Just Friends

di Sanya
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Situazione complicata ***
Capitolo 2: *** Patto col diavolo ***
Capitolo 3: *** L'Idiota Innamorato ***
