Artù re di Camelot di mindyxx (/viewuser.php?uid=57739)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 1 *** capitolo 1 ***
Disclaimer: i
personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è
stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia,
romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi:
Arthur - Gwen - Merlin - Lancillotto
Artù
re di Camelot
Prologo
Arthur e
Merlin, dopo aver sconfitto il drago, lasciarono la radura e
s’incamminarono verso il castello osservando la devastazione
che regnava intorno a loro.
L’ultima
incursione della creatura incantata aveva provocato seri danni alle
abitazioni. Piccoli falò ardevano sprigionando dense nubi
fosche che s’innalzavano in cielo rendendo il paesaggio
notturno ancora più tetro e lugubre. A terra si contavano
innumerevoli corpi senza vita di chi aveva cercato di combattere o,
semplicemente, di chi aveva provato a fuggire senza riuscirci.
Se
l’ultimo scontro si fosse svolto all’interno delle
mura, la città sarebbe stata distrutta, non avrebbe retto a
un’altra incursione del grande drago. Arthur e Merlin ne
erano consapevoli e, pur essendo sconvolti per ciò che era
accaduto, erano felici per aver impedito che il regno fosse
completamente devastato dalla furia della bestia.
Con passo
sicuro si diressero verso il centro della grande piazza. Ci sarebbe
stato molto lavoro da fare ma, rimboccandosi le maniche, erano certi
che sarebbero riusciti a riportare Camelot all’antico
splendore.
Mentre
camminavano, osservando e valutando i danni, Gwen li raggiunse e senza
esitare gettò le braccia al collo del giovane principe.
«Ho temuto per voi, mio signore, ho avuto paura per la vostra
vita».
Arthur,
sorpreso, ricambiò l’abbraccio della serva, poi
volse lo sguardo verso il fidato valletto. Non riusciva a credere che
quel ragazzo così esile, e senza la minima preparazione
nell’arte della guerra, avesse voluto seguirlo in
quell’avventura, che lui stesso aveva considerato al pari di
un suicidio, solo per potergli stare accanto e condividerne la sorte,
qualunque essa fosse.
Con infinito
stupore si ritrovò a riflettere sull’immensa
fortuna che ebbe, due anni prima, a incontrarlo e vedendolo stretto tra
le braccia del vecchio Gaius pensò che avrebbe voluto essere
al posto del cerusico, per poterlo stringere amichevolmente ed
esprimergli, finalmente, la sua gratitudine per ogni volta che,
sprezzante del pericolo, l’aveva seguito in combattimenti
rischiosi senza preoccuparsi per la propria incolumità.
Un giorno,
quando fosse divenuto re, avrebbe ricompensato quell’esile
ragazzotto dandogli il posto che meritava per essersi sempre comportato
in modo eroico, il posto che si era conquistato e che, purtroppo, a
causa delle sue umili origini non gli sarebbe mai stato riconosciuto
finché Uther avesse governato Camelot.
Certo che un
giorno avrebbe mantenuto tale promessa, Arthur sorrise e si
allontanò con Gwen saldamente ancorata al suo braccio mentre
Merlin lo seguiva con lo sguardo.
Il giovane
mago era felice per aver contribuito, o meglio, per essere stato
l’artefice dello scampato pericolo, ma si
sentiva stranamente a disagio.
Vedere
l’ancella al braccio del principe, pur sapendo che era quanto
Arthur desiderava, gli faceva male e non riusciva a spiegarsene la
ragione.
Staccandosi
dall’affettuosa stretta di Gaius, con lui al fianco si
diresse verso casa. I giorni a venire sarebbero stati lunghi e faticosi
ma Camelot, ad ogni costo, avrebbe dovuto ritrovare l’antico
splendore.
Capitolo
1
Merlin, dopo
una notte di meritato riposo, risvegliato dai rumori provenienti dalla
piazza si alzò dal letto svogliatamente. Per una volta
avrebbe voluto poltrire, in
fondo era un eroe. Era solo merito suo se Camelot non era
stata distrutta dal drago. Peccato che nessuno lo avrebbe mai saputo.
In fretta si
vestì e raggiunse Gaius per una veloce colazione. Addentato
l’ultimo pezzo di pane, uscì in strada per recarsi
nelle stanze del principe e vide uomini e donne lavorare alacremente
per ricostruire le proprie abitazioni. Improvvisamente sentì
urlare il suo nome e voltandosi scorse Arthur dirigersi verso di lui
con una trave in spalla.
Con occhi
stralunati si fermò per fissarlo e quando il principe fu a
pochi passi, allibito si diede un colpetto sulla testa.
«Che
ti prende?» domandò Arthur incuriosito dal suo
gesto, e sul volto del mago sbocciò un sorriso ironico.
«Voi
in piedi all’alba, e
state lavorando... mi sono colpito per verificare che non
stessi ancora dormendo, perché questa situazione sembra un
sogno».
Arthur
lasciò cadere la trave e, senza troppa delicatezza, gli
diede una pacca in testa.
«Ahi...
che vi prende?... Perché mi avete colpito?»
domandò Merlin guardandolo come se fosse impazzito.
«Volevo
dimostrarti che non stai dormendo!»
Massaggiandosi
la testa, Merlin sbuffò contrariato. «Siete il
solito somaro arrogante».
«E
tu il solito idiota e, come sempre, sei in ritardo. Se credi che le tue
braccia scheletriche possano alzare una di queste». Arthur
indicò la trave che si era rimesso in spalla. «Vai
laggiù, prendine una e portala alla casa del fabbro, stiamo
sistemando la sua abitazione».
Senza batter
ciglio, Merlin si avvicinò alla catasta di legname e
sollevò una trave. Non aveva intenzione di perdere la sfida
che il principe gli aveva lanciato.
Sorridendo
compiaciuto, Arthur lo osservò issarsela in spalla. Merlin
era sempre pronto a mettersi in gioco anche quando il suo fisico minuto
non glielo avrebbe consentito e, ammirando tanta caparbietà,
gli fece un cenno di approvazione quindi si incamminò verso
la casa del fabbro.
Per tutta la
settimana successiva, ogni giorno alle prime luci dell’alba
Arthur si fece trovare in piazza per aiutare i cittadini a ricostruire
le abitazioni distrutte incontrando i favori del popolo, e Merlin non
poté che gioire vedendo quanto il suo signore fosse amato.
Alla fine del
primo mese i lavori erano a buon punto e l’amicizia tra
Merlin e Arthur si era rafforzata.
Lavorando a
stretto contatto, spesso si erano trovati a scherzare come fossero
normalissimi ragazzi, e non il principe e il suo servo, e
più volte era capitato che si ricorressero nella piazza alla
ricerca di vendetta per l’ultimo scherzo subito.
La loro gioia
di vivere era contagiosa e rendeva il lavoro meno pesante.
*****
Trascorso un
altro mese, a pomeriggio inoltrato dell’ennesima giornata
lavorativa Gwen si avvicinò al pozzo, riempì un
secchio con acqua fresca e passò tra i lavoratori per
distribuire di che rinfrescarsi poi, con passo lesto, si accinse a
raggiungere principe e servo. «Ho portato
dell’acqua fresca, sire, avrete sete».
Arthur prese
dalle sue mani la tazza. Per un attimo le loro dita si sfiorarono e
Gwen sorrise gentilmente. Da quando il drago era stato sconfitto, non
aveva più incontrato Arthur, se non nelle rare occasioni in
cui distribuiva acqua o cibo a chi stava lavorando per ricostruire
Camelot. E anche in quei momenti si trattava solo di scambiare poche
parole.
Quando anche
Merlin prese la tazza per dissetarsi, Gwen si inchinò
dinanzi ad Arthur accomiatandosi e il principe la osservò
allontanarsi.
Appena fu
fuori dal suo campo visivo, Arthur afferrò il piccone e
riprese a scavare.
«Mi
chiedevo come vadano le cose tra voi e Gwen»,
esordì Merlin senza giri di parole, era troppa la
curiosità e voleva arrivare subito al dunque, ma Arthur non
rispose.
«Quando
avete sconfitto il drago, ho visto che vi ha abbracciato. E voi avete
ricambiato il suo abbraccio...»
Arthur
continuò a lavorare senza prestare attenzione alle sue
parole e Merlin, imperterrito, seguitò a rivolgergli domande
su domande. «Devo pensare che avete trovato la futura
regina?»
All’ennesimo
quesito, Arthur si voltò allargando le braccia.
«Non hai niente di meglio da fare? Devi per forza assillarmi?
C’è del lavoro da portare a termine, o te ne sei
dimenticato?»
Sbuffando
sonoramente Merlin diede un calcio alla pietra di fronte ai suoi piedi.
«Scusate, non volevo essere inopportuno, ma io so quali siano
i vostri sentimenti per Gwen e mi chiedevo se... insomma... se
voi...»
«Se
io cosa, Merlin?» replicò Arthur spazientito.
«Se
voi e Gwen... insomma... avete capito».
Incredulo,
Arthur iniziò a ridere. «Cosa ti passa per la
testa? Io e Gwen ci siamo baciati un paio di volte, tutto qui. Non
è mai successo altro».
«Ma
voi vorreste che succedesse, dico bene?» domandò
Merlin incapace di trattenere la curiosità che lo divorava e
Arthur posò a terra il piccone che teneva tra le mani e si
avvicinò per potergli parlare a bassa voce.
«Sono
un uomo, Merlin, nel caso non te ne fossi accorto, e come ogni uomo ho
anch’io delle esigenze».
Merlin, sempre
più interessato all’argomento, tese le labbra in
un sorrisetto beffardo. «E avete mai trovato qualche donzella
che soddisfacesse le vostre esigenze prima di Gwen?»
Arthur scosse
la testa e volse gli occhi al cielo, però, sentendo lo
sguardo di Merlin fisso su di lui in attesa di una risposta, decise di
dargliela sperando che l’argomento potesse concludersi.
«Sì, Merlin, il mio letto è
già stato visitato da molte donzelle... spero tu sia
soddisfatto!»
Merlin
cercò di ribattere, ma Arthur gli mise un dito sulle labbra
per zittirlo. «Ora mi hai stufato con tutte queste domande.
Siamo qui per lavorare, non per parlare delle mie conquiste amorose,
quindi lavora e taci! Non voglio sentire un’altra parola, mi
sono spiegato?»
Merlin
alzò le spalle esibendo un’espressione
imbronciata. «Sì, sire, è solo che mi
interessava sapere se siete ancora innamorato di Gwen... tutto qui...
non volevo essere inopportuno».
Finalmente
Merlin tacque e si allontanò per rimettersi a lavorare
mentre Arthur cercava con lo sguardo Gwen. La vide afferrare un pesante
secchio dalle mani di un’anziana signora per portarlo nella
sua abitazione. Continuò a osservarla finché non
sparì dalla sua vista e si ritrovò a riflettere
sull’ultima domanda di Merlin. Il ragazzo gli aveva chiesto
se era ancora innamorato di lei e, in tutta onestà, non
sapeva cosa rispondere.
Prima che il
drago riducesse Camelot a un mucchio di macerie, era certo di provare qualcosa per Gwen,
ma nell’ultimo mese la ragazza aveva smesso di fargli battere
il cuore. Nonostante continuasse a volerle bene, era certo che non
fosse più amore ciò che sentiva per lei,
piuttosto una bella amicizia e non capiva perché i suoi
sentimenti fossero cambiati.
Riemergendo
dai pensieri si voltò a guardare Merlin che stava tentando
di sollevare un masso enorme e si ritrovò a sorridere.
Senza esitare
lo raggiunse per offrirgli aiuto prima che, maldestro
com’era, si facesse cadere addosso il macigno rischiando di
rimanerne schiacciato.
Gli
arrivò accanto nel momento esatto in cui la grossa pietra
stava per scivolargli dalle mani e la afferrò per sostenerla.
I loro sguardi
s’incrociarono e finalmente Arthur capì,
finalmente tutto ebbe un senso; la risposta che cercava era a pochi
centimetri da lui e aveva un nome: Merlin!
Continua
Ciao a tutti,
rieccomi con
una nuova long.
Approfitto per
ringraziare chi ha commentato la precedente : "Un amore impossibile".
Leggere i vostri commenti è stato fantastico. Grazie di tutto cuore
anche a chi l'ha inserita tra le preferite o tra quelle da ricordare.
Per quanto
riguarda questa nuova storia, spero di riuscire a renderla
interessante, inserendo avventura, amore ed erotismo.
Ci saranno
momenti divertenti (spero) e momenti tristi. Vediamo cosa ne
verrà fuori.
Se vorrete
leggere e, magari, commentare, vi ringrazio in anticipo!
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Disclaimer: i
personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è
stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia,
romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur -
Gwen - Merlin - Lancillotto
Capitolo
2
Dopo tre mesi
di estenuante lavoro, le abitazioni distrutte dalla furia del drago
furono sistemate.
Uther,
consapevole dell’enorme sforzo sostenuto dai cavalieri per
contribuire alla ricostruzione, decise di allestire un banchetto in
loro onore. Sorprendendo Arthur, estese l’invito anche ai
rappresentanti del popolo, e della servitù, che durante gli
ultimi mesi si erano distinti per l’impegno nei lavori,
sicché Merlin e Gwen rientrarono tra gli invitati. Per una
volta avrebbero potuto godere dei fasti della ricchezza.
*****
Il momento
tanto atteso giunse e nel grande salone, addobbato a festa, iniziarono
ad aggirarsi i primi invitati.
Vedendo
entrare Merlin al braccio di Gwen, Arthur si accomiatò da
Uther e li raggiunse. Quando fu dinanzi a loro, Gwen, rivolgendogli un
timido sorriso e un inchino rispettoso, si allontanò.
Ricambiato
garbatamente il saluto della fanciulla, Arthur afferrò due
calici dal tavolo e sfoggiando un sorriso che gli illuminò
il volto, si rivolse al giovane servo. «Consideralo come il
famoso calice che avrei dovuto offrirti la prima volta che mi hai
aiutato», disse porgendoglielo. «Alla tua
salute».
Merlin,
compiaciuto, afferrò il calice dalle sue mani e bevve
piccoli sorsi di quel dolce nettare inebriante ma, memore di come il
liquore lo facesse sentire, decise di non berne troppo per evitare di
combinare guai.
I
festeggiamenti si protrassero per diverse ore e Arthur, felice di poter
trascorrere del tempo con Merlin, non mancò di riempirgli la
coppa ogni qual volta la vedeva vuota. E lo stesso fece con la propria.
Al termine
della serata Merlin era sobrio poiché, per evitare di
perdere il controllo, ogni volta che il principe gli versava da bere
svuotava la coppa dove lui non potesse vedere, ma Arthur era
completamente ubriaco.
Accortosi che
il figlio si reggeva a stento sulle gambe, per evitare che facesse la
fine di altri commensali addormentati sui tavoli, o stravaccati a
terra, Uther raggiunse Merlin. «È opportuno che
accompagni il principe nelle sue stanze», gli
ordinò. «Per stasera ha bevuto
abbastanza».
Considerate le
condizioni di Arthur, Merlin non poté che essere
d’accordo col vecchio re e, passando un braccio attorno ai
fianchi del giovane, faticosamente lo accompagnò nella sua
stanza con l’intenzione di metterlo a letto.
Quando la
porta si chiuse alle loro spalle, Arthur afferrò Merlin e lo
inchiodò al muro. I loro volti erano a pochi centimetri
l’uno dall’altro e l’odore di liquore era
talmente forte che Merlin pensò di potersi ubriacare anche
solo annusando l'alito del principe.
«Arthur»,
si lamentò Merlin non riuscendo a sottrarsi alla presa con
cui era tenuto contro la parete. «Che state
facendo?»
La domanda non
ebbe risposta, perché Merlin si ritrovò la bocca
del principe incollata alla propria.
Fu un bacio
innocente, solo uno sfiorare di labbra che terminò in pochi
secondi poi Arthur, lentamente, si scostò e gli rivolse un
sorriso ebete. «Se tu fossi una fanciulla, saresti proprio
carina Lady Merlin, e da questa stanza non usciresti
illibata», sussurrò con voce impastata dall'alcool
e, barcollando pericolosamente, si allontanò e si diresse
verso il letto.
Compiuti solo
pochi passi, si fermò e si voltò per osservare
Merlin che, immobile, era rimasto incollato alla parete, sconvolto per
quanto successo e incapace di qualsiasi movimento.
Cercando di
mettere insieme vocali e consonanti, attività molto ardua da
sobrio, ancora più difficile da ubriaco, Arthur
biascicò alcune frasi. «Non fare quella faccia,
era solo un bacino innocente. Non ho saputo resistere... hai delle
labbra così invitanti... per non parlare del tuo esile
corpicino. Ebbene sì, se tu fossi una ragazza, saprei cosa
fare a quel corpicino così secco».
Immaginando la
scena, Merlin arrossì fino alla punta dei capelli e
continuò a rimanere immobile inchiodato alla parete.
Godendo per il
suo imbarazzo, Arthur rincarò la dose e le parole uscirono
dalle sue labbra prima che il cervello, annebbiato
dall’alcool, potesse fermarle. «Sono certo che la
tua pelle sia morbidissima... sarebbe un vero piacere poterla
accarezzare... sei proprio delizioso... il valletto più
bello che sia mai stato al mio servizio... se solo non fosse per quelle
due enormi cose che hai lì... come si chiamano? Ah
sì, orecchie!»
Punto sul
vivo, Merlin si staccò dalla parete e si avvicinò
al principe. «Cos’hanno le mie orecchie che non
va?» domandò visibilmente irritato e Arthur le
fissò con sguardo ebete per una manciata di secondi.
«Più
che orecchie sembrano gli scudi che usiamo quando andiamo in battaglia,
talmente sono enormi!»
Senza ritegno,
Arthur cominciò a ridere sguaiatamente dirigendosi verso il
letto e Merlin, furibondo, fece apparire davanti ai suoi piedi uno
sgabello.
Inciampando
nell’ostacolo, il principe perse quel poco
d’equilibrio che ancora lo sorreggeva e si
sbilanciò andando a sbattere con la testa contro il
baldacchino.
Con
un’imprecazione per nulla signorile si lasciò
scivolare a terra e Merlin rise compiaciuto. «Se le mie
orecchie sembrano due scudi, voi domattina sembrerete un
unicorno!»
Soddisfatto
per la punizione inflitta al ciuco reale, Merlin lo avvicinò
per soccorrerlo e metterlo finalmente a nanna, e con orgoglio
notò che il bernoccolo al centro della fronte stava
già spuntando.
Tendendo una
mano lo aiutò ad alzarsi e, quando Arthur fu nuovamente in
piedi, iniziò a spogliarlo come faceva ogni giorno da ormai
due anni.
Gli
sfilò la casacca lasciandolo a petto nudo, e per la prima
volta si sentì a disagio. Per la prima volta avrebbe voluto
accarezzare quel torace possente.
Imputando
quell’idea assurda al vino bevuto durante la festa, Merlin
cercò di svolgere al meglio i propri compiti, ma il principe
non sembrava intenzionato a lasciare che portasse a termine velocemente
i suoi doveri di valletto. Mentre gli stava slacciando i pantaloni,
Arthur lo attirò a sé con uno strattone e gli
posò una mano sul sedere per dargli una leggera strizzatina.
«Molto sodo, complimenti... molti cavalieri lo
apprezzerebbero... io lo apprezzo».
Sentendo la
mano del principe posata sul suo fondo schiena, Merlin
avvampò per la vergogna. Sapeva che i cavalieri del regno
non avevano alcuna inibizione e cercavano l’appagamento che
desideravano indistintamente, sia tra le braccia di giovani donne sia
tra quelle di bei valletti disponibili. Ma lui non era disponibile
e non aveva intenzione di diventare la preda di un arrogante, stupido
ubriaco.
Senza
delicatezza posò le mani sul torace nudo di Arthur e spinse
con forza facendolo crollare seduto sul letto.
Desideroso che
la serata finisse in fretta gli afferrò i pantaloni e glieli
levò lasciandolo in mutande.
Arthur,
euforico per colpa del troppo liquore bevuto, rise sempre
più eccitato. «Merlin... quanta irruenza... non
credevo fossi così passionale».
Infuriato e
spazientito, Merlin si allontanò, prese
dall’armadio gli abiti per la notte e glieli tirò
addosso colpendolo in pieno volto. «Smettete immediatamente
di fare il somaro... vestitevi e andate a letto».
Con molta
difficoltà, poiché il cervello annebbiato non
sembrava voler impartire i giusti movimenti ai suoi arti, Arthur si
scostò gli abiti dal volto gettandoli a terra e
osservò con occhietti maliziosi il giovane valletto.
«Vieni a letto con me?»
La situazione
ormai era degenerata e Merlin ringraziò il cielo che Arthur
si ubriacasse raramente poiché da ubriaco era ancora
più insopportabile che da sobrio.
Cercando di
mantenere la calma lo avvicinò, pronto a stordirlo nel caso
tentasse qualcosa di stupido, e si chinò su di lui per
parlargli in modo che riuscisse a sentire ogni parola. «Siete
ubriaco, non sapete cosa state dicendo quindi smettete di comportarvi
da asino e vestitevi. Ora io vado a letto, nella mia stanza, da solo! Domattina
vi sveglierete con un gran mal di testa, e spero ricorderete tutto
ciò che è successo stasera in modo che la
prossima volta eviterete di bere come una spugna. Siete proprio un
somaro arrogante... buonanotte sire».
Sempre
più infuriato Merlin si voltò e, con passo
deciso, uscì dalla stanza richiudendosi la porta alle spalle
con una botta decisa, lasciando Arthur a fissarlo imbronciato e deluso.
Incamminatosi
veloce verso casa, imprecò mentalmente all’idiozia
del suo signore.
“Razza di somaro, idiota e arrogante… se non regge
il liquore dovrebbe evitare di bere! Chi crede di essere? Solo
perché è un principe pensa che tutto gli sia
dovuto? Solo perché è il grande Arthur crede di
poter avere ciò che vuole? Che cosa gli passa per la testa?
Chi gli dà il diritto di comportarsi in modo tanto
sfrontato? Chi gli dà il diritto di credere che io sia
disposto a soddisfare i suoi capricci? È un somaro, un
arrogante, viziato, stupido asino pieno di boria. Solo
perché è così bello crede di potermi
avere nel suo letto per...”
Di colpo si
fermò e scosse la testa. “Ma a che sto
pensando? Ho veramente associato Arthur alla parola bello? Devo aver
bevuto troppo liquore!”
Ripreso il
cammino, Merlin non riuscì a smettere di pensare a quanto
accaduto solo pochi istanti prima. Quando le labbra di Arthur avevano
sfiorato le sue, un brivido lo aveva scosso da capo a piedi.
Cosa gli stava
succedendo?
L’immagine
del principe apparve chiara nella sua mente in tutto il suo splendore e
lui non poté evitare di sentirsi eccitato pensando a quel
fisico perfetto, a quegli occhi azzurri come il cielo, a quel sorriso
così dolce, a quella voce così sexy.
Di nuovo si
fermò appoggiando una mano al muro. Aveva bisogno di
riprendere fiato. Doveva frenare i pensieri inopportuni che gli
affollavano la mente.
Si
guardò attorno e finalmente vide ciò che gli
serviva: un secchio pieno d’acqua.
Senza
tergiversare lo sollevò e se lo versò in testa,
nella speranza che la nebbia che lo avvolgeva finalmente si dissipasse
portando via i fumi dell’alcool.
Bagnato e
infreddolito si incamminò verso casa con
l’immagine del principe sempre ben impressa nel cervello.
L’acqua
gelida non aveva sortito l’effetto sperato.
Starnutendo a
raffica maledisse la sua idiozia e infreddolito aumentò il
passo per giungere presto a casa. Una buona dormita sicuramente avrebbe
giovato al suo umore e, quando l’effetto del liquore fosse
totalmente svanito, avrebbe dimenticato l’incidente della
serata e tutto sarebbe tornato alla normalità.
Continua
Note: è
un capitolo abbastanza demenziale, lo so, e il primo bacio tra i due
poteva essere più romantico, se scambiato in circostanze
differenti, ma ci sarà tempo anche per quello. Spero vi sia
piaciuto ugualmente.
Ora passiamo
ai ringraziamenti:
grazie a chi sta leggendo la storia, a chi l’ha inserita tra
le preferite, tra le seguite o quelle da ricordare. Grazie a chi trova
un attimo per lasciare anche solo una brevissima recensione (lunga o
corta è sempre gradita).
Grazie a:
Ryta Holmes: ciao
carissima, sai che mi rende felice vedere che segui le mie storie
nonostante siano slash (comunque ho visto che anche tu ti sei cimentata
in una pre-slash e ciò mi fa ben sperare che, prima o poi,
arriverà anche una slash a tutti gli effetti, ma questo te
l’ho già detto).
Veniamo a noi.
Artù è un po’ meno asino del solito e
comprende... come dici tu: un lampo di genio? Ebbene sì, un
lampo di genio l’ha investito.
In questo
secondo capitolo, però, l’ho riportato sulla terra
nella sua abituale dimensione facendolo comportare da somaro qual
è! Ciò, comunque, non preclude la
possibilità che anche in futuro abbia lampi di genio, in
fondo non può essere un somaro a vita! (O forse
sì?)
Spero che
questo secondo capitolo ti sia piaciuto. Un bacio. A presto.
Clare: grazie per i
complimenti. In effetti è vero, Artù responsabile
è una vera manna dal cielo, però per il suo
popolo, questo e altro!
Spero ti sia
piaciuto anche il secondo capitolo in cui il bel principino
è tutto, fuorché responsabile.
Ciao a presto.
_Valux_: ciao,
sempre lieta di vedere che le mie storie ti piacciono. Grazie per i
commenti che lasci, sono veramente graditi. Spero continuerai a leggere
e recensire.
Bye
Cassandra: ciao,
sono contenta di sapere che ti è piaciuto il primo capitolo
di questa nuova storia, anche se totalmente diverso, spero ti sia
piaciuto anche il secondo.
A presto.
GiulyB: ciao, che
piacere scoprire che stai leggendo la mia storia!
Grazie per il
commento positivo, sei molto gentile. Se ti è
piaciuto come ho tolto di mezzo Gwen, allora vedremo cosa penserai nei
prossimi capitoli...
Ciao, a presto.
Celine_underworld:
ciao, grazie per il commento, sono sempre contenta di leggere una tua
recensione.
Mi chiedi una
storia più lunga della precedente e con un lieto fine.
Vediamo cosa posso rispondere... sto pensando...
Per quanto
riguarda la lunghezza, potrei impegnarmi.
Per quanto
riguarda il lieto fine... dovrai arrivare fino in fondo per scoprire
cosa ho in serbo per i piccioncini.
Ciao
carissima, a presto. Kisses.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Disclaimer: i
personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è
stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia,
romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi:
Arthur Gwen - Merlin Lancillotto
Capitolo
3
Dopo una notte
tormentata, trascorsa rigirandosi tra le coperte in attesa del sonno
ristoratore che non voleva sopraggiungere Merlin, alle prime luci
dell’alba, si alzò per recarsi nelle stanze
dell’asino reale.
Nonostante non
fosse riuscito a riposare era pronto per affrontare allegramente la
giornata, poiché ansioso di godere dell’imbarazzo
del principe quando, vedendolo, avrebbe ricordato il modo in cui
l’aveva trattato la sera precedente e le intenzioni poco onorevoli
nei suoi confronti.
Col vassoio
della colazione stretto tra le mani, e un sorriso sornione stampato
sulla faccia, Merlin bussò alla porta. Senza attendere
risposta entrò e indirizzò lo sguardo verso
l’enorme letto a baldacchino; Arthur stava dormendo
beatamente disteso sulla pancia con braccia e gambe spalancate.
Siffatta visione gli procurò un brivido e dovette
concentrarsi per evitare di ricadere nei pensieri impuri che avevano
turbato il suo sonno e, dandosi dell'imbecille, raggiunse la finestra e
scostò la tenda per permettere alla luce di illuminare la
stanza.
Infastidito
per essere stato colpito in pieno volto da un raggio di sole, Arthur
mugugnò una frase senza senso e si girò su un
fianco per continuare a dormire.
Impaziente di
ottenere l’attenzione sperata, Merlin si avvicinò
al letto, afferrò il cuscino su cui era posato il capo del
principe e, con uno strattone indelicato, glielo strappò
via. «Sveglia, mio signore! Uther vi sta aspettando nella
sala del trono», urlò divertito, sperando che il
suono della sua voce potesse, in qualche modo, infastidire il giovane
principe che non sembrava intenzionato a lasciare il letto ma,
poiché anche la sua voce non aveva sortito il giusto
effetto, decise di passare alle maniere forti.
Mostrando un
sorrisetto malefico si avvicinò all’armatura e, distrattamente, la
fece cadere a terra.
Il frastuono,
finalmente, raggiunse lo scopo e Arthur, tenendosi la testa tra le
mani, scattò a sedere sul letto. Sbarrati gli occhi gonfi si
guardò attorno con espressione assente, come se non sapesse
dove fosse e cosa stesse accadendo intorno a lui. Massaggiandosi le
tempie imprecò ad alta voce e il dolore riuscì a
riportarlo alla realtà. «Non potresti evitare di
fare tanto chiasso? Sei il solito idiota! Ho la testa che mi
scoppia», si lamentò, e Merlin sorrise divertito.
«La prossima volta vi ricorderete di bere meno, mio
signore».
