Caribbean's Alchemists - La maledizione dell'Acqua Rossa

di Ezzy O
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: La nave tra la nebbia ***
Capitolo 2: *** Otto anni dopo... ***
Capitolo 3: *** L'alchimista ***
Capitolo 4: *** Uno spiacevole incontro ***
Capitolo 5: *** L'assalto! ***
Capitolo 6: *** Patto col Diavolo ***



Capitolo 1
*** Prologo: La nave tra la nebbia ***


Caribbean's Alchemists
Caribbean’s Alchemists
La maledizione dell’Acqua Rossa



Eccomi di nuovo su EFP dopo mesi di blocco totale, stavolta con l'adattamento a Fullmetal Alchemist di Pirati dei Caraibi!
La trama non cambia molto da quella del film, ovviamente, per fare in modo che tutti avessero un po' di spazio, ho dovuto aggiungere un paio di personaggi, ma di questo se ne parlerà in seguito! :)  Non mi resta che augurarvi buona lettura, spero di non aver sforciato nell'OCC, ma sta a voi giudicare il mio lavoro! ^^

Ezzy O


Prologo: La nave tra la nebbia.

Fin dai tempi delle prime colonie oltremare, una parola serpeggia fra le ciurme che si spingono arditamente su quelle coste sconosciute: alchimisti. Le storie raccontano di questi uomini, figli del diavolo dicono alcuni, cacciati sulla terra per aver offeso gli dei con la loro arte che gli permette di modificare la materia; una razza macchiata di superbia, per dominare il cielo, la terra, gli abissi.
Sarà per questo che ho così paura?
Mi chiamo Winry Rockbell, e prima che i miei genitori morissero per l’epidemia di tre anni fa, ero felice; adesso, sul ponte di questa nave che dovrebbe portarmi verso un nuovo capitolo della mia vita, non sento altro che un vuoto allo stomaco; paura, ma forse, in fondo, curiosità: sono cresciuta con le leggende sugli alchimisti, e ora voglio scoprire le verità nascoste tra quelle parole…

Winry alzò per un attimo gli occhi dal suo diario, che aggiornava regolarmente, come le aveva suggerito suo zio, e le iridi turchine incontrarono un muro di foschia bianca che si alzava lentamente dal mare, danzando in mille volute e arabeschi che coloravano le onde di un cupo grigio cenere.

… Ma prima di farlo, dovremo superare l’ennesimo banco di nebbia.

Appuntò, con un filo di amarezza. Chiuse il quaderno, e restò lì, sulla prua della nave, a guardare sconsolata le nuvole basse, che le nascondevano il mare; le ci sarebbe voluto un po’ prima di abituarsi al clima di quei luoghi: aveva sempre detestato l’umidità, anche quel poco che c’era ad Amestris, e ora, per uno strano scherzo del destino, stava per stabilirsi nel luogo più umido al mondo, le isole del Caribbean.
Sospirò, mentre una brezza leggera le sfiorava i capelli e faceva dondolare le sartie del vascello; una vecchia canzone le sfuggì dalle labbra, sentita in un lontano passato, sulle labbra della sua balia.
- Yo ho, yo ho, das Schwert, den Körper, das Meer!
Wahre Freunde der Alchemisten, die das Abenteuer lieben.
Wir sind Alchimisten, und wir mögen es,
weil das Leben für uns gemacht ist!
Ipnotizzata dal suo stesso canto, si accorse solo all’ultimo della mano che le si posava sulla spalla.
Sobbalzò, spaventata.
Si volse verso il marinaio che si era accostato: un uomo sui trentacinque, di solito taciturno e scontroso, ma in quel momento un velo di superstizioso timore si era impadronito degli occhi cremisi.
-Zitta piccola.- le intimò –Siamo ormai nelle acque degli alchimisti, non starete cercando di tirarceli addosso?
-Basta così, grazie signor Scar!- anche il giovane tenente del vascello, era apparso a prua, accompagnato, pochi passi addietro, dallo zio e tutore della ragazza: Maes Huges, neogovernatore di Reesembool.
Scar, con la fronte corrugata, si scostò da Winry:- Tenente Havoc,- cercò di giustificarsi –La ragazza cantava una canzone sugli alchimisti!
-Non vedo il problema.
-Porta male cantare di alchimisti in una nebbia così innaturale, parola mia! Ho dovuto fermarla…
Havoc annuì:- Va bene, signor Scar, ne terrò conto. Andate, adesso!
Il marinaio si allontanò di mala voglia, borbottando qualcosa a proposito di pericoli sottovalutati o di come portasse sfortuna avere una donna a bordo.
-Vi è proprio necessario quell’uomo?- domandò Huges, scocciato, al giovane tenente. –Non ho mai apprezzato quelli del suo calibro…
-Burberi?
-Fosse solo quello, ciò che mi da’ fastidio sono le superstizioni che fa dilagare fra i marinai!
Havoc sorrise, accendendosi una sigaretta:- Non si preoccupi governatore: il signor Scar potrà anche essere superstizioso e pieno di difetti, ma se vogliamo attraversare questi mari, ci serve la sua esperienza…
-E’ già stato qui?- Winry, che fino a quel momento aveva ascoltato la conversazione in silenzio, fece sentire timidamente la sua voce.
-Di più, miss Rockbell! E’ nativo di Ishbar.
La ragazza sgranò gli occhi sentendo il nome di quella leggendaria isola, della quale, secondo i racconti, gli alchimisti avevano fatto la loro patria e base operativa.
Anche Huges era rimasto sorpreso:- Addirittura? Allora è vero che hanno gli occhi rossi e la pelle scura…
-Ne dubitavate?
-Ero sicuro che fosse una delle tante leggende di questo mare!
-Affatto!    
-Un altro motivo perché la sua presenza mi disturbi.- Sbuffò il neogovernatore.
-Non penserete che sia in combutta con gli alchimisti…
-Lo penso eccome!
-Ve lo ripeto, eccellenza: il signor Scar è al cento per cento un uomo del Führer!
Mentre i due discutevano, Winry aveva ricominciato a guardare il mare, ancora coperto dalla nebbia; non osava rimettersi a cantare, anche se le parole premevano nella gola tentando di uscire: sembrava come ipnotizzata dal moto cadenzato delle onde sulla fiancata del veliero, una dolce melodia che cullava la ragazza, come una vecchia ninna-nanna.
Si era innamorata dell’oceano a prima vista.
-Io credo che sarebbe emozionante conoscere un alchimista.- mormorò quasi in trance.
Havoc, con un lieve sorriso, si accostò a lei:- Diffidate, signorina!- le consigliò –Sono tutti uguali, esseri spregevoli e bugiardi, quei mostri non meritano che una cosa sola…
Lanciò la sigaretta fuori bordo, Winry la osservò toccare la superficie e sparire tra i flutti, poi, prendendole la spalla, il giovane tenente la costrinse a girarsi e a fissarlo negli occhi.
-Poca corda e caduta sorda.- terminò.
La ragazza continuò a guardarlo senza capire, finché non scorse Scar che, con una corda, mimava il gesto d’impiccarsi.
Sgranò gli occhi, inorridita.
-Tenente.- Huges si affrettò a prendere la parola –Apprezzo molto il vostro fervore, ma ho timore degli effetti che potrebbe avere su mia nipote quest’argomento.
-Le mie scuse, governatore.- disse Havoc senza però cambiare tono o espressione, poi il giovane si volse per tornare alle sue mansioni.
Winry si accostò a suo zio:- Io lo trovo molto interessante, invece…
-Già,- sospirò l’uomo –E’ proprio questo che temo!- e si affrettò a raggiungere il tenente, lasciando la ragazza di nuovo sola a prua.
Fu in quell’esatto momento che Winry scorse una sagoma sottile uscire dal banco di nebbia; incuriosita, si sporse dal parapetto: un ombrellino di pizzo rosa, di quelli che le nobildonne usavano al suo paese d’origine per ripararsi dal sole, galleggiava sull’acqua come un fungo capovolto, urtando leggermente la chiglia del veliero.
Lo seguì per un po’ con lo sguardo, sorridendo come divertita a quel fragile segno di civiltà; nemmeno per un attimo si chiese come un ombrellino di quel genere fosse capitato in mare aperto…
Quando rivolse di nuovo lo sguardo al mare davanti a lei, un’altra figura era apparsa tra la bruma, più grande questa volta; Winry ci mise qualche istante per distinguerla, ma dopo pochi secondi non ebbe più dubbi.
Si girò verso l’equipaggio: -Un ragazzo!- gridò –C’è un ragazzo laggiù!
Havoc fu il primo a sporgersi dal parapetto: -Uomo in mare!
Subito i marinai corsero verso il ponte di tribordo, dove si accostava, trasportato dalle onde, il pennone di una nave; aggrappato al legno, un ragazzo dai capelli biondi giaceva svenuto.
Senza perdere tempo, i rampini si protesero oltre le murate, faticando non poco a tirare il naufrago verso il veliero; quando si fu accostato due uomini si calarono in mare, cercando di trarre in salvo il ragazzino, mentre la ciurma intera assisteva, incoraggiandoli e tenendo le funi che li sorreggevano. Dopo minuti che sembrarono eterni, il biondino fu adagiato sul ponte della nave, salvo dal mare.
Tutti gli uomini si strinsero intorno a lui, il medico gli premeva sulla pancia, in modo da fargli sputare l’acqua ingoiata; un solo uomo guardava ancora il mare: aveva visto, prima di chiunque altro, una luce, come un faro nascosto dalla foschia, e con terrore seppe a cosa si trovavano davanti.
-Ishvara…- pregò, fissando l’orrendo spettacolo –Proteggici!
Havoc, allarmato dalla voce rotta del marinaio, si precipitò a prua, seguito dal governatore. In un attimo gli occhi di tutto l’equipaggio si puntarono sull’oceano, e videro: fiamme di un viola cupo, quasi nero, danzavano nell’aria umida, schioccando in mille scintille, mentre si avvolgevano lungo pennoni e vele, per distruggere quello che fino a poco tempo prima doveva essere stato un massiccio galeone.
Sulla murata di poppa, ormai quasi sommersa, pendeva alla stregua di uno straccio la bandiera di Amestris.
-Com’è accaduto?- domandò Huges, dopo un primo attimo di orrore.
-Forse…- balbettò il tenente –Forse il deposito munizioni, i vascelli mercantili viaggiano armati in queste acque….
Scar si girò verso l’equipaggio:- Baggianate!- disse –C’è una sola feccia del mare che può produrre un fuoco come quello…
-Cosa intendete, signore?
-Quel che pensano tutti.- continuò l’uomo di Ishbar -E che io ho il coraggio di dire: alchimisti!
Mormorii di paura si diffusero tra i marinai.
-Non è detto, magari… magari è stato un incidente!- provò a convincersi Huges.
Havoc scosse la testa:- Non ha importanza adesso. Uomini! Calate le scialuppe, cerchiamo i sopravvissuti!
Mentre i marinai remavano verso i detriti, Winry si avvicinò al giovane naufrago: doveva avere più o meno la sua età, anche se era più basso di lei di un paio di pollici. Gli scostò una ciocca bionda, scoprendo il viso ancora un po’ infantile, e in quel momento esatto il ragazzo aprì gl’occhi, di un dolce castano dorato.
-Dove…- la voce fu stroncata da un colpo di tosse.
-Non aver paura, - lo rassicurò la giovane –Mi chiamo Winry Rockbell.
-Ed… Edward Elric…- si presentò.
Winry sorrise:- Veglio io su di te, Edward.
Il biondo, esausto, cadde all’indietro, nuovamente svenuto. Solo allora la nipote del governatore notò il luccicare di una catena sul collo del ragazzo, una catena dorata; incuriosita, sollevò il ciondolo, portandolo verso la fiamma di una lanterna.
Inciso sull’oro, un serpente si attorcigliava intorno a una croce, sormontata da una corona alata; Winry si sentì mancare il fiato:- Sei un… alchimista!
-Vi ha detto qualcosa?
La voce del tenente Havoc fece sobbalzare la fanciulla, che si affrettò a nascondere il medaglione:- Il suo nome è Edward Elric, non ho scoperto nient’altro!
L’uomo annuì:- Mettilo sottocoperta.- disse al marinaio che lo seguiva.
Quando finalmente si trovò sola, Winry si volse verso il mare, rimirando il gioiello, e in quel mentre un’ombra bucò la foschia per un secondo, scivolando leggera sulle onde: una nave, rossa come il sangue rappreso; sul pennone più altro, scarlatto in campo nero, sventolava l’immagine di un serpente che si mordeva la coda…
L’Uroboro.



Fine del prologo! ^^ Mi raccomando: commentate! Ci rivediamo il mese prossimo con il secondo capitolo (che poi sarebbe il primo XD)!

