Il piano di Schroeder. di Good Old Charlie Brown (/viewuser.php?uid=97316)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il piano di Schroeder. ***
Capitolo 2: *** La Sonata a Kreutzer ***
Capitolo 3: *** Per Elisa. ***
Capitolo 1 *** Il piano di Schroeder. ***
Schoeder.
Il piano di Schroeder
Piu di ogni
altra cosa, Schroeder amava suonare il suo piano. Felicità era
lui stare chino, ingobbito sul suo strumento troppo piccolo. Quel piano
giocattolo che lui, lui solo, trasformava in qualcosa di grandioso, fino
a che la schiena non cominciava a dolere. facendo danzare le dita
sui tasti bianchi e neri, ora rapidamente, come una tempesta estiva e
ora più lente, come il delicato tocco della pioggia di
primavera. Quando suonava nulla esisteva per Scroeder, nulla
avrebbe potuto disturbarlo... tranne lei che sola osava interromperlo, che sola sapeva interromperlo.
Schroeder non amava altra musica all'infuori di
quella di Beethoven. Se avesse avuto tempo di pensare al paradiso, tra
una Per Elisa. e una Sonata al Chiaro di Luna, lo avrebbe immaginato al suono della sua musica: una Sinfonia per ognuno dei nove Cieli, dalla Prima in do maggiore alla Nona in re minore (e cosa è più adatto al Paradiso di un Inno alla Goia?).
I suoi movimenti avrebbero dato il tempo e il ritmo agli Angeli
del cielo che avrebbero cantato le lodi dell'Altissimo al suono dei
suoi Concerti.
Schroeder assomigliava anche al suo eroe: come Beethoven, Schroeder era sordo. Ma
non era la sua sordità dell'orecchio (come avrebbe potuto
sopportare di non udire più il ritmo della sua
felicità?), era una sordità del cuore. Il suo cuore
risuonava solo di musica, di Bagatelle, Toccate e Fughe, Concerti, Movimenti e Sinfonie. Non c'era mai stato posto in esso per una voce che lo richiamasse ad altro, non c'era stato posto per la sua voce che solo per lui poteva suonare dolce.
Quando Lucy van Pelt dovette trasferirsi lontano, finalmente Schroeder udì. Egli
sentì chiaramente che quella ragazza, noiosa e petulante che lo
disturbava e lo interrompeva, che stava sempre lì sdraiata sul
suo piano ad ascoltare, gli aveva parlato al cuore con un linguaggio
diverso ma uguale a quello di Beethoven che solo per lui risuonava. Da
quel giorno Schroeder, quando suonava Beethoven sentì la
mancanza dell'altra metà del suo piano.
Non le ho nemmeno detto addio.
Cosa sarebbe il piano di Schroeder, senza Lucy van Pelt?
Storia classificatasi ottava al concorso "La felicità è
un cucciolo caldo" indetto da Valery23. Vincitrice del premio
bracchetto per il miglior stile.
Ottavo classificato: Il piano di Schroeder di Atavarno
Grammatica: 8 punti
Ci sono parecchi errori di battitura e un errore di congiunzione
in un periodo: “il suo cuore risuonava solo di musica, di Bagatelle,
Toccate e Fughe, Concerti, Movimenti e Sinfonie non c’era mai stato
posto in esso …”
Tra le due frasi è stata omessa una “e” o un’altra congiunzione
oppure andava inserito un segno di punteggiatura, magari forte, come
punto e virgola o due punti.
Attinenza al tema: 10 punti
Questa storia è molto triste, ma va bene perché mette in luce la
differenza tra il periodo con Lucy e quello senza di lei evidenziando lo
stato d’animo attuale di Schroeder e la sua idea di felicità che
cambia.
IC: 10 punti
Mi piace questo Schroeder, che rimane sé stesso fino alla fine,
anche se per questo è destinato all’infelicità.
Originalità: 9 punti
Nonostante sia una delle solite Lucy/Schroeder, l’ho trovato
abbastanza originale perché qui la loro storia finisce male, cioè non
esiste neanche una storia tra i due. E per una volta è la sofferenza del
pianista as essere messa in luce, non quella della bambina. I miei
complimenti, anche se è triste vedere Schroeder così!