Rivolgendo una
smorfia poco amichevole al giovane servo, Arthur si
massaggiò il bernoccolo. «E questo quando me lo
sono fatto?» chiese indicando la protuberanza sulla fronte e
Merlin dovette mordersi la lingua per evitare di rispondere. Avrebbe
voluto dirgli che aveva sbattuto la testaccia vuota mentre stava
cercando di sedurlo, ma decise che non era ancora giunto il momento per
rivelare cosa fosse accaduto la sera precedente. Avrebbe spiattellato
tutto mentre Arthur era a tavola con la speranza che le sue parole gli
facessero andare la colazione per traverso, e ripiegò
fornendo una risposta inventata al momento. «Avete sbattuto
la testa mentre cercavate di raggiungere il letto».
«La
cosa deve averti divertito molto», ribatté Arthur
indirizzandogli un’occhiataccia.
«Vedervi
fare la figura del somaro mi diverte sempre».
Incredibilmente,
Arthur rise alle sue parole e Merlin aggrottò la fronte
poiché si era aspettato la minaccia della gogna per aver
mostrato tanta insolenza, non una risata allegra. «Niente
gogna?» chiese perplesso.
«Non
stavolta», rispose Arthur sorridendo, e Merlin non
poté evitare di pensare a quanto fosse sexy, nonostante gli
occhi gonfi e il piccolo bernoccolo sulla fronte.
“Maledizione,
cosa mi sta succedendo? Non può accadere... non
può! L’ultima cosa che mi serve è
innamorarmi del somaro. La mia vita è già
abbastanza complicata così com’è. Non
ho bisogno di cercare nuovi guai per complicarla
ulteriormente”.
Con passo
veloce e tormentato da pensieri che sembravano non voler dare tregua
alla sua mente sconvolta, Merlin si avvicinò
all’armadio per prendere gli abiti puliti del principe.
Aperte le
ante, alla ricerca dei giusti capi d’abbigliamento,
lasciò che la mente continuasse a vagare senza sosta.
“Innamorarmi?...
Innamorarmi del somaro? Sono ancora ubriaco per pensare una cosa
simile... ma non lo ero neppure ieri, io non ho bevuto! Allora
perché non riesco a smettere di pensare ad Arthur? Arthur mi
voleva nel suo letto solo perché era ubriaco, non
perché prova qualcosa per me. E poi, un giorno
sarà re di Camelot, si sposerà, avrà
degli eredi. Io non potrò mai far parte della sua vita.
È tutta colpa sua! È... è colpa di
quel bacio... perché mi ha baciato? Perché lo ha
fatto? Cosa voleva dimostrare? Che lui è il mio padrone e
può avere tutto ciò che vuole? No, si sbaglia,
non gli permetterò di giocare con i miei sentimenti... sentimenti?
Quali sentimenti? Io non provo sentimenti per lui...”
Reggendo tra
le mani gli abiti puliti presi dall’armadio, Merlin si
voltò per portarli ad Arthur e un urlo gli morì
in gola. Era talmente assorto nei suoi deliranti pensieri da non
accorgersi che il principe lo aveva raggiunto e si trovava solo a pochi
centimetri da lui.
«Che
ti succede stamattina? Se non fosse impossibile, direi che sembri
ancora più strano del solito. Cosa ti passa per la
testa?»
Merlin
deglutì a forza e un velo di rossore colorò le
sue gote. L’ultima volta che il principe era stato
così vicino l’aveva baciato e il ricordo di quel
breve attimo lo stava tormentando.
Scacciando il
pensiero delle labbra premute contro le sue, gli porse gli abiti.
«Vestitevi e fate colazione, vostro padre vuole vedervi e non
ama dover aspettare».
Il principe si
sfilò la casacca usata per dormire e Merlin lo
aiutò a indossare gli abiti puliti cercando di nascondere il
tremore delle mani ogni volta che sfiorava la sua pelle.
Quando
finalmente la tortura finì, perché Arthur era
vestito e pronto per sedersi a tavola, Merlin pensò fosse
arrivato il momento della vendetta. Gli avrebbe raccontato
ciò che aveva fatto la sera prima, di cui sembrava essersi
dimenticato, poiché voleva punirlo per i
pensieri che lo stavano tormentando a causa del suo gesto avventato ma,
pronto a dirgli che l’aveva baciato, fu anticipato dalla voce
di Arthur. «Allora, Merlin, ti sei divertito alla
festa?»
Merlin
annuì. «Sì, sire, è stato
bello».
«Ricordo
poco di quanto è successo, devo aver bevuto parecchio. In
effetti ho la testa che ronza in modo impressionante»,
continuò Arthur addentando un tozzo di pane mentre sul viso
di Merlin appariva un sorriso vincente, era pronto a spiattellare gli
avvenimenti accaduti. «Tu, invece, sembri in forma... non hai
bevuto. È successo qualcosa di divertente?»
Il momento
della vendetta era arrivato e Merlin osservò il principe
pronto a prendersi gioco di lui; gli avrebbe detto tutto quello che
aveva fatto per ridicolizzarlo ma, aperta la bocca, la richiuse
immediatamente.
Un ultimo
sguardo alle iridi azzurre del principe, rese ancora più
luminose dal dolce sorriso che aleggiava sul suo bellissimo volto, lo
aveva convinto a soprassedere. «Le solite cose,
Arthur», lo informò ostentando disinteresse.
«Cavalieri sdraiati sui tavoli o appoggiati alle pareti
poiché troppo ubriachi per tornare a casa. Insomma, nulla
che non abbiate già visto durante ogni banchetto al quale
avete partecipato».
«Niente di disdicevole?
Nessuno si è comportato in modo imbarazzante?»
volle sapere Arthur e Merlin alzò le spalle e scosse la
testa. «Nulla di tutto ciò, mio signore».
Arthur lo
fissò per alcuni istanti poi lo congedò.
«Ho deciso di concederti una giornata di riposo, te la sei
guadagnata. Vai dove vuoi, fai quello che ti pare, ci rivediamo
domattina». Vedendo che Merlin non si muoveva, Arthur lo
invitò a lasciare la stanza. «Non sarai diventato
improvvisamente sordo? Su, vai, per oggi ti dispenso dai tuoi doveri.
Torna a casa, aiuta Gaius, insomma, fai quello che vuoi».
Incredulo,
Merlin si voltò senza capire perché avesse
ottenuto una giornata di riposo e, raggiunta la porta, si
fermò con la mano sul battente.
«Ti
ringrazio». La voce di Arthur echeggiò nella
stanza. «Grazie per aver evitato di prenderti gioco di me
ricordandomi ciò che è avvenuto stanotte. Mi sono
comportato come un perfetto idiota e ricordo ogni cosa che ho detto e
che ho fatto... ogni cosa! Potevi farmi sentire ancora
più stupido di quanto già non mi senta, ma hai
preferito tacere. Come sempre ti sei comportato in modo leale... e ora
vai».
Senza
voltarsi, Merlin lasciò la stanza. Richiusa la porta alle
spalle si appoggiò al muro e sospirando accostò
le mani al viso. Sapeva di non poter più negare
l’evidenza.
Erano mesi che
era turbato, mesi che si sentiva strano ogni volta che si ritrovava da
solo con Arthur.
Quanto
accaduto la sera precedente gli aveva fatto aprire gli occhi, anche se
aveva preferito negare, ancora una volta, l’evidenza; il
sentimento che lo legava ad Arthur andava ben oltre la semplice
amicizia.
Quel delicato,
innocente bacio, aveva sconvolto la sua esistenza facendogli capire
ciò che si rifiutava di accettare: si era innamorato del giovane
principe.
A passo deciso
lasciò il castello e si ritrovò a camminare nella
piazza. La sua vita si era complicata ancora di più.
Desiderava una
persona che mai avrebbe potuto avere, che mai avrebbe ricambiato i suoi
sentimenti.
Il bacio che
gli aveva dato Arthur non significava nulla, lo sapeva e non si faceva
illusioni. Era il bacio di un ubriaco, non di un innamorato.
Perché
mai Arthur avrebbe dovuto volere proprio lui? Non sarebbe mai successo.
Continuando a
camminare Merlin sospirò mestamente. Non bastava dover
nascondere il segreto della sua natura magica? No! Ora avrebbe dovuto
vivere nascondendo anche i sentimenti che, a causa di un innocente
bacio, erano venuti a galla e lo stavano tormentando.
Sospirò
di nuovo e, con la testa china, si diresse verso la zona in cui si
teneva il mercato. Sperava che mischiandosi alla gente il suo umore
sarebbe migliorato e per qualche ora avrebbe dimenticato i problemi che
lo affliggevano.
E mentre
Merlin camminava tra la folla, Arthur, alla finestra della stanza, lo
osservò col desiderio di prendersi a pugni. Non solo lo
aveva offeso, sfottendolo per le sue grandi orecchie, ma aveva anche
cercato di sedurlo. Una mossa decisamente inappropriata.
Sapeva che
molti signorotti “usavano” i loro valletti, in
quanto servi, per svolgere ogni
genere di mansione, ma lui non avrebbe mai potuto
comportarsi così.
Era ubriaco e
aveva baciato Merlin, se fosse stato sobrio non lo avrebbe mai fatto,
ma non perché non lo volesse, ormai erano mesi che aveva
capito che era Merlin ciò che voleva. Non lo
avrebbe mai fatto poiché temeva che la cosa lo ripugnasse.
Scostandosi
dalla finestra, Arthur si sedette sul letto e sorrise amaramente. Fino
a tre mesi prima era convinto che il grande amore della sua vita fosse
Gwen e in quel momento si ritrovava a sperare che il suo valletto
potesse ricambiare i sentimenti che in cuor suo erano apparsi
all’improvviso.
Consapevole
che non sarebbe mai successo nulla tra loro, anche perché
come futuro re di Camelot aveva l’obbligo di sposarsi e dare
un erede al regno, decise che avrebbe lasciato perdere
l’ossessione per Merlin imponendosi un comportamento degno
del suo rango, anche se ciò, purtroppo, significava
rinunciare alla felicità.
Continua
In ritardo,
eccomi col nuovo capitolo e l’angolo dei ringraziamenti.
Ringrazio
chi sta leggendo la storia, chi l’ha inserita tra le
preferite, tra quelle da ricordare o tra le seguite.
Ringrazio
chi trova un attimo per lasciare una breve ma sempre gradita recensione.
Grazie a:
GiulyB: sono
contenta che il precedente capitolo ti sia piaciuto. Grazie per il
commento positivo. Spero ti sia piaciuto anche questo. Un abbraccio,
ciao.
_Valux_: come dici
tu, un Merlino ubriaco farebbe cadere Camelot, quindi ho optato per un
Artù ubriaco che mi è parso più
spassoso.
Grazie, come
sempre, per ogni recensione che puntualmente lasci. Spero continuerai a
recensire anche i prossimi capitoli.
Ciao, kisses.
Ryta Holmes: ciao
cara, sai che mi fa piacere ricevere commenti da chi, come te, non
è “ancora” votata al 100% allo slash (ma
spero ci arriverai). Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto e
che hai trovato divertente il siparietto di Artù ubriaco.
Non possiedo una vena comica, però speravo, scrivendolo, di
poter strappare almeno un tenue sorriso al lettore. Se ci sono
riuscita, beh, sono contenta!
Un abbraccio e
a presto.
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Disclaimer: i
personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è
stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia,
romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi:
Arthur Gwen - Merlin Lancillotto
Capitolo
4
All’alba
del nuovo giorno, Merlin si alzò e raggiunse Gaius nella
stanza adiacente. Si sentiva riposato come non gli accadeva da tempo.
Sedutosi
accanto al tavolo, per consumare la colazione insieme
all’anziano cerusico, lasciò che la mente lo
riconducesse agli ultimi avvenimenti. Il bacio rubato da Arthur gli
aveva aperto gli occhi portando a galla i suoi sentimenti e una domanda
iniziò a tormentarlo: “Cosa
fare ora? Come comportarsi col principe?”
Salutato Gaius
uscì in strada e percorse la via riflettendo su quanto
successo nella speranza di trovare una soluzione al problema.
“Mi
ha baciato e se glielo avessi permesso cosa sarebbe successo dopo?
Domanda stupida. Non ci vuole molta fantasia per capire cosa sarebbe
successo! Ma cosa ha provato baciandomi? È stato solo il
liquore a spingerlo ad agire in quel modo oppure anche lui nutre gli
stessi sentimenti che nutro io? E se veramente desiderasse proprio me?
Se quel bacio non fosse solo l’azione sconsiderata di chi ha
bevuto troppo e non sa cosa sta facendo? Se fosse qualcosa di
più? Qualcosa di reale?”
Un sospiro
profondo interruppe per un istante il vortice di pensieri, ma solo per
un breve istante, poi il turbinio riprese.
“Perché
torturarsi in questo modo? Voglio una risposta sincera e non devo far
altro che porre la domanda al diretto interessato. Già, ma
cosa gli dico? Mi presento da lui e glielo chiedo? Arthur, voi siete
innamorato di me? Ve lo domando perché ho capito di essere
innamorato di voi... e già che ci siamo, visto che ho deciso
di essere onesto, voglio dirvi tutta la verità: in questi
due anni trascorsi al vostro fianco vi ho sempre mentito
poiché sono uno stregone”.
Merlin si
abbandonò a una risata sconsolata e, senza curarsi degli
sguardi incuriositi che gli rivolgeva la gente incrociata lungo la
strada, continuò a torturarsi immaginando il futuro che lo
attendeva.
“E
dopo aver confessato chiederò ad Arthur se preferisce che
sia Uther a farmi decapitare, oppure se dovrò farlo da solo
facendomi calare la mannaia sul collo con l’aiuto della mia
preziosa magia".
Merlin
esalò un lungo sospiro e scosse la testa.
"Ma
che razza di idee mi vengono?Ho deciso di scavarmi la fossa con le mie
mani... che bravo! Oggi sono più idiota del solito. Ma
perché deve essere tutto così difficile? Cosa
devo fare? Tacere ancora, continuare a mentire, o trovare il coraggio
per confessare due verità tanto scomode? Quale la giusta
soluzione?”
Continuando a
rimuginare su cosa fare per uscire da una situazione inverosimile,
Merlin raggiunse le cucine del castello e, preparato il vassoio con la
colazione per Arthur, si diresse verso le stanze del principe.
A ogni passo
sentiva il cuore martellare più forte; nonostante i dubbi,
nonostante le paure, aveva deciso. Avrebbe fatto ciò che era
giusto.
Giunto dinanzi
alla porta come ogni mattina bussò e, senza attendere di
essere invitato, varcò la soglia.
Velocemente si
avviò verso il tavolo e posò il vassoio. Senza
volgere lo sguardo al letto su cui riposava il principe,
inspirò profondamente per infondersi coraggio e
iniziò a parlare con tono sostenuto in modo che Arthur
potesse destarsi e non perdersi neppure una parola. «Non
sapevo come avrei affrontato l’argomento e ho deciso di
andare dritto al punto». La sua voce, forte e chiara,
echeggiava nella stanza, e non tradiva la paura che stava provando.
«L’altra sera mi avete baciato ed esigo una
risposta, qualunque essa sia. Voglio sapere cosa significa per voi quel
bacio. Per me ha significato molto perché mi ha aperto gli
occhi su qualcosa che non riuscivo a capire, anzi, che capivo benissimo
e non volevo accettare perché voi siete un principe,
perché voi siete destinato a diventare re e
perché io sono un mago. Sì, avete capito bene, sono uno stregone... una
creatura magica, sono la persona che più vi
desidera e, allo stesso tempo, sono la cosa che vi hanno insegnato a
disprezzare fin da quando eravate bambino».
Silenzio.
La sua
confessione continuò a risuonare nell’ambiente.
Terribile, angosciante, foriera di cattivi presagi, ma solo il silenzio
l’aveva accolta e Merlin strinse i pugni con forza. Aveva
dovuto usare tutto il suo coraggio per pronunciare quelle poche frasi e
in quel momento aveva paura di voltarsi, aveva paura di incrociare le
iridi azzurre del principe e di scorgervi disprezzo nel saperlo
innamorato di lui e rancore per avergli mentito per tanto tempo sulla
sua natura magica.
Improvvisamente
si sentì nudo, spogliato di tutto e vulnerabile.
Lentamente,
cercando di celare l’angoscia che lo stava divorando dal
profondo, si voltò pronto a subire l’ira del
giovane sovrano e rimase immobile a fissare il letto.
Una risata
divertita e liberatoria proruppe dalla sua gola.
Osservò
il letto sfatto, gli abiti usati dal principe per la notte gettati a
terra; aveva confessato
l’inconfessabile a una stanza vuota.
Senza pensare
di sistemare il disordine lasciato dal reale somaro uscì e,
sorridendo amaramente, lasciò il castello mentre i pensieri
che lo stavano tormentando continuavano a non concedergli tregua.
“Il
fato ha deciso per me... forse dovrei dargli ascolto. Forse non
è destino che confessi ad Arthur i miei sentimenti e il mio
segreto. Forse dovrei aspettare un momento migliore, un momento
più opportuno. Ma quando troverò il momento
giusto? Quando verrà il momento per svelare due
realtà così scomode? Sono riuscito a trovare il
coraggio per confessare la verità ad Arthur, devo trovarlo
di nuovo perché ho bisogno di sapere cosa prova per me. Ho
bisogno di conoscere la verità e non posso pretendere che mi
confidi i suoi sentimenti se io non sono disposto a svelargli il mio
segreto. Voglio che sia leale con me e, per primo, dovrò
esserlo io con lui quindi non gli mentirò più,
anche se ciò potrebbe...”
La voce di
Arthur, proveniente da poco distante, riportò Merlin alla
realtà strappandolo dai suoi pensieri.
Il giovane
servo svoltò l’angolo, deciso più che
mai a ripetere la confessione fatta poco prima a una stanza vuota e si
fermò di colpo. A pochi metri c’era Arthur in
compagnia di Gwen e stavano ridendo.
A passo veloce
li raggiunse e subito Gwen gli rivolse un breve saluto prima di
inchinarsi dinanzi ad Arthur e scomparire.
Merlin la
osservò allontanarsi e studiò il volto del suo
signore mentre la guardava andare via. Una punta di gelosia si
insinuò fastidiosa nella sua mente, ma la voce di Arthur lo
distrasse. «Sei in ritardo».
Infastidito
per averlo trovato in compagnia di Gwen, Merlin replicò con
tono sfacciato. «Siete voi in anticipo. Per quale motivo
siete uscito dalle vostre stanze così presto? Chi vi ha
buttato giù dal letto? Da quando sono al vostro servizio
è la prima volta che non devo minacciarvi per farvi
abbandonare il reale giaciglio... siete anche riuscito a vestirvi da
solo! Un vero prodigio. Siete vittima di qualche strano incantesimo che
vi impedisce di comportarvi come un ragazzino viziato?»
Arthur
ascoltò Merlin senza fiatare, sapeva che era inutile cercare
di interromperlo quando iniziava a parlare a raffica, quindi attese che
riprendesse fiato per lanciargli la solita occhiataccia.
«Solo perché ho deciso di non mandarti
più alla gogna, non pensare che non possa inventarmi
qualcosa di altrettanto divertente per punire la tua insolenza.
Comunque è giusto che tu sappia cosa mi ha spinto ad alzarmi
così presto senza attendere il tuo arrivo, poiché la cosa
riguarda anche te».
«Me?»
ripeté Merlin confuso.
«Sì,
te!» annuì Arthur. «Poiché so
che Gwen è mattiniera, e avevo necessità di
incontrarla, mi sono alzato presto e l’ho
raggiunta».
A stento
Merlin riuscì a nascondere la sensazione di disagio che
quella frase gli stava trasmettendo e un’altra fitta di
gelosia si irradiò nella sua mente.
«Perché avevate necessità di parlare
con Gwen?» chiese ostentando disinteresse e Arthur lo
fissò con sguardo severo.
«Perché
ho deciso di chiederle di diventare la mia valletta personale. Da
domani si occuperà lei delle mie stanze al tuo posto».
Merlin, che
non si aspettava nulla del genere, strabuzzò gli occhi. Le
parole di Arthur avevano raggiunto il suo stomaco come una pugnalata.
Il principe
aveva deciso di liberarsi di lui, di sostituirlo con Gwen, di
allontanarlo dalla sua vita, di gettarlo via come fosse un oggetto
venuto improvvisamente a noia.
Una sensazione
di vuoto si fece largo nel suo cuore portando con sé la
risposta che tanto bramava.
Finalmente
sapeva: il bacio che
Arthur gli aveva rubato non aveva alcun significato. Era stato il
capriccio di un principe annoiato desideroso di nuove emozioni.
Continua
Ciao a tutti,
come sempre
vorrei ringraziare chi sta leggendo la storia, chi l’ha
inserita tra le preferite, quelle da seguire o da ricordare.
Grazie
a chi trova un attimo per lasciare una breve, ma graditissima,
recensione.
Un
ringraziamento particolare a:
elfin emrys:
oh, grazie per il tuo bel commento. Fa sempre piacere ricevere
complimenti. Spero, quindi, continuerai a leggere la storia e spero
continui a essere di tuo gradimento. Kisses
akkarin_a:
allora, da dove posso iniziare. Innanzitutto dicendoti grazie per il
commento. Per quanto riguarda Lancillotto, avendolo indicato tra i
personaggi, prima o poi comparirà, stanne certa.
I poteri di
Merlino, al momento, sono sconosciuti ad Artù.
Il principe li
scoprirà? Forse sì... forse no... se mi seguirai,
troverai la risposta.
Kisses.
GiulyB: bel dialogo
con Arthur... brava! Il somaro ha bisogno che qualcuno gli dica come
stanno le cose.
Per quanto
riguarda il principino, anch’io la penso esattamente come te,
niente gli vieta di avere un amante!
Grazie per il
commento. A presto. Ciao.
Ryta Holmes:
è vero, in questa storia Merlino è meno fragile
rispetto a quella che
ho scritto in precedenza e sono felice che ti piaccia. Spero di
riuscire a mantenerlo irriverente fino in fondo, anche se attimi di
cedimento potrebbero esserci. Artù ogni tanto dimostra di
avere sprazzi
di intelligenza, povero, bisogna concederglieli. Grazie per i
complimenti e un bacione. A presto cara.
Celine_underworld:
ciao cara, ci voleva un giorno di pace per il povero Merlino... buon
per lui che Artù si sia rammollito!
Grazie per il
commento e spero che anche questo nuovo capitolo sia di tuo gradimento.
A presto. Un abbraccio.
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Disclaimer: i
personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è
stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia,
romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur -
Gwen - Merlin - Lancillotto
Capitolo
5
Passarono
alcuni istanti in cui i due ragazzi si osservarono in silenzio.
Le parole del
principe avevano aperto un’immensa crepa nel cuore del mago.
Merlin era
pronto a confidargli il suo più grande segreto, stava per
svelargli la sua natura magica a dimostrazione della fiducia che
nutriva per lui. Fiducia infranta con poche sillabe. Si sentiva tradito
ma, soprattutto, arrabbiato, e non riuscì a trattenere la
collera. Senza soffermarsi a pensare, infischiandosene di aver di
fronte il futuro re, lasciò che le parole uscissero come un
fiume in piena dalle sue labbra. «E così, dopo due
anni passati al vostro servizio, avete deciso di rimpiazzarmi con Gwen
da un giorno all’altro senza neppure una spiegazione? Non vi
diverte più comandarmi a bacchetta? Avete deciso di trovare
qualcun altro da far impazzire con le vostre richieste impossibili?
Siete un arrogante, lo sapete, vero? Vi comportate come un principino
viziato al quale è venuto a noia il vecchio giocattolo e ora
ne vuole uno nuovo. Allora? Non avete nulla da dire?»
Ascoltato
pazientemente lo sfogo del giovane servo, Arthur incrociò le
braccia al petto e gli rivolse uno sguardo scocciato. «Come
al solito sei un idiota», esordì senza mezzi
termini. «Non ho mai detto di volerti licenziare. Gwen si
occuperà delle mie stanze, laverà i miei abiti,
li rammenderà, si occuperà dei miei pasti. Tutte mansioni che a te riescono
male».
Sul volto di
Merlin apparve un'espressione confusa, e parecchio buffa, che fece
sorridere Arthur. «Tu continuerai a occuparti delle stalle,
dei cavalli, delle armi e delle armature. E dovrai svolgere i tuoi
doveri in modo ineccepibile poiché non avrai più
la scusa di essere sommerso dal lavoro, dato che la metà
delle tue mansioni sarà svolta da Gwen. Ora ti è
tutto chiaro? Hai ancora qualche appunto da fare sul mio comportamento
da principino viziato e
arrogante? Avanti, parla... c’è
qualcos’altro che vorresti dire?»
Sentendosi
tremendamente stupido per aver pensato al peggio, Merlin
abbozzò un lieve sorriso. «Vi chiedo scusa, non
era mia intenzione mancarvi di rispetto, ma voi siete privo di tatto.
Ascoltando le vostre parole chiunque sarebbe giunto alla mia
conclusione. Credevo che voleste liberarvi di me per sostituirmi con
Gwen».
«Non
pensavo ci tenessi tanto al tuo lavoro», ironizzò
Arthur indirizzandogli un’occhiata incuriosita.
«Passi la metà del tempo a lamentarti per tutto
quello che devi fare, e l’altra metà a combinare
guai. Non sei felice che Gwen ti dia una mano? È una grande
lavoratrice e saprà prendersi cura delle mie stanze meglio
di te. Non vedo perché ciò debba infastidirti.
C’è forse qualcosa che vorresti dirmi? Un altro motivo per
cui ti sei sentito offeso credendo che ti avessi licenziato a causa
sua?»
Arthur
osservò Merlin speranzoso in attesa di una sua risposta
mentre un pensiero assurdo si faceva strada nella sua mente. “E se Merlin fosse
sconvolto perché temeva che non ci saremmo più
visti? Ha forse avuto paura che lo allontanassi da me preferendogli
Gwen? Allora anche lui è nella mia stessa situazione. Anche
lui ha capito che il nostro rapporto si sta trasformando in qualcosa di
diverso, in qualcosa che va oltre l’amicizia, anche
lui...”
La voce di
Merlin spezzò bruscamente il filo dei suoi pensieri
riportandolo alla realtà. Una realtà ben diversa
da quella che stava immaginando poiché Merlin, pur essendo
felice di non aver perso l’opportunità di passare
del tempo al suo fianco, era risentito poiché non accettava
di essere stato scaricato in modo così indelicato, inoltre
doveva capire quali fossero i suoi sentimenti per Gwen.
«Stavo
pensando ai vostri regali
bisogni», esordì Merlin con tono
canzonatorio. «Siccome siete tremendamente viziato, e questo
non vuole essere un insulto, ma una semplice constatazione, mi
domandavo chi avrà l’onore di prendersi cura di
voi. Sarà Gwen a svegliarvi? A vestirvi? A farvi il bagnetto?
Non credo che vostro padre sarebbe contento di sapervi con la vostra
serva, nelle vostre stanze, completamente
nudo... ci avete pensato? O forse è proprio
questo il motivo per cui avete deciso di offrire un nuovo lavoro a
Gwen? Avete intenzione
di farle provare la comodità del vostro regale giaciglio?»
Merlin rivolse
ad Arthur un sorrisetto malizioso per nascondere la paura di sentire
ciò che gli avrebbe risposto, ma voleva sapere. Voleva che
Arthur lo rassicurasse, che gli dicesse che non aveva nessun interesse
per Gwen, che gli desse una speranza.
Purtroppo
anche Arthur avrebbe voluto da Merlin una risposta diversa e sentirsi
rinfacciare false mire sulla futura valletta lo aveva infastidito.
«Credo che quanto io faccia nelle mie stanze, e con chi lo faccia,
non siano affari tuoi. Sono adulto, così come lo
è Gwen, quindi non hai motivo di preoccuparti per noi. La
discussione è finita e non voglio più tornare
sull’argomento. Vai a preparare i cavalli, andiamo a
caccia».
E mentre
Arthur si allontanava, Merlin rimase immobile e lo osservò
finché non scomparve alla sua vista. Purtroppo
ciò in cui aveva creduto, ciò in cui aveva
sperato, era finito ancora prima di iniziare e un sorriso malinconico
apparve sulle sue labbra.
“Ora
ho tutte le risposte che cercavo. Come ho potuto credere che Arthur
potesse provare qualcosa per me? Devo ammettere che la mia idiozia non
ha fine. È ovvio che desideri stare con una fanciulla ed io
devo farmene una ragione. Inoltre, Gwen è una cara ragazza
ed è innamorata di lui... non mi resta che essere felice per
loro. Adesso potranno passare tanto tempo insieme e...”
Merlin
ingoiò un boccone amaro. Non voleva pensare a cosa sarebbe
accaduto tra loro nell’intimità delle stanze di
Arthur. Nonostante Gwen fosse una cara amica, sentì di non
essere pronto a immaginarli mentre si scambiavano tenerezze.
Faticosamente
scacciò dalla mente i pensieri che lo stavano tormentando e,
a passo veloce, si diresse verso le stalle senza immaginare che i dubbi
che lo torturavano, stavano angustiando anche il giovane principe.
“Accidenti,
Merlin, se solo tu mi avessi fatto capire che vuoi restare al mio
fianco per i motivi per cui anch’io ti voglio, allora sarebbe
tutto diverso. Ma tu non provi ciò che sento io e se ti ho
allontanato non è perché voglio Gwen, ma
perché non posso averti accanto in ogni momento senza
rischiare di fare qualcosa di stupido che possa compromettere la nostra
amicizia. Ora dovrò farmene una ragione e andare avanti
dimenticando questa assurda ossessione per te”.
