A life

di ArtemisiaSando
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo quinto ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo ***


Repubblica Fiorentina- 1472

Quando la vidi per la prima volta avevo solo tredici anni. Mio padre mi aveva rinchiuso in camera per l’ennesima volta quel mese, e aveva strettamente vietato a me e mio fratello Federico di giocare assieme poiché sosteneva che la sua presenza da fannullone matricolato influenzasse anche me, troppo tardi oserei dire.
Anche se ancora in tenera età mi aveva già insegnato tutto quello che sapeva sulle risse, sullo scalare edifici a mani nude, sul rubare e quant’altro.
E perciò mio padre si disperava visto che ad almeno uno di noi due avrebbe dovuto lasciare la gestione della banca di famiglia, ma né io né mio fratello maggiore davamo l’idea di volerne sapere qualcosa.

Ero affacciato alla alta finestra in pietra meditando di scappare e andare gironzolando qua e là per Firenze per qualche ora prima di cena, quando all’improvviso qualcosa si mosse velocissima fra i tetti che oscuravano la visuale dalla mia finestra.
Cercai di vedere meglio, poiché mi era seriamente parso che fosse l’ombra di qualcuno, sarà mio fratello pensai.
Ma mi dovetti ricredere quando una donna dai lunghi capelli neri, affacciata ad un ampio balcone di granito poco distante, gridò verso di me:- Estel! Estel torna qui! Per l’amor del cielo! Scendi!- la donna si sporgeva tentando di vedere qualcuno ed allora, seguendo la traiettoria del suo sguardo, la vidi.

Ad un tetto di distanza dalla mia finestra, quella che, di sicuro, ora era una ragazzina, era atterrata aggraziatamente su un piede completamente nudo, se non per le sottili fasciature bianche che lo ricoprivano abbracciando anche la caviglia e il polpaccio.
La osservai intontito per un attimo, era una scena quasi troppo strana per essere creduta vera.
Lei non si scompose al richiamo, invece alzò lo sguardo verso di me, come se avesse sempre saputo che fossi lì. Era vestita solo di un corsetto di pelle, di aderenti brache alte fino al ginocchio dello stesso materiale e un mantello lacero che le copriva quasi interamente il corpo esile, eppure il suo sguardo mi stritolò il cuore. Aveva occhi che nessun altra creatura al mondo avrebbe mai posseduto, occhi d’oro liquido.

I capelli color mogano ramato lunghissimi e lisci le cadevano scomposti eppure stranamente aggraziati sul viso delicato e armonioso, esaltando il colore pallido dell’incarnato. Sembrava proprio un uccellino pronto a spiccare il volo, con quegli occhi vitrei e il corpo teso. Forse fu per questo che non ci pensai su un istante a scavalcare il davanzale e correrle incontro. Lei ne fu sorpresa, ma non troppo, perché non si mosse.
–Prendetela voi, messere! Svelto!- mi gridò la bellissima donna al balcone. La ragazzina, che fino a quel momento non aveva distolto lo sguardo dal mio, si distrasse per guardare la sua persecutrice e fu allora che aggraziatamente saltò ancora più in là, atterrando su un tetto poco distante. Avrei voluto dire qualcosa, qualsiasi cosa per fermarla, ma stranamente la mia mente era vuota.
Corsi e saltai più veloce che potevo per raggiungerla, ma non appena mi avvicinavo lei si allontanava un altro poco, solo quando parlai gridandole:-Ehi, aspetta!- lei si lasciò prendere, proprio quando stava per saltare ancora le afferrai la mano esile e morbida, trattenendola. Lei sembrò scioccata dal contatto e perse l’equilibrio facendo cadere entrambi.

Incrociai le gambe seduto sulle tegole di terracotta scaldate dal sole e scoppiai a ridere. Lei mi guardò un istante, incuriosita, poi sorrise. Era davvero la cosa più bella che avessi mai visto, e di belle donne a Firenze ce n’erano.
– Ahi, ahi! Finalmente ti sei fermata.- risi strofinandomi la schiena:- Perdonatemi, messere.- disse piano lei, abbassando gli occhi d’oro. Sentii un battito irregolare:- Ma no! Non fa niente, puoi chiamarmi Ezio. – dissi imbarazzato, lei alzò di nuovo lo sguardo sorridendo:- Voi siete il figlio di messer Giovanni Auditore, vi vedo sempre con vostro fratello uscire la sera. – rise piano lei, aveva una voce straordinariamente delicata e melodiosa:- E voi chi siete?- le risposi furbo, in realtà volevo solo sentirla parlare ancora.
– Io? Io messere sono solo un’orfana. Mi chiamo Estel Caine.- rispose leggermente:- Caine? Non sono nomi italiani…-  le dissi disorientato, in effetti non aveva certo tipici tratti del mio paese, soprattutto quegli occhi dal colore dell’oro puro. Lei sorrise di fronte al mio sgomento, forse pensando che ero davvero di vedute ristrette:- Sono di madre Spagnola, mentre mio padre era Giapponese.- rise piano mentre sgranavo gli occhi:- Giappone? Ma, ma è dall’altra parte del mondo!- gridai quasi. Estel sollevò gli occhi verso il cielo, il vento le mosse appena i lunghi capelli roventi:- Già, è lì che sono nata. – e dal suo tono capii che non era un argomento piacevole per lei:- Hai detto che tuo padre era … - chiesi cercando di essere il più delicato possibile. Per un attimo strinse appena gli occhi, poi tornò a sorridere:- La guerra … se li è portati via tempo fa, io sono venuta qui con madonna Edea. – doveva essere la donna alla finestra, pensai.


