Artù re di Camelot

di mindyxx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


Disclaimer: i personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia, romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur  - Gwen - Merlin - Lancillotto










Artù re di Camelot


Prologo


Arthur e Merlin, dopo aver sconfitto il drago, lasciarono la radura e s’incamminarono verso il castello osservando la devastazione che regnava intorno a loro.
L’ultima incursione della creatura incantata aveva provocato seri danni alle abitazioni. Piccoli falò ardevano sprigionando dense nubi fosche che s’innalzavano in cielo rendendo il paesaggio notturno ancora più tetro e lugubre. A terra si contavano innumerevoli corpi senza vita di chi aveva cercato di combattere o, semplicemente, di chi aveva provato a fuggire senza riuscirci.
Se l’ultimo scontro si fosse svolto all’interno delle mura, la città sarebbe stata distrutta, non avrebbe retto a un’altra incursione del grande drago. Arthur e Merlin ne erano consapevoli e, pur essendo sconvolti per ciò che era accaduto, erano felici per aver impedito che il regno fosse completamente devastato dalla furia della bestia.
Con passo sicuro si diressero verso il centro della grande piazza. Ci sarebbe stato molto lavoro da fare ma, rimboccandosi le maniche, erano certi che sarebbero riusciti a riportare Camelot all’antico splendore.
Mentre camminavano, osservando e valutando i danni, Gwen li raggiunse e senza esitare gettò le braccia al collo del giovane principe. «Ho temuto per voi, mio signore, ho avuto paura per la vostra vita».
Arthur, sorpreso, ricambiò l’abbraccio della serva, poi volse lo sguardo verso il fidato valletto. Non riusciva a credere che quel ragazzo così esile, e senza la minima preparazione nell’arte della guerra, avesse voluto seguirlo in quell’avventura, che lui stesso aveva considerato al pari di un suicidio, solo per potergli stare accanto e condividerne la sorte, qualunque essa fosse.
Con infinito stupore si ritrovò a riflettere sull’immensa fortuna che ebbe, due anni prima, a incontrarlo e vedendolo stretto tra le braccia del vecchio Gaius pensò che avrebbe voluto essere al posto del cerusico, per poterlo stringere amichevolmente ed esprimergli, finalmente, la sua gratitudine per ogni volta che, sprezzante del pericolo, l’aveva seguito in combattimenti rischiosi senza preoccuparsi per la propria incolumità.
Un giorno, quando fosse divenuto re, avrebbe ricompensato quell’esile ragazzotto dandogli il posto che meritava per essersi sempre comportato in modo eroico, il posto che si era conquistato e che, purtroppo, a causa delle sue umili origini non gli sarebbe mai stato riconosciuto finché Uther avesse governato Camelot.
Certo che un giorno avrebbe mantenuto tale promessa, Arthur sorrise e si allontanò con Gwen saldamente ancorata al suo braccio mentre Merlin lo seguiva con lo sguardo.
Il giovane mago era felice per aver contribuito, o meglio, per essere stato l’artefice dello scampato pericolo, ma si sentiva stranamente a disagio.
Vedere l’ancella al braccio del principe, pur sapendo che era quanto Arthur desiderava, gli faceva male e non riusciva a spiegarsene la ragione.
Staccandosi dall’affettuosa stretta di Gaius, con lui al fianco si diresse verso casa. I giorni a venire sarebbero stati lunghi e faticosi ma Camelot, ad ogni costo, avrebbe dovuto ritrovare l’antico splendore.




Capitolo 1


Merlin, dopo una notte di meritato riposo, risvegliato dai rumori provenienti dalla piazza si alzò dal letto svogliatamente. Per una volta avrebbe voluto poltrire, in fondo era un eroe. Era solo merito suo se Camelot non era stata distrutta dal drago. Peccato che nessuno lo avrebbe mai saputo.
In fretta si vestì e raggiunse Gaius per una veloce colazione. Addentato l’ultimo pezzo di pane, uscì in strada per recarsi nelle stanze del principe e vide uomini e donne lavorare alacremente per ricostruire le proprie abitazioni. Improvvisamente sentì urlare il suo nome e voltandosi scorse Arthur dirigersi verso di lui con una trave in spalla.
Con occhi stralunati si fermò per fissarlo e quando il principe fu a pochi passi, allibito si diede un colpetto sulla testa.
«Che ti prende?» domandò Arthur incuriosito dal suo gesto, e sul volto del mago sbocciò un sorriso ironico.
«Voi in piedi all’alba, e state lavorando... mi sono colpito per verificare che non stessi ancora dormendo, perché questa situazione sembra un sogno».
Arthur lasciò cadere la trave e, senza troppa delicatezza, gli diede una pacca in testa.
«Ahi... che vi prende?... Perché mi avete colpito?» domandò Merlin guardandolo come se fosse impazzito.
«Volevo dimostrarti che non stai dormendo!»
Massaggiandosi la testa, Merlin sbuffò contrariato. «Siete il solito somaro arrogante».
«E tu il solito idiota e, come sempre, sei in ritardo. Se credi che le tue braccia scheletriche possano alzare una di queste». Arthur indicò la trave che si era rimesso in spalla. «Vai laggiù, prendine una e portala alla casa del fabbro, stiamo sistemando la sua abitazione».
Senza batter ciglio, Merlin si avvicinò alla catasta di legname e sollevò una trave. Non aveva intenzione di perdere la sfida che il principe gli aveva lanciato.
Sorridendo compiaciuto, Arthur lo osservò issarsela in spalla. Merlin era sempre pronto a mettersi in gioco anche quando il suo fisico minuto non glielo avrebbe consentito e, ammirando tanta caparbietà, gli fece un cenno di approvazione quindi si incamminò verso la casa del fabbro.
Per tutta la settimana successiva, ogni giorno alle prime luci dell’alba Arthur si fece trovare in piazza per aiutare i cittadini a ricostruire le abitazioni distrutte incontrando i favori del popolo, e Merlin non poté che gioire vedendo quanto il suo signore fosse amato.
Alla fine del primo mese i lavori erano a buon punto e l’amicizia tra Merlin e Arthur si era rafforzata.
Lavorando a stretto contatto, spesso si erano trovati a scherzare come fossero normalissimi ragazzi, e non il principe e il suo servo, e più volte era capitato che si ricorressero nella piazza alla ricerca di vendetta per l’ultimo scherzo subito.
La loro gioia di vivere era contagiosa e rendeva il lavoro meno pesante.

*****

Trascorso un altro mese, a pomeriggio inoltrato dell’ennesima giornata lavorativa Gwen si avvicinò al pozzo, riempì un secchio con acqua fresca e passò tra i lavoratori per distribuire di che rinfrescarsi poi, con passo lesto, si accinse a raggiungere principe e servo. «Ho portato dell’acqua fresca, sire, avrete sete».
Arthur prese dalle sue mani la tazza. Per un attimo le loro dita si sfiorarono e Gwen sorrise gentilmente. Da quando il drago era stato sconfitto, non aveva più incontrato Arthur, se non nelle rare occasioni in cui distribuiva acqua o cibo a chi stava lavorando per ricostruire Camelot. E anche in quei momenti si trattava solo di scambiare poche parole.
Quando anche Merlin prese la tazza per dissetarsi, Gwen si inchinò dinanzi ad Arthur accomiatandosi e il principe la osservò allontanarsi.
Appena fu fuori dal suo campo visivo, Arthur afferrò il piccone e riprese a scavare.
«Mi chiedevo come vadano le cose tra voi e Gwen», esordì Merlin senza giri di parole, era troppa la curiosità e voleva arrivare subito al dunque, ma Arthur non rispose.
«Quando avete sconfitto il drago, ho visto che vi ha abbracciato. E voi avete ricambiato il suo abbraccio...»
Arthur continuò a lavorare senza prestare attenzione alle sue parole e Merlin, imperterrito, seguitò a rivolgergli domande su domande. «Devo pensare che avete trovato la futura regina?»
All’ennesimo quesito, Arthur si voltò allargando le braccia. «Non hai niente di meglio da fare? Devi per forza assillarmi? C’è del lavoro da portare a termine, o te ne sei dimenticato?»
Sbuffando sonoramente Merlin diede un calcio alla pietra di fronte ai suoi piedi. «Scusate, non volevo essere inopportuno, ma io so quali siano i vostri sentimenti per Gwen e mi chiedevo se... insomma... se voi...»
«Se io cosa, Merlin?» replicò Arthur spazientito.
«Se voi e Gwen... insomma... avete capito».
Incredulo, Arthur iniziò a ridere. «Cosa ti passa per la testa? Io e Gwen ci siamo baciati un paio di volte, tutto qui. Non è mai successo altro».
«Ma voi vorreste che succedesse, dico bene?» domandò Merlin incapace di trattenere la curiosità che lo divorava e Arthur posò a terra il piccone che teneva tra le mani e si avvicinò per potergli parlare a bassa voce.
«Sono un uomo, Merlin, nel caso non te ne fossi accorto, e come ogni uomo ho anch’io delle esigenze».
Merlin, sempre più interessato all’argomento, tese le labbra in un sorrisetto beffardo. «E avete mai trovato qualche donzella che soddisfacesse le vostre esigenze prima di Gwen?»
Arthur scosse la testa e volse gli occhi al cielo, però, sentendo lo sguardo di Merlin fisso su di lui in attesa di una risposta, decise di dargliela sperando che l’argomento potesse concludersi. «Sì, Merlin, il mio letto è già stato visitato da molte donzelle... spero tu sia soddisfatto!»
Merlin cercò di ribattere, ma Arthur gli mise un dito sulle labbra per zittirlo. «Ora mi hai stufato con tutte queste domande. Siamo qui per lavorare, non per parlare delle mie conquiste amorose, quindi lavora e taci! Non voglio sentire un’altra parola, mi sono spiegato?»
Merlin alzò le spalle esibendo un’espressione imbronciata. «Sì, sire, è solo che mi interessava sapere se siete ancora innamorato di Gwen... tutto qui... non volevo essere inopportuno».
Finalmente Merlin tacque e si allontanò per rimettersi a lavorare mentre Arthur cercava con lo sguardo Gwen. La vide afferrare un pesante secchio dalle mani di un’anziana signora per portarlo nella sua abitazione. Continuò a osservarla finché non sparì dalla sua vista e si ritrovò a riflettere sull’ultima domanda di Merlin. Il ragazzo gli aveva chiesto se era ancora innamorato di lei e, in tutta onestà, non sapeva cosa rispondere.
Prima che il drago riducesse Camelot a un mucchio di macerie, era certo di provare qualcosa per Gwen, ma nell’ultimo mese la ragazza aveva smesso di fargli battere il cuore. Nonostante continuasse a volerle bene, era certo che non fosse più amore ciò che sentiva per lei, piuttosto una bella amicizia e non capiva perché i suoi sentimenti fossero cambiati.
Riemergendo dai pensieri si voltò a guardare Merlin che stava tentando di sollevare un masso enorme e si ritrovò a sorridere.
Senza esitare lo raggiunse per offrirgli aiuto prima che, maldestro com’era, si facesse cadere addosso il macigno rischiando di rimanerne schiacciato.
Gli arrivò accanto nel momento esatto in cui la grossa pietra stava per scivolargli dalle mani e la afferrò per sostenerla.
I loro sguardi s’incrociarono e finalmente Arthur capì, finalmente tutto ebbe un senso; la risposta che cercava era a pochi centimetri da lui e aveva un nome: Merlin!


Continua







Ciao a tutti,
rieccomi con una nuova long.
Approfitto per ringraziare chi ha commentato la precedente : "Un amore impossibile". Leggere i vostri commenti è stato fantastico. Grazie di tutto cuore anche a chi l'ha inserita tra le preferite o tra quelle da ricordare.
Per quanto riguarda questa nuova storia, spero di riuscire a renderla interessante, inserendo avventura, amore ed erotismo.
Ci saranno momenti divertenti (spero) e momenti tristi. Vediamo cosa ne verrà fuori.
Se vorrete leggere e, magari, commentare, vi ringrazio in anticipo!




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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Disclaimer: i personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia, romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur - Gwen - Merlin - Lancillotto






Capitolo 2


Dopo tre mesi di estenuante lavoro, le abitazioni distrutte dalla furia del drago furono sistemate.
Uther, consapevole dell’enorme sforzo sostenuto dai cavalieri per contribuire alla ricostruzione, decise di allestire un banchetto in loro onore. Sorprendendo Arthur, estese l’invito anche ai rappresentanti del popolo, e della servitù, che durante gli ultimi mesi si erano distinti per l’impegno nei lavori, sicché Merlin e Gwen rientrarono tra gli invitati. Per una volta avrebbero potuto godere dei fasti della ricchezza.

*****

Il momento tanto atteso giunse e nel grande salone, addobbato a festa, iniziarono ad aggirarsi i primi invitati.
Vedendo entrare Merlin al braccio di Gwen, Arthur si accomiatò da Uther e li raggiunse. Quando fu dinanzi a loro, Gwen, rivolgendogli un timido sorriso e un inchino rispettoso, si allontanò.
Ricambiato garbatamente il saluto della fanciulla, Arthur afferrò due calici dal tavolo e sfoggiando un sorriso che gli illuminò il volto, si rivolse al giovane servo. «Consideralo come il famoso calice che avrei dovuto offrirti la prima volta che mi hai aiutato», disse porgendoglielo. «Alla tua salute».
Merlin, compiaciuto, afferrò il calice dalle sue mani e bevve piccoli sorsi di quel dolce nettare inebriante ma, memore di come il liquore lo facesse sentire, decise di non berne troppo per evitare di combinare guai.
I festeggiamenti si protrassero per diverse ore e Arthur, felice di poter trascorrere del tempo con Merlin, non mancò di riempirgli la coppa ogni qual volta la vedeva vuota. E lo stesso fece con la propria.
Al termine della serata Merlin era sobrio poiché, per evitare di perdere il controllo, ogni volta che il principe gli versava da bere svuotava la coppa dove lui non potesse vedere, ma Arthur era completamente ubriaco.
Accortosi che il figlio si reggeva a stento sulle gambe, per evitare che facesse la fine di altri commensali addormentati sui tavoli, o stravaccati a terra, Uther raggiunse Merlin. «È opportuno che accompagni il principe nelle sue stanze», gli ordinò. «Per stasera ha bevuto abbastanza».
Considerate le condizioni di Arthur, Merlin non poté che essere d’accordo col vecchio re e, passando un braccio attorno ai fianchi del giovane, faticosamente lo accompagnò nella sua stanza con l’intenzione di metterlo a letto.
Quando la porta si chiuse alle loro spalle, Arthur afferrò Merlin e lo inchiodò al muro. I loro volti erano a pochi centimetri l’uno dall’altro e l’odore di liquore era talmente forte che Merlin pensò di potersi ubriacare anche solo annusando l'alito del principe.
«Arthur», si lamentò Merlin non riuscendo a sottrarsi alla presa con cui era tenuto contro la parete. «Che state facendo?»
La domanda non ebbe risposta, perché Merlin si ritrovò la bocca del principe incollata alla propria.
Fu un bacio innocente, solo uno sfiorare di labbra che terminò in pochi secondi poi Arthur, lentamente, si scostò e gli rivolse un sorriso ebete. «Se tu fossi una fanciulla, saresti proprio carina Lady Merlin, e da questa stanza non usciresti illibata», sussurrò con voce impastata dall'alcool e, barcollando pericolosamente, si allontanò e si diresse verso il letto.
Compiuti solo pochi passi, si fermò e si voltò per osservare Merlin che, immobile, era rimasto incollato alla parete, sconvolto per quanto successo e incapace di qualsiasi movimento.
Cercando di mettere insieme vocali e consonanti, attività molto ardua da sobrio, ancora più difficile da ubriaco, Arthur biascicò alcune frasi. «Non fare quella faccia, era solo un bacino innocente. Non ho saputo resistere... hai delle labbra così invitanti... per non parlare del tuo esile corpicino. Ebbene sì, se tu fossi una ragazza, saprei cosa fare a quel corpicino così secco».
Immaginando la scena, Merlin arrossì fino alla punta dei capelli e continuò a rimanere immobile inchiodato alla parete.
Godendo per il suo imbarazzo, Arthur rincarò la dose e le parole uscirono dalle sue labbra prima che il cervello, annebbiato dall’alcool, potesse fermarle. «Sono certo che la tua pelle sia morbidissima... sarebbe un vero piacere poterla accarezzare... sei proprio delizioso... il valletto più bello che sia mai stato al mio servizio... se solo non fosse per quelle due enormi cose che hai lì... come si chiamano? Ah sì, orecchie!»
Punto sul vivo, Merlin si staccò dalla parete e si avvicinò al principe. «Cos’hanno le mie orecchie che non va?» domandò visibilmente irritato e Arthur le fissò con sguardo ebete per una manciata di secondi.
«Più che orecchie sembrano gli scudi che usiamo quando andiamo in battaglia, talmente sono enormi!»
Senza ritegno, Arthur cominciò a ridere sguaiatamente dirigendosi verso il letto e Merlin, furibondo, fece apparire davanti ai suoi piedi uno sgabello.
Inciampando nell’ostacolo, il principe perse quel poco d’equilibrio che ancora lo sorreggeva e si sbilanciò andando a sbattere con la testa contro il baldacchino.
Con un’imprecazione per nulla signorile si lasciò scivolare a terra e Merlin rise compiaciuto. «Se le mie orecchie sembrano due scudi, voi domattina sembrerete un unicorno!»
Soddisfatto per la punizione inflitta al ciuco reale, Merlin lo avvicinò per soccorrerlo e metterlo finalmente a nanna, e con orgoglio notò che il bernoccolo al centro della fronte stava già spuntando.
Tendendo una mano lo aiutò ad alzarsi e, quando Arthur fu nuovamente in piedi, iniziò a spogliarlo come faceva ogni giorno da ormai due anni.
Gli sfilò la casacca lasciandolo a petto nudo, e per la prima volta si sentì a disagio. Per la prima volta avrebbe voluto accarezzare quel torace possente.
Imputando quell’idea assurda al vino bevuto durante la festa, Merlin cercò di svolgere al meglio i propri compiti, ma il principe non sembrava intenzionato a lasciare che portasse a termine velocemente i suoi doveri di valletto. Mentre gli stava slacciando i pantaloni, Arthur lo attirò a sé con uno strattone e gli posò una mano sul sedere per dargli una leggera strizzatina. «Molto sodo, complimenti... molti cavalieri lo apprezzerebbero... io lo apprezzo».
Sentendo la mano del principe posata sul suo fondo schiena, Merlin avvampò per la vergogna. Sapeva che i cavalieri del regno non avevano alcuna inibizione e cercavano l’appagamento che desideravano indistintamente, sia tra le braccia di giovani donne sia tra quelle di bei valletti disponibili. Ma lui non era disponibile e non aveva intenzione di diventare la preda di un arrogante, stupido ubriaco.
Senza delicatezza posò le mani sul torace nudo di Arthur e spinse con forza facendolo crollare seduto sul letto.
Desideroso che la serata finisse in fretta gli afferrò i pantaloni e glieli levò lasciandolo in mutande.
Arthur, euforico per colpa del troppo liquore bevuto, rise sempre più eccitato. «Merlin... quanta irruenza... non credevo fossi così passionale».
Infuriato e spazientito, Merlin si allontanò, prese dall’armadio gli abiti per la notte e glieli tirò addosso colpendolo in pieno volto. «Smettete immediatamente di fare il somaro... vestitevi e andate a letto».
Con molta difficoltà, poiché il cervello annebbiato non sembrava voler impartire i giusti movimenti ai suoi arti, Arthur si scostò gli abiti dal volto gettandoli a terra e osservò con occhietti maliziosi il giovane valletto. «Vieni a letto con me?»
La situazione ormai era degenerata e Merlin ringraziò il cielo che Arthur si ubriacasse raramente poiché da ubriaco era ancora più insopportabile che da sobrio.
Cercando di mantenere la calma lo avvicinò, pronto a stordirlo nel caso tentasse qualcosa di stupido, e si chinò su di lui per parlargli in modo che riuscisse a sentire ogni parola. «Siete ubriaco, non sapete cosa state dicendo quindi smettete di comportarvi da asino e vestitevi. Ora io vado a letto, nella mia stanza, da solo! Domattina vi sveglierete con un gran mal di testa, e spero ricorderete tutto ciò che è successo stasera in modo che la prossima volta eviterete di bere come una spugna. Siete proprio un somaro arrogante... buonanotte sire».
Sempre più infuriato Merlin si voltò e, con passo deciso, uscì dalla stanza richiudendosi la porta alle spalle con una botta decisa, lasciando Arthur a fissarlo imbronciato e deluso.
Incamminatosi veloce verso casa, imprecò mentalmente all’idiozia del suo signore. “Razza di somaro, idiota e arrogante… se non regge il liquore dovrebbe evitare di bere! Chi crede di essere? Solo perché è un principe pensa che tutto gli sia dovuto? Solo perché è il grande Arthur crede di poter avere ciò che vuole? Che cosa gli passa per la testa? Chi gli dà il diritto di comportarsi in modo tanto sfrontato? Chi gli dà il diritto di credere che io sia disposto a soddisfare i suoi capricci? È un somaro, un arrogante, viziato, stupido asino pieno di boria. Solo perché è così bello crede di potermi avere nel suo letto per...”
Di colpo si fermò e scosse la testa. “Ma a che sto pensando? Ho veramente associato Arthur alla parola bello? Devo aver bevuto troppo liquore!”
Ripreso il cammino, Merlin non riuscì a smettere di pensare a quanto accaduto solo pochi istanti prima. Quando le labbra di Arthur avevano sfiorato le sue, un brivido lo aveva scosso da capo a piedi.
Cosa gli stava succedendo?
L’immagine del principe apparve chiara nella sua mente in tutto il suo splendore e lui non poté evitare di sentirsi eccitato pensando a quel fisico perfetto, a quegli occhi azzurri come il cielo, a quel sorriso così dolce, a quella voce così sexy.
Di nuovo si fermò appoggiando una mano al muro. Aveva bisogno di riprendere fiato. Doveva frenare i pensieri inopportuni che gli affollavano la mente.
Si guardò attorno e finalmente vide ciò che gli serviva: un secchio pieno d’acqua.
Senza tergiversare lo sollevò e se lo versò in testa, nella speranza che la nebbia che lo avvolgeva finalmente si dissipasse portando via i fumi dell’alcool.
Bagnato e infreddolito si incamminò verso casa con l’immagine del principe sempre ben impressa nel cervello.
L’acqua gelida non aveva sortito l’effetto sperato.
Starnutendo a raffica maledisse la sua idiozia e infreddolito aumentò il passo per giungere presto a casa. Una buona dormita sicuramente avrebbe giovato al suo umore e, quando l’effetto del liquore fosse totalmente svanito, avrebbe dimenticato l’incidente della serata e tutto sarebbe tornato alla normalità.


Continua










Note: è un capitolo abbastanza demenziale, lo so, e il primo bacio tra i due poteva essere più romantico, se scambiato in circostanze differenti, ma ci sarà tempo anche per quello. Spero vi sia piaciuto ugualmente.
Ora passiamo ai ringraziamenti: grazie a chi sta leggendo la storia, a chi l’ha inserita tra le preferite, tra le seguite o quelle da ricordare. Grazie a chi trova un attimo per lasciare anche solo una brevissima recensione (lunga o corta è sempre gradita).


Grazie a:

Ryta Holmes: ciao carissima, sai che mi rende felice vedere che segui le mie storie nonostante siano slash (comunque ho visto che anche tu ti sei cimentata in una pre-slash e ciò mi fa ben sperare che, prima o poi, arriverà anche una slash a tutti gli effetti, ma questo te l’ho già detto).
Veniamo a noi. Artù è un po’ meno asino del solito e comprende... come dici tu: un lampo di genio? Ebbene sì, un lampo di genio l’ha investito.
In questo secondo capitolo, però, l’ho riportato sulla terra nella sua abituale dimensione facendolo comportare da somaro qual è!  Ciò, comunque, non preclude la possibilità che anche in futuro abbia lampi di genio, in fondo non può essere un somaro a vita! (O forse sì?)
Spero che questo secondo capitolo ti sia piaciuto. Un bacio. A presto.

Clare: grazie per i complimenti. In effetti è vero, Artù responsabile è una vera manna dal cielo, però per il suo popolo, questo e altro!
Spero ti sia piaciuto anche il secondo capitolo in cui il bel principino è tutto, fuorché responsabile.
Ciao a presto.

_Valux_: ciao, sempre lieta di vedere che le mie storie ti piacciono. Grazie per i commenti che lasci, sono veramente graditi. Spero continuerai a leggere e recensire.
Bye

Cassandra: ciao, sono contenta di sapere che ti è piaciuto il primo capitolo di questa nuova storia, anche se totalmente diverso, spero ti sia piaciuto anche il secondo.
A presto.

GiulyB: ciao, che piacere scoprire che stai leggendo la mia storia!
Grazie per il commento positivo, sei molto gentile.  Se ti è piaciuto come ho tolto di mezzo Gwen, allora vedremo cosa penserai nei prossimi capitoli...
Ciao, a presto.

Celine_underworld: ciao, grazie per il commento, sono sempre contenta di leggere una tua recensione.
Mi chiedi una storia più lunga della precedente e con un lieto fine. Vediamo cosa posso rispondere...  sto pensando...
Per quanto riguarda la lunghezza, potrei impegnarmi.
Per quanto riguarda il lieto fine... dovrai arrivare fino in fondo per scoprire cosa ho in serbo per i piccioncini.
Ciao carissima, a presto. Kisses.



