuginò Kirk.

“Vai a prendere quel ratto Vulcaniano,” suggerì Cel’esta “è lui che mi ha rinchiuso qui dentro.”

“Ammiraglio,” disse Kirk “come può Saven…”

“Salen.” Corresse Pike.

“Come può Salen conoscere i codici?”

“Lui e Spock hanno eseguito una fusione mentale per un periodo di tempo esteso.” Rispose Bones. “Salen ha imparato molto da Spock.”

“Chi è questo ragazzino, comunque? Da dove salta fuori?” Chiese Kirk. “Come possiamo fidarci di lasciarlo andare in giro con tutti i codici di accesso di Spock, e lo Spazio-sa-cos’altro, che gli sfrecciano per la mente?”

“Kirk, se ti fidi di me e Spock, allora ti fidi di Salen.” Disse fermamente Pike. “Spock non avrebbe permesso a Salen di ottenere delle informazioni se avesse pensato fosse pericoloso.”

“Per me basta. Andiamo a prenderlo.”

“Oh, dubito sia lontano.” Pike sorrise e si voltò chiamando ad alta voce per il corridoio. “Salen…Salen puoi unirti a noi.”

Kirk guardò lungo il corridoio mentre Salen sbirciava dalla porta alla fine. Il giovane Vulcaniano esitò per un momento. Kirk non era certo di chi fosse più diffidente Salen: Cel’esta o lui. Pike lo incoraggiò a farsi più vicino tendendogli la mano. Salen camminò lentamente fino a loro e prese brevemente la mano di Pike. Poi spostò i suoi occhi scuri su Kirk, come aspettandosi che fosse sul punto di attaccarlo da un momento all’altro.

“Mi dispiace, Salen.” Disse sinceramente Kirk.

“Per cosa?”

“Per quello che ho detto.”

“Non l’ho sentita, il mio udito è danneggiato.”

“Oh beh, non mi sono fidato di te per un momento, ma non succederà più.”

“La sua sfiducia nei miei confronti è logica, non mi conosce.”

“So che sei Vulcaniano in tutto e per tutto.” Ridacchiò Kirk.

“Basta con queste smancerie,” ringhiò Cel’esta “tirami fuori di qui.”

“Salen, per favore inserisci il codice per sbloccare la porta.”

Salen sgranò gli occhi e guardò Pike in cerca di una guida. Pike annuì e Salen obbedì immediatamente. Inserì il codice che aveva appreso da Spock e indietreggiò per mettersi al fianco di Pike. Cel’esta uscì e prese Kirk a braccetto come fosse stato il suo cavaliere per un ballo.

“Molto meglio.” Sorrise Cel’esta. “Avanti, voglio vedere Spock.”

“Rimarrai delusa.” Sbottò Kirk.

“Oh?” Cel’esta sollevò un elegante sopracciglio. “Perché mai?”

“Lo abbiamo sedato.”

“Non durerà a lungo,” Cel’esta scosse le spalle “i Vulcaniani sono notoriamente difficili da sottomettere anche con freni chimici.”

Kirk aveva sentito dire la stessa cosa anche da McCoy. Non era stato felice di sentirla allora, ed ora non faceva altro che dargli sui nervi sentirla da Cel’esta. Forzando un sorriso la scortò in Infermeria con gli altri al seguito. Una volta arrivati fu chiaro che Spock stava di nuovo lottando per ritornare cosciente.

Senza pensare Kirk si divincolò dalla presa di Cel’esta per mettersi immediatamente al fianco dell’amico. Gemendo nel suo coma indotto Spock annaspava in cerca d’aria. Kirk appoggiò il dorso della mano contro la fronte del Vulcaniano e la sentì bollente a causa di una devastante febbre. Kirk si voltò verso Cel’esta.

“Aiutalo, Cel’esta, ti prego.”

“Mi piace sentirti dire ‘ti prego’, James.” Cel’esta si avvicinò al letto. “Voglio alcune cose in cambio.”

“Vuoi tornare su Romulus? Possiamo lasciarti lì senza problemi.”

“Romulus? E finire come il tuo amico traditore qui?” Cel’esta scosse la testa. “No, solo perché il Senato sapeva di non avere nessun diritto di esiliarmi mi è stata accordata la possibilità di un dignitoso suicidio. Se ritorno,  mi incateneranno per farmi ingoiare una lumaca. Avete tenuto la lumaca, vero?”

“Sì.”

“Bene, se non l’aveste fatto avremmo potuto benissimo puntargli un phaser fra gli occhi.”

Spock inarcò improvvisamente la schiena e ringhiò. Anche se Kirk non lo notò Salen si irrigidì e si avvolse lo stomaco con le braccia. Pike alzò lo sguardo su di lui preoccupato forzando Salen a sorridere coraggiosamente. Cel’esta allungò una mano per toccare Spock, ma Kirk le afferrò velocemente il polso.

“Lo aiuterai o no?” Domandò Kirk.

“Lo aiuterò, ma solo perché servirà a far infuriare il Senato sapere che è sopravvissuto. Tuttavia, prima voglio un’amnistia totale per tutti i miei passati crimini contro la Federazione e questa nave, voglio inoltre asilo politico, e un salario cospicuo per i miei servizi.”

“Servizi?”

“Per prima cosa il dispositivo d’occultamento, oltre ad altre informazioni contro Romulus. Quando la guerra inizierà voglio che i Romulani vengano obliterati e umiliati.”

“Non ci sarà nessuna guerra.”

“Beh uno dei due ha ragione, suppongo che dovremo solo attendere di vedere chi.”

“Okay, ti daremo quello che vuoi.”

“Un’ultima cosa.” Cel’esta sorrise smagliante. “Lo voglio sveglio.”

“Non possiamo svegliarlo,” insistette Bones “sta soffrendo troppo.”

“È proprio questo il punto, Dottore.” Cel’esta roteò gli occhi. “Ha un’idea del dolore e dell’umiliazione che mi ha causato Spock? Ha rovinato la mia vita vendendo su Romulus! Esigo di vendicarmi.”

“Cel…” Cominciò Bones.

“Fatta.” Lo interruppe Kirk.