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Capitolo 2
*** Otto anni dopo... ***


Caribbean's Alchemists
Caribbean’s Alchemists
La maledizione dell’Acqua Rossa






1.    Otto anni dopo…

Fu la luce a svegliarla, un debole chiarore, cha faceva capolino fra le fessure delle imposte; il resto della stanza era ancora immerso in quel buio caldo, pulsante di sogni e respiri.
Winry aprì gli occhi, uno per volta, senza fretta, mettendo a fuoco le tendine ricamate che circondavano il suo letto: aveva sognato, quella notte, la nave rossa che si allontanava nella nebbia, il volto di Edward…
Sospirò, e quasi senza accorgersene la sua mano scivolò verso il collo perlato della ragazza, fino a toccare il freddo metallo di una catena; il medaglione con la croce e il serpente spariva poco più in basso, appena sotto la scollatura della camicia da notte.
Un forte bussare alla porta la svegliò del tutto.
-Winry?- la voce di Huges le giunse alle orecchie –Winry, sei presentabile?
La ragazza afferrò in fratta la vestaglia, cercando di sistemarsi i capelli aggrovigliati.
-Winry? Posso entrare?- chiese ancora Huges.
Allacciò il cordone della vestaglia:- Sì, zio!
La porta si spalancò, spazzando via l’aria viziata della stanza, e il governatore fece il suo ingresso, accompagnato da un paio di cameriere.
Ridacchiò, vedendo l’abbigliamento della pupilla:- In camicia da notte a quest’ora?
Come a rimarcare le sue parole, una delle domestiche si affrettò a spalancare le persiane; la luce di un sole già alto all’orizzonte inondò la camera.
-E’ una giornata stupenda, non trovi?- continuò l’uomo –E ho un regalo per te!
Fece un cenno alla donna dietro di lui, che avanzò con un enorme pacco stretto fra le mani; Huges tolse il coperchio, rivelando un bellissimo abito color crema, con i bordi di pizzo finemente ricamati.
Winry rimase senza fiato.
-E’… è magnifico!- mormorò, sollevandolo con delicatezza, quasi fosse di cristallo.
-Sapevo che ti sarebbe piaciuto!
-Grazie zio!- si stava dirigendo verso il paravento, ansiosa di provarlo, quando le venne un sospetto –E, se posso, qual è l’occasione?
Huges la guardò con l’aria più innocente del mondo:- A un tutore serve un’occasione per venerare la pupilla?
La ragazza sorrise e scomparve dietro i pannelli di legno con la cameriera che aveva portato la scatola.
-In realtà,- il governatore dette un colpo di tosse –Speravo che l’avresti indossato alla cerimonia di oggi…
-Cerimonia?- il sospetto fece di nuovo capolino nei pensieri della ragazza.
-Quella per la promozione del capitano Havoc…
Winry sbuffò: era sicura che ci fosse dietro qualcosa.
-Anzi, ora il commodoro Havoc!- continuò Huges –Un vero gentiluomo, non ti pare?
Alla ragazza in quel momento pareva soltanto che il corsetto stesse stritolando i polmoni, odiava quell’affare come nient’altro al mondo; all’ennesimo strappo delle corde non poté fare a meno di gemere per il dolore.
-Winry?- chiese il suo tutore –Tutto bene?
Per niente, la ragazza si sentiva mancare il fiato:- E’… difficile da spiegare…
-A me l’hanno dato come la moda di Central City!
-Beh, le donne di Central City avranno imparato a non respirare…- commentò Winry.
Un leggero bussare alla porta annunciò il maggiordomo:- Padrone,- disse –E’ arrivato!

Il ticchettio del pendolo era quasi assordante, una ritmata, esasperante sinfonia di “tlac… tlac…”; il ragazzo nel soggiorno teneva gli occhi fissi sul pesante disco di bronzo, certo che alla fine l’avrebbe ipnotizzato.
Solo quando il lungo pacco che portava rischiò di sfracellarsi sul pavimento, ritornò alla realtà, ma solo per qualche secondo: si fregò con le sue mani appena il candelabro a muro entrò nel suo campo visivo. Doveva essere un metallo magnifico, così liscio, così finemente decorato…
Allungò la mano destra, il sole fece brillare qualcosa di metallico sotto la manica.
Chissà quanto era resisten…
Non aveva ancora finito di formulare il pensiero che si ritrovò uno dei bracci d’argento in mano.
-Ops…
Proprio in quel momento cominciarono a sentirsi i primi passi che scendevano dalle scale, e prima che il governatore lo salutasse, il ragazzo aveva già fatto scivolare il rottame nel portaombrelli e ringraziato questi ultimi di esistere.
-Lieto di rivedervi, signor Elric!- Huges gli andò incontro raggiante.
-Buongiorno signore!- cercando di scordare il candelabro, Edward Elric sorrise –Ho il vostro ordine.
Aprì il pacco, rivelando uno stocco nuovo di zecca, così perfetto che sembrava appena uscito dalla fornace del fabbro; il governatore lo sollevò delicatamente, come se temesse di spezzarlo, e con la stessa delicatezza fece scivolare via la fodera.
-La lama è in acciaio damasco,- spiegò il biondo, mentre il cliente esaminava la sua opera –E ha intarsi di oro filigranato nell’elsa.
Tese le braccia:- Permettete?
Con un sorriso il governatore gliela porse, dal suo sguardo si capiva che era già molto soddisfatto del lavoro, ma Edward volle dargli un’ultima dimostrazione.
-Perfettamente bilanciata,- si vantò, tenendola in equilibrio vicino all’elsa- Codoro e lama hanno quasi uguale spessore!
E con una piccola giravolta, la spada fu di nuovo nelle mani di Huges.
-Stupenda!- la rinfoderò –Veramente stupenda, il commodoro Havoc sarà molto felice di averla!
Con un sorriso il giovane la ripose nell’astuccio.
-Il signor Armstrong ha davvero un apprendista impareggiabile!- il governatore gli strinse la mano –Portategli i miei saluti!
-Certamente, a un fabbro fa sempre piacere che un lavoro sia apprezzato…
Uno scalpiccio sui gradini di marmo interruppe la frase del giovane; i due uomini si voltarono, ammirando Winry, che scendeva le scale, un po’ impacciata, con addosso il vestito nuovo.
-Winry,- sospirò il governatore –Sei bella oltre ogni dire!
Edward non fu mai più tanto d’accordo su un’affermazione come in quel momento, quando la ragazza si girò e lo scorse; le guance illuminate, il sorriso radioso di lei, credeva gli sarebbero bastati per una vita intera.
-Ed! Ma che piacere!- Anche a costo di inciampare, la giovane scese quasi di corsa, per andare incontro al suo migliore amico.
-Proprio stanotte ti ho sognato!- disse, superando l’ultimo gradino.
Le gote del ragazzo divennero rosso fuoco:- Sognato me?- quanto ci aveva sperato negli ultimi anni…
-Il nostro primo incontro, ricordi?
-Come dimenticare, signorina Rockbell?
“Noooooo!” una vocina cominciò a trapanargli il cervello “Lo sai che lo odia, chiamala Winry!!”
-Ed, quante volte devo chiederti di chiamarmi Winry?- rise lei.
“Chiamala Winry!!!”
-…Un’altra ancora, signorina Rockbell, come al solito.
“… Idiota…”
Il viso della ragazza si fece duro, senza più un briciolo di gioia, delusa.
-Vedi?- disse Huges –Lui almeno ha il senso di ciò che è giusto! Via, ora dobbiamo proprio andare…
Uscì dalla villa, accompagnato dal maggiordomo che, impeccabile come sempre, teneva sottobraccio la spada per Havoc.
Winry guardò il ragazzo:- Ossequi, signor Elric…- lo salutò, gelida.
Lui non poté far altro che vederla uscire dalla porta, nel suo portamento fiero e indignato, mentre il suo cuore si stringeva in una morsa ghiacciata.
“Idiota!” ripeté la vocina.
Le diede ragione.
Si affacciò alla porta, osservandola mentre saliva sulla carrozza, i cavalli partivano nitrendo e il suo volto si perdeva nella polvere.
-Ossequi… Winry…- mormorò.

Aria di mare, vento sulla faccia e ciocche di capelli che gli danzavano davanti agli occhi… Poteva desiderare altro? Sì, la barca faceva acqua, e aveva molti dubbi di riuscire a entrare in porto, non aveva soldi né una donna, neppure una bottiglia di rum, anche mezza vuota…
Sospirò: quanto era difficile il suo mestiere!
L’ennesimo preoccupante gorgoglio si fece strada fra le tavole dello scafo.
L’uomo capì che se voleva rimettere i piedi a terra avrebbe dovuto darsi da fare; saltò agilmente giù dal pennone, cercando il secchio che doveva essere rimasto vicino alla vela di ricambio… o forse vicino alla scotta…
Lo trovò infilato sotto una panca a prua, e subito cominciò a buttare fuori l’acqua, contando che le correnti gli facessero mantenere la rotta giusta. Sarebbe stato davvero molto spiacevole spiaccicarsi su uno scoglio, ma finora la fortuna non lo aveva abbandonato del tutto, e sperava non lo facesse proprio in quel momento.
Mentre l’acqua si mischiava alla spuma del mare, un luccichio attirò la sua attenzione; sollevò lo sguardo, incontrando un paio di bracciali d’acciaio, che inerti penzolavano alle braccia del loro padrone. Anche se lontano, l’uomo sapeva che sul metallo erano incisi simboli alchemici.
Si tolse il cappello, salutando il cadavere dell’impiccato.
Al collo del morto era appeso un cartello di legno, consumato dal vento e dal mare almeno quanto il suo sostegno: “Dies ist eine Warnung, Alchemisten!”*
Sorrise.
Che incredibile ironia.
Anche se aveva l’intenzione di non dare nell’occhio, la sua entrata in porto sicuramente non passò inosservata: fu un vecchio marinaio, intento a pescare, che notò per primo il secchio galleggiante, il quale si muoveva lemme lemme attaccato a una corda; alzò gli occhi, sbalordito, e con lui molti altri si girarono, sicuri che avrebbero per sempre ricordato quell’uomo dal viso modellato dal mare, l’uomo che entrò a Reesembool fiero sul pennone di una barca già affondata.
Lui, infischiandosene degli sguardi tutt’intorno, senza una piega, mise tranquillamente piede sul molo, giusto un attimo prima che so scafo si arenasse sull’ormai basso fondale.
Si complimentò con se stesso per l’approdo perfetto, uno dei migliori della sua vita; stava già allontanandosi dallo sfortunato relitto, quando andò letteralmente a sbattere contro il capitano di porto, deciso a non farlo passare.
-Fermo dove siete, voi!- gli intimò.
Con un sospiro trattenuto, il nuovo arrivato si voltò, sperando che quel seccatore non la tirasse per le lunghe.
-Uno scellino, per ormeggiare la barca al molo!- gli disse additando la direzione in cui veniva il marinaio.
Lui guardò prima il funzionario, poi il pennone che sporgeva dall’acqua, entrambi con la stessa aria interrogativa: tra tanti termini, la sua entrata non l’avrebbe definita proprio un ormeggio, un atterraggio di fortuna, forse!
Fece per andarsene, ma l’altro continuò a bloccargli il passaggio.
-Mi occorre anche il vostro nome!- disse, autoritario.
Il marinaio capì che se voleva concludere la sua spedizione, avrebbe prima dovuto sbarazzarsi di quel gallinaccio.
Tirò fuori qualche moneta dalla tasca:- Vogliamo fare tre scellini, e lasciar perdere il nome?
Il gallinaccio lo guardò imbarazzato, ma solo per qualche secondo, giusto per chiudere il registro e passare oltre.
-Ben venuto a Reesembool, signor Müller!**
L’uomo lo salutò con un inchino beffardo, e mentre si allontanava dal porto, rimirò il borsellino del gallinaccio: gli sembrava più che giusto prenderselo, come rimborso dei suoi tre scellini.
Ridacchiò.
La giornata cominciava nel migliore dei modi…

* "Questo è un avvertimento, alchimisti!"
** Un po' come Smith in Inghilterra, Müller è il cognome più diffuso in Germania.

Ringrazio tutti quelli che seguono questa fic: non mi aspettavo così tanto successo già dal primo capitolo! ^^
E ora le recensioni, in ordine cornologico:

YaMiNoLaDy: Grazie, era un po' che ci pensavo a fare questa fic! ^^ Eh, sì, non c'era altro modo per sistemare Huges, e volevo assolutamente Scar come Gibs <3

LaUrA43587: Già tra i preferiti? Ma è fantastico! :D Sono proprio contenta! In quache modo spero di sistemare altrettanto bene tutti gli altri personaggi, anche se inevitabilmente alcuni saranno solo comparse... ç_ç

Juliet___Albaran: Grazie, sono molto contenta che la aprezzi! ^^ Sì, Ed sarà Will, per Jack ho in mente qualcun'altro, ma non verrà rivelato fino al prossimo cap (come sono crudele, ih ih ih! *w*) Mi dispiace per non ave aggiornato subito, ma ho avuto un po' da fare! Comunque, prometto di aggiornare prima il prossimo cappi!

