White Porcelain and the seven Dwarflers

di _hurricane
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Once upon a time, my prince ***
Capitolo 2: *** Once upon a time, raining ***
Capitolo 3: *** Once upon a time, a special day ***
Capitolo 4: *** Once upon a time, savior ***
Capitolo 5: *** Once upon a time, a safe place ***
Capitolo 6: *** Once upon a time, gift ***
Capitolo 7: *** Once upon a time, where I belong ***
Capitolo 8: *** Once upon a time, like a fairytale ***
Capitolo 9: *** Once upon a time, evil plan ***
Capitolo 10: *** Once upon a time, prince and princess ***
Capitolo 11: *** Once upon a time, goodnight ***
Capitolo 12: *** Once upon a time, darkness ***
Capitolo 13: *** Once upon a time, chasing ***
Capitolo 14: *** Once upon a time, looking for you ***
Capitolo 15: *** Once upon a time, true love's kiss ***
Capitolo 16: *** Once upon a time, happily ever after ***



Capitolo 1
*** Once upon a time, my prince ***


I – Once upon a time, my prince

 

Cera una volta, in un regno molto lontano, un giovane fanciullo dalla pelle chiara, così chiara che tutti lo chiamavano Porcellana. Era il figliastro della Regina, la perfida Sue Sylvester, che aveva segretamente ucciso suo marito per impossessarsi del trono e costringeva Porcellana, il cui vero nome era Kurt, a vestirsi di stracci e lavorare come servo nel suo enorme palazzo. La Regina, che aveva un ego forse più grande del suo stesso regno, quasi ogni sera consultava il suo specchio magico domandandogli: “Specchio, servo delle mie brame, chi è la persona più famosa del Reame?”. E lo specchio, puntuale rispondeva: “Sei tu, mia Regina”. Ma con il tempo, Porcellana iniziò ad essere sempre più popolare a corte a causa degli assoli canori che improvvisava mentre lavava i pavimenti, pensando che nessuno lo sentisse. A sua insaputa, e per un po’ di tempo ad insaputa della Regina, racconti e lodi sulla sua bellissima voce d’angelo iniziarono a circolare per tutto il Regno.

In un freddo giorno d’inverno, quando la neve non aveva ancora iniziato a cadere, Porcellana era intento a lavare le scale del giardino del palazzo. Gli stracci troppo leggeri lasciavano trapelare taglienti soffi di vento, provocandogli qualche brivido di tanto in tanto, ma lui non accennava a fermarsi. Adorava poter stare all’aria aperta, piuttosto che in cantina o negli angusti saloni del castello, con polvere e ragnatele da eliminare. Lì fuori, illuminato dal timido sole del mattino invernale pallido quasi quanto la sua pelle, Porcellana poteva viaggiare con la sua immaginazione e fare finta di essere altrove, possibilmente su un cavallo bianco insieme al principe dei suoi sogni. Perché sì, Porcellana sognava da sempre che un principe bello, gentile ed affascinante venisse a salvarlo, per portarlo via da quel luogo di dolore e sofferenze, sposarlo e regalargli tanti bei vestiti da poter indossare. Porcellana amava anche i vestiti. Da morire. Quando era piccolo, e i suoi genitori erano ancora vivi, poteva chiedere loro di far confezionare il più stravagante degli abiti, ed ottenerlo: era un bambino davvero viziato. Ma poi, troppo presto, sua madre morì, e altrettanto presto suo padre trovò una donna che potesse stare al suo fianco ed essere una nuova madre per Kurt. Quella donna però non lo trattò mai con gentilezza, e molto spesso l’aveva vista storcere il naso davanti al suo guardaroba colmo di colori e fantasie. Alla morte di suo padre, avvenuta in circostanze molto misteriose, la Regina fece sparire tutto quanto, e a Kurt fu definitivamente chiaro che quella donna non gli aveva mai voluto bene.

Porcellana si accovacciò sull’ultimo gradino di pietra, appena fuori dal portone principale, e bagnò il panno che aveva in mano in un secchio pieno d’acqua fino all’orlo. Poi lo strizzò, senza infondervi troppa forza in modo da farlo restare umido, e iniziò a strofinarlo sulle grandi e lisce lastre che componevano i gradini grigi. Senza fermarsi, si guardò intorno, per accertarsi che non ci fosse nessuno. Faceva abbastanza freddo, ed era il giorno libero dei giardinieri: pensò che quello era proprio il momento giusto per cantare, che era la cosa che amava di più al mondo, persino più dei vestiti ai quali aveva dovuto dire addio. Si schiarì la voce e, immaginando la giusta musica e l’atmosfera, intonò con la sua candida e melodiosa voce:

“I really can’t stay…

I’ve got to go away…

This evening has been so very nice…

My mother will start to worr-“

 

“Beautiful, what’s your hurry?”

Porcellana si fermò di colpo. Quella non era la sua voce. Era bella, molto bella, ma totalmente diversa dalla sua. Era una voce calda, virile, rassicurante. Si guardò intorno allarmato, cercando di capire da dove provenisse. Ma sembrava non esserci proprio nessuno in quel giardino, così pensò che fosse stata la sua immaginazione, ormai troppo abituata a vagare libera, e riprese a cantare come se niente fosse successo, rivolgendo nuovamente lo sguardo al pavimento:

“My father will be pacing the floor…”

“Listen to the fireplace roar…”

No, non era la sua immaginazione. La voce si era fatta addirittura più vicina. Porcellana alzò gli occhi dal panno umido che aveva tra le mani, e questa volta vide qualcosa muoversi tra gli alberi. Un ragazzo moro, non molto alto ma incredibilmente bello, sbucò dalle fronde sfoggiando un enorme sorriso. Indossava una casacca blu molto aderente, con le maniche a palloncino, e pantaloni bianchi infilati in due lucidissimi stivali di pelle. Non appena il principe – beh, Porcellana ne avrebbe riconosciuto uno lontano un miglio – incontrò il suo sguardo, cambiò espressione. Smise di sorridere, ma più che turbato sembrava… sorpreso. Scrutò Porcellana per un lungo, silenzioso minuto, poi sorrise di nuovo, stavolta senza mostrare i suoi bianchissimi denti. A Kurt parve un sorriso ancora più bello, perché sembrava timido e sincero allo stesso tempo, e non plateale come quello precedente. La pelle chiara delle sue guance si imporporò lievemente, e dovette abbassare lo sguardo, imbarazzato. Aveva davanti a sè un principe, un vero principe, e stava fissando proprio lui.

“Scusami, non volevo spaventarti” disse allora il ragazzo dai capelli ricci e scuri, facendo un piccolo passo verso di lui. Porcellana continuò a mantenere gli occhi bassi, incapace di trovare una frase che si addicesse ad un principe. Lo era stato per troppo poco tempo, e aveva già dimenticato le buone maniere, le regole di galateo e le norme del buon comportamento tra persone di alto rango. Sempre più rosso in viso, prese il panno ed il secchio e si alzò in piedi, improvvisamente desideroso di scappare via per non permettere che il sogno della sua vita lo vedesse ridotto in quel modo, intento a strofinare dei gradini sudici. Era davvero poco romantico.

“No, aspetta!” gridò il principe vedendo Kurt voltarsi verso il portone, e senza pensarci due volte afferrò una manica della sua casacca beige e stropicciata, per fermarlo.

“Sc-scusami tanto” si affrettò subito a dire, lasciandola. Ora era lui ad essere imbarazzato.

A Porcellana sembrò a dir poco assurdo: quel ragazzo gli aveva chiesto scusa già due volte, e lui non aveva nemmeno parlato. Eppure, continuava a non trovare le parole.

“E’ che… passavo da queste parti con il mio cavallo, e ho sentito la tua voce. Era troppo bella, così l’ho seguita e ho scavalcato il muro per scoprire di chi fosse” disse il principe dopo aver fatto un piccolo sospiro, come per infondersi coraggio.

“Grazie…” – rispose Porcellana, certo che quella parola fosse sufficientemente gentile, – “…anche voi avete una bella voce”. Bella è riduttivo, pensò tra sé e sé.

Il principe sembrò sinceramente contento di quel complimento, perché gli occhi gli si illuminarono e sorrise. A Porcellana sembrò di essere quasi abbagliato da quella luce, e non potè fare a meno di sorridergli di rimando, come se fosse la cosa più spontanea del mondo.

“Visto che ti ho interrotto in modo così maleducato, lascia almeno che mi presenti. Sono il Principe Blaine Anderson, del regno vicino. Ma ti prego, chiamami Blaine e non darmi del voi!” disse poi, porgendo la mano a Kurt in attesa che la stringesse.

“Io mi chiamo Kurt Hummel, ma nessuno mi chiama così. Per tutti, sono Porcellana” rispose lui, stringendola con poca convinzione. Non era sicuro di volergli dire di quel soprannome un po’ imbarazzante, ma le parole uscirono dalla sua bocca senza che se ne potesse accorgere.

“Credo di capire il perché” rispose Blaine dopo aver lasciato la presa. Si guardarono per qualche secondo, studiandosi a vicenda. Kurt si disse che, se solo avesse avuto a disposizione il suo guardaroba, quell’incontro sarebbe stato ancora più bello.

“Posso farti un domanda?” disse Porcellana dopo un po’.

“Certo!” rispose Blaine sedendosi sullo scalino, come per fargli capire che avrebbe voluto una lunga ed approfondita conversazione. Kurt si sedette accanto a lui, lasciando deliberatamente una ventina di centimetri di spazio tra loro, per l’imbarazzo.

“E’ vostr- cioè, è tua abitudine scavalcare i muri dei palazzi quando senti qualcuno cantare?” chiese con voce innocente, nascondendo una punta di ironia. Purtroppo, era un lato del suo carattere che difficilmente riusciva a tenere a freno, persino davanti al principe che aveva sempre sognato. Blaine fece una risatina.

“Beh, veramente no… Non capita certo tutti i giorni di sentire una voce come la tua. Era così… così angelica, che pensavo fosse di una fanciulla” rispose guardando dritto davanti a sé, con lo sguardo perso chissà dove.

Porcellana non seppe se essere felice o meno di quell’ultima affermazione. Era certo però che nelle favole che sua madre gli leggeva quando era piccolo non c’erano mai principi che sposavano altri principi, o addirittura servi vestiti di stracci. C’erano sempre principesse dai lunghi boccoli biondi, e affascinanti cavalieri pronti a salvarle da qualsiasi pericolo, pronti a rischiare la vita soltanto per poterle rivedere, anche solo una volta di più. In effetti, Kurt si era sempre chiesto perché fosse così, e nemmeno sua madre gli aveva saputo dare una spiegazione.

Eppure, quel principe non si era tirato indietro, anche dopo aver scoperto che lui non era una di quelle bellissime fanciulle delle fiabe. Forse l’aveva fatto solo perché gli sembrava scortese scappare via senza dirgli nulla. Porcellana cercò di convincersene, ma più guardava con la coda dell’occhio il giovane seduto accanto a lui, più si innamorava perdutamente di ogni singolo lineamento del suo viso.

 

 

* * *

 


Note di _hurricane:

1- se per caso ve lo stiate domandando, sì, sono impazzita. Ma il fatto è che io inserirei Kurt e Blaine OVUNQUE, e questa storia ne è la prova lampante.

2- la storia, come avrete capito, sarà ispirata alla favola "Biancaneve e i sette nani", ma la trama subirà svariate modifiche visto che altrimenti Blaine dovrebbe sparire nel nulla per tutto il tempo per poi riapparire sul finale, come l'inutilissimo principe dal nome ignoto della favola originale.

3- la mia idea iniziale era scrivere una specie di "favola realistica", che fosse una via di mezzo tra il "Per sempre felici e contenti" e la vita reale. Starà a voi giudicare se ci sono riuscita o meno: personalmente, penso più che altro di aver scritto senza volerlo la cosa più fluffosa della Terra, quindi vi consiglio di tenere sotto controllo il vostro tasso glicemico di tanto in tanto.

4- il copyright per il nome "Dwarflers" (Dwarfs = nani + Warblers) appartiene a mia sorella. Sicuramente vi chiederete: "E a noi la cosa importa perchè...?" Beh, in effetti non importa a nessuno. Ma lei ci teneva a farlo sapere, perciò eccoti accontentata! xD

5- il nome italiano della storia, che credo suoni peggio di quello inglese e che quindi non ho scritto, è "Porcellana Bianca e i sette Usignani". Semplice informazione di servizio.

6- qualcuno di voi si ricorderà di me per "How can I break this spell?". Beh, ci tenevo a salutare coloro che mi hanno seguito in passato e ovviamente spero che anche questa storia vi piaccia. A quelli che invece mi leggono per la prima volta, auguro buona lettura e spero di poter piacere anche a voi, nonostante la storia forse "poco ordinaria"!

Con questo vi saluto, arrivederci al prossimo capitolo!

With love, _hurricane <3


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Capitolo 2
*** Once upon a time, raining ***


II – Once upon a time, raining

 

Allora…” – disse Blaine all’improvviso, destando Porcellana dalla sua contemplazione, – “…che ne diresti di concludere ciò che abbiamo iniziato?”

Porcellana sperò di aver capito male. Il principe voleva cantare… insieme a lui? Non aveva mai cantato davanti ad un’altra persona – o almeno, così credeva – e non era nemmeno sicuro di essere così bravo. Deglutì e abbassò gli occhi, guardandosi le scarpe sporche e strappate in più punti.

“Che cosa c’è?” domandò allora Blaine con aria preoccupata, voltandosi verso di lui.

“E’ che… non ho mai cantato con qualcuno” rispose Porcellana con voce bassa, come se fosse una terribile vergogna. Con la coda dell’occhio, vide Blaine sorridere. Era impossibile non notarlo. Probabilmente se ne sarebbe accorto anche se fosse stato di spalle, tanto quel sorriso era abbagliante.

“C’è una prima volta per tutto” disse il principe, alzandosi improvvisamente in piedi davanti a lui. Senza aspettare una risposta, gli porse la mano con un gesto elegante e teatrale e iniziò a cantare con la sua voce forte e piena:

“Beautiful, please don’t hurry…”

Porcellana lo guardò intensamente, per poi concentrarsi su quella mano che stava aspettando di unirsi con la sua. Fece un profondo respiro, lasciò il panno umido che aveva tenuto stretto per tutto il tempo e la afferrò con delicatezza. Più che altro, appoggiò la sua su quella di Blaine, che istintivamente la strinse, come per volerlo trattenere da qualcosa. La pelle di Porcellana sembrava ancora più bianca, al confronto con quella del principe. Eppure, gli sembrò che quelle due tonalità stessero davvero bene così vicine l’una all’altra. Proprio come le loro voci.

“Well, maybe just half a drink more…”

Blaine sorrise radioso. Iniziò a scendere gli scalini per raggiungere il pozzo sottostante, tenendo Kurt per mano. Senza aver bisogno della musica, iniziarono a cantare, come se l’avessero provato:

“I simply must go” – “But baby, it's cold outside”
“The answer is no” – “But baby, it's cold outside”
“This welcome has been” – “How lucky that you dropped in”
“So nice and warm” – “Look out the window at that storm”
“My sister will be suspicious” – “Gosh, your lips look delicious”

Porcellana pensò che Blaine dovesse essere un cantante di professione, oltre che un principe. Si muoveva in modo aggraziato ed ammaliante, ma allo stesso tempo naturale, mai forzato o eccessivo. Gli girava intorno facendo qualche piroetta di tanto in tanto, oppure percorreva il bordo del pozzo con le dita, in attesa che lui lo seguisse. Iniziarono a cantare guardandosi da un lato all’altro di quel bordo e muovendosi in circolo, come per volersi rincorrere. Inoltre, Porcellana pensò che Blaine doveva sicuramente avere una grande capacità di immedesimarsi nelle parole che cantava, perché all’ultimo verso si era platealmente proteso verso il suo viso, facendolo arrossire e ritrarre.

“I've got to go home” – “But, baby, you'll freeze out there”
“Say, lend me your coat” – “It's up to your knees out there”
“You've really been grand” – “I'm thrilled when you touch my hand”

Blaine percorse il bordo del pozzo con la sua mano, fino a raggiungere quella di Kurt. La sfiorò con l’indice, mentre si premeva l’altra mano al petto cantando con passione. Porcellana cercò di convincersi sempre di più che fosse solo per il “bene” della canzone, e continuò:

“But don't you see” – “How can you do this thing to me?”
“There's bound to be talk tomorrow” – “Think of my life long sorrow”
“At least there will be plenty implied” – “If you caught pneumonia and died”
“I really can't stay” – “Get over that hold out”
“Ohhh, baby it's cold outside!”

Nell’acuto finale, Blaine fece l’ennesima, meravigliosa piroetta su sè stesso e finì per scontrarsi con Kurt, che era appoggiato al bordo del pozzo. I due si guardarono a lungo, i visi a pochi centimetri l’uno dall’altro, mentre ansimavano per riprendere fiato. Porcellana si sforzò di non arrossire sempre di più, ma era tutto inutile. Il principe non sembrava avere l’intenzione di spostarsi: se ne stava lì, le braccia penzoloni, a fissare i suoi occhi chiarissimi. Sembrava essersi perso chissà dove. Poi Porcellana vide i suoi occhi abbassarsi per un secondo, alzarsi per incontrare i suoi e di nuovo abbassarsi. Il principe stava guardando… le sue labbra. Sembrava improvvisamente indeciso, combattuto.

Porcellana trattenne il respiro: Blaine si era avvicinato ancora di più. Ormai i loro nasi potevano toccarsi, così come le loro labbra. Nell’inspirare, Kurt venne invaso da un dolcissimo profumo di fiori freschi che proveniva dal collo del principe. Premette la schiena contro la superficie di pietra, destabilizzato, quasi colpito mortalmente da quell’onda. Non aveva mai immaginato che nelle favole le cose potessero andare così. Nei libri non parlavano mai del profumo che facevano i principi, o di quanto le principesse ne potessero essere attratte… oppure faceva quell’effetto soltanto a lui? O forse, nessun altro principe aveva il profumo di Blaine. Sì, quella era decisamente una spiegazione più plausibile.

Strinse i pugni e cercò di prendere piccole boccate d’aria, per evitare di svenire. Il cuore gli batteva all’impazzata, poteva quasi sentirlo rimbombare dentro il suo petto. Non parlavano nemmeno di quello, nei suoi vecchi libri di favole. Le principesse dicevano sempre cose come “Il mio cuore ti appartiene” ai loro principi prediletti, ma nessuna aveva mai parlato di quanto quel cuore battesse veloce, come se volesse esplodere. A Porcellana sembrò la sensazione più strana e bella del mondo, e si chiese come mai nessuno avesse mai scritto al riguardo. Ma lo pensò soltanto perché non aveva ancora provato un’altra sensazione, quella che venne dopo.

La sensazione di stare per essere baciati.

Quella che si sente nel breve ma intenso secondo che precede il primo bacio, e forse tutti quelli che seguono, quando di colpo i suoni intorno si assopiscono e i colori sbiadiscono. Quando si chiude gli occhi e si prova a immaginare come sarà, senza riuscirci mai davvero.

Un tuono forte e secco rimbombò nell’aria, facendo sobbalzare i due giovani che non si erano neanche accorti di quanto il cielo fosse diventato scuro mentre cantavano. Piccole gocce di pioggia iniziarono a cadere su di loro, riempiendo i ricci di Blaine di impercettibili perle lucenti. Il principe fece un passo indietro e si scosse, come se si fosse improvvisamente destato da un sogno. Forse era davvero così.

“Dovresti andare dentro, o ti ammalerai” disse rivolgendosi a Porcellana con tono malinconico, come se sperasse di ricevere una risposta negativa.

“E tu cosa farai?” rispose Porcellana alzando la voce, a causa dello scroscio della pioggia che a poco a poco stava aumentando di intensità.

“Mi rifugerò sotto qualche albero, e quando spiove tornerò al mio castello” disse Blaine abbassando lo sguardo sulle lastre di pietra che aveva sotto i piedi.

Porcellana gli avrebbe voluto dire di entrare, ma se la Regina lo avesse scoperto li avrebbe fatti giustiziare entrambi, visto che Blaine apparteneva ad un altro regno e forse non avrebbe nemmeno dovuto essere lì. Lo guardò con aria mesta, temendo che quello fosse un addio e che quindi non avrebbe mai più potuto rivivere quella bellissima e fino a poco tempo prima sconosciuta sensazione. Perché era assolutamente certo che nessun altro principe al mondo avrebbe potuto provocarla. Almeno su questo, le favole erano molto chiare: quando incontri il tuo vero amore lo riconosci all’istante, non puoi sbagliare. E soprattutto, non lo puoi scegliere.

“A presto” disse quindi Blaine con un sorriso triste, di quelli per niente convinti.

“Non… non ti rivedrò più, vero?” disse Porcellana, quasi gridando. I suoi stracci erano ormai zuppi, così come i vestiti del principe. Ma almeno, lui avrebbe trovato degli abiti di ricambio piegati sul suo enorme letto a baldacchino.

