Al sapore di ciliegia

di Darling Eleonora
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** NewEntry ***
Capitolo 3: *** La primavera ***
Capitolo 4: *** Una poesia ***
Capitolo 5: *** Richieste ***
Capitolo 6: *** Percorso a ostacoli ***
Capitolo 7: *** L'importante è esser presenti (parte prima) ***
Capitolo 8: *** Show must go on ***
Capitolo 9: *** L'importante è esser presenti (parte seconda) ***
Capitolo 10: *** La metà del bicchiere ***
Capitolo 11: *** Sostenitori e oppositori ***
Capitolo 12: *** Presentazioni ***
Capitolo 13: *** La candela rossa ***
Capitolo 14: *** Apparenze sospette ***
Capitolo 15: *** Tea Party ***
Capitolo 16: *** Giudizi ***
Capitolo 17: *** Chiarimenti ***
Capitolo 18: *** Dinamiche ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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Prologo   

Avete presente quei frutti dolci e rossi che nascono su alberi dalla fioritura in primavera?
Le ciliegie.
Si racconta che quando nascono due ciliegie da uno stesso nodo, siano due anime gemelle destinate a stare insieme legate da uno stesso destino,
e prendono nome di “Ciliegie Gemelle”.
A questo punto una domanda può sorgere: Ma che succederebbe se venissero separate?

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Capitolo 2
*** NewEntry ***




 

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NewEntry



-Mamma? Mamma!
Erano già le 7:30 e per arrivare alla San Margot occorrevano quindici minuti buoni di macchina.
-Mamma, dove sono le mie scarpe?!
Urlò per l'ennesima volta.
-Leonard per favore cercale da solo! Devo sistemare Winnie, non la senti come piange?
La sentiva. Eccome se la sentiva. La notte scorsa non aveva chiuso occhio da quanto frignava. Doveva trovare assolutamente quelle dannate scarpe, era il primo giorno di scuola e come chiunque altro nella sua situazione, non voleva arrivare in ritardo proprio quel giorno, le valigie le aveva preparate la sera prima. Aveva controllato centinaia di volte la lista:
- pigiama, spazzolino
- vestiti per le ore extrascolastiche
- quaderni, matite
e in fine,
- il suo adorato mp3 con più di mille canzoni
Già sapeva ancor prima di iniziare a vivere al dormitorio maschile della San Margot, che quell’oggetto sarebbe stato ancora una volta il suo miglior amico. Tutta colpa del suo aspetto e del suo carattere. Solo perché teneva qualche ciocca di capelli castani in più sul viso e quell’aria distaccata. Non era vero. lui non era una persona tanto fredda, anzi. Non aveva mai avuto nessun amico così intimo a tal punto da rivelargli il suo più nascosto e tenero segreto: scriveva poesie. Ogni tanto, si fermava a riflettere e sembrava che il mondo gli desse una mano, tutte le volte che prendeva carta e penna davanti ai suoi occhi appariva qualcosa, a cui lui non aveva fatto caso fino a quel momento, come un merlo che si posava sul prato dalla finestra da dove osservava il mondo. Peccato però. La sua finestra sarebbe dovuta cambiare. In un dormitorio maschile, con troppe persone e quindi anche troppo rumore e troppa poca pace. Forse neanche ce l'aveva una finestra la sua nuova camera.
7.35, era davvero tardi. Si voltò e si ricordò di aver dimenticato il blocchetto dove scriveva le sue poesie, si guardò per la stanza e lo trovò caduto a terra dalla libreria dove lo teneva. Lo prese e vide che sotto di esso c'erano le sue scarpe. Infilò il quaderno nello zaino di fretta e furia, non c'era tempo per metterlo in valigia, si infilò le scarpe.
-Allora Leonard, sei pronto?
Chiese la voce di suo padre dal salotto.
-Sì arrivo.
Si avviò con la valigia, la divisa nel tipico stile scozzese , con la camicia ben stirata e l'mp3 nella tasca della giacca, pronto a salire in macchina.
-Leo se ne va?
Mugugnò Winnie dal sedile posteriore in braccio alla mamma. Lei sorrise per rassicurarla, ma si vedeva che era triste.
- Non preoccuparti amore, tornerà presto a trovarci. E poi lo sentirai tutte le sere al telefono!
Il ragazzo si voltò dal sedile anteriore.
-Facciamo tutte le settimane!
Suo padre, al volante, rise.
-Non vedi l'ora di sbarazzarti dei tuoi eh?
Il viaggio sembrò durare troppo poco, in fondo, gli sarebbero mancati tutti quanti. I coniugi Mercle e soprattutto la piccola Winnie. La macchina parcheggiò nella via prima del viale che portava alla San Margot. Il ragazzo, insieme a tutta la sua famiglia scese di macchina. Era arrivato il cruciale momento degli addii. Winnie aveva pianto per buona parte del tragitto con la mamma che cercava di consolarla, ma ora anche a lei scendeva qualche lacrima. Il ragazzo le guardò e sorrise ad entrambe.
-Mamma, dai, non parto mica per la guerra!
Le abbracciò.
-Scemo lo so. Ma mi mancherai moltissimo, chi è che ti rimboccherà le coperte di nascosto mentre dormi? Chi è che ti sgriderà se farai qualcosa di stupido come camminare a piedi scalzi e beccarti un raffreddore?
Lui rise e sciolse l'abbraccio, scostò una ciocca di capelli mossi dal viso di sua madre e aggiunse:

-Me la caverò mamma.
Suo padre intervenne e gli diede una pacca sulla schiena.
-Ha ragione, ha quindici anni ormai e noi siamo fieri di lui.
Sorrise.
-Grazie papà.
-Leo...
Lo chiamò.
-Winnie…
Lei ripeté il suo nome piangendo mentre si strusciava gli occhietti bagnati con i pugni chiusi. Chi in lacrime e chi no tutti le sorrisero. Il ragazzo prese la testolina di quell'insopportabile di sua sorella e le diede un tenero bacio sulla fronte.
-Ora è meglio che vada. Ci sentiamo stasera al telefono. Ciao.
E con un ultimo sorriso malinconico si avviò.
Appena girato l'angolo si aprì davanti a lui un largo viale alberato e, come aveva visto sulla guida dell’accademia, in fondo,
la San Margot. Era tre volte più grande di quanto si era immaginato: maestosa e regale, con giardini di aiuole fresche, al centro una fontana e più vicina all’ingresso la statua che, aveva letto nella guida, raffigurava la nobildonna Giselle Margot che, per le sue opere di bene in tempo di guerra, nell’anno 1963 fondarono l’accademia in suo onore. “Da ricconi” pensò in poche parole. Raggiunse il cancello principale, spalancato. C'era tanta gente, tanti ragazzi e alcuni adulti che a intuito erano i genitori e forse qualche insegnante. Dopotutto c’erano appena state le vacante natalizie e quello era il giorno di rientro. Ad un certo punto sentì dietro di lui:
-Scusa...?
Si voltò. C'era una ragazza dall'aria cordiale, dentro l'uniforme della scuola, aveva un cerchietto tra i capelli castani . Accanto a lei incuriositi c'erano una ragazza con uno chignon color caramello e un ragazzo dall'aria sportiva.
-Tu devi essere Leonard Mercle, lo studente nuovo.
Lui sorpreso sussurrò un sì.
-Benvenuto alla Margot! Io mi chiamo Selen e sono la rappresentante delle classi seconde e loro sono Rina e Marc. Siamo tuoi compagni di classe.
-Benvenuto allora!
Disse il ragazzo di nome Marc sorridendo.
-Non vedevamo l'ora di conoscerti!
Aggiunse l'altra ragazza eccitata.
Lui accennò un lieve sorriso:
-Piacere di conoscervi, sapete dove posso lasciare i miei bagagli, prima che inizino le lezioni?
La "capogruppo" di nome Selen sorrise come se la domanda fosse scontata.
-Ora ti accompagneremo all'ingresso, ci penserà la segretaria a contattare una delle inservienti per farti portare i bagagli nella tua stanza.

"Dannati riccastri" pensò, ma sorrise e ringraziò.
-Scusa Leonard, come mai ti sei trasferito a metà anno alla San Margot?
Chiese Rina, la ragazza con lo chignon, avvicinandosi, mentre si avviavano all’ingresso.
-I miei genitori hanno avuto una bambina e la casa dove abitavamo prima era troppo piccola, così dopo qualche anno abbiamo deciso di trasferirci, ho visto che ne parlavano molto bene di questa accademia e ho deciso di provare a entrare, ed eccomi qua.
Lei sorrise sorpresa.

-Come si chiama la tua sorellina?
-Si chiama Winnie.
Disse con un certo tono d’affetto una nota nostalgica.
-Winnie? Che nome carino!
Arrivati dalla segretaria dell'ingresso che sedeva dietro un'enorme e lunga cattedra in marmo, la solita bella donna occhialuta che si vede nei film, il ragazzo lasciò le valige ad un'inserviente. La scuola era molto spaziosa anche dentro e anche molto lussuosa. I suoi nuovi compagni lo accompagnarono in classe, l'insegnante di matematica lo presentò, tra sguardi stupiti e incuriositi non si sentiva a proprio agio. Le lezioni erano tranquille da quello che vide e Selen la "capogruppo", gli presentò molte compagne di cui non ricordava nemmeno un nome, tranne la ragazzina simpatica di nome Rina che, con sua sorpresa, lo tempestò di domande insieme ad altre compagne; mentre dei ragazzi ricordava: Marc, il suo compagno di banco che era venuto a riceverlo, Gregory, il classico ragazzo preso di mira dagli insegnanti e simpatico a tutti, e Philippe, un ragazzo tranquillo amico dei due.

Dopo poche ore di lezione lo accompagnarono in mensa, constatò l’ottimo cibo, “Punti in più per
la Margot" si disse rincuorato. Mentre erano nella tavolata della mensa Marc, accanto a lui gli parlò dei club che offriva la scuola e di tutte le iniziative proposte agli studenti:
-Pensi di scriverti a qualche club Leonard?
Chiese mentre aspettavano la frutta, portata in cestini di vimini dalle cameriere.

-Io? No, non sono per lo sport. Tu si che sei uno portato, si vede.
Lui sorrise lusingato.
-Grazie, ma non ci sono solo di sport: c'è l'Informatic Club, il GameClub, il BookClub, il MeetClub, che organizza scambi culturali, il PoetryClub…

-Di poesia?
Lo interruppe.
-Certo e anche di tutta quella roba femminile tipo DomesticClub, BricolageClub, CeriseClub…
Ogni club aveva un nome, l'aveva capito. "Persino un club delle ciliege, che cosa strana". Stava per chiedere a Marc ma lui aveva incominciato a prendere in giro Philippe, vicino a lui, perché era nel GameClub e giocava a scacchi, lui gli diede una spallata e rincominciarono a scherzare.
Il pomeriggio visitò il dormitorio maschile, la sua era la camera 408. Quando aprì la porta della sua stanza notò subito le sue valigie. Per sua fortuna la camera era una singola che si collegava a quella di Gragory, aveva ben due finestre e il bagno in comune, un letto ad una piazza e mezzo, una scrivania con sopra un telefono e un armadio. Soddisfatto andò a guardare il panorama dalle sue due nuove finestre. La prima dava sul cortile dell’accademia, alla fontana e tutto il resto e con suo grande stupore la seconda finestra dava sul retro dove nel bel mezzo di un prato sorgeva un unico albero: un ciliegio.
 

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Capitolo 3
*** La primavera ***


  

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La primavera


Ormai erano passati due mesi e mezzo quasi, dal primo giorno di scuola di Leonard. La mattina erano gli uccellini che si posavano sul suo davanzale a svegliarlo, gli alberi incominciavano ad avere i primi fiori e un fresco venticello stava per sostituirsi a una gelida nevicata. Segno che la primavera era alle porte. Ma la cosa più bella per il ragazzo era il ciliegio che riempiva il panorama della sua seconda, e per lui “segreta”, finestra e  da cui ne traeva grande calma e ispirazione per le sue poesie. Prima era solo una sorta di ammazza tempo lo scrivere, ma ora era diventata proprio un’abitudine. Per il resto era tutto apposto, con i suoi compagni andava d’accordo, non che avesse legato delle grandi amicizie ma la simpatia del suo vicino di stanza Gregory cominciava davvero a piacergli, era un ragazzo alto e biondiccio e, se non fosse stato per il sua goffaggine, avrebbe anche avuto le sue ammiratrici, avvolte lo aiutava pure a studiare perché andava meglio di lui; erano diventati amici, gli dava sempre del “vecchietto” perché Leonard, al confronto suo, era tranquillo, ma in fin dei conti, la sua presenza che dava quell’allegria in più non gli faceva che bene.
Quel giorno le lezioni erano state pesanti e dopo il pranzo alla mensa e altro tempo passato in libreria (chi non faceva parte di uno dei Club aveva solo due scelte: studiare i biblioteca o aiutare nel comitato scolastico), incontrò nel corridoio Philippe.
-Ciao Leonard.
-Ciao, come ti è andata oggi al club?
Gli chiese e lui sorrise quasi timidamente.
-Bè ho vinto contro Timoty e Clare, ma con Salem, il campione in carica, non c’è speranza!
Nel corridoio dietro di lui apparve Rina, di ritorno dal DramaClub e litigava, come ogni volta, con Marc, a seguirli una solita Selen che sorrideva tranquilla e silenziosa.
-Sai solo calciare una stupida palla!
Lo insultava.
-A si? Che intelligenza vuoi che ci voglia nel ripetere a pappagallo?!
-Si chiama interpretazione scemo!
Poi notarono la loro presenza.
-Phil! Diglielo te a questo ignorante chi era Shakespeare!
I due litiganti si misero tra Leonard e Philippe. Quest’ultimo assunse un’aria imbarazzata e rassegnata.
-Che vuoi che mi importi!
Rispose Marc seccato e incominciò ad avviarsi al dormitorio maschile, lei lo inseguì.
-Sei un’ignorante!
Lui rise e la provocò:
-Hai intenzione di seguirmi anche in camera?
Poi svoltarono l’angolo e non li videro più.
-Può sembrare strano ma per me in loro c’è del tenero.
Disse Selen di fianco a Philippe, poi con leggerezza seguì gli altri due. Leonard rise e propose all’amico:
-Vieni al dormitorio?
Lui annuì e si avviarono.
Il ragazzo era stanco e voleva solo riposarsi, dopo aver aperto la porta della sua stanza, entrò
e si sdraiò sul letto a leggiere, tempo cinque minuti e Gregory, a petto nudo e in jeans con la divisa stropicciata tra le mani, spalancò la porta che collegava le loro stanze e lo salutò distruggendo la sua quiete:
-Ei Leo! Vieni in lavanderia, presto! Siamo riusciti a fregare a Philippe l’ammorbidente!
Non si entusiasmò più di tanto; queste cavolate con Gregory come vicino di stanza, erano all’ordine del giorno, si ricordo la prima impressione che ebbe sull’amico la prima settimana di scuola: aveva legato i lacci delle scarpe di Marc, facendolo cadere dalle scale, e questo gliene aveva date di santa ragione; un giorno cadde nella fontana mentre cantava stupidamente: “I’m singing in the rain”, ballando sopra il bordo e nella settimana successiva incominciò a fare il cascamorto con l’inserviente pomeridiana del dormitorio, una donna in carne con una voce gracida che faceva mazzi a chiunque, solo per avere la chiave dell’armadietto delle scope.
-No Greg, oggi passo.
Sorrise nel vederlo.
-Ah, peggio per te, tra poco i miei calzini saranno morbidi come non lo sono mai stati!
Seminudo in punta di piedi attraversò la stanza e uscì dalla porta, quando l’aprì si sentirono degli schiamazzi…probabilmente di Phiplippe e dei suoi rapinatori.
“Ho capito, qua non si può avere un po di pace…” pensò. Si alzò dal letto e andò alla ricerca dei compiti di storia nel suo zaino, stava per aprire la zip ma notò il suo blocco di poesie sul davanzale della finestra. L’albero era lì: maestoso, accarezzato dalla brezza sembrava che avesse una sfera chiamata “tranquillità” tutta intorno a lui, che lo proteggeva dal caos e dalla maleducazione umana che osava distruggere il mondo; lì il tempo si fermava, e quella sfera sembrava facesse penetrare solo la purezza e la rugiada all’alba.
“Non so come ci sia finito lì” pensò riferendosi sia al bellissimo albero sia al suo blocchetto delle poesie sul davanzale, “ ma è un segno”. Sorrise e con il blocchetto in mano si diresse verso l’uscita posteriore del dormitorio. Percorse il corridoio e le scale di furia, evitando tutti i ragazzi per poi incontrare Philippe e Gregory.
-Hey dove vai così di fretta? Ti unisci a noi?
Disse quest’ultimo, in quel momento era con l’ammorbidente in mano mentre bisticciava con l’altro per averlo tutto per se.
-No grazie ho trovato qualcosa di meglio!
Gli rispose e lui parve incuriosito.
-Meglio di così?
E si mise a ridere.
Leonard raggiunse il piano terra ma mentre correva si sentì chiamare:
-Ragazzo, non si corre nei corridoi!
“Ma da dove sbuca questa?”. Voltandosi si accorse che era l’inserviente pomeridiana succube delle avances del suo turbolento amico. Le andò incontro, stava dando il cencio.
-Mi scusi signora!
Disse con un lieve imbarazzo, lei parve infuriarsi.
-Con chi credi di avere a che fare?! Quando ti rivolgi a me mi devi chiamare signorina Dories!
“Questa crede di avere vent’anni” pensò.
-Mi perdoni signorina Dories, mi chiamo Leonard e sono nella camera 408.
Lei strabuzzò gli occhi.
-Sei con quella peste?! Ora si spiega tutto!
Il ragazzo provò una “leggera” irritazione. Cercò nella sua mente qualche scusa per abbandonare l’inutile conversazione e nel farlo evitò gli occhi vispi e scuri dell’inserviente.
-Senta…
Mentre stava per smollargli la prima cavolata che gli capitava vide l’albero da una finestra non lontana da loro, ma la cosa più strana era che sotto i rami c’era qualcuno…Non si era accorto che la donna aveva continuato a parlare dalla sua altezza di circa un metro e trenta in confronto al suo e settanta.
-…quindi come ti ho detto, se non hai necessità estreme: non si corre, non si grida, non ci si avvicina alla fontana, non si usa abusivamente l’ascensore, non…hey ragazzo mi stai ascoltando?!
-Certo, ha perfettamente ragione, ora vado…
Lei lo guardò con aria scettica ma lui non ci fece caso perché la sua concentrazione era rivolta a tutt’altra cosa. Si avviò a passo incerto alla finestra aperta e nel farlo si sentì dire alle spalle:
-Giovani d’oggi…
Leonard era davanti alla finestra e dinnanzi a lui c’era l’albero, più chiaro che mai dato che era al primo piano del dormitorio.
Rinfrescata dall’ombra delle sue foglie c’era una ragazza sdraiata con la schiena contro il possente tronco, che dormiva dolcemente. Il suo piccolo viso era incorniciato da una frangia di capelli setosi che le sfioravano il mento e, come la bocca, erano dello stesso colore delle ciliege che fra non molto sarebbero fruttate sui rami che le facevano ombra. Somigliava ad una bambola di porcellana: aveva un corpo snello dentro un vestito di sangallo bianco immacolato che le arrivava a metà coscia. Quella visione scaturì dento di lui una reazione strana e insolita, il cuore li salì in gola e, anche se non aveva fatto un movimento, il respiro iniziò ad accellerare contro il suo dovere.
"E' reale?" si sorprese nel chiederselo.
Ad un tratto le vide tentennare le palpebre. Lei sbatté le lunghe ciglia e si strusciò gli occhi sbadigliando. Le ricordò la sua sorellina Winnie, con la stessa dolcezza era quasi infantile come lei. Si accorse della sua presenza.
-Scusa io non intendevo…
Cercò di dire il ragazzo sporgendosi dalla finestra. Lei raddrizzandosi si tolse la polvere dal vestito e, in un secondo momento, si accorse che un fiore di ciliegiolo le era caduto sul viso. Lo prese candidamente e lo adagiò sul palmo mano, assumendo un’espressione tenera. Leonard capì che l’albero con la sua sfera non attirava solo cose pure ma soprattutto cose belle. 
-Io mi chiamo…
Cercò di parlare nervosamente ma la ragazza non se ne accorse neppure e senza staccare lo sguardo dal fiore disse con una voce melodiosa:
-Sai che giorno è oggi?
Lui era sbalordito.
-Marte…
Lei lo interruppe nuovamente e un sorriso ironico le si dipinse in volto:
-Non in quel senso, e comunque è venerdì…
Lui arrossì e non aggiunse altro per paura di fare un’altra figuraccia. Lei si avvicinò alla sua finestra e sorridendo allungò il palmo della mano verso il suo. Lui d’impulso glielo offrì.
-Oggi è il 21 marzo…
Prese tra le dita affusolate la sua mano e vi posò sopra il fiorellino rosa con delicatezza. Poi finalmente intrecciò lo sguardo al suo con delle iridi verdi e sorrise.
-….l’equinozio di primavera.

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Capitolo 4
*** Una poesia ***


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Una poesia



La ragazza stava passeggiando nel cortile che portava al dormitorio femminile. Era appena stata nel suo posto preferito e si era addormentata come sempre in quella quiete dell’albero di ciliegio. Al suo risveglio aveva trovato un ragazzo interessante dall’aria fredda e dagli occhi marroni e penetranti. Aveva subito capito che anche a lui piaceva l’albero ma non l’aveva mai incontrato prima ed era strano dato che tutti la conoscevano. Stava per arrivare all’ingresso del dormitorio femminile quando incontrò Dories.
-Cerise, conosci il ragazzo di prima?
Quell’inserviente era sempre gentile con le femmine, non si poteva dire lo stesso con i maschi, ma le pareva di non starle molto in simpatia.
-Perché me lo chiedi?
Lei posò la scopa che teneva in mano e dalla tasca del camice tirò fuori un libretto dalla copertina in pelle.
-Sai se è suo questo?
Si incuriosì e mentre stava per prenderlo in mano la donna disse con un tono che sfiorava la maleducazione:
-Lo conosci si o no?
Lo prese in mano e con un sorriso in risposta al suo solito scetticismo disse:
-Non preoccuparti Dories, ci penso io a ridarglielo.
Lo prese con un sorriso forzato e si avviò all’entrata del dormitorio. Molte ragazze si fermarono a salutarla. Entrò in camera sua, la più spaziosa e lussuosa, e si tuffò nel letto con in mano il libretto e incominciò a leggiere. Appena dopo pochi minuti chiuse il libretto e rimase senza parole. Era una raccolta di poesie e chiunque l’avesse scritte, se il ragazzo misterioso o qualcun altro, aveva la sua profonda stima. “Forse è del PoetryClub o del DramaClub…o forse no. Se fosse in quei club sarebbe già una celebrità. Di chi è allora?” pensò. Dopo si precipitò al telefono e digitò il numero della stanza 135.
-Pronto? Chi parla?
Rispose una voce graziosa con l’erre moscia.
-Convoca un’assemblea si tipo A.
-Signorina? L’ho cercata da per tutto! Di tipo A?!
Chiese stupita.
-Sì, raduna gli altri nella sala del tè.
-Come desidera!
Rispose decisa e riattaccò. Non le rimaneva che cambiarsi e dirigersi nel posto stabilito. Quando arrivò c’erano tutti quanti chi ansioso e chi no, ad aspettarla crucciati.
-Persino l’abito regale? Allora ci dobbiamo preoccupare…
Disse Adam osservando la ragazza piena di merletti e con una coroncina in testa. Lei gli osservò dal primo all’ultimo senza emettere fiato.
-Allora, ci vuoi dire perché ci hai convocati?
Disse Julie con una vocina acuta da bambina, l’unica impassibile sotto i suoi occhialini tondi.
-Certo. Ragazzi, ho convocato un’assemblea di tipo A per questo.
E con un gesto teatrale sbatté il libretto sopra il tavolino basso in ferro battuto della sala del tè. Tutti si avvicinarono all’oggetto.
-Cosa è?
Chiese Oscar.
-Un ricettario?
-Certo che no Mariù! E’ un’agenda!
Disse saccente Julie.
-Nah, sembra più un vecchio diario!
 -No Adam, ha ragione mia sorella, io voto per il ricettario!
-Credevo fossi mio amico!
Incominciarono a litigare.
-Basta!
Tuonò la ragazza indispettita. Tutti chinarono leggermente il capo e si ricomposero.
-Hem, hem comunque… avete sbagliato. Si tratta di un libretto di poesie.
Adam intervenne scettico:
-E’ per questo che c’hai chiamato? Hai richiesto un’assemblea di tipo A per un libretto in pelle sintetica con su scritte tre filastrocche?
Lei si inviperì.
-Leggi le poesie scrittevi sopra poi ne riparliamo!
Lei glielo aprì davanti in una pagina a caso. Tutti chinandosi si avvicinarono e incominciarono a leggiere, dopo pochi minuti si alzarono dalla lettura e la fissarono attoniti senza emettere suono. A rompere il silenzio fu Oscar chiedendo:
-Di chi è?
Lei incrociò le braccia.
-E’ quello che dobbiamo scoprire.
 
 
Leonard stava osservando quella magnifica ragazza quando d’un tratto i suoi stupidi amici mentre schiamazzavano, inseguiti da Dories, lo distrassero facendo portare il suo sguardo dalla loro parte.  Quando fece per tornare da lei quella era sparita, come dissolta nel nulla. Di lei rimaneva solo quel fiore che tutt’ora teneva adagiato sopra il comodino, una specie d’altare. Quella notte dormì meglio del solito rievocando la tranquillità e la bellezza di quel momento. Il mattino si svegliò e andò a fare colazione, Philippe gli fece notare che era più silenzioso del solito, non  aveva raccontato a nessuno della ragazza e del fiore e nessuno se n’era accorto, ma la cosa che lo preoccupava più di tutte era per la sua raccolta di poesie: aveva perso blocchetto il giorno precedente e non lo trovava più. Poi gli sorse un dubbio…”Non c’è scritto il mio nome sopra, quindi se lo trovasse qualcuno e lo prendesse avrebbe tre alternative: prenderselo per sé, peggiore ipotesi, darlo agli oggetti smarriti, o cercare personalmente il proprietario”. Era fregato, era chiaro che se l’avesse trovato qualcuno sarebbe comunque stato letto, ma la cosa peggiore era che per riaverlo avrebbe dovuto dimostrare o comunque affermare la sua proprietà. Si precipitò di fretta e furia nell’area oggetti smarriti ma invano, decise di provare a cercarlo nel pomeriggio. Se ne andò rassegnato mentre suonava la campanella dell’inizio delle lezioni. In classe per le prime due ore si limitò a seguire la lezione di biologia e matematica, squillò la campanella della terza ora ed entrò il professore di lettere.
-Leonard…
Gli sussurrò Marc.
-…hai studiato il testo di quel tizio di cui è cotta Rina?
Lui soffocò una risata.
-Si chiama Shakespeare.
L’amico alzò gli occhi al cielo. Il professor Ross si sedette annoiato e fece l’appello.
-Aprite il libro alla pagin…
Si interruppe poiché si sentì un suono sfrigolane all’auto parlante della scuola. Tutti si meravigliarono. Non venivano trasmessi molti messaggi vocali rivolti a tutto l’istituto solitamente. La persona dall’altra parte si schiarì la voce:
 
“Perdonate il disturbo è il preside che vi parla”
 
Aveva un tono profondo ma gentile.
 
“Vi ruberemo solo pochi minuti. Come sapete tutti, ieri era il 21 Marzo, l’equinozio di primavera.  Sono piacevolmente sorpreso che alcuni di voi abbiano tanto insistito per onorare l’evento. Per questo motivo lascio la parola al CeriseClub…”
 
Si sentirono dei mormorii sorpresi.
Il club delle ciliegie. Ne aveva sentito parlare più volte dalle ragazze e non solo ma non aveva chiesto a nessuno cosa fosse di preciso, pensò di chiede a Marc appena fosse finito lo strano annuncio.
 
“Rivolgiamo un saluto a tutti gli studenti!”
 
Salutò una vocina infantile e femminile.
 
“Abbiamo voluto dedicare questa poesia ai primi giorni di primavera , ma non solo. Speriamo che vi piaccia e vi diamo i nostri auguri.”
 
Si percepiva l’eccitazione da parte di tutti. “Una poesia. Che bel pensiero…” pensò. Due secondi di pausa e la persona che aveva parlato fino adesso cambiò per cedere il posto ad una voce limpida e femminile, con una melodiosità a lui vagamente familiare, incominciò:
 
“La vedo la primavera
con i giorni che si susseguono l’un l’altro,
nell’aria un profumo c’era:
come in un gatto che caccia scaltro,
nei vasi di gerani,
in un prato incolto,
nei grandi alberi e nei loro rami,
e nel sentire il vento che mi accarezza il volto.
Cade da un ciliegio una foglia
e una rondine in cielo garrisce
indicando della stagione la sua soglia
ma al suo termine tutto svanisce.”
 
 
Tutti applaudirono e si sentirono compimenti di apprezzamento e di grande ammirazione. Il ragazzo spalancò gli occhi.
 
“Grazie a tutti e rivolgiamo i nostri complimenti all’autore. Godetevi la primavera, arrivederci a tutti!”
 
