Ti riporta via, come la marea, la felicità

di Iwasbornthiswaybaby
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Belle, e le sue fantasie ***
Capitolo 2: *** Il Castello Animato ***
Capitolo 3: *** Vaghi ricordi ***
Capitolo 4: *** Sogni, memorie e paure ***
Capitolo 5: *** Una Decisione ***
Capitolo 6: *** Finalmente la verità ***
Capitolo 7: *** La Più Grande Avventura di Tutta la Sua Vita ***



Capitolo 1
*** Belle, e le sue fantasie ***


-No ti prego non lasciarmi, io ti amo....- sussurrò Belle, triste e sconsolata. Aveva perso il suo amore. Improvvisamente una pioggia di luci cadde dal cielo.. la bestia si alzò in aria, come sollevata per magia. La magia. Ormai c’era abituata. All’improvviso sentì un getto d’aria calda e la bestia si trasformò in un principe. – Belle, sono io- lei lo scrutò con attenzione, e riconobbe i suoi occhi azzurri, l’incantesimo s’era spezzato. Un bacio. Il più bel bacio, Belle si sentì felice. Ma la sua felicità non era destinata a durare. Gaston raggiunse il principe e ricominciò a lottare. Il giovane del villaggio sembrava avere la meglio. Ad un certo punto Gaston prese il principe per il collo. – No Gaston, no, ti prego- ma Gaston non diede retta alla ragazza e buttò il principe dal grande burrone. - no!- un urlo lacerante uscì dalla bocca di Belle. – Gaston, cosa hai fatto!? Io lo amavo! No! No!- Gaston diede uno spintone a Belle, che cadde all’indietro e sbatté la testa su un piedistallo, nel quale c’era un tempo un gargoyle. Chiuse gli occhi, per poi riaprirli qualche minuto dopo. Dov’era? Che posto era quel castello oscuro? Si guardò intorno e vide Gaston. Corse verso di lui. Lo conosceva da quando si era trasferita al villaggio. Lui l’aveva sempre amata, almeno così ricordava. Lo abbracciò e gli sussurrò- portami via di qui Gaston, io ho paura.-

-------Quattordici anni dopo---------
 
Mamma, posso andare a fare una passeggiata con Philippe nel bosco? – esclamò un ragazzino molto bello. La madre rispose- ok, Luis puoi andare, ma vedi di tornare prima del tramonto-  il ragazzo così uscì con il vecchio cavallo Philippe, che era appartenuto al nonno e alla madre, che era uscita di casa per salutarlo.
Era un pomeriggio d’ottobre, le foglie stavano iniziando ad ingiallirsi sugli alberi e nel prato stavano iniziando a spuntare delle erbacce..  ma perché toglierle se lei le amava. Poteva soffiarci sopra e i semi se ne andavano liberi con il vento, per non ritornare più da dove erano partiti, al contrario di lei, che era sposata da quasi quindici anni da quando era una bella sedicenne. Suo marito Gaston però era morto tre anni prima, durante una battuta di caccia, attaccato dai lupi, che popolavano la foresta. Lei non li aveva mai visti ma in tutto il regno si raccontava che qualche anno prima avevano ucciso un orso, e i lupi erano solo in due. Non avrebbero avuto problemi ad uccidere un essere umano.
Ma adesso che era una donna, ed era sola, era più propensa a viaggiare. Non voleva però lasciare il villaggio, dove viveva il vecchio padre.  Nonostante avesse trent’anni il nome le rendeva giustizia. Belle. E ora come quindici anni prima era la più bella del villaggio. Amava ancora leggere ma con la nascita dei suoi tre bambini, Luis, Charlotte e Henri, la sua passione era scesa, soprattutto per la mancanza di tempo. Ma adesso che i gemelli avevano dieci anni, e quindi abbastanza grandi, lei poteva leggere in santa pace. Aveva preso in biblioteca un libro su una ragazza che incontrava il suo vero amore in un principe. Forse anche a lei sarebbe piaciuto sposare un principe. Non come Gaston, che era innamorato più dall’idea di loro che formavano una bella coppia, che di lei.
Voleva bene ai suoi figli, questo era certo, ma lei non si sentiva così felice. Voleva cambiare la sua vita, voleva vivere di avventure e lo voleva sempre di più, ma non c’era nessuno che, ahimè, capiva perché lei voleva questo per sé.  Suo marito, i primi anni di matrimonio non trovava giusto che lei leggesse, diceva che le venivano in mente strane idee, ma lei lo calmava, dicendo che nei libri sono scritte storie finte, che non avrebbero mai potuto essere vere. Diceva sempre a Gaston che sarebbe stato impossibile che degli oggetti comuni come una teiera, o peggio un orologio, parlassero ed interagissero come umani. Belle amava distendersi sul prato e pensare a come sarebbe stata la sua vita se fosse nata principessa.
Si immaginava con un bel vestito dorato, a ballare col suo principe in una bellissima sala da ballo. L’immagine non le era nuova, un dejà-vu? No, forse in uno dei suoi libri, forse in quelli che leggeva quando era una ragazzina, era presente una scena così bella che lei se l’era subito immaginata adatta a lei. Per tutto il pomeriggio lei continuò a fantasticare, distesa sul prato.
Solo quando si rese conto che il tramonto era vicino ritornò sulla terra e s’incamminò in cucina.
 