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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Disclaimer: i personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia, romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur  Gwen - Merlin  Lancillotto








Capitolo 3


Dopo una notte tormentata, trascorsa rigirandosi tra le coperte in attesa del sonno ristoratore che non voleva sopraggiungere Merlin, alle prime luci dell’alba, si alzò per recarsi nelle stanze dell’asino reale.
Nonostante non fosse riuscito a riposare era pronto per affrontare allegramente la giornata, poiché ansioso di godere dell’imbarazzo del principe quando, vedendolo, avrebbe ricordato il modo in cui l’aveva trattato la sera precedente e le intenzioni poco onorevoli nei suoi confronti.
Col vassoio della colazione stretto tra le mani, e un sorriso sornione stampato sulla faccia, Merlin bussò alla porta. Senza attendere risposta entrò e indirizzò lo sguardo verso l’enorme letto a baldacchino; Arthur stava dormendo beatamente disteso sulla pancia con braccia e gambe spalancate. Siffatta visione gli procurò un brivido e dovette concentrarsi per evitare di ricadere nei pensieri impuri che avevano turbato il suo sonno e, dandosi dell'imbecille, raggiunse la finestra e scostò la tenda per permettere alla luce di illuminare la stanza.
Infastidito per essere stato colpito in pieno volto da un raggio di sole, Arthur mugugnò una frase senza senso e si girò su un fianco per continuare a dormire.
Impaziente di ottenere l’attenzione sperata, Merlin si avvicinò al letto, afferrò il cuscino su cui era posato il capo del principe e, con uno strattone indelicato, glielo strappò via. «Sveglia, mio signore! Uther vi sta aspettando nella sala del trono», urlò divertito, sperando che il suono della sua voce potesse, in qualche modo, infastidire il giovane principe che non sembrava intenzionato a lasciare il letto ma, poiché anche la sua voce non aveva sortito il giusto effetto, decise di passare alle maniere forti.
Mostrando un sorrisetto malefico si avvicinò all’armatura e, distrattamente, la fece cadere a terra.
Il frastuono, finalmente, raggiunse lo scopo e Arthur, tenendosi la testa tra le mani, scattò a sedere sul letto. Sbarrati gli occhi gonfi si guardò attorno con espressione assente, come se non sapesse dove fosse e cosa stesse accadendo intorno a lui. Massaggiandosi le tempie imprecò ad alta voce e il dolore riuscì a riportarlo alla realtà. «Non potresti evitare di fare tanto chiasso? Sei il solito idiota! Ho la testa che mi scoppia», si lamentò, e Merlin sorrise divertito. «La prossima volta vi ricorderete di bere meno, mio signore».
Rivolgendo una smorfia poco amichevole al giovane servo, Arthur si massaggiò il bernoccolo. «E questo quando me lo sono fatto?» chiese indicando la protuberanza sulla fronte e Merlin dovette mordersi la lingua per evitare di rispondere. Avrebbe voluto dirgli che aveva sbattuto la testaccia vuota mentre stava cercando di sedurlo, ma decise che non era ancora giunto il momento per rivelare cosa fosse accaduto la sera precedente. Avrebbe spiattellato tutto mentre Arthur era a tavola con la speranza che le sue parole gli facessero andare la colazione per traverso, e ripiegò fornendo una risposta inventata al momento. «Avete sbattuto la testa mentre cercavate di raggiungere il letto».
«La cosa deve averti divertito molto», ribatté Arthur indirizzandogli un’occhiataccia.
«Vedervi fare la figura del somaro mi diverte sempre».
Incredibilmente, Arthur rise alle sue parole e Merlin aggrottò la fronte poiché si era aspettato la minaccia della gogna per aver mostrato tanta insolenza, non una risata allegra. «Niente gogna?» chiese perplesso.
«Non stavolta», rispose Arthur sorridendo, e Merlin non poté evitare di pensare a quanto fosse sexy, nonostante gli occhi gonfi e il piccolo bernoccolo sulla fronte.
“Maledizione, cosa mi sta succedendo? Non può accadere... non può! L’ultima cosa che mi serve è innamorarmi del somaro. La mia vita è già abbastanza complicata così com’è. Non ho bisogno di cercare nuovi guai per complicarla ulteriormente”.
Con passo veloce e tormentato da pensieri che sembravano non voler dare tregua alla sua mente sconvolta, Merlin si avvicinò all’armadio per prendere gli abiti puliti del principe.
Aperte le ante, alla ricerca dei giusti capi d’abbigliamento, lasciò che la mente continuasse a vagare senza sosta.
“Innamorarmi?... Innamorarmi del somaro? Sono ancora ubriaco per pensare una cosa simile... ma non lo ero neppure ieri, io non ho bevuto! Allora perché non riesco a smettere di pensare ad Arthur? Arthur mi voleva nel suo letto solo perché era ubriaco, non perché prova qualcosa per me. E poi, un giorno sarà re di Camelot, si sposerà, avrà degli eredi. Io non potrò mai far parte della sua vita. È tutta colpa sua! È... è colpa di quel bacio... perché mi ha baciato? Perché lo ha fatto? Cosa voleva dimostrare? Che lui è il mio padrone e può avere tutto ciò che vuole? No, si sbaglia, non gli permetterò di giocare con i miei sentimenti... sentimenti? Quali sentimenti? Io non provo sentimenti per lui...”
Reggendo tra le mani gli abiti puliti presi dall’armadio, Merlin si voltò per portarli ad Arthur e un urlo gli morì in gola. Era talmente assorto nei suoi deliranti pensieri da non accorgersi che il principe lo aveva raggiunto e si trovava solo a pochi centimetri da lui.
«Che ti succede stamattina? Se non fosse impossibile, direi che sembri ancora più strano del solito. Cosa ti passa per la testa?»
Merlin deglutì a forza e un velo di rossore colorò le sue gote. L’ultima volta che il principe era stato così vicino l’aveva baciato e il ricordo di quel breve attimo lo stava tormentando.
Scacciando il pensiero delle labbra premute contro le sue, gli porse gli abiti. «Vestitevi e fate colazione, vostro padre vuole vedervi e non ama dover aspettare».
Il principe si sfilò la casacca usata per dormire e Merlin lo aiutò a indossare gli abiti puliti cercando di nascondere il tremore delle mani ogni volta che sfiorava la sua pelle.
Quando finalmente la tortura finì, perché Arthur era vestito e pronto per sedersi a tavola, Merlin pensò fosse arrivato il momento della vendetta. Gli avrebbe raccontato ciò che aveva fatto la sera prima, di cui sembrava essersi dimenticato, poiché voleva punirlo per i pensieri che lo stavano tormentando a causa del suo gesto avventato ma, pronto a dirgli che l’aveva baciato, fu anticipato dalla voce di Arthur. «Allora, Merlin, ti sei divertito alla festa?»
Merlin annuì. «Sì, sire, è stato bello».
«Ricordo poco di quanto è successo, devo aver bevuto parecchio. In effetti ho la testa che ronza in modo impressionante», continuò Arthur addentando un tozzo di pane mentre sul viso di Merlin appariva un sorriso vincente, era pronto a spiattellare gli avvenimenti accaduti. «Tu, invece, sembri in forma... non hai bevuto. È successo qualcosa di divertente?»
Il momento della vendetta era arrivato e Merlin osservò il principe pronto a prendersi gioco di lui; gli avrebbe detto tutto quello che aveva fatto per ridicolizzarlo ma, aperta la bocca, la richiuse immediatamente.
Un ultimo sguardo alle iridi azzurre del principe, rese ancora più luminose dal dolce sorriso che aleggiava sul suo bellissimo volto, lo aveva convinto a soprassedere. «Le solite cose, Arthur», lo informò ostentando disinteresse. «Cavalieri sdraiati sui tavoli o appoggiati alle pareti poiché troppo ubriachi per tornare a casa. Insomma, nulla che non abbiate già visto durante ogni banchetto al quale avete partecipato».
«Niente di disdicevole? Nessuno si è comportato in modo imbarazzante?» volle sapere Arthur e Merlin alzò le spalle e scosse la testa. «Nulla di tutto ciò, mio signore».
Arthur lo fissò per alcuni istanti poi lo congedò. «Ho deciso di concederti una giornata di riposo, te la sei guadagnata. Vai dove vuoi, fai quello che ti pare, ci rivediamo domattina». Vedendo che Merlin non si muoveva, Arthur lo invitò a lasciare la stanza. «Non sarai diventato improvvisamente sordo? Su, vai, per oggi ti dispenso dai tuoi doveri. Torna a casa, aiuta Gaius, insomma, fai quello che vuoi».
Incredulo, Merlin si voltò senza capire perché avesse ottenuto una giornata di riposo e, raggiunta la porta, si fermò con la mano sul battente.
«Ti ringrazio». La voce di Arthur echeggiò nella stanza. «Grazie per aver evitato di prenderti gioco di me ricordandomi ciò che è avvenuto stanotte. Mi sono comportato come un perfetto idiota e ricordo ogni cosa che ho detto e che ho fatto... ogni cosa! Potevi farmi sentire ancora più stupido di quanto già non mi senta, ma hai preferito tacere. Come sempre ti sei comportato in modo leale... e ora vai».
Senza voltarsi, Merlin lasciò la stanza. Richiusa la porta alle spalle si appoggiò al muro e sospirando accostò le mani al viso. Sapeva di non poter più negare l’evidenza.
Erano mesi che era turbato, mesi che si sentiva strano ogni volta che si ritrovava da solo con Arthur.
Quanto accaduto la sera precedente gli aveva fatto aprire gli occhi, anche se aveva preferito negare, ancora una volta, l’evidenza; il sentimento che lo legava ad Arthur andava ben oltre la semplice amicizia.
Quel delicato, innocente bacio, aveva sconvolto la sua esistenza facendogli capire ciò che si rifiutava di accettare: si era innamorato del giovane principe.
A passo deciso lasciò il castello e si ritrovò a camminare nella piazza. La sua vita si era complicata ancora di più.
Desiderava una persona che mai avrebbe potuto avere, che mai avrebbe ricambiato i suoi sentimenti.
Il bacio che gli aveva dato Arthur non significava nulla, lo sapeva e non si faceva illusioni. Era il bacio di un ubriaco, non di un innamorato.
Perché mai Arthur avrebbe dovuto volere proprio lui? Non sarebbe mai successo.
Continuando a camminare Merlin sospirò mestamente. Non bastava dover nascondere il segreto della sua natura magica? No! Ora avrebbe dovuto vivere nascondendo anche i sentimenti che, a causa di un innocente bacio, erano venuti a galla e lo stavano tormentando.
Sospirò di nuovo e, con la testa china, si diresse verso la zona in cui si teneva il mercato. Sperava che mischiandosi alla gente il suo umore sarebbe migliorato e per qualche ora avrebbe dimenticato i problemi che lo affliggevano.
E mentre Merlin camminava tra la folla, Arthur, alla finestra della stanza, lo osservò col desiderio di prendersi a pugni. Non solo lo aveva offeso, sfottendolo per le sue grandi orecchie, ma aveva anche cercato di sedurlo. Una mossa decisamente inappropriata.
Sapeva che molti signorotti “usavano” i loro valletti, in quanto servi, per svolgere ogni genere di mansione, ma lui non avrebbe mai potuto comportarsi così.
Era ubriaco e aveva baciato Merlin, se fosse stato sobrio non lo avrebbe mai fatto, ma non perché non lo volesse, ormai erano mesi che aveva capito che era Merlin ciò che voleva. Non lo avrebbe mai fatto poiché temeva che la cosa lo ripugnasse.
Scostandosi dalla finestra, Arthur si sedette sul letto e sorrise amaramente. Fino a tre mesi prima era convinto che il grande amore della sua vita fosse Gwen e in quel momento si ritrovava a sperare che il suo valletto potesse ricambiare i sentimenti che in cuor suo erano apparsi all’improvviso.
Consapevole che non sarebbe mai successo nulla tra loro, anche perché come futuro re di Camelot aveva l’obbligo di sposarsi e dare un erede al regno, decise che avrebbe lasciato perdere l’ossessione per Merlin imponendosi un comportamento degno del suo rango, anche se ciò, purtroppo, significava rinunciare alla felicità.


Continua








In ritardo, eccomi col nuovo capitolo e l’angolo dei ringraziamenti.
Ringrazio chi sta leggendo la storia, chi l’ha inserita tra le preferite, tra quelle da ricordare o tra le seguite.
Ringrazio chi trova un attimo per lasciare una breve ma sempre gradita recensione.
Grazie a:

GiulyB: sono contenta che il precedente capitolo ti sia piaciuto. Grazie per il commento positivo. Spero ti sia piaciuto anche questo. Un abbraccio, ciao.

_Valux_: come dici tu, un Merlino ubriaco farebbe cadere Camelot, quindi ho optato per un Artù ubriaco che mi è parso più spassoso.
Grazie, come sempre, per ogni recensione che puntualmente lasci. Spero continuerai a recensire anche i prossimi capitoli.
Ciao, kisses.

Ryta Holmes: ciao cara, sai che mi fa piacere ricevere commenti da chi, come te, non è “ancora” votata al 100% allo slash (ma spero ci arriverai). Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto e che hai trovato divertente il siparietto di Artù ubriaco. Non possiedo una vena comica, però speravo, scrivendolo, di poter strappare almeno un tenue sorriso al lettore. Se ci sono riuscita, beh, sono contenta!
Un abbraccio e a presto.



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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Disclaimer: i personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia, romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur  Gwen - Merlin  Lancillotto









Capitolo 4


All’alba del nuovo giorno, Merlin si alzò e raggiunse Gaius nella stanza adiacente. Si sentiva riposato come non gli accadeva da tempo.
Sedutosi accanto al tavolo, per consumare la colazione insieme all’anziano cerusico, lasciò che la mente lo riconducesse agli ultimi avvenimenti. Il bacio rubato da Arthur gli aveva aperto gli occhi portando a galla i suoi sentimenti e una domanda iniziò a tormentarlo: “Cosa fare ora? Come comportarsi col principe?”
Salutato Gaius uscì in strada e percorse la via riflettendo su quanto successo nella speranza di trovare una soluzione al problema.
“Mi ha baciato e se glielo avessi permesso cosa sarebbe successo dopo? Domanda stupida. Non ci vuole molta fantasia per capire cosa sarebbe successo! Ma cosa ha provato baciandomi? È stato solo il liquore a spingerlo ad agire in quel modo oppure anche lui nutre gli stessi sentimenti che nutro io? E se veramente desiderasse proprio me? Se quel bacio non fosse solo l’azione sconsiderata di chi ha bevuto troppo e non sa cosa sta facendo? Se fosse qualcosa di più? Qualcosa di reale?”
Un sospiro profondo interruppe per un istante il vortice di pensieri, ma solo per un breve istante, poi il turbinio riprese.
“Perché torturarsi in questo modo? Voglio una risposta sincera e non devo far altro che porre la domanda al diretto interessato. Già, ma cosa gli dico? Mi presento da lui e glielo chiedo? Arthur, voi siete innamorato di me? Ve lo domando perché ho capito di essere innamorato di voi... e già che ci siamo, visto che ho deciso di essere onesto, voglio dirvi tutta la verità: in questi due anni trascorsi al vostro fianco vi ho sempre mentito poiché sono uno stregone”.
Merlin si abbandonò a una risata sconsolata e, senza curarsi degli sguardi incuriositi che gli rivolgeva la gente incrociata lungo la strada, continuò a torturarsi immaginando il futuro che lo attendeva.
“E dopo aver confessato chiederò ad Arthur se preferisce che sia Uther a farmi decapitare, oppure se dovrò farlo da solo facendomi calare la mannaia sul collo con l’aiuto della mia preziosa magia".
Merlin esalò un lungo sospiro e scosse la testa.
"Ma che razza di idee mi vengono?Ho deciso di scavarmi la fossa con le mie mani... che bravo! Oggi sono più idiota del solito. Ma perché deve essere tutto così difficile? Cosa devo fare? Tacere ancora, continuare a mentire, o trovare il coraggio per confessare due verità tanto scomode? Quale la giusta soluzione?”
Continuando a rimuginare su cosa fare per uscire da una situazione inverosimile, Merlin raggiunse le cucine del castello e, preparato il vassoio con la colazione per Arthur, si diresse verso le stanze del principe.
A ogni passo sentiva il cuore martellare più forte; nonostante i dubbi, nonostante le paure, aveva deciso. Avrebbe fatto ciò che era giusto.
Giunto dinanzi alla porta come ogni mattina bussò e, senza attendere di essere invitato, varcò la soglia.
Velocemente si avviò verso il tavolo e posò il vassoio. Senza volgere lo sguardo al letto su cui riposava il principe, inspirò profondamente per infondersi coraggio e iniziò a parlare con tono sostenuto in modo che Arthur potesse destarsi e non perdersi neppure una parola. «Non sapevo come avrei affrontato l’argomento e ho deciso di andare dritto al punto». La sua voce, forte e chiara, echeggiava nella stanza, e non tradiva la paura che stava provando. «L’altra sera mi avete baciato ed esigo una risposta, qualunque essa sia. Voglio sapere cosa significa per voi quel bacio. Per me ha significato molto perché mi ha aperto gli occhi su qualcosa che non riuscivo a capire, anzi, che capivo benissimo e non volevo accettare perché voi siete un principe, perché voi siete destinato a diventare re e perché io sono un mago. Sì, avete capito bene, sono uno stregone... una creatura magica, sono la persona che più vi desidera e, allo stesso tempo, sono la cosa che vi hanno insegnato a disprezzare fin da quando eravate bambino».
Silenzio.
La sua confessione continuò a risuonare nell’ambiente. Terribile, angosciante, foriera di cattivi presagi, ma solo il silenzio l’aveva accolta e Merlin strinse i pugni con forza. Aveva dovuto usare tutto il suo coraggio per pronunciare quelle poche frasi e in quel momento aveva paura di voltarsi, aveva paura di incrociare le iridi azzurre del principe e di scorgervi disprezzo nel saperlo innamorato di lui e rancore per avergli mentito per tanto tempo sulla sua natura magica.
Improvvisamente si sentì nudo, spogliato di tutto e vulnerabile.
Lentamente, cercando di celare l’angoscia che lo stava divorando dal profondo, si voltò pronto a subire l’ira del giovane sovrano e rimase immobile a fissare il letto.
Una risata divertita e liberatoria proruppe dalla sua gola.
Osservò il letto sfatto, gli abiti usati dal principe per la notte gettati a terra; aveva confessato l’inconfessabile a una stanza vuota.
Senza pensare di sistemare il disordine lasciato dal reale somaro uscì e, sorridendo amaramente, lasciò il castello mentre i pensieri che lo stavano tormentando continuavano a non concedergli tregua.
“Il fato ha deciso per me... forse dovrei dargli ascolto. Forse non è destino che confessi ad Arthur i miei sentimenti e il mio segreto. Forse dovrei aspettare un momento migliore, un momento più opportuno. Ma quando troverò il momento giusto? Quando verrà il momento per svelare due realtà così scomode? Sono riuscito a trovare il coraggio per confessare la verità ad Arthur, devo trovarlo di nuovo perché ho bisogno di sapere cosa prova per me. Ho bisogno di conoscere la verità e non posso pretendere che mi confidi i suoi sentimenti se io non sono disposto a svelargli il mio segreto. Voglio che sia leale con me e, per primo, dovrò esserlo io con lui quindi non gli mentirò più, anche se ciò potrebbe...”
La voce di Arthur, proveniente da poco distante, riportò Merlin alla realtà strappandolo dai suoi pensieri.
Il giovane servo svoltò l’angolo, deciso più che mai a ripetere la confessione fatta poco prima a una stanza vuota e si fermò di colpo. A pochi metri c’era Arthur in compagnia di Gwen e stavano ridendo.
A passo veloce li raggiunse e subito Gwen gli rivolse un breve saluto prima di inchinarsi dinanzi ad Arthur e scomparire.
Merlin la osservò allontanarsi e studiò il volto del suo signore mentre la guardava andare via. Una punta di gelosia si insinuò fastidiosa nella sua mente, ma la voce di Arthur lo distrasse. «Sei in ritardo».
Infastidito per averlo trovato in compagnia di Gwen, Merlin replicò con tono sfacciato. «Siete voi in anticipo. Per quale motivo siete uscito dalle vostre stanze così presto? Chi vi ha buttato giù dal letto? Da quando sono al vostro servizio è la prima volta che non devo minacciarvi per farvi abbandonare il reale giaciglio... siete anche riuscito a vestirvi da solo! Un vero prodigio. Siete vittima di qualche strano incantesimo che vi impedisce di comportarvi come un ragazzino viziato?»
Arthur ascoltò Merlin senza fiatare, sapeva che era inutile cercare di interromperlo quando iniziava a parlare a raffica, quindi attese che riprendesse fiato per lanciargli la solita occhiataccia. «Solo perché ho deciso di non mandarti più alla gogna, non pensare che non possa inventarmi qualcosa di altrettanto divertente per punire la tua insolenza. Comunque è giusto che tu sappia cosa mi ha spinto ad alzarmi così presto senza attendere il tuo arrivo, poiché la cosa riguarda anche te».
«Me?» ripeté Merlin confuso.
«Sì, te!» annuì Arthur. «Poiché so che Gwen è mattiniera, e avevo necessità di incontrarla, mi sono alzato presto e l’ho raggiunta».
A stento Merlin riuscì a nascondere la sensazione di disagio che quella frase gli stava trasmettendo e un’altra fitta di gelosia si irradiò nella sua mente. «Perché avevate necessità di parlare con Gwen?» chiese ostentando disinteresse e Arthur lo fissò con sguardo severo.
«Perché ho deciso di chiederle di diventare la mia valletta personale. Da domani si occuperà lei delle mie stanze al tuo posto».
Merlin, che non si aspettava nulla del genere, strabuzzò gli occhi. Le parole di Arthur avevano raggiunto il suo stomaco come una pugnalata.
Il principe aveva deciso di liberarsi di lui, di sostituirlo con Gwen, di allontanarlo dalla sua vita, di gettarlo via come fosse un oggetto venuto improvvisamente a noia.
Una sensazione di vuoto si fece largo nel suo cuore portando con sé la risposta che tanto bramava.
Finalmente sapeva: il bacio che Arthur gli aveva rubato non aveva alcun significato. Era stato il capriccio di un principe annoiato desideroso di nuove emozioni.


Continua






Ciao a tutti,
come sempre vorrei ringraziare chi sta leggendo la storia, chi l’ha inserita tra le preferite, quelle da seguire o da ricordare.
Grazie a chi trova un attimo per lasciare una breve, ma graditissima, recensione.

Un ringraziamento particolare a:

elfin emrys: oh, grazie per il tuo bel commento. Fa sempre piacere ricevere complimenti. Spero, quindi, continuerai a leggere la storia e spero continui a essere di tuo gradimento. Kisses

akkarin_a: allora, da dove posso iniziare. Innanzitutto dicendoti grazie per il commento. Per quanto riguarda Lancillotto, avendolo indicato tra i personaggi, prima o poi comparirà, stanne certa.
I poteri di Merlino, al momento, sono sconosciuti ad Artù.
Il principe li scoprirà? Forse sì... forse no... se mi seguirai, troverai la risposta.
Kisses.

GiulyB: bel dialogo con Arthur... brava! Il somaro ha bisogno che qualcuno gli dica come stanno le cose.
Per quanto riguarda il principino, anch’io la penso esattamente come te, niente gli vieta di avere un amante!
Grazie per il commento. A presto. Ciao.

Ryta Holmes: è vero, in questa storia Merlino è meno fragile rispetto a quella che ho scritto in precedenza e sono felice che ti piaccia. Spero di riuscire a mantenerlo irriverente fino in fondo, anche se attimi di cedimento potrebbero esserci. Artù ogni tanto dimostra di avere sprazzi di intelligenza, povero, bisogna concederglieli. Grazie per i complimenti e un bacione. A presto cara.

Celine_underworld: ciao cara, ci voleva un giorno di pace per il povero Merlino... buon per lui che Artù si sia rammollito!
Grazie per il commento e spero che anche questo nuovo capitolo sia di tuo gradimento. A presto. Un abbraccio.




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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Disclaimer: i personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia, romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur - Gwen - Merlin - Lancillotto







Capitolo 5


Passarono alcuni istanti in cui i due ragazzi si osservarono in silenzio.
Le parole del principe avevano aperto un’immensa crepa nel cuore del mago.
Merlin era pronto a confidargli il suo più grande segreto, stava per svelargli la sua natura magica a dimostrazione della fiducia che nutriva per lui. Fiducia infranta con poche sillabe. Si sentiva tradito ma, soprattutto, arrabbiato, e non riuscì a trattenere la collera. Senza soffermarsi a pensare, infischiandosene di aver di fronte il futuro re, lasciò che le parole uscissero come un fiume in piena dalle sue labbra. «E così, dopo due anni passati al vostro servizio, avete deciso di rimpiazzarmi con Gwen da un giorno all’altro senza neppure una spiegazione? Non vi diverte più comandarmi a bacchetta? Avete deciso di trovare qualcun altro da far impazzire con le vostre richieste impossibili? Siete un arrogante, lo sapete, vero? Vi comportate come un principino viziato al quale è venuto a noia il vecchio giocattolo e ora ne vuole uno nuovo. Allora? Non avete nulla da dire?»
Ascoltato pazientemente lo sfogo del giovane servo, Arthur incrociò le braccia al petto e gli rivolse uno sguardo scocciato. «Come al solito sei un idiota», esordì senza mezzi termini. «Non ho mai detto di volerti licenziare. Gwen si occuperà delle mie stanze, laverà i miei abiti, li rammenderà, si occuperà dei miei pasti. Tutte mansioni che a te riescono male».
Sul volto di Merlin apparve un'espressione confusa, e parecchio buffa, che fece sorridere Arthur. «Tu continuerai a occuparti delle stalle, dei cavalli, delle armi e delle armature. E dovrai svolgere i tuoi doveri in modo ineccepibile poiché non avrai più la scusa di essere sommerso dal lavoro, dato che la metà delle tue mansioni sarà svolta da Gwen. Ora ti è tutto chiaro? Hai ancora qualche appunto da fare sul mio comportamento da principino viziato e arrogante? Avanti, parla... c’è qualcos’altro che vorresti dire?»
Sentendosi tremendamente stupido per aver pensato al peggio, Merlin abbozzò un lieve sorriso. «Vi chiedo scusa, non era mia intenzione mancarvi di rispetto, ma voi siete privo di tatto. Ascoltando le vostre parole chiunque sarebbe giunto alla mia conclusione. Credevo che voleste liberarvi di me per sostituirmi con Gwen».
«Non pensavo ci tenessi tanto al tuo lavoro», ironizzò Arthur indirizzandogli un’occhiata incuriosita. «Passi la metà del tempo a lamentarti per tutto quello che devi fare, e l’altra metà a combinare guai. Non sei felice che Gwen ti dia una mano? È una grande lavoratrice e saprà prendersi cura delle mie stanze meglio di te. Non vedo perché ciò debba infastidirti. C’è forse qualcosa che vorresti dirmi? Un altro motivo per cui ti sei sentito offeso credendo che ti avessi licenziato a causa sua?»
Arthur osservò Merlin speranzoso in attesa di una sua risposta mentre un pensiero assurdo si faceva strada nella sua mente. “E se Merlin fosse sconvolto perché temeva che non ci saremmo più visti? Ha forse avuto paura che lo allontanassi da me preferendogli Gwen? Allora anche lui è nella mia stessa situazione. Anche lui ha capito che il nostro rapporto si sta trasformando in qualcosa di diverso, in qualcosa che va oltre l’amicizia, anche lui...”
La voce di Merlin spezzò bruscamente il filo dei suoi pensieri riportandolo alla realtà. Una realtà ben diversa da quella che stava immaginando poiché Merlin, pur essendo felice di non aver perso l’opportunità di passare del tempo al suo fianco, era risentito poiché non accettava di essere stato scaricato in modo così indelicato, inoltre doveva capire quali fossero i suoi sentimenti per Gwen.
«Stavo pensando ai vostri regali bisogni», esordì Merlin con tono canzonatorio. «Siccome siete tremendamente viziato, e questo non vuole essere un insulto, ma una semplice constatazione, mi domandavo chi avrà l’onore di prendersi cura di voi. Sarà Gwen a svegliarvi? A vestirvi? A farvi il bagnetto? Non credo che vostro padre sarebbe contento di sapervi con la vostra serva, nelle vostre stanze, completamente nudo... ci avete pensato? O forse è proprio questo il motivo per cui avete deciso di offrire un nuovo lavoro a Gwen? Avete intenzione di farle provare la comodità del vostro regale giaciglio?»
Merlin rivolse ad Arthur un sorrisetto malizioso per nascondere la paura di sentire ciò che gli avrebbe risposto, ma voleva sapere. Voleva che Arthur lo rassicurasse, che gli dicesse che non aveva nessun interesse per Gwen, che gli desse una speranza.
Purtroppo anche Arthur avrebbe voluto da Merlin una risposta diversa e sentirsi rinfacciare false mire sulla futura valletta lo aveva infastidito. «Credo che quanto io faccia nelle mie stanze, e con chi lo faccia, non siano affari tuoi. Sono adulto, così come lo è Gwen, quindi non hai motivo di preoccuparti per noi. La discussione è finita e non voglio più tornare sull’argomento. Vai a preparare i cavalli, andiamo a caccia».
E mentre Arthur si allontanava, Merlin rimase immobile e lo osservò finché non scomparve alla sua vista. Purtroppo ciò in cui aveva creduto, ciò in cui aveva sperato, era finito ancora prima di iniziare e un sorriso malinconico apparve sulle sue labbra.
“Ora ho tutte le risposte che cercavo. Come ho potuto credere che Arthur potesse provare qualcosa per me? Devo ammettere che la mia idiozia non ha fine. È ovvio che desideri stare con una fanciulla ed io devo farmene una ragione. Inoltre, Gwen è una cara ragazza ed è innamorata di lui... non mi resta che essere felice per loro. Adesso potranno passare tanto tempo insieme e...”
Merlin ingoiò un boccone amaro. Non voleva pensare a cosa sarebbe accaduto tra loro nell’intimità delle stanze di Arthur. Nonostante Gwen fosse una cara amica, sentì di non essere pronto a immaginarli mentre si scambiavano tenerezze.
Faticosamente scacciò dalla mente i pensieri che lo stavano tormentando e, a passo veloce, si diresse verso le stalle senza immaginare che i dubbi che lo torturavano, stavano angustiando anche il giovane principe.
“Accidenti, Merlin, se solo tu mi avessi fatto capire che vuoi restare al mio fianco per i motivi per cui anch’io ti voglio, allora sarebbe tutto diverso. Ma tu non provi ciò che sento io e se ti ho allontanato non è perché voglio Gwen, ma perché non posso averti accanto in ogni momento senza rischiare di fare qualcosa di stupido che possa compromettere la nostra amicizia. Ora dovrò farmene una ragione e andare avanti dimenticando questa assurda ossessione per te”.
Cercando di riprendere il controllo delle proprie emozioni, Arthur si diresse verso le stanze del re. Doveva informarlo della sua decisione prima che strane voci iniziassero a circolare. Un sorriso divertito si allargò sul suo viso poiché pregustava l’espressione sconvolta che avrebbe avuto suo padre alla notizia che una ragazza si sarebbe occupata di lui.
Con passo veloce giunse dinanzi alla stanza del re. Aprì i battenti ed entrò.
Uther era seduto e stava visionando un documento insieme al vecchio Gaius.
«Buongiorno padre», salutò Arthur. «Devo informarti di una decisione che ho preso e spero non ci siano problemi».
Uther ripiegò il foglio che stava visionando con l’anziano cerusico, in modo che Arthur non potesse leggerne il contenuto, e osservò il figlio. «Parla, cosa devi dirmi?» lo esortò con durezza.
«Ho deciso che Merlin non si occuperà più della mia persona. Svolgerà mansioni diverse per me. Sarà Gwen a occuparsi dei miei bisogni da questo momento. Spero non sia un problema se ho deciso di prendere al mio servizio una giovane serva».
Uther scambiò uno sguardo veloce con l’anziano medico di corte, poi osservò il figlio per qualche istante prima di rispondere. «Va bene», annuì. «Gwen sarà un’ottima valletta. C’è altro?»
Arthur rimase a bocca aperta per lo stupore. Non pensava sarebbe stato così semplice. Credeva di dover battagliare a lungo per far valere le sue ragioni, invece Uther aveva acconsentito senza batter ciglio.
Spiazzato dal comportamento insolito del padre, dopo aver salutato il genitore e Gaius, Arthur lasciò la stanza per dirigersi alle stalle dove Merlin lo stava aspettando per andare a caccia.
Appena se ne fu andato, Uther riaprì il foglio e ricominciò a osservarlo. Un lampo attraversò le sue iridi di ghiaccio e, accartocciato nervosamente il documento, lo gettò sulla brace. E mentre guardava le fiammelle che poco per volta divoravano la carta, sentì la rabbia divampare come fuoco ardente.