Stile: 9 punti
Il lessico è molto ricercato, basta notare tutti i vari termini
musicali e i numerosi titoli delle opere di Beethoven, e anche lo stile è
appropriato, malinconico, distaccato e ricco di similitudine, a mio
dire stupende. Ho tolto il punto perché per i molteplici usi errati
della punteggiatura: punti in mezzo alle frasi, segni di punteggiatura
consecutivi (cioè .,), che tolgono fluidità alla lettura e confondono il
lettore. Sono sicura che sono errori di distrazione, ma stai attento la
prossima volta.
Giudizio: 4 punti
Mi è piaciuto molto questo racconto, che però è stato molto
penalizzato dai tuoi errori di distrazione e mi dispiace molto per
questo.
Tot. 50 punti
Un vero peccato tutti questi errori....ho perso 2-4 punti solo per
mancanza di attenzione. Complimenti a tutti i partecipanti al contest e
grazie a Valery per la sua attenzione in questo contest.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** La Sonata a Kreutzer ***
La Sonata a Kreutzer
La sonata a Kreutzer.
A Serena che fu la mia Lucy, che fu il mio Schroeder.
La musica per Schroeder era tutto: era la goia che esplodeva,
imprevedibile e lieta, come in un rapido cambio di tempo e di
intensità, un passaggio dal piano al forte, dal
moderato all’allegro con brio e su fino al vivace o al presto;
era la felicità, che ritma l'esistenza come un allegro
con brio del movimento di una sinfonia, era l'attesa, di un
evento improvviso, insieme temuto e voluto era il destino che bussa
alla porta (sei note bastarono a Beethoven per dire tutto questo).
Per Schroeder la
musica era tutto, e tutto era musica: giocare a baseball, ad
esempio, era come una sinfonia dove ogni giocatore era come uno
strumento musicale (certo .la sua squadra non è che suonasse
molto bene).
Lucy van Pelt di
musica non capiva quasi nulla: mai sarebbe stata in grado di
distinguere un pezzo di Beethoven da uno di Brahms, la differenza tra
Concerti, Sonate e Sinfonie gli era totalmente estranea e quelle
misteriose parole italiane che per Schroeder erano un indizio prezioso
per interpretare il suo Beethoven nel modo migliore, erano per
lei completamente senza senso. Eppure Lucy, amava ascoltare Schroeder
mentre suonava, si sentiva felice nello stare distesa, appoggiata al
piano abbandonata ai suoni che si inseguivano, perdendosi e divorandosi
l’un l’altro oppure fissare il giovane pianista e le sue
dita che danzavano leste sui tasti bianchi e neri.
Era sempre con
un filo di dispiacere che interrompeva quella piccola magia prodotta
dal suono - nient’altro che vibrazioni dell’aria, in fondo
ma che pure sapeva evocare un tumulto di sentimenti ed emozioni
– per parlare un poco con Schroeder.
«Sai,
Schroeder, secondo alcuni filosofi la musica è strattamente
legata all’amore» disse, come casualmente mentre il bambino
continuava a suonare Per Elisa «C’è persino chi dice
che Non puoi fare musica se non ami» insistette lei.
«Quindi anche tu devi amare, qualcuno, Schroeder. Vero?»
Schroeder
terminò il movimento, alzando la testa godendosi ad occhi chiusi
l’istante in cui l’ultima nota smetteva di echeggiare
nell’aria. Poi guardando in modo curioso Lucy disse
«Suppongo, che tu abbia ragione, Lucy, non ci avevo mai
pensato.»
«E chi
è che ami, Schroeder» rispose Lucy sorridendo lietamente,
il cuore che le batteva mentre il sangue le imporporava le guance.
«Beethoven naturalmente».
«Mai confidare dell’amore di un pianista».
Questa storia mi è stata ispirata da una frase che una mia amica mi ha scritto leggendo la fiction precedente.
