Shut up and kiss me

di KikiSuicide
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** You don't know me, nobody knows me ***
Capitolo 2: *** Maybe, i'm important ***
Capitolo 3: *** You've taken away everything ***
Capitolo 4: *** A piece of me that I have yet to find ***
Capitolo 5: *** The perfect person for Brian Elwin Haner Jr. was Brian Elwin Haner Jr. ***
Capitolo 6: *** Between Love and Friendship ***
Capitolo 7: *** Stay close with me and don't say anything ***
Capitolo 8: *** Cold Nightmare ***
Capitolo 9: *** Selfish ***
Capitolo 10: *** The poison that is inside me is called love ***
Capitolo 11: *** The call of a love past? ***



Capitolo 1
*** You don't know me, nobody knows me ***


Avevo passato quindici anni all’ombra di mio fratello, una fottuta vita sempre in secondo piano.

Lo odiavo, si comportava come il padrone del mondo, lui e quella sua band di sfigati. Non facevano altro che passare le giornate nel garage a bere, fumare e fare trambusto.

“Suzanne a tavola!!”  Zackary James Baker era il re degl’idioti, punto.

“Arrivo mamma” le pareti della stanza vibravano a ritmo di musica. La mia stanza era attaccata al garage, ovviamente Zack si era beccato la camera più bella e spaziosa.

Quando entrai in cucina notai che tutti erano a sedere : mamma, papà, quell’energumeno di mio fratello, Matt Sanders il cantante, Brian Haner Jr. il primo chitarrista (la persona più vanesia che abbia

conosciuto), Jonathan Seward il bassista (detto anche nanerottolo, nano o nanetto) e infine James Owen Sullivan il batterista (chiamato The Rev).

“Finalmente la principessina ci ha degnato della sua presenza, quale onore” fece Zack con la riverenza; stronzo.

“Coglione” sibilai e mi sedetti di fianco a mia madre che impaziente aspettava di servire quella meraviglia di tacchino.

Non fiatai per tutta la cena, me ne stavo in silenzio ad ascoltare quei discorsi idioti senza senso,

“Come va la scuola, Sue?” qualcuno si era accorto della mia presenza finalmente, allora non ero invisibile.

“Bene” il liceo era uno schifo, ero sola e come se non bastasse ci si metteva mio fratello a darmi contro, ogni volta che poteva mi umiliava pubblicamente.

“Tu Zack?” Zack era abbastanza popolare a scuola, la sua band aveva riscosso successo e spesso e volentieri suonavano in bar, locali, addirittura avrebbero suonato al ballo della scuola. La popolarità era

decisamente sopravvalutata.

“Regolare” d’un tratto mamma iniziò a guardarmi, squadrarmi direi.

“Il ballo se non sbaglio è dopo domani, hai un accompagnatore?” numero uno: odiavo i balli scolastici, erano la forma più degradante per dimostrare la propria figaggine; numero due: in effetti non c’era un numero due, il primo punto bastava e avanzava.

“Non ci vado” mamma al tempo del liceo era stata la reginetta ma quella non ero io, non ero una reginetta e mai lo sarei stata.

“Che vestito indosserai?” era come se non avessi parlato, l’ entrava da un orecchio e le usciva dall’altro o forse non l’entrava neanche.

“ Non ci vado” continuai a ripetere ma il messaggio proprio non lo voleva capire

“Dovremo andare a fare shopping presumo” avrei voluto alzarmi e iniziare a gridare SONO QUI NON SONO UN CAZZO DÌ FANTASMA ma ovviamente non avrebbe servito a niente.

“O magari la mamma ti presta il suo vestito?? Che ne dici?” per lei era un ritorno ai vecchi tempi, quelli che non sarebbero tornati anzi si sarebbero sempre di più allontanati

“Va bene” ero rassegnata al destino di seconda scelta, Zack di sicuro lo avrebbero ascoltato.

Finito aiutai a sparecchiare per poi stravaccarmi sul divano di fianco a Jimmy e Zack che stavano litigando su chi per primo avrebbe iniziato a giocare a Guitar Hero

“Senti io sono il più grande quindi spetta a me” Jimmy si era accaparrato la chitarra giocattolo ignorando Zack che faceva le bizze per riaverla

“E io sono il più piccolo quindi prima noi giovani” osservavo la scena tra l’interdetta e il divertita. Bambini troppo cresciuti per giocare.

“Suzanne chi dovrebbe giocare secondo te?” quando gli facevo comodo, carino e coccoloso il nostro Zacky; mi disgustava tanta ipocrisia

“Me ne vado via” mi alzai e m’incamminai verso la mia stanza, prima di rimaner travolta da quel ciccione che si avventava sul gigante per riprendersi la chitarra e cominciare a giocare.

Non sapevo come fosse nato tutto quell’odio che covavo ma sapevo che più se ne accumulava più rischiavo di esplodere come una bomba a orologeria.

Era mezzanotte quando mi alzai, sudata e con il cuore a mille per quell’incubo che mi perseguitava da mesi. Scesi in cucina a prendermi un bicchier d’acqua.

“Chiudi quella luce” la luce del frigorifero batteva sul corpo accasciato al divano; Jimmy.

“Scusa avevo solo sete” era in boxer e con la coperta si copriva le spalle, non che mi facesse ne caldo ne freddo ma avevo sempre trovato quel corpo molto attraente

“Fai pure anzi ti va di fare due chiacchiere?” in tutti quegl’anni, non me lo aveva mai chiesto anzi mi evitava come la peste, il più delle volte.

“Certo” abbassai le mie difese e mi sedetti vicino a lui che si era spostato per farmi un po’ di spazio.

“Non riuscivi a dormire?” i suoi occhi così chiari, li vedevo osservarmi da capo a piedi, ricordandomi d’indossare una semplice canotta.

“No, ultimamente faccio un incubo” si avvicinò un poco e mi strinse la mano

“Sempre lo stesso?” insolito che s’interessasse, valla a capire la gente e finisci col diventare pazzo

“Si” non avevo voglia di parlarne poi con lui meno che meno

“Gl’incubi sono frutto del nostro subconscio, se c’è qualcosa che ti tormenta, vuol dire che il tuo inconscio ti sta lanciando un allarme”  

“Vedi di seguire il tuo istinto qualche volta” mi diede un buffetto, cosa voleva dire con questo?

“Lo faccio sempre” la mia espressione stava diventando in crucciata.

“Sue, ti conosco da quando eri nella culla, siamo cresciuti insieme, tu non sei una che si lascia trasportare dalle emozioni” non avrebbe dovuto dirlo visto che non sapeva nulla di me.

“Tu non mi conosci, non sai nulla di me” e senza dire un’altra parola me ne andai con il bicchiere ancora in mano e il groppo in gola.
 

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Capitolo 2
*** Maybe, i'm important ***


La mattina dopo mi svegliai con un’emicrania e un vago ricordo della notte precedente, che si stava facendo largo tra i miei pensieri.

Casa non era mai silenziosa, c’era sempre qualcuno che parlava anche se parlare, non era il termine giusto, sbraitare direi.

“Il bacon è mio” la voce di Zacky squittì provocandomi una fitta alla testa, avrei voluto strozzarlo,

“Si si e per noi?” il tono ammonitore di mio padre si fece largo in quella che stava diventando una lotta alla sopravvivenza.

Dalla mia camera potevo sentire tutto quello che succedeva. Proprio tutto, anche le cose che avrei preferito evitare: litigi tra i miei genitori, tra Zack e la sua fidanzata, effusioni …

“Suzanne Michelle Baker, muovi quelle chiappe e vieni a fare colazione” come la sera precedente aspettavano me, l’unica differenza era che sembravamo esserci ridimensionati, senza certa gentaglia

intorno, si stava molto meglio.

“Arrivo” presi una maglietta, dei jeans e me li infilai alla svelta, il richiamo del cibo si faceva sentire.

La prima cosa che notai furono gli occhi azzurri di Jimmy che mi fissavano, quasi stupiti

“Finalmente principessina” quella vocina era irritante, maledetto Zack,

“Zitto ho mal di testa” sembrava scoppiarmi il cervello

“OH SCUSA” e mi urlò praticamente in faccia ignorando lo scappellotto di Jimmy.

“Muori” e in quel momento lo avrei voluto davvero.

“La principessa si è svegliata con la luna storta” stavo arrivando al limite, lo avrei preso e attaccato al muro se non fosse che era il doppio mio

“Smettila Sue” fecero in coro mamma e papà che, ovviamente non davano mai addosso al figliol prodigo.

“Mi è passata la fame, vado a scuola”scostai la sedia e m’incamminai all’entrata, presi lo zaino e uscii sbattendo rumorosamente la porta.

Volevo essere importante almeno per qualcuno, ma chi?

A chi volevo prendere in giro, nessuno ci teneva a me. Gli amici delle medie si erano come volatilizzati, lasciandomi sola. Non avevo mai avuto un fidanzato, mio fratello non faceva altro che ripetermi che ero

brutta e che sarei morta zitella. Lo ripeteva così tante volte che, avevo finito per crederci. I miei genitori non mi avevano mai considerato, almeno non quanto mio fratello, lo mettevano su un piedistallo.

Camminavo  per le strade di Huntington Beach aspettando un’illuminazione divina, cercavo un segno di qualsiasi tipo che mi potesse aiutare a capire cosa fare della mia vita.

“Sueee!” qualcuno, in lontananza, stava urlando il mio nome

“Jimmy?” la cosa iniziava a farsi strana visto che in tutti quest’anni non mi aveva mai rivolto la parola

“Sue è da mezz’ora che ti chiamo” aveva il fiatone, sembrava aver fatto una maratona.

“Perché? A cosa devo l’onore” non volevo sembrare ostile ma mi sentivo arrabbiata, e anche tanto.

“Non dire così” ero stanca di essere presa per il culo, ignorata e raggirata da tutti. Non me lo meritavo.