Stare con lei era piacevole, essere seduti su tegole di cotto oppure su un letto non avrebbe fatto alcuna differenza eppure qualcosa ancora mi turbava:- Come sai fare queste cose? Dove le hai imparate? Chi sei davvero?- le chiesi attirando di nuovo il suo sguardo, il sole stava tramontando e l’aria rossa intorno a noi faceva risplendere i suoi occhi in modo soprannaturale. – In Giappone ci chiamano Sando.- rispose lei improvvisamente seria.
–San- do?- scandii io perplesso, non conoscevo altra lingua oltre l’italiano visto che studiare non era certo il mio forte:- Che … ?- domandai, ma prima che potessi finire la frase lei mi interruppe. Stava sorridendo eppure i suoi occhi erano di nuovo vitrei:- Significa … assassina.- disse in tono piatto. Pensai di aver capito male, per un attimo sul suo viso avevo intravisto qualcosa di oscuro e doloroso, avrei voluto chiedere di più ma la voce della donna del balcone risuonò di nuovo:- Estel! Bravo messere, l’avete presa!- rialzandomi salutai la donna con un cenno, poi mi rivolsi di nuovo alla ragazza:- Credo sia ora di andare.- sorrisi, lei annuì piano il viso illuminato da un tenue sorriso:- A proposito, come mai stavi scappando?- le chiesi aiutandola a rialzarsi:- Ci sono momenti in cui … non riesco a sopportare la gabbia.- rispose leggera. Eravamo uguali, avrei voluto dirglielo ma mi mancò il cuore, sembrava già soffrire abbastanza per conto suo.

Raggiungemmo insieme il balcone in granito dell’orfanotrofio Santa Maria de le Grazie, madonna Edea abbracciò convulsamente la ragazza:- Questa è l’ultima volta che scappi così, mi farai morire.- sussurrò preoccupata, Estel la rassicurò con un sorriso poi rivolse di nuovo i suoi occhi d’ambra a me.
– Firenze è molto bella. Anche voi lo siete, messer Ezio Auditore.- sorrise furba, sapeva che avrebbe fatto battere il mio cuore, come mai prima di quel momento.
– Grazie, mio signore. Manderò un servo domani a vostro padre per fare le mie scuse. Sono davvero dispiaciuta per il disturbo che vi abbiamo arrecato, ma siamo arrivate da poco ed Estel è uno spirito libero, lei è come il vento.- sospirò la bellissima dama, il gioiello che aveva intrecciato nella chioma risplendette ai riflessi del sole rosso.
–L’avevo notato. Eheh, non vi dovete preoccupare madonna è stato un piacere per me. – risi piano scostandomi i capelli dal viso. Lei mi guardò attentamente, poi spinse la ragazza nella stanza. La guardai allontanarsi senza lasciare il mio sguardo, il mio cuore era fuori controllo, correva nel petto come un cavallo imbizzarrito.
– Addio…- sussurrò a fior di labbra poi la vidi scomparire fra le tende che coprivano le vetrate. Tende che, da quel giorno, Estel non chiuse mai più.

La donna mi trattenne un braccio, con gentilezza ma la sua mano era ferma:- Messer Ezio, sono una donna ma non sono una sciocca. Voi dimostrate più anni di quanti ne avete, i vostri modi sono di un uomo che ha già conosciuto una donna. Non vi innamorate di lei … non fatelo, messer Auditore. – sussurrò lei guardandomi con i suoi penetranti occhi gialli.
– Ma voi … - cercai di dire, ma i pensieri correvano veloci, certo era una ragazza strana ma perché doveva essere un divieto per me? Cosa nascondeva? La voce di Annetta ci interruppe e non potei chiedere ulteriori informazioni:- Messer Ezio entrate per carità, è ora di cena! Non fate torto a vostro padre!- a malincuore lasciai il balcone e fu allora che notai che le pesanti tende di broccato perla erano rimaste aperte.
Quella notte rimasi a lungo sul punto più alto del tetto di casa a riflettere. Non riuscivo a distogliere lo sguardo da quella finestra, le candele rimanevano spente eppure sapevo che lei era lì.
Estel si era insinuata nel mio cuore, non potevo negare che la sua presenza fosse stata un fulmine a ciel sereno, eppure alla fine presi coscienza del fatto che, se madonna Edea mi aveva ammonito a non innamorarmi di lei, di sicuro ci doveva essere una buona ragione, e di sicuro non avrei mai potuto fare nulla per ferirla. Così decisi di seppellire i miei sentimenti, di esserle amico, il più caro così da poterle rimanere accanto, almeno finché non avessi avuto le forze necessarie per essere un vero uomo e poterle offrire il mio cuore.


