Un amore di ragazzaccio

di Bliss Blake
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una fatina tutto pepe ***
Capitolo 2: *** Papà che canta… è da vedere! ***
Capitolo 3: *** Non voglio essere un angelo ***
Capitolo 4: *** Ich glaube, dass ich dich küssen werde ***
Capitolo 5: *** Papà... ***
Capitolo 6: *** Se il buongiorno si vede dal mattino... ***
Capitolo 7: *** Di salvataggi, sottilette, dichiarazioni, fraintendimenti e litigi ***
Capitolo 8: *** Come fare soldi sfruttando il tuo migliore amico ***
Capitolo 9: *** Al centro commerciale puoi trovare di tutto… Anche il ragazzo bastardo della tua migliore amica! ***
Capitolo 10: *** Come liberarsi momentaneamente dei cattivi ricordi. Alcol: istruzioni per l'uso ***
Capitolo 11: *** Scoperte inaspettate... ***
Capitolo 12: *** Pensieri ***
Capitolo 13: *** Appuntamento a tre ***
Capitolo 14: *** Se solo avessi le parole... ***
Capitolo 15: *** Tempesta ed impeto? No, grazie... ***
Capitolo 16: *** Non sempre le circostanze ci sono favorevoli ***
Capitolo 17: *** Ricordati che quando le cose vanno male... possono sempre andarti peggio! ***
Capitolo 18: *** Se un giorno dovessi scoprire che il tuo professore di filosofia è il padre della ragazza di cui ti sei innamorato… Ridi, ridi, ridi!! (Prima parte) ***
Capitolo 19: *** Se un giorno dovessi scoprire che il tuo professore di filosofia è il padre della ragazza di cui ti sei innamorato… Ridi, ridi, ridi!! (Seconda parte) ***
Capitolo 20: *** Confidenze ***
Capitolo 21: *** Non l'avessi mai fatto... Per amore ho venduto l'anima ad un demonio! ***
Capitolo 22: *** Mai sottovalutare un'ex gelosa: se è ancora innamorata, te la farà pagare molto cara! ***
Capitolo 23: *** Con una ferita dentro al cuore... ***
Capitolo 24: *** Operazione Cupido&Venere007 ***
Capitolo 25: *** E intanto Londra brucia intorno a noi... ***
Capitolo 26: *** Che se piangi tutte le tue lacrime, dopo il cuore ti diventa più leggero (prima parte) ***
Capitolo 27: *** Che se piangi tutte le tue lacrime, dopo il cuore ti diventa più leggero (seconda parte) ***
Capitolo 28: *** Che se piangi tutte le tue lacrime, dopo il cuore ti diventa più leggero (terza parte) ***
Capitolo 29: *** Der Abschied ***
Capitolo 30: *** Tu sei più importante ***
Capitolo 31: *** Epilogo ~ 10 anni dopo ***



Capitolo 1
*** Una fatina tutto pepe ***


Un amore di ragazzaccio



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A Giusy e Tonya,
le migliori amiche che io abbia mai potuto desiderare...
Vi voglio bene!!!
<3






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1. Una fatina tutto pepe



 


{MILLY}

 

Non sono mai stata una di quelle ragazze a cui piace mettersi in mostra durante le feste, ballare sui tavoli o bere quantità smisurate di alcol per poi star male tutto il giorno seguente.
Sono più il genere di ragazza che quelli della mia età definiscono santarellina o , perché no, a volte anche suora… quella che, mentre tutti gli altri si divertono, pensa a quando la festa sarà finita e si dovrà sistemare tutto perché, diciamolo, le santarelline sono quelle che si fanno sempre abbindolare come delle sciocche e, a fine serata, restano a pulire con il padrone di casa.
Ma alla fine, che importa se a chiederti di rimanere è stata una tua amica? Si è sempre disponibili a fare qualcosa per le persone a cui si vuole bene o almeno per me è così.
Le note di All she knows di Bruno Mars mi accompagnano nella camera da letto di Miriam. Sul piumone a fiori rosa, tra i vari peluche a forma di cane, ci sono delle borse. Prendo il cellulare dalla mia e digito il numero di casa.
Papà risponde dopo qualche secondo.
- Milly, tesoro, a che punto siete? -
- Abbiamo quasi finito di aiutare Miriam. Per le due dovrei essere a casa -
- Ah, va bene. Scommetto che è venuto anche il cetriolo alla festa, vero? -
Scoppio a ridere alle parole di papà e poco dopo anche lui si unisce alla mia risata. Devo dire che la sua enorme simpatia per Luca non accenna a diminuire. Lo sento riprendere fiato.
- Comunque digli di riaccompagnarti ad un orario decente altrimenti la prossima volta faremo un‘uscita a tre: lui, io e Poppy! -
Poppy è il bassotto di mio padre!
- Ok papà. Anche Luca ti saluta. Baci -
- Per me continuerà ad essere un cetriolo! Ciao tesoro -
Papà riaggancia ma io resto imbambolata con il cellulare poggiato all’orecchio, a fissare il vuoto. Una voce familiare mi riporta con i piedi per terra.
- Milly che diavolo stai facendo qui? Ci serve una mano in cortile! -
Dalla porta aperta fa capolino Faby. Lunghe ciocche di capelli sono sfuggite alle forcine che le mantengono l’elaborata pettinatura ma il trucco è ancora impeccabile.
- Stavo chiamando papà. Sai com’è, se non lo chiamo quando faccio tardi si preoccupa! -
- Beh, a questo punto mi sorprende il fatto che non abbia già fatto irruzione in casa, armato di tutto punto, per portarti via -
- Su, mio padre non è così apprensivo! -
Faby fa una smorfia buffissima.
- No no, per carità! Chi lo mette in dubbio! Piuttosto, abbiamo problemi più urgenti: Luca e Ilaria sono talmente ubriachi che al confronto delle baccanti potrebbero tranquillamente passare per astemie -
Perfetto! Ci mancava pure questa! Quelle due teste gloriose non mi danno mai ascolto! Seguo Faby in cortile e trovo Ilaria sdraiata lungo il bordo della piscina, abbracciata alla scaletta. Mi avvicino a lei e la giro verso di me. I ricci ramati le ricadono sul viso. Borbotta qualcosa ma non riesco a capire cosa.
- Ilaria? - la chiama piano.
Lei apre gli occhi e mi sorride.
- Milky, mi gira tutto! -
- E ti credo. Ma quanto cavolo hai bevuto? -
- Non ricordo. Ho mal di testa… -
- Andiamo a sdraiarci sul divano - dico alzandola per le braccia.
- Dove le hai lasciate le scarpe? - le chiedo, notando solo in quel momento che è scalza.
Ilaria scoppia a ridere.
- Sono cadute nella piscina -
- Ah! In questo caso credo che stiano bene lì. Tanto non te le ruba nessuno! -
Facciamo qualche passo ma mi trovo in grande difficoltà a sostenerla e questo non perché Ilaria sia grassa ma per il semplice fatto che si appoggia a me a peso morto.
- Milly! Aiutiamo noi Ilaria a stendersi. Tu vai a dare una mano a Giorgio! -
Per fortuna Faby e Miriam riescono a portare Ilaria dentro senza troppi problemi. Mi avvio verso il gazebo dove trovo Luca seduto su un piccolo sgabello di legno mentre Giorgio gli regge il sacco per la spazzatura.
- Milly non è il caso che tu veda cosa ha mangiato a cena questo imbecille! - fa subito Giorgio vedendomi arrivare.
- Come sta? - chiedo preoccupata.
- Uno schifo -
Annuisco, accarezzando la schiena di Luca.
- Milly, non ti preoccupare amore… - comincia lui ma un conato lo interrompe e subito Giorgio gli avvicina la busta.
- Spero solo di non doverti accompagnare al pronto soccorso. Hai bevuto come una spugna! -
Se mio padre sapesse come si riduce Luca quando andiamo alle feste, mi metterebbe agli arresti domiciliari a tempo indeterminato. Rientriamo in casa poco dopo e Giorgio sistema Luca su uno dei divani in soggiorno. Ilaria, invece, dorme nella camera degli ospiti. Raggiungiamo Miriam e Faby in cucina e ci sediamo, sfiniti.
Ho la testa che mi scoppia e mi fanno malissimo i piedi. Colpa delle scarpe col tacco. Mi stiracchio un po’ e poggio la testa sulla superficie in legno del tavolo.
- Ragazzi volete qualcosa da bere? - chiede Miriam, aprendo il frigorifero.
- Per me un bicchiere d’acqua naturale - risponde Faby.
- Milly ho del tè al limone! Ne vuoi? -
- Evviva! - rispondo subito saltando giù dalla sedia e alzando in alto le braccia, come una tuffatrice sul trampolino, pronta per lanciarsi nel vuoto.
Giorgio mi guarda divertito.
- Vedo che il tè ha facoltà rigeneranti su di te Milly! - mi sorride.
Ecco, lo sapevo. Ne ho fatta un’altra delle mie. Collezionare figure imbarazzanti è ormai diventato il mio forte!
Mi risiedo immediatamente, vergognandomi.
Giorgio mi fa una carezza sulla testa.
- Su su, non è poi la fine del mondo se sembri sempre un vulcano in eruzione! -
- E già! Vorrei proprio sapere dov’è che la prendi tutta questa energia! - dice Miriam, porgendomi uno di quei bicchieroni di vetro in cui di solito al pub servono la birra alla spina solo che il mio è pieno di tè fino all’orlo.
Bevo un sorso e il sapore dolciastro mi solletica la lingua.
- Allora vi fermate da me a dormire? - si informa Miriam, chiudendo la porta del frigo e sedendosi accanto a Faby.
- Tutti tranne Milly -
- Come hai intenzione di tornare a casa? Luca è andato in coma etilico! -
Le ragazze scoppiano a ridere.
- Casa mia non è molto lontana da qui, farò una corsa! E poi a quest’ora non dovrebbe esserci nessuno in giro -
Giorgio non mi sembra d’accordo.
- Sei sicura? Potrei accompagnarti con l’auto di Luca se vuoi -
- Stai tranquillo Giò! Casomai dovessero aggredirmi, mi difenderò con una delle mosse che ho visto fare a Kim Rossi Stuart nel film Il ragazzo dal kimono d’oro! -
I miei amici mi guardano sconvolti. Non hanno per niente il senso dell’umorismo stasera, eh? Sarà che sono stanchi anche loro forse. Comunque è ora che torni a casa. Prendo la giacca e la borsa ma prima di avviarmi verso l’ingresso, vado a salutare Luca che dorme beatamente tra i cuscini. Gli carezzo la testa e gli lascio un bacio sulla guancia.
Gli altri mi accompagnano fuori e mi salutano.
- Chiama quando arrivi a casa mi raccomando - insiste Giorgio.
- Certo, non ti preoccupare! Non sono mica una svampita! -
- Quasi! - sospirano tutti e tre all’unisono.
- Non potete sapere quanto mi faccia piacere il fatto che abbiate una così alta considerazione di me! - li rimbecco per poi salutarli con una linguaccia.
Per strada non c’è nessuno così ne approfitto per togliere le scarpe che mi stanno letteralmente massacrando i piedi.
Una folata di vento mi scompiglia i capelli. Mi stringo di più nella giacca e comincio a canticchiare il motivetto della sigla di “ Medium”. Molto appropriato oserei dire, dato l’aspetto inquietante del parco giochi davanti al quale sto passando.
Un suono richiama la mia attenzione. Mi giro spaventata. L’unica cosa che vedo sono le vecchie altalene che cigolano, mosse dal vento. Cerco di proseguire ma mi arriva nuovamente alle orecchie quel suono e sono sicurissima che questa volta non si tratta del cigolio delle altalene!
- C’è qualcuno? - chiedo a voce alta. Ad un tratto vedo qualcosa muoversi in un angolo, in direzione delle panchine.
Oddio! È come nelle puntate di Criminal Minds in cui l’ignara vittima se ne sta tranquilla per i fatti suoi mentre l’ S.I. sta acquattato nell’ombra, aspettando il momento giusto per accopparla! Sento il cuore che batte fortissimo e mi tremano le gambe. Non riesco a fare nemmeno un passo. So che non dovrei farlo ma mi giro ugualmente in direzione delle panchine, tremando. La luce intermittente di un lampione illumina la figura di un ragazzo. La prima cosa che mi salta agli occhi è il sangue ai bordi della bocca. Immediatamente mi precipito da lui.
- Cos’hai? Stai male? -
Gli scosto i capelli dalla fronte e gli alzo delicatamente il viso per guardarlo meglio. Ha un livido violaceo sulla guancia destra e un taglio sul labbro superiore.
Nella borsa dovrei avere un fazzoletto di stoffa. Frugo in tutte le tasche e non appena lo trovo, corro a bagnarlo sotto il getto d’acqua di una fontanella lì accanto. Quando torno dal ragazzo, noto che mi sta fissando. Gli sorrido mentre gli tampono delicatamente le labbra con la stoffa umida.
- Lo sai vero che non è prudente per una ragazza andare in giro da sola a quest’ora? -
- Ma allora parli anche tu! Credevo che ti avessero mangiato la lingua! -
Lui ridacchia divertito.
- Non dovresti aiutarmi. Ho fatto a botte! Sono un bambino cattivo, io! -
- Ah si? -
- E già! In genere la fatina buona non aiuta i monelli come me! -
- Bhè, sei stato fortunato sai? Io sono una fatina anticonformista! Va meglio? Dovrei avere anche dei cerotti da qualche parte… -
- No non servono, tranquilla - dice lui, bloccandomi prima che potessi recuperare la borsa e tirandomi su. Sono costretta a girarmi verso di lui, ritrovandomi a soli pochi centimetri dal suo viso e per la prima volta lo fisso negli occhi, che hanno la stessa tonalità di grigio delle nuvole prima di un temporale e del mare in tempesta. Mi sembra di esserne risucchiata mentre le sue labbra si fanno sempre più vicine. Un momento! Sta per… baciarmi? Ma per chi mi ha preso questo tizio?
Mi allontano un istante prima che mi sfiori le labbra, inviperita. La suoneria del mio cellulare all’improvviso mi fa sobbalzare.
- Credo sia il tuo -
Recupero il cellulare dalla tasca della giacca, dove lo avevo messo per tenerlo a portata di mano.
- Pro… Pronto? -
Maledizione! Perché mi trema la voce?
- Milly? Sono io! Ma non ti avevo detto di chiamarmi appena arrivavi a casa? -
Giorgio è incazzato nero! Dio, peggio di mio padre!
- Scusa Giò, sono appena arrivata. Ti avrei chiamato tra poco -
Meglio dire una bugia per farlo stare più tranquillo.
Giorgio sospira.
- Milly, Milly… Come devo fare con te? Sei peggio della fata madrina di Cenerentola! -
- Si, me lo dici sempre! -
- Salutami tuo padre allora! A domani! -
- Certo! A domani! -
Guardo distrattamente l’orario sul display e quasi mi viene un colpo: sono le due e mezza! Le due e mezza? Questa è la volta buona che mio padre mi uccide!
Afferro la borsa ma prima di correre via come una pazza, mi giro verso il ragazzo che è rimasto seduto sulla panchina e mi fissa con un sorrisetto divertito.
- Ehi, tu, monellaccio! - grido indicandolo - Ti consiglio di non fare più a botte con i tuoi amichetti pestiferi! Non lo sai che anche le fatine anticonformiste scioperano? -
Lui fa una faccia strana e poi scoppia a ridere. Ho un talento naturale per queste cose. Dovrei cominciare seriamente a pensare ad una possibile carriera come comico a Colorado. Sicuramente avrei più fans di Marco Bazzoni. Subito mi viene un attacco di ridarella mentre mi viene in mente una delle sue battute! Meglio ridere ora perché sono sicura che quando tornerò a casa, ci sarà mio padre ad aspettarmi con il fucile in mano dietro la porta!



{GABE} 


Mi sdraio sulla panchina, accendendo una sigaretta. Un sottile filo di fumo sale verso l’alto. Faccio un tiro per poi poggiare la sigaretta sulle assi in legno della seduta. Mi passo le mai sui jeans chiari prima di aprire il portafogli celeste.
Ci sono una banconota da venti, alcune monete e dei biglietti per l’autobus. Niente che mi interessi. Apro la seconda tasca e finalmente trovo quello che stavo cercando: la carta d’identità! La tiro fuori impaziente di sapere almeno il suo nome. Leggo a bassa voce le singole lettere stampate sul piccolo pezzo di carta, assaporandole.
Milena. Milena Parisi. Lo pronuncio ad alta voce per vedere come suona.
- Milena -
Mi piace! Abbasso gli occhi un istante e solo allora mi accorgo della foto che probabilmente è scivolata fuori quando ho preso i documenti. Mi allungo in avanti per alzarla e involontariamente faccio scivolare la sigaretta a terra.
- Porca troia! - impreco.
- Finalmente ti sei svegliato, bello addormentato! Non ce la facevo più a vederti con quell’espressione da coglione! Stavo per venire a riempirti di calci! -
Ma nemmeno le sento le cazzate che spara Alex. Mi concentro solo sulla foto che ho appena raccolto o per meglio dire, sul coglione che nella foto sta baciando Milena. Già lo odio! Vorrei averlo a tiro per fargli il culo a ‘sto stronzo infame!
Alex si stravacca sulla panchina costringendomi a stare seduto. Anche lui ha la sigaretta accesa.
- Alex? - lo chiamo.
Lui gira la testa verso di me, espirando una boccata di fumo.
- Che c’è schatz
 ? -
- Cos’ hai in programma per lunedì? -
- Riconosco quel sorriso. Cos’hai in mente Gabe? -
Mi conosce troppo bene il mio Zero!
- Niente di che, solo una passeggiatina a scuola! -
E Alex quasi si strozza col fumo della sigaretta.




Schatz: tesoro   
 

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Capitolo 2
*** Papà che canta… è da vedere! ***


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2. Papà che canta… è da vedere!




 


{MILLY} 




- In punizione? -
Sospiro rassegnata.
- Si, senza possibilità di appello! Papà non ha voluto sentire ragioni -
- Non credo che presentarmi a casa tua sia una buona idea, vero? - 
Bingo! Ha centrato il punto in pieno. Mio padre ha dato parte della colpa anche a lui. Non sapevo davvero come gestire la situazione stamattina, durante la nostra “chiacchierata a quattr’occhi”. Papà era leggermente incavolato, se gli avessi anche confessato di essere tornata a casa da sola a notte fonda perché Luca era ubriaco perso, non so come sarebbe andata a finire. O meglio, lo so ma non voglio pensarci… 
- Beh, in effetti non credo sia proprio l’occasione ideale. Possiamo sempre vederci domani a scuola - 
- Hai ragione, però… No niente - 
Dall’altro lato della cornetta sento la voce della madre di Luca.
- Saranno arrivati i ragazzi… -
- Ho capito… Allora ci vediamo domani - 
Passano alcuni secondi prima che Luca risponda.
- Ok, a domani - 
Chiudo la chiamata e poggio il cordless sulla libreria. Luca mi è parso molto strano stasera. Forse era solo deluso per il fatto che non siamo potuti uscire insieme… Mah, sicuramente mi sto immaginando tutto. Devo smetterla di farmi questi viaggi mentali! Mi stendo sul divano, accendendo la televisione mentre dal lato opposto, Poppy protesta mordicchiandomi le pantofole. 
- Poppy? - 
Il simpaticone si gira, inclinando la testa e le sue deliziose, lunghissime orecchie gli ricadono ai lati della testolina.
- Sai vero che le mie pantofole valgono più della tua vita? - lo minaccio ma il simpaticone mi ignora, riprendendo la sua opera.
- Ma bene! Soldato, questo è un ammutinamento! - 
- Ma parli col cane? -
Mi giro di scatto verso l’ingresso con la tremarella. Ero sicura di aver chiuso la porta a chiave appena papà è uscito.
Un ragazzo alto con i capelli castani tutti spettinati mi guarda perplesso.
- Giorgio! - grido raggiungendolo - Mi hai fatto prendere un colpo! - 
Giorgio mi abbraccia e ridacchia tra i miei capelli.
- Anche tu! Credevo fossi ammattita ma poi ho capito che stavi parlando con l’unico essere in grado di sostenere una conversazione sensata con te: Poppy! - 
Gli tiro un pizzicotto sul braccio, offesa.
- Se avete finito con i convenevoli, ci sarei anch’io! - 
Dalla porta spalancata fa capolino Ilaria con i cartoni delle pizze in mano e diverse buste appese alle braccia.
- Scusa Il, veniamo subito a darti una mano - dico staccandomi da Giorgio.
- Grazie Milky, Mi faresti un enorme favore! Queste buste pesano… - dice, lanciando un’occhiataccia a Giorgio.
- Ti stai lamentando da quando hai messo piede fuori di casa! Cos’hai da borbottare di continuo? Sembri una teiera! - la punzecchia lui, prendendo le pizze mentre io recupero le buste.
- Ora che ci penso, come avete fatto ad entrare? - chiedo, avviandomi verso la cucina.
- Abbiamo incontrato tuo padre. Ci ha dato le chiavi e ha ordinato di stare buoni! -
- Non ha nemmeno detto dove andava - 
- Di sicuro starà andando ad un appuntamento. Un bell’uomo come lui… - commenta Ilaria sospirando.
- Sarà… - faccio, anche se mi sembra totalmente assurdo… Cioè, non ce lo vedo proprio mio padre ad un appuntamento… Non è da… Non è da papà, ecco!
Dal salotto arriva la voce di Giorgio che litiga con Poppy. Io e Ilaria recuperiamo tovaglioli, bicchieri e qualcosa da bere e lo raggiungiamo. Ci sistemiamo a terra, sui cuscini e apriamo i cartoni. Il profumino che mi sale al naso mi fa venire l’acquolina in bocca. Prendo la prima fetta e comincio a mangiare.
- Buon appetito! -
- A che serve dirlo Il? Qualcuno qui ha già divorato anche lo scatolo! - 
A momenti mi strozzo! 
- Ohi, Milky, non mi morire proprio ora! Dobbiamo ancora mangiare il gelato e vedere “Cado dalle nubi” - si lamenta Ilaria, porgendomi un bicchiere d’acqua. Bevo tutto d’un sorso per mandare giù il boccone, poi guardo Giorgio di traverso.
- Che c’è? - chiede, facendo il finto tonto e Ilaria scoppia a ridere. Dopo mangiato, spegniamo le luci e, approfittando del fatto che Giorgio si sia seduto giusto al centro, io e Ilaria ci sdraiamo usando le sue gambe come cuscini.
- Ma prego, non fate complimenti - si lamenta lui sarcastico, addentando il suo cucciolone - Fate attenzione però, potrebbe andarvi il gelato di traverso! - 
Ilaria gli tira una gomitata e io ridacchio mentre Poppy, ai piedi del divano, sbadiglia annoiato.
- Non fate casino adesso che questa scena è divertentissima - li avviso mentre alzo il volume della televisione.
- Ma l’avrai già visto un centinaio di volte! Non ti stanchi mai? - Si lamenta Giorgio. E poi sarebbe Ilaria la teiera!
- No! - rispondo scimmiottandolo.
- Se se! - 
E come a dimostrazione dell’assoluta, totale incoerenza di Giorgio, dopo solo pochi minuti, lui è il primo a cominciare a cantare a squarciagola, imitando Checco Zalone.
- Se mi chiedi chi è il ragazzo per te… Angela, io dico me! Faccio la pipì, faccio la pupù ma con la mente sto costantemente ad Angela!!! Saremo in due a curarle, le tue malattie e casomai saranno loro ad averla vinta su di te... LA SPINGO IO LA CARROZZELLA, ANGELAAAA!!! -
E no, questo è troppo! 
Finita la sua impeccabile interpretazione canora, Giorgio ci stringe tutto soddisfatto. Io e Ilaria ci lanciamo un’occhiata e, afferrati i cuscini, lo colpiamo contemporaneamente e comincia la guerra. Ovviamente partecipa anche Poppy che comincia a tirare i lacci delle scarpe di Giorgio come se stesse giocando al tiro alla fune da solo. Io cerco di immobilizzarlo mentre Ilaria gli salta a cavalcioni e inizia a fargli il solletico.
Giorgio comincia a dimenarsi come un ossesso non riuscendo a trattenere le risate.
- Basta, basta… Mi arrendo! Pietà! - implora il pappamolle.
- Nessuna pietà - grida Ilaria infierendo su di lui mentre io me la rido.
All’improvviso la luce si accende e noi tre ci blocchiamo. Poppy invece, continua indisturbato la sua opera.
- Beh, in tre contro uno non mi sembra molto sportivo - scherza papà, togliendosi la giacca e sistemandola sull’attaccapanni. Giorgio e Ilaria si ricompongono immediatamente, imbarazzati.
- Poppy, cosa ti hanno fatto le scarpe del povero Giorgio? - 
E Poppy si stacca immediatamente, seguendo papà in cucina. Ma guarda te che leccapiedi! 
- Ah ragazzi, non badate a me, continuate pure! - dice papà facendo capolino dalla cucina - Io mi faccio un caffè nel frattempo. Qualcuno mi fa compagnia? - 
- No grazie signore, non si preoccupi - 
- Se cambiate idea sono di qua - 
Annuiamo e riprendiamo a guardare il film tranquilli quando ad un certo punto ricomincia la canzone ma stavolta chi attacca a cantare non è Giorgio ma mio padre! Dalla cucina infatti arriva il suo vocione stonato.
- MA COSA VUOI DA ME SE ANZICHÉ AL CAFFÈ, IO COME MI SVEGLIO LA MATTINA PENSO A MARIKA… FACCIO LA PIPì, FACCIO LA PUPù MA CON LA MENTE STO COSTANTEMENTE A MARIKAAA!!! MARIKAAAAA… - e papà esce dalla cucina mimando dei passi di danza.
Vedo Ilaria che diventa blu a furia di trattenere le risate. Papà all’improvviso si blocca e ci guarda dubbioso.
- Ma come mai nessuno canta? Non era il vostro film preferito? - 
E nessuno resiste. Scoppiamo a ridere e tra una risata e l’altra, riparte il coro. Avevo scordato che anche papà va pazzo per Checco Zalone. Appena finisce il film, Giorgio e Ilaria ci salutano e vanno via.
- Papà, io vado a letto! Buonanotte! - 
- Notte tesoro! Non ti dimenticare che domani mattina non posso accompagnarti! - 
- Si si! Notte - dico, chiudendomi la porta alle spalle. Mi tuffo sul letto e mi addormento come un sasso.






{GABE} 




La sveglia segna le sette e cinque. Direi che è ora di alzarsi. Scendo dal letto e recupero qualcosa da mettere dall’armadio. Esco dalla mia camera e vado in bagno. Stranamente è tutto troppo tranquillo, silenzioso. Possibile? Un fracasso infernale mi annuncia che mia sorella si è appena svegliata. Apro l’acqua e mi infilo sotto la doccia prima che venga a rompere per avere il bagno. L’acqua gelida mi scivola addosso, rinfrescandomi e mentre sto per rilassarmi, la porta si spalanca di botto e la mia adorabile sorellina comincia già di buon mattino a rompermi le scatole, aprendo il box doccia.
- CHE CI FAI TU IN PIEDI A QUEST’ORA??? - chiede sfracassandomi i timpani.
- Buongiorno anche a te, sorellina! - 
- NON PRENDERMI PER I FONDELLI ED ESCI IMMEDIATAMENTE DALLA DOCCIA O MI FARAI FARE TARDI A SCUOLA! - 
Dal corridoio compare Lidia in vestaglia.
- Ragazzi, non fate casino a quest’ora! Sveglierete i vicini! - 
- ESCI DA QUI! - sbraita la pazza, tirandomi per un braccio. Ma che ha ingoiato, un amplificatore vocale?
- Che avete da gridare così di primo mattino? - 
Ed ecco anche papà.
- Ma bene, che ne dite di invitare anche tutto il vicinato, nel caso qualcuno non mi avesse ancora visto nudo! - ringhio seccato, dirigendo il getto dell’acqua sulla mia adorabile sorellina.
- E CHE CAVOLO! - urla allontanandosi - TI ODIO! - 
- Si cara, anche io ti voglio bene! E adesso fuori dalle palle! - 
- TROGLODITA! - 
Finalmente la rompiscatole se ne va sbattendo la porta. Mi lavo con calma e mi vesto. Esco dal bagno e scendo in cucina. La pazza si precipita al piano di sopra in fretta e furia, come un toro furioso.
Lidia è in cucina che prepara la colazione.
- Gabe, tesoro, fai colazione con noi? - 
- No, sto andando a scuola! - 
- A SCUOLAAAA? - urla la pazza, ricomparendo sulle scale.
- Ma tu non sai parlare come tutte le persone normali? - 
- CHE DEVI FARE A SCUOLA? É UN MESE CHE NON CI VIENI! - 
- All’improvviso m’è venuta voglia di studiare! - 
- Benissimo! Io però non ti conosco! - 
- Sicuro! Non ho nessuna intenzione di far sapere a tutti che mia sorella è una pazza scatenata! - 
- Ragazzi, non potremmo cercare di comportarci come tutte le normali famiglie? - 
- Noi non siamo una famiglia normale, Lidia, forse l’hai dimenticato! - 
- Non rispondere così alla mamma! - 
- Quella non è più mia madre! - 
E a quel punto suona il campanello.
- Questo è Alex! Non aspettatemi per pranzo! - dico sbattendo la porta. Respiro a pieni polmoni l’aria fresca del mattino e raggiungo Alex che si sfila il casco e mi saluta.
- Guarda te cosa mi tocca fare per accontentare il mio migliore amico - mi sfotte il bastardo col sorriso sulle labbra.
- Non rompere e parti - gli rispondo salendo sulla mia moto - Oggi non è proprio giornata! - 

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Capitolo 3
*** Non voglio essere un angelo ***


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3. Non voglio essere un angelo


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{MILLY} 





Uno strano e fastidioso ronzio mi rimbomba nelle orecchie, disturbandomi. Ho troppo sonno. Mi giro dall’altro lato ma è come se qualcuno mi stesse tirando via le coperte.
Apro gli occhi e sento chiaramente il guaito di Poppy. Mi sporgo dal letto e individuo un ammasso ambulante di lenzuola e coperte muoversi in tutte le direzioni.
- Poppy! Che cavolo hai combinato? -
Mi alzo dal letto e corro a liberare il pasticcione che a momenti soffocava! Poppy mi guarda con i suoi occhietti color ambra e comincia a strusciarsi alle mie gambe.
- Quanto sei ruffiano! Certe volte credo vivamente che tu sia un gatto imprigionato nel corpo di un cane - gli dico prendendolo in braccio e portandolo con me in cucina.
Il profumino dei cornetti caldi mi fa brontolare lo stomaco. Mi siedo e ne addento subito uno. Adoro quando papà prepara la colazione: ci sono sempre un sacco di cose buonissime! Passo un cornetto anche a Poppy, che dal basso mi guarda quasi come mi stesse implorando di far mangiare anche lui. Come se non sapessi che anche con papà ha già fatto la stessa cosa. Sorseggio con calma il mio cappuccino prima di infilarmi sotto la doccia e rinfrescarmi un po’.
Mi vesto con calma e ordino la stanza mentre quel poltrone di Poppy se ne sta accucciato sul divano a guardare la televisione. Vorrei farla io la sua vita! Starmene beatamente sdraiata tutto il giorno, senza fare nulla… Purtroppo Dio ha voluto farmi umana e adesso mi tocca sgobbare! Destino crudele!
Prima di controllare che ore siano, sistemo i libri nello zaino e mi pettino. È quasi ora di andare, tra poco passa l’autobus! Apro l’armadio e prendo la mia borsa dove avevo lasciato il portafogli. Non riesco a trovarlo. Capovolgo il contenuto della borsa sul letto, sperando che sia finito sul fondo ma niente. Non c’è! Forse mi sarà caduto in camere di Miriam quando ho chiamato papà… Beh, vorrà dire che per oggi mi toccherà andare a scuola in bicicletta! Prima di uscire mi accerto che Poppy abbia acqua a sufficienza e gli verso anche una manciata di biscottini. Poppy mi guarda scodinzolando.
- Poi non dire che non ti penso mai! -
Mi chiudo la porta alle spalle e infilo le chiavi nello zaino.
- Milena? -
Mi giro, sapendo già chi mi sta chiamando.
La signora Yole è un’adorabile e arzilla donna sulla sessantina che abita nell’appartamento accanto al nostro. La conosco da quando avevo cinque anni. Io, la mia nonna non l’ho mai conosciuta, quindi non so come sia averne una, ma credo che se avessi potuto avere la possibilità di scegliermela, avrei sicuramente scelto la mia vicina!
- Buongiorno, signora Yole! -
- Senti cara, ho fatto i biscotti con le gocce di cioccolato, quelli che ti piacciono tanto! -
Bastano quelle parole a rendermi di ottimo umore!
- La ringrazio! Lei è sempre tanto gentile con noi! -
- Oh, e tu sei sempre tanto cara! Tieni, te ne ho messi alcuni qui dentro, così li puoi portare a scuola - dice, allungandomi un involucro di carta argentata - Oggi pomeriggio ti aspetto per la merenda! -
- Certo! Poi però lei deve insegnarmi a preparare la sua torta al cioccolato! -
La signora sorride.
- Si avvicina il compleanno di Riccardo? -
- E già! Vorrei preparargli qualcosa di speciale -
- Capisco! Vedremo cosa si può fare! -
- Lei è un tesoro signora Yole! Adesso devo andare altrimenti faccio tardi a scuola. Ci vediamo oggi pomeriggio allora! -
- Buona giornata cara e fai attenzione per strada! -
Scendo le scale due per volta e in un batter d’occhio mi ritrovo fuori. Mi avvio verso il garage comune, dove sono sistemate in fila tutte le bici. La mia è la prima. Mentre la tiro fuori sento il rumore delle persiane avvolgibili che si aprono. Alzo gli occhi e lo vedo. Lucifero! Satana! Il diavolo in persona! Se ne sta accucciato sul balcone, osservandomi da dietro le sbarre della ringhiera azzurrina, con il suo bel grembiulino blu e lo zainetto in spalla. Mi guarda con uno strano sorrisetto sulle labbra. Fingo di ignorarlo e salgo sulla bici. Comincio a pedalare per allontanarmi ma mi accorgo subito che qualcosa non va! Scendo dalla bici e controllo le gomme. È un po’ di tempo che non la uso e forse si saranno sgonfiate. Macchè! Altro che sgonfie! I copertoni della mia bici sono pieni di piccoli chiodi e non è difficile capire chi sia stato. Mi alzo e lui è ancora lì che mi fissa.
- DAVIDEEEE! VIENI DENTRO! È QUASI ORA DI ANDARE A SCUOLA! -
- ARRIVO MAMMA! -
Il piccolo mostro si alza in piedi, pulendosi il grembiule. Poi prima di rientrare in casa si gira verso di me, alzando il medio! Pure? Questo è troppo! Ma cosa ho fatto di male per venire perseguitata da un mostro del genere? Ma soprattutto, perché devono capitare sempre e solo tutte a me??? Sono la ragazza più sfortunata del mondo! Superman, salvami tu! E per fortuna che io Superman, lo conosco davvero! Mi basta fare una chiamata che dopo qualche minuto eccolo lì, che appare sul suo insuperabile motorino… Perdon, mi correggo: sul suo insuperabile Malaguti Phantom grigio metallizzato, acquistato dopo tre anni di fatiche e risparmi!
- Per fortuna che stamattina mi sono alzato tardi! - comincia Giorgio passandomi il casco.
- Lo sai che sei il mio eroe! - dico baciandogli la guancia.
- E tu lo sai che sei proprio un’opportunista? Ti perdono solo se mi baci anche sull’altra guancia! -
- E poi sarei io l’opportunista! - dico, tirandogli uno pizzicotto sul braccio e montando dietro di lui.
- Avevo detto che volevo un bacio, non una fustigazione corporale! - si lamenta mentre ci dirigiamo verso la scuola.
- Visto che sono venuto a salvarti, gradirei sapere cosa ti è successo -
- Credo di aver perso il portafogli a casa di Miriam, sabato sera, quindi sono senza biglietti per l’autobus e non volevo rischiare di prendere un’altra multa… -
- Ormai il controllore ci ha schedati! Siamo dei temibili criminali! -
- E già… Tutto questo per dare ascolto a un certo signorino che sosteneva che i controllori non guardano mai se uno ha il biglietto o meno -
- Beh, l’importante e che alla fine siamo tornati a casa sani e salvi! -
- Si, ma con una multa di cinquant’euro in tasca! -
- Mia madre voleva uccidermi! -
- si, anche mio padre! - e scoppiamo a ridere come due scemi.
Arriviamo davanti al cancello principale della scuola e Giorgio parcheggia il suo Malaguti Phantom al solito posto. La campanella delle otto e trenta non è ancora suonata quindi possiamo restare un altro po’ in cortile a chiacchierare. Cerco con lo sguardo Luca e gli altri ma non trovo nessuno.
- Gli altri sono di sicuro già in classe! Ci conviene entrare! - sbotta Giorgio infastidito, avviandosi verso l’entrata senza aspettarmi. Cosa gli è preso, così, di punto in bianco? Cerco di afferrarlo per la giacca ma lui è più veloce di me e sfugge alla mia presa. Poi la vedo. Ilaria. Con il suonuovo ragazzo. Ora capisco perché Giorgio si è comportato così. Lo raggiungo sulle scale. Sembra si sia già calmato.
- Giorgio? - lo chiamo
- Eh? -
- Perché non glielo dici? -
- A chi? -
- A Ilaria. Che ti piace, intendo! -
E Giorgio ride. Ma non è la sua solita risata. È diversa, triste.
- Com’è che t’è venuta quest’idea? Io… innamorato di Ilaria! Tu lavori troppo di fantasia, Milly! Andiamo in classe, su! - dice accarezzandomi la testa. E io faccio finta di crederci. Tanto lo so che ne sei innamorato, caro Giorgio. Si vede da come la guardi! Lo seguo in classe e ci sediamo ai nostri posti.
- Milly, mi fai copiare la versione di greco? -
- Buongiorno Faby! Tieni, c’è anche l’analisi - dico passandole il mio quaderno.
- Grazie Milly! Lo sai che ti amo, vero? -
- Si, ma è sempre una gioia sentirtelo dire! - scherzo.
- Ragazzi, sta arrivando la strega! -
La prof più acida di tutto l’istituto fa il suo ingresso, nel più assoluto silenzio, poggiando i libri sulla cattedra.
- Non voglio sentirvi neanche respirare -
Cominciamo bene! Oggi sarà una giornata infernale! Per fortuna ho i biscotti della signora Yole! Il solo pensiero di mangiarli mi fa tornare il buon umore. Devo solo resistere a due ore di tortura cinese!







{GABE} 



- Ehi, Miase! Che cazzo di fine avevi fatto? -
Dario e Andrea mi vengono incontro sorridenti. Shawo e Seven. I miei insostituibili amici.
- Ehi, ragazzi! - li saluto, abbracciandoli. Mi sono mancati.
- Credevamo fossi rimasto in Germania. Quando sei tornato? - chiede Dario.
- In realtà il mese scorso ma mi rompevo le palle a tornare a scuola! -
- Potevi avvisarci! Non sai che palle da quando te ne sei andato! - si lamenta Andrea.
E Alex ride.
- Tranquilli! Vedrò di farmi perdonare! -
Li seguo in classe e gli altri si ammutoliscono di colpo.
- Salve, gente! Lo so che vi sono mancato da morire ma ora sono qui! - scherzo, osservando le loro espressioni. A quanto pare gli unici ad essere contenti del mio ritorno e di quello di Zero sembrano essere Shawo e Seven. Fa niente. Non per questo mi passerà il buon umore. Mi siedo al mio posto. Il banco è esattamente come lo ricordavo, con la stessa frase incisa sulla parte in legno, presa da una delle mie canzoni preferite, Engel dei Rammstein. Seguo con i polpastrelli il contorno delle lettere. Ich will kein Engel sein . Non voglio essere un angelo. E infatti non lo sono mai stato. Gli altri lo sanno bene, per questo si tengono a distanza da me. Hanno paura. E mi sta bene. Anzi, benissimo! Ma per adesso devo comportarmi bene. Devo conquistare una certa ragazzina che frequenta il mio stesso istituto, solo che ha scelto l’indirizzo sbagliato. Che palle il liceo classico! Ci va anche quella pazza di mia sorella. Zero mi tira una gomitata, indicandomi la cattedra. La professoressa Rossini mi guarda stranita. Non sa se scoppiare a piangere o mettersi a ridere. Le sorrido divertito.
- Bu… Buo… Buongiorno signori! - dice, rivolgendosi a me e ad Alex - Sono felice che ab… che abbiate deciso di tor…tornare a scuola -
Non mi ricordavo che balbettasse. Alex se la ride.
- Be… Bene allora… Ecco… Pren… Prendete i libri a pagina ve…venti -
La prof si volta verso la lavagna e comincia a scrivere. La sua calligrafia è incerta e tremolante. Certo che è peggiorata di brutto.
- Prof? - la chiamo.
Lei sobbalza mentre il pezzo di gesso le cade da mano.
- Le dispiace se scrivo al posto suo? -
Mi fissa sorpresa mentre tutti si girano verso di me, pallidi in viso.
- Oh… Beh… Ce…Certo che no, Gabriel. Vi… Vieni pure! -
Cominciamo bene! Forse oggi non sarà una gionata del tutto da buttare!
   

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Capitolo 4
*** Ich glaube, dass ich dich küssen werde ***


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4. Ich glaube, dass ich dich küssen werde




 




 {MILLY}




 

É ormai un’ora che il professore gesticola ininterrottamente, continuando a parlare. Ho mal di testa! Cerco di distrarmi un po’, concentrando la mia attenzione sulle squallide mattonelle marroni del pavimento ma niente da fare: questa voce terribile mi sta perforando i timpani. Sospiro, pregando che il suono salvifico della campanella ponga al più presto fine a questo strazio.
- Ed è tramite una celebre similitudine che Lucrezio ribadisce il valore strumentale della forma poetica. Questa similitudine verrà poi ripresa da Torquato Tasso nel proemio della "Gerusalemme Liberata"… - 
Qualcosa vibra nella mia tasca. Un messaggio.

 Da: Fratellone
Sto per impiccarmi. Ti ho voluto bene! Addio! <3

Giorgio… É sempre il solito!

A: Fratellone
Siamo seduti vicino e mi mandi i mess? 
Cmq per caso ti avanza un po’ di corda?

Da: Fratellone
Mi stai forse dicendo che preferisci ascoltare il panegirico di Topo Gigio?
Cmq a che ti serve la corda?

- … Ma è con una solenne preghiera rivolta a Venere, la dea progenitrice e protettrice dei Romani, che emerge la straordinaria originalità dell’operazione letteraria compiuta da Lucrezio … -

A: Fratellone 
Non sia mai! E la corda mi serve per farti compagnia! =)

Da: Fratellone
<3

- Violante! Sai dirmi a chi è dedicato il poema di Lucrezio? - 
Giorgio si rimette tranquillamente il cellulare in tasca prima di guardare in faccia il professore.
- A Memmio che, con ogni probabilità, può essere identificato con un illustre personaggio appartenente al partito degli ottimati -
Topo Gigio lo fissa sorpreso.
- E sai anche dirmi chi e in quale opera lo presenta come un coltissimo letterato amante della letteratura greca? -
Ma guarda te! Lo sta facendo di proposito! 
- Cicerone nel Brutus - rispondo io prontamente.
- Bene Parisi… Ma il fatto di aver studiato non significa che possiate occuparvi di altro durante l’ora di lezione! - 
Giorgio apre la bocca per rispondere quando all’improvviso suona la campanella. Deo gratia! 
- Ragazzi mi raccomando, ricordatevi di studiare che domani vi interrogo! - ma ormai sono già usciti tutti dall’aula.
Appena metto piede fuori dall’istituto mi sento subito meglio. Anche il mal di testa sembra essermi passato.
- Devo accompagnarti a casa o aspetti Luca? - chiede Giorgio.
- Luca non torna a casa! - 
- E non te l’aveva detto? - 
- No… - 
- É strano! - 
Sbuffo infastidita.
- Lo so che è strano! Lui è strano! Tutto è strano! Non ci sto capendo più niente! - 
Giorgio mi afferra per un braccio prima che possa scendere le scale, lasciando passare tutti gli altri ragazzi.
- Che significa che lui è strano? - 
Guardo Giorgio negli occhi. Quando mi fissa con quello sguardo serio, mi fa preoccupare.
- Si comporta diversamente dal solito… É come se si fosse stancato di me - 
- Ci parlo io con Luca! - 
- Giorgio non è il caso che tu ti intrometta - 
- Voglio solo accertarmi che tutto l’alcol che manda giù non gli abbia fuso anche gli ultimi neuroni! - 
- Si ma non litigate! - 
Giorgio sorride.
- E chi vuole litigare… Sarà solo una semplice chiacchierata tra amici! - 
- Lo spero! - 
- Tu ti preoccupi troppo! Piuttosto, lo vuoi ‘sto passaggio o no? - 
- Grazie ma vado a piedi! Miriam non ha trovato il mio portafogli quindi credo di averlo perso al parco! Vorrei andare a controllare! - 
- Certo, mi sembra un’ottima idea! Vedrai che ne troverai addirittura due! - 
- Ma come sei simpatico! - 
- Lo so, per questo mi ami! - 
- Scemo! - gli rispondo facendogli la linguaccia e lui mi manda un bacio. Riesce sempre a strapparmi un sorriso! Ed è cosi dalle scuole elementari. Praticamente siamo cresciuti insieme io e lui! Mentre mi dirigo verso il parco, recupero l’Mp3 e infilo le cuffie. Scorro velocemente la playlist e seleziono la canzone. Le note allegre di The lazy song di Bruno Mars cominciano a riempirmi le orecchie mentre canticchio a bassa voce.

Today I don’t feel like doing anything
I just wanna lay in my bed
Don’t feel like picking up my phone
So leave a message at the tone
Cus today I swear I’m not doing anything.

Adoro questa canzone! Quando la canta Giorgio mi fa morire di risate! Imita anche il balletto delle scimmie…

Yes I said it
I said it
I said it cus I can

Mentre canticchio, prendo il cellulare dalla tasca per scrivere un messaggio a Luca. Rileggo il testo cento volte ma poi lo cancello. Meglio lasciar stare. Se è rimasto a scuola vuol dire che avrà da fare col gruppo sportivo quindi non credo potrà rispondermi. Sospiro e mi guardo un po’ intorno. Senza accorgermene, sono arrivata al parco. Le vecchie altalene sono in un angolo, perfettamente immobili. Poco distante c’è un cassone pieno di sabbia, dove un bambino ha lasciato il suo secchiello, e la fontanella. Individuo la panchina accanto al lampione e la raggiungo con passo svelto. Non mi sembra di vedere nulla di colorato spiccare tra l’erbetta verde del prato. Forse sarà scivolato sotto la panchina. Poggio lo zaino a terra e, dopo aver fatto il giro, mi abbasso per controllare meglio. Niente. Sospiro avvilita: ho perso parte della mia paghetta mensile, i documenti e l’unica foto che avevo con Luca. Papà mi ucciderà! D’un tratto qualcosa mi appare davanti agli occhi. È rettangolare, grande e di colore azzurro. Da un lato pendono dei piccoli cubetti, tenuti fermi insieme da un nastro di raso blu, su ognuno dei quali fa bella mostra l’elegante profilo di alcune lettere glitterate che compongono il nome “Milky”. Cavolo, è proprio il mio portafogli! E quello è il portachiavi che mi ha regalato Ilaria di ritorno dalle sue vacanze a Berlino! Allungo la mano per afferrarlo ma non faccio in tempo. Al suo posto compaiono un paio di scarpe da tennis della Nike e dei jeans sfilacciati all‘altezza del ginocchio. Alzo lo sguardo ed è come se mi si bloccasse il respiro. Davanti a me, seduto sui talloni, c’è un ragazzo con i capelli biondo cenere. Guardando i suoi occhi mi sembra di annegare. Sono tra il grigio e l’azzurro, come il mare in tempesta. Le sue labbra sono incurvate in un sorriso a metà tra l’amichevole e il beffardo. É lui! Dice qualcosa ma alle mie orecchie arrivano solo le rime del ritornello di una canzone, mentre continuo a fissarlo come una stupida. Senza accorgermene, seguo il movimento della sua mano che si avvicina al mio viso e la musica cessa di colpo.
- Ciao, piccola fee, a quanto pare ci incontriamo ancora - dice passandomi un braccio attorno alla vita e sollevandomi.
- Sei leggerissima e a dire la verità ti ricordavo più alta! - continua sedendosi sulla panchina e sistemandomi sulle sue gambe.
- Fee? - chiedo confusa, rapita dal suono della sua voce. No ricordavo che fosse così… Non mi vengono nemmeno le parole per descriverla.
- È tedesco. Significa fata. Comunque, credo tu stia cercando questo - dice, porgendomi finalmente quello che forse sarei riuscita a trovare solo con l‘aiuto di Conan.
- Gra… Grazie! Come facevi a sapere che era mio? -
- É un segreto! -
Ah, è così sarebbe un segreto? Chissà come mai ma ho il vago sospetto che non sia solo una coincidenza il fatto che sia stato proprio lui a trovarlo. Fregandomene di quello che avrebbe potuto pensare, controllo che ci siano tutti i miei risparmi.
Lui ride divertito.
- Tranquilla, non sono mica un ladro! -
- Beh, la prudenza non è mai troppa! -
- Su questo hai ragione, ma non sono io ad essere tranquillamente seduta sulle gambe di uno sconosciuto! -
Cavolo, è vero! Faccio per alzarmi ma lui mi trattiene.
- Guarda che non mi dispiace - dice attorcigliando un dito tra i miei capelli neri. Ok, credo sia arrivato il momento di recuperare la mia facoltà di raziocinio. Ecchecavolo! Dopotutto, non sono mica Bella Swann in Twilight! E poi questo tizio per i miei gusti si prende un po’ troppa confidenza!
- Senti un po’, tu! Se credi che io mi lasci abbindolare in questo modo da te, hai sbagliato proprio palazzo! Cosa credi, che non l’abbia capito che sei stato proprio tu a fregarmi il portafogli mentre ero distratta? -
Lui mi guarda un momento interdetto. Poi sorride.
- Brava, hai ragione. E quindi cosa vorresti fare? -
Ecco! Cosa faccio? Non è che mi trovi proprio nella situazione adatta per minacciare qualcuno, diciamolo…
- Prima di tutto, togli queste manacce dai miei capelli… - sbotto raccogliendoli di lato - Secondo, mollami subito! -
- Sai, non sei per nulla convincente! - risponde tranquillo prendendomi le mani.
Ma perché devono sempre capitare tutte a me?
- Non farò niente di quello che hai detto ! Piuttosto… - e sorride - 
Ich glaube, dass ich dich küssen werde - 
- Che? -
Lui mi guarda negli occhi e avvicina lentamente le labbra alle mie. Le sfiora per un secondo, poi si allontana. Oh, no... Che devo fare? Devo dire di no… Devo respingerlo… Ma… Sento le farfalle nello stomaco e mi tremano le gambe. Chiudo gli occhi mentre le sue mani mi accarezzano i capelli. È una sensazione così piacevole. Mi bacia di nuovo. Ma stavolta è un bacio vero, dove ci si sfiora la lingua e si mordono le labbra… Com’è che recitavano quei versi delle Metamorfosi di Apuleio? Ah si! “Ab ipsa Venere septem savia suavia et unum blandientis appulsu linguae longe mellitum” che tradotto, dovrebbe essere più o meno “chi lo merita riceverà da Venere in persona sette meravigliosi baci, e uno addolcito di molto dal tocco della sua lingua carezzevole”. E non so perché anche in questo momento devo farmi le mie solite seghe mentali! Forse, magari solo per questa volta potrei… lasciarmi andare… Alla fine è solo un semplice bacio. Ma allora perché mi batte così forte il cuore nel petto. Non ci capisco più niente. Inclino la testa di lato e gli circondo il collo con le braccia, lasciandomi trasportare dalle mie emozioni. Ma a quel punto avverto le sue labbra inclinarsi in un sorriso di trionfo ed è come se qualcosa dentro di me andasse in pezzi.




Ich glaube, dass ich dich küssen werde : credo che ti bacerò 

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Capitolo 5
*** Papà... ***


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5. Papà...
 



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{GABE} 



- Ma porca puttana! - sbotto cercando di infilare le chiavi in questo cazzo di buco della serratura - ZEROOOO!!!! VIENI AD APRIRMI QUESTA CAZZO DI PORTAAAAAAAAA! Leck mich am arsch! - 
Qualche minuto dopo la porta si apre e Alex mi guarda a braccia conserte. 
- Era così difficile centrare la toppa, cazzo? - 
Lo supero buttando lo zaino a terra e dirigendomi verso la cucina. Alex mi segue. Mi sfilo la maglia e getto le scarpe in un angolo. C’è della pizza sulla tavola. Ne agguanto una fetta e la faccio fuori in un secondo. Alex mi raggiunge e si stravacca al mio fianco sul divano, allungando i piedi sul tavolino. 
- Gabriel… - 
- Non mi sono buttato in una rissa senza di te, tranquillo - 
- E allora che? - 
- Abbiamo della birra in frigo? Ich habe durst! - 
- Non cambiare discorso e smettila di buttare frasi a cazzo in tedesco! Perché sei così incazzato? - 
Sospiro.
- L’ho baciata - 
- Bene… -
- Bene un cazzo! Mi ha tirato un calcio nelle palle! Stava per castrarmi! - 
Alex fa una faccia sconvolta.
- Cioè… Aspetta un momento… - dice, tirandosi su - Tu l’hai baciata e lei, invece di ricambiare, ti ha tirato un calcio nelle palle? E ti credo che sei incazzato nero! - 
- Sai che sei proprio uno stronzo? - gli rispondo guardando la sua faccia e lui scoppia a ridere.
- Cazzo, mi hai scoperto subito! - fa lui tenendosi la pancia - Già la stimo! Quand’è che me la presenti? So che diventeremo subito grandissimi amici! Cazzo… - e ride.
- Ho capito che te la stai godendo, ma potresti almeno avere la decenza di non elogiarla in questo modo e mostrare invece un po’ di solidarietà al tuo migliore amico? Vorrei vedere te al mio posto! - 
- In effetti hai ragione… Scusami, ma è troppo divertente… Non era mai capitato prima che qualcuna ti respingesse! - 
- Questo perché non sa ancora di essere follemente innamorata di me! Devo solo trovare il modo di liberarmi di quel coglione con cui sta! - 
- La vedo dura! - 
- Sempre d’incoraggiamento tu, eh? Comunque domani troverà una bella sorpresa ad attenderla davanti al cancello della scuola - 
- Lo sai che come tua prima ragazza devo essere geloso, vero? Cioè, stiamo insieme da dieci anni, cazzo! - 
- Non essere geloso… Il primo amore non si scorda mai! - 
E a quel punto scoppiamo a ridere insieme. È per questo che Alex è il mio migliore amico da sempre!








{MILLY} 


Mi tremano le mani mentre cerco di infilare la chiave nella toppa. Mi scivola. Cade sullo zerbino. Mi abbasso per prenderla e dalla mia bocca esce un suono strozzato. I contorni delle figure mi appaiono sfocate. Mi pizzicano gli occhi e sento come se avessi qualcosa che mi blocca la gola. Respira Mil, respira! Riesco ad aprire la porta e la richiudo subito dietro di me. Un profumo invitante mi solletica il naso ma ho lo stomaco chiuso e non mi va di mangiare nulla. Sento che potrei vomitare da un momento all’altro. Corro a posare lo zaino in camera mia e mi chiudo in bagno. Ho fatto una cosa orribile! Anzi sono una persona orribile! Le cose con Luca non vanno bene e io, invece di cercare di rimediare per non perderlo, mi lascio abbindolare da una bella faccia e quattro chiacchiere inventate lì, al momento, solo per prendermi in giro… Apro l’acqua fredda e mi appoggio al lavandino. Sistemo le mani a coppa sotto il getto d’acqua e mi sciacquo il viso. Quando lo rialzo, commetto l’errore di guardarmi allo specchio e… Mi vedo… I capelli neri tutti scarmigliati, le guance rosse e gli occhi lucidi… Abbasso immediatamente lo sguardo, tremando. La cosa che mi fa stare più male è il fatto che il cuore mi batta ancora così forte. Perché quando mi bacia Luca non mi succede mai? Perché? 
- Milly, tesoro, tutto bene? - 
Affondo la faccia nell’asciugamano. Cerco di riprendere fiato e mi schiarisco la voce.
- Si papà, non preoccuparti. Ho solo un po’ di mal di testa - 
- Vuoi che ti porti un’aspirina o qualcos’altro? - 
- No grazie, ora vado a stendermi un po’ - 
Papà sospira. Intravedo i contorni della sua figura appoggiata allo stipite della porta attraverso la superficie opaca del vetro incastrato nella cornice di legno scuro.
- Ti metto da parte qualcosa da mangiare per dopo, nel caso ti venisse fame - 
- Ok papà - 
Appena si allontana, esco dal bagno e vado in camera mia. Prima di socchiudere la porta, sistemo le scarpe nel mobile all’ingresso e chiudo le tende. Nella penombra mi sfilo i pantaloni e la maglietta e infilo la mia camicia da notte con gli orsacchiotti. Mi sistemo sul letto, scalciando le coperte e tirandomi le gambe al petto. Cerco di fare dei respiri profondi per calmarmi ma mi tremano ancora le mani e il groppo in gola sembra non volersi sciogliere. Se solo riuscissi a liberarmi dalla confusione che ho in testa. Luca, Luca… Se solo mi chiamassi… Non ti importa più di me? Non mi vuoi più bene? Mi scappa un singhiozzo e per non scoppiare di nuovo in lacrime, seppellisco la testa tra i cuscini.
Non so bene come, ma credo di essermi addormentata perché quando apro gli occhi, mi ritrovo completamente al buio e dalle fessure della finestra non filtra più nessun raggio di luce. Sento delle voci provenire dal corridoio e dei colpi sulla porta. 
- Tesoro, come ti senti? - chiede papà, sedendosi sul bordo del letto.
- Meglio - 
- Senti… - sospira, passandosi una mano tra i capelli - Non è che per caso è successo qualcosa a scuola o… Non so, con il cetriolo? - 
Mi mordo il labbro inferiore. 
- Milly, ascolta… - fa una breve pausa, come a voler soppesare bene le sue parole. Per un momento gli trema la voce, ma quando riprende a parlare, non c’è più traccia di incertezza.
- Milena, so bene di non poter sostituire la mamma in questi casi, ma… - 
E mi si stringe il cuore.
- Non ho bisogno della mamma! - dico, gettandomi tra le sue braccia - Non ci serve la mamma! Noi ce la caviamo benissimo da soli! Non abbiamo bisogno di lei! - 
E papà mi accarezza i capelli e mi stringe tra le sue forti braccia, cullandomi, come quando ero piccola e piangevo tutte le notti perché lei ci aveva abbandonato. Ci aveva gettato via come si fa con un gioco vecchio con il quale non si ha più voglia di giocare. Il giorno del mio quinto compleanno ha fatto le valigie e se n’è andata. Ricordo che papà non disse niente e nemmeno io. Mi aiutò a lavarmi e a vestirmi, mi pettinò e mi fece i codini, legandoli con due bei nastri bianchi.
- Che bella che è la mia bambina - aveva detto abbracciandomi. Mi portò allo zoo e sulle giostre. Mi comprò lo zucchero filato e un palloncino rosso a forma di cuore. Cercava sempre di sorridermi ma io avevo capito che c’era qualcosa che non andava. Prima di tornare a casa, ci fermammo al McDonald’s a prendere pizza e patatine e papà mi comprò una torta con la glassa turchese. Dopo cena accese cinque candeline sulla torta e mi cantò la canzoncina e quando gli chiesi dov’era la mamma e perché non mangiava la torta insieme a noi, scoppiò a piangere, come un bambino. Rimasi talmente sorpresa da quella reazione che il piatto di carta mi cadde di mano e scoppiai a piangere anche io. Non dimenticherò mai quel giorno. Se ci avesse davvero amato, non se ne sarebbe mai andata. E io la odio!
Papà mi scosta i capelli dal viso e mi da un bacio sul naso, sorridendomi.
- Ti va di venire di là? Ci sono Sara e Davide! - 
Lucifero è a casa mia? Quasi mi strozzo con la saliva.
- Riccardo? - 
La voce di Sara arriva dal corridoio.
- Un momento Sara, arriviamo subito - 
- Perdonami, potresti venire un momento? - 
- Ti aspetto di là - mi sussurra papà dandomi un altro bacio sulla guancia e alzandosi. 
Lo guardo uscire mentre accendo la piccola abat-jour sul comodino. Quando mi giro, il piccolo mostro è lì, sulla porta con un vassoio in mano. 
- Ti piacciono i sandwich con tonno e maionese? - mi chiede un po’ imbarazzato mentre si avvicina al letto. Non l’ho mai visto così docile. Solitamente sembra un cavallo imbizzarrito che non ascolta nessuno. Mi piace questo suo lato nascosto. Gli sorrido. Mi fa troppa tenerezza. 
- Non particolarmente - rispondo e lui si rabbuia - Ma se li hai fatti tu, li mangio con piacere - 
Quello che si fa largo sul suo viso è il sorriso più bello che io abbia mai visto. 
- Certo che li ho fatti io. Sono bravo sai? - fa, poggiando il vassoio sul comodino.
- Non ne dubito. Mi fai compagnia? Mangiare da soli è triste - 
Lui annuisce contento.
- Salta su - 
Ci sistemiamo sul letto con le gambe distese e le schiene appoggiate alla testiera del letto, mentre mangiamo i sandwich e sorseggiamo coca-cola. Sono davvero buonissimi, lo devo ammettere.
- Posso dirti una cosa? - 
Mi giro e lo guardo incuriosita. La luce soffusa dell’abat-jour gli dona un non so che di angelico. 
- Dimmi -
- Mi dispiace per stamattina e mi dispiace anche per tutte le altre volte che ti ho fatto i dispetti - 
Rimango col panino a mezz’aria. Si sta scusando? Non ci credo… Ho sempre pensato che fosse una qualche specie di mostro rinchiuso nel corpo di un bambino ma forse mi sono sbagliata. Mi fissa con i suoi occhi castani e non riesco proprio ad avercela con lui. 
- Mettiamoci una pietra sopra e ricominciamo da capo, ok? - dico allungandogli una mano. 
- Ok - risponde, stringendola vigorosamente.
- Ok - 
E cominciamo a ridere come due sciocchi. Dopotutto, questo bambino non è poi così male!



