Il posto più matto del pianeta

di UlquiorraSegundaEtapa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Quel giorno che iniziò la leggenda ***
Capitolo 3: *** Quel giorno che saltò in aria l'apetto ***
Capitolo 4: *** Quel giorno che toccò a Ferdinando ***
Capitolo 5: *** Quel giorno che Michele s'ubriacò ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


INTRODUZIONE

 

 

 

Salve a tutti: prima di cominciare con la nostra divertente storiella ho deciso di farvi una piccola introduzione. Questa storia è ispirata ai racconti umoristici di un mio amico, che si sono fatti più frequenti la sera al nostro paesino.

Fatti e personaggi di questa storia sono in parte reali e in parte inventati, mentre il luogo in cui si svolgono le vicende esiste realmente, ma non ne farò il nome. Molti dei dialoghi saranno scritti in dialetto e i nomi dei personaggi sono modificati per rispetto della privacy.

Passiamo ora ad una breve lista dei personaggi, che mi sento di darvi in modo da orientarvi meglio alla lettura.

-Narratore: voce narrante che racconta le vicende a un gruppo di ragazzi-noi-seduti su alcune panchine.

-Don Vincenzo-vero nome Germano Mosconi: è il prete-falso, lo si capisce dal nome vero-del piccolo borgo in cui si svolgono i fatti.

-Ferdinando: un anziano signore che si estranea da tutto e da tutti, possiede un motorino e un apetto che saranno fondamentali più avanti.

-Matteo: un vecchio scorbutico e assolutamente estraneo all'igiene, è con lui che inizia il racconto.

-Michele: non anticipo nulla, è solo il personaggio più popolare della storia.

-Andrea: è il figlio di Michele, ha un ruolo marginale.

-Francesco: è il pompiere che abita accanto a Michele, c'è continua tensione tra i due.

-Francesca: che fantasia, la moglie di Francesco.

-Davide: il capo della polizia che opera nel borgo.

-Umberto: vecchietto timido che ha paura di tutto.

-Franco: fruttivendolo, con una porche di lusso, in realtà è un ex-boss mafioso della cosca di Corleone.

Credo di averli elencati tutti: badate che questa storia la ritengo davvero divertente, e mi piacerebbe ricevere qualche recensione. Il racconto si snoda attraverso sette capitoli, relativamente brevi, magari non della lunghezza a cui sono abituati i lettori appassionati, ma non è stata pensata per essere una fic difficile da sostenere. Piccolo avviso: presenza di linguaggio molto scurrile.

Ringrazio in anticipo coloro che mi seguiranno e commenteranno: e ora cominciamo!

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Capitolo 2
*** Quel giorno che iniziò la leggenda ***


QUEL GIORNO CHE INIZIO' LA LEGGENDA

 

 

 

"Narra la leggenda che il nostro borgo esisteva già da molti anni, quando Chuck Norris combatteva le divinità egiezie nel deserto e quando vennero ad abitarvi le persone che diedero origine al mito. Primo fra tutti, è il vecchio Matteo: è con lui che ha inizio la nostra storia.

Un giorno, il vecchio Matteo si trovava alla locanda del paese insieme a Michele, suo figlio Andrea, il pompiere Francesco, e qualche monellaccio del paese. Verso le dieci di sera, Michele si alzò e disse: -Va bene, me ne torno a casa!

-Ma come, già te ne vai?- gli chiese Matteo. -Eh si: devo tornare a casa, farmi il bidet e poi devo andare a letto.

A questo punto vidimo Matteo che sgranava gli occhi: infuriato come una belva, aggredì Michele. -Ma che cazzo dici?! Il bidet?! Perchè vorresti farmi credere che tu ti fai il bidet?!

-Si. -rispose l'altro, tranquillo, cosa che fece solo aumentare la rabbia del vecchio Matteo. -Ma che diamine, mi fai schifo: mi piacerebbe sapere quanti di voi si fanno il bidet qui!

Non era una domanda, ma finì per diventarlo: immediatamente, tutti i presenti alzarono la mano, e Matteo si ritrovò spiazzato, avendo scoperto di essere circondati da a detta sua.

Alzò le braccia in un gesto furioso sbraitando: -Vaffanculo, mi fate tutti schifo: ma non lo sapete che io non mi faccio il bidet da quando avevo diciott'anni!

Ennesima affermazione che si trasformò in una domanda: tutti alzammo le nostre sedie e le allontanammo, mentre Michele se ne andò portandosi via il figlio. Da allora non osammo avvicinarci più di tanto al vecchio Matteo.