“Io… io non lo so” rispose Blaine. Porcellana si chiese perché quel principe non gli avesse ancora chiesto di sposarlo e di andare a vivere nel suo palazzo, ma poi capì: le cose sarebbero andate esattamente come nei suoi libri, solo che lui non poteva essere incluso. Blaine avrebbe sposato una principessa dai lunghi boccoli biondi, perché era così che doveva essere. Le avrebbe dedicato serenate, regalato mazzi di rose rosse e rubato segreti baci notturni arrampicandosi fino al balcone della sua stanza. Per lei avrebbe scalato montagne e ucciso belve feroci, così da poter conquistare il suo cuore. Però, Blaine stava per baciarlo. Forse non lo avrebbe fatto, ma di certo avrebbe voluto. Forse Blaine non era un principe come gli altri. E allora perché lo stava lasciando lì da solo?

Senza lasciargli il tempo di chiederlo, il principe si voltò e si diresse verso i cespugli dai quali era sbucato. In un attimo, sparì.

Porcellana rimase ancora sotto la pioggia, nonostante sentisse l’acqua fredda ormai sin dentro le ossa e sotto i suoi piedi, a causa delle scarpe troppo leggere e rattoppate alla meno peggio. Riuscì a sentire l’eco del nitrito di un cavallo, e poi un suono di zoccoli in movimento che diventava sempre più lontano. Blaine stava tornando nel suo mondo. E chissà, magari un giorno quel mondo sarebbe stato anche il suo.

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Capitolo 3
*** Once upon a time, a special day ***


III – Once upon a time, a special day

 

Intanto, nell’angolo più remoto della stanza più angusta della torre più alta del castello…

“Specchio, servo delle mie brame, chi è la persona più famosa del reame?” disse la Regina con fare solenne, sorridendo in attesa della solita, rassicurante risposta.

“…è un giovane fanciullo, mia Regina” rispose invece lo specchio magico, il volto fluttuante dentro il vetro corrugato in un’espressione preoccupata.

“COSAAAAA?!” – la voce adirata della Regina rimbombò per tutto il castello. “Dimmi il suo nome!” continuò, già pregustando la fine che avrebbe fatto fare a quella persona, chiunque fosse.

“Kurt Hummel, mia Signora” rispose lo specchio, sperando che l’ira della donna si riversasse su quel ragazzo pallido che gli era apparso davanti agli occhi, dopo l’usuale domanda, piuttosto che sulla sua superficie liscia con una spazzola o qualcosa di contundente.

La Regina si voltò con fare teatrale, muovendo il suo lungo mantello nero con la mano. “Porcellana?! Come può un essere così insignificante essere più famoso di ME?!” gridò, serrando i denti per la rabbia.

“La sua voce è conosciuta in tutto il regno, Maestà. Qualcuno al castello lo ha sentito cantare, e la sua fama si è diffusa a sua insaputa” rispose lo specchio, per natura incapace di distinguere una vera domanda da una retorica.

“NON PARLAVO CON TE!” rispose infatti la Regina, girandosi di nuovo per rivolgergli uno sguardo vagamente omicida. Il volto nello specchio, allarmato, svanì dentro il vetro in una nuvola di fumo verdastro.

“Ecco cosa succede a farsi scrupoli, Sue” – disse la Regina iniziando a camminare avanti e indietro per la stanza, abituata da anni a parlare con sé stessa, – “se l’avessi ucciso come hai fatto con suo padre, tutto questo non sarebbe successo! Ma no, ‘è solo un bambino’ avevi detto! Forse avresti dovuto strappargli le cord-“

La donna si fermò, portandosi una mano al mento. Un sorriso beffardo iniziò a disegnarsi sul suo viso, e gli occhi cominciarono a brillarle di una strana, inquietante luce. “E’ perfetto!” urlò soddisfatta alzando una mano al cielo.

Senza aggiungere altro, si diresse verso la porta e iniziò a percorrere le scale della torre. Una volta giunta al passaggio segreto che la collegava alla sua camera da letto, lo oltrepassò, abbassando un candelabro affisso al muro di pietra. Attraversò anche la sua stanza, poi un’altra e un’altra ancora, finchè non giunse nella zona delle stalle reali. Odiava quel posto: la puzza dei cavalli era addirittura peggiore di quella dei suoi sudditi. Si guardò intorno trattenendo il respiro, disgustata. Si disse che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe affidato un omicidio al suo stalliere. La prossima, avrebbe corso il rischio di essere scoperta facendolo con le sue mani, piuttosto che sopportare un odore simile. O magari si sarebbe rivolta ad un sicario che si rispetti, ma ogni volta che ne cercava uno chissa perchè erano tutti occupati.

Un uomo dai lineamenti asiatici e la carnagione scura, leggermente in carne e con gli occhi molto piccoli, le venne incontro. “C-cosa ci fa qui, Maestà?” disse intimorito, prevedendo che la Regina gli avrebbe ordinato di nuovo qualcosa di spiacevole. Non voleva essere quel tipo di persona, ma sapeva di non avere altra scelta.

“Secondo te? Faccio una passeggiata tra le balle di fieno?!” rispose la Regina con fare altezzoso, poi continuò: “C’è una cosa che devi fare, Bamboo”.

L’uomo deglutì e si morse le labbra carnose, in attesa di scoprire di cosa si trattasse. Sperò che non includesse del sangue: almeno avvelenare il cibo del Re era stata una cosa pulita, anche se non aveva dormito per moltissime notti per il senso di colpa. La Regina alzò un sopracciglio biondo, notando la sua apprensione, ma la ignorò palesemente.

“Devi eliminare Porcellana, il servo dalla pelle chiara che da un po’ di tempo inquina l’aria del mio castello con la sua voce stridula. Perciò lo condurrai in un bosco, lontano da occhi indiscreti, e lì… gli strapperai le corde vocali!” concluse con naturalezza, come se fosse la cosa più normale e semplice del mondo.

Howard Bamboo spalancò la bocca, sconvolto. L’operazione avrebbe provocato tanto, tantissimo sangue. Sbiancò – per quanto gli fosse possibile – al solo pensiero. Le gambe iniziarono a tremargli. Poi, si rese conto che c’era un grande, anzi un enorme problema.

“Vostra Maestà…” – iniziò, abbassando lo sguardo per l’imbarazzo, – “…i-io…non so riconoscere le corde vocali”.

La Regina roteò gli occhi e sbuffò pesantemente, infastidita da quell’inutile complicazione. “Ooooh e va bene, allora strappagli il cuore! Quello lo sai riconoscere? E’ quell’organo che io ti caverò dal petto per darlo in pasto ai cani se fallirai!”

“Sì, sissignora” rispose l’uomo terrorizzato.

“Bene, fallo al più presto allora. E ovviamente, dovrai portarlo a me!”

“C-cosa?”

“Come sarebbe cosa?! Il suo cuore, inutilissimo essere!”

Detto questo, la Regina si voltò facendo roteare il suo amato mantello e uscì dalle stalle a passo svelto, sorridendo beffarda all’idea di poter essere di nuovo la persona più famosa del reame. In fondo, quello scricciolo dalla pelle chiara aveva vissuto già abbastanza. Non era nemmeno riuscito a non dare nell’occhio: no, lui doveva per forza essere al centro dell’attenzione. Essere ospitato gratuitamente in un castello che non era più il suo non gli bastava? Come gli era saltato in mente di dare spettacolo nel suo palazzo?! Già se lo immaginava, ad ondeggiare con fare effeminato in giro per i corridoi invitando tutti gli altri servi a starlo a guardare. Come aveva fatto lei a non accorgersene? Oh, già. Passava così tanto tempo nella sua torre, che i servi più giovani non l’avevano nemmeno mai vista. Ecco che succede a non tenere d’occhio i propri polli, pensò mentre raggiungeva di nuovo il suo angolo buio e sicuro, nella torre.

Si sedette alla sua vecchia e scricchiolante scrivania, a pochi passi dallo specchio che non mentiva mai. Uscì da un cassetto un piccolo libriccino ingiallito, poi intinse la piuma d’oca che teneva sempre lì a portata di mano in una boccetta d’inchiostro e iniziò a scrivere:

“Caro diario,

oggi è stata una giornata davvero terribile. E non parlo del brufolo inaspettato che mi è spuntato in fronte, nonostante i miei impacchi di placenta di marmotta.

Porcellana mi ha rubato la popolarità. Lui e la sua voce da donnicciola sono più famosi di me, ti rendi conto? Ah, come va il mondo. Ma presto tutto si risolverà. E allora, potrò gustare la mia definitiva e meritata VITTORIA.

Sorridente, alzò la piuma dal foglio e la rimise al suo posto. Aspettando che l’inchiostro si asciugasse, riguardò quella tanto amata parola scritta a caratteri cubitali, pregustandone la sensazione e immaginando di avere il cuore di Porcellana tra le mani. Certo, non avrebbe potuto usarlo per farci una chitarra come le corde vocali, ma sarebbe comunque stata una gran soddisfazione. Per tutto il castello rimbombò l’eco della sua risata malvagia.

 

* * *

 

“S-Salve” disse lo stalliere, sorprendendo Porcellana alle spalle mentre era intento a lavare via il fango creatosi sulla pietra degli scalini, a causa della pioggia che aveva smesso da poco di cadere.

“Howard! Mi hai spaventato!” disse Porcellana con voce acuta, sobbalzando e portandosi una mano al petto. “Va tutto bene?” continuò, vedendo l’uomo leggermente teso.

“Sì, sì, tutto bene. Volevo sapere se volevi accompagnarmi… a fare un giro nel bosco” rispose Bamboo, lo sguardo basso sui piccoli piedi del ragazzo.

“Nel bosco? Come mai vai lì?” rispose Porcellana con curiosità, soprattutto domandandosi perché quell’uomo a cui aveva rivolto pochi e gentili saluti lo stesse chiedendo proprio a lui. Aveva degli amici tra la servitù, ma erano sempre tutti troppo occupati e non era mai successo che qualcuno lo invitasse a fare una passeggiata. Era davvero strano.

“Il capo-stalliere vuole che cerchi un tipo di pianta che piace molto ai cavalli” rispose lui in modo meccanico, evidentemente avendo provato la frase varie volte per sembrare convincente.

“Oh, pensavo che i cavalli mangiassero solo fieno! Comunque vengo volentieri, mi piace stare all’aria aperta” rispose Porcellana sorridendo radioso, deciso a non perdere troppo tempo a domandarsi il perché di quella richiesta, se gli permetteva di oltrepassare le mura del castello ed essere così un po’ più vicino al mondo di Blaine.

Howard Bamboo fece un piccolo sorriso, intenerito da tanta ingenuità. Con un cenno, invitò il ragazzo a seguirlo verso il cancello principale del giardino, sorvegliato da due severissime sentinelle. Opportunamente istruite dalla Regina, quelle li lasciarono passare senza fare obiezioni.

Porcellana oltrepassò il cancello e si voltò per un attimo, prima di continuare a camminare. Era la prima volta, da quando suo padre era morto, che usciva da lì. Un tempo gli era permesso fare tutte le scampagnate che voleva, ma non era più così: quell’occasione forse non sarebbe capitata più. Si disse che ne avrebbe approfittato per raccogliere fiori o magari funghi, oppure per cantare insieme agli uccelli appollaiati sui rami degli alberi, distendersi su di un prato a prendere il sole senza doversi preoccupare di essere rimproverato da qualcuno. Si disse che quella, nonostante il principe dei suoi sogni se ne fosse andato solo qualche ora prima lasciandogli in bocca il gusto amaro di un bacio mancato, sarebbe stata una giornata da ricordare.

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Capitolo 4
*** Once upon a time, savior ***


IV – Once upon a time, savior

 

La pioggia forte ma di breve durata aveva impregnato le foglie degli alberi, così come i prati e i fiori, ora leggermente abbattuti a causa delle gocce taglienti di poche ore prima. Anche l’aria era ancora umida, tanto da lasciare uno strato di brina sulla pelle. Il sole era uscito nuovamente da dietro le nuvole, illuminando il paesaggio con la sua flebile luce invernale.

Porcellana osservava tutto come un bambino appena nato, sorprendendosi di come le farfalle volassero di fiore in fiore con aria indifferente, o di come piccoli ruscelli scorressero indisturbati tra le rocce. Le piante del giardino del castello, che lui amava tanto curare, non potevano essere paragonate allo spettacolo della natura selvatica. Attraversando vari prati e piccole radure, si ricordò delle gite che faceva da piccolo con i suoi genitori. Erano ricordi molto vaghi in realtà, ma era più che sicuro di aver rincorso un pettirosso una volta, o di aver cercato di catturare una rana che gli saltellava intorno, mentre sua madre rideva divertita dei suoi vani tentativi.

Dopo più o meno venti minuti, lo stalliere che camminava accanto a lui si fermò.

“Che succede? Hai già trovato la pianta che ti serviva?” chiese allora Porcellana, guardandosi intorno per vedere se riusciva ad indovinare quale fosse.

“No…” – rispose Howard, lo sguardo perso nel vuoto, – “…volevo solo fermarmi un po’. Ti va?”

“Certo! Ne approfitterò per raccogliere dei fiori!” disse Porcellana senza pensarci due volte, iniziando a saltellare per la gioia. Sorrise allegro verso l’uomo dalla pelle scura, poi si voltò e con passo leggiadro cominciò a cercare dei bei fiori per creare un mazzo profumato. Pensò che forse, creando il giusto abbinamento, avrebbe potuto dimenticare il profumo del collo del suo principe. Saltellando da un lato all’altro della piccola e umida radura, iniziò a canticchiare, prima imitando solo la melodia e poi accennando le parole: “Come with me, and you’ll be… in a world of pure imagination…”

Bamboo, seduto su una roccia poco distante, stette ad osservarlo per un po’, non potendo fare a meno di essere ammaliato da quella voce. Sapeva di non essere in grado di distinguere una persona stonata da una intonata, però pensò che di certo quella non era una voce stridula come aveva detto la Regina. Forse era un po’ bambinesca, un po’ troppo per l’età che Porcellana doveva avere, ma a lui sembrò molto bella. Sospirò e chiuse gli occhi, tastando il pugnale che aveva tenuto nascosto dentro una manica. Lentamente lo uscì e se lo mise dietro la schiena, accertandosi che il ragazzo non se ne accorgesse. Poi si alzò dalla roccia, e a passo lento si diresse verso di lui.

“If you want to view Paradise, simply look around and-“

Porcellana si fermò, interrompendo il suo armonioso canto. I fiori così accuratamente raccolti gli caddero dalle mani, spargendosi sul prato bagnato.

“Howard… cosa stai facendo?” chiese, atterrito da quel pugnale sempre più vicino.

“Mi dispiace” rispose lo stalliere con tono addolorato, chiudendo gli occhi e accennando un affondo nella sua direzione. Anche Porcellana chiuse gli occhi, troppo spaventato per muovere un singolo muscolo. Istintivamente si coprì il viso con le mani, come se potesse servire a qualcosa.

Passarono più di dieci secondi, e lui era ancora lì, illeso. Intimorito, riaprì lentamente gli occhi, sperando che Howard fosse tornato in sé. Ma si trovò davanti qualcosa di completamente inaspettato.

Howard era ancora lì in piedi, il pugnale fermo a mezz’aria e un altro pugnale puntato alla gola da un’altra mano. Una mano che Porcellana aveva sfiorato quella stessa mattina.

Blaine stava stringendo l’uomo per il collo, da dietro. Premette il pugnale contro la pelle di Bamboo in modo così forte e deciso che quello lasciò cadere il suo al suolo, arrendendosi.

“Per favore, per favore!” – piagnucolò lo stalliere con le lacrime agli occhi, – “Io non lo avrei fatto, non avrei avuto il coraggio! Per favore!”

Blaine guardò in direzione di Kurt, aspettando un cenno da parte sua. Porcellana guardò Howard, poi si decise: “Lascialo andare”. Il principe, un po’ a malincuore, obbedì.

L’uomo cadde in ginocchio a terra, coprendosi il viso con le grosse mani per la vergogna. “E’ colpa della Regina, è lei… è lei che mi fa fare queste cose” sussurrava tra i singhiozzi.

Queste cose? Cioè ne hai fatte altre in passato?” chiese Kurt. Bamboo alzò per un attimo gli occhi lucidi su di lui, sperando che capisse senza il bisogno di doverlo per forza dire. Porcellana sgranò lentamente i suoi, avendo scoperto ciò che in fondo aveva sempre saputo… forse, non aveva mai avuto il coraggio sufficiente per arrivare a capirlo.

“Ora lei mi ucciderà, mi ucciderà!” riprese a piangere l’altro, tornando a coprirsi il viso.

“Menti” si intromise Blaine, ancora dietro di lui con il coltello in mano. “Dì che l’hai ucciso”.

“Non posso, lei vuole il suo cuore!” rispose Howard scoppiando in un pianto ancora più forte. Blaine e Porcellana si guardarono disgustati. Kurt in particolare deglutì, immaginando la sua matrigna con in mano uno dei suoi organi che ridacchiava felice. Il principe riflettè per un po’, portandosi la mano al mento e cercando di non farsi distrarre dal suono dei singhiozzi dello stalliere, poi esclamò: “Ho trovato! Portale il cuore di un animale!”.

Porcellana si voltò verso di lui, portandosi una mano al petto. Non voleva che una creatura innocente venisse sacrificata per lui. Fece un cenno di dissenso verso Blaine, che gli disse quasi sussurrandolo: “E’ l’unico modo”. Intanto, Howard Bamboo si asciugò lentamente le lacrime dal volto e guardò il principe sconosciuto che gli aveva impedito di sporcarsi le mani di sangue. “E’ una buona idea” – disse, accennando un sorriso sollevato, - “però lui che cosa farà?”

“Verrà con me” rispose Blaine con semplicità, come se la cosa fosse scontata. Porcellana lo guardò con gli occhi lucidi, improvvisamente commosso. Sì, Blaine era davvero il suo principe. Gli aveva salvato la vita e adesso voleva proteggerlo a qualunque costo, come se lui fosse una principessa in pericolo.

“V-va bene allora” disse l’uomo, iniziando ad alzarsi e a ricomporsi. Lentamente, riprese il pugnale da terra e se lo rimise nella manica. “Perdonami” disse poi rivolgendosi a Kurt. Tirò su con il naso, si voltò e si allontanò dalla radura.

Porcellana lo guardò andar via, provando una certa pena per lui. Sapeva che era una persona buona, in fondo. Glielo si poteva leggere in viso. Si sforzò di dargli la colpa della morte di suo padre, ma non ci riuscì: sapeva bene che la Regina lo aveva sicuramente costretto, minacciandolo. Era lei la causa di tutti i suoi dolori. Ma adesso, c’era Blaine.

“Grazie” disse fiondandosi verso di lui per abbracciarlo. Il principe si lasciò stringere, massaggiando la schiena di Porcellana per tranquillizzarlo dopo il grande spavento che aveva avuto. “Come hai fatto?” continuò il ragazzo dopo aver sciolto l’abbraccio.

“E’ stata una vera fortuna!” – rispose Blaine sorridendo, – “Stavo tornando al castello quando ho sentito la tua voce, di nuovo. L’ho seguita, ma quando sono arrivato dietro quei cespugli laggiù ho visto cosa stava succedendo. Poteva… poteva anche non andare così”. A quell’ultima frase, il ragazzo moro abbassò lo sguardo, amareggiato. Istintivamente Porcellana lo prese per mano.

“Ma non è successo” gli disse sorridendo, aspettando di vedere un sorriso anche sul volto del principe. Blaine ne accennò uno, ma quando Porcellana lo guardò alzando un sopracciglio si decise a farne uno più convincente, per accontentarlo. Ad entrambi sembrò strano: era come se si conoscessero da sempre, eppure non sapevano nulla l’uno dell’altro, se non i loro nomi e il loro comune talento per il canto.

“Se posso chiedere…” – accennò Blaine con aria dubbiosa, - “…perché la Regina ti vuole morto?”

Porcellana abbassò lo sguardo: era proprio una bella domanda. Sapeva di essere detestato dalla sua matrigna, ma se aveva deciso di tenerlo in vita fino a quel momento, perché aveva cambiato idea?

“Veramente non lo so” disse semplicemente, sorvolando sulla sua “parentela” con la Regina e sulla tragica storia della sua infanzia.

“Beh, qualunque sia il motivo, è meglio andare!” rispose il principe con tono troppo allegro, palesando l’intento di tirargli su il morale.

“Ma dov’è che mi porti?” chiese quindi Porcellana senza lasciare la mano del suo principe, curiosissimo di sapere se Blaine lo avrebbe finalmente condotto al suo castello. L’altro iniziò a camminare, facendogli cenno di imitarlo, poi rispose: “Mi sarebbe piaciuto portarti al mio palazzo, ma… non credo sia possibile”. Porcellana si fermò, costringendo Blaine a fare altrettanto.

“Come mai?” chiese senza preoccuparsi di sembrare impertinente o troppo curioso.

“Beh, ecco… è troppo rischioso. Se la Regina scoprisse la verità potrebbe mettere una taglia sulla tua testa, e qualche servitore al castello potrebbe approfittarne per arricchirsi” rispose il principe con aria stranita, sorpreso dall’espressione quasi inquisitoria dell’altro. Porcellana sospirò, contento di aver ricevuto una risposta più che logica e che soprattutto non avesse niente a che fare con il suo “non essere una principessa”. Si chiese se avrebbe mai avuto il coraggio di accennare a quell’argomento con Blaine, ma la prima parola che gli venne in mente fu un “no” secco.

“E allora dove?” chiese quindi, riprendendo a camminare come se niente fosse.