Continua








Prima di passare ai ringraziamenti ho deciso di farmi un po’ di pubblicità. È gratis quindi perché non approfittarne!
Se a qualcuno può interessare ho pubblicato, qualche mese fa, una long su Merlin/Arthur intitolata:

Un amore impossibile

Se vi va di darle un’occhiata e lasciare un commento, mi farebbe piacere. Grazie!


Ora veniamo ai ringraziamenti.
Grazie a chi sta leggendo questa storia, a chi l’ha inserita tra le preferite, tra le seguite o tra quelle da ricordare.
Grazie a chi trova un attimo per lasciare una breve ma gradita recensione.
Un grazie particolare a chi ha recensito il precedente capitolo.

Elfin emrys: ciao, innanzitutto scusa ma non ho potuto pubblicare un aggiornamento presto come mi avevi chiesto. Purtroppo è un periodo un po’ incasinato per via di lavoro e problemi vari e non riesco a pubblicare tanto spesso.
Spero che, nonostante l’attesa, questo nuovo capitolo possa essere di tuo gradimento.
A presto (farò il possibile). Kisses.

Akkarin_a: ciao, in questo capitolo Arthur spiega al povero Merlin che non era sua intenzione licenziarlo però la situazione è lontana dall’essere risolta. Vedrai in seguito cosa accadrà... kisses.

_Valux_: ciao fedele lettrice, aspetta a uccidere Artù, non è detto che non possa fare anche di peggio... o forse si comporterà bene? Mah, vedrò in seguito che strada intraprendere.
Grazie per essere sempre presente con i tuoi commenti. Kisses.

GiulyB: ciao, vuoi Artù e Merlino insieme? Cosa posso dire. Forse accadrà presto o forse non avverrà tanto presto... per ora posso solo dirti grazie per il commento e spero continuerai a leggere. Kisses.

Ryta Holmes: ciao cara, non ti preoccupare se arrivi in ritardo con le recensioni. Anch’io sono spesso tirata con i tempi e ti capisco.
Il somaro non ha licenziato l’idiota, però le cose non si stanno mettendo bene per i due. Non so chi sia più tonto, devo ancora decidere, ma la lotta è dura!
Felice che ti sia piaciuto il capitolo, ti ringrazio per la recensione. Kisses.




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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Disclaimer: i personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia, romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur - Gwen - Merlin - Lancillotto








Capitolo 6


Arthur entrò nella stalla e vide Merlin accarezzare il suo destriero. Evitando di fare rumore si fermò accanto alla parete e rimase immobile a osservare la gracile mano del giovane servo che, delicata, si muoveva sul muso del cavallo.
Un sorriso estasiato comparve sul suo volto e immaginò di essere al posto dello stallone per avere le stesse attenzioni da Merlin.
Formulato un simile pensiero, si riscosse scuotendo la testa. Davvero aveva sperato di essere al posto del suo cavallo?
Alzando gli occhi al cielo imprecò. Se non fosse riuscito a calmarsi, temeva che la sua ossessione per il giovane amico lo avrebbe fatto ammattire.
Osservata la scena ancora per pochi secondi, scena che nella sua mente si era tinta di luci rosse, chiuse la porta della stalla rumorosamente in modo che il valletto potesse accorgersi della sua presenza.
«Ah, siete voi», sorrise Merlin voltandosi. «Scusate, non vi ho sentito arrivare. Il vostro cavallo è pronto».
Il principe si avvicinò a passo veloce. Afferrò le briglie dello stallone e lo condusse fuori dalla stalla seguito da Merlin.
Un gruppo di cavalieri stava aspettando nella grande piazza.
Quando principe e servo s’issarono in groppa ai rispettivi cavalli, la piccola comitiva poté finalmente lasciare il castello per la battuta di caccia.

*****

«State bene sire?» La voce di Gaius riscosse Uther che, fermo dinanzi alla finestra, osservava il figlio allontanarsi dal castello.
«No!» Fu la risposta secca del re e sul suo volto apparve una smorfia rabbiosa. «Ti ho fatto leggere la missiva perché speravo potessi aiutarmi... invece continuiamo a brancolare nel buio».
Giaus chinò la testa, credendo che tanta rabbia fosse rivolta a lui. «Mi dispiace sire, ma non conosco un rimedio per risolvere il problema».
Percepito il tono amareggiato usato dal vecchio medico, subito Uther posò una mano sulla sua spalla. In tutta Camelot, Gaius era l’unica persona, fatta eccezione per Arthur, di cui poteva fidarsi e non aveva intenzione di incolparlo per non essere riuscito a trovare una soluzione.
«Non preoccuparti», disse con estrema sincerità. «Temevo che non sarebbe stato così semplice e non te ne faccio una colpa». Tolta la mano dalla sua spalla, Uther osservò di nuovo attraverso la finestra. «Ho bisogno di riflettere, poi deciderò come agire. Ora puoi andare, non voglio rubarti altro tempo prezioso».
Inchinandosi rispettosamente dinanzi a lui, Gaius si apprestò a lasciare la stanza. «Vi assicuro che mi impegnerò per trovare un rimedio», promise e lo lasciò solo.
Appena il vecchio medico ebbe chiuso la porta, Uther si lasciò cadere pesantemente sulla sedia; era da tanto che non si sentiva così impotente e, chiusi gli occhi, cercò di trovare la soluzione al problema che si era presentato all’alba, problema che pareva avere un’unica inaccettabile via d’uscita.
 
*****

Arthur e il gruppo di cavalieri, dopo una breve cavalcata, raggiunsero la vicina foresta. Smontati dai cavalli si addentrarono a piedi tra le fronde alla ricerca di potenziali prede da cacciare.
Merlin li seguiva senza fare nulla per nascondere il disagio che provava ogni volta che era costretto a prendere parte a una battuta di caccia.
«Allora Merlin, sei pronto?» chiese Arthur ben conoscendo il suo disgusto per un “passatempo” tanto crudele.
«Come sempre, sire. E ditemi, quale innocente bestiola ucciderete oggi? Avete già deciso chi sarà la povera vittima che dovrà essere sacrificata affinché voi possiate bearvi per la grandezza dell’impavida impresa compiuta?»
Arthur colse il sarcasmo nelle sue parole e decise di ribattere con altrettanta ironia. «Fammi pensare», iniziò con tono beffardo. «Solitamente tu fai qualcosa di stupido nell’attimo in cui una preda compare ritrovandoti alla sua mercé e a me tocca salvarti la pelle, quindi dimmi tu quale pensi sia la preda di oggi. Alla mercé di quale creatura pensi che ti ritroverai costringendomi a intervenire per salvarti? Chi dovrò uccidere per proteggere la tua pellaccia?»
Merlin curvò le labbra, offeso, ed evitò di rispondere a parole che trovava alquanto ingiuste. Dopotutto, non succedeva sempre che facesse qualcosa di stupido e finisse nei guai.
Mentre rimuginava sulla frase pronunciata dal principe, si incamminò lungo il sentiero senza prestare attenzione a dove metteva i piedi.
La solita radice traditrice, spuntata dal terreno quando meno se l’aspettava, e che pareva essere stata posizionata in quel preciso luogo solo per fare un dispetto a lui, lo fece inciampare.
Cercando di mantenere l’equilibrio, Merlin si appoggiò alla prima cosa stabile che riuscì ad acchiappare.
Purtroppo, quando la sfortuna decideva di metterci lo zampino non c’era eventualità che la situazione potesse migliorare; l’appoggio stabile su cui Merlin aveva cercato appiglio era la spalla di Arthur.
Il principe, colto di sorpresa, non sospettando che il servo gli potesse rovinare addosso in quel modo tanto inatteso, non solo non riuscì a sostenerlo, ma lo seguì nella caduta rovinosa.
I due, dopo alcuni ruzzoloni, si ritrovarono stesi a terra ai piedi di un piccolo pendio, completamenti infangati e in una posizione alquanto imbarazzante.
Merlin era sdraiato sul corpo del principe che lo osservava senza fiatare.
Iridi azzurre incatenate in iridi blu.
Il mondo tutto intorno sembrò svanire e il tempo parve fermarsi; in quel momento esistevano solo loro. Due giovani che si amavano e non sapevano di essere riamati.
Due giovani che soffrivano senza immaginare che sarebbe bastato così poco per smettere di provare dolore. Un gesto, un unico gesto innocente sarebbe servito per annullare una distanza che pareva incolmabile, ma che era incolmabile solo nelle convinzioni errate che i due avevano.
E Merlin decise di approfittare della situazione per compiere quell’unico gesto avventato, quell’unico gesto che finalmente avrebbe messo fine ai suoi tormenti, che finalmente gli avrebbe dato la pace scacciando ogni dubbio dalla sua mente.
Trovando in sé un coraggio che non sapeva di avere, decise di spingersi oltre.
Un bacio, un unico bacio al ragazzo steso sotto al proprio corpo e poi l’attesa per il verdetto: felicità o disperazione.
Il momento era giunto, Merlin era pronto; socchiuse gli occhi e... una voce forte giunse dalla cima del pendio.
«Sire? Sire? Tutto bene là sotto? Siete ferito?»
L’atmosfera irreale che circondava i due giovani venne brutalmente spezzata e Merlin, alzato lo sguardo e scorta la sagoma famigliare di sir Leon, si lasciò cadere su un fianco maledicendo il tempismo dell’uomo.
Arthur, che non si era accorto di quanto stava per accadere in quei pochi secondi, si rialzò e indirizzò un cenno di assenso al cavaliere. «Tutto bene. Come al solito Merlin ha deciso di compiere l’idiozia quotidiana proprio sul ciglio di un dirupo e mi ha trascinato con sé. Non preoccuparti per noi, raduna gli altri e tornate al castello, vi raggiungeremo dopo esserci ripuliti al fiume».
Sir Leon, constatato che Arthur non aveva riportato ferite, obbedì al suo ordine e si allontanò.
Infastidito per aver perso una buona occasione, Merlin si rialzò. Se solo Leon avesse tardato un attimo... bastava qualche secondo, solo qualche istante e avrebbe baciato Arthur. Invece no! Sir Leon era arrivato nel momento meno opportuno e non gli aveva dato il tempo per fare la sua mossa.
Contrariato per l’occasione persa, senza parlare si diresse verso il fiume per lavare il fango e la sensazione di disagio che lo stava divorando e Arthur, raccolta la spada, lo seguì pensieroso.
Negli attimi in cui i loro corpi erano stati a stretto contatto, si era sentito incredibilmente bene. Avvertire il peso di Merlin su di lui gli aveva fatto provare una forte emozione.
Se solo quell’impiastro di Sir Leon non fosse comparso all’improvviso, non avrebbe resistito. Avrebbe afferrato Merlin, lo avrebbe avvolto tra le forti braccia per impedirgli di fuggire e lo avrebbe baciato.
Sì, lo avrebbe baciato!
Di nuovo Arthur dondolò la testa cercando di scacciare quei pensieri. Non doveva lasciare che l’istinto prevalesse sulla ragione.
Il suo valletto non era un oggetto di cui disporre a suo piacimento, non lo avrebbe mai costretto a fare qualcosa che non desiderava, perché lui sapeva che Merlin non desiderava che accadesse qualcosa tra loro e doveva farsene una ragione.
Raggiunto il fiume, Arthur si chinò per lavarsi il fango ormai rappreso.
Un ultimo sguardo a Merlin, che si stava sciacquando poco distante, e poi via, verso Camelot, per rifugiarsi nella solitudine delle sue stanze.

*****

Dopo un lungo tragitto senza rivolgersi la parola poiché troppo presi a rimuginare sull’occasione persa, senza immaginare che entrambi stavano rimpiangendo la medesima situazione, Merlin e Arthur giunsero al castello e subito uno stalliere li avvicinò per prendere i cavalli e riportarli nella stalla.
Continuando a restare in silenzio, i due giovani attraversarono la piazza e videro Uther fermo ai piedi della lunga scalinata.
Senza degnare Merlin di uno sguardo, il re si rivolse ad Arthur. «Vieni con me, devo parlarti». E mettendogli una mano sulla spalla lo esortò a camminare più in fretta mentre Merlin, incuriosito dal suo comportamento bizzarro, rimase immobile a fissarli finché non sparirono.


Continua








Grazie a chi sta leggendo questa storia, a chi l’ha inserita tra le preferite, le seguite o quelle da ricordare.
Grazie a chi oltre a leggere lascia un breve ma gradito commento.
Grazie a chi ha recensito il precedente capitolo:

Ryta Holmes: la recensione folle, come tu l’hai chiamata, mi è piaciuta proprio. Se c’è una cosa che mi incuriosisce è leggere i commenti che lasciate perché sono sempre squisiti. E se sono folli, ben vengano, mi fanno divertire!
Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto e sono ancora più contenta che finalmente sei diventata una slasher a tutti gli effetti (la tua storia è da infarto, sai quanto mi piace).
Anch’io, come te, da quando mi sono trasformata in una slasher (dico trasformata poiché lo sono diventata leggendo le storie di EFP, prima non lo ero riguardo a Merlin), non oso immaginare la mia delusione quando trasmetteranno la terza serie. Comunque sono certa che riuscirò a tirarmi su il morale leggendo le storie che sono presenti in questo fandom. Questo vuole essere un appello anche rivolto a te affinché continui a scrivere Merthur...
Va beh, non mi dilungo oltre e ti ringrazio per i tuoi commenti. Spero che quando ritornerai a settembre riprenderai a leggere anche la mia storia (se avrai tempo e voglia). Un abbraccio.

GiulyB: grazie per il commento, sono contenta che ti sia piaciuto il capitolo. Lo so che non sei pronta nemmeno tu a vedere Arthur e Gwen insieme... e chi lo sarebbe?
Vedremo in seguito che accadrà.
Un abbraccio anche a te e a presto.

Akkarin_a: in effetti Uther è molto nervoso, più del solito. Che ci sarà mai sotto tutto sto nervosismo? Lo scoprirai...
Intanto ti ringrazio per i commenti e spero continuerai a seguirmi. Kisses.

Elfin emrys: ti chiedi chi sia più stupido tra i due. Se Arthur o Merlin. Io direi che non c’è un vincitore e che si contendono entrambi il primo premio per la stupidità.
Il foglio che leggeva Uther è... un guaio ovviamente.
Sono felice che la storia ti piaccia e che faccio parte di chi riesce a infonderti emozioni. Grazie. Kisses.



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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Disclaimer: i personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia, romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur - Gwen - Merlin - Lancillotto









Capitolo 7


Merlin varcò la soglia di casa aspettandosi di trovare Gaius intento a preparare qualche pozione curativa, ma del vecchio non vi era traccia e ne approfittò per chiudersi in camera. Aveva bisogno di pensare a ciò che sarebbe accaduto durante la battuta di caccia se sir Leon non lo avesse interrotto.
Sdraiandosi sul letto cercò di rilassarsi. Doveva ritrovare la calma ed escogitare un modo per rinnegare i sentimenti che provava per il principe.
Concentrandosi sull’obiettivo stabilito chiuse gli occhi e, lentamente, scivolò in un sonno profondo.
Qualche ora più tardi un rumore improvviso lo destò e di scatto si mise a sedere sul letto.
Osservando dalla piccola finestra si accorse che le tenebre avevano avvolto il paesaggio; aveva dormito tutto il pomeriggio.
Senza perdere tempo si affacciò alla porta che dava sulle scale e riconobbe la figura famigliare del vecchio medico che lo osservava con un sorriso tirato. «Sei rimasto in casa tutto il pomeriggio?»
Merlin si stropicciò gli occhi ancora velati dal sonno. «Sì», annuì sbadigliando. «Devo essermi addormentato e non mi sono accorto dell’ora. Arthur sarà furioso... non ho lucidato la sua armatura».
Gaius sospirò silenziosamente, in modo impercettibile, tanto che Merlin non se ne avvide. Avvicinandosi al tavolo iniziò a ritirare alcuni libri sparsi disordinatamente sulla superficie e Merlin lo raggiunse per aiutarlo. «Dove siete stato tutto il giorno? Quando sono rientrato, credevo di trovarvi immerso in pozioni o roba del genere, invece non vi ho visto. È successo qualcosa di importante che vi ha tenuto lontano dai vostri preziosi medicinali? Qualcuno ha avuto bisogno di voi? Siete stranamente silenzioso. Qualcosa non va?»
Il vecchio smise di rigovernare la stanza e fissò i suoi occhi in quelli del giovanotto. «Alcune domande non possono avere una risposta quindi smetti di farne e aiutami. Sistemiamo questi volumi e prepariamo la cena».
Senza aggiungere altro Gaius riprese a sistemare la stanza. Ciò che era accaduto in mattinata, mentre Merlin era a caccia con Arthur, non poteva essere rivelato, non ancora. O meglio, non spettava a lui divulgare la notizia, tantomeno ciò che era appena accaduto a castello. Sarebbe stato Arthur, se lo avesse ritenuto opportuno, a fornire le dovute spiegazioni al proprio valletto.
Consapevole che la sua curiosità spesso era mal accettata da chi gli stava intorno, Merlin decise di non dar peso alla risposta evasiva dell’anziano uomo e lasciò cadere l’argomento.
Fischiettando afferrò alcuni vecchi libri e li ripose sugli scaffali mentre rifletteva suoi doveri. In fondo, l’armatura di Arthur era sufficientemente lucida e il somaro non si sarebbe accorto che aveva tralasciato i suoi obblighi per un intero pomeriggio e, continuando a fischiettare, ripose i pesanti volumi e iniziò a preparare la cena.

*****

La mattina seguente Merlin, non dovendosi occupare del risveglio del giovane principe, si recò nell’armeria per recuperare le armi che sarebbero servite ad Arthur per l’allenamento quotidiano.
Giunto in prossimità della stanza, adibita a ripostiglio, notò con disappunto che la porta era aperta. Solitamente, a quell’ora, nessuno si trovava lì.
Titubante decise di entrare sperando di non imbattersi in un ladro.
Senza fare rumore procedette con cautela e, dopo aver compiuto pochi passi, si fermò a osservare la persona che stava impugnando la spada. «Arthur?... Siete voi?... Ma che ci fate qui?» domandò con espressione interrogativa e canzonatoria. «Cosa vi sta accadendo? Ultimamente vi trovo spesso in giro per il castello a un’ora improponibile! Cosa penserà Gwen non trovandovi nel vostro letto? La poverina si sarà preparata anima e corpo per lottare con voi e obbligarvi a lasciare il regale giaciglio e voi siete già in piedi, vestito e pronto per affrontare una nuova giornata senza il prezioso aiuto della servitù, non capisco questo insolito atteggiamento responsabile. Devo preoccuparmi? Vi sentite poco bene? Non riuscite a dormire? Volete che chieda a Gaius di prescrivervi un rimedio contro l’insonnia?»
Spazientito per tutto quel ciarlare, Arthur lo zittì. «Hai finito?» chiese mostrando un’espressione cupa e Merlin, finalmente, tacque.
«Sì, sire».
«Allora prendi una spada e vieni con me. Poiché sembri avere tante energie, le impiegherai per allenarti. Un po’ di addestramento militare non potrà che farti bene».
Merlin strabuzzò gli occhi e osservò preoccupato il reale somaro. «State scherzando, vero? Sapete che non sono bravo con la spada».
Arthur sorrise sarcastico arcuando un sopracciglio. «Non sei bravo né con la spada né con qualsiasi altra arma, se vogliamo puntualizzare, ed è ora che impari a difenderti, poiché io non potrò essere sempre al tuo fianco pronto a tirarti fuori dai guai ogni volta che la tua sbadataggine ti fa rischiare la pelle. Avanti, muoviti, non sprechiamo tempo prezioso in inutili discussioni. Ho deciso che imparerai ad avere cura di te stesso e così sarà!»
Il tono usato dal principe non ammetteva repliche e Merlin, rassegnato, afferrò una spada e si accinse a seguirlo. La giornata si annunciava spiacevole anche perché l’umore di Arthur sembrava peggiore del solito.
Senza smettere di arrancare per stargli dietro, Merlin iniziò a pensare che vi fosse qualcosa di importante che turbava il principe, qualcosa che lui, prima di sera, era intenzionato a scoprire, sempre ammesso che fosse riuscito a uscire vivo dall’allenamento e ad arrivare fino a sera.
Il ricordo del primo giorno al servizio del somaro era ben impresso nella sua mente. In quell’occasione l’asino reale lo costrinse dentro un’armatura troppo pesante e lo usò come improbabile avversario per alcune ore. Ore che a lui sembrarono giornate intere, tanti furono i colpi che dovette incassare.
Sospirando al ricordo di ciò che accadde Merlin, giunto in prossimità della radura, indossò l’elmetto e si accinse ad affrontare una giornata molto faticosa che avrebbe procurato parecchio lavoro a Gaius.

*****

Mille, duemila, tremila colpi, affondi, parate; Merlin a stento si reggeva sulle gambe tant’era la stanchezza per aver dovuto affrontare un allenamento tanto intenso quanto inutile e quando le campane annunciarono l’ora del pranzo si lasciò cadere a terra, esausto, sperando che Arthur decidesse di concedergli una sosta.
Sentiva la necessità di sdraiarsi. Non che durante l’allenamento non si fosse mai sdraiato, anzi, aveva passato la metà del tempo steso a terra, ma non per riposare le sue stanche membra, bensì per aver ricevuto l’ennesimo colpo che lo aveva fatto stramazzare al suolo.
Ora le sue ossa chiedevano, anzi, urlavano pietà e Arthur, finalmente, parve intenzionato ad ascoltare quell’urlo assordante tanto che depose la spada e si sedette accanto a lui.
«Sei stato bravo», esordì il principe con un sorriso tirato. «Però temo tu abbia ragione, non sarai mai un cavaliere. Potrei costringerti a impugnare una spada per il resto dei tuoi giorni e non impareresti mai l’arte della guerra. Spero almeno che qualcosa di tutti i miei insegnamenti ti rimanga in testa in modo da non farti infilzare al primo scontro».
Nel tono usato da Arthur, Merlin lesse una sincera preoccupazione. Era tutta la mattina che il principe lo spronava a imparare, che lo incitava a difendersi da solo perché non sarebbe stato per sempre al suo fianco.
Un atteggiamento tanto protettivo lo incuriosì e decise che era tempo di scoprire perché Arthur fosse così strano. «Io sono in grado di prendermi cura di me stesso, non dovete preoccuparvi», affermò con calma. «Sono riuscito a sopravvivere per ventuno anni e credo che me la caverò anche in futuro. Ma, ditemi, perché stamani sembrate così preoccupato? Perché avete voluto condurmi qui per allenarmi? Sapevate che sarebbe stata un’inutile perdita di tempo, e perché continuate a ripetere che voi non potrete sempre essere al mio fianco? C’è qualcosa che volete dirmi?»
Arthur si lasciò cadere pesantemente al suolo e incrociate le braccia sotto la testa rimase in silenzio ad ascoltare il rumore del vento e il canto degli uccellini.
Perplesso da tale atteggiamento, Merlin si sollevò su un gomito indolenzito e fissò il suo volto riuscendo a scorgervi un velo di profonda tristezza.
Passarono alcuni secondi poi, finalmente, Arthur infranse il silenzio. «Mio padre ha deciso di abdicare».
Incredulo, Merlin sgranò gli occhi. «Uther ha intenzione di lasciare a voi il regno?» chiese stupito da tale novità che mai avrebbe immaginato.
«Proprio così», annuì Arthur, senza mostrare gioia per l'imminente cambio al potere. «Al banchetto che si terrà stasera, renderà ufficiale il suo volere».
Le parole pronunciate da Arthur preoccuparono Merlin che avvertì una dolorosa fitta allo stomaco poiché certo che il giovane principe stesse nascondendo qualcosa.
Sapeva che il suo destino era di diventare re, ma non pensava sarebbe accaduto così presto. Non capiva perché Uther avesse deciso di abdicare da un giorno all’altro e sentiva che doveva conoscere tutta la verità. «A questo punto dovrei congratularmi con voi», iniziò, cercando di sembrare calmo. «Sapevo che sarebbe successo, anche se non mi aspettavo che Uther abdicasse, e sono felice per Camelot. Sarete un ottimo sovrano».
Arthur non disse nulla e continuò a osservare il cielo. Per lunghi attimi il silenzio venne rotto solo dai cinguettii degli uccellini.
Fu Merlin a spezzare di nuovo la quiete insopportabile che pesava su di loro come un macigno. «Sapete cosa significa per me che voi diveniate re? Significa che mi farete impazzire più di quanto fate ora, con ordini ancora più assurdi e pretese da giovane sovrano arrogante e viziato! Ecco cosa significa».
Scuotendo la testa, Arthur sorrise e osservò il broncio apparso sul volto del giovane servo. «Non lo avevo considerato», esordì serio. «Allora qualcosa di positivo potrebbe anche esserci in questa assurda, maledetta storia».
Esalando un respiro profondo, quasi un gemito, Arthur distese le labbra in una smorfia e la sua voce risuonò colma di tristezza. «Devo partire».
«Partire?» ripeté Merlin perplesso. «Quando? E per andare dove?»
«Conosci un posto chiamato Gilead?»
Merlin annuì. «Sì, ne ho sentito parlare. Pare sia un’isola incantata abitata da maghi e streghe, e solo chi pratica la magia la può raggiungere. Ma cosa c’entra Gilead col fatto che voi diventiate re?»
Arthur si sollevò lentamente per mettersi seduto. I suoi occhi si incatenarono in quelli del servo che lo stava osservando sempre più sconvolto e una smorfia accompagnò le sue poche parole. «Gilead è il luogo in cui verrà celebrato il mio matrimonio».


Continua








NB: Gilead è il luogo di nascita di Roland, mitico pistolero eroe della saga “La torre nera” di Stephen King. Ho scelto di dare questo nome all’isola, meta del viaggio di Arthur, semplicemente perché io amo i romanzi di King e, non sapendo che nome inventare, (sono una frana quando si tratta di immaginare nomi che non suonino ridicoli) ho deciso di prendere in prestito un nome inventato dal mio autore preferito.



Angolo dei ringraziamenti:
Ringrazio chi sta leggendo questa storia, chi l’ha inserita tra le preferite, le seguite o tra quelle da ricordare.
Grazie a chi legge e trova un attimo di tempo per lasciare una breve ma gradita recensione.

Un grazie particolare a chi ha commentato il precedente capitolo:

GiulyB: ciao, per sapere che c’era scritto nel foglio dovrai aspettare ancora un pochino, fino al prossimo capitolo.
Sono contenta che il precedente ti sia piaciuto.
Ciao, un abbraccio. A presto.