E francamente mi rimase il dubbio di come curasse la sua igiene personale, finchè un giorno non lo vidi che vagava per i campi, nudo, mentre cercava di strappare le foglie di un albero per pulirsi il suo didietro.

Era un vero e proprio matto! "

Ed ecco qui il primo capitolo: io vi avevo avvertito, è breve, simpatico, magari nemmeno divertente ma è un buon inizio a mio parere. Ma dovete essere voi a dare il giudizio finale: recensite, mi faranno tanto piacere i vostri commenti, anche quelli negativi, perchè magari mi aiutano a migliorarmi.

E ora abbiamo fatto la conoscenza del nostro primo personaggio, colui che non si faceva il bidet. Come vedete, la storia è scritta in prima persona, dal punto di vista del narratore-il mio amico-e ciò rende molto più semplice la lettura.

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Capitolo 3
*** Quel giorno che saltò in aria l'apetto ***


QUEL GIORNO CHE SALTO' IN ARIA L'APETTO

 

 

 

"Proseguo il mio racconto narrando la nostra prossima vicenda: un abitante del paese portava il nome di Franco, e faceva il fruttivendolo. Stranamente-per quanto facesse un lavoro modesto- possedeva una porche nera di lusso, che sfoggiava con sicurezza e sopratuttò con vanità, visto che si credeva superiore agli altri.

E guai a chi osava contraddirlo: infatti nessuno conosceva il suo nome completo. Gentil. signore Franco Corleone, ex-boss mafioso nonchè capo più potente nella storia dei Corleonesi. Ora si era ritirato a vita privata, ma era sempre un tipo pericoloso.

Stà di fatto che-con tutti gli attentati che aveva fatto-gli era rimasto il vizio di far esplodere le vetture: quello sventurato giorno toccò all'apetto di Michele. Ricordo ancora quando l'aveva cosparso di benzia e gli aveva dato fuoco: abbiamo visto fin da subito le fiamme che lo ricoprivano.

Michele è uscito dalla locanda lì affianco: -Porco *** che cazzo è successo?! -urlò mettendosi le mani sulla testa. Le fiamme continuavano a crepitare, divorando l'apetto: -Ma chi è quell'emerita merda che l'ha fatto?!

Nel frattempo, vidimo correre verso l'auto il pompiere, con un secchio della spazzatura pieno d'acqua fra le mani. -Aoh Francesco. non fà cazzate! -gli urlò Michele.

-Tranquillo, ci penso io! -gridò lui, rovesciando il contenuto del secchio sul mezzo. Le fiamme parvero spegnersi, poi una fiammata ancora più alta divampò avovlgendo in un attimo la vettura.

Il pompiere prese una goccia del liquido e l'annusò: -Benzina? Oh cazzo...-mormorò, rendendosi conto dell'errore appena commesso. Fu un attimo: l'apetto fece un prima di schizzare in aria seguito dalle fiamme, e atterrare in mezzo al campo, sfracellandosi e finendo in pezzi.

Francesco imprecava sottovoce, Michele se ne stava con gli occhi sgranati e le labbra tremolanti, pallido in volto. Da quel giorno, non sono Michele iniziò a parlare facendo aderire la lingua alla bocca e allungando il suono delle parole, ma ogni giorno, alle due del pomeriggio, si posizionò sempre nello stesso punto della sua casa, davanti alla finestra, a fissare Francesco indicandolo con il dito, e ripetendogli sempre la stessa frase: -Pooooompiere, tu m'hai distrutt' l'apett', e mò m'el devi arpagà! "

E si conclude qui il nostro secondo capitolo: vedo che questa raccolta non è molto gradita, ma dato che è breve voglio terminarla. Nulla da dire, nel prossimo racconto vedremo lo sfortunato incidente di Ferdinando.

Arrivederci a tutti!

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Capitolo 4
*** Quel giorno che toccò a Ferdinando ***


QUEL GIORNO CHE TOCCO' A FERDINANDO

 

 

 

"In ciò che sto per narrarvi ora è presente un momento di tragicità: sto per raccontarvi le sventurate vicende del compaesano Ferdinando. Dovete sapere che lui aveva problemi cardiaci, che gli causano spesso degli infarti: un giorno lo vedevamo che tornava in paese con il suo motorino.

Successe tutto nel giro di un attimo: guidava il motorino, una mano sul cuore e poi subito a ruzzolare per il campo con il suo mezzo. Non c'è bisogno di dire che corremmo subito da lui: -Oh Ferdinando, stai bene?! -gli chiedemmo.