“Conosco un posto dove sarai al sicuro, con persone di cui ci si può fidare. Io verrò a vedere come stai, di tanto in tanto” rispose Blaine.

Porcellana non potè fare a meno di pensare a quanto la sua vita fosse cambiata, in un solo giorno. Aveva conosciuto un principe e adesso lo teneva per mano, come se fosse un’abitudine da sempre, e d’improvviso si ritrovava a dover vivere nascosto. Certo non gli mancava il castello né il suo lavoro da servitore tuttofare, ma si chiese cosa ne sarebbe stato di lui, con il passare degli anni. Blaine non si sarebbe stancato di fare avanti e indietro dal suo castello a quel posto sicuro di cui parlava? Ma si sforzò di non pensarci, mentre raggiungevano il cavallo bianco di Blaine legato ad un albero, intento a ruminare sottili fili d’erba.

Il principe lasciò la sua mano per accarezzare l’animale, che sembrava molto docile e ben ammaestrato, e liberò le briglie dal ramo. Con un unico, fluido movimento montò in sella.

“Prego” disse poi con fare galante, offrendogli nuovamente la mano per aiutarlo a salire. Anche quella era una cosa che Porcellana aveva dimenticato: come salire a cavallo. In realtà non era mai stato molto bravo; sarebbe stato un principe davvero impacciato. Alla fine ci riuscì, pur con qualche difficoltà e sicuramente in modo molto più goffo e sgraziato, per quanto un suo gesto potesse esserlo.

Blaine diede un lieve colpo di tallone al fianco dell’animale, che partì al galoppo verso la parte più interna del bosco, tra il fitto fogliame. Porcellana strinse le braccia intorno ai suoi fianchi per paura di cadere, o più probabilmente per il semplice ed egoistico desiderio di poter far aderire il petto alla sua schiena. Chiuse gli occhi, inspirando ancora una volta l'inconfondibile profumo del suo principe.

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Capitolo 5
*** Once upon a time, a safe place ***


V – Once upon a time, a safe place

 

Kurt e Blaine cavalcarono a lungo, ma Kurt non avrebbe saputo dire quanto. Alla fine, gli sarebbe sembrato comunque troppo poco. La sensazione di conforto e sicurezza che provava mentre stringeva le sue braccia intorno alla vita del principe, appoggiando poi la guancia pallida contro la sua spalla, poteva essere superata soltanto da quella provata al pozzo, quando credeva che di lì a poco avrebbe dato il suo primo bacio. Di tanto in tanto apriva gli occhi, ma era troppo spaventato dal buio profondo delle fitte fronde degli alberi: era come se fossero in un tunnel, un lungo e oscuro tunnel sotterraneo. Invece il principe sembrava perfettamente a suo agio, i muscoli leggermente tesi nel tenere le redini e lo sguardo dritto davanti a sé, concentrato sulla direzione da prendere.

Poi, Porcellana potè percepire la luce filtrare attraverso le sue palpebre chiuse, e capì che il buio era finito. Aprì gli occhi lentamente, cercando di abituarsi all’improvviso cambiamento. Si fermarono: erano in un’altra radura, riparata da alte rocce che si stagliavano imponenti davanti a loro, mentre alle loro spalle grandi e minacciosi alberi impedivano a chiunque non conoscesse il luogo di raggiungerlo. In effetti, era davvero un posto perfetto. Una piccola casupola di legno, con il tetto ricoperto di paglia, stava proprio alla base delle rocce. Un mulino ad acqua girava pigramente dentro un piccolo stagno, a pochi passi di distanza, e un curatissimo prato pieno di primule circondava il tutto.

Porcellana sorrise, già follemente innamorato di quel luogo tranquillo, silenzioso ed accogliente. Ma pochi secondi dopo si dovette ricredere: un’eco di voci maschili si stava facendo sempre più insistente. Si sporse dal cavallo per guardarsi intorno, cercando di capire da dove provenisse.

“So raise your glass if you are wrong,
in all the right ways,
all my underdogs,
we will never be never be anything but loud
and nitty gritty dirty little freaks,
won’t you come on and come on and raise your glass,
just come on and come on and raise your glass!”

Sette ragazzi perfettamente in fila uno dietro l’altro fecero il loro ingresso nella radura nascosta, spuntando da dietro un grosso cespuglio di more. Porcellana li osservò attentamente, incuriosito. Erano più bassi del normale, anche se non eccessivamente: arrivavano più o meno alle spalle del principe, o almeno così gli sembrò, visto che entrambi erano ancora sul cavallo. Indossavano tutti la stessa, identica casacca blu con i bordi e i bottoni rossi, abbinati ai berretti, e portavano un piccone in spalla ondeggiando a tempo con le loro voci. Il primo di loro, un ragazzo con i capelli scuri e i tratti asiatici, si bloccò vedendoli al centro del prato. Gli altri non se ne accorsero in tempo, generando una specie di reazione a catena e scontrandosi tra loro. Porcellana si sforzò di non ridere: non sarebbe stato molto carino.

Blaine lo invitò a scendere da cavallo, e quando Kurt, non con poche difficoltà, ci riuscì, fece lo stesso. Condusse l’animale verso l’albero più vicino e legò nuovamente le redini ad un ramo. Poi tornò accanto a lui, sfoggiando un enorme sorriso di cui Porcellana non capì bene il senso.

“Salve, miei cari Dwarflers! Da quanto tempo!” disse aprendo le braccia in segno di saluto, rivolgendosi ai ragazzi che intanto si erano disposti l’uno accanto all’altro, orizzontalmente. Un ragazzo con i capelli neri fece un passo avanti e con tono irritato rispose: “Così ci offendi, Anderson!”

Gli altri iniziarono ad annuire e a sussurrare commenti di approvazione. Sembravano capaci di fare qualsiasi cosa con coordinazione. Porcellana si schiarì la voce ed esordì con fare entusiasta: “Ciao a tutti, io sono Kurt, ma potete chiamarmi Porcellana!”. I ragazzi lo squadrarono in modo un po’ inquietante, i picconi stretti in spalla come se volessero usarli da un momento all’altro, ma poi a poco a poco tutti si distesero. L’unico di colore gli si avvicinò e sorridendo gli rispose: “Benvenuto, Porcellana! Io sono David”. Gli altri lo imitarono, mettendosi in fila dietro di lui per poter stringere la mano a Kurt uno ad uno e presentarsi. Porcellana cercò di ripetersi nella mente i nomi appena imparati, mentre ascoltava quelli successivi; per fortuna erano tutti abbastanza brevi. Il ragazzo che aveva risposto per le rime a Blaine si chiamava Thad, mentre quello che aveva provocato il tamponamento era Wes. Poi c’era Jeff, magrolino e dai capelli biondissimi, che gli ricordarono quelli delle principesse delle sue favole, Flint, Nick e Trent. Sembravano tutti molto gentili, e Porcellana si sentì subito al sicuro.

“Allora Blaine, come mai qui?” chiese David dopo che tutti si furono opportunamente presentati.

“Ho bisogno che ospitiate Porcellana per un po’. Non so per quanto tempo, in realtà” rispose lui, guardando Kurt per ricevere un cenno di approvazione. Lui annuì sorridendo.

“Beh, può restare tutto il tempo che vuole”  - rispose il ragazzo mostrando i denti bianchissimi, - “ma come mai ha bisogno di ospitalità?”

“I-io…” provò a rispondere Porcellana al posto di Blaine, ma non ci riuscì. Gli era difficile persino pensare che la sua matrigna avesse tentato di farlo uccidere, e per cosa poi? Aveva sempre cercato di passare inosservato, ed era più che certo di esserci riuscito piuttosto bene. In tutti quegli anni, non aveva mai ricevuto né un richiamo né una convocazione da parte sua. Sembrava volerlo ignorare volutamente, e a lui andava bene. Che cosa era cambiato? Forse aveva saputo di Blaine e aveva pensato che volesse fuggire? Quel pensiero lo fece pietrificare. Non voleva che la Regina sapesse di lui, che l’aveva reso così felice in un solo giorno. Avrebbe rovinato tutto.

“Qualcuno ha… tentato di ucciderlo” rispose allora il principe, mantenendosi sul vago. Lanciò a Porcellana un’occhiata complice e rassicurante, conscio del fatto che i suoi piccoli amici non avrebbero chiesto di più. Erano persone molto riservate, alle quali non importava sapere il passato di una persona: erano in grado di capire se potersi fidare o meno semplicemente con uno sguardo. E a quanto pare, Porcellana aveva già superato il test d’ingresso.

“Davvero? Ma è terribile! Sta tranquillo Porcellana, qui sarai al sicuro, solo Blaine sa dove abitiamo! Vieni, ti mostriamo la casa!” esordì Thad radioso, con un tono totalmente opposto rispetto a quello di pochi minuti prima. I ragazzi non aspettarono alcun cenno di approvazione e circondarono Kurt per spingerlo verso il portone d’ingresso. Blaine li lasciò fare, seguendo il gruppetto a passo lento.

La casa era piccola ma molto accogliente: c’era un caminetto di legno, un tavolo di legno… più che altro, era tutto di legno. A Porcellana non dispiaceva: adorava lo stile delle baite di montagna. Tuttavia non potè fare a meno di storcere il naso alla vista di un terribile, onnipresente disordine: c’erano vestiti – tutti uguali, ovviamente – sparsi ovunque, e in cucina le tazze e i piatti si accumulavano probabilmente da giorni dentro il lavandino. Riuscì persino a notare uno spesso dito di polvere sulle mensole più alte del salotto, alle quali sicuramente nessuno era in grado di arrivare. I Dwarflers avevano un’unica stanza da letto, una specie di dormitorio con i letti tutti in fila, quattro da un lato e quattro dall’altro. Fece un conto veloce, notando che erano otto e che tutti avevano un nome inciso sulla testata di legno tranne uno.

“Come mai avete otto letti?” chiese incuriosito.

“Beh, quello lo abbiamo aggiunto…” – rispose Jeff – “…per quando Blaine si ferma a dormire qui”.

Porcellana si voltò verso Blaine, che stava appoggiato allo stipite della porta della stanza con aria distratta, forse sovrappensiero.

“Eh? Oh, si, alcune volte dormo qui. Sai, stare sempre al castello mi annoia” rispose grattandosi i capelli, leggermente imbarazzato.

“E come… come vi siete conosciuti voi?” chiese Porcellana, sempre più curioso. Conosceva il principe da meno di un giorno, e già smaniava per sapere di più della sua vita.

“Beh, è successo per caso. Ero in giro per il bosco come al solito, ma ho perso la concezione del tempo e mi sono perso… poi ho incontrato i Dwarf- ehm, volevo dire i Warblers, e hanno deciso di ospitarmi per la notte”.

I sette piccoli ragazzi annuirono in contemporanea, soddisfatti della correzione in estremis del loro amico. Odiavano quel nome, l’incrocio tra Dwarfs (nani) e Warblers, il loro nome d’arte. Senza contare che il principe non poteva certo vantarsi per la sua altezza.

Finirono il giro della casa e uscirono nuovamente nella radura; ormai iniziava a fare buio. “Blaine, tu ti fermi?” gli chiese Wes. Il principe ci pensò un po’, guardando Porcellana.

“E’ meglio di no” – rispose infine, - “è tutto il giorno che sono in giro, e i miei potrebbero preoccuparsi. Tornerò domani mattina!”

Porcellana sorrise. Pensava che con “verrò a vedere come stai di tanto in tanto” il principe intendesse molto di rado. Sembrava proprio avere voglia di rivederlo… lo guardava così intensamente da farlo arrossire. Wes si accorse di strane occhiate complici, e fece cenno agli altri di rientrare in casa, per farli salutare come si deve.

“Allora a domani” disse Porcellana con gli occhi bassi, disegnando cerchi nel prato con la punta del piede destro e tenendo le mani dietro la schiena. Era stata una giornata lunga, davvero lunga. Avrebbe preferito non vivere quell’esperienza con Howard Bamboo, ma senza di essa, forse non avrebbe più rivisto il suo principe. Si disse che forse era vero che “tutti i mali non vengono per nuocere”.

“A domani” rispose Blaine. Fece un ampio passo verso di lui, poi inclinò la testa e gli lasciò un sonoro bacio sulla guancia. Kurt cambiò totalmente colore, smettendo di essere Porcellana per un attimo. Gli occhi del principe brillarono nel buio, tanto quanto il suo sorriso. Porcellana pensò che fosse la cosa più bella che avesse mai visto.

 

 

* * *

 

 

 

Note di _hurricane:

Ed ecco qui i Dwarflers! Onestamente, non sarebbero adorabili con dei mini-picconi in spalla e i berretti rossi?! **

Ho evitato le barbe perchè a quel punto sarebbero diventati un po' inquietanti, e ho anche preferito non farli troppo bassi... e con la frase "arrivavano alla spalla del principe" ho volutamente sottolineato quanto Blaine già di per sè sia basso, ahahah xD

Sulla scelta dei sette, volevo sapere se qualcuno di voi ne avrebbe preferiti altri. Il fatto è che, lo ammetto, io ignoro più o meno la metà delle loro facce, e questi sono quelli a me più familiari. Ovviamente Jeff, Wes, David e Thad non potevano mancare secondo me - non potevo farmi scappare l'occasione per "YOU MOCK US, SIR!" anche se in italiano rende meno! - mentre sono un pò titubante sugli altri, che comunque sia avranno un ruolo minore rispetto a questi quattro.

Fatemi sapere cosa ne pensate! Un bacio a tutti, e un grazie particolare a quelli che recensiscono con tanto amore ogni singolo capitolo!

Love you all <3

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Capitolo 6
*** Once upon a time, gift ***


VI – Once upon a time, gift

 

Quella notte, Porcellana dormì meravigliosamente. Lontano dal posto che un tempo chiamava “casa”, ma che ormai non lo era più, si sentì rilassato per la prima volta dopo anni. Inoltre, pensare che il principe avesse più volte dormito in quello stesso letto lo rendeva quasi euforico. Per tutto il tempo si strinse nelle spesse coperte azzurrine, sperando di sentire un accenno del profumo di Blaine. Lo immaginò dormire nella stessa posizione in cui era in quel momento, il petto che si alzava e abbassava al ritmo di respiri regolari e i capelli ricci adagiati su quello stesso cuscino. E si addormentò, sperando di sognare il suo principe che per la prima volta aveva un volto preciso. Non era più un sogno irrealizzabile, un eroe dalle fattezze indefinite uscito da una pagina dei suoi libri… Blaine era reale. Per quanto gli potesse sembrare assurdo, era proprio così.

La luce del sole invernale filtrò dalla finestra, proiettandosi esattamente sulle sue palpebre chiuse. Porcellana si stropicciò gli occhi, infastidito, ma si disse che quella giornata sarebbe stata forse più bella della precedente e che quindi era meglio farla iniziare il prima possibile. Si stiracchiò e uscì da sotto le coperte, per poi percorrere a piedi nudi il pavimento di legno scricchiolante. I Dwarflers – ormai era certo che non sarebbe riuscito a chiamarli diversamente – dormivano ancora, i berretti perfettamente allineati appesi ai bordi dei letti. Decise di approfittarne per preparare la colazione a tutti e magari dare una sistemata a quel terribile disastro.

Raggiunse la cucina e aprì le persiane, lasciando che la luce la invadesse. Gli uccellini, noncuranti del freddo di novembre, cantavano felici da tutte le direzioni, e addirittura due di loro si arrischiarono ad appollaiarsi sul davanzale della finestra appena aperta. Porcellana li guardò estasiato, cercando di fare piccoli movimenti per non spaventarli. Arretrò dal davanzale e si diresse ai vari cassetti e sportelli, cercando delle tazze che fossero pulite, ma niente. Evidentemente, i Dwarflers lavavano le cose sul momento per poi riutilizzarle. Ciò significava che le lasciavano sporche per giorni interi.

Porcellana rabbrividì: se davvero doveva vivere lì, le cose sarebbero cambiate, senza ombra di dubbio. Si arrotolò le maniche della sua tunica malamente rattoppata e alzò la manopola del lavandino, che prendeva l’acqua dal mulino che aveva visto accanto alla casetta. Almeno erano bravi con i lavori manuali, pensò mentre lavava ogni singolo piatto, tazza o forchetta. Non gli pesò più di tanto, in realtà: non era come pulire i pavimenti del castello. Non si sentiva per niente obbligato, e soprattutto non doveva guardarsi intorno, terrorizzato all’idea che qualcuno lo rimproverasse per il suo canto. Sorrise tra sé e sé, rilassato, e iniziò ad intonare:

“A chair is still a chair

even when there’s no one sitting there,

but a chair is not a house

and a house is not a home

when there’s no one there

to hold you tight,

and no one there

you can kiss goodnight…” 

Passi lenti ma pesanti nella stanza accanto lo interruppero. Alzò lo sguardo dal lavandino: Jeff, gli occhi ancora mezzi chiusi, aveva fatto capolino in cucina e sembrava cercare qualcosa.

“Buongiorno!” disse allora Porcellana con entusiasmo, nonostante gli dispiacesse di non poter preparare la colazione senza che gli altri se ne accorgessero. Ma Jeff lo ignorò palesemente. Continuava a girarsi a destra e poi a sinistra, le braccia penzoloni lungo i fianchi.

“Ehi, tutto ben-“ – “Cappello” biascicò Jeff, interrompendolo.

“Come?!”

“…mmmh… Cappello” ripetè il ragazzo tra un mugugno e l’altro. Senza dire altro si voltò e filò dritto in camera da letto. Porcellana rimase in ascolto, e quando non sentì più dei passi, si rese conto di aver appena assistito ad un caso di sonnambulismo. Di mattina, per giunta. Rise divertito, cercando di moderare il tono per non svegliare nessuno.

Finì di lavare tutto, dopo di che si occupò del tavolo: lo spolverò, recuperò da un cassetto una tovaglia a quadretti bianchi e rossi e gliela mise sopra; poi dispose otto tazze e otto cucchiai in modo perfettamente ordinato. Si mise le mani ai fianchi sorridendo soddisfatto: gli sembrò di essere una madre e casalinga premurosa. Dopo un’attenta ricerca, trovò delle grandi bottiglie di vetro contenenti del latte fresco. Lo riscaldò in un pentolino sopra il piccolo focolare del caminetto, che riuscì ad accendere con straordinaria facilità, e poi lo versò nelle varie tazze.

Finalmente i Dwarflers fecero il loro ingresso in cucina, rigorosamente in fila. Porcellana stava seduto al suo posto con aria soddisfatta, impaziente di sapere cosa avrebbero detto dell’ordine che ora regnava sovrano nella stanza: tutto sembrava brillare, persino il legno. I ragazzi salutarono assonnati e si sedettero intorno al tavolo, come se niente fosse. Nessuno sembrò domandarsi, tanto per cominciare, chi avesse preparato la colazione. Porcellana li guardò uno ad uno leggermente sconcertato: possibile che non si fossero accorti di niente?

“Ehm ehm” disse portandosi il pugno alle labbra, per schiarirsi la voce. I più pimpanti alzarono lo sguardo verso di lui con aria curiosa, quelli ancora mezzi addormentati continuarono a sorseggiare latte caldo con indifferenza.

“Vi piace il latte?” continuò alzando un sopracciglio e incrociando le braccia.

“Oh... Ooooh!” disse Thad sobbalzando sulla sedia, come se avesse scoperto qualcosa di sconvolgente. Sorrise e tornò a bere, tranquillo. David fu l’unico a capire dove volesse arrivare, così disse: “Scusaci Porcellana, ma di prima mattina siamo un po’… assenti. Grazie per il latte”.

Porcellana gli sorrise con gratitudine, anche se avrebbe preferito un ringraziamento più sentito. Si strinse nelle spalle e sorseggiò anche lui il latte, prima che si raffreddasse.

Il suono di zoccoli di un cavallo in avvicinamento lo fece saltare sulla sedia. Bevve tutto d’un sorso il latte rimasto, si alzò e fece il giro del tavolo per uscire dalla stanza. Jeff alzò un dito e rimase con la bocca aperta, nel tentativo di avvertire Porcellana dei lunghi baffi bianchi di schiuma che gli erano rimasti tra la punta del naso e il labbro superiore. Ma il ragazzo dalla pelle candida era già sul prato.

“Buongiorno Blaine!” gridò saltellando con le mani giunte, vedendolo spuntare tra le fronde. Il principe alzò una mano per ricambiare il saluto, e sorrise allegro. Una volta raggiunto il solito albero scese da cavallo e lo legò. Porcellana notò che portava una tracolla di pelle scura: stava per chiedergli qualcosa al riguardo, quando il principe scoppiò in una sonora risata.

“Cosa c’è?!” chiese allarmato. Blaine si avvicinò ancora di più e senza dire nulla poggiò il pollice proprio sopra le sue labbra, lavando via la striscia di schiuma bianca. Porcellana si ritrasse, imbarazzatissimo. Il principe continuò a ridere per un po’, vedendolo così rosso ed impacciato.

“Cos’hai lì?” chiese Kurt dopo un pò indicando la borsa di Blaine, più per il desiderio di cambiare argomento che per la curiosità. Il ragazzo la aprì e ne uscì degli indumenti di colore verde scuro con inserti dorati, insieme a due stivali molto simili ai suoi. Porcellana inclinò la testa, sospettoso.

“Sono per te!” disse Blaine porgendoglieli. Porcellana arrossì… di nuovo.