Silvery Lugia: Davvero non l'hai mai visto? O.O Te lo consglio: è una risata dietro l'altra! Certo, il quarto (e forse anche quinto/sesto) potevano risparmiarselo, ma i primi tre sono i miei film preferiti da non so quanto tempo... dopo "la leggenda del pianista sull'oceano", ma ehi, sempre di mare si parla! XD

Skander O: "POTC"=.=? POTC?!? Ma non puoi farmi un acronimo di "Pirates of the Caribbean"!!! Sei tremendo! :-P

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Capitolo 3
*** L'alchimista ***


Caribbean's Alchemists
Caribbean’s Alchemists
La maledizione dell’Acqua Rossa






Lo so: sono in ritardo mostruoso! Altro che finire prima, ci ho messo un mese in più! T_T PERDONO!! Comunque come potete vedere, questa volta il capitolo è un po' più lungo: ho voluto mettere un po' di cose in più per non farvi aspettare troppo, finalmente si conoscerà la vera identità di "Jack Sparrow"! *w*
Le risposte alle recensioni sono in fondo come al solito! grazie tantissimo per i commenti, e mi raccomando: continuate a dirmi la vostra opinione, per me è molto importante! ^^
Detto ciò... DI NUOVO PERDONO!!! E buona lettura! :)

2.    L’alchimista


La fanfara di flauti e tamburi arrivò alle orecchie dell’uomo, portata dal vento oltre le mura del fortino.
Masticò tranquillamente la banana che aveva rubato qualche minuto prima, felice di non dover più sentire il sapore di gallette e pesce sotto sale. Il suo ultimo pasto risaliva al giorno prima, quando aveva finito le ultime provviste, e quel frutto, anche se piccolo e decisamente acerbo, era una conquista.
Buttò via la buccia, cercando di fare il punto della situazione: 1, arrivare a destinazione prima che la barca affondasse, fatto (più o meno); 2, procurarsi del cibo, fatto; 3, cosa ormai inevitabile, procurarsi una nave!
Dopo tutto era venuto in quello sputo di porto solo per quello, ma in caso di fallimento non c’era una barca di riserva, come aveva previsto all’inizio, con cui scappare, giusto perché il suddetto legno era affondato senza tanti complimenti, ah ah! Quasi gli venne da ridere!
Sospirò, invece. Caracollando tranquillamente si diresse di nuovo verso i moli: era arrivato il momento di mettersi al lavoro.

“Sbrigati… sbrigati… perché cavolo ci devi mettere così tanto?!?” Winry era arrivata al limite, proprio mentre il baldanzoso commodoro avanzava tra i suoi soldati sull’attenti, tronfio del suo giorno glorioso.
La cerimonia di apertura era stata più lunga di quello che la ragazza si sarebbe mai aspettata, ma a differenza dell’ufficiale, che se n’era stato tranquillamente all’ombra fino a quel momento, lei aveva continuato a respirare quell’aria calda e umida, rabbrividendo mentre rivoli di sudore le scendevano lungo la schiena, sotto il sole implacabile del Caribbean.
Riempire i polmoni le costava uno sforzo immenso, e già un paio di volte la vista le si era annebbiata; a nulla era servito il ventaglio di pizzo o il cappellino chiaro: sentiva lo svenimento premere dietro gli occhi.
Havoc, inconsapevole del suo disagio, rimirava la sua spada nuova, appena consegnatagli dal governatore.
Se non le fossero mancate le forze, Winry sarebbe scesa dal palco per prenderlo a schiaffi….
Quanto mancava alla fine?
Ogni minuto sembrava un’eternità; doveva avere pazienza, guardò la vecchia meridiana sulla torre della guarnigione, ancora un po’ e tutto sarebbe finito.

-Questo molo è zona vietata ai civili!
Il marinaio alzò gli occhi al cielo: aveva sperato di potersela cavare senza troppi intoppi, invece davanti a quell’allettantissima nave ci avevano messo non uno, ma ben due seccatori che gli impedivano di fare il suo dovere di “onesto” ladro!
-Sono davvero desolato,- si scusò con un sorriso- Non lo sapevo, ma se ne vedrò uno, vi informerò immantinente!
Fece per proseguire, ma i soldati lo bloccarono di nuovo.
Era destino che quel giorno tutti lo ostacolassero! Li squadrò per bene: nessuno dei due sembrava una cima in astuzia, forse con qualche giro di parole e un pizzico di fortuna avrebbe potuto sviarli… Sapeva che non gli sarebbero capitate altre occasioni facili come quella, tanto valeva tentare.
-Pare che ci sia un elegante e solenne qualcosa su al forte, eh?- cominciò mellifluo –Come può avvenire, che due distinti gentiluomini come voi… Non si siano meritati un invito?
Se lo chiedeva anche lui: chi era l’idiota che li aveva lasciati di guardia, ribaltandogli così tutti i piani?!?
-Dobbiamo sorvegliare il molo perché è zona vietata ai civili!- ripeté il ragazzino moro con gli occhiali che lo aveva “accolto”. Doveva avere poco più di vent’anni…
-Degna occupazione di sicuro! Ma a parer mio…- di nuovo il suo tentativo di aggirarli venne bloccato –Una nave cotale rende quest’altra un po’ superflua, nevvero?
I due guardarono nella direzione indicata dall’uomo: effettivamente la nave da guerra ancorata poco più al largo era due volte più grande, con ben due batterie di cannoni e un’alberatura imponente, il sogno di ogni ammiraglio!
Il moretto annuì:- Oh, sì! La Dauntless è potente, ma non c’è nave che stia alla pari dell’Incerceptor per velocità!
Lo disse con un tale orgoglio da disgustare il marinaio, ma, tra le smorfie, la sua mente pensava già a come fuorviare i due seccatori, e l’idea geniale non si fece attendere.
-Io so di una,- disse, sornione –Molto veloce, a quanto pare inafferrabile: l’Uroboro!
Improvvisamente un velo gelido sembrava essersi posato sulle onde.
Il giovane moro impallidì, mentre il suo compagno rideva nervosamente.
-Non esiste nave al mondo che possa competere con l’Interceptor!- lo schernì quello grasso.
-L’Uroboro esiste però!- mormorò il più giovane.
-No, direi di no.
-Sì, Breda, io l’ho vista!- insistette.
Breda lo guardò storto:- L’hai vista?- quello annuì –No che non l’hai vista, Fury!
-Sì invece!
Il marinaio alzò gli occhi al cielo: c’erano cascati fin troppo facilmente, gli avevano bruciato tutto il divertimento!
-Tu hai visto una nave,- continuò il rosso, fissando il suo compagno negli occhi –con lo scafo color sangue, una ciurma di dannati e comandata da un uomo così malvagio, che anche l’Inferno lo ha risputato?
L’uomo provò ad azzardare un passo verso la nave.
-No…- ammise Fury.
-No!- Breda fissò di nuovo l’intruso, abbastanza rapidamente da bloccarlo.
Quello sbuffò mentalmente, sorridendo disinvolto.
-Io ho visto una nave color sangue, però!- tentò il moro, sperando si convincere il suo amico.
Gli occhi del marinaio brillarono: era fatta!
-Oh, quindi a una nave che non abbia una ciurma di dannati e non sia comandata da un uomo così malvagio che anche l’Inferno l’ha risputato è proibito avere lo scafo rosso, e quindi come può essere una nave diversa dall’Uroboro, è questo che dici?- domandò Breda, scettico.
-No!- disse Fury, annuendo.
-Quindi ho ragione! Non c’è nave esistente che stia alla pari dell’Interceptor…- le ultime parole gli morirono in gola: l’intruso era sparito.
Si guardarono, spaesati, per girarsi subito verso la nave, dove il loro uomo stava tranquillamente saggiando il timone.
-Ehi, ehi tu!- salirono anche loro, puntandogli contro i moschetti carichi.
-Scendi subito: non hai il permesso di stare a bordo, amico!
-Desolato,- disse lui con noncuranza –E’ una così così bella barca… nave!
-Come ti chiami?- gli chiese Breda.
-Müller, o Müllery, se preferite!- come si divertiva a prenderli in giro!
I due non abbassarono i fucili:- Con quali propositi siete venuto a Reesembool, signor “Müller”?
-E niente fandonie!- lo avvertì Fury.
L’uomo sorrise:-E va bene,- cominciò, drammatico –Lo confesso: è mia intenzione requisire una di queste navi, prendere una ciurma a Ishbar, razziare, predare e saccheggiare finché le mie subdole membra cadranno!
I soldati lo guardarono a bocca aperta.
-Ho detto niente fandonie!- urlò il moro, isterico.
-Dice la verità, io credo…- replicò Breda.
-Se fosse stata la verità non l’avrebbe detta a noi!
-Oppure sapevo che non mi avreste creduto anche se ve l’avessi detta, giusto?- il piano iniziale era fallito, poco male! Avrebbe giocato ancora un po’ con quei due... Prima di buttarli in mare!

Winry stava talmente male da non accorgersi nemmeno della presenza di Havoc al suo fianco, almeno finché il giovane commodoro non la chiamò per nome.
-Winry,- sussurrò –Mi concedereste un momento?
Come in sogno la ragazza lo seguì sugli spalti del forte, con il sangue che pulsava forte nelle orecchie; il vento almeno le dava la sensazione di respirare meglio.
-Siete… incantevole, Winry!- cominciò lui, titubante.
Lei annuì, con un sorriso forzato: i complimenti di Havoc erano l’ultima cosa che le interessava in quel momento.
Il giovane sospirò, fissando l’orizzonte luccicante:- Io… Vi chiedo scusa se sembrerò ardito, ma non posso non parlare! Questa promozione ha posto in chiara evidenza ciò che non ho raggiunto ancora,- si girò verso la ragazza, ma lei non riusciva più a sentirlo –Un matrimonio con una bella donna, e voi siete diventata una bella donna, Winry.
-Non… Non respiro!- riuscì a mormorare mentre la vista le si appannava; l’ultima cosa che riuscì a scorgere fu Havoc, che di nuovo guardava il mare, ma non lei, e continuava a parlare.
Qualcosa la tirava giù, verso un baratro blu e nero di silenzio, d’un tratto si sentì leggera e cullata.
La avvolse la ninna nanna del mare.
Il medaglione del serpente era scivolato fuori dalla scollatura, brillava tra riflessi azzurri, fremette, fremette l’acqua, come a formare una piccola onda, come se chiamasse qualcosa… O qualcuno.

