L'album fotografico

di Andry Black
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Love me Do ***
Capitolo 2: *** I've Just Seen A Face ***
Capitolo 3: *** Help! ***
Capitolo 4: *** Girl ***
Capitolo 5: *** I'm Happy just to Dance With You ***
Capitolo 6: *** All i've got to do ***
Capitolo 7: *** Money (That's what i want) ***
Capitolo 8: *** I Don't Want to Spoil The Party ***
Capitolo 9: *** Julia ***
Capitolo 10: *** We Can Work It Out ***
Capitolo 11: *** It's Only Love ***
Capitolo 12: *** The Night Before ***
Capitolo 13: *** Because ***
Capitolo 14: *** Ob-la-dì, Ob-la-dà ***
Capitolo 15: *** Fixing a Hole ***
Capitolo 16: *** Act Naturally ***
Capitolo 17: *** I've got a Feeling ***
Capitolo 18: *** If I fell ***
Capitolo 19: *** Getting Better ***
Capitolo 20: *** Michelle ***
Capitolo 21: *** I'll Follow The Sun ***
Capitolo 22: *** Not a Second Time ***
Capitolo 23: *** Hide Your Love Away ***
Capitolo 24: *** For No One ***
Capitolo 25: *** I'll Cry Instead ***



Capitolo 1
*** Love me Do ***


love me do

E infine eccomi qui, non mi sembra vero ma ce l’ho fatta.
Domani avrà inizio la mia nuova e perfetta vita al fianco dell’uomo che amo, ed io so già che stanotte non riuscirò a dormire.
E’ stata dura conquistare l’amore di John, ma oggi mi ha promesso che domani parlerà con Cyn e la lascerà, così potremo stare insieme senza più problemi. Niente più “una botta e via”, niente più bugie, niente più sotterfugi, niente.
Saremo solo io e lui.
Suonano così bene queste parole insieme…
Io e lui.
Io e John.
Chris & John. John & Chris.
In un certo senso mi sento come un’attrice nella notte degli oscar: ho gli occhi lucidi, ma non per tristezza. Sono felice, invece, molto felice.
Tuttavia mi dispiace un po’ per Cyn: le si spezzerà il cuore…
Lei è la ragazza migliore che io conosca e la più adatta a stare al fianco di John, se non fosse….sì, beh, se non fosse che ci sono io!
Crollerà a pezzi quando John le dirà di volerla lasciare per me e a me si spezzerà il cuore alla vista del suo sguardo confuso che cercherà in John le tracce di quell’amore che sarebbe dovuto durare per sempre.
In ogni caso, non devo farmi bloccare da questi pensieri.
E’ brutto gioire per le disgrazie altrui, ma se queste disgrazie realizzeranno il mio più grande desiderio, il sogno per cui combatto da una vita, non è allora forse giusto che io mi senta felice? Non è un mio diritto?
Chi lo avrebbe mai detto in quella calda estate del ’57, quando per la prima volta lo vidi e mi innamorai di lui che sarei riuscita nel mio intento?
…è stata dura, durissima, ma ce l’ho fatta.
Ricordo ancora la prima volta che lo vidi (come potrei dimenticarlo?)
Ricordo esattamente come tutto ebbe inizio e come lui arrivò ad illuminare la mia vita.
Avevo solo quattordici anni, allora, mentre lui diciassette…
Non ne voleva sapere niente di me, in quel periodo; non mi guardava neanche, non nel modo in cui io desideravo tanto essere guardata da lui, almeno.
Mi considerava solo una bambina, me ne rendevo conto, ma quella “bambina” è stata in grado di farlo innamorare, dopo tutto.
Sono così felice.
Potrò baciarlo senza che nessuno abbia niente da ridire!
Né quello stupido di Paul, né Cynthia, né nessun altro...
Scommetto che neppure Paul se lo sarebbe mai aspettato.
Guardo l’orologio e mi accorgo che la mezzanotte è già passata, ma non ho per niente sonno, quindi con un album fotografico aperto sul letto, mi lascio sprofondare nei ricordi…

The Beatles pictures
[Questo è Paul e l’anno dovrebbe essere all’incirca il 1957, cioè quando tutto è cominciato.]

Era il 18 giugno del 1957 quando conobbi John.
Lo ricordo bene perché era il quindicesimo compleanno di Paul, il primo dalla morte di sua madre Mary.
Allora io e Paul vivevamo entrambi nel quartiere di Speke, nella periferia di Liverpool, ed eravamo vicini di casa. Le nostre case si affacciavano l’una sull’altra ed erano divise solo da una piccola stradina asfaltata, in modo tale che le finestre delle nostre stanze erano l’una di fronte all’altra e la sera potevamo darci la buonanotte accendendo e spegnendo a ripetizione la luce.
Io, Paul e suo fratello Mike da bambini eravamo inseparabili ed insieme ne combinavamo di tutti i colori, solitamente facendone ricadere la colpa sul povero Miky, che essendo il più piccolo di noi tre, non riusciva mai a difendersi a dovere (ma anche fosse stato più grande, credo che ci sarebbe stato ben poco da fare contro il bel faccino di Paul, che già allora incantava tutti quanti).
Le nostre famiglie erano molto amiche, quindi i nostri genitori erano sempre felici di vederci così uniti e Mary nonostante fosse molto impegnata con il lavoro, trovava sempre il tempo per prepararci qualche biscotto o una torta da mangiare con il tè delle cinque.
Però poi Mary si ammalò e questo cambiò ogni cosa.
Ricordo il giorno in cui me lo comunicarono ancora con dolore.
“E’ cancro”, dissero e io non sapevo neppure cosa volesse dire, sapevo soltanto che la donna che era per me come una zia o una seconda madre stava molto male e forse sarebbe morta.
Spesi per lei milioni di lacrime, ma tutte le lacrime del mondo non servirono ad impedire alla morte di raggiungerla, proprio nella notte di Halloween del 1956.
Fu un brutto colpo per tutti, ma soprattutto (credo che sia superfluo dirlo, ma è necessario per capire) per Paul e Mike.
Entrambi ne rimasero traumatizzati, come ci si può aspettare da due ragazzi, poco più che bambini, che vedono morire precocemente la loro mamma. Comunque Mike, seppure lentamente, dopo qualche mese iniziò a mostrare segni di ripresa, mentre Paul impiegò molto più tempo per tornare ad assomigliare anche vagamente al ragazzo spensierato di prima.
Paul era sempre stato il mio migliore amico e la persona con cui ero più in sintonia; solitamente riuscivo a capire cosa pensava grazie a un semplice sguardo, ma in quei giorni quasi non lo riconoscevo: si rinchiudeva in camera sua per ore intere, rifiutando di parlare con chiunque, per strimpellare quella chitarra che aveva ottenuto barattandola con la tromba che suo padre, Jim McCartney, gli aveva regalato qualche tempo prima.
In breve divenne molto bravo a suonare, ma sfido chiunque a non diventarlo nelle sue condizioni: credo che la chitarra fosse la sua unica distrazione al dolore.
Avrei tanto voluto poter fare qualcosa per lui, ma l’unica cosa che potevo fare in realtà era rimanere al suo fianco in silenzio, mentre lui sfogava il dolore suonando.
La situazione era questa, quindi, quando il giorno del suo compleanno andai a trovarlo.
Mi ero impuntata che quel giorno, volente o nolente, Paul sarebbe uscito con me e Mike, si sarebbe divertito, e avrebbe anche riso, magari.
In questa disposizione d’animo, bussai alla porta dei McCartney.
Ad aprirmi fu Jim, che stava giusto uscendo per andare a lavoro.
«Sono tutti e due in camera di Paul», mi disse sbrigativo, a mo’ di buongiorno, ma si leggeva nei suoi occhi che era felice di vedermi
«Grazie», risposi allegra, «Ciao, Jim!»
Così dicendo corsi nella direzione indicatami e, prendendo una boccata d’aria, come si fa prima di un tuffo, entrai in camera di Paul.
«Ciao, ragazzi!», esclamai, tutta sorridente
«Ciao, Chris!», mi salutò con un tiepido sorriso Mike.
Paul si limitò a fare un cenno della testa nella mia direzione e a guardarmi fisso negli occhi per qualche istante, prima di tornare a concentrarsi sulle corde di quella chitarra che io stavo iniziando ad odiare.
«Ho portato una torta per il compleanno di Paulie!», dissi, mostrando loro il dolce che mia madre aveva fatto per Paul
«Non mi chiamare con quello stupido nomignolo», brontolò Paul ed io non replicai, ma poteva pure scordarselo che io smettessi di chiamarlo “Paulie”!
«Buona! Con cos’è?», chiese Mike avvicinandosi a me per vedere meglio il dolce. Fortuna che c’era lui che faceva le feste alla torta!
«Al cioccolato»
Ne tagliai tre fette e passai a Paul e Mike le loro porzioni.
«Non l’hai fatta tu,vero?», mi chiese il fratellino minore con espressione guardinga, prima assaggiare il primo boccone.
«No.», risposi facendogli una smorfia
«…Altrimenti non avrebbe un così bell’aspetto!», commentò Paul, lanciando uno sguardo di sbieco al piatto che non aveva neppure preso in mano. Se non altro quel giorno sembrava in vena di parlare!
«Ma quanto siete simpatici!», esclamai, fingendomi offesa. Mike rise, mentre Paul, al solito, non diede segni di vita.
Finii di mangiare la mia fetta di torta e poi, stanca dei perenni strimpellamenti senza senso di Paul, andai allo stereo e poggiai la puntina del giradischi sull’LP “Rock, Rock, Rock” di Chuck Berry, in modo da ascoltare “Maybellene”, che era la traccia numero tre. “Maybellene” e “Roll Over Beethoven”, infatti, sono sempre state le mie canzoni preferite di quel disco.
La musica inondò la stanza, Paul iniziò a protestare perché così non poteva suonare la sua chitarra ed io, per tutta risposta, alzai il volume.
Mi esibii in una danza improvvisata, imitando i modi di fare di Chuck Berry, che avevo visto un paio di volte in tv, ma nessuno dei due McCartney si lasciò coinvolgere e quando alla fine mi arrivò una cuscinata in faccia decisi che era meglio che anch’io smettessi di ballare.
«Allora che facciamo?», chiesi un po’ imbronciata, dato che la mia idea di ballare e scatenarci in casa era stata bocciata.
Paul alzò le spalle e dopo aver posato la chitarra sul letto, iniziò a fissare con sguardo vacuo il paesaggio fuori dalla finestra.
«E se andiamo a fare un giro in bici?», propose Mike
«Sìììì!!!», acconsentii subito, «Oggi è anche una bella giornata!»
«Andate voi», disse Paul, stroncando subito tutto il mio entusiasmo, «Io sto qui»
Basta, io proprio non ce la facevo più: provavo l’impulso irresistibile di prendere Paul e sbattergli la testa contro il muro, ma poi pensai che non avrei risolto molto, quindi sbuffai e dissi:
«No, invece. Tu vieni con noi!»
«No.»
«Sì!», voleva giocare a chi resisteva di più? perché a quel genere di giochi ero imbattibile!
«Non rompere»
Ah, adesso gli stavo anche rompendo?!
«Paul, è il tuo compleanno: devi divertirti. Quindi vieni con noi!»
Presi Paul per un braccio cercando di trascinarlo verso la porta, ma Paul aveva un anno più di me – come direbbe Geo, ha sempre avuto un anno più di me – era più forte e per di più era un uomo, quindi io non avevo molte chance…e ben presto rinunciai.
«Fai come ti pare!», ringhiai, «Io vado a fare un giro, con o senza di te.»
«Vengo anche io», disse Mike e insieme ci avviammo verso la porta d’ingresso.
Solo quando Mike era già fuori ed io stavo per chiudermi la porta d’ingresso alle spalle, mi accorsi che Paul aveva lasciato il suo rifugio la sua camera da letto per seguirci.
«Dopo torni, vero?», mormorò speranzoso, guardandomi dritto negli occhi.
Avrei voluto rispondergli male, per mostrare quanto fossi arrabbiata con lui, ma la vista di quegli occhi verde scuro che per una volta non apparivano vacui o annebbiati, mi sciolse.
«Certo che torno, stupido!», risposi dolcemente, «Ma avrei voluto che venissi con noi pure tu!»
Gli diedi un bacino sulla guancia (cosa che mi costrinse a mettermi in punta di piedi, da tanto che era più alto di me) e uscii di casa.





Piece of my Heart


Ciao a tutti!

Finalmente anche io ho trovato un nome per il mio spazio (:D)…dalla stupenda canzone di Janis Joplin!!!

…quindi eccomi qui con una nuova storia (prometto che prima o poi aggiorno anche “Linda”, ma ultimamente ho solo questa storia che mi frulla in testa), all’inizio non sapevo se pubblicarla perché non mi convinceva poi tanto, ma poi mi sono decisa a pubblicare lo stesso(sfortunatamente per voi).
La storia parte “in medias res” (come l’odissea xD --> mamma mia,che battuta brutta!), quindi temo che la parte iniziale sia poco chiara…
…Ho cercato di attenermi il più possibile alla storia vera dei Beatles, ma per esigenze della storia ho dovuto cambiare qualcosa…ad esempio Paul a Speke ci abitava solo da bambino, poi si trasferisce, invece in questa storia continua ad abitare lì e ad essere vicino di casa di Chris.
Spero che vi piaccia…
Mi raccomando, recensite! thank you!

Baci, Andry

oip


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Capitolo 2
*** I've Just Seen A Face ***


Ive Just Seen A Face



http://www.beatlesebooks.com/files/1619622/uploaded/John%20Lennon%201957.jpg
[Non ricordo come ho ottenuto questa foto, ma risale sicuramente all’inverno del ‘57/’58…strano che qui John non fosse vestito in stile Teddy boy come al solito!]


Quindi, dato che Paul non voleva uscire, io e Mike andammo da soli…e fu la migliore idea che potesse venirci, dato che quel giorno incontrai John…

Fuori da casa McCartney, tirai un lungo, lunghissimo sospiro e ciò attirò su di me lo sguardo incuriosito di Mike.
«Non so più cosa fare con tuo fratello», spiegai scoraggiata e lui non rispose, ma si fece pensieroso.
Alla fine decidemmo di non andare in bici, ma di “scroccare” un passaggio attaccandoci al cornicione posteriore di un  tram.
«Dovremmo trovargli qualcosa da fare che lo interessi», disse Mike
«Ma cosa, se l’unica cosa che gli interessa fare è suonare quella dannata chitarra?», chiesi, sempre più scoraggiata.
Il vento fresco ci scompigliava i capelli e ci dava un po’ di sollievo dall’afa estiva, quindi per qualche istante mi dimenticai di Paul e mi godetti l’aria fresca.
Paul era uno stupido a voler restare chiuso in casa da solo in un giorno così!
«Sai che c’è?», dissi a Mike, «Adesso pensiamo a divertirci e se troviamo qualcosa di bello da fare andiamo a una cabina telefonica, chiamiamo casa tua e convinciamo quello stupido babbione di tuo fratello a venire»
«Non lo convincerai mai. Lo sai,vero?», replicò il giovane McCartney, «Per telefono, poi!»
Quanto mi stava antipatico quando era così negativo! Decisamente lo preferivo quando nei frequenti battibecchi tra me e Paul (prima della morte di Mary, ovviamente) dava sempre ragione a me.
Non gli risposi e alzai le spalle.
Scendemmo dal tram alla seconda fermata e iniziammo a passeggiare un po’ per le strade. Di martedì mattina non c’era molto da fare a Liverpool, quindi con espressioni molto annoiate, facemmo il giro dei soliti due o tre negozi di musica,di cui eravamo assidui frequentatori, per poi finire, sempre più annoiati, a sedere sull’unico muretto all’ombra.
«Ha fatto bene Paul a rimanere a casa!», esclamò Mike e io feci finta di niente, ma pensavo la stessa cosa: possibile che non ci fosse modo di divertirsi di martedì mattina a Liverpool?!
Io e Mike eravamo, quindi, proprio al culmine della noia quando un folto gruppetto di Teddy Boy si avvicinò a noi e ignorandoci, come se fossimo stati invisibili, si sedette sul nostro stesso muretto.
Allora io odiavo i Teddy Boy: ai miei occhi di “bambina provincialotta”, come mi avrebbe definita qualcuno
 senza fare nomi, John , mi parevano solo degli scemi impomatati che se ne andavano in giro a fare i galletti, con i loro giubbetti di pelle, i loro ciuffi “alla Elvis” e quell’espressione da duro che sembrava urlare “Guardatemi,guardatemi: io sono fico perché sono sempre incazzato nero con tutti”, quando magari quelli stessi che di giorno se ne andavano in giro conciati in quel modo, la sera tornavano a casa dalla loro mammina che faceva trovare loro la pappa pronta e li coccolava fino alla nausea e dal loro papino che gli dava la “paghetta” ed era sempre pronto a tirarli fuori dai guai, quando ce n’era bisogno.
Adesso lo so che è assurdo pensare una cosa del genere di John Lennon & Co., ma bisogna rendersi conto che in quegli anni di gente così ce n’era veramente tanta.
Io, comunque, iniziai a guardarli dall’alto in basso, considerandoli tutti dei cretini e giudicandoli come una brava zitella acida e sbuffando ogni volta che notavo qualcosa che non era di mio gradimento, il che avveniva molto, molto spesso.
Anche Mike era divenuto taciturno come me, da quando il gruppo dei Teddy scemi si era seduto vicino a noi, e ogni tanto mi lanciava occhiate mooolto significative.
«Betty come sta?», chiese quello che sembrava essere il Teddy capo a uno dei suoi Teddy sudditi
«Boh!», rispose l’interpellato con un’alzata di spalle, «Per me può andare a farsi fottere!»
Ma quanta finezza!
Tutti iniziarono a ridere e sghignazzare e con mia grande indignazione anche Mike sembrava divertito, quindi gli tirai una gomitata.
«Passami una sigaretta, Rod», disse qualcun altro
«Non ci penso neanche!», rispose quello chiamato Rod, «Questa è l’ultima!»
«Non fare lo stronzo!», replicò il primo, assalendo Rod.
Io sbuffai: sembravano un branco di lupi che si litigano una fetta di carne.
In quel momento due ragazze passarono e quasi tutti, ridendo e sghignazzando come idioti, fischiarono nella loro direzione.
Ah già, dimenticavo di dire che erano un branco di lupi scemi.
Una delle due ragazze si voltò per vedere chi avesse fischiato e quello che prima aveva chiesto una sigaretta a Rod la guardò intensamente, leccandosi il labbro superiore.
«Andiamo!», sussurrò l’altra ragazza, tirando per un braccio l’amica che era diventata tutta rossa.
Tutto il branco di Teddy iniziò allora a ridere e sghignazzare.
«Le hai spaventate, Pete!», esclamò ridendo qualcuno e il Teddy chiamato Pete per  tutta risposta fece una smorfia in direzione di chi aveva parlato.
A quel punto il fumo delle loro sigarette mi arrivò in faccia ed io iniziai a tossire attirando, senza volere, la loro attenzione.
«Tranquilli, ragazzi!», esclamò il capo branco, avvicinandosi a me, che gli stavo dando le spalle,« qui ne abbiamo una tutta per noi!»
A quelle parole mi sentii tanto a disagio che, senza avere il coraggio di guardarlo in faccia, mi strinsi a un braccio di Mike e mormorai:
«Andiamo via, Miky…»
«Ma no, non andartene!», esclamò divertito il Teddy Boy capo, prendendomi per un polso.
Io rabbrividii e mi voltai a guardarlo per la prima volta.
Non so che cosa mi colpì di più di lui, se le sue labbra fine, curvate in un sorriso da sbruffone, se i suoi occhi ammiccanti, se quel ciuffo a banana, tenuto su dalla brillantina o se il fatto che niente di tutto ciò su di lui sembrava stonare, fatto sta che il mio cuore perse un battito e mi mancò il respiro.
«Sei arrossita!», commentò ridendo, «Sei solo una bambina. Faresti davvero meglio ad andare!»
Normalmente non me lo sarei fatto ripetere due volte, ma c’era qualcosa in lui che mi attraeva terribilmente.
«Non sono una bambina!», protestai, senza sapere che avrei ripetuto quella frase almeno un migliaio di volte negli anni seguenti.
Insomma, essere definita “bambina” da un galletto impomatato che avrà avuto al massimo tre anni più di me era una cosa inconcepibile! Senza contare, poi, il fatto che mentalmente ero di certo più matura di tutto il gruppo di Teddy messi insieme.
Tuttavia, il galletto capobranco sembrava aver perso ormai ogni interesse in me, quindi non mi ascoltò neanche.
«John, se tu non la vuoi la prendo io!», esclamò quello chiamato Len.
Quindi il capo galletto aveva un nome: John. Era addirittura un nome normale, rispettabile e molto comune!
«E’ tutta tua», rispose John annoiato, «Tu dammi la fisarmonica!»
Ricordo che in quel periodo Len Garry e John “si divertivano” a scambiarsi le ragazze, quindi una frase del genere era del tutto normale, ma sul momento mi indignò parecchio: mi stavano utilizzando come merce di scambio?!?
«Mi spiace, ma io non sono di nessuno!», esclamai irritata e Len, con un’alzata di spalle, perse ogni interesse a me.
«Ehi John, una femmina che ti tiene testa!», esclamò uno degli altri Teddy.
Len lanciò lo strumento musicale a John e lui suonò una melodia che si doveva essere inventato sul momento, nella mia direzione.
Una melodia alquanto stupida, ad essere sincera, ma carina.
« Sei un musicista?», chiesi a John e quello mi guardò con aria di superiorità.
«Ti piacciono i musicisti, tesoro?», disse Pete, mettendomi un braccio intorno al collo, braccio che non esitai a levarmi di dosso immediatamente.
Anche Peter Shotton era un ragazzo molto carino, eppure non mi faceva lo stesso effetto di John.
Ormai io non avevo occhi che per il leader del gruppo.
Pete mi lanciò un’occhiataccia per aver osato rifiutare il suo braccio e per ripicca espirò il fumo della sigaretta dritto in faccia a me, intossicandomi, e quando iniziai a tossire, tutti scoppiarono a ridere.
«Dai, lasciatela stare!», mi difese Len, poi rivolgendosi a me aggiunse: «Sì, siamo tutti musicisti. Sabato suoniamo in Rosebery Street per la festa della municipalizzazione, vieni a vederci?»
L’idea mi tentava, ma non certo per vedere Len, come sperava lui.
«Cosa suonate?»
«Facciamo musica Skiffle. Io suono il tea chest bass, John, lo scemo con la fisarmonica – John per l’occasione suonò una canzoncina ancora più stupida di quella di prima, simile alle jingle delle pubblicità – è il cantante e chitarrista,nonché leader e fondatore del gruppo; Pete(Shotton) suona lo washboard ; Rod (Davis) il banjo; Eric (Griffiths) la chitarra e Colin (Hanton) la batteria», mentre parlava, mi indicava tutti i vari componenti del gruppo ma, eccetto quello di John, gli altri nomi li dimenticai quasi istantaneamente.
«La batteria in una band skiffle?!», chiesi alzando un sopracciglio.
Colin fece per ribattere, ma John lo fermò e parlò al posto suo.
«Sì, perché?problemi?!», disse, in tono di sfida.
«No, no!», risposi, fingendo disinteresse.
«E tu come ti chiami?», mi chiese Len
«Christine Thorpe», risposi sorridendogli. Quel Len era sicuramente quello che mi stava più simpatico del gruppo.
«Molto piacere!», esclamò Len, fingendo di essere un galantuomo e baciandomi la mano; io sorrisi.
«Chris, andiamo?», mi chiese in tono leggermente supplicante Mike, che fino ad allora se ne era rimasto in disparte; io mi girai verso di lui e annuii, poi salutai il gruppo con una mano e lo seguii.
«Allora ci vediamo sabato, mi raccomando!», mi urlò dietro Len, a mo’ di saluto.
«Certo, a sabato!»

«Ma che ti è saltato in mente?», disse leggermente irritato Mike, mentre eravamo sul tram che ci riportava verso casa.
«Non lo so…», risposi sospirando, «Erano simpatici!»
«Erano i soliti scemi impomatati», replicò Mike, «Noi i tipi così li prendiamo in giro, ricordi?!»
Era vero, in genere io e Mike ci divertivamo molto a prendere in giro la gente che si atteggiava in quel modo e a fargli l’imitazione.
Quello a cui lo stile da Teddy Boy piaceva era Paul, non io. Eppure…

«Salve, giovane recluso!»,esclamai entrando in casa McCartney.
Mi colpì subito il fatto che il disco di Chuck Berry che avevo messo prima di partire adesso suonava a tutto volume e che Paul si era deciso a posare la chitarra e lasciare la sua stanza.
Lo trovai sul tavolo di cucina a scrivere qualcosa, davanti ad una bella fetta di torta.
«Ti sei messo all’ingrasso?», ironizzai, correndo ad abbracciarlo, felice di vederlo così.
«Che scrivi?», chiesi incuriosita, cercando di entrare in possesso del foglio di carta che aveva davanti
«Niente.», rispose sbrigativo.
«No, dai, fammi leggere!!!»
« Chris, sarà senz’altro una delle sue poesie…», esclamò Mike, con disprezzo evidente.
«Scrivi poesie?», chiesi sorpresa a Paul, guardandolo negli occhi; lui li abbassò e questo generalmente valeva come un “sì”.
«Paul, lo sai da chi è stata invitata Chris sabato?», disse Mike, come una giovane comare pettegola
«Sei stata invitata da qualcuno sabato?», chiese Paul, guardandomi con un’espressione strana, ed io abbassai gli occhi.
«Sì, ma il punto è “da chi”!!!»
«Oh Mike, smettila!», protestai
«Da chi?», lo spronò a raccontare Paul, desideroso di informazioni.
«Da un gruppo Skiffle di teddy boy!!!», esclamò Mike con il tono di uno che sta rivelando il “colmo dei colmi”.
Per qualche istante Paul mi guardò sorpreso, poi scoppiò a ridere e io lo colpii con una sberla sul braccio, gridando:
«Ti preferivo di più quando eri apatico!»
«Ma dai, dei Teddy che invitano te è il colmo!!!», si giustificò Paul, « E tu con quale colpo di Karate li hai cacciati?»
«No, Paul!», esclamò Mike a quel punto, «E’ questo il punto: lei ha accettato!!!!!»
Paul sgranò gli occhi che divennero a palla, cioè più a palla del solito: avevo due palle da baseball puntate addosso.
«E dove dovresti andare?», chiese Paul, che aveva appena assunto la modalità “fratello preoccupato per la sorellina minore”
«Non fare il noioso, Paul, suoneranno alla festa di sabato. Ci saranno miliardi di persone!»
Paul assunse un’espressione scocciata.
«Puoi venire anche tu se vuoi!», aggiunsi vedendolo così imbronciato.
«Non ci penso neanche», rispose andando a spegnere lo stereo, «Non mi va di andare a sentire un schifoso gruppetto improvvisato, che come minimo rovinerà tutte le mie canzoni preferite.»
«Come ti pare», buttai lì, imbronciandomi anche io.
Paul non mi badò e andò a prendere la sua chitarra, quindi io, facendo un verso esasperato, salutai Mike e tornai a casa.

Nel pomeriggio non tornai dai McCartney, ma passai il tempo cercando di evitare mia madre che mi chiedeva perché non fossi con Paul e Mike e se fosse successo qualcosa.
Il modo in cui avevo salutato Paul mi faceva star male, quindi quella sera uscii di nascosto dalla finestra di camera mia (che fortunatamente era al piano terra), andai sotto la finestra della camera di Paul e iniziai a tirare sassolini contro il vetro.
Quando finalmente Paul aprì la finestra, io mi arrampicai ed entrai in camera sua, come avevo fatto almeno un miliardo di altre volte.
Nessuno di noi parlò, ma Paul si mise a sedere per terra, con la schiena poggiata alla parete ed io mi accomodai accanto a lui e appoggiai la testa sulla sua spalla; rimanemmo così per un bel po’ di tempo, fino a quando non mi ritrovai a chiedere, fissando il soffitto:
«Ne senti ancora molto la mancanza?»
Paul non rispose, ma dalla posizione in cui mi trovavo lo sentii deglutire, quindi mi strinsi un po’ di più a lui.
«Anche a me manca tanto…», Paul non rispose, quindi continuai, «Vorrei poter fare qualcosa per aiutarti…»
Cercai il suo sguardo, ma lui ancora non rispondeva.
«Che ne dici se iniziassimo a suonare insieme, io, te e Mike?», proposi, «sicuramente suonare con qualcuno è più divertente che farlo da soli…»
«E tu cosa faresti?», mi chiese infine, «Non sai suonare!»
«Posso cantare!», risposi, «Oppure puoi insegnarmi!»
Paul sembrò rifletterci un po’ prima di rispondere.
«No, cantare per te va bene», disse, «Sei decente.»
«Ah, grazie!», risposi ironica.
Giuro che quando proposi a Paul di cantare per lui, non lo feci con secondi fini: fu solo in un secondo momento che mi resi conto che in quel modo sarebbe stato più facile per me conoscere e arrivare a conquistare John, il bel Teddy boy di cui a prima vista mi ero presa una cotta.
«Allora suoniamo anche noi alla festa di sabato?»
«Ma tu sei matta!», esclamò Paul, guardandomi male, «Come hai intenzione di prepararti in tre giorni?!»
Io alzai le spalle.
«E poi ormai è troppo tardi, non ci prenderanno», spiegò lui, «Ci saranno però sicuramente altre occasioni, più avanti»
Io annuii entusiasta. Adesso bastava convincere Mike.


Piece of my Heart

 

Io non so voi, ma io tutte le volte che vedo questa foto di John mi sento male( nel senso buono)…*___* pucciolo lui, che qui aveva solo 17 o 18 anni *o*…che sorriso stupendo (e anche stupendamente stupido) ha qui… sembra dire qualcosa tipo “ti preeeeeeego”!!!(proprio come faccio io quando voglio convincere qualcuno a fare qualcosa xD)...il mio Johnnino!!! :D

Va beh, foto apparte (“basta, Vale, fissarti sulla foto,sennò la levo!!!”n.d.vocina nel mio cervello; “noooooooo!ti prego non levarla:è la cosa più bella del capitoloooo!!!” n.d.me) passiamo alle recensioni:

Zazar:Viaregginssss!!!...però se mi dici così mi fai paura T___T (infatti per i miei standard mi sono sbrigata a scrivere questo secondo capitolo xD)…va beh…comunque sono felice che ti sia piaciuto e di averti incuriosita,hihihi ….e sono iperfelice che Chris ti piaccia :D grazie della recensione!!:)

Lullaby: Ciaooo!!!Grazie, sono felice che ti piaccia:D! grazie della recensione!:)

Clafi: Ahahah, a me lo stesso effetto lo fa la foto di John che ho messo in questo cap *___* (xD), sono felice che la fic ti piaccia…e che ti piaccia Chris :D!!...la definizione di Mick come “il povero fratellino del bellissimo Paulie” mi ha fatto morire xD…..in effetti è così,comunque( poverino xD)!!!!

Thief:sì,Janis Joplin è bravissima e io la stimo tantissimo!*__* Anche io Roll Over Beethoven l’ho conosciuta grazie ai fab4 xD…sono felice di averti incuriosita!!…grazie della recensione!:)

 

Grazie anche a chi ha solo letto (però sappiate che se recensite mi fate più felice :P)

 

Ciao a tutti!

Baci,Andry :)


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Capitolo 3
*** Help! ***


Help!


http://www.beatlesource.com/savage/1950s/57.06.22%20rosebery%20st/1.jpg

 [Questi sono i Quarrymen alla loro primissima esibizione in Rosebery Street. Da sinistra a destra sono: Colin Hanton, alla batteria; Eric Griffiths, quello che sorride guardando John e suonando la chitarra;John Lennon(ovviamente); Ivan Vaughan, quello che suona il tea chess bass e di cui si vede solo la testa e un braccio; Pete Shotton, quello di spalle allo washboard e Rod Davis, quello di profilo e di cui non si vede il viso,che suona il banjo]

 

 

Il sabato pomeriggio del 22 giugno andai da sola a sentire suonare il gruppo di Teddy in Rosebery Street e scoprii che si facevano chiamare “The Quarrymen”, dal nome della scuola che tutti loro avevano frequentato.Scoprii anche che il capobranco che tanto mi aveva colpito aveva un cognome: Lennon.

John e il suo gruppo per l’occasione avevano abbandonato il completo da teddy boy. Evidentemente, per fare una bella impressione alla fine si erano risolti a vestirsi come persone civili: tutti indossavano una camicia (John ce l’aveva verde a quadri) infilata dentro i pantaloni, proprio come dei bravi ragazzi; l’unica cosa a cui non erano riusciti a rinunciare era il ciuffo impomatato, che faceva ancora il suo bell’effetto, soprattutto su John.

Il gruppo non era niente di particolare e soprattutto Ivan e Pete sbagliarono diverse volte ma, per quanto potessi capirne, John era davvero molto bravo. Mi colpì il fatto che suonando cambiava le note e le parole del testo che non ricordava, sostituendole al momento con altre che ci stavano a meraviglia. Il risultato era una canzone leggermente diversa, ma più originale.

Aspettai fino alla fine della loro esibizione, nella speranza di riuscire a parlare di nuovo con loro, ma Len quel giorno non aveva potuto suonare per non ricordo quale motivo, quindi non c’era ed io ero davvero troppo timida per prendere l’iniziativa, quindi un po’ demoralizzata me ne tornai a casa.

Tuttavia, l’accaduto servì per farmi prendere ancora più sul serio l’idea di suonare con Paul: lui era un bravissimo musicista (di certo era migliore di Ivan e Pete), quindi avrei dovuto apparire anche io altrettanto brava, in modo da convincere John a farci entrare entrambi nel suo gruppo. Nella mia testa era già tutto scritto come in una favola:  John ci avrebbe sentiti suonare e avrebbe preso Paul come chitarra e me come seconda voce, avrei iniziato a fare dei duetti con lui nei concerti e John si sarebbe sicuramente innamorato di me; ci saremmo fidanzati, poi sposati, avremmo avuto degli splendidi bambini, un maschio e una femmina, e saremmo vissuti per sempre felici e contenti.

Tutto era talmente perfetto nella mia visione che non potei fare altro che impegnarmi al massimo per realizzarla.

Mike, seppur con qualche ripugnanza, alla fine si lasciò convincere a suonare  il tea-chess bass per noi, e anche se tre componenti erano un po’ pochi per un gruppo skiffle come ci proponevamo di essere noi, erano sufficienti a premetterci di suonare.

Venimmo a sapere che per il 6 luglio era prevista una festa parrocchiale nella chiesa di S.Peter, dove permettevano di suonare a tutti i gruppi emergenti che ne avessero avuto voglia,  quindi ci iscrivemmo e

decidemmo di suonare per l’occasione Long Tall Sally di Little Richard, Twenty Flight Rock di Eddi Cochran, Rock Around the Clock di Bill Haley & The Comets e Maybellene di Chuck Berry, che erano alcune delle nostre canzoni preferite e ci impegnammo tutti e tre al massimo affinché venissero alla perfezione; inoltre decidemmo che ci saremmo chiamati “The ChriMacs Band”, nome di cui ero l’orgogliosa ideatrice.

Il 6 luglio, quindi, contrariamente a ogni più pessimistica previsione di Paul eravamo pronti per suonare alla S.Peter, ma eravamo tesi come corde di violino. I miei avevano invitato i McCartney a pranzo da noi (come avveniva spesso, dato che i nostri genitori erano molto amici), ma noi tre dal nervoso non riuscimmo a mandar giù assolutamente niente.

Jim McCartney, che da giovane aveva suonato la tromba in un gruppo, per tranquillizzarci un po’ iniziò a dispensare consigli, ma noi non lo ascoltammo neanche.

Prendemmo l’autobus per andare alla S.Peter, ma più che ad una festa sembravamo diretti al funerale di un nostro carissimo amico.

Quel giorno indossavo una gonna bianca lunga fin sotto al ginocchio e una camicia verde chiaro (che si intonava perfettamente a quella che avevo visto indossare a John alla festa in Rosebery Street), che riprendeva il colore della fascia che portavo tra i capelli, mentre Paul e Mike erano vestiti con la camicia bianca infilata dentro i pantaloni neri a vita alta e la cravatta. Sembravano proprio dei perfetti gentleman…altro che John e la sua banda!

Arrivati alla S.Peter scoprimmo che saremmo stati i primi a suonare ed io iniziai a sentire le farfalle nello stomaco. Mi guardai un po’ intorno alla ricerca di John e del suo gruppo, ma non vidi nessuno dei ragazzi. Che non fossero ancora arrivati?

«Paul, mi sento male…», mi lamentai ad un certo punto, aggrappandomi ad un suo braccio, come se fosse stato il mio unico sostegno e lui sorrise.

«Dai, pensa che tra mezz’ora è finita», cercò di tranquillizzarmi, senza riuscirci.

«Mezz’ora?!?», chiesi, «Io ho mal di pancia!!»

Paul mi allontanò un po’ da sé e mi guardò alzando un sopracciglio.

«Posso andare a casa, prof?», scherzai, «Sono giustificata?»

Paul non ebbe il tempo di rispondermi che Mike ci raggiunse dicendo che dovevamo iniziare a sistemare i nostri strumenti.

Essendo la cantante, io non avevo strumenti da “sistemare”, quindi iniziai a vagare un po’ per vedere se i Quarrymen erano arrivati. Non riuscii a vedere John da nessuna parte, ma mi imbattei in alcuni dei Teddy Boy che avevamo incontrato io e Mike e mi tranquillizzai: se loro erano lì, il loro capobranco non poteva essere poi tanto lontano!

Quando tornai da Paul e Mike, loro erano ormai già sul palco ed erano pronti ad iniziare a suonare, mancava solo di decidere la scaletta, ma avendo preparato solo 4 canzoni non avremmo impiegato troppo tempo a decidere.

«Dicono che abbiamo 15 minuti», disse Paul entusiasta, appena mi vide, «quindi dovremmo riuscire a fare tutte e quattro le canzoni!»

«Bene!», esclamai io, «In che ordine le facciamo?»

«Rock Around the Clock per ultima, che è la più energica», propose Mike, «Così facciamo il “gran finale”!»

«Sì, partiamo con Twenty Flight Rock, poi Long Tall Sally, Maybellene e infine Rock Around the Clock, ok?», disse Paul e io e Mike annuimmo.

«Ma possiamo iniziare?», chiesi.

«Sì, dicono che la presentazione dobbiamo farla da soli…», rispose Mike

«Ok. Chi ci presenta?», chiesi.

«Io no!», si affrettò a dire subito Mike, «Io suono solo il Tea chess bass: non sono pagato per fare presentazioni!»

Paul gli lanciò un’occhiataccia, ma non gli rispose. Invece disse, guardando me:

«In genere è il cantante che fa le presentazioni…»

«Cosa?!», esclamai allarmata, «Dovrei presentarci io?davanti a tutta questa gente??»

«Chris, qui l’età media è dieci anni», cercò di tranquillizzarmi Mike, «di che ti preoccupi?»

«…E poi ti prometto che se ti blocchi ti vengo in aiuto io», aggiunse Paul

«Ok», sussurrai insicura.

La cosa non mi piaceva affatto. Mi avvicinai al microfono posizionato al centro del palco e dissi, balbettando leggermente:

«B-b-buongiorno a tutti», gli spettatori mi guardavano un po’ annoiati e un po’ incuriositi.

«N-noi siamo “The ChrisMacs Band”, un gruppo skiffle di Speke e ora suoniamo…. suoniamo…», il titolo della canzone da eseguire proprio non mi veniva in mente, quindi me la suggerì Paul, sussurrandola alle mie spalle, «…suoniamo “Twenty Flight Rock” di Eddi Cochran »

Mi posizionai meglio davanti al microfono, cercai di dimenticarmi che mi stavano guardando dei perfetti sconosciuti e poi, quando fui pronta, lanciai uno sguardo d’intesa a Paul e Mike,che iniziarono a suonare.

Tan-tan-tan. Tan-tan-tan. Ta-

…e poi dovevo iniziare a cantare.

 

«Ooo, I got a girl with a record machine

And when it comes to rockin', she's a queen…»

 

Stranamente subito dopo le prime note iniziai a sentirmi meglio e a divertirmi sempre di più mentre cantavo.

La canzone venne benissimo: né io, né Mike, né Paul sbagliammo mai una nota ed io arrivata a fine canzone ero eccitatissima

«Ed ora un successo del grande Little Richard!!!», urlai nel microfono, «Long Tall Sally!!!»

Il titolo della canzone era giusto, ma il pezzo che cantai dopo completamente sbagliato.

 

«One, two, three o'clock, four o'clock, rock,
Five, six, seven o'clock, eight o'clock, rock,
Nine, ten, eleven o'clock, twelve o'clock, rock,
We're gonna rock around the clock tonight.
»

 

Cantai un’intera strofa prima di rendermi conto che la canzone che stavo cantando era Rock Around the Clock, invece che Long Tall Sally come avevo annunciato. Fortunatamente, però, dal punto di vista strumentale, i due inizi erano più o meno simili e Mike e Paul riuscirono a correggere il mio errore mettendosi a suonare (all’ultimo momento) Rock Around the Clock, in modo tale che chi non conosceva le due canzoni non avrebbe capito l’errore.

«Ma che ti è saltato in mente?!» mi urlò Mike, finita la canzone

«Scusa», sussurrai in risposta, con un sorriso smagliante, per farmi perdonare.

«Quindi questa era Rock Around the Clock di Bill Haley & The Comets», dissi al microfono, «…e ora la famosissima “Maybellene” di Chuck Berry!»

Stavolta mi concentrai di più e riuscii a cantare la canzone giusta, ma Mike sbagliò completamente il ritornello, mentre io presi la canzone di un ottava sopra, quindi a un certo punto la voce mi si ruppe e stonai in modo orribile. Infine subito dopo ci esibimmo, senza annunciarla di nuovo, in Long Tall Sally e stavolta ci venne perfetta.

Alla fine decisi che potevo essere soddisfatta di me stessa: avevamo fatto bene tre canzoni su quattro, anche se avevo annunciato una di esse con un titolo diverso…

«Chissà se i tuoi Teddy Boy del cuore hanno notato la tua esibizione eccellente di Maybellene», mi stuzzicò Mike

«Tu che hai sbagliato il ritornello non hai diritto di parlare!», lo zittii

«…E dire che non era neppure la più difficile da cantare!», commentò Paul, dandomi il colpo di grazia.

«Grazie del sostegno morale», replicai sarcastica.

 

http://www.beatlesource.com/savage/1950s/57.07.06%20fete/1.jpg

 [I Quarrymen al concerto della parrocchia di St. Peter. Da sinistra a destra sono: Eric Griffiths, alla chitarra; Colin Hanton, quello in lontananza alla batteria; Rod Davis, quello al banjo dietro John;John, alla chitarra e voce; Pete Shotton, quello con la camicia bianca allo washboard e Len Garry al tea chess bass]

 

Andammo a prenderci qualcosa da bere per festeggiare il nostro primo concerto e quando tornammo i Quarrymen erano sul palco e suonavano “Be-bop-A-Lula” con John che cambiava tutte le parole, addirittura inventandosene alcune di sana pianta.

«Ma sono gli stessi Teddy dell’altra volta?», chiese esterrefatto Mike, fissando quei ragazzini per bene che suonavano sul palco della parrocchia

«Sono loro quei teddy?!», chiese a sua volta Paul, stupito.

Io non risposi, concentrata com’ero a sentire l’esibizione dei Quarrymen, e quando essi finirono mi avvicinai a loro, seguita da Paul e Mike.

«Ma quello è Ivan Vaughan!!!», esclamò Paul, notando una ragazzo che si congratulava con John

«Lo conosci?», chiesi io, sorpresa

«Sì, è in classe con me.»

“Bene, bene”, pensai, “le cose per me si stanno mettendo meravigliosamente!”

Paul andò a salutare quell’Ivan e lo presentò a Mike e a me.

«Questi sono mio fratello Mike e una nostra amica, Chris», ci presentò.

«Conosci i Quarrymen?», chiesi al ragazzo appena conosciuto, senza riuscire a trattenermi

«Sì, io e Lennon siamo vecchi amici», rispose quello, «Volete che ve lo presenti?»

Io divenni rossissima e mi ammutolii, quindi Ivan continuò:

«Vi ho sentiti suonare prima e tu, Paul, non sei niente male», disse, «Magari potreste decidere di suonare insieme, tu e John…»

Paul alzò le spalle e si lasciò trascinare davanti a Lennon

«Johnny, questo è Paul McCartney, suona la chitarra nel primo gruppo che ha suonato oggi…», disse Ivan, attirando l’attenzione di John

«Il gruppo con la cantante che era una lagna?», chiese quello, mettendo una mano sulla spalla di Paul.

Lagna?Lagna?!?mi aveva chiamata lagna?!?!?

Mike al mio fianco iniziò a sghignazzare, dandomi una gomitata nelle costole.

«IO NON SONO UNA LAGNA!», protestai infuriata, guardandolo dritto in faccia.

Avevo un’incredibile voglia di prendere a pugni quel tipo.

«Oh, la miss perfettina dell’altro giorno!», disse uno dei ragazzi che suonava con John, di cui mi ero già scordata il nome

«Ammettilo, miss perfettina, sei stata una lagna!», disse John, lasciando perdere Paul e passandomi un braccio intorno al collo, «Quella “Maybellene” è stata atroce, e poi hai confuso Rock Around The Clock con Long Tall Sally, tesoro!»

Non appena mi mise il braccio intorno alle spalle mi resi conto che era mezzo ubriaco.

«…e voi, con questo look metà teddy e metà ragazzo per bene, siete ridicoli.», replicai, cercando di essere più odiosa possibile.

John mi ignorò, ma si rivolse a Paul continuando a tenermi sotto braccio:

«Non vi ho sentiti molto bene prima», disse tutto serio, «Mi fai sentire qualcosa?»

«Sì, aspetta che vado a prendere la mia chitarra!», esclamò entusiasta Paul.

«No, prendi pure la mia!», lo fermò John, indicandogli il punto poco lontano in cui aveva lasciato la sua chitarra.

Mi sentivo avvampare e mi girava la testa mentre, ancora abbracciata a John osservavo Paul che imbracciava la chitarra di John, tenendola al contrario (come al suo solito).

Tutti i ragazzi, compreso John, assunsero delle espressioni confuse, ma Paul non si lasciò scoraggiare e iniziò a suonare e cantare Long Tall Sally.

«Mi sa che questo è più bravo di te, John!», commentò il ragazzo che nei Quarrymen suonava lo washboard e John gli lanciò un’occhiataccia, mentre toglieva il braccio dalle mie spalle, per concentrarsi di più su Paul.

«Sentiamo qualcos’altro», disse con un tono finto annoiato, quindi Paul suonò Twenty Flight Rock.

John cercava di non darlo a vedere, ma si capiva che era rimasto molto impressionato dalla bravura di Paul, dal modo in cui si ricordava perfettamente ogni accordo e ogni parola della canzone e dal modo strambo che aveva di suonare la chitarra tenendola alla rovescia e ribaltando la posizione di tutti gli accordi.

«Suoni già in un gruppo?», chiese John e Paul guardò me e Mike, che gli facemmo cenno di rispondere di no.

Paul non fece in tempo a rispondere niente comunque che John disse:

«Comunque siamo già al completo in quanto a chitarristi, mi dispiace.»

 

 

Another Little Piece of my Heart

 

Ciao a tutte!!!!

Ecco un’altro capitolo un po’ incasinato…ci sono troppi personaggi da far apparire : solo nei Quarrymen suonavano 5 persone oltre a John, di cui solo uno (forse) servirà ai fini della storia…e infatti anche se li nomino finisco per far interagire solo quei 3 o 4 personaggi…. Va beh, spero che si capisca lo stesso.

Stavolta ho messo anche 2 foto invece che una, contente? :D

Ah, a proposito…vi lascio il link al sito su cui mi baso principalmente per prendere le foto e le informazioni su “chi è chi” nelle foto:

 http://www.beatlesource.com/savage/main.html  (un sito molto carino che raccoglie le foto fino al ’63)

Riguardo al modo in cui è finita questa, credo che in realtà Paul entrò subito nei Quarrymen, ma il suo debutto ufficiale c’è stato solo nell’ottobre del ’57, quindi ho deciso di “fare finta” che John non abbia fatto entrare subito Paul nei Quarrymen u.u

Passando alle recensioni (grazie, grazie, grazie a chi recensisce, mi fate troppo felice!:D):

 

Lullaby: Sono davvero felicissima che questa fic ti stia piacendo :D….e sì, anche io ho avuto una reazione simile alla vista di quella foto *o*

Zazy: Ahahah, sì anche io me la immaginavo in stile superquark quella scena mentre la scrivevo e volevo metterci qualche riferimento a Piero Angela, ma non credo che Chris nel periodo in cui scrive potesse conoscerlo (anche se non è detto….secondo me quell’uomo è sempre esistito xD)

Night: Night!!! Sono felice che anche tu segua questa storia!!! Ahah…sì,anche a me quella foto fa impazzire e hai fatto bene ha rubare la foto xD…però quando andrai sulla luna a riprenderti il senno (tipo l’orlando furioso) voglio venire anche io così potrò vedere Johnny & the moondogs *o*!!! di Amburgo credo che ne parlerò, ma non ho ben capito a quale foto ti riferisci…. Comunque riguardo a Stu non preoccuparti perché anche lui avrà la sua parte, dato che anche a me piace *___* !!! (Addio, ora Johnnino si ingelosisce xD)

Marty: Che bello, sei tornata!!! Infatti mi stavo chiedendo che fine avessi fatto(ora però ho capito u.u)! sono felice che ti capitoli ti siano piaciuti :D per la foto di John ho avuto più o meno la stessa reazione xDxDxD

Clafi: Johnny & Co. vestiti da indiani con il ciuffo??BELLO!!! avrei dovuto mettercelo un paragone simile xD…riguardo a Mike, quando ha letto la rece (sìsì, perché lui l’ha letta la tua recensione) si è messo a urlare “nooooooooooo!brutto nooooooooo!!!”…sempre più “poverino!” xD

Thief: Come ho già detto a Night, hai fatto bene a rubare la foto (anche io lo avrei fatto *sìsì*)….però anche io voglio la icona con quell’immg di Johnny!!! Come fai a crearle???

 

 

…Ringrazio anche tutti quelli che hanno solo letto,ovviamente :)

 

Alla prossima!

Baci, Andry_

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Capitolo 4
*** Girl ***


Girl

http://sentstarr.tripod.com/beatgirls/thelma.jpg

[Questa è Thel più o meno ai tempi in cui l’ho conosciuta…]

 

Non saprei dire con precisione per quale ragione John non accettò di far entrare subito Paul nella sua band, ma se dovessi azzardare un’ipotesi, direi che lo fece perché era geloso di Paul.

Gli altri ragazzi che facevano parte dei Quarrymen non reggevano proprio il confronto con John e suppongo che per lui dovesse essere un grandissimo affronto trovare qualcuno che riusciva a tenergli testa, senza aver mai suonato seriamente la chitarra in un gruppo e per di più tenendola con una postura completamente sbagliata ; credo che anche John pensasse (tutti noi lo pensavamo) che se Paul non fosse stato mancino, o se fosse entrato in possesso di una chitarra per mancini, nessuno sarebbe più riuscito a tenergli testa.

Fatto sta, comunque, che Paul non entrò a far parte dei Quarrymen e il mio proposito di conoscere meglio John Lennon grazie a Paul, andò in fumo…

“The ChriMacs Band”, il gruppo che avevamo creato io, Paul e Mike, come è ovvio non durò a lungo: tra Mike che non era molto entusiasta di suonare il tea-chess bass e lo sconforto che mi era preso in seguito alle parole di John, tempo pochi mesi ci sciogliemmo e Paul tornò a far sentire la sua musica solo alle quattro pareti bianche della sua camera da letto…fino all’ottobre del ’57, cioè, quando John si risolse ad accettarlo nel suo gruppo, anche se questo avrebbe significato condividere con lui la leader-ship dei Quarrymen.

Nel frattempo la scuola era ricominciata ed io avevo iniziato a frequentare il Liverpool College of Arts.

Sapevo, ovviamente, che lì “studiava” anche John Lennon, quindi il mio anno scolastico iniziò con mille aspettative: speravo di riuscire ad avvicinarmi a lui e a diventare sua amica, ma fin dal primo giorno fu evidente che non sarebbe stato così semplice come credevo…

Innanzitutto, al Liverpool College of Arts gli studenti erano divisi in classi a seconda dell’anno di nascita, quindi io e John fummo smistati in classi diverse. Lui, infatti era nella classe del ‘39/’40, mentre io in quella del ‘43/’44.

Poi scoprii che la prima vera ragazza di John era stata una certa Barbara Baker, una bionda spilungona che pareva uscita da un film in cui interpretava la sosia di Brigitte Bardot…e se a John piacevano le tipe “alla Bardot” io, con i miei capelli neri lunghi e ondulati, non avrei avuto proprio speranze.

Ma il colpo di grazia vero e proprio me lo diede la notizia che in classe con John c’era una certa Cynthia Powell (fu la prima volta in cui sentii parlare di lei), che aveva un anno più di lui e a cui John stava facendo una corte sfrenata.

Cynthia non era assolutamente bella come la Baker e non aveva neppure i capelli alla Brigitte Bardot, ma era una ragazza molto dolce e femminile, il tipo di persona che senza fare niente e con un’espressione da “madonnina infilzata”, riesce ad attirare su di se le attenzioni di tutti i ragazzi.

«Ti piace lui?», mi chiese un giorno una ragazza sedendosi vicino a me nell’ora di pranzo. Non la conoscevo – non l’avevo mai vista - , ma mi colpì il fatto che in un mondo in cui tutte noi ragazze ci cotonavamo i capelli per averli più gonfi e più in alto possibile, lei li lasciasse ricadere sulle spalle perfettamente lisci e piatti.

«Scusa?», domandai, chiedendomi chi fosse quella ragazza.

«Oh, giusto! Io sono Thelma Pickles», disse la nuova arrivata, allungandomi una mano, «Ma tu puoi chiamarmi Thel…lo fanno tutti!»

«Ciao…ehm…Chris Thorpe.», mi presentai

«Fico, abbiamo i capelli dello stesso colore!», notò Thel, addentando il mio panino…salvo poi risputarlo, «Bleah…con che cos’è?»

«Tonno…», risposi, leggermente sconcertata

«Ah…a me non piace il tonno», mi rimproverò.

Mi rimproverò? Cosa aveva da rimproverare?!quello era il MIO panino!

«Ah…ehm…mi dispiace», mi ritrovai tuttavia a dire

«Fa niente…», disse lei spensierata, «Allora ti piace?»

«Chi?Cosa?»

«Come chi?! Ma lui, no?John!»

«Ah…», feci, sentendomi presa alla sprovvista, «E’ tanto evidente?»

«Un po’», rispose sorseggiando un succo di frutta, che fortunatamente stavolta era suo.

Quella ragazza era strana e un po’ inquietante, quindi iniziai a mangiare il mio panino al tonno senza fiatare, nella speranza che lei si stufasse di me e se ne andasse, ma lei invece rimase.

«Io sono stata la sua ragazza per un po’, sai?», disse dopo qualche minuto, come se si stesse complimentando per il mio maglione.

«Davvero? Buon per te!», commentai cercando di mantenere un tono neutro, mentre nella mia testa la stavo maledicendo in ogni modo. Speravo che notasse la mia freddezza e perdesse la voglia di rivolgermi parola, ma evidentemente ero troppo ottimista.

«Già, e ti dico che se vuoi fare colpo su lui stai sbagliando completamente approccio!», disse convinta

«E cosa dovrei fare, allora?», chiesi scocciata.

«Innanzitutto dovresti rivolgergli la parola!», rispose con un sorrisetto sarcastico.

«Ma scusa, tu cosa c’entri?», chiesi pensando che in realtà ciò che avrei dovuto dirle era: “ma chi sei?Che vuoi?ma chi ti conosce???

«Niente, ma hai una faccia simpatica», rispose studiando la mia espressione, «E mi sei sembrata in difficoltà…»

«Io non sono mai in difficoltà!», esclamai nel tentativo di darmi un tono.

«Certo, perché ero io quella che stamani davanti a scuola è rimasta tre ore e mezzo a congelarsi fissando Lennon!», esclamò lei ridendo.

A me quella Thel stava già sulle scatole, quindi iniziai a guardarla male, ma lei se ne infischiò altamente e, prendendomi per mano, iniziò a trascinarmi verso una delle classi che si trovavano infondo al corridoio.

«Ehi, dove mi stai portando?», chiesi quando il braccio iniziò a farmi male.

«Ma da lui, no?!», rispose come se fosse stata la cosa più ovvia del mondo.

A quel punto impuntai i piedi a terra e mi bloccai

«No, no, no, no!», gridai isterica, «Non se ne parla proprio!»

Non ci tenevo a presentarmi davanti a John Lennon in persona in compagnia di una che pareva appena fuggita da un manicomio criminale!

«Troppo tardi, eccolo che arriva!», mi sussurrò in un orecchio, «Salutalo!»

Dicendo così Thel iniziò a sbracciarsi per far convergere l’attenzione di John su di noi e urlò il suo nome.

Se avessi potuto, sarei voluta sprofondare!

Comunque Lennon si voltò verso Thel e le riservò un sorriso smagliante…

Un sorriso magnifico, davvero mozzafiato…un sorriso alla John Lennon, appunto.

Allora era vero che lei era stata la sua ragazza? A dire il vero non ci avevo creduto!

«Thelma!», esclamò tutto felice. Evidentemente tra pazzi si capivano…

«Ciao Jo, come stai?», disse Thel, «Ancora con quella chitarra?!»

«Cos’hai contro la mia chitarra?!», chiese lui ridendo.

Notai che con Thel lui non utilizzava quel tono di superiorità che riservava a tutti gli altri.

«Niente, niente!», rispose lei sorridendo, poi mi spinse verso di lui e disse «Questa è una mia amica, Chris Thorpe»

…E con questa era circa la terza volta che mi presentavo a lui, ma ciò non gli impedì di corrugare la fronte e dire:

«Ci siamo già visti da qualche parte,vero? », avrei voluto mettermi ad urlare!, «Eri con quel tipo che suonava la chitarra al contrario,vero?...com’è che si chiamava? Paul?!»

Perfetto, si ricordava di Paul che aveva visto solo una mezza volta, ma non di me….perfetto!

«Sì», risposi, «Tu invece sei John Lennon, giusto?»

«Già…», rispose lui sovrappensiero.

Avrebbe anche aggiunto qualcosa di più intelligente come risposta, se in quel momento non fosse stato troppo intento a fissare una biondina – che riconobbi come Cynthia – che ci passò accanto per entrare tutta impettita nella classe davanti a cui io, Thel e John ci eravamo fermati a parlare.

«Scusate…», mormorò riprendendosi dallo stato di catalessi in cui era caduto e la seguì fin dentro alla classe urlando «MISS HOYLAKE!!!»

«Ho paura che sarà un po’ più difficile di quanto credessi…», commentò pensierosa Thel.

«Allora mi aiuterai davvero a…?» “a conquistare John Lennon”

Thel sorrise ed io la guardai sorpresa. Forse non era poi così antipatica come credevo…anzi, tutto il contrario.

 

Non so bene come, ma Thel riuscì a farsi invitare a casa mia, quindi dovetti sopportare la sua presenza fino alla sera.

Senza troppi peli sulla lingua mi disse che mi aveva vista un paio di volte insieme ai McCartney e che Paul le era parso molto carino… non ci voleva un genio per capire che si era avvicinata a me solo perché io potessi presentarla a lui.

«Così siamo pari», disse senza fare complimenti, «Io ti ho presentata a John e tu mi presenterai a Paul!»

«Ma come fa a piacerti?», dissi con un espressione disgustata. Paul per me era come un fratello e la sola idea che a qualcuno potesse piacere in quel senso…….bleah!

«Uffa!», sbuffò Thel, «Allora mi aiuti a conoscerlo oppure no?»

Non sapevo che cosa rispondere.

«Oppure sei gelosa, Chris?»

«Ovvio che no!», esclamai un po’ agitata.

In realtà ero sempre stata un po’ gelosa di Paul, ma non nel senso in cui credeva Thelma…

«Guarda che se piace a te, mi faccio da parte!»

«Ho detto di no, Thel!», dovetti sforzarmi per non iniziare ad urlare, «Se ti piacciono i tipi così te lo regalo!»

Thelma a quel punto mi rivolse un sorriso smagliante ed io mi ritrovai ad accompagnarla a casa McCartney per presentarla a Paul e Mike.

La porta era già aperta, quindi entrai senza bussare, come facevo spesso.

«Paul? Mike?», chiamai, «Ci siete?»

Dopo qualche secondo la testa completamente bagnata di Paul fece capolino dal bagno e disse:

«Ero a farmi la doccia, arrivo subito!»

Mi voltai verso Thel e notai che era arrossita violentemente. Allora non ero l’unica che si imbarazzava vedendo il ragazzo che le piace…!

«Hai fame?», le chiesi e così dicendo mi incamminai verso il frigorifero per vedere se c’era qualcosa di buono.

Tornai da Thel con due succhi di frutta alla pera e mentre gliene porgevo uno, gridai in modo da farmi sentire da Paul:

« Mike dov’è?»

«Da un suo compagno di scuola, credo…», rispose lui che si era  vestito e adesso stava venendo verso di noi, strofinandosi i corti capelli neri con un asciugamano.

«Ehi, non mi avevi detto che avevamo ospiti!», disse vedendo Thel e sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi.

Possibile che quella ragazza facesse colpo su tutti?!

«Sì, lei è Thelma Pickles», dissi buttandomi sul divano, «Viene a scuola con me!»

«Piacere, io sono Paul!», disse porgendole la mano e lei la strinse, «Ma tu sei la ragazza di John Lennon, per caso?»

Mi voltai di scatto per guardare Paul: e lui come faceva a saperlo?

«Lo sono stata…», rispose Thel, senza farsi intimidire

«Ti ho vista quest’estate insieme a lui ad un concerto dei Quarrymen…» ah…io non l’avevo notata!

«Sì, anche io ti ho visto lì», ammise lei, «E se vuoi la mia opinione, John è stato proprio uno scemo a non farti entrare nel gruppo»

Questo lo avevo sempre pensato anche io.

Paul alzò le spalle e venne a sedersi accanto a me sul divano.

«Suoni ancora?», gli chiese Thel e lui annuì, «Mi fai sentire qualcosa?»

Paul non se lo fece ripetere due volte e corse a prendere la chitarra che aveva momentaneamente abbandonato in camera sua.

«Lo sai che hai sancito la tua fine, vero?», le chiesi fingendomi preoccupata, «Ora non smetterà più di suonare!»

Thel non riuscì a replicare niente che Paul era già di ritorno, quindi io iniziai a sfogliare distrattamente qualche giornale, mentre lui le faceva sentire i suoi pezzi forti e alcune melodie composte da lui.

Iniziarono a parlare e sembravano andare davvero molto d’accordo…fin troppo, per i miei gusti.

«Quindi le piace John Lennon?», chiese Paul sorridendo e lanciandomi un’occhiata maliziosa, «A me queste cose non le dice…»

«Oh, ma neanche a me le dice, eh!», disse Thel, felice di aver trovato qualcuno con cui spettegolare su di me, «Ma sono cose che una ragazza sente a naso!»

«Com’è che siete arrivati a parlare di me?!», sbuffai

Paul e Thel mi ignorarono, ma continuarono a parlare di me e John…come se per me non fosse stato già abbastanza frustrante scoprire che lui neppure si ricordava di me!

«Il problema è che c’è questa Cyn», spiegò Thel, «Che a me, detto francamente, sta anche abbastanza antipatica!»

«E a lui piace Cyn?», si informò Paul

«Sì, quando lei è nei paraggi diventa tutto scemo», rispose Thel, «Cioè, non che prima non fosse scemo, ma quando c’è lei…»

«Che ne dite di parlare di qualcun altro?», li interruppi, pensando che mal che vada “tentar non nuoce”.

«Dovremmo fare qualcosa per loro…», disse pensieroso Paul e io mi ritrovai a mugolare come se avessi il mal di pancia. Qualsiasi idea fosse venuta loro in mente per “aiutarci” sapevo che non mi sarebbe piaciuta!

«Sì, anche secondo me!», esclamò entusiasta Thel.

Paul e Thelma rimasero pensierosi per un po’, poi credo che a lei venne un’idea improvvisa, perché saltò in piedi sul divano come una molla.

«Sentite, che ne dite di andare a casa sua a trovarlo domani pomeriggio?», disse saltellando, «Così tu, Paul, puoi anche convincerlo a prenderti nei Quarrymen!»

«Mi ha già sentito suonare, ma non mi ha preso, no?»

«Sì, ma prima o poi dovrà pur cambiare idea, quel testone di John!», replicò Thel, «Tu sei troppo bravo!»

Paul rimase pensieroso per un po’ prima di convincersi che era una buona idea.

Infondo anche io ero giunta alla conclusione che non era un’idea poi tanto male… temevo di peggio!

«E perché non ci andiamo subito, allora?», chiese Paul che sembrava davvero entusiasta.

«Perché io devo tornare a casa presto», rispose Thel, rimettendosi a sedere sul divano, «perché mia madre è sola in casa…»

«Tuo padre non c’è?», chiesi. Allora, infatti, non sapevo quello che so oggi sulla sua famiglia…

«No, lui lavora su un peschereccio e torna solo a fine mese!», rispose tranquillamente.

«Ma aspettate!», esclamò tutt’ a un tratto Paul, «Come ci andiamo a casa di Lennon, se non sappiamo neppure dove abita?»

«Io lo so dove abita!», esclamò Thel, «A Mendips, in Menlove Avenue!»

 

 

Ciao a tutte! stasera non ho molto tempo quindi passo subito a rispondere alle recensioni…

Grazie mille per la recensione a:

 

Zazy: Ahah…John era già avanti anche per quanto riguarda la moda, anche più di Paul (ma non dirglielo che sennò si offende u.u). Mi dispiace, ma come avrai visto, il gruppo di paul mike e chris non è durato molto…e John io ce lo vedevo troppo a fare un commento del genere su una cantante come chris che non è niente di che (non è proprio stonata, ma non è neanche brava come vuole far credere mentre racconta la sua storia *sìsì* xD)

The: THE!!! Segui anche tu questa storia??sono contenta :D….ooohhh voglio suonarla anche io Rock around the clock al piano *____* (peccato che non sono capace…-.-‘’)

Marty: Già…hai proprio ragione, sia per le canzoni sia per il fatto che John non è minimamente interessato…..infatti ho il presentimento che sarà dura per Chris conquistarlo u.u

Thief: ok,dovrò mettermi d’impegno una volta per tutte a imparare a usare Photoshop *sìsì* (per ora so fare solo il minimo indispensabile xD) davvero Rock around the clock è una delle tue prime canzoni :D?io l’ho scoperta solo alle medie(era sul mio libro di italiano…)

Night: Ahahah…ho riso troppo nel leggere la tua recensione xD….riguardo al provino di Johnny & the Moondogs pensavo di accennarlo,ma rapidamente….ma è stato nel ’58, no?

Lullaby: tranquilla, anche a me capita di non accorgermi che certe storie sono state aggiornate xD…e già…John andrebbe strozzato a volte, anche se mi piace sono d’accordo xD, ma dai tanto prima o poi (più prima che poi) sarà costretto ad accettare Paul nei Quarrymen (Anche perché sennò mi materializzo io nella storia e allora saranno guai per lui xD)

 

Grazie anche a chi legge soltanto!

Baci, Andry :)

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Capitolo 5
*** I'm Happy just to Dance With You ***


Im happy Just to Dance with You


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[Questi, invece, sono John e sua zia Mimi … non ricordo come ne sono entrata in possesso, ma deve avermela data Thelma in cambio di una di Paul. Lei aveva un sacco di foto raffiguranti John da bambino in compagnia di sua zia o di sua madre …]


Pochi giorni dopo che Thelma aveva conosciuto Paul, loro due erano già grandi amici ed io confesso che ne ero gelosissima.

Per tutto il tragitto in pulman per arrivare fino a Menlove Avenue, loro due non fecero altro che parlare, di qualunque cosa e per me era frustrante.

Era così che si comportavano due persone che si piacevano, giusto?

Avevo la sensazione che io non sarei mai riuscita ad entrare altrettanto in confidenza con John.

…ed avevo anche paura di rimanere esclusa dalla vita di Paul una volta che lui avesse trovato una ragazza.