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Capitolo 2
*** Il Castello Animato ***


 Iniziò a preparare la cena, Luis sarebbe tornato di lì a pochi minuti. Il ragazzo assomigliava molto al padre, i suoi capelli neri e la forma del viso era simile, ma chiunque avrebbe giurato che era figlio di sua madre guardandogli gli occhi. Gli stessi occhi castani, che esprimevano le sensazioni come faceva lei. I gemelli, invece, erano sempre più belli. Le assomigliavano molto. Charlotte sembrava lei quando era piccola, Henri aveva dei bellissimi capelli scuri ed entrambi potevano vantarsi dei begl’occhi azzurri del padre. Si concentrò sulla cena ma quando Henri esclamò- Mamma, dov’è andato Luis? - solo in quel momento Belle guardò fuori dalla finestra si rese conto che era buio e il figlio maggiore ancora non era tornato a casa.
Allora uscì di corsa da casa e si diresse verso il bosco quando pensò che forse era meglio lasciare i due figli minori  da qualche parte, per non far correre loro dei rischi. Li portò da una vicina e quando ritornò a casa a prendere il mantello, udì il nitrito del cavallo Philippe, e questo riaccese una luce di speranza in Belle. Ma quando uscì di casa vide solo il vecchio cavallo, e nessun Luis che lo cavalcava.
Corse verso l’animale e gli disse – Philippe, dov’è Luis, dov’è?- allora salì in groppa a Philippe e gli disse – Portami da lui- il cavallo quindi, mogio mogio, si diresse verso la foresta. Le lacrime stavano iniziando a scendere sul viso della donna. Ormai non si ricordava più da quanto stava cavalcando. Improvvisamente Philippe si fermò davanti ad un castello. Un brivido scosse la donna. Aveva paura ma voleva entrare. Ma se uno dei suoi figli era in pericolo lei avrebbe affrontato le fiamme dell’inferno. Il cancello che portava nel castello si aprì, cigolando.
Il castello.
Era quello, sì non c’erano dubbi. Stava forse dormendo ed era il consueto appuntamento  con la sua fantasia?
Il portone del castello si spalancò. Belle entrò spavalda ma solo quando fu dentro si rese conto che forse il palazzo era abitato e quindi si infilò il cappuccio del mantello, in modo che, se avesse avuto la testa abbassata, non  sarebbe stato possibile riconoscerla.
– È permesso, si può entrare?- avanzò nel salone d’ingresso. Il fuoco del camino era acceso, ma l’aria era gelida. Si avviò verso un corridoio lungo, dove ai lati si trovavano delle armature. Le parve, solo per un attimo, che le armature si fossero mosse. Sciocchezze, pensò subito sicura.  Ma quello fu l’unico pensiero sicuro. Sentì un rumore simile a quello di una ciotola di porcellana che viene appoggiata su delle mattonelle.
-Mamma, mamma, c’è una ragazza nel castello- esclamò una tazzina da tè.
– Non dire sciocchezze Chicco, e anche se fosse, come potrebbe spezzare del tutto l’incantesimo? Il padrone ha in mente solo Belle, che ora vive al villaggio- rispose una teiera.
Improvvisamente un candelabro e un orologio entrarono in nella stanza dove si trovavano la tazzina e la teiera e iniziarono a bisticciare. – Io ti dico che c’è una ragazza nel castello- esclamò il candelabro. E l’orologio iniziò a ribattere.
 