-Non voglio niente! -ci rispose lui, gesticolando con le mani: era anche lui mezzo matto. Chiamammo l'ambulanza, che si occupò di lui e lo riportò da noi pochi giorni dopo. Vi faccio una piccola tabella per riconoscere il suo incidente:

-suono del motorino: miiiiiiii

-suono della mano sul cuore: tun

-suono della caduta: sbam.

Ora immaginate che accada tutto nell'arco di un secondo: miiiiiiii, tun, sbam!

Pochi giorni dopo, Francesco passeggiava per la strada, e aveva notato l'apetto di Ferdinando fermo sul ciglio della strada, ma di lui non c'era traccia: allarmato da un presentimento, aveva deciso di andare a controllare, e aveva trovato il vecchio steso sotto l'apetto.

-Ferdinando, che cazzo hai fatto?!

-Vai via! Sto bene! -fu la risposta. Ennesima ambulanza, ennesima soluzione. Da lì in poi, fu l'ultima volta che vedemmo Ferdinando: quando due giorni dopo lo andarono a trovare, lo trovarono a casa sua, seduto sul divano, con un braccio che pendeva dietro, e la tele accesa. Aveva la bocca aperta e gli occhi chiusi: un altro infarto, questa volta mortale.

L'unico dettaglio divertente di questa storia? Il giorno del funerale, mentre tutti erano in chiesa, ho visto Michele che usciva dal garage di Ferdinando con il suo motorino-lo stesso dal quale era caduto-e lo guidava fino a casa sua.

In pratica una tragedia, tutti al funerale, e lui si cucca il motorino: ma presto capirete che Michele è ancora più matto. "

Ed ecco che abbiamo finito anche questo capitolo: conto di riuscire a finire la storia entro oggi, o massimo domani, se non avrò voglia.. Il prossimo capitolo lo considero il più esilarante di tutta la storia, e spero vi spingera a recensire.

Ciao a tutti!

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Capitolo 5
*** Quel giorno che Michele s'ubriacò ***


QUEL GIORNO CHE MICHELE S'UBRIACO'

 

 

 

"Michele è sempre stato un tipo abbastanza strambo, da quel giorno che Francesco gli aveva distrutto accidentalmente l'apetto e lui aveva iniziato a parlare in quel modo. Ma anche Francesco faceva la sua parte per farlo infuriare: parcheggiava sempre la sua auto dalla parte di strada davanti casa di Michele.

Come se non bastasse il fatto che quello ogni giorno alle due si posizionava alla finestra di casa sua e gli ricordava di ripagargli l'apetto. Osservando la vettura, chiamò a se suo figlio e gli disse: -Andrea, ascoooltame. Io adè vojo che te metti d'impeeeegno e me fai un bel cartell d' leeegno: ce dev'esse scritto sopra hai capit'?

Perchè quel pooooompieeeere di merda mette sempre l'auto n'tela parte sbajata, e romp'i cojoni. Hai capit'? Ce dev' stà scritt...

E aveva continuato a rispiegarglielo per mezz'ora: il povero Andrea se ne stava lì con le braccia ciondolanti e la bocca aperta, perchè non ne poteva più. Alla fine, si mise d'impegno, e piantò il cartello che aveva fatto davanti casa sua.

Mentre Francesco tornava a casa, vide il cartello, e salutò Michele con la mano: -Te pensa a'rpagamme l'apeett', poi magari te saluto! -rispose lui indicandolo. E così proseguiva la giornata, ma di lì a poco Michele sarebbe veramente uscito dai gangheri, e ora vi spiego cosa sucesse quella volta.

In una serata che sembrava dover trascorrere tranquilla, ce ne stavamo seduti sul muretto davanti casa di Michele, quando lo vidimo uscire, completamente sbronzo, che mormorava: -Adeeesss io te fò vedè!

Sebbene le due case fossero confinanti, c'era un muretto che le teneva divise: Michele prese a scavalcare quel muretto-e badate che per un uomo della sua età non è cosa facile-ma perse l'equilibrio e cadde con la fronte su un blocco di cemento nel cortile di Francesco.

Noi lo vedevamo lì, immobile steso a terra con la fronte su quel blocco: dapprima credevamo che fosse morto. Rimase quaranta minuti fermo in quella posizione, poi si rialzò come uno zombie, senza accennare il minimo dolore, e si diresse verso il cartello di legno fatto da suo figlio.

Piantato saldamente nel terreno, prese a tirarlo fuori bestemmiando sottovoce: preciso che il povero Andrea ci aveva messo tre giorni per farlo, e vi si era messo anche d'impegno, e ora lui, in preda ai fumi dell'alcol certo, lo scorticava con disinvoltura.