-…E mi hanno fatto capitano!- l’uomo non fece in tempo a finire la frase che un rumore distrasse lui e i due soldati, che fino a un momento prima avevano ascoltato interessati la sua storia: l’inconfondibile tonfo di un corpo che cade in acqua.
Si precipitarono tutti e tre verso la murata, mentre dal forte veniva un grido disperato:-Winry!
Guardando le onde, ancora spumanti sotto le mura, il marinaio capì subito cosa doveva essere successo.
-Ora la andate a salvare?- chiese ai due.
Breda era nel panico:- Io non so nuotare!
Anche Fury scosse la testa, con gli occhi sbarrati.
Sbuffò:- Siete l’orgoglio della marina del Führer!- in un momento si tolse la giacca e tutte le sue cose –Tenete questi!- e con un perfetto tuffo di testa fu in acqua.
Come al solito toccava a lui fare tutto!
Proprio in quel momento, le onde tremarono, mentre l’acqua si faceva più scura e un vento gelido prendeva a soffiare da est.
Fury rabbrividì:-Cos’era quello?
Il commodoro e i suoi uomini, invece, non si erano nemmeno accorti del cambiamento repentino, mentre dal forte si precipitavano sui moli; il governatore, li seguiva a ruota, pregando ogni santo di sua conoscenza che la nipote fosse ancora viva. La stessa cosa stava pensando sott’acqua il marinaio, perché in caso contrario quel gesto “eroico” gli avrebbe fatto solo perdere tempo prezioso.
Dopo poche bracciate la raggiunse, nuotando fra gli scogli coperti di alghe; si stupì di come, cadendo, li avesse evitati quasi per miracolo.
La prese per i fianchi, cercando di portarla in superficie, ma il meraviglioso vestito color crema era pesante di acqua, e li trascinava verso il fondo. A stento riuscì a riemergere, ma solo per qualche secondo.
Non aveva scelta: trovata la cucitura del corpetto, con uno strattone liberò Winry dalla morsa dell’abito, che rimase a metà tra la superficie e il fondale, come una grossa medusa ricamata.
Senza più l’ingombro dell’indumento, nuotò velocemente, tenendole la testa fuori dall’acqua, fino al molo, dove la issò, aiutato da Fury e Breda.
-Non respira!- urlò il moro, nel panico.
Il marinaio lo spinse di lato, e con il coltello tagliò di netto i lacci del corsetto: con un colpo di tosse, Winry tornò a respirare, spargendo sulle tavole scure l’acqua che aveva ingoiato.
-Io non ci avrei mai pensato!- osservò Fury mentre gli veniva passato il corsetto.
L’uomo sorrise:-Non siete mai stato a Xing!- fu allora che lo notò.
Era troppo impegnato a salvarle la vita, ma quel luccichio dorato aveva attirato la sua attenzione, e quando mise a fuoco l’oggetto, temette di star sognando.
Winry vide il suo salvatore prendere il medaglione tra le mani tremanti, e guardarlo come se fosse un oggetto maledetto.
La fissò con le pupille dilatate dalla paura:- Dove l’avete preso?
Non poté rispondergli.
-In piedi!- ordinò Havoc, puntando la lama alla gola dell’uomo.
I soldati lo circondarono, mentre Huges si faceva strada, preoccupato, verso la pupilla.
Il marinaio si alzò in piedi.
-Winry, tutto bene?- il governatore la coprì con la giacca ricamata.
Lei annuì:- Sì, sto bene…- la voce le usciva a fatica, roca del sale marino.
Huges guardò malissimo Fury, con ancora il corsetto in mano. Il moro lo nascose dietro la schiena, indicando il prigioniero.
-Sparategli!- ordinò secco il governatore.
-Zio!
-Sì?
-Commodoro,- la ragazza fissò Havoc negli occhi –Davvero volete uccidere il mio salvatore?
Il giovane esitò un attimo, poi rinfoderò la spada con un sospiro, con lui i soldati abbassarono le armi.
-Credo che un grazie sia d’obbligo!- disse, tendendo la mano all’uomo.
Quello esitò per un attimo: forse l’aveva scampata, o forse no, poteva fidarsi? Decise che una stretta di mano non lo avrebbe danneggiato, ma capì di essersi sbagliato appena il commodoro gli tirò su la manica della camicia, scoprendo un A marchiata a fuoco sul polso.
-Abbiamo avuto guai con l’esercito, eh, alchimista?- gli chiese il biondo.
Il marinaio imprecò mentalmente: l’avevano scoperto.
-Impiccatelo!- ordinò Huges.
Havoc annuì:- Mettetelo sotto tiro, sottotenente Ross, lo metta ai ferri!- mentre l’ordine veniva eseguito, Jean scoprì tolse i guanti di cotone che nascondevano i palmi del prigioniero, scoprendo un cerchio alchemico inconfondibile: due triangoli incrociati dentro due cerchi concentrici, una fiamma sulla parte superiore, e una salamandra sotto.
-Bene bene… Roy Mustang, giusto?
Roy ritirò la mano, indispettito:-Alchimista di Fuoco, se non vi dispiace!
-Non vedo la vostra nave… “Alchimista”…- lo schernì.
-La sto trasmutando, guarda un po’!- ribatté lui.
-Ha detto che era qui per requisirne una.- intervenne Fury.
-Era la verità, hai visto?- brontolò Breda passando gli effetti di Roy al commodoro –Queste sono sue, signore!
Havoc esaminò gli oggetti uno per uno, a cominciare dalla vecchia pistola.
-Niente polvere da sparo, né colpi…
Gli capitò fra le mani quello che un tempo doveva essere un orologio d’argento, ma era troppo ossidato per esserne sicuro. Lo aprì: le lancette erano ferme, e nessun rumore proveniva dagli ingranaggi.
-Un orologio rotto…
Sfoderò la spada, anche quella tenuta in maniera pietosa, ma almeno di metallo.
-Questa mi aspettavo quasi fosse fatta di legno!- disse, infatti. –Senza dubbio siete il peggior alchimista che si ricordi…
Mustang sorrise:- Ma di me si ricordano, almeno!
Il viso di Havoc s’indurì, e senza più una parola cominciò a trascinarlo via dal molo, subito però, si vide la strada sbarrata da Winry.
-Commodoro, protesto vibratamente!- lui la ignorò, continuando a camminare –Alchimista o no, mi ha salvata da morte certa!
Il giovane la fissò, fermandosi:- Una buona azione non basta a redimere un uomo da un’intera vita di scelleratezze!
-Ma sembra bastare a condannarlo!- s’intromise Mustang.
-Di certo!- confermò il biondo, guardandolo a denti stretti.
L’alchimista sospirò, ormai certo che ci fosse un unico modo per uscire dalla situazione:-Ebbene…- Winry era rimasta lì vicino, con la cosa dell’occhio vide il prigioniero avvicinasi, ma prima che potesse fare qualsiasi cosa, le catene delle manette erano già intorno al suo collo.
-Non sparate!- Huges si precipitò a fermare i soldati, che avevano puntato i fucili di riflesso appena Mustang si era mosso.
-Cominciate a trattarmi meglio, eh?- Roy indietreggiò ghignando e stringendo a se la ragazza –Commodoro, i miei effetti prego… e l’orologio!
Havoc restò immobile sul suo posto, dai suoi occhi sprizzavano scintille di rabbia.
-Commodoro!- lo avvertì l’alchimista, mentre stringeva ancora di più la morsa su Winry.
Sconfitto, il giovane fece segno a Breda di avvicinarsi con gli effetti dell’alchimista.
Mustang accostò le labbra all’orecchio della prigioniera:-Winry, è Winry, non è vero? 
-E’ Miss Rockbell!- sibilò lei.
-Miss Rockbell, se non vi dispiace…- le indicò gli oggetti che Breda porgeva verso di loro –Avanti cara, prima che faccia sera!
Lei li prese, Roy la costrinse a girarsi verso di lui:-Sempre se non vi dispiace…- sorrise.
Winry cercò di fare più in fretta che poté: allacciò la spada, infilò la pistola nella spessa fascia rossa intorno alla vita dell’alchimista, cacciò l’orologio nel gilè consunto; tutto pur di separarsi al più presto da quell’uomo!
-Occhio ai gioielli, tesoro.- le sussurrò lui.
-Siete spregevole!
Alzò le spalle:-Ferisce più la spada.- commentò –Io ho salvato la vostra vita, voi la mia, siamo pari!
Di nuovo si girò verso i soldati:- Signori… Mylady… Ricorderete questo giorno come quello in cui avete quasi catturato l’Alchimista di Fuoco!
Spinse avanti Winry, afferrando contemporaneamente una cima che aveva già adocchiato in precedenza con via di fuga: un piccolo strattone e venne tirato su fin sulla cima della carrucola, mentre i soldati erano ancora troppo sorpresi per reagire. Utilizzando una corda sospesa, Roy scivolò giù, atterrando sulla strada. Tutto quello che gli restava da fare era correre… e inventarsi un modo per togliere quelle fastidiose manette!
Havoc e i suoi uomini sbucarono dalla rampa del molo giusto in tempo per vedere l’alchimista sparire in una macchia di banani, diretto verso la città.
-Sottotenente Ross,- la chiamò il commodoro –Il signor Mustang è atteso sul patibolo all’alba… non vorrei che non si presentasse!

Ed eccoci alle risposte delle recensioni (ordine cronologico):
MartaAka97: A be', forse genio no, visto che copio quasi tutto da Salgari, comunque grazie! ^^ Sono davvero contenta che apprezzi lo stile della storia spero di essere riuscita a renderlo anche in questo capitolo!
Juliet___Albarn: Essendo una grande fan del film, ho cercato di tenermi il più fedele possibile alla trama originale, anche se in questo modo è più facile incappare nell'OCC! A te prima di tutti chiedo scusa per il ritardo!
Silvery Lugia: Indovinato! Come anche altri avevate già capito da un pezzo, anche se ho sempre cercato di mantenerlo il più anonimo possibile :) Devo dire che ho avuto molta difficoltà a trovare il sosia giusto per Jack, ma alla fine Roy si è rivelato decisamente il migliore! ^^ Ed è vero che spesso fa lo stupido! (ANCORA?!? ndRoy) XD
LaUrA43587: Un'altra davanti a cui devo inchinarmi ripetutamente per scusarmi del ritardo! =___= Sono proprio un verme! E pensare che sei stata la prima a metterla tra i preferiti... Comunque, spero che ti sia piaciuto il personaggio che ho utilizzato per Jack! ^^

Stavolta cercherò davvero di non ritardare troppo, alla prossima con l'incontro tra "Jack" e "Will"! ^^

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Capitolo 4
*** Uno spiacevole incontro ***


Caribbean's Alchemists
Caribbean’s Alchemists
La maledizione dell’Acqua Rossa






Ah ah ah! Pensavate di esservi liberati di me, eh? Invece no! E che diamine, anche se la scuola mi assilla e ho avuto un calo di ispirazione che sembrava non finire più, ci tengo a finire questa storia! Non siamo nenache a metà della prima parte... Se penso che mi mancano altri due film, SIGH! O_O Comunque, scusate il gigantesco ritardo! Quanto ci è voluto, stavolta? L'ultimo capitolo l'ho pubblicato a settembre.... Ehm, ehm... Lasciamo perdere, va!
Rispondo qui alle recensioni:
. LaUrA43587: Oh sì, oh sì sì! *w* Sono in ritardo soprattutto a causa di quella battaglia, non riuscivo proprio a scriverla! Poi mi è venuta l'idea giusta per finirla (ma non ti anticipo niente ^^), per fortuna!
Effetti scadenti? Ti dirò, per amore della storia (leggersi: "Per amore di Jack <3") non potevo non far apparire così, MUHAHHAHHAA! Sono proprio cattiva con lui! *w* Avrà i suoi momenti di gloria, ovviamente, ma non tanto presto XD
. melanita: Ti ho fatta aspettare, perdono! :( Ho cercato di fare il possibile con i personaggi, sono contenta che Breda e Fury ti siano piaciuti! Spero di azzeccarli tutti ^^
. YaMiNoLaDy: Già, sia tu che Silvery Lugia ci avevate azzeccato fin da subito! :) Mi dirai poi cosa ne pensi di "Fuoco VS Acciaio" in stile pirati dei caraibi! ^^
. Silvery Lugia: Posso dirti che Riza c'è sicuramente, Izumi forse verrà solo nominata, non so se fare proprio una scena con lei o altro... Per Olivier pensavo di farne uno dei pirati nobili, quindi la vedremo solo in "Caribbean's Alchemists - Oltre il Portale" (Ho già deciso i titoli, ih ih ih *w*)