Così dicendo chiusero la comunicazione. Si sentì un acuto e fastidioso cigolio. Ma non proveniva dall’auto parlante. Leonard si era alzato improvvisamente dalla sedia in preda alla confusione, provocando qual suono e rivolgendo l’attenzione su di lui. In classe scese il silenzio. Il professore lo guardò stupito.
-Leo…
Sussurrò Marc di fianco a lui.
-Mircle? C’è qualcosa che non va?
 Lui alzò il capo imbarazzato e cercò di spiegare qualcosa a cui non sapeva dare risposta:
-Hem…s-scusi professore. I-io, io credo di non sentirmi bene.
Il professore confuso lo fece andare in infermeria. Si alzò e si diresse alla porta dell’aula sotto lo sguardo di tutti. Si diresse in bagno con i pugni chiusi, scombussolato e a disagio. Aveva la testa piena di pensieri e stringeva i denti dalla rabbia.
“E’ uno scherzo di cattivo gusto?! Come mai hanno fatto una cosa simile?!”.
Arrivato in bagno si sciacquò violentemente il viso.
“Era una mia poesia! Era una mia poesia! Mia e basta! Mia, mia…!”
Si ripeteva nella testa.
“Devo sapere chi è che ha trovato il mio libretto! E poi cosa è questo dannato CeriseClub?!”.
Allora prese una decisione, non era un tipo che si arrabbiava spesso, ma in quel frangente era infuriato. Il suo segreto era stato svelato con così tanta leggerezza e indifferenza. Che ne sapevano loro? Cosa ne sapevano di quanto gli importasse? Come si erano permessi? Era scioccato. Nemmeno i suoi genitori lo sapevano. L’unica persona a conoscenza era sua sorellina di pochi anni, Winnie che si addormentava con lei sue poesie la sera. Nessun’altro. E invece ora lo sapevano praticamente tutti, o almeno lo avrebbero inevitabilmente scoperto. Si asciugò il viso con la camicia bianca della divisa e si diresse in infermeria per poi starci per il resto della mattinata.
-Ei Leo, che ti è successo stamani in classe?
Chiese Gregory irrompendo, come ogni volta, senza permesso nella sua camera.
-Greg, cosa è il CeriseClub?
Chiese cupo ignorando la sua domanda.
-Hem, è un club strano, so che piace molto alle ragazze e che gli iscritti sono davvero pochissimi e vengono trattati come idol a scuola. Perché? Comunque ascoltami Leo, mi hanno detto che ti cercano in presidenza, non so se sia per quello che è successo stamani.
Divenne un po nervoso.
-Presidenza dici? Non so dove si trova.
-Non è lontana. E’ al quarto piano dell’ala ovest. Sopra il piano dedicato ai club. Ma non preoccuparti, se ti sei sentito male non ti faranno niente, non sei uno come me che buca le lezioni.
L’amico gli sorrise.
-Greg mi sono sempre chiesto come mai, con tutto il casino che fai non ti sospendano.
Lui rise.
-Perché? Bè il CeriseClub fa un sacco di casino e scalpore a scuola, anche se è un’accademia prestigiosa, io ne traggo tanti vantaggi, l’unica che mi maltratta un po è Dories.
Tutti e due i ragazzi si misero a ridere.
-Capisco amico. Ora sarà meglio che vada a sentire cosa vogliono, ci si vede dopo.
Si avviò.
Era nell’ala ovest. Vide tutti i club impegnati e studenti che correvano e scherzavano tra un incarico e l’altro. Arrivò al quarto piano. A differenza di quello precedente era silenzioso e non c’era nessuno in giro. Percorse incerto il lungo corridoio affiancato da vetrate. “Cosa vorranno da me?” si chiese “Se non ci mandano Gregory! Come è possibile che mi convochino?”. Si fece sempre più nervoso. Ma in giro non c’era un’anima viva.
-C’è nessuno?
Chiamò, si credeva uno stupido. Poi notò una porta socchiusa. Prese in mano il pomello e con coraggio l’aprì di pochi centimetri…
-Benvenuto!
Urlarono tante persone al di là della porta e partì una musica movimentata all’improvviso. Lui richiuse la porta. “Me lo sono immaginato? Ma chi cavolo erano?” si chiese credendo di essere pazzo. Ci riprovò. Riprovò ad aprire la porta un pochino alla volta, la musica non c’era più. Ma qualcuno al di là di essa disse:
-Entra forza.
Era la voce melodiosa e familiare che lo invogliava. Allora entrò nella stanza e ne rimase folgorato: era una sala grande con un lampadario a gocce di cristallo, con divanetti e tavolini e qualche pianta qua e là, al centro un enorme banchetto. Gli veniva la nausea da tutto quello sfarzo.
Nel bel mezzo della stanza c’erano cinque persone che lo fissavano: una ragazza che indossava degli abiti da cameriera o domestica, aveva dei lineamneti affascinante incorniciati da chiarissimi boccoli biondi; due ragazzi in frac, il più alto con un’aria spavalda e dei capelli rossicci e il più basso che sembrava il figlio della cameriera, dall'impressionante somiglianza, stesso solore di capelli e stessi occhi scuri; una bambina dall’aria saccente, non doveva avere più di undici o dodici anni, o forse erano le sue codine di capelli bruni a renderla più giovanile; e infine, con sua grande meraviglia, c'era la ragazza che possedeva quella voce melodiosa, era su una grande poltrona rossa e sopra la testa portava una coroncina argentata.
-Sapevo che fossi tu.
Gli disse mostrando un dolce sorriso.
-Chi… chi siete? Avete sbagliato persona…
-Sei tu che hai scritto quella poesia no?
Chiese il ragazzo alto e rossiccio con un’aria annoiata e altezzosa.
-Il…il CeriseClub…?
Sussurrò incredulo.
-Certo!
Esclamò esaltata la cameriera con uno strano accento francese, aveva un'aria molto vivace mentre Leonard era un misto di idee e emozioni confuse, tra rabbia delusione e sorpresa.
Una sua paura, che nemmeno sapeva di avere si era svelata: la ragazza del ciliegio era di fonte a lui e faceva parte di quel maledettissimo club. A quel punto non seppe cosa fare, cosa pensare e l'unica cosa che cercò di dire fu:
-...perché?
Tutti si meravigliarono.
-Che vuoi dire? Siamo qui di fonte a te!
Gli sorrise il ragazzino biondo. La bambina occhialuta intervenne:
-Potrai far parte…
-Non ne avevate il diritto.
Disse soltanto. Loro indietreggiarono stupiti da quella frase quasi sussurrata.
-Senza sapere chi fossi, senza chiedermi il mio parere, senza permesso, avete letto le mie poesie all’intero istituto. Come vi siete permessi? Io non vi conosco.                               
Disse rivolgendosi in particolar modo a lei. Si sentiva tradito, e sapeva quanto quel suo sentimento fosse irrazionale, non la conosceva neanche.
I restanti presenti assunsero un’espressione di sconcerto e confusione:
-Hai capito male…
Cercò di rimediare la cameriera.
-Noi…non credevamo fosse così personale per te, non volevamo farti un torto, anzi noi…
Tentò di scusarsi la ragazza del ciliegio.
-Non mi importa, ormai quel che è fatto è fatto. Ora desidero avere il mio libretto.
-Cosa?! Guarda che…
Fece per dire il ragazzo alto.
-Adesso, perfavore.
Disse deciso. La cameriera con tristezza si raddrizzò e andò di fronte a lui e con capo chino e dispiaciuto gli porse il suo raccoglitore.
-Vi prego...non ditelo a nessuno.
Disse.
-Perché?!
Disse la ragazza del ciliegio incredula, scese dal trono e, con sua sorpresa, gli andò incontro.
-Sei bravissimo e le tue poesie sono stupende. Non te la prendere con loro sono stata io a volerlo! Volevo scoprire chi era quella persona dai pensieri tanto belli e dall’animo tanto sensibile.
Lei gli sorrise come per incoraggiarlo.
-Io…
Cercò di dire. Lei gli prese la mano sorprensolo ancora di più a quel contatto delicato.
-Ti vogliamo con noi. E’ vero non ti conosciamo ma la bellezza del tuo animo rinchiusa in parte in quel libretto ci ha colpiti e ammaliati. Ti prego…
Vide dietro di lei gli altri ragazzi sorridere.
-Io...non posso, mi dispiace.
Disse sciogliendo, una parte di se a malincuore, la presa con mano della ragazza. Poi si avviò e si rinchiuse la porta alle spalle. Stavolta nessuno tentò di fermarlo.

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Capitolo 5
*** Richieste ***


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Richieste

Leonard era in camera sua, seduto sul letto a osservare il fiore posato sul comò. Era confuso, deluso mentre osservava i petali candidi e fragili che partivano dal centro con un colore rosa e poi andavano a sfumare nel bianco. La cosa che lo incupiva più di tutte era che stava per appassire ma non aveva il coraggio di metterlo dentro il libretto ad essiccare e a profumare le pagine, come aveva pensato; non aveva più avuto il coraggio neanche di aprirlo. Ormai dall’episodio della settimana scorsa (quando il CeriseClub l’aveva fatto chiamare con la scusa di esser stato chiamato in presidenza) non c’era un briciolo di buon umore in lui, neanche quell’atmosfera capace di far partorire un solo pensiero felice per scrivere una poesia così che risultasse musicale (non era adatto per le poesie tristi e fredde, quando le rileggeva risultavano alquanto patetiche). Quel fiore rappresentava qualcosa in lui che non riusciva a capire di cosa si trattasse, ogni volta che lo osservava non poteva mai bloccare il pensiero e andava inevitabilmente dalla ragazza del ciliegio: sui suoi capelli lisci, sulle sue iridi verdi e gentili che, fino a poco tempo fa, non avrebbe mai creduto fossero capaci di deluderlo. Invece eccolo lì: dispiaciuto, affranto sia per lei sia per il suo segreto, si chiedeva perché gliene importasse così tanto, aveva paura? Tutti lo vedevano come il compagno di classe associale con quell’aria fredda mentre passava le ore a guardare fuori dalla finestra, se l’avessero scoperto l’avrebbero considerato un falso o uno di quei reclusi sociali dannatamente timidi e introversi? Lui era semplicemente un ragazzo serio che credeva nelle canzoni dei vecchi cantautori, a cui piaceva suonare la chitarra, innamorarsi e pensare che la vita fosse come una poesia dove non riesci mai a capire cosa ti vuol dire veramente.
Si rassegnò e lasciò stare in sospeso i suoi pensieri e il fiore.
Andò a fare colazione. Era domenica e sapeva che il suo vicino di stanza sarebbe rimasto a dormire fino a metà pomeriggio. Come ogni mattina e ogni sera, la cena e la colazione si facevano al dormitorio, veniva servito un buffet. Si sistemò al suo tavolo preferito, in fondo alla grande sala con accanto una finestra che dava ai giardini, i tavoli  erano semideserti e c’erano solo una dozzina di ragazzi a fare colazione e non si fecero distrarre da lui, con suo piacere. Voleva stare tranquillo a bere il suo caffèlatte e mangiare la sua brioche alla nutella, una delle poche cose che in quei giorni lo rendeva davvero felice. Mentre faceva colazione non poté non notare le discussioni dei rimasti in sala: tre ragazzi, di cui uno all’apparenza più giovane; gli aveva visti al dormitorio e gli pareva che uno fosse addirittura un amico di Selen “ ma d’altronde, chi non conosce Selen?” si chiese.
-Che palle le lezioni della Right, sono una lotta!
Disse lamentandosi il ragazzo robusto che beveva il succo.
-Hahaha, Nate, ce l’avete anche voi? Cavoli quella lì mette rapporti anche solo se apri il libro alla pagina sbagliata!
Scherzò il più giovane mentre addentava una fetta biscottata. Poi gli chiese:
-Che programma fate voi di quarta?
Il ragazzo di nome Nate disse indicando il coetaneo:
-Credi davvero che ricordi il nostro programma di storia? Chiedilo a Hostin.
Quest’ultimo alzò gli occhi dal suo latte e cereali e gli sorrise.
-Guarda che io non seguo. Il trucco è non guardarla fissa negli occhi sennò ti becca impreparato. Poi, visto ce l’ho come insegnante guida nel club di poesia, sono il suo cocco.
Tutti e tre risero.
-A voi come va il club di basket?
Il ragazzo più giovane sbuffò:
-Bene anche se Nate mi fa sempre inciampare! Non faccio in tempo a entrare in campo che viene lì a fare lo sbruffone e a rompere! Pure il coach gli dice di andarci piano!
L’amico rise arruffandogli i capelli biondicci.
-Ragazzi avete sentito della lotta tra i club…?
Chiese in un bisbiglio Hostin interrompendoli e accendendo la loro curiosità.
-…vi ricordate dell’annuncio di sabato scorso? Quello dell’inizio della primavera…
Leonard drizzò di scatto le orecchie. I suoi amici annuirono, spingendolo a proseguire.
-Il CeriseClub lesse una poesia di uno studente, non rivelando il nome. Bene, ho sentito dire dagli amministratori del mio club che si stanno dando da fare per cercarlo, dicono prometta davvero bene, sono rimasti impressionati dalla sua bravura e si fanno a gara con il LittératuresClub eccetera per accaparrarselo!
A Leonard cascò nella tazza il pezzo di brioche che teneva in bocca. “Ho sentito bene?” si chiese allarmato, subito dopo ne ebbe la conferma.
-Stanno cercando un tizio su duemila studenti solo perché ha scritto tre righe sui fiorellini?
Chiese Nate stupito, l’amico annuì.
“Mi stanno cercando?! Non credevo che arrivassero a tal punto, cioè, immaginavo che a qualcuno potesse venire una qualche curiosità nei miei confronti, non sapendo chi sono, ma certo non da avviare un rivalità tra club così importanti!”.
-Il CeriseClub non ha voluto rivelare il nome neanche dopo e sicuramente non è uno di loro. Mi chiedo chi possa essere…
Leonard si alzò svelto dal tavolo, lasciando la colazione interminata e avviandosi in camera. Quando passò accanto al loro tavolo lo fece con più fretta possibile ma il ragazzo che aveva parlato fino a quel momento lo fermò:
-Hey scusa…
Leonard si girò di scatto allarmato a chiedersi cosa volesse.
-Sai mica che ore sono?
Lui tirò un sospiro di sollievo.
-No mi spiace.
E se ne andò via a passo di carica ignorando la reazione dei tre ragazzi alla sua fuga. “Che brutta situazione…” aveva appena avuto a che fare con il famoso CeriseClub che aveva rivelato a tutti, tecnicamente, il suo segreto e adesso altri maledetti club lo volevano al loro seguito così da migliorare i loro gruppi “…che assurdità!” pensò. Chiunque sarebbe stato lusingato ma per lui erano solo scocciature che, se avesse potuto, ne avrebbe fatto volentieri a meno, aveva già rifiutato bruscamente una volta e non voleva che l’episodio si ripetesse, per giunta aveva il presentimento che l’avessero scoperto, non l’avrebbero trattato gentilmente come i ragazzi del CeriseClub, come lei in particolare. La notizia si sarebbe sparsa arrivando al giornale scolastico, che lui non leggeva ma era molto seguito, arrivando a disturbare la sua quiete.
Entrò in camera e chiuse la porta. Poco dopo Gregory lo invitò a unirsi a lui per andare a fare il bucato. Leonard accolse l’invito e con le ceste di panni sporchi in mano si avviarono alla stanza delle lavatrici, lì trovarono una Rina in tuta.
-Ti è entrato un gatto in testa?
Scherzò Gregory riferendosi hai capelli scompigliati della ragazza. Era strano vederla in quello stato, di solito era impeccabile, sempre con i suoi perfetti capelli color caramello ben acconciati e la sua uniforme ben stirata, una volta conosciuta era meno elegante e raffinata di come te l’aspettavi…
-Ciao scemo, ciao Leo…
Salutò scoccando un’occhiataccia.
-Ciao Rina.
Le sorrise Leonard. Misero in moto le lavatrici con i loro panni.
-Hey ragazzi io devo andare da Selen per chiederle delle ripetizioni di matematica. Fatemi un favore, ho messo in funzione la numero 23, me la spengete voi se non arrivo in tempo? Grazie!
Disse Gregory avviandosi.
-A dopo!
Lo salutarono. Erano rimasti soli e si erano accomodati sopra le lavatrici a giocherellare con il cesto delle mollette mentre la centrifuga sotto di loro era in azione.
-Come fai a sopportarlo come tuo vicino di stanza?
Gli chiese Rina.
-Non lo so, mi sveglia di continuo la notte perché vuole razziare la cucina, viene sempre in camera mia a rompere, fa incavolare Dories che se la prende anche come me e fa dei maledettissimi scherzi a chiunque.
Risero.
-Vedo che ti sei ambientato bene, alla Margot.
Osservò la ragazza rivolgendogli uno sguardo acceso tramite i suoi occhi marroni.
-Sì, merito vostro, mi avete accolto benissimo e poi questo è un bel posto.
Rispose Leonard mentre ebbe nella mente la fugace immagine del ciliegio.
-Già, l’anno scorso appena arrivata credevo di essere in paradiso. Però mi sentivo spaesata, come chiunque al primo anno, non tutti hanno un carattere come il tuo!
Scherzò lei attaccandogli una molletta ad un dito. Leonard la osservò in un’espressione interrogativa.
-Tu hai un carattere così sereno! Non ti poni problemi: sei uno di quei tipi tosti che stanno in disparte e si adattano perfettamente a qualsiasi situazione, scatenando l’interesse di tutti e il loro rispetto. A proposito, Tiffany e molte altre ragazze ti adorano!
Dalle labbra delle ragazza emerse un risolino malizioso.
-Ma che dici Rina!
Scherzando le cercò di attaccarle una molletta sul naso, senza riuscirci e questa rise ancora di più.
- Leo, adesso ti dico una cosa: Marc e Gregory e persino Philippe sono dei ragazzi gentili e vanno d’accordo con tutti, ma è difficile diventare loro amici intimi! Non si aprono con chiunque e vengono ammirati da tutti: Marc è il vicepresidente del club di calcio, Philippe è uno studente con molti meriti, non certo estroverso ma poco importa, e Gregory…- smise di parlare in modo ironico cercando di individuare un talento dell’amico –…bè Gregory è l’anima della festa! E poi ci sei tu, ultimo ma non meno importante, piaci a tutti ma sono timidi per avvicinarsi a te e ti guardano come lo studente figo appena arrivato!
Lui sorrise incredulo.
-Solo tu ti fai questi filmini mentali!
Le attaccò una molletta al braccio ma non ci badò e parve stupirsi.
-Dai Leo, non sto mica scherzando! Da quel che ho potuto vedere, sei molto gentile e molto più sensibile di tanti altri, una volta che hai degli amici ti apri e incominci a scherzare liberamente in fondo…
-Vuoi dire che nessuno mi si avvicinerebbe perché sono troppo figo e non perché sembro lo sfigato di turno?
Chiese scettico ma, sotto sotto, meravigliato.
-Bè per me lo sei!
Si ritrovò addosso una manciata di mollette tirategli dall’amico.
-Tu invece sei la solita ragazzina che si rivela fin da subitotroppo socievole e quindi irritante!
Tutti e due risero e si tirarono addosso altre mollette. In quel momento Gregory, che si ritrovò lanciateli addosso qualche dozzina di mollette, entrò nella lavanderia e nello stesso istante la sua lavatrice concluse i giri e lui andò a spengerla riparandosi dalla raffica di colpi.
-Hey ragazzi, se mi unisco anche io siete morti!
La mattinata si concluse con una sgridata da parte di Dories che notò il loro casino a causa degli schiamazzi mentre giocavano a tirarsi a dosso le mollette per stendere i panni.
 
-Che noia!
Disse Adam mentre il CeriseClub era comodamente sdraiato sui divani della sede al quarto piano. Di punto in bianco Oscar, che fino ad all’ora era rimasto in silenzio tra i suoi pensieri, introdusse il fatidico argomento che per una settimana nessuno si era azzardato a toccare in presenza della regina del club (nota per le sue severe e vendicative punizioni):
-Che peccato però…ci deve esser rimasta davvero male…
Tutti lo fissarono capendo al volo.
-Lo dicevo io che quello era uno stupido!
-Adam! La signorina Cerise non sceglie a caso i membri del club!
Lo sgridò Mariù.
-Già. Se gli ha dato l’opportunità di entrare è perché aveva bisogno di noi e noi di lui.
Concluse Oscar.
-Ragazzi, ma l’avete visto bene?! E’ un’associale!
Mariù intervenne:
-Oh sciocchezze! Sembra così intrigante! Con quell’aura da poeta maledetto!
-Ah! Ma quante cavolate!
Rispose Adam geloso arrossendo.
-Dovremmo cercare di convincerlo!
-Non possiamo. Lui è stato chiaro, non vuole unirsi a noi.
Disse impassibile Julie.
-E’sbagliato forzarlo, se vorrà venire noi lo accetteremo volentieri!
-No Oscar! Quello stupido depresso ha sprecato un’opportunità così preziosa e rimane irripetibile! Quando vorrà unirsi a noi saremo noi a ripudiarlo! Hahaha! Così impara ad umiliarci! Chi si crede di essere?! Noi siamo delle divinità in terra qua! Nessuno osa ostacolare il nostro cammino!
Rise maligno Adam con stupidità. Tutti sospirarono.
-Comunque sia, abbiamo un altro grosso problema, o maglio altri
Tutti si concentrarono su Oscar cercando di capire a cosa si riferisse.
-Il fatto è che…non solo noi siamo rimasti stupiti dalla bravura del nostro poeta. Gli altri club si stanno scannando cercando di capire chi è…in fondo non c’è pericolo nemmeno noi sappiamo nulla di lui! Ma non c’è da star tranquilli, in fondo siamo stati noi a metterlo nei casini.
-Non è esatto.
Lo corresse Julie. Si avvicinò e spostando gli occhialini d’orati sul nasino incominciò a leggiere su di un quaderno ad anelli:
-Leonard Mircle: secondo anno sezione H, nato il 22 Giugno (segno zodiacale del cancro), voti alti nelle materie letterarie e medio alti nelle materie scientifiche-matematiche; è riservato e con uno spiccato senso della narrazione poetica.
Sorrise con la sua solita aria da bambina intelligente.
 
La campanella dell’intervallo di metà mattinata suonò e tutti si alzarono dai banchi avviandosi in corridoio. Entrò in classe una ragazza che Leonard non aveva mai visto: portava i capelli raccolti che le permettevano di mostrare in bella vista gli orecchini, di perle come la collana, “ tipica ragazza dedita allo studio di famiglia ricca” pensò. Con sua sorpresa, salutò Selen e le chiese qualcosa che non riuscì a sentire e quella indicò dalla sua parte. La ragazza altolocata venne al suo banco dicendo:
 -Tu devi essere Leonard Mircle.
Lui alzò la testa e le mostrò un’espressione cordiale.
-Piacere, tu sei…?
Lei scosse la testa e proseguì.
-Non ti interessa. Sono venuta per consegnarti questa.
Gli porse una busta, lui la prese d’impulso.
-Ti saluto.
Notò l’espressione irritata che fece prima di congedarsi. Lui la ignorò poi chiamò:
-Selen…dimmi una cosa: chi era quella studentessa?
Lei con la sua solita cordialità senza battere ciglio rispose:
-Il suo nome è Nicole, è nella 3B. La conosco perché al mio primo anno mi chiese di aiutarla con gli studi, è nel mio stesso piano al dormitorio.
-Grazie Selen.
In quell’istante Rina la chiamò dalla parte opposta della classe e lei, prima di seguirla, non poté far a meno di lanciare uno sguardo incuriosito alla busta tra le mani del ragazzo. Lui si decise ad esaminarne il contenuto. Voltò la busta e notò che era stata sigillata con il tipico timbro a cera liquida “Siamo nel ventunesimo secolo, correggetemi se sbaglio”  pensò divertito. Osservò il timbro, raffigurava un libro aperto, assottigliò lo sguardo per poi spalancarlo a causa dello stupore che ebbe a leggiere la scritta in basso: LittératuresClub.
 
 

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Capitolo 6
*** Percorso a ostacoli ***




 

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Percorso a ostacoli


 Domenica 30 Marzo
 

Caro Leonard M.,
Siamo rimasti piacevolmente colpiti dalla sua poesia letta durante l’annuncio del trimestre primaverile, la precedente settimana. Questa lettera è per farle ricevere i nostri ossequi e proporle un’offerta: le rivolgiamo la richiesta di partecipazione e frequenza alle riunioni con il prestigioso invito all’interno del club. Speriamo di avere presto sue notizie e una risposta.
 

Gli amministratori del LittératureaClub
 

“Ma come hanno fatto?” si chiese allibito, “…che quelli del CeriseClub mi abbiano tradito? Non credo, ma se fosse così mi infurierei più di quanto non lo diverrò tra poco, appena mi renderò veramente conto della situazione. Tutti sapranno del mio segreto e continueranno a perseguitarmi. Non voglio lavorare per un palloso club dove ti insegnano a scrivere. Ti deve venire da dentro: dal profondo dei tuoi pensieri, dalle tue emozioni. Quando scrivo la mia vita sembra più gratificante e imparo a conoscere meglio me stesso, tutto si fa più sereno e i problemi sembrano scivolarmi addosso facendo volare il mio pensiero dove la fantasia e realtà sono tutt’une. Quegli ignoranti non possono dirti: pensa all’autunno e scrivi una poesia! Maledizione!”. Senza che se ne rendesse conto erano già passate le ore restanti ed era il momento di andare a pranzo. Si avviò turbato insieme ad altri verso la mensa…
-Leonard…Leonard?
Lui tornò alla realtà e notò degli occhi gentili che lo fissavano.
-Tutto a posto?
-Certo scusa Selen, non ti avevo sentita.
Disse stanco, lei abbassò la voce e si distanziò dal gruppo.
-Sai Leonard, ho sentito parlare di una certa sfida dei club e credo proprio che anche Nicol, elemento piuttosto influente nel LittératuresClub, ne sia immischiata…
Leonard drizzò le orecchie, e lei continuò noncurante:
-Ritengo non sia prudente permettersi di essere la causa di contrasti in simili vicende…sconsiglierei a chiunque di farsi coinvolgere.
Lui non seppe cosa dire. “Ha capito tutto?” pensò. Gli sorrise e aggiunse come se non avesse detto nulla:
-Ti precedo. Credo proprio che oggi ci sia il roast-beef, per pranzo... 
E con passo allegro andò in testa al gruppo di fianco a Rina sotto lo sguardo stupito del ragazzo.  ”Selen è una ragazza tranquilla e taciturna ma con un influenza tale capace di gestire qualsiasi cosa a suo piacimento restando pur sempre nell’ombra.” era da tempo che lo supponeva ma in quel momento ne ebbe la prova. Era confuso e si chiedeva in continuazione come fosse possibile tutto ciò: pensò alla ragazza del ciliegio, della quale non sapeva ancora il nome, alla perdita del blocchetto, alla prima richiesta da parte del CeriseClub, alla scoperta del suo talento da parte di altri club, alla loro sfida, alla lettera del LittératuresClub e a quello appena accaduto.
”E’ destino” pensò depresso. 
La giornata passò in fretta, tra compiti di matematica e latino a sera si sdraiò sul letto sfinito. Aveva bisogno di distrazioni. “No Leonard. Ne hai già troppe di distrazioni” si rimproverò. Il telefono squillò e si alzò dal letto sapendo già chi potesse essere.
Gregory si accorse dell’ora e andò a chiamare il suo caro compagno di stanza, convinto di trovarlo, come al solito, con il cappuccio della felpa alzato e l’ mp3 nelle orecchie. Aprì la porta che lo collegava alla sua stanza.
-…dai Winnie, non esser triste. Passami la mamma.
Mentre parlava al telefono con la sua famiglia assunse un’espressione tenera.
-Mamma, va tutto bene? No no, stai tranquilla. Si, mi lavo e anche i calzini… ma che dici?  Credi che mi faccia la doccia vestito?! Hahaha…sì, ciao mamma, saluta tutti.
Mentre riattaccò si accorse di lui e disse cupo:
-No Grag. Non ci vengo a giocare a strip-poker con te e gli altri, oltretutto siamo tutti maschi.
Scoppiò in una risata, poi disse rassicurandolo:
-Stasera passo anche io, sta tranquillo.
Questo si rilassò andando a sedersi sullo spazioso davanzale della finestra.
-A proposito, sei stato sui libri oggi? Non ti si è visto.
Gli chiese.
-Si Greg. Hai presente i tuoi soprammobili?
Lo prese in giro. Lui rise e si sfilò dalla tasca posteriore dei jeans una scatolina. Leonard incredulo gli chiese:
-Hey, se te lo beccano vai nei pasticci. Dove l’hai preso?
Il ragazzo assunse un’espressione furbetta mentre andò ad appoggiarsi al davanzale.
-Ho i miei giri…
Prima che rimettesse il pacchetto di sigarette nella tasca lo fermò:
-Che fai, non offri?
-Leo, tu…?
Chiese sorpreso.
-Solo quando sono nervoso.
Scoppiò a ridere e gliene offrì una, mentre metteva la sua tra le labbra. Le accesero e spalancarono la finestra.
-Non vieni?
Gli chiese Leonard prendendo la prima boccata e indicando il davanzale dove era seduto.
-Scherzi? Siamo al secondo piano e soffro di vertigini.
Risero entrambi mentre il fumo veniva portato via dal vento che filtrava dalla finestra. La camera era ormai al buio e si confondeva con la notte al di fuori di essa, ormai i loro volti si potevano intravedere solo grazie alla luce d’orata proveniente dai lumini dei vialetti sotto di loro. Il silenzio che era calato fu interrotto da Gregory:
-Ti vedo giù da qualche giorno. Che succede?
Lui senza battere ciglio rispose:
-Mi sto stancando più del solito.
L’amico prendendo l’ennesimo tiro dalla sigaretta, lo guardò scettico:
-Leo, non ti muovi dalla tua stanza. C’è qualcos’altro.
A quel punto questo abbassò lo sguardo.
-Ecco vedi…se tu provassi paura, se tutti volessero che tu facessi parte di qualcosa…ma tu non avessi la forza ne il coraggio di affrontarla?
Lui si accigliò dicendogli francamente:
-Non ti seguo.
Continuò con più animo:
-Se, ecco… alcuni volessero affrontare con te una questione che ti tocca profondamente però tu da sempre tieni accuratamente nascosta con il fine di evitare complicazioni?
Cercò di venirgli incontro, sorpreso della sua insolita spontaneità:
-Vediamo. Rimanendo in una situazione ipotetica ovviamente; penso che dovrei chiedermi se quello che vogliono gli altri non si avvicini almeno un po a ciò che voglio io. E soprattutto lascerei da parte i veri ostacoli come l’orgoglio e la paura; quelli si superano con un po di impegno.
Leonard aveva assunto un’espressione profonda, mentre ascoltava con lo sguardo diretto verso le chiare stelle di quella notte, ormai aveva smesso di fumare la sigaretta e la teneva inerme tra il pollice e l’indice lasciandola consumare dalla brezza notturna. Stava riflettendo, probabilmente, sui consigli di Gregory. Ad un certo punto quest’ultimo incalzò:
-Facciamo un esempio stupido: una volta mio fratello maggiore Iron, mi chiese di sfidarlo, i nostri genitori non c’erano perché nel weekend erano andati in campagna dalla zia Judith.
Vedendo il suo pubblico incuriosirsi, il discorso riprese con più animo:
-Ebbene, mi chiese di andare a rubare i nani da giardino della signora Pearl mentre lei era in casa, chi riusciva a fregarne di più vinceva. Per il mio orgoglio decisi di accettare: mio fratello mi aiutò a saltare oltre il muretto e tutti e due andammo quatti quatti nel giardino, insomma arrivammo ad acciuffare ben tre nani a testa, ancora l’ultimo e uno dei due avrebbe vinto. Mio fratello temerario si diresse verso il porticato e io con lo sguardo basso intravidi un bagliore vicino ad una siepe e dei piedi di una statuetta…era il nano! Il magnifico nano! Mi precipitai da quella parte ma quei piedi erano diversi: erano collegati a delle caviglie e a delle gambe e insomma, non era una statuetta.
Si misero a ridere e il ragazzo continuò:
-Alzai lo sguardo e vidi una bella bambina. Mi allontanai gridando e mio fratello se ne accorse e lasciò cadere per sbaglio un nano sul porticato che andò in mille pezzi, povero brontolo me ne dispiacque così tanto…A quel punto preso dalla paura cercai di scappare ma mio fratello, posando i nani mi agguantò e si inginocchiò davanti alla ragazzina chiedendo scusa. Ti rendi conto? Fu un gesto davvero figo, ma non glielo perdonai mai. Fu lui a mettermi in quella situazione, io lo scemo che accettai e fu lui a tirarmi fuori da quel casino assumendosi la responsabilità, mentre io sarei fuggito a gambe levate!
Leonard con un sorriso sulle labbra chiese:
-Mmmh, capisco cosa vuoi dire: non farti intralciare dall’orgoglio e dalla paura, sì ma poi com’è finita?
Lui sorpreso riprese:
-Vuoi sentire la fine? Bene. Insomma mio fratello era lì, in ginocchio a scusarsi e la ragazzina rimaneva zitta. Ad un certo punto arrivò la voce della signora Pearl dal salotto: “Lilianne? Che succede amoruccio?”
Imitò acuto Gregory, provocando altre risate.
-E la ragazzina sotto i nostri occhi scoppiò a ridere rispondendo: “Niente mamma, tutto bene!”. Poi si rivolse a mio fratello dicendo: “Stà tranquillo, per la cronaca quei nani mi facevano pure schifo!”, ci giurò di non dirlo a nessuno anzi: dopo si prese pure la colpa per il nano rotto.
Il narratore assunse un’espressione seria:
-Diventammo presto dei veri amici noi tre ma si capì una cosa: Lilianne quel giorno rimase davvero impressionata dal gesto nobile di mio fratello, era chiaro che si fosse, ecco, diciamo…innamorata. A quel tempo non capivo niente ma sapevo che ogni volta che stavo insieme a lei ero felice e anche se era gentile con me, quando si trattava di Iron io scomparivo e per questo ci rimanevo male, non so spiegarti perché…
A Leonard scappò una risata colpito dalla tenerezza e ingenuità del compagno e questo interdetto chiese:
-Hey, che ci trovi di così divertente?
Lui rispose, facendolo insospettire:    
-Niente niente, piuttosto…grazie. Ora mi sento molto meglio, anche se i dubbi e le paure rimangono inevitabilmente, come sai certi  sentimenti rendono anche la persona più forte… fragile.
Il ragazzo sorridendo disse una cosa e Leonard ebbe il presentimento che non se la sarebbe mai più scordata:
-E’ normale Leo. Ma la vera forza sta nel metterli da parte e andare avanti.
 