Ovvero "Non si può fare musica se non si ama". Io non so suonare
anche se mi piacerebbe e mi intendo poco di musica, spero di non aver
tradito nulla di quest'arte meravigliosa, forse la più alta
forma d'arte esistente (quando è arte e soprattutto quando
è pura, senza parole).
Il finale è un po' in dissonanza con la prima parte, diciamo che
è un effetto voluto. Schroder è pur sempre un bambino.
Spero che questa storia vi sia piaciuta. Se è così
lasciatemi una recensione che è sempre una cosa piacevole per un
autore.
Alla prossima.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Per Elisa. ***
Per Elisa.
Per Elisa.
A te che leggi questa mia storia
A te per la quale l'ho scritta
Quando Schroeder suonava
Beethoven con il suo piano, egli lo faceva sempre solo per se stesso.
C’era qualcosa di fortemente egoistico in quell’intimo
piacere che lo pervadeva ogni volta che sedendo per terra intrecciava
le complesse melodie che crome, biscrome, brevi, pause e bemolle
tracciavano, come semi neri sullo strano sentiero del pentagramma .
Anche gli altri che lo stavano ad ascoltare, e persino le persone
presenti quando si esibiva in un saggio o in un concerto, li
considerava quasi come bambini importuni e maleducati che stavano a
sentire un discorso che non era pronunciato per le loro orecchie.
Lucy van Pelt amava ascoltare Beethoven solo
perché era Schroeder a suonarlo: non che non le piacesse la
musica, ma tutto ciò che cercava in essa si riduceva in fondo a
qualche minuto in compagnia del piccolo pianista biondo; ciò che
cercava era la possibilità di condividere assieme con lui il
piacere che dava la musica, ciò che sognava era la
possibilità che, per una volta, Schroeder suonasse per lei.
Quel giorno Lucy stava come sempre sdraiata, i
gomiti poggiati al piano e fissava il suo adorato Schroeder che, per
conto suo, era chino e concentrato sui tasti bianchi e neri,
l’occhio che vagava sullo spartito. Improvvisamente Schroeder
smise di suonare e fissò il suo sguardo in quello della
van Pelt che, per la prima volta nella sua vita, rimase senza parole.
Poi Schroeder attaccò a suonare: suonava Per
Elisa: e intanto non staccava i suoi occhi verdi da quelli neri di
Lucy: per la prima volta nella sua vita non suonava per sé, ma
per lei. ed ogni singola nota era come un lungo discorso la cui sottile dolcezza nasceva dal tocco delicato di un piùchepiano
ed ogni pausa in cui il suono esitava, come se uno strano pudore lo
trattenesse, era come una dichiarazione d’amore. Lucy era
incantata dalla musica, era inebriata di felicità, annegava
nello sguardo di lui e avrebbe voluto che tutto quello non avesse mai
fine....
All’improvviso un accordo fortissimo e
profondo, che nulla aveva a che fare con la dolcezza della Bagatella
risuonò nell’aria e Lucy si ritrovò a fissare un
arrabbiatissimo Schroeder.
«Non ci si addormenta quando si ascolta
Beethoven!» stava dicendo, ma lei, triste e abbattuta, non lo
ascoltava già più.
«L’amore è il sogno di una felicità irraggiungibile» disse.
Schroeder riattaccò a suonare Per Elisa.
N.d.A.
Anche se è passato qualche giorno da quando ho pubblicato questa
storia, voglio aggiungere qualche riga per spiegarne in parte
l'origine. 1) In primo luogo cì'è per questo video.
In cui si vede e si sente (più o meno non è Per Elisa, ma
la Sonata al Chiaro di Luna) ciò che in questa storia accade. 2)
In secondo luogo c'è una striscia che mi è stata
segnalata in cui Lucy dice a Schroeder che "Se Beethoven ha scritto
"Per Elisa" ci sarà un motivo.
Devo ancora ringraziare Serena perchè anche mi ha ispirato
ancora una volta con una bellissima frase (che però qui non
compare). Mi diverte sempre più questa coppia che non è
una vera coppia, alla prossima spero.
Approfitto della situazione per ringraziare nuovamente tutti quelli che
hanno recensito o anche semplicemente letto questa e le altre mie
storie sui Peanuts.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=709373
|