3.    Uno spiacevole incontro



Mentre i bravi soldatini del forte mettevano a soqquadro tutta Reesembool, Edward Erlic si diresse mogio mogio alla bottega dove lavorava, continuando a sentire la vocina interiore dargli dell’idiota.
Sapeva di meritarselo.
Quello che non sapeva era che non era il solo a dirigersi verso il negozio: dopo una fuga precipitosa tra i vicoli stretti del porto, Roy si andò a infilare nella prima porta che trovò, guarda caso la bottega del fabbro Armstrong.
Quando si accorse di tutti i martelli e le tenaglie appese in giro non poté credere alla sua fortuna: finalmente si sarebbe potuto liberare di quelle fastidiose manette sferraglianti.
Posò l’orologio su un tavolo, ma proprio mentre stava per afferrare quello che sembrava il martello più solido, un leggero tonfo sul pavimento lo interruppe. Si girò guardingo verso il retro del locale.
Appoggiato con la faccia su di un’incudine, un ragazzino sui tredici anni dormiva profondamente; un braccio penzolava inerte, proteso verso un enorme martello da fabbro. Doveva essere stato quello a fare rumore.
Se non fosse stato il più grande egocentrico narcisista di tutti i sette mari (o almeno così lo definivano le sue ex), Roy si sarebbe commosso alla vista di un ragazzo così dedito al suo lavoro da crollare sfinito su un’incudine! Ma come abbiamo detto, l’Alchimista di Fuoco non era il tipo, e si limitò a pungolarlo piano con un dito, per assicurarsi che non si svegliasse all’improvviso.
Soddisfatto, tornò alle sue manette, non prima di aver allontanato il martello dalla portata del ragazzo addormentato.
Dopo qualche minuto divenne evidente che quella del fabbro non era la sua vocazione, al limite della frustrazione le catene erano così attorcigliate su se stesse da rendergli difficili i movimenti.
Sbuffò.
Ogni tanto sentiva ancora i passi dei soldati fuori dalla porta: era questione di secondi prima che a qualcuno venisse in mente di controllare le botteghe. Aveva poco tempo.
Si guardò intorno disperato: asino, strano meccanismo con ruote, martelli, incudine, barili, spade, ragazzo che dorme, attizzatoio, braci ardenti, mantice, asino, strano meccanismo con ruote, martelli, incudine, barili, spade, ragazzo che dorme, attizzatoio, braci ardenti, mantice, asino… e strano meccanismo con ruote?
La sua mente cominciò a elaborare un piano diabolico che comprendeva l’asino e lo strano meccanismo con ruote (il cui uso non gli era molto chiaro).
Sorrise e al suo piano si aggiunse l’attizzatoio abbandonato sulle braci ancora calde.
Fu così che il povero asino, che era lì appisolato a sognare zuccherini, si ritrovò il sedere bruciato dall’attizzatoio e partì al trotto facendo muovere il macchinario a cui era attaccato mattina e sera.
Roy roteò soddisfatto la sua arma.
Posizionò le manette tra le due ruote meccaniche. Se i suoi calcoli erano giusti, sarebbe dovuto riuscire a…
Con un CLANC sonoro le catene si spezzarono, con grande gioia dell’alchimista, gioia che durò poco: in quel preciso istante la porta cominciò ad aprirsi cigolando, Roy fece appena in tempo a nascondersi prima che un ragazzino biondo entrasse nella bottega e andasse a fermare l’asino che ancora correva, dolorante e spaventato.
Edward Elric, accarezzato il povero animale, posò la sua giacca consunta su un tavolo con un sospiro, e si volse verso il ragazzo addormentato.
Sorrise: il giorno prima il signor Armstrong era dovuto partire per fare una consegna nelle piantagioni, lasciando tutto il lavoro nelle mani dei suoi due apprendisti. Ed era riuscito a venirne fuori bene, dopo tutto era abituato ai turni pesanti, ma Alphonse, che aveva cominciato a lavorare solo l’estate prima, era crollato dal sonno sul lavoro.
Riprese la giacca e con delicatezza la fece scivolare sulle spalle del suo fratellino. Non se la sentiva di svegliarlo, e un po’ di sonno gli avrebbe fatto certo bene.
-Tu sei dove ti ho lasciato.- mormorò con un sorriso.
Poi notò un particolare strano: Al non aveva più in mano il suo martello, che era appoggiato su un’incudine ben lontana dalla portata del ragazzo.
-Tu invece no…- possibile che Alphonse si fosse svegliato e lo avesse messo lì? E se si era svegliato, perché non si era steso sulla paglia che usavano quando lavoravano fino a tardi? La storia odorava di bruciato, odore che aumentò quando scorse un orologio d’argento ossidato e sporco appoggiato lì vicino.
Allungò una mano per prenderlo.
Il freddo metallo di una lama gli sfiorò il polso; Ed si voltò, giusto in tempo per vedere Roy Mustang puntargli la spada alla gola.
Il ragazzo indietreggiò, sorpreso, prima di notare il cerchio alchemico tatuato sulla mano del suo aggressore.
Lo guardò fisso negli occhi:- Sei quello a cui stanno dando la caccia… L’alchimista!
Roy scrutava perplesso il ragazzino che aveva davanti, con l’inquietante sensazione di averlo già conosciuto: c’era qualcosa nei suoi occhi… O forse nei capelli, ma non riusciva a capire cosa.
-Hai qualcosa di familiare…- borbottò –Ti ho già minacciato altre volte?
-Vado famoso per la mia poca familiarità con gli alchimisti!- rispose Edward a denti stretti.
-Ah! Be’, sarebbe un peccato rovinarti la fama proprio oggi, quindi se vuoi scusarmi…- fece per andarsene, ma non aveva ancora fatto un passo che il ragazzino gli puntò contro una spada. Si girò di nuovo verso di lui, con un sorriso divertito –Credi sia saggio ragazzo?- lo sfidò –Incrociare le lame con un alchimista?
Edward rimase immobile, sostenendo lo sguardo:- Hai minacciato miss Rockbell.
La lama di Roy stridette quando il suo proprietario la lisciò contro quella del ragazzo.
-Solo un pochino.- ammise, poi attaccò.
Già dai primi rapidi affondi, Mustang capì di trovarsi davanti a un avversario con potenziale, ma non abbastanza esperto da poterlo battere. L’alchimista lo incalzava ripetutamente, venendo bloccato da parate efficaci, però goffe.
-Sai ciò che fai, te lo concedo!- gli disse a un tratto –Splendida forma… ma in quanto a gioco di gambe…- aveva trovato un punto debole: la rigidità tipica di coloro che non combattono ogni giorno.
Ritenne di dovergli insegnare un paio di cose.
-Un passo qui…- affondi parati alla perfezione, con le spade incrociate in una splendida posa finale.
–Molto bene!- si complimentò –E ora un passo indietro…- con un movimento fluido l’alchimista parò l’ultimo attacco del biondo.
Fintò un affondo, parato alla meglio dal giovane, e sorrise:- Ciao.- si diresse verso la porta, pregustando già la sua libertà; non aveva ancora posato la mano sul legno che con un sibilo metallico la spada di Edward si conficcò nella trave che bloccava la porta, a soli due centimetri dal naso del fuggitivo.
Roy guardò allibito la lama che ancora ondeggiava, poi con tutta calma afferrò l’elsa e diede uno strattone.
Niente.
Un altro.
Niente.
Altri quindici strattoni di fila.
Niente.
A pochissimo dalla rabbia disumana si girò verso Ed, che lo guardava sorridendo sotto i baffi.
-Ma che divertente giochino!- disse a denti stretti –Quello che non mi diverte è che tu mi impedisci di nuovo la fuga!- sogghignò –Solo che ora… sei disarmato!
Per tutta risposta il giovane si volse verso il camino, tirandone fuori l’attizzatoio, la punta era minacciosamente rossa.
L’alchimista ebbe un attimo di panico: quale subdolo spirito maligno gli aveva fatto rimettere a posto l’attizzatoio tra le braci?!?
Non aveva il tempo di darsi dell’idiota.
La danza della spada (e attizzatoio) ricominciò più agguerrita di prima, e l’asino, che aveva scorto lo strumento delle sue torture, partì di nuovo, creando una certa confusione.
Attizzatoio o no, Edward era comunque in difficoltà, e presto si ritrovò disarmato. Si gettò tra i macchinari in movimento, afferrando al volo un’altra spada da una rastrelliera. Raggiuntolo, anche Roy si accorse delle spade.
-Chi le fabbrica, queste?- domandò con una leggera isteria.
Edward sogghignò, parando un suo attacco:- Tutte io!- l’alchimista provò a colpirlo dall’alto, ma il ragazzo si riparò dietro il perno del macchinario e afferrò una seconda spada –E ci faccio esercizio tre ore al giorno!
-E’ ora che ti trovi una ragazza, amico!- commentò l’alchimista.
Sempre combattendo, si spostarono di nuovo fuori dal meccanismo, finendo a ridosso di un carretto; le spade di Ed vennero bloccate da quella dell’avversario.
-Oppure…- ghignò Roy –Può darsi che tu ne abbia già trovata una, ma non abbia avuto il coraggio di corteggiarla come si deve! Non è che…- il suo sorriso si fece doppiamente perfido – Non le piacciono i TAPPETTI?
A quelle parole lo sguardo di Ed si fece di fuoco, e come una furia si scagliò sull’avversario gridando:- CHI SAREBBE LA PULCE ULTRAMINUSCOLA INVISIBILE ALL’OCCHIO UMANO, EH? CHI SAREBBE? CHI?
Resosi conto di aver scatenato un mostro, Roy batté in ritirata.
Ed lo rincorse per il negozio facendo roteare le spade a destra e a manca mentre una quindicina di vene pulsava sulla sua fronte; l’alchimista capì che se non voleva fare la fine dei due tavoli e dello sgabello passati sotto la furia del biondino (essere ridotto a pezzettini era una morte troppo cruenta per i suoi gusti) doveva inventarsi qualcosa, e subito!
Com’era la lista?
Asino, strano meccanismo con ruote, martelli, incudine, barili, spade, ragazzo che dorme, attizzatoio, braci ardenti, mantice e dulcis in fundo nano schizzofrenico con la spada!
Girando in tondo per il locale, elaborò la sua strategia: correndo fece cadere delle travi appoggiate al muro che per qualche secondo travolsero Edward, facendogli cadere una delle spade; la distrazione del suo avversario fu abbastanza per permettere a Roy di raggiungere il camino e, salitoci sopra, afferrare l’enorme mantice.
Quando le tavole si sbriciolarono sotto i colpi del ragazzo, Roy era pronto.
Ed si lanciò su di lui, ma a pochi passi di distanza venne travolto dal getto di polvere e aria del mantice. Prima che potesse capire quello che stava succedendo, un calcio gli fece volare via la spada; il biondo indietreggiò e, quando riuscì a togliersi la polvere dagli occhi, si ritrovò di fronte l’alchimista che gli puntava contro una pistola.
-Giochi sporco…- mormorò, con la gola impastata dalla polvere.
Roy sogghignò, alzando le spalle.
-Alchimista!- spiegò.
Proprio in quel momento un colpo sordo fece tremare la porta: i soldati lo avevano trovato.
Roy si morse il labbro.
La battaglia era durata più a lungo del previsto e soprattutto, grazie a quel biondo scatenato, doveva essersi sentita ovunque.
Si mosse verso l’uscita sul retro del negozio, ma Edward gli si parò davanti.
-Spostati!- ordinò, senza abbassare la pistola.
-No!
I colpi erano sempre più decisi, non mancava molto prima che la porta cedesse.
-Per favore!
-No!- ripetè il ragazzo –Non posso farmi da parte e lasciarti scappare!
Al diavolo le buone maniere!
Roy alzò il cane della pistola, il cerchio alchemico sulla sua mano luccicò leggermente.
-Questo colpo non è per te…- ringhiò.
Fu allora che gli occhi di Ed guizzarono verso un punto indefinito dietro l’alchimista.
Roy si irrigidì.
Ho come una brutta sensazio…
CRASH!
Una bottiglia ancora mezza piena si abbattè sulla nuca del moro, che si accasciò a faccia in giù sul pavimento, svenuto. Dietro di lui, Alphonse sorrideva trionfante.
In contemporanea la porta si spaccò e i soldati, guidati dal commodoro Havoc, irruppero nella bottega.
-Ottimo lavoro, signori!- l’ufficiale abbassò la pistola, congratulandosi con i due ragazzi –Avete contribuito alla cattura di un pericoloso criminale!
-Ma no, commodoro, io ho solo rotto una bottiglia!- disse Al, diventato improvvisamente rosso –E’ mio fratello che…
-Sì sì, certamente!- borbottò Havoc, annusando l’aria –Cos’è questo odore orribile?
Al nascose la bottiglia rotta dietro la schiena:-Ecco, non avevo altro con cui colpirlo se non la bottiglia di olio del signor Armstrong…
-Olio?- domandò il commodoro.
-Per lubrificare quell’affare lì!- spiegò Ed indicando lo strano meccanismo con ruote.
-Capisco…- mormorò Havoc, poi sorrise ai suoi uomini –Confido che ricorderemo questo giorno come quello in cui l’Alchimista di Fuoco è quasi scappato… Portatelo via!

-Ecco qui, miss,- disse Rose, infilando sotto il materasso di Winry un contenitore pieno di tizzoni appena presi dal caminetto –Questo vi terrà bene al caldo! Oggi è stata una giornata difficile per voi…
La ragazza storse il naso, cercando di concentrarsi sul libro che aveva tra le mani.
-Sospettavo che il commodoro si sarebbe dichiarato,- borbottò –Ma devo dire che non ero del tutto preparata…
-Dicevo essere minacciata da quell’alchimista!- precisò la cameriera –Che paura terribile!
Winry annuì distrattamente:- Oh, sì. Una paura terribile…
-Ma il commodoro si è dichiarato, pensa un po’!- continuò Rose con gli occhi che le brillavano –E’ un ottimo partito miss, se non oso troppo nel dire…
-No, è un ottimo partito. E un uomo dabbene, quello che ogni donna sogna di sposare…- la voce di Winry era velata di tristezza e senza che se ne accorgesse, la sua mano scivolò verso il ciondolo di Edward, proprio come aveva fatto quella mattina.
Sembrava passata un’eternità.
Rose la notò.
-Però anche Edward Elric…- disse, indovinando i pensieri della padrona. -E’ un uomo dabbene anche lui!
Scoperta, Winry la fulminò con lo sguardo.
-Adesso osi troppo!- la ammonì a denti stretti.
La cameriera si inchinò:- Chiedo perono, miss. Starò al mio posto.
E detto questo uscì, chiudendo piano la porta.
Winry si rigirò la catena dorata fra le dita, rimuginando sugli eventi della giornata, a cominciare dal mattino fino al suo incontro con l’alchimista.
Ho conosciuto un alchimista! Si rese conto all’improvviso.
Ed era stato esattamente come le aveva detto Havoc anni prima.
Posò il libro sul comodino di fianco al letto.
Era cresciuta per le favole, troppo grande per le storie di spettri, tesori e avventure. Capì che non ci credeva più già da anni, e Roy Mustang non aveva fatto altro che dare il colpo di grazia alle storie della sua infanzia.
Ora basta.
Non aveva ancora finito di formulare quella conclusione che la fiamma della candela ondeggiò e si spense, come vinta da un alito di vento.
Winry rabbrividì.
Le finestre erano tutte chiuse...
Dall’altra parte della città, nella prigione del forte, una persona che credeva ancora alle storie di fantasmi e tesori (soprattutto tesori) ascoltava annoiato i tentativi dei suoi vicini di cella di far avvicinare il cane che teneva le chiavi in bocca.
-Vieni bello, vieni!
-Lo vuoi l’ossetto buono?
-Forza piccino, vieni qua!
-Dai, annusa l’osso!
-Non ti piace?
Roy sospirò:- Potete andare avanti in eterno, quel cane, tanto, non si muove!
I quattro si girarono infastiditi verso di lui.
-Oh, scusa se non ci siamo ancora rassegnati alla forca! Scusa, eh?- disse quello che sembrava il capo.
Poi, tutti insieme si voltarono e ripresero a riempire di complimenti il cane bianco e nero, il quale li guardava perplesso dalla panca di legno sotto cui era sdraiato.
L’Alchimista di Fuoco li ascoltò ridendo sotto i baffi.
Neanche lui si era rassegnato! Sarebbe scappato, in qualche modo, ancora non sapeva quale, ma aveva tutta la notte per pensarci su.
Se solo avesse guardato dalla finestra della sua cella, tra le sbarre avrebbe visto la Luna venire coperta pian piano da una coltre di nubi. Gli ultimi raggi scintillarono sul mare, e, prima che si spegnessero del tutto, sullo scafo di una nave che silenziosa e invisibile scivolava sulle onde.
Dopo un ultimo luccichio color sangue, la nave venne avvolta dalle ombre.
Finalmente, finalmente erano giunti.



Okaaaaaay, ho cercato di fare il finale che mette i brividi e spero di esserci riuscita.... Questo me lo direte voi! :) Mi raccomando, recensite! Non so quando pubblicherò il prossimo capitolo, ma spero di trovare un po' di tempo per dedicarmici ^^ Alla prossima!