“Jim, non puoi…”

“Quello che non posso fare è guardarlo morire.” Scattò Kirk. “Fidati di me, Bones, Spock può sopportarlo.”

“Bene.” Borbottò Bones. “Ma tanto perché lo sappiate: io non sono d'accordo.”

“Annotato.” Kirk si volse verso Cel’esta. “Cosa facciamo?”

“Mi serve la lumaca, posso riprogrammarla per rimuovere le nanomacchine.”

“Quanto ci vorrà per rimuoverle?” Chiese Bones.

“A questo punto, un’ora…forse due, se ho fortuna.”

McCoy guardò malamente Cel’esta. Kirk guardò altrettanto intensamente Bones proiettandogli contro una generale idea di ‘fallo-ora-Bones’. Sospirando sconfitto McCoy aggirò il bioletto e afferrò il contenitore in vetro nel quale aveva riposto la lumaca meccanica. La offrì a Cel’esta e lei infilò dentro una mano nel contenitore senza nessun timore tirandola fuori come fosse stata un animaletto domestico.

Kirk passò una mano fra i capelli madidi di sudore di Spock mentre lui ringhiava intrappolato nel suo dolore. Mentre Cel’esta giocava con la lumaca Salen si fece più vicino a Pike. Alla fine arrivò al punto di inginocchiarsi accanto alla sedia a rotelle. Raccogliendo le mani in grembo Salen fissò il pavimento. Pike abbassò lo sguardo su di lui e corrugò le sopracciglia, il giovane Vulcaniano stava tremando visibilmente.

“Salen?” Chiese Pike dolcemente. “Stai bene?”

“Sì, Signore.”

“Qualcosa non va?”

“…no.” Sussurrò Salen.

“Sarà difficile gestirlo, Ammiraglio.” Ridacchiò Cel’esta. “Se non sapessi che è impossibile direi che quel Vulcaniano le ha appena mentito.”

“No!” Gridò Salen. “Io non le mentirei mai. Va tutto bene. Per favore, aiuti Spock.”

Quando Bones emise un ‘hmmm…’ Pike lo guardò con occhi interrogativi. McCoy aggirò nuovamente il letto e si inginocchiò davanti a Salen. Salen alzò gli occhi sul dottore e lo fissò tristemente. Bones aveva la sensazione che Salen volesse farlo rimanere zitto.

“Salen, sapevi che avevo svegliato Spock l’ultima volta anche se non eri presente. Come facevi a saperlo?”

“Io…” Lanciò un’occhiata a Pike. “Io…potevo sentirlo.”

“Sentirlo?” Chiese Pike allarmato.

“Io e Spock abbiamo speso troppo tempo fusi mentalmente…o meglio…ho cercato di recuperare gli anni persi troppo duramente prendendo tutto ciò che potevo da lui. Ora, se mi avvicino troppo fisicamente cominciamo a condividere la mente senza toccarci. Sono certo che Spock possa mettere tutto a posto, spezzando la connessione attraverso una nuova fusione mentale. Tuttavia, finché non potrà farlo, sento tutto ciò che sente lui.”

“Oh magnifico,” fece le fusa Cel’esta “volevo vendicarmi anche di te, ma non riuscivo a trovare un modo per far sì che l’Ammiraglio mi concedesse qualche ora da sola con te così da poter finire quello che avevamo cominciato.”

“La vendetta è l’unica cosa che capite voi Romulani?” Scattò Pike.

“Da quanto ho visto pare sia così.” Rispose Kirk.

“Imperatrice,” si intromise Bones “per favore, mi lasci sedare Salen. È già abbastanza un male che voglia farmi svegliare Spock.”

“No.”

“Cel’e…” Cominciò Kirk.

“James,” lo interruppe Salen “non tempo tutto questo…molto.”

“Sembri proprio Spock…quasi.” Kirk forzò un sorriso.

“Sarei lieto di morire per lui, e questo non mi ucciderà.”

Kirk si avvicinò a Cel’esta fermandosi a centimetri da lei. La Romulana non indietreggiò di un millimetro. Lo fissò dritto negli occhi, un sorriso fiducioso stampato in volto. Kirk abbassò gli occhi su Salen ancora in ginocchio, la mano stretta in quella di Pike, prima di riportarli su Cel’esta.

“Quella è la ragione per la quale i Vulcaniani saranno sempre migliori dei Romulani.”

“Risparmiami la tua morale, Kirk, ho bisogno della mia vendetta…ringrazia che non me la stia prendendo con te.”

“Bene, pensi che far soffrire un brav’uomo, e torturare un ragazzo ti farà stare meglio?” Sputò Kirk infuriato. “Allora facciamolo, e finiamola.”

“Aspetta,” ordinò Pike “Kirk, aiutami a scendere.”

“Scendere? Scendere dove?”

“Sul pavimento, dove se no?” Scattò Pike.

“Giusto…certo, scusi, Signore.”

In qualunque altra circostanza Kirk era certo che Pike avrebbe roteato gli occhi. Lo aiutò a sedersi a terra. Era chiaro che Salen non capiva perché suo padre aveva chiesto di essere aiutato a mettersi accanto a lui. Pike sorrise tristemente e lo abbracciò in modo confortevole.

“Non capisco.”

“Sono qua come supporto se avrai bisogno di me.” Spiegò Pike.

“Grazie, c’è un’alta percentuale che avrò bisogno di lei.”

“Ne ho abbastanza.” Ringhiò Cel’esta.

“Bones…” Kirk fece segno verso Spock.

McCoy prese un respiro per protestare, ma lo tenne per sé. Cel’esta si affiancò al letto e fece scivolare la lumaca in gola a Spock mentre Bones iniettava il liquido che avrebbe annullato il sedativo. Cel’esta indietreggiò e appoggiò la mani sui fianchi per guardare lo spettacolo. Kirk si mise accanto al letto e mise una mano sul petto di Spock.

Deglutendo convulsamente la lumaca Spock si svegliò ansimando acutamente. McCoy aveva posizionato le manette a ioni così che non potesse andare da nessuna parte, ma lui lottò contro di loro con ogni singolo muscolo per cercare di liberarsi. Inarcando la schiena al massimo delle sue possibilità, Spock gettò indietro la testa e spalancò la bocca in un muto grido. Tutti quanti sobbalzarono per la sorpresa quando a gridare fu Salen.