Leck mich am arsch!: vaffanculo!
Ich habe durst: ho sete! 

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Capitolo 6
*** Se il buongiorno si vede dal mattino... ***


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6. Se il buongiorno si vede dal mattino...








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{GABE} 


- É quella? - 

Mi giro con aria annoiata nella direzione indicatami da Alex.

- No! - 
- É la biondina vero? -
- No! - 
- Allora è la stangona con i capelli lisci! - 
- Nemmeno! - 
Se non la smette con questo strazio, giuro che lo faccio secco! Prendo una sigaretta dal suo pacchetto pieno, poggiato sulla sella della moto.
- Dammi da accendere! - 
Lui mi lancia l’accendino senza distogliere lo sguardo dalle studentesse che passeggiano nel cortile.
- Ma quando arriva? - 
- Non lo so, ma tu continua così e… - 
- Gabe, non posso farci niente se all‘idea di conoscere la mia nuova sorellina  mi sento più eccitato di Winnie the Pooh davanti ad un vasetto di miele! -
Scoppio a ridere divertito.
- Ma con che frasi te ne esci? -
- Stamattina mi sento ispirato! Ehi, è quella? - 
Mi volto esasperato e mi ritrovo a guardare una ragazza con i capelli neri, cortissimi, che ci sta fissando con la faccia tutta rossa.
- Ho indovinato vero? - 
- Non ho idea di chi sia quella mocciosa! - 
- Ma si può sapere allora quand’è che arriva? Sono le otto e mezza, cazzo! La campanella è suonata… - 
Osservo gli studenti entrare lentamente nell’istituto. Il cortile ormai è deserto e lei non si è vista.
Getto la sigaretta a terra e scendo dalla moto. 
- Dove vai? - mi chiede Alex.
- É lei! - 
- Quale? - 
- Quella - 
- Quella quale? - 
- Cazzo, Alex, solo una ce n‘è! - 
Sul suo viso si fa largo un‘espressione indecifrabile.
- No, la nanetta no… Ti prego! - 
- Ehi, non è una nanetta… È solo… diversamente alta! - 
-  Se se… Il mio mito è un incrocio tra Campanellino e l‘ottavo nano! - 
- Che? - 
- Campanellino… Trilly! -
- Tritty chi? - 
- Ah si, scusa… Avevo dimenticato che da bambini, mentre io collezionavo i film della Disney, tu guardavi Psycho! Poi si lamentano che i ragazzi di oggi crescono disturbati… -
- Ah ah ah… Spiritoso! - rispondo, mentre mi avvio verso di lei. Non si è ancora accorta di me. É impegnata a ripassare non so quale assurda materia e non stacca gli occhi dalla pagina. Le sono dietro. Mi arriva al petto. Non è così bassa. Alex deve fare sempre l’esagerato. Mi sporgo in avanti e le sfilo il libro dalle mani, chiudendolo. Lei si ferma e si gira con il sorriso stampato sulle labbra.
- Lo sapevo che… - 
Appena mi vede, si zittisce di colpo, sbiancando.
- Per caso hai visto un fantasma? - le domando sarcastico - Sei impallidita di colpo! -
- No, ho visto te! E sinceramente non so cosa sia peggio! -
Mi fissa con i suoi occhi color caramello, come se volesse incenerirmi con lo sguardo. Sembra più velenosa di una vipera della morte! Ok, decisamente abbiamo cominciato con il piede sbagliato. Non mi da nemmeno il tempo di aprire bocca che si riprende il libro e corre via, cogliendomi di sorpresa.
- Ehi! - grido, afferrandola per lo zaino e tenendola ferma.
- Se non lo sai, questo è stalking caro mio! È un reato perseguibile dalla legge! -
- Si si, so benissimo cos‘è lo stalking… - 
Lei continua a dimenarsi e non sta un attimo ferma.
- Lasciami andare! Lasciami! - 
La afferro per le spalle, cercando di immobilizzarla senza stringere troppo la presa e farle male. 
- Non dirmi che sei ancora arrabbiata per quello che è successo ieri! - 
A queste parole si immobilizza di colpo abbassando la testa. Ho fatto centro!
- Oh, andiamo… In fin dei conti anche tu… - 
- Basta! - sbotta, arrossendo di colpo. 
- Non ti voglio sentire! Io ho già un ragazzo, quindi lasciami in pace! Quello che è successo ieri è stato solo un enorme sbaglio! - 
Mollo la presa di colpo. Sento l’amaro in bocca. Cos’è che ha detto? Uno sbaglio? Respira. Stai calmo! Ok, è incazzata nera. Ma è bella lo stesso. Devo inventarmi immediatamente qualcosa per trattenerla, altrimenti salterà tutto! Pensa Gabriel. Pensa!



 



{MILLY} 



Oh no… no, no, no… Cosa ho fatto di male per meritarmi una simile punizione? Zeus, dimmelo tu! Ci mancava solo questa! Stamattina non ho sentito la sveglia, ho perso l’autobus e sono in ritardo pazzesco! Devo anche parlare assolutamente con Luca, che non si decide a rispondermi al cellulare! Quindi è di vitale importanza che io entri a scuola. Come se non bastasse, a peggiorare ancora di più le cose, mi ritrovo davanti l’ultima persona che avrei voluto vedere sulla faccia della terra. E stupido cuore che comincia a fare i capricci appena lui apre bocca. Pensavo fosse Giorgio, e invece… Acida! Devo essere acida! Devo cercare di ferirlo così mi lascerà in pace. Non credo sia facile con un tipo come lui, ma se non provo non lo saprò mai! La tecnica sembra funzionare, perché finalmente mi lascia andare. Lo guardo per un istante prima di incamminarmi verso l’entrata, che è più deserta di una città fantasma in un noiosissimo film western. Cioè, potrebbero tranquillamente aggredirti e nessuno se ne accorgerebbe! Non mi piace l’espressione che ha sul volto. Forse ho esagerato. Che faccio, gli chiedo scusa? No, che dico! Devo approfittarne! Cammino più in fretta per raggiungere velocemente le scale ma, arrivata a metà percorso, mi viene la brillante idea di voltarmi a guardarlo. Solo per vedere se è ancora lì, sia chiaro! E mi blocco di colpo. Lo vedo accasciato a terra, che si tiene la pancia. Oddio, che gli succede? Non preoccuparti Mil, sarà solo un po’ di mal di pancia! Fila in classe, la porta è di fronte a te. Faccio un passo avanti ma nell’attimo esatto in cui sto per varcare la soglia della porta, lo sento lamentarsi dolorante e immediatamente mi precipito da lui. Non ho la più pallida idea di cosa fare! Getto zaino e libro a terra e mi inginocchio al suo fianco. Lo sento mugolare e mi spavento ancora di più. Gli scosto alcune ciocche bionde dalla fronte sudata. Oddio, che devo fare? Non ho mai studiato medicina, cavolo! Perché devono capitare sempre e solo tutte a me? Giorgio saprebbe sicuramente come comportarsi: suo padre è un medico e sua madre un’infermiera!  Mi viene da piangere. Sono completamente inutile! Che faccio? Che faccio? Sento le lacrime rigarmi le guance. 
- Ehi, cos’hai? Ti senti male? - riesco a dire, ma la voce mi esce strozzata.
Lui alza la testa e mi guarda. Cos’è quell’espressione dispiaciuta sul suo viso? Seguo il movimento della sua mano sul mio viso. Mi asciuga le lacrime sulle guance.
- Scusa… Io non volevo che ti spaventassi, ma era l’unico modo per farti restare con me! -
Non ci credo… Dio, che stupida!
- Io… io… - 
Non riesco nemmeno a parlare. Mi ha preso in giro! E magari si è fatto anche due risate mentre io per poco non morivo di infarto. Afferro lo zaino furiosa e mi rimetto in piedi. 
- Bene, spero che lo spettacolo sia stato di tuo gradimento! Ora devo andare a scuola! - 
Lui mi prende la mano.
- Non volevo farti piangere, credimi! - 
- Ti sei divertito alle mie spalle! Sei… sei… Orribile! -
- Ok. Non volevo arrivare a tanto, ma mi ci hai costretto tu! - 
- Cos’è questo fastidioso ronzio che mi arriva alle orecchie? - 
Lui mi supera, mi afferra per i fianchi e mi si carica in spalla, come se fossi un sacco di patate!
- Ehi, questo invece si chiama sequestro di persona! - 
- Si! Aggiungilo pure allo stalking quando andrai a fare la denuncia! - 
Che stronzo! Stiamo uscendo dal cortile. Pensa Mil! Se urlo, chissà cosa penserebbero a scuola. Senza contare che potrei anche far prendere un colpo a papà. Già mi immagino la scena… Devo risolverla in un altro modo. Passiamo davanti al cancello e mi viene un’idea brillante. Allungo le braccia e stringo le mani attorno alle sbarre del cancello. Ora vediamo come fai!
- Scheisse! Ma ne sai una più del diavolo? Molla le sbarre! - 
- Ma anche no! - 
Lo sento sbuffare. Sta cominciando a perdere la pazienza! Bene, così la prossima volta impara a burlarsi di me! 
- Senti, non ti faccio niente. Voglio solo che vieni con me in un posto. Poi ti riaccompagno a casa io, te lo prometto! - 
- Non credo ad una sola parola! Quando lo saprà Luca, ti spaccherà quel brutto muso che ti ritrovi! - 
- Si! Mandala pure da me quella sottospecie di scimmia depilata! Poi vediamo chi ne esce vivo! - 
- Sci… Scimmia depilata? Questo è troppo! -
- Non potete immaginare quanto siete ridicoli! - 
Mi giro di colpo nella direzione in cui proveniva la voce. Quel tanto basta per distrarmi e il maledetto ne approfitta per tirarmi via dal cancello. A parlare è stato un ragazzo appoggiato accanto a due moto nere, a braccia conserte. Ha i capelli castano chiaro corti, spettinati col gel, e gli occhi verdi. La sua faccia ispira fiducia. Mi sta simpatico!
- Grazie Alex per avermi salvato il culo anche oggi! Oh, ma prego! É stato un piacere! - 
Non riesco a trattenermi dal ridere e il ragazzo che si chiama Alex mi segue immediatamente.
- Ah ah… Abbiamo finito? - fa lui seccato, facendo segno ad Alex di spostarsi e sistemandomi sulla sella di una delle due moto. 
- Spostati, Gabriel! Devo conoscere la mia sorellina! -
Gabriel! Allora è così che si chiama! È il nome più bello che io abbia mai sentito! Oh no, Mil! Che stronzate ti metti a pensare in un momento come questo?
Alex tira via Gabriel e mi si piazza davanti, prendendomi le mani e scuotendole con vigore.
- Ciao Milly, io sono Alex! Sei il mio mito, la mia eroina! Ti adoro! - 
Qualcosa non mi quadra!
- Ehm… Scusa, ma come fai a conoscere il mio nome? -
- L’abbiamo letto sui tuoi documenti quando Gabe ti ha fregato il portafogli! - 
- Ma si si, spiattella tutto! Traditore! - borbotta Gabriel.
Lo sapevo! Avevo ragione!
- Bene… Stalking, sequestro di persona e ora anche furto… -
- Lo so, è un ragazzaccio! Non sai quante volte ho provato a fargli mettere la testa a posto, ma nulla! -
Scoppio a ridere insieme ad Alex. Oddio, ma come fa? È simpaticissimo!
- Se non la smetti di toccarla, sarà la tua testa a dover essere sistemata! - 
- Ok ok, ho recepito il messaggio schatz! - 
- Ah ah… Prestale il tuo casco, Casanova! - 
Alex mi fa l’occhiolino e mi sistema il casco in testa.
- Non è sempre così scorbutico, non ti preoccupare - mi bisbiglia all’orecchio.
- Noi andiamo! Ci vediamo stasera! - fa Gabriel, prendendo posto davanti a me.
- Ehi, io non ho mai detto di voler venire con te! - protesto contrariata, ricordandomi solo in quel momento di essere stata trascinata lì contro la mia volontà. Faccio per scendere, ma Gabriel mette in moto.
- Troppo tardi piccola fee! - 
- Mi raccomando sorellina, un bel pugno dritto sul naso e poi scappa! - 
- Alex, quando torno facciamo i conti! - lo minaccia Gabriel, ma non credo sia una minaccia vera e propria visto che si stanno sorridendo. Partiamo, mentre Alex ci saluta con la mano.
- Tieniti a me! - 
- Non se ne parla proprio! - 
Le case e gli edifici mi passano davanti agli occhi ad una velocità pazzesca. Oddio! Sto per vomitare. Vi prego, fatemi scendere da qui! Ma dove stiamo andando? Lui accelera ancora di più e io sento lo stomaco sotto sopra.
Abbasso la testa sulla sua spalla, chiudendo gli occhi, e mi aggrappo alla sua maglietta con tutte le mie forze. Lui si porta una mano dietro la schiena e afferra la mia, avvolgendosela attorno ai fianchi. Io lo lascio fare, sistemando contemporaneamente anche l’altra e stringendomi di più contro la sua schiena. Dio, se ci sei, fammi scendere presto da questo coso! 








{GABE} 
 



Ha la mano piccola e morbida. La mia è grande il doppio della sua. La poso sul mio fianco destro e lei mi cinge di sua spontanea volontà quello sinistro, stringendosi di più a me. 
Thadump… Thadump… Thadump… Thadump… Ci mancava solo questa! Che diavolo mi succede? Sembro un ragazzino alle prese con la sua prima cotta… Spero che lei non se ne accorga. Faccio un respiro profondo e cerco di concentrarmi sulla strada. Osservo il paesaggio cambiare intorno a noi e mi tranquillizzo. Siamo arrivati! Imbocco una stradina secondaria e mi fermo accanto ad un muretto in cemento armato. Tolgo il casco e respiro a pieni polmoni l’aria salmastra. 
- Fee? - la chiamo, sfiorandole un braccio. Lei si ritrae immediatamente, lasciandomi scendere. Faccio il giro della moto e le sfilo il casco. Una cascata di onde nere le ricopre il viso leggermente arrossato.
- Siamo arrivati! - 
Si scosta i capelli dagli occhi e si guarda in torno spaesata. Mi fa quasi tenerezza. Ma bene! Andiamo proprio bene, Gabe. Ci siamo rincoglioniti alla grande!
- Io ti precedo! - dico, scavalcando il muretto e avviandomi verso la riva con il mio zaino in spalla.
- Ehi, asp… Aspetta un momento! - borbotta lei, scendendo a fatica dalla moto e rincorrendomi sulla spiaggia. Il mare è una tavola blu e non c’è nemmeno il vento. Adoro questo posto! Lascio cadere lo zaino e mi sdraio. Avverto i granelli di sabbia scivolarmi tra le dita. Apro gli occhi e osservo l’azzurro limpido del cielo. Poco dopo arriva anche lei. Ha il fiatone. Probabilmente ha corso per raggiungermi. Mi giro su un fianco e la osservo portarsi le mani al petto e fare dei profondi respiri con gli occhi chiusi. Poi si siede anche lei sulla sabbia.
- Com’è bello qui! - 
- Si, lo penso anch’io! - 
Me ne sto per un po’ a fissarla di sottecchi.
Thadum… Thadump… Thadump… Thadump… 
Ci risiamo! Mi alzo in piedi e, mentre sfilo le scarpe aiutandomi con i piedi, afferro il bordo della maglia e la tolgo. Lei ha ancora gli occhi chiusi. Allungo un braccio e la lascio scivolare sulla sua testa. Lei sobbalza spaventata, gettandola a terra. 
- Cosa diavolo… - mi fissa sconvolta mentre mi abbasso i pantaloni. Le sua guance si infiammano immediatamente e mi lancia la maglia appallottolata addosso.
- POSSO SAPERE COSA DIAVOLO STAI FACENDO???? - 
- Mi sto spogliando, non si vede? - le rispondo, ripiegando i miei vestiti e togliendo i calzini.
- QUESTO L’AVEVO CAPITO! - 
Mi sto divertendo un mondo a vederla in difficoltà. Mi abbasso accanto a lei per osservare la sua reazione. Il suo viso diventa ancora più rosso. Lei chiude gli occhi e io ne approfitto per sfiorarle la fronte. È bollente.
- Credo ti sia venuta la febbre! - la stuzzico.
Lei sbuffa ma non mi allontana.
- Perché non ti vai a fare una bella nuotata? - 
- É quello che ho intenzione di fare! - 
Prima di allontanarmi, le carezzo una guancia.
- Mi hai preso per un Orso morbidoso? - 
E ti pareva! Sospiro e prendo la rincorsa per tuffarmi. L’acqua e freddissima. Faccio alcune bracciate e poi mi giro a guardare la mia piccola e tenera fee seduta sulla spiaggia.
- SPERO TU MUOIA ANNEGGATO! - mi grida dalla riva.
Sorrido. È già pazza di me!





Scheisse: merda!
Schatz: tesoro
Fee: fata
 
 
  

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Capitolo 7
*** Di salvataggi, sottilette, dichiarazioni, fraintendimenti e litigi ***


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7. Di salvataggi, sottilette, dichiarazioni, fraintendimenti e litigi
 

 



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{MILLY} 



Sono al mare. Il 15 di marzo. Con uno sconosciuto. E invece di preoccuparmi, non faccio altro che continuare a sospirare come una cogliona mentre mi batte forte il cuore e il mio stomaco prende a pugni le centinaia di farfalle che svolazzano allegramente al suo interno. Mi sembra di essere in Serendiphity, cavolo! Forse sto sognando. Anzi no, questo è sicuramente un sogno! Mi incanto ad osservare il suo profilo perfetto e la linea curva della sua spina dorsale mentre si china in avanti per tuffarsi. Non so per quale motivo, ma gli ho detto che spero muoia annegato. Avrei voluto mordermi la lingua. Lui si è messo a ridere quando mi ha sentito. Non ho idea di come faccia a stare in acqua. Cioè, dopotutto è ancora marzo. Non è mica estate! Nuota perfettamente. Sembra un professionista. Una folata di vento mi distrae, facendomi ondeggiare alcune ciocche più lunghe davanti agli occhi. Mi stringo di più nella felpa, alzando il cappuccio per impedire al vento di continuare a giocherellare con i miei capelli già abbastanza arruffati. Sposto lo sguardo verso il mare, alla ricerca della sua figura elegante, che si muove nell’acqua. Non vedendola, scatto in piedi agitata. Non c’è. Non c’è. Cazzo. Cazzo. Cazzo. Sfilo le scarpe e mi precipito a riva per controllare meglio. Niente. Ok, non ti agitare. Vuole solo farti uno scherzo per quello che gli hai detto prima. Adesso spunterà fuori dall’acqua e si metterà a ridere perché ci sei cascata in pieno un‘altra volta. Aspetto trattenendo il respiro per quello che sembra un tempo interminabile, ma non succede niente. Nessuno esce dall’acqua sorridente.
- OK, se questo è uno scherzo mi arrendo. Hai vinto -
Lo dico scandendo ogni singola parola, per farmi sentire bene. La voce mi trema leggermente.
- Hai sentito, mi arrendo. Ora vieni qui! -
Faccio un giro su me stessa per guardarmi intorno. Magari è uscito dall’acqua e io non l’ho visto e adesso se ne sta nascosto da qualche parte. Ma che dico? Se fosse uscito me ne sarei accorta, no?
- Ga… Gabriel… -
È un sussurro debolissimo. Così non mi sentirà mai! Devo gridarlo più forte. Infondo è un nome come un altro. Perché pronunciarlo mi fa questo strano effetto? Forse perché non è un nome qualunque, ma il suo. Chiudo gli occhi e faccio un respiro profondo.
- GAAAABRIEEEEELLLLLLL!!!!! BRUTTO STUPIDO, TI HO DETTO CHE HAI VINTO! VIENI QUI IMMEDIATAMENTE E SMETTILA, PERCHÉ NON É AFFATTO DIVERTENTE! MI STAI SPAVENTANDO!! -
Se non esce fuori nemmeno dopo questo, significa che gli è successo qualcosa. E se si fosse sentito male? Se fosse stato sorpreso da un crampo?
Tolgo la felpa e i jeans e faccio un passo avanti. L’acqua mi bagna i piedi. È gelida. Stringo i pugni e comincio a fare dei respiri profondi, avanzando con gli occhi chiusi. Ok. Sono in acqua. Respira. Stai tranquilla. Un passo per volta. Con calma. Mi faccio coraggio e apro gli occhi. L’acqua mi arriva alle ginocchia. Posso andare ancora un po’avanti. Non devo avere paura.
- Gabriel? Mi senti? -
Davanti a me vedo solo una distesa infinta d’acqua che si confonde col cielo oltre la linea dell’orizzonte.
Ingoio a vuoto. Mi tremano le gambe, ma non per il freddo.
- Gabriel, sto venendo a prenderti! Ti prego, se mi senti, grida il mio nome! -
Ancora niente. Oddio, oddio! Ti prego, fa che non gli sia successo niente o non riuscirò a perdonarmelo! È tutta colpa mia, non avrei dovuto dirgli quella cosa orribile!
Qualcosa che guizza fuori dall’acqua attira la mia attenzione. Immediatamente mi precipito in quella direzione, ma l’acqua alta rallenta i miei movimenti e prima che possa rendermene conto, tutto ritorna immobile e io avverto un tuffo al cuore.
- GABRIEL!!! Gabriel, resisti! Sto venendo ad aiutarti! -
Ci sono quasi. Un altro piccolo sforzo e lo avrò raggiunto. Non mi sono neanche accorta che l’acqua mi arriva ormai alla gola. Allungo una mano per afferrarlo ma l’unica cosa che riesco ad agguantare è…Niente…Solo acqua. Da tutte le parti. Il mio corpo si fa pesante. Stringo gli occhi e cerco di risalire verso l’alto, agitando braccia e gambe. Non devo sprecare il poco ossigeno che mi resta, ma la paura mi attanaglia. Che brutto modo per morire. Mi sono fatta prendere dal panico e l’ho dimenticato. Che cogliona. Solo io potevo dimenticarmi di una cosa del genere. Papà, la tua Milly sta affogando. E lo sai perché? Perché ha dimenticato che non sa nuotare! Che stupida, vero? Non sono nemmeno riuscita ad aiutarlo. Le forze mi stanno abbandonando. Mi lascio sprofondare lentamente. Giù, sempre più giù. Mi sembra di aver perso il senso del tempo. Chissà quando toccherò il fondo… Sto per morire… É come addormentarsi. Magari, se sarò fortunata, troverò un angelo ad aspettarmi dall’altra parte. Riesco già a vederlo. È qui, proprio davanti a me. Allungo una mano verso di lui. Chissà se riuscirò a toccarlo. Gli angeli hanno consistenza? Evidentemente si, dato che mi stringe forte la mano.





{GABE} 



- Sputa fuori… Così, brava -
Scheisse, mi sono allontanato solo alcuni minuti, il tempo di una nuotata intorno alla scogliera, e per poco non la trovo morta! Ma porca troia!
- Va meglio? -
Annuisce lievemente, stringendosi di più a me. Ha ancora il respiro affannato e continua a tossire.
- Ma quanto hai bevuto? Si è prosciugato il mare! -
Lei ridacchia nell’incavo del mio collo e io sorrido.
- Scusa -
La voce è debole. Quasi un sussurro.
- E per cosa? -
- Per averti detto che speravo morissi annegato… Non era vero -
- Questo lo sapevo già. Una persona così buona e gentile come te… Piuttosto, mi spieghi cosa diavolo ci facevi così lontano dalla riva? Se volevi fare una nuotata potevi aspettarmi… -
- Io… Ecco… Non ti ho più visto… Credevo… Cioè… - comincia a balbettare.
Si ferma un istante e dopo aver fatto un respiro profondo, riprende a parlare senza incertezze.
- Avevo paura che ti fosse successo qualcosa, così… Però, l’avevo dimenticato… -
La presa intorno al mio collo si fa più forte mentre la sollevo fuori dall’acqua, passandole un braccio sotto le ginocchia.
- Cosa avevi dimenticato? -
- Non so nuotare -
Ha la bocca premuta sulla mia spalla, ma la sento ugualmente. Non riesco neanche a descrivere la miriade di emozioni che hanno scatenato in me le sue parole. Non credo di essere mai stato tanto felice. Per me. L’ha fatto per me. 
- Pazza! Tu sei pazza! La mia piccola e pazza fee! - dico, dandole un bacio sui capelli. E lei piange. Direi che ho battuto ogni record. In meno di tre ore l’ho già fatta scoppiare in lacrime due volte.
- Ehi, ma guarda un po’! E io che pensavo portassi ancora le mutandine con i pupazzetti… -
La sento trattenere il respiro.
- Non mi guardare! -
Ecco fatto! Situazione risolta!
- Se fisso il cielo poi non vedo dove stiamo andando… E comunque mi piace molto il tuo completo per capodanno. Il rosso ti dona! -
Forse ho un po’esagerato perché comincia a scalciare e a dimenarsi tra le mie braccia peggio di un’anguilla.
- Sai, non credo sia il caso di esibire una delle tue formidabili mosse di karate… Non per qualcosa, ma siamo ancora un tantino distanti dalla riva e non sono io a non saper nuotare… -
È una risata quella che sento? Si. Devo dire che basta veramente poco per farle tornare il sorriso. Meglio così. Non le dona la parte della musona.
Appena arriviamo a riva, mi sfugge dalle braccia e si allontana. Credo abbia freddo. Per fortuna mi ero organizzato bene. Nello zaino ho un telo da spiaggia. Lo tiro fuori e glielo sistemo sulle spalle.
- Asciugati se hai freddo -
Mi siedo a terra, lasciando che i granelli di sabbia si attacchino alla pelle bagnata.
- E tu? - mi chiede lei, stringendosi nell’asciugamano e avvicinandosi a me - Non senti freddo? -
Sorrido.
- La mia fee non mi lascerebbe mai morire assiderato, vero? - e prima che possa scapparmi ancora, la afferro e la tiro su di me, incastrandole le mani e le gambe tra le mie.
- Io… -
- Non ti faccio niente, giuro… Però, possiamo restare così? -
Lei abbassa la testa e annuisce.
- Se ti lascio le mani non mi prendi a pugni vero? -
Ride e io mollo la presa. La vedo allungare l’indice verso il mio avambraccio e seguire il percorso delle linee nere sulla pelle.
- Che c’è scritto? -
- Ich will kein Engel sein. É un verso di una delle mie canzoni preferite -
- É tedesco? -
- Si. Significa non voglio essere un angelo -
- Con un nome come il tuo, è impossibile non pensare a te in quel modo -
- Oh, ti ringrazio. Questo significa che hai messo da parte l’idea della denuncia? -
- Beh, in realtà ci sto pensando -
- Bene, questo mi fa molto piacere -
- Senti, ma tu… Non per farmi i fatti tuoi. È solo per chiedere… -
- Dimmi pure -
- Sei stato all‘estero per molto tempo? -
Annuisco, sorridendo.
- Sono nato e cresciuto a Berlino, ma mio padre è italiano. Ci siamo trasferiti qui quando avevo nove anni -
- Deve essere stato difficile per te… Voglio dire, non conoscevi nessuno. Hai dovuto lasciare tutti i tuoi amici e la tua casa… -
- Non avevo veri amici a Berlino - le rispondo, non riuscendo a trattenere una nota di amarezza. Ma adesso non voglio pensarci.
- Qui ho Alex. Lui è come un fratello per me e poi ci sono Dario e Andrea… -
- Capisco cosa vuoi dire. Anche io ho tanti amici a cui voglio bene, ma solo pochi sono davvero speciali per me... Davvero amici -
Stiamo per un po’in silenzio, a guardare il mare. Poi lei alza la testa di scatto e mi sorride.
- Che c’è? -
- Insegnami il tedesco! -
- Cosa? -
- Si, dai! Insegnami qualcosa! - insiste alzandosi e tirandomi su per le braccia - Ti prego -
Se me lo chiede con quella faccia, come faccio a dirle di no?
- Ok, ok. Va bene! -
- Evviva! - dice tutta contenta.
- Cosa vuoi imparare di preciso? -
Ci pensa un secondo, socchiudendo gli occhi.
- Non lo so… Facciamo che io chiedo e tu traduci! -
Scoppio a ridere, travolto dal suo entusiasmo.
- Ma, si! Vada per il traduttore simultaneo! -
- Pensavo… Quando ti guardo, non so perché ma mi vengono in mente i Vichinghi… -
- Mi stai dando del Vichingo? -
- No no… - ridacchia - Da bambina associavo ai Vichinghi la parola “forza“… Magari potresti tatuartela da qualche parte… Che so, sulla spalla -
- In tedesco? -
Annuisce. Non ce la faccio. Oddio non ce la faccio…
- Perché ridi? Mi sembrava una buona idea… - borbotta offesa.
Mi asciugo le lacrime agli occhi, cercando di riprendermi.
- Kraft! Forza in tedesco si dice kraft! Non posso tatuarmi su una spalla la marca delle sottilette! Sarei ridicolo! -
E nemmeno lei riesce a trattenersi.
- Scusami… Ma non posso fare a meno di sbellicarmi dalle risate! È troppo divertente! -
- Lo so, nemmeno io riesco a smettere di ridere! -
Una strana musichetta attira la sua attenzione. Resta per alcuni secondi immobile. Poi fa una faccia strana mentre si precipita a frugare nel suo zaino. Ma la musica non viene da lì. È più vicina. Allungo una meno verso i suoi pantaloni e tiro fuori il cellulare da una delle tasche.Luca. Immediatamente interrompo la chiamata. Pochi secondi dopo la musica riprende. Sul display compare ancora il suo nome. Luca.Premo di nuovo il tasto di chiusura chiamata e alzo la testa per guardarla.
- Chi era? -
- Nessuno -
- Bugiardo! Era… - la vedo abbassare la testa e restare in silenzio.
- Non era nessuno! -
- Era Luca! Ridammi il cellulare! -
- Così puoi richiamarlo? No! -
- Hai idea di quante volte abbia provato a chiamarlo in questi giorni? - fa una pausa. Poi riprende a parlare - Cinque anni! Ho dovuto aspettare cinque anni prima di trovare il coraggio di dirgli quello che provavo, e ora che finalmente stiamo insieme… É tutta colpa tua! Sto rovinando tutto per colpa tua! -
Stringo i pugni, arrabbiato. Devo stare calmo o perderò il controllo. Respira. Con calma. La osservo infilarsi la felpa con rabbia nonostante sia ancora bagnata e con i capelli gocciolanti. Afferra lo zaino e le scarpe. Poi mi tira di mano i pantaloni e mi fissa.
- Ridammi il cellulare! -
- No! -
- Dammelo! -
- Ti ho già detto di no! -
- Benissimo! Tienilo pure allora! Io me ne vado! -
- Dove pensi di andare? -
- A casa! Quel cartello indica che c’è una fermata dell’autobus! -
Mollo il cellulare tra i miei vestiti e le corro dietro.
- Resta qua! -
- Ma anche no! -
La supero e mi piazzo davanti a lei. La stringo tra le braccia.
- Ti prego -
- Tutto questo è stato un enorme sbaglio! Non dovevo venire! Nemmeno ci conosciamo! -
- Certo che ci conosciamo! Certo che ci conosciamo, Milly! -
Non vorrei gridare. Non con lei. Ma sto andando fuori di testa. E lei mi allontana.
- Non basta sapere il nome di una persona per poter affermare di conoscerla. Non funziona così! -
- Aspetta… Aspetta, cazzo! - ansimo. Mi sembra di correre in una maratona.
- Ci sto provando, va bene? Ce la sto mettendo tutta, ma tu non me ne dai modo! Dammi un’occasione... Una possibilità per dimostrarti che faccio sul serio! -
Poggio la fronte sulla sua. Alcune ciocche bagnate della sua frangia mi solleticano la pelle.
- Perché hai paura di me? -
- Io non ho paura di te! - grida fulminandomi con lo sguardo.
- Si, invece. Te lo chiederò di nuovo. Parisi Milena, nata il 19 novembre, scorpione, di anni diciassette, alta 1 e 60, capelli neri, occhi sognanti color caramello. Segni particolari: simpatica, premurosa, gentile, altruista oltre ogni misura, dolce, appassionata, sincera, diligente, accorta, a volte un po’distratta, ma soprattutto assolutamente e inconsapevolmente bellissima nella sua semplicità. Cos‘è che ti spaventa tanto? Ma soprattutto, perché continui a fuggire da me se anche tu mi ami? -
 
 


{MILLY} 



Io non ho paura! Non ho paura. Voglio solo andare a casa!
- É assurdo! Come… - prendo un respiro profondo per cercare di non farmi tremare la voce - Come fai a dire che ti amo? Tu... Non sai nemmeno quello che dici! -
Lui mi stringe forte le braccia, guardandomi fissa negli occhi. Il grigio tempestoso del suo sguardo mi inchioda sul posto.
- Sediamoci un po’ e parliamone con calma. Te lo chiedo per favore… - mi implora.
Io scuoto la testa, stringendo la presa sullo spallaccio dello zaino.
- Ok. Va bene, ho sbagliato. Lo ammetto. Non dovevo comportarmi così. Ma non riesco a sopportarlo, capisci? Io voglio stare con te! Voglio starci io al posto di quello lì! -
Sono al limite. Sto per scoppiare in lacrime, non voglio farmi vedere così da lui. Voglio andarmene! Scappo via all’improvviso, mentre lui cerca di riprendermi, di farmi rallentare. Ma non ci riesce. Affondo con i piedi nudi nella sabbia. Sono quasi arrivata. Oltrepasso il muretto di cemento giusto in tempo per vedere le porte dell’autobus spalancarsi di fronte a me. Mi precipito dentro mentre lo sento gridare il mio nome. Le porte si chiudono pochi secondi dopo e io mi lascio cadere contro di esse. L‘autobus per fortuna è vuoto.
- Signorina, va tutto bene? -
L’autista mi guarda preoccupato. Annuisco incerta prima di scoppiare a piangere. L’uomo lancia un’occhiata fuori dal finestrino, poi torna a guardarmi.
- Quel ragazzo le ha fatto del male? Se vuole chiamo la polizia -
- No… Sto bene, non si preoccupi. Non mi ha fatto niente. Solo… Voglio andare a casa -
- Adesso partiamo subito, stia tranquilla. Tenga, si asciughi il viso - dice porgendomi un fazzoletto di stoffa. Allungo una mano e lo afferro. L’uomo mi sorride. Poi si risiede al suo posto e parte.
- MILENA! -
Mi volto di scatto. L‘autobus si allontana, alzando un gran polverone e lui è lì, che prende a calci il cartello della fermata. Con la coda dell’occhio vedo l’autista osservarmi dallo specchietto retrovisore. Appena si accorge del fatto che ho capito che mi sta guardando mi sorride.
- Si sieda pure. Ha l’imbarazzo della scelta! -
Scelgo uno degli ultimi posti. Poggio lo zaino sul sedile accanto e mi infilo i jeans. Poi metto le scarpe e cerco di legarmi i capelli alla ben e meglio, tenendoli su con una matita. Sento il sale pizzicarmi ancora la pelle sotto il tessuto della felpa e dei pantaloni. Ma gli occhi pizzicano di più. Dio, che confusione! Cerco di rielaborare le sue parole. Come è possibile che sia bastato così poco per mettermi in crisi? Forse i sentimenti che provo per Luca non sono poi così forti come credevo. Ho bisogno di spazio e di tempo per pensare! Sono talmente stanca che mi si chiudono gli occhi. Devo scendere all’ultima fermata. Magari potrei riposarmi un po’. Chiudo gli occhi e mi addormento. A svegliarmi è l’autista. Sbatto le palpebre un paio di volte per abituarmi alla luce.
- Siamo arrivati. Questa è l’ultima fermata -
- La ringrazio. Mi perdoni. Non ho neanche obliterato il biglietto -
L’uomo mi sorride.
- Non si preoccupi. Per questa volta farò finta di niente. Piuttosto… Se quel ragazzo le ha fatto del male, deve dirlo ai suoi genitori. Non abbia paura -
- Lei è davvero una brava persona, ma credo abbia frainteso. Quel ragazzo… Lui non ha fatto niente… -
- Ne è sicura? Era un suo amico? -
Annuisco convinta, mentre prendo lo zaino e scendo.
- Ora capisco tutto… -
- Ancora mille grazie! -
- Dovere signorina! Mi scusi lei per aver frainteso. E non si preoccupi, vedrà che le cose col suo “amico” innamorato si aggiusteranno presto! -
Attraverso la strada con la faccia bordeaux. Non vedo l’ora di lavarmi via questo fastidiosissimo sale dalla pelle. E quello che è successo dalla mia mente. Basterà solo non pensarci e riuscirò a dimenticarlo. Non lo vedrò più. Ho deciso. L’importante è che Luca resti con me. Di tutto il resto non mi interessa. Salgo le scale due per volta e infilo le chiavi nella toppa, impaziente di chiudermi la porta alle spalle. Non so nemmeno che ore siano.
- Poppy? Sono a casa! -
Entro in cucina e a momenti mi prende un infarto.
- Papà! Che ci fai qui? -
È seduto a tavola, nella penombra.
- Te lo chiederò una volta sola, per cui non raccontarmi bugie perché so benissimo che non sei andata a scuola. Dove sei stata? -
- Lo so, avrei dovuto dirtelo ma… -
- Hai idea di come mi sia sentito quando sono rientrato prima da lavoro, convinto di trovarti a casa a fare i compiti e invece tu non c’eri? -
- Ascolta papà… -
- Non interrompermi! Non ti ha neanche lontanamente sfiorato l’idea che forse mi sarei potuto preoccupare? -
- Ma non ce n’era motivo… -
- Non rispondevi al cellulare, Milena! Stavo per chiamare la polizia! - grida, battendo i pugni sul tavolo. Non l’ho mai visto così furioso come stavolta. Ma la cosa che più mi ferisce è il fatto di conoscere perfettamente il motivo della sua reazione.
- Tu davvero pensavi che me ne fossi andata come la mamma? Davvero hai pensato che io… -
- E cosa avrei dovuto pensare? Dimmelo tu! Illuminami perché io davvero non lo so… -
- Non ci posso credere… - dico scuotendo la testa - Io non ti avrei mai fatto una cosa del genere! -
- Vai in camera tua e restaci fino all’ora di cena! -
Il suo tono è neutro ma so perfettamente che è arrabbiato, e soprattutto deluso. Me ne vado nella mia stanza e mi sdraio sul letto, aggrappandomi alle lenzuola e desiderando con tutte le mie forze di poter scomparire nel nulla, senza lasciare tracce.
 
 
 


 
{GABE} 



È ormai mezz’ora che fisso il bicchiere pieno davanti a me. Dario e Andrea mi guardano di sottecchi, in silenzio. Alex se ne sta stravaccato al suo posto, cianciando allegramente al cellulare. Mi sento tirare il colletto della camicia e mi giro verso di lui.
- Rory vuole parlare con te! - dice allungandomi il cellulare.
Scuoto la testa e torno a fissare il bicchiere.
- Ro, mi dispiace! Non vuole… Sembra gli sia passato addosso uno schiacciasassi… Naaa! Ha soltanto preso a calci un cartello stradale a piedi nudi… Gliel’ho detto anche io che quando si incazza non diventa l’incredibile Hulk! -
Mi concentro sulle goccioline che scivolano lungo la superficie liscia e trasparente e che, cadendo sulla tovaglia bianca, lasciano piccole macchioline chiare. Una risata più forte delle altre mi distoglie dalla mia occupazione. Accanto al nostro tavolo hanno appena preso posto tre ragazzi e due ragazze.
- Gabe? -
Ma non faccio nemmeno caso a Shavo che mi chiama. Sono troppo occupato a sentire quello che stanno dicendo i nostri vicini.
-… Si non preoccuparti! Anzi, adesso provo a richiamarla così mi assicuro che non sia uscita! -
E le ragazze scoppiano a ridere.
- E state zitte però, cazzo! -
All’improvviso sento vibrare qualcosa nella mia tasca e una musichetta familiare mi arriva alle orecchie. Recupero il cellulare dai jeans e leggo il nome sul display.
- Niente? -
- No, ma è strano. Di solito risponde subito -
- Si sarà addormentata! Sai com’è fatta! -
Altre risate.
- Mi è sembrato di sentire una suoneria come quella del suo cellulare però! -
- Non essere sciocco, amore! Non può essere venuta qui da sola! -
- Provo a richiamarla un’altra volta, per stare più tranquillo! -
- Se ti risponde, dille che hai la febbre! -
- Prima o poi dovrete dirglielo! -
- Già, non potete mica tenerglielo nascosto per sempre! -
- Fin quando mi fa comodo la sua amicizia, non diremo niente! Vero amore? -
- Si si, adesso silenzio! -
Stavolta il suono è forte e distinto perché ho appoggiato il cellulare sulla tavola. Rileggo il nome sul display. Non può essere una coincidenza. Mi alzo lentamente e mi giro. Anche lui è in piedi che mi fissa, con il telefono ancora in mano. Schiaccio il tasto verde e sogghigno.
- Ciao, Luca! Passata la febbre? -

 
 
  

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Capitolo 8
*** Come fare soldi sfruttando il tuo migliore amico ***


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8. Come fare soldi sfruttando il tuo migliore amico
 



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{ALEX} 



Conosco l’espressione dipinta sul viso di Gabe: non mi piace per niente. Quella faccia significa guai in arrivo. Avrei dovuto capirlo già da quando si è presentato a casa zoppicando, che qualcosa era andato storto. Cioè, non che sia strano il fatto che abbia preso a calci il palo di un cartello stradale a piedi nudi, anzi… Queste cazzate le fa di continuo. La cosa che più mi preoccupa è che da quando è tornato, stranamente, non ha ancora rotto o sfasciato niente. Forse sarebbe stato meglio se l’avessimo ordinata la pizza, invece di andare a mangiare fuori.
- Alex? Qualcosa non va? - 
- No no, Ro. Tranquilla. Piuttosto, com’è lì il tempo? - 
- Magnifico. C’è sempre il sole. Domani mattina andiamo a visitare Notre-Dame e Saint-Chapelle… - 
- Chissà come sarai elettrizzata! - 
- Infatti. Non sto più nella pelle! -
- Emh, senti Ro… Adesso devo attaccare. Gabe deve andare in bagno e visto che zoppica un po’… - 
- Ok, non c‘è problema. Ci sentiamo domani? - 
Sorrido
- Certo. Beh, buonanotte Ro. Dormi bene - 
- Notte Alex. Un bacione a tutti - 
Appena Rory attacca, mi ritrovo a guardare Shavo e Seven che sghignazzano, mentre Gabe si è alzato e sta fissando il tizio che gli sta di fronte. Cazzo, questa non ci voleva. Stasera ci denunciano! 
- Gabriel! - lo chiamo. 
Lui nemmeno si gira.
- Tranquillo Zero, non c’è niente di cui preoccuparsi. Io e… Luca… dobbiamo solo parlare di una cosa. Usciamo fuori. Ci vorrà un secondo, vero? - dice, rivolto al coglione. 
Mi correggo. Stasera ci arrestano! Gabriel si avvia verso l’uscita, zoppicando leggermente, insieme al coglione, mentre i suoi amici li seguono con lo sguardo. I due ragazzi fanno per alzarsi, ma io sono più veloce e mi avvicino con calma.
- Non credo sia il caso di intromettersi. Il vostro amico è abbastanza grande per risolvere i suoi casini da solo - dico poggiando entrambe le mani sulle loro spalle.
I ragazzi si scambiano un’occhiata e si risiedono. Le ragazze se ne stanno in silenzio. Torno a sedermi e in quel preciso istante arriva il cameriere con le nostre pizze fumanti.
- Finalmente. Stavo morendo di fame! - 
Dario e Andrea scoppiano a ridere.
- Per fortuna sono andati fuori. Vi immaginate se ci chiedevano di pagare i danni? - 
- Ci toccava lavare i piatti per ripagare - scherzano i due.
Forse dovrei rilassarmi come loro, ma non riesco a stare tranquillo. Anche se non lo ha dato a vedere, Gabe era furioso. Non vorrei facesse qualche cazzata abnorme.
- Alex, stai soft! Miase sa quando è il momento di smettere - cerca di tranquillizzarmi Andrea, notando probabilmente la mia espressione preoccupata.
- Lo spero. In ogni caso gli do dieci minuti. Se non rientra, vado personalmente ad interrompere il match! -
- Ah ah, e come pensi di fermare l’incredibile Hulk, sentiamo… No, aspetta, non mi dire! Tu in realtà sei la dottoressa Betty Ross, vero? - 
- Lo sai che sei proprio un bastardo Dario? Mi basterà tramortirlo con una spranga di ferro! - 
- Se, così dopo ci tocca portarlo al pronto soccorso per un trauma cranico - si intromette Andrea.
- Se credete che Luca si farà menare così facilmente da quello zoppo del vostro amico, vi sbagliate di grosso! - sbotta acida una delle ragazze - Vedrete cosa gli combinerà! - 
Io, Shavo e Seven ci guardiamo in faccia, sorpresi e non riusciamo a trattenerci dal riderle in faccia.
- Non c’è niente da ridere. E quando avrà finito con lui, prenderà a botte anche voi! - 
- Il tuo amichetto pratica qualche sport di contrapposizione? - le chiedo curioso. 
- N… No… Solo calcio - 
- Fantastico! - fa Shavo, addentando la sua pizza - Miase praticava boxe, karate e kick-boxing… -
- E da bambino guardava Psycho - aggiungo orgoglioso.
- Scommetto che gli romperà tutti i denti! - comincia Dario.
- Per me gli spezzerà una gamba… - risponde Andrea.
- O magari un braccio… Scommetto dieci euro che gli spezza le braccia - continua Dario. 
- Shavo sei un morto di fame… Come puoi scommettere dieci euro contro il povero Luca… - fa Andrea.
- Esatto! Il tuo amico ha perfettamente ragione! Sei un mostro! - lo aggredisce la ragazza di prima.
- Devi scommetterne come minimo venti! Ecco! - termina Andrea, sistemando una banconota da venti sul tavolo - Scommetto venti che gli spezza le gambe… - 
- Fermi tutti! - faccio io, mettendo mano al portafogli - Scommetto trenta euro che gli rompe il naso! - 
- Affare fatto! - conclude Shavo, posando i soldi sulla tavola, accanto ai miei e a quelli di Seven. 
- Adesso mangiamo però, che altrimenti mi si fredda tutto! - 
I quattro ci guardano sconvolti mentre ci avventiamo sulle nostre pizze, affamati.

 



 

{GABE}



 

Dietro il locale c’è un’area isolata. Mi dirigo da quella parte mentre il coglione mi viene dietro. Appena arriviamo allo spiazzale, mi fermo e mi volto lentamente verso di lui. 
- Gabriel Rasmussen… Credevo fossi ancora in Germania - 
- A quanto pare mi conosci bene… - ghigno sarcastico.
- Dopo quello che hai combinato l’ultima volta, chi non ti conosce… - 
- Meglio così, significa che non dovrò perdere tempo con inutili minacce. Ora, visto che abbiamo finito con i convenevoli… - ma il bastardo mi interrompe.
- No -
- Come? - 
Il bastardo sorride malizioso.
- Già so cos’è che vuoi, e la risposta è no - dice, infilandosi le mani in tasca - Non sono stupido - 
Ma bene. Il coglione è più perspicace del previsto, ma non sa ancora con chi ha a che fare… 
- Chi era quella che a momenti mettevi incinta? - 
- La mia ragazza - 
Per il suo bene, spero di aver sentito male.
- E Milly allora, cosa sarebbe? - 
- Anche lei è la mia ragazza - 
- Oh, ma che bravo… Sei musulmano per caso? - 
- No, soltanto intelligente. A proposito, non ti conviene fare la spia perché non ti crederà! - 
- Non ci giurerei… - 
- Non ti crederà e lo sai perché? Perché l’amore rende cechi e lei è innamorata di me da quando andava alle medie. Rassegnati, non c’è competizione - 
- Tu sei un fottuto bastardo - dico, afferrandolo per il colletto della maglia con entrambe le mani.
- Non ti conviene neanche prendermi a pugni. Sono sicuro che ci tieni a fare bella figura con lei, vero? - 
- Stai tirando troppo la corda. Domani tu andrai da lei e le spiegherai per filo e per segno tutta la situazione o sarò costretto a farti molto male - 
Lui socchiude le palpebre, sorridendo.
- Così potrai approfittarne per consolarla? Mi dispiace, non ci sto! Non sono disposto a dare via così facilmente quello che è mio! - 
- Quello che è tuo? - ripeto incredulo.
- Hai capito bene, ho detto quello che è mio! E adesso lasciami andare - 
Lo mollo di botto e il bastardo cade a terra.
- Vedo che ci siamo capiti - dice, rimettendosi in piedi e scrollandosi la terra dai pantaloni. 
Lo lascio andare via, così? Non è da me, ma ha perfettamente ragione. Se io facessi una cosa del genere, dopo… 
- Sparisci! Muoviti! - 
Lo osservo andare via come se niente fosse. Ha vinto lui. Non posso fare niente. Non mi resta altro che stringere i denti e cercare di calmarmi.
- Ah, un’ultima cosa! - fa, voltandosi - Milly è molto… Come dire… propensa ad assecondare le richieste che le vengono fatte. Spero tu ne abbia approfittato stamattina… - 
Il pugno parte da solo. Lo centro in pieno, dritto sul naso. Il bastardo indietreggia, portandosi una mano alla faccia per cercare di fermare il sangue. Non mi sento ancora soddisfatto, ma non vale la pena impegnarsi per una simile nullità. 
- Non osare mai più fare un’affermazione del genere, perché la prossima volta non sarò così buono! Mai, ripeto, mai mettersi contro di me! Ah, un’ultima cosa! - lo imito, ghignando - Spero non ti sia passato l’appetito! -

 

 

 
{MILLY} 




 

Sono due ore che fisso il soffitto. Non riesco a dormire. La sveglia segna mezzanotte meno venti. Sarà sveglio? Mi alzo dal letto ed esco nel corridoio. La porta della camera da letto è accostata. Stringo forte la maniglia e prendo un respiro profondo. La spingo lentamente ed entro.
- Papà? Papà sei sveglio? - 
La luce sul comodino si accende e mio padre si gira verso di me.
- É successo qualcosa? - chiede preoccupato. Scuoto la testa avvicinandomi al letto.
- Solo… Volevo scusarmi… Papà, giuro che non succederà mai più una cosa del genere! - 
Papà mi sorride scostando le coperte e facendomi un cenno con la testa. Gli sorrido di rimando, saltando sul letto e infilandomi al calduccio accanto a lui. 
- Non ti ci abituare però, non hai più cinque anni - mi prende in giro, spegnendo la luce e sistemando meglio le lenzuola.
- Lo so, ma non per questo smetterò di essere la tua bambina… - 
- Guarda che ci conto! - 
E ridiamo entrambi. Sono contenta di aver fatto pace con papà. Non sarei riuscita a sopportare il suo silenzio per un giorno intero. Adesso che sono più tranquilla, posso finalmente scivolare nel mondo dei sogni.

 

 




{ALEX} 


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- Se avete finito, ce ne possiamo anche andare! - 
La voce dietro le mie spalle a momenti mi fa strozzare. Dario mi colpisce ripetutamente la schiena mentre Andrea mi passa un bicchiere pieno di birra che mando giù d’un fiato.
- Ma da dove cazzo sei uscito? - gli chiede Dario.
- Dall’uovo di Pasqua! - risponde Gabe, recuperando il pacchetto di sigarette e l’accendino dalla tasca della sua giacca di pelle - Andiamo? - 
- Hai già fatto? Sei stato troppo veloce… - 
- Mi piacciono le sfide interessanti. L’amico non era alla mia altezza… - 
Un rumore improvviso attira la nostra attenzione. La ragazza che stava insieme al coglione lancia uno sguardo fulminante a Gabriel, che ricambia con indifferenza, e si precipita fuori con le lacrime agli occhi.
- Stupida - sussurra a bassa voce - Piuttosto, questi sono i soldi del conto? - chiede con la sigaretta a fior di labbra, afferrando le banconote sul tavolo.
Andrea e Dario sbiancano guardandolo contare i soldi. Cazzo!
- Emh, Gabe… Ci penso io a pagare il conto, non preoccuparti… Piuttosto - dico facendo cenno agli altri di alzarsi e cominciare ad uscire, mentre gli sfilo i soldi dalle mani - Perché non ci racconti cos’è successo… - 
- Si si… Gli hai spezzato le braccia, vero? - 
- No, gli hai rotto le gambe? - 
- Niente di tutto questo. Gli ho solo rifatto il naso… -
- E lo sapevo! Sganciate! - esulto tirando un pugno sul bancone all’entrata, facendo sobbalzare la ragazza alla cassa.
Gabe mi lancia un’occhiataccia… Forse era meglio stare zitto.
Paghiamo il conto e usciamo dal locale. Gabe si accende la sigaretta e fa un tiro mentre noi tre cerchiamo di allontanarci il più possibile da lui.
- Dove stai andando, scheisse stück… - 
- Sta parlando con te, Zero! Noi non vogliamo sapere niente! - si defila Shavo, tirandosi dietro Seven.
Che bastardo! 
- Traditore infame! - gli grido dietro.
L’odore di fumo e la pressione sulla mia spalla mi suggeriscono che Gabe si trova proprio dietro di me. Adesso so cazzi… 
- Gabe, ti posso spiegare… - cerco di giustificarmi.
- Sgancia - sussurra lui.
- Co… Come? Non ho capito bene - 
- Ho detto sgancia. Ti ho fatto vincere la scommessa, quindi i soldi spettano a me - 
- E a me resta solo la gloria di aver vinto? - 
Gabe sorride.
- Tranquillo… Papà adesso ti da la paghetta - sfotte contando i soldi - Trenta ti bastano ? -
- Mi toccherà accontentarmi… - 
Alla fine mi ha ridato i soldi che avevo scommesso! Non riusciamo mai a fregarlo, cazzo!
Infilo i soldi in tasca e mi avvicino alla moto.
- Gabe? Sul serio gli hai solo rotto il naso? - gli chiedo a bruciapelo, infilando il casco.
- Stavo per lasciarlo andare ma il coglione ha voluto mettere alla prova la mia pazienza… - 
Povero lui… Non può nemmeno lamentarsi alla fine, visto che gli è andata anche fin troppo bene…
- Che cazzo vuole questa… - lo sento lamentarsi col cellulare in mano.
Salgo tranquillamente sulla moto e aspetto che riagganci.
Quando attacca, il suo viso è pallido. Getta la sigaretta a metà e sale sulla moto.
- Zero, stasera torno a casa… - 
È sicuramente successo qualcosa di grave. Glielo leggo negli occhi.
- Gabe, tutto bene? - 
Si passa una mano sulla fronte, sospirando.
- Era mia sorella… Lidia… - 
Non c’è bisogno che continui la frase per farmi capire.
- Sai dove trovarmi! - 
- Grazie Alex. Ora devo andare… - 
Mette in moto e parte a tutta velocità, infilandosi tra le auto per fare prima. La madre di Gabe non sta bene. Spero non sia niente di grave.




Scheisse stück: pezzo di merda

    

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Capitolo 9
*** Al centro commerciale puoi trovare di tutto… Anche il ragazzo bastardo della tua migliore amica! ***


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9. Al centro commerciale puoi trovare di tutto… Anche il ragazzo bastardo della tua migliore amica!




 

{GABE}

Non riesco nemmeno a parcheggiare la moto come si deve. Ricade sull’erbetta del prato facendo un fracasso infernale. Leck mich am arsch! Gli assesto un calcio con l’altro piede, quello che non mi fa male. Perché non me ne va mai una per il verso giusto?
Corro verso casa spalancando la porta. In cucina non c’è nessuno.
- Ari! Ari! Wo bist du? -
- Gabe! Mama … -
Mi precipito in salotto. Lei è distesa sul pavimento, immobile.
- Aveva detto solo un bicchiere. Solo uno… Era per farla stare meglio - dice mia sorella, scoppiando in lacrime.
- Cazzate! Come hai potuto essere così stupida da credere a questa puttanata? - mi ritrovo ad urlare contro di lei.
- Io… Io… É solo colpa mia se mama sta male -
- Cristo, no! - dico, correndo ad abbracciarla - Scusa, scusami… Non è colpa tua, ok? L’ho detto solo perché sono arrabbiato - continuo prendendole il viso tra le mani - Non piangere. Adesso sistemiamo tutto… -
Ari annuisce, asciugandosi le lacrime con il polsino della maglia.
Mi inginocchio accanto a Lidia. Le allento la cintura e slaccio i primi bottoni del colletto della maglia, poi le alzo le gambe, sistemandomi i talloni sulle spalle.
- Ari, vai in bagno e apri l’acqua della doccia. Deve essere gelata -
Seguo mia sorella precipitarsi fuori dalla stanza mentre aspetto che Lidia riprenda conoscenza. Appena vedo i suoi occhi aprirsi, mi alzo e cerco di tirarla su, cosa che mi risulta anche abbastanza difficile data la totale mancanza di collaborazione da parte del suo corpo.
- Stai in piedi! -
- Gabi, sei a casa… -
- Sta zitta, per favore… -
-
Schatz… - dice, cercando di carezzarmi la guancia.
- Nein - le blocco la mano prima che sfiori il mio viso.
- Gabe, l’acqua è pronta! - mi avvisa Ari, affacciandosi dal corridoio.
- Sto arrivando! -
Entro nel piccolo bagno al piano terra e faccio sedere Lidia sul marmo del piattello della doccia. Mentre le bagno il viso con l’acqua le sposto alcune ciocche bionde dalla fronte.
- Mama, va meglio? - le domanda Ari. Ha il viso pallido e gli occhi arrossati. Chissà quanto deve aver pianto per la paura. Ed è solo colpa sua! Come può questa donna essere tanto egoista ed irresponsabile…
- Ja, liebe… -
Ari sorride, rasserenata.
- Resta tu con lei, io vado a recuperare un’aspirina e un po’ d’acqua -
Esco dal bagno e mi dirigo verso la cucina. In uno dei cassetti accanto al frigo dovrebbero esserci i farmaci che assume regolarmente Lidia. L’ultima volta che ho controllato, c’erano anche le aspirine. E infatti eccole! Prendo la scatola intera e riempio un bicchiere d’acqua. Quando ritorno nel piccolo bagno, Lidia è poggiata con le spalle al muro e ha gli occhi chiusi, mentre Ari è seduta sul bordo della vasca, con le mani sulle ginocchia.
- Tieni, falle prendere questo - e ritorno in cucina. Metto sul fuoco un pentolino con l’acqua e sistemo una tazza sul ripiano della penisola. Nel frattempo che l’acqua si riscaldi, accompagno Lidia in camera da letto e lascio che Ari l’aiuti ad infilare il pigiama e le sistemi le coperte.
-
Ich liebe dich - le sussurra, posandole un bacio sulla guancia.
- Ari, ti ho preparato una tazza di camomilla. Resto io qui -
Ari annuisce e scende al piano di sotto. Io mi avvicino alla finestra e tiro le tende, lasciando che la luce della luna illumini la stanza.
- Gabi… -
- Ascoltami bene, perché non voglio più ripeterlo. Sei malata Lidia. L’alcol non ti aiuterà a guarire. Servirà solo a farti stare peggio, ma se proprio hai deciso di suicidarti, allora fallo da sola. Non provare mai più a coinvolgere Ari nelle tue porcate perché te la farò pagare! -
- E cos’altro potresti fare per ferirmi che tu non abbia già fatto… -
- Non sottovalutarmi… -
- Perché mi tratti così, sono pur sempre tua madre! - singhiozza Lidia e io non riesco più a trattenere la rabbia.
- Avresti dovuto pensarci sei anni fa, prima di lasciarci per una giornata intera sul ciglio di un marciapiede nel centro di Berlino, in pieno inverno, perché dovevi incontrarti con quel bastardo e dopo eri troppo ubriaca per ricordarti di venire a prenderci! -
- Hai ragione, ho sbagliato… Ma adesso sto cercando di rimediare. Non berrò più, lo prometto! -
Lo ha detto davvero? È patetica!
- Per favore, non farmi ridere! Sappiamo benissimo entrambi che non riuscirai a mantenere a lungo questa promessa! Non sono come papà o come Ari. Io ormai, non ci casco più! -
Non abbiamo nient’altro da dirci. Mi avvio verso la porta, lasciandola piangere.
- Stanotte resto a dormire qui - dico prima di uscire.
- Grazie -
- Lo faccio solo per Ari, dato che papà non c’è -

 

 

{MILLY}
 

Tre uova. No no, erano quattro!
- Come si dice cavallo in inglese? -
- Horse! -
Lo zucchero…
- E fattoria? -
- Farm -
La farina… Mi sembra di aver messo tutto. Ho seguito le istruzioni della signora Yole alla lettera questa volta!
- Sento puzza di bruciato! -
- Eh, cosa? -
- La torta! -
- Nooooo! -
Balzo dalla sedia e mi precipito a spegnere il forno.
- Ti prego, dimmi che sei ancora viva! -
- Mmmhhh, a giudicare dall’aspetto, credo che non ci sia più niente da fare… -
- La mangeremo lo stesso! -
- Credo di essere troppo giovane per morire. Infondo ho solo sette anni, ho ancora tante cose da fare! -
- Poppy! Poppy assaggerà di sicuro la mia torta, vero amore? - dico cercandolo con lo sguardo - Ma dov’è andato? -
Davide scoppia a ridere.
- Nemmeno lui vuole mangiare quest’orrore! - osserva, affondando una forchetta nel contenuto della teglia completamente carbonizzato.
- Si, si, ho capito! Non c’è bisogno di infierire ancora! Piuttosto, perché non finisci di fare i compiti? -
- Li ho finiti! -
- Di già? -
- Gli altri li avevo già fatti prima… -
- Che bravo che sei! -
- Mmhh… - borbotta, arrossendo - Io me ne torno dalla mamma! Ciao! -
- Ok. Salutamela! -
Bene, adesso con questa roba che ci faccio? Devo buttare tutto. Ma perché non mi riesce mai niente? Eppure questa era la terza volta… Quante altre torte dovrò buttare, prima di riuscire a farne una decente? Uff… Basta. Per oggi ci rinuncio! In fondo mancano ancora quattro giorni al compleanno di papà… Riuscirò di certo a preparare qualcosa di commestibile per quel giorno!
Butto tutto nell’immondizia e vado a farmi una doccia. Mi vesto e torno in salotto.
- Poppy? Vieni fuori! Non ti obbligherò a mangiare la mia torta, tranquillo! -
Da sotto il divano vedo sbucare la sua testolina con le orecchie flosce.
- Ma che codardo che sei! Comunque io sto uscendo. Fai la guardia come si deve ok? -
In risposta ricevo un sonoro sbadiglio. Ma bene! Oltre ad essere un codardo, è pure pigro… Mah! Fossi nata io cane… Scendo le scale due alla volta ed esco. Si sta bene fuori. Non fa freddo. Attraverso il cortile e mi incammino verso casa di Giorgio. Oggi a scuola era un po’ giù di morale. Sarà meglio che vada a vedere se si è ripreso, così ne approfitto per farmi accompagnare al centro commerciale. Comunque, scommetto che c’entra Ilaria… Quei due sono impossibili, sul serio! Si frequentano ormai tutti i giorni eppure non si accorgono di essere innamorati! O almeno credo che anche Ily sia innamorata di Giorgio… Magari potrei indagare un po’… Non per farmi gli affari loro, solo per vedere cosa pensano l’una dell’altro. Pensandoci bene, sarà meglio chiedere solo ad Ilaria. Se lo domandassi a Giorgio, negherebbe tutto. Si, sarà meglio fare così! Appena vedo Ilaria, le chiederò cosa pensa di Giorgio!
- Speravo passassi di qua! -
No! Non ci credo! Non è possibile! Ancora? Mi giro e lo ritrovo a soli pochi centimetri dal mio viso.
- Che cosa vuoi? - sbotto acida. Lui sorride.
- Volevo solo ridarti questo. Non ti serve? - dice, porgendomi il mio cellulare. Allungo la mano, titubante e lui lo lascia cadere sul mio palmo.
- Tranquilla, non ci ho fatto nulla! - mi assicura, guardandomi negli occhi. È molto pallido e sembra anche stanco. Forse non ha dormito… No, basta Milly! Ricordati cosa ha fatto! Questa volta non puoi perdonarlo!
- Bene, adesso che me l’hai restituito, me ne posso anche andare… -
- No, aspetta! -
Mi prende per un braccio e mi costringe a girarmi verso di lui. Ma non conosce nessun altro sistema per trattenere le persone? Sono stanca di essere sballottata continuamente a destra e a manca da lui!
- Che vuoi? - gli dico, forse in tono troppo brusco.
- Volevo solo… Io… -
- Adesso te la dico io una cosa! Luca mi ha raccontato quello che hai fatto! Sei un mostro! Ti sembra normale aggredire le persone all’improvviso, senza un motivo? -
Lui fa una faccia sorpresa, poi scoppia a ridere.
- Non ci posso credere - dice scuotendo la testa - E così è questo quello che ti ha raccontato? Non dirmi che gli hai creduto veramente! -
Mi fissa con i suoi occhi di una tonalità indefinita, tra il grigio e l’azzurro. Come mi fa arrabbiare lui, non ci riesce nessuno! Distolgo lo sguardo e concentro la mia attenzione sulla punta delle sue scarpe, stringendo i pugni.
- Lo sai che ha un’altra? Non te l’ha detto vero? -
- Che stai dicendo? E secondo te io dovrei credere ad una cosa simile? È assurdo! -
- Guardami in faccia! - fa, alzando la voce. Adesso basta, mi ha veramente stancato!