La luna era alta nel cielo quando sentii passi dietro di me:- Ezio. – mi sentii chiamare, mi voltai sorridendo: -Fratello. – salutai Federico, che a quanto sembrava era riuscito ad eludere meglio di me la sorveglianza di nostro padre e di Annetta.
– Che fai qui tutto solo? Guarda che Cristina Vespucci stasera era fuori con la nutrice. – sorrise furbo, lo guardai perplesso, già, Cristina, una delle donne che a dire il vero desideravo, ora sembrava lontana:- Ah, si?- dissi distratto. Lui indietreggiò sconvolto:- No, no, no e no fratellino! Sei così giovane, innamorarsi a questa età non va bene. Devi cambiare molte donne prima di poter dire di esserlo.- disse teatralmente. Alzai un sopracciglio:- Hai ragione. Domani ti devo presentare una persona.- sorrisi, se i miei sentimenti sarebbero arsi ancora a distanza di anni Estel sarebbe stata la donna che avrei sposato.

Il giorno seguente presentai Estel a mio fratello Federico, ne rimase colpito, ma era diffidente riguardo le sue capacità e visto che ero intenzionato a portarla con noi nei nostri giri “panoramici” della città, la mise alla prova. Ovviamente rimase di sasso e la accolse volentieri tra noi.
– Ci sono due sole condizioni, fratellino. Lei mi piace sul serio, voglio dire … è … insomma … comunque non può partecipare a qualsivoglia rissa perché a questo punto non le chiederò di esaminare anche questa capacità, sono convinto però una donna che combatte come un marinaio sarebbe uno scandalo. Secondo, niente bordello, perché tu ci verrai fratellino, ohh, ci verrai ma lei non so che potrebbe fare nel frattempo.- disse furbo guardandola, nei suoi occhi scuri c’era approvazione.
– Va bene, mi sembra ragionevole, messer Federico.- sorrise lei, bellissima. Lui annuì:- Un’ultima cosa … io sono Federico e lui Ezio, da oggi sei nostra sorella.- rise lui divertito, gli occhi di lei brillavano:- Grazie Federico. Grazie Ezio. – disse piano commossa prendendo le mie mani tra le sue, esili e calde. Il mio cuore, dove era finito?

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Capitolo 2
*** Capitolo secondo ***


Il tempo passò.

Seppur trascurando qualsiasi dovere che mio padre mi imponeva, come lo studio, riuscivo ogni giorno a visitare Estel.
Entravo dalla sua finestra felice di sapere che l’avrei trovata là ad accogliermi con un sorriso, e quando saltavo giù dallo stesso balcone la sera mi sembrava di non esserle mai abbastanza vicino.
Ogni giorno passato assieme la rendeva sempre più simile alla figura di una sorella per Federico e me, non facevamo fatica a coinvolgerla in ogni nostra scappatella o passeggiata serale.
Lei ci insegnò la pazienza, il saper attendere il momento giusto per attaccar briga o per provocare, noi le insegnammo a tenere la testa sempre alta, dandole lezioni sulla nostra sbruffoneria.

La sua voce mi cambiava, diventava parte di me, dal momento in cui la mattina sorrideva col mio nome sulle labbra a quegli ultimi istanti della giornata quando spesso ci addormentavamo abbracciati nello stesso letto.
Starle accanto era così naturale che scordai in fretta da quanto poco tempo la conoscessi, quando la guardavo correre e saltare mantenendo il mio passo qualche volta mi sembrava quasi che potessimo volare, io ero sicuro che se avessimo fatto il giusto passo le si sarebbero spiegate ali d’uccello dietro le spalle.
Il suo sorriso riusciva a coinvolgere la parte migliore di me, le sue parole risvegliavano una dolcezza sommessa che avevo sempre pensato di non possedere.

Col tempo imparai a capire che Estel era uno spirito libero, a rispettare la sua natura senza ingabbiarla, a comprendere ogni sua parola, ogni suo sguardo e così lei fece con me.
Le ero grato per aver voluto conoscermi, per essermi così affezionata, sapevo di contare davvero qualcosa per lei ed ogni volta che riusciva a mostrarmelo sentivo un dolce tepore nel fondo dell’anima, un calore che dal cuore si irradiava al resto del corpo.

Improvvisamente il mondo sembrava solo per noi mentre ridevamo alle stesse battute, ci facevamo il solletico fino alle lacrime, imparavamo a conoscere quella strana sensazione di completezza che sentivo ogni volta che potevo esserle vicino come volevo.
Lei non era solo la mia migliore amica, l’unica a cui riuscissi a parlare di quello che sentivo, che riusciva a ridarmi sempre il sorriso, che poteva capire con un solo sguardo quello che avevo nel cuore. Era anche la compagna che ero certo avrei voluto accanto per il resto della vita, se da bambino ero sicuro che il mondo esistesse per noi col tempo imparai a comprendere che, anche se non era così, perderla avrebbe significato dire addio ai colori che improvvisamente sembravano dominare ogni cosa intorno a me.

Non aveva importanza chi lei fosse, da dove venisse, potevamo giocare e scherzare per ore senza accorgerci del tempo che passava, di chi avevamo intorno.