Pike lo strinse forte, tuttavia poteva fare molto poco per confortarlo. Stringendogli la maglia fra le mani Salen cominciò a piangere accompagnando le lacrime a grida quando il dolore si faceva troppo intenso. L’attenzione di Kirk tornò a Spock quando l’amico trovò finalmente la voce per gridare. Kirk chiuse gli occhi contro le lacrime mentre i due Vulcaniani gridavano insieme nella loro agonia condivisa.

Kirk sentì McCoy toccargli la spalla. Aprì gli occhi e fissò il dottore. Bones gli fece cenno di guardare Cel’esta. Kirk aveva evitato di osservare la Romulana di proposito. Tuttavia, sovrastando le grida di Spock e Salen, Bones gli stava chiedendo silenziosamente di guardarla. Stringendo gli occhi Kirk osservò Cel’esta da sopra la sua spalla.

Sorpreso da ciò che vide Kirk si voltò per guardarla meglio. Stava fissando Spock con occhi confusi. Spock gemette di nuovo e lei sobbalzò. Kirk poté quasi giurare di vederle inumidire gli occhi mentre Salen continuava a piagnucolare. Lasciando il capezzale di Spock Kirk prese Cel’esta per mano. La condusse fino al letto così che potesse osservare meglio il dolore che stava causando.

Spock stava ancora facendo il possibile per non urlare. I suoi muscoli erano tesi lungo tutto il corpo mentre ansimava in cerca d’aria. Aprì brevemente gli occhi, tuttavia essi erano roteati all’indietro apparendo completamente bianchi. Mentre le convulsioni gli scuotevano il corpo Cel’esta cercò di indietreggiare scontrandosi con Kirk.

“Non te lo stai godendo come credevi, vero?” Le sussurrò Kirk all’orecchio.

Cel’esta scosse vagamente la testa continuando a fissare Spock.

“Sai perché?”

Cel’esta scosse nuovamente la testa.

“Perché sai che Spock non è il vero responsabile del tuo esilio, e non v’è dubbio che Salen sia solo un ragazzo innocente che non ha ancora padroneggiato l’arte del non trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.”

Cel’esta lanciò un’occhiata a Salen che tremava nel forte abbraccio di Pike. Pike non alzò lo sguardo, continuò semplicemente a cullare Salen cercando di confortarlo. Cel’esta guardò di nuovo Spock e corrugò le sopracciglia. Kirk le appoggiò leggermente una mano sulla spalla.

“Ciò che stai provando in questo momento si chiama ‘rimorso’.” Le disse gentilmente. “Puoi fermarlo, fermando tutto questo. Lascia che McCoy lo sedi. Prova un atto di pietà…potrebbe piacerti.”

Cel’esta rimase indecisa per un momento. Quando Spock cominciò a dimenarsi gli appoggiò esitante una mano sulla guancia. Spock voltò il viso verso di lei e si obbligò ad aprire gli occhi. La guardò mentre cominciava di nuovo ad avere le convulsioni.

“Aiuto…” Ansimò Spock.

“Tu?” Chiese freddamente Cel’esta. “Perché dovrei?”

“No…non io…Salen.” Corresse Spock. “Sente…quello che sento…lasci andare Salen…”

“E tu?” Chiese Cel’esta.

“Lo aiuti…”

Spock perse la concentrazione e non riuscì a continuare. Impiantando le unghie nel materasso sembrò provare a schermare Salen dai suoi pensieri. Funzionò per un momento, ma presto Salen gridò più forte di prima mentre Spock perdeva la presa sul suo flebile controllo. Cel’esta si voltò e fissò Salen.

“Dottore,” disse Cel’esta con voce calma “…li aiuti, entrambi.”

McCoy non se lo fece dire due volte e di certo non permise a Cel’esta di cambiare idea. Con la siringa già pronta sedò Spock iniettandogliela sulla gola. Spock prese un ultimo respiro profondo prima di rilassarsi. Kirk guardò Salen e vide che anche lui era stato rilasciato ormai. Si voltò nuovamente verso Cel’esta.

“Grazie, Cel’esta.”

Kirk fu preso alla sprovvista quando Cel’esta gli si gettò fra le braccia. Seppellì il viso nella sua maglia e cominciò a piangere. Allarmato Kirk la avvolse con le braccia e guardò Bones in cerca di aiuto. McCoy scosse le spalle. Cel’esta pianse fino a rimanere senza fiato bagna dogli la maglia con le sue lacrime.

“Cel’esta?”

“Voglio solo andare a casa.” Piagnucolò lei.

“E se invece venissi a casa con noi?”

 

Super colpo di scena finale! Non ve lo asepttavate vero? Mancano ancora un paio di capitoli e poi anche questa storia arriverà alla fine, quindi, preparatevi! XD

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Capitolo 41
*** Capitolo 41 ***


Capitolo 41

Con gli occhi ancora chiusi Spock cominciò lentamente a riaffiorare alla coscienza. Prese un profondo respiro e notò la mancanza di qualsiasi dolore. Fece un inventario mentale per un momento per assicurarsi di non essere semplicemente morto. Arrivando alla logica conclusione di essere ancora vivo aprì lentamente gli occhi.

Fissando il soffitto dell’Infermeria Spock corrugò le sopracciglia. Non ricordava tutto quello che era successo nelle ultime ore, tuttavia, si ricordava di aver chiesto a Cel’esta di risparmiare Salen. Quegli eventi non avevano molto senso per lui dato che credeva che Cel’esta fosse morta e Salen fosse sulla Terra con Pike.

“Ti assicuro che Cel’esta è viva e io non sono sulla Terra.”

Spock si voltò verso la voce di Salen. Il giovane Vulcaniano sedeva sul letto accanto al suo con le mani appoggiate in grembo. Salen evitò velocemente i suoi occhi spostandoli sul pavimento. Si alzò in piedi quando Spock si mise seduto, non si avvicinò, sembrava che volesse essere pronto per scappare se la cosa si fosse rivelata necessaria. Spock notò la tensione nei muscoli di Salen e la generale sensazione di ansiosa consapevolezza che lo circondava. Si domandò se Salen sarebbe mai riuscito a riprendersi del tutto.