So che non è un sentimento molto nobile e mi rendo conto che sono sempre stata troppo possessiva e paranoica, ma Paul era…Paul: per me non c’era nessuno al mondo come lui.

«Eccoci arrivati!», esclamò Thel, scendendo dal pulman e indicando una casa con un bellissimo giardino, «fate parlare me … sua zia Mimi è un po’ strana!»

«In che senso “Un po’ strana”?», chiese preoccupato Paul, continuando ad andare con lo sguardo da Thelma alla casa di John.

«Oh niente», rispose lei tenendosi sul vago, «E’ solo che è molto severa e in genere non gli va mai a genio nessuno degli amici di John …»

Io e Paul annuimmo. Io stavo iniziando a sentirmi un po’ preoccupata …

«Io, per esempio», aggiunse Thel dopo un po’, «Non le sono mai piaciuta per via di come mi vesto …»

Allarmata, osservai con più attenzione l’abbigliamento di Thelma: cosa aveva di male il suo modo di vestire?!

Thel attraversò il giardino di casa di John e bussò alla porta, quindi io e Paul dopo esserci lanciati uno sguardo perplesso la seguimmo.

Ad aprirci fu una giovane donna che pareva essere molto dolce e simpatica… a giudicare dalla descrizione della zia di John fatta da Thel, me l’ero immaginata completamente diversa!

«Oh ciao, Thelma!», esclamò vedendola, «Sei venuta a trovare Johnny?Vieni, entra pure!»

«Loro sono due miei amici: Christine Thorpe e Paul McCartney», ci presentò Thel

«Piacere di conoscervi, io sono la mamma di John!», si presentò la gentile signora, «Entrate, entrate!»

Ah, quella allora era la madre di John, non la zia! quindi Thel non parlava di lei…

Non feci in tempo a fare questo semplice ragionamento che ci arrivò la voce di un’altra donna da una stanza vicina.

«Julia, chi era alla porta?», chiese e subito dopo entrò nella stanza una donna che somigliava moltissimo alla mamma di John e che io dedussi essere la famigerata zia Mimi.

«Sono alcuni amici di John», rispose Julia.

Mimi ci scrutò tanto intensamente da far quasi credere che potesse leggerci nella mente solo concentrandosi.

«Sono in camera di John», ci disse Julia sorridendo e Thel ci fece strada verso il piano di sopra, cercando di ignorare Mimi.

“Sono”?

Quel plurale non mi era sfuggito…che John fosse insieme a Cyn?

Se era così avrei anche potuto suicidarmi…magari buttandomi giù da una finestra, visto che eravamo al primo piano!

«Che bella casa!», commentò Paul guardandosi intorno, «E’ tutta sua?»

«E’ della zia di John, sì…», rispose Thel bussando alla porta di una stanza.

«Lasciaci in pace, zia!!!», urlò John da dentro la stanza e Thel aprì la porta.

«Ehi, sono io!», disse la ragazza.

«Thel!», la salutò lui sorpreso, «Che ci fai qui?»

«Visita a sorpresa.», rispose semplicemente ed entrò nella stanza seguita da Paul

Io entrai subito dopo di lui, incrociando le dita nella speranza che Cyn non fosse con John.

La stanza era piena di fumo e tutto era completamente in disordine, ma almeno non c’erano tracce della Powell.

John era sul letto accanto alla chitarra, mentre in un angolo del pavimento,sopra alcuni cuscini, se ne stava seduto Len, che stava fumando quella che, a giudicare dall’odore, non era sicuramente una sigaretta normale; niente pareva essere al suo posto: c’erano vestiti ovunque, sul letto vicino a John era appoggiata una chitarra, sul pavimento c’era un piatto che una volta doveva aver contenuto un panino o dei biscotti, mentre le pareti erano tappezzate da poster e immagini ritagliate dai giornali raffiguranti i grandi artisti rock e skiffle del momento; tra tutti primeggiava un poster di Elvis Presley, il re del rock.

«Ciao», salutammo io e Paul.

«Ehi!», mi salutò John facendo un cenno nella mia direzione con la testa, poi si rivolse a Paul, «E tu sei il chitarrista mancino di quest’estate?»

«Sì», rispose lui sorridendo, «Sono Paul»

John non gli badò molto ma, accennando verso di me, disse:

«Stai ancora con lei?»

Io arrossii violentemente.

«C-cosa?No!», esclamò subito Paul, agitato

«Assolutamente no!!», aggiunsi io, scandalizzata dall’insinuazione di John.

Il ragazzo ci guardò alzando un sopracciglio, poi inspiegabilmente scoppiò a ridere.

Thel si mise a sedere ai piedi del letto, vicina a John, quindi io mi misi tra lei e Len, che continuava a lanciarmi sguardi ebeti, che mi divertivano

«Canna?», mi chiese lui, porgendomela, ma io rifiutai.

«Passala a me, Len, che questa qua non sa che si perde!», disse John facendomi innervosire, «A proposito, come hai detto che ti chiamavi?»

«Chris.CHRIS!», gridai quasi istericamente. Questa era…vediamo, la quarta volta che glielo dicevo?, «Quante volte ancora hai intenzione di chiedermelo???»

«Nervosa?», chiese Paul sarcastico, con un sorrisetto stampato in faccia che mi faceva venir voglia di prenderlo a schiaffi. Neanche a dirlo, lo fulminai con gli occhi.

«Lasciala in pace, Paul», disse John, per il quale evidentemente imparare il nome di Paul era più facile, «Avrà il ciclo!»

Detto questo si esibì in un’imitazione stereotipata del comportamento femminile in certi periodi del mese ed io, sbuffando, incrociai le braccia e cercai di ignorarlo.

A volte mi capitava di chiedermi se quello che provavo per John fosse davvero una cotta, o piuttosto una fortissima antipatia.

«Suoni ancora?», chiese nel frattempo John a Paul.

«Certo!», rispose lui

«Hai ancora un gruppo?»

L’ “ancora” mi piacque. Considerava me, Paul e Mike un gruppo in grado di resistere?allora non gli avevamo fatto poi tanto schifo come aveva detto?wow…

«Tu eri la cantante, vero?», chiese a me, prima che Paul avesse il tempo di rispondere.

Era fin troppo evidente che era il suo tentativo di fare pace con me, ma mi fece piacere.

«Sì, ma non ero granchè», risposi sorridendo, «Ci siamo divisi…»

Ovviamente non era sorpreso da questa notizia, ma fece finta di esserlo quando si rivolse a Paul:

«Quindi tu ora con chi suoni?»

«In genere da solo, per me stesso…», rispose Paul atono, prendendo la chitarra di John in mano.

Era da un po’ che si aggirava vicino al letto, lanciando sguardi languidi alla chitarra di John: era più forte di lui, se nei paraggi c’era uno strumento musicale Paul doveva necessariamente prenderlo in mano e suonarlo. La imbracciò al contrario e iniziò a suonare una delle melodie inventate da lui.

«Wow!», esclamò John sorpreso, «Cos’è questa?»

«Niente di che», rispose Paul fingendo modestia, «Sono tre accordi che ho messo insieme…»

John rimase ad osservarlo per un po’ con la bocca semiaperta, mentre io, Thel e Len non osavamo neppure fiatare.

c’era un non so che di magico che aleggiava intorno a quei due, mentre discutevano di musica…

«Penso che dovresti entrare nei Quarrymen…», disse alla fine John battendo una pacca sulla spalla di Paul che si illuminò in un sorriso, «Il mio gruppo.»

«Grande!», esclamò Thelma, «Alla fine ce l’hai fatta a capire quello che dovevi fare già da quest’estate, eh, Win?!»

Sentendosi chiamato “Win”, John fulminò Thel con lo sguardo, ma non disse niente.

«Domani proviamo a casa di Colin», disse a Paul, «Puoi venire qui e ci andiamo insieme…»

«Sì, ok…», acconsentì Paul

«Perfetto!Dobbiamo festeggiare!», esclamò John, «Stasera tutti allo Ye Cracke Pub, così ti faccio conoscere gli altri!»

Fu così che Paul divenne ufficialmente membro dei Quarrymen.


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[Questi sono John e Tony Carricker davanti allo Ye Crack Pub…a quei tempi John, come tutti gli studenti del Liverpool College of Arts, andava spesso lì…]


Quella sera, quindi, ci mettemmo d’accordo per trovarci tutti al pub frequentato da John e il suo gruppo.

Thel non poteva venire, quindi io mi ritrovai ad essere l’unica ragazza della compagnia. I miei pallosi genitori non ne vollero sapere di lasciarmi andare, quindi come ogni volta che volevo uscire, mi calai giù dalla finestra di camera mia e andai da Paul; avevamo deciso che avremmo fatto insieme l’autostop per arrivare allo Ye Crack Pub.

Fuori da casa di Paul, oltre a lui, ad aspettarmi c’era anche Mike: Paul non voleva portarsi dietro anche il fratellino minore, ma Mike aveva insistito tanto che alla fine dovette cedere.

«Che c’è tra te e Thelma?», chiesi mentre aspettavamo che passasse una macchina. Era da un po’ che volevo chiederglielo, ma non sapevo come.

«Chi è Thelma?», chiese Mike curioso, ma sia io che Paul lo ignorammo.

«…E tra te e John?», disse Paul, invece di rispondermi

«John?Quel John?!», si intromise di nuovo il McCartney più giovane, «Ti piace lui?»

«Tra me e John proprio niente, temo», risposi ignorando di nuovo il povero Mike, «Parlami di voi, Paul!»

«Thel è una brava ragazza», disse Paul, «Andiamo d’accordo. Tutto qui.»

Mmmm…questa risposta non mi convinceva, ma non replicai…anche perché in quel momento una macchina si fermò e noi riuscimmo ad ottenere un passaggio.

Lo Ye Crack Pub era un locale frequentatissimo dai ragazzi della nostra età, soprattutto da quelli che frequentavano il College of Arts. John e il suo gruppo, infatti, erano clienti abituali, ma io, Paul e Mike non ci eravamo mai stati, quindi ci trovammo un po’ persi tra la confusione che regnava là dentro e impiegammo un po’ di tempo prima di riuscire a trovare John.

Non c’era musica dal vivo, ma il volume del juke-box (che se non mi sbaglio stava suonando “Too Much” di Elvis) era tanto alto che, quando trovammo John e gli altri, dovemmo uscire dal pub per presentarci.

Oltre a John, c’erano i Quarrymen (Len, Pete, Rod, Colin e Eric) e un ragazzo che non suonava con loro, ma che avevo visto un paio di volte a scuola: il suo nome era Stuart Sutcliffe, Stu per gli amici.

«Ehi, dov’è Thel?», mi chiese John non appena si fu reso conto che io ero l’unica ragazza della comitiva.

«Ha detto che non poteva venire», risposi

Tutti stavano cogliendo l’occasione di trovarsi in un luogo all’aperto per godersi con calma una sigaretta e Stu ne offrì una anche a me, Paul e Mike, ma io rifiutai.

Mi sentivo una scema a dover sempre dire di no a ogni cosa che mi veniva offerta, ma avevo provato a fumare una volta e non mi era piaciuto per niente…

«Stu!», lo rimproverò John, «Non si offrono sigarette alle bambine!»

«NON SONO UNA BAMBINA!!!», gridai…era solo la seconda volta che mi ritrovavo a dover urlare una cosa del genere a Lennon e già non ne potevo più!

«Ehi, piccola», si difese con un sorrisetto sarcastico, «Non è mica un problema!»

Se non fosse stato che ero stracotta di lui, gli avrei tirato un calcio in uno stinco.

«Dammi quella sigaretta, Stu!», dissi al ragazzo appena conosciuto per far vedere al suo “capo” che non ero la bambina innocente che credeva lui.

Stuart sfilò dal pacchetto una sigaretta e me la porse, poi fece scattare la fiamma dell’accendino tenendolo in modo da farmi accendere la sigaretta.

La accesi senza problemi e aspirai il fumo senza tossire neppure una volta, ma il sapore della nicotina in bocca non mi piaceva per niente.

«Non devi fumare, se non vuoi», disse la voce della mia coscienza Paul.

Quello che il mio migliore amico non capiva, mentre tutto felice fumava la sua sigaretta, era che io non volevo fumare, ma dovevo!

Ero obbligata a farlo, per dimostrare a John di non essere solo una povera bimbetta…

Fumai in fretta, non vedendo l’ora che quel tubicino disgustoso si esaurisse e quando la tortura finì, io ne ero nauseata.

«Sei tutta bianca…», notò Mike, «ti senti bene?»

La risposta sarebbe dovuta essere no, ma non volevo ammetterlo…

«Sì...», borbottai ma credo che si capisse che mentivo, «Sì, sto bene!»

«Perfetto!», esclamò Lennon che come al solito non aveva capito un cavolo, «Allora ora possiamo rientrare?»

Io acconsentii subito, dato che mi pareva che il freddo contribuisse al mio malessere in pari misura con la nicotina e mi staccai da Mike che preoccupato mi teneva per un braccio per andare a mettermi tra John e Len.

Quando rientrammo la musica era cambiata e stavolta il juke-box suonava “Rock Around the Clock”.

«La mia canzone preferita!!!», esclamai aggrappandomi (come se niente fosse) a un braccio di John e iniziando a saltellare sul posto.

«Ti va di ballare, bambola?», chiese sorridendo.

Incredibilmente il malessere causato dal fumo mi passò istantaneamente … strano, vero?!

«Sì», risposi emozionata, «Ma credo che dovremo parlare dei modi in cui non mi piace essere chiamata…»

«Non va bene neppure “bambola”?», chiese ridendo e trascinandomi al centro del locale.

«Questo è anche peggio di “bambina” e di “piccola”!»

«Ma sei incontentabile!», esclamò John, «A voi bambini proprio non piace che i grandi vi facciano notare quanto siete piccoli, vero?»

«Perché tu saresti grande e io piccola?!», chiesi sarcastica, «Ma non farmi ridere!!»

«Zitta e balla!», ordinò John scherzosamente

Non amo ballare e non sono mai stata brava a farlo (lo ammetto, sono una totale incapace in qualsiasi cosa io cerchi di fare…), ma John era tanto buffo che ballare con lui era divertentissimo e mi piaceva.

Lennon si esibì in una specie di ballo twist, contorcendosi tutto e facendo facce buffissime che mi facevano ridere tanto che dimenticai persino di disperarmi per la mia goffaggine

«Il canto e il ballo non sono il tuo forte, vero?», scherzò vedendomi impalata a ridere di lui in mezzo a gente che ballava e si divertiva.

«Per me hai un futuro come comico, John!», esclamai senza riuscire a smettere di ridere

«Grazie, grazie, lo so!», disse dandosi delle arie ed esibendosi in un paio di inchini, come un grande direttore d’orchestra acclamato dal pubblico.

Nel frattempo Rock Around the Clock era finita e iniziò una canzone lenta che non conoscevo, quindi John si fece più serio, mi mise le braccia intorno alla vita ed io gliele misi intorno al collo, poi iniziammo a dondolarci sul posto in una danza di cui anche io ero capace.

«Accidenti, qui ci starebbe bene un bel bacetto!», disse e io lo guardai speranzosa, «Se solo tu fossi un po’ più grande…»

«Ho solo tre anni meno di te…», mormorai guardandomi riflessa in quei suoi bellissimi occhi dolci.

Lui sorrise e anche se non rispose, io capii che per quella sera non avrei ottenuto da lui niente più di un ballo, quindi appoggiai il viso sul suo petto e mentre mi immergevo nel suo profumo pensai che infondo andava bene anche così.

Il Juke-box stava suonando una canzone tanto smielata che a cose normali l’avrei trovata pallosa, ma non mi importava: in quel frangente, quella canzone mi sembrava bellissima…la più bella del mondo.

Ero felice, tanto che se l’universo fosse collassato in quel preciso momento, io avrei potuto dire di esser morta felice. Ero abbracciata a John e stavamo ballando insieme. Il resto non aveva importanza.

Mi sentivo felice solo per il fatto di stare ballando con lui, con John Lennon ……Non importava che mi considerasse solo una bambina: ero con lui ed era questo che contava.

Mi strinsi più forte a lui e mentre ballavamo abbracciati, io avrei tanto voluto che quel momento durasse per sempre.

A stento mi resi conto del bacio che si scambiarono Thel e Paul, a pochi passi da noi, ma non li invidiavo affatto. Infatti, mi trovavo proprio dove desideravo essere in quel momento: tra le braccia del mio amatissimo John…

Anche se lui non la pensava come me, una strana fiducia in me stessa mi diceva che alla fine ce l’avrei fatta a conquistarlo.

Another Little Piece of my Heart

Salve a tutte,

Innanzitutto volevo dire che ho cercato di capire chi fosse il tizio nella seconda foto,ma proprio non l’ho capito….se lo sapete voi, se me lo dite lo aggiungo u.u

Riguardo la prima parte, so che Julia non abitava da zia Mimi, ma si trovava lì momentaneamente…e conosce Thel perché è stata una delle ragazze di Johnny.

Finalmente quello stupido di John è riuscito a decidersi a prendere Paul nel gruppo (prima o poi doveva pur farlo).

La parte della sigaretta è leggermente autobiografica xD…da quella volta in poi ho capito che io e le sigarette non andiamo molto d’accordo…bleah…xD

Via, basta discorsi a vanvera e passiamo alle recensioni( grazie mille a tutte :))

Zazar: eh…gli svolgimenti tra John e Chris procedono a rilento … ma qualcosa forse inizia a smuoversi … chissà! xD

Lullaby: ahah xD…sì,anche io faccio il tifo per Chris, ovviamente (beh,credo che si capisse anche se non lo dicevo,dato che è la mia protagonista xD)…però mi dispiace anche per Cyn,perché lei e John mi piacciono!......è la Ono che proprio……va beh,come dicono gli inglesi “se non puoi parlarne bene non parlarne” (e credo che Cyn lo abbia detto proprio riguardo a Yoko in un’intervista o qualcosa del genere…grande Cyn!), quindi non parliamo di Yoko Ono.

Marty: ahahha…Paul con la testa bagnata e l’asciugamano è piaciuto più o meno a tutte xD…e Thel devi capirla, lei sta dalla parte di Chris…in realtà ne lei né Chris conoscono ancora Cyn, quindi la giudicano solo in base al fatto che a John piace lei (che non se lo fila) e non Chris u.u …ma ti preeeego non mi uccidere per Thel e Paul!!! (xD)

Thief: ahah…sì,in effetti la visione di Paul mezzo nudo che esce dalla doccia avrebbe fatto un certo effetto a tutte credo…Thel è stata anche fin troppo brava a non svenire…io alla vista di John così non ci sarei riuscita *_____* (ma neanche alla vista di paul, credo…xD)

The: Eh sì,ti capisco…anche a me il tempo sembra sempre troppo poco!...Thelma piace anche a me (a volte più di Chris xD) e diciamo che le sue idee,almeno per quanto riguarda lei hanno funzionato. Un po’ meno per Chris, ma almeno ha fatto un passo avanti!

Night: mmm..no, Thelma non era bellissima (di certo Cyn è più bella), ma c’è di peggio… cough,cough,Yoko Ono,cough,cough… xD grazie dell’articolo su Johnny & the Moondogs…io avevo trovato notizie solo sul provino del ’58…

Grazie anche a Chi ha solo letto……e ora scappo che mi aspetta il dentista (T_____T)

A presto, baci,

Andry_

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Capitolo 6
*** All i've got to do ***


All I've Got To Do


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[ Cynthia e John davanti allo Ye Crack Pub. Da notare i capelli alla Brigitte Bardot di Cyn, per conquistare John …(come è bello!!!)]

 

George debuttò con i Quarrymen nel febbraio del 1958 e con lui il gruppo sembrò prendere il volo.

Quasi ogni settimana John & Co. si esibivano in vari locali in giro per Liverpool ed erano veramente bravi.

Nel frattempo Thel e Paul non facevano che “prendersi e lasciarsi”. In realtà credo che Paul in quel periodo non avesse molta voglia di impegnarsi in una relazione: lui era innamorato della musica e tutto il resto veniva dopo.

John, al contrario, a scuola faceva una corte sempre più sfrenata a Cynthia, la quale anche se all’inizio lo aveva rifiutato, adesso sembrava davvero soddisfatta di tutte le attenzioni che le prestava il bel Lennon.

Un giorno John arrivò a scuola come sempre con la chitarra e davanti a mezza scuola si mise a suonare e cantare “Ain’t she sweet”, canzone che disse di aver scritto per lei; Un’altra volta, invece, parlando con un suo amico disse (con mio grande sgomento) che gli piacevano le tipe “alla Brigitte Bardot” e il giorno dopo Cyn arrivò a scuola con i capelli ancora più biondi e acconciati come la bella attrice di cui John era fan.

Ormai, anche se lei si rifiutava di ammetterlo, tutti a scuola sapevano che John Lennon e Cynthia Powell si piacevano l’un l’altra e che era solo questione di pochissimo tempo prima che si mettessero insieme, quindi io ero sempre più disperata. Capitava spesso che John mi facesse innervosire tanto da farmi venir voglia di urlargli contro i peggiori insulti e non vederlo mai più, ma infondo ne ero innamorata, non riuscivo a stare senza di lui più di un paio di giorni e ogni volta che lo vedevo corteggiare Cyn  stavo male.

 

«Dovresti passare all’attacco», mi disse un giorno Thel, mentre aspettavamo che iniziassero le lezioni. Non eravamo in classe insieme, ma entrambe entravamo sempre in classe solo all’ultimo minuto, dopo che era già suonata da un po’ la campanella,quindi avevamo tempo di parlare.

«E come?», chiesi scoraggiata, «Non mi guarda neanche. Lui vuole solo la Powell!!»

«Dovresti farlo ingelosire!», esclamò Thel, la cui mente contorta aveva evidentemente ideato qualche strana idea … di quelle che mi facevano pensare di avere una migliore amica (sì, si era auto-dichiarata mia migliore amica) pazza.

«Farlo ingelosire?!», chiesi alzando un sopracciglio

«Sì…pensaci un po’», disse con un’inquietante scintilla negli occhi, «A John piace “fregare” le ragazze a Len »

Dovetti ammettere che effettivamente aveva ragione: Barbara Baker, Margareth Jones e chissà chi altra era stata di John solo dopo essere passata da Len …

«… E a Len tu piaci da morire!», continuò Thel, insinuando qualcosa che non avevo intenzione di cogliere.

«Peccato che a me Len non piaccia, allora …», dissi guardandola come per sfidarla ad aggiungere altro ma lei, come faceva sempre, mi ignorò.

«E allora?!?», esclamò ridendo, «Non importa che non ti piaccia! Tanto dopo passerai a John!»

«Non voglio sfruttare Len!», esclamai scandalizzata.

Lei mi guardò con un sorrisetto malizioso alzando le sopracciglia, ma io decisi che non mi piaceva la direzione che stava prendendo la conversazione.

«Con Paul invece come va?» Chiesi e il sorrisetto sul viso di Thel scomparve quasi immediatamente. In quel periodo parlare a Thel di Paul era l’unico metodo sicuro per far cadere una conversazione sgradita.

Mi pare fosse la terza o la quarta volta, infatti, che Thel lasciava e riconquistava Paul, per poi lasciarlo di nuovo o venire lasciata e questa volta non aveva la minima intenzione di tornare da lui, ma io sapevo che ne soffriva. Credo che ne fosse davvero innamorata, anche se non lo ammetteva, e che desiderasse che per una volta fosse Paul a tornare da lei ma, per quel che ne sapevo io, lui non ne era minimamente intenzionato.

«Paul ti ha detto niente di me?», borbottò dopo un po’

«No, non so neanche perché avete litigato l’ultima volta …», risposi.

«Voleva che gli presentassi i miei», spiegò, «Ma io non volevo»

«Perché?», chiesi ingenuamente

«Perché mio padre è molto malato e non voglio affaticarlo,facendogli conoscere il mio ragazzo », disse, «Ma lui mi ha dato della bugiarda e …»

Mentre raccontava Thel pareva particolarmente agitata e sconvolta …

Tutti noi ci eravamo fatti un’idea del motivo per cui Thel non aveva mai invitato nessuno a casa sua….

Trovava sempre un sacco di scuse per giustificare l’assenza di suo padre: a volte diceva che lui lavorava su un peschereccio, la volta dopo che era uno scienziato che viaggiava molto per l’Europa, un’altra volta che era morto o ancora che non era a casa perché doveva andare spesso a trovare una lontana parente che era sempre in punto di morte … in realtà anche se non ce lo aveva mai detto esplicitamente, tutti avevamo capito che il padre di Thelma aveva abbandonato la sua famiglia e che lei se ne vergognava tanto da non volerlo far sapere a nessuno (eravamo in pieni anni ’50 e una famiglia “spezzata” non era ben vista …). Era naturale che non volesse raccontare tutto a Paul, almeno finchè non fosse stata più che sicura del loro rapporto: aveva paura che Paul si sarebbe allontanato da lei per colpa della sua famiglia…

Da parte di Paul il farle presente che sapeva che stava mentendo era stato proprio un’imperdonabile mancanza di tatto!

«Ti sei innamorata di uno stronzo.», commentai abbracciandola, mentre alcune lacrime silenziose iniziavano a rigarle il viso.

«Già …», concordò tirando su con il naso, «Dovresti metterti tu con lui: sei l’unica ragazza a cui Paul vuole davvero bene!»

«Solo perché mi considera come una parente intoccabile … come una sorella», dissi sorridendo, «John tratta te nello stesso modo.»

«Ma a me non interessa John», disse Thel, «Non più …»

«Non mi hai mai detto come è finita con lui …», osservai.

Thel scosse le spalle e sospirò.

«Semplicemente eravamo troppo simili per comportarci come amanti.», disse con una strana espressione rassegnata, «… e comunque ci volevamo bene, ma non ci amavamo.»

«Mi piacerebbe riuscire a capirlo come fai tu», mormorai, tenendo gli occhi bassi.

«Capire John è facile.», disse ritrovando il sorriso, «Basta  non farsi mettere i piedi in testa da lui...»

«… il che, invece, non è facile.», aggiunsi avvilita.

«Trattalo come un  pezzo di merda!»

Io iniziai a ridere. I consigli di Thel su come conquistare John erano favolosi: trattarlo come una merda e mettersi con uno dei suoi migliori amici per ottenere il suo cuore …!

«Dovresti scriverci un libro, Thel», scherzai senza riuscire a smettere di ridere, « “Come conquistare un uomo o farlo fuggire definitivamente” di Thelma Pickles!»

Anche lei iniziò a ridere.

«Sì, tutte le ragazze dovrebbero leggerlo un libro così!», esclamò divertita

«E se poi gli uomini fuggono …», dissi lasciando la frase in sospeso

«… Se gli uomini fuggono vuol dire che non amavano le ragazze.», concluse Thel, cercando di apparire seria, «Quindi almeno si saranno tolte di torno un uomo inutile!»

«Già! tanto che ci fai con gli uomini se questi non ti vogliono?!», ironizzai ridendo, «Meglio buttarli, no?!»

Ridemmo tanto prima che suonasse la campanella delle lezioni che pensai che valesse la pena di avere un’amica pazza come Thel anche solo per il genere di conversazioni che saltavano fuori parlando con lei al mattino!

Ridemmo un po’ di meno (anzi, io mi depressi proprio) quando venimmo a sapere che proprio mentre io e Thel facevamo apprezzamenti poco carini su tutto il genere maschile, John stava invitando Cyn allo Ye Crack Pub; voci di corridoio dicevano che lei (stupida!) avesse rifiutato l’invito e che John le avesse risposto un po’ male, ma io e Thel  avevamo il presentimento che alla fine lei si sarebbe lasciata convincere...

 

Come ogni altra sera noi che facevamo parte del gruppo di John ci eravamo dati appuntamento al pub ed io, su istigazione di Thel, non perdevo di vista John e coglievo ogni occasione per stargli appiccicata, almeno finché Cyn non fosse arrivata portandomelo via.

Ancora mi riusciva difficile comportarmi con naturalezza con John, perché mi piaceva troppo, ma quella sera ero decisa a farmi forza e a non farmelo scappare; bevvi un paio di drink con il preciso intento di disinibirmi al punto giusto da riuscire a rimanere tranquilla al suo fianco e poi mi attaccai al braccio di John modello sanguisuga. A stento percepivo gli sguardi critici che mi lanciava Paul, impegnata com’ero nel tentativo di dare un senso ai ragionamenti fatti dalla mia povera mente annebbiata dall’alcol, ma il bello dello stare con John è che non sempre tutto deve avere necessariamente un senso.

«… E quindi ho detto a Thel», ricordo di aver detto con un tono di voce più alto e stridulo del solito, prendendo John sottobraccio, «Thelmuccia cara, ti sei innamorata di uno stronzo!»

Pagherei miliardi per sapere che faccia fecero Thel e Paul mentre dicevo così, ma purtroppo i miei sensi confusi non mi concedevano di vedere altro che il bel volto di John.

«Voi donne vi innamorate sempre degli stronzi!», commentò John, «Per questo i tipi come me hanno tanto successo!»

«Ma non dire baggianate!», esclamai cercando di mettere a fuoco il suo viso che adesso appariva anch’esso sfocato; poi ripensai al termine “baggianate” che avevo usato e scoppiai a ridere, ripetendo di tanto in tanto «Baggianate!»

Anche John iniziò a ridere (o almeno lo spero).

«Baggianatte!», disse senza motivo ed io scoppiai a ridere ancora più forte.

«Sembra il nome di un guerriero greco, tipo …», dissi cercando di far ordine tra le mie scarse nozioni di letteratura greca che in quel momento sembravano più confuse che mai, «Com’è che si chiamava?Il figlio di Ettore …?»

«Astianatte …?», suggerì qualcuno dei ragazzi che erano con noi, ma non saprei dire di chi si trattasse.

«Baggianatte di Astianatte, il baggiano!», disse John e io lo fissai negli occhi, cercandovi il significato profondo di quella frase priva di senso, ma che – ne ero sicura - celava un significato nascosto (che comunque, ahimè, mi sfuggiva).

«Lo sai, Jo?», dissi dopo aver rinunciato a cercare il significato sfuggente, «Hai proprio ragione!»

Nonostante fossi ubriaca, infatti, volevo ancora fare bella figura con John, mostrandogli che avevo capito cosa intendesse dire.

«Vieni, Chris», disse prendendomi a braccetto, mentre rideva come un matto, «E’ meglio se balliamo un po’ per smaltire la sbornia …»

Avrei voluto ribattere che non ero sbronza (sé, come no …!), ma John mi stava già trascinando verso il juke-box, dove mi chiese quale canzone volessi ascoltare ed io mi acquietai, felice del fatto che almeno ero sola con lui.

Ballammo a ritmo di tre o quattro canzoni di cui non ricordo più il titolo, ma il mio essere su di giri a causa dell’alcol si stava trasformando rapidamente in una cosiddetta “sbornia triste”, quindi presi John per un braccio e,  sorretta da lui, mi feci accompagnare fuori.

Ci sedemmo sul marciapiede davanti allo Ye Crack Pub e John si accese una sigaretta, mentre io (che ancora non ero cosciente di me, perché se lo fossi stata dubito che avrei fatto una cosa simile) lo abbracciai, stringendomi forte a lui e nascondendo gli occhi nell’incavo tra il suo collo e la spalla. Scioccamente mi veniva da piangere come se mi fosse capitata una disgrazia e anche se in un primo momento cercai di trattenermi, quando sentii il tocco dolce di John che mi accarezzava la testa mi emozionai tanto che fui scossa dai singhiozzi e iniziai a piangere, bagnandogli la maglia.

«John …», mormorai quando alla fine ritrovai la voce, «Tu mi vuoi bene?»

Che domanda sciocca, a pensarci ora, ma in quel momento, mentre con gli occhi lucidi fissavo quelli di John, questa sembrava una domanda di importanza vitale e John lo capì; dopo avermi guardata sorpreso per un po’, infatti, sorrise e mi baciò sulla fronte.

«Certo che sì», mormorò dolcemente, «Sei come una sorellina per me. Dolce e indifesa al punto giusto …»

Sospirai. Una sorellina non era esattamente quello che volevo essere per lui …

«Anche io ti voglio bene», ammisi sconfortata, senza più riuscire a guardarlo negli occhi, «Ma non in quel senso»

Rimanemmo un po’ in silenzio, ancora abbracciati, poi mi staccai da lui.

«Che scema che sono a piangere così …», borbottai, mentre con la manica del cappotto mi asciugavo gli occhi, «E tu perché sei rimasto a sentirmi lamentare per niente?saresti dovuto andare a divertirti con qualche ragazza … ne hai a milioni!»

«Sono rimasto con te perché mi andava», disse serio, poi ritrovando la sua sbruffoneria, aggiunse, «E poi i milioni, anzi miliardi di ragazze che mi amano possono aspettare!»

… Era la cosa più carina che mi avesse mai detto da quando lo conoscevo, mentre io mi sentivo una stronza a fargli subire tutte le mie lamentele da ubriacona. Sarebbe stato più felice se in quel momento avesse potuto ballare insieme a Cynthia, o almeno parlare con lei … e invece lo avevo fatto rimanere con me …

Lo baciai su una guancia e gli sussurrai in un orecchio:

«Ora torna dentro … sono sicura che è arrivata anche la Powell»

Lui mi guardò negli occhi e qualsiasi cosa vi lesse lo portò ad assumere un’espressione ancora più seria, quasi severa.

«Ma tu non piangerai, vero?Non sopporto quando le donne piangono», disse, «E’ una mossa sleale da parte vostra …»

Sorrisi. Quello era davvero lo sbruffone e teppista John Lennon? il capobranco di quello stupido gruppo di Teddy? Non riuscivo a crederci …

«No che non piangerò!», replicai cercando di apparire allegra, anche se mi sentivo uno straccio, «Smettila di preoccuparti per me!»

Dopo avermi lanciato un ultimo dolce sorriso, John rientrò nel pub, lasciandomi fuori a sospirare per lui. Non mi andava proprio di rientrare e vederlo ballare con quella Cynthia Powell; non la conoscevo ancora e già quella ragazza mi stava antipatica … e tuttavia sentivo che una parte di colpa era anche mia: non capivo proprio perché lo avessi lasciato andare …

Sembrava la cosa giusta da fare, ma giusta per chi? Non certo per me.

Come sempre quando mi trovavo in difficoltà, sentivo il bisogno di parlare con Paul: lui di certo mi avrebbe capita più di quanto non ero in grado di fare io stessa. Eppure non potevo certo entrare, rischiando di vedere John insieme a …

Non riuscii a finire di formulare questo pensiero che Cyn uscì dal locale come una furia, urlando:

«Prima mi chiedi di venire il questo stupido pub e poi mi ignori tutta la sera?Ti ho visto prima ballare con quella!!!»

Stava per correre via, quando John, che la stava rincorrendo, la fermò tenendola per una braccio, poi la sbatté contro un muro e iniziò a baciarla.

Cynthia protestò e gli allungò un schiaffo abbastanza forte, che lasciò sul volto di Lennon un bel segno rosso e lui reagì restituendo lo schiaffo a Cyn, ma usando un po’ meno forza.

Per alcuni istanti si guardarono in cagnesco, studiando l’uno l’espressione dell’altra, poi John riprese a baciarla e lei questa volta lo lasciò fare.

Io a quel punto scappai a cercare la mia unica ancora di salvezza (anche chiamata Paul), ma lo trovai avvinghiato a Thel … evidentemente avevano fatto pace!

Ero felice per loro, ma sentivo che se non avessi fatto qualcosa al più presto sarei crollata in pezzi.

Dovevo trovare una soluzione, dovevo riuscire a ritrovare fiducia in me stessa, anche dopo aver perso John.

«Qualcosa non va?», mi chiese Len a quel punto.

Non mi ero neppure accorta che Len Garry si era avvicinato a me e che mi stava guardando con un espressione preoccupata, ma appena mi voltai a guardarlo mi tornarono in mente tutti i consigli di Thelma: John si divertiva a rubare le ragazze a Len... e a Len piacevo io … tutto quello che dovevo fare era …

Senza dare il tempo né a lui né a me stessa di capire che cosa stava succedendo, mi gettai su di lui e iniziai a baciarlo.

Non mi importava del fatto che non fosse giusto sfruttare Len in quel modo, non volevo neppure pensare a quelli che erano i suoi sentimenti. Volevo solo che John mi vedesse baciarlo e che, come me, soffrisse di gelosia.

… Povera illusa.

 

 

 

 

 

 

 …Dopo aver letto le recensioni di Marty e Clafi mi è venuta voglia di andare a cercare foto del mostriciattolo di James e… guardate questa (xD) :

http://beatlepress.files.wordpress.com/2009/11/paul_james_mccartney.jpg

…L’espressione di Paul parla da sola! ... sembra dire: “Mi dispiace, ma mi è venuto così…che ci posso fare?!?” xDxDxD

(i peli che spuntano dal petto proprio non si possono vedere!!!! xDXDXDXDXDXD)

 

…Invece Miky secondo me non è poi tanto brutto…assomiglia abbastanza a Paul:

http://www.liverpoolmuseums.org.uk/mol/exhibitions/mccartney/graphics/mccartney_3_eyes.jpghttp://www.wcpn.org/photos/an/2008/mccartney/01.jpg

(nella seconda foto, Mike dovrebbe essere quello in mezzo)

 

…poi va beh…ci sono anche foto in cui è osceno pure lui, ma mai a livello di Dennis o James (o.O):

http://www.maccafan.net/Albums/VenusAndMars/Mike.jpg

(comunque in questa foto non è che sia venuto benissimo neppure Paulie, eh!...sento che qualcuno mi farà fuori xD)

 

....Abbiamo appurato che James ha preso tutto da Dennis (xD), quindi ora passiamo alle recensioni :

 

Zazar:viaregginis pietrasantinis cattivis homo lupis” xD ti è proprio piaciuto,eh? xD comunque penso anche io che Michy conquisterà il mondo, insieme ai piccioni, Stewie e al Mignolo col Prof XD…..grazie della recensione =)

Thief: ahahahah…allora siamo in 2 che si fanno i film mentali: io dico sempre che sono come JD di Scrubs xD…quando ho letto di John che fa “Macciao” mi sono immaginata l’espressione indignatissima di Geo e sono scoppiata a ridere xD … grazie della recensione =)

Lullaby: ahahahah che bello bloccare Paul con una panciata!...potrei provarci con John, magari funziona! xD.. grazie della recensione =)

Marty: xD anche io appena ho visto quella foto e ho letto che probabilmente era un cugino di Paul, un tale Dannis, ho detto: “ho capito da chi ha preso james!!!!”xD… ma allora è meglio James di lui!!!quel Dannis è proprio brutto!!!O.O…comunque a proposito di Thelma e Paul, sono stati veramente insieme per un brevissimo periodo,quindi…no, non si vergognava xD…(io ho anticipato un po’ la data in cui si sono messi insieme, però…)… grazie della recensione =)

Night:eheh, sì, Paul è proprio tirchio u.u (xD)….e John è fantastico con quelle guance rosse xD(“io sono sempre fantastico u.u” n.d.John…”io intendevo più del solito!” n.d.me)e come ti ho già detto sembra che stia chiedendo qualcosa a qualcuno (sec me chiede che qualcuno gli porti una birra o comunque qualcosa di alcolico xD)…grazie della recensione =)

Clafi: Noo,dai Mike non era carino come Paul, ma neppure era bruttissimo !  il mostriciattolo James e il cugino Dennis(detto così mi sembra di parlare de “Il cugino It” della famiglia Addams xD) sono più brutti!...vedo che anche a te Thelma sta mooooolto simpatica xD(ma vedrai che tanto tra lei e Paul…  va beh,non facciamo spoiler xD) grazie della recensione =)

 

Grazie anche a chi legge soltanto =)

Baci e a presto,

Andry.

 

Ps.

Buona pasqua in ritardo…e buona pasquetta!

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Capitolo 7
*** Money (That's what i want) ***


Money [Thats What He I Want(s)]


http://www.beatlesource.com/savage/1950s/57.11.23%20new%20clubmoor%20hall/1.jpg


[Questi sono i Quarrymen al primo vero e proprio concerto di Paul al New Clubmoor Hall . Lui era emozionatissimo quel giorno ed io, che mi trovavo sotto al palco insieme a Thelma, quasi più di lui…]

 

Il primo vero concerto che tenne Paul fu in occasione del ballo al New Clubmoor Hall, il 23 Novembre del 1957 solo un mese dopo che era entrato a far parte dei Quarrymen.

Io e Thelma riuscimmo a infiltrarci alla festa insieme ai ragazzi, come sempre senza dire niente ai nostri genitori (o meglio, ai miei dato che i genitori di Thel sembravano lasciarla sempre libera di fare quello che voleva). C’erano un sacco di ragazzi di Liverpool che non conoscevamo, ma la festa era ben organizzata e – inutile dirlo – la musica era ottima.

I Quarrymen erano l’unico gruppo in programma per quella sera, quindi potettero sbizzarrirsi in ogni canzone che avevano provato nei giorni precedenti e la prima che suonarono fu “Heartbreak Hotel” di Elvis, che era la preferita sia di John che di Paul.

Ero emozionatissima quando iniziarono a suonare le prime note, ma l’esibizione di quella prima canzone fu un successone quindi tutti ci rilassammo.

Thel stava già da qualche settimana insieme a Paul e le cose tra loro parevano andare bene, per quel che ne sapevo, quindi ero felice per loro; lo stesso però non si sarebbe potuto dire, però, di me e John.

Dal giorno in cui avevamo ballato insieme allo Ye Crack Pub, non eravamo mai più stati tanto vicini come quella sera. Paul aveva iniziato a frequentarlo per suonare: provavano quasi ogni giorno ed io spesso rimanevo con loro per sentirli suonare, ma non ero ancora riuscita ad entrare in confidenza con lui…

 

…Da sotto al palco vidi Paul fare l’occhiolino nella direzione di Thel e, infastidita, guardai più intensamente John, nella speranza che facesse lo stesso con me. Quando fu evidente, però, che non aveva intenzione di fare niente di simile, delusa lasciai Thel sotto al palco e andai a prendermi qualcosa da bere al bar infondo alla sala da ballo.

 

 http://www.beatlesource.com/savage/1950s/50s/g3.jpg


[Questo, invece, è George davanti a casa sua, più o meno nello stesso periodo. Viveva nello stesso quartiere in cui abitavamo io e Paul ed era stato mio compagno di classe alle elementari, ma prima del ’58 non ci frequentavamo molto…]

 

«Una coca cola», ordinai al barista, sospirando

«Chris?», disse qualcuno, «Christine Thorpe?»

Mi girai verso la voce e vidi un ragazzo seduto al bancone proprio accanto a me, con una vaschetta di patatine fritte con il ketchup. Sembrava proprio…

«George Harrison?!», gridai riconoscendolo come un mio compagno di scuola delle elementari.

«Già!», esclamò lui, «Che ci fai qui?!»

«il mio vicino di casa fa parte del gruppo che sta suonando», spiegai.

«Il famoso Paul?», chiese ridacchiando maliziosamente, «Stai ancora con lui?»

«Ma allora è un vizio! Non sto con lui, non ci sono mai stata!!», esclamai ridendo, « Ma cosa devo fare perché la gente non mi chieda più se sto insieme a Paul?!»

«Prova a fare un cartello!»

«Inutile: la gente mi chiederebbe prima chi è questo Paul e poi se sto con lui», risposi rassegnata, «Sei qui da solo?»

«No, sono venuto con Iris, la mia “ragazza”», spiegò facendo con le dita  il gesto delle virgolette, «voleva venire qui a ballare, ma abbiamo litigato e l’ho lasciata.»

«Ah, mi dispiace…»

«Naaaa….», fece George, «per me è meglio così!»

Annuii, ma non aggiunsi altro, temendo  di far altri danni chiedendogli della sua ex-ragazza.

«Paul è quello con i capelli neri che suona la chitarra e accompagna il cantante?», chiese George ed io annuii, «Mi pare che sia a scuola con me…Sono bravi!»

«Già!», risposi annuendo convinta, «E’ il primo  vero concerto di Paul, ma pare che se la stia cavando»

Il concerto in cui Paul aveva suonato con me e Mike non lo tenevo neanche in considerazione…

«Decisamente sì…», concordò George, «Mi piacerebbe suonare con loro invece che…»

«Tu suoni?», lo interruppi curiosa

«Sì. Ho un gruppo con mio fratello Pete», rispose tutto serio, «Ci chiamiamo “The Rebels”, ma stiamo avendo qualche problema…»

«Ah…»

Avrei voluto aggiungere altro, ma fui distratta da Paul che sbagliò completamente l’assolo di chitarra che doveva fare durante la canzone “Guitar Boogie”, procurandosi un’occhiataccia da parte di John.

Per tutta la durata di quello che doveva essere l’assolo, l’unico strumento che si sentiva era la batteria di Colin, che avrebbe dovuto fare da sottofondo, quindi tutti si resero conto dell’errore e Paul divenne rosso come un pomodoro…poverino.

«Sta tremando», constatò George, «Credo che soffra un po’ di “ansia da prestazione”…»

Gli sorrisi, grata di aver cercato di difendere Paul.

«Ora devo andare», dissi a George, «Ci vediamo in giro…tanto abiti ancora a Speke,vero?»

«Sì,anche tu?», mi chiese lui di rimando, «Non ti vedo mai… quasi pensavo che avessi cambiato casa!»

«Ma figuriamoci!», scherzai, «Sono nata a Speke e come minimo ci morirò anche!»

«Che allegria!»

«Già…», dissi ridendo, «Allora a presto!Vieni pure a trovarmi quando vuoi!»

«Sì, ciao!»

Salutato George corsi sotto al palco in cerca di Thel e appena la vidi le chiesi, indicando Paul:

«Ehi, cos’è successo?»

«Credo che sia colpa mia…», rispose lei afflitta, «Ho salutato Paul con una mano e credo di averlo distratto perché subito dopo ha sbagliato»

Io guardai Paul e vidi che, nonostante i sensi di colpa di Thel, probabilmente aveva ragione George: Paul stava davvero tremando come una foglia… in quelle condizioni mi sorprendeva il fatto che avesse sbagliato solo quella piccola parte di canzone!

Finita l’esibizione, Paul era assurdamente infuriato con se stesso e per tutto il resto della serata (che si svolse a bere e a fare gli scemi presso il monumento della regina Vittoria, che era vicino sia a casa di John, sia a quella di Thelma) rimase assente e nervoso. Lui e John non avevano litigato, ma non si parlavano neanche e tra loro c’era un’atmosfera glaciale. Thel cercò di distrarre Paul, rimanendo un po’ in disparte con lui, ma Paul la scacciò a malo modo.

«Sai che ti dico, Paul?», urlò allora Thel, infuriata per essere stata rifiutata, «Per me puoi anche andare a fanculo!»

Detto questo Thel se ne tornò a casa, salutando a monosillabi anche noi altri che avevamo assistito impotenti alla scena.

 

«Sono finito.», sentenziò Paul mentre ci incamminavamo a piedi verso casa.

«Ma no, vedrai che a Thel passerà in fretta e domani sarete gli stessi piccioncini smielati di sempre!», dissi nel tentativo di tirarlo un po’ su di morale.

«Ma che hai capito?Parlavo di John!», esclamò Paul, «Mi caccerà da gruppo!»

«Solo perché hai sbagliato un assolo?», chiesi sarcastica, e lui non mi rispose

«Fossi in te mi preoccuperei di più per Thel.», dissi dopo un po’, immaginandomi già tutte le paranoie della ragazza che avrei dovuto sopportare il giorno dopo

«Già. Sono proprio finito …», rispose Paul sempre più abbattuto, « Perderò la mia ragazza e sarò anche cacciato dal gruppo!»

«Smettila!John non ti caccerà!», esclamai esasperata, «Tu e lui siete i più bravi!»

«Questo lo pensi tu, perché sei di parte!», replicò Paul, « Sono stato l’unico a sbagliare, accidenti!!!»

Nel frattempo eravamo arrivati davanti a casa, quindi lo salutai dicendo:

«Adesso è tardi, quindi è meglio se torno a letto, ma non preoccuparti: John sarebbe uno scemo se ti cacciasse!»

Paul mi salutò per niente sollevato dalle mie parole ed entrò in casa sua.

Solo in seguito seppi che rimase sveglio tutta la notte per scrivere il testo della sua prima canzone: “I Lost My Little Girl”, da far sentire a John per farsi perdonare. John ne rimase tanto impressionato che per dimostrare di essere all’altezza fece anche lui sentire alcune canzoni che aveva creato a Paul. Fu così che nacque la ditta Lennon-McCartney.

 

Il lunedì mattina, come ogni altro giorno io, Paul e Mike ci incontrammo sotto casa per andare insieme fino alla fermata dell’autobus e Paul sembrava davvero su di giri.

«Hai fatto pace con Thelma?», gli chiesi speranzosa, ma mi bastò un’occhiata per capire che non era così.

«Io e John ieri abbiamo lavorato a delle canzoni nostre!», esclamò entusiasta, «Sono fortissime!!!»

Sospirai, cercando di non pensare a quanto sarebbe stata afflitta Thelma

«Sai chi ho incontrato l’altra sera, mentre suonavate?», gli chiesi per cambiare argomento, «George Harrison!»

«Quello di Speke che viene a scuola con me?»

«A-ha», feci annuendo.

In quel momento l’autobus si fermò e noi salimmo, andando a sederci nei nostri soliti posti infondo

«Anche lui suona, sai?», dissi rivolta a Paul, «Ha un gruppo con suo fratello maggiore, chiamato “The Rebels”!»

«E sono bravi?», chiese Paul che pareva poco interessato.

«Non so, non li ho mai sentiti…»

Mentre dicevo così l’autobus si fermò alla fermata successiva e notai che tra gli altri ragazzi salì anche George, ma lui non mi vide e andò a sedersi in un posto molto lontano da noi.

Geo era un ragazzo davvero molto simpatico e mi sarebbe piaciuto che anche lui fosse entrato a suonare nei Quarrymen…

Per tutto il viaggio fino a scuola Paul rimase assai taciturno e il motivo credo che fosse che era troppo concentrato sulle canzoni che lui e John avevano suonato il giorno prima. Infatti, l’unica cosa che mi disse prima di scendere alla fermata del Liverpool Institute, dove Paul Mike e George studiavano, fu:

«Se lo vedi, dì a John di passare da casa mia oggi che devo fargli sentire un’altra cosa…»

«Potresti passare tu da casa sua…», proposi, dato che ero troppo imbarazzata dall’idea di iniziare una conversazione con John Lennon, anche se ormai faceva parte del gruppo dei “miei amici” ed avevo una buona ragione per parlargli

«Ma il biglietto dell’autobus costa, Chris!!», rispose indignato, «Non posso mica essere sempre io quello che deve spendere per arrivare a casa sua!»

«Che tirchio!», lo schernii e lui mi fece un sorrisetto falso in risposta.

 

A scuola, tra Thel che non faceva che piangere e lamentarsi per la fine (o presunta fine) della sua storia con Paul e la mia odiosa timidezza, alla fine non riuscii a parlare con John, figuriamoci a chiedergli di andare a casa di Paul nel pomeriggio! Quindi nel viaggio di ritorno verso Speke ero abbastanza abbattuta. Non sapevo, infatti, come avrei potuto dire a Paul che non ero riuscita a parlare con John.

Mentre ideavo scuse su scuse, vidi salire sull’autobus George che, vedendomi seduta nei soliti posti infondo all’autobus, mi raggiunse per sedersi accanto a me.

Gli orari di lezione al College of Arts erano più lunghi che al Liverpool Institute, quindi durante il viaggio di ritorno verso Speke ero sempre da sola, ma quel giorno George si era trattenuto un po’ di più per chiarirsi con la sua ragazza Iris, con la quale, scoprii, che aveva fatto pace.

«Anche suo fratello suona, sai?», mi disse, «Si chiamano “The Rory Storm & The Huracanes”, ma Iris non vuole che io suoni con suo fratello…»

«E perché?», chiesi curiosa e George alzò le spalle come a dire che non ne aveva idea.

«Però ho bisogno di trovare in fretta un altro gruppo perché con i “Rebels” non funziona proprio», disse, poi guardandomi attentamente mi chiese, «Pensi che Paul mi farebbe entrare nei Quarrymen?»

«Chi lo sa...il leader non è lui», dissi ancora pensando al fatto che non ero riuscita a parlare con John, «però scommetto che, tirchio come si ritrova, se tu gli pagassi il biglietto fino a Mendips, cercherebbe di convincere John a farti suonare con loro!»

«Dov’è “Mendips”?», chiese confuso, alzando un sopracciglio

«A Menlove Ave.», risposi sospirando, «E’ il modo in cui chiamiamo casa di John, il leader dei Quarrymen»

«Ah…», fece George, «E credi che funzionerà? pagargli il biglietto, intendo…»

«Non lo so», risposi, divertita dal fatto che mi avesse presa sul serio, «Se sei bravo a suonare sì!»

«Io sono bravo!», esclamò, come se volesse sfidarmi a dire il contrario.

«Facciamo così, appena puoi vieni a casa mia con la chitarra oggi», gli dissi, «Così gli fai sentire di cosa sei capace!»

«Ok!», esclamò entusiasta, «Allora passo da casa a posare la roba di scuola poi vengo subito da te!»

«Sì…», dissi sospirando, «Ma non ti assicuro niente, eh!»

 

A casa, come mi ero immaginata, Paul mi “tenne il muso” per non aver detto a John di venire da noi. Provai a suggerirgli di chiamarlo per telefono, ma nessuno di noi sapeva il numero di Mendips, quindi l’unica soluzione era che Paul andasse da John ed io ero intenzionata ad andare con lui trascinandomi dietro anche George, una volta che fosse arrivato.

«Perché hai invitato anche quel tipo?», chiese Paul, ancora imbronciato, «Quel George?»

«Perché è un mio amico!», risposi seccata, «Non posso invitare i miei amici?»

«La zia di John non vuole troppa gente in casa…»

«Già, perché un ragazzo in più o uno in meno fa la differenza, vero?», dissi sarcastica, «Come minimo ci saranno anche Sutcliffe e Shotton»

«E Len…», aggiunse Paul, «A lui piaci,sai?»

Aveva fatto la scoperta del secolo! Sarei dovuta essere cieca, sorda e scema per non accorgermene, ma anche se Len poteva essere definito “carino” ( “i gusti sono gusti….disse quello che mangiava i sassi” n.d.Andry) io ancora non avevo occhi che per John.

Lennon era l’unico ragazzo che mi rendeva agitata, nervosa e mi faceva battere forte il cuore.

«Appunto!», esclamai, «Quindi può venire anche Geo!»

«Geo…», commentò Paul, «Siete già così intimi, tra voi?»

Cosa?!? Dovetti trattenermi dallo scoppiare a ridere!

«Paul…», dissi sempre sforzandomi di rimanere seria, «Non sarai mica geloso…!»

Paul arrossì violentemente ed io scoppiai a ridere.

«Non sono geloso!», protestò, «Figuriamoci!geloso io…!»

Se con noi ci fosse stato Mike lo avrebbe portato in giro  fino alla morte; Paul fu molto fortunato che il fratellino in quel momento fosse ospite a casa di un suo amico, ma io non ero da meno…

«Anche io sono gelosa!», esclamai, sorridendo come si fa con i bimbi piccoli o con  dei cuccioli particolarmente soffici e coccolosi, «Il mio Paolino trottolino patatino!»

Paul mi lanciò uno sguardo satanico, tale che mi avrebbe sicuramente incenerito se in quel momento il campanello non fosse suonato ed io non fossi stata distratta dall’arrivo di George.

«Lui è George?», chiese Paul ancora nervoso, «Allora possiamo andare?»

«Quanto sei antipatico quando fai così, Paul!», lo rimproverai

«E allora tu quando mi chiami Paolino e altre cose che preferisco non ripetere?!?», chiese con faccia disgustata

«Io sono carina quando lo dico!», replicai con un gran sorrisone innocente.

A quel punto mi resi conto che George ci stava fissando con un espressione che sembrava chiedere “Ma dove sono capitato?!”, quindi dissi:

«Scusaci, Geo…Paul ha la coda di paglia!»

Anche Paul a quel punto si concentrò su George e notò la chitarra che portava in mano.

«Ehi, suoni la chitarra?»

«Sì!», rispose subito George, felice che gli fosse stata fatta una domanda del genere.

«Chris mi ha detto che hai un gruppo…?»

«Lo avevo…», rispose lui, «Ma ci siamo sciolti»

«Ah, mi dispiace!», esclamò Paul.

«Tranquillo», disse George, «Prima o poi troverò un altro gruppo…»

«Allora andiamo da John?», chiesi io

«Tu vuoi venire a casa di John?!!», esclamò Paul fingendosi sorpreso, «Mi sorprendi, Chris, dato che ti vergogni anche solo a parlarci!»

«Paul, falla finita.», dissi atona, mentre tutti e tre ci incamminavamo verso la fermata dell’autobus.

Ovviamente presentarsi da John insieme ad altri avrebbe fatto un altro effetto che andare a parlarci da sola!(…e ceeerto!-.-‘’ n.d.Andry)

 

Nessuno di noi aveva il biglietto per Menlove Ave., quindi avremmo dovuto comprarlo appena saliti sull’autobus, pagando la sovrattassa, ma George pagò i biglietti anche  a me e a Paul, il quale rimase sorpreso. Era evidente dalla sua espressione che quel George cominciava già a stargli simpatico…

Durante tutto il breve viaggio io e Paul non facemmo altro che stuzzicarci e battibeccare per ogni cosa, mentre George ci guardava e sospirava, finchè non arrivammo a casa di John.

John era in camera sua in compagnia di Stu, Pete e Len, proprio come avevamo predetto io e Paul,  e in più c’erano anche Thel ed Helen Anderson, che frequentava come noi il College of Arts ed era molto amica di John.

John e Paul subito si isolarono per parlare di canzoni e testi, quindi ignorarono completamente il povero George che avrebbe voluto entrare nei Quarrymen.

In ogni caso, come immaginavo, pagare il nostro biglietto dell’autobus era servito a George per entrare nelle grazie di Paul. Nei giorni seguenti, infatti, George venne spesso a trovare me o Paul e diverse volte si ritrovarono a suonare insieme la chitarra, con me e Mike come unici spettatori, fino a quando Paul non si decise a far presente a John il talento di George.

John inizialmente non voleva un altro chitarrista nei Quarrymen e trattava George come se fosse stato un bimbetto scemo, ma presto dovette ammettere che, eccetto lui e Paul, nessun’altro nei Quarrymen era bravo come “quel ragazzino”, quindi pur con qualche titubanza si risolse ad accettare George nei Quarrymen e il gruppo poté fare un altro passo verso quelli che oggi sono i Beatles.


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 [George, John e Paul alla festa per il matrimonio di Jin, la zia di Paul. I Quarrymen furono chiamati come orchestra. Non ricordo se fui io o se fu Mike a scattare questa foto. Quello alla sinistra di Paul è Dennis, un cugino (?) di Paul e Mike]

 

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Another Little Piece of My Heart

Il “Paolino trottolino patatino” è copiato spudoratamente da Zazar e il coniglio di Paul(che ormai è diventato una celebrità xD) …spero che non se la prenda…mi piaceva troppo :D

Ma come sarà carino Paul nell’ultima foto…qui mi piace quasi più di John (strano….)…anche perchè lì John sembra un po’ ubriaco xD( no,Johnny,non ti ingelosire…sei ancora il mio preferito,tranquillo! <3)

Via, passiamo alle recensioni, sennò io arrivo fino a domattina a parlare di John xD

 

Marty: mmmm … Len non puo’ essere perché avrà una certa parte nella storia, quindi ho cercato una sua fotografia e ho visto che non ci somiglia … forse però potrebbe essere Pete Shotton *espressione pensierosa*…comunque sì,anche io non vedo l’ora che esca quel film *____*

Grazie della recensione =)

Zazy: Ho detto a John e a Len di farti avere quella canna u.u (xD) sono felice che ti sia piaciuta la parte del ballo *_*

Grazie della Recensione =)

Thief: ahahah…la cosa divertente è che anche a me da noia l’odore del fumo! non so proprio come siano riusciti a convincermi xD  ahahahah…che bella la visione di Paul-grillo parlante con il ciuffo xD(non ci avevo pensato, altrimenti ce lo avrei messo un paragone simile!)

Grazie della recensione =)

Clafi: ahahah…anche a me le persone(soprattutto quelle appena conosciute) mi ribattezzano sempre…un classico è “Valeria” invece che “Valentina”, dato che tutti mi chiamano quasi esclusivamente “Vale”…però c’è anche chi è stato più fantasioso e mi ha chiamata “Elisabetta”,“Margherita”,”Veronica”, “Vanessa” etc etc…xD

Grazie della recensione =)

Night: Eh..per il bacio ho paura che tu debba aspettare ancora un paio di capitoli…ma arriverà prima o poi,tranquilla u.u (xD) sono felice che ti sia piaciuto il cap :)

Grazie della recensione,collega(:D) =)

 

Grazie anche a chi ha solo letto!!!

Un bacione a tutte!

Andry.

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Capitolo 8
*** I Don't Want to Spoil The Party ***


I Dont Want To Spoil The Party


http://www.beatlesource.com/savage/1950s/57.11.23%20new%20clubmoor%20hall/3.jpg

[Ingrandimento di Len. Mio Dio, non ricordavo neanche di averla questa foto…(come avrò fatto a mettermi con lui?!?)]

 

«Cosa hai fatto?!?», mi chiese per l’ennesima volta Mike ed io sbuffai.

«Ma sarà la trecentesima volta che te lo ripeto!!!», dissi sull’orlo di una crisi isterica, «Mi sono messa con Len. Contento?»

Ci trovavamo nella cucina di casa McCartney, la luce del sole filtrava dalle finestre illuminando il tavolo rotondo di legno e in casa c’era più silenzio del solito perché il Mac più grande era a Mendips, a suonare con i Quarrymen, insieme al mio nuovo ragazzo,che sfortunatamente non era John (non ancora, almeno)…

“Len, il mio ragazzo”… era ancora strano da pensare.

«Ma a te quel tipo non piaceva!», esclamò Mike e con sollievo constatai  che aveva superato la fase della costernazione per passare a quella dell’interrogatorio.

Infondo, dopo quasi tre quarti d’ora in cui non aveva fatto che ripetere la stessa domanda, stavo iniziando a preoccuparmi!

«Invece sì…!»

«Ma non ti piaceva John?»

«Sì…», risposi,«Ma poi ho capito che con lui non avevo speranze, quindi…»

Mike non pareva troppo convinto, ma non avevo il coraggio di rivelargli le reali motivazioni che mi avevano spinta a mettermi con Len.

«Perché non me lo hai detto, allora?»

«Non devo mica dirti tutto quello che mi succede!», esclamai, «E comunque non ce n’è mai stata occasione!»

«Di occasioni ce ne sono state quante ne volevi…», replicò Mike imbronciandosi, «Avresti potuto accennarmi qualcosa durante il tragitto in autobus fino a scuola, o mentre ci annoiavamo a sentire mio fratello che ripeteva all’infinito i soliti tre accordi, o mentre facevamo merenda….quando ci hai portato i biscotti di tua madre ieri l’altro avresti potuto dire “volete un biscotto?ah, comunque mi sono innamorata di Len Garry”!!»

Lo ascoltai sogghignando e alzando di tanto in tanto gli occhi al cielo, ma non replicai nulla.

«No, dico sul serio,Chris», continuò,«Avresti potuto dirmelo!»

«Beh, ora te l’ho detto, no?»

Mike si imbronciò, ma non rispose.

Se durante la sua sceneggiata non mi innervosii né iniziai ad urlare contro Mike fu perché fino ad allora tutti parevano aver preso la notizia fin troppo bene: Paul aveva liquidato me e Len con un’alzata di spalle e il commento «Meglio di John…!»; Thelma mi aveva abbracciata dicendo che era felice per me (credo che fosse l’unica a sapere quali fossero le mie reali intenzioni, ma ebbe l’accortezza di tenerselo per sé); gli amici che avevamo in comune io e Len se ne fecero una ragione e Len era felicissimo di esibirmi come trofeo (il che era proprio assurdo, dato che non sono mai stata né abbastanza carina né abbastanza stupida da recitare nel ruolo di donna-trofeo.)

Dal canto mio, quello con Len era stato il mio primo vero bacio e mi aveva fatto abbastanza schifo: non avevo sentito nessuna emozione particolare mentre la mia lingua veniva in contatto con quella di lui; sentivo “sgusciare” quella cosa viscida nella mia bocca ed mi limitavo a starmene lì abbracciata a lui, a muovere la mia lingua intorno alla “cosa viscida”, chiedendomi quanto a lungo sarebbe ancora dovuto durare quel bacio per apparire veritiero e quando avrei potuto staccarmi da lui senza far venire a nessuno il sospetto che in realtà quel bacio mi avesse fatto più schifo che altro…

Inoltre, come se non bastasse, John non era apparso per niente ingelosito dalla nuova relazione tra me e Len, anzi aveva detto all’amico una cosa come:

«Fico, ci siamo fidanzati lo stesso giorno!»

L’unica cosa che mi consolava era che di tempo da trascorrere insieme ne avremmo avuto veramente poco con tutte le ore che trascorreva esercitandosi al tea-chess bass…e di questo non potevo che esserne felice.

 

«E il teddy capo Lennon non ti piace proprio più?», chiese Mike riportandomi alla realtà dalle mie considerazioni su “la vita, l’universo e tutto quanto”

«Ti dico di no!», mentii, cercando di apparire più convinta che mai

«Non è che hai capito che tutte le altre tecniche di conquista non ti stavano dando buoni frutti, quindi hai deciso di provare il “metodo alla Thelma”?!»

….

…Però, astuto il ragazzino!

«Ma che cosa dici?!», chiesi facendo schioccare la lingua e fingendomi scocciata.

Mike alzò le spalle con aria di sufficienza.

«Era solo un’ipotesi!», si giustificò, «Ma comunque saranno affari tuoi…»

Ecco, appunto!

 

La conversazione quel giorno finì lì, ma più passavano il tempo e più io mi sentivo in colpa nei confronti del povero Len, che stavo sfruttando consapevole che lo avrei solo fatto soffrire…

Mi sentivo morire un po’ ogni volta che mi diceva che con me era proprio felice o che per lui ero la persona più speciale al mondo, perché sapevo che più si affezionava a me e peggio sarebbe stato quando lo avrei lasciato – perché lo avrei lasciato prima o poi, dato che la sola idea di un futuro con lui mi dava i brividi… - tuttavia non potevo ancora parlargli chiaramente, perché adesso che Paul si era trovato la ragazza, non potevo accollarmi sempre a lui per riuscire a vedere John.

Mi faceva soffrire vedere il ragazzo che amavo con un’altra, ma era sempre meglio di niente…!

Per un certo periodo di tempo riuscii anche a convincermi che mi ero dimenticata di lui… pensavo che se John proprio amava Cynthia io, per amore verso lui, avrei anche potuto lasciarli fare, senza intromettermi; pensai che infondo è vero il famoso detto che “l’acquario è pieno di pesci” e che sarei riuscita a sopravvivere anche senza John.

Forte di questa convinzione, quindi, accettai un’uscita a quattro con Len, John e Cyn: errore madornale. Assolutamente da non ripetere!

Credevo di essere in grado di controllarmi e di riuscire a gestire la situazione, ma mi sbagliavo.

Non sono mai stata abbastanza buona da fare una cosa così.

 

La serata andò storta fin dall’inizio: Len, con la macchina di suo fratello, passò da casa mia e dopo aver amoreggiato un po’ – schifooo! – ci dirigemmo a Mendips.

John e Cynthia non erano ancora usciti, quindi rimanemmo un po’ da soli in macchina e Len se ne uscì con la frase:

«Domani sono due mesi che stiamo insieme…»

Erano già due mesi che stavamo insieme?

Da così tanto tempo portavo in giro il povero Lenny?

Mi sentivo un mostro…uno di quei mostri che torturano psicologicamente le disgraziate vittime dei loro malvagi quanto assurdi piani.

Avrei tanto voluto litigare con me stessa, urlarmi contro i peggiori insulti e non parlarmi mai più ma non potevo, ovviamente.

Avrei voluto che qualcuno capisse che persona schifosa ero diventata, che mi insultasse e mi picchiasse: sarebbe stata una giusta punizione e quasi una liberazione.

Eppure tutti continuavano ad essere gentili con me: mi torturava l’idealizzazione che Paul faceva di me; mi torturava il fatto che Thelma continuasse a stare dalla mia parte, pur sapendo bene quello che stavo facendo e mi torturava anche John che si comportava con me più amichevolmente che mai.

Mi sentivo sporca…

«Lo sai che questi sono  stati i due mesi più belli della mia vita?»

E questo cos’era? il colpo di grazia?