E più il tempo passava più eravamo legati. Mia madre era entusiasta di lei, sapevo che in lei apprezzava lo sguardo franco e onesto di chi non si vergogna di ciò che è, la dolcezza e delicatezza dei suoi modi.
Anche mio padre in poco tempo si abituò alla sua presenza e averla in casa per lui diventò un piacevole avvenimento, tanto che spesso tornava di proposito in anticipo a casa dalla banca per poter parlare con lei, per godere della sua presenza semplice e rassicurante.

In quei momenti in cui eravamo soli nella mia camera, nel giardino dell’orfanotrofio, tra i colli fuori Firenze lei mi leggeva i suoi libri preferiti, mi raccontava avvincenti storie che sua madre prima di lei le aveva raccontato, storie che sapevano di paesi lontani.
A volte erano violente, altre dolci, altre crudeli e ingiuste eppure la sua voce sapeva raccontarle quasi fossero tutte canzoni d’amore. Mi piaceva ascoltarle seduto accanto a lei e a volte quando meno se lo aspettava mi appoggiavo alla sua spalla o alle sue gambe.
Lei puntualmente arrossiva guardandomi con i grandi occhi scintillanti d’oro puro, e un istante dopo le sue mani esili e tiepide cominciavano ad accarezzare il mio viso, i miei capelli a un piacevole e delicato ritmo, come se fossi stato la cosa più cara al suo cuore.

I miei sentimenti per lei erano caldi come mai erano stati quando potevo stringerla dolcemente mentre giocavamo nell’acqua dei laghetti intorno Firenze. Lei sorrideva come un angelo mentre con i vestiti bagnati mi spruzzava d’acqua, mi rincorreva sul selciato della riva o accarezzava con delicatezza i miei capelli liberi dal nastro rosso sparsi sulle spalle. Allora la stringevo a me e sembrava talmente naturale esserle così vicino, come se fosse nata per me, per incontrarmi.

Ricordo le sue dolci risate mentre correvamo a ripararci sotto i grandi portici del mercato principale quando la pioggia ci coglieva durante una delle nostre scappatelle. Mi prendeva in giro quando, bagnato fradicio, cercavo di togliermi i capelli dalla fronte, c’era una tenerezza tra noi, una complicità che sapevo non sarebbe esistita con nessun’altra creatura.

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 Ecco il secondo capitolo, è un pò breve e spero qualcuno ancora sia disposto a leggere XD Scusate la formattazione penosa! Ancora sono imbranata :P Cercherò di rimediare, grazie per la pazienza!!

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Capitolo 3
*** Capitolo terzo ***


La primavera dei miei sedici anni mi aveva reso più impetuoso e sfacciato che mai. 

Sentivo di essere quasi adulto, mi sembrava di avere il mondo in pugno mentre bighellonavo con Federico al mercato principale. 
Estel non era con noi quel pomeriggio, visto che aveva preso l’impegno di accompagnare le ragazzine più giovani dell’orfanotrofio a fare compere. 

Non posso più scordare quel giorno, il giorno in cui davvero realizzai quanto peso potevano avere i miei sentimenti. Quei sentimenti che all’improvviso, posando gli occhi su di lei come se fosse stata la prima volta, presero forma e colore diventando un amore caldo e appassionato. Non posso dimenticare il giorno in cui, davvero adulto, mi innamorai di lei.