“Non preoccuparti per me.” Disse Salen improvvisamente. “Col tempo credo che sarò in grado di controllare la mia paura.”

“Puoi leggere i miei pensieri?” Chiese Spock.

“No.” Salen scosse la testa. “Tuttavia, a questa prossimità sono soggetto alla tue emozioni e al tuo dolore. In questo momento sento la pena e la preoccupazione che provi per me. Prima ho percepito la tua confusione e sono arrivato alla conclusione che dovevamo essere io e Cel’esta a confonderti di più al momento.”

“Logico.”

“Grazie.”

“Temo che il tuo stato corrente sia colpa mia.” Disse Spock. “Sono stato avventato durante la nostra estesa fusione mentale. Ti ho dato troppo di me stesso.”

“Non ho provato a combatterti. Speravo che mi sarebbe stato d’aiuto, e in alcune circostanze è stato così.”

“Sento che ti sta causando più dolore che guadagno.”

“I miei ricordi e le mie emozioni da sole sono abbastanza difficili da controllare, avere anche la tua vita nella mia mente si sta dimostrando sempre più difficile da gestire.”

“È per questo che i giovani Vulcaniani devono studiare invece di ricevere la loro educazione da un anziano attraverso una fusione mentale. Sono troppe informazioni in troppo poco tempo anche per una mente Vulcaniana. Se me lo permetterai, invertirò ciò che ti ho fatto.”

Spock si aspettava che Salen si avvicinasse, invece rimase a distanza di sicurezza. Chiaramente esitante Salen spostò il peso da una gamba all’altra e fissò il pavimento. Spock attese pazientemente e spese del tempo a guardarsi intorno. Kirk era ranicchiato su un fianco addormentato profondamente su uno dei bioletti. Anche McCoy era addormentato, accasciato su una sedia vicina al letto. Alla fine Salen fece la sua scelta e si avvicinò a Spock.

“Devi cancellare tutto?” Gli chiese con voce calma.

“Sarebbe la scelta migliore, ma non deve essere per forza così.”

“Di tutto quello che mi hai dato c’è solo una cosa che vorrei tenere.” Ammise mestamente Salen.

“Quale?”

“La tua devozione e fiducia nell’Ammiraglio Pike.”

Spock annuì e alzò una mano per toccare il volto di Salen. Era un istinto naturale di Salen quello di indietreggiare, ma rimase fermo. Sistemare il danno causato dalla fusione mentale era un compito più difficile dell’incontro originale. Reso debole dalla prigionia Spock dovette chiudere gli occhi e concentrarsi duramente per rimuovere ciò che aveva lasciato nella mente di Salen.

Spock aveva originariamente lasciato così tanto di sé nella sua mente perché una volta scoperto dov’era Kirk credeva di non poter tornare indietro. Era stato un maldestro tentativo di trasferire parzialmente il suo Katra. Spock a quel tempo aveva creduto che avrebbe aiutato Salen a colmare i tre anni di vuoto nella sua vita, ma poteva vedere ora che si era sbagliato. Aveva fatto più danni che altro.

Fortunatamente non era troppo tardi per disfare il trasferimento e spezzare la loro connessione. Quando ebbe terminato la riparazione Spock scivolò un momento nella mente di Salen per vedere cosa aveva reso così disperato il giovane Vulcaniano da voler mantenere la sua opinione di Pike. Non lo sorprese scoprire che l’Ammiraglio aveva assunto il ruolo di padre del ragazzo.

Spock rilasciò Salen e aprì gli occhi. Salen prese un profondo respiro e si rilassò visibilmente. La sua mente era stata caotica a causa dello stress di avere in sé parte dell’anima di qualcun altro che concorreva per avere spazio. Guardando Spock Salen sorrise smagliante, poi riportò il suo viso ad un espressione neutrale. Ricordò a Spock della volta in cui da bambino aveva sorrise a suo padre e della lunga ramanzina seguita a quel gesto. Spock decise di non rimproverare Salen nella stessa maniera.

“È un grande sollievo non dover più sopportare il peso di entrambi.” Salen prese un altro profondo respiro. “Grazie, Spock, per avermi permesso di mantenere una piccola parte della tua esperienza.”

“Non è così. Ho rimosso tutto.”

“Ma…”

“Salen, la tua fede nell’Ammiraglio Pike è tua a questo punto. La tua fiducia iniziale potrà essere venuta da me, ma ora è qualcosa che nessuno può portarti via. Sono compiaciuto che entrambi abbiate trovato una famiglia l’uno nell’altro.”

Salen arrossì, facendo diventare le sue cicatrici di un verde brillante. Spock non poté ricordarsi dell’ultima volta in cui aveva visto un Vulcaniano arrossire. Dato che era qualcosa che sia Vulcaniani sia umani tendevano a vedere come una debolezza stava per menzionarla. Venne distratto dal dare quel consiglio quando sentì Kirk grugnire mentre si svegliava.

Spostò la sua attenzione sul suo amico. Salen afferrò l’opportunità di scomparire dall’Infermeria. Kirk si sedette con le spalle rivolte a Spock e si scosse via il sonno dalla testa. Spock non disse nulla mentre aspettava che Kirk lo notasse. Piuttosto che guardarsi intorno Kirk balzò giù dal letto e si diresse direttamente in bagno. Spock alzò un sopracciglio in segno di disapprovazione.

“Non prenderla sul personale, Spock.” Ridacchiò Bones. “È imbottito di anti dolorifici e gli manca un po’ di ‘consapevolezza della situazione’ al momento.”

“Così vedo.”

“Come ti senti?”

“Non credo di soffrire nessun effetto fisico di lunga durata.”

“Lo prenderò come uno ‘sto bene’.” McCoy roteò gli occhi. “Sei davvero un rettile dal sangue freddo.”

“Dottore?”

“Dovresti essere morto, o peggio in punto di morte…e non sembri minimamente eccitato dall’idea di essere ancora vivo e in buona salute. Dovresti saltellare su e giù dalla gioia.”

“Saltare non mi ha mai portato gioia.”