La punizione psicologica e trasversale di un dio vendicativo?

Ogni parola dolce pronunciata nei miei confronti dalle labbra di Len aveva l’aspetto di un insulto irriferibile e la consistenza di mille pugnali conficcati nel petto.

«Colin dice che sono stato molto fortunato a trovare te…»

“Smettila, Len. Smettila di torturarmi!”, gridava silenziosa la mia anima

«Ti amo»

E questo fu proprio il colpo di grazia, la fine.

La mia anima stava cadendo a pezzi, frantumata.

Dove era finita la parte più buona e giusta di me? Che fine aveva fatto la mia coscienza?

Dovrei lasciarlo

Questa considerazione si fece strada nella mia testa fino ad arrivare ad assumere le caratteristiche di un urlo atroce e inumano.

Dovrei lasciarlo, ma non ne sono capace

Len disse che forse era meglio se andavamo a chiamare John e Cyn, quindi mi baciò dolcemente, poi scese dall’auto per venirmi ad aprire lo sportello, come un vero e proprio cavaliere.

Era sempre così dolce e premuroso con me…

Sentivo che mi sarei anche potuta innamorare di un ragazzo come Len se il mio cuore non si fosse ostinato a rimanere aggrappato a John; probabilmente se mi fossi abbandonata completamente a Len dimenticandomi di chiunque altro per me sarebbe stato un bene, ma un filosofo una volta disse “Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non comprende”, ed io credo che avesse ragione.

Chissà se quel filosofo nel momento in cui lo disse stava vivendo una dolorosa storia d’amore non corrisposto, simile alla mia…

Non lo amavo e non meritavo un ragazzo dolce come Len.

Mi guardavo riflessa nei suoi occhi limpidi, ancora più chiari dei miei, e vedevo un mostro.

Sapevo quale sarebbe stata la cosa giusta da fare, ma non sapevo se avrei avuto il coraggio sufficiente.

Tanto John non ti ama, Chris”, mi dissi e questo mi permise di raccogliere la forza e il coraggio per convincermi a fare ciò che doveva essere fatto: sarei rimasta con Len per tutta la vita.

Avrei strappato via il mio cuore dagli artigli di John e avrei così potuto ricominciare a specchiarmi senza provare disgusto per me stessa.

 

Len andò a bussare alla porta di Mendips e ci aprì John, bello come il sole. Fu a quel punto che capii quanto potesse essere difficile mantenere il mio proposito di dimenticare lui.

Chiusi gli occhi, feci un respiro profondo, mi feci forza e sorrisi: un sorriso stentato e sofferente, ma comunque un sorriso.

«Ciao John»

«Ehi!!», ci salutò lui e mi abbracciò.

Almeno John sembrava esuberante quella sera, beato lui!

I ragazzi portarono me e Cyn a cena in un modesto locale di Liverpool, dove suonavano sempre dei gruppi locali.

Si scoprì che del gruppo che suonava quella sera facevano parte anche degli amici di Len e John, quindi ben presto i nostri due ragazzi ci lasciarono da sole al tavolo, abbastanza infuriate per il loro comportamento: non so Cynthia, ma a me irritava il fatto che non potessi stare tranquilla con Len per cinque secondi prima che arrivasse qualcuno a portarmelo via. Per di più senza Len e John sarei stata costretta a rimanere sola con la Powell e l’idea mi distruggeva psicologicamente!

«Allora…», iniziò a dire Cyn evidentemente imbarazzata, «Da quanto tempo ti piace Len?»

«Oh, fin dalla prima volta che l’ho visto», mentii sfacciatamente, «Ero con Mike, il fratello di Paul e il gruppo di Len e John si è seduto vicino a noi. Appena ho visto gli occhi dolci di Len, mi sono innamorata!»

«Io invece all’inizio John non lo sopportavo!», mi confidò lei, come se fosse stata una cosa buffa…e probabilmente per lei buffo lo era ma per me assolutamente no!

Era la prima volta che parlavo seriamente con Cynthia Powell (le mie precedenti considerazioni su di lei derivavano principalmente dall’invidia che provavo per lei) e già avrei voluto strozzarla.

Decisamente non meritava un ragazzo come John!

«Vedevo John come un tipo strano e pericoloso e non mi piacevano i suoi modi di fare …», continuò, «Ma una volta avuto modo di conoscerlo un po’ meglio, mi sono resa conto che è un ragazzo dolcissimo… e molto, molto fragile.»

Questa sua considerazione mi fece riflettere: non ci avevo mai pensato seriamente, ma era vero che John aveva in se una certa fragilità che affiorava solo sporadicamente da quello scudo fatto di orgoglio e spavalderia che si era costruito intorno all’anima. Pensai che se l’essenza stessa di John Lennon potesse essere rappresentata in pittura, probabilmente la sua immagine sarebbe stata dominata da colori caldi accesi, forti e allegri, ma sarebbe stata macchiata da una nota più fredda e cupa, una nota di colore che negava tutte le altre.

Attonita non riuscii a rispondere niente, ma in quel preciso momento, mentre la guardavo così attentamente con la bocca semiaperta, realizzai che lei era la persona giusta per John, perché lo capiva meglio di chiunque altro. Mi costava caro ammetterlo, ma se proprio io dovevo rinunciare a John per rispetto nei confronti di Len, allora avrei voluto sapere che al fianco del mio unico amore c’era Cyn … e nessun’altra.

Osservai John e Cynthia per tutta la sera e confrontai il loro rapporto con quello tra me e Len: loro due erano davvero felici insieme, perché si amavano (o almeno credevano di amarsi), mentre negli occhi di Len non c’era mai quel barlume di felicità che animava quelli di John.

Di certo non era giusto quello che avevo fatto, andare con Len per conquistare John.

Di certo Len ne avrebbe sofferto quando lo avrebbe scoperto. Ed io sarei stata male.

Non potevo solo tapparmi gli occhi e giocare alla ragazza innamorata, se non era vero…l’amore non è un sentimento che si può emulare e anche se probabilmente razionalmente non ne sapeva niente, a giudicare dall’ombra nei suoi occhi, l’inconscio di Len aveva già capito che la nostra non era una storia destinata a durare.

E allora sarebbe stato giusto illuderlo ancora? fargli credere che lo amavo, sapendo di non potergli donare niente più dell’affetto di un’amica?

Avrei dovuto lasciarlo e farlo soffrire (perché certo ne avrebbe sofferto, ne ero certa) oppure fargli vivere una vita infelice al mio fianco?

La coscienza mi suggeriva che lui si meritava qualcosa di meglio di una ragazza che fingeva soltanto di amarlo, prendendosi gioco di lui.

Usciti dal locale, John propose di raggiungere il resto del nostro gruppo di amici che quella sera si erano ritrovati tutti a casa di Stu e nessuno ebbe obbiezioni, quindi alle undici e mezzo circa arrivammo a casa dell’amico e compagno di classe di John, dove subito cercai con lo sguardo Paul, dato che sentivo il bisogno di parlare con lui e raccontargli tutta la storia senza più segreti… infondo in quel momento, se c’era qualcuno che era in grado di aiutarmi questo era Paul. Tuttavia, scoprii che per l’ennesima volta lui e Thel avevano litigato e quindi nessuno dei miei due migliori amici era nelle condizioni di darmi dei consigli…

Mi sentivo a pezzi e dovevo avere anche un’espressione strana perché a un certo punto Len, senza darmi spiegazioni, mi abbracciò e mi disse:

«C’è qualcosa che non va, Chris?», pronunciò il mio nome con un accento talmente dolce da farmi spezzare il cuore.

«Sono un po’ giù di morale…», dissi. Non ero neppure nelle condizioni adatte a mentire e apparire verosimile, quindi avevo optato per una mezza verità.

«E’ successo qualcosa?», chiese preoccupato ed io non riuscii a rispondere, «Sai che se hai qualche problema io sono sempre qui, vero?»

«S-si», dissi facendo appello a tutta la mia forza di volontà, «Ma non è niente…adesso vai pure a divertirti con i tuoi amici!»

«Sicura?», annuii convinta.

Di certo nel mio stato d’animo la presenza di Len al mio fianco non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose!

Entrai in casa di Stu poco dopo Len e notai che dentro tutti parevano più o meno ubriachi: un gruppetto di amici se ne stava in un angolo a giocare al gioco della bottiglia con una bottiglia vuota di Vodka, mentre qualcun altro era accasciato su un divanetto. Mi avvicinai a un tavolo e bevvi quel poco di alcolico che era rimasto e anche quando iniziò a girarmi la testa non mi fermai: volevo fuggire da quella realtà opprimente, dalla relazione con Len che non avrei mai dovuto iniziare e, soprattutto, da John.

Fu a quel punto che vidi John e Cyn scambiarsi un bacio appassionato. Non era la prima volta che li vedevo baciarsi, ma un po’ a causa dell’alcol, un po’ a causa del mio recente stato mentale, quella visione mi colpì come un pugno allo stomaco e sentii il bisogno irrefrenabile di fuggire via da quel posto.

Solo quando fui fuori dalla casa di Stu e il mio viso venne a contatto con l’aria fresca della sera, mi accorsi che avevo gli occhi bagni e che le lacrime scorrevano come torrenti in piena senza volersi più fermare.

«Chris!», esclamò Paul vedendomi. Era seduto fuori dalla casa di Stu, stava fumando una sigaretta e ai suoi piedi c’erano diversi altri mozziconi, ma appena mi vide così sconvolta si alzò in piedi ed io corsi a cercare rifugio tra le sue braccia.

Piansi per un po’ in silenzio, con il volto affondato nel suo petto, senza trovare il coraggio di parlare dei miei problemi d’amore a lui che si era appena lasciato per la milionesima volta da Thel…eppure non trovavo neppure la forza di staccarmi da lui.

«Ti prego, Paul, portami a casa!», lo supplicai alla fine

«Va bene…», rispose lui confuso, «Ma non vuoi che vada a chiamarti almeno Len? … … o Thelma?»

Scossi la testa ancora tenendomi aggrappata alla sua maglia, che ormai avevo completamente bagnato di lacrime

«Non voglio vedere nessuno.», mormorai assaporando il suo profumo che aveva un effetto calmante su di me, «… solo te.»

 

una volta arrivati davanti a casa mia, ci sedemmo sotto la finestra della mia camera e Paul mi coprì le spalle con la sua giacca, dato che io avevo iniziato a tremare.

«Vuoi dirmi che cos’è successo?», mi chiese ed io sospirai sgomenta.

«Non so da dove iniziare …», mi lamentai.

«Potresti provare a partire dall’inizio…», suggerì Paul, poi cercando di sdrammatizzare continuò dicendo «…so che è un’idea strana e alternativa, ma potrebbe funzionare! »

Altro sospiro.

«Non ti ha fatto strano che io mi sia messa con Len?», dissi con un filo di voce.

A Paul ci volle un po’ di tempo prima di rispondere «Un po’ sì…»

Terzo sospiro.

« “Tutte le ragazze di Len passano a John, prima o poi…”», dissi citando thel e Paul non parve sorpreso.

«Sinceramente me l’ero immaginato…»

Non me l’aspettavo, quindi rimasi per un po’ a guardare il suo viso scarsamente illuminato da un lampione lontano.

«Il problema…», dissi dopo un po’, «Il problema è che adesso io mi sento in colpa: io non amo Len …e John non ama me. Non so che fare… »

«Per me non ne vale la pena di soffrire così per uno come John Lennon. Dovresti lasciarlo perdere!», disse cercando di mitigare quello che aveva appena detto con un tono di voce dolcissimo, «E poi, dovresti proprio lasciare Len se non ti piace…»,

«Si questo lo so…», dissi pensando al “mio ragazzo”, «Ma mi sento un mostro…non so se riuscirò mai a perdonarmi!»

«Ma che! non sei un mostro!», esclamò Paul, «Comunque ricorda che un tizio ha detto “Ciò che è fatto per amore va sempre al di là del bene e del male”»

«Doveva essere uno scemo…», commentai, asciugandomi le lacrime.

«No, no!», disse allora Paul, «…è uno di quelli con il nome in tedesco, quindi deve essere qualcuno di importante!Il nome è tipo “Nize”, o “Nite”, o “Nitce”…»

«Nietzsche?!?», chiesi ridendo.

«Ah-a!Ti ho fatto ridere!», esultò Paul ed io mi resi conto che finalmente  non avevo più voglia di piangermi addosso.

«Scemo!», dissi ridendo della sua espressione

«Cretina!»

«Idiota!»

«Deficiente!»

Non mi venivano altri insulti, quindi iniziai a imitare tutti i suoi comportamenti, poi quando mi stufai sbottai:

«Ti voglio bene, Paul!»

«Anche io…»

Non c’era nessun’altro al mondo che avesse su di me lo stesso effetto benefico che aveva Paul. Solo accanto a lui mi sentivo veramente al sicuro e protetta.

Di certo, io amavo solo John, ma l’affetto che provavo nei confronti di Paul aveva la stessa intensità. Anche se mi causava dolore, infatti, potevo accettare che John rifiutasse il mio amore, ma non potevo concepire una lontananza da Paul, la mia ancora di salvezza; in quel periodo della mia vita pensavo davvero di poter sopravvivere anche senza l’amore di John, ma che non avrei mai potuto farcela senza Paul.

 

…In un certo senso anche adesso è così, ogni volta che penso che non posso più fare riferimento a quello che era il mio migliore amico mi sento perduta, ma non muoio certo perché non mi parla.

Forse esageravo nel pensare al legame che ci univa…o forse sono solo cambiata.

Siamo cambiati entrambi…

 

 

Lullaby: grazie mille della recensione!sono davvero felice che il capitolo ti sia piaciuto!

Mery Jackson: Ciao!evvai un’altra lettrice..sono molto felice :)!non mi hai affatto annoiata,mi piace leggere le recensioni :D…eh sì…penso anche io invidio tantissimo Cyn! Beata lei *____*…anche se poi John non si è comportato sempre benissimo con lei, darei tutto per essermi trovata nei suoi panni xD

Marty:ahah…allora ciao Thel sotto mentite spoglie (comunque non so se ti conviene molto essere lei sotto mentite spoglie…io preferirei essere Dot,o Jane, o meglio di tutte Linda!xD)…secondo me chi sposerà James lo farà per conoscere Paul(il che dal punto di vista di James è tristissimo, ma dai lui è troppo…bleah >_<)

Thief: beata te che non te ne eri accorta,perché a me sono saltati subito all’occhio e mi hanno fatto parecchia impressione xD…mi sorprende che Paul non gli abbia detto niente (mi sono immaginata la scena di loro due  che devono uscire di casa insieme e Paul,dopo essere stato 3 ore a sistemarsi in bagno, esce e vede James così e gli fa una scenata dicendo “io con uno così con i peli che escono fuori dalla maglia non ci esco!!”xD)…anche secondo me il povero e maltrattato Mike non è affatto male u.u…. i metodi del genere "fallo ingelosire per conquistarlo" non sono mai piaciuti per niente neppure a me….anche perché tanto non funzionano mai: se a uno non gli piaci è più probabile che si senta sollevato vedendoti uscire con un altro… E se invece gli piaci allora non occorre sfruttare un altro povero malcapitato per conquistare chi ti piace (infatti a me dispiace tantissimo per Len…)

Clafi: ahah…no, non ti guardo male!(ognuno ha i suoi gusti u.u)..e concordo sul fatto che James è da censurare (poverino, già che è brutto, ma si peggiora anche!)…sì,i consigli di Thel non sono un granchè xD…ma ho come l’impressione che non ti sia molto simpatica,eh? xD…anche a me comunque i metodi così non mi piacciono molto (povero Len u.u), mah…staremo a vedere cosa succede…

Zazy: xD…vedo che hai avuto la mia stessa reazione alla vista della foto xD…il tuo commento su Chris che ha baciato Len e John che ha baciato Cyn mi ha fatta morire!xD

Night: sì, a me non piacciono cose del tipo “faccio così per fare ingelosire quello”, però immagino che spinta dalla disperazione del momento sia molto probabile che una persona si comporti così…grazie della recensione e dei complimenti a presto, coinquilina!:)

 

Grazie anche a chi ha solo letto

 

Baci,

Andry.

 

Ps.

Dimenticavo di dire che ho scoperto chi è il tizio nella foto insieme a John davanti allo Ye Crack Pub(cap 5):  un certo “Tony Carricker” che andava a scuola con John e Cyn : lo dice Cyn nel suo libro, la foto è un’altra,ma lui ci somiglia parecchio a quello dell’altra foto,quindi suppongo che sia proprio lui u.u…….allla fine l’ho scoperto!EVVAI!!!! (ho anche cambiato la didascalia del cap.5 per quella foto, infatti =D)

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Capitolo 9
*** Julia ***


Julia

 

Alla fine, nonostante i buoni consigli di Paul e nonostante fossi consapevole che la cosa migliore da fare sarebbe stata dargli ascolto, non trovai mai il coraggio e la forza di lasciare Len, ma le cose tra noi andavano tutt’altro che bene:  litigavamo spesso e lui (che poi tanto scemo non era) aveva iniziato a sospettare che io non lo amassi davvero.

Anche la situazione tra Thel e Paul, comunque, non era delle migliori: dalla sera della festa a casa di Stu quei due non avevano fatto pace e continuavano a non parlarsi, poi la situazione precipitò vertiginosamente quando Paul conobbe una certa Dorothy Rhone che si mise con lui, facendogli dimenticare la povera Thel. Era evidente che lei stava ancora male per Paul: si rifiutava di ammetterlo e diceva “non invidiare affatto la povera Dot”, ma ovviamente la verità era un’altra….e quella che ci rimetteva per tutta questa situazione, trovandosi tra due fuochi incrociati, ero io che dovevo sorbirmi tutte le accuse che l’uno rivolgeva all’altra e tutte le lamentele.

Mike, nel frattempo, era venuto a sapere da Paul che non riesce mai a tenere la bocca chiusa che io ero ancora innamorata di John anche se stavo con Len, ed era furioso con me.

Non potevo biasimarlo, perché la metà delle cose che diceva le pensavo anche io, ma avevo deciso di non preoccuparmi più così tanto per quello che stavo facendo, quindi iniziai a evitare il McCartney minore.

I Quarrymen, nel frattempo si trovavano in crisi: Rod aveva lasciato il gruppo poco dopo l’ingresso di George e anche Len e Eric pensavano di imitarlo, poiché dovevano lavorare e non avevano molto tempo da perdere con la musica e poi soprattutto Len non era un granchè, quindi i superstiti del gruppo, sulla spinta di John, decisero di infondere nei Quarrymen una nuova energia, partecipando a “Search for a Star” di Carroll Levis, una competizione musicale che si sarebbe tenuta sul finire dell’estate, ma nessuno sembrava entusiasta dell’idea…

In ogni caso mancavano ancora più di 3 mesi, quindi avevano tutto il tempo di prepararsi per bene.

 

In quel periodo il mio rapporto con John migliorò moltissimo ed in breve tempo diventammo ottimi amici. Senza dubbio John era ancora innamoratissimo di Cyn, ma scoprii che la cosa non mi infastidiva più di tanto finché avessi potuto passare del tempo con lui.

Io e John scoprimmo di avere moltissime cose in comune, come lo stesso senso del’umorismo e la passione per la musica (anche se, per quanto mi riguardava, era meglio se – testuali parole di John – lasciavo “suonare altri”), quindi iniziammo a parlare moltissimo … di qualsiasi cosa.

Scoprii che lui era vissuto per quasi tutta la vita da sua zia e non con la madre, anche se spesso andava a trovarla e si fermava a dormire da lei.

Si capiva da come John parlava di Julia che le voleva molto bene, ma era un affetto particolare, molto diverso da quello che comunemente i figli hanno nei confronti dei genitori. Io, ad esempio, volevo – e voglio ancora -  tantissimo bene sia a mia madre che a mio padre, ma loro mi sono sempre stati vicini ed io ho sempre saputo perfettamente che ogni volta che avrei avuto bisogno di loro ci sarebbero stati, mentre questo non era altrettanto scontato per John: ogni volta che parlava di Julia, ogni volta che descriveva i suoi modi di fare o mi raccontava un episodio che avevano vissuto insieme, gli occhi di John si illuminavano di una luce particolare che sembrava nascondere, dietro la gioia, anche la paura irrazionale che lei potesse scomparire di nuovo da un momento all’altro…

John mi raccontò anche dell’incontro disastroso che c’era stato tra sua zia Mimi e la madre di Cynthia e allora mi fu davvero evidente quanto lui potesse essere fragile: disse che all’inizio tutto era andato bene, Mimi e la signora Powell (di cui adesso mi sfugge il nome) erano state entrambe molto gentili, lui e Cyn avevano preso a lanciarsi occhiate che volevano dire “va tutto bene” e avevano appena cominciato a rilassarsi quando Mimi osservò che Cyn distoglieva John dallo studio (quando John me lo disse per poco non scoppiai a ridergli in faccia!) e la madre di Cyn replicò che, al contrario, John poteva reputarsi molto fortunato ad aver trovato una ragazza come Cyn; prima che i due ragazzi riuscissero a rendersene conto, le due donne stavano già litigando e John, incapace di sopportare il clima di conflitto, era scappato via e per poco non si era messo a piangere.

 

In generale posso dire che con John le cose andavano alla grande (Paul diceva sempre, con espressione piuttosto imbronciata, che John sembrava fidanzato con me invece che con Cyn) quindi penso che mi sarei decisa a lasciare Len al più presto, anche se non fosse successo quello che … ma andiamo con ordine.


http://themusicsover.files.wordpress.com/2009/07/julia.jpg

[John con sua madre Julia. Lei era davvero carina e gentile … assomigliava tanto a John.]

 

Il quindici giugno la madre di John morì, investita da un certo Eric Clague .

Non ero presente né quando Julia venne investita, né quando diedero la notizia a John. Tutto ciò che so è quello che mi hanno raccontato ed ho letto nei giornali locali.

Dissero che, come faceva praticamente ogni giorno, Julia era andata a far visita alla sorella in Menlove Ave., avevano preso il tè e parlato per un po’, fino alle 9.30 circa, quando Julia lasciò Mendips per prendere l’autobus che la riportasse a casa, ma proprio mentre stava attraversando la strada per raggiungere la fermata dell’autobus, un auto guidata da un poliziotto ubriaco e senza patente (Eric Clague, appunto.) l’aveva presa in pieno e lei era morta sul colpo; Mimi che aveva assistito a tutta la scena, aveva chiamato l’ambulanza piangendo istericamente, ma quando questa arrivò non c’era ormai più niente da fare.

Io non ne seppi niente fino alla sera.

John non si era fatto sentire per tutto il giorno, ma non avrei mai immaginato che potesse essere per un motivo così…

Io e Len eravamo insieme a casa mia, quando Thel mi telefonò e con un filo di voce disse:

«Julia è morta». Non riuscì ad aggiungere altro, ma questo bastò  per sconvolgermi: il mio primo pensiero andò a John e subito l’aria sembrò assumere il peso e la consistenza del piombo, mi sentii crollare…

«John?», chiesi sforzandomi inutilmente di non far tremare la voce

«Lo ha saputo da poco: era a casa di sua madre quando è successo», rispose Thel, che pareva abbattuta almeno quanto me, «Adesso è tornato da sua zia, ma non vuole vedere nessuno…»

Istantaneamente mi ricordai degli occhi spenti di Paul e Mike, dei loro volti pallidi ed emaciati, delle loro espressioni vuote e le lacrime iniziarono a cadere copiose. Non avrei voluto vedere mai più degli occhi come quelli che Paul aveva al funerale di sua madre. Faceva male anche solo il ricordo…

«Cos’è successo?», mi chiese Len, vedendomi così sconvolta e correndo ad abbracciarmi, ma io non gli risposi, intenta ad ascoltare quello che la voce fievole di Thel mi stava dicendo per telefono.

«Il funerale è domani l’altro…»

Non volevo vedere di nuovo degli occhi come quelli che aveva Paul, ma come avrei potuto abbandonare John?

«A che ora?»

«Alle tre»

«Allora ci vediamo là…», dissi sospirando per farmi forza, «Grazie,Thel. Ciao.»

La salutai con un filo di voce, preoccupata per John. Avrei tanto voluto correre da lui, abbracciarlo e consolarlo per quanto potevo, ma al tempo stesso avevo paura di scoprire come la morte di sua madre potesse averlo cambiato…

Dopo tutto quello che mi aveva detto John, sapendo quanto sua madre era importante per lui, e che lui stava appena imparando a conoscerla … come potevo non soffrire per John?

 

Come aveva detto Thel, il funerale si tenne due giorni dopo.

La cosa che più mi sconvolse fu vedere John in quello stato: stava piangendo come un bambino piccolo, ripiegato sulle ginocchia di sua zia Mimi, che pur essendo altrettanto a pezzi, cercava di fargli forza.

Non era la prima volta che vedevo una scena simile e la mia mente continuava a sovrapporre le immagini strazianti del funerale di Mary a quelle del funerale di Julia.

Tutti i Quarrymen e gran parte degli amici più intimi di John erano presenti, ma nessuno di noi ebbe il coraggio di avvicinarsi a lui e a sua zia; solo Paul, la cui espressione truce sembrava il risultato dello sforzo di non pensare a Mary, riuscì a sfondare quel muro invisibile che ci divideva da John e per primo si avvicinò a lui.

A Mimi non era mai piaciuto Paul per via della sua bassa estrazione sociale, ma quando lui si rivolse a lei per farle le condoglianze dopo aver detto qualche parola di conforto a John, Mimi gli lanciò uno sguardo davvero pieno di gratitudine.

Dopo Paul, anche tutti gli altri sfilarono davanti a John per fargli le condoglianze, ma io proprio non ci riuscii, non osavo avvicinarmi a lui temendo che per colpa di una mia parola sbagliata, lui potesse crollare…appariva così fragile quel giorno!

Già prima della morte di Julia avevo avuto modo di notare, grazie a Cyn, che in lui c’era una certa fragilità malcelata, ma in quel momento l’insicurezza, la fragilità e la tristezza parevano essere le note portanti del suo essere; il suo dipinto era passato dai colori allegri e vivaci all’essere dominato da quelli più cupi e tristi.

Io soffrivo perché John soffriva: inspiegabilmente, anche se non conoscevo quasi per niente Julia, stavo male per la sua prematura scomparsa al pari di quanto avevo sofferto per Mary

Pensavo che non fosse una cosa normale dato che, a rigor di logica, avrei dovuto soffrire di più per Mary che conoscevo da più tempo di Julia, ma a ripensarci adesso forse mi sentivo così perché amavo John.

La sofferenza non mi toccava direttamente come era avvenuto per la morte di Mary, ma la percepivo attraverso gli occhi di una persona amatissima: la morte di Mary mi aveva sconvolta tanto da non lasciarmi il tempo di preoccuparmi per Paul, mentre questa volta soffrivo attraverso gli occhi di un figlio che ha perso la madre appena ritrovata.

Finita la celebrazione funebre, cercai di autoconvincermi ad andare da John, pensando che dovevo proprio parlare con lui, anche se per me era una sofferenza.

Lo trovai a parlare e piangere tra le braccia di Paul e non ebbi il coraggio di disturbarli: pensavo sinceramente – e ne sono convinta ancora – che se c’era qualcuno che potesse comprendere e consolare John in quel momento, questo era Paul che aveva già vissuto tutto ciò sulla propria pelle.

Quando infine John riuscì a staccarsi dall’abbraccio di Paul, io mi feci forza ed andai da lui, preceduta solo da Cyn che in lacrime, come me (ero in lacrime? Non mi ero neppure accorta di stare piangendo…), lo tenne abbracciato per qualche istante, poi entrambi si sedettero per terra.

John teneva la testa tanto bassa che sembrava che avesse paura di mostrare la sua espressione

«John…», mormorai con un filo di voce, toccandogli un braccio per fargli percepire la mia vicinanza.

Lui alzò leggermente il capo, ma non abbastanza da arrivare ad incrociare i suoi occhi con i miei.

Quello sguardo…! John aveva lo stesso sguardo di Paul e Mike, lo stesso sguardo di un figlio orfano di madre. Vederlo così mi confuse e non riuscii più a trovare le parole per esprimere le mie condoglianze…

Ogni concetto che avrei potuto esprimere non pareva appropriato… Mi chiedevo perché diavolo fossi andata da lui: mi avrebbe presa per un’ipocrita!

«Mi dispiace…», riuscii a mormorare infine

Per un istante un barlume negli occhi di John sembrò animato da un odio profondo e la sua bocca sputò parole aspre, che per molto tempo a venire mi avrebbero perseguitato, ripensando a quel giorno:

«Che cazzo c’entri tu?», disse, «Non potevi fare niente e in realtà non te ne fotte niente se è morta…come a tutti gli altri!»

Io rimasi pietrificata e come me anche Len, che mi aveva accompagnato nella speranza di essere di conforto a John. Ovviamente sapevamo tutti che parlava così perché era sconvolto, ma sentirsi dire una cosa del genere fu comunque terribile.

«John…», cercò di calmarlo Paul, che era l’unico rimasto impassibile di fronte all’esclamazione di John, ma quest’ultimo con un gesto violento lo allontanò da sè e corse via.

«John!», gridò Cyn, iniziando a rincorrerlo, ma Paul la fermò

«Ha bisogno di restare un po’ da solo…», le disse e Cyn si voltò verso di lui con sguardo perso.

«Ho paura per lui, Paul…», disse Cyn, aggrappandosi a Paul, «Hai visto che sguardo ha?»

«Gli passerà, vedrai», mormorò Paul, abbracciandola, «Gli ci vorrà molto tempo, ma gli passerà…»

 

Poche ore più tardi io e Paul venimmo a sapere da Stu che John si trovava allo Ye Crack Pub e che, mezzo ubriaco, era stato coinvolto in una rissa, poi si era rinchiuso in bagno.

Stu passò a prendere con la macchina noi due e Cyn, perché qualcuno di noi convincesse l’amico ad uscire dal bagno.

«Mi dispiace di avervi coinvolto, ma non sapevo cos’altro fare…», disse Stu, mentre in macchina accorrevamo al pub, «Mi sono spaventato quando l’ho visto entrare nel pub stasera…voglio dire, con quello che è successo…»

«Hai fatto bene a chiamarci», sentenziò Paul, notando che Stu non riusciva a terminare la frase ed io e Cyn annuimmo, anche se proprio non capivamo in che modo avremmo potuto essere d’aiuto.

Allo Ye Crack Stu ci fece strada verso il bagno in cui si era rinchiuso John e da cui si rifiutava di uscire.

«JOOOHN!!!», gridò Cyn, accostandosi alla porta, ma dall’altra parte non provenne alcun suono

«John, non risolverai niente restando chiuso lì dentro senza parlare!», disse Paul ed io lo guardai sorpresa…Quante volte avevo detto a lui la stessa cosa dopo la morte di Mary, quando era Paul a trovarsi nelle condizioni di John?

«John, ti prego…», lo supplicò Stu.

Ancora John non dava segni di vita e Cyn prese a battere i pugni sulla porta del bagno istericamente

«JOHN!!!!», gridava battendo sulla porta, «JOOOHN!!!»

Anche io avrei voluto iniziare a prendere a calci e pugni la porta, ma era inutile…del tutto inutile!

A quel punto sentii di non essere più in grado di sopportare tutta la tensione che si stava accumulando; mi sentivo svenire e provai l’impulso di scappare fin dove le gambe potevano portarmi, così uscii dal pub, fino in strada. Fu allora che vidi la finestra del bagno dello Ye Crack e mi venne un’idea…

Cercai per un po’ per strada alcuni ciottoli con cui poter rompere il vetro della finestra per entrare e quando li trovai li scagliai contro il vetro fragile con quanta più forza avessi, poi mi arrampicai e attraversai la finestra, saltando dentro la stanza.

John se ne stava seduto per terra, appoggiato con la schiena alla porta per evitare che gli altri riuscissero ad entrare da lì; ovviamente non si aspettava che qualcuno potesse decidere di entrare passando da un’altra strada. Sorpreso alzò gli occhi ad incrociare i miei ed io li vidi stracolmi di lacrime, quindi non potei fare a meno di correre da lui e abbracciarlo, prima di fare qualsiasi altra cosa.

Non appena mi avvicinai a lui, John mi afferrò saldamente come se fossi stata il suo unico punto d’appoggio, la sua unica ancora di salvezza.

«Mi dispiace per oggi…», disse, «Io non intendevo…»

Io scossi la testa con decisione,sempre tenendolo abbracciato

«Non ci pensare…»

Rimanemmo così per non so quanto tempo, a stento consapevoli delle urla che provenivano da fuori; io non riuscivo a staccarmi da lui e John sembrava non poter fare a meno di restare attaccato con il viso al mio petto, come un bambino che cerca il calore e l’affetto materno… e forse era proprio così: John cercava in me sua madre scomparsa?

«Mi dispiace…», iniziai a ripetere in un completo stato di confusione, «Mi dispiace…»

Mi trovavo in uno stato d’animo completamente diverso da quello in cui ero quando cercavo di consolare Paul o Mike: quando erano stati i fratelli McCartney a piangere, io che non sopportavo di vederli così cercavo di fare di tutto per far tornare loro il sorriso, ma adesso che era John a piangere, io mi trovavo completamente persa ed essendo in un totale stato di confusione veniva anche a me da piangere e disperarmi.

Iniziai a baciargli i capelli annusando l’intenso odore dolciastro che proveniva dalla radice dei capelli castani di John.

«Perché piangi?», mormorò quando iniziò a sentire dell’umido sulla sommità della testa, dove erano cadute le mie lacrime.

Si discostò un po’ da me per osservare sorpreso e dispiaciuto i miei occhi rossi e gonfi, esattamente come i suoi.

“Non lo so…”, avrei voluto rispondere, ma alla fine riuscii solo a scuotere la testa.

John, allora, si avvicinò a me con un’espressione talmente dolce e al tempo stesso triste che non riuscirò mai a dimenticarla; con una mano accarezzai il suo volto e asciugai una lacrima e lui, allora, mi alzò delicatamente il mento e iniziammo ad avvicinarci l’una all’altra fino a far combaciare le nostre labbra.

Questo bacio mi piacque.

Era un bacio totalmente diverso da quello che mi ero scambiata con Len: in quel momento esistevamo solo io e John e nessun altro. Percepii un fremito corrermi lungo la schiena e sentii il bisogno ossessivo di avvicinarmi sempre di più a lui, abbracciai John con quanta più forza avessi e lui fece lo stesso con me, finchè non ci rendemmo conto, quasi contemporaneamente, che io ero ancora la fidanzata di Len Garry, uno dei migliori amici di John e lui il fidanzato di Cynthia, che stava ancora urlando al di là della porta… ci staccammo e ci guardammo negli occhi per qualche istante, per poi tornare ad abbracciarci, stringendoci forte. Quello era stato solo un bacio rubato, ma il migliore del mondo.

A quel punto Stu e Paul riuscirono a sfondare la porta e ad entrare, trovandoci così abbracciati. Ricordo ancora le loro reazioni sorprese e la scintilla di gelosia negli occhi di Cyn, che mi indusse a staccarmi da John per lasciarlo alle sue cure…fortuna che non erano entrati un attimo prima, mentre ci stavamo baciando!

Desideravo più di ogni altra cosa che John e Cyn si lasciassero per me, ma non così. Un litigio con Cynthia adesso, a poche ore dal funerale di Julia, avrebbe distrutto John ed io lo amavo troppo per desiderare una cosa simile.

 

 

 

Oh,che patimento scrivere questo capitolo…mi veniva da piangere in modo indescrivibile!

Scrivere due capitoli depressi di seguito è una tragedia…anche perché ho paura di rendere la fic troppo pesante, ma questo cap non poteva proprio evitare di essere depresso, con la morte di Julia….! Vabè,almeno c’è anche il primo bacio tra Chris e John, anche se in una situazione un po’ strana….ancora una volta Chris non si è comportata molto correttamente, ma tralasciamo. Sperando di non avervi depresso troppo o (ancor peggio) annoiato, passiamo ai ringraziamenti per le recensioni:

Mery Jackson: sì, sì…con calma e per piacere forse  lascerà Len xD grazie mille per la recensione :)

Zazy: “Camaioreses Andrysis cattivissimis”..hihi…appena l’ho letto mi è venuto un sorriso degno dello stregatto!xD….anche io voglio un amico come Paul!!!non so se le invidio di più la relazione che prima o poi riuscirà ad avere(forse :P) con John, o l’amicizia strettissima che ha con Paul!...mmm, per scoprire come mai Chris dice così nella parte finale ho paura che dovrai aspettare un po’….ma abbi fede, prima o poi ci arriverò xD grazie mille dei complimenti e della recensione :)

Night:tranquilla, finchè sono i complimenti ad essere ripetitivi va bene xP(come sono scema), apparte gli scherzi…grazie mille della recensione!:)

Marty: grazie, sono felicissima che questa storia ti piaccia!!!come vedi alla fine Dot è spuntata, quindi puoi essere anche lei se ti va u.u…ma temo che avrà un carattere un po’ diverso dalla vera Dot…e anche secondo me la fidanzata di james scapperà con Paul….o con il cugino di James u.u (chiamala scema,se lo facesse!!)…però povero Mostry(dire mostriciattolo tutte le volte è troppo lungo!)

Thief: grazie sono felice che ti sia piaciuto!....a me però dispiace di più per Len….Chris alla fine se l’è cercata, mentre lui è la povera “vittima sacrificale”,sfruttato da lei, che si lamenta(lacrime da coccodrillo) però intanto non lo lascia, perché le fa comodo! Grazie mille della recensione :)

 

Come sempre, grazie anche a chi legge soltanto!

 

Alla prossima!

Baci,

Andry_

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Capitolo 10
*** We Can Work It Out ***


We Can Work It Out


http://www.beatlesource.com/savage/1950s/58.12.20%20harrys%20wedding/1.jpg

[Paul, John e Geo, i nostri “Johnny & The Moondogs”. La fotografa ero io e, davvero, non so come sono riuscita a sopravvivere ad un simile sguardo di John! Eravamo ad un matrimonio a casa di Geo (ma non ricordo più quale dei suoi fratelli si stesse sposando) e John ha quest’espressione perché avevo appena detto di voler fare loro una foto con i loro strumenti, ma lui aveva dimenticato la chitarra vicino al tavolo del rinfresco, quindi mi stava supplicando di lasciargli il tempo di andarla a prendere … ma ovviamente non lo stavo ascoltando.[1]]

 

 

Dal giorno del funerale di Julia, io e John non ci eravamo più baciati (anche se io avrei voluto, ovviamente), ma piangere l’uno tra le braccia dell’altra sembrava averci avvicinato,almeno un po’.

Che io sapessi Cynthia non aveva fatto storie a John per averci trovati abbracciati in bagno e nei giorni seguenti, quando John continuava a stare male per sua madre, lei gli era stata molto vicina e lui le era molto grato per questo. Anche lei alla stessa età di John aveva perso un genitore – suo padre, per l’esattezza – quindi quell’esperienza servì per far nascere tra loro una certa complicità.Dal canto mio, comunque, non ero gelosa, perché piangere l’una tra le braccia dell’altro sembrava essere servito a smorzare quell’iniziale timidezza e diffidenza tra di noi, inoltre c’era stato quel bacio…

Ero perfettamente consapevole che John non mi amava come amava Cyn e che non l’avrebbe mai lasciata per me, ma il solo ricordo di quel bacio bastava ad infondere in me la speranza che presto qualcosa si sarebbe smosso.

Dopo aver assaggiato il bacio di John, restare un secondo di più insieme a Len mi pareva insostenibile. Non riuscivo, infatti, ad evitare di confrontare il suo bacio con quelli ricevuti da Len: quell’unico bacio dolcissimo di John mi faceva venire i brividi lungo la schiena al solo ricordo e mi costava uno sforzo immane evitare di correre a mendicare altri suoi baci, di cui ero diventata avida; invece i baci di Len…non saprei dire cosa avessero di sbagliato, erano anch’essi dolci e oggettivamente il meccanismo era più o meno lo stesso, ma dentro di me li sentivo completamente diversi.

Dentro di me, baciare Len era come salutare qualcuno agitando la mano e come spezzare il pane, mentre baciare John era un atto sconvolgente, un impulso violento al quale non ero in grado di resistere.

Non volevo passare la vita con un ragazzo che non era in grado di sconvolgermi con un bacio, quindi raccolsi tutto il mio coraggio e mi decisi a parlare con Len…e questo diede vita alla terza guerra mondiale.

Era il 30 di Giugno o giù di lì quando, passeggiando nel parco vicino a casa mia, dissi a Len:

«Credo che dovremmo lasciarci…»

«C-cosa?!?», chiese lui sconvolto, guardandomi con quei suoi occhi azzurri spalancati.

Non mi era mai dispiaciuto tanto per lui e odiavo l’idea di essere io la causa delle sue sofferenze.

«Io…», dissi cercando di trovare una scusa che non implicasse John, «Mi sono resa conto di non amarti e…»

«E…?», chiese lui, sempre più disperato

«Len, io ti voglio un mondo di bene, ma…», dissi, poi mi fermai qualche istante per dare più enfasi alle ultime due parole, «…come amico.»

Chissà, magari ascoltando meglio avrei potuto sentire il rumore del suo cuore che si spezzava: c’era una punta di macabra comicità nel suo sguardo sconcertato.

Non volevo passare da ipocrita dicendo cose come “Rimaniamo solo buoni amici”, perché sapevo che non sarebbe stato possibile, almeno finchè lui avesse continuato a guardarmi con quegli occhi…

Avrei voluto avere qualcosa da rimproverargli, ma il comportamento di Len era sempre stato ineccepibile, quindi io proprio non sapevo come continuare. Ebbi modo, però, di leggere nei suoi occhi il rapido passaggio dalla sorpresa al disappunto all’accusa.

«TI SEI INNAMORATA DI LENNON, VERO?!?», gridò, pronto a farmi una sceneggiata ed io arrossii, visto che tutti i presenti nel parco si voltarono a guardarci, ma sentivo che me lo meritavo.

Povero Len, per lui tutta quella situazione doveva presentarsi come un terribile Dejà - vu … Quante ragazze aveva già perso a causa di John?

«No!non mi sono innamorata di John!», negai con convinzione, sperando di addolcirgli così la pillola, «Ho solo capito di non amarti!»

«MI HAI PORTATO IN GIRO FIN DALL’INIZIO, ALLORA?!?», chiese con sguardo confuso e disperato.

Len era come l’ultima foglia rimasta attaccata su un ciliegio in autunno, che nonostante il vento e la tempesta non vuole lasciare il suo ramo e spera che l’inverno passi lasciandola sull’albero, mentre io (l’albero) speravo solo che si staccasse il più in fretta possibile.

«Non lo so…», mormorai titubante, con gli occhi bassi. Ero pronta ad ammettere qualsiasi cosa se fosse servito a staccarlo da me.

«Mi hai mai amato?», chiese ancora, stavolta più dolcemente.

«Non lo so…», ripetei, poi dispiaciuta aggiunsi: «All’inizio sì…forse…»

Len rimase a guardarmi sconvolto per un po’.

«Ma ho fatto qualcosa che…?», mormorò incerto, alla fine.

«No!no, tu non hai fatto niente!», risposi agitata, «Sono io che…»

Len senza sapere cosa dire mi guardò ancora più disperato, con quella sua espressione da cucciolo abbandonato.

«Mi dispiace…», aggiunsi.

Len annuì rassegnato, consapevole che non c’era niente che potesse dire o fare per farmi cambiare idea.

«Almeno possiamo rimanere amici.», aveva l’aspetto di un’affermazione, ma in realtà somigliava di più a una supplica.

«Certo…», mormorai senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi.

Len se ne andò ed io rimasi per un po’ a guardarlo allontanarsi, sentendomi un verme, ma al tempo stesso sollevata e più leggera: finalmente avevo fatto la cosa giusta.

Tirai un sospiro di sollievo e, da sola, me ne tornai a casa.

 

 



http://www.beatlesource.com/savage/1962/62.03.17%20huyton/08.jpg

[Paul e la Rhone….non credevo di avere ancora una loro foto (si vede che mi sono dimenticata di bruciarla).Certo che lei era proprio brutta paragonata a Paul!...comunque questa foto credo sia stata fatta circa nel ’60, quindi qualche anno più tardi. Chissà come è finita qui...!]

 

Come mi succedeva spesso, appena tornata a casa sentii il bisogno di parlare con lui, raccontargli tutto quello che era accaduto e renderlo partecipe delle mie paranoie, le quali nell’ultimo periodo erano cresciute tanto da rischiare di farmi scoppiare. Non passai neppure da casa mia, quindi, e mi diressi subito dai McCartney.

Sapevo che non avrei trovato Mike, ma ero sicura che Paul qualsiasi cosa stesse facendo in quel momento, sarebbe stato pronto a lasciare tutto per ascoltarmi; non mi era neppure passato dall’anticamera del cervello che avrei potuto trovarlo insieme Dot, che era la sua ragazza ufficiale, quindi quando li vidi sul divano l’uno avvinghiato all’altra, mi sentii avvampare e stavo per fare dietro-front, ma la voce gracchiante di Dot mi fermò.

«Che ci fa lei qui?!», disse indignata

Io mi voltai verso di loro e notai che Paul (come me) era arrossito, mentre lei mi stava guardando in cagnesco. Tra me e Dot, infatti, non scorreva esattamente “buon sangue” e per quanto mi riguarda le ragioni di questo odio erano principalmente due:

uno, lei era convinta al cento per cento che io fossi innamorata di Paul (il che è assurdo, ma sorvoliamo…), quindi faceva di tutto per tenerlo lontano da me;

due, lei era la nuova ragazza di Paul ed io, in quanto migliore amica di Thelma, facevo il tifo per quest’ultima.

«Volevo parlarti…», mormorai. Sapevo di aver fatto un casino a presentarmi in quel momento…

Paul si era staccato da Dot e si era posizionato a circa un metro da lei, e adesso continuava guardare prima me, poi Dot, poi di nuovo me.

«Solo parlare?!», chiese lei in un tono odioso, che lasciava insinuare chissà che cosa.

All’udire quelle parole io sorrisi sotto i baffi: in certe situazione, infatti, mi sentivo fondamentalmente stronza…e me ne compiacevo anche!

Senza aspettare che Paul replicasse niente, mi avvicinai a lui e mi appiccicai a un suo braccio, dicendo in un tono finto innocente:

«Io e Len Garry ci siamo appena lasciati e sentivo tanto il bisogno del MIO Paulie!»….infondo era la verità, no?!

Paul, sconvolto, mi fulminò con lo sguardo, mentre Dot non so come riuscì ad evitare di lanciarmi contro il primo oggetto contundente che riuscisse a trovare.

«Ah è così, eh?!», iniziò a gridare Dot furiosa, poi fissò Paul indicando me e disse: «Devi decidere, mio caro, o me o lei!»

Paul mi lanciò uno sguardo smarrito.

«Chris è la mia migliore amica!», protestò in tono lamentoso, « Non farmi scegliere… »

«O me, o lei!!!», squittì di nuovo Dot, guardandomi con odio, al che Paul assunse un’espressione più severa.

«Non farmi scegliere, Dot, perché non vinceresti », ripetè freddamente.

Dot rimase a fissarlo per un po’, leggermente scandalizzata, finchè non si riprese dallo shock e iniziò a raccogliere le sue cose in giro per la stanza.

«Continuando così finirai per stancare presto tutte le ragazze che ti girano intorno, Paul», disse infine, avvicinandosi alla porta, «E allora spero tanto per te che lei rimanga al tuo servizio.»

Dovetti ripetermi la frase nella mente almeno due o tre volte prima di riuscire a dargli un senso, e quando infine capii cosa volesse dire non riuscii ad evitare di alzare un sopracciglio e sorridere beffarda.

Decisamente quella era una vittoria schiacciante!

«Lei ci sarà sempre per me», replicò Paul, ancora freddamente, «Mentre non sono altrettanto sicuro, riguardo a te.»

Dot fece un passo indietro come se queste parole fossero state una pugnalata in pieno petto.

Paul aveva anche preso le mie difese…meglio di così!

«Allora goditi il momento con la tua amichetta!», sbottò Dot, come se fosse stato un insulto,«Io me ne vado. Chiamami, quando avete finito.»

Detto questo la ragazza uscì di casa sbattendo la porta ed io non riuscii più a trattenere il mio sorriso esultante.

Avevo vinto! avevo vinto! avevo vinto! avevo vinto! avevo vinto!

Avrei voluto tanto esibirmi nella mia personalissima danza della vittoria, ma mi bastò l’occhiataccia che a quel punto Paul mi rivolse per farmi capire che non era il caso…

«Ti sei divertita?», chiese truce.

«Mi dispiace…», in realtà non mi dispiaceva affatto, ma data la sua espressione…!

«Sì, sì…lo vedo!», replicò lui sarcastico.

Rimasi in silenzio con gli occhi bassi per un po’. Solo adesso mi rendevo conto che, infondo, avevo un po’ esagerato con Dot…e che quello che ci rimetteva era Paul.

«Non capisco perché vi odiate così tanto…», disse più dolcemente qualche secondo più tardi.

Io non risposi. Aveva bisogno che glielo dicessi a parole che non sopportavo il fatto che lei lo tenesse lontano da me?non mi sarei mai abbassata a dirglielo… che lo capisse da solo!

«Una volta mi hai chiesto se ero geloso di te, adesso sono io a chiedertelo », disse attirando su di sé il mio sguardo reticente, «Sei gelosa, Chris?»

«Tsk…gelosa io…!», borbottai senza riuscire a scandire bene le parole e tornando ad abbassare lo sguardo

«Lo sai che sarebbe assurdo, se io e te ci innamorassimo, vero?», disse, con un tono tale che mi sentii costretta ad alzare di nuovo lo sguardo verso di lui.

«Lo so!», mi affrettai a dire con voce tremante, «però io quella non la sopporto comunque!»

«E’ la mia ragazza», replicò, «Se vuoi rimanere mia amica devi fartela piacere per forza!»

«Lei non vuole che noi siamo amici…», dissi imbronciata

«Sei paranoica, Chris!»

«No, sei tu che non capisci, Paul!»

Rimanemmo per un po’ a guardarci di traverso, finchè lui non chiuse gli occhi e sospirò.

«Di cosa dovevi parlarmi, comunque?», mi chiese paziente

«Non mi va più di parlare con te.», borbottai ancora imbronciata come una bambina che fa i capricci.

Paul tornò a sedersi accanto a me e iniziò a darmi dei colpetti su un braccio e su un fianco, per infastidirmi, cosicchè io dovetti smettere di tenere il broncio per difendermi.

«Tu e Len non vi siete lasciati, vero?», mi chiese dopo un po’, «l’hai detto solo per far ingelosire Dot…»

«Invece ci siamo lasciati davvero!!», replicai indignata, «Ed è stata anche una scena piuttosto drammatica!»

«Immagino…», commentò come se non mi stesse prendendo sul serio, «…e il motivo?sempre per John?»

Io annuii e lui rimase a guardarmi sorpreso, quindi mi preparai psicologicamente a dargli qualche spiegazione in più

«IoeJohncisiamobaciati», dissi tutto d’un fiato

«Cosa?»

«Io e John ci siamo baciati», ripetei più lentamente, «Allo Ye Crack, il giorno del funerale di Julia…»

«Quando eravate chiusi in bagno insieme?», domandò guardandomi con le sue solite due palle da baseball ed io annuii di nuovo.

Paul rimase a guardarmi per un po’ con quei suoi occhi verdi spalancati e la bocca semiaperta.

«Ma lui ama Cyn!», disse quando si fu ripreso, «Ti ha solo usata, lo sai, vero?»

«In realtà non ne sono tanto sicura», risposi pensierosa, «Sono io che desideravo un suo bacio dal giorno in cui l’ho conosciuto e ho sfruttato la morte di sua madre per…»

Mi sentivo un verme (anche per questo), ma ormai stavo cominciando a farci l’abitudine.

«Ma lui comunque non ti ama, lo capisci?». Disse Paul, preoccupato per me, «Ha solo approfittato della situazione…»

«Non credo che in quel momento John potesse essere in grado di approfittare di qualcosa o di qualcuno…», dissi, ma in realtà dentro di me sapevo che Paul aveva ragione: John amava Cynthia, non me e lasciare Len aveva avuto il solo scopo di farmi sentire un po’ meglio con me stessa.

 

Len, però, non pareva pensarla proprio nello stesso modo, a giudicare da quello che successe in seguito…

 

«Che cazzo hai detto a quell’imbecille di Len?!?», iniziò ad urlare John il giorno dopo, presentandosi furioso a casa mia.

Quando lo vide entrare in casa in quel modo, mia madre si spaventò e si dileguò lasciandomi tutta sola in balia del pazzo furioso….che madre protettiva che ho!

«Innanzitutto, calmati John!», urlai pure io, agitata.

«’Fanculo!», sbottò, «Voglio sapere che cazzo hai detto a Len!»

«L’ho lasciato…», risposi mostrandomi tranquilla e cercando di capire perché John fosse così nervoso.

«Non mi prendere per il culo, Chris, che non è giornata!», replicò lui, guardandomi con uno sguardo tanto freddo da dare i brividi, «Tu gli devi aver detto qualcos’altro»

«Non gli ho detto niente!», cercai di difendermi

«Invece gli hai detto che ci siamo baciati, vero?!», disse facendosi più vicino a me, con un’aria minacciosa, e borbottò qualcosa di molto simile a “stronza!”.

Io ero spaventatissima e temevo che non sarei riuscita a trattenere le lacrime ancora a lungo.

«Invece no!», cercai di dire con tono risoluto, ma quello che uscì dalla mia bocca somigliava più a un lamento infantile.

Mi sentii incredibilmente sollevata quando, a quel punto dalla porta di ingresso di casa mia entrarono di corsa Paul e Mike (che mia madre era andata a chiamare) e Mike corse subito a stringermi tra le sue braccia.

«Cos’è successo?!?», chiese Paul, posizionandosi proprio di fronte a John per affrontarlo.

«E’ successo che quello stronzo di Len ci ha piantato in asso», rispose John, ancora visibilmente agitato, «Ecco che è successo!»

Paul aprì la bocca come per dire qualcosa, ma poi sembrò ripensarci e la richiuse. Potrei giurare che aveva intenzione di dire qualcosa come “E Chris cosa c’entra?”, perché subito si voltò a guardarmi e infine disse, rivolto a John:

«Avete litigato?»

«Se abbiamo litigato?!?», chiese John, accennando un ghigno, «Quel bastardo si è messo a prendermi a pugni!!!»

Non appena disse così notai che, in effetti, sotto lo zigomo sinistro di John si stava formando una macchia violacea e guardai perplessa Paul, che ricambiò lo sguardo, prima di scoppiare a ridere.

«Che cazzo ridi?!?», chiese John, ancora alterato, mentre io guardavo sconcertata il mio migliore amico.

«Beh, tu gli baci la ragazza…», commentò Paul, ancora ridacchiando, «anche io lo avrei fatto!»

«No, no, no…aspettate!», si intromise Mike, «Chi ha baciato chi?!»

Ovviamente nessuno prestò la minima attenzione al McCartney minore.

«E tu come fai a saperlo?!», chiese John a Paul.

«Me lo ha detto Chris.», rispose semplicemente alzando le spalle e John tornò a guardare me, con gli occhi spalancati.

«Lo hai detto anche a lui?!?»

«L’ho detto SOLO a lui!», replicai, poi vedendo che stentava a credermi aggiunsi, «Senti, Len ci è arrivato da solo…»

«Allora sa che ci siamo baciati?!», chiese preoccupato

«Vi siete baciati?tu e John Lennon?!?», si intromise di nuovo Mike, ma anche stavolta nessuno si occupò di lui

«No che non lo sa, ovviamente!», risposi, «Ma appena ha capito che lo stavo lasciando ha dedotto che lo stessi facendo per te!»

«Se lo viene a sapere Cyn è un casino…», commentò John ed io mi incupii.

Sapevo che amava ancora Cyn, ma sentirlo dire così mi portava a chiedermi che significato avesse avuto quel bacio per lui…

«Ti giuro, John, che adesso sta venendo voglia a me di prenderti a pugni!», si intromise Paul, tutto serio.

Proprio in quel momento, però, fummo distratti dall’arrivo di Geo, che tutto intento a farsi fuori un pacchetto di biscotti, era entrato dalla porta che Paul e Mike avevano lasciato aperta.

«Dai Macs non c’era nessuno…», disse per giustificare la sua presenza in casa mia, poi quando notò la posizione in cui noi quattro eravamo messi e l’aria tesa che c’era nella stanza, disse:

«Siamo in riunione? Ho interrotto qualcosa?»

L’aria tesa sembrò disfarsi subito, Paul e Mike smisero di fissare in cagnesco John e il maggiore dei fratelli McCartney informò George che Len non faceva più parte dei Quarrymen.

«Quindi siamo rimasti solo io, te e John.», commentò George, «E per il “Search for a Star” di Carroll Levi come facciamo?»

«Len può andare a farsi fottere, noi tre partecipiamo comunque!», sbottò John, «Tanto Len come musicista faceva schifo.»

«E poi dubito che vorrà vederti ancora», commentò Paul, «Scommetto che non sei stato a prenderle e basta!»

John si esibì in un ghigno tale che mi fece capire che il povero Len doveva essere ridotto in condizioni pessime…sentii lo stomaco contorcersi.

«Ma allora suoniamo in tre da Carroll Levi? Non siamo un po’ troppo pochi?», chiese George, «Eravamo già pochi anche in quattro!»

«Tanto noi tre siamo i più bravi.», disse John, calmandosi lentamente, «Come minimo avremo più possibilità senza Len che con lui...!»

«Mi dispiace…», mormorai, sperando di non essere aggredita di nuovo.

«Perché?cosa hai fatto?», chiese curioso George

«Io e Len ci siamo lasciati…», dissi abbattuta, per l’ennesima volta.

«E per questo Len ha lasciato i Quarrymen?», disse George ed io annuii.

«Come se Chris fosse un membro portante del gruppo…», commentò Paul, prendendo le mie difese.

«Len è proprio un cretino.», borbottò John. Che alla fine mi avesse perdonata? Sospirai sollevata.

«Visto che la formazione è cambiata completamente potremmo cambiare anche nome…», propose George

«Io-voto-a-favore!», esclamai subito dato che il nome “Quarrymen” non mi aveva mai entusiasmata, e tutti mi lanciarono occhiate strane

«Visto che Len pensa che io sia parte della band…!», mi giustificai con un’alzata di spalle

Paul e John si guardarono, come per decidere il da farsi, ma non dissero niente

«Se Chris puo’ votare, allora voto anche io…», esclamò subito Mike, poi indirizzando il pollice della mano destra verso il basso, disse: «Il nome “Quarrymen” fa schifo!»

John ancora non fiatava, quindi fu Paul a prendere la parola:

«Sinceramente anche io preferirei cambiare nome….», disse, «Ci vuole qualcosa di più figo!»

«E va bene!», disse John dopo un po’, «Ma il nome lo scelgo io!»

Tutti acconsentirono, dato che John era il leader e fondatore del gruppo, quindi qualche giorno più tardi John ribattezzò la band in cui suonavano lui, Paul e George “Johnny & the Moondogs”, nome con il quale (nonostante le proteste di Paul, a cui non piaceva il ruolo di primo piano che così si aggiudicava John) i ragazzi si presentarono alla competizione di Carroll Levi.

 

 

Zazar: sì, in effetti anche io mi sono trovata in situazioni simili un paio di volte…soprattutto quando è morto mio zio ed io sono andata a “parlare”(tra virgolette perché alla fine non ci sono riuscita e l’ho solo abbracciato…anche io ero un po’ sconvolta) con mio cugino…..quella reazione di John è praticamente l’espressione della mia peggiore paura in un momento simile o.o….per la situazione,sì era decisamente critica u.u…infatti fino alla fine sono stata indecisa se farli baciare così oppure no, però l’idea mi piaceva troppo, quindi l’ho lasciata ^_^ grazie dei complimenti, pietrasantins!baci…

Fantasmino che perseguita Paul Marty: ma nooo…non puoi essere tu il fantasma che si è impossessato di Dot, o sarebbe più simpatica!!!( ho deciso che in questa fic Dot è antipatica u.u) però non ce la vedo molto a comportarsi così a giudicare dalle descrizioni di lei che ho trovato in giro…va bè facciamo finta di niente xD ahahah…la vocina di Cyn perseguita anche te!!!! a proposito di vocine…lo sai che mi sei venuta in mente, mentre leggevo il libro di Cyn?perchè racconta che quando si rese conto di essersi innamorata di John fece una ramanzina a sé stessa…e ovviamente mi è venuta in mente la sua fantastica vocina e la tua fic!xD grazie della recensione!baci…

Night: …come vedi dei Johnny & the Moondogs ne parlerò un bel po’….non sapevo come infilarli all’inizio, ma poi ho avuto l’illuminazione xD mi dispiace per tua nonna…so cosa vuol dire :(….va bè, questo capitolo è un po’ meglio rispetto al nono(non che ci volesse molto!)….comunque, hai fatto caso che Chris e John si sono baciati la prima volta proprio al 9° capitolo?! hihihi (giuro che non l’ho fatto apposta!) grazie della recensione! Baci…

Thief: grazie mille dei complimenti, sono felice di essere riuscita a rendere bene le emozioni di Chris :) per Cyn, tranquilla!come vedi non lo ha lasciato: non ce la vedo molto Cyn ha fare una scenata di gelosia a John solo perché l’ha trovato abbracciato a un’amica(infondo non li ha visti baciarsi u.u) grazie ancora della recensione! Baci…

Clafi: ahahah quando ho visto tutti quei modi di dire scusa volevo chiederti “ma quante lingue sai?!?!?” con una faccina così o.O…..per la scenetta, io ribadisco che voto per John xD (sono morta dal ridere, leggendola)…mi dispiace tantissimo per il tuo amico!io mi sento male anche solo al pensiero di come deve essere perdere la propria madre ç_____ç  grazie per la recensione! Baci…

Lullaby: sì, deve essere sconvolgente! Voglio dire, è brutto anche perdere la madre dopo il decorso della malattia(come è successo alla madre di Paul), ma almeno lui ha avuto il tempo di rendersi conto di quello che stava succedendo e di salutarla, mentre così….o.o….non ci posso pensare >.<….eh sì, il 15/06 è proprio la data di morte di Julia…allora sei nata lo stesso giorno in cui è morta lei??mmm…magari sei una sua reincarnazione *sguardo sospettoso*(“vi prego sopprimetela!” Nd Paul esasperato dalle battute di Andry) grazie della recensione! Baci…

 

Grazie anche a chi ha solo letto!

A presto, baci

Andry_


[1] Della serie “le espressioni di John parlano da sole”

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Capitolo 11
*** It's Only Love ***


Its Only Love


Carrol Levi era uno scopritore di talenti molto famoso ai tempi di “Search For a Star” e John, Paul e George erano eccitatissimi all’idea di fare un provino per lui.

Nei giorni precedenti si impegnarono al massimo per far bella figura ed essere notati. Anche il nome scelto da John era stato pensato in modo tale che potesse piacere a Carrol Levi; in quel periodo, infatti, andava di moda chiamare i gruppi con il nome del leader più qualcos’altro, come Buddy Holly and the Crickets, quindi John decise di chiamare il suo gruppo “Johnny & the Moondogs”.

Un nome, che in realtà, secondo il mio modesto parere, non era molto meglio di Quarrymen, ma almeno “era alla moda”.

John, Paul e George provarono le canzoni che avevano intenzione di portare fino allo sfinimento, ma ciò non fu sufficiente a dare al provino un esito positivo: Quell’idiota di Carrol Levi sostenne infatti che il sound dei ragazzi non era per niente buono, soprattutto perché mancava loro un batterista, quindi se ne tornarono a Liverpool abbastanza abbattuti, demoralizzati e nervosi.

Dot e Cyn stettero molto vicine ai rispettivi ragazzi in quei giorni, e Iris tentò di fare lo stesso con George (nonostante negli ultimi giorni non avessero fatto altro che litigare), ma George la lasciò; la ragione ufficiale della loro rottura fu che George non sopportava l’atteggiamento accondiscendente che lei gli aveva riservato da quando non avevano superato il provino(“a giudicare dal modo in cui mi tratta, sembra che io, Paul e John siamo ormai senza speranze di successo”, disse una volta George), ma in realtà credo che lui avesse già messo gli occhi su una ragazza di nome Ruth Morrison.

A quei tempi George era una delle persone più timide che conoscessi; con Iris riusciva a sciogliersi un po’ solo perché si conoscevano sin da bambini, ma con tutte le altre ragazze lui era timidissimo ed impacciato; spesso lo mettevano in soggezione anche le ragazze che non gli piacevano, quindi figuriamoci quelle che, come Ruth, lo facevano arrossire e gli facevano battere forte il cuore. Ricordo che davanti a lei George andava in un totale stato di confusione e iniziava a fare discorsi privi di logica, degni solo del tipico non-sense alla Lennon; tuttavia il mio caro Georgie (che avevo preso a trattare alla stregua di un fratellino minore, nonostante avesse addirittura qualche mese più di me) ebbe la fortuna che anche Ruth si sentiva attratta da lui, quindi fu lei ad avvicinarsi a lui, procurando ai Quarrymen – che nel frattempo avevano abbandonato “Johnny & the Moondogs” per tornare al nome originario – un nuovo ingaggio.

Ruth, infatti, era molto amica della famiglia Best, il cui primogenito aveva la stessa età di John e si chiamava Pete. Mona Best, la madre di Pete, stava per aprire un locale, il Casbah Club, con l’intenzione di farlo diventare un punto di ritrovo per i giovani dell’età del figlio e Ruth andava spesso ad aiutarla con i preparativi per l’inaugurazione del nuovo locale.

Qualche giorno prima Pete aveva proposto alla madre di far suonare dal vivo alcuni tra i tanti gruppetti skiffle che stavano spuntando da tutte le parti come funghi, in quel periodo; Mona fu subito felice di accettare e Ruth disse di conoscere un gruppo molto bravo – i Quarrymen, appunto – che avrebbero potuto suonare per qualche pence a serata.

I ragazzi si recarono, così, da Mona Best che spiegò loro che sarebbero stati i benvenuti, ma che stava ancora finendo di riverniciare il locale e non sapeva se sarebbe riuscita a finire il lavoro in tempo per l’inaugurazione che sarebbe avvenuta la settimana successiva. Detto fatto i ragazzi, aiutati da me, Cyn e Dot, si armarono di pennelli e vernici per aiutare Mona ed eravamo quasi giunti alla fine quando John, che è sempre stato cieco come una talpa (pur continuando a rifiutarsi di portare gli occhiali), confuse l’emulsione con la vernice e per asciugare tutto ci vollero un sacco di giorni.

In ogni caso non ci pesò affatto questo lavoro, anche perchè tra una pennellata e l’altra al muro ci lanciavamo l’un l’altro schizzi di colore, rovinandoci i vestiti, ma divertendoci moltissimo.

In occasione dell’esibizione al Casbah Club, ai ragazzi si aggiunse un quarto componente: si chiamava (e si chiama ancora, credo) Ken Brown e suonava la chitarra già da qualche anno, ma non aveva un gruppo tutto suo con cui suonare, quindi quando John gli propose di suonare per loro ne fu entusiasta.

Non so bene il motivo, ma continuavano a trovare chitarristi a volontà, ma nessun batterista…..e nessun bassista!

 

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[John e Paul che suonano al Casbah Club, con Cyn che li guarda ridendo]

 

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[Ken Brown]

 

I Quarrymen non erano l’unico gruppo previsto per la serata inaugurale: prima di loro infatti si esibì un gruppo che si faceva chiamare “Black Jack” e di cui il batterista era Pete, il figlio della padrona del Casbah, ma durante la performance il cantante non si sentiva molto bene, quindi ben presto passarono il testimone a John, Paul, George e il nuovo arrivato Ken; i quattro ragazzi si impegnarono moltissimo e suonarono splendidamente; il pubblico li adorava.

A sentirli suonare vennero anche Jim McCartney e Louise, la madre di George, ma non rimasero a lungo: il Casbah era poco più di uno scantinato umido in cui il freddo penetrava fin dentro alle ossa quando c’era poca gente, mentre se il locale era pieno, sembrava non esserci mai aria a sufficienza. Noi ragazzi non ci lamentavamo troppo, impegnati come eravamo a ballare e a scatenarci, ma mi rendo conto che per un adulto seduto ad un tavolo a sorseggiare una birra, ascoltando il figlio suonare, quell’atmosfera dovesse essere insostenibile.

Io ebbi modo di scambiare solo poche parole con Jim e Louise, ma entrambi mi dissero di fare i loro più vivi complimenti ai ragazzi e si raccomandarono affinchè non tornassimo a casa troppo tardi.