Ryta Holmes: il bacetto, grazie a sir Leon, è stato rimandato. Quell’uomo ha un tempismo!
Mi fa piacere sapere che ti piacciono “i miei” Arthur e Merlin con tutte le loro pare mentali. Sono veramente due asini.
Grazie per il commento e un arrivederci a settembre. Se vado avanti di questo passo “da lumaca” non rimarrai tanto indietro con la storia.
Un abbraccio e buon divertimento.

Mandix95: ciao, è da parecchio che non ci incrociamo. Grazie anche a te per la recensione e spero siano finiti i problemi col pc.
A presto dunque.
kisses

Akkarin_a: presto scoprirai cosa preoccupa Uther. Nel prossimo capitolo scriverò ciò che è accaduto. Per ora come sempre grazie per aver commentato.
Un abbraccio a presto.

Friducita: ciao, grazie per aver letto le mie storie e per aver recensito anche “Un amore impossibile”. Ti ringrazio approfittando di questo spazio, visto che quella storia è finita. Sono contenta che ti sia piaciuta. Grazie per le belle parole!
E grazie anche per la recensione a questa fiction. Sei molto gentile.
Un bacio.

Elfin Emrys: sono contenta che la storia inizi a piacerti. Spero continuerà a interessarti anche in seguito e che continuerai a leggerla, nonostante io la aggiorni con una lentezza vergognosa.
Un abbraccio.


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Capitolo 8
*** capitolo 8 ***


Disclaimer: i personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia, romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur - Gwen - Merlin - Lancillotto









Capitolo 8


Ventiquattro ore prima.

Un corvo, nascosto dall'oscurità, solcò il cielo. Il sole non era ancora sorto e il paesaggio era avvolto dalle tenebre.
Silenziosamente si avvicinò alla finestra socchiusa della stanza del re.
Guardingo si introdusse nella camera e osservò il sovrano che stava dormendo.
Lasciata cadere sul cuscino una piccola pergamena, scomparve.
Al risveglio Uther notò l'oggetto posato accanto a sé e, incuriosito, lo srotolò per leggere le poche righe impresse:

"Uther Pendragon, il giorno in cui rinnegasti la magia, la stessa che ti concesse di avere un erede, firmasti la condanna a morte per tuo figlio e la distruzione per il tuo regno.
Uccidendo uomini e donne innocenti ti macchiasti di una grave colpa che potrà essere cancellata solo col sangue.
La magia ti diede un figlio, la magia te lo toglierà.
È scritto che al compimento del ventiduesimo anno d’età Arthur morirà e il tuo regno verrà distrutto.
Quando le campane annunceranno mezzodì, sarò nella grotta del drago. Se vuoi sapere come salvare Arthur, e il tuo regno, raggiungimi".


Il re, incredulo, continuò a osservare la pergamena e le sue mani tremarono per la collera.
Qualcuno si era introdotto nelle sue stanze per minacciare la sua famiglia e il suo popolo. Qualcuno che conosceva il segreto sulla nascita di Arthur.
Con un gesto di stizza abbandonò il pezzo di carta sul letto, si diresse alla porta e chiamò a gran voce un servo ordinandogli di convocare Gaius.
Nervosamente iniziò a passeggiare per la stanza.
Quando il vecchio medico giunse, gli indicò la pergamena abbandonata sul letto e l’anziano la raccolse.
Lette le poche righe, Gaius gliela riconsegnò. I due uomini si guardarono senza parlare, il silenzio era rotto solo dallo scoppiettare della legna che ardeva senza sosta.
La tensione era altissima, palpabile.
Un improvviso rumore di passi ruppe la quiete opprimente, la porta della stanza si aprì e Arthur comparve sulla soglia.
Uther, con un gesto veloce, piegò la pergamena in modo che il figlio non potesse scorgerne il contenuto e lo ascoltò mentre spiegava le motivazioni per cui aveva deciso di prendere Gwen al suo servizio.
Quando Arthur se ne fu andato, Uther raccolse la piccola pergamena e, pensieroso, la srotolò.
«Cosa ne pensi?» chiese a Gaius. «Dovrei dare peso a queste righe? Dovrei preoccuparmi? La minaccia arriva dal mondo della magia, è ovvio. Cosa posso fare per scoprire se è reale?»
Il vecchio medico scosse la testa, amareggiato. «Mi dispiace, sire, ma non ho elementi per rispondere. Non sapevo di una maledizione su Arthur, ma non per questo mi sento di escludere che non sia reale. Temo che l’unico modo per scoprire la verità sia parlare con chi ha scritto la pergamena, anche se potrebbe essere pericoloso».
Furente, Uther si avvicinò al fuoco, gettò il foglio sulla brace poi si affacciò alla finestra in tempo per vedere Arthur che se ne andava con i suoi uomini per una battuta di caccia e, congedato Gaius, rimase da solo a pensare.
Trascorsero alcune ore durante le quali continuò a osservare la brace nel camino alla ricerca di una possibile soluzione.
Aveva perso la moglie a causa della magia e non poteva rischiare di perdere anche Arthur, non poteva lasciare che il suo unico figlio morisse vittima di un malvagio sortilegio.
Doveva scoprire se le minacce erano fondate, doveva sapere da dove provenivano e chi era il suo nemico.
A passo veloce uscì dalla stanza e si diresse verso l’abitazione di Gaius.
Senza bussare entrò nella modesta dimora e, avvicinato l’uomo, si sedette sulla sedia che solitamente occupava Merlin. «Hai ragione», esordì con voce grave. «L’unico che può svelarmi il mistero è la persona che mi ha recapitato la pergamena, quindi mi recherò all’appuntamento».
Preso atto della decisione del re, Gaius espresse il proprio disappunto. «La storia della maledizione potrebbe essere falsa, potrebbe essere una trappola escogitata per costringervi ad accettare un incontro mortale».
Uther osservò il vecchio e scosse la testa. «Sì, potrebbe essere tutto falso», annuì. «Ma, come tu hai detto, non si può escludere il contrario. Se fosse reale, Arthur morirebbe ed io non posso permetterlo. Ho deciso che incontrerò lo stregone. Se mi fornirà le prove che la minaccia è reale, lo ascolterò. Se le sue parole non mi convinceranno, non avrà modo di pronunciarne altre perché lo ucciderò. Non vedo altro modo per risolvere la situazione».
Gli occhi di Uther scintillarono d’odio e Gaius, percepita la sua collera a stento repressa, annuì. «E sia», disse. «Però permettetemi di venire con voi».
Il volto tirato del sovrano si ammorbidì e un leggero, impercettibile sorriso, stirò le sue labbra. «Te lo concedo».
Senza perdere tempo, i due uomini lasciarono la stanza per recarsi al luogo dell’appuntamento.
Gaius afferrò una torcia, la accese e, alla flebile luce sprigionata, si diresse col re verso quella che poteva essere una trappola mortale.
Dopo una breve discesa, i due uomini raggiunsero la grotta; una figura incappucciata li stava attendendo e, quando furono abbastanza vicini, si scoprì la testa lasciando che i lunghi capelli biondi, che le incorniciavano il volto, risplendessero alla luce della fiaccola.
Riconosciuta la donna che gli stava di fronte, Uther non riuscì a trattenere la collera. «Morgause», mormorò a denti stretti. «Quindi sei tu la persona che mi ha fatto avere la pergamena. Ciò significa che erano tutte menzogne. Era uno stratagemma per attirarmi qui. Ma se credi che ti sarà facile uccidermi, ti sbagli. Questo sarà il luogo in cui tu morirai!»
Il sovrano sguainò la spada, pronto a scagliarsi contro la strega, ma Gaius gli pose una mano sul braccio.
Sorpreso, Uther lo guardò. Non si sarebbe mai aspettato un simile gesto da parte del vecchio medico.
Stava per chiedergli il motivo per cui avesse osato fermarlo, quando si accorse che l'uomo gli stava indicando una seconda persona.
Uther osservò perplesso l’esile figura che avanzava leggiadra e prima che potesse scoprirsi il capo, celato sotto il cappuccio del mantello, abbassò la spada lentamente e incredulo mormorò un’unica parola. «Morgana!»


Continua







Ciao, sono tornata ad aggiornare.
Un capitolo breve, breve, ma è stato difficile riprendere questa storia che ormai avevo abbandonato.
Ora cercherò di portarla a termine.
Approfitto dell’aggiornamento per invitare, chi ne avesse voglia, a leggere la mia nuova fic.
Si tratta di una fiction crossover MERLIN – QAF. (Non avete mai visto Queer As Folk? Allora seguite il mio consiglio e guardatelo, ve ne innamorerete... a me è successo).
E ora il link:

Home sweet home

Se vi va, fateci un salto.
Un abbraccio.
Bye bye



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Capitolo 9
*** capitolo 9 ***


Disclaimer: i personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia, romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur - Gwen - Merlin - Lancillotto








Capitolo 9


La mano che reggeva la spada giaceva abbandonata lungo il fianco, mentre Uther osservava la figura dinanzi a sé scoprirsi il capo per permettere ai bellissimi capelli scuri di ondeggiare fluenti sulle sue spalle.
Avrebbe potuto colpirla, ucciderla in pochi secondi, ma non lo fece. «Perché?» mormorò con un filo di voce. «Perché mi stai tradendo?» chiese, e nei suoi occhi si poteva leggere amarezza, tristezza per aver scoperto di essere stato tradito dalla persona che amava come fosse una figlia, ma Morgana non rispose, si limitò a fissarlo senza che i suoi occhi tradissero la minima emozione.
I due si fronteggiarono in silenzio per alcuni secondi finché Morgause avvicinò la sorella.
«Dunque, siamo giunti alla resa dei conti!» Uther, senza rinfoderare la spada, volse i propri occhi di ghiaccio verso la bionda. «Hai portato con te Morgana perché vuoi che sia lei a uccidermi?»
Morgause rise malignamente. «Sei un essere malvagio, Uther Pendragon, meriteresti di morire nel peggiore dei modi, ma stasera non sono qui per ucciderti, stasera sono qui per tuo figlio».
«Non l’avrai mai!» gridò Uther e strinse con forza la mano attorno all’elsa della spada. Le due donne erano così vicine che avrebbe potuto trafiggerle entrambe con un sol colpo. Ma doveva attendere, non poteva agire d’impulso, prima doveva capire quale pericolo gravava su Arthur e cercare il modo per aiutarlo.
Si impose di mantenere la calma, anche se non gli fu facile, e cercando di controllare il turbinio di emozioni che lo stava assillando si voltò verso Morgana. «Ti ho accolta come una figlia, e tu ti sei schierata dalla parte di questa strega e osi minacciare Arthur!»
Morgana sorrise e la sua voce echeggiò calma nella tetra caverna. «Sei sempre stato un uomo pieno di sé, Uther, e non hai saputo amare nessuna delle persone che ti sono accanto. Non hai amato me, non ami tuo figlio...»
Udite le sue parole, Uther le rivolse uno sguardo pieno di astio. «So di non essere stato un buon padre per te e nemmeno per Arthur, ma non credere che io non vi abbia mai amati. Sono un re e sono stato costretto a prendere decisioni che spesso non avete condiviso, ma ciò non significa che io non provi affetto per voi. Tu, piuttosto. Tu che sei pronta a giudicarmi, guardati! Sei qui, con quella donna che minaccia di prendere la vita di mio figlio. Credi di essere migliore di me? Arthur ti ha sempre protetta. Arthur ti vuole bene e tu lo ricambi in questo modo?»
Uther fissò lo sguardo su Morgause, gli occhi della strega erano impenetrabili poi, con un gesto improvviso, abbandonò la presa sulla spada che cadde a terra e si inginocchiò. Il suo volto era fiero e non mostrava la minima paura. «Morgana», tuonò con voce maestosa. «Sacrifico la mia vita in cambio di quella di Arthur, ma convinci la strega a liberare mio figlio, qualunque sia la maledizione che ha scagliato su di lui».
La supplica del vecchio re fu seguita da un silenzio irreale che durò parecchi secondi finché Morgause non vi mise fine con una risata agghiacciante. «Fosse stato per me, avrei preso la vita di Arthur», esordì schietta. «Ti odio, Uther Pendragon, e vederti soffrire mi colma di gioia. Sei fortunato che il mio amore per Morgana sia superiore all’astio che provo nei tuoi confronti, e quando ho detto che sono qui per Arthur non intendevo per prendere la sua vita, ma per aiutarti a salvargliela».
Uther guardò Morgause incapace di dare un senso alle sue parole, e sul volto della strega apparve un sorriso soddisfatto.
Avere il vecchio re inginocchiato ai suoi piedi le dava un enorme piacere. «Tutto ciò che ho scritto nella pergamena è vero. Arthur è stato maledetto a causa tua, così come il tuo popolo, ma non sono stata io a lanciare la maledizione. Ho deciso di incontrarti poiché so come aiutarti, ma voglio sia ben chiaro che sono qui solo perché Morgana mi ha convinta. Non lo faccio per te e nemmeno per tuo figlio. Lo faccio per mia sorella, perché soffrirebbe se Arthur morisse. Ora ascolta e non interrompermi finché non avrò finito di parlare. Il suono della tua voce mi irrita».
Ottenuta l'attenzione del re, Morgause iniziò il racconto. «Quando decidesti di rinnegare la magia, grazie alla quale eri riuscito ad avere un erede, firmasti la condanna di Arthur e di Camelot. Alcune streghe, cui tu avevi ucciso marito e figli, decisero di fartela pagare. Si unirono e maledissero il principe. Al compimento del ventiduesimo anno d’età, Arthur morirà tra atroci agonie. La sua carne marcirà lentamente e le sue pene dureranno per giorni e giorni. Lo sentirai urlare, lo vedrai perire attimo dopo attimo senza poter fare nulla per alleviare il suo dolore. E lui saprà che la sua fine è solo causa tua e morirà odiandoti».
Uther ascoltò ogni parola in silenzio, ascoltò senza mostrate il minimo sentimento, ma nel profondo del cuore sentì che qualcosa si stava spezzando. L’idea che il figlio potesse morire in un modo tanto orribile gli stava divorando l’anima, ma non fece trapelare ciò che provava e senza batter ciglio continuò ad ascoltare le parole della giovane donna.
«Nel corso degli anni le streghe che pronunciarono il sortilegio morirono. Solo una di loro sopravvisse. Per tua fortuna quella donna fu la mia mentore. Prima di morire mi raccontò della maledizione e del modo per contrastarla. Avevo deciso di tenere il segreto per me, di aspettare il ventiduesimo compleanno del principe per assistere alla sua lenta fine e alla tua agonia, ma tutto è cambiato quando ho ritrovato Morgana. Mi ha confessato quanto Arthur le manchi, quanto bene voglia a quel giovane arrogante che considera un fratello, e quando ha saputo della maledizione mi ha supplicata affinché scrivessi la pergamena per condurti qui e ti svelassi il modo per impedirla. Esiste un’isola, molto lontana, di nome Gilead; credo che tutti ne abbiate sentito parlare anche se in molti la considerano solo una fantasia. Ma non è una fantasia, esiste davvero, ed è abitata da maghi e streghe. Sull’isola vi è una piccola cappella in cui è conservato un calice contenente un liquido magico. Si tratta della pozione che può annullare gli effetti del maleficio. Le streghe che maledissero Arthur non erano malvagie come te e lasciarono al principe una possibilità di salvezza, se una di loro avesse deciso di concedergliela, e la mia mentore, prima di morire, mi svelò il segreto affinché fossi io a prendere la decisione finale. Ma non credere che sarà una cosa facile. Non basterà che Arthur si rechi sull’isola, anche tu dovrai fare la tua parte perché Arthur dovrà raggiungerla come sovrano di Camelot, ciò significa che tu dovrai abdicare».
Morgause lanciò un'occhiata incuriosita a Uther, per scorgere nel suo sguardo le emozioni che provava all'idea di rinunciare al potere, ma il volto del re rimase impassibile e, senza tergiversare, continuò il discorso. «Arthur dovrà entrare nella piccola cappella e bere dal calice. Basterà una goccia per annullare la maledizione, ma solo se al suo fianco ci sarà la futura regina. Anche lei dovrà bere dal calice poi, dinanzi allo stregone e al popolo magico, dovranno giurare che né loro, né i loro eredi, si accaniranno contro la magia durante gli anni a venire e che a Camelot avranno fine le angherie contro i maghi. Dopo il giuramento saranno liberi di tornare a casa per celebrare le nozze secondo le vostre usanze, e se Arthur non terrà fede al patto, su Camelot si abbatterà la sciagura e il regno verrà distrutto». Sorridendo soddisfatta, Morgause tese la mano verso Uther per indurlo ad alzarsi. «Ora che sai la verità fanne l’uso che vuoi», disse senza mostrare il minimo dispiacere per la sorte del giovane principe. «Se deciderai di salvare Arthur, mandami una missiva tramite il corvo che domani sera verrà nella tua stanza ed io aiuterò Arthur a raggiungere l'isola incantata, poiché solo con l’aiuto di un mago il nuovo re potrà arrivarci. Nessuno ne conosce l’ubicazione quindi, se stai pensando di armare il tuo esercito per marciare su Gilead, ti consiglio di lasciare perdere, sarebbe tempo sprecato e a tuo figlio non ne resta molto».
Soddisfatta per il dolore e la rabbia che poteva leggere negli occhi gelidi di Uther, Morgause mise una mano sulla spalla di Morgana e insieme sparirono mentre il re, immerso in un turbinio di pensieri, le osservava dileguarsi nell'oscurità.
Rimasto solo con Gaius, finalmente Uther decise di lasciare la grotta e si diresse verso le sue stanze. Il ventiduesimo compleanno di Arthur era prossimo, mancava poco più di un mese e non c’era tempo da perdere.
L'idea di cedere al ricatto non faceva che aumentare la sua rabbia. Non voleva rinunciare al regno e sottomettersi alla folle richiesta di malvagi stregoni, ma non sembrava esserci altra soluzione per salvare la vita di Arthur.
Dopo un paio d’ore trascorse con Gaius, cercando un modo per scongiurare la catastrofe, Uther sentì dei rumori provenire dalla piazza; il principe era tornato.
Lasciato Gaius ad attenderlo, raggiunse il figlio e gli ordinò di seguirlo.
Quando furono nelle sue stanze, Uther informò Arthur della missiva minacciosa, dell’incontro con Morgause, e dell’unico rimedio per evitare la sua morte e la fine di Camelot.
Arthur ascoltò ogni parola senza fiatare e quando il sovrano finì il racconto scoppiò in una fragorosa risata. «Se questo è uno scherzo, padre, è di cattivo gusto».
«Non è uno scherzo», tuonò Uther. L'incontro con Morgause lo aveva messo di pessimo umore e non accettava che il figlio si rivolgesse a lui in modo tanto irrispettoso. «Domani tu diventerai re, proporrai a una dama di sposarti e partirai per Gilead. Questo è un ordine!»
Incredulo, Arthur fissò prima Gaius poi il padre. Temeva di essere precipitato in un incubo a occhi aperti e voleva che qualcuno lo svegliasse.
Solo pochi attimi prima era a caccia con i suoi uomini, e l’unico suo problema era Merlin, ora si ritrovava a dover pensare alla corona e al matrimonio, e la situazione era così inverosimile da sembrargli pazzesca. «Ma, padre, sei impazzito? Io non posso diventare re e non voglio sposarmi con una dama qualunque solo perché una strega ti ha detto che è l’unico modo per salvarmi la vita. Lotterò come ho sempre fatto e vincerò. E comunque, da quando permetti a una strega di darti ordini? Da quando ti lasci convincere che delle minacce tanto assurde possano essere reali? È l’ennesimo tranello di Morgause. Non penso ci sia nulla di vero nelle sue parole. Io non le credo!»
«Neppure io, ma credo a Morgana».
«Morgana?» ripeté Arthur perplesso. «Che c’entra Morgana?»
«Morgana era con lei», asserì Uther con stizza. «Questa volta la minaccia è reale ed io non voglio perdere il mio regno e soprattutto non voglio perdere te. Farai quello che ti ordino senza discutere, ne va della tua vita e della sopravvivenza del regno».
«Ma... padre».
«Basta Arthur, te lo ordino! Ora vai, non ho più intenzione di discutere».
Arthur lasciò la stanza, indignato e sconvolto per ciò che avrebbe dovuto fare, e si rifugiò in camera dove Gwen stava facendo pulizia.
La ragazza, vedendolo entrare, si inchinò dinanzi a lui e ricevette in cambio un saluto distratto.
Preoccupata per il suo strano atteggiamento, lo avvicinò per parlargli. «Arthur, mio signore, è successo qualcosa che vi turba?»
Il giovane principe finalmente le rivolse un sorriso. Sapeva che quanto stava per fare non era giusto, ma doveva farlo, lo doveva al suo popolo.
Le prese delicatamente le mani tra le proprie. Il cuore gli batteva talmente forte che credeva potesse esplodere.
Solo alcuni mesi prima sarebbe stato felice, ma non ora che aveva capito di voler passare il resto della sua vita con quell’idiota di Merlin.
Purtroppo non era possibile quindi doveva chinare il capo, mettere da parte i propri sentimenti e fare ciò che era giusto per il popolo, ma non avrebbe mentito.
Fissò la ragazza, che un tempo credeva di amare, e cercò le parole giuste. «Mesi fa ti dissi che un giorno, quando fossi diventato re, avrei abolito il vincolo che mi obbliga a sposare una dama di corte e avrei scelto di sposare chi voglio».
«Sì, lo ricordo», annuì Gwen.
«Domani, al banchetto, mio padre abdicherà e diventerò re. Una maledizione grava sulla mia vita e su Camelot. Dovrò raggiungere un posto chiamato Gilead e dovrò giurare che né io né i miei figli ci opporremo alla magia. Non dovrò compiere il viaggio da solo, ma con la donna che diverrà la mia sposa e che dovrà prestare lo stesso giuramento».
Cercando di trovare il coraggio per compiere un passo che gli avrebbe portato solo dolore, perché lo stava allontanando dal suo vero amore, Arthur sospirò mestamente. «So che questo non è il modo giusto per chiedere la mano di una donna, nemmeno la giusta motivazione, poiché dovrebbe essere l’amore a spingere due persone al matrimonio e non una maledizione, ma la situazione è grave e vorrei fossi tu quella donna. Se accetterai di diventare mia moglie mi aiuterai a salvare il regno».
Gwen sorrise, anche se i suoi occhi brillavano di tristezza.
Arthur le stava chiedendo di sposarlo e, allo stesso tempo, stava ammettendo che non l’amava, che aveva bisogno di lei solo per salvare il popolo da un’antica maledizione, e in quel momento ebbe la conferma che i sentimenti del giovane erano cambiati.
Da settimane lo osservava di nascosto spiando le sue mosse e si era convinta che Arthur fosse attratto da un’altra persona, qualcuno che mai avrebbe potuto avere, e il fatto che chiedesse a lei di sposarlo era la prova definitiva che non si era sbagliata.
Con la tristezza nel cuore, ma senza esitare, si inchinò dinanzi a lui e rispose. «Sì, Arthur, accetto di diventare vostra moglie».


Continua



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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Disclaimer: i personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia, romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur - Gwen - Merlin - Lancillotto








Capitolo 10


«Vi sposerete», sussurrò mestamente Merlin al termine del lungo racconto fatto da Arthur per spiegare gli ultimi avvenimenti. «Diventerete re e sposerete Gwen». Merlin ripeté le ultime parole pronunciate dal principe come a volersi convincere di averle sentite davvero, e un sorriso amaro gli tese le labbra. Seppure la nuova situazione gli stesse facendo sanguinare il cuore, sapeva che era la cosa migliore che potesse succedere: Arthur avrebbe sposato la ragazza dei suoi sogni e doveva essere felice per lui.
Ma Arthur non sembrava particolarmente contento del suo futuro e Merlin, credendo di aver capito cosa lo turbava, cercò di mettere da parte il proprio dolore e trovò le giuste parole per rassicurarlo. «Capisco che l’idea di ricorrere a un matrimonio per salvarvi non è da voi, ma se Uther ha deciso di abdicare, e concedere che sposiate una donna del popolo, significa che il pericolo è reale e non potete sottrarvi al suo volere. Mettete da parte l'orgoglio e acconsentite, Camelot guadagnerà un ottimo re e una brava regina. Inoltre, voi amate Gwen e lei ama voi, lasciate perdere il motivo per cui le state chiedendo di sposarvi, se non sbaglio è ciò che volete da tempo. Lei è il vostro grande amore e ora potrete stare insieme alla luce del sole senza che vostro padre vi ostacoli».
Arthur ascoltò ogni singola parola trattenendo a stento la collera. Avrebbe voluto afferrare quello stupido idiota e baciarlo per fargli capire che non era Gwen la persona che desiderava al proprio fianco.
Voleva capisse che era innamorato di lui ed era profondamente infelice poiché costretto a sposarsi senza amore, e poiché stava costringendo a un matrimonio falso anche una sua cara amica.
Furioso contro il destino che continuava a osteggiare la sua felicità, Arthur decise di compiere una mossa azzardata perché voleva che Merlin sapesse. Voleva fargli capire che era innamorato di lui. «Diventerò re», disse con un sussurro incatenando lo sguardo nel suo. «E sposerò Gwen», aggiunse preparandosi a baciarlo, mentre un sorriso impercettibile affiorava sulle sue labbra al pensiero della reazione che avrebbe avuto Merlin, ma non gli importava cosa avrebbe fatto. Voleva risentire il suo sapore e nulla glielo avrebbe impedito. «Merlin», sussurrò, pronto a premere le labbra sulle sue, ma un rumore improvviso, proveniente dalla foresta, lo riportò bruscamente alla realtà.
Il suo animo battagliero ebbe il sopravvento, si alzò e sguainata la spada si addentrò nella fitta vegetazione seguito da Merlin.
Giunto nei pressi del ruscello, vide quattro briganti che stavano lottando contro un uomo e si gettò nella mischia, e in breve gli assalitori ebbero la peggio.
Rinfoderata la spada, Arthur indirizzò lo sguardo verso il giovane cui era corso in aiuto e che gli stava tendendo la mano. «Lancelot», esclamò incredulo.
«Sire», sorrise l'uomo. «È un piacere rivedervi».
Riconosciuto Lancelot, Merlin lo avvicinò per salutarlo. Non lo vedeva dal giorno in cui aveva aiutato lui e Arthur a salvare Gwen ed era felice che fosse tornato a Camelot, anche se sperava che i suoi sentimenti per la ragazza fossero scomparsi poiché non avrebbe avuto alcuna chance di conquistare la futura sposa del nuovo sovrano.
Fregandosene dell’etichetta lo abbracciò. «Lancelot, è bello rivederti... non pensavo saresti tornato».
«Quando ho saputo dell’attacco del drago mi sono messo in viaggio. Ho pensato che una spada in più avrebbe fatto comodo in caso di nuovi pericoli», replicò Lancelot e Merlin sorrise, conosceva il suo valore e sapeva che avrebbe dato la vita se necessario.
Anche Arthur conosceva il suo coraggio e, ascoltate le sue parole, annuì riconoscente. «E sia Lancelot», disse posandogli una mano sulla spalla. «Sei qui pur sapendo che mio padre potrebbe farti uccidere se ti scoprisse. Sei disposto a rischiare la vita pur di offrire il tuo aiuto al regno e la tua lealtà verrà premiata. Mio padre, al banchetto che si terrà questa sera, abdicherà ed io ho intenzione di nominarti cavaliere. Finalmente il tuo valore sarà premiato».
Lancelot rimase in silenzio a osservare il principe. Aveva deciso di tornare a Camelot pur sapendo quali rischi corresse, e non gli importava, e in quel momento la sua decisione gli stava regalando un futuro, che a causa delle sue umili origini, non avrebbe mai potuto realizzarsi.
Divertito dall'espressione attonita comparsa sul suo volto, Merlin gli diede un colpetto sulla spalla per riportarlo alla realtà. «Non essere troppo felice», gli disse con tono ironico. «Tu non sai cosa significa avere a che fare ogni giorno con sua maestà l’asino reale. Quella che ora ti sembra la più grande opportunità della tua vita si trasformerà in un vero incubo... fidati, so di cosa parlo!»
Neanche il tempo di finire la frase e Arthur gli tirò uno scappellotto in testa. «Sei un idiota Merlin».
«E voi un somaro sire».
Lancelot sorrise al battibecco dei due amici e con loro si diresse verso la sua nuova vita certo che gli avrebbe riservato tante soddisfazioni.


