Il mantello

di Clacle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fear ***
Capitolo 2: *** Grass ***
Capitolo 3: *** Newspapers ***
Capitolo 4: *** Thunder ***
Capitolo 5: *** Kidnapper ***
Capitolo 6: *** Disappeared ***
Capitolo 7: *** Streets ***
Capitolo 8: *** Tea home ***
Capitolo 9: *** Kimono ***
Capitolo 10: *** Found ***
Capitolo 11: *** Slap ***



Capitolo 1
*** Fear ***


Il mantello

chi si ferma è perduto.

 

Fear

 

Era una serata tranquilla. Era nuvolosa, sì, ma non pioveva, e non lo aveva fatto fino a quel momento. Il sole era già tramontato e tutti, nella loro casetta a Ba Sing Se, erano troppo stanchi per dire qualsiasi cosa. Nessuno dormiva, però. Tutti erano svegli, seppur poco pimpanti. Katara, semistesa sul basso divano, poggiava la schiena contro quella di suo fratello, Aang era seduto a terra, con le spalle rivolte verso il medesimo divano. Aveva Momo in braccio, mentre Appa era fuori, in giardino, e faceva capolino dalla grande finestra, silenziosamente. Toph era distesa sul tavolo, a pancia in giù e con i gomiti sul legno freddo, il mento sulle mani. Suki, seduta comodamente sulla poltrona, aveva gli occhi socchiusi, e sembrava stesse per addormentarsi.

Era tutto troppo tranquillo perchè un qualsiasi rumore potesse disturbare il Team Avatar da quel meritato riposo serale.

Ma forse un urlo non poteva rientrare nella categoria.

Fu un grido spaventoso, non troppo lontano da dove si trovavano loro. Sarebbe difficile descrivere di cosa si trattasse, ma ad occhio e croce, come disse Toph più tardi, era un'urlo di terrore puro.

Sul momento tutti si immobilizzarono.

Casa loro era sopraelevata, sulla collina, rispetto al resto delle abitazioni, come facevano delle altre persone a trovarsi là?

Ancora silenzio.

-Io... forse sarebbe meglio dare un'occhiata.

-No, Aang. Aspetta un attimo.

Silenzio.

Poi, un rumoroso frusciare di foglie. Poco naturale. Come il suono d'un qualcosa di pesante che viene trascinato.

-Io... comincio a spaventarmi. Seriamente.

Oramai le voci di tutti, e non solo quella di Sokka, erano ridotte a inudibili sussurri. Sospiri, li avrebbe definiti Toph, che non poteva vedere quanto poco i ragazzi muovessero le labbra per costringere le parole ad uscire.

 

Poi un tonfo.

 

Nessuno dormì per ore. Aang soffriva perchè attanagliato dai sensi di colpa, ancora intenzionato ad uscire per controllare la situazione. Lo sguardo era però vuoto, quasi come spaventato. Gli altri erano come pietrificati. Katara ricordò le stragi della Tribù dell'Acqua del Sud. Poi pensò a sua madre. Alle urla. Seppur un tantino preoccupata per chiunque avesse potuto lanciare quelle grida, non riusciva a muoversi. Non sarebbe uscita da quella casa. Sokka era terrorizzato, semplicemente terrorizzato. Fissava il muro dritto davanti a sé, senza distogliere lo sguardo dal legno chiaro, e sbattendo le palpebre il meno possibile. Aveva mosso le pupille solo una volta, per osservare il volto di Toph, sempre pacato, in qualsiasi situazione. Gli occhi trasparenti della dominatrice erano bui, per una volta, e anche se il suo viso aveva un'espressione piuttosto tranquilla, dentro di lei, sentiva come il mare in tempesta. Cercava con tutti i mezzi di non far trasparire quell'emozione, che non le si addiceva affatto, ma il disegno arcuato delle sue sopracciglia la tradiva. Suki aveva raccolto le gambe e le abbracciava. Con la testa leggermente china sulle ginocchia, tirava su lo sguardo solo ogni tanto per accertarsi che i suoi amici fossero ancora lì, che non fosse rimasta sola. Quello era l'unico movimento che riusciva a concepire, in quel momento.

E tacquero.

 

Albeggiava.

 

Il sole, dalla luce ancora flebile, si rendeva poco visibile, sorgendo a est, come tutte le mattine a quell'ora. Dopo un po' di tempo tutti erano caduti, come in letargo. Katara e Sokka poggiavano reciprocamente la testa sulla spalla dell'altro. Aang, con il capo adagiato sul bordo del divano, era in dormiveglia. Suki, con ancora le braccia che avvolgevano le gambe, aveva adagiato la schiena lungo lo schienale della poltrona. Toph aveva fatto del tavolino il suo letto.

 

Dormivano per ora beati. Reduci da un'esperienza più paurosa che altro. Ma ancora non sapevano, cosa li aspettava.





Note dell'autrice
  Per prima cosa, vi ringrazio per aver prestato attenzione alla mia fanfic, e averla letta fino alla fine. Non ho mai scritto un racconto horror, prima d'ora, forse perchè devo dire che non è esattamente il mio genere preferito. Ho voluto provare e mi sono lanciata con questa fic. Forse il tema sarà un pò banale, ma scrivo questi capitoli (che presto leggerete anche voi, work in progress, amici) più come divertimento per me stessa che per pubblicarli. Qualsiasi critica è più che ben accetta, per migliorare il tono del racconto. Un abbraccio ai miei pazienti lettori :*

 
 

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Capitolo 2
*** Grass ***


Il mantello

chi si ferma è perduto.

 

Grass

 

Lo sapevano. Lo sapevano benissimo che avevano sbagliato.

Katara, nonostante avesse dormito pochissimo, come al solito si svegliava prima di tutti. Aveva trovato, durante le poche ore di sonno, comodissima la spalla di suo fratello, e si era dimenticata della situazione in cui si erano trovati la sera prima. Aprì gli occhi. Poi li richiuse e li strofinò. Dopo averli aperti di nuovo e aver ispezionato la stanza, li posò su Toph, al centro di essa. Dolcemente accoccolata sul tavolino basso, era irriconoscibile per quanto sembrasse delicata. Poi si ricordò dell'urlo, e un brivido di freddo le percorse la schiena.

-No.- pensò. E nell'inconscio concretizzò il suo pensiero in un sussurro, perfettamente udibile.

Si alzò, e nel farlo scollò la sua schiena da quella di Sokka, che ricadde all'indietro con un leggero tonfo sul divano, e anche lui stranamente aprì un occhio: aveva dormito troppo poco per cadere in un sonno profondo. Da come si alzò sembro però abbastanza sveglio.

-Katara? Sei tu!

-Chi credevi che fosse!- aggiunse con un leggero ghigno, sottovoce, e portandosi l'indice sulle labbra- fai silenzio!

-Io sono sveglia.- si voltarono entrambi, e Suki, con gli occhi rossi e un tantino d'occhiaie, li guardò con aria assonnata.

-Non sono riuscita a chiudere occhio se non per dieci minuti, circa. Mi fanno male le palpebre, e ho ancora un po' paura.

Sokka andò a sedersi sul poggiolo della poltrona, accanto a lei, e la abbracciò per confortarla. Allora Katara guardò Aang. Era tenero, addormentato con la testa posata su un cuscino, quasi perpendicolarmente al corpo. Immaginò la posizione come molto scomoda. Si avvicinò e si sedette accanto a lui, sul pavimento. Gli sollevò delicatamente la testa e la posò sulla sua spalla.

-Cosa facciamo? Li svegliamo?- chiese Sokka.

-No, lasciamoli dormire! Poveretti, loro ci sono riusciti!- ribadì Suki.

-Io invece trovo che mio fratello abbia ragione. Usciamo e poi controlliamo che diavolo è successo, ieri.

-Non avrai intenzione di...!

-Aang,- Katara lo scosse leggermente- svegliati, per favore. Aang.

-Mh? Cosa? Che...Katara?

-Toph, sveglia, su! Anche tu!- Disse Sokka, scuotendole una gamba.

-Ehi, cos'è? Stavo dormendo, tu!

Se Aang era ancora assopito, le urla di Toph lo svegliarono del tutto. Sollevò la testa, si alzò in piedi e afferrò l'aliante. Non capirono bene il perchè di quel gesto, forse l'agitazione della sera precedente non si era ancora placata in lui. Tant'è vero che si mise in guardia. Anche Katara e Toph s'alzarono. Tutti pensavano la stessa cosa. Sebbene sembrassero tanto tranquilli, sapevano di dover fare qualcosa che non andava molto a genio a nessuno di loro. Aang allora:

-Andiamo.

 

Non c'era nulla di particolarmente significativo che potesse indurre il Team Avatar a pensare a un omicidio. Sokka aveva tirato fuori il suo cappello da investigatore, e con la lente d'ingrandimento non tralasciava nemmeno una singola foglia lungo il selciato sul lato della casa. Aang utilizzava il dominio per spostare le foglie già analizzate, e scrutava con attenzione il terreno. Toph non avvertiva alcun movimento, e non c'era alcun peso che non le fosse familiare, come quello dei suoi amici. Non c'era nessun altro oltre a loro, lassù. Suki frugava tra i rami caduti a terra e i cespugli, alla ricerca d'un qualcosa come un'arma, come disse poco dopo. Katara era ferma, invece, a pensare. “Che cosa può essere successo, ieri sera, qui?” Non può essere stato nulla di losco, o comunque di violento. Avrebbe dovuto lasciare per forza qualcosa, una traccia, un indizio.”

-Qui non c'è davvero nulla. Fatta eccezione per alcuni punti del terreno in cui l'erba è schiacciata.

-Come...

-...un qualcosa di pesante che viene trascinato.- completarono all'unisono gli altri.

All'idea di cosa potesse costituire un tale peso da piegare l'erba, a tutti loro vennero in mente immagini spaventose, anche un tantino macabre.

-Idea!

-Quale idea?

-Scendiamo giù in città.

-Perchè?

-Bhe, potrebbe tornarci utile vedere che aria tira, insomma, cosa dice la gente.

-Pensi potrebbe aiutare l'indagine?

-Forse. Ma intanto raccogliamo informazioni! Chessò, un rapimento, la scomparsa d'una persona, un sequestro!

-Sokka, ti prego, non essere così melodrammatico!

-E invece secondo me l'idea dello zuccone stavolta non è poi tanto male!

-Eh... grazie Toph!

-State tutti salatando a conclusioni affrettate. Magari era un gatto.

-Suki, un gatto non può gridare.

-E poi, voi l'avete sentito quel tonfo?

-Io sì!

-Manteniamo tutti la calma. Per ora, scendiamo in città.

 

 

 

 


 

Nota dell'autrice

Bhe, che ve ne pare? Il mio “progetto” prende piede? Se sì, sono più che felice di continuare a scrivere per voi. Intanto grazie a Kuruccha per l'idea del gatto (che ha inserito nella sua recensione) ;) Come avete notato, mi sto mantenendo puntuale e precisa: se riuscirò a continuare a scrivere con questa ritmicità, ogni sera aggiungerò un capitolo. “Sì, ma Claudié, quand'è che finisce questa fic?” Non lo so, ragazzi. Meno di dieci capitoli, di certo. Tolgo il tick nella sezione “roundrobin” perchè sto seguendo un particolare schema e ho intenzione che tutti i capitoli siano collegati come i pezzi d'un puzzle, non perchè mi siete antipatici:) Scriverò finchè mi vengono idee. Un abbraccio, Clàcle:*

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Capitolo 3
*** Newspapers ***


Il mantello

chi si ferma è perduto.

 

Newspapers

 

Quanto avrebbero voluto che Suki avesse ragione.

Era tutto calmo e silenzioso. Le vie principali della città, le botteghe nelle piazze e persino le abituali postazioni dei venditori ambulanti. Erano pressoché deserte, fatta eccezione per pochissime persone.

-I clienti abituali?

-Sarà, ma per ora limitiamoci a chiedere qualche informazione.

Non solo erano in pochissimi, nelle strette viuzze di Ba Sing Se, ma nessuno osava dire una sola parola, ed era anche per questo che il Team Avatar parlava sottovoce. Era come se la gente avesse paura di parlare. Alcune nuvole si erano da poco impossessate del cielo, oscurando il sole. Tutta l'atmosfera era come... cupa. Proprio mentre si avvicinavano alla modesta bottega di un fabbro, Suki scorse un bambino intento a vendere i giornali. Era di certo raro, incontrare dei venditori di rotocalchi, ma si sa che Ba Sing Se è la città dell'innovazione! E andava piuttosto di moda fare sì che la popolazione venisse a sapere le notizie senza che uno strillone perdesse la voce.

-Scusa piccolo, potrei averne uno?

-Sono tre monete, signora.

Suki frugò nella sua tasca. Si era messa l'uniforme quella mattina, e non si aspettava di trovarvi del denaro. Infatti quello che riuscì a proporre al suo negoziante fu una forcina.

-Mi dispiace, ma non posso pagarti. Comprerò il giornale un'altra volta.

-Signora, posso farle una domanda? Quell'altro... signore laggiù... è lui l'Avatar?