Con Dot ancora non parlavo dal giorno in cui io e Paul avevamo litigato con lei; loro due, poi, erano riusciti a far pace più in fretta del previsto (già il giorno seguente amoreggiavano davanti a casa di Paul come se niente fosse successo), ma tra me e Dot era ancora era piena guerra fredda e Cynthia si era schierata nettamente dalla sua parte (infondo, per loro io ero “il nemico comune”, no?), quindi mi ritrovai a trascorrere tutta la serata in compagnia della nuova ammiratrice di Georgie, che era davvero molto simpatica.

 Avevo provato ad invitare anche Thel e Mike al Casbah, ma Thel non usciva più con noi dal giorno del funerale di Julia (credo che vedere Paul insieme ad un’altra fosse per lei motivo di terribile sofferenza) e Mike disse che sarebbe uscito insieme a lei e a un paio di loro amici. Immagino che in quel periodo Thel e Mike si fossero avvicinati grazie all’antipatia che entrambi provavano per i Quarrymen, ma allora non ne sapevo niente, e a dire il vero le ragioni per cui Mike si teneva alla larga da John Lennon e i suoi amici mi paiono ancora incomprensibili.

 

I ragazzi finirono di suonare a mezzanotte e mezzo, orario di chiusura del Casbah, ma l’adrenalina che avevano addosso era troppa e non permetteva loro di tornare a casa a dormire, così facemmo il giro di qualche pub il cui orario di chiusura non era ancora scaduto e bevemmo molto.

Come al solito Paul aveva Dot e John aveva Cyn, mentre George e Ruth si isolarono tutta la sera per conoscersi un po’ meglio, così io finii per passare tutta la serata in compagnia di Stu che, oltre a me, quella sera era l’unico single del gruppo.

 

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[Stu, davanti a un bicchiere di birra allo Ye Crack Pub]

 

Stuart Sutcliffe era un ragazzo molto simpatico ed era per John una specie di migliore amico; si conoscevano da una vita e Stuart era l’unica persona in circolazione (almeno tra quelle che conoscevo io) che non si sentisse almeno un po’ intimorito davanti a John. Mi piaceva stare in compagnia di Stu: in genere era più calmo e posato rispetto a John, ma quando si trovava con la compagnia giusta nel momento giusto, era in grado di dimostrarsi un pazzo come tutti gli altri e parlare con lui era molto divertente. John gli aveva chiesto almeno una decina di volte di entrare a far parte dei Quarrymen, ma la sua grande passione era la pittura, quindi finiva sempre per spendere i suoi soldi in colori, tele e pennelli e non si era mai deciso a metterli da parte per uno strumento musicale, ma tutti sapevano che, grazie al particolare ascendente che aveva su John, se solo avesse voluto sarebbe potuto entrare nel gruppo in ogni momento; inoltre aveva una specie di fascino alla James Dean per cui le ragazze andavano pazze e questo, secondo John, “ in un gruppo Rock non guasta mai”.

Quella sera però era un po’ abbattuto: mi spiegò che era appena uscito da un’infelice storia d’amore per cui aveva sofferto tanto e che adesso non voleva più sentir parlare di donne…

Mentre ascoltavo Stu  che parlava della sua bella e delle sofferenze che lei gli aveva procurato, davanti agli occhi avevo Cyn e Dot, che facevano le sciocche con i loro ragazzi… era incredibile quanto riuscissi ad essere gelosa di loro (persino di Dot, che era solo la ragazza di Paul!). Ogni volta che pensavo a loro un sentimento strano e violento ( non potrebbe essere definito propriamente “invidia”, ma non so come altro chiamarlo) mi scorreva nelle vene e questo sentimento mi si doveva leggere in faccia, perché ad un certo punto Stuart smise di parlare e con quel suo tono dolce che riservava a ogni ragazza a cui si rivolgeva, mi chiese:

«C’è qualcosa che non va?»

Lo guardai chiedendomi se avrei potuto spiegargli la situazione e giunsi alla conclusione che se lui mi aveva parlato della sua infelice storia d’amore, io avrei potuto fare altrettanto…

«Stu, hai mai visto quella ragazza di cui sei innamorato insieme ad un altro?», chiesi e lui abbassò gli occhi visibilmente abbattuto. Quindi gli era capitato, «Sai come ci si sente?»

«Fa male…», mormorò guardandomi negli occhi, ma sono sicura che non stesse vedendo me.

«Sembra di morire…», aggiunsi e Stu mi guardò sorpreso.

«Anche a te è successo?», mi chiese stupito; io annuii.

«Mi sta capitando proprio in questo momento.»

«Paul?», tirò ad indovinare, seguendo il mio sguardo verso John, Cyn, Dot e Paul che camminavano tenendosi a braccetto, qualche passo davanti a noi.

«No», risposi sospirando aspettandomi una domanda del genere, «John»

Stu mi guardò sgranando leggermente gli occhi, ma non disse niente.

«Ma lui ama Cyn e io…»

«...tu non sai cosa fare.», concluse lui per me, «Lui lo sa che ti piace?»

Ripensando alla sera nel bagno dello Ye Crack, questa domanda aveva un che di ridicolo…

«Direi di sì…», mormorai nel tentativo di non farmi sentire da Cyn e John, «L’ho baciato…»

«Dici davvero?!?», chiese Stu ed io nel vederlo così sconvolto non potei fare a meno di sorridere, «….e-e…e Cyn?»

«Non credo che io gli piaccia», confessai demoralizzata, «Era piuttosto giù di morale quando ci siamo baciati e poi non ne abbiamo più parlato»

Stu annuì comprensivo, lanciando uno sguardo a John.

«Ma tu vorresti.», disse e non era una domanda.

Io annuii prima di sospirare e dire: «Ma non so come…lui è sempre con Cynthia e poi tanto non ho speranze…»

Non avevo ancora finito di dire così che Cyn ci informò che sarebbe dovuta tornare a casa, perché era già troppo tardi e non voleva far preoccupare sua madre, così la accompagnammo ad Hoylake dove viveva e, dopo che John l’ebbe salutata, Stuart da buon amico tenne Paul lontano da John per permettermi di parlare da sola con lui.

 

«John…», iniziai incerta. Credo che in quel momento fossi rossa come un papavero, ma fortunatamente c’era troppa oscurità perché John potesse accorgersene.

«Ehi!», esclamò lui sorridendomi, come se niente tra noi fosse successo…io mi sentii morire.

«Ehm…», feci imbarazzata, «credo…che forse…dovremmo parlare…»

John iniziò a rallentare il passo, in modo che si creasse più distanza tra noi e il resto del gruppo.

«Ti riferisci a quel bacio, vero?»

Io annuii.

«Se per te non è stato niente di importante, lo capisco», dissi, «Ma non voglio che facciamo finta che non ci sia mai stato…»

John si fermò per guardarmi negli occhi, poi disse:

«Se fosse stato un bacio privo di importanza non sarebbe così difficile parlarne per noi…»

«Ma se fosse stato un bacio importante non mi avresti ignorata completamente da quel giorno.», replicai

Mi accarezzò una guancia mente io sentivo un brivido corrermi lungo la schiena, come ogni altra volta in cui avevo un contatto, seppur minimo, con John.

«La verità è che mi sento attratto da te.», disse, costringendo il mio cuore a battere a ritmi serrati, «…molto attratto.»

Non potevo crederci…era impossibile.

«Però ami Cynthia.», conclusi per lui

«Sì », rispose ed io sentii un peso terribile abbattersi sul mio cuore. Mi ero proprio dimostrata un’ingenua a credergli,vero?...che illusa!

«Però, non lo so…», aggiunse John titubante, poco dopo,«Mi piaci anche tu, tanto quanto Cyn...»

«E allora cosa c’è?»

Ci mise un’eternità prima di rispondere

«Sei una bambina per me»

«Non essere sciocco», risposi secca, «Ho solo tre anni meno di te.»

Lui abbassò lo sguardo a terra,evidentemente in cerca di una scusa plausibile, quindi dissi:

«Non voglio un’altra scusa, John», all’udire il suo nome istintivamente tornò ad alzare gli occhi, «Dimmi solo la verità…bella o brutta che sia!»

Stavo in pena, pensando che quello che stava per dire quasi sicuramente non mi sarebbe piaciuto.

«Paul è molto geloso di te», affermò inaspettatamente (almeno io non me lo sarei mai aspettata), «Te ne sarai accorta…»

«Paul non ha alcuna ragione per essere geloso di me, te lo assicuro.», esclamai convinta, poi aggrottando la fronte nel vano tentativo di capire, chiesi: «Ma poi che c’entra Paul adesso?»

«Lui e George sono i musicisti più bravi che io abbia mai incontrato», disse, «Non voglio rovinare tutto per…»

Per me.

Finalmente avevo capito qual’era il problema!

«Ma neanche io voglio che vi dividiate!», esclamai tutto d’un fiato in preda all’ansia, «Voglio dire, tu mi piaci ma sono anche una vostra fan. Anche se dico che è irritante stare sempre a sentire gli strimpellamenti di Paul, non potrei farne a meno. Voi non dovete separarvi, ma comunque che male c’è se noi, se io e te…….»

«Ehi, calma, calma!», esclamò John, mettendomi una mano sulla spalla ed io potei finalmente riprendere fiato.

Quando sono agitata, infatti, tendo ancora a diventare logorroica e le mie parole iniziano a rincorrersi tanto velocemente che riesco a stento a riprendere fiato.

«Scusa», mormorai abbassando gli occhi, frustrata. Proprio non mi andava che tra noi non potesse funzionare solo perché John  aveva paura della reazione di Paul!

«Voi potreste anche continuare a suonare insieme», tornai all’attacco, spinta dalla forza della disperazione, «E noi potremmo, contemporaneamente, iniziare a vederci!»

Ormai ci eravamo fermati per poter guardarci reciprocamente negli occhi mentre parlavamo e gli altri erano tanto lontani da noi che non riuscivamo neppure più a vederli.

«Ma io sto con Cyn, adesso…», disse titubante

«Ma non sei mica sposato!», esclamai leggermente irritata, «Ed io non ti ho chiesto di sposarmi!!»

Allora non sapevo che John aveva detto una cosa simile a Cyn per convincerla ad uscire con lui, ma scommetto che fu proprio quella frase a fargli prendere una decisione sul da farsi.

«Ti accontenteresti di diventare una mia amante segreta?»

Non risposi, ma il mio sguardo deciso diceva più di mille parole.

«Spero davvero che tu abbia ragione riguardo a Paul…», commentò all’apparenza un po’ bruscamente.

«Non siamo mica innamorati!», esclamai sicura di averlo ormai convinto, «Ed è solo il mio migliore amico, ma non devo tenergli conto di niente!»

Non c’erano molte luci nei paraggi, ma sfruttai la poca luce che proveniva dalla luna e da un lampione lontano per guardare quelle sue labbra fine, sperando che si muovessero, possibilmente verso di me.

Qualcuno disse “Chiedi e sarai esaudito”.

Il tanto agognato secondo bacio da John arrivò, finalmente e mi rese ancor più felice del primo: questo non era un bacio rubato, come quello che gli avevo strappato l’ultima volta; questo era un bacio consapevole, un bacio che John voleva davvero darmi.

Durò pochi istanti, prima che la voce lontana di Stu non ci riportasse alla realtà, ma servì a riscaldarmi il cuore.

John mi prese per mano e mentre ci incamminavamo verso gli altri, a me pareva di volare a un palmo da terra.

Il mio futuro felice insieme a John non mi era mai sembrato tanto reale e tangibile come quella sera.

Quando fummo abbastanza vicini a Stuart, lui ci disse che Paul aveva accompagnato Dot a casa e che lui aveva intenzione di andare ad un pub di cui non avevo mai sentito parlare e che secondo lui sarebbe rimasto aperto fino a notte fonda; ci chiese se ci andava di andare con lui, ma John rifiutò dicendo:

«E’ meglio se porto questa bambina a casa»

Non mi sfuggì però l’occhiolino che fece in direzione di Stu, mentre diceva così, quindi non mi sorprese il fatto che, appena qualche minuto dopo aver salutato Stu mi baciò – un bacio lungo e appassionato – per poi dirmi:

«Ti va di andare in un posto

 

Ovviamente il posto di cui parlava era casa di Stu, che ultimamente era diventata di dominio pubblico.

 

 

 

Salve, gente, come va? Scusate se ci ho messo un po’ ad aggiornare, ma tra forum vari e la mia pigrizia nel trascrivere il capitolo dal quaderno al computer (sì,stavolta eccezionalmente ho scritto prima a penna, poi a computer…), ho fatto tardi.

Temo che la prima parte sia un po’ confusionaria, ma dovevo fare il punto della questione su un paio di cose.

Avete vista che carina la foto di Stu che ho messo??a me quel ragazzo piace proprio!...peccato che sia morto giovanissimo T____T

Adesso bando alle ciance e passiamo ai ringraziamenti:

 

Mery Jackson:…e no! hai sbagliato (ritenta sarai più fortunato) ! il nome Beatles viene molto più tardi, all’incirca a metà ’60 …per la Rhone sono d’accordo!come avrà fatto Paul a mettersi con una così..un bel ragazzo come lui!!...cioè,io preferisco John,eh…ma anche Paul mica è da buttar via!!!!la Rhone invece…!>.< grazie della recensione,comunque! (se decidi di andare ad uccidere Len avverti, così vengo a fare il tifo!:D)

Marty(fantasmino): Allora sono un mito perché ho capito il tuo discorso (u.u), però….Marty!hai proprio una mente diabolica per aver ideato un simile piano!ti stimo sempre di più!xD La storia del significato di Quarrymen non la sapevo, però interessante o.O !!! grazie della recensione!

Zazar: è vero!anche io la prima volta che l’ho vista ho pensato che somigliasse a un topolino (della serie “perfetta vestita da Minnie a carnevale” xD) ahahah Geo senza i biscotti…no,impossibile!è come dire “Paul senza il pettine” o ancora peggio “Paul senza Michelangelo”!!!!xD grazie della recensione!

Thief:  sì, neanche a me Dot fa  né caldo né freddo, ma avevo bisogno di dare a qualcuno il ruolo di vittima sacrificale, quindi è toccato a lei xD Nooo,dai…non sei l’unica a cui piace il nome Quarrymen(c’è anche Clafi!), ma a me non piace…non so perché…mi sa troppo di gruppetto musicale scarso/band del liceo…però neanche il nome Moondogs mi piace moltissimo…(ho i gusti difficili,io xD)  ahahahah, Thief!mi assali Jo così?!?guarda che poi sono gelosa,eh!xD(scherzo,scherzo..assali pure!tanto i fab ormai sono di dominio pubblico…l’unica per cui sono preclusi è la Cozza Ono biscotto u.u) grazie della recensione!

Clafi: ehhhhhh…Chris e Paul…prima o poi presto si capirà come mai si comportano così l’una con l’altro hihi…comunque anche io lo vorrei un’amico come lui *ç*(ma io solo amico,grazie!^.^) sono d’accordo per il “Moondogs”: neanche a me fa impazzire, ma sempre meglio di Quarrymen o.O !!!!!! grazie della recensione!

Russian Fanatic: Una nuova lettrice, che bello!!!! sono felicissima che la storia ti stia piacendo! Grazie della recensione!

 

Grazie anche a chi legge soltando!

 

Baci e alla prossima,

Andry_

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Capitolo 12
*** The Night Before ***


The Night Before


Stuart teoricamente viveva ancora insieme a sua madre, ma aveva ereditato da suo nonno una piccola stanza nei pressi della nostra scuola. Era un posto squallido che cadeva a pezzi, ma i vicini non si lamentavano mai troppo, inoltre Stuart era incline a dare il permesso di sfruttare la stanza a chiunque volesse appartarsi un po’ in compagnia della propria ragazza, e questo fece sì che ben presto la sua stanza divenne il rifugio segreto dei Quarrymen, il luogo in cui soprattutto John e Paul portavano tutte le ragazze che facevano loro il filo.

Io non ci ero mai stata prima di allora, ma John sembrava conoscere benissimo quel posto, tanto che riuscì ad orientarsi anche quando in un primo momento la lampada stentava ad accendersi. Solo quando finalmente John riuscì a far tornare la luce, quindi potei vedere la famigerata “camera di Stu”: era una stanza abbastanza grande, ma non molto accogliente a dire il vero; sul pavimento in un angolo se ne stava un materasso malandato a due piazze, che fungeva da letto, poi qua e là c’era qualche tela mezza dipinta  e per terra c’era una gran confusione di rifiuti e abiti smessi.

Il tutto, illuminato da una di quelle piccole lampadine che si trovano a poco prezzo nei supermercati, faceva sì che quel luogo fosse imperniato da un’atmosfera particolarmente Bohemien, che probabilmente contribuiva molto a quell’aria da poeta maledetto che aveva sempre Stuart e che tanto piaceva alle ragazze.

A noi due in quel momento, però, non importava granchè del luogo in cui ci trovavamo; immagino che se fosse stato un lurido buco infestato dai topi, o al contrario la più lussuosa stanza di un albergo a 5 stelle, noi a stento ci saremmo accorti della differenza, intenti come eravamo a scambiarci baci e carezze.

Ben presto John iniziò a sbottonarmi la camicetta bianca, come se fosse stato un lupo affamato ed io un pezzo di carne tutta per lui; anche io cominciai ad aiutarlo con i bottoni della camicia e il gancetto del reggiseno, non sopportando più gli indumenti che mi coprivano il corpo separandomi da lui, poi passai a sfilare la canottiera bianca di John, quella canottiera bianca che portava quasi sempre sotto la giacca di pelle; lui nel frattempo mi aveva condotta dolcemente verso il materasso su cui entrambi ci lasciammo cadere, si distese su di me e iniziò ad armeggiare con il bottone e la zip dei miei jeans, mentre il mio cuore batteva all’impazzata, lasciai che mi sfilasse i jeans, come se fossi stata una bambina che si fa aiutare a svestirsi dalla mamma, poi lui si mise in ginocchio sopra di me e iniziò a sbottonarsi i suoi pantaloni neri stretti, quei pantaloni che sua zia Mimi odiava tanto; lo guardai sfilarseli, mentre il mio respiro si faceva sempre più corto e le mie gambe iniziavano a tremare come impazzite, senza che io potessi fare niente per fermarle.

«Ehi, ehi…», disse dolcemente John, tra un bacio e l’altro, nel tentativo di tranquillizzarmi, «Qualcosa non va?»

Io scossi decisa la testa, ma in realtà avevo una paura fottuta di quello che stava per accadere e, nonostante tutto, lo desideravo con tutto il cuore…desideravo stare il più vicina possibile a John: ero davanti a lui e lo tenevo stretto a me, ma non era abbastanza.

Un mito greco sulle anime gemelle dice che gli innamorati sono la stessa anima in due corpi: durante il giorno si rincorrono e si desiderano, ma soltanto nell’atto dell’amore riescono davvero a sentirsi appagati, perché i due corpi separati, finalmente si riuniscono e l’anima spezzata, finalmente unita, può trovare pace.

La mia anima desiderava quell’unione più di qualsiasi altra cosa, eppure ancora i dubbi mi tormentavano: avevo sprecato il mio “primo bacio”…non volevo fare lo stesso con la mia “prima volta”.

Nonostante il suono dolce della voce di John e i suoi dolci baci riuscissero a calmarmi un po’, tremavo ancora violentemente.

«Chris, non può essere peggio di quello che è stato con Len, no?», disse John per tranquillizzarmi.

«No…Len ed io…non…», non riuscii a dire niente di più coerente, ma John capì comunque.

«Cristo, sei ancora vergine?», chiese sorpreso, «E Len è rimasto con te per mesi senza….?»

Cosa credeva? Avevo 15 anni da appena tre mesi… una persona normale non si sarebbe stupita più di tanto che fossi ancora vergine, ma lui era pur sempre John, non dimentichiamocelo!

«E adesso…», chiese titubante, «Ti senti pronta?»

Ancora una volta, il cuore e la ragione mi spingevano verso direzioni diverse ed io non sapevo cosa rispondere.

«Vedrai che ti piacerà, te lo assicuro…», disse dolcemente, con una certa sbruffoneria, ed io annuii.

«Sono pronta.»

 

Mi svegliai solo qualche ora più tardi distesa sul materasso di Stu, abbracciata a John.

Mi sentivo tutta indolenzita e leggermente disillusa riguardo al sesso, ma sostanzialmente felice di essere ormai diventata ufficialmente l’amante del bellissimo leader dei Quarrymen.

Mi ero sempre immaginata il sesso come qualcosa di piacevolissimo e grandioso, ma in realtà la prima volta era stato più doloroso che altro; comunque lo facemmo ancora quella sera e ogni volta sembrava andare sempre meglio ed io mi sentivo sempre più legata a John. Alla fine scoprii di amare e desiderare John ancora più di prima, perché ormai gli appartenevo con tutto il corpo e tutta l’anima; provavo per lui un sentimento nuovo e sconvolgente.

Lo guardai dormire appoggiato a me e provai a pensare a che cosa avrei fatto se lui, di punto in bianco, avesse deciso di non volermi vedere mai più e un singhiozzo mi nacque spontaneo dal petto: ormai ero sua, il fascino “alla Lennon” mi aveva stregata, ero senza più possibili vie di fuga.

Mi rigirai facendo attenzione a non svegliare John per dare un’occhiata all’orologio

«CRISTO SANTO, SONO LE SEI!!!», gridai, saltando in piedi in cerca dei miei vestiti, «John!Joooohn!!!»

Lui si svegliò mugolando, ma appena capì la situazione si affrettò anche lui a cercare i suoi vestiti, per riaccompagnarmi a casa.

Nel frattempo io stavo diventando paranoica: non oso neppure pensare a cosa ne sarebbe stato di me se non fossi tornata a casa entro le 7!mia madre si sarebbe svegliata, non mi avrebbe trovata e…mi avrebbe uccisa!

Trascinai John fuori da casa di Stu e facemmo a corsa tutta la strada fino a casa mia, dove ci salutammo con un rapido bacio prima che io rientrassi passando, come sempre, dalla finestra.

Paul era appena rientrato da una notte passata insieme a Dot e aveva assistito a tutta la scena, ma io sul momento non me ne resi conto.

 

I patti tra me e John erano che lui avrebbe continuato a frequentare Cyn ufficialmente, mentre io sarei stata solo la sua povera amante e ne ero consapevole, ma nonostante ciò, per quel che ne sapevo io, le cose tra noi andavano beneed io mi sentivo sempre più fiduciosa; tuttavia John non si fece più vedere per un bel pezzo e ogni volta che lo chiamavo al telefono o passavo da casa sua, sua zia trovava una scusa sempre nuova per mandarmi via più delusa e abbattuta di prima.

Fu con un’infinita gioia, quindi, che accolsi l’inizio del nuovo anno scolastico: frequentando la stessa mia scuola non avrebbe potuto sfuggirmi per molto tempo!

Arrivai prestissimo al Liverpool College of Arts e subito mi appostai sulla porta d’ingresso, nella speranza di vederlo arrivare

«Quindi ci sei andata a letto?», mi chiese schietta Thel, che avevo appena aggiornato sugli ultimi sviluppi, mentre ero tutta intenta a fare da sentinella

«Sì, mi ha portata a casa di Stuart…», risposi distrattamente.

«Tipico», commentò lei, «Lui e Paul non fanno che imitarsi…prima o poi li vedremo arrivare anche con gli stessi vestito e con lo stesso taglio di capelli»

«Il taglio di capelli ce l’hanno già uguale!», osservai sorridendo

«Sì, beh…ma lo sai che dato che Cyn ha i capelli biondi Paul voleva convincere anche me a tingerli?!»

«Non ti ci vedo bionda.»

«Appunto!!!», esclamò lei, «E’ quello che gli ho detto anche io, ma lui insisteva!scommetto che sarebbe anche riuscito a convincermi se avesse continuato ad insistere…ma poi ci siamo lasciati. Adesso tocca a quella povera disgraziata della Rhone sorbirsi tutte le manie di Paul…»

Avrei anche potuto difendere il povero Paul, se non fossi stata tanto intenta a stare di vedetta all’ingresso.

«Arriva?», si informò Thel, vedendomi così concentrata, ma io dovetti scuotere la testa delusa.

Non feci in tempo a gettare la spugna, però, che Cynthia mi passò vicino salutandomi. Io accennai un “ciao” imbarazzatissimo: avevo scoperto di sentirmi incredibilmente a disagio vicino a Cyn, tanto che non riuscivo neppure a guardarla in faccia, ma Thel di certo non soffriva del mio stesso problema:

«Ehi Cyn!», esclamò subito, vedendola, «Sai dov’è Lennon?devo parlargli…»

Alzai gli occhi abbastanza per vedere Cyn scuotere la testa e dire:

«John non puo’ venire oggi», spiegò con quei suoi modi di fare tutti per benino, «Sono passata da lui prima di venire e mi ha detto che non si sente molto bene »

In effetti, John non si fece vedere quel giorno…e neppure nei giorni seguenti, ma come avevo predetto, non potette sfuggirmi per molto; il lunedì successivo, infatti, si presentò a scuola ed io potei finalmente trascinarlo in un luogo un po’ appartato per parlare con lui.

«Perché mi eviti?», chiesi, dato che nel frattempo mi ero fatta un’idea tutta mia sul perché ci fosse voluto così tanto tempo prima di vederci di nuovo.

«Non scocciarmi, Chris!», rispose bruscamente.

Non aveva neppure provato a smentirmi, come mi sarei immaginata! Ma che gli prendeva?

Io proprio non lo capivo: un attimo prima era dolce e affettuoso con me, proprio come se mi amasse e l’attimo dopo mi scacciava come se non fossi stata molto più di un insetto fastidioso…

«Ho fatto qualcosa di male?», chiesi nel vano tentativo di capirci qualcosa

«A dirla tutta, sì!», rispose freddamente, «Mi stai stressando. Smettila di assillarmi!»

Detto questo fece per allontanarsi, mollandomi lì da sola, ma io lo rincorsi e lo afferrai per un braccio. Fu allora che notai sulla sua mano destra una ferita in via di guarigione; sembrava essere vecchia di qualche settimana, ma come se l’era procurata?!?

«Cos’è successo?», chiesi tornando a guardarlo negli occhi

«Niente, lasciami in pace.», disse di nuovo, strappando via il suo braccio dalla mia presa, «Fai finta che io non esista, ok?»

«NO!NON POSSO, CAPISCI?!», iniziai ad urlare disperata e lui finalmente lasciò cadere quella maschera di indifferenza che aveva assunto, lasciando trasparire un barlume di angoscia.

 «Tu sei stato il primo per me!», dissi cercando di calmarmi

«Lo so», sospirò afflitto, «E mi dispiace immensamente…»

«Ma a me no!», mi affrettai a replicare

«Dovrebbe dispiacerti, invece!», esclamò accalorandosi, «Guarda in faccia la realtà, Chris: non può funzionare. Sarebbe meglio per entrambi se fingessimo che non è successo niente.»

Rimasi a guardarlo scioccata: come poteva dire una cosa simile? Quello che era successo tra noi era talmente privo di significato per lui?

Eppure quella mattina, appena svegli, mi era parso che anche lui….!

«Adesso io torno da Cyn e tu…», iniziò a dire dolcemente, mentre io non potevo far altro che scuotere la testa, attonita.

«JOHN!», si intromise Cynthia a quel punto, vedendo il suo ragazzo parlare con me.

Ci venne incontro tutta sorridente e lui la abbracciò, visibilmente felice di vederla.

No, io proprio non riuscivo a sopportarlo… possibile che mi fossi illusa ancora una volta?

Cynthia Powell sembrava essere per me una rivale invincibile e anche se presa singolarmente mi stava simpatica, in quel momento proprio non riuscivo a sopportare la sua presenza, quindi fuggii via da lei e da John.

Ormai stavo combattendo una battaglia persa contro le lacrime che premevano, insistenti, per uscire.

Come poteva John essere stato tanto stronzo con me?

Mi aveva presa e poi buttata come una troietta qualunque. Neppure si sarebbe degnato di rivolgermi la parola se non fossi stata io ad insistere!

Che gli era preso? Io proprio non riuscivo a capire cosa gli passasse per la testa.

Mi sentivo sconvolta e sull’orlo di un baratro, quando…

«Chris!», esclamò una voce maschile sorpresa, che riconobbi come quella di Stu.

Riportata alla realtà mi guardai  intorno e scoprii che correndo mi ero ritrovata per strada fuori dal college e Stuart era lì, proprio vicino a me, a fumarsi una sigaretta.

«Stuart…», mormorai leggermente disorientata, «Che ci fai qui?»

«Fumo.», rispose con una scrollata di spalle, «Tu?»

«Ehm….credo di essere scappata da scuola», dissi titubante,guardando il grande edificio alle mie spalle.

«Perché sei in lacrime?», mi chiese preoccupato

«Ho litigato con…»…non riuscivo neppure più a pronunciare il suo nome.

«Ah…», fece lui, come se la sapesse lunga, poi gettò la sigaretta a terra, la calpestò e prendendomi a braccetto disse: «Vieni: ormai per oggi la scuola è saltata.»

Camminammo per un po’ tra le strade di Liverpool, arrivando fin quasi a Penny Lane, ma solo quando io mi fui calmata, Stu si decise a parlare.

«Ti sei decisa a chiedergli perché ti ignorasse, eh?», mi chiese serio.

«E tu che ne sai?», domandai sorpresa.

«John cosa ti ha detto?», chiese ancora, invece di rispondere alla mia domanda.

«Che lo stavo assillando e gli scocciavo», risposi afflitta, gettandomi a sedere sullo scalino del marciapiede.

«E tu ci hai creduto?», disse lui, alzando un sopracciglio.

«Sai qualcosa che io non so, Stu?», chiesi sospettosa, «Sai perché è così incostante nei miei confronti?»

Stuart mi guardò negli occhi per un po’, come se tastasse il terreno, prima di rispondere:

«Ho un’ipotesi…», disse, «Paul non ti ha detto niente?»

«Cosa doveva dirmi?», chiesi stupita. Cosa c’entrava Paul in tutto questo?

«Il giorno dopo la notte che tu e John avete passato insieme, Paul si è presentato a casa di John.», disse, «Lo so perché c’ero anche io…»

Stu aveva un’aria stranamente truce, ma io proprio non potevo – o non volevo – capire dove volesse andare a parare.

«Non so cosa gli disse perché lo trascinò fuori di casa dicendogli che doveva parlargli ed io ho pensato che fosse meglio levarmi dai piedi», continuò, «In ogni caso quella sera John si presentò allo Ye Crack con un’aria molto scontrosa e non sopportava di sentir parlare né di Paul, né di Cynthia, né di te. Strano, no?»

Strabuzzai gli occhi. Stuart stava insinuando che Paul avesse detto a John di starmi alla larga?!

 Paul non lo avrebbe mai fatto, ne ero sicura. Perché avrebbe dovuto?

«Ho provato a chiedergli di cosa doveva parlargli Paul», continuò a raccontare Stu, «Ma John mi ha detto di farmi gli affari miei»

Non riuscivo a crederci.

Per quello John mi evitava? Paul si era presentato da lui e gli aveva fatto una scenata…per me?!

Era assurdo persino pensarlo.

E John non aveva neppure reagito? Certo che no, lui era convinto che Paul avesse ragione a comportarsi così, che avesse una sorta di esclusiva su di me…..che scemenza!

Dovevo parlare con Paul.

 

Ecco il nuovo capitolo…e anche stavolta scusate per il ritardo!

A causa di questo capitolo credo che sia meglio alzare un po’ il raiting, voi che ne dite? Io non ci capisco molto di raiting…

Rosso mi pare troppo perché infondo non ci sono delle scene di sesso esplicite….va beh, per ora lo metto arancione, poi nel caso in cui pensaste che sia meglio rosso lo cambio u.u

Purtroppo in questo capitolo non ci sono foto perché non ne ho trovate di adeguate (ci sarebbe stata bene una foto di john e Chris, ma purtroppo non ne esistono….chissà come mai!XD)...prometto che al prossimo capitolo ci saranno nuovamente fotografie u.u

 

Ora, bando alle ciance e via ai ringraziamenti!!!

 

Zazar: ahahh la risata alla Peter Griffin è fantastica XDXD eh, mi sa che hai ragione per il fatto che questa storia farà soffrire Chris…fin troppo presto!anche perché,diaciamocelo, una storia d’amore così è destinata a far soffrire! Per Stu sbavo tantissimo anche ioooo…*ç*

Grazie della recensione :)

Russian Fanatic:giààà…buon per Chris…anche se alla fine le va male, darei di tutto per essere stata al suo posto…ok,sono una pervertita xD

Grazie della recensione :)

Lullaby: eheh…credo che a casa di Stu sia accaduto proprio quello che pensi, ho indovinato? XD(buon per leeei!*.*)…peccato per quello che succede dopo…!

Grazie della recensione :)

Marty: AAAAAAahhhh!!!XDXDXD il coretto della sirenetta è stupendoooo!!(io adoro il gabbiano che stona un casino xD…il mio fantasmino si è impossessato di lui, invece XD) XD Chris con Stu…e chi lo sa?!?se si è messa con Len, allora potrebbe anche mettersi con Stu(che tra l’altro è molto, ma moooooooooooolto più bello!u.u)xD

Grazie della recensione :)

Mery Jackson:  eh sì, anche io la invidio tantissimo!*o* (comunque tranquilla, anche io la maggior parte delle cose le ho scoperte documentandomi per questa storia, altrimenti non le avrei sapute xD)

Grazie della recensione :)

Thief: come Peter Griffin pure tuuu!!!XDXDXD io lo adoro quando ride così: è contagioso!!eh già….a Chris è proprio cresciuto il naso xD…e John….chissà cosa gli passa per la testa….!

Grazie della recensione :)

 

Grazie anche a chi legge soltanto!

Alla prossima! baci,

Andry_

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Capitolo 13
*** Because ***


Because


«Che hai intenzione di fare?», mi chiese preoccupato Stu, notando il mio sguardo deciso

«Andare ad uccidere Paul.», risposi ed ero furiosa.

In quel periodo della mia vita niente pareva andare per il verso giusto: prima mi ero messa con un ragazzo (Len) che non amavo e che mi aveva procurato tutta una serie di turbe psichiche, poi, subito dopo esserne uscita, mi ero ritrovata a letto con un altro ragazzo (John) che, viceversa, non mi amava, perché amava Cynthia, la sua ragazza; infine, come se non bastasse, il mio cosiddetto “migliore amico” si era ingelosito e sentendosi minacciato da John era andato da lui e lo aveva convinto - in qualche modo che non volevo sapere – che io non ero la ragazza adatta a lui.

Ero davvero infuriata con Paul! logico, no? Quello in un solo giorno aveva reso inutili tutti i miei sforzi per piacere a John!!!

Avevo marinato la scuola e non potevo tornarmene a casa senza sottopormi a una sfuriata da parte di mia madre, quindi insieme a Stu mi appostai davanti al Liverpool Institute, in attesa dell’uscita di Paul: volevo parlargli il prima possibile.

Stu rimase con me per tutto il tempo e, come faceva sempre quando si annoiava, prese un foglio e una matita e iniziò a disegnare. Io, invece, rimasi a fissarlo affascinata dallo scorrere fluido della matita sul foglio; mi piaceva osservare i movimenti che la mina tracciava sul foglio, come se stesse accarezzando la carta bianca a ritmo di una musica silenziosa lasciandosi dietro linee grigiastre, come indizi sul percorso seguito, linee che insieme formavano un’immagine, ombra e specchio della realtà.

«Oh…», esclamai non appena le linee grigiastre tracciate da Stu iniziarono a prendere forma, «Ma sono io!»

Stuart annuì sorridendo dolcemente.

«Ma nella realtà sei più carina», disse, «c’è qualcosa di te che neppure le fotografie riescono a catturare: nessuna rappresentazione ti rende giustizia»

Probabilmente era un modo carino per dire che non sono fotogenica - né “ritratto-genica” - , ma mi fece comunque arrossire.

Fortunatamente, prima che il silenzio diventasse troppo imbarazzante, i ragazzi del Liverpool Institute iniziarono ad uscire ed io mi alzai in piedi, nel tentativo di avvistare Paul.

«Allora io vado», disse Stu alzandosi e sospirando, «Cerca di non fare troppo male al povero Paul: sono sicuro che credeva di fare la cosa più giusta!»

Sorrisi rassicurante e salutai Stu, prima di avvicinarmi da sola al portone di ingresso della scuola.

Il primo ad uscire fu Mike, che non appena mi vide mi corse incontro chiamandomi per nome, poi fu il turno di George, infine uscì Paul, ma a quel punto con Mike e George che non facevano che parlare e chiedermi perché mi trovassi lì non potevo certo prendere da parte Paul per parlargli!così decisi di aspettare…

«Ma non sei andata a scuola?», mi chiese Paul tutto sorridente. Proprio non si aspettava che io fossi arrabbiata con lui…

Io alzai le spalle e non gli risposi, prendendo, invece, a braccetto George che si trovava qualche passo davanti a lui.

«Che le hai fatto?», disse Mike a Paul, abbastanza forte perché io potessi sentirlo.

«E che ne so?!?», esclamò Paul che a giudicare dal tono sembrava confuso dal mio atteggiamento.

Il viaggio il autobus fu uno dei più silenziosi che io ricordi: nessuno di noi quattro aveva gran voglia di parlare e mentre io pensavo a cosa avrei dovuto dire una volta arrivati a Speke, Paul tamburellava con le dita sul sedile e Mike guardava assorto fuori dal finestrino, l’unico suono che si sentiva (oltre al normale chiacchiericcio degli altri studenti) era il borbottare dello stomaco di George.

George, come sempre, scese una fermata prima rispetto a noi, ma prima di andarsene ebbe il tempo di lanciarmi un’occhiata preoccupata.

«Allora volete dirmi cosa è successo?», chiese di nuovo Mike, «voi due sembrate sul punto di sbranarvi a vicenda!»

«io non ne so niente», rispose freddamente Paul, «Chiedi a lei»

Io scossi le spalle nel tentativo di evitare la domanda

«Chris!!!», esclamarono in coro i due fratelli McCartney, facendo girare verso di noi la metà dei passeggeri.

«Siamo arrivati.», dissi notando che stavamo per arrivare alla nostra fermata e mi alzai per avvicinarmi ondeggiando alla porta dell’autobus.

 

Una volta arrivati a casa, lasciai il tempo a Mike di entrare, poi trascinai Paul in giardino.

 


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[Questo è il giardino di casa di Paul, visto dall’interno di casa, con Paul che come al solito è intento a suonare. E’ lì che lo trascinai per parlare]

 

« Dobbiamo parlare», gli dissi, guardandolo severamente negli occhi

«Che è successo, stavolta?», chiese Paul esasperato.

«Non lo so, dimmelo tu!», esclamai furiosa per il fatto che lui volesse sembrare totalmente innocente e all’oscuro di tutto. Avevo decisamente i nervi a fior di pelle, tuttavia Paul proprio non voleva capire, quindi aggiunsi:

«Ti do un indizio: John!», il nome di Lennon uscì dalla mia bocca come un fulmine a ciel sereno, o almeno su Paul fece questo effetto: prima sgranò leggermente gli occhi, poi socchiuse la bocca, la richiuse, sbatté le palpebre e infine disse:

«O-oh……quello…», disse come se fosse stata una cosa di poco conto, «lo sei venuta a sapere?»

Le mani iniziarono a prudermi ed io sentii l’impulso irrefrenabile di stampare un bel “cinque” rosso sulla faccia di quello stupido che mi guardava sorridente, ma mi trattenni. Chiusi gli occhi, sospirai un paio di volte per calmarmi e infine dissi:

«Sai com’è…ci sono andata a letto ed ora non mi vuole neppure vedere!»

Il Paul che conoscevo, se fosse stato innocente, mi avrebbe chiesto “ci sei andata a letto?!?” con un tono tutto scandalizzato, ma invece non lo fece. Per me questa fu la prova decisiva che Stu mi aveva detto la verità.

«Lui non ti ama, Chris, e questa ne è la prova!»

«Prova un corno!», replicai, «Tu, lui e George insieme avete le carte sufficienti per diventare il gruppo migliore di Liverpool e forse del mondo!L’hai messo di fronte alla scelta tra me e una brillante carriera musicale?!»

«Se ti avesse amata avrebbe scelto te, anziché la musica!»

John  Lennon senza musica? Era assurdo persino da pensare. Anche nell’ipotesi che avesse accettato, io non avrei voluto un John che si fosse trovato costretto a rinunciare a tutto per me.

Sentii gli occhi bruciare e le lacrime che per la rabbia avevano preso a sgorgare dagli occhi.

«NON MI AMA, LO SO!», urlai, «Ma così facendo tu hai bruciato ogni mia minima possibilità con lui!»

«L’ho fatto per il tuo bene!»

«Il mio bene un corno, Paul!», sputai il suo nome con tutto l’odio che mi fosse possibile nei confronti di quello che nonostante tutto era ancora il mio migliore amico, «In realtà lo hai fatto solo per la tua egoistica mania da “prima donna”: non sopporti che io possa preferire qualcun altro a te, vero?!»

«Ma fammi il favore, Chris!», esclamò lui,«Len mi piaceva!»

«Solo perché non piaceva a me!!!!»

Questo ammutolì Paul per un po’, ma ben presto si riprese e disse debolmente:

«Anche a te Thel piace solo perché a me non è mai piaciuta un granchè!»

«All’inizio ti piaceva eccome! », replicai, «Comunque Thel era mia amica anche prima che si mettesse con te…e di certo è molto meglio di Dot!»

«Non metterci di mezzo Dot!», esclamò accalorandosi, «Lei non c’entra niente»

«Invece c’entra: come a te non piace John, a me non piace Dot», dissi, «E dobbiamo convivere con questa cosa se non vogliamo rovinare tutto!»

«Tutto cosa, Chris?!», chiese lui, quasi urlando, «Cos’è che non è già stato rovinato tra noi?»

Il mio cuore perse un battito.

«Abbiamo ancora un’amicizia da difendere…», mormorai, «Un’amicizia bellissima…»

Paul fece un gesto scocciato che mi procurò un brivido lungo la spina dorsale.

«Mi dispiace ma io proprio non ce la faccio a vederti con quello», disse riferendosi evidentemente a John, «Non ce la faccio a vederti degradata al ruolo di “amante segreta” di qualcuno. Se non ci fosse Cyn – e lui ti amasse – andrebbe bene, ma così…»

«Paul», dissi dolcemente, «Io non sono la persona perfetta che tu credi… e ho il diritto di sbagliare, no?»

«Sì, ma non così, non con lui.»

«Ma perché no?!», chiesi esasperata, «E’ il tuo migliore amico, no? In teoria dovrebbe essere la persona che più…»

«Proprio per questo non voglio che stia con te!», esclamò interrompendomi, «Io lo conosco, Chris, e so come ragiona…non voglio che tu soffra a causa sua.»

«Ma così soffro a causa TUA!», esclamai disperata e infuriata, «Così per te è meglio, vero? Perché vuoi esistere solo tu per me!»

«Se ne sei proprio convinta, sai che ti dico?», chiese, «Hai ragione!»

Così dicendo mi diede le spalle per rientrare in casa. Secondo lui dandomi ragione, come si fa con gli stupidi troppo noiosi, aveva messo fine alla conversazione.

«Vaffanculo.», dissi con una voce carica di risentimento e me ne tornai a casa.

 

Io e Paul non avevamo mai litigato tanto seriamente da smettere di parlarci per più di mezza giornata: accadeva sempre che prima o poi uno dei due tornava dall’altro con la coda tra le gambe, spaventato dall’idea di perdere un’amicizia importante; questa volta, però, era diverso. Stavamo crescendo (o forse dovrei dire regredendo?) e né io né Paul volevamo ammettere di avere sbagliato.

Ero perfettamente consapevole del fatto che Paul si era comportato così solo perché credeva di fare il mio bene, ma ogni volta che vedevo John (e frequentando la sua stessa scuola accadeva molto spesso) mi ripetevo (come in un rituale di autoconvincimento) che non avrei mai perdonato Paul.

Passammo quasi una settimana senza neppure salutarci quando per caso ci incontravamo per strada. Ci comportavamo come perfetti sconosciuti e questo faceva soffrire i nostri genitori, a cui piaceva saperci buoni amici,ma noi non eravamo minimamente intenzionati a cedere.

Eppure ogni volta che lo vedevo in giro e percepivo il suo sguardo che mi trapassava come se non fossi esistita, sentivo una fitta dolorosissima al cuore…

«Lo odio!», esclamai una volta che lo incrociai a una fiera di paese, alla quale si trovava insieme a Dot, John, Cyn, George e Ruth, «E odio anche John.»

Io mi trovavo lì solo perché, dopo tante insistenze, Stu, Mike e Thel (che verranno fatti santi per la pazienza dimostrata nell’ascoltare tutte le mie lamentele) erano riusciti a convincermi, ma a quel punto l’unica cosa che avrei voluto fare era fuggire via di lì.

« “Odiare qualcuno significa odiare qualcosa che fa parte di sé. Ciò che non fa parte di noi non ci scalfisce”», sentenziò Stu con l’aria di un vecchio saggio orientale, poi vedendo che tutti lo guardavano in modo strano, aggiunse a mo’ di scusa: «Hermann Hesse»

La voce di Paul risuonò nella mia testa (“…è uno di quelli con il nome in tedesco, quindi deve essere qualcuno di importante!Il nome è tipo…”), ma io la scacciai scuotendo violentemente la testa.

«Andiamo via!», ordinai

I miei tre amici rimasero un po’ a guardarmi stupiti e indecisi sul da farsi, ma proprio in quel momento Paul ricambiò il mio sguardo ed io dovetti fuggire via: anche se gli altri non mi avessero seguito, io non potevo rimanere.

«Chris!», gridò Mike che mi aveva seguito di corsa, insieme a Thel, «Dove vai?»

Quando mi fermai ero già lontana dal punto in cui avevamo avvistato i Quarrymen.

Avevo il fiatone, ma non riuscivo a smettere di ridere, muovermi e agitarmi.

«Non mi andava più di stare là: c’era così tanta gente, così tanto caldo e io non ne potevo più, dovevo proprio andare in un altro posto un po’ più arioso, così sono venuta qui», dissi tutto d’un fiato, «Dov’è Stuart?»

«Si è fermato a salutare John, Paul e George», rispose Thel, «Sicura di sentirti bene?»

«Sicurissima»

Mi sedetti sul bordo del marciapiede e i miei due amici, dopo essersi lanciati uno sguardo perplesso ed essersi accesi una sigaretta, mi imitarono.

«Mio fratello è uno stupido», sentenziò Mike dopo un po’, osservando le scarse nuvole bianche che sfilavano nel cielo e Thel annuì subito vivacemente

«E anche John lo è», aggiunse, «Voglio dire, sei meglio tu della Powell!»

Feci schioccare la lingua per far vedere che non ero d’accordo.

«Lei è bellissima»

«Ok, ma non ha altro!», replicò Thel. Apprezzavo i suoi tentativi di tirarmi su il morale, ma proprio non reggevano!

«Cyn non ha solo la bellezza», dissi demoralizzata, «E, in ogni caso, per gli uomini la bellezza basta e avanza»

Per tutta risposta Thel tirò un ceffone sulla testa a Mike.

«Ehi!», protestò lui, massaggiandosi il punto colpito, «Ma che ho fatto?!»

«Come esponente del genere maschile, te lo meritavi!»

A quel punto fece ritorno Stu ed io gli sorrisi: temevo, infatti, che, come John, avrebbe preferito i Quarrymen a me, rimanendo con loro…

«A quanto pare John è un po’ nei guai», disse, «Sembra che sua zia non voglia più che lui suoni perché secondo lei questo lo distrae dallo studio.

Povero John.Un po’ mi dispiaceva per lui, ma tentai di non darlo a vedere.

«E lui?», chiese incuriosita Thel

«Lui niente. Continua a suonare, ovviamente», rispose Stu, «Ma lo fa di nascosto»

«E Paul che ti ha detto?», chiese Mike lanciando un rapido sguardo a me. Non lo disse ma era chiaro che la vera domanda era “Che ti ha detto di lei ?”

«Paul non ha spiccicato parola», rispose Stu sottovoce, nel vano tentativo di non farsi sentire da me, «Ma si capiva che era turbato»

Poi Stu mormorò qualcosa a Mike che io non riuscii a cogliere, ma questo in tono tranquillo rispose:

«…Faranno pace. Non ci riescono proprio.»

Non riuscii a sentire il resto della conversazione perché per distrarmi Thel mi prese a braccetto e iniziò a parlare di cose di scarsa importanza, ma io non la ascoltavo e non riuscivo a togliermi dalla testa l’immagine di John che mi aveva completamente ignorata e lo sguardo di Paul, che mi provocava un sussulto al cuore.

Verso le cinque di sera Mike ci salutò perché aveva incontrato una sua “amichetta” e si appartò con lei, quindi fu Stu a riaccompagnarmi a casa.

«Quindi avete proprio litigato?», mi chiese quando rimanemmo soli, per rompere il ghiaccio. Per me, il soggetto  non aveva bisogno di essere esplicitato: Paul.

«A quanto pare…», risposi rassegnata

«Quando hai intenzione di fare pace con lui?»

Che strana domanda…

«Non so se faremo mai più pace… », risposi, « sembra tutto così irreale…»

Dovetti fermarmi a respirare profondamente per mantenere la calma, poi continuai dicendo:

«Credevo che ci saremmo sempre stati l’uno per l’altra…», mormorai trovando difficoltà a parlare, «…credevo davvero che saremmo stati amici per sempre.»

«Ma io parlavo di John», disse Stu, con sguardo confuso, «Non parli più neppure con lui, vero?!»

Ah già…!

Guardai il ragazzo che mi era accanto negli occhi e non fui più in grado di arginare le lacrime,che sgorgarono libere.

«Chris», disse Stu in tono titubante, come temendo di dire qualcosa di sconveniente, «Sei proprio sicura di non amare Paul, anziché John?»

 

Nel mentre eravamo arrivati a Speke, nei pressi di casa mia e, in lontananza, vidi Paul uscire di corsa dal cancello di casa mia. Cosa stava facendo?

Iniziai a correre più velocemente possibile, inseguita da Stu, ma quando arrivai Paul era già rientrato in casa sua. Davanti alla porta di casa mia, però, c’erano tre rose bianche, con un bigliettino che diceva:

 

Chris, io

Lo so che tu non

Mi dis

Sono proprio un

Siamo due stu

Ti voglio più bene di quanto io stesso credessi.

Questa situazione mi fa stare male,Chris!

Ti prego, parlami!

Paul.”


paulie.png

[Il bigliettino che Paul mi scrisse quella volta...]

 

Vicino alla scritta, c’era un disegnino di Paul modello orsacchiotto con due occhioni verdi – più verdi di quanto in realtà li avesse – che mi chiedeva scusa. Come non crollare di fronte a un gesto tanto stupido da parte sua? Era un’azione sleale: in quel modo, anche volendo non avrei potuto restare arrabbiata con Paul!

Crollai in un pianto a dirotto tra le braccia di Stu, il quale mi fece sfogare liberamente, accarezzandomi la schiena in fare rassicurante; non so cosa potessero pensare di noi i vicini, ma non mi importava.

«Sicura che tu e Paul non siate innamorati l’uno dell’altra?», chiese di nuovo.

Ma non sapeva fare altre domande?!?

«Al cento per cento», risposi guardando dolcemente il biglietto di Paul

«Sai», disse Stu, «Se io fossi innamorato di te, mi sentirei minacciato più da Paul che da John…»

«Ovvio, John non mi considera proprio!», cercai di replicare con una certa ironia

«No, non è questo», rispose pensieroso, con una certa malinconia nella voce «E’ solo che se io fossi innamorato di te, saprei che se solo uno di voi due si rendesse conto dei propri sentimenti, io non avrei più chance…»

Rimasi ad ascoltarlo per un po’ con la bocca semi aperta, poi sorrisi

«Di questo non dovresti preoccuparti», dissi, «Io e Paul siamo fratelli!»

«Intendi dire che siete come fratelli…», mi corresse Stu

«Sì, certo…», mormorai, ma dalla faccia che fece lui non dovetti apparire molto convincente.

«Perché, non è vero?», chiese sconcertato, «Siete davvero fratelli?»

«No…no, ovviamente!», risposi , fingendo una risata spensierata, ma vedendo che non mi credeva molto aggiunsi: «Lascia perdere… »

 

 Scusatemi per il ritardo!!! Il problema è che tra poco ho un  esame e ho poco tempo per scrivere… comunque cerco di aggiornare più velocemente che posso u.u

Passo subito alle recensioni:

 

Zazar: Già,hai fatto un’analisi perfetta del comportamento di Paul u.u sìììì!quanto è gnocco Stu *___* peccato che sia morto tanto presto…ç__ç…..sono felicissima che questa storia ti stia prendendo :D

grazie della recensione!

Marty: eh già…dovrò assumere il tuo spirito, per aiutare la povera Chris XD… anche io penso che 15 anni è davvero troppo presto, ma Chris l’ha fatto per non farsi sfuggire John u_u...e poi…non so, ce lo vedevo John a stupirsi di una cosa del genere! XD…ahah davvero ti sei sentita nella storia quando Thel chiede quella cosa?beh,sarà che è normale avere amiche un po’ pettegole (o almeno,le mie lo sono molto u.u)XD

Grazie della recensione!

Thief: eheh sì,in effetti….solo John-.-‘’’’…penso anche io che 15 anni sia presto…ma Chris l’ha fatto per una ragione u.u…e poi è John!!...oooh sono felice che ti piacciano John e Chris insieme :D…alla fine (ma proprio alla fine), riusciranno a trovare pace(credo), ma sarà una strada lunga e tormentata  *spunta Paul e inizia a cantare “A long and winding road”* xD

Grazie della recensione!

Mery Jackson: aaaaaaahhhhh…farlo con John….*____* peccato che sia un pochino morto *scoppia a piangere disperata* …sono felice che questa storia ti stia incuriosendo!

Grazie della recensione!

Clafi: O.O…però,mi conosci:stavo per scrivere proprio “Fa niente,tranquilla” xD, ahahahha…adoro le scenette di te e Paul che litigate XDXDXD….sì,Stu è davvero carino (mi è venuto più tenero e coccoloso di quanto avessi voluto inizialmente…o.O)…e penso anche io che 15 anni sia molto presto…però Chris l’ha fatto per conquistare John,quindi è scusata u.u ah sì,eh?vuoi fare anche tu le porcellane con John?!xD…allora io mi prendo Paul :P (no, meglio John u.u)

Grazie della recensione!

Russian Fanatic: hihi…in effetti anche a Stu sono venuti dei dubbi su Chris e Paul, adesso…comunque non dovrei aspettare molto per capire perché si comportano così, te lo prometto u.u

Grazie della recensione!

 

Ora scappo, baci e a presto!

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Capitolo 14
*** Ob-la-dì, Ob-la-dà ***


Ob-la-di Ob-la-da

 

Aspettai che Stu si convincesse che io stavo bene e che poteva tranquillamente lasciarmi sola prima di portare dentro casa le rose e ripiegare in tasca il biglietto di Paul, poi mi diressi verso casa McCartney.

Come era ovvio trovai il mio migliore amico in casa sua, insieme a suo padre; non mi stupì molto leggere il sollievo negli occhi di Jim, quando venne ad aprirmi la porta e mi vide intenzionata a fare pace con il suo figlio maggiore. Non gli dissi granché, ma non appena vidi spuntare la longilinea figura di Paul dalla porta di camera sua, non potei fare a meno di corrergli incontro ad abbracciarlo.

Come fanno tutti i buoni amici dopo una brutta litigata, giungemmo alla conclusione che eravamo due poveri stupidi e ci ripromettemmo di non litigare mai più così…le solite promesse vane, insomma.

Eravamo entrambi consapevoli che prima o poi avremmo dovuto chiarirci riguardo ai nostri rispettivi sentimenti, ma nessuno dei due era in grado, in quel momento, di affrontare un discorso simile quindi facemmo finta di niente, evitando per l’ennesima volta il confronto.

Tornata a casa corsi subito in camera mia, ignorando i saluti di mio padre e non badando al fatto che mia madre aveva messo le rose in un vaso e si chiedeva chi me le avesse regalate.

 

“Siete davvero fratelli?”, la voce di Stu continuava a risuonarmi nella testa, subito seguita dalla mia risposta e mi tormentava; entrai in camera mia e iniziai a frugare tra la rete del letto e il materasso, il mio nascondiglio segreto. Non impiegai troppo tempo per tirar fuori di là un vecchio diario di pelle rossa risalente a quasi 16 anni prima e una lettera tutta sgualcita, ormai quasi illeggibile dal numero di volte in cui era stata spiegata e ripiegata, ma non avevo bisogno di leggere per sapere cosa diceva: avrei potuto recitarla a memoria, se ce ne fosse stato bisogno. La spiegai per l’ennesima volta e la tenni aperta davanti a me, al fianco del diario rosso e del bigliettino di Paul, poi iniziai ad aspettare che le lacrime iniziassero a sgorgare liberamente: quello era il mio personalissimo metodo per piangere quando ne sentivo il bisogno ed era quasi infallibile.

Non è facile spiegare perché la lettura di quel diario e la vista di quella lettera mi facessero quell’effetto… forse perché averli davanti agli occhi mi faceva capire che io e Paul stavamo fingendo di vivere una vita più o meno perfetta, provando sentimenti “giusti” e perfetti l’uno per l’altra, o forse perché mi rendevo conto che non sarei riuscita a far finta di niente ancora a lungo, o ancora, più semplicemente, mi turbava il ricordo del vortice confuso di emozioni che mi aveva colta (e sconvolta) la prima volta che avevo letto quel foglio scritto a chiare lettere da mia madre (avrei riconosciuto ovunque quella sua scrittura buffa e panciuta, ma ben leggibile)

 

“Caro Jim”, iniziava la lettera, e il cuore iniziava a battermi a mille ogni volta che lo leggevo come se fosse stata la prima.

 

“siete davvero fratelli?”, la domanda di Stu ancora mi assillava e non dava cenni di voler abbandonare la mia testa e più di ogni altra cosa mi tormentava il fatto che dentro di me proprio non sapessi cosa rispondergli!

 

“Paul è molto geloso di te”, la considerazione di John sui sentimenti di Paul si sovrappose alla voce di Stu e infine la sostituì.

 

Il punto era sempre quello: tutti (e John non faceva eccezione) erano convinti che Paul fosse innamorato cotto di me e viceversa, pensavano che lui avesse una sorta di esclusiva; io sapevo benissimo che una simile idea era assurda, ma come farlo capire agli altri senza spiegare loro...?

Ero certa che Stu ormai avesse compreso la situazione, ma John di certo ignorava tutto quanto.

E se avesse creduto che io fossi, in realtà, innamorata di Paul?!

Per quanto assurdo potesse apparire ai miei occhi, sapevo bene che per il resto del mondo la possibilità che io e Paul fossimo amanti non era tanto remota…

Se le cose stavano così, almeno John aveva il diritto di sapere. Se davvero lo amavo, non potevo darmi per vinta senza provare il tutto per tutto!

 

In uno slancio di coraggio, ripiegai la lettera, la infilai dentro al diario e chiusi quest’ultimo nella mia borsa di pelle marrone chiaro “da postino”, come amava definirla mia madre.

«Io escooo!», gridai avvicinandomi a grandi passi alla porta d’ingresso

«Dove vai?», chiese mio padre.

Desmond Thorpe: alto, moro, dinoccolato, era di certo l’uomo più dolce e gentile che conoscessi e il padre migliore del mondo.

«Da un amico», risposi sorridente, «Devo spiegargli una cosa di cui è meglio non parlare per telefono»

« “Un amico”,eh?», mi stuzzicò lui, con tono malizioso, «Vedi di fare attenzione, Christie, mi raccomando!»

Dimenticavo di dire che è l’unica persona al mondo a chiamarmi “Christie”,invece che solo “Chris”, come già allora facevano tutti.

«Certo!», risposi sorridendo accondiscendente, «Ora vado. Ti voglio bene, pà !»

 

Arrivai a casa di John in bicicletta, stanca e accaldata, ma decisa a spiegargli tutto quando, senza farmi bloccare dalla timidezza.

Lo trovai fuori in giardino a fumare insieme a Stu, che evidentemente dopo aver salutato me lo aveva raggiunto e adesso mi guardava sorpreso.

«Devo parlarti!», proruppi.

«Abbiamo già parlato mi pare», disse lui, scocciato.

«No, non sul serio!», esclamai, tirando fuori dalla borsa il diario e la lettera, «Devi starmi ad ascoltare!»

John mi diede le spalle, intenzionato ad evitarmi come sempre, ma io questa volta ero decisa.

«Tu sei convinto che Paul sia innamorato di me e abbia l’esclusiva» Era una constatazione e non una domanda. John si immobilizzò per qualche istante, prima che Stu gli suggerisse di starmi a sentire.

«Questo non è possibile e sai perché?», aggiunsi, cercando di non urlare troppo, «Perché io e lui potremmo essere fratelli!»

Questa rivelazione indusse John a voltarsi verso di me, con un’espressione tanto sbalordita da sembrare che stesse chiedendomi se lo stavo portando in giro.

Allora io gli consegnai il diario e aprii la lettera in modo che lui e Stu potessero leggere le parti ancora decifrabili.

«Questa ne è la prova»

Stu prese in mano la lettera e strizzò gli occhi nel tentativo di leggerla, mentre John iniziò a sfogliare distrattamente il diario. Io sospirai: era giunto il momento di raccontare loro tutta la verità.

«Io e Paul avevamo 10 e 11 anni quando in un vecchio baule di casa McCartney trovammo quella lettera.»

Evitai di dire che già allora eravamo legatissimi e che ci eravamo scambiati un primo timido bacio, accostando solamente le nostre labbra. Mi chiedevo da sempre – ed ero certa che per Paul fosse lo stesso – se quella storia sarebbe potuta andare avanti se non avessimo scoperto tutto quanto…

«… Risaliva al gennaio del 1943 ed era scritta e firmata da mia madre: il nome “Estella” è, infatti, ancora ben leggibile ai piedi del foglio; il destinatario invece era il padre di Paul, a cui lei parlava come ad un amante. Non era una lettera molto lunga, ma come è facile capire, io e Paul ne rimanemmo sconvolti e incuriositi, così iniziammo la ricerca di altre lettere (o roba del genere) che potesse darci più informazioni. Alla fine, nascosto nella soffitta di casa mia, trovai questo diario scritto sempre da mia madre e che va dal maggio del 1942 fino alla mia nascita e ci fu tutto terribilmente più chiaro.»

Mi interruppi per vedere se John e Stu mi stavano seguendo, quindi continuai:

«Scoprii che effettivamente mia madre e il padre di Paul erano stati fidanzati, anni prima.

Mia madre, Estella Jones, si trasferì a Liverpool con la famiglia, quando aveva 14 anni; era una ragazza carina, ma molto timida e con un nome raro che a Liverpool la poneva sempre al centro dell’attenzione; Jim, il padre di Paul, invece, era un ragazzo di 16 anni non troppo bello, ma allegro, simpatico e socievole, sempre circondato da una marea di amici. Insomma, erano uno l’opposto dell’altra, ma probabilmente si piacquero anche per questo.

Jim suonava la tromba e il piano in una jazz band di cui era il leader e fondatore e che, appunto, si chiamava “Jim Mac’s Band” (o qualcosa del genere) e mia madre, che era una grande appassionata di musica, andava sempre a sentirlo suonare, ma non ebbe mai il coraggio di presentarsi a lui. Caso volle, però, che i miei nonni materni avevano appena comprato casa accanto a quella della famiglia McCartney; un giorno Jim sentì Estella cantare mentre stendeva i panni al sole e rimase affascinato dalla sua voce “blues”, tanto che si presentò subito a lei e le chiese di entrare a far parte del suo gruppo.

Mia madre ne fu subito entusiasta e accettò con piacere, quindi lei e Jim divennero subito buoni amici poi, quando con il passare del tempo scoprirono di essere davvero molto in sintonia, si fidanzarono; mia madre aveva 17 anni, allora, e si considerava la ragazza più felice del mondo.

La Jim Mac’s Band divenne ben presto il gruppo più importante e richiesto di tutta Liverpool e Jim ed Estella non avrebbero potuto esserne più felici ed orgogliosi, ma insieme ai primi accenni di successo, iniziarono ad arrivare anche i guai: sempre più ragazze giravano intorno ai membri della band e Jim non era di certo tipo da farsele sfuggire per paura di far ingelosire Estella!

Dal canto suo, mia madre cercava di ignorare il problema, sicura com’era, che tanto alla fine Jim sarebbe certamente tornato da lei; aveva deciso di comportarsi come se quelle ragazze non esistessero o fossero solo un problema fastidioso, ma facilmente risolvibile: credeva, infatti, che ignorandole si sarebbero ben presto dileguate nel nulla, ma non fu così e questa fu l’inizio della fine.»

Mi fermai per riprendere fiato ed ebbi modo di constatare gli sguardi sbalorditi di John e Stu. Era più che evidente che non si sarebbero mai aspettati una storia del genere: il padre di Paul e mia madre?anche io avevo stentato a crederci quando lo avevo scoperto!

«Un bel giorno, dopo mesi che non si faceva vedere, una di queste ragazze fan di Jim tornò da lui con il ventre gonfio come un dirigibile e sostenendo di essere incinta di 8 mesi del figlio di Jim. La ragazza si chiamava Mary e il bambino che aspettava, ovviamente, era Paul. Nel suo diario mia madre descrive molto bene lo stupore e il turbamento dipinti negli occhi di Jim nel momento in cui ricevette la notizia.

In ogni caso, tutto si puo’ dire di Jim McCartney tranne che non sia un uomo che non sappia prendere le sue responsabilità: il giorno dopo, infatti, si presentò a casa di Mary per chiederle la mano.

In tutto questo, mia madre aveva assunto il ruolo di telespettatrice passiva, a stento consapevole di quello che stava accadendo e fino alla fine non riuscì a credere che tra lei e Jim fosse tutto finito; tuttavia, il giorno in cui lo vide aspettare all’altare un’altra donna fu costretta ad aprire gli occhi e a capire che ormai tutto era perduto.

La Jim Mac’s Band continuò comunque con le sue performance ed Estella continuava a cantare per Jim, anche se i rapporti tra loro si erano a dir poco congelati: lei sapeva che avrebbe dovuto darci un taglio definitivo con tutta quella storia e con Jim, ma allo stesso tempo non trovava il coraggio di litigare con l’uomo che continuava ad amare profondamente. Estella iniziò, allora, ad uscire con tutti gli uomini che giravano intorno alla Jim Mac’s Band , nel tentativo di irritare Jim, ma lui, preso com’era dalla sua adorata Mary, era a stento consapevole degli sforzi di Estella per attirare la sua attenzione.

Alla fine, non sopportando più la vista di Jim e Mary (che erano suoi vicini di casa), mia madre decise di prendersi una pausa dal gruppo e da tutta quella situazione per trasferirsi a Londra da una zia.

Fu proprio là che conobbe Desmond Thorpe. Des lavorava in un grande magazzino nel reparto alimentare ed Estella lo vedeva ogni giorno, quando andava a fare la spesa. Ben presto, quindi, si innamorarono e lui riuscì (quasi) a farle dimenticare Jim.

 


http://img385.imageshack.us/img385/4470/mccartneyfamilyby5.jpg

[La famiglia McCartney al completo. Da sinistra Miky, Mary, Jim e Paul]

 

Quando Estella tornò a Liverpool, serena come non era più da diversi mesi ormai, Paul era già nato e tutto il turbamento che l’aveva indotta a cambiare aria e a trasferirsi per un po’ a Londra si abbatté nuovamente su di lei, quindi decise di scrivere quella lettera a Jim per fargli conoscere tutti quei suoi veri sentimenti, che non sarebbe mai riuscita ad esprimere a voce.

Jim, sconvolto dal turbamento interiore che aveva suscitato in Estella, corse subito da lei e fecero l’amore un ultima volta prima di rinunciare per sempre l’uno all’altra.»

Mi fermai per lasciare un po’ di suspance, dato che mi divertivano le espressioni sempre più sconvolte di John e Stu.

«Nove mesi dopo nacqui io», continuai, sorridendo malinconicamente.

«Cosa?!», esclamò John.

Niente battutine sarcastiche? Wow, ero riuscita a zittire John Lennon!

«Q-quindi tu sei la sorellastra di Paul?», balbettò Stuart, i cui occhi rischiavano seriamente di fuoriuscire dalle orbite.