Come in un sogno attraversò all’improvviso i miei pensieri, spuntando tra la folla seguita da quattro o cinque ragazzine festanti che ronzavano qua e là tra le bancarelle di pizzi e merletti. 
Lei sorrideva tranquilla estranea a ciò che invece attraeva le sue coetanee, accontentandosi di dare gentili giudizi sui loro capricci e guardando distrattamente il cielo di tanto in tanto. 
Era la prima volta che la vedevo con abiti così femminili, sembrava diversa ma allo stesso tempo la stessa di sempre con quel semplice vestito di un tenue color turchese, che le fasciava il seno generoso, le curve armoniose e sensuali dei fianchi, stringendola in un corsetto lavorato preziosamente. I capelli ramati stretti in una morbida treccia risplendevano di riflessi alla luce del sole, era la creatura più bella che avessi mai visto. 
–Oh- esclamai senza riuscire a trattenermi, Federico rise della mia faccia perplessa eppure dubito che non avesse notato la bellezza paralizzante di lei. 
Tra tutte le donne e le ragazze che erano nel mercato era l’unica che sembrava appena scesa dal cielo:
-Guarda! Estel è … è bellissima!- sussurrai col cuore che batteva impazzito. 
– Allora perché non vai a dirglielo, eh?- ghignò lui pratico, canzonandomi. 
– Cosa? E dopo, che faccio?- domandai come se fosse improvvisamente uscito di senno. 
– Le confessi il tuo amore, che il tuo povero cuoricino fa le bizze quando la vedi, fratellino mio. Questa botta che ti sei preso è proprio seria!- rise lui, eppure non sembrava scherzare. 
Lo fulminai con lo sguardo:
- Finiscila! Io sto benissimo. E poi non si fa così, non posso dirle: “ Estel, ti ricordi? Siamo stati bambini insieme, vuoi sposarmi?” no, no. – dissi accigliato scuotendo la testa. 
Lui non si fece fregare, invece mi si parò davanti impedendomi di vederla per un istante, senza che me lo aspettassi mi sbatté contro una delle colonne togliendomi il respiro. 
Poche volte l’avevo visto così serio, afferrò la mia mano senza tanti complimenti e me la batté forte sul petto all’altezza del cuore. Come se da solo non riuscissi a sentirlo mentre correva dolorosamente tra le costole. 
– E questo è certamente il vino di ieri sera, vero fratello? Smettila di raccontarti cazzate.- sorrise poi sarcastico, mentre entrambi potevamo sentire il mio cuore galoppare sotto la mano. 
Sospirai cedendo:
- Ok, vado. Ma se va male è colpa tua.- soffiai tra i denti, ma lui rise di gusto lasciando la presa su di me:
- Hai ancora molte cose da imparare.- commentò spingendomi via. 
– Provaci, intanto io distraggo le ragazzine, saranno anche piccole ma non sono mica da buttare a pensarci bene.- sorrise lasciandomi campo libero. 
Ci avvicinammo a loro:
- Estel.- la chiamai leggermente distraendola dalle pretese delle bambine intorno a lei, lei si voltò sorpresa e un meraviglioso sorriso la illuminò. 
– Ezio! Federico!- esclamò, ma, mentre mio fratello la salutava scioltamente con un cenno e la abbracciava leggermente, io mi sentivo pietrificato. 
– Non ci speravo di vedervi oggi.- sorrise gettandomi le braccia al collo, sentii il cuore mancare un battito mentre il suo corpo esile si stringeva al mio improvvisamente alto e forte. Strinsi le sue spalle tra le mani e la guardai dritta negli occhi gialli senza poter dire una parola:
- Che c’è?- chiese lei un tantino preoccupata, se continuavo ad essere così teso di sicuro avrei combinato un pasticcio. 
Non mi sentivo pronto a dirle quello che provavo per lei: “ Ti amo così tanto che mi sembra di morire.” Questo avrei dovuto dirle, ma sorrisi:
- Nulla. Sei bellissima oggi, Estel.- sorrisi furbo, quel sorriso compiaciuto e un po’ sfacciato che le faceva perdere la testa. 
Lei arrossì abbassando lo sguardo mentre le iridi d’oro puro si nascondevano appena tra le ciglia lunghe e nere: 
- Grazie, anche se non mi sento molto a mio agio. – sorrise poi confidenzialmente, con quella tenerezza, quella luce che riservava solo a me. 
Mi sentii l’uomo più forte del mondo. 

– Ehmm … ti va di fare una passeggiata con me?- le chiesi malsicuro, lei mi guardò stupita poi scoppiò a ridere:
- Da quando hai iniziato a chiedermi cose come queste?- rise divertita, mi sentii arrossire:
- Ok, ok. Non ero pronto. Avevo pianificato di essere affascinante, e garbato e spiritoso. Non vuoi darmi una seconda possibilità?- risposi senza fiato. 
Lei mi osservò per un attimo, poi arrossì violentemente:
- Oh. Ecco ora io … avrei da fare. Però … se vuoi puoi passare da me più tardi.- sussurrò imbarazzata. 

Non sapevo se era quello il modo giusto eppure il mio cuore continuava a mostrarmi immagini della nostra vita insieme, di come le avrei detto quello che provavo per lei. 

Senza aggiungere una parola con un sorriso sfuggente sulle labbra recuperò le bambine che erano con lei e si allontanò verso l’orfanotrofio. 
– Non è andata bene.- sospirai abbattuto mentre Federico si avvicinava:
- Non cedere adesso, fratellino! Hai fatto centro invece!- esclamò lui incitandomi a seguirla. 

E ci riuscii abbastanza discretamente, badando che lei non se ne accorgesse, osservandola mentre ondeggiava lentamente i fianchi sinuosi lungo la strada rischiai di inciampare almeno due volte. Eppure, nonostante un paio di volte dovetti tuffarmi in un androne dopo che lei era uscita dalla piazza, riuscii a starle dietro con successo fino a casa dove un ragazzo, che avevo riconosciuto subito, le aveva sbarrato la strada.

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Capitolo 4
*** Capitolo quarto ***


– Vieri, per favore, torna a casa. Non è un buon momento.- aveva detto pazientemente Estel, mentre lui la guardava interessato.
Nascosto dietro la facciata di un palazzo vicino, restai senza fiato, Vieri De’ Pazzi naturalmente!

Non perdeva occasione per attaccare chiunque mi fosse vicino.
– Ah, no? Che peccato perché io sono molto interessato, davvero molto interessato.- aveva ribattuto lui, sfiorandole il viso con arroganza.
La vidi sottrarsi infastidita:
- Fatti da parte, Vieri.- fece lei con improvvisa rabbia.
– Non ci penso affatto, amore mio. Sono rare le occasioni in cui non sei insieme a quel cane di un Auditore, e poi sono stufo di aspettare che tu apra le gambe di tua spontanea volontà. Non sei altro che una bastarda sgualdrinella, potresti a malapena soddisfare i miei desideri. Se solo non fossi così bella. Sai che la gente parla di te? Nessuno ti vorrà mai sposare, con questi tuoi occhiacci demoniaci, ti sto facendo un favore. – ghignò lui, solo allora mi accorsi che le mie mani tremavano serrate in pugni.