Cercando di
riprendere il controllo delle proprie emozioni, Arthur si diresse verso
le stanze del re. Doveva informarlo della sua decisione prima che
strane voci iniziassero a circolare. Un sorriso divertito si
allargò sul suo viso poiché pregustava
l’espressione sconvolta che avrebbe avuto suo padre alla
notizia che una ragazza si sarebbe occupata di lui.
Con passo
veloce giunse dinanzi alla stanza del re. Aprì i battenti ed
entrò.
Uther era
seduto e stava visionando un documento insieme al vecchio Gaius.
«Buongiorno
padre», salutò Arthur. «Devo informarti
di una decisione che ho preso e spero non ci siano problemi».
Uther
ripiegò il foglio che stava visionando con
l’anziano cerusico, in modo che Arthur non potesse leggerne
il contenuto, e osservò il figlio. «Parla, cosa
devi dirmi?» lo esortò con durezza.
«Ho
deciso che Merlin non si occuperà più della mia
persona. Svolgerà mansioni diverse per me. Sarà
Gwen a occuparsi dei miei bisogni da questo momento. Spero non sia un
problema se ho deciso di prendere al mio servizio una giovane
serva».
Uther
scambiò uno sguardo veloce con l’anziano medico di
corte, poi osservò il figlio per qualche istante prima di
rispondere. «Va bene», annuì.
«Gwen sarà un’ottima valletta.
C’è altro?»
Arthur rimase
a bocca aperta per lo stupore. Non pensava sarebbe stato
così semplice. Credeva di dover battagliare a lungo per far
valere le sue ragioni, invece Uther aveva acconsentito senza batter
ciglio.
Spiazzato dal
comportamento insolito del padre, dopo aver salutato il genitore e
Gaius, Arthur lasciò la stanza per dirigersi alle stalle
dove Merlin lo stava aspettando per andare a caccia.
Appena se ne
fu andato, Uther riaprì il foglio e ricominciò a
osservarlo. Un lampo attraversò le sue iridi di ghiaccio e,
accartocciato nervosamente il documento, lo gettò sulla
brace. E mentre guardava le fiammelle che poco per volta divoravano la
carta, sentì la rabbia divampare come fuoco ardente.
Continua
Prima di
passare ai ringraziamenti ho deciso di farmi un po’ di
pubblicità. È gratis quindi perché non
approfittarne!
Se a qualcuno
può interessare ho pubblicato, qualche mese fa, una long su
Merlin/Arthur intitolata:
Un
amore impossibile
Se vi va di
darle un’occhiata e lasciare un commento, mi farebbe piacere.
Grazie!
Ora veniamo ai
ringraziamenti.
Grazie
a chi sta leggendo questa storia, a chi l’ha inserita tra le
preferite, tra le seguite o tra quelle da ricordare.
Grazie a chi trova un
attimo per lasciare una breve ma gradita recensione.
Un grazie
particolare a chi ha recensito il precedente capitolo.
Elfin emrys: ciao,
innanzitutto scusa ma non ho potuto pubblicare un aggiornamento presto
come mi avevi chiesto. Purtroppo è un periodo un
po’ incasinato per via di lavoro e problemi vari e non riesco
a pubblicare tanto spesso.
Spero che,
nonostante l’attesa, questo nuovo capitolo possa essere di
tuo gradimento.
A presto
(farò il possibile). Kisses.
Akkarin_a: ciao, in
questo capitolo Arthur spiega al povero Merlin che non era sua
intenzione licenziarlo però la situazione è
lontana dall’essere risolta. Vedrai in seguito cosa
accadrà... kisses.
_Valux_: ciao fedele
lettrice, aspetta a uccidere Artù, non è detto
che non possa fare anche di peggio... o forse si comporterà
bene? Mah, vedrò in seguito che strada intraprendere.
Grazie per
essere sempre presente con i tuoi commenti. Kisses.
GiulyB: ciao, vuoi
Artù e Merlino insieme? Cosa posso dire. Forse
accadrà presto o forse non avverrà tanto
presto... per ora posso solo dirti grazie per il commento e spero
continuerai a leggere. Kisses.
Ryta Holmes: ciao
cara, non ti preoccupare se arrivi in ritardo con le recensioni.
Anch’io sono spesso tirata con i tempi e ti capisco.
Il somaro non
ha licenziato l’idiota, però le cose non si stanno
mettendo bene per i due. Non so chi sia più tonto, devo
ancora decidere, ma la lotta è dura!
Felice che ti
sia piaciuto il capitolo, ti ringrazio per la recensione. Kisses.
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Disclaimer: i
personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è
stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia,
romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur -
Gwen - Merlin - Lancillotto
Capitolo
6
Arthur
entrò nella stalla e vide Merlin accarezzare il suo
destriero. Evitando di fare rumore si fermò accanto alla
parete e rimase immobile a osservare la gracile mano del giovane servo
che, delicata, si muoveva sul muso del cavallo.
Un sorriso
estasiato comparve sul suo volto e immaginò di essere al
posto dello stallone per avere le stesse attenzioni da Merlin.
Formulato un
simile pensiero, si riscosse scuotendo la testa. Davvero aveva sperato
di essere al posto del
suo cavallo?
Alzando gli
occhi al cielo imprecò. Se non fosse riuscito a calmarsi,
temeva che la sua ossessione per il giovane amico lo avrebbe fatto
ammattire.
Osservata la
scena ancora per pochi secondi, scena che nella sua mente si era tinta
di luci rosse, chiuse la porta della stalla rumorosamente in modo che
il valletto potesse accorgersi della sua presenza.
«Ah,
siete voi», sorrise Merlin voltandosi. «Scusate,
non vi ho sentito arrivare. Il vostro cavallo è
pronto».
Il principe si
avvicinò a passo veloce. Afferrò le briglie dello
stallone e lo condusse fuori dalla stalla seguito da Merlin.
Un gruppo di
cavalieri stava aspettando nella grande piazza.
Quando
principe e servo s’issarono in groppa ai rispettivi cavalli,
la piccola comitiva poté finalmente lasciare il castello per
la battuta di caccia.
*****
«State
bene sire?» La voce di Gaius riscosse Uther che, fermo
dinanzi alla finestra, osservava il figlio allontanarsi dal castello.
«No!»
Fu la risposta secca del re e sul suo volto apparve una smorfia
rabbiosa. «Ti ho fatto leggere la missiva perché
speravo potessi aiutarmi... invece continuiamo a brancolare nel
buio».
Giaus
chinò la testa, credendo che tanta rabbia fosse rivolta a
lui. «Mi dispiace sire, ma non conosco un rimedio per
risolvere il problema».
Percepito il
tono amareggiato usato dal vecchio medico, subito Uther posò
una mano sulla sua spalla. In tutta Camelot, Gaius era
l’unica persona, fatta eccezione per Arthur, di cui poteva
fidarsi e non aveva intenzione di incolparlo per non essere riuscito a
trovare una soluzione.
«Non
preoccuparti», disse con estrema sincerità.
«Temevo che non sarebbe stato così semplice e non
te ne faccio una colpa». Tolta la mano dalla sua spalla,
Uther osservò di nuovo attraverso la finestra. «Ho
bisogno di riflettere, poi deciderò come agire. Ora puoi
andare, non voglio rubarti altro tempo prezioso».
Inchinandosi
rispettosamente dinanzi a lui, Gaius si apprestò a lasciare
la stanza. «Vi assicuro che mi impegnerò per
trovare un rimedio», promise e lo lasciò solo.
Appena il
vecchio medico ebbe chiuso la porta, Uther si lasciò cadere
pesantemente sulla sedia; era da tanto che non si sentiva
così impotente e, chiusi gli occhi, cercò di
trovare la soluzione al problema che si era presentato
all’alba, problema che pareva avere un’unica inaccettabile via d’uscita.
*****
Arthur e il
gruppo di cavalieri, dopo una breve cavalcata, raggiunsero la vicina
foresta. Smontati dai cavalli si addentrarono a piedi tra le fronde
alla ricerca di potenziali prede da cacciare.
Merlin li
seguiva senza fare nulla per nascondere il disagio che provava ogni
volta che era costretto a prendere parte a una battuta di caccia.
«Allora
Merlin, sei pronto?» chiese Arthur ben conoscendo il suo
disgusto per un “passatempo” tanto crudele.
«Come
sempre, sire. E ditemi, quale innocente bestiola ucciderete oggi? Avete
già deciso chi sarà la povera vittima che
dovrà essere sacrificata affinché voi possiate
bearvi per la grandezza dell’impavida impresa
compiuta?»
Arthur colse
il sarcasmo nelle sue parole e decise di ribattere con altrettanta
ironia. «Fammi pensare», iniziò con tono
beffardo. «Solitamente tu fai qualcosa di stupido
nell’attimo in cui una preda compare ritrovandoti alla sua
mercé e a me tocca salvarti la pelle, quindi dimmi tu quale
pensi sia la preda di oggi. Alla mercé di quale creatura
pensi che ti ritroverai costringendomi a intervenire per salvarti? Chi
dovrò uccidere per proteggere la tua pellaccia?»
Merlin
curvò le labbra, offeso, ed evitò di rispondere a
parole che trovava alquanto ingiuste. Dopotutto, non succedeva sempre
che facesse qualcosa di stupido e finisse nei guai.
Mentre
rimuginava sulla frase pronunciata dal principe, si
incamminò lungo il sentiero senza prestare attenzione a dove
metteva i piedi.
La solita
radice traditrice, spuntata dal terreno quando meno se
l’aspettava, e che pareva essere stata posizionata in quel
preciso luogo solo per fare un dispetto a lui, lo fece inciampare.
Cercando di
mantenere l’equilibrio, Merlin si appoggiò alla
prima cosa stabile che riuscì ad acchiappare.
Purtroppo,
quando la sfortuna decideva di metterci lo zampino non c’era
eventualità che la situazione potesse migliorare;
l’appoggio stabile su cui Merlin aveva cercato appiglio era
la spalla di Arthur.
Il principe,
colto di sorpresa, non sospettando che il servo gli potesse rovinare
addosso in quel modo tanto inatteso, non solo non riuscì a
sostenerlo, ma lo seguì nella caduta rovinosa.
I due, dopo
alcuni ruzzoloni, si ritrovarono stesi a terra ai piedi di un piccolo
pendio, completamenti infangati e in una posizione alquanto
imbarazzante.
Merlin era
sdraiato sul corpo del principe che lo osservava senza fiatare.
Iridi azzurre
incatenate in iridi blu.
Il mondo tutto
intorno sembrò svanire e il tempo parve fermarsi; in quel
momento esistevano solo loro. Due giovani che si amavano e non sapevano
di essere riamati.
Due giovani
che soffrivano senza
immaginare che sarebbe bastato così poco per smettere di
provare dolore. Un gesto, un unico gesto innocente sarebbe
servito per annullare una distanza che pareva incolmabile, ma che era
incolmabile solo nelle convinzioni errate che i due avevano.
E Merlin
decise di approfittare della situazione per compiere
quell’unico gesto avventato, quell’unico gesto che
finalmente avrebbe messo fine ai suoi tormenti, che finalmente gli
avrebbe dato la pace scacciando ogni dubbio dalla sua mente.
Trovando in
sé un coraggio che non sapeva di avere, decise di spingersi
oltre.
Un bacio, un
unico bacio al ragazzo steso sotto al proprio corpo e poi
l’attesa per il verdetto: felicità o disperazione.
Il momento era
giunto, Merlin era pronto; socchiuse gli occhi e... una voce forte
giunse dalla cima del pendio.
«Sire?
Sire? Tutto bene là sotto? Siete ferito?»
L’atmosfera
irreale che circondava i due giovani venne brutalmente spezzata e
Merlin, alzato lo sguardo e scorta la sagoma famigliare di sir Leon, si
lasciò cadere su un fianco maledicendo il tempismo
dell’uomo.
Arthur, che
non si era accorto di quanto stava per accadere in quei pochi secondi,
si rialzò e indirizzò un cenno di assenso al
cavaliere. «Tutto bene. Come al solito Merlin ha deciso di
compiere l’idiozia quotidiana proprio sul ciglio di un dirupo
e mi ha trascinato con sé. Non preoccuparti per noi, raduna
gli altri e tornate al castello, vi raggiungeremo dopo esserci ripuliti
al fiume».
Sir Leon,
constatato che Arthur non aveva riportato ferite, obbedì al
suo ordine e si allontanò.
Infastidito
per aver perso una buona occasione, Merlin si rialzò. Se
solo Leon avesse tardato un attimo... bastava qualche secondo, solo
qualche istante e
avrebbe baciato Arthur. Invece no! Sir Leon era arrivato
nel momento meno opportuno e non gli aveva dato il tempo per fare la
sua mossa.
Contrariato
per l’occasione persa, senza parlare si diresse verso il
fiume per lavare il fango e la sensazione di disagio che lo stava
divorando e Arthur, raccolta la spada, lo seguì pensieroso.
Negli attimi
in cui i loro corpi erano stati a stretto contatto, si era sentito
incredibilmente bene. Avvertire il peso di Merlin su di lui gli aveva
fatto provare una forte emozione.
Se solo
quell’impiastro di Sir Leon non fosse comparso
all’improvviso, non avrebbe resistito. Avrebbe afferrato
Merlin, lo avrebbe avvolto tra le forti braccia per impedirgli di
fuggire e lo avrebbe baciato.
Sì,
lo avrebbe baciato!
Di nuovo
Arthur dondolò la testa cercando di scacciare quei pensieri.
Non doveva lasciare che l’istinto prevalesse sulla ragione.
Il suo
valletto non era un oggetto di cui disporre a suo piacimento, non lo
avrebbe mai costretto a fare qualcosa che non desiderava, perché lui sapeva che
Merlin non desiderava che accadesse qualcosa tra loro e
doveva farsene una ragione.
Raggiunto il
fiume, Arthur si chinò per lavarsi il fango ormai rappreso.
Un ultimo
sguardo a Merlin, che si stava sciacquando poco distante, e poi via,
verso Camelot, per rifugiarsi nella solitudine delle sue stanze.
*****
Dopo un lungo
tragitto senza rivolgersi la parola poiché troppo presi a
rimuginare sull’occasione persa, senza immaginare che
entrambi stavano rimpiangendo la medesima situazione, Merlin e Arthur
giunsero al castello e subito uno stalliere li avvicinò per
prendere i cavalli e riportarli nella stalla.
Continuando a
restare in silenzio, i due giovani attraversarono la piazza e videro
Uther fermo ai piedi della lunga scalinata.
Senza degnare
Merlin di uno sguardo, il re si rivolse ad Arthur. «Vieni con
me, devo parlarti». E mettendogli una mano sulla spalla lo
esortò a camminare più in fretta mentre Merlin,
incuriosito dal suo comportamento bizzarro, rimase immobile a fissarli
finché non sparirono.
Continua
Grazie
a chi sta leggendo questa storia, a chi l’ha inserita tra le
preferite, le seguite o quelle da ricordare.
Grazie a chi oltre a
leggere lascia un breve ma gradito commento.
Grazie a chi
ha recensito il precedente capitolo:
Ryta Holmes: la
recensione folle, come tu l’hai chiamata, mi è
piaciuta proprio. Se c’è una cosa che mi
incuriosisce è leggere i commenti che lasciate
perché sono sempre squisiti. E se sono folli, ben vengano,
mi fanno divertire!
Sono contenta
che il capitolo ti sia piaciuto e sono ancora più contenta
che finalmente sei diventata una slasher a tutti gli effetti (la tua
storia è da infarto, sai quanto mi piace).
Anch’io,
come te, da quando mi sono trasformata in una slasher (dico trasformata
poiché lo sono diventata leggendo le storie di EFP, prima
non lo ero riguardo a Merlin), non oso immaginare la mia delusione
quando trasmetteranno la terza serie. Comunque sono certa che
riuscirò a tirarmi su il morale leggendo le storie che sono
presenti in questo fandom. Questo vuole essere un appello anche rivolto
a te affinché continui a scrivere Merthur...
Va beh, non mi
dilungo oltre e ti ringrazio per i tuoi commenti. Spero che quando
ritornerai a settembre riprenderai a leggere anche la mia storia (se
avrai tempo e voglia). Un abbraccio.
GiulyB: grazie per
il commento, sono contenta che ti sia piaciuto il capitolo. Lo so che
non sei pronta nemmeno tu a vedere Arthur e Gwen insieme... e chi lo
sarebbe?
Vedremo in
seguito che accadrà.
Un abbraccio
anche a te e a presto.
Akkarin_a: in
effetti Uther è molto nervoso, più del solito.
Che ci sarà mai sotto tutto sto nervosismo? Lo scoprirai...
Intanto ti
ringrazio per i commenti e spero continuerai a seguirmi. Kisses.
Elfin emrys: ti
chiedi chi sia più stupido tra i due. Se Arthur o Merlin. Io
direi che non c’è un vincitore e che si contendono
entrambi il primo premio per la stupidità.
Il foglio che
leggeva Uther è... un guaio ovviamente.
Sono felice
che la storia ti piaccia e che faccio parte di chi riesce a infonderti
emozioni. Grazie. Kisses.
|
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Disclaimer: i
personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è
stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia,
romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur -
Gwen - Merlin - Lancillotto
Capitolo
7
Merlin
varcò la soglia di casa aspettandosi di trovare Gaius
intento a preparare qualche pozione curativa, ma del vecchio non vi era
traccia e ne approfittò per chiudersi in camera. Aveva
bisogno di pensare a ciò che sarebbe accaduto durante la
battuta di caccia se sir Leon non lo avesse interrotto.
Sdraiandosi
sul letto cercò di rilassarsi. Doveva ritrovare la calma ed
escogitare un modo per rinnegare i sentimenti che provava per il
principe.
Concentrandosi
sull’obiettivo stabilito chiuse gli occhi e, lentamente,
scivolò in un sonno profondo.
Qualche ora
più tardi un rumore improvviso lo destò e di
scatto si mise a sedere sul letto.
Osservando
dalla piccola finestra si accorse che le tenebre avevano avvolto il
paesaggio; aveva dormito tutto il pomeriggio.
Senza perdere
tempo si affacciò alla porta che dava sulle scale e
riconobbe la figura famigliare del vecchio medico che lo osservava con
un sorriso tirato. «Sei rimasto in casa tutto il
pomeriggio?»
Merlin si
stropicciò gli occhi ancora velati dal sonno.
«Sì», annuì sbadigliando.
«Devo essermi addormentato e non mi sono accorto
dell’ora. Arthur sarà furioso... non ho lucidato
la sua armatura».
Gaius
sospirò silenziosamente, in modo impercettibile, tanto che
Merlin non se ne avvide. Avvicinandosi al tavolo iniziò a
ritirare alcuni libri sparsi disordinatamente sulla superficie e Merlin
lo raggiunse per aiutarlo. «Dove siete stato tutto il giorno?
Quando sono rientrato, credevo di trovarvi immerso in pozioni o roba
del genere, invece non vi ho visto. È successo qualcosa di
importante che vi ha tenuto lontano dai vostri preziosi medicinali?
Qualcuno ha avuto bisogno di voi? Siete stranamente silenzioso.
Qualcosa non va?»
Il vecchio
smise di rigovernare la stanza e fissò i suoi occhi in
quelli del giovanotto. «Alcune domande non possono avere una
risposta quindi smetti di farne e aiutami. Sistemiamo questi volumi e
prepariamo la cena».
Senza
aggiungere altro Gaius riprese a sistemare la stanza. Ciò
che era accaduto in mattinata, mentre Merlin era a caccia con Arthur,
non poteva essere rivelato, non ancora. O meglio, non spettava a lui
divulgare la notizia, tantomeno ciò che era appena accaduto
a castello. Sarebbe stato Arthur, se lo avesse ritenuto opportuno, a
fornire le dovute spiegazioni al proprio valletto.
Consapevole
che la sua curiosità spesso era mal accettata da chi gli
stava intorno, Merlin decise di non dar peso alla risposta evasiva
dell’anziano uomo e lasciò cadere
l’argomento.
Fischiettando
afferrò alcuni vecchi libri e li ripose sugli scaffali
mentre rifletteva suoi doveri. In fondo, l’armatura di Arthur
era sufficientemente lucida e il somaro non si sarebbe accorto che
aveva tralasciato i suoi obblighi per un intero pomeriggio e,
continuando a fischiettare, ripose i pesanti volumi e iniziò
a preparare la cena.
*****
La mattina
seguente Merlin, non dovendosi occupare del risveglio del giovane
principe, si recò nell’armeria per recuperare le
armi che sarebbero servite ad Arthur per l’allenamento
quotidiano.
Giunto in
prossimità della stanza, adibita a ripostiglio,
notò con disappunto che la porta era aperta. Solitamente, a
quell’ora, nessuno si trovava lì.
Titubante
decise di entrare sperando di non imbattersi in un ladro.
Senza fare
rumore procedette con cautela e, dopo aver compiuto pochi passi, si
fermò a osservare la persona che stava impugnando la spada.
«Arthur?... Siete voi?... Ma che ci fate qui?»
domandò con espressione interrogativa e canzonatoria.
«Cosa vi sta accadendo? Ultimamente vi trovo spesso in giro
per il castello a un’ora improponibile! Cosa
penserà Gwen non trovandovi nel vostro letto? La poverina si
sarà preparata anima e corpo per lottare con voi e
obbligarvi a lasciare il regale giaciglio e voi siete già in
piedi, vestito e pronto
per affrontare una nuova giornata senza il prezioso aiuto della
servitù, non capisco questo insolito
atteggiamento responsabile. Devo preoccuparmi? Vi sentite poco bene?
Non riuscite a dormire? Volete che chieda a Gaius di prescrivervi un
rimedio contro l’insonnia?»
Spazientito
per tutto quel ciarlare, Arthur lo zittì. «Hai
finito?» chiese mostrando un’espressione cupa e
Merlin, finalmente, tacque.
«Sì,
sire».
«Allora
prendi una spada e vieni con me. Poiché sembri avere tante
energie, le impiegherai per allenarti. Un po’ di
addestramento militare non potrà che farti bene».
Merlin
strabuzzò gli occhi e osservò preoccupato il
reale somaro. «State scherzando, vero? Sapete che non sono
bravo con la spada».
Arthur sorrise
sarcastico arcuando un sopracciglio. «Non sei bravo
né con la spada né con qualsiasi altra arma, se
vogliamo puntualizzare, ed è ora che impari a difenderti, poiché io non
potrò essere sempre al tuo fianco pronto a
tirarti fuori dai guai ogni volta che la tua sbadataggine ti fa
rischiare la pelle. Avanti, muoviti, non sprechiamo tempo prezioso in
inutili discussioni. Ho deciso che imparerai ad avere cura di te stesso
e così sarà!»
Il tono usato
dal principe non ammetteva repliche e Merlin, rassegnato,
afferrò una spada e si accinse a seguirlo. La giornata si
annunciava spiacevole anche perché l’umore di
Arthur sembrava peggiore del solito.
Senza smettere
di arrancare per stargli dietro, Merlin iniziò a pensare che
vi fosse qualcosa di importante che turbava il principe, qualcosa che
lui, prima di sera, era intenzionato a scoprire, sempre ammesso che
fosse riuscito a uscire vivo dall’allenamento e ad arrivare
fino a sera.
Il ricordo del
primo giorno al servizio del somaro era ben impresso nella sua mente.
In quell’occasione l’asino reale lo costrinse
dentro un’armatura troppo pesante e lo usò come
improbabile avversario per alcune ore. Ore che a lui sembrarono
giornate intere, tanti furono i colpi che dovette incassare.
Sospirando al
ricordo di ciò che accadde Merlin, giunto in
prossimità della radura, indossò
l’elmetto e si accinse ad affrontare una giornata molto
faticosa che avrebbe procurato parecchio lavoro a Gaius.
*****
Mille,
duemila, tremila colpi, affondi, parate; Merlin a stento si reggeva
sulle gambe tant’era la stanchezza per aver dovuto affrontare
un allenamento tanto intenso quanto inutile e quando le campane
annunciarono l’ora del pranzo si lasciò cadere a
terra, esausto, sperando che Arthur decidesse di concedergli una sosta.
Sentiva la
necessità di sdraiarsi. Non che durante
l’allenamento non si fosse mai sdraiato, anzi, aveva passato
la metà del tempo steso a terra, ma non per riposare le sue
stanche membra, bensì per aver ricevuto l’ennesimo
colpo che lo aveva fatto stramazzare al suolo.
Ora le sue
ossa chiedevano, anzi, urlavano pietà e Arthur, finalmente,
parve intenzionato ad ascoltare quell’urlo assordante tanto
che depose la spada e si sedette accanto a lui.
«Sei
stato bravo», esordì il principe con un sorriso
tirato. «Però temo tu abbia ragione, non sarai mai
un cavaliere. Potrei costringerti a impugnare una spada per il resto
dei tuoi giorni e non impareresti mai l’arte della guerra.
Spero almeno che qualcosa di tutti i miei insegnamenti ti rimanga in
testa in modo da non farti infilzare al primo scontro».
Nel tono usato
da Arthur, Merlin lesse una sincera preoccupazione. Era tutta la
mattina che il principe lo spronava a imparare, che lo incitava a difendersi da solo
perché non sarebbe stato per sempre al suo fianco.
Un
atteggiamento tanto protettivo lo incuriosì e decise che era
tempo di scoprire perché Arthur fosse così
strano. «Io sono in grado di prendermi cura di me stesso, non
dovete preoccuparvi», affermò con calma.
«Sono riuscito a sopravvivere per ventuno anni e credo che me
la caverò anche in futuro. Ma, ditemi, perché
stamani sembrate così preoccupato? Perché avete
voluto condurmi qui per allenarmi? Sapevate che sarebbe stata
un’inutile perdita di tempo, e perché continuate a
ripetere che voi non potrete sempre essere al mio fianco?
C’è qualcosa che volete dirmi?»
Arthur si
lasciò cadere pesantemente al suolo e incrociate le braccia
sotto la testa rimase in silenzio ad ascoltare il rumore del vento e il
canto degli uccellini.
Perplesso da
tale atteggiamento, Merlin si sollevò su un gomito
indolenzito e fissò il suo volto riuscendo a scorgervi un
velo di profonda tristezza.
Passarono
alcuni secondi poi, finalmente, Arthur infranse il silenzio.
«Mio padre ha deciso di abdicare».
Incredulo,
Merlin sgranò gli occhi. «Uther ha intenzione di
lasciare a voi il regno?» chiese stupito da tale
novità che mai avrebbe immaginato.
«Proprio
così», annuì Arthur, senza mostrare
gioia per l'imminente cambio al potere. «Al banchetto che si
terrà stasera, renderà ufficiale il suo
volere».
Le parole
pronunciate da Arthur preoccuparono Merlin che avvertì una
dolorosa fitta allo stomaco poiché certo che il giovane
principe stesse nascondendo qualcosa.
Sapeva che il
suo destino era di diventare re, ma non pensava sarebbe accaduto
così presto. Non capiva perché Uther avesse
deciso di abdicare da un giorno all’altro e sentiva che doveva conoscere tutta la
verità. «A questo punto dovrei
congratularmi con voi», iniziò, cercando di
sembrare calmo. «Sapevo che sarebbe successo, anche se non mi
aspettavo che Uther abdicasse, e sono felice per Camelot. Sarete un
ottimo sovrano».
Arthur non
disse nulla e continuò a osservare il cielo. Per lunghi
attimi il silenzio venne rotto solo dai cinguettii degli uccellini.
Fu Merlin a
spezzare di nuovo la quiete insopportabile che pesava su di loro come
un macigno. «Sapete cosa significa per me che voi diveniate
re? Significa che mi farete impazzire più di quanto fate
ora, con ordini ancora più assurdi e pretese da giovane
sovrano arrogante e viziato! Ecco cosa significa».
Scuotendo la
testa, Arthur sorrise e osservò il broncio apparso sul volto
del giovane servo. «Non lo avevo considerato»,
esordì serio. «Allora qualcosa di
positivo potrebbe anche esserci in questa assurda, maledetta
storia».
Esalando un
respiro profondo, quasi un gemito, Arthur distese le labbra in una
smorfia e la sua voce risuonò colma di tristezza.
«Devo partire».
«Partire?»
ripeté Merlin perplesso. «Quando? E per andare
dove?»
«Conosci
un posto chiamato Gilead?»
Merlin
annuì. «Sì, ne ho sentito parlare. Pare
sia un’isola incantata abitata da maghi e streghe, e solo chi
pratica la magia la può raggiungere. Ma cosa
c’entra Gilead col fatto che voi diventiate re?»
Arthur si
sollevò lentamente per mettersi seduto. I suoi occhi si
incatenarono in quelli del servo che lo stava osservando sempre
più sconvolto e una smorfia accompagnò le sue
poche parole. «Gilead è il luogo in cui
verrà celebrato il
mio matrimonio».
Continua
NB: Gilead
è il luogo di nascita di Roland, mitico pistolero eroe della
saga “La torre nera” di Stephen King. Ho scelto di
dare questo nome all’isola, meta del viaggio di Arthur,
semplicemente perché io amo i romanzi di King e, non sapendo
che nome inventare, (sono una frana quando si tratta di immaginare nomi
che non suonino ridicoli) ho deciso di prendere in prestito un nome
inventato dal mio autore preferito.
Angolo dei
ringraziamenti:
Ringrazio
chi sta leggendo questa storia, chi l’ha inserita tra le
preferite, le seguite o tra quelle da ricordare.
Grazie
a chi legge e trova un attimo di tempo per lasciare una breve ma
gradita recensione.
Un grazie
particolare a chi ha commentato il precedente capitolo:
GiulyB: ciao, per
sapere che c’era scritto nel foglio dovrai aspettare ancora
un pochino, fino al prossimo capitolo.
Sono contenta
che il precedente ti sia piaciuto.