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Capitolo 5
*** L'assalto! ***


Caribbean's Alchemists
Caribbean’s Alchemists
La maledizione dell’Acqua Rossa






4.    L’assalto!

Edward chiuse piano la finestra che dava sul retro del negozio: una strana sensazione si era impadronita di lui, come se qualcosa stesse osservando la città immersa nelle tenebre, attendendo il momento buono per… Neanche lui sapeva esattamente cosa e per questo non riusciva a scrollarsi di dosso quell’opprimente senso di attesa, quella calma innaturale che aveva scorto tra i vicoli silenziosi.
-Qualcosa non va, fratellone?- gli chiese Al, lanciandogli un’occhiata preoccupata.
Edward scosse la testa e ricominciò a mettere a posto il negozio:- Solo un gatto.- disse, poco convinto.
Il più piccolo non riuscì a trattenere un sorriso: adorava i gatti, spesso nutriva quelli randagi che giravano intorno alla bottega; una volta aveva anche provato a portarne qualcuno a casa, ma Izumi, la zia con cui vivevano, aveva dato il “no categorico” a tutti gli animali che non fossero polli.
-I gatti non danno da mangiare, sono solo bocche in più!- aveva decretato la donna, così Al aveva rinunciato.
Man mano che sistemavano la bottega, però, i micetti scomparvero dalla mente del ragazzino: nonostante tutto, Edward sembrava ancora preoccupato e assorto nei suoi pensieri; lubrificava gli attrezzi in silenzio, con le sopracciglia corrucciate, le sue pupille vagavano dal tavolo alla finestra sul retro, irrequiete.
Alphonse si avvicinò piano a lui:- Stai ancora pensando a oggi?- domandò.
-No.- rispose Edward, lapidario.
Certo, la storia di quell’alchimista e di Winry gli aveva portato l’umore sin sotto terra, costringendolo a immergersi nel lavoro per non pensarci, ma adesso quella strana tensione aveva prevalso.
Senza che se ne accorgesse nella sua mente si formò un ricordo ben preciso: era solo poco tempo che si era stabilito nel Caribbean; quel giorno una cappa di nubi scure aveva avvolto il cielo, l’aria, così come il mare, era innaturalmente immobile e carica di aspettativa. Ricordava di aver provato la stessa angosciante sensazione, quando Armstrong, vicino a lui, gli aveva spiegato:- E’ la calma prima della tempesta.
La calma prima della tempesta…
Con un brivido si chiese quale tipo di tempesta stava per abbattersi su Reesembol, quella notte.

Il Governatore Huges rabbrividì, sentendo l’umidità fredda della sera penetrare sotto la leggera giubba. Camminando sui bastioni del forte a fianco di Havoc, cercò di non far caso alla nebbia innaturale che stava ricoprendo il mare e nascondendo la luna.
Sembrava pronta per ingoiare la città.
-Mia nipote vi ha dato una risposta?- domandò al commodoro, non riuscendo a sopportare oltre quel silenzio soffocante.
-No, alcuna.- rispose l’ufficiale con un sospiro stanco.
Huges annuì imbarazzato:- Be’, ha avuto una giornata pesante…- cercò di giustificarla con un sorriso.
Anche conversando, non riuscì a distrarsi e il suo sguardo vagò preoccupato nella baia del porto, ormai totalmente nascosta dalla foschia.
Era la prima volta in otto anni che vedeva un fenomeno simile, si chiese se anche Havoc lo avesse notato o se invece la tensione della giornata stesse facendo galoppare troppo la sua immaginazione, portandolo a leggere nelle nuvole basse i più sinistri presagi.
Accellerò il passo: immerso nei suoi pensieri, non si era accorto di essere rimasto leggermente indietro rispetto al commodoro. Quando gli fu di nuovo accostato, guardò l’ufficiale in volto, cercando i segni di un’inquietudine simile alla sua, ma la fronte di Havoc era distesa e l’unica cosa che si leggeva nei suoi occhi era una leggera stanchezza. Niente di più.
Huges si schiarì la gola:- Tempo spettrale, non credete?
Solo in quel momento il giovane parve notare la nebbia crescente, ma ancora sembrava perfettamente tranquillo.
-Tetro, molto tetro.- convenne, osservando il cielo privo di stelle.
Huges si affacciò alla balaustra del forte, tentando di percepire i suoni della città addormentata; per qualche secondo non avvertì niente, poi, d’improvviso, un tonfo ovattato gli arrivò alle orecchie, come se qualcosa fosse caduto nelle acque del porto. Un fischio, prima debolissimo, poi sempre più forte si fece largo tra la foschia.
Non ebbe il tempo di chiedersi cos’era.
-BORDATA!- uno scoppio tremendo, vicinissimo a lui, seguì il grido di Havoc.
Prima che potesse rendersene conto, il commodoro lo spinse a terra, dietro i bastioni di pietra.
E mentre urla concitate cominciavano ad animare il forte, lo sguardo del governatore si posò sulle mura a pochi passi da lui: dove fino a poco fa camminava tranquillo, si era aperto un enorme squarcio nella roccia; detriti e polvere si erano accumulati tutto intorno.
Non ci volle molto prima che altre detonazioni si facessero sentire, insieme alle urla dei feriti.
L’assalto era cominciato.

Roy non poteva credere alle sue orecchie.
All’inizio non era riuscito a capire bene di cosa si trattasse, ma la sua memoria non poteva ingannarlo: conosceva il suono di quei cannoni.
Con il cuore in gola si affacciò alla finestra della cella, scrutando il mare, e lì, in mezzo al porto, con la foschia che si diradava piano a furia di detonazioni, il suo sguardo incontrò la sagoma scarlatta di un veliero a tre alberi.
Rimase senza fiato.
Sembrava impossibile che fosse lì, davanti a lui, eppure avrebbe riconosciuto quella nave tra mille.
Un ghigno di trionfo gli illuminò il volto:- E’ l’Uroboro…
I prigionieri nella cella di fianco alla sua rabbrividirono, scostandosi dalla finestra e facendo scongiuri.
-L’Uroboro!- ansimò il capo, con voce strozzata –So certe storie… Va depredando navi e insediamenti da quasi dieci anni! Nessuno sopravvive al suo passaggio.
L’alchimista si girò verso di loro, il sorriso illuminato dalle scintille dei cannoni.
-Nessuno sopravvive?- domandò con sufficienza –E queste storie da dove provengono?
Il gruppetto indietreggiò alla sua espressione, ancora più spaventati di prima.
Sul mare cominciò a intravedersi il bagliore di torce che avanzavano verso la città, lente ma inarrestabili: scialuppe.

Già alla prima esplosione Edward era corso fuori, brandendo una spada nella mano destra e con due piccole asce appese alla cintura. Aveva costretto Alphonse a tornare a casa: la tempesta era cominciata e non voleva che il suo fratellino ci andasse di mezzo.
Corse per le vie della città, verso il porto, le strade si animavano di gente che fuggiva o si armava, pronta a sostenere l’assalto.
Le scialuppe nel frattempo si erano finalmente arenate sulla spiaggia; gli alchimisti scesero a terra, lanciando urla terrificanti. Una donna dai lunghi capelli neri cominciò a correre verso la parte alta della città, in direzione del forte, seguita da un uomo più largo che altro che sbavava con un sorriso inquietante stampato sul volto; un altro gruppo si diresse verso la città, a guidarlo un ragazzo magro con i capelli verde scuro fermati da una fascia. Dietro di lui un uomo più adulto dai tratti affilati incitava gli altri, l’occhio sinistro sembrava fatto di vetro.
-Svelti, topi di fogna!- gridò il ragazzo, dopo che ebbe adocchiato quella che sembrava la casa del governatore.
Con una risata sguaiata, gli alchimisti si precipitarono sulla città; passando, scagliavano le torce accese sui tetti fragili dei magazzini, che presero fuoco immediatamente, riempiendo le strade di luce cupa e tremolante.
Mentre un gruppo continuava a correre verso la casa di Huges, tutti gli altri si dispersero nei vicoli, irrompendo in ogni casa e bottega.
Lì, Edward li intercettò: con un colpo d’ascia ben assestato, riuscì a ucciderne subito uno. Gettandosi nel combattimento, lanciò un’occhiata veloce alla sua vittima, un tipo basso dai folti capelli nerastri, poi recuperò l’ascia e si unì agli altri uomini della città.
-E uno è andato!- pensò, sguainando la spada.

Winry osservava la città in fiamme dal suo balcone quando vide il gruppetto di assalitori sfondare il cancello della villa.
Terrorizzata, scese di corsa le scale che portavano al piano terra, ma era già troppo tardi: qualcuno bussava insistentemente alla porta e il maggiordomo già si dirigeva tranquillo ad aprirla! La ragazza non fece neanche in tempo a gridare: gli alchimisti fecero irruzione in casa, mentre il corpo del servitore cadeva a terra trafitto da una spada.
-Lassù!- gridò un tipo alto dai capelli corvini. –Lassù!
La paura la fece scattare verso la sua stanza. Chiuse la porta e provò a spingerci davanti la scrivania, quando una mano le si posò sulla spalla.
-Miss Rockbell!
Gridò, prima di rendersi conto che a toccarla era stata Rose.
Si ripararono dietro il paravento, colpi energici cominciavano già a scuotere le maniglie.
-Miss Rockbell! Sono qui per rapire voi!- sussurrò Rose, con la voce strozzata dalla paura.
Winry spalancò gli occhi:- Cosa?- perché proprio lei?
La cameriera era quasi in lacrime:-Siete la pupilla del governatore!
Un brivido scosse la ragazza, mentre lo stomaco le si attorcigliava: no, qualcosa le suggeriva che non era per il legame tra lei e Huges…
I colpi si fecero più forti.
Nel panico, prese Rose per le spalle:- Ascolta, non ti hanno ancora vista! Corri al forte e avverti il commodoro!- le ordinò.
La cameriera fece appena in tempo ad annuire, prima che i cardini cedessero del tutto. La porta si schiantò al suolo e due uomini fecero irruzione nella stanza.
Il più basso scattò verso la camera da letto, dove aveva intravisto un lembo della vestaglia di Winry; si precipitò dentro, troppo velocemente per accorgersi di qualcosa che volava verso la sua faccia.
-Ma cos- lo scaldaletto di Winry lo prese in pieno. Il ragazzo barcollò per un istante, prima di schiantarsi al suolo.
Il moro, invece non si fece trovare impreparato: appena provò a colpirlo, afferrò il braccio della giovane, costringendola a tenerlo alto sopra la testa.
-Ah ah! Presa!- gongolò –E che farai adesso?
Il sorriso sadico della ragazza gli gelò il sangue nelle vene: Winry tirò la leva per l’apertura e il carbone incandescente si riversò sulla testa del tizio, permettendole di scappare.
-Aiuto! Envy, sto bruciando! Brucio!- gridò quello al suo compagno, che era appena rinvenuto con un fortissimo dolore alla testa e molta, molta rabbia.
-Non essere ridicolo, Greed! Andiamo!- e lo strattonò via.
Esplorarono le stanze di Winry, non riuscendo a trovarla da nessuna parte; quando vide la finestra aperta nel salottino privato, Envy imprecò dalla rabbia: il capitano non sarebbe stato felice di questo, proprio per niente!
-Non andrà lontano…- pensò, inspirando profondamente.
Lui e Greed chiusero gli occhi, concentrandosi; non ci volle molto prima che lo sentissero: era ancora lì in quella stanza.
Sul volto di Envy apparve un ghigno appena notò il lembo ripiegato di un tappeto, giusto vicino alle porte di un armadio.
-Lo so che sei qui, bambolina.- sibilò, minaccioso.
-Bambolina?- gli fece eco Greed.
Il ragazzo avanzò verso l’armadio:- Esci!- ordinò –E ti prometto che non ti farò alcun male.
L’altro lo guardò delusissimo:-Eh?
Envy gli scoccò un’occhiata eloquente, prima di continuare:- Ti troveremo, bambolina…
Dietro le ante, Winry tratteneva il respiro, paralizzata dalla paura. Improvvisamente le sembrava che il ciondolo di Edward fosse sempre più pesante, che la tirasse fuori dal suo nascondiglio.
I due erano ormai vicinissimi:- Tu hai qualcosa di nostro che a gran voce ci chiama…- sibilò il più basso, fermandosi davanti all’armadio.
Ghignò:- E’ l’oro ciò che ci chiama!
Winry strinse il medaglione.
-Oro, oooooro!- sentì mormorare, poi la luce si affievolì e tra le ante riuscì a scorgere il sorriso di Envy.
-Ciao, bambolina!- e l’armadio si spalancò.
-PARLEY!
Il grido della ragazza bloccò i due alchimisti, che la fissarono sbalorditi.
-Cosa?- biascicò Envy dopo un attimo di smarrimento.
-Parley,- Winry balbettava, ma cercò di farsi coraggio –Invoco il diritto a parlamentare. Secondo il Codice della Fratellanza istituito dagli alchimisti Nicolas Flamel e Maria l’Ebrea, dovete portarmi dal capitano!
Il verde annuì:- Lo conosco, il Codice…
-Se un avversario si appella al parley, non è concesso torturarlo finchè il parley non è finito!- concluse la ragazza, ripetendo a memoria la clausola che aveva letto tante volte nei suoi libri.
Con un ringhio Greed le puntò contro la spada:- Bruci all’Inferno, il tuo parley!
-Vuole essere portata dal capitano!- lo interruppe Envy, prima di rivolgere alla ragazza un sorriso per niente rassicurante –E lo sarà, senza fiatare: dobbiamo onorare il codice…
Winry era paralizzata dalla paura. Stava per affrontare il capo di quegli esseri spregevoli: ce l’avrebbe fatta?