Le parole di Vieri ferirono anche me, come poteva la gente essere così spregevole? La rabbia mi annebbiò la vista, ma cercai di non perdere il controllo.

– Grazie al cielo ci sei tu, pezzo d’asino. Io so benissimo chi sono e qual è la mia condizione. E tu pensi di farmi crollare così?- rispose lei a testa alta, ma la sua voce tremava appena.

Mi sentii miserabile per non averla mai protetta abbastanza bene, perché doveva subire tutto questo in parte anche a causa mia.

– Come osi? Sei solo una puttanella venuta da chissà dove, io ti sto solo offrendo un’alternativa alle calunnie. Ma certo, dimenticavo il tuo bel principe! Pensi che quell’Auditore dei miei stivali ti riscatterà? La sua famiglia non si metterà mai in casa una senza Dio, una randagia. Saranno pure degli arricchiti arrampicatori senza scrupoli, ma non sono tanto stupidi. Un giorno lui si sposerà e tu lo guarderai senza poter fare nulla, però pensaci potrai sempre diventare il mio nuovo giocattolo. – rise lui in modo spregevole.
Lei lo guardò in silenzio per un istante:
- Lo so. Non ti preoccupare per me, preferirei morire che rovinargli la vita. Ma non mi avrai mai, preferisco che tu rimanga a roderti il fegato per il resto dei tuoi giorni.- rispose sarcastica, strappandomi un sorriso, ma Vieri perse la testa.
Il viso diventò rosso e sudato finché non la afferrò rudemente per un braccio, attirandola a sé, cingendola con l’altro braccio, mentre lei si dibatteva per liberarsi:
- Pensi di essere così importante, puttana?- ringhiò stringendola più forte.

Quando tentò di baciarla non ci vidi più e uscii dal mio nascondiglio:
- Lasciala stare.- intimai guardandolo negli occhi.
– Ezio?- esclamò lei bellissima, quel suo sguardo dopo le parole di Vieri fu come una pugnalata al cuore.
– Ah, il cucciolo Auditore! Cane rognoso! Che vuoi? Va all’inferno.- sbraitò lui rafforzando la presa su Estel.
– E buon giorno anche a te Vieri. Mi spiace intromettermi, ma ho l’impressione che tu stia davvero esagerando.- commentai sarcastico, ma la rabbia mi stava dando alla testa.
– Oh, davvero? Scusami, carissima, mentre le do di santa ragione a questo arricchito.- ringhiò lui e senza il minimo riguardo le diede un sonoro schiaffo sulla guancia spingendola a terra.
– Estel!- gridai vedendola rovinare sui polverosi sampietrini:
- Lascialo stare, Vieri!- ribatté lei fieramente rialzando il volto segnato mentre Vieri si scagliava su di me con il pungo destro.

Lo schiantai facilmente spostandomi di lato e facendolo cadere lungo disteso nella polvere, trascinato in avanti dall’impeto dell’attacco.
– Ne hai abbastanza, amico?- gli chiesi sarcastico sputandogli accanto, ma lui velocemente si rialzò in piedi agitando i pugni.

Ci girammo intorno a guardia alzata per qualche istante:
- Picchi le donne adesso? Mi fai schifo.- intimai disgustato.
- E quella sarebbe una donna? Anche se è bella resta sempre una cagna senza famiglia.- sentenziò lui riuscendo a colpirmi in viso.

Preso dalla rabbia parai il suo sinistro e gli assestai un pugno nello stomaco e mentre quello si piegava in due, lo colpii ancora alla mascella, lasciandolo senza fiato e sanguinante. Sollevai il viso verso Estel per assicurarmi che stesse bene, ma il suo sguardo era sfuggente e tentava di coprire con le dita il segno rosso dello schiaffo.

Non avrei esitato ad ucciderlo in quel momento per averla colpita, per un attimo fui spaventato da quella cieca determinazione.
Vederlo sanguinare non era abbastanza.
Senza che me lo aspettassi notai che la sua mano era corsa al pugnale, anche Estel notò il movimento perché la sentii gridare il mio nome.
Mi voltai appena in tempo per notare che Vieri mi stava puntando il pugnale alle spalle, da scorretto qual’era. Lo afferrai violentemente per il polso facendogli cadere l’arma. Per un istante ci guardammo ansimanti. 
– E’ questo quanto di meglio sai fare?- sibilai tra i denti, non cercavo altro che una scusa per farlo fuori.
– Chiudi la bocca o ti ucciderò, perdio!- sbraitò lui, risi forte:
- Bravo! Dammi un motivo per romperti il collo! Immagino che non dovrei sorprendermi nel vederti tentare di importi a una bella ragazza che evidentemente ti ritiene una palla di sterco, visto il modo in cui tuo padre cerca di imporre i suoi interessi bancari a Firenze!- commentai sarcastico mandandolo su tutte le furie.
- Stupido! È tuo padre quello che ha bisogno di una lezione di umiltà!- rimbrottò cercando di ferirmi.
-È ora che voi Pazzi smettiate di diffamarci. D'altro canto, voi sapete parlare, ma non lottare. E ora vengo a sapere che picchiate anche le donne.-

Il labbro di Vieri sanguinava copiosamente e se lo era asciugato con la manica:
-Pagherete per questo, tu e tutta la tua stirpe. Non me ne dimenticherò, Auditore!- sputò ai miei piedi e si chinò a raccogliere il pugnale.
- Non aspetto altro.- lo minacciai mentre correva via. Mi voltai di nuovo verso Estel ancora a terra, il suo corpo sembrava tremare leggermente.

