La dama della nebbia

di Ulisse85
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - La casa sulla scogliera ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - in acque sicure... ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - un posto da incubo ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - infelicità e follia ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - scogli e correnti ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - persi nella nebbia ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Rufus e Veronica ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - la dama della nebbia ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - al risveglio... ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - La casa sulla scogliera. Mara e Cinzia. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 - Sogno e realtà ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 - Riconoscersi... ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 - Perdono, fraintendimenti, invidia. ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 - Biscotti ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 - La casa sulla scogliera ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 - Tra sogno e ricordi... ***
Capitolo 17: *** Epilogo - Sit tibi terra levis ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - La casa sulla scogliera ***


“Rufus dove vaiiii.. torna qui...... Rufuuuuus” Marco continuava ad urlare rincorrendo il cucciolo di spinone grigio.
Il cagnolino credendo che quelle grida fossero parte di un gioco estremamente divertente continuava a correre a zig zag sempre più veloce. Poi si fermava e controllava se il padroncino era ancora dietro di lui, si impuntava sulle zampe davanti come per spiccare un salto su una preda, abbaiava giocosamente intanto che la coda sollevava una tempesta di sabbia.

Marco aveva le mani poggiate sulle gambe, Rufus era piccolo ma correva decisamente molto, troppo.
Non voleva però fare brutta figura con Chiara.

Lei li seguiva a breve distanza, correndo più piano ma in modo più regolare. “Forza Marco, dai che lo prendi...... ti prego che se no mamma se la prende con me!!!” urlava lei sorridendo.

Ma era vero ciò che diceva, Rufus era il cane di Marco ma era stata lei ad insistere con i rispettivi genitori prima perchè lo potessero portare con loro a passeggiare sul lungo mare e poi con Marco per convincerlo a scanciargli il guinzaglio.

Il mare per lei è sempre significato libertà e non vedeva perchè invece un cucciolo di cane dovesse essere incatenato. Perchè altrimenti scappa, aveva risposto Marco.

Ed ora lo inseguivano.

Avevano percorso ormai qualche kilometro allontanandosi fortemente dal “rimanete in zona / non andate lontani” della madre.

Effettivamente era tranquilla di ritrovare la strada di casa solo perchè bastava tenere il mare dal lato opposto e fare il percorso al contrario, ma da lì nemmeno si vedeva la spiaggia di partenza, quella a ridosso della bifamiliare che le loro famiglie avevano affittato.

“Dai che si è fermato!”, il piccolo e affannato difensore della squadra di quartiere aveva visto Rufus immobile sulla collinetta di sabbia di fronte a lui e si stava arrampicando aiutandosi con le mani e aggrappandosi alle erbacce che spuntavano dalla sabbia bianca e ciottolosa per fare prima.

Arrivato in cima prese il cane e lo sollevò come in una scena di un famoso cartone animato, se non fosse che decisamente Rufus non era un leone.

Il cagnoletto, a contrario di quanto avveniva di solito, non emise nemmeno un mugolio.

Marco ne seguì lo sguardo e vide la casa sulla scogliera.

Dopo la duna sulla quale erano saliti, e su cui li aveva appena raggiunti Chiara, c'era una scogliera rocciosa, che sembrava scolpita con un'arma affilata per le linee nette, definite, quasi violente che tagliavano il paesaggio e delimitavano mare e orizzonte.

Sembrava quasi che quella casa in stile antico immersa tra ogni tipo di erba e alberi, circondate da antiche statue e immersa nella propria altera solitudine, fosse la fine stessa della spiaggia.

Forse la fine dell'intero paesaggio.

Sulla sinistra di quella pietra grigia c'era costruita, o forse addirittura intagliata, una scaletta che permetteva l'accesso dalla casa ad una piccola spiaggia privata. Roba di ricconi asociali, diceva sempre suo padre.

Chiara cominciava a cercare di pararsi gli occhi dalla sabbia che le arrivava contro. Marco vedendo la bambina, per lui una giovane donna, che si agitava fu riscosso dal torpore. Solo allora si rese conto di avere ancora in braccio Rufus, che all'improvviso non aveva più alcuna voglia di correre ma stava moggio moggio tra le sue braccia, quasi fosse diventato un peluche.

“Marco, dai.. andiamo.. che si sta alzando il vento.. ho tutta la sabbia in faccia!” Chiara avevo un tono stranamente piagnucoloso rispetto al solito. Decisamente lui non aveva niente in contrario ad andarsene: quella casa sulla scogliera aveva qualcosa di inquietante.

Inoltre la sabbia effettivamente cominciava a sentirla anche lui: gli bruciava negli occhi e gli faceva attrito sulla pelle. Fino a poco prima non c'era un filo di vento e adesso addirittura stava sollevando tutte quella sabbia...

Riscesero la duna rapidamente, arrivati di sotto camminarono un po' e solo dopo qualche centinaio di metri, quando furono abbastanza lontani Marco rimise giù Rufus, riagganciandolo al guinzaglio e Chiara ricomincio a parlare.

Non si erano nemmeno resi conto di essere stati in silenzio così a lungo, fino a più di 400 metri dalla duna e da quella strana casa.

Intanto anche il vento si era calmato e così la piccola tempesta di sabbia.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - in acque sicure... ***


In lontananza cominciarono a vedere le inconfondibili figure delle rispettive madri.

Facevano decisamente contrasto l'una accanto all'altra.

 

Mara, la madre di Marco, occupava con decisione e sostanza il proprio spazio, le sue spalle larghe, i fianchi tondi e corposi la rendevano una donna giunonica ma l'armonia delle sue forme, la bellezza del suo volto e la dolcezza del suo sorriso le donavano un'aria dolce quasi in contrasto con la generosità e imponenza del suo corpo; così come i suoi capelli castano scuro contrastavano elegantemente con il verde chiaro dei suoi occhi.

 

Cinzia era praticamente l'opposto in tutto: bionda, fisico affusolato e magro, tagliava lo spazio con decisione, il passo etereo e la voce sempre modulata celavano un carattere deciso, attento, rigoroso e fragile allo stesso tempo.

 

Erano quindi apparentemente così diverse, ma si erano trovate anni prima, ai tempi del liceo e nonostante la separazione avvenuta all'università, erano rimaste unite.

Così da quando i figli erano piccoli avevano preso ad affittare spesso l'estate una bifamiliare per stare un mese insieme e ritrovarsi.

 

A Sebastiano e Giacomo non dispiaceva, andavano d'accordo nonostante le diverse squadre tifate ma tanto... d'estate il campionato non c'era.

 

Ad avvistare per prima gli insabbiati Chiara e Marco fu la causa dei chili di più di Mara: Veronica.

La sorellina di Marco cominciò ad urlare che i due erano di ritorno, o meglio i tre: in fondo a lei interessava che tornasse Rufus più che altro.

 

“Forza ragazzi che tra poco si mangia..” Mara urlò senza nemmeno voltarsi

 

“.. ma come siete ridotti” Cinzia sorvolò sui saluti per andare al punto “non avrete intenzione di mettervi a tavola ridotti così... fatevi una doccia al volo.. avete 5 minuti!”

 

Marco è tutto zozzo.. Marco è tutto zozzo... Marzo è tutto zozzo... “ se la canticchiava Veronica

 

Essere ripiombati nella solitamente fastidiosa normalità dei ruoli familiari fece tirare un sospiro involontario ad entrambi i ragazzi.

Solo allora si resero conto che la casa che avevano visto li aveva davvero turbati.

 

Rufus si era ripreso più rapidamente e stavo cercando di mettere in atto un efficacissimo piano per rubare la bistecca che aveva adocchiato sul tavolo.

Il suo passo felpato sul praticello ghiaioso della villetta stava passando inosservato... doveva agire ora... erano distratti.. quella bistecca era grande... un passo, poi di nuovo fermo... qualche passo e poi controllare che nessuno lo guardasse... qualche passo... in aria.

Le sue zampe non toccavano più terra. Sebastiano lo aveva afferrato per il collare e sollevato: “Bel tentativo cagnaccio.. c'hai provato”

 

Marco è tutto zozzo.. Marco è tutto zozzo... Marzo è tutto zozzo..”

 

Marco si avviò verso l'interno della casa salutando di passaggio sia il padre che Giacomo, così fece anche Chiara. Si separarono alla biforcazione degli ingressi per le abitazioni.

 

“A tra poco...” bisbigliò Marco

“ciao..” sorrise Chiara

Marco è tutto zozzo.. Marco è tutto zozzo... Marzo è tutto zozzo..” continuava Veronica in lontananza.

 

Il pranzo passò tranquillamente tra le consuete proteste per non mangiare gli spinaci di Marco, le litigate tra Chiara e Cinzia per chi dovesse mangiare di meno e le abbuffate di Sebastiano e Giacomo.

Al pasto fece seguito la consueta manfrina di batti e ribatti già scritto su quanto aspettare per andare a nuotare o almeno a sguazzare un po'.

 

Marco ERA tutto zozzo.. Marco ERA tutto zozzo... Marzo ERA tutto zozzo..”

 

Sdraiato al sole ad asciugarsi, finalmente senza sudare dopo la giornata cosi calda, Marco si ritrovò a guardare Chiara stesa a pochi passi da lui. La conosceva da.. sempre. Ma ogni tanto era come incontrare una persona nuova.

 

Si, è vero si sentivano via skype e ogni tanto si vedevano durante l'anno ma ogni estate era diversa, in un certo modo. Era bella. No, era solo Chiara. Però quel corpo dolce, abbronzato, con già un accenno di seno... insomma, le goccioline di acqua salata ci scorrevano proprio bene sopra.

 

Si accorse che lei lo stava guardando.. o meglio, guardava incuriosita e sorridente il suo amico che la fissava imbambolato. Si girò di scatto dall'altra parte, sperando di esserci riuscito prima di arrossire.

 

A Marco piace Chiara... a Marco piace Chiara... a Marco piace Chiara”

Veronica, mostriciattolo... se ti prendo..” si alzò di scatto a rincorrere la sorella di 7 anni. Non era preoccupato della nuova canzoncina, la piccoletta la dedicava a chiunque guardasse un'altra persona per più di 3 secondi, o più di quanto guardasse lei.. e lo sapeva anche Chiara, che infatti se la rideva senza muoversi dall'asciugamano.

Veronica scappava allegramente da Marco, e Rufus saltellava abbaiando intorno a loro.

 

I genitori li avevano lasciati tranquilli a giocare prima di cena, intanto che Cinzia e Mara, in casa, si preparavano per uscire e andare al ristorante e i rispettivi mariti si rilassavano davanti la tv, invece di andare a richiamare i figli ma, tanto, sono ragazzini.. quanto ci può volere a prepararsi.

E probabilmente gli ci sarebbe voluto abbastanza visto che si stavano insabbiando a rincorrersi e a giocare con lo spinoncino (l'unico che non aveva di che preoccuparsi, non essendo invitato a cena fuori).

Quantomeno abbastanza da fare tardi e da regalarsi una litigata serale ma, tanto al momento nessuno li stava disturbando né controllando.

 

Almeno, nessuno dei genitori, perchè qualcuno che li osservava e vedeva c'era. Da lontano.

E da lontano, questa notte, si sarebbe fatto più vicino.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - un posto da incubo ***


Marco afferrò appena in tempo il vaso che, altrimenti, cadendo a terra, sarebbe esploso in mille pezzi. Lo riposò sul ripiano impolverato sul quale era esposto in precario equilibrio.

Accanto al vaso nero con sottili intarsi ocra, si estendevano una serie di altri oggetti, da un piccolo candelabro color ametista ad un ciondolo di ambra splendente appeso ad un chiodo arrugginito.

Il ripiano altro non era che la parte superiore di un caminetto sporco e spento da troppo tempo.

 

Marco si rese conto di avere freddo.

Indossava come sempre d'estate un paio di jeans comodi e una magliettina a maniche corte rossa con un mini collettino con riga bianca.

Aveva la pelle gelata.

 

Alzò lo sguardo dal camino si girò verso il resto della stanza. Quello che non era coperto direttamente da una coltre di polvere era celato da un telo di plastica reso opaco dal tempo e dallo sporco.

I colori della stanza erano una cupa scala cromatica disegnata tra l'ebano, il nero della notte e il grigio di un temporale estivo.

 

I suoi occhi piano piano si cominciarono ad abituare alla poca luce presente e riuscì a spaziare un minimo con lo sguardo, riconoscendo la stanza come un grosso salone, in fondo al quale era presente una scaletta a chiocciola per recarsi ad un piano superiore e di fronte ad essa una porta socchiusa e cigolante. Nessuna traccia di finestre.

 

Ma non era quello il problema più grave al momento che si poneva Marco.

 

“Dove sono? Come sono arrivato qui?” continuava a chiedersi

 

lo sai dove sei...

 

“Stavo dormendo... chi mi ha portato via dal mio letto” il tono piagnucoloso dei suoi pensieri non gli piaceva. Aveva 13 anni, doveva comportarsi da uomo!

 

Tu sei venuto qui... nessuno ti ha costretto...

 

“come ci torno a casa... devo chiamare i miei.. però è notte... ecco, andrò bevuto di sicuro! Senti come piove oltretutto.. che palle... mi bagnerò tutto...”

 

Marco si era reso conto che fuori c'era un temporale notturno che stava soffocando la casa nella sua morsa di pioggia, rendendo più densa l'oscurità e abbassando la temperatura.

 

“per questo ho freddo probabilmente...”

 

sai che non è per quello...

 

Decise che anziché rimanere immobile in quella stanza era meglio cercare di uscire. Avrebbe fatto una corsa fino a casa...

 

...almeno sai come arrivarci ?

 

“Certo che so come arrivare a casa... è dritto per dritto, basta tenere il mare sulla sinistra!”

 

allora vedi che sai dove sei....

 

Io non...” e Marco si rese conto di essere nella casa sulla scogliera.

 

Nella sua mente si cominciarono a riformare le domande iniziali su come ci fosse arrivato, intanto che attraversava lentamente e silenziosamente il salone.

Lo sciogliersi di tali dubbi fu interrotto dal socchiudersi della porta che dava sull'altra stanza. Il cigolio bloccò Marco.

 

da questa parte, vieni.

 

Andiamo per logica... se vado di sopra o nell'altra stanza ho le stesse probabilità che .. mi succeda qualcosa... però se vado di sopra poi non posso uscire...”

 

non puoi uscire in ogni caso

 

Era impietrito dal dubbio, o forse era semplicemente paura. Alla fine decise che a parità di rischio, tanto valeva rimanere al piano terra che offriva più vie di fuga.

 

“ci sarà una porta di uscita...”

 

Sentì un grido provenire dal piano di sopra. Una voce femminile e squillante.

 

Era Chiara.

 

“Chiaraaaaaaaaaa....” cercò di urlare ma la fredda umidità della casa attutì come un cuscino sulla canna di una pistola il suo grido. Cominciò a correre e a salire la scala a chiocciola.

 

Sopra era ancora più buio del salone. Entrò di corsa nella stanza. Probabilmente quella era la camera da letto. Grande quanto metà di tutto il piano di sotto, era occupata al centro da un enorme letto a baldacchino in legno antico e pesante.

Una tenda impolverata, preziosa e strappata lo chiudeva su tre lati, lasciando intuire la presenza di coperte scomposte e cuscini appoggiati.

Nella stanza c'erano un grande mobile a cassettoni e un pianoforte nero e obliquo appoggiato alla parete. Una delle gambe del pianoforte era rotta, spezzata e il cadavere dello strumento si poggiava precariamente a terra.

Di Chiara non c'era traccia.

 

“Ero sicuro che fosse la voce di Chiara...”

 

certo che era la sua voce...

 

“... deve essere qui, da qualche parte.. Chiara..” i suoi pensieri avevano ripreso quel tono piagnucoloso che detestava. A 13 anni non si piange.

 

...ERA la sua voce...

 

Marco stava sudando, nonostante il freddo alle braccia.

Un brivido in più percorse il suo corpo intanto che era immerso nell'oscurità totale della stanza.

 

Sentì qualcosa di umido sui suoi piedi. Anzi di liquido.

Abbasso lo sguardo in preda al panico, immaginando fosse troppo buio per vederseli.

 

Invece li vide chiaramente. Erano lambiti dalle onde del mare che si allungavano pigre e maliziosa sulla sabbia come un amante assonnato e insoddisfatto.

Rialzò lo sguardo e davanti a sé c'era il mare, cupo e blu cobalto come solo di notte riusciva ad essere.

L'abbraccio della pioggia era cessato ma a questo avevano fatto seguito le carezze del vento.

Un vento gelido e incostante, folate discontinue che donavano solo brividi al suo corpo madido di sudore. Si girò per capire dove si trovasse.

 

Davanti a sé una spiaggetta privata e in fondo alla notte si inerpicava tra gli scogli quella scalinata scolpita nella roccia che aveva visto quella mattina.

La casa era avvolta nel silenzio e nel buio più totale.

 

“Come ne sono uscito.. io non... e Chiara?”

 

Chiara non c'è più...

 

“Devo trovarla... e riportarla a casa...”

 

Marco cercò di scrutare nella notte se vi fosse qualcuno. Sentiva di non essere da solo.

In fondo al buio vide infatti una sagoma dai contorni indistinti, avvolta da un telo di colore blu come il mare alle sue spalle. Ma non capiva chi fosse.

Cercò di focalizzare l'ovale bianco del volto che intravedeva nella notte.

Ad un certo punto questo scomparve.

 

Il buio si fece più pieno e sentì una mano gelida toccargli il viso.

Poi un corpo bagnato si accostò al suo e....

 

“Marco.. Marco.. ti prego svegliati .. ti prego... devi stare con me.. Marco”, piangendo e sussurrando, ma soprattutto scuotendolo, Chiara cercava di svegliarlo.

 

Era abbracciata a lui, stesa o, per meglio dire, rannicchiata sul bordo del suo letto.

 

“Chiara ma.. tu.. la casa.. che ci fai qui?” le domande di accavallarono nella mente e nelle parole del ragazzo vedendo la sua amica vicino a lui, sudata, infreddolita e bagnata.

Erano nella stanza di Marco.

 

Chiara urlando si era svegliata da quel sogno orribile, aveva preso la chiave che la mamma di Marco aveva dato a sua madre per “sicurezza” ed era andato da lui.

Sapeva che doveva svegliarlo, perchè la sua paura non sarebbe bastata, così come sapeva che ora aveva bisogno di sentirlo vicino.

Di sentirlo reale.

 

Marco abbracciò Chiara, senza fare ulteriori domande. Non avrebbe comunque trovato risposte.

L'unica domanda che non aveva bisogno di fare, che non voleva fare, era quella di cui entrambi sapevano la risposta.

Avevano vissuto il medesimo incubo. In quella casa stanotte c'erano stati entrambi.

 

La sveglia segnava le 4 di notte. Si rannicchiarono insieme contro il muro, tirando su il lenzuolo per coprirsi dall'aria fredda di quel momento. Forse solo per proteggersi.

Abbracciati si addormentarono e l'alba li sorprese in quell'angolo.

 

Si svegliarono quasi insieme da quelle poche ore di riposo.

 

“Marco.. io devo rientrare prima che papà si sveglia altrimenti mi uccide...”

 

“ok, vai.. passa dalla porta principale, tanto da quel lato dorme Veronica che ha il sonno più profondo dei miei genitori”

 

“va bene.. a dopo allora...”

 

“ a tra poco...” Marco rispose simulando un sorriso. Ne uscì una smorfia stanca e preoccupata.

 

Chiara nemmeno se ne avvide.

Era distrutta da quanto vissuto e dal presentimento che se la nottata era finita, l'incubo era appena iniziato.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - infelicità e follia ***


Raramente i loro genitori avevano visto Chiara e Marco così silenziosi.

C'era un'unica spiegazione logica e la capirono presto tutti: dovevano aver litigato.

 

“Mi passi la Nutella?” chiese Veronica

 

Marco continuava a fissare lo spazio dritto davanti a sé, trapassando con lo sguardo il padre, la staccionata verde e probabilmente l'intero orizzonte. Era il suo pensiero a guardare per lui e l'immagine che vedeva si stagliava ripida su una scogliera.

 

“Marco passa a tua sorella quello che ti ha chiesto per favore..:” Intervenne Mara

 

Chiara si allungo sul tavolo, afferrò la cioccolata e con un sorriso spento e sbiadito la passo a Veronica e l'aiutò anche a spalmarla sulla fetta di pane...

 

“Sono grande.. lo faccio io.. lo faccio io...” protestava la bambina, scuotendo i capelli castani come farebbe un cucciolo di cane per sgrullarsi dagli schizzi di pioggia. I suoi occhi verdi già sbrillucicavano di pianto nervoso e urla represse.

 

“... lascia fare a Chiara che tu ne metti troppa!” - Cinzia stoppò sul nascere la bambina

 

Chiara finì di sistemare la colazione per Veronica senza che Marco si avvedesse di niente.

Sui piedi sentiva ancora il freddo dell'oceano di notte e sulle mani il sudore nervoso di quando era stato nella casa. Era un sogno ma sentiva di esserci stato davvero.

 

Mara e Cinzia si alzarono per sistemare tovaglia e piatti c Chiara con una sollecitudine insolita quanto nervosa cominciò a dar loro una mano.

Sapeva a cosa stava pensando Marco e non appena da soli gli avrebbe detto di smettere. Più pensava a quanto era successo e più il tutto prendeva forma, consistenza.. realtà.

Dovevano accantonare, convincersi che era stata una suggestione comune e procedere oltre... godersi la vacanza.. pensare a divertirsi. Stare al sicuro.

 

Proprio in quel momento i loro occhi si incontrarono e Chiara capì che non era possibile.

 

Non avrebbe cancellato l'incubo impegnando la mente in mille faccende pratiche. La casa era lì, le onde si infrangevano ancora schiumose sulla scogliera, il pianoforte continuava a essere sbilenco e precario e l'aria della casa umida e densa. E c'era ancora chi li stava guardando.

 

Marco continuava a fissare il vuoto. Cercava di prendere atto della situazione e pensare a cosa fare. Parlarne con qualcuno era fuori discussione quanto inutile.

Dovevano capire cosa stava succedendo e poi scegliere come comportarsi e se, nel caso, scappare il più lontano possibile.

I piatti erano ormai tutti lavati e i biscotti tornati al loro posto, cioè dove Veronica non arrivava e dove Sebastiano non li avrebbe trovati.

 

“Dobbiamo parlare... “ quello di Marco era un sussurro ma non ammetteva repliche

 

“ma adesso si va in spiaggia...” la replica di Chiara era debole, quasi un estremo tentativo

 

I genitori sentirono il dialogo di sfuggita e decisero di fare finta di niente così almeno i due ragazzini potevano fare pace.

 

“Pensi che tra Chiara e Marco...” Mara sorrise a Cinzia uscendo dal cancello di casa.

 

“Non saprei.. però sono carini insieme..” ammise la filiforme mamma bionda

 

“sono solo bambini e Chiara deve pensare a giocare con le bambole!” si intromise Giacomo “ e Marco invece deve pensare a .. a...”

 

“... al calcio: la prossima stagione parte titolare. Non c'è tempo per le donne!” completò Sebastiano

 

“giusto!” Giacomo apprezzò il soccorso dell'amico

 

Le mogli sorrisero accondiscendenti. Poveri illusi, era evidente che i due ragazzi stavano affrontando per la prima volta qualcosa di più grande di loro: il primo amore.