“Volevo dirti che Zacky è stato un’idiota, mi dispiace” questa proprio non me l’ aspettavo. O il mondo era cambiato in una notte o ero impazzita

“Si bhe che novità” iniziò a ridere di gusto alla mia affermazione, la sua risata mi faceva venire il batticuore.

“Cos’hai da ridere, deficiente” dovevo assolutamente reprimere quel qualcosa che stava nascendo in me.

“Non ti dona quell’aria incazzata” era ritornato improvvisamente serio, mi stava accarezzando un guancia delicatamente, come se avesse paura di farmi male,

“Che stai facendo?” avevo rovinato un momento ‘intimo’ ma poco importava, dovevo assolutamente impedirgli di entrare nel mio cuore.

“Scusa” la prima volta che lo vidi in’imbarazzo, mi faceva tenerezza

“Ti accompagno a scuola dai” non riuscivo davvero a capire, a cosa era dovuto tutto questo interesse per me

“Posso farcela da sola, il signore mi ha donato di un paio di gambe” mi voltai e lo lasciai così, semplicemente non potevo lasciarmi andare, non con lui.

Il liceo era una giungla, dominava il più forte. Tutti gl’altri dovevano sottostare.

Le lezioni sembravano essere infinite, una dopo l’altra, uguali e noiose. Avevo visto Jimmy per i corridoi della scuola con gli altri, non lo degnai di uno sguardo anche se, sapevo che mi stava fissando

eppure preferivo non guardarlo. Avrei potuto rimanere intrappolata in quel’occhi.

“SFIGATA” Lauren era  una cheerleader, non una qualsiasi era La cheerleader, il capitano della squadra nonché fidanzata del quarterback e ragazzo più popolare della scuola

“Scusa” accidentalmente le ero andata a sbattere contro, meglio non farsela come nemica, ormai questo per me era impossibile visto che dal primo giorno di scuola, mi aveva presa di mira seduta stante,

per essere la sorellina del ragazzo che l’ha rifiutata e umiliata

“Senti mostriciattolo, guardati le spalle” un’altra cose per cui essere grati a Zack.

Avevo paura di quella Lauren, offriva stronzaggine gratuita. Non potevo evitarla per sempre, visto che ero al secondo anno e lei al terzo e prima o poi volente o nolente l’avrei rivista e lì sarebbe giunto il

momento di darsela a gambe.

La mensa era divisa in gruppetti: al centro i popolari, a destra dei popolari, gli sfigati, di fianco i nerd e ancora più in là potevo vedere mio fratello e il suo gruppo agitarsi come scimmie in calore.

Presi il mio pasto e me cercai di svignarmela, prima d’incontrare qualcuno.

Troppo tardi, davanti a me si pararono Lauren e le sue schiavette,

“Dove pensi di andare piccolo topolino” mi guardai intorno e vidi il più assoluto silenzio, mi sentivo sotto gli occhi di tutti

“Il piccolo topolino pensa di scappare è ” sembravo forte e decisa ma era solo la mia corazza, avevo davvero il terrore di quella ragazza che mi fissava con occhi diabolici

“No, stavo andando …” non mi lasciò finire, preso il mio pranzo e me lo spiaccicò in faccia poi la sua servetta gli porse un frappé, lo prese e me lo rovesciò in testa

“Buon pranzo, sfigata” una risata collettiva, un’ ennesima umiliazione che non riuscii a sopportare.

Prima di eclissarmi, l’ultima cosa che vidi furono mio fratello e i suoi amici, fissare la ragazza con occhi assassini, gliel’avrebbero fatta pagare. Eccome se gliel’avrebbero fatta pagare.

Allora forse qualcuno ci teneva a me.



****
Note dell’autrice:
Mi sto affezionando a questa storia.
Non è una fan fiction dove tutti vanno d’amore e d’accordo e i personaggi sono come si presentano.
Comunque spero che continuate a leggere e recensire :)
Bacionii
Kiki
 

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Capitolo 3
*** You've taken away everything ***


Non ero mai stata mortificata così, neanche da mio fratello e l’allegra compagnia.

Corsi in bagno e aprii l’acqua per togliermi quello schifo dalla faccia che stava colando lentamente, quella sostanza viscida puzzava.

Stavo per esplodere, ero arrivata al limite della sopportazione. In questi anni non avevo fatto altro che accumulare tutto, non mi ero mai sfogata in alcun modo anche perché, con chi avrei potuto sfogarmi?

Mi tolsi la maglietta e mi appoggiai al muro, cercavo di non pensare a quello che era appena successo, volevo togliermi dalla mente tutta quella gente e le loro risate sadiche.

“Posso?” Zack si era affacciato dalla porta, era l’ultima persona che mi sarei aspettata di vedere.

“Vattene è il bagno delle ragazze” le lacrime mi sgorgavano silenziose e i singhiozzi, convulsi, mi perforavano il petto

“Lo so, volevo vedere come stavi” si era avvicinato sedendosi di fianco a me

“Da quando t’interessa” prima Jimmy e adesso Zack, che stesse circolando un virus?

“Non fare la stupida, sei la mia sorellina” proprio non capivo, non gl’era mai importato nulla di me ne di come stessi, ora se n’era uscito con la tipica frase da fratello protettivo

“Tu mi odi” mi era uscito come un rantolo, faceva male dirlo anche solo pensarlo, era la cosa più innaturale odiare sangue del proprio sangue

“Sei tu che mi odi” questa era bella, lo aveva detto come se fossi io quella stronza che lo offendeva continuamente. Stavo proprio per eruttare tutta la mia rabbia su di lui

“ Sei un fottuto coglione, mi hai rovinato la vita, mi hai rubato tutta la felicità rendendomi una vuota ragazzina acida, mi hai sottratto l’amore dei nostri genitori da sempre, non ho mai avuto attenzioni perché

erano sempre riservate a te, a te che te non chiedevi nulla e avevi la strada spianata, amici, talento tutto. Io non ho mai avuto nulla, ti sei portato via tutto tu” il mio grido sembrava più che arrabbiato,

disperato, di aiuto.

“Pensi davvero queste cose?” era dispiaciuto, come se quelle parole gli avessero fatto a pezzi il cuore

“È la verità e lo sai anche tu, e già che ci sei fatti un esame di coscienza una volta ogni tanto, e dimmi che cosa è andato storto nella tua vita” senza dirmi nulla di colpo, mi abbracciò

“Ti amo” qualcosa di bagnato mi scivolò lungo la schiena e a giudicare dagl’occhi di Zack che ora mi fissavano e dal trucco sbavato, erano lacrime, amare dolci lacrime che non avevo mai compreso

“Ti amo” ripeté con più vigore.

“Mi ami? Bugiardo” il risentimento che provavo si sciolse a quelle due semplici parole, ero troppo orgogliosa per darlo a vedere

“Ti amo”  stavo per controbattere quando le mie labbra vennero fermate dalla sue. Mi stava baciando, un bacio casto senza nessuna lussuria e desiderio. Da quel semplice contatto potevo sentire

chiaramente che non stava mentendo

“Bugiardo” era più semplice odiarlo, fare come se fosse la persona più orribile del mondo

“Ti odio” avevo paura di conoscere una persona che mi era estranea.

“Perché?” in effetti l’odio mi era scivolato via, ammettere la verità o continuare la farsa

“Te l’ho detto” lo pensavo ancora ma sembrava non avere più importanza adesso

“Sono solo cazzate, la mia vita non è perfetta anzi l’opposto. L’unica cosa di cui sono certo sono gli amici e la musica, l’uniche cose che contano davvero” un attimo di silenzio che sembrava durare anni

“E tu”

Le lacrime stavano riprendendo, non per dolore o sofferenza ma per semplice commozione

“Ma allora perché ti comporti così”

“Perché è un modo per difendermi dalla tua freddezza, dalla tua incazzatura” anche io avevo la mia parte di colpe, un giorno senza preavviso lo avevo iniziato ad’odiare quando il giorno prima eravamo culo e

camicia

“Senti non dico di riprendere come se in questi anni non fosse successo nulla, dico solo di fare un passo alla volta” un sorriso spuntò sul mio viso, un sorriso che non sentivo da tanto

“Ok” si tolse la giacca e me la mise sulle spalle

“Non voglio che ti prendi qualcosa” ci avrei dovuto fare l’abitudine a quel nuovo Zack che forse era quello vero.

 
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Note dell’autrice:
Non dovrei aggiornare così presto ma l’avevo già scritto e quindi perché non farlo?
Domani spero di riuscire a postare il nuovo capitolo di The City of Evil :)
Comunque tornando a questa fan fiction, ho fatto uno Zacky davvero dolce e comprensivo verso la sorella, che si sta dimostrando più complicata di quanto sembra.
Ringrazio chi legge e continua a seguirla!!!!
Spero in qualche recensione, se volete
Bacioni
Kiki
PS: Il ti amo è inteso come un ti voglio bene, l'ho usato solo come rafforzativo xD

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Capitolo 4
*** A piece of me that I have yet to find ***


Mi stavo innamorando della compagnia di quei cinque scalmanati.

La loro voglia di vivere era contagiosa; soprattutto quella di Jimmy.

Che lo volevo o no, quel ragazzo non mi era indifferente anche se fingevo il contrario.

“Haner che cazz…” io e Zacky eravamo stravaccati sul divano quando il chitarrista si accorse della presenza di Brian.

Era appena entrato nella stanza lasciandoci completamente a bocca aperta. I capelli prima neri ora viola.

“Che c’è? Avevo voglia di cambiare” prese una birra dal frigo e si mise in mezzo

“Bhe ci sei riuscito, aspetta che ti vedano gli altri” fece spallucce come il suo solito, una cosa che mi piaceva di Mister Me la tiro era che non dava mai

importanza al pensiero altrui.

“Suzi Suzi mi prendi una birretta?” avevo scoperto che Zacky, era un grandissimo leccaculo ma come dire no a quegl’occhi da cucciolo. Dannato Zack ancora

una volta.