-Dimmi addio!- ringhiò l’alchimista, prima che l’insegna di un negozio si staccasse dai sui sostegni, finendogli addosso. Edward si spostò appena in tempo, ma invece di andare via subito si voltò verso la finestra dove si era schiantato il suo avversario.
-Addio!- gli disse, ironico: l’educazione prima di tutto, eh!
Un grido attirò le sua attenzione; si girò giusto in tempo per vedere Winry essere trascinata via da due alchimisti, giù verso il porto.
Con orrore provò a chiamarla:- Winry!
La ragazza si girò di scatto, facendo appena in tempo a rivolgergli uno sguardo spaventato, prima di essere spinta lontano dai suoi rapitori.
Ed fece per partire all’inseguimento, ma un nemico gli sbarrò la strada.
-Salve!- ghignò un piccoletto dai disordinati capelli nerastri.
Il ragazzo lo fissò per un attimo, confuso: era abbastanza sicuro che… Quello non era il tizio che aveva ucciso giusto un attimo prima con l’ascia?
Nella sua distrazione non si rese conto degli alchimisti che gli stavano passando dietro; un forte colpo alla testa lo abbatté a terra, privo di sensi.
Il suo ultimo pensiero, prima di svenire, fu per Winry.
Poi cadde il silenzio.

-Quella palla di cannone…- si disse Roy, affacciato alla finestra della sua cella –Sembra venire proprio da quest- MERDA!
Si spostò dalla finestra con uno scatto, giusto in tempo per evitare la salva che si schiantò contro il muro delle prigioni. Quando il fumo si diradò, l’alchimista potè vedere i suoi compagni di prigionia scappare allegramente dal buco aperto nella parete: il proiettile ne aveva fatta esplodere una grossa porzione quasi a metà tra le due celle.
Quasi.
Dalla parte di Mustang si riusciva a malapena a infilare il braccio.
L’ultimo degli ex prigionieri gli rivolse un sorriso sdentato:- Ossequi, amico mio! Non hai un minimo di fortuna!- e sparì nel buio.
Roy si tirò su, spazzolando la polvere via dai vestiti, e sbuffò. Se questa non era sfiga! Gli ricordava una certa legge, non proprio alchemica, che gli era capitata sott’occhio un po’ di tempo fa… La legge di Mufty? Mulpy? Forse Murphy, non ne era sicuro.
-Perfetta dimostrazione sul campo!- borbottò, indignato.
E adesso? Non voleva certo rimanere in quella cella fino all’alba (i soldatini, dopo l’attacco, sarebbero stati doppiamente felici di impiccarlo); provò a infilarsi nel buco nella parete, ma dopo essersi scorticato il braccio fino al gomito si arrese: niente via d’uscita lì.
Passare nell’altra prigione e poi uscire era ancora più improbabile, ma esaminandone il pavimento vide qualcosa di cui si era dimenticato. Un ghigno di trionfo gli illuminò il volto: aveva un’idea.
Un fischiettio svegliò il cagnolino bianco e nero, che era ancora lì, tranquillo e incurante della battaglia che imperversava tutt’intorno.
-Ehi cagnetto, lo vuoi un bell’osso tutto per te?- gli chiedeva Roy, suadente, mentre faceva sporgere il suddetto osso dalle sbarre della cella.
Il piccolo, un husky, drizzò le orecchie, interessato. Le chiavi tintinnavano appese alla sua bocca.
-Rimarrà tra noi due, eh?- continuò l’alchimista –Fra te e lo zio Roy! Avanti, so che lo vuoi!
Ed effettivamente il cucciolo si alzò e fece qualche timido passetto verso di lui. Roy sentiva già la vittoria in pugno.
Riprese a incoraggiarlo:- Bravo, bravissimo! Più vicino!
A mezzo metro dalla cella, il cane si fermò, come combattuto fra il senso del dovere e quell’osso succulento che di certo sembrava molto più invitante del pane secco che gli davano al forte.
-Avanti, rognosissimo bastardo!!- ringhiò Roy, sforzandosi di sorridere.
Il cucciolo sporse un po’ il muso verso di lui e…
Con un fracasso tremendo, un corpo rotolò giù dalle scale, spaventando l’husky che trottò via con le chiavi.
-NO! Cagnetto, torna qui! Sei adorabile, lo giuro!- provò a fermarlo l’alchimista, ma si bloccò.
Due figure erano apparse nei sotterranei: uno era un uomo più largo che alto, calvo e con le braccia gigantesche; esaminava il cadavere come fossero prelibatezze culinarie. L’altra una ragazza magra e slanciata, bella, bellissima e sensuale, con lunghi capelli nero pece e occhi penetranti che inchiodavano. E in quel momento erano puntati su Roy.
-Bene, bene, bene…- la sua voce era vellutata, ma dava i brividi.
Si avvicinò alla cella; sembrava lievemente sorpresa, ma sorrideva minacciosa:- Guarda un po’ chi abbiamo qui, Gluttony.
Il ciccione le si accostò con un ghigno ebete in faccia.
-L’Alchimista di Fuoco!- scandì la donna, sostenendosi alla sbarre.
Roy sorrise di rimando, benché non fosse affatto felice di rivedere quella strega.
-Di Fuoco!- le fece eco Gluttony, ridacchiando.
-L’ultima volta che ti ho visto,- continuò lei, in un sussurro –Eri tutto solo, su un’isola dimenticata da Dio, sempre più lontano e piccolo…- rise –La tua sorte non sembra molto migliorata….
Roy la interruppe:- Volgiamo parlare della tua sorte, Lust? Il girone peggiore dell’Inferno è riservato ai traditori!
Non fece quasi in tempo a finire: una furia cieca si impadronì degli occhi di Lust e, in un secondo, Roy si ritrovò la gola pericolosamente in mezzo a due lame affilate. Lame sottili e nere.
Le seguì con lo sguardo e fu scosso da un brivido: spuntavano direttamente dalle unghie della donna.
-Ah, una maledizione… è interessante!- provò a ironizzare.
Lust gli rivolse uno sguardo carico d’odio:-Non sai niente dell’Inferno!
Con uno scatto le lame si ritirarono e i due sparirono nel buio del corridoio, silenziosi come ombre. Roy si massaggiò la gola; un sottile rivolo di sangue gli scivolò tra le dita, ma l’alchimista sorrideva.
-E’ molto interessante…

Winry fu tirata sul ponte di peso; appena mise piede sulle assi bagnate, la sua determinazione scomparve, sostituita dal terrore: tutta la nave era dipinta di un rosso cupo, quasi nero; la luce delle fiaccole lo riempiva di mille altre sinistre sfumature, facendolo sembrare sangue secco. Con orrore immaginò prigionieri sgozzati per dipingere ogni tavola di quel veliero maledetto. Ebbe un conato ai suoi stessi pensieri, ma nessuno se ne accorse: tutto l’equipaggio era occupato a trasportare il bottino sulla nave, o si dava da fare con i cannoni.
La ragazza rabbrividì: c’era qualcosa di non umano in loro; erano tutti pallidissimi, tutti con quegl’inquietanti occhi violetti… E il tatuaggio: sulla pelle di ognuno di loro, in punti diversi, ma sempre in mostra, c’era tatuato un Uroboro.
Anche i due che l’avevano portata lì non si curavano più di lei, limitandosi a starle ai lati per impedire che scappasse, o che qualcuno se la prendesse.
Entrambi fissavano qualcosa a poppa, vicino al timone. Winry seguì i loro sguardi e fu allora che lo vide: un uomo stava in piedi, come una statua di marmo, guardava la città in fiamme senza parlare. Una scimmia stava appollaiata sulla sua spalla.
Winry non avrebbe saputo spiegare perché, ma quell’uomo da solo la spaventava più di tutti gli altri.
-Ora si fanno prigionieri? Non sapevo!- la voce tagliente di una donna la distrasse dai suoi pensieri.
Lust, appena salita sulla nave, la squadrava con disprezzo.
-Ha invocato il diritto di parlare con il capitano.- spiegò Envy.
Winry decise di prendere in mano la situazione: chiunque fosse quella donna, non si sarebbe fatta mettere i piedi in testa. Raccolse tutto il coraggio che aveva e avanzò cercando di non tremare.
-Sono qui per negoziar- il sonoro schiaffo di Lust la zittì.
La guardò spaventata, massaggiandosi la guancia dolente; la mano dell’alchimista era ancora alzata, pronta a colpire. Una piccola folla si stava radunando intorno a loro.
-Tu parli quando te lo dirò io!- ringhiò la mora.
Un’altra mano, più grande, le strinse il polso, non con forza ma decisa: un uomo sulla sessantina era comparso vicino a lei. Come tutti gli altri era pallido, dagli ordinati capelli scuri; una benda nera gli copriva l’occhio sinistro e una scimmia era appollaiata sulla sua spalla.
Winry rabbrividì: era lui, l’uomo che fissava la città giusto un attimo prima!
-E tu non alzerai un dito su chi è sotto la protezione del parley.- disse il nuovo arrivato, rivolgendosi a Lust.
La donna trattenne un ringhio:-Sissignore!- rivolse un’ultima occhiata d’odio a Winry prima di farsi indietro.
Con un sorriso, l’uomo si portò di fronte alla ragazza:-Vi porgo le mie scuse, sono il Capitano King Bradley.
-Capitano Bradley…- cominciò Winry, cercando di sembrare decisa –Sono qui per negoziare la cessazione delle ostilità contro Resebool.
Lui ridacchiò:-Oh, quanti altisonanti paroloni in una volta! Noi non siamo che umili alchimisti.- poi il suo sorriso si fece più affilato –Che cos’è che volete?
-Che ve ne andiate per non tornare mai più!
Una sonora risata di scherno scosse tutta la ciurma; forse cominciavano a crederla pazza.
-Non sono incline a ottemperare alla vostra richiesta.- rispose il capitano con un sogghigno –Vuol dire “no”!- aggiunse, quando Winry aggrottò le sopracciglia.
Gli alchimisti risero ancora.
-Molto bene!- La ragazza si sporse dal parapetto, nella sua mano scintillava il medaglione dorato –Lo darò al mare!
I presenti erano ammutoliti, irrigiditi all’improvviso. Gli occhi di tutti erano puntati sul ciondolo.
Dalla bocca di Bradley uscì una risata nervosa:-Le mie stive traboccano di tesori, dovrebbe importarmi di quel pendaglio?- nonostante volesse sembrare a suo agio, la mascella contratta tradiva il suo nervosismo.
-E’ quello che state cercando!- dichiarò Winry, sicura –Riconosco questa nave, l’ho vista otto anni or sono arrivando da Amestris!
-Voi dite?- ribattè il capitano.
Li osservò: non perdevano di vista la sua mano.
-Bene… Visto che non è di nessuna utilità, non c’è motivo per non liberarmene!- il suono della catena che scorreva tra le sue dita fece sussultare tutto l’equipaggio! Ogni uomo fece istintivamente un passo verso di lei, terrorizzato.
Un sorriso di trionfo apparve sul volto della ragazza.
Il capitano le si avvicinò cautamente:- Avete un nome, mia cara?- chiese con un ghigno nervoso.
-Winry…- si bloccò, rendendosi conto che non sapevano chi era -…Elric. Domestica in casa del governatore.- non era il caso di dire la verità.
Invece, la risposta sembrò piacere molto a Bradley.
-Miss Elric!- scandì, rivolgendosi ai suoi uomini.
Un mormorio confuso dilagò tra loro; la ragazza riuscì a distinguere solo poche parole, qualcosa come “Alchimista della Luce” e “Hoheneim”.
-E come può una domestica possedere un simile ninnolo? L’avete… ereditato, diciamo?- le chiese ancora il capitano.
-Non insinuerete che l’abbia rubato!- ribattè lei.
-Molto bene!- Bradley allungò la mano aperta verso il ciondolo –Consegnatemelo e noi faremo rotta altrove, per non tornare!
Winry strinse la catena, ancora sospettosa, poi, finalmente, il ciondolo finì tra le dita dell’alchimista.
Questi lo rimirò per un attimo, prima di consegnarlo alla scimmia sulla sua spalla, che sgattaiolò via, arrampicandosi sulle sartie.
-E il patto?- balbettò la ragazza.
Bradley si girò per andarsene, facendo un segno a Lust.
-Fate tacere i cannoni!- gridò lei –Preparatevi a salpare di nuovo.
Mentre gli ordini volavano sul ponte, Winry rincorse il capitano con un orribile presentimento.
-Dovete riportarmi a terra!- gli gridò, raggiuntolo –Secondo il codice della Fratellanza-
-Primo!- la interruppe lui, girandosi di scatto, una luce inquietante brillava nell’unico occhio sano –Riportarvi a terra non faceva parte del nostro patto né del negoziato: non devo fare nulla! Secondo, dovete esser un’alchimista affichè il codice valga, e non lo siete! E terzo, il Codice è più che altro una sorta di traccia che un vero regolamento…- il suo sorriso di fece affilato come quello di uno squalo –Benvenuta a bordo dell’Uroboro, miss Elric!

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... ... Ehm... (l'autrice prova a scappare, ma i personaggi la rispediscono indetro) Traditori! Vi ucciderò tutti quanti alla fine della fic!!! **
... ... Comunque... Non ho giustificazioni, lo so! Se non che i capitoli con battaglie sono i più difficli in assoluto da scrivere, infatti non sono completamente soddisfatta di come mi è venuto questo, ma non potevo neanche attendere oltre per aggiornare. Avevo pensato di dividere l'attacco in due capitoli, ma sempre per questioni di tempo ho deciso di unirli, spero sia meno terribile di come è sembrato a me!