- Ti odio! Mi hai derubato, hai picchiato il mio ragazzo, mi hai costretta a marinare la scuola e ho anche litigato con mio padre per colpa tua! Che altro vuoi da me? - 
- Non l'hai ancora capito? Io voglio te! - dice, cercando di abbracciarmi.

- No, lasciami! Non voglio! -
Realizzo quello che ho fatto solo quando lo vedo portarsi una mano sul segno rosso che fa bella mostra sulla sua guancia. Gli ho dato uno schiaffo? Non avevo mai colpito nessuno prima… Non so cosa mi sia preso…
- Io… Io… Scusa, io… - balbetto, facendo un passo verso di lui, che si allontana da me. Aspetta, dove vai? Non andartene!
- Se questa è la tua risposta, non ti darò più fastidio! -
No, no, aspetta.
- Gabriel, io… -
- Stai zitta! Non ho bisogno della tua compassione! -
Lo guardo andare via, con le mani nelle tasche e la testa abbassata. Che cavolo ho combinato!
- Gabriel! - grido, correndogli dietro ma appena svolto l’angolo, lui non c‘è già più.

 

 

 

{GIORGIO}
 

Non c’è niente da fare, non riuscirò mai a capire come abbia fatto Dante ad innamorarsi di Beatrice e a continuare ad amarla senza averle mai parlato! Non che io sia a questi livelli, ma se continuo così, molto presto farò la sua stessa fine e a… Non so, vent’anni? A vent’anni mi ritroverò peggio di lui, chiuso in camera a scrivere stronzate su quanto sia bella Ilaria, aspettando invano che lei si decida ad accorgersi che esisto anche io! Chiudo gli occhi ed alzo al massimo il volume della musica, concentrandomi sulle parole della canzone.

And I have left alone
Everything that I own
To make you feel like
It’s not too late
It’s never too late

Even if I say
It’ll be alright
Still I hear you say
You want to end your life
Now and again we try
To just stay alive
Maybe we’ll turn it around
‘Cause it’s not too late
It’s never too late

Perché mi sento come se mi si fosse seduto un cinghiale sullo stomaco? Mamma mia… Mi correggo. Mi sento come se due cinghiali si stessero accoppiando sul mio stomaco. Cristo santo, ma che cavolo è? Apro gli occhi e mi ritrovo a fissarne un paio castano dorato.
- La smetti di saltarmi sullo stomaco! - dico, togliendomi le cuffie.
- Tu non ti svegliavi… Cosa stavi ascoltando? -
Milly si sdraia completamente su di me, afferrando il mio cellulare.
- Never too late? Joie de vivre, jump on me! Giorgio, sei più depresso di quello che credevo! -
- Ah ah… Ti dispiace alzarti? -
Mi giro su un fianco e Milly cade giù dal letto.
- Mi sono fatta male! - sbotta, massaggiandosi la testa.
- Che hai? Sembri strana. Hai litigato con qualcuno? -
- Eh? No no. Piuttosto, devi accompagnarmi al centro commerciale. Vorrei regalare una camicia a mio padre e mi serve un parere maschile! -
- E perché non lo chiedi a Luca? -
- Perché doveva giocare una partita importante! -
Che strano. Non ricordavo che oggi ci fosse qualche partita in programma a scuola. Mah, mi sarà sfuggito. Milly si alza da terra e comincia a frugare nel mio armadio.
- Tieni, vestiti! - dice lanciandomi un paio di jeans e una felpa.
- Perché così non vado bene? -
- Se vuoi uscire in mutande fai pure! -
- Come la signora comanda! - la stuzzico prendendo i vestiti e andando in bagno.
Faccio una doccia veloce e mi vesto. Milly è in cucina, che giocherella con il suo bicchiere di tè. Ha lo sguardo assente. Questo fatto non mi quadra. Mi sta nascondendo qualcosa ma non capisco perché non me ne voglia parlare.
- Mil, andiamo? -
- Ah, si! Arrivo! -
Il centro commerciale non è molto affollato. Milly è stata in silenzio per tutto il viaggio, continuando a sospirare.
- Secondo te quale gli starebbe meglio, la blu o la bianca? - mi domanda, cercando di sorridere.
- La bianca! -
- Si, lo credo anche io! Allora prendiamo questa! - fa rivolgendosi alla commessa del negozio. Appena usciti, ci sediamo su una delle panchette di marmo.
- Milly, si può sapere cosa c’è che non va? -
- Niente… É solo.. - sospira - Hai parlato con Luca? -
- Si, certo! -
- E cosa ti ha detto? -
- Che sei la sua unica fonte di ispirazione, nonché gioia della sua vita! -
- Lo sapevo - sussurra, sospirando ancora - Facciamo un giro così posso dare un’occhiata alle vetrine? -
- Ok, per questa volta va bene. Basta che la smetti di fare quella faccia da funerale! -
- Meglio? - domanda, facendomi un sorriso di quelli che sa fare solo lei.
- Così mi piaci! -
- Guarda! Da Pam & Viky ci sono i saldi! Andiamo! -
- Si si, però non mi tirare! -
La osservo sbirciare tra i vestiti, con la sua solita aria allegra. Finalmente sembra essere tornata quella di sempre.
- Come mi sta? - fa, cercando di tenere contemporaneamente la busta con il regalo per suo padre e il vestito sui fianchi, con il solo risultato di far cadere entrambe le cose.
- Perché non lo provi? Se ti piace, te lo regalo! -
- Oh, dai, non potrei mai accettare! -
- Se non lo accetti mi offendo! Facciamo finta che sia una sorta di regalo di compleanno anticipato! -
- Giò, il mio compleanno è a novembre! Siamo appena a marzo! -
- Beh, questo è un particolare che può essere trascurato! -
Milly scoppia a ridere, divertita.
- Ok, mi hai convinta. Però vieni a farmi compagnia! - dice, tirandomi verso i camerini. Mi siedo su uno dei divanetti, aspettando che Milly si provi il vestito.
- Come sto? - mi chiede, aprendo la tenda del camerino.
- Sembra sia stato cucito su misura per te! - rispondo, osservando le cuciture argentate sul petto del vestito nero - Ti sta benissimo! Vieni a vederti! -
- Non mi stai prendendo in giro, vero? - dice titubante, infilandosi le scarpe.
- Stupida! Vieni a vederti! -
La tiro verso di me e la sistemo di fronte allo specchio.
- Guarda! Sei bellissima! Luca rimarrà a bocca aperta quando ti vedrà! -
- Già! -
Sbaglio o era delusione quella che ho sentito nel suo tono di voce? Ok, adesso è ufficiale. Io e Milly dobbiamo discutere di un paio di cosette! Di chi si sta innamorando in primis!
- Milly… -
- Giò, guarda! Ci sono Miriam e Faby! -
- Non sapevo che Faby avesse un ragazzo! -
- Nemmeno io! -
- Chissà chi è… -
- Beh, se sta di spalle non lo scopriremo mai. Ora la chiamo! Faby… ! -
- Non credo ti abbia sentita, siamo troppo lontani ma… -
Ditemi che quello che sto vedendo non è reale. Ditemi che quello che sto vedendo è solo uno scherzo. Avverto la presa insicura di Milly sul mio braccio e chiudo gli occhi. Purtroppo non si tratta di un sogno!
- Giorgio, si stavano… Baciando, vero? -
Vedo Miriam venire in direzione dei camerini con alcuni vestiti su un braccio, seguita da Faby e da quel bastardo. Afferro Milly per i fianchi e la spingo nel suo camerino, chiudendo la tenda. Le risatine di Miriam e Faby sono inconfondibili. Poi si aggiunge anche la sua voce e a quel punto non posso più sbagliarmi. È proprio lui.
Stringo con forza il tessuto arancione della tenda, furioso. Un singhiozzo soffocato mi costringe a voltarmi. Milly scivola lentamente lungo la superficie dello specchio, finendo a terra. Sta piangendo. Sembra un fiume in piena. Le lacrime le attraversano le guance, cadendo sulla moquette marroncina del pavimento.
- Milly… -
- Che strano, vedo tutto appannato. Deve essermi entrato qualcosa nell’occhio! -
Mi siedo accanto a lei e la stringo forte al petto, lasciando che pianga in silenzio, mentre ascolto con rabbia i commenti di quelle due stronze e i suoi. Luca, questa te la farò pagare, stanne certo!

 

 

Leck mich am arsch! : vaffanculo!
Wo bist du? : dove sei?

Mama : mamma, però in tono affettuoso, sarebbe come dire mami o simili
Schatz : tesoro

Nein : no
Ja, liebe : si, amore

Ich liebe dich : ti voglio bene

La canzone è Never too late dei Three Days Grace

Joie de vivre, jump on me! : Gioia di vivere, saltami addosso!

 

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Capitolo 10
*** Come liberarsi momentaneamente dei cattivi ricordi. Alcol: istruzioni per l'uso ***


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10. Come liberarsi momentaneamente dei cattivi ricordi. Alcol: istruzioni per l'uso






{GIORGIO}



- Ho fatto il prima possibile! Com’è la situazione? -
- Giudica tu stessa! -
Ilaria mi segue in salotto.
- AH… Sigh… GIIIIIINEVRAA… Sigh… Comeee hai potuto faaaaaarmi questo… Sigh… Lancillotto… Illooottto… ti creeeeedevo il mio… Sigh… AMIIIICOOOOOO! Traaaaaaditori! - 
Ilaria mi guarda sconvolta mentre Milly continua a delirare, seduta in mutande, a testa in giù sul divano.
- Crede di essere re Artù! - le spiego.
All’improvviso Milly si alza, ma inciampa nei sui stessi piedi e finisce gambe all’aria.
- LUUUCEE DEII MIEI OCCHiiii!!! Sigh… Sigh… Vieni quaaaaa… Sigh… CHE TE LA faaaaccio vedere io la… Sigh… Sigh… LUUUUCEEEEEEE!!!! Io TI A… C... Sigh… CECOOOO!!!! - 
- Emh, Milky? - la chiama Ilaria, avvicinandosi a lei, mentre io rimango appoggiato allo stipite della porta.
Sigh… Sigh… La FEEEETTAAAAAA del… Sigh… Laacoooooo!!! Oh, asp… aspèèèèttaaaaa!!! Lago! Lago!!! Ginevra è FUUUUGGIIIIIITAAAAA…Sigh… Con LANCIIIIILLOOOOTTOOOO!!!! E AAARTùùùùù…. Sigh… É rimasto fregato! -
Ilaria si passa una mano sulla fronte, poi dà un’occhiata alle bottiglie vuote sul tavolo.
- Giorgio, ma quanto ha bevuto? - 
- Mezza bottiglia… Le altre tre sono mie - 
- Non mi dire che anche tu volevi bere per dimenticare! - 
Sorrido.
- No, io ho bevuto per tenerle compagnia! Comunque, ho tentato di infilarle il pigiama ma non sono riuscito a tenerla ferma per più di due minuti! - 
- E lo credo! Le ha dato subito alla testa a quanto vedo! - 
- GAAALEEEEEOOTTOOOOO FUUUU… Sigh… IL LIIIBROOOOOO!!!! - 
- Ma sentila, ora cita anche Paolo e Francesca! Milky, alzati! - 
- ILAAARRIIIIIII… Sigh… AAAAA… Viiiiiieniiii quaaa!!! -
- Vengo, vengo, ma tu… Cerca di parlare piano, ok? Grida a bassa voce! - 
- Peeeeerché dobbiamo gridareeee… Sigh… Sigh… A bassa vooooce… COOOSìììììì non VA BENEEEE?????? - 
- Ssssshhhhhh! - fa Ilaria, tappandole la bocca con la mano - Dobbiamo parlare piano perché… Perché ho mal di testa! - 
- Tiiiii… Fa… Sigh… Sigh… Maleeee la testaaa!!!! Giorgiiiiiooooo prendiiiii laaaa m… mediiiicinaaaa che a Ilaria faaa maleee la teeestaaa!!!! - 
Io e Ilaria scoppiamo a ridere.
- Nooooon riiiiidete… Sigh… Io sono moooltooooo tristee! Ilaaria, facciamo una preghiera insiemeeee!!! -
- E per cosa dobbiamo pregare? - 
- EEE tuuu pregaaa… Ioooo diiiicooo la preeeghieraaaaaa!!!! Alloraa… Caaarooo Dioo… Sigh… Tu che seiii sempre buono e miiisericordioosooo… Alloraaa… Sigh… Sigh Chiunque tu siaaaaaaaa, fammi un piaaaaaaaacere... Sigh sigh... Castralooooooooooo!!! IMPEDISCIGLI DI DIVENTARE PADRE!! - 
Se non l’avessi sentito, non ci avrei mai creduto. 
- Ok, è ufficiale! Per Milky mai più alcol! Ne va della nostra salute mentale! - riesce a dire Ilaria tra una risata e l’altra, tenendosi la pancia. 
- Ilariiiiia, ti viiiiiiibra tuuuuuutto!!!! - 
- Deve essere il cellulare! - dice, controllando il display.
- Sono i tuoi? - le domando, sperando con tutto il cuore che si tratti di sua madre o suo padre.
- No, purtroppo è Marco! - 
- Maaaaaarco… Sigh…. Marcoooooo! Cheeee vuole queeeello sceeeemoooo! Tuuu deeevi stareee seeeempre con me… Sigh… Perché tuuuuu seiiii l’unicaaaaa veraaaa amicaaaaaa che hoooooo!!! - 
- Non preoccuparti Milky, l'ho mandato a quel paese! Per fortuna ho capito in tempo che quello aveva in mente solo pagina 327 del libro di anatomia! - 
Chissà per quale motivo, ma guardando la faccia di Milly, avverto lo strano presentimento che dirà qualche emerita cazzata!
Sigh... Sigh... Brava Ilaria! Sigh... La tua virtù deve essere... Sigh... Emh... Devi darla solo a Giorgio! - 
Ecco, lo sapevo! Io la uccido stasera! Non ho il coraggio di guardare in faccia Ilaria. Magari se non reagisco, possiamo fare finta che Milly non abbia detto niente. Nella stanza c’è un silenzio di tomba. Non si sente una mosca volare. Che faccio? Pensa Giorgio! Dì qualcosa di sensato per aggiustare la situazione!
- Chiiiii è moooooortooo? - 
Benedetta Milly che ti sei ubriacata!
- Paaaaaarlateeeee! -
- Che ne dite se ci vediamo un film? - 
- Magari è il caso che Milky si metta qualcosa addosso prima. Non può certo continuare a girare mezza nuda per casa tua! - 
- Ci pensi tu? - 
Ilaria annuisce e mi sorride.
- Tu intanto scegli il film! - 
- Ok! - 
Quel sorriso non mi convince per niente. Che cavolo di casino! Se poi dopo Ilaria mi chiede qualcosa? Che dovrei fare? Negare tutto mi sembra la cosa più sensata. Non voglio che lei si comporti in modo diverso con me, solo perché mi piace.

 

{MILLY}
 

 

Che mal di testa incredibile. Mi sembra di avere un martello pneumatico nel cervello. Faccio un respiro profondo e riconosco immediatamente il profumo di talco. Questa è la camera di Giorgio. Cerco di tirarmi su, ma mi risulta molto difficile. Mi sento un bel po’ stordita. Credo di aver bevuto decisamente troppo, ma in quel momento mi è sembrata l’unica soluzione. Il ricordo di Luca e Faby… Fa troppo male… Non voglio piangere ancora, solo che è più forte di me. Tanti anni sprecati… E alla fine ho capito che in realtà non ho mai conosciuto veramente la persona di cui ero innamorata, né tantomeno chi credevo fosse mio amico. Miriam e Faby mi hanno tradito. Luca mi ha tradito! Chi mi è rimasto? Esco dalla stanza, asciugandomi gli occhi con la manica del pigiama e mi avvio verso il salotto.
- Giorgio? -
- Milky! Che succede? -
- Ilaria… Posso stare qua con voi? -
- Certo… Fai piano che Giorgio si è addormentato! -
Faccio il giro del divano, mentre Ilaria mi fa spazio e solleva la coperta. Mi sdraio accanto a lei e mi accoccolo sul cuscino mentre mi copre, aggiustando il plaid. Giorgio è sull’altro divano che dorme, con un braccio sulla fronte e l’altro penzoloni. Doveva essere molto stanco se si è addormentato così.
- Milky? - sussurra Ilaria - Mi dispiace per quello che è successo… Voglio solo farti sapere che sono veramente tua amica, anche se ci conosciamo da poco tempo. Io tengo veramente a te, ok? -
- Grazie Ilaria. Anche io tengo molto alla nostra amicizia. Spero che resteremo amiche per sempre -
Ilaria mi da un bacio sulla guancia e sorride, mentre io mi addormento di nuovo.
Du bist meine beste Freundin, Milky! - mi sussurra all’orecchio, ma sono troppo stanca anche io per chiederle cosa significhi.

 

 

{GABE}
 

- Gabe? -
Alzo la testa dal libro e mi giro verso Alex.
- Che vuoi? -
- L’ora è quasi finita e tu hai sonnecchiato per tutto il tempo -
- E allora? -
Alex fa una faccia strana.
- Niente niente
 Torna a dormire -
Abbasso di nuovo la testa e chiudo gli occhi. All
improvviso qualcosa si fa spazio nella mia mente, come se si fosse accesa una lampadina.
- Porca troia maledetta! - dico saltando in piedi. Tutti si voltano a guardarmi.
- Ma buongiorno anche a te Gabriel e ben tornato! Come è stato il soggiorno in Germania? Colgo l’occasione per ringraziarti dato che per merito tuo anche Alex si è degnato di ritornare a scuola -
E vaffanculo al mondo intero. Io odio quest’uomo. La campanella suona e tutti raccolgono le proprie cose e se ne vanno, mentre il maledetto mi fissa con quella sua espressione indefinita.
- Alex, potresti avviarti? Avrei qualche parola da scambiare con il tuo amico se non ti dispiace! - 

Alex mi guarda con aria interrogativa. Gli rispondo con un cenno del capo e lui si avvia.
Il prof aspetta di rimanere solo con me, chiude la porta e si appoggia alla cattedra.
- Il tuo ultimo compito non è stato per nulla soddisfacente! -
Perchè devo incazzarmi sempre come una bestia quando quest’uomo apre bocca? Qualcuno cortesemente, potrebbe darmi una risposta?
- Mi ha dato un sette all’ultima verifica! Cosa non ha trovato di suo gradimento? -
- Non usare quel tono con me, Gabriel. Io non sono la professoressa Rossini! -
- Ma che peccato! - rispondo sarcastico. Adesso ti faccio vedere io, stronzo!
- Non sprecare energie preziose, non mi farai perdere la pazienza. Io credo molto in te. So che puoi fare di più, ma c’è qualcosa che ti blocca. Forse la tua situazione familiare ti crea dei disagi e per questo cerchi di sfogarti facendo il teppista a scuola o marinando le lezioni… -
- Mi sta dando del disadattato? -
- Non ti sto dando del disadattato. Voglio solo farti capire che magari potresti parlarne con qualcuno. Potresti sfogare la rabbia in qualche attività costruttiva. Una mia cara amica fa la psicologa, potrei accompagnarti da lai qualche volta. Non adesso… Magari quando sarai pronto… -
Scoppio a ridere…
- Non ci posso credere. Vuole mandarmi da uno strizzacervelli! -
- Potrebbe aiutarti molto -
- Io non ho bisogno dello strizzacervelli! - grido. Sto perdendo il controllo. Maledizione! Afferro lo zaino e cerco di uscire dall’aula ma lo stronzo mi blocca.
- Lo vedi che ho ragione? Tu non hai il coraggio di ammettere che hai dei problemi. Guardiamo in faccia la realtà. Ti credi tanto in gamba, tutti ti ammirano ma si tengono lontani da te, le ragazze ti trovano bello… La verità è che sei un vigliacco che rifiuta di ammettere i propri problemi! Hai diciannove anni ma in fin dei conti sei solo un ragazzino viziato con problemi caratteriali e difficoltà a gestire la rabbia! Questo è Gabriel! Nient’altro che un moccioso arrabbiato col mondo intero perché non riceve abbastanza attenzioni da… -
Non fa in tempo a finire la frase perché gli assesto un pugno in piena faccia, facendolo ricadere all’indietro sulla cattedra. Non so nemmeno io perché l’ho fatto. Non ci ho più visto e l’ho colpito.
- Adesso ti senti soddisfatto? - mi chiede col sorriso sulle labbra. Brutto stronzo, che hai da sorridere? Ti ho tirato un cazzotto! Sei il mio professore! Sospendimi! E invece non fa niente. Si alza, recupera i suoi libri e si avvia tranquillo verso la porta. Prima di uscire mi passa una mano tra i capelli, scompigliandoli.
- Bel gancio destro, comunque! - e se ne va. No, io quest’uomo proprio non lo capisco!

 

 

 

{MILLY}
Oggi a scuola è stata una tragedia. Ho cercato in ogni modo di evitare tutti i contatti con Faby e l’ho ignorata tutto il giorno. Stessa cosa ho fatto con Miriam. Ma quando ho visto Luca che veniva verso di me, non ce l’ho fatta e me la sono data a gambe. Sono proprio una vigliacca! Non ho il coraggio di affrontare le situazioni! Vorrei essere più forte! Uff… Ho perso per l’ennesima volta l’autobus! Adesso mi tocca farmela a piedi fino a casa… Non ho neanche l’mp3 oggi! Uffa, uffa, uffa! Cammino per strada, concentrandomi solo sull’asfalto del marciapiede, senza badare a ciò che mi sta in torno. All’improvviso vado a sbattere contro qualcosa, o meglio qualcuno, e cado a terra.
- Tutto bene? -
Un ragazzo tende la mano verso di me. Capelli biondi, jeans sfilacciati all’altezza del ginocchio, Nike e profumo di buono. Afferro la sua mano e, non appena riesco a tirarmi su, mi stringo forte a lui, aggrappandomi alla sua maglia.
- Avevi ragione e non ti ho creduto! Perdonami, ti prego… - riesco a dire, ma lui mi allontana. Perché? Forse è ancora arrabbiato per lo schiaffo?
- Gabriel… -
- Scusa signorina, ma io mi chiamo Vic… Devi avermi scambiato per qualcun altro… -
Non è Gabriel… Oddio, che figura di…
- Su su, non fare così… Non piangere! - dice abbracciandomi - Il tuo fidanzato è proprio un tipo fortunato ad averti tutta per sé… -
- Scusa… -
Sono patetica! Adesso scoppio a piangere anche davanti agli sconosciuti.
- Vic, si può sapere cosa cavolo hai fatto a questa povera ragazzina? -
- Ele, perché dai sempre per scontato che sia stato io a fare qualcosa! -
- Perché di solito è così! Tieni tesoro! -
Una ragazza con lunghi capelli castani e occhi neri mi allunga un fazzoletto.
- Hai degli occhi stupendi! Non piangere più! - dice accarezzandomi la testa - Io sono Eleonora Mercalli ma puoi chiamarmi Ele, mentre lui è Vittorio Bianchi! -
- Per gli amici Vic! -
Ora che lo guardo meglio, non assomiglia per niente a Gabe. I suoi capelli sono troppo chiari e i suoi occhi sono castani. E anche il loro profumo non è per nulla simile. Ho preso proprio un abbaglio enorme!
- Io sono Milena Parisi… - rispondo, mentre lei mi stringe la mano sorridente.
- Bene Milena. Mi piaci! Sei simpatica! -
- Dici sul serio? -
- Noi non diciamo mai bugie! - risponde Vic, sorridendo.
- Stavi andando a casa? - comincia Ele prendendomi sotto braccio e avviandosi.
- Si… -
- Ti accompagniamo noi! Dove abiti? -
- Sempre dritto! -
- Anche noi dobbiamo fare quella strada! Vic, muoviti! -
- Un momento! - grida lui, raggiungendoci.
- Oggi pomeriggio sei impegnata? Vorrei che venissi a vedere i miei quadri. Mi farebbe molto piacere! -
- Tu dipingi? -
- Certo! Io e Vic frequentiamo un istituto d’arte! -
- Sai Mil, Ele è una vera artista! Pensa che per la mostra di oggi verranno esposti tutti i suoi lavori! - mi informa Vic, sfilandomi lo zaino e sistemandoselo sulle spalle.
- Ma allora sei bravissima! -
- Beh, ora non esageriamo! Diciamo che faccio del mio meglio! - risponde, arrossendo leggermente.
- Ma voi due state insieme da molto? - chiedo poi a bruciapelo.
Entrambi sorridono.
- Dai tempi dell’asilo! - ridacchia Vic, allungando un braccio e tirandole i capelli.
- Ma è tantissimo tempo! -
- Già non dirlo a me! Non sai quante volte ho cercato di sbarazzarmi di lui!
- Ma ancora non ci sei riuscita! - ribatte Vic, mentre noi scoppiamo a ridere. Questi due ragazzi sono davvero simpaticissimi. Arrivati davanti casa mi salutano, dandomi appuntamento per le cinque.
- Veniamo a prenderti noi! - grida Ele, dall’altro lato della strada, prima di seguire Vic, mano nella mano. Ora mi sento decisamente meglio! Non avrei mai pensato che per strada si potesse incontrare gente del genere! Corro per le scale e mi precipito in casa.
- Ahi! Sara, fai piano! -
- Non muoverti Riccardo! Sei peggio di un bambino! -
La scena che mi trovo a guardare è degna di un premio Oscar! Papà con le lacrime agli occhi , si lamenta peggio di un bambino, mentre Sara cerca di medicarlo.
- Ah, finalmente sei arrivata! - fa Davide, tirandomi per la maglia.
- Ma cosa è successo? -
- Non lo so! Facciamo qualcosa da mangiare che ho fame! -
Seguo Davide in cucina e prepariamo dei panini. Poi ci sediamo sul divano e cominciamo a mangiare guardando la televisione.
- Riccardo Parisi, vuoi deciderti a stare fermo! Come faccio a medicarti se continui a fare i capricci! -
- Ma brucia! -
Mi sento decisamente di troppo qui. Però sono davvero carini.
- Posso dire una cosa? - fa Davide addentando il suo panino.
- Certo amore, dimmi tutto! -
- Vorrei restare il piccolo di casa, quindi dite alla cicogna di non presentarsi con altri bambini, perché non le apro! -
Papà e Sara si irrigidiscono immediatamente, arrossendo mentre io a momenti mi strozzo con un boccone.
- Milly, bevi! - grida papà mentre Davide mi allunga un bicchiere d’acqua.
- Davide! Ma come ti vengono in mente certe idee! Io e Riccardo siamo solo amici! - dice Sara, in evidente imbarazzo.
- Si si… Solo amici! - ribatte Davide.
- Emh, scusate! In tutto questo, potrei sapere cosa è successo? -
- Uno degli studenti di Riccardo l’ha preso a pugni! - spiega Sara, sistemando un cerotto enorme sul naso di papà.
- Beh, veramente le cose non sono andate proprio così, però… -
- Papà, da quando hai cominciato a fare a botte con i tuoi allievi? -
- Secondo me è perché si è innamorato della mamma! - infierisce Davide mentre tutti e due lo richiamano di nuovo, rossi in viso. Mah, è proprio vero che l’amore non ha età!




Du bist meine beste Freundin : Sei la mia migliore amica

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Capitolo 11
*** Scoperte inaspettate... ***


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11. Scoperte inaspettate…

 

 

 

{MILLY}
A giudicare dal colore del cielo, credo siano più o meno le sette di sera. Non mi sono neppure accorta del tempo che passava, talmente ero presa dai quadri di Ele. Tra tutti quelli esposti, i suoi sono quelli che mi hanno colpito maggiormente. Erano meravigliosi, per non parlare del modo in cui ha usato i colori…
- Mil, allora, ti sono piaciuti i miei quadri? -
- Certo! Sono fantastici! -
- Quanto entusiasmo! - ridacchia Vic - A quanto pare hai appena trovato la tua prima ammiratrice affezionata, Ele! -
Ele mi sorride, sistemandomi il colletto della camicetta, proprio come farebbe una mamma premurosa.
- Se ti fa piacere, appena organizzano un’altra mostra con i nostri lavori, te lo faccio sapere. Magari potresti venire con i tuoi amici… -
- Certo! Mi farebbe davvero piacere! - rispondo ricambiando il suo sorriso.
- Sentite - fa Vic, posizionandosi tra noi due e poggiando entrambe le braccia sulle nostre spalle - Io avrei una certa fame. Perché non andiamo a mangiare qualcosa? -
- In effetti anche io avverto un certo languorino. Se non sbaglio dovrebbero aver aperto un nuovo takeaway accanto alla gelateria. Andiamo a provarlo? -
- Perfetto. Mil, tu vieni con noi! Stasera offro io - dice Vic, facendomi l’occhiolino.
- Veramente io… -
- Non puoi rifiutare! Altrimenti ci offendiamo! -
- E va bene -
- Perfetto! Andiamo allora! -
Il buon umore di Vic e la simpatia di Ele riescono a coinvolgermi in modo sorprendente. Da quando siamo usciti, non ho fatto altro che continuare a ridere, causa le sorprendenti battutine di Vic, inventate al momento. Appena giriamo l’angolo, un delizioso profumino stuzzica il mio appetito e lo stomaco comincia a brontolarmi paurosamente.
- Ragazze, voi sedetevi pure. Al resto penso io - avverte Vic, entrando nel locale.
- Mi domando perché lo definiscano takeaway se poi fuori ci sono anche i tavoli per sedersi -
A quella constatazione di Ele, non posso fare a meno di scoppiare a ridere, seguita immediatamente da lei. Chiacchieriamo del più e del meno prima che arrivi Vic con un cartone per le pizze enorme e alcune lattine di coca-cola sotto al braccio. Ele apre il cartone e lo sistema davanti a me.
- Scegli pure quella che ti piace di più. Noi non abbiamo preferenze! -
- Grazie! - dico, afferrando una fetta di pizza con formaggio e prosciutto. Vic apre una lattina e mi versa la coca-cola in un bicchiere.
- Mangia tutto quello che vuoi e non fare complimenti! -
La compagnia di questi due ragazzi è davvero piacevole. Hanno sempre qualche argomento interessante di cui discutere o una battutina divertente da fare. Sono veramente fantastici. Mi ricordano molto Giorgio e Ilaria! Che poi, a questo proposito, non vorrei sbagliarmi ma mi è sembrato che all’uscita da scuola Ilaria stesse aspettando proprio Giorgio. Chissà che non sia accaduto il miracolo!
- Ma guarda te quello come sta conciato! Pure a piedi è rimasto! -
Io ed Ele ci giriamo nella direzione in cui è rivolto Vic, curiose. Un ragazzo messo piuttosto male cammina dall’altro lato del marciapiede, spingendo il suo motorino.
- Scusatemi, torno subito… - dico, poggiando la mia fetta di pizza sul cartone e alzandomi.
- Fai con comodo - mi bisbiglia Ele prima che io mi allontani dal tavolo.
- Grazie -
- Di nulla -
Attraverso la strada e mi avvicino al ragazzo che, nel frattempo, ha poggiato il motorino ad una panchina e si è seduto. Vedendomi, si alza e fa alcuni passi verso di me, fissandomi con i suoi meravigliosi occhi color nocciola.
- Milly - sussurra, cercando di sorridermi.
Ha diversi lividi sulla faccia, il labbro spaccato e i vestiti sporchi. I capelli castani, sempre sistemati alla perfezione, gli ricadono in ciocche disordinate davanti agli occhi, mentre sul naso fa bella mostra un enorme cerotto. Vorrei abbracciarlo, ma il mio corpo proprio non ne vuole sapere di muoversi e per di più il cuore sembra essersi fermato.
- Milly - ripete, avvicinandosi di più a me e sfiorandomi la guancia con il dorso della mano - Io… -
- Ti fa molto male? - riesco alla fine a domandargli, spostando la sua mano dal mio viso.
- Credo di aver capito il motivo per cui continui ad evitarmi -
- Non cambiare discorso -
- Scusami - risponde lui, abbassando la testa.
- É stato Giorgio a ridurti così? -
- Milly, io… -
- Non posso costringerti a ricambiare i miei sentimenti ma avrei preferito saperlo fin dall’inizio, piuttosto che essere presa in giro in questo modo -
Luca alza di scatto la testa.
- Ma non erano bugie… - mi urla.
- Non gridare - lo richiamo. La mia voce è talmente inespressiva da farmi dubitare di essere stata io a parlare.
- Non erano bugie - ripete Luca cercando di moderare il tono di voce.
- Ah, no? -
- No. L’avevo già capito da quella volta in piscina che tu… Ma poi è arrivata Faby e io… Mi dispiace così tanto - sospira.
Stranamente riesco a mantenere il controllo. Non ho voglia neanche di piangere. Credo di aver già esaurito le mie lacrime per lui. L’unica cosa che provo in questo momento è solo un forte senso di apatia.
- Non dire che ti dispiace. Non so che farmene delle tue scuse, quindi risparmiamele -
- Si, certo… Hai perfettamente ragione… - sospira - Immagino che queste siano le battute finali - cerca di scherzare, ma la mia mancata reazione lo costringe a tornare serio.
- Posso… - dice, facendo un altro passo verso di me e tendendo le braccia - Posso abbracciarti l’ultima volta? -
La sua richiesta mi lascia senza parole. Non so cosa rispondergli così rimango immobile mentre le sue braccia mi circondano e lui mi stringe a sé, probabilmente per l’ultima volta, proprio come ha detto lui.
- Spero che un giorno potrai perdonarmi per quello che ti ho fatto. Ti auguro tanta felicità! -
- Si, anche io -
Ci separiamo e lo guardo andare via, spingendo il suo motorino. Giorgio oltre a picchiarlo, gli ha anche forato le gomme. Non pensavo sarebbe arrivato a tanto.
- Tutto bene? - domanda Ele stringendomi la mano.
- Si, solo… Vorrei tornare a casa! -

 

 

{GABE}
 
- Qualcuno le tappi quel cazzo di forno che ha al posto della bocca, prima che la strozzi! - borbotto dopo aver raggiunto il livello massimo di irritazione.
- Gabe, adesso so cazzi tuoi! Te la vedi tu! - sbotta Alex seccato - Io non ne voglio sapere niente! Sono venuto solo perché Rory mi ha obbligato! - fa poi a bassa voce, per non farsi sentire da lei.
Tipico di Alex! Al solo sentire il nome di Rossella, non capisce più niente. È l’unico modo che conosco per fregarlo. E funziona sempre.
- Ciao anche a te Gabriel! Da quanto tempo, eh? -
Sorrido.
- Ciao Ro! Bentornata! -
- Grazie - ridacchia ricambiando l’abbraccio.
- Ehi, che cos’è tutta questa confidenza? Su su, staccati! - sbotta Alex, infastidito.
Rory e io ridacchiamo. Mi piace questa complicità tra noi. Rory mi piace. È la ragazza giusta per Alex. Mi fa piacere che stiano insieme.
- Allora dov’è? - mi chiede ansiosa, ignorando sfacciatamente le parole di Alex e sporgendosi in avanti, per guardare oltre la mia spalla. Scheisse! Alex si è scordato di informarla di un piccolo particolare! Faccio per fermarla ma lei ormai è già partita in quarta, dirigendosi a grandi falcate verso la mocciosa col caschetto nero accanto a Shavo e Seven.
- Ciao, tesoro! - fa spalancando le braccia e stringendola forte - Non sai quanto mi faccia piacere che le cose con Gabe si siano aggiustate! -
La mocciosa fissa Rory con aria interrogativa, poi guarda me.
- Oh, che sbadata! Scusami! - continua Rory, richiamando la sua attenzione - Non mi sono presentata. Io sono Rory! Tu devi essere Milly vero? Alex mi ha raccontato tutto di te! Solo ti avevo immaginata un po’ diversa! -
La mocciosa si irrigidisce di colpo mentre Dario e Andrea non riescono a trattenersi dal ridere.
- Tesoro, chi è Milly? -
Ecco. Se potessi, mi prenderei a pugni da solo! Non riesco più a levarmela da torno questa!
- Non sei Milly? - azzarda Rory, sconvolta.
- Non so chi sia questa Milly! Io mi chiamo Valeria! Gabe, devi dirmi qualcosa, amore? -
Ditemi che ho sentito male! Vi prego! Se questo è un incubo, qualcuno mi svegli!
- Amico - fa Alex, poggiandomi una mano sulla spalla.
- Che c’è? -
- Sinceramente, non so se farti le congratulazioni o le condoglianze! -
Ma quanto è bastardo da zero a più infinito?
- Io… Veramente… Credevo… - borbotta Ro, perplessa avvicinandosi a noi.
- Su Ro, non ci pensare… Lo sappiamo che Gabe è un coglione! -
- Bastardo! - faccio, stringendo i denti mentre quella sottospecie di piattola troppo cresciuta mi si attacca addosso peggio di un koala.
- Tesoro, allora? -
- Si tesoro… Allora? - mi sfotte Dario.
- Io e te poi facciamo i conti! - lo minaccio cercando di scollarmi la piattola di dosso.

 

 

 

{MILLY}
- Io propongo un bel brindisi! - fa Giorgio, alzando il bicchiere in alto.
- Sono pienamente d’accordo - si unisce Sara - A Riccardo! -
- Giorgio, con la scusa del brindisi ti sei scolato una bottiglia intera! -
- Oh, su Il… Non fare la guastafeste! - borbotta Giorgio, scuotendo la mano fasciata.
- Che ne dite di mangiare la torta? L’ha preparata Milly! - propone papà alzandosi.
Davide mi lancia un’occhiata divertita, portandosi un biscotto al cioccolato alla bocca.
- Sono sicura che sarà ottima! - sorride Sara cominciando a disporre piattini e forchette sulla tavola.
- Secondo me manco Poppy se la mangia! - ridacchia Lucifero. A quanto pare la tregua è finita dato che stamattina ho trovato la sveglia smontata e un suo bigliettino che mi augurava buona giornata.
- Tu di sicuro non ne avrai nemmeno una fetta! - gli sussurro all’orecchio, minacciosa.
- Mamma! Milly mi minaccia! Vuole uccidermi! -
- Davide, suvvia! Basta con questa storia! Lo sai che Milly ti vuole bene! -
- Certo che ti voglio bene Dà, ti pare… - sorrido, tirandogli un pizzicotto sul sedere, senza farmi vedere.
Giorgio e Ilaria ridacchiano divertiti, osservandoci litigare.
- Chi vuole la prima fetta? - domanda papà entusiasta.
- Riccardo! La prima fetta va sempre al festeggiato! - lo blocca Sara.
Papà afferra una forchetta e assaggia un pezzo di torta. Seguo ansiosa la sua mano che dal piatto porta la forchetta alla bocca. Improvvisamente la sua faccia si fa tutta rossa e i suoi occhi cominciano a lacrimare.
- R… Riccardo? - fa Sara afferrandogli un braccio - Tutto bene? -
Papà chiude gli occhi, sforzandosi di ingoiare il boccone mente tutti saltiamo in piedi.
- Papà! Che ti prende? - grido allarmata.
- Acqua! Datemi un po’ d’acqua! - supplica papà, aggrappandosi ai bordi del tavolo.
- Tenga, beva questo - dice Ilaria, porgendogli un bicchiere d’acqua ghiacciata.
Papà lo afferra e lo vuota in un secondo, mentre Sara gli slaccia i primi bottoni della camicia e lo fa sedere su una sedia.
- Va meglio? -
Papà annuisce mentre Davide ridacchia divertito.
- Papà… - faccio avvicinandomi a lui.
Mio padre spalanca gli occhi imbarazzato e comincia a passarsi una mano sulla fronte sudata.
- Tesoro… La tua torta era veramente… Uhm… Ecco… Una bomba! -
- L’avevo detto che lo lasciavi secco! - dice Davide tirandomi un lembo della maglietta.
- Davide! Non essere cattivo! Non può essere così male - lo richiama Sara, assaggiando anche lei una fetta di torta. La sua reazione è identica a quella di mio padre.
- Milly ma con che cavolo l’hai fatta sta torta? - chiede Giorgio preoccupato.
- Io… Ma io ho seguito la ricetta alla perfezione! Sono sicura! -
- Milly, cara… Potresti elencarmi gli ingredienti che hai usato? - fa Sara, riempiendosi un altro bicchiere d’acqua.
- Beh, ecco… Uova, zucchero, farina, cacao in polvere, olio… -
- Milky, per caso nella ricetta era compreso anche il peperoncino? - dice Ilaria, infilzando qualcosa all’interno della crema con la forchetta.
- Peperoncino? No… No perché? -
- Beh, perché questo mi pare proprio un peperoncino! -
- Ma come è possibile? - sbotto, perplessa - Non può essere, io sono sicura di… -
All’improvviso, nella mia mente comincia a farsi spazio una strana ipotesi. Non può essere! Sono sicura di non essermi allontanata dalla cucina! No, aspetta! Sono andata un secondo in bagno! E…
- Davide ma dove stai andando? - sento dire a Sara prima di realizzare che Satana se la sta dando a gambe.
- DAVIDEEEEEEE!!!! - urlo, cercando di afferrarlo prima che lui si fiondi fuori dalla porta.
- Milly, calmati posso spiegare!!!! -
- Io ti strozzo! -
- Ragazzi, non fate così! -
Purtroppo nell’istante in cui riesco ad afferrarlo per il colletto della maglia, Poppy si infila tra le mie gambe, facendomi perdere l’equilibrio e scivolare rovinosamente a terra.
- Milky! -
- Milly! -
- Tesoro! -
Che coro ragazzi!
- Tranquilli, Non mi sono fatta niente! - li rassicuro, alzandomi e massaggiandomi contemporaneamente il sedere.
Dallo stipite della porta fa capolino la faccia di Davide.
- Tu! - faccio con il tono più minaccioso che posso - Sappi che non ti porterò più al cinema! -
- No!!!! - grida disperato correndo ad aggrapparsi alle mie gambe - Me l’avevi promesso! Io voglio andare a vedere Nemo!!!! Me l’avevi promesso! Me l’avevi promesso! Uffaaaaa!!!! -
- Milky, vergognati! Far piangere così un bambino! - mi richiama Ilaria indignata.
- Ma io… -
- Tesoro, una promessa è una promessa! - sorride papà.
Ecco! Adesso mi devo sentire anche in colpa! Oltretutto ci si mette pure Poppy ad appoggiare Lucifero, tirandomi i lacci delle scarpe. Abbasso la testa e vedo gli occhi pieni di lacrime di Davide implorarmi.
- Uff, e va bene! Però in cambio adesso devi mangiare la torta! -
Davide sbianca.
- Però un pezzettino piccolo! Non voglio morire prima di vedere Nemo! -
A quell’affermazione scoppiano tutti a ridere, mentre Davide si tappa il naso con una mano e butta giù un boccone di torta. Sara, lo soccorre immediatamente con un bicchierone d’acqua, da brava mamma qual è.
- Milky, hai preparato le tue cose? - mi chiede ad un certo punto Ilaria.
- Le mie cose? - ripeto.
- Si. Ho già parlato con tuo padre! Stasera verrai a dormire a casa mia! -
- Da te? -
- Ilaria, ti conviene farle la piantina della casa. Con il senso dell’orientamento che si ritrova, potrebbe perdersi e vagare per mesi! - mi prende in giro Giorgio.
- Ma quanto sei cattivo! - gli rispondo, facendo pressione con un dito sulla mano fasciata.
- Ahi! -
- Così impari! -
La casa di Ilaria è devvero… Wow! Non riesco a trovare un aggettivo adatto per descriverla. Non c’ero mai stata prima d’ora.
- Fai come se fossi a casa tua! - dice, saltando su un divano e poggiando la mia borsa sul bracciolo accanto a lei - I miei genitori staranno fuori per qualche giorno! Sai, mia madre non sta tanto bene e periodicamente deve andare a fare dei controlli presso il medico che l’aveva in cura a Berlino -
- E tu resti sempre qui tutta sola? - le chiedo sistemandomi accanto a lei.
- Naaaa! C’è anche mio fratello! Ma lui di solito sta a casa del suo migliore amico che vive da solo -
- Vive da solo? Cioè… Uhm… Aspetta… Tu hai un fratello? -
- Ehm, si... Ma non è che andiamo tanto d’accordo! E comunque come ti dicevo, solitamente sta dal suo amico -
- Ma com’è che sta da solo? -
- I suoi genitori lavorano all’estero! Ehi, facciamo il budino? -
Ci avviamo verso la cucina. È stupenda, come quelle che si vedono nei programmi culinari. C’è addirittura la penisola.
- Meglio che il budino lo prepari io però! - ridacchia Ilaria, punzecchiandomi ancora per la storia della torta.
- Uffa!!! Ho già detto che non è stata colpa mia! -
- Ja, ja… Scusa Milky! Non metterò mai più in dubbio le tue straordinarie doti culinarie! -
Mentre aspettiamo che il budino sia pronto, Ilaria mi fa fare il giro della casa, ci laviamo e infiliamo il pigiama. Quando scendiamo di nuovo al piano di sotto, ormai è l’una del mattino.
- Mettiamo la panna sul budino! - propone Ilaria.
- Va bene! -
Ilaria recupera da un mobile lo sbattitore e lo sistema in una ciotola con dentro la panna.
- Fallo tu! - dice , sistemandomi poi quell’aggeggio infernale in mano.
- Sei sicura? Non vorrei farci saltare in aria! - borbotto sarcastica.
- Oh, andiamo! Devi solo premere il pulsante sul manico e girare -
- Va bene! -
Pigio il pulsante col pollice ma non succede niente. Per sicurezza lo faccio più volte, ma niente.
- Ilaria, questo coso non funziona! -
- Ma certo! Ho dimenticato di attaccare la spina! -
Nell’esatto istante in cui quelle parole arrivano al mio orecchio, lo sbattitore parte e la panna schizza da tutte le parti.
- Io… -
- Oddio, Milky! - scoppia a ridere guardandomi - Sembri una sottospecie di pupazzo di neve. Però sei buona! - constata raccogliendo un po’ di panna sulla mia faccia con l’indice e assaggiandola.
- Ah, ah… Io lo sapevo! Mi si è sporcato anche tutto il pigiama! Adesso come faccio? - piagnucolo sconsolata.
- Su, non c’è bisogno di fare così! Ti presto io qualcosa da mettere! Però prima ci toccherà pulire questo macello! - osserva la mia amica, grattandosi la testa.

 

{GABE}
 

 

- Non ci posso credere! - sbotto, parcheggiando la moto nel vialetto di casa.
Alex mi ha elegantemente lasciato fuori per stare un po’ da solo con Rory. Non ci ha pensato su nemmeno due volte. Mi ha dato una pacca sulla spalla e poi mi ha chiuso la porta in faccia. Questa gliela faccio pagare! Entro in casa e lascio le scarpe all’ingresso, dirigendomi verso la cucina in cerca di qualcosa da mangiare. Ho bisogno di zuccheri! L’uscita di stasera mi ha letteralmente sfiancato. Devo trovare il modo di liberarmi di quella pazza psicopatica di una sanguisuga. Pensavo di scaricarla subito ma quella mi si è attaccata addosso! Tutto perché mi sono lasciato fregare dai suoi capelli neri, porca troia maledetta! Apro il frigorifero e finalmente ritorna il buon umore.
- Che fortuna! Ari ha fatto il budino! -
Afferro un cucchiaio e lo affondo nel dolce, riempiendolo e portandolo alla bocca.
- Mmmmhhh… -
È squisito! Ari in queste cose è eccezionale… Ne ha preparati due. Non credo avrà qualcosa da ridire se ne mangio uno io, dato che ultimamente ha messo su qualche chiletto.
- Ariiiii! -
Un fracasso assordante mi fa sobbalzare. Che diavolo è? Metto in bocca l’ultimo cucchiaio di budino e mi dirigo verso le scale.
- Ariii, il cellulare!!! -
Non ricevendo nessuna risposta, comincio a salire i gradini, rigirandomi il cucchiaino in bocca. Quasi quasi le domando se posso mangiare anche il suo. Sono ormai arrivato a metà percorso, quando sbatto contro qualcosa, perdo l’equilibrio e scivolo dalle scale, finendo con la schiena a terra. Avverto chiaramente un peso sulla pancia ma il dolore alla schiena è allucinante. Credo addirittura di aver visto le stelle. Cosa diavolo è stato? Alzo lentamente il busto aprendo gli occhi. Tra le mie dita sono intrappolate ciocche di capelli corvini.
- Ma che… - non riesco a terminare la frase.
- Oddio! - grida Ari, scendendo dalle scale - Che diamine è successo? Vi siete fatti male? - domanda preoccupata mia sorella, ma sono troppo impegnato a perdermi nell’oro di quegli occhi per poterle rispondere. Allungo la mano e le scosto i capelli dalla fronte, mentre il suo viso diventa rosso.
- Ehi, ma mi state ascoltando? State bene? -
Milly si rimette immediatamente in piedi, allontanandosi da me.
- Tutto bene Il. Qualcosa ha attutito la mia caduta! - ridacchia nervosamente, guardandosi i piedi nudi.
- La prossima volta il cellulare lo porti sopra! Piuttosto, tu che ci fai qua? - domanda Ari, rivolgendosi a me, sorpresa di vedermi.
- Avevo voglia di tornare a casa! - rispondo senza staccare gli occhi da Milly, intenta ad evitare volutamente il mio sguardo.
- Ma già vi conoscete? - continua mia sorella, sospettosa.
Finalmente lei alza la testa e mi fissa. Restiamo a guardarci per qualche istante, in silenzio.
- Assolutamente! Questa è la prima volta che ci incontriamo! - rispondo io, ignorando poi la sua espressione ferita.

  

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Capitolo 12
*** Pensieri ***


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12. Pensieri
 



{ILARIA}


Questi due non me la raccontano giusta! Cioè, è evidente che si conoscono, ma non so per quale motivo quell’infame di mio fratello ha negato tutto. Senza contare che l’espressione di Milky parlava da sé. Continuano a guardarsi di sottecchi, a cercarsi con lo sguardo e vorrebbero farmi credere di non essersi mai incontrati prima d’ora? No, devo fare qualcosa! Gabe è un bugiardo patentato! Adesso lo sistemo io per le feste, così vediamo se ho ragione o no…
- Milky, chi era al telefono? -
- Eh? Cosa? -
- Chi ti ha chiamato? -
- Ah, si… Era Giò -
Grande Giorgio! Sempre al momento giusto!
- Che ha detto? -
- Beh, voleva darmi la buonanotte e poi visto che non riusciva a dormire abbiamo fatto quattro chiacchiere... -
Faccio finta di stiracchiarmi sulla sedia per controllare la reazione di mio fratello. In questo momento non vorrei essere nei panni del telecomando. E insiste a voler fare finta di niente!
Va benissimo. Io non mi arrendo!
- Senti, Milky - comincio, scandendo bene le parole - Ti ricordi di quel mio compagno di classe di cui ti ho parlato tempo fa? -
- Francesco Orsi? -
- Si si, proprio lui! L’altro giorno mi ha chiesto di nuovo di te. Dice che sei molto carina e vorrebbe invitarti ad uscire! -
Milky come al solito arrossisce, mentre mio fratello finge di interessarsi a quello che trasmettono in televisione, quando in realtà so benissimo che non si sta perdendo una sola parola di quello che stiamo dicendo.
- Beh, io… -
- Non vorrai mica continuare a deprimerti a vita per colpa di quel deficiente patentato? -
- No, però… -
- Perfetto, allora domani chiamo Francesco e gli dico che accetti il suo invito -
Un rumore improvviso mi suggerisce che il povero telecomando ha fatto una brutta fine. Mi giro e vedo Gabe sporgersi sul pavimento mentre borbotta qualcosa tra sé e sé. Lo sapevo! Cavolo, però la cosa è seria! Mio fratello a quanto pare si sta ingelosendo alla grande!
- Che c’è? - sbotta accorgendosi che lo sto fissando.
- Niente niente… - sorrido - Milky, che dici se saliamo al piano di sopra? Sto cominciando ad avere sonno… - faccio, fingendo uno sbadiglio.
- Va… Va bene… -
- Tu comincia a salire, io devo fare prima una cosa -
Aspetto che Milky abbia lasciato la stanza e mi avvicino al divano.
- Allora? -
Mio fratello mi lancia un’occhiata infastidita.
- Allora che? Sto guardando la tv, non rompere! -
- Uhm, e da quando ti interessano così tanto le televendite della Mondialcasa? -
Gabe fissa lo schermo del televisore, spiazzato. L’espressione che ha sul volto è impareggiabile. Peccato che duri solo un istante.
- Fatti i cazzi tuoi! - sbotta col suo solito tono irritato.
- Oh Milly, Ich bin verrückt für dich! - sospiro, cominciando a sfotterlo alla grande -Ich möchte in deinen Augen ertrinken … Dein Mund macht mich wahnsinnig… - ma prima che possa aggiungere altro, mi arriva una cuscinata tremenda in piena faccia.
- Hai finito? Ti ho già detto che… -
- Se se… Ho capito! Tu non la conosci. Mamma mia come sei suscettibile! Beh, io me ne vado a letto! Non stare tutta la notte appiccicato al televisore! -
- Domani è domenica e poi si da il caso che sono maggiorenne, quindi faccio quello che mi pare! -
- Antipatico! - dico, facendogli la linguaccia e salendo le scale due alla volta. Non bastava che fosse nevrotico, mo anche scorbutico è diventato! Apro la porta della mia stanza e salto sul letto. Milky è sdraiata a pancia in giù con la testa girata verso il muro.
- Milky, dormi già? -
- No, però ho sonno… -
- Facciamo la nanna allora? -
- Mh mh -
Ci infiliamo sotto le coperte e spengo la luce. Mi sento un po’ stanca ma sono anche troppo curiosa per mettermi a dormire. Devo sapere!
- Milky? - la chiamo, tirandomi su a sedere nel buio.
- Mmmhhh? -
- Non sarà per caso che ti piace mio fratello e per questo non vuoi uscire con Francesco? - butto lì a caso, sperando in una qualche sua reazione impulsiva che mi faccia capire se effettivamente è così o meno. Niente.
- Milky? - ripeto, sporgendomi su di lei per controllare. Ha gli occhi chiusi. Le faccio anche il solletico per assicurarmi che non stia fingendo, ma a quanto pare, la mia amica è già caduta nel mondo dei sogni… Tanto prima o poi la costringerò a dirmi tutto!
 


 
{GABE}
 
 
Sarà che sono le due passate o che forse ho bevuto un po’ troppo per non sentire la voce stridula di quell’oca di cui non ricordo nemmeno il nome, fatto sta che a momenti mi addormento sul divano. Devo alzarmi. Però se anche andassi a letto e chiudessi gli occhi, sono sicuro che non riuscirei ad addormentarmi sapendo che lei è a pochi passi da me, con solo una stupida parete a dividerci. A quanto mi ha detto Alex, il coglione da un po’ sta sempre insieme alla strega. Quindi adesso lei è libera. Potrei… No, un momento! Le avevo detto che non le avrei più dato fastidio. E poi quella frase che le ho letteralmente urlato contro, troppo arrabbiato per pensare... Che idiota che sono! Credo di aver leggermente esagerato. Anzi, mi correggo. Ho decisamente esagerato! Forse dovrei approfittare dell’occasione per cercare di parlarle, o quantomeno di farle capire che non ho intenzione di rinunciare a lei. Soprattutto adesso che questo Francesco, o come cavolo si chiama lui, si è messo di mezzo! Non fa in tempo a sparirne uno, che subito ne arriva un altro a rompere i coglioni! Non avevo la minima idea che poi Milly fosse un’amica di mia sorella, anche perché non li ho neanche mai visti gli amici di mia sorella. E Ari non conosce i miei! Alex è l’unico con cui abbia scambiato qualche parola, ma solo in rare occasioni in cui abbiamo passato il pomeriggio a casa nostra per studiare. Spengo la tv e salgo al piano di sopra. Vado in bagno e mi infilo sotto la doccia. L’acqua gelida ha un effetto terapeutico su di me. Anche a notte fonda. Metto un braccio fuori dal box e mi sporgo alla ricerca di un telo con il quale potermi asciugare. Afferro il primo che mi capita sotto mano e me lo sistemo attorno ai fianchi. Una volta asciutto, infilo le mutande e un pantaloncino e comincio a frugare nel cassettone accanto alla doccia, alla ricerca di una maglietta o una canotta da mettere per la notte, dato che quasi tutti i miei vestiti sono da Alex. Sistemo le ultime cose ed esco. Attraverso il corridoio il più velocemente possibile ma non so per quale motivo, avverto l’irrefrenabile impulso di fermarmi, anche solo per un istante, davanti alla porta chiusa della camera di mia sorella. Poggio la mano sulla maniglia, indeciso sul da farsi. Dalla stanza non viene nessuno rumore. È tutto tranquillo. Staranno dormendo? O la va o la spacca. Stando attento a fare il meno rumore possibile, faccio forza sulla maniglia, apro la porta ed entro. Resto in piedi, appoggiato allo stipite, ascoltando l’alternarsi di due respiri regolari. Conto mentalmente fino a tre, poi mi avvicino al letto. La poca luce che filtra dalle tapparelle mi permette immediatamente di individuare la figura scomposta di mia sorella, che dorme beatamente sotto un mucchio di lenzuola. Accanto a lei, c’è la mia fee. Titubante, poggio un ginocchio sul bordo del materasso e mi abbasso su di lei, sorreggendomi con una mano alla testiera del letto, mentre con l’altra le tolgo una ciocca di capelli dalla fronte. Sembra quasi una bambina, con il viso candido e rilassato, le labbra leggermente dischiuse. Ne seguo il contorno con la punta dell’indice, trattenendo il respiro. Sono morbide. Mi abbasso ancora di più, fino ad azzerare la distanza tra il suo viso e il mio. Poi mi fermo ad un niente dalla sua bocca, ritrovandomi a sorridere amaramente. Se glielo rubo, non è la stessa cosa.
 