Ciao, un
abbraccio. A presto.
Ryta Holmes: il
bacetto, grazie a sir Leon, è stato rimandato.
Quell’uomo ha un tempismo!
Mi fa piacere
sapere che ti piacciono “i miei” Arthur e Merlin
con tutte le loro pare mentali. Sono veramente due asini.
Grazie per il
commento e un arrivederci a settembre. Se vado avanti di questo passo
“da lumaca” non rimarrai tanto indietro con la
storia.
Un abbraccio e
buon divertimento.
Mandix95: ciao,
è da parecchio che non ci incrociamo. Grazie anche a te per
la recensione e spero siano finiti i problemi col pc.
A presto
dunque.
kisses
Akkarin_a: presto
scoprirai cosa preoccupa Uther. Nel prossimo capitolo
scriverò ciò che è accaduto. Per ora
come sempre grazie per aver commentato.
Un abbraccio a
presto.
Friducita: ciao,
grazie per aver letto le mie storie e per aver recensito anche
“Un amore impossibile”. Ti ringrazio approfittando
di questo spazio, visto che quella storia è finita. Sono
contenta che ti sia piaciuta. Grazie per le belle parole!
E grazie anche
per la recensione a questa fiction. Sei molto gentile.
Un bacio.
Elfin Emrys: sono
contenta che la storia inizi a piacerti. Spero continuerà a
interessarti anche in seguito e che continuerai a leggerla, nonostante
io la aggiorni con una lentezza vergognosa.
Un abbraccio.
|
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Capitolo 8 *** capitolo 8 ***
Disclaimer: i
personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è
stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia,
romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur -
Gwen - Merlin - Lancillotto
Capitolo
8
Ventiquattro
ore prima.
Un corvo,
nascosto dall'oscurità, solcò il cielo. Il sole
non era ancora sorto e il paesaggio era avvolto dalle tenebre.
Silenziosamente
si avvicinò alla finestra socchiusa della stanza del re.
Guardingo si
introdusse nella camera e osservò il sovrano che stava
dormendo.
Lasciata
cadere sul cuscino una piccola pergamena, scomparve.
Al risveglio
Uther notò l'oggetto posato accanto a sé e,
incuriosito, lo srotolò per leggere le poche righe impresse:
"Uther
Pendragon, il giorno in cui rinnegasti la magia, la stessa che ti
concesse di avere un erede, firmasti la condanna a morte per tuo figlio
e la distruzione per il tuo regno.
Uccidendo
uomini e donne innocenti ti macchiasti di una grave colpa che
potrà essere cancellata solo col sangue.
La magia ti
diede un figlio, la magia te lo toglierà.
È
scritto che al compimento del ventiduesimo anno
d’età Arthur morirà e il tuo regno
verrà distrutto.
Quando le
campane annunceranno mezzodì, sarò nella grotta
del drago. Se vuoi sapere come salvare Arthur, e il tuo regno,
raggiungimi".
Il re,
incredulo, continuò a osservare la pergamena e le sue mani
tremarono per la collera.
Qualcuno si
era introdotto nelle sue stanze per minacciare la sua famiglia e il suo
popolo. Qualcuno che
conosceva il segreto sulla nascita di Arthur.
Con un gesto
di stizza abbandonò il pezzo di carta sul letto, si diresse
alla porta e chiamò a gran voce un servo ordinandogli di
convocare Gaius.
Nervosamente
iniziò a passeggiare per la stanza.
Quando il
vecchio medico giunse, gli indicò la pergamena abbandonata
sul letto e l’anziano la raccolse.
Lette le poche
righe, Gaius gliela riconsegnò. I due uomini si guardarono
senza parlare, il silenzio era rotto solo dallo scoppiettare della
legna che ardeva senza sosta.
La tensione
era altissima, palpabile.
Un improvviso
rumore di passi ruppe la quiete opprimente, la porta della stanza si
aprì e Arthur comparve sulla soglia.
Uther, con un
gesto veloce, piegò la pergamena in modo che il figlio non
potesse scorgerne il contenuto e lo ascoltò mentre spiegava
le motivazioni per cui aveva deciso di prendere Gwen al suo servizio.
Quando Arthur
se ne fu andato, Uther raccolse la piccola pergamena e, pensieroso, la
srotolò.
«Cosa
ne pensi?» chiese a Gaius. «Dovrei dare peso a
queste righe? Dovrei preoccuparmi? La minaccia arriva dal mondo della
magia, è ovvio. Cosa posso fare per scoprire se è
reale?»
Il vecchio
medico scosse la testa, amareggiato. «Mi dispiace, sire, ma
non ho elementi per rispondere. Non sapevo di una maledizione su
Arthur, ma non per questo mi sento di escludere che non sia reale. Temo
che l’unico modo per scoprire la verità sia
parlare con chi ha scritto la pergamena, anche se potrebbe essere
pericoloso».
Furente, Uther
si avvicinò al fuoco, gettò il foglio sulla brace
poi si affacciò alla finestra in tempo per vedere Arthur che
se ne andava con i suoi uomini per una battuta di caccia e, congedato
Gaius, rimase da solo a pensare.
Trascorsero
alcune ore durante le quali continuò a osservare la brace
nel camino alla ricerca di una possibile soluzione.
Aveva perso la
moglie a causa della magia e non poteva rischiare di perdere anche
Arthur, non poteva lasciare che il suo unico figlio morisse vittima di
un malvagio sortilegio.
Doveva
scoprire se le minacce erano fondate, doveva sapere da dove provenivano
e chi era il suo nemico.
A passo veloce
uscì dalla stanza e si diresse verso l’abitazione
di Gaius.
Senza bussare
entrò nella modesta dimora e, avvicinato l’uomo,
si sedette sulla sedia che solitamente occupava Merlin. «Hai
ragione», esordì con voce grave.
«L’unico che può svelarmi il mistero
è la persona che mi ha recapitato la pergamena, quindi mi
recherò all’appuntamento».
Preso atto
della decisione del re, Gaius espresse il proprio disappunto.
«La storia della maledizione potrebbe essere falsa, potrebbe
essere una trappola escogitata per costringervi ad accettare un
incontro mortale».
Uther
osservò il vecchio e scosse la testa.
«Sì, potrebbe essere tutto falso»,
annuì. «Ma, come tu hai detto, non si
può escludere il contrario. Se fosse reale, Arthur morirebbe
ed io non posso permetterlo. Ho deciso che incontrerò lo
stregone. Se mi fornirà le prove che la minaccia
è reale, lo ascolterò. Se le sue parole non mi
convinceranno, non avrà modo di pronunciarne altre
perché lo ucciderò. Non vedo altro modo per
risolvere la situazione».
Gli occhi di
Uther scintillarono d’odio e Gaius, percepita la sua collera
a stento repressa, annuì. «E sia»,
disse. «Però permettetemi di venire con
voi».
Il volto
tirato del sovrano si ammorbidì e un leggero, impercettibile
sorriso, stirò le sue labbra. «Te lo
concedo».
Senza perdere
tempo, i due uomini lasciarono la stanza per recarsi al luogo
dell’appuntamento.
Gaius
afferrò una torcia, la accese e, alla flebile luce
sprigionata, si diresse col re verso quella che poteva essere una
trappola mortale.
Dopo una breve
discesa, i due uomini raggiunsero la grotta; una figura incappucciata
li stava attendendo e, quando furono abbastanza vicini, si
scoprì la testa lasciando che i lunghi capelli biondi, che
le incorniciavano il volto, risplendessero alla luce della fiaccola.
Riconosciuta
la donna che gli stava di fronte, Uther non riuscì a
trattenere la collera. «Morgause»,
mormorò a denti stretti. «Quindi sei tu la persona
che mi ha fatto avere la pergamena. Ciò significa che erano
tutte menzogne. Era uno stratagemma per attirarmi qui. Ma se credi che
ti sarà facile uccidermi, ti sbagli. Questo sarà
il luogo in cui tu morirai!»
Il sovrano
sguainò la spada, pronto a scagliarsi contro la strega, ma
Gaius gli pose una mano sul braccio.
Sorpreso,
Uther lo guardò. Non si sarebbe mai aspettato un simile
gesto da parte del vecchio medico.
Stava per
chiedergli il motivo per cui avesse osato fermarlo, quando si accorse
che l'uomo gli stava indicando una seconda persona.
Uther
osservò perplesso l’esile figura che avanzava
leggiadra e prima che potesse scoprirsi il capo, celato sotto il
cappuccio del mantello, abbassò la spada lentamente e
incredulo mormorò un’unica parola.
«Morgana!»
Continua
Ciao, sono
tornata ad aggiornare.
Un capitolo
breve, breve, ma è stato difficile riprendere questa storia
che ormai avevo abbandonato.
Ora
cercherò di portarla a termine.
Approfitto
dell’aggiornamento per invitare, chi ne avesse voglia, a
leggere la mia nuova fic.
Si tratta di
una fiction crossover MERLIN – QAF. (Non avete mai visto Queer As Folk?
Allora seguite il mio consiglio e guardatelo,
ve ne innamorerete... a me è successo).
E ora il link:
Home
sweet home
Se vi va,
fateci un salto.
Un abbraccio.
Bye bye
|
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Capitolo 9 *** capitolo 9 ***
Disclaimer: i
personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è
stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia,
romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur -
Gwen - Merlin - Lancillotto
Capitolo
9
La mano che
reggeva la spada giaceva abbandonata lungo il fianco, mentre Uther
osservava la figura dinanzi a sé scoprirsi il capo per
permettere ai bellissimi capelli scuri di ondeggiare fluenti sulle sue
spalle.
Avrebbe potuto
colpirla, ucciderla in pochi secondi, ma non lo fece.
«Perché?» mormorò con un filo
di voce. «Perché mi stai tradendo?»
chiese, e nei suoi occhi si poteva leggere amarezza, tristezza per aver
scoperto di essere stato tradito dalla persona che amava come fosse una
figlia, ma Morgana non rispose, si limitò a fissarlo senza
che i suoi occhi tradissero la minima emozione.
I due si
fronteggiarono in silenzio per alcuni secondi finché
Morgause avvicinò la sorella.
«Dunque,
siamo giunti alla resa dei conti!» Uther, senza rinfoderare
la spada, volse i propri occhi di ghiaccio verso la bionda.
«Hai portato con te Morgana perché vuoi che sia
lei a uccidermi?»
Morgause rise
malignamente. «Sei un essere malvagio, Uther Pendragon,
meriteresti di morire nel peggiore dei modi, ma stasera non sono qui
per ucciderti, stasera
sono qui per tuo figlio».
«Non
l’avrai mai!» gridò Uther e strinse con
forza la mano attorno all’elsa della spada. Le due donne
erano così vicine che avrebbe potuto trafiggerle entrambe
con un sol colpo. Ma doveva attendere, non poteva agire
d’impulso, prima doveva capire quale pericolo gravava su
Arthur e cercare il modo per aiutarlo.
Si impose di
mantenere la calma, anche se non gli fu facile, e cercando di
controllare il turbinio di emozioni che lo stava assillando si
voltò verso Morgana. «Ti ho accolta come una
figlia, e tu ti sei schierata dalla parte di questa strega e osi
minacciare Arthur!»
Morgana
sorrise e la sua voce echeggiò calma nella tetra caverna.
«Sei sempre stato un uomo pieno di sé, Uther, e
non hai saputo amare nessuna delle persone che ti sono accanto. Non hai
amato me, non ami tuo
figlio...»
Udite le sue
parole, Uther le rivolse uno sguardo pieno di astio. «So di
non essere stato un buon padre per te e nemmeno per Arthur, ma non
credere che io non vi abbia mai amati. Sono un re e sono stato
costretto a prendere decisioni che spesso non avete condiviso, ma
ciò non significa che io non provi affetto per voi. Tu,
piuttosto. Tu che sei pronta a giudicarmi, guardati! Sei qui, con
quella donna che minaccia di prendere la vita di mio figlio. Credi di
essere migliore di me? Arthur ti ha sempre protetta. Arthur ti vuole
bene e tu lo ricambi in questo modo?»
Uther
fissò lo sguardo su Morgause, gli occhi della strega erano
impenetrabili poi, con un gesto improvviso, abbandonò la
presa sulla spada che cadde a terra e si inginocchiò. Il suo
volto era fiero e non mostrava la minima paura.
«Morgana», tuonò con voce maestosa.
«Sacrifico la mia vita in cambio di quella di Arthur, ma
convinci la strega a liberare mio figlio, qualunque sia la maledizione che
ha scagliato su di lui».
La supplica
del vecchio re fu seguita da un silenzio irreale che durò
parecchi secondi finché Morgause non vi mise fine con una
risata agghiacciante. «Fosse stato per me, avrei preso la
vita di Arthur», esordì schietta. «Ti
odio, Uther Pendragon, e vederti soffrire mi colma di gioia. Sei
fortunato che il mio amore per Morgana sia superiore
all’astio che provo nei tuoi confronti, e quando ho detto che
sono qui per Arthur non intendevo per prendere la sua vita, ma per aiutarti a salvargliela».
Uther
guardò Morgause incapace di dare un senso alle sue parole, e
sul volto della strega apparve un sorriso soddisfatto.
Avere il
vecchio re inginocchiato ai suoi piedi le dava un enorme piacere.
«Tutto ciò che ho scritto nella pergamena
è vero. Arthur è stato maledetto a causa tua,
così come il tuo popolo, ma non sono stata io a lanciare
la maledizione. Ho deciso di incontrarti poiché
so come aiutarti, ma voglio sia ben chiaro che sono qui solo
perché Morgana mi ha convinta. Non lo faccio per te e
nemmeno per tuo figlio. Lo faccio per mia sorella, perché
soffrirebbe se Arthur morisse. Ora ascolta e non interrompermi
finché non avrò finito di parlare. Il suono della
tua voce mi irrita».
Ottenuta
l'attenzione del re, Morgause iniziò il racconto.
«Quando decidesti di rinnegare la magia, grazie alla quale
eri riuscito ad avere un erede, firmasti la condanna di Arthur e di
Camelot. Alcune streghe, cui tu avevi ucciso marito e figli, decisero
di fartela pagare. Si unirono e maledissero il principe. Al compimento
del ventiduesimo anno d’età, Arthur
morirà tra atroci agonie. La sua carne marcirà
lentamente e le sue pene dureranno per giorni e giorni. Lo sentirai
urlare, lo vedrai perire attimo dopo attimo senza poter fare nulla per
alleviare il suo dolore. E lui saprà che la sua fine
è solo causa tua e morirà odiandoti».
Uther
ascoltò ogni parola in silenzio, ascoltò senza
mostrate il minimo sentimento, ma nel profondo del cuore
sentì che qualcosa si stava spezzando. L’idea che
il figlio potesse morire in un modo tanto orribile gli stava divorando
l’anima, ma non fece trapelare ciò che provava e
senza batter ciglio continuò ad ascoltare le parole della
giovane donna.
«Nel
corso degli anni le streghe che pronunciarono il sortilegio morirono.
Solo una di loro sopravvisse. Per tua fortuna quella donna fu la mia
mentore. Prima di morire mi raccontò della maledizione e del
modo per contrastarla. Avevo deciso di tenere il segreto per me, di
aspettare il ventiduesimo compleanno del principe per assistere alla
sua lenta fine e alla tua agonia, ma tutto è cambiato quando
ho ritrovato Morgana. Mi ha confessato quanto Arthur le manchi, quanto
bene voglia a quel giovane arrogante che considera un fratello, e
quando ha saputo della maledizione mi ha supplicata affinché
scrivessi la pergamena per condurti qui e ti svelassi il modo per
impedirla. Esiste un’isola, molto lontana, di nome Gilead;
credo che tutti ne abbiate sentito parlare anche se in molti la
considerano solo una fantasia. Ma non è una fantasia, esiste
davvero, ed è abitata da maghi e streghe.
Sull’isola vi è una piccola cappella in cui
è conservato un calice contenente un liquido magico. Si
tratta della pozione che può annullare gli effetti del
maleficio. Le streghe che maledissero Arthur non erano malvagie come te
e lasciarono al principe una possibilità di salvezza, se una
di loro avesse deciso di concedergliela, e la mia mentore, prima di
morire, mi svelò il segreto affinché fossi io a
prendere la decisione finale. Ma non credere che sarà una
cosa facile. Non basterà che Arthur si rechi
sull’isola, anche
tu dovrai fare la tua parte perché Arthur
dovrà raggiungerla come sovrano di Camelot, ciò
significa che tu dovrai
abdicare».
Morgause
lanciò un'occhiata incuriosita a Uther, per scorgere nel suo
sguardo le emozioni che provava all'idea di rinunciare al potere, ma il
volto del re rimase impassibile e, senza tergiversare,
continuò il discorso. «Arthur dovrà
entrare nella piccola cappella e bere dal calice. Basterà
una goccia per annullare la maledizione, ma solo se al suo fianco ci
sarà la futura regina. Anche lei
dovrà bere dal calice poi, dinanzi allo stregone e al popolo
magico, dovranno giurare che né loro, né i loro
eredi, si accaniranno contro la magia durante gli anni a venire e che a
Camelot avranno fine le angherie contro i maghi. Dopo il giuramento
saranno liberi di tornare a casa per celebrare le nozze secondo le
vostre usanze, e se Arthur non terrà fede al patto, su
Camelot si abbatterà la sciagura e il regno verrà
distrutto». Sorridendo soddisfatta, Morgause tese la mano
verso Uther per indurlo ad alzarsi. «Ora che sai la
verità fanne l’uso che vuoi», disse
senza mostrare il minimo dispiacere per la sorte del giovane principe.
«Se deciderai di salvare Arthur, mandami una missiva tramite
il corvo che domani sera verrà nella tua stanza ed io
aiuterò Arthur a raggiungere l'isola incantata,
poiché solo con l’aiuto di un mago il nuovo re
potrà arrivarci. Nessuno ne conosce l’ubicazione
quindi, se stai pensando di armare il tuo esercito per marciare su
Gilead, ti consiglio di lasciare perdere, sarebbe tempo sprecato e a
tuo figlio non ne resta molto».
Soddisfatta
per il dolore e la rabbia che poteva leggere negli occhi gelidi di
Uther, Morgause mise una mano sulla spalla di Morgana e insieme
sparirono mentre il re, immerso in un turbinio di pensieri, le
osservava dileguarsi nell'oscurità.
Rimasto solo
con Gaius, finalmente Uther decise di lasciare la grotta e si diresse
verso le sue stanze. Il ventiduesimo compleanno di Arthur era prossimo,
mancava poco più di un mese e non c’era tempo da
perdere.
L'idea di
cedere al ricatto non faceva che aumentare la sua rabbia. Non voleva
rinunciare al regno e sottomettersi alla folle richiesta di malvagi
stregoni, ma non sembrava esserci altra soluzione per salvare la vita
di Arthur.
Dopo un paio
d’ore trascorse con Gaius, cercando un modo per scongiurare
la catastrofe, Uther sentì dei rumori provenire dalla
piazza; il principe era tornato.
Lasciato Gaius
ad attenderlo, raggiunse il figlio e gli ordinò di seguirlo.
Quando furono
nelle sue stanze, Uther informò Arthur della missiva
minacciosa, dell’incontro con Morgause, e
dell’unico rimedio per evitare la sua morte e la fine di
Camelot.
Arthur
ascoltò ogni parola senza fiatare e quando il sovrano
finì il racconto scoppiò in una fragorosa risata.
«Se questo è uno scherzo, padre, è di
cattivo gusto».
«Non
è uno scherzo», tuonò Uther. L'incontro
con Morgause lo aveva messo di pessimo umore e non accettava che il
figlio si rivolgesse a lui in modo tanto irrispettoso.
«Domani tu diventerai re, proporrai a una dama di sposarti e
partirai per Gilead. Questo è un ordine!»
Incredulo,
Arthur fissò prima Gaius poi il padre. Temeva di essere
precipitato in un incubo a occhi aperti e voleva che qualcuno lo
svegliasse.
Solo pochi
attimi prima era a caccia con i suoi uomini, e l’unico suo problema era
Merlin, ora si ritrovava a dover pensare alla corona e al matrimonio, e
la situazione era così inverosimile da sembrargli pazzesca.
«Ma, padre, sei impazzito? Io non posso diventare re e non
voglio sposarmi con una dama qualunque solo perché una
strega ti ha detto che è l’unico modo per salvarmi
la vita. Lotterò come ho sempre fatto e vincerò.
E comunque, da quando permetti a una strega di darti ordini? Da quando
ti lasci convincere che delle minacce tanto assurde possano essere
reali? È l’ennesimo tranello di Morgause. Non
penso ci sia nulla di vero nelle sue parole. Io non le credo!»
«Neppure
io, ma credo a Morgana».
«Morgana?»
ripeté Arthur perplesso. «Che c’entra
Morgana?»
«Morgana
era con lei», asserì Uther con stizza.
«Questa volta la minaccia è reale ed io non voglio
perdere il mio regno e soprattutto non voglio perdere te. Farai quello
che ti ordino senza discutere, ne va della tua vita e della
sopravvivenza del regno».
«Ma...
padre».
«Basta
Arthur, te lo ordino! Ora vai, non ho più intenzione di
discutere».
Arthur
lasciò la stanza, indignato e sconvolto per ciò
che avrebbe dovuto fare, e si rifugiò in camera dove Gwen
stava facendo pulizia.
La ragazza,
vedendolo entrare, si inchinò dinanzi a lui e ricevette in
cambio un saluto distratto.
Preoccupata
per il suo strano atteggiamento, lo avvicinò per parlargli.
«Arthur, mio signore, è successo qualcosa che vi
turba?»
Il giovane
principe finalmente le rivolse un sorriso. Sapeva che quanto stava per
fare non era giusto, ma doveva farlo, lo doveva al suo popolo.
Le prese
delicatamente le mani tra le proprie. Il cuore gli batteva talmente
forte che credeva potesse esplodere.
Solo alcuni
mesi prima sarebbe stato felice, ma non ora che aveva capito di voler
passare il resto della sua vita con quell’idiota di Merlin.
Purtroppo non
era possibile quindi doveva chinare il capo, mettere da parte i propri
sentimenti e fare ciò che era giusto per il popolo, ma non avrebbe mentito.
Fissò
la ragazza, che un tempo credeva di amare, e cercò le parole
giuste. «Mesi fa ti dissi che un giorno, quando fossi
diventato re, avrei abolito il vincolo che mi obbliga a sposare una
dama di corte e avrei scelto di sposare chi voglio».
«Sì,
lo ricordo», annuì Gwen.
«Domani,
al banchetto, mio padre abdicherà e diventerò re.
Una maledizione grava sulla mia vita e su Camelot. Dovrò
raggiungere un posto chiamato Gilead e dovrò giurare che
né io né i miei figli ci opporremo alla magia.
Non dovrò compiere il viaggio da solo, ma con la donna che
diverrà la mia sposa e che dovrà prestare lo
stesso giuramento».
Cercando di
trovare il coraggio per compiere un passo che gli avrebbe portato solo
dolore, perché lo stava allontanando dal suo vero amore,
Arthur sospirò mestamente. «So che questo non
è il modo giusto per chiedere la mano di una donna, nemmeno la giusta motivazione,
poiché dovrebbe essere l’amore a spingere due
persone al matrimonio e non una maledizione, ma la situazione
è grave e vorrei fossi tu quella donna. Se accetterai di diventare mia
moglie mi aiuterai a salvare il regno».
Gwen sorrise,
anche se i suoi occhi brillavano di tristezza.
Arthur le
stava chiedendo di sposarlo e, allo stesso tempo, stava ammettendo che
non l’amava, che aveva bisogno di lei solo per salvare il popolo
da un’antica maledizione, e in quel momento ebbe la conferma
che i sentimenti del giovane erano cambiati.
Da settimane
lo osservava di nascosto spiando le sue mosse e si era convinta che
Arthur fosse attratto da un’altra persona, qualcuno che mai avrebbe potuto
avere, e il fatto che chiedesse a lei di sposarlo era la
prova definitiva che non si era sbagliata.
Con la
tristezza nel cuore, ma senza esitare, si inchinò dinanzi a
lui e rispose. «Sì, Arthur, accetto di diventare
vostra moglie».
Continua
|
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
Disclaimer: i
personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è
stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia,
romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur -
Gwen - Merlin - Lancillotto
Capitolo
10
«Vi
sposerete», sussurrò mestamente
Merlin al termine del lungo racconto fatto da Arthur per spiegare gli
ultimi avvenimenti. «Diventerete
re e sposerete Gwen». Merlin ripeté
le ultime parole pronunciate dal principe come a volersi convincere di
averle sentite davvero, e un sorriso amaro gli tese le labbra. Seppure
la nuova situazione gli stesse facendo sanguinare il cuore, sapeva che
era la cosa migliore che potesse succedere: Arthur avrebbe sposato la
ragazza dei suoi sogni e doveva essere felice per lui.
Ma Arthur non
sembrava particolarmente contento del suo futuro e Merlin, credendo di
aver capito cosa lo turbava, cercò di mettere da parte il
proprio dolore e trovò le giuste parole per rassicurarlo.
«Capisco che l’idea di ricorrere a un matrimonio
per salvarvi non è da voi, ma se Uther ha deciso di
abdicare, e concedere che sposiate una donna del popolo, significa che
il pericolo è reale e non potete sottrarvi al suo volere.
Mettete da parte l'orgoglio e acconsentite, Camelot
guadagnerà un ottimo re e una brava regina. Inoltre, voi amate Gwen e
lei ama voi, lasciate perdere il motivo per cui le state chiedendo di
sposarvi, se non sbaglio è ciò che volete da
tempo. Lei è
il vostro grande amore e ora potrete stare insieme alla
luce del sole senza che vostro padre vi ostacoli».
Arthur
ascoltò ogni singola parola trattenendo a stento la collera.
Avrebbe voluto afferrare quello stupido idiota e baciarlo per fargli
capire che non era Gwen
la persona che desiderava al proprio fianco.
Voleva capisse
che era innamorato di lui ed era profondamente infelice
poiché costretto a sposarsi senza amore, e poiché
stava costringendo a un matrimonio falso anche una sua cara amica.
Furioso contro
il destino che continuava a osteggiare la sua felicità,
Arthur decise di compiere una mossa azzardata perché voleva
che Merlin sapesse. Voleva fargli capire che era innamorato di lui.
«Diventerò re», disse con un sussurro
incatenando lo sguardo nel suo. «E sposerò
Gwen», aggiunse preparandosi a baciarlo, mentre un sorriso
impercettibile affiorava sulle sue labbra al pensiero della reazione
che avrebbe avuto Merlin, ma non gli importava cosa avrebbe fatto.
Voleva risentire il suo sapore e nulla glielo avrebbe impedito.
«Merlin», sussurrò, pronto a premere le
labbra sulle sue, ma un rumore improvviso, proveniente dalla foresta,
lo riportò bruscamente alla realtà.
Il suo animo
battagliero ebbe il sopravvento, si alzò e sguainata la
spada si addentrò nella fitta vegetazione seguito da Merlin.
Giunto nei
pressi del ruscello, vide quattro briganti che stavano lottando contro
un uomo e si gettò nella mischia, e in breve gli assalitori
ebbero la peggio.
Rinfoderata la
spada, Arthur indirizzò lo sguardo verso il giovane cui era
corso in aiuto e che gli stava tendendo la mano.
«Lancelot», esclamò incredulo.
«Sire»,
sorrise l'uomo. «È un piacere rivedervi».
Riconosciuto
Lancelot, Merlin lo avvicinò per salutarlo. Non lo vedeva
dal giorno in cui aveva aiutato lui e Arthur a salvare Gwen ed era
felice che fosse tornato a Camelot, anche se sperava che i suoi
sentimenti per la ragazza fossero scomparsi poiché non
avrebbe avuto alcuna chance di conquistare la futura sposa del nuovo sovrano.
Fregandosene
dell’etichetta lo abbracciò. «Lancelot,
è bello rivederti... non pensavo saresti tornato».
«Quando
ho saputo dell’attacco del drago mi sono messo in viaggio. Ho
pensato che una spada in più avrebbe fatto comodo in caso di
nuovi pericoli», replicò Lancelot e Merlin
sorrise, conosceva il suo valore e sapeva che avrebbe dato la vita se
necessario.
Anche Arthur
conosceva il suo coraggio e, ascoltate le sue parole, annuì
riconoscente. «E sia Lancelot», disse posandogli
una mano sulla spalla. «Sei qui pur sapendo che mio padre
potrebbe farti uccidere se ti scoprisse. Sei disposto a rischiare la
vita pur di offrire il tuo aiuto al regno e la tua lealtà
verrà premiata. Mio padre, al banchetto che si
terrà questa sera, abdicherà ed io ho intenzione
di nominarti cavaliere. Finalmente il tuo valore sarà
premiato».
Lancelot
rimase in silenzio a osservare il principe. Aveva deciso di tornare a
Camelot pur sapendo quali rischi corresse, e non gli importava, e in
quel momento la sua decisione gli stava regalando un futuro, che a
causa delle sue umili origini, non avrebbe mai potuto realizzarsi.
Divertito
dall'espressione attonita comparsa sul suo volto, Merlin gli diede un
colpetto sulla spalla per riportarlo alla realtà.
«Non essere troppo felice», gli disse con tono
ironico. «Tu non sai cosa significa avere a che fare ogni
giorno con sua maestà l’asino reale. Quella che
ora ti sembra la più grande opportunità della tua
vita si trasformerà in un vero incubo... fidati, so di cosa
parlo!»
Neanche il
tempo di finire la frase e Arthur gli tirò uno scappellotto
in testa. «Sei un idiota Merlin».
«E
voi un somaro sire».