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Capitolo 3
*** Vaghi ricordi ***


Intanto al piano superiore il giovane Luis era intrappolato in una prigione e stava supplicando nell’ombra. – La prego, non mi faccia del male, io mi sono perso- nell’ombra un uomo stava osservando il ragazzo, in silenzio. 
Gli occhi del giovane erano bellissimi, e li avrebbe riconosciuti ovunque. Erano quelli della sua amatissima Belle, che aveva perso quindici anni prima. Adesso era un uomo ma il resto degli abitanti del castello era ancora sottoforma di oggetti. Questo perché Belle non gli aveva mai giurato un amore eterno, aveva detto di amarlo perché stava per morire, e, anche se l’avesse amato veramente se n’era andata, e gli oggetti non avevano fatto in tempo a tornare umani. Lo sapeva grazie ad uno specchio. Con quello aveva visto cosa era successo.
Belle si era dimenticata tutto per una botta alla testa e quindi se n’era andata via con Gaston. L’aveva sposato, e il principe aveva assistito, grazie allo specchio, al matrimonio, soffrendo profondamente. L’aveva spesso osservata ma negli ultimi anni aveva perso ogni speranza, ed aveva smesso di guardare attraverso lo specchio la sua amata Belle, che nonostante gli anni, restava ancora bella come quando l’aveva conosciuta.
Era uno specchio datole da una fata, che anni prima l’aveva tramutato in una bestia, per via della sua personalità, incapace di amare e di farsi amare.
Ed adesso, nonostante si fosse fatto amare, era stato solo per poco tempo.

Intanto Belle corse al piano superiore, travolta da un flash. Si lasciava guidare dalla sua testa. Era come se avesse sempre saputo dove si trovavano le prigioni. Ma sì, nei sogni tutto è possibile.  Quindi le raggiunse e chiamò, con una foce flebile- Luis, sono tua madre, sei qui?- il ragazzo allora rispose alla madre e lei si precipitò nel luogo dove aveva udito la voce del figlio. – Chi ti ha messo qui, Luis? – il ragazzo intimò alla madre di andarsene ma proprio in quel momento Belle udì un rumore proveniente da dietro di lei.
Si voltò di scatto e si accorse di un uomo, nascosto nell’ombra. Quindi iniziò a parlare – Prenda me al suo posto, lo lasci libero- il principe annuì e Belle lo intimò – Venga sotto la luce- solo in quel momento Belle alzò la testa e vide il padrone in viso, era molto bello, più bello di quanto fosse stato Gaston. Aveva degli occhi azzurri stupendi e Belle si ricordò che forse gli aveva già visti. In quel momento un flash le fece ricordare un momento che aveva già visto. Lei che ripeteva le stesse parole a suo padre imprigionato.
E il padrone che si rivelava a lei sotto un fascio di luce.
Ma non era un uomo, era una creatura strana, una bestia. Ben diversa dall’uomo che aveva davanti, ma con gli stessi occhi. Improvvisamente si alzò da com’era accovacciata e si accorse che stava piangendo.
Era un bel ricordo dunque?
O era paura?
 Ma non riusciva a rammentarsi quando questo fosse accaduto. Il principe la guardò negli occhi e sussurrò – Belle, sei tornata...- Belle, spaventata,  tentò di liberare il giovane Luis, che chiese alla madre – Come fa a sapere il tuo nome mamma?- allora Belle si rese veramente conto che il principe l’aveva chiamata per nome e si girò verso di lui.
Tornata? Lei non era mai entrata in quel castello.
Lo vedeva sempre nei suoi sogni.
Ogni notte era assalita dal ricordo di lei dentro un bellissimo castello. Era proprio come quello in cui era in quel momento. Lo sgomento salì nel suo cuore, era spaventata.
Che fosse anche quello un sogno?
Ed anche se troppo reale, pur sempre un sogno?
Il principe la intimò di seguirla. Lei spaventata acconsentì e si ritrovarono in un corridoio poco illuminato.  Il corridoio nel quale stavano passando le ricordava qualcosa. Ancora quella Bestia. Iniziò quindi a tremare. Ma aveva vicino il figlio e quindi lo strinse forte. La portò davanti ad una porta molto grande. – La biblioteca- sussurrò Belle. E il principe la udì e le prese le mani – si Belle, è la biblioteca- e Belle allora sentì un brivido correre dentro sé. Ma sì, si ricordava di esserci stata, ma non era sicura. Poi, all’improvviso si ricordò ancora di quella bestia, di una lei ancora ragazzina che tendeva lui la mano e le intimava di chiudere gli occhi. La bestia era brutta e spaventosa. Improvvisamente le girò la testa e urlò.