 
{MILLY}
 
 
Non so di preciso che ore siano, ma so di sicuro che ormai è più di un’ora che continuo a rigirarmi nel letto senza riuscire a riaddormentarmi. Sposto le coperte e mi metto a sedere. Ho mal di pancia.
- Ily? - la chiamo per vedere se è sveglia. Faccio il giro del letto e mi inginocchio accanto a lei, scuotendola lievemente per le spalle.
- Il… Il, svegliati! - faccio a bassa voce.
- Mmmmhhhhhh… Che c’è? - risponde assonnata.
- Devo andare in bagno… - confesso leggermente imbarazzata.
- Ti ricordi dov’è? - biascica, strofinandosi gli occhi e girandosi dall’altro lato.
- Si però mi accompagni lo stesso? - ma Ilaria ha già ripreso a dormire. Mi toccherà andare da sola. Cercando di fare meno rumore possibile, apro la porta e mi avvio verso il bagno, massaggiandomi il ventre. Una volta dentro, mi appoggio al lavandino, apro l’acqua fredda e mi sciacquo il viso e il collo. Poi mi siedo sul bordo della vasca, sperando che il dolore passi in fretta. Mi concentro sulle maniche del pigiama che mi ha prestato Ilaria, forse un po’ troppo grande per me e immediatamente mi viene in mente il suo viso. Chi l’avrebbe mai detto che Ilaria avesse un fratello. E che questo fratello fosse proprio lui. Questo adesso rende le cose più facili o più difficili? Quando Il gli ha chiesto se ci conoscessimo, non ha esitato a negare e devo ammettere che ci sono rimasta un po’ male. Forse è arrabbiato con me perché non gli ho creduto. Gli ho anche tirato uno schiaffo. Magari potrei andare da lui e scusarmi. Che faccio? Orazio diceva Carpe diem. Devo coglierlo quest’attimo? Il mal di pancia sembra calmarsi. Vado? Non vado? Aaah, basta con questo continuo dubbio amletico! Vado! Orazio, mi fido di te! Esco dal bagno ma immediatamente tutta la mia determinazione sparisce di colpo. Credo di aver trascurato un piccolo dettaglio: non ho la benché minima idea di quale sia la sua stanza! E adesso come faccio? Non posso mica mettermi ad aprire tutte le porte finché non trovo quella giusta… Uff… Orazio, un’altra massima per tirarmi fuori dai casini non ce l’hai, eh? Beh, allora, a quanto pare mi toccherà andare a tentativi. Per fortuna le porte sono tutte socchiuse. Ne apro una a caso, lentamente. Il cuore mi sale in gola. Deglutisco a vuoto mentre le mani cominciano a tremarmi. Una volta aperta del tutto, non so se sentirmi sollevata o depressa. Fatto sta che mi ritrovo nella camera da letto dei genitori di Ilaria. Passo a quella successiva, ma a quanto pare la dea della fortuna mi ha proprio girato le spalle! Dopo qualche minuto, sento che sta per venirmi un infarto. Ma dove cavolo dorme quello lì? Ho controllato tutte le stanze di questo piano. Prima la camera da letto dei suoi genitori, poi lo studio, il ripostiglio, la camera degli ospiti e un secondo bagno! Non credo dorma in soffitta, che cavolo! Fosse una volta che me ne andasse una per il verso giusto! E che diamine! Altro che Carpe diem! Carissimo Orazio, pure tu, ma va a quel paese! Ritorno indietro ed entro in camera, chiudendo la porta dietro di me. Lascio le pantofole accanto alla porta e mi infilo sotto le coperte, sprimacciando per bene il cuscino e sistemando le lenzuola. Brrrr! Cavolo, la mia parte è gelida! Ma quanto tempo ho perso a girovagare? E poi, non capisco per quale motivo, ma mi sembra che il letto si sia rimpicciolito. Prima addirittura poteva tranquillamente dormire un’altra persona tra me e Ilaria. Adesso a malapena sembriamo entrarci noi due. Mah, sarà una mia impressione... Mi sistemo su di un fianco, dandole la schiena e socchiudendo gli occhi. Forse, se faccio in tempo, potrei parlargli domani mattina… Un calcio tiratomi da Ilaria, intenta a girarsi dalla mia parte, a momenti mi fa cadere dal letto.
- Panda, stai ferma con queste gambe! - bisbiglio a bassa voce, ma in risposta ricevo un altro colpo che mi spinge lungo il bordo del materasso. Se mi muovo, cado.
- Il, mi stai buttando fuori a calci! Fammi un po’ di spazio! - mi lamento tirandole di dosso le coperte e sedendomi a cavalcioni sulla sua pancia. Sentendomi afferrare per i polsi, immediatamente il sorriso sulle mie labbra sparisce.
- Guten Morgen, piccola fee! Mi sa tanto che hai sbagliato letto. Questa non è la camera di Ari -
Che cos’è questo ronzio insopportabile che continuo a sentirmi nelle orecchie?
Thudump… Thudump… Thudump… Thudump…
Sembra che il cuore da un momento all’altro mi debba uscire dal petto.
- I… Io… -
Non riesco nemmeno a parlare.
- Io… Vole… Volevo… -
Thudump… Thudump… Thudump… Thudump…
- Milly? -
Thudump… Thudump… Thudump… Thudump…
- Milly che hai? -
Thudump… Thudump… Thudump… Thudump…
Mi sta scoppiando il cuore…. Oddio…
 
 
 
{GABE}

 
Io non so più come fare con questa ragazzina. Ogni volta che ci incontriamo, a momenti ci rimane secca. Poggio il bicchiere vuoto sul comodino mentre con l’altra mano continuo a massaggiarle la schiena.
- Va meglio? -
- Si, si… -
- Continua a fare dei respiri profondi e tieni poggiate le mani sulle ginocchia -
Sia ringraziato il giorno in cui quello stronzo di Alex mi ha regalato per il mio compleanno un manuale per il pronto soccorso! Devo ricordarmi di fargli un bel regalo appena lo vedo! Dopo avergliela fatta pagare per avermi chiuso fuori però! Milly sembra essersi ripresa del tutto. Non capisco cosa diavolo le era preso. Non riusciva nemmeno a parlare. Sarà stato per la sorpresa. In effetti anche a me sarebbe venuto un colpo…
- Un altro po’ d’acqua? -
Lei scuote la testa, poggiandosi contro il mio petto e coprendosi gli occhi con un braccio.
- Vuoi che vada a chiamare Ari? - le chiedo, facendola stendere sul letto e preparandomi mentalmente a sopportare le urla che mi lancerà contro quella pazza furiosa di mia sorella appena la sveglierò. Faccio per alzarmi, ma lei mi trattiene.
- No. A… Aspetta un momento -
Mi volto completamente verso di lei, mentre la stretta sulla mia canotta aumenta. Stringe il tessuto come se avesse paura di vedermi scomparire da un momento all’altro.
- Non te ne andare… Voglio che rimani con me -
Lo sussurra girando il viso dall’altro lato e non ho bisogno di vederlo, per sapere che ormai è diventato tutto rosso. Mi sdraio accanto a lei, con le braccia lungo i fianchi. Qualche secondo dopo, lo spazio che ci separa sparisce e le mie dita si intrecciano a quelle di un’altra mano. È così piacevole questo calore sulla mia spalla.
- Scusami. Non dovevo reagire così e tu avevi ragione… - comincia lei, interrompendo il silenzio dei miei pensieri.
- Non devi scusarti. Avrei dovuto saperlo che non mi avresti creduto. Infondo era la parola di uno sconosciuto contro quella del tuo ragazzo… Anche io avrei reagito in quel modo… -
- Si però… -
- Non pensarci più. Possiamo tranquillamente fare finta che non sia successo niente… -
Forse quest’ultima frase avrei dovuto tenerla per me. Lei ritira la mano, restando in silenzio, come se l‘avessi schiaffeggiata. Lentamente si mette a sedere, dandomi le spalle.
- Sarà meglio che torni nell’altra stanza. Il potrebbe preoccuparsi non trovandomi… -
- La porta è quella accanto. Attenta a non sbagliare di nuovo… -
Se se…. Buonanotte! Perché cavolo il mio cervello pensa bene mentre la bocca spara cazzate a caso? Non voglio che se ne vada, ma se le faccio capire che preferirei restasse ancora con me potrebbe anche fraintendere le mie intenzioni… La seguo con lo sguardo avvicinarsi titubante alla porta. I capelli neri le ricadono in onde sparse lungo la schiena, coperta dalla stoffa verdina del pigiama. Sento ancora il suo profumo di vaniglia nelle narici. Come mi sto pentendo per non averle rubato quel bacio quando era ancora addormentata… Scheisse! Gabriel, svegliati! Ti sei incantato? Ti manca solo la bava alla bocca e sembri mia nonna! Adesso se ne andrà via, e tanti saluti! Rassegnati! Contrariamente a quanto mi aspettassi però, invece di uscire, Milly si gira verso di me e poggia la schiena contro il legno della porta.
- Qualcosa non va? - chiedo sorpreso.
- É per questo che hai detto a Ilaria che noi due non ci siamo mai visti? Perché così possiamo fare finta di niente? -
Allora è questo!
- Sei stata tu a dire per prima che non ci conoscevamo - le faccio osservare - Non basta sapere il nome di una persona per poter affermare di conoscerla. Non funziona così! Sono le tue esatte parole, ricordi? -
- Si, però… Adesso io… Niente, lascia stare. Notte - sospira, poggiando rassegnata la mano sulla maniglia. Ecco, lo sapevo! Maledetta linguaccia che non mi cade mai prima di parlare! Ne ho combinata una peggio dell’altra! E no, però! Non mi può lasciare così. Mi precipito giù dal letto e richiudo la porta, bloccandole la mano sulla maniglia.
- Adesso tu? Continua… - la incoraggio inchiodandola con lo sguardo, ma lei non sembra intenzionata a finire la frase. Mollo la presa sulla maniglia e, circondandole le spalle, la stringo forte a me.
- Dimmi che non hai intenzione di accettare l’invito di quello -
Lei abbassa la testa e la frangetta le ricade sul viso, nascondendolo.
- Non distogliere lo sguardo… - sussurro disperato.
- Io… -
- Giuro che non farò niente, ma ti prego dimmelo… -
Chiudo gli occhi, in attesa di una sua risposta, ma l’unica cosa che sento sono due braccia che si avvolgono intorno al mio collo, attirandomi verso il basso e un paio di labbra poggiarsi delicatamente sulle mie.





 


Ich bin verrückt für dich: sono pazzo di te!
Ich möchte in deinen Augen ertrinken: vorrei annegare nei tuoi occhi.
Dein Mund macht mich wahnsinnig : la tua bocca mi fa impazzire
Guten Morgen : buon giorno

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Capitolo 13
*** Appuntamento a tre ***


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13. Appuntamento a tre


 
 
{GABE}
 
 
 
 
- Ricominciamo tutto dall’inizio, come se ci fossimo appena incontrati! -
- Beh, non credo che due sconosciuti, al loro primo incontro, si ritrovino a dormire abbracciati nello stesso letto -
- Mi sa che hai ragione… -
- Mi piace il tuo profumo -
- Co-Cosa? -
- Hai un buon odore… -
- Mh… Grazie. Anche tu… Perché ridi? -
- Scusa… Sai, di solito queste non sono cose che si dicono ad un ragazzo… -
- Ma è la verità… -
- E sentiamo, di cosa profumo? -
- Di talco… E di menta… -
- Talco e menta, eh? -


- VUOI SVEGLIARTI O NO? -
Una voce assordante mi risveglia dal sonno.
- Che cos’hai da urlare tanto come una pazza? -
- Finalmente! Credevo fossi morto! -
- E invece sono vivo e vegeto! -
Mi stiracchio, gettando un’occhiata al posto vuoto accanto a me.
- Sono le due passate! Abbiamo fatto le ore piccole stanotte, eh? -
- Mh? -
- Adesso fai pure il finto tonto? Spero abbiate usato tutte le precauzioni. Non vorrei ritrovarmi zia così presto… -
- Ancora con questa storia? Ma se… -
- Alt! Non ci provare! Guarda che so tutto! Sappi solo che se la farai soffrire, ti spezzerò tutte le ossa, brutto stronzo che non sei altro! Ah, un’altra cosa: da oggi ti odio ancora di più perché, oltre al mio budino, ti sei fregato anche la mia migliore amica! -
A questo punto, l’unica cosa che riesco a fare è scoppiare a ridere. Ari all’improvviso si butta sul mio letto e comincia a saltellare.
- Beh? Che vuoi? -
- I particolari, ovvio! -
- I particolari… Vuoi i particolari, eh? - sorrido, carezzandole la testa.
- E già! -
- E va bene, però avvicinati! -
- Me lo dici nell’orecchio? -
Annuisco, divertito dalla sua espressione da cucciolo indifeso. Ubbidiente, avvicina un orecchio alla mia bocca, in attesa.
- Ecco… -
- Si? -
- É… -
- É? -
- Un… -
- Si? -
- S-e-g-r-e-t-o! - sussurro, scandendo bene le singole lettere. Approfittando della sua reazione ritardata, scendo dal letto, giusto in tempo per schivare il cuscino che la pazzoide psicolabile mi lancia dietro, urlando!
- Arschloch! - sbotta, a metà tra un ringhio e una risata, rincorrendomi per il corridoio.
- Non si dicono le parolacce! -
- Se ti prendo, ti gonfio! -
- Ah ah! Lumaca! Non mi prendi! -
Mi precipito giù dalle scale, seguito dalla pazza e mi sembra di essere tornato bambino. Quando abitavamo a Berlino, eravamo inseparabili. Nessuno dei due faceva una cosa se non la facevamo entrambi… Ora, le poche volte che sono a casa, litighiamo come cane e gatto, ma ci vogliamo bene ancora come quando eravamo piccoli.
- Ti arrendi? - le chiedo senza smettere di farle il solletico sotto i piedi,
- Nooooo! Ahahahahahahah, smettila! -
- Allora ti arrendi? -
- Nemmeno morta! Ahahahah... Basta ti prego! Mi arrendo! Mi arrendo!!!! -
 


{MILLY}
 
 
- Davide, mangia anche i funghi insieme alla carne! -
- Non mi piacciono i funghi! -
- Ma se non li hai mai assaggiati! -
- Lo so già che non mi piacciono! -
- Se finisci tutto, dopo mangiamo il gelato…Guarda, anche Milly li mangia! -
Davide lancia un’occhiata al contenuto del mio piatto, per poi guardarmi mettere in bocca una forchettata di funghi. Rassegnato, torna a guardare i funghi nel suo piatto. Prende la forchetta titubante e ne infilza alcuni. Mi viene da ridere per la sua espressione, ma mi trattengo. Se facessi una cosa del genere, Davide non mi guarderebbe più in faccia. Do un’occhiata all’orario. Abbiamo ancora tutto il pomeriggio prima di andare al cinema. Chissà lui cosa starà facendo adesso… Stamattina non ho potuto nemmeno salutarlo. Ilaria poi non faceva altro che osservarmi e ridacchiare mentre mi costringeva a spiattellare tutta la storia. Oddio! Avrei preferito millemila volte sprofondare, piuttosto che confessarle che mi piaceva suo fratello…
- Ultimamente sei sempre con la testa tra le nuvole… - sento dire di sfuggita.
- Sarà l’amore - scherza Sara, sorridendomi.
Ma di cosa stanno parlando?
- Oddio, no! Ci siamo appena liberati del cetriolo… -
- Riccardo! -
- Oddio, scusa tesoro! Non volevo… -
- Tranquillo papà, ormai è acqua passata - mi affretto a dire, evitandogli i sensi di colpa.
Per un momento cala un silenzio imbarazzante, rotto per fortuna dall’intervanto di Davide.
- Io i funghi li ho finiti. Possiamo mangiare il gelato ora? -
- Emh, si… Si tesoro… Adesso la mamma te lo porta subito! Milly, lo vuoi anche tu? -
Prima che possa rispondere, le note di Talking to the moon di Bruno Mars, la mia canzone preferita in assoluto, mi avvertono di una chiamata in arrivo.
- Scusate un momento - faccio, avviandomi verso il balcone. Il numero sul display non mi è per nulla familiare. Chi sarà a quest’ora…
- Pronto? - faccio titubante, in attesa di sapere chi c’è dall’altro lato.
- Ehi! -
Il mio cuore comincia a fare le capriole mentre lo stomaco mi si attorciglia.
- Ci-Ciao! -
- Ti disturbo? -
- No, no! Figurati… - mi affretto a dire. In effetti, è da quando sono tornata a casa che speravo mi chiamasse. Dalla voce credo si sia appena svegliato. Sorrido ripensando alla sua espressione tranquilla mentre dormiva beato. Io invece non ce l’avevo fatta ad addormentarmi. Il cuore mi batteva troppo forte…
- Hai da fare oggi? Vorrei passare un altro po’ di tempo insieme a te! -
- Ho promesso ad una persona che saremmo andati al cinema insieme, oggi pomeriggio… Se ti fa piacere potresti… Cioè… -
- A che ora? -
- Verso le cinque più o meno… -
- Ok, allora ci vediamo là… -
- Va bene. A più tardi allora… -
- Fee? -
- Si? -
- Grazie per ieri notte. Bleib für immer mit mir -
Ecco. E adesso che gli rispondo? Almeno sapessi che cavolo ha detto… Ok, mi butto.
- Umh… Si, anche io… -
La sua risata coinvolge anche me. Ho detto una cavolata! Ma chissene! Almeno l’ho fatto ridere!
- A dopo, fee -
- Ciao! -
Dovrei riattaccare ma non voglio. Rimango in silenzio, aspettando che sia Gabriel a riagganciare, ma a quanto pare nemmeno lui ha intenzione di mettere giù, così ce ne stiamo entrambi zitti ad ascoltare i nostri respiri.
- MILLY, IL GELATO SI STA SCIOGLIENDO! -
Gabriel ridacchia mentre il mio viso diventa incandescente. Che figura!
- Emh, scusa un momento… - gli dico, imbarazzatissima, sistemando il cellulare in tasca e rientrando in casa.
Papà, Sara e Davide se ne stanno comodamente seduti sul divano a guardare la tv.
- Io vado a finire i compiti - farfuglio, correndo in camera mia.
- Sara, secondo te come si capisce quando una ragazza è innamorata? - azzarda papà.
- Quando rinuncia al suo gelato! -
Di bene in meglio, non c’è che dire! Mi sdraio sul letto, sistemando il cellulare accanto all’orecchio.
- Ehi? -
- Sono qui! -
- Scusa per prima… -
- Tranquilla… Torniamo alle nostre gare di apnea? - scherza lui facendomi ridere.
- Scemo! -
 
 

{GABE}

 
Per non fare tardi, esco di casa alle quattro e mezza. Con la moto dovrei essere lì in meno di un quarto d’ora. Mi sento lo stomaco aggrovigliato, come se fossi un ragazzino alle prese con la sua prima cotta. Spero vada tutto bene. Premo il piede sull’acceleratore, impaziente di arrivare il prima possibile. Parcheggio la moto e mi avvio verso l’entrata. Pochi minuti dopo arriva lei, e il mio cuore comincia a fare i capricci.
Thadum… Thadump… Thadump… Thadump…
Ecchecazzo! Datti una calmata, Gabe! Appena mi vede, mi regala un meraviglioso sorriso mentre arrossisce lievemente. Le vado in contro e solo a quel punto mi accorgo del piccolo mostro che le cammina al fianco. E mi blocco di colpo.
- Ciao! - fa lei, indecisa su come comportarsi.
Decido io per lei, dandole un bacio sulla guancia e abbracciandola.
- Chi è questo? -
Se uno sguardo potesse uccidere, sicuramente sarei già sepolto sotto chilometri di terra! Milly si stacca immediatamente, girandosi verso il mostro.
- Emh… Davide, lui è Gabriel… Vedrà Nemo insieme a noi! -
Il mostro mi fissa nuovamente, con una faccia che prenderei volentieri a badilate!
- Ciao! - lo saluto, allungandogli la mano ma il moccioso mi ignora bellamente stringendosi alla vita di Milly.
- Sbrighiamoci che altrimenti il film inizia! - piagnucola.
- Ok, ok… - risponde lei, guardandomi - Andiamo? -
Annuisco e la seguo, stando ben attento a non sfiorare nemmeno per sbaglio il piccolo mostro-koala che mi guarda con aria minacciosa. Prendiamo i biglietti ed entriamo in sala. Ovunque mi giri, vedo allegre famigliole, nonni e bambini e sullo schermo, a caratteri cubitali, c’è scritto “Maratona film Disney”. Forse avrei dovuto informarmi sulla trama del film, prima di venire… I nostri posti si trovano nella penultima fila. Faccio per sedermi accanto a Milly ma non so come, il mostro riesce ad infilarsi dietro di me e a fregarmi il posto. Calma! È un bambino. Vado per sedermi dall’altro lato, in modo che Milly stia al centro, ma una fastidiosa vocina a momenti mi disintegra i timpani.
- Non ti puoi sedere lì! Il tuo posto è S4, non S7! -
Lancio un’occhiata al posto accanto al mio e a momenti mi prende un attacco di cuore. La poltrona col numero 3 è occupata da una mummia decrepita che addirittura mi fa l’occhiolino. Il mostro ghigna soddisfatto. Perché ho lo strano presentimento che questo ragazzino me le farà passare di tutti i colori? Cerco di sorridere, giusto per non fargli capire che lo prenderei volentieri a calci in culo e, facendo appello a tutta la mia pazienza, che tra l’altro è molto limitata, mi siedo accanto alla vecchiaccia. Milly mi sussurra un grazie, sorridendomi. Mi sento subito meglio. Pur di passare un po’ di tempo insieme a lei, sono disposto a sopportare tutti i mocciosi e le vecchiacce di questo mondo. Le luci si spengono e partono i trailer dei vari film che usciranno a giorni. Poi finalmente compare il logo della Disney e mi ritrovo a fissare uno fondale marino con strani puntini luminosi, una barriera corallina, una sottospecie di… Non so esattamente come definirlo in realtà, fatto sta che da quanto ho capito, è la casa dei due pesci in primo piano.


Sei stato bravo! E il quartiere è… stupendo!
 


I pesci hanno pure i quartieri? Sono sbalordito! Ok. Forse sto affrontando la situazione nel modo sbagliato. Devo rilassarmi. Infondo è un film per bambini. Lo so che tu non li hai mai visti, ma ehi! Magari ti piace! Perché non provare?

 

No, no! Coral non farlo! Sono al sicuro! Rientra e basta! Rientra subito!

 

E che cazzo, Coral! Ti ha detto di rientrare! Perché devi fare di testa tua? Mi rimangio tutto! Sono passati all’incirca quattro minuti dall’inizio del film, che già tutti i mocciosi stanno piangendo disperati! Ok. È comparso un enorme barracuda che ha ingurgitato la consorte del pesce e tutta la loro progenie, ma cazzo, perché anche la vecchia si è messa a singhiozzare? Quando finisce questo film? Ho voglia di strangolarmi con le mie stesse mani. Arrivare al primo intervallo sarà un vero e proprio calvario. E la vecchiaccia qui, non la vedo bene! Qualcuno venga a salvarmi! Vi prego!
 

 
Io sono allergico all’acqua di mare!
 

 L’ippocampo. Il cavalluccio marino. Il cavalluccio marino è allergico all’acqua di mare! E il maestro di tutti i pesci è una razza canterina! Ah, bene! Abbiamo appena scoperto che il pesce abita in un anemone! Ora mi sento più tranquillo! Andando avanti, il figlio del pesce viene catturato da un subacqueo e il padre vuole andare a salvarlo. In successione compaiono un pesce blu mezzo rincoglionito che soffre di perdite di memoria a breve termine e un gruppo di squali che si riunisce, come gli alcolisti anonimi, per cercare di disintossicarsi dal mangiare pesci! Nel frattempo il figlio del pesce, tale Nemo, finisce nell’acquario di un dentista, la cui nipote è una pazza bisbetica che credo assassini i pesci dello zio! Mi appoggio sul bracciolo, dalla parte del moccioso, per cercare di stare più comodo, sorreggendomi la testa. All’improvviso mi arriva una gomitata sui denti che mi fa vedere le stelle.
- Stai sulla tua poltrona, stronzo! -
Stronzo? Mi ha chiamato stronzo? Io lo uccido questo piccolo figlio di…
- Tutto bene? - chiede Milly, fissandomi.
- Si, si… Tranquilla! - la rassicuro e lei dopo avermi sorriso torna a guardare il film.
- Io e te facciamo i conti dopo, moccioso! - bisbiglio a denti stretti al marmocchio che, per tutta risposta, mi mostra il medio. Giuro che appena ne avrò l’occasione, gli farò il culo a questo piccolo stronzo! Intanto, dall’altro lato qualcuno si arpiona al mio braccio! Vi prego, ditemi che non è la vecchia! Vi scongiuro… E invece è proprio lei che mi sorride da dietro i suoi spessi occhialoni.
- Scusa giovanotto, permette che mi appoggi al suo braccio? -
Tanto hai già fatto tutto tu, brutta vecchiaccia!
- Emh, prego prego… Faccia con comodo -
Non so come, né quando e nemmeno perché, ma le luci si riaccendono e sullo schermo compare la scritta:

 

INTERVALLO

 

Sia ringraziato il cielo! Finalmente posso sgranchirmi un po’ le gambe. Non sento più il braccio. Per fortuna che la vecchia mi ha mollato.
- Milly, andiamo a comprare del popcorn? Ti prego ti prego ti prego!!! - comincia a lagnarsi il moccioso, strusciandosi addosso a lei, quasi fosse un incrocio tra una qualche specie di gatto addomesticato e un koala. Ma guarda te che razza di doppiogiochista di merda!
- Vado io. Milly tu resta pure qua -
Il moccioso mi fulmina con lo sguardo mentre lei sorride, arrossendo lievemente.
- Ok, però fai in fretta! - si raccomanda.
- Vedi di morire mentre fai la fila, stronzo! - biascica invece il mocciosetto.
Ok. Respira. Respira. È solo un bambino. Un bambino. Calma. Mi volto e a momenti la dentiera dalla vecchiaccia non mi azzanna il naso. Oddio! Ho perso dieci anni di vita.
- Emh, con permesso… - mi sforzo di sorridere, cercando di essere educato. Appena la nonna si leva dalle palle, mi precipito fuori dalla sala, per prendere una boccata d’aria fresca. Nicotina! Qui c’è bisogno di nicotina! Mi tasto le tasche dei jeans, alla ricerca del pacchetto di sigarette quasi finito e dell’accendino. Appena sento il fumo riempirmi i polmoni, tutto lo stress sparisce. Mi appoggio ad una delle colonne di cemento, fumando con calma. La strada è deserta e il cielo sta cominciando a farsi più scuro. Sorrido ripensando alla prima volta che venni al cinema qui in Italia. Lo feci per dispetto. Scappai di casa dopo aver litigato con mio padre e mentre girovagavo per strada, mi ritrovai davanti alla biglietteria. Ricordo che si trattava di una commedia. In sala tutti ridevano tranne me, che non capivo una sola parola di quello che dicevano gli attori. Parlavano troppo in fretta e le risate mi impedivano di sentire bene le parole. Dopo mezz’ora decisi di andarmene, tutto arrabbiato. Fu allora che incontrai Alex. Se ne stava seduto sui gradoni, davanti all’entrata, a singhiozzare perché i suoi genitori avevano promesso di accompagnarlo al cinema, ma alla fine non si erano più presentati, rifilandogli una scusa a caso. Non so per quale motivo mi sedetti accanto a lui, ma lo feci.
 
- Hal… Uhm… Ciao! -
Il bambino gira il viso arrossato verso Gabe, tirando su col naso. Gabe cerca di rassicurarlo con un sorriso. Poi fruga nelle sue tasche alla ricerca di un fazzoletto da porgergli. Quando infine lo trovo, glielo sistema in mano, contento.
- Tieni! Non… Uhm… Non si deve mai piagnere in pubblico! -
Il bambino lo fissa un momento e, dopo l’iniziale sorpresa, scoppia a ridere.
- Si dice piangere, non piagnere! -
- Eh, e io che ho detto… Piagnere! -
E ridono.
- Certo che tu sei proprio strano! -
- Strano? Perché? -
- Beh, i tuoi genitori non ti hanno insegnato che non si deve parlare con gli sconosciuti? - chiede il bambino, asciugandosi le lacrime con il fazzoletto.
- Beh, i tuoi genitori non ti hanno insegnato che non si devono accettare regali dagli sconosciuti? - ribatte Gabe, prontamente.
I due bambini si mettono a ridere all’istante.
-Wie heisst Du? - domanda Gabe.
- Che? -
- Uhm… Scusa. Come ti chiami? -
- Ah! Ora si che si capisce! Io sono Alessandro! E tu? -
- Gabriel! -
- Ciao Gabriel! Vuoi essere mio amico? -
- Si! -

Alex e Gabe si dondolano sulle altalene. Entrambi alzati, con i piedi sul sedile di legno e le mani ben salde sulle catene.
- Sai, io sono figlio unico. I miei genitori nemmeno mi volevano, per questo non stanno mai un po’ a casa con me! Mi fanno sempre un sacco di promesse, ma all’ultimo minuto chiamano e dicono che sono impegnati per lavoro e che la prossima volta staremo tutti insieme. Poi quando tornano a casa, mi portano un sacco di regali per farsi perdonare… -
- E tu non sei contento? Se ti fanno dei regali, vuol dire che ti pensano, no? -
Alex, abbassa la testa, colpito da quella frase.
- Io non voglio dei regali. Voglio solo che loro stiano un po’ insieme a me. Anche solo un minuto. Un minuto mi basterebbe, si! -
- Ma tu l’hai mai detto ai tuoi genitori? -
- No, io… Sono sempre tanto arrabbiato… Per questo nessuno vuole essere mio amico -
Gabe molla la presa dalle catene e con un salto scende dall’altalena.
- Io voglio essere tuo amico perché noi siamo uguali. Anche io sono sempre arrabbiato. Possiamo essere arrabbiati insieme… -
- E se poi non voglio più essere arrabbiato ma tu si? -
Gabe si sfiora il mento, pensoso.
- Beh, mi sembra logico. Rimarremo amici lo stesso, no? -
 
E da allora diventammo inseparabili. Poi col tempo Alex ha smesso di soffrire per l’assenteismo continuo dei suoi genitori e così, mentre io rimanevo arrabbiato, lui cominciava a fare l’indifferente, finchè i suoi non lo mollarono qui con la scusa del lavoro all’estero. Da allora Alex li ha completamente cancellati dalla sua vita. A volte lo chiamano, ma solo nei giorni di festa per chiedergli come se la cava. A volte però fa finta di non sentire il telefono e lo lascia squillare per ore intere. Per lui è come una specie di vendetta nei loro confronti. Un profumo familiare interrompe il flusso dei miei pensieri.
- Non lo sai che il filtro non si fuma? - chiede divertita, sfilandomi il mozzicone dalle labbra e gettandolo via.
- Che ci fai qui? -
- Volevo vedere se stavi bene - fa, impacciata.
Sorridendo la attiro verso di me, abbracciandola.
- Tutto ok, tranquilla! -
- So che andare a vedere un film per bambini non è il massimo come primo appuntamento… Forse avremmo fatto meglio ad aspettare -
- Ehi, sono felice di essere venuto. Non mi importa del film, basta che tu rimani insieme a me… -
- Anche se con noi c’è il mio futuro fratellino? -
A momenti mi strozzo con la saliva. Sti cazzi! Ecco perché il mostro-koala mi odia…
- Beh, ecco… Magari la prossima volta eviterei di portarlo, o almeno prima avvertimi, così mi preparo psicologicamente e spiritualmente! -
Milly scoppia a ridere e io con lei.
- Scemo! - fa, stringendosi di più a me.
- Sai, credo proprio che ti farò causa! -
- E per cosa? -
- Per avermi mandato il cervello a puttane! -
 
 
 
 

 
 
Arschloch: stronzo!
Bleib für immer mit mir: Resta sempre con me!
Wie heisst Du?: Come ti chiami?
 

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Capitolo 14
*** Se solo avessi le parole... ***


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14. Se solo avessi le parole…
 

 
 
 
 
{ILARIA}
 
 
Passo ancora una volta la spazzola tra i capelli. Questa sera proprio non riesco a sistemarli come vorrei, così alla fine li raccolgo in una coda. Un velo di trucco e sono pronta. In perfetto orario oserei dire!
Prendo la borsa e mi avvio al piano di sotto. Sono un po’ preoccupata a dire il vero. Quella capra di mio fratello aveva un appuntamento con Milky. Spero sia andato tutto bene. Il suono del citofono mi riporta con i piedi per terra. Controllo che tutto sia chiuso ed esco di casa, gettando le chiavi e il cellulare alla rinfusa nella borsa.
Davanti al cancello trovo Giorgio, appoggiato al motorino, le mani in tasca, intento ad osservare il cielo.
Sembra un bambino, con quell’espressione assorta. Quasi mi dispiace aprire il cancello perché farebbe rumore e lui si accorgerebbe che lo sto fissando come una scema. Certo che è proprio bello… È strano, ma questa è la prima volta che mi capita di pensare a lui in questo modo. Che mi succede? Solo perché Milky quella volta, da ubriaca, ha detto quelle cose, non significa che siano vere…
- Hey! Qualcosa non va? -
- N-no no… Ero un momento soprappensiero... - borbotto, chiudendo rumorosamente il cancello e schioccandogli un leggero bacio sulla guancia.
- Sicura? - insiste lui, preoccupato.
Annuisco decisa e lui sembra rilassarsi.
- Facciamo una passeggiata o vuoi andare a mangiare qualcosa? Anzi no, prima spiegami cos’è questa novità! - chiede, prendendomi sotto braccio ed incamminandosi.
Io sorrido, contenta.
Mi piace quando stiamo così. I vestiti di Giò hanno sempre un buon profumo.
- La nostra Milky è sulla via della guarigione! Questa sera è addirittura uscita con un ragazzo! -
Giorgio mi guarda sorpreso. Sono sicura che non se l’aspettava nemmeno lui. A quanto pare, la nostra cara bevitrice di tè a tradimento ha fatto tutto di soppiatto… Spero solo che quell’imbecille di mio fratello si comporti come si deve, altrimenti questa è la volta buona che lo spedisco all’ospedale, giuro!
- E chi sarebbe questo misterioso corteggiatore di cui non ci ha mai parlato? -
- Emh… -
- Si? -
E adesso chi glielo dice? Non ho idea di come potrebbe reagire a questa splendida notizia…
- Mio fratello! - butto lì con tutta la nonchalance di cui sono capace.
Giorgio inciampa e per non finire disteso a terra si tiene a me, guardandomi come se avessi parlato in sanscrito.
- Giorgio? Respira! -
- Scusa… Il fatto è che… Cioè, non me l’aspettavo. Non pensavo che a Milly potessero piacere i ragazzi come tuo fratello… -
- Beh, non ci credevo nemmeno io all’inizio, ma forse è per questo che non ha voluto dirci niente. Sai com’è fatta quando si tratta di certi argomenti… -
- Mh… Beh, forse hai ragione. Come si dice, gli opposti si attraggono… -
- Su su. Domani ci faremo raccontare tutto per bene! -
- Mi fai paura quando fai così, lo sai? -
- Ah ah… Piuttosto, parliamo di cose più urgenti: andiamo allo Zenit? -
Giorgio storce leggermente il naso, poi annuisce poco convinto.
- Ok, però restiamo solo un pò. Non mi piace quel posto… Ci sono troppi attaccabrighe e la mano mi fa ancora male! -
- E ti credo! La faccia di bronzo di quel deficiente è un qualcosa… -
Da quando abbiamo scoperto che Luca stava contemporaneamente con Milky e con Faby, non pronunciamo nemmeno più il suo nome. Giorgio ha fatto proprio bene a spaccargli il muso… Peccato che poi la voce si sia sparsa in giro. Beh, almeno adesso nessuno vorrà litigare con lui!
- Non ricordarmelo, guarda… - fa lui, seccato.
 
 

{GIORGIO}

 
Odio questo posto! E odio tutti quelli che lo frequentano! Ogni volta che siamo venuti qui, regolarmente se le sono date di santa ragione. Spero vivamente di levare le tende prima che succeda qualcosa del genere.
Non riesco nemmeno a respirare talmente è affollato il locale e queste luci mi hanno già fatto venire un gran mal di testa. Beh, almeno Ilaria è contenta. O meglio, era contenta fino a pochi minuti fa. Adesso non lo so più. Se ne sta seduta di fronte a me, sorseggiando con la cannuccia il suo Fragola fizz. A dire il vero sono rimasto un po’ sorpreso da questa sua scelta dato che solitamente ci va giù pesante. Vorrà dire che una volta tanto, tra i due, sarà lei quella a tornare a casa sobria dato che io sono già al mio terzo bicchiere di Manhattan e sto cominciando a vedere addirittura triplo… Forse sarebbe il caso di smettere, ma non riesco a sopportare questo silenzio. Silenzio per modo di dire… La musica è talmente alta che non si sente niente, ma se lei parlasse, se dicesse anche solo una parola, sono sicuro che riuscirei a sentirla. E invece non parla. Se ne sta zitta, con quell‘espressione triste. Solo perché dietro di noi c’è quello lì: Marco Vittori. Sapevo che non saremmo dovuti venire. Quello ci sta rovinando la serata! Quei suoi occhi chiari sono costantemente puntati sulla figura di Ilaria e questo mi fa arrabbiare.
Mi gioco tutto quello che ho che prima o poi verrà qui a parlarle, a supplicarla di tornare insieme, perché lei praticamente è… Unica… E a quel punto lei accetterà perché, infondo ne è innamorata. E io non potrò fare altro che incassare nuovamente, fingendo di essere felice per lei, mentre uno stronzo qualunque si porta via la persona più importante della mia vita. Se solo avessi un po’ di coraggio in più…
Ed eccolo… Si è appena staccato dal bancone e sta venendo qui, con quella sua odiosa andatura che sprizza sicurezza da tutti i lati. Per non fissarlo, abbasso la testa, mettendomi a contemplare i cubetti di ghiaccio rimasti sul fondo del bicchiere. Un leggero capogiro mi costringe a chiudere gli occhi. Mi massaggio lievemente le tempie, cercando di riprendermi. Quando riapro gli occhi, vedo Ilaria alzarsi mentre quello le poggia una mano sulla spalla. Ilaria mima qualcosa come un “Torno subito” o “Faccio presto” ma non riesco a capire bene, anche perché vedo tre Il… Sorrido e annuisco, facendo finta di credere a quell’emerita stronzata, buttata lì a caso, perché lo so che tanto non tornerà più… Non sarò io a riaccompagnarti a casa stasera, Ily… E non ti riaccompagnerò nemmeno le altre sere. Non potrei sopportarlo. Mi farebbe troppo male. Se solo… Milly, dove sei? Vorrei tanto che tu fossi qui con me. Tu sapresti esattamente cosa dire per farmi stare meglio…
Mi fa male la testa… Voglio sdraiarmi da qualche parte e non pensare più a niente. Mi avvio verso l’uscita, stando attento a non finire disteso a terra. Come sono ridotto... Non riesco nemmeno a stare in piedi come si deve. Appena fuori dal locale, sento una sferzata d’aria fredda sul viso. Non faccio in tempo a correre nel vicoletto lì accanto, che vomito tutto quello che avevo in corpo. E ancora e ancora, fin a ritrovarmi con lo stomaco vuoto mentre i muscoli continuano a contrarsi dolorosamente.
Non ricordo quanto ho bevuto dopo aver visto Ilaria andarsene con quello. Sicuramente tanto. Troppo direi, visto che non mi è mai capitata una cosa del genere.
Appoggio una mano al muro, per sostenermi, mentre comincio pian piano a riprendermi un po’. Nella mia tasca il cellulare vibra.
- Pronto? -
- Giò, devo dirti una cosa! Ecco, io e Marco stiamo di nuovo insieme… -
Non l’ho sentito sul serio quel crak, vero?
- … Ma tu dove sei? Marco vuole accompagnarmi a casa ma gli ho detto che ci pensavi tu… -
Quando ero piccolo, adoravo guardare i Looney Tunes. Il mio preferito era Willy il Coyote. Ridevo come un matto ogni volta che si schiantava al suolo o veniva investito da un tir. Beh, ora penso proprio di capire cosa provava quel povero disgraziato ogni volta che prendeva in pieno un tir a tutta velocità…
- Giorgio? Ci sei? -
- Mi dispiace Il, ma sto già tornando a casa. Non ti ho più vista così ho immaginato… -
- Ah, capisco… Non vieni a riprenderti il motorino? Ti aspetto da me… -
- No, no... Credo di aver esagerato un po’ stasera, quindi preferirei lasciarlo lì se a Gabriel non da fastidio… -
- Non preoccuparti, non credo farà storie. Beh, allora ci vediamo domani? -
- Mh… -
- Ciao -
- Ilaria! -
- Si? -
- Io volevo dirti… Si insomma… Io volevo… -
- Giorgio, è tutto ok? -
- Ilaria… Io… Io… -
- Tu cosa, Giò? -
- Io ti… Ti -
- Giorgio, se devi dirmi qualcosa, fallo e basta! -
- Io… -
Se solo avessi le parole, te lo direi…
Se sapessi come fare…
Se sapessi cosa dire…
Se soltanto avessi le parole…
Lo farei…
Solo per te…
Anche se mi farebbe male…
Te lo direi…
Ti amo, Ilaria…
Le labbra si muovono, scandendo quelle due maledette parole…
Ti amo…
Ma dalla mia bocca non esce nessun suono. Che codardo che sono… Patetico. Mi ritrovo a sorridere, dandomi dello sciocco da solo…
- Niente, volevo solo farti sapere che sono molto contento per te… Sai che voglio sempre vederti sorridente… Solo questo… Notte -
- … -
- Ila… -
- Sei uno stupido, Giorgio! -
Sento chiaramente l’interruzione della chiamata.
Lo so che sono uno stupido, ma che ci posso fare… Nemmeno da ubriaco sono riuscito a dichiararmi, e adesso l’ho persa per sempre… L’ho persa davvero…
Cammino, ma non so nemmeno dove sto andando. I piedi si muovono da soli. Come se non bastasse, ha cominciato anche a piovere. Le gocce di pioggia che mi scivolano sulla guancia sono così fredde rispetto al resto del mio corpo. Così… Gelide
- Giorgio? -
Alzo la testa, distrattamente e mi ritrovo a fissare il viso preoccupato di Milly. Milly… Non è da sola. Con lei c’è qualcun altro, ma non riesco a mettere a fuoco perché la pioggia mi offusca la vista. È strano, ma adesso che Milly è qui davanti a me mi sento quasi sollevato. Sorrido.
- Giorgio, che hai? -
- Milly, hai visto come piove? Se continua così ho paura che ci prenderemo un bel raffreddore… -
Le braccia di Milly si stringono attorno alla mia vita, con forza.
- Giorgio, basta piangere! Qualunque cosa sia, la metteremo a posto, ok? -
- Ma che dici, Milena. Io non sto… -
D’istinto mi porto una mano sulla guancia. È bagnata.
- … Non sto piangendo… -
Dalla mia bocca esce un singhiozzo e lei mi stringe ancora di più. È tutto confuso. Mi fa male la testa. Voglio andare a casa. E invece piango, nascondendo il viso nell’incavo del collo della mia migliore amica.
Piango perché sono stupido.
Piango perché sto male.
Piango perché sono un codardo.
 
 

{MILLY}

 
- Grazie per averlo riaccompagnato a casa, tesoro! -
- Si figuri signora. Se non è di troppo disturbo, vorrei chiamare più tardi per sapere come sta… -
- Milena, cara, tu non disturbi mai. Per Giorgio sei come una sorella -
Mi ritrovo a sorridere alla splendida donna di fronte a me.
- Ah, quasi dimenticavo! Queste sono le chiavi del motorino. Lo abbiamo lasciato davanti al garage -
- Siete stati davvero premurosi. Vi ringrazio anche da parte di mio figlio. E fate attenzione per strada! -
- Non si preoccupi signora. A più tardi! -
Usciamo da casa di Giorgio e ci incamminiamo verso il parco. Mentre passeggiamo, mi ritorna in mente il suo viso. Era distrutto. Non l’ho mai visto ridotto così e sono sicura che non era solo per quello che aveva bevuto. Di certo c’entra Ilaria. Deve essere successo qualcosa tra di loro. Non riesco a pensare a nient’ altro se non a questo. Deve essere per forza così. Giorgio muore per Ilaria, ma non si decide a dichiararsi e soffre. Certo soffre in silenzio, ma comunque soffre. E fa finta di niente, cercando di nascondere il suo dolore dietro quel sorriso che gli si vede perennemente stampato in faccia. Ma in realtà dentro muore e io non posso aiutarlo perché lui non si decide a confidarsi, così faccio finta di niente anche io, cercando di ignorare i suoi occhi che a volte si riempiono di tristezza. Chissà se l’ha capito anche Gabriel che Giò è innamorato perso di Ilaria. Se lo sapesse, cosa direbbe?
Un soffio d’aria gelida mi fa rabbrividire, così mi stringo di più nella giacca. Gabe se ne accorge immediatamente e mi stringe di più a sé, strofinandomi la schiena per farmi stare più al caldo.
- Grazie per avermi aiutato con Giorgio. Se non ci fossi stato tu, non so se sarei riuscita a portarlo a casa -
Lui sorride.
- Guarda che non devi ringraziarmi… -
- Mi sa che questo è stato l’appuntamento più brutto che tu abbia mai avuto -
- E invece è stato il migliore… Ma solo perché c’eri tu con me! - mi sussurra all’orecchio, ridacchiando.
- Stupido… - sbotto, fingendo di tirargli un pugno sul naso.
- La prossima volta però il figlio di Satana non si siede in mezzo! - dice con il tono più serio di cui è capace. E ha ragione! Sono sicura che Davide gliene avrà dette di tutti i colori ma, per fortuna, Gabriel non ha reagito e ha cercato di fare finta di niente. Alla fine lo abbiamo riaccompagnato a casa appena è finito il film, così abbiamo potuto chiacchierare un po’ in tutta tranquillità. Mi piace ascoltare il suono della voce di Gabriel. E mi piace il suo leggero accento. Mi piacciono i suoi occhi grigi. Mi piacciono i suoi capelli biondo cenere. Mi piace il suo profumo di talco e menta. Mi piace il suono della sua risata. E mi piace il suo nome. Mi piace ogni cosa di lui.
Il parco è deserto. Restiamo per un po’ seduti su una panchina a guardare le stelle, poi Gabriel controlla l’orologio e fa una smorfia contrariata.
- Purtroppo è già ora di ritornare a casa, piccola fee. Sono le undici e mezza! - mi informa.
Non avevo idea che fosse già così tardi. Il tempo è volato e la strada per casa mia è fin troppo breve.
- Beh, allora grazie per la serata… - comincio, leggermente in imbarazzo davanti al portone del condominio. Spero che papà non abbia la brillante idea di affacciarsi dalla finestra, altrimenti è finita…
- Posso chiederti una cosa? -
- Cosa? -
- Ti va di tornare a casa con me domani? Ho basket l’ultima ora… -
- Certo! - dico senza nemmeno dargli il tempo di terminare la frase e lui scoppia a ridere.
L’istante dopo però è di nuovo serio. Allunga la mano e mi sistema una ciocca di capelli dietro le orecchie. Sento che in questo momento potrei avere un infarto.
- Posso darti il bacio della buona notte? - sussurra, sfiorandomi la punta del naso con la sua. Annuisco, chiudendo gli occhi. È così piacevole farsi cullare da questo calore. Mi fa sentire protetta e amata. Sento che potrei stare così per sempre. Non ho mai provato queste sensazioni prima d’ora. Forse è perché non sono mai stata davvero innamorata? Probabilmente è così. Non ho mai sentito l’esigenza di dire a qualcuno di amarlo, ma adesso è tutto diverso. Quando sono con Gabriel, sono talmente felice che vorrei gridarlo a tutto il mondo. Si, deve essere proprio così.
Lo dirò a lui.
Perché per me è speciale.
Perché per la prima volta sento di amare veramente qualcuno.
Perché sei tu.
Gabriel.
Ti amo.
 
 

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Capitolo 15
*** Tempesta ed impeto? No, grazie... ***


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15. Tempesta ed impeto? No, grazie... 
 

 


{MILLY}

 
- EHIII! LA PREGO, SI FERMI! SONO QUIII!!! -
Cacchio, cacchio, cacchio! Ma è mai possibile che tutte le mattine devo correre come una pazza dietro l’autobus? Eppure mi alzo sempre in orario… Non ce la faccio più! Maledetta bici che ha ancora le ruote bucate!
- Tutto bene? -
- Si, si… Non si preoccupi… -
Per fortuna l’autista anche stavolta ha avuto compassione di me e si è fermato. D’altronde chi non l’avrebbe fatto, guardando dallo specchietto retrovisore qualcuno correre come un disperato dietro un autobus, con lo zaino in una mano, la giacca in un’altra e una brioche in bocca.
C’è mancato poco poi che mi strozzassi.
Oddio, guarda che capelli! E ho anche tutta la felpa sporca di zucchero. Appena arrivo a scuola, devo correre in bagno a darmi una sistemata. Sono inguardabile, proprio oggi che devo tornare a casa con Gabe. La sfortuna mi perseguita! Chiamatemi un esorcista, vi scongiuro!
Dopo essermi guardata un po’ in giro, scelgo uno dei posti vuoti in fondo e vado a sedermi. Nella tasca posteriore dei jeans il cellulare comincia a vibrare. Un messaggio. Anche se il numero è sconosciuto, mi sembra di aver già visto le ultime tre cifre.

Da: 3298530726
Guten morgen, fee!
Dormito bene? Spero di si… Visto che bella giornata?
Il cielo è limpido, gli uccellini cinguettano e il sole splende alto…
Naaa, non è vero! Ci sono certi nuvoloni… Non vorrei piovesse proprio oggi!
Cos’hai da fare alla prima ora? Io ho filosofia! Che pizza esagerata…
Il prof non lo sopporto proprio…
Spero di non averti disturbato… Un bacio…
Ps. Non vedo l’ora che suoni l’ultima campanella!

Mentre leggo il messaggio chilometrico di Gabe mi ritrovo a sorridere come una sciocca. Salvo il suo numero e rispondo subito all’sms.

A: Piccolo vichingo
Buongiorno anche a te!
Eh già, qualche parola in tedesco l’ho imparata anche io! =D
Tranquillo, nessun disturbo…
Ho dormito fin troppo bene, grazie!
Beh, casomai dovesse piovere, prendiamo un ombrello!
Alla prima ora ho inglese!
Sai che anche mio padre fa il prof di filosofia? XD

Dopo aver cancellato e riscritto il messaggio millemila volte, mi decido ad inviarlo. Sarò stata troppo sfacciata? Non voglio che lui si faccia un’idea sbagliata di me…

Da: Piccolo vichingo
Inglese è una pizza, ma filosofia lo è di più!
Ah, si? È proprio una splendida notizia questa…
Scherzo! Cmq ieri sera Ari era molto strana.
Credo sia successo qualcosa. Ovviamente non ho detto nulla,
come ti avevo promesso, però poi mi spieghi!
Ora devo salutarti, sta arrivando Alex: guai in vista!
A dopo, fee! Ich bin wild auf dich!

Beh, comincio a pensare seriamente di avere bisogno di un vocabolario di tedesco…

A: Piccolo vichingo
Buongiorno più o meno lo capisco, ma…
Che significa Ich bin wild auf dich?
Buona lezione!
Un bacio…

Da: Piccolo vichingo
La mia fee diventerà più brava di una madrelingua con qualche lezione!
Cosa significa, eh? È un segreto!

Un segreto, eh? Beh, vorrà dire che ci penserà Google traduttore a dirmi cosa significa. Sarebbe troppo imbarazzante chiederlo ad Ilaria…
- Signorina, scende? - si informa l’autista.
- Oh, si! Mi scusi! - mi affretto a dire, recuperando le mie cose e saltando giù.
Sono in ritardo pazzesco! Questa è la volta buona che papà mi strozza! Mentre mi infilo la giacca e corro a rotta di collo verso l’entrata, riesco a dare un’occhiata all’ora. Tra cinque minuti comincia la lezione e alla prima ora c’è la strega! Se mi becca, sono finita!
- Parisi, stavo quasi per chiudere la porta! - mi avverte la bidella.
E ti pareva, mo anche la paternale dalla signora Ambra ci voleva!
- Lo so, lo so… Domani cercherò di arrivare prima, giuro! - faccio, continuando a correre verso la porta del bagno. Ci sono quasi. Spingo la maniglia ed entro. Non so perché, ma finisco a terra, sbattendo la testa contro il muro. Cassiopea e che botta!
- E stai più attenta, cazzo! - sbraita una ragazza, raccogliendo il contenuto della sua borsa, sparso per terra.
- Vale, ti sei fatta male? -
- Sto bene! Aiutami a raccogliere sta roba! -
Apro gli occhi, massaggiandomi la testa. Che dolore!
- Io quella giuro che la uccido! - continua la ragazza, gettando le cose alla rinfusa nella borsa.
Quando ha finito, mi lancia un’occhiata truce, e solo allora mi accorgo che sta piangendo. Ha gli occhi arrossati e tutto il trucco sbavato.
- Stai bene? - le chiedo preoccupata, ma lei non sembra tanto aperta al dialogo dato che mi fulmina con lo sguardo.
- Fatti i fatti tuoi! - risponde, afferrando la ragazza che era con lei per un braccio e trascinandola fuori.
- Vale, calmati ti prego! Non c’è bisogno di fare così! -
- Zitta! Appena scopro chi è, giuro che la faccio nera! -
Però, agguerrita la tizia, eh? Non mi ha nemmeno chiesto se mi fossi fatta male! Mi rialzo da terra e, avvicinandomi allo specchio, mi accerto di non essermi spaccata la testa! Tutto bene per fortuna, però mi fa malissimo! Do un’altra occhiata all’ora e a momenti ci resto secca. Ahhhh!!!! È tardissimo! Mi sistemo in fretta i capelli, mi sciacquo il viso e mi ripulisco per bene. Qualche minuto dopo, arrivo in classe! I ragazzi sono tutti seduti, la porta è aperta e la strega non c’è! Evviva, l’ho scampata. Tiro un sospiro di sollievo e mi dirigo al mio posto. Contrariamente a quanto mi aspettassi, Giorgio è venuto a scuola. Bene perché ci sono un paio di cosette di cui dobbiamo discutere!
- Milly… - bisbiglia Simone, tirandomi lo zaino. Perché parla a bassa voce se la prof non c’è?
- Parisi! E ti pareva che non eri in ritardo anche oggi! -
Ecchecavolo! L’ho detto io che ho bisogno dell’esorcista!
- Vieni all’interrogazione! - sbraita la strega, sedendosi dietro la cattedra. Ma da dove cavolo è uscita? Prima non c’era, ne sono sicura.
- Prof, mi lasci almeno posare lo zaino! -
- Non abbiamo tutta la giornata, Parisi! Vieni alla cattedra, svelta! La sedia non serve! Ai miei tempi chi arrivava in ritardo, restava in piedi! -
Se… Peccato che quando andavi tu a scuola, era vivo Tutankhamon!
- Traduciamo il frammento 34 di Saffo, Plenilunio! - fa, sistemandomi il libro davanti.
E lo sapevo! Questo non lo ha nemmeno spiegato. Strega! Comincio a leggere ad alta voce ma la prof mi blocca.
- Violante, qual è il problema? -
- Prof, guardi che questo pezzo non l’abbiamo ancora fatto! -
Io e Giorgio ci scambiamo un’occhiata e lui mi sorride.
- Violante, decido io cosa chiedere. Tu torna a vegetare come tuo solito! Se mi contraddici di nuovo, ti caccio fuori! Parisi, traduciamo direttamente! Facciamo in fretta che c’è molto da fare e non posso perdere troppo tempo con te! -
Muovo le labbra, articolando un grazie silenzioso rivolto a Giò, poi mi concentro sul testo in greco. È la guerra che vuoi, brutta stregaccia? E la guerra avrai!
- Plenilunio.
Gli astri d'intorno alla leggiadra luna 
nascondono l'immagine lucente, 
quando piena più risplende, bianca 
sopra la terra -

La prof si abbassa gli occhiali sul naso e mi guarda sorpresa.
- Parlami della lezione del giorno! -
Ma guarda te, non si arrende…
- Si! La lirica di Saffo è dominata dall’intensità della passione amorosa. Con uno stile dall'estrema semplicità sintattica a cui corrisponde il massimo della tensione emotiva, la poetessa dà voce al dolore degli abbandoni, alla nostalgia delle gioie perdute, alla desolazione della solitudine, al tormentoso strazio della gelosia… -
- Basta così, basta così. A quanto pare, ci siamo date alla lettura dei classici greci nell’ultimo periodo! Bene Parisi, vai a posto. Per questa volta la passi liscia, ma se continui ad arrivare in ritardo, dimezzerò tutti i tuoi voti! -
Deo gratias! Me la sono cavata anche stavolta! Grazie papà che per Natale mi hai regalato le liriche di Saffo!
 
 
 
{GABE}

 
- Bene ragazzi, visto che la maggior parte di voi è d’accordo, passerei all’assegnazione dei vari argomenti -
Se, tua nonna! Ma ce l’hai una vita sociale, cazzo?
- Ieri sera ho buttato giù una sorta di schema tenendo conto dei gusti e della personalità di ognuno di voi. Se non siete d’accordo con me, possiamo tranquillamente patteggiare -
Invece di uscire con quella poveraccia di tua moglie, se ce l’hai, passi le nottate ad escogitare nuovi sistemi su come rompere le palle? Quanto mi stai sui coglioni!
- Allora, vediamo un po’… Amelia, Giusi e Francesco lavoreranno su Kant e le sue tre Critiche -
E ti pareva. Scheisse, la parte più facile sempre agli altri!
- A Luigi e Cristina diamo Fichte e Schelling. Sara, Roberto e Giovanna invece, si occuperanno di Hegel… -
- Chissà che avrà pensato per noi.. - borbotta Alex.
- Non lo so e non me ne frega! Io sta merda non la faccio! - sbotto incazzato.
- Ad Alex, Dario e Andrea affidiamo Marx ed Engels… -
Ha assegnato a tutti un lavoro, tranne che a me! Beh, forse avrà capito che è tutto fiato sprecato!
- E ora veniamo al nostro Gabriel! -
Quel sorriso non mi piace. Se pensa di potermi convincere a fare questa emerita cazzata, si sbaglia di grosso!
- Gabe si occuperà dello Sturm und Drang! Considerando la tua provenienza, non avrai problemi a svolgere un tema sulla filosofia tedesca e potrai approfondire il tutto con delle citazioni in lingua originale. Ovviamente sono inclusi anche gli opportuni collegamenti con la letteratura, ma sono sicuro che farai un ottimo lavoro visto il tuo animo profondamente romantico! -
Sta facendo del sarcasmo?
- Col cavolo! Ma per chi mi ha preso, per una mocciosa depressa e innamorata? Affidi questo tema ad una delle ragazze, perché io non lo faccio manco morto!- sbotto incazzato, fissandolo. Lui non si scompone.
- Se non lo fai, abbasserò tutti i tuoi voti. A fine anno ti darò un’insufficienza e tanti saluti alla maturità! Sai che posso farlo! -
Ah, bene! Adesso siamo passati anche ai ricatti? Brutto stronzo! Questa me la paghi! Purtroppo non posso controbattere. Sono costretto a rimanere in silenzio e non lo sopporto. Scheisse! Scheisse!Scheisse!
- A quanto pare abbiamo raggiunto un compromesso! Non vedo l’ora di vedere il tuo lavoro! - sorride ancora. In questo momento lo strozzerei volentieri. Mi aggrappo al bordo del banco, stringendolo talmente forte da far sbiancare le nocche .
- Gabe, calmati! Non fare altri casini! - mi sussurra Alex. Questa gliela faccio pagare, quant’è vero che mi chiamo Gabriel Rasmussen!
 