“Ma… non dovevi” disse mentre dispiegava la tunica da paggetto, abbinata a dei calzoncini bianchi.

“C’era anche il cappello con la piuma, ma ho pensato fosse eccessivo” continuò il principe. Porcellana si trattenne dal rispondere: Blaine sarebbe rimasto sorpreso di sapere che da piccolo aveva un guardaroba da far invidia ad una principessa, e soprattutto che le piume la facevano da padrone.

“Ma dove l’hai presa?” chiese poggiandosela addosso, per vedere se andava bene.

“I miei paggi ne hanno una diversa per ogni giorno… non succederà nulla se qualcuna di tanto in tanto sparirà” rispose Blaine con aria innocente.

“Come sarebbe sparirà?”

“Beh, tu dovrai pur cambiarti no?”

“Oh… già” rispose Porcellana. Si rese conto che il principe non gli aveva mai chiesto perché fosse vestito così male… forse per non essere indiscreto, o forse perché non gli interessava affatto. In effetti, se gli fossero interessate cose del genere non sarebbe stato il suo principe.

“Grazie Blaine” concluse, sottintendendo molte più cose: grazie per aver interrotto il mio canto, grazie per aver duettato con me, grazie per avermi quasi baciato (un po’ meno per non averlo fatto!), grazie per avermi salvato la vita, grazie per avermi fatto cavalcare con te e grazie per avermi regalato un vestito, dopo anni e anni in cui nessuno lo ha mai fatto.

“Figurati, non è niente” rispose Blaine sorridendo. “Cosa aspetti? Indossalo!”

Porcellana non se lo fece ripetere due volte: corse in casa e dopo più o meno un quarto d’ora uscì nuovamente.

“Ti sta benissimo” disse Blaine in tono sicuro, senza la minima esitazione. E Porcellana ovviamente arrossì, come da copione.

“Tu dici?” - disse facendo una piccola giravolta, cercando di mostrare disinvoltura, - “Forse non mi si addice molto”.

“Sei per-… cioè, è perfetto” rispose l’altro, mostrando finalmente esitazione ed imbarazzo, come un normale essere umano. A Porcellana piaceva ancora di più, quando era così “non-principesco”. Era adorabile. Gli sorrise radioso, lisciandosi addosso la nuova tunica per farla aderire di più ai fianchi stretti.

“Allora, cosa ti va di fare?” chiese poi.

Blaine sorrise con aria compiaciuta, per poi rispondere euforico: “Che domande! Ma cantare, ovviamente!”

 

 

* * *

 

 

Note di _hurricane:

- volevo condividere con voi un video realizzato da una lettrice, Dorica. E' una specie di trailer alla mia storia, e non credo di poter trovare un modo adeguato di ringraziarla se non quello di farlo vedere a tutti voi! Questo è il link: http://www.youtube.com/watch?v=np4SBIGxWoM

- oggi ho iniziato a pubblicare una raccolta di drabble Klaine ispirate alla canzone "Teenage Dream"; conto di pubblicarne una nuova insieme ad ogni nuovo capitolo di questa long e di mettere il link sotto il capitolo... spero vi piacciano! Questo è il link della prima drabble, "You think I'm pretty without any make-up on": http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=747593

Come sempre, un grande grazie e un bacio a tutti voi!

 


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Capitolo 7
*** Once upon a time, where I belong ***


VII – Once upon a time, where I belong

 

Dwarflers! Al rapporto!” gridò Blaine per farsi sentire dai ragazzi ancora seduti in cucina, intenti a concludere la loro pigra e assonnata colazione. Nessuno rispose.

“Dwarf-“ – “BLAINE! Se ci chiami ancora così, te lo puoi scordare!”

“Ok…” – disse allora il principe a bassa voce con un’aria tra il mortificato e il divertito, - “Warblers, al rapporto!”

Passarono alcuni minuti e questa volta, anche se ugualmente riluttanti, i sette uscirono in fila dalla piccola porta di legno. Alcuni si stavano ancora sistemando il berretto in testa, tenendo fermo il piccone nell’incavo tra il collo e la spalla per non farlo cadere. Si aprirono a ventaglio come se l’avessero provato, disponendosi in una fila orizzontale davanti a Porcellana e Blaine. Thad stava a braccia conserte con il piccone in mano, come se volesse lanciarlo da un momento all’altro, mentre Jeff picchettava il terreno con il piede come in attesa di qualcosa. In generale, non sembravano particolarmente entusiasti della chiamata del principe.

“Allora!” – esordì lui, ignorando palesemente le reazioni poco convinte dei suoi piccoli amici, - “Caro Porcellana, oggi avrai l’onore, nonché il privilegio, di cantare insieme a me e i Dwarflers!”

“Vorrai dire cantare con te mentre i Warblers vi fanno da sottofondo musicale!” rispose Flint roteando gli occhi. Tutti gli altri annuirono con vigore e iniziarono a commentare con voce sommessa, ma Wes li interruppe dicendo: “Andiamo ragazzi, facciamolo per Porcellana!”

A quanto pare quel ragazzo orientale godeva di una buona credibilità tra gli altri, perché a poco a poco si tranquillizzarono e alla fine acconsentirono, specialmente dopo aver constatato quanto potesse essere convincente uno sguardo rattristato proveniente dagli occhi chiarissimi di Porcellana.

“Conosci Animal dei Neon Trees?” gli chiese il principe, con un sorriso vagamente soddisfatto per la riuscita – nonostante il merito non fosse suo bensì dell’aria angelica dell’altro.

“Si!” rispose lui, con le mani dietro la schiena come se fosse stato interrogato. Ripassò a mente i versi della canzone, e all’improvviso si ricordò di quanto fosse… leggermente equivoca. Impallidì immaginando Blaine volteggiare intorno a lui, proprio come aveva fatto vicino al pozzo, il suo profumo espandersi in una nuvola avvolgente alla quale sarebbe stato impossibile sfuggire, e per giunta davanti ad altre sette persone.

“Blaine, non credo di poterlo fare” disse sottovoce, mentre i Dwarflers si schiarivano la voce e si accordavano tra loro sull’attacco e su una semplice e ritmica coreografia coordinata da eseguire.

Lui lo guardò preoccupato, poi lo prese per il gomito e lo sollecitò a fare qualche passo per allontanarsi abbastanza da non essere sentiti.

“Che succede?” - chiese una volta che si furono fermati, - “Pensavo ti piacesse cantare!”

“Certo che mi piace… ma ricordi? Ieri ti ho detto che non avevo mai cantato con qualcuno… e questa volta siamo addirittura in nove!”

“E tu ricordi? Ti ho detto che c’è una prima volta per tutto. Porcellana… anzi, Kurt, tu hai un dono. Non lasciare che la paura o l’imbarazzo ti impediscano di esprimerlo. E poi,” - fece una pausa e lo prese delicatamente per mano, - “ci sono io con te!”

Porcellana accolse le dita del principe tra le sue con sorpresa, anche se era già rimasto impietrito alla parola “Kurt”. Nessuno lo chiamava più così da anni ormai, e si era abituato così tanto che sentire nuovamente quel nome, per quanto fosse il suo nome, gli fece una strana sensazione. Come se il principe avesse voluto specificare che quello era il nome con cui preferiva chiamarlo, come se “Porcellana” fosse troppo banale perché tutti lo chiamavano così. Forse, il principe voleva dare a Porcellana un nome che potesse usare solo lui. Si lasciò trainare da Blaine senza opporre ulteriore resistenza, ancora intento a rimuginare.

“Siamo pronti!” annunciò il moro alzando la mano di Kurt con la sua, per sottolineare che parlava di entrambi. Porcellana sorrise appena, in ansia per la performance. E non per paura di stonare, naturalmente. Sentiva lo stomaco in subbuglio, ripensando ancora a cosa volesse dire avere le labbra di Blaine così vicine per poi vederle allontanarsi. E non sapeva se desiderare che accadesse, giusto per poterne inspirare il profumo ancora una volta, o se desiderare il contrario, perché probabilmente non avrebbe sopportato di non poterle assaporare davvero. Fece un respiro profondo, imponendosi di pensare esclusivamente alla canzone.

Bastò un cenno del principe e i Dwarflers iniziarono a cantare, creando un bellissimo sottofondo musicale che fece subito rilassare Porcellana. Era come se la sua voce fosse avvolta da mille altre, pronte a sorreggerla e supportarla in caso di errore. All’improvviso, non essere solo gli sembrò meraviglioso. I sette ragazzi erano in fila dietro di loro, mentre Kurt e Blaine stavano uno di fronte all’altro, a pochi centimetri di distanza. Il principe gli scoccò un sorriso malizioso e cominciò:

“Here we go again,
I kinda wanna be more than friends,
so take it easy on me,
I’m afraid you’re never satisfied!”

Porcellana deglutì, ma non aveva tempo per pensare al possibile senso nascosto di quel sorriso. Rispose ondeggiando a ritmo, con la sua voce candida:

“Here we go again,
we’re sick like animals,
we play pretend!
You’re just a cannibal
and I’m afraid I won’t get out alive.
No I won’t sleep tonight!”

E poi tutti insieme:

“Oh, oh
I want some more
Oh, oh
What are you waitin’ for?
Say goodbye to my heart tonight.
Oh oh
I want some more
Oh oh
What are you waitin’ for?
What are you waitin’ for?
Say goodbye to my heart tonight!”

Dopo la seconda strofa, arrivò la parte del duetto. Blaine e Porcellana iniziarono a girare in tondo, guardandosi incessantemente negli occhi, cantando:

“Hush hush the world is quiet
Hush hush we both can’t fight it
It’s us that made this mess,
why can’t you understand?
Woah I won’t sleep tonight!”

Porcellana pensò che quella canzone fosse più calzante del previsto. Difficilmente avrebbe dormito quella notte: una folata di profumo di fiori freschi lo aveva investito in pieno viso. Scosse la testa, cercando di liberarsene, ma non potè fare a meno di respirare almeno per un secondo. Passò il resto della canzone a seguire il principe con lo sguardo, con aria vagamente sognante. Gli sembrava quasi di vedere petali rosa fluttuare intorno alla sua testa, e una luce più brillante di quella del sole illuminava il viso di Blaine… almeno, era così per i suoi occhi.

Conclusero il brano con un sonoro applauso, e persino i Dwarflers sembravano felici, nonostante l’inizio un po’ freddo. Era come se cantare facesse cambiare in meglio il loro umore.

“Siete stati bravissimi come sempre!” disse il principe in tono euforico, rivolgendo un sorriso ad ognuno di loro. Gli animi si erano ormai completamente distesi.

Porcellana rimase ammaliato dal potere che la musica poteva avere su quei ragazzi… e su di lui, naturalmente. Era sempre stato così, sin da quando era nato e sua madre gli cantava ninne nanne inventate sul momento, intonandole con la sua voce angelica, che probabilmente lui aveva ereditato.

Ma in quel momento, tutto fu diverso. Sentì che quello era il suo posto. Ancheggiare a ritmo di quelle voci perfettamente sincroniche con il principe dei suoi sogni accanto a lui, che accompagnava il suo canto con la voce piena e calda, complementare alla sua, gli sembrò la cosa più giusta che avesse mai fatto. Ancora inebriato dal profumo di Blaine, lo guardò e gli sorrise. Lui ricambiò, e avvicinandosi gli chiese: “Allora, com’è andata?”

“E’ stato… è stato bellissimo! Grazie Blaine, ti ringrazio tanto!” disse lui gettandogli le braccia al collo, senza pensare minimamente a quanti occhi li stessero osservando in quel momento.

Sentì il corpo del principe ritrarsi impercettibilmente per la sorpresa, ma poi due possenti braccia gli avvolsero i fianchi e lo strinsero in un caloroso abbraccio. Porcellana ne approfittò per affondare il viso tra i capelli di Blaine, chiuse gli occhi e sorrise tra quei meravigliosi ricci.

Nella sua mente, si corresse. Quello era il suo posto.

 

 

* * *

 

 

Drabble n°2: "You think I'm funny when I tell the punch line wrong"

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=749014

 

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Capitolo 8
*** Once upon a time, like a fairytale ***


VIII – Once upon a time, like a fairytale

 

Bene ragazzi, adesso andiamo!” disse David smorzando l’euforia generale. Blaine e Porcellana si separarono per guardarlo.

“Dove andate?” chiese Porcellana curioso.

“A lavorare!” rispose il ragazzo di colore in tono stranamente entusiasta. Anche gli altri sembravano felici, infatti si misero il piccone in spalla – piccone che avevano pericolosamente mosso a tempo di musica durante “Animal” – e si disposero uno dietro l’altro, pronti a partire per la miniera.

Porcellana li guardò sorpreso e divertito mentre si allontanavano saltellanti verso i cespugli, al di là del mulino ad acqua. Poco dopo averli visti sparire tra il fogliame, potè sentire un’eco lontana che faceva più o meno così: “Can you pay my bills? Can you pay my telephone bills? Can you pay my automo’bills?”

Si portò una mano alla bocca e fece una risatina, tendendo l’orecchio per sentire ancora un pò, ma ormai si erano allontanati troppo. Si girò verso Blaine e lo trovò intento a guardare verso di lui… anzi, a guardare lui. Il principe distolse velocemente lo sguardo, attaccando subito discorso: “Sono grandiosi vero? Non so come avrei fatto se non li avessi incontrati”. Porcellana lo guardò intenerito: anche se amava prenderli in giro, era evidente quanto fosse affezionato a loro.

“Ma quando torneranno?” chiese poi, anche per sapere se dover cucinare per pranzo oppure no.

“Solitamente stanno in miniera quasi tutto il giorno, per questo la loro casa è un disastro. Torneranno nel tardo pomeriggio” rispose il principe.

“Oh,” – disse allora Porcellana, - “e adesso… noi che facciamo?”

Blaine sembrò pensarci un po’ su. Si guardò intorno, scrutando il prato che avevano sotto i piedi. Poi la sua attenzione venne attirata dallo scroscio dell’acqua mossa dalle pale del mulino accanto alla casetta, e sembrò illuminarsi improvvisamente.

“Facciamo un pic-nic! Devo farti vedere un posto!” disse quasi saltando, raggiante.

“Va bene!” rispose Porcellana, sorridendo al solo pensiero di poter passare un’intera giornata con lui. Sembrava tutto… perfetto. Così perfetto da terrorizzarlo: era proprio come nei suoi libri di favole. Allora, forse lui andava bene pur non essendo una principessa!

Il principe gli fece un cenno indicando con lo sguardo il suo cavallo. Si diresse verso l’animale, mentre Porcellana andò dentro casa e in pochi minuti raccolse in un fagotto pane, formaggio e vari tipi di frutta. Una volta uscito, lo ripose nella tracolla che prima aveva contenuto il suo regalo e se la mise addosso. I due partirono verso il luogo sconosciuto, rituffandosi nella folta boscaglia.

Passarono pochi minuti, forse una decina, e gli alberi davanti a loro si aprirono di nuovo in uno spiraglio di luce. Blaine fece frenare il cavallo, permettendo a Kurt di gustarsi lo spettacolo. Era una radura molto simile a quella che avevano appena lasciato, ma la sua bellezza era incomparabile. Era più scoperta, e per questo sicuramente inadatta a tenere Porcellana al sicuro, ma il sole la illuminava più facilmente così che tutto sembrava brillare. Una distesa erbosa si stagliava davanti a loro per concludersi in un grande specchio d’acqua cristallina, increspata da una cascata non molto alta che cadeva da un ammasso di rocce biancastre.

Porcellana si staccò lentamente dalla schiena del principe e si mise le mani sul petto per l’emozione. Si rese finalmente conto di quante cose meravigliose si era perso in tutti quegli anni, segregato nel castello. Avrebbe potuto incontrare il suo principe molti anni prima, ed esplorare insieme a lui quei luoghi che sembrava conoscere così bene, avendo avuto tutto il tempo di vagare libero e di scoprirli.

“E’ bellissimo” disse incantato, senza scollare gli occhi dalla cascata limpida.

“Lo so,” – disse Blaine sorridendo, - “per questo ti ci ho portato!”

Dopo aver sistemato l’animale, i due si diressero al centro del prato e Porcellana vi poggiò sopra la tracolla. Poi ne uscì una piccola tovaglia a quadretti e la distese in modo meticoloso, sistemandone ogni piega e spazzando via i fili d’erba di troppo.

“Voglio vedere la cascata più da vicino!” disse rivolgendosi a Blaine, per vedere se era d’accordo. Il principe annuì tranquillo, e insieme raggiunsero il bordo dello specchio d’acqua. Porcellana si accovacciò in ginocchio e con una mano carezzò la superficie dell’acqua, sorprendendosi di quanto fosse calda nonostante fosse ormai inverno. Poteva intravedere qualche pesce nuotare serenamente sopra il basso fondale, tra pietre lisce e perfettamente levigate. La cascata era proprio di fronte a loro, e riempiva l’aria con il suo rumore per niente fastidioso, seppur incessante.

D’un tratto, sentì due mani poggiarsi con forza contro la sua schiena e perse l’equilibrio. Fece un piccolo urlo, prima di cadere rovinosamente nell’acqua con un tonfo sordo. Quasi sbattè il naso contro le pietre, tanto l’acqua era bassa; si rialzò subito allarmato e si voltò, la bocca aperta per lo sconcerto e l’avvilimento per come dovevano apparire i suoi capelli. Il principe stava in piedi davanti a lui, a pochi passi dall’acqua, ridendo come un matto.

“Avevi detto che volevi vedere la cascata più da vicino!” disse tra una risata e l’altra, quasi piegato su sé stesso per il divertimento.

“Ah, è così?!” disse Porcellana con voce acuta, quella che non riusciva a controllare quando qualcosa lo irritava. Infilò le mani aperte dentro l’acqua e la rialzò con forza, investendo Blaine con due potenti schizzi. Il principe chiuse gli occhi e alzò le mani in segno di resa, i riccioli zuppi che gli gocciolavano sulla fronte ampia. Sorrise, e senza aggiungere una parola si precipitò dentro l’acqua.

I due iniziarono a schizzarsi a vicenda, ridendo e rincorrendosi per tutto lo stagno. Kurt continuava a fare gridolini di tanto in tanto, cercando di sfuggire a Blaine. Essendo più magro e più agile, certe volte ci riusciva: guardava il principe per qualche secondo, poi si spostava nell’esatto momento in cui l’altro alzava l’acqua per gettargliela contro. Andarono avanti così per mezz’ora, forse di più. Alla fine si guardarono e si resero conto di essere entrambi stremati. Si fermarono e si sorrisero l’un l’altro, intenti a riprendere fiato.

“Sei proprio veloce!” disse il principe mentre si avvicinava lentamente a Porcellana. Ma puntò un piede contro un sasso del fondale e accorciò in un secondo la distanza tra loro, arrivando praticamente in braccio all’altro che, essendo troppo leggero, non resse il peso e cadde all’indietro. Porcellana appoggiò istintivamente i gomiti sulle pietre sotto di lui, in modo da rimanere con il viso fuori dall’acqua e il corpo disteso.

“Scusami tanto” sussurrò Blaine ad un centimetro dal viso di Porcellana, le braccia poggiate sul suo petto per attutire la caduta e la gamba destra incastrata tra quelle del ragazzo immobile sotto di lui.

“Non fa niente” rispose quello con il fiato corto, e non per la corsa appena conclusa. Strinse i pugni sott’acqua, pietrificato. Stavolta non era il profumo di Blaine a creargli problemi: era il suo respiro. Affannato ed irregolare, soffiava sulle sue labbra come se sapesse di doverlo tentare. E chissà, forse era così. Porcellana alzò istintivamente il viso, inarcando il collo. Sentì il corpo del principe irrigidirsi, e le mani stringersi intorno alla stoffa della sua tunica nuova di zecca.

“Blaine, io…” sussurrò senza sapere come continuare la frase, ma per fortuna non ne ebbe bisogno.

Blaine lo interruppe poggiando le labbra sulle sue. Porcellana trattenne il respiro e chiuse gli occhi, gustandosi il sapore dell’acqua dolce dello stagno misto a quello della pelle morbida del principe, che gli tolse una mano dal petto per spostarla sotto il suo collo, in modo da sorreggerlo. In questo modo, il ragazzo dalla pelle chiara potè rilassare di più i muscoli tesi e lasciarsi andare.

Ricambiò il bacio, leggermente incerto: era il suo primo bacio, e nei libri di favole nessuno aveva mai parlato di come fare. Senza contare che in nessuna favola che potesse ricordare un principe e una principessa si erano baciati in quel modo così “poco consono”, bagnati fradici e distesi l’uno sull’altro. Il più delle volte succedeva in groppa ad un cavallo bianco, o addirittura il giorno delle nozze. Porcellana ci pensò all’inizio, dispiaciuto all’idea che non fosse andata così, ma poi capì. Finalmente, se ne rese conto.

La sua vita non sarebbe stata una favola: sarebbe stata meglio. Quasi se ne compiacque: nessuna principessa al mondo poteva essere fortunata quanto lui in quel momento. Le labbra carnose e morbide del principe schioccavano ogni volta che si separavano dalle sue, per poi riprendere in un altro bacio, ancora e ancora. Porcellana sperò che quel momento non finisse mai, perché a lui sarebbe andata bene anche così. Avrebbe volentieri rinunciato a vivere in un castello, a riavere un guardaroba che potesse definirsi tale e a sposarsi su una carrozza bianca come le protagoniste dei suoi racconti. Avrebbe rinunciato a qualsiasi cosa per poter continuare a baciare Blaine all’infinito.