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Capitolo 4
*** Sogni, memorie e paure ***


Si svegliò dunque in una camera.
Era bellissima, il letto era morbido. Belle affondò la testa nel cuscino ed allora iniziò a piangere, disperata.
Dov’era? Che cosa voleva quel principe da lei?
 E soprattutto, perché veniva tormentata da ricordi di lei sedicenne e di una bestia, che si parlavano proprio in quel castello?
Nel suo sogno non aveva mai superato il cancello e quindi non poteva sapere com’era fatto dentro.
Doveva andarsene, prima di ammattire e finire in manicomio, come suo padre.
Quindi prese il suo mantello e in un cassettone ne trovò un altro per suo figlio. Scese le scale e si ritrovò nell’atrio.
Faceva freddo. Il camino era spento. Aprì il grande portone.
È mai possibile uscire così da un sogno? Una ventata gelida assalì la donna e il figlio.
Belle allora si affacciò fuori e vide che stava imperversando una bufera. Forse sarebbe stato meglio ripartire quando il tempo si fosse calmato.
Risalì in camera. Per fortuna nessuno si era accorto della sua tentata fuga.
E se doveva restare ancora per qualche ora nel castello, doveva pur mangiare. Belle aveva fame e quindi, insieme a Luis, scese nella sala da pranzo, guidata da uno strano istinto.  E la mente le aveva consigliato bene. Si ritrovarono davanti a un grandissimo tavolo.
Ma non c’era nessuno. Possibile che, oltre al principe, il castello fosse deserto?
Improvvisamente spuntò da una sedia un candelabro, che salì sul tavolo.
Si muoveva!
-Questo castello sta iniziando a darmi alla testa- pensò Belle.
Ma quando il candelabro iniziò a parlare Belle pensò che forse era veramente diventata matta.
Sì, sarebbe finita in manicomio e nessuno avrebbe più pensato a lei.
Iniziò a tremare, ma possibile che questo sogno sia così reale? Tentò di pizzicarsi.
– Ora mi sveglio nel mio letto, i miei figli dormono tranquilli nelle loro camere- ma non accadde nulla. Abbassò la testa e in quel momento fu colpita da un pensiero terribile.
E se quello non fosse affatto un sogno? Il candelabro, che disse di chiamarsi Lumiére, che aveva un accento francese veramente marcato, parlò: -Belle, sei tornata- ancora con questa storia del tornata. Belle non capiva.
Il candelabro continuò -Miei cari ospiti, è con il più grande onore, e con grandissimo piacere, che vi diamo il benvenuto e vi invitiamo ad accomodarvi a tavola dove la sala da pranzo vi presenterà..  la cena” .
Allora Belle mormorò – Stia con noi... – il candelabro sorrise e parlò di  un orologio, il cui nome era Tockins.  Era un tipo un po’ precisino, un orologio, dopotutto.
Belle si presentò spaventata e tentò di chiedere a quello strano oggetto come facevano a conoscerla tutti in quel castello.
Le offrirono la cena e quando Belle ebbe mangiato tentò di chiedere ai due buffi personaggi chi fossero veramente, e come mai si muovevano, perché parlavano, ma questi sparirono, non lasciando alla donna spazio alle domande.
Quindi Belle decise di ritornare in camera. Quando Belle raggiunse la stanza si stese sul letto, ancora stordita da quello strano incontro, ma allo stesso tempo troppo stanca per andare a ricercare il candelabro e l’orologio per tutto il castello, canticchio: “Che ragù che soufflé, torte e caramel flambé..“
– Cosa stai cantando mamma? – chiese un dubbioso Luis.
– Non lo so Luis, non conosco questa canzone, ma allo stesso tempo è come se la conoscessi da molto, molto tempo - 
Nella sua camera il principe stava osservando la scena dal suo specchio magico. Un debole sorriso si accese sulle sue labbra. ùPensò che forse Belle stava ricordando qualcosa, ma non capiva come questi flash che le attraversavano la mente fossero così  fugaci, e come Belle ne rimanesse spaventata e non riuscisse a ricordare altro.
Decise però, di andarle a parlare il giorno dopo.