 

{MILLY}

 
- A quanto pare, qualcuno ha volontariamente evitato di raccontare alcune cosette, vero Milly? -
- C-Che cosa? Non è vero! -
- Ah, no? E da quando passeggiare con qualcuno mano nelle mano sarebbe niente? -
- Uffa, smettila di prendermi in giro! - sbotto, arrossendo. Se non la smette lo picchio, giuro! - E poi, non è per questo che siamo venuti qui! -
- É vero, scusami! Sono pronto a fare tutte le cose sconce che vuoi! -
- GIORGIO! - grido, mollandogli uno schiaffo sul braccio.
- Ok, ok… Da adesso sarò serio, promesso! -
Beh, lo spero! Faccio un respiro profondo e lo fisso negli occhi.
- Giorgio - comincio titubante - Mi spieghi che cavolo è successo ieri? -
Ho approfittato dell’intervallo per chiarire questa cosa. Non potevamo certo discuterne in classe, primo perché la stregaccia già ci bistratta e ci perseguita quando ce ne stiamo in silenzio. Figuriamoci se avessimo incominciato a discutere! Secondo, perché non voglio che in classe si sappiano le nostre cose. Siamo seduti sulle scale d’emergenza, dietro la palestra. Qui non viene mai nessuno per questo posso parlare liberamente, anche a voce un po’ più alta, senza paura che qualcuno ci senta.
- Non è successo niente… -
Mi sta prendendo in giro?
- Punto primo: guardami in faccia quando ti parlo. Punto secondo: quello di ieri non era niente! Non era assolutamente paragonabile a niente! Ti rendi conto di come eri ridotto? Addirittura deliravi! -
Se pensa di cavarsela con poco, beh, si sbaglia di grosso! Non può nemmeno immaginare come ero preoccupata. Quando ho chiamato per sapere come stava, sua madre ha detto che si era addormentato e che stava meglio, ma non sono lo stesso riuscita a dormire.
Sto per riprendere la ramanzina, quando all’improvviso Giorgio mi afferra per i polsi. I suoi occhi scuri non sono mai stati più seri. Mi fa quasi paura…
- Milly, promettimi che non dirai ad Ilaria quello che è successo… - comincia.
- Giorgio, cosa… -
- Ti prego… Giuramelo! -
- Io… -
Che dovrei fare? Sembra così triste…
- Va bene Giorgio. Se è questo che vuoi, non dirò niente… E nemmeno Gabriel… -
- Grazie - sussurra poi, abbracciandomi.
Come sei stupido, Giorgio. Basterebbe un niente e tutto si aggiusterebbe. E invece ti sei andato a cacciare in questa terribile situazione e non fai altro che soffrire. Stupido, stupido, stupido…
 
 

{GABE}

 
- Passa, Dà! -
- Pezzo di merda, molla quella palla o ti faccio nero! -
- Mattè, tira! -
- E datti na mossa! Pure mia nonna gioca meglio! -
- Francè, marcalo cazzo! -
- Tanto non recuperate! Alex, passa ad Andrea! -
- Mi ha fregato la palla! Marcatelo, non fatelo… -
- Cazzo, ha segnato! -
- Vaffanculo! -
- Grande Miase! Li abbiamo stracciati! -
- Ragazzi, la partita è finita! Mettete a posto la palla e andate a cambiarvi! - annuncia la professoressa Palazzoli, lanciando un mazzo di chiavi a Matteo.
- Ok, prof! Ragazzi, non vi dileguate! -
Mentre gli altri commentano la partita appena conclusa, mi avvio verso gli spogliatoi. Chissà dove mi starà aspettando la mia fee… Non vedo l’ora di poterla abbracciare e stare un po’ insieme a lei!
- Miase, sei stato fortissimo! - comincia Francesco, lanciandomi un asciugamano pulita.
- Grazie -
- E bravo il mio schatz! -
- Zero, non rompere le palle, sono di fretta! - sbotto allontanandolo e cercando di infilarmi la maglietta.
- Cosa, cosa, cosa? Non dirmi che hai appuntamento con l’arpia… -
- Cazzo, no! Io quella non la reggo proprio! Gabe, ti proibisco di portarla ancora con noi! - si lamenta Dario.
- Su, non dire così! È simpatica, dopotutto… Anche se a modo suo però… - si intromette Andrea.
- Zitto Andrè! Tu non hai voce in capitolo! -
- Vaffanculo, Dario! -
- Ok, se gli sposini hanno finito con il loro battibecco -
- Fottiti, Alex! - rispondono in coro Shawo e Seven. Approfitto del loro scambio di battute per mettere i jeans puliti e le scarpe. Sistemo le ultime cose nello zaino e mi avvio.
- Dove pensi di andare, Gabe? Sono venuto a piedi oggi! -
- Tieni! - faccio, lanciando ad Alex le chiavi della mia moto - Ci vediamo più tardi! -
- Sti cazzi, Gabe! Se non mi dici dove vai, ti lascio digiuno! - mi minaccia Alex, tirandomi lo zaino dalla spalla.
- Uh, Gabriel ha fatto un’altra vittima a quanto pare! - fa Matteo, entrando nello spogliatoio.
Lo guardo con aria interrogativa e lui sorride.
- Una ragazza mi ha chiesto se Gabriel fosse qui… Era davvero carina! -
- Buonanotte Mattè! Valeria Pellegrini è roba vecchia! - lo sfotte Dario.
- Naaa, non era Valeria Pellegrini! -
Alex, Dario e Andrea si voltano contemporaneamente verso di me, mentre riprendo lo zaino dalle mani di Zero.
- Pezzo di merda, che altro hai combinato? -
- Mi state facendo perdere un mucchio di tempo! - mi lamento avviandomi verso l’uscita dello spogliatoio.
- Non la scampi così, bello mio! Cerchiamo di non combinare casini! Siamo ancora troppo giovani per diventare zii! -
- Leck mich am arsch! - rispondo, alzando il medio.
- Tua nonna! Stronzo! - sbotta Dario, correndomi dietro, ma ormai sono già arrivato al centro del campo. La mia fee mi aspetta accanto alla porta della palestra. Ha già le guance tutte rosse. Non si è ancora accorta di me.
- Miase, sei un pezzo di merda! -
Grazie Alex… Sei sempre il solito! Lei alza immediatamente lo sguardo e appena mi vede, sorride. E sorrido anche io.
- Ciao - dice.
- Ciao - rispondo.
- Credo che Alex stia parlando con te -
- Alex dice sempre un sacco di stupidaggini, lascialo perdere! -
- Tua nonna, Miase! Appena torni ti gonfio! - continua Alex, imperterrito, ignorando la prof che gli ha appena tirato uno scappellotto dietro la nuca.
Milly lo saluta con la mano e il cretino gli dice qualcosa che non riesco a capire. Lei scoppia a ridere e annuisce.
- Che cos’ha detto? - chiedo passandole un braccio attorno alle spalle e uscendo insieme a lei dalla palestra.
- Che mi vuole tanto bene… - ridacchia, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
- Ah, si? -
- E già… -
- Beh, io di più! -
 
 
 
 
Ich bin wild auf dich: Sono pazzo di te 




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Capitolo 16
*** Non sempre le circostanze ci sono favorevoli ***


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16. Non sempre le circostanze ci sono favorevoli

 

 

{ILARIA}
 

- Mama, sono tornata! -
Poggio le chiavi sul ripiano del mobile all’ingresso e sistemo la giacca sull’attaccapanni. Mi sfilo le scarpe e mi avvio verso la cucina con lo stomaco che brontola.
- Mama? -
In cucina non c’è nessuno.
- Gabi? -
Nessuna risposta. Sono sola. Come sempre. Bentornata a casa, Ilaria! Sul frigo c’è un biglietto di mama, tenuto su da una calamita a forma di tartaruga. L‘abbiamo comprata quest‘estate, durante le vacanze. Stacco il fogliettino e leggo cosa dice:

 

Ari, sono dovuta tornare al lavoro:
problemi in ufficio.
Papà sarà a casa per cena.
Ti ho lasciato qualcosa nel microonde da riscaldare.
Un bacio.

 

Accartoccio il piccolo pezzo di carta e lo getto nel cestino. La stessa sorte tocca anche al contenuto del forno a microonde. Preparo un paio di toast e accendo il televisore. Non c’è niente che mi interessi sul serio, ma non c’è altro che possa fare per passare il tempo in questa casa così terribilmente vuota e silenziosa…
Finito di mangiare, salgo in camera e comincio a studiare. Il ticchettio delle lancette accompagna lo scorrere dei minuti. Sembrano ore interminabili. Non ci riesco… Non ci riesco! Com’è possibile che questo silenzio mi rimbombi in testa in maniera assordante? Com’è possibile che il silenzio sia così rumoroso? Non voglio stare sola, non voglio…

 

{GIORGIO}
 

 
- Giorgio! -
- Si mamma? -
- Sto andando al lavoro! Io e papà facciamo il turno di notte oggi! -
- Ok ma! Lasciami le chiavi così più tardi esco a mangiare qualcosa -
- Ok. Sono sulla tavola. Ci sono anche dei soldi. Mi raccomando tesoro, fai attenzione… -
- Si mamma… Non ho più cinque anni! -
- Si, lo so… Bacio! -
La porta si chiude e la casa piomba nel silenzio. L’unico suono che si sente, è il ciarlare allegro di un tizio proveniente dal televisore acceso, in cucina.
Ritorno in camera mia a studiare. Ho una versione di latino da finire, un saggio di letteratura e un brano di inglese da analizzare, ma proprio non ci riesco a concentrarmi. Ho mille pensieri per la testa. Anzi, per la verità, solo uno: Ilaria.
Già mi manca. Non ce la farò mai a dimenticarmi di lei. Anche se, da bravo masochista quale sono, decidessi di continuare a frequentarla, lei occuperebbe sempre un posto speciale nel mio cuore. Però forse se mi dichiarassi potrebbe cambiare qualcosa… Naaa! Che sto dicendo! È ovvio che per Ilaria sono solo un semplice amico. Se le confessassi i miei sentimenti, rovinerei tutto… Che poi, possono amarsi due amici? Forse sto confondendo con l’amore la forte amicizia che provo nei suoi confronti… Però con Milly è diverso. Cioè, Milly è una sorella per me, ma con Ilaria non posso fare lo stesso ragionamento… Lei è… Speciale… Uffaaaa!!!! Che devo fareee???? Qualcuno mi aiuti, vi prego, perché sto impazzendo!

 

{ILARIA}
 

 
13 chiamate senza risposta

 

Nuovo messaggio
Da: Marco
Ore 16: 45
Amore mio, tutto bene?
Mi sono appena svegliato, però tu non c’eri…
Perché te ne sei andata senza dire niente?
Risp. Ti amo.

 

Nuovo messaggio
Da: Marco
Ore 16: 55
Amore, ci sei?

 

Nuovo messaggio
Da: Marco
Ore 17: 10
Ilaria, se è successo qualcosa, ti prego di dirmelo.
Ti senti male?
Mi stai facendo preoccupare.
Risp. Ti amo.

 

Nuovo messaggio
Da: Marco
Ore 17: 25
Ok, o ti è successo qualcosa, o sei arrabbiata.
Potresti degnarti di rispondere al cellulare?
Non so quante volte ti ho chiamato.

 

Nuovo messaggio
Da: Marco
Ore 17: 40
Ilà, ma dove cazzo sei finita?
Sei arrabbiata, vero?
È per questo che non rispondi…
Beh, se è per qualcosa che ho detto o fatto,
allora scusami, non volevo ferirti.
Ma anche tu non ti stai comportando bene.
Ti sembra corretto sparire così, senza dire niente?
Andartene via mentre dormivo?
Appena puoi, chiamami.
Chiariamo tutto, perché non posso stare senza di te.
Ti amo.

 

Opzioni
Elimina

 

In meno di un secondo, il messaggio sparisce, insieme a tutti gli altri. Lascio scivolare il cellulare nella tasca dell’accappatoio, mentre alzo il volume della radio. Fare il bagno ascoltando la musica mi ha sempre aiutato a rilassarmi. L’acqua è bollente e ogni superficie finisce con l’appannarsi. Mi siedo tra la schiuma profumata, tirando le gambe al petto. Non è ancora tornato nessuno e io sono ancora sola. Gabi, dove sei quando ho bisogno di te? A volte vorrei tanto avere una sorella. Una sorella come Milly. Lei è l’unica che mi capisce veramente. Se avessi il coraggio, sono sicura che riuscirei a confidarle tutto. Chissà cosa penserebbe poi di me se le raccontassi cosa ho fatto… Tutto per dimenticarmi di quello stupido! Eppure, non è servito a niente! E adesso mi sento così in colpa… Strofino con forza la spugna sulla pelle, ma non serve a niente. Vorrei morire, sprofondare sotto terra e nascondermi da tutto e da tutti. Purtroppo non sono poi la persona così forte che credevo. L’unica cosa che sono capace di fare in questo momento è piangere. So solo piangermi addosso. Nascondo il viso tra le braccia, cercando di non pensare. Provo a concentrarmi sulla radio, ma è ancora peggio. Anche le parole della canzone mi ricordano quello stupido!

 
Chest to chest 
Palm to palm 
We were always just that close 

 

Petto contro petto 
mano nella mano 
Siamo sempre stati così vicini 

So how come when I reach out my fingers 
It feels like more than distance between us?
 

Allora come mai quando allungo le dita 
Sembra che ci sia più di una semplice distanza tra noi? 

We're ten thousand miles apart 
 

Siamo lontani diecimila miglia 


Cheek to cheek 
Side by side 
You were sleeping next to me 
Arm in arm 

 


Guancia a guancia 
fianco a fianco 
Dormivi accanto a me 
Braccio contro braccio 

So how come when I reach out my fingers 
It seems like more than distance between us? 

 

Allora come mai quando allungo le dita 
Sembra che ci sia più di una semplice distanza tra noi? 

We're ten thousand miles apart 
 

Siamo lontani diecimila miglia 

You turned around and gave me one last touch 
That made everything feel better 

 

Ti sei voltato e mi hai sfiorata un’ultima volta 
Mi ha fatto sentire meglio 

So confused, wanna ask you if you love me 
But I don't wanna seem so weak 
Maybe I've been dreaming 

 

Sono così confusa, vorrei chiederti se mi ami 
Ma non voglio sembrare così debole 
Forse è stato tutto un sogno  

We're ten thousand miles apart 
I've been wishing on these stars 
for your heart, for me… 

 

Siamo lontani diecimila miglia 
sono stata ad esprimere desideri alle stelle 
per il tuo cuore, per me… 


 

Sono stata ad esprimere desideri alle stelle per il tuo cuore, per me… Vorrei potesse bastare, ma purtroppo nessuna stella cadente esaudirà il mio desiderio. Domattina, quando mi alzerò, tutto sarà esattamente uguale a come è adesso. Ed è tutta colpa sua! Si, è così! Giorgio, sei solo un cretino! Come fai a non accorgerti dei miei sentimenti? Se non te lo urlo in faccia, non sei in grado di capirlo? È questo che vuoi? Che lo gridi ai quattro venti? E allora lo farò! A costo di rovinare per sempre la nostra amicizia, ti dirò quello che provo per te. Perché si, alla fine mi sono accorta di essere innamorata di te. Solo adesso che ho fatto una cazzata me ne sono resa conto. Meglio tardi che mai, diresti tu. Forse è vero. Per questo ho deciso che domani ti dirò tutto. A costo di trattenerti con la forza ed obbligarti ad ascoltare. Ma prima c’è una questione che devo sistemare. Esco dalla vasca , lasciando che l’acqua goccioli a terra, bagnando tutto. Prendo il cellulare dall’accappatoio e scrivo due semplici parole.
 

Nuovo messaggio
A: Marco
È finita.

 

Freddo. Lapidario. Coinciso. Non è da me. Fisso il display per un tempo interminabile. Alcune gocce d’acqua scivolano dalle ciocche umide della frangia sullo schermo, bagnandolo. È un attimo. Il pollice esercita una lieve pressione sul tasto centrale e il messaggio viene inviato.

 

L’orologio segna le 8: 05. Questa è la prima volta che vengo a scuola a quest‘ora. Giorgio la mattina arriva sempre molto presto, quindi l’unico modo per potergli parlare tranquillamente è quello di arrivare alla stessa ora. E infatti eccolo attraversare il cancello aperto ed entrare in cortile. Mi sembra di avere una sveglia che trilla nello stomaco. Addirittura mi tremano le mani e non riesco a formulare una cavolo di frase di senso compiuto. E che diamine, Ilaria! Vedi di darti una calmata! Respira. Riprenditi. Metti in ordine le idee. Tabula rasa. Non ho niente in testa. Che faccio? Se mi avvicino e poi non riesco a dirgli niente farò la figura della cretina. Uffaaaa! Per fortuna si è fermato a chiacchierare con un ragazzo della sua stessa classe. Mi rimane qualche altro minuto di tempo. Sto per collassare, lo sento. Tre, due, uno…
- Ilariaaa! -
- Milly! Che cavolo ci fai qui a quest’ora? - chiedo alzando involontariamente la voce di un’ottava.
- Sono venuta con Giò! Cosa stavi guardando con così tanto interesse? -
- Ch-che cosa? Io non stavo guardando proprio nessuno. Ti stai sbagliando! - mi affretto a dire.
- Fre-ga-ta! Io ti ho solo chiesto cosa stessi guardando, non chi! Ti sei fregata con le tue stesse mani. Allora? - domanda ancora, tutta contenta. Le basta dare un’occhiata al cortile per capire tutto. Me ne accorgo dalla sua espressione.
- Milly, ti devo dire una cosa… - comincio.
- Cos’è successo Il? -
- Ecco… Ho lasciato Marco. Ieri -
- Ma è una notizia meravigliosa!!! - risponde felice lei, abbracciandomi - Era ora! Beh, allora ci muoviamo o dobbiamo aspettare Natale adesso per compiere quest‘altra impresa? -
- Emh, ecco io… -
- Ilaria, non devi avere paura. Anche tu piaci a Giorgio. Lo avevano capito tutti, tranne voi due. Ora, se vuoi farmi il sacrosanto piacere di sistemarti i capelli, darti una calmata, fare un respiro profondo, andare da lui e dirglielo, mi risparmieresti una bella faticaccia dato che quel cretino rasenta la depressione! -
- Si, però non so cosa dirgli! -
- Di questo non devi preoccuparti! Quando sarai davanti a lui, le parole usciranno da sole. Infondo non è mica la prima volta che parlate! Su forza! Vai! - fa, spingendomi nella direzione in cui si trova Giorgio.
- Milly, e se poi ti sbagli? Se rovino tutto? Ho paura di perderlo per sempre - bisbiglio, aggrappandomi alle sue braccia.
- Ilaria, devi fidarti di me e dei tuoi sentimenti! - risponde lei tranquilla, sorridendomi - E poi, se non rischi non lo saprai mai! - conclude ritornando a spingermi.
- Come sarebbe a dire se non rischi? - sbotto allarmata.
- Vai! -
Mi fermo un’ultima volta a guardarla. Poi, facendomi coraggio, mi avvio cercando di trattenermi dal darmela a gambe levate. Giorgio non si è ancora accorto di niente, assorto com’è nella discussione. Il cuore sembra come impazzito. Mi sembra di avere la tachicardia. Thadum… Thadump… Thadump… Thadump… É un suono assordante e ripetitivo. Ho come l’impressione che tutti riescano a sentirlo. Spero non sia così. Manca poco. Sono quasi vicina. Pochi passi. Allungo una mano per toccarlo.
- Gior… -
Qualcuno mi si para davanti, impedendomi di raggiungerlo.
- Vieni con me! -
Le parole mi muoiono in gola. Non riesco nemmeno a completare la frase perché Marco mi trascina via. Riesco solo a vedere lo sguardo inespressivo di Giorgio puntato su di me. Evidentemente non è destino! Mi lascio tirare fino all’angolo più isolato del cortile, senza opporre resistenza, come se fossi un manichino. Non ho la forza di fare niente. Non so come ma mi ritrovo a terra, mentre Marco mi trattiene per il colletto della camicia. Sembra molto arrabbiato. Grida addirittura.
- Adesso mi spieghi che cosa succede, chiaro? -
- Marco, credo di avertelo detto in italiano. È finita. Cosa non riesci a capire? -
- Ilaria, quando finisce lo decido io! -





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Capitolo 17
*** Ricordati che quando le cose vanno male... possono sempre andarti peggio! ***


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17. Ricordati che quando le cose vanno male…

… possono sempre andarti peggio!

 

{ALEX}
 

 

Getto il mozzicone a terra, schiacciandolo sotto la suola delle scarpe da ginnastica ed espirando l’ultima boccata di fumo. Da quando siamo qui, questa è la quinta sigaretta che fumo. Vorrei proprio sapere cosa diavolo ha in mente Gabe. Questa mattina si è presentato in camera mia alle sei e mezza e mi ha letteralmente trascinato giù dal letto, senza darmi alcuna spiegazione. L’unica cosa che si è degnato di dire è stata “ Mit Dir kann man Pferde stehlen”. E quando Gabe dice “ Mit Dir kann man Pferde stehlen”, di solito ci ritroviamo sempre nei casini fin sopra ai capelli.
- Miase, si può sapere che ci facciamo già qui quando sono appena le otto? -
- Aspettiamo - risponde lui, dondolando le gambe nel vuoto.
- Questo lo avevo capito. Quello che vorrei sapere e cosa cazzo stiamo aspettando! - sbotto irritato. Mi sono rimaste tre sigarette nel pacchetto e oggi si esce alle due. Non credo di potercela fare!
- Chi, vorrai dire… - sghignazza, giocherellando con il suo accendino. E io non avevo dubbi! Pagherei oro per sapere cosa diavolo stanno architettando quei pochi neuroni che gli sono rimasti in testa, giuro!
- Tieni! - fa poi, lanciandomi qualcosa che afferro al volo. Apro le mani e mi ritrovo ad osservare un pacchetto di sigarette da venti, ancora chiuso.
- Babbo Natale ha fatto gli straordinari! - risponde poi al mio sguardo interrogativo. Babbo Natale ha fatto gli straordinari? Di solito a momenti ci prendiamo a calci per una sigaretta e lui addirittura mi regala un pacchetto nuovo?
- Gabe, ehm… Senti, non è che mi ritrovo in carcere senza sapere nemmeno come? -
- Fottiti! - è la sua elegante risposta.
- E comunque, stiamo aspettando il rompipalle. Questa mattina è in ritardo! - continua. Ok, adesso ho capito tutto.
- Gabe, che cazzo vuoi fare? Non vorrai mica… -
- Tranquillo Zero, non ho intenzione di riservargli lo stesso trattamento che ho offerto alla Rossini… -
- Beh, anche perché sarebbe un po’ difficile visto che quello viene a scuola in bici tutte le mattine, manco fosse Don Matteo! A meno che tu poi non voglia dare fuoco ad una bici… -
- Alex, solo tu potevi uscirtene con una cazzata del genere. E poi ti sbagli, non tutte le mattine il rompipalle viene a scuola in bici! -
E come a confermare quello che Gabe aveva appena detto, ci passa davanti una Fiat stilo grigio metallizzato, dal quale esce il nostro prof di storia e filosofia.
- Vai vai… - borbotta Gabe, saltando giù dalla moto e gettandosi lo zaino in spalla - … che adesso ti sistemo io per le feste! -
Oddio, adesso ha cominciato anche a parlare da solo? Appena il prof si allontana, Gabe si avvia verso la macchina. Ad un certo punto lo vedo accovacciarsi a terra, dandomi la schiena. Lentamente mi avvicino a lui, curioso di scoprire cosa stia trafficando.
- Porca puttana, ma dove cazzo la tenevi nascosta quella spranga di ferro? -
- Nello zaino, perché? -
Perché? Lui mi domanda perché?
- Secondo te è normale andare in giro con una specie di piede di porco nello zaino? -
Cristo santissimo, questi devono essere gli effetti di Pshyco! Ecco perché i bambini piccoli non devono vedere quel genere di film… Questi sono i risultati!
- Guarda che poi me ne sbarazzo. Non sono così coglione da entrare in classe con questo coso dietro! -
- Ah, meno male! Adesso mi sento più tranquillo… Comunque vedi di darti una mossa che se ci beccano non mi va di passare la mattinata in presidenza! -
- E secondo te per quale motivo sei venuto anche tu? - sorride preparandosi a sfondare il vetro di uno dei finestrini.
- Che stronzo! -
- Le sigarette non erano mica gratis, schatz! -
Chissà perché ma l’avevo immaginato… Gabe è generoso su tutto, tranne che sulle sigarette.
- Muoviti va, altrimenti ci becchiamo anche il ritardo. A fare il palo ci penso io! -

 

 

{MILLY}
 

- Ehi, dove stai andando? -
- Giò, coprimi tu con Topogigio. C’è una questione urgente che devo risolvere! -
- Milly… -
- Faccio in fretta… A dopo! -

 

{ILARIA}

 

 
- Ilaria, quando finisce lo decido io! -
- Ma sei impazzito? E lasciami andare! - sbotto, cercando di reagire e di liberarmi dalla sua presa, ma lui non sembra intenzionato a lasciarmi andare.
- Lasciami ti ho detto! - ripeto ancora, spingendolo via.
- É inutile, tanto non ti mollo fin quando non mi spieghi cos’è questa storia! -
- Abbiamo chiuso. Cos’altro c’è da spiegare? -
- Beh, ieri non mi sembrava così! -
- Le cose cambiano. Ci ho pensato e ho capito che non ti amo più. È semplice! -
- Ma cosa credi eh, che io mi lasci umiliare in questo modo da te? -
Oddio, non lo sta dicendo sul serio, vero?
- Marco, ti sei accorto che non siamo più nel Medioevo? Credo sia il caso che tu cominci a sfogliare i libri di storia, perché forse non ti è ancora arrivata la notizia che la donna si è emancipata! -
- Tu sei solo una puttana! Ma d’altra parte, con un fratello delinquente, una madre alcolizzata e un padre totalmente assente, cosa ci si potrebbe mai aspettare da una come te! -
Non ci posso credere, sta usando le confidenze che gli ho fatto contro di me! Ma come ho potuto essere così cieca da prendere una sbandata per un cretino simile? Che stupida! Non ho neanche la forza di ribattere.
- Ehi, razza di cretino! -
Dalle spalle di Marco arriva una voce familiare, così ci voltiamo entrambi. Marco scoppia a ridere ma non sembra intenzionato a lasciarmi andare.
- Ma guarda un po’ chi si vede, la nostra saputella saccente! Che vuoi? -
- Primo, lascia immediatamente Ilaria. Secondo, vedi di andartene altrimenti saranno guai! -
- Milky, è tutto ok, tranquilla. Torna in classe - cerco di convincerla.
- Ilaria, non sono scema e poi non ti lascio sola con questo gorilla! -
- Parisi, guarda, come mi rompi le palle tu, non c’è nessuno. Io e Ilaria stiamo discutendo di cose private, quindi evapora altrimenti questa è la volta buona che te le suono sul serio! - la minaccia Marco, socchiudendo le palpebre.
Si vede che non conosce ancora bene Milky. Lei non se ne andrà mai di sua spontanea volontà.
- Ho visto come discutete... Sei solo un idiota! Ma come ti permetti di ferire una persona che si fidava di te usando le confidenze che ti aveva fatto? -
- Impicciati degli affari tuoi, mocciosa! -
- Ilaria ti ha lasciato, punto. Se non lo riesci ad accettare, significa che qui il moccioso sei proprio tu! -
- Chiudi quella boccaccia! -
Devo intervenire, altrimenti ho paura che succederà qualcosa di spiacevole. Cosa posso fare? Non avevo mai visto Marco in questo stato. Ha completamente perso la testa.
- Sono libera di parlare quanto mi pare e piace e tu non sei nessuno per impedirmelo! -
E questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Marco mi spinge via, per poi dirigersi verso Milly e gettarla a terra! Oddio, se le torce anche un solo capello, giuro che lo uccido!
- Ora te le suono, ragazzina! -
- Si, bravo! Questo fate voi maschi. Quando non sapete cosa dire, siete subito pronti a menare le mani! -
Cazzo, Milena, ma quanto è lunga la tua lingua? La figura di Marco sovrasta quella minuta di Milky e non vedo niente. Immediatamente mollo lo zaino e mi fiondo su quel deficiente, tempestando di pugni la sua schiena. Non riesco a vedere bene per colpa delle lacrime, ma continuo imperterrita a colpirlo, anche se inutilmente.
- Che diavolo sta succedendo qui? -
Non faccio in tempo a girarmi, che mi ritrovo a terra, mentre di fronte a me Milky tossisce, portandosi una mano alla gola. Corro subito da lei, abbracciandola e piangendo. Che paura che ho avuto. Non ne ho mai avuta così tanta in vita mia.
- Milky, sei una stupida! - la sgrido poi, stringendola ancora più forte.
- Lo so, ma io ti voglio bene! -

 

 

{MILLY}

 

- Allora, adesso voglio sapere immediatamente cosa ti è preso! - sbraita il preside rivolto a Marco, sbattendo i pugni sulla superficie di legno della sua scrivania. È visibilmente arrabbiato e non credo che si calmerà tanto facilmente.
Improvvisamente la porta si apre e papà si precipita dentro.
- Milena, stai bene? - comincia preoccupato, stringendomi.
Papà… Chissà com’era preoccupato. Mi lascio abbracciare forte. Com’è piacevole il profumo familiare dei vestiti del mio papà…
- Sto bene papà, tranquillo! - cerco di tranquillizzarlo.
Lui si stacca un momento da me e, dopo avermi spostato i capelli dal viso, stringe le labbra addolorato.
- Non è niente papà. Guarirà presto! -
Papà sospira, abbracciandomi di nuovo e posandomi un bacio sulla fronte.
- Ilaria tu stai bene? -
Ilaria annuisce, stringendo il fazzoletto di stoffa che ha in mano.
- Preside senta, vorrei riaccompagnarle a casa, se è possibile! -
- Ma certo Riccardo. Le ragazze mi hanno già raccontato tutto e, data la situazione, sono pienamente d’accordo con te! -
- Bene! - fa papà tendendo una mano ad Ilaria e lanciando un’occhiata truce a Marco.
- Allora a dopo, preside -
- A dopo Riccardo! -
Usciamo dalla presidenza e subito Giorgio ci viene incontro.
- Tutto bene? - chiede preoccupato. Per fortuna che non mi da mai retta. Se non ci fosse stato lui, non so come sarebbe andata a finire. Probabilmente non me la sarei cavata con solo un occhio nero.
- Ho chiamato la mamma prima. Tra poco dovrebbe arrivare - fa Ilaria, rivolta a papà.
Lui annuisce e lancia un’occhiata a Giorgio.
- Giò, posso affidarti Ilaria? -
- Certo. Il preside ha spiegato la situazione al prof e sono giustificato! -
- Va bene allora. Ilaria, tranquilla ok? È tutto a posto adesso! - fa papà accarezzandole la testa. Lei annuisce insicura. Probabilmente non si è nemmeno accorta di aver cominciato a piangere nuovamente. Per fortuna Giorgio le porge un fazzoletto nuovo e le cinge le spalle con un braccio.
- É tutto a posto, Il! - cerca di consolarla Giò. Ci scambiamo un’occhiata e poi io e papà ci avviamo verso l’uscita. Sono sicura che appena si sarà calmata e avrà digerito la cosa, comincerà a farmi una paternale lunga secoli.
- Vieni tesoro. Da questa parte. Ti fa tanto male? -
- Non tanto -
Ci incamminiamo verso il parcheggio, quando ad un certo punto a papà cade lo zaino di mano.
- Ma porca miseria! La macchina di Sara! - urla per poi boccheggiare.
In effetti l’auto è ridotta in condizioni veramente pietose. Non c’è un solo vetro rimasto integro e la fiancata è piena di ammaccature. A papà a momenti non viene un infarto.
- Papà? Emh, tranquillo dai. La macchina si può sempre aggiustare! - cerco di consolarlo ma inutilmente.
- Si, ma adesso chi lo dice a Sara? -

 

 

{GIORGIO}

 

- Va meglio adesso? - le chiedo, avvitando il tappo di plastica sulla bottiglina dacqua. Ilaria annuisce, strofinandosi gli occhi con le mani.
- Aspetta, aspetta - la blocco, spostandole le mani dal viso - Guarda qui come ti sei ridotta! -
Frugo nelle tasche dei jeans alla ricerca di un altro fazzoletto e, dopo averlo trovato, lo inumidisco per bene.
- Hai tutta la faccia impiastricciata da questa roba! - sorrido, pulendole il viso.
- Grazie - mormora, cercando di sorridere.
- Posso sapere per quale assurdo motivo da un po di tempo hai cominciato a truccarti in modo così pesante? - le chiedo così, a bruciapelo.
- Perché così mi sembra si essere più bella -
- Oh, andiamo Ilaria! Tu sei bellissima così come sei. Non hai bisogno di nascondere il viso sotto quantità industriali di cosmetici! -
Lho detto sul serio? No, perché se è così, qualcuno mi dia una pistola, una corda o quanto meno un oggetto utile con il quale colpirmi!
- Non le sai dire le bugie, lo sai vero? -
- Credi veramente che ti stia prendendo in giro? -
- Non ho detto questo. Dico solo che, se fossi così bella come dici, la persona di cui sono innamorata si accorgerebbe di me! -
- Ma tu sei bella. Sia dentro che fuori. E se questa persona non se ne rende conto, beh, significa che è proprio un imbecille! - insisto prendendole una mano. Sparatemi! Lei mi guarda un momento sorpresa. Poi comincia a ridacchiare, divertita.
- Ecco, così va molto meglio! - sorrido anchio.
- Giorgio senti, io -
- Ari! -
Ci giriamo entrambi mentre la madre di Ilaria ci viene incontro a passo svelto.
- Ari! Wie geht’s? - chiede la signora preoccupata, abbracciando Ilaria che era corsa verso di lei.
- Mama -
- Shhh, tranquilla. Mama adesso è qui. Ora andiamo a casa così te ne stai un po’ tranquilla… Grazie di tutto Giorgio, sei veramente un caro ragazzo! - continua poi rivolta a me.
- Non c’è bisogno di ringraziarmi. L’ho fatto semplicemente perché voglio bene a sua figlia! -
La signora mi sorride e solo allora capisco da dove Ilaria abbia preso quel meraviglioso sorriso.
- Ari, aspettami in macchina. Io vado un momento in presidenza a scambiare quattro chiacchiere col preside e ti raggiungo -
- Va bene mama. Ciao Giorgio, ci sentiamo dopo. E grazie -
- Dovere. A più tardi! -
E la osservo andare via. Beh, forse avrei dovuto accompagnarla… Ho deciso, alla prima occasione le dirò tutto. E o la va o la spacca. Almeno non continuerò a piangermi addosso per il resto della vita.
Adesso però ho questioni più importanti a cui pensare, come per esempio evitare che Gabriel venga a sapere quello che è successo! Faccio per avviarmi in classe quando qualcuno mi chiama.
- Giorgio! -
Ecco, come non detto!

 

 

 

 

Mit Dir kann man Pferde stehlen: letteralmente è “con te si possono rubare i cavalli“, nel senso che è un amico importante che, nel bene e nel male, è con noi e vive con noi le nostre avventure.
Wie geht’s?: come stai?

 





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Capitolo 18
*** Se un giorno dovessi scoprire che il tuo professore di filosofia è il padre della ragazza di cui ti sei innamorato… Ridi, ridi, ridi!! (Prima parte) ***


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18. Se un giorno dovessi scoprire che il tuo professore di filosofia è il padre della ragazza di cui ti sei innamorato… Ridi, ridi, ridi!!

(Prima parte)

 

 




 

{GABE}


 

Per come sono incazzato in questo momento potrei fare una strage. Prenderei volentieri a calci il banco. Anzi no. Vorrei avere tra le mani quel bastardo che ha osato mettere la mani addosso a mia sorella. Giuro che se mi capita a tiro, lo massacro. Evidentemente lo stronzo non ha ancora capito con chi ha a che fare…
- Gabe, tutto bene? -
- Ma certo Alex, alla grande! -
Tiro un calcio alla sedia vuota davanti a me che cade a terra e fa un fracasso infernale.
Tutti si voltano a guardarmi perplessi.
- Gabriel, caro… C’è qualcosa che non va? - chiede la prof. Perché non ti fai i cazzi tuoi, eh?
Mi alzo e senza fregarmene di niente esco dall’aula e mi avvio al bagno.
Spalanco la porta ed entro. Le mattonelle bianche del pavimento sono davvero squallide. E le porte fanno ancora più schifo, piene di scarabocchi come sono.
Mi appoggio ad uno dei lavandini e mi accendo una sigaretta. Sono quasi le due. Tra poco suona questa merda di campanella. Che faccio, chiamo? Non mi va di andare a casa. Papà non c’è e di sicuro risponderà Lidia. Vabbè, ho capito. Faccio il numero e aspetto che qualcuno si decida a rispondere. Squilla due, tre, quattro volte.
- Si? -
- Sono io -
- Gabi! Ho provato ad avvisarti che venivo a scuola ma avevi il cellulare staccato… -
- Si lo so. Come sta Ari? -
- Si è appena addormentata. Ha solo una leggera sbucciatura su un ginocchio, però era molto preoccupata per la sua amica quindi ho dovuto farle una bella camomilla -
- La sua amica? -
- Si. Quella ragazza tanto carina con cui sta sempre -
- Milena? - chiedo con la voce che mi trema.
- Si proprio lei -
- Ma si è fatta male? -
- Si, ma niente di grave… Avevo intenzione di chiamare i suoi genitori per sapere come sta -
Mi aggrappo al bordo del lavandino, cercando di respirare con calma.
- Senti Gabi, oggi torna papà… Perché non vieni a casa per cena? Faccio il tuo piatto preferito… -
- Ho chiamato solo per sapere come stava Ari. Passo più tardi per vedere come sta e con papà ci parlo domani -
- Ah, v-va bene… Come vuoi -
- Ora devo andare… Salutami Ari. Ciao! -
- Si. Ciao, Gabi -
Chiudo la chiamata e tiro un pugno contro il muro. Perché cazzo Giorgio non mi ha detto niente! Dio, se le ha fatto qualcosa, è meglio che prepari le valigie ed emigri all’estero. Se solo ci penso, se solo penso che quello stronzo l’ha sfiorata anche solo con un dito, non riesco più a ragionare. Il mio cervello ormai è concentrato solo su una cosa: come fargliela pagare.

 

{MILLY}
 

 
- AH! AH! Cavolo papà, fa male! -
- Riccardo, lascia fare a me! - si intromette Sara, cercando di togliere la bistecca dalle mani di papà. Dio, che schifo la sensazione della carne cruda sulla pelle! Cioè, il dottore aveva detto che andava bene anche una borsa col ghiaccio, ma lui deve fare sempre l’esagerato! Sembra che l’occhio nero l’abbiano fatto a lui.
- Ha detto il medico che deve tenerla su almeno un quarto d’ora! -
- Riccardo, adesso calmati! Facciamo così, io e Milly saliamo su da me a fare la fasciatura. Tu e Davide intanto potete occuparvi del pranzo, ok? -
Alla gentile richiesta di Sara, papà si convince a lasciarci uscire di casa. Saliamo le scale mentre Sara mi tiene premuta una sconosciuta parte del corpo di un bovino sul viso. L’appartamento di Sara è sempre pulito e ordinato e profuma di buono. Si vede la presenza della mano femminile. Tutto il contrario del nostro appartamento. Certo, io e papà facciamo i turni per le pulizie, ma casa nostra non sarà mai così… Così… Così casa, ecco!
- Milly, vieni qui che togliamo sta bistecca, che per i miei gusti l’hai tenuta su già abbastanza! -
Ah, finalmente! L’ho già detto che adoro Sara? Se non l’ho fatto, lo faccio adesso: io adoro Sara!
- Adesso facciamo a modo mio! - mi sorride, asciugandomi il viso con un batuffolo di ovatta.
- Questa cosa me l’ha insegnata mia nonna! Quando ero piccola avevo la brutta abitudine di fare a botte con i bambini che mi stavano antipatici! -
- Sul serio? Non ci credo! -
- E invece è vero. Mia madre non c’era mai a casa così vivevo con la nonna e lei mi faceva sempre un sacco di ramanzine quando tornavo a casa -
Mentre parla, la vedo trafficare con qualcosa che sistema in un piattino e lavora con un cucchiaio. Mi avvicino al tavolo e mi siedo.
- Che fai? -
- Sciolgo il burro e appena si sarà liquefatto, ne spalmiamo un po’ attorno all’occhio. Dovresti sentire una sensazione di freschezza! Devi tenerlo per circa mezz’ora. Che ne dici se nel frattempo ti faccio vedere i miei album di fotografie? -
- Certo, ne sarei felicissima! -

 

{GABE}
 

 
Sto fumando peggio di una ciminiera. Fisso ancora una volta il nome sulla terza targhetta del citofono.
Parisi R.
Parisi M.
Ora capisco cosa provano quei poveri disgraziati che nei film devono andare a conoscere i genitori della fidanzata. Non che io sia venuto per conoscere i genitori di Milly, sia chiaro. Sono semplicemente venuto a vedere come sta. Non sono mai stato così nervoso in vita mia. Scheisse! Non posso essere nervoso per una cosa simile! Se mi vedessero Alex o Dario, sono sicuro che mi sfotterebbero a vita. Comunque, ormai sono qui. Tanto vale rischiare e rassegnarsi a fare questa maledettissima figura di merda! Andiamo! Getto la sigaretta che ho appena acceso a terra e la schiaccio sotto la suola delle scarpe. Mi passo una mano tra i capelli per sistemarli e aggiusto anche il colletto della maglia. Potrei anche avere la grandissima botta di culo di non trovare i suoi a casa… Aaaaaah, meglio non metterci troppe speranze! Entro con calma e comincio a salire le scale lentamente, un gradino per volta. Non riesco a spiegarmi questo fatto! Io che sono sempre così spavaldo e strafottente, a momenti ho quasi paura di incontrare due normalissimi esseri umani! Forse ha ragione Dario quando dice che il mio cervello se n’è sceso giù per il cesso da quando sto con Milena. È solo che quando sto insieme a lei mi sento… Completo in un certo senso. Ed in pace con me stesso. Quando sono con lei riesco a dimenticare tutto. Anche il fatto di essere sempre e comunque perennemente incazzato con tutto e tutti. Senza neppure accorgermene mi ritrovo di fronte la porta del loro appartamento. Anche qui c’è la solita etichetta che recita: “ Parisi R. Parisi M.”
Ok, devo suonare. Faccio un respiro profondo e spingo il dito sul campanello. Ti prego, fa che sia lei ad aprire. Fa che sia lei. Fa che sia lei. Ed involontariamente stringo gli occhi, continuando a ripetere questa sorta di preghiera. Fa che sia lei. Fa che sia lei.
- Gabriel? Che ci fai qui? -
Immediatamente spalanco gli occhi e a momenti non mi prende una paralisi facciale. Cristo santissimo, che ci fa lui qui? Cioè… No, devo aver sbagliato indirizzo. Non c’è altra spiegazione! Controllo di nuovo i nomi sulla targhetta.
Parisi R.
Parisi.
R.
Riccardo! Cazzo, cazzo, cazzo! La R. sta per Riccardo!
Parisi R.
Parisi Riccardo.
Parisi M.
Parisi Milena.
Il rompipalle è il padre di Milena! Perché cazzo non me ne sono mai accorto? Eppure hanno anche lo stesso cognome… Ma porca miseria, una buona mai eh?

 

{MILLY}
 

 
Dopo aver sciacquato ancora una volta il viso, Sara immerge una garza nell’acqua calda, lasciata bollire con delle foglioline di menta, la strizza per bene e me la sistema sull‘occhio, coprendola poi con una benda.
- Tempo tre o quattro giorni e sarai tornata come nuova. Questo trattamento fa miracoli, fidati! -
- Sembro un pirata! - borbotto guardandomi allo specchio.
- Dai, sei bella lo stesso. E poi la facciamo solo quando sei a casa, va bene? -
Sospiro, annuendo e Sara sorride.
- Andiamo a vedere Riccardo e Davide come se la stanno cavando! Spero che quel monello di mio figlio non abbia combinato nessun disastro! -
Scendiamo al piano di sotto. Stranamente c’è un silenzio spettrale. Non si sente una mosca volare. Doppiamente strano. Apro la porta ed entro.
- Papà, avete fatto saltare la cucina? -
Entro in salotto e a momenti mi prende un colpo. Sul divano di casa mia, mentre Poppy gli azzanna l’orlo dei jeans e Davide lo riempie di pugni sulle braccia, sta seduto Gabriel. Appena mi vede, salta in piedi.
- Milly! -
- Milena, tesoro, tutto bene la fasciatura? - si intromette papà.
- S-si papà! Ma… -
- Oh, a quanto pare abbiamo un ospite a pranzo! Chi è questo bel giovanotto? - fa Sara sorridendo. So di essere arrossita. Se potesse accadere nella realtà, sono sicura che addirittura mi fumerebbero le orecchie.
- Sara, lui è Gabriel. È un mio studente. E a quanto sembra è anche un “amico” di Milly -
Sbaglio o papà ha rimarcato un po’ troppo la parola amico? Gabe sembra, se possibile, anche più nervoso di me.
- Piacere! - borbotta lui, allungandole la mano.
- Piacere mio, io sono Sara! Allora è deciso, rimani a pranzo da noi! -
- In realtà io ero venuto per… -
- Se non resti ci offendiamo, vero Riccardo? -
- Eh? Ah, si si! Devi assolutamente restare a pranzo! Stiamo facendo la pasta al forno! Ti piace la pasta al
forno vero? -

- Beh, in effetti non l’ho mai mangiata! - confessa imbarazzato mentre Poppy è passato a mordicchiargli le
scarpe.

- Perfetto allora! Davide, vieni ad aiutarmi a preparare la tavola! -
- Ma mamma! - si lamenta lui, sbuffando.
- Su, forza! -
Prima di entrare in cucina, Sara mi lancia un’altra occhiata tutta sorridente. Rimasti soli, mi sento leggermente a disagio.
- Ehi, come stai? - chiede Gabriel avvicinandosi e prendendomi una mano.
- Adesso molto meglio -
Mi fa strano che lui sia qui, a casa mia. Non riesco ancora a credere che sia vero.
- Giuro che se mi capita a tiro, io… -
- No! Gabriel, non puoi fare a botte sempre con tutti! Io non voglio! -
Se lo avessi detto a voce normale sono sicura che avrebbe avuto più effetto, ma purtroppo c’è papà di là e siamo costretti a bisbigliare.
- Si, ma quello ti ha messo le mani addosso e voleva picchiare anche mia sorella… -
Scuoto la testa sorridendo.
- Il fatto che tu sia venuto qui, per me è già sufficiente! -
- Ehi, cos’è questo continuo bisbigliare? - fa papà affacciandosi dalla cucina.
Io e Gabriel sobbalziamo mentre Poppy si lamenta, probabilmente per il fatto che le scarpe di Gabe sono un po’ troppo dure per i suoi gusti.
Le cose peggiorano quando ci mettiamo a tavola. Cerco di sedermi accanto a Gabe, ma papà e Davide mi precedono, sistemandosi uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra. Sara e io ci sediamo dall’altro lato del tavolo. Non so perché, ma ho il sospetto che questo pranzo sarà più lungo del previsto.



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Capitolo 19
*** Se un giorno dovessi scoprire che il tuo professore di filosofia è il padre della ragazza di cui ti sei innamorato… Ridi, ridi, ridi!! (Seconda parte) ***


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19. Se un giorno dovessi scoprire che il tuo professore di filosofia è il padre della ragazza di cui ti sei innamorato Ridi, ridi, ridi!!
(Seconda parte)

 

 

{GABE}

 

Non so quale essere superiore mi stia tenendo incollato alla sedia perché, tra il salsicciotto con le gambe e il piccolo stronzetto con le manie omicide, stanno per saltarmi i nervi. Quella sottospecie di cane, nato probabilmente da un incrocio tra una mortadella e un qualche animale domestico, mi sta praticamente distruggendo le scarpe. Il mocciosetto al mio fianco invece, continua a tempestare di calci i miei stinchi. Per fortuna, dopo otto anni di karate, box e kick-boxing, sono diventato quasi del tutto immune al dolore. Ma non ho mai imparato a gestire la rabbia. Mi sto trattenendo dall’infilare il moccioso con la testa nel piatto solo perché ci sono i suoi genitori. Ancora non riesco a capire come faccia Milly ad avere un fratello come questo. Non si somigliano neppure, tra laltro.
- Riccardo, comunque ho chiamato il meccanico. Passerà oggi pomeriggio a ritirare il ferito! - annuncia la madre di Milly all’improvviso, interrompendo la strana atmosfera che si era creata.
- Chi si è fatto male? - domanda il moccioso, tutto incuriosito, riempiendosi la bocca di pasta.
- Nessuno tesoro. Riccardo ha avuto qualche problemino con la macchina. E comunque, non si parla con la bocca piena -
Rimango con la forchetta a mezz’aria, ricordandomi in che condizioni gli ho lasciato la macchina. Adesso so cazzi
- Gabriel, cè qualcosa che non va con la pasta? - chiede il romp cioè, volevo dire, il signor Parisi, preoccupato.
- No no... Stavo pensando ad una cosa - mi affretto a rispondere. Mi sento come se fossi seduto su un tappeto di chiodi. Per fortuna la mortadella ambulante e la progenie di Satana si sono presi una pausa dallo sfasciarmi le gambe, così posso stare un po tranquillo. Avvertendo qualcosa sfiorarmi gentilmente la gamba, alzo gli occhi dal piatto e mi ritrovo a fissare quelli castano dorati di Milly o, per meglio dire, quello castano dorato di Milly, visto che laltro è coperto da una benda. Se solo ci ripenso mi sale una rabbia! Se invece di concentrare tutti i miei pensieri su come distruggere la macchina di suo padre fossi rimasto ad aspettarla allingresso, non si sarebbe fatta male per difendere mia sorella. Ci avrei pensato io a riempirlo di pugni. Meglio che non ci pensi o va a finire che mi faccio beccare in pieno. Devo trovare un sistema per rimediare alla cazzata che ho fatto. Pensando, mi incanto ad osservare la mia fee. Dal colore delle sue guance deduco sia imbarazzata almeno quanto me, se non di più. Mi sorride mentre giocherella col il contenuto del suo piatto. Sua madre, accanto a lei, parlotta allegramente con il prof. Sono talmente impegnato a guardarla da non accorgermi del fatto che mi sia stata rivolta una domanda. Un calcio al ginocchio mi riporta sulla terra. Lo stronzetto ridacchia, coprendosi la bocca con una mano.
- Gabriel, hai già le idee chiare su cosa fare dopo la maturità? -
La fisso un secondo, prestando particolare attenzione agli occhi verdi e al viso spruzzato di lentiggini quasi sbiadite. E no, Milly non somiglia neppure a sua madre.
- Non ho ancora deciso - mi affretto a rispondere, quasi a disagio. In realtà non mi sono mai soffermato a pensarci seriamente. Cosa fare dopo la maturità… Cosa fare del mio futuro… Sinceramente non ne ho idea e non me ne frega poi tanto. L’unica cosa di cui mi importa sul serio adesso, è questa piccola ragazzina, fragile e delicate che mi sta di fronte e che mi ha letteralmente rubato il cuore e mandato il cervello a puttane.

 

{MILLY}
 

 
- Bene ragazzi, noi andiamo a prenderci un gelato… A più tardi! - annuncia Sara, infilando una manica nella sua giacca nera.
Osservo papà sistemarsi i lacci delle scarpe con una certa riluttanza, come se volesse fare tutto il possibile per perdere tempo.
- Ragazzi, siete sicuri di non voler venire? - chiede speranzoso, lanciandoci uno sguardo strano, soffermandosi in particolare su Gabe.
- No, loro restano qui. A dopo ragazzi! Fate i bravi, eh? - fa Sara, sorridendo e trascinando via papà fuori dal portoncino. E all’improvviso cala il silenzio. Siamo soli. Soli… Prima non mi ero soffermata a riflettere sulle possibili implicazioni che questo fatto avrebbe potuto portare. Oddio, adesso che faccio? Come mi comporto? Non ho idea di cosa fare. Gabe è seduto sul divano, accanto a me. Sento il profumo della sua pelle, misto al vago odore di fumo dei suoi vestiti. Mi batte forte il cuore. Fa talmente tanto rumore che mi domando come faccia lui a non sentirlo. Sembra stia per scoppiarmi da un momento all’altro. Con le mani tremanti, afferro il telecomando dal tavolino e accendo la tv.
- C’è qualcosa che ti va di guardare in particolare? - gli domando senza guardarlo.
- Beh, considerando il fatto che lo sto già facendo, direi di no. Non c’è nient’altro che io voglia guardare in particolare, oltre a te! - mi sussurra all’orecchio, facendomi avvampare. Non ho il coraggio di voltarmi. I miei muscoli sembrano essersi paralizzati. Deglutisco a vuoto. Fa caldo e sento la gola secca. Il mio pollice continua a muoversi da solo, a pigiare pulsanti a caso qua e là, mentre le voci si sovrappongono confuse, fin quando non mi blocco su un canale sconosciuto, attratta da un motivetto familiare.
- Questa non è la tua canzone preferita,? -
- S-si… È questa… - borbotto, insicura. Respira, Milena! Respira! In fondo, siete già stati da soli per una nottata intera, e non è successo assolutamente niente! Perché adesso hai così paura? Devi tranquillizzarti. Giuro che prima o poi andrò ad iscrivermi ad un corso di yoga. Dopo aver frequentato un corso di autodifesa però! Gabe si alza e sposta il tavolino verso il centro della stanza. Che vuole fare? Mi sfila il telecomando dalle mani e alza il volume quasi al massimo. Poi si gira verso di me e spalanca le braccia sorridendo.
- Spero tu stia scherzando… - mi affretto a dire, aggrappandomi al bracciolo del divano.
- In piedi, avanti! -
Riluttante, mi alzo, facendo di tutto per non apparire in imbarazzo. Gabe si sistema di fronte a me e mi cinge la vita. Immediatamente mi irrigidisco.
- Non so ballare - confesso, allontanandomi di colpo.
- Non m’importa. Ti prego… - mi supplica, allungando una mano verso di me. Titubante, la afferro, permettendogli di attirarmi di nuovo a sé.
- Posso? - chiede, sfiorandomi la benda sull’occhio. Annuisco e lascio che me la sfili con gentilezza. La fasciatura scivola a terra e lui si abbassa su di me, posandomi un leggero bacio sull’occhio livido.
Thadump… Thadump… Thadump… Thadump… Thadump…
Mi stringe contro il suo petto, portandosi le mie braccia dietro al collo. Ci guardiamo negli occhi per un tempo interminabile. Riesco a distinguere i battiti del suo cuore contro il mio orecchio. È così piacevole essere cullati da questo tepore. Cominciamo a dondolare, anche se ormai la canzone è finita da un po’. Le parole sono tutte nella mia testa. Le conosco a memoria. Comincio a canticchiarle senza neanche accorgermene.

(Da questo punto leggete ascoltando questa canzone: http://www.youtube.com/watch?v=HWSJwNpASoQ)

 

 

I know you're somewhere out there 
Somewhere far away 
I want you back 
I want you back 
My neighbours think 
I'm crazy 
But they don't understand 
You're all I have 
You're all I have

 

Il suo respiro caldo mi solletica il collo e il tessuto ruvido dei suoi jeans struscia contro le mie gambe.

 

At night when the stars 
light on my room 
I sit by myself 
Talking to the Moon 
Try to get to You 
It holds you on 
the other side 
Talking to me too 
Oh Am I an owl 
who sits alone 
Talking to the moon 

 

I suoi occhi cercano i miei, mentre le sue guance si colorano lievemente di rosso.

 

I'm feeling like 
I'm famous 
The talk of the town 
They say 
I've gone mad 
I've gone mad 
But they don't know 
what I know 
Cause when the 
sun goes down 
someone's talking back 
They're talking back

 

Le sue labbra mi sfiorano gentilmente una guancia, l’angolo della bocca, il collo, la clavicola.
Mi tremano le ginocchia e non riesco a tenere gli occhi aperti. Fa così caldo qui.

 

At night when the stars 
light on my room 
I sit by myself 
Talking to the Moon 
Try to get to You 
It holds you on 
the other side 
Talking to me too 
Oh Am I an owl 
who sits alone 
Talking to the moon 

 

 

Lascio che attiri la mia bocca verso la sua. I respiri si confondono, i sapori si mischiano. Pelle contro pelle. Cuore contro cuore.


Do you ever hear me calling 
'Cause every night 
I'm Talking to the Moon 

 

 

La dolcezza dei suoi baci, lentamente, si trasforma in foga, mentre le sue braccia si stringono attorno ai miei polsi.

 


Still try to get to You 
It holds you on 
the other side 
Talking to me too 
Oh Am I an owl 
who sits alone 
Talking to the moon 

 

 

Ci separiamo un istante per riprendere fiato e mi ritrovo schiacciata contro i cuscini del divano. Il peso gentile di Gabe mi blocca le gambe.


I know you're somewhere out there 
Somewhere far away

 

 

 

Mi manca il respiro. Mi sembra di essere sul punto di scoppiare.
Thadump… Thadump… Thadump… Thadump…
Il cuore mi batte ancora più velocemente quando le sue dita sicure mi sfiorano la guancia. Scendono giù, piano, lungo il collo, la linea del seno, la pancia. Da lì, afferrano l’estremità inferiore della maglietta che indosso, tirandomela delicatamente fin sopra la testa. Un brivido mi corre lungo la schiena appena sento il suo tocco sulla pelle nuda e accaldata. Mi soffermo un momento ad osservare il suo sguardo, concentrato e serio, il suo viso arrossato. Si abbassa su di me, posando le labbra sul mio ventre, che si ritrae immediatamente. Anche la sua maglia vola via e con le sue mani tremanti mi sfila i jeans. Si china su di me per baciarmi. È un attimo. Serro le labbra e chiudo gli occhi. Che stiamo facendo?
- Milly? -
Non sono ancora pronta per questo. Io… Ho paura… Una lacrima silenziosa si perde tra le mie labbra. Ne percepisco il gusto salato con la punta della lingua. Le braccia di Gabe mi sollevano, mi cullano. Nascondo il viso nell’incavo del suo collo, aggrappandomi alla sua schiena.
- Va tutto bene Milly, non piangere. È tutto ok! -
- Scusami… -
Avrei voluto dirgli chissà quante cose, gridare: “ Scusami se sono ancora una bambina. Scusami se ho così tanta paura! ” , ma l0unica cosa che mi era uscita era stata “Scusami!”.
- Shhhh. L’unico a doversi scusare sono io… Perdonami… Sono stato così egoista. Non mi ha minimamente sfiorato l’idea che tu potessi non essere ancora pronta… Oddio, scusami! -
Gabe mi bacia la fronte e i capelli. Mi stringe.
- Non devi scusarti. Io… Ho solo bisogno di un po’ più di tempo! -
Tempo per capire perché non riesco ad esprimere quello che provo come vorrei. Tempo per superare le mie paure.
- Ti aspetterò per tutto il tempo che sarà necessario, perché per me l’amore è anche questo. E io ti amo! -
Ma soprattutto, tempo per riuscire a dirti finalmente che ti amo anch’io.