-Mh, Aang? Oh, sì. E' lui.

-Lei lo... conosce?

-Bhe,- Suki si sollevò in piedi, raccogliendo le braccia da come le aveva posate sulle ginocchia.-Sì, lui, quella ragazzina e quegli altri due, che sono fratelli, sono miei amici.

-Che... bello. E' stato un piacere parlarle signora.

-Puoi chiamarmi per nome, sai. Io sono Suki.

-Mhao.- e dopo essersi leggermente inchinato- può prenderlo comunque, il giornale, se vuole.

-Ti ringrazio molto Mhao, ma non ho intenzione di accettare, perchè non posso permettermelo.

-Non fa nulla. E' un regalo per lei, Suki.

Era un po' meravigliata. Da com'era vestito, non sembrava affatto che Mhao potesse permettersi di regalare giornali a destra e a manca. Pensò di mantenersi in contatto con lui: conosceva l'aspetto dell'Avatar, e da parte di un bambino non era affatto una nota negativa. Forse a furia di vendere giornali apprendeva molte notizie di cronaca, e forse sapeva anche qualcosina sull'avvenimento della sera precedente.

-Mhao, tu vendi sempre qui i giornali? -chiese Suki afferrando la sua copia, chinandosi.

-No, faccio il giro di tutta la città, è questo il mio compito. Ma bazzico spesso per questo quartiere: il proprietario del ristorante è un signore anziano molto gentile, che spesso mi offre da mangiare. Gli sono molto riconoscente. Perchè non va a trovarlo? Mi ha chiesto una copia del giornale, Suki: se ha bisogno di apprendere qualche notizia, lui è sempre il primo a sapere qualsiasi cosa su tutto e tutti!

-Quante cose che sai! Bhe, ti ringrazio moltissimo Mhao, ma ora devo raggiungere i miei amici.

Si inchinò e il bambino fece lo stesso.

-Ci rincontriamo presto!

 

-Suki, dove diavolo eri finita?

Ansimante, la Guerriera di Kyoshi, dopo averli raggiunti, riprendeva fiato.

-Avete appreso qualcosa... di nuovo?

-Negativo. Nessuno dice di sapere nulla, ma tutti sembravano imbarazzati e vaghi, nelle loro risposte. Una signora ci ha però detto di aver sentito l'urlo, ieri sera, e di aver intravisto poco dopo qualcuno trascinare qualcosa in direzione della stazione.

-Sì, ma tu dov'eri?

-Io mi... mi sono... procurata... un giornale.

-Un giornale?

-Ottimo!- Katara glielo strappò dalle mani- Brava Suki, sei geniale!

-Gr...azie.

-Vediamo... in prima pagina non c'è nessuna notizia particolarmente importante.

-Sei sicura? Leggi bene!

Solo Toph non era accalcata intorno alla dominatrice, tranquilla e disinteressata, come sempre.

-Guarda qui! Di chi è questo ritratto?

-Mh?

C'era, all'interno, un disegno d'un uomo di mezza età, forse di poco più giovane di Hakoda. Aveva cortissimi capelli biondi, caratteristica alquanto insolita, considerando che erano pochissimi i bambini che nascevano con i capelli così biondi. Le sopracciglia, molto sottili, erano anch'esse bionde, e l'iride nera era di certo un dettaglio che saltava subito agli occhi, nel suo volto così pallido. Le labbra erano ben definite, e sovrastate da un quasi impercettibile strato di baffi biondi. Non aveva barba, ma un naso aquilino.

-Sì, e allora?

-Cos'è che c'è scritto? “Famigerato criminale fugge dalla prigione ad altissima sicurezza in foto”.

-Ma è la Roccia Bollente!- urlarono Suki e Sokka all'unisono: riconoscevano il luogo nell'immagine, perchè l'una era stata rinchiusa lì per lungo tempo, l'altro era andato a liberarla, al tempo del giogo di Ozai.

-E' impossibile!- disse allora Toph, che dopo essere riemersa dai suoi pensieri si integrava nella discussione.- Sapete cosa dice la gente della Boiling Rock, o anche Roccia Bollente? E' matematicamente impossibile evadere da lì!

-Emh, Toph, non vorrei biasimarti, ma... io c'ho vissuto dentro. E ora sono qui.

-E sono stato io a farla uscire!

-Ma quanto sei egocentrico, tu?

-Ragazzi, eravate in compagnia del figlio dell'ex Signore del Fuoco, il cariiissimo Zuzu: che non è roba da poco! Inoltre, avevate un piano nel quale avete coinvolto anche tuo padre, Sokka. Ed è stata dura, a quanto avete raccontato, considerando che Azula per poco non vi faceva friggere nelle acque che circondano la prigione!

-Toph ha ragione: ci sono pochissime probabilità che ci riesca un criminale qualsiasi.

-...E per giunta da solo!- così Katara interveniva, continuando a leggere- Pare che il tipo, che si faceva chiamare dagli altri detenuti Akuz, sia fuggito da solo, in quanto non mancano altri carcerati all'appello, e che nessuno fosse a conoscenza del suo piano d'evasione.

-E' improbabile. Potrebbero aver mentito! Ma come scrivono su questo giornale?

-Comunque, c'è anche scritto che non si sa dove possa essere andato, e che, essendogli stato assegnato l'ergastolo, doveva aver compiuto un pluriomicidio.

-Non di certo un tipetto tranquillo, eh!

-Ragazzi, stiamo esagerando. Sul serio. Solo perchè c'è la foto di un criminale sul giornale e ieri sera abbiamo sentito dei rumori e delle urla, non vuol dire che le cose siano collegate, o tantomeno che ci sia stato un omicidio, ieri!

-Non bisogna mai dare niente per scontato, Aang.- ribadì Sokka, e molto professionalmente si calò la lente d'ingrandimento del cappello sull'occhio sinistro, fissandolo sospettosamente.

Tuoni e nubi grigiastre animavano il cielo. L'atmosfera s'era fatta spicevole.

-Mai nulla per scontato.

 

 

 








 

Note dell'autrice

Nessuna nota particolarmente significativa. Ho inserito nuovi spunti che potrebbero infittire la trama, e ho citato la cara Azula e il suo paparino! Ho inserito un po' di spoiler: i personaggi sono completamente derivati da fantasia! Mhao e il nostro assassino saranno importanti per il futuro evolvere della storia, e nel prossimo capitolo, con molte probabilità, vi sarà anche il proprietario del ristorante di cui parlava il bambino. Per ora null'altro, un abbraccio, Clà:*

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Capitolo 4
*** Thunder ***


Il mantello

chi si ferma è perduto.

 

Thunder

 

Era tutto così confuso. Nessuno lo nascondeva, ma non ci si guardava negli occhi.

Tra i capelli bagnati, la grandine pesante, i tuoni, tantissimi tuoni e una corsa per ripararsi, i nostri eroi giungevano nel famoso ristorante proposto da Mhao. Era un luogo enorme, e così male arredato da sembrare ancora più grande: c'erano due divani, disposti qua e là, senza alcun criterio. I tavoli, in legno, erano rettangolari e un po' sbilenchi. Le sedie, tre per ogni tavolo, laddove invece ce ne sarebbero potute stare sei, erano in vimini, e sembravano stare per cedere, tanto erano antiche. Un tappeto era imponente al centro del locale. Un lampadario poco elegante, a candele, scendeva possente giù dal soffitto. Dietro al bancone, in pietra, non c'era nessuno.

-E' permesso? Buongiorno a tutti!

-Sokka, non gridare, non c'è nessuno.

Si guardarono intorno. Mhao aveva detto che quest'uomo era un tipo molto informato: Suki si aspettava più di entrare in un locale affollato, con una gran calca di gente non tanto interessata a consumare, quanto più ad apprendere pettegolezzi da lui. Aang immaginava invece il proprietario: la sua mente lo figurava come un uomo modesto, basso e magari anche magrolino. Con la schiena un po' ricurva e la voce squillante. Vestito dei tipici abiti del Regno della Terra, ma non in verde, in marrone, magari. Fu a quel punto che, da una porta scorrevole con su il disegno di un ramo di ciliegio, fece la sua entrata un uomo, la cui fisionomia non corrispondeva esattamente con quella del pensiero di Aang.

-Oh! Eh! Salve! Clienti? Siete clienti? Siete qui per mangiare? Cosa vi porto?

Era un tipo alto e con dei piedoni enormi: aveva un cappello in testa, che a Katara fece venire in mente l'uomo dei cavoli che bazzicava per Omashu. Aveva capelli neri, di media lunghezza, e portava una casacca verde che scendeva quasi fino alle ginocchia, sotto la quale indossava un paio di pantaloni marroni stinti, quasi gialli. Da dietro la schiena, come dal nulla, tirò fuori un taccuino e la penna, appuntando il numero dei visitatori.

-Vediamo, due... quattro... siete in cinque. Bene! Vi va un tavolo vicino alla finestra?

-In realtà, buon uomo, non saremmo qui per mangiare.

-Ah no?

-No- intervenne Suki- un mio amichetto, Mhao, ci ha suggerito questo ristorante perchè avremmo bisogno di qualche informazione. E' lei il proprietario?

-Mh...

L'uomo fu come rammaricato di quella scoperta, mise via il taccuino e li invitò a sedersi da qualche parte. Si accomodò dietro il bancone e, senza smettere di sospirare, concluse infine:

-Sapete, è da molto tempo che non diffondo più pettegolezzi.

-Come mai? Deve di certo essere un ottimo pretesto col quale attirare clienti!

-Oh, e lo è! Questo locale ha avuto il suo periodo, quello in cui andava di moda, venire da zio Bhiru!

-Lei è lo zio Bhiru?

-Sì, ma non sono così vecchio da sentirmi chiamare zio anche da voi ragazzi: solo i bambini mi chiamano così. Voi chiamatemi semplicemente Bhiru.

-E perchè non comunica più notizie di cronaca?

-Bhe, ragazzi, chi sa troppe cose finisce nei guai, e di certo io non...

Fu solo in quel momento che puntò gli occhi su Aang, che fino a quel momento era rimasto silenziosamente ad ascoltare le sue parole. Lo squadrò, e poi con gli occhi colmi di gioia esclamò:

-Ma tu, ragazzo! Sei l'Avatar!

Aang annuì e si inchinò.

-Oh, no! Sono io che devo inchinarmi a te! Cosa ci fate nel Regno della Terra, voi che accompagnate l'Avatar?

-La nostra residenza è qui, se non siamo nella Nazione del Fuoco.

-Capisco...

-Ieri sera, nei pressi della nostra casa, abbiamo sentito delle urla. E' stato terribile. E poi dei colpi secchi. Dopo di che, un tonfo e poi null'altro. Ma questa mattina non c'era nulla e nessuno, nel giardino sul retro.

-Girano voci del genere in città.- ammise l'uomo.

-Una donna, infatti ci ha detto di aver sentito l'urlo come noi, perchè abita nei paraggi, e dopo essersi affacciata dalla finestra di aver visto una sagoma trascinare qualcosa verso la stazione!- ribadì Toph.

-Lei sa qualcosa, non è vero, Bhiru?

Era calato il silenzio.

-Io rischio molto nel dirvi ciò che so.

-Quante cose sa riguardo la faccenda?

-Tante, troppe. Rischio di essere messo a tacere anche solo perchè ne sono a conoscenza.

-Mente!- rispose Sokka scherzoso.

-No, affatto- disse Toph- non trema.

Tutti allora lo fissarono nuovamente, concentrando i loro sguardi sui suoi pollici, che si attorcigliavano l'uno con l'altro, in una posizione che sapeva d'imbarazzo.

-Possiamo fare qualcosa. C'è l'Avatar con noi. Abbiamo davvero bisogno di sapere ciò che ha da dirci.- Katara lo guardava intensamente negli occhi, come se il resto della sua vita dipendesse dalle informazioni di quell'uomo. Tutti, non sapevano spiegarsi perchè, si sentivano osservati. Non c'era un rumore, fatta eccezione per lo zampettare d'un qualche animale, che tutti immaginarono come un topo, che si udiva una volta ogni tanto. Bhiru non osava sollevare lo sguardo dall'orlo della sua casacca, e i ragazzi non potevano fare a meno di pendere dalle sue labbra semiaperte, che negli ultimi secondi non avevano emesso altro che respiri profondi e silenziosi. Continuando a tenerlo sotto il suo sguardo, Katara analizzò il suo volto. Aveva gli occhi marroni, d'un marrone molto particolare, quasi nocciola. Gli occhi di Suki, che era l'unica tra loro ad averli di quel colore, non erano altrettanto belli. E delle folte ciglia, proprie, a dir la verità, d'una donna. Un altro tuono. Quella mattinata trascorreva così, nel cielo, tra un tuono ed un altro, un fulmine ogni tanto, molto moltissimo vento, e la pioggia.

-Vi dirò ciò che so. Ma non aspettatevi che scenda nei particolari.