-Come l’hai scoperto?!
Chiese su tutte le furie Cerise.
-Mia cara, è davvero difficile mantenere un segreto in questa scuola. E poi, è il mio subdolo lavoro, non dimenticartelo.
Gli rispose il ragazzo strafottente. L’aria era afosa e un fastidioso ventilatore le proiettava il getto d’aria dritto sul collo, facendole girare la testa.
-Tu non puoi pubblicare una cosa simile.
Ordinò questa e il mediocre giornalista si alzò di scatto dalla scrivania facendo cadere pile di fogli per la stanza già in disordine:
-Lo dici proprio tu?! E’ colpa tua se è in questa situazione, e ora…
Si calmò risiedendosi sulla sedia in pelle.
-…grazie a te potrò avere una prima pagina che verrà apprezzata dal consiglio studentesco e degli insegnanti.
Lei si intristì. Non voleva arrivare a tanto. Uno dei suoi difetti era sempre stato quello di agire impulsivamente senza pensare alle conseguenze e, avendo molto potere alla Margot, spesso combinava guai. In quella situazione si sentiva molto in colpa, tutto perché era incapace di mettersi nei panni degli altri. Doveva fare assolutamente qualcosa. In fondo quel maledetto studente che scriveva per il giornale scolastico aveva colpito proprio il suo punto debole: non aveva torto, la colpa era sua ma cercò di giustificarsi:
-Io non sapevo di compiere un azione sbagliata! Era a fin di bene! Tu stai approfittando di lui per elevare la tua posizione all’interno del JournalClub!
Una risata echeggiò nella stanza e le rivolse uno sguardo compassionevole tramite occhi marroni e indifferenti:
-Accidenti ora mi metto a piangere. Fatto sta che sulla prima pagina del giornale di domani verrà svelato a chiare lettere e visibile a tutto l’istituto il segreto di Leonard Mircle.
 

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Capitolo 7
*** L'importante è esser presenti (parte prima) ***


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L’importante è esser presenti

(parte prima)



-Leonard Mircle?
Silenzio.
-E’-è assente.
Il professor Chant alzò lo sguardo sulla persona che aveva appena parlato.
-Non si sente bene.
Giustificò il ragazzo. Decise quindi di continuare l’appello ma molti dei compagni di classe lanciarono sguardi interrogativi.
Alla fine delle lezioni la scuola era in subbuglio. Molti brusii animavano le aule, squallidi giornali ne tappezzavano i corridoi; i bidelli erano scocciati perché avrebbero dovuto ripulire tutto a breve, alcuni insegnanti si preoccupavano addirittura per la carta non riciclata e quelli che appartenevano ai club erano in guerra, gli studenti comuni erano gli unici a gioirne, tutto pur di divertirsi con i problemi degli altri, ma per fortuna non tutti la pensavano ugualmente…
-Cosa?!
Chiese sbalordita Rina.
-Voi lo sapevate? Tu lo sapevi?
Si rivolse a Gregory, lui scosse il capo abbattuto.
-Cavolo, non c’avrei mai pensato. E se fosse una bugia? Se si fossero inventati tutto?
-No ne dubito.
Rispose Selen con monotonia.
-Lo sapevi vero?
La accusò Gregory, cercando di capire come mai il suo amico non gliene avesse parlato, una cosa così importante per lui.
 Marc cercò di sdrammatizzare:
-Ragazzi, per favore, non è successo nulla di male. Si è solo scoperto che il nostro amico ha un bel talento per le rime, fa scalpore perché nessuno si aspettava fosse lui.
-Non sono filastrocche Marc e comunque…No. Voi non conoscete Leonard come lo conosco io. Per lui è una cosa molto importante, lo si capisce, ecco a cosa si riferiva ieri parlando…
Concluse Gregory dicendo più a se stesso che agli altri, poi inarcando le sopracciglia preoccupato proseguì:
-Si vedeva che ci stava male, ora i club lo inizieranno a perseguitare al solo scopo di accaparrare maggiori iscritti.
-Sì, ormai non c’è in ballo il suo talento ma il solo fatto di avere una vincita sui club rivali, è una battaglia tra il GiournalClub, il LitteraturesClub e il PoetryClub, più gli affiliati, ma sono tutti quelli più potenti dopo il CeriseClub, l’unico e indiscutibile grazie al loro presidente; stanno cercando di farlo chiudere da tempo, forse ritengono che Leonard sia la soluzione ai loro problemi.
Concluse Selen. Tutti ritornarono confusi, sentendosi impotenti, sul titolo nella prima pagina del giornale sopra il banco di Rina.
 
-“Scoperta l’identità del misterioso poeta: Leonard Mircle della sezione H classe seconda, nuovo di quest’anno alla Margot”.
Il silenzio fu interrotto da un rumore deciso, ne susseguirono altri.
-Cerise!
Oscar accorse. In direzione del presidente del CriseClub si percepiva un vortice di umor nero, la ragazza ricominciò a scrivere sul modulo da compilare quando le si spezzò nuovamente la mina e poi la matita stessa, ne prese in mano un’altra e un’altra ancora ma fecero la fine della prima procurando altri rumori secchi.
-Brutti…! Gliela faccio vedere io a quegli avvoltoi!
La ragazza si alzò dal divano a stampe floreali e si avviò verso l’uscita, ma fu bloccata da Adam.
-Mariù calmati!
Lei si voltò imbufalita e gli pestò un piede facendogli mollare la presa sui suoi fianchi.
-Calmarmi un corno! Tu non capisci, a te Leonard non piace!
Lui spalancò gli occhi:
-P-perché a te piace?! Mariù rispondimi!
Inseguendola si richiuse la porta alle spalle inciampando più volte. Oscar era ancora intento a sequestrare la scorta di matite al presidente, quando finalmente si accorse di lui e alzando il capo gli rivolse uno sguardo omicida:
-Oscar. Lasciami fare.
Lui indietreggiò spaventato, anche se era il primo a notare il velo di tristezza mascherato dalla rabbia sul volto della ragazza.
-Julie fa qualcosa, guardare quell’ affare di certo non ci aiuterà!
Disse riferendosi alla cartellina dei contabili del club che la bambina portava sempre appresso.
-Cosa dovrei fare? Non lo vedi che è di malumore?
Disse saccente sistemandosi gli occhialini sul nasino all’insù. Il ragazzo fece per controbattere quando, Cerise, posando l’ennesima matita distrutta, con il viso semicoperto da capelli rossi a nascondere un’espressione addolorata, si decise a parlare francamente:
-E’ colpa mia.
I due ragazzi più giovani la fissarono ammutolendo e pensando ad un modo per tirarla su di morale. Forse solo Adam con la sua solita sfacciataggine altolocata, quasi a brontolarla, sarebbe riuscito a farla emergere da quello sconforto, lei di solito non era così triste.
-Io non avrei dovuto…
Il ragazzo non la fece continuare:
-Ma no! Stai sbagliando…!
Non riuscì a finire il discorso che le ante della porta si spalancarono rivelando un ragazzo con lunghi capelli neri e occhi color miele, in mano un mazzo di fiori.
-Mie adorate ciliegine!
-Oh no, è già arrivato.
Sussurrò Oscar.
-Questo club non riesce a vivere senza il sottoscritto: no Casanova no party, dico bene? Hahahahaha! Julie tesoruccio, come te la passi? E quegli altri due sposini dove sono finiti?
-Non è il momento adatto…
Cercò di spiegare il giovane impaurito dalla reazione del presidente, sembrava pure che i vetri delle finestre dietro di lei si fossero incrinati.
-Ma che è successo? Oh cielo! Capisco…
Disse improvvisamente compassionevole il nuovo arrivato, mentre tutti lo guardarono con stupore quasi rivalutando il loro giudizio sul suo conto.
-…vi sono mancato!
Detto ciò corse ad abbracciare affettuosamente Oscar, a cui vennero i brividi. Julie si mise a ridere, era l’unico che riusciva a far apparire un sorriso e delle fossette sotto quegli occhialini e quei capelli mossi. Sciogliendosi alla svelta dall’ abbraccio, Oscar andò incontro al presidente dicendole:
-Non preoccuparti, se non sbaglio domani ci sono gli stand trimestrali dei club!
La ragazza a quelle parole alzò lo sguardo con un una fiammella di speranza riaccesa negli occhi.
 
Leonard era rinchiuso nella sua stanza. Sotto quelle spesse mura e quei maledetti limiti del rispetto e degli affari propri che potevano essere aperti al pubblico. Era in gabbia, impotente e costretto a quel regime. Aveva pure pensato di cambiare scuola, ma ciò significava scappare e ormai il danno era fatto, ma si poneva domande in continuazione: a quanti gliene importava del suo talento? Quanti si chiedevano come si sarebbe sentito? Nessuno. Tutti miravano ad altro, come in una gara di corsa dove l’importante è vincere.: non importa quali siano i mezzi, quali siano i sacrifici o i soprusi per arrivare all’obbiettivo finale, come se loro non sapessero cosa fosse la lealtà. “Si sbagliano. L’importante è corre. Anzi, l’importante è esser presenti…in qualche modo” si disse. Stava per pensare di rincominciare a scrivere qualche verso proprio su quell’argomento quando sentì dei brusii dalla stanza di Gregory. Aveva saltato le lezioni e non aveva visto nessuno quella mattina dopo aver trovato un maledetto giornale tra i tanti, ai piedi della porta della sua camera. Dato che era la pausa pranzo, probabilmente si trattava di uno scocciatore, un furbo scocciatore dato che stava per entrare dalla porta comunicante. Si alzò in piedi e andò con le spalle al muro di fianco allo stipite, lo scocciatore stava per aprire e appena irruppe nella sua stanza, senza nemmeno guardare chi fosse, gli tirò una gomitata nello stomaco e lo fece accasciare con la faccia a terra curioso di sapere di chi si trattasse:
-Porc…
Notò la voce familiare e quasi si mise a ridere.
-Ops, scusa Gregory.
La cosa che più lo sorprese fu di non trovarlo solo. Rina scavalcò il ragazzo ancora preso a tossire e preoccupata gli venne in contro:
-Oddio Leonard, che brutta cera che hai!
Dietro di lei Selen e Marc, quest’ultimo gli disse semi in imbarazzo:
-Non dovresti nasconderti…
-Giusto…
Gregory tossì nuovamente e poi riprese:
-…non ve ne è motivo.
Selen rimaneva impassibile sulla porta, forse con una nota di solidarietà in più in viso. Leonard parve confuso:
-Cosa? Ma…non siete arrabbiati? So cosa penserete adesso…mi dispiace, dopotutto mi sono rivelato una persona incoerente e fredda peggio del solito.
Rina intervenne con impeto:
-Ma cosa stai dicendo?! Se non ne hai parlato è perché ritenevi fosse giusto, e poi mica ci siamo sorpresi più di tanto!
Tutti indirizzarono uno sguardo incredulo verso la ragazzina.
-…Ok,ok,io mi sono sorpresa, ma il fatto è che crediamo sia una passione che ti si addica molto!
Lui non capì bene e la guadò con un espressione confusa.
-Hai sempre quell’aria da duro, non poteva che celarsi un romanticone dentro!
Scherzò Marc dandogli una pacca sulla spalla e facendolo arrossire. Gregory, che nel frattempo si era alzato da terra, si diresse verso di lui e gli mise una mano sulla spalla dicendogli sinceramente:
 -Hai frainteso. Noi ti ammiriamo e pure gli altri ti ammiravano ancora prima di questa storia, ma la tua autostima è talmente ceca e scarsa da non accorgersene; d’ora in poi dimmelo chiaro e tondo se hai un problema, noi siamo tuoi amici e ti aiuteremo dandoti il nostro appoggio contro questo casino.
A Leonard spuntò un sorriso. Rina lo prese a braccetto e tutti ricambiarono il suo sorriso con decisione; nella stanza si era creata un’atmosfera che sembrava cullare tutti quelli che vi erano all’interno e ne consolidava i legami aumentando il coraggio e l’affetto nel cuore del ragazzo e in quello dei suoi amici.    Allora con un velo di commozione sussurrò un singero:
-Grazie…
Selen rispose facendo qualche passo avanti e avvicinandosi al gruppetto:
-Prego.
Loro erano sistemati, il problema che li si poneva in quel momento erano gli altri.
Il giorno dopo Gregory lo venne a svegliare, cosa alquanto rara dato che di solito era lui a farlo, visto che l’amico era un ritardatario.
-Leo! Ho una sorpresa!
Aveva la bocca ancora impastata per il sonno e non accennava minimamente ad aprire gli occhi.
-Che vuoi Greg? La sveglia suona tra un’ora!
Lui rise.
-Ma no scemo! Guarda che sono già le sette e mezza, ti ho messo la sveglia più tardi dato lo stress di ieri!
Leonard balzò fuori dal letto e cercò di infilarsi i pantaloni.
-Hug!
Cadde inciampando sul pavimento e l’amico scoppiò a ridere.
-Mi svegli e mi dici soltanto adesso della sveglia reimpostata…e poi sarei io lo scemo!
Disse fulminandolo con lo sguardo e cercando di alzarsi da terra.
-Convincente detto da uno che si trova sul pavimento a fare a botte con un paio di pantaloni!
Tutti e due si misero a ridere. Gregory sedendosi sulla trapunta, gli chiese:
-…comunque, scherzi a parte. Ti senti meglio oggi?
Il ragazzo gli annuì sistemandosi la cravatta della divisa; l’amico si sentì sollevato e alzandosi propose di avviarsi in aula. Nel tragitto molti si fermarono a fissargli, magari dicendo qualcosa nell’orecchio del compagno o arrivando persino ad indicarli con faccia tosta, arrivati in classe tutti smisero di parlare sorpresi di vederli, per fortuna i suoi cari amici lo salutarono con un sorriso. Nessuno gli chiese niente del giorno prima, nemmeno loro ma, al termine della prima ora di lezione, Gregory sbraitò voltandosi:
-Cosa c’è di divertente nel fissare un persona?
-Greg non…
Cercò di fermarlo l’amico quasi a disagio.
-Anche tu Leo, piantala. Non possono ignorarti o fissarti in quel modo, si dovrebbero tutt’al più congratulare, e tu smettila di fare quell’espressione beota!
Disse rivolgendosi ad un compagno di banco indignato, uno dei tanti riccastri schizzinosi, per il suo comportamento. Tutti risero sotto i baffi e Tiffany si alzò dal suo banco quasi gridando:
-Ha ragione! Leonard ti porgo le mie congratulazioni, la tua poesia mi è piaciuta molto e non mi sembra giusto tutto questo!
Tutti si voltarono dalla sua parte ma, prima che potesse vergognarsi del suo commento, altri ragazzi intervennero:
-Scusaci Leo.
-Temevamo che ti saresti offeso…
-Sei molto bravo!
Dopo la fine delle lezioni Leonard si accorse di non aver mai legato con i compagni di classe così tanto dato che con alcuni non aveva quasi mai parlato prima, felice sorrise a Gregory che ricambiò facendogli un occhiolino. Anche in mensa trovarono molti sguardi su di loro ma, come prima, nessuno ebbe il coraggio di chiedere niente. Leonard temeva per un’altra sfuriata da parte dell’amico, premuroso in fondo; invece questo si limitò a sorridergli e a dirgli:
-Leo, ti volevo dire stamani mattina, che oggi devi farti trovare ai giardini!
Lui si incuriosì.
-Giusto, oggi ci sono gli stand trimestrali dei club che accolgono nuovi iscritti, si dice che verrà allestito anche un palco.
Spiegò Selen.
-E’ vero! Potrai dire a tutti cosa ne pensi di questa storia! Il mio club da pure uno spettacolo…
Parve indeciso dinnanzi alla proposta di Rina.
-Non so, ma provo a vedere.
-Sarà meglio di no.
Si intromise nel discorso una voce esterna, tutti indirizzarono lo sguardo sulla ragazza in piedi dinnanzi al tavolo.
-E tu chi saresti?
Chiese acido Gregory mentre iniziava a mangiare la suo dessert.
-Non sono affari che ti riguardano.
Gli rispose imperterrita, il ragazzo sorpreso desiderò per la prima volta di picchiare seriamente una donna.
-Per chi non la conoscesse già, lei è Nicol. Vice presidente del LitteraturesClub.
Annunciò pacata Selen sorseggiando dell’altro tè. La ragazza noncurante fece per rivolgersi nuovamente a Leonard quando d’un tratto Marc, che fino ad ora era stato zitto, intervenne:
-Lascialo in pace.
Tutti lo guardarono sorpresi, e la tirata in causa sorrise amaramente:
-Nemmeno a te riguardano, caro Marc, non cambi mai.
Gregory esclamò facendo tramare il tavolo:
-Voi vi conoscete?!
I diretti interessati diedero una risposta all’unisono, se la ragazza annuì, Marc senza pensare negò per poi assumere un’espressione frustrata. Rina preoccupata dalla sua reazione gli posò una mano su una robusta spalla e cercò di parlargli:
-Marc, ma che vuol dire…?
Lui si alzò dalla tavola andando via e ignorandola. Nicole schioccò uno sguardo sprezzante a Rina per poi voltarsi verso la sua vera priorità:
-Vedi di non farti vedere oggi o sarai richiesto da altri, devi entrare nel LitteraturesClub, lo capisci? Non mi stai simatico Mircle, ma non ho altra scelta.
Allora la ragazza, girando i tacchi se ne andò senza nemmeno soffermarsi a fissare lo sguardo gelido lanciatole da Leonard.
-Ma che aveva Marc con quella?
Chiese Gregory una volta avviati ai rispettivi dormitori.
-Selen ne sai qualcosa? So che conosci Marc da più tempo e conosci persino Nicole.
Chiese Leonard. Lei finse indifferenza ma più che per quei due era preoccupata per Rina che era rimasta quasi mortificata:
-Loro erano…molto amici alla scuola media,  non so cosa sia successo poi. Ma sono sicura che se si sentirà  pronto e ne vorrà parlare noi ci saremo per Marc.
Rina annuì muta con abbattimento.
-Comunque Leonard…
Proseguì Selen.
-…cosa farai oggi? Se tu ci andassi rischieresti l’assalto dei club ma se tu non ci andassi rischieresti di non far placare tutta questa storia.
Lui spalancò gli occhi dinnanzi all’enorme problema a cui non aveva pensato mentre, ad una Selen a cui non sfuggiva nulla, la domanda era sorta spontanea.

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Capitolo 8
*** Show must go on ***


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Show must go on
 



Erano le quattro del pomeriggio e Francis si aggirava per i cortili della scuola superiore San Margot. L’anno avvenire avrebbe dovuto dire addio a tutto ciò che amava di quella scuola: la sua serenità, la sua fontana che aveva riempito gli ultimi giorni estivi dei quattro anni passati, la statua della donna più bella che avesse mai ricordato, le amicizie che si era portato con se, la vista dal balcone della sua camera, quel senso di familiarità e di accoglienza che quella stanza gli regalava e…il Club.
-Hey, guardate è Francis…!
Emise con un gridolino una studentessa dietro di lui, questo finse di non accorgersene.
-Ssssh! Non lo puoi chiamare così, lui va chiamato…
L’amica l’interruppe.
-Hey aspetta, che sta succedendo laggiù?
Si voltarono dove le folla si stava riunendo.
-Pare che il vicepresidente stia litigando con qualcuno, andiamo a vedere!
 
Era iniziato il raduno anzi, vero e proprio festival che si teneva ogni tre mesi, organizzato dai club e ritenuto un’ottima occasione per invogliare studenti ad entrare alla San Margot o in uno dei tanti club. Nei giardini della scuola c’era una folla enorme e sul palco allestito, Leonard era convinto di trovare il vero motivo della sua presenza. Aveva voglia di vedere la ragazza che gli aveva rovinato la vita scolastica. Seppur odiando profondamente il CeriseClub non riusciva ad odiare lei, colei il cui nome era ancora sconosciuto. Quindi sul palco, al posto suo e dei suoi amichetti, una  ragazza decisamente vivace si scatenava come una cronista esponendo le attività scolastiche:
-Salve a tutti quanti e benvenuti in questa bella giornata! Mi chiamo Heidi e sono la rappresentante delle classi prime nonché membro del Journal Club!
Leonard vide bene di allontanarsi e fuggire dal palco, dove la folla si stava man a mano riunendo e decise di percorrere i vialetti per dare un’occhiata ai vari stand. Alle parole di Nicol non dava peso, lui era libero di fare quello che voleva e non sarebbe certo stata una spocchiosa ragazzina ad impedirgli di assistere a quell’evento; c’era elettricità nell’aria e aveva il presentimento che sarebbe successo qualcosa, positivo o negativo che fosse, lui ci voleva, o doveva, essere. “E poi perché tutti mi dovrebbero voler così accanitamente nel proprio club, come dice lei?” si chiese incredulo. Iniziò a camminare, anche se non gli interessava molto, l’unico stand dove si fermò fu il CookingClub che offriva vari assaggi di dolci preparati dagli iscritti. Non aveva fame ma quando intravide una deliziosa torta alla panna con tanto di ciliegina sopra, la sua preferita, non seppe dire di no.
Finì la squisita torta e fece per cercare un cestino per il piattino e la forchetta quando, voltandosi per caso, incontrò un espressione infuriata ad un palmo dal naso e vedendola spalancò gli occhi.
-Che diavolo ci fai tu qui?
Lo accusò Nicole.
-Veramente io...
Ad un certo punto rispondendole emise uno strano verso, simile ad un singulto. La ragazza fraintese e gli pestò un piede, Leonard si curvò verso il terreno ripetendo l’oltraggioso verso. Fece per scagliarsi su di lui ma un passante fu l’unico ad accorgersi che, quello che poteva sembrare uno spregio, era in realtà una richiesta d’aiuto:
-Hey…! Aspetta, non vedi? Questo fanciullo si sta strozzando!
Detto ciò si mise a dare pacche sulla schiena del bisognoso che nel frattempo stava boccheggiando per la mancanza di ossigeno. Nicol rimase immobile, fissando la scena stralunata.
-Avanti: uno, due, tre…!
Il nuovo arrivato iniziò a peggiorare le cose con la manovra di Heimlich per far uscire il nocciolo di ciliegia incastrato nell’esofago di Leonard, che ne frattempo si sentiva sballottolare di qua e di la, mentre una folla assisteva ai suoi patimenti. Dopo vari secondi di quello spettacolino il problema venne risolto. Purtroppo per Nicole che ne rimase scioccata, al punto in cui il nocciolo di ciliegia dalla gola del ragazzo volò con un colpo di tosse a trenta chilometri orari per finire sul distintivo del LitteraturesClub, cucito in lino sulla sua camicia. La giovane non dispose delle sue alte capacità mentali per almeno due minuti e delle sue coetanee, che nel frattempo si erano godute la scenetta, si avvicinarono preoccupate e divertite al tempo stesso e con un fazzoletto tolsero il nocciolo, ancora sospeso a mezz’aria intento a sporcare sempre più il distintivo. Allora Nicole, ripresa coscienza con un espressione da far paura, senza ulteriori parole girò i tacchi e filò via sotto gli sguardi di tutti. Il salvatore, voltandosi allegro verso Leonard che si massaggiava la gola, chiese:
-Bambino, stai bene?
“Io avrei superato i dieci anni da un pezzo” pensò questo d’istinto per poi alzare lo sguardo su di lui: era un giovane dai lunghi capelli neri, era alto da sembrare un’insegnante e data la sua carnagione olivastra, probabilmente non era neanche di quelle parti.
-Si, grazie per l’aiuto.
In risposta ebbe una pacca sulla schiena (non gliene aveva date a sufficienza prima) che per poco non lo fece cadere in terra:
-Oh cielo, che carino che sei!
Sorpreso lo fissò e questo gli si aprì in un sorriso piuttosto idiota.
-Hem, io dovrei andare adesso…
Cercò di scappare ma lo sconosciuto gli mise una mano intorno alle spalle, come se fosse stato un suo vecchio amico, dicendo:
-Hey, pensi di svignartela così facilmente? Sono uno dei responsabili del festival e tu sei proprio il tipo di persona che stavo cercando!
-C-Cosa?!
Chiese esclamando Leonard.
-Hahahaha! Sai che sei proprio buffo? Ma adesso non fare i capricci!
Leonard impotente venne trascinato di peso; per quel che ne sapeva poteva anche essere un criminale, uno squilibrato o ancor più probabile, un maniaco. Dopo mezz’ora il ragazzo aveva lo strano presentimento di star per compiere un grosso, grossissimo errore. Stava aspettando che quel molesto studente, o insegnante o qualsiasi cosa fosse, ritornasse. L’aveva lasciato in mezzo a tutta la confusione tipica del “dietro le quinte” di un palco e da una parete poteva scorgere cosa vi succedesse davanti. La ragazza scatenata del JournalClub non c’era più e al suo posto intravide degli studenti del DramaClub che stavano mettendo in scena una commedia. Sentì picchiettarsi sulla spalla e si voltò.
-Ecco qua!
Disse il ragazzo mostrandogli un costume di scena dalla forma ad albero.
-Ti dovrebbe stare bene, ma adesso devo proprio andare.
Disse Leonard per poi voltarsi a cercare le scalette che gli avrebbero permesso di scendere dal palco.
-Ma dai, mica ti costringe nessuno!
-E allora perché mi stai bloccando?!
Gli chiese Leonard cercando di liberarsi della presa.
-Perché è divertente! E poi mi devi un favore!
Gli rispose con un sorriso ebete.
-Non se ne parla! L’ho già fatto una volta all’asilo e mi è bastata!
Cinque minuti dopo, calpestato per la seconda volta dalla sua volontà, aveva indosso quel ridicolo costume da albero per evitare che quell’odioso ragazzo lo spogliasse davanti a tutti con la forza.
-Hahaha, ma che carino, fra un po’ si entra in scena!
Rise massaggiandogli le guance, Leonard se lo levò di dosso irritato:
-Mi spieghi perché io sono vestito da scemo e tu da principe?!
Quello si mise una mano tra i capelli e rispose con tono seducente:
-Perché posseggo una bellezza regale!Hahahaha!
Leonard fece per mandarlo a quel paese ma d’improvviso venne lanciato sul palco con un:
-Avanti tocca a noi!
Lo spinse sul palco e si ritrovò un migliaio di occhi puntati su di lui che era entrato in scena barcollando, la causa fu dello stretto passaggio che per poco non gli fece rompere uno dei rami più lunghi del costume. Sistemandosi e soprattutto vergognandosi, si appostò con una posizione rigida degna di un vero abete dopo gli schiamazzi e le risate che lo avevano accolto.
-Leonard…che ci fai qui?!
Si voltò di scatto e riconobbe una Rina con indosso un vestito da fiore giallo e fucsia, mentre altri attori vestiti simili e una ragazza piuttosto in carne, che probabilmente interpretava la principessa di chissà quale bosco incantato, stavano continuando a recitare senza farsi distrarre.
-Ciao Rina!  
Sussurrò lui sorridendo a disagio. “Fa che finisca in fretta, fa che finisca in fretta…” iniziò a pregare.
 