– Ezio … - sussurrò lei mentre mi inginocchiavo ai suoi piedi:- Estel, stai bene?- le chiesi preoccupato osservandola attentamente.
Lei annuì piano distogliendo lo sguardo, sentii un pungente dolore al petto e istintivamente la strinsi a me:
- E’ tutto finito. Perdonami per non averlo potuto evitare, perdonami.- le sussurrai all’orecchio.
Le sue mani tiepide si strinsero alle mie spalle:
- Avrebbe potuto … - soffiò accigliata tremando ancora.
- Ora non ci pensare, sto benone.- sorrisi dolcemente senza lasciarla.
– Non è vero. Sanguini. Ed è tutta colpa mia.- disse poi indicando il taglio sulla mia guancia, senza che me lo aspettassi si liberò dal mio abbraccio rimettendosi in piedi.

I suoi occhi si fecero sfuggenti:
- Ma non è così … - cercai di guardarla di nuovo, ma lei rimase impassibile.
- Torna a casa, Ezio, non è bene che tu rimanga con me.- rispose fredda, le sue parole mi ferirono.
Fece per allontanarsi, ma la fermai:
- No, non fare così. Estel io volevo ucciderlo, per averti fatto questo io l’avrei ucciso. Non allontanarmi o sanguinerò peggio di così, se mi fai andare via lo cercherò per tutta Firenze e lo ucciderò con le mie mani. – le dissi accigliato, ero spaventosamente serio e lei se ne accorse.

Pensavo che mi avrebbe sgridato, invece con inaspettata dolcezza mi strinse tra le sue braccia.
Inspirai forte il suo profumo appoggiando la fronte sulla sua spalla, col cuore che ancora batteva forte per la rabbia e per lo sforzo.
Sentii le sue mani accarezzarmi la schiena, arrivare fino ai capelli trasmettendomi una calma e un senso di sicurezza che poche volte avevo provato nella mia vita.

Se solo fossi stato sicuro che i miei sentimenti non l’avrebbero messa in una situazione ancora peggiore, che non l’avrebbero ferita le avrei confessato quanto la sua presenza significasse per me. Anche quel semplice abbraccio riusciva a renderla più vicina che mai, più vicina di qualsiasi donna unita a me nel sesso.

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Grazie a tutti i miei lettori, nuovi e vecchi XD Spero la storia continui a piacere e continuerò a fare tesoro di ogni vostro parere, grazie mille ^^

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Capitolo 5
*** Capitolo quinto ***



Per sdebitarsi Estel mi convinse a salire in camera sua perché le facessi disinfettare le mie ferite. Mentre con una piccola garza imbevuta d’alcol tamponava il taglio sulla mia guancia tra noi il silenzio sembrava carico di qualcosa di stranamente dolce e incompiuto.

Avrei voluto dire qualcosa, qualsiasi cosa ma non facevo altro che guardare il suo viso attento e concentrato, bello come non mai. Sorrisi pensando ai momenti passati con lei, la dolcezza che la sua presenza mi ricordava.

– Grazie.- sussurrò poi arrossendo appena, senza riuscire ad alzare lo sguardo sul mio:- Eh?- chiesi sorpreso, quella tenerezza sospesa nell’aria tra noi mi rammentava quanto disperatamente fossi innamorato di lei.

– Per prima … se non fossi arrivato tu, forse Vieri … - soffiò accigliandosi:- No, io sono stato un disastro. Gli ho permesso di picchiarti … mi sento uno schifo per questo. Davvero, Estel mi dispiace per non essere stato là. – risposi tra i denti sentendo di nuovo montare la rabbia.

Lei sorrise appena scuotendo il capo, i capelli color mogano ramato si mossero appena:- Sei stato molto coraggioso. Però ti prego … non farlo mai più.- disse poi piano, senza alzare gli occhi.

– Come?- le chiesi stupito non capendo cosa intendesse, la sua mano si fermò sul mio viso.

- Vieri avrebbe … avrebbe potuto ferirti seriamente. Ezio io … so chi sono, so perché sono qui ora, però posso sopportare la tua lontananza. Se un giorno mi dirai addio io lo capirò, continuerò a guardarti da qui, da questo mio piccolo mondo e mi basterà sapere che la tua vita è così come la vorrei per te. Quello che sto provando ora, qui con te, così vicino che a volte mi sembra di non poter respirare, non cambierebbe se la vita ti allontanasse da me. Non sarebbe poi una gran cosa in un mondo così immenso, fra tutto ciò che potrebbe riservarti, se tu mi lasciassi indietro. Mi mancheresti però, tremendamente. Ma, Ezio, se ti dovessi perdere davvero sarebbe meglio morire piuttosto che vivere in un mondo in cui non esisti. Lo so che è una richiesta egoista, però preferisco saperti vivo e lontano da me. In quel caso ti chiederei solo di … ricordarti di me, di lasciarmi vivere nel tuo cuore.- sorrise appena, ma troppo tardi mi accorsi delle lacrime che le bagnavano il viso.