“Sei impossibile. Tuttavia, per alcune ragioni è bello riaverti indietro, e sapere che sei il solito vecchio Spock.”

“Dottore, ho trentadue anni.”

“Cosa?”

“Non sono vecchio.”

“Ricordi quando ho detto che era bello averti indietro?” Chiese retoricamente Bones.

“Sì.”

“Non dicevo sul serio.”

“Oh ne dubito, Bones.” Rise Kirk unendosi a loro. “Spock, non ascoltare una sola parola del Buon Dottore, vuole bene a entrambi e lo sa.”

“Noi del Sud abbiamo un detto: ‘Non sai ciò che hai finché non lo perdi’.” Borbottò Bones. “Ho avuto la mia pace e tranquillità senza voi due…e ora le ho perse.”

Kirk gettò un braccio sulle spalle di McCoy abbracciandolo amichevolmente. Bones fece del suo meglio per cercare di rimanere scontroso, ma alla fine venne sopraffatto dall’entusiasmo di Kirk e sorrise. Kirk lo trascinò fino a Spock al quale porse una mano. Spock la osservò e sollevò un sopracciglio.

“Jim,” sorrise Bones “i Vulcaniani non ‘abbracciano’.”

“Neanche in occasioni speciali?”

“Abbracciare non è logico.” Replicò Spock.

“Vedo.” Kirk scrollò le spalle e lasciò andare Bones. “In ogni caso, non riesco a credere che siamo vivi e lontani da Romulus, anche se continuo a sostenere che sia stata una follia la tua decisione di venire a prendermi.”

“L’avrei pianificata più accuratamente se avessi saputo che Cel’esta era stata esiliata.” Ammise Spock.

“Oh, sì…lei.” Sbuffò Kirk. “Quella tipa è pazza. L’ho rinchiusa in una stanza VIP.”

“Mi ha salvato la vita.”

“E si è comportata tutta piena di rimorsi per un momento, e forse lo è davvero, ma poi mi ha morso.”

“Ti ha morso?” Chiese Bones. “Quando?”

“Preferirei non dire dove.” Sorrise Kirk.

“Ho chiesto quando, ero già abbastanza terrorizzato di sentire il ‘dove’.”

“Si era fatto un po’ troppo amichevole mentre cercavo di dirle che dovevo rinchiuderla. Non mi fido di lei, almeno non fino ad un certo punto.”

“C’è qualcun altro che devo ringraziare per il mio salvataggio, e il suo. Dov’è il Comandante Daniels?”

Spock si preoccupò immediatamente a causa dello sguardo serio che calò sul viso di McCoy. I suoi ricordi riguardo il salvataggio erano piuttosto sfuocati, ma si ricordava di Daniels che lo stringeva con le braccia mentre chiamava disperatamente l’Enterprise. Bones gli si avvicinò, fece per appoggiargli una mano sulla spalla ma poi ci ripensò.

“Mi dispiace, Spock, Daniels è stato ucciso.”

“Ucciso? Come?”

“Non abbiamo i dettagli. Siamo stati in grado di localizzare Jim grazie al suo sangue a base di ferro, ma non potevamo trovare te. Daniels si è offerto volontario per scendere su Romulus come Romulano, l’idea era di trovare le tue coordinate per poi tornare sulla nave così che potessimo tirarti a bordo con il tele trasportatore. Tuttavia, qualcosa è andato storto e lui ha dovuto prendere una decisione in fretta. Sembra che ti stesse proteggendo da uno dei Romulani e sia finito infilzato da una daga avvelenata.”

“Ha la daga?” Chiese Spock.

“Sì. Vuoi vederla?”

“Sì.”

McCoy esitò un momento prima di voltarsi per andare a prendere l’arma che aveva tolto la vita a Daniels. Nonostante la sua precedente allegria Kirk era passato ad un umore più sobrio. Spock non aveva mai voluto che qualcuno sacrificasse la sua vita per lui e stava trovando doloroso sapere che Daniels non era sopravvissuto. Bones ritornò con in mano una daga elegantemente decorata sigillata all’interno di un contenitore di plastica.

“È di Ty’rick.” Disse Kirk. “La riconoscerei ovunque.”

“Credo di sapere come sia successo.” Disse Spock afferrando la daga. “Quando Jim è stato salvato i Romulani devono aver capito che era solo una questione di tempo prima che venissi salvato anche io. Ricordo che Ty’rick era arrabbiato. Deve essersi voltato per uccidermi.”

“E Daniels si è messo in mezzo.” Finì McCoy. “Era un brav’uomo.”

“Sì.” Annuì Spock.

“Spock,” disse Kirk “mi dispiace che Daniels sia morto, ma c’è una nuova vita della quale dobbiamo preoccuparci. Dobbiamo riportarti da Nyota.”

“Gliel’ho già detto, non so dov’è.”

“È al Jackson Memorial Hospital in Florida.” Sorrise McCoy. “È entrata in parto prematuro, ma sono stati in grado di fermarlo, per il momento.”

“Per quanto apprezzi il fatto che l’abbia trovata questo non significa…”

“Non le ho dato la caccia, Spock.” Lo interruppe Bones. “Ha chiamato lei, Daniels se n’è occupato piuttosto bene.”

“Cosa le ha detto?” Chiese Spock con una punta di allarme.

“La verità.”

“E desidera ancora che io ritorni?”

“Più di qualunque altra cosa. Saremo in orbita attorno alla Terra fra un giorno, ma credo che dovresti…”

Prima che Bones potesse terminare il suo suggerimento Spock si era alzato e aveva cominciato a correre. McCoy e Kirk rimasero stupiti dalla velocità di Spock ed ebbero difficoltà a raggiungerlo. Spock corse direttamente in sala teletrasporto e spostò un sorpreso Scotty di lato. Cominciò a programmare il tele trasportatore mentre Scotty balbettava delle rimostranze.

“Capitano, Signore, stavo revisionando questa bellezza, ci vorranno ancora delle ore per reinstallare il programma…”

“Sto semplicemente inserendo dei nuovi comandi e by-passando il reset.”

“Ci vorranno giorni.”

“Fatto.”