 

 

 

 

 

 

 

 

Nota dell'autrice

E ora avete conosciuto anche Bhiru, il timoroso locandiere. Sono un po' in ritardo con l'uscita di questo capitolo, lo so, mi spiace! Per rimediare, già questa sera pubblicherò il quinto, e siamo tutti contenti. Per ora vi lascio, un abbraccio e buona lettura del prossimo:) Claudié:*

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Capitolo 5
*** Kidnapper ***


Il mantello

chi si ferma è perduto.

 

Kidnapper

 

-Allora, da qualche tempo si parla di questo tipo, che pare rapisca la gente.

 

Era sereno. Nuvole, nuvole bianche e vaporose. Il tempo provava il medesimo umore del Team Avatar, che uscendo dal ristorante di zio Bhiru era molto sollevato e soddisfatto. Quanto tempo erano stati lì dentro? Bho, nemmeno loro lo sapevano. Sapevano solo che era da almeno un'ora o due che non vedevano la luce del sole. Quant'era buio quel posto! Erano stati così concentrati sulle parole del ristoratore, che nemmeno si resero conto del temporale, che era scomparso nel giro di dieci minuti. Salutarono, ringraziarono e camminarono verso casa.

-Insomma, è stato avvistato questo criminale.

-Già. E anche da più d'un abitante di questa città.

-La cosa non mi convince affatto. Ci sono troppi motivi che mi spingono a pensare che quello zio Bhiru sia solo un ciarlatano.

-E come mai? Perchè? Non ti fidi?- Suki si era fidata davvero molto di Mhao, il bambino dei giornali, e non le andava proprio che Toph mettesse in dubbio le sue parole.

-No, cioè sì, certo che mi fido, sì. Però è tutto troppo assurdo.

-Che intendi dire, scusa?

-Bhe, per prima cosa, l'identikit. Quest'uomo, se è un così famigerato criminale dev'essere esperto: figurarsi se mostra il suo volto a destra e a manca! Agisce anche di notte, per non farsi scoprire!

-Non ti seguo Toph.- ammise Aang grattandosi la testa.

-Se il nostro rapitore fosse l'uomo che vi sto descrivendo, di certo nessuno avrebbe visto la sua faccia: si sarà coperto con qualcosa.

-Come una maschera!

-Sì, Sokka. Come una maschera! E' improbabile che così tanta gente abbia potuto descrivere il colore dei suoi capelli, i lineamenti del suo viso... Bhiru ha detto che un'uomo aveva addirittura distinto perfettamente il colore dei suoi occhi!

-Capelli neri, occhi neri, mantello nero.

-Lutto?

-Sokka, perfavore!

-Inoltre, ci ha dato troppe, davvero troppe, informazioni che potrebbe conoscere solo uno stretto collaboratore del rapitore. Il nome! Ci ha detto come si chiama!

-Zahu, Zapu, no, aspettate, com'era il nome?

-Ha detto Zaku, e, senza dirci quali, ha parlato di fonti attendibili.

-Andiamo! “Fonti attendibili”? Pensateci ragazzi, io non darei grande importanza a quello che dice lo zio chiacchierone.

-Mh. Forse hai ragione, Toph.- ma Suki dentro di sé sapeva che non era così.


 

Erano arrivati a casa. Era passata l'ora di pranzo, e a Sokka brontolava lo stomaco.

-Ma perchè non siamo rimasti dallo zio Bhiru? Avrebbe potuto offrirci qualcosa...

-Non era decisamente un posto dove mi piacerebbe trascorrere il mio tempo, Sokka.

-Suki ha ragione, era angusto, buio e secondo me anche un po' sporco.

-Ok, ok, Katara! Ma adesso chi cucina?

-Cucino io, dai. Voi riposatevi un po'.

-No Aang, io ho voglia di mangiare carne! Suki...?

-Per me possiamo anche non mangiare! Io non ho fame.

-Katara...?

-Non guardare me. Non ho proprio voglia di cucinare. A dire il vero vorrei stendermi e dormire.

-...Toph?

-Sokka, mi sembra abbastanza evidente che io non cucinerò un bel niente!

-Avanti ragazzi! Io ho fame! Non abbiamo neanche fatto colazione!

-Bhé... Io vado a letto.

-Vengo anch'io, Aang.

-Katara ha ragione. Vado anche io a riposare. Questa notte ho dormito meno di tutti.

E mentre anche Suki saliva le scale, Toph puntò il dito verso Sokka.

-Ah ah! Ti hanno proprio snobbato!

E, continuando a ridere, si avviava verso la sua stanza, parlando da sola.

-Lo hanno completamente ignorato! Ahahah!

-Rgw. Ok, perfetto! Andrò a vedere se c'è qualcuno di più altruista che ha intenzione di cucinare per me!

Sokka non era mai stato del tutto indipendente. Non sapeva cucinare, non era in grado di cucirsi una toppa sui pantaloni. Non era nemmeno capace di fare buoni acquisti, acquisti utili. “Egoisti!” pensava sarcasticamente, e si dirigeva verso un ristorante o una qualsiasi fonte di cibo, più nello specifico, di carne.

~

Circa dieci minuti dopo la partenza di Sokka, qualcuno bussò alla porta, con molta delicatezza. Nessuno andò ad aprire, naturalmente, poiché, com'era prevedibile, nel giro di venti secondi i ragazzi erano crollati nel sonno più profondo. Poi ancora, e ancora bussare. Ma il lieve rumore prodotto dalle piccole manine del visitatore sul legno duro della porta d'ingresso non avrebbe mai svegliato nessuno che dormisse così beatamente come loro. Pensò di accedere all'interno in qualche altro modo. Non sapeva spiegarsi perchè, ma aveva la sensazione che dentro ci fosse assolutamente qualcuno, e voleva dimostrare a se stesso che non sbagliava. Le imposte al piano terra erano chiuse ermeticamente e non era possibile entrare in alcun modo. C'era però una bellissima e alta pianta rampicante, che nasceva dal terreno e abbracciava completamente un angolo della casa. Oltre a diramarsi attorno alla grondaia, toccava una grande finestra del primo piano, spalancata, dalla quale una tenda di seta, a fiori, ondeggiava lievemente in balìa del soffio del vento. “Ecco da dove posso entrare!” si disse Mhao, ed in quattro e quattr'otto iniziò l'arrampicata. Nella stanza che aveva adocchiato il bambino, questi immaginava di trovare la sua amica Suki, che rappresentava una presenza quasi materna. Fu sorpreso nel trovare invece, una volta sporta la testa all'interno, il suo “idolo” appisolato.

Aang e Katara riposavano abbracciati. Lei con la schiena contro il suo torace, lui con le braccia intorno alla sua vita. Mhao pensò che erano teneri, insieme. Però non era né con Katara, che non conosceva, né con il suo Avatar che voleva parlare. Lui voleva parlare con Suki. Cercando di non svegliarli e facendo meno rumore possibile, aprì di pochissimo la porta scorrevole, d'uno spiraglio. Tanto quanto bastava per infilare il suo corpicino nel corridoio. E poi la vide. Un'altra porta scorrevole, stavolta socchiusa, in fondo. C'erano dei ventagli sul telaio, dei ventagli verdi. Era bellissimo, quel disegno. Gli piaceva molto di più dei rami rosa di ciliegio dipinti sulla porta attraverso la quale era appena passato. La richiuse con la stessa delicatezza e in punta di piedi si avvicinò alla stanza della Guerriera. Suki dormiva, con aria pacata. Quasi quasi a Mhao dispiaceva svegliarla. Ma doveva. Aveva assolutamente bisogno d'aiuto, e anche se fino a quel momento era sembrato piuttosto tranquillo, in realtà era abbastanza preoccupato.

-Mh, ehm...

La scosse leggermente, e poi provo a punzecchiarle un braccio, ma come risposta Suki mormorò qualcosa di incomprensibile e, con aria scocciata, si voltò dall'altro lato. Mhao fece il giro del letto e si rese conto che ancora dormiva. Per riuscire a sfiorarla doveva avvicinarsi, e si mise in ginocchio sul materasso.

-Si-signorina Suki?

Le toccò una mano e finalmente la svegliò.

-Chi, cos... Mhao?

-Signorina Suki, mi aiuti la prego. Ho paura: zio Bhiru è scomparso!

-Bhe... sembra proprio che non riesca a dormire, io, di questi tempi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nota dell'autrice

Scusatemi se sono in ritardo. Ok, non hai nemmeno saputo mantenere una promessa, Clà. Sei davvero tremenda. Ad ogni modo eccovi il nuovo capitolo. Sostanzioso e ricco di nuove informazioni. A presto il prossimo! Claudia:*

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Capitolo 6
*** Disappeared ***


Il mantello

chi si ferma è perduto.

 

Disappeared

 

-Ci ha detto troppo. O forse troppo poco.

 

-Cosa vuol dire “è sparito”?

-E' scomparso, signorina Suki, posso assicurarglielo!

-Allora, vieni qui, calmati, e raccontami tutto quello che è successo. E dimmi come hai fatto a venire fino a qui.

Mhao si accomodò su una seggiola in legno, vicino al letto, e Suki si mise seduta. Si era appena svegliata, era un pò frastornata, ma dall'espressione dipinta sul volto del ragazzo capì che non poteva aspettare altro tempo, doveva capire cosa stava accadendo.

-Allora, l'ora di pranzo è passata da un po', io ero andato al ristorante, perchè per me e gli altri bambini poveri di Ba Sing Se lo zio Bhiru è davvero come un parente.

Fino a quel momento Mhao non si era mai definito “povero”. Forse la situazione lo aveva scosso talmente tanto da non collegare più nemmeno le parole che pronunciava. Infatti prima di rendere le sue frasi comprensibili a Suki bisbigliò qualcosa che la Guerriera non decifrò.

-Sì, continua.

-Ecco, non c'ero solo io, ecco, eravamo in tanti, c'erano anche altri bambini... e quando abbiamo bussato non ci ha, ecco, non ci ha aperto nessuno.

-Forse non vi ha sentiti. Forse dormiva!- esclamò la ragazza, pensando al suo sonno di poco prima.

-Non è possibile, signorina Suki, non è possibile! Perchè poi dopo abbiamo bussato ancora e non ci ha aperto e quando abbiamo bussato un'altra volta abbiamo sentito cadere a terra le pentole, ecco!

-Mhao, devi tranquillizzarti. Non riesci nemmeno a parlare! Vuoi un thé?

-No, signorina, perchè devo finire di raccontarle cosa è successo dopo.

-Scusami allora.

-Poi ci siamo preoccupati perchè abbiamo pensato che zio Bhiru potesse essere caduto in cucina, per esempio, che potesse essersi fatto male! Poi un mio amichetto ha sentito come un gemito. Ma io non l'ho sentito quello. Anche una bambina con i capelli rossi l'ha sentito.

-E poi cos'è successo?

-E poi un altro bambino ha scavalcato la finestra per entrare a vedere, e non ha trovato nessuno. Gli altri sono scappati via spaventati, e io ho pensato di venire qui, ma mi dispiace, io non volevo venire, io non sapevo dove andare, avevo paura e... e...

-Oh, Mhao. Ma come hai fatto a venire fin qui? Come facevi a sapere dov'era la mia casa?

-Ecco, poco fa ho visto un ragazzo vestito di blu, che di certo non passa inosservato, e mi sono ricordato di averlo visto questa mattina in sua compagnia, Suki. Passeggiava fischiettando alla ricerca di qualcuno o qualcosa.

Suki ripensò al fatto che il suo fidanzato stava disperatamente cercando un posto dove mangiare, affamato. Si preoccupò un tantino.

-Veniva da un sentiero rettilineo che non aveva alcuno svincolo e ho pensato di risalire al luogo dal quale si spostava. Poi mi sono arrampicato su per la pianta rampicante e sono entrato. Mi... dispiace, io non volevo farlo... ma... nessuno mi ha aperto e ho pensato che foste scomparsi anche tutti voi. Mi sono preoccupato, volevo nascondermi da qualche parte, le chiedo scusa... si-signorina Suki...

Sulla guancia di Mhao scivolò veloce una lacrima solitaria. Tirando su col naso il bambino ammise infine di essersi sentito al sicuro, da quando era entrato nella sua stanza, ma di aver vissuto anche attimi di terrore puro, davanti al ristorante di Bhiru. Suki pensò istintivamente di abbracciarlo, perchè sarebbe stata la cosa più naturale che una mamma avrebbe fatto, in quella situazione. Suki si sentiva un po' come una tutrice, quando era in compagnia di Mhao. Lui era un povero bambino indifeso, sporco e vestito di stracci, scalzo e solo. Aveva i palmi delle mani neri, i capelli di uno che non si lava da una settimana. Non emanava nemmeno un buon odore. Ma a Suki faceva molta tenerezza. Non poteva lasciarlo andare. Doveva tenerlo con sé, dargli da mangiare, lavarlo, permettergli di vivere sotto un tetto. Doveva accoglierlo nella sua casa e renderlo parte della sua “famiglia”. Non voleva prendere decisioni affrettate, avrebbe preferito parlarne con gli altri. Poi, stringendo Mhao, pensò a ciò che avrebbero potuto risponderle gli altri: “Aang non lascerebbe mai Mhao da solo: lui è l'Avatar! Non può permettere che qualcuno soffra! Katara, bhé, forse sarà anche felice di fargli fare un bel bagno. Sokka non ha voce in capitolo! Sono io che decido per lui e su di lui. E non si discute!! Toph... bhè... forse Toph non approverebbe. E' troppo intollerante! Però siamo pur sempre quattro persone contro una. Va bene. Mhao resterà.”