“Ok” le cose erano davvero cambiate, iniziavamo a conoscerci per quello ch’eravamo, e con mia sorpresa gli somigliavo più di quanto pensassi.

“Grazie” il frigo era deserto, c’era solo birra e latte.

Spesso i nostri genitori si scordavano di fare i genitori. In tutti quegl’anni ero cresciuta da sola, senza una madre (troppo impegnata a essere una ragazzina

frivola e mai una madre) un padre ( gran lavoratore che concentrava tutta la sua attenzione su Zack, sui suoi successi) e un fratello che di cui stavo

raccogliendo i pezzi lungo il tragitto. Un puzzle senza copertina.

Presi una lattina e gliela lanciai beccando per sbaglio Brian.

“Scusa, scusa non l’ho fatto apposta” la mia sbadataggine a volte arrivava a livelli mai visti.

“Tutto ok” mi sorrideva amichevole, come sempre ovviamente.

Guardavamo una stupida partita di baseball, Zack era un patito dello sport, non ha caso faceva parte della squadra di baseball della scuola.

D’un tratto sentivo il bisogno d’aria, mi sentivo soffocare da quell’aria viziata che si era creata.

“Vado a fare due passi” la testa mi girava, lo stomaco si faceva pesante, uscii più in fretta possibile.

Respiravo regolarmente cercando di far prendere un po’ d’ossigeno al cervello

“Suzi?” quella situazione era un dejà vu, solo due settimane fa lo avrei mandato a fanculo e avrei continuato a  camminare ma ora non potevo ignorarlo, non potevo semplicemente ignorare il mio

cuore così facilmente.

“Jimmy” il ragazzo mi stava fissando preoccupato

“Tutto bene?” lui sapeva sempre come mi sentivo come se fossimo legati da un filo invisibile.

“Si vede così tanto che non sto bene?” mi mise un braccio intorno al collo e iniziammo a camminare lungo il pontile

“Hai una cera pallida e la fronte è sudata, non sembri esattamente il ritratto della salute” cercavo di restare calma a quel contatto, ma la sua mano attorno

al collo mi faceva vibrare.

“Avevo bisogno di una pausa” c’eravamo fermati a fissare l’orizzonte, il suo sguardo vagava sull’oceano, limpido e azzurro tutt’uno con il cielo.

“Ti capisco” i miei occhi si stavano spostando sulle sue labbra, erano screpolate ma sempre sexy.

Quel piercing poi mi faceva impazzire, desideravo prenderlo tra le labbra e iniziarci a giocherellare.

“I ain't waiting for a miracle
 I ain't waiting for the world to change
 Under my skin lives the reason
 Under my armor I've lost it all”
canticchiava una canzone sconosciuta alle mie orecchie.

La musica non era solo un passatempo, per lui era un rifugio.

Scappava da tutti i suoi demoni, trovando rifugio nella musica, lei non lo poteva mai deludere.

“Continua” volevo sentire quelle parole così amare come il veleno, crude, reali.

“Come?” lo avevo svegliato da una specie di trans

“Continua, quella canzone è così …” non riuscivo a trovare una parola che gli rendesse giustizia

“Così vera”  forse era meglio che stavo zitta, ero davvero una frana a esprimermi.

Ero una muta sentimentale, non riuscivo proprio a esprimermi.

“Felice che ti piaccia” il suo sorriso era sincero, ogni colta che sorrideva sapevi che non sorrideva solo lui ma anche il suo cuore.

Una persona come poche.

“Potresti metterci una frase come: A piece of me that I have yet to find” mi strinse più a se e mi sussurrò all’orecchio

“Credo di averlo trovato”  il cuore martellava rumorosamente, volevo far smettere quel bastardo di battere.

“E dov’è ora?” volevo scherzare cercando di mascherare quell’imbarazzo che mi coloriva le guance.

“Penso di averlo davanti a me” stava davvero confessando di avere qualche specie di affetto verso di me? O forse me lo stavo sognando?

“Oh allora mi sposto, sono solo un ostacolo” stavo per alzarmi quando mi fermò e mi voltò verso di lui.

Sentivo il suo respiro sul mio collo, dolce e fresco scivolarmi sulla giugulare. Le sue mani s’infiltravano sotto la gonna, accarezzavano la coscia lentamente,

tanto da farmi dare di matto.

“Che cosa stiamo facendo” ero totalmente inebriata dalla sua presenza; mi voleva, lo volevo

“Non possiamo” non mi stava prestando attenzione, indugiava sul mio collo come a volerlo mordere.

Le sue labbra erano soffici e morbide, potevo sentirle sfiorarmi la pelle.

“Fermati” speravo con tutta me stessa che non mi ascoltasse, per una fottuta volta non potevo chiudere la bocca e godermi il momento?

“Ok” doveva fare il moralista proprio ora?

“Scusa, non dovevo” io non dovevo dirgli di smettere, lui era così spontaneo, si lasciava trascinare dell’emozioni.

Io che non riuscivo neanche esprimere l’amore per mio fratello come potevo dimostrarlo a lui.

“Zitto e ascoltami” rilassò i muscoli e tolse la mano dalla mia gamba

“Non credere che non lo volevo, lo volevo è solo che ho bisogno di tempo” mi baciò sulla fronte affettuosamente, in quel momento sentì quel feeling che ci

connetteva l’uno all’altro.

“Ti aspetterò” non disse altro mi riprese la mano e c’incamminammo verso casa.


 
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Note dell’autrice:
Da dove iniziamo ?

  • Non so come mi sia venuta l’idea dei capelli viola per Brian… Non ce lo vedo proprio xD Che ne pensate???
  • Tecnicamente la canzone Lost it All si trova nell’album Nightmare quindi non può essere di quel tempo, però  mi piace troppo e ci calza a pennello con l’immagine che ho di Jimmy e della sua mente ^^
  • Ringrazio chi recensisce, siete davvero simpatici a informarmi di ciò che pensate. Mi raccomando fatelo fino allo sfinimento. Ring razzio ovviamente i miei amati lettori perché è per voi che scrivo, voi siete il mio motore.
Grazie a tuttiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii :)
Kiki 

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Capitolo 5
*** The perfect person for Brian Elwin Haner Jr. was Brian Elwin Haner Jr. ***


La scuola era finalmente finita per tutti, finita tranne per quei cinque rimbambiti che dovevano dare l’esame.

Erano tutti all’ultimo anno; chi ci era arrivato al primo colpo, chi ci aveva provato più di due volte senza arrendersi e chi ci era arrivato per

pietà dei professori.

Mi trovavo sul divano davanti alla tv quando vidi comparire, una chioma viola nel salotto.

“Brian non dovresti essere a casa sui libri?” persino Zacky che non ne voleva saperne niente di studiare, non usciva dalla sua stanza da

giorni, si stava concentrando al massimo.

“Mi sono preso una pausa” avevo l’impressione che quella pausa non avrebbe avuto una fine.

“Che cosa facevi?” mi spostò i piedi per mettersi a sedere sul divano, che aveva preso ormai la forma del mio sedere.

“Hei!!! Mi riposavo e pensavo che non sarebbe stata una brutta idea andare in spiaggia” non ricordo neanche l’ultima volta che i miei

piedi avevano toccato sabbia, quella sabbia fina e chiara che ricordava le isole del sud.

“Bene, prendi il costume e andiamo” ogni pretesto era buono per rimandare lo studio, non avrei partecipato alla disfatta scolastica.

“Oh no no Haner, ora muovi quelle belle chiappe che ti ritrovi e vai a studiare” si era appoggiato di peso sul mio corpo, quella massa di

muscoli mi soffocava.

“Alzati! Non respiro” trovava divertente la cosa, quel deficiente.

“Ok ok mamma, però prima voglio chiederti una cosa …” ripresi fiato poco a poco e mi concentrai su Brian, sempre così pieno di se

“Dica signorina” metteva una leggera linea di eye-liner che rendeva il suo sguardo seducente, ammaliante eppure mi divertivo troppo a

prenderlo in giro per quel suo lato effeminato (anche se di effeminato non c’era proprio niente).

“Pensi davvero che abbia un bel culo?” scoppiai a ridere, non potevo credere che fosse davvero così vanesio. La persona perfetta per

Brian Haner Jr. era Brian Haner Jr.

“Vede signorina Haner …” mie ero portata davanti a lui che ormai si era alzato per avviarsi alla porta.

“Il suo è un culo dei più belli” detto questo gli diedi una sonora sculacciata. Anche se poteva sembrare uno scherzo, lo pensavo davvero,

il culo di Brian era uno di quelli che aveva fatto sognare tutte le ragazzine di HB compresa me.

“Ma davvero?” trattenevamo a stento le risate, i momenti che passavo con quel ragazzo, erano i momenti più divertenti della mia vita. Era

una gag continua con lui.

Venimmo interrotti da Jimmy e Matt che si erano affacciati al salotto con aria interrogativa per la nostra inconsueta vicinanza.

“Che diamine stavate facendo?”disse Matt tra il divertito e il sorpreso.

“La piccola Backer elogiava il mio culo” me ne sarei al più presto pentita, mai aumentare l’ autostima di uno che ne aveva già in

abbondanza.

“Ah si?” questa volta era stato Jimmy a parlare, sembrava irritato.

Erano passate tre settimane da quel famoso semi-bacio. Le cose si erano parecchio raffreddate, quando stavamo assieme cercavamo

di tenerci il più lontano possibile e quando ci incontravamo accennavamo un saluto e passavamo oltre.

Gli avevo chiesto del tempo, tempo per chiarirmi le idee, tempo per pensare. Quanto ero scema? Sapevo già quello che volevo e le mie

idee non erano stata più chiare di così. Non avevo bisogno di tempo, avevo bisogno di Jimmy.

“Eh si, orami è ufficiale Suzi ha una cotta per il mio adorabile deretano” scherzare faceva parte del dna Haner.