«Non è sicuro perché subito dopo quel fatto mia madre e Desmond si sposarono e lui si trasferì da lei, quindi potrei anche essere figlia di Des, in teoria…», risposi, «Ma in realtà somiglio ben poco sia a lui che a Jim!»

«Certo!», replicò John, «Tu sei la copia-carbone di tua madre!»

«Comunque», dissi, «Sia se sono la sorella di Paul, sia se non lo sono, non cambia il fatto che sarebbe strano se io e lui ci innamorassimo, pensateci: anche nel caso in cui non fossimo fratelli, io gli dovrei la vita, poiché se lui non fosse stato concepito, mia madre non sarebbe andata a Londra, non avrebbe conosciuto Des e non sarei potuta nascere io!»

«Per me ti fai troppe paranoie.», sentenziò John e probabilmente aveva ragione, ma io sono fatta così, cosa posso farci?

«Secondo me», disse Stu con aria pensierosa, «Voi due siete sempre stati innamorati l’uno dell’altra, ma dopo aver saputo di questa storia, avete iniziato a considerare il vostro possibile amore come un tabù.»

John lo fissò con un ghigno e commentò:

«Ecco a voi, signore e signori, Stuart Sutcliffe insigne psicologo!»

Io, invece, presi molto seriamente l’analisi psicologica di Stu.

«Lo eravamo, infatti, e penso anche che se non avessimo trovato quella lettera probabilmente ci saremmo messi insieme e saremmo stati felici.», risposi, poi guardando John negli occhi aggiunsi, « Ma sono altrettanto convinta che dopo aver conosciuto Dot e John avremmo litigato e ci saremmo lasciati. Certamente adesso la situazione tra noi sarebbe stata più o meno la stessa: lui felice al fianco di Dot ed io che corro dietro a John, come una disperata.»

Avevo parlato più chiaramente di quanto non avessi mai fatto, scoprendo tutte le mie carte, ed il cuore mi batteva all’impazzata, ma questo non mi impedì di farmi restituire la lettera e il diario dai miei due amici.

John aveva gli occhi bassi, visibilmente a disagio, e quando li rialzò essi avevano un tono più freddo.

«Perché ci stai raccontando tutto questo?»

«Perché odio quando qualcuno pensa di me e Paul cose non vere», risposi, «Soprattutto se questo qualcuno sei tu, John.»

«Ehm…forse è meglio se adesso torno a casa…», borbottò Stu, sentendosi il terzo incomodo.

Fece per allontanarsi, ma io preoccupata lo fermai:

«Ti prego, Stu – e anche tu, John – non dite a nessuno di questa storia», mormorai, «Mike non lo sa ancora e non voglio che lo sappia nel modo sbagliato…»

«Non glielo avete detto?», chiese Stu ed io scossi la testa.

«Già io e Paul eravamo troppo piccoli per capire in pieno la situazione», dissi, «E Mike ha addirittura un anno meno di me…era troppo piccolo per poter leggere una lettera come quella che io e Paul avevamo trovato!»

John e Stu si lanciarono uno sguardo perplesso.

«Va bene, non lo dirò a nessuno», promise Stu e se ne andò lasciandoci soli.

«Mi spiace che tu ti sia sentita costretta a raccontare tutta questa storia a noi», sbottò John.

«Non mi è dispiaciuto se è servito a farti capire che possiamo amarci senza problemi», replicai, «Senza temere la reazione di Paul»

John scosse la testa.

«Ma non è questo il problema!», esclamò, «Io amo Cynthia. E solo lei!»

«Ma mi hai detto che provavi qualcosa per me!», risposi agitata e in tono di sfida aggiunsi: «Lo hai detto solo per portarmi a letto?!»

«Probabilmente sì», rispose, «Non ricordo…»

Io sgranai leggermente gli occhi e, quasi senza rendermene conto, gli mollai uno schiaffo.

«Stronzo!»

Lui non replicò, limitandosi a sostenere impassibile il mio sguardo, quindi me ne tornai a casa nervosa e infuriata, ripromettendomi che mai, mai, mai e poi mai avrei ancora pensato cose positive su John Lennon.

Era l’essere più meschino e abietto che esistesse sulla faccia della terra, ed io lo odiavo!

 

 

Ohhh,finalemte ho scritto questo capitolo!!!Il rapporto tra Chris e paul è una delle prime cose che mi sono venute in mente per questa storia, quindi sono felice di essere riuscita a scrivere questo capitolo…come minimo voi lo troverete una schifezza, ma va bè xD

Ora passo a ringraziarvi per le vostre recensioni,che mi rendono sempre felice:

 

Zaz: ahahah!sono felice che il bigliettino di Paul abbia fatto colpo!XD ovviamente è stato Paul stesso a darmelo….lo ha rubato a Chris e lo ha dato a me!XD oddio Stu santone indiano…*si immagina Stu in versione Maharishi XDXDXD*…ecco,meno male che gli attacchi epilettici non sono gravi altrimenti mi preoccupo…e mi toccherà eliminare Stu dalla storia(il che pensandoci sarebbe un po’ un problema…o.O) Pòl versione suocera?!?sì,hai colto in pieno la situazione!XDXD…riguardo al rapporto tra Chris e Paul,ormai l’hai capito…comunque quella di Paul alieno è una teoria interessante(in effetti Paul è “colui che i ballz hanno fatto uccidere da Pete cosicché gli ufocicc potessero prendere il suo posto” u.u) ….NOOOOOOO!L’ESERCITO DI UFOCIIIIIIICC………*riprende fiato*……..NOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!*muore*

Grazie per la recensione :)

 

Marty: No no, l’ha fatto Paul il biglietto!!! *annuisce convinta* (Non darle retta, in realtà l’ha fatto lei… n.d.vocina)(Nooooo!Fico,anche io ho una vocinaaa!!!!! N.d.me)(-.-‘’’’ non ho parole…. n.d.vocina) il tuo spirito (che io ho già assunto per dar noia alle fidanzate antipatiche di paul,ovvero tutte tranne Linda) evidentemente ha influenzato un po’ troppo la cara Thel xD

Grazie per la recensione :)

 

Clafi: ahah…stavolta non ci hai azzeccato….mi sembrava di essere in una stanza seduta con una tazza di caffè in mano,da brava spettatrice a sentirvi litigare…e così io potrei restarci anche tutto il giorno!XD comunque…eheh…il capitolo scorso diciamo che era creato per lasciare la testa confusa(lo so,sono tremenda), ma spero di averti chiarito un po’ le idee con questo…direi che il rapporto tra Paul e chris è più complicato di quanto sembra u.u…ahah…Paul!forza!!fai un bigliettino così anche a Clafi!!non devi necessariamente fare il coglione,prima di disegnarti in versione superchicca!(no,sai com’è,non è che ci tengo molto a fare il cretino sul un bigliettino! N.d.Paul)(Ma non fai il cretino!sei tutto coccoloso,invece!!n.d. me)--> hai fatto venire anche la voglia di litigare con Paul!(no,è che sei scema e allora n.d.vocina,che ho appena scoperto di avere anche io :D) (ma vocina!!! perché devi sempre essere così cattiva con me che ti voglio tanto bene?!?ç___ç n.d.me)(no comment -.-‘’ n.d. vocina)

Scusa per la mia pazzia(ti assicuro che non ho fumato niente roba strana..), grazie per la recensione :)

 

Thief:Già,se mi fosse venuto in mente prima sarebbe stato appropriato intitolarci la fic,invece che “L’album fotografico” che, come al solito, non mi piace già più!XD grazie!!sono felice che il bigliettino di Paul abbia avuto tanto successo!:D…e sì,povero Miky,sempre maltrattato da tutti…ogni tanto mi fa tenerezza pure lui! XD

Grazie per la recensione :)

 

Mery Jackson: Grazie,sono felice che il disegnino di Paul ti sia piaciuto xD vedo che abbiamo un’altra fan di Yoko,eh?io letteralmente non la sopporto!<.<…infatti quando ho letto “scimpanzé giapponese” chiossà come mai ho subito capito a chi ti riferivi mwahahah XD

 

Lullaby: Oh grazie per l’invito alle nozze!!quando sono? Non posso perdermele!però voglio fare la damigella d’onore…o la testimone…come vuoi u.u …sono davvero felice che anche questo capitolo ti sia piaciuto!

Grazie per la recensione :)

 

Grazie anche a chi legge soltanto!

Baci e a presto!

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Capitolo 15
*** Fixing a Hole ***


Fixing a Hole

 

Il capodanno del 1959 arrivò e passò senza che io fossi riuscita a far pace con John.

Non credevo che sarei riuscita a mantenere la parola per molto, ma alla fine il mio orgoglio era più forte di quanto pensassi ed io mi ero auto convinta che il John Lennon che amavo e che mi amava era morto o, molto più probabilmente, non era mai esistito.

Trascorsi un periodo buio, di cui non ricordo moltissimo: ero diventata apatica sia nei confronti dei miei stessi sentimenti che verso il mondo. Con Paul avevo parlato, dopo il nostro litigio di una settimana, ma i rapporti tra noi si erano “congelati”, quindi non potevo neppure sperare di correre tra le sue braccia a leccarmi le ferite, perché non mi sarei sentita libera di essere me stessa, con lui.

Il mio intero mondo mi era crollato addosso in un tempo così rapido che io non riuscivo a rialzarmi, sotto tutto quel peso…

Mi ripetevo “Dopo la pioggia arriva sempre il sereno” e “Non puo’ piovere per sempre”, ma io per prima ne dubitavo, dato che niente sembrava andare per il verso giusto.

Per due interi mesi, quindi fino a metà gennaio del 1959, mi ripiegai in me stessa, desiderando solo di scomparire, per non sentire più niente, soprattutto il dolore, ma non sopportavo lo sguardo afflitto di mia madre, ogni volta che contemplava la mia espressione apatica, né  le paranoie che si faceva ogni volta che mi vedeva turbata o infelice, così con l’arrivo dell’anno nuovo decisi che tutto sarebbe cambiato, che io stessa sarei cambiata.

Come ogni ragazza che giunge alla conclusione che la sua vita è giunta ad un punto di svolta e che qualcosa deve mutare drasticamente, io decisi di partire dai capelli: li tagliai decisamente corti “alla Marilyn Monroe” e mi presentai dal parrucchiere con una foto ritagliata dal giornale, per mostrargli l’esatto taglio che volevo.

Il risultato non fu all’altezza del modello, ovviamente, ma servì ad elevare la mia autostima abbastanza da ricominciare ad uscire.

Inoltre, anche se mi rendevo perfettamente conto che i miei capelli erano più belli lunghi, così come erano adesso rappresentavano qualcosa: ogni volta che mi sarei guardata allo specchio,loro sarebbero stati lì, a ricordarmi di quel taglio netto che avevo deciso di dare alla mia vita …e questo, dal mio punto di vista, era un bene.

Mi ero programmata il tempo in cui avrei dovuto uscire con gli amici e quello in cui avrei potuto starmene a casa a studiare in modo da non insospettire troppo mia madre e al tempo stesso essere sempre abbastanza impegnata da non pensare in continuazione a John, ma non era affatto facile fingere che Lennon non esistesse dal momento che frequentava la mia scuola e mi ritrovavo ad incrociare il suo sguardo più spesso di quanto avrei voluto.

Ben presto mi ritrovai a cercare il suo sguardo alla mensa o nei corridoi, ma il mio orgoglio non mi lasciava ammettere che sentivo la sua mancanza e a chiunque fosse disposto ad ascoltarmi, io ripetevo all’infinito che a me di John non importava più niente e che gli auguravo di essere felice con Cynthia.

Quella frase detta da Stu tempo prima, infatti, quella che diceva “Odiare qualcuno significa odiare qualcosa che fa parte di sé. Ciò che non fa parte di noi non ci scalfisce”, mi risuonava ancora nella testa e la adattavo ad ogni situazione. Alla fine ero giunta alla conclusione che per dimostrare a me stessa e agli altri di non essere ancora innamorata di John sarebbe stato sufficiente dimostrare di non odiarlo (il che, nelle mie condizioni, era molto più facile) e così cercavo di dimostrarmi fin troppo indulgente nei suoi confronti, pur stando attenta a non perdonarlo mai del tutto.

Per far felice mia madre e, infondo infondo, per non darmi per vinta (dimostrando che John non aveva mai avuto tutto quel potere su di me) chiamai Thel e Mike e iniziai ad uscire con il loro gruppo di amici.

 

Scoprii che negli ultimi tempi, mentre io ero troppo impegnata a destreggiarmi tra John, Paul e Len per fare caso a loro, Mike e Thel si erano trovati un giro di amicizie del tutto nuovo; erano per lo più amici di Mike, ma la maggior parte di loro avevano sui 18 o 19 anni, il che spiega il motivo per cui Thel uscisse con loro (in effetti prima di allora me l’ero sempre chiesto…).

Scoprii che anche Mike, come Paul, aveva iniziato a suonare la chitarra, ma per lui essa non era tutta la sua vita: Mike era interessato a qualsiasi forma d’arte, quindi dalla musica alla pittura e dalla poesia alla commedia, ma per nessuna di queste cose aveva una vera e propria ossessione, come quella che animava Paul per la musica.

Anche gli altri componenti del gruppo la pensavano esattamente come Mike, tanto che il primo giorno che uscii con loro mi portarono in mezzo ad un campo di granturco, rubammo qualche pannocchia di grano e infine corremmo via verso il prato pieno di erbacce di una casa abbandonata, dove accendemmo un fuoco e arrostimmo le pannocchie mentre qualcuno suonava, qualcun altro ballava e qualcun altro recitava poesie famose o scritte da lui in persona, facendosi cullare al ritmo della musica.

Tutto ciò che facevamo non aveva molto senso, ma mi era utile per rilassarmi (quel tanto che potevo) e passare qualche ora in allegria.

«Seeento che in teeee giace una forte ombra oscuuuuraaaa!!!», disse Thel con tono misterioso, agitando le dita davanti a me ed io per tutta risposta alzai un sopracciglio, facendola ridere di gusto.

Quel giorno era più strana del solito: i capelli lisci e neri erano intervallati qua e là da qualche fiorellino colorato; portava un grande cappotto verde, di qualche misura più grande del necessario, dal quale si poteva intravedere il collo di un maglione di lana giallo fatto a mano e sotto di esso aveva un paio di jeans.

«E’ quello che dice sempre mia nonna», spiegò continuando a ridere della mia espressione, «Sai, lei è l’ultima di 7 sorelle e quando era piccola qualcuno le disse che le persone come lei sono in grado di percepire le forze sovrannaturali ed ora si è convinta che sia vero!»

«Ah…», feci, sforzandomi di apparire divertita.

«Cosa c’è? Qualcosa non va?», mi chiese lei.

Alzai le spalle e non risposi, quindi Thel iniziò a strattonarmi.

«Forza, andiamo a ballareeee!!!», gridò

«Ma non c’è musica, Thel!!!», replicai, pensando che quel “rumore indistinto” proveniente dalla chitarra maneggiata da uno degli amici di Mike non poteva certo essere definito “musica”.

«Adesso sì!», esclamò Mike, prendendo la chitarra dal ragazzo che non sapeva suonare, e iniziò un motivetto allegro.

Alla fine lui e Thel mi convinsero a ballare nonostante le mie proteste e si impegnarono moltissimo per farmi sorridere e svagare un po’, ma io non ero nel giusto stato d’animo.

Sapevo che dovevo in qualche modo tappare il buco che John e Paul avevano lasciato nella mia vita, ma ancora non mi sentivo pronta. Anche se mi sarei fatta strappare via un braccio a morsi pur di non ammetterlo, la verità era che John mi mancava…e molto. Vedevo il suo viso e i suoi occhi cerulei in tutto ciò che mi circondava, nella mia mente si formavano pensieri che avevano la voce di John e in mezzo ad una folla di estranei mi guardavo sempre intorno per scovare tracce della sua presenza, indizi che mi dicessero che a John mancavo almeno la metà di quanto lui mancava a me.

Dopo aver ballato e aver mangiato le pannocchie di grano, quasi tutti iniziarono a fumare, mentre Thel e Dan, un ragazzo che avevo appena conosciuto, iniziarono a recitare un pezzo di “The Importance to be Earnest”, la mia commedia preferita di Oscar Wilde; Ero sicura che non fosse un caso.

Si trattava della scena in cui Gwendolen rivela a Jack di amarlo solo perché (per quel che ne sa lei) lui si chiama Ernest e lui cerca di convincerla che, invece, gli si addice di più il nome Jack, che (secondo lui) è molto più bello.

«Beh, veramente, Gwendolen», iniziò Dan con una perfetta espressione convinta sul volto,«Devo dire che secondo me ci sono tanti altri nomi più carini, per esempio Jack mi sembra un nome incantevole!»

Alla vista dell’espressione sul volto di Dan mi spuntò subito un sorriso: sono ancora convinta che quel ragazzo fosse nato per fare l’attore; peccato che il destino abbia voluto per lui altrimenti…

Adesso ero proprio curiosa di sapere come Thel avrebbe interpretato il ruolo di Gwendolen!

«Jack?», chiese Thelma con un tono forzoso. Già si partiva male…

«…No, c’è pochissima musica nel nome Jack; anzi, non ce n’è nessuna.», continuò in tono quasi privo di sentimento, «Non dà il minimo fremito. Non produce la più piccola vibrazione… »

« Ma no!», esclamai, senza riuscire a trattenermi, «L’intonazione è completamente sbagliata, Thel: Quando parla del nome “Ernest” Gwendolen è in uno stato di adorazione profonda, quindi davanti alla prospettiva di un altro nome deve essere quasi disgustata…come se fosse un oltraggio o un’eresia dire che il nome “Jack” e  migliore di “Ernest”!»

Tutti mi guardarono con occhi sgranati e Thel a metà tra l’offesa e la divertita, mi lanciò uno sguardo strano.

«Allora falla tu questa parte se sei tanto brava, Miss Perfezione ‘59!»

Non me lo feci ripetere due volte: mi feci passare il libro su cui Dan e Thel leggevano e mi calai nella parte.

«Ho conosciuto molti Jack ed erano tutti, senza eccezione, anche più banali del solito», continuai in tono frivolo, ma disgustato,«E poi, lo sanno tutti, Jack è solo un nomignolo per-»

Mi bloccai. Mi ero completamente dimenticata di quella parte!! Respirai a fondo e continuai:

«…è solo un nomignolo per John!», nonostante i miei sforzi per restare impassibile, non potei evitare un certo trasporto mentre pronunciavo quel nome, «E provo soltanto compassione per la donna sposata con un uomo che si chiama John. Probabilmente non conoscerà mai l’estasi di un solo attimo di solitudine. L’unico nome veramente sicuro è Ernest»

Conclusi in uno scrosciare di applausi.

«Direi che abbiamo trovato la nostra Gwendolen!», esclamò qualcuno.

«L’inizio non era granchè», aggiunse qualcun’altro, «Ma appena sei giunta alle differenze tra il nome Ernest e il nome John, i tuoi sentimenti erano palpabili!»

«Che cosa significa che avete trovato la vostra Gwendolen?», chiesi confusa, guardando un po’ Mike, un po’ il ragazzo che aveva parlato.

Mi spiegarono che avrebbero voluto mettere in scena “The importance to be Earnest” nella scuola di Mike, e che lo spettacolo sarebbe stato verso la fine di marzo, ma ancora non avevano trovato una Gwendolen adatta, così fui quasi costretta ad accettare.

Jack(ovvero Ernest) sarebbe stato interpretato da Dan, Mike sarebbe stato Algernon, mentre il ruolo di Cecily sarebbe spettato a una ragazza bionda di due o tre anni più grande di me, che si chiamava Layla ed io conoscevo già da prima perché era stata la prima vera ragazza di Paul.

Non mi era mai stata troppo simpatica, ovviamente (infondo io e Paul siamo sempre stati molto più simili di quanto avrei voluto), ma sembrava aver legato bene con Thel (che il loro spirito di cameratismo derivasse dall’essere state entrambe ex di Paul?)

«Layla non è affatto male, te lo assicuro!», mi disse una volta Thel, «Basta saperla prendere…»

«Io non la so prendere.», sbottai  allora, indignata, ma mano a mano che recitavamo insieme, imparai a conoscerla e capii che infondo Thelma aveva ragione: non era la classica ragazza bella e avvenente, ma sciocca…con lei si poteva parlare di tutto e ben presto facemmo amicizia.

 

Un altro con cui legai bene fu Dan, il quale aveva la mia età, era alto, abbastanza carino con i suoi capelli nerissimi e gli occhi nocciola  e, soprattutto, a differenza di qualcuno a cui non volevo pensare, sembrava attratto da me. Inoltre recitava il ruolo di Jack/Ernest, la persona di cui il mio personaggio era innamorata.

Fu proprio provando insieme le nostre scene, infatti, che ci conoscemmo meglio e ci scambiammo un mezzo bacio…

Eravamo a casa mia, un pomeriggio, mentre mio padre era a lavoro e mia madre era a casa di mia zia; nessun altro membro della “compagnia teatrale”(se così vogliamo chiamarla…) era riuscito a venire, così io e Dan, da soli, decidemmo di provare la scena in cui Jack e Algernon promettono di farsi ribattezzare “Ernest”, che mi risultava particolarmente difficile…

«Per amor mio sei disposto ad affrontare questa prova tremenda?», chiesi, esasperando il tono melodrammatico, dato che si trattava di una commedia.

«Sì!», rispose Dan, avvicinandosi a me con uno slancio degno di una telenovela sudamericana e prendendomi le mani nelle sue.

«E poi parlano di uguaglianza dei sessi!Che assurdità!», continuai con scarso entusiasmo, «Quando si tratta di sacrificarsi-»

Non riuscii ad andare avanti. Quella era la mia commedia preferita, ma quella frase proprio non mi andava giù!

«Oh, ma dai!è assurdo!», esclamai,«Jack ha promesso di farsi cambiare il nome e solo per questo gli uomini sono superiori alle donne?ma scherziamo?!?»

«Chris, è solo una commedia!», replicò Dan, divertito del mio tono indignato, «deve essere un po’ assurda!»

«Ma così sa di maschilista!», protestai, «Andrebbe aggiornata questa opera… farla più moderna!»

«Moderna?», chiese Dan in tono accondiscendente, «Del tipo “Yo, sorella, come butta?”?!»

«Ma no, ovviamente!», esclamai ridendo, «Però sarebbe divertente ambientarla ai giorni nostri e con un linguaggio più simile al nostro, non trovi? Senti qua…»

Mi schiarii la voce, pensando alle parole da usare.

«Quanto sei coraggioso, Amore, e dire che fin’ora ti avevo considerato un uomo fifone…e anche un po’ scemo!», dissi con lo stesso tono melodrammatico, «Adesso mi rendo conto che sbagliavo: forse sei addirittura migliore di me!»

Mi fermai e vidi Dan sorridere, tanto che avrei voluto chiedergli con orgoglio “allora?Non fa ridere anche così?!”, ma non ne ebbi il tempo,perché anche lui iniziò ad inventare la sua parte.

«Oh, mia Gwendolen!», disse stringendomi a sé, «Per essere migliore di te basta poco, ma lo prendo come un complimento…»

Spalancai la bocca con fare indignato poi, come avevo visto fare in qualche film, mormorai:

«E allora baciami, stupido!»

Dan mi attirò veramente a sé con violenza e iniziammo a baciarci, ma all’inizio era un bacio innocente e con le labbra potevo sentire la superficie dura dei denti di Dan che costituiva un muro impenetrabile, dietro alle sue labbra.

Poi, però, sentii le sue labbra schiudersi lentamente, mentre la pressione sulle mie labbra diminuiva un po’; aprii gli occhi per vedere la sua espressione prima di capire che desideravo quel bacio. Come Dan anche io schiusi le labbra, così passammo al vero e proprio bacio: sentii le sue mani percorrere tutto il mio corpo, le spalle, la schiena, i fianchi e il sedere, mentre io affondavo le mani nei suoi capelli neri e di colpo capii…

Stavo paragonando quel bacio a quello praticamente perfetto di John e mi sconvolse realizzare che stavo facendo tutto questo solo perché avevo bisogno di un’anestesia al mio dolore, di un antidoto al mal d’amore… Dan stesso mi si era offerto sopra un piatto d’argento, ma ricordavo fin troppo bene quanto era stata difficile la vita con Len: volevo davvero rivivere la stessa esperienza?

La risposta era fin troppo scontata, quindi allontanai di colpo Dan da me.

«Perché piangi?», mi chiese e solo allora mi resi conto che il mio viso era bagnato.

«Credo…», borbottai, «Credo di non essere ancora pronta per un’altra storia d’amore»

A Dan questo bastò. Si scusò debolmente e disse che forse era meglio se lui tornava a casa, ma nessuno dei due accennava a muoversi o a farer cenni di alcun tipo.

Dal canto mio, io ero ancora turbata…

Non sono pronta per un’altra storia d’amore”, gli avevo detto, ma “altra” rispetto a cosa?

Non avevo mai avuto una storia d’amore con John. Un paio di baci e un’unica notte d’amore in cui avevo perso la verginità era tutto ciò che mi restava di lui... Come avrei potuto non piangermi addosso?

L’unica cosa che mi consolava era che almeno con lui – a differenza di ciò che avevo fatto con Len – avevo messo subito le cose in chiaro …. infondo stavo migliorando, almeno un po’, no?

Alzai gli occhi ad incrociare quelli di Dan per dirgli che anche io pensavo fosse meglio vederci un altro giorno, ma proprio in quel momento, mentre io e Dan ci stavamo guardando imbarazzati, dalla porta di casa mia si affacciò Stuart.

«Ehm… ciao, Chris…», disse leggermente a disagio, «Volevo vederti, ma…non sapevo che fossi…beh…occupata!»

Sentii un immenso calore salirmi dal collo fino alla testa ed ebbi la certezza di essere arrossita, tuttavia la mia mente non riusciva a pensare a niente da dire e la mia bocca proprio non voleva parlare.

«Allora io vado», aggiunse Stu, imbarazzato almeno quanto io e Dan «Scusate…»

«No, Stuuuuu!!!», iniziai ad urlare, non appena lo vidi fare dietrofront per uscire.

Avevo appena realizzato che quello che avevo davanti era proprio lo Stuart Sutcliffe con cui non parlavo seriamente da novembre, da quando avevo litigato con John, e non volevo perdere questa occasione di parlare di nuovo con lui: corsi, quindi, attraverso il salotto verso la porta d’ingresso dove si trovava Stu, ma inciampai in uno sgabello che avevamo lasciato in mezzo alla stanza e caddi a terra, gridando dal dolore. Capii subito che, probabilmente, mi ero slogata una caviglia…

Perfetto, se non potevo camminare entro un paio di settimane pure dire addio al ruolo di Gwendolen!

In men che non si dica Dan e Stu, preoccupati, mi furono vicini chiedendomi come stavo:

«Ma secondo voi?», gridai in preda a fitte di dolore alla caviglia, «Stavo meglio prima!»

«Dobbiamo portarla al pronto soccorso!», esclamò Dan e Stu mi prese in braccio, intenzionato a fare quello che Dan aveva proposto, ma io ancora non volevo ammettere, neppure a me stessa, che mi ero slogata una caviglia, per non dover ammettere che non avrei potuto recitare.

«Ma che pronto soccorso?!?», gridai facendo di tutto perché Stu mi lasciasse andare, «Mettimi giù!»

Stu ovviamente non ne voleva sapere, ma alla fine trovammo un compromesso: mi stese sul divano e lì rimasi finché le fitte di dolore non divennero tanto forti e il piede tanto gonfio da far paura. A quel punto mia madre tornò a casa e mi costrinse ad andare con lei all’ospedale.

 

http://img.skitch.com/20080623-qjyp6p8kwf9muk1dkr9feh5qag.preview.jpg

[Stu. Non ricordo dove fu scattata questa foto, ma se non sbaglio a casa sua…]

 

Vennero con noi anche Stu e Dan che sembrava si sentissero in colpa per quello che era successo (nonostante avessi detto e ripetuto loro che non ce ne era motivo) e mentre ero in attesa del mio turno, riuscii a sentire uno squarcio di una loro conversazione che era poco più di un sussurro:

«Mi dispiace di avervi interrotti», stava dicendo Stu.

«Non lo hai fatto…», rispose Dan con un’espressione strana

«Non sembrava dalle espressioni che avevate quando sono entrato…»

«Stavamo recitando», rispose atono Dan, lanciandomi un’occhiata pensando che io non me ne sarei accorta, «Niente di più…davvero!»

 

Ovviamente la caviglia era davvero slogata e i dottori mi fasciarono il piede tanto stretto che mi meravigliai del fatto che il sangue riuscisse ancora a circolare, ma la cosa che mi scocciava di più era che avrei dovuto chiamare Mike per dirgli che non potevo più recitare nel ruolo di Gwendolen e che avrebbe dovuto trovarsi un’altra attrice entro due settimane!

Ero sicura che avrebbe cercato di minimizzare dicendo che non importava e che dovevo solo pensare a guarire, ma mi dispiaceva…

 

 

Bonsoir, people (oggi sono internazionale xD)

Finalmente ecco il nuovo capitolo!

…spero che da mercoledì in poi riuscirò ad aggiornare più frequentemente, ma in queste settimane sono stata parecchio incasinata :(

Innanzitutto volevo dire che inizialmente l’idea era di far fare pace a chris e paul subito dopo il bigliettino stupido, ma ripensando al motivo per cui hanno litigato e al fatto che non si sono parlati per una settimana intera, non mi sembrava normale farli comportare subito come se niente fosse…

Poi, come avrete notato, ultimamente sono a corto di immagini dei beatles pre-amburgo…di immagini di Mike di questo periodo, poi, non riesco proprio a trovarne…quindi dovrete accontentarvi di quel poco che ho…

Quella di Stu che ho messo in questo cap l’ho trovata per puro culo caso, ed è un po’ sfocata, ma meglio di niente, no?!

E ora, via con i ringraziamenti:

 

Zaaaaz: bwahahahahaah…ormai so della tua mania di uccidere il povero, dolce ed indifeso Stu, ma quando ho letto la recensione sono rimasta sconvolta ( e sono scoppiata a ridere) come hai visto,Chris non è tipo da azioni sconsiderate, ma è in un periodo un po’ depressuccio, poverina… la scena di te, Stu modello zombie e le emotion saltellanti è bellissima!!xD prima o poi devo disegnarla! Grazie della recensione :)


Mery Jackson: sìììì vaii!!uccidi Yoko anche per meee! Comunque è vero…un che di beautiful questa storia ce l’ha xD grazie della recensione :)


Marty: ahahah…sì, Desmond è proprio a caso!il fatto è che tutta la storia mi è venuta in mente ascoltando Ob-la-dì Ob-la-dà e l’idea era che Paul quando la scriverà si ispirerà alla loro famiglia, ma non volevo metterci Molly e Desmond come nomi…però di nomi maschili non mi veniva in mente niente di adatto…così ho lasciato Desmond! Sono felicissima che la storia di Desmond-Estella-Jim-Mary ti sia piaciuta!!!*o* per la storia di John,hai ragione…Chris si è lasciata andare troppo,ma voleva provare il tutto per tutto,per non darsi per vinta…mah,per la storia di Chris e Paul che si metteranno insieme…beh,vedremo…hihi xD grazie della recensione :)


Thief: hai ragione, la “rivelazione” è forzata, ma avevo in mente di metterla e di far conoscere a Stu e John il rapporto tra Chris e Paul, e non sapevo come altro fare ç_____ç….beh, a dire la verità non so neppure io come ha fatto a venirmi in mente la storia della parentela tra Paul e Chris xD…grazie della recensione :)


Clafi: ahah…la sigla di beautiful l’hanno messa tutti,ormai XD…e in effetti…!xD sono felicissima che anche a te sia piaciuta la storia di Desmond-Estella-Jim-Mary allora salutami Paul!!grazie della recensione :)


Russian fanatic: eh già, John si è comportato da stronzetto … ma è John, quindi lo perdoniamo,vero? xD …ora per un po’ non ci sarà a o sarà in secondo piano,ma prima o poi si farà perdonare,vedrai ;)  grazie della recensione :)

 

Grazie anche a chi ha solo letto :)

 

Baci e a presto!!!!

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Capitolo 16
*** Act Naturally ***


Act Naturally

 

Non appena mi resi conto di che cosa avrebbe comportato l’avere una caviglia slogata, divenni una furia: non ero una grandissima attrice, ma neppure gli altri lo erano ed io facevo tra loro la mia bella figura, inoltre mi piaceva davvero molto recitare nel ruolo di Gwendolen, ma adesso, per colpa della mia goffaggine, mi trovavo costretta ad aggirarmi con un paio di stampelle, alle quali non mi ero ancora abituata e che mi facevano sentire una specie di mostro di Frankenstein al femminile. Avevo davvero una gran voglia di urlare! Ero sicura che non sarei mai riuscita a rimanere a riposo per un mese intero,come aveva ordinato il medico.

Gli amici tentavano inutilmente di tirarmi su di morale, ma tutto quell’insistere che non era niente di grave non mi tranquillizzava: mancava davvero pochissimo tempo al giorno della “prima” e dovevamo ancora trovare una ragazza che mi sostituisse, per questo quando Thel disse di ricordarsi più o meno tutte le battute, quasi non volevo crederci!

Dan, che nonostante le mie più cupe previsioni nei giorni seguenti si dimostrò con me più carino e comprensivo che mai, accennò agli altri attori la mia idea di modernizzare l’opera e tutti si dimostrarono entusiasti, ma alla fine per ragioni di tempo decidemmo di lasciare i dialoghi così come erano.

Io, nel frattempo, fui declassata dal ruolo di attrice principale a quello di aiuto regista, sarebbe a dire che iniziai ad aiutare Thel a memorizzare le battute, mentre lei mi aiutava con gli ultimi dettagli dei costumi e delle scenografie. Fu un lavoro divertente da fare insieme, che ci valse anche come progetto scolastico, data la sua natura essenzialmente artistica, ma niente in confronto all’idea di interpretare Gwendolen.

 

Io e Thel quindi, tra un lavoro e l’altro, cominciammo a passare un sacco di tempo insieme a casa mia e  proprio in uno di questi giorni, mentre eravamo intente a rifinire alcuni sfondi per la recita, io e Thel sentimmo bussare alla porta; fu mia madre che andò ad aprire e fece  entrare Stuart che portava con sé un orsacchiotto di peluche che augurava una pronta guarigione. Non appena Stu si affacciò sulla stanza in cui mi trovavo, gli lanciai uno sguardo raggiante, tanto che mia madre (che si trovava alle spalle di Stu) prima di andarsene lo indicò facendomi l’occhiolino, il che provocò in me un’ improvviso arrossamento, mentre in Thelma un attacco di risatine isteriche.

«Forse è meglio se io vado!», disse subito la mia migliore amica.

Ma quanto era scema?!? Passi mia madre, alla quale in fin dei conti non raccontavo mai niente della mia vita sentimentale (e che, quindi, poteva aver scambiato Stu per un ragazzo che mi faceva la corte), ma Thel sapeva che tra me e Stu non c’era assolutamente niente!!!

«Vieni, siediti!», dissi a Stu, indicandogli la sedia su cui prima era seduta Thel.

Stuart si sedette subito consegnandomi il peluche, io lo ringraziai timidamente e ben presto tra noi cadde uno di quei silenzi imbarazzanti che io odiavo con tutto il mio cuore, perché mi facevano sentire terribilmente a disagio.

«Allora, come stai?», chiese Stu, prendendo finalmente parola, «Mi sento un po’ colpevole per quello che ti è successo…»

Io sorrisi: ma quanto riusciva ad essere sciocco?

«Perché? mi hai fatta cadere tu?», chiesi con un finto tono accusatorio

«E’ doloroso?», chiese ancora Stuart, ignorando i miei tentativi di scherzare

«La caviglia mi fa ancora male», dissi indicandomi il punto ferito, fasciato strettamente con alcune bende bianche, «e non posso muovere il piede»

Stuart contemplò per un po’ il mio povero piede, poi lo sguardo gli ricadde sulle stampelle appoggiate vicino alla mia sedia

«e sono costretta a vagare con quelle…», aggiunsi dopo un po’ con una smorfia.

Improvvisamente, l’ombra di un sorriso fece capolino sul volto pallido di Stu.

«Non ti piacciono,eh?», chiese lui, come se stesse trovando la situazione molto buffa, ma stesse cercando di trattenersi dal ridere.

«No.», risposi secca, «La prima volta che ho provato a muovermi con quegli aggeggi infernali sono quasi caduta!Mio padre mi ha ripresa al volo!»

Stu non riuscì più a trattenersi e con una mano davanti alla bocca, come per non farsi vedere, iniziò a sghignazzare

«Ehiiiiii!!!!», protestai, tirandogli l’orsacchiotto in testa, poi anche io scoppiai a ridere.

«E’ tantissimo che non parliamo!», esclamò Stu dopo un po’, «Ed è tantissimo che non ti fai vedere in giro…mi chiedevo che fine avessi fatto!»

«Cercavo semplicemente di evitare John», risposi senza malinconia nella voce o finta freddezza, poiché  sentivo di poter parlare di qualsiasi cosa con Stu, «…e possibilmente anche Paul»

«Ma non avete fatto pace, tu e Paul?»

Sospirai, sentendo di non poterne fare a meno.

«Certo, ci parliamo…», risposi, «ma niente è più come prima, ormai….la nostra amicizia si è come congelata…»

«Avete parlato del motivo per cui avete litigato?», mi chiese Stu, improvvisandosi psicologo, «Gli hai chiesto se è ancora innamorato di te?»

«Non demordi con questa storia, eh? », gli chiesi cercando di dimostrarmi spensierata, «Te l’ho detto: non può essere innamorato di me perché è mio fratello.»

«In questo caso non è così semplice.», replicò, «Allora? Ne avete parlato? »

Io scossi la testa.

«Quel giorno, quando mi mandò quello stupido bigliettino, andai a casa sua per parlare con lui, ma ci chiedemmo semplicemente scusa; niente di più», risposi demoralizzata, «poi non ci siamo praticamente più parlati seriamente»

«Ma è tuo fratello!», protestò, «Non puoi semplicemente ignorarlo…»

«E’ complicato», replicai con un filo di voce, «Ed il fatto che potremmo essere fratelli rende le cose ancora più difficili…»

Stu non rispose, limitandosi ad annuire, mentre io cercavo di scacciare via il ricordo di quando ancora tutto andava bene tra me, Paul e John.

«Basta parlare di me!», esclamai infine, tentando di cambiare argomento, «Tu cosa mi racconti, Stu? Che ti è successo di bello? »

«Ma niente di che…», rispose Stu, con lo sguardo a terra e una scrollata di spalle, «Corro ancora dietro a questa ragazza che mi piace, ma che invece non ha occhi che per un altro…»

«Oh, mi dispiace!», esclamai ingenuamente, «Ma vedrai che molto presto si accorgerà di che persona fantastica sei!»

«Sì, già…», iniziò a borbottare imbarazzato, grattandosi la testa.

«Dì un po’, ma lei lo sa che ti piace?», chiesi curiosa, da brava pettegola.

«No, credo di no…», rispose, «Anzi, sono sicuro che non se lo immagina nemmeno!»

«Ma allora sei proprio scemo!!», esclamai dandogli, per scherzo, un colpetto sulla testa, «Va bene che noi donne siamo bellissime, intelligentissime e praticamente perfette, ma se non le dici che ti piace, come fa lei a capirlo da sola?! Mica tutte sono in gamba come la sottoscritta!»

(Arrossisco ancora a pensare a quella volta: Chiunque, anche un idiota, avrebbe capito a chi si  stava riferendo Stu…)

«Ma come posso fare a dirglielo?! e se mi rifiutasse?», si lamentò Stuart, «Lei non ha occhi che per l’altro...»

«E tu fallo fuori!»

«Non posso: è mio amico!», replicò, «Mica posso litigarci!»

« “In guerra e in amor tutto è concesso”», recitai, «Comunque ti sei cacciato proprio in un bel triangolo, eh?»

«Io direi più “rettangolo”», disse sconfortato, «Lui, infatti, non se la fila proprio, perché è fidanzato con un’altra e, anzi, è geloso che a quest’altra ragazza possa piacere io!»

«O mio Dio!», esclamai, scoppiando a ridere, poi iniziai a cantare la sigla di Sentieri: «It is the tiiiiiiiiiime to remebeeeeeeeeeer….»

Mi bloccai perché non sapevo come continuava… e poi perché Stu mi stava guardando malissimo.

«Molto divertente!», esclamò lui, con un buffo falso sorriso

«Dai, Stu!almeno non te li devi sorbire tutti i giorni a scuola, come devo fare io!», esclamai pensando sinceramente di consolarlo, dicendo così.

«Ehm… già…»

«Comunque, fossi in te cercherei di farglielo capire…», dissi allora, «Ma come si chiama lei, la ragazza che ti piace?»

«Gwen!», rispose Stu fin troppo in fretta.

«Forza, Stu!», esclamai alzando un pugno in aria, «Vedrai che prima o poi la conquisti…se questa ragazza non è cieca prima o poi deve innamorarsi di te!»

Stuart non pareva altrettanto convinto, ma mi assecondò comunque nel mio entusiasmo.

 

Dal canto mio, senza rendermene conto in tutta quella conversazione avevo fatto la figura dell’emerita idiota ottusa a non cogliere l’allusione (neanche troppo velata) di Stu al fatto che si era preso una cotta per me… e mi stupii pure quando il giorno dello spettacolo (Che era stato organizzato per un sabato, alle 21.30 di sera), vidi arrivare Stu, poco prima dello spettacolo, con un mazzo di rose rosse in mano e un pacco regalo dell’identico colore.

«Chris, questi sono per te…», mormorò timidamente, mentre me li consegnava.

 Li accettai con un gran sorriso, ma ero troppo agitata per l’imminente inizio della commedia per badare a Stuart, così gli diedi un frettoloso bacio sulla guancia

«Grazie davvero, sei stato molto carino!»,esclamai distrattamente.

«Come ti senti?», mi chiese, prendendomi alla sprovvista.

«Il dolore al piede è diminuito molto», risposi, «Potrei anche recitare, se non fosse per queste dannatissime stampelle!»

«Non parlavo di quello: sei emozionata?», replicò Stu, «Ho convinto Paul a venire, stasera.»

Io sgranai gli occhi disperata. Ero convinta che Stu lo avesse fatto pensando sinceramente che ne sarei stata felice, ma quella sera, tra tutte, era la meno adatta per un chiarimento tra me e Paul!

«C-che hai fatto?!?», chiesi istericamente, con la voce di una tonalità di un ottava più alta del solito, «Sei diventato matto?!»

«Mi dispiace averti agitata così», si scusò Stu, mentre io per metà già non lo ascoltavo più, «Ma dovete parlare!»

Annuii poco convinta,così lui aggiunse:

«Basta che tu ti comporti naturalmente», sospirai alquanto disperata mentre lui parlava, «andrà tutto bene,vedrai!»

«Sì, hai ragione…!», borbottai, sforzandomi per rivolgergli un tiepido sorriso, «Grazie per i fiori ed il regalo»

Non appena ebbi salutato Stu, comunque, abbandonai  fiori e regalo su una sedia per correre a spiare il pubblico da dietro il sipario.

Effettivamente Paul era là: lo vidi entrare insieme ai miei genitori e a suo padre e – cosa ancora più incredibile – era addirittura senza Dot!

Ok, io e Paul (a differenza di quanto avveniva con John) adesso parlavamo (poco, ma parlavamo!), e qualche giorno prima mi aveva anche detto un frettoloso “In bocca al lupo!” (che ad esser sincera mi aveva lasciato molto sorpresa e perplessa!), ma non mi sarei mai immaginata che sarebbe venuto a vederci. Razionalmente capivo che il mio comportamento non aveva molto senso, ma alla vista del mio ex-migliore amico entrai comunque in un completo stato confusionale.

«Forza, Chris, respira!», esclamò divertita Thel, quando mi vide spiare il pubblico da dietro le quinte, pallida come un fantasma.

«C’è Paul!», mi lamentai

«Cosa?!?», anche Thel si aprì una fessura nel sipario per guardare gli spettatori, «Ma porca zozza! cosa ci fa qui?»

Io alzai le spalle, terrorizzata.

«Ok, non farti prendere dal panico!», esclamò lei, costringendomi a guardarla negli occhi, «Se c’è Paul non significa necessariamente che arriverà anche John, no?»

«Sì, ma già il fatto che Paul ci sia…», borbottai, «Uffa!!!!»

Ma la commedia stava per iniziare, quindi Thel non ebbe il tempo di rispondermi e di rassicurarmi perché io a quel punto dovevo concentrarmi sugli attori per suggerire loro la frase da dire in caso di bisogno.

 

Lo spettacolo fu un successone e tutti non facevano che applaudire ed io, pur non recitando, ero eccitatissima, ma mano a mano che le persone si allontanavano e se ne andavano, e che Paul invece rimaneva (seppur in disparte), sentii dentro di me salire l’ansia.

Lo scoprii a guardarmi intensamente e capii che non potevo più evitarlo: dovevo parlare con Paul, ma non ce la facevo ad andare direttamente da lui, così mi ritirai in disparte dietro le quinte e mi misi a sedere sopra degli scatoloni, sicura che lui mi avrebbe raggiunta e, infatti,  non dovetti aspettare molto.

 

«Perché sei venuto?», chiesi timidamente senza riuscire a guardarlo negli occhi, non appena si fu seduto al mio fianco, «Non dovevi farlo per forza!»

«No, ma volevo», rispose anche lui con il mio stesso imbarazzato tono di voce, «…volevo vederti.»

Non sapevo cosa dire, quindi me ne rimasi in silenzio. Ero felice,ovviamente, che Paul fosse venuto ad assistere alla commedia, ma cosa avrei potuto dirgli? “Sono così felice di rivederti”, quando l’ultima volta che l’avevo visto e ci avevo parlato era stata solo pochi giorni prima?

Non avrebbe avuto senso. La realtà era molto più complessa: io parlavo amichevolmente con Paul, ogni volta che ce n’era occasione, ma dall’essere migliori amici eravamo passati al considerarci poco più che conoscenti e da quella situazione era difficile uscire. Un vero e proprio litigio sarebbe stato molto meglio!

Comunque il fatto che lui si trovasse adesso al mio fianco, a rigirarsi tra le mani una delle mie stampelle….beh, questo per me era già molto.

«Non abbiamo mai veramente fatto pace, eh?», chiese lui in un sospiro, «Mi dispiace così tanto…»

«Non riusciamo a parlarci veramente», replicai allora, «Come potremmo riuscire a fare pace?»

«Abiamo parlato!», esclamò, quasi fosse una protesta

«Ma non della cosa più importante…», mormorai.

A quel punto ci stavamo guardando e ognuno di noi scorgeva negli occhi dell’altro quell’identica eterna domanda “sei innamorato di me?”…e la risposta era sempre la stessa: né un salutare “No”, né un rassicurante “Sì”, ma uno spaventoso “Non posso”.

«La cosa che più di ogni altra mi manda fuori di testa», disse Paul, interrompendo il silenzio, «E’ che non saprò mai se avrebbe funzionato…se ti amavo davvero…»

Io abbassai gli occhi. In effetti era quello che mi ero sempre chiesta anche io..

«Ricordi cosa ti dissi il giorno prima che trovassimo quella dannata lettera?», mi chiese.

«Che tutte le femmine ti facevano tutte schifo, tranne me?», tirai a indovinare, ricordando che lo diceva spesso, «Eravamo bambini…»

«Già, ma io lo pensavo sul serio», replicò sereno, con lo sguardo perso nel vuoto come se non stesse vedendo veramente me, «E lo penso ancora. Tu non sei come tutte le altre ragazze che ho conosciuto finora: con loro mi sento sempre ansioso ed agitato; anche se sembro calmo e sicuro di me, in realtà  ho il cuore che mi batte all’impazzata e sono percorso dai brividi…»

Capivo perfettamente la sensazione: restare da sola con John equivaleva a combattere una battaglia di emozioni dentro di me.

«Stare con te, invece», continuò,«E’ bellissimo: sei come una boccata d’aria fresca, come ossigeno…»

Lo guardai dolcemente, ma con un’aria malinconica:

«Questa è la risposta a tutto quanto, allora», mormorai, «Perché l’amore non ha niente di sereno e rassicurante; l’amore fa agitare di invidia o di gelosia, fa arrossire, accorcia il fiato, fa battere il cuore, fa tremare… pensandoci bene, l’amore è molto più simile a una malattia: è come la febbre, ma una febbre che non può essere curata con il semplice riposo e con le comuni medicine.»

«Tu provi tutto questo,quando stai con me?»

«No.», risposi senza alcuna esitazione, «Io sto bene con te e mi sento al sicuro…»

Paul abbassò gli occhi, rigirandosi una stampella tra le mani, quindi aggiunsi.

«A volte credo di amarti, però…» “però paragonato a John…tutti erano niente paragonati a John!”, «Però credo che esistano diversi tipi di amore.»

«Facciamo una prova!», esclamò Paul, con gli occhi di colpo illuminati di un intenso verde scuro,«Vediamo se avrebbe funzionato…»

«Ma se siamo fratelli…?», chiesi, scandalizzata dal fatto che Paul avesse potuto propormi una cosa del genere; ma lui si limitò a scuotere la testa:

«Pensandoci, ci sono decisamente più probabilità che Desmond sia tuo padre», disse, «Infondo, per quel che ne sappiamo, mio padre è stato con tua madre una sola volta…e chi è lui? Mandrake, per averla messa subito incinta?!?»

Risi perché non potei farne a meno, ma non ero molto convinta.

«Mia madre nella lettera era sicura che…»

«Ma non poteva esserlo al cento per cento!», insistette Paul, avvicinandosi pericolosamente a me.

«Ti avverto che sotto ai 5 centimetri dalla mia bocca scatta il bacio in automatico!», scherzai pensando che Paul si sarebbe subito allontanato da me, disgustato

«E’ proprio quello che volevo», replico, invece.

E così ci baciammo, ma fu un bacio orribile, che aveva il sapore di qualcosa di sbagliato…

Ma che diavolo stavo facendo?

Paul era mio fratello… o in ogni caso la persona più simile a un fratello che conoscessi.

La nostra era una bellissima amicizia, un rapporto puro e sincero che riscaldava l’anima…e un sentimento così non può trasformarsi in amore. L’unica cosa che Paul poteva essere per me era un amico; davvero volevo degradarlo al ruolo di un surrogato di John, un amante di seconda categoria, un ripiego?

…Ma poi, in ogni caso, che schifo: era mio fratello!!!!

Quel bacio, comunque, durò pochissimo, perché entrambi ci ritraemmo di scatto l’uno dall’altra, con delle espressioni a dir poco disgustate ed io…beh, io per poco non caddi addirittura dallo scatolone su cui ero seduta!

«BLEAH!che schifooo!!!», urlai rabbrividendo, «Non ci provare mai più, sai?!!»

Paul mi guardò per un po’ sconcertato.

«Stammi lontano!!», aggiunsi, poi di nuovo urlai, «Bleah!»

Io e Paul rimanemmo a guardarci con delle espressioni davvero buffissime, come se fossimo ancora sconvolti per essere stati costretti a baciare dei rospi e, ripensando a quello che era successo, rabbrividimmo…di nuovo.

«Non provare ad andare a raccontare in giro quello che è successo, altrimenti io…», lo minacciai, mimando il gesto di strozzare qualcuno.

«Ma a chi vuoi che lo vada a dire?!», gridò lui, altrettanto disgustato, «Che schifo!»

Dentro di me sospirai dal sollievo: mi considerava una sorellina un po’ scema, allora…beh, meglio così.

«Giààà…», mi lamentai, come se avessi sofferto di mal di pancia, «Credo di aver bisogno di un bicchiere d’acqua…e di uno spazzolino da denti con del dentifricio!»

«Ma daaaai!!!»,esclamò allora Paul, sentendosi ferito nell’orgoglio, «Un mio bacio non può essere stato tanto male!sono certo che sotto sotto ti è piaciuto!Ne vuoi ancora?»

«MA CHE SEI SCEMO?!», gridai, cercando di tenerlo lontano da me, dato che fingeva di volermi baciare di nuovo, «PERVERTITO!!!»

Ero sicura che almeno Stu e Thel (per non dire anche tutti gli altri) stessero ascoltando la nostra conversazione – capendoci ben poco, suppongo – ma almeno avevano avuto il buonsenso di non interromperci ed io di questo ero felice: io e Paul eravamo appena tornati ad essere i migliori amici di sempre ed io non volevo assolutamente essere disturbata.

«In ogni caso, continuo ad essere gelosa di Dot», sentenziai dopo qualche minuto di silenzio, e Paul mi guardò alzando un sopracciglio, «Sì, lo so che c’era un accordo tra noi, che i tuoi baci mi fanno schifo e che non potrei mai – e dico proprio mai, eh! – essere la tua ragazza…ma io sono gelosa lo stesso!»

«Bene!», esclamò allora Paul, «E io, invece, sono geloso di Stu.»

«Di Stu?!», chiesi stupita, «Che strano, io ero rimasta a John!»

Paul arrossì e abbassò di getto lo sguardo a terra.

«Mi dispiace per la storia di John…», disse e appariva sincero, quindi scrollai le spalle con aria di noncuranza.

«Se a lui fosse veramente importato di me, non mi avrebbe trattata così», mormorai abbattuta, ripetendo più o meno quello che Paul mi aveva detto mesi prima, «E pensare che gli ho anche detto tutto quanto…!»

Paul sgranò quei suoi cadenti occhi verdi, da cui traspariva una punta di preoccupazione

«Intendi dire di…tua madre e…»

Io annuii prima che riuscisse a terminare la frase.

«Anche Stu lo sa.», ammisi seria, senza sapere se dovessi sentirmi in colpa, «Ho fatto promettere loro di non dirlo a nessuno, ma non credevo che John avrebbe mantenuto la parola…»

«Anche la famiglia di John è problematica: probabilmente ti capisce», spiegò Paul sospirando, «Comunque davvero, Chris, sono convinto che Des sia sul serio tuo padre!»

«E insisti, eh?!», chiesi, scherzandoci sopra, per non far capire che quell’argomento in realtà mi turbava più di quanto io stessa non volessi ammettere, «Tanto è inutile, Paul: io non ti bacio più!»

«E meno male, perché io non ci tengo!»

 

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[Paul che fa lo scemo…stento pure a riconoscerlo!!!]

 

Dopo esserci così riconciliati, tornammo dagli altri e come avevo previsto, Thel e Stu non erano molto distanti dal punto in cui io e Paul ci eravamo fermati per parlare.

«Allora avete fatto pace?», chiese Thel, mentre Stu mi passava il mazzo di fiori e la mia borsa con dentro il suo regalo, come per paura che io potessi dimenticarli.

Fu Paul a rispondere a Thel e fui felice di notare che nessun’ombra di tristezza o di malinconia aveva velato i suoi occhi: che avesse dimenticato Paul?

 La invidiavo: anche io avrei tanto voluto dimenticarmi di John, ma fino ad allora, per quanto ci avessi provato, non ci ero mai riuscita.

Poi notai il modo in cui Thelma stava vicino a Stu e un dubbio mi sfiorò: che si fosse innamorata di Stu? …infondo lui era un gran bel ragazzo, impossibile negarlo!

«Ed è tutto merito mio se avete fatto pace!!!», esultò Stuart, tutto contento, «Ma come sono bravo!»

«Braaaavissimooo!!!!», esclamai  battendo le mani, come se stessi parlando con un bimbo di pochi mesi, che ha appena mosso i primi passi.

«Sì, sì, scherza!», esclamò lui, «Tanto non appena ti ho detto che c’era Paul, per poco non sei svenuta!»

«Beh, io faccio questo effetto a tante ragazze!», esclamò Paul, che era in vena di darsi delle arie.

«Sì, nei tuoi sogni, magari!», replicai ridendo.

«Aspetta che io, John e George diventiamo famosi e poi vedrai se le ragazze non cadranno ai miei piedi!!»

«Ceeeeeeerto!», dissi con tono accondiscendente

Era un bel po’ di tempo che non mi sentivo così serena come quella sera: ancora non parlavo con John ( e non ero neppure sicura di voler tornare a parlare con lui), ma almeno potevo ridere e scherzare con Paul, proprio come ai vecchi tempi, proprio come quando eravamo bambini; adesso non ci sentivamo più intimoriti dai sentimenti dell’uno per l’altra e potevamo abbracciarci e scherzare come se niente fosse. Stu era davvero un ragazzo d’oro: se non fosse stato per lui, saremmo stati ancora al punto di partenza!

 

Dopo che Stu e Thel se ne furono andati, io e Paul, insieme a Mike e ai nostri genitori, tornammo a casa.

Mike per tutta la strada fino a casa non fece che parlare di quanto lo spettacolo fosse stato entusiasmante e del fatto che la prossima volta che avremmo recitato sarei stata io ad interpretare Gwendolen e mi chiese di riadattare tutti i dialoghi come se la storia si svolgesse ai nostri giorni. Non avevo mai fatto niente di simile, ma mi entusiasmava l’idea e decisi che mi sarei messa subito all’opera.

 

Una volta arrivati a casa, poi, ci salutammo e prima di addormentarci io e Paul ci augurammo la buonanotte accendendo e spegnendo le luci delle nostre camere da letto, come facevamo da bambini.

Solo quando mi ritrovai, ormai in pigiama, da sola in camera mia mi ricordai del regalo di Stu, così presi la borsa, ne estrassi il pacchetto, lo scartai e scoprii che era un libro di poesie di “Pablo Neruda”.

Lo sfogliai un po’ e circa a metà del libretto trovai il ritratto che Stu mi aveva fatto qualche mese prima, mentre insieme stavamo aspettando l’uscita da scuola di Paul, e il ritratto era come se facesse da segnalibro a un poesia, tutta sottolineata: in una pagina c’era la poesia in lingua originale, e in quella di fronte, c’era il testo tradotto, che diceva:

 

Non t’amo come se fossi rosa di sale, topazio

O freccia di garofani che propagano il fuoco:

T’amo come si amano certe cose oscure,

Segretamente, entro l’ombra e l’anima.

 

T’amo come la pianta che non fiorisce e reca

Dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori;

Grazie al tuo aroma che ascese dalla terra.

 

T’amo senza sapere come, né quando né da dove,

T’amo direttamente senza problemi né orgoglio:

Così ti amo perché non so amare altrimenti

 

Che così, in questo modo in cui non sono e non sei,

Così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,

Così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno

 

Non c’erano dubbi, Stu come dichiarazioni d’amore batteva chiunque, ma adesso era ufficiale: avevo un problema!

 

 

Saaaaaaalve salvino vicino! *Ned Flanders si è impossessato di Andry O.O*

Non ricordo più cosa volevo dirvi o.O (la vecchiaia…..!)

Questa fanfic si sta riempiendo di citazioni di questo e quell’altro autore…ma qualche giorno fa non sapevo che leggere e in casa ho trovato un libro di poesie di Neruda di mia madre e sono rimasta affascinata da questa *o*

Ah,sì! (mi sono ricordata cosa dovevo dire…) quando Stu parla della situazione in cui si trova, come se non fosse innamorato di Chris, volevo far cantare a Chris la sigla di Beautiful, ma non c’era ancora (strano, ma vero!), quindi ho optato per la soap-opera più vecchia in assoluto, almeno che io sappia: sentieri!!xD

Va beh, ora passiamo ai ringraziamenti:

 

Ari (Russian Fanatic, ho deciso che ti chiamo così,ok?xD): già…Dan stava soooolooo recitaaando…certo,certo  xD…poverino,però…non gli è andata troppo bene!

Grazie della recensione!:)

 

Thief: sono felice di riuscire a trasmettere le emozioni di Chris, grazie :D ahah l’atmosfera country delle pannocchie di grano l’ho presa dalla realtà: io abito in campagna e vicino a me c’è un fiume(o meglio un torrente,dato che d’estate è sempre senz’acqua) e sulle sponde di questo fiume ci sono dei campi, così quando avevo sugli 11/12 anni io e la mia migliore amica andavamo prima a rubare le pannocchie di grano(che mangiavamo crude) e poi a farci un giretto dentro il fiume che era asciutto xD ahah,sì la foto è la stessa che aveva usato zaz, perché stavo parlando su msn con lei quando l’ho trovata e gliel’ho fatta vedere xD

Grazie della recensione! :)

 

Lullaby: ahah davvero provoca dipendenza?! beh, grazie (almeno credo…)! xDxD povero Stu, che porta sfortuna!!ma nooo xD buone le frittelle!!! Hai fatto venir voglia di frittelle anche a me xD

Grazie della recensione!!:)

 

Marty: Ah beh, anche Chris ha storto il naso davanti a Dan (poverino, non ha una gran parte in questa storia)!...Mi dispiace, però, che la “nuova” Christine non ti piaccia, ma hai ragione: non può esistere senza John e Paul, infatti Paul è già rientrato in scena…xD

Grazie della recensione! :)

 

Zazy: povera Zaz senza computer *patpat* “Stu la aiuta e parapunzipunzipà, borda in c***” XDXDXDXDXDXDXDXDXDXDXDXDXD…sì…più o meno… xD quindi non me lo uccidere perché mi serve sempre!xD povero stuartino piccolino patatino <3

Grazie della recensione! :)

 

Mery Jackson: concordo sul fatto che se Wilde avesse conosciuto John avrebbe cambiato idea…porò probabilmente è vero che una donna sposata con John non conoscerà mai un attimo di pace xD (il che, comunque, è parte del fascino di Johnny *si incanta per mezz’ora a pensare a John Lennon*)

Grazie della recensione! :)

 

Night: Niiiiight!!!!ho visto la tua recensione all'ultimo minuto, stavo già per pubblicare la storia !xD ...eh sì,ultimamente questa storia sembra sempre più una telenovela...ma tanto lo sapete che alla fine salterà fuori che John era il padre della madre di Chris e quindi non potranno sposarsi, però all'ultimo minuto, quando lei sarà all'altare e starà per sposarsi con uno sconosciuto qualunque, il prete dirà "chiunque conosca un motivo per cui quest'uomo e questa donna non debbano unirsi in matrimonio parli ora o taccia per sempre", spunterà John che trascinato dalle fan in delirio(e mascherato da Bravo dei promessi sposi) dirà "Questo matrimonio non s'ha da fare! ho scoperto che io sono il padre di tuo padre, non di tua madre, ma non essendo tuo padre il tuo vero padre, noi due possiamo sposarci" e vissero tutti felici e contenti u.u....ecco fatto,ti ho anche spoilerato tutto! (come vedi l'una di notte fa fare discorsi strani anche a me xD) apparte le mie assurdità, ovvio che il meglio sia sempre Johnnino....però ho paura che a Chris ci vorrà un po' di tempo prima di tornare ad andare d'accordo con lui u.u ma che bello il nuovo capitolo del Walrus è quasi pronto?non vedo l'ora di leggerlo!!!

Grazie della recensione :)

Grazie della recensione! :)

 

Come sempre, Grazie anche a chi legge  soltanto :)

 

Alla prossima!!!!

Baci,

Andry B

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Capitolo 17
*** I've got a Feeling ***


Ive got a Feeling

 

La poesia che Stu mi aveva dedicato era una delle più belle che avessi mai letto e mi lusingava sapere che qualcuno aveva pensato a me nel leggerla, ma poi, quando inevitabilmente ripensavo a colui che me l’aveva dedicata, il mio cuore si stringeva.

Mi rendevo conto che Stu era un gran bel ragazzo e che era uno dei più ricercati di tutta la scuola, ma il mio istinto mi diceva che un’eventuale relazione tra noi avrebbe portato più guai che altro.

Innanzitutto io non sopportavo l’idea di poter perdere la sua amicizia e se c’era una cosa che le mie precedenti disastrose relazioni mi avevano insegnato era che se il sentimento d’amore non proviene da entrambe le parti coinvolte, la coppia va poco lontano e finisce per litigare –  insomma, mi bastava pensare a John e Len per capire che se volevo rimanere in buoni rapporti con Stu, diventare la sua ragazza era la cosa più sbagliata da fare; in secondo luogo,  mi ero convinta che a Thel dovesse piacere Stu, tanto che non avevo neppure preso in considerazione la possibilità di ricambiare il sentimento , per paura di far soffrire la mia migliore amica, rovinando irreparabilmente il nostro rapporto.

Senza che neppure me ne accorgessi, infatti, sia Thel che Stu erano divenuti parti fondamentali della mia vita, tanto che mi era insostenibile  l’idea di un nostro possibile litigio … e di certo se avessi litigato con loro per una questione dovuta a una colpa solo mia, io non sarei mai riuscita a perdonarmelo.

 

Date queste premesse può sembrare assurdo, ma la tattica che utilizzai per evitare di litigare con Stu fu proprio quella di allontanarmi da lui, nel tentativo di evitare di affrontare l’argomento della sua dichiarazione d’amore.

Con Thel, invece, parlavo ancora, ma il cuore mi si stringeva ogni volta che lei mi chiedeva di Stuart ed io mi sentivo in imbarazzo e odiavo doverle tenere nascosta la storia della poesia.

Fortunatamente, però, Paul era rientrato a far parte della mia vita, finalmente, quindi poté riprendere il suo ruolo di “psicologo privato di Chris Thorpe”, quasi come se questo fosse il comportamento decisivo che dichiarava ufficialmente la nostra rinnovata amicizia.

Mia madre aveva invitato i fratelli McCartney a cena da noi, poiché Jim sarebbe dovuto rimanere fuori fino a tardi per lavoro, ed io proposi che loro due restassero a dormire da noi; mia madre acconsentì subito e preparò il divano in modo che uno dei due avrebbe dormito lì e l’altro nel sacco a pelo, ma come era ovvio finimmo per passare tutta la notte in camera mia.

Erano appena passate le due di notte, quindi, quando Mike trovò il libro di poesie che mi aveva regalato Stu (e che io avevo accuratamente nascosto sotto al letto):

« “Cento sonetti d’amore”?», chiese guardandomi e alzando un sopracciglio, «Non credevo che tu fossi una persona tanto romantica…»

Io impallidii violentemente.

«Ridammelo…», mormorai debolmente, senza trovare neppure la forza di muovermi.

Mike iniziò allora a sfogliare il libro, fino a trovare la poesia sottolineata da Stu.

«E questa?», chiese con un sorriso strano

«Fa vedere!!», esclamò Paul, di colpo tutto interessato.

Il Mac maggiore si fece passare il libretto dal fratello e nel passaggio il disegno di Stuart scivolò fuori dal libro.

«Ma questo è di Stu!!», esclamò Mike, leggendo la firma infondo al ritratto «Il libro te l’ha regalato lui?»

«Finalmente è riuscito a dichiararsi, allora?», chiese Paul ridendo.

«Che vuol dire “finalmente”?», sentivo di essermi persa qualcosa…

«Dai, Chris! Si vedeva lontano un miglio che era cotto di te!!!», replicò il McCartney maggiore, mettendomi un braccio intorno al collo, «Sai, baby, di solito sei più sveglia per queste cose!»

Baby?!?

«Paul, vuoi un pugno sul naso?», chiesi tranquilla.

«Noooo!», iniziò a gridare Paul, coprendosi il suo bel nasino con entrambe le mani, «Il mio povero naso nooooooo!!!»

«Ragazzi mi siete mancati!», esclamò Mike in finto tono melodrammatico,vedendo me e suo fratello che ci comportavamo da stupidi, poi scoppiammo tutti e tre a ridere e mia madre, che “dormiva” nella stanza accanto, iniziò a battere sulla parete per dirci di fare silenzio e dormire.

«Comunque tu cosa hai risposto a Stu?», chiese Paul sussurrando

«Niente, cosa vuoi che gli abbia risposto?», replicai, «A scuola ho fatto finta di niente…»

Mike e Paul si lanciarono un’occhiata perplessa

«Ma ti piace?», chiese ancora Paul

Io abbassai lo sguardo e arrossii

«Non lo so», confessai, «E comunque lui piace a Thel, quindi…»

«A Thel?!?», chiese Mike, sgranando gli occhi, «Intendi dire la Thelma Pickles che conosco io?!»

Io annuii convinta e Paul e Mike si lanciarono un altro dei loro sguardi strani.

«E’ stata proprio lei a dirti che le piace Stu?», mi chiese Paul

«No, ma si capisce!»

«Se lo dici tu…!», commentò Mike

«E il problema è che adesso non mi sento a mio agio né con Stu né con Thel», continuai mettendomi le mani tra i capelli, «Oh, che casino!»

Paul si sedette al mio fianco per consolarmi, ma Mike assunse un’espressione allarmata:

«No, no, no..aspetta!», disse guardandomi dritto negli occhi, «Stai cercando di dirmi che per colpa di quello stupido di un Sutcliffe tu abbandonerai la compagnia teatrale perché non ti va di vedere nemmeno Thel?»