Mi sentii arrossire, nessuno prima di lei aveva considerato la mia vita così importante, mai. Ero miserabile, ma allo stesso tempo più che mai innamorato di lei. Per un lungo istante la guardai tentare di asciugarsi le lacrime dalle guance candide, poi senza più riuscire a trattenermi la strinsi forte al petto. Nella mia mente si affollavano parole, sentimenti, pensieri ma la cosa che desideravo sopra ogni altra era che lei accettasse di rimanermi accanto, che capisse che non l’avrei mai lasciata.

– Ma non lo capisci che non posso essere felice lontano da te?- sussurrai a denti stretti al suo orecchio, lei espirò piano tra le mie braccia:- Non mi importa niente di quello che dice la gente, di quello che potrebbe dire la mia famiglia, io ti voglio con me, ho bisogno di te. Il resto non ha alcuna importanza.- continuai più dolcemente, lei tremò leggermente mentre i miei sentimenti per lei spingevano nella testa al ritmo del mio cuore.

– Quindi, per favore, non dire più queste stupidaggini e lascia perdere quello schifoso di Vieri. Non sei sola, Estel, non devi per forza sopportare tutto. Sarò anche uno sbruffone, uno spendaccione, un donnaiolo, un’inaffidabile, ma sono qui per te ora, sono sempre stato qui per te.- sorrisi accarezzandole leggermente i capelli lisci e morbidi.

Le sue mani rafforzarono la presa sulle mie spalle:- Grazie. Sono una stupida.- soffiò lei meno tesa. Ero felice di averle potuto mostrare anche solo una piccola parte dei miei sentimenti, di quello che avrei fatto per lei se solo me lo avesse permesso, per il resto della mia vita. Risi piano mentre lei nascondeva il viso nel mio petto.

- Credo di avere un aspetto orribile ora.- sorrise, il suo respiro sulla pelle mi faceva impazzire:- Ho lo stomaco forte.- la canzonai inducendola ad alzare il viso per rimproverarmi.

Gli occhi erano ancora lucidi di pianto, ma il suo viso era lo stesso di sempre con quella dolcezza e grazia che mi avevano rubato il cuore:- Non sei mai stata così bella.- sorrisi facendola arrossire. Lei si schermì distogliendo lo sguardo:- Non abbiamo ancora finito con le ferite.- sussurrò prendendo una nuova garza e imbevendola nell’alcol, eppure era ancora rossa in viso.

 

Con leggerezza cominciò a tamponare un piccolo taglio sul mio petto all’altezza della clavicola sinistra, feci di tutto per sembrare naturale e affascinante ma sapevo di essere arrossito e il mio cuore batteva ancora piuttosto rapidamente.

Era strano come attraverso i suoi occhi d’oro tranquilli e concentrati potessi vedere ogni cosa in un modo totalmente diverso, come se tutto intorno a noi avesse preso ad esistere dal momento in cui le nostre strade si erano incrociate. Dal momento in cui lei era entrata nella mia vita aveva sconvolto ogni cosa, la visione che avevo del mondo, la considerazione che avevo di me stesso e di ciò che avevo intorno.

Non mi importava di soffrire, di dover lottare per tenerla accanto a me sentivo che dovevo farlo, per me, perché era la cosa migliore che mi fosse mai capitata, ma soprattutto per lei. Perché si meritava quello stesso lieto fine delle favole che mi raccontava.

Mi accorsi che le mie mani tremavano leggermente strette l’una nell’altra, ma sorrisi:

- Il mio cuore batte così forte che mi sembra di morire.- ghignai cercando di respirare. Lei arrossì violentemente fermando la mano, per un istante sentii le campane intorno a noi, come se ci fossimo incontrati solo per assistere a quel nostro momento. Lei alzò gli occhi magici sui miei e per un lungo istante nessuno parlò, l’istinto naturale fu quello di baciarla e quel pensiero non mi stupì perché ogni cosa sembrava essere andata al suo posto.

Chissà cosa pensava, cosa nascondeva dietro gli occhi preziosi e silenziosi come pietre, per un attimo mi illusi di essere nel suo cuore mentre sentivo qualcosa di misterioso tra noi accorciare le distanze tra il suo viso e il mio. Mi chiesi come sarebbe stato baciarla, come avrei dovuto farlo per non spaventarla, per non farla scappare. Ero giovane, ma sapevo che lei era quella giusta, lo sentivo nel petto, nello stomaco.

Sentii i muscoli tendersi, il cuore fallire qualche battito eppure lei rimaneva vicina, così vicina che quasi non mi accorsi di sfiorare già le sue labbra mentre ancora non riuscivamo a smettere di fissarci.

Eppure bastò un istante.

Coprii la sua bocca con la mia impedendole per un attimo di respirare, il suo corpo scottava accanto al mio, ma quando chiuse gli occhi capii quello che stava accadendo.

Solo un bacio. Niente di più, ma lo ricordo ancora nonostante siano passati quasi venti anni. Non posso scordare la sensazione che mi diede quel contatto, quel bacio candido e pulito.

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