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Capitolo 5
*** Una Decisione ***


La mattina Belle si svegliò e per prima cosa si incamminò verso l’atrio del castello.
Aprì il portone ma lo spettacolo che le si presentò andava molto lontano dalle sue aspettative.
La tempesta non era cessata, anzi, infuriava ancor di più rispetto alla sera precedente.
Ma lei voleva andarsene.
Chiamò Luis e, dopo essersi messi i mantelli uscirono. Il vento era gelido, così come tutto quello che li circondava. Salirono in groppa a Philippe e uscirono dal grande cancello.
Belle si voltò, come per dire addio al castello.
Quel castello così terribile, ma allo stesso tempo così interessante.
Ma, tra la paura di restare e la curiosità vinceva la paura, e lei la odiava, quindi era meglio andarsene per sempre, per non tornare più.
Addio, castello dei sogni.
Addio fantasia.
Era meglio tornare al suo villaggio. Ma in cuor suo sapeva qual’era la scelta giusta?
Il villaggio. Era un bel paesino, ma ogni dì non cambiava mai. E da quando ci era arrivata che non cambiava.
Il castello invece, così nuovo, così bello, così misterioso. Ma per il bene dei suoi figli era meglio starsene al sicuro in una calda casetta.
Dall’altro lato il castello, coi suoi abitanti. Era un castello incantato, forse colpito da una maledizione, o da un incantesimo. E non capitava tutti i giorni un’esperienza così.
E non era lei quella che voleva vivere d’avventure, e lo desiderava ogni giorno di più? Ed adesso lei la stava abbandonando, stava lasciando una grande avventura. Ma Luis, Charlotte ed Henri, a casa da soli? Quindi prese una decisione. Scese da cavallo e fisso Luis negli occhi – torna a casa, dai tuoi fratelli, io sento di dover conoscere meglio questo posto. Per favore, vai-
il figlio la guardò – no, mamma. Io non ti lascio da sola, se ti dovesse succedere qualcosa?-
Belle abbassò la testa e sorrise. Da quando suo marito era morto Luis era l’uomo di casa. Si prendeva cura di lei, nonostante Belle se la sapeva cavare perfettamente anche da sola.
Così, con un tuffo al cuore, disse – Luis, me la so cavare, non preoccuparti. Tornerò io, presto- allora il giovane annuì. Belle gli raccomandò – prenditi cura dei gemelli, mi raccomando- allora dopo aver abbracciato il figlio si girò e se ne tornò verso il cancello.
Abbassò la testa e una lacrima le rigò la guancia. Aprì il portone e fu accolta da un calore improvviso. Avevano acceso il caminetto. Che si fossero accorti della sua assenza? Decise di cercare il principe del castello. Quell’uomo le ricordava qualcosa. I suoi occhi, poi. Li aveva sognati quella notte. Per la prima volta dopo anni non aveva sognato il castello. Come sognarlo dopotutto?
La realtà che stava vivendo era di gran lunga migliore. Salì le scale che portavano alla zona ovest del castello.  
Questi impulsi naturali che la facevano spostare così facilmente erano misteriosi, ma allo stesso tempo erano belli e chiari, come il cielo.- No, non si può, l’ala ovest è proibita- esclamò Belle, ma si sentiva  bene?
Forse sì, era ammattita, e per lei non c’erano più possibilità. L’idea di finire in manicomio la spaventava ancora di più dell’idea di rimanere in quel castello da sola.  Improvvisamente vide scendere dalle scale il padrone del castello. Belle, spaventata andò in contro al principe.
Ma lo conosceva? Il suo viso non era chiuso come la sera precedente.
Era pacato, nonostante i suoi occhi sembrassero stanchi. Belle sorrise debolmente e pensò all’età di quel principe.
Era sui trentacinque anni, non di più. I suoi capelli erano lunghi e castani, molto più chiari dei suoi. Qualche ruga gli solcava il viso, come dopotutto stava accedendo a lei.
La testa iniziò girarle ma riuscì ugualmente a rimanere in piedi.
Un altro flash.
Un bacio e due giovani. Il primo era il principe ma non era possibile scorgere la ragazza. Che fosse sempre un sogno e lei non riusciva a svegliarsi?
Allora prese quel poco coraggio che le era rimasto e chiese, al principe- Chi sei?-
lui le porse la mano- Vieni-
Ma lei scosse la testa, spaventata, ma lo seguì ugualmente.  Giunsero quindi in una stanza molto grande ma assai disordinata.
C’era un quadro, molto rovinato, che doveva essere appartenuto a molti anni prima. La tela era rotta quindi Belle avvicinò le parti del vecchio quadro. Vi vide ritratti una bestia, la stessa bestia che riaffiorava nei suoi ricordi, ballare con una fanciulla, che dava però di spalle.
Era la stessa ragazza del flash precedente.
Belle non capiva, perché continuava a vederla ovunque? Chi era? E quella bestia, con gli occhi così simili al principe? Scacciò tutti questi pensieri scuotendo debolmente la testa, per poi tornare a concentrarsi sul dipinto.