Lancelot
sorrise al battibecco dei due amici e con loro si diresse verso la sua
nuova vita certo che gli avrebbe riservato tante soddisfazioni.
Continua
Capitoletto
corto, corto, per i prossimi cercherò di impegnarmi di
più... prometto. E ora ringrazio chi sta
seguendo la storia, chi l’ha inserita tra le preferite o le
ricordate, chi commenta.
GRAZIE. Siete
fantastici!
|
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
Disclaimer: i
personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è
stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia,
romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur -
Gwen - Merlin - Lancillotto
Capitolo
11
Giunta la sera
del banchetto, una piccola folla si radunò nel grande salone
addobbato a festa.
Tutti si
domandavano il motivo per cui Uther avesse deciso di convocare dame e
cavalieri in quella giornata in cui non vi era una ricorrenza
particolare da festeggiare.
La
curiosità serpeggiava e i sudditi erano ansiosi di capire la
ragione di tale celebrazione.
Mentre uomini
e donne si incamminavano verso la sala del banchetto, Merlin
afferrò Arthur e lo fermò prima che potesse
varcare la soglia. «Spero ricorderete
cos’è successo l’ultima volta che avete
bevuto», gli rammentò come se stesse parlando a un
bimbo idiota. «E spero non vorrete ripetere
l’esperienza, sarebbe alquanto imbarazzante».
Arthur
osservò Merlin, ricordava benissimo la famosa sera in cui si
era ubriacato e ricordava le sue labbra. In quella circostanza lo aveva
baciato e, se Merlin avesse acconsentito, sarebbe andato ben oltre e
avrebbe fatto l'amore con lui.
Al pensiero di
toccare il suo esile corpo, di far scivolare le mani su quella pelle
candida e vellutata, Arthur sentì un brivido scuotergli le
membra e con difficoltà allontanò
l’immagine di Merlin chino sotto di sé e rispose
cercando di sembrare calmo. «Non preoccuparti, ho imparato la
lezione. Berrò solo pochi calici e non perderò il
controllo, il futuro re non può fare la figura del
somaro».
Merlin gli
indirizzò un'occhiata perplessa e Arthur aggrottò
la fronte, risentito per la sua mancanza di fiducia.
«Sarò perfetto», affermò e,
dopo avergli dato una manata sulla spalla, entrò nel grande
salone.
«Speriamo»,
mormorò Merlin senza farsi udire e lo seguì.
A
metà serata Uther, finalmente, prese la parola e tutti si
zittirono per ascoltarlo. «Questa sera vi ho convocati
perché devo fare un annuncio importante. Ho governato su
Camelot per decenni, cercando di essere un buon re. Spesso ho preso
decisioni che in pochi hanno accolto favorevolmente, ma ogni decisione
aveva come fine ultimo il benessere del popolo, proprio come quella che
sto per dirvi. Nonostante sia nel pieno della forza, ho capito che il
regno ha bisogno di un uomo giovane, di un uomo che possa guidare i
cavalieri in battaglia e ho deciso di abdicare in favore di Arthur.
Sono sicuro che sarà un re giusto e valoroso, e
saprà condurre Camelot verso la prosperità.
È con immenso piacere, dunque, che presento a tutti voi il
futuro re di Camelot: mio figlio, Arthur Pendragon».
Dopo un primo
attimo di smarrimento tra i presenti si levò un timido
applauso. Lancelot aveva iniziato a battere le mani e, seguendo il suo
esempio, tutti lo imitarono.
Finalmente,
accolto da uno scroscio di applausi, Arthur si avvicinò al
padre che lo stava invitando a raggiungerlo e, quando gli fu accanto,
Uther ricominciò a parlare ai commensali. «La
cerimonia dell’incoronazione si terrà domani, poi
Arthur partirà per un breve viaggio, e quando
tornerà governerà su Camelot insieme alla moglie
che conoscerete questa sera stessa».
La rivelazione
del re provocò nuovo stupore tra gli ospiti, curiosi di
conoscere la fortunata che sarebbe diventata regina, e Arthur
cercò tra la folla il volto di Merlin. Quando i loro sguardi
si incrociarono, Merlin sorrise con le labbra, ma non con gli occhi, e
Arthur fu certo di aver visto nella sua espressione una sofferenza pari
a quella che stava provando anche lui all’idea di sposarsi.
«Vai,
figlio mio». La voce di Uther strappò Arthur ai
pensieri che lo stavano turbando. «I tuoi uomini ti
acclamano».
Arthur
annuì con un cenno della testa e, scacciato l'assurdo
pensiero che Merlin potesse essere triste come lui, si diresse verso i
cavalieri per ricevere il loro augurio.
Nei successivi
dieci minuti fu avvicinato anche da un gran numero di cortigiane
curiose di scoprire il nome della futura regina, ma Arthur non
svelò nulla e, garbatamente, si congedò da loro e
si avvicinò a Lancelot.
«Congratulazioni,
sarete un ottimo re».
Arthur
annuì e porse all'amico un calice con cui brindare.
«Sicuramente diventerò un sovrano che mantiene la
parola», ammise levando il calice per un brindisi.
«E sai quale sarà la prima cosa importante che
farò appena sarò re?»
«Sposarvi?»
Arthur
sorrise. Lancelot non sapeva di aver pronunciato le parole meno
indicate. Il suo matrimonio, purtroppo, era una farsa,
un’unione senza amore decisa solo per il bene del regno.
«La seconda cosa importante», si corresse cercando
di nascondere l'amarezza. «Ho intenzione di nominarti
cavaliere. Sei un uomo valoroso e meriti che il tuo valore sia
riconosciuto, anche se non sei figlio di un nobile».
Lancelot si
inchinò riconoscente. «Voi mi onorate con la
vostra amicizia e sarò lieto di diventare un cavaliere per
servirvi. E ora sono troppo curioso se vi chiedo chi sarà la
futura regina? Forse lady Gwen?»
Arthur
osservò Lancelot e solo allora ricordò la notte
in cui lo aveva trovato con Gwen, pronto a rischiare la vita pur di
portarla in salvo. Gli ultimi avvenimenti gli avevano fatto scordare i
sentimenti che il giovane nutriva per la ragazza e si sentì
ancora più a disagio.
Imbarazzato, e
in colpa, rispose ugualmente alla domanda. «Sì,
sarà Gwen».
Lancelot
sorrise cercando di nascondere il dispiacere e alzò il
calice per brindare a quell’unione che gli faceva male.
«Sarete un buon re e Gwen un’ottima regina, ne sono
certo».
I due calici
si scontrarono e i giovani brindarono alla futura unione che nessuno avrebbe mai voluto.
Al termine del
brindisi, Arthur vide entrare Gwen nel salone; il momento che tutti
attendevano era giunto.
Posato il
calice si accomiatò da Lancelot e, con passo veloce,
raggiunse la ragazza che si inchinò di fronte a lui.
Porgendole una
mano, Arthur la invitò ad alzarsi e consapevole dello
sguardo incuriosito dei presenti, le sussurrò
all’orecchio. «È giunto il momento che
tutti conoscano il nome della futura regina».
Gwen sorrise e
Arthur, senza lasciare la sua mano, si rivolse ai commensali che
avevano iniziato a bisbigliare. «Un attimo di
attenzione», disse con voce ferma. «Tutti voi mi
conoscete, sapete che non amo i lunghi discorsi quindi sarò
breve».
I brusii
aumentarono e Arthur non se ne curò. «Ho chiesto a
Gwen di sposarmi e lei ha acconsentito, è dunque con immenso
onore che vi presento la futura regina di Camelot».
L'annuncio fu
seguito da un opprimente silenzio, cavalieri e dame non osarono dire
una parola, tanto era lo stupore nell’apprendere che una
serva sarebbe diventata regina, e fu Uther a interromperlo. Alzato il
calice verso i futuri sposi, il vecchio re benedì la loro
unione per dimostrare che condivideva la decisione di Arthur e tanto
bastò per infrangere l'imbarazzante silenzio creatosi dopo
l'annuncio.
«Avete
fatto la cosa giusta». Gaius fece un cenno col capo, per
indicare dame e cavalieri che si congratulavano con i futuri sposi, e
si mise al fianco del vecchio re. «Arthur non voleva
sposarsi, ma ha dovuto acconsentire per il bene del popolo. Ha cercato
una donna che potesse renderlo felice e Gwen è una cara
ragazza, nonostante non sia di lignaggio nobile, e voi avete dimostrato
di essere un re buono e saggio non ostacolando la sua scelta».
Uther sorrise
amaramente alle parole del vecchio amico. Se le circostanze fossero
state diverse, non avrebbe mai acconsentito a quell’unione,
mai avrebbe permesso ad Arthur di sposare una popolana, ma lo stava
costringendo a sposarsi contro il proprio volere, almeno una
concessione gliela doveva.
Dopo che anche
l’ultimo invitato ebbe espresso la propria
felicità ai futuri sposi, finalmente la folla si
diradò e Gwen e Arthur lasciarono che i loro sguardi si
perdessero nella grande sala e fu allora che li videro. Merlin e
Lancelot erano accanto alla porta e osservavano a distanza quanto stava
accadendo. Sui loro volti tirati aleggiava un sorriso di circostanza
che non riusciva a mascherare i sentimenti che stavano provando e
quando gli sguardi dei quattro giovani si incontrarono, una sensazione
di gelo arrivò al cuore di ciascuno di loro mettendo a nudo una
verità che non poteva più essere celata.
Continua
Eccomi con un
nuovo capitolo. Spero vi sia piaciuto!
Approfitto,
come sempre, per
ringraziare chi ha inserito la storia tra le seguite, le preferite o
quelle da ricordare e, ovviamente, chi trova un paio di minuti per
lasciare un commentino.
GRAZIE!
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
Disclaimer: i
personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è
stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia,
romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur -
Gwen - Merlin - Lancillotto
Capitolo
12
A notte
inoltrata, quando il banchetto finì, Arthur e Gwen
lasciarono la grande sala e s’incamminarono verso la casa di
lei.
Erano
stranamente silenziosi. Dal momento in cui i loro sguardi avevano
incrociato quelli di Merlin e Lancelot una spiacevole sensazione di
malessere si era creata tra loro.
Giunti nei
pressi dell’abitazione della ragazza, Arthur le diede un
bacio sulla guancia per augurarle la buonanotte e Gwen
replicò con un inchino prima di congedarsi e varcare la
soglia.
Chiusa la
porta, Gwen si spogliò e si sdraiò sul letto.
Nonostante sapesse che la proposta di matrimonio serviva solo per
salvare il regno dalla maledizione, l'aveva accettata poiché
provava affetto per Arthur e non lo avrebbe abbandonato nel momento del
bisogno, ma tutto sarebbe stato più semplice se Lancelot non
fosse tornato. Lo aveva amato sin dal primo giorno e rivederlo aveva
riacceso la passione e fatto vacillare le proprie convinzioni.
Afferrata la
coperta, Gwen si coprì e sospirò mestamente.
Quando Lancelot se n’era andato aveva creduto di essere
innamorata di Arthur, ma non era così. Per il futuro re
nutriva una grande amicizia che aveva scambiato per amore, ma Arthur
non le aveva mai fatto battere il cuore come Lancelot, e se il giovane
fosse tornato qualche giorno prima avrebbe rifiutato la proposta del
principe, ma ormai era troppo tardi per tirarsi indietro. Avrebbe
compiuto il proprio dovere pur sapendo che sarebbe stata infelice per
il resto dei suoi giorni.
*****
Giunto in
prossimità delle proprie stanze, prima di varcare la soglia
Arthur si appoggiò alla parete e scosse la testa.
Sapeva che non
era giusto ciò che stava facendo a Gwen; intrappolarla in un
matrimonio senza amore era un atto abominevole, ma gli serviva una
moglie per salvare il regno. Non poteva salvarlo accanto alla persona
di cui era veramente innamorato.
Il popolo
aveva accettato una serva, ma quale popolo avrebbe accettato che il proprio re amasse un
altro uomo?
Sorrise al
pensiero di cosa avrebbe fatto suo padre se avesse immaginato che nel
momento in cui gli aveva detto che poteva scegliere chiunque, avrebbe
voluto rispondergli: ho
scelto Merlin, lui starà al mio fianco per sempre.
Un sorriso
amaro gli tese le labbra al pensiero che nel suo cuore c’era
posto solo per quel servo idiota dalle orecchie grandi e dal cuore
immenso.
Sospirando
mestamente al destino che aveva messo Merlin sulla sua strada, Arthur
spinse la porta e varcata la soglia si ritrovò a fissare gli
occhi blu del fido servitore che lo stava aspettando per aiutarlo a
mettersi a letto. Poiché Gwen era destinata a diventare
regina non le competeva più quell’umile lavoro
che, ovviamente, era stato di nuovo assegnato a Merlin.
«Avete
fatto la scelta giusta». Merlin sorrise cercando di sembrare
sereno e porse ad Arthur gli abiti per la notte. «Il popolo
apprezzerà che abbiate scelto una serva come regina e poi
Gwen è amata da tutti. Sono felice per voi»,
ammise, ma evitò di guardare Arthur negli occhi
poiché sapeva che non sarebbe riuscito a nascondere
ciò che provava se avesse incrociato il suo sguardo.
Anche Arthur
evitò il confronto visivo; non avrebbe potuto fingere di
essere felice se avesse incrociato lo sguardo del ragazzo che amava e
rispose nell'unico modo possibile. «Gwen sarà
un’ottima regina, ne sono certo e il popolo
l’amerà».
Evitò
di dire che anche lui l’avrebbe amata poiché era
una menzogna e non se la sentiva di pronunciare altre menzogne, non
quella sera, e con la tristezza nel cuore congedò il giovane
servo.
La mattina
seguente, quando Merlin tornò per aiutarlo a vestirsi,
Arthur era già pronto.
Merlin lo
osservò e gli rivolse un sorriso raggiante. Aveva trascorso
tutta la notte sdraiato sul letto a fissare le travi del soffitto ed
era giunto alla conclusione più ovvia: era giusto che Arthur
prendesse moglie e se ne sarebbe fatto una ragione, tanto
più che il suo amore per lui non avrebbe mai avuto un futuro.
Col cuore in
pace aveva deciso di dimenticare i propri sentimenti e gioire con il
suo principe per l’imminente matrimonio che lo avrebbe reso
felice. «Arthur, che piacere vedervi in piedi!»
esclamò allegro. «Alcune volte siete
insopportabile al risveglio e non dover assistere alla vostra uscita
dal regale letto, con tanto di grugniti di disapprovazione, mi rende
felice».
Arthur si
voltò e gli rivolse la solita occhiataccia.
La notte
appena trascorsa era stata tremenda. Non aveva fatto altro che pensare
a lui. Al fatto che non sarebbe mai stato suo, non solo
perché non era un’unione consentita, ma
perché sapeva che Merlin non lo avrebbe mai voluto, quindi
aveva finalmente deciso di lasciare perdere la sua ossessione. Da quel
momento in poi si sarebbe occupato solo di Gwen.
«Non
essere sfrontato», replicò con falso cipiglio.
«Sai che se mi infastidisci la gogna è sempre
pronta».
Merlin storse
le labbra esibendo un'espressione preoccupata e Arthur rise divertito.
«Scherzavo, non ho intenzione di mandarti alla gogna. Oggi mi
sono alzato presto perché mio padre vuole che lo raggiunga.
Vai a strigliare il mio cavallo, non abbiamo molto tempo. Tra poco ci
sarà la cerimonia dell’incoronazione e subito dopo
dovremo partire per Gilead. Mio padre ha inviato a Morgause una missiva
per informarla che ha accettato l’accordo e la strega gli ha
fatto sapere che la nostra guida ci attenderà al limitare
della foresta quindi, almeno per una volta, vedi di non essere in
ritardo».
Merlin
annuì con un cenno e uscì dalla stanza per
recarsi nelle stalle mentre Arthur s’incamminò
verso la sala del trono dove Uther lo stava aspettando.
Dopo una buona
mezz’ora trascorsa in compagnia del sovrano, finalmente il
giovane principe lasciò il castello per trascorrere un po'
di tempo da solo prima che il dovere lo costringesse a partire per la
nuova avventura. Sellato il cavallo raggiunse una radura in mezzo alla
foresta.
Legate le
briglie a un albero si sedette sulla sponda di un ruscello per godere
della pace che regnava il quel luogo incantato, ma un rumore improvviso
lo fece sobbalzare e sguainata la spada si voltò pronto alla
lotta. «Merlin!» esclamò perplesso.
«Che diavolo ci fai qui? Potevo mozzarti la testa»,
sbraitò e Merlin, vedendo la lama della spada a pochi
centimetri dal suo collo, sgranò gli occhi consapevole di
aver rischiato la decapitazione.
«Scusate...
Arthur», snocciolò con calma. «Ho notato
che stavate lasciando il castello e vi ho seguito. La foresta
è piena di bestie feroci, non dovreste andare in giro da
solo».
Arthur
rinfoderò la spada e sorrise divertito. «Pensavi
di offrirmi il tuo aiuto? Sei forse un cacciatore?» chiese ed
esibendo una smorfia perplessa gli mise la mano sul braccio.
«Ti faresti sbranare in pochi secondi se dovessi trovarti
faccia a faccia con una bestia feroce», ammise serio.
«E ora torna al castello, voglio stare solo».
Considerata
chiusa la discussione, Arthur si sedette e Merlin si sedette accanto a
lui. «Cosa non hai capito in ciò che ho
detto?»
Merlin non si
mosse e fece spallucce. «Perché siete
più indisponente del solito?» replicò
ignorando la domanda. «Tra poco sarete re e state per
sposarvi, dovreste essere felice invece siete sempre di pessimo
umore... perché?»
Arthur non
rispose, non poteva dire la verità, non poteva ammettere che
era triste poiché stava per promettere amore a una donna che
non avrebbe mai amato giacché il suo cuore apparteneva a un
altro: al suo stupido
servo dalle grosse orecchie.
Ma Merlin non
era intenzionato a lasciar cadere l’argomento.
«Cosa vi turba?» chiese di nuovo.
Arthur sapeva
che l'amico non avrebbe mai smesso di tormentarlo e decise di mentire
per trarsi d'impiccio. «Tra poco sarò re e mi
sposerò», ripeté con tono piatto.
«Sono solo un po' preoccupato. Tutto qui»,
confessò con un'alzata di spalle.
«Voi
preoccupato?» replicò Merlin scettico.
«Ma se siete la persona più sicura di
sé che abbia mai conosciuto... avanti, qual è il
vero motivo che vi turba? Potete confidarvi con me, sapete che non
tradirei mai la vostra fiducia. Suvvia, ditemi cosa vi turba, magari
potrei aiutarvi».
Arthur sorrise
e scosse la testa. «Il fatto è che non sono pronto
a dichiarare amore eterno a Gwen».
«Perché?»
domandò Merlin sempre più perplesso.
«Voi l’amate! È giusto dichiararle il
vostro amore».
Arthur
avvertì un groppo salirgli in gola; non voleva continuare a
mentire. Non poteva
continuare a mentire e fissato lo sguardo in quello del giovane amico
sorrise amaramente. «Perché non amo Gwen, non l’ho mai amata,
e mi sento un verme all'idea che la sto usando».
Merlin
osservò il giovane principe con espressione sconvolta.
«Voi non l’avete mai amata?»
ripeté incredulo. «Ma allora perché le
avete chiesto di sposarvi?»
«Perché
la persona che desidero avere al mio fianco non potrà mai
essere mia… nemmeno tra un milione di anni»,
sospirò mestamente Arthur. «E ora è
meglio se torniamo al castello, devo iniziare l’addestramento
e non voglio far aspettare i miei uomini».
«C’è
forse un’altra dama che state frequentando
all’insaputa di Gwen?» chiese Merlin col cuore che
batteva a mille, mentre lo stomaco si contraeva e un’idea
pazzesca iniziava a farsi strada nella sua mente.
«E
poi sono io il somaro!» esclamò Arthur ridendo e
alzandosi passò le mani sui pantaloni per togliere i residui
di erba che si erano attaccati alla stoffa. «Andiamo, per
oggi basta confidenze inutili. Il fato ha voluto che fossi
l’erede al trono e dovrò esserne degno. E Gwen
sarà un’ottima moglie e anche un’ottima
regina, ne sono certo. Col tempo riuscirò ad affezionarmi a
lei e, comunque, non le farò mai del male poiché
è una cara amica e non merita di soffrire a causa
mia».
Merlin si
alzò ma non si mosse e Arthur, che si era già
avviato, ritornò sui propri passi e gli afferrò
un braccio per smuoverlo. «Che ti prende?» chiese
spazientito. «Sei diventato sordo? Dobbiamo andare».
Merlin
continuò a restare fermo, l’idea pazzesca che gli
stava lambendo il cervello gli impediva di muoversi. Il cuore batteva
all’impazzata e sentiva che stava per perdere la poca ragione
che ancora gli era rimasta.
Guardò
Arthur negli occhi e pronunciò solo poche parole,
un’unica domanda la cui risposta avrebbe significato
felicità o disperazione. «Perché non
potete avere la persona che amate? Di
chi si tratta?»
Arthur
sorrise. Si era sbilanciato troppo, più di quanto avesse
dovuto, e non poteva tornare indietro.
Prese il volto
di Merlin tra le mani e lo fissò per alcuni istanti
perdendosi nel blu sincero e innocente delle sue iridi, poi
lasciò che il cuore guidasse i suoi gesti. Attirò
a sé Merlin e posò le labbra sulle sue.
Non sapeva
cosa sarebbe successo, ma non gli importava, non più. Doveva
farlo, doveva far sapere al ragazzo che si era innamorato di lui e che
nel suo cuore nessuno avrebbe mai preso il suo posto.
Chiuse gli
occhi e assaporò il dolce sapore di quella bocca
impertinente, che tanto anelava, sperando che Merlin non lo avrebbe
allontanato, e la sua speranza non venne disattesa.
Merlin, seppur
scioccato dal gesto inaspettato di Arthur, passati i primi secondi in
cui si era sentito totalmente spiazzato, finalmente si sciolse.
Strette le
braccia attorno al solido corpo del giovane principe, schiuse le labbra
accogliendo la lingua dell’amato nella sua bocca per
permetterle di intrecciarsi con la propria in una danza sensuale.
E
così si baciarono finché il bisogno di aria non
li fece sciogliere dall'intimo contatto, e senza parlare si strinsero
cercando di assaporare gli ultimi istanti che avrebbero passato
insieme, ignari che nella radura c'era una terza persona che aveva
sentito ogni loro parola e assistito al loro bacio.
Continua
Ciao a tutti!
Finalmente ho
aggiornato... spero che il nuovo capitolo vi sia piaciuto.
A me
è piaciuto scriverlo!
Come sempre approfitto
per ringraziare chi commenta, chi ha inserito la storia tra le
preferite o quelle da ricordare.
GRAZIE A TUTTI!
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Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
Disclaimer: i
personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è
stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia,
romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur -
Gwen - Merlin - Lancillotto
Capitolo
13
La radura era
immersa in una quiete irreale rotta unicamente dal rumore delle fronde
mosse dal vento e dal cinguettio degli uccellini.
Il sole
svettava nel cielo e avvolgeva i due giovani in un caldo abbraccio come
se volesse partecipare alla loro felicità.
Arthur
spostò una ciocca ribelle dalla fronte di Merlin e sorrise.
Era felice poiché finalmente sapeva che
quell’idiota del suo servo provava i suoi stessi sentimenti
però, al tempo stesso, era malinconico poiché
conscio che non lo avrebbe mai avuto al proprio fianco. Il bacio che si
erano scambiati sarebbe stato il primo e anche l'ultimo.
«Arthur...
noi... dovremmo andare». Fu Merlin a rompere il silenzio
calato nella radura, ma il principe gli posò un dito sulle
labbra.
«C’è
tempo», sussurrò Arthur scuotendo la testa. Non
voleva separarsi da lui.
«Lo
so», annuì Merlin con un sospiro. «Ma
credo sia meglio tornare... non dovremmo essere qui».
«Perché?
Di cosa hai paura?»
Merlin non
rispose, sentiva il cuore battere sempre più forte. Avrebbe
voluto stringere Arthur e non lasciarlo più, ma sapeva di
non poterlo fare e doveva lasciare la radura prima che fosse troppo
tardi, prima che non
fosse più capace di fermarsi, ma Arthur parve
intuire i suoi pensieri e gli accarezzò una guancia per
tranquillizzarlo.
Lo
fissò per alcuni attimi, senza parlare, e vide nei suoi
occhi la luce del desiderio.
Senza
distogliere lo sguardo da quegli occhi così simili ai
propri, sciolse la bandana che Merlin portava al collo e la fece cadere
a terra; ancora un paio di ore e sarebbe diventato Re. Avrebbe
dichiarato il proprio amore a una donna che non amava, condannando
entrambi a una vita vuota e, prima che il destino si compisse, voleva assaporare la vera
felicità.
Attirato a
sé Merlin, posò delicatamente le proprie labbra
sul suo collo. Il calore del suo fiato, unito alla morbidezza della sua
bocca, provocò in Merlin una scossa di piacere che lo fece
fremere di eccitazione.
Merlin sapeva
che non era giusto ciò che stavano facendo, ma non
riuscì a esprimere i suoi pensieri perché non
voleva che Arthur si fermasse.
Aveva bisogno
di lui, bisogno di un istante di felicità che avrebbe
portato per sempre nel cuore come fosse il tesoro più
prezioso. E così, semplicemente, accadde.
Nessun
ripensamento, nessuna recriminazione, nessuna vergogna.
Mentre il sole
svettava alto nel cielo e gli uccellini cinguettavano, i due giovani si
sdraiarono sulla fredda terra per concedersi quell’unico
attimo di felicità che entrambi desideravano da mesi.
Le mani di
Arthur corsero sul corpo esile di Merlin per spogliarlo degli abiti
divenuti ingombranti poi, senza bisogno di aiuto, il principe tolse
anche i propri.
E finalmente
furono liberi di perdersi l’uno nelle braccia
dell’altro dimenticandosi del mondo che li circondava,
dimenticandosi di essere principe e servitore.
Nulla contava,
c’erano solo due giovani che si stavano amando con
intensità e passione.
E mentre
Arthur si spingeva nel corpo del fedele amico e amante, per godere con
lui della loro unione perfetta, la figura che li stava osservando dal
momento in cui si erano scambiati il primo bacio se ne andò
per non rovinare quei pochi attimi di intimità che restavano
loro.
A passo veloce
lasciò la radura con la tristezza nel cuore. Tristezza per
quei due ragazzi che si amavano e che non avrebbero mai potuto essere
felici perché il loro destino era già stato
tracciato e non potevano sottrarvisi.
*****
Poco prima di
mezzodì le campane annunciarono il momento tanto atteso.
Uther abdicò e Arthur fu proclamato nuovo sovrano di Camelot
tra gli applausi della gente che era accorsa per acclamare il nuovo re.
Al termine
della cerimonia per l’incoronazione, Gwen venne ufficialmente
presentata al popolo quale futura sposa di Arthur.
Dopo un breve
discorso, in cui Uther spiegò che il nuovo sovrano si
sarebbe assentato per un breve periodo, giunse il momento di iniziare i
festeggiamenti.
Arthur e Gwen
presenziarono alla festa solo per pochi minuti, poiché il
tempo a loro disposizione stava per finire. Dovevano raggiungere il
messo di Morgause che li avrebbe condotti a Gilead.
Ricevute le
ultime acclamazioni da parte della folla, lasciarono la sala del
banchetto e si recarono nella grande piazza dove tutto era pronto per
la partenza. Ad accoglierli c'erano Merlin e Lancelot, a loro il
compito di accompagnarli in quell’avventura dal sapore tanto
amaro.
«Mia
signora, non ho avuto occasione di congratularmi con voi».
Lancelot prese la mano di Gwen e, inchinandosi di fronte a lei, vi
posò le labbra. «Sono certo che sarete
un’ottima regina».
Gwen
sentì una stretta allo stomaco ma la ignorò, non
poteva lasciarsi andare, anche se, al solo tocco dell’uomo
aveva sentito il proprio cuore accelerare e una vampata di calore
imporporarle le gote.
Amava
Lancelot, ma Arthur era il suo destino e non avrebbe fatto nulla per
disonorare il futuro Re, anche se ciò significava vivere
infelice per il resto dei suoi giorni.
«Vi
ringrazio», replicò con un sorriso stentato
cercando di nascondere i propri sentimenti mentre Lancelot la aiutava a
montare in sella.
Quando tutti
furono pronti, la piccola compagnia partì. In testa al
gruppo Arthur. Subito dietro Merlin e Gwen. In coda Lancelot.
Dopo aver
percorso la quasi totalità del tragitto, che li avrebbe
condotti al luogo dell’incontro, Arthur si voltò e
incrociò lo sguardo del valletto.
I loro occhi
s’incontrarono per la prima volta da quando erano partiti,
poi il Re tornò a guardare davanti a sé e
lasciò che la mente lo riportasse a quanto accaduto solo
poche ore prima.
Immagini che
mai avrebbe scordato apparvero nitide e rivide le proprie mani muoversi
sull’esile corpo di Merlin, risentì il sapore
delle sue labbra mentre le loro bocche si univano, il calore della sua
intimità mentre si spingeva in lui. Mai avrebbe scordato i
suoi gemiti di piacere.