Ma alla fine i due si separarono, dopo aver a lungo indugiato, le labbra leggermente divise incerte se continuare o meno. I nasi bagnati si sfiorarono, prima di allontanarsi quel tanto che bastava per guardarsi negli occhi. Il principe si alzò lentamente, lasciando a Porcellana lo spazio per fare lo stesso.

“Dovremmo asciugarci adesso che c’è ancora il sole, altrimenti prenderemo freddo” disse con gli occhi bassi verso l’acqua.

“Si, hai ragione” rispose Porcellana ancora intontito. Si alzò in modo quasi meccanico e uscì dall’acqua, seguito da Blaine. Raggiunsero ciò che avevano lasciato sul prato e si sedettero a gambe incrociate accanto alla tovaglia, ormai piena di fili d’erba che il vento vi aveva trasportato sopra.

“Sdraiamoci, così il sole asciugherà i vestiti più facilmente” disse il principe senza guardare Porcellana. Lui accolse l’invito, ed entrambi si distesero a pancia in su sull’erba, le braccia dietro la testa. I gomiti stavano a pochi centimetri l’uno dall’altro, e tutti e due sembravano decisi a non farli toccare, imbarazzati.

“Blaine…” disse Porcellana ad occhi chiusi, respirando il profumo dei fiori intorno a loro.

“Sì?”

“Io… non sono pentito di quello che è successo” continuò senza accennare ad aprire gli occhi. Dirlo senza poter vedere la reazione dell’altro era molto più semplice.

“Perché dici così?” disse Blaine ruotando il viso verso di lui. Porcellana se ne accorse, e decise di fare lo stesso per correttezza.

“Beh, ecco… volevo solo fartelo sapere” rispose guardandolo intensamente. Blaine lo fissò, senza aggiungere nulla. Porcellana capì che stava pensando a cosa rispondere, ed incrociò le dita sotto la nuca. Sbattè le ciglia e fece un profondo respiro, ma non vedendo una nuova reazione nell’altro si preparò a continuare: “Se pensi sia stato un errore, basta dir-“

“No” rispose allora il principe, senza distogliere gli occhi da lui neanche per un istante. “Non sono pentito”.

Porcellana sorrise e si voltò nuovamente, lasciando che il sole illuminasse completamente il suo viso.

Quello era l’inizio della sua favola.

 

 

* * *

 

 

Drabble n°3: "I know you get me, so I let my walls come down"

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=750786


Note di _hurricane:

- E alla fine, è successo! Il tanto atteso bacio ** Spero proprio di aver reso giustizia alle vostre aspettative! E adesso, cosa succederà? Blaine e Porcellana riusciranno a vivere il loro amore sereni e felici?

- Pubblicità molto-poco-anzi-per-niente-occulta: io e mia sorella ci siamo date alla traduzione con due one-shot americane molto carine e Klainose, andate a leggerle se vi va! Vi lascio qui i link:

"Babysitting Kurt": http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=750026&i=1

"Babysitting Blaine": http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=750744&i=1

Beh, che altro dire... grazie a tutti quelli che seguono la storia e che recensiscono! Vi amo profondamente <3

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Capitolo 9
*** Once upon a time, evil plan ***


IX – Once upon a time, evil plan

 

Intanto, nell’angolo più remoto della stanza più angusta della torre più alta del castello…

“BAMBOO!” tuonò la Regina, facendo risuonare la sua voce in lungo e in largo. Fu questione di minuti, e lo stalliere dalla pelle scura era nella sua stanza da letto. Sue Sylvester infatti non convocava mai nessuno nella piccola camera al di là del muro, protetta dal passaggio segreto azionato dal candelabro: non voleva che qualcuno scoprisse del suo specchio magico.

“S-sì mia signora?” disse l’uomo inchinandosi, tremante. Teneva in mano un piccolo scrigno di legno intagliato e sembrava sudare freddo.

“Ti ho mandato a strappare il cuore di Porcellana ieri, direi che è abbastanza! Allora?!” chiese la Regina facendo avanti e indietro davanti a lui e sventolando come sempre il suo lungo mantello nero.

“E’ qui, è qui dentro Maestà, proprio come avete detto” rispose Howard Bamboo tenendo lo sguardo fisso sul pavimento, per evitare che la donna leggesse la menzogna nei suoi occhi troppo onesti. Tese le mani verso di lei, porgendole lo scrigno. La Regina lo osservò abbozzando un sorriso, e si sfregò le mani nell’atto di avvicinarsi a lui. Infine, prese la scatolina e la sfiorò lievemente con le dita, come per volerla studiare nei minimi dettagli ed aumentare la suspence dell’attesa. Poggiò il pollice sull’apertura centrale e lentamente la aprì.

Bamboo, ancora in ginocchio davanti a lei, sbirciò la sua reazione per assicurarsi che fosse sufficientemente soddisfatta. Vide gli occhi della Regina illuminarsi di una gioia a dir poco sadica, così incontrollata che lei si voltò e si diresse al passaggio segreto senza neanche preoccuparsi di mandare via lo stalliere prima di raggiungerlo.

L’uomo la vide abbassare qualcosa che stava affissa alla parete e sparire al di là del muro, ma era così contento di avere ancora la testa attaccata al resto del corpo da non farci minimamente caso. Sperò di non dover più fare niente di brutto nella sua vita pur di sopravvivere, e con un sospiro di sollievo si alzò e si allontanò in fretta da quella stanza angusta ed inquietante.

Intanto, la Regina era giunta nel suo rifugio segreto. Non riuscì a trattenere una sonora risata, tirando indietro la testa e guardando il soffitto della torre di pietra. Quando tornò in sé – ci vollero un bel po’ di minuti – si diresse subito alla sua scrivania e prese il diario e la piuma d’oca, dopo avervi poggiato sopra lo scrigno ancora aperto.

“La vittoria è MIA!!!” scrisse a caratteri cubitali, occupando due pagine. Soddisfatta, ripose la piuma al suo posto e indugiò ancora un po’ su quel cuore rossastro: guardarlo la rilassava tremendamente, ricordandole che non era rimasto più nessuno ad ostacolarla.

Tra un sospiro e l’altro, l’occhio le cadde sul suo amato specchio. La faccia verdastra fluttuava come al solito in una nuvola di fumo impalpabile, al di là della superficie del vetro, con aria indifferente. La Regina si portò una mano al mento, pensierosa. Mancava ancora una cosa per considerare la sua vittoria compiuta: la conferma ufficiale. E solo lui poteva dargliela. Risoluta, si alzò dalla sedia e fece pochi passi per fermarsi davanti allo specchio.

“Specchio, servo delle mie brame, chi è la persona più famosa del Reame?” chiese sorridente, estasiata all’idea di poter sentire di nuovo il suo nome da quelle labbra incantate. Pensare di aver udito quello di Porcellana al posto del suo le dava i brividi ogni volta, come se in qualche modo la cosa l’avesse irrimediabilmente marchiata a vita, perché per un giorno Porcellana era stato più famoso di lei. E un giorno era anche troppo.

Lo specchio rispose in tono quasi annoiato, avendolo già detto: “Kurt Hummel, mia signora”.

La Regina sgranò gli occhi e si portò una mano al petto, come se una freccia l’avesse colpita a morte.

“Specchio, servo delle mie brame, chi è la persona più famosa del Reame?!?!?” ripetè enfatizzando ogni singola parola, quasi a volerlo minacciare. Eppure, quel contrabbandiere anni addietro glielo aveva venduto come “lo specchio che non mente mai”. Si disse che avrebbe ritrovato quel tizio in qualche modo e che lo avrebbe rinchiuso nelle segrete per il resto della sua inutile esistenza.

“Kurt Hummel, mia signora” rispose per l’ennesima volta lo specchio, roteando gli impenetrabili occhi neri senza pupilla.

La Regina corse a prendere lo scrigno e glielo mise davanti, furibonda.

“E allora questo cosa sarebbe, sentiamo?!” gli chiese in tono provocatorio, come se fosse lui a dover dimostrare qualcosa.

“Quello è il cuore di un cervo, Maestà”.

La Regina guardò prima lo specchio, poi il cuore, poi di nuovo lo specchio. Abbassò il coperchio dello scrigno con un colpo secco, chiuse gli occhi, dopo di che si voltò e lo scagliò con violenza contro la parete opposta, frantumandolo in mille pezzi.

“Io lo ammazzo!” gridò mettendosi le mani ai capelli, pensando velocemente ai più svariati tipi di tortura da poter sperimentare sul suo stalliere asiatico. Ma poi cercò di calmarsi e di riflettere: aveva un problema molto più grande da risolvere. Poteva uccidere Howard Bamboo in qualsiasi momento, o semplicemente rinchiuderlo e gettare via la chiave, ma Porcellana… Porcellana era chissà dove, libero di diffondere la sua voce da ragazzina per tutto il Regno, se non addirittura oltre.

“Basta, ormai è chiaro: chi fa da sé fa per tre!” si disse alzando lo sguardo, illuminata da un’idea geniale.

“Specchio, mostrami dove si nasconde Kurt Hummel!” disse misurando il tono di voce, per recuperare il suo scarso auto-controllo.

“Ha trovato rifugio in una casetta di nani canterini, mia signora, nascosta nel profondo del bosco” rispose lo specchio mentre mostrava alla sua padrona il tragitto da intraprendere per arrivarci.

Lei sorrise soddisfatta, afferrò un lembo del mantello e con fare solenne si diresse ad una piccola porticina, nascosta da una tenda rossa. Scostò la tenda e la aprì, ritrovandosi nell’ennesima stanza segreta; la prudenza non era mai troppa.

Al centro si trovava un grosso e arrugginito pentolone, mentre vari scaffali impolverati attaccati ai muri sorreggevano decine e decine di manuali di incantesimi dai bordi ingialliti. La Regina li percorse uno ad uno con lo sguardo, cercando quello che le potesse essere utile. Di colpo si illuminò, si fermò e sfilò uno spesso libro foderato in cuoio da uno degli scaffali. Lo poggiò su un leggio di legno e lo aprì, iniziando a sfogliarlo con una certa fretta.

“Incantesimo anti-rughe, no… lavaggio del cervello, incantesimo per la perdita dell’uso della parola, caduta dei capelli precoce… Oh, ecco qui!” disse infine poggiando l’indice su una grande scritta rossa, più o meno a metà volume, che recitava: “Incantesimo di invecchiamento temporaneo”. Lesse velocemente gli ingredienti e le controindicazioni, che non le diedero grandi preoccupazioni visto che era in menopausa già da un pezzo. Si affrettò a cercare tutto l’occorrente, rovistando tra gli scaffali più bassi pieni di ampolle di vari colori.

Quando riuscì a recuperarli tutti, versò una goccia di ognuno dentro un calice e aspettò che si amalgamassero per poi generare una nuvoletta di fumo dalle inquietanti fattezze. Fece un sospiro e senza pensarci due volte bevve l’intruglio, tutto d’un sorso. In fondo non era la prima volta: da piccola, quando sua madre la voleva costringere ad andare a noiosissimi ricevimenti di gala, ricorreva a quell’espediente per poter restare in pace nella sua stanza.

Ormai abituata alla sensazione di bruciore della gola, ma un po’ meno a quella di sentire la pelle, le mani e il viso cambiare aspetto, cercò di contorcersi il meno possibile in attesa che facesse effetto. Passarono vari minuti, durante i quali chiuse gli occhi per non vedere la sua meravigliosa pelle liscia incresparsi orrendamente mandando a monte anni e anni di maschere facciali, poi, quando si sentì di nuovo “normale”, li aprì.

Era diventata una vecchietta piuttosto brutta, col naso bitorzoluto e i capelli lunghi e bianchi, incurvata su sé stessa e un po’ zoppa. “Bleah” si lasciò scappare la Regina intravedendo le rughe del dorso delle mani, ma si disse che era necessario, e che tanto l’effetto sarebbe svanito nel giro di pochi giorni.

“E adesso, il tocco finale” disse sfregandosi le mani invecchiate, la voce leggermente rauca. Stavolta non ebbe bisogno del libro: conosceva quell’incantesimo a memoria. Era una pozione che permetteva di “avvelenare” un qualsiasi oggetto, che fosse una sedia, un frutto, un indumento; provocava nelle vittime un sonno eterno, simile alla morte, che poteva essere spezzato soltanto con il “bacio del vero amore”. E visto che la Regina aveva una scarsa, se non inesistente, convinzione sull’esistenza di un sentimento tanto stupido, non se ne preoccupò affatto.

Senza contare che Porcellana aveva messo piede fuori dal castello per la prima volta dopo anni: come poteva aver incontrato il suo vero amore così in fretta? Insomma, a Sue Sylvester l’idea sembrò geniale, anche perché avrebbe avuto più effetto con qualcosa di molto caro alla vittima stessa. E non a caso, la sua mente lungimirante aveva pensato bene di conservare qualche orrendo pezzo di stoffa del guardaroba del suo odiato figliastro, giusto per poterlo ricattare se ce ne fosse stata l’occasione.

Si diresse quindi all’imponente armadio che si trovava incastonato tra uno scaffale ed un altro e lo aprì. In alto, nascosta dietro dei libri, c’era un’impolveratissima sciarpa di seta azzurrina. La Regina si coprì la bocca con una mano per non inspirare la polvere e la prese, per poi agitarla in aria in modo da ripulirla un po’. Richiuse le ante dell’armadio e si voltò verso il calderone.

Dopo aver versato e mescolato ingredienti vari per una buona mezz’ora, una nuvoletta verdognola a forma di teschio la informò della riuscita. Immerse la sciarpa nel pentolone e la uscì, scoprendola perfettamente asciutta: l’incantesimo era pronto.

Non appena Porcellana l’avesse provata, mettendosela intorno al collo, sarebbe svenuto per non risvegliarsi mai più.

 

 

* * *

 

 

Drabble n°4: "Before you met me I was alright, but things were kinda heavy"

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=752132


Note di _hurricane:

- SUE SYLVESTER IS BACK! Che dite, sono riuscita a creare il giusto grado di patos scenico?

- Lo so, la storia della sciarpa è una cavolata epica. Ma mi piaceva di più della solita mela!

- Pubblicità-non-molto-anzi-per-niente-occulta: Ieri ho pubblicato una shot Klaine che è un po' passata inosservata, per un motivo più che valido: il bacio Klaine/CrissColfer sul palco di Dublino. Io sono ancora sotto shock, tra parentesi. Comunque sia, eccola qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=751871&i=1

- Mia sorella ha tradotto un'altra shot Klaine americana molto carina, leggetela se vi va: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=751798&i=1

Come sempre, grazie a tutti quelli che leggono e recensiscono <3

 

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Capitolo 10
*** Once upon a time, prince and princess ***


X – Once upon a time, prince and princess

 

A questo punto avrei una certa fame! Tu che ne pensi?” esordì Blaine dopo un po’ di tempo mentre stava ancora steso sull’erba, ma ormai quasi asciutto. Il sole era allo zenit, non sarebbe mai stato più caldo di così.

“Sono d’accordo!” rispose Porcellana mettendosi a sedere a gambe incrociate. Avvicinò a sé la tracolla di pelle di Blaine e la aprì, per uscirne le cose da mangiare che aveva racimolato frettolosamente dalla cucina dei Dwarflers. Non era un pasto molto abbondante, ma nessuno dei due si lamentò, troppo impegnato a mangiare e guardare l’altro di sottecchi contemporaneamente. Per qualche minuto non dissero nulla, il silenzio era interrotto soltanto dal fruscio dell’erba scossa dal vento e dal rumore della cascata alle loro spalle.

“Allora…” – disse Blaine mentre finiva il suo pezzo di pane col formaggio, seduto accanto a Porcellana, - “…Kurt, non credi che dovremmo… parlare un po’? Sì, insomma, per conoscerci”.

Porcellana alzò lo sguardo dalla pera che stava lentamente sgranocchiando. In effetti, pensò che il principe non avesse tutti i torti: si erano incontrati soltanto il giorno prima, anche se a lui sembrava già una vita intera, perché ogni momento sembrava migliore di quello precedente quando aveva Blaine accanto. Ma allo stesso tempo, non potè fare a meno di sentire un brivido di terrore lungo la schiena: era pronto a condividere con quel bellissimo principe i suoi sogni più nascosti ed infantili? Le sue manie, i suoi difetti?

“Sì,” – rispose riluttante, - “sì, hai ragione. Comincia tu!”

Blaine lo guardò e sorrise. “Beh, non c’è molto da dire. Sono sicuro che la tua è una storia molto più interessante!” cominciò. Fece una pausa e poi riprese, notando un grande interessamento negli occhi di Porcellana: “Sono l’ultimo di tre fratelli, perciò non ho grandi responsabilità e i miei mi permettono di girovagare per il bosco senza fare tante storie. Se fossi stato l’erede al trono, non credo che sarebbe andata così! E chissà, forse non ti avrei mai conosciuto”.

A quella frase Porcellana non potè fare a meno di sorridergli: era un principe davvero, davvero speciale, tanto da rammaricarsi dell’eventualità di non averlo mai incontrato piuttosto che del fatto che non si sarebbe seduto sul trono.

“Bene, fine della mia noiosissima storia. Ora tocca a te!” disse il principe interrompendo i suoi pensieri. Porcellana poggiò definitivamente la pera mangiucchiata sulla tovaglia a quadretti, si pulì le mani sfregandole contro un lembo della tunica e fece un profondo respiro. Guardò Blaine, che intanto stava seduto in trepidante attesa, e si disse che non avrebbe mai trovato un altro principe così. Uno disposto ad accettarlo per quello che era, e chissà, ad amarlo nonostante non fosse una principessa delle favole. Quel principe meritava la sua sincerità, e meritava di sapere la sua storia.

“Credo che la mia sarà un po’ più lunga,” – iniziò, facendosi scuro in viso, - “e sicuramente meno divertente. Sono nato in quel castello, quello in cui ci siamo conosciuti, ma non come servo. Io… ero il principe”.

Blaine assunse un’espressione sorpresa e lo interruppe dicendo: “Il principe?! Ma… tu stavi lavando le scale. Pensavo fossi della servitù”.

“Sì, ma non lo sono sempre stato. Devi sapere, Blaine, che un tempo avevo una vita molto felice. I miei genitori mi volevano bene, mi permettevano di cantare e mi viziavano regalandomi tutti i vestiti che chiedevo. Ma un giorno mia madre si ammalò…” – Porcellana si fermò e abbassò lo sguardo. Trovò la forza di continuare soltanto quando sentì la mano calda di Blaine stringere la sua.

“…e quando morì, mio padre pensò che fosse giusto trovare una donna che potesse accudirmi. Lei sembrava gentile e premurosa, ma dopo il matrimonio cambiò completamente. Mi sgridava per tutto, e non mi permetteva di indossare i vestiti che mi piacevano tanto. Si rifiutava di leggermi le favole che mi leggeva mia madre, perché diceva che era una cosa da stupidi. E credo… credo che abbia fatto uccidere mio padre, o almeno quello stalliere me lo ha lasciato intendere. Dopo la sua morte, ha fatto sparire tutte le mie cose e…” – ma si fermò di nuovo. Una piccola lacrima gli rigò la pelle lattea.

Blaine se ne accorse, e con la mano libera gliela asciugò. Poi distese il palmo contro la sua guancia e iniziò ad accarezzarla con estrema delicatezza, come se avesse paura di fargli del male al minimo gesto.

“Scusami” gli sussurrò, avvicinando il viso al suo.

“No, non devi scusarti,” – disse Porcellana, tirando su con il naso, - “io voglio farlo. Voglio che tu sappia tutto di me, Blaine. Tu…”

Alzò il viso e lo guardò. Ormai doveva dirlo.

“Tu sei il mio principe” concluse, arrossendo lievemente.

“Il tuo principe?” chiese l’altro, incuriosito ma in fondo vagamente affascinato dal modo in cui suonava quella frase.

“Sì, proprio come quelli dei libri. Lo so che io non sono una principessa, però… ho sempre aspettato. E alla fine sei arrivato. Non ti sei nemmeno preoccupato del fatto che fossi soltanto un servo, mi hai salvato e basta, come nelle favole. Tu sei il mio principe, Blaine”.

Il principe tolse la mano dalla guancia di Porcellana e si ritrasse lievemente per la sorpresa. Sentì il cuore battere all’impazzata, mentre si ripeteva quelle parole nella mente: nessuno gli aveva mai detto una cosa del genere. Le donne di corte erano tutte prese da suo fratello maggiore, l’erede al trono, interessate a diventare future regine piuttosto che semplici principesse.

Lui era sempre stato Blaine, solo Blaine, quello che sta fuori tutto il giorno a fare Dio solo sa cosa nel folto della foresta, quello che torna al castello la sera tardi con gli stivali infangati e i capelli arruffati. Era sempre stato Blaine, per tutti. Ma non per Kurt.

“Sai una cosa?” disse quindi in tono sicuro, avvicinando di nuovo il viso a quello dell’altro.

“Cosa?” chiese Porcellana, il battito cardiaco ormai accelerato per la vicinanza del respiro di Blaine, o forse del suo profumo, o forse di entrambi. Probabilmente non era più in grado di distinguerli: era semplicemente lui, la sua presenza.