“Si, a differenza del suo proprietario è silenzioso e non spara cazzate ogni due secondi” ero stata acida più del dovuto, era solo uno

scherzo eppure avevo paura che il ragazzo alto che mi fissava inerme, avesse potuto fraintendere.

“Qualcuno ha bevuto latte scaduto stamattina?” Matt diede una gomitata al chitarrista, lui senz’altro aveva capito. Matt era il più

comprensivo fra tutti, era quello con cui ti potevi confidare e parlare di cose serie, ti avrebbe ascoltato sempre e più importante di tutto se

eri suo amico ti avrebbe difeso con la vita.

Lo aveva dimostrato dopo l’incidente alla mensa. Lauren e le sue amichette ci avrebbero pensato due volte prima di rifarmi una cosa del

genere, in effetti mi sarebbero state anche lontane chilometri.

Non sapevo che cosa gli avesse detto o fatto, non lo volevo sapere mi bastava la certezza di quell’amicizia.

“Sindrome mestruale, scusa” era facile far credere qualcosa a Brian, non era esattamente il ritratto dell’intelligenza ma aveva buon cuore

dopotutto.

L’imbarazzo era piombato su di noi, tirare fuori argomenti come quello con ragazzi come loro, era un’ottima scappatoia.

“Brian?” richiamai l’attenzione del chitarrista che stava guardando la nostra moquette, come se fosse la cosa più interessante del

mondo.

“Si?” era ora di spezzare quel silenzio.

“Chuppa”come previsto Matt, Jimmy e Brian si misero a ridere come scemi, in presa alle lacrime.

“Con il vostro permesso ora, vado a prepararmi per una bella giornata all’insegna dell’abbronzatura. La mia pelle ne richiede” con gesto

teatrale mi diressi alla mia camera.

Il caos regnava sovrano nella stanza. Avrei dovuto dare una ripulita il prima possibile, se non volevo che crescessero funghi o anomalie

varie.

Indossai il mio bikini migliore. Ero minuta e magra, per mia fortuna non avevo ereditato la pancietta che avevano tutti i Backer.

Mio fratello era l’esempio lampante di quel difetto genetico, per quanto possa mascherare la cosa facendo palestra la pancietta

rimaneva lì, sul basso ventre e non si scollava mai.

I capelli castano mi ricadevano sulla schiena, lisci e abbastanza secchi.

Erano già le cinque, dovevo spicciarmi se volevo prendere un po’ di sole.

Scesi le scale a modi terremoto. Ai tre ragazzi si era unito mio fratello che sembrava essersi concesso una pausa dopo quarantotto ore

di studio.

“Ciao a tutti, io vado in spiaggia” stavo per uscire quando mio fratello mi bloccò, la sua mano ferrea tratteneva il mio braccio, mi stava

trascinando dentro.

“Mi vedi dopo due giorni e non mi merito neanche un saluto come si deve?” quando faceva così mi ricordava tanto un bambino. I suoi

occhi però erano seri, contrastavano con il tono che aveva usato.

“No è solo che volevo prendere un po’ di sole prima che se ne vada” mi lasciò e mi sorrise premuroso.

“Possiamo venire anche noi?” questa era bella Zackary James Backer che chiedeva di venire al mare. La fine del mondo era vicina.

“Tutti tranne Haner” avrei giurato che se fosse stato bocciato gli avrei fatto lo scalpo. Mantenevo sempre la parola.

“Suzi a ragione” con tono ammonitore intervenne Jimmy, lui sapeva come farsi rispettare. Quando voleva incuteva timore.

“Ok … divertitevi anche per me” lo facevo per il suo bene, un giorno mi avrebbe ringraziato.

Se ne uscì con l’aria da cane bastonato, la perfetta copia di Biagio di Lily e il Vagabondo.

Uscimmo qualche minuto dopo. Meta: la spiaggia di Huntington beach.
 
_____________________________
 
Note dell’autrice:
Mi accorgo solo adesso che è tardissimo. È un miracolo che gli occhi mi stiano ancora aperti perciò non fate caso troppo a quello che dirò.
C’è stato un allontanamento della coppia Jimmy e Sue per magari farla avvicinare a Brian; è successo, quindi sono curiosa di sapere che ne pensate…
Se poi vi facessi la domanda The Rev o Syn? Con chi ci vedreste meglio Sue e perché? (se vi và di rispondere, è solo una mia curiosità)
Ringrazio velocemente chi legge e recensisce perché mi siete di costante aiuto ragazzi :D
Ora vado, alla prossima
Baci Kiki 

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Capitolo 6
*** Between Love and Friendship ***


L’acqua era così cristallina, rifletteva la luce del sole come uno specchio.

“Vado a fare una nuotata” avevo esordito interrompendo il silenzio che si era creato.

Stavamo da più di un’ora sotto l’ombrellone a spettegolare come delle comari. Potevo sentire distintamente il richiamo del mare, mi attirava a se.

“Vengo anche io” io e Jimmy eravamo quelli più chiari di carnagione e anche quelli più bruciati. Sentivamo il bisogno di refrigerarci, perderci fra le onde di

quell’infinito oceano.

“Hei!!! Stai attento a mia sorella” avevo scoperto che Zacky era paranoico, per tutto.

“La proteggerò dalle alghe a costo delle vita” Jimmy fece una specie di mossa kung-fu al chitarrista che cadde dal lettino a pancia in giù, sembrava un

tricheco arenato (ndA: senza offesa anche

perché io adoro Zacky *_*).
 

**
Ci rincorrevamo, ridevamo, scherzavamo, sembravamo ritornati bambini.

“Non so se posso darti il tempo che hai chiesto” ci eravamo addentrati in acque più profonde, dove gli altri non potevano vederci.

Gli scherzi e le risate sembravo cessati, continuavamo a farci cullare in quel mare pronti a qualunque cosa, pronti a dire e fare di tutto.

“T’interesso?” gli stavo nuotando intorno, accerchiandolo come uno squalo pronto ad’attaccare. Era ora di giocare a carte scoperte.

“M’interessi”  mi ero aggrappata alla sua schiena, pronta a catturare la mia preda.

La mia bocca si era appoggiata sul suo collo, il mio fiato leggero e affannato lo stavano richiamando.

“Suzanne Michelle Baker, stai giocando con il fuoco … Prima o poi ci si scotta” non chiedevo di meglio, volevo scottarmi, ustionarmi se era possibile.

“Non vedo l’ora” agilmente mi ero parata davanti a lui, davanti alle sue labbra. Avevo assecondato la mia voglia, il mio desiderio, accostando le mie fauci

sulle sue.

Un bacio come pochi, un semplice contatto che poteva farmi sentire la ragazza più felice del mondo.

Una sensazione di benessere che non sentivo da tanto tempo.

Spostai le labbra su quella pallina argentea che aveva sotto il labbro, la risucchiai prendendola con i denti e facendola mia.

Lo desideravo da troppo tempo, non l’avevo mai ammesso ma anche quando non sopportavo quel gruppetto, Jimmy mi aveva sempre incuriosito.

Un ragazzo segnato dal bizzarro destino, spesso la gente lo definiva strano ma a me piaceva pensare che era solo diversamente normale, fuori dal mondo,

fuori da quella realtà instabile.

“ Questo vuol dire che non devo più aspettare?” questo voleva dire che avevo fatto un passo in avanti rispetto a ieri.

“Non pretendo che tu mi aspetti” sussurravo sulle sue labbra che sembravano ormai essersi attaccate alle mie.

“Ma?” cristo perché ero sempre io che complicavo le cose? Un attimo fa pensavo a dichiararmi e adesso mi stavo di già tirando indietro.

Ero confusa, instabile oserei dire. Troppi cambiamenti, troppo velocemente.

Quel sentirmi protagonista, per una volta nella mia vita era appagante eppure non ci ero abituata.

“Ma sarebbe carino se lo facessi” il mio cuore rifiutava l’idea di essere felice, di trovare quell’armonia che mancava nella mia vita e che Jimmy mi dava.

“So che sembra tutto così irreale, avventato” la cosa più bella era che con lui non avevo bisogno di parole, mi leggeva l’animo. Un libro aperto ero.

“Però ti chiedo di provarci, facciamo un passo alla volta” si vede che avevamo iniziato con il piede sbagliato, tutto era troppo per me.

Non ero una che si abituava così facilmente alle novità.

“Come amici?” non poteva essere male come idea, di certo non ci sarebbe stata più tutta quella tensione.

“Amici e poi …” mi piaceva, a tutto c’era una soluzione e quello era un ottimo compromesso. Perché è di quello che si parlava compromesso, nessuno dei

due voleva perdersi.

“Si vedrà” completai la frase per lui.

“Inizio a sentire un po’ di freddo, meglio rientrare” non so’ per quanto tempo eravamo rimasti in acqua so solo che al nostro ritorno, erano tutti vestiti e

preparati per andare via.

“Finalmente, pensavo di chiamare la guardia costiera” Zacky si stava comportando da vero idiota, un’idiota dolce però.

“Scusa abbiamo perso la cognizione del tempo” aveva preso la parola Jimmy, ero troppo stordita per dire qualcosa.

“Che le hai fatto? Sembra traumatizzata” in effetti avevo un’espressione fissa a terra e allucinata.

“Non le ho fatto niente al massimo sarà rimasta intontita dal mio charme” gli diedi un cazzotto nel fianco, troppo alto perché arrivassi al braccio.

“Oi allora ti sei ripresa” dissero all’unisono Jimmy e Zack.

“Andiamo a casa” presi i bracci di due e gli trascinai verso il parcheggio.

Non facevo altro che pensare alla mia bocca, aveva ancora il sapore della sua.

Un sapore dolce e amaro.

Un sapore unico.