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Capitolo 6
*** Finalmente la verità ***


Il vestito della ragazza era di un giallo quasi dorato.
E il salone, il salone era quello che si era immaginata centinaia di volte, quando voleva scappare dalla realtà. Anche il vestito era quello dei suoi pensieri. No, stava impazzendo.
Questo è un sogno Belle, si disse, ma il principe afferrò uno specchio. Era stupendo, pareva di cristallo.
Ma Belle era ancora concentrata sul dipinto. Allora azzardò, desiderando come non mai di sapere l’identità della ragazza dai capelli scuri. – Chi è quella fanciulla? –
Allora il principe parlò allo specchio – Mostrami cosa avvenne quindici anni fa, quando ero ancora una bestia, e come fu che lei arrivò qui- lo specchio emise un fascio di luce accecante e iniziò a far vedere a Belle un villaggio.
Allora lei si girò verso il principe – è il mio villaggio-
Lui annuì e le intimò di continuare a guardare. Vide lei, sedicenne,  che rispondeva male a Gaston, un giovane Gaston, lei che parlava col padre Maurice, lei che cantava sul prato, come faceva allora e come faceva tutt’ora.
Poi il cavallo Philippe che ritornava da lei senza il padre e quindi Belle, che montava in sella al vecchio ronzino per giungere al castello.
Ma non il giorno prima, quindici anni prima.
Belle non si ricordava nulla di tutto questo.
Vide perfino Lumière e  Tockins che cantavano sul tavolo della sala da pranzo. Era quella canzone. Quella che stava cantando lei e che stava iniziando a cantare il candelabro. Poi lei che parlava con questa bestia, gli voleva bene.
E poi finalmente le biblioteca. La giovane Belle dello specchio era estasiata alla vista di tutti quei libri.
Non riusciva a capire. I suoi ricordi erano come lo specchio li riproduceva.
Possibile che fosse accaduto veramente? Scosse energicamente la testa, come per allontanare quei pensieri.
Lo specchio fece loro vedere la sala dal ballo. La bestia che scendeva le scale, vestito come nel quadro. Successivamente lo specchio saltò alcuni minuti e si vide la bestia ballare con quella ragazza dall’abito dorato.
La ragazza si girò. Belle a stento si tené in piedi.
Era lei. Il vestito. La sala.  Un flash, e stavolta fu un flash forte e quindi iniziò a cantare – E' una storia sai, vera più che mai, solo amici e poi,  uno dice un noi, tutto cambia già- in quel momento il flash fu interrotto da qualcuno che fece irruzione nella stanza.
Riaprì gli occhi per vedere chi era e si accorse che stava piangendo.
Cosa le stava accadendo? Provò a concentrarsi sulla canzone che stava cantando Mrs. Bric...  Belle non l’aveva ancora vista durante la sua permanenza al castello. Stava bene? O le era accaduto qualcosa? E al dolce Chicco? La curiosità vinse su di lei un’altra volta così Belle aprì gli occhi. Come li aprì la vide  – Mrs. Bric! - 
La teiera sorrise e disse alla donna – Belle.. – In quel momento spuntò anche una tazzina.
Belle non riuscì a contenersi – Chicco!- la tazzina si avvicinò a Belle e le disse – Belle, ti ricordi di noi-
Belle abbracciò la famigliola in porcellana e in seguito si girò verso il principe – Si, si io mi ricordò, mi ricordo tutto. Tu sei, cioè eri la bestia- e corse ad abbracciarlo – ora però voglio sapere tutto- disse Belle, piangendo per l’emozione.