-“Ma or qualcuno mi dica, incontrerò mai il mio principe sensuale?
  Sapete, lui è così gentile e dall’aspettoregale!”
 
Leonard alzò gli occhi al cielo mentre la protagonista continuava a recitare.
 
-“Or su che bosco è questo?
  Così insolito e pittoresco!”
 
Ed ora ecco anche l’altro entrare in scena con passi da gigante e fargli l’occhiolino.
 
-“Oh cielo, chi è mai codesto fanciullo,
  che si presenta dinnanzi al mio prato trastullo?”
 
La ragazza si voltò con fare civettuolo verso il giovane nei panni di un principe, mostrando la sua molliccia pancia scoperta. Leonard incominciò a stancarsi eppure doveva restare immobile con le braccia alzate a reggere due rametti che nemmeno appartenevano allo stesso albero che stava interpretando, pensò indignato. Incominciò a cercare una possibile via di fuga, nel primo tempo o nel cambio di scena ma dopo vari minuti a sopportare quel supplizio iniziò a non poterne più. Dopo una decina di minuti notò Rina avvicinarsi:
-Hey Leo!
Gli sussurrò.
-Dimmi.
-Fra un pò MarieLorant…
Disse indicando l’attrice protagonista davanti a loro.
-…dovrà esser sospesa in aria con una corda per il suo volo. Quando lei darà il segnale per aiutarla a librarsi, tu fa cenno al “funambolo” di occuparsene, lo dovrei fare io ma non vedo bene alla mia destra.
Lui acconsentì di getto pentendosene poco dopo nel pensare: “Aspetta un attimo…che segnale?! E che cosa sarebbe un funambolo in gergo teatrale?!”. Troppo tardi, Miss Pancia Molliccia aveva dato il segnale che consisteva nel gridare aiuto mandando in fumo la sua interpretazione. Leonard allora capì di getto quello che doveva fare e voltandosi verso destra cercò il famoso funambolo da teatro. Ma ne rimase inorridito quando al posto del solito vecchietto baffuto col berretto stereotipato si ritrovò il principe idiota e “regale”che nel frattempo era uscito di scena. Il ragazzo cercò di spiegargli a gesti l’atto di tirare la corda ma il principe non parve capire.
-Ho detto: tira la corda!
Quello con un’espressione interrogativa ne indicò una.
-Che ne so io! Te provane una!
Gli rivolse un sorriso scemo e tirò una delle corde disposte verticalmente al bordo delle quinte. Si sentì uno scrosciare d’acqua e il pubblico, per qualche inspiegabile motivo, incominciò a ridere.
-Leonard, avete tirato la corda sbagliata!
Disse infuriata Rina alle sue spalle e con la coda dell’occhio vide la ragazza e gran parte dei suoi compagni fradici per la secchiata d’acqua dall’alto ricevuta, mentre ancora erano intenti ad aspettare che la protagonista si librasse in volo.
Leonard allora fece segno di tirare un'altra corda al principe addetto, ma questi non capì.
-Ma cosa sei, disabile?! Tira una corda malediz…
Nel tirare una seconda corda si sentì un assordante rumore di campane. Tutti sul palco iniziarono a gridare disperati e la balena, sorretta da Rina e compagni si lamentava in continuazione.
-Cos è uno scherzo?!
Rispose il ragazzo a voce decisamente così alta che il pubblico si mise a ridere. Ma in quel momento accadde l’impensabile: il principe idiota tirò un’ennesima corda che aprì una botola sul palco e Leonard, per non cadere si voltò cascando e con il suo ramo troppo lungo buttò a terra l’attrice principale. Questa fece un tonfo finendo nella botola sotto lo sguardo scioccato di tutti. Dopo di che scese il silenzio sia sul palco che sulla folla. Leonard guardò terrorizzato Rina che era rimasta pietrificata. A quel punto come una cometa nella testa del giovane venne un’idea folle, che funzionava solitamente solo per i professionisti e per i film: l’improvvisazione. Si fece coraggio e nel silenzio incominciò per la prima volta in vita sua, a recitare davanti ad un pubblico“Tanto peggio di così non potrebbe andare” si disse incominciando a improvvisare:
 
-“E adesso? Che ne sarà di noi?
 La nostra principessa è scomparsa…”
 
I presenti sul palco lo guardarono stralunati mentre ancora nessuno, neanche giù dal palco, proferiva parola.
 
-“…giammai!”
 
Riuscì alla fine a dire convinto. A quel punto, quando tutto parve andato in fumo, dal pubblico partirono un susseguirsi di applausi e urla di incitamento.
 
-“Oh no! La mia amata!
  Ditemi, che ne sarà di me senza codesta soave creatura?
  D’ora in poi…rinchiuso nel mio castello e nelle sue mura!”
 
Recitò l’idiota principe entrando in scena. Bè idiota lo era solo per Leonard, visto che nessuno aveva notato il fatto che fosse stato lui a combinare quel disastro, lo stesso che ora stava recitando impeccabilmente. “Ha una certa classe, bisogna ammetterlo” pensò.
Rina, spinta dal coraggio, invece si fece avanti:
 
-“Non disperate miei compagni cari,
  noi siamo la natura di codesti monti e di codesti mari!
  La principessa l’unione desiderava
  tra la città di Meridian con la flora e la fauna
  che tanto lei amava.”
 
  A quel punto si interruppe e sorrise a tutti ma in particolare a Leonard, che lesse nel suo sguardo e in quello degli altri gratitudine nei suoi confronti. Allora il giovane, volgendo il suo sguardo all’ampio pubblico:
 
“Che essa possa riposare in pace,
  nel suo ultimo sonno fugace,
  con la speranza che in cielo sia a breve accolta,
  la nostra giovane principessa…ormai morta.”
 
Con il capo chino Rina si fece rigare il volto da una lacrima mentre, per chissà quale magia, il sipario si chiudeva lasciandoli al buio.
Una volta chiuso, al di là di questo esplose un boato.
   

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Capitolo 9
*** L'importante è esser presenti (parte seconda) ***






L’importante è esser presenti
(parte seconda)


-Avanti Julie, dammene una!
Si lamentò per l’ennesima volta Adam implorando per avere delle stecche di liquirizia.
-No.
Rispose impassibile la bambina.
-Per avere dieci anni non sei per niente carina!
Cerise e gli altri superarono l’ingresso principale per poi riversarsi sulla piazza stranamente poco affollata.
-Ma che succede?
Chiese Oscar.
-Guardate! Sono tutti a vedere lo spettacolo del DramaClub…
Tutti puntarono lo sguardo verso il palco che li dava le spalle, notando l’incredibile folla e le facce sorprese degli spettatori mentre applaudivano divertiti. D’impulso il loro gruppo andò a vedere cosa potesse succedere sul palco. Videro il sipario chiuso riaprirsi, probabilmente per l’ultimo saluto degli attori.
-Ah! Che iella, ce lo siamo perso.
Disse Oscar un po scocciato.
-Hey, quello che sta salutando è lo stupido Conte!
Osservò Adam. Tutti aguzzarono la vista verso la figura slanciata che sul palco sorrideva e si metteva in mostra, alzando gli occhi al cielo Cerise posò lo sguardo verso un buffo attore travestito da albero e la reazione fu immediata.
-Ma quello è…!
Esclamo sorpresa, catturando l’attenzioni di tutti.
-E’ entrato nel DramaClub?!

Leonard era sul palco mezzo in imbarazzo quando sentì una voce schiarirsi al microfono. “Oh no…!” pensò d’impulso.
-Uao! I miei complimenti attori!
Disse la voce squillante di Heidi.
-Soprattutto grandi complimenti a Messier Frencis!
Al sentirsi nominare il ragazzo fece un inchino. “Che sia lui il professore che gestisce il DramaClub? Eppure sembra così giovane, e poi è così scemo” pensò incredulo Leonard. Gli venne la pelle d’oca quando la conduttrice si girò dalla sua parte, un anno più piccola di lui ma irritante il doppio, e quella con passi da gigante facendo ondeggiare il caschetto di capelli che somigliava ad una mela verde si fece avanti con uno sguardo di sbieco chiedendogli:
-Ma tu…
Lui spalancò gli occhi.
-…da quanto è che reciti?! L’avevate mai visto, gente? Sei l’astro emergente del DramaClub di cui si parlava, non è vero?
Disse al microfono tutta esaltata. Rina invece, a pochi metri di distanza, fissò la scena indignata, dato che la persona in questione, “l’astro emergente”, era lei.
-Già!
Disse Leonard per poi sorprendere se stesso.

-Ve l’ho detto! Quel mentecatto si è andato ad iscrivere al DramaClub!
Disse furioso Adam, tra la folla.

-Bene un l’ennesimo applauso per il DramaClub!
Esordì Heidi. Fece per intraprendere, con gran sollievo di Leonard, un altro discorso quando, infuriata Rina urlò davanti a tutti rossa in viso:
-Non è vero! Io sono l’astro emergente di cui si parlava! Sono io, io e basta non Leonard!
Heidi sorpresa voltò lo sguardo verso la ragazza.
-Dici sul serio? Leonard, si chiama?
Le chiese dubbiosa. Quello cercò la fuga nascondendosi dietro il principe o come lo chiamavano Messier Frencis, troppo occupato a mandare baci e occhiolini al gruppetto delle fan in prima fila.
-Ecco dove ti ho visto! Tu sei Leonard, quello che ha fatto scalpore per la poesia all’autoparlante!

-Spruuuut!
Adam sputò il suo Milk-Sheke alla ciliegia dalla sorpresa mentre sia sul palco sia sulla folla scese il silenzio, a susseguirsi dei mormorii.
-Povero Leonard!
Cerise fissava il palco trattenendo il respiro dalla tensione.
-Quindi non è entrato nel DramaClub, giusto?
Si chiese Oscar.
-Probabilmente si. Lei è il vicepresidente del JournalClub e se adesso lui ne facesse parte, non le sarebbe sfuggito ora che conosce la sua identità.
Constatò impassibile Julie.
-Allora Leonard è nei guai! Ora che tutti sanno chi è veramente lo perseguiteranno peggio di prima!
-Oscar questo è il meno, ora è pure sotto assedio da Heidi!
-Stiamo a vedere che succede.
Concluse Cerise inquieta.

-Hem…
Leonad era combattuto e non sapeva che fare.
-Affrontala.
Gli suggerì d’impulso il principe che gli dava le spalle e gli copriva la visuale.
“Vuol dire che ha capito? Comunque ha ragione. Devo affrontarla o questa storia non finirà, non ho intensione di trascorrere i prossimi tre anni dell’accademia come un relitto che cerca di sfuggire ai problemi. Adesso basta”. Andò affianco al principe e facendosi avanti togliendosi la parte superiore del costume, e abbandonando la sua corolla::
-Si, mi chiamo Leonard Mircle.
Dal pubblico ci furono degli applausi e dei fischi.
-Perché hai recitato nel DramaClub?
Chiese suscettibile Heidi.
-Perché me l’anno chiesto.
-Ma non ne fai parte.
Non era una domanda.
-Non vedo dove sia il problema.

-Io l’ammazzo!
Stava sbraitando Nicole osservando lo spettacolo da una delle terrazze laterali dell’accademia.
-…si stava strozzando, lo lascio un secondo in balia di un pazzo e quello me lo porta sul palco a recitare insieme al DramaClub e lo fa mettere sotto processo del vicepresidente del JournalClub!
-Stà calma Nicol.
Le sorrise il ragazzo.
-Mi perdoni, non so come sia potuto accadere, ora lo vado a recuperare! Con permesso…
Disse la giovane profondamente preoccupata dalla reazione che avrebbe ricevuto.
-Aspetta. Non intervenire a sproposito, va a goderti la scena da sotto il palco e vedi di intervenire quando il nostro poeta non sarà intimorito da Heidi, a meno che non lo sia già.
Sorrise soddisfatto.
-Subito!
La ragazza chinò il capo e si avviò verso l’uscita della sala per dirigersi in giardino.
-Perché l’hai lasciata andare Hansel?!
-Perché è giusto così. Mio caro Dorian, conosco Heidi e quando metterà alle strette il ragazzo, quello non sapendo più che fare, dovrà per forza dire di appartenere ad un club da cui a ricevuto richiesta, e qui interverrà Nicol.
-Ma sono davvero tanti i club…
Fece per controbattere Dorian.
-Ti sbagli. Non sono così tanti i club che hanno richiesto la partecipazione del nostro Leonard, solo i più potenti. I club di bassa lega non si sono azzardati a fargli alcuna domanda, neanche per interesse, paurosi come sono di esser perseguitati dal sottoscritto.
Emise una fragorosa risata.
-Si ma come fai ad essere così calmo ma soprattutto certo che dirà di appartenere al nostro club?
Gli chiese l’amico incredulo.
-Non lo sono. E’ questo il bello. Ma vedi, se anche dovesse appartenere ad un altro club, e credo proprio di immaginare quale e tra poco ne avremmo risposta, non sarebbe male, tutt’altro. Immagina di strappare al club più potente di tutti gli Istituti, il prezioso e a lungo conteso Leonard Mircle, sarebbe un bellissimo colpo di scena non trovi?
Con un ghigno stampato, il presidente del LitteraturesClub, tornò ad ammirare lo spettacolo dal balcone della sua lussuosa stanza.

-Allora, mio caro Leonad abbiamo il piacere d’incontrarti, finalmente! Sei rimasto sempre nell’ombra…
Disse la ragazzina stuzzicandolo, lui intervenne, incominciando a dare i primi segni di collera, non facendola finire di parlare.
-Non credevo di dover presentarmi come un ennesimo astro nascente.
Detto questo lanciò un’occhiataccia a Rina, la quale arrossì consapevole del guaio che aveva combinato.
-Bè ora che sei qui, dovresti dirci allora a quale club appartieni, siamo tutti curiosi non è vero?!
Chiese rivolgendosi al vasto pubblico che le rispose con un coro d’incitamento. In quel momento Leonard andò nel completo panico.”Se le dico che non ho neanche messo in considerazione l’idea di appartenere ad un qualsiasi stupido club, lei provocherà ancora più scompiglio e litigi, approfittando della notizia e di seguito potrebbe arrivare a coinvolgere anche i professori che ne sono a capo. Inoltre adesso tutti sanno chi è veramente l’autore della poesia, quindi sarebbe ancora più difficile non essere perseguitato. L’unica cosa che mi rimane…”.
Leonard prese un bel respiro cercando di mantenere il controllo, nel farlo osservò tutta quell’enorme folla davanti a sé. Non conosceva nessuno, ecco perché ad improvvisare non era andato nel panico, fino a prima nessuno lo conosceva, o almeno non associavano il suo aspetto al suo nome. Per colpa di questo pensiero andò ancora di più nel panico, affrontando la tipica “paura da palcoscenico” anche se in ritardo, fece dei lunghi respiri e ricordando a se stesso che quello di cui doveva aver realmente paura non erano tutte quelle persone giù dal palco bensì un'unica irritante ragazzina ficcanaso per mestiere, brava con le parole le si doveva riconoscere, che aveva deciso di rovinargli la vita scolastica.
-Allora, il nostro poeta a finito le rime?
Scherzò lei, maligna.
-Veramente io…
Disse tentennando. Posò un ultimo sguardo davanti a se, vedendo finalmente una sua conoscenza tra il pubblico, che adesso pareva infuriata e si faceva largo tra la folla cercando di avvicinarsi al palco, “pazza isterica” pensò l’angolino cinico e ragionevole del suo cervello mentre Nicol dava gomitate a destra e a manca.
E poi lo vide…o meglio, la vide. Lo fissava preoccupata e con lei gran parte dei suoi amici, anche se il ragazzo alto e rossiccio aveva avuto la stessa identica reazione di Nicol, l’unica differenza era che quelli del CeriseClub lo stavano frenando dal venire sul palco per massacrarlo di botte. Tutti erano occupati tranne lei, le cui iridi chiare e verdi si riflettevano nelle sue mentre una brezza primaverile le faceva oscillare le punte dei capelli rosso ciliegia, tutto intorno a Cerise sembrava appartenere ad un altro mondo, come se la sfera di tranquillità e purezza dell’albero di ciliegio che adorava osservare dalla sua finestra, si fosse smaterializzata proprio lì, e la circondava cullandola mentre il ragazzo aveva la strana certezza che solo lui potesse vederla.
-Hem,hem…
Si schiarì la voce Haidi.
-Che c’è? Non mi dirai che non ce lo vuoi dire? Troppi misteri sul tuo conto Leonard, non trovi?
Affianco a lui, il principe gli diede improvvisamente una pacca sulla schiena, per dargli coraggio e smuoverlo dal suo stato d’animo confuso. Nel farlo per poco non cadde dal palco ma stranamente il metodo usato su efficace perché le ruote del suo cervello rincominciarono a girare e subito dopo si ricordò di quella mattina, dello scandalo dei giornali e ai suoi stessi pensieri: ”l’importante è essere presenti…in qualche modo”….
Prese il coraggio in mano e raddrizzandosi, e nello stringere i pugni assunse uno sguardo deciso dicendo davanti ad un migliaio di persone:
-Scusa, Heidi.
Lei accese lo sguardo interessata, aspettando ansiosa una risposta.
-Io...
Strinse il labbro e osservò la sfera pura che tanto amava, in mezzo al pubblico.
-Faccio parte del CeriseClub.

Si levarono delle urla nell’aria da parte di alcune fan accanite e non, dopotutto, da quel che aveva potuto capire, il CeriseClub dettava legge. “Guarda il lato positivo Leo” disse a se stesso consolandosi ”almeno non starai a recitare nel DramaClub con quel principe pazzo, Frencis”. Da dietro due braccia lo strinsero forte, di scatto voltò lo sguardo verso il principe pazzo che amichevole iniziò a gridare:
-Evviva, staremo nello stesso club!
-Che cosa?!
Mentre Leonard assumeva u’espressione stupefatta e inorridita, quello si mise a dargli bacini.

Adam sbuffò dopo essersi calmato, pronto a subire una sfuriata da Mariù.
-Che forza, avremo un nuovo membro!
Esultò Oscar.
-Credo che sia tutto grazie al nostro Conte Casanova.
Julie sorrise sentendolo nominare.
-Che noia! Un altro scocciatore nel nostro club, spero tu sia contenta Cerise…
Adam la cercò tra il loro gruppo, con l’intento di andarsi a lamentare quando nel vederla rimase profondamente sorpreso. Cerise era rimasta in silenzio nella sua piccola bolla d’aura ma insieme a lei, c’era anche un’altra persona, anche se a svariati metri di distanza, e restavano immobili ad osservarsi. Mentre tutt’intorno a loro il mondo esplodeva: Heidi era rimasta colpita e in quel momento sorrideva come se l’avesse data vinta al ragazzo albero, Nicol che nel sentir la notizia era inciampata e aveva preso una musata per terra e in quel momento stava andando in infermeria maledicendo il nome di Leonard Mircle, mentre, più lontano da tutti, il presidente più temuto dell’accademia dal suo bellissimo balcone placcato bianco sorrideva divertito pregustando ciò che di li a poco sarebbe accaduto, ma che nessuno avrebbe mai pensato potesse succedere.
-Mio caro Leonard, la vera partita inizia adesso.

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Capitolo 10
*** La metà del bicchiere ***


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La metà del bicchiere

  

-Non ci posso credere!
Esclamò sbigottito Gregory nella stanza di Marc. Erano circa le nove di sera, in mezzo al tavolo circolare un bel gruzzoletto di fiches da Poker.
-Ma dai! Non sparare balle Phil!                     
Disse Marc rimirando la scala minima che teneva in mano. Era facile vincere contro di loro, se nel gioco Philippe non rischiava mai, Gregory era il suo opposto rischiando sempre troppo fin dall’inizio, finendo sempre a mani vuote.
-Piantala di dirlo, ti dico che è vero, ero presente perché il mio club, quello che sfotti tanto, aveva il banchetto!
In risposta il ragazzo si mise a ridere dicendo che, non per niente il suo club era da sfigati.
-Vedo!
Esclamò Gregory sovraeccitato per gli ultimi attimi da giocare, sistemandosi ancora una volta la visiera verde che indossava sempre per giocare, diceva che portasse fortuna ma, per qualche strano motivo, perdeva sempre. Immediatamente Philippe si affrettò ad esclamare un:
-Passo!
-Comunque se ci si pensa bene è strano, Leonard non c’era nemmeno a cena e poi neanche in camera sua oggi.
Osservò Gregory ricordando di essere passato dalla sua camera e averla trovata vuota.
-Questo non vuol dire nulla, sarà andato in biblioteca! Ma dai, ce lo vedi lui che fa tanto il duro e l’anarchico in quel maledetto club, super privilegiato tutto rose e fiori? Per non parlare della gente pazza che c’è iscritta, soprattutto quello con i capelli lunghi…com’è che si chiama?
Chiese Marc appoggiando un gomito alla spalliera della sedi alta e voltano il busto così da farsi distrarre a sua volta interrompendo la partita.
-Ma se Leonard è uno romantico! Non dimenticare che scrive poesie.
Philippe intervenne:
-Sono davvero rimasto colpito da questo suo lato. Sono stato a letto solo qualche giorno per l’allergia al polline ritornando soltanto ieri per il festival e vedo Leonard fare casino sul palco davanti a tutta la scuola, non riesco ancora a capire come ci sia finito!
Gregory assottigliando lo sguardo disse:
-Penso che sarebbe un discreto affare entrare in quel club, tutti i maschi lì dentro si dice becchino tanto e, metti che Leo piaceva anche prima di questo casino, diventerà anche lui un idol.
-Rilancio di sette!
Disse Marc interrompendo i suoi pensieri e facendo aumentare la posta in gioco lanciando uno sguardo di sfida al compagno, ma non appena ripensò alle parole che aveva appena pronunciato si bloccò e alzando il capo chiese stupito:
-Hei, chi becca…? Cioè, a chi piace Leonard?
Gregory si resse la testa puntando un gomito sul tavolo.
-Scherzi? Quell’aria da duro poeta tormentato fa impazzire le ragazze! Non vedi Miss Tiffany e tutto il circondario?
-Il circondario sarebbe…?
Chiese incerto provocando le risate dei suoi amici che stavano perdendo a carte.
-Non ti preoccupare palestrato…
Lo provocò Philippe dandogli una pacca sulla spalla.
-Che vuoi dire secchione?!
Si stava innervosendo non riusciva a capire cosa ci trovassero di così divertente nella sua domanda. Gregory lanciò nel mucchio in mezzo l’ultima misera fish che gli era rimasta e, facendogli l’occhiolino gli disse:
-Tranquillo la tua cara Rina è bella al sicuro, non vedi come ti guarda i polpacci durante ginnastica?! Hahaha!
Marc arrossì e si difese urlando:
-Non dire cavolate! E comunque ho vinto io…
Disse scoperchiando finalmente le carte, Gregory imprecò mostrando la sua misera doppia coppia.
-…e come da patti la visiera per la prossima partita tocca a me!
 
Nel frattempo Leonard era ritornato in camera sua, ovviamente Gregory non c’era. Per fortuna non c’era stato nemmeno per la sua disfatta, ai fatti accaduti quel pomeriggio in cui, davanti a tutta la scuola, a quel pubblico immenso composto da club, studenti di tutti e cinque gli anni, i futuri studenti con i loro genitori e solo alcuni insegnanti, aveva dichiarato di appartenere a quel club. Ovviamente ora avrebbe dovuto entrarci a tutti gli effetti.
Si sdraiò sul letto cercando di non pensarci e notò appoggiato sul comodino il suo vecchio e abbandonato mp3 e il suo libretto di poesie. Infondo non aver utilizzato più quelle cuffie non poteva essere che un bene. Le indossò e fece scorrere le canzoni fino a “Transatlanticism” dei Death Cab for Cutie. Ascoltando quella bella e malinconica canzone sfogliò le pagine del suo blocchetto per le poesie andandone a rivederne le strofe e ridendo di se per le cose scritte, fino a che non incontrò in una pagina di     chissà quanti anni fa. La canzone che gli cantava sua madre per farlo addormentare. Mentre fuori c’erano tuoni e lampi di cui aveva tremendamente paura, gli accarezzava la testa e la adagiava sul suo petto, mentre gli copriva le orecchie per non fargli sentire la tempesta, lui piangeva e quando iniziava a calmasi gli cantava una melodia malto dolce dalle parole rassicuranti…

Se taci potrai sentire
cullato in questo candore,
nonostante tu senta il vento soffiare,
tutto il mondo, incerto e sfocato.
Vorrei esser come te,
che credi ancora nell’incantato.
Sotto le tue coperte lievi
vorrei esser te,
tu che sogni senza pensieri;
che corri nei marciapiedi
di una città sconosciuta.
Vorrei esser te,
una sinfonia incompiuta
che deve ancora iniziare.
Vorrei esser come te  
che anche da sveglio,
continuerai a sognare.