Le due donne avevano ragione solo in parte.

 

“C'è un solo modo di sapere le cose e saperle esatte...” Marco era deciso a trattare la questione “cercarle su internet”

 

“Vuoi cercare su internet se dentro quella casa c'è una strega?” sbuffò Chiara

 

“Si e no.. voglio sapere chi ci abita.. e se c'è qualche storia legata al posto.. magari qualche incidente.. una magia o un .. cimitero indiano!” cercò di ironizzare lui.. con scarsi risultati.

 

Chiara continuava a stare seduta con le braccia incrociate come se avesse freddo e con le gambe sulla sedia accostate alle braccia.

Il rumore di avvio di Windows la fece lievemente trasalire. Il pc caricò le impostazioni di base, la ben nota icona Microsoft troneggiò ondeggiante al centro dello schermo e quindi un paesaggio lunare apparve come sfondo al pc.

Marco inserì la chiavetta internet per connettersi “.. controlla che non arrivino i nostri”

 

“sono andati in spiaggia...”

 

“non si sai mai.. tu controlla”

 

Marco cominciò a inserire le coordinate del luogo su google cercando “casa scogliera” ma anche “legende” “nebbia”... alla fine trovò una pagina di un giornale online di 2 anni prima in cui c'era raccontata una storia di infelicità e follia. Cosi almeno prometteva il titolo.

 

Il lungo articolo iniziava con una descrizione inquietante di una scogliera che Marco e Chiara riconobbero come “quella” scogliera... ci abitava una coppia di persone di circa 45/50 anni, senza figli.... l'articolo si dilungava cercando di creare suspense con doppi sensi relativi alle attività lavorative dei due... dopo qualche foto e inserzioni pubblicitarie l'articolo arrivò al dunque.

 

“Marco sento dei passi...” Chiara sussultò e prese per il braccio l'amico

 

Questo si girò e ascoltando sentì uno scalpicciò di ciabatte sulla ghiaia del vialetto di casa.

 

“Dai sbrighiamoci a finire...” Marco tornò alla pagina e anche Chiara riposò lo sguardò sull'articolo...

 

...la vita della tranquilla coppia della scogliera era destinata ad essere stravolta e non da un'onda più alta delle altre o da una tempesta. La causa del cambiamento e del dramma, dell'infelicità e della follia fu il marito modello che un giorno decise di cedere alle lusinghe della bella locandiera del vicino centro cittadino. Il primo tradimento fu casuale, avventato, la momentanea perdita del senno a scapito di mille rimorsi e di altrettanti tentativi di confessare. Poi con la turista del nord fu probabilmente più facile così come con la fioraia dagli occhi azzurri e dalle forme provocanti.

Ma in un piccolo paesino di mare i pettegolezzi li porta con sé la brezza e il volo dei gabbiani. Le voci girano veloci e non si infrangono sugli scogli ma contro i sospetti di una donna insicura e gelosa, ora anche moglie tradita.

E dal tradimento, nascono rabbia e risentimento, la gelosia si fa follia. Dall'infelice condizione sorge il desiderio di vendetta, di punizione, di giustizia. Di morte.

 

I due ragazzi arrivarono al passaggio in cui il giornalista raccontava di come la moglie avesse ucciso il marito fedifrago con un appuntito paio di forbici da sarta colpendolo ripetutamente alla gola, trattenendo il respiro, tenendosi per mano e sudando lievemente...

 

“Marco .. Chiara .. su, andiamo! E' ora di andare in spiaggia.. altrimenti che si stiamo a fare qui???”

 

Giacomo era tornato indietro spaventato dalle illazioni della moglie e di Mara su un possibile piccolo amore tra i due ragazzi.

 

Al suono della voce del genitore trasalirono entrambi... Marco si girò di scatto fingendo una disinvoltura che non gli apparteneva e Chiara chiuse di scatto il pc che si spense senza finire nemmeno di leggere l'accurata descrizione fatta dal giornalista dell'omicidio avvenuto nella casa sulla scogliera.

 

D'altra parte era ora di andare in spiaggia e di mostrarsi sereni e felici perchè sarebbe stata senza dubbio una bella vacanza che sarebbe rimasta nelle loro menti a lungo.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - scogli e correnti ***


La spiaggia alle loro spalle si faceva sempre più piccola intanto che Marco remava con energia e nervosismo.

Chiara continuava a reggersi al canotto e a trattenere con la mano sinistra il cappellino sulla propria testa. I suoi capelli, raccolti in una coda bionda da un elastico blu girato due volte, passavano attraverso lo spazio per la chiusura del cappellino da baseball che portava ogni estate.

In origine quel cappello era celeste con i bordi gialli ma l'acqua salata del mare, le tante sudate e il sole lo avevano sbiadito, consumato e reso unico.

Adesso lo doveva portare aperto al massimo perchè era cresciuta da quando lo aveva ricevuto in dono da Marco due anni prima.

 

Arrivati abbastanza lontani, all'altezza delle ultime rocce di quella scogliera che conchiudeva la spiaggia in un abbraccio di mare sicuro e protetto dal vento, realizzarono due cose nello stesso momento: così distanti dalla spiaggia potevano parlare sicuramente senza timore di essere uditi dai genitori o da chiunque altro e che la casa che avevano in affitto questo anno era esattamente all'estremità opposta della baia chiusa dall'altro lato dalla casa sulla scogliera.

 

Proprio la casa e la donna che la abitava erano l'argomento di cui parlare.

 

Sapevano entrambi che dovevano cercare di capire cosa fare (o non fare) e che una qualche decisione andava presa perchè quel sogno lo avevano fatto entrambi ed era una coincidenza molto strana. Perchè in quella casa c'era una donna che aveva sgozzato brutalmente il marito infedele e perchè quella donna in qualche modo sapeva di loro.

 

“.. cosa vuole da noi?” la domanda di Chiara era di quella banalità disarmante propria solo delle domande destinate a rimanere senza risposta

 

“Non lo so... ma perchè pensi che voglia qualcosa?”

 

“Perchè nel sogno ti parlava... ci parlava”

 

“Era una voce femminile... come sai però che era la sua?”

 

“Marco, dai... di chi altro doveva essere? In fondo la casa era la sua...”

 

“Non sappiamo nemmeno se ci abita ancora... magari è stata messa in carcere dopo quello che ha fatto.. possibile sia uscita in due anni?”

 

“.. magari era stata dichiarata incapace di intendere e di volere..” rispose Chiara citando una delle formule sentite più volte dalla madre avvocato

 

“Ma la voce della tizia dell'articolo noi non l'abbiamo mai sentita magari se potessimo sentirla scopriremmo che è completamente diversa e quindi...”

 

“.. e quindi abbiamo solo immaginato una voce femminile a quel punto!!!” terminò Chiara.

 

“Esatto! Se non era lei a parlarci, sicuramente non era nessun altro... e se quindi la voce non era la sua vuol dire che...siamo semplicemente due cacasotto... “ a Marco venne da ridere a dirlo così. Chiara si unì alla risata dell'amico, pensando che fosse perchè era divertente. Non realizzarono subito che era un moto di sollievo per aver trovato una possibile soluzione razionale per auto-convincersi che il sogno non era altro che la loro fervida immaginazione che aveva ricamato su quella casa misteriosa.

 

“...e comunque cacasotto sarai tu! Io sono una dolce fanciulla indifesa!” Chiara si finse offesa nel puntualizzare l'importante distinzione tra uomo e donna.

 

“si si .. sempre fifona rimani !” Marco non era portato a usare il termine più pesante se indirizzato solo a lei, senza includere anche lui nella categoria...

 

Chiara prima mise il broncio, per distrarre Marco, intanto che con la mano raccoglieva un po' acqua... quindi comincio a schizzarlo facendo ondeggiare il canotto con i propri movimenti.

Il movimento venne accentuato dal ragazzo che si parava dagli schizzi cercando di bloccare le braccia di Chiara in una lotta di acqua salata, risate finalmente rilassate e ingenui contatti tra le loro mani.

Chiara cerco di ribellarsi all'amico e mostrare che nonostante un anno in meno e l'appartenenza al “gentil sesso” non aveva nulla da temere.

 

Nell'agitarsi il suo cappello cadde in acqua senza che nemmeno se ne accorgesse.

Marco riusci a bloccarla infine contro il suo lato del canotto. Guardando oltre lei notò però che alle spalle dell'amica non si vedevano più le rocce della scogliera, né girandosi la loro spiaggia.

Senza avvedersi di continuare a tenere bloccata Chiara si guardò intorno rendendosi conto che la corrente doveva averli trasportati via da dove si erano fermati a parlare.

 

“Mi molli per favore... “ Chiara sorrideva ancora e Marco si accorse che le sue mani erano sui polsi della ragazza e lei era praticamente distesa sul canotto quasi sotto di lui.

Diventò tutto rosso in viso, cosa che la fece molto ridere. E lusingò altrettanto.

 

“La corrente ci ha allontanato da dove eravamo!” il ragazzo cercò di darsi un tono

 

“oddio.. siamo finiti a largo?”

 

“mmm – Marco guardò di nuovo verso riva - no, direi che siamo alla stessa distanza di prima...”

 

“ma quindi... stiamo andando verso la... “ Chiara divenne improvvisamente pallida

 

Anche il rossore imbarazzato di prima fu sostituito sul viso di Marco da un'ombra di preoccupazione: “calma, non facciamo un caso di questa cosa. La corrente da qualche parte deve pur tirare! Adesso ricomincio a remare e torniamo a casa...”

 

“ok.. si si.. hai ragione” Chiara si passò una mano sulla fronte per asciugare le goccioline di sudore che vi si erano formate “nooo.. il mio cappello! Dove è finito?”

 

Anche l'amico notò che i capelli della ragazza erano sprovvisti del perenne cappellino giallo e azzurro. “Sarà caduto in acqua...” Marco si sporse per guardare intorno al canotto “Fino a poco fa lo avevi, quindi deve essere qui vicino”

 

Chiara anche si sporgeva nervosamente cercando il regalo di anni prima... alla fine lo notò a parecchi metri dal canotto che si allontanava progressivamente da loro.

 

“Eccolo... ma perchè si allontana?”

 

Marco non colse il senso della domanda inizialmente. La corrente pensò... ma se la corrente sta trascinando noi verso la casa sulla scogliera perchè trascina il cappello di Chiara nel senso opposto?

 

Decise che non voleva sapere la risposta. Cominciò immediatamente a remare verso il cappello, verso la propria spiaggia e i genitori. Lontano dalla casa sulla scogliera, che nonostante fosse quasi mezzogiorno era comunque avvolta in una lieve nebbia, come notò Chiara guardando per un attimo oltre Marco mentre recuperava dall'acqua il cappellino.

 

Qualche altro minuto e sarebbero arrivati lì dove c'era la nebbia. Ma d'altra parte, pensò Chiara, i nostri genitori ci avevano avvertito che in questa zona le correnti sono tante e forti e che infatti bisogna stare attenti.

Non disse niente però, si limitò a calcarsi maggiormente il cappellino sui capelli biondi così da coprire per un attimo l'espressione dei suoi occhi che avrebbe tradito la finta sicurezza di quel rassicurante pensiero.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - persi nella nebbia ***


Marco e Chiara tornati a riva lavorarono per sistemare il canotto vicino all'ombrellone e legarlo per evitare che il vento lo spostasse.

Si sorridevano complici, tranquillizzati dall'idea che avevano avuto di verificare se la voce che avevano sognato fosse effettivamente quella della signora che abitava nella casa sulla scogliera o se, altrimenti, fosse solo un parto della loro suggestione alla vista della casa.

C'era solo un particolare che non avevano considerato: on-line non avrebbero trovato alcuna versione della voce della donna che aveva ucciso il marito perchè era un caso di cronaca minore e quindi per appurare quanto volevano gli sarebbe stato necessario andare nuovamente verso quella inquietante scogliera.

Piano piano questa consapevolezza si stava facendo strada in entrambi e, pur profondamente impauriti all'idea, trovavano coraggio al pensiero che in caso di esito favorevole probabilmente si sarebbe dissipato ogni loro incubo.

 

Ma prima c'era da andare a pranzo con le loro famiglie e cercare di assumere un contegno normale per poter godere di una certa libertà il pomeriggio.

 

“.. stamattina ci trattavano in modo strano” Marco terminò i propri pensieri ad alta voce mentre stringeva il nodo del laccio per bloccare il canotto.

 

“e ti credo! Tu sembravi una mummia che fissava il vuoto!” lo canzonò Chiara,

 

“secondo me erano molto più stupiti di te che ti rendevi utile... cioè dai, è un qualche cosa che può far pensare anche alla fine del mondo...” Marco nemmeno terminò la frase che la sua amica stava già emettendo in modo costante una pernacchia di tutto cuore indirizzata a lui con gli occhi completamente strizzati e trattenendosi per non ridere.

 

“sei proprio matta... “ e tremendamente carina.. “ma smettila! “Marco le diede un lieve buffetto in fronte che lei gli restituì prontamente con molta più energia.

 

“parlando di cose serie... comportiamoci normalmente a tavola che cosi quando loro andranno a riposare possiamo andare...”

 

“andare dove... andare dove... dove? Dove? .. dove andateeee?” la voce di almeno due ottave più alta del dovuto era inconfondibile: la sua sorellina li aveva sentiti.

 

Marco cerò di inventare una scusa plausibile ma la sorellina lo fissava quasi lo stesse esaminando. Il ragazzo non fu abbastanza pronto e lasciò passare più di 5 secondi prima di sparare una balla qualsiasi a Veronica e questa sentenziò senza nemmeno sapere dove si sarebbero recati “VENGO ANCH'IO”.

 

“non ci pensare proprio tu non vieni da nessuna parte!” il cipiglio era quello da vero fratello maggiore che non ammetteva repliche

 

“aaaaaaaaaaaaaaaaa... e io lo dico a mamma.” La risposta era da vera sorella minore.

 

Marco diede una manata all'ombrellone come reazione nervosa... Veronica cercava di continuare a fissarlo con aria cattiva ma ne usciva solo un'espressione buffa da bambina di 7 anni che non vuole andare a scuola.

“e io dico a mamma che sei stata tu a far sparire i suoi trucchi preferiti!”

 

“ma non è vero!!!”

 

“.. e quindi?” Marco le sorrise sardonico. Gli dispiaceva essere perfido con lei ma non voleva rischiare di mettere in pericolo quella impicciona rompiscatole.

 

“vaffanchicco! Vaffanchicco! Vaffanchicco! Vaffanchicco! Vaffanchicco! Vaffanchicco!” avrebbe potuto continuare a lungo.. forse anche tutto il giorno e oltretutto urlava sempre di più. Chiara le mise una mano sulla bocca per calmarla e lanciò un'occhiataccia a Marco. Questi si allontanò di qualche passo, uscendo dall'ombra proiettata dal grande ombrellone per fare due passi a scaricare la rabbia sulla indifferente sabbia bollente.

 

Dopo qualche minuto si girò verso Chiara e Veronica. La sua amica teneva per mano la sua sorellina e non appena si fu avvicinato abbastanza gli disse: “Veronica ha detto che farà la bimba grande: le ho spiegato che è una missione segreta e che se dirà qualcosa non sarò più sua amica..” poi rivolgendosi verso la piccoletta: “giusto Vero?”

La bambina fece ampi gesti del capo per dire di “si”. Sembrava convinta e l'espressione nei suoi occhi poteva apparire perfino seria e ben intenzionata.

 

Dalla casa Mara faceva ampi gesti con le braccia per richiamare la loro attenzione: il pranzo era pronto. I tre si avviarono verso casa. Chiara scattò in avanti per superare il più rapidamente possibile quel tratto di spiaggia: non sopportava la sabbia bollente. Marco era talmente preoccupato e furioso che sentiva a mala pena il calore sotto i piedi, ben protetti dai vari calli causati dagli anni di calcio. Veronica aveva le scarpine ai piedi quini nemmeno si poneva il problema e zompettava vicino al fratello maggiore con aria irriverente fino a che lui non la notò e bruciò con lo sguardo.

Veronica per tutta risposta gli si avvicinò con aria dolce e un sorriso ingenuo sulle labbra che mantenne anche mentre gli dava un calcio più forte che poteva sullo stinco urlando: “VAFFANCHICCO!” e scappò via.

Marco leggermente dolorante e sempre più arrabbiato si toccò la parte colpita e biascicò alcuni insulti rivolti alla sorella evitando di cadere in improperi che a causa dei legami di sangue tra i due avrebbero coinvolto anche lui.

 

Per fortuna il pranzo scivolò via senza particolari momenti di tensione se non le consuete scaramucce tra Mara e Sebastiano, con lei che lo invitava a contenersi sul cibo perchè “ok che le maniglie dell'amore sono sexy, ma tu stai mettendo su un maniglione anti-panico!”

Con il marito che faceva finta di offendersi e intanto continuava a mangiare guardando la moglie con l'aria di chi vuole insinuare di non essere certo quello in famiglia con il maggior numero di chili da perdere. Arrivati al momento del dolce in cui come sempre Marco e il padre ripulirono qualsiasi piatto contenente cioccolata che si trovasse a tiro, Cinzia e Mara cominciarono a sparecchiare con Chiara che collaborava il minimo possibile e con l'aria più svogliata che riusciva ad avere.

Le madri trovarono la voracità di Marco e la scarsa collaboratività di Chiara estremamente rassicuranti e non toccarono l'argomento del presunto litigio tra i due.

 

Dopo aver mangiato i genitori andarono a riposare, guardare la televisione, dormire.. o comunque a svolgere “una qualsiasi attività da letto” come affermava maliziosamente Giacomo con conseguente inevitabile schiaffo di Cinzia, che diventava tutta rossa ma assumendo un'aria estremamente sexy nell'espressione degli occhi e nel mordicchiarsi il labbro inferiore.

 

Marco, Chiara e Veronica aspettarono le tre e mezza e sgattaiolarono di fuori con la scusa di portare a spasso Rufus. Anche se il piccolo meticcio aveva solo 11 mesi si sentivano comunque più al sicuro a portarlo con loro... era pur sempre un cane!

Il percorso se lo ricordavano fin troppo bene ma il passo inizialmente veloce e sicuro si fece più lento e circospetto quando all'orizzonte apparve chiaramente la sagoma di quella duna oltre la quale si nascondeva la casa.

 

Il piano era abbastanza banale: arrivare lì, nascondersi tra le erbacce sopra la duna e aspettare che la donna scendesse in spiaggia, a quel punto sperare che succedesse qualcosa, che canticchiasse magari o che semplicemente si girasse verso di loro chiedendo chi c'era sulla duna o qualcosa del genere. In casi estremi Marco si era ripromesso di farsi coraggio e di scendere a far finta di chiedere un'informazione alla signora.

 

Chiara e Marco avanzavano scambiandosi occhiate che volevano essere rassicuranti ma che palesavano solo i rispettivi timori.

Rufus era decisamente poco convinto da quella passeggiata: a parte che ormai aveva già fatto i suoi bisogni e che se ne sarebbe volentieri andato a fare una pennichella, ma poi che bisogno c'era di tornare in quel brutto posto. C'erano cose che non gli piacevano e che erano pericolose. Era meglio allontanarsi... Però di certo non sarebbe scappato né avrebbe lasciato soli i suoi amici, le persone che gli davano da mangiare e che lo grattavano dietro le orecchie.

 

Veronica saltellava intorno ai due, si abbassava a dare fastidio a Rufus e intonava ogni sorta di canzoncina le venisse in mente badando bene a sbagliare le parole e mischiando cartoni di epoche diverse in un caos divertito e impertinente.

 

“Dolce Remiiiiiiiii... piccolo come sei......... dolce remiiiiiiiiiiiiiiiiii” per poi correre improvvisamente davanti ai due ragazzi e con aria seria da piccola super-eroina incrociare le braccia al petto urlando: “Enchantix!!!” come una vera Winx.

 

Veronica lo irritava al punto di far scemare la sua preoccupazione per quanto stava per accadere oltre la duna. Solo quando furono a una trentina di metri, Chiara intimò alla piccoletta il silenzio dicendole: “ora inizia la parte pericolosa della missione segreta.. dobbiamo stare zitti e non farci vedere!”

 

“come gli agenti segreti di 007 ?”

 

“si esatto... “ Chiara le fece l'occhiolino e Veronica inorgoglita da tale improvvisa complicità decise di fare del proprio meglio per meritarla e fare contenta Chiara.

 

Rufus continuava ad essere perplesso e oltretutto sentiva già l'odore dolciastro e umido della nebbia.

 

I ragazzi si arrampicarono fin sopra la duna senza parlare né fare rumore. Si nascosero quindi in mezzo alle erbacce cercando un buon punto di osservazione.

La casa era diroccata esattamente come la ricordavano e una lieve nebbia la circondava anche alle tre del pomeriggio. L'unico rumore che rompeva quel denso silenzio era l'infrangersi ripetitivo e ostinato del mare contro gli scogli.

La spuma sollevata dal rompersi delle onde diffondeva maggiormente l'odore salmastro del mare nell'aria lì intorno e il suono dal ritmo ipnotico e costante donava una lieve sonnolenza ai ragazzi sdraiata sulla sabbia.

 

Veronica si stava annoiando terribilmente e Chiara non riusciva a tenere gli occhi aperti.

Marco stava già cominciando a temere di dover scendere nella spiaggetta privata a tentare il contatto diretto con la signora che vi abitava.

Solo Rufus non allontanava mai lo sguardo da uno stesso punto, proprio a pochi metri dalla scogliera, nella parte più bassa della spiaggia infatti una nebbia lievemente più fitta sfumava i contorni della propaggine rocciosa.

Marco cominciò anche lui a fissare quel punto. Si accorse solo in quel momento che la signora era lì, avvolta come l'altro giorno in un telo blu notte, guardava il mare e l'orizzonte senza fare niente, come immersa nei suoi pensieri... “ .. o nei suoi sensi di colpa” pensò Marco “o magari nella sua pazzia... se è lei.... se non è lei, saranno pure affari suoi quello che fa e a cosa pensa!!!” il ragazzo sorrise e sperò di cuore nella seconda ipotesi.

 

Allungò il braccio sopra Veronica per toccare la spalla di Chiara e indirizzare l'attenzione verso quel punto. La ragazza colse al volo il segnale e riconobbe, attraverso la nebbia, la temuta sagoma.

Si scambiarono uno sguardo d'intesa e decisero di mettere in atto il piano.

Marco si alzò in piedi e Chiara fece volutamente rumore per attirare l'attenzione della donna, sperando che questa chiedesse ad alta voce chi fossero.

L'espediente non ebbe successo e la dama continuò a fissare il mare senza curarsi di loro, al che anche Chiara balzò in piedi parlando a voce ostentatamente alta con l'amico sperando di disturbarla abbastanza da farla parlare.

Il silenzio continuò ma almeno avevano ottenuto la sua attenzione. La donna si girò infatti verso di loro, senza però spostarsi di un millimetro da dove era.

Anche se non potevano vedere i suoi occhi da quella distanza, li sentirono su di loro.

Fissi, freddi e... soddisfatti.