Quando si era
sfilato dal suo corpo, erano rimasti sdraiati l’uno accanto
all’altro senza parlare. Avevano avuto il loro attimo di
intimità e sembrava non sapessero come gestire quel momento,
ma fu solo un attimo perché Arthur si era voltato verso
Merlin per attirarlo a sé e fargli capire, con
quell’unico gesto, quanto fosse stato importante
ciò che avevano fatto, per fargli capire che non era stato
solo il capriccio di un principino viziato, ma qualcosa di profondo e
Merlin, sentendosi avvolgere dalle sue braccia, aveva cercato i suoi
occhi e sussurrato. «Lo so Arthur... non dovete dire
nulla».
Ed erano
rimasti abbracciati a contare lo scorrere dei minuti, consci
dell’amore che provavano l’uno per
l’altro, un amore che mai avrebbero rinnegato pur sapendo che
la loro storia era nata e morta in quella radura.
Ormai prossimi
al momento dell'incoronazione si erano alzati e, silenziosamente, si
erano rivestiti.
Prima di
rimontare in sella ai rispettivi destrieri, Arthur aveva afferrato
Merlin e posato le proprie labbra sulle sue. Aveva bisogno di sentire,
ancora una volta, il suo sapore. E di nuovo si erano baciati.
«Dobbiamo
andare, sire. Il vostro destino vi attende», aveva sussurrato
Merlin e, nonostante il cuore paresse scoppiargli nel petto, Arthur si
era sciolto dall’abbraccio e insieme erano tornati al
castello.
Perso nei
meandri del dolce ricordo, il Re cercò di scacciare la
malinconia per concentrarsi sul presente. Aveva una missione da
compiere e l’avrebbe portata a termine, anche se significava
vivere per sempre nell'infelicità.
E mentre
Arthur lottava per non farsi sopraffare dalla tristezza Merlin, in
sella al proprio cavallo, lo seguiva in silenzio cercando di non
pensare ai suoi baci, alle sue carezze, ai suoi gemiti. Purtroppo il
destino voleva che Arthur sposasse una donna, e lui non poteva nulla
contro il fato.
Con
rassegnazione continuò a seguire la piccola comitiva immerso
in ricordi che gli scaldavano il cuore e che, al tempo stesso, gli
gelavano l’anima.
*****
Un'ora
più tardi la comitiva giunse al luogo
dell’appuntamento.
Arthur, con un
balzo agile, saltò a terra e avvicinò la figura
che li stava attendendo seduta su un tronco.
Pochi passi e
furono l’uno di fronte all’altra.
Morgana, senza
indugiare, si alzò e si strinse al corpo vigoroso del
fratellastro. «Arthur, sono felice di rivederti, mi sei
mancato», ammise sincera e Arthur, cercando di nascondere
l’emozione che provava nell’abbracciare di nuovo la
sorellastra, si diede il contegno che ci si aspettava da un Sovrano e
le rispose con tono tranquillo.
«Anche
tu mi sei mancata. Avevo temuto il peggio quando sei scomparsa e so che
è solo merito tuo se Morgause ha deciso di svelare a Uther
la maledizione che incombe sul popolo e sulla mia persona e te ne sono
grato, questo tuo gesto ha significato molto per me».
Morgana si
staccò dall’abbraccio del fratello e sorrise.
«Qualunque problema io abbia con Uther, tu non ne fai parte.
Ti ho sempre amato come se fossi davvero mio fratello e non avrei
potuto lasciarti morire. Morgause ha capito i miei sentimenti e ha
acconsentito affinché ti fosse data la
possibilità di rimediare ai torti di tuo padre, costruendo
un regno in cui tutti possano vivere senza timore di essere uccisi solo
perché diversi».
Arthur sorrise
e le prese una mano tra le proprie. «Nel mio regno, chiunque
sarà il benvenuto e finché la magia
sarà usata per fare del bene, nessuno sarà mai
condannato ingiustamente». Senza lasciarle la mano le rivolse
un'occhiata saccente. «Se sei qui, significa che anche tu sei una
creatura magica e non mi importa. Capisco il motivo per
cui me lo hai tenuto nascosto e non ti biasimo e, se un giorno
decidessi di tornare a palazzo, saresti la benvenuta. E non dovresti
più temere per la tua vita, saresti libera di essere
ciò che sei senza doverti nascondere perché
nessuno ti farebbe più del male».
Merlin
sentì il cuore compiere un balzo nel petto alle parole del
sovrano perché avrebbe voluto fossero rivolte a lui e si
ritrovò a pensare: se un giorno Arthur avesse scoperto la
sua natura magica si sarebbe comportato come con Morgana? Lo avrebbe
perdonato per avergli mentito? Soprattutto dopo quanto successo tra
loro, sarebbe stato tanto magnanimo nei suoi confronti? O lo avrebbe
cacciato dalla sua vita per non avergli concesso il beneficio del
dubbio e aver dato per scontato che lo avrebbe denunciato a Uther?
Mentre Merlin
si poneva siffatti interrogativi, Gwen avvicinò Morgana.
«Mia signora, mi era stato detto che eravate viva, e
rivedervi e potervi riabbracciare mi colma il cuore di gioia».
Incapace di
frenare le lacrime, Gwen si strinse all’esile figura di
fronte a sé. Avrebbe voluto confidarle i suoi sentimenti,
raccontarle i propri dubbi, le proprie angosce per il futuro che
attendeva lei e Arthur. Avrebbe voluto confidarle il suo amore per
Lancelot, ma sapeva di non poterlo fare e si limitò ad
abbracciarla.
E Morgana,
felice per aver ritrovato l’unica persona che
l’avesse mai capita, le accarezzò la guancia per
asciugarle le lacrime e la parlò dolcemente.
«Ricorda, Gwen, non sono la tua signora, non più,
ora sono semplicemente Morgana. E tu sei la futura regina di Camelot e
non dovrai più inchinarti di fronte a nessuno, nemmeno a
me».
Sciolto
l'abbraccio che la univa a Gwen, Morgana si voltò verso
Merlin e, con pochi passi, lo raggiunse.
Appena gli fu
accanto, Merlin avvertì il suo enorme potere. In quei mesi
trascorsi con la sorella, Morgana era diventata più forte,
la sua magia era cresciuta e Merlin avvertì un brivido
corrergli lungo la schiena; se solo avesse voluto, la strega avrebbe
potuto nuocere a tutti loro.
«Merlin»,
sussurrò Morgana mentre un sorriso indecifrabile le tendeva
le labbra, e un nuovo brivido scosse Merlin che si sentì
trafiggere dal suo sguardo glaciale, e il ricordo degli ultimi istanti
trascorsi insieme apparve nitido nella sua mente. In quell'occasione
aveva cercato di ucciderla per salvare il regno e poteva immaginare
l'odio che la ragazza provava per lui, il suo desiderio di vendetta e,
quando si trovò stretto nel suo abbraccio, la
sentì sussurrare un'unica frase. «Dobbiamo
parlare, abbiamo una
faccenda in sospeso che va risolta».
Senza
attendere che Merlin potesse in qualche modo replicare, la strega si
voltò e raggiunto il proprio cavallo vi montò in
sella.
La strada per
Gilead era ancora lunga e dovevano muoversi poiché mancava
poco al compleanno di Arthur e all’avverarsi della
maledizione che ne avrebbe decretata la morte.
Continua
Ciao a tutti,
finalmente ho
dato ai due piccioncini il loro attimo di felicità.
Ci sono voluti
parecchi capitoli prima che si arrivasse a tanto, ma alla fine ci siamo
arrivati. Non ho scritto una lemon completa di dettagli
perché il rating è arancione e vorrei mantenerlo
tale.
Per quanto
riguarda la cerimonia per l’incoronazione non mi sono
dilungata in descrizioni dettagliate, l’ho solo accennata per
andare avanti con la storia.
Detto
ciò, spero sia stata una piacevole lettura.
Come
sempre GRAZIE a chi legge, chi commenta, chi ricorda, chi preferisce.
|
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Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
Disclaimer: i
personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è
stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia,
romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur -
Gwen - Merlin - Lancillotto
Capitolo
14
Il pomeriggio
trascorse velocemente e le prime ombre della sera oscurarono il
paesaggio.
Arthur, dopo
aver decretato che per quel giorno il viaggio doveva ritenersi
concluso, smontò da cavallo; dovevano allestire il campo
dove si sarebbero fermati per trascorrere la notte e Merlin si
offrì per raccogliere un po’ di legna.
«Vengo
con te». Morgana scese dal cavallo e si sistemò la
veste. «Potresti avere bisogno di aiuto».
Merlin
annuì con un cenno del capo e, insieme, si addentrarono nel
bosco.
Quando furono
abbastanza lontani dal resto del gruppo, Morgana affiancò
Merlin, e il giovane mago temette che la resa dei conti fosse arrivata.
«Dovrei
odiarti», esordì Morgana infrangendo l'opprimente
silenzio. «Hai cercato di uccidermi e sarebbe successo se
Morgause non fosse intervenuta in mio soccorso».
Merlin,
ricordando quegli attimi terribili in cui si era elevato a carnefice,
si sentì in colpa, mai avrebbe voluto farle del male, ma la
situazione era degenerata e non aveva potuto comportarsi altrimenti e
ora che era giunto il momento della resa dei conti avrebbe voluto dire
qualcosa per discolparsi, ma non ne ebbe il tempo perché
Morgana lo anticipò.
«Avevo
pensato, qualora ti avessi incontrato, che te l’avrei fatta
pagare. Volevo farti soffrire tanto quanto tu avevi fatto soffrire me.
Ma sono passati mesi dal giorno in cui attentasti alla mia vita, mesi
in cui ho avuto modo di riflettere, mesi in cui molte cose sono
cambiate. Ho ritrovato mia sorella, ho imparato a padroneggiare la
magia, sono diventata una persona diversa, più saggia,
più forte, e sono riuscita a guardare oltre
l’apparenza. Tu hai cercato di uccidermi perché
ero causa di dolore per il popolo e le persone a te care. Io avrei
fatto la stessa cosa se mi fossi trovata al tuo posto. Come te avrei
cercato di porre fine al dolore e, consapevole di ciò, tutto
l’astio che provavo nei tuoi confronti è svanito.
Mi hai aiutato tante volte, sei stato un buon amico e non voglio
perderti. Non voglio dover rinunciare alla nostra amicizia... voglio
che tra noi torni com’era un tempo».
Merlin,
incredulo, fissò la ragazza. Tutto si sarebbe aspettato,
tranne la richiesta di continuare un’amicizia nata per caso e
che spesso li aveva visti complici.
Una vocina
nella sua testa lo mise in guardia invitandolo a non crederle
perché, se lo avesse fatto, Morgana lo avrebbe pugnalato
alla schiena, ma poi scrutò a fondo le sue iridi chiare e
ciò che vide lo rassicurò. In quegli occhi
limpidi non vi era traccia di odio o di menzogna e allora decise di avere fiducia
in lei, felice per aver ritrovato l’amica di
sempre.
Annuendo con
un gesto del capo, Merlin le sorrise e insieme raccolsero rami secchi
da portare al campo per accendere il fuoco che li avrebbe scaldati
durante la notte.
Quando le loro
braccia furono colme di legna, si avviarono verso il luogo in cui il
resto del gruppo li stava attendendo.
Merlin fece
strada e Morgana lo seguì senza parlare mentre sulle sue
labbra appariva un sottile sorriso; ciò che aveva in
serbo per lui non lo avrebbe mai scordato.
Giunti
all'accampamento vennero raggiunti da Arthur. Il giovane sovrano prese
dalle braccia della sorellastra la legna da ardere e, volutamente,
ignorò Merlin che proseguì il cammino e si
fermò accanto a Lancelot per farsi aiutare a preparare il
falò.
Nell’istante
in cui Merlin gli passò accanto, Arthur sentì il
cuore spezzarsi come se una lama lo avesse trafitto, ma
ignorò il dolore. Non poteva rischiare che i suoi sentimenti
fossero scoperti e avrebbe continuato a trattare Merlin come un
semplice servo, anche se non poterlo stringere gli faceva male al punto
da togliergli il respiro.
Anche Merlin
provava la medesima sensazione. Anche per lui era doloroso non poter
stringere Arthur, ma sapeva che quanto c'era stato tra loro non si
sarebbe più ripetuto e, nonostante la situazione lo facesse
soffrire, nascose il tormento e si dedicò al fuoco in modo
che Gwen potesse cuocere la cacciagione procurata da Lancelot.
Un paio d'ore
più tardi, terminato il frugale pasto, Morgana e Gwen si
appartarono nella tenda preparata per loro.
«Mia
signora», sorrise Gwen abbracciandola commossa.
«Avevo temuto per la vostra sorte e sono felice che voi siate
qui».
«Ed
io sono felice di sapere che presto sarai regina»,
replicò Morgana con sincerità. «Gwen,
cara, sei sempre stata un’amica leale e sono contenta che il
tuo futuro sia così roseo».
Gwen sorrise
alle parole della donna che per anni aveva servito, poi
lasciò che lo sguardo indugiasse sulle figure che si
muovevano oltre la tenda. Arthur aveva afferrato un bastone e stava
ravvivando il fuoco mentre Merlin, stanco per la lunga cavalcata, si
era sdraiato per riposare.
Voltato lo
sguardo, Gwen vide Lancelot seduto accanto a un albero. Il desiderio di
raggiungerlo per confessargli il suo amore le procurò una
dolorosa fitta allo stomaco e subito guardò altrove. Aveva
accettato di sposare Arthur e sarebbe stata una moglie fedele.
«Cosa
sta succedendo?»
La voce di
Morgana la distolse dai pensieri.
«Nulla,
mia signora», rispose prontamente Gwen, ma Morgana
assottigliò lo sguardo e con un cenno del capo
indicò Lancelot. «Con lui», disse.
«Che succede tra voi?»
Nonostante la
domanda l'avesse colta alla sprovvista, Gwen cercò di
sembrare sincera. «Non succede nulla», rispose
calma. «Perché pensate ci sia qualcosa tra
noi?»
«Perché
ho visto come lo hai guardato e non è lo sguardo che si
rivolge a un amico. Ricordo che provavi dei sentimenti per lui.
È forse successo qualcosa che vorresti
raccontarmi?»
«Mia
signora, voi...» replicò Gwen cercando di non far
trapelare i suoi veri sentimenti. «Voi non dovete credere che
io possa fare qualcosa per disonorare Arthur. Io sono felice di
diventare sua moglie e non gli farei mai del male... ve lo
assicuro».
Morgana le
prese le mani e la fissò intensamente. Il sorriso, appena
accennato, si allargò in un’espressione dolce e
magnetica cui era impossibile sottrarsi. «Ma tu non lo
ami».
Gwen
sentì il cuore perdere un battito e incatenata da quello
sguardo così limpido non riuscì più a
mentire. «No, mia signora, non lo amo»,
confessò e chinata la testa attese che Morgana la biasimasse
per il suo comportamento irriconoscente. Lei, una misera serva, era
stata scelta dal sovrano di Camelot per governare sul regno e, ingrata
per tale onore, aveva l’ardire di negare il proprio amore al
futuro marito. Ma Morgana non espresse disapprovazione e si
limitò ad abbracciarla com’era solita fare quando
qualcosa la turbava.
«Ora
dormi, cara amica, vedrai che un giorno sarai felice», le
disse e sorridendo dolcemente le passò una mano davanti agli
occhi.
Stanca per il
viaggio e catturata dalla sua malia, Gwen si sdraiò e dopo
pochi istanti si addormentò.
Afferrata una
coperta, Morgana gliela pose sulle spalle e lasciò la tenda.
Era dispiaciuta per lei e avrebbe voluto aiutarla, ma non lo poteva
fare, non da sola,
non era così forte per cambiare il suo destino, inoltre,
c'era una situazione più urgente da risolvere e, adocchiato
il fratellastro seduto accanto al fuoco, lo raggiunse.
«Arthur nuovo sovrano di Camelot!»
esclamò sedendosi al suo fianco. «Cosa si prova a
essere re? Il potere ti fa sentire più forte?»
Arthur
sollevò lo sguardo per posarlo su Morgana. Sul suo volto
apparve un’espressione triste che gli tese i lineamenti, ma
cercò di apparire sereno. «Non è
cambiato nulla... solo le mie responsabilità verso il popolo
e la donna che diventerà mia moglie».
«Sono
contenta per te», annuì Morgana.
«Finalmente sarai felice accanto alla persona che ami e Uther
non potrà ostacolare il vostro amore. In fondo, questa
maledizione ha portato a qualcosa di buono».
Arthur si
sforzò di sorridere. Non poteva dirle che era Merlin la
persona che avrebbe voluto al proprio fianco. Non poteva ammettere che
era stato felice per la prima volta in vita sua mentre si spingeva nel
suo corpo. L'unica possibilità che gli restava era mentire e
lo fece. «Anch’io sono contento. Non avrei potuto
trovare una moglie migliore».
Impugnato un
bastone, Arthur iniziò a muovere il piccolo ceppo che ardeva
sul fuoco sprigionando una nuvoletta di scintille che si perse
nell’aria fresca della notte. Odiava mentire, ma avrebbe
continuato a farlo per il bene del suo popolo.
«Mi
fa piacere sentirtelo dire», sorrise Morgana e si
alzò. «Vado a dormire». Posate le labbra
sulla fronte del fratello lo salutò con un lieve bacio.
«Anche tu dovresti riposare. Domani ci aspetta un lungo
cammino».
«Tra
poco», annuì Arthur. «Dormi
bene».
Morgana si
girò e sul suo viso apparve un lieve sorriso. Finalmente
aveva le risposte che cercava, ne
mancava solo una, la più importante, e per
quella avrebbe dovuto attendere la mattina seguente quando avrebbe
affrontato Merlin.
*****
Timidamente il
sole si affacciò riscaldando la frizzante aria mattutina.
Morgana,
svegliata dai rumori tipici della natura, uscì dalla tenda e
vide Merlin intento a spegnere il falò. Mancavano due giorni
di cammino prima di raggiungere Gilead e dovevano rimettersi in viaggio.
Annullata la
distanza che li separava, Morgana sorrise eccitata; era arrivato il
momento della verità.
Con un
movimento improvviso afferrò il polso di Merlin e si protese
per sussurrargli una frase che aveva il sapore della sventura.
«Te l’ho detto che la mia magia è
diventata molto forte?» sibilò, esibendo un
sorriso rapace.
«Sì,
mia signora», rispose Merlin celando il brivido che lo aveva
scosso nell'attimo in cui la mano della ragazza si era stretta attorno
al suo polso.
«Ora
so praticare incantesimi che mai avrei immaginato: cose buone, ma anche cose cattive»,
ammise Morgana, e Merlin sentì una morsa stringergli lo
stomaco; la giovane strega aveva rivolto lo sguardo verso Arthur e un
brutto presentimento gli suggerì che stava per capitare
qualcosa di terribile, ma cercò ugualmente di sembrare
calmo. «Perché mi state facendo una tale
confidenza?»
Morgana non
rispose e si limitò a fissarlo e fu allora che Merlin vide
nei suoi occhi una luce che mai avrebbe voluto vedere.
Le iridi della
strega divennero gialle e tutto accadde in pochi secondi.
La ragazza
urlò il nome del fratello per attirarne
l’attenzione e Arthur si girò e le sorrise, ma in
un attimo il sorriso gli morì sulle labbra.
Morgana aveva
creato una sfera infuocata che lievitava sul palmo della sua mano.
Sfera che con un lieve movimento del braccio gli scagliò
contro.
Incredulo,
Arthur non si mosse e Merlin, immobile accanto alla strega,
registrò ogni attimo come se stesse osservando una sequenza
di immagini al rallentatore e capì che non avrebbe potuto
salvare il suo signore facendogli scudo col proprio corpo
perché era troppo distante. Arthur sarebbe morto davanti ai
suoi occhi.
Angosciato
all'idea di perderlo, Merlin prese la decisione che gli avrebbe
cambiato la vita e intervenne nell’unico modo possibile: usò la magia.
E così, una seconda sfera luminosa andò a cozzare
contro la prima deviandone la traiettoria contro un albero, a pochi
passi da Arthur che ebbe salva la vita.
Improvvisamente
nella radura calò un silenzio irreale.
Arthur, con le
braccia abbandonate lungo il corpo, rimase immobile a osservare il
fedele valletto con la mano ancora protesa verso di lui, e lo sguardo
colpevole in attesa del giudizio finale.
Continua
Ciao a tutti,
Vi
è piaciuto il nuovo capitolo? Spero di sì!
So che
aggiorno con una lentezza stile bradipo, ma abbiate fede, anche se in
ritardo l’aggiornamento arriva sempre!
Aspetto, se
vorrete lasciarlo, qualche piccolo commentino. (È cosa
sempre gradita).
Come
consuetudine ringrazio
chi legge, chi commenta, chi ha inserito la storia tra le preferite,
chi tra le storie da ricordare e quelle seguite.
GRAZIE a tutti!
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Capitolo 15 *** Capitolo 15 ***
Disclaimer: i
personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è
stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia,
romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur -
Gwen - Merlin - Lancillotto
Capitolo
15
Il vento mosse
le fronde e gli uccellini cinguettarono. La natura si era svegliata e
dava il buongiorno al gruppo di viandanti.
Gwen era ferma
all’ingresso della propria tenda e Lancelot stava preparando
i cavalli per il viaggio. Con stupore assistettero alla scena in cui
Morgana attentava alla vita del re, ma senza poter fare nulla
poiché la strega, approfittando dell’attimo in cui
Merlin aveva deviato la sfera di fuoco da lei scagliata,
pronunciò poche parole in una lingua sconosciuta e i
presenti, fatta eccezione per Merlin, caddero al suolo privi di
conoscenza.
Un secondo
incantesimo e Merlin si trovò immobilizzato.
L’attimo perso a osservare Arthur accasciarsi al suolo gli
era stato fatale, perché Morgana ne aveva subito
approfittato, e ora si trovava inerme, in balia di quella donna che
pensava fosse sua amica. Si era fidato di lei, aveva creduto che lo
avesse perdonato, ma le sue belle parole erano servite solo per
attirarlo in trappola.
«Questo
ti farà molto male», esordì Morgana e
un luccichio attraversò le sue iridi di ghiaccio.
«Ma è necessario affinché tu possa vedere e capire».
Posata la mano
sul torace di Merlin, la strega pronunciò alcune parole. Un
calore intenso avvolse le membra del giovane mago che non
riuscì a trattenere un urlo di dolore.
Il contatto
durò solo pochi secondi, poi Morgana tolse la mano e Merlin
cadde in ginocchio, libero dalla malia che lo aveva paralizzato. Si
strofinò gli occhi e alzò il volto per incontrare
lo sguardo limpido della donna. «Non è
possibile», sussurrò angosciato.
«Ciò che ho visto è...
è...»
«È il futuro»,
replicò la strega senza batter ciglio.
Merlin si
coprì il volto con le mani e lentamente si lasciò
scivolare a terra.
«Ora
anche tu sai cosa ci aspetta», sussurrò Morgana
sedendosi accanto a lui. «Se non facciamo qualcosa, tra poco
più di un decennio molti innocenti moriranno».
Merlin scosse
la testa sconvolto, gli sembrava tutto così assurdo.
«E cosa potremmo fare? Non si può cambiare il
futuro».
Morgana si
lasciò sfuggire un lieve sorriso. Era venuto il momento di
spiegargli ciò che aveva scoperto, quasi per caso, solo
pochi giorni prima. «Come ti ho già detto, nel
periodo in cui sono stata via ho vissuto con mia sorella. Grazie a lei
so gestire il mio potere, ho appreso nuovi incantesimi e visitato
luoghi lontani e misteriosi. Durante uno dei miei numerosi viaggi ho
incontrato una vecchia strega che mi ha regalato una strana sfera.
L’ho conservata per mesi senza capire cosa nascondesse e, una
settimana fa, improvvisamente si è illuminata. Con Morgause
ho osservato al suo interno ed ho visto il futuro che ho mostrato anche
a te. Ho visto il matrimonio di Arthur con Gwen, la nascita del loro
primo figlio e la ricomparsa della magia nel regno. Tutto perfetto finché tu non hai
fatto ritorno a Camelot».
Merlin
chinò il capo, avvertendo il peso della colpa ricadere sulle
proprie spalle. Aveva visto il futuro e non riusciva a credere che
sarebbe successo, che a
causa sua Arthur, Lancelot e molti innocenti sarebbero
morti, e non poteva accettarlo.
Morgana,
conscia del suo tormento, accolse la sua mano tra le proprie per
confortarlo e Merlin, chiusi gli occhi, rivide nella mente
ciò che la ragazza gli aveva mostrato.
In un turbinio
di immagini, a volte sfuocate a volte tanto nitide da far paura, vide
se stesso lasciare Camelot in piena notte, alcuni giorni dopo aver
assistito al matrimonio tra Arthur e Gwen.
Vide il biondo
sovrano raggiungerlo nei pressi di una radura, la stessa in cui si
erano amati la prima volta. I bei lineamenti di Arthur erano tirati e
aveva gli occhi lucidi, come se avesse pianto.
Vide Arthur
abbracciarlo e, pochi istanti dopo, vide se stesso rispondere
all'abbraccio che li avrebbe uniti per un'ultima volta prima di tornare
ciascuno alla vita infelice che il fato aveva riservato loro.
Affannato per
le emozioni che lo stavano tormentando, Merlin continuò a
rivedere le immagini del futuro assistendo, come fosse uno spettatore
qualunque, al susseguirsi degli eventi. E così
seguì il trascorrere degli anni in cui visse la propria vita
lontano dall’unico uomo che avesse mai amato.
Ma il destino
che li aveva voluti insieme, quello stesso destino che li aveva
costretti a separarsi, li riavvicinò nel momento del bisogno.
Quando Arthur,
durante una battuta di caccia, contrasse un morbo apparentemente
inguaribile, Merlin tornò a Camelot, dopo nove anni di
assenza e, di fronte a chi lo ricordava come il servo un po’
idiota del giovane principe, mostrò il suo potere e con la
forza della magia guarì il sovrano.
Nell’attimo
in cui Arthur riaprì gli occhi, e incrociò lo
sguardo dell’ex valletto, fu chiaro a entrambi che i
sentimenti provati in passato, invece di affievolirsi a causa della
lontananza, erano vivi più che mai ed erano cresciuti.
Scampato a
morte certa e felice del suo ritorno, Arthur accettò la sua
natura di mago senza batter ciglio e lo nominò stregone di
corte nonché suo consigliere personale.
Durante
l’anno che seguì, i due vissero l’uno
accanto all’altro amandosi in silenzio, platonicamente,
finché una notte d'inverno, in cui il freddo sembrava
penetrare nelle ossa e la bufera infuriava, si lasciarono trasportare
dai sentimenti.
L'amore che
nutrivano l'uno per l'altro, e che per tanto tempo avevano negato, si
liberò dalle catene in cui era costretto e vinse sulla
ragione, sicché i due uomini si amarono con
un’intensità tale da esserne spaventati, con una
passione coinvolgente che li lasciò stremati ma felici.
E
quello fu l’inizio della fine.
Quando Merlin
lasciò la stanza del re, Lancelot spalancò la
porta. Li aveva visti insieme, aveva visto il tradimento di Arthur e
non poteva accettarlo, non dopo aver rinunciato all'amore di Gwen per
permetterle di vivere al suo fianco e, brandita la spada, si
scagliò contro l’infame.
E
la situazione precipitò.
Svegliata dai
rumori della lotta, Gwen raggiunse Arthur e sentì Lancelot
accusarlo di tradimento. Incredula li vide scontrarsi e dopo una lotta
che le parve interminabile, vide Lancelot accasciarsi al suolo.
Un dolore
accecante colmò la sua anima annientando ogni brandello di
coscienza. Per dieci anni aveva negato i sentimenti per il cavaliere
che giaceva morto ai suoi piedi, solo per onorare la promessa di
fedeltà verso un sovrano che non si era fatto scrupoli a
tradirla con Merlin, il
suo fidato amico Merlin, e qualcosa nella sua mente si
ruppe. Il dolore si trasformò in odio e l’odio in
pazzia. Senza pensarci Gwen brandì la spada di Lancelot e
trafisse Arthur, uccidendolo.
In piedi
accanto al cadavere lo osservò per alcuni istanti senza
provare il minimo rimorso poi urlò per attirare le guardie
che accorsero.
Fingendosi
sconvolta asserì che il sovrano e Lancelot erano stati
vittime di un vile incantesimo che li aveva costretti a battersi fino
alla morte.
Accusò
del misfatto un giovane mago e dichiarò la magia nemica del
regno.
Ogni mago,
ogni strega, chiunque fosse portatore del dono doveva essere catturato
e ucciso, compreso Merlin.
In questo modo
Gwen si prese la vendetta nei confronti dell’uomo che aveva
causato la morte di Lancelot e fu la fine per Camelot.
Merlin scosse
la testa e aprì gli occhi. «Non è
vero», mormorò sconvolto e fissò lo
sguardo in quello di Morgana. «Gwen non sarebbe capace di un
simile gesto. Non potrebbe uccidere Arthur. Il futuro che mi avete
svelato è falso».
Morgana
sospirò. Poteva capire lo scetticismo di Merlin, ma non
poteva lasciare che negasse la terribile realtà.
«Hai ragione», affermò con calma.
«La dolce Gwen di
oggi non ne sarebbe capace, ma la donna del futuro, che
è rimasta per dieci anni con un uomo che non
l’amava rinunciando all’amore per Lancelot, quella Gwen
sarà capace di tutto, anche compiere un omicidio e accusare
un mago solo per vendicarsi di te, reo di esserti finto per anni suo
amico, mentre non avevi mai trovato il coraggio di confessare che amavi
Arthur, la persona cui lei aveva giurato fedeltà e che in
cambio l'aveva tradita».