 
************** 
Note dell’autrice:
Ok è ufficiale, il capitolo più orrendo che abbia scritto.
Se non distruggo un amore non sono felice; eravamo così vicini a farli mettere insieme e poi … Puff!
Mi sto iniziando ad’odiare >_< no, no per niente soddisfatta!
Scusatemi ancora ma spero di rifarmi con il prossimo capitolo.
Baci
Kiki

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Capitolo 7
*** Stay close with me and don't say anything ***


Primo squillo …

Secondo squillo …

Terzo squillo …

Quarto squillo e finalmente la persona dall’altra parte della cornetta si decise a rispondere.

“Pronto?” la voce impastata dal sonno, interruppe il silenzio che si era creato intorno.

“Jimmy?” le lacrime scivolavano come gocce di pioggia sul mio viso.

“Suzi? Cos’è successo?” non volevo farlo preoccupare ma non sapevo a chi riferirmi.

“Mi potresti venire a prendere?” non sapevo che ore erano ne tantomeno dove mi trovavo, l’unica cosa di cui ero certa era quella che non sarei mai  tornata

a casa, mai più.

“Dove sei ora” il suo tono anche se angosciato era rimasto dolce.

“Non  lo so” era buio e l’unica cosa che riuscivo a intravedere, era l’insegna luminosa di un locale.

“Come non lo sai?” sbigottito il ragazzo non sapeva cosa fare.

Avevo freddo; l’aria umida si attaccava alla mia pelle ancora calda formando goccioline di condensa.

“Ok, tranquilla” mi disse Jimmy sentendo che i miei singhiozzi si erano fatti più intensi.

“Dimmi che cosa vedi” presi un respiro e con la mano mi asciugai gli occhi.

“Vedo, la scritta Johnny’s” mi sentivo così fragile da poter cedere da un momento all’altro.

“Arrivo subito” e detto ciò riattaccò il telefono.

Nell’attesa mi ero portata di fianco al muro del locale per essere più visibile.

Sentivo la ferita sotto l’occhio sanguinare ancora, quel liquido rosso si mischiava alle lacrime amare che avevo versato per tutto il tragitto da casa.

All’inizio avevo chiamato Zacky ma come suo solito teneva il cellulare solo per bellezza. Avevo anche pensato di chiamare Brian visto che lo consideravo un

fratello e sapevo di potermi fidare di lui ma poi alla fine, avevo scelto l’unica persona che non avrebbe fatto domane, mi sarebbe stata accanto senza dire

nulla.

Vidi Jimmy scendere frettolosamente dalla sua vecchia auto, scassata.

“Sueee” ormai mi ero addossata al muro, non riuscivo più a muovere un muscolo dalla stanchezza.

“Cosa ti è capitato?” mi aveva preso tra le sue braccia per potermi portare in macchina.

Mi sentivo così al sicuro, protetta dalla realtà crudele che non aveva pietà per nessuno.

Gli feci cenno di stare zitto, non avevo la forza ne fisica e soprattutto quella mentale d’ intrattenere quella conversazione.

“Ok, ti riporto a casa” a quelle parole la paura che si era affievolita tra le sue braccia, ritornò più forte che mai.

“NO!” mi uscì come un grido che sorprese non solo me ma anche Jimmy che mi guardava più preoccupato di prima.

“Va bene” cominciò a guidare a tutta birra, per le strade di illuminate solo dalle vetrine di negozi.

Mi portò in un appartamento accogliente seppure disordinato e mi adagiò sul letto che presumevo essere il suo.

“Dormi pure qui, io vado sul divano” cercò di dire il ragazzo prime che con un braccio cercai di bloccarlo, non volevo rimanere sola, non in quel momento.

“Rimani” la mia voce uscì incerta ma con quante più energie avevo in corpo cercai di trascinarlo verso di me.

“Ok” l’ultima cosa che ricordavo erano le mie braccia avvolte al corpo di Jimmy.

 

Mi ero svegliata grazie all’odore di pancetta fritta e uova, un odore così invitante a cui non riuscivo resistere.

Mi diressi verso la cucina dove una scena a dir poco dolce mi fece scaldare il cuore.

Jimmy con solo i calzoni della tuta (ndKiki: Oh, mio Dio sto sbavando :Q___ ok scusate l’interruzione) stava cucinando la colazione.

Rimasi a fissarlo ancora qualche minuto prima di intervenire con un bel buongiorno.

“Buon giorno anche a te Suzi” mi stava sorridendo amichevole, invitandomi a sedermi.

“La colazione è pronta” portò in tavola un piatto con due uova all’occhio di bue e un altro con della pancetta.

“Grazie, Jim” non avrei mai potuto ripagarlo di tutta quella gentilezza ma soprattutto di quello che faceva per me.

“Di niente piccola” si mise di fronte a me e mi guardò mangiare famelica, la colazione dei campioni.

“Tu non vuoi?” dissi con la bocca piena di cibo.

“No, sono a posto così” continuava a guardarmi sorridente come fosse ipnotizzato.

“Scommetto che non vorrai parlare della notte precedente, tantomeno di quel taglio” sapeva sempre come prendermi, sapeva sempre quello che stavo

pensando.

“Magari più tardi” confessai prima di mettere in bocca una striscia di pancetta.

Di certo mi avrebbe fatto bene parlarne con qualcuno.

“Va bene, con calma che il cibo non fugge” mi rimproverò mentre cercavo d’infilare più bocconi che potevo.

“Lo so ma che fame, mamma mia” una fame da lupi, non mangiavo da più di dodici ore.

“Ora io devo andare, sai oggi è l’ultimo giorno di esami”di colpo mi rammentai di Zacky. Non volevo farlo preoccupare.

Prima che riuscii a dire  qualcosa come , Jimmy mi precedette.

“Lo spiego io a Zacky” mi alzai dalla sedia e andai ad abbracciare quel gigante buono.

“Sei proprio un amico Jim” contraccambiò quell’abbraccio stringendomi a se.

Volevo che quel momento non finisse più, sapevo che sarebbe durato per sempre nei miei ricordi; vivo in me.

“Ora però vado sennò chi la sente la Adams” la professoressa Adams era terribile, ce l’aveva a morte con Jimmy per qualche motivazione che teneva

all’oscuro. Appena trovava una scusa per condannare il povero Jim non esitava.

“Vai e stracciali tutti” nonostante non fosse uno studente provetto, era un ragazzo intelligente e la spuntava sempre.

Mi diede un leggero bacio sulla fronte e scomparve nella sua stanza per poi riemergerne lindo e pinto e uscire in frette e furia.

Indossavo ancora i vestiti della notte scorsa, vestiti che avrei bruciato per smettere di ricordare gli eventi del giorno precedente.

Verità scioccanti erano state svelate, verità che era meglio lasciare sul fondo.


 
**************************
Note dell’autrice:
Eccomi con un nuovo capitolo!!!! Capitolo che lascia tanti punti interrogativi, tante domande da svelare.
Cosa mai sarà successo alla nostra protagonista? Sono curiosa di sapere cosa potreste ipotizzare da tutto ciò…. XD
Comunque presto scopriremo tutto, basta solo un po’ di pazienza.
Spero di essermi rifatta con questo capitolo :D
Passiamo ai ringraziamenti:
Vorrei ringraziare chi legge e basta perché anche solo leggendo mi rendete felice.
Vorrei invece dare un grazie più speciale a tutti quelli che recensiscono perché non mi fate sentire abbandonata e mi date anche degl’ottimi consigli che cerco di seguire …
Insomma un grazie generale a tutti <3
Un Bacio enorme
Kiki
 
Ps: Se vi può interessare questa è la canzone che tanto mi ha ispirato :)
 http://www.youtube.com/watch?v=C5oScxIhZ6w

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Capitolo 8
*** Cold Nightmare ***


<< Suzanne >> qualcuno stava sussurrando il mio nome, qualcuno di cui non riuscivo a percepire la presenza, mi trascinava lungo un viale di sassi.

Non potevo aprire gli occhi, poiché chiusi in una morsa di sangue che sgorgava sottoforma di lacrime.

<< Suzanne non puoi fuggire per sempre >> non tutti i sensi mi avevano abbandonato, anche se erano paralizzati dalla paura.

Sentivo due mani tozze e callose stringermi i polsi, non esistevano manette più sicure di quelle carnali. Dovevo trovare un modo per liberarmi, per

scampare da quello che stava succedendo.


<< Portala dentro >> gridava, in lontananza, un’altra voce cristallina.

La presa si era fatta più forte e insistente, il ritmo dei passi era accelerato e il fiatone rimbombava in quel luogo desolato.

Doveva essere uno scherzo di cattivo gusto, non ricordo neanche come ci ero arrivata. Un attimo prima fissavo la pila di cd davanti lo stereo di Jimmy

e l’attimo dopo uno sconosciuto mi stava portando via. Decisamente c’era qualcosa che non andava.


<< Suzanne non puoi fuggire per sempre >> un’altra voce più familiare mi parlava all’orecchio, sussurrava quelle parole senza senso.

Da quando avevo ripreso coscienza mi sentivo vuota, una scorza priva di succo. Tutte quello che sapevo sembrava essersi nascosto in qualche antro di

me, non dava segno di voler uscire.


<< Devi dire la verità >> intimava dolce, parole velenose.

<< Su cosa? Non capisco >> mi ero fatta coraggio ma ormai la mia voce neanche sembrava più mia, come se mi avessero privato anche di riconoscere

il mio stesso timbro.


<< Slegala >> la benda dagl’occhi, di cui neanche mi ero accorta, cadde insanguinata rivelando un mondo lugubre e sterile.

Sembrava un vecchio ospedale abbandonato, le finestre delle camere erano rotte, il pavimento seppur “pulito” aveva ancora qualche macchia

incrostata di sangue.


<< Devi dire la verità >> una donna dai lunghi capelli corvini si stava avvicinando, indossava vesti candide come la sua pelle. Ai miei occhi sembrava

una dea greca. Da quello che avevo capito il suo nome era Sybilla, un nome antico quanto lei.