-Mhao, voglio farti una proposta.

Il bambino di passò un braccio sugli occhi, asciugando le lacrime. Si mise nuovamente seduto e chiese di cosa si trattasse.

-Mi farebbe davvero molto piacere se tu restassi qui a vivere insieme a noi.

-Io? Qui... in questa casa?- la proposta sconvolgeva l'umile venditore di rotocalchi, che di certo non doveva aver ricevuto molte proposte di quel genere.

-Sul... serio?

-Non posso lasciarti andare via, non hai un posto in cui stare. E non posso lasciarti decidere: resterai qui. Ti daremo da mangiare e ci prenderemo cura di te. E io ti comprerò degli abiti!

Allora sul volto triste di Mhao sorse un sorriso a trentadue denti.

-Dei vestiti, Suki? Ma se lei non ha i soldi per comprare un giornale!

E risero entrambi fragorosamente.

 

~

-Aang, sei sveglio?

-Sì. Da quanto tempo sei sveglia tu?

-Ho appena aperto gli occhi. Non ho le traveggole, vero? L'hai sentito anche tu quello, no?

-La risata? O i singhiozzi?

-Io non ho sentito alcun singhiozzo. Però mi ha svegliata la risata. Non era una voce familiare.

-Lo penso anche io. E se Sokka...?

-Sokka è uscito prima, Aang. Non credo sia già tornato.

-Forse alla fin fine non è uscito. Io non saprei dire di chi fosse quella voce.

-Ho distinto quella di Suki, io. Dovevano provenire dalla sua stanza.

-Toph è al piano di sotto, vero?

-Sì. E poi quella era una voce maschile.

-Ne sei sicura, Katara?

-Sì, ne sono certa. Una vocetta bambinesca. Che dici? Andiamo a controllare?

-Se rideva anche Suki non penso ci sia alcun problema: su, chiudi gli occhi, stanotte non hai dormito abbastanza.

-No, Aang, alzati. Andiamo a vedere.

Il ragazzo fece scivolare via il braccio dal fianco della dominatrice, e si mise seduto. Katara, già in piedi, fece velocemente il giro del letto e lo afferrò per il polso, senza dargli il tempo di stropicciarsi gli occhi, e, correndo, spalancò la porta scorrevole con i rami di ciliegio rosa e lo trascinò dietro di sé fino alla stanza si Suki e Sokka, scalza.

-Suki, stai bene?- chiese la ragazza da dietro la porta, senza aprirla.

-Katara? Sì, sto benissimo. Vieni pure.

Aang, che non era meno curioso della sua compagna, aprì la porta, ed entrambi furono meravigliati nel vedere un bambino sconosciuto seduto di fronte alla loro amica.

-Chi? Cosa?...Chi sei tu?

-Salve signor Avatar. Salve anche a lei signora Avatar. E' un onore incontrarvi.

Mhao si inchinò, e Aang fece lo stesso, ma Katara era più che altro scioccata da ciò che aveva detto.

-Mi ha chiamata “signora Avatar”?

-RAGAZZI!!!

-Ma cosa...?- Sokka entrava in scena in maniera decisamente plateale.

-RAGAZZI! Sono andato al ristorante dello zio Bhiru, e invece di trovare un bel piatto caldo per pranzo, ho trovato le pentole per terra e molta confusione in cucina!- e poi, sottovoce- temo che sia stato rapito!

-R-rapito?- Mhao tremava di nuovo, in preda al panico. Lottando contro se stesso per trattenere le lacrime, il bambino tornava a temere per la sorte dello zio Bhiru, e proprio in quel momento Toph fece irruzione nella stanza, probabilmente perchè svegliata dalle urla di Sokka:

-Yawn... mi sono persa qualcosa?

 

 

 

 

 

 

 

 

Nota dell'autrice

Stavolta nessuna nota in particolare. Mhao entra a far parte del Team Avatar: come evolverà la faccenda? E che ne è dello zio Bhiru? Vediamo come dovranno fare i nostri eroi... Clà:*

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Capitolo 7
*** Streets ***


Il mantello

chi si ferma è perduto.

 

Streets

 

-Che staranno facendo gli altri in questo momento?

 

Ora tutti si erano trasferiti nel salottino da thé, e Suki stava preparando qualcosa di caldo a Mhao, che, avvolto da una coperta, raccontava nuovamente ciò che aveva visto al resto dei ragazzi. Ogni tanto chiudeva gli occhi e arricciava il naso, per fare sì che altre lacrime non sgorgassero dai suoi occhi scuri. Tutti ascoltavano con attenzione, fatta eccezione per Toph, che era naturalmente interessata, ma non lo dimostrava affatto, stesa com'era sul divano lungo, con un braccio sotto la testa e le gambe accavallate. Aang era seduto a terra, con le gambe incrociate, di fronte al bambino, e lo scrutava. Katara era in piedi accanto a lui, con le braccia conserte, e rifletteva su ogni sua parola. Sokka si era invece accomodato sul poggiolo della poltrona di Mhao, e lo faceva anche sentire un po' a disagio, per come fosse piegato su di lui e lo fissasse dall'alto. Il bambino si sentiva estremamente osservato. Da estranei, per giunta! Suki non era così, con Suki era diverso. Infatti Mhao tirò un sospiro di sollievo nel momento in cui la ragazza entrò nella stanza reggendo un vassoio di legno e sei tazze da thé, più la teiera beige, regalo di zio Iroh.

-Ho preparato del thé.

-Grazie, Suki. Allora, cosa dobbiamo fare?

-Bhè, secondo me dovremmo indagare su questa scomparsa.

-Anche io la penso così. Potremmo andare al ristorante e analizzare il luogo!

-Giusto, andiamo!- Sokka si era già alzato con uno scatto felino, e si era lanciato sulla porta d'ingresso, pronto a spalancarla.

-Almeno prima bevete il mio thé, no?- ribattè una Suki offesa.

-No, Suki cara, non c'è proprio tempo per... emh, i tuoi manicaretti!- così dicendo anche Toph balzò in piedi, sollevata di non dover bere l'ennesimo intruglio preparato dalla Guerriera di Kyoshi, che si ostinava a cucinare per loro, ma non era affatto una brava cuoca.

-Bha! Cucino e nemmeno mangiate!

-Posso... venire anche io?

-Mhao, tu no. Sei ancora scosso! Non pensi sia meglio se resti a casa?

-Ma io voglio scoprire che fine ha fatto lo zio Bhiru!

-Non credo che sia una buona idea, piccolo.- ribatté Katara.

-Ce l'ho io una buona idea!

-Vale a dire, Suki?

-Katara, tu resti qui con Mhao!

-Ehh? Perchè? Non può restare da solo? Le doti invest... le capacità di mia sorella mi servono!- ebbe il coraggio di ammettere Sokka, vanitoso, ma consapevole del fatto che era nettamente inferiore alla dominatrice, in quel campo.

-Stà tranquillo, Sokka, te la caverai benissimo anche da solo. Suki ha ragione, resto io con Mhao.- e poi rivolgendosi al bambino- così ci procuriamo anche dei vestiti nuovi, mh?

Mhao annuì, anche se avrebbe di gran lunga preferito che fosse Suki a restare con lui, per il semplice motivo che la conosceva meglio. Però lei voleva ardentemente occuparsi del caso e andare a fondo nella faccenda. Pioveva ancora. Che clima terrbile!

-Bene, saremo di ritorno tra un po'. Visitiamo il ristorante, facciamo qualche domanda ai vicini, indaghiamo un po' nei dintorni e ci ritiriamo a casa. Tutto chiaro, investigatori?- chiese Sokka tutto inorgoglito.

-Chiarissimo!

-Bene. Ciao ragazzi, a dopo!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nota dell'autrice

Mini-capitolo d'introduzione alle due “streets” citate nel titolo. Nel prossimo capitolo la strada percorsa da Katara e Mhao, contemporaneamente a quella di Sokka, Suki, Aang e Toph, con “Tea home”!

Clacle

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Capitolo 8
*** Tea home ***


Il mantello

chi si ferma è perduto.

 

Tea Home

 

-Se non possiamo procurarci gli uomini...

 

Il team degli investigatori

-Non c'è nulla di speciale qui!

-Hai guardato bene sul tetto?

-Sul tetto? No! Io sono dentro alla canna fumaria del camino!

-Soffia un po' e sali in cima, allora!

Aang aspirò un po' di quell'aria di carbone e legno bruciato, decisamente poco salutare, e dopo aver tossito una o due volte, con un soffio balzò in cima al tetto, inondando di polvere e fumo quel povero malcapitato di Sokka, che gli parlava dalla base della cappa, con la testa sospesa sopra la griglia.

-Coof, coof! Ma puoi... coppff! Puoi fare un po' più d'attenzione?

Aang si guardò velocemente intorno. Sia le due finestre della piccola cucina che l'unica finestra della sala grande del ristorante erano chiuse e non sembrava fossero state rotte o minimamente forzate. Chiunque fosse entrato in quel luogo, doveva averlo fatto dal caminetto. Le tegole erano ognuna al loro posto, non c'era alcuna impronta e tutto sembrava normale.

-Qui è tutto a posto. Che faccio? Scendo?

-Sì, ma per favore, non dal camino!

Toph, intanto, frugava tra i registri del ristorante, palpandoli semplicemente, senza poterli leggere, infatti si chiese più volte perchè Sokka avesse affidato quel compito a lei. Il ragazzo era un tantino imbranato, questo lo sapevano tutti, ma ora comprendeva perchè diceva di avere bisogno di sua sorella. Ciascuno stava comunque al suo posto e obbediva agli ordini del “capo”. Suki era l'unica a fare di testa sua, ovviamente anteponendo il suo pensiero a quello di Sokka, che era abbastanza annebbiato, pensò. Stava scrutando l'erbetta tutt'attorno al ristorante, per verificare la presenza d'una qualsiasi traccia di pressione, per risalire alla suola del rapitore. Ambiziosa, come sempre, e anche un po' fantasiosa. Sul selciato sul quale affacciava la porta d'ingresso però, aveva effettivamente individuato tracce di scarpe dalla suola a strisce, molto piccole. Strano, pensò. Ricordò i piedoni enormi di zio Bhiru e non potè assolutamente associarli a quella pressa sulla sabbia e le pietre. Però non volle saltare a conclusioni affrettate. C'erano stati anche i bambini lì, poco dopo il rapimento. “Presumo che non si tratti dell'impronta d'un rapitore. Mhao ha dei piedini molto piccoli, ad esempio. Anche se mi chiedo perchè ce ne sia una sola, per il resto la sabbia è regolare e liscia... Forse stiamo solo perdendo tempo.” Suki rientrò dentro sbattendo la porta scorrevole e disse di spostarsi e continuare le ricerche attraverso fonti orali. Dovevano esserci stati dei testimoni!


 

Katara e Mhao

Mhao era ancora seduto sulla sua poltrona e Katara era in piedi di fronte a lui. Nessuno dei due sapeva cosa dire all'altro. Katara indossava un vestito d'un blu simile a quello di suo fratello, con le rifiniture bianche, e i calzini. Mhao pensò che si lei che i suoi abiti profumavano di buono. La dominatrice stava pensando a cosa fare per prima cosa con quel ragazzo, e arrivò alla conclusione che una volta finito di bere il suo thé si sarebbe fatto un bagno. Mhao avrebbe tanto voluto profumare come lei. Dal suo canto, il suo corpo e i suoi vestiti non emanavano alcun odore, da quello di Katara invece non esattamente.

Che buon profumo.”

Quando avrà finito il suo thé gli darò un telo e lo porterò in bagno.”

Mi piacerebbe emanare un odore come il suo. Io non ho alcun odore.”

Il ragazzo non ha un buon odore, mi duole ammetterlo.”

Potrei chiederle come fa a profumare così, se usa qualche crema, qualche lozione”

Abbiamo del sapone in casa? Potrei fargli usare il mio, se è finito.”

Chissà che prodotto usa per i suoi capelli. Hanno i boccoli!”

Scommetto che se fossero più puliti i suoi capelli non sarebbero così lisci!”

E sono morbidi. Ondeggiano quando muove la testa.”

Sembra che abbia una parrucca: devo assolutamente pettinargli i capelli!”

Dove avrà preso quei vestiti?”

Dove avrà preso quei vest... quel sacco?”

Chissà se ha qualche abito anche per me!”

Gli abiti di Aang gli andrebbero male: è troppo piccolo!”

Aveva detto che ci saremmo procurati dei nuovi vestiti, chissà.”

Non ci sono abiti per lui qui. Bisogna comprarli, usciremo dopo il bagno.”

O forse ha intenzione di comprarmeli!”