“Credo che tu sia la mia principessa” sussurrò il principe a pochi centimetri dalle sue labbra.

Porcellana sorrise come non aveva mai fatto. Prese il viso di Blaine con tutte e due le mani e lo baciò, senza pensarci. Riassaporò di nuovo le sue labbra morbide, e stavolta anche il gusto delle more che aveva mangiato poco prima, un intenso e delizioso sapore che gli pizzicò la lingua mentre questa si incontrava con quella dell’altro.

Blaine infilò le dita alla base dei suoi capelli, dietro il collo, e lo spinse verso di sé. Sembrava quasi volerlo tenere fermo, come per paura che gli sfuggisse da un momento all’altro, tanto era forte la sua stretta. Ma Porcellana non se ne curò molto: era intento ad esplorare, finalmente, il collo profumato del suo principe. Ne percorse la linea sinuosa con il naso, facendo profondi respiri che sembravano far perdere la testa a Blaine, perché stringeva i suoi capelli ancora più forte quando lo faceva. Quando stabilì di averne fatti abbastanza, iniziò a baciarlo in più punti, dall’orecchio fin sotto il mento, lasciandosi pizzicare dal sottile strato di barba appena spuntata.

La cascata scorreva ancora imperturbabile, noncurante dei loro baci sempre più avidi.

A poco a poco, iniziarono a farsi meno insistenti: le mani si rilassarono e le labbra si separarono con uno schiocco leggero. I due rimasero vicini, le dita delle mani intrecciate sul prato verde.

“Certo che sei proprio strano come principe” disse Porcellana con un mezzo sorriso.

“In che senso?” chiese Blaine incuriosito.

“Beh, per volere me come principessa, sei proprio strano” rispose l’altro, stavolta sorridendo apertamente e rivolgendogli un’occhiata divertita. Entrambi risero, gli occhi semi-chiusi per il sole che ora li illuminava in pieno viso, dopo che si erano separati.

“Che ne dici, torniamo alla casa dei Dwarflers? Così li potremo accogliere quando tornano dal lavoro” disse Blaine dopo qualche minuto.

“Va bene, ma restiamo qui ancora un altro po’… questo posto mi piace davvero tanto”.

“Come mai?”

“Perché è un posto che conosciamo solo noi” rispose Porcellana tranquillamente.

Blaine sembrò illuminarsi all’improvviso. Lasciò la mano di Kurt e sorrise radioso, come se avesse appena visto un miraggio.

“Che succede?” chiese Porcellana guardandolo un po’ stranito.

“Un posto che conosciamo solo noi! Kurt, sei un genio!” disse l’altro alzandosi in piedi. Porcellana lo imitò con aria un po’ preoccupata, senza capire dove Blaine volesse arrivare.

“Blaine, non capisco!”

“I walked across an empty land,
I knew the pathway like the back of my hand…”

Porcellana lo guardò sconvolto. Blaine non sembrava aspettare che lui lo accompagnasse. Stava cantando… per lui.

“I felt the earth beneath my feet,
sat by the river and it made me complete…”

Il principe diede un’occhiata fugace alla cascata mentre pronunciava quelle parole, facendolo arrossire al pensiero di quello che era successo dentro lo specchio d’acqua. Porcellana continuò ad osservarlo estasiato, mentre il ragazzo dai capelli ricci cantava portandosi una mano al petto, con sentimento:

“Oh simple thing, where have you gone?
I’m getting old and I need something to rely on,
so tell me when you’re gonna let me in,
I’m getting tired and I need somewhere to begin…”

A quel punto, Blaine prese tutte e due le mani di Porcellana e cantò guardandolo negli occhi:

“And if you have a minute, why don’t we go
talk about it somewhere only we know?
This could be the end of everything,
so why don’t we go somewhere only we know?”

“Mi correggo,” – disse Porcellana, – “non sei strano: sei pazzo…”

“…di te, principessa”.

 

 

* * *

 

 

Ve l'avevo detto che sarebbe stato un capitolo super-iper-mega fluffoso! *w*

E a proposito di questo, qui trovate la nuova drabble: "You brought me to life, now every February you'll be my Valentine"

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=753932

La vostra _hurricane ieri ha fatto l'ultimo esame della sessione estiva, e per questo si sente molto felice, libera e spensierata. E anche se la cosa probabilmente non vi importerà, volevo dirvelo :D

Love you all! <3

 

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Capitolo 11
*** Once upon a time, goodnight ***


XI – Once upon a time, goodnight

 

All’imbrunire, Kurt e Blaine cavalcarono insieme verso la radura segreta. Porcellana si potè permettere il lusso di stringere i fianchi del principe senza doversi preoccupare di esagerare, visto che una mano dell’altro, quella non intenta a tenere le redini, stava poggiata proprio sulle sue, all’altezza dell’ombelico. Appoggiò la guancia candida sulla schiena di Blaine e chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dal movimento ripetitivo del cavallo al galoppo. O forse, lasciandosi avvolgere dal rumore della cascata che risuonava ancora nei suoi pensieri.

Arrivarono giusto in tempo per vedere i Dwarflers apparire da dietro il solito cespuglio, in fila perfetta come sempre. Sembravano stanchi per la giornata trascorsa, ma non abbastanza da non rispettare il ritmo incalzante della melodia che stavano canticchiando: “I am in miseryyy, there ain’t no other who can comfort me, oh yeah!”

Noncuranti dei due ragazzi che li stavano aspettando sull’uscio, si presero tutto il tempo di concludere la canzone attraversando la radura ormai quasi immersa nell’oscurità. Una volta giunti alla porta, si fermarono e con aria solenne dissero in coro: “Buonasera!”

Porcellana e Blaine risposero allo stesso modo, scoppiando a ridere subito dopo per aver parlato anche loro all’unisono. “Mi sa che ci state contagiando!” disse il principe mentre rideva ancora.

“Ragazzi, sarete esausti. Datevi una ripulita, io saluto Blaine e preparo la cena per tutti!” aggiunse Porcellana prima che i Dwarflers potessero replicare in qualche modo alla provocazione dell’altro.

“Grazie, Porcellana!” dissero tutti insieme, anche se di certo quello non l’avevano concordato. Così anche loro risero di gusto, mentre si dirigevano ondeggianti verso l’interno della casetta, i picconi saldi in spalla.

“Allora io vado” disse il principe non appena il rumore di passi si fece lontano, attutito da quello della porta della camera da letto che si chiudeva. “Non credo che domani potrò passare, i miei genitori vogliono che li aiuti ad organizzare il ballo per il loro anniversario” continuò con aria scontenta.

“Aspetta… devo chiederti una cosa” rispose Porcellana. Una tremenda curiosità era balenata nella sua mente, mentre ripensava ai baci dati a Blaine quel giorno. Il principe lo guardò silenzioso, aspettando che continuasse.

“Forse non dovrei chiedertelo… però mi è capitato di pensarci. Ieri mattina, quando abbiamo cantato insieme per la prima volta… volevi baciarmi, non è vero?”

“Ha importanza?” – rispose il principe alzandosi nelle spalle, - “In fondo, oggi l’ho fatto”.

“Sì ma… se volevi, perché non l’hai fatto?” insistette Porcellana. Voleva sapere quali dubbi avessero assillato Blaine, anche se solo per un secondo.

“Oh, Kurt…” disse allora il moro, passandosi una mano sulla fronte come per scacciare via una preoccupazione. “E’ tutto così perfetto… non voglio rovinare tutto” continuò.

“Non lo farai… non mi arrabbierò, lo prometto” rispose Porcellana, sperando che non fosse niente che gli impedisse di mantenere quella frettolosa promessa.

“Beh, ecco…” – iniziò Blaine grattandosi la nuca, - “…è stato strano, insomma. Non mi era mai capitato di cantare con qualcuno in quel modo. Lo faccio con i Dwarflers, o con qualche giullare di corte per passatempo, ma non mi era mai successo di… insomma, sì, di essere attratto… da un ragazzo”.

“Oh” disse semplicemente Porcellana. Non gli sembrò così terribile: più che altro, lo lusingò.

“Vedi, tu hai detto che aspetti il tuo principe da sempre… invece per me è stato diverso. Non l’avevo programmato, né immaginato. Però mentre cantavo… non so, era come se non riuscissi a starti lontano. Volevo baciarti, è vero, ma ero così spaventato… non capivo” continuò il principe, visibilmente imbarazzato e incerto su come esprimersi.

“E come hai fatto?” – chiese allora Kurt, - “Come hai fatto a capire?”

“Ci ho pensato per tutto il tempo dopo che me ne sono andato, e prima di salvarti da quell’uomo, ma non sono riuscito a trovare una spiegazione. Credo di non averla ancora trovata, in realtà… o forse non c’è. E’ così e basta. Pensi che sia possibile?”

“Certo che è possibile, è sempre così nelle favole! Non sei tu a scegliere il vero amore, è lui a trovare te. Non c’è mica un perché!” rispose Kurt con aria orgogliosa, come se avesse provato quella frase migliaia di volte e dovesse ripeterla a memoria per una specie di compito.

“Il… il vero amore?” chiese il principe, divampando di rosso. Porcellana si sorprese: non l’aveva mai visto arrossire così tanto da potersene accorgere anche nella semi-oscurità della sera appena iniziata. Era lui quello che cambiava carnagione al minimo complimento.

“Scusa, è una cosa stupida” disse mentre si guardava le scarpe, le mani dietro la schiena.

“No, non lo è” rispose Blaine alzandogli il mento. Gli lasciò un leggerissimo bacio sulle labbra e si voltò, diretto al suo destriero.

Porcellana si ripassò le labbra con la lingua e sorrise, mentre guardava la sagoma del suo principe svanire nel buio, verso un angolo lontano della radura. Aspettò di sentire il nitrito dell’animale e il rumore dei suoi zoccoli in partenza, dopo di che oltrepassò l’uscio ed entrò in casa, chiudendosi la porta dietro di sé.

“Ragazzi, cosa volete per cena?” chiese con una voce mediamente alta, per farsi sentire. Ma non ottenne risposta.

“Ragazzi?” disse mentre spingeva la porta di legno del piccolo dormitorio.

Un suono ronzante riempiva la stanza, facendola sembrare una specie di alveare: a quanto pare i Dwarflers sapevano anche russare all’unisono. Porcellana trattenne una risata portandosi una mano davanti alla bocca. Li guardò per un po’, intenerito dalla loro stanchezza così abilmente mascherata quando erano arrivati. Non si erano nemmeno messi il pigiama: buona parte di loro si dovevano essere addormentati sul momento, poco dopo aver toccato il materasso, perché su alcuni cuscini c’erano addirittura i picconi sporchi di terra. Si disse che il giorno dopo avrebbe cambiato le lenzuola per scotolarle fuori dalla finestra, e soprattutto che avrebbe costretto tutti e sette a fare un bagno.

Richiuse la porta con cautela e tornò in cucina, ma si rese conto di non avere fame: lo stomaco era praticamente chiuso, da quando Blaine aveva sfiorato di nuovo le sue labbra con il gesto più naturale del mondo. Si sedette al tavolo, il viso pallido illuminato dalla luce giallastra di una piccola lanterna ancora accesa sul davanzale. Intorno alla casetta era calato il silenzio, se non fosse stato per il verso delle cicale nascoste tra i fili d’erba e di quello di qualche gufo appollaiato chissà dove.

Porcellana chiuse gli occhi e sostenne il mento con tutte e due le mani, i gomiti poggiati sul tavolo, per lasciarsi cullare dai rumori della notte. Ma per quanto si sforzasse, non riusciva a sentirli: nella sua mente rimbombava un suono di acqua in continuo movimento. Quel suono si era insinuato così profondamente nelle sue orecchie, mentre baciava Blaine nell’acqua bassa, da non volersene più andare.

Per un attimo, quel momento balenò di nuovo nella sua mente: la cascata dietro di loro, i vestiti nuovi appiccicati in modo così fastidioso alla sua pelle… le mani di Blaine sul suo petto, gli occhi di Blaine persi nei suoi, le labbra di Blaine sulle sue. E poi le dita di Blaine, prepotentemente strette ai suoi capelli, i respiri di Blaine, il profumo di Blaine… si ridestò, scuotendo la testa.

“Direi che è ora di andare a dormire…” disse tra sé e sé, mentre si alzava dalla piccola sediolina intagliata. Un po’ rammaricato dal fatto che il giorno dopo non avrebbe visto il suo principe, si diresse al davanzale e con un soffio spense la luce della piccola lampada ad olio. A tentoni, nel buio, riuscì a raggiungere la stanza dove i Dwarflers dormivano ormai profondamente.

Per fortuna il suo letto era quello più vicino alla porta, altrimenti sarebbe finito addosso a qualcuno ricevendo probabilmente una picconata in testa. Con estrema cautela, si tolse la tunica verde scuro e la piegò su sé stessa per riporla ai piedi del suo letto, per poi fare lo stesso con gli stivali. Rimase soltanto con l’ultimo strato addosso, una casacca bianca di tessuto sottile, e i calzoncini aderenti.

Si coricò, rintanandosi subito sotto le spesse coperte a causa del freddo notturno. Quella notte, come aveva ampiamente previsto, sognò il suo principe.

 

* * *

 

“Finalmente!” disse la Regina, rintanata dietro un enorme arbusto al confine opposto della radura, mentre guardava da lontano la piccola luce vicino al davanzale estinguersi improvvisamente.

“Dormi bene, Porcellana… perché da domani, dormirai per l’eternità!” continuò in tono serio, come se parlare da sola non fosse per niente strano, né tantomeno profondamente inquietante. Pensò che la frase avrebbe avuto un effetto ancora migliore se abbinata ad una risata, ma per non rischiare di svegliare qualcuno dovette trattenersi, a malincuore. Ma quando Porcellana sarebbe svenuto davanti ai suoi occhi l’avrebbe fatta, eccome se l’avrebbe fatta.

Strinse la sciarpa azzurra che teneva tra le mani e sogghignò, mostrando i denti artificialmente invecchiati. La sua vittoria era ormai vicina, così vicina da poterla toccare. Nessuno avrebbe più potuto sentire la voce di Porcellana, e col tempo tutto il regno se ne sarebbe dimenticato… e lei sarebbe stata di nuovo sulla bocca di tutti, famosa per la sua crudeltà senza precedenti, temuta, rispettata. Rise sommessamente, coprendosi la bocca con la mano rugosa.

Non riusciva proprio a farne a meno.

 

 

 

* * *

 

 

Drabble n°6: "Let's go all the way tonight. No regrets, just love"

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Capitolo 12
*** Once upon a time, darkness ***


XII – Once upon a time, darkness

 

Porcellana, sei sicuro di non voler venire con noi? Cosa farai qui tutto solo?” disse David con tono preoccupato il mattino seguente, mentre i Dwarflers si radunavano davanti alla porta per recarsi in miniera.

“Ma no, state tranquilli. Vi sarei solo d’intralcio, e poi troverò sicuramente il modo di far passare il tempo!” rispose Porcellana radioso, essendosi svegliato di buonumore e con tanta voglia di preparare una torta a loro insaputa.

I ragazzi si guardarono tra loro e alla fine, dopo qualche occhiata perplessa, annuirono.

“Va bene, allora ci vediamo stasera. Non parlare con gli sconosciuti!” gli disse il Dwarfler mentre si poggiava il piccone sulla spalla. Porcellana rise.

“Andiamo David, non ho mica 5 anni! Su, non fate tardi!”

I sette si disposero in fila e, senza nemmeno doversi dare un qualche tipo di segnale per partire, iniziarono a camminare con fare ondeggiante.

“Buon lavoro!” gridò Porcellana alzando una mano, mentre li vedeva allontanarsi sempre di più al ritmo di “You make me, feel like I’m living a teenage dream, the way you turn me on, I cant’ sleep, let’s run away and don’t ever look back, don’t ever look back!”

Il ragazzo sospirò. Era sempre uno spettacolo nuovo guardarli, così perfetti nella loro semplicità. Pensò che non se ne sarebbe mai stancato, e che se Blaine avesse potuto vivere lì con loro allora tutto, proprio tutto, sarebbe stato perfetto. Magari sarebbe successo, prima o poi. Gli sembrò forse un po’ troppo bello come auspicio, ma in fondo lui era un sognatore. Adesso che aveva il suo principe accanto, avrebbe dovuto trovare un nuovo sogno in cui sperare… Kurt era fatto così.

Si voltò e tornò dentro casa, chiudendosi la porta alle spalle. Rifece tutti i letti, spolverò i pavimenti, tolse quelle fastidiose ragnatele dalle mensole più alte, piegò i vestiti sparsi ovunque, lavò a mano quelli più indecenti e li stese sul prato per farli asciugare.

“…a room is still a room,

even when there’s nothing there but gloom!

But a room is not a house

and a house is not a home

when the two of us are far apart

and one of us has a broken heart…”

Così cantava Porcellana, continuando la canzone della mattina precedente bruscamente interrotta dal sonnambulismo di Jeff, mentre cercava gli ingredienti per la torta dagli sportelli più bassi della cucina, accovacciato sul pavimento.

Chissà come i Dwarflers avevano tutto l’occorrente in grande abbondanza, ma evidentemente poco tempo per sfruttarlo. Tirò fuori un grosso sacco di farina, delle uova e vari tipi di frutta, riflettendo sul gusto da dare alla torta.

Raccolse le varie cose da terra usando le braccia, rischiando di far cadere una mela che stava in equilibrio su di un’altra, all’altezza del suo gomito; poi si voltò verso la finestra aperta per disporre tutto sul tavolo, ma qualcosa lo fece sobbalzare sul posto e le mele caddero rovinosamente, mandando a monte i suoi sforzi.

Una vecchietta avvolta in un mantello nero stava appoggiata al davanzale, sfoggiando un sorriso a tremila denti – anche se a occhio e croce doveva averne al massimo cinque – e fissandolo con una certa insistenza. Porcellana rimase impietrito per qualche secondo, il sacco di farina ancora stretto al torace e le uova incastrate tra le dita come fosse un giocoliere.

“Buongiooooorno, figliuuuuolo!” disse la vecchietta con una lentezza quasi estenuante, facendo durare quella frase per un tempo che sembrò infinito.

“B-buongiorno” rispose Porcellana tutto d’un fiato, per gentilezza. Forse quella donna conosceva i Dwarflers, magari li stava cercando. Non sarebbe stato carino fare l’indifferente o rispondere in modo brusco, e poi non era certo da lui farlo.

“Che cosa fai di bello?” disse allora l’anziana sporgendosi ancora di più e mostrando ai suoi occhi chiari il naso pieno di bozzi, prima nascosto dalla penombra creata dal mantello scuro. Porcellana si affrettò a guardare in basso, per non sembrare irriverente nel fissarla.

“Preparo una torta per i miei amici, ma non so di che gusto farla” rispose con sincerità, abbozzando un sorriso. Approfittò della pausa per liberarsi dalle cose che teneva ancora in mano, sistemandole in modo disordinato sul tavolo.

“Parli dei nani che vivono qui? Ah, che cari ragazzi!” disse la Regina mentendo spudoratamente.

Si compiacque di quanto risultasse convincente quella frase, e ancora di più dell’ingenuità di Porcellana quando questi rispose: “Oh, li conosce? Purtroppo adesso sono a lavoro, li stava cercando?”

“Eh si, proprio così. Devi sapere che io sono la loro sarta, li aiuto a rammendare i loro abiti e gliene procuro di nuovi… comunque com’è che ti chiami, tesoro?”

“Ehm, Porcellana” rispose lui esitante, indeciso su quale nome usare. Si disse che in fondo Kurt era il nome riservato a Blaine, solo lui lo chiamava così.

“Porcellana, potresti consegnare loro questa sciarpa da parte mia?” rispose la vecchietta tendendogli improvvisamente una mano. Teneva una sciarpa azzurra avvolta su sé stessa in un fagotto.

Porcellana la osservò un po’, incuriosito. Credeva che i Dwarflers si vestissero sempre tutti uguali.

“A quale di loro?” chiese allora con aria vagamente sospettosa.

La Regina esitò, maledicendosi per non aver chiesto allo specchio anche i nomi dei nani.

“Beh, ecco…” disse per prendere tempo, poi ebbe un lampo di genio e continuò: “…non me lo hanno detto. Mi hanno detto che era un regalo per un loro ospite… oh, che sbadata, forse era una sorpresa!”

Porcellana si illuminò, portandosi tutte e due le mani al petto in segno di ammirazione.

“Ma… che pensiero gentile! Somiglia perfino ad una sciarpa che avevo da piccolo!” pigolò, afferrando la sciarpa dalla mano della vecchietta senza la minima esitazione.

La donna lo osservò attenta, sporgendosi con tutti e due i gomiti per vederlo volteggiare da un capo all’altro della stanza mentre sventolava l’inaspettato regalo.

“La ringrazio tanto!” disse Porcellana con occhi sognanti, senza staccarli dalla sciarpa che teneva in mano.

Non si accorse del ghigno della vecchietta, mentre questa rispondeva: “Non c’è di che!”

Ad un certo punto si fermò, portandosi un indice sulle labbra, pensieroso.

“Qualcosa non va caro?” chiese allora la Regina, preoccupata dal fatto che i discutibili gusti del figliastro potessero essere cambiati nel corso di quegli anni senza che lei lo sapesse.