Restituii a Mike il suo stesso identico sguardo, ma non risposi.

«Ma lo sai che devi scriverci dialoghi per “The Importance To Be Ernest” modernizzato?», continuò

«Li scriverò», risposi debolmente, «Però…»

«E dai, Chris, non puoi abbandonarci così!»

«Mike, lasciala in pace!», intervenne Paul

«Ma…»

«No, basta!», esclamò il McCartney maggiore, «Qui c’è bisogno di una terapia d’urto: domani vieni con me alle prove a casa di Stu!»

«Alle prove a casa di Stu? Stuart Sutcliffe?!», chiesi allarmata, «Intendi dire dove ci sono le prove dei Quarrymen?!....dove c’è John?!?»

Paul non rispose, ma alzò le sopracciglia come a dire “sai com’è, John è il fondatore del gruppo!”, quindi dissi scandalizzata:

«Ma tu sei tutto matto!!!»

E detto ciò feci per lasciare la mia camera da letto.

«Chris, e daaaai!!», esclamò Paul,« Prima o poi dovrai affrontare sia lui che Stu, no? Tanto vale togliersi subito il pensiero!»

Ormai era evidente: Paul era decisamente impazzito. Mi sarebbe mancato il Paul normale e tutto perfettino…

Mi fermai sulla porta di camera e guardando negli occhi il mio forse-quasi-fratello maggiore e con un’espressione omicida dissi, nel tono più pacato che mi fu possibile:

«Paul, scordatelo!Non verrò alle prove dei Quarrymen né domani né mai…neppure se un’intera flotta di astronavi aliene atterrasse sul tetto di casa mia, rapisse tutta la mia famiglia e mi costringesse ad andare a casa di Stuart minacciandomi con una pistola laser a raggi gamma!!!»

 

…Ovviamente, il giorno dopo ero a casa di Stu.

 

Ma chi me lo ha fatto fare? Chi me lo ha fatto fare???”, mi ripetevo lungo tutto il tragitto, con Paul al mio fianco che non faceva che spingermi o strattonarmi a seconda dei casi.

Avevo una mezza idea di fuggire via, fregandomene di quello che ne avrebbe detto Paul, ma alla fine il mio ritrovato migliore amico ebbe la meglio ed io fui costretta ad entrare in casa di Stu.

Tremavo alla sola idea di alzare gli occhi e di ricordarmi fin troppe cose che avrei preferito non ricordare… In genere in certi casi la mia tattica era semplicemente quella di tenere gli occhi bassi, come se il pavimento fosse diventato di colpo la cosa più interessante dell’universo, ma in quell’occasione neppure questa soluzione sembrava funzionare: mi trovavo nella stanza in cui per la prima volta avevo fatto sesso con un ragazzo…e non con un ragazzo qualunque, ma con John, che con tutta probabilità in quel momento mi stava guardando scandalizzato.

 

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 [Una vecchia foto di Paul, George e John. Quello tra Paul e George dovrebbe essere Arthur Kelly, che suonava con Geo prima che lui si unisse ai Quarrymen]

 

«Christineeeee!!!!», esclamò George, venendomi incontro e abbracciandomi, felice di vedermi, «E’ un’eternità che non ti vedo più in giro, che fine avevi fatto?!»

Ovviamente sapeva benissimo “che fine avessi fatto”, ma era un modo carino per dirmi che gli ero mancata e di questo gli ero grata.

«Hai portato qualcosa da mangiare?», chiese subito dopo qualche istante.

«Ah, allora è per questo che sei tanto felice di vedermi!», scherzai

«Ma noooo», negò George con l’espressione più innocente che riuscì ad assumere, poi aggiunse come se si fosse trattato di un crimine: «Ma sai, il frigo di Stu è SEMPRE vuoto!»

«No, non ho portato niente, mi disp-»

All’improvviso una scarpa piovve in testa al povero George.

«Smettila di provarci con Chris, George!», gridò una voce che riconobbi come quella di…ma no, non era possibile!

Alzai gli occhi e scoprii che quello che aveva appena parlato era proprio John!!! Ma come faceva ad essere così sereno e naturale con me?

«Insomma, Geo», rincarò la dose Paul, «Hai anche una ragazza: un po’ di contegno!»

«Grazie Paul, ma ormai ho perso le speranze!», esclamò Ruth, lanciando a George un tenero sguardo. Allora stavano ancora insieme? Ero felice per loro…

«Ciao Chris!», esclamò lei, venendomi incontro per abbracciarmi, «Sono davvero felice di rivederti!»

«Anche io…», riuscii a mormorare debolmente.

 Alla fine, quindi fui costretta ad alzare gli occhi e scoprii che nella stanza oltre a me, Paul, George, Ruth e John c’erano anche Cynthia, Dot, Ken Brown( il quarto componente dei Quarrymen) e Stuart, che come me appariva decisamente imbarazzato.

 

Ma non erano solo gli occupanti di quella stanza a farmi sentire a disagio:ogni cosa lì dentro mi faceva pensare a quando ancora io e John andavamo d’amore e d’accordo e proprio non riuscivo a capire come facesse lui ad essere così spensierato di fronte a me.

Alla fine mi risolsi a sedermi in un angolino della stanza e per non pensare a niente tirai fuori il copione di The Importance to be Ernest originale, insieme a carta e penna, intenzionata a riscrivere la commedia per Mike e la nostra compagnia teatrale, ma alla fine per dimenticarmi delle persone che mi circondavano, finii per scrivere una commedia completamente nuova: avevo imparato, infatti a sfruttare e a godere dell’estraniamento della realtà che lo scrivere mi procurava, per dimenticarmi dei miei problemi, così mi lascai cullare dalla musica dei Quarrymen per concentrarmi e dar libero sfogo alla fantasia.

Inizialmente avrei voluto scrivere una storia non-sense ricca di humor, quindi iniziai a buttar giù qualcosa su due personaggi, Suzie e Lawr, che si incontrano al parco insieme ai rispettivi cani e, mentre gli animali fanno conoscenza annusandosi, i padroni giungono alla conclusione di essere in definitiva la stessa persona, grazie a una serie di giochi di parole e deduzioni assurde; tuttavia l’atmosfera in casa di Stu mi distraeva tanto che iniziai a pensare a me, invece che ai personaggi, e senza neppure accorgermene mi ritrovai a scrivere una dichiarazione d’amore per Suzie da parte di Lawr, a cui seguì la rispostaccia maleducata della ragazza, che più che una dolce borghese (come doveva essere in principio) arrivò a sembrare uno scaricatore di porto nervoso e nevrotico!

…beh, come non-sense poteva pure starci, ma perché avevo dovuto far fare a Lawr la dichiarazione?! Era già abbastanza stressante vedere intorno a me tante coppiette felici, mentre io ero sola, dovevo pure inserirle nei miei scritti?!

…e arrivai a scrivere anche questo, in un’invettiva di Suzie contro il suo autore… ovvero me!

In men che non si dica, quindi, mi ritrovai a dover sedare una rivolta dei miei stessi personaggi, mentre Suzie e Lawr istigavano ogni altro personaggio (cioè i cani…) contro di me.

Forse a un terzo spettatore questa storia avrebbe pure fatto ridere, ma di certo non a me, che vi ero fin troppo coinvolta, così in un moto di rabbia strappai la pagina di quaderno su cui l’avevo scritta e la accartocciai, immaginando che, invece che carta, fosse il viso orrendamente deformato di Suzie che gridava “Nooooooooooooooooo”.

Come ebbe a dire John qualche anno più tardi, “è incredibile che avessi queste visioni senza aver assunto nessun tipo di droga!”

«Che scrivi?», chiese qualcuno, facendomi saltare in aria dallo spavento, dato che ero ancora decisamente immersa nelle mie fantasticherie…e la mia paura aumentò ancora quando mi resi conto di chi era il proprietario di quella voce…

«Stuart!», mormorai vedendolo, «Oh non è niente d’interessante…»

Oddio, che volesse chiedermi se contraccambiavo il suo amore?

«Sembrava che tu fossi arrabbiata con qualcuno…», disse

«Sì, con i personaggi della storia che sto scrivendo.», confessai

«Hanno disertato?», scherzò sereno ed io mi ritrovai a sorridere, mio malgrado

«Beh, in un certo senso…»

Ci fu una pausa imbarazzante durante la quale anche i Quarrymen smisero di suonare e John e Paul iniziarono a litigare su quale fosse il modo migliore di suonare “Words of love” di Buddy Holly; da quello che avevo capito, infatti, nella loro prossima esibizione avrebbero voluto fare un tributo a Buddy Holly morto solo da pochi mesi, ma non riuscivano a trovarsi d’accordo su quali canzoni suonare e chi avrebbe dovuto cantarle.

«Senti Chris», esclamò Stu con un tono improvvisamente serio che mi distrasse da Paul e John, «Quando ti ho dato quel regalo, il giorno della recita…»

Il mio cuore iniziò ad accelerare i suoi battiti e mi sentii girare la testa, mentre non riuscivo a staccare gli occhi da quelli di Stu, temendo di sapere che cosa avrebbe voluto dirmi…feci un respiro profondo e mi preparai a sentire quello che non avrei voluto che Stu mi dicesse:

«…io credo di averti dato il libro sbagliato.», concluse.

COSA?!

«C-cosa?!», chiesi, sentendo svanire di colpo la tensione.

«Sì, beh, in libreria avevo comprato due libri quel giorno e avevo chiesto alla commessa di farmi dei pacchetti regalo», borbottò imbarazzato mentre io mi sforzavo di apparire tranquilla, «Quello che volevo darti era questo»

Mi consegnò un altro piccolo libro intitolato “Il piccolo principe” ed io rimasi a fissarlo con gli occhi sbarrati.

«L’altro era per Gwen», spiegò, «Sai, la ragazza che mi piace…»

Sì, certo. Gwen, da Gwendolen (ci avrei scommesso), il nome del personaggio che avrei dovuto interpretare io…che coincidenza,eh?!

«Ah-a!», riuscii a dire soltanto, apprezzando il suo tentativo di riportare lo “Status quo” tra noi, «Allora grazie per questo libro!»

«Sei delusa?», mi chiese ed io scossi la testa, sicura.

«No, davvero, meglio così!», ammisi, «Mi ero un po’ preoccupata…»

 

Anche se con la storia dello scambio tra i pacchi regalo non mi aveva convinto molto, ero felice di poter tornare a comportarmi normalmente con Stu, fingendo di non sapere che aveva una cotta per me, perché infondo con lui stavo benissimo ed era una delle pochissime persone al mondo – direi quasi l’unica – che riusciva a farmi dimenticare, per un po’ di tempo, i miei problemi d’amore.

Finii con lo scrivere la mia storia non-sense – che nel frattempo avevo trasformato in commedia –  basandomi su Stuart e me per i personaggi principali e più di una volta mi aiutò con i dialoghi; ci divertimmo molto a parlare e a comportarci come se fossimo stati Suzie e Lawr, tanto che ben presto questi divennero i nostri alter-ego. La storia parlava di due ragazzi a cui tutte le cose andavano sempre per il verso sbagliato e che quindi ad un certo punto decidevano di ribellarsi e protestare contro il loro autore

Quando la lessi a Mike e agli altri la mia commedia questa piacque tanto che decidemmo di mettere in scena quella, invece che “Ernest” modificato e tutti mi fecero talmente tanti complimenti che per la prima volta mi sfiorò l’idea di diventare una scrittrice.

 

Stu, comunque, non accennò più alla storia dei libri né volle che io gli restituissi quello di poesie d’amore (cosa che  da sola avrebbe dissipato ogni dubbio sui suoi veri sentimenti verso di me, se ancora ci fossero stati dei dubbi da dissipare!) ed io non accennai più a quel libro, ma lessi tutto d’un fiato “il piccolo principe” che mi aveva regalato; ci ritrovammo spesso a parlare di quel libro, discutendo sulle nostre interpretazioni e sulle emozioni che ci aveva suscitato. Io mi sentivo un po’ come la volpe che più si “abitua” al piccolo principe e più non riesce a fare a meno di lui: Stuart Sutcliffe era il mio piccolo principe personale…e la cosa mi faceva sorridere perché in genere sono le ragazze ad essere considerate delle principessine (anche se io, personalmente, odiavo chi lo faceva), mentre per me era l’opposto…anche se, ovviamente, mi guardavo bene dal dirlo a Stu.

 

Nel frattempo maggio si avvicinava e anche se non sapevamo di preciso quando avremmo potuto recitare davanti a un vero pubblico, decidemmo di iniziare comunque a provare la mia commedia ed io insistetti che fossero Mike e Thel a recitare nel ruolo di protagonisti,dato che Stu si era decisamente rifiutato di recitare ed io ero troppo impegnata a fare da regista.

Sicuramente la mia era una commedia un po’ strana, ma a noi piaceva e faceva ridere, quindi non vedevamo perché non avrebbe dovuto avere successo…

 

«Dì un po’, Chris», mi disse un giorno Thel che si era fermata a dormire a casa mia, «I due protagonisti siete tu e Stu, vero?»

«Cosa?»,Caddi un po’ dalle nuvole nel sentirla parlare di Stuart.

«Sì, insomma, siete voi,vero?», ripetè Thel, «…si capisce!»

«Già…», risposi non potendo proprio negare

«E perché hai voluto proprio me e Miky nel ruolo di Suzie e Lawr?», mi chiese, «Non sarebbe stato meglio se tu avessi recitato la tua parte?»

«Innanzitutto non riesco ancora a camminare bene», le ricordai.

«Ma da qui a quando reciteremo starai benissimo!»

«Già…ma non mi andava comunque di recitare in quella parte», ammisi

«Sei innamorata di Stu, Chris?», mi chiese Thel a bruciapelo, «A me puoi dirlo!»

Cos’era, quella, una domanda a trabocchetto?!

«No!», gridai mettendoci fin troppa enfasi, «Non mi piace assolutamente!»

Thel mi guardò alzando un sopracciglio, ma non rispose, quindi la conversazione quel giorno finì lì, ma tornò alla carica con l’argomento “Stu” molte altre volte, dicendo frasi come “E’ molto carino, non è vero?”, oppure “Pensi che sia innamorato di una ragazza in particolare?” o ancora iniziava ad elogiare le sue doti da artista con frasi come “E’ un ragazzo bravissimo e dolcissimo…ne esistono pochi come lui!”, tanto che finii per convincermi ancora di più che a Thel piacesse davvero molto Stu.

Così, per paura di rovinare due bellissime amicizie in un colpo solo, iniziai ad ignorare il fatto che stavo cominciando a provare per Stuart quel particolare dolce sentimento che la gente chiama amore…

Ma forse non fu neppure colpa di Thel se non mi resi subito conto dei sentimenti che mi legavano al dolce Sutcliffe;  per me l’amore era quello che avevo provato (e che in un certo senso provavo ancora) per John: un sentimento sconvolgente e doloroso, tanto intenso da farmi venir voglia di piangere disperata e ridere sguaiatamente allo stesso tempo… non mi sarei immaginata che l’amore, invece, potesse anche somigliare a qualcosa di puro, gioioso e tanto, tanto naturale, come quello che provavo per Stu.

Alla fine, anche se non era assolutamente vero, mi convinsi che non mi sentivo attratta da nessun uomo: iniziai a ripetermi che avrei dovuto vivere la mia vita cercando sempre di divertirmi il più possibile, senza tanti problemi né vincoli derivanti dal fidanzamento.

 

 

Night: NIGHT!!!!vuoi fare un’orgia con John e Stu è.é?!?!? …………beh…….buon per te u.u (xD)…eh sì,il bacio tra Chris e Paul è sconvolgente xD…ma ovvio che Jooooohn non lo batte nessuno…uff, non vedo l’ora di tornare a scrivere di lui e Chris xD

Grazie della recensione :)

 

Marty: no no, il tuo spiritello c’è ancora!e conoscendo Paul mi sarà mooooooooooolto utile! La foto l’ho trovata per caso e sono morta dal ridere quando l’ho vista!XDXD

Grazie della recensione :)

 

Zaz:sì…Chris è stata grulla forte riguardo a Stu u.u (oh!qui sento parlare male di me!!!io non sono grulla! è.é  n.d.Chris) se se…XDXDXD ahahaha sì,forse con una segnaletica in stile batman Chris se ne rendeva conto prima…forse…non ci giurerei… (ehi!!! >.< n.d.Chris) ahah è vero mancava la gocciolinaaa XD ! oddio, la morte di Stu colpito dal libro è una delle migliori XDXD

Grazie della recensione :)

 

Thief: eh no, Chris sta proprio fuori u.u perché ha mille problemi per la testa e non ci pensa proprio al povero Stu…e poi fa tutta la furba, come se a lei non sfuggisse mai niente xD neanche io conoscevo Sentieri, comunque, ma quando scherzo con mia madre dicendogli che Beautiful è la storia infinita che esiste da sempre e sempre esisterà lei dice che in realtà Sentieri è più vecchio e andandomi a documentare ho scoperto che risale agli anni ’30 quando veniva trasmesso per radio!!! O.O cioè, la gente muore senza poter sapere come va a finire una telenovela!!!

Grazie della recensione :)

 

Lady Fede: una nuova lettriceee sono felicissima =D eh sì, la ditta John/Chris è la migliore…ma dovremo aspettare un po’ :P

Grazie della recensione :)

 

Ari: ehhh Johnny manca anche a me T___T ho provato a farlo apparire un po’ in questo capitolo, ma ha una parte minuscola….perchè le cose tornino come prima tra lui e Chris ci vorrà un po’ (u.u), ma nel prossimo capitolo appare di più, tranquilla :)

Grazie della recensione :)

 

Clafi: Oddiooooooooo quella fraseeeee(Il sole oggi è verde ma comunque la mia penna non pesca ghepardi!!!) Dove l’ho già sentita?!?>.< comunque niente sorprese: ti dico “tranquilla” per la recensione, niente torture…per questa volta (mwahahahahahah)…..scusa la mia deficienza…dicevamo?ah sì…Chris è chiaramente gnucca (o grulla, come si dice in toscana XD) u.u… e Stu è sbaaaaaaav *faccia da homer che pensa alle ciambelle*…ma vedrai che anche Chris non è tanto scema da farselo scappare (grulla sì, ma scema no! xD)…ma nooooo!!!XD hai legato Paul la mucca nell’armadio?!?!?!?XDXDXDXDXD… adoro le recensioni chilometriche <3

Grazie della recensione :)

 

Looney: Non sai quanto mi abbia fatto piacere leggere la tua recensione *w* grazie mille dei complimenti! Eh sì, concordo anche io: Stu è bello, ma John è John…Stu, poverino, non regge il confronto xD…e Paul fa un po’ la parte della suocera in questa storia xD

Grazie della recensione :)

 

 

Grazie anche a chi ha soltanto letto,

baci e a presto,

Andry_

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Capitolo 18
*** If I fell ***


If I Fell



 http://img820.imageshack.us/img820/9651/x9d6f7b731.jpg

[un'altra foto di John...]


Infondo, se John non mi vuole significa che non mi merita”, mi dicevo e a son di ripeterlo, finii con il credere io stessa che non mi importava niente di John, quindi iniziai ad assumere con lui un’espressione fredda che spesso sfociava nella crudeltà, nonostante tutti gli sforzi di Paul per farci fare pace.

Ad esempio accadeva spesso che io me li ritrovassi entrambi in casa a discutere di canzoni, come un bel giorno di fine maggio, mentre io dovevo studiare.

«Questa parte non funziona», disse Paul, rivolto a John seduto vicino a lui, sul divano di casa mia, «Dovrebbe fare più  così: “And naaaa na-na-na-na-na-naaaaaaa!”»

«Ma allora le parole non ci stanno!», replicò John, concentrato su un foglio di carta che stava cercando invano di mostrare a Paul, il quale ormai non vedeva nient’altro all’infuori delle corde della sua chitarra, « Possiamo mettere “And I-I-I-I-I-I-IIII” qui e poi all’ultimo verso riprenderlo cantando “Waiting for you-you-you-you!”…che ne dici, per te è carina?»

«Sì, mi piace!», esultò Paul, «Aspetta che provo a suonarla!»

Io sbuffai, cercando di concentrarmi sui compiti di scuola, senza successo.

In quel momento odiavo Paul più di chiunque altro sulla faccia della terra, lo odiavo quasi più di quanto pretendevo di odiare John: lui sapeva che la presenza di Lennon mi faceva star male e che faceva?! me lo portava a casa con la scusa banalissima che Mike (un genio del male!) li aveva cacciati via di casa perché aveva da fare altro con una sua “amica” e la zia di John non voleva neppure che il nipote suonasse (mi avevano detto che Mimi era contraria persino al fatto che John avesse una band tutta sua!)

«Paul, mi ricordi per quale masochistica ragione ho accettato di farvi entrare in casa?», chiesi leggermente scocciata, interrompendo la sua performance.

«Perché mi ami follemente!», rispose subito John, al posto di Paul

«Certo, certo…», replicai pregando che non mi si allungasse il naso come a pinocchio, «Credici!»

«E daaai!», ci supplicò Paul, «Non potete fare pace? così io mi sento responsabile …»

Paul esibì il suo migliore sguardo da cucciolotto abbandonato per intenerirmi, ma non funzionò: in quel periodo, infatti,  mi stavo sforzando di credere che tra me e John niente sarebbe potuto tornare come prima, e anche se ci fossimo parlati di nuovo non sarebbe stato lo stesso.

«Vi ricordo che tra tre settimane è il mio compleanno», disse Paul, « e che per allora dovete aver fatto pace!»

«Dillo alla regina dei ghiacci, non a me!», disse John indicandomi, «Mi congela con ogni parola ed ogni sguardo!»

“Se tu non ti fossi comportato da stronzo, magari…!”, avrei voluto dirgli, ma optai per il silenzio, che sicuramente lo avrebbe fatto impazzire di più.

«Comunque a giugno è anche il compleanno di Stu», disse John vedendo che io non davo cenni di volergli rivolgere parola, «Magari potremmo organizzare una festa di compleanno per entrambi!»

«John, non compio dieci anni», replicò Paul alzando gli occhi al cielo, «Non ho bisogno di una festa!»

«Già, Paul, ormai sei un vecchio bacucco», scherzò John dando una pacca su una spalla a Paul, «Dovremmo metterti in un ospizio per vecchi rincitrulliti!»

«Se io sono vecchio bacucco, tu sei Matusalemme, John!», replicò Paul, con un tono leggermente offeso.

«Oh, ma come thi pehrmetthi?!?», esclamò John imitando la voce di un vecchio sdentato, «Ai miei thempi i giovinetthi come the phorthavano rhishpettho! hai capitho?!? Ma guardha the questhi giovini d’oggi…che gjjjioventhù bruciatha!»

Dovetti nascondermi sotto un libro per non farmi vedere ridere, vista la scenetta comica improvvisata da John. Quello scemo si sarebbe di certo dato chissà quante arie, se mi avesse vista ridere alle sue battute… eppure come avrei potuto stare seria davanti a un John Lennon diciottenne che finge di essere un vecchietto di ottant’anni nel salotto di casa mia?

«Comunque a me piacerebbe organizzare per te e Stu una festa di compleanno», dissi rivolta a Paul, come se John non esistesse, «Potremmo farla anche qui, mia madre potrebbe aiutarci con i preparativi!»

«Senza offesa,  riccioli d’oro», disse John (riccioli d’oro? Ma con chi stava parlando?!), «Ma una festa non è una festa se ci sono i genitori!»

«Mia madre se ne andrebbe prima dell’inizio della festa, ovviamente», replicai in tono volutamente saccente, «Stupido babbione che non sei altro!»

«Ooohhh!allora sua maestà mi rivolge nuovamente la parola?», chiese in tono ironico John ed io ovviamente non gli risposi.

«Allora, che ne dici, Paul?», chiesi, invece, «Ti va di fare una festa? La potremmo fare il sabato dopo il tuo compleanno e prima di quello di Stu…»

«Per me, però, ha ragione John», disse Paul, posando la chitarra, «dovremmo farla da qualche altra parte.»

«Casa di Stu!!», propose John, «Lì non c’è mai nessuno!»

«Ma come facciamo?», chiese Paul, «Non posso mica andare da Stu e dirgli “Ehi senti, sabato 20 faccio il compleanno… a casa tua!”»

«No preoccupa!», esclamò John battendosi una mano sul petto, «Ci pensa lo zio John!»

«Ooooooohhhh grazie, zioooo!!!», esclamò Paul, lanciando gridolini eccitati, tanto per fare lo scemo.

«Allora, principessina sul pisello hai intenzione di aiutarci  con i preparativi?», disse John rivolto a me, che lo congelai con lo sguardo per il solo fatto che avesse osato rivolgermi parola direttamente.

«Aiuterò Paul e Stu, perché è il loro compleanno.», sentenziai infine.

 

Come aveva detto, fu John a proporre a Stuart di fare la festa in casa sua, e lui accetto subito, dicendo che sarebbe stato divertente.

Io, John (con cui continuavo ostinatamente a non voler parlare), Thel e George diventammo gli organizzatori ufficiali, ed invitammo circa mezza Liverpool, tanto che non sapevamo se sarebbero potuti entrare tutti in casa di Stu e George finì con l’andare in paranoia perché, secondo lui, il cibo era davvero troppo poco.

Decidemmo che l’intrattenimento principale della serata sarebbero stati i Quarrymen, ma chiunque avrebbe voluto suonare avrebbe potuto farlo.

 

Per quanto riguardava le mie vicende sentimentali, invece, io ero ancora convinta al cento per cento che a Thel piacesse Stuart e mi ritrovavo spesso a osservare con più attenzione del dovuto i modi in cui si comportavano l’una con l’altra: stavano sempre insieme a parlare, parlare, parlare, parlare…cosa dovessero dirsi di tanto importante non lo sapevo e non riuscivo proprio a capirlo – anche se ora posso immaginarlo – ma mi ero resa conto che appena mi avvicinavo a loro, entrambi smettevano di parlare oppure cambiavano argomento, come se non volessero farmi sapere qualcosa… ed io impazzivo per capire cosa!

Non riuscivo proprio a immaginarmi perché volessero tenermi nascosto qualcosa: se a Thel piaceva Stu e voleva stare da sola con lui, non avrebbe potuto semplicemente dirmelo, senza fare tante storie? Infondo neppure io mi ero ancora resa pienamente conto di ciò che provavo per Stuart,quindi non avrei avuto motivo per arrabbiarmi con lei, anche se avesse intrapreso una storia con Stu …

Comunque, tanto per andare sul sicuro, decisi di reprimere i miei veri sentimenti e di non fare niente per scoprire cosa avessero da dirsi di tanto segreto Thel e Stu, pensando che comunque lo avrei scoperto prima o poi.

 

Nel frattempo, la scuola finì ed io, tra gli impegni con la nostra compagnia teatrale e i preparativi per la festa (iniziati con largo anticipo, dato l’entusiasmo che tutti avevamo dimostrato), riuscii ad essere promossa solo per miracolo.

Quello fu un giugno particolarmente caldo e ricordo che per festeggiare la fine della scuola andai insieme a Paul, Mike, George, Ruth, Thel, Stu, e, con mia grande delusione, John, Cynthia e Dot a fare un bagno al mare. Il mare era calmissimo, così decidemmo di buttarci in acqua completamente vestiti dal pontile del molo, poi iniziammo a giocare tutti insieme come bambini, schizzandoci e cercando di affogarci a vicenda; Mi divertii tanto che quasi mi dimenticai di farmi rovinare la giornata dalla presenza di Dot e John.

«Ehi, Chris!», mi disse Thel una volta uscite dall’acqua, mentre sedute sui un muretto cercavamo di asciugarci, aspettando che anche gli altri nostri amici si decidessero ad uscire dall’acqua, «Che ne dici se alla festa di Paul e Stu invitiamo anche Len?»

Len?

Len Garry?

Ma era impazzita? Da dove le era venuta questa idea?!

«Intendi dire…Len, Len?», chiesi con gli occhi sbarrati, «Len Garry?»

«Sì, il tuo Len», confermò inquietandomi parecchio con quel “Tuo”, «Sai lui, Stu e Paul sono rimasti amici…e anche io ci parlo ancora, quando lo vedo…»

Ah…!

«Per me fa lo stesso.», tagliai corto con un tono che avrebbe voluto significare “se lo inviti ti odierò per il resto della mia vita”

«Sicura che allora per te va bene, se lo chiamo?», mi chiese di nuovo.

Ovviamente, Thel non aveva capito nulla!

«Fa’ come ti pare.»

«Grazie, Chris!», esultò abbracciandomi, poi corse incontro a Stuart che era appena uscito dall’acqua e lo trascinò da una parte, per parlare di nuovo con lui in privato. Io sbuffai.

Essendo da sola sul muretto, dato che tutti gli altri erano ancora in acqua, mi ritrovai a fissare Stu e Thel da lontano, tentando invano di capire cosa stavano dicendo leggendo loro le labbra, ma l’unica cosa che capii fu l’urlo che Thel rivolse a Stu, che la stava lasciando per tornare in acqua:

«PERO’ DOVRESTI PARLARLE!»

Stuart non le rispose e Thel, sbuffando, tornò da me.

«Con chi dovrebbe parlare Stu?», chiesi troppo incuriosita per trattenermi

«Con nessuno.», rispose sgarbatamente, poi mi guardò negli occhi e si raddolcì, «Ah, grazie per avermi dato il permesso di chiamare Len!»

Io scrollai le spalle. Però a questo punto mi prese un dubbio: perché Thel aveva insistito tanto con me per invitare Len alla festa? Infondo non ero io l’unica che aveva litigato con lui…di certo oltre che a me, avrebbe dovuto chiedere il permesso anche a John!

Ma forse il mio permesso le serve particolarmente”, pensai, “perchè lei è innamorata di Stu e a me vuole rifilare di nuovo Len!

 

Questa idea mi assillò nei giorni seguenti e mi fece diventare paranoica.

Non volevo che Len rientrasse a far parte della mia vita dato quello che gli avevo fatto passare e l’isteria che mi aveva provocato; era quasi un anno che non avevo più avuto notizie di lui e adesso Thel voleva farlo rientrare nella mia vita così, dal giorno alla notte?!

Non riuscivo veramente a sopportarlo e penso che se le mie paure riguardo al piano di Thel si fossero dimostrate reali, sarei impazzita sicuramente.

Il giorno della festa di Paul e Stu, quindi, ero tanto agitata che non riuscivo a stare ferma un attimo e non facevo che parlare, di qualunque cosa, anche a costo di ripetere trecento volte le stesse cose, pur di non pensare a Len.

Arrivai a casa di Stu per gli ultimi preparativi molto presto: non erano neppure le cinque di pomeriggio, mentre la festa sarebbe cominciata solo alle nove di sera. John non faceva che fare avanti e indietro da casa di Stu a quella dei vari componenti dei Quarrymen per trasferire gli strumenti musicali, lo stereo e i dischi che sarebbero serviti per movimentare un po’ la festa, mentre io cercavo di ignorarlo.

Insieme a George iniziai a disporre il cibo che mia madre e la madre di George avevano preparato sui tavoli, ma Paul e Stu dissero che secondo loro la “roba da bere” era troppo poca, così andarono a comprarla all’ultimo minuto. Alla fine in quella casa c’era più alcool che cristiani, ma eravamo abbastanza sicuri che prima della mezzanotte la razza umana avrebbe ripreso il sopravvento.


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[Il nostro Geo che si dà all'alcool...anche se credo - anzi, sono sicura - che la festa fosse un'altra]


Stranamente Thel non si fece vedere per tutto il giorno, quindi toccò a me andare a casa sua a prendere la torta di compleanno gigante, fatta da sua madre; pensavo che l’avrei trovata a casa, con una buona scusa per non essere venuta ad aiutarci con i preparativi, ma sorprendentemente non fu così.

«Non ho visto Thelma per tutto il giorno, credevo che fosse con te!», mi disse sua madre, vedendomi, «Comunque il dolce è questo…grazie per essere passata a prenderlo.»

Decisamente, Thelma mi stava nascondendo qualcosa, ma impegnata com’ero con i preparativi della festa, mi dimenticai di lei finchè non la vidi arrivare a casa di Stu alle nove e mezza passate e – cosa ancora più incredibile – accompagnata da Len Garry in persona.

Ok, a questo punto volevo proprio sapere che cosa diavolo stava succedendo!

Le andai incontro guardandola con gli occhi spalancati e la bocca semiaperta e Thel, non appena mi vide, mi corse incontro

«Christieeee!!!», gridò saltellando e prendendomi le mani nelle sue, «Indovina cos’è successo?!?»

Sembrava veramente eccitata…fin troppo!

«Cosa?», chiesi

«Mi sono messa con Leeeeen!!!!», rispose, ancora saltellando e lanciando gridolini eccitati.

«Ah…»

Non fui in grado di rispondere altro, mentre Thel cercava di trascinarmi nella sua euforia.

 

…E così anche Thelma si era trovata un ragazzo, e per di più un ragazzo con cui io non potevo parlare tranquillamente, dato il nostro passato. Teoricamente avrei dovuto sentirmi felice del fatto che Thel avesse trovato l’uomo adatto a lei, e che si sentisse così euforica; per di più sapevo bene che Len era un ragazzo eccezionale che avrebbe potuto solo renderla felice…e allora perché di colpo mi era passata tutta la voglia di festeggiare?

Non appena Thel mi disse di lei e Len, io mi sentii morire, il mio cervello rifiutava di crederci ed io mi sentii come abbandonata: adesso che anche Thel si era trovata un ragazzo, io rimanevo l’unica sola del gruppo. Certo, c’era sempre Stuart, ma era diverso…

Ma poi a Thel non piaceva Stu?!

«E Stu?», chiesi, una volta  che mi fui ripresa

«Stu cosa?», chiese Thel senza capire

«Non ti piacev-?»

Non riuscii a finire la domanda perché Len la chiamò per presentarla ad alcuni suoi amici appena arrivati, ma anche se Thelma non disse niente, la risposta era piuttosto evidente, a giudicare da come si comportava con Len: anche se Stuart le fosse piaciuto in passato, adesso non era più così!

«Devo andare, scusa Chris», si scusò abbracciandomi, «Mi dispiace di non averti parlato prima di Len, ma avevo paura che tu ti arrabbiassi con me!»

«E perché avrei dovuto?», mormorai debolmente.

«Beh, lui è stato un tuo ex», replicò, ancora tenendomi abbracciata, «E…diciamo che non siete rimasti propriamente in buoni rapporti…»

«Tranquilla, non mi arrabbio», la rassicurai sforzandomi di sorridere, «Len è un bravo ragazzo.»

Così Thel mi salutò e corse tra le braccia di Len.

Era assurdo, ne ero perfettamente consapevole già allora, ma non potevo fare a meno di sentirmi come tradita da Thel, come se, in questo modo, avesse dimostrato di preferire Len a me.

«Ce l’ha fatta, allora, a mettersi con Len?», mi chiese Stu, posizionandosi al mio fianco, per guardare meglio, da lontano, la nuova coppia.

«Tu lo sapevi?!», chiesi sorpresa

«Sì, me ne aveva parlato…»

Allora era questo ciò di cui parlavano in segreto loro due?

Eppure la mia idea di Thel innamorata di Stu era dura a morire…

«Davvero?», chiesi

«Dai, Chris, non fare l’ingenua», replicò Stuart ridendo, «Ti sarai sicuramente resa conto che eravamo sempre a parlare tra noi e quando arrivavi tu cambiavamo argomento!»

«Sì…», ammisi abbassando gli occhi, «Ma credevo che Thel fosse innamorata di…»

Alzai nuovamente gli occhi ad incrociare quelli di Stu. Accidenti se era bello!con tutta quella brillantina sui capelli per farli stare acciuffati e quell’espressione dolce e… simpatica … un’espressione da Stu.

«…….di te», conclusi arrossendo.

«Di me?!», esclamò lui, ridendo fragorosamente, «Oh no! Era innamorata di Len, invece, sempre e solo di lui…»

«Non aveva ragione di preoccuparsi della mia reazione», dissi, «Per me lasciare Len è stato solo una liberazione!»

«Infatti gliel’ho detto e lei, a quanto pare, ha seguito il consiglio », replicò Stu, come se parlasse a se stesso più che a me, « … adesso è il mio turno di seguire i suoi consigli.»

«Quali consigli?», gli chiesi, dandomi subito dopo della stupida per averlo fatto.

«Dirti chiaro e tondo, una volta per tutte, cosa provo per te…»

Il mio cuore iniziò ad accelerare il suo battito e arrossii violentemente.

Non riuscivo più a respirare.

«Non so se il tuo cuore appartiene ancora a John o se, nonostante le apparenze, ami ancora Paul », disse guardandomi negli occhi, ed io sentii un brivido percorrermi la spina dorsale, « Ma credo che impazzirò se non ti dirò quello che provo per te…»

Non so se il tuo cuore appartiene ancora a John”…era così? Il mio cuore apparteneva ancora a John? Non riuscivo a capirlo neppure io…sapevo solo che John era una delle persone che mi stavano più antipatiche al mondo, ma spesso capita che in amore il sentimento di antipatia nasconda qualcos’altro in realtà

«…Il libro di poesie era veramente per te», continuò Stu, «E anche se non mi ami e non mi amerai mai, volevo che tu sapessi che io ci sarò sempre per te…»

Di fronte a una simile dichiarazione d’amore non riuscii a fare nient’altro che fissarlo con la bocca socchiusa e gli occhi spalancati come un pesce lesso, mentre mi sentivo sempre più emozionata e il mondo intorno a me iniziava a girare.

«Ehm … adesso devo tornare dentro dagli altri invitati», disse Stu imbarazzato, «E tu vorrai andare a salutare Paul!»

Queste sue parole mi risvegliarono dallo stato di sonnambulismo in cui ero caduta.

John non mi amava e non mi avrebbe mai amata.

Thel non amava Stu, ma Len.

Stu era la persona a cui volevo più bene in assoluto, gli volevo bene quasi quanto a Paul e forse anche di più…direi, anzi, che il mio affetto per Stuart era fin troppo simile all’amore.

«STUART!», gridai abbracciandolo per impedirgli di andarsene.

Lui si voltò verso di me sorpreso e mi strinse tra le braccia.

 «Promettimi che non mi lascerai mai, che non mi farai mai soffrire…», mormorai con il volto nascosto tra le pieghe della sua maglietta leggera.

«Non farei mai niente che potrebbe ferirti, Chris, credimi», rispose dolcemente lui, prendendomi il viso tra le mani e baciandomi dolcemente.

“Giurami che sei sincero, Stu, e prometti che non cambierai mai idea, perché non riuscirei a sopportare l’angoscia di vederti andare via. Ti prego, Stu, non gettarmi come un oggetto inutile subito dopo avermi usata; prometti che mi amerai quanto ho bisogno di essere amata”

«Che fai, piangi?!», chiese Stuart, sorpreso vedendomi in lacrime

«Scusa, mi sono emozionata…», borbottai, asciugandomi gli occhi con le dita, poi per sdrammatizzare aggiunsi: «Hai il sapore di vodka alla fragola!»

«E tu di cioccolato!», ribatté, subito, Stuart, «Che cosa hai mangiato?»

«I biscotti della mamma di Geo», risposi, «Sono buoni!»

Stuart assunse un’espressione pensierosa:

«Mmmmm…fragola e ciccolato….», disse, «Buono!»

E riprendemmo a baciarci, incuranti di tutte le persone che intorno a noi ridevano e si divertivano.

“Like Dreamers Do”, la nuova canzone dei Quarrymen, iniziò a propagarsi nell’aria mentre noi eravamo ancora uniti in un bacio perfetto. Un bacio che non mi ricordava per niente quello di John e che non costituì mai un termine di paragone.

 

Mi ricordai di quello che avevo detto a Paul poche settimane prima riguardo ai turbamenti che provoca necessariamente l’amore e la mia stessa voce risuonò nella mia testa:

Sai Paul, non è vero che l’amore è sempre doloroso… a volte può anche essere dolce e rassicurante.

 

 

 

Era tanto che volevo scrivere una scena in cui John e Paul scrivono insieme una delle loro prime canzoni a casa di Chris :p...l'avevate capito che la canzone che stavano scrivendo è "Like Dreamers Do"? credo che in realtà sia stata scritta solo da Paul e nel '57, ma non sapevo quale altra usare....

ringrazio tantissimo Ari (Russian Fanatic) per le foto che ho usato in questo capitolo :)

spero che anche questa parte vi sia piaciuta…ora passo subito a rispondere alle recensioni che mi fanno sempre tantissimo piacere:

 

Zaz: Chris sta facendo seriamente un pensierino sulla canna(con John alle sue spalle che fa “sì sì” con la testa e gli fa *patpat*) bwahahahahahah il carrarmato nel muso al povero Paul mi ha fatta morire (non dirglielo, sennò si deprime, ma è vero u.u)

Grazie della recensione :)

 

Looney: Ciaooo!!!:D ehm…ho paura di averti un po’ delusa con questo capitolo per la storia di Stu e Chris, ma “c’est la vie”: così dovevano andare le cose… prima o poi, comunque, John tornerà alla ribalta, vedrai!xD io ora sono all’università e faccio giurisprudenza, ma prima ho frequentato il liceo classico…tu che scuola frequenti?

Grazie della recensione :)

 

Marty: John l’ho fatto apparire stavolta,visto? Ma purtroppo lui e Chris sono tornati al punto di partenza…o anzi forse anche un po’ indietro,dato che lei sta cercando di convincersi che lo odia *sospira*

Grazie della recensione :)

 

Thief: la mia sorella di “ma…ma…ma…”!!! XDXDXD (ormai siamo tutte una grande famiglia xD) ahah anche io ho l’ossessione per gli ufo, infatti li infilerei ovunque XDXD che bello ti ho fatto innamorare dei teddy boy??io li adoro!sono così teneri… xD

Grazie della recensione :)

 

Lady Fede:  tranquilla, mi pare che avevi recensito il cap prima! :)….ehhhh sì, Chris è lenta come un bradipo per certe cose, ma alla fine ce l’ha fatta a cedere a stuartino, visto? Hihi

 

Ari: ahhh sono felice di essere riuscita a rendere bene specialmente quella scena: mentre la scrivevo in effetti mi dicevo che sarebbe venuta meglio in un film xD ahahahah ce lo vedo Piero Angela ad illustrare il comportamento del nostro Stu XDXDXD

Grazie della recensione :)

 

Clafi: no, non credo che tu l’abbia copiata perché l’ho anche cercata su google e non c’era niente…credo di avere avuto una specie di “De-ja-vu”(non so se si scrive così…) ahah per Thel e Stu ecco svelato in questo capitolo xD

Grazie della recensione :)

 

Night: Eh stuartino (come hai visto in questo capitolo) ha ancora assi nella manica per quanto riguarda Chris, anche se la sua scusa dei libri era davvero campata in aria xD povero Stu che non sa dire bugie *fa patpat a Stu*

Grazie della recensione :)

 

Mery Jackson: tranquilla, anche io sono sempre molto impegnata…

Grazie della recensione :)

 

 

Grazie anche a chi ha solo letto

Baci e alla prossima!

 

Andry_

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Capitolo 19
*** Getting Better ***


Getting Better


Il venti giugno divenne l’anniversario del fidanzamento tra me e Stuart e per un bel po’ di tempo continuai a pensare a quel giorno come al più felice della mia vita.

Amavo Stuart teneramente e lo stare insieme a lui mi trasmetteva un senso di pace e serenità quasi irreale, come se niente al mondo potesse sfiorarmi e ferirmi, quando stavo vicino a lui: era bellissimo.

I primi giorni che trascorremmo insieme, giorni che passammo restando sempre appiccicati l’uno all’altra, li ricordo come un sogno lontano, un sogno bellissimo, ma irreale e incorporeo, come appartenenti a un altro mondo e a un’altra vita.

Stentavo a capire quello che stava accadendo intorno a me, perché ogni cosa sembrava avere iniziato a girare molto più velocemente rispetto a prima, ma ero sicura che girasse nel senso giusto; infine stava andando tutto per il meglio, per fortuna…

Dopo i turbamenti che John e Paul avevano provocato in me, Stu era la mia oasi di pace, il principe azzurro sul suo bianco destriero venuto a salvarmi, e di questo non potevo che essergliene infinitamente grata.

Da qualche parte, dentro al mio cuore, probabilmente esisteva ancora un luogo segretamente devoto a John Lennon, ma mi imposi di non pensarci e iniziai a dedicarmi completamente a Stu. Probabilmente non lo amavo quanto avrei amato John se me lo avesse permesso, ma in quel momento della mia vita avevo il disperato bisogno di avere una persona come Stuart al mio fianco e lui si porse a me su un piatto d’argento.

 

«Brutta vigliacca che non sei altro!!!», esordì Thel, quando mi vide per la prima volta dopo aver saputo di me e Stuart, «Ti sei presa una cotta per il nostro Stu e non mi dici niente?!»

La sera della festa per Stu e Paul era passata da appena un paio di giorni ed io avevo trascinato Thelma in città perché mi aiutasse a scegliere un regalo adatto a Stu, il cui compleanno sarebbe stato pochissimi giorni dopo. Faceva un caldo pazzesco e camminando per le strade di Liverpool, cercavamo di passare più tempo all’ombra possibile, ma niente sembrava attenuare la calura estiva. E fortuna che l’Inghilterra è proverbialmente un paese freddo e piovigginoso…!

Senza neppure esserci messe d’accordo, ci avvicinammo ad un bar per comprare qualcosa di fresco da bere

«Neanche tu mi hai detto di Len!», replicai, pagando il barista che mi stava porgendo una bottiglietta in vetro di coca-cola

«Già, ma io sono scusata: Len è stato il tuo primo ragazzo, in fin dei conti!»

«Ed io ero convinta che Stuart piacesse a te!», ammisi ripensando a tutte le mie teorie e a quanto esse si fossero dimostrate infondate.

Thel, che aveva già bevuto il primo sorso della sua bibita, per poco non me la sputò tutta in faccia; continuò a tossire per circa un quarto d’ora e infine balbettò scandalizzata:

«C-cosa?!io e Stu?!», si fermò per fissarmi negli occhi con aria poco convinta (o almeno, con quella che a me pareva un aria poco convinta, da dietro quei suoi occhiali da sole neri) e poi scoppiò a ridere quasi istericamente.

«E daaai!», cercai di difendermi, «era plausibile!»

«MA PLAUSIBILE COSA?!?», esclamò Thel, ancora ridendo, «Lasciatelo dire,Chris: non sei una cima nell’interpretare i comportamenti altrui»

Io sbuffai, leggermente offesa.

«Prima non capisci i segnali più che evidenti di Stu», disse, tenendo il conto delle cantonate che avevo preso con le dita di una mano,« che, detto tra noi, erano più che evidenti!Ma cosa volevi, che ti mettesse i cartelloni con tanto di Cheerleader a seguito?!»

«Ora non esageriamo», cercai di giustificarmi ancora, «Non erano mica così evidenti!»

Thel si fermò a fissarmi ed abbassò gli occhiali per mostrarmi il suo sguardo decisamente poco convinto.

«Comunque, poi, come se non bastasse, ti sei convinta che a me, invece che Len, piacesse Baudelaire…ehm, pardon, Stuart!»

«Ma tu cosa avresti pensato?!», chiesi per giustificarmi, «Non facevi che dire quanto Stu fosse bello e perfetto!»

Thel alzò gli occhi al cielo, esasperata.

«E io che cercavo solo di farti piacere Stuart, dato che lui mi stava stressando….!», sospirò scuotendo la testa

«Allora non ti piace, vero?», chiesi, tanto per esserne proprio sicura.

«Sì, Chris, lo ammetto: sono stracotta come un befanino di Stuart Sutcliffe», esclamò con una buffa espressione teatrale, «Infatti non ti parlerò mai più perché ti sei messa con lui dato che solo io avevo l’esclusiva!»

«Thel, fa troppo caldo per il sarcasmo!», esclamai sventolandomi con una mano

«Ah, perché tu non eri sarcastica?», chiese con un tono che poteva anche apparire sorpreso, «Ma andiamo, come facevi a credere seriamente che a me piacesse Stuart?»

«E’ un bel ragazzo.»

«Certo, ma è…è…Stu!», replicò e la voce le si fece acuta nel momento di pronunciare il nome di Sutcliffe, «E’ come pensare che io sia innamorata di mio fratello!»

Sapevo cosa voleva dire fin troppo bene, ma ovviamente questo non lo dissi a Thel.

«Per me Stuart è carino, dolce e simpatico»,continuò, «ma non lo vedo assolutamente in quel modo!»

 

Mentre Thel diceva così, arrivammo davanti a un negozio di belle arti ed io mi fermai ad osservare la vetrina che esponeva tele bianche di varia misura, pennelli, tempere, matite e inchiostri di varia natura e colore.

In realtà, non pensando che io e Stu saremmo divenuti una coppia in così breve tempo, io avevo già contribuito a fargli un regalo insieme a tutti gli altri invitati, ma adesso sentivo il bisogno di provargli anche materialmente che lui per me era più importante di un semplice amico.

«Che dici, una tela e delle tempere sarebbero un bel regalo?»

Thel alzò le spalle con noncuranza.

«Per Stu credo di sì…»

Entrammo nel negozio e comprai una piccola tela quadrata e un set di colori a olio, che avevo intenzione di consegnare a Stu il 24 giugno, il giorno esatto del suo compleanno.

«Invece tu cosa mi racconti?», chiesi a Thel uscendo dal negozio, «Come va con Len?»

«Tutto a meraviglia, te lo assicuro», rispose radiosa, «Io lo adoro!»

«Sono felice che abbia trovato una ragazza come te», dissi e lo pensavo davvero

«Meno male!», esclamò visibilmente sollevata, «Temevo che ti avrebbe infastidita il fatto che io uscissi con un tuo ex…»

Già…fosse stato John magari avrebbe anche potuto infastidirmi, ma Len…potevo dirmi felice se lui non mi serbava rancore.

«Certo che noi due siamo incredibili!», esclamai, «Ci facciamo davvero troppe paranoie!»

«Già, dovremmo fare come quella testa vuota di Dot!», aggiunse Thel, malignamente, «Scommetto che lei di problemi simili non se ne è mai fatti!»

Risi perché da parte mia ogni maldicenza nei confronti della ragazza di Paul era ben accetta, ma da un certo punto di vista mi incupii…

«E Paul?», le chiesi seria, «Te lo sei proprio dimenticato?»

Thel sospirò: brutto segno.

«Ci provo», rispose più sincera di quanto non fosse stata con me da mesi, «In ogni caso Len mi rende molto più felice di quanto Paul abbia mai fatto. E tu cosa mi dici del nostro caro rubacuori Lennon?»

«Che per me può anche andare a rubare cuori da qualche altra parte da qualche altra parte!», replicai gelida.

«Aaaahhhh…la fase della negazione!», esclamò Thel, prendendomi sottobraccio e dandosi arie da donna vissuta, «L’ho passata anche io con Paul!»

Le lanciai uno sguardo di traverso di fronte al quale una persona normale si sarebbe di certo sentita incenerire, ma Thel – si sa – non è mai stata una persona normale!

«A me piace Stu!», le ricordai convinta, «John per me può andare a farsi fottere!»

Thel mi lanciò uno sguardo scettico, ma non commentò.

«Paul come l’ha presa?», mi chiese, invece, ed io alzai le spalle.

«Ti puoi immaginare, mi aveva già detto di essere geloso di Stu ancor prima che io scoprissi di piacergli!»

«Che palle, però!», esclamò Thel solidale

«Già, ma stavolta non ha detto niente: è stato molto professionale», spiegai, sorridendo ripensando agli atteggiamenti particolarmente “English” che Paul sfoggiava di tanto in tanto, «Ma si vedeva lontano un miglio che era scocciato!»

La cosa buffa era che invece di Len non era mai stato geloso…ma ritenni che non fosse il caso di parlarne a Thel.

«Fossi in te avrei già mandato Paul a quel paese almeno un miliardo di volte!», esclamò lei accalorandosi, «Insomma, non è nemmeno il tuo ragazzo: ma che vuole?!»

«In questo senso non posso lamentarmi, però», ammisi, «Sono stata io per prima a dirgli che sarei sempre stata gelosa di Dot…»

«Allora te la sei cercata!», rise Thel, «Comunque quand’è che vedi Stu?»

«Stasera », risposi, «Ah, a proposito, se mia madre te lo chiede sono a dormire da te!»

«Avete in programma una notte di fuoco?», scherzò dandomi delle piccole gomitate maliziose

«Volevamo aspettare insieme il giorno del suo compleanno», replicai con aria sognante.

Ma era ovvio che in pratica aveva ragione Thel

«Aaaaahhhhh…l’Amour!», scherzò.

 

Quella sera stessa, quindi, dopo aver detto a mia madre che rimanevo a dormire da Thel, mi presentai a casa di Stuart, impaziente di entrare in quella stanza sporca e perennemente in disordine che, nonostante tutto, mi era sempre piaciuta tantissimo.

Bussai e Stuart venne ad aprirmi: indossava vestiti vecchi e sciupati, macchiati con i residui dei suoi dipinti e sul viso aveva una striscia di colore verde, come se avesse dipinto con le mani e poi senza pensarci si fosse grattato il naso e una guancia, ma a me pareva più bello che mai.

Vedendomi mormorò il mio nome e mi cinse la vita con le mani, probabilmente macchiando anche i miei vestiti, ma non mi importava molto; entrai nella stanza baciandolo e accarezzando quei suoi capelli morbidi che ho sempre adorato.

Quando lui si staccò da me per dirmi che era felice di vedermi, esitai a riaprire gli occhi, sicura del vortice di emozioni che mi avrebbe colto alla vista di quella stanza e al ricordo di John, e il mio cuore accelerò il battito, mentre ripercorrevo con la mente quella maledetta sera in cui mi ero donata ad un uomo che a uno stronzo, tuttavia neppure l’ombra di un rimpianto mi sfiorò.

Ero appena giunta alla conclusione che era sbagliato (oltre che inutile) sperare di risolvere i problemi fingendo che non esistano; non potevo dimenticarmi di John fingendo che non esistesse.

Non pensando alle cose brutte e tristi si evita solo di soffrire nell’immediato, ma non le si supera del tutto; è come pretendere di far sparire un oggetto chiudendo gli occhi e fingendo che non esista: è impossibile, prima o poi gli occhi vanno aperti e va affrontata la realtà.

Ciò di cui avevo bisogno era un rimedio al dolore, una cura portentosa che mi evitasse di pensare a John.

Mi voltai a guardare gli occhi profondi di Stu e senza accorgermene le mie labbra si piegarono in un sorriso: forse avevo trovato la mia cura al dolore.

Tornammo a baciarci come spinti da una forza irresistibile e con frenesia iniziammo a strapparci di dosso i vestiti.

Sentivo dentro di me un desiderio incontenibile e insaziabile, avevo sempre più voglia…anzi no, sempre più bisogno di Stuart, così iniziai a ricercare un contatto più intimo, pensando a quanto sarebbe stato bello farlo con un uomo che mi amava davvero.

Stuart mi buttò sul letto ed io scacciai via il ricordo di quando John aveva fatto lo stesso, iniziammo ad accarezzarci e a strusciarci l’uno all’altra. Notando la foga con cui Stuart mi accarezzava e mi toccava, mentre ero percorsa dai fremiti, non potei evitare di pensare che gli uomini vogliono una cosa sola, del resto non gli importa un granchè e John ne era stata la prova: diceva di amarmi, ma poi non aveva esitato ad abbandonarmi.

Mi chiesi che cosa avrebbe fatto Stuart se, all’improvviso, mi fossi bloccata e mi fossi allontanata da lui, ma ormai era troppo tardi anche per me; dicono che le donne sentono quell’impulso molto meno rispetto agli uomini….che cazzata assurdità!

 

Fu così bello che avrei voluto non finisse mai;

così bello che avrei voluto restare a letto con Stuart per sempre;

così bello che non avrei sopportato di vederlo andar via;

così bello che ebbi paura potesse finire.

Quando tutto fu finito me ne rimasi distesa sul letto con la testa appoggiata sul petto di Stu, mentre i nostri corpi nudi, ormai stremati, si limitavano a rimanere a contatto; entrambi avevamo il fiato corto per via di tutta quell’attività fisica, ma la stanchezza mi concesse qualche minuto di tregua, durante il quale fu bello riuscire a non pensare a nient’altro che alla cadenza regolare del cuore di Stu e al continuo e rapido alzarsi e abbassarsi del suo petto.

Dopo qualche tempo che non saprei quantificare, Stuart si mosse per accendersi una sigaretta ed io, a questo suo movimento sentii un dolore lancinante al petto, che si liberò quasi automaticamente in un singhiozzo.

«Che c’è?», chiese Stu turbato.

«So che è stupido», dissi, sforzandomi per trovare le parole adatte per fargli capire cosa provavo, «Ma ho una paura tremenda che domani mattina, al sorgere del sole, tu possa abbandonarmi, dicendo di non volermi vedere mai più…»

…Come John.

«Sì, è un pensiero proprio stupido», concordò Stuart, tornando a farsi vicino a me, «Io non ti lascerò mai»

Rimasi a fissare i suoi occhi profondi per assicurarmi che fosse sincero, poi lo abbracciai e nascosi il viso nell’incavo tra il suo collo e la spalla, il luogo dove meglio riuscivo a immergermi nel suo odore dolciastro.

L’odore di Stuart mi ha sempre dato un tale senso di tranquillità…

«Non voglio andare a casa», mormorai

«Dovrai farlo, prima o poi…»

Io scossi la testa, ostinatamente

«Voglio che questa notte sia eterna.»

 

La mattina seguente fui svegliata dai raggi di sole che filtravano dalle finestre sprovviste di tendine…

Sprovviste di tendine?!

…e se qualcuno ci avesse visto?

mi nascosi sotto alle lenzuola leggere e osservai Stuart dormire come un angioletto in una posa scomposta…. Cristo, era così bello!

 

Non so per quanto tempo rimasi a fissarlo dormire; per quanto mi riguardava sarei potuta rimanere in quella posizione per tutto il giorno, ma lentamente lui iniziò ad aprire i suoi occhi, seppur ridotti a fessure minuscole.

«Buongiorno», dissi dolcemente e Stuart si stiracchiò, borbottando qualcosa in risposta, con la bocca ancora impastata dal sonno.

«Come sei bella al mattino…!», mormorò non appena ebbe riacquistato l’uso della parola

«I tuoi occhi devono essere ancora fuori uso!», scherzai, «Sono sicura di essere in condizioni disastrose!»

Stuart mi lanciò uno sguardo scettico ed io sorrisi, poi di colpo mi ricordai che quello era proprio il 24 giugno.

«Stu, E’ IL TUO COMPLEANNO!», esclamai entusiasta, abbracciandolo «AUGURIIII!!!»

Gli diedi un rapido bacio a stampo sulla bocca, poi mi alzai dal letto (trascinandomi dietro i lenzuoli per coprirmi) e andai a prendere il regalo di Stu.

«E’ una sciocchezza», dissi, «Comunque questo è per te!»

Gli consegnai il regalo e mentre lo scartava, gli occhi di Stu si illuminarono come quelli di un bimbo piccolo che svegliandosi al mattino trova sotto l’albero i regali di natale.

«Che bei coloriiii!!!», esclamò eccitato, «E una tela mi serviva proprio!»

Subito corse a mettere la tela su un cavalletto e iniziò ad aprire i tubetti di vernice, mentre io me ne stavo sdraiata sul letto, aspettando impaziente che lui tornasse a letto.

«Che buon odore che hanno…», esclamò assolutamente estasiato, «Senti qua, Chris!»

Avvicinò il tubetto di colore blu a me perché lo annusassi, poi ne verso una parte su una tavoletta, insieme ad altri colori, facendo svanire ogni mia speranza che tornasse da me.

«Stuuuuuuaaaaart!!!», dissi, mettendo il broncio, «Torna a lettooooo!!!»

Ma ormai aveva iniziato a dipingere e non mi ascoltava più.

Iniziò a tracciare i primi contorni di un disegno che ritraeva una ragazza (stranamente somigliante a me) che se ne stava distesa sul letto con il volto crucciato, mentre abbracciava il cuscino, ma per quanto fosse bello per me stare a guardare Stuart che faceva ciò che più amava, non riuscivo a sopportare di doverlo dividere con una tela e dei colori ad olio, così avvolta dai lenzuoli mi feci vicina a lui, lo abbracciai e lo baciai finchè non lo trascinai di nuovo con me a letto, dove rimanemmo per gran parte del giorno.

 


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[Un autoritratto di Stu]

 

Ricordo ancora il periodo che trascorsi insieme a Stuart come uno dei più felici della mia vita; lo amavo o almeno credevo di amarlo e lui sembrava contraccambiare il mio sentimento e questo era appagante. Non riuscivo a credere che solo sei mesi prima mi fossi trovata in una fase di piena depressione causata da quei due stupidi di John e Paul.

Adesso le cose andavano così bene… tutto andava per il meglio e mi sentivo felice; grazie a Stu.

Con John non parlavo ancora, però,  anzi eravamo in piena fase di guerra fredda (almeno per quanto riguardava me) e questo faceva imbestialire Stuart che non riusciva a capire il motivo per cui mi ostinassi tanto a non voler parlare con Lennon, che comunque rimaneva il suo migliore amico. In realtà non lo capivo neppure io…

 


http://img413.imageshack.us/img413/6466/36667145883584204215677.jpg

[Stuart e John, i due uomini che nella mia vita ho amato di più.]

 

«Chris, mi ami?», mi chiese un giorno Stuart mentre, come spesso accadeva, passeggiavamo mano nella mano nei pressi del molo, tra grandi navi lussuose in costruzione e piccoli pescherecci a riposo.

«Certo che ti amo!», risposi quasi automaticamente, poi avuto il tempo di elaborare la domanda aggiunsi: «Perché me lo chiedi?»

«Perché non vuoi parlare con John, se ami me?»

Io abbassai gli occhi senza sapere cosa rispondere. Sapevo che cosa stava pensando Stu: secondo lui non volevo fare pace con John perché lo amavo ancora e temevo di ricadere nella sua trappola se avessi ceduto, ma non era questo…

Era così difficile da spiegare…

«John mi ha chiesto se può trasferirsi da me per un po’», disse atono dopo un po’

«C-cosa?!», esclamai furiosa.

John Lennon? A casa del mio Stu?!?

«E tu che gli hai risposto?», gli chiesi disperata

«Che non c’erano problemi…»

Io sgranai gli occhi: non c’erano problemi? NON C’ERANO PROBLEMI?!?

«Mi ha detto che sua zia rompe perchè vuole sempre che studi o lavori e non lo lascia mai in pace», spiegò Stuart, «Non vuole farlo suonare eccetera»

«A-ah…», esclamai stizzita

«Insomma, povero John, mi dispiaceva per lui!», continuò, «Per te va bene, vero?»

«Fai come ti pare.», tagliai corto

Della serie “Se fai come ti pare, ti impicco”…


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Per la seconda foto(quella di Stu e John insieme) volevo ringraziare Zaz!!<3

 

 

Lady fede: Beh, ma Chris non può mica continuare a sbavare dietro a un uomo che l’ha trattata così, anche fosse il migliore del mondo! Comunque vedrai che si rifarà xD

Grazie della recensione!

 

Zazar: Ahahahah se ci fosse una parodia di questa storia tu saresti la cattiva di turno, Zaz! Mi sono vista la scena di te che appari come il Team Rocket dei Pokemon, Stu che ti lancia la bottiglia e te che scappi, scomparendo dietro al tuo mantello nero da cattiva DOC!XDXD per la scena di George ubriaco, si potrebbe fare *pensa e si appunta qualcosa su un taccuino apparso all’improvviso*

Grazie della recensione!

 

Night: “perchè Len Garry ESISTE ANCORA??? xD” ahah, si in effetti era scomparso… ha sorpreso anche me la sua rientrata in scena xD sono felice però che Chris e Stu ti piacciano insieme e che la storia continui ad emozionarti =)

Grazie della recensione!

 

Ari: In effetti è un periodo che sto ascoltando molto il disco di “Sgt. Pepper’s” e “When i’m 64” è una delle mie preferite, quindi è probabile che mi sia fatta ispirare inconsciamente, ma non sapevo che Paul l’avesse scritta in quel periodo, altrimenti avrei messo riferimenti più espliciti!!o.o mannaggia!xD

Grazie della recensione!

 

Marty: Beh, sì povera Thel *fa patpat a Thel* xD, ma dovevo farla pur mettere con qualcuno poverina e visto il tipo che ha sposato nella realtà, Len è più che accettabile xD sono felice che anche a te Chris e Stu piacciano insieme!...e che la mia storia vi crei dipendenza xP

Grazie della recensione!

 

Lullaby: ahh sono felice che il capitolo ti abbia fatta emozionare…e sì, Chris è un po’ “bischera”, come si direbbe dalle mie parti, ma alla fine tutto è bene quel che finisce bene xD  e già…l’ultima parte è fin troppo dolce perché sia stata io a scriverla….oddio!un ufocicc si è impossessato di me!!!aiuto!!!XD

Grazie della recensione!

 

Thief: oohhh graziee!!! *abbraccia Thief* eh già Thel e Len è stato un colpo di scena in piena regola! xD mmmm…come ho detto a Zaz, sto facendo un pensierino su Geo ubriacone…non sarebbe male fare una scena così xD…ci penserò!u.u

Grazie per la recensione!

 

Clafi: ahahah forse un paio di occhiali nuovi non farebbero poi tanto male a Thel xD ma…ma.. tieni ancora Paul nell’armadio?!poverinoooo!!XDXDXDXD comunque se si mettono a scrivere una canzone in camera tua, dì loro che poi devono passare anche da me!:D anche te sei per George l’ubriacone?mi sa che volente o dolente quella scena dovrò proprio scriverla!XD

Grazie per la recensione!

 

Mery Jackson: Sono felice che ti piacciono Chris e Stu insieme! Però povero John che si ingelosisce!xD

Grazie della recensione!

 

Grazie anche a chi legge soltanto, come al solito

Baci,

Andry_

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Capitolo 20
*** Michelle ***


Michelle


Come regola generale, non bisogna mai – e dico proprio mai – dire a un uomo “Fai come ti pare” sperando che capisca, perché lui puntualmente non capirà niente, farà davvero di testa sua e tu finirai con il dover accettare una situazione che non avresti mai e poi mai voluto...e il trasferimento di John Lennon a casa del mio ragazzo era proprio una di queste situazioni.

 

Da quando John si trasferì a casa di Stuart, infatti, potei dire addio alla mia vita di coppia.

Era un vero e proprio dramma, per me, dover vedere John ogni singolo giorno, ogni volta che andavo a casa del mio ragazzo ed era ancora peggio quando là trovavo anche Cynthia.

Capivo che Stuart lo considerasse il suo migliore amico e che volesse fargli un piacere, ospitandolo in casa sua, ma io ancora non volevo avere niente a che fare con John Lennon…per niente al mondo!

Io e Stuart, generalmente, andavamo molto d’accordo: eravamo abbastanza simili da bisticciare per tutto e non litigare mai per niente, e ci amavamo, quindi era bello litigare anche solo per poi fare pace, ma la presenza di John in casa di Stuart cambiò tutto. Non capivo perché, dopo mesi di silenzio, lui si sforzasse tanto di essermi amico.

Da parte mia, invece, io ero decisa più che mai a fare come se John non esistesse e questo faceva infuriare Stuart.

«Se ami me e non lui, come dici», diceva, «Non vedo perché non dovresti fare pace con John… Di cosa hai paura?»

Di cosa avevo paura era difficile spiegarlo.

I sentimenti non sono mai univoci e assoluti, come ci appaiono nelle favole: nella realtà è molto difficile che la principessa sia esclusivamente e follemente innamorata del suo cavaliere, per quanto perfetto egli sia. E proprio così era per me e Stuart: io lo amavo teneramente, con tutto il cuore e l’anima, ma non abbastanza da essere sicura che il mio amore mi avrebbe permesso di resistere a John.

Eppure, allo stesso tempo, potevo dirmi sicura di non appartenere più a Lennon: lui stesso aveva rifiutato il mio cuore, gettandomelo indietro come fosse stato una confezione di uova marce.

 

In ogni caso, nonostante la mia contrarietà, John si trasferì da Stu il primo agosto e da allora fu fonte involontaria di mille discussioni, tanto che io e Stu, per non impazzire del tutto, ci ritrovammo a dover mettere al bando l’argomento “John” per un po’.

Nel frattempo i Quarrymen continuavano a suonare nei locali o ovunque fosse loro concesso di esibirsi ed io e Stuart andavamo spesso a sentirli: per noi erano una delle band migliori di tutta Liverpool, quasi a parimerito con i “Rory Storm & The Huracanes”, che in quel periodo erano la band più popolare del Mersey Side.