Con nota nostalgica lesse quelle brevi righe e sentì profondamente la mancanza della sua famiglia. Forse era da allora che aveva incominciata a soffrire di insonnia quando pioveva, e ogni volta desiderava risentire la sua voce, perché  era stata proprio la voce tenera e melodiosa di sua madre, con questa ninna nanna a dargli la voglia di scrivere. Da una settima non la sentiva, neanche quella rassicurante di suo padre e quella acuta e dolce di Winnie, la sua sorellina. L’avrebbe chiamata e le avrebbe detto:”Sorellina, sai? Ora non sei la sola a conoscenza del nostro piccolo segreto…”. Fino a poco tempo fa Winnie era la sola a sapere delle sue poesie.
Mentre sfogliò le ultime pagine scritte cadde qualcosa da dentro al blocchetto che lo distrasse dai suoi pensieri. Prese in mano il piccolo fiore di ciliegio appiattito per il tempo trascorso tra le pagine, annusò il suo profumo con il tempo andato ad aumentare, rievocò la persona che glielo aveva poggiato sul palmo della mano: “Ok. Forse non rimpiangerò il fatto di essere entrato in quel club. E non nego che una parte di me desiderava entrarci, e ora che quella parte è stata accontentata dipende, ancora una volta, tutto da me. Perché so che se voglio essere felice potrò impegnarmi davvero”…
-Cavolo!
Leonard cadde dal letto accorgendosi dell’orario. Le 8.30. Le lezioni erano iniziate da mezzora e il ragazzo era ancora scosso dal traumatico risveglio e probabilmente il suo amico non era in uno stato migliore del suo. Si sfilò dalle orecchie le cuffie dell’mp3 con i quale si era addormentato, nell’alzarsi vide il libretto di poesie e il fiorellino a terra, li mise in un  cassetto ed iniziò ad urlare.
-Greg! Greg! Maledizione, svegliati!
Bussò con gran baccano alla porta che portava alla sua camera. Decise di entrare notando che sul pavimento non si riusciva ad intravedere neanche un metro quadrato di spazio che fosse sgombro di vestiti, cibarie avanzate e giornalini di cui non volle nemmeno guardare la copertina per non rovinarsi l’adolescenza. Scostò il lenzuolo da sopra e come aveva previsto, Gregory che dormiva in mutande con la bava alla bocca in uno stato pietoso così iniziò a strattonarlo.
 -Greg! Sono le 8.30!
In risposta il ragazzo mugugnò qualcosa ancora nel mondo dei sogni. Leonard andò a scostare le tende per far inondare di luce la stanza.
-E dai svegliati!
Lui alzò un dito per puntualizzare chissà cosa e biascicò nel dormiveglia:
-Ma sce tu ieri haisscialtato la sciuola, che tie ne frega…?
Parlava come un vecchio ubriacone, chissà cosa aveva sognato.
-Si ma oggi bisognava essere giù a fare colazione un’ora e mezzo fa!
-Ma, ti sctai sbagliando…
Prese di peso l’amico e lo buttò giù dal letto, spazientito.
-Aihooo…
Si lamentò l’ennesima volta, ancora semiaddormentato.
-Gregory datti una moss…aaaah!
Continuando a scuoterlo per sbaglio calpestò un giornalino a terra e ne strappò una pagina,  ritrovandosi per terra e con un osso sacro in frantumi, imprecando contro qualche divinità pagana.
-Il-il mio gior-nalino!
Disse Gregory impietrito protendendo una mano implorante e ignorandolo.
-Dai te ne comprerò un altro, all’edicola di fronte casa mia ce n’è uno scompartimento pieno!
Cercò allora di alzarsi ma rinciampò e finì direttamente dritto dritto sul costato del suo compagno moribondo in lutto per uno stupido giornalino. L’atroce dolore che ne seguì lo fece rianimare finalmente. 
-Adesso basta!
Urlò di scatto acquistando notevolmente lucidità.
-Ma sei scemo? Bisogna muov…
Gregory tappò la bocca a colui che lo aveva svegliato dal suo letargo e profanando la sua tana.
-Secondo te, perché la sveglia non è suonata?!
Gli chiese sussurrando come se stesse parlando ad un bambino deficiente, con occhi da omicida.
-Perché…l’hai messa male?
Chiese esitando.
-No!
Rispose infuriato per poi riprender fiato calmandosi e sforzarsi di sorridere:
-Perché oggi è domenica.
Leonard impiegò qualche minuto per realizzare la cosa per poi mettersi a ridere scraiandosi del tutto per terra.
-Come ti sei permesso di strappare una pagina del numero 130 di FaiDaTe?!
Leonard, osservò incredulo la pagina di giornale dove appariva una casalinga con un sorriso a trentadue denti che mostrava come fare a mano un barbecue di polistirolo, una cosa assurda.
-Greg, compri gli stessi giornali che compra mia zia? Credevo che quelle riviste fossero porn…
A lui divamparono gli occhi e non lo lasciò finire.
-Stai scherzando vero?! Il FaiDaTe è un giornale meraviglioso che insegna vari arti espressive come gli origami, bricolage, collage, stencil, uncinetto, punto croce e moltissimo altro, essendo cresciuto in montagna queste cose erano all’ordine del giorno, come puoi non apprezzare una persona che con le proprie forze costruisce qualcosa, esatto perché noi abbiamo questo grande e immenso potere, e tu sciocco essere umano come osi insultare il FaiDaTe e la sua profonda etica morale?!
Leonard gli tirò un giornale in faccia scoppiando a ridere e notando per la prima volta, poggiati sulla scrivania di Gregory, tantissimi modellini in lego. A pensarci non si era mai soffermato a lungo nella stanza accanto alla sua, per paura di ritrovarci rifiuti tossici o calzini radioattivi.
-Ti piacciono i lego?
Chiese curioso.
-Ma certo, il FaiDaTe e la sua etica morale vengono al secondo posto in confronto ai miei modellini in lego.
Disse con aria esperta poi cambiò improvvisamente discorso:
-Leo, noi siamo molto amici…giusto?
L’amico lo guardò sorpreso per il repentino cambiamento.
-Non ce l’avevi con me per la pagina?
Gli chiese.
-Lascia stare quella pagina.
Disse invogliandolo a rispondere.
-Certo. Ma se hai intenzioni perverse perché non ai una ragazza non venirmi a cercare.
Lui abbassò le palpebre in un’espressione di noia, che voleva dire che in qualche modo “era serio”.
-Si, Greg. Sei il mio amichetto preferito.
-Bene, sono contento visto che gli amici condividono tutto.
Leonard si chiese dove volesse andare a parare e quindi gli rivolse uno sguardo dubbioso, al quale rispose:
-Ti devo chiedere una cosa: è vero che sei entrato…
Leonard lo interruppe scuotendo il capo in segno di assenso ricevendo uno sguardo stupito.
-Sì. Lo so, non c’è bisogno che mi guardi così. So che tutti ora pensate che sia un cretino e soprattutto che non sono una persona coerente, ma sono stato quasi costretto, e sinceramente penso che non sia poi una brutta cosa.
Disse con un accenno d’ira nel tono di voce provocando un tentennamento ai nervi dell’altro, che rispose d’impulso:
-Sei sempre il solito! Prendi sempre le cose negativamente e ti fai tutti i tuoi ragionamenti contorti, piantala Leonard! Piantala di vedere sempre e solo il bicchiere per metà vuoto e piantala di credere che le persone riescano a vedere in te solo quello. Perché ho una notizia davvero bella, la sai?
Leonard indietreggiato per la sua reazione fece cenno di no con il capo, a bocca ben chiusa.
-…quel bicchiere è pieno.
Disse con un sorriso. Leonard rimase molto colpito e dopo un pausa aggiunse quasi a voler sdrammatizzare:
-E i migliori amici condividono tutto soprattutto quel bicchiere, sia la metà vuota sia la metà piena, in qualsiasi cosa. Quindi quando avrai tante ammiratrici, dobbiamo condividere anche quelle.
-Ecco a dove andavi a parare!
Disse Leonard piombandogli addosso e iniziando a fare un combattimento corpo a corpo. Però era contento perché quando aveva detto che erano migliori amici, sapeva che era vero, tralasciando le ammiratrici e tutto il resto.
-Sei sempre il solito, ma chi vuoi che voglia un ragazzo che somiglia ad una pervertita zittella di mezza età fissata con il FaiDaTe e lo Strip Poker?!
Gregory assunse un’espressione accattivante.
-Scherzi? Le donne amano gli uomini domestici, e per certi versi sono più perverse di noi.
E così dicendo provocò altre risate, sonore e spensierate.

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Capitolo 11
*** Sostenitori e oppositori ***


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Sostenitori e oppositori

 

  
Una piccola parte del cervello di Leonard gli disse che forse non poteva andare poi così male, ricordandogli chi era iscritto al CeriseClub…i suoi pensieri avrebbero dovuto andare alla ragazza del ciliegio ma, non appena rivolse il pensiero agli iscritti del club, la sua mente volò sul principe pazzo autoconvincendosi del fatto che iscriversi, era stata in parte una cosa profondamente negativa. Quel principe che in seguito si era rivelato uno studente del’ultimo anno iscritto al CeriseClub e non l’insegnante che coordinava il DramaClub, come aveva dedotto. Il suo nome era Frencis e, non capiva perché ma tutti lo chiamavano Conte Casanova, forze per evidenziare il suo lato profondamente idiota da donnaiolo perso che aveva mostrato: per consolarla, dette del “bel fiorellino delicato” alla balena che aveva recitato sul palco il pomeriggio prima, mentre, finito lo spettacolo, era scoppiata in lacrime e il moccio le colava dal naso per la figuraccia fatta (colpa sua in parte, lo doveva ammettere); quando aveva abbracciato di slancio Rina per la sua interpretazione improvvisata e con gli stessi occhi scintillanti dei personaggi nei cartoni animati che guardava sua sorella Winnie, la aveva paragonata alla “dea Flora” e quella si era sciolta come cera al fuoco; anche quando lo aveva abbracciato, davanti a tutti, per la “bella notizia” dicendo: “che bello staremo nello stesso club e diventerai il mio fratellino coccoloso”. A quel pensiero Leonard rabbrividì.
Lui era molto diverso, non che non riuscisse ad esternare i suoi sentimenti e non che non fosse  attratto per il gentil sesso, anzi: molte volte le femmine erano delle muse inspiratorie per le sue poesie. Adorava il modo in cui i loro petti ansimavano dopo una corsa, adorava i loro esili polsi e il profumo talmente buono che solo i loro capelli sprigionavano. Una volta, era rimasto colpito persino da Rina, che, un giorno di qualche tempo fa, aveva fatto oscillare i modo sinuoso i suoi capelli caramellati, solitamente raccolti in uno chignon, aveva adorato il suo modo di fare. Ma questo era un giudizio basato dal loro ball’aspetto, non aveva mai trovato nessuna che era stata capace di far battere il suo cuore, non era mai arrivato a desiderare una ragazza, benché ne avesse già avute alcune. Alle medie non aveva molti amici e neanche una amica, ma ogni tanto riceveva delle dichiarazioni da ragazze del tutto sconosciute, alcune chiedevano persino ai suoi amici di uscire con lui; ma a Leonard non interessavano. Ricordò un episodio di qualche anno fa con MaryAnn Reinold, una sua compagna di classe che conosceva perché le loro madri erano amiche (avevano perfino cercato di metterli insieme, con scarsi e deludenti risultati). I due non erano mai stati neanche amici ma a Leonard faceva piacere irritarla, MatyAnn era una ragazza all’apparenza molto carina: dei begli occhi chiari e dei capelli spocchiosamente e perfettamente mossi in tanti boccoli. La odiava. Non appena apriva bocca con la sua voce nasale doveva sempre riprendere qualcuno solo perché investiva lo stupido ruolo di capo classe, e si vantava in maniera sfacciata con le sue amichette perché aveva vinto qualche concorso per giovani talenti, secoli fa, suonando il clarinetto. Strumento odiava tutt’ora grazie a lei.
Un giorno, a scuola, durante una riunione di classe nella quale Leonard era intenzionato a seguire nel mondo dei sogni (quella notte aveva piovuto, e come ogni volta che capitava, non era riuscito a dormire), MaryAnn le si era avvicinata con il pretesto di far leggere alla classe, ovviamente disinteressata, una circolare scolastica chilometrica.
-Avanti ragazzi statemi a sentire!
Urlava con la sua insopportabile voce.
-Leonard, a te danno più ascolto! Leggila tu!
Disse smuovendolo dal suo stato inibito.
-Non gliene frega niente a nessuno.
Rispose il ragazzo con la bocca coperta dalle braccia poggiate sul banco.
-Avanti, tornate a posto!
La classe non accennava il minimo interesse.
-Leonard! Leonard!
Lo scosse ancora più forte.
-Su Zucchero, non rompere.
La prese in giro imitando la madre della ragazza quando la voleva invogliare a fare qualcosa.
-Leonard, smettila subito o dirò a tutti cosa è successo alla festa del suo compleanno quando avevi dieci anni e hai…
Leonard per fermarla, con grande sorpresa da parte della ragazza e non solo, si alzò sporgendosi dal banco, e arricciando un suo boccolo scuro al dito, le stampò un bacio sulle labbra morbide. Poteva scambiarsi pure per un bacio di saluto, freddo e distaccato, ma MaryAnn non la pensò ugualmente.
-Se non altro, con la bocca chiusa sei più carina.
Le disse scherzando avviandosi in bagno. La ragazza era ancora scioccata, le erano scivolate le circolari di mano, ed la classe iniziava a ribollire, con la calca di ragazzine che circondavano MaryAnn. Da quel giorno la sua compagna non gli aveva più rivolto la parola.
“Che ne sapevo io che era il suo primo bacio?” pensò Leonard sulla difensiva. Le ragazze non gli erano mai interessate, molte erano frivole e superficiali come MaryAnn e come tanta altra gente che conosceva, maschi o femmine che fossero. Aveva avuto la fortuna di trovare degli ottimi amici lì alla San Margot, persone che non si basavano sulle apparenze e desideravano conoscere chiunque per quello che era veramente, accettando qualsiasi sfaccettatura caratteriale che contraddistingue gli uni dagli altri anche se questo comporta andare in contrasto con le proprie apparenze e di come una persona vuole costruirsi e mostrarsi, accettandole come un immenso pregio. Quando avevano scoperto i suo segreto l’aveva capito.
Lui era un ragazzo freddo e piuttosto scostante con gli altri, soprattutto chi non gli interessava, non si apriva facilmente e tutto ciò faceva allontanare le persone e le induceva a pensare che lui fosse un duro asociale di quelli che non stanno nel branco ne ne hanno uno loro, anticonformisti e anarchici eccetera eccetera…certo, ma in parte, non così drasticamente come pensavano. Magari tutte queste impressioni che dava alla gente non erano poi così negative e così sbagliate forse nemmeno così scomode, ma alla lunga erano monotone e a volte persino tristi, essere catalogati come un tipo specifico nella società era un brutta cosa, etichettato a vita. Forse l’opportunità che gli si presentava non doveva essere così male, avrebbe conosciuto gente nuova, avrebbe sfumato la sua immagine di ragazzo asociale e da poeta maledetto, e sfamato la sua curiosità e il suo interesse nei confronti della ragazza del ciliegio. E in fondo il principe era divertente, anche se non si poteva dire la stessa cosa del ragazzo rossiccio che andava dietro alla cameriera; poi c’era il figlioccio o nipote, quel che fosse, di questa, sembrava piuttosto simpatico e calmo rispetto a quella gabbia di matti, e infine la bambinetta saccente con gli occhialini e quella strana agendina che teneva sempre in mano, come se volesse giocar a fare la segretaria di papà. Dopo quel pomeriggio disastroso del giorno prima non aveva più visto il club, visto che, dopo la sconcertante rivelazione, il sipario si era chiuso e il Conte gli aveva offerto una creppe aspettando di dare una mano per il dopo festival; poi aveva parlato di una certa “cerimonia” ma con il suo fare da idiota esaltato, non aveva capito bene di cosa si trattasse....
-Dai, fammele leggere! Ora che sei entrato nel club più potente è un mio diritto!
Gli implorò per l’ennesima volta Rina facendolo distrarre.
-No e…no non è vero!
Rispose incredulo Leonard.
-Ma perché? Sei bravo! Persino l’insegnante di lettere mi ha chiesto di incoraggiarti visto che ormai lo sanno anche i prof!
Lui irritato le rispose:
-Sono cose, diciamo…personali. Non scocciare, piuttosto…
Cercò di cambiare discorso.
-…come va con Marc?
Lei sviò lo sguardo.
-Non ho più avuto modo di parlargli…
Lui ghignò e ricevette una botta in testa dalla ragazza.
-Donne…fanno tutte le delicate ma usano questo pretesto per essere maledettamente violente.
Philippe, accanto a lui, rise. Erano le tre del pomeriggio e stavano riparati dal gazebo sul retro della scuola. “Seduti per terra a chiacchierare e a divertirsi come i vecchietti con giochi da tavolo e di carte, come ogni santissima domenica” pensò. Dopotutto Gregory ne andava matto, e intanto che lo aspettavano arrivare da un momento all’altro con in mano una pila infinita di oggetti dediti al divertimento, Selen e Philippe giocavano a Burraco, un gioco con due mazzi di carte e troppo complicato per uno come Greg; infatti lui non ci giocava mai e lo irritava anche il solo fatto che ci giocassero gli altri in sua presenza, proprio perché non gli riusciva e frustrato implorava di giocare a “Rubamazzo”, all’ “Uomo Nero” o a “Uno”, in quei casi era proprio come un bambino.
-Giusto Leonard, che hai intenzione di fare con il club?
Chiese Selen innocua mentre vinceva la partita con nonchalance per poi girarsi automaticamente a sistemare i capelli di una Rina imbronciata, lasciando interdetto Philippe.
-Niente. Non so niente di quel club, né di cosa si occupa.
Rispose sincero. Rina, Selen e Philippe lo fissarono interrompendo le loro azioni.
-Che c’è? C’è qualcosa che dovrei sapere?
Gli chiese.
-Davvero tu non sai cosa fanno quelli del CeriseClub per destare tanto interesse da parte degli studenti? Soprattutto delle studentesse ecco…
Lui fece spallucce a Philipope.
-Non so, lezioni di taglio e cucito? In quel caso sarei bravo ho visto a volte mia nonna fare i centrini…
I tre ragazzi risero anche se la sua non era una battuta.
-No Leo, vedi…
Cominciò Rina con un tono forse un po preoccupato, ma venne interrotta da delle ragazzine che strillarono esaltate alle loro spalle.
-Hem, tu sei Leonard?
Gli chiese una ragazzina molto tenuta dai lunghi capelli biondi, avvicinandosi al gazebo.
-Hum, si sono io.
A lei brillarono gli occhi:
-Ve l’avevo detto! Ci puoi fare una dedica?
Chiese la più bassa delle tre.
-Come scusa?
Credette di aver capito male.
-Te ne prego, solo una! Prima che te la chiedano tutti!
Gli chiese agitando in mano un diario e scuotendosi delle treccine buffe e piuttosto infantili. Leonard ebbe la voglia ti tirargliele, irritavano.
-In che senso? 
“Ma che stanno dicendo queste pazze?” si chiese.
-Hanno ragione Leonard, goditi la tua impopolarità destinata a finire!
Gli disse Philippe assestandoli una pacca sulla spalla.
-Ma perché si diventa così popolari? E’ uno stupido club come tanti altri!
Disse incredulo.
-“Perché” chiedi? Perché non troverai mai un altro club uguale al Cherry.
Disse una terza inopportuna sconosciuta che fino a quel momento era stata zitta, aveva un viso molto bello con dei capelli corvini e un paio di occhi color lavanda, la sua espressione era tetra.
-Potrei sapere di cosa si occupa il CeriseClub? Visto che dovrò entrarci, tanto vale me lo diciate subito.
Sbottò esasperato.
-Tu sei entrato nel CeriseClub, non avendo la minima idea di cosa esso rappresenti?
Gli chiese la ragazza dagli occhi lavanda, fulminandolo con lo sguardo.
-Sveglia! E’ il Club più esclusivo dell’istituto, con un potere immenso e influente! Inoltre presto diverrai il settimo membro e dovrai impegnarti affondo, ma c’è una cosa che non capisco…Nel CeriseClub non vi si fa richiesta, si entra a farne parte per...ecco…
La ragazza bionda, che aveva iniziato ad attaccare bottone per prima, esitò nel parlare e, la sua coetanea dagli occhi lavanda parlò come se l’amica non riuscisse a pronunciare quelle parole per non risultare quasi offensiva:
-Per meriti scolastici e non. Ad esempio, tu, che meriti pensi di avere?
Gli chiese furibonda mantenendo la sua espressione elegante e colta.
-Non sono tenuto a dirti niente.
Rispose lui impassibile non cedendo a quella sfacciata domanda. La ragazza si sorprese alquanto.
-Brutto…
Nel suo viso si dipinse un’espressione d’odio e sdegno.
-Amelie…
Le disse la bionda posandole una mano sulla spalla, ma venne subito respinta.
-Sei solo un insignificante presuntuoso, non ci vorrà molto prima che il Cherry si ricreda!
Disse per poi voltargli le spalle e con lei la sua compagna la seguì a ruota.
-Perdonala. Ma lei ha sperato tanto di potervi entrare proponendosi e richiedendo l’autorizzazione o almeno dei colloqui, diventando la prima nella graduatoria scolastica e raccogliendo titoli di riconoscimento, ma l’anno sempre respinta. Forse perché non ha un animo sensibile e idilliaco ma, il vero motivo della sua attaccatura al CeriseClub è che…
-Wendy!
Si sentì chiamare alle spalle da Amalie.
-Scusate ma ora devo andare, spero tu trascorra dei bellissimi momenti in quel club.
-Grazie Wendy.
La vide allontanarsi con le sue treccine dispettose per poi scomparire nell’edifico per rincorrere le sue compagne. Sotto il gazebo cadde il silenzio.
-Carina qull’Amelie…
Disse sarcastica Rina, dopo qualche attimo.
-Hey ragazzi che volevano quelle tre?
Chiese il viso di Gregory affacciato dalla pila di giochi da tavolo, come avevano previsto.
-Niente di importante.
Disse Selen, per poi rivolgersi al diretto interessato:
-Ma ricorda Leonard: da una posizione di prestigio e potenza ne derivano tanti sostenitori quanti oppositori. E per quanto riguarda il CeriseClub, credo che sarebbe meglio sapere direttamente dai tuoi futuri compagni di cosa si occupi, noi non ne siamo in grado.
Concluse dura la sua amica, rappresentante scolastico delle classi seconde, volgendo uno sguardo a tutti i presenti.
-Selen, e le sue perle si saggezza…
Disse Gregory posando a terra la pila di giochi e alzando gli occhi al cielo.
-…non capisco mai cosa vuoi dire davvero quando parli così! E poi Leo, non dovrei fare niente di così brutto, anzi, oziare tutto il giorno e risolvere i problemi struggenti degli studenti innamorati non mi sembra niente di che…
Leonard spalancò gli occhi mentre Selen, Philippe e Rina lo fissarono increduli.
-Problemi di che?!
 
 

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Capitolo 12
*** Presentazioni ***


 
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Presentazioni
 

 
Davanti a lui, la maledetta porta della volta precedente.
La aprì perché voleva spiegazioni. Era piombato perché Gregory aveva detto una cosa alquanto strana e quella ragazza dagli occhi lavanda insieme alle sue amichette lo aveva irritato a dir poco.
Aprì l’anta bianca della porta, la sala stavolta era piu spoglia, priva dei festoni e del tavolo lungo per il rinfresco. Alla parete di fondo c’erano dei divanetti eleganti e un tavolino di vetro e non lontano un pianoforte a parete che affiancava una scrivania semicircolare e una libreria. Il pavimento nel mezzo della sala era ricoperto da un grande tappeto tondo dai motivi floreali e sopra di lui un lampadario a gocce di cristallo, invece, all’angolo c’erano un baule, un appendiabiti, un orologio a pendolo e un tavolino con un bel mazzo di fiori di cui non seppe dire il nome e un telefono. Ma soprattutto, sul davanzale della finestra principale c’era una ragazza: guardava il cielo e di cielo era il suo vestito corto, al suo entrare si voltò e assunse un’espressione tenera che lo sbalordì, facendo si che la rabbia dentro di lui si placasse all’istante.
-Ciao Leonard, sono contenta che tu sia venuto.
Gli sorrise sincera poi gli propose di sedersi al suo fianco dando un colpetto con la mano al davanzale. Lui avanzò ma non si sedette e rimase in piedi con lo sguardo fisso nelle iridi verdi scure della ragazza. Lei lo notò e vide chiaramente in lui la tensione.
-Avanti, chiedimi pure qualsiasi cosa.
Lo incitò.
-Come ti chiami. Non so il tuo nome.
Lei come una brava scolaretta rispose alla domanda.
-Mi chiamo Cerise.
Leonard ebbe un fremito per la sorpresa.
-Il club ha preso il nome da te?
Mentre rispose assaporò il rumore della sua risata.
-No, o meglio si. Ma devi sapere che il CeriseClub, non è un vero e proprio club, non per niente non vi possono entrare tutti…
-Mi sembra una cosa alquanto arrogante a mio parere.
Disse senza pensare.
-Puo sembrarlo, ma ti giuro che non è così.
Lui si confuse.
-E allora come è? Spiegamelo! Perché io so solo di essere entrato in una specie di club non sapendo di cosa si occupa. Se non è un club, cosa è? Io ho sentito dire di problemi sentimentali di coppiette e…
Lei sorrise nuovamente, questa volta scuotendo la testa, nel vederlo farfugliare frustrato.
-Il nome CeriseClub è solo un nome d’arte. In realtà sarebbe il Comitato Consulenza Scolastica. Noi aiutiamo qualsiasi studente abbia bisogno: di un consiglio, di un aiuto di qualsiasi tipo, incontriamo gli studenti, gli facciamo parlare, sfogare, rispondiamo alle loro lettere, alle loro richieste di aiuto affisse in bacheca…
Lui era rimasto di sasso.
-Non te lo aspettavi, eh? Ecco perché non può entrare chi non ne capisce niente o chi non ha i requisiti.
-Ma io che requisiti ho per dare dei consigli? Scrivo solo delle stupide poesie, le avete lette senza il mio permesso e adesso pensate davvero di conoscermi?
Chiese incredulo.
-Leonard, entrano anche le persone che hanno bisogno del nostro aiuto, e oltretutto le tue poesie non sono “stupide”, hai un animo cristallino e a parer mio così bello da trasparire da queste.
Lui ebbe uno sbalzo al cuore.
-A questo proposito, mi sento in dovere di scusarmi con te. Hai ragione, non avrei dovuto leggere le tue poesie, erano così belle che le ho lette tutte, ma d’ora in poi se ne scriverai altre mi impegno a conquistarmi la tua fiducia e ti implorerò prima di guardarle senza ottenere il tuo permesso.
Lui arrossì in silenzio e annuì con il capo.
Si guardarono negli occhi per un lungo istante. Lei era così limpida da sembrare una bambina. Il viso era proprio infantile, le guance rosee, la bocca piccola e tonda, gli occhi grandi e decisi. Un fiato di vento le scompigliò una ciocca sul viso e lei dovette scostarsela e portarsela dietro l’orecchio con un gesto fine del mignolo, mentre il suo sguardo prima in basso, andò verso l’orizzonte. Leonard ebbe una strana sensazione.   
-Hei Cerise! Siamo tornati!
Disse una voce mentre entrava con in mano un grosso scatolone. Riconobbe il ragazzino biondo. Questo, quando si accorse di Leonard, fece cadere la scatola bloccando il passaggio a quelli dietro di lui.
-Oscar, ma che cavolo fai?!
Chiese una seconda voce dietro di lui. La ragazzina con gli occhiali entrò senza problemi e non disse niente, anzi, si sistemò gli occhialini sul naso, portava in mano un’agendina e un piccolo festone rosso.
Quando tutti furono entrati ebbero la stessa reazione del ragazzino biondo.
-Leonard? Che carino! Sei venuto a trovarmi, ma io non c’ero! Ma eccomi qua!
Corse ad abbracciarlo seducente il principe pazzo.
-E staccati!
Gli disse cercando di toglierselo di dosso.
-Piacere di conoscerti, Leonard. Io mi chiamo Mariù e mi occupo della signorina Cerise e del club!
Si presentò la cameriera con un lieve ma evidente accento francese. Aveva dei bei boccoli color crema, con un corpo leggermente più alto del suo e parecchio sensuale, sembrava l’impersonificazione di un frutto di una qualche fantasia maschile perversa, notò anche che al lato esterno del suo occhio sinistro gentile e castano c’era un piccolo neo.   
-Sei una sorta di cameriera?
Chiese stupito mentre le stringeva la mano.
-Non dirlo neanche per scherzo, ragazzino.
Mariù si voltò verso la persona che aveva parlato e diede al ragazzo alto dai capelli color mattone un brutale colpo in testa, richiamandolo:
-Adam, sii cortese!
Leonard indietreggiò.
-Non preoccuparti, fa così solo con lui. In realtà Mariù è un membro attivo del Club, ma diciamo che è entrambe le cose. E il ragazzo scortese si chiama Adam ed è uno dei consulenti. Sono entrambi al loro penultimo anno.
Sorrise alle sue spalle Cerise.
-Io mi chiamo Julie e mi occupo principalmente della segreteria del club.
 Disse freddamente la bambina cupa che aveva visto spesso insieme a loro. Aveva la solita aria saccente sotto i suoi occhialini tondi tondi, le palpebre semi abbassate degli occhi verde acqua e due codine di capelli castano scuro che faceva oscillare.
-Piacere.
Rispose, poi si voltò verso lo stupido principe che gli stava ancora attaccato, sussurrandogli:
-Ma lo è veramente o sta giocando?
-Shhh! Non lo dire neanche per scherzo! Lo è veramente, anche se ha dieci anni è al suo primo anno di liceo, è la mia marmocchietta prodigio.  
Disse con un’aria premurosa.
-Ciao Leonard, è un piacere averti tra noi, io sono Oscar!
Disse il ragazzino biondo che gli sembrava il più simpatico e normale in quella gabbia di matti. Era un po’ più basso di lui e aveva gli stessi capelli crema e gli stessi lineamenti e occhi della cameriera, solo che aveva il suo stesso neo all’occhio sinistro invece che al destro. “Che forza”, pensò, poi chiese senza pensare:
-Sei il figlio di Mariù?
Tutti ammutolirono. Il principe stupido iniziò a sbellicarsi dalle risate.
-Ma che ti viene in mente, brutto…
Mariù andò a fermare Adam per le spalle e Oscar si mise a ridere con imbarazzo, accarezzandosi la nuca con il gomito alzato.
-No, in realtà siamo fratelli.
Mariù, dopo aver assestato un secondo e molto più violento colpo alla nuca di Adam, lo abbracciò da dietro, dicendo:
-Sì, esatto. È il mio caro fratellino gemello del primo anno. In effetti è un po basso.
Lui replicò ma si vedeva trasparire tutto l’affetto fraterno quando Mariù lo aveva definito “fratellino gemello”, anche se come cosa era impossibile.
-Scusatemi ho detto una sciocchezza allora, non volevo…Ah! Ma perché ti chiamano Conte Casanova, stupido principe?
Chiese voltandosi verso di lui.
-Perché io sono l’erede del mio casato.  
Disse con molta semplicità. Leonard rimase indietro per un'altra botta di stupore.
-Tu sei del casato veneziano dei Casanova?!
-Non meravigliarti troppo, qua anche la piccola Julie e anche Cerise sono membri di famiglie molto antiche e quindi molto influenti.
Gli sussurrò Oscar.
-Dannati riccastri…
 

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Capitolo 13
*** La candela rossa ***



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La candela rossa

 
  
La stanza buia era illuminata solo dalla candela che teneva in mano. Era l’unica accesa tra tutti i ceri che i componenti del CeriseClub, ovvero il Comitato Consulenza Scolastica, tenevano in mano. L’atmosfera era carica di elettricità e non faceva che innervosire Leonard, il protagonista della serata. A lui era spettata una candela più grande e rossa simbolo del CeriseClub, profumava di ciliegia e quell’aroma riusciva un po a calmarlo, aveva paura di rovinare tutto. Quindi, fece sette passi per arrivare in fondo alla schiera di persone, poi dette semplicemente le spalle. Sperava che la cera non incominciasse così presto a colare sulla sua mano nuda; anche se da piccolo, nella casa di campagna di sua nonna adorava pasticciare con la cera dato che quando la corrente elettrica si staccava, esempio durante i temporali, bisognava spesso arrangiarsi.
Sentì dei passi, poi vide l’espressione seria del Conte davanti a lui. In quel momento notò che aveva un viso davvero bello: di un fascino quasi femminile, le iridi miele rivolte alla candela accesa venivano a contrasto con i lunghissimi capelli neri e allo stesso tempo venivano enfatizzate dalla pelle olivastra illuminata dalla luce d’orata. La prima volta che lo vedeva senza la solita espressione frivola in volto.
 
-Noi, membri del Comitato Consulenza Scolastica, siamo pronti a rinunciare anche alla più piccola delle nostre necessità…
 
Detto questo, avvicinò la candela a quella di Leonard e la accese, poi andò in fondo alla stanza e la sistemò in un vecchio candelabro d’ottone dove aveva già una candela posizionata, ma spenta. Subito dopo fu il turno di Adam.
 