“No, è solo che…” – rispose Porcellana, gli occhi sempre fissi sull’indumento, - “…non so come abbinarla!”

La vecchietta roteò gli occhi, certa che tanto il ragazzo non se ne sarebbe accorto. No, i gusti erano rimasti gli stessi, e le sue manie sembravano addirittura peggiorate.

Cercò di trattenersi dallo scavalcare il davanzale con un salto e avvolgere a forza la sciarpa intorno al collo di Porcellana, anche perché probabilmente i reumatismi e gli acciacchi del suo corpo temporaneo glielo avrebbero impedito.

“Ma tesoro, non devi preoccuparti, sono certa che ti starà molto bene. Avanti, perché non la provi?”

Porcellana si voltò verso di lei sorridendo in un modo così innocente da fare tenerezza a chiunque. Ma non a Sue Sylvester.

Con un gesto leggiadro, prese la sciarpa dai due lembi estremi e la distese per eliminarne le pieghe: un momento che alla Regina sembrò praticamente infinito. Poi se la avvolse intorno al collo, facendola aderire alla pelle chiara ma lasciando che le estremità cadessero con naturalezza lungo il petto, come piaceva a lui.

Chiuse gli occhi e si immaginò di essere davanti allo specchio della sua vecchia stanza, accanto al suo bellissimo armadio, libero di fare piroette con gonne a palloncino o abiti lunghi di seta pregiata.

Ma all’improvviso, sentì il respiro venire meno. Pensò che fosse per l’entusiasmo, ma non era una bella sensazione. Gli mancava l’aria, come se fosse rinchiuso in una bolla. Il petto cominciò a fargli male, così se lo strinse, ma poi fu il collo a fargli male, e la testa, e le gambe… le forze gli mancarono di colpo e cadde in ginocchio, poi disteso sul pavimento.

Riaprì gli occhi, ma tutto intorno a lui aveva perso colore, persino la sua mano inerme sul legno sembrava avvolta da un contorno scuro, sempre più spesso. Percepì l’oscurità avvolgerlo, e l’ultima cosa che sentì prima di perdere i sensi fu una risata meschina e cattiva.

Nel suo ultimo attimo di lucidità, se ne rammaricò profondamente: se proprio doveva morire, avrebbe voluto sentire la voce del suo principe mentre lo faceva.

 

 

* * *

 

 

Drabble n° 7: "We can dance until we die. You and I, we'll be young forever"

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Capitolo 13
*** Once upon a time, chasing ***


XIII – Once upon a time, chasing

 

Ahahahahahahahahah! Ho vinto, ho vinto!” sghignazzò la Regina senza il minimo ritegno, guardando il corpo inerte di Porcellana accasciato sul pavimento della cucina, al di là del tavolo di legno. Si sporse dal davanzale per assicurarsi che fosse già caduto nel suo sonno eterno, e vedendo i suoi occhi chiusi sorrise, soddisfatta, e si ritrasse nuovamente. Riflettè per un po’ su cosa fare della sciarpa incriminata, e alla fine si decise: spinse la porta d’ingresso e, una volta arrivata in cucina, la sfilò con cautela dal collo di Porcellana, con l’intento di sbarazzarsene al più presto. Guardò verso l’esterno con fare circospetto, per assicurarsi che non ci fosse nessuno, e poi si concesse di ridere a squarciagola. Di nuovo.

 

* * *

 

“Non la senti anche tu?” disse Trent, rimanendo con il suo piccone a mezz’aria sopra una grossa roccia da frantumare tra le tante sparse per la miniera a cielo aperto.

“Cosa?” rispose Nick, guardandosi intorno con aria confusa.

“Una… risata” dissero in coro Trent e Flint, rivolgendosi un’occhiata sorpresa. Anche gli altri interruppero ciò che stavano facendo, rimanendo in silenzio per accertarsene.

“Sì, ora la sento anch’io!” esordì Jeff dopo qualche secondo, la mano dietro l’orecchio e il corpo teso come una molla per la concentrazione.

“Non vi sembra che venga proprio dalla direzione di casa nostra?” disse allora Wes, il volto corrugato in un’espressione dubbiosa e preoccupata allo stesso tempo.

I sette si guardarono tra loro in un breve attimo di confusione, poi gridarono all’unisono: “Porcellana!”

Si misero i picconi in spalla e, senza preoccuparsi tanto di mantenere la fila, iniziarono a correre lasciandosi guidare da quell’insistente, fastidiosa e malvagia eco lontana.

 

* * *

 

“Oh, proprio non riesco a trattenermi!” gridò la Regina tra una risata e l’altra dopo essere tornata sul prato, contorcendosi nel suo mantello nero a pochi passi dalla finestra della casa dei Dwarflers. Andò avanti così per svariati minuti, forse addirittura dieci; ma all’improvviso, sentì delle voci avvicinarsi.

Erano tante, sempre più concitate e sempre più alte. La vecchietta si bloccò, allarmata: indietreggiò allontanandosi dalla casetta e a passo svelto, per quanto il suo corpo glielo permettesse, cercò di raggiungere la boscaglia al lato opposto rispetto a quello da cui sentiva i suoni.

Accadde in un attimo: i Dwarflers spuntarono dal verde correndo, affannati. Notarono subito la figura nera che arrancando cercava di allontanarsi il più possibile, voltandosi di tanto in tanto con aria a dir poco colpevole.

“Nick, Flint, Jeff, voi siete i più veloci, inseguitelo!” ordinò David ai suoi compagni puntando l’indice verso la Regina, non sapendo che si trattasse di una donna. I ragazzi obbedirono senza battere ciglio e ripresero a correre, proprio nel momento in cui la sagoma scura era scomparsa tra gli alberi.

Quelli rimasti si precipitarono invece dentro casa, sperando di aver avuto una reazione esagerata e di aver frainteso la risata così come la fuga di quel misterioso individuo.

“Porcellana? Porcellana dove sei?!” dissero varcando la soglia, guardando in tutte le direzioni. La casa era talmente piccola che ci vollero pochi secondi prima che si accorgessero del corpo disteso sul pavimento della cucina.

“Porcellana!!!” gridarono in coro. Circondarono Kurt e cercarono di scuoterlo, di dargli schiaffi, ma non c’era niente da fare. Era immobile e freddo come una statua.

“Non capisco,” – disse Trent con la voce strozzata e gli occhi lucidi, - “cosa è successo?”

“Forse… forse lo hanno avvelenato” rispose Wes accasciandosi sulla prima sedia disponibile e mettendosi la testa tra le mani, riflettendo sul fatto che non c’erano ferite e soprattutto interrogandosi su come fosse potuto succedere. Il senso di colpa lo assalì violentemente.

“Non dovevamo lasciarlo solo” disse con gli occhi fissi sui suoi piedi, cercando di trattenere le lacrime.

Pensò di essere stato davvero uno stupido: era più che normale che colui che aveva tentato di uccidere Porcellana ci avrebbe provato di nuovo. Eppure, continuava a sfuggirgli il perché, e la domanda lo assillava sin da quando Blaine aveva portato il ragazzo da loro: chi poteva mai volere morta una persona così dolce e gentile?

“Voleva prepararci una torta” disse David, rompendo il silenzio di tomba che si era creato ed indicando gli ingredienti ancora sparsi sulla superficie del tavolo.

“E ha anche fatto i letti e spolverato i pavimenti” continuò Thad spuntando dalla porta della cucina – si era allontanato dalla stanza, ma nessuno sembrava essersene accorto – e invitandoli con un gesto a seguirlo. A malincuore gli altri tre, chi seduto e chi appoggiato al muro con aria malinconica, acconsentirono e a passo lento si diressero in camera da letto.

Era tutto perfetto, come il primo giorno in cui avevano abitato lì dopo aver finito di costruire la casa, quando tutto era in ordine, inutilizzato ed immacolato. I loro ricambi erano accuratamente piegati sopra i cuscini dei letti, e le ragnatele sulle mensole alle quali non riuscivano mai ad arrivare non c’erano più. I quattro Dwarflers si guardarono avviliti.

“Come faremo a dirlo a Blaine?” disse Wes all’improvviso. Gli altri lo guardarono in silenzio, sapendo che la risposta semplicemente non esisteva.

 

* * *

 

Nick, Flint e Jeff correvano ansimando nella fitta boscaglia, inseguendo quella che ormai era solo un’ombra, un movimento brusco tra le foglie, un suono di passi sull’erba. Nonostante il sole splendesse timidamente nel cielo, tra quei grandi alberi così vicini tra loro sembrava già essere sera, perché la luce riusciva difficilmente a filtrare attraverso le loro chiome scure.

Ben presto però la vegetazione iniziò a diminuire per lasciare spazio ad una superficie rocciosa, sempre più aspra e ripida. I tre ragazzi arrancavano tra i massi grigiastri la cui pendenza sembrava aumentare ogni minuto di più. Si fermarono per riprendere fiato e alzarono lo sguardo. Finalmente, la videro.

“Fermati!” gridò Jeff indicando la massa nera che si stava arrampicando lungo la parete rocciosa e che sembrava non avere la minima intenzione di ascoltarli. Con un gesto, invitò gli altri due a riprendere l’inseguimento e così fecero.

Ormai non era più una corsa: il passo roccioso era diventato troppo ripido, e la cosa più importante era muoversi con cautela per non rischiare di cadere. Le cose peggiorarono quando il cielo si oscurò all’improvviso e una pioggia battente, che in pochi minuti divenne molto forte, iniziò a cadere, rendendo la superficie sotto di loro liscia e pericolosa.

Sia i Dwarflers che la Regina camminavano lentamente, ormai ad una trentina di passi di distanza, seguendo il percorso disegnato quasi per beffa dalla natura: una specie di strettissima stradina attaccata al fianco della montagna, a strapiombo, interrotta però da una frana che impediva di continuare oltre e quindi di risalire l’intero pendio fino alla cima. Passarono pochi minuti, e la Regina si ritrovò con le spalle al muro: davanti a lei i ragazzi che si avvicinavano, dietro di lei un enorme ed insormontabile masso, da un lato la parete della montagna e dall’altro un profondissimo dirupo.

La pioggia continuava a cadere, inzuppando i capelli dei Dwarflers così come il mantello della donna, che ora aderiva al suo corpo mostrando le spalle scarne e la schiena ricurva agli occhi alquanto sorpresi dei ragazzi.

“Una vecchietta?!” urlò Nick agli altri due, per farsi sentire al di là del suono della pioggia e dei tuoni che rimbombavano nel cielo ormai nero.

“Ti ho sentito sai!” – disse allora Sue, la schiena appiccicata al masso franato come se in qualche modo potesse allungare la distanza tra lei e i suoi inseguitori, - “Io non sono una vecchietta, io sono Sue Sylvester! E adesso, finalmente, sono di nuovo la persona più famosa del reame!”

Nonostante la situazione a dir poco sfavorevole, la donna rise ancora una volta, un po’ perché era più forte di lei e un po’ per cercare di prendere tempo e trovare il modo di fuggire. Nick, Flint e Jeff si guardarono tra loro allibiti, riconoscendo il nome della famosa quanto temuta Regina.

“Finalmente?! Che cosa intende dire?” chiese Flint, lanciando un’occhiata preoccupata ai ragazzi in piedi al suo fianco.

“Chiedetelo alla vostra cara Porcellana! Ahahahahahahah!” rispose beffarda la Regina. Staccandosi dal masso, aprì le braccia verso il cielo sventolando la sciarpa “avvelenata”, sporgendosi pericolosamente.

I ragazzi avanzarono d’istinto verso di lei, ma era troppo tardi: la donna, ancora intenta a ridere, perse l’equilibrio a causa dell’acqua che scorreva copiosa sulla roccia sotto i suoi piedi e nel giro di un secondo la sua risata si trasformò in un urlo disperato, mentre cadeva a peso morto verso il punto più profondo del burrone.

I Dwarflers si coprirono gli occhi con una mano, e una volta udito un rumore sordo proveniente dal basso, ovattato da quello della pioggia, la tolsero per guardarsi tra loro. Rattristati, si voltarono per tornare alla loro casa, sperando di scoprire che si trattava di un terribile e inopportuno scherzo.

 

 

* * *

 

 

Drabble n°8: "You make me feel like I'm living a teenage dream"

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Note di _hurricane:

- E alla fine, come da copione, la Regina è morta. Non avrei mai fatto diventare i Dwarflers degli assassini, anche se mi rendo conto che la morte che le ho fatto fare è stupidissima .-. ma d'altronde, lo è anche nel cartone animato!

- Come alcuni di voi già sanno, ho iniziato a tradurre quella che reputo essere la migliore Klaine della storia. Si chiama "The Sidhe" ed appartiene all'autrice americana Chazzam, perciò la pubblico con un altro account. Mi farebbe piacere se la leggeste! Questo è il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=757996 (rating rosso)

- A presto con il prossimo capitolo! Love you! <3

 

 

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Capitolo 14
*** Once upon a time, looking for you ***


XIV – Once upon a time, looking for you

 

Quella mattina, Blaine si svegliò controvoglia. Sapeva che non avrebbe potuto vedere Kurt se non il giorno dopo, visto che quella sera ci sarebbe stato il ballo per l’anniversario dei suoi genitori e non poteva assolutamente mancare. Certo, se avesse potuto l’avrebbe fatto: in fondo non poteva essere tanto diverso da quello organizzato l’anno prima, o quello prima ancora, mentre di Kurt ce n’era uno soltanto.

Lui non era come una stupida festa mondana ripetuta all’infinito, frivola, noiosa. Kurt era più che altro come una gita in campagna, quelle programmate di fretta o non programmate affatto che poi, inaspettatamente, si rivelano le più belle proprio perché niente è andato come prevedevi.

Kurt ai suoi occhi era sempre diverso, e non gli piaceva chiamarlo “Porcellana” perché gli sembrava che quel nome fosse un insulto alla sua pelle, capace di assumere colori differenti e bellissimi.

Per Blaine, la pelle di Kurt era bianca come la Luna e come la neve dell’inverno, ma non quella che cade a piccoli fiocchi, inconsistenti e quasi trasparenti: quella arenata sulle pendici dei monti lontani, che riusciva a vedere dal balcone della sua stanza da letto quando il cielo era abbastanza sereno. La pelle di Kurt, però, a tratti poteva diventare leggermente rosata, del colore di una delle tante sfumature del sole all’alba, o forse al tramonto, era ancora indeciso tra le due.

Quella del suo viso, infine, si tingeva di rosso sfumato quando lo guardava negli occhi, infiammandosi come un piccolo fuoco appena nato nel bel mezzo di una distesa innevata, debole e incerto su quella superficie chiarissima, eppure ben visibile anche a chilometri di distanza.

Per Blaine, il colore freddo e monotono della porcellana non si addiceva alla pelle di Kurt.

Una volta alzatosi dal suo enorme letto a baldacchino, si vestì, indossando la sua solita casacca aderente ma senza il mantello, che metteva soltanto per uscire. Si infilò gli stivali puliti e perfettamente lucidati dai suoi servi e con aria svogliata uscì dalla camera, per poi percorrere il lungo corridoio. Una volta giunto all’ampia scalinata che conduceva al piano di sotto, scese i gradini di marmo bianco fino ad arrivare nell’immensa sala dei ricevimenti del castello.

Sua madre, la Regina Mathilda, era già intenta a dettare ordini a destra e a manca come al solito, mettendo bocca su come disporre le posate sui tavoli, quali fiori utilizzare per le decorazioni, quali balli eseguire e quali no e il colore dei tendaggi delle grandi finestre che illuminavano l’ambiente, filtrando la luce esterna. Blaine le si avvicinò a passo lento, facendo zigzag tra i servi esasperati che affollavano l’intera sala correndo da un capo all’altro.

“Il principino si è svegliato finalmente!” disse sua madre vedendolo avvicinarsi, mentre scartava un’orrenda fantasia marrone damascata cacciando in malo modo un paggio. I capelli castani erano acconciati in un’alta impalcatura, sulla quale torreggiava la sua corona d’oro e smeraldi. Indossava un pomposo ed ampio vestito color avorio, che le stringeva esageratamente i fianchi dando al suo corpo un’innaturale forma ad imbuto, secondo il costume dell’epoca.

“Buongiorno, e auguri” disse semplicemente Blaine, prendendole la mano per lasciarvi sopra un bacio leggero.

“Hai intenzione di tenere il broncio tutto il giorno Blaine?” gli chiese allora sua madre alzando un sopracciglio, guardandolo dall’alto in basso.

Il ragazzo stava per rispondere qualcosa quando venne interrotto da una voce forte e decisa.

“Buongiorno!” disse il suo fratello più grande, Trevor, mentre si avvicinava a grandi passi. Aveva i capelli leggermente più lunghi dei suoi ma dello stesso identico colore.

“Allora Blaine,” – continuò, - “pronto per stasera?”

“Che intendi dire?”

“Oh, nostra madre non te ne ha parlato? Abbiamo pensato che sia giunto per te il momento di smetterla di girovagare per i boschi a tempo perso, e trovare una bella e giovane aristocratica con cui sistemarti. Stasera ce ne saranno molte!” rispose il fratello, lanciando un’occhiata complice alla Regina che stava in piedi tra loro.

“Dovresti sapere che le donne hanno occhi solo per te, Trevor” rispose il principe sbuffando.

“Vero,” – ribattè Trevor sorridendo maliziosamente, con una punta di vanità, - “ma tu sai anche che ormai io sono occupato!”

“E poi non c’è da preoccuparsi,” – si intromise la loro madre, - “è già tutto organizzato!”

“Tutto cosa?!” chiese Blaine sgranando gli occhi nella sua direzione.

“La figlia del marchese, Danielle Richford. Certo, non è una principessa, ma Trevor la trova molto attraente e adatta a te, e tuo padre è d’accordo. Vi conoscerete stasera e…“

La donna si fermò per scoccare al figlio minore un’occhiata risoluta, aggiungendo: “…e Blaine, niente storie”. Il ragazzo annuì a testa bassa, stringendo i pugni dietro la schiena.

“Adesso vai, i musicisti volevano sapere il tuo parere per stasera visto che dicono tu sia piuttosto bravo” continuò poi la Regina con un velo di incertezza nell’ultima parte della frase, come se non ci credesse poi tanto.

 

* * *

 

La festa si rivelò monotona e prevedibile, come ogni anno. I genitori di Blaine fecero il loro ingresso trionfante dalla scalinata di marmo una volta che tutti gli ospiti furono arrivati, tenendosi per mano, sorridendo e salutando i presenti. Poi ballarono insieme sulle note di un valzer, come suggerito dal figlio, e presero posto sui loro troni vicini per lasciare spazio agli invitati. Trevor e la sua futura moglie stavano seduti alla loro destra, mentre a Blaine era permesso di prendere parte alle danze con il preciso scopo di conoscere la sua futura moglie.

Mentre un’altra canzone lenta veniva suonata dall’orchestra, Blaine se ne stava appoggiato al vetro di una finestra con le braccia incrociate sul petto, immaginando come sarebbe stato poter ballare con Kurt senza che nessuno trovasse la cosa strana.

Una ragazzina vestita di blu, con dei lunghi boccoli biondi che le scendevano quasi fino alla vita, camminò verso di lui timidamente, tenendo la gonna alzata dal pavimento con entrambe le mani.

“Molto piacere, Maestà,” – disse poi facendo un profondo inchino davanti a lui, - “io sono la marchesina Danielle Richford."

Blaine, tornato improvvisamente alla realtà, la osservò: era una ragazza bellissima, con gli occhi azzurri e le lentiggini.

Ma la sua pelle era… rosa. Semplicemente. Rosa, come la pelle del resto degli esseri umani e di tutte le principesse del mondo. Non era come quella di Kurt… e soprattutto, lei non era Kurt.

“Piacere mio, Lady” rispose come gli era stato insegnato, facendo il baciamano.

“Vi state divertendo?” chiese allora la ragazza abbozzando un sorriso.

“Non molto” disse Blaine, lo sguardo perso tra i vestiti delle aristocratiche che ruotavano come trottole al centro della sala da ballo. Al di là di quella massa di persone, incrociò lo sguardo severo di sua madre seduta sul trono dorato dall’altra parte della stanza.

“Mi concederebbe l’onore di un ballo?” chiese quindi alla marchesina, dopo aver annuito controvoglia per far capire alla Regina di aver recepito il messaggio.

Danielle annuì mostrando un sorriso che avrebbe fatto innamorare chiunque. Porse la mano al principe, che la prese cercando di sembrare convincente mentre la conduceva tra gli invitati danzanti. Poi le cinse la vita con delicatezza, e lei appoggiò le mani sulle sue spalle. Iniziarono a ballare lentamente, guardandosi negli occhi.

Ma quelli di Blaine, in realtà, non erano più lì: guardavano al di là di quel viso rotondo e affascinante e di quei boccoli fluenti, al di là dell’orchestra e al di là delle mura del castello. Vagavano già per i boschi, in cerca di Kurt. Lo immaginavano cantare con la sua voce d’angelo su un prato verde, la sua pelle liscia illuminata dal sole e sul suo volto un meraviglioso sorriso, che gli creava due fossette agli angoli della bocca. Indugiavano di più su quella bocca, osservandone i contorni sottili e perfetti e immaginandoli deformati in un bacio, contro le sue labbra.

“Tutto bene?” disse la ragazza bionda con cui stava ballando. Blaine si accorse soltanto in quel momento di essersi fermato mentre la musica stava ancora suonando.