 

Cercarono di parlare e di continuare la recita per portare a termine il piano ma non riuscirono a spiccicare parola, provando la stessa identica sensazione di quando si cerca di correre in sogno.

Sentivano però di sottofondo un brusio, forse una voce, forse era lei in lontananza? Ma era distante, appena sussurrata come una conversazione ascoltata distrattamente e cui non si partecipa.

 

Rimasero bloccati e in silenzio per quasi un minuto, furono riscossi dall'abbaiare improvviso di Rufus.

Guardarono il cane e subito dopo i loro sguardi si incrociarono notando l'assenza tra loro di Veronica.

 

Seguendo il percorso della duna videro la piccoletta che camminava silenziosa e rapida verso la signora che adesso si era spostata, senza che se ne avvedessero, molto più vicina alla duna.

Il tempo di reazione dei due ragazzi fu estremamente lento, si sentivano quasi ipnotizzati e rallentati come dentro una bolla d'acqua.

Intanto la sorella di Marco era quasi arrivata dalla signora dalla veste blu notte.

 

La corsa rumorosa di Rufus giù per la duna li risvegliò parzialmente dal torpore e cominciarono a correre anche loro per andare a recuperare Veronica.

La piccoletta, totalmente ipnotizzata, era ormai di fronte alla dama. Era ferma e silenziosa.

 

La signora allungò lievemente un braccio e dal telo blu emerse una mano bianchissima e dalle dita affusolate, forse eccessivamente magra ma agile e decisa che sfiorò lievemente la guancia di Veronica che rabbrividì al tocco gelato.

 

Proprio in quel momento Rufus era ormai arrivato accanto a Veronica abbaiando a pieni polmoni. Qualche secondo dopo li raggiunsero Chiara e Marco.

Il ragazzo si abbassò ad abbracciare la sorellina scuotendola lievemente: “ci sei? Stai bene? Ma che ti è saltato in mente di scendere? Eh? Vero...?”

Chiara anche era accanto a lei e tenendone una mano notò che la piccola era completamente gelata.

 

Scostando lo sguardo la ragazza non vide più la signora, ma solo Rufus che ringhiava alla nebbia vicino la scogliera. Non aveva mai visto quel cane con l'aria così incattivita.

Non era stata un'idea troppo brillante venire di nuovo in quel posto, anche perchè non avevano risolto niente se non rendere Veronica parte di quello strano incubo che stavano vivendo da svegli loro due.

Marco riuscì finalmente ad ottenere l'attenzione della sorella che piangendo silenziosamente, lo abbracciò come non faceva da qualche anno ormai. Il ragazzo la sollevò un attimo e strinse a sé.

 

“Andiamo via di qui” disse a Chiara.

 

La sua amica fece cenno di sì col capo. Marco guardandola però le chiese: “ti sei fatta male ad un piede Chia?”. Il contorno del suo tallone era rosso vermiglio.

La ragazza sollevò la gamba e passò la mano lì dove c'era il colore rosso che venne via come uno strato di sporco.

 

Fu allora che entrambi notarono che era la spuma delle onde ad essere diventata improvvisamente bianca ma con tracce di uno strano colore rosso sangue.

La nebbia si era intanto fatta più fitta e il rompersi delle onde contro gli scogli più fragoroso e potente. La spuma cominciava ad arrivare fino a loro per quanto si infrangevano con rabbia i flutti del mare. Marco si asciugò una goccia che lo aveva raggiunto e notò che anch'essa era tinta parzialmente di rosso vermiglio.

 

“Veloci, andiamo.. “ stavolta Marco fece seguire le azioni alle parole.

 

Si girò in direzione opposta rispetto alla casa e tornando sui passi percorsi poco prima cominciò a correre. Chiara prese al volo Rufus in braccio che continuava a ringhiare alla scogliera e cominciò a correre accanto all'amico.

Andarono veloci nella nebbia fitta e corsero per almeno 500 metri, quando pensarono di essere abbastanza lontani si fermarono un attimo e notarono che la nebbia di fronte a loro si andava diradando.

 

La maggiore visibilità diede loro un brivido.

Adesso erano esattamente davanti la casa sulla scogliera.

Avendo creduto di scappare e allontanarsi avevano evidentemente girato in torno nella nebbia finendo per avvicinarsi ancora di più.

Veronica in braccio a Marco singhiozzava ritmicamente con l'aria stanchissima, anche se intanto aveva recuperato una temperatura più normale. Chiara invece aveva l'aria terrorizzata e stringeva Rufus come fosse un grigio peluche.

 

Il cane a quel punto saltò fuori dalle braccia di Chiara. Ringhiò nuovamente e si mise in posizione di difesa. Marco si rese conto che non ce l'avrebbero mai fatta in quella nebbia sempre più densa a ritrovare la strada per tornare oltre la duna.

Almeno non andando a memoria o cercando di vedere dove si trovavano. Fu allora che fece un mezzo sorriso: “Rufus a casa.. andiamo.. Rufus .. CASA!” il cane afferrò il concetto e il tono più che il senso letterale delle parole. Quell'insieme di suoni lo emettevano sempre quando era ora di tornare a casa dopo la passeggiata.

 

Fissò per un attimo ancora la strana casa e annusò l'odore freddo di chi la abitava e cominciò a correre nella nebbia verso casa, girandosi ogni tanto per dare modo a Chiara e Marco di seguirlo.

Il ragazzo aveva in braccio Veronica che si era ormai addormentata sfinita e teneva per mano la ragazza trascinandola per non rimanere indietro nella nebbia rispetto a Rufus.

 

Corsero per 10 minuti ma alla fine arrivano oltre la duna. Corsero ancora, per almeno metà del percorso verso casa. Una volta lontani dalla nebbia, dalla duna, dalla casa, caddero in terra.

Marco per primo, badando a fare da cuscino a Veronica che non diede comunque segno di svegliarsi, Chiara lo seguì subito sdraiandosi vicino a lui e infine Rufus che si accucciò accanto a loro fissando in lontananza quell'odore freddo che aveva sentito e che sperava di non rincontrare mai più.

 

Grazie all'istinto del piccolo meticcio erano riusciti a scappare dopo essersi persi nella nebbia ma la strana signora dal manto blu aveva sfiorato la guancia di Veronica.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 - Rufus e Veronica ***


Rufus non riusciva ad addormentarsi.

Dopo la passeggiatina serale del dopo-cena lo avevano legato alla solita corda in giardino, agganciata al suo collare e lui si era sdraiato per terra a dormire davanti la sua cuccia di legno.

Ma dopo aver sentito quell'odore si era svegliato e non riuscire a riprendere sonno.

Le linee dolciastre e umide le aveva riconosciute subito: erano le stesse sentite quella mattina.

Gli erano rimaste nelle narici tutto il giorno e ora le sentiva di nuovo.

In lontananza, su muovevano, poi scomparivano per un attimo.

Ora erano più vicine.

 

Il piccolo meticcio le sentiva avvicinarsi come un grande animale un po' viscido che scivolasse a pochi centimetri da terra. Erano filamenti vivi di dolore e disperazione quelli che accarezzavano la sabbia e nascondevano il paesaggio; e di duna in duna, correndo parallelamente al mare muovevano verso la loro casa.

 

Ancora la nebbia non era arrivata ma Rufus ne percepiva l'odore e continuava a fissare il cancello chiuso del giardino, come se quell'animale capace di far sparire le forme e il paesaggio non potesse che passare di lì. Nemmeno si accorgeva di stare lievemente ringhiando, in modo abbastanza silenzioso e senza muoversi, la testa poggiate sulle zampe anteriori, gli occhi fissi nel buio e solo un lato del muso sollevato, come in un sorriso sghembo, lasciava intravedere una rispettabile dentatura da cane di strada quale era stato suo padre.

 

Non voleva fare rumori se non strettamente necessario. Le due donne si arrabbiavano molto quando ringhiava o abbaiava mentre era buio. Soprattutto quella che gli aveva dato da mangiare tutto l'inverno e il suo compagno che lo portava sempre a fare i bisogni dopo cena si agitavano molto e lui minacciava sempre di andare a prendere un oggetto chiamato giornale...

 

Il buio era più intenso del solito, saltuariamente la luna faceva capolino dietro qualche nuvola alta e lontana dall'aria indifferente e fendeva con qualche raggio di luce la notte ma senza illuminare e chiarire le forme, solo lasciandole intuire come in un pensiero fugace e sfuggente piuttosto che regalando certezze e tranquillità.

 

Marco si rigirava nel proprio letto, in preda ad incubi sconclusionati e discontinui che non lo lasciavano riposare ma nemmeno lo portavano a svegliarsi. Chiara sfinita dalla giornata movimentata continuava a sognare di correre lungo un percorso infinito, continuando a voltarsi verso qualcosa che non c'era.. il niente dietro di lei, il nulla come meta: solo una corsa sulla sabbia senza certezze né direzione.

 

Mara e Sebastiano dormivano girati verso sinistra con il braccio destro di lui che cingeva le generose forme della moglie malcelate dalla sottoveste larga e scivolosa che il lieve sudore della notte estiva aveva costretto ad assecondare la femminilità della donna. La sua mano si muoveva lieve e incosapevole nel sonno sulla pelle scoperta delle gambe di lei e il suo naso era immerso in quel suo lieve profumo dolce e sincero. Mara sognava di loro due a letto in un perenne preliminare che non giungeva mai a donare pieno piacere.

 

Cinzia fissava la parete, tesa in un sottile nervosismo senza nome. Giacomo la abbracciava anche dormendo, rassicurato dal peso della testa bionda di lei sul suo petto. Era esaltante addormentarsi con una donna del genere tra le braccia sapendo di ritrovarla al risveglio accanto a sé.

 

Nessuno di loro si rese conto della casa che gradualmente veniva circondata dalla nebbia, resa umida di sensazioni lontane. Solo Rufus cominciò a ringhiare leggermente più convinto. Non riusciva nemmeno a vedere più il cancello dal quale era sicuramente passato quello strano animale con i suoi filamenti freddi.

 

Ma ecco che accarezzavano la casa e indugiavano su ogni finestra, percorrevano le sagome avvolte nei pigiami estivi o in una camicia da notte come la carezza di un vento lontano che esplora un mondo nascosto. Non indugiavano su alcun particolare limitandosi a riempire gli ambienti di ovattata tristezza. Non erano lì per perdere tempo ma per una persona.

 

Veronica sollevò leggermente le palpebre ma senza vedere veramente. La sua camera era sfocata e fredda. Si mise a sedere sul letto stroppiciandosi gli occhi. Quindi si alzò e si diresse verso la porta. La aprì senza produrre alcun rumore e camminò lentamente per il corridoio.

 

Vieni piccola mia.... dobbiamo andare.

 

Seguiva la voce e l'umidità della nebbia, non aveva bisogno di guardare dove posava i piccoli piedi. Solo per le scale si accompagnò leggermente poggiando una mano alla parete.

Il calore della sua mano con il contrasto dell'umidità fredda che aveva pervaso ogni muro della casa generò piccolo goccioline d'acqua striate di rosso vermiglio, come una scia lungo il suo percorso.

 

È ora.. raggiungimi e staremo insieme..

 

Arrivò in fondo alle scale e inciampò lievemente in un oggetto lasciato a terra, si rialzò senza emettere un lamento nonostante la bottarella al ginocchio. La porta chiusa a chiave si aprì per lasciarla passare prima che lei la sfiorasse.

 

La mia nebbia ti accompagna, le mie mani ti sospingono, cammina piccola mia... stanotte è la tua notte...

 

Rufus attraverso la nebbia sentì la presenza di quella bambina che gli tirava sempre le orecchie ma che poi lo abbracciava senza motivo. Perchè stava uscendo? Dove andava? Non doveva andare nella nebbia. Il piccolo meticcio cercò di abbiare ma quella densa umidità sembrava ingoiare qualsiasi rumore per trasformarlo in niente altro che freddo. Doveva fermarla.. la sentì passare a pochi metri da lui, dalla sua cuccia. Cominciò a correre verso di lei per fermarla.

 

Un improvviso strattone e una brusca caduta a terra gli ricordarono che era legato. Ma ci riprovò, balzava in avanti ma la corda con cui era legato si tendeva e il collare lo strozzava.

Allora prendeva la rincorsa e di nuovo saltava in avanti e nuovamente veniva strattonato giù.

 

Intanto Veronica era scomparsa nella nebbia ma Rufus sapeva che era ancora nel cortile anche se stava andando verso il cancello.

Continuò a provare a raggiungerla ma senza risultati,

 

Stanotte ti donerò il mio destino, stanotte sarai con me...

 

Veronica trovò davanti a sé il cancello aperto e passò, uscendo, senza nemmeno avvedersene dal cortile di casa. Ogni tanto incespicava nella sabbia e cadeva. Non riusciva a svegliarsi, pensava di stare sognando ma sapeva che non era così. Non capiva cosa stesse accadendo e avrebbe voluto urlare ma quando ci provava la bocca non rispondeva e riusciva ad aprirla solo nella sua mente ma senza emettere alcun suono, solo ingoiando altra nebbia fredda.

 

Stanotte ti donerò il mio destino, stanotte sarai con me...

 

Rufus sentiva che Veronica si allontanava. Il collo cominciava a fargli male, allora cambiò strategia, afferrò la spessa corda con i denti e, tenendola ferma con le zampe, cominciò a roderla e strapparla. Era dura e aveva poco tempo, Veronica era sempre più lontana.

Quella corda non si voleva strappare e l'umidità l'aveva resa più difficile da mordere, sentiva che i denti gli facevano male, ma continuava... tirava e mordeva, rosicchiava e poi di nuovo uno strappo secco...

 

Stanotte ti donerò il mio destino, stanotte sarai con me...

 

Veronica camminava sulla sabbia senza curarsi del freddo notturno e di avere indosso solo un paio di shorts del pigiama e una canottierina. Camminando qualche vetro rotto le si conficcò sotto il piede: la sua unica reazione fu una lieve smorfia della bocca e una lacrima calda che le percorse il viso fino a cadere sulla sabbia.

Si era già allontanata parecchio da casa e stava andando incontro al suo destino, perchè quella era la sua notte. Cadde e si rialzò, proseguendo il suo viaggio.

 

Stanotte ti donerò il mio destino, stanotte sarai con me...

 

Finalmente Rufus cominciò a sentire la corda che cedeva sotto i suoi denti. Sentiva anche il sapore del proprio sangue misto a quello della corda, lo sforzo evidentemente gli stava facendo sanguinare le gengive.

Non si fermò: l'odore di Veronica era troppo lontano e doveva fare presto.. ancora qualche minuto e ce la avrebbe fatta.

 

Intanto la nebbia intorno alla casa si andava diradando, o forse si ritirava perchè aveva già preso quanto voleva e non aveva più bisogno di rimanere lì.

Il rumore del meticcio cominciò a sentirsi, non più attutito dalla nebbia. Rendendosi conto di riuscire ad abbaiare finalmente, e dolorante per il continuo mordere la corda, cominciò a lanciare degli ancestrali ululati di dolore e preoccupazione che svegliarono di soprassalto tutte e due le famiglie.

 

Il più lesto a svegliarsi dai propri incubi incoerenti fu Marco che corse alla finestra della propria camera appena in tempo per vedere Rufus che riusciva alla fine a strappare la corda e che partiva all'impazzata, correndo via dal giardino, all'inseguimento della nebbia per sparire nel buio della notte.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 - la dama della nebbia ***


Mara e Sebastiano si svegliarono lentamente dal torpore del sonno. “Seba vai a vedere che succede....”

 

“E' solo Rufus che abbaia...”

 

“Tu vai a vedere dai...” insistette Mara

 

“.. nel caso esco col giornale” rispose in tono vendicativo il marito che se ne sarebbe restato volentieri a letto.

 

Affacciato alla finestra del primo piano notò che dalla finestra parallela dell'altra metà del villino c'era Cinzia che guardava nel loro giardino e, dopo aver strizzato gli occhi, capì cosa gli stava indicando: Rufus era sparito!

 

Sebastiano non fece in tempo a biascicare qualche insulto al meticcio che Marco fece irruzione in camera loro: “E' qui Veronica?”

 

“Marco che dici? Stai calmo...” Mara era spaventata e perplessa dal panico del ragazzo: non era da lui.

 

“Veronica è qui o no?”

 

“Ma che tono è questo?! Tua sorella sarà in camera sua! Perchè dovrebbe essere qui?” Sebastiano era urtato dal tono del figlio, dalla strana domanda su sua figlia così come dalla sparizione del cane.. insomma da tutte quegli avvenimenti che lo avevano distolto dal sonno dei giusti.

 

“Ho guardato in camera sua.... non c'era... Rufus è scappato... e Veronica nn c'è... “

 

Troppe informazioni tutte insieme per i genitori, che in un attimo accantonarono la faccenda del cane e ogni velleità di riposo notturno: la loro piccola era sparita?

 

Sebastiano usci dalla camera correndo verso la stanza di Veronica che era subito dopo quella di Marco, vicino le scale per scendere al piano terra. La bambina non c'era... cominciò ad accendere tutte le luci e a chiamarla. Mara dopo aver stretto a sé Marco e avergli chiesto se pensava di sapere dove fosse o se avevano litigato, di fronte ai dinieghi decisi del figlio decise di scendere ad aiutare Sebastiano a cercarla. Non si accorse di quanto fosse diventato bianco e cereo Marco, attribuendo la reazione alla preoccupazione per la sorellina.

Il marito era già al piano di sotto a controllare in cucina, in sala da pranzo... forse Veronica è al bagno...

 

Sentirono bussare alla porta. Mara e Sebastiano andarono ad aprire speranzosi.

 

Era Cinzia. Da sola.

 

“Tutto bene? Ho visto che Rufus è sparito e ho sentito tutti questi rumori... “

 

“Veronica: non si trova.” il tono di Mara cominciava a passare da preoccupato a spaventato

 

Sebastiano commentò la constatazione della moglie portandosi le mani al viso e poi passandosele tra i capelli corti e scomposti dal risveglio traumatico.

 

“Forse è in giardino … vi do una mano a cercarla...” Cinzia senza fare troppe domande inutili andò a svegliare il marito e cominciarono a chiamare la ragazzina girando per il giardino con alcune torce di emergenza che avevano trovato in corridoio.

Giacomo notò che Marco e Chiara non erano con loro ma stavano discutendo animatamente in un angolo e andò a recuperarli per farli partecipare alle ricerche.

I due ragazzi sapevano già, purtroppo, dove potesse essere Veronica e sentivano che se Rufus era scappato in quel modo poteva essere solo per inseguirla. Ormai erano passati più di 30 minuti da quando il ragazzo aveva visto il cane correre via dal cortile ed era cosciente che non si potesse perdere altro tempo.

 

“Ragazzi so che siete preoccupati ma dovete darci una mano a cercare Veronica.. ok?” disse Giacomo raggiungendoli

Marco colse l'occasione al volo: “si.. hai ragione... io e Chiara guarderemo qui intorno se magari è andata a giocare con Rufus vicino la casa”

“Ok ma non allontanatevi troppo... e portatevi questa – aggiunse passando loro una delle potenti torce – e soprattutto non andate verso gli scogli, che prima c'era una brutta nebbia e rischiate di farvi male.. ok?”

I due ragazzi fecero cenno di si meccanicamente e intanto che Giacomo tornava a cercare la bimba insieme a Cinzia, si avviarono velocemente e senza dare nell'occhio verso dove sapevano che era Veronica.

 

 

“Mara stai calma... ti prego.. sarà sicuramente qui intorno a giocare...”

 

“No.. no.. le deve essere successo qualcosa!!! Cinzia, la mia bambina ha paura del buio!!! non uscirebbe di notte.. le deve essere successo qualcosa di brutto..” la madre dopo quasi un'ora di ricerche intorno alla casa stava cominciando a dare di matto “e Marco dove è andato.. Marco???”

 

“Marco è con Chiara gli ho dato una torcia... staranno cercando Veronica qui intorno dove magari giocano di solito...” la rassicurò Giacomo.

 

Anche se la madre non era molto convinta fece cenno che andava bene.

Sebastiano la strinse a sé cercando di frenare i propri pensieri per organizzare meglio le ricerche. Sapeva che Veronica era una peste e una combina-guai da sempre ma due cose la confortavano: era una fifona, quindi sicuramente non si era avventurata in niente di pericoloso da sola e inoltre era una zona tranquilla e non c'erano segni di effrazione in casa, quindi non c'era stato nessun intruso a rapirla... almeno spero... in fondo questa è una zona tranquilla.

 

Chiara e Marco correvano attraverso la notte l'uno accanto all'altro sfruttando il rumore della risacca e i bagliori della luna riflessi sul mare opaco per essere sicuri di stare andando dritti.

La luce della torcia illuminava qualche metro davanti a loro ritagliando un pensiero dal nero della notte, rubando una speranza al denso buio che li circondava.

Chiara correva seminando dietro di se goccioloni di lacrime per l'ansia e la preoccupazione per Veronica... sono io che le ho concesso di venire, se non fosse mai andata alla casa.. se la signora non la avesse sfiorata... se io...

 

Marco era concentrato solo sulla corsa, pieno di rabbia e di paura per la sorellina piccola. Si sforzava di non pensare, di non sperare, di non temere.

Non aveva in bocca il sapore di un buon presentimento. Gli sembrava che la notte fosse sospesa e che il mondo osservasse cinico l'avvenire di un dramma, quasi ostentando una certa sufficienza verso le loro paure e il loro dolore, irriso e denigrato dallo splendore asettico delle stelle che facevano capolino tra le rade nuvole.

 

Più correvano e si avvicinavano alla casa, più la notte si faceva umida e corposa, calda e dolente come il sangue da una ferita appena aperta. La luce della torcia proiettata davanti a loro cominciò a fendere una lieve nebbia. Erano in prossimità della casa.

 

Senza smettere di correre guardò l'orologio e vide che era passata quasi un'ora e mezza da quando Rufus era scattato via dal cortile ma se Veronica non era uscita tanto prima forse erano in tempo.. sua sorella era piccola e lenta... e loro due stavano correndo come matti... forse è ancora... ancora.. Marco si rifiutò di continuare il proprio pensiero: sperare che Veronica fosse ancora viva implicava la possibilità opposta. Non sua sorella, non Veronica.

 

“Marco lo sentì? - Chiara trafelata riuscì a parlare senza smettere di correre – lo senti? Questo è...”

 

“Rufus... si lo sento ringhiare.... RUFUSSSSSSSS” Marco cominciò ad urlare tutta la rabbia che aveva dentro.

 

Arrivarono in cima alla duna che li separava dalla casa arrampicandosi, incespicando, tagliandosi con i rovi che vi crescevano. Una volta su Marco puntò il fascio di luce da dove sentiva arrivare i versi del suo cane e così vide Veronica.

 

La sorellina camminava lentamente verso l'acqua. Aveva ormai le gambe immerse fino alle cosce.

Rufus dietro di lei cercava di trattenerla tirandola per la canottierina, per il pigiama, ma finiva sotto l'acqua nel tentativo, allora la bambina gli sfuggiva... ringhiava a qualcosa vicino a loro e cercava di trascinare la bambina a riva ma Veronica cercava di andare a largo.

 

Marco si scapicollò giù per la duna e corse verso Veronica. Chiara lo seguì rapidamente. La nebbia era fitta ma la luce della torcia li guidava e le loro grida in parte la stavano dissipando.