Merlin
guardò la giovane donna svenuta ai piedi della tenda e la
sua immagine, mentre brandiva una spada grondante sangue, lo fece
rabbrividire. «Me ne andrò oggi stesso»,
dichiarò. «Andrò lontano e nessuno
sentirà più parlare di me».
«Non
servirebbe a nulla perché torneresti se Arthur fosse in
pericolo e allora il futuro che ti ho mostrato si avvererebbe,
perché quando sarete insieme non potrete nascondere
ciò che provate l’uno per l’altro.
Il vostro amore è troppo forte perché possa
essere dimenticato. Io lo so. Vi
ho visti insieme».
Merlin
arrossì. Era talmente sconvolto per il futuro angosciante
che attendeva tutti loro da non considerare che Morgana sapeva di lui e
Arthur. «Non c'è nulla tra noi»,
replicò per nascondere una verità che non poteva
essere svelata. «Ci avete visti in un futuro assurdo che non
si realizzerà mai. Arthur ama Gwen. Arthur
governerà al suo fianco e saranno felici. Tutto
ciò che la vostra sfera magica vi ha mostrato è
una menzogna e non ne voglio più parlare. Liberate gli altri
dall'incanto e fate sparire dalla mente di Arthur ciò che
è successo, non deve ricordare di avermi visto usare la
magia», aggiunse sulla difensiva pronto ad allontanarsi, ma
Morgana lo fermò. Accolte le sue mani tra le proprie sorrise
dolcemente. «È bello che tu cerchi di proteggere
il tuo re negando i fatti, ma quando ho detto di avervi visti non mi
riferivo al futuro». Morgana incatenò lo sguardo
nel suo. «L'altro giorno mi trovavo nel bosco e ho sentito
dei rumori. Quando mi sono avvicinata vi ho visti. Vi stavate amando,
ma il vostro amore vi condurrà alla rovina».
Le gote di
Merlin si imporporarono di nuovo e Morgana scosse la testa.
«Io non vi giudico. Anche se impossibile, il vostro
è un amore puro e voglio aiutarvi affinché lo
possiate vivere».
Consapevole
che continuare a negare l'evidenza non servisse a nulla, Merlin le
rivolse un'occhiata scettica e sul volto di Morgana fiorì un
sorriso sincero. «Oggi ho
finto di voler uccidere Arthur per obbligarti a usare la
magia davanti a lui. Se non fosse successo, avresti atteso ancora nove
anni prima di esporti, ma ora Arthur sa cosa sei e dovrà
decidere se accettarti o cacciarti. Se deciderà di
continuare a volerti al suo fianco allora potremo cambiare il
futuro».
Merlin
sentì il cuore accelerare, avrebbe voluto credere che fosse
possibile agire sul destino che incombeva su di loro.
«Cambieremo il futuro?» ripeté.
«E come? Solo perché oggi mi avete smascherato
davanti ad Arthur, non significa che riusciremo a cambiare anche i
prossimi eventi. L’unico modo per farlo è che io
me ne vada e non torni più».
«Torneresti,
lo so io e lo sai anche tu. Come so che Arthur non ti
abbandonerà neppure ora che conosce la tua natura, e credo
che la mia idea possa funzionare».
«Basta
parlare per enigmi», la zittì Merlin.
«Ditemi cosa vorreste fare».
Morgana
annuì, spiegò velocemente la sua idea e Merlin,
per la prima volta da quando l’incubo gli era precipitato
addosso, rise divertito incapace di trattenersi. «Oh,
Morgana, voi e le vostre strambe idee, Arthur non accetterà
mai. Scordatevelo!»
«Dovrai
essere tu a convincerlo, e comunque credo che
accetterà».
Morgana si
alzò e si avvicinò al giovane sovrano.
Pronunciate poche parole guardò Merlin. «Tra
qualche minuto si sveglierà e mostrerò a lui
ciò che ho mostrato a te, poi sarà compito tuo
fare in modo che ci aiuti per creare un futuro diverso».
Continua
Ciao a tutti.
non ho molto
tempo quindi passo subito ai ringraziamenti:
Grazie
a chi segue la storia, a chi l’ha inserita tra le preferite o
tra quelle da ricordare.
Un
grazie particolare a chi lascia un piccolo commentino.
GRAZIE a
presto!
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Capitolo 16 *** Capitolo 16 ***
Disclaimer: i
personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è
stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia,
romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur -
Gwen - Merlin - Lancillotto
Capitolo
16
Arthur
aprì gli occhi e vide Morgana accanto a sé.
D’istinto
cercò di impugnare la spada, ma la ragazza fu lesta nel
posare la propria mano sul suo torace.
Il giovane re
avvertì un forte dolore che lo tramortì. E
così, come era successo a Merlin poco prima, anche Arthur
vide il futuro.
Vide se stesso
sofferente a causa di un’esistenza infelice poiché
vissuta accanto alla persona sbagliata.
Assistette al
ritorno dell’uomo che amava dopo anni di solitudine e vide il
tragico epilogo del loro amore impossibile.
Vide il suo
tradimento, l’uccisione di Lancelot, la sua morte per mano di
Gwen e la fine della pace a Camelot.
Quando anche
l’ultima immagine svanì, Arthur aprì
gli occhi e fissò lo sguardo in quello della sorella.
«Cosa succede? Perché hai cercato di uccidermi? E
perché mi hai mostrato la mia morte per mano di Gwen? A che
gioco stai giocando? Voglio una spiegazione e la voglio
subito!»
Arthur si erse
maestoso di fronte alla strega che però non
abbassò lo sguardo. Morgana non lo aveva mai temuto, neppure
quando non sapeva di possedere poteri magici, a maggior ragione non si
sarebbe fatta spaventare ora che sapeva di essere potente. Ma il suo
intento non era nuocere al fratello, solo metterlo in guardia e
aiutarlo a capire cosa fosse meglio per il suo popolo, per il popolo
magico e anche per se stesso.
Senza mostrare
le emozioni che la tormentavano, perché quel futuro di morte
spaventava anche lei, Morgana cercò di fornire una
spiegazione al fratello per fargli comprendere l’orrore che
attendeva tutti loro. «Ciò che ti ho mostrato
è il futuro», dichiarò con estrema
calma. «Tra una decina di anni ti macchierai di tradimento
nei confronti della tua sposa e morirai per mano sua dopo aver ucciso
il tuo migliore cavaliere, la magia verrà bandita e Camelot
sprofonderà nel terrore».
Arthur strinse
con forza i pugni e cercò nello sguardo della sorella un
indizio che gli facesse capire che stava mentendo, ma non ne
trovò.
Le sue parole,
foriere di morte, lo colpirono al cuore; il viaggio intrapreso per
salvare il suo popolo non sarebbe valso a nulla, avrebbe solo rimandato
la disfatta del regno di una decina d’anni. A causa dei suoi
sentimenti per Merlin, Camelot avrebbe di nuovo vissuto anni di
terrore. Improvvisamente si sentì svuotato da ogni energia e
avvertì il sapore amaro della sconfitta.
Ormai
sull’orlo della disperazione sentì la mano di
Morgana posarsi sulla sua spalla. «Non ti
abbattere», sussurrò la ragazza decisa a fargli
capire che non tutto era perduto. «Esiste un modo per
scongiurare la catastrofe».
Arthur
fissò la sorella e sul suo volto apparve un sorriso ironico.
«Stai dicendo che tu
puoi cambiare il futuro?»
«Certo»,
replicò Morgana con voce decisa. «E tu mi aiuterai».
Nonostante la
sicurezza esibita da Morgana, Arthur scosse la testa titubante.
«Se il destino è ormai segnato, come potremmo
cambiarlo? Non sei una strega tanto potente altrimenti lo avresti
già modificato da sola. Ed io sono solo un uomo, non sono
una divinità, come posso aiutarti a cambiare il
futuro?»
Morgana,
comprendendo il suo scetticismo, indicò Merlin che si era
seduto poco distante. «Forse ti è sfuggito un
piccolo particolare, ma
abbiamo già iniziato a cambiare il futuro.
Fingendo di volerti uccidere ho costretto Merlin a mostrarti il suo
dono. Se non lo avessi fatto, avrebbe mantenuto il segreto per altri
nove anni, invece è successo oggi e con il suo aiuto
cambierò anche i prossimi eventi, ma solo se tu sarai
d’accordo».
Finalmente
Arthur volse lo sguardo verso il fidato valletto. Merlin era seduto su
un tronco poco distante e guardava il terreno fingendo disinteresse per
la conversazione.
Il futuro
angosciante che Morgana aveva mostrato, aveva fatto scordare ad Arthur
quanto successo solo pochi attimi prima: Merlin lo aveva salvato usando la magia. Merlin era uno
stregone.
Distolto lo
sguardo dal giovane servo, Arthur osservò Morgana. La
ragazza aveva visto il futuro e conosceva i suoi sentimenti per Merlin,
inutile fingere che fossero solo amici. «Devo chiederti di
lasciarmi solo con lui per qualche minuto, ho bisogno di parlargli, poi
mi spiegherai come intendi cambiare il futuro».
«Può
spiegarti tutto Merlin, a lui ho già detto cosa occorre
fare». Senza aggiungere altro, Morgana si
accomiatò dal re e si allontanò per concedergli
qualche minuto di intimità con il suo amante.
Rimasto solo,
Arthur fissò l'esile figura di Gwen. La ragazza, ancora
vittima dell'incantesimo di Morgana, era distesa al suolo e pareva
riposare serenamente.
Senza
distogliere lo sguardo, Arthur pensò al futuro mostratogli
da Morgana. Futuro in cui Gwen sarebbe rimasta al suo fianco e,
nonostante non lo amasse, sarebbe stata un'ottima regina e una moglie
premurosa fino al giorno in cui lui l'avrebbe tradita. A causa sua,
Gwen sarebbe diventata un mostro, una donna senza cuore capace di
uccidere anche gli innocenti.
Sconvolto,
Arthur distolse lo sguardo dall'amica e lo indirizzò verso
Merlin che se ne stava immobile, con la testa china, a osservare le
braci del falò ormai spento.
Incredulo,
Arthur ripensò a quanto successo solo pochi istanti prima.
Gli occhi di Merlin avevano cambiato colore e dalla sua mano era
scaturita una luce che lo aveva salvato; il ragazzo che aveva
considerato per anni un servo idiota in realtà era un mago
potente.
Il ricordo del
loro incontro apparve nitido nella sua mente. In
quell’occasione si era comportato in modo spavaldo e
arrogante, lo aveva minacciato dicendogli che avrebbe potuto
distruggerlo con un soffio e Merlin, con assoluta
tranquillità, aveva risposto che avrebbe potuto farlo con
molto meno. Ed era vero! Avrebbe potuto fargli male, se solo avesse
voluto, ma non lo aveva fatto... mai!
E Arthur,
finalmente, capì che dietro ogni scampato pericolo c'era
Merlin. Il suo Merlin lo aveva aiutato, usando la magia, ogni volta che
si era trovato nei guai.
Scacciati i
ricordi, Arthur si alzò e raggiunse Merlin.
«Guardami», disse. Il suo non voleva essere un
ordine, piuttosto una richiesta e Merlin sollevò il viso,
timoroso di leggere disprezzo in quel viso che tanto amava.
«Perché non me lo hai detto?»
Merlin si
sentì trapassare da quello sguardo così limpido
che non minacciava, ma chiedeva solo una spiegazione, e non seppe cosa
rispondere. Doveva ammettere di essere un codardo? Ma non era stata la
paura a farlo tacere. Non aveva mai temuto la vendetta di Uther,
ciò che lo spaventava non era la morte quanto la
possibilità che Arthur lo rifiutasse.
Lo sguardo del
sovrano continuava a essere fisso su di lui e Merlin
sospirò. Doveva rispondere, anche se temeva di non riuscire
a trovare le parole giuste. «Il mio destino è di
starvi accanto per aiutarvi, con la magia, a diventare il miglior
sovrano che il regno abbia mai avuto. Non potevo svelarvi chi fossi, e
non perché temevo che Uther mi avrebbe messo a morte, ma
perché con la mia morte avrei tradito il destino che mi lega
a voi».
Merlin di
nuovo sospirò, Arthur continuava a guardarlo e non riusciva
a capire quali fossero i suoi pensieri, come avrebbe reagito al termine
della sua confessione, ma ormai era tardi per recriminare su
ciò che era stato e, nonostante l'ansia, si costrinse ad
andare avanti. «Morendo non avrei portato a termine la mia
missione e questa è stata la motivazione iniziale per cui ho
mantenuto il segreto. In seguito, però, tutto è
cambiato e non ho più trovato la forza di dirvi la
verità perché non avrei sopportato di perdervi,
non dopo aver capito quanto vi amo. Dovevo fidarmi di voi, lo so, ma la
paura di essere considerato un mostro mi ha impedito di svelarvi la mia
vera natura».
A stento
Merlin trattenne le lacrime e con voce tremante concluse la confessione
con un’ammissione di colpa e la muta richiesta di perdono.
«Ho sbagliato», sussurrò. «Mi
dispiace Arthur, mi dispiace di avervi mentito».
Di nuovo
Merlin distolse lo sguardo. Si sentiva male perché non
riusciva a leggere nell’espressione di Arthur quali fossero i
suoi pensieri e temeva che il ragazzo non sarebbe più
riuscito a fidarsi di lui. Temeva di averlo perso.
Mai in vita
sua si era sentito tanto fragile e in silenzio attese la condanna.
Dopo attimi
lunghi un’eternità, il re finalmente si sedette
accanto a lui e, senza indugiare, accolse il suo volto tra le proprie
mani.
Con il pollice
gli sfiorò lo zigomo per poi disegnare il contorno delle sue
labbra e Merlin si sentì pervadere da un brivido intenso che
non riuscì a nascondere, tanto che Arthur sorrise e
posò le proprie labbra sulle sue.
Un nuovo
brivido pervase il corpo di Merlin. Tutto si sarebbe aspettato da lui,
tranne un bacio.
Fu un bacio
delicato, solo uno sfiorare di labbra che ebbe la capacità
di far svanire dalla sua mente ogni dubbio, ogni preoccupazione.
Temeva che
Arthur lo avrebbe considerato un mostro. Fin da piccolo era stato
allevato disprezzando quelli come lui, ma con quell’unico
gesto gli stava dicendo che lo amava e lo accettava.
«Ci
conosciamo da più di due anni», esordì
Arthur infrangendo il silenzio. «E non voglio dirti che non
mi abbia fatto male scoprire che non ti fidavi abbastanza di me da
svelarmi il tuo segreto, comunque non ti biasimo e posso addirittura
capirti. Avevi un destino da compiere e ti sei prodigato in ogni modo
pur di farlo avverare. Hai dovuto agire di nascosto e ora so che c'eri
tu dietro strane vittorie e inspiegabili guarigioni. Se avessi scoperto
all’inizio cosa sei, forse lo avrei accettato, o forse no,
non posso dire oggi ciò che avrei fatto anche solo un anno
fa, ma mio padre ti avrebbe condannato a morte, quindi è un
bene che ti sia svelato solo ora, ora che non sono più il
ragazzo viziato che hai conosciuto al tuo arrivo a Camelot. Ora che
grazie a te ho cominciato a mettere le basi per diventare il re che tu
credi io posso diventare».
Arthur sorrise
perché negli occhi di Merlin poteva vedere una gioia
profonda.
Quel ragazzo
lo amava e avrebbe continuato ad amarlo per sempre. Nonostante avesse
un potere enorme col quale avrebbe potuto distruggere Camelot, Merlin
aveva deciso di mettersi al suo servizio, aveva deciso di donare quel
potere a lui, solo a lui.
Come avrebbe
potuto allontanarlo da sé?
Gli aveva
nascosto la verità? Sì, lo aveva fatto! Ma poteva
biasimarlo? Lui che in futuro avrebbe fatto di peggio!
Avrebbe
tradito la moglie, ucciso Lancelot, condannato il regno alla
distruzione! Come poteva permettersi di giudicare il comportamento
altrui? Specialmente del ragazzo che amava. Sì,
perché lui amava Merlin.
E poi
cos’era più importante? Una bugia che li aveva
aiutati ad arrivare vivi fino a quel giorno, o sapere da subito la
verità che avrebbe potuto allontanarli?
La risposta
era chiara e non avrebbe perso altro tempo trastullandosi in paranoie
inutili.
Di nuovo
accarezzò il volto di Merlin e di nuovo le loro labbra si
unirono in un bacio vero, un bacio intenso e carico di passione.
«Questa
volta te la sei cavata con poco», sorrise Arthur.
«Ma in futuro vedi di non nascondermi più nulla o
potresti pentirtene».
La minaccia,
pronunciata con un tono sereno, fece sorridere Merlin. «E
cosa vorreste farmi?» chiese con malizia. «Avete
qualche nuova idea su come punirmi?»
Mentre
pronunciava la domanda, Merlin posò la propria mano sulla
gamba di Arthur che sorrise a tanta impudenza, iniziando a sentirsi
eccitato.
«Credo
che qualcosa mi verrebbe in mente», replicò con
altrettanta malizia Arthur e di nuovo catturò le labbra di
Merlin per un ultimo bacio.
Purtroppo, il
futuro di disgrazie che incombeva su di loro li costrinse a ritornare
con i piedi a terra e, pur controvoglia, si sciolsero dal bacio che li
univa per concentrarsi sul modo per impedire che Camelot fosse
distrutta.
«Morgana
dice che ha un piano per salvare il regno. Parlamene».
Quando Merlin
finì di esporre l'idea della strega, Arthur lo
osservò in silenzio.
Ciò
che il giovane amante gli ho aveva proposto avrebbe effettivamente
cambiato il futuro, ora spettava a lui decidere se accettare o se
correre il rischio di non fare nulla e attendere per capire se gli
eventi tragici si sarebbero verificati.
Ovviamente,
oltre all'idea di Morgana, Merlin aggiunse anche la propria che
consisteva nell'abbandonare Camelot per non farvi più
ritorno. Idea che Arthur scartò a priori e, alzandosi,
osservò i corpi di Gwen e Lancelot distesi a terra e
protetti da un sonno magico.
Si amavano, ma
non sarebbero mai stati felici e avrebbero concluso la propria vita nel
modo peggiore, e lui sarebbe stato la causa di tanta
infelicità.
Mentre
guardava gli amici, Arthur sentì i passi di Morgana, la
ragazza era tornata per conoscere la sua decisione, e continuando a
tenere lo sguardo fisso sui corpi dei due innamorati,
incrociò le braccia al petto e si preparò a
comunicarle quanto aveva deciso.
Continua
Forse avevate
immaginato uno scontro tra Arthur e Merlin per la storia della magia,
ma questa fiction è nata con l’intento di
mantenere toni drammatici bassissimi, quindi ho immaginato una reazione
molto serena da parte del re. Nessuna ritorsione, niente scene tragiche
o addii, nessuna minaccia di morte per essere stato tradito,
semplicemente Arthur capisce le motivazioni del valletto e le accetta
poiché non si sente di giudicare le azioni altrui quando
anche le proprie, in futuro, sarebbero state pessime e, comunque, stare
con Merlin è più importante di tutto il resto
quindi ho deciso che lo avrebbe accettato senza batter ciglio. Diciamo
che in questa FF il mio Arthur è un po’ OOC,
però mi piaceva l’idea che non facesse storie e ho
deciso per una reazione tranquilla.
Per quanto
riguarda l’idea di Morgana su come modificare gli eventi e il
fatto che Arthur la accetti o no, vi rimando al prossimo aggiornamento.
Abbiate fede,
ancora un paio di capitoli, al massimo tre, e tutto sarà
finito.
Approfitto
per ringraziare chi sta seguendo la storia e chi trova un attimo per
lasciare un commento che è sempre GRADITISSIMO.
GRAZIE!
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Capitolo 17 *** Capitolo 17 ***
Disclaimer: i
personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è
stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia,
romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur
– Gwen - Merlin – Lancillotto
Capitolo
17
Camelot,
quindici anni dopo.
«Ti
togli dalla mia veste? Non vedi che mi stai calpestando
l’orlo», sibilò stizzito Arthur.
«Sei
il solito somaro. Sai benissimo che non indossi una veste»,
replicò Merlin volgendo lo sguardo al cielo.
Nell’attimo in cui aveva aperto gli occhi, quella particolare
mattina, incrociate le iridi celesti dell’amato somaro aveva
capito che la giornata sarebbe stata un vero incubo perché, come ogni anno,
Arthur l’avrebbe resa insopportabile.
«Ebbene...
nel caso la indossassi, in questo momento tu mi staresti pestando
l’orlo!» protestò vivacemente il reale
babbeo e, ignorata l’espressione rassegnata di Merlin,
continuò a lamentarsi. «Spiegami che bisogno
c’era di arrivare a tanto. Mi sento ridicolo. Non potevi
farlo tu? Il tuo corpicino esile si sarebbe prestato meglio a tutto
ciò! Perché io? Perché devo subire
questa tortura? Non è sufficiente la finzione che mi fa
apparire tanto ridicolo per tutto l’anno? Che bisogno
c’è di renderla
reale per un’intera giornata?»
La voce
dell’ex
sovrano di Camelot rimbombò nelle orecchie del mago che
sbuffò sonoramente.
Continuando a
camminare nella grande piazza, che li avrebbe condotti fino al
castello, Merlin cercò di rispondere con infinita pazienza
all’uomo che amava e che avrebbe sempre amato, nonostante la
crescente asineria. «Ogni anno la stessa storia... possibile
che devi porre sempre la medesima domanda? Anche se lo chiedessi mille
volte, non servirebbe a cambiare ciò che è stato
e che sarà per il resto dei nostri giorni. Tu eri il sovrano, io il mago, quindi tu dovevi cambiare,
io dovevo
fare la magia. E adesso evita di comportarti come un somaro capriccioso
e ricorda che a mezzanotte tutto sarà finito e torneremo a
casa, insieme».
Arthur, senza
smettere di tenere il broncio, seguì Merlin e raggiunsero la
scalinata che conduceva all’interno del castello.
Passando
davanti a un gruppetto di cavalieri ricevette l’occhiata
interessata di alcuni di loro e vide Merlin che sorrideva.
«Ti diverte vedermi così?»
chiese stizzito e cortesemente rispose al saluto degli uomini che si
inchinavano al suo passaggio.
«Io non ti vedo così...
io ti vedo come sei realmente, gli
altri ti vedono così»,
replicò Merlin con assoluta calma.
«Gli
altri mi vedono così tutto l’anno»,
rimbeccò Arthur a denti stretti. «Lo so e
l’ho accettato, ma si dà il caso che anch’io riesca a
vedermi così in questo giorno infernale e ti assicuro che
è terribile».
Arthur
pronunciò la frase e attese che Merlin ribattesse, ma Merlin
non disse nulla poiché con la mente era tornato al giorno in
cui Morgana gli aveva parlato dell’incantesimo che avrebbe
cambiato il futuro.
Quando la
donna aveva svelato cosa sarebbe successo ad Arthur, Merlin aveva
provato a immaginare la reazione del biondo e, nonostante la tragedia
incombesse su tutti loro, era riuscito a trovare la forza di sorridere
certo che Arthur, prima di acconsentire, avrebbe espresso in modo
esilarante le proprie rimostranze.
Ma Arthur
aveva accettato senza batter ciglio poiché sapeva che era
l’unico modo per salvare Camelot e tutti loro.
Ovviamente,
quando si avvicinava il momento fatidico in cui l'incantesimo doveva
essere ripetuto, iniziava a dare segni di nervosismo che
il più delle volte rischiavano di far impazzire Merlin.
E quel giorno
Arthur era particolarmente su di giri.
Dopo una breve
pausa, che il mago assaporò come fosse una boccata
d’aria fresca in una giornata afosa, Arthur riprese a
lamentarsi. «Tra poco meno di una quindicina di minuti io diventerò lei.
Camminerò come lei, parlerò come lei, e se la mia
immagine si rifletterà in uno specchio, o se
pioverà e ci sarà una pozzanghera, io
vedrò lei, non
me! Vedrò i suoi folti capelli, il suo abitino
stretto, il suo...». Arthur abbassò la testa e
lasciò che lo sguardo si fermasse sul suo torace marmoreo,
che entro pochi minuti avrebbe assunto una diversa consistenza, ed
evitò di finire la frase. Non voleva neppure pensare al seno
prorompente che di lì a poco sarebbe apparso e
lanciò l’ennesima occhiataccia a Merlin.
«Oggi
sarò lei... e costretto nel suo corpo mi
sentirò un perfetto idiota».
Siccome Merlin
continuava a camminare in silenzio senza mostrare il minimo interesse
per le sue lamentele, Arthur assottigliò lo sguardo.
«Tu sei abituato a essere considerato un idiota, quindi
avresti dovuto farlo tu. Questo ruolo spettava a te»,
dichiarò acido per costringere l'amato a reagire, ma Merlin
si limitò ad alzare gli occhi al cielo. Fortunatamente quel
giorno capitava solo una volta l’anno, in occasione del
compleanno di Arthur, e avrebbe sopportato il biondo amante con
infinita pazienza.
Quando
iniziarono a percorrere il corridoio del castello, finalmente Arthur
tacque e Merlin gli lanciò un’occhiata di sfuggita.
Lo
osservò camminare impettito di fianco a sé e a
stento trattenne un sorriso.
Sapere che
dietro quell’esile figura si nascondeva niente meno che
Arthur, era esilarante. Un po' meno divertente era sapere che per un
giorno Arthur si sarebbe veramente trasformato in quella donna.
Cercando di
mantenere un atteggiamento distaccato, Merlin sorrise. Durante i
quindici anni trascorsi con Arthur gli aveva sempre mentito
perché non se l’era sentita di dirgli che anche
lui, se voleva,
poteva vederlo come lo vedevano gli altri e in quel momento lo stava
facendo.
Un'ultima
breve occhiata, poi Merlin abbandonò la visione e di fronte
a lui riapparve l'uomo favoloso che amava.
Nonostante gli
anni fossero passati, e nonostante avesse alle spalle trentasette
primavere, Arthur restava la creatura più bella che avesse
mai incontrato. I suoi capelli color oro risplendevano, gli occhi
azzurri continuavano a essere ammalianti e profondi, il suo fisico era
ancora sodo e forte come ai tempi del loro primo incontro, insomma, era
sempre bellissimo. Aveva iniziato ad amarlo quando erano solo due
ragazzini, avrebbe continuato ad amarlo anche quando fossero stati due
anziani signori petulanti.
Giunti dinanzi
alla sala del trono, Merlin e Arthur vennero annunciati da un cavaliere
che aprì loro la porta e poi se ne andò.
Gwen,
vedendoli, si avvicinò sfoggiando un enorme sorriso.
«Merlin, che gioia averti qui», disse e subito
volse lo sguardo verso Arthur e si inchinò.
«Sire».
Arthur le
porse la mano costringendola ad alzarsi prima che qualcuno potesse
accorgersi del suo gesto.
«Scusatemi
Arthur». Gwen sorrise imbarazzata. «Ma quando vi
vedo, non riesco a trattarvi come se foste una persona qualunque, per
me sarete per sempre il re di Camelot», affermò
commossa.
Anche a lei,
come a Merlin, era permesso vedere oltre la malia e per lei Arthur
appariva come l’uomo che era, ossia uno splendido
trentasettenne dall’aspetto regale, la barba bionda con
qualche filo argentato, e un sorriso smagliante.
Arthur le
baciò la mano e si avviò verso il centro della
sala dove tutto era già stato preparato per ciò
che doveva accadere e mentre avanzava gli tornarono in mente gli
avvenimenti di quindici anni prima, quando scoprì cosa gli
riservava il futuro, quando seppe della magia di Merlin e, soprattutto,
quando prese la
decisione che avrebbe cambiato le vite di tutti loro.
Presente
Arthur era
immobile al centro della radura. Lo sguardo fiero fisso sugli amici
addormentati. Dalla sua decisione sarebbe dipeso tutto. «Lo
farò», annuì con tono solenne e Morgana
sorrise soddisfatta. Lentamente si accostò al fratello e,
per la prima volta in vita sua, gli sfiorò la guancia con le
labbra per dimostrargli il suo affetto. «Stai facendo la cosa
giusta, il tuo sacrificio salverà molte vite».
Arthur la
guardò negli occhi e le posò le mani sulle
spalle. Morgana aveva ragione, agendo in quel modo avrebbe salvato
molte vite e avrebbe dato la possibilità a Gwen e Lancelot
di vivere il loro amore, ma non era l'unico risvolto positivo.
«Ti sbagli, cara sorella», confessò
sorridendo. «Non è un sacrificio perché
io non sto rinunciando a tutto, ma sto sfruttando la
possibilità di vivere accanto alla persona che
amo».
Convinto della
decisione presa, Arthur si voltò verso Merlin che lo stava
osservando con le lacrime agli occhi, incapace di decidere se essere
contento o triste. Arthur non stava rinunciando al trono solo per
salvare il suo popolo, lo
stava facendo anche per dare una possibilità al loro amore.
Con la vista
offuscata dalle lacrime, che non volevano smettere di rigargli le gote,
Merlin lo vide camminare nella sua direzione.
Quando furono
faccia a faccia, Arthur gli accarezzò il volto per
asciugargli le lacrime e sorrise. «Tu piangi, tu ti commuovi,
tu odi cacciare, tu non sai come si tiene in mano una spada, insomma,
sei la classica donzella indifesa bisognosa di aiuto, allora perché non la
fai tu la parte della donnicciola? Ti vedrei bene con
addosso un abitino in pizzo, saresti una fanciulla deliziosa».
Merlin lo
allontanò con una leggera spinta e finse di essersi offeso.
«Io non sono una donzella piagnucolosa, però sono
più sensibile di voi, che il più delle volte vi
comportate come un bruto», sbuffò contrariato.