Quando riuscì ad estrarlo dal terreno, si diresse verso casa di Francesco: quest'ultimo, nel frattempo, stava uscendo di casa con una serie di barattoli di vernice e pitture varie. Quando vide il suo vicino di casa armato di quell'arma rudimentale rimase spiazzato: -Michele? -fece inarcando un sopracciglio.

-Pooooompieeeere! -sbraitò lui agitando il bastone. A quel punto scattò una sorta di duello alla Matrix: Francesco arricciò le labbra, prese un paio dei suoi barattoli di pittura e iniziò a lanciarglieli contro.

Michele avanzava respingendo i , mentre Francesco continuava con la sua raffica: quando vide che era troppo vicino, prese gli ultimi dieci secchi rimasti e corse a ripararsi dietro la siepe di casa sua.

Dovete sapere che la casa di Francesco è rialzata rispetto alla strada, e c'è appunto questa siepe a dividerla: Michele si avvicinò alla siepe e prese a scorticarla con il bastone appuntito.

-Io t'aaaammaaaazz! -continuava a ripetere: allora, il problema è che lui colpiva la siepe con la parte appuntita del palo, quella con cui era stato piantato nel terreno, ma nel frattempo si spaccava il cartello sulla schiena.

Tanta fatica sprecata, avrebbe pensato Andrea se lo avesse visto: Francesco intanto, rintanato dietro la siepe, prendeva ogni tanto un barattolo di vernice e lo lanciava all'indietro come fosse una granata, con scarsi risultati però.

Per sua fortuna, Michele non aveva capito che poteva fare il giro della siepe e infilzarlo, altrimenti per lui sarebbero stati guai: ma lui preferiva stare lì ad infilzare la siepe-ormai ridotta ad un cespuglietto-e a spaccarsi il cartello sulla schiena.

Francesca, la moglie di Francesco-quale fantasia, penserete-, non vedendo tornare il marito, era uscita fuori a controllare: -Oh mio Dio! -aveva esclamato mettendosi le mani davanti alla bocca, quando aveva visto suo marito che lanciava granate da dietro la siepe e il suo vicino di casa che urlava e ruttava come un matto con la schiena sanguinante, continuando a ripetere senza sosta .

-Francesca, chiama la polizia porca puttana, che questo ci uccide tutti! -le aveva urlato contro il marito: -Io t'aaaammaaaazz! -aveva infatti confermato poco dopo Michele. Francesca non se lo fece ripetere due volte: corse in casa e telefonò alla polizia.

Quando le autovetture con le sirene accese arrivarono-e Francesco aveva finito le armi-Michele aveva appena capito che poteva fare il giro, e aveva preso a circumnavigare la siepe, con il povero Francesco sottotiro.

Da una delle auto scese Davide, il capo della polizia: -Aoh Francesco, che cazzo fai?! -gli aveva gridato.

-Roaaaarr! -aveva risposto l'altro, agitando il cartello sopra la testa: gli agenti intervennero subito, strappandogli l'arma di mano. Menter cercavano di ammanettarlo, Michele oppose resistenza, arrivando addirittura a mettere le mani in faccia a Davide.

E voi sapete che non si può fare, vero: è vietato mettere le mani in faccia a un polizziotto, è resistenza a pubblico ufficiale. A quel punto Davide s'infuriò veramente: sbattè il volto dell'aggressore sul cofano della sua macchina, ammanettandolo a dovere, mentre questo continuaav a mugugnare di dover uccidere il vicino.

Quando si rialzò, si rivolse a Francesco come un demone: -Io torn' e t'aaaammaaaazz!!

Quando lo avevano messo dentro l'auto per portarlo via, lui si ribellava e ruggiva facendo ondeggiare la vettura: minaccia della serie , non trovate anche voi? "

Ed ecco che si conlude anche il nostro quinto capitolo: mancano solo due capitoli alla fine della storia, poi ci sarà l'epilogo dove farò i miei commenti finali. Ma prima di chiudere ringrazio tantissimo Faddo94 per la sua recensione: è stato un piacere leggere il tuo commento, ma ancora di più è stato un piacere scoprire che ti è piaciuta la mia storiella.

Come vedi ho seguito il tuo consiglio, e ho allungato un po'. Come ultima cosa sappi che leggerò la tua fic, per sdebitarmi per la recensione. Nel prossimo capitolo, torneremo a parlare d'incendi.

Ciao a tutti!

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