Lo specchio continuò a rappresentare quella sera, quando lei se n’era andata per cercare il padre malato nel bosco. Improvvisamente la scena mutò. Gaston che aizzava gli abitanti del villaggio contro la bestia e contro di lei.
Belle continuò a piangere ancora più forte. – Come ho potuto sposare un uomo così? – nessuno reagì.
Vide il duello tra la bestia e Gaston, lei che arrivava a cavallo al castello, per gridare alla bestia che stava lottando che lei era lì, e che non l’avrebbe abbandonato.
Gaston aveva quasi ucciso il principe. Ma lei si era chinata su di lui, implorando – no, no ti prego non lasciarmi, io ti amo..- e poi vide le luci, e la trasformazione della bestia da strana creatura a uomo. Era il principe che aveva accanto. Era la bestia. E il ragazzo era lui. Ecco dove aveva visto quegli occhi. Erano la stessa persona. E lui che la amava. Poi Gaston che afferrò il principe, appena dopo quel bel bacio.
E Belle vide lei urlare, perché il suo amore era stato buttato nel burrone. Poi lei che si avvicinava a Gaston, per fargli qualcosa di male. Ma lui le aveva dato uno spintone e lei era caduta all’indietro, sbattendo la testa.
Era così che si era scordata tutto.
Belle lacrimava, aveva ritrovato il suo amore, ora si ricordava che lo amava e si rendeva conto che lui non era cambiato, l’amava ancora come anni prima, ma era triste perché aveva perso tanto tempo con Gaston.
È vero, ora aveva tre bambini magnifici, ma non era mai stata veramente felice con Gaston, come avrebbe potuto esserlo con il suo principe. Ma in quel momento le venne un dubbio. Se il principe era caduto dal burrone, come aveva potuto essere sopravvissuto? Lo chiese al suo caro amore e lui, invece di risponderle, ordinò allo specchio di fare vedere a Belle come si era salvato: si era aggrappato ad una roccia ed era riuscito a risalire ma quando era tornato Belle non c’era più, se n’era andata, e con lei Gaston.
Questo aveva provocato una grande tristezza nel padrone del castello, che aveva visto nello specchio che cosa aveva fatto Belle. Aveva deciso che era meglio non andarla a cercare, ora che lei si era scordata del palazzo. – è vero – disse Belle – questo me lo ricordo, io che non sapevo dov’ero, e che volevo andare via. – lui, allora, iniziò a parlare – con questo specchio guardavo cosa facevi, il tuo matrimonio, la tua vita al villaggio con Gaston e con i tuoi tre figli. – a Belle venne un dubbio: suo padre non si era fatto male e quindi si sarebbe ricordato del castello e dei suoi abitanti.
Belle si tappò la bocca, spaventata ed iniziò a scuotere la testa piangendo. Il manicomio. Ecco come Gaston si era liberato di lui. Il padre le aveva ricordato più volte, quando era andato a trovarlo, del castello, nominando soprattutto Chicco, la tazzina.
Come era potuta essere così stupida? Gaston si era preso gioco di lei.
Ed adesso che il padre era morto non era riuscita a capire che lui aveva sempre detto il vero, e lei, incosciente non gli aveva creduto, cosa che invece aveva fatto con Gaston.
Aveva lasciato che lui le manipolasse la mente. Belle cercò a tentoni una sedia e vi si accasciò.
Che vita aveva avuto.. la parte bella l’aveva già vissuta, ma la sua mente gliela aveva fatta ricordare solo di recente, mentre la parte peggiore della sua vita, nonostante avesse avuto i suoi figli,  le era stata costruita intorno per far sì che non ricordasse niente dei bei momenti al castello.