Aspetta, non posso rimettergli addosso quegli stracci dopo il bagno!”

Forse i vestiti comprati sono puliti, ecco perchè lei profuma così!”

Si sporcherebbe di nuovo! Allora prima i vestiti e poi il bagno.”

Devo dire qualcosa...”

-Aahm...- dissero all'unisono.

-Prima tu, forza!- disse Katara.

-Ecco, volevo dirti che hai un buon odore.

-Grazie Mhao. Hai finito il tuo thé?

-Sì...

-Ora andiamo a comprare degli abiti nuovi, su misura per te, e poi ti farò fare un bel bagno, così anche tu profumerai così.

Stranamente, era proprio quello che Mhao sperava di sentire.

 

 

Il team degli investigatori

-Signora, non vogliamo essere scortesi, ma è la terza volta che racconta la stessa storia!

-Sentite, giovanotti, voi mi avete chiesto quante volte ho avvistato quel mascalzone di cui tutti parlano in città, no?

-Sì, però...

-Ecco, io l'ho visto tre volte? E allora vi sto raccontando ciò che ho visto volta per volta!

-Ma ha detto le stesse cose per tutt'e tre le volte!

-Bha! Questi giovani! Volete ascoltarmi, o vi basta così? Perchè io avrei anche qualcosa da fare, se non vi spiace!

-Si, signora. Non si preoccupi, racconti tutto ciò che sa senza inibizioni.- si arrendeva infine sconsolato Sokka, alle prese con una presunta testimone oculare. Dopo che ebbe sufficientemente ripetuto il suo racconto per altre tre volte, se ne andò, dicendo che doveva fare spese al mercato.

-Un altro buco nell'acqua, eh?- chiese retoricamente Suki.

-Qui tutti credono d'aver avvistato il rapitore, è incredibile!

-Ciarlatani!- sbottò Toph, cadendo volutamente a terra e sedendosi sul gradino d'un palazzo basso.

-Forse faremmo bene a tornare a casa, controllare come sta Mhao.

-Non preoccuparti Suki, c'è Katara con lui! E' capace di prendersi cura di noi, figurarsi se non è capace di accudire un bambino!- la rassicurò Aang.

Proprio in quel momento, dal palazzo dietro di loro uscirono due donne. Alte, belle, truccate e con i capelli legati. L'acconciatura era molto complessa, decorata con fiori, spille incastonate di pietre e gemme ed un bastoncino in legno, con dei pendenti colorati alle due estremità, sistemato orizzontalmente nello chignon. Muovendosi frettolosamente, ma con molta femminilità, scesero le scale, gradino per gradino, senza dare troppo peso al fastidioso kimono che costituiva un impiccio, così lungo e ingombrante. Sembrava che lo indossassero da una vita, per muoversi così naturalmente indossandolo! Poi in un attimo svoltarono l'angolo e scomparvero nella folla.

-Chi erano quelle cariatidi?

-Non dire così, Toph! Non erano affatto anziane!

-Erano pesantissime, ma che avevano addosso?

-Un kimono. E dal loro trucco direi che si trattava di due Geishe.

-Ma se quelle erano delle Geishe allora questa è...

Tutti e quattro alzarono la testa verso l'alto e solo dopo aver spalancato gli occhi e compreso dove si trovavano esclamarono in coro:

-E' UNA CASA DA THE'!


 

Katara e Mhao

Avevano fatto degli ottimi acquisti: una casacca verde con i bottoni, tre paia di pantaloni, dei sandali e un abito marrone da indossare con la cintura, che avrebbero preso in prestito da Toph, tipico del Regno della Terra. Katara non aveva inoltre resistito alla tentazione di comprargli una specie di bandana, simile a quella che aveva indossato Aang nella Nazione del Fuoco, per non farsi riconoscere. Era beige, con una sottilissima riga verde vicino al bordo.

-E ora di corsa in bagno!

-Signorsì signorina Katara!

Mhao era sorprendentemente obbediente. Katara lo immaginava più come ribelle, assolutamente privo del rispetto delle regole. E non aveva poi tutti i torti, il bambino era pur sempre cresciuto per strada, senza i suoi genitori. Chissà dov'erano, i genitori di Mhao. Forse erano morti, proprio come sua madre, pensò.

-Mh, signorinaaa!

-Cosa? Che c'è Mhao, hai bisogno d'aiuto?

-Ecco, mi dai una mano?

Katara entrò ed il bambino era in punta di piedi, con la testa dentro al ripiano del sapone e delle creme.

-Quale devo usare?

Katara avrebbe risposto volentieri “Anche tutti insieme, caro!” ma pensò che forse sarebbe stato meglio usarne uno solo, per non mischiare i profumi. Tirò fuori una bottiglietta con del liquido per capelli, e una boccetta con delle pastiglie rosa. Poi prese un ultimo contenitore quadrato e chiuse le ante.

-Questo,- disse a Mhao- devi usarlo più d'una volta per lavare bene i capelli.- E gli porse la prima bottiglietta.

-Poi c'è questo qui- e gli porse il contenitore quadrato- questo è sapone che devi usare insieme alla spugna per togliere per bene lo sporco dal corpo. Usane quanto vuoi, finchè non senti le braccia lisce e le gambe pulite e leggere.

-Va bene.

-E infine ti do queste.

-Queste cosa sono? Le devo mangiare?

-No! Assolutamente no, Mhao!- e si mise a ridere- non devi mangiarle, queste sono una sorpresa. Riempi la vasca fino all'orlo d'acqua, e quando è abbastanza calda, gettane una dentro: vedrai quanto ti piaceranno!- e detto questo, svitò la boccetta e ne mise due dentro la manina di Mhao. Poi rimise tutto in ordine, fece scorrere l'acqua e uscì. Prima di chiudersi la porta alle spalle avvisò il bambino che non si sarebbe spostata dal salone. Se avesse avuto bisogno di qualunque cosa, avrebbe potuto chiamarla. Adagiò un asciugamano sul bordo del lavabo e aggiunse:

-Fammi sapere se ti piacciono le mie pastiglie rosa!

Poi uscì e si sedette sul divano. Non passarono che pochi secondi che Mhao strillò:

-LE BOLLICIIIIIIIINEEEE!!!

 

Il team degli investigatori

-Toph, sei seduta sul gradino d'ingresso di una casa da thé! UNA CASA DA THE'!

-Si, Suki, me ne sono accorta! Che c'è di tanto strano?

-Ma sai cos'è una casa da thé, per la miseria?

-Sì. Mio padre le frequentava spessissimo! Qui gli uomini sono intrattenuti da Geishe...

-...che versano loro da bere e cantano per loro...-continuò Aang;

-...e suonano anche, inoltre li intrattengono in danze e...-aggiunse Sokka;

-...chiacchierano del più e del meno delle strade di Ba Sing Se!-completò Suki.

-E dunque?- riprese Toph.

-Non capite? Questo posto pullula di notizie interessanti su tutto e su tutti in questa città! Potremmo apprendere i pettegolezzi migliori di Ba Sing Se dai ceti più abbienti di questo quartiere! La nostra indagine sarebbe una passeggiata!

-Suki, se non sei un uomo o una Geisha, nessuno ti concederà di entrare là dentro.

-Oh, potreste farlo voi, Aang!

-Scherzi? Siamo ragazzi! Andiamo, se non si è adulti non si può entrare!

-Tu dici, mh? Perchè non vi mettete l'uno sulle spalle dell'altro e coprite il tutto con un bel mantello lungo?

-Toph, solo io sono autorizzato a fare del sarcasmo, qui.

-Ma io dicevo sul serio!

-Bhè, se non abbiamo gli uomini... possiamo sempre procurarci le Geishe!- concluse Suki maliziosa.


 

 

 

 

 

 

Nota dell'autrice

In questo capitolo ci sono un sacco di informazioni interessanti e importanti. Torneranno utili al Team Avatar nei capitoli seguenti. Intanto, una sala da thè, o, specie in riferimento a quelle orientali, casa da thè, è un esercizio pubblico la cui principale attività è quella di servire tale bevanda. L'aspetto e le funzioni delle sale da thè variano largamente nei vari paesi e culture, e laddove il thè costituisce una bevanda particolarmente diffusa si ha spesso una moltitudine di tipologie diverse di tale locale. Oltre a bere, danzare e suonare, però, si chiacchiera anche, nelle case da té! Fonte attendibilissima di pettegolezzi dai ceti più abbienti della città di Ba Sing Se!

^.- Interessante, no?

Claudia


 

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Capitolo 9
*** Kimono ***


Il mantello

chi si ferma è perduto.

 

Kimono

 

-E' ridicolo! E io sul legno non vedo!

-Infatti non è a te che mi riferivo, Toph.

-Suki, io non ti avrei aiutata comunque.

-Ed è anche per questo che pensavo... ad un'altra persona.


 

Mhao usciva dal bagno completamente avvolto dal telo di Katara, lasciandosi dietro una scia di vapore che sarebbe scomparsa solo dopo alcuni minuti. Aveva i capelli bagnati e lucidi. La sua carnagione era tutt'a un tratto più chiara, e i piedi e le mani gli facevano male per come li aveva strofinati contro la spugna. Per sembrare ancora più aristocratico, e forse anche per far un po' ridere Katara, prese un altro asciugamano e se lo avvolse sul capo, come un turbante, che ingombrante e molto lungo, simulava quasi il velo d' una sposa occidentale. Stava per infilare i piedi nelle sue vecchie scarpe, per raggiungere colei che gli aveva permesso di emanare quel buon profumo, quando improvvisamente si bloccò, pensando che forse sarebbe stato meglio indossarne un altro paio, che magari non fosse così sporco. Uscì scalzo, perchè non aveva trovato nulla che corrispondesse all'immagine nella sua testa, e si avviò verso il salone, gocciolante. La ragazza, appena lo scorse, scoppiò come previsto in una sonora risata, per quanto era ridicolo. Sperò che indossasse almeno le scarpe, che non riusciva a scorgere perchè i suoi piedi erano nascosti dal divano verde. Si muoveva cautamente, imitando qualcosa come un bambino d'alta borghesia, come lo interpretò la dominatrice. “Sei senza scarpe, lo sapevo!” avrebbe voluto esclamare, dopo aver intravisto con la coda dell'occhio, tra un volteggio e un altro, un piedino nudo muoversi sul marmo. Ma era in preda alle risate scatenate dal bambino stesso, che non la smetteva di muoversi.

-Levati quell'asciugamano dalla testa e mostrami i piedi, tu!- riuscì a dire poi, tra i singhiozzi.

-Io, io piedi? Non ho nulla ai piedi!

-Lo so, appunto!- si alzò di scatto e con fare minaccioso lo afferrò per un orecchio, riportandolo di corsa in bagno. Gli procurò immediatamente un paio di calzini, che al fratello arrivavano fino alla caviglia, ma a Mhao, ovviamente, fino a metà polpaccio. Accidenti, che piedoni che aveva Sokka! Gli portò alcuni tra gli abiti che aveva acquistato con lui poco prima, e gli disse di vestirsi in fretta, era quasi ora di cena.

-Cosa vuoi mangiare, Mhao?- gli chiese alzando la voce da dietro la porta chiusa.

-Non lo so! Voi cosa mangiate di solito?

-Bhè, stasera è il turno di Aang, in cucina! Ti piacciono le verdure?

-A dirla tutta... no.

-Mi dispiace allora, ma il tuo Avatar è vegetariano!

-Non può, uhm, cucinarla per me, la carne?

-No, assolutamente: né la mangia né la cucina! Però ci vola sopra.

-Cos'è che fa?

-Poi un giorno conoscerai Appa, Mhao, e tutto ti sarà un po' più chiaro! Vestiti!

Quando uscì definitivamente dal bagno tutto era in ordine, e Katara gli legò dietro la testa la bandana che gli aveva comprato, quella beige che somigliava a quella di Aang. Proprio in quel momento Toph sbatté rumorosamente la porta, sfondandola con un calcio. Suki si lanciò dentro casa subito dopo, seguita da Aang e Sokka, che, sconsolati, erano reduci dall'ascolto di un'altra delle sue avventurose e strampalate idee. Erano arrivati correndo, Suki più che mai emozionata e confusa, ma non di certo esitante per spiegare ciò che aveva in mente di fare, fece due passi in avanti e appoggiò il braccio destro sul divano, ansimante, come se tutt'a un tratto le gambe non avessero più retto il suo corpo, in seguito alla lunga corsa. Questa situazione di assoluto silenzio, nella quale ancora rimbombava flebile il rumore secco e duro della porta che sbatte sulla parete legnosa del salone, durò per un attimo. Poi Suki si ricompose e osservò incalzante i visi di Mhao e Katara, che osservavano i suoi movimenti e quelli delle sue sopracciglia, imperterriti.

-Mi è venuta un'idea.