Arrivarono di fronte alla piccoletta. Marco la chiamò per nome ma Veronica guardava oltre lui, lanciò la torcia a Chiara e cercò di farsi riconoscere dalla sorella che però rifiutò il suo braccio cercando di continuare ad andare a largo.

Il ragazzo prese a scuoterla intanto che la marea cresceva e la corrente li spingeva sempre più vicino agli scogli.

Marco scosse la sorella tenendola per le braccia e vide due lacrime rosso sangue che scorrevano sulle sue guance. Il ragazzo si rese conto che non c'era tempo. La corrente aumentava e doveva portarla in salvo. La sollevò e andò verso riva.

 

Così fece anche Chiara con Rufus bisbigliando nelle orecchie del cane ripetuti “grazie” che il meticcio non capiva, così come non sentiva le lacrime di lei che gli cadevano sul muso già bagnato di acqua salata mista al sangue che gli usciva dalle gengive che si era ferito per liberarsi. Era contento però che fossero arrivati.

 

Arrivati sulla spiaggia Marco posò a terra Veronica che appena toccato la sabbia con i piedi e sentito le mani del fratello sul viso che scorrevano rapide in cerca di ferite e per scostare i capelli appiccicati dagli schizzi delle onde e dal sudore della piccola, tornò lentamente in sé.

Cominciò a piangere come una fontana ma non di quelle lacrime dense di sangue che avevano prima spaventato il fratello ma di un pianto sincero e pieno, denso di una grande paura appena passata ma non ancora del tutto.

 

“Ora andiamo via da qui. Torniamo a casa” Marco sollevò Veronica.

Chiara gli diede la mano e Rufus si mise accanto a loro per tornare a casa, per andare lontano da lì. Sentiva però che l'odore della nebbia sarebbe venuto con loro stavolta.

 

Quando i ragazzi rientrarono a casa trovarono tutti e quattro i loro genitori in salotto che erano appena rientrati per fare una piccola pausa dalle ricerche, cambiare le pile alle torce.

Sebastiano aveva riattaccato violentemente il telefono in faccia alla poliziotta di turno che cercavi di spiegargli che è necessario che trascorra un tempo minimo per dichiarare una persona “scomparsa” e avviare le ricerche... non per Veronica.. non per lei... non per Veronica...

 

Mara era seduta al tavolo. Il suo volto era totalmente plumbeo, gli occhi verdi solitamente dolci e pieni di vita erano vuoti, freddi come privati della loro linfa. I capelli neri le scendevano scomposti sul volto. Accanto a lei Chiara cercava di farla calmare, invitandola a bere un sorso d'acqua e accarezzandola lievemente.

Giacomo era intento a cambiare le pile alle torce e a borbottare parolacce verso l'intero mondo.

 

Quando Marco con in braccio Veronica varò la porta rimasero tutti così basiti da metterci qualche secondo prima di realizzare .

Mara scattò verso la piccola: “bambina mia... come stai.. piccola mia..” riempiva Veronica di baci, la abbracciava, la stringeva al proprio petto per poi scostarla e controllare che non fosse ferita.. la stringeva di nuovo e poi la sistemava...

Cinzia arrivò accanto a loro qualche secondo dopo, vedendo la bambina tutta bagnata aveva preso un telo da mare per avvolgerla e farla asciugare.

Sebastiano crollò sulla sedia per il calo di adrenalina. Rialzò lo sguardo solo per fissarlo verso Marco prima con gratitudine poi con aria interrogativa: “Dove la avete ritrovata?”

 

Il ragazzo sapeva che questa disavventura avrebbe creato la necessità di molte spiegazioni, più di quante ne volesse dare ai genitori e forse di più di quante ne avesse da offrire.

Chiara intervenne: “era nella casa dall'altro lato della baia”

 

“A fare cosa?” Mara girò gli occhi densi di paura e sollievo verso i ragazzi

 

“La signora della nebbia voleva che andassi da lei...” Veronica piagnucolò leggermente...

 

“Chi?” Sebastiano non capiva

 

“.. io non volevo ma non riuscivo a non farlo.” la bambina, sotto shock, ignorò la domanda e terminò il proprio pensiero.

 

“Chi è la signora della nebbia e che voleva da mia figlia?” il tono di Sebastiano era di rimprovero verso Marco.

 

Il ragazzo, sentendolo giusto, non replicò ma abbasso lo sguardo.

Fu di nuovo Chiara ad intervenire: “L'altro giorno abbiamo visto una casa dall'altro lato della baia, ci siamo incuriositi e ci siamo messi a guardarla ma è scesa una fitta nebbia, qualcuno ci guardava cosi siamo scappati... poi io e lui - indicò timidamente Marco – abbiamo fatto un incubo su quella casa.. allora abbiamo guardato su internet se era un posto stregato e...”

 

“.. abbiamo letto che la tizia che ci abita ha sgozzato il marito con le forbici.. perchè lei fa la sarta e il marito la tradiva.. allora lei l'ha ucciso.. però.. noi non sapevamo se ci abitava ancora o se magari era solo un incubo però non è che potevamo cercarlo su internet.. allora siamo tornati lì per scoprirlo e la signora ha sfiorato il viso a Veronica e allora.. “ la frase di Marco fu interrotta dal sibilare dello schiaffo di Mara al ragazzo.

 

“e tu hai portato mia figlia a casa di una assassina...?! ma sei matto!” La madre stava urlando, giustamente, sì ma anche per sfogare tutto l'ansia della terribile nottata.

 

“La signora col mantello blu mi ha dato la mano e ha detto di camminare nell'acqua con lei... però io avevo freddo.. mammaaa” Veronica riemerse dal proprio silenzio per poi correre in braccio alla madre.

 

Marco rimase a sguardo chino dopo lo schiaffo ricevuto dalla madre. Chiara gli teneva una mano sul braccio.

 

“Mara calmati... non è possibile quanto dicono – intervenne Giacomo, che era più pratico della zona – la signora di cui parlano è morta anni fa, conosco la storia. Hanno letto solo parte della vicenda su internet e si sono lasciati suggestionare. In quella casa ci abitava una sarta che avendo scoperto i ripetuti tradimenti del marito un giorno ha dato di matto, forse anche perchè il bastardo aveva continuato a tradirla anche allora che era in stato avanzato di gravidanza e... l'ha ucciso, è vero ma.. subito dopo si è tolta la vita. Si è recata a largo e si è lasciata affogare. In realtà non si sa se sia morta per affogamento o sbattuta contro gli scogli dalle onde.. lì c'è una corrente fortissima... il cadavere non è stato mai ritrovato. Ma il suo sangue sugli scogli si, alcune parti del suo corpo incastrato tra le rocce e il telo blu che aveva indosso quando è impazzita e si è uccisa... quindi decisamente non può essere colpa di quella signora.. una storia tragica e che fa effetto lo ammetto ma … probabilmente vi siete immaginati tutto.. anche perchè quella casa è disabitata da quel giorno di due anni fa!”

 

Marco e Chiara erano basiti dalla notizia. Non era assolutamente possibile quanto diceva Giacomo. Loro l'avevano vista. Anche il telo blu... Veronica anche l'aveva vista.. Rufus le aveva abbaiato contro..e la nebbia poi...

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 - al risveglio... ***


Dopo aver dormito poche ore e anche in modo agitato, Marco si fece coraggio e scese al piano di sotto sperando di essere il primo ad alzarsi visto che erano appena le 6.30 e solo i primi raggi del sole illuminavano di sbieco il tranquillo giardino.

Alla sua speranza si contrapponeva però il forte presentimento che non sarebbe stato così, in fondo dopo una nottata del genere qualcuno sarà crollato esausto ma la maggior parte delle persone avranno dormito ben poco.

 

Le sue sensazioni furono confermate appena varcata la soglia della cucina.

Dalla porta finestra intravedeva suo padre Sebastiano, intento a sorseggiare il caffè da una grossa tazza grigia con lo stemma rosso di una squadra di hockey canadese.

Era seduto sugli scalini che dal giardino conducevano in cucina, debolmente illuminato dal primo sole del mattino e con l'aria assorta nella insistente osservazione di un certo filo d'erba a pochi metri da lui.

Per la cucina si muoveva lentamente Mara, con l'aria stanca di chi non ha chiuso occhio.

Era ancora, infatti, con la sua vestaglia da notte, in leggero tessuto celestino con qualche fiore giallo, leggermente sbiadito dai tanti lavaggi.

La vestaglia era tirata su un lato dalla manina di Veronica che seguiva la madre in ogni singolo passo attraverso la cucina tenendosi tenacemente a lei e tirando ogni tanto su con il naso come dopo aver pianto tanto.

 

Mara sentì arrivare Marco ma non si girò a salutarlo, limitando a prendere meccanicamente dalla credenza la tazza e il cucchiaio di DareDevil che il ragazzo adorava per poi metterglieli sulla tavola.

 

Si degna di venire tra noi...

 

Il tutto venne fatto sempre senza incrociare il suo sguardo, ma limitandosi a fare una carezza a Veronica sulla testa, più per rassicurare se stessa che la sua bambina fosse veramente lì con lei che per confortare la piccola.

 

Veronica si girò verso Marco, quando i loro sguardi spenti si incrociarono il ragazzo percepì tanto le parole che la voce di sua sorella senza che questa aprisse bocca: Cattivo, mi hai fatto incontrare la signora col vestito blu...

 

Perchè loro fanno così...

 

Dopo il silenzio e il tacito rimprovero della madre, quello sguardo della piccoletta trafisse Marco in modo spietato, rendendolo ancora più sconfortato e triste di quanto fosse già impaurito.

Prese la tazza e decise che sarebbe andato a bere il suo caffellatte altrove, vista l'aria che tirava.

 

Voleva anche qualche biscotto perchè al risveglio aveva sempre una fame incredibile ma non osava chiederlo alla madre... si fece coraggio infine, più per rompere quella cappa opprimente di silenzio e di parole non dette, sperando che la madre insieme ai biscotti gli desse anche una lavata di capo, una furia di rimproveri o qualsiasi cosa ritenesse necessaria.

Mara al timido bisbiglio del figlio capì cosa voleva, preso un pacchetto mono-porzione di biscotti e senza una parola scaricò tutta la rabbia verso il ragazzo nel mettergli la colazione con cosi tanta violenza in un piatto sul tavolo da sbriciolare i biscotti sottostanti.

 

Perchè loro fanno così: vogliono solo i loro biscotti.

 

Non c'era bisogno di aggiungere altro.

 

Marco li prese e si incamminò verso il giardino, ma Sebastiano gli fece segno di sedersi accanto a lui sui gradini della porta finestra.

Non guardò in volto il figlio, bevve un altro sorso di caffè rimanendo a fissare l'erba.

Il ragazzo capì che poteva solo attendere e ne approfitto per bere un po' anche lui.

Il caffellatte gli scese dolcemente nella gola, fresco e buono esattamente come prima che tutto ciò cominciasse: come era possibile?

 

“Veronica è una ragazzina in gamba. A volte sarà pestifera e mi rendo conto che essere un fratello maggiore soprattutto alla tua età è difficile, ma devi capire che non puoi raccontare certe storie di paura ad una bambina, portarla con te nei giochi che fai con Chiara e pretendere che capisca che è tutta finzione.. una recita... è normale che poi di notte faccia degli incubi e poi.. insomma.. - finì girandosi verso il figlio – succede quanto è successo questa notte”

Finì la frase con decisione, cercando allo stesso tempo di dare un'importante lezione di vita al figlio e di trovare certezza che la versione dei fatti cui aveva pensato tutta la notte fosse sensata, plausibile, realistica. Giusta.

 

“Papà lo so che sei arrabbiato con me... però.. io non volevo certo fare male a Vero.. io non sapevo che... e poi è lei che è voluta venire.. e comunque non è una storia il fatto che...” Marco si rese conto mentre parlava che stava farfugliando molte frasi senza concludere alcun concetto.

Ma c'erano troppe cose sbagliate in quanto diceva suo padre: non c'era stato alcuno gioco di ruolo o finzione, e le cose che lui dava per scontate erano tanto più misteriose dopo aver scoperto che la signora della casa sulla scogliera era morta da tempo.

 

“Marco – lo interruppe il padre – io non sono arrabbiato, sono solo deluso dal tuo comportamento. Non conta cosa volesse tua sorella, stava a te fare la scelta più giusta. Spero solo ti sia servita da lezione e che la smetterai di raccontare storie di paura a tua sorella. Me lo prometti?”

 

“Si papà...” era palese come non vi fosse modo alcuno di tentare di spiegarsi con Sebastiano al momento, in questo frangente non era l'uomo scherzoso e aperto a qualsiasi possibilità che era di solito, ma solo un padre preoccupato e deluso.

 

Marco si alzò, intanto che il padre tornava a fissare gli steli d'erba, facendo un lieve movimento con la testa in senso affermativo come a confermarsi da solo che.. si, sicuramente Marco aveva capito e non si sarebbe ripetuta la faccenda.

 

Continuando a camminare il ragazzo vide che Rufus non era legato alla sua catena, evidentemente nel caos di quella notte se ne erano dimenticati tutti.

Il piccolo meticcio non ne aveva approfittato però per scappare o per combinare guai. Si era sdraiato al centro del portone di ingresso del giardino e lo sorvegliava attentamente senza muovere un muscolo.

Marco decise di andare a sedersi accanto a lui.

Di sicuro sarebbe stato meglio che fare colazione con suo padre che aveva deluso e sua madre cosi infuriata. Ma soprattutto con la sorellina che sapendo la verità, per quanto si potesse sapere di quella cosa e soprattutto a 7 anni, lo fissava con tanto astio e riprovazione.

Camminando si girò a guardare la casa di Chiara e vide che tutte le finestre erano ancora chiuse, segno che nessuno di loro si era ancora svegliato.

 

Arrivato vicino al cane si sedette sull'erba umida di rugiada e si ritrovò a 2 metri dal cancello semichiuso del villino. Si sentiva un po' scemo a mangiare fissando le staccionate del cancello e un po' vigliaccio a dare le spalle alla propria famiglia.

Rufus girò il muso con ancora qualche macchietta di sangue tra i baffi, ricordo della lotta con la corda fatta in nottata.

Fissò i suoi occhioni neri su Marco e abbaio un paio di volte felice perchè si era seduto vicino a lui.

 

Il ragazzo tolse tre dei sei biscotti dal piattino su cui li aveva “poggiati” la madre e al loro posto vi versò un po' di latte. Poggiò il tutto davanti a Rufus che drizzò le orecchie, diede una prima leccata al latte che, seppur con un vaghissimo ritorno di caffè, era deliziosamente fresco.

Si girò verso il ragazzo che gli sorrise debolmente e abbaio felice di rimando per poi dedicarsi di tutto cuore alla inaspettata colazione.

Marco mangiò i propri biscotti accanto al cane, senza dire niente.

Avrebbe voluto far durare quella colazione il più possibile.

 

Solo quando il ragazzo era già rientrato in casa da un paio d'ore Chiara cominciò a girarsi nel letto dando segnali di risveglio.

Appena salita in camera era crollata dal sonno e dalla stanchezza. Tutta la tensione, la paura, l'ansia, la fatica della corsa a recuperare Veronica.... la avevano letteralmente distrutta. Non avrebbe mai creduto di riuscire a dormire così tante ore in una circostanza del genere ma questa era la prova che in fatto di sonno aveva, per fortuna, ripreso da suo padre e non da Cinzia.

Cominciava a fare caldo nella stanza chiusa e passandosi una mano sulla fronte notò come fosse imperlata di sudore, lo asciugò scostandosi i ciuffi biondi e umidi dal volto. Solo in quel momento si rese conto che la magliettina rosa e verde con cui dormiva era attaccata alla sua schiena umida.

Girando lo sguardo verso la finestra realizzò il perchè di tanto caldo. La notte prima di crollare, aveva tirato giù completamente la serranda, messo i fermi e chiuso le imposte come forma di difesa dall'eventuale entrata nella sua stanza delle nebbia.

 

Come se servisse a qualcosa....

 

Non era sicura che la avrebbe difesa e probabilmente la avrebbe più che altro portata a soffocare nella notte con le temperature previste nei prossimi giorni.

Morire soffocata è un po' come quando stai affogando...

 

Non vi avrebbe comunque rinunciato.

Cominciò a smantellare il sistema di difesa cercando di fare piano perchè aveva l'impressione che dormissero ancora tutti in casa nonostante fossero già passare le 9.

 

Aveva ragione in parte.

Giacomo dormiva infatti a gambe e braccia aperte sul letto matrimoniale. Le lenzuola spinte ai piedi del letto durante il sonno per non averle indosso a farlo sudare. I boxer storti e la maglietta bianca e aderente a sottolineare il passato di sport, con la prominenza della pancetta a ricordare come lo sport fosse solo nel passato. La sera prima si era preoccupato di rimettere a posto le torce, di ricaricarle perchè “non si sa mai, dovessero riservire.. “ e di dare una pacca sulla spalla a Marco prima di andare a letto: sentiva che in qualche modo non era colpa sua quanto stava accandendo.

Anche se si era dimostrato calmo e pratico come nella sua natura, l'ansia e la preoccupazione lo avevano comunque distrutto e ora si godeva un sano sonno ristoratore consapevole in profondità che qualche problema lo avrebbe atteso al risveglio.

 

Cinzia sul davanzale della finestra aperta a metà, con le spalle poggiate sulla persiana e i piedi su una sedia collocata sotto la finestra, proiettava la sua ombra in parte su Giacomo e in parte sul muro dopo di lui. Un'ombra obliqua e allungata dalle prime luci del mattino. Un'ombra silenziosa e densa di pensieri.

 

Basta che dorme lui...

 

Giacomo sfogava qualsiasi forma di stress nel sonno. Beato lui, lei invece non vi era mai riuscita. Dormiva già poco normalmente, se poi era preoccupata per qualcosa passavi interminabili nottate a fissare il soffitto o il lento scorrere dei minuti sulla sveglia elettronica. Ore a sorvegliare il pigro susseguirsi dei numeri luminosi sullo schermo con la certezza che alcuni indugiassero più di altri, quasi intimiditi dall'essere sorvegliati o forse per semplice malignità e sadismo. Contava i rumori che si susseguivano in una casa di notte. Riusciva a percepire il gocciolio di quel rubinetto che perdeva al piano di sopra, così come il ticchettio delle lancette dell'orologio blu appeso in cucina.

Dopo un po' che li ascoltava riusciva a rintracciare una sequenza in quei rumori, quasi un ordine...

 

L'ordine c'è in ogni cosa, e dove non c'è viene riportato.. e lui intanto dorme...

 

Adesso che ormai il mondo si era svegliato quei rumori non erano più udibili, sovrastati dalla vita quotidiana affannosa e inconsapevole di sé che già inseguiva un nuovo tramonto. E in tutto questo...

 

lui intanto dorme. Perchè loro fanno così: dormono.

 

Adesso con il sole che le sfiorava con lieve calore la parte bassa della schiena, scoperta dalla magliettina corta che indossava di notte, che ne evidenziava il fisico ancora elegante e in forma, i pensieri si accavallavano nella sua mente. Pensieri su quanto accaduto quella notte, pensieri su quante notti aveva passato e avrebbe passato ad ascoltare rumori ossessivi mentre Giacomo dormiva, pensieri su suo marito...

 

Perchè loro fanno così: dormono.

 

… pensieri propri e anche pensieri che non le appartenevano. Alcuni non li capiva nemmeno del tutto, forse era semplicemente stanca. … loro chi?

 

Gli uomini.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 - La casa sulla scogliera. Mara e Cinzia. ***


Giacomo aspettava Cinzia e Mara appoggiato allo sportello della sua macchina, una polo nera metallizzata, quattro porte e troppi chilometri percorsi. Spingeva con la schiena contro la macchina dondolandosi tanto da trasmettere una vibrazione fino all'arbre magique al pino marittimo attaccato allo specchietto retrovisore.

L'idea di Mara, subito condivisa da Cinzia, non lo convinceva affatto: che senso ha andare in quella casa? Non riusciva a individuare la ratio di quella spedizione, il senso. La donna che abitava quella casa era morta da più di due anni e sapeva per certo che ormai la casa era disabitata, incustodita e potenzialmente pericolosa: qualche tossico o vagabondo poteva essersi rifugiato lì dentro o magari qualche asse malmesso sarebbe potuto crollare sopra la loro testa se fossero entrati.

 

Ma Mara aveva bisogno di sapere, doveva verificare di persona che non esistesse alcuna donna con un abito blu che voleva fare del male alla sua piccolina, aveva necessità di vedere la casa degli incubi di sua figlia, per poterla accarezzare la sera e dirle, guardandola negli occhi, che non aveva davvero niente da temere, che poteva sognare cose belle perchè sua madre la avrebbe protetta. Sentiva quasi come un dovere andare lì.

Cinzia, da madre, aveva subito raccolto il senso di quanto pensato da Mara e si era offerta di accompagnarla per offrirle il suo conforto da amica e la sua maggiore lucidità grazie al minore coinvolgimento emotivo.

 

E io mi sono trovato incastrato... Cinzia è mia moglie, la macchina è mia.. la zona la conosco meglio di tutti, perchè ci venivo negli anni passati e ho amici qui... e mi tocca andare... con questo caldo...

 

“Adesso io devo andare... però mamma torna tra non molto, ok?” Mara era piegata sulle ginocchia di fronte a Veronica.

 

La bambina piangeva con gli occhi sbarrati che urlavano silenziosamente la sua paura, il suo “non mi abbandonare”.

 

Mara le diede un bacio sulla fronte scostandole i piccoli ciuffi castani che vi ricadevano delicatamente, la strinse a forte a sé , mentre questa rimaneva inerte, con le piccole braccia lungo il corpo, senza dire una parola.

Non appena la madre si rialzò, Veronica si girò e a testa bassa cominciò a camminare verso il centro della camera.

Marco le porse la mano, con sguardo dolce e rassicurante.

Chiara le sorrideva dolcemente da accanto al ragazzo.

La piccoletta li guardò e una nuova lacrima percorse il suo viso. Cominciò improvvisamente a correre e si lanciò in braccio a Sebastiano che la strinse a sé, guardando con rimprovero i due ragazzi più grandi, intanto che sussurrava impercettibili parole nell'orecchio della piccola impaurita.

 

“Chiara, noi saremo di ritorno tra un paio d'ore. Fate i bravi” disse Mara alla ragazza, pur di non rivolgere la parola al figlio che sentiva in qualche modo colpevole.

Si risistemò la magliettina azzurra senza maniche con la scritta “Beach” dorata al centro, proprio sul seno prosperoso, così che scendendo sulla pancia non ne sottolineasse i chili di troppo nè le forme generose già evidenziate dai jeans aderenti.

Cinzia salutò con un cenno della mano tutti i presenti. Si portò un ciuffo di capelli biondi dietro l'orecchio, uno sguardo d'intesa con la amica e si avviarono verso Giacomo e la sua polo.

 

Il tragitto per arrivare dall'altro lato della baia non era particolarmente lungo, se non fosse che dovevano prima tornare sul lungomare principale attraverso un paio di stradine strette che tagliavano il Residence Miramare per poi correre paralleli al blu misterioso, fitto di riflessi di sole ora solo lievemente increspato da qualche ondina con la sua spuma bianca.