<< Non capisco >> ancora una volta cercai di mandar giù il groppo in gola per poter ripetere quelle parole con più insistenza.

<< La verità verrà fuori e sarai tu a dirla >> cercavo di focalizzare la mia attenzione su quell’ultima voce tanto familiare.

Zack!

<< Zack? Ti prego aiutami, non mi fare questo >> era lui la nota che stonava in quel luogo, mi voleva bene, non mi avrebbe mai fatto tale tortura.

Appoggiata al muro tre persone mi stavano accerchiando, di cui una la più importante della mia vita.

<< No, Suzi tu non mi puoi fare questo. Dobbiamo sapere >> un frammento di memoria mi stava tornando. Le parole iniziavano ad  arrivare come un

fiume in piena.


<< Cos’è successo? >> chiese d’un tratto l’uomo bigotto alla destra della bellissima donna.

Ora capivo a cosa si riferivano, quello che mi portavo dentro doveva uscire da me.

<< Zack. Mamma non ha detto niente, lei guardava >> mio fratello mi aveva appoggiato una mano sulla spalla,  per conforto.

<< Sai quel pomeriggio quando sono tornata a casa, non avrei mai immaginato di trovare uno scenario simile >> che era sogno o realtà, Zack doveva

sapere con che persone vivevamo.


<< Suzi, cos’è successo >> l’uomo che chiamavo papà mi guardava con occhi iniettati di sangue, per quello che avevo visto, per quello che avevo detto

dopo la bastardata che aveva fatto alla donna a cui aveva giurato eterno amore.


<< Sono corsa a casa, lui mi ha seguito e mi ha giurato che se avessi detto qualcosa mi avrebbe ucciso >> prima di allora non avevo mai provato una

paura così forte.


<< Quando mi sono ribellata ha iniziato a picchiarmi e lei era li che guardava, non diceva nulla stava semplicemente guardandomi come per chiedermi

scusa … >> non sarei mai dovuta tornare a casa, dovevo stare ancora un po’ con Johnny, ma la sua fidanzata aveva bisogno di lui e io chi ero per

mettermi in mezzo << … non avrei potuto mai perdonarla, non adesso. Poi me ne sono andata >> la figura dell’uomo dai capelli bianchi era scomparsa,

seguita da quella della donna. Eravamo rimasti io e Zack in quel posto spaventoso.


<< Grazie Sue, ora puoi svegliarti >> da cosa mi sarai dovuta svegliare? Quella era la realtà, eppure, perché mi sembrava tutto così irreale?

<< SVEGLIATI >> un’altra voce mi urlava nel cervello.
 





Lentamente aprivo gl’occhi per paura di quello che avrei potuto trovare, ero ancora in quel manicomio?

“ Suzi” Jimmy mi stava chiamando, non potevo essere ancora lì.

“Jimmy?” sentivo la sua mano fredda accarezzarmi il viso, dolce e delicato come per paura di sfregiarmi.

“Sei svenuta” il mio incubo personale però aleggiava ancora nella mia mente, minacciando di tornare. Gl’occhi del ragazzo, quegl’occhi così blu mi diedero

una piacevole sensazione, la sensazione di casa e protezione.

“Devo aver avuto un calo di zuccheri” come no … E mia zia era la regina Elizabeth.

“Certo, vuoi che ti vada a prendere qualcosa di dolce?” ero una ragazza con l’ appetito da donna incinta, sarebbe stato facile fargli credere alla mia scusa.

Da quando mi ero ‘trasferita’ a casa di Jimmy, Zack mi aveva più e più volte chiesto il perché, qual’era stata la motivazione per spingermi ad’allontanarmi

dalla mia famiglia. Io per tutta risposta gli avevo detto che era meglio non sapere e che la mia unica famiglia era lui.

“Grazie” piano piano cercavo di rialzarmi, ma la testa mi girava troppo e non volevo rischiare, di nuovo, di cadere in quel sonno degno della bella

addormentata. Se Jim era tornato, voleva dire che avevo passato tre ore in quel mio inferno personale, eppure era sembrata  una questione di minuti.

“Una bella fetta di torta al cioccolato per la dormigliona” disse in tono scherzoso. Quanto amavo quel ragazzo per essere sempre così dolce con me, aspetta!

Avevo davvero pensato la parola amore? Lui era solo un amico e tra amico e fidanzato c’era di mezzo il mare. Ero solo un po’ spossata dall’incubo,

nient’altro.

“Sai che con me puoi parlare di qualsiasi cosa, vero Sue?” il primo assaggio di quella meraviglia mi stava per finire di traverso se non era per la prontezza di

Jimmy che mia aveva dato una sonora pacca sulla schiena.

“Lo so, perché dici questo? Ho detto qualcosa mentre ‘dormivo’ ?” ti prego buon Dio che sei lassù, fai che non avevo per sbaglio svelato quello che era

successo. Non perché non mi fidavo di Jimmy (anzi mi fidavo più di lui che di me stessa) solo che non lo volevo mettere in mezzo più di quanto c’era già.

“Hai solo detto, cito testuale ‘Non posso ‘perdonarli’” certo che non potevo, non dopo tutto quello che mi stavano facendo vivere, vivere nel terrore di

tornare a casa per trovarmi di fronte a lui con i suoi occhi crudeli e lei con la sua indifferenza da stupida.

“ Ma nulla, ho fatto solo un incubo” il mio fottutissimo incubo che non era così lontano dalla verità.

“Vieni qui” mi aveva preso sopra di se, mi stringeva al suo petto accarezzandomi i capelli. Avevo proprio bisogno di una persona così al mio fianco.

Le sue labbra così morbide ,come petali di rosa, erano a pochi centimetri dalle mie, un minimo spostamento e si sarebbero toccate.

Lui si stava portando più vicino a me fino ad ottenere quel contatto che tanto desideravo, che tanto desideravamo. Un bacio si era fatto largo tra i mille

pensieri che offuscavano il cervello di per sé già in tilt.

La sua lingua accarezzava le mie labbra mentre la mia cercava di sgusciare dentro la sua bocca così calda e inebriante.

A chi volevo prendere in giro, gli amici non si baciano così, gli amici non si baciano proprio.

“Jimmy” le nostre labbra ancora attaccate e sussultanti.

“Ti amo” non sapevo proprio se avevo fatto la cosa giusta a lasciarmi andare così, ma in quel momento sembrava così magico e perfetto che quelle due

parole non avrebbero fatto altro che migliorare la situazione già eccitante.

“Ti amo” ripeteva lui con meno lucidità in corpo di quella in mio possesso.

Le sue labbra si stavano dilagando su tutto il mio corpo. Prima la clavicola, il mio punto debole, per poi passare al fianco e in fine arrivare nel mio ventre già

scoperto.

“Sei bellissima” quelle parole così dolci mi avevano fatto sentire per la prima volta una donna, non una ragazzina racchia e sfigata ma una bellissima donna.

“Baciami per fa …” neanche il tempo di finire la mia supplica che le sue labbra si erano portate sulle mie.

Le nostre bocche erano come ricercatori che andavano in avanscoperta.

“Ti mangerei se solo potessi” sussurravo all’orecchio prima di mordicchiarlo e tornare a baciarlo con più trasporto e più consapevolezza delle sue labbra.


 


******************************** 
Note dell’autrice:
Sono tornata, dopo una pausa per la poco ispirazione la signorina in questione è tornata!!
Avevo anche pensato di cancellare questa storia T___T  per fortuna però non l’ho fatto :D
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che soprattutto ci abbiate capito qualcosa  XD
Ovviamente ascoltare troppe volte nightmare porta a questo …. La pazzia più completa in inventare sogni privi di logica ^^
Ok ringrazio infinitamente: i cari lettori silenziosi che si prendono la briga di leggere le mie innumerevoli stronzate xD poi chi recensisce, mi fa un piacere immenso sapere che il mio lavoro è piaciuto a qualcuno (poi se ci aggiungete le critiche sono anche più contenta che così mi aiutate a migliorare), anche chi ha messo la storia su preferiti e seguite … GRAZIE!
Baci
Kiki
 
Ps: Gli aggiornamenti come avete capito non sono regolari, si basano sulla mia ispirazione quindi … Alla prossima gente!

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Capitolo 9
*** Selfish ***


Ero giovane e inesperta. Cos’era l’amore se non una dolce illusione?

Il mio corpo nudo e vergine era girato di lato, in quel letto freddo e solitario senza di lui.

“Voglio solo aspettare” si era giustificato Jimmy, prima di prendere i suoi vestiti accasciati al suolo, e oltrepassare la porta, una porta che non divideva

unicamente la camera dalla cucina, ma anche noi.

Io volevo solo diventare sua, dimostrargli il mio affetto nel più semplice e complicato atto d’amore. Evidentemente non la pensavamo allo stesso modo.

“Sweet dreams are made of this
Who am I to disagree
Travel the world and the seven seas
Everybody is looking for something
Some of them want to use you
Some of them want to get used by you
Some of them want to abuse you
Some of them want to be abused” 


Volevo forse usarlo ? Possibile.

Volevo forse abusare di lui per un atto egoistico? Si.

Un piccolo bozzo che attende anni e anni per mutare in una farfalla colorata, un bozzo che in quel periodo raccoglie informazioni su ciò che lo attende, troppo

piccolo per capire. E poi quando spuntano le ali, la gioia comprime quel piccolo grande cuore da farlo scoppiare, ma ovviamente ancora acerbo per sapere

volare, a questo servono i genitori, a guidarti e insegnarti.

Mi hanno tagliato le ali, ali che non torneranno più, poiché lasciate marcire in quello schifo di realtà, fatta di tradimenti, bugie, sofferenza, avarizia, lussuria

… peccati su peccati, e la tua purezza, il tuo essere ingenua viene contaminato da quel sistema così malato e sbagliato.

Sentivo pizzicare gli occhi ma nessuna lacrima scese.