Disse infine. E così aprì e concluse il famigerato discorso sul quale, per tutto il sentiero fino a casa, aveva rimuginato. Dopo si sedettero, tutti quanti, e Toph richiuse la porta, stavolta un po' più delicatamente. Gli “investigatori” raccontarono dell'orma davanti al ristorante di zio Bhiru e ai racconti delle vecchiette. Poi voltarono tutti il viso verso Suki, che, illuminata dalle sue stesse parole e colta per un attimo da una sensazione di egocentrismo, si alzò in piedi sui cuscini verdi del divano e cominciò a parlare: della Casa da té, dei gradini, delle Geishe, della posizione orizzontale delle stecche di legno nelle loro elaboratissime acconciature.

-Ed è così- disse infine- che ho pensato ad una cosa un po' buffa.

-A cosa?- chiese impaziente Mhao, pendendo dalle sue labbra.

-Katara.

-Io? Io sono buffa?

-No, è che ho bisogno di te. Di una mano.

-Ma per fare cosa? Non hai ancora raccontat...

-A tempo debito, amica mia. Adesso dobbiamo fare in fretta. E' quasi ora di cena e dobbiamo sbrigarci a vestirci decentemente. Dobbiamo uscire subito dopo.

-Ma per andare dove?

-Ritengo che al momento non sia rilevante dirtelo. Te ne parlerò meglio mentre ti cerco un qualcosa che funga da obi.- le rispose enigmatica, scrutandola dai calzini fino alle spalle, e facendo particolare attenzione alla circonferenza dei suoi fianchi.

-Obi? Devi mettermi addosso un kimono??

-Sì. O almeno, dobbiamo cercare di farlo sembrare, un kimono. Suppongo che tu non ne possieda.

-Mh, sai quanto costa, un kimono raffinato, che non passi per stracci di diverso colore assemblati insieme?

-Giusto, lo so. E' per questo che non ho dato subito per scontato che tu l'avessi. Non ho niente del genere nemmeno io. Su, vieni!- le urlò quasi, infine, afferrandola per un braccio e trascinandosela dietro fino alle scale. Poi la sospinse leggermente e le fece segno di andare nella sua camera. Si voltò per un secondo e fissò dritto negli occhi Mhao. Aggiunse, rivolta a Sokka:

-Dategli da mangiare. Non posso cucinare proprio adesso!

~

Mhao gustava con gli occhi socchiusi una bistecca, che addentava avidamente. Sokka era, ovviamente, molto entusiasta del successo riscosso dalla sua cena, mentre Aang era piuttosto avvilito.

-Bah, se avessi cucinato io probabilmente a quest'ora mangeremmo della sana verdura!

-Bleh...

Mhao non riuscì a trattenere un verso di disgusto che somigliava molto ad un grugnito, considerando che aveva la bocca piena, ed Aang si limitò ad osservarlo, senza nemmeno sgranare gli occhi per come si macchiava di olio. Toph, del tutto disinteressata, aveva una gamba piegata, col piede posato a terra e l'altra distesa sul tavolino. Completamente assorta nei suoi pensieri, si concentrò su due pesi poco familiari che avevano appena fatto la loro entrata in scena dalla cima delle scale. Suki e Katara si reggevano a stento lungo la ringhiera, l'una dietro l'altra, e la dominatrice in particolare, molto impacciata nel trasportare il pesante strascico del suo “kimono” improvvisato, sembrava non volersene separare. Poi entrambe lasciarono la presa e, per sembrare delle donne ammodo, aprirono i ventagli- gentilmente forniti dalla Guerriera di Kyoshi- davanti al viso, facendo scorgere ad un possibile osservatore solo i loro occhi, che nel caso di Suki in particolare, risaltavano moltissimo sul volto completamente bianco dal trucco. Le loro palpebre erano ricoperte d'un sottilissimo strato di colore in polvere, e i contorni nerissimi, erano accentuati dalle loro voluminose ciglia, ridisegnate con la matita nera assieme alle sopracciglia. Le labbra, sovrapposte in una posa decisamente femminile, che Sokka avrebbe potuto definire “sexy”, erano tinte d'un rosso luminoso, e intorno al naso incipriato, leggerissime tracce di rossore sulle guance e gli zigomi. Katara aveva raccolto i lunghissimi capelli solo in parte, gli altri erano sciolti, cosicché i ciuffetti più corti e ribelli le ricadessero dai lati dello chignon, alto sulla testa, come una cascata. Non era riuscita a sistemare due ciocche di lunghi capelli sul davanti, che se raccolti la facevano sembrare troppo austera, e allora li aveva lasciati scendere giù liberamente, ad incorniciarle il viso. Suki invece, aveva raccolto tutti i capelli e li aveva fissati dietro la nuca. Solo parzialmente annodati in uno chignon, gli altri erano adagiati sulle spalle e, muovendo la testa, si spostavano sul davanti, avvolgendole il collo. Entrambe coronavano il tutto con dei fiori verdi e rosa, e naturalmente due stecche di legno orizzontali, tanto volute da Suki, perchè l'avevano colpita. I loro kimono erano davvero abiti completamente diversi messi tutti insieme, a formare quello stonato accostamento di colori e tessuti, ma nonostante tutto, il loro abbigliamento era accettabile per due “Geishe alle prime armi”. C'erano dei draghi che correvano lungo l'orlo della gonna di Suki, rossi, mentre quella di Katara era semplice e lineare, c'era solo un simpatico motivetto verde ai bordi dell'obi, che le ricordava una pianta rampicante.

-Siete... wow!

Fu tutto quello che Sokka riuscì a dire. Aang invece ora sì che sgranava gli occhi, più verso Katara che verso Suki, abbastanza a suo agio avvolta in tutto quel trucco, senza dire una parola. Perlomeno non aveva la bocca spalancata- come il suo amico- ma era estasiato. Katara era bella, lo aveva sempre pensato, ma vederla così... bhé, così affascinante era un po' una novità, perchè la ragazza non aveva mai usato trucchi tanto appariscenti. Le scarpe erano belle, dei sandali in legno, anche se sembravano scomodissime, e slanciavano la sua figura già magra. L'obi stretto in vita la faceva sembrare un po' costretta, come intuì dal suo sguardo, ma le stava benissimo. La scollatura del kimono era davvero minima, nel caso di Katara, che aveva sempre del pudore, ma la faceva comunque sentire un tantino scoperta, ad Aang invece faceva l'effetto di trovarsi davanti ad una donna adulta, bella e profumata. Non c'era sensazione più bella di guardarla, e pensare a quanto fosse fortunato, quando la vocina di Mhao fece scomparire tutte le scintille create dalla sua mente e lo riportò parzialmente alla realtà.

-Ma che cosa dovete fare, agghindate in quel modo?

-Ecco! Altre due cariatidi!- affermò con fermezza Toph.

Avevano intenzione di intrufolarsi nella Casa da té individuata quel pomeriggio da Suki e tentare di ottenere qualche informazione dai clienti abituali del posto. Sicuramente era improbabile ritornare a casa a mani vuote! L'unico inconveniente era l'età. Katara in particolare temeva che non avrebbero permesso loro di entrare, e anche se avessero acconsentito, avrebbero voluto sapere da quale Geisha esperta erano accompagnate e presentate al pubblico di Ba Sing Se.

-Non state qui a rimuginarci su, e correte a verificare!

-Altrimenti Sokka si vestirà da Geisha esperta. Vero, mister sarcasmo?

Ci furono risate generali e poi le due si avviarono. Anche se Sokka non resistette all'impulso di abbracciare e dare un bacio a Suki, che quella sera era come una principessa per lui. Rientrato in casa, Aang si rammaricò di non aver fatto anche lui qualcosa del genere.

~

Le avevano fatte entrare. Ora, bisognava fare molta attenzione a non destare sospetti.












 

 

 

 

Nota dell'autrice

Da quanto non scrivevo! Il nostro appuntamento è saltato e sono molto in ritardo. Ma ho quasi scritto del tutto gli altri capitoli, quindi da un giorno all'altro mi limiterò solo a pubblicarli. Da quando ho finito di leggere quel libro sulla cultura giapponese e “la rievocazione d'un mondo che sta lentamente scomparendo” (l'arte d'essere una Geisha) sto parlando molto di questo genere di cose!

Clàcle


 

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Capitolo 10
*** Found ***


Il mantello

chi si ferma è perduto.

 

Found

 

Che dovrei aspettare? Credi che farà complimenti o si fermerà? VA' DA LORO!


 

L'unica sala della modesta Casa da té della periferia di Ba Sig Se era molto carina. Non c'era che una piccola finestra, incastonata nella parete di fronte alla porta d'ingresso, con una cortissima tendina bianca, e questo rendeva l'ambiente un po' cupo. Le quattro lampade a olio posizionate nei quattro angoli della stanza facevano ciò che alla luce arancione del crepuscolo non era possibile fare, lì dentro. C'era un tavolino basso al centro della stanza, imponente, con molti cuscini posizionati disordinatamente intorno ad esso. Il pavimento legnoso era però estraneo ai loro piedi nudi- come era consuetudine che fossero, nelle Case da té- e non le facevano sentire a casa. L'intonaco delle pareti era d'un colore smorto, tra il beige e il color panna, ma c'erano decine di quadri a rendere il tutto più vivace. Soprattutto paesaggi, prati verdi o ruscelli, colline o montagne innevate. Solo due o tre quadri raffiguravano Geishe che versavano il té e suonavano, e ce n'era uno con degli antichi caratteri giapponesi. Ammassati in un angolo della stanza, tutt'intorno alla lampada, c'erano alcuni strumenti. Una specie di mandolino, pensò Suki, un tamburo, pensò Katara. Date le loro origini, li riconobbero come tali. Nessuno a suonarli, però. Nessuno nemmeno a versare il té. Il che era un po' strano, a dirla tutta. Forse era un po' presto, pensarono: gli uomini di Ba Sing Se potevano non aver ancora incominciato a cenare con le loro famiglie. Non c'era che una Geisha, seduta e silenziosa, col viso piatto e magro, che trovava interessante osservare le sue mani, l'una inserita nell'altra, in grembo. Non aveva nemmeno alzato lo sguardo per osservare chi fosse entrato. Effettivamente c'era però un uomo di mezza età, con capelli bruni. Le sopracciglia, molto sottili, erano contorte in una smorfia, e gli occhi neri avevano ciglia folte. Era un po' pallido. Le sue labbra erano ben definite, e circondate da una leggerissima barbetta. Il dettaglio più appariscente era di certo il suo naso aquilino. Suki poteva giurare d'averlo già visto da qualche parte, forse per quel naso... o quella carnagione così chiara. Ma non riusciva a focalizzare né il luogo né la circostanza. Si sedettero, e quando l'uomo le guardò con aria intimidatoria chinarono il capo per salutarlo. La Geisha invece aveva un'aria afflitta e anche un po' preoccupata, tant'è vero che nemmeno le osservò. Si limitò ad annuire impercettibilmente con la testa e indovinare il loro aspetto con la coda dell'occhio. Nessuno diceva niente. Anche se non c'era mai stata, Katara non immaginava che le cose in una casa da té funzionassero davvero così. Lei immaginava musica, chiacchiericcio, risate e aneddoti divertenti. E invece no. L'uomo continuò a guardarle, passando con lo sguardo da Katara a Suki e poi di nuovo a Katara, per tornare immediatamente a Suki. Posò infine i suoi occhi, seccato, sulla Geisha, che ovviamente non ricambiò il suo sguardo. Al contrario, le due “apprendiste” lo fissavano con aria d'attesa, curiose. Suki si stava sforzando di ricordare dove aveva già visto quel muso pallido e antipatico, e pensò che Katara stesse facendo lo stesso, da come teneva un occhio spalancato e l'altro socchiuso con aria interrogativa.

Io l'ho già visto. Dove l'ho visto?”

Chissà a che pensa Katara. Forse anche lei s'è ricordata di quest'uomo.”

A casa? No, impossibile. L'avrò visto per strada.”

Non posso averlo incontrato per strada, me ne ricorderei”

Dove sono stata recentemente? Non ho una così potente memoria da ricordare i visi per lungo tempo.”

Forse me lo ha presentato qualcuno.”

Alla stazione? Forse sì. Alla stazione...”

Ma nessuno mi presenterebbe mai un così brutto ceffo!”

Sono passata di lì due giorni fa, andando al mercato.”

Devo averlo scontrato tra la folla. Mi succede spesso. Per esempio... al mercato?”

Sì. Decisamente alla stazione. O forse no?”

Lo so! Vendeva i cavoli al mercato! E' l'uomo dei cavoli!”

Forse non proprio alla stazione... mhh...”

Ah-ah! Trovato! Che gioia! Aspetta, però. L'uomo dei cavoli è partito di nuovo per Omashu la settimana scorsa!”

Sono convinta non so perchè d'averlo visto qui vicino!”

E poi, guardandolo bene, non gli assomiglia!”

Mh... qui vicino c'è il negozio dove sono stata con Mhao...”

Aspetta, mi sembra di... ma perché sto pensando a Mhao?”

Però non ho incontrato ness... un momento. Mhao...”

Ci sarà un nesso tra quest'uomo e Mhao?”

Un momento.”

Mh... Allora. Mhao vendeva i giornali. Cosa c'entra con...”

UN MOMENTO.”

I... giornali!”