Arthur
incrociò le braccia al petto e gli rivolse un'occhiataccia.
«E l’idea di vedermi trasformato in una fanciulla
non ti diverte neanche un po’?» chiese
assottigliando lo sguardo.
Merlin finse
di pensare a quale risposta dare e, dopo pochi secondi di riflessione,
si abbandonò a una risata divertita. «Nulla
potrebbe rallegrarmi di più! Ma né io,
né i presenti, vedremo la magia che vi nasconde agli occhi
del mondo, quindi non temete, io vi vedrò sempre
così come siete: biondo, bello, aiutante e somaro».
Arthur gli
mise una mano sulla spalla e sorrise, era abituato alla sua impudenza e
lo adorava quando usava la sua lingua tagliente.
Senza badare a
Morgana, che li stava osservando, lo attirò a sé
e lo baciò con passione.
Quando si
staccarono per prendere fiato, Merlin arrossì vedendo gli
occhi della giovane strega puntati su di loro e Arthur rise divertito.
«Io dovrò fare la parte della donna e tu
arrossisci perché ti bacio davanti a Morgana, sei un idiota,
lo sai vero?»
«E
voi siete il solito somaro arrogante... e temo non cambierete
mai», rimbeccò Merlin, mentre Arthur continuava a
ridere.
«Ora
che vi siete chiariti andiamo avanti», li interruppe Morgana.
«Sei sicuro?» chiese ad Arthur per avere
un'ulteriore conferma. «Rinuncerai
al regno e al titolo? Lo farai veramente? La tua vita
cambierà per sempre. Non sarai più il nobile
cavaliere che tutti conoscono. Sei davvero pronto ad affrontare
ciò che ti aspetta?»
Lo sguardo del
sovrano indugiò su Gwen e Lancelot ancora distesi a terra.
Stavano dormendo protetti dalla magia di Morgana. Erano sereni, ma in
futuro, a causa sua, uno sarebbe morto e l'altra sarebbe impazzita e si
sarebbe trasformata in una crudele assassina e non poteva permettere
che accadesse. Il trono e il potere non valevano le loro vite.
Inoltre c’era Merlin.
Rinunciare al trono significava poter vivere con lui. «Lo
farò», ripeté convinto e in quel
momento il futuro venne riscritto.
Continua
Spero che
questo capitolo non sia stato troppo caotico. Il prossimo, che
sarà anche l’ultimo, metterà chiarezza.
Abbiate fede,
nel prossimo tutto diverrà chiaro.
Come
sempre approfitto per ringraziare chi segue la storia, chi
l’ha inserita tra le preferite e, soprattutto, chi lascia una
breve e GRADITISSIMA RECENSIONE!
GRAZIE! Ci
sentiamo presto per il finale.
Ciao a tutti.
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Capitolo 18 *** Capitolo 18 ***
Disclaimer: i
personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è
stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia,
romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur -
Gwen - Merlin - Lancillotto
Capitolo
18
Camelot,
quindici anni dopo.
La porta della
sala del trono si aprì nuovamente e sulla soglia comparve
Lancelot.
L’uomo
si avvicinò a Merlin e lo abbracciò, felice di
rivederlo dopo tanto tempo, poi afferrò la mano che Arthur
gli stava porgendo e gliela strinse con forza. «È
bello rivedervi sire».
Arthur
sorrise, nonostante fossero trascorsi quindici anni dal giorno in cui
le vite di tutti loro erano cambiate radicalmente, Lancelot non aveva
smesso di rivolgersi a lui con il suo titolo nobiliare, un titolo che non gli
apparteneva più da tre lustri, ma Lancelot non
poteva impedirselo. Anche lui, come Merlin e Gwen, vedeva Arthur con il
suo vero aspetto e lo considerava l'unico
sovrano di Camelot, e neppure se avesse governato cento anni in sua vece sarebbe
mai riuscito a eguagliarne il valore e si sentì ancora
più grato perché Arthur aveva riposto in lui
tanta fiducia da cedergli la
sua vita e il suo regno.
Un leggero
sbattere di ali richiamò l’attenzione dei
presenti.
Dalla
finestra, lasciata volutamente aperta, entrarono due splendidi corvi
neri che si posarono sul pavimento. In pochi istanti i due uccelli
presero le sembianze di Morgana e Morgause.
Senza parlare
la strega bionda fece un cenno ad Arthur e Lancelot, e insieme si
accostarono al trono dove Arthur si accomodò mentre Lancelot
rimase in piedi al suo fianco.
L’incantesimo,
finalmente, poteva essere pronunciato.
Presente.
Morgana si
avvicinò a Gwen per sciogliere la malia che la teneva
imprigionata in un sonno magico. Quando la futura regina
aprì gli occhi, vedendo la donna china su di sé
si scostò, visibilmente spaventata.
Immediatamente
si guardò attorno, alla ricerca di qualcosa da usare per
difendersi, e vide Merlin vicino a Lancelot. Il cavaliere si stava
massaggiando la testa, poi spostò lo sguardo poco
più in là e vide Arthur.
Con enorme
sollievo notò che stavano bene.
Confusa
afferrò la mano che Morgana le stava tendendo e
lasciò che l’aiutasse ad alzarsi.
Disorientata,
osservò la giovane donna che le sorrise dolcemente.
«È tutto a posto», la
rassicurò Morgana. «Arthur sta bene, e anche
Merlin e Lancelot stanno bene. Non c’è molto tempo
per le spiegazioni quindi cercherò di essere
concisa».
La strega fece
un cenno a Lancelot che si avvicinò in modo che potesse
sentire le sue parole e spiegò brevemente quanto successo
nella radura e quanto sarebbe successo in futuro.
«Per
il momento questo è tutto», concluse Morgana
esortandoli a muoversi. «Il resto lo saprete quando
arriveremo a destinazione. E adesso andiamo, dobbiamo riprendere il
viaggio».
Durante il
tragitto Gwen, in sella al proprio destriero, osservò i
membri del gruppo. Non riusciva a credere che sarebbe stata capace di
uccidere Arthur per vendicare la morte dell'uomo che amava.
Scacciata
l'immagine di Lancelot steso a terra morente, si concentrò
su Arthur. Il giovane sovrano guidava la comitiva e Merlin era al suo
fianco.
Un sorriso
triste le tese le labbra e sospirò. Era lui la persona che
Arthur amava, la persona che avrebbe dovuto rimpiazzare in quel
matrimonio privo d’amore e la cosa non la stupì.
Li aveva visti insieme tante volte, aveva visto come si divertivano,
era palese che si amassero, com’era palese che avessero
sofferto ogni giorno perché consapevoli che il loro era un
amore proibito destinato a rimanere solo un sogno.
Distolto lo
sguardo dagli amici, Gwen lo indirizzò verso Morgana. La
strega aveva detto che Arthur avrebbe compiuto un sacrificio per il
bene di tutti loro, ma a cosa avrebbe rinunciato?
Diversi
interrogativi le passarono per la mente e avrebbe voluto una risposta
immediata, ma decise di attendere finché Morgana non fosse
stata pronta a parlare e così continuò a seguire
il gruppo e, posato lo sguardo su Merlin, sorrise tristemente.
Il suo caro
amico, il giovane goffo che tutti credevano un servo idiota, e per il
quale nutriva un profondo affetto, era
un mago, un potente stregone che si era esposto
innumerevoli volte solo per aiutare lei e le persone che amava e
pensò al futuro, ma non riuscì a odiarlo per
averle taciuto i suoi sentimenti per il re; anche Merlin, come lei,
amava una persona che il destino gli aveva negato e non lo
biasimò per essersi lasciato andare e per aver accettato di
vivere un attimo di felicità, anche se, a causa di
quell'unica debolezza, tutti loro avrebbero pagato con la vita.
*****
Al calare
delle tenebre i cinque viandanti si rifugiarono all'interno di una
grotta.
Accesero un
fuoco e, dopo un frugale pasto, si sedettero attorno al falò
per ripararsi dal freddo.
Merlin
ravvivò la fiamma e Arthur si sedette accanto a lui pronto a
svelare agli amici ciò che ancora non era stato detto.
Mancava poco alla meta e ciascuno di loro doveva sapere quale fosse il
proprio compito.
Guardò
la sorella che annuì. Morgana voleva fosse lui a parlare e,
stretta la mano di Merlin nella propria, Arthur osservò Gwen
e Lancelot, pronto a informarli su come il destino di tutti loro stava
per cambiare. «Morgana vi ha parlato del futuro e di quanto
accadrà a causa dei sentimenti che provo per Merlin e dei
quali non mi vergogno», esordì stringendo con
più forza la mano dell'uomo che amava. «Purtroppo,
come re di Camelot non posso amare un uomo e dovrò sposare
Gwen, una persona che stimo ma che non amo, e che a sua volta non mi
ama poiché il suo cuore è già
impegnato, e questo ci porterà alla rovina. Morgana mi ha
spiegato come fare per impedire che ciò avvenga ed io ho
deciso di accettare la sua proposta. Merlin è
d’accordo, manca solo il vostro consenso. Se ve la sentirete,
da domani le nostre vite cambieranno e non sarà possibile
tornare indietro».
Arthur prese
fiato, ciò che stava per dire gli sembrava pazzesco, e sotto
alcuni aspetti anche ridicolo, ma era l’unico modo per
evitare una tragedia annunciata.
Sempre
stringendo la mano del giovane amante, come a voler sottolineare che
non si curava del giudizio altrui e non avrebbe mai rinnegato il suo
amore, riprese il discorso osservando con interesse le varie
espressioni dei presenti che ascoltavano increduli e confusi.
«Domattina Morgause si unirà a noi e insieme
raggiungeremo Gilead. Il giorno successivo coincide con il mio
ventiduesimo compleanno. Se non giurerò dinanzi allo
stregone dell’isola che io e i miei eredi rispetteremo la
magia, allora morirò tra mille tormenti e il popolo di
Camelot sarà distrutto, ma io non ho intenzione di fare quel
giuramento. Sarà
Lancelot a giurare al mio posto».
«Io?»
chiese Lancelot perplesso, incapace di comprendere per quale motivo il
giuramento dovesse farlo lui.
«Non
essere stupito», gli disse Arthur e sorrise. «Non
per così poco. Aspetta di sentire il resto e nulla
più ti stupirà!» Rivolta un'occhiata
complice alla sorellastra, Arthur riprese il discorso.
«Morgause, aiutata da Merlin e Morgana, farà un
incantesimo; il futuro verrà stravolto e anche le nostre
esistenze». Schiarita la voce Arthur osservò
Lancelot. «Grazie all'incantesimo tu assumerai le mie
sembianze e accompagnerai Gwen nella cappella, berrai dall'ampolla e
farai il giuramento. In seguito la vostra unione verrà
benedetta dallo stregone e tutti noi saremo liberi di tornare a casa.
Rientrati in patria, il vostro matrimonio verrà celebrato
davanti al popolo. Da quel momento diventerete Re e Regina di
Camelot».
Di nuovo
Arthur si interruppe per osservare gli amici che erano rimasti a bocca
aperta per lo stupore e, concessi loro alcuni secondi, riprese il
discorso per concluderlo. «Ovviamente Lancelot
apparirà agli occhi di tutti, fatta eccezione per i presenti,
con il mio aspetto e ciò comporta che anch’io
assuma altre sembianze che mi permettano di continuare a vivere alla
luce del sole senza dovermi nascondere per paura di essere
riconosciuto; due Arthur Pendragon non potrebbero coesistere. E questa
è la parte dell’incantesimo che mi disgusta e che
vorrei cambiare». Arthur rivolse a Morgana un'occhiata
supplice, ma sul bel viso della sorella apparve un sorriso divertito
che non gli sfuggì. «La cosa ti diverte,
vero?» chiese sbuffando.
«Non
sai quanto», rispose Morgana.
«Sei
davvero una strega», masticò a denti stretti
Arthur. «Mi vuoi ripetere perché dovrò
assumere le sembianze di una donna?»
Morgana
allargò le braccia e fece spallucce. «Vuoi o non
vuoi stare con il tuo bel maghetto?» chiese con tono ovvio.
«Con le sembianze di una donna tu e Merlin potrete vivere il
vostro amore proibito alla luce del sole».
Arthur
annuì. «Grazie sorella, avevo bisogno di
riascoltare la motivazione per cui sto accettando di diventare Morgause».
L’idea
di essere visto da tutti come una donna non lo rendeva felice,
però era anche vero che le sembianze della strega gli
permettevano di stare con Merlin alla luce del sole, inoltre la donna
non era una fanciulla indifesa e assumendo il suo aspetto avrebbe
potuto partecipare ai tornei e farsi beffa di molti cavalieri.
Pensando a
Morgause, Arthur si sentì in difetto. L'aveva mal giudicata.
Di tutti era l'unica a non guadagnarci nulla eppure aveva accettato di
rinunciare alle sue sembianze per permettergli di vivere al fianco di
Merlin.
«E
sia», disse finalmente mettendo da parte lo stupido orgoglio
poi fissò Merlin, guardandolo con gli occhietti ridotti a
due piccole fessure e un’espressione maliziosa che non
sfuggì ai presenti. «Non farti venire strane idee.
Donzella o no, continuerò
a essere io l’uomo di casa!»
Merlin
sentì su di sé gli occhi dei presenti, e il suo
viso, solitamente pallido, assunse un bel colorito rosso porpora.
«Sire, siete un somaro», sussurrò e una
sonora risata accolse le sue parole.
Qualche
secondo più tardi, ricevuta da Merlin una gomitata nel
costato, Arthur finalmente smise di sghignazzare e si
concentrò su quanto ancora doveva essere detto.
«Ogni anno, nel giorno del mio compleanno, il mio spirito e
quello di Morgause si scambieranno. Io entrerò in lei e per
quell’unico giorno assumerò il controllo del suo
corpo. Così come lei farà con il mio
perché in quel giorno l’incantesimo
dovrà essere replicato per mantenere viva la malia che ci
permetterà di nascondere le nostre sembianze agli occhi di
tutti».
Terminata la
parte di sua competenza, Arthur lasciò la parola a Morgana
affinché spiegasse il ruolo della sorella.
«Perché l’incantesimo produca gli
effetti desiderati, serve che sia recitato da tre stregoni e uno dei
tre dovrà fare da tramite tra Arthur e Lancelot. Morgause sarà il
tramite. L’incantesimo durerà pochi
minuti, ma lo spirito di mia sorella dovrà restare nel corpo
di Arthur per tutto il giorno perché è
l’unico modo per permettere alle sue spoglie mortali di
resistere alla potenza della malia durante l’incantesimo. Se
Morgause non si curasse del suo corpo, Arthur non riuscirebbe a
resistere alla forza che lo attraverserà e
morirebbe».
Informati i
presenti dell'ultimo tassello, Morgana e Arthur rimasero in silenzio e
osservarono Gwen e Lancelot; affinché l'incantesimo potesse
avere effetto mancava la loro approvazione.
Il primo a
parlare fu Lancelot, ancora incredulo che Arthur volesse rinunciare al
trono offrendo a lui e a Gwen, oltre alla possibilità di
vivere insieme, un futuro da leader. Un futuro per il quale non credeva
di essere pronto. «Voi non potete dire sul serio»,
esordì sconvolto. «Io non potrei mai governare
Camelot al vostro posto. Non sono nemmeno un nobile, non sono niente, e
non ho le capacità per fare ciò che mi
chiedete».
Arthur
sorrise, in fondo lui era stato allevato sapendo che un giorno il regno
sarebbe stato suo, era stato preparato sin dalla culla ad assumersi la
responsabilità del popolo e poteva capire che Lancelot fosse
terrorizzato all'idea che tutto sarebbe ricaduto sulle sue spalle entro
pochi giorni. Chi non lo sarebbe stato?
Se Lancelot
avesse accettato senza fiatare, significava che non aveva capito
l’importanza di quanto stava capitando e, una volta ancora,
Arthur si convinse di aver fatto la giusta scelta. Lancelot sarebbe
stato un sovrano buono e pronto a sacrificarsi per il bene del regno.
«È
vero», annuì Arthur. «Tu non sei nobile,
ma sei un uomo onesto. Sei valoroso e sai cosa è giusto e
cosa non lo è. Inoltre avrai Gwen al tuo fianco e lei ti
aiuterà. Se dovessi avere bisogno di me, ti
basterà chiamare ed io verrò. Sono sicuro che
sarai un ottimo sovrano. Se non lo pensassi, non avrei mai accettato di
consegnarti il mio popolo».
Lancelot
ascoltò ogni parola senza emettere un fiato. Aveva il viso
di un pallore incredibile, come se stesse per sentirsi male. Aveva
paura, una paura folle di non riuscire a essere ciò che
tutti si aspettavano da lui.
«Se
io posso fingere di essere una donzella per i giorni a venire, allora
tu puoi fare il re», lo spronò Arthur per cercare
di infondergli coraggio e finalmente sul volto di Lancelot comparve un
tenue sorriso.
«Accetto»,
dichiarò il giovane cavaliere con un filo di voce e,
sigillato l'accordo con una stretta di mano, il discorso venne chiuso e
tutti loro si stesero accanto al fuoco per cercare di dormire. La
giornata era stata lunga e ricca di emozioni e avevano bisogno di
riposo prima di affrontare l'ultima prova.
Camelot, 15
anni dopo.
Morgause
fissò Arthur per un breve istante poi allungò una
mano e l’uomo gliela strinse. Il rituale che li avrebbe uniti
stava per iniziare per il quindicesimo anno consecutivo.
Gli occhi
della donna divennero color oro e nella stanza scese
l’oscurità.
Merlin, a
pochi passi da loro, levò le braccia al cielo e Morgana lo
affiancò. Non c'era tempo per i convenevoli, dovevano agire
in fretta.
Il mago
pronunciò alcune parole in una lingua sconosciuta e, mentre
i suoi occhi mutavano diventando color oro, una luce accecante lo
avvolse.
Merlin
risplendeva nell’oscurità creata da Morgause, e
Arthur guardò ammaliato la sua esile figura, incantato dalla
sua bellezza eterea che lo faceva sembrare una divinità.
Parecchie
volte lo aveva visto far uso della magia, ma solo per piccoli
incantesimi. In quel giorno particolare Merlin mostrava tutto il suo
potere. Un potere infinito che avrebbe potuto usare per diventare la
creatura più importante di ogni regno, ma che aveva sempre
tenuto nascosto poiché l’unica cosa che voleva
dalla vita era vivere al suo fianco.
Arthur lo
guardò ammirato e felice perché
quell’uomo così potente aveva rinunciato a tutto
per stare con lui e sentì di amarlo sempre più.
Mentre si
lasciava trasportare dai pensieri, Arthur vide Morgana estrarre una
piccola ampolla dalla veste e consegnarla a Merlin che bevve parte del
liquido in essa contenuto.
Ripresa
l'ampolla dalle sue mani, anche Morgana bevve un piccolo sorso.
Immediatamente fu circondata dalla stessa luce che avvolgeva il corpo
del mago e insieme tesero le mani verso Morgause.
Dal palmo di
entrambi si sprigionò un bagliore dorato che avvolse il
corpo della strega bionda.
La donna
afferrò il pugnale, che portava sempre con sé, e
si procurò un piccolo taglio al polso. Con lo stesso
coltello procurò il medesimo taglio al polso di Arthur e
avvicinò le due ferite in modo che il sangue
dell’uno potesse mischiarsi al sangue dell’altra.
Pochi attimi e
il corpo di Arthur fu scosso da fremiti incontrollabili
finché smise di muoversi e si accasciò sul seggio
reale. Il suo spirito era entrato nel corpo di Morgause mentre le sue
spoglie umane giacevano sul trono apparentemente senza vita. Gli faceva
sempre effetto vedere se stesso in quella condizione, con gli occhi
chiusi, la testa abbandonata sulla spalla, come se stesse guardando il
proprio cadavere.
Ancora qualche
secondo e il corpo si mosse. Lo spirito di Morgause si era trasferito
in lui e vi sarebbe rimasto per l’intera giornata fino allo
scoccare della mezzanotte.
Ora la strega
poteva portare a termine l’incantesimo.
Alzò
il braccio e, dopo aver ferito Lancelot, avvicinò i tagli.
Nell’attimo
in cui vi fu il contatto, Morgause si voltò verso Merlin.
Era giunto il momento che tutti attendevano.
Il mago si
avvicinò e la donna posò la propria mano destra
sul suo torace. Subito fu investita da una forza devastante. Se vi
fosse stato lo spirito di Arthur nel corpo, l’uomo non
avrebbe sopportato tanto potere e sarebbe morto.
Dopo attimi
che parvero eterni, Morgause riuscì a riprendere il
controllo del corpo che stava possedendo e poté continuare
il rituale.
Una piccola
parte del potere assorbito da Merlin fluì nel sangue di
Lancelot e l’uomo sentì un calore improvviso,
segno che l’incantesimo stava producendo gli effetti sperati.
Ancora qualche
istante e Morgause lasciò liberi dal suo tocco sia Merlin
che Lancelot. Il rito era concluso.
Per il
successivo anno, Lancelot avrebbe mantenuto le sembianze di Arthur agli
occhi del mondo e avrebbe continuato a governare su Camelot.
Una leggera
brezza spazzò l’oscurità e i presenti
assistettero, come ogni anno, al momento peggiore, il momento in cui
Merlin, svuotato della sua forza, si accasciava al suolo privo di
conoscenza. Fino allo scoccare della mezzanotte non avrebbe ripreso i
sensi. La magia doveva tornare lentamente a scorrere nelle sue vene e
sarebbe rimasto in uno stato di morte apparente ancora per parecchie
ore.
E
così, come ogni anno, Merlin venne portato in una stanza
dove nessuno lo avrebbe disturbato e Morgause lo accompagnò
per concludere il rituale e rendergli il suo potere.
Appena la
porta si chiuse alle loro spalle, Arthur si appoggiò al muro
e si lasciò cadere a terra. Odiava l'incantesimo
poiché sapeva che durante il rituale Merlin era sottoposto a
una pressione tale che avrebbe potuto ucciderlo. La paura che non si
destasse dallo stato di trance lo devastava ed era il vero motivo per
cui, in quel particolare giorno dell'anno, era sempre di pessimo umore.
Non c'entrava
nulla l'essere costretto nel corpo della strega per circa
ventiquattrore, era la
paura di perdere Merlin che lo rendeva intrattabile.
Seduto a terra
ricevette l'abbraccio di Gwen e la stretta di mano di Lancelot. I
sovrani dovevano tornare ai loro compiti abituali e velocemente si
allontanarono.
Rimasto solo
Arthur posò la testa al muro e chiuse gli occhi. Era teso e
più nervoso del solito. Un brutto presentimento si era
insinuato nella sua mente sin dalle prime ore del giorno e non voleva
lasciarlo.
Percepita la
sua angoscia, Morgana si sedette al suo fianco e gli afferrò
la mano. Restando appoggiato alla parete, Arthur non avrebbe potuto
fare nulla per aiutare Merlin, quindi lo condusse nella torre del
castello dove poter parlare senza essere disturbati.
«Quando
quindici anni fa arrivammo nei pressi di Gilead, avevo il cuore che
batteva all’impazzata», sussurrò Arthur.
«Avevo una paura folle, anche se non lo dissi a
nessuno». Sedutosi a terra, Arthur incrociò le
braccia dietro la testa. «Ricordo che ci fermammo sulla riva
del lago e ci preparammo per il rituale. Ricordo Merlin che risplendeva
di una luce brillante, proprio come oggi, e ricordo che pensai fosse
l’apparizione più bella che avessi mai visto e
capii che stavo facendo la cosa giusta, che lo amavo e che finalmente
avrei avuto la possibilità di stare per sempre con lui.
Quando Morgause entrò nel mio corpo, ed io nel suo, fu
strano, ma non fu la cosa peggiore che accadde. Il brutto fu vedere
Merlin cadere a terra privo di sensi. Non me lo aspettavo. Sembrava
morto. Ti assicuro che in quel momento il mio cuore si fermò
e, ogni volta che dobbiamo ripetere l’incantesimo, sto male
perché so che lui soffre e potrebbe morire. Se potessi
risparmiargli tutto questo dolore lo farei. Quando giunse la
mezzanotte, e Merlin si destò, fu l’attimo
più bello. Veder aprire i suoi bellissimi occhi blu, vedere
che mi cercavano, potermi perdere in loro, fu un momento unico che mi
diede la forza di andare avanti». Arthur sospirò
al ricordo di quegli attimi che cambiarono la vita di tutti loro.
«Quando Lancelot e Gwen si sposarono davanti al popolo, ebbi
paura che mio padre potesse capire, ma tutto andò bene.
Uther accolse Gwen in famiglia, Lancelot si comportò come se
fosse nato per essere re ed io potei rilassarmi al fianco di Merlin,
cioè, rilassarmi non è il termine adatto
giacché mio padre continuò a lanciarmi occhiate
omicide ogni cinque secondi. Avere l’aspetto di Morgause non
aiutava. Fortuna che la magia era di nuovo ben accetta, altrimenti
Uther mi avrebbe messo sul rogo con le proprie mani. Ricordo che io e
Merlin ci fermammo a Camelot per qualche mese, giusto per vedere come
se la cavava Lancelot e, quando capimmo che non aveva bisogno di noi,
ce ne andammo. Fu un sollievo lasciare il regno perché non
riuscivo ad abituarmi ai cavalieri che incontrandomi per strada mi
facevano l’inchino e mi chiamavano mia signora».
Morgana rise a
quella frase, una risata dolce che scaldò il cuore di Arthur.
«Sono
passati quindici anni da quel giorno e sono felice. Il regno prospera,
Gwen e Lancelot sono soddisfatti della loro vita ed hanno assicurato
una buona discendenza al casato con i loro sei figli. E finalmente io
posso vivere accanto a quell’idiota del mio valletto che
rende la mia vita completa». Fissando la parete di fronte a
sé, Arthur sospirò.
«C’è solo un giorno che detesto ed
è questo, perché ho una paura folle che possa
morire, e ciò mi fa comportare come un pazzo».
Morgana gli
strinse la mano e sorrise. Sapeva quanto il fratello amasse Merlin e
non sopportava vederlo così angosciato. «Ricorda
che lui ha sempre saputo a cosa sarebbe andato incontro, ma ha voluto
farlo per continuare a vivere al tuo fianco, quindi non essere
apprensivo e goditi ciò che il suo sacrificio ti ha
regalato».
Senza
abbandonare l’uno la mano dell’altra, i due
fratelli rimasero seduti a terra ad attendere che il lento trascorrere
del tempo li conducesse alla fine di quella lunga giornata, e quando la
mezzanotte venne scandita dai rintocchi della campana, accompagnati da
Gwen e Lancelot raggiunsero Merlin e Morgause.
Arthur
avvertì la solita sensazione di malessere quando la strega
lo lasciò libero e poté tornare nel suo corpo.
Con il cuore
che gli batteva a una velocità incredibile si
accomodò ai piedi del letto e attese.
Passarono solo
pochi secondi poi Merlin aprì gli occhi e li
fissò nei suoi. «Anche per quest’anno
è finita, sire, ora possiamo tornare nella nostra
accogliente casetta, dove voi riprenderete a comportarvi da somaro ed
io vi sopporterò con stoica pazienza».
Arthur,
finalmente, riuscì a sorridere. Tutta la tensione accumulata
durante il giorno lo abbandonò. Il suo valletto idiota era
di nuovo con lui e per un anno non si sarebbero preoccupati del futuro.
Vedendo che
Merlin stava cercando di mettersi in piedi, lo aiutò
sorreggendolo nel momento in cui perse l’equilibrio.
Il mago si
lasciò sostenere dalle sue forti braccia e
osservò i presenti che, come ogni anno, erano al suo
capezzale in attesa del suo risveglio.
L’amicizia
che li univa era forte e diventava sempre più difficile
dirsi addio, ma era indispensabile, ciascuno aveva la propria vita ed
era tempo di farvi ritorno, così i due uomini salutarono i
presenti con un affettuoso abbraccio e lasciarono il castello.
Montati sullo
stallone bianco, avuto in regalo da Lancelot, Merlin si
appoggiò al possente torace di Arthur e lasciò
che l'uomo gli cingesse la vita con le forti braccia e lo scaldasse con
il calore del suo corpo.
Durante il
tragitto, Arthur posò le proprie labbra sulla chioma corvina
dell’amante e credendolo addormentato gli sussurrò
quelle poche parole che mai gli avrebbe detto da sveglio. «Ti amo
Merlin».
Fu un unico
impercettibile sussurro che scaldò il cuore del mago, che
non stava dormendo, ricordandogli il motivo per cui ogni anno
affrontava la morte.
L’amore
di Arthur valeva il rischio e avrebbe continuato a correrlo pur di
sentirsi tanto amato.
Accoccolandosi
meglio tra le braccia del biondo compagno si addormentò,
mentre insieme tornavano a casa per vivere l’amore che da
quindici anni provavano l’uno per l’altro e che li
avrebbe uniti fino al giorno della loro morte.
Fine
E anche questa
storia è finita, inutile dire che a me è piaciuto
scriverla e condividerla con voi. Spero di essere riuscita a
coinvolgervi, almeno un pochino.
Se vorrete
lasciare un segno del vostro passaggio con una recensione, anche ora
che ho messo la parola fine, fatelo! Vi risponderò sempre!
In conclusione
vorrei ringraziare chi mi ha seguita fino a qui e mi ha sostenuta.
GRAZIE, siete
stati fantastici! I vostri commenti mi hanno divertito e anche spronato
a cercare di fare sempre meglio.
Un bacio a
tutti!
mindy
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