Continua







Capitoletto corto, corto, per i prossimi cercherò di impegnarmi di più... prometto. E ora ringrazio chi sta seguendo la storia, chi l’ha inserita tra le preferite o le ricordate, chi commenta.
GRAZIE. Siete fantastici!


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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Disclaimer: i personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia, romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur - Gwen - Merlin - Lancillotto








Capitolo 11


Giunta la sera del banchetto, una piccola folla si radunò nel grande salone addobbato a festa.
Tutti si domandavano il motivo per cui Uther avesse deciso di convocare dame e cavalieri in quella giornata in cui non vi era una ricorrenza particolare da festeggiare.
La curiosità serpeggiava e i sudditi erano ansiosi di capire la ragione di tale celebrazione.
Mentre uomini e donne si incamminavano verso la sala del banchetto, Merlin afferrò Arthur e lo fermò prima che potesse varcare la soglia. «Spero ricorderete cos’è successo l’ultima volta che avete bevuto», gli rammentò come se stesse parlando a un bimbo idiota. «E spero non vorrete ripetere l’esperienza, sarebbe alquanto imbarazzante».
Arthur osservò Merlin, ricordava benissimo la famosa sera in cui si era ubriacato e ricordava le sue labbra. In quella circostanza lo aveva baciato e, se Merlin avesse acconsentito, sarebbe andato ben oltre e avrebbe fatto l'amore con lui.
Al pensiero di toccare il suo esile corpo, di far scivolare le mani su quella pelle candida e vellutata, Arthur sentì un brivido scuotergli le membra e con difficoltà allontanò l’immagine di Merlin chino sotto di sé e rispose cercando di sembrare calmo. «Non preoccuparti, ho imparato la lezione. Berrò solo pochi calici e non perderò il controllo, il futuro re non può fare la figura del somaro».
Merlin gli indirizzò un'occhiata perplessa e Arthur aggrottò la fronte, risentito per la sua mancanza di fiducia. «Sarò perfetto», affermò e, dopo avergli dato una manata sulla spalla, entrò nel grande salone.
«Speriamo», mormorò Merlin senza farsi udire e lo seguì.
A metà serata Uther, finalmente, prese la parola e tutti si zittirono per ascoltarlo. «Questa sera vi ho convocati perché devo fare un annuncio importante. Ho governato su Camelot per decenni, cercando di essere un buon re. Spesso ho preso decisioni che in pochi hanno accolto favorevolmente, ma ogni decisione aveva come fine ultimo il benessere del popolo, proprio come quella che sto per dirvi. Nonostante sia nel pieno della forza, ho capito che il regno ha bisogno di un uomo giovane, di un uomo che possa guidare i cavalieri in battaglia e ho deciso di abdicare in favore di Arthur. Sono sicuro che sarà un re giusto e valoroso, e saprà condurre Camelot verso la prosperità. È con immenso piacere, dunque, che presento a tutti voi il futuro re di Camelot: mio figlio, Arthur Pendragon».
Dopo un primo attimo di smarrimento tra i presenti si levò un timido applauso. Lancelot aveva iniziato a battere le mani e, seguendo il suo esempio, tutti lo imitarono.
Finalmente, accolto da uno scroscio di applausi, Arthur si avvicinò al padre che lo stava invitando a raggiungerlo e, quando gli fu accanto, Uther ricominciò a parlare ai commensali. «La cerimonia dell’incoronazione si terrà domani, poi Arthur partirà per un breve viaggio, e quando tornerà governerà su Camelot insieme alla moglie che conoscerete questa sera stessa».
La rivelazione del re provocò nuovo stupore tra gli ospiti, curiosi di conoscere la fortunata che sarebbe diventata regina, e Arthur cercò tra la folla il volto di Merlin. Quando i loro sguardi si incrociarono, Merlin sorrise con le labbra, ma non con gli occhi, e Arthur fu certo di aver visto nella sua espressione una sofferenza pari a quella che stava provando anche lui all’idea di sposarsi.
«Vai, figlio mio». La voce di Uther strappò Arthur ai pensieri che lo stavano turbando. «I tuoi uomini ti acclamano».
Arthur annuì con un cenno della testa e, scacciato l'assurdo pensiero che Merlin potesse essere triste come lui, si diresse verso i cavalieri per ricevere il loro augurio.
Nei successivi dieci minuti fu avvicinato anche da un gran numero di cortigiane curiose di scoprire il nome della futura regina, ma Arthur non svelò nulla e, garbatamente, si congedò da loro e si avvicinò a Lancelot.
«Congratulazioni, sarete un ottimo re».
Arthur annuì e porse all'amico un calice con cui brindare. «Sicuramente diventerò un sovrano che mantiene la parola», ammise levando il calice per un brindisi. «E sai quale sarà la prima cosa importante che farò appena sarò re?»
«Sposarvi?»
Arthur sorrise. Lancelot non sapeva di aver pronunciato le parole meno indicate. Il suo matrimonio, purtroppo, era una farsa, un’unione senza amore decisa solo per il bene del regno. «La seconda cosa importante», si corresse cercando di nascondere l'amarezza. «Ho intenzione di nominarti cavaliere. Sei un uomo valoroso e meriti che il tuo valore sia riconosciuto, anche se non sei figlio di un nobile».
Lancelot si inchinò riconoscente. «Voi mi onorate con la vostra amicizia e sarò lieto di diventare un cavaliere per servirvi. E ora sono troppo curioso se vi chiedo chi sarà la futura regina? Forse lady Gwen?»
Arthur osservò Lancelot e solo allora ricordò la notte in cui lo aveva trovato con Gwen, pronto a rischiare la vita pur di portarla in salvo. Gli ultimi avvenimenti gli avevano fatto scordare i sentimenti che il giovane nutriva per la ragazza e si sentì ancora più a disagio.
Imbarazzato, e in colpa, rispose ugualmente alla domanda. «Sì, sarà Gwen».
Lancelot sorrise cercando di nascondere il dispiacere e alzò il calice per brindare a quell’unione che gli faceva male. «Sarete un buon re e Gwen un’ottima regina, ne sono certo».
I due calici si scontrarono e i giovani brindarono alla futura unione che nessuno avrebbe mai voluto.
Al termine del brindisi, Arthur vide entrare Gwen nel salone; il momento che tutti attendevano era giunto.
Posato il calice si accomiatò da Lancelot e, con passo veloce, raggiunse la ragazza che si inchinò di fronte a lui.
Porgendole una mano, Arthur la invitò ad alzarsi e consapevole dello sguardo incuriosito dei presenti, le sussurrò all’orecchio. «È giunto il momento che tutti conoscano il nome della futura regina».
Gwen sorrise e Arthur, senza lasciare la sua mano, si rivolse ai commensali che avevano iniziato a bisbigliare. «Un attimo di attenzione», disse con voce ferma. «Tutti voi mi conoscete, sapete che non amo i lunghi discorsi quindi sarò breve».
I brusii aumentarono e Arthur non se ne curò. «Ho chiesto a Gwen di sposarmi e lei ha acconsentito, è dunque con immenso onore che vi presento la futura regina di Camelot».
L'annuncio fu seguito da un opprimente silenzio, cavalieri e dame non osarono dire una parola, tanto era lo stupore nell’apprendere che una serva sarebbe diventata regina, e fu Uther a interromperlo. Alzato il calice verso i futuri sposi, il vecchio re benedì la loro unione per dimostrare che condivideva la decisione di Arthur e tanto bastò per infrangere l'imbarazzante silenzio creatosi dopo l'annuncio.
«Avete fatto la cosa giusta». Gaius fece un cenno col capo, per indicare dame e cavalieri che si congratulavano con i futuri sposi, e si mise al fianco del vecchio re. «Arthur non voleva sposarsi, ma ha dovuto acconsentire per il bene del popolo. Ha cercato una donna che potesse renderlo felice e Gwen è una cara ragazza, nonostante non sia di lignaggio nobile, e voi avete dimostrato di essere un re buono e saggio non ostacolando la sua scelta».
Uther sorrise amaramente alle parole del vecchio amico. Se le circostanze fossero state diverse, non avrebbe mai acconsentito a quell’unione, mai avrebbe permesso ad Arthur di sposare una popolana, ma lo stava costringendo a sposarsi contro il proprio volere, almeno una concessione gliela doveva.
Dopo che anche l’ultimo invitato ebbe espresso la propria felicità ai futuri sposi, finalmente la folla si diradò e Gwen e Arthur lasciarono che i loro sguardi si perdessero nella grande sala e fu allora che li videro. Merlin e Lancelot erano accanto alla porta e osservavano a distanza quanto stava accadendo. Sui loro volti tirati aleggiava un sorriso di circostanza che non riusciva a mascherare i sentimenti che stavano provando e quando gli sguardi dei quattro giovani si incontrarono, una sensazione di gelo arrivò al cuore di ciascuno di loro mettendo a nudo una verità che non poteva più essere celata.


Continua








Eccomi con un nuovo capitolo. Spero vi sia piaciuto!
Approfitto, come sempre, per ringraziare chi ha inserito la storia tra le seguite, le preferite o quelle da ricordare e, ovviamente, chi trova un paio di minuti per lasciare un commentino.
GRAZIE!


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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Disclaimer: i personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia, romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur - Gwen - Merlin - Lancillotto









Capitolo 12


A notte inoltrata, quando il banchetto finì, Arthur e Gwen lasciarono la grande sala e s’incamminarono verso la casa di lei.
Erano stranamente silenziosi. Dal momento in cui i loro sguardi avevano incrociato quelli di Merlin e Lancelot una spiacevole sensazione di malessere si era creata tra loro.
Giunti nei pressi dell’abitazione della ragazza, Arthur le diede un bacio sulla guancia per augurarle la buonanotte e Gwen replicò con un inchino prima di congedarsi e varcare la soglia.
Chiusa la porta, Gwen si spogliò e si sdraiò sul letto. Nonostante sapesse che la proposta di matrimonio serviva solo per salvare il regno dalla maledizione, l'aveva accettata poiché provava affetto per Arthur e non lo avrebbe abbandonato nel momento del bisogno, ma tutto sarebbe stato più semplice se Lancelot non fosse tornato. Lo aveva amato sin dal primo giorno e rivederlo aveva riacceso la passione e fatto vacillare le proprie convinzioni.
Afferrata la coperta, Gwen si coprì e sospirò mestamente. Quando Lancelot se n’era andato aveva creduto di essere innamorata di Arthur, ma non era così. Per il futuro re nutriva una grande amicizia che aveva scambiato per amore, ma Arthur non le aveva mai fatto battere il cuore come Lancelot, e se il giovane fosse tornato qualche giorno prima avrebbe rifiutato la proposta del principe, ma ormai era troppo tardi per tirarsi indietro. Avrebbe compiuto il proprio dovere pur sapendo che sarebbe stata infelice per il resto dei suoi giorni.

*****

Giunto in prossimità delle proprie stanze, prima di varcare la soglia Arthur si appoggiò alla parete e scosse la testa.
Sapeva che non era giusto ciò che stava facendo a Gwen; intrappolarla in un matrimonio senza amore era un atto abominevole, ma gli serviva una moglie per salvare il regno. Non poteva salvarlo accanto alla persona di cui era veramente innamorato.
Il popolo aveva accettato una serva, ma quale popolo avrebbe accettato che il proprio re amasse un altro uomo?
Sorrise al pensiero di cosa avrebbe fatto suo padre se avesse immaginato che nel momento in cui gli aveva detto che poteva scegliere chiunque, avrebbe voluto rispondergli: ho scelto Merlin, lui starà al mio fianco per sempre.
Un sorriso amaro gli tese le labbra al pensiero che nel suo cuore c’era posto solo per quel servo idiota dalle orecchie grandi e dal cuore immenso.
Sospirando mestamente al destino che aveva messo Merlin sulla sua strada, Arthur spinse la porta e varcata la soglia si ritrovò a fissare gli occhi blu del fido servitore che lo stava aspettando per aiutarlo a mettersi a letto. Poiché Gwen era destinata a diventare regina non le competeva più quell’umile lavoro che, ovviamente, era stato di nuovo assegnato a Merlin.
«Avete fatto la scelta giusta». Merlin sorrise cercando di sembrare sereno e porse ad Arthur gli abiti per la notte. «Il popolo apprezzerà che abbiate scelto una serva come regina e poi Gwen è amata da tutti. Sono felice per voi», ammise, ma evitò di guardare Arthur negli occhi poiché sapeva che non sarebbe riuscito a nascondere ciò che provava se avesse incrociato il suo sguardo.
Anche Arthur evitò il confronto visivo; non avrebbe potuto fingere di essere felice se avesse incrociato lo sguardo del ragazzo che amava e rispose nell'unico modo possibile. «Gwen sarà un’ottima regina, ne sono certo e il popolo l’amerà».
Evitò di dire che anche lui l’avrebbe amata poiché era una menzogna e non se la sentiva di pronunciare altre menzogne, non quella sera, e con la tristezza nel cuore congedò il giovane servo.
La mattina seguente, quando Merlin tornò per aiutarlo a vestirsi, Arthur era già pronto.
Merlin lo osservò e gli rivolse un sorriso raggiante. Aveva trascorso tutta la notte sdraiato sul letto a fissare le travi del soffitto ed era giunto alla conclusione più ovvia: era giusto che Arthur prendesse moglie e se ne sarebbe fatto una ragione, tanto più che il suo amore per lui non avrebbe mai avuto un futuro.
Col cuore in pace aveva deciso di dimenticare i propri sentimenti e gioire con il suo principe per l’imminente matrimonio che lo avrebbe reso felice. «Arthur, che piacere vedervi in piedi!» esclamò allegro. «Alcune volte siete insopportabile al risveglio e non dover assistere alla vostra uscita dal regale letto, con tanto di grugniti di disapprovazione, mi rende felice».
Arthur si voltò e gli rivolse la solita occhiataccia.
La notte appena trascorsa era stata tremenda. Non aveva fatto altro che pensare a lui. Al fatto che non sarebbe mai stato suo, non solo perché non era un’unione consentita, ma perché sapeva che Merlin non lo avrebbe mai voluto, quindi aveva finalmente deciso di lasciare perdere la sua ossessione. Da quel momento in poi si sarebbe occupato solo di Gwen.
«Non essere sfrontato», replicò con falso cipiglio. «Sai che se mi infastidisci la gogna è sempre pronta».
Merlin storse le labbra esibendo un'espressione preoccupata e Arthur rise divertito. «Scherzavo, non ho intenzione di mandarti alla gogna. Oggi mi sono alzato presto perché mio padre vuole che lo raggiunga. Vai a strigliare il mio cavallo, non abbiamo molto tempo. Tra poco ci sarà la cerimonia dell’incoronazione e subito dopo dovremo partire per Gilead. Mio padre ha inviato a Morgause una missiva per informarla che ha accettato l’accordo e la strega gli ha fatto sapere che la nostra guida ci attenderà al limitare della foresta quindi, almeno per una volta, vedi di non essere in ritardo».
Merlin annuì con un cenno e uscì dalla stanza per recarsi nelle stalle mentre Arthur s’incamminò verso la sala del trono dove Uther lo stava aspettando.
Dopo una buona mezz’ora trascorsa in compagnia del sovrano, finalmente il giovane principe lasciò il castello per trascorrere un po' di tempo da solo prima che il dovere lo costringesse a partire per la nuova avventura. Sellato il cavallo raggiunse una radura in mezzo alla foresta.
Legate le briglie a un albero si sedette sulla sponda di un ruscello per godere della pace che regnava il quel luogo incantato, ma un rumore improvviso lo fece sobbalzare e sguainata la spada si voltò pronto alla lotta. «Merlin!» esclamò perplesso. «Che diavolo ci fai qui? Potevo mozzarti la testa», sbraitò e Merlin, vedendo la lama della spada a pochi centimetri dal suo collo, sgranò gli occhi consapevole di aver rischiato la decapitazione.
«Scusate... Arthur», snocciolò con calma. «Ho notato che stavate lasciando il castello e vi ho seguito. La foresta è piena di bestie feroci, non dovreste andare in giro da solo».
Arthur rinfoderò la spada e sorrise divertito. «Pensavi di offrirmi il tuo aiuto? Sei forse un cacciatore?» chiese ed esibendo una smorfia perplessa gli mise la mano sul braccio. «Ti faresti sbranare in pochi secondi se dovessi trovarti faccia a faccia con una bestia feroce», ammise serio. «E ora torna al castello, voglio stare solo».
Considerata chiusa la discussione, Arthur si sedette e Merlin si sedette accanto a lui. «Cosa non hai capito in ciò che ho detto?»
Merlin non si mosse e fece spallucce. «Perché siete più indisponente del solito?» replicò ignorando la domanda. «Tra poco sarete re e state per sposarvi, dovreste essere felice invece siete sempre di pessimo umore... perché?»
Arthur non rispose, non poteva dire la verità, non poteva ammettere che era triste poiché stava per promettere amore a una donna che non avrebbe mai amato giacché il suo cuore apparteneva a un altro: al suo stupido servo dalle grosse orecchie.
Ma Merlin non era intenzionato a lasciar cadere l’argomento. «Cosa vi turba?» chiese di nuovo.
Arthur sapeva che l'amico non avrebbe mai smesso di tormentarlo e decise di mentire per trarsi d'impiccio. «Tra poco sarò re e mi sposerò», ripeté con tono piatto. «Sono solo un po' preoccupato. Tutto qui», confessò con un'alzata di spalle.
«Voi preoccupato?» replicò Merlin scettico. «Ma se siete la persona più sicura di sé che abbia mai conosciuto... avanti, qual è il vero motivo che vi turba? Potete confidarvi con me, sapete che non tradirei mai la vostra fiducia. Suvvia, ditemi cosa vi turba, magari potrei aiutarvi».
Arthur sorrise e scosse la testa. «Il fatto è che non sono pronto a dichiarare amore eterno a Gwen».
«Perché?» domandò Merlin sempre più perplesso. «Voi l’amate! È giusto dichiararle il vostro amore».
Arthur avvertì un groppo salirgli in gola; non voleva continuare a mentire. Non poteva continuare a mentire e fissato lo sguardo in quello del giovane amico sorrise amaramente. «Perché non amo Gwen, non l’ho mai amata, e mi sento un verme all'idea che la sto usando».
Merlin osservò il giovane principe con espressione sconvolta. «Voi non l’avete mai amata?» ripeté incredulo. «Ma allora perché le avete chiesto di sposarvi?»
«Perché la persona che desidero avere al mio fianco non potrà mai essere mia… nemmeno tra un milione di anni», sospirò mestamente Arthur. «E ora è meglio se torniamo al castello, devo iniziare l’addestramento e non voglio far aspettare i miei uomini».
«C’è forse un’altra dama che state frequentando all’insaputa di Gwen?» chiese Merlin col cuore che batteva a mille, mentre lo stomaco si contraeva e un’idea pazzesca iniziava a farsi strada nella sua mente.
«E poi sono io il somaro!» esclamò Arthur ridendo e alzandosi passò le mani sui pantaloni per togliere i residui di erba che si erano attaccati alla stoffa. «Andiamo, per oggi basta confidenze inutili. Il fato ha voluto che fossi l’erede al trono e dovrò esserne degno. E Gwen sarà un’ottima moglie e anche un’ottima regina, ne sono certo. Col tempo riuscirò ad affezionarmi a lei e, comunque, non le farò mai del male poiché è una cara amica e non merita di soffrire a causa mia».
Merlin si alzò ma non si mosse e Arthur, che si era già avviato, ritornò sui propri passi e gli afferrò un braccio per smuoverlo. «Che ti prende?» chiese spazientito. «Sei diventato sordo? Dobbiamo andare».
Merlin continuò a restare fermo, l’idea pazzesca che gli stava lambendo il cervello gli impediva di muoversi. Il cuore batteva all’impazzata e sentiva che stava per perdere la poca ragione che ancora gli era rimasta.
Guardò Arthur negli occhi e pronunciò solo poche parole, un’unica domanda la cui risposta avrebbe significato felicità o disperazione. «Perché non potete avere la persona che amate? Di chi si tratta?»
Arthur sorrise. Si era sbilanciato troppo, più di quanto avesse dovuto, e non poteva tornare indietro.
Prese il volto di Merlin tra le mani e lo fissò per alcuni istanti perdendosi nel blu sincero e innocente delle sue iridi, poi lasciò che il cuore guidasse i suoi gesti. Attirò a sé Merlin e posò le labbra sulle sue.
Non sapeva cosa sarebbe successo, ma non gli importava, non più. Doveva farlo, doveva far sapere al ragazzo che si era innamorato di lui e che nel suo cuore nessuno avrebbe mai preso il suo posto.
Chiuse gli occhi e assaporò il dolce sapore di quella bocca impertinente, che tanto anelava, sperando che Merlin non lo avrebbe allontanato, e la sua speranza non venne disattesa.
Merlin, seppur scioccato dal gesto inaspettato di Arthur, passati i primi secondi in cui si era sentito totalmente spiazzato, finalmente si sciolse.
Strette le braccia attorno al solido corpo del giovane principe, schiuse le labbra accogliendo la lingua dell’amato nella sua bocca per permetterle di intrecciarsi con la propria in una danza sensuale.
E così si baciarono finché il bisogno di aria non li fece sciogliere dall'intimo contatto, e senza parlare si strinsero cercando di assaporare gli ultimi istanti che avrebbero passato insieme, ignari che nella radura c'era una terza persona che aveva sentito ogni loro parola e assistito al loro bacio.


Continua






Ciao a tutti!
Finalmente ho aggiornato... spero che il nuovo capitolo vi sia piaciuto.
A me è piaciuto scriverlo!
Come sempre approfitto per ringraziare chi commenta, chi ha inserito la storia tra le preferite o quelle da ricordare.
GRAZIE A TUTTI!


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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Disclaimer: i personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia, romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur - Gwen - Merlin - Lancillotto









Capitolo 13


La radura era immersa in una quiete irreale rotta unicamente dal rumore delle fronde mosse dal vento e dal cinguettio degli uccellini.
Il sole svettava nel cielo e avvolgeva i due giovani in un caldo abbraccio come se volesse partecipare alla loro felicità.
Arthur spostò una ciocca ribelle dalla fronte di Merlin e sorrise. Era felice poiché finalmente sapeva che quell’idiota del suo servo provava i suoi stessi sentimenti però, al tempo stesso, era malinconico poiché conscio che non lo avrebbe mai avuto al proprio fianco. Il bacio che si erano scambiati sarebbe stato il primo e anche l'ultimo.
«Arthur... noi... dovremmo andare». Fu Merlin a rompere il silenzio calato nella radura, ma il principe gli posò un dito sulle labbra.
«C’è tempo», sussurrò Arthur scuotendo la testa. Non voleva separarsi da lui.
«Lo so», annuì Merlin con un sospiro. «Ma credo sia meglio tornare... non dovremmo essere qui».
«Perché? Di cosa hai paura?»
Merlin non rispose, sentiva il cuore battere sempre più forte. Avrebbe voluto stringere Arthur e non lasciarlo più, ma sapeva di non poterlo fare e doveva lasciare la radura prima che fosse troppo tardi, prima che non fosse più capace di fermarsi, ma Arthur parve intuire i suoi pensieri e gli accarezzò una guancia per tranquillizzarlo.
Lo fissò per alcuni attimi, senza parlare, e vide nei suoi occhi la luce del desiderio.
Senza distogliere lo sguardo da quegli occhi così simili ai propri, sciolse la bandana che Merlin portava al collo e la fece cadere a terra; ancora un paio di ore e sarebbe diventato Re. Avrebbe dichiarato il proprio amore a una donna che non amava, condannando entrambi a una vita vuota e, prima che il destino si compisse, voleva assaporare la vera felicità.
Attirato a sé Merlin, posò delicatamente le proprie labbra sul suo collo. Il calore del suo fiato, unito alla morbidezza della sua bocca, provocò in Merlin una scossa di piacere che lo fece fremere di eccitazione.
Merlin sapeva che non era giusto ciò che stavano facendo, ma non riuscì a esprimere i suoi pensieri perché non voleva che Arthur si fermasse.
Aveva bisogno di lui, bisogno di un istante di felicità che avrebbe portato per sempre nel cuore come fosse il tesoro più prezioso. E così, semplicemente, accadde.
Nessun ripensamento, nessuna recriminazione, nessuna vergogna.
Mentre il sole svettava alto nel cielo e gli uccellini cinguettavano, i due giovani si sdraiarono sulla fredda terra per concedersi quell’unico attimo di felicità che entrambi desideravano da mesi.
Le mani di Arthur corsero sul corpo esile di Merlin per spogliarlo degli abiti divenuti ingombranti poi, senza bisogno di aiuto, il principe tolse anche i propri.
E finalmente furono liberi di perdersi l’uno nelle braccia dell’altro dimenticandosi del mondo che li circondava, dimenticandosi di essere principe e servitore.
Nulla contava, c’erano solo due giovani che si stavano amando con intensità e passione.
E mentre Arthur si spingeva nel corpo del fedele amico e amante, per godere con lui della loro unione perfetta, la figura che li stava osservando dal momento in cui si erano scambiati il primo bacio se ne andò per non rovinare quei pochi attimi di intimità che restavano loro.
A passo veloce lasciò la radura con la tristezza nel cuore. Tristezza per quei due ragazzi che si amavano e che non avrebbero mai potuto essere felici perché il loro destino era già stato tracciato e non potevano sottrarvisi.

*****

Poco prima di mezzodì le campane annunciarono il momento tanto atteso. Uther abdicò e Arthur fu proclamato nuovo sovrano di Camelot tra gli applausi della gente che era accorsa per acclamare il nuovo re.
Al termine della cerimonia per l’incoronazione, Gwen venne ufficialmente presentata al popolo quale futura sposa di Arthur.
Dopo un breve discorso, in cui Uther spiegò che il nuovo sovrano si sarebbe assentato per un breve periodo, giunse il momento di iniziare i festeggiamenti.
Arthur e Gwen presenziarono alla festa solo per pochi minuti, poiché il tempo a loro disposizione stava per finire. Dovevano raggiungere il messo di Morgause che li avrebbe condotti a Gilead.
Ricevute le ultime acclamazioni da parte della folla, lasciarono la sala del banchetto e si recarono nella grande piazza dove tutto era pronto per la partenza. Ad accoglierli c'erano Merlin e Lancelot, a loro il compito di accompagnarli in quell’avventura dal sapore tanto amaro.
«Mia signora, non ho avuto occasione di congratularmi con voi». Lancelot prese la mano di Gwen e, inchinandosi di fronte a lei, vi posò le labbra. «Sono certo che sarete un’ottima regina».
Gwen sentì una stretta allo stomaco ma la ignorò, non poteva lasciarsi andare, anche se, al solo tocco dell’uomo aveva sentito il proprio cuore accelerare e una vampata di calore imporporarle le gote.
Amava Lancelot, ma Arthur era il suo destino e non avrebbe fatto nulla per disonorare il futuro Re, anche se ciò significava vivere infelice per il resto dei suoi giorni.
«Vi ringrazio», replicò con un sorriso stentato cercando di nascondere i propri sentimenti mentre Lancelot la aiutava a montare in sella.
Quando tutti furono pronti, la piccola compagnia partì. In testa al gruppo Arthur. Subito dietro Merlin e Gwen. In coda Lancelot.
Dopo aver percorso la quasi totalità del tragitto, che li avrebbe condotti al luogo dell’incontro, Arthur si voltò e incrociò lo sguardo del valletto.
I loro occhi s’incontrarono per la prima volta da quando erano partiti, poi il Re tornò a guardare davanti a sé e lasciò che la mente lo riportasse a quanto accaduto solo poche ore prima.
Immagini che mai avrebbe scordato apparvero nitide e rivide le proprie mani muoversi sull’esile corpo di Merlin, risentì il sapore delle sue labbra mentre le loro bocche si univano, il calore della sua intimità mentre si spingeva in lui. Mai avrebbe scordato i suoi gemiti di piacere.
Quando si era sfilato dal suo corpo, erano rimasti sdraiati l’uno accanto all’altro senza parlare. Avevano avuto il loro attimo di intimità e sembrava non sapessero come gestire quel momento, ma fu solo un attimo perché Arthur si era voltato verso Merlin per attirarlo a sé e fargli capire, con quell’unico gesto, quanto fosse stato importante ciò che avevano fatto, per fargli capire che non era stato solo il capriccio di un principino viziato, ma qualcosa di profondo e Merlin, sentendosi avvolgere dalle sue braccia, aveva cercato i suoi occhi e sussurrato. «Lo so Arthur... non dovete dire nulla».
Ed erano rimasti abbracciati a contare lo scorrere dei minuti, consci dell’amore che provavano l’uno per l’altro, un amore che mai avrebbero rinnegato pur sapendo che la loro storia era nata e morta in quella radura.
Ormai prossimi al momento dell'incoronazione si erano alzati e, silenziosamente, si erano rivestiti.
Prima di rimontare in sella ai rispettivi destrieri, Arthur aveva afferrato Merlin e posato le proprie labbra sulle sue. Aveva bisogno di sentire, ancora una volta, il suo sapore. E di nuovo si erano baciati.
«Dobbiamo andare, sire. Il vostro destino vi attende», aveva sussurrato Merlin e, nonostante il cuore paresse scoppiargli nel petto, Arthur si era sciolto dall’abbraccio e insieme erano tornati al castello.
Perso nei meandri del dolce ricordo, il Re cercò di scacciare la malinconia per concentrarsi sul presente. Aveva una missione da compiere e l’avrebbe portata a termine, anche se significava vivere per sempre nell'infelicità.
E mentre Arthur lottava per non farsi sopraffare dalla tristezza Merlin, in sella al proprio cavallo, lo seguiva in silenzio cercando di non pensare ai suoi baci, alle sue carezze, ai suoi gemiti. Purtroppo il destino voleva che Arthur sposasse una donna, e lui non poteva nulla contro il fato.
Con rassegnazione continuò a seguire la piccola comitiva immerso in ricordi che gli scaldavano il cuore e che, al tempo stesso, gli gelavano l’anima.