Mi arrotolai le coperte, ben strette, al corpo per oltrepassare la barriera fatta di legno e testardaggine.

“Jimmy?” non avevo ancora aperto la porta, avevo davvero paura che la verità m’investisse in un colpo solo.

Appoggiavo la fronte al legno lucido aspettando una risposta.

Sperando che non mi avesse lasciata sola, sperando che avesse capito il mio insano bisogno di lui e delle sue attenzioni, che cercavo sempre.

“Vieni” non sembrava arrabbiato e ne irritato dalla mia presenza, solo triste. Lo si capiva dall’incrinatura che aveva assunto la sua voce, come spezzata.

“Sicuro?” avevo bisogno di esserne certa.

“Si, stupida” un sorriso amaro sbocciò sulle mie labbra.

Jimmy stava seduto con le mani incrociate al petto.

Sembrava aspettare qualche punizione divina.

“Vieni qui” mi disse indicandomi le sue ginocchia. Strascinai le coperte fino alla figura imponente, sempre più grossa e alta di me.

“Suzi, io ti amo ma non voglio affrettare le cose” eppure la voglia di prenderlo a schiaffi per avermi rifiutata c’era ancora.

“Sono egoista Jim, devi capire che sono tanto egoista” dissi abbracciandolo.

Egoista fino al midollo. Fingevo di essere quella generosa che pensava al bene degl’altri prima del suo, ma non era così.

“No che non lo sei” disse con tono dolce. Quegl’occhi velati di una qualche tristezza erano puntati, saldamente, sui miei. Mi vergognavo per essermi

comportata così, per aver anche solo un attimo pensato di usarlo per qualche mio scopo interiore. Forse volevo solo sentirmi amata in modo diverso, forse

volevo solo sentirmi appagata e felice dopo quelle settimane difficili.

“Si è così. Io ti amo e ti voglio solo per me, sempre. Sono egoista” L’amore era egoismo, volere una persona tanto da metterla prima di tutti.

“Allora siamo in due” mi prese il volto tra le sue mani calde e affusolate, mi aveva impugno. Le nostre bocche si richiamavano, si desideravano.

Un bacio a fior di labbra era ciò che sarebbe rimasto di quel pomeriggio.

“Ti amo Sue” quelle parole potevano scaturire tanta felicità?

Ero restata accoccolata tra le sue braccia per non so quanto tempo, inspirando il suo profumo fresco e piacevole.

Anni, ore, minuti, secondi, decimi di secondi … Il tempo non esisteva.

“Jim?” eppure c’era sempre qualcosa che interveniva per rovinare momenti come quello. Fantasmi del passato, non troppo passato, che ti ricordavano e

riportavano alla mente sensazioni in contrasto.

“Si può finire le lacrime? Dici che è possibile?” un ghigno mi era uscito pronunciando quelle parole.

“Dico che è possibile, ma non penso sia il tuo caso” sempre gentile e amorevole. Come potevi avercela con lui, con una persona così.

“Si può essere” ero ancora troppo giovane e avevo proprio l’impressione che di dolore ce ne sarebbe stato anche tanto nella mia vita.

“Devo dirti una cosa. Avevo promesso a Zacky che sarebbe stato lui a dirtela ma in qualità di tuo fidanzato ne ho la precedenza” mi veniva da ridere, il

modo in cui aveva detto fidanzato lo rendeva così buffo e impacciato, un lato che non avevo mai visto.

“Tsk… Fidanzato? Tu? Razza di metallaro senza sale in zucca?” cercavo di fare la signora d’alta borghesia. Ci divertivamo troppo a prenderci in giro.

“Ah è così che la pensi adesso? Devo ricordare che un attimo fa cercavi di portarti a letto proprio questo metallaro” disse con una finta aria offesa.

Che pessimi attori!

“Ero ubriaca” ammisi mestamente. Questi giochi che ogni tanto intrattenevamo mi rallegravano. Facevano sorridere il mio animo.

“Ubriaca? Ma se non hai bevuto” oh si totalmente ubriaca. Ubriaca da capo a piedi.

“Ubriaca di te” e, come prima, riprese possesso di ciò che oramai era suo. Le mia labbra erano la casa sua.

“Sei terribilmente dolce” ero sorpresa di me stessa. L’amore doveva proprio fare strani effetti alle persone.

“Bando alle sdolcinerie, mi pareva che dovevi dirmi qualcosa d’importante” gli occhi di Jimmy s’intristirono di colpo. Doveva essere qualcosa di davvero

serio.

“La prossima settimana partiamo in tour” lo sapevo che quei cinque ce l’avrebbero fatta, finalmente il loro sogno stava per iniziare.

La scalata verso il podio dei migliori. In pochi ce la fanno e loro ce l’avrebbero fatta.

“Non capisco… Mi sembra una notizia fantastica!” non sapevo che il mio sorriso, prontamente, dipinto in faccia avesse avuto vita così breve.

“Staremo via un anno” ora capivo. Io non ero compresa nel pacchetto.

“Oh” l’unica risposta brillante che mi era venuta in mente. Una risposta che però non lasciava intravedere neanche un terzo della mia delusione.

“La Goodlife recording ci ha offerto un contratto, che noi ovviamente abbiamo accettato. Un contratto che prevede un cd e un tuor. Il tuor durerà quattro

mesi, partendo da Los Angeles dove nei sei mesi registreremo” era un’ottima occasione per tutti loro. Per Brian, un chitarrista eccentrico, con la voglia di

sfondare per far avverare il suo sogno (tradotto: Donne ai suoi piedi dal mattino alla sera).

Per Matt, vocalist di tutto rispetto, sempre pacato e tranquillo ma basta dargli un microfono in mano e un palco che si scatena come il diavolo della

tazmania.

Per Johnny, bassista e new entry nel gruppo, che con il suo incredibile talento ha dato una marcia in più alla band stessa, o come direbbe lui, un tocco di

stile.  

Per Zack, non solo fratello incredibile ma anche chitarrista dotato, una forza della natura, scatenato come pochi.

E infine per Jimmy. Un Jimmy che con le sue bacchette trasmette adrenalina allo stato puro, emozioni che non si scordano neanche nell’arco di anni.

Per Jimmy era un’occasione irripetibile.

Per questi cinque ragazzi dal destino in comune. Hunghtinton gli stava stretta.

Eppure non riuscivo a essere felice per loro, altra dimostrazione del mio egoismo.

“Wow” ancora più allibita, mostravo un falso e tirato sorriso di approvazione.

“Cosa ne pensi? Vorrei sapere davvero che te ne pare” non voleva sapere cosa ne pensavo. Oppure si?

Cristo Sue, per una misera volta nella tua patetica e inutile vita. Non essere egoista!

La mia coscienza gridava queste parole.

“Bè” dovevo far forza su tutte le mie doti nascoste di bugiarda e attrice. Nascoste molto in profondità perché io ero sempre stata una persona sincera che

diceva cosa pensava.

“Suzi, riesci a dire parole con più di tre lettere?” chiese ironicamente quel ragazzo per il quale avrei mentito.

“Sono davvero contenta per voi ve lo siete meritato non posso ancora crederci che finalmente il vostro sogno si realizzi sono così contenta che sembra quasi

che io devo partire e poi L.A. chi se lo sarebbe mai aspettato” dissi tutto d’un fiato cercando di essere il più credibile possibile, sperando che si fosse bevuto

quell’enorme cazzata.

“Riprendi fiato Sue, davvero pensi queste cose?” Si, Si, Si, Si, Si, Si!!!!!! Se ti è rimasto qualche neurone dì di Si per l’amor del cielo

Ancora quella stupida voce dentro di me. Avrei volentieri fatto a meno di una coscienza.

“Si e parti tranquillo. Per quanto riguarda noi ci sono sempre i telefoni cellulare e poi le cartoline e addirittura potrei venirvi a trovare in qualche tappa”

quanta forza di volontà avevo.

“Wow, sono contentissimo che la pensi così piccola. Sai temevo mi lasciassi” che idiota! Io avevo paura che lui mi lasciasse.

“Ora però vestiti che fra poco arrivano gli altri” altri? Presupponeva che ci sarebbe stato anche Zack e qualcosa nel mio cervello gridava un allarme.

Non credo avrebbe preso bene il mio nuovo rapporto con Jim. Oh no che non l’avrebbe preso bene.


 
 
 
************************************************ 
Note dell’autrice
Ed eccomi approdata direttamente da Sevenfoldlandia!!! Davvero un posto magnifico per vacanzeggiare, se vi capita dovreste andarci; di trova nella città del male vicino all’afterlife quel locale dove suonano sempre… Insomma sto a sparare un pochino di cazzate, ci vuole qualche volta XD
Che dire di questo capitolo… Ho fatto schifo a mio parere ma l’ispirazione sta ancora vacillando e minaccia di andarsene quindi ci si accontenta ^^
Però a mio favore devo dire che ci sono degli sviluppi davvero interessanti *_* che ovviamente verranno accompagnati da problemi.
Ho cercato di sdrammatizzare in parecchi punti, spero vivamente di esserci riuscita senno sai che depressione? O.o
E con questo me ne vado a ***** (hahaha censuriamo che è meglio)
Baci Baci
Kiki

 
Ps: Finalmente vi svelo il volto della nostra beniamina e amata Suzanne: http://2.bp.blogspot.com/-Q5nuyKhrI5A/TaStQIYuTbI/AAAAAAAAAgE/6dq3MqEJUcc/s1600/tumblr_ljj13zkRMs1qa7xjyo1_500.jpg
                                                                                                                                     
                                                                                                                                    http://attheloft.typepad.com/.a/6a00e54ecca8b988330147e0935bb9970b-800wi
 
 
Ed ecco anche Jimmy (per il piacere dei vostri, qualche foto non guasta mai) ^^:  http://static.thehollywoodgossip.com/images/gallery/jimmy-sullivan_332x500.jpg

 
                                                                                                                                                 http://avengedsevenfoldseternalsoldiers.com/sitebuildercontent/sitebuilderpictures/jamessullivanport.jpg

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Capitolo 10
*** The poison that is inside me is called love ***


Sola. Una parola che presto, sarebbe diventata realtà. Un’ incubo che non avrebbe avuto fine facilmente.