Arrivati all'altezza della scogliera presso cui sorgeva la casa, si addentrarono per le dune che separavano quell'ultimo tratto di baia dagli accessi principali e che lo rendevano più riparato e privato.

Si fermarono perchè la strada finiva e Giacomo non aveva intenzione di andare sulla sabbia con la sua vecchia Polo.

 

Percorrendo gli ultimi metri della stradina che li portò in vista della casa sulla scogliera si resero conto che una lieve nebbia circondava la zona. Da lieve si fece più fitta, tanto che quando scesero dalla macchina Giacomo lasciò i fari accesi per illuminare la strada verso la casa.

 

“non me la ricordavo così.. nebbiosa... anche sé da 4 o 5 anni che non ci passo vicino in realtà” pensò Giacomo ad alta voce.

 

Cinzia, si guardava intorno con aria incuriosita da quel luogo ameno ma così freddo... sembra di entrare in un luogo vuoto … beh, è vuoto.. non ci abita nessuno...

 

Mara si torturava le dita delle mani in modo nervoso intanto che guardava da dove si accedeva alla casa. Notò che dopo la spiaggetta privata vi era una scalinata intagliata nella roccia che permetteva di salire sulla parte rialzata della spiaggia, al di sopra della scogliera, dove sorgeva la casa, dall'aria un po' dismessa. Guardando gli scogli provò un brivido ricordando le parole di Giacomo.. su quelle rocce ci sono finiti pezzi di corpo e di sangue della tizia.. che schifo.. col cavolo che mi ci avvicino... Fece un'espressione disgustata e cominciò a salire i gradini.

 

Dietro di lei Cinzia che, con le mani nelle tasche dei morbidi pantaloncini color kaki, simulava una tranquillità che non aveva. Le leggere ombre di sudore che si intravedevano dalla camicia bianca che le aderiva alla schiena svelavano una lieve agitazione. Quel posto era strano. Anche quella nebbia: non vi era alcuna spiegazione scientifica... almeno che lei sapesse... ma in fondo io sono un avvocato... più che altro sarei curiosa di sapere a chi appartiene ora la proprietà e perchè non la sfrutta... potrebbe valere parecchio denaro...

 

Bisognerebbe proprio metterla a posto... sicuramente qualche lavoro di fondo e strutturale per le finestre, le travi di separazione dei due piani... la porta … lo sguardo di Giacomo correva veloce sulle strutture della casa, il suo occhio da architetto abituato a fare preventivi per le ristrutturazioni stava valutando in pochi minuti costi eventuali e valore ricavabile dell'immobile.

Il fragore di un'onda che si rompeva sugli scogli con più irruenza delle altre lo ridestò dai propri pensieri e si rese conto che Mara era già sulla porta a chiedere se vi fosse qualcuno...

 

“Mara, se anche c'è qualcuno... sarà un tossico o un vagabondo: ti aspetti ti risponda su.. “ lo sguardo di Giacomo era come per sottolineare che gli aveva dovuto far notare un'ovvietà.

 

“Se qualcuno ce lo chiede, noi stiamo entrando perchè Rufus è corso qui dentro e abbiamo paura che gli crolli casa in testa.. d'accordo?” La domanda di Cinzia era in sostanza un'affermazione che gli altri due non potevano che condividere.

 

La nebbia era anche dentro la casa, sfumava i contorni e attutiva i rumori. I cigolii delle assi, probabilmente marce, si sentivano comunque, così come il rumore di una porta mossa dal vento del mare che strideva sui cardini arrugginiti.

Era evidentemente una casa abbandonata.

 

“Ha ragione Sebastiano mi sa.. - disse Mara – Marco e Chiara avranno coinvolto in qualche stupido gioco di paura Vero e quella poi si è sognata tutto...” la donna scuoteva la testa triste al pensiero della condotta del figlio e della paura della piccoletta.

 

Agli angoli delle pareti si intravedevano grosse ragnatele. Qualche mosca ronzava tenendosene alla larga e rimanendo al centro della stanza. L'odore era denso e vagamente malsano.

Quasi tutti i mobili coperti da qualche telo rivelavano una forma pesante e lavorata.

 

“Facciamo una cosa veloce... io vado al piano di sopra... do un'occhiata... tu vai nell'altra stanza - Cinzia, con la mano indicò a Mara la cucina - e tu, amore, rimani qui.. ok?”

 

Non c'era motivo di non essere d'accordo.

 

La mamma di Marco si avventurò oltre la cigolante porta della cucina, sussultò lievemente trovandosi in volto una ragnatela dalla quale si liberò dimenandosi molto più del necessario... tu vai nell'altra stanza... adesso comanda lei! Sono io che ho deciso di venire qui... solo perchè ha una laurea si crede più intelligente... Mara notò il grosso tavolo al centro della cucina con due sedie su un lato e una superficie in marmo sull'altra per preparare le pietanze.

Le stoviglie di ferro erano appese sotto la credenza e sopra la superficie di marmo. I mobili erano di un buon legno che però dava segni di cedimento a causa dell'umidità.

Dal lato opposto della porta c'era uno specchio che aveva ceduto alla forza di gravità, rompendo il chiodo che lo sorreggeva e crollando sul mobile sottostante. La caduta lo aveva frantumato.

Alcuni pezzi erano adagiati sul legno e altri erano rimasti tenacemente attaccati tra loro dentro la cornice, ostinati come un pensiero molesto e inopportuno.

Mara affascinata dalla cornice nera in puro onice, intagliata a mano secondo motivi arabescati, si avvicinò ad ammirarla. Era davvero stupenda, nera, densa, quasi viva... in una casa morta...

Vide la propria immagine riflessa nei pochi frammenti rimasti nello specchio.

Vide il contorno del proprio viso, dolce e triste, l'inizio del suo seno prosperoso che faceva voltare tutti gli uomini per strada.

Vide parte della scritta sulla propria maglietta.

Vide una donna avvolta in un telo blu alle sue spalle.

Si girò di scatto quasi cadendo a terra.

Non c'era nessuno.

 

Giacomo era rimasto volentieri al piano di sotto. Sperava solamente che le due donne si sbrigassero a guardare nella casa: era palese come fosse vuota e disabitata. L'unica cosa di cui c'era bisogno lì era di un investitore, un acquirente e un buon architetto. Sorrise tra sé: mancavano i primi due...

Sentì i passi di Cinzia che saliva al piano di sopra.... quegli scalini devono essere veramente messi male se anche Cinzia che è così magra li fa cigolare in quel modo...

 

La bionda era arrivata al piano superiore dove notò il letto con le tende ammuffite e polverose, le pesanti coperte marroni e le decorazioni in onice nero della spalliera e dei quadri alle pareti. Vide anche il pianoforte poggiato di lato come un cadavere per l'assenza di una gamba.. una sarta che suonava anche il pianoforte.. una donna d'altri tempi quella che abitava la casa.. più che una signora .. una Dama direi..

 

Cinzia era sempre stata contrastata sulla propria idea di donna: adorava l'immagine di femminilità di altri tempi, dedita alla casa, ad arti raffinate, al focolare ma allo stesso tempo non era mai riuscita a pensare se stessa diversamente da una donna in carriera con una bella laurea e un percorso professionale avviato... e se invece Giacomo avesse voluto accanto una donna tutta casa e famiglia? .. beh non avrebbe sposato me!... ma ho un fisico così attraente che mi avrebbe sposato lo stesso.. io faccio fare bella figura... e tanto poi c'è la tua amica con cui spassarsela... con il suo seno generoso e le forme femminili, non magrolina come te.. con il suo tempo libero.. disponibile.. molto disponibile...

Cinzia si rese conto di essere immobile da un paio di minuti di fronte al pianoforte mentre i pensieri la sommergevano come le onde del mare con una donna che affoga.

 

“Tesoro tutto bene?” Giacomo la aveva raggiunta di sopra e ora le era accanto cingendole la vita con un braccio “sei sudatissima... ma.. eri tu che suonavi il pianoforte?”

Cinzia si girò lievemente come solo parzialmente riscossa dal torpore e inclinò leggermente la testa di lato con aria interrogativa... ti piacciono le forme di Mara TESORO ? Ti piace la sua disponibilità TESORO ?

 

Giacomo non capiva il silenzio della moglie e cercò di spiegarsi: “stavo aspettando di sotto quando ho sentito delle note appena accennate su un pianoforte un po' scordato e ho pensato fossi tu.. poi arrivo qui e ti vedo di fronte al piano.. allora...”

Cinzia continuava a fissarlo senza proferire verbo. Io non ti piaccio abbastanza? Non mi vuoi? Dimmi che mi desideri ancora, TESORO....

 

Si avvicinò al marito prendendo con decisione la mano che lui teneva sul suo fianco, ne baciò le dita, quindi tenendola con la propria la fece scorrere lungo il proprio fianco e poi fino alla coscia. Si avvicinò a pochi passi da lui.

I loro volti erano a pochi centimetri.

Con la mano libera Cinzia percorse il petto e il fianco del marito così come lui aveva fatto con il suo ma senza andare verso la coscia si accentrò verso il bottone dei jeans, sbottonandolo senza indugiare...

 

“ma che...” Giacomo era interdetto dal comportamento della moglie, di solito pudica e riservata fuori dalle mura domestiche. Non reagì solo perchè, anche dopo tanti anni, trovava la moglie troppo desiderabile e sensuale per riuscire a rifiutarne da subito in modo deciso le iniziative.

 

Allora.. ora mi vuoi? O stai ancora pensando a quella tettona di sotto? Qui c'è un bel letto per noi...

 

Cinzia baciò lievemente il collo del marito che indietreggiando di un passo andò a sbattere contro il cadavere del pianoforte. Le mani di lei erano dietro la sua nuca che gli sfioravano i capelli. Il corpo abbronzato e sinuoso di lei aderì veloce al suo, percependone i nascosti desideri attraverso i vestiti di entrambi.

 

Dimmi che sono solo io la tua Dama...

 

Mara dopo il colpo al cuore che aveva avuto nell'immaginarsi quella figura alle sue spalle velocizzò il controllo della stanza continuando a chiedersi che senso avesse avuto venire in quella casa.. era vuota, era VUOTA...

Uscì dalla cucina e tornò nel salone davanti l'ingresso. Giacomo non c'era. Sentì dei rumori provenienti da sopra... evidentemente ha raggiunto Cinzia...

Notò che c'era un'altra stanza al pian terreno, l'unica con la porta chiusa.

Vi si avvicinò e provò ad aprirla ma era chiusa a chiave e non si muoveva per niente. Decise che non era importante ma allo stesso tempo era maledettamente curiosa di sapere cosa nascondesse l'unico posto non accessibile della casa.

 

Giacomo che in tono di rimprovero sbottava: “Cinzia, basta!” la riscosse dai propri pensieri.

La voce proveniva dal piano di sopra. “Tutto ok, lassù???” urlò per farsi sentire..

 

Cinzia era perplessa e guardava il marito non capendo a cosa si riferisse il suo “basta”.

Giacomo era riuscito a trovare la forza di scostarla da lui e di non cadere nella tentazione di fare qualcosa di terribilmente malsano.. una casa abbandonata, dove c'è morto qualcuno.. con Mara di sotto e Veronica che ha gli incubi.. non certo il luogo migliore per fare sesso.

Ma non era stata certo l'etica o la paura a dargli la forza di reagire e a riscuoterlo dal torpore, semmai era stato a causa della mani di sua moglie che sulla sua pelle divenivano sempre più fredde e prive di ogni calore, mentre entrambi stavano sudando per il caldo.

Si riallacciò rapidamente i pantaloni mentre ancora stranito rispondeva a Mara “si si.. ora scendiamo e andiamo via da questa casa...”

 

Cinzia seguì il marito, ancora inconsapevole di quanto stesse avvenendo in quella stanza, di quanto stesse facendo.

Raggiunsero Mara al piano di sotto e avendo appurato che la casa era disabitata uscirono.

Un ultimo sguardo agli scogli attraverso la nebbia ora leggermente più rada e si avviarono verso le scalette di pietra per poi tornare alla macchina.

 

Mara passando di lato alla casa, si accostò alla finestra corrispondente alla porta chiusa a chiave, le tende erano tirate ma si intravedeva comunque all'interno la sagoma di qualcosa.

Era una culla.

Se ne era dimenticata: Giacomo aveva detto loro che la signora quando si era suicidata era incinta di molti mesi. Che triste destino... povera creatura.. nemmeno hai fatto in tempo a nascere che sei morta con tuo madre nell'oceano.

 

Le onde si infransero con forza contro gli scogli riscuotendola dal pensiero.

Raggiunse Cinzia e Giacomo, risalirono in macchina e ripartirono verso casa, intanto che alle loro spalle la nebbia si rifaceva nuovamente fitta e una triste melodia riprendeva su un pianoforte rotto suonato da nessuno.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 - Sogno e realtà ***


Mara era accucciata vicino la porta della propria camera e spiava al suo interno Cinzia che con le proprie lunghe mani affusolate, e le unghie delicate smaltate di bianco, sfilava la camicia dal corpo di suo marito Sebastiano. Era stupita, ma nemmeno tanto. Si ricordava bene come lo sfiorava maliziosa in spiaggia l'altro giorno, come lo guardava. Ne ricordava i lievi commenti e i contatti lascivi quanto sfuggenti. Ma non pensava arrivasse a tanto! Dopo anni di amicizia... decenni di storia insieme, ora lei, quella lurida sgualdrina, stava adescando suo marito!

 

Le amiche servono a questo, no? A portarsi a letto tuo marito....

 

Cinzia aveva indosso solo gli shorts del pigiama, leggeri di sottile quanto trasparente lino bianco. Sopra indossava un top viola come i suoi slip, con un disegno di strass al centro di un fiore tropicale. Camminava per la stanza della propria camera nervosamente, ma a passi lentissimi, come un felino che aspetti il momento di scagliarsi sulla preda. Giacomo, suo marito, dormiva profondamente... come sempre basta che dorme lui... nel loro letto matrimoniale.

Le lenzuola scostate a forza di calci per il caldo, le braccia divaricate ad invadere il suo spazio... perchè tu questo fai, ti rubi il mio spazio... il pigiamo storto come sempre e quel sorriso adorabile da bravo ragazzo dipinto in volto anche mentre dormiva... non c'è niente da sorridere … tu rubi il mio sonno...

 

Ma d'altra parte è normale... Perchè loro fanno così: dormono.

 

Il primo istinto di Mara fu quello di entrare sbattendo la porta e scaraventarsi sui due, sputare in faccia a Sebastiano per il vile tradimento e poi picchiare Cinzia... ucciderla magari... ma si trattenne: voleva sperare.

Voleva sperare che si fermassero, che Cinzia dopo la camicia non sfilasse anche il pantaloncini di suo marito. Voleva credere che il proprio consorte o la migliore amica di sempre sarebbero rinsaviti prima di commettere l'irreparabile. Non voleva essere lei a fermarli: dovevano essere capaci di fermarsi da soli. Anche se questo poteva voler dire rimanere ad osservarli mentre il tradimento si consumava.

 

E i mariti si sa, fanno così... anche con le tue migliori amiche...

 

Cinzia salì sul proprio lato del letto come camminando carponi, a quattro zampe. Sembrava sempre di più un felino a caccia della propria preda. Annusava l'odore del proprio marito addormentato, sentiva la sua tranquillità... non hai niente da temere, dormi... o forse hai molto da temere ma.. dormi lo stesso.. tanto è questo che sai fare... mentre io invece non posso.. non riesco.. io conto le gocce del rubinetto che perde.. tu dormi.. io cullo tua figlia che piange... tu dormi.... io ascolto il ticchettio zoppo e irregolare di un orologio in cucina e tu continui a dormire, invece di ascoltare con me... Cinzia era ormai su Giacomo, china, poggiate sulle ginocchia, le mani poggiate all'altezza delle proprie spalle vicino la testa di lui... il viso che scende a pochi millimetri dal viso dell'uomo... un lieve sussurro umido e roco... dormi...

 

Lui fa così: dorme....

 

Cinzia non sembrava intenzionata a fermarsi e si sfilò agile e sinuosa gli shorts blu che tanto contrastavano con la sua abbronzatura dorata. Li lasciò cadere lungo le gambe ben depilate e sode, affusolate e lunghe. Non grasse come le mie... o “morbide” come dice sempre quel traditore... infame.. prima mi dici che ti piaccio “burrosa” e ora ti lasci incantare da quella nevrotica bionda senza ripieno... Le dita di Cinzia scorrevano sui propri bottoni più lente di come erano su quelli di Sebastiano, ma non certo esitanti, semmai languide e sicure di se. Rallentavano per eccitare, si ostinavano nel celare per far desiderare maggiormente. E Sebastiano la afferrò, per i fianchi, serrandola al suo petto nudo e accaldato per sentire la pelle della sua pancia tesa e piatta contro il proprio petto. Non mi afferri mai così...

 

ma afferra volentieri la tua migliore amica...

 

Ora Cinzia è seduta per terra, gli shorts troppo sottili lasciano passare il freddo del pavimento e lei lo percepisce sulle gambe. E' seduta ai piedi del letto, dal lato di Giacomo, a pochi centimetri da lui. Di sottofondo sempre più insistente la lancetta dei minuti rincorre sé stessa lì in cucina, e la goccia del rubinetto sembra seguire il ritmo dei suoi battiti cardiaci per poi accelerarli.

La notte è buia e profonda, ma i suoi occhi si stanno abituando lentamente all'assenza di luce... così come mi sono abituata all'assenza di sonno.. perchè non si può parlare di dormire o di riposare se si tratta solo di svenire alle 4 di notte dopo aver fissato il soffito per ore, e poi alzarsi alle 6 ed essere la tua mogliettina fottutamente perfetta...

Era ora in piedi e fissava Giacomo scorrendo con un unghia bianca un solco rosso sulla fronte imperlata di sudore...

 

Lui non ti ama, non gli servi.. sei parte del suo puzzle perfetto.. il tassello biondo.. solo quello....

 

Mara comincia ormai a graffiare la porta con le unghie, la voglia di urlare, si intervenire, di sbranare quelle cagna e quel traditore sono ormai sempre più forti. Cinzia scosta Sebastiano sciogliendosi dall'abbraccio di lui ma solo per terminare di levarsi la camicia e chinarsi quindi per sfilare i pantaloncini verdi del marito di Mara.

Nemmeno vi ammazzo ora...mi limiterò ad avvelenarti brutto bastardo ma prima ti taglierò la gola brutta cagna...

Cinzia, dopo aver spogliato completamente Sebastiano, la cui eccitazione era ormai visibile quanto piena, si mosse elegantemente verso di lui, portando le mani dietro la schiena per slacciare il reggiseno e mettere in mostra un seno piccolo e perfetto.. perchè tu brutta cagna non hai dovuto allattare due bambini...

 

Lei se ne frega dei tuoi bambini, lei vuole tuo marito... se lo sta prendendo...

 

Cinzia era immobile da qualche minuto, riprendendo fiato dopo aver percorso rapidamente le scale... per fare cosa? Non ricordava nemmeno di aver deciso di allontanarsi dal letto … per prendere qualcosa, ma ora era di nuovo lì... e tanto tu non ti sei mosso.. non ti accorgi nemmeno se ci sono o no? E se mi togliessi la vita qui. Ora? Te ne accorgeresti? No, perchè tu dormi... e dormiresti con il mio cadavere vicino al letto.. domattina scopriresti che sono morta perchè nessuno ti sta preparando la colazione, vero?

Cinzia puntò in tono accusatorio contro il marito il braccio teso con in mano un coltello da cucina. Ecco che cosa ero andata a prendere in cucina.. che bel coltello... se lo passò sulla pelle scoperta, apprezzandone il freddo metallo.

Sorrise lievemente, reclinando leggermente la testa di lato.

Alzò il coltello all'altezza delle labbra, passo la lingua sulla lama tagliandosi leggermente. Se proprio ti piace tanto dormire, perchè svegliarsi....

 

Non farlo svegliare, fallo per lui... fallo ora..

 

Sebastiano era immobile, desideroso di lei. Cinzia si chinò quindi maliziosa, afferrò i bordi dei propri slip e li lascio calare giù lungo le gambe, cosi come le lacrime scendevano silenziose e lievi sulle guance di Mara che la osservava.

Un passo avanti... Cinzia era più vicina a Sebastiano.

Ancora un passo.

Poggiò un ginocchio sul letto spingendo lui a distendersi.

Stava per poggiare anche l'altra gamba, un sorriso freddo come il metallo sul suo volto.

 

Mara urlò con quanto fiato aveva in gola lanciandosi verso Cinzia, ormai completamente nuda, per punirla... per ucciderla...

Ma si risvegliò completamente sudata sul proprio letto.

Lo scatto fatto per aggredire Cinzia la aveva fatta sedere e l'urlo aveva svegliato suo marito.

 

Amore.. tutto ben.?” non finì la frase che Mara gli sferrò uno schiaffo di piena potenza, lasciandolo un po' dolorante e molto sorpreso

 

che caz...” ma lei era già tra le sue braccia, consapevole che era stato solo un sogno... ma non del tutto, sentiva infatti ancora il bisogno di punirlo. Si staccò da lui.

 

mi hai tradita?”

 

eh? Ma che domande fai? No!” era ancora dolorante e in parte arrabbiato, ma soprattutto sempre più perplesso dal comportamento della moglie.

Lo attribuì però all'assurda disavventura di Veronica della notte precedente... “dai, calmati ora...” lui tentò di baciarla sulle labbra.

Lei esplose in un altro schiaffo e scattò fuori dal letto.

 

Sebastiano era sempre più perplesso. Rimase di stucco quando Mara, senza nemmeno una parola, corse di fuori, direttamente nella sua vestaglia da notte a tratti quasi trasparente a causa del sudore. La inseguì fuori dalla stanza, quindi fuori di casa.

 

Mara afferrò al volo la “chiave di sicurezza” per la casa di Cinzia.

Voglio vederla in faccia, solo così saprò se era un incubo o no... e se non fosse un incubo? Se avessero scopato mentre non c'eri? Lo saprò.. lo capirò... mi fido di .. quella cagna? E mi fido di mio marito... è un uomo! Non puoi fidarti di un uomo....

La mamma di Marco fece letteralmente irruzione in casa di Cinzia, aprì rapidamente la porta e salì le scale, seguita a qualche passo dal marito ormai totalmente basito dal comportamento della moglie.

 

Arrivarono in camera di Cinzia e Giacomo.

 

Cinzia era sopra di lui, come un felino che ha agguantato la preda.

Il marito addormentato non si stava accorgendo di niente, lei si alzò sulle ginocchia, tenute larghe intorno alla vita di lui.

Busto dritto, mani unite sopra la testa ad impugnare il coltello, che nel buio infinito di quel momento rifletteva la poco luce della stanza...ancora tre gocce di rubinetto e potrai dormire per sempre, visto che ti piace tanto...

 

Mara non riuscì nemmeno a urlare davanti a quella scena: un urlo le si strozzò in gola. Sebastiano arrivato qualche secondo dopo di leì e scoppiò invece in un improvviso “Cinziaaa!!!”

 

La bionda che in quel momento sorrideva lievemente , si girò di scatto vedendo i due intrusi.

 

Giacomo si svegliò e trovò la moglie eretta su di lui.