“Co…”

Spock corse ad una delle rampe del teletrasporto mentre McCoy e Kirk riuscivano finalmente ad arrivare nella sala. Gli amici non fecero nulla per fermarlo, volevano solo essere presenti. Scotty d’altra parte era ancora frastornato.

“Energia, Signor Scott.”

“Uh…Capitano, ci stiamo muovendo a Velocità di Curvatura.” Puntualizzò inutilmente Scotty.

“Ho fatto i necessari aggiustamenti utilizzando la sua formula, Signor Scott.”

“Detesto doverlo dire di nuovo, ma tutta questa faccenda di teletrasportarsi attraverso distanze così vaste: brutta idea. Farlo a Velocità di Curvatura: anche peggio.”

“Ha funzionato in passato.”

“Anche la Roulette Russa è sicura cinque volte su sei…”

“Energia o Corte Marziale.”

“Sì, Signore.” Sospirò Scotty.

La vista di Spock si annebbiò quando il teletrasporto entrò in funzione. L’atterraggio fu duro e lui si ritrovò steso sulla schiena su un duro pavimento di piastrelle. Un acuto urlo d’allarme gli assalì le orecchie. Sedendosi notò una donna che si era arrampicata su un lavandino con l’acqua in funzione. Guardandosi attorno decise che probabilmente si trovava nel bagno delle donne.

“Le mie scuse.” Disse Spock mettendosi in piedi. “Posso chiedere se questo è il Jackson Memorial Hospital, sulla Terra?”

La donna scioccata non fece altro che annuire. Spock la ringraziò e se ne andò. In corridoio fu accolto dal caos organizzato di un ospedale indaffarato. Piuttosto che chiedere informazioni Spock si guardò la fede nuziale. Su Romulus il metallo era rimasto di colore nero, ora era diventato di un opaco argento. Quando camminò in avanti l’anello cominciò a schiarirsi mentre cercava l’anello di Uhura. Era appena diventato di un leggero oro quando Spock sentì il grido d’agonia di un’inconfondibile voce melodiosa.

“Nyota!”

Spock quasi perse l’equilibrio quando svoltò bruscamente a destra. Il grido di Uhura si ripeté lasciandogli capire dove si trovava esattamente. Piombando nella stanza Spock si era aspettato di trovare tutti nel panico, tuttavia, tutti sembravano perfettamente calmi. La dottoressa che stava leggendo la cartella di Nyota si voltò e guardò criticamente Spock. Aveva lunghi capelli biondi raccolti in una coda. Vedendo il trasandato Vulcaniano si mise protettivamente di fronte alla paziente che stava ancora gemendo a causa del parto.

“A meno che non sia il padre, esca.”

“Sono il padre.”

“Spock?” Chiese Nyota senza fiato. “Spock!”

“Sono qui.” Spock corse al suo capezzale premendo gentilmente il palmo della mano contro la guancia di lei.

“C…come?”

“Vi lascio soli per un momento.” La dottoressa annuì in segno d’approvazione.

“Il bambino…”

“Si rilassi, ha ancora una buona mezz’ora prima di diventare padre.” La dottoressa sorrise e se ne andò.

Spock stava per continuare a protestare quando Uhura lo afferrò per le orecchie baciandolo appassionatamente. Ancora senza fiato per la corsa appena fatta i polmoni di Spock gridavano per la mancanza d’aria, ma lui ignorò la richiesta rispondendo all’appassionato bacio della moglie.

Quando un’altra potente contrazione la sorprese fu costretta a lasciarlo andare. Spock le accarezzò i capelli e appoggiò la fronte contro la sua in silenzioso supporto mentre lei sopportava i dolori del parto. Quando il dolore diminuì Uhura scoppiò a piangere. Allarmato Spock le asciugò le lacrime con il dorso della mano.

“Nyota…”

“Mi dispiace così tanto, Spock.” Piagnucolò Nyota. “Non è stato giusto da parte mia lasciarti così.”

“Lo capisco.”

“Non voglio che tu capisca, voglio che mi perdoni.”

“Ti amo, e sono in un eguale bisogno di perdono.”

Nyota continuò a piangere, ma ora sorrideva smagliante. Spock aveva sempre difficoltà a comprendere queste dimostrazioni emotive così contrastanti. Vedendo la sua confusione Uhura ridacchiò e avvolse le braccia attorno al suo collo così da poterlo baciare di nuovo. Questa volta quando la contrazione fu più forte lei accrebbe la stretta.

Il bioletto per la maternità sul quale stava stesa Nyota cominciò improvvisamente ad emettere degli urgenti bip. Dopo pochi secondi la dottoressa riapparì con un’infermiera. Si avvicinò alla coppia e cominciò a digitare nell’interfaccia del computer con uno sguardo di medica preoccupazione.

“Dottoressa, cosa sta succedendo?” Chiese Spock allarmato. “Cosa c’è che non va?”

“Va tutto bene…uh…”

“Spock, Capitano Spock.”

“Ah, Flotta Stellare.” Annuì lei. “Va tutto bene, Capitano, sembra solo che questo piccolino voglia nascere di tutta fretta. Le tenga la mano e lasci tutto il resto a noi.”

“Grazie, Dottoressa.”

Spock riportò tutta la sua attenzione su Nyota. Lei lo guardò e sorrise coraggiosamente. Lui le offrì la mano e lei gliela strinse riconoscente. Generalmente i padri Vulcaniani non venivano coinvolti in nessun modo nella nascita dei loro figli, tuttavia Spock non aveva intenzione di lasciarla per onorare una tradizione.

La dottoressa diede qualche istruzione a Nyota che le seguì. Spock afferrò un panno lì vicino e rimosse gentilmente il sudore della fronte di Uhura. Corrugò le sopracciglia quando sentì che anche il suo volto era bagnato. Sollevando una mano scoprì che lacrime gli rigavano le guance.

Uhura lo guardò, notando anche lei le lacrime, e sorrise. Anche se leggermente Spock rispose al sorriso. La dottoressa le diede un nuovo ordine e Uhura urlò di nuovo. Spock stava per rassicurarla quando all’improvviso si sentì una nuova voce nella stanza. Un lieve, umido pianto fendette l’aria.

“Nyota, Spock, congratulazioni…è un maschio.”