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Capitolo 7
*** La Più Grande Avventura di Tutta la Sua Vita ***


 In quel momento la mente ritornò sulla terra.
I suoi figli! Erano da soli al villaggio, Luis ancora non era tornato, e come avrebbe potuto, erano passati solo pochi minuti da quando l’aveva lasciato alla porta.
O no? Tutto era accaduto così velocemente. Un dubbio però le sfiorò la mente.
E se anche al castello le avessero manipolato la mente per farle credere che aveva vissuto in modo così splendido per farla restare lì?
Ma allora come spiegare i flash che le affioravano la mente? Forse le mura del castello avevano qualche potere magico? Chiese al principe se poteva guardare ancora lo specchio. vide cosa era accaduto la sera precedente.
Ma i flash non erano come immagini, lei sentiva che erano realtà, una realtà ormai passata, ma pur sempre realtà.
Poteva sentire i rumori, gli odori e le sensazioni.
Sì. Era tutta realtà. E si sentì felice, una felicità che nessuna magia avrebbe mai potuto creare, era la felicità che aveva provato dopo aver baciato il principe, quella sera di quindici anni prima.
Guardò fuori dalla finestra e si accorse che era già mezzogiorno, o poco più. 
Improvvisamente la porta si spalancò per la seconda volta e apparvero sulla soglia Luis, Charlotte e Henri, che erano stati portati al castello da una strana macchina che aveva visto dalla finestra.
Era con quella che suo padre era stato portato a casa subito dopo il suo arrivo al castello quindici anni prima.
I gemelli erano terrorizzati ma Luis li aveva rassicurati, per quel che aveva potuto.
 Belle corse da loro e gli abbracciò.
Spiegò loro la situazione e poi propose, sempre in preda a quell’euforia frizzante – Veniamo a vivere qui – e girandosi verso il principe- Se ti va bene-
Lui annuì energicamente e corse ad abbracciare Belle. Lei si sciolse da quell’abbraccio corse in una camera, quella che le era appartenuta quando viveva al castello anni prima.
Entrò di colpo e l’armadio fece un sussulto.
Quando vide Belle la riconobbe subito. Lei allora chiese all’armadio di quel vestito dorato che le piaceva tanto. L’armadio si aprì e tirò fuori il vestito.
Era ancora perfetto, ma le sarebbe entrato ancora? Sì, le calzava a pennello.
Era uno splendore.
Intanto il principe si era messo un completo simile a quello che indossò la sera più bella  al castello.
Scesero le scale come avvenne anni prima e Mrs. Bric intonò la stessa canzone. 
Era tutto così perfetto.
Ballarono a lungo e dopo aver ballato si baciarono romanticamente. Improvvisamente ognuno degli abitanti del castello sentì un pizzicorino dentro sé.
Una luce avvolse il castello. Di colpo Mrs. Bric girò su sé stessa e tornò ad essere una vecchietta tanto tenera e dolce. Il principe corse ad abbracciarla e così fece con Lumière e con Tockins. Chicco divenne un dolce bambino e il poggia piedi si tramutò in un simpatico cagnolino.
Belle li riconobbe subito. Non erano poi così diversi da oggetti..
Improvvisamente si ricordò di una rosa, protetta da una campana di vetro. Chiese al suo principe di quella rosa e lui le spiegò dell’incantesimo.
Neppure quando era al castello, da giovane, aveva mai pensato alla rosa. L’aveva vista una volta sola.
E il ricordo della rosa era legato a quello di lei che scappava dal castello, terrorizzata – Mi dispiace di aver promesso, ma non rimarrò qui un minuto di più- e con Philippe era corsa via, per sfortuna era incappata nei lupi della foresta, ora se li ricordava, che erano riusciti a far del male alla bestia, che era corsa in suo aiuto.
Allora Belle era tornata al castello e proprio medicando la bestia aveva iniziato a parlarci. E da lì era nata una bella amicizia, che si era trasformata in una storia d’amore. Forse era proprio grazie ai lupi che aveva conosciuto il suo amore, ma anche per colpa di essi aveva perso suo marito.
Ma adesso non le importava di Gaston, dopo che aveva visto tutto quello che era veramente stato, non ora che era felice, e lo sarebbe stata per sempre.
Sì, annuì nella sua mente, per sempre. Si era resa conto che l’avventura più grande della sua vita l’aveva già vissuta, ma l’aveva dimenticata per anni.
Buttò la testa all’indietro, per non pensarci. L’aveva già vissuta ed adesso l’avventura stava ritornando, più bella di prima, e destinata finalmente a renderla una donna felice.
Non le importava se non avesse sposato il principe. Si sentiva già una principessa.
Non per le ricchezze del castello, ma per la ricchezza d’animo delle persone, un tempo oggetti che l’avevano aiutata, che non le avevano fatto dimenticare come si può sognare, e che le avrebbero voluto bene, come lei voleva bene a loro.
Improvvisamente dal castello uscirono dei fiotti di luce bianca.. erano meravigliosi.
Il castello, che fino a quel momento era stato nero e oscuro, divenne bianco e limpido. Le statue dei gargoyle si tramutarono in splendidi angeli.
I rovi che avvolgevano il palazzo si trasformarono in rose rosse, fresche e appena sbocciate.
Belle era felice, aveva quello che aveva sempre desiderato. I suoi figli erano lì con lei e splendevano, almeno così le pareva.
Tutti si avviarono verso il salone principale, bello più che mai.
Il sole filtrava dalle grandi finestre. Già, era spuntato il sole, il che le dava ancora più gioia.
Il principe le prese la mano e si incamminarono verso il centro della sala. Ballarono per molto tempo e una melodia echeggiava nell’aria:

Quando sembra che, non succeda più,

 ti riporta via, come la marea, la felicità.

Ti riporta via, come la marea, la felicità.

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