“Oh, si” - rispose portandosi una mano alla fronte, - “ho solo bisogno di un po’ d’aria.”

Detto questo, si congedò velocemente e uscì sulla balconata che dava sul vasto giardino reale, noncurante di ciò che avrebbe detto sua madre al riguardo.

Respirò profondamente, i gomiti poggiati al bordo colonnato della balconata e gli occhi rivolti verso l’orizzonte. Si voltò impercettibilmente per osservare la ragazza vestita di blu che aveva abbandonato al centro della pista da ballo, e poi tornò a guardare fuori.

Da quale parte avrebbe dovuto guardare, per vedere il suo futuro?

 

 

* * *

 

 

- Drabble n°9: "The way you turn me on"

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=760758

- Capitolo 2 della traduzione di "The Sidhe"

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=760745

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Capitolo 15
*** Once upon a time, true love's kiss ***


XV – Once upon a time, true love’s kiss

 

Il giorno dopo, Blaine uscì prestissimo: aveva una voglia indescrivibile di vedere Kurt e poter cantare insieme a lui. Tutti nel castello dormivano ancora, stanchi per il ballo della sera precedente, compresi i suoi fratelli e i suoi genitori. Silenziosamente, condusse il suo cavallo bianco fuori dalle stalle e, una volta oltrepassato il cancello, vi salì in groppa e partì al galoppo.

Arrivato alla radura, dopo una buona mezz’ora, scese da cavallo prima ancora che si fosse fermato e non si preoccupò nemmeno di legarlo al solito albero. Corse verso la casa dei Dwarflers con un enorme sorriso stampato in volto, poi si fermò.

“Blackbird singing in the dead of night,
take these broken wings and learn to fly.
All your life
you were only waiting for this moment to arise…”

Tre dei sette ragazzi stavano cantando, le braccia dietro la schiena e gli occhi chiusi, disposti ai due lati della porta d’ingresso. Gli altri spuntarono all’improvviso dall’interno, portando in spalla una piccola bara con la base di legno ma ricoperta di vetro, e si unirono al loro coro:

“Blackbird singing in the dead of night,

take these sunken eyes and learn to see.

All your life

you were only waiting for this moment to be free.

Blackbird fly, blackbird fly

into the light of the dark black night”

Adagiarono la bara lucente a una decina di passi dalla casa, sul prato fiorito. Blaine le si avvicinò a passo incerto, guardando i ragazzi negli occhi uno per uno, cercando di capire o più che altro sperando di aver capito male. Infine, arrivò abbastanza vicino da vedere cosa ci fosse al di là del vetro, e trasalì.

Kurt stava disteso a pancia in su, con indosso la tunica verde che lui gli aveva regalato, le mani incrociate sul petto a cingere un fiore bianco. Aveva gli occhi chiusi ed era immobile, la sua pelle era bianca, più del solito. Blaine non riconobbe quel nuovo colore, non lo aveva mai visto in quei giorni.

Appoggiò tutte e due le mani alla superficie del vetro, che pian piano si ricoprì di piccole lacrime trasparenti.

“Cosa gli è successo?” chiese con voce flebile, cercando di trattenere i singhiozzi che sembravano volergli squarciare il petto a tutti i costi.

“La Regina… deve averlo avvelenato. L’abbiamo inseguita, ma è caduta da un dirupo” disse David a testa bassa.

Blaine strinse i pugni, poi guardò più attentamente attraverso il vetro, concentrandosi su ogni minimo particolare di quel viso impassibile. Il pallore innaturale di Kurt era interrotto dalle sue labbra, rosee e dall’aria invitante, viva, come sempre. Blaine pensò che avrebbe voluto baciarle almeno un’altra volta. Baciarle e ricordare a sè stesso che non era stato solo un sogno, che lui aveva davvero conosciuto Kurt.

Senza dire una parola, si alzò e prese la teca di vetro dai bordi; poi la tirò verso di sé, riuscendo a toglierla con facilità. La adagiò con cautela sul prato, dietro di lui, e tornò a guardare Kurt. Si chinò lievemente verso di lui, per sfiorarne il naso con il suo. Rimase fermo a mezz’aria, la bocca in direzione di quella dell’altro, e chiuse gli occhi.

“Kurt, non mi lasciare, ti prego” sussurrò singhiozzando.

“Io… io ti amo” aggiunse, un attimo prima di posare le sue labbra su quelle di Kurt. Solo in quel momento se ne era reso conto, proprio quando lo aveva perso per sempre. Kurt avrebbe dovuto essere il suo futuro. Se avesse potuto scegliere tra lui e lo sfarzo del suo castello, una bella ragazza da sposare, un trono… non avrebbe neanche dovuto scegliere.

Mentre baciava Kurt, Blaine capì che aveva appena perso l’unica cosa che nella sua vita avrebbe avuto un significato. L’unica che aveva mai amato davvero, più del canto, più della libertà di poter girare nei boschi a cavallo, più di tutto.

Si staccò, poi diede una carezza alla guancia di Kurt e la scoprì… calda. Poggiò una mano sull’altra guancia e sgranò gli occhi: la pelle di Kurt aveva di nuovo assunto il suo candore naturale, leggermente rosato, il colore della vita che tornava a rifluirgli nelle vene.

Blaine vide le palpebre di Kurt muoversi impercettibilmente e trasalì, il cuore fermo nel petto per l’agitazione.

“Davvero?” disse Kurt a voce bassissima, mentre apriva gli occhi e scuoteva la testa, infastidito dai raggi del sole come se non fosse più abituato alla loro luce. I Dwarflers si unirono in un coro confuso di sorpresa e felicità, mentre Blaine indietreggiò istintivamente, sconvolto ed esaltato allo stesso tempo.

“C-cosa?” chiese poi, riavvicinandosi lentamente.

“Davvero mi ami?” rispose Kurt sorridendogli. Si mise seduto e lo guardò, gli occhi sognanti e speranzosi.

“Tanto” rispose semplicemente Blaine, poggiando di nuovo le mani su quelle guance colorate. Kurt le coprì con le sue e si alzò in piedi, a pochi centimetri dal principe.

“Ecco perché ha funzionato” disse poi con aria sicura.

“Che cosa?”

“Il bacio del vero amore. E’ la cosa più potente al mondo!” (*) rispose Kurt avvicinando le labbra alle sue.

Blaine accolse quel nuovo bacio con immensa gioia, affondando le dita tra i capelli lisci del suo principe. Perché sì, Blaine aveva salvato Kurt ancora una volta, riportandolo alla vita, ma in fondo era Kurt ad aver salvato lui, ad avergli donato la vita.

I Dwarflers applaudirono e alcuni fischiarono, per niente sorpresi nel vedere qualcosa che semplicemente era destinata ad accadere. Poi si guardarono tra loro con aria complice, annuirono sorridenti e senza preavviso iniziarono a cantare:

“You'd think that people would have had enough of silly love songs,
but I look around me and I see it isn't so.
Some people wanna fill the world with silly love songs
and what's wrong with that?
I'd like to know, 'cause here I go again!”

Kurt e Blaine, tenendosi per mano, si lasciarono circondare dai loro amici ridendo fragorosamente. Poi iniziarono a ballare, un po’ impacciati, e Blaine pensò che quello fosse il ballo più bello a cui avesse mai partecipato. Il prato soffice ora sostituiva il pavimento di marmo liscio del suo palazzo, e il sole pallido ma ugualmente caldo dell’inverno illuminava il suo volto, al posto di ingombranti lampadari di cristallo appesi al soffitto.

Alla fine della canzone, Kurt si fece abbracciare dai Dwarflers, alcuni di loro con le lacrime agli occhi. Jeff continuava a ripetere “Pensavamo di averti perso!”

Poi tornò da Blaine, che non lo aveva più perso di vista neanche per un momento: continuava a seguirlo con lo sguardo come se avesse paura di vederlo sparire di colpo.

“Ehi, non andrò più da nessuna parte!” disse Kurt lasciandosi avvolgere dalle sue braccia impazienti.

“No che non lo farai,” – disse il principe baciandogli una guancia, - “perché io non mi separerò mai più da te!”

“Che intendi dire?” chiese Kurt. Il principe, approfittando della confusione e dell’euforia dei Dwarflers che saltellavano intorno alla bara con fare festoso, lo prese da parte, allontanandosi dalla bara di vetro.

“Kurt, pensare di averti perso anche solo per un momento è stata la cosa più dolorosa che io abbia mai dovuto sopportare. Ed è allora che ho capito… che voglio stare insieme a te” disse il principe tenendo strette le sue mani.

Kurt si illuminò di una luce mai avuta prima, vedendo il sogno della sua vita avverarsi davanti ai suoi occhi. Guardò Blaine e sorrise commosso, beandosi della bellezza quasi innaturale del suo principe.

“Oh Blaine, ti amo così tanto, che gioia!” (*) disse poi gettandogli le braccia al collo. Il principe accolse l’abbraccio stringendolo con calore, poi si distaccò lievemente per continuare a parlare.

“Però non è questo quello che sognavi, non è vero? Tu sognavi di incontrare un principe, che come nelle favole più belle ti avrebbe condotto al suo castello. Ma io… questo non posso farlo. Se tu mi dirai che sei disposto a rinunciare al tuo sogno, io verrò via con te. Possiamo andare ovunque, non ha importanza dove, finchè tu sei con me”.

Kurt interruppe Blaine poggiando l’indice sulle sue labbra, per evitare che dicesse qualche altra stupidaggine. Sapeva che l’altro aveva ragione: nel mondo reale Blaine non avrebbe potuto condurlo al suo castello così come lui non avrebbe potuto fare lo stesso con quello della Regina, che ormai poteva essere considerato il suo, perchè tutti non avrebbero fatto altro che guardarli con disprezzo e domandarsi come fosse possibile che si amassero.

Ma pensare di non essere il principe dei suoi sogni, l’unico e il solo che avrebbe mai potuto desiderare, era la cosa più assurda che avesse mai sentito.

“Blaine, tu sei il mio principe” disse risoluto, accarezzandogli una guancia. “Non dovrò rinunciare al mio sogno. Mi ci è voluto un po’ per capirlo, ma… mi sono reso conto che la vita, la nostra vita, sarà anche meglio. Portami lontano, sul tuo cavallo bianco. Portami dove vuoi tu”.

Il principe sorrise e si lanciò in un nuovo abbraccio carico di emozione, stringendo con forza la schiena di Kurt e affondando il viso tra il suo collo e la spalla. Poi lo rialzò, accostandolo al profilo di Kurt, e i due si unirono in un altro bacio, questa volta più intenso.

Il mondo intorno a loro sparì.

 

 

* * *

 


(*) 1 = citazione di Giselle da “Come d’incanto”

(*) 2 = citazione di Sophie da “Il castello errante di Howl”

(ero in vena di citazioni!)


Drabble n°10: "I can't sleep, let's run away and don't ever look back"

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Lunedì prossimo e ultimo capitolo! :D

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Capitolo 16
*** Once upon a time, happily ever after ***


XVI – Once upon a time, happily ever after

 

Che ne pensate di Porcellana?” aveva chiesto Flint il giorno precedente, dopo che i Dwarflers avevano salutato Kurt che si era rifiutato di seguirli per dedicarsi alle faccende domestiche.

Gli altri sei lo guardarono un po’ perplessi dalla domanda, per poi raggiungere le posizioni e dedicarsi al loro lavoro in miniera. Senza guardarsi tra loro, dediti a prendere a picconate le rocce, iniziarono a parlarne.

“Beh, non lo conosciamo bene” disse semplicemente Trent in un’alzata di spalle.

“A me sembra di conoscerlo da sempre” disse invece Thad mentre prendeva di mira un punto preciso col piccone.

“Anche a me” dissero in coro Wes e David per poi lanciarsi un’occhiata divertita.

“Forse dovremmo chiedergli di diventare uno di noi” esordì dopo qualche minuto Jeff, intento a sistemarsi il ciuffo biondo sotto il berretto di stoffa rossa. Tutti gli altri alzarono la testa per fissarlo.

“Cosa c’è?!” chiese lui, sentendosi osservato in modo inopportuno, anche se ci era abbastanza abituato.

“Davvero non ci arrivi?” chiese Wes alzando un sopracciglio con aria saccente.

Il biondo lo guardò con aria interrogativa, aspettando che continuasse, così l’altro alzò gli occhi al cielo prima di aggiungere: “E’ così palese che è innamorato di Blaine! Non avete visto come si guardano?”

Gli altri annuirono silenziosi, qualcuno sussurrando “L’avevo detto io!”

“Perciò… pensi che prima o poi se ne andrà?” chiese allora Jeff, poggiando per un attimo il piccone su una roccia vicina.

I Dwarflers si guardarono tra loro, cercando una risposta. Il rumore di rocce distrutte fu sostituito da un silenzio piuttosto eloquente, che sembrava urlare più delle parole quanto desiderassero che non accadesse e allo stesso tempo quanta paura avessero di dire che, molto probabilmente, sarebbe andata proprio così.

 

* * *

 

I Dwarflers non si opposero alla partenza di Porcellana – a loro piaceva ancora chiamarlo così – perchè sapevano che era la cosa giusta da fare per lui. Eppure, segretamente quel ragazzo dalla pelle bianca e la voce melodiosa sarebbe mancato ad ognuno di loro. Certo, non avevano avuto molto tempo per conoscerlo: aveva vissuto con loro soltanto per qualche giorno. Ma non avevano potuto fare a meno di sentire un’aura positiva sprigionarsi dal suo corpo ed invadere la loro casa e la loro quotidianità, come un’onda d’urto. Porcellana aveva cambiato tutto.

La consolazione fu che Blaine disse chiaramente che lui e Porcellana sarebbero andati spesso a trovarli, per intonare con loro qualche nuova canzone. Anche a loro sarebbe piaciuto restare, ma Blaine sapeva bene che i suoi genitori lo avrebbero cercato per mari e per monti e che quindi, almeno per un po’, non era saggio restare troppo nello stesso posto.

“Non ti dimenticare di noi” disse Thad a Kurt mentre lo abbracciava, dopo aver aspettato il suo turno in fila per poterlo fare.

“Non potrei mai” rispose Kurt mentre scioglieva l’abbraccio, incapace di nascondere un filo di commozione nonostante quello non fosse un vero e proprio addio.

Dopo aver abbracciato tutti con calore, seguì Blaine per salire sul suo cavallo bianco. Una volta salito in sella si voltò, e con dolcezza lanciò un bacio verso i Dwarflers, quei sette piccoli ragazzi che lo avevano accolto senza farsi neanche una domanda e che gli avevano fatto scoprire la bellezza della parola “insieme”.

I sette ragazzi gli sorrisero commossi e lo salutarono, fino a quando Kurt e il suo principe non scomparvero tra le fronde.

 

* * *

 

“Perchè non mi vuoi dire dove stiamo andando?” chiese Kurt mentre stringeva i fianchi del principe, intento a tenere le redini del suo destriero mentre cavalcavano tra gli alberi.

“E’ una sorpresa! Abbi un po’ di pazienza, ormai manca poco!” rispose Blaine con voce gentile.

Aveva ragione: nel giro di pochi minuti il fogliame si aprì davanti a loro, rivelando uno spiazzo erboso diviso a metà da un sentiero lastricato di pietre.

Il sentiero, ben levigato e lineare, conduceva ad una chiesetta un po’ diroccata e senza pretese. Aveva l’aria di essere stata abbandonata da molto tempo, perché il soffitto non era interamente coperto e fili d’erba incolta crescevano tra le pietre squadrate che ne componevano le mura. Eppure, agli occhi di Kurt sembrava la chiesa più bella del mondo.

Scese da cavallo, e una volta che Blaine ebbe fatto lo stesso, lo guardò negli occhi a lungo.

“Cosa c’è?” – chiese il principe alzandosi nelle spalle con aria innocente, - “Visto che non potrò farti vivere in un castello…”

“M-ma ma io…” balbettò Kurt, totalmente colto alla sprovvista.

Blaine sembrò ignorare volutamente la sua aria titubante: si chinò e strappò con delicatezza un fiore dal prato. Poi lo privò dei petali e spezzò lo stelo, in modo che ne rimanesse un pezzo molto piccolo. A sua volta, divise quel pezzo in due parti e si voltò, in modo che l’altro non vedesse.

Con qualche difficoltà ma comunque nel giro di pochi minuti, riuscì nel suo intento e potè girarsi nuovamente, stringendo nel palmo il risultato ottenuto per nasconderlo agli occhi di Kurt.

“Vieni” gli disse, prendendolo per mano con quella libera. Kurt non se lo fece ripetere due volte, e insieme percorsero il sentiero fino a dentro la chiesetta.

Il sole filtrava dagli spiragli del soffitto semi-distrutto, così come qualche spiffero di vento fresco. La natura sembrava aver preso il sopravvento anche lì, all’interno: dei veri e propri cespugli crescevano tra le panche in disuso e l’altare era totalmente ricoperto di fiori bianchi.

Blaine condusse Kurt proprio alla fine della navata, gli si mise davanti e lasciò la sua mano. Poi aprì l’altra, mostrando due piccoli cerchietti verdi, intrecciati e tenuti insieme da un nodo. Guardò Kurt e gli sorrise, mostrandoglieli. Lui si illuminò, e gli occhi chiari lentamente diventarono lucidi.

Il principe gli porse uno dei due anelli rudimentali, poi i due ragazzi si guardarono per un po’.

“Kurt Hummel, io ti prometto…” – esordì il principe, portandosi solennemente una mano al petto, - “… che non ti lascerò mai solo. Che ti proteggerò da ogni pericolo e che non esiterò a mettere la mia vita a rischio per te. Ti prometto che ti amerò anche quando avrai i capelli bianchi e le rughe ti segneranno il viso, a patto che tu sia disposto a cantare con me anche quando le nostre voci non saranno più belle come adesso”. Sorrise, poi concluse: “Ti prometto che ti amerò per sempre”.

Kurt lasciò che una lacrima scendesse lentamente sulla sua guancia, abbozzando un sorriso che ne fece deviare il percorso. Ancora una volta, passò in rassegna le favole della sua infanzia, e si rese conto che in nessuna aveva mai letto di un amore così. Tutti quei principi perfetti e gentili, avrebbero amato le principesse anche se fossero state brutte, o anziane? E avrebbero forse rinunciato a vivere nei loro ricchi castelli? Avrebbero abbandonato tutto per amore?

“Blaine Anderson, io ti prometto… che non ti lascerò mai solo. Che tu sarai sempre il centro dei miei pensieri e delle mie preoccupazioni, e che non permetterò mai a niente e a nessuno di separarci. Ti prometto che canterò con te anche quando entrambi saremo troppo stonati persino per accorgercene. Ti prometto che ti amerò per sempre”.

I due ragazzi si sorrisero, e con un gesto veloce si scambiarono gli anelli. Kurt alzò la sua mano verso l’alto, in modo che la luce esterna illuminasse ancora meglio quell’anello privo di gemme, ma che per lui brillava come il più grande dei diamanti.

“E’ bellissimo” disse rapito dall’immagine di quel cerchietto verde attorno al suo anulare.

“Davvero? Non avresti preferito un vero anello?” disse il principe avvicinandosi a lui, la voce così titubante da renderlo stupido e adorabile allo stesso tempo.

“Lo hai fatto tu, e questo lo rende perfetto” rispose Kurt con semplicità, distogliendo lo sguardo dalle sue dita.

Abbassò la mano per unirla a quella di Blaine, che gli sorrise e si avvicinò per lasciargli un bacio casto e fugace sulle labbra. Poi il principe gli sorrise e disse risoluto: “Andiamo”.

Kurt lo guardò un po’ perplesso e rispose: “Dove?”

“Non lo so. Ha importanza?”

Kurt ci pensò su per qualche secondo, poi rispose di no. Perché in effetti, non ne aveva affatto.

 

* * *

 

I due principi cavalcavano insieme verso il tramonto.

Non sapevano dove sarebbero andati, né cosa avrebbero incontrato sul loro cammino; sapevano però che sarebbero rimasti insieme a qualunque costo, e che, proprio come nelle favole, avrebbero vissuto…

Per sempre felici e contenti.

 

 

 

The End.

 

 

* * *

 

 

Ebbene sì, anche questa storia è finita. Dubito seriamente che riuscirò mai a scrivere una cosa più glicemica di questa, ma quando si tratta di una romanticona come me non si può mai dire, quindi Who knows?

Ringrazio di cuore TUTTI quelli che dopo la mia prima Klaine mi hanno seguito con affetto così come quelli che mi hanno "scoperto" con questa, quelli che mi incitano continuamente a scriverne altre, quelli che su Facebook mi permettono di rendere note le mie storie. Grazie a tutti, davvero.

Oggi ho pubblicato anche la nuova drabble, "Let you put your hands on me in my skin-tight jeans" (questo è il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=763935) ma non è l'ultima: tra due giorni ci sarà l'altra.

Per chi non lo sa, per ora sono impegnata con la traduzione della Klaine Fantasy più famosa del web, "The Sidhe", con l'account Chazzam (quello senza il 2). Vi consiglio di darle un'occhiata perchè la parola "bellissima" non rende l'idea.

Ok, vi ho rotto le scatole abbastanza. Che altro dire? Uhm, grazie - come sono banale! - e buona estate a tutti!

With love, _hurricane <3


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