*****

Un'ora più tardi la comitiva giunse al luogo dell’appuntamento.
Arthur, con un balzo agile, saltò a terra e avvicinò la figura che li stava attendendo seduta su un tronco.
Pochi passi e furono l’uno di fronte all’altra.
Morgana, senza indugiare, si alzò e si strinse al corpo vigoroso del fratellastro. «Arthur, sono felice di rivederti, mi sei mancato», ammise sincera e Arthur, cercando di nascondere l’emozione che provava nell’abbracciare di nuovo la sorellastra, si diede il contegno che ci si aspettava da un Sovrano e le rispose con tono tranquillo.
«Anche tu mi sei mancata. Avevo temuto il peggio quando sei scomparsa e so che è solo merito tuo se Morgause ha deciso di svelare a Uther la maledizione che incombe sul popolo e sulla mia persona e te ne sono grato, questo tuo gesto ha significato molto per me».
Morgana si staccò dall’abbraccio del fratello e sorrise. «Qualunque problema io abbia con Uther, tu non ne fai parte. Ti ho sempre amato come se fossi davvero mio fratello e non avrei potuto lasciarti morire. Morgause ha capito i miei sentimenti e ha acconsentito affinché ti fosse data la possibilità di rimediare ai torti di tuo padre, costruendo un regno in cui tutti possano vivere senza timore di essere uccisi solo perché diversi».
Arthur sorrise e le prese una mano tra le proprie. «Nel mio regno, chiunque sarà il benvenuto e finché la magia sarà usata per fare del bene, nessuno sarà mai condannato ingiustamente». Senza lasciarle la mano le rivolse un'occhiata saccente. «Se sei qui, significa che anche tu sei una creatura magica e non mi importa. Capisco il motivo per cui me lo hai tenuto nascosto e non ti biasimo e, se un giorno decidessi di tornare a palazzo, saresti la benvenuta. E non dovresti più temere per la tua vita, saresti libera di essere ciò che sei senza doverti nascondere perché nessuno ti farebbe più del male».
Merlin sentì il cuore compiere un balzo nel petto alle parole del sovrano perché avrebbe voluto fossero rivolte a lui e si ritrovò a pensare: se un giorno Arthur avesse scoperto la sua natura magica si sarebbe comportato come con Morgana? Lo avrebbe perdonato per avergli mentito? Soprattutto dopo quanto successo tra loro, sarebbe stato tanto magnanimo nei suoi confronti? O lo avrebbe cacciato dalla sua vita per non avergli concesso il beneficio del dubbio e aver dato per scontato che lo avrebbe denunciato a Uther?
Mentre Merlin si poneva siffatti interrogativi, Gwen avvicinò Morgana. «Mia signora, mi era stato detto che eravate viva, e rivedervi e potervi riabbracciare mi colma il cuore di gioia».
Incapace di frenare le lacrime, Gwen si strinse all’esile figura di fronte a sé. Avrebbe voluto confidarle i suoi sentimenti, raccontarle i propri dubbi, le proprie angosce per il futuro che attendeva lei e Arthur. Avrebbe voluto confidarle il suo amore per Lancelot, ma sapeva di non poterlo fare e si limitò ad abbracciarla.
E Morgana, felice per aver ritrovato l’unica persona che l’avesse mai capita, le accarezzò la guancia per asciugarle le lacrime e la parlò dolcemente. «Ricorda, Gwen, non sono la tua signora, non più, ora sono semplicemente Morgana. E tu sei la futura regina di Camelot e non dovrai più inchinarti di fronte a nessuno, nemmeno a me».
Sciolto l'abbraccio che la univa a Gwen, Morgana si voltò verso Merlin e, con pochi passi, lo raggiunse.
Appena gli fu accanto, Merlin avvertì il suo enorme potere. In quei mesi trascorsi con la sorella, Morgana era diventata più forte, la sua magia era cresciuta e Merlin avvertì un brivido corrergli lungo la schiena; se solo avesse voluto, la strega avrebbe potuto nuocere a tutti loro.
«Merlin», sussurrò Morgana mentre un sorriso indecifrabile le tendeva le labbra, e un nuovo brivido scosse Merlin che si sentì trafiggere dal suo sguardo glaciale, e il ricordo degli ultimi istanti trascorsi insieme apparve nitido nella sua mente. In quell'occasione aveva cercato di ucciderla per salvare il regno e poteva immaginare l'odio che la ragazza provava per lui, il suo desiderio di vendetta e, quando si trovò stretto nel suo abbraccio, la sentì sussurrare un'unica frase. «Dobbiamo parlare, abbiamo una faccenda in sospeso che va risolta».
Senza attendere che Merlin potesse in qualche modo replicare, la strega si voltò e raggiunto il proprio cavallo vi montò in sella.
La strada per Gilead era ancora lunga e dovevano muoversi poiché mancava poco al compleanno di Arthur e all’avverarsi della maledizione che ne avrebbe decretata la morte.


Continua






Ciao a tutti,
finalmente ho dato ai due piccioncini il loro attimo di felicità.
Ci sono voluti parecchi capitoli prima che si arrivasse a tanto, ma alla fine ci siamo arrivati. Non ho scritto una lemon completa di dettagli perché il rating è arancione e vorrei mantenerlo tale.
Per quanto riguarda la cerimonia per l’incoronazione non mi sono dilungata in descrizioni dettagliate, l’ho solo accennata per andare avanti con la storia.
Detto ciò, spero sia stata una piacevole lettura.
Come sempre GRAZIE a chi legge, chi commenta, chi ricorda, chi preferisce.




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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Disclaimer: i personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia, romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur - Gwen - Merlin - Lancillotto








Capitolo 14


Il pomeriggio trascorse velocemente e le prime ombre della sera oscurarono il paesaggio.
Arthur, dopo aver decretato che per quel giorno il viaggio doveva ritenersi concluso, smontò da cavallo; dovevano allestire il campo dove si sarebbero fermati per trascorrere la notte e Merlin si offrì per raccogliere un po’ di legna.
«Vengo con te». Morgana scese dal cavallo e si sistemò la veste. «Potresti avere bisogno di aiuto».
Merlin annuì con un cenno del capo e, insieme, si addentrarono nel bosco.
Quando furono abbastanza lontani dal resto del gruppo, Morgana affiancò Merlin, e il giovane mago temette che la resa dei conti fosse arrivata.
«Dovrei odiarti», esordì Morgana infrangendo l'opprimente silenzio. «Hai cercato di uccidermi e sarebbe successo se Morgause non fosse intervenuta in mio soccorso».
Merlin, ricordando quegli attimi terribili in cui si era elevato a carnefice, si sentì in colpa, mai avrebbe voluto farle del male, ma la situazione era degenerata e non aveva potuto comportarsi altrimenti e ora che era giunto il momento della resa dei conti avrebbe voluto dire qualcosa per discolparsi, ma non ne ebbe il tempo perché Morgana lo anticipò.
«Avevo pensato, qualora ti avessi incontrato, che te l’avrei fatta pagare. Volevo farti soffrire tanto quanto tu avevi fatto soffrire me. Ma sono passati mesi dal giorno in cui attentasti alla mia vita, mesi in cui ho avuto modo di riflettere, mesi in cui molte cose sono cambiate. Ho ritrovato mia sorella, ho imparato a padroneggiare la magia, sono diventata una persona diversa, più saggia, più forte, e sono riuscita a guardare oltre l’apparenza. Tu hai cercato di uccidermi perché ero causa di dolore per il popolo e le persone a te care. Io avrei fatto la stessa cosa se mi fossi trovata al tuo posto. Come te avrei cercato di porre fine al dolore e, consapevole di ciò, tutto l’astio che provavo nei tuoi confronti è svanito. Mi hai aiutato tante volte, sei stato un buon amico e non voglio perderti. Non voglio dover rinunciare alla nostra amicizia... voglio che tra noi torni com’era un tempo».
Merlin, incredulo, fissò la ragazza. Tutto si sarebbe aspettato, tranne la richiesta di continuare un’amicizia nata per caso e che spesso li aveva visti complici.
Una vocina nella sua testa lo mise in guardia invitandolo a non crederle perché, se lo avesse fatto, Morgana lo avrebbe pugnalato alla schiena, ma poi scrutò a fondo le sue iridi chiare e ciò che vide lo rassicurò. In quegli occhi limpidi non vi era traccia di odio o di menzogna e allora decise di avere fiducia in lei, felice per aver ritrovato l’amica di sempre.
Annuendo con un gesto del capo, Merlin le sorrise e insieme raccolsero rami secchi da portare al campo per accendere il fuoco che li avrebbe scaldati durante la notte.
Quando le loro braccia furono colme di legna, si avviarono verso il luogo in cui il resto del gruppo li stava attendendo.
Merlin fece strada e Morgana lo seguì senza parlare mentre sulle sue labbra appariva un sottile sorriso; ciò che aveva in serbo per lui non lo avrebbe mai scordato.
Giunti all'accampamento vennero raggiunti da Arthur. Il giovane sovrano prese dalle braccia della sorellastra la legna da ardere e, volutamente, ignorò Merlin che proseguì il cammino e si fermò accanto a Lancelot per farsi aiutare a preparare il falò.
Nell’istante in cui Merlin gli passò accanto, Arthur sentì il cuore spezzarsi come se una lama lo avesse trafitto, ma ignorò il dolore. Non poteva rischiare che i suoi sentimenti fossero scoperti e avrebbe continuato a trattare Merlin come un semplice servo, anche se non poterlo stringere gli faceva male al punto da togliergli il respiro.
Anche Merlin provava la medesima sensazione. Anche per lui era doloroso non poter stringere Arthur, ma sapeva che quanto c'era stato tra loro non si sarebbe più ripetuto e, nonostante la situazione lo facesse soffrire, nascose il tormento e si dedicò al fuoco in modo che Gwen potesse cuocere la cacciagione procurata da Lancelot.
Un paio d'ore più tardi, terminato il frugale pasto, Morgana e Gwen si appartarono nella tenda preparata per loro.
«Mia signora», sorrise Gwen abbracciandola commossa. «Avevo temuto per la vostra sorte e sono felice che voi siate qui».
«Ed io sono felice di sapere che presto sarai regina», replicò Morgana con sincerità. «Gwen, cara, sei sempre stata un’amica leale e sono contenta che il tuo futuro sia così roseo».
Gwen sorrise alle parole della donna che per anni aveva servito, poi lasciò che lo sguardo indugiasse sulle figure che si muovevano oltre la tenda. Arthur aveva afferrato un bastone e stava ravvivando il fuoco mentre Merlin, stanco per la lunga cavalcata, si era sdraiato per riposare.
Voltato lo sguardo, Gwen vide Lancelot seduto accanto a un albero. Il desiderio di raggiungerlo per confessargli il suo amore le procurò una dolorosa fitta allo stomaco e subito guardò altrove. Aveva accettato di sposare Arthur e sarebbe stata una moglie fedele.
«Cosa sta succedendo?»
La voce di Morgana la distolse dai pensieri.
«Nulla, mia signora», rispose prontamente Gwen, ma Morgana assottigliò lo sguardo e con un cenno del capo indicò Lancelot. «Con lui», disse. «Che succede tra voi?»
Nonostante la domanda l'avesse colta alla sprovvista, Gwen cercò di sembrare sincera. «Non succede nulla», rispose calma. «Perché pensate ci sia qualcosa tra noi?»
«Perché ho visto come lo hai guardato e non è lo sguardo che si rivolge a un amico. Ricordo che provavi dei sentimenti per lui. È forse successo qualcosa che vorresti raccontarmi?»
«Mia signora, voi...» replicò Gwen cercando di non far trapelare i suoi veri sentimenti. «Voi non dovete credere che io possa fare qualcosa per disonorare Arthur. Io sono felice di diventare sua moglie e non gli farei mai del male... ve lo assicuro».
Morgana le prese le mani e la fissò intensamente. Il sorriso, appena accennato, si allargò in un’espressione dolce e magnetica cui era impossibile sottrarsi. «Ma tu non lo ami».
Gwen sentì il cuore perdere un battito e incatenata da quello sguardo così limpido non riuscì più a mentire. «No, mia signora, non lo amo», confessò e chinata la testa attese che Morgana la biasimasse per il suo comportamento irriconoscente. Lei, una misera serva, era stata scelta dal sovrano di Camelot per governare sul regno e, ingrata per tale onore, aveva l’ardire di negare il proprio amore al futuro marito. Ma Morgana non espresse disapprovazione e si limitò ad abbracciarla com’era solita fare quando qualcosa la turbava.
«Ora dormi, cara amica, vedrai che un giorno sarai felice», le disse e sorridendo dolcemente le passò una mano davanti agli occhi.
Stanca per il viaggio e catturata dalla sua malia, Gwen si sdraiò e dopo pochi istanti si addormentò.
Afferrata una coperta, Morgana gliela pose sulle spalle e lasciò la tenda. Era dispiaciuta per lei e avrebbe voluto aiutarla, ma non lo poteva fare, non da sola, non era così forte per cambiare il suo destino, inoltre, c'era una situazione più urgente da risolvere e, adocchiato il fratellastro seduto accanto al fuoco, lo raggiunse. «Arthur nuovo sovrano di Camelot!» esclamò sedendosi al suo fianco. «Cosa si prova a essere re? Il potere ti fa sentire più forte?»
Arthur sollevò lo sguardo per posarlo su Morgana. Sul suo volto apparve un’espressione triste che gli tese i lineamenti, ma cercò di apparire sereno. «Non è cambiato nulla... solo le mie responsabilità verso il popolo e la donna che diventerà mia moglie».
«Sono contenta per te», annuì Morgana. «Finalmente sarai felice accanto alla persona che ami e Uther non potrà ostacolare il vostro amore. In fondo, questa maledizione ha portato a qualcosa di buono».
Arthur si sforzò di sorridere. Non poteva dirle che era Merlin la persona che avrebbe voluto al proprio fianco. Non poteva ammettere che era stato felice per la prima volta in vita sua mentre si spingeva nel suo corpo. L'unica possibilità che gli restava era mentire e lo fece. «Anch’io sono contento. Non avrei potuto trovare una moglie migliore».
Impugnato un bastone, Arthur iniziò a muovere il piccolo ceppo che ardeva sul fuoco sprigionando una nuvoletta di scintille che si perse nell’aria fresca della notte. Odiava mentire, ma avrebbe continuato a farlo per il bene del suo popolo.
«Mi fa piacere sentirtelo dire», sorrise Morgana e si alzò. «Vado a dormire». Posate le labbra sulla fronte del fratello lo salutò con un lieve bacio. «Anche tu dovresti riposare. Domani ci aspetta un lungo cammino».
«Tra poco», annuì Arthur. «Dormi bene».
Morgana si girò e sul suo viso apparve un lieve sorriso. Finalmente aveva le risposte che cercava, ne mancava solo una, la più importante, e per quella avrebbe dovuto attendere la mattina seguente quando avrebbe affrontato Merlin.

*****

Timidamente il sole si affacciò riscaldando la frizzante aria mattutina.
Morgana, svegliata dai rumori tipici della natura, uscì dalla tenda e vide Merlin intento a spegnere il falò. Mancavano due giorni di cammino prima di raggiungere Gilead e dovevano rimettersi in viaggio.
Annullata la distanza che li separava, Morgana sorrise eccitata; era arrivato il momento della verità.
Con un movimento improvviso afferrò il polso di Merlin e si protese per sussurrargli una frase che aveva il sapore della sventura. «Te l’ho detto che la mia magia è diventata molto forte?» sibilò, esibendo un sorriso rapace.
«Sì, mia signora», rispose Merlin celando il brivido che lo aveva scosso nell'attimo in cui la mano della ragazza si era stretta attorno al suo polso.
«Ora so praticare incantesimi che mai avrei immaginato: cose buone, ma anche cose cattive», ammise Morgana, e Merlin sentì una morsa stringergli lo stomaco; la giovane strega aveva rivolto lo sguardo verso Arthur e un brutto presentimento gli suggerì che stava per capitare qualcosa di terribile, ma cercò ugualmente di sembrare calmo. «Perché mi state facendo una tale confidenza?»
Morgana non rispose e si limitò a fissarlo e fu allora che Merlin vide nei suoi occhi una luce che mai avrebbe voluto vedere.
Le iridi della strega divennero gialle e tutto accadde in pochi secondi.
La ragazza urlò il nome del fratello per attirarne l’attenzione e Arthur si girò e le sorrise, ma in un attimo il sorriso gli morì sulle labbra.
Morgana aveva creato una sfera infuocata che lievitava sul palmo della sua mano. Sfera che con un lieve movimento del braccio gli scagliò contro.
Incredulo, Arthur non si mosse e Merlin, immobile accanto alla strega, registrò ogni attimo come se stesse osservando una sequenza di immagini al rallentatore e capì che non avrebbe potuto salvare il suo signore facendogli scudo col proprio corpo perché era troppo distante. Arthur sarebbe morto davanti ai suoi occhi.
Angosciato all'idea di perderlo, Merlin prese la decisione che gli avrebbe cambiato la vita e intervenne nell’unico modo possibile: usò la magia. E così, una seconda sfera luminosa andò a cozzare contro la prima deviandone la traiettoria contro un albero, a pochi passi da Arthur che ebbe salva la vita.
Improvvisamente nella radura calò un silenzio irreale.
Arthur, con le braccia abbandonate lungo il corpo, rimase immobile a osservare il fedele valletto con la mano ancora protesa verso di lui, e lo sguardo colpevole in attesa del giudizio finale.


Continua







Ciao a tutti,
Vi è piaciuto il nuovo capitolo? Spero di sì!
So che aggiorno con una lentezza stile bradipo, ma abbiate fede, anche se in ritardo l’aggiornamento arriva sempre!
Aspetto, se vorrete lasciarlo, qualche piccolo commentino. (È cosa sempre gradita).

Come consuetudine ringrazio chi legge, chi commenta, chi ha inserito la storia tra le preferite, chi tra le storie da ricordare e quelle seguite.
GRAZIE a tutti!




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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Disclaimer: i personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia, romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur - Gwen - Merlin - Lancillotto








Capitolo 15


Il vento mosse le fronde e gli uccellini cinguettarono. La natura si era svegliata e dava il buongiorno al gruppo di viandanti.
Gwen era ferma all’ingresso della propria tenda e Lancelot stava preparando i cavalli per il viaggio. Con stupore assistettero alla scena in cui Morgana attentava alla vita del re, ma senza poter fare nulla poiché la strega, approfittando dell’attimo in cui Merlin aveva deviato la sfera di fuoco da lei scagliata, pronunciò poche parole in una lingua sconosciuta e i presenti, fatta eccezione per Merlin, caddero al suolo privi di conoscenza.
Un secondo incantesimo e Merlin si trovò immobilizzato. L’attimo perso a osservare Arthur accasciarsi al suolo gli era stato fatale, perché Morgana ne aveva subito approfittato, e ora si trovava inerme, in balia di quella donna che pensava fosse sua amica. Si era fidato di lei, aveva creduto che lo avesse perdonato, ma le sue belle parole erano servite solo per attirarlo in trappola.
«Questo ti farà molto male», esordì Morgana e un luccichio attraversò le sue iridi di ghiaccio. «Ma è necessario affinché tu possa vedere e capire».
Posata la mano sul torace di Merlin, la strega pronunciò alcune parole. Un calore intenso avvolse le membra del giovane mago che non riuscì a trattenere un urlo di dolore.
Il contatto durò solo pochi secondi, poi Morgana tolse la mano e Merlin cadde in ginocchio, libero dalla malia che lo aveva paralizzato. Si strofinò gli occhi e alzò il volto per incontrare lo sguardo limpido della donna. «Non è possibile», sussurrò angosciato. «Ciò che ho visto è... è...»
«È il futuro», replicò la strega senza batter ciglio.
Merlin si coprì il volto con le mani e lentamente si lasciò scivolare a terra.
«Ora anche tu sai cosa ci aspetta», sussurrò Morgana sedendosi accanto a lui. «Se non facciamo qualcosa, tra poco più di un decennio molti innocenti moriranno».
Merlin scosse la testa sconvolto, gli sembrava tutto così assurdo. «E cosa potremmo fare? Non si può cambiare il futuro».
Morgana si lasciò sfuggire un lieve sorriso. Era venuto il momento di spiegargli ciò che aveva scoperto, quasi per caso, solo pochi giorni prima. «Come ti ho già detto, nel periodo in cui sono stata via ho vissuto con mia sorella. Grazie a lei so gestire il mio potere, ho appreso nuovi incantesimi e visitato luoghi lontani e misteriosi. Durante uno dei miei numerosi viaggi ho incontrato una vecchia strega che mi ha regalato una strana sfera. L’ho conservata per mesi senza capire cosa nascondesse e, una settimana fa, improvvisamente si è illuminata. Con Morgause ho osservato al suo interno ed ho visto il futuro che ho mostrato anche a te. Ho visto il matrimonio di Arthur con Gwen, la nascita del loro primo figlio e la ricomparsa della magia nel regno. Tutto perfetto finché tu non hai fatto ritorno a Camelot».
Merlin chinò il capo, avvertendo il peso della colpa ricadere sulle proprie spalle. Aveva visto il futuro e non riusciva a credere che sarebbe successo, che a causa sua Arthur, Lancelot e molti innocenti sarebbero morti, e non poteva accettarlo.
Morgana, conscia del suo tormento, accolse la sua mano tra le proprie per confortarlo e Merlin, chiusi gli occhi, rivide nella mente ciò che la ragazza gli aveva mostrato.
In un turbinio di immagini, a volte sfuocate a volte tanto nitide da far paura, vide se stesso lasciare Camelot in piena notte, alcuni giorni dopo aver assistito al matrimonio tra Arthur e Gwen.
Vide il biondo sovrano raggiungerlo nei pressi di una radura, la stessa in cui si erano amati la prima volta. I bei lineamenti di Arthur erano tirati e aveva gli occhi lucidi, come se avesse pianto.
Vide Arthur abbracciarlo e, pochi istanti dopo, vide se stesso rispondere all'abbraccio che li avrebbe uniti per un'ultima volta prima di tornare ciascuno alla vita infelice che il fato aveva riservato loro.
Affannato per le emozioni che lo stavano tormentando, Merlin continuò a rivedere le immagini del futuro assistendo, come fosse uno spettatore qualunque, al susseguirsi degli eventi. E così seguì il trascorrere degli anni in cui visse la propria vita lontano dall’unico uomo che avesse mai amato.
Ma il destino che li aveva voluti insieme, quello stesso destino che li aveva costretti a separarsi, li riavvicinò nel momento del bisogno.
Quando Arthur, durante una battuta di caccia, contrasse un morbo apparentemente inguaribile, Merlin tornò a Camelot, dopo nove anni di assenza e, di fronte a chi lo ricordava come il servo un po’ idiota del giovane principe, mostrò il suo potere e con la forza della magia guarì il sovrano.
Nell’attimo in cui Arthur riaprì gli occhi, e incrociò lo sguardo dell’ex valletto, fu chiaro a entrambi che i sentimenti provati in passato, invece di affievolirsi a causa della lontananza, erano vivi più che mai ed erano cresciuti.
Scampato a morte certa e felice del suo ritorno, Arthur accettò la sua natura di mago senza batter ciglio e lo nominò stregone di corte nonché suo consigliere personale.
Durante l’anno che seguì, i due vissero l’uno accanto all’altro amandosi in silenzio, platonicamente, finché una notte d'inverno, in cui il freddo sembrava penetrare nelle ossa e la bufera infuriava, si lasciarono trasportare dai sentimenti.
L'amore che nutrivano l'uno per l'altro, e che per tanto tempo avevano negato, si liberò dalle catene in cui era costretto e vinse sulla ragione, sicché i due uomini si amarono con un’intensità tale da esserne spaventati, con una passione coinvolgente che li lasciò stremati ma felici.
E quello fu l’inizio della fine.
Quando Merlin lasciò la stanza del re, Lancelot spalancò la porta. Li aveva visti insieme, aveva visto il tradimento di Arthur e non poteva accettarlo, non dopo aver rinunciato all'amore di Gwen per permetterle di vivere al suo fianco e, brandita la spada, si scagliò contro l’infame.
E la situazione precipitò.
Svegliata dai rumori della lotta, Gwen raggiunse Arthur e sentì Lancelot accusarlo di tradimento. Incredula li vide scontrarsi e dopo una lotta che le parve interminabile, vide Lancelot accasciarsi al suolo.
Un dolore accecante colmò la sua anima annientando ogni brandello di coscienza. Per dieci anni aveva negato i sentimenti per il cavaliere che giaceva morto ai suoi piedi, solo per onorare la promessa di fedeltà verso un sovrano che non si era fatto scrupoli a tradirla con Merlin, il suo fidato amico Merlin, e qualcosa nella sua mente si ruppe. Il dolore si trasformò in odio e l’odio in pazzia. Senza pensarci Gwen brandì la spada di Lancelot e trafisse Arthur, uccidendolo.
In piedi accanto al cadavere lo osservò per alcuni istanti senza provare il minimo rimorso poi urlò per attirare le guardie che accorsero.
Fingendosi sconvolta asserì che il sovrano e Lancelot erano stati vittime di un vile incantesimo che li aveva costretti a battersi fino alla morte.
Accusò del misfatto un giovane mago e dichiarò la magia nemica del regno.
Ogni mago, ogni strega, chiunque fosse portatore del dono doveva essere catturato e ucciso, compreso Merlin.
In questo modo Gwen si prese la vendetta nei confronti dell’uomo che aveva causato la morte di Lancelot e fu la fine per Camelot.
Merlin scosse la testa e aprì gli occhi. «Non è vero», mormorò sconvolto e fissò lo sguardo in quello di Morgana. «Gwen non sarebbe capace di un simile gesto. Non potrebbe uccidere Arthur. Il futuro che mi avete svelato è falso».
Morgana sospirò. Poteva capire lo scetticismo di Merlin, ma non poteva lasciare che negasse la terribile realtà. «Hai ragione», affermò con calma. «La dolce Gwen di oggi non ne sarebbe capace, ma la donna del futuro, che è rimasta per dieci anni con un uomo che non l’amava rinunciando all’amore per Lancelot, quella Gwen sarà capace di tutto, anche compiere un omicidio e accusare un mago solo per vendicarsi di te, reo di esserti finto per anni suo amico, mentre non avevi mai trovato il coraggio di confessare che amavi Arthur, la persona cui lei aveva giurato fedeltà e che in cambio l'aveva tradita».
Merlin guardò la giovane donna svenuta ai piedi della tenda e la sua immagine, mentre brandiva una spada grondante sangue, lo fece rabbrividire. «Me ne andrò oggi stesso», dichiarò. «Andrò lontano e nessuno sentirà più parlare di me».
«Non servirebbe a nulla perché torneresti se Arthur fosse in pericolo e allora il futuro che ti ho mostrato si avvererebbe, perché quando sarete insieme non potrete nascondere ciò che provate l’uno per l’altro. Il vostro amore è troppo forte perché possa essere dimenticato. Io lo so. Vi ho visti insieme».
Merlin arrossì. Era talmente sconvolto per il futuro angosciante che attendeva tutti loro da non considerare che Morgana sapeva di lui e Arthur. «Non c'è nulla tra noi», replicò per nascondere una verità che non poteva essere svelata. «Ci avete visti in un futuro assurdo che non si realizzerà mai. Arthur ama Gwen. Arthur governerà al suo fianco e saranno felici. Tutto ciò che la vostra sfera magica vi ha mostrato è una menzogna e non ne voglio più parlare. Liberate gli altri dall'incanto e fate sparire dalla mente di Arthur ciò che è successo, non deve ricordare di avermi visto usare la magia», aggiunse sulla difensiva pronto ad allontanarsi, ma Morgana lo fermò. Accolte le sue mani tra le proprie sorrise dolcemente. «È bello che tu cerchi di proteggere il tuo re negando i fatti, ma quando ho detto di avervi visti non mi riferivo al futuro». Morgana incatenò lo sguardo nel suo. «L'altro giorno mi trovavo nel bosco e ho sentito dei rumori. Quando mi sono avvicinata vi ho visti. Vi stavate amando, ma il vostro amore vi condurrà alla rovina».
Le gote di Merlin si imporporarono di nuovo e Morgana scosse la testa. «Io non vi giudico. Anche se impossibile, il vostro è un amore puro e voglio aiutarvi affinché lo possiate vivere».
Consapevole che continuare a negare l'evidenza non servisse a nulla, Merlin le rivolse un'occhiata scettica e sul volto di Morgana fiorì un sorriso sincero. «Oggi ho finto di voler uccidere Arthur per obbligarti a usare la magia davanti a lui. Se non fosse successo, avresti atteso ancora nove anni prima di esporti, ma ora Arthur sa cosa sei e dovrà decidere se accettarti o cacciarti. Se deciderà di continuare a volerti al suo fianco allora potremo cambiare il futuro».
Merlin sentì il cuore accelerare, avrebbe voluto credere che fosse possibile agire sul destino che incombeva su di loro. «Cambieremo il futuro?» ripeté. «E come? Solo perché oggi mi avete smascherato davanti ad Arthur, non significa che riusciremo a cambiare anche i prossimi eventi. L’unico modo per farlo è che io me ne vada e non torni più».
«Torneresti, lo so io e lo sai anche tu. Come so che Arthur non ti abbandonerà neppure ora che conosce la tua natura, e credo che la mia idea possa funzionare».
«Basta parlare per enigmi», la zittì Merlin. «Ditemi cosa vorreste fare».
Morgana annuì, spiegò velocemente la sua idea e Merlin, per la prima volta da quando l’incubo gli era precipitato addosso, rise divertito incapace di trattenersi. «Oh, Morgana, voi e le vostre strambe idee, Arthur non accetterà mai. Scordatevelo!»
«Dovrai essere tu a convincerlo, e comunque credo che accetterà».
Morgana si alzò e si avvicinò al giovane sovrano. Pronunciate poche parole guardò Merlin. «Tra qualche minuto si sveglierà e mostrerò a lui ciò che ho mostrato a te, poi sarà compito tuo fare in modo che ci aiuti per creare un futuro diverso».