Mi rimanevano ventiquattro ore, ventiquattro ore di bugie e maschere di felicità.

“Và tutto bene?” mi sentivo un automa, un’ ameba priva d’animo e sentimenti.

“Si tranquillo Zacky” avrei dovuto fare salti di gioia. Io e Jimmy stavamo insieme, Zack lo aveva scoperto ed era stato comprensivo, stavano per avverare il

loro sogno, eppure mi sembrava d’ingoiare veleno a più non posso.

“Ok, però sembri strana. Sciupata” quando sei un bambino ti dicono che dire le bugie non è bello, ma nessuno ti spiega che farlo comporta avere un fardello

pesante il doppio di te, nessuno ti dice che ti distrugge fisicamente e psicologicamente.

“Ma sì! Sto bene, mi è preso un attimo di nostalgia” scattai dal divano con un sorriso a trentadue denti, solo perché il mio umore era sotto i piedi non voleva

dire che dovevo intaccare, mio fratello, di tutto quel pessimismo che mi portavo appresso da una settimana.

“Nostalgia?” sorrisi ancora una volta, di quell’innocenza e ingenuità che lo caratterizzavano. Era sempre stato così genuino, un bambino ai miei occhi.

“Si, non siete partiti che già mi mancate” mi mancavano. I cinque uomini della mia vita. Cinque figure che se ne stavano andando, eclissandosi dietro un

sogno troppo grande di cui io non facevo parte.

“Oh, vieni qui” nostalgia dei suoi abbracci, calorosi e confortevoli.

“Non ti dimenticherai della tua sorellina rompiscatole, vero?” ne sarei morta, mi avrebbe ucciso la sua indifferenza.

“Certo che no. Ti chiamerò ogni giorno che ti sembrerà di avermi ancora accanto” un vero sorriso fece capolino. Siamo legati dallo stesso sangue, 

scorre nelle nostre vene.


“Ti voglio bene, fratellone” non c’era tempo per le lacrime, non volevo mi ricordasse così.

“Ti voglio bene, Suzi” e ci credevo, quelle parole erano troppo sincere per essere una menzogna.

“E Jimmy, lui non ti mancherà?” appena pronunciato quel nome, sentivo il sangue ribollire sulle gote, dipingerle di porpora.

“Lui più di tutti” non si poteva paragonare l’amore che provavo per lui e quello per mio fratello. Due amori così simili, eppure diversi. Forti e indissolubili.

Entrambi erano entrati con impeto, nel mio cuore, creando una ferita che subito a smesso di sanguinare per cicatrizzarsi e non farli più uscire.

Quei due amori vivevano in armonia, parte di me e del mio essere.

Non sarebbero più usciti.

“Ah grazie” disse facendo quello sguardo da cane bastonato. Uno sguardo a cui pochi resistevano, io di certo non ero uno di questi.

“Lo sai cosa intendo” lui in primis era nei miei stessi panni.

 “Lo so, lo so ma sai sono un po’ geloso della mia sorellina” ricordavo, in modo cristallino, il periodo che ero stata gelosa di Lucy (Sua attuale fidanzata),

invidiavo tutto quel tempo che gli dedicava, invidiavo tutto quell’amore che gli riservava. Forse lo sarei stata sempre, ma ero felice per lui.

“Va bene ma non lasciamoci troppo andare con certi sentimentalismi” dissi ridendo, di quell’espressione da pesce lesso che aveva assunto.

“Ok signorina cuore di ghiaccio” insultarci era un passatempo divertente e anche fantasioso.

“Meglio che essere il signor mammoletta” scoppiammo a in grasse risate come idioti, ok forse quella giornata non sarebbe stata un addio, come pensavo.

“Ora ti faccio vedere io chi è la mammoletta” mi prese in braccio e iniziò a trascinarmi di fuori.

No, non sarebbe stato un addio.

Arrivederci

 







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Note dell’autrice:
Piccolissimo capitolo.
Era da tanto che non entrava in scena Zacky e questo mi è sembrato il modo perfetto per far salutare i due.
Spero che vi sia piaciuto nonostante la lunghezza. Tranquilli, niente è perso perché con il prossimo mi faccio perdonare ^^
La scorsa volta mi sono scordata i ringraziamenti quindi oggi valgono doppi xD
GRAZIE A CHI LEGGE, CHI HA MESSO LA STORIA SUI PREFERITI, CHI L’HA MESSA SULLE SEGUITE E ULTIMI MA NON MENO IMPORTANTI CHI RECENSISCE!!!!!!!
Alla prossima..
Bacioni
Kiki
 
Ps: Dal prossimo chap si passa anche dal punto di vista di Jimmy :D

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Capitolo 11
*** The call of a love past? ***


1 mese dopo

Ero tornata a casa. Non di certo di mia spontanea volontà, ma ero tornata.
Vivevo la mia vita sotto il perenne sguardo dispiaciuto di mia madre e le continue minacce di mio padre. Vivevo una vita fatta di chiamate senza risposta. Una vita che non valeva la pena vivere.
 
Mi avevano promesso che sarei stata al primo posto, che nessuno, neanche il loro sogno, avrebbe intralciato il nostro rapporto.
Erano tutte bugie.
 
<< Jimmy!! >> non sentivo nessuno di loro da due settimane. Nessuno tranne Brian, che trovava sempre il tempo per chiamarmi, per rendermi un minimo partecipe della loro vita.
<< Suzi >> la sua voce era fiacca e stanca. Piena di nostalgia << Mi manchi, piccola >>
<< Mi manchi anche tu >> volevo stringerlo a me e fargli sentire tutto l’amore che provavo. Volevo dirgli di tornare, perché la casa senza di lui era vuota. Volevo sentire il suo respiro percorrere la mia pelle febbricitante. Volevo ma non potevo.
<< Devo andare ora >> ma la cosa che desideravo e agognavo di avere, erano almeno cinque minuti per noi.
<< Cosa?!? >> chiesi scioccata. Non capivo, mi chiamava e poi riattaccava sempre troppo presto. Eppure gli altri trovavano almeno un’ora per le proprie fidanzate.  
<< Sono impegnato lo sai >> disse scocciato.
Le lacrime avevano iniziato il percorso verso le guance, percorso che conoscevano a memoria. Ogni volta che una bagnava la mia pelle, mi sentivo morire dentro. Mi svuotavo sempre di più fino a diventare un contenitore privo di alcuna sostanza. Mi avvicinavo ogni giorno di più a diventare una scorza umana.
<< Lo so >> cercavo di far funzionare le cose, ma per mia sfortuna le relazioni non si costruiscono sulla base di niente. Ci volevano due persone capaci di amare e di essere amate, capaci dare e ricevere, capaci di essere soddisfatti e soddisfare.
<< Mi dispiace >> a me no. A me non dispiaceva. Mi uccideva letteralmente la situazione. Ma invece che parlare, dirgli come mi sentivo, ogni volta ricacciavo quei presagi di resa e andavo avanti a testa alta. Questa volta avrei tanto voluto dire di esserci riuscita.
<< Non è vero! >> urlai alla cornetta. Stringevo forte il telefono da far diventare la mano come neve. Bianca e fredda.
La rabbia repressa, la frustrazione e la tristezza si stavano facendo sentire, prendendo il controllo di me e della mia bocca.
<< Come? Scherzi vero?! >> vestivo una maschera di rabbia. Volevo sfogare l’impulso del momento, ma evidentemente non lo aveva capito.
<< Si! Se t’importasse qualcosa faresti di più per noi >> la parte del manico del coltello, nel nostro rapporto, era nella sua direzione. Io non potevo fare più di quello che stavo facendo.
Io chiamavo, ma era lui a dover rispondere, e non solo telefonicamente parlando. Ogni notte, distesa sul letto ripetevo a voce bassa il suo nome, in attesa di sentirlo di nuovo vicino a me, di sentire le sue mani stringermi da dietro.
<< E cosa dovrei fare? Dimmelo perché io non lo so >>  ci stavamo esasperando a vicenda. Soffrivamo per una serie di ragioni che formavano un problema.
<< Magari farti sentire di più. So che sei impegnato ma è incredibile che tutti trovino il tempo per me e tu no. Tu che sei il mio fidanzato!!! >> presi un respiro prima di continuare quello che forse sarebbe stato l’ultimo contatto con lui << Addirittura Brian, capisci! Io voglio che anche tu lo trovi il tempo >> rabbia dolore e lacrime
<< Brian? Cosa centra Brian? >> cioè no davvero? L’unica cosa che aveva sentito era quella?
<< Lui mi vuole nella sua vita, a differenza tua >> parole che uscivano come uno sputo. Veleno di vipera allo stato puro.
<< Mettiti con Brian allora! >> eravamo arrabbiati. Urlavamo e dicevamo cose che non pensavamo.
<< Penso che lo farò >> la frittata era fatta.
<< Allora è finita? >> disse più calmo. La rabbia si era smontata, lasciando un sapore amaro in bocca.
<< Non lo so >> avrei potuto dire no, ma io davvero non lo sapevo.
<< Devo andare >> forse non eravamo fatti per stare insieme.
 
Il telefono squillava. Brian.

 



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Note dell’autrice:
Ultimamente sono in alto mare, quindi già è tanto se sono riuscita a postare un capitolo flash xD
Ci sono problemi in paradiso a quanto pare e le cose non sembrano migliorare. Brian il diavoletto si metterà in mezzo? O si comporterà da amico?
Lo scopriremo presto.. spero
Ringrazio a tutti !!!
Spero vi sia piaciuto anche se è davvero mini…
Baci baci
Kiki 

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