Non fece nemmeno in tempo a dire qualcosa o a notare il pugnale.

 

Cinzia emise un verso come il soffio di un gatto prima di attaccare e vibrò il colpo sul marito, il cui sangue fuoriuscì a macchiare le lenzuola candide, colando in grosse gocce sul pavimento accanto al corpo di Cinzia, svenuta non appena vibrato il colpo.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 - Riconoscersi... ***


Dentro l'ambulanza c'era posto solo per due persone oltre a Giacomo e agli infermieri che ne controllavano i segnali vitali e terminavano di tamponare e pulire la profonda ferita alla spalla.

 

“Ha fatto un bel lavoro... dove ha imparato?” chiese il più giovane dei due, un trentenne cordiale dai capelli rossi troppo ben pettinati per il lavoro che faceva e soprattutto per il turno di notte.

 

“Ho seguito un corso da infermiera per un anno prima di.. prima di rimanere incinta di Marco...” rispose Mara senza nemmeno alzare gli occhi a guardare il ragazzo.

Continuava a fissare Giacomo, la maglietta strappata e le bende intrise di sangue.

 

Il marito di Cinzia era ancora privo di sensi a causa della copiosa emorragia e adesso giaceva disteso nel lettino dei paramedici che per fortuna erano arrivati molto rapidamente: il paese era piccolo e molto tranquillo, non c'era tantissimo lavoro cui stare dietro.

Mara non riusciva a guardare negli occhi la sua amica. Ma cosa le era successo? Perchè lo aveva fatto? Lo riteneva un gesto incomprensibile.

Ma d'altra parte cercare di razionalizzare gli eventi di quella notte ancora lontana dall'essere finita, era un'operazione molto ostica.

In fondo anche lei si era svegliata di soprassalto e aveva schiaffeggiato suo marito senza una ragione per poi fare irruzione, provvidenzialmente, nella camera da letto di Cinzia.

Ma almeno io non ho fatto male a nessuno, non mi sono armata... sapevo che era un sogno.. allora perchè ero lì?

 

Le era riuscito difficile giustificare la sua presenza sul posto con i paramedici ma per fortuna non sembravano avvezzi a casi del genere e alla violenza, e il loro interesse era tutto concentrato sul tenere in vita il malcapitato ed evitare di fare sbagli.

Patrizio, il ragazzo che aveva parlato, era quasi sicuramente uno studente di medicina o qualcosa di simile, mentre l'altro, più taciturno e fisicamente piazzato, Giordano, era un tipo sulla quarantina, probabilmente un portantino con un po' di esperienza sul campo.

 

A Mara tutto questo non importava granchè. Voleva solo sbrigarsi ad arrivare in ospedale, così che un medico la rassicurasse, le dicesse che Giacomo non avrebbe avuto problemi a salvarsi.

Così che Sebastiano, che li seguiva in macchina, la abbracciasse.

Così da poter tornare a casa e da stare con i figli e Chiara, che avevano dovuto lasciare da soli in una notte del genere.

 

Una notte stupenda, senza una nuvola in cielo, con le stelle che illuminavano quell'immenso telo blu scuro teso sopra le teste di tutti.

Brillavano serene, indifferenti e sincere permettendo di vedere abbastanza bene attraverso la notte quel che era vicino e nascondendo opportunamente ciò che era più lontano.

Un venticello leggero accarezzava le fronde degli alberi mentre una lieve umidità faceva l'amore con gli steli dell'erba in un unico concerto di placida indifferenza al destino di chi si affannava a rincorrere la propria realtà.

 

Solo il suono dell'ambulanza rompeva ogni tanto il silenzio della notte, abbastanza da assicurarsi una corsa libera e rapida verso l'ospedale ma senza disturbare il sonno delle persone.

 

Proprio seguendo il suono dell'ambulanza che si allontanava crebbe l'angoscia di Marco e Chiara e il singhiozzare sommesso di Veronica.

Erano rimasti da soli a casa e si erano accampati nel salotto di casa di Marco, tutti seduti e silenziosi.

Chiara era avvolta da un lenzuolo e sedeva su una poltrona completamente rannicchiata, così che dal verde chiaro della coperta emergessero solo il volto e i capelli scomposti.

Aveva un po' freddo perchè indossava solo degli shorts e una magliettina leggerissimia ma soprattutto rabbrividiva all'idea che sua madre avesse accoltellato suo padre.

Anche se in fondo all'anima sapeva che non era colpa sua, sentiva che altrove non sarebbe avvenuto. Percepiva che era connesso a tutto il resto.

 

Marco stava pensando le stesse cose di Chiara mentre sedeva sulla sedia con le braccia poggiate sulle gambe e il capo chinato, assorto e pensieroso.

 

Veronica dormiva sul divano. Non le era stato detto cose era successo. E a lei non interessava. Quello che le importava già lo sapeva. Sua madre era uscita e non era lì con lei. Era di nuovo sola.

 

L'ambulanza cominciò a rallentare, per poi voltare verso destra e parcheggiare nel posto riservato.

I due infermieri scesero rapidamente dal mezzo, fecero cenno anche a Mara e a Cinzia di scendere ma la seconda rimase immobile con le spalle strette tra le mani a dondolarsi in stato semi-catatonico senza badare a ciò che la circondava.

Mara disse agli infermieri di andare e che ci avrebbe pensato lei all'amica.

Sebastiano seguì gli infermieri dentro con Giacomo ancora privo di sensi e con solo una stanca smorfia di dolore sul viso.

Gli sembrava impossibile: qualche ora priva discutevano di quanto tenere le bistecche sul barbecue, di quanto rosmarino mettere e se fosse più opportuno aggiungerlo durante gli ultimi minuti di cottura o a bistecche già nel piatto, con magari un filo d'olio. Sebastiano si passò una mano tra i capelli... resisti Giacomo..

 

Il salone era avvolto da un ovattato silenzio. E la temperatura cominciava leggermente a salire perchè Chiara aveva insistito per chiudere tutte le finestre, imposte quanto serrande.

Anche la porta era chiusa a doppia mandata.

Anche la ragazza ora cominciava però ad avere caldo pur rabbrividendo ancora se si soffermava troppo a pensare. Infatti il lenzuolo verde ora giaceva intorno a lei come una veste non necessaria posata distratta durante un pic-nic.

Marco continuava a fissare il pavimento ed era ormai concentrato sul lieve rumore che faceva l'elettricità percorrendo i fili della lampadina per tenerla accesa. Un rumorino vibrante e pressoché impercettibile che riusciva quasi a vedere nella propria mente più che sentire realmente.

La luce artificiale gettata con noncuranza dalla lampadina incontrava i sottili raggi della luna che si spandevano vicino le finestre filtrando dalle fessure delle imposte, come solo l'aria e la luce possono fare. E la nebbia.

 

Mara avrebbe voluto essere capace di rassicurare Cinzia, di dirle che tutto sarebbe andato per il meglio, di dirle che non era colpa sua, che la avrebbe protetta.

Ma non ce la faceva.

La rabbia per il sogno del tradimento era ormai svanita, come fanno i sogni a cospetto della realtà.

E la realtà era quella di un coltello da cucina luccicante che la sua migliore amica aveva conficcato nella spalla del marito. E se non ci avesse visto … lo avrebbe accoltellato al cuore? E' quindi un'assassina? Ma perchè ora.. oggi.. con noi vicino.. cosa ci avrebbe detto .. e poi.. no, non avrebbe fatto del male anche a Chiara... sarebbe scappata?

Si limitò a prendere Cinzia per mano che riluttante la seguì fuori dall'ambulanza, dentro l'ospedale e poi fino alla stanza dove sedeva Sebastiano nella stessa posa in cui Marco attendeva a casa, in salone.

Vedendo arrivare sua moglie e la potenziale assassina fece sedere la seconda, che ripresa il lieve dondolio assorto che aveva già in ambulanza, le braccia strette e gli occhi velati, quasi irriconoscibili.

 

Sebastiano abbraccio Mara che finalmente sentì il calore del corpo del proprio compagno riscaldarla un po' da quel freddo che non era in alcun modo lenito dalle temperature estive.

L'attesa fu non breve ma nemmeno interminabile come si erano aspettati.

Un medico uscì dalla stanza in cui era stato portato Giacomo e gli fece cenno di entrare.

Mara aiutò Cinzia ad alzarsi intanto che Sebastiano apriva loro la porta.

Nell'abbassarsi per aiutare Cinzia, la guardò negli occhi e non vi rintracciò niente della sua amica di ormai tanti anni.

 

Marco stava cominciando leggermente a sudare. Un po' era il nervosismo ma in parte era anche il caldo che si era accumulato nel salone. Decise di andare a prendersi qualcosa da bere in cucina, così con l'occasione avrebbe aperto le imposte dell'altra stanza senza dirlo a Chiara e fatto circolare un po' d'aria in casa.

Alzò la testa per chiedere alle due ragazze se volessero anche loro qualcosa da bere e notò che Veronica non stava più dormendo ma lo fissava.

I suoi occhi erano freddi e pieni di quell'espressione di rimprovero e riprovazione che vi aveva letto già l'altra mattina poco prima che loro padre lo rimproverasse per averla coinvolta.

Rimase per un attimo a bocca aperta senza parlare sentendosi penetrato dallo sguardo della sorella.

 

E' colpa tua...tu sei mio fratello, mi devi proteggere...

 

Riuscì comunque a riscuotersi e a chiedere se volessero da bere.

Chiara senza alzare lo sguardo disse solo di 'no' e continuò a torturare il lenzuolo tra le mani.

Marco vedeva che stava soffrendo.

Avrebbe voluto andare lì, abbracciarla.

Stringerla a sé e ...dirle qualcosa che non sapeva.

Qualcosa che non pensava.

Qualcosa di cui lei aveva bisogno.

Ma si limitò a rispondere “ok”.

Si soffermò ancora un secondo a guardare Chiara e quindi si girò verso Veronica in attesa di almeno un gesto che gli facesse capire se doveva portarle un po' d'acqua.

La sorella continuava a fissarlo senza cambiare espressione, senza dare cenni di alcun tipo.

A Marco sembra che nemmeno sbattesse le palpebre.

 

E' colpa tua...tu sei mio fratello, mi devi proteggere...

 

Decise di alzarsi e andare in cucina. Se proprio doveva resistere tutta la sera in silenzio, senza essere di aiuto a Chiara e con la sorella che lo fissava, quanto meno un bicchiere d'acqua se lo meritava.

Passò tra poltrona e divano, e arrivato sulla soglia della porta sentì una presenza a circa un metro da lui.

Veronica senza fare rumore si era alzata e lo seguiva.

Evidentemente vuole continuare a fissarmi e a mettermi ansia anche mentre bevo...

 

Cinzia e Mara entrarono seguite da Sebastiano.

Giacomo era privo di sensi e completamente bianco in volto, quasi quanto le lenzuola candide sulle quali era disteso.

 

“Se la caverà – le tranquillizzò il dottore – abbiamo ricucito la ferita ed effettuato una trasfusione. La ferita era grave ma non mortale, ma ha perso molto sangue e questo lo ha reso estremamente debole”

 

Mara tirò un sospiro di sollievo. Erano le prime tre parole quelle di cui le importava. Se la caverà..

Sebastiano si girò ed emise uno sbuffo denso di angoscia evaporata. Si portò le mani tra i capelli sudati e si distese come se si fosse appena alzato dopo essere stato a lungo contratto.

 

“... ma la ferita che ha riportato è quella di un grosso coltello da cucina. Avete niente da dirmi in merito?”

 

Mara impallidì e si girò verso Sebastiano.

Cinzia continuava a dondolarsi meccanicamente anche stando in piedi.

Non se la sentivano di dire che era stata lei a pugnalarlo, di confessare che la avevano vista farlo di proposito, con cattiveria.. con un'aria folle ma fredda.. è pur sempre la mia amica ma... non voglio coprire un'assassina... io non posso...

Sebastiano cercava di pensare ad una scusa coerente e sensata da propinare al dottore.

In macchina non era riuscito ad escogitare niente perchè troppo agitato rispetto alla possibilità che Giacomo morisse e ora che serviva non aveva la prontezza di inventare una balla credibile.

Il dottore si schiarì in modo significativo la gola per spronare qualcuno a parlare.

 

Marco arrivò alla cucina e si diresse verso il frigorifero per prendere da bere.

La cucina della casa era abbastanza stretta. Su un lato c'erano frigorifero e lavello e dall'altro i pensili con dentro le posate, quello di fronte al frigo e quello accanto con dentro un po' di provviste. Era palese quale fosse il mobile con le stoviglie dalla maggiore usura e inclinazione per il tanto peso che era costretto a sopportare.

Anche se ben maggiore era il peso che Marco doveva reggere per lo sguardo di Veronica che continuava a seguirlo. A perseguirarmi....

 

E' colpa tua...tu sei mio fratello, mi devi proteggere...

 

La sorella si era fermata sulla porta della cucina, proprio al centro. Continuava a fissare il fratello.

 

Marco cercò di ignorarla tanto sapeva che non gli voleva rivolgere la parola.

Si avvicinò alla finestra e ne aprì le imposte: una piacevole folata di vento gli sfiorò il viso e lo rinfrescò un poco.

Aspirò l'aria fresca a pieni polmoni e lasciò la finestra aperta per far entrare un filo d'aria in casa.

Dalla strada arrivava appena qualche rumore, una macchina ogni tanto.

Costante era invece il rumore delle onde che si infrangevano contro gli scogli, ostinate, senza sosta andavano incontro allo stesso destino. Si dice che follia sia fare sempre la stessa cosa attendendosi un risultato diverso.. dove aveva sentito questa frase.. in un telefilm se non ricordava male...

Il rumore di questa follia bianca di spuma era soffuso e ipnotico ma sufficiente a coprire il rumore della credenza con i piatti che cominciava a gravare troppo sui fermi arrugginiti da tempo.

 

Marco dopo aver respirato un po' di fresco aprì il frigo e il freddo lo colpì dritto nello stomaco. Cominciò a guardare cosa c'era di buono.

“Sicura che non vuoi niente ?” Fece un tentativo con la sorella.

Senza risultato.

Continuava a fissarlo silenziosa.

 

E' colpa tua...tu sei mio fratello, mi devi proteggere...

 

Marco prese una lattina di coca-cola dal frigo e fece per aprirla ma ci ripensò.

Di sera gli dava fastidio e non lo faceva dormire, meglio scegliere altro.

Il primo fermo della credenza si ruppe proprio in contemporanea all'infrangersi dell'ennesima onda contro le rocce.

Ora era leggermente inclinata in avanti, proprio alle spalle di Marco, pronta a cadere sopra di lui.

 

Il dottore cominciava a spazientirsi.

Sebastiano era dell'idea di dire la verità alla fine.

Tanto Giacomo si sarebbe svegliato a breve e se avessero coperto la moglie li avrebbe smentiti facendoli passare magari per complici.

Inoltre, se da un lato trovavano inspiegabile il gesto di Cinzia, anche conoscendo Giacomo, dall'altro i fatti erano inconfutabili.

Mara lesse le intenzioni nello sguardo del marito e decise di non opporsi.

 

Cinzia sembrava ormai indifferente alla questione, presa soltanto dal proprio dondolio ripetitivo.

 

Sebastiano cominciò: “Dottore, Giacomo è stato accoltellato...”

Non riuscì a completare la frase perchè fu interrotto da un bisbiglio appena udibile proveniente da dietro il medico. Si voltarono tutti. Era Giacomo che cercava di parlare. L'infermiera lo aiutò, mettendolo nelle condizioni necessarie.

 

“... ci sono entrati i ladri in casa .. ho sentito dei rumori di sotto.. sono sceso e .. poi mi sono ritrovato che sanguinavo e Cinzia sopra di me che cercava di aiutarmi. L'arrivo di Seba e Mara li deve aver fatti scappare...” un colpo di tosse lo interruppe, faceva molta fatica a parlare.

 

Giacomo disse il tutto continuando a fissare la moglie la quale, sentendo la voce del marito, smise di dondolarsi e, per la prima volta da quando era rinvenuta, alzò gli occhi da terra e lo guardò come se solo adesso riuscisse a vederlo nuovamente, a riconoscerlo veramente.

 

Perchè non hai badato a me... sei come tutti gli altri...Veronica vedeva la credenza che si inclinava lentamente, sapeva che da quella posizione sarebbe caduta sulla schiena e la testa di Marco con tutti i piatti e si farà molto male.... se lo merita.

La piccoletta voleva dire qualcosa ma non ce la faceva, ce la aveva ancora con il fratello e sentiva un pensiero nella propria testa che ostinato come un'onda continuava: Non dirgli niente.. lascia che soffra.. lascia che impari.. ti doveva proteggere... ti doveva proteggere.... non dirgli niente

 

Marco finalmente optò per una bottiglietta di the al limone e chiuse il frigorifero.

Stava per bere un sorso, ma prima si girò verso Veronica con aria scocciata per verificare che si, mi sta ancora fissando con aria di rimprovero.. perchè non ti giri almeno mentre bevo?

 

Veronica voleva avvertire Marco, ci stava provando ma la voce non le usciva, sentiva la nebbia dentro di lei che soffocava le sue parole, soffocava la sua volontà.

Non riusciva nemmeno a muoversi.

Poteva solo rimanere immobile a fissarlo.

 

Qualche secondo ancora e la credenza sarebbe crollata su Marco.

E lui, invece di spostarsi, rimaneva davanti al frigo.

Voleva approfittare di essere solo con Veronica per parlarle, per sentire la sua voce.

Non lo avrebbe creduto mai possibile, ma la voce fastidiosa di quella peste della sorella gli mancava.

Veronica avrebbe tanto voluto accontentarlo e parlare, dire qualcosa.

Dirgli di spostarsi... ma non ci riusciva.

 

Marco dopo aver provato a chiederle due o tre volte di dire qualcosa.. anche solo di dire ad alta voce “no” per rifiutare un po' del suo the, sbottò infine arrabbiato: “Sei solo una piccola cretina...”

 

Una lacrima scese sulla guancia di Veronica, perchè aveva capito che tra qualche secondo il fratello si sarebbe fatto molto male e lei non ci avrebbe potuto fare niente.

 

Marco vide quella lacrima sfuggire dagli occhi colmi di rimprovero della sorella e, poggiato il the, gli andò incontro, si chinò e gli asciugò la lacrima come faceva sempre da quando lei era piccolissima.

 

Pochi secondi dopo la credenza si schiantò al suolo esattamente da dove si era appena spostato Marco.

 

La sorella lo abbracciò e lui capì quanto aveva rischiato.

 

Sollevato ma con ancora un brivido lungo la schiena, stringendo a sé la piccoletta, borbotto “Meno male che sei una frignona...”

Veronica si limitò a sussurargli debolmente all'orecchio : “Tu sei mio fratello, ti devo proteggere...

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 - Perdono, fraintendimenti, invidia. ***


Dopo aver scambiato qualche parola con lui ed essere stati rassicurati più di una volta dal medico che Giacomo, seppur molto debole al momento, non correva alcun pericolo, Mara e Sebastiano si prepararono a tornare a casa.

Cinzia era seduta su una sedia vicino al marito, che, in parte a causa di tutto il sangue perso ma anche in conseguenza degli anti-dolorifici, era in uno stato di dormiveglia parziale.

Si era sforzato di ringraziare Mara e il marito sottintendendo più cose di quante ne potesse dire a voce e ora ogni tanto cercava di aprire gli occhi per guardare la sua Cinzia che non aveva ancora detto una parola ma si limitava a tenergli la mano tra le sue e a guardarlo con uno sguardo che sembrava sussurrare una sola tacita e insistente richiesta: perdono.

 

Mara si avvicinò un'ultima volta ai due per dirgli di stare tranquilli e che nei prossimi giorni avrebbero badato loro a Chiara.

... il dottore ha detto che almeno per tre o quattro giorni non dovrai alzarti assolutamente dal letto Gia'.. quindi... noi ti verremo a trovare e portiamo anche Chiara tra un paio di giorni.. intanto … - rivolgendosi all'amica - Cinzia ti starà accanto” il tono era vagamente inquisitorio rispetto alla bionda che fece un remissivo cenno affermativo con la testa.

Mara salutò i due, Sebastiano fece loro un cenno e tornarono alla macchina per andare a casa.

 

... dici che Giacomo l'ha coperta per un motivo particolare o solo perchè.. è lei.. sua moglie insomma?” Mara guardava Sebastiano che continuava a guidare senza fiatare.

Il marito gli rispose alzando le spalle, a metà tra un non lo so e un ostentato quanto improbabile disinteresse.

...è ovvio che ha capito che è stata lei a pugnalarlo.. cioè l'ha vista e non credo che abbia perso la memoria... tu pensi abbia perso la memoria?”

no, non credo...”

e allora vuol dire che ha deciso di perdonarla o almeno di non farla finire in carcere.. l'avrà fatto per Chiara probabilmente. Questo avrebbe senso... però … “ Mara si passò la mano destra tra i folti capelli neri spostandoli nervosamente e rendendoli, se possibile, ancora più disordinati e caotici di come già non fossero.

Non era convinta.

Non capiva niente di quanto stava accadendo.

Dal senso del suo sogno che le aveva lasciato uno strano turbamento come se non si fosse esaurito al risveglio, al gesto folle di Cinzia contro Giacomo.

E poi Marco e Veronica che era traumatizzata, chissà quando si sarebbe ripresa.

 

Suo marito aveva più dubbi che altro nella mente ma era dell'idea che fosse inutile cercare risposte impossibili e soprattutto a quell'ora di notte e dopo tutta l'adrenalina accumulata.

Un buon sonno ristoratore avrebbe sicuramente portato consigli e dato la lucidità per tirare le

somme: questa era l'idea guida di Sebastiano.

 

Mara invece insisteva per sviscerare la questione.

Pensava.

Chiedeva.

Borbottava tra sé e poi ripartiva alla carica con mille domande.

 

Sebastiano, in parte esasperato, interruppe l'ennesimo discorso ipotetico della moglie cercando di fissare qualche punto: “Non credo che siano da collegare il trauma di Veronica e quanto accaduto stanotte. Vero è rimasta coinvolta in un gioco da pre-adolescenti mentre è solo una bambina. Marco ha capito e non lo rifarà, anche perchè Veronica lo guarda sempre storto. Cinzia è una donna stupenda e dolce, ma è ovvio che tra stare dietro alla casa, ai figli, al marito, etc può subentrare lo stress e magari un crollo emotivo...”

 

“... quindi tornati a casa ti posso dare una coltellata anche io?!” Mara ruotò parzialmente sul proprio sedile per fissare il marito.

 

“.. ma che c'entra! Non la sto giustificando: sto facendo quello che chiedevi.. fornisco risposte plausibili. E' ovvio che ha sbagliato.. ma che cavolo.. e poi...”

 

“.. e poi cosa?” lo incalzò lei.

 

Sebastiano era consapevole che stava per dire qualcosa che non doveva dire ma le parole erano già pronte e oltretutto era una questione su cui avevano discusso spesso.

 

“ ..e poi lei lavora pure! È un avvocato affermato!”

 

“ ah ecco.. - Mara cominciava ad irrigidirsi – quindi lei può accoltellare Giacomo perchè lei lavora, porta anche lei dei soldi a casa... e io no. E' questa la chiave...”