Sapevo che John, soprattutto da quando si era trasferito, aveva cominciato ad insistere chiedendo a Stuart di entrare nel gruppo (suppongo che mirasse a migliorare l’immagine del gruppo, dato che sicuramente Ken Brown non reggeva il confronto con Stuart Sutcliffe in quanto a bellezza esteriore), ma Stu non è mai stato interessato alla musica: sapeva suonare, perché sua madre gli aveva dato lezioni di piano da bambino, ma le sue aspirazioni artistiche tendevano più verso i campi della pittura e della poesia.

Ricordo ancora l’espressione di serenità e allegria che illuminava il suo sguardo ogni volta che lo trovavo intento a completare e ritoccare il ritratto che aveva iniziato in quella nostra prima notte insieme… la musica, invece, non era in grado di dare tutto questo a Stuart.

 Inoltre in quel periodo Stuart era tanto preso dal dipinto da riuscire a stento a pensare a me… figuriamoci alla musica!

Quello che ne venne fuori fu, comunque, un dipinto eccezionale, nel quale apparivo molto più bella di quanto fossi in realtà, tanto che quando il quadro fu esposto alla mostra scolastica di settembre, ricevette molti apprezzamenti e trovò persino un acquirente, che pagò una somma piuttosto alta per averlo. Di colpo, quindi, Stu divenne una celebrità nel nostro College of Arts e si lasciò convincere da John a comprare un basso con il ricavato della vendita del MIO ritratto.

Non riesco a spiegare la  rabbia che mi colse quando lo venni a sapere: pensavo di avere l’esclusiva di quel quadro, dipinto con i colori che IO avevo regalato a Stuart, sopra la tela che IO gli avevo donato e sul quale era ritratta la MIA espressione in uno dei mattini più belli che avessi mai trascorso…era come se il mio ragazzo avesse donato una parte di me al mio peggior nemico!

E la cosa peggiore, per me, era non poterne parlare a Stu per paura di incorrere in un’ennesima lite riguardo a John.

 

Veder barattare il mio quadro con un basso (che faceva piacere solo a John) fu frustrante, ma da un certo punto di vista ero felice che Stuart suonasse con il gruppo che io ritenevo essere il migliore di tutti i tempi.


 _ghh07.jpg Stu and George picture by tmf83photos

[Stuart che suona insieme a George. Strano che qui non stesse di spalle come al solito...]

 

Il primo concerto di Stuart con i Quarrymen fu agli inizi di novembre, al Casbah Club e lui si sentiva tanto inadeguato e nervoso che per tutta la sera suonò dando le spalle al pubblico per non far vedere, diceva, quanto fosse incapace.

«Chi è le garçon jirato di spallè?», mi chiese d’un tratto una ragazza che si trovava al mio fianco sotto al palco e che parlava con un marcato accento francese.

Era una ragazza molto bella, con lunghi capelli ondulati biondo cenere e due abbaglianti occhi azzurri… era decisamente troppo bella perché mi lasciasse indifferente il fatto che stava chiedendo del MIO ragazzo

«Si chiama Stuart Sutcliffe»,  risposi acida, «E non è roba per te!»

«Complimònti!», esclamò lei, ballando sulle note di “like dreamers do”, «Il est il tuo ragazo? C’est magnifique!»

…Ecco fatto, ci mancava solo una francesina del cavolo che si prendesse una cotta per Stu!

Mi ripromisi che non appena fosse finita l’esibizione dei Quarrymen, avrei preso il basso di Stu e lo avrei spaccato in testa a John.

«Je suis Michelle!», si presentò la ragazza porgendomi una mano ed esibendosi in un sorriso radioso (che con me non attaccava), «Tu come ti chiami?»

«Christine», risposi stringendole la mano, giusto perché non avrei proprio potuto evitarlo.

«Oh, piascere di conoscerti, Christìn!»

Non Christìn: Chrìstine!...era così difficile?!

«Chiamami solo Chris», risposi automaticamente, «Comunque piacere mio.»

Il mio tono era decisamente sarcastico, ma Michelle sembrò non rendersene conto.

Nonostante i miei palesi tentativi di scrollarmela di dosso, quella ragazzina mi rimase appiccicata per tutta la sera, assillandomi con milioni di domande riguardo a Liverpool e ai ragazzi; lei, come già avevo capito anche da sola, veniva dalla Francia e da Nizza in particolare: i genitori di Michelle sarebbero dovuti rimanere a Liverpool per due o tre mesi, per lavorare al progetto di una nave e Michelle ne aveva approfittato per farsi una vacanza in Inghilterra, ma ancora non aveva fatto amicizia con nessuno e quello era il suo irritante modo per chiedermi aiuto.

Quando l’esibizione dei Quarrymen finì, i ragazzi scesero dal palco, sostituiti dai Jack Black (la band di Pete Best, il figlio della padrona del locale), quindi uscii dal Casbah insieme alla ragazzina francese, pensando che presto sarei stata raggiunta anche dagli altri, mentre lei non faceva che parlare a raffica, alternando parole inglesi a parole francesi.

Stuart fu il primo ad uscire dal locale e a raggiungerci: mi abbracciò e mi diede un bacio a stampo sulle labbra, in segno di saluto.

«Sei stato bravissimo», gli dissi, dolcemente

«Se, se…certo», replicò lui scettico, poi si voltò a guardare la bella francesina.

«Questa è Michelle», esclamai di malavoglia, «Michelle, lui è Stu»

«Molto piascere!», esclamò lei, porgendo a Stu una mano che lui strinse subito, fin troppo galantemente.

Avrei voluto dargli un calcio in uno stinco, ma probabilmente non sarebbe stato carino…

«Dove sono gli altri?», chiesi trovando strano che Paul, John e George non fossero ancora usciti dal Casbah.

Stuart guardò la porta d’ingresso del locale e alzò le spalle.

«Si saranno fermati a sentire il gruppo dopo di noi. Dicono che il batterista non sia male», disse, «E i Quarrymen hanno un disperato bisogno di un batterista!»

Questo era poco, ma sicuro.

Comunuqe non dovemmo aspettare troppo prima di vedere uscire John dal Casbah, mezzo ubriaco e abbracciato a Cyn; lo seguirono anche George che, chitarra alla mano, stava provando qualche accordo, e Paul che parlava amabilmente con Dot.

«Hey, chi è le garçon con la birrà in manò?», domandò Michelle

«Ma chi, John?», chiese Stu che nonostante gli occhiali, dovette strizzare gli occhi per vedere il punto indicato da Michelle

«Pure lui non è roba per te», mi ritrovai involontariamente a dire; poi per rimediare aggiunsi: «E’ fidanzato da una vita!»

Non appena George ci vide, si avvicinò a noi (quella sera Ruth non c’era perché si era offerta di fare da babysitter al figlio dei suoi vicini di casa) e, dopo che ebbero salutato le rispettive ragazze, ci raggiunsero anche John e Paul.

«Voi siete les garçons che suonavano dentro al pub?», chiese la bella francesina, presentandosi, «Je suis Michelle»

«Uuuuuhhhh… Enchantè!!», esclamò subito Paul, baciandole la mano con fare da playboy, «Je m’appelle Paul »

“Enchantè un corno!”, avrei urlato a quel punto, se fossi stata la ragazza di Paul, ma non lo ero quindi dovetti sorbirmi le risatine da vera e propria ochetta di Michelle.

«Ehi, Paulie», esclamò John, «Lasciane un po’ anche a noi!»

«Zitto Lennon, tu sei fidanzato!», replicò Paul, dando uno spintone a John, per allontanarlo dalla ragazza.

«Anche tu sei fidanzato, McCartney!», protestò John, dando un debole pugno sulla spalla a Paul.

«Ah sì? Vediamo!», disse Paul, iniziando ad azzuffarsi con John

«Fanno sempre così», spiegò George, in risposta allo sguardo sconcertato di Michelle,« Ma non sono cattivi»

«Ah, ciao Dot!», esclamai improvvisamente, fingendo di parlare con la ragazza di Paul, «Come mai sei tornata?»

John e Paul si bloccarono immediatamente e Paul cercò anche di ricomporsi prima di guardarsi intorno con aria spaventata, in cerca di Dot; infine, non trovandola, posò lo sguardo su di me.

«Ah ah! Molto divertente, Chris», disse in tono sarcastico, «Ma tanto lo sapevo che non c’era, altrimenti non ti saresti mai rivolta a lei tanto amabilmente!»

«Già..e proprio per questo ti sei messo sull’attenti non  appena ho pronunciato il suo nome, vero?»

Paul arrossì, mentre tutti gli altri ridevano.

«Attento, Paulie, che la nostra riccioli d’oro non perdona!»

Non avevo ancora capito perché John continuasse a chiamarmi riccioli d’oro, ma lo odiavo.

«Siete tuti amisci?», chiese Michelle e tutti, ricordandoci solo allora della sua presenza, ci voltammo a guardarla.

«Esattamònt!», esclamò John, prendendola a braccetto e inventandosi le parole.

Povera Cyn, quella francesina mi faceva una rabbia…!

«Tu sei nuova di qui, vero?», le chiese timidamente George, «Non ti ho mai vista…»

…E povera Ruth.

«Oh, Oui!», rispose Michelle, «Moi e la mia famille sci siamo trasferiti la semaine scorsa»

«Oh, allora dobbiamo proprio portarti a fare un giro della città!», esclamò allora Paul.

E povera anche….no,niente “povera Dot”.

«Questa mi stava antipatica già prima che tu ci provassi con lei!», dissi a Paul, prendendolo da parte, mentre tutti insieme passeggiavamo per le vie di Liverpool, che all’una di notte erano logicamente deserte.

«Ma se ce l’hai fatta conoscere tu!», replicò, lanciando uno sguardo assassino a John che aveva appena preso sottobraccio Michelle.

«In realtà è lei che si è accollata a me!», protestai

«Comunque dovresti essere felice che io penso a lei e non a Dot, no?», disse Paul con un sorrisetto ruffiano e senza lasciarmi il tempo di replicare, trotterellò al fianco della francese.

«Quasi quasi era meglio Dot”, borbottai tra me e me e Stu, nel vedere la mia espressione, si mise a ridere e mi baciò.

 

In ogni caso, anche se Michelle non era per me il massimo della simpatia, dovetti sorbirmela per le settimane successive e tutti i ragazzi parevano essere pazzi di lei.

So di essere una persona molto diffidente: è davvero raro che qualcuno mi stia simpatico a prima vista e tendo ad essere generalmente brusca e scontrosa con gli sconosciuti, ma poi, mano a mano che faccio conoscenza, mi affeziono a chiunque (come mi è successo con Thel che è passata dall’essere “colei che mi perseguitava” all’essere la mia migliore amica, nel giro di un anno), ma Michelle proprio non la sopportavo….e non solo perché sembrava aver attirato su di sé tutte le attenzioni di ogni essere di sesso maschile dai 13 anni in su.

Era davvero infantile, antipatica, stupida e…sciocca.

Insomma, parlare con lei era come parlare con una persona che è rimasta coinvolta in un grave incidente che le ha leso irrimediabilmente tre quarti del cervello!

E la cosa peggiore poi era che lei, al contrario, sembrava avere una vera e propria adorazione nei miei confronti…

«Ma perché la odi così?», mi disse una volta Stuart, a proposito di Michelle (che stava simpatica pure a lui….), mentre eravamo alla mensa della scuola.

«ehmmm….forse perché è odiosa?», rispose Thel sarcastica, al posto mio.

Il effetti Michelle attirava tanto le attenzioni degli uomini, quanto l’antipatia delle donne. A pensarci ora, un po’ mi dispiace per lei: non deve essere stato facile…

«Ma poverina!che vi ha fatto?»

«Poverina?!», dissi, trattenendomi a stento dal gridare, «Tu e il tuo amichetto John da quando è arrivata non fate altro che parlare di lei, e io devo sopportarvi O G N I - S A N T O - G I O R N O!»

«Geloooosa, eh?!», scherzò Stuart ed io iniziai a tenergli il broncio.

«Stupido!», borbottai, « Una come lei non riesce di certo a tenermi testa!»

«E pensare che lei è sempre così gentile…», sospirò Stu, rincarando la dose.

Sapevo che avrei dovuto comportarmi meglio con lei e che lei era gentile con me, ma ciò non mi impediva di continuare a detestarla… inoltre, quello che mi faceva arrabbiare era che tutti i miei amici – e Stu non faceva eccezione – sembravano essersi invaghiti di lei ed io temevo di perdere il mio ragazzo, tra le altre cose.

«Stuartuccio»,dissi melliflua e subito Stu mi guardò terrorizzato, «continua pure ad elogiarla ed io ti prometto che vado in scipero!»

E nel dire così mi abbottonai meglio la maglietta, in un gesto teatrale; Thel e Stuart, però, si lanciarono uno sguardo di intesa, poi scoppiarono a ridere.

«Io scommetto che non resiste più di una settimana!», esclamò rivolto a Thel, guardandomi malizioso

«Ma secondo me crolla anche prima!», aggiunse Thel, al che io ostentai un’espressione offesa: ma per chi mi avevano presa?!

«Comunque, Christie», disse dopo un po’ Thel, «Per me non sopporti Michelle perché ha preso il tuo posto!»

«C-cosa?!», gridai, scandalizzata

«Sì, è vero!», esclamò Stu, «Pensaci, prima sia io, che Paul, che John giravamo tutti intorno a te, invece adesso il centro di attrazione si è spostato. Michelle sta prendendo il tuo posto!»

«Non è vero che tutti giravano intorno a me!», protestai,

Ma anche fosse stato così, e non era, forse, una ragione sufficiente perché io la odiassi?!

insomma, stava cercando di essere la nuova me: Io non volevo “nuove me” tra i piedi. Senza considerare poi il fatto che era una nuova me più giovane e molto, molto più bella… e che aveva pure John che le faceva la corte, cosa che io non ero mai riuscita ad ottenere.

 

Salve a tutte!

So che questo capitolo fa un po’ schifo, ma dovevo pur scrivere anche questa parte…

Via,non ho moltissimo tempo, quindi ringrazio Night per la foto che ho usato in questo capitolo e passo subito ai ringraziamenti per le recensioni, che mi rendono sempre tanto felice (*___________*):

 

Marty: oddio,sinceramente non sono sicura se sia il 23 o il 24 perché ho trovato date diverse in siti diversi….comunque è in quei giorni…se fosse stato ancora vivo Stuartino avrebbe compiuto 70 anni =( …eggià Dot ce la troveremo tra i piedi ancora per un po’… pensa che il 1960 inizierà solo con il prossimo capitolo *patpat*

Grazie per la recensione :)

 

Lady Fede: ahahah “la casa del peccato” XD comunque, wow!parti per 3 mesi?!? *_______* beata te!!! Io mi farò appena una settimana ad agosto =( allora buone vacanze anche a te!e buon viaggio!

Grazie per la recensione :)

 

Zazar: ahahahahahahh io adoro le tue recensioni! Stu si è ribellato,eh?povera Zaz *patpat*…ma in realtà era tutta una mia tattica per salvare la vita a Stuartino e pare stia funzionando hihihi *Andry incita Stu: “forza, continua ad intenerire Zazy che così, forse, ti salvi la vita!!”*  grazie dei complimenti,zaz!*___*  ma io lo so perché ti è piaciuta la frase finale: speri che io faccia il lavoro sporco al posto tuo,eh?!? *da gomitate a Zaz* e invece no u.u però quando non mi servirà più, se vuoi te lo cedo! xD

Grazie per la recensione :)

 

Thief: già povero sfruttato Len, ma alla fine anche lui ha trovato la sua “lei”..tutto è bene quel che finisce bene :P beh,è ovvio che l’ombra di John incomberà sempre su di loro…ma magari Stu saprà tenergli testa,chissà…via,non disperare (per ora) * Andry fa patpat a Thief*

Grazie per la recensione :)

 

Night: ahahahah anche tu tonna “a pinne gialle”(XDXDXD) ai livelli di Chris?!guarda che lei è grave,eh!xD eh beh,ha 15 anni,ma una volta assaggiato il frutto proibito…XDXDXD grazie dei complimenti,Nighty *___*  ahahah ora che mi ci fai pensare, comunque, hai ragione anche me ricorda l’urlo di Much quel dipinto!*o*

Grazie per la recensione :)

 

Brookelle: Una nuova lettrice,che bello *____* sono felice che la storia ti piaccia!

Grazie per la recensione :)

 

Ari (che ha cambiato nome e questo mi piace di più :P): sono felice che Stu e Chris ti piacciano insieme e…beh..per Amburgo c’è ancora tempo :P

Grazie per la recensione :)

 

Lullaby: credo che tu abbia analizzato il triangolo John-Chris-Stu alla perfezione: l’amore per John è più passionale e istintivo, mentre quello per Stu è più razionale e dolce… beh ovviamente John in casa di Stu è fonte di grave frustrazione per Chris, ma chissà che Stuart non riesca a tenergli testa!

Grazie della recensione :)

 

Looney : beh,sì…scacciare John dalla testa di Chris sarà praticamente impossibile, ma magari…! …non sappiamo ancora di cosa è capace il caro e dolce Stu!! eheh xD e le scene “intime” sono indispensabili,direi (e poi mi piace tantissimo descriverle :P)

Grazie per la recensione :)

 

Grazie anche a chi legge soltanto!

Baci e alla prossima!


 

 

 

 

 

 

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Capitolo 21
*** I'll Follow The Sun ***


Ill Follow the Sun


Il 1960 fu un anno particolarmente intenso per i Quarrymen: cambiarono nome così tante volte che ho perso il conto di tutti quelli che hanno utilizzato, parteciparono a provini e audizioni, aprirono concerti, si unirono e si divisero così tante volte che mi è sempre parso strabiliante come tutto ciò sia avvenuto nell’arco di un solo anno.

Ma non solo per i ragazzi il 1960 fu un anno di svolta; Anche io, infatti, posso dire che se oggi sono quella che sono lo devo in parte ai contributi fondamentali che quell’anno apportò alla mia “carriera”(se così vogliamo definirla).

Innanzitutto la mia commedia, “Abbasso l’autore”, che mettemmo in scena nel dicembre del ’59 riscosse un grandissimo successo e fece colpo sulla direttrice del giornalino scolastico della mia scuola, tanto che lei decise di affidarmi l’intera sezione del giornalino destinata ad “Musica e Teatro”; poi iniziai a fare sempre più articoli sulle band musicali emergenti nel panorama musicale Liverpooliano, concentrandomi in particolar modo sui Quarrymen… e credo siano stati proprio questi articoli sulla musica a farmi guadagnare, qualche tempo dopo,  il posto come giornalista del MerseyBeat.

Inoltre, per dar sfogo alla mia massima aspirazione, che è sempre stata la scrittura di romanzi più che il giornalismo, iniziai a pubblicare un “romanzo a puntate” sulla mia sezione del giornalino scolastico, ma non riscosse troppo successo.

 

Michelle, intanto, continuava a scodinzolare intorno a me ovunque io andassi, ma con il passare del tempo, capii che non avrebbe mai costituito una seria minaccia per me e Stuart, quindi imparai a tollerarla ed arrivò quasi a starmi simpatica.

Assistette alla mia commedia nel dicembre del ’59 e ne rimase tanto entusiasta che insistette per far parte della nostra compagnia teatrale e fu subito accettata di buon grado, dato che Mike e gli altri stavano giusto cercando un’attrice.

Il fascino di Michelle su tutti gli esseri di sesso maschile di Liverpool, come era arrivato se ne andò e dopo tre mesi dall’incontro con la bella francesina, solo Paul continuava ad essere ancora irresistibilmente attratto da lei, dato che tutti avevano capito quanto vacuo fosse il suo fascino; inoltre Paul e gli altri non avevano molto tempo da dedicarle, dato che in quel periodo erano fin troppo impegnato con la musica.

 Allan Wiliams, che aveva un caffè, chiamato Jacaranda al numero 21 di Slater Street parlò ai ragazzi di un’audizione che si sarebbe tenuta a Maggio per trovare la Band di supporto per il Billy Fury Tour e i Quarrymen, che avevano appena cambiato nome in “Silver Beatles” (passando prima per “Silver Beat” e “Silver Beetles”) decisero di cogliere l’opportunità al volo ed iscriversi, anche se non avevano ancora un batterista.

Ricordo che i ragazzi erano eccitatissimi, un po’ all’idea di conoscere di persona Billy Fury, un po’ per l’ansia di vincere il concorso e fare davvero successo. Stuart in particolare, non faceva che lamentarsi perché sapeva di non essere bravo quanto gli altri e temeva di farli sfigurare, mentre John non faceva che aggirarsi per casa di Stu (che, ahimè, era diventata anche la sua casa) esultando all’idea di conoscere Billy Fury: una volta addirittura lo sentii cantare una canzone appena composta, ma sprovvista di testo,  utilizzando all’infinito il nome “Billy Fury” al posto delle parole che scrisse solo in un secondo momento.

 

Con me, invece, John si sforzava di essere sempre più carino e gentile, mentre io non capivo perché lo facesse…o meglio, capivo che volesse andare d’accordo con la fidanzata del suo migliore amico e forse si sentiva anche in colpa per come si era comportato, ma dato il modo freddo (per usare un eufemismo) in cui lo trattavo, avrei creduto che avrebbe presto rinunciato e che sarebbe tornato a trattarmi con indifferenza, e invece non fu così.

«Che ci fai appostato dietro alla porta, Lennon?», domandai facendo affidamento su tutta la mia pazienza.

Eravamo in casa di Stu (e John…), ma il mio ragazzo era dovuto andare a comprare alcuni colori che gli servivano per completare un suo dipinto, quindi io ero rimasta sola in casa insieme a John, ma ero ancora decisa a trattarlo con disprezzo e indifferenza, quindi mi ero seduta sul letto materasso di Stu a leggere; eppure concentrarmi su “Alice nel paese delle meraviglie” era difficile, con gli occhi di John puntati su di me.

«Niente, stavo qui…non posso stare qui?», borbottò lui, «Bambaragia!»

Sospirai. Odiavo quando si inventava parole senza senso(soprattutto se queste avevano tutta l’aria di essere insulti), ma in un certo senso era divertente.

«Cosa leggi?», chiese avvicinandosi a me e prendendomi il libro dalle mani, per scoprirlo di persona.

«Ma non hai nessun altro da importunare?», chiesi glaciale, «perché non vai fuori a giocare con qualche serpente velenoso, Lennon?!»

«Naaa…e chi me lo fa fare?!», chiese lui, con una strana espressione stanca dipinta sul volto, «Il serpente più velenoso del regno animale ce l’ho già in casa!»

Io lo fulminai con lo sguardo.

«Johnny?», lo chiamai con un tono volutamente fin troppo dolce, «FOTTITI!»

A John spuntò un sorrisetto divertito e, venendo a sedersi vicino a me, disse:

«Dì un po’, tesoro, ti sono forse venute le tue cose?»

Io arrossii violentemente e feci per dargli uno schiaffo, ma lui mi bloccò il braccio a metà strada, stringendomi il polso con una mano.

«Lasciami Lennon!», sibilai sottovoce.

Se fossi stata un gatto, avrei avuto tutto il pelo alzato, gli avrei mostrato i denti e gli artigli e gli avrei soffiato contro.

John, comunque, sembrò cogliere il messaggio perché subito lasciò il mio braccio e si allontanò impercettibilmente da me, distogliendo lo sguardo e accavallando le gambe…era così bello! Me ne rendevo conto anche in quel momento, anche se lo odiavo.

Perché John si comportasse così con me non riuscivo proprio a capirlo, ma non ci tenevo neppure a scoprirlo, quindi mi avvicinai al telefono e composi il numero di casa di Michelle: almeno lei, per quanto noiosa avrebbe tenuto John occupato per un po’…o almeno ci speravo!

«Chi chiami, regina di cuori?», chiese John con un’espressione maliziosa dipinta sul viso, «Tradisci il caro Stu, eh? bricconcella!!»

Mi veniva da ridere per il tono in cui aveva pronunciato l’ultima parola, ma feci ricorso a tutto il mio autocontrollo per alzare gli occhi al cielo.

«Hai finito di chiamarmi con nomignoli stupidi, Lennon?», chiesi acida, «Non sono una principessa, né una regina, né un qualsiasi altro person-»

Mi interruppi perché la madre di Michelle aveva appena risposto al telefono, quindi John approfittò del mio momentaneo silenzio per gridare, gridando con voce da soprano:

«Tagliaaaatele la teeeestaaaaa!!!!»

Subito dopo aver chiesto alla madre di Michelle di passarmi sua figlia, fulminai John con lo sguardo, ma lui non si fece minimamente intimorire.

«Allora, chi hai chiamato?», chiese nuovamente una volta che ebbi abbassato la cornetta del telefono

«Michelle. Chi altro vuoi che io abbia chiamato?!», risposi, «Tu non ti decidi ad andartene e a me non va di restare sola con te!»

«perché? Di che hai paura, eh Alice?», chiese maliziosamente.

«Uffa!Non sono né Alice, né la regina di cuori», sbottai, «Falla finita!»

«Io potrei essere il tuo bel coniglietto bianco, Alicetta mia!»

«Ah! Ti piacerebbe essere il mio coniglio bianco!», esclamai, «Ma tu, al massimo, puoi essere il tricheco!»

John scoppiò a ridere rotolandosi sul divano

«Che bello il tricheco!!!!»

«Già…», borbottai sarcastica e per fortuna qualcuno bussò alla porta: era Michelle che aveva fatto più in fretta di quanto sperassi.

«Salut, Chris!!», esclamò Michelle non appena le aprii la porta, correndo ad abbracciarmi, «Oh, sci sei anche tu, Jon!»

«Sai come’è, questa è anche casa mia..», commentò John, che stranamente non sembrava troppo felice di vederla.

Dopo aver salutato Lennon, Michelle mi lanciò uno sguardo strano (non era decisamente abituata a vederci insieme), ma io feci finta di non rendermene conto.

«Siete soli voi due?», chiese sospettosa, «Ou est Stuàrt?»

“Stuàrt non lo so, ma” «Stùart è a comprare delle cose per dipingere», risposi, tornando a sedermi sul materasso di Stu, a leggere il mio “Alice nel paese delle meraviglie”.

Speravo proprio che lei avrebbe iniziato a parlare con John e che tutti e due mi avrebbero ignorato, ma evidentemente volevo troppo dalla vita perché entrambi mi seguirono e si sedettero vicino a me.

«Sapete, sono felice di vedervi qui insieme», disse Michelle, «Pensavo che non vi sopportaste ed è un peccato perché secondo me stareste bene insieme!»

Io arrossii subito a queste sue parole, e con la coda dell’occhio potei vedere che anche John aveva appena distolto lo sguardo, decisamente imbarazzato.

«I-In realtà io e John non ci sopportiamo ancora», balbettai, «Vero Lennon?»

Per tutta risposta lui scrollò le spalle.

«Oh, davvero?», chiese Michelle chiaramente delusa, «Ma je pense que dovreste fare pasce! Deux amis dovrebbero pevdonarsi qualsiasi cosa sia suscessa tra loro!»

Decisi di cogliere l’occasione al balzo per lanciare una frecciatina a John:

«Io in certe circostanze, però, non ce la faccio proprio a perdonare», dissi freddamente, «Mi dispiace, io sono fatta così.»

Lanciai uno sguardo a John per capire quale fosse il suo punto di vista e gli vidi dipinta sul volto un’espressione veramente abbattuta. Una parte di me credo che avesse già capito che John soffriva di quella mia freddezza nei miei riguardi e che lui cercava soltanto di riavvicinarsi a me, ma il mio orgoglio ferito soffriva ancora troppo  per il colpo infertogli da Lennon e un cuore spezzato impiega molto – troppo – tempo a riprendersi.

Proprio in quel momento Stuart rientrò in casa seguito da Paul che imbracciava la sua chitarra e sembrava tutto eccitato.

«Joooohn!», esclamò Paul entrando in casa, «Ho una n uova canzone da farti sent-»

Si bloccò non appena vide davanti a sé Michelle.

«Salut, Paul!», esclamò lei con un’espressione angelica e subito Paul assunse una delle sue migliore espressioni da giovane latin lover

«Mademoiselle!», la salutò, accennando un inchino

«Quel idiot!», rise Michelle come se fosse stata  un’ochetta scema.

«Beh, a questo punto manca solo George!», esclamò John, che pareva non gradire  molto la presenza di Paul e Michelle.

«Oui!», esclamò la francesina, ignorando per un attimo tutte le attenzioni che riceveva da Paul, «Je propose di chiamare anche Giorj!»

«Già, tanto ormai…», dissi sarcastica. Non è che non volessi George tra i piedi (anzi…), però decisamente avrei preferito restarmene sola con Stuart!

Tuttavia, gli altri si dimostrarono tutti d’accordo con Michelle, così Stuart mi diede un rapido bacio prima di prendere in mano la cornetta del telefono e comporre il numero di casa di George.

«E se invece voi andaste tutti da qualche altra parte?!», proposi, «Non avete delle ragazze con cui trascorrere il tempo?»

Paul alzò le spalle e rispose anche per John:

«Dot è andata a farsi i capelli dal parrucchiere insieme a Cyn»

Accidentaccio!

«Ma sarà très divertonte stare tutti insieme!», esclamò Michelle, accettando di buon grado il fatto che il braccio di Paul era “casualmente” scivolato intorno alle sue spalle.

«Ha detto Geo che arriva subito!», ci informò Stuart, mettendo giù la cornetta del telefono.

In attesa di George, lui iniziò a versare qualcuno dei colori che aveva appena comprato su una tavolozza, mentre John e Paul discutevano sulla nuova canzone. Era una scena così frequente quella, che adesso non ricordo neppure con esattezza di quale canzone di trattasse…

George, comunque, non impiegò molto tempo prima di arrivare.

«Salve!», esclamò serenamente, con il suo classico mezzo sorriso dipinto sul volto, «Allora proviamo?»

Stu, vedendolo, posò il pennello e imbracciò il suo basso, mentre Michelle assalì George, facendogli quasi cadere di mano la chitarra:

«Giooooooorjj!!!!», gridò, abbracciandolo, «Benvenutoooo!!!»

«Grazie, Michelle!», disse staccandosela di dosso, poi guardò Paul (che lo stava fulminando gli occhi) e John (Che pareva tutto intento a giocherellare con il foglio su cui Paul aveva scritto la canzone, fingendo che fosse un cannocchiale), «Stuart mi ha detto che bisogna provare una nuova canzone…»

«Sì, l’ho scritta io!!», esclamò Paul, per tornare a ricevere le attenzioni della francesina, «E dammi il mio foglio, Lennon!!»

«Fammi sentire!», disse Geo, iniziando ad accordare la chitarra.

Mentre loro suonavano e improvvisavano versetti d’amore, con Michelle che li guardava estasiata, io tornai ad isolarmi, desiderosa di scoprire se il Tricheco e il Falegname avrebbero trovato qualcosa da mangiare… eppure ancora una volta non riuscii a finire di leggere la pagina, perché Michelle a un certo punto scattò in piedi dicendo:

«Ah, visto che siamo tuti qui, devo dirvi una cosa», con un sospirò fui costretta a chiudere il libro e a guardare la francesina, « A Juin tornerò en France»

“Ma che disdetta…!”, pensai sarcastica, ma evitai di dirlo. L’unico che sembrava veramente dispiaciuto, comunque, era Paul.

«Donc, volevo chiedervi se volete trascorrere qualche semaine avec moi en France»

«Ti seguirei ovunque, Michelle ma belle», rispose subito Paul e anche io dovetti ammettere che la prospettiva di una gita in Francia non era niente male!

«Certo che vogliamo!», disse subito John

«Il problema sono i soldi, credo», disse Stuart, che era l’unico che pareva essere rimasto con i piedi per terra.

«Ma clairement verrete ad abitare a casa mia per un po’!», disse Michelle

«E il viaggio possiamo pagarcelo con il ricavato di qualche serata!», disse Paul entusiasta

«E se poi vinciamo il concorso di Billy Fury», aggiunse John, «Possiamo pagarci anche 3 viaggi in Francia!»

 

Così  i Silver Beatles, trovarono un’altra ragione fondamentale per cui dovevano vincere il concorso di Billy Fury e Stuart era l’unico ad essere poco fiducioso nelle sue possibilità.

«Se perderemo sarà tutta colpa mia!», diceva spesso ed io tentavo di consolarlo, ma anche se mi dispiaceva, dovevo ammettere che tra lui e gli altri tre c’era un divario a dir poco enorme e l’audizione del 10 maggio non fece che confermarlo.

 John, invece, era preoccupato soprattutto per il fatto che non riusciva a trovare un batterista che lo convincesse, ma per questo gli venne in aiuto, ancora una volta, Allan Williams, che li mise in contatto con un certo Tommy Moore, un uomo di 36 anni che aveva poco a che fare con gli altri 4, che in fin dei conti erano solo ragazzini; tuttavia, in mancanza di un candidato migliore, fu con questo strano batterista che i ragazzi fecero l’audizione.


 


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[I Silver Beatles. Da sinistra: Stu, John, Paul, Tommy e George]

 


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[Billy Fury (l’uomo in bianco) e Larry Parners (quello seduto al fianco di Billy Fury) che osservano l’esibizione dei Silver Beatles]

 

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[John che chiede l’autografo a Billy Fury]

 

Paul, John e George erano tesi come corde di violino, mentre Stu, dal nervosismo, sembrava trovare ancor più difficile del solito mettere insieme quelle quattro note che avrebbe dovuto suonare e finì per rimanere di spalle per tutta la durata della loro performance, tanto che a un certo punto Larry Parners (l’uomo incaricato di selezionare la band che avrebbe accompagnato Billy Fury), chiese di sentire i Silver Beatles senza Stuart e John gli rispose dicendo:

«Noi siamo un gruppo: o tutti o nessuno. Noi siamo fatti così.»

Forse fu proprio per questo che non vinsero il concorso, ma nonostante tutto a Larry Parners piacquero, quindi li assunse come band di supporto per il tour scozzese di Johnny Gentle, che si sarebbe svolto verso la fine di maggio.

Tornarono il 29 maggio, distrutti, ma felici di come fosse andato il Tour e pronti a partire per la Francia.

 

 

Scusatemi tantissimo per il fatto che non riuscirò a rispondere alle recensioni, ma sappiate che mi hanno fatto moltissimo piacere <3, quindi ringrazio Zazar, Thief, Lullaby, Ariadne, Clafi e Night….e scusatemi se sono in arretrato con la lettura di un sacco di fic!prometto che appena posso leggo e recensisco u.u

 

Per Michelle, mi sono ispirata un po’ a un personaggio del manga “Nana” di Ai Yazawa che si chiama Reira…per chi non conoscesse questo manga (leggetelo,che è bellissimo =P) metto anche un immagine di Reira:


http://www.damagedsoul.net/nana/anime/story/18_24.jpg

...e dire che la Reira del manga mi piace pure come personaggio, mentre Michelle non la reggo(Ma probabilmente non sopporto di doverla far parlare mezza in francese -.-''')

alla prossima,allora!
baci

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Capitolo 22
*** Not a Second Time ***


Not a Second Time


Partimmo per la Francia sul finire di giugno e i miei genitori decisero di pagare il viaggio anche a Paul, come regalo per il suo diciottesimo compleanno, tuttavia gli altri nostri amici non avevano il viaggio pagato, quindi cercammo comunque di spendere il meno possibile, cosicché quello che ne venne fuori fu un viaggio molto stressante: John noleggiò un furgoncino giallo con cui arrivare fino alla costa, da dove poi ci imbarcammo tutti (furgoncino compreso) su una nave che ci portò fino in Francia, da dove proseguire in macchina fino a Nizza.


http://www.beatlesource.com/savage/1960/van.jpg

[Sulla sinistra si vede John di profilo, che osserva mentre imbarcano il nostro furgoncino]


John e Stu si diedero il cambio alla guida, dato che erano gli unici due che avevano la patente, ma John non era un esperto guidatore, così per evitare di impiegare anni per arrivare a casa di Michelle, Stuart dovette guidare per gran parte del tragitto.

Quando arrivammo Stuart aveva due occhiaie degne di un vampiro, ma sia io che lui eravamo felici perché era il 20 giugno, il nostro primo anniversario.

Per trovare casa di Michelle ci perdemmo un paio di volte, ma quando infine la trovammo, scoprimmo che lei era molto più ricca di quanto noi sospettassimo: aveva una casa bellissima che sembrava una reggia, una barca e un cane di quelli che sbavano tantissimo ovunque vadano.

Alloggiammo, quindi,  in quella casa bellissima di proprietà della famiglia di Michelle e le stanze che ci furono assegnate erano tanto spaziose e confortevoli da sembrare un sogno, soprattutto se paragonate alle modeste camerette in cui vivevamo a Liverpool.

Ci disponemmo in camere doppie: una per me e Stuart, una per John e Cyn e l’ultima per George e Paul che erano senza fidanzate, quindi si ritrovarono a dover condividere la stanza.

Dot e Ruth, infatti, non erano venute e i motivi che Geo e Paul ci esposero ampliamente erano svariati, ma uno meno convincente dell’altro: le loro spiegazioni puzzavano già allora di bruciato, ma non ci feci troppo caso… adesso però, ripensandoci, credo che Paul avesse fatto in modo che Dot restasse a Liverpool per poter avere campo libero con Michelle, mentre George e Ruth dovevano essere già allora in rotta di collisione, dato che poco dopo il nostro ritorno, si lasciarono: era un po’ che non andavano d’accordo e secondo Paul il problema più grande era il rifiuto categorico di Ruth a fare sesso, perché non si sentiva ancora pronta, ma io mi rifiuto di credere che George sia il tipo di ragazzo che lascia la propria fidanzata per una ragione del genere.

Comunque, durante la nostra permanenza in Francia nessuno di noi si pose il problema delle ragioni per cui Dot e Ruth non fossero venute con noi ed io, anzi, ero felice di non vedere la fidanzata di Paul. Dot, infatti, continuava a non andarmi a genio, anche se da un certo punto di vista provavo compassione per lei: potevo immaginare che cosa significasse stare con un ragazzo come Paul, che perde la testa per qualsiasi essere vivente di sesso femminile ci sia nei paraggi e se fossi stata in lei non lo avrei sopportato … probabilmente avrei ucciso Paul ancora prima che avesse il tempo di dire “Michelle”.

Tuttavia, il piano malefico di Paul per avere la bella francesina tutta per sé andò male: una volta arrivati, infatti, scoprimmo che nel paese (di cui ora mi sfugge il nome…) in cui abitava la nostra bella francesina, si sarebbero tenuti dei giochi per festeggiare l’arrivo dell’estate e Michelle si era presa una cotta per uno degli atleti partecipanti.

«E’ solo un pallone gonfiato, tutto muscoli e niente cervello!», disse Paul a cui, com’è comprensibile, la nuova fiamma di Michelle non piaceva.

Data l’aria soffocante che si respirava a Nizza, avevamo deciso di andare a fare un tuffo al mare e una volta usciti dall’acqua, mentre Stu e John da bravi bambini si erano messi a costruire castelli di sabbia (no comment…), io e Cyn avevamo deciso di approfittare della momentanea tranquillità per asciugarci prendendo un po’ di sole e magari abbronzandoci un po’; la nostra quiete fu, però, interrotta da Paul, il quale non avendo nessun altro con cui lamentarsi per le sue infelici storie d’amore (e non volendo essere preso in giro da quei due bambini troppo cresciuti che si facevano chiamare John e Stuart) venne ad assillare me.


[Stuart e John che fanno castelli di sabbia......tengo a sottolineare che hanno 40 anni in due!-.-''']


http://img684.imageshack.us/img684/3921/24240101797703194744100.jpg

[Stuart in costume *_*]


«E daaai, Paul!», dissi placidamente, restandomene stesa a terra, con gli occhi chiusi e completamente immobile come una lucertola al sole, «Ma che te ne fai di una come Michelle?!»

In realtà sapevo perché Paul si era impuntato tanto su Michelle: nei sei mesi in cui era rimasta a Liverpool con noi, lui non era riuscito a combinare niente con lei….e per lui questo era un evento eccezionale, di quelli che fanno la storia; me lo immaginavo perfettamente da vecchio parlare ad un giornalista della sua gioventù e dire “E poi c’era questa ragazza, Michelle, che a differenza di tutte le altre, proprio non era interessata…ed io non riuscivo a capirne il motivo!”

«In effetti una così è meglio perderla che trovarla, Paul», si intromise Cynthia, «…è un pochino sciocca!»

Risi dei modi di fare “English” di Cynthia ed aprii gli occhi per guardarla con aria complice:

«Solo un pochino?!»

Da quando io stavo insieme a Stu e, soprattutto, da quando avevo scoperto che neppure a Cyn andava a genio la bella francesina dagli occhi blu, io e lei eravamo divenute grandissime amiche.

«Non dovreste parlare così di Michelle!», disse il difensore dei deboli e degli oppressi Paul, «Infondo ci ha ospitato in quella bellissima casa e ci da vitto e alloggio gratis!»

Lanciai uno sguardo scettico a Paul: ero convinta che se lei non fosse stata così dannatamente carina e se avesse accettato la sua corte a Paul non sarebbe importato più di tanto se la offendevamo o meno…sorrisi pensando a che migliore amico ipocrita mi ritrovavo!

Proprio in quel momento Michelle ci passò davanti tenendo a braccetto il rivale di Paul, un tipo biondo ed enorme, vagamente somigliante ad un vichingo … non mi sarei stupita, in effetti, se lo avessi visto arrivare con due trecce bionde, coperte da un elmetto argentato, fornito di due grandi corna.

«Come hai detto che si chiama?», chiesi a Paul, pensierosa, seguendo il vichingo con lo sguardo

«Chi?», mi chiese di rimando Cyn, al posto di lui

«Il bestione addomesticato di Michelle», dissi, indicandolo con lo sguardo

«Gerard…», rispose Paul con evidente disprezzo, «E non so proprio cosa ci trovi in lui: insomma, ho persino il nome più bello di quello di Gerard!»

Io e Cyn ci guardammo e ridemmo della vanità di Paul… a volte era davvero buffo!

 

Per tutti i 10 giorni durante i quali restammo ospiti della famiglia di Michelle, i due pretendenti rimasero in perenne competizione per ottenere i favori della francesina, la quale – c’è da dirlo – non disprezzava le attenzioni né dell’uno né dell’altro; Paul arrivò addirittura ad iscriversi ad alcuni dei giochi per dimostrare a Michelle di essere migliore di Gerard, ma fu un completo disastro in tutto quello che tentò di fare, fatta eccezione per la gara di canto e per quella per “chi mangia di più”, nel quale fece fare la maggior parte del lavoro a George che si nascose, tutto contento, sotto al tavolo per mangiare tutto ciò che Paul gli passava.

 

Il venerdì pomeriggio, Michelle ci portò tutti (noi inglesi e Gerard) a fare un giro sulla barca a vela di suo padre. Io, pur essendo cresciuta in una città portuaria che vive  di pesca, non ero mai salita su una barca, quindi quella fu, per me, un’esperienza elettrizzante.

Fin dall’inizio adorai la brezza leggera che mi sfiorava la pelle, dandomi sollievo dalla calura estiva, e lo strano senso di onnipotenza che mi coglieva quando, stando a prua, vedevo l’acqua e i pesci sfrecciare sotto di me come se non esistesse una barca e come se io stessi fluttuando leggera sull’acqua, libera da qualsiasi vincolo e diretta verso la linea sottile e indistinta dell’orizzonte, che segnava il confine tra il cielo e il mare.

«Se Paul e John hanno ragione e diventeremo ricchi e famosi», disse Stuart, vedendomi così assorta ed estasiata, «Non appena diventerò ricco ti comprerò una barca, Chris!»

Io lo guardai sorridendo e lo baciai ... lo amavo credevo di amarlo così tanto!

La sera cenammo sulla barca a vela di Michelle e mangiammo ciò che il vichingo-energumeno-Gerard ci procurò con la pesca: il pesce non era molto, né fu cucinato nel migliore dei modi possibili, ma in compenso c’era abbastanza alcol per un intero reggimento, così infondo alla serata eravamo tutti un po’ su di giri, ma quello messo peggio era George, che continuava a ridere e a farneticare di cose incomprensibili, senza riuscire a rimanere fermo per tre secondi, tanto che quando alla fine John e Stu riuscirono a convincerlo a mettersi seduto, George iniziò a saltellare sul posto.

«Geo, adesso basta bere, ok?», gli dissi cercando di calmarlo, ma trovando difficile io stessa rimanere seria, dato che l’alcol mi aveva reso particolarmente allegra.

«Nooo, io voglio i cioccolatini al Rhum!!», si lamentò lui, «Sai, è buono il Rhum.. eh, Chris?!io quando mi sposerò voglio farlo in una vasca stracolma di rhum e il prete dovrà nuotare nel rhum, e i testimoni saranno biscotti al rhum!»

«Sì, George, ma ora cerca di calmarti!», dissi accondiscendente, «Altrimenti niente matrimonio al rhum!»

«Ok, allora sto buono!», replicò, sorridendo come un bravo bambino e stando seduto con le braccia tra le gambe, mentre mi guardava in un modo strano, « Chris, ma perché non ti metti a sedere?non lo vedi che sei ubriaca?oscilli di qua e di là!!!»

Questa, per me, fu la goccia che fece traboccare il vaso, quindi scoppiai a ridere sguaiatamente.

 Nel frattempo Paul e Gerard si erano sfidati a mangiare dei biscotti andati a male che avevano trovato in una scatola sulla barca e che persino George non aveva voluto toccare, quindi si erano sentiti male e Michelle propose di riportarli a casa; Cyn, alla quale era presa una specie di “sbornia triste”, poi , decise di andare con loro e di portare con sé George che, a giudicare dal colorito verdastro che stava assumendo, non si doveva sentire molto bene.

Io e Stuart, invece, decidemmo di restare ancora un po’ sulla barca ancorata al molo, pensando che tutti se ne fossero andati e che, quindi, avremmo potuto avere un po’ di intimità…ma non avevamo fatto i conti con la sbornia di John, che  gli aveva suggerito di non seguire Cyn e di rimanere, invece, a dare noia a con me e Stuart.

Noi due, infatti, stavamo proprio baciandoci sul ponte della barca, quando fummo assaliti dall’assurda sensazione che la barca si stesse allontanando dal molo.

«Ma che…?!», disse Stuart e andando a controllare nel punto in cui la barca avrebbe dovuto essere legata al molo, ci accorgemmo che i nodi erano stati sciolti e non ci fu difficile scoprire chi era il colpevole: John, infatti, aveva ancora in mano la corda che avrebbe dovuto tenere ancorata la barca al molo e ci guardava con un gran sorrisone di scusa.

«John, ma sei tutto scemo?!?», gridò Stu, andando su tutte le furie.

Il molo era già troppo lontano perché potessimo avvicinarci a un qualche punto di appiglio, io non avevo mai saputo governare una barca e dato l’attacco isterico di cui Stu era vittima, potevo dedurre che neppure lui sapeva niente di navigazione.

«Spero tanto per il tuo bene, John, che tu sappia come riportarci indietro!»

«Ma ceerto! Sono o no il figlio di un marinaio?», chiese John con calma innaturale, poi corse a poppa e quando tornò da noi, sfoggiava il più smagliante tra i suoi sorrisi.

«Brutte notizie!», disse, «Non è a motore!»

Stu si batté una mano sulla fronte.

«Certo che non è a motore: è una barca a vela, idiota!», gridò disperato, «Senza Michelle siamo fottuti!»

John si sforzò per non scoppiare a ridere e devo ammettere che anche per me fu piuttosto difficile restare seria, dato che l’alcol mi faceva sembrare la situazione molto più divertente di quanto fosse in realtà.

«E allora che si fa?», chiesi

[*Yellow Submarine on*

George: prendiamo il the!

Paul: Ottima idea!

*Yellow Submarine off*]

«E che vuoi che si faccia?!», mi rispose Stuart acido, «Io mi butto per andare a cercare soccorsi…voi cercate di non ammazzarvi a vicenda.»

A questo punto assunsi un’espressione decisamente terrorizzata e l’attacco di risatine inconsulte mi passò magicamente.

«Non vorrai mica lasciarmi qui da sola….con lui!!!», chiesi, in stato confusionale

«Vedi altre soluzioni?»

«NON BUTTARTI, STU, PORCA MISERIA!!!», gridai, in preda ad un attacco di panico

«Ehi, la regina dei ghiacci si è scaldata!», scherzò John ed io, stroppo sconcertata, non mi preoccupai neppure di lanciargli un’occhiataccia.

Stuart si stava, intanto, togliendo le scarpe e, senza aspettare un attimo di più, si buttò in acqua.

«STUUUUAAAAART!!!!!», gridai con tutta la forza dei miei polmoni, in parte preoccupata per Stuart, in parte perché non volevo proprio rimanere da sola su una barca insieme a John ad aspettare soccorsi.

L’acqua era nera, proprio come il cielo ed io non riuscivo a vedere niente, ma riconobbi la voce di Stuart che proveniva dal mare.

«Faccio più in fretta che posso!», disse, poi sentii smuovere violentemente l’acqua e dedussi che si stesse allontanando da noi a nuoto.

Non ci potevo credere: alla fine ero davvero rimasta sola sulla nave, insieme a John: una cosa che avrebbe mandato al manicomio chiunque!

«Sembra che siamo rimasti da soli, mia bella principessa!», esclamò John ed io, ancora in preda ad una crisi isterica, lo scacciai da me gridando qualcosa di incomprensibile.

Tra tutte le persone che non sopportavo a questo mondo, il destino aveva deciso di lasciarmi da sola proprio con John?!? Evidentemente qualcuno lassù mi voleva morta. Persino la presenza di Dot o di Michelle (o anche quella di tutte e due insieme) mi sarebbe stata più gradita di quella di John, ma NO, PORCA MISERIA, ERO DOVUTA RIMANERE SOLA CON LUI…PROPRIO CON LUI!

«E dai, Chris», disse John, «Almeno per qualche ora potremmo fare finta di andare d’accordo!»

John cercò di mettermi un braccio intorno al collo, ma il contatto con  lui era per me come se un milione di aghi stesse pungendo la mia pelle, quindi mi allontanai da lui come scottata.

«NON MI TOCCARE!!!», gridai istericamente, poi notata l’impossibilità di fuggire lontano da John, mi lasciai scivolare seduta a terra e scoppiai a piangere. Ero crollata e non so dire se fosse colpa dell’alcool o se, data la situazione, sarei crollata comunque.

«Che cosa c’è, Chris? Cos’hai?», mi chiese dolcemente John.

«Lasciami in pace, Lennon», borbottai, «Io ti odio!»

Non mi preoccupai, sul momento, della reazione di John, ma se penso al silenzio di tomba che seguì le mie parole, posso dedurre che probabilmente John non ne fu molto felice…

«Sai, secondo me Stu è uno stupido.», disse, lasciandosi scivolare al mio fianco,«Fossi in lui non ti avrei mai lasciata da sola con il mio peggior rivale!»

«Tu non sei rivale di Stu…», borbottai, «Noi due non andiamo per niente d’accordo, ricordi?»

John non rispose, così rimanemmo non so quanto tempo in silenzio a guardare il cielo stellato senza parlarci e senza neppure sfiorarci; ci separavano solo cinque o sei centimetri, ma era come se tra noi si fosse elevata una barriera impenetrabile.

«Come siamo arrivati a questo punto?», mormorò infine John, con gli occhi fissi alla luna, ma il suo tono, contrariamente a quanto si potrebbe pensare non era angosciato, ma sereno: sembrava che avesse preso il tutto con rassegnazione.

«Hai detto di amarmi solo per portarmi a letto…», mormorai con una voce tremante, mentre come lui fissavo il cielo, « …E lo sapevi che era la mia prima volta. Come potevi pretendere che io non ti odiassi per una cosa del genere?»

John sospirò.

«Non lo so…», rispose semplicemente, «La verità è che amo Cynthia, ma… credo di amare anche te»

«Questa scena mi ricorda qualcosa…», dissi freddamente.

«So che non mi credi e, insomma, come potresti?», disse John, «Però, quando ho visto la sofferenza che ho causato in te, dicendoti così…»

«Io ti amavo davvero…», ammisi

«Anche io ti amo e me ne sono reso conto solo quando sei sparita», disse, «Sono stato uno scemo a comportarmi così con una persona che mi amava tanto quanto mi amavi tu…e solo ora me ne rendo conto»

Io non replicai e John dovette ritenere di aver fatto centro, perché con una mano sfiorò la mia e l’avrebbe stretta nella sua, se io non l’avessi scacciato.

«John…non puoi venire da me, dire due belle paroline e pretendere che io cada di nuovo ai tuoi piedi», dissi, cercando di ignorare il mio cuore che era tornato a battere per John.

Proprio adesso che avevo trovato una parvenza di felicità al fianco di Stu, proprio adesso che avevo cominciato a sperare di poter essere felice…

«Io ho bisogno di te, Chris», disse John, «Non sono solo due paroline al vento, io ho bisogno davvero di qualcuno che mi ami.»

«E per questo hai già Cyn, mi pare, no?», replicai, gelida.

«I tuoi tentativi di recitare nel ruolo di regina dei ghiacci ti hanno resa più fredda di quanto credessi», disse, fingendosi di colpo offeso.

«Io darei più la colpa a colui che mi ha costretta a quest’odioso atteggiamento»

«E’ vero, è colpa mia…», replicò ed io non so se lo ammise rabbiosamente o se lo pensasse davvero.

Rimanemmo di nuovo in silenzio per un po’, ma non potevo fare a meno di rimuginare su ciò che lui mi aveva detto…

Significava che l’altra volta, quando avevamo fatto l’amore, lui si era comportato così davvero soltanto per portarmi a letto? E allora perché aveva cambiato idea?

Aveva detto di aver capito quanto lui fosse importante per me, ma questo gli era davvero bastato per innamorarsi di me?

Sapevo che John, nonostante la spavalderia, era un ragazzo insicuro e con un grandissimo bisogno di affetto, ma non era affatto una scusa sufficiente per innamorarsi di una persona, senza contare il fatto, poi, che aveva già Cyn che lo amava con tutta se stessa…

«Quindi vuoi dirmi che mi ami», dissi nel tentativo di capirci qualcosa di più, «Solo perché hai capito che io ti amo? Ma che senso ha?!»

«Non so se questo ha un senso…», rispose, «Ma vorrei poter tornare indietro, vorrei poter farti riacquistare fiducia in me…»

«La fiducia non è una cosa facile da riconquistare, una volta che la si è persa», sentenziai e John sospirò.

«Lo so, ma almeno…», disse lui, «Prova a perdonarmi… se vuoi.»

«Sai che mi ha fatto star male: mi hai illusa e poi abbandonata; così senza motivo. », dissi mentre calde lacrime stavano iniziando a rigarmi le guance pallide, «E adesso torni da me, sperando che io ti perdoni? Perché dovrei farlo?»

«Perché ti amo», mormorò

«Non è vero, sei uno stronzo», sibilai, tra le lacrime, «Tu ami Cyn e non me.»

Iniziai a tremare un po’ per la rabbia e un po’ per il venticello freddo che ci raggiunse proprio in quel momento, quindi John si tolse la giacca e me la pose sopra le spalle.

«E tu ami Stuart», disse, «Siamo pari.»

Scossi la testa come per scacciare il desiderio irrefrenabile che avevo di lui e chiusi gli occhi per non vederlo, ma fu la sua voce a raggiungermi.

«Allora è finita così?», disse malinconicamente, «Non mi darai seconde chance?»

«Te la sei bruciata una seconda chance, John!», dissi ripensando al tono freddo con cui mi aveva detto che non mi aveva mai amata sul serio, che erano tutte bugie, «O forse vuoi dirmi che mentivi quando dicevi di amare Cyn e non me?!»

«No, lo pensavo sul serio, quando te l’ho detto», rispose senza cadere nella mia provocazione, deludendo quella parte di me che nel profondo sperava ancora di sentirsi dire che per John io ero più importante di Cynthia; anche se sapevo che non era vero, avrei voluto sentirgli dire una simile bugia e, soprattutto, avrei voluto potergli credere.

«Non tenti neppure di negarlo!», esclamai indignata,asciugandomi le lacrime che ormai cadevano inarrestabili.

«No, non voglio più mentirti, Chris», disse protendendosi verso di me, come se volesse stringermi a se, ma avesse troppa paura per farlo, «Allora ero uno stupido e non provavo niente di serio per te, ma adesso…conoscendoti meglio, scoprendo quanto sei in grado di amare…»

«Ti sei innamorato del mio amore nei tuoi confronti.», constatai, senza l’ombra di incertezza nella mia voce…e questo, stranamente, face nascere in John un attacco di risatine nervose.

«Già, credo che questo, come narcisismo, batta pure Paul…»

La sua spiegazione continuava a non reggersi in piedi, ed io continuavo ad aver troppa paura di rimanere nuovamente scottata da John.

«Come faccio a sapere che non è un secondo tentativo di portarmi solamente a letto?»

«Mamma mia, quanto sei sospettosa!!», scherzò John, poi vedendo la mia espressione truce aggiunse: «Fidati di me.»

«Non posso…», mormorai

«Ti amo…», mormorò lui, come in risposta, «…Anche per questo.»

Perché, perché, perché? Perché diavolo John doveva tornare alla carica così dal nulla?

Il mio amore per Stuart non era mai stato così passionale come quello che provavo per John, eppure l’amore per John era doloroso ed io non volevo star male; volevo qualcuno che mi proteggesse e di cui potessi fidarmi ciecamente. Anche io come John avevo bisogno di qualcuno che mi amasse e Stuart era perfetto! E allora perché diavolo il mio cuore mi stava dicendo di avvicinare le mie labbra a quelle di John?!

Stupido, stupido, stupido cuore, TI ODIO!

Le mie labbra distavano ormai pochi millimetri da quelle di John ed io stavo già iniziando ad assaporare il gusto di quel suo bacio magnifico, quel bacio che non aveva eguali, quando fummo illuminati – o forse dovrei dire abbagliati – dai fari di una barca che ci aveva trovati, evidentemente.

Mi allontanai subito da John e corsi a prua, per gridare agli uomini dell’altra nave di venirci a salvare e scorsi Stuart che agitava le mani e gridava il mio nome.

Vedendolo su quella barca, come mio salvatore, Stuart mi apparve così bello e perfetto che fui felice di non aver baciato John, ma Lennon aveva ragione: Stu era stato uno stupido a lasciarmi da sola con lui.

«Adesso torneremo ad odiarci?», mi chiese John poco prima che l’altra barca si avvicinasse abbastanza a noi da poterci salvare.

«Temo di sì…», dissi alzando le spalle, «Io ho Stu e tu hai Cyn…»

Eppure era evidente che tutto era cambiato tra noi.

 

 

“And now you’ve changed your mind

But I see no reason to change mine..”

Scusate, ma è tutto il giorno che canticchio “Not a second Time” xD

Spero tanto che il capitolo vi piaccia,perché io mi sono divertita tanto a scriverlo!(Jooooohn, finally!!!)

La parte in viola ci stava troppo bene a quel punto quindi non ho potuto fare a meno di metterla, al massimo ignoratela ù.ù

Ora passo ai ringraziamenti per le recensioni (un giorno farò sante tutte coloro che continuano a seguirmi e recensirmi…vi voglio bene <3)

 

Nighty(Michè): beh,direi che prevedi bene…già da questo capitolo xD evvai!ho un’alleata contro Michelle!!(ma tanto presto uscirà di scena ù.ù) grazie per la recensione!!!!

 

Zazy(Bapà): D: ma…ma… D: Mi vuoi davvero far fuori Stuartino utilizzando michelle?!? Ma….no!>.< Stu mi serve ancora un pochino,poi te lo lascio, promesso u.u eh sì,John ci sta provando in tutti i modi, ma batti oggi e ribatti domani anche il marmo più duro alla fine si spezza ù.ù (infatti Chris sta già cedendo xD) grazie della recensione!!!

 

Ari (Fredo): concordo: John è un allucinogeno!(questo,infatti,spiegherebbe tantissime cose!*fa sì con la testa*) evvai, un’altra alleata contro la tr………..iste ragazza francese!(sì, “franshesina del ca.....mion” mi è piaciuto un sacco!xD) grazie della recensione!!!!

 

Thief: eh sì,nel prossimo cap. ci sarà proprio Amburgo =) eh sì,anche io ho stimato tantissimo John, quando ho scoperto che aveva detto così a Billy Fury!*.* sono contenta che il riferimento a “I’m the walrus” ti sia piaciuto: anche io adoro questo genere di riferimento =) Grazie della recensione!!!!!

 

Lullaby: Laylaaaa *___* che bella canzone!sì,in effetti lo sapevo che il nome di Reira è preso da Layla (coughcough ioquestacanzonel’hoscopertaleggendoNana,chevergogna! Coughcough) eh sì,in effetti ormai è passato un po’ di tempo e se Chris si fosse dimenticata completamente di John come vorrebbe far credere a regola avrebbe dovuto farci pace, ma ovviamente non è così. Lei è in una situazione strana perché ama Stuart e anche John….quando penso a Chris, infatti, mi viene sempre in mente che se lei avesse avuto face book avrebbe dovuto mettere come situazione sentimentale “in una relazione complicata con John Lennon” xP) grazie della recensione!!!!!

 

Brookelle: Ciao!!!tranquilla per il capitolo precedente…anzi, beata te che eri in vacanza!!!*___* sono felice, però, che continui a seguirmi =D evvai anche tu contro Michelle!!!coalizziamoci!!xD Grazie della recensione!!!!

 

Grazie anche a chi legge soltanto !

 

Baci e al prossimo capitolo (che ho paura che arriverà con un po’ di ritardo perché ho un esame vicino quindi devo mettermi a studiare seriamente T____T)

 

Andry,

X X X

ps.
Ovviamente la foto del furgoncino in realtà risale al giorno in cui i Beatles partirono per amburgo, mentre le due di John e Stu al mare non saprei.....(ma comunque dubito che siano state fatte in Francia xD)

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Capitolo 23
*** Hide Your Love Away ***


Hide Your Love Away

 

Una volta tornati a riva, io e John tornammo a tenerci ad una dignitosa distanza di sicurezza. Vorrei dire che iniziammo a far finta che niente fosse successo quella notte, su quella barca, ma non fu così.

Avevo scoperto che John in un certo senso si sentiva attratto da me, ma non ero così ingenua da pensare che lui mi amasse davvero come aveva detto; eppure era tornato da me, superando quella barriera di ghiaccio che io avevo eretto tra noi… qualcosa doveva pur contare, no?

Non mi davo pace e tentavo di capire che cosa lo inducesse a comportarsi così con me e più pensavo a John , più mi sentivo in colpa nei confronti di Stuart, che mi amava così tanto… ma per quanto mi imponessi di non pensare a John, mi ritrovavo sempre, immancabilmente a domandarmi il perché delle sue azioni…e il fatto che John era sempre nei paraggi di certo non mi aiutava a dimenticarlo.

 

«Avete fatto pace?», mi chiese Stu, durante il viaggio di ritorno in Inghilterra.

«Chi?», dissi fingendo di cadere dalle nuvole

«Tu e John, ovviamente », rispose sorridendo, «Non litigate più come prima: è come se dalla guerra fredda che vi facevate, adesso foste passati ad uno stato di tregua pacifica»

Io alzai le spalle senza sapere cosa rispondere: quella domanda mi aveva colta impreparata, anche se una parte di me mi suggeriva che me la sarei dovuta aspettare.

«Non mi va più di litigare con lui e per lui», risposi malinconicamente, «Adesso sei tu il mio ragazzo: è inutile continuare a prendersela per il passato»

Che brava bugiarda che ero diventata…!

Lanciai uno sguardo a Paul, supplicandolo di venire in mio soccorso, ma il mio migliore amico pareva completamente perso nel suo mondo, mentre guardava gli alberi che sfilavano fuori dal finestrino: immaginai fosse un po’ giù di morale perché ogni tentativo di conquista di Michelle era andato a vuoto, quindi decisi di sviare l’argomento “John-Stu” consolandolo:

«Dai Paul, non stare a rimuginarci troppo sopra, tanto Michelle tornerà a Liverpool il prossimo inverno!», dissi dandogli delle pacche sulla spalla

«E’ inutile, Chris, ormai il suo orgoglio da Sex Simbol è stato distrutto!», replicò George, così iniziammo tutti quanti a prendere in giro Paulie e tutto il resto cadde in secondo piano.

Una volta a Liverpool, però, non feci neppure in tempo a svuotare le valige che sentii il bisogno di correre a casa dei Mccartney.

 

Non vedevo Mike da quella che mi sembrava essere una vita e con Paul non avevo avuto il tempo di parlare mentre eravamo in Francia bella e sentivo un grandissimo bisogno dei miei “fratellini”, le due persone di cui mi fidavo di più a questo mondo

«Chris!!!», mi accolse Mike felice – spero – di vedermi, «Non ti sei ancora stancata di vedere mio fratello ventiquattro ore su ventiquattro?!»

Salutai il McCartney minore con un caloroso abbraccio, poi lanciai uno sguardo depresso a Paul.

«Devo parlare con qualcuno o sento che morirò», esordii.

«Vai, spara», disse semplicemente Paul, che credo si aspettasse qualcosa del genere, «C’entra qualcosa John, vero?!»

«John?!», chiese incredulo Mike, «…E Stu?! Vi siete lasciati?»

«Ma certo che no!!!», risposi scandalizzata dalla prospettiva espressa da Mike, «Però… sì, c’entra John»

«E’ successo qualcosa su quella barca, vero?», chiese Paul, facendosi più vicino a me.

Era incredibile quanto riuscisse ad essere perspicace per tutto ciò che mi riguardava!

Io annuii rassegnata, mentre mi lasciavo cadere su una sedia come un sacco di patate.

«Tu e John avete fatto sesso?!», chiese subito Mike, eccitato e senza peli sulla lingua, poi più malignamente aggiunse «Di nuovo?»

Io mi sentii avvampare e credo di essere arrossita fino alla punta dei capelli.

«No, certo che no!», esclamai debolmente, «Però…»

Con la coda dell’occhio riuscii a vedere Paul inarcare un poco le sopracciglia

«Però?!», mi incitò a continuare il racconto.

Io mi presi la testa tra le mani e sospirai, poi mi scostai dagli occhi il ciuffo di capelli che non mi permetteva di vedere Paul e, disperata, dissi tutto d’un fiato:

«L’ho quasi baciato!»

«Ah!Lo sapevo!», esultò Paul (esultò?! Questo sì che era strano!), «Ci avrei scommesso!George mi deve due panini!»

Guardai Paul sconcertata.

«No, fammi capire…», dissi visibilmente irritata, «Mentre io mi trovavo disperata e da sola con John, voi due cretini facevate scommesse su noi due?!»

«Beh, non proprio mentre tu eri sulla barca insieme a lui, perché allora non ne sapevamo niente e George non era proprio nelle condizioni di scommettere», si giustificò, «Però poi quando lo siamo venute a sapere…»

«E poi non mi pare che tu fossi tanto disperata, visto che hai quasi baciato Lennon!», aggiunse Mike, scherzando.

«Che stronzi…», borbottai allibita, mentre continuavo a scuotere lentamente la testa e Paul scoppiò a ridere.

«Ma che vuoi che sia, Chris?», disse Paul sereno come non mai, «Tu non sai quante volte IO ho tradito Dot…!»

In realtà potevo immaginarmelo…

«E questo dovrebbe servire a farmi sentire meglio?!»

Paul alzò le spalle, in segno di noncuranza

«Non lo so», disse, «Ma a me piace raccontarlo!»

«Gasato!», borbottò Mike, dando un cazzotto su una spalla al fratello maggiore

«Ehi! Non sono tornato a casa neanche da due ore e tu già mi picchi?!», disse Paul, ridendo, «Che fratellino amorevole che ho!»

Detto questo Mike e Paul iniziarono ad azzuffarsi.

Ma possibile che Paul dovesse fare a botte con chiunque avesse un po’ di familiarità con lui? Di questo passo dovevo ringraziare di non essere nata uomo!

Ma Mike a differenza, per esempio, di John, conosceva il punto debole di Paul e iniziò subito ad arruffargli i capelli, cosicché la loro lotta finì come sempre con Paul che correva in bagno per sistemarsi i capelli davanti allo specchio e Mike che si atteggiava a grande campione del pugilato.

Guardandoli pensai che potevo dirmi fortunata ad avere due amici come loro, che erano in grado di allontanare da me i brutti pensieri e farmi tornare il sorriso, qualsiasi cosa fosse successa e persino quando una disgrazia di nome John Lennon stava per abbattersi su di me.