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Capitolo 20
*** Confidenze ***


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20. Confidenze
 

 
 
{GABE}
 
 
Il cielo è ormai diventato  un miscuglio di rosso, arancio, giallo, azzurro e violetto. Il tipico cielo dopo il tramonto insomma. La luce che filtra dalle tapparelle aperte riesce a malapena ad illuminare la stanza.
Riesco, con non poca difficoltà, ad afferrare il cellulare poggiato sul tavolino e controllo l’orario. Sono appena le cinque e mezza. Pensavo fosse più tardi! Facendo molta attenzione a non svegliare Milly, mi alzo dal divano e le sistemo la testa su uno dei cuscini. I capelli scuri le ricadono sul viso in ciocche disordinate. Con la punta delle dita cerco di spostargliele dietro un orecchio, ma il contatto con la mia pelle la fa rabbrividire leggermente e Milly arriccia le labbra, infastidita. Sorrido, abbassandomi su di lei e dandole un lieve bacio sulla fronte. Una volta in piedi, mi guardo un po’ in giro, nella speranza di scorgere le mie scarpe o almeno di recuperare la maglietta… Sarebbe decisamente imbarazzante se il mio caro professore e  la sua allegra famigliola tornassero proprio in questo momento. Sai che scena! Meglio non pensarci, va!
Ah, ecco una scarpa! La vedo spuntare da sotto il tavolo. Accanto alla televisione c’è anche l’altra, che fortuna! Appoggiandomi al muro, le metto entrambe, infilando i lacci sciolti all’interno. Ora resta solo la maglia. Mentre la cerco, comincio a sgranchirmi un po’ le ossa. Mi sento come un vecchio di ottant’anni coi reumatismi! Forse dovrei riprendere a fare attività fisica, giusto per tenermi in forma. E a proposito di forma, ho appena trovato anche la maglietta. Come cavolo ha fatto a finire dall’altro lato della stanza però non  mi è molto chiaro! E sulla libreria per di più! Attraverso la stanza a grandi falcate e cerco di tirarla via il più delicatamente possibile. Non vorrei rompere nien…  Ecchecazzo! Mi abbasso immediatamente per accertarmi che la cornice non sia andata in frantumi. Per fortuna non è successo nulla di irreparabile. Dopotutto, gli devo già un’automobile al mio prof! Non voglio mica pagargli un mutuo, cavolo!  
Sollevo la cornice e la giro. Il vetro non si è neanche scalfito. Una volta tanto mi è andata bene, su! Mi soffermo ad osservare la foto. Ritrae una bambina, sicuramente Milly, in compagnia di una donna molto bella e di suo padre. La donna non è la stessa che ho conosciuto oggi. In effetti, diversamente da lei, somiglia molto a Milly. Hanno lo stesso colore dei capelli, lo stesso naso e lo stesso dolce sorriso.
Milly era davvero carina da piccola, con le treccine. Chissà, magari potrei convincerla a regalarmi una delle tante foto che sono in bella mostra su questo scaffale.
Do un’ultima occhiata a quella che ho in mano, giusto per curiosità, ma all’improvviso la cornice mi viene sfilata gentilmente dalle mani.
Giro la testa e mi ritrovo a fissare l’espressione rammaricata della mia piccola fee.
- Cosa c’è che non va? - chiedo preoccupato.
Milly scuote la testa e, dopo aver aperto uno dei cassetti della libreria, ci infila dentro la cornice. Se ne sta lì, impalata, senza parlare. Mi sembra addirittura che non stia neppure respirando.
- Milly? - la chiamo, sfiorandole una spalla.
Lei mi si avvicina e mi circonda la vita con le braccia. Non so perché, ma questa sua reazione mi lascia inizialmente interdetto. Mi occorre qualche secondo per schiarirmi le idee e decidere cosa fare, poi la stringo forte a me, sollevandola di peso e sistemandomi sul divano, in modo da poterla tenere tra le braccia senza problemi.
- Diceva che il lavoro della mamma non faceva al caso suo, che si era sposata in tutta fretta e che aveva avuto una figlia troppo presto. Era giovanissima, aveva ancora una vita intera davanti e tanti sogni da realizzare. Di me e di papà non gliene importava nulla. Il giorno del mio quinto compleanno ha fatto le valigie ed è partita, senza neppure salutare. È scomparsa dalla nostra vita e da allora non abbiamo avuto più sue notizie. -
Le lacrime cominciano a bagnarle il viso mentre continua a parlare come un fiume in piena. Cerco di asciugargliele con le dita perché a vederla così mi si spezza il cuore.
- Non ci ha mai chiamato o scritto una lettera. Niente. Una madre ama i propri figli incondizionatamente. Una madre farebbe di tutto per renderli felice, per non farli soffrire…  Forse sono stata una bambina troppo cattiva e probabilmente me lo sono meritato, ma mio padre no! Papà è la persona più gentile e altruista che ci sia. Ha sempre cercato di non farmi mancare niente. È stato fantastico. Per questo non è giusto che lui… Che lui abbia sofferto così tanto per colpa di quella donna. Io… Io la odio! Si, io odio quella donna! La odio con tutto il cuore! -
Ascolto il suo sfogo in silenzio, accarezzandole la schiena e aspettando che i singhiozzi soffocati sul mio collo si esauriscano. Non immaginavo che la mia piccola fee avesse sofferto così tanto, che fosse così simile a me, che provasse quello che provo anch’io.
- Per fortuna adesso papà ha Sara. Con lei finalmente può rifarsi una vita come si deve! Sono contenta e Sara mi piace. E anche Davide mi piace, nonostante sia una peste. Stiamo bene insieme! –
Ed ecco spiegato anche il perché Milly non somiglia per niente a Sara: non sono madre e figlia. Qualche minuto dopo le lacrime da versare sono finite e sul suo viso spunta un grazioso sorriso.
- Scusami, io veramente non so cosa mi sia preso… - cerca poi di giustificarsi.
- Ehi, tranquilla! - la rassicuro.
- Queste cose… Io non le ho mai dette a nessuno. Neppure a Giorgio o a Ilaria… -
- Tranquilla, so mantenere un segreto, soprattutto se sei tu a chiedermelo! -
- Stupido! - ridacchia tirandomi un buffetto sul braccio.
- Si, lo so! -
Stiamo per un po’ in silenzio, mentre le dita della sua mano accarezzano timidamente le linee scure sul mio avambraccio.
- Sai, tu e tuo padre siete proprio una bella famiglia… -
- Beh, anche tu hai una bella famigli però! -
Le mie labbra si inclinano a formare un sorriso amaro. Noi, una bella famiglia… Mi soffermo a pensare un momento prima di rispondere ma, nell’istante esatto in cui mi decido a parlare, il campanello comincia a trillare allegramente ed entrambi saltiamo in piedi!
- Oddio! - sbotta Milly guardandomi terrorizzata. La maglia! Cazzo, devo vestirmi!
- Un secondo! – sussurro, infilando quel maledetto pezzo di stoffa nero.
Il campanello trilla nuovamente e Milly si precipita alla porta, aprendola.
La progenie di Satana e la salsiccia demoniaca si fiondano in casa, nemmeno avessero una molla al posto delle gambe.
- Eccoci qui! - annuncia Sara con un sorriso radioso stampato in faccia. L’ultimo ad entrare è il padrone di casa, tutt’altro che felice. Fa tanto l’altruista e il gentile ma poi, quando si tratta della figlia non guarda in faccia a nessuno. Continua a fissarmi sospettoso, come se volesse leggermi nel pensiero.
- Gabe, tesoro, come sei pallido! Forse è il caso tu vada un momento in bagno a rinfrescarti! - fa Sara, avvicinandosi al divano e guardandomi in modo strano.
- Veramente io… -
- Su su, non fare il timido. Ormai sei di famiglia, no? Vieni, ti accompagno io! - continua, costringendomi ad alzarmi e tirandomi verso il bagno. Appena dentro, accende la luce e socchiude la porta.
Oh Cristo, adesso mi fa fuori, lo sento!
- Hai messo la maglia al contrario. Sistemati prima che Riccardo se ne accorga e si faccia venire un infarto! - sussurra con aria complice prima di chiudersi la porta alle spalle.
Non mi sono mai sentito tanto in imbarazzo in vita mia come in questo momento. Cazzo, vorrei scomparire. Con che coraggio adesso torno di là? Cazzo, cazzo, cazzo! Però, nonostante tutto, scoppio a ridere come un deficiente. Ormai sono di famiglia… L’ho già detto che adoro questa donna?
 
 
 
- Alla buon’ora, eh? - mi accoglie il mio migliore amico guardandomi torvo. - Si può sapere dove cazzo sei stato tutto il pomeriggio? E perché cazzo non rispondi al cellulare? -
Lascio lo zaino all’ingresso e mi avvio verso la mia camera. Alex mi segue tutto incazzato, ma non bado molto a lui. Mi sento come se il cuore potesse scoppiarmi da un momento all’altro. Ho voglia di ridere, gridare,  saltare… Non so nemmeno io cosa vorrei fare in questo momento. So solo che finalmente, una volta tanto, mi sento felice!
- Gabriel Hans Rasmussen, rispondimi o giuro che questa è la volta buona che ti caccio di casa! - minaccia Alex chiudendo un’anta dell’armadio con un calcio. Gli lancio un’occhiata da sopra la spalla e, dopo aver recuperato un paio di pantaloni puliti e una camicia, comincio a canticchiare Rosenrot dei Rammstein:
- Tiefe Brunnen muss man graben
wenn man klares Wasser will
Rosenrot oh Rosenrot
Tiefe Wasser sind nicht still -

- Si si, ho capito che sei un cantante nato, stronzo! Rispondi ora! -
- Der Jüngling steigt den Berg mit Qual
Die Aussicht ist ihm sehr egal
Hat das Röslein nur im Sinn
Bringt es seiner Liebsten hin -

- Potresti dire a quel povero disgraziato che hanno inventato i fiorai?* -
- Naaa, poi sarebbe stato troppo semplice! Che dimostrazione d’amore sarebbe stata? -
- Si, ma alla fine sto povero disgraziato fa na brutta fine da quanto ho capito. Quindi credo sarebbe stato meglio se avesse preso la rosa da un fioraio! -
- Si si… -
Vado in bagno e comincio a spogliarmi.
- Comunque sono stato a casa di Milena… - comincio, gettando i jeans nel cesto dei panni sporchi.
- What? -
- Hai capito bene. E poi, perché cavolo parli in inglese ora? -
- Perché devo allenarmi con la conversazione, quindi niente più tedesco per qualche tempo! -
Ora capisco... Infilo gli altri vestiti nel cesto e poi mi sistemo sotto il getto d’acqua calda della doccia.
Che faccio, glielo dico? Alla fine lo scoprirebbe comunque, tanto vale dirglielo.
- Sai Alex, il padre di Milly è un insegnante! -
- Oh, che bello! E cosa insegna di tanto interessante? -
- Storia e filosofia al liceo -
- Mmm… -
- Al nostro liceo -
- Lo conosciamo? -
- Ehm, si! Direi proprio di si! -
Finisco di sciacquarmi e mi avvolgo nell’asciugamano. Voglio guardarlo in faccia quando gli dirò che il rompipalle è il padre di Milly.
- Gabe, non mi dire che il rompipalle è tuo suocero! -
Beccato in pieno!
- Come hai fatto ad indovinare? -
La faccia di Alex è qualcosa di impagabile. La sua espressione è un misto tra lo sconvolto e il divertito. Non so se è più vicino al pianto o al riso.
- Non ci credo! Oddio, e tu gli hai anche sfasciato l’auto… -
- Eh già! -
- E quindi sei stato fino ad ora a casa sua? No, no… Aspetta un attimo. Il rompipalle è sposato? -
- A quanto pare si, visto che Milena è sua figlia! Comunque ne parliamo più tardi! Ora cambiati! - dico, lanciandogli una felpa che lui afferra al volo.
 
 
 
La musica alta mi rimbomba nelle orecchie. Ormai credo di non essere più abituato a questo genere di locale. Alex è rimasto in pizzeria con Rory e io, non avendo nessuna voglia di restare a fare il terzo incomodo, ne ho approfittato per andare a bere qualcosa. Dopo aver bevuto un piccolo sorso dal bicchiere poggiato sul bancone comincio ad avvertire una certa stanchezza. Forse dovrei dormire un po’ di più la notte invece di stare ore intere al telefono con la mia fee! Riprendo in mano il bicchiere, deciso a vuotarlo tutto d’un sorso, ma all’improvviso qualcuno mi urta e il liquido scuro si riversa interamente sui miei pantaloni. Alzo la testa e mi ritrovo a fissare il viso ebete dell’ultima persona che avrebbe dovuto capitarmi di fronte quel giorno: Marco Vittori.
- Ma guarda un po’ chi si vede! Il fratello criminale di quella puttana della mia ragazza! -
Il pugno parte automatico, ancor prima che realizzi quello che sto per fare. L’idiota finisce contro il bancone, facendo rompere tutti i bicchieri e le bottiglie che il barista vi aveva appoggiato poco prima. La gente si scansa immediatamente, intimorita.
A fatica, Marco si rialza, pulendosi il sangue con la manica del giubbino. Giuro che se si avvicina di nuovo gli spacco il culo! Lui mi fissa sorridendo. Vuoi fare a botte, eh? Ora ti accontento io. Prima che l’idiota possa caricare il destro, mi scaglio contro di lui, colpendolo ripetutamente allo stomaco. Anche se a fatica, lui riesce a reagire e mi tira una gomitata all’inguine. Porca puttana, vedo le stelle! Non so come, ma finiamo a terra e il maledetto mi tiene la faccia premuta contro le mattonelle luride del pavimento, trattenendomi con una leva al braccio. Le ossa scricchiolano e non riesco a fare a meno di gridare per il dolore.
- Bravo, urla, piccola femminuccia! - ghigna, sfottendomi. Questo coglione non ha ancora capito con chi ha a che fare. Con uno scatto del bacino riesco a ribaltare le posizioni, finendo sopra di lui e a questo punto ne approfitto per cominciare a tempestarlo di pugni sul viso. Continuo fin quando non vengo trascinato via con la forza.
 
 
 
- Mi dispiace, ma se nessuno verrà a pagare la cauzione saremo costretti a trattenerti qui per la notte! -
Splendido! Questa mi mancava, porca puttana maledetta!
- Comunque, tranquillo. Hai diritto ad una telefonata. Scegli bene, mi raccomando! - conclude la signora grassottella che mi sta di fronte, sistemandomi il telefono davanti.
Bene. Non se ne parla che io resti qui tutta la notte. Però non posso nemmeno chiamare mio padre e chiedergli di venire a pagare la cauzione… Almeno ho avuto la soddisfazione di aver mandato all’ospedale quella faccia di culo. Sorrido, soddisfatto mentre la signora si alza e mi lascia solo.
Ho dieci minuti. Chi cazzo posso chiamare? Alex non potrebbe mai passare per mio padre, e nemmeno Dario o Andrea. Non posso avvisare Ari, altrimenti le verrà un infarto e Lidia non è nemmeno da prendere in considerazione, piuttosto resto qui a vita! L’unica soluzione è… No, cazzo! Non posso scendere così in basso… Però non posso nemmeno restare qui a tempo indeterminato. Faccio un respiro profondo, chiudendo gli occhi e alzando la cornetta. E con questo sto definitivamente uccidendo il mio povero orgoglio. R. I. P.  Le dita mi tremano sui tasti. Compongo il numero e resto in attesa, con il fiato sospeso.
Il cuore mi batte peggio di un tamburo. Il telefono squilla appena due volte.
- Pronto? -
Ed eccomi, pronto per quella che probabilmente sarà la più epica figura di merda della mia vita.
- Professore? Sono Gabriel… -
 
 
 
 
 
 
 
* Si riferisce al testo della canzone. Questa è la traduzione:
Una ragazza vide una rosellina
Fiorì lì sulle limpide alture
Chiese al suo innamorato
se potesse andarla a cogliere per lei

Lei la vuole e va bene
così è stato e così sarà per sempre
Lei la vuole e così è usanza
Ciò che vuole lo ottiene

Pozzi profondi si devono scavare
quando si vuole acqua limpida
Rosella oh Rosella
Acque profonde non sono tranquille

Il ragazzo scala la montagna con sofferenza
La vista non gli interessa
Ha in mente solo la rosellina
La porta al suo amore

Lei la vuole e va bene
così è stato e così sarà per sempre
Lei la vuole e così è usanza
Ciò che vuole lo ottiene

Pozzi profondi si devono scavare
quando si vuole acqua limpida
Rosella oh Rosella
Acque profonde non sono tranquille

Ai suoi piedi (lett. ai suoi stivali) si rompe una pietra
Non vuole più essere sulla rupe
E un grido fa sapere a tutti
Entrambi stanno cadendo al suolo

Lei la vuole e va bene
così è stato e così sarà per sempre
Lei la vuole e così è usanza
Ciò che vuole lo ottiene

Pozzi profondi si devono scavare
quando si vuole acqua limpida
Rosella oh Rosella
Acque profonde non sono tranquille 

 

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Capitolo 21
*** Non l'avessi mai fatto... Per amore ho venduto l'anima ad un demonio! ***


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21. Non l’avessi mai fatto… Per amore, ho venduto l’anima ad un demonio!
 



{GIORGIO}



 Ormai è quasi mezz’ora che sto qui fuori, con il dito poggiato sul campanello, pronto a suonare. Peccato che proprio non riesca a trovare il coraggio di esercitare questa maledetta pressione su questo maledettissimo pulsante. Forse è perché finalmente mi sono deciso a vuotare il sacco e il mio cervello - o meglio il mio cuore - sta cercando di prendere tempo, prima dello sfacelo totale. Cazzo, Giorgio, o suoni o te ne vai!
- Giorgio, che ci fai lì fuori? Aspetta che ora ti faccio entrare! -
Grandioso! Avevo dimenticato di stare impalato come un deficiente davanti ad un videocitofono. E che cavolo! Che figura di merda epica! Ok, Giò, mantieni la calma. Puoi farcela. Infondo non sei mica un povero sfigato che sta andando a chiedere la mano di Atalanta. Tu sei Melanione e hai con te i pomi delle Esperidi! Afrodite in persona te li ha donati per permetterti di sposare Atalanta, quindi non puoi fallire! Oh santi Numi, ma che cavolo sto dicendo, cioè pensando! Sto diventando pazzo…
- Ehi… -
- Permesso… -
- Entra pure, sono sola… -
Male. Molto male.
- Stavo guardando un dvd… -
- Biancaneve e i sette nani? -
- Ehm… Noooooooo… Cioè, si… Cioè… Uffaaaa!!! Che posso farci se adoro i classici Disney… -
Sorrido.
- A che punto eri arrivata? -
- Manca poco alla fine -
Mi siedo sul divano, raggiunto da Ilaria e finiamo di guardare il film. Peccato che adesso sia più nervoso di prima. Cerco di non sfiorarla nemmeno con un dito, giusto perché altrimenti non riuscirei a spiccicare mezza parola. Un pezzo di legno a confronto, sarebbe più rilassato di me…
- Giò, c’è qualcosa che non va? Se è per quello che è successo stamattina, tranquillo… -
- No, non è per quello… Senti Il… -
- Si? -
- Devo dirti una cosa… -
- Mh… Beh, anche io volevo parlarti… -
- Comincio io... È una cosa molto importante per me, quindi ti prego, non interrompermi… E se poi dopo, non vorrai più essermi amica, vorrà dire che doveva andare così… -
- Giorgio… Io… -
Respira Giorgio. Tranquillo. Non Preoccuparti, stai andando bene…
- Senti Ilaria, volevo dirti che io penso tu sia davvero una bella persona e solo uno stupido non si innamorerebbe di te, non vorrebbe stringerti forte o baciarti ogni volta che ti vede… E io sono veramente confuso in questo momento perché non sto capendo nemmeno io quello che sto dicendo… Sarebbe tutto molto più semplice se anche nella realtà esistesse il tasto “mi piace”, ma purtroppo non c’è e centinaia di poveri ragazzi come me sono costretti a fare un interminabile giro di parole, cercando invano di far capire alla ragazza che gli piace che sono stracotti di lei… E se non stai capendo niente nemmeno tu, sto dicendo che io sono innamorato di te…. -
Ecco. Il danno è fatto. Adesso devo solo aspettare di essere respinto e tanti saluti anche alla nostra amicizia. Altro che due piccioni con una fava…
Non riesco a stare seduto, e questi secondi di silenzio mi sembrano interminabili, così mi alzo in piedi e mi avvio verso l’ingresso. Ilaria mi corre dietro, tirandomi per la manica del giubbino.
- Ma dove stai andando? - chiede tutta agitata.
- Vado a casa… Dimentica tutte le stronzate che ho detto… Facciamo finta che non sia successo niente… -
- Come sarebbe? Non posso fare finta che non sia successo niente… -
Lo sapevo. Chissà per quanto tempo si può soffrire dopo che si è stati respinti…
- Giorgio, non puoi chiedermi di fare finta di niente perché… Perché anche io sono innamorata di te… -
- Ok, come vuoi… Non ti darò fastidio… -
Faccio per liberarmi ma Ilaria si piazza davanti la porta.
- Giorgio, ho appena detto che ti amo anch’io! -
Cosa? Non può essere vero… Non ci credo…
- Il… -
- Giorgio, ti amo! Devo dirtelo in sanscrito? - sbotta abbracciandomi.
La stringo forte, dopo aver finalmente preso coscienza della situazione. Ilaria è innamorata di me e me l’ha appena confessato. E anche io sono riuscito a confessarle quello che provo… Non posso ancora crederci. Se questo è un sogno, voglio dormire per sempre.
 


{GABE}

 
Datemi una corda così posso impiccarmi e farla finita una volta per tutte… Se esiste un Dio da qualche parte e questo Dio ci guarda, sono sicuro che starà ridendo a crepapelle per l’assurdità di tutta questa scena.
Non riesco a guardarlo in faccia, così fisso un punto imprecisato oltre la sua spalla, vergognandomi come un ladro. Anzi, sono sicuro che se mi avessero beccato a rubare, mi sarei vergognato di meno.
- Che ne dici se andassimo a prenderci un gelato? -
- Prof, nel caso non l’avesse notato, sono le tre del mattino… -
- Andiamo, un po’ di gelato non rovinerà la tua immagine di bad boy… E poi non si dice mai di no ad un bel gelato… -
Mi sorride.
Attraversiamo la strada ed entriamo nel primo bar aperto che incontriamo. Il prof insiste per offrire lui. Scegliamo i gusti. Lui caffè e liquirizia… Che cazzo di abbinamento è caffè e liquirizia?
Usciamo dal bar e ci sediamo su una panchina poco distante.  Comincio a leccare il mio gelato alla vaniglia, cercando di respirare il più piano possibile, giusto per avere l’impressione di trovarmi in un altro posto e non su una panchina, alle tre del mattino, con il mio prof di storia e filosofia che per inciso è anche il padre della mia ragazza, a mangiare un gelato…
Se lo sapessero gli altri, mi sfotterebbero a vita…
- Ci sono le stelle, visto? -
Io resto in silenzio, a fissare l’asfalto del marciapiede, cercando di mantenere la calma. Ho capito perfettamente la tecnica che sta utilizzando, ma io non sono così idiota! Lui aspetta in silenzio perché non ha fretta. Nemmeno io se è per questo.
- Voglio raccontarti una storia. Ti va di sentirla? -
Alzo il viso e lo osservo leccare il suo gelato tranquillamente. Poi riprende a parlare.
- Conoscevo un ragazzo. Non aveva un buon rapporto con la sua famiglia e per questo era arrabbiato con il mondo intero. Saltava regolarmente la scuola, i suoi voti erano pessimi e faceva a botte con chiunque non gli andasse a genio… Nonostante tutto i suoi genitori gli volevano ancora bene così cercarono di parlargli ma lui proprio non voleva starli a sentire. Se ne andò mandandoli al diavolo e ritornò a casa solo il giorno dopo, ad ora di pranzo. I suoi genitori però non erano in casa: avevano avuto un incidente. Così loro lo avevano lasciato: credendo che lui li odiasse. Da quel giorno il ragazzo non si è dato pace e ancora non si perdona di essersi comportato a quel modo -
- E poi cosa è successo? Come ha fatto questo ragazzo a superare questo momento? - chiedo, più interessato di quanto volessi dare ad intendere. Il prof sorride, ma è un sorriso amaro il suo.
- Ci convive. Ma si è ripromesso di non lasciarsi sfuggire più nessuna occasione per ricucire un rapporto, per quanto sia ancora possibile fare qualcosa. Carpe diem, avrebbe detto Orazio! -
- Prof, perché è venuto a pagarmi la cauzione? -
- Perché mi hai chiamato… -
- Sia serio! - faccio irritato, aspettando la sua risposta.
- Immanuel Kant avrebbe detto che il bene è ciò che è comandato dalla legge morale. La legge morale non dice: "fa’ il bene", ma "segui la legge morale". Non è morale ciò che si fa, ma l’intenzione con cui lo si fa –
- A parole sue no? -
- Tu che cosa avresti pensato se qualcuno ti avesse chiamato nel bel mezzo della notte, chiedendoti aiuto? Ho semplicemente seguito il mio istinto… -
- Prof, quel ragazzo di cui mi ha parlato era lei, vero? -
Lui sorride e io mi sento una merda.
- Sa prof, non avrebbe dovuto aiutarmi… Non seguo mai le sue lezioni, le procuro solo guai, faccio sempre casini… Senza contare che mi piace sua figlia e che stamattina le ho sfasciato la macchina… Non posso pensare di averglielo confessato… - dico sconvolto.
- Beh, credo che aiutare gli alunni problematici sia più importante che assegnare voti. Con l’esperienza ho imparato che i libri non ti insegnano a vivere, che quelle quattro cazzate - ha detto una parolaccia! -  che vi spieghiamo in classe non vi serviranno a niente nella vita reale. Dovete imparare voi a capire come volete vivere, a realizzare i vostri sogni, a capire che tipo di persona volete essere… -
E per la prima volta, ascolto sul serio quello che il prof dice, perché voglio cambiare. Voglio diventare una persona migliore. Per me, per Milena, per Ari, per papà… E magari provare a perdonare la mamma…
- Prof, sono stanco di essere arrabbiato. Mi aiuti… -
Mi costa tanta fatica dirlo, eppure lo faccio. E non mi sento affatto uno sfigato a mostrarmi debole di fronte a qualcun altro. Mi lascio mettere una mano sulla spalla e scompigliare i capelli.
- Giuro che andrò a tutte le sedute con lo strizzacervelli… E lavorerò da un meccanico per ripararle l’auto, solo…  -
- Sara sarà contenta di aiutarti, vedrai. Sai, è una psicologa molto richiesta. E per quanto riguarda la macchina, mi ripagherai impegnandoti con lo studio e prendendo il massimo alla maturità… -
E lo sapevo che c’era la fregatura. I prof sono prof, fino alla morte!
- Ok, solo… Non dica niente a Milly di tutto questo… -
Il prof mi guarda in modo quasi… affettuoso… Poi annuisce.
- Tranquillo, manterrò il segreto, ma… - in un istante la presa sulla mia spalla diventa di ferro e mi fa un male cane dato che sono pieno di lividi.
- Se farai piangere mia figlia anche solo una volta, temo sarai costretto ad emigrare dal pianeta Terra … -
 
 


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Capitolo 22
*** Mai sottovalutare un'ex gelosa: se è ancora innamorata, te la farà pagare molto cara! ***


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22. Mai sottovalutare un'ex gelosa: se è ancora innamorata, te la farà pagare molto cara!
 



{MILLY}
 

Oggi sarei volentieri rimasta a casa. La gemella perduta di Tutankhamon distribuisce le fotocopie della versione blaterando cose senza senso che oggi non ho proprio voglia di stare a sentire.
- Parisi, Violante non voglio sentirvi nemmeno respirare oggi, sono stata chiara? - fa con sguardo truce, sbattendo i nostri fogli sul banco. 
- Cristallina! - ribatte Giorgio con aria ironica, guadagnandosi unocchiataccia dalla prof.
Quando si affronta un compito di greco, indipendentemente da come sia andato, bisogna disperarsi, specie se ti viene rifilato un noiosissimo sproloquio di argomento politico/filosofico/religioso dal fine non meglio identificato. Sospiro mettendomi al lavoro. Accanto a me Giorgio consulta svogliatamente il dizionario, scribacchiando appunti in matita sulla sua spilletta.
- De Luca, se non la smetti ti spedisco nella steppa a sghignazzare insieme ai tuoi simili Iena! - 
Mi mordo le labbra per non scoppiare a ridere davanti a tutti come una perfetta idiota mentre la strega, seduta alla cattedra, si sventola con un pezzo di carta piegato a ventaglio, cercando di rinfrescarsi un po.
Siamo ancora ad aprile e già fa caldo come se fosse estate. Il sole picchia impietoso sui vetri delle finestre rendendo laria irrespirabile.
- Simoni, stai dritto con quella schiena che tra poco entri in simbiosi col banco! Rassegnati, tanto non ti suggerirà la traduzione! - 
Socchiudo gli occhi sospirando.
- Qualcuno le chiuda quel becco starnazzante prima che mi alzi e le tiri il collo! - sbotta Giorgio irritato, cercando di non farsi sentire.
- Violante e Parisi! Bruto e Cassio! Sempre a parlottare tra di voi Cosa complottate in continuazione dalla mattina alla sera? State organizzando la congiura contro Cesare? - 
Dio, ti prego, falla sparire dalla faccia della Terra Anche solo per qualche minuto Qualche minuto mi basta 
- Si Non sai quanto vorrei strozzarti con queste stesse mani! - borbotta Giò, senza alzare il viso dal foglio.
Poggio la penna sul banco e lentamente allungo una mano fino a sfiorargli le dita che lui stringe immediatamente, sorridendo.
- La prof non immaginerebbe mai che tra noi due, Bruto sei tu - sghignazza lui.
- Ti immagini le ultime parole della prof? - 
- Tu quoque, Brute, fili mi! Cavolo, sarebbe epico! - 
E ridacchiamo nascondendoci dietro i voluminosi vocabolari. Questo è Giorgio. Lunico che riuscirebbe a fare battute anche se si trovasse su una nave che affonda in mezzo alloceano.
Con il sorriso sulle labbra riprendiamo a tradurre cercando di trovare un senso a questa versione, anche se questa versione, per citare Vasco (che piace tanto alla prof), un senso non ce lha


- Mil, hai finito? - 
- Mi manca lultimo rigo - 
- Sei più avanti di me - 
- Facciamo presto, qui fa troppo caldo Non ce la faccio più - 
Termino la versione qualche minuto dopo e comincio a rileggere quello che ho scritto. Mi sembra abbastanza accettabile e i periodi hanno senso. Per sicurezza, rileggo ancora una volta. Non si può mai sapere. 
- Parisi! Hai finito di contemplare la tua opera o vuoi ricominciare tutto da capo come Penelope? [*] -
- Come? - faccio fissando confusa la stregaccia.
- Consegni? - 
- Devo finire lultimo rigo - mento, fingendo di cercare una parola sul dizionario.
- Penny - sfotte Giò, ridacchiando divertito.
- Ah ah - dico, facendogli la linguaccia.
Mentre piego il foglio per scrivere la data, qualcosa mi scivola sotto i piedi. È un fogliettino tutto maltrattato. Deve essere caduto da qualche vocabolario. Mi abbasso senza farmi vedere e lo raccolgo. Riconosco immediatamente la scrittura elegante e arzigogolata di Miriam. Peccato che lei sia seduta dallaltra parte della classe e che la versione che ha cercato di passare sia per la maggior parte sbagliata. Sospiro fissando la schiena rigida della ragazza seduta davanti a me. Cosa dovrei fare ora? Senza starci troppo a pensare accartoccio il foglietto, infilandomelo in tasca e ricopio su un altro foglio la mia versione cambiando alcune parole. Una volta terminato, accartoccio anche quello, stringendolo in mano.
Approfittando di un momento di distrazione della prof mi alzo e lo faccio scivolare nello zaino davanti a me, guadagnandomi unocchiata sbalordita da parte della proprietaria.
Ignorandolo, mi avvicino alla cattedra, porgendo il compito alla gemella di Tutankhamon, che mi lancia unocchiataccia.
- Parisi, visto che hai finito, accomodati pure fuori così sciogliamo almeno per oggi il sodalizio Bruto-Cassio! - 
La faccia di Giorgio a quelle parole è impagabile. Per trattenermi sono costretta ad affondare i denti nel labbro inferiore, uscendo in tutta fretta.
Una volta chiusa la porta dietro di me, scoppio a ridere come una deficiente, asciugandomi le lacrime agli occhi mentre mi avvio ai distributori automatici. Ok, è ufficiale: la prof soffre di manie di persecuzione!



{GABE}


- When the Second World War broke out, Orwell moved to London and, in 19 19 - 
- 1941 - 
- E vaffanculo, Gabe! Se continui a suggerirmelo ogni volta non me lo ricorderò mai! Domani abbiamo il test di inglese e non so un cazzo! - 
- Scusa Cercavo di rendermi utile! - 
Alex mi fulmina con lo sguardo. 
- Ok, ho capito Vado a prendere qualcosa ai distributori, almeno eviterò di sentirti blaterare per i prossimi dieci minuti! - 
Mi alzo dalla cattedra ed esco dallaula chiudendomi la porta alle spalle. Oggi la prof di inglese non cè quindi avevamo unora libera e ovviamente, invece di sfasciare la scuola, ci siamo messi a studiare! Sarà che stiamo mettendo la testa a posto, ma certo che ne sono cambiate di cose, eh? Dun tratto il cellulare nella tasca dei jeans comincia a vibrare.

1 Mitteilung
Von: Sara
Ehi, monellaccio!
Ci vediamo mercoledì pomeriggio alle 17:00.
Mi raccomando, puntuale!
Ps. Rimani a cena da noi, vero?


Ovviamente, non ho scelta. Ormai tutti i mercoledì ceno a casa del mio prof di filosofia. Beh, se non altro, da quando vado a chiacchierare con Sara mi sento molto più rilassato. Riesco a fare tantissime cose che prima non avrei mai fatto, evito di azzuffarmi continuamente e i miei voti sono migliorati tantissimo e di riflesso anche quelli dei miei amici (non che Andrea avesse problemi, ma io, Alex e Dario rischiavamo di ripetere lanno a causa delle continue assenze). 
A proposito di Sara, chissà la mia fee cosa starà facendo. Ieri era abbastanza agitata. Continuava a ripetermi che probabilmente avrebbe tentato il suicidio o avrebbe ucciso la sua prof di greco e poi giù con una marea di improperi e frasi senza senso buttate a caso. Quando dà di matto mi fa morire dalle risate. È uno spettacolo. Penso che le manderò un sms per sapere se si è calmata.
Nel frattempo, finalmente sono arrivato ai distributori. Dopo aver frugato nei jeans e aver recuperato qualche monetina, inserisco i soldi e cerco qualcosa di buono da prendere.
A dire il vero non cè molta scelta e alla fine decido di optare per una semplice coca-cola. Il codice è 285. Mi appresto a digitare i tre numeri quando qualcuno mi precede, pigiando tre tasti a caso.
- Ciao Gabe! -
Socchiudo gli occhi, sospirando scocciato.
- Ciao Valeria
- Grazie per avermi offerto la merenda - ridacchia recuperando la barretta al cioccolato appena erogata dal distributore e rialzandosi.
- Si si, di niente Scusami ma ora devo tornare in classe altrimenti mi becco una nota - butto lì a caso, cercando di svignarmela senza dare troppo a vedere.
- No, dai! Resta a farmi compagnia! Tanto lo so che la prof non cè. Lora dopo sarebbe dovuta venire in classe nostra! - ribatte lei prontamente.
E con questo direi che mi sono fregato da solo! Complimenti, sei proprio un coglione! Adesso sono sicuro che questa non mi si leverà più di torno!
- Sai Gabe, sei cambiato parecchio in questi ultimi mesi. Lo dicono tutti, anche i prof! - 
- Ah, si? Che strano, a me sembra di essere sempre lo stesso invece! - rispondo fingendo di fare il finto tonto. In questo momento preferirei mille volte trovarmi sulla superficie di Venere, a più di 460 °C che in questo corridoio a parlare con lei. 
- Non scherzare con me, Gabriel. Io ti conosco troppo bene. Non ti manca la tua vecchia vita? Essere temuto da tutti, venire a scuola quando ne hai più voglia, entrare e uscire dallaula a tuo piacimento, senza che nessuno possa dirti niente, passare ore ed ore in presidenza - 
- Quello che stai facendo, schatz, è un lungo e noiosissimo elenco di cose senza senso. Io continuo a fare quello che mi pare, quando mi pare! - sbotto alla fine, irritato. Questa vipera mi sta facendo innervosire non poco. Devo mandarla al diavolo prima possibile.
- Non farmi ridere! Lo sanno tutti che è solo colpa di quella mocciosetta sfigata con cui te la fai ultimamente se non sei più lo stesso! - 
A quelle parole non ci vedo più e la spingo contro il muro, stringendole una mano attorno al collo. Se si azzarda solo unaltra volta a parlare così di Milena, giuro che lammazzo!
- Lo vedi che ho ragione? Quella ti ha fatto il lavaggio del cervello! - 
- Quella mocciosetta sfigata , come la chiami tu, è la mia ragazza e lunica cosa che ha fatto è stata quella di farmi capire che stavo affondando nella merda, letteralmente! - 
- E no, così è troppo comodo! - ribatte lei furiosa. - Io sono oro in confronto! Ammettilo che stai con lei solo perché è la figlia del tuo professore! Te la tieni solo per pararti il culo altrimenti questanno ti avrebbero di sicuro bocciato! - 
- Adesso mi hai veramente rotto i coglioni! Te lo dirò una sola volta, quindi apri bene le orecchie: si, è vero, Milena è la figlia di un mio professore. È praticamente alta quanto una ragazzina delle medie. Anzi, probabilmente una ragazzina delle medie è anche più alta di lei. Quando si impunta è praticamente insopportabile, si lagna come nessuno al mondo, è testarda come una capra, orgogliosa, sciocca e petulante e probabilmente ha centinaia di migliaia di altri difetti, ma sai che cè, a me piace così comè. Io la amo e non ho intenzione di lasciarla per tornare con te! Mettiti lanima in pace e adesso levati dalle palle! - 
- Vaffanculo! - urla appena mollo la presa sul suo collo, correndo via in lacrime.
- Non ci sono stato ma mi hanno detto che è una splendida località turistica! Te la consiglio per le prossime vacanze - ghigno, salutandola con la mano.
- Questa te la faccio pagare! - 
- Ci conto! -
E alla faccia di tutti i bei discorsi appena fatti! Posso essere cambiato quanto voglio, ma se mi rompono le scatole, non guardo in faccia a nessuno!
- Miase, avevo cominciato a temere che li avessero trasferiti in Alaska questi distributori! - 
- Alex, non ti ci mettere anche tu adesso! - 
- Non sono neanche arrivato, cavolo! - si lamenta lui, allargando le braccia.
- Si si, scusa! -
- Comunque, sbaglio o quella che è appena corsa via era -
- Si, Alex, era lei! - lo interrompo pur di non sentirlo pronunciare il nome di quellarpia.
- Io te lavevo detto che quella là era mezza pazza! - ridacchia lui, facendo ridere anche me.
- Dai, torniamo in classe così ti aiuto a finire di studiare! - 


{MILLY}


- Milena - 
Mi giro un attimo prima di svoltare nel corridoio dei distributori.
- Faby - 
- Devo parlarti un secondo, potresti venire? - 
Annuisco e la seguo verso i bagni. Ci sono alcune ragazzine del primo anno che parlottano tra loro allegramente, fumando. Unocchiata di Faby basta per farle andare via. Rimaste sole, si mette una mano nella tasca dei pantaloni e tira fuori un foglio tutto maltrattato che mi sistema in mano.
- Cosè? - chiedo senza aprirlo. Faby sorride.
- Non fare la finta tonta con me, Milena - 
- Mi hai sempre chiamato Milly, perché ora tutta questa formalità? - 
Faby mi guarda perplessa.
- Ok, forse è meglio parlare chiaramente. Io non sono mai stata veramente tua amica. Ho sempre finto per potermi approfittare della tua generosità, per farmi aiutare nello studio, nei compiti e soprattutto per portarti via Luca. Non mi è mai importato niente di te. E tu? Come mi ripaghi? Prima mi ignori per mesi, non mi parli e poi allimprovviso che fai? Mi passi il compito? Andiamo, Milena, posso anche essermi comportata come la peggiore delle persone di questo mondo, ma ce lho anchio un po di orgoglio - mentre parla, sembra quasi volermi fulminare con lo sguardo.
- Stai dicendo che non hai -
- No, Milly. Ho consegnato quello schifo che ho tradotto da sola -
Mi ritrovo a sorridere.
- Sai Faby, io invece ho sempre tenuto molto alla nostra amicizia e ti ho sempre ammirata. Quando ho scoperto la verità, mi è caduto il mondo addosso Lunica cosa che riuscivo a fare era cercare di ignorarti, di ignorarvi Però, nonostante questo, proprio non riesco ad odiarti - 
Alzo lo sguardo e fisso negli occhi la mia ormai ex migliore amica. Sorride anche lei.
- Certo che sei proprio una stupida, Milena Parisi! - 
- Lo so perfettamente, Fabiola Graziani - 
- Adesso non credere che io sia disposta ad essere tua amica sul serio! - 
- Certo, Faby Non ho nessuna intenzione di abbassarmi ai tuoi livelli! - 
- Bene! - 
- Bene! - 
E mentre ci scambiamo quelle frecciatine senza senso, capisco che adesso finalmente posso dire di stare veramente bene. La situazione con Faby più o meno si è chiarita. Non che ora siamo amiche, sia chiaro, però adesso so che qualunque cosa succeda tra noi, sarà tutto vero e non dettato dallinteresse personale. Quanto a Luca, il suo ricordo mi fa ancora male al cuore, però adesso con me cè Gabe e le cose tra noi non potrebbero andare meglio di così. Spero solo che questa felicità resti con me ancora per tanto, tanto tempo.
- Ehi, Milky! - 
La voce squillante di Ilaria mi rimbomba nelle orecchie e lei mi salta letteralmente addosso!
- La mia piccola cognatina! - 
- Il, ti prego Mi stai strozzando! - cerco di dire, nella speranza di riuscire a scollarmela di dosso. Per fortuna Giorgio interviene, alzandola di peso e facendole mollare la presa. Si guardano in faccia e poi scoppiano a ridere per qualche strano motivo a me del tutto ignaro. Questi due, da quando stanno insieme, sono diventati inseparabili. Sembrano proprio essere fatti luno per laltra. Uno parla e laltra completa la frase! Oddio, è quasi un incubo quando attaccano a fare gli innamorati. Anche i piccioni di Povia amoreggiavano con più dignità! E ho detto tutto
- Avete finito di ridere, iene? -
- Se stai cercando di scimmiottare la prof, non ci riuscirai mai! Con quel bel faccino e con quella voce caramellosa potresti imitare solo un tenero cucciolotto! - mi prende in giro Giò. Metto su un finto broncio, dandogli le spalle a braccia conserte. Alcune voci concitate attirano la mia attenzione.
- Parisi? -
- Giada, che succede? -
- Milena, non dirmi che lhai dimenticato! -
- Emh Cosa? - chiedo timidamente, con aria colpevole. Cosa diavolo ho dimenticato? Giada si porta una mano alla fronte, scuotendo il capo.
- Presto vieni! Tra meno di unora abbiamo la partita contro quelle arpie della V F! Ilaria ha detto che potevamo contare su di te come alzatrice! - fa Giada, trascinandomi via mentre Ilaria, abbracciata a Giorgio, mi saluta ridacchiando.
-Mihi vindicta! - la minaccio, furiosa.
- Nulli malum pro malo reddentes! - ribatte lei prontamente. E tanti saluti ai biscotti della signora Yole  che mi aspettavano nello zaino!
- Purtroppo Francesca è a letto con la febbre e Federica ha linfluenza! Sei la nostra ultima speranza! -
- Mh-mh! - rispondo poco convinta mentre la seguo negli spogliatoi.
- Sono sicura che la divisa ti starà benissimo! -
L'entusiasmo di questa ragazza mi spaventa e non poco. So che per lei la squadra di pallavolo è molto importante, ma non vorrei che poi ci rimanesse troppo male quando perderà per colpa mia! Lultima volta che ho giocato, è stato alle medie e non sono tanto sicura di ricordare tutte le regole. Le altre ragazze mi salutano con un sorriso radioso mentre infilo la maglia rossa col numero 17 sopra! Ah, fantastico! Da sempre il 17 per me è stato sinonimo di sfiga! Spero vivamente che non succeda qualche disgrazia! Sistemo i capelli in una treccia e sono pronta.
- Milena, contiamo su di te! - dice Roberta, mia compagna di classe e migliore amica di Giada.
- Farò del mio meglio! - sorrido, cercando di crederci anchio. Ah, se questa Il non me la paga!
 
 
- Bravissima Milena! -
-Milly, sei stata grande! -
- Hai fatto unalzata perfetta! -
Mi sistemo una ciocca di capelli dietro un orecchio, ridacchiando imbarazzata.
- Grazie ragazze! Ma alla fine, se abbiamo vinto, il merito è tutto vostro! -
- Su, andiamo, non essere modesta! Anzi, perché non entri nella squadra? Saremo felicissime di averti con noi! -
- Beh, veramente Non saprei -
- Ok, allora è deciso! Da oggi Milly fa parte della squadra! - grida Giada saltandomi al collo.
- Ehi, tu! -
Una ragazza della squadra avversaria mi fissa con sguardo truce.
- Si? -
- Sei Milena Parisi, la figlia del professore, no? -
Laria aggressiva con cui mi fissa e il tono con cui mi parla non mi piacciono per nulla, però cerco di ignorarli, sorridendole cordialmente.
- Si, sono io. Dimmi pure! -
- Vieni con me! -
Breve, fredda, coincisa. Questa tizia mi fa decisamente paura.
- Ehi, se hai qualcosa da ridire per il risultato, puoi benissimo lamentarti con noi! - sbotta Roberta, infastidita dallatteggiamento dellaltra ragazza.
- Non sono affari che ti riguardano! - è la risposta che le viene data.
- Allora, vieni o no? - continua poi, irritata, rivolgendosi a me.
Roberta la fissa come se volesse fucilarla con lo sguardo. Sospiro e decido di seguirla, non prima di aver rassicurato le mie nuove amiche con un sorriso.
- Torno subito, non preoccupatevi. Anche perché cè una certa rossa che devo strozzare! -
Immediatamente scoppiano tutte a ridere, capendo il riferimento ad Ilaria.
- Aspettiamo qui. Fai presto! - conclude Giada sorridente.
Annuisco, per poi voltarmi verso la ragazza dal pessimo carattere che mi fissa con aria sprezzante.
Non riesco proprio ad immaginare cosa voglia da me. Il suo viso mi sembra tanto familiare, però non riesco a ricordare dove lho già visto.
Arriviamo negli spogliatoi e allimprovviso un ricordo mi ritorna in mente! Ecco dove lho già vista! È la ragazza con la quale mi sono scontrata una volta nei bagni. Non lavevo riconosciuta perché adesso ha i capelli più lunghi. Il fatto di non trovarmi con una perfetta sconosciuta, un po mi rassicura.
- Cosa devi dirmi? - chiedo, ritrovando tutto il mio buon umore.
- Questo! - risponde lei calma, sistemando un cellulare a pochi centimetri dal mio viso.
Gli occhi mi si riempiono di lacrime appena la registrazione si interrompe, ma non cedo.
- Non per qualcosa, ma sai, non riuscivo più a sopportare il modo in cui ti stava prendendo in giro -
- Ah, quindi... Quindi lo sapevano tutti? - riesco a chiedere trattenendo i singhiozzi.
- Lintera scuola! -
Probabilmente quel rumorosissimo crack era il suono del mio cuore andato in pezzi. Come Come aveva potuto farmi questo? Perché? Perché? Perché? Io Voglio morire.
- Ti ringrazio di avermi avvisato! - dico, cercando di darmi un contegno. Non voglio che lei mi veda scoppiare in lacrime come una disperata. Con un sorriso tirato, raccolgo le mie cose ed esco dallo spogliatoio. Appena sono fuori, non riesco più a trattenere le lacrime. Il dolore che provo in questo momento è troppo difficile da sopportare. Abbasso la testa, stringendo forte la tracolla della borsa e scappo via come una furia, ignorando Giada e le altre che chiamano il mio nome. Tutti. Lo sapevano tutti. E nessuno aveva avuto il coraggio di dire niente. Mi ridevano tutti dietro. E io sono stata così sciocca da credere di nuovo che lamore esistesse davvero.
Praticamente insopportabile Una ragazzina sciocca e petulante
Così ha detto Questo alla fine è quello che pensa di me? Io Non ci posso credere, eppure lho sentito con queste stesse orecchie. Quella era proprio la voce di Gabriel. Dio, come sono caduta in basso! E pensare che avevo anche quasi Che avevo quasi
- Fee? Che succede? -
Il suono della sua voce si insinua prepotente nelle mie orecchie, stritolandomi cuore e cervello.
Alzo lo sguardo e lo fisso con tutto lodio che ho in corpo.
- Milena, che succede? - chiede di nuovo, cercando di abbracciarmi. Adesso fa anche il finto tonto? Con una forza che non sapevo di avere, mi divincolo dalla sua presa e poi la mano si muove da sola. Uno schiaffo. Gli ho appena tirato uno schiaffo. Lo vedo portarsi una mano alla guancia, mentre i suoi occhi si incupiscono. Il senso di colpa per averlo colpito è subito soffocato dalla rabbia. Le parole escono fuori dalla mia bocca come un fiume in piena.
- Non mi toccare, mi fai schifo! -
Lo dico sputandogli contro tutta la rabbia che ho in corpo per poi correre via in lacrime. Ti odio. Si, ti odio, Gabriel! Questa è lultima volta! Io Io non mi innamorerò mai più!
 
 
 
 
 

Tu quoque, Brute, fili mi: anche tu, Bruto, figlio mio!
*Decisa a non trovarsi un altro marito, Penelope, sposa di Ulisse, prendeva tempo con il pretesto di dover tessere una tela per suo suocero Laerte. Ogni notte disfaceva il lavoro del giorno, finché fu tradita da una serva e costretta a completare la sua opera. 
Mitteilung: messaggio
Von: da.
Si, il cellulare di Gabe è impostato sulla lingua tedesca! Però non chiedetemi il perché! O_o
Mihi vindicta: a me la vendetta!
Nulli malum pro malo reddentes: non rendete a nessuno male per male!
 
 
 

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Capitolo 23
*** Con una ferita dentro al cuore... ***


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23. Con una ferita dentro al cuore… 



 

{MILLY}
Il dolore che sento al petto è insopportabile. Mi sento come se qualcuno si fosse divertito a spremermi il cuore peggio di un tubetto di dentifricio quasi finito. Ho corso talmente veloce da non avere più fiato. Una fitta al ventre mi costringe a piegarmi sulle gambe, tenendomi un fianco, mentre le lacrime continuano ad appannarmi la vista. Vorrei esistesse un modo per resettare il cervello, cancellare i ricordi dolorosi ed incollare i frammenti del mio cuore a pezzi. Stringo i pugni, affondando le unghie nella tenera carne del palmo della mano mentre mi mordo il labbro inferiore, impedendomi di singhiozzare. Non so se essere più addolorata o arrabbiata e l’unica cosa che riesco a fare è piangere tutte le mie lacrime, piangere fino a sentirmi completamente svuotata di tutto, fino a non avere più la forza di fare niente.
- Ragazzina, tutto bene? - chiede un passante, fermandosi al mio fianco.
Annuisco, asciugandomi le lacrime con un braccio. L’uomo non sembra del tutto convinto, però prosegue per la sua strada, sparendo dietro l’angolo. Dopo quella che mi sembra un’eternità, mi decido ad entrare nel palazzo, trascinandomi dietro lo zaino. Non voglio tornare a casa ma non ho nessun altro  posto dove potermi rifugiare… Se solo potessi evitare le domande di papà, il suo sguardo indagatore. Non posso certo dirgli che… Che… Che cosa? Io… Non riesco a trattenere i singhiozzi e scoppio a piangere di nuovo.
- Gabriel. Gabriel. Gabriel -
Le mie labbra continuano a ripetere quel nome, come un mantra, come una preghiera. Lo odio, eppure so di essere ancora innamorata di lui. Sono stata una stupida a credere di nuovo nell’amore. Mi sono gettata a capofitto in qualcosa di molto più grande di me, nonostante avessi già la testa fasciata, e adesso… Adesso mi ritrovo qui, a piangere come una disperata sulla lurida scala del palazzo in cui abito. Non volevo crederci, non potevo, eppure è così. Quella registrata sul cellulare era senza dubbio la sua voce, avrei potuto riconoscerla tra mille. La realtà era evidente e nulla può cambiare le cose.
- Milena, cara, che ti è successo? -
Davanti a me vedo la signora Yole, il suo grembiule da cucina macchiato di cioccolato e il viso contratto in un’espressione preoccupata. Senza pensarci, mollo la presa sullo zaino e mi abbandono tra le sue braccia piangendo più forte. La signora Yole mi stringe a sé, carezzandomi la schiena.
- Tesoro mio, piangi, piangi che ti fa bene. Vedrai che dopo ti sentirai meglio - e mentre mi culla dolcemente, sento che sussurra al mio orecchio una canzoncina che le avevo sentito canticchiare ogni tanto nelle rare occasioni in cui la domenica si preparava per uscire.
- Titta, io sono pronto per andare a… Milly, che succede? -
- Non è niente, Davide, tranquillo. Lena ha bisogno solo di sfogarsi un po’. Non è niente… - lo rassicura la signora Yole, continuando ad accarezzarmi. - Aspettaci dentro che adesso arriviamo -
Davide biascica un si poco convinto, rientrando in casa mentre alle mie orecchie i rumori giungono ovattati e le palpebre si fanno sempre più pesanti. Vorrei non dovermi più svegliare. La vita è una notte senza stelle
 
 
{GABE}
 
 
Colpisco nuovamente la superficie di legno, stavolta con più decisione.
- Milena, ti prego, aprimi… - bisbiglio poggiando la fronte contro lo stipite della porta e chiudendo gli occhi.
- Ti prego… - ripeto un’altra volta, sperando di vederla comparire davanti a me. Niente. Le sue parole continuano a rimbombarmi in testa.
Non mi toccare, mi fai schifo!
E i suoi occhi… No, non posso lasciare le cose così. Devo sapere. Ho fatto qualcosa di sbagliato? Se è così sono pronto a chiedere scusa in ginocchio. Non può finire così. Non voglio. Lei è la cosa più bella che mi sia capitata. Lei è il mio raggio di luce, il mio fiore dolce e delicato. Lei mi ha fatto cambiare, mi ha reso migliore. Scheisse, se non ci fosse stata lei, probabilmente non sarei mai più tornato a casa per parlare con Lidia!
- Milena… -
- Che ci fai tu qui? -
Alzo la testa di scatto, riconoscendo la vocetta stridula di quella sottospecie di diavolo dall’aspetto angelico. Lo vedo salire le scale e fermarsi di fronte a me con tutti i capelli in disordine, i pantaloncini strappati e un pallone sotto braccio.
- Cercavo Milly -
A quelle parole mi fulmina con lo sguardo.
- E che vuoi da lei? -
Mi sta facendo un interrogatorio o sbaglio? Piccolo mostriciattolo che non sei altro! Però di sicuro lui sa qualcosa…
- Devo parlarle, ma lei… -
- Se non ti vuole parlare, è inutile che continui a stare lì fuori. Vattene a casa tua e non darci più fastidio! - sbotta cacciando l’aria dal naso come un piccolo toro infuriato. Ci mancava solo questa.
- Tu lo sai dov’è, vero? Se me lo dici ti porto a prendere un gelato! - cerco di convincerlo con le buone, ma il mostro sembra incorruttibile. E stavolta ancora più incazzato del solito! Mi alzo in piedi e cerco di prendergli un braccio e tenerlo fermo per impedirgli di scappare via. Sfortunatamente, il monellaccio è anche molto agile e sguscia via come un anguilla, superandomi. Mi giro e lui dall’alto dello scalino, mi fa una boccaccia.
- Io non ti dico proprio niente! Tanto Milly me la sposo io, perché tu la fai sempre piangere! - urla infine tirandomi un calcio sullo stinco e rifugiandosi in casa, mentre io me ne resto imbambolato al mio posto. Un sorriso amaro si impossessa delle mie labbra. Perché tu la fai sempre piangere… Forse il moccioso non ha poi tutti i torti. Forse… Anzi si, lei merita di meglio! Cosa potrebbe mai darle uno come me, che non è neanche in grado di prendersi cura di se stesso? Tutto quello che tocco si rompe. Standole accanto, finirei solo col farla appassire.
 


{MILLY}

 
Uno squillo. Due. Tre. Quattro.
Il letto vibra mentre affondo ancora un po’ con la testa tra le gambe.
Cinque squilli. Sei. Sette. Otto.
Il letto è la mia isola solitaria e intorno a me c’è l’oceano.
Nove squilli. Dieci. Undici. Dodici.
Fratellone, recita il display. Rispondo.
- Mil, ma che diavolo di fine hai fatto? Cominciavo a pensare che ti avessero rapito gli alieni! Non sai come ero preoccupato… -
Un sorriso si fa strada sul mio volto. Giorgio era preoccupato per me. Lui mi vuole bene, non mi tradirà!
- Ho bisogno davvero di un grande, grandissimo favore! Io e Il… -
Io e Il. Io e Il. Si, tanto ormai adesso a cosa serve quella stupida di Milena? Non serve proprio a niente! Giorgio ha Ilaria e Ilaria ha Giorgio. E a Milly cosa resta? A Milly non resta più nessuno! Che gliene frega a loro di come mi sento io! L’importante è che adesso stanno insieme. Stringo il cellulare con rabbia.
- Un favore eh? Bene, mi sembra giusto! - e mentre pronuncio quelle parole, mi viene da ridere. Poi sopraggiunge la rabbia e parlo di getto, come un fiume in piena.
- Vaffanculo Giorgio, non me ne frega un cazzo delle vostre questioni! - grido, lanciando il telefono contro l’armadio.
A nessuno importa di come mi sento! A nessuno! Respiro affannosamente e quasi mi sento soffocare. Ho bisogno di cambiare aria, di andarmene da qui! Non ce la faccio più! Un’idea mi balena in mente e non ci penso su due volte. Mi alzo dal letto e attraverso il corridoio lentamente, come fossi un fantasma. Spingo la porta della camera da letto e prendo un respiro profondo.
- Papà? -
- Mmm? Che c’è amore, non riesci a dormire? - chiede accendendo la luce sul comodino.
- Ti ricordi il viaggio di studi che ho vinto per la media? Ho cambiato idea… Voglio andarci! -
 

 
 

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Capitolo 24
*** Operazione Cupido&Venere007 ***


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24. Operazione Cupido&Venere007
 

 
 

{MILLY}

- Oddio, Elisa, ti prego perdonaci! - si scusa papà, riprendendo fiato.
- Riccardo, devo dire che la puntualità non sarà mai il tuo forte - lo rimprovera la prof di inglese a braccia conserte. Papà si passa una mano tra i capelli ridacchiando.
- A quanto pare proprio no… -
La prof Castelli sorride, tirandogli una pacca sulla spalla.
- Tranquilli, non siete gli unici... A quanto pare abbiamo ancora un altro ritardatario! -
- Beh, meglio così - sospira papà sistemando il trolley azzurrino accanto alla fila di sedili dove la prof ha lasciato le sue cose. Mi aggiusto una ciocca di capelli dietro l’orecchio, lisciando poi le pieghe della mia camicetta a fiori, nel vano tentativo di fuggire gli occhi indagatori che mi scrutano con interesse dalle lenti di un paio di occhiali da vista.
- Milly, tesoro, mi raccomando… Chiama quando arrivi e fatti sentire ogni tanto - fa papà, abbracciandomi forte e dandomi un bacio tra i capelli. Immediatamente mi ritorna alla mente Davide e la scenata che ha fatto a casa. Aveva disfatto più volte la valigia, lanciando i vestiti da tutte le parti, nascosto le chiavi dell’auto e pianto per tutto il tempo. Alla fine Sara è riuscita a tranquillizzarlo e a permetterci di andare via, anche se mi si era spezzato il cuore a vederlo in quello stato, con gli occhi arrossati e il visetto tutto bagnato. Prima di andare mi aveva riempito il viso di baci e mi aveva fatto promettere di pensare a lui e a Poppy tutti i giorni… Stringo forte la maglietta di papà, imprimendomi nella mente l’odore del suo dopobarba. Poi ci stacchiamo e papà mi sorride. Mi raccomando, mima con le labbra mentre si avvicina alle scale mobili per andare via. Ti voglio bene rispondo io prontamente, salutandolo con la mano.
Seguo il suo profilo fin quando non scompare nel nulla, inghiottito dalla folla e una grande malinconia mi assale.
- Bene signorina, sono felice che tu abbia cambiato idea all’ultimo momento. A che cosa dobbiamo il piacere? -
La domanda che mi porge mi coglie impreparata e io non so che dire.
- Beh, io… Pensavo che… Non mi sarebbe capitata più un’occasione come questa… - cerco di giustificarmi come se avessi fatto qualcosa di sbagliato. La Castelli sorride, sistemandosi meglio gli occhiali.
- Vedrai, ci divertiremo un mondo! Se solo un certo signorino si decidesse ad arrivare… Gli altri sono già in fila per il check in… - ciarla allegramente facendomi l’occhiolino.
- Se hai dell’acqua, ti consiglio di gettarla perché non si può portare in aereo -
- Vado subito allora -
Faccio per avvicinarmi ad uno dei cestini quando un rumore di passi affrettati attira la mia attenzione.
- Prof! Prof! Eccomi… Mi scusi per il ritardo ma la sveglia non ha suonato… -
Mi volto di scatto, con il sangue gelato nelle vene. Non. Può. Essere. I nostri sguardi si incontrano mentre lui è piegato sulle ginocchia, cercando di riprendere fiato. Apro la bocca ma le corde vocali sembrano bloccarsi, cosicché quel che ne esce è solo un suono strozzato.
- Finalmente ci siamo tutti! Milena cara, dobbiamo andare! - fa la prof sistemandosi la borsa a tracolla e afferrando il manico della sua valigia.
- S-si… Eccomi! - riesco a rispondere distogliendo immediatamente lo sguardo dal suo. Non mi poteva capitare cosa peggiore! Cavolo, tutte a me devono succedere? A volte penso proprio che il destino si diverta a giocarmi brutti scherzi e a guardarmi mentre mi dispero!
 