Continua








Ciao a tutti.
non ho molto tempo quindi passo subito ai ringraziamenti:
Grazie a chi segue la storia, a chi l’ha inserita tra le preferite o tra quelle da ricordare.
Un grazie particolare a chi lascia un piccolo commentino.
GRAZIE a presto!


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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Disclaimer: i personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia, romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur - Gwen - Merlin - Lancillotto







Capitolo 16


Arthur aprì gli occhi e vide Morgana accanto a sé.
D’istinto cercò di impugnare la spada, ma la ragazza fu lesta nel posare la propria mano sul suo torace.
Il giovane re avvertì un forte dolore che lo tramortì. E così, come era successo a Merlin poco prima, anche Arthur vide il futuro.
Vide se stesso sofferente a causa di un’esistenza infelice poiché vissuta accanto alla persona sbagliata.
Assistette al ritorno dell’uomo che amava dopo anni di solitudine e vide il tragico epilogo del loro amore impossibile.
Vide il suo tradimento, l’uccisione di Lancelot, la sua morte per mano di Gwen e la fine della pace a Camelot.
Quando anche l’ultima immagine svanì, Arthur aprì gli occhi e fissò lo sguardo in quello della sorella. «Cosa succede? Perché hai cercato di uccidermi? E perché mi hai mostrato la mia morte per mano di Gwen? A che gioco stai giocando? Voglio una spiegazione e la voglio subito!»
Arthur si erse maestoso di fronte alla strega che però non abbassò lo sguardo. Morgana non lo aveva mai temuto, neppure quando non sapeva di possedere poteri magici, a maggior ragione non si sarebbe fatta spaventare ora che sapeva di essere potente. Ma il suo intento non era nuocere al fratello, solo metterlo in guardia e aiutarlo a capire cosa fosse meglio per il suo popolo, per il popolo magico e anche per se stesso.
Senza mostrare le emozioni che la tormentavano, perché quel futuro di morte spaventava anche lei, Morgana cercò di fornire una spiegazione al fratello per fargli comprendere l’orrore che attendeva tutti loro. «Ciò che ti ho mostrato è il futuro», dichiarò con estrema calma. «Tra una decina di anni ti macchierai di tradimento nei confronti della tua sposa e morirai per mano sua dopo aver ucciso il tuo migliore cavaliere, la magia verrà bandita e Camelot sprofonderà nel terrore».
Arthur strinse con forza i pugni e cercò nello sguardo della sorella un indizio che gli facesse capire che stava mentendo, ma non ne trovò.
Le sue parole, foriere di morte, lo colpirono al cuore; il viaggio intrapreso per salvare il suo popolo non sarebbe valso a nulla, avrebbe solo rimandato la disfatta del regno di una decina d’anni. A causa dei suoi sentimenti per Merlin, Camelot avrebbe di nuovo vissuto anni di terrore. Improvvisamente si sentì svuotato da ogni energia e avvertì il sapore amaro della sconfitta.
Ormai sull’orlo della disperazione sentì la mano di Morgana posarsi sulla sua spalla. «Non ti abbattere», sussurrò la ragazza decisa a fargli capire che non tutto era perduto. «Esiste un modo per scongiurare la catastrofe».
Arthur fissò la sorella e sul suo volto apparve un sorriso ironico. «Stai dicendo che tu puoi cambiare il futuro?»
«Certo», replicò Morgana con voce decisa. «E tu mi aiuterai».
Nonostante la sicurezza esibita da Morgana, Arthur scosse la testa titubante. «Se il destino è ormai segnato, come potremmo cambiarlo? Non sei una strega tanto potente altrimenti lo avresti già modificato da sola. Ed io sono solo un uomo, non sono una divinità, come posso aiutarti a cambiare il futuro?»
Morgana, comprendendo il suo scetticismo, indicò Merlin che si era seduto poco distante. «Forse ti è sfuggito un piccolo particolare, ma abbiamo già iniziato a cambiare il futuro. Fingendo di volerti uccidere ho costretto Merlin a mostrarti il suo dono. Se non lo avessi fatto, avrebbe mantenuto il segreto per altri nove anni, invece è successo oggi e con il suo aiuto cambierò anche i prossimi eventi, ma solo se tu sarai d’accordo».
Finalmente Arthur volse lo sguardo verso il fidato valletto. Merlin era seduto su un tronco poco distante e guardava il terreno fingendo disinteresse per la conversazione.
Il futuro angosciante che Morgana aveva mostrato, aveva fatto scordare ad Arthur quanto successo solo pochi attimi prima: Merlin lo aveva salvato usando la magia. Merlin era uno stregone.
Distolto lo sguardo dal giovane servo, Arthur osservò Morgana. La ragazza aveva visto il futuro e conosceva i suoi sentimenti per Merlin, inutile fingere che fossero solo amici. «Devo chiederti di lasciarmi solo con lui per qualche minuto, ho bisogno di parlargli, poi mi spiegherai come intendi cambiare il futuro».
«Può spiegarti tutto Merlin, a lui ho già detto cosa occorre fare». Senza aggiungere altro, Morgana si accomiatò dal re e si allontanò per concedergli qualche minuto di intimità con il suo amante.
Rimasto solo, Arthur fissò l'esile figura di Gwen. La ragazza, ancora vittima dell'incantesimo di Morgana, era distesa al suolo e pareva riposare serenamente.
Senza distogliere lo sguardo, Arthur pensò al futuro mostratogli da Morgana. Futuro in cui Gwen sarebbe rimasta al suo fianco e, nonostante non lo amasse, sarebbe stata un'ottima regina e una moglie premurosa fino al giorno in cui lui l'avrebbe tradita. A causa sua, Gwen sarebbe diventata un mostro, una donna senza cuore capace di uccidere anche gli innocenti.
Sconvolto, Arthur distolse lo sguardo dall'amica e lo indirizzò verso Merlin che se ne stava immobile, con la testa china, a osservare le braci del falò ormai spento.
Incredulo, Arthur ripensò a quanto successo solo pochi istanti prima. Gli occhi di Merlin avevano cambiato colore e dalla sua mano era scaturita una luce che lo aveva salvato; il ragazzo che aveva considerato per anni un servo idiota in realtà era un mago potente.
Il ricordo del loro incontro apparve nitido nella sua mente. In quell’occasione si era comportato in modo spavaldo e arrogante, lo aveva minacciato dicendogli che avrebbe potuto distruggerlo con un soffio e Merlin, con assoluta tranquillità, aveva risposto che avrebbe potuto farlo con molto meno. Ed era vero! Avrebbe potuto fargli male, se solo avesse voluto, ma non lo aveva fatto... mai!
E Arthur, finalmente, capì che dietro ogni scampato pericolo c'era Merlin. Il suo Merlin lo aveva aiutato, usando la magia, ogni volta che si era trovato nei guai.
Scacciati i ricordi, Arthur si alzò e raggiunse Merlin. «Guardami», disse. Il suo non voleva essere un ordine, piuttosto una richiesta e Merlin sollevò il viso, timoroso di leggere disprezzo in quel viso che tanto amava. «Perché non me lo hai detto?»
Merlin si sentì trapassare da quello sguardo così limpido che non minacciava, ma chiedeva solo una spiegazione, e non seppe cosa rispondere. Doveva ammettere di essere un codardo? Ma non era stata la paura a farlo tacere. Non aveva mai temuto la vendetta di Uther, ciò che lo spaventava non era la morte quanto la possibilità che Arthur lo rifiutasse.
Lo sguardo del sovrano continuava a essere fisso su di lui e Merlin sospirò. Doveva rispondere, anche se temeva di non riuscire a trovare le parole giuste. «Il mio destino è di starvi accanto per aiutarvi, con la magia, a diventare il miglior sovrano che il regno abbia mai avuto. Non potevo svelarvi chi fossi, e non perché temevo che Uther mi avrebbe messo a morte, ma perché con la mia morte avrei tradito il destino che mi lega a voi».
Merlin di nuovo sospirò, Arthur continuava a guardarlo e non riusciva a capire quali fossero i suoi pensieri, come avrebbe reagito al termine della sua confessione, ma ormai era tardi per recriminare su ciò che era stato e, nonostante l'ansia, si costrinse ad andare avanti. «Morendo non avrei portato a termine la mia missione e questa è stata la motivazione iniziale per cui ho mantenuto il segreto. In seguito, però, tutto è cambiato e non ho più trovato la forza di dirvi la verità perché non avrei sopportato di perdervi, non dopo aver capito quanto vi amo. Dovevo fidarmi di voi, lo so, ma la paura di essere considerato un mostro mi ha impedito di svelarvi la mia vera natura».
A stento Merlin trattenne le lacrime e con voce tremante concluse la confessione con un’ammissione di colpa e la muta richiesta di perdono. «Ho sbagliato», sussurrò. «Mi dispiace Arthur, mi dispiace di avervi mentito».
Di nuovo Merlin distolse lo sguardo. Si sentiva male perché non riusciva a leggere nell’espressione di Arthur quali fossero i suoi pensieri e temeva che il ragazzo non sarebbe più riuscito a fidarsi di lui. Temeva di averlo perso.
Mai in vita sua si era sentito tanto fragile e in silenzio attese la condanna.
Dopo attimi lunghi un’eternità, il re finalmente si sedette accanto a lui e, senza indugiare, accolse il suo volto tra le proprie mani.
Con il pollice gli sfiorò lo zigomo per poi disegnare il contorno delle sue labbra e Merlin si sentì pervadere da un brivido intenso che non riuscì a nascondere, tanto che Arthur sorrise e posò le proprie labbra sulle sue.
Un nuovo brivido pervase il corpo di Merlin. Tutto si sarebbe aspettato da lui, tranne un bacio.
Fu un bacio delicato, solo uno sfiorare di labbra che ebbe la capacità di far svanire dalla sua mente ogni dubbio, ogni preoccupazione.
Temeva che Arthur lo avrebbe considerato un mostro. Fin da piccolo era stato allevato disprezzando quelli come lui, ma con quell’unico gesto gli stava dicendo che lo amava e lo accettava.
«Ci conosciamo da più di due anni», esordì Arthur infrangendo il silenzio. «E non voglio dirti che non mi abbia fatto male scoprire che non ti fidavi abbastanza di me da svelarmi il tuo segreto, comunque non ti biasimo e posso addirittura capirti. Avevi un destino da compiere e ti sei prodigato in ogni modo pur di farlo avverare. Hai dovuto agire di nascosto e ora so che c'eri tu dietro strane vittorie e inspiegabili guarigioni. Se avessi scoperto all’inizio cosa sei, forse lo avrei accettato, o forse no, non posso dire oggi ciò che avrei fatto anche solo un anno fa, ma mio padre ti avrebbe condannato a morte, quindi è un bene che ti sia svelato solo ora, ora che non sono più il ragazzo viziato che hai conosciuto al tuo arrivo a Camelot. Ora che grazie a te ho cominciato a mettere le basi per diventare il re che tu credi io posso diventare».
Arthur sorrise perché negli occhi di Merlin poteva vedere una gioia profonda.
Quel ragazzo lo amava e avrebbe continuato ad amarlo per sempre. Nonostante avesse un potere enorme col quale avrebbe potuto distruggere Camelot, Merlin aveva deciso di mettersi al suo servizio, aveva deciso di donare quel potere a lui, solo a lui.
Come avrebbe potuto allontanarlo da sé?
Gli aveva nascosto la verità? Sì, lo aveva fatto! Ma poteva biasimarlo? Lui che in futuro avrebbe fatto di peggio!
Avrebbe tradito la moglie, ucciso Lancelot, condannato il regno alla distruzione! Come poteva permettersi di giudicare il comportamento altrui? Specialmente del ragazzo che amava. Sì, perché lui amava Merlin.
E poi cos’era più importante? Una bugia che li aveva aiutati ad arrivare vivi fino a quel giorno, o sapere da subito la verità che avrebbe potuto allontanarli?
La risposta era chiara e non avrebbe perso altro tempo trastullandosi in paranoie inutili.
Di nuovo accarezzò il volto di Merlin e di nuovo le loro labbra si unirono in un bacio vero, un bacio intenso e carico di passione.
«Questa volta te la sei cavata con poco», sorrise Arthur. «Ma in futuro vedi di non nascondermi più nulla o potresti pentirtene».
La minaccia, pronunciata con un tono sereno, fece sorridere Merlin. «E cosa vorreste farmi?» chiese con malizia. «Avete qualche nuova idea su come punirmi?»
Mentre pronunciava la domanda, Merlin posò la propria mano sulla gamba di Arthur che sorrise a tanta impudenza, iniziando a sentirsi eccitato.
«Credo che qualcosa mi verrebbe in mente», replicò con altrettanta malizia Arthur e di nuovo catturò le labbra di Merlin per un ultimo bacio.
Purtroppo, il futuro di disgrazie che incombeva su di loro li costrinse a ritornare con i piedi a terra e, pur controvoglia, si sciolsero dal bacio che li univa per concentrarsi sul modo per impedire che Camelot fosse distrutta.
«Morgana dice che ha un piano per salvare il regno. Parlamene».
Quando Merlin finì di esporre l'idea della strega, Arthur lo osservò in silenzio.
Ciò che il giovane amante gli ho aveva proposto avrebbe effettivamente cambiato il futuro, ora spettava a lui decidere se accettare o se correre il rischio di non fare nulla e attendere per capire se gli eventi tragici si sarebbero verificati.
Ovviamente, oltre all'idea di Morgana, Merlin aggiunse anche la propria che consisteva nell'abbandonare Camelot per non farvi più ritorno. Idea che Arthur scartò a priori e, alzandosi, osservò i corpi di Gwen e Lancelot distesi a terra e protetti da un sonno magico.
Si amavano, ma non sarebbero mai stati felici e avrebbero concluso la propria vita nel modo peggiore, e lui sarebbe stato la causa di tanta infelicità.
Mentre guardava gli amici, Arthur sentì i passi di Morgana, la ragazza era tornata per conoscere la sua decisione, e continuando a tenere lo sguardo fisso sui corpi dei due innamorati, incrociò le braccia al petto e si preparò a comunicarle quanto aveva deciso.


Continua






Forse avevate immaginato uno scontro tra Arthur e Merlin per la storia della magia, ma questa fiction è nata con l’intento di mantenere toni drammatici bassissimi, quindi ho immaginato una reazione molto serena da parte del re. Nessuna ritorsione, niente scene tragiche o addii, nessuna minaccia di morte per essere stato tradito, semplicemente Arthur capisce le motivazioni del valletto e le accetta poiché non si sente di giudicare le azioni altrui quando anche le proprie, in futuro, sarebbero state pessime e, comunque, stare con Merlin è più importante di tutto il resto quindi ho deciso che lo avrebbe accettato senza batter ciglio. Diciamo che in questa FF il mio Arthur è un po’ OOC, però mi piaceva l’idea che non facesse storie e ho deciso per una reazione tranquilla.
Per quanto riguarda l’idea di Morgana su come modificare gli eventi e il fatto che Arthur la accetti o no, vi rimando al prossimo aggiornamento.
Abbiate fede, ancora un paio di capitoli, al massimo tre, e tutto sarà finito.

Approfitto per ringraziare chi sta seguendo la storia e chi trova un attimo per lasciare un commento che è sempre GRADITISSIMO.
GRAZIE!



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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Disclaimer: i personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia, romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur – Gwen - Merlin – Lancillotto








Capitolo 17


Camelot, quindici anni dopo.

«Ti togli dalla mia veste? Non vedi che mi stai calpestando l’orlo», sibilò stizzito Arthur.
«Sei il solito somaro. Sai benissimo che non indossi una veste», replicò Merlin volgendo lo sguardo al cielo. Nell’attimo in cui aveva aperto gli occhi, quella particolare mattina, incrociate le iridi celesti dell’amato somaro aveva capito che la giornata sarebbe stata un vero incubo perché, come ogni anno, Arthur l’avrebbe resa insopportabile.
«Ebbene... nel caso la indossassi, in questo momento tu mi staresti pestando l’orlo!» protestò vivacemente il reale babbeo e, ignorata l’espressione rassegnata di Merlin, continuò a lamentarsi. «Spiegami che bisogno c’era di arrivare a tanto. Mi sento ridicolo. Non potevi farlo tu? Il tuo corpicino esile si sarebbe prestato meglio a tutto ciò! Perché io? Perché devo subire questa tortura? Non è sufficiente la finzione che mi fa apparire tanto ridicolo per tutto l’anno? Che bisogno c’è di renderla reale per un’intera giornata?»
La voce dell’ex sovrano di Camelot rimbombò nelle orecchie del mago che sbuffò sonoramente.
Continuando a camminare nella grande piazza, che li avrebbe condotti fino al castello, Merlin cercò di rispondere con infinita pazienza all’uomo che amava e che avrebbe sempre amato, nonostante la crescente asineria. «Ogni anno la stessa storia... possibile che devi porre sempre la medesima domanda? Anche se lo chiedessi mille volte, non servirebbe a cambiare ciò che è stato e che sarà per il resto dei nostri giorni. Tu eri il sovrano, io il mago, quindi tu dovevi cambiare, io dovevo fare la magia. E adesso evita di comportarti come un somaro capriccioso e ricorda che a mezzanotte tutto sarà finito e torneremo a casa, insieme».
Arthur, senza smettere di tenere il broncio, seguì Merlin e raggiunsero la scalinata che conduceva all’interno del castello.
Passando davanti a un gruppetto di cavalieri ricevette l’occhiata interessata di alcuni di loro e vide Merlin che sorrideva. «Ti diverte vedermi così?» chiese stizzito e cortesemente rispose al saluto degli uomini che si inchinavano al suo passaggio.
«Io non ti vedo così... io ti vedo come sei realmente, gli altri ti vedono così», replicò Merlin con assoluta calma.
«Gli altri mi vedono così tutto l’anno», rimbeccò Arthur a denti stretti. «Lo so e l’ho accettato, ma si dà il caso che anch’io riesca a vedermi così in questo giorno infernale e ti assicuro che è terribile».
Arthur pronunciò la frase e attese che Merlin ribattesse, ma Merlin non disse nulla poiché con la mente era tornato al giorno in cui Morgana gli aveva parlato dell’incantesimo che avrebbe cambiato il futuro.
Quando la donna aveva svelato cosa sarebbe successo ad Arthur, Merlin aveva provato a immaginare la reazione del biondo e, nonostante la tragedia incombesse su tutti loro, era riuscito a trovare la forza di sorridere certo che Arthur, prima di acconsentire, avrebbe espresso in modo esilarante le proprie rimostranze.
Ma Arthur aveva accettato senza batter ciglio poiché sapeva che era l’unico modo per salvare Camelot e tutti loro.
Ovviamente, quando si avvicinava il momento fatidico in cui l'incantesimo doveva essere ripetuto, iniziava a dare segni di nervosismo che il più delle volte rischiavano di far impazzire Merlin.
E quel giorno Arthur era particolarmente su di giri.
Dopo una breve pausa, che il mago assaporò come fosse una boccata d’aria fresca in una giornata afosa, Arthur riprese a lamentarsi. «Tra poco meno di una quindicina di minuti io diventerò lei. Camminerò come lei, parlerò come lei, e se la mia immagine si rifletterà in uno specchio, o se pioverà e ci sarà una pozzanghera, io vedrò lei, non me! Vedrò i suoi folti capelli, il suo abitino stretto, il suo...». Arthur abbassò la testa e lasciò che lo sguardo si fermasse sul suo torace marmoreo, che entro pochi minuti avrebbe assunto una diversa consistenza, ed evitò di finire la frase. Non voleva neppure pensare al seno prorompente che di lì a poco sarebbe apparso e lanciò l’ennesima occhiataccia a Merlin. «Oggi sarò lei... e costretto nel suo corpo mi sentirò un perfetto idiota».
Siccome Merlin continuava a camminare in silenzio senza mostrare il minimo interesse per le sue lamentele, Arthur assottigliò lo sguardo. «Tu sei abituato a essere considerato un idiota, quindi avresti dovuto farlo tu. Questo ruolo spettava a te», dichiarò acido per costringere l'amato a reagire, ma Merlin si limitò ad alzare gli occhi al cielo. Fortunatamente quel giorno capitava solo una volta l’anno, in occasione del compleanno di Arthur, e avrebbe sopportato il biondo amante con infinita pazienza.
Quando iniziarono a percorrere il corridoio del castello, finalmente Arthur tacque e Merlin gli lanciò un’occhiata di sfuggita.
Lo osservò camminare impettito di fianco a sé e a stento trattenne un sorriso.
Sapere che dietro quell’esile figura si nascondeva niente meno che Arthur, era esilarante. Un po' meno divertente era sapere che per un giorno Arthur si sarebbe veramente trasformato in quella donna.
Cercando di mantenere un atteggiamento distaccato, Merlin sorrise. Durante i quindici anni trascorsi con Arthur gli aveva sempre mentito perché non se l’era sentita di dirgli che anche lui, se voleva, poteva vederlo come lo vedevano gli altri e in quel momento lo stava facendo.
Un'ultima breve occhiata, poi Merlin abbandonò la visione e di fronte a lui riapparve l'uomo favoloso che amava.
Nonostante gli anni fossero passati, e nonostante avesse alle spalle trentasette primavere, Arthur restava la creatura più bella che avesse mai incontrato. I suoi capelli color oro risplendevano, gli occhi azzurri continuavano a essere ammalianti e profondi, il suo fisico era ancora sodo e forte come ai tempi del loro primo incontro, insomma, era sempre bellissimo. Aveva iniziato ad amarlo quando erano solo due ragazzini, avrebbe continuato ad amarlo anche quando fossero stati due anziani signori petulanti.
Giunti dinanzi alla sala del trono, Merlin e Arthur vennero annunciati da un cavaliere che aprì loro la porta e poi se ne andò.
Gwen, vedendoli, si avvicinò sfoggiando un enorme sorriso. «Merlin, che gioia averti qui», disse e subito volse lo sguardo verso Arthur e si inchinò.
«Sire».
Arthur le porse la mano costringendola ad alzarsi prima che qualcuno potesse accorgersi del suo gesto.
«Scusatemi Arthur». Gwen sorrise imbarazzata. «Ma quando vi vedo, non riesco a trattarvi come se foste una persona qualunque, per me sarete per sempre il re di Camelot», affermò commossa.
Anche a lei, come a Merlin, era permesso vedere oltre la malia e per lei Arthur appariva come l’uomo che era, ossia uno splendido trentasettenne dall’aspetto regale, la barba bionda con qualche filo argentato, e un sorriso smagliante.
Arthur le baciò la mano e si avviò verso il centro della sala dove tutto era già stato preparato per ciò che doveva accadere e mentre avanzava gli tornarono in mente gli avvenimenti di quindici anni prima, quando scoprì cosa gli riservava il futuro, quando seppe della magia di Merlin e, soprattutto, quando prese la decisione che avrebbe cambiato le vite di tutti loro.