 

Non riesco neanche ad esprimere la felicità che mi ha portato questo capitolo! Insomma, dopo tutto quello che è successo, finalmente Spock potrà stringere suo figlio fra le braccia!!!! Il prossimo sarà l'ultimo capitolo, ma di certo questa non sarà l'ultima storia che tradurrò di questa autrice : )

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Capitolo 42
*** Capitolo 42 ***


Capitolo 42

“James Tiberius Kirk, la prego di fare un passo avanti.”

Kirk sapeva di non dover essere nervoso, ma lo era lo stesso. Lo stomaco gli faceva più male di quando il dispositivo Romulano aveva cominciato a rosicchiarglielo. I prossimi minuti avrebbero deciso il resto della sua intera vita. Lanciò un’occhiata a Bones per avere un po’ di supporto e fu ricompensato da un lieve sorriso da parte del dottore. Forzando lui stesso un piccolo sorriso Kirk avanzò verso la congrega di nove uomini e donne che erano stati incaricati di decidere il suo destino.

“Questo consiglio ha esaminato la sua domanda di reinserimento nella Flotta Stellare.” Disse l’Ammiraglio Jones con voce piatta. “In normali circostanze non saremmo in grado di accogliere tale richiesta.”

“Queste non sono state esattamente ‘normali circostanze’.” Puntualizzò Kirk.

“No, non lo sono state. Per questo il consiglio ha votato all’unanimità di farla rientrare nella flotta, Capitano Kirk.”

“Grazie, Ammiraglio.” Disse Kirk con ovvio sollievo.

“Lo dice come se avesse pensato che non glielo avremmo permesso.” Disse Jones sogghignando leggermente.

“Il pensiero mi ha attraversato la mente, Signore.”

“Non avrebbe dovuto. La Flotta Stellare non ha mai voluto perdere uno dei suoi più giovani eppure più decorati Capitani.”

“Avreste potuto ingannarmi.”

“L’incidente con l’Ammiraglio Cooly è stato una sfortuna, e temo che ora sia in corso una caccia alle streghe in piena regola. Fra la sua situazione e gli attentati alla vita del Comandante Spock è ora dolorosamente chiaro alla Flotta Stellare e alla Federazione che abbiamo dei problemi interni dei quali occuparci immediatamente. Tuttavia, Cel’esta e Langlin si stanno dimostrando piuttosto disponibili nell’aiutarci a determinare chi era coinvolto nella cospirazione.”

“Langlin? Cosa c’entra in tutto questo?” Chiese Kirk confuso. “Non è il leader di un gruppo radicale anti-alieni?”

“Lo era.” Annuì Jones. “È stato arrestato dopo aver attentato alla vita dell’Ammiraglio Pike…”

“State offrendo un accordo a quella spazzatura?”

“Niente affatto. Durante l’attentato alla vita dell’Ammiraglio Pike Langlin ha avuto un inaspettato scontro con il recentemente adottato figlio dell’Ammiraglio. Il Vulcaniano ha fatto qualcosa alla sua mente, rendendolo incapace di mentire.”

“Non può mentire?”

“C’è dell’altro, è diventato piuttosto loquace. Langlin ha confessato ogni crimine commesso da lui e dalla sua organizzazione negli ultimi vent’anni, incluso il suo coinvolgimento con Cooly. Ovviamente dobbiamo verificare tutto quello che dice dato che si trova sull’orlo della follia, ma fin’ora tutte le sue ‘soffiate’ si sono rivelate vere.”

“Interessante.”

“Con l’aiuto dell’Imperatrice Romulana credo che la Federazione abbia una salda presa sugli avvenimenti. In più il dispositivo d’occultamente che ci ha donato è di immenso valore.”

“Stia attento con lei, Ammiraglio, è uno spirito indomito.”

“Annotato.” Ridacchiò Jones. “Non si preoccupi, Capitano, ancora non ci fidiamo di lei al cento per cento.”

“Um…parlando del ‘Capitano’, su quale nave servirò?”

“Sull’Enterprise ovviamente.”

“L’Enterprise?” Replicò Kirk sorpreso. “Il Capitano Spock…”

“Il Comandante Spock,” corresse Jones “ci ha informati oggi che qualsiasi decisione avremmo preso riguardo a lei, desiderava rinunciare alla posizione di Capitano. Il Comandante Sulu ci ha inoltre informati che nonostante desideri mantenere il suo nuovo grado preferirebbe servire come Timoniere che come Primo Ufficiale. Sfortunatamente, questo la lascia senza Primo Ufficiale.”

“Spock sta lasciando la Flotta Stellare?” Esclamò Kirk.

“No.” Jones frugò fra alcuni documenti fino a che non trovò quello che stava cercando porgendolo poi a Kirk. “Ha sottoposto il suo curriculum insieme alla sua domanda di assegnazione all’Enterprise.”

“Aspetti…pensavo mi avesse detto che ero senza Primo Ufficiale.”

“Tecnicamente è così. Il Comandante Spock ha insistito che la sua domanda abbia l’approvazione scritta del Capitano dell’Enterprise, dopotutto questa è la procedura standard della Flotta Stellare. La decisione finale riguardante il Primo Ufficiale spetta al Capitano.”

“Ovvio, solo Spock avrebbe proceduto seguendo tutti i canali appropriati.” Kirk roteò gli occhi e firmò il documento. “Come se potessi rifiutarlo.”

“Quindi accetta la richiesta?”

“Sì, Signore.”

“Eccellente. L’Enterprise è attualmente in riparazione e revisione, il Comandante Spock è in permessp per paternità, e lei è in permesso medico per almeno il prossimo mese. Al suo ritorno la sua missione riguarderà il test del dispositivo d’occultamento.”

“Significa che Cel’esta sarà a bordo della mia nave?” Chiese Kirk con disgusto.

“Temo di sì, Capitano. Non solo è l’esperta del dispositivo, ma ha inoltre insistito di essere assegnata a lei in cambio di ulteriori informazioni sui Romulani.”

“Sta ancora facendo accordi? Quella donna è foriera di brutte notizie.”

“Siamo certi che saprà come occuparsi di lei. Può andare, Capitano.”