-…promettendo di sforzarci per capire ogni situazione o problema ci si pari davanti…
 
Lo guardò dritto negli occhi e Leonard ebbe un fremito nel vedere quello sguardo duro e deciso, quasi fosse un avvertimento.
Poi accese la sua candela bianca, andandosi a sistemare di fianco al Conte dopo averla riposta. Poi vide labbra carnose che, mentre continuavano il discorso della sua cerimonia d’entrata nel club, erano piegate in un sorriso sereno:
 
-…. cercando di rimanere uniti e sempre pronti l’un l’altro a spalleggiarci….
 
Poi Mariù gli rivolse un ultimo sguardo tenero e, dopo aver acceso la sua candela fece oscillare i boccoli chiari acconto al candelabro e poi di fianco ai suoi due compagni.
Invece, durante il turno di Cerise, il ragazzo cercava di catturare il suo sguardo ma le iridi verdi e vitree della ragazza non lo toccarono un istante, aveva la stessa espressione vacua e decisa di una bambola di porcellana.
 
-…per avere la giusta risolutezza nel guidaregli studenti verso obbiettivi comuni;
 
La sua voce era molto dura e decisa, dalle sillabe che pronunciava si capiva quanto lei vi credesse. Come la sorella, quando fu il suo turno, anche Oscar gli mostrò un’espressione amichevole e incoraggiante.
 
-cercando di riuscire a sostenere e sorreggerechiunque ne avrà bisogno…
 
E come un bravo bambino che aveva recitato correttamente la poesia alla maestra, si scansò per fare posto alla vera bambina del club.
Julie lo guardava dritto negli occhi anche se era parecchio più bassa di lui, non si faceva certo intimorire, così Leonard le sorrise d’impulso.
 
-…incoraggiando tutti a dare sempre di più senza aspettare nulla in cambio.
 
Le abbassò la candela intenerito e lei spalancò gli occhi scioccata, accesa la sua candela andò svelta a sistemarla nel candelabro, quando si voltò era tutta rossa, come se avesse subito un’umiliazione e non volesse crederci. Non ne capiva il motivo.
Leonard, non sapendo che fare dato che era rimasto il solo a non aver parlato, si fece più avanti di fronte alla schiera dei membri del club. Non osava dire una parola. Cerise, avanzando, poggiò le mani sopra le sue, “Come quella volta con il fiore di ciliegio” pensò Leonard, e lo invogliò ad avanzare fino a che non raggiunsero il candelabro.
-Adesso, Leonard, ripeti con me.
Lui annuì.
-Per essere pronti…
Chiuse gli occhi.
 
-Per esser pronti…
 
-…a offrire sempre il nostro aiuto…
La sola cosa che sentiva era la voce di Cerise.
 
-…a offrire sempre il nostro aiuto…
 
-…ogni uno nel proprio piccolo,
Nient’altro.
 
-…ogni uno nel proprio piccolo,
 
Il ragazzo a quel punto percepì la voce della ragazza come se gli angoli della sua bocca si fossero curvati.
-anche solo mostrando un semplice sorriso di conforto.
 
-anche solo mostrando…un semplice sorriso di conforto.
 
Quando aprì gli occhi vedeva dell’allegria nel viso di tutti.
-Forza Leonard, ora tocca a te…accendi la tua candela.
Disse la ragazza al suo fianco andando a guardare l’unica candela spenta della stanza. Allora, il giovane si allungò fino al cero più in alto, il suo cero, e tutti trattennero il fiato finché non l’accese.
Poi ci fu un sospiro generale, un momento di smarrimento per Leonard che invece non sapeva bene come procedere, per fortuna Cerise intervenne in suo aiuto:
-E adesso…
Disse delicatamente.
-Party!
Esclamò Mariù facendolo sobbalzare, mentre un coro di trombette da festa aveva incominciato a sfondagli i timpani e le luci del salone del Comitato venivano accese.
-Vado a prendere da mangiare!
-Io mi occupo della musica!
-Aspetta Adam, non così in fretta, devi aiutarmi a portare i giochi!
-Oscar, chiedilo al Conte che lo vedo piuttosto libero…
Infatti il conte si era spalmato ad abbracciare Leonard.
-Oh mio piccolo fiorellino, la tua cerimonia è stata così toccante!
Disse con i lucciconi agli occhi.
-E smamma!
Cercò di scollarselo di dosso, ma lui reagì e gli prese il mento con due dita destando uno stato di shock al ragazzo:
-Non trattarmi così! Ho visto quanto ti sei emozionato mentre la mia e la tua candela si sono accese, di la verità si è acceso qualcos’altro li sott…
Prima che potesse continuare venne zittito dal cazzotto di Leonard.
-Scusaci, lo so che siamo un po fuori dal normale ma non siamo dei cattivi ragazzi!
Rise di gusto Cerise. Il giovane le sorrise.
-Ne sono sicuro.
Disse andando scompigliare amichevolmente la frangia della ragazza per poi voltarsi a posare la candela rossa sul tavolo affianco al candelabro con le sette candele accese e andare a dare una mano col Conte per i festeggiamenti.
 
Cerise si sentì scottare le guance.
-Signorina Cerise venga, ho preparato la sua torta preferita!
Lei non parve sentire. Andò a sfiorarsi la fronte, rimasta colpita da quel contatto improvviso.
-Signorina, si sente bene?
Chiese allarmata Mariù.
-Ha la febbre?!
Disse la cameriera del club, andando a scostare gentilmente la mano sopra la sua fronte, per tastarla. Lei parve riprendersi e scosse la testa con violenza, “Ma che diavolo mi prende?” si chiese.
-Hem, non preoccuparti Mariù andiamo, non vedo l’ora di assaggiare la tua torta!
 
Il giovane Dorian, vicepresidente del club più potente li a scuola, percorse il lungo corridoio fino ad arrivare dinnanzi al portone bianco del dormitorio maschile. Bussò un colpo lungo, uno breve, uno lungo e altri due brevi, e la persona al di là lo invogliò:
-Entra.
Entrò nella stanza.
-Allora, parla Dorian.
-Hansel, è stata appena ufficializzata l’entrata di Leonard Mircle nel Cerise Club…
Il capo del LitteraturesClub ebbe una reazione ben troppo familiare al ragazzo. Sul suo volto comparve un sorriso che lo fece rabbrividire: dietro quell’espressione cordiale, quegli occhi glaciali si celava una persona egoista e senza scrupoli, la stessa persona che un tempo gli era stata tanto vicina.
 

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Capitolo 14
*** Apparenze sospette ***


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Apparenze sospette

 


Sentì aprire la porta comunicante.
-Hei, Leo! Come è andata poi ieri?
Chiese Gregory sdraiandosi sul suo letto senza togliersi le scarpe.
-Volevamo cercarti ma Selen ce l’ha impedito, quindi siamo rimasti sotto il gazebo e abbiamo giocato a Scarabeo (ovviamente ha vinto lei) e poi anche a quel gioco per bambini dove non devi far cadere le scimmiette, piace tanto a Rina, è brava solo in quello…
Leonard rinunciò allo studio e chiuse il libro di biologia rassegnato, facendo un mezzo giro con la sedia girevole della scrivania.
-Ieri pomeriggio mi hanno spiegato come funziona, ho fatto la cerimonia d’entrata e ora sono un membro a tutti gli effetti.
Il suo amico puntò il gomito sul materasso andando a sorreggersi il capo, stupito.
-Ma dai?! Sul serio? E pensare che quando ieri sei scappato…
Leonard lo interruppe:
-Non sono scappato, dopo tutti quei discorsi sei arrivato tu e hai tirato quella bomba e io ho reagito d’impulso!
Il compagno si mise a ridere sguaiatamente.
-Non sai quante me ne ha dette Selen!
-Comunque…
Leonard si fece più serio e pensieroso. Ormai Gregory lo conosceva troppo bene e sapeva che, quando mostrava quell’espressione, non era affatto un buon segno.
-Non sono tanto convinto di riuscire a dare consigli giusti agli studenti di questo istituto. Insomma, io solitamente per chiedere consigli vengo da te e questo la dice lunga…
-Hei!
Si mostrò offeso e Leonard si mise a ridere.
-Secondo me, come sempre, tu tendi al pessimismo. Non sei solo in quel club e lì, a chiedere consigli, non ci vanno persone che pretendono che tu stia ad ascoltarle mentre loro stanno comodamente sdraiate su un lettino in pelle, la cosa è molto più rilassata. In fin dei conti, il Cerise non è altro che un circolo ricreativo e un supporto morale per tutto l’istituto…
Leonard assottigliò lo sguardo.
-Gregory tu sei mai andato a chiedere consiglio al Cerry?
Lui sorrise e il ragazzo vide balenare nei suoi occhi una scintilla.
-No, ma conosco una persona che ti potrà sicuramente aiutare.
 
-Mi spieghi che ci facciamo davanti alla stanza di Rina e Selen? Non dovremmo stare qui a quest’ora!
-Piantala di rompere! Sono le 18.30 tra meno di due ore si cena!
Sussurrò Gregory mentre si guardava circospetto per paura che arrivasse qualcuno.
-Appunto! Aspettiamo la cena! Se ci becca Dories, ci fa pulire i corridoi come la volta scorsa, ti ricordi? Quando mi hai convinto ad accompagnarti per trafugare la mensa dai tuoi stramaledetti biscotti allo zenzero, che a me fanno pure schifo!
Gregory si mise a ridere ricordando la scena.
-Che donna la Dories...comunque oramai siamo qui e non mi sono conciato così per nulla!
Disse riferendosi al suo abbigliamento: indossava una felpa rosa con il cappuccio alzato dove erano attaccate due orecchie da orsacchiotto, un paio di pantaloni bianchi di tuta con una scritta oscena sul sedere e ai piedi, invece, sfoggiava delle pantofole leopardate (anche se quelle le metteva regolarmente per stare in camera), per completare il tutto, sul naso un paio di occhiali da sole col fine di rimanere “in incognito”. Doveva ammetterlo, il suo travestimento funzionava, sembrava l’abbigliamento casalingo di una delle conigliette in quei programmi osceni in televisione. Purtroppo, invece a lui aveva fatto mettere i Jeans più stretti che aveva e un cappellino azzurro (e basta visto che si era categoricamente rifiutato di indossare il grembiule da cuoca sexy, omaggio trovato in uno stupido numero di FaiDaTE).
-Tu sei fuori e anche io più di te che ti seguo sempre!
-Hahahaha non fare il guastafeste, lo fai perché anche tu ti diverti.  
Disse mentre bussò piano alla porta. Questa si aprì dopo pochi secondi e mostrò una Rina, in tuta con i bigodini in testa, che nel vederli spalancò gli occhi. Leonard fu costretto a entrare alla svelta prima che si mettesse a gridare tappandole la bocca con una mano.
La stanza era più grande delle loro dato che vi dormivano entrambe le ragazze ma comunque simile. A parte per i letti in ferro battuto bianco, delle tende rosa acceso, un manichino dello stesso colore e diversi quadretti al muro. “Donne…” pensarono i ragazzi.
 Rina si agitò tra le braccia di Leonard mentre lui cercava di calmarla parlandole all’orecchio:
-Siamo noi! Sta buona! E tu, svelto chiudi la porta!
Concluse rivolgendosi a Gregory. Quest’ultimo annuì e si voltò per farlo ma, nello stesso istante, una Selen in accappatoio corto con i capelli bagnati era appena uscita dal bagno. Con una velocità impressionante, mentre questo la stava a guardare con un’espressione ebete, assestò una ginocchiata nelle parti basse “dell’aggressore”, poi prese per una spalla il presunto sconosciuto che bloccava Rina e lo voltò dalla sua parte. Leonard vide l’espressione da serial killer nel volto della rappresentante delle classi seconde e temette per la propria vita ma, fortunatamente, quella si bloccò all’improvviso. Assunse un’espressione stranita e chiese:
-Leonard, che ci fai qui?
Rina smise di agitarsi e lui la lasciò andare sorridendo imbarazzato.
-Idea sua…
Disse indicando Gregory che in quel momento era accasciato a terra. Questo rispose chiedendosi disperatamente con una vocina acuta:
-Ma perché sono sempre e solo io a prenderle?
 
-Non ho ancora capito perché siete qui.
Disse Selen, e dalla sua apparente calma si poteva benissimo capire che era arrabbiata.
-Scusateci…
Cercò di rimediare Leonard a capo chino, ma i suoi sforzi vennero resi vani da Gregory, infastidito, che in quel momento stava comodamente seduto su un puffo di pelo rosa:
-Ve l’abbiamo già detto! Leonard mi ha chiesto dei consigli sul CeriseClub e, visto che Rina c’è stata pensavo lo potesse aiutare meglio di me.
Rina mentre si toglieva i bigodini dalla testa e invogliava con le dita la forma dei boccoli, gli rispose impettita:
-Mi dispiace deludervi, ma la sottoscritta non c’ha mai messo piede.
Gregory si stupì e Leonard lo rimproverò:
-Mi hai fatto vestire come un cretino per nulla!
-Non prendertela con me! Adesso vi spiego, mettetevi comodi, perché ci vorrà un po.
Il ragazzo con una mano sul mento per ricordare una lontana esperienza iniziò a raccontare:
-Un giorno di circa due anni e mezzo fa, mi trovavo nei pressi del quarto piano. Ero da pochi mesi alla Margot e avevo uno spirito curioso e avventuriero. Casualmente passai davanti a una porta che aveva una targhetta con su inciso CeriseClub, sapevo già la fama di quel club e, spinto dalla curiosità, spiai dal buco della serratura e notai che non c’era nessuno, quindi d’impulso cercai di aprirla e fortunatamente la trovai aperta. Ispezionai tutta quella bella sala, ricordo che sopra un tavolino circondato da poltrone eleganti c’era una scodellina in ceramica colma di biscotti allo zenzero, non potendo ignorare il loro richiamo, ne mangiai uno e un altro me lo misi in tasca: non sono mica un ingordo! Poco dopo aver continuato a gironzolare per la sala (che forza, mi sentivo come 007!) trovai un elenco su una scrivania, dove, tutte le persone presenti al tea party del sabato scorso avevano messo la loro firma. Convinto di trovarci il nome di Philippe (perché anche se lo nega ogni volta so che quella checca ci va sempre) ero felice di poterlo incriminare, così presi il foglio tra le mani. Ma prima che potessi leggerlo con maggiore attenzione, d’improvviso ricordo di aver ricevuto alle spalle un colpo in testa. Svenni e al mio risveglio ero appoggiato al davanzale del gazebo dove andiamo sempre a giocare la domenica pomeriggio. Pensai che fosse stato tutto un sogno ma non fu così! Innanzi tutto: mi faceva male la testa e scoprì di avere un enorme bernoccolo, inoltre, avevo il sapore dello zenzero in bocca, quindi andai a frugare nella tasca della mia uniforme e indovinate: ci trovai il biscottino allo zenzero! Ricapitolando gli eventi poco dopo, ricordai alcuni nomi della lista e uno tra quelli erano due iniziali: “R.S.”  con sotto scritto in piccolo un “2H” che indicava appunto la mia stessa classe. Ovviamente capì subito si trattava de te, Rina Sogue, ma non te ne parlai mai perché mi sembrava normale che una ragazzina della tua età andasse dietro a quelli. Quindi…
Concluse con aria solenne:
- Adesso non giustificati! Ammettilo!
Disse puntandole un dito contro.
-Tutto questo è assurdo! Ti ho detto che non ci sono mai stata! Per me l’unico Club che conta è il DramaClub, andare a chiedere consiglio al Cerry facendolo diventare ancora più potente di quello che è sarebbe come tradire i miei compagni.
-Ti ho detto di ammetterlo!
Continuò imperterrito a indicarla con una voce profonda che voleva esprimere autorevolezza in una maniera alquanto stupida.
-Ah! Sta zitto ho detto!
-Ammettilo!
Gregory ricevette la suola di una pantofola in capo.
-A meno che Gregory non si sia sbagliato…
Suppose Leonard.
-No, ne sono sicuro, me lo ricordo benissimo!
-Non mi sto riferendo alla tua memoria, ma alle tue conclusioni affrettate.
-Ma non è possibile!
Rispose Gregory. Leonard si grattò distrattamente il mento che sopra accennava una sfumatura di barba e arrivò finalmente alla soluzione del mistero. Si mise a ridere stupido e andò a guardare la rappresentante delle classi seconde che era stata zitta e buona fino a quel momento.
-Possibilissimo invece!
-Ma che hai tanto da ridere, Leo?!
Chiese irritata Rina, poi vide a chi era indirizzato il suo sguardo.
-Rottermunt Selen, R e S…
Rina spalancò gli occhi arrivando alla sua stessa conclusione:
-...sono le tue iniziali!
 Lei sorrise come conferma.
-Come?
Chiese Gragory con aria ebete perché non aveva capito un accedente.
-Quando?
Chiese Rina scioccata.
-Perché, soprattutto!
Chiese Leonard con un’espressione divertita ma decisa che fu immediatamente ricambiata dalla persona in questione. Tutti erano in trepidante attesa.
-Curiosità.
Disse soltanto Selen.
-E non me ne hai mai parlato?!
Chiese Rina che non se lo sarebbe mai aspettato.
-Non ti conoscevo ancora bene.
Poi si rivolse in particolare al membro del CeriseClub:
-Vedi Leonard, è una cosa piuttosto semplice in realtà. Vi sono tre modi per avere contatti con il club: scrivere il proprio nome in bacheca se è per una questione “urgente” e quindi chiedere un appuntamento singolo infrasettimanale, mandargli una lettera che spiega il proprio caso e aspettare una risposta, oppure, come ho fatto io, andare un qualunque sabato pomeriggio d’inverno nella stanza dei ricevimenti (o in primavera nella serra), dove vengono organizzati tea party; ogni membro ha un tavolino e tu ti poi sedere a quello che preferisci per discorrere, discutere, rilassarti eccetera. Il tuo compito, come membro del Comitato Consulenza Scolastica è  assecondare questi tre tipi di richieste o aiuti.   
-Un sacco di mie amiche vanno a quei tea party, tra cui Tiffany.
Disse Rina maliziosa.
-Certo, la maggior parte degli studenti lo fanno solo per stare vicino a chi ammirano, non dimenticate che i suoi membri sono tutti degli aitanti e affascinanti giovani.
Rina si mise a ridere a andò ad abbracciare Leonard da dietro.
-Hahahaha! E ora anche il nostro Leonard è un sexy e quindi membro del club! Secondo me li prendo apposta carini!
Lui rise rimproverandola.
-Ma che dici, stupida!
Ancora ancorata alle sue spalle Rina alzò il capo dicendo maligna:
-Per esempio a te, Gregory, non ti prenderebbero mai! Sei troppo goffo e maldestro!
-Ma che vuoi zittella?!
-Zittella a chi? Brutto beota!
Leonard  sapeva che i due ne avrebbero avuto ancora per molto. Alzò gli occhi al cielo esasperato e stanco per poi andare a fissare Selen.
“Chissà quale è stato il suo reale scopo quando è andata a far visita al club?” si chiese, “Curiosità? Non penso. Non so bene il perché, ma in ogni frase che pronuncia mi viene sempre istintivo chiedermi se sta tramando qualcosa… Per chi sta giocando Selen?”. Era una ragazza strana, i suoi capelli ondulati e i suoi occhi azzurri contribuivano a donarle quell’aria angelica e innocente: non si scomponeva mai, usava un linguaggio formale, era gentile con tutti. Pesino ogni volta che la fissava, come in quel momento mentre stava taciturna e serena a guardare i suoi amici bisticciare, aveva come l’impressione che fosse solo una facciata la sua, tutta apparenza, e che al suo interno, ne aveva quasi la certezza, si celava la ragazza più scaltra e furba dell’istituto.
E poco più avanti, Leonard, ne sarebbe rimasto sorpreso.
-Scusami Selen, ti posso fare un’ultima domanda?
Le chiese.
-Certo, dimmi pure.
-Quando sei andata al Cerry durante il loro tea party, al tavolino in cui ti sei seduta, quale membro accoglieva?
Lei assunse un’espressione più vispa del solito e rispose:
-Cerise.
  

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Capitolo 15
*** Tea Party ***



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Tea Party
 


“Quando sei andata al Cerry durante il loro tea party, al tavolino in cui ti sei seduta, quale membro accoglieva?”
”Cerise.”

 

-Piccolo pulcino…?? Leo Leo..!
-Non ti ascolta Conte, è inutile.
Era da quel pomeriggio di qualche giorno prima, che rifletteva su ”la faccenda Selen”. Non voleva pensare che, in qualche modo lei c’entrava qualcosa con la sua ammissione nel club, o il piccolo scandalo che gli aveva riservato la prima pagina sul giornale scolastico. In fondo, Selen, era sempre stata sua amica, o almeno si era sempre mostrata sua alleata, sempre pronta a lasciarlo con quelle frasi ambigue che davano soltanto a immaginare che lei fosse più furba di quanto apparisse.
D’un tratto la sua visuale indefinita venne turbata da un movimento brusco di una mano, senza bisogno di voltarsi a vedere chi fosse, chiese:
-Che vuoi?
Nel sentire una risata si girò scocciato costatando che la mano, come aveva immaginato, apparteneva al Conte.
-E’ il tuo primo tea party (dato che si è saltato settimana scorsa), non sei emozionato?
Lui alzò gli occhi al cielo di rimando. Uno spocchiosissimo tea party, non certo da lui.
Era un martedì pomeriggio di metà aprile e, come tutti i martedì pomeriggio, a quanto aveva capito, il club si riuniva per decidere le ambientazioni dei tea party che si svolgevano il sabato.
Si erano seduti da pochi minuti sui divanetti della sfarzosa sala al quarto piano del club quando Cerise  si schiarì la voce davanti ad un plico di fogli su un trepiedi:
-Dobbiamo scegliere cosa proporre per questo fine settimana. Qualche idea?
Chiese agitando una stecca da professoressa. Era la prima volta che la vedeva in uniforme scolastica ma era pronto a giurare che gli occhiali che indossava non fossero veramente da vista, al contrario di quelli di Julie, in piedi al suo fianco, pronta per annotare qualsiasi cosa.
-Principi e principesse!
Propose giulivo il Conte alzando una mano.
-Bocciato.
Sentenziò Cerise senza fare una piega.
-Chi vuole può farsi la foto con il suo membro preferito? Porto la mia Polaroid!
-Le foto le puoi fare comunque Oscar, il nostro scopo non è metterci in mostra ma fare il nostro dovere di consulenti. Il tema che proponiamo ogni volta è solo un modo per attirare ospiti, quindi bocciato.
 -Camerieri e cameriere?
-Bocciato.
-Ognuno si esibisce suonando uno strumento!
Esclamò entusiasta Adam.
-Non tutti sanno suonarne uno, bocciato.
-Ma tutti dobbiamo rimetterne per la tua incapacità a quanto pare...
Cerise gli lanciò uno sguardo assassino.
Alla fine passò un’ora e non arrivarono a capo di niente. Cerise bocciava tutti i temi, odiava riproporne di già fatti, mentre gli altri erano stremati dai continui battibecchi.
-Non badarci, ogni settimana è la stessa storia…
Lo tranquillizzò Oscar al suo fianco.
-Ma fare un semplice ricevimento?
Azzardò a chiedere Leonard che fino ad allora era stato ben zitto. Tutti andarono a guardarlo terrorizzati da quella che poteva essere la reazione del Presidente ad una proposta simile.
-Voglio dire, invece di spendere soldi in vestiti o roba varia... siamo in piena primavera, giusto? Potremmo fare qualcosa con qualche fiore…
-Non starai proponendo tema Hippie?!
Gli chiese inorridito Adam.
-Festa semplice a con qualche fiore per la primavera, senza strafare dici? Mmh.
Tutti si voltarono a guardare meravigliati il loro Presidente, si era posata un dito sul mento mentre faceva i suoi ragionamenti.
- Io avrò la possibilità di utilizzare le nuove porcellane floreali inglesi bone china!
-Io porto la mia Polaroid!
-La porteresti comunque, Oscar.
Gli fece notare scocciato Adam.
-Ogni ragazza regalerà sicuramente dei fiori al membro preferito…
Disse il Conte con una mossa del capo volutamente sensuale.
-Sei così ottimista?
-E’ una sfida Adamerino?  
-Con me in gioco il tuo nome non ti servirà a niente, Casanova.
 Cerise allora esclamò in fibrillazione:
-E’ deciso: domani darò l’annuncio del tema floreale per il nostro tea party di questa settimana!   
 