Per farmi perdonare del ritardo più che mostruoso, ho fatto un trailer della Fanfiction di cui riporto sotto il link ^^
Fortunatamente da questo capitolo in poi non c'è più il rischio di rovinarvi la sorpresa: ormai la maggior parte dei protagonisti è stata presentata :)
Ecco il link:
http://www.youtube.com/watch?v=N2U3ahrDOO4

E ora le recensioni (bravi a tutti quelli che hanno indovinato l'identità del cagnolino: è propio Black Hayate ^^)

MartaAka97: Sì, purtroppo non sono riuscita a far bene lo stacco tra la battaglia e la scena dopo :( Neanche questo capitolo è venuto benissimo, purtroppo, ma non potevo proprio aspettare ancora!

melanita: Grazie e mille! ^^ Spero di non averti deluso fra ritardi e capitolo così così!

Una Certa Ragazza: Sai che all'inizio volevo dare il ruolo a Scar? Il mio amore per lui mi ha accecata (Scar!!! <3 **), ma alla fine ho capito che è troppo serio per fare Jack e restare IC! Per fortuna, perchè Roy mi è venuto proprio bene e non mi pento affatto della scelta ^^

Silvery Lugia: MAI!! Non mi arrenderò mai! ** Anche se è l'anno della maturità, io finirò questa fanfiction, dovessi impiegarci cent'anni!... ... Be', speriamo di no, ho già accumulato abbastanza ritardo :(

Risponderò alle prossime recensioni direttamente come messaggio, senza aspettare il prossimo cap :)

A presto! ;)
 


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Capitolo 6
*** Patto col Diavolo ***


5. Patto col Diavolo
 
-Si sta svegliando! Alphonse, portami dell'acqua.- la voce lontana della zia Izumi arrivò alle orecchie ronzanti di Ed.
Il ragazzo riaprì gli occhi pian piano, ritrovandosi a fissare il viso preoccupato della donna.
-Come ti senti?- gli chiese preoccupata.
Edward grugnì:- Uno straccio.
A fatica si alzò e bevve qualche sorso dal bicchiere allungatogli dal fratellino.
La testa gli pulsava dolorosamente, come se gli fosse caduto sopra lo strano meccanismo con ruote; dannati alchimisti! Appena gli fossero capitati sotto tiro si sarebbero pentiti di aver…
-WINRY!- gridò, ricordandosi all’improvviso gli eventi della sera prima -Hanno rapito miss Rockbell!
Nonostante i giramenti di testa, saltò giù dal letto, mettendosi la giacca in fretta e furia. Al e Izumi lo guardavano allibiti.
-Ed, che pensi di fare?- chiese il minore, preoccupato.
-Andare a cercarla, mi sembra ovvio!- e uscì sbattendo la porta.
Corse in direzione del forte, per le strade della città poté vedere la devastazione provocata dall’attacco; poche porte erano rimaste in piedi, le macerie degli edifici sfondati dalle cannonate ostruivano il cammino e lo rallentavano.
Dappertutto feriti e morti.
Stringendo i denti si ripromise di far pagare anche questo a quei maledetti!
Finalmente raggiunse la sua meta.
Schivando un paio di soldati troppo impegnati a trasportare detriti e vittime, riuscì a sgusciare all’interno e non impiegò molto a trovare sia il commodoro che il governatore; i due discutevano tra loro all’ombra del porticato, sul tavolo era appoggiata una larga mappa.
Senza far caso alle occhiate severe dei soldati, si piazzò davanti al commodoro.
-L’hanno presa,- ansimò –Hanno preso Winry!
Havoc non alzò lo sguardo dalla cartina:- Signor Breda, porti via questo ragazzo.
Ed si scostò dalla presa della guardia:- Bisogna riuscire a scovarli, dobbiamo salvarla!- insistette.
Il governatore Huges lo fissò. I suoi occhi erano pieni di dolore e rabbia.
-E da dove proporreste di cominciare?- ringhiò –Se avete qualche informazione su mia nipote, mettetecene a parte!
Ed boccheggiò e tacque. Era furioso ma anche impotente; non aveva la più pallida idea di come inseguire gli alchimisti.
Stava per andarsene a testa bassa, quando la voce timida di Fury ruppe il silenzio.
-Quel Roy Mustang,- cominciò il moro titubante. Gli sguardi di tutti si puntarono su di lui –Ci ha raccontato dell’Uroboro.
-L’ha menzionata, di sfuggita.- precisò Breda.
Il ragazzo sentì rinascere la speranza.
L’alchimista non gli piaceva affatto, ma avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di salvare Winry, fosse stato anche scendere a patti con lui.
-Chiedetegli dove sia!- consigliò al commodoro –Trovate un accordo, potrebbe condurci ad essa!
Ma Havoc scosse la testa, tornando a guardare la mappa:- Gli alchimisti che hanno invaso il forte hanno lasciato Mustang in cella, ergo non sono suoi alleati!
Mentre la rabbia montava dentro Edward, l’ufficiale tornò a rivolgersi a Huges:- Governatore, stabiliremo la probabile rotta e…-
-QUESTO NON E’ ABBASTANZA!- urlò il ragazzo, colpendo la mappa con i pugni.
Fissò Havoc negli occhi, furente, ma lui non distolse lo sguardo, anzi, ricambiò con altrettanto astio, in occhiate e parole.
-Signor Elric,- scandì a denti stretti –Voi non siete un militare né un marinaio; voi siete un fabbro. E questo non è il momento per atti avventati!- concluse, trascinandolo a forza fuori dal porticato.
Quando furono a debita distanza dal governatore, una nota di sofferenza passò negli occhi del giovane ufficiale e trapassò Edward.
-Non commettete l’errore di pensare di essere unicamente voi a tenere a Winry.- mormorò, prima di lasciargli il braccio e tornare alle sue cartine.
Il ragazzo si massaggiò la spalla indolenzita. Credeva di capire le emozioni del commodoro, ma non riusciva a fidarsi dei suoi metodi; avrebbe trovato la ragazza per conto suo, come gli sembrava più opportuno e con chi gli sembrava più opportuno.
Infilandosi non visto nel corridoio che portava alle celle, ebbe la brutta sensazione di star per suggellare un patto col diavolo.
 
-Ti prego, ti prego…- ringhiò Mustang a denti stretti, borbottando in contemporanea imprecazioni più e meno colorite contro il cane, i cannoni e quel benedetto osso che non riusciva nemmeno ad aprire la serratura della sua cella.
Un rumore improvviso lo fece scattare all’interno della cella; si sdraiò fingendosi appena svegliato.
Aveva dimenticato l’osso nella serratura!
Merda!
Non ci fu tempo per i ripensamenti; davanti a lui comparve improvvisamente il nanetto biondo del giorno prima.
-Tu, Mustang!- lo apostrofò.
L’alchimista alzò appena la testa, esibendo la sua migliore faccia di bronzo.
-Sì?
-Conosci bene quella nave, l’Uroboro?
Uh, ma guarda un po’! Gli stava sul serio chiedendo informazioni sulla nave maledetta?
Si riaccomodò sul pavimento, ignorandolo.
-La conosco, sì…- rispose, vago.
-Dove si mette alla fonda?
A quella domanda rischiò seriamente di mettersi a ridere in faccia al nanetto.
-Non hai sentito le storie?- domandò con un sorriso serafico.
Lo sguardo corrucciato del biondino gli fece presupporre di no.
Sospirò:- Capitan Bradley e la sua ciurma di manigoldi,- spiegò agitando vagamente un dito in aria –Salpano dalla temuta Isla de Muerta; un’isola per chiunque introvabile, a parte…
Si tirò su e guardò Ed con un sorrisetto:- A parte per coloro che sanno già dove sia!
Gli istinti omicidi che il ragazzo provava per l’alchimista si stavano decisamente moltiplicando.
-Quella è una nave vera,- ringhiò cercando di controllare la rabbia. -Quindi dovranno ormeggiarla in un posto vero! Qual è?
Roy ora si puliva le unghie, indifferente:- Perché lo chiedi a me?
-Perché sei un alchimista.
-E vuoi diventare un alchimista anche tu?
Ed non riuscì più a trattenersi e colpì le sbarre della cella con un pugno.
-Mai!- disse a denti stretti.
Il moro non si scompose e tornò a guardarsi le unghie.
Il ragazzo ne avrebbe fatto volentieri a meno, quell’alchimista era davvero bravo a farlo andare su tutte le furie. Non se la sentiva di arrendersi per così poco e fece un ultimo tentativo.
-Hanno preso miss Rockbell.- confessò.
-Oh, quindi c’è una fanciulla di mezzo!- esclamò Mustang tirandosi a sedere. Quella conversazione cominciava a pendere una piega interessante.
-Ebbene, se intendi partire e correre in suo aiuto e conquistare così il cuore della dama,- esibì un sorriso sornione –Dovrai farlo da solo, amico. Io non vedo un profitto per me!
-Ti tirerei fuori di qui.
-E come? Le chiavi sono scappate!- grugnì Roy, lanciando mentalmente l’ennesimo augurio di morte prematura al cane.
Edward però sorrise:- Queste celle le ho costruite io; sono cerniere con mezzi perni.- spiegò.
Incuriosito, l’alchimista lo osservò sollevare una panca di legno e incastrarla tra le sbarre. Era piuttosto forte per essere un nanetto! E… gli ricordava qualcuno.
-Con la leva giusta e l’applicazione di una forza adeguata la porta si sfilerà!- concluse il biondo, trionfante.
Roy non aveva capito molto della spiegazione, in realtà non poteva interessargli di meno, invece continuò ad osservare gli occhi castano dorati del giovane.
Era più che sicuro di averli già visti.
-Come ti chiami, ragazzo?- gli chiese, assorto.
-Edward Erlic.- rispose.
Gli occhi dell’alchimista luccicarono:- Edward, eh? Un bel nome, ma… scommetto che il cognome è quello di tua madre.
Il biondo sentì un brivido lungo la schiena; come faceva quell’uomo a saperlo?
Non ebbe il tempo di farsi altre domande; Roy si era alzato e ora lo guardava negli occhi.
-Bene, Edward Elric, ho cambiato idea!- esordì –Se mi liberi da questa cella, giuro sulle pene dell’Inferno che tu condurrò all’Uoroboro e alla tua fanciulletta. Abbiamo un accordo?
Edward fissò la mano tesa dell’alchimista. Alla fine la strinse.
-Accetto!- disse, sicuro.
-Accetti! E tirami fuori, maledizione!!
Con un movimento fluido, il ragazzo sollevò la panca e la porta della cella si scardinò con un tonfo metallico.
-Corri, potrebbero aver sentito!
Roy sgusciò via dalla cella:- Ah, no! Non senza i miei effetti!
Mezz’ora dopo, l’alchimista aveva di nuovo il suo orologio, la spada e la pistola. Con il ragazzo a carponi vicino a lui, osservavano le due navi ancorate nella baia di Resembool.
-Ruberemo una nave?- domandò il biondo, titubante –Quella nave?
Roy sbuffò:- Requisiamo! Siamo qui per requisire quella nave!
Non era ovvio?
Mentre osservava i bravi soldatini farsi in quattro sui moli, il suo cervello lavorava frenetico; il piano prendeva forma, e non c’era possibilità di fallimento!
-Parliamo un po’ degli affari tuoi, o andare è inutile.- squadrò il suo giovane complice –Quella ragazza, quanto sei pronto a spingerti oltre per salvarla?
-Morirei per lei!- dichiarò l’Erlic con sincerità.
Il sorriso che gli rivolse Mustang non fu affatto rassicurante.
-Oh, bene! Tutto a posto allora!- esclamò l’alchimista, giulivo.
Il brivido che scorse sulla schiena di Ed fu troppo inquietante perché il ragazzo si accorgesse dell’ombra che li aveva seguiti, una figura che da molto tempo origliava la loro conversazione…

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Questa volta giuro e spergiuro che non è colpa mia!!! ç__ç Abbiate pietà, sono caduta vittima cuore e penna di un inglese con un sorriso meravilgioso e due occhioni fantastici! Grr, maledetto, te! Lo ammetto, ho passato gli ultimi tempi ad adorare Tom Hiddleston e Loki trascurando i nostri alchimisti, perdono!
Comunque, spero ci siate ancora, miei "25 lettori" perchè io non mollo! ^^ Il capitolo è un po' cortino, lo so, ma sto sperimentando una nuova tecnica: capitoli brevi e che si fermano proprio nel punto di maggior suspance! Lo faccio perchè sono cattiva? Un po' u.u Ma anche perchè così dovrei riuscire a scriverli più in fretta.
Dunque, cosa progetta l'Alchimista di Fuoco?
Chi è vermente Edward?
Che legame ha con lui Alphonse?
E chi è l'ombra misteriosa?
(No, mi avete scoperta: sono cattiva e basta, muhuahuahhaha!!)
La risposta a questi e altri interrogativi la troverete nelle prossime puntate, per ora aspetto recensioni, vi ricordo il video trailer di cui troverete sotto il link e LIVING LA VIDA LOKI!!! guidate con prudenza!

Alla prossima!! :)

http://www.youtube.com/watch?v=N2U3ahrDOO4

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