 
 
{ILARIA}

 
- No, è che non si è proprio alzato dal letto… Non ho idea di cosa gli sia preso! -
- Adesso provo a parlarci io… -
- In bocca al lupo, allora! -
- Crepi… -
Apro la porta e il buio mi avvolge.
- Sono le due del pomeriggio, non è mica mezzanotte! - borbotto esasperata dirigendomi verso le finestre con passo forse un po’ troppo sicuro, considerando che questa non è casa mia e non ho la minima idea di come sia organizzato l’ambiente. Non faccio in tempo a fare due passi che metto il piede su qualcosa di non meglio identificato e cado distesa sul pavimento, imprecando in tutte le lingue che conosco e tirandomi le tede dietro. La luce irrompe nell’ambiente, rivelando il tremendo disordine che la fa da padrone.
Mi rimetto in piedi tirando un calcio alle scarpe sulla quale sono inciampata e mi avvicino al letto.
Quel becero di mio fratello se ne sta stravaccato a pancia in giù, in mutande e con la testa sotto il cuscino mentre le lenzuola se ne stanno appallottolate in un angolo lontano.
Afferro il cuscino e glielo porto via, guadagnandomi un paio di complimenti gratuiti da parte del bell’addormentato.
- Razza di idiot, si può sapere cosa cavolo combini? -
- Vattene, du gehst mir auf den sucks! -
Che cosa? Cioè, dico, ma stiamo scherzando? Uno si preoccupa e questo è il ringraziamento? Ora ti faccio vedere io! Afferro il coprimaterasso e con tutte le mie forze lo sollevo, spingendo quell’idiota decerebrato che si è fottuto il cervello giù dal letto.
- Senti un po’, si può sapere che cavolo stai combinando, razza d’asino che non sei altro? - urlo saltando su quello che resta del suo letto e affacciandomi dal bordo per vederlo mettersi seduto.
Halt die Fresse! - fa lui, passandosi una mano sulla fronte.
- Ma anche no! E poi si può sapere perché hai bevuto? -
- Non sono affari tuoi! -
A quanto pare il signorino si è svegliato con la luna storta eh? Beh, ha trovato pane per i suoi denti perché la mia è ancora più storta!
- Sono affari miei eccome! Che cavolo hai combinato con Milena? -
Se è possibile, quell’idiota si incupisce ancora di più, nascondendosi dietro i ciuffi spettinati della frangia.
- Niente… -
- Niente? - ribatto inarcando un sopracciglio.
Lui sospira.
- Ho solo scelto la cosa migliore per entrambi… -
- E secondo quale arcana filosofia, il fatto che entrambi soffriate è la cosa migliore? - osservo sarcastica, evitando di tirargli un pugno. Lui non risponde. Se ne sta lì, con le mani in grembo e le gambe incrociate, senza reagire.
- Lasciami stare… -
- Non se ne parla neanche! Milena era talmente sconvolta e arrabbiata che ha litigato con Giorgio! Con Giorgio, dico! Sai che significa? Loro che sono praticamente cresciuti insieme! Per non parlare del fatto che se ne è andata a Londra senza dire niente… -
- A… Londra…? -
- Ja, London! -
- A volte può capitare di voler cambiare un po’ aria… -
- E tu per cambiare un po’ aria te ne vai a Londra? A Londra? Ma dico, stiamo scherzando? Lei che non voleva nemmeno andarci perché voleva passare l’ultimo mese di scuola a farti compagnia prima che iniziassero gli esami? E tu chissà che cavolo hai combinato per averle fatto cambiare idea così all’improvviso! E come se non bastasse lo sai qual è la cosa che mi fa più rabbia? -
L’idiota rimane impassibile al mio sfogo mentre io sto ormai per esplodere!
- La cosa che mi fa più arrabbiare è che a Londra ci va anche Luca! Luca, hai capito? Quel Luca! E tu niente, te ne stai chiuso qui a vegetare! Cazzo, datti una svegliata! -
Bomba sganciata! Effetto immediato! Come pronuncio quel nome, le mani di Gabe si serrano con forza in due pugni mentre lo vedo affondare con rabbia i denti nel labbro inferiore. Allora ti brucia ancora, eh? Perfetto!
- Vai a riprendertela! -
- E che dovrei fare, prendere il primo volo per Londra e presentarmi lì, come se nulla fosse? E poi dicendo che cosa? No… -
Le sue parole mi lasciano a bocca aperta. Cavolo, non avevo pensato a questo piccolo dettaglio… Forse ha ragione Giò quando dice che ho visto troppe telenovele argentine.
- Ormai è finita… - mormora alzandosi.
Sospiro, facendogli posto sul letto.
- Gabe, ma che cosa ti succede? Io davvero non ti ho mai visto così… -
- Ilaria, se non hai altro da dire, torna a casa… -
Mi viene quasi da piangere vedendo mio fratello in questo stato.
- Gabe, Ich habe dich gern… -
- Si, anche io… Ora vai, altrimenti Lidia si preoccupa… -
- Ok… -
Gli stampo un bacio sulla guancia ed esco dalla sua camera, chiudendomi la porta alle spalle. Io non mi do per vinta!
- Alex? - chiamo mentre attraverso il corridoio.
- Ari? -
- Alex, cosa ti ha detto esattamente mio fratello riguardo quello che è successo tra lui e Milena? - chiedo sistemandomi la tracolla con i libri di scuola su una spalla.
- Niente di specifico… Solo che si erano lasciati e che era meglio così… -
- Anche a te ha detto solo questo… - rifletto ad alta voce.
- E già… -
- Alex, senti, devi darmi una mano a capire cosa diavolo è successo tra quei due… -
- Ari, lo sai che sono sempre il primo a volermi intromettere nei suoi affari, ma temo che questa volta non sia proprio il caso… Lascia perdere… -
- No, ascolta Alex… Prima che succedesse questo casino, Milky ha avuto una discussione con qualcuno. Ho sentito le ragazze di pallavolo che ne parlavano. Deve per forza averle detto qualcosa questa tizia… Dobbiamo solo capire chi è e cosa ha detto a Milena e poi le cose si aggiusteranno… -
Alex aggrotta le sopracciglia, scettico.
- Ti prego, te lo chiedo in ginocchio… Devi aiutarmi a farli tornare insieme… Infondo è anche merito mio se tu e Ro state insieme… -
A mali estremi, estremi rimedi… Si, lo ammetto: adoro fare cupido! Ma adesso la questione è più grave del previsto e c’è in gioco la felicità di due delle persone a cui voglio più bene! Alex sospira rassegnato.
- E va bene Ari, hai vinto… Ti aiuterò a far tornare insieme quei due! Posso fare io Cupido però? - starnazza infine per sdrammatizzare, imitando la voce di una checca isterica e facendomi scoppiare a ridere.
- Affermativo soldato! Che l’operazione Cupido&Venere007 abbia inizio! -
 
 
 

Idiot: idiota
Du gehst mir auf den sucks: mi stai sulle palle
Halt die Fresse : Chiudi il becco
Ich habe dich gern: ti voglio bene
 
 



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Capitolo 25
*** E intanto Londra brucia intorno a noi... ***


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25. E intanto Londra brucia intorno a noi…


{GABE}

 

 
Il fumo della sigaretta sale verso l’alto, disperdendosi in mille ghirigori senza senso mentre me ne sto appoggiato al muretto davanti la scuola, in attesa.
- Gabe, hai intenzione di saltare anche oggi? -
- Tranquillo Alex… Entro alla seconda. Non mi va di vedere Parisi… -
Alex annuisce, infilandosi il casco sotto un braccio.
- Allora ci vediamo in classe -
- Ja ja… Vai ora! -
La persona che aspetto non dovrebbe metterci molto ad arrivare. Va con calma perché ha paura di spettinarsi i capelli. Guai ad avere una ciocca fuori posto o qualcosa in disordine. Isteria, portami via!
La sigaretta, ormai consumata, mi sfugge di mano, senza che io abbia fatto un solo tiro. Appena la intravedo, mi alzo in piedi e le vado incontro, cercando di mantenere la calma. Non sia mai che quella stronza si metta a dire che l’ho presa a schiaffi o roba del genere senza che sia vero. Se deve sputtanarmi, almeno che lo faccia dopo che gliele ho suonate per davvero.
Appena mi vede, le sue labbra si incurvano in un sorriso cattivo e non ho bisogno di altre conferme.
- Vale, vuoi che ti lasciamo sola? - cinguetta una delle sue amiche con i capelli piastrati e il rossetto color rosso puttana…
- No, perché volete andarvene? Se restate qui almeno eviterò di prenderla a pugni! -
Tanto basta per cancellare dalle loro facce quell’espressione da gatte morte.
- Ragazze, andate pure… A Gabriel piace scherzare. Lo sapete com’è fatto… -
- S-sicura Vale? -
- Non hai sentito che cosa ha detto? Fila… - sbotto incazzato, fissandola male.
- Andiamo Carola! - dice quell’oca, tirandosi dietro la sua amichetta più piastrata di lei e con il rossetto ancora più rosso.
Appena attraversano il cancello della scuola, afferro Valeria per un braccio e la trascino via.
- Gabe il piccoletto, piange tutto solo, nascosto in un boschetto… - canticchia la stronza allegramente, facendomi girare le palle ancora di più.
- Adesso mi racconti per filo e per segno tutto quello che sei andata a dire a Milena! -
- Gabe il monellaccio, vuol fare il ragazzaccio. Afferra le bambine e gli tira le treccine… -
- Forse tu non mi hai mai visto incazzato sul serio. Non voglio più ripeterlo… Parla! -
- Ah! Mi fai male se stringi così… -
- Ti farò ancora più male se non ti dai una mossa e sputi il rospo! -

{ILARIA}
 
 
- Gabriel, Nur du verstehst mich! - cinguetto, stritolando il mio caro fratellone.
- Ari, che hai combinato? -
Cavolo, mi ha scoperto subito. Sorrido dandogli un bacio sulla guancia, alla quale lui risponde facendo una smorfia.
- Quella stronza di ginnastica mi ha mandata dal preside! - confesso con tutta la nonchalance di cui sono capace.
- E per quale motivo? - chiede lui, scettico.
- Niente… Ho solo fatto notare alla prof di educazione fisica che avevo da poco fatto la manicure e messo lo smalto… -
- Eh? -
- E lei insisteva che dovevo cambiarmi e giocare a pallavolo con gli altri, così l’ho mandata a quel paese dicendole che i professori di educazione fisica non contano niente, non conquisteranno il mondo e che lei era una rompicoglioni frustrata e depressa! -
- In pratica le hai detto che è una fallita… -
- Ho solo espresso ad alta voce un pensiero comune. Giorgio mi prenderà in giro per l’eternità! Per non parlare della reazione spropositata che avrà mama! -
Gabe ride sotto i baffi, immaginandosi probabilmente la scena. Rido anch’io, stringendomi al suo braccio.
- Hey, principessa! -
Alex mi fa un cenno col capo e io annuisco, facendogli segno di aver capito. Nell’intervallo abbiamo fatto qualche indagine e abbiamo scoperto che Milky ha parlato con Valeria negli spogliatoi e ne è uscita piangendo come una pazza. Avrei voluto scambiare quattro parole con quella brutta stronza, ma pare che oggi non sia venuta a scuola. In ogni caso, eravamo d’accordo che sarei stata io a parlare con mio fratello, onde evitare un’eventuale, possibilissima scazzottata tra amici.
- Che state architettando voi due? Sembrate il gatto e la volpe. Non me la raccontate giusta… -
- Oddio Miase, heirate nich! Hai visto Pinocchio? Sono così fiero di te… - scoppia Alex, fingendo di asciugarsi una lacrimuccia. Io mi metto a ridere mentre Gabe fa una faccia perplessa.
- Mich, Alex… Heirate mich! - lo correggo, fingendo di sistemarmi gli occhiali sul naso, in perfetto stile “professoressa depressa”.
- Si si, quello… -
Gabe sospira, massaggiandosi le palpebre.
- Ne ho decisamente abbastanza di voi… Ari, perché non vai a rompere le scatole a quel sant’uomo di Giorgio? -
- Ah ah ah… Ti piacerebbe, eh? E invece non posso! -
- Che hai combinato, mi corazòn? - continua Alex, mettendomi una mano attorno alle spalle.
- Sai anche lo spagnolo? - ridacchio mentre lui fa il finto imbronciato.
- Certo, mi corazòn… Io so tutto. Dì al tuo zietto cosa ti hanno fatto quei brutti cattivoni… -
- Oddio, vi prego, smettetela… Siete inquietanti. Ditemi cosa volete che facciamo prima! -
Io e Alex ci guardiamo divertiti.
- Adesso è tutto tuo stellina! -
- Con te faccio i conti ora che torniamo a casa… - lo minaccia Gabe.
- Ah ah, non credo proprio… Considerati sfrattato per oggi! -
- Non se ne parla proprio… Tu e Ro fareste meglio ad andare a procreare i vostri figli da un’altra parte! -
- Io almeno procreo… Tu ti ammazzi di.. -
- Eh, ok! Abbiamo capito! Ognuno è libero di scop… Ehm, cioè, volevo dire, di fare quel che cavolo gli pare! Comunque, Gabe, ti prego, devi assolutamente accompagnarmi a casa… Sono sicura che se ci sei tu, mama non mi sgriderà! Così resti anche a pranzo da noi… È tanto tempo che non vieni… Ti pregoooo! - e mentre parlo, assumo l’espressione più carina e coccolosa di cui sono capace… Se mi dice di no, giuro che lo tramortisco e lo porto via trascinandolo in spalla. Non conosco altro modi per farlo venire a casa e parlargli in santa pace…
- Voi due… A quanto pare vi siete coalizzati contro di me… Tieni! - sospira lanciandomi il casco.
- Allora vieni? -
- Se non ti sbrighi, ti lascio a piedi… -
- Ah, lo sapevo! Sei il fratello più supermitico del mondo! -
- Lo sai che non mi corrompi con i complimenti… Forza, andiamo! Per quanto riguarda te, coglione, vedi di non combinare nessun altro casino come tuo solito! Ho perso il conto di quante volte ho rischiato di diventare zio! -
- Come se fosse lui ogni volta a poter diventare padre… -
- Me ne sbatto! È da me che vieni a piangere quando il Mar Rosso non straripa… Esistono i preservativi, usali! -
- Ma poi non sento niente! -
- Ok! Stop! Pausa! Penso di essere un po’ troppo cresciuta per fare educazione sessuale insieme a voi… - sbotto con il viso probabilmente più rosso di un pomodoro.
- Ecco, vedi? La mia stellina ha ragione… E poi giuro solennemente che questa volta farò attenzione! Se poi deve capitare, vorrà dire che mio figlio avrà lo zio più stronzo e bastardo del mondo! -
- Ma il padre più figo! - mi intrometto immediatamente solo per evitare che dalla splendida boccuccia del mio adorato fratellino escano parole che potrebbero far arrossire anche il più cafone degli scaricatori di porto.
- Meno male che c’è tua sorella a darmi soddisfazione… Ciao stellina! Ci sentiamo presto! - dice, infilando il casco e salendo sulla moto. Prima che possa partire, Gabe fa uno scatto improvviso, come se si fosse appena ricordato di qualcosa.
- Pezzo di merda, se ti azzardi ad entrare in camera mia, giuro che ti strozzo con le lenzuola questa volta!- urla minaccioso verso Alex che per tutta risposta gli alza il medio e se la svigna di corsa.
- Giuro che se mi combina qualcosa come l’altra volta gli faccio un culo così! -
- Emh, spero che il tutto sia solo metaforicamente… - azzardo arricciando il naso.
- C’è qualcun altro che vuole fare dei commenti sulle mie prestazioni sessuali o pensa che io sia omosessuale? No? Perfetto, allora ce ne possiamo anche andare… -
- Se fossi un maschio e mi piacessero i ragazzi, sicuramente verrei a farti il filo… - sghignazzo, prendendolo in giro. Lui si volta leggermente verso di me con sguardo perplesso, poi fa uno sbuffo e si mette a ridere.
- Andiamo va, altrimenti Lidia si preoccupa e dice che ti porto sulla cattiva strada… -
- Naaaa! Mama ti adora. Non dirà niente… -
Finalmente Gabe accende la moto e ci avviamo verso casa. Mi stringo di più alle braccia di mio fratello, pensando a come introdurre l’argomento e a come convincerlo a chiamare Milky per fare pace. Chissà lei cosa starà facendo in questo momento. Sono passati già quattro giorni da quando è partita e non si è ancora fatta sentire. Giorgio sembra un cadavere ambulante, quasi peggio di mio fratello. Spero solo che questi giorni passino in fretta. Non vedo l’ora che torni a casa per poterla riabbracciare e chiarire tutto.
Immersa nei miei pensieri com’ero, non mi accorgo nemmeno che siamo ormai arrivati a casa. Gabe parcheggia la moto nel vialetto, scende e si sfila il casco. Un riverbero attira la mia attenzione.
- Beh, non scendi? Tranquilla, ci parlo io con Lidia! -
- No, non è per quello! -
- E allora cosa? -
- La… La macchina… - balbetto, fissando la Lancia Y color grigio metallizzato parcheggiata in cortile.
- Lidia ha degli ospiti a quanto pare… - borbotta aiutandomi a scendere.
Appena metto piede a terra, mi tremano le mani e mi avvinghio con forza ad un lembo della maglietta di mio fratello.
- Ilaria, che ti prende? Hai davvero così paura? -
Si, ho paura. Ho paura! Ma non di mama. Ho paura di te e di quello che potresti fare! Spero solo che in casa non ci sia l’uomo che penso… Lo spero davvero con tutto il cuore!
- Forse è il caso che andiamo a farci un giro. Non è così tardi e voglio approfittarne per schiarirmi un po’ le idee… - tento di fargli cambiare idea, accorgendomi io stessa di risultare insicura.
- Mi stai prendendo in giro vero? Ora siamo qui ed entriamo… Senza contare che ho fame, sono al verde e Alex mi ha temporaneamente bandito da casa… -
- J-ja… Però entro prima io, così avviso mama chesei venuto anche tu… - dico dirigendomi verso casa e lasciandolo indietro. Gabe non ha riconosciuto la macchina, ma io si. Quel lungo graffio sulla fiancata che non è mai stato riparato. Sono stata io a farlo quando avevo undici anni. Il mazzo di chiavi mi cade dalle mani. Lo afferro con foga e mi precipito in casa. Ti prego, fa che non sia così. Fa che non sia così altrimenti qua succede un casino. Sento delle voci provenire dalla cucina. Lentamente attraverso il corridoio e mi affaccio, sporgendomi dallo stipite. A momenti mi si blocca il respiro.
- Mama… Che succede? -
La mamma si volta di scatto mentre quegli occhi color cenere si fissano su di me, incerti.
- Ilaria? - chiede l’uomo con quella sua inconfondibile cadenza tedesca, alzandosi in piedi. Mamma sorride, facendomi cenno di entrare.
- Ari, c’è una cosa che devo dirti… - fa mama prendendomi una mano. L’uomo le sorride timidamente, annuendo.
- Che succede? - ripeto ancora, in ansia pregando che Gabe non sia ancora entrato.
- Che cosa ci fa lui qui? -
Troppo tardi. L’espressione di Gabriel è un misto tra il deluso e il furibondo. Mi spaventa da morire.
- Gabi! - fa mamma scattando in piedi sorpresa.
- Voglio sapere cosa… -
- Gabriel, aspetta un momento… - si intromette l’uomo, ma Gabe lo fulmina con lo sguardo.
- Ho detto che voglio sapere cosa ci fa quest’uomo qui, in casa nostra! Che ci fa lui qui? - urla furioso fissando la mamma minaccioso. Che diavolo ho combinato. Cosa diavolo ho combinato?


{MILLY}
 
 
- Allora ragazzi, cosa ne pensate della Cattedrale di St Paul? Abbiamo dovuto fare quei 300 scalini, ma secondo me ne è valsa davvero la pena… C’era una vista mozzafiato dalla cupola e il Tamigi era meraviglioso! -
- Concordo pienamente con lei prof! Anche la cripta era davvero bellissima… Adesso cosa c’è in programma? -
- Beh, che ne dite di un po’ di tempo solo per voi? -
- Grazie prof! Lei è davvero fantastica! -
- Davvero prof, meravigliosa! -
- Se solo i professori fossero tutti come lei… -
- Su su… Allora, avete tempo fino alle sette. Per le otto vi voglio tutti lavati e profumati in albergo e pronti per la cena… Per quanto riguarda le metro, per arrivare a Trafalgar, prendete la linea Bakerloo e scendete alla fermata di Charing Cross. Per arrivare a Piccadilly Circus, basta prendere la linea omonima della metro e scendere a Piccadilly. Tutto chiaro? -
- SIIIIII PROF! -
- Perfetto, allora buon divertimento! E non dimenticate le solite raccomandazioni! -
- Certo prof! Allora noi andiamo! -
In men che non si dica, il gruppetto si disperde e ognuno, da solo o in coppia, prende una direzione diversa. Così mi ritrovo a girovagare senza meta, tra gente sconosciuta, in un luogo sconosciuto, per strade sconosciute. Ottimo Mil! Cristoforo Colombo sarebbe fiero di te! Alzo il volume delle cuffie, concentrandomi solo sulla voce di Bruno Mars… Perché ad ogni sua canzone è legato un ricordo mio e di Gabriel insieme? Io proprio non ce la faccio. Pensavo che venire qui mi avrebbe fatto bene. Magari mi sarei schiarita le idee e sarei stata un po’ meglio, ma la situazione qui non fa altro che peggiorare. Sono a Londra e non faccio altro che desiderare di tornare a casa… Per capire, per chiarire… Cosa ho sbagliato? Perché? Io davvero non lo so. Assorta nei miei pensieri, finisco con l’urtare un’anziana signora.
- Sorry… - mi affretto a dire dispiaciuta. La donna mi sorride scuotendo la testa e poi mi regala una caramella. Sono davvero gentilissimi questi inglesi. Scarto la caramella e la metto in bocca, alzando contemporaneamente la testa per guardarmi intorno. Devo aver camminato un bel po’ perché sono finita a Trafalgar Square. C’è ancora moltissima gente e alcuni ragazzi sono seduti a terra, in cerchio, a cantare quella che dalle parole mi sembra Imagine di Johnn Lennon. Attraverso la piazza, dirigendomi verso la Colonna di Nelson, circondata dai quattro leoni. Il sole sta tramontando e il cielo è una tavolozza di colori caldi in cui predominano il rosso e il rosa. Uno spettacolo davvero mozzafiato. Faccio il giro della colonna, raggiungendo uno dei due leoni con il viso rivolto alle fontane. Mi arrampico stando ben attenta a non cadere e fare una pessima figura e, una volta su, mi acquatto tra le zampe della statua. L’acqua della fontana zampilla senza sosta, schizzando qua e là mentre il cielo che si riflette nell’enorme piscina rotonda, ha tinto tutto di un colore molto simile al porpora. Un leggero venticello mi scompiglia i capelli. Mi viene da sorridere. Non ho mai visto niente di più bello… Vorrei che Gabriel fosse qui insieme a me. Vorrei che mi tenesse per mano e che mi raccontasse ancora di quando era bambino e abitava a Berlino, di tutti i pasticci che ha combinato, di quella volta in cui è rimasto sotto la pioggia a fare compagnia ad un cagnolino randagio e poi ha avuto il raffreddore per tutta una settimana… Vorrei che tutto tornasse esattamente come prima… Ma evidentemente, tutto quello che avevo immaginato non era altro che un sogno, un’amara illusione finita troppo tardi. Una lacrima mi scende sulla guancia perché proprio non riesco a trattenerla.
Continuo a fissare il tramonto e il sole, che ormai è quasi del tutto sparito dietro le cupole degli edifici e che sembra voler dare fuoco ad ogni singola superficie bianca qui intorno.

- Mentre Londra brucia
 uccidi ogni sguardo su cui cadi 
 io ti osservo già da un po'... -


- Non sei mai stato bravo a cantare… - osservo, riconoscendo immediatamente la voce stonata di Luca.
- Eh già… Almeno ci ho provato - ridacchia passandosi una mano dietro la nuca.
Sospiro rassegnata, mettendomi a sedere con le gambe penzoloni.
- Devo dire che ce la stai mettendo proprio tutta per socializzare con gli altri… -
- Forse perché non ho nessuna intenzione di socializzare? Tu perché mi segui invece? Non hai altro di meglio da fare? -
- Milena, cosa c’è che non va? - chiede con una nota di preoccupazione nella voce. Sinceramente mi viene da ridere e lo faccio anche.
- Penso proprio che tu sia l’ultima persona a doversi interessare di una cosa come questa! - sbotto in tono talmente irritato che nemmeno io mi riconosco. - E comunque va tutto alla grande! -
- Non le hai mai sapute dire le bugie, Milky… -
- Tu invece sei espertissimo, vero? Perché non mi insegni… -
Luca sorride, appoggiandosi al basamento.

- Londra brucia e tu che dici 
 se ti fermo tu che dici 
 e non ci sei già più
... -

Sospiro chiudendo gli occhi.
- Mi manca Gabriel… Lui… -
- Sai Milena, a quanto pare Gabriel è un ragazzo che piace a tutte a scuola… Il fascino del bello e dannato è una cosa che attira molto… -
Mi viene da ridacchiare pensando a Gabe come una sorta di eroe alla Lord Byron.
- Quest’uomo che nel mistero s’avvolge, di cui raro è il sospir, più raro ancora il sorriso - recito sorridendo.
- Esattamente… Sarà anche vero che non sorride quasi mai, però quando eravate insieme, sembrava diverso… Più vivo in un certo senso… -
- Lui mi ha preso in giro per tutto questo tempo… -
- E tu come fai a saperlo? -
- Me lo ha raccontato una ragazza… Credo frequenti la tua stessa classe… -
-  Valeria? - chiede di scatto, pensieroso.
- Si… Mi pare sia questo il suo nome… -
- Milky, allora non devi preoccuparti di niente… Valeria è solo una stronza. Una stronza molto cattiva. Deve averti detto di sicuro qualche bugia. Sai, lei e Rasmussen sono stati insieme…. -
Alzo la testa di scatto, fissando Luca negli occhi.
- Però io ho sentito la sua voce… Lui ha detto che io sono una ragazzina sciocca e petulante… Insopportabile… -
Luca sospira allungando le mani verso di me.
- Ascoltami un po’, se pensasse queste cose di te, credi davvero che me le avrebbe date di santa ragione solo per prenderti in giro? Si, è vero che è praticamente una testa di cazzo, ma anche lui ha un po’ di buon senso… O almeno spero… Quindi io, se fossi in te, prenderei il telefono e lo chiamerei immediatamente… -
E mentre parla, gli stringo le mani, permettendogli di prendermi tra le braccia per farmi scendere. Appena metto piede a terra, riesco a rifilargli un pugno sul braccio.
- Non permetterti mai più di ripetere quello che hai appena detto su Gabe o te la faccio pagare! - lo minaccio assottigliando le palpebre. Lui, per tutta risposta mi tira una leggera pacca sulla spalla, incamminandosi immediatamente verso l’albergo.
- Luca! - chiamo prima che si dilegui tra la folla.
Lui si gira, osservandomi con aria interrogativa.
- Perché? -
Lo vedo sorridere.
- Dopo tutto quello che ti ho fatto, volevo cercare di rimediare in qualche modo e vederti di nuovo sorridere -
- Stupido! - sbotto senza nemmeno pensarci. - Ti odio a morte! - e poi - Grazie… -
Lui scoppia a ridere divertito, scuotendo la testa.

- Non resta più niente 
 dei tuoi rimpianti 
 solo il ricordo 
 di alcuni istanti 
 stretti a dovere 
 intorno alla pancia 
 come una cinghia 
 per non dimenticare 
 il tempo che fugge 
 verso i tuoi giorni 
 che sono niente… -


Rido. Rido con lo sguardo fisso al cielo. Rido perché Luca è davvero troppo stonato eppure continua a cantare senza fregarsene. Rido perché sono troppo stupida a continuare a credere alle persone che mi hanno ferita a morte. Rido perché nonostante tutto, voglio fidarmi del suo sorriso sincero e delle sue parole. Rido perché ho già composto il numero e il cuore mi batte forte come un tamburo mentre aspetto che la chiamata venga inoltrata…

- E intanto Londra brucia 
 intorno a noi
 -
 
 
 




Nur du verstehst mich: Solo tu mi capisci!
Heirate mich: Sposami! 





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Capitolo 26
*** Che se piangi tutte le tue lacrime, dopo il cuore ti diventa più leggero (prima parte) ***


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 26. Che se piangi tutte le tue lacrime, dopo il cuore ti diventa più leggero (prima parte)
 

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{ILARIA}

- Hai intenzione di piantarci in asso un’altra volta? Te ne voi andare di nuovo con questo stronzo e mollarci qui come se fossimo roba vecchia? -
La voce di Gabe è piena di disprezzo e giuro di non avergli mai sentito usare un tono del genere.
- Gabi, non è come pensi. Io… -
- Ah, non è come penso? E che ne sai di quello che penso eh? Che ne sai, mamma? -
- Ti prego tesoro, non fare così… -
L’ha chiamata mamma. A questo punto la situazione è molto più grave del previsto. La mamma avanza verso di lui ma io ho troppa paura che Gabriel possa fare qualche pazzia, così le afferro un braccio, trattenendola.
- Mama, no… - sussurro al suo orecchio, ma lei scuote la testa, sorridendo tristemente.
- Tu non sai nemmeno che significhi essere una madre! - rincara con cattiveria.
- Gabriel, adesso stai esagerando! Lascia che Lidia si spieghi - si intromette lui, fissandolo con quegli occhi grigi. Occhi che ti scavano nel profondo. Occhi familiari. Gabe scoppia a ridere.
- Ovviamente i due innamorati si difendono l’uno con l’altra. Mi fate schifo! Papà lo sa? -
- Cosa? - fa mamma scioccata e sull’orlo delle lacrime.
- Papà lo sa che quando lui è fuori per lavoro, tu ti porti in casa quel bastardo? -
- Gabe, no! - mi intrometto cercando di evitare l’irreparabile. Lui sgrana gli occhi, sorpreso.
- Tu… Tu lo sapevi? Tu lo sapevi e non hai detto niente? Quell’uomo ci ha rovinato la vita e tu non hai detto niente? -
Queste parole fanno male. Sono come sassi, come pugni. Sono dolorose e insopportabili. E vorrei piangere perché è una situazione così assurda!
- Ci ha rovinato la vita quando eravamo a Berlino. Adesso vuole rovinarcela anche qui! -
- Non è così! Non è assolutamente così! - grida mamma piangendo.
- No, non piangere. Non piangere Lidia, perché non ne hai il diritto! - fa lui stringendo i pugni.
- Se devi prendertela con qualcuno, prenditela con me! Sono io che l’ho convinta ad incontrarci. Lei nemmeno voleva… - e non fa in tempo a finire la frase che Gabe gli si fionda addosso, assestandogli un cazzotto dritto sul naso.
- Lascialo! - urla la mamma, stendendo le braccia in mezzo per afferrare Gabriel, ma lei è così piccola e minuta in confronto a loro due che non è tanto difficile spingerla indietro.
- Hans… - supplica quando l’uomo afferra Gabe da dietro e gli blocca la testa.
- Che diavolo sta succedendo qui? -
La voce di papà attira l’attenzione dell’uomo e Gabe, approfittando di quel suo piccolo momento di distrazione, gli assesta una gomitata in pieno stomaco, facendolo piegare in due per il dolore, infierendo poi senza pietà con calci, pugni e quant’altro.
- Tobias, fai qualcosa! Lo sta uccidendo! - lo implora la mamma, terrorizzata.
Papà annuisce e in un istante si precipita su Gabe, sollevandolo da terra e scaraventandolo con forza indietro.
- Stai bene? - chiede poi, aiutando l’uomo ad alzarsi.
- Che storia è questa? - urla Gabe rimettendosi in piedi.
- Tu, stai zitto e vedi di darti una calmata! - tuona a dir poco furibondo. - Questa volta hai davvero esagerato! -
Gabe si ritrae, come se fosse stato punto da qualcosa e scuote la testa incredulo.
- No che non sto zitto! Invece di cacciarli di casa, tu li difendi? Cristo santo, ma dove sono capitato? -
- Gabriel, ti ho detto di smetterla! Non osare più rivolgerti a tua madre in questo modo! -
- Quella non è mia madre! Questa volta avete chiuso per sempre! Non mi rivedrete mai più! -
- Gabi! - piange mamma, cercando di avvicinarsi, ma lui indietreggia.
- Hai preferito difendere lui! Hai preferito quello a tuo figlio! Mi fai veramente schifo. Io ti odio dal profondo del cuore e tu… - fa poi rivolgendosi all’uomo piegato accanto a papà - Ti auguro di fare la fine più terribile e dolorosa di questo mondo, pezzo di merda! -
- Non osare! Non osare mai più! Tu non sai niente! Non hai idea di niente! -
- No, Tobias… Non rimproverarlo. Va bene così. Mi dispiace solo per Lidia. Mi dispiace di aver rovinato tutto. Di nuovo -
E l’uomo piange. Piange come un bambino. E con lui piange anche la mamma. E Gabe non capisce.
- Si, esatto! Tu ci hai rovinato la vita! Se potessi, ti ucciderei con le mie stesse mani! -
E a questo punto non ce la faccio. Non posso continuare a tacere e lui deve sapere.
- Gabriel, lui è tuo padre! - urlo tra le lacrime.
Il viso di Gabriel diventa una maschera impassibile. Non piange, non ride, a momenti nemmeno respira. Scuote solo la testa, incredulo. Scuote la testa e mi fissa. Le lacrime mi bagnano le guance mentre cerco di trattenere i singhiozzi. L’ho fatto. Ho appena confessato un segreto che Gabe non avrebbe mai dovuto sapere, ma non ce la facevo più. Non potevo permettergli di continuare ad insultarli. Non potevo permettergli di continuare ad insultare la mamma. Non potevo tenere più per me quel segreto origliato tanto tempo fa…

 
Ilaria ha otto  anni la prima volta che vede quell’uomo nel vialetto di casa. È bello, con il suo cappotto nero, la pelle chiara e i capelli biondo cenere. Lei lo osserva dalla finestra ed è indecisa se chiamare o no la mamma.
- Ari? Cosa stai facendo? -
Ilaria si volta verso la madre.
- Mama, c’è un signore in giardino! -
- Come? - chiede la madre accigliata mentre la raggiunge alla finestra per controllare. L’uomo alza lo sguardo e sorride. La mamma ricambia il sorriso, facendogli cenno di entrare. Sembra leggermente imbarazzato mentre si accomoda sul loro divano e lo sembra anche la madre, ma Ilaria non ci bada troppo, impegnata com’è a scartare il pacco che il signore le ha portato.
- Ti somiglia molto… Ha i tuoi occhi -
- Si, ma il resto è di Tobias… -
E poi silenzio, finché la donna non si alza e lo lascia per qualche minuto da solo. Quando ritorna, ha qualcosa stretto al petto.
- Vuoi vedere le foto di Gabi? - chiede speranzosa. L’uomo annuisce, con le lacrime agli occhi.
- Si -
Dopo quella volta, ci sono state altre visite, che abitassero in Germania o stessero in Italia. A volte capitava che ci fosse anche il padre e Ilaria era costretta a restare in camera sua, perché la mamma diceva che loro due dovevano fare dei discorsi da grandi con il loro amico.
 
Ilaria ha undici anni. Ormai non è più una bambina piccola e capisce quando la mamma gli racconta una bugia o non vuole farle sapere determinate cose. Suo fratello è in campeggio e puntualmente, quando lui è fuori, si presenta l’uomo con il cappotto nero. Ma quel giorno c’è qualcosa che non va perché la mamma è più triste delle altre volte e il papà è molto agitato. Dalla cucina, le voci arrivano concitate e Ilaria, troppo curiosa di sapere cosa si dicono, entra di soppiatto nel salotto e si nasconde dietro al divano ad origliare.
- Credo sia abbastanza grande per capire… - sta dicendo l’uomo ma la mamma non è d’accordo.
- Non ne sono sicura, Hans. Potrebbe reagire male. Nemmeno mi parla più! - singhiozza la mamma.
- Hans, cerca di capire! - sospira il papà.
- Cosa c’è da capire? Sono malato. Non so se l’intervento andrà bene, né se le cure funzioneranno. Sto morendo, dannazione! Sto morendo Lidia! Vi prego, vi supplico, è mio figlio! Voglio solo vederlo. Tobias, ti prego! Potrebbe essere l’ultima… -
C’è silenzio poi, interrotto solo dal pianto della mamma.
- Domani - si arrende infine Tobias. - Domani Gabe torna dal campeggio. Devi solo guardarlo da lontano, però. Non deve ancora sapere che sei suo padre! -
A quelle parole, il cuore di Ilaria si spezza in tanti piccoli pezzi. Gabe non è suo fratello. Gabe non è suo fratello e lei ha paura che glielo portino via. È arrabbiata Ilaria, arrabbiata con quell’uomo che vuole prendersi il suo fratellino. E corre fuori, nel garage. Afferra le cesoie nella cassetta da giardinaggio del padre, si dirige alla macchina dell’uomo e gli graffia tutta la fiancata. Poi scappa via, rifugiandosi sotto al letto con il suo orsacchiotto preferito, quello che era di Gabriel e lui le aveva regalato affinché le facesse compagnia quando era da sola.

 
- Che cazzo stai dicendo, Ari? -
- Gabriel, lasciami spiegare - cerca di intromettersi la mamma, ma Gabe guarda me, come se nella stanza ci fossimo solo noi due, e lo fa con lo stesso sguardo di chi si è sentito tradito, per la seconda volta, da una delle persone a cui voleva più bene.
- Gabe io… - cerco di giustificarmi, ma lui scuote la testa sconvolto.
- Forse non è stato il modo migliore per scoprirlo, ma sono sicuro che se ci sediamo un momento e ne parliamo, tutto si sistemerà!  -
- Si, papà ha ragione! Sediamoci e parliamone… - faccio, annullando in pochi passi la distanza che ci separa e prendendogli la mano. Il suo braccio però rimane teso e la sua mano gli ricade pesantemente lungo un fianco.
- Gabriel, no! Non ci puoi fare questo! Noi siamo la tua famiglia! -
Gabe scoppia a ridere.
- Proprio una splendida famiglia, non c’è che dire. Per curiosità, per stare con la mamma fate a turno? -
La mano di papà è talmente veloce che nemmeno la vedo arrivare. Si sente solo un rumore sordo e Gabe cadere a terra con un labbro sanguinante.
- Papà, che hai fatto? - urlo precipitandomi da lui, ma Gabe mi allontana malamente, pulendosi la bocca con il dorso della mano.
- Voi non mi vedrete mai più! Mai più, avete capito? - comincia ad urlare.
- Perfetto, vai! Nessuno ti trattiene! Sei liberissimo di andare! -
- Tobias, non così… - comincia Hans, ma Gabe lo fulmina.
- Non… Non osare! Non sei mio padre e non lo sarai mai! -
- Sei ancora qui? La porta sai dov’è! Ma ricordati, se adesso te ne vai, per me sarà come se fossi morto! -
- Bene, allora considerami già sepolto! -



 
 
{ALEX}

Sono le tre del mattino e quel coglione non è ancora rientrato. Sua madre ha chiamato giusto quaranta volte nelle ultime due ore e dal suo tono di voce, credo che Gabe ne abbia combinata qualcuna delle sue. Non posso neanche chiamarlo al cellulare visto che è bello che scarico e abbandonato sul suo letto. Giuro che appena mi capita sotto mano, gliene do talmente tante che quando avrò finito, anche quella povera donna farà fatica a riconoscerlo. Butto giù un altro sorso abbondante di caffè mentre l’orologio segna le tre e un quarto. Eccheccazzo, ora è veramente troppo! Comincio ad allacciare le scarpe, quando sento la porta aprirsi e richiudersi subito dopo. Salto in piedi e mi fiondo nel corridoio.
- Gabriel! - chiamo, trovandomi faccia a faccia con quello che molto probabilmente dovrebbe essere il mio migliore amico. Molto probabilmente perché a momenti nemmeno lo riconosco. Evidentemente qualcuno deve aver avuto la mia stessa idea, battendomi sul tempo.
- Alex… - fa lui, guardandomi con nonchalance.
- Che cazzo hai combinato? - domando, fissandolo preoccupato.
- Niente… - si affretta a dire lui, superandomi ed entrando nella sua camere. Se spera di liquidarmi così, non ha capito un cazzo.
- Gabriel, la tua faccia potrebbe tranquillamente sostituire la bandiera della Francia, quindi non dirmi che non hai fatto niente! Non sono un imbecille! -
- Non sto affatto dicendo questo! -
- A me sembra proprio di si! -
Vado in cucina a recuperare del ghiaccio o quantomeno qualcosa di freddo per evitare che la sua faccia si gonfi peggio di com’è già. Quando ritorno, lo trovo davanti alle ante spalancate del suo armadio.
- Perché stai infilando dei vestiti nel tuo zaino? - chiedo rimanendo sulla soglia della porta con un pacco di piselli surgelati in mano.
Gabe non risponde, continuando a rovistare, alla ricerca di non so bene cosa. In tanti anni che lo conosco, giuro di non averlo mai visto comportarsi così. Deve essere sicuramente successo qualcosa di grave con i suoi.
- Metti questo sul viso o domani sarai inguardabile… -
- Sono già inguardabile, quindi fa nulla… -
- Da quando abbiamo ricominciato a fare a pugni? - sbotto indispettito dalle sue continue risposte secche che continuano a troncare ogni mio tentativo di conversazione.
- Me ne vado - dice alla fine, gettando lo zaino a terra e passandosi una mano tra i capelli.
- Che vuol dire che te ne vai? -
- Ho bisogno di starmene un po’ da solo… -
- Non puoi andartene proprio ora. Come farai con la scuola, l’esame e il resto? Vuoi perdere l’anno dopo tutti i sacrifici che hai fatto? -
Ok, lo so che detto da me, può risultare assurdo e ridicolo visto che della scuola non me n’è mai sinceramente fregato un cazzo, ma non posso permettergli di buttare nel cesso tutto quello che abbiamo recuperato. Lui scoppia a ridere divertito ma nel suo sorriso non c’è proprio nulla di divertente.
- Poi si vedrà… -
1 a 0 per Gabe, ma io non mi arrendo.
- E lei? - sbotto stringendo i pugni.
Lo vedo tremare leggermente. Forse ha funzionato. 1 a 1 per me.
- A lei cosa devo dire? - continuo, approfittando della sua reazione.
- Niente. Non ci metterà molto a dimenticarsi di me … -
Sospiro sconfitto.
- Proprio non vuoi dirmi cosa è successo? -
Lo vedo scuotere la testa, infilandosi lo zaino sulle spalle.
- Io vado allora… - dice, superandomi e avviandosi alla porta.
- Aspetta… - lo blocco, trattenendolo per una spalla.
- Mh? -
- Quando eravamo piccoli, ti chiesi cosa sarebbe successo se io non avessi più voluto essere arrabbiato, ricordi? - dico, fissandolo negli occhi.
- Certo che me lo ricordo, ma cosa c’entra adesso? - fa lui confuso.
- Tu dicesti che non sarebbe cambiato nulla, che saremmo rimasti amici lo stesso. Beh, la stessa cosa adesso voglio dirla io a te… Tu sei il mio migliore amico Gabe, non te lo dimenticare… -
- Non mi convincerai a restare utilizzando questa tecnica! -
- So benissimo che non cambierai idea. Voglio solo che tu sappia quanto sei importante per me… - confesso alla fine, abbracciandolo. Credo di non aver mai detto nulla di simile in tutta la mia vita ma, al diavolo! Lui, un po’ impacciato, ricambia l’abbraccio e ok, non è nostra abitudine lasciarci andare a simili dimostrazioni d’affetto, ma sento che potrei scoppiare a piangere da un momento all’altro. Peggio di una femminuccia. È lui a sciogliere l’abbraccio e a salutarmi con una vigorosa pacca sulla spalla.
- Mit Dir kann man Pferde stehlen - se ne esce lui.
- Vaffanculo! - dico, in tutta risposta seguendolo fuori.
- Stammi bene, Ale… - dice, infilandosi il casco e salendo in sella alla moto.
- Giuro su Dio che se non torni più, vengo a cercarti solo per farti il culo! -
Lui scoppia a ridere e dopo aver messo in moto, scompare nel buio della notte. Chiudo la porta dietro di me e mi ritrovo a fissare la sua camera in disordine. Sono solo. Di nuovo.



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{MILLY}


 

Il telefono della persona da lei chiamato potrebbe essere spento o momentaneamente non disponibile. La preghiamo di riprovare più tardi.

 

 

Interrompo la chiamata sbuffando. È più di un’ora che continuo a chiamare ma l’unica voce che mi risponde è quella della segreteria telefonica. Abbandono il telefono sul letto e mi sporgo dalla ringhiera del balconcino, respirando l’aria fresca a pieni polmoni. Ok, forse è uscito e ha lasciato il cellulare a casa oppure ha la batteria scarica e non se n’è accorto. Può capitare, no? Probabilmente sono troppo impaziente. Ho praticamente le farfalle che mi volano nello stomaco e la pelle d’oca. Forse dovrei lasciar perdere… Infondo, tra poco torno a casa. Potrei andare a parlargli di persona. E se non volesse più ascoltarmi? O non volesse più tornare con me?
- Milena? -
La voce della mia compagna di stanza mi riscuote dai miei pensieri notturni.
- Si? -
- Potresti aiutarmi a chiudere la lampo. Non ci riesco da sola… -
- Arrivo subito! -
Margherita (è questo il nome della mia compagna di stanza) è bellissima. Ha i capelli biondi e gli occhi verdi con delle ciglia lunghissime. Ha un fisico praticamente perfetto e delle mani molto curate. Mi avvicino a lei e, con un colpo secco, le alzo la cerniera del vestito. È verde scuro, come il colore dello smalto che ha messo mentre io, a momenti entravo  in simbiosi col cellulare.
- Ti ringrazio tanto, tesoro! - dice, facendomi l’occhiolino. - Visto che a quanto pare la linea telefonica stasera va e viene… - comincia poi, sbirciandomi dallo specchio davanti al quale è intenta a truccarsi. - Perché non vieni a fare due passi con noi? -
Devo dire che Margherita proprio non si arrende mai. Ha continuato a chiedermi di uscire tutti i giorni, ottenendo sempre un rifiuto dopo l’altro. Certo che sono stata proprio sgarbata e scortese con lei.
- Beh, se ti va di portarti dietro una musona come me, perché no… -
- Sul serio? - fa lei, girandosi di colpo e guardandomi incredula.
- S-si… -
- Oddio, che bello! Non posso crederci! - sbotta cominciando a saltellare sul posto, sbattendo le mani. - Allora dobbiamo assolutamente prepararti! Ci rimane pochissimo tempo! -
- Ehm, Margherita, sono appena le sette… - cerco di rassicurarla, ma lei si è già fiondata nella mia valigia alla ricerca di non so bene cosa.
- Appunto! Resta solo un’ora! Allora, tu vai a lavarti che al resto penso io! Non sai da quanto tempo desideravo mettere mano ai tuoi capelli! Oddio, tu mi stai rendendo felice, donna! Fila in bagno! -
Scoppio a ridere, prendendo degli asciugamani puliti e rifugiandomi sotto la doccia. L’acqua scorre giù in abbondanza mentre fisso le mattonelle bianche del muro. Si, ho deciso. Farò così. Mi presenterò a casa di Alex e gli chiederò di farmi parlare con lui. Dovrà ascoltarmi per forza, con le buone o con le cattive. Gli farò le mie scuse e se poi non dovesse andarmi bene… Beh, almeno ci avrò provato. E poi, devo anche chiedere scusa a Giorgio per come l’ho trattato l’ultima volta. Sono stata proprio una strega e lui certo non se lo meritava…
- Vestita così stai benissimo! - cinguetta Margherita applaudendo.
- Dici sul serio? -
- Assolutamente! Sono sicura che se il tuo ragazzo fosse qui, per paura di perderti ti incatenerebbe a lui! -
Scoppio a ridere, incredula.
- Io non sono come te, Margherita… -
- In che senso? -
- Nel senso che io non sono così bella! -
- E chi lo dice? Per me la bellezza non è mai stata solo una questione d’esteriorità. Per me una persona deve essere bella prima nell’anima e poi nel corpo e tu, fidati, sei veramente stupenda! -
A quelle parole mi pizzicano leggermente gli occhi. Nessuno mi aveva mai detto una cosa del genere. Do un’altra occhiata allo specchio e per una volta tanto si, mi trovo bella anche io.  

 

 

 

 

 

Mit Dir kann man Pferde stehlen: letteralmente è “con te si possono rubare i cavalli“, nel senso che è un amico importante che, nel bene e nel male, è con noi e vive con noi le nostre avventure.
 

 

 

 

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Capitolo 27
*** Che se piangi tutte le tue lacrime, dopo il cuore ti diventa più leggero (seconda parte) ***


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27. Che se piangi tutte le tue lacrime, dopo il cuore ti diventa più leggero (seconda parte)
 

 

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{GIORGIO}

Odio dover restare con le mani in mano, senza poter fare niente. Sono un fascio di nervi, ho lo stomaco chiuso e ho un mal di testa pazzesco. Allungo un po’ i piedi, massaggiandomi contemporaneamente le tempie, nella speranza di alleviare un po’ il dolore.
- Tesoro? -
Apro gli occhi, ritrovandomi davanti il viso stanco di mia madre.
- Perché non tornate a casa a riposare? Se ci saranno novità, papà ve lo farà sapere… -
- Grazie, ma non credo che Ilaria voglia andare via - sussurro, lanciandole un’occhiata. Si è da poco addormentata su una delle poltroncine qui accanto, mentre suo padre continua a fare avanti e indietro per il corridoio. Con loro c’è anche un altro uomo, che però non ho mai visto prima. Somiglia molto a Gabe ora che lo guardo. Probabilmente sarà uno zio o un qualche parente venuto a trovarli dalla Germania. In effetti, Ilaria non mi parla mai della sua famiglia. Non so se abbia altri parenti tipo nonni, zii o cugini e anche io non le ho mai chiesto nulla.
- Vuoi almeno che ti porti qualcosa da mangiare? -
Scuoto la testa, distrutto.
- Per adesso no. Magari più tardi -
Mamma annuisce, accarezzandomi i capelli.
- Va bene. Tu stai tranquillo, vedrai che non è nulla di grave - cerca di rassicurarmi come al solito, mentre io faccio finta di crederle. La guardo andare via, spingendo il carrello coi medicinali mentre una fitta improvvisa alla testa mi costringe a chiudere gli occhi. Questa notte non ho chiuso occhio. Non ho fatto altro che pensare a cosa avrei detto a Milly quando l’avrei rivista. Mi sono arrovellato il cervello e alla fine sono giunto alla conclusione che, soprattutto in quest’ultimo periodo, l’ho un po’ trascurata e non mi sono nemmeno accorto che aveva dei problemi. Poi è arrivata la telefonata di Ilaria, alle quattro del mattino. Dire che sono praticamente saltato giù dal letto sarebbe un eufemismo. Ho svegliato mamma e ci siamo precipitati in ospedale. La madre di Ilaria è stata ricoverata d’urgenza. Lei non faceva altro che piangere mentre componeva un numero sul cellulare. Alla fine, suo padre le ha tolto il telefono e le ha detto che ci avrebbe pensato lui. Da quando siamo qui, non ha detto una sola parola. Si è accucciata sulla mia spalla, stringendomi una mano e lasciando uscire tutte le sue lacrime. L’unica cosa che ho potuto fare è stata starle vicino, in silenzio, aspettando che si calmasse.
- Alex? -
Il padre di Ilaria parla a bassa voce, ma riesco lo stesso a capire cosa dice.
- Si, si… Ancora niente?... Capisco… No, Lidia non sta bene… Purtroppo è peggiorata… Ti ringrazio… -
L’uomo chiude la chiamate e si passa una mano tra i capelli.
- Non è ancora rientrato? - chiede l’altro, sistemandosi accanto a lui. Tobias scuote la testa.
- Sono sicuro che arriverà presto, stai tranquillo… -
- Non lo so. Questa volta ho esagerato anch’io. Non avrei dovuto dirgli quelle cose. Era così sconvolto… -
L’arrivo di un’infermiera interrompe la conversazione, impedendomi di sentire la risposta, ma non mi muovo. Non mi sembrava molto educato mettermi ad origliare, così ho fatto finta di dormire. Da quanto ho capito, c’è stata una discussione e Gabriel è stato cacciato di casao, per meglio dire, se n’è andato via. Conoscendolo, non sarà facile trovarlo e se nemmeno Alex sa dove si trova, la vedo dura. L’unica che potrebbe sapere dove trovarlo è Milly. O almeno spero… Peccato che adesso si trovi un bel po’ distante da qui.


 
 
 
{ALEX}

- Sicuro di non sapere dove possa essere andato? -
Continuo a girovagare avanti e indietro per il soggiorno mentre Rossella è intenta a preparare l’acqua per la tisana.
- Non ne ho la minima idea. Ho chiamato anche Dario e Andrea, Francesco, Matteo… Nulla. In giro non c’è e nemmeno al parco dove ci ritroviamo. Non so più dove altro cercarlo, cazzo! -
Non credo di essere mai stato più nervoso in vita mia. Non avrei mai dovuto permettergli di andarsene. Che cazzata. Adesso come faccio a ritrovarlo? Giuro che se non riesco a riportarlo in tempo da sua madre, non me lo perdonerò mai. Ma dove cazzo può essere andato?
- Ale? -
Le braccia di Rory mi avvolgono in un caldo abbraccio.
- Stai tranquillo. Sono sicura che riusciremo a trovarlo, però adesso devi calmarti -
Spengo la sigaretta e mi lascio cullare dal suo tepore.
- Ci provo… - sussurro tra i suoi capelli, stringendola un po’ di più a me.
- Beviamo un po’ di tisana e poi andiamo di nuovo a cercarlo, ok? -
Ci sediamo sul divano e butto giù gran parte del liquido verdastro contenuto nella tazza. Mi sento quasi andare in fiamme il petto per quanto scotta. Ci manca solo che per rilassarmi ci rimetta le penne e poi siamo a posto!
L’orologio segna le sei del pomeriggio. Tra poco farà buio e non posso certo permettere a Rory di andarsene in giro da sola alla ricerca di quel toro scatenato di Gabriel. La prossima volta che decide di scappare di casa, dovrò ricordarmi di fargli portare il cellulare e lasciarmi scritto dove rintracciarlo. Suo padre era davvero preoccupato. Le condizioni di salute di Lidia non sono mai state delle migliori, ma temo proprio che questa volta sia più grave del previsto, altrimenti Tobias non mi avrebbe mai chiamato per chiedermi di lui.
Vuoto la tazza con qualche altro sorso e mi fiondo a recuperare il casco.
- Ro, io vado. Voglio che tu però rimanga qui, casomai dovesse tornare. In ogni caso chiamami, ok? -
Rossella mi segue all’ingresso con un’espressione preoccupata.
- Alex, mi raccomando, stai attento!-
Sorrido, dandole un leggero bacio sulle labbra.
- Tranquilla… Vado, lo gonfio e torniamo! -
Di colpo il campanello suona, facendoci sobbalzare. Spalanco la porta, speranzoso di trovarmi di fronte quella grandissima testa di cazzo, e invece mi ritrovo a pochi centimetri da un grazioso visino e due dolcissimi occhi color caramello.



 
 
{GABE}

(Ascoltate questa canzone mentre leggete: http://www.youtube.com/watch?v=4UbWTBoh7G4 
 


Piccoli granelli scuri mi si attaccano alla pelle, scivolandomi tra le dita dei piedi, mentre l’acqua delle onde finisce col ricoprire la sabbia umida. Sparisce subito dopo, lasciando una lieve traccia schiumosa, mista a qualche conchiglia rotta.
Il suono ritmico del mare è come un lamento senza fine, un richiamo silenzioso rivolto solo a chi può sentirlo. L’aria sa di salsedine. Il sole sembra quasi essere sul punto di essere inghiottito dai flutti, come un piccolo uccellino ferito, in attesa che sopraggiunga la fine.
Non so perché, ma mi viene da ridere e vorrei anche farlo, ma ho paura che poi dopo ricomincerà a sanguinarmi qualcosa.  Peccato non ci sia proprio nulla di buffo o divertente. Che bello schifo!
Ogni singola parte del corpo mi fa un male cane. Era tanto tempo che non mi sfogavo in questo modo. Certo che mi sono rammollito per bene, visto tutti i cazzotti che ho preso. Un tempo non avrei mai incassato tutti quei colpi, li avrei dati e basta.
Eppure non è ancora abbastanza. Continuo ad avvertire un fastidiosissimo groppo in gola e quasi non riesco a respirare. Che strano scherzo del destino: l’uomo che ho tanto odiato e che credevo avesse rovinato la mia famiglia, in realtà è mio padre! Ma la cosa che mi manda più in bestia è che anche Ari lo sapeva, eppure non mi ha mai detto niente! Sono stato trattato come uno stupido ragazzino che non capisce niente, come un moccioso al quale è meglio non dire la verità perché poi non si sa come potrebbe reagire, e questo non lo sopporto! Stringo i denti tirando un pugno sulla sabbia bagnata.
Se solo l’avessi saputo, io… Io non avrei mai detto tutte quelle cose alla mamma…
Mama
All’improvviso mi sembra di vedere tutto sfocato, poi avverto una strana sensazione di bagnato sul viso e qualcosa scivolare giù, lungo la guancia. Mi sorprendo ad osservare una lacrima sul palmo della mia mano. Doppio schifo. Adesso sto anche piangendo come una femminuccia. Non potrebbe andare peggio di così. Nascondo la testa tra le gambe, vergognandomi peggio di un ladro. Dio, quanti anni sono passati dall’ultima volta che ho pianto? Nemmeno me lo ricordo. Triplo schifo. Asciugo gli occhi con forza e affondo i denti nel labbro inferiore, con rabbia. Da quando sono diventato così debole? Odio questo fatto e odio anche me stesso. Odio tutto e tutti, cazzo!
E questo insopportabile dolore all’altezza del cuore non vuole proprio andare via. Cazzo, cazzo, cazzo! Una lieve carezza sul mio braccio mi fa alzare le testa di scatto.
- Ciao… -
Ora penso di sapere come ci si sente quando il cuore comincia a fare le capriole. Un’altra lacrime mi riga la guancia e mi sento una vera schifezza. Milly si inginocchia davanti a me, prendendomi il viso tra le mani e asciugandomi le lacrime con le dita.
- Ma come… -
- Visto come sono stata brava? Sono riuscita a trovarti -
Immediatamente la tiro verso di me, stringendola tra le mie braccia e appoggiando la fronte sulla sua spalla. Respiro a fondo il profumo dei suoi capelli e mi aggrappo con forza alla stoffa dei suoi vestiti. Lei mi carezza lentamente la schiena, abbracciandomi ed io mi sento come una nave che, dopo aver navigato a lungo per mari sconosciuti, ritorna finalmente nel rifugio sicuro del suo porto. Ritorna finalmente a casa.
Una volta ho letto su un libro che casa è ovunque ci sia una persona che ti pensa. Adesso penso di aver capito cosa significa. Il suo profumo di buono, il suo calore, il suono della sua voce: casa…  Per me, casa ha la pelle chiara, i capelli lunghi e scuri, gli occhi dorati e oggi indossa un vestito bianco. Per me, casa non è in nessun luogo, oltre che qui. Per me, casa è tra queste piccole braccia, su questo piccolo petto. Casa è ovunque c’è lei, ovunque posso stare con lei. È lei la mia casa.
- Sfogati pure. Giuro che non lo dirò a nessuno… - sussurra al mio orecchio, carezzandomi i capelli e io la stringo ancora di più, scoppiando in un pianto disperato e liberatorio, senza provare la minima vergogna.
- Ho combinato un casino… - riesco a dire, tra un singhiozzo e l’altro. Milly mi carezza dolcemente il viso, con espressione addolorata, poi scuote la testa.
- Alex mi ha raccontato tutto. Metteremo tutto a posto… -
- Sono soltanto un debole! Non sono capace di fare nulla… Tutto quello che tocco si rompe… -
- Non è vero. Io sono qui, mi stai toccando e non mi sono rotta… Io non mi rompo, capito? - fa guardandomi intensamente negli occhi.
- Prima di incontrarti, la mia vita era come un cielo costantemente in tempesta… - comincio, rinunciando così anche all’ultimo briciolo di orgoglio che mi è rimasto. - Poi sei arrivata tu e hai spazzato via tutte le nuvole, come un inaspettato raggio di sole…  -
Le sfioro una guancia per poi posare la fronte sulla sua.
- Finché vorrai, io ci sarò sempre… - dice, avvicinando le labbra alle mie, posandosi sull’angolo della mia bocca. La bacio, finalmente dopo tanto tempo e solo adesso capisco quanto in realtà mi sia mancata. Al diavolo tutti i discorsi del volerle stare lontano per il suo bene. Cazzate! La verità è che sono un fottuto egoista e non voglio rinunciare a lei. Io ho bisogno di lei! La bacio con foga, con disperazione e i nostri baci hanno il sapore dell’acqua salata.
- Milly, ti amo -
La bacio sui capelli, sulle guance, sulla fronte, sul collo, e nel frattempo stringo le sottili spalline del suo vestito, attorcigliandole attorno alle mie dita, come se dovessi aggrapparmi a lei, come se lei fosse la mai ancora di salvezza in questo schifo di mondo. E in effetti lo è. Sento distintamente il battito del suo cuore sul mio petto ed è come se ne avessi due.
- Ti amo - ripeto ancora, sistemandole una ciocca scura dietro le orecchie. Lei sorride, baciandomi la punta del naso.
- Anche io ti amo -  





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Capitolo 28
*** Che se piangi tutte le tue lacrime, dopo il cuore ti diventa più leggero (terza parte) ***


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28. Che se piangi tutte le tue lacrime, dopo il cuore ti diventa più leggero (terza parte)
 

 




 
{MILLY}

Entriamo in ospedale e Gabriel si avvicina all’infermiera dell’accettazione per chiederle in che stanza si trovi sua madre. Si scambiano qualche parola, che però non riesco a sentire, e poi si gira verso di me.
- Dobbiamo salire al terzo piano - mi dice, infilandosi le mani in tasca. È abbastanza nervoso e posso capirlo, ma ho giurato che gli sarei stata vicino, e ho intenzione di mantenere la mia promessa.
Gli tiro fuori una mano e la stringo tra le mie, sorridendogli per rassicurarlo. Lui ricambia il sorriso e ci incamminiamo per le scale. Mi soffermo ad osservarlo di sottecchi. Ha i capelli tutti in disordine, il viso gonfio e vari lividi qua e là. Scuoto la testa, cercando di levarmi dalla mente l’immagine di lui che fa a pugni. Anche la prima volta che l’ho visto era ridotto in questo stato. Allora non avrei mai immaginato di potermi innamorare di qualcuno come lui, eppure adesso eccomi qua, con il cuore a mille e le dita intrecciate alle sue. Non c’è stato bisogno di parole, nessun chiarimento o patetiche scuse. Niente. Solo baci e carezze, e la consapevolezza di esserci finalmente ritrovati. Prima di venire, si è confidato con me e mi ha raccontato tutto quello che è successo, cosa ha pensato, come si è sentito. Sono rimasta ad ascoltarlo, lasciando che si sfogasse, piangendo anche insieme a lui… Ecco perché adesso abbiamo entrambi gli occhi arrossati.
Saliamo gli ultimi gradini e ci ritroviamo davanti ai vetri opachi incastrati nella porta che ci separa dal corridoio. La stretta di Gabe si è fatta più forte e sento il suo corpo irrigidirsi al mio fianco. Prima di spingere la porta, fa un respiro profondo.
Il corridoio è bianco e avvolto nella penombra. C’è odore di disinfettante nell’aria e la luce artificiale che rischiara l’ambiente è quasi inquietante. Nel richiudersi, la porta emette un frastuono assordante, attirando l’attenzione di alcune persone sedute poco più avanti, che si voltano a guardarci.
Gabe trema leggermente, fermandosi e abbassando lo sguardo, insicuro. Mi lascia la mano e sembra un bambino sperduto e impaurito che piega la testa sotto gli occhi implacabili del padre.
- Ci sono qui io con te. Andiamo… - insisto, afferrando saldamente le sue dita e incitandolo a proseguire. Sono sicura che l’uomo che ci sta fissando sorpreso è il padre di Ilaria, mentre quello biondo è il padre di Gabriel. Ilaria ci viene incontro e quasi non sembra più lei. Ha il viso praticamente stravolto, con delle vistose ombre scure sotto gli occhi. Si getta tra le braccia di Gabe, stringendolo forte e cominciando a singhiozzare. Lui le lascia un bacio tra i capelli, cercando di consolarla.
- Finalmente sei arrivato… -
- Sono qui, tranquilla… -
- La mamma aveva ricominciato a bere di nascosto… -
Gabe annuisce, carezzando la schiena della sorella.
- Il dottore ha detto che se la concentrazione di alcol nel sangue fosse stata maggiore, sarebbe certamente morta… -
Mi allontano discretamente per lasciarli parlare, poggiando la schiena al muro.
Sono un po’ stanca e vorrei tanto poter fermare il tempo e sdraiarmi qualche minuto a riposare. Peccato non sia possibile, non solo perché sono molto preoccupata, ma anche perché ho ancora qualcosa da fare.
Apro gli occhi e nello stesso istante traggo un respiro profondo, giusto per darmi un po’ di coraggio. È arrivato il momento di chiarire anche con Giorgio e fargli le mie scuse. Forza Milena, puoi farcela! Peccato che da quando abbia messo piede qui, lui non abbia alzato gli occhi per guardarmi neanche un istante. Continua a starsene seduto sulla sua poltroncina, con le mani in mano, a fissare le mattonelle. Lo raggiungo lentamente e mi siedo proprio accanto a lui, restando in silenzio. Non ho idea di quanto tempo sia passato, quando all’improvviso avverto le sue dita accarezzarmi il palmo della mano con il suo solito modo di fare, dolce e delicato, quasi timoroso. Mi scappa un sorriso mentre gli stringo la mano e appoggio la testa sulla sua spalla. Giorgio sorride, tirandomi una piccola testata sulla fronte.
- Mi sei mancata - sussurra alla fine.
- Mi sei mancato anche tu… -
- Milly io… -
- Aspetta… Scusami per come mi sono comportata… Ero sconvolta e arrabbiata e me la sono presa con te… Quello che ho detto non lo penso sul serio -
Giorgio scuote la testa.
- Non è solo colpa tua Mil… Anche io devo assumermi le mie responsabilità. Non mi sono comportato per niente bene con te e sono stato poco presente… Scusami… -
Un suono improvviso di passi che si susseguono nel corridoio attira la nostra attenzione.
- Papà… - fa Giorgio, alzandosi in piedi. Il signor Francesco gli fa cenno di aspettare mentre si avvicina al padre di Ilaria.
 