Erano le 15.45 e Leonard non era ancora riuscito a trovare l’entrata per la stramaledetta serra dove ogni sabato pomeriggio il Club faceva i suoi ricevimenti. Aveva chiesto indicazioni a Rina quella mattina poiché non aveva mai frequentato nessun corso extrascolastico sulla botanica e quella gabbia di vetro era enorme, la sua amica gli aveva disegnato una cartina, ma quando era andato ad aprire il foglietto, sembrava fosse stata disegnata da una delle elementari, con tanto di faccina stilizzata sopra che gli augurava buona fortuna.
Stava ancora rimirando e rigirando quel foglio con quella faccina sorridente che somigliava ad un maiale, quando andò a scontrarsi con qualcosa, o meglio, qualcuno:
-Oh!
Esclamò la ragazza curvando la piccola bocca a cuore.
-Leonard! Ma dove eri?
Portava in mano un cesto di vimini piuttosto ingombrante e indossava un’uniforme da governante bianca con rifiniture argentate, come al solito i capelli erano perfettamente arricciati a formare gli elastici boccoli.
-M-marù, ciao! Non trovavo l’entrata della serra!
Lei rise portandosi elegantemente una mano stretta a pugno davanti alla bocca, per evitare di essere troppo scortese.
-La porta principale della serra è comunicante con la scuola, non la troverai mai qui fuori!
Lui le sorrise maledicendo mentalmente Rina e stracciando la sua inutile cartina.
-Comunque ora entriamo dalla porta sul retro, ho la chiave, e ti devi ancora vestire!
-Vestire? Veramente la festa semplice che avevo in mente era in uniforme scolastica…
Lei rise come se stesse scherzando.
-Parlare di semplicità al Cerise è un’utopia. Posso capire che tutto questo ti stupisca, io sono nata in una famiglia piuttosto povera e semplice ma ormai sono abituata a questo ritmo!
Lui la guardò stupito, non credeva che in quella scuola, soprattutto nel club vi fossero persone di ceto modesto, ciò non fece che aumentare la sua simpatia verso quella ragazza. Aveva una curiosità ancora più accesa ma per paura di offenderla non volle chiedere altro riguardo la sua vita personale, anche se era rimasto colpito del fatto che lei gliene avesse parlato.
Quindi, anche se ancora più perplesso per il tea party che lo stava aspettando, seguì Mariù in silenzio.
La ragazza lo fece finalmente entrare nella serra tramite la porta in vetro, l’aprì con un mazzo di  chiavi che estrasse fuori dal grembiule bianco. Dopo aver percorso un piccolo vialetto tra le innumerevoli piante ed alberi verdi nei giardini al suo interno, la sua guida fece per scostare due grandi foglie di palma quando Leonard la bloccò:
-Aspetta!
Lei si voltò stupita.
-C’è qualcosa che non va?
Chiese con una voce dolce e preoccupata.
-Io non so cosa aspettarmi, non so cosa devo fare di preciso…non è proprio il mio ambiente.
Disse abbassando inevitabilmente lo sguardo.
-Non devi preoccuparti, ci saremo noi del Club ad aiutarti! Il nostro lavoro è accogliere gli studenti: ognuno di noi ha un tavolo dove loro possono sedervi a piacimento, durante questi tea party il più delle volte vogliono stare con noi solo per conoscerci meglio e discorrere del più e del meno. E’ tutto molto rilassato, non devi avere timori…
Disse, e attraverso il guanto bianco scompigliò leggermente alcune delle ciocche di capelli castani di Leonard. Lui cercò di nascondere il rossore che si era impadronito di lui a causa di quel gesto, lo faceva sentire un bambino.
-…Gli studenti a cui diamo realmente il nostro appoggio, perché necessitano del nostro aiuto e della nostra consulenza, ci scrivono delle lettere oppure chiedono di avere un incontro. Questo è solo un modo per entrare meglio in contatto con loro e far vedere che siamo disponibili e aperti, mostrare agli studenti che possono fidarsi di noi.
Lui ascoltò attentamente le parole dell’affascinante Mariù, costatando che non si erano mai parlati così a lungo, neanche durante le poche riunioni a cui aveva partecipato, anche se la conosceva da poco già era rimasto incantato dai suoi modi materni e rassicuranti.
-Ti ringrazio davvero Mariù, adesso mi sento molto più a mio agio.
Le disse sorridendole.
-Bravo! Sii sicuro di te e vedrai che farai colpo!
Gli desse facendogli l’occhiolino.
-Adesso… andiamo!
Concludendo entusiasta, scostò le grandi foglie che bloccavano la loro visuale, per scoprire cosa gli riservava quel pomeriggio.
E quello che vide lo lasciò di stucco.
Dal margine in cui si trovavano loro partiva un pavimento composto da piccoli tasselli di alabastro e, non lontano, i membri del club vestiti eleganti in bianco erano indaffarati per sistemare gli ultimi dettagli, l’intera sala era ornata da ghirlande di gigli, narcisi e garofani bianchi.
-Alla faccia della festa semplice…
Disse Leonard con il fiato che gli era rimasto.
-Su, Leo…
Disse Mariù spingendolo per le spalle per poi spintonarlo dietro ad un separet al lato desto della sua visuale. Cercò di replicare, ma lei gli lanciò addosso un frak bianco come quello che aveva visto indosso agli altri membri maschili.
-Hei, vuoi che ti aiuti ad indossarlo?
La faccia sorridente del Conte apparve dietro al separet.
-No.
Disse lanciandogli addosso la camicia della divisa scolastica che si era appena tolto.
-Ma come siamo pudichi!
Disse sghignazzando dell’altra parte della superficie in legno. Dopo una manciata di minuti in cui Leonard aveva messo tutto se stesso per cercare di indossare il vestito nel verso giusto e di non sgualcirlo subito, uscì dal suo nascondiglio e vide Mariù venirgli incontro eccitata:
-Leonard, sapevo che ti sarebbe stato bene il frak, anche se non è da te! Manca solo una cosa!
La ragazza lo trascinò dinnanzi ad una specchiera che si trovava dietro al separet e che lui non aveva notato. Mariù prese un vasetto che si trovava sopra il ripiano e Leonard sentì una sensazione di freschezza sulla cute.
-Ecco fatto!
A quelle parole il ragazzo osservò il suo riflesso nello specchio: sembrava un ricco conte con indosso quell’abito bianco e i capelli leggermente all’indietro, fatta eccezione per qualche ciocca lasciata morbida a cadergli ai lati del viso.
-Sei uno schianto!
-Oh, graz…ie!
Il ragazzo si ritrovò tra le braccia e il petto morbido di Mariù e non ce la fece ad opporsi, sia perché aveva paura di offenderla sia perché lo stava stritolando con una forza sovraumana.
-Mariù, tieni giù le tue mani lascive dal mio pulcino!
Intervenne il Conte cercando di staccare i due, causando solo più scompiglio.
-E’ il nostro pulcino e le tue mani sono più perverse delle mie!
Esclamò Mariù strattonando Leonard verso di lei.
-Ti sbagli! E c’è una sola mamma chioccia qui!
Disse il Conte facendo la stessa cosa dalla sua parte.
-Se proprio dovesse essercene una non saresti tu, ma la signorina Cerise!
La conversazione stava diventando troppo anche per il conteso.
-In quel caso sarei comunque il gallo, il re del pollaio!
-Tu al massimo saresti il cappone!
Il trio bisticciando però non si accorse che la serra si stava riempiendo di studenti, finché qualcuno non attirò la loro attenzione:
-Leonard!
I tre all’unisono si voltarono dalla parte dell’entrata principale, notando la ragazzina rossa in viso per l’emozione, con tutti i presenti intenti a fissarla.
-Oh, è la tua prima sostenitrice Leo! Che ci fai ancora qui? Affrettati!
Disse Mariù emozionata sciogliendo la sua morsa strangolatrice e spingendolo verso la ragazzina, dopodiché aggiunse rivolta al Conte:
-Io ho dei tavoli da servire, e anche tu smettila di fare la faccia da innamorato abbandonato e va ad accogliere gli studenti!
-Mariù che è successo?
Le chiese Adam avvicinandosi e cominciando un'altra discussione che però Leonard non poté seguire perché occupato:
-Tiffany, che sorpresa!
Disse poco convinto avvicinandosi alla ragazzina che per la prima volta vedeva senza uniforme scolastica. Indossava un elegante abito lillà e portava i capelli castani raccolti in una treccia.
-Io…vengo spesso ai tea party del Comitato. Comunque…volevo dirti che stai benissimo vestito così!
Disse rossa in viso.
 -Tu dici? Io non mi ci vedo per niente!
Disse il ragazzo autoironico.
-Comunque ti ringrazio, anche tu sei molto elegante. Vuoi accomodarti? Devo ancora trovarmi un tavolo.
Leonard ispezionò la stanza e trovò Oscar che si sbracciava cercando di farsi notare. Raggiunsero il ragazzino che li invitò ad accomodarsi ad uno dei tavoli in vetro affiancati da sedie di vimini; prima che potesse sedersi, Oscar li sussurrò in un orecchio:
-Cerca di mostrarti socievole e interessato, sarà una passeggiata no? Vi conoscete già!
Lui sorrise al ragazzino biondo non potendo fare a meno di notare la somiglianza tra lui e sua sorella maggiore. Stessa capacità nel prendersi cura degli altri ma con diversi modi.
-Leonard, ti trovi bene al Comitato?
Chiese timidamente Tiffany distogliendo lo sguardo.
-Sì, ma credo sia presto per esserne sicuri. In fondo sono da solamente due settimane un membro effettivo, e oltretutto questo è il mio primo tea party.
Cercò di sorridere cordialmente, alla ragazzina si illuminarono gli occhi e incominciò a sfoderare la sua parlantina che la rendeva famosa in classe:
-Giusto! Figurati, sono emozionata per te! Deve essere un piacevolissimo sviluppo per la tua vita accademica, io ne sarei talmente fiera e…
Mentre fingeva di ascoltare lo sproloquio di Tiffany non poté lasciarsi sfuggire uno sguardo agli altri tavoli.
Il Conte era accerchiato da gatte morte mentre parlava con la sua cadenza vocale trascinata e sensuale, e da quel che poteva vedere aveva iniziato una diatriba con il tavolo vicino al suo. Ovviamente quel tavolo era di Adam, che al confronto era meno sfacciato e più distaccato; Leonard non riusciva a capire come mai anche lui avesse così tante ospiti, pur non adottando il fascino stile Casanova. Forse veniva visto come il ragazzo snob che tutte avrebbero voluto ma che non fila nessuna, fatta eccezione per Mariù, non ci voleva un genio per capirlo, potevano anche arrendersi.
Dopodiché il suo sguardo si posò involontariamente su Oscar e il suo tavolo, o meglio dire il tavolo di Julie e Oscar. Questa volta era meno sovraffollato ma non c’erano solo ragazzine in visibilio, lui si divertiva a scattare foto dalla sua amata Polaroid ai suoi amici di classe e non, sembravano divertirsi. 
-…quindi sono stata davvero piacevolmente sorpresa quando ho saputo della tua ammissione al club! Ho sempre ammirato i suoi membri e il lavoro che questi svolgono, e saperti tra loro non ha fatto che aumentare questo mio sentimento!
Mentre Tiffany continuava a parlare, venne colpito dalla piccola folla che si era radunata seduta al tavolo più vicino rispetto al suo. Non fu poi così sorpreso di vedere il volto di Cerise e i suoi capelli rossi, ondulati per l’occasione, spuntare tra tutti. Indossava un abito rigorosamente bianco riempito di balze e stava intrattenendo i suoi ospiti impeccabilmente.
Ammirava la cordialità con quel suo sguardo arguto che Cerise utilizzava nel rispondere alle domande, aveva avuto modo di osservarla in queste settimane. Gli piaceva il modo che aveva di inclinare impercettibilmente la testa, oppure l’eleganza che mostrava mentre con il mignolo si spostava le ciocche rosse dal viso per farle posizione dietro al piccolo orecchio, o i suoi modi garbati e affabili che riuscivano ad affascinare chiunque senza neanche volerlo, il suo sorriso...
-Tu devi essere Leonard, il nuovo membro!
 Scosse violentemente la testa ritornando a Tiffany e al suo tavolo mentre si dava mentalmente del cretino.
-Certo, sedetevi pure se vi va.
Disse cercando di sorridere ai suoi nuovi ospiti, loro si lanciarono un’occhiata e poi mostrarono i loro migliori sorrisi mentre prendevano ognuno per se una sedia e si sistemavano.
-Caspita non ci aspettavamo che il club reclutasse a più di metà anno. Credo che non sia mai successo!
Fece notare una ragazzina dai capelli biondo rossicci con indosso un vestito blu.
-Già è fantastico! Se non mi sbaglio tu sei addirittura entrato quest’anno!
Intervenne il ragazzo al suo fianco piuttosto stupito.
-Esatto, sono qui da metà Gennaio, devo ritenermi davvero fortunato allora. Devo dire di essermi trovato davvero molto bene alla Sant Margot, non solo per il Club, anche per il programma di studi e le molte persone che ho avuto la fortuna di incontrare.
Cercò di parlare maggiormente stavolta e quando andò a guardare le espressioni dei suoi ospiti fu incredulo nel vedere che ad alcune ragazze sembravano spuntate le stelline dentro le iridi.
Improvvisamente un suono acuto, un tintinnio penetrò in tutto quel caos e Mariù attirò l’attenzione su di se. Voltandosi verso di lei la videro che teneva in mano un campanella d’orata, Cerise era al suo fianco con un sorriso cordiale dipinto in volto. Tutti erano in un silenzio di attesa aspettando le parole di benvenuto del Presidente.
-Adesso che ci siamo tutti, volevo salutarvi e dirvi che siamo molto lieti di essere in vostra compagnia e di avervi così in tanti. A breve verrà servito il tea, per cui prego chi è in piedi di sedersi ai tavoli. Come avete ben potuto notare il tema di oggi è piuttosto semplice e genuino, siamo in primavera e i fiori stanno sbocciando, ma abbiamo deciso di non strafare con troppa eccessività perché questa giornata è dedicata a Leonard.
Al sottoscritto balzò il cuore, fissò lo sguardo in quello di Cerise, sicuro e determinato di fronte alla sua sorpresa mentre catturavano l’attenzione di tutti i presenti.
-…colui che ha proposto il tema e nuovo membro del Comitato. Fategli un applauso! 
Battiti di mani e urla di incitamento si levarono e Leonard non poté che sorridere grato in un nascosto imbarazzo. 
Dall’altro capo della sala contornata dal verde delle piante, una musica leggera iniziò ad attirare l’attenzione e a dare il via al tea party. Seguendo la scia del suono, vide Adam seduto davanti ad uno splendido pianoforte bianco a coda, e qualcuno che riconosceva la melodia come “La Primavera” presa da “Le quattro stagioni” di Vivaldi.
Dopo il discorso di Cerise, una serie di ragazzi e ragazze, alcuni persino più grandi di lui incominciarono ad accerchiare di seguito il suo tavolo. Veniva in continuazione tempestato di domande e circondato da sconosciuti, ma, con sua grande sorpresa, non ne fu irritato, anzi.
-E’ solo perché è la new entry…
Sentì borbottare Adam dal pianoforte.
-Permesso, permesso…
Mariù si avvicinò al gruppo di Leonard con un carrellino e pose sul tavolo una caraffa di vetro contenente acqua calda e apparecchiò la tavola con tazze di qualche costosissimo servito in porcellana. Dopodiché, sotto lo sguardo incuriosito dei presenti, da una scodella prese e mostrò posato sul palmo della sua  mano il bocciolo di un fiore.
-Questo viene chiamato “Buquet di tea”, va molto di moda in oriente, osservate bene…
Prese la punta del bocciolo e piano piano lo fece scivolare nell’acqua, in modo che si posasse sul fondo adeguatamente. Dopo pochi attimi videro il bocciolo dischiudersi nell’acqua e sbocciare in un bellissimo fiore giallo, mentre tingeva il liquido della brocca di un color oro.
Ben presto si udirono commenti di meraviglia e stupore misti a battiti di mani.
-Che spettacolo…
La cameriera fece un occhiolino d’intesa a Leonard per poi andare a versare con gesti esperti e col l’aiuto di un fazzoletto ricamato, l’infuso nelle tazzine.
-Infine: torta Mimosa e torta all’acqua di fiori del gelsomino.
Sistemò le due splendide torte nel centrotavola.
-Bon appetì!
Concluse soddisfatta sotto lo sguardo stupito di tutti, per poi passare al prossimo tavolo.
Fra il brusio della sala e i suoi ospiti intenti a pregustarsi il tea delle cinque in punto, d’improvviso, nella mente di Leonard riaffiorò l’immagine di poco prima. Si stupì nel ripensare a Cerise e al fatto che avesse concentrato l’attenzione su di lui. “Da quando sei così interessato, attratto dalle ragazze? O meglio, da una ragazza…” Si chiese con curiosità e stupore, avviando involontariamente lo sguardo al tavolo accanto al suo.
-Leonard, che hai?
Gli chiese Tiffany con preoccupazione, osservando la sua espressione distratta. Lui scosse la testa garbato accennando un sorriso.
-Niente, niente. Hai già assaggiato la torta?
Le chiese per cambiare argomento.
-Si tutte e due! Quella Mimosa è morbidissima, avanti provala!
Lui sorrise continuando ad assecondate Tiffany, ma con la mente continuò a pensare a quanto fosse strano . Non era da lui fissare in quel modo le persone e non rendersene neanche conto. Osservare era sempre stata una delle cose in cui riusciva meglio, anche il solo fatto di stare ore a guardare lo stesso panorama di sempre dalla finestra della camera di casa sua. A volte aveva desiderato che il mondo girasse più veloce e l’unica cosa che dovesse rimanere ferma fosse stata la sua finestra con lui affacciato. E ovviamente si sentiva incredibilmente più vivo nell’osservare lei rispetto ad un ciliegio.

Tiffany osservò Leonard. Era il suo primo tea party e stava andando splendidamente, doveva essere orgoglioso. Purtroppo c’erano attimi in cui lo vedeva assorto sempre nella solita direzione; aveva percorso con il suo sguardo quello di lui, per scoprire su cosa i suoi occhi andavano a posarsi così frequentemente, come un gesto spontaneo e automatico. Quando l’aveva scoperto il cuore le era balzato, mancando un battito. Così aveva cercato di distrarlo quanto poteva per il suo bene, lui le aveva rivolto un sorriso e l’aveva invogliata a intavolare un’altra discussione, da ragazzo beneducato quale era. Lei continuava a parlare e lui annuiva di tanto in tanto, ma era come se i suoi occhi la guardassero ma non la vedessero.
In quel momento si stavano godendo il tea e i dolci, e Tiffany continuava imperterrita a conversare:
-Quindi, mi chiedevo Leonard…
Non sentendo alcun cenno di assenso dalla sua parte, si voltò e non poté restare ferma e zitta: non era da lei.
-Sei distratto Leonard, che ti succede?
Nessuna risposta e il suo senso di impotenza aumentava mentre gli parlava non riuscendo a catturare la sua attenzione, sempre rivolta dalla solita parte.
-Leonard…
La voce le morì in gola e, per evitare che piccole lacrime rovinassero tutto, fu mossa da un gesto impulsivo:
-Ma insomma!
Balzò in piedi, riuscendo per fortuna a non urlare eccessivamente e finalmente a ottenere la sua attenzione, e quella di altri purtroppo. Nello scatto improvviso era riuscita persino a far cadere il suo cucchiaino per mescolare il tea.
-Tiffany, stai bene?
Gli chiesero tutti, meno che lui, intento a fissarla stupito. Allora arrossì violentemente cercando di contenersi:
-Scusatemi, sono mortificata…mi è caduto…
-Lascia, Tiffany, ci penso io. Adesso Mariù te ne porterà un altro.
Disse lui soltanto, alzandosi in piedi e rivolgendo il suo solito sorriso di circostanza.
Si diede da sola della stupida, sia per la sua reazione sia per la figuraccia, non solo con Leonard ma con gran parte dei presenti in sala.
Vide Mariù accorrere tra la quiete scesa e interrotta solamente da brusii.
-Eccoti un altro cucchiaino, tu stai bene? Posso sapere cosa è accaduto?
Chiese con un’espressione preoccupata sul viso d’angelo, mentre le porgeva la posata.
-Ti ringrazio molto ma non è successo niente, davvero.
Lei le rivolse uno sguardo dubbioso prima di annuire e tornare alle sue mansioni.
 
Leonard aveva trovato un buon modo per riposare la sua testa colmata dalle chiacchiere insistenti di Tiffany, e ciò consisteva nell’andare a scovare il cucchiaino cadutole, sbirciando sotto alle sedie o ai tavoli, cercando di tenersi occupato per almeno un paio di minuti.
Con lo sguardo chino scorse un luccichio sul pavimento, sotto alla sedia di un ospite. Si chinò senza farsi notare, prese svelto la posata e fece per andarsene ma destino volle che il tavolo nel quale l’ospite era intrattenuto fosse quello di Cerise. Il ragazzo era semi inginocchio quando sentì, a breve distanza la voce gentile e angelica della ragazza.
E a ciò che udì rimase paralizzato dalla sorpresa, non riuscendo ad alzarsi e a mostrarsi del tutto, ma riuscendo solo e soltanto ad ascoltare quelle parole...

 

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Capitolo 16
*** Giudizi ***


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Giudizi

 

 
-E’ bellissimo, non trovate? E il tea è ottimo e sentite questi pasticcini…!
Commentò deliziata una ragazzina seduta non lontano da Frencis.
Come ogni sabato, al suo tavolo non mancavano mai ospiti e zucchero di canna, le sue ammiratrici più accanite sapevano che preferiva acqua calda ed essenze speziate con una spruzzata di limone piuttosto al tea normale, ma dovette ammettere che il buquet di Mariù era  qualcosa di sublime: dal sapore delicato e orientale, come piaceva a lui.
-Quando si tratta di Mariù non sai mai cosa aspettarti, riesce a sorprenderti in tutto quello che fa.
Disse Erriet Sellinver, sua ospite frequente, nonché compagna di classe e amica di tutti i membri del Club. Non mancava a nessun tea party e portava sempre molteplici forcine infilate nei lunghi capelli dello stesso color cioccolato degli occhi,  aveva una pelle chiara e piena di lentiggini. Frencis ormai la conosceva da anni, era una di quelle persone che ti forniscono suggerimenti e danno il loro appoggio anche se non hai mai fatto niente per loro. Era forse l’unica persona che ammirava davvero, di nascosto ovviamente, forse per il fatto che fosse una bellissima e raffinata ragazza di prestigiosa famiglia, e non andava certo a dirlo, né frequentava compagnie che invece lo facevano anche troppo. Aveva sempre sperato di piacerle ma oltre a essere diventata una sua assidua frequentatrice, e infondo una delle sue migliori amiche (non certo paragonabile a Julie, lei era un caso completamente a parte), la ragazza pareva non provare che un’amichevole simpatia nei suoi confronti e nulla più.    
-Ma dicci Conte, com’è il nuovo arrivato?
Gli chiese un’altra ragazza del suo tavolo.
-Perché non andate voi stesse a vedere?
Le esortò inclinando impercettibilmente il capo e sorridendo nel pensare a Leonard e al suo successo, dall’altra parte della sala quel ragazzino non mancava certo di ospiti ed era risultato migliore delle sue aspettative, delle aspettative di tutti.
-Ci siamo già state ma volevamo un tuo giudizio personale!
-Giusto, quindi:cosa pensi di Leonard Mircle?
-Vi piace non è vero?
Chiese malizioso, riuscendo a farle imbarazzare e a sviare la domanda.
-Conte!
Lo rimproverarono. Così, mettendosi d’impegno, con un dito sul mento, alzò lo sguardo pensieroso:
-E’ un tipo che ha suscitato immediatamente la mia curiosità. Pensate, la prima volta che l’ho visto si stava lasciando con la sua ragazza…
Si levarono risolini increduli.
-… Nicole, il vicepresidente del LitteraturesClub, avete presente? Non l’avevo mai vista così in collera con qualcuno, e gli sbraitava contro senza accorgersi che Leonard, per tutta l’emozione che aveva si stava quasi strozzando! Che cuore di ghiaccio non pensate?
Provocando altre risate da parte delle sue ospiti Frencis si unì a loro.
-Lo salvai appena in tempo, togliendolo dalle grinfie di quella pazza! Comunque, a parte questo, può sembrare un ragazzo molto comune ma sono convinto che se lo si conosce a fondo può arrivare a stupire chiunque… Di lui mi piace il modo in cui involontariamente attira l’attenzione su di se senza fare niente di particolare, anche se è piuttosto riservato e non si apre facilmente con le persone.
-In un certo senso, proprio come te...
D’improvviso osservò Erriet che aveva sussurrato quella frase, forse per far sì che la sentisse lui soltanto o forse era un suo pensiero detto involontariamente. Lei non lo stava guardando neanche, poi dopo un sorso di tea, alzò lo sguardo e gli sorrise.
Non capitava spesso che qualcuno lo lasciasse interdetto o stupito, aveva sempre creduto di non avere effettivamente niente di simile a Leonard o alle persone come lui.  Frencis era consapevole del suo fascino e ci giocava parecchio, però era anche vero che in pochi avevano il privilegio di conoscerlo veramente. Poi venne distratto dalle chiacchiere delle altre:
-Conte, parli proprio come un innamorato!
-Hahahaha, voi dite?
 
Oscar, come ogni volta, aveva invitato tutti i suoi compagni di classe ed era soddisfatto di se stesso perché era riuscito persino a convincere Julie a unirsi al suo tavolo.
-Oscar…
Lo chiamò esitante una sua compagna di classe.
-Dimmi.
-Senti, non è che dopo potresti farci una foto insieme a Leonard?
Gli chiese rossa in viso, lui le sorrise:
-Ma certo!
-Com’è questo Leonard?
Gli chiese allora Charles, il suo compagno di banco in classe. Era spaparanzato sulla sedia di vimini e aveva un lecca lecca in bocca, non era un tipo da tea però veniva volentieri lo stesso, e questo gli faceva sempre piacere. Era un ragazzo poco più alto di lui, adorava lo skateboard e non capiva niente di filosofia. Era così che si erano conosciuti:Charles non ne capiva niente, Oscar era il più bravo delle classe, così gli aveva umilmente chiesto il suo aiuto fin dai primi giorni di scuola (ma entrambi sapevano che il loro era stato un modo per fare amicizia più in fretta).
-Domandone: cosa pensi di Leonard Mircle?
Si voltò verso l’amica che gli aveva posto la domanda.
-Cosa penso di Leonard? Io penso che sia proprio ciò che serviva al Club, il tassello mancante che Cerise stava cercando.
-E tu Julie? Cosa pensi di Leonard Mircle?
Chiesero alla bambina. Fino ad ora era stata seduta a sorseggiare l’infuso di tea, senza intromettersi nelle discussioni e accennando un sorriso forzato se qualcuno la fissava. Era abituata agli sguardi curiosi ormai, data la sua età, ma a volte avrebbe voluto rispondere con uno sguardo d’irritazione anche sapendo che Frencis l’avrebbe rimproverata se fosse venuto a saperlo.
-Non credo di aver avuto sufficiente tempo per inquadrarlo meglio. Anche se si hanno tante informazioni su una persona non si può dire di conoscerla se prima non vi si interagisce a fondo e non si mostra apertamente per quella che è.
E, come ogni volta, tutti le rivolsero sguardi stupiti, increduli di aver sentito pronunciare tali parole da un’undicenne. Tutti tranne Oscar, ovviamente.
 
-Salve Mariù, vedo che ve la state cavando bene, c’è tantissima gente.
Disse una voce alle sue spalle, facendola sobbalzare e per poco rovesciare una brocca di vetro che stava lucidando. La ragazza, in sosta vicino al carrello, al limite della sala e vicina al separet, si voltò sorpresa.
-Che onore, Vicepreside Monperuje! Non l’aspettavamo, le prendo una tazza di tea, se avessi saputo avrei…
La donna formosa alzò una mano che impugnava un ventaglio chiuso, per metterla a tacere e rassicurarla:
-Mariù non dire sciocchezze, voi del Comitato Consulenza Scolastica fate già così tanto! Inoltre sono già stata servita da un pezzo, tuo fratello con gli anni diventa sempre più un gentiluomo.
La ragazza chinò la testa in segno di ringraziamento.
-Piuttosto, sono venuta per ammirare il nuovo membro. E’ proprio come immaginavo!
Sorrise soddisfatta, poi, aprendo il ventaglio e nascondendosi tra i suoi merletti, si avvicinò al pallido viso della ragazza e le chiese:
-Ma dimmi Mariù, tu cosa ne pensi di Leonard Mircle?
Mariù sbatté le folte ciglia scure per la sorpresa, curvando la piccola bocca a cuore.
-Io penso che sia un bravo ragazzo. Se non fosse stato per lei, non sarebbe qui con noi adesso, e per questo la ringrazio.
La vicepreside rise, facendo oscillare le lunghe onde dei capelli corvini. Indossava un abito tutt’altro che sobrio, con una scollatura appariscente e uno scialle di seta azzurra ad abbracciarla.
-Non sono stata io a scovarlo, essendo l’insegnante responsabile del Comitato ho solo dato il mio consenso per la sua ammissione. Sono dispiaciuta di non essere potuta venire alla cerimonia, sai quanto mi piacciono, ma non ce l’ho fatta. Oggi sono venuta per vedere se avevamo compiuto un errore ma sono contenta di vedere che non è così. Sono convinta che con il vostro aiuto ben presto potrà ricevere incarichi più importanti all’interno del Comitato, starà a voi istruirlo a dovere.
-Sì, è come dice lei.
-Bene, adesso è meglio che vada…
La ragazza rimase interdetta.
-Ma come, già ci abbandona? Non vuole conoscere Leonard?
 -No, sono solo venuta a dare un sbirciatina, non voglio disturbare nessuno. Credimi, le occasioni non mancheranno.
Le fece l’occhiolino e mentre si avviava verso l’uscita le sventolò il ventaglio a mo’ di saluto.
 
-Adam, non mangi?
Gli chiese Thomas, il suo migliore amico da una vita.
Aveva finito di eseguire la sua Primavera di Vivaldi al piano e si era seduto al suo tavolo da qualche minuto e, osservando il tavolo opposto al suo, non era riuscito a toccare cibo.
-Quanto mi urta quel ragazzino…
Sputò tra i denti mentre impugnava una forchetta d’argento con tanta forza che rischiava di piegarla, Thomas cercò di sorridere e calmarlo:
-Avanti dai, è solo perché è nuovo, tutti vogliono le foto con lui, le dediche…
-Diamine Thom, non lo starai difendendo?!
Giselle, la sua compagna di banco in classe che veniva ai tea party solo per irritarlo, come se non lo stuzzicasse abbastanza a scuola, si intromise:
-Parlate di Leonard, vero? Anche se più piccolo di me, lui si che è un tipo attraente!  
Adam non poté che voltarsi ad occhi sbarrati cercando di trattenersi dal rischiare di piegare anche lei.
-Giselle, bru…
Thomas gli poggiò una mano sulla spalla cercando di impedire all’amico di offenderla, come era suo solito fare:
-Eddai Adam, sta scherzando!
-Scherzando? Non direi proprio, non lo vedete anche voi? E’ davvero notevole, a quanto vedo non ti va a genio…
Non fece per finire la frase che, un’ennesima ragazzina si intromise.
-Qalcuno a cui non va a genio Adam? Io pensavo fossi indifferente verso tutti! Comunque, è da prima che te lo volevo chiedere: cosa ne pensi di Leonard Mircle?
Thomas temette per l’incolumità della ragazzina petulante nel vedere Adam che andava ad arrossarsi con il fumo che gli usciva dalle orecchie. Il discorso si concluse sotto le risate di Giselle e le domande della ragazzina che stava accompagnando in bagno, mentre quella le chiedeva se avesse detto qualcosa che potesse aver offeso il suo membro preferito del club.
 