 

“Mara! Ma perchè devi buttarla sul personale. Qui non stiamo parlando di te. Ma di lei. Non tutta la vita è una competizione e Cinzia non è l'unità di misura per valutarti”

 

“Certo, perchè è troppo migliore di me, vero? Fa tutto quello che faccio io, poi lavora e si tiene pure in forma!”. Si rese conto che stava urlando.

Era arrabbiata ma non così tanto.

Sentiva che stava rinascendo in lei tutta la rabbia del sogno, tutto l'astio per quello che rappresentava Cinzia.

 

Sebastiano si rese conto di essere in un terreno minato. Ma perchè le donne devono essere cosi maledettamente melodrammatiche! Se a me dicessero: ' Seba, il tuo amico è più in forma di te' io mi limiterei a rispondere 'e quindi?” .. invece lei no.. ci intigna! Come tutte le donne... e tanto se le dico che io non la cambierei mai per Cinzia nn mi crede! Speriamo solo di arrivare a casa che me ne vado a letto... maledizione!

Ma si limitò a rispondere “Tu sei tu, lei è lei. A me piaci tu, non Cinzia. Ti stavo solo dicendo che è una donna stressata, che passa troppo tempo a essere perfetta e poco a non fare un cazzo come tutta la gente normale e quindi poi sbrocca! Ok?”.

Stava stringendo lo sterzo tanto da avere le mani rosse e sudate.

 

Almeno il suo sfogo bastò a zittire Mara e a farla calmare.

Così credeva Sebastiano.

Si dice che il virus più potente di tutti sia un'idea. Riesce a crescere dovunque una volta impiantata e se è negativa lo fa anche più velocemente.

 

Avevo ragione, gli piace quella cagna di Cinzia.

Ecco perchè la difende.

Donna stressata.. uh... io ne ho due di figli: partorisse lei due volte!

Traditore...

Cagna...

 

Solo la brusca frenata con cui uno stanco e arrabbiato Sebastiano fermò la macchina in giardino la riscosse dai suoi pensieri.

Si rese conto di essere arrivata a casa.

Erano le 4 di notte. Si affrettarono ad entrare, liquidando sbrigativamente Rufus con una carezza e un “a cuccia”.

.

In salone trovarono i ragazzi che dormivano vicini.

Marco era seduto sul divano con Veronica in braccio che dormiva accoccolata contro il fratello.

Chiara, sdraiata sullo stesso divano, aveva la testa poggiata sulle gambe di lui.

Si era andata a sdraiare lì, non appena la piccoletta si era addormentata ma era crollata per ultima continuando a fissare la porta in attesa di notizie.

 

Fu anche la prima a destarsi.

Vide Sebastiano e Mara con l'aria buia e le si formarono due lacrime che le riempirono gli occhi.

Sebastiano la rassicurò intuendo il pensiero che la aveva trafitta: “Qualche giorno e tuo padre starà bene. Cinzia si è ripresa dallo shock ed è rimasta con lui...”

 

La gamma di emozioni che attraverso Chiara fu vasta quanto contraddittoria.

Il sollievo per la notizia, la felicità di sapere che il padre non era morto, lo stupore nel sapere che Cinzia era con lui, infine la rabbia: “Ha tentato di ucciderlo e gliela lasciate vicina mentre dorme???”

 

Il suo urlo risvegliò Marco e Veronica. Mentre lui ci mise un po' a realizzare la situazione, Veronica scattò in piedi e andò ad abbracciare la madre, che sorrise nel tenerla abbracciata e guardò il figlio con stupore per il fatto di averli trovati così vicini.

Perchè lo ha perdonato? Non deve.. non può.. dovrei perdonarlo prima io...non abrebbe dovuto così presto...

 

Non sappiamo cosa sia successo stanotte ma non si ripeterà,... tua madre è tornata in sé.. stai tranquilla.” Sebastiano chinato vicino a Chiara, la rassicurava.

Mara anche la guardava in modo confortante.

Chiara si calmò.

Ma non si convinse.

Qualcosa non le tornava.

Troppo assurdo il tutto e quel sospetto che strisciava sinuoso e infido nella sua mente: in qualche modo anche questo era collegato alla Casa sulla scogliera. In fondo la mattina prima Cinzia e Mara erano state là e quindi...

 

e quindi ora andiamo tutti a dormire. Domani direi che è il caso di alzarsi con la dovuta calma che si è fatto tardi ed è stata una giornata pesante.. su.. muoversi.. a letto...”

Sebastiano spronò Marco e Veronica.

La seconda dopo aver abbracciato la madre, corse su.

Il ragazzo invece si fermò sui primi scalini e stroppiciandosi gli occhi guardò Chiara.

Questa gli fece un cenno di assenso, che, per adesso, stava bene.

Marco salì le scale e andò a crollare nel proprio letto.

 

Sebastiano e Mara si assicurarono che Chiara si fosse calmata e stesse comoda sul divano.

Ricevuta conferma di entrambe le cose, decisero che era ora anche per loro di andare a riposare.

Rimasti soli, mentre salivano in camera, la stanchezza riaffiorò pienamente e si riformò anche la tensione che in parte si era sciolta nel cuore di Mara alla vista di Marco e Veronica che si erano ritrovati.

Visione piacevole, confortante ma che le aveva dato fastidio.... Marco non meritava già il perdono.. aveva fatto esattamente come fanno tutti gli uomini. Loro non chiedono il permesso, fanno le cazzate e poi chiedono scusa.. fanno gli occhi da cuccioli bastonati e noi donne li perdoniamo. Per questo non imparano.

 

Sebastiano si era cambiato rapidamente, infilandosi un paio di shorts e una magliettina blu comoda e sformata con l'immagine di un telefilm che lui adorava con una poliziotta scontrosa e un consulente biondo, sfacciato e geniale.

 

Mara era in bagno. Aveva deciso che, nonostante l'ora, voleva farsi una rapida doccia per non far puzzare le lenzuola.

Sebastiano, facendo finta di non capire come questo fosse un invito a fare altrettanto per il medesimo motivo, si sbracò invece sul letto emettendo un ricco sospiro e cominciando dopo poco a respirare pesantemente nel sonno.

 

Mara sotto la doccia si lasciò scivolare sul viso il getto fresco dell'acqua provando un brivido di piacere, quindi aprì leggermente l'acqua calda per farsi una doccia tiepida... altrimenti se è fredda, poi ti fa reazione e sudi di più... sarà vero? Vabbè nel dubbio...

L'apertura dell'acqua calda fece appannare abbastanza rapidamente lo specchio.

Il piccolo bagno si riempì rapidamente come di una fitta nebbia attraversata solo da qualche goccia d'acqua che dalla doccia schizzava via come in una folle fuga.

Mara dentro alla cabina della doccia si massaggiava lentamente i capelli per sciacquarli dal sudore e dalla polvere... li frizionava avrebbe detto una sua amica... si passò le mani sul corpo nudo.

Sentì sotto di esse la morbidezza delle proprie forme.

Sono molla..

a che cosa è servito fare sport per anni..

correre..

non mangiare..

stare attenta a tutto..

e poi.. due gravidanze e sei così...

beh già dopo la prima ero così.. la seconda ha peggiorato .

.

Uscì dalla doccia e nel bagno chiuso e denso di vapore passò una mano ancora umida sullo specchio e rimase a fissarsi. Il seno abbondante non più sodo come un tempo, i fianchi ben distinti dal punto vinta ma che avevano accumulato centimetri di troppo e avevano ceduto alla morbidezza .. io ci provo a fare sport.. ma non funziona.. non succede niente... le cosce rotonde denunciavano tracce della mai sconfitta cellulite. I tanti piccoli difetti emergevano senza difficoltà ma la sua percezione ingigantiva realtà comuni e lievi a personali drammi con cui combattere.

 

Cinzia invece non ha messo un grammo.

Già... come era possibile.. vabbè lei era Cinzia, quella perfetta... quella soda.. quella bella..

quella che anche suo marito avrebbe voluto probabilmente...

la cagna

'è stressata.. ha anche un lavoro lei !” sentitelo lui come la difende.. a questo punto di che può fare quello che vuole solo perchè ha delle cosce sode visto che ci sei...

 

Una lacrima si era mischiata alle gocce che scendevano dai capelli.

Si asciugò rapidamente con un telo da mare che era in bagno. Si mandò i capelli all'indietro e uscì dal bagno, portando con sé una scia di vapore e umidità.

 

Sebastiano sentendo il rumore si voltò e nella penombra vide la sua donna.. le sue forme morbide, la sua sensualità burrosa e calda. Pur stanchissimo provò subito il desiderio di fare l'amore con lei.

Quando Mara si sdraiò nuda accanto a lui, le si accostò.

Una mano andò veloce a percorrerle il fianco e il viso di lui aderì alla guancia di lei, per poi baciarla lentamente scendendo verso il collo.

La mano salì intanto a sfiorarle un seno.

I baci si fecero più intensi.

Mara provò un fremito.

Il marito usò la mano libera per fare perno sul letto e mettersi parzialmente sopra di lei.

L'altra mano volò sulla pelle ancora umida e la pancia sinuosa fino al centro delle gambe.

Mara inarcò la schiena in un brivido di piacere inatteso.

Il bacio di Sebastiano fu sulle labbra questa volta.

Adesso era quasi sopra di lei del tutto e continuava a sfiorarla.

Lei percepì il suo piacere, deciso e pieno che le premeva contro una coscia, ansioso di continuare, preso dal desiderio di lei..

 

.. o di Cinzia... magari a forza di parlare di Cinzia si era eccitato? Per questo le era praticamene saltato addosso senza nemmeno parlare..

stava pensando a quella cagna..

sognando Cinzia..

...e adesso lei gli serviva solo per sfogare il lato fisico del piacere...

bastardo

 

Sebastiano si cominciò a sfilare i pantaloncini, continuando a baciare dolcemente il collo e le labbra della sua donna, completamente preso dall'odore della sua pelle.

Mara aveva riaperto gli occhi al pensiero che la aveva trafitta e superato il brivido di piacere appena passato, fissava il soffitto....

 

Cagna...

 

Il marito le afferrò un seno e ormai libero da inutili indumenti si preparò a fare l'amore con lei.

A diventare uno con l'unica donna che amava nonostante le sue mille insicurezze.

Afferrò i suoi capelli e delicatamente vi passò le dita, per poi sollevarne la nuca e avvicinarla alle proprie labbra.

 

Ha ancora gli occhi chiusi.. così almeno può visualizzare meglio quella puttana...

 

Mara diede uno spintone al marito poco prima che le loro labbra si incontrassero, scaraventandolo dall'altra parte del letto.

Senza badare alle proteste esterefatte di lui, si alzò, si infilò la camicia da notte e si coricò nuovamente dandogli le spalle.

 

Sebastiano non riusciva a capire cosa fosse successo. Cosa avesse sbagliato.

Non disse perciò nemmeno una parola.

Si limitò a sbuffare e girasi dal lato opposto.

Il sonno lo colse poco dopo.

 

Mara rimase invece sveglia a fissare il vapore del bagno che velocemente svaniva, lasciando che le forme finalmente si delineassero per quello che erano svelando ciò che era celato e trovando nella notte abbastanza buio e rancore da generare un'idea per il giorno dopo.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 - Biscotti ***


I primi raggi del sole colpirono Chiara in pieno volto.

Qualcuno aveva aperto le imposte e tirato su le serrande per far entrare luce e sole in casa.

Dalla cucina sentiva provenire rumori ritmati ma continui.

Li aveva percepiti già qualche ora fa ma si era ostinatamente trincerata nel proprio sonno, dietro le proprie palpebre abbassate.

Ora il sole la costrinse a guardare e vide Mara che apportava gli ultimi accorgimenti alla colazione. Una infinita quantità di biscotti al cioccolato era ammonticchiata al centro del tavolo su un vassoio di alluminio: sembrava una posa per una foto di un libro da cucina. Invece era vera.

 

Lei non amava molto la cioccolata ma la visione le risultò allettante: guardò l'orologio per capire che ore fossero. Non era presto come credeva ma nemmeno particolarmente tardi calcolando le ore piccole della sera prima.

La consapevolezza della situazione la assalì però tutta insieme come un'onda improvvisa e le tolse il fiato.

Per un attimo si sentì soffocare e dovette tornare a stendersi sul divano in preda ad un attacco d'ansia.

Ricordò suo padre trasportato fuori di casa, il sangue sul pavimento, la madre avvolta da un velo. Il coltello che lei aveva nascosto in giardino. Ma perchè poi? Se ieri sera non l'aveva denunciata nessuno e lei era rimasta tranquillamente con mio padre... questo è quello che mi hanno detto almeno.. mamma dice sempre l'arma del delitto è quella che incastra i criminali...

 

L'odore dei biscotti caldi arrivò fino al piano di sopra.

Marco lo percepì nonostante la testa sprofondata nel cuscino. Cercò di alzarsi ma il suo corpo non ne voleva sapere, lottò per non richiudere gli occhi.

La sveglia segnava le 8.

Era sicuro che avrebbe dormito un po' di più quella mattina.

Invece tra odore e rumore tanto valeva alzarsi ormai.

Questi sono biscotti... cioccolato direi... meglio che mi sbrigo e scendo che se no papà se li finisce... maledetto ingordo.. ce la posso fare.. aspe' pensiamo a qualcosa di difficile... che altrimenti non mi alzo.. qualcosa di matematica...

 

Intanto che Marco continuava i suoi giochi mentali per costringersi a svegliarsi ma intanto finiva pigramente per girarsi dall'altro e ricominciare la trafila dal principio, Sebastiano dovette vincere il solo impedimento del lenzuolo che si era avvinghiato in modo perverso alle sue gambe, formando una specie di nodo all'altezza delle sue ginocchia, avvolgendo la sua caviglia e poi distendendosi bene dalla vita in su. Alle solite... vabbè inutile che lo sciolgo... sfilò la caviglia e si mise a sedere sul bordo del letto: per lui il cibo era sempre stato un imperativo più rilevante del sonno.

 

Si alzò e scese un po' traballante le scale, non prima di aver fatto un breve pit-stop al bagno.

 

“.. Ma .. a che ora ti sei alzata per fare tutto questo?” chiese perplesso alla moglie vedendo il caos nel lavello e l'abbondanza sul tavolo

 

“... alle 6. Non avevo sonno” Mara si girò e gli mostrò un sorriso pieno e fin troppo sincero “Dai, Seba... siediti.. mangia. Sono quelli al cioccolato che ti piacciono! Fatti col cacao amaro e senza zucchero!” Il tono era orgoglioso.

Sebastiano agguantò il primo biscotto dal centro tavola, intanto che Mara gli versava il caffè appena fatto nel latte fresco di frigorifero.

 

Come tipico di Mara i biscotti non erano particolarmente curati nella forma, un po' storti e abbastanza alti e spessi, ma la consistenza era perfetta e il sapore, giusto un po' forte e con un ritorno leggermente aspro, rendeva piena giustizia al concetto di cioccolato.

 

“mmm.. spettacolo. Buoni davvero tesoro, grazie... - disse rivolto alla moglie, poi quasi parlando con un secondo biscotto – questo una pucciatina nel latte se la merita tutta...”

Alle parole fecero seguito le azioni e il biscotto sparì nel latte per poi riemergere a prendere fiato, di nuovo sparì coperto di bianco e marroncino e infine fu salvato da Sebastiano che lo finì in un solo boccone.

 

Marco si trovava a metà scalinata quando vide chiaramente il padre prendere un altro biscotto.

Il ragazzo era abbastanza convinto che non fosse il primo

Scese lentamente le scale ma prima di arrivare al tavolo vide Chiara che seduta sul divano si stropicciava gli occhi.

Aveva l'aria più riposata ovviamente ma si vedeva che di notte aveva nuovamente pianto.

Le si avvicinò per salutarla e si poggiò sul lato basso del divano dove lei era seduta: “Ehi.. ciao.. ben svegliata... “ le sorrise leggermente.

 

“ciao – si stiracchiò lei – stamattina quando mi sono svegliato ho capito che.. era vero..” il tono era di una constatazione, seppur profondamente triste.

 

“già - Marco non sapeva cosa fosse opportuno dire in momenti simili – mi spiace”

 

“anche a me, ma... andrà tutto a posto vero?” Chiara lo chiese consapevole di non poter avere una risposta ma il ragazzo soppesò la domanda in modo attento e guardandola negli occhi le rispose: “non lo so... però intanto c'è qualche biscotto”.

 

Marco subito dopo aver parlato si rese conto che la frase detta ad alta voce suonava molto più stupida che nella sua testa.

Avrebbe voluto riuscire a dire alla sua amica che finchè ci saranno piccole cose buone come i biscotti, come l'odore che ti sveglia facendoti venire voglia di alzarti, allora è ancora possibile che tutto vada bene... ma non sembrava che Chiara avesse colto tutti questi sottintesi.

 

Sbuffò vagamente perplessa e irritata dalla stupidità della risposta e si alzò.

Arrivata in cucina salutò Sebastiano e Mara. La seconda le rispose chiedendole se andava tutto bene e porgendole un bicchiere di latte fresco e qualche biscotto.

Chiara fece cenno di si con la testa ma rifiutò i biscotti “No, grazie.. non amo molto il cioccolato”

 

Piccola impertinente io ti offro un biscotto e tu rifiuti?

 

“va bene, non ti preoccupare – le sorrise gentilmente Mara – allora dai, nel caso offrilo a Rufus” fece un cenno verso il giardino dove Rufus si stava grattando la schiena a terra contro l'erba.

 

“ok...” Chiara prese il latte e ne bevve un sorso per poi finirlo con un altro paio di sorsate più sostanziose. Afferrato il biscotto uscì in giardino e andò verso Rufus.

 

Mio padre è in fin di vita e si preoccupano dei biscotti... 'dallo a Rufus' ma daglielo tu...

 

Sebastiano afferrò con vigore il quinto biscotto, intanto che Marco si versava il latte nella tazza di Daredevil.

 

Bravo ingozzati... sono buono i miei biscotti, vero?

 

Mara guardava con un sorriso dolce e compiaciuto Sebastiano che mostrava apertamente di gradire l'inattesa colazione fatta in casa. Il sesto biscotto al cioccolato seguì rapidamente il precedente.

 

“Amore della mamma... non ti siedi a mangiare anche tu?”

 

Marco si girò a guardare la madre decisamente stupito... Amore della mamma? Ti sei drogata? Fino a ieri sera eri incazzata con me e ora fai la dolce... tu non sei normale!

 

Si sedette decisamente perplesso a tavola sorseggiando un goccio di latte per preparare la bocca alla colazione, e intanto lasciò che il padre si portasse in vantaggio per sette a zero con i biscotti.

 

“dai Marco su mangia un biscotto.. li ho fatti anche per te.. ci tengo” Mara prese due o tre biscotti, li posò con delicatezza sul tovagliolo vicino la tazza del figlio.

Marco memore dei biscotti sbriciolati la mattina precedente guardò la madre che gli sorrise amorevole.

 

Cinzia si girò a guardare dentro la cucina. Sebastiano con un biscotto in mano guardava riconoscente la moglie …. mentre MIO padre starà mangiando da una cazzo di flebo … Mara sorrideva al figlio … chissà la mia che starà facendo.. magari intanto che loro fanno colazione starà finendo il lavoro della scorsa notte. E pure tu Ma'... “non lo so... però intanto c'è qualche biscotto”, embè .. che ci dovrei fare con i biscotti … tanto voi la famiglia la avete.. io no...

 

Chiara diede un calcio ad un sasso intanto che una lacrima le rigava la guancia.

Vide Rufus avvicinarsi... almeno al cane interessa qualcosa di me... poi si ricordò di avere in mano il biscotto per lui... ah, stupido biscotto fatto in casa... lo buttò per terra vicino a Rufus che indietreggiò leggermente per la violenza del gesto.

 

“Allora lo mangi o no il biscotto?... pulcioso di un cane...”

Rufus guardò lei e il biscotto alternativamente per un po'.

Perplesso, indeciso.

Spaventato.

 

“Fai contenta la mamma...” L'insistenza di Mara cominciava decisamente ad indispettire Marco. Perchè ci tiene tanto.. probabilmente vuole farsi perdonare come si è comportata... ha dato tutta la colpa che non c'entravo niente...

Allungò una mano verso il biscotto.

Mara sorrise soddisfatta.

 

lo vuoi o no? eh... mangiati questo biscoto cosi almeno poi sei contento anche tu, no? Siete tutti contenti, vero?” il tono di Chiara era a metà tra un pianto sommesso e un urlo soffocato.

Rufus mosse leggermente la testa come per cercare di capire.

Ringhiò.

Prima leggermente, quindi con più convinzione si scoprirono i suoi canini giù affilati.

 

adesso ringhi pure bastardo? Il tuo biscotto lo hai avuto .. che altro vuoi? Tanto il vostro cazzo di biscotto lo avrete tutti...” il tono di Chiara sembrava ormai un'aperta minaccia.

Il cane non capiva il senso delle sue parole ma cominciò a ringhiare con più convinzione verso di lei.

 

Chiara gli diede un calcione, prendendolo sul fianco.

ne vuoi un altro? Non ringhiarmi più sai... “ Le lacrime si mischiarono alla rabbia.

Rufus si rialzò rapidamente e continuò a ringhiare sommessamente verso Chiara, ma non ce la aveva con lei.

Bastardo di un cane di una famiglia bastarda... vi importa solo dei vostri fottuti biscotti...

 

Marco prese il biscottone al cioccolato e decise di pucciarlo leggermente nel latte, vedendo che Sebastiano dopo aver sperimentato la manovra la ripeteva soddisfatto per l'ottava volta.

 

Adesso avrai anche tu il tuo biscottino, così sarai un bravo bambino...

 

Mara lo fissava sorridente facendolo sentire a disagio.

Marco inzuppò sapientemente il biscotto e lo portò alla bocca.

 

Proprio in quel momento Mara con un schiaffo improvviso contro la mano del figlio glielo fece cadere per terra.

 

Marco la guardò esterefatto.

Mara continuava a fissarlo perfettamente calma e sorridente ma con due sottili lacrime lungo il viso.

Amore della mamma... non vuoi il biscottino?”

 

Mara che cosa..” - Sebastiano cercò di alzarsi per andare a raccogliere il biscotto caduto e avere spiegazioni ma nel tentativo sentì le forze venir meno e cadde a terra pesantemente.

Dalla sua bocca usci un rivolo sottile di saliva.

 

Papaà.. papààà.. - Marco fu subito vicino al padre cercando di scuoterlo – Mamma fai qualcosa ti prego..” ma Mara continuava a rimanere seduta a fissarlo con uno splendido sorriso e il volto rigato di lacrime.

 

Chiaraaaaaaaaaaaaaaa” urlò Marco con quanto fiato aveva in gola.

 

La ragazza in giardino scosse la testa come per svegliarsi.

Di nuovo.

Si rese subito conto che stava succedendo qualcosa in casa e quasi contemporaneamente si chiese cosa ci facesse in giardino di fronte a Rufus.

Proprio in quel momento il cane smise di ringhiargli e si accasciò davanti la cuccia, leccandosi dove Chiara lo aveva colpito con un calcio.

 

Chiaraaaaa” il tono di Marco era velato di un pianto imminente.