Ricordo! C'era un suo ritratto sui giornali!”

Il giornale che ho comprato da Mhao! C'era la sua faccia!”

-TROVATO!- urlarono all'unisono, tanto da far sobbalzare sia l'uomo che negli ultimi secondi aveva affollato le loro menti sia la donna che fino a quel momento era rimasta estranea a tutto ciò che succedeva attorno a lei. Finalmente alzava il viso e le fissava con l'aria di chi ha appena assistito a uno scandalo. Serviva un diversivo, e in fretta.

-Grazie per l'aiuto, cara! Eccolo, il mio orecchino! L'abbiamo trovato.

-Il tuo... orecchino, sì... non c'è di che.

Concluse Suki, incapace di mentire e non arrossire nello stesso tempo. Il medesimo problema si addiceva alla dominatrice dell'acqua, che però si sentiva come protetta dallo strato di trucco e vestiti, che erano come un'altra persona, solo dietro la quale si celava Katara. Anche per questo aveva mentito e recitato meglio degli Ember Island Players, spudoratamente e in maniera disinvolta. L'uomo del giornale era tornato a guardarsi intorno, grattandosi il mento una volta ogni tanto, ma la Geisha impassibile aveva subìto come una trasformazione: le fissava, come se pensasse che avessero commesso chissà quale reato, alzando un po' la voce in quella situazione di silenzio assoluto. Ancora sotto i suoi occhi, Suki si voltò verso Katara, e dai loro sguardi capirono di pensare la stessa cosa. Borbottò qualcosa d'incomprensibile, puntando il tipo con gli occhi, ma Suki capì ugualmente. Sperando di non attirare l'attenzione dell'uomo, questa rispose con un sibilo perfettamente udibile, riferito alla Geisha magra e piatta.

-Lei sa.

Si trovavano davanti al “famigerato criminale” evaso dalla Roccia Bollente settimane prima. Il suo naso, la sua carnagione, i suoi occhi. Tutto combaciava. Tutto coincideva. Solo una cosa non quadrava. I capelli dell'uomo della foto erano biondi. Lui era bruno. Lui era bruno e anche le sue sopracciglia lo erano. Ma le ragazze potevano giurare che fosse lui il criminale. Potevano metterci la mano sul fuoco: ne erano assolutamente convinte, al cento per cento! Non importava il colore dei suoi capelli. Ora bisognava assolutamente fare qualcosa. Non potevano lasciarlo. L'avevano acciuffato. L'avevano preso, trovato, messo in una piccolissima trappola e lui ancora non lo sapeva. Non potevano fare niente, però. Erano sicurissime che fosse lui il rapitore, la persona che disseminava panico e paura da giorni a Ba Sing Se, ma non potevano provarlo. Assomigliava al criminale nella foto, certo, ma troppi tasselli del puzzle non erano a posto. I suoi capelli, il perchè si trovasse lì, come facesse a rapire gli abitanti della città. “Non si consegnerà mai alla giustizia.” Pensò Suki, rievocando Kyoshi. Dovevano trovare un modo per avvertire gli altri e non farlo andare via. Qualsiasi cosa fosse successa. Avrebbero trovato in seguito il modo di incastrarlo, ma in quel momento, l'unica cosa a cui pensavano entrambe

era

fare sì

che restasse

dov'era.


 

Pensarono. Pensarono un sacco.

Pensa, Suki. Pensa!”

Pensare: devi pensare bene, Katara.”

Voleva consultare la sua amica prima, ma si rese conto che non c'era altra scelta. Dovevano immobilizzarlo, ma fargli capire subito che non stavano affatto scherzando. L'uomo fissava ancora l'altra Geisha, che aveva finalmente abbassato di nuovo lo sguardo. Katara approfittò del momento e senza distogliere lo sguardo dai suoi capelli bruni che dovevano essere biondi, fece cenno a Suki di seguire i suoi movimenti e le diede la mano, sotto il tavolo. La strinse forte, fondendo il ritmo delle pulsazioni del suo cuore con quello della Guerriera. Poi le passò in un attimo il suo ventaglio. Tutto accadde in un secondo, non ci fu il tempo di chiedersi se ciò che stava per fare l'avrebbe messa in pericolo o era soltanto un gesto sconsiderato. Le sembrò l'unica soluzione e così agì.

-Non muoverti da lì!

Si alzarono di scatto e Suki corse alla porta scorrevole, dandole le spalle. Aprì entrambi i ventagli e si mise in guardia. Katara e il suo avversario erano in piedi. Lui, dai buoni riflessi, a quanto pareva, era di fronte a lei, e la scrutava con aria di sfida dall'alto. La dominatrice teneva sospesa all'altezza della sua spalla un'onda di té verde, pronta a colpire. La frusta quasi le scivolava via tra le dita, dall'emozione.

-Sappiamo chi sei.- fece mente locale, ricordò una sequenza di nomi fino a giungere al suo, che le aveva rivelato lo zio Bhiru.

-Zaku, sei un criminale evaso dalla Boiling Rock, la Roccia Bollente. Prigione ad altissima sicurezza situata nella Nazione del Fuoco. Sei tu che rapisci la gente di questa città, terrorizzando la popolazione e incutendo timore a chiunque ti incontri durante la notte.

Fece una pausa prima di continuare, intimorita dal suo ghigno, che gli si era dipinto in viso da un momento all'altro.

-E ora sei in trappola.

-Mh mhh!- rise soddisfatto, socchiudendo gli occhi, ma non abbassando la guardia.- e a te non faccio paura?

Quella fu sicuramente una domanda che la spiazzò. Che le spiazzò. Suki sgranava gli occhi. Praticamente aveva confessato! Cioè, non lo aveva fatto, ma non aveva nemmeno smentito ciò che aveva detto Katara! La dominatrice, sempre tenendo il té alto tra i loro due corpi, non sapeva come reagire. Non sapeva nemmeno lei perchè, ma le venne l'incontrollabile impulso di tirarglielo addosso, e fagli male. Ma non lo fece. Non era mai stata una persona aggressiva, ma in quel momento non c'era cosa che desiderasse di più. Non avrebbe preferito nemmeno che il resto dei suoi amici fosse lì, per sostenerla e farla sentire al sicuro. Ricordava la sera precedente. In cui aveva avuto tanta paura. In cui avrebbe voluto che qualcuno l'abbracciasse, la facesse sentire nella sua tana. Le incutesse coraggio e l'accarezzasse. Quanto si era spaventata. Ma ora il terrore di quei momenti era come svanito, ora che aveva davanti a sé l'uomo che aveva abitato i suoi incubi. Quell'uomo aveva una terribile faccia da schiaffi.

-No.

Rispose infine.

-A me, tu non fai paura.

Ci fu un attimo di silenzio. Probabilmente non era così, ma Katara sperava e desiderava ardentemente di avergli fatto provare la stessa sensazione che aveva provato lei. Il ritrovarsi spaesati. Il non sapere che rispondere.

-Devo dire di essere colpito? Perchè non lo sono. Qualcos'altro, invece, verrà colpito...

A quelle parole a Suki si congelò il sangue nelle vene. Il viso sconvolto e terrorizzato della Geisha accanto a loro esprimeva in tutto e per tutto la gravità della situazione e il peso delle parole, in quella stanza. Tutto si era fermato. Solo il té tra le mani di Katara emise un ultimo rumore, dello scorrere del liquido, prima che in un secondo cadesse a terra. Era lei la cosa ad essere stata colpita, e forse per la paura, per tutti i suoi pensieri, per la lentezza dei movimenti all'interno del kimono, per l'assurdità di tutta quella storia, Katara non riuscì a schivarlo. Cadde a terra, sul legno freddo e duro, battendo la testa e facendosi molto male alla schiena. La sensazione di impotenza e sgomento si mischiò all'odore del sangue e lei indovinò che Zaku le avesse tirato un pugno in pieno volto, tanto era stato rapido il movimento che nemmeno se n'era accorta. Non aveva visto il suo braccio, né la sua mano, avvicinarsi e toccare la sua pelle liscia e delicata, per poi spingerla a ricadere così fragorosamente all'indietro. Era come se una forza misteriosa le avesse soffiato in faccia una pressa, il dolore arrivò dopo pochi secondi.

-Non uccido per ripicca, solo per divertimento. Per cui ti lascio spargere sangue in questa topaia, e ci rivediamo all'inferno, ragazzina.

Suki rincorse la sua sagoma per i due secondi che precedettero il suo plateale balzo dalla finestra, che andò in frantumi sotto il suo peso. Stava per afferrarlo, il suo lungo, lunghissimo mantello nero. Che gli scendeva supremo giù dalle spalle, anche in quella situazione. La sua mano sfiorò il delicato tessuto del quale era fatto, per poi non afferrarlo mai, e posarsi sul caldo ripiano della finestra. L'aveva perso. Scivolava giù grattando via dal tetto tutte le tegole.

-Katara!- stava per girarsi a soccorrerla quando se la ritrovò in piedi dietro di sé. Senza più indosso il kimono, con solo gli abiti leggeri che indossava sotto. Perfettamente in equilibrio, sfregava uno straccio sulla sua pelle, levando via tutto il bianco del trucco, lasciando solo involontariamente linee nere sbavate attorno agli occhi, e il lucido rossore delle sue labbra, illuminate dal rossetto e dal sangue che sgorgava rapidamente dal suo naso.

-Prendiamolo.

Le due si lanciarono giù dal tetto, proprio come colui che le aveva precedute, e rimasero aggrappate per le braccia alla grondaia. Katara si lasciò andare. Se non era morta per quelle botte sul naso e sulla schiena, poteva morire per due o tre metri di strapiombo? Anche Suki mollò la presa, slogandosi una caviglia.

-Ah!

E poi, via. All'inseguimento.

-Non riesco a correre! Mi fa male la caviglia, Katara!

-Non venire di qua! Và a casa! Chiama Aang e gli altri!

-Non posso lasciarti andare. T'ha già fatto male!

-Và a chiamarli. Mi serviranno molto più di quanto possa servirmi tu con una caviglia slogata!

-Non me ne vado se so che tu continui a seguire quell'assassino!

-Suki, TI SEMBRA CHE CI SIA TEMPO DA PERDERE? VA' DA LORO!

-Mh...- annuì poi Suki, avvilita, mentre vedeva scomparire in un baleno la sagoma dell'amica nell'ombra d'un vicolo, dietro a quella di un lungo, lunghissimo mantello.

 


 








 

 

 

 

Nota dell'autrice

Paura! Visto come sono stata precisa stavolta? Grazie ai miei piccoli seguaci, instancabili! Il prossimo sarà il terzultimo o il penultimo capitolo, non temete! Questo parto della mia contorta mente sta per giungere alla fine!

Claudié

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Capitolo 11
*** Slap ***


Il mantello

chi si ferma è perduto.

 

Slap

 

Vendetta. Senza ferite e senza perdono.


 

Katara correva sfregando le gambe l'una contro l'altra ad altissima velocità. Lo vedeva. O, per meglio dire, lo intravedeva. Il suo mantello svolazzante, il suo colorito biancastro, quasi risaltava nel buio di quel vicolo. Svoltò a destra. Anche Katara svoltò a destra. Pensava. Invece di concentrarsi su come mantenere il suo respiro regolare, per poterlo inseguire anche in capo al mondo, lei pensava. Se prima, senza che le avesse fatto nulla, desiderava solo colpirlo e fargliela pagare per tutta la paura, per tutto il terrore, per le gocce di sudore, fredde, della sera precedente, ora che stava sanguinando e soffrendo per il dolore alla schiena e il peso della sua testa sul collo, desiderava fargliela pagare, e distruggere il suo orgoglio, facendoglielo morire nel cuore nel momento in cui l'avesse preso in pieno petto con un'ondata di acqua ricavata dall'atmosfera, soddisfatta dell'idea di essere riuscita a colpirlo. Fantasticava con queste scene di lotta, nella sua mente non del tutto lucida, ma un po' annebbiata dal triste desiderio di vendetta che l'aveva animata anche l'anno prima, quando aveva cercato l'assassino di sua madre. Era convinta che alla fine non sarebbe riuscita a fargli male come immaginava di voler fare, proprio come l'anno prima, perchè mossa dal sentimento di pietà e perdono, ma era solo parzialmente sollevata da quella verità. Le sue ginocchia cominciavano a non reggere più il suo busto, e fu proprio in quel momento che si accorse una frazione di secondo prima dell'ipotetico impatto, che Zaku si era appeso ad un tubo alto sì e no due metri e stava compiendo un'intera rotazione intono ad esso, per tornare a tramortirla con un calcio. Ma stavolta non trovava una Katara impreparata. Ne trovava una agguerrita.

-Woo!!