Cerise, come ogni tea party, era stanca ma felice. Era stata tutta la mattina a coordinare i preparativi, saltando importanti ore di lezione, ma non se ne era pentita. Voleva che quel party fosse perfetto e definito, come ogni altro certo, ma questo in particolare e temeva di saperne il perché.
Leonard si era dimostrato all’altezza, impeccabile, ma non si era stupita come gli altri. Ormai era convinta che fosse un estremo pessimista: si creava inutili dubbi e problemi per niente, dato che poi riusciva in tutto quello che faceva. Al contrario di lei, che voleva apparire sempre al meglio, con la situazione in mano ma che, nel conoscerla, si capiva che in mano aveva solo la sua vita che le scivolava in continuazione dalle dita. Quel giorno si era imposta di non guardarlo, di non preoccuparsi per lui, ma non ce la faceva ed era più forte di lei. La sua figura, ogni volta che distoglieva lo sguardo mancava fisicamente ai suoi occhi, come una candela al buio: non si può far a meno di fissarla ininterrottamente perché è l’unica cosa che ti permette di stare tranquillo e di non avere paura dall’oscurità, e questa cosa la spaventava più dell’oscurità stessa.
-Cerise mi passeresti il miele?
Le chiese la ragazza seduta al suo tavolo, sulla destra. Era una ragazza carina di nome Georgie e si presentava sempre in coppia con le sue due amiche di classe, in totale aveva sette ospiti più Samantha, figlia del fratello adottivo di suo padre; non avendo legami sanguigni non si assomigliavano per niente, lei era alta con dei lunghi capelli castani e i lineamenti più spigolosi dei suoi.
-Certo.
Disse allungando la mano e afferrando il vasetto in vetro lavorato e porgendoglielo.
-Cerise, mi ha detto Mariù che hai saltato le lezioni stamattina, perché?
Le chiese Samantha con una faccia troppo sorridente per aver fatto una domanda innocua.
-Mi stavo occupando per i preparativi per oggi…
Rispose vagamente.
-Ah si? Solitamente non lo fai. Dimmi, per caso ritieni che oggi sia un giorno particolarmente importante? Non so, magari c’entra qualcuno…
Rivolse uno sguardo torvo a sua cugina mentre nel sentire l’ultima parola Georgie e le sue compagne avevano girato di scatto la testa all’unisono e drizzato le orecchie. A volte Samantha poteva sembrare la personificazione della malizia ma in fondo, era una delle pochissime persone, al di fuori del club con cui aveva un legame, inoltre ogni volta che dentro di lei c’era una qualche preoccupazione lei lo capiva subito.
-Non so davvero a chi tu ti stia riferendo, non vorrei ti facessi un’idea sbagliata…
Le disse sorridendo e lasciando l’argomento in sospeso mentre sotto il tavolo le cercò di pestare un piede per zittirla. Quella capì il suo intento e con la sedia si allontano dal ripiano di qualche centimetro, con tutta l’intensione di portare avanti il discorso.
-Capisco, forse è solo frutto della mia fantasia. Ma dimmi adesso invece, cosa ne pensi di Leonard Mircle?
-Non credo che sia un argomento sufficientemente interessante di cui parlare.
-Ma che dici Cerise? Leonard è anche più di interessante!
Disse scherzosa Georgie, ricevendo l’approvazione delle sue compagnie tramite risolini.
-Non intendevo quello, volevo solo sottolineare che la mia è un’opinione qualsiasi, non certo più importante o rilevante delle vostre.
-Non sviare il discorso…
Le sussurrò a denti stretti Samantha con un’espressione di finta cortesia dipinta sul volto.
-Si ma tu lo conosci meglio, anche se non da molto, sicuramente saprai più cose di noi!
-Giusto, avanti, cosa ne pensi?
Dopo tutto quell’insistere, Cerise si disse che fosse meglio buttare un frase generale e obbiettiva senza tralasciare la minima opinione personale.
Poi però si chiese cosa veramente pensasse e non riuscì a trattenersi, le uscì tutto come un sospiro involontario, come quando dici “stò bene” automaticamente per non far preoccupare gli altri, come quando qualcuno ti chiede a cosa stai pensando e rispondi “a niente”. Come se parlasse a se stessa più che agli altri:
-Io…non so, davvero. Non c ho mai pensato veramente.
Quando se ne rese conto si diede della stupida.
-Ma dai, ci sarà pur qualcosa che ti ha colpito di lui!
-Qualcosa che sai per certo ma che noi no.
-Bè lui…
“Chi è Leonard? E’ davvero come appare? Cosa so di lui?” si chiese.
-…io so che lui, anche se non sembra è piuttosto sensibile, ma non per questo insicuro.
Ci fu una breve pausa dove tutti al tavolo ammutolirono e Cerise puntò i gomiti sul tavolo e si sorresse la testa tra le mani.
-…Infatti sappiamo che gli piace scrivere poesie ed anche che è molto bravo, ma so che non se ne vanta affatto. Riesce ad attirare l’attenzione su di se, ma non sembra fare niente per mettersi in mostra, anzi, neanche sembra accorgersene. Eppure…so che c’è qualcosa in lui che spinge le persone a volerlo conoscere, a volergli stare accanto. E non certo perché è figlio di una ricca famiglia e questo è un lato che in fondo te lo fa apprezzare ancora di più, perché non hai bisogno di dubitare che sia una persona costruita o che indossi una maschera.
“Sì, so che posso fidarmi di lui. So che non ci ingannerebbe mai.” Si disse sorpresa.
-…Se lo si osserva, è ancora più difficile da raggiungere perché tutti lo considerano un tipo distaccato, so che lui stesso interpreta questa parte, forse per proteggersi oppure è una cosa di cui non se ne rende proprio conto, non lo so. Per quanto ho potuto vedere, è più attaccato alle persone a cui vuole bene di quanto dimostri.
Tutti erano rimasti in silenzio osservando gli occhi verdi assorti della giovane, mentre guardavano in un punto imprecisato, mentre esprimevano inevitabilmente tutto ciò che pensavano senza avere veramente la volontà nel farlo così esplicitamente. Samantha era la più sorpresa tra tutti. Non aveva mai visto sua cugina parlare così apertamente in pubblico, o almeno reagire in questo modo quando la stuzzicava di proposito. L’aveva sempre ammirata in un certo senso, per il suo portamento distaccato e formale con le persone, ma adesso sembrava tutta un’altra persona.
-…Sembra un ragazzo introverso ma certe volte ti sorprende perché riesce a dire ciò che pensa con una naturalezza disarmante, che tu non riusciresti mai a esternare. E’ così diverso dalle persone che incontriamo, diverso dalle persone di questa accademia, forse meglio o forse peggio, o forse, come piace definirlo a me, è semplicemente diverso. So che è diverso.
Insomma Leonard è…
 
-Qui!
Leonard, che era rimasto fermo immobile accanto al tavolo, incapace di muovere un muscolo o lasciarsi sfuggire un sospiro, si vide catapultato per terra dopo aver sentito vicino a se una voce femminile e squillante.
-Ma quanto sei carino!
Disse Gregory cercando di arruffargli i capelli, soffocò un’imprecazione quando li distorse il dito.
-Che ci fate voi qui?!
Li chiese cercando di raddrizzarsi mentre il gomito di una Rina in abito viola gli perforava la milza.
-Abbiamo saputo da Selen che oggi era il tuo primo tea party e non ce lo siamo voluto perdere!
Lui cercò Selen nel gruppetto con lo sguardo per incenerirla ma non la trovò.
-…è inutile che la cerchi, non è venuta perché ha le riunioni dei Rappresentanti degli studenti (che barba) ma noi siamo qui per te, tesoruccio! Ci siamo messi in ghingheri!
Gli disse Gregory circondandolo con un braccio quando si tirarono su in piedi. Philippe, ormai abituato, alzò gli occhi al cielo cercando di nascondere l’imbarazzo e sorrise sconfitto, Marc fece un cenno del capo salutandolo con un sorriso.
-Apprezza lo sforzo Leo, sono venuta anche se appartengo al mio adorato TeatreClub!
Disse con una punta di insufficienza Rina.
-Potevi restartene anche al dormitorio con i tuoi amichetti allora…
Al sussurro di Leonard, la ragazza iniziò quella che si presumeva sarebbe stata una lunga discussione:
-Ma senti che cafone!
-Leonard! Non dovresti parlare così ad una dolce fanciulla.
Disse il Conte sbucando alle spalle di Rina, lei, si voltò verso di lui con due cuori al posto delle pupille.
-Caro Conte! Sono venuta per ringraziarti ancora, per la partecipazione allo spettacolo di qualche settimane fa!
Lui le sorrise:
-Che premurosa.
Marc, non lontano sbuffò e si diresse verso Leonard per distrarsi:
-Hei Leo, vedo che te la passi bene! Non avrei mai detto che un giorno ti avrei visto vestito da pinguino albino!
I ragazzi risero e Gregory si accostò al suo orecchio per sussurrargli scherzosamente:
-Ma quante ammiratrici hai? Me ne cedi qualcuna? Tutte tranne Tiffany, grazie, ma te la cedo volentieri. C’è qualcuna che ti piace già?
-Io…
Per sviare la domanda Leonard distolse lo sguardo e, il caso volle, che si posò sul tavolo più vicino.
Quando vide Cerise, lei era rimasta pietrificata, immobile a fissare lui o la quantità di spazio o aria che li divideva.
-Ma allora eri qui Leonard! Stavamo parlando proprio di te sai?
Gli disse una ragazza seduta al tavolo, con fare civettuolo.
-Cavoli avrà sentito?
Disse scherzosamente un’altra, ma lui non badò a nessuna, continuava a fissare Cerise che a sua volta continuava ad avere quell’espressione vacua la quale non faceva che preoccuparlo e procurargli sensi di colpa per aver assistito alla conversazione. Quando stette per avvicinarsi e chiederle scusa, vide la vicina di posto di Cerise, una ragazza castana e più grande di loro, accostarsi leggermente e sussurrarle qualcosa all’orecchio.
Leonard riuscì solo per pochi attimi a intravedere il volto scuro di Cerise, voltarsi di scatto a capo chino, gli occhi nascosti dalla folta frangia e le guancie arrossate, come se che quelle parole l’avessero turbata ancora di più.
  

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Capitolo 17
*** Chiarimenti ***


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Chiarimenti


Vide Cerise alzarsi dal tavolo sovraffollato mentre in tutta la sala regnava il caos, tutto era stato tremendamente impulsivo. Quando aveva sentito la voce di Cerise pronunciare il suo nome era rimasto pietrificato, quelle parole l’avevano sopraffatto. Si era sentito in agitazione, non riusciva spiegarsi il motivo, un forte timore si era impossessato di lui e lo aveva attanagliato, il suo respiro si era fatto affannoso, aveva quasi pensato ad un imprevisto attacco di panico quando si era andato ad ammorbidire il nodo alla cravatta. Ma forse la sua era la semplice paura di deludere le aspettative altrui. Di deludere le aspettative di lei.
Lei che in così breve tempo era riuscita a conoscerlo talmente bene.
Quando Cerise scostò la sedia per alzarsi a capo chino fu l’unico a farci veramente caso, disse soltanto alla sua vicina di posto, la stessa ragazza che prima le aveva sussurrato chissà cosa all’orecchio:
-Vado a rinfrescarmi un momento, torno subito. Poi la vide allontanarsi a passo svelto verso il separet al limite della serra, e in quel momento Leonard si sentì malissimo, un enorme senso di colpa lo pervase e lo spinse a seguirla.

“-Sicura di non averlo mai pensato?”

Le parole di Samantha riecheggiavano ancora nella mente di Cerise, la confondevano e per paura di una sua stessa reazione eccessiva in pubblico, in mezzo a tutte quelle persone, era scappata, e lei non era una che scappava. Mentre si lasciava tutto il caos alle spalle sentì un contatto. Qualcuno da dietro le afferrò un tremante polso, non poté trattenersi dal voltare lo sguardo e perdere un battito mentre incrociava quello del ragazzo:
-Mi dispiace. Io…
Lei strattonò il polso e si ricompose, il capo chino a nascondere il volto dalla frangia rossa, tremendamente in imbarazzo, e lei non si imbarazzava mai.
-No…non c’è niente di cui chiedere scusa.
-Io non ti ho chiesto scusa.
Lei strinse i pugni e lo fulminò con lo sguardo. Si sorprese ancora di più quando al ragazzo scappo un sorriso: -No aspetta, non fraintendere. Io non l’ho fatto apposta, mi ero chinato vicino al tuo tavolo per raccogliere una cosa da terra e appena hai pronunciato il mio nome… io semplicemente, non so per quale motivo ma non sono più riuscito ad allontanarmi.
Lei alzò un sopracciglio e fece un buffo cenno con la testa, stava per controbattere ma invece scosse il capo e chiese mostrando indifferenza:
-Bene, è tutto?
-Cerise…
La richiamò con confidenza, abbassando le spalle, come se lei avesse detto qualcosa di stupido.
-Che c’è ancora?
Chiese con la sessa autorevolezza che usava mentre dava direttive come Presidente del CeriseClub.
-Non volevo mancarti di rispetto né offenderti ma non chiedo scusa perché in fondo non sono pentito.
-E allora cosa c’è?!
-C’è semplicemente che ti ringrazio…!
Esclamò il ragazzo e lei lo guardò incredula. Abbassando il tono e l’intensità vocale, Leonard distolse lo sguardo e si portò una mano dietro il collo, segno che non era abituato a fare certi discorsi:
-…In realtà le tue parole mi hanno colpito molto. Non penso di meritarne la maggior parte, ma per il resto credo che riesca…a capire come sono veramente, anche quando neanche io lo capisco…
Gli scappò un secondo sorriso.
-…e che in un certo modo mi accetti. Non so se ho frainteso, ma tutte quelle belle cose che credi che mi appartengono, pronunciate da una persona come te…insomma, sono stato felice.
-Una persona come te?
Chiese scettica e timorosa.
-Certo! Sei..sei un fantastico Presidente!

-“Sei un fantastico presidente”...?
-Si…
Annuì Leonard a disagio rivolto ad una Rina pensierosa, mentre se ne stavano seduti nella sala relax del dormitorio.
-No. Aspetta… SEI UN FANTASTICO PRESIDENTE?!
Lei fece un’espressione e un verso poco femminile, inorridendo in piedi vicino alla finestra. Gregory e Marc erano scoppiati a ridere e Philippe, sporto sul tavolino con il suo solitario di carte, si stava trattenendo a stento. Era lunedì e il tea party, il suo primo tea party era ormai un dolce ricordo.
-Dio, Leo. Sei peggio di me con le ragazze, chi l’avrebbe detto?
Disse Gregory spaparanzato su un divanetto di pregiata pelle color crema.
-Purtroppo Gregory ha ragione, hai toppato in pieno…
Lo rimproverò Rina scuotendo la testa. I suoi amici avevano insistito per sapere dettagliatamente le sue impressioni sulla festa del giorno prima. I suoi amici si erano rivelati interessati solamente alle ragazze, lui aveva parlato di Tiffany e della sua insistenza poi, non sapeva bene come, erano passati al Presidente.
-Certo che sei carino ma quando apri la bocca ne spari!
Rimarcò Marc, facendogli salire un moto d’irritazione.
-Non è come pensate, non ho ancora finito!
Esclamò Leonard.
-Perché c’è dell’altro?
Chiese Gregory alzando un sopracciglio.
-Cielo, povera ragazza…
Mormorò Rina portandosi una mano sul viso.
-‘Stardi…

Leonard aveva appena sparato una frase come quella, ostentando un sorriso.
-Ah…
Disse lei poco convinta, la palpebra dei suoi occhi verdi mezza abbassata.
Leonard si diede del cretino mentalmente e cercò di rimediare.
-No, aspetta…
Lei stava scuotendo la testa, fece per voltarsi quando, per paura di aver rovinato qualcosa che neanche lui sapeva descrivere, afferrò un gomito della ragazza sollevandolo sotto il suo sguardo stupito. Leggermente l’attirò più vicino a se e, pensando a quanto liscia e diafana fosse la sua pelle, le disse:
-Sono convinto che tu sia molto più di tutto questo… Tutti e due pensarono al ciliegio e al loro incontro, anche se si trattava di poche settimane fa erano già cambiate molte cose.
Cerise con il polso a mezz’aria, rimase assorta negli occhi del ragazzo, di un profondo colore nocciola. Mentre i muscoli del corpo si rilassavano, quel polso iniziava a bruciare nonostante avesse indosso solo un vestito fresco ed estivo che lasciava ben scoperte le magre gambe affusolate e bianche come porcellana, cosa che Leonard non riusciva a smettere di pensare da tutta la giornata.
-E' che tu sai già così tanto di me, mentre io di te non so quasi niente. Sei un mistero. Vorrei solo riuscire a conoscerti meglio...
La ragazza a quelle parole sentì una fitta alla bocca dello stomaco.
-Leo! Ti stai perdendo Gregory che balla sul carrello!
Leonard si voltò per vedere chi lo aveva chiamato e notò Philippe da non molto lontano. Il ragazzo allora sorrise illuminandosi e fece un cenno del capo nella direzione dell’idiota che in lontananza aveva attirato l’attenzione.
Cerise si animò di colpo e osservando Leonard, si allontanò agitata sciogliendo la stretta, arrossendo come mai in vita sua e non riuscendo a inquadrare cosa le stesse succedendo, del perché di quelle reazioni e nel farlo distrattamente osservò anche lei la scena, sbiancando. Si accorse che uno degli amici di Leonard stava realmente ballando sopra il carrello, la cravatta in testa e poggiato sul naso uno dei cucchiaini del servito buono di Mariù che cercava di non far cadere.
-Chissà come si infurierà Adam.

Sorrise pensando a quel ricordo, lontano dalla realtà. Sul suo volto si modellò un’espressione assorta e si morse istintivamente il labbro.
-Hei perché fai quell’espressione?
Chiese stupita Rina riportandolo con la mente in quella saletta rumorosa.
-Già perché?
Chiese stralunato Gregory.
-Non sarà successo qualcosa dopo?
Chiese sorridendo e alzando un sopracciglio Marc, con una malizia che nascondeva sincera curiosità. Philippe da persona taciturna quale era, non disse niente ma si voltò stupito, interrompendo il gioco di carte.
Leonardo ghignò.
Un attimo di silenzio, Philippe fece scivolare le sue carte sul tavolo.
Nella stanza si levò un moto di stupore.
-Wow, Signor Leonard!
Disse ad alta voce Marc, ridendo.
-Allora c’è ancora speranza!
Disse Rina sedendosi sul bracciolo del divano dove il diretto interessato era comodamente seduto.
-Cosa?! Adesso tu ci racconti!
Disse ostinato Gregory, con una faccia superseria. Tutti lo incitarono a continuare, facendolo ridere.
-E’ un segreto.
A quella insoddisfacente risposta, Gregory allora gli balzò addosso come una scimmia.

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Capitolo 18
*** Dinamiche ***




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Dinamiche


-Cerise, Cerise…
Qualcuno la chiamava.
-Cerise, vieni, sono qui!
La donna stava sorridendo, era  più giovane di quanto ricordasse. I lunghi capelli rossi come i suoi, lunghi  intrecciati in una bellissima treccia.
-Nonna!
La nonna la prese in braccio e la strinse a sé.
-Sei la ciliegia più bella a questo mondo!
Lei rise mentre la nonna la faceva volteggiare in aria. Ma non appena la avvicinò di nuovo a sé, Cerise posò distrattamente la piccola mano sul viso maturo della donna. Appena lo fece, iniziò a notare le sue rughe d’espressione iniziare ad accentuarsi, la sua pelle ad apparire spenta e scura con macchie, i denti si ingiallire e i suoi bellissimi capelli rossi a diventare stopposi e bianchi, mentre dentro di sé si sentiva una strana sensazione. Si sentiva come Alice nel Pese delle Meraviglie, quando mangia il fungo e inizia a crescere e ingigantire. No…non era una sua sensazione, stava veramente diventando più grande! Mentre l’invecchiamento di sua nonna progrediva la sua mano si faceva sempre più adulta e le dita lunghe e affusolate…
-No!
Urlò spaventata scostandole la mano dal viso, ma la donna continuava a sorridere mentre la teneva tra le braccia, ormai a stento. Mentre le sue ciocche di capelli cadevano,  vedeva crescere rosse come fiamma che brucia le sue che andavano a coprirle la vista.
-Lasciami o morirai!
Continuava ad urlare e ad agitarsi, mentre il panico s’impadroniva di lei e lacrime salate inondavano le sue guance per poi cadere su quelle dell’anziana, a forarle la carne. Ma la nonna imperterrita non la ascoltava, mentre la sua espressione si faceva tenera:
-Va bene così amore, deve essere così.
Continuò a ripetere fino a quando le ossa si fecero sempre più sporgenti e la sua pelle cadere, fino a quando Cerise non sentì toccare il suolo con le sue lunghe gambe e della nonna ne rimase che lo scheletro, che poi diventò polvere e la polvere si sparse nell’aria.

-NO!

-Signorina Cerise! Svegliati!
-Non puoi morire! Non adesso che l’ho incontrato …!
-Cerise!
Mariù scosse la ragazza dal sonno e lei, frastornata con i capelli scompigliati e la pelle sudata, la fissò sconvolta per una manciata di secondi immobile senza proferire parola, l’unico rumore era il suo fiato corto. Quando l’amica non la chiamava “Signorina” voleva dire che era seriamente preoccupata.
-Ha fatto un incubo, non smetteva di gridare…
Disse dispiaciuta Mariù, mentre sentiva ancora le mani della Signorina stringerle le braccia e fissarla con un’espressione turbata. Alla fine Cerise riuscì ad accostarsi al petto di Mariù, questa la circondò in un caldo e confortante abbraccio, poi scoppiò a piangere.

-Mi dispiace molto per stanotte, ti ho svegliata. Per fortuna abbiamo camere più grandi e isolate dalle altre sennò non saresti stata l’unica. 
-Cosa vuole che sia, è compito mio.
Disse la ragazza facendole l’occhiolino, mentre si portava la tazza di the alla bocca e sorseggiava.
-No, questo non è vero. Solo perché ti ostini a darmi del lei, ma in realtà da qualsiasi aspetto la guardi sei più come una sorella che una cameriera di casa Margot.
La ammonì Cerise, ma la ragazza fece finta di non sentire imperterrita, come ogni volta che parlavano di certe cose. Erano nella gigantesca sala da pranzo, piena zeppa di studenti, sedute da sole al tavolo tra brioche, burro e centritavola. Cerise si massaggiò le tempie, esausta.
-Ti fa male la testa, vuoi che ti prenda una medicina?
-No Mariù non preoccuparti, non sono abituata a fare colazione con così tante persone. Ma infondo è per colpa mia se abbiamo fatto tardi.
Solitamente le ragazze facevano colazione con gli altri membri del club nel salone del Comitato, ma quella mattina non avevano fatto in tempo e la sala da pranzo era più vicina.
La verità è che erano al centro dell’attenzione. Tutti le fissavano, chi con la coda dell’occhio chi sfacciatamente e bisbigliavano increduli nel vedere il Presidente e la “Femme de chambre” (come chiamavano Mariù) a colazione con i comuni studenti. Soprattutto perché era raro vederle in uniforme, con le svolazzanti gonnelle a pieghe e il resto, trovavano comunque difficile confondersi con gli altri.
-In fondo anche il tea di qui non è male…Hei, c’è Leonard!
Disse tutta sorpresa Mariù. Cerise spalancò gli occhi, facendosi piccola piccola nella sedia.
-No, dove?!
Mariù dal lontano punto che stava fissando, guardò Cerise con un sopracciglio alzato e il sorriso sulle labbra. La ragazza se ne accorse, si raddrizzò sulle spalle e finse indifferenza:
-Hem, intendevo…che c’è di strano? Anche lui è di questa scuola, giusto? Pianta di ridere, maledetta!
-E’ con i suoi amici ad un tavolo infondo, vicino alla finestra.
-Nessuno te l’ha chiesto! E smettila di fissarlo, è da maleducati.
-Che male c’è? Ha i capelli tutti spettinati, quanto è tenero! E poi ha un bel sorriso, non trovi?
Cerise fece per girarsi ma si trattenne. L’amica smise di fissare il tavolo in fondo e tornò a lei, con uno sguardo assottigliato e sospettoso:
-Sai, è da un po’ che ho fatto caso a una ragazzina che sta sempre dietro a Leo, c’era anche al tea party primaverile, quella del club teatrale…
Cerise alzò gli occhi al cielo:
-Sarà la sua ragazza…
Mariù posò bruscamente la tazzina del the sul piattino, facendo schizzare qualche piccola goccia sulla tovaglia bianca immacolata.
-No! Non è possibile!
Carise si mise a ridere per tutte le persone attorno che si erano allarmate al grido di Mariù e le lanciò addosso una piccola margherita sottratta dal centrotavola.

Leonard strisciò fino all’aula dell’ultimo piano. Era sfinito, dopo due giorni pieni di compiti in classe era martedì e si stava dirigendo alla riunione del club. Quando raggiunse la porta un’inspiegabile ansia lo avvolse, ripensò al tea-party di sabato, ma poi scosse la testa ricacciando via i pensieri e, con un minimo di coraggio spalancò le porte dell’aula.
-Congratulazioni!
Schiocchi e stelle filanti gli fecero fare un balzo indietro, anche nel tempo perché ripenso al suo primo ingresso in quell’aula. Era inciampato e si trovava seduto per terra pieno di coriandoli, mentre i membri del comitato lo circondavano come avvoltoi, osservò le loro facce: il Conte aveva un fazzoletto e se lo portava agli angoli degli occhi mostrandosi oscenamente commosso, Julie pacata ai suoi piedi, Mariù aveva un sorrisetto super eccitato, Adam come al solito pareva scocciato in un angolo, Oscar invece continuava a scattare foto con la sua inseparabile Polaroid. Ma soprattutto il suo sguardo andò diretto verso una figura sconosciuta. Era una donna adulta con dei lunghi capelli neri che le ricadevano sopra le pieghe dell’elegante tajer blu notte che riusciva ben poco a contenere le formose curve. 
-Che diamine succede?
Domandò osservando Cerise per ultima. Lei lo fissava con un’espressione che lo agitò ancora di più, sorridevamo era diversa rispetto al solito. La sua espressione era quasi dolce ed esprimeva tenerezza, facendo andare il ragazzo in ebollizione. Davanti a lui, la formosa signora sconosciuta si schiarì la voce con aria soddisfatta:
-Caro Leonard Mircle, è appena arrivato il tuo primo incarico come membro del Comitato Consulenza Scolastica.

Erano seduti sugli eleganti divanetti mentre Mariù stava distribuendo ai presenti dei bicchieri colmi di limonata con ghiaccio.
-Sono stata maleducata a non presentarmi prima, mi chiamo Leandra Monperuje. Rivesto l’incarico di vicepreside alla San Margot e anche quello di docente responsabile del Comitato Consulenza Scolastica. Avrei voluto assistere alla tua cerimonia d’iniziazione ma aimè, non mi è stato possibile causa impegni lavorativi improrogabili.
Leonard, stupito allungò la mano verso la donna che gliela strinse:
-E’ un piacere conoscerla allora.
Lei gli sorrise rassicurante:
-Tu sei nuovo Leonard, non sei mai entrato in contatto con il vero motivo per cui esiste di Comitato. Hai potuto godere solo del lato sociale, quella che si può banalmente definire “pubblicità”, i tea party che organizziamo non sono altro che questo. Ci vuole coraggio a confidarsi con qualcuno e nessuno qui ha una laurea in psicologia, perciò grazie ai tea party e altri eventi cerchiamo di invogliare gli studenti a rivolgersi al Comitato per qualsiasi problema, cerchiamo di stabilire un contatto e di far sentire loro il nostro appoggio.
Leonard annuì mentre lo sguardo schietto della professoressa lo scrutava per percepire una sua reazione. Gli altri membri del Comitato stavano semplicemente in ascolto, il Conte seduto di fianco alla docente sembrava quasi una persona seria quando stava zitto.
 -Ma prima di essere tutto questo, il Comitato Consulenza Scolastica è una responsabilità. Questo progetto ormai va avanti da qualche anno e sono felice che abbia dato i suoi frutti, gli sforzi fatti non sono stati inutili. So che non esistono molti comitati come questo in altri istituti, solitamente troviamo esperti che gestiscono e offrono un appoggio morale agli studenti, ma se dobbiamo guardare in faccia la realtà, i ragazzi non sono mai molto propensi ad aprirsi con gli adulti. Proprio per questo qui abbiamo deciso di affidare questo compito ai ragazzi stessi, come vedi qui tutti gli studenti vi ammirano e fanno affidamento su di voi.
Lei si interruppe e lo fissò in attesa.
-Capisco.
Disse Leonard distogliendo lo sguardo e andando a toccare il bordo del bicchiere di cristallo col pollice. La donna si sporse sul tavolo e posò in maniera impercettibile la mano sulla sua, facendo sì che Leonard tornasse a fissarla.
-So che hai molti dubbi, ma credimi, non scegliamo persone a caso, sono stata personalmente io a confermare la tua ammissione al Comitato. E io non lascio mai niente al caso. Se ti abbiamo chiesto di farne parte è perché crediamo in te e sappiamo che hai i requisiti e le capacità per svolgere questo compito meglio di altri. Per intendersi, ci tengo a questo club e non lascerei mai che uno studentello scapestrato qualunque rovini il lavoro fatto finora.
Leonard arrossì impercettibilmente nel vedere la prosperosa donna ammiccare.
Poi improvvisamente, con una faccia serissima, anche il Conte si sporse al di là del basso tavolino e posò a sua volta la sua mano, andando a massaggiare quella della professoressa in modo ambiguo:
-Ti proteggerò io mio pulcino adorato, con le ali dell’amore!
Dopo un momento in cui tutti tacquero, la Signorina Monperuje fissò scocciata la sua mano: 
-Persino in mia presenza non ti smentisci mai!
Tutti scoppiarono a ridere e il Conte si beccò una gomitata sotto il mento dalla professoressa. Con due colpi di tosse la docente riportò l’ordine nella sala:
-Comunque, ti facciamo le nostre congratulazioni per il tuo primo incarico vero e proprio.
-In cosa consiste?
Chiese un po’ incerto.
-Non so se ti è stato detto, vi sono ben due tipologie di incarichi: gli studenti vi inviano delle lettere a cui dovete rispondere oppure si segnano per richiedere un colloquio. Ti sono arrivate molte lettere, la cassetta viene aperta ogni martedì per l’appunto, ma consideriamo i colloqui più importanti perché più impegnativi. Qualcuno ha chiesto di te subito dopo il tea party di sabato, è un bel risultato, ti consiglio di focalizzare l’attenzione su questo. 
-Certo. Posso sapere chi ha chiesto di me?
La professoressa abbassò lo sguardo e andò a controllare un foglio con sopra una lista indistinta di nomi, accanto a questo una cassetta contenente una miriade di lettere di ogni colore. 
-E’ una ragazza, si chiama Giselle Brune.
Adam, con il bicchiere alla bocca, sputò la limonata rischiando di soffocarsi. I presenti si voltarono a fissarlo.
-La conosci.
Constatò Cerise ridendo di gusto. Adam le lanciò un’occhiataccia mentre stava ancora tossendo e asciugandosi la bocca con un tovagliolo.
-E’ una sua cara amica d’infanzia.
-Che dici Mariù?!
Esclamò Adam non appena si riprese. Leonard, stupito chiese spontaneo:
-Ma perché ha chiesto di me?
Il ragazzo lo fissò irritato:
-Cosa cavolo ne so! Che me ne importa, tanto non la sopporto!
-Non dire così, siete molto carini insieme!
Adam guardò scioccato Mariù continuare a parlare:
-Siete divertentissimi quando bisticciate! Vi conoscete da quando siete piccoli perché le vostre famiglie sono amiche,vero?
-Non significa nulla!
Replicò il diretto interessato cercando di interrompere le risate dei presenti:
-Vi punzecchiate sempre a vicenda come una coppietta…
-Smettetela!
Urlò allora Adam alzandosi di scatto dal divanetto. Tutti si zittirono improvvisamente nel vedere la sua espressione cupa, in una rete di sguardi che si incrociavano sorpresi. Gli unici in piedi erano Adam e Mariù.Il ragazzo teneva gli occhi bassi e le sopracciglia aggrottate per la frustrazione mentre le sue ciocche di capelli castano ramati solitamente sempre in ordine ora gli sfioravano la fronte:
-Smettila.
Disse allora più piano. La ragazza spalancò gli occhi per poi sbatterli confusa, cercando qualcosa da dire:
-I-io non…
Non la fece parlare più:
-Ti prego.
Era una richiesta secca con una punta di esasperazione. La ragazza, che si copriva la bocca con una mano fasciata dal guanto bianco immacolato, si protese verso di lui. L’aria era carica di tensione e tutti gli altri presenti non osarono proferire parola fino a quando Adam non uscì dalla stanza silenzioso, lasciandosi indietro una ragazza mortificata, una sua mano invano sospesa in aria e troppe parole non dette.

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