Presente

Arthur era immobile al centro della radura. Lo sguardo fiero fisso sugli amici addormentati. Dalla sua decisione sarebbe dipeso tutto. «Lo farò», annuì con tono solenne e Morgana sorrise soddisfatta. Lentamente si accostò al fratello e, per la prima volta in vita sua, gli sfiorò la guancia con le labbra per dimostrargli il suo affetto. «Stai facendo la cosa giusta, il tuo sacrificio salverà molte vite».
Arthur la guardò negli occhi e le posò le mani sulle spalle. Morgana aveva ragione, agendo in quel modo avrebbe salvato molte vite e avrebbe dato la possibilità a Gwen e Lancelot di vivere il loro amore, ma non era l'unico risvolto positivo. «Ti sbagli, cara sorella», confessò sorridendo. «Non è un sacrificio perché io non sto rinunciando a tutto, ma sto sfruttando la possibilità di vivere accanto alla persona che amo».
Convinto della decisione presa, Arthur si voltò verso Merlin che lo stava osservando con le lacrime agli occhi, incapace di decidere se essere contento o triste. Arthur non stava rinunciando al trono solo per salvare il suo popolo, lo stava facendo anche per dare una possibilità al loro amore.
Con la vista offuscata dalle lacrime, che non volevano smettere di rigargli le gote, Merlin lo vide camminare nella sua direzione.
Quando furono faccia a faccia, Arthur gli accarezzò il volto per asciugargli le lacrime e sorrise. «Tu piangi, tu ti commuovi, tu odi cacciare, tu non sai come si tiene in mano una spada, insomma, sei la classica donzella indifesa bisognosa di aiuto, allora perché non la fai tu la parte della donnicciola? Ti vedrei bene con addosso un abitino in pizzo, saresti una fanciulla deliziosa».
Merlin lo allontanò con una leggera spinta e finse di essersi offeso. «Io non sono una donzella piagnucolosa, però sono più sensibile di voi, che il più delle volte vi comportate come un bruto», sbuffò contrariato.
Arthur incrociò le braccia al petto e gli rivolse un'occhiataccia. «E l’idea di vedermi trasformato in una fanciulla non ti diverte neanche un po’?» chiese assottigliando lo sguardo.
Merlin finse di pensare a quale risposta dare e, dopo pochi secondi di riflessione, si abbandonò a una risata divertita. «Nulla potrebbe rallegrarmi di più! Ma né io, né i presenti, vedremo la magia che vi nasconde agli occhi del mondo, quindi non temete, io vi vedrò sempre così come siete: biondo, bello, aiutante e somaro».
Arthur gli mise una mano sulla spalla e sorrise, era abituato alla sua impudenza e lo adorava quando usava la sua lingua tagliente.
Senza badare a Morgana, che li stava osservando, lo attirò a sé e lo baciò con passione.
Quando si staccarono per prendere fiato, Merlin arrossì vedendo gli occhi della giovane strega puntati su di loro e Arthur rise divertito. «Io dovrò fare la parte della donna e tu arrossisci perché ti bacio davanti a Morgana, sei un idiota, lo sai vero?»
«E voi siete il solito somaro arrogante... e temo non cambierete mai», rimbeccò Merlin, mentre Arthur continuava a ridere.
«Ora che vi siete chiariti andiamo avanti», li interruppe Morgana. «Sei sicuro?» chiese ad Arthur per avere un'ulteriore conferma. «Rinuncerai al regno e al titolo? Lo farai veramente? La tua vita cambierà per sempre. Non sarai più il nobile cavaliere che tutti conoscono. Sei davvero pronto ad affrontare ciò che ti aspetta?»
Lo sguardo del sovrano indugiò su Gwen e Lancelot ancora distesi a terra. Stavano dormendo protetti dalla magia di Morgana. Erano sereni, ma in futuro, a causa sua, uno sarebbe morto e l'altra sarebbe impazzita e si sarebbe trasformata in una crudele assassina e non poteva permettere che accadesse. Il trono e il potere non valevano le loro vite.
Inoltre c’era Merlin. Rinunciare al trono significava poter vivere con lui. «Lo farò», ripeté convinto e in quel momento il futuro venne riscritto.


Continua








Spero che questo capitolo non sia stato troppo caotico. Il prossimo, che sarà anche l’ultimo, metterà chiarezza.
Abbiate fede, nel prossimo tutto diverrà chiaro.

Come sempre approfitto per ringraziare chi segue la storia, chi l’ha inserita tra le preferite e, soprattutto, chi lascia una breve e GRADITISSIMA RECENSIONE!
GRAZIE! Ci sentiamo presto per il finale.
Ciao a tutti.



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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Disclaimer: i personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia, romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur - Gwen - Merlin - Lancillotto









Capitolo 18


Camelot, quindici anni dopo.

La porta della sala del trono si aprì nuovamente e sulla soglia comparve Lancelot.
L’uomo si avvicinò a Merlin e lo abbracciò, felice di rivederlo dopo tanto tempo, poi afferrò la mano che Arthur gli stava porgendo e gliela strinse con forza. «È bello rivedervi sire».
Arthur sorrise, nonostante fossero trascorsi quindici anni dal giorno in cui le vite di tutti loro erano cambiate radicalmente, Lancelot non aveva smesso di rivolgersi a lui con il suo titolo nobiliare, un titolo che non gli apparteneva più da tre lustri, ma Lancelot non poteva impedirselo. Anche lui, come Merlin e Gwen, vedeva Arthur con il suo vero aspetto e lo considerava l'unico sovrano di Camelot, e neppure se avesse governato cento anni in sua vece sarebbe mai riuscito a eguagliarne il valore e si sentì ancora più grato perché Arthur aveva riposto in lui tanta fiducia da cedergli la sua vita e il suo regno.
Un leggero sbattere di ali richiamò l’attenzione dei presenti.
Dalla finestra, lasciata volutamente aperta, entrarono due splendidi corvi neri che si posarono sul pavimento. In pochi istanti i due uccelli presero le sembianze di Morgana e Morgause.
Senza parlare la strega bionda fece un cenno ad Arthur e Lancelot, e insieme si accostarono al trono dove Arthur si accomodò mentre Lancelot rimase in piedi al suo fianco.
L’incantesimo, finalmente, poteva essere pronunciato.



Presente.

Morgana si avvicinò a Gwen per sciogliere la malia che la teneva imprigionata in un sonno magico. Quando la futura regina aprì gli occhi, vedendo la donna china su di sé si scostò, visibilmente spaventata.
Immediatamente si guardò attorno, alla ricerca di qualcosa da usare per difendersi, e vide Merlin vicino a Lancelot. Il cavaliere si stava massaggiando la testa, poi spostò lo sguardo poco più in là e vide Arthur.
Con enorme sollievo notò che stavano bene.
Confusa afferrò la mano che Morgana le stava tendendo e lasciò che l’aiutasse ad alzarsi.
Disorientata, osservò la giovane donna che le sorrise dolcemente. «È tutto a posto», la rassicurò Morgana. «Arthur sta bene, e anche Merlin e Lancelot stanno bene. Non c’è molto tempo per le spiegazioni quindi cercherò di essere concisa».
La strega fece un cenno a Lancelot che si avvicinò in modo che potesse sentire le sue parole e spiegò brevemente quanto successo nella radura e quanto sarebbe successo in futuro.
«Per il momento questo è tutto», concluse Morgana esortandoli a muoversi. «Il resto lo saprete quando arriveremo a destinazione. E adesso andiamo, dobbiamo riprendere il viaggio».
Durante il tragitto Gwen, in sella al proprio destriero, osservò i membri del gruppo. Non riusciva a credere che sarebbe stata capace di uccidere Arthur per vendicare la morte dell'uomo che amava.
Scacciata l'immagine di Lancelot steso a terra morente, si concentrò su Arthur. Il giovane sovrano guidava la comitiva e Merlin era al suo fianco.
Un sorriso triste le tese le labbra e sospirò. Era lui la persona che Arthur amava, la persona che avrebbe dovuto rimpiazzare in quel matrimonio privo d’amore e la cosa non la stupì. Li aveva visti insieme tante volte, aveva visto come si divertivano, era palese che si amassero, com’era palese che avessero sofferto ogni giorno perché consapevoli che il loro era un amore proibito destinato a rimanere solo un sogno.
Distolto lo sguardo dagli amici, Gwen lo indirizzò verso Morgana. La strega aveva detto che Arthur avrebbe compiuto un sacrificio per il bene di tutti loro, ma a cosa avrebbe rinunciato?
Diversi interrogativi le passarono per la mente e avrebbe voluto una risposta immediata, ma decise di attendere finché Morgana non fosse stata pronta a parlare e così continuò a seguire il gruppo e, posato lo sguardo su Merlin, sorrise tristemente.
Il suo caro amico, il giovane goffo che tutti credevano un servo idiota, e per il quale nutriva un profondo affetto, era un mago, un potente stregone che si era esposto innumerevoli volte solo per aiutare lei e le persone che amava e pensò al futuro, ma non riuscì a odiarlo per averle taciuto i suoi sentimenti per il re; anche Merlin, come lei, amava una persona che il destino gli aveva negato e non lo biasimò per essersi lasciato andare e per aver accettato di vivere un attimo di felicità, anche se, a causa di quell'unica debolezza, tutti loro avrebbero pagato con la vita.

*****

Al calare delle tenebre i cinque viandanti si rifugiarono all'interno di una grotta.
Accesero un fuoco e, dopo un frugale pasto, si sedettero attorno al falò per ripararsi dal freddo.
Merlin ravvivò la fiamma e Arthur si sedette accanto a lui pronto a svelare agli amici ciò che ancora non era stato detto. Mancava poco alla meta e ciascuno di loro doveva sapere quale fosse il proprio compito.
Guardò la sorella che annuì. Morgana voleva fosse lui a parlare e, stretta la mano di Merlin nella propria, Arthur osservò Gwen e Lancelot, pronto a informarli su come il destino di tutti loro stava per cambiare. «Morgana vi ha parlato del futuro e di quanto accadrà a causa dei sentimenti che provo per Merlin e dei quali non mi vergogno», esordì stringendo con più forza la mano dell'uomo che amava. «Purtroppo, come re di Camelot non posso amare un uomo e dovrò sposare Gwen, una persona che stimo ma che non amo, e che a sua volta non mi ama poiché il suo cuore è già impegnato, e questo ci porterà alla rovina. Morgana mi ha spiegato come fare per impedire che ciò avvenga ed io ho deciso di accettare la sua proposta. Merlin è d’accordo, manca solo il vostro consenso. Se ve la sentirete, da domani le nostre vite cambieranno e non sarà possibile tornare indietro».
Arthur prese fiato, ciò che stava per dire gli sembrava pazzesco, e sotto alcuni aspetti anche ridicolo, ma era l’unico modo per evitare una tragedia annunciata.
Sempre stringendo la mano del giovane amante, come a voler sottolineare che non si curava del giudizio altrui e non avrebbe mai rinnegato il suo amore, riprese il discorso osservando con interesse le varie espressioni dei presenti che ascoltavano increduli e confusi. «Domattina Morgause si unirà a noi e insieme raggiungeremo Gilead. Il giorno successivo coincide con il mio ventiduesimo compleanno. Se non giurerò dinanzi allo stregone dell’isola che io e i miei eredi rispetteremo la magia, allora morirò tra mille tormenti e il popolo di Camelot sarà distrutto, ma io non ho intenzione di fare quel giuramento. Sarà Lancelot a giurare al mio posto».
«Io?» chiese Lancelot perplesso, incapace di comprendere per quale motivo il giuramento dovesse farlo lui.
«Non essere stupito», gli disse Arthur e sorrise. «Non per così poco. Aspetta di sentire il resto e nulla più ti stupirà!» Rivolta un'occhiata complice alla sorellastra, Arthur riprese il discorso. «Morgause, aiutata da Merlin e Morgana, farà un incantesimo; il futuro verrà stravolto e anche le nostre esistenze». Schiarita la voce Arthur osservò Lancelot. «Grazie all'incantesimo tu assumerai le mie sembianze e accompagnerai Gwen nella cappella, berrai dall'ampolla e farai il giuramento. In seguito la vostra unione verrà benedetta dallo stregone e tutti noi saremo liberi di tornare a casa. Rientrati in patria, il vostro matrimonio verrà celebrato davanti al popolo. Da quel momento diventerete Re e Regina di Camelot».
Di nuovo Arthur si interruppe per osservare gli amici che erano rimasti a bocca aperta per lo stupore e, concessi loro alcuni secondi, riprese il discorso per concluderlo. «Ovviamente Lancelot apparirà agli occhi di tutti, fatta eccezione per i presenti, con il mio aspetto e ciò comporta che anch’io assuma altre sembianze che mi permettano di continuare a vivere alla luce del sole senza dovermi nascondere per paura di essere riconosciuto; due Arthur Pendragon non potrebbero coesistere. E questa è la parte dell’incantesimo che mi disgusta e che vorrei cambiare». Arthur rivolse a Morgana un'occhiata supplice, ma sul bel viso della sorella apparve un sorriso divertito che non gli sfuggì. «La cosa ti diverte, vero?» chiese sbuffando.
«Non sai quanto», rispose Morgana.
«Sei davvero una strega», masticò a denti stretti Arthur. «Mi vuoi ripetere perché dovrò assumere le sembianze di una donna?»
Morgana allargò le braccia e fece spallucce. «Vuoi o non vuoi stare con il tuo bel maghetto?» chiese con tono ovvio. «Con le sembianze di una donna tu e Merlin potrete vivere il vostro amore proibito alla luce del sole».
Arthur annuì. «Grazie sorella, avevo bisogno di riascoltare la motivazione per cui sto accettando di diventare Morgause».
L’idea di essere visto da tutti come una donna non lo rendeva felice, però era anche vero che le sembianze della strega gli permettevano di stare con Merlin alla luce del sole, inoltre la donna non era una fanciulla indifesa e assumendo il suo aspetto avrebbe potuto partecipare ai tornei e farsi beffa di molti cavalieri.
Pensando a Morgause, Arthur si sentì in difetto. L'aveva mal giudicata. Di tutti era l'unica a non guadagnarci nulla eppure aveva accettato di rinunciare alle sue sembianze per permettergli di vivere al fianco di Merlin.
«E sia», disse finalmente mettendo da parte lo stupido orgoglio poi fissò Merlin, guardandolo con gli occhietti ridotti a due piccole fessure e un’espressione maliziosa che non sfuggì ai presenti. «Non farti venire strane idee. Donzella o no, continuerò a essere io l’uomo di casa!»
Merlin sentì su di sé gli occhi dei presenti, e il suo viso, solitamente pallido, assunse un bel colorito rosso porpora. «Sire, siete un somaro», sussurrò e una sonora risata accolse le sue parole.
Qualche secondo più tardi, ricevuta da Merlin una gomitata nel costato, Arthur finalmente smise di sghignazzare e si concentrò su quanto ancora doveva essere detto. «Ogni anno, nel giorno del mio compleanno, il mio spirito e quello di Morgause si scambieranno. Io entrerò in lei e per quell’unico giorno assumerò il controllo del suo corpo. Così come lei farà con il mio perché in quel giorno l’incantesimo dovrà essere replicato per mantenere viva la malia che ci permetterà di nascondere le nostre sembianze agli occhi di tutti».
Terminata la parte di sua competenza, Arthur lasciò la parola a Morgana affinché spiegasse il ruolo della sorella. «Perché l’incantesimo produca gli effetti desiderati, serve che sia recitato da tre stregoni e uno dei tre dovrà fare da tramite tra Arthur e Lancelot. Morgause sarà il tramite. L’incantesimo durerà pochi minuti, ma lo spirito di mia sorella dovrà restare nel corpo di Arthur per tutto il giorno perché è l’unico modo per permettere alle sue spoglie mortali di resistere alla potenza della malia durante l’incantesimo. Se Morgause non si curasse del suo corpo, Arthur non riuscirebbe a resistere alla forza che lo attraverserà e morirebbe».
Informati i presenti dell'ultimo tassello, Morgana e Arthur rimasero in silenzio e osservarono Gwen e Lancelot; affinché l'incantesimo potesse avere effetto mancava la loro approvazione.
Il primo a parlare fu Lancelot, ancora incredulo che Arthur volesse rinunciare al trono offrendo a lui e a Gwen, oltre alla possibilità di vivere insieme, un futuro da leader. Un futuro per il quale non credeva di essere pronto. «Voi non potete dire sul serio», esordì sconvolto. «Io non potrei mai governare Camelot al vostro posto. Non sono nemmeno un nobile, non sono niente, e non ho le capacità per fare ciò che mi chiedete».
Arthur sorrise, in fondo lui era stato allevato sapendo che un giorno il regno sarebbe stato suo, era stato preparato sin dalla culla ad assumersi la responsabilità del popolo e poteva capire che Lancelot fosse terrorizzato all'idea che tutto sarebbe ricaduto sulle sue spalle entro pochi giorni. Chi non lo sarebbe stato?
Se Lancelot avesse accettato senza fiatare, significava che non aveva capito l’importanza di quanto stava capitando e, una volta ancora, Arthur si convinse di aver fatto la giusta scelta. Lancelot sarebbe stato un sovrano buono e pronto a sacrificarsi per il bene del regno.
«È vero», annuì Arthur. «Tu non sei nobile, ma sei un uomo onesto. Sei valoroso e sai cosa è giusto e cosa non lo è. Inoltre avrai Gwen al tuo fianco e lei ti aiuterà. Se dovessi avere bisogno di me, ti basterà chiamare ed io verrò. Sono sicuro che sarai un ottimo sovrano. Se non lo pensassi, non avrei mai accettato di consegnarti il mio popolo».
Lancelot ascoltò ogni parola senza emettere un fiato. Aveva il viso di un pallore incredibile, come se stesse per sentirsi male. Aveva paura, una paura folle di non riuscire a essere ciò che tutti si aspettavano da lui.
«Se io posso fingere di essere una donzella per i giorni a venire, allora tu puoi fare il re», lo spronò Arthur per cercare di infondergli coraggio e finalmente sul volto di Lancelot comparve un tenue sorriso.
«Accetto», dichiarò il giovane cavaliere con un filo di voce e, sigillato l'accordo con una stretta di mano, il discorso venne chiuso e tutti loro si stesero accanto al fuoco per cercare di dormire. La giornata era stata lunga e ricca di emozioni e avevano bisogno di riposo prima di affrontare l'ultima prova.



Camelot, 15 anni dopo.

Morgause fissò Arthur per un breve istante poi allungò una mano e l’uomo gliela strinse. Il rituale che li avrebbe uniti stava per iniziare per il quindicesimo anno consecutivo.
Gli occhi della donna divennero color oro e nella stanza scese l’oscurità.
Merlin, a pochi passi da loro, levò le braccia al cielo e Morgana lo affiancò. Non c'era tempo per i convenevoli, dovevano agire in fretta.
Il mago pronunciò alcune parole in una lingua sconosciuta e, mentre i suoi occhi mutavano diventando color oro, una luce accecante lo avvolse.
Merlin risplendeva nell’oscurità creata da Morgause, e Arthur guardò ammaliato la sua esile figura, incantato dalla sua bellezza eterea che lo faceva sembrare una divinità.
Parecchie volte lo aveva visto far uso della magia, ma solo per piccoli incantesimi. In quel giorno particolare Merlin mostrava tutto il suo potere. Un potere infinito che avrebbe potuto usare per diventare la creatura più importante di ogni regno, ma che aveva sempre tenuto nascosto poiché l’unica cosa che voleva dalla vita era vivere al suo fianco.
Arthur lo guardò ammirato e felice perché quell’uomo così potente aveva rinunciato a tutto per stare con lui e sentì di amarlo sempre più.
Mentre si lasciava trasportare dai pensieri, Arthur vide Morgana estrarre una piccola ampolla dalla veste e consegnarla a Merlin che bevve parte del liquido in essa contenuto.
Ripresa l'ampolla dalle sue mani, anche Morgana bevve un piccolo sorso. Immediatamente fu circondata dalla stessa luce che avvolgeva il corpo del mago e insieme tesero le mani verso Morgause.
Dal palmo di entrambi si sprigionò un bagliore dorato che avvolse il corpo della strega bionda.
La donna afferrò il pugnale, che portava sempre con sé, e si procurò un piccolo taglio al polso. Con lo stesso coltello procurò il medesimo taglio al polso di Arthur e avvicinò le due ferite in modo che il sangue dell’uno potesse mischiarsi al sangue dell’altra.
Pochi attimi e il corpo di Arthur fu scosso da fremiti incontrollabili finché smise di muoversi e si accasciò sul seggio reale. Il suo spirito era entrato nel corpo di Morgause mentre le sue spoglie umane giacevano sul trono apparentemente senza vita. Gli faceva sempre effetto vedere se stesso in quella condizione, con gli occhi chiusi, la testa abbandonata sulla spalla, come se stesse guardando il proprio cadavere.
Ancora qualche secondo e il corpo si mosse. Lo spirito di Morgause si era trasferito in lui e vi sarebbe rimasto per l’intera giornata fino allo scoccare della mezzanotte.
Ora la strega poteva portare a termine l’incantesimo.
Alzò il braccio e, dopo aver ferito Lancelot, avvicinò i tagli.
Nell’attimo in cui vi fu il contatto, Morgause si voltò verso Merlin. Era giunto il momento che tutti attendevano.
Il mago si avvicinò e la donna posò la propria mano destra sul suo torace. Subito fu investita da una forza devastante. Se vi fosse stato lo spirito di Arthur nel corpo, l’uomo non avrebbe sopportato tanto potere e sarebbe morto.
Dopo attimi che parvero eterni, Morgause riuscì a riprendere il controllo del corpo che stava possedendo e poté continuare il rituale.
Una piccola parte del potere assorbito da Merlin fluì nel sangue di Lancelot e l’uomo sentì un calore improvviso, segno che l’incantesimo stava producendo gli effetti sperati.
Ancora qualche istante e Morgause lasciò liberi dal suo tocco sia Merlin che Lancelot. Il rito era concluso.
Per il successivo anno, Lancelot avrebbe mantenuto le sembianze di Arthur agli occhi del mondo e avrebbe continuato a governare su Camelot.
Una leggera brezza spazzò l’oscurità e i presenti assistettero, come ogni anno, al momento peggiore, il momento in cui Merlin, svuotato della sua forza, si accasciava al suolo privo di conoscenza. Fino allo scoccare della mezzanotte non avrebbe ripreso i sensi. La magia doveva tornare lentamente a scorrere nelle sue vene e sarebbe rimasto in uno stato di morte apparente ancora per parecchie ore.
E così, come ogni anno, Merlin venne portato in una stanza dove nessuno lo avrebbe disturbato e Morgause lo accompagnò per concludere il rituale e rendergli il suo potere.
Appena la porta si chiuse alle loro spalle, Arthur si appoggiò al muro e si lasciò cadere a terra. Odiava l'incantesimo poiché sapeva che durante il rituale Merlin era sottoposto a una pressione tale che avrebbe potuto ucciderlo. La paura che non si destasse dallo stato di trance lo devastava ed era il vero motivo per cui, in quel particolare giorno dell'anno, era sempre di pessimo umore.
Non c'entrava nulla l'essere costretto nel corpo della strega per circa ventiquattrore, era la paura di perdere Merlin che lo rendeva intrattabile.
Seduto a terra ricevette l'abbraccio di Gwen e la stretta di mano di Lancelot. I sovrani dovevano tornare ai loro compiti abituali e velocemente si allontanarono.
Rimasto solo Arthur posò la testa al muro e chiuse gli occhi. Era teso e più nervoso del solito. Un brutto presentimento si era insinuato nella sua mente sin dalle prime ore del giorno e non voleva lasciarlo.
Percepita la sua angoscia, Morgana si sedette al suo fianco e gli afferrò la mano. Restando appoggiato alla parete, Arthur non avrebbe potuto fare nulla per aiutare Merlin, quindi lo condusse nella torre del castello dove poter parlare senza essere disturbati.
«Quando quindici anni fa arrivammo nei pressi di Gilead, avevo il cuore che batteva all’impazzata», sussurrò Arthur. «Avevo una paura folle, anche se non lo dissi a nessuno». Sedutosi a terra, Arthur incrociò le braccia dietro la testa. «Ricordo che ci fermammo sulla riva del lago e ci preparammo per il rituale. Ricordo Merlin che risplendeva di una luce brillante, proprio come oggi, e ricordo che pensai fosse l’apparizione più bella che avessi mai visto e capii che stavo facendo la cosa giusta, che lo amavo e che finalmente avrei avuto la possibilità di stare per sempre con lui. Quando Morgause entrò nel mio corpo, ed io nel suo, fu strano, ma non fu la cosa peggiore che accadde. Il brutto fu vedere Merlin cadere a terra privo di sensi. Non me lo aspettavo. Sembrava morto. Ti assicuro che in quel momento il mio cuore si fermò e, ogni volta che dobbiamo ripetere l’incantesimo, sto male perché so che lui soffre e potrebbe morire. Se potessi risparmiargli tutto questo dolore lo farei. Quando giunse la mezzanotte, e Merlin si destò, fu l’attimo più bello. Veder aprire i suoi bellissimi occhi blu, vedere che mi cercavano, potermi perdere in loro, fu un momento unico che mi diede la forza di andare avanti». Arthur sospirò al ricordo di quegli attimi che cambiarono la vita di tutti loro. «Quando Lancelot e Gwen si sposarono davanti al popolo, ebbi paura che mio padre potesse capire, ma tutto andò bene. Uther accolse Gwen in famiglia, Lancelot si comportò come se fosse nato per essere re ed io potei rilassarmi al fianco di Merlin, cioè, rilassarmi non è il termine adatto giacché mio padre continuò a lanciarmi occhiate omicide ogni cinque secondi. Avere l’aspetto di Morgause non aiutava. Fortuna che la magia era di nuovo ben accetta, altrimenti Uther mi avrebbe messo sul rogo con le proprie mani. Ricordo che io e Merlin ci fermammo a Camelot per qualche mese, giusto per vedere come se la cavava Lancelot e, quando capimmo che non aveva bisogno di noi, ce ne andammo. Fu un sollievo lasciare il regno perché non riuscivo ad abituarmi ai cavalieri che incontrandomi per strada mi facevano l’inchino e mi chiamavano mia signora».
Morgana rise a quella frase, una risata dolce che scaldò il cuore di Arthur.
«Sono passati quindici anni da quel giorno e sono felice. Il regno prospera, Gwen e Lancelot sono soddisfatti della loro vita ed hanno assicurato una buona discendenza al casato con i loro sei figli. E finalmente io posso vivere accanto a quell’idiota del mio valletto che rende la mia vita completa». Fissando la parete di fronte a sé, Arthur sospirò. «C’è solo un giorno che detesto ed è questo, perché ho una paura folle che possa morire, e ciò mi fa comportare come un pazzo».
Morgana gli strinse la mano e sorrise. Sapeva quanto il fratello amasse Merlin e non sopportava vederlo così angosciato. «Ricorda che lui ha sempre saputo a cosa sarebbe andato incontro, ma ha voluto farlo per continuare a vivere al tuo fianco, quindi non essere apprensivo e goditi ciò che il suo sacrificio ti ha regalato».
Senza abbandonare l’uno la mano dell’altra, i due fratelli rimasero seduti a terra ad attendere che il lento trascorrere del tempo li conducesse alla fine di quella lunga giornata, e quando la mezzanotte venne scandita dai rintocchi della campana, accompagnati da Gwen e Lancelot raggiunsero Merlin e Morgause.
Arthur avvertì la solita sensazione di malessere quando la strega lo lasciò libero e poté tornare nel suo corpo.
Con il cuore che gli batteva a una velocità incredibile si accomodò ai piedi del letto e attese.
Passarono solo pochi secondi poi Merlin aprì gli occhi e li fissò nei suoi. «Anche per quest’anno è finita, sire, ora possiamo tornare nella nostra accogliente casetta, dove voi riprenderete a comportarvi da somaro ed io vi sopporterò con stoica pazienza».
Arthur, finalmente, riuscì a sorridere. Tutta la tensione accumulata durante il giorno lo abbandonò. Il suo valletto idiota era di nuovo con lui e per un anno non si sarebbero preoccupati del futuro.
Vedendo che Merlin stava cercando di mettersi in piedi, lo aiutò sorreggendolo nel momento in cui perse l’equilibrio.
Il mago si lasciò sostenere dalle sue forti braccia e osservò i presenti che, come ogni anno, erano al suo capezzale in attesa del suo risveglio.
L’amicizia che li univa era forte e diventava sempre più difficile dirsi addio, ma era indispensabile, ciascuno aveva la propria vita ed era tempo di farvi ritorno, così i due uomini salutarono i presenti con un affettuoso abbraccio e lasciarono il castello.
Montati sullo stallone bianco, avuto in regalo da Lancelot, Merlin si appoggiò al possente torace di Arthur e lasciò che l'uomo gli cingesse la vita con le forti braccia e lo scaldasse con il calore del suo corpo.
Durante il tragitto, Arthur posò le proprie labbra sulla chioma corvina dell’amante e credendolo addormentato gli sussurrò quelle poche parole che mai gli avrebbe detto da sveglio. «Ti amo Merlin».
Fu un unico impercettibile sussurro che scaldò il cuore del mago, che non stava dormendo, ricordandogli il motivo per cui ogni anno affrontava la morte.
L’amore di Arthur valeva il rischio e avrebbe continuato a correrlo pur di sentirsi tanto amato.
Accoccolandosi meglio tra le braccia del biondo compagno si addormentò, mentre insieme tornavano a casa per vivere l’amore che da quindici anni provavano l’uno per l’altro e che li avrebbe uniti fino al giorno della loro morte.


Fine






E anche questa storia è finita, inutile dire che a me è piaciuto scriverla e condividerla con voi. Spero di essere riuscita a coinvolgervi, almeno un pochino.
Se vorrete lasciare un segno del vostro passaggio con una recensione, anche ora che ho messo la parola fine, fatelo! Vi risponderò sempre!

In conclusione vorrei ringraziare chi mi ha seguita fino a qui e mi ha sostenuta.
GRAZIE, siete stati fantastici! I vostri commenti mi hanno divertito e anche spronato a cercare di fare sempre meglio.

Un bacio a tutti!
mindy


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