Lasciò andare una gamba e piegò l'altra, scivolando sulla piccola superficie del suo piede, capace di sorreggere, si rese conto, per più d'un secondo il suo corpo steso in posizione del tutto orizzontale, con la testa gettata all'indietro, per evitare di venire colpita. Zaku serrò le mani attorno al tubo e fece per mollare la presa, con una leggera spinta nella sua direzione, per tentare di piombarle addosso. Katara sollevò all'indietro le braccia e strisciò i palmi sul terreno ruvido, sbucciandosi i polpastrelli. Piantò le unghie nel terreno per fermare la sua rapida scivolata, favorevole ad un attacco molto doloroso da parte del suo avversario. Quando riuscì a trovare l'equilibrio (e le forze) irrigidì le braccia e sollevò il resto del suo corpo su di esse. Fu un attimo, nel quale flesse il corpo e si diede una spinta all'indietro, sufficientemente alta per passare a pochi centimetri dal naso di Zaku, sotto di lei, che si era lanciato in direzione del suo corpo steso orizzontalmente sul terreno poco prima, e ora la fissava con un impercettibile espressione di sgomento dipinta sul viso. Proprio come aveva previsto, mentre era sospesa in aria insieme a lui, raccolse le poche gocce d'acqua che le bastavano per formare una frusta abbastanza spessa da colpirlo e schiaffarlo sul terreno. Slap!

Zaku si ritrovò a pancia in su, steso al suolo, con un forte dolore che imperversava all'interno del suo torace, incapace di dire qualsiasi cosa. Di prenderla in giro, di fare una battuta ad effetto, di ammettere che era bravina. Qualsiasi cosa, ma restava in silenzio. Lei, atterrata con entrambi i piedi, respirava regolarmente. Si era vendicata. Aveva trovato il modo di farlo senza ferirlo gravemente, senza ucciderlo, e senza perdonarlo. Gli aveva dato un vero e proprio schiaffo d'acqua, forse più morale che fisico, e gli aveva dimostrato che ne era capace. Era capace di neutralizzare un criminale ricercato, di farlo giacere ansimante a terra per due o tre secondi. Attese che si rialzasse.

Fu una lotta abbastanza aspra e densa, anche se breve: Suki, avvolta in vita da un braccio di Sokka, per sorreggerla, sbucava svelta dall'ombra del vicolo, accompagnata dal resto del team. Katara notò che non sembravano esattamente compiaciuti da quello che vedevano sul volto della dominatrice, ma non importava. Toph per prima (che, tra le altre cose, non aveva visto e non poteva vedere il sangue che continuava a sgorgare dal suo naso) si sollevò rispetto agli altri a cavallo d'un cilindro di terra e piombò esattamente alle spalle dell'aggressore, cercando di colpirlo a suon di kung-fu. Ogni pungo era abilmente schivato, con le braccia o piegandosi all'indietro, ma era perfettamente visibile la goccia di sudore traditrice che scendeva limpida dalla tempia di Zaku. Suki si mantenne in disparte, e così anche Sokka, determinato a voler restare con lei, fermamente convinto che anche solo Toph e Katara sarebbero bastate per metterlo KO. Aang volle intervenire ugualmente e con le gambe incrociate volò ad alta velocità verso di loro, sul suo monopattino d'aria. Scostatesi le ragazze, piroettando non lasciò a Zaku il tempo di reagire: balzò e agitando l'aliante lo spazzò almeno a dieci metri di distanza da loro. Atterrò anche lui su un cilindro terroso e, passo dopo passo, lo colpì ancora prima che potesse rimettersi in piedi. Stava per lanciargli anche una fiammata quando si sentì afferrare per il polso. Strofinandosi l'avambraccio sul mento e sul naso, Katara sussurrò:

-Lascia perdere.

Zaku non era più in grado di combattere e senza il minimo equilibrio tentava di restare in piedi, reggendosi alla parete del vicolo. Tutti lo osservavano, e lui osservava tutti. Il suo mantello era strappato, e parte di quel vaporoso tessuto era intriso d'acqua e svolazzava morbido, impigliato in un ramo secco gettato a terra. Sapeva che la sua “avventura” a Ba Sing Se era terminata. Sapeva anche che confessare avrebbe reso le cose molto più facili ai suoi nemici, ma aveva riconosciuto, in un lampo di lucidità, la freccia dell'Avatar sulla fronte di Aang, per cui non sapeva bene come comportarsi.

-Il mio nome non è Zaku.

Suki sobbalzò.

-Sì che lo è. Ci è stato detto da fonti attendibili!

Toph soffocò una risatina.

-E invece non lo è. Akuz, è il mio nome.

-Akuz...?

Aang rimuginava su quel nome. Non gli era nuovo.

-Chi vi ha detto il nome Zaku?

-Non sono affari tuoi! -rispose Toph secca.

-Dov'è l'ho letto...- Aang pensava ad alta voce.

-Bé, sapere chi scopre i miei nomi in codice e li riferisce alla gente sarebbe una buona informazione...-ribattè lui.

-Scordatelo!- proseguì la dominatrice.

-Il giornale! Sul giornale c'era la sua faccia, ecco dove t'ho visto! Ecco dove avevo letto il nome Akuz!- Aang era esploso, compiaciuto dalla sua memoria.

-Sul giornale?

-Probabile.- spiegò Akuz- non so se ci avevate fatto caso, ma la parola Zaku...

-...contiene le stesse lettere della parola Akuz, però mischiate.- Sokka completava il rapitore con tono saccente.

-E quello- fece per indicare Katara con la testa, la prima che lo aveva chiamato in quel modo- è solo uno stupido nome in codice, prevedibile e- a questo punto voltò gli occhi a Sokka- facilmente decifrabile.

-Perchè l'hai scelto?

-Chissà! Avrò poca fantasia? - rispose con tono eccessivamente sarcastico, evidenziando il suo tragico errore nella scelta del nome.

-Tu sei pazzo.

Katara lo guardava dritto negli occhi. Sembrava colto e informato, ma restava un rapitore, forse un assassino. Il suo ribrezzo nei suoi confronti restava immutato, anzi, cresceva ad ogni sua parola di più. Si sentiva seriamente mortificata per quello che le aveva fatto, soprattutto se pensava che l'emorragia non si era ancora fermata. Aang la guardava ansioso da circa cinque minuti, senza mai deconcentrarsi. Fu solo alla parola “pazzo”, che volse lo sguardo verso di lui.

-Pazzo no, forse. Ti ho mica uccisa? Allora sì che sarei pazzo! Uccidere senza... un motivo!

-Non me. Hai ucciso un sacco di altre persone.

-Oh, oh-oh, oh! No, signorina. Io t'ho già detto che non uccido per ripicca: solo per divertimento!

Stava cominciando a perdere quel tantino di lucidità che gli restava in corpo.

-Si sta contraddicendo.- sussurrò Suki all'orecchio di Sokka- uccidere per divertimento significa uccidere senza un motivo! Non è affatto una giustificazione.

-Mia sorella ha ragione.- rispose lui tutt'a un tratto- quest'uomo è pazzo.

Intanto Akuz continuava con la sua vagonata di idiozie, forse dettate da quella situazione così scomoda.

-E volete sapere una cosa? Non ero nemmeno in colpa per l'omicidio di quell'uomo! E sapete perchè? Sapete perchè? Non l'ho ucciso io! Ma tutti in città dissero che ero io il responsabile! Mi hanno incastrato con prove inesistenti! Stupidaggini! Ecco perchè sono evaso! E sono tornato qui!

-Ecco a cosa gli serviva il nome in codice- sussurrò Toph- a non farsi riconoscere.

-Davvero credi a quello che dice? Andiamo, Toph. Sta delirando!- la smentì subito Katara.

-Per me c'è una base di verità. Non è possibile che stia inventando tutto.

-E non ho finito! Quell'uomo, io, nemmeno lo conoscevo! Vendetta, pensavo. Vendetta quando fossi riuscito a tornare. Vedete questi capelli? Non sono i miei! Sono dipinti! Io sono biondo! Disseminando il panico, sarei stato padrone di questa città. Forse avrei anche piegato il re del Regno della Terra!

-Ok Katara, sta delirando. -ammise sbrigativa infine.

-Ragazzi, dobbiamo portarlo via da qua!- concluse Aang, zittendo tutti, tranne lui ovviamente, che continuava a parlare del “Regno di Akuz”. Stava strillando davvero come un pazzo e avrebbe svegliato tutto il quartiere. Ma dove portarlo?


 

_


 

-Dove sono?

Una cella, con delle sbarre, più muro che sbarre. Abbastanza angusta.

-Tu o sei pazzo, o ieri sera eri seriamente ubriaco.

La voce di Katara, sola dietro le sbarre lo fece sussultare.

-E' mattina. E io non ho finito di farti domande.

Si trovavano in uno di quelli che al tempo del Dai Li erano gli uffici reali. Inutilizzati, ma sufficientemente angusti per circostanze come quella. Katara non volle andarsene, nonostante fosse permesso solo al Re della Terra di portare avanti un vero e proprio interrogatorio. Così erano lei, l'Avatar e il Re della Terra da una parte, e Akuz dall'altra delle sbarre.

-Avatar, a nome di tutta Ba Sing Se e del Regno della Terra, ringrazio te e i tuoi amici- e volse gli occhi a Katara, con una voluminosa fasciatura sul naso e sul labbro superiore- per aver acciuffato questo criminale in fuga.

-Non vorrei essere scortese, signore, ma sarebbe il caso di cominciare, senza spendere tempo oltre in convenevoli. -rispose molto educatamente e inchinandosi Aang.

-Giusto, giusto. Vorrei che foste voi a porre la prima domanda.

-Faccio io.

Lo sapevo” pensò Aang affranto all'idea del genere di domanda che la sua ragazza avrebbe potuto porre ad Akuz. Però, lo sorprese con una domanda relativamente oggettiva.

-Non sappiamo cos'è accaduto dietro casa nostra, la scorsa notte. Sappiamo solo che qualcuno è stato sorpreso e tramortito. Una donna forse. L'erba è schiacciata, ci sono segni di leggera pressione. Ma non abbiamo individuato alcuna impronta o tracce di sangue. Spiegazione, perfavore.

-Mh. Io ero lì quella notte. La donna non è ferita, non mi meraviglia il fatto che non abbiate rinvenuto tracce di sangue. Non è nemmeno morta. E' in vita, ma considerando che ho passato la notte qui, da come posso dedurre, sarà un po' affamata. Sì, forse avrei dovuto ravvivare l'erba, prima di trascinare via con me il sacco contenente la signora, infatti vi siete accorti che era schiacciata.

Affamata? Sacco?” pensò Katara, ma non aprì bocca. Era il turno di Aang.

-Il locandiere Bhiru è scomparso ieri pomeriggio. La mia amica Suki, nel corso di un'indagine ha rinvenuto un'orma di fronte al famoso ristorante del quartiere periferico di Ba Sing Se, quello che è comunemente chiamato “dello zio Bhiru”. Era una piccola impronta, per cui deduciamo che non sia dello zio Bhiru, la cui caratteristica sono i grandi piedi. Nemmeno i bambini di strada di Ba Sing Se possono averla lasciata, in quanto non indossano scarpe. Mi sa dire a chi appartiene, e perchè ce n'è solo una?

-Pf! Mi sono tradito da solo! Trascinavo dietro di me il sacco contenente il locandiere, in maniera tale che le impronte da me lasciate sulla sabbia venissero colmate e risultassero invisibili, ma deve essermene sfuggita una. Dovevo stare più attento.

-Io ti chiedo solo una cosa, invece. Hai parlato di sacchi. Dove si trovano le persone che hai rapito, se sono ancora in vita?

Il ghigno sul viso di Akuz si volatilizzò, nel momento in cui questi dovette condurre il Re, Aang e Katara al suo nascondiglio.

_

Tutti i bambini lo abbracciarono, quando lo zio Bhiru uscì fuori da quella sottospecie di buca nel terreno. Doveva essere una grotta, ma più che altro, per quanto era stretta e buia, sembrava una miniera o qualcosa del genere. Altre persone uscivano con cautela e in fila indiana, sporche in volto e un po' spaventate. C'era chi si strofinava gli occhi alla vista del sole, chi tossiva per la gran polvere. Ma stavano tutti bene, per fortuna. Loro non vollero chiederlo, ma il Re sospettò che ad ucciderli, secondo Akuz, non ci sarebbe stato molto gusto. Lui voleva vederli soffrire.

Mhao decise di tornare a vivere in strada. Aveva dei vestiti nuovi, ed era già una gran bella cosa. Avrebbe vissuto con lo zio Bhiru e con gli altri bambini. Era stata una sua scelta e nemmeno Suki, a malincuore, poté contestarla. Il Re, dopo aver ringraziato svariate volte, si allontanò insieme ad Akuz e alcune guardie. Lui, legato, veniva riportato di fretta alla Roccia Bollente. Mentre vedevano uno dei loro incubi allontanarsi per sempre, i ragazzi non potevano che tirare un sospiro di sollievo. Suki si mise autonomamente in piedi, Sokka le accarezzò la schiena, Toph sollevò lo sguardo ed Aang strinse forte la mano di Katara, che si accarezzava mestamente la ferita.


 


 


 


 

 

 

 

Nota dell'autrice

The end. Spero che vi siate divertiti a leggere la mia fic. Io di certo mi sono divertita un mondo a scriverla.

Vi ringrazio per avermi seguito con tanta pazienza!

Clacle


 

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