 

Per quanto riguarda la musica, una volta tornati in Inghilterra i ragazzi ripresero subito con la loro attività di musicisti, mettendoci ancor più passione.

Per l’ennesima volta cambiarono nome, eliminando la prima parte di “Silver Beatles” e riconoscendosi nel nome che li avrebbe resi famosi in tutta la Gran Bretagnia.

John, felice per come erano andate le cose per il concorso di Billy Fury, decise di rivolgersi nuovamente ad Allan Williams perché gli trovasse nuovi ingaggi. Allan aveva contribuito a trovare un lavoro anche ai Rory Storm & The Huracanes, presso un pub di Amburgo e, per quel che ne sapevamo noi, ci si erano trovati tanto bene che il proprietario del locale, un certo Bruno Koschmider, aveva proposto a Rory un rinnovamento del contratto. Dato che I Rory Storm erano la band più importante di tutta Liverpool, erano molto occupati in quel periodo, quindi non poterono accettare, ma Allan convinse Koschmider a prendere i Beatles e tutto fu programmato: sarebbero partiti verso la metà di Agosto e si sarebbero stabiliti ad Amburgo per quasi sei mesi.

Tuttavia  non tutto era perfetto, ancora: per esibirsi al Keiserkeller (il pub amburghese di Bruno Koschmider) avrebbero dovuto procurarsi in fretta un batterista e John non potè fare altro che offrire il posto a Pete Best che accettò subito di buon grado.

 

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[Pete Best]

 

Pete era il batterista dei Black Jack, il gruppo che spesso si alternava ai Beatles al Casbah Club, ed era un ragazzo simpatico, tutto sommato; era molto carino e aveva numerose ammiratrici a Liverpool, ma – come dire ? – Pete non è mai stato il mio tipo: lui era…tranquillo. Non esiste aggettivo più appropriato, credo.

John, Paul, George e Stuart nel loro piccolo erano dei “Tipi”: John con il suo carisma e la sua follia, Paul con il suo fascino da latin lover, George con il suo essere sé stesso e lanciare battutine taglienti senza mai abbandonare la sua espressione serissima e Stu con il suo fascino da poeta maledetto (e poi….beh, Stuart era bellissimo!)

Pete, invece, non era niente di tutto questo: se ne stava sempre tranquillo e pacato, seduto dietro a quella sua batteria agitando le bacchette; era molto silenzioso, ma in un modo diverso da quello di George: i silenzi di Geo erano sempre carichi di significato ed in genere le sue espressioni facciali parlavano per lui, mentre i silenzi di Pete erano…silenziosi.

John, Paul, George e Stu si capivano alla perfezione e avevano un umorismo molto particolare, che li rendeva adorabili, mentre Pete non sembrava essere altrettanto in sintonia con gli altri, ma era un bravo batterista e l’unico a disposizione, il che gli fu sufficiente per diventare il Beatle mancante.

Stuart mi disse che sarebbero partiti ad agosto e che non avrebbe sopportato l’idea di stare per più di un mese lontano da me, quindi armato di due occhioni luccicanti presi in prestito da Paul mi chiese di andare con loro ed io ebbi il mio bel da fare per convincere i miei a lasciarmi partire di nuovo, ma alla fine si convinsero, perché…si fidavano di Paul (io l’ho sempre sospettato di avere dei genitori matti!)

George, nel frattempo,come ho già anticipato, lasciò Ruth, ma la loro fu una separazione in amicizia (la prima e l’unica di cui io sia a conoscenza) e anche se non stavano più insieme, rimasero comunque molto amici.

 

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[Il contratto firmato da Allan Williams con Bruno Koscmider, che andò poi bruciato nell’incendio del Jacaranda]

 

Partimmo da Liverpool verso la metà di agosto ed io mi sentivo ancora a disagio quando mi trovavo a dover affrontare John, ma il mio cervello ( e almeno parte del mio cuore) mi diceva che amavo Stuart ed io ero intenzionata a non lasciarmi distrarre da John. Era evidente che per me Lennon fosse qualcosa di diverso da un semplice amico, ma iniziai a considerarlo solo come un ennesimo ostacolo nella mia strada verso la felicità, che senza dubbio – pensavo – si sarebbe realizzata solo al fianco di Stuart.

“Il mio destino”, mi dicevo, “è di amare (e chissà,magari un giorno anche sposare) Stu. John è solo un incidente di percorso, facilmente superabile”.

Evidentemente non avevo ancora le idee chiare su come stessero realmente le cose.

 

Fu Allan a portarci ad Amburgo con un furgoncino ed io ero l’unica donna del gruppo e l’unica che non avesse niente da fare, così mi fu relegato il compito di fotografa.

Quando arrivammo eravamo tanto distrutti e affamati che non trovammo neppure la forza di ribattere a Bruno Koschmider,quando ci disse che i ragazzi non avrebbero suonato al Keiserkeller, (come avevano fatto in passato i Rory Storm & The Hurricanes), ma nel piccolo e poco raccomandabile Indra Club, che era un locale a luci rosse in cui, teoricamente, io e George non saremmo neppure potuti entrare.

Altra fonte di disperazione, poi, fu la vista della nostra nuova “Camera da letto” se così può essere chiamata: Koschmider ci disse che avremmo alloggiato all’interno del cinema “Bambi” che era stato in passato un teatro e che quindi noi avremmo potuto dormire nei vecchi camerini in disuso…ovvero un’unica grande stanza in cui avremmo dovuto dormire tutti e sei su materassi e coperte che sembravano risalire alla prima guerra mondiale.

Ma l’attacco isterico vero e proprio mi venne non appena mi resi conto che gli unici bagni che potevamo usare erano quelli del cinema e che, pertanto, erano sprovvisti di docce vasche da bagno o simili…il che comportava il fatto che per lavarci avremmo dovuto fare i salti mortali con i lavandini degli angusti bagni.

«Preferivo casa di Michelleeee!!!», gridai sull’orlo di una crisi di pianto.

Ero affamata, stanca e sporca…e non potevo neppure rilassarmi con un bel bagno! Se avessi avuto una decina di anni in meno avrei iniziato a fare i capricci per tornare a casa.

«Se avessi saputo che qui era così non ti avrei chiesto di venire con noi!», disse Stuart, che si disperava nel vedermi così.

Io odiavo la situazione in cui mi trovavo, ma ero sicurissima che avrei odiato ancora di più l’idea di essere messa da parte in ogni occasione, come accadeva a Cyn e, soprattutto, a Dot, quindi sospirai e cercai di riprendere il controllo di me stessa.

«No,no… posso farcela», dissi, «Tranquillo!»

 

La prima sera in cui i Beatles suonarono all’Indra era il 17 agosto 1960 ed io riuscii ad infiltrarmi nel locale solo fingendo di essere il sesto componente del gruppo e, strano ma vero, mi cedettero; tuttavia, l’Indra sembrava essere un locale davvero poco raccomandabile e finii con il restare tutta la sera in disparte, senza scambiare parola con nessuno.

 

http://www.beatlesource.com/savage/1960/60.08.18%20indra/1.jpg[THE BEATLES!!!....Paul ha un’espressione spiritata!]

 

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[Ancora i Beatles, stavolta mentre suonano]

 

Prima dei Beatles c’era in programma  uno show con delle ragazze nude e il pubblico, quasi interamente composto da uomini, non lo mandò di certo a dire che della musica non gli importava niente, ma Paul e John (due Showman nati) seppero conquistare anche questo pubblico impossibile e nei giorni seguenti la gente iniziò a fare la fila per ascoltare questo arrogante gruppetto di Liverpool.

All’inizio i clienti erano pochi, ma quando si sparse la voce che ogni giorno suonava un gruppo niente male, iniziarono ad arrivare sempre più persone,alcune delle quali sembravano molto migliori di quelle che avevo visto la prima sera e che mi avevano inquietato tanto; i profitti del locale aumentarono parecchio e Koschmider, soddisfatto, iniziò a prolungare la durata di apertura fino alle due di notte, invece che chiudere a mezzanotte e mezza, come al solito. Tuttavia coloro che abitavano nei pressi dell’Indra iniziarono a lamentarsi per gli schiamazzi che ogni sera provenivano dal locale di Koschmider e che non cessavano fino a notte inoltrata, tanto che a settembre  l’Indra dovette chiudere e i Beatles furono “promossi” (per così dire) al Keiserkeller, dove i Rory Storm & The Hurricanes (che nel frattempo avevano cambiato idea ed avevano raggiunto i Beatles ad Amburgo) suonavano già da un paio di sere.

I Beatles e i Rory Storm & The Hurricanes iniziarono ad alternarsi sul palco, in modo che tra un’esibizione e l’altra potessero riposarsi per almeno un ora e fu proprio durante uno di quei momenti in cui i Beatles si esibivano e gli “Hurricanes” si riposavano che riuscii a conoscere meglio il gruppo.

 

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[I Rory Storm & The Hurricanes. Da sinistra a destra: alla chitarra Johnny Bryne, detto Johnny Guitar; alla voce Alan Caldwell, detto Rory Storm; al basso Wally Eymond, detto Lu Walters; alla batteria Ritchard Starkey, detto Ringo Starr; alla prima chitarra Charles O’Brien, detto Ty O’Brien]

 

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[Rory Storm]


 

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[RINGO!!!!!]

 

«E una bella ragazza come te cosa ci fa qui dietro al palco tutta sola?», mi chiese il cantante del gruppo, la prima sera che i Beatles suonarono al Keiserkeller.

«Sono la ragazza di…», tentai di rispondere sorridente, ma lui mi interruppe.

«No, aspetta, fammi indovinare. Io non sbaglio mai!», gridò, poi ci pensò un po’ su e disse, «Sei la fidanzata di… quello al centro che tra una canzone e l’altra si comporta come un pazzo criminale e canta!!»

Intendeva dire John, cosa che subito mi fece arrossire violentemente.

…E dire che mi stavo sforzando con tutte le mie forze per guardare Stu invece che John!

«Ho detto qualcosa che non va?», mi chiese Rory, notando la mia reazione.

«No, solo che hai sbagliato!», dissi cercando di dimostrarmi serena, «Sono la ragazza di Stuart Sutcliffe, che  è quello che suona il basso»

«Ah…strano!», borbottò Rory, come se non ne fosse molto convinto, «Comunque io sono Rory…molto piacere!»

«Piacere mio!», risposi stringendogli la mano, «Io sono Chris!»

«Chris, la fidanzata di Stu», disse pensieroso, «Ma siete sicuri di essere di Liverpool?Non vi ho mai visti!»

Non potei rispondere, però, perché gli altri componenti del gruppo ci raggiunsero

«Ehi, Rory!», esclamò qualcuno di loro, «Chi è la tua amica, non ce la presenti?!»

«Altolà, ragazzi: questa bambolina è Off-limits!», disse Rory; odiavo il nomignolo “bambolina”, ma apprezzai il tentativo di difendermi, «Lei sta con il bassista di questi che suonano ora!»

«Mi chiamo Chris…», aggiunsi sorridendo e così iniziarono le presentazioni.

La cosa che mi colpì di più fu che nessuno dei membri di quel gruppo pareva avere un nome normale, ma quello che più di ogni altro mi rimase impresso nella mente fu il nome “Ringo Starr”, che mi indusse anche a domandarmi per tutta la sera il motivo per cui si chiamasse così, senza mai riuscire a trovare il coraggio di chiederglielo direttamente.

Alla chiusura del Keiserkeller anche John e gli altri strinsero amicizia con i Rory Storm & The Huricanes, così decidemmo di andare a bere qualcosa tutti insieme.

Per tutta la sera Stuart fu strano e sembrava insofferente nei miei confronti, tanto che io, depressa, finii per isolarmi. Capivo che fosse stanco, ma avrebbe anche potuto comportarsi un po’ più gentilmente con me!

Iniziai a farmi un sacco di paranoie sul perché Stuart si comportasse così e tra le ipotesi che mi ero fatta la più probabile sembrava essere quella secondo cui Stuart fosse geloso di John: infondo se Rory aveva pensato che io fossi la ragazza di John, invece che quella di Stu doveva pur esserci un motivo, anche se a me non pareva di aver fatto niente di male…

Io non volevo John, ma Stu. Non volevo che Stuart pensasse che io fossi ricaduta come una sciocca in quel baratro che l’amore per John era stato per me…io volevo solo Stuart e nessun altro.

Qualsiasi altro sentimento la mia libido mi facesse provare nei confronti di John altri che non fossero Stuart  doveva essere celato nei meandri più profondi della mia anima, nascosto persino a me stessa.

«C’è qualcosa che non va?», mi chiese una voce profonda e dolce, una voce che non conoscevo molto bene, ma che riconobbi come quella del batterista di Rory, quello con il nome strano, «Sembra che stia per piovere…»

Piovere?! Guardai il cielo sgombro dalle nuvole e alzai un sopracciglio

«Non in quel senso: sembra che tu stia per piangere!», disse ridendo dopo essersi accorto che avevo frainteso, «Ma ti capisco, sai? Anche io sono sempre un po’ triste la domenica sera…»

«Ma veramente è solo mercoledì…», lo corressi

«Appunto!»

Non riuscivo a capire bene quel ragazzo: era strano ed aveva un umorismo particolare che portava  a pensare che lui fosse o un genio incompreso o una capra ignorante della peggior specie…però era divertente e dopo pochi minuti di conversazione, mi pareva di conoscerlo già da una vita.

«Tu sei quello con il nome buffo,vero?», gli dissi, «Qualcosa che aveva a che fare con gli anelli e le stelle…»

«Esatto!», esclamò entusiasta, «Io sono Ringo Starr, ma “Star” con due “R”!»

«Ok, “Star con due “R”!», dissi ridendo, dimenticandomi momentaneamente dei miei problemi con Stu, «E come mai ti chiami così?»

«Io non mi chiamo mai: sono gli altri che lo fanno!», rispose quello, rispolverando una battuta vecchia di cent’anni, «Comunque gli altri mi chiamano così per via della mia passione per gli anelli»

Nel dire così Ringo mi mostro le sue dita ingioiellate e dovetti ammettere che il soprannome era appropriato, in effetti

«Che belli!», esclamai

«E tu, non ce l’hai un anello di fidanzamento o qualcosa di simile?», mi disse lui ed io arrossii

«No, io e Stu non siamo ancora a quel punto», dissi imbarazzata

«E allora che aspetti a fartelo regalare?», disse Ringo scherzando, «Fossi in te non lo avrei seguito fin qui senza un anello.»

Inconsciamente lanciai uno sguardo avanti a noi, verso Stu che parlava con John e Rory e mi rattristai immediatamente.

«Oh, non è il momento giusto?», chiese Ringo, «Avete litigato?»

Io alzai le spalle.

«Non so, è da quando hanno smesso di suonare stasera che non mi vuole parlare…», dissi, «Ed ho paura che sia geloso di John…ma non c’è ragione di essere geloso!»

«Sembri fin troppo ansiosa di dimostrarlo», disse Ringo ed io lo guardai sconcertata, «In effetti qualche problema me lo farei anche io al posto di Stuart.»

Rimasi a guardare Ringo con gli occhi sgranati per un sacco di tempo, senza sapere cosa rispondere, finchè George non si unì a noi:

«Che succede?», chiese, sorseggiando un bicchiere di coca-cola.

Guardai Ringo che stava per rispondere e in una frazione di secondo pensai che era meglio se nessun altro sapeva delle mie paranoie per Stuart, quindi dissi la prima cosa che mi passò per la testa.

«Ti sei dato alla coca-cola, Geo?niente birra?!»

«No, dopo la Francia ho deciso che è meglio se mi regolo un po’…», rispose ed io spalancai gli occhi incredula.

«Secondo me non resisti neppure due giorni»

«Va beh, io ci provo…», disse sconsolato (sapendo che, infondo infondo, avevo ragione io), «Comunque?pettegolezzi?!»

Ma guarda che pettegolo della peggiore categoria che era diventato il mio Georgino!!!

«Chris ha paura che Stu sia gel---coff!!!», Ringo si dovette interrompere perché gli diedi una gomitata nelle costole, ma ormai era troppo tardi perché George aveva già capito tutto.

«Che Stu sia geloso di John?», chiese eccitato, «Uuuhhhh,che bel triangolo!»

Già, proprio un bel triangolo!

Ma possibile che io dovessi sempre trovarmi in mezzo a degli enormi triangoli?

Era troppo chiedere di avere una tranquilla storia d’amore senza problemi né ostacoli?!

Non volevo che John interferisse con la mia vita. Sapevo bene che una parte di me desiderava intensamente John, ma avrei tanto voluto poterla ignorare.

“John mi fa soffrire e non va bene per me”, continuavo a ripetermi instancabilmente, ma più mi sforzavo di dimenticarlo e più pensavo a lui…era un incubo!

Inoltre, se prima pensavo che l’assenza di Cynthia avrebbe migliorato le cose tra noi, adesso dovevo ammettere che, al contrario, le aveva solo complicate.

Avrei voluto cancellare completamente John dai miei ricordi, ma al tempo stesso avevo paura di dimenticarlo, perché cancellandolo dalla mia mente avrei perso irreparabilmente anche una parte di me.

Odiavo ricordare John e odiavo dimenticarlo. Cosa potevo fare, allora?

 

 

Salve a tutti! So che sono irrecuperabile…mi dispiace tantissimo per questo enorme ritardo,m ma tra studio e viaggio a Londra….

Adesso vi ringrazio moltissimissimo per le recensioni e vi lascio una rapida(perché sono di fretta…ma và?!?) risposta:

 

Gio Tanner: Anche tu leggi questa storia?!?*______* sono felicissima e mi fa moltissimo piacere che ti piaccia!*.* grazie di tutti i complimenti (così mi commuovo! <3<3<3)

 

Brokelle: Ciaooo!!!e certo prima o poi dovevano pur svoltare quei due sciagurati di Chris e John, del resto si sa che loro due sono la Coppia principale!xD

 

Thief: nooooo anche tu insceni ciò che immagini nelle storie????anche io lo faccioooo da sempre *Andry saltella tenendo per mano Thief* (ok,questa risposta alla recensione sembra che stia diventando una seduta dei “Pazzi sclerati e alcolisti anonimi”, ma è bello così xD ) mi sento onorata per il fatto che la mia scenetta ti abbia fatto quell’effetto ù.ù

 

Zazar: ahahah sì, Gerard è proprio così! Però mi è mancata l’idea di specificare che lui non pesca, ma arpiona i pesci!!xD ci voleva!!! E quando hai scritto che a Geo dobbiamo far conoscere Jack Sparrow, “Sparrow” era venuto scritto a capo e io la prima volta ho letto che dobbiamo fargli conoscere anche il Jack Daniels!xD va bene, solo io potevo capire così *automa*…è la stanchezza! xD oddio effettivamente Stuart che si butta….!o______o …ma nooo, lui era uno di quelli che aveva bevuto meno!!!(scusa accampata all’ultimo momento perché in realtà non ci avevo pensato o.O)xD

 

Ari: già, è vero fa strano vedere una persona così schietta  e disarmata (non solo John), ma non so…io mi sono fatta l’idea che John fosse in grado (di tanto in tanto) di togliersi quell’armatura che ognuno di noi si costruisce intorno all’anima(e che è tanto difficile da togliere), e questo lo ha reso il genio che era…

 

Clafi: Jooooooooohhhhhhhnnnnnn *Andry si unisce a Clafi nell’urlare “John”,perché è un nome troppo bello per non urlarlo <3 * Michelle per ora scomparirà per un pochino, ma vedrai che poi rispunterà (del resto lei è quella Michelle ù.ù) sìììììììì!!!George For President!!!!!!

 

Looney: Clauuuuuuu!!!!!salve!!!sono felice che questa storia sia ancora in grado di sorprendere!ma temo che dovrai avere pazienza con la cara e povera Chris e con quel babbione di John che prima fa lo stronzo e poi si pente xD ovvio che mi ha fatto piacere ricevere la tua recensione!=)

 

Mery Jackson: foto in costume di John….mmmmm *pensa*…mi pareva di averne qualcuna….*va a cercare nei più oscuri angolini del suo computer*…

http://img443.imageshack.us/img443/417/35691106387042744320100.jpg (John e il suo bellissimo culetto *.*….ok, la smetto di fare la pervertita!xD)

 

Ancora moltissime grazie a chi recensisce, ma anche a chi legge soltanto!

Baci,

Andry.

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Capitolo 24
*** For No One ***


For No One

 

Iniziai a pensare che seguire i miei migliori amici ad Amburgo fosse stata una pessima idea. Pensavo che stare con Stuart mi avrebbe resa felice, ma adesso lui neppure mi parlava ed io non sapevo cosa fare. Sfogai  tutta la mia frustrazione su Paul, che conoscendomi da sempre poteva capirmi meglio di chiunque altro, e su Ringo che essendo un nuovo amico riusciva a vedere la situazione abbastanza obbiettivamente per darmi un consiglio utile.

 

Alle due passate di notte tutti i bar erano chiusi, così Rory ci invitò nel posto in cui lui e il suo gruppo alloggiavano (che era leggermente meglio di Bambi) e iniziammo a bere e divertrci.

Tutti si stavano strafogando i birra ad altri alcolici a basso costo ed io mi unii a loro nel tentativo di sfogarmi un po’.

«Ma di che ti preoccupi?!», mi chiese Paul, «Ormai vi conosco e so che Stu non può starti lontano per molto»

Annuii per tagliare il discorso, ma non ne ero molto convinta.

Sapevo che era assurdo prendersela così tanto per così poco, ma la verità era che dopo quattordici mesi trascorsi con Stuart, io ne ero diventata dipendente e non sopportavo quel suo nuovo atteggiamento indifferente.

Ero più sensibile di chiunque altro agli sbalzi d’umore di Stu e intuire che ce l’avesse con me per qualcosa che non sapevo definire con precisione mi faceva impazzire.

L’unica cosa per cui potevo ringraziare il cielo era che John pareva aver compreso la situazione, quindi aveva iniziato a tenersi alla larga da me.

Bere per svagarsi nelle condizioni in cui ero non parve funzionare, perché mi depressi ancora di più, ma in compenso l’alcool mi diede la forza di seguire il consiglio di chiunque e affrontare direttamente Stuart.

Con una scusa lo convinsi ad uscire in strada insieme a me, così che potessimo parlare con un po’ di tranquillità:

«Ho fatto qualcosa che non va?», gli chiesi ansiosa

«No, non hai fatto niente, Chris», rispose Stuart con un sospiro e devo dire che me lo aspettavo: era nello stile di Stuart.

«Perché allora ti comporti così?»

«Così come?!»

«Andiamo, Stuart!!!», gridai esasperata, «Mi stai evitando: è evidente!»

«Non è vero!», protestò, ma poi vedendo la mia espressione parve ripensarci: «Beh, forse un pochino…»

«Ma perché lo fai?!», chiesi di nuovo, troppo disperata per urlare, «Ho fatto qualcosa che ti ha infastidito?»

Stu mi guardò negli occhi ed aprì la bocca come per rispondere, ma a metà strada ci ripensò: distolse lo sguardo da me con fare seccato e disse:

«E’ proprio il tuo “non fare niente” che mi fa impazzire, Chris!!», disse istericamente, «Tu non fai mai niente!»

«In che senso?», mormorai cercando di dare un senso alle sue parole che mi erano del tutto incomprensibili

«Perché mentre suoniamo tu non guardi mai John?!», disse ed io mi ritrovai a strabuzzare gli occhi (“questa a casa mia si chiama paranoia”, pensai), «Mentre ci guardi da sotto al palco, i tuoi occhi saltellano da me, a Paul, a George, a Pete, ma non si soffermano mai su John!»

Ma Stuart era del tutto impazzito?!

Il mondo stava andando alla rovescia?!

Non riuscivo a capire come Stu potesse lamentarsi del fatto che io prestavo più attenzioni a lui che al suo peggior rivale a John…

«Mi vuoi dire che sei geloso di John», ricapitolai con un tono di voce che tradiva il fatto che trovavo veramente assurda tutta quella situazione, «Perché io guardo TE invece che LUI?!?»

«Sì…in un certo senso è così», rispose, «Perché non lo guardi mai? Di cosa hai paura?!»

Da come l’aveva posta sembrava una domanda retorica, ma io non sapevo proprio cosa rispondere, così mi limitai a rimanere a guardare Stuart con gli occhi spalancati, mentre scuotevo leggermente la testa a destra e a sinistra.

Non riuscivo a credere che Stuart potesse davvero essersela presa per una cosa del genere…

«Te lo dico io di cosa hai paura», continuò Stu in tono acido, «Temi di renderti conto che ti piace di più guardare John, anziché me; hai paura di essere ancora innamorata di lui nonostante tutto…anche se sai benissimo che saresti più felice insieme a me!»

Il mio cuore, a questo punto, iniziò a battere come impazzito e la mia voce si fece acuta, mentre tentavo di difendermi

«Non è vero, Stuart!», gridai, «Io amo te e solo te, lo giuro! Ti amo tantissimo, sei tutta la mia vita!!!»

Stuart distolse lo sguardo da me poco convinto ed io mi sentii morire.

Non poteva finire così tra noi, dall’oggi al domani e per un motivo così…così…così…stupido! non avrei saputo come altro definirlo…

«Stu, dimmi solo come posso dimostrarti che ti amo più di chiunque altro al mondo!», dissi e mi avvicinai dolcemente a lui come per abbracciarlo, ma non ne avevo il coraggio così gli accarezzai un braccio e lui si spostò impercettibilmente, gesto che mi diede il coraggio di avvicinarmi ancora un po’ e ci baciammo.

Con una scusa banale salutammo tutti gli altri (che ci lanciavano occhiatine maliziose, vedendo che ci eravamo appena riappacificati) e tornammo al Bambi, dove approfittammo dell’insolita solitudine per fare l’amore.

A causa della convivenza forzata con tutti gli altri era un po’ che non facevamo sesso in tutta calma e tranquillità e forse anche questo aveva contribuito a creare il clima di tensione tra di noi, ma comunque non riuscivo ad ignorare il fatto che quella era stata la prima volta in cui avevo davvero avuto paura di perdere Stu.

Quando gli altri tornarono era quasi mattina ed io e Stuart eravamo mezzi addormentati, abbracciati l’uno all’altra; nessuno commentò, ma sono sicura che se avessi potuto vedere l’espressione di Paul nonostante il buio, lo avrei visto rivolgermi un occhiolino malizioso.

 

Il giorno dopo, come erano soliti fare, i ragazzi dormirono fino a pomeriggio inoltrato svegliandosi giusto in tempo per lavarsi alla bell’e meglio e presentarsi al Keiserkeller alle sei di sera, ma io, ancora scombussolata per la litigata della sera prima con Stuart, non riuscivo a dormire bene: alle dieci e mezza di mattina iniziai a trovare intollerabile l’idea di restare un secondo di più sotto quelle coperte sporche, così mi alzai e come uno zombie trascinai i piedi fino al bagno, dove incontrai John che si stava facendo la barba canticchiando l’inno nazionale cambiando le parole con altre molto più sconce.

«BUONGIORNO!!», esclamò tutto allegro non appena mi vide ed io borbottai qualcosa in risposta.

Dove lo trovasse tutto quell’entusiasmo di prima mattina è sempre rimasto un mistero per me…

«Notte di fuoco, eh?», mi domandò ed io arrossii.

Accidenti a John e alle sue domande da porre di prima mattina, quando non ho ancora bevuto una bella tazza di tè e non ho ancora i neuroni connessi!

Non mi degnai di rispondergli, quindi John continuò a parlare come se a me fosse importato.

«Anche noi abbiamo avuto una nottata di fuoco, sai?», si gongolò, «Rory e gli altri ci hanno fatto conoscere delle loro amiche…delle pollastrelle davvero niente male. Alcune di loro erano davvero “woooow!!”, ma la più carina se l’è presa George: lui doveva ancora perdere la verginità – lo sapevi? – quindi abbiamo deciso di dargli la precedenza e poi gli abbiamo fatto anche l’applauso!»

«Woow…», commentai sarcastica.

Povero George, corrotto così da John e Paul e costretto a fare sesso per la prima volta con una troia qualunque  “ragazza di facili costumi”!

«Che cos’è quel tono?», chiese John che sembrava un babbo natale [punk…d’oh!non esistevano ancora i punk, mentre Chris racconta: che cosa triste!ç____ç n.d.A.] fuggito da un manicomio criminale, con quella faccia per metà rasata e per metà ricoperta di schiuma da barba.

«Niente, pensavo solo che non deve essere il massimo farlo per la prima volta con una poco di buono!»,  risposi e John stava per ribattere, ma io lo battei sul tempo aggiungendo, «Oh, ma a me non è andata molto meglio, dato che io ho avuto te…»

Non lo dissi con cattiveria, in realtà: volevo solo scherzare e John parve capirlo perché si impettì tutto e disse:

«Cosa vorrebbe insinuare, signorina?!?»

«Oh niente, niente!», risposi ridendo, «Ma ora sbrigati a sciacquarti la faccia che devo lavarmi e non voglio “ragazzi di facili costumi” nei paraggi!»

Mentre dicevo così tolsi il rasoio di mano a John e lo spinsi verso la porta, per costringerlo ad uscire.

«Oh ma che modi di fare sono?!», protestava lui, facendosi però trascinare, «Questo è un oltraggio alla corona! GUARDIE! QUI C’E’ UN CRUCCO CHE VUOLE OLTRAGGIARE LA REGINA!!! AIUTOOOOooooo!!!!»

Ridendo come una pazza lo cacciai fuori dal bagno con mezza barba ancora non rasata e chiusi la porta a chiave.

Adesso mi aspettava il lavoro più complicato: lavarmi.

Quando uscii di lì finalmente pulita e profumata (anche se con qualche ammaccatura in più dato il modo da contorsionista in cui ero costretta a lavarmi), decisi di farmi un tè con i residui di quello che mia madre ci aveva spedito l’ultima volta (perché niente è come il vero tè inglese), ma a parte quello non avevo altro da mangiare, così uscii a comprare qualcosa.

Quando tornai erano circa le tre di pomeriggio e nella stanza in cui tutti(tranne me e John) dormivano ancora beatamente iniziammo a sentire le musiche del film di seconda o terza visione che stavano trasmettendo al cinema. Per quello che mi era parso di leggere nella locandina del cinema, stavano trasmettendo “John Paul Jones” (o un titolo simile), quindi decisi di passare il tempo sgattaiolando di soppiatto nella sala dove proiettavano il film, rigorosamente senza pagare, grazie alla pessima sistemazione che Koschmider ci aveva assegnato.

 

File:Posterlg.jpeg

[La locandina del film che "vedemmo" io e John quel giorno]

 

Il film era già cominciato quando andai a sedermi in una delle ultime poltrone infondo alla sala e John mi raggiunse poco dopo con un barattolo di pop-corn gigante e si sedette accanto a me, mentre io sospiravo seccata.

«Stu dorme ancora?», domandò, porgendomi i pop-corn

«Già…»

«E’ bello? Di che parla?», chiese ancora, indicando lo schermo del cinema con la testa.

«Se me lo fai sentire forse alla fine posso farti un riassunto»

John si ammutolì per un po’, fino a quando non iniziai a temere di essere stata troppo brusca con lui e dissi:

«Te la sei fatta la barba, Lennon?»

«Sì!», esultò, «Non sono bellissimo?!»

«Certo!  “Bellissimo” come un dito in un occhio!», risposi ironica, poi temendo di averlo offeso aggiunsi, «Daaai, lo sai che scherzo!»

John mi fece una delle sue buffissime smorfie e ci mettemmo a guardare il film.

«John Jones…», disse pensieroso, dopo un po’, «…sembra un gioco di parole: capisco perché si faccia chiamare anche Paul!»

«Beh, però potrebbe farsi chiamare solo “Paul”», riflettei io, osservando il bel protagonista che con una gomitata stendeva uno dei tanti “cattivi” che lo stavano assalendo, «Sarebbe più semplice!»

«Scherzi?!?», replicò subito Lennon, «Il nome John è molto più bello del banale Paul!»

«Paul non è banale!», protestai ridendo

«…ma “John” è più bello.», concluse lui, «Uffa però! Non smettono mai di fare a botte?! Sta diventando palloso!»

Io alzai le spalle. In effetti i film con troppi combattimenti non piacevano neppure a me.

John si mise con i piedi sulla poltrona e, accovacciato, iniziò a dondolarsi per passare il tempo: era quasi più divertente stare a guardare John, che un vecchio film noioso.

«Uuun elefaaanteee siii dondolavaaaa», iniziai a canticchiare e John subito riprese questa vecchia filastrocca per bambini cambiando le parole:

«Sopra la poltronaaaaa di un vecchio cinemaaaa!»

«Trovando la cosa molto, molto scema», continuai, iniziando pure io a cambiare le parole.

«Corse a chiamare un altro elefante!», concluse John, prendendomi una mano perché mi mettessi con i piedi sulla poltrona nella sua stessa posizione.

«Però noi non siamo elefanti!», ribattei, iniziando a dondolarmi come faceva John.

«Giusto: noi siamo…», disse John pensieroso, «BULZUBLUNTI!!!!»

Ripensandoci, sono felice che quel giorno il cinema fosse quasi deserto, perché passammo la restante mezz’ora (o quasi) canticchiando la filastrocca dell’elefante che si dondola sul filo di ragnatela dicendo, invece:

 

«Due Bulzublunti

Si dondolavano

Sopra le poltrone

Di un vecchio cinema,

trovando la cosa

molto, molto scema

corsero a chiamare

un altro Bulzublunte

 

Uscimmo dalla sala prima che il film finisse, ancora canticchiando la filastrocca e chiamandoci “bulzublunte” e “bulzubluntessa”, quindi non mi sorprende che gli altri, vedendoci arrivare così, ci lanciarono degli sguardi perplessi.

«Direi che io e John abbiamo definitivamente fatto pace!», dissi a Stuart, lanciando uno sguardo a John per chiedere la sua approvazione

«E meno male! non ne potevo più di “Chris, la regina dei ghiacci”!!», esclamò John, «Sai, all’inizio era divertente, ma a lungo andare stanca…e poi è una parte che ti riesce fin troppo bene!»

«Ah, sono contento per voi!», disse Stuart abbracciandomi e John si levò di torno borbottando qualcosa che assomigliava vagamente a un “lasciamo soli i due piccioncini”.

«Ti sei decisa a perdonarlo,eh?», disse Stuart, baciandomi dolcemente le labbra ed io annuii

«L’ho fatto anche per te», mentii, «Non devi pensare mai più che io ami te, anziché lui!»

In realtà credo che sapessimo entrambi che la storia tra noi due aveva le ore contate.

Amburgo si era dimostrata decisiva per il nostro allontanamento e non era colpa solo di John Lennon: voglio dire, a me era piaciuto tantissimo andare al cinema con John e non potevo nasconderlo, ma anche da parte di Stuart c’era più freddezza di prima; le ragazze al locale avevano preso a chiamarlo “Il James Dean di Amburgo” e lui ne era fin troppo lusingato, mentre io per niente gelosa… ormai ci stavamo allontanando inesorabilmente, anche se nessuno di noi due avrebbe voluto, e non sapevamo come impedirlo.

Ci amavamo sempre, ma la domanda che ricorreva con più frequenza nella mia testa era “per quanto ancora sarà così? Quanti giorni (o forse ore) restano all’inevitabile implosione della nostra relazione?”

 

Solo pochi giorni dopo l’inizio delle esibizioni dei ragazzi al Keiserkeller, il pubblico era più che raddoppiato.

Pur essendo anch’esso un locale a luci rosse, si respirava un’aria molto migliore rispetto all’Indra; io non potei che rallegrarmene e mi azzardai pure a fare un giro per esplorare meglio il keiserkeller.

Quasi all’ingresso del locale, la mia attenzione fu attirata da una strana coppia: stavano litigando perché – stando a quanto mi pareva di aver capito – lei non era troppo entusiasta di stare lì.

«Ma senti il gruppo che c’è adesso, prima di giudicare!», stava dicendo il ragazzo a quella che probabilmente era la sua fidanzata.

Lei era molto carina, ma devo dire che il suo aspetto mi metteva un po’ in soggezione: era molto elegante e a giudicare da come si comportava sembrava uno di quegli atristi avanguardisti con la puzza sotto al naso, inoltre aveva i capelli corti come un ragazzo, con un taglio buffo che non avevo mai visto a nessuno.

«Falla finita, tanto lo so che mi hai portata qui solo perché volevi vedere le donnine nude!», replicò lei e con questo si guadagnò improvvisamente tutta la stima e la mia simpatia, «Te le stai scopando con gli occhi!»

«Ma non è vero!», disse lui, ridacchiando, «Vieni, Astrid, andiamo sotto al palco!»

 

[Astrid]

La ragazza chiamata Astrid, però, si divincolò dal suo ragazzo e, dato che lui non pareva intenzionato a volerla lasciare andare e continuava ad insistere, lei gli lasciò impresso sul viso il segno ben visibile di cinque ditate rosse e gli riversò contro un fiume di parole tedesche di cui non colsi il significato, ma che sembravano non essere molto carine e gentili, dopodiché lui borbottando qualcosa si diresse verso il bancone del bar e lei si appoggiò al muro, vicino a me.

«Che palle!», esclamò guardando il soffitto, rivolta a nessuno in particolare.

«Però loro sono bravi!», le dissi indicandole i beatles che stavano suonando, «…davvero!»

«Li conosci?», chiese sospettosa ed io dovetti annuire

«Sì», ammisi, «Sono arrivata qui con loro!»

«Ah, siete inglesi», disse e non era una domanda, tanto che, ripensando all’accento di Michelle, mi ritrovai a chiedermi quanto dovesse apparire buffa la mia pronuncia del tedesco, «Sei la ragazza di uno di loro?»

«Sì, del bassista!», dissi, indicandole Stu con un gesto vago e lei annuì.

Astrid, poi, estrasse dalla borsetta che portava con sé un astuccio bianco molto sofisticato, dal quale prese una sigaretta dal tubino più fino del normale e ne porse un’altra a me

«Vuoi?»

«No, grazie!», risposi e con un’alzata di spalle Astrid rimise la sigaretta nell’astuccino.

«Come si chiamano?», mi chiese

«The Beatles», risposi, con un certo orgoglio immotivato.

Paul aveva appena finito di salutare il pubblico e di presentare i “Rory Storm & The Hurracanes” che avrebbero dato loro il cambio, quindi Astrid mi prese un braccio.

 «Puoi farmeli conoscere?», mi chiese, «Io sono Astrid!»

«Chris», risposi sorridendo e conducendola fin dietro il palco, dove Stu, John, Paul, George e Pete si erano gettati a sedere, chi su una sedia, chi direttamente per terra.

 

Tutti, come me prima di loro, rimasero affascinati da questa eccentrica artista avanguardista, tanto che alla chiusura del Keiserkeller la invitarono a bere una birra da noi, al Bambi.

Io e Stuart avevamo ricominciato comportarci da fidanzatini che si tengono per mano, quindi io all’inizio non mi resi conto dell’attrazione che probabilmente Astrid suscitò fin dall’inizio in Stuart: in fin dei conti, anche a me Astrid piaceva, quindi non ci trovavo niente di strano nel fatto che lui ne parlasse di continuo (anche gli altri quattro beatle lo facevano!), riempiendola di complimenti; inoltre, se io mi fossi ingelosita di Astrid avrei dovuto cominciare ad odiarla e questa era l’ultima cosa che avevo intenzione di fare. Dopo aver visto la nostra sistemazione al Bambi, infatti, Astrid si meravigliò di come una ragazza come me potesse vivere in certe pessime condizioni igieniche e mi invitò a trasferirmi a casa sua, cosa che le procurò tutta la mia adorazione: credo che se Astrid fosse stata un uomo, in quel momento io me la sarei pure sposata!

Così, con nessun rimpianto, lasciai il Bambi per andare a vivere a casa di Astrid e questo – devo ammetterlo – fu l’inizio della fine.

 

Era la metà di settembre quando mi trasferii e subito rimasi affascinata dalla casa di Astrid come lo ero stata anche della sua proprietaria: quella casa era così moderna e minimalista! Ogni arredamento sembrava trovarsi proprio nel punto che gli era più adatto e funzionale e i giochi di colore di bianco e nero (Astrid sembrava non conoscere nessun altro colore)  contribuivano a dare l’impressione di entrare in un mondo parallelo decisamente assurdo, in cui tutto è al contrario di come dovrebbe essere; in giro non c’era un tocco di colore neppure a pagarlo oro, se escludiamo un paio di tele mezze dipinte che teneva in una stanza separata della casa. Sicuramente ero felice di essermi trasferita e mi piaceva trovarmi lì, ma dato che sono sempre stata piuttosto disordinata, convivevo con la paura di combinare qualche disastro, magari spostando un oggetto che, secondo la logica in cui erano disposti gli arredamenti (logica che a me sfuggiva), non doveva proprio essere spostato.

Tra me e Stuart, intanto, le cose procedevano serenamente: non avevamo più litigato, ma nel profondo della mia anima io sapevo che quella era solo la calma prima della tempesta e che presto o tardi io o Stuart (o, più probabilmente, entrambi) saremmo esplosi, ma mi sforzavo di non pensarci, quindi quando tutto venne a galla, ne rimasi comunque sconvolta.

 

Era un pomeriggio qualunque, una o due settimane dopo il mio trasferimento a casa di Astrid, ed io avevo invitato Stuart a fare un salto da me prima che iniziasse la loro serata al Keiserkeller. Astrid non era in casa, quindi  non appena Stu arrivò, iniziammo a baciarci e toccarci, cosicché, prima ancora di esserci salutati a parole, ci ritrovammo sopra al mio letto.

Stuart, come faceva quasi sempre, spense la luce ed io automaticamente chiusi gli occhi; in genere mi piaceva farlo al buio, perché avevo l’impressione che senza l’uso della vista, la mia sensibilità aumentasse, ma quella volta mi accadde una cosa che non mi era mai successa: mentre ero supina sul letto e sentivo il peso di Stuart che si muoveva sopra di me, iniziai ad immaginarmi che al posto di Stuart ci fosse John.

Erano le sue mani quelle che mi toccavano il seno, era il suo corpo che si muoveva regolare verso l’alto e verso il basso, dolce ma deciso ed io potevo vedere anche il viso di John,contratto in una smorfia di piacere, mentre i suoi capelli castani leggermente sudati ondulavano spinti dal corpo. Era John che si agitava dentro di me ed io non potevo che figurarmi nella mente la sua espressione lussuriosa.

In quel momento,  senza neppure rendermene conto e con la mente annebbiata dal piacere, mi lasciai andare , sospirando:

«Oh, John…!»

Tutto era finito ed io, aprendo gli occhi, ritornai alla realtà: era Stuart il ragazzo con cui avevo fatto sesso, ma non capivo perché mi guardasse con quell’espressione sconcertata dipinta sul viso…

 

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Ta-daaaaan!!!!!

Sono tornata!!(non ci speravate,vero?)

Beh, l’estate mi ha un po’ sfasata e non ho più scritto né recensito….PERDONOOOO!!!T_T

Questo capitolo,però,avevo in mente di scriverlo da un sacco di tempo, ma non trovavo mai l’ispirazione per finirlo…

Per chi non conoscesse la filastrocca degli elefanti di cui parlo è:


 “un elefante

si dondolava

sopra a un filo

di ragnatela,

trovando la cosa

molto interessante

corse a chiamare

un altro elefante.

 

Due elefanti

Si dondolavano

Sopra a un filo

Di ragnatela,

trovando la cosa

molto interessante

corsero a chiamare

un altro elefante.

Tre elefanti…

Etc,etc…”

 

Il film che John e Chris guardano, invece, è “John Paul Jones”, il film da cui il bassista dei Led Zeppelin ha preso ispirazione per il suo nome d’arte, ma non sono riuscita a trovarlo da nessuna parte, quindi non l’ho mai visto…ho solo dedotto che a un certo punto  ci fossero scene di combattimento :P

 

Non ho tempo di rispondere a ogni singola recensione,ma vi assicuro che mi hanno fatto moltissimo piacere! (infondo sono le recensioni che mi spronano ad andare avanti con la storia xD)

Grazie anche a chi legge soltanto, comunque!

 

Vi voglio bene =)

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Capitolo 25
*** I'll Cry Instead ***



 
«John?!», chiese Stuart inorridito ed io non potei far altro che darmi mentalmente della stupida.
Come diavolo avevo fatto a pronunciare quel nome?
Ok, stavo pensando a John, ma la mia parte cosciente avrebbe dovuto sapere perfettamente che stavo facendo sesso con Stuart e non con…
«John….», ripetè disperato Stu, come se avesse perso ogni speranza.
Si dice che “finchè c’è vita c’è speranza” e “la speranza è l’ultima a morire” e allora perché anche io, come lui, avevo la netta impressione che tutto fosse finito?
Non poteva essere finito….
Perché diavolo avevo dovuto pronunciare quello stramaledettissimo nome?!?
Per quale fottutissima ragione avevo dovuto pensare a lui durante il sesso?!
Mi vergognavo come una ladra, per quello che era successo, e forse anche di più… era una sensazione simile a quando si viene scoperti a fare sesso con un ragazzo da un qualunque membro della propria famiglia.
Mi sentivo così sporca…!
Perché diavolo la mia parte cosciente, quella che sapeva che stavo facendo sesso con Stuart non mi aveva fermata dal pronunciare quel nome?
Che fine aveva fatto la mia coscienza nel momento in cui, più di ogni altra cosa, avevo bisogno di lei? Era andata a farsi un tè?!?
Anche adesso, pensando a quella volta, vorrei morire….
«Allora?», chiese Stuart guardandomi con due occhi spaventosi, aveva le pupille leggermente dilatate ed appariva così….deluso, «Non dici niente?»
Sembrava furioso e a ragione!
Non riuscivo a capire come potesse trattenersi dal riempirmi di botte!a ruoli invertiti io mi sarei comportata molto peggio, sicuramente!
Alla fine, visto che mi limitavo a rimanere imbambolata a fissarlo terrorizzata, lui furioso come non lo avevo mai visto se ne andò, seccato, sbattendo la porta con violenza ed io ebbi troppa paura e vergogna persino per seguirlo!
Una volta rimasta sola impiegai un bel po’ di tempo per realizzare davvero la situazione e analizzare ogni possibile conseguenza; fu con orrore che constatai, con ancor più sicurezza, che ogni speranza per il nostro rapporto era morta nel momento stesso in cui avevo pronunciato quelle 5 lettere, l’una di fianco all’altra: “j.o.h.n”
…e ancora non mi capacitavo di come avessi potuto farlo.
 
Non ne feci parola con gli altri, né con Paul, né tantomeno con John (tremavo al solo pensiero delle arie che si sarebbe dato quello scemo di Lennon se solo avesse saputo) eppure tutti sembravano già essere magicamente al corrente della situazione in cui io e Stuart ci trovavamo. Paul provò a parlare con me di questo un paio di volte, ma io mi ostinavo a voler far finta di niente.
Magari se non lo avessi detto a nessuno, un giorno come per magia avrei scoperto che tutto era avvenuto solo nella mia testa e niente era reale…
Magari un giorno Stuart, sbollita la rabbia, sarebbe tornato da me come se niente fosse successo…
Così soffrivo, ma soffrivo da sola e lo facevo in modo tale che neppure la mia parte cosciente ne fosse al corrente.
Ero paralizzata dalla paura che Stuart potesse volermi lasciare; avevo passato così tanto tempo, infatti, a fantasticare su un nostro possibile futuro insieme che ogni altra ipotesi mi appariva assurda e terrificante.
Il concetto di “Christine senza Stuart” o viceversa era per me inconcepibile e cercare di immaginarlo era come pensare a un fuoco gelido o a una neve rovente o ad un acqua asciutta: era un ossimoro irreale ed astratto, di quelli che possono essere presenti solo nelle poesie per indicare una grande confusione dell’anima. Per questo motivo il fatto che potesse effettivamente concretizzarsi mi spaventava tanto che non riuscivo a muovere un muscolo…
Ancora oggi non so dire se in realtà avessi amato John oppure Stuart, credo che in quel periodo della mia vita fossero entrambi parte essenziale di me, proprio come lo era Paul .
Se mi avessero chiesto di scegliere tra Sutcliffe e Lennon, comunque, sono sicura che senza esitazioni avrei risposto Stuart, perché lui era il ragazzo che mi aveva accolta a braccia aperte proprio nel momento in cui più di ogni altra cosa avevo bisogno di sentirmi amata  e poi, diciamocelo, se avessi amato Stu le cose per me sarebbero state molto più semplici…
Però, come insegna Shakespeare, il presupposto per una grande storia d’amore è l’esistenza di un forte contrasto…e con Stuart non c’erano contrasti, tutto era semplicemente perfetto! Se solo ci pensavo sentivo salire le lacrime agli occhi e non riuscivo a respirare bene.
 
Comunque, nonostante i miei timori e le mie insicurezze, arrivò anche il giorno tanto temuto, quello in cui Stuart, dopo aver smaltito la rabbia, mi chiese di parlare con lui.
Eravamo al Keiserkeller durante una delle pause in cui i Beatles non suonavano perché era il turno di Rory e il suo gruppo, così Stuart mi prese da parte e mi disse:
«Non puoi continuare ad evitarmi per sempre: dobbiamo parlare!», il suo tono era risoluto, ma aveva un che di malinconico.
«Sì, lo so», mormorai in risposta, costretta a sforzarmi per trovare un filo di voce.
Non riuscivo a guardarlo negli occhi per la paura che quelle lacrime che premevano per uscire già da alcuni giorni inondassero il mio viso, non appena avessi visto gli occhi tristi di lui…
Tristi… sì,ero stranamente sicura che fossero tristi, lo capivo dal tono di voce con cui mi parlava e questo mi uccideva: era la riprova che quanto stava accadendo era tutta colpa mia, che Stu in fin dei conti, non avrebbe mai voluto lasciarmi….forse.
«Chrissie, io…noi…», disse Stuart impacciato ed io invocai tutte le mie forze, perché mi aiutassero a resistere alla mazzata che sicuramente avrebbe fatto seguito a quelle parole sgrammaticate, «Forse dovremmo prenderci un periodo di pausa, che ne dici?»
Me lo aspettavo, non si può dire il contrario, eppure a quelle parole trasalii.
«no,no,no,no,no,Stuart!», strillai agitata, «io…»
Come potevo continuare?
Potevo ancora salvare la nostra relazione, in qualche modo?
“mi sono sbagliata a dire il nome di John durante il sesso”, poteva funzionare come scusa? Stuart mi avrebbe creduta?
Un aria gelida mi entrò fin dentro le ossa e iniziai a tremare.
«Io non voglio nessun altro, Stu», cercai di convincerlo,prendendo le sue mani nelle mie «davvero, voglio solo te!»
«Mi dispiace, ma non riesco a crederti,anche se vorrei », mormorò lui, « Vorrei così tanto…!»
Come potevo allora trattenere le lacrime?!
«Prendiamoci una pausa», tornò a dire Stuart, «Vedrai che dopo ti sarà tutto più chiaro!dopo sarà tutto più chiaro a entrambi!»
«Cosa c’è da chiarire?!», chiesi disperata, «IO VOGLIO TE!»
«Tu…», tentò di dire Stu, «Chris, non sai quanto mi costi dirlo, ma tu credi di volere me.»
Io lo guardai sconcertata
«Devi seguire il tuo cuore!», aggiunse, aggiustandomi i capelli dietro a un orecchio
Non posso seguire il mio cuore se quello è uno stupido che ha deciso di buttarsi tra le braccia del suo assassino…!
«Lo sto facendo», mormorai
«Io ti amo», disse Stuart ed io non sapevo più se credergli, anche se sembrava che pure lui dovesse sforzarsi per trattenere le lacrime, «…e voglio che tu sia felice. Non puoi esserlo accanto a me. Non so renderti felice, io!»
«Ma IO SONO FELICE!!», gridai disperata, attaccandomi con tutte le mie forze alla speranza che lui provasse ancora qualcosa per me, «Accanto a te sono felice!»
«Tu credi di esserlo…», rispose lui con un sorriso triste che contribuì a spezzarmi il cuore, «Ma vedrai che tra un paio di giorni mi ringrazierai, quando sarai davvero felice ed in pace con il mondo tra le braccia di-»
Non riuscì a pronunciare il nome di John.
«Stuart…», provai a dire in tono lamentoso, «Allora questa è davvero la fine?Non c’è più altro che io possa fare?»
Stu scosse la testa.
«Per il tuo bene e per la mia salute mentale è molto meglio così», disse, mentre io tentavo di ricordarmi il modo in cui si respira correttamente (ero sicura che prima o poi si dovesse anche rilasciare l’aria, ma i miei polmoni non ne volevano sapere!)
“inspira ed espira”, disse una vocina nella mia testa ed io iniziai ad eseguire gli ordini con cura meticolosa, tanto che ben presto ebbi sufficiente ossigeno nei polmoni da trovare la forza di ribattere:
«SE MI VUOI LASCIARE, STU, FALLO», urlai furiosa, «MA NON OSARE DIRE CHE LO FAI PER IL MIO BENE!»
Detto questo uscii dal locale correndo e mi trascinai barcollando fino a casa di Astrid, dove mi gettai a peso morto sul letto e infine, stanca di tutte quelle lacrime e di tutta la agitazione, mi addormentai.
 
***
 
Il vuoto. Il niente.
Ricorderò  per sempre quel periodo come uno dei peggiori della mia vita.
Non amavo Stuart assolutamente e incondizionatamente come avrei voluto, né lo amavo quanto John, eppure lo amavo e la sua perdita aveva scavato una ferita profonda nel mio cuore, una ferita che sanguinava e faceva tanto male che ogni rumore esterno sembrava ovattato. Non riuscivo a sentire altro che i latrati angosciati del mio cuore sofferente e nello sforzo di non morire sotto il peso di tutta quell’angoscia, dovevo concentrarmi tanto che ogni altro dispiacere sembrava insignificante.
Paul diceva che ero apatica ed insieme a George, Pete e John tentava di “smuovermi”, ma io niente: ero come una bambola di pezza inanimata, che si faceva trascinare dal vento a destra e a sinistra, priva di una vera e propria coscienza e volontà.
La mia anima era rimasta a Stu, insieme a tutto il resto di me ed i miei occhi spenti non riuscivano più a guardare al futuro: sembrava che tutto dovesse finire da un momento all’altro.
Non so dire perché non tornai subito a Liverpool, ma immagino che una parte di me sperasse ancora che Stuart tornasse da me, prima o poi.
… Magari se avesse visto che non stava facendo il mio bene lasciandomi, se avesse capito che io, invece che trovare la felicità tra le braccia di John, non facevo che fissare il vuoto, immobile… magari in questo caso mi avrebbe perdonata e sarebbe tornato da me, e allora io non avrei pensato mai più a John Lennon, anche a costo di fuggire via anni luce da Liverpool e da Amburgo.
Ma Stu non tornava, e John era una delle persone che mi stava più  vicino.
Non ricordo bene le parole che mi diceva per consolarmi e anche il suo viso appare sfocato nei miei ricordi, ma ricordo la sua presenza al mio fianco come un fuoco tiepido che mi dava la forza di resistere qualche altra ora…ancora qualche altra ora.
Mi trovavo come in un limbo, solo a stento consapevole di quello che mi accadeva intorno, solo a stento cosciente di non essere sola.
 
Non mi importava niente di nessuno in quel periodo, neppure di me stessa e l’unica cosa che volevo era Stuart, quello stesso Stuart Sutcliffe di cui, ormai, non riuscivo a sopportare neppure la vista, ma che occupava costantemente i miei pensieri ed i miei sogni, anche quando non ne ero consapevole.
Eppure quello stato di torpore in un certo senso mi era utile, perché costituiva una barriera invisibile tra me e il mondo, una barriera che teneva lontano da me anche il dolore (tra le altre cose…)
Il mio cuore soffriva terribilmente, ma raramente crollavo in lacrime; certo,la notte era sempre più difficile prendere sonno e , anche nel caso in cui ci riuscissi, al mattino il mio cuscino era umido di lacrime, ma per il resto del giorno “mi comportavo bene”
«Sembri uno zombie», diceva spesso Paul, con una voce carica di preoccupazione, ma io non gli davo troppo peso, anzi a stento stavo a sentirlo.
 
Questa situazione, però, finì a Ottobre.
Si stava avvicinando il compleanno di John, e Astrid aveva scattato ai Beatles una serie interminabile di foto nelle quali sempre (o quasi) compariva anche Stu, quindi io avevo preso a rimanere fuori casa per la maggior parte del tempo, pur di non vederle.


http://www.beatlesource.com/savage/1960/60.11.00%20astrid%20pics/07.jpg

http://www.beatlesource.com/savage/1960/60.11.00%20astrid%20pics/J/s2.jpg

[i Beatles e John con Stuart in secondo piano. Sinceramente non so neppure come siano arrivate a me queste foto, visto che nel periodo in cui sono state scattate la loro vista mi faceva star male]


...Le passeggiate solitarie che facevo nel pomeriggio avevano lo scopo di schiarirmi le idee, ma tutto quello che volevo in realtà era di riuscire a non pensare a niente. Quel giorno, però, – sarà stato il 6 o il 7 ottobre – l’aria di Amburgo era gelida e aveva cominciato a grandinare, così io me ne ero tornata a casa prima del solito, di malavoglia.
La prima cosa che mi colpì fu la porta di casa chiusa a chiave: Astrid non chiudeva mai le porte a chiave (“c’è così poco da rubare…”, diceva)
Non mi feci domande, però, quindi tirai fuori la chiave di casa di Astrid di cui avevo fatto fare una copia il giorno stesso in cui mi ero trasferita lì, la girai nella toppa e la serratura scattò con un rumore secco, duro e violento.
Non mi annunciai perché non ero solita farlo e del resto non c’erano indizi oltre alla luce accesa infondo al corridoio che mi facessero supporre la presenza di qualcuno in casa, oltre a me.
Mi diressi automaticamente verso la camera infondo al corridoio, da cui proveniva la luce: era la stanza che Astrid utilizzava come “camera oscura” per lo sviluppo delle foto, quindi la luce che emetteva era di un inquietante colore rosso scuro.
Non aveva senso che rimanesse accesa se Astrid non c’era, così aprii la porta che era solo accostata per entrare a spegnerla e fu la cosa peggiore che potesse venirmi in mente di fare, ma anche la migliore, in un certo senso…
Nella semioscurità di quella stanza particolare, infatti, intravidi le sagome dei corpi nudi di Stuart e Astrid, l’uno sopra all’altro, che si muovevano a ritmo cadenzato e non si accorsero di me finchè non lanciai un gridolino del tutto involontario.
Fu una scena terrificante, per me: era come un doppio tradimento; era la cosa più brutta che potessi vedere e mi diede quasi la nausea. Provai un senso di repulsione e di disgusto simili a quello che si prova vedendo per strada la carcassa abbandonata di un animale e si contemplano quei suoi occhi vitrei, la bocca socchiusa, il corpo mutilato e innaturalmente schiacciato, mentre un denso rivolo di sangue fuoriesce da sotto quel pelo che un tempo era stato lucido e splendente, adesso solamente opaco…eppure, proprio come avviene in quelle condizioni, nonostante il disgusto, non riuscivo a staccare gli occhi da quella visione.
 
Sentii le lacrime calde che mi bagnavano il viso e mi inumidivano le labbra, mentre una parte di me, completamente sconvolta, avrebbe voluto gridare e capii di essermi finalmente svegliata.
 
Era come se, con la nostra separazione, Stuart mi avesse spinta in un baratro profondo, nel quale non facevo che precipitare, mentre ogni cosa bella e luminosa si allontanava sempre di più e l’oscurità mi avvolgeva come una coperta calda, ma quella visione aveva finalmente arrestato la mia caduta: il contatto con il suolo faceva un male cane, ma finalmente ero libera di soffrire. Adesso eravamo pari, anche Stuart mi aveva tradita e probabilmente era già da un po’ di tempo che Astrid aveva preso il mio posto nei pensieri di Stu. E una consapevolezza mai del tutto sopita, si fece spazio nella mia mente:
“Non tornerà mai più da te”
Raccolsi in fretta le poche cose che mi appartenevano e corsi via lontano da quella casa, lontano da quella scena atroce
Mi parve di sentire la voce imbarazzata di Astrid che chiamava il mio nome, ma probabilmente fu solo uno scherzo della mia mente stanca, che faticava ad accettare i tradimenti.
Uscii di casa e corsi finchè non mi ritrovai nella squallida stanza del Bambie, tra le braccia di Paul, che mi stringeva frastornato e un po’ preoccupato; ricordo gli occhi di due o tre ragazze sconosciute che mi fissavano mentre io ero sconvolta dai singhiozzi. Ricordo che gli occhi di una di queste ragazze erano neri come il petrolio e sembravano voler scavare fino infondo alla mia anima, ma quando ricambiai lo sguardo lei trasalì e, balbettando qualche scusa, convinse anche le altre a
rivestirsi e uscì dicendo:
«E’ meglio se noi andiamo. A presto, Paul!»
«A presto», rispose Paul, ma esitò prima di aggiungere, «Harrie»
«Erika», lo corresse lei, borbottando, poi se ne andò chiudendosi la porta alle spalle.
«Harrie è mia zia, Paul», commentò John ridendo. Indossava solo un paio di boxer e sembrava abbastanza accaldato.
«Macché! tua zia si chiama Mimi!», esclamò George, «La conosco!»
«L’altra zia!»
«Sì, va beh, chi se ne frega?!», sbottò Paul
«A me importa!», replicò John, fingendosi risentito, «Sono le mie zie!»
«Come sta?», chiese George, riferendosi a me
«Sconvolta, a quanto pare», rispose Paul con un sospiro, «Chris, cos’è successo?»
Cercai di evitare i suoi occhi, ma lo sguardo di Paul era tanto intenso che alla fine mi trovai costretta a guardarlo
«Stuart…ed Astrid», mormorai in un sospiro che era per metà di sollievo: condividere quel peso che mi opprimeva lo stomaco mi faceva sentire un po’ meglio, anche se sapevo benissimo che né Paul, né John, né George potevano fare niente per aiutarmi.
 
A quanto pareva, i due nomi accostati insieme erano stati sufficienti per far capire la situazione ai ragazzi, che ora si lanciavano sguardi d’intesa, come se loro avessero saputo qualcosa che io non sapevo. Proprio come nel più classico dei cliché, il cornuto è sempre l’ultimo a sapere come stanno le cose, però…
«Potevate dirmelo», mormorai con un filo di voce.
Paul lanciò uno sguardo a John prima di rispondere.
«Pensavamo che per Stu fosse una cotta passeggera…»
Tradita anche dai miei migliori amici…
 
Sprofondai nel cuscino del letto di qualcuno dei ragazzi e non so cosa accadde, ma immagino che mi addormentai, cullata dalle voci dolci dei ragazzi che cercavano di consolarmi…
George e John in seguito mi dissero che Paul in quei giorni era molto in pena per me e che iniziò ad avercela con Stuart per il modo in cui mi aveva trattata («Tra tutti i modi possibili, il peggiore!»)
John, invece, rimase al mio fianco quasi sempre (fatta eccezione per le ore in cui suonava, ovviamente)
Ricordo vagamente la mano di John (o era quella di Paul?...o di George?)che mi accarezzava i capelli impigliandosi nei miei riccioli e ricordo la bella voce di John che cercava di farmi ridere, per tirarmi su di morale e alla fine a volte ci riusciva pure!
Sinceramente non so come avrei fatto se al mio fianco non ci fossero stati John, Paul e George, i migliori amici che chiunque possa desiderare…
 
Già a partire dal giorno seguente avrei voluto tornare a Liverpool, ma John, a son di insistere e di fare lo scemo con me, riuscì a convincermi a rimandare la partenza di un paio di giorni.
«Ma non saprei neppure dove dormire», replicai senza forza nella voce
«E che problema c’è?dormi al Bambi insieme a noi, come facevi all’inizio!», insistette John
«Ma voi…ehm…» “Avete le vostre spogliarelliste da portarvi a letto” «Avete bisogno della vostra privacy!»
«Ah ah! Privacy?!?», replicò, sganasciandosi dalle risate (lo adoravo e lo adoro ancora quando ride così), «Con io, Paul, George e Pete che dormiamo tutti insieme nella stessa stanza?!?»
Che scemo, eppure lo sapeva che cosa volevo dire!
«E daaaai, Chriiiisssss!!!!», tornò a supplicarmi, vedendo che io non rispondevo.
Iniziò a fare il labbrino e a battere ripetutamente le palpebre con le mani giunte, sotto al mento ed io crollai.
«E va bene…», mi arresi, sorridendo, «Ma solo fino al nove!»
«E poi se vedi che puoi sopportare la vista di…ehm…loro due», disse con uno sguardo particolarmente significativo per farmi capire chi intendeva con “loro due”, «…resterai anche oltre!»
«Questo non te lo prometto!»
«E daaaaiiiii!!!!!», di nuovo occhioni e labbrino
«Lo sai benissimo che mi darà noia vederli», mormorai, rabbuiandomi, «Se rimango a festeggiare il tuo compleanno è solo per te!»
John mi strinse in un abbraccio stritolatore, di quelli che i bambini danno ai loro orsacchiotti e che questi accolgono volentieri solo perché sono esseri inanimati, incapaci di provare dolore!
«Ahi!John, mi stai facendo male!!», protestai, ma infondo al cuore ero felice di essere oggetto di tante attenzioni da parte di quello che il mio inconscio continuava a definire “il bel Lennon”.
 
Il compleanno di John per me fu un totale disastro, me ne rimasi in disparte per tutta la sera, nonostante John e Paul provassero a distrarmi (e ci provarono davvero con tutte le loro forze!) e la visione di Stuart e Astrid mi procurava ancora una fitta terribile al cuore.
«Non riesci a dimenticarlo», disse John sul finire della festa, e non era una domanda.
Teneva in mano un bicchiere di spumante di pessima qualità che mi stava offrendo, ma io lo rifiutai.
«Mi sento una fallita», gli dissi e ancora oggi sono convinta che non esista termine più adatto a descrivere il mio stato emotivo di allora, «Forse Stuart ha ragione a comportarsi così…»
“E forse amo davvero più te che lui, anche se non voglio ammetterlo”
«…ma…ma è terribile sentirsi rifiutati così»
«Lo ami davvero,eh?»
«Che importa a questo punto?», dissi abbattuta, «Ormai lui ha Astrid ed io non conto più niente. Guardali!»
Indicai con lo sguardo Stuart che teneva abbracciata Astrid, facendola ballare lentamente e lei che per scherzo gli scattava una foto a tre centimetri dal viso, abbagliandolo con il flash.
«…sembrano la coppia perfetta.»
John non rispose niente.
Avrebbe potuto replicare un sacco di cose. Avrebbe potuto dire che anche noi saremmo stati altrettanto perfetti come coppia, se solo io avessi voluto, oppure che nonostante tutto io ero diecimila volte meglio di Astrid e che considerava Stu uno stu-pido (questo gioco di parole è davvero alla Lennon, in effetti), ma non disse niente di tutto questo ed io lo apprezzai moltissimo: angosciata come ero, non avevo la forza di pensare ad altre storie d’amore in quel momento, ma l’interminabile abbraccio nel quale John mi strinse mi riscaldò il cuore e mi commossi.
Per la prima volta da giorni, piansi non per Stuart, ma perché mi pareva impossibile avere accanto persone come John e Paul, che mi volevano davvero bene. Piansi perché non sapevo se sarei mai stata in grado di donare loro altrettanto amore. Piansi per la paura di perdere anche loro un giorno.
«Io ci sarò sempre per te…», mi disse dopo un po’ John, cercando di asciugare le mie lacrime, mentre io avevo ancora il viso affondato nel suo petto, «E anche Paul e George ci saranno. Noi non ti abbandoneremo mai.»
 
Il giorno dopo presi la prima nave diretta a Liverpool, ma le parole di John, che risuonavano ancora nella mia testa, stavano cominciando a farmi sentire già un po’ meglio e per molto tempo continuai ad appigliarmi ad esse ogni volta che avevo l’impressione che il mondo mi crollasse addosso:
John, Paul e George ci sarebbero sempre stati…


***
 
 Dopo un attesa interminabile, torno ad aggiornare scusandomi per averci messo tanto.
Ringrazio moltissimo chi ha messo la storia tra i preferiti e chi ha solo letto, ma in modo particolareHermione Granger,MarikaJacksonGleek, Melardhoniel (ovvero Marty che ha cambiato nome,lasciandomi disorientata per qualche attimo xDxDxD),Zazar,Ariadne,, natalia e Agne  che hanno commentato…grazie mille a tutte e spero che questo nuovo capitolo vi piaccia.
Scusate ancora per i tempi di attesa imperdonabili T_T
a presto,
_Andry_

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