L'amica arrivo rapidamente verso casa e trovò il ragazzo a terra che sosteneva la testa del padre.

... ha mangiato i biscotti... poi è caduto.. la bava... sta morendo..” quella del ragazzo era contemporaneamente una domanda, un'affermazione, paura, rabbia e una richiesta d'aiuto.

 

Mara riuscì parzialmente a riscuotersi e disse solo: “veleno per topi.. era in garage.. il mio ingrediente segreto... - rise leggermente come per una battuta scema – dovete farlo vomitare”

 

fai qualcosa .. aiutaci” la invocò Marco

 

non ci riesco … non posso tesoro bello” Mara continuò a fissarlo sorridente mentre piangeva

 

So io come fare...” Chiara corse via dalla cucina, andò a casa sua, di corsa in bagno.

Aprì l'armadietto di Cinzia e prese un flaconcino leggermente nascosto.

Tornò velocemente da Marco.

Metti qualche goccia di questo nella bocca di tuo padre e aiutalo a deglutire”

 

Il ragazzo la guardò perplesso e non si mosse.

 

Fidati di me...”

 

ok..” Marco verso molte gocce in bocca Sebastiano e lo costrinse a mandar giù.

 

Ora aiutami ad alzarlo e portiamolo in bagno...” disse Chiara

 

ma cosa sono quelle gocce?” chiese Marco

 

sono di mamma... servono a vomitare. Le usa per … tenersi in forma” spiegò la ragazza.

 

Lurida imbrogliona, ecco come fa.. si limitò a pensare Mara, mentre senza muovere un muscolo guardava Marco e Chiara che aiutavano Sebastiano a trascinarsi fino in bagno, dove rimise molte volte, fino a svenire.

 

Ingrato.. e io che i biscotti li avevo fatti con tanto amore...

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 - La casa sulla scogliera ***


Veronica, seduta su un seggiolino vicino la finestra singhiozzava sommessamente ad occhi bassi.

Erano state le sue urla e i suoi strepiti a scuotere Mara abbastanza da dare una mano ai ragazzi nel soccorso a Sebastiano.

Questi ora giaceva nel suo letto, privo di sensi e molto debole. Aveva un po' di febbre ma era riuscito a rimettere tutti i biscotti avvelenati che aveva mangiato.

La moglie accanto al suo letto, su una sedia, era divisa tra senso di colpa e incapacità di accettare l'accaduto. Pensava a perchè avesse agito così, cercava di ricordare le sue azioni e i suoi pensieri delle ultime ore ma le sembrava di tentare di riportare alla memoria le scene di un film interpretato da qualcun altro. Che a Cinzia sia successa la stessa cosa? Continuava a chiederselo.

 

Cinzia era assorta nella stessa posizione di Mara accanto al letto di Giacomo in ospedale. Il marito si era parzialmente ripreso ma era ancora sotto-antidolorifici e necessitava di assoluto riposo. Era riuscito a riprendere conoscenza quel tanto che bastava per salutare al telefono Chiara.

La ragazza aveva detto loro che non poteva passare a trovarlo perchè Sebastiano si era sentito male e Mara doveva restare con lui. Sperava magari di riuscire a passare il giorno dopo.

Con Cinzia aveva scambiato poche parole e imbarazzate.

Ma era più di quanto la donna osasse aspettarsi.

Solo una cosa non le era piaciuta: il modo con cui le aveva detto “ciao”: le era suonato più profondo di senso e significati di una semplice parola di saluto detta al cellulare prima di riattaccare.

 

Aveva ragione.

Chiara quel “ciao” l'aveva detto quasi tremando.

Lei e Marco avevano infatti preso una decisione: tornare nella casa sulla scogliera.

Lì dove tutto aveva avuto inizio, lì avrebbe dovuto avere fine.

Marco era convinto di questo.

Chiara, pur assalita da mille dubbi pratici, sentiva che, purtroppo, non potesse essere diversamente da così.

 

Il ragazzo andò da Veronica sussurrandole di badare alla mamma e che sarebbe tornato presto.

La sorellina lo abbracciò.

Senza sapere né capire.

Ma perchè lo sentiva.

Marco ricambiò l'abbraccio e disse a Mara che lui e Chiara sarebbe usciti un po' con Rufus perchè si sentivano soffocare dall'ansia dentro casa.

La donna, ancora in stato di semi-shock si limitò ad annuire a qualcosa rispetto a cui in qualsiasi altro momento avrebbe opposto mille obiezioni e per cui avrebbe sollevato infinite domande.

 

Le domande le avrebbe volute sollevare Chiara su come avrebbero fatto a fermare tutto quello che stava accadendo e su cosa fosse questo stesso “tutto”.

Ma non lo fece.

Sentiva a-razionalmente di dover andare in quella casa e incontrare lì la fine di quel percorso di nebbia e dolore che avevano iniziato.

Qualcosa stava lentamente avendo la meglio sulle loro famiglie e sul loro mondo.

Erano gli unici finora scampati e da loro era iniziato tutto.

Da loro e da Rufus, che infatti anche questa volta portarono con loro.

 

Il percorso verso la casa fu accompagnato dal sole del primo pomeriggio.

Camminarono abbastanza veloci da non avere tempo per cambiare idea.

Anche il piccolo meticcio sembrava non avere voglia di correre, saltare e giocare come faceva di solito.

Non ci misero molto a intravedere la duna dietro la quale si ergeva la casa.

Si fermarono un attimo.

Marco volse lo sguardo a Chiara per dirle qualcosa, per incoraggiarla, perchè sentiva che era il tipico momento in cui segnare il passo con una frase che non svanisse alla prima folata di vento.

Ma il silenziò non venne rotto e vi fu solo un cenno di assenso di Chiara.

 

Si avviarono verso la duna, che scalarono agevolmente.

Ne valicarono la cima e cominciarono la discesa.

La nebbia era lieve e avvolgente oltre la duna.

Si faceva più fitta davanti a loro ogni passo e sembrava richiudersi dietro di loro come a celare le tracce di un ricordo smarrito.

Il loro passo si fece più lento e accorto. Ma non indeciso.

Arrivarono alle scalette di pietra. Le salirono.

Non erano mai arrivati fino a lì.

Almeno da svegli.

 

Marco sentì un tocco leggero sulla proprio mano. Era Chiara che con la sua lo cercava.

La prese delicatamente e quindi lasciò che le loro dita si intrecciassero.

Rimasero un momento così e quindi camminarono verso la porta che eri semichiusa e che al loro tocco si aprì cigolando e svelando l'interno della casa.

 

Rimasero entrambi sorpresi da quando la casa ricordasse il loro sogno.

Da quanto la casa fosse quella del loro sogno.

Rabbrividirono a questo pensiero.

 

Furono risvegliati dal lieve torpore dal ringhiare sommesso di Rufus che dopo essere stato dietro di loro per tutto il tempo, ora li aveva superati e davanti a loro ringhiava verso ogni angolo della casa.

In particolare verso l'unica porta chiusa sulla loro sinistra.

 

Ma fu dalla loro destra che venne un rumore.

Dalla stessa cucina doveva Mara aveva trovato quel bellissimo specchio rotto con l'onice nera.

Rufus corse aggredendo quella minaccia.

Il piccolo meticcio si scagliò in cucina contro quel pericolo fatto di nebbia ma la porta della stanza si chiuse violentemente alle sue spalle e subito dopo si sentì un forte guaito.

 

Adesso Marco e Chiara cominciarono ad avere seriamente paura.

L'adrenalina scorreva prepotentemente nel loro corpo.

Si tenevano ancora per mano quando i loro pensieri furono attirati da una lieve melodia di pianoforte che proveniva dal piano di sopra.

Rimasero qualche secondo ad ascoltare quella musica dolce e tremendamente triste.

Era una nenia.

 

Decisero di andare al piano di sopra.

Si fecero coraggio e cominciarono a salire le scale.

 

La musica era ripetitiva, saliva ogni tanto di un'ottava e poi riscendeva sprofondando in un triste sospiro.

Marco e Chiara seguendone le note arrivarono ad aprire la porta della buia camera da letto dove entrambi sapevano già esserci il pianoforte nero senza una gamba.

Lo trovarono sulla propria destra proprio come nel loro sogno.

Davanti a loro riconobbero il letto a baldacchino con le sue tende polverose e le lenzuola leggermente sfatte.

 

Alla melodia del pianoforte si era sostituito un silenzio denso e assordante.

I due ragazzi riuscivano a percepire il rumore del proprio respiro.

Ma il silenzio fu rotto dal riprendere di quella stessa melodia prima suonata la pianoforte chiuso alle loro spalle.

Questa volta era però canticchiata, quasi sussurrata, da una voce di donna.

 

Si girarono e sulla propria sinistra, in fondo alla stanza, videro la sagoma di una donna dai capelli argentei avvolta in un telo blu che si spazzolava i capelli lentamente.

Ignorandoli.

Cercando di guardarsi nei pochi frammenti dello specchio rimasti dentro la cornice.

L'assenza del vetro dello specchio impediva a Chiara e Marco di distinguere il volto della Dama.

 

Marco fece un passo verso la signora che continuò a canticchiare la triste nenia senza dare segno di essersi accorta della loro presenza.

 

Un altro passo di Marco.

Chiara era impietrita e rimase ferma.

Marco la tirò leggermente per il braccio e anche lei cominciò a camminare.

 

Al passo successivo sentirono entrambi sotto i propri piedi un rumore.

Uno scricchiolio.

Si chinarono a guardare e notarono di stare calpestando i frammenti di vetro dello specchio, che erano tutti in terra. Alcuni più grandi e altri più piccoli.

Osservando per qualche secondo, si resero conto di quello che vedevano: in ogni frammento vi era riflesso un po' del viso della Dama come un volto scomposto in un folle puzzle.

 

Il volto nei frammenti si mosse.

Raggelarono entrambi.

Rialzarono lo sguardo e davanti la specchiera la Dama non c'era più.

Proprio ora che erano ad un paio di passi.

 

Sentirono però di nuovo la nenia.

Era dietro di loro.

Si girarono entrambi di scatto e videro la sagoma avvolta nel telo blu, con il cappuccio tirato sulla testa e i capelli argentei che fuoriuscivano. Era dietro il letto a baldacchino e le tende ne nascondevano il volto.

Senza smettere la nenia si mosse verso di loro.

Chiara si strinse a Marco.

 

La sagoma blu avanzava sfumata nella poco luminosità della stanza.

Solo i suoi capelli argentei e l'enorme macchia di sangue all'altezza del ventre della donna si distinguevano dal tessuto blu che si muoveva sinuoso e compatto.

 

Marco decise di reagire.

Non erano venuti in quella casa per sottostare alle lusinghe di quell'intorpidimento.

Scattò improvviso verso la finestra cercando di aprila per far entrare la luce del sole, sicuro che questo avrebbe dato loro forza: certe paure si nutrono di oscurità e buio.

Riuscì solo in parte nella propria impresa, pur scorticandosi le dita nel tentativo.

La finestra era serrata e riuscì solo ad aprirla leggermente lasciando che un po' di luce in più filtrasse e migliorasse un minimo la visibilità ma senza ottenere l'effetto voluto.

 

Si girò e la Dama non c'era più.

Anche la nenia era cessata.

Sentì da sotto Rufus abbagliare furiosamente.

Chiara era a pochi passi da lui, in piedi dove lui la aveva lasciata per andare ad aprire la finestra.

Lo guardava con la testa leggermente inclinata da un lato e con espressione semi-sorridente.

 

Hai avuto coraggio a venire fino a qui..” gli disse Chiara.

 

Ma Marco pur vedendo la sua amica parlare e pur riconoscendo la voce capì che non era lei.

 

Sei impudente e offensivo. Perchè vieni a disturbarmi? Cosa vuoi?”

 

Smettila di far soffrire le nostre famiglie...” disse Marco.

Avrebbe voluto suonare minaccioso, magari perentorio.

Ma percepì da solo come il tono fosse uscito più vicino ad una supplica che ad una intimidazione.

 

tutti dobbiamo soffrire...” sorrise Chiara...

 

Marco cerco di muoversi ma si rese conto di essere come bloccato. Impietrito.

 

e adesso … tocca a te”

 

Chiara si chinò a raccogliere un grosso frammento dello specchio.

Appuntito e tagliente.

Marco poteva vedere chiaramente la mano della sua amica che solo nell'impugnare il vetro sanguinava leggermente lasciando una sottile scia di gocce che si dirigeva verso di lui.

 

Avrebbe voluto indietreggiare di un passo. Ma le sue gambe erano ferme.

Non riusciva nemmeno a sollevare le braccia per difendersi.

 

Cercò di fissare i propri occhi in quelli di Chiara per leggervi ancora traccia della ragazza che conosceva, della sua amica. Ma trovò solo delle fredde iridi color della nebbia e un sorrisino soddisfatto ad aspettarlo.

 

Un passo in più verso di lui.

Da sotto i rumori di Rufus che grattava furiosamente la porta della cucina per aprirla.

Un altro passo.

 

Chiara era ormai davanti a lui.

La ragazza sollevò la mano con il frammento di vetro sopra la propria testa, pronta a vibrare il colpo.

Era il momento di soffrire per Marco.

Era il momento di pagare.

Chiara vibrò il colpo e il sangue cominciò a scorrere copioso sul pavimento, tra gli altri frammenti di vetro già sparsi in terra.

 

Un colpo di vento finì di aprire la porta della camera da letto squassando le tende polverose e lasciando entrare il caldo e la luce del sole.

La nebbia e il buio presente nella camera furono diradati dall'aria appena entrata.

Perfino intorno alla casa la nebbia, dopo anni, si stava diradando.

Il vento aprì anche la porta della cucina liberando Rufus che corse di sopra più veloce che poteva fino a Marco e Chiara accasciati l'uno accanto all'altra.

Il piccolo meticcio mugolò perchè percepiva tutto il dolore e la paura condensati in quei secondi interminabili.

 

Marco teneva tra le braccia la ragazza che, non potendo impedire alla Dama di usarla per sferrare il colpo, aveva preferito dirigerlo verso la propria gamba che mortalmente verso l'amico.

Ora però giaceva a terra, perdendo molto sangue.

Marco con una mano le pigiava sulla ferita per rallentare l'emorragia mentre con l'altra componeva un numero sul cellulare per chiamare soccorsi.

 

 

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Nota dell'autore.

A questo capitolo faranno seguito un altro brevissimo capitolo che chiarirà alcuni sospesi e infine l'epilogo.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 - Tra sogno e ricordi... ***


Chiara sentiva la voce di Marco... le sue parole.. intravedeva le sagome di Mara e di vari infermieri... ma tutto era attutito, ovattato come se fosse sotto l'acqua.

La realtà di mischiava con la fantasia e con i ricordi.

Ricordi non suoi.

Frammenti di memoria taglienti come i vetri dello specchio.

E ugualmente dolorosi.

 

La dama era in piedi in salotto, si muoveva lentamente per l'avanzato stato di gravidanza.

Era sola a casa, perchè suo marito, come sempre, non era ancora rientrato.

Sentì sbattere la porta al piano di sotto.

Era lui.

Scese qualche scalino per vederlo rientrare.

Il marito, poggiato il cappotto sul divano, non la degnò di uno sguardo.

Chissà con quale donna era andato a letto stasera.

Pensava che ora che era incinta, che stava finalmente per avere un bambino, loro figlio, lui avrebbe smesso di tradirla con qualunque donna gli capitasse.

Ma così non era stato, la gravidanza la aveva resa più pesante e triste e meno desiderabile ai suoi occhi.

Almeno aveva smesso di picchiarla quando era nervoso.

Un gesto di pietà verso il proprio figlio, o forse era solo lei che cercava di rendersi invisibile, di farsi nebbia per non dargli motivo di alzare le mani su di lei.

Per non mettere in pericolo il piccolo.

 

Il dolore alla gamba si fa più intenso e Chiara si sente sempre più debole.

Ha perso molto sangue e la strada per arrivare al pronto soccorso è lunga.

Mara è vicino a lei in ambulanza insieme a Marco e non ha più quello strano sorriso dell'altro giorno.

 

La dama è ora in piedi davanti al pianoforte, ma non è più da sola nella stanza.

C'è anche lui.

Le sta chiedendo di smetterla di suonare quella fastidiosissima nenia continuamente, tanto 'quella cosa che hai dentro' non ti sente... 'quindi risparmiami per ora.. che sono stanco'.

La donna si lascia sfuggire una lacrima, lui la guarda con malcelato fastidio.

A lei scappa un pensiero.

Sente che si fa parola.

Quando realizza di aver detto “Lo so io perchè sei stanco.. qualche puttana..” è troppo tardi.

Già sente il dolore dello schiaffo datole dal marito.

Un po' di sangue le cola dal naso.

Ripetilo se hai coraggio... non ti permetto di giudicarmi” Sbraita lui.

Lei singhiozza ma il risentimento accumulato, il suo stato, un sussulto di orgoglio: “O la smetti di tradirmi, o ti lascio”

Lui la guarda basito: “Ah, e che farai? Ti trovi qualche altro povero scemo che ti mantenga? Ma stai buona e sii grata di avere un tetto sulla testa...”

Dico sul serio. Alza ancora una volta le mani su di me o tradiscimi e io me ne vado via. E con me tuo figlio.”

Non lo farai... non ne hai il coraggio...” Le era praticamente addosso, il calore del suo fiato leggermente adombrato di alcool le sfiorava il viso. La sua mano si agitava incoerente e minacciosa accanto al viso di lei.

Lei non abbassa lo sguardo. Ha deciso di affrontarlo.

Il sapore del sangue nella sua bocca dopo lo schiaffo le ha palesato una certezza: lui avrebbe alzato le mani anche con il piccolo.

Era quindi necessario porre le cose in chiaro. Ora.

 

Chiara non riesce più a distinguere le voci di che le sta intorno, capisce di essere arrivata in ospedale. In fondo ad una stanza intravede anche Giacomo addormentato. ùSulla porta c'è Cinzia che la guarda con apprensione e la segue fin dove i medici glielo permettono.

Chiara sviene del tutto.

 

Un altro schiaffo.

Lei non recede. Il suo sguardo è fisso negli occhi di lui, sempre più allucinati.

Il marito la colpisce ancora e la spinge indietro.

Le esce sangue anche dal labbro, dagli occhi velati di lacrime intravede un sorrisino cinico sul volto del marito.

Chiara sente tutto il dolore di quel momento.

Lo sta sognando.

Lo sta ricordando.

Lo sta rivivendo.

E' l'ultimo dono di dolore lasciatole dalla dama.

Lo schiaffo successivo è un'esplosione di rabbia e la scaraventa per terra, contro le gambe del pianoforte.

Una gamba si spezza e il pianoforte le cade addosso.

Urla.

C'è sangue.

Il marito si allontana, recupera il cappotto e senza aiutarla, esce di casa.

Chiara sente tutto il dolore della dama.

La sua vista si oscura, il mondo diventa rosso e si ritrova nel bagno della casa.

 

La donna è sporca di sangue e porta i segni di chi ha pianto e urlato per ore.

Si è cambiata e ha indossato un telo blu strappato da un lato, nel quale si è avvolta.

Il suo ultimo indumento si va tingendo di sangue sul ventre che fino a poco fa ospitava quello che sarebbe dovuto diventare suo figlio.

L'ennesima parte di sé strappata via da quell'uomo.

Lo sentì rientrare.

Chiara percepì il mondo della dama tingersi completamente di nero e sprofondare nella nebbia.

Uscendo dal bagno afferrò un paio di forbici da sarta.

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Capitolo 17
*** Epilogo - Sit tibi terra levis ***


Chiara era stata dimessa dall'ospedale dopo una settimana.

Anche se la ferita era risultata abbastanza grave e la perdita di sangue era stata consistente non era stata lesa l'arteria e sarebbe rimasta solo una brutta cicatrice sulla sua gamba, così come sulla spalla di Giacomo.

Prima di andare via e tornare ognuno a casa propria e alle rispettive vite, i due ragazzi avevano chiesto ai genitori di accompagnarli alla casa sulla scogliera.

Questi avevano mosso qualche obiezione e fatto un po' di resistenza ma in cuor loro sapevano che adesso era tutto finito e qualsiasi cose fosse successo in quella strana estate ne avrebbero portato via con sé solo il ricordo.

 

Le macchine si fermarono dove finiva l'asfalto.

Marco e Chiara scesero con calma, la ragazza doveva muoversi con una certa accortezza ancora, seguiti, qualche secondo dopo, da Veronica che li raggiunse correndo con vicino a sé Rufus.

Pochi minuti e furono di fronte alla casa sulla scogliera.

Alla loro mente tornò la prima volta che la avevano vista, la sabbia, gli incubi e tutto il dolore vissuto.

Ma adesso non c'era più traccia di nebbia, spazzata via dalla scelta di Chiara, di preferire il proprio dolore a quello di Marco.

 

La ragazza si poggiava leggermente all'amico guardando la casa per cercare di ricordarla solo come una casa abbandonata che aveva visto consumarsi una storia triste.

 

A modo loro Veronica e Rufus riempirono il vuoto della piccola baia.

La piccoletta correva e curiosava, per poi andare a sedersi vicino gli scogli a guardare il mare.

Così anche Rufus gironzolava in quel piccolo giardino prima completamente avvolto di nebbia, scoprendo tutti gli odori allora nascosti e finalmente svelati

.

Un odore particolare lo attirò, proprio lì vicino a quell'albero nell'angolo più interno e riparato, accostato alla parete di roccia che delimitava la baia.

Scavò leggermente e l'odore si fece più forte.

La sabbia era mista a terra, si scavava rapidamente ma tornava a coprirsi con la stessa facilità.

Rufus si diede da fare con le zampe e riusci ad arrivare fino in fondo.

Non capiva cosa fosse ciò che aveva trovato.

Sapeva solo che era avvolto in un pezzo di telo blu.

Sembrava un corpicino piccolissimo.

 

Ma Marco lo stava richiamando: “ Rufus dove seiiiiiiiiiii. torna qui...... Rufuuuuus”.

Era ora di andare.

Rincorse gioiosamente la voce del padroncino, che era già stato raggiunto da Veronica per tornare alle macchine.

 

Un alito di vento pietoso ricoprì di terra lieve il triste segreto sospinto da un ultimo sospiro di nebbia. Mentre i ragazzi si allontanavano sembrò loro di sentire di nuovo quella vecchia nenia appena sussurrata in lontananza.

Ora dalle note addolcite.

Ma sparì tra gli schizzi di un'onda contro gli scogli.








Nota dell'autore

 

Finalmente è finito!

Spero qualcuno leggendo pensi “purtroppo” ….

Ringrazio tutti quelli che hanno seguito la storia e letto i vari capitoli.

Spero sia stata una lettura piacevole e magari interessante.

Un grazie a chiunque abbia lasciato una recensione o anche solo fatto un commento, ma un ringraziamento particolare lo vorrei fare a amy90, 1rebeccam, Ice_heart, fra_angel8, aeriss fair e Sally. I vostri incoraggiamenti e complimenti, le vostre riflessioni e osservazioni sono state essenziali per me. (Anche se qualcuna è rimasta qualche capitolo indietro causa “vita reale” sono sicuro che arriverà appena possibile alle ultime righe :D ).

Grazie... *inchino*

 

Marco

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