Kirk prese fiato per protestare ulteriormente contro la presenza di Cel’esta sulla sua nave, ma McCoy gli era strisciato alle spalle per portarlo via prima che potesse testare la sua fortuna innanzi al consiglio. Una volta in corridoio Kirk passò un braccio sulle spalle di McCoy.

“Bones, lo giuro quella donna è determinata ad essere la mia morte.”

“Non riesco a credere che la Flotta Stellare le permetta di salire a bordo dell’Enterprise.”

“Probabilmente è perché non vogliono essere loro ad occuparsene.” Sbuffò Kirk. “Ma sai cosa? Non m’importa…voglio solo riavere la mia nave.”

“Credi ci sarà una guerra con Romulus?”

“Non lo so.” Ammise Kirk. “Non preoccupiamoci dei Romulani adesso, dobbiamo andare ad incontrare un Vulcaniano nuovo di zecca.”

Bones annuì e i due si incamminarono verso la navetta. Spock, Uhura, e il bambino stavano passando la settimana a casa di Pike. Il viaggio dal Quartier Generale della Flotta Stellare alla casa dell’Ammiraglio in mezzo al bosco non era lungo. Quando arrivarono Salen li salutò alla porta con un sorriso smagliante.

“Un Vulcaniano che sorride,” ridacchiò Bones “ora ho veramente visto tutto.”

“Non è possibile vedere ‘tutto’, Dottore, l’Universo è troppo vasto.” Replicò Salen. “E poi, deve ancora vedere il figlio di Spock.”

“Ti ha fregato qui, Bones.” Lo prese in giro Kirk.

“Credo proprio di sì.” Ammise McCoy sconfitto.

“Vi prego, entrate. Sono sulla veranda sul retro con mio padre.”

Kirk entrò, meravigliato all’idea che sia Pike che Spock fossero diventati padri.

“Ti conviene stare attento, Jim, sarai il prossimo.” Bones diede una leggera gomitata a Kirk fra le costole, avendo indovinato cosa stava pensando.

“Oh no, non io. Non ho bisogno di nessun bambino.”

“Stai scherzando? Col tuo modo d’essere probabilmente avrai già seminato bambini per tutta la galassia.”

“No…beh non che io sappia.”

Bones scosse tristemente la testa mentre seguivano Salen in veranda. Uhura era seduta su una poltrona, avvolta da una massa di calde coperte con in braccio una più piccola massa di copertine cullate dolcemente. Spock era seduto sull’orlo della sua poltrona, fissando la moglie come per memorizzare la scena innanzi ai suoi occhi.

Pike era in sedia a rotelle lì accanto. Salen gli si avvicinò inginocchiandosi poi per terra accanto a suo padre. Kirk corrugò leggermente le sopracciglia al comportamento quasi canino del giovane Vulcaniano che se ne stava fedelmente seduto accanto a Pike. Gli era stata raccontata un po’ della storia di Salen, e si domandò brevemente cosa potesse avere in serbo per lui il futuro.

“Capitano.” Lo salutò caldamente Spock.

“La Flotta Stellare ti ha già comunicato la sua decisione?”

“No. Tuttavia, l’espressione sul suo volto sì.”

“Logico.” Sorrise McCoy.

“È così evidente?” Sospirò Kirk.

“Sì.” Annuì Spock. “Congratulazioni, Capitano. Ho fede che abbia accettato la mia richiesta.”

“In realtà volevo guardarmi un po’ attorno prima.”

“Molto bene, se riuscirà a trovare qualcuno più qualificato di me…”

“Sto scherzando, Spock, certo che sei tu il Primo Ufficiale, l’Enterprise non vorrebbe altrimenti.”

“Mi presenterò a rapporto alla fine del mio permesso per paternità.”

“Prenditi tutto il tempo che ti serve.”

“Come ti senti, Uhura?” Chiese Bones.

“Meglio che mai.”

Spock si mise in piedi e tese le braccia verso sua moglie. La neo mamma sorrise e porse il piccolo bambino nascosto fra le pieghe della coperta azzurra a suo padre. Spock tenne in braccio suo figlio col massimo della cura. Kirk e Bones si avvicinarono per salutare il nuovo membro della loro strana famiglia.

Il figlio di Spock strizzò gli occhi a causa della luce del mattino quando suo padre scostò le coperte per rivelare il suo volto. Il Vulcaniano per un quarto aveva un aspetto molto più umano di suo padre. Aveva la pelle color caffè chiaro e una massa di disordinati capelli neri leggermente ricci. Le sue sopracciglia non erano arcuate come quelle del padre, ma le sue orecchie a punta erano un tratto distintamente Vulcaniano.

“È stupefacente, Spock.” Si illuminò Kirk.

“Grazie.”

“Allora questo piccolo ammasso di gioia ha un nome?” Chiese Bones.

“Certamente.” Annuì Spock. “Daniel T. Uhura.”

“T.?” Chiese Kirk.

“Tiberius, ovviamente.”

“Ovviamente.”

Kirk sorrise e alzò una mano per accarezzare la guancia di Daniel. Era felice che Spock avesse chiamato suo figlio come il Comandante Daniels. Senza il sacrificio del mezzo Camaleoide non avrebbe mai potuto vedere suo figlio. Il pensiero del figlio di Spock che cresceva senza padre fece venire le lacrime agli occhi a Kirk.

“Capitano?” Chiese Spock preoccupato.

“Spock…non mi sarei mai perdonato se tu fossi morto su Romulus, perdendoti tutto questo. Lui merita un padre, non saresti dovuto venire da me. Hai messo a rischio la tua intera famiglia venendo a prendermi.”

“Questo non è logico. La mia famiglia sarebbe stata a rischio che io avessi viaggiato fino a Romulus o no.”

“Non capisco.”

“James, il colore del sangue non conta. Anche tu sei un membro della mia famiglia.”

 

E questa è la fine! Ringrazio infinitamente tutti quelli che hanno recensito questa storia, o la hanno semplicemente letta, e un ringraziamento speciale va a tutti quelli che hanno inserito questa storia fra le seguite, le ricordate o le preferite! Siete magnifici! Ci vediamo presto con la prossima storia di quest'autrice che ho intenzione di tradurre: 'The Trials of Triskelion'.

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