 
{GABE}

Il dottore, un affascinante signore sulla quarantina, con occhi e capelli scuri si dirige a passo svelto verso di noi, reggendo una cartella.
- È il padre di Giorgio. Si sta occupando lui della mamma… - sussurra Ilaria, prima di trascinarmi letteralmente accanto all’uomo, intento a parlare con papà e… Hans.
- Abbiamo fatto tutto il possibile. Per adesso è fuori pericolo - ci rassicura l’uomo, posando una mano sulla spalla di papà. - In ogni caso, la situazione è molto grave e preferirei che la portaste per qualche tempo in un centro di disintossicazione di mia conoscenza… -
Papà annuisce pensieroso, mentre Ilaria si stringe forte al mio braccio, asciugandosi gli occhi umidi con il dorso della mano.
- Ma possiamo vederla? - chiede speranzosa.
- In effetti no, però penso si possa fare un’eccezione, per quanto limitata -
- Ovvero? -
- Posso far entrare una sola persona e solo per pochi minuti… -
- Tobias, credo sia meglio lasciar andare i ragazzi… - si intromette Hans, guardandoci.
- Si, hai ragione… Ok, andate voi -
E Ilaria sorride, lasciando la presa.
- Venite con me allora - dice l’uomo, mettendo un braccio attorno alle spalle di Ari. - Mi raccomando, solo pochi minuti ok? -
Ari annuisce, portandosi poi le mani al petto. Io li seguo a passo lento, stando dietro di loro. Attraversiamo tutto il corridoio ed entriamo in una piccola saletta.
- Ma è sveglia? - chiede ancora mia sorella.
- Probabilmente… -
- Che bello… Gabi, vieni? -
Scuoto la testa, facendo un passo indietro.
- Vai tu. Il dottore ha detto solo una persona… -
Ilaria aggrotta le sopracciglia, contrariata.
- Sei sicuro? -
Annuisco, cercando di sorridere.
- La vedrò insieme a papà. Tranquilla -
- Va bene… -
La osservo scomparire dietro la porta di vetro, in compagnia del dottore, mentre io resto dall’altro lato, troppo codardo per dirle che no, proprio non ho ancora il coraggio di guardare la mamma negli occhi. Torno indietro. Ci sono papà e Hans che parlottano tra loro. Distolgo lo sguardo imbarazzato appena si accorgono che li sto osservando.
- Gabriel… - chiama papà, facendomi cenno di avvicinarmi. Muovo un passo, poi un altro e un altro ancora. Mi avvicino piano, ma in realtà vorrei fuggire via.
- Mi scusi, penso che Gabe si senta poco bene. Le dispiace se lo accompagno un momento fuori a prendere un po’ d’aria? -
È Milly, il mio angelo.
- No no, andate pure… -
Non alzo nemmeno la testa. Usciamo fuori e l’aria fresca mi investe.
- Sei rosso come un pomodoro! - ridacchia Milly spintonandomi.
- Anche tu! - ribatto, ridacchiando.
- E lo credo! Tuo padre mi odia, lo sento… -
E io rido ancora di più perché ha messo su un’espressione talmente buffa che anche il più incazzato del mondo scoppierebbe a ridere nel vederla.
- Stupido… - borbotta, abbracciandomi. La stringo forte, la mia nanerottola, e lei si aggrappa a me.
- Non devi avere paura di parlarci. Io lo so che tu sei coraggioso… - sussurra al mio orecchio. Una lacrima mi riga una guancia. La sento scivolare sulla pelle.
- Non so cosa dire… -
- A volte non servono parole… -
- Sono diventato un piagnucolone… -
- Tranquillo, non lo dirò ad Alex… -
E ridiamo come due stupidi. Restiamo un altro po’ fuori, giusto il tempo di schiarirmi le idee, e poi sono pronto. Non so ancora cosa dirò a papà, però devo parlarci…
- Mi raccomando - fa Milly, mentre saliamo gli ultimi scalini. - Ricordati che le sottilette Kraft sono con te! -
E mentre sto per scoppiare a ridere per l’ennesima volta, lei apre la porta e mi spinge in avanti, richiudendola immediatamente.
- Gabriel… -
- Papà, possiamo parlare un momento? -
 


{GIORGIO}

- Certo che tu riesci sempre a sorprendermi… -
- Pef… chè? -
- Ti rendi conto di quanta roba stai mangiando? E poi non parlare con la bocca piena… -
- Scusa ma morivo di fame. Non mangiavo da due giorni… -
- Tu non sei Milly. Dove l’hai nascosta quella vera? - faccio sconvolto, osservando la mia migliore amica addentare il terzo panino.
- Ah ah… Spiritoso… Piuttosto, perché non mi apri la bottiglia dell’acqua. Non riesco a togliere il tappo -
Scuotendo la testa, le apro la bottiglina dell’acqua, porgendogliela, ma prima che Milly riesca a prenderla, Ilaria me la sfila di mano, buttando giù metà del contenuto.
- Ehi, strega! Quella era la mia! - si lamenta Milly pizzicandole un braccio.
- Zitta, ingorda! Diventerai un pallone se continui a rimpinzarti così. Poi mio fratello non ti vorrà più! -
- Ah ah ah… -
- Stop! Tregua! Mangiate in silenzio e non litigate! - dico, dal posto centrale. Sono le dieci di sera e siamo tutti e tre seduti sul divano di casa mia, intenti a mangiare i panini che ci ha appena preparato mamma. La madre di Ilaria sta decisamente meglio, anche se papà ha detto che deve restare in ospedale per degli esami. Appena ha visto Ilaria, le ha praticamente ordinato di andare a casa a riposarsi e a mangiare perché aveva una pessima cera. Lei ha fatto qualche storia, però alla fine si è convinta a venire via. Gabe è rimasto lì con il padre. Hanno fatto pace quei due, e Milly per poco non scoppiava a piangere. Per non parlare di Ilaria. Sono davvero sollevato che le cose si siano risolte per il verso giusto.
- Giorgio, ho preparato i letti. Io vado a dormire… Mi raccomando, non fate troppo tardi eh? -
- Ok, mamma… Tranquilla! -
Mamma ci saluta, scomparendo nel corridoio e io ritorno a guardare Milly e Ilaria, che stranamente sono diventate silenziose.
- Che c’è adesso? -
- Niente, è che sono stanca… - sussurra Ilaria, accoccolandosi al mio fianco. Le passo una mano tra i capelli, carezzandola.
- E tu invece? -
- Niente, osservavo Ilaria. È ingrassata parecchio nell’ultimo periodo, eh? -
Ilaria salta su, neanche fosse una molla.
- Ora te le suono sul serio! - la minaccia, saltandole addosso. Purtroppo anche io vengo coinvolto nella rissa, ritrovandomi seduto sul pavimento.
- Rimangiati immediatamente quello che hai detto! -
- Assolutamente no! E scendimi dallo stomaco, mi sta salendo su il panino! -
- Ti uccido! -
Sconsolato, mi passo una mano sul viso, non riuscendo poi a trattenere le risate. Ok, è ufficiale. Queste due non sono più le stesse di prima.
- Ah, l’amore… - sospiro, canzonatorio.
Mi arrivano in risposta due cuscinate sul viso, per poi essere stritolato dall’abbraccio di quelle due pazze. Cosa sarei senza di loro?
 


{GABE}

L’orologio al polso di papà segna l’una del mattino. Lui è sdraiato scompostamente su uno dei divanetti della sala d’attesa, con gli occhi chiusi. Credo si sia addormentato. Hans invece non so che fine abbia fatto.
Dopo aver fatto pace con papà, sono andato da lui e l’ho affrontato. Gli ho chiesto scusa per il pugno e tutto il resto. Lui mi ha sorriso, accarezzandomi e poi dicendo che non aveva importanza. Dopo si è allontanato e non è ancora rientrato. Sospiro, stringendo i pugni. Credo sia arrivato il momento di andare. Ormai ho rimandato anche troppo.
Cerco di fare il più piano possibile. Entro nella stanza e avvicino una sedia al letto. Sono talmente teso che il minimo rumore potrebbe farmi balzare all’improvviso. Mamma dorme. Le prendo una mano, abbandonata sulle lenzuola. Ha il viso di una bambina e i capelli ricci tutti sparsi sul cuscino.
- Mama? - chiamo piano. - Dormi? -
La mano della mamma si stringe attorno alle mie dita e quando alzo gli occhi, lei è sveglia e mi sorride.
- Gabi. Sei qui -
Annuisco, sorridendo.
- Io… Ci sono delle cose che volevo dirti… - comincio incerto. Con papà è bastato poco. Con la mamma è più difficile. Mi sento così tremendamente in colpa per come mi sono comportato. Sono stato uno sciocco e per di più immaturo.
- Anche io… Perdonami… -
- No, mamma. L’unico a dover chiedere scusa sono io. Mi sono comportato davvero male. Ho perso la testa, io… -
- Se è successo, è anche colpa mia… -
- Perché? Perché non me l’avete mai detto? -
La mamma scuote la testa, con gli occhi lucidi.
- E cosa avrei dovuto raccontare a mio figlio, che sua madre a sedici anni è scappata di casa per seguire un ventenne squattrinato? E che poi si è ritrovata incinta, senza un soldo e senza un posto dove andare? Cosa avresti pensato di me… -
- Io non lo so cosa avrei pensato, mamma. Veramente, non lo so… Però adesso lo so, e giuro che non ho nessuna intenzione di giudicarti. Solo, non nascondermi più niente… -
- Perdonami, amore… -
- Ti voglio bene mamma… -
La mamma mi abbraccia e scoppia a piangere. E piango anche io. E finalmente mi sento in pace, veramente in pace con me stesso e con il mondo.
 
 
 

 
 
 
 
  

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Capitolo 29
*** Der Abschied ***


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29.  Der Abschied
- Laß mein Aug den Abschied sagen, Den mein Mund nicht nehmen kann! -

 



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{GABE}

Sono le due e trentasette del quattro luglio. Fa caldo, caldissimo. La camicia bianca mi si è appiccicata alla schiena e i calzini che porto stanno risvegliando in me antichi istinti omicidi.
- Per me può bastare… - annuncia sorridente la prof Rossini. Nessuno la contraddice e tutti mi stringono la mano. Parisi me la stritola, facendomi l’occhiolino. Sono sicuro che si sta pentendo di averci dato il permesso di stare fuori tutto il pomeriggio.
- Ehm, Rasmussen? - esordisce all’improvviso la Maddaleni. - Ammetto che sei stato impeccabile durante il secondo quadrimestre. Tuttavia, il passato non si dimentica… -
Lo sapevo. Adesso sta stronza mi boccia lo so! Ha scoperto che le ho graffiato la fiancata con la moto e ora si vuole vendicare…
- Ed è per questo che non possiamo darle il massimo… Comunque vedremo che si può fare… -
Annuisco, più rilassato, infilando i libri nello zaino e mi avvio all’uscita, cercando di trattenere l’euforia.
- Un’ultima cosa… -
Immediatamente mi blocco sul posto. Lo sapevo. Mi giro e lo guardo. Il prof mi sorride per un attimo, poi sussurra qualcosa. Annuisco serio, salutando nuovamente e fiondandomi fuori, letteralmente. Una pioggia di spumante mi investe in pieno, seguita da risate, abbracci e canti.
- Campioni del mondo! - urla Mattia, strattonandomi per la camicia.
- Ce l’abbiamo fatta! - si unisce Dario, levandogli la bottiglia da mano.
- Bevi bevi, coglione! Dopo non ti riaccompagno a casa! - Andrea, la voce della saggezza. Dario gli si butta addosso, abbracciandolo.
- Andrè, sei sempre il solito… E fammi un sorriso na volta tanto! -
E comincia il litigio. Cane e gatto. Eppure inseparabili dalla nascita. Ridacchiamo mentre bisticciano.
- E abbiamo superato anche questa, eh? -
Alex. Mi passa una mano attorno al collo e mi tira una testata. Non fa male. I suoi occhi però si.
Scuoto la testa facendo segno di stare zitto. Lui annuisce, passandomi una nuova bottiglia.
- Ehi, non ve la scolate tutta! Ci siamo anche noi! -
E il cortile si riempie di urla e schiamazzi. Gente che piange e si abbraccia. Chi si bacia. Chi si tiene per mano. Chi brinda e scherza come noi. Amelia, Francesco, Luigi, Cristina, Sara, Giovanna…
Ci sono proprio tutti.
- Ragazzi, voglio un brindisi di gruppo! - urla all’improvviso Mattia, che non è mai stato così socievole in vita sua. Giusi tira fuori dalla borsa una stecca di bicchieri e comincia a distribuirli. Ad Alex tremano le mani, mentre li riempie e all’improvviso comincia a piangere come un coglione.
- Ale, non piangere! - cerca di consolarlo Amelia.
- Scusate ragazzi… - fa asciugandosi il viso. - È che sono così felice di non dover più venire qui tutte le mattine… -
E tutti scoppiano a ridere. Gli ultimi abbracci, i saluti. Un’ultima foto tutti insieme. L’ultima, sul serio. Perché il liceo è finito. Adesso c’è il mondo che ci aspetta, e quella è un’altra storia.  Guardo l’orologio. Sono in ritardo. Il mondo per adesso può aspettare. Ho qualcosa di più importante da fare.
- Miase! - urla Alex lanciandomi il suo casco -  Se mi sfondi la moto, ti spacco il culo! -
Sorrido.
- Alle sette e mezza, all’aeroporto! - urlo afferrando il casco e inserendo le chiavi.
- Pezzo di merda! -
- Si si, anche io ti adoro! -
E parto, spingendo un po’ di più il piede sull’acceleratore. Sono sudato da fare schifo e ho la camicia che puzza di spumante. Vorrei passare a casa a cambiarmi, ma non ho tempo. Chissà se lei è già arrivata. Sono sicuro di trovarla già pronta, ad aspettarmi fuori la strada. E infatti eccola davanti a me, con il suo prendisole turchese e la borsa più grande di lei. Mi corre incontro, abbracciandomi.
- Ce l’hai fatta! - dice, baciandomi a fior di labbra e adesso è tutto perfetto.
- Ovvio. Adesso andiamo però, prima che tuo padre attui la minaccia che mi ha fatto. -
Milly si sistema dietro di me, sorridendo.
- Papà non cambierà mai… -
 

Ci mettiamo mezz’ora per arrivare. La spiaggia è deserta, come sempre. Ci togliamo in fretta i vestiti e ci tuffiamo in acqua. Milly mi tiene stretta la mano. Lei ha paura dell’acqua, non sa nuotare. Restiamo vicino alla riva, giocando a schizzarci.
- Scommetto che non ce la fai a prendermi! - comincia all’improvviso, schizzandomi più forte.
- Vuoi vedere? -
- Pappamolle! Lumacone! -
Ci rincorriamo, lungo il bagnasciuga. La lascio scappare avanti per un po’, poi scatto e la afferro per i fianchi, buttandola in acqua. Peccato che dietro di lei, cada anche io come un perfetto idiota, ingoiando poi anche mezzo mare. Milly scoppia a ridere.
- Ah è così? - e mi abbasso a raccogliere un pugno di sabbia bagnata. Lei se ne accorge e subito cerca di correre via. Sono più veloce e le spalmo la sabbia in testa.
- Noooo! Uffa! - si impunta lei spintonandomi. - Sei un mostro -
- E tu sei la mia principessa! La mia fee - e le do un bacio sulle labbra, che sanno di sale. E lei ne approfitta per vendicarsi e anche io mi ritrovo con la testa piena di sabbia. Restiamo sulla spiaggia abbracciati, a guardare il sole che pian piano comincia la sua discesa in mare. Poi ci rivestiamo e andiamo a casa. Entriamo piano, senza fare rumore, anche se non c’è nessuno. Poggio le chiavi sul mobile all’ingresso e mi siedo a terra per sfilare le scarpe piene di sabbia. Poco più in là sono sistemate le miei due valigie. Milly le guarda con gli occhi lucidi.
- Guarda che poi torno… - le sussurro, abbracciandola da dietro.
- Lo so, è solo che… Non ce la faccio -
Milly si gira nell’abbraccio e mi ritrovo a fissare i suoi occhi pieni di lacrime.
- Non fare così… - la imploro, ormai a pezzi. Se si mette a piangere sono sicuro che lo farò anche io.
- Facciamo l’amore... - dice a voce bassissima, nascondendo il viso sul mio petto.
- Come? - chiedo sorpreso.
- Ti prego… -
Ed è facile sdraiarsi su un letto, vestito solo della tua pelle, con le mani che ti tremano e il cuore che sembra quasi un tamburo per quanto batte. Il difficile viene dopo, perché per quanto possa sussurrare parole dolci, o frasi di conforto, so già che le farò male e ho paura. Sembro un mezzo imbranato mentre le accarezzo i capelli e lei è così tremendamente perfetta e bella. La guardo negli occhi, insicuro. Forse è così che ci si sente quando si è innamorati, ma innamorati per davvero.
- Basta che tu lo dica e ci fermiamo… -
Milly annuisce. Sorride e mi carezza una guancia con dolcezza. Mi sistemo meglio ed è questione di secondi. Un sussulto e qualche lacrima. La bacio sulle guancie e sulla punta del naso.
- Non chiudere gli occhi… - la prego. E lei non lo fa. I nostri sguardi si incatenano, così come le mani. E i respiri. E non c’è sensazione più giusta di questa, la consapevolezza di aver trovato il pezzo che manca, l’altra metà. E mi sento completo, felice. Ma anche stupido ed emozionato, con qualcosa che si muove nello stomaco e quasi mi manca il respiro. E per un momento non penso più a niente. Le valigie, l’aereo, Berlino, passano in secondo piano, perché adesso ci siamo solo io e la mia fee. Solo noi e i nostri cuori che battono all’unisono. E va bene così.
- Non te ne andare - sussurra Milly prima di addormentarsi, stretta a me. La abbraccio un po’ più forte, respirando il profumo dei suoi capelli, della sua pelle. Voglio ricordare ogni singolo particolare di lei: la sua espressione beata, il modo in cui socchiude le labbra, le sue guance sempre arrossate, la forma delle sue sopracciglia, la curva del collo, ogni singola efelide... Poi la sveglia del cellulare suona. La stoppo immediatamente. Non voglio che si svegli. Mi alzo piano dal letto e raccatto un jeans e una maglia puliti da quelli che ho lasciato nell’armadio. Faccio la doccia con calma e mentre mi vesto, mi incanto ad osservare la sua schiena bianca. Trema leggermente, forse per il freddo. Mi siede accanto a lei, coprendola con le lenzuola e rubandogli un piccolo bacio, quello che non le diedi quella sera di diverso tempo fa.
Prima di andare via, le lascio un pacchetto sul cuscino e le scatto una foto col cellulare. Il telefono vibra e il numero di papà lampeggia sul display. Adesso è proprio ora di andare.



 
{ILARIA}

- Ma perché cavolo non risponde? - sbotto irritata, inoltrando per l’ennesima volta la chiamata. Non ci posso credere che non sia venuta a salutalo.
- Forse è meglio così, dai… -
- No Giorgio! Non è per niente meglio così! -
Sono furiosa. Tremendamente furiosa! Doveva essere all’aeroporto prima di noi e invece è addirittura In ritardo. Ci sono praticamente tutti: io, Giorgio, papà, addirittura la mamma, con tanto di permesso speciale del centro di disintossicazione. E poi Mattia, Francesco, Dario, Andrea, Rossella e Alex che sta piagnucolando come un ragazzino da ore… E lei non c’è… Se non viene a salutarlo, poi ci starà malissimo, lo so. Continuerà a rimuginarci sopra per mesi interi.
- Ari, vieni a salutare Gabe. Stanno per imbarcarsi… - mi avvisa papà.
- Arrivo… Un momento! - provo a ricomporre il numero per l’ennesima volta, sperando che a rispondermi non sia di nuovo la gracchiante voce della segreteria.



 
{MILLY}

Mi stropiccio gli occhi ancora mezza addormentata, mentre distendo le gambe e mi giro tra le lenzuola. Qualcosa mi scivola dietro la schiena. Si tratta di un pacchetto. Lo apro in pochi secondi e mi ritrovo in mano un piccolo libricino con la copertina rossa di velluto.

Johann Wolfgang Goethe
Poesie d’amore

 

Sfoglio qualche pagina. Più avanti c’è un segnalibro, o meglio una foto. Ci siamo io e Gabe seduti sugli scalini davanti scuola. La ricordo questa foto, la scattò Ari il giorno prima dell’inizio degli esami. Poi gli occhi mi cadono su alcune parole, sottolineate con un pennarello azzurro.

Der Abschied
Laß mein Aug den Abschied sagen,
Den mein Mund nicht nehmen kann!
Schwer, wie schwer ist er zu tragen!
Und ich bin doch sonst ein Mann.
 
Trauring wird in dieser Stunde
Selbst der Liebe süßtes Pfand
Kalt der Kuß von deinem Munde,
Matt der Druck von deiner Hand.
 
La poesia continua, ma le uniche due strofe sottolineate sono queste. Nella pagina accanto c’è anche la traduzione. Sorrido prima di leggerla.
- Gabe? Ho trovato il tuo regalo! - dico mettendo i piedi a terra e alzandomi in piedi. Non so perché, ma ho una strana sensazione. Non vorrei che… Mi basta leggere il titolo. Der Abschied. L’addio.
- Gabriel? - chiamo ancora, uscendo dalla stanza con il libro stretto tra le mani. Lo cerco dappertutto. Non c’è. Non ci posso credere. Scendo giù, all’ingresso. Le valigie non ci sono… Non ci posso credere. Non. Ci. Posso. Credere.
Rifaccio di corsa le scale, svuotando il contenuto della borsa sul letto. Afferro il cellulare. Sono le otto. Le otto cavolo! E ci sono 20 chiamate perse di Ilaria. Cavolo! Cavolo! Cavolo! Mi rivesto in tutta fretta, infilando alla ben e meglio la roba nella borsa, libro e carta da regalo compresi. Esco di casa e comincio a correre per strada, col cellulare premuto contro l’orecchio. L’addio, l’addio. Glielo faccio vedere io l’addio...
- Papà? Papà devi portarmi immediatamente all’aeroporto! Ti prego, fai presto… -


 
{GABE}

- Mi raccomando, chiamami quando arrivi! - ripete per l’ennesima volta la mamma, abbracciandomi.
- Mama, mi stai stritolando! - mi lamento, cercando di liberarmi. Papà e Hans scoppiano a ridere.
- Lidia, se continui così, lo strozzi! - scherza Hans, sistemandosi meglio lo zaino sulle spalle.
- E va bene… Scusate… -
- Hans, credo sia ora che andiate… - osserva papà controllando l’orologio. Hans annuisce, avvicinandosi per salutare. Probabilmente questa sarà l’ultima volta che si vedranno. Hans sta male di nuovo. I medici gli hanno detto che gli resta meno di un anno da vivere. È per questo che è venuto in Italia: voleva conoscermi e passare un po’ di tempo con me. E io ho detto si, perché in fondo lui è il mio vero padre e in questo ultimo mese siamo diventati anche amici. Passeremo l’estate insieme a Berlino, con la sua compagna. Poi tornerò a casa. Hans e la mamma si abbracciano stretti e lui le da un bacio sulla guancia. Papà anche lo abbraccia. La mamma mi ha raccontato che da giovani erano molto amici loro due, ed è stato proprio Hans a chiedere a papà di prendersi cura di me e la mamma al suo posto.
- Miase? - chiama Dario preoccupato.
- Scusate ragazzi… - dico, abbracciandoli uno ad uno.
- Torna tutto intero… - fa Andrea.
- Divertiti -
- Fatti sentire ogni tanto, eh! -
Mattia e Francesco.
- Spacca tutto! -
Il solito Dario.
- Ti aspettiamo… -
Rossella, dolce Rossella.
- Se non torni, giuro che vengo a prenderti per le orecchie e ti trascino a casa a calci nel culo! -
Alex. Alessandro. Il mio migliore amico. Mio fratello. Già mi manca. Lo abbraccio stretto e lui si mette a piagnucolarmi sulla spalla.
- Zero, oggi hai aperto le fontane… - lo punzecchio tirandogli un pugno in testa.
- Stronzo! - risponde, asciugandosi gli occhi. Poi c’è Giorgio, che mi da una pacca sulla spalla e mi augura buon viaggio. E alla fine, c’è lei, Ari, la mia sorellina. Stringo anche lei in un abbraccio.
- Gabi, non puoi aspettare un altro pò? Non so perché, ma Milena non è ancora arrivata. Sono sicura che sarà qui a momenti… -
Sorrido, mettendole una mano davanti alla bocca.
- Non ti preoccupare… - le sussurro poi, liberandola. - Sono stato io… -
- Ma… Ma perché? Non vuoi salutarla? -
Scuoto la testa.
- È meglio così, credimi… - 
Le bacio una guancia e prendo il mio bagaglio a mano. Adesso sono pronto. Ci avviamo verso la zona di imbarco, mentre la mamma e gli altri fanno il giro per salutarci un’ultima volta dalle vetrate.
- Tutt’ok? - chiede Hans in tedesco, osservandomi pensieroso.
- Si si… Sono solo un po’ stanco… -
Hans sorride.
- Dormirai in aereo… Comunque Katja ti fa gli auguri per la maturità e dice che non vede l’ora di conoscerti… -
Le scale mobili sono sempre più vicine. Per un attimo ci ripenso e prendo il cellulare. Ma è solo un attimo. Scuoto la testa e lo rimetto in tasca, ricacciando indietro i ripensamenti. Usciamo fuori, per prendere la navetta e arrivare all’aereo. Ari e Giorgio si sbracciano per salutarmi. La mamma alla fine s’è messa a piangere. Alzo entrambe le braccia e li saluto anch’io. E poi succede. È solo un momento. Probabilmente è un abbaglio, perché mi sembra di vedere anche Milly dall’altro lato della vetrata, però non è proprio possibile. Scuoto la testa e faccio per andare via, quando il cellulare comincia a vibrarmi nella tasca dei jeans. Rispondo senza neanche vedere il mittente.
- Pronto? -
- Sai cosa me ne faccio della tua bella poesia? -
Scoppio a ridere. Non ci posso credere.
- Non ridere! Sappi che al tuo ritorno te le suonerò di santa ragione, brutto stupido insensibile! -
- Alla fine sei venuta… - dico a voce bassissima, allontanandomi dalla fiumana di gente che mi passa accanto per imbarcarsi. Sta piangendo, lo sento dalla voce. - Sei vicino alle vetrate, vero? -
-Si, ma non ti voltare…  -
Scappa da piangere anche a me. E anche se ha detto di no, mi giro lo stesso e la vedo, in disparte, con una mano appoggiata al vetro e l’altra a sorreggere il telefono. Ci guardiamo e lei mi sorride, anche se ha le lacrime agli occhi.
- Mein Herz gehört nur dir - dico.
- Mein Herz gehört nur dir - ripete lei. Ed è la nostra promessa.
 
 
 
 
 
 
 
Ecco il testo intero della poesia con la traduzione (tratti da Poesie d’amore di Goethe):

Johann Wolfgang Goethe - Der Abschied / L'addio

Laß mein Aug den Abschied sagen,
Den mein Mund nicht nehmen kann!
Schwer, wie schwer ist er zu tragen!
Und ich bin doch sonst ein Mann.
 
Traurig wird in dieser Stunde
Selbst der Liebe süßtes Pfand
Kalt der Kuß von deinem Munde
Matt der Druck von deiner Hand.
 
Sonst ein leicht gestohlen Mäulchen,
O wie hat es mich entzückt!
So erfreuet uns ein Veilchen
Das man früh im März gepflückt.
 
Doch ich pflücke nie ein Kränzchen,
Keine Rose mehr für dich.
Frühling ist es, liebes Fränzchen,
Aber leider Herbst für mich!
 

 
Siano i miei occhi a dire l’addio
che la bocca non sa pronunciare.
Che pena, che pena da sopportare!
e dire che sono un uomo!
 
Triste diventa, in quest’ora
anche il pegno d’amore più dolce,
freddo il bacio della tua bocca,
fiacca la stretta di mano.
 
Un tempo come m’esaltava
un bacio strappato al volo!
Così ci rallegra una violetta
colta sul far di marzo.
 
Ma io non coglierò più ghirlande,
mai più una rosa per te.
E’ primavera, Fraenzchen,
e autunno, purtroppo, per me.
 

 
 
Mein Herz gehört nur dir: Il mio cuore è solo tuo.
 
 
 
Piccolo avviso!
* Penultimo capitolo *

Non so quando avrò tempo di scrivere l’ultimo. Chiedo scusa per la sparizione e per non aver risposto alle recensioni dei capitoli precedenti. Grazie ancora per la pazienza. Un bacio.
  

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Capitolo 30
*** Tu sei più importante ***


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30. Tu sei più importante
 

 




 




{MILLY}

 

Un fracasso infernale mi riempie le orecchie pochi secondi dopo il suono stridulo dell’ultima campanella. L’ultima veramente, perché alla fine è arrivato anche per noi il tanto fatidico “ultimo giorno del liceo”.
Peccato che non me ne importi poi più di tanto. Per me è solo un giorno come un altro, forse un po’ più chiassoso del solito, ma comunque un altro giorno senza di lui. Ormai è passato già un anno da quando ha deciso restare a studiare a Berlino, eppure continuo a non volermi rassegnare. Raccolgo le mie cose dal banco e le infilo in fretta nella borsa. Non ho voglia di trattenermi a scuola a chiacchierare o a scherzare con gente di cui non mi importa nulla. Voglio solo tornare a casa e seppellirmi sotto le lenzuola. Accanto a me, Giorgio armeggia freneticamente con il tappo della bottiglina e la punta di un compasso recuperato chissà dove.
- Ohi, Giorgio, ma ti muovi? - lo riprendono agitati gli altri. - La battaglia sarà già cominciata! -
- Eh, sembra così facile quando lo fate voi… Perché cavolo io non ci riesco! - e mentre impreca a mezza voce, la bottiglina gli sguscia dalle mani, rotolando in giro per l’aula. Osservare Giorgio rincorrerla come un dannato è una scena esilarante. Poi, all’improvviso un’elegante ballerina verde mare, ornata da un piccolo fiocchetto nero poco prima della punta, blocca la bottiglina e una mano impertinente afferra l’orecchio di Giorgio, costringendolo a venire su.
- Che stai facendo? -
- Ahi… - si lamenta Giorgio mettendo su un adorabile broncio.
- Ma quando crescerete, eh? -
- E dai Il, non mettertici pure tu… - si intromette Sergio, raggiungendo i due fidanzatini - che già il tuo ragazzo è un totale imbranato in queste cose, poi… -
L’espressione da Medusa di Ilaria stronca immediatamente ogni critica che Sergio aveva intenzione di muoverle. Mollando l’orecchio del povero Giorgio, Ilaria si affretta a recuperare la punta del compasso e con un unico colpo, buca il tappo sotto gli occhi sbigottiti dei due. Poi, tutta sorridente, porge la bottiglina a Giorgio, schioccandogli un piccolo bacio a fior di labbra.
- Ecco qui, tesorino. Su, adesso andate a fare i vostri giochi da bambinoni troppo cresciuti da un’altra parte, che io e Milky abbiamo un paio di cose molto importanti di cui discutere… - dice fissandomi con il sorriso più inquietante che le abbia mai visto fare. - Ah, un’ultima cosa! Se provate a schizzarmi anche solo la punta delle scarpe, giuro che ve la farò pagare amaramente! Sono stata chiara? -
I ragazzi annuiscono spaventati. Tutti conoscono Ilaria e sanno che è perfettamente capace di mettere in pratica qualsiasi minaccia.
- Perfetto! -
Detto ciò, la classe si svuota in un nanosecondo e restiamo solo noi due. Con uno sbuffo rassegnato rimetto la borsa sul banco e mi risiedo, incrociando le braccia al petto. So perfettamente quali sono le “cose molto importanti di cui discutere” e non ne ho per niente voglia. Nell’ultima settimana ne abbiamo parlato qualcosa come una quarantina di volte ma nulla, lei non vuole arrendersi.
- Il, quante volte ancora dobbiamo riprendere questo discorso? Ho già detto che non ho intenzione di partecipare. Non è cambiato niente rispetto a due ore fa, a ieri, l’altro ieri o il giorno prima ancora… -
- Oh andiamo Mil, non puoi piantarmi in asso così! -
- Ma non ti sto mica piantando in asso! -
- E invece si! -
- Ma se c’è Giorgio! -
- Con tutto il rispetto Mil, ma ti pare che Giorgio possa farsi arricciare i capelli, mettere lo smalto o farsi truccare da me? -
Una sfilza di immagini buffissime di Giorgio vestito da ragazza mi fanno scoppiare a ridere divertita. No, per quanto il mio migliore amico sia diventato uno dei ragazzi più belli dell’istituto, proprio non ce lo vedo agghindato come una bambola mentre Ilaria gli lima le unghie.
- Guarda, io proprio non riesco a capire per quale motivo ti ostini a non voler venire! -
- Lo sai il motivo, Il… -
Ilaria sbuffa.
- Pensi che non manchi anche a me? Cavolo Mil, mi manca da impazzire, ma non passo certo tutto il tempo a deprimermi e a stare male come fai… -
Le parole le si bloccano in gola appena realizza quello che stava per dire. Un sorriso amaro si impossessa delle mie labbra. Avanti Il, perché non la continui questa frase? Perché non me lo dici in faccia quello che pensi? E invece no, Ilaria non continua. I suoi occhi mi fissano, tristi e preoccupati.
- Come faccio io? - concludo per lei.
- Non volevo dire questo… Io… -
Incapace di reggere oltre  il suo sguardo e sapendo perfettamente che ha ragione da vendere, abbasso la testa, sentendomi tremendamente in colpa. Nemmeno mi ricordo la nostra ultima uscita. Forse Natale, o carnevale… Non so.
- Perché non mi accontenti? Infondo è la nostra ultima occasione. È l’ultimo anno questo e tra poco più di due settimane abbiamo gli esami... Lui non vorrebbe che tu facessi così! -
Come se non lo sapessi. Me lo ha ripetuto all’infinito anche lui, ma io non ci riesco. Che senso ha uscire a divertirsi se lui non è con me?
- Mi manca… - sussurro sentendo le lacrime ormai prossime. - Mi manca terribilmente. Non riesco a fare più nulla. Voglio solo che torni… -
Ilaria mi abbraccia forte e mi lascia una scia di baci tra i capelli.
- Tornerà Mil. Dobbiamo solo avere pazienza… -
Annuisco, lasciandomi coccolare dalla mia migliore amica. All’improvviso la porta si spalanca e un Giorgio bagnato fradicio si precipita all’interno. Non gli ci vuole molto per capire che la situazione non è delle migliori, lo intuisco dalla sua espressione contrariata. Ilaria arriccia le labbra indispettita.
- Giorgio! - urla - Ti sembra questo il modo? Hai la delicatezza di un elefante nelle porcellane! -
Giorgio sbuffa divertito, avvicinandosi.
- Ilaria, mio sole e mia luna, sai che ti amo incondizionatamente, ma se non la pianti di riprendermi per ogni cosa che faccio, giuro che ti tiro il collo! -
- Non oseresti… - sussurra lei, stizzita.
Giorgio sorride.
- Si, è vero. Ma niente mi impedisce di fare questo! - e afferratala per un braccio, se la stringe addosso, facendola aderire completamente al suo petto bagnato.
- Ooooh, Giorgiooooo! - piagnucola lei cercando di staccarsi - Sei zuppo fin nelle mutande… -
- Ovvio! - ridacchia. Faccio per alzarmi e lasciarli soli, quando la sua mano si avvolge delicata attorno al mio polso. - Dove pensi di andare tu, eh? Guarda che ce n’è anche per te! - ammicca, stritolando pure me nell’abbraccio con un movimento improvviso. - Ah, le mie ragazze! - fa poi baciando entrambe sulla fronte. - Cosa sareste senza di me? -
- Beh, sicuramente più asciutte! - ridacchia Ilaria facendo ridere anche me. Forse, dopotutto, non è una cattiva idea accontentarla. Quando sono insieme a loro due, riesco a non pensare a lui per un po’.
- Ilaria? - chiamo timidamente.
- Mh? -
- È ancora valido il tuo invito? -
L’espressione che mi regala è quella di un bambino davanti ai regali, il giorno di Natale.

 

 

{GABE}

 

Il cielo è ancora coperto di nuvole. Mi siedo sul davanzale della finestra, respirando a pieni polmoni l’odore dell’asfalto bagnato, della terra umida e del pane appena sfornato. Mi stiracchio un po’, beandomi del lieve venticello che mi scompiglia i capelli.
- Ehi, ma sei pazzo? - sento squittire alle mie spalle. Mi giro sorridendo, preparandomi ad essere fulminato da un paio di occhi neri come il carbone che mi fissano seccati.
- Stavo prendendo un po’ d’aria - mi giustifico sorridendo mentre Dena mi tira poco gentilmente via dal davanzale.
- Tu non sei normale! -  mi rimprovera seccata, a braccia conserte, mentre arriccia le labbra con la sua solita espressione contrariata e sarei pronto a giurare di essere stato rimproverato da una bambina, se non sapessi che ha appena compiuto ventitre anni.
- Sempre a fare casino voi due? -
Mezzo assonnato, Ben fa capolino dalla porta, stropicciandosi gli occhi.
- Buongiorno! - lo accogliamo in coro noi due, sistemandoci a tavola. Dena versa il caffè nella mia tazza, addentando contemporaneamente una brioche appena sfornata, sporcandosi di zucchero mani e viso.
- Dena, potresti mangiare come una qualunque persona normale? - sbotta Ben cadendo pesantemente al suo solito posto.
- Uffa, ma io ho fame! Non mi seccare… -
Scuoto la testa aggiungendo un paio di cucchiaini di zucchero alla brodaglia scura nella mia tazza, che so già non berrò nemmeno questa mattina, perché quello di Dena è un caffè che ti tiene sveglio quattro notti di fila! Mentre giro stancamente il cucchiaio, i miei occhi vagano annoiati per la stanza, fino a posarsi inavvertitamente sul calendario appeso al frigo - o meglio, sull’unico ed enorme cerchio rosso che spiccava sulla pagina bianca - e non riesco a trattenere uno sbuffo. Teoricamente, dovrebbe essere il giorno di uno degli esami più importanti, ma non sono sicuro che sia quello il motivo per cui abbia evidenziato proprio quel giorno, subito dopo la chiamata di mia sorella.
- Perché non prenoti i biglietti? -
- Come? - chiedo, fissando immediatamente la mia attenzione sulla ragazza bionda al mio fianco.
- Hai capito perfettamente quello che ho detto! -
Il suo sguardo carico di aspettative e la risata divertita di Ben cominciano a farmi sentire un po’ a disagio.
- Ci sono gli esami. Non posso mica mollare tutto così, di punto in bianco, e tornarmene a casa! - dico, con tono forse troppo amareggiato.
- Volere è potere! - sussurra Ben, fissandomi.
- Sarebbe solo per qualche giorno. Se parli con il professore, sono sicura che te lo farà recuperare. Infondo, sei o non sei il suo pupillo? - mi punzecchia spietatamente la bionda. Con uno scatto più violento di quello che volevo, mi alzo in piedi.
- Ho detto che non posso! -
- Non puoi o non vuoi? - insiste tenacemente la mia coinquilina.
- Adesso mi hai proprio seccato! - sbotto imbufalito - Io non andrò proprio da nessuna parte! E adesso scusatemi ma ho da studiare! - e detto fatto, mi affretto a chiudermi nella mia stanza, non prima di sentire Denna urlarmi dietro che sono un coniglio. Beh, può urlarmi dietro tutte le offese di questo mondo, ma non cambierò idea. Io… Io non ci andrò! Non posso.

 

 

{MILLY}

 

Fisso lo specchio mentre controllo per l’ennesima volta che tutto sia in ordine. Il vestito, nero, lungo fin sopra il ginocchio e decorato con stampe a fiori, sembra starmi a pennello. I capelli, arricciati alla perfezione da Ilaria, sono tenuti in ordine da diversi fermacapelli, anch’essi a forma di fiore .
- Ancora lì a fissarti? Guarda che stai benissimo! -
Dal corridoio fa capolino Sara, tutta sorridente.
- Dici sul serio? Non sarà troppo... -
- Naaa… Sei perfetta! Temo che tuo padre ripartirà con i suoi soliti attacchi di gelosia -
E infatti, nemmeno pochi minuti dopo, ecco che papà comincia a borbottare come una teiera, a braccia conserte, mentre Davide e Poppy se la ridono dal divano.
- Mi raccomando tesoro, divertiti e… -
- E niente! Divertiti e basta! - lo interrompe Sara, accompagnandomi alla porta, mentre si carezza stancamente l’ormai più che evidente pancione. Le stampo un bacio sulla guancia ed mi avvio per le scale. In cortile, Giorgio e Ilaria mi aspettano impazienti.
- Wow - dice Giorgio, aprendomi la portiera della macchina.
- Bella vero? - gli fa eco Il, voltandosi indietro dal sedile anteriore.
- Tutto merito di Il - mi affretto a dire, prima di arrossire completamente.
- Naaa... Tutto merito della materia prima. Comunque, sarà meglio andare. Siamo già in tremendo ritardo! -

 
La palestra è tutta addobbata e piena di gente. Prendiamo posto ad uno dei pochi tavoli rimasti liberi.
- Giò, ho fame! Andiamo a prendere da mangiare prima che quegli scimmioni si spazzolino tutto! - fa Il, afferrando la manica della camicia di Giorgio. Lui scuote la testa, rassegnato.
- Ok! Però tu vieni con me! - ribatte prontamente, tirandosela dietro. - Non posso mica portare tre piatti da solo… - si giustifica facendomi l’occhiolino. Io sorrido di rimando, sistemandomi meglio sulla sedia. Effettivamente anche io avverto un leggero senso di fame, forse perché non mangio da stamattina a colazione. Sospiro, aprendo la piccola pochette e controllando per l’ennesima volta lo schermo del cellulare. Ho mandato un sms a Gabe per dirgli che sarei andata alla festa di fine anno con Giorgio e Ilaria, ma lui non mi ha ancora risposto. Forse sarà uscito a divertirsi un po’, oggi aveva un esame importante e poi, infondo, è pur sempre sabato sera… Con uno sbuffo, butto il cellulare nella piccola borsetta e mi metto a guardare un po’ in giro. Molte coppiette sono già in pista a ballare, altre si scambiano effusioni un po’ più in disparte. Con la coda dell’occhio, noto Faby e Luca avviarsi mano nella mano verso il loro tavolo. Luca mi sorride, mentre Faby fa un cenno col capo. Ricambio il saluto e torno a vagare con lo sguardo per l’ambiente. Nemmeno qualche minuto dopo, arrivano Giorgio e Il con i piatti pieni di roba e tre bicchieri di coca-cola.
- Pancia mia, fatti capanna! - scoppia Ilaria, infilzando un rustico con la forchetta e infilandoselo tutto in bocca.
- Il, tesoro, mi raccomando: il piatto si butta, ok? - la sfotte Giorgio.
- Lo so, lo so… Tu piuttosto, sbrigati a mangiare altrimenti divoro anche la tua porzione! E tu, Milky… - fa poi, indicandomi il mio piatto con la forchetta - Abbiamo preso tutte le cose che ti piacciono di più, quindi vedi di mangiare per una buona volta che mi ti stai deperendo di brutto! -
- Agli ordini! - esclamo, addentando un invitante tramezzino pieno di maionese.
- Ecco, così già va meglio! - sorride Il, per poi tornare al suo piatto.
La festa prosegue e la musica diventa più alta. Giorgio e Ilaria ogni tanto mi lanciano piccole occhiatine, come se volessero dirmi qualcosa.
- Gardate che se volete, potete anche andare eh? - gli dico, sorridente.
- Sicura Mil? - domanda Giorgio tentennante.
- Mi sembra che questa sia una festa… Ad una festa si balla no? Andate, prima che vi trascini io in mezzo alla pista a suon di calci! -
- Grazie Mil! - fa Ilaria, baciandomi una guancia. - Solo uno e poi torniamo! -
- Muovetevi!!!! -
Raggiante, la vedo intrecciare le dita con quelle di Giorgio ma prima che possano avviarsi, il lampeggiare improvviso del display del suo cellulare la fa sbuffare seccata.
- E adesso chi è che rompe? - borbotta, afferrando il cellulare con stizza. Pochi secondi e sul suo viso si dipinge un’espressione a dir poco indecifrabile.
- Chi è? - le chiede Giò curioso.
- Oh, nessuno! - si affretta a dire lei, ridacchiando.
- Mh? -
- Niente… - taglia corto lei risedendosi.
- E adesso perché ti sei seduta? Non volevi andare a ballare? - fa Giorgio sconvolto.
- Ho cambiato idea. Ho male ai piedi… -
- E ci credo che ti fanno male i piedi. Hai messo certi trampoli. Se cadi da quei cosi rischi di romperti l’osso del collo! -
- Oh, esagerato! Però… - continua la mia amica fissandomi in modo strano…
- Però? - la invito a continuare, leggermente preoccupata.
- Ho portato delle scarpe di riserva, nel caso queste mi avessero fatto male… -
- Oh, andiamo Il… Basta toglierle ed ecco fatto! - sbuffa Giorgio, piegandosi sui talloni per sfilarle i tacchi.
- Non se ne parla proprio! Io senza scarpe non mi muovo! - ribatte lei prontamente, fulminando il suo fidanzato con lo sguardo. - Milly, senti, saresti così gentile da andare a prendermele? Giorgio, dalle le chiavi! -
- Non è meglio se vado direttamente io? - si intromette lui, sfilandosi le chiavi dalla tasca dei pantaloni.
- Preferisco vada Milky. Così ne approfitta anche per prendere una boccata d’aria… -
- Che poi, ora che ci penso, manco ti ho visto che avevi portato un paio di scarpe in più… -
- Se non la pianti, ti picchio! - lo minaccia Ilaria.
Con sguardo perplesso, mi soffermo a guardare entrambi, prima di alzarmi in piedi e afferrare le chiavi.
- Dove le hai messe di preciso? - chiedo sistemandomi le pieghe del vestito. Lei si illumina, sorridendomi.
- Nel cofano. Grazie Milky, ti adoro! -
- Idem… - ribatto avviandomi all’uscita.
- Ti accompagno! - insiste Giorgio, ma Ilaria lo afferra saldamente per un polso e lo costringe a sedersi al suo fianco.
- Resta qui ho detto! -
Li lascio a battibeccare come due vecchi sposini ed esco all’aria aperta, rabbrividendo leggermente per il cambio d’aria. Il parcheggio è pieno di macchine. Qualche ragazzo è seduto in disparte a fumare o a scambiare qualche battuta con un amico. Stando ben attenta a non cadere e fare una pessima figura - o peggio ancora farmi male - mi avvio con calma alla macchina, guardandomi intorno  di tanto in tanto. Non so perché, ma mi sento stranamente osservata e un leggero senso di inquietudine mi stringe lo stomaco. Mi avvicino al cofano, aprendolo, e sporgendomi verso l’interno, alla ricerca delle scarpe di Ilaria. Niente! Qui non c’è niente! Ma dove cavolo le ha messe? Sposto anche alcune buste di carta, accuratamente piegate, ma nulla. Maledizione ad Il e alle sue scarpe. Ancora sporta in avanti, percepisco un piccolo movimento alle mie spalle e un respiro caldo sfiorarmi il collo. Oh mio Dio!Oh mio Dio! Lo sapevo, lo sapevo! Sto per morire. Stringo gli occhi appena avverto delle mani sconosciute sfiorarmi la pelle, e affondo con tutta la forza che ho il tacco sul piede del ragazzo alle mie spalle. Appena sento un urlo strozzato, mi appresto a tirargli anche una gomitata in pieno stomaco, cercando di sgusciare via. Ho il cuore che batte a mille e un livello assurdamente alto di adrenalina in circolo. Provo a fare il giro della macchina, cercando di scappare il più lontano possibile ma il mio aggressore a quanto pare non vuole cedere e prende a rincorrermi, gridando non so bene cosa, e senza rendermene conto, mi ritrovo bloccata contro la portiera.
- T-ti prego non farmi del male… - lo imploro stringendo gli occhi e cercando di non piangere.
- Scheisse, Milena! Me le hai date di santa ragione, come mi avevi promesso. Mi hai praticamente azzoppato! -
Quella voce. Quella voce. La sua voce! Spalanco immediatamente gli occhi, specchiandomi in quei pozzi grigi tendenti all’azzurro, come il mare in tempesta. Potrei riconoscerli ovunque.
- G-Gabriel? - chiedo insicura.  Non riesco a crederci che sia proprio qui, davanti a me. Lui mi sorride, annuendo e le mie braccia si muovono da sole. Le mani afferrano con forza la sottile stoffa sulla sua schiena, stringendola come se fosse il mio unico appiglio, come se mi trovassi in un sogno.
- Ehi, fee… Sono qui, sono io… - sussurra lui, prendendomi il viso tra le mani e asciugando col pollice una lacrima sfuggita alle ciglia.
- Non posso crederci… Sei qui! -
- Scusa se non sono mai venuto a trovarti, ma avevo paura che se lo avessi fatto, poi non avrei più avuto la forza di tornare a Berlino per continuare gli studi… -
- E gli esami di oggi? -
- La mia coinquilina mi ha convinto a fare una cazzata, così ho parlato con il professore e lo recupererò a settembre. Tu sei più importante… -
- Stupido! - lo rimprovero stampandogli un leggero bacio sulle labbra. - Sei proprio uno stupido! - e poi un altro e un altro ancora. Lui sorride e mi stringe forte al suo petto. - Ti odio… -
- Eh, penso che questo potrebbe essere un enorme problema, perché vedi, io ti amo.. - fa, sistemandomi una ciocca ribelle dietro l’orecchio. Le sue labbra si posano gentili sulle mie, mentre mi si blocca il respiro. Chiudo gli occhi. Gabe sa di buono, di casa, di cose perse e poi ritrovate. Il suo profumo di buono mi è mancato tantissimo, così come quella sensazione di calore che mi invade il petto appena lui mi sfiora anche solo con un dito.
- Ti amo… Ti amo anche io… - gli dico tra un bacio e l’altro, affondando le dita tra i suoi morbidi capelli, sperando che questo momento duri per sempre.

 






 Un ringraziamento speciale a oOclorophillaOo per aver corretto le frasi in tedesco! Grazie mille! :)

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Capitolo 31
*** Epilogo ~ 10 anni dopo ***


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Epilogo

 

 

10 anni dopo

 

Il sole filtra dalle imposte socchiuse, illuminando la stanza e riscaldandomi il viso. È una sensazione davvero piacevole e voglio godermela ancora per un po’, prima di aprire gli occhi e dare così il via ad un’altra intensissima giornata. Un movimento brusco al mio fianco fa scivolare le lenzuola via dal mio corpo, lasciandomi scoperta per metà. Curiosa, apro gli occhi e sorrido, ritrovandomi a fissare una spruzzata di lentiggini, accompagnata da un adorabile nasino e due bellissimi occhi color caramello ancora sonnacchiosi.
- Buongiorno… - sussurro, allungando una mano ad accarezzare le dita strette attorno alla stoffa bianca delle coperte. - Cosa fai? -
- Volevo scendere dal letto ma è troppo alto… - è la risposta che ricevo in cambio, anch’essa non più di un sussurro.
- Ah. E come mai parliamo a bassa voce? -
- Perché non sappiamo se Biscotto dorme ancora… -
- Mh-mh… Penso sia sveglia… -
- E come lo sai? -
Sorrido afferrando il piccolo birbantello per le ascelle e tirandomelo contro.
- Senti! - dico, facendogli poggiare una mano aperta sull’enorme pancione. Lui mi lancia un’occhiata insicura, prima di aggrottare le sopracciglia in un’espressione concentrata ma piuttosto buffa.
- Mamma, io qui non sento propr… Oh! Si è mossa! Mamma, mamma! Biscotto si è mossa, si è mossa! - urla contento, gettandomi le braccia al collo.
- Ehi, moccioso! Molla subito l’osso! - si intromette una terza voce, attirando la nostra attenzione. Alzo lo sguardo e incontro il viso sorridente di mio marito, fermo all’entrata della camera, con un enorme vassoio in mano.
- Aaaah! Aiutoooo!Un mostro! Mamma salvami! - ridacchia il mio ometto, stringendo la presa.
- Ah, si? È questo quello che mi merito? Tradimento! Tradimento! - e, dopo aver poggiato il vassoio sul comodino, si getta anche lui sul letto, afferrando i piedini del mio monellaccio e cominciando a fargli il solletico.
- Mammaaaaaaa! Aiutamiiiii! - implora quel piccolo terremoto, cercando di sottrarsi alla terribile tortura, che non sembra voler terminare.
- Non si chiede aiuto alla mamma. Implora pietà e avrai salva la vita! -
- Pietà, pietà! Bastaaaa! -
E a quel punto sono io a cominciare la tortura, afferrando quel bambinone per le spalle e cominciando a solleticargli i fianchi.
- Aiutoooo! Ammutinamento! Il capitano è stato attaccato! -
- Vai mamma! Forza! Sconfiggi il papà e rubiamo tutti i suoi biscotti al cioccolato! -
- No! I biscotti no! Mi arrendo! -
- Così in fretta? - lo punzecchio, liberandolo e sistemandomi meglio contro la testiera del letto.
- Sai che non sopporto le torture. E poi la cioccolata si fredda e a Biscotto non piace la cioccolata fredda! - si giustifica poggiando un bacio sul mio bel pancione.
- Adesso che abbiamo finito con le smancerie, possiamo mangiare i biscotti? - chiede esasperato il mio terremoto, infilandosi tra me e il padre. Gabe lo fissa aggrottando le sopracciglia.
- Si però, prima… Un bacio al papà! - annuncia, prima di poggiare le labbra sulle mie con un sorriso.
- Bleah! Io odio i baci! - afferma il mio tesoro, infilandosi un enorme biscotto in bocca.
- Questo perché tu sei ancora un moccioso! - lo pungola Gabriel, sistemando il vassoio sulle mie gambe e porgendogli la sua tazza.
- Io non sono piccolo! - ribatte lui serio, anche se con il viso mezzo impiastricciato di cioccolata è così adorabile. - Mamma? Un bacio a Michael, presto! - ordina, sporgendosi verso di me con le labbra arricciate per prendersi il suo bacio.
- Subito! - dico, accontentandolo e sporcandomi anch'io di cioccolato. A quella visione, Gabe sbuffa, offeso.
- Questo è un complotto. Nessuno mi vuole bene! - si lamenta mangiucchiando un nuovo biscotto. Michael lo fissa indeciso, prima di porgermi la sua tazza e rotolare giù dal letto. - Ehi, dove vai adesso? -
Michael si ferma sulla soglia della porta, osservando suo padre con un enorme sorriso.
- A riempire la vasca. Ti sei sbrodolato tutto con la cioccolata! - ridacchia, scappando via.
- Non mi sono sbrodolato! - urla Gabriel di rimando. - Non mi sono sbrodolato, vero? - chiede poi, rivolgendosi a me. Sorrido, accarezzandogli una guancia sporca e baciandogli la punta del naso.
- Oh, andiamo! - sbuffa lui, incrociando le braccia e assumendo quel cipiglio offeso che aveva cominciato ad usare anche nostro figlio.
- Non so se te l’ho mai detto, ma sei così virile quando ti sbrodoli tutto! -
- Ah-ah… Si, lo so che sono irresistibile! - ribatte, abbracciandomi e posandomi un bacio tra i capelli.
- Papààààààà! Vieni a ripulirti o niente cioccolato per un mese! - minaccia la voce di Michael dal corridoio.
Gabriel sospira, lasciandomi a malincuore.
- Che tiranno quel ragazzino. Tutto sua madre… -
- Ah-ah… Tu spera che la tua adorata principessa non prenda da nessuno dei due! O devo forse ricordarti come ci siamo conosciuti io e te? -
A quelle parole Gabe fa un’espressione buffissima, per poi precipitarsi a rotta di collo nel corridoio.
- Michael, tesoro! Dove li hai posati i guantoni da boxe di papà? Ci sono un paio di cosette che devo insegnarti prima che nasca la tua sorellina! -
- Evviva! Mamma hai sentito? Papi mi insegna i suoi trucchi fortissimi! - grida Michael entusiasta.
- Perfetto - sussurro, alzandomi dal letto - mi toccherà fare scorta di cerotti e disinfettante. -
- Mammaaaaaa! Papà mi schizza tuttoooo! -
- Mil, porta delle asciugamani. Il mostriciattolo ha allagato il bagno! -
- Un attimo! Non combinate altri disastri! -
Mi avvicino all’armadio per recuperare delle asciugamani pulite e nel mentre, lo specchio cattura il mio riflesso. Mi soffermo qualche minuto ad osservare la stoffa tesa del pigiama, carezzandola amorevolmente.
- Mammaaaaa! -
- Fee!!!! Il mostro qui mi sta uccidendo! -  
- Se trovo il corridoio allagato, ti metto in castigo! - minaccio, recuperando in fretta due teli.
- Hai sentito Michael? Sei nei guai! -
- Papà, guarda che la mamma stava parlando con te! -
Spero avrai tanta pazienza amore della mamma, perché ti toccherà aiutarmi con quei due monellacci che si spacciano per tuo padre e tuo fratello.

 

 




Lo so, avevo detto che la storia era finita e che non ci sarebbe stato un epilogo e invece…
Devo dire che mi erano mancati davvero tanto Mil&Gabe. Ora purtroppo è davvero finita.
Volevo ringraziare tutte le persone che hanno letto, recensito, seguito, ricordato o preferito.
Grazie di cuore. Questo è anche un regalo per voi e spero vi piaccia.
Ps. Michael si legge con la pronuncia tedesca, come Michael Schumacher.
Ps. Ringrazio Holkay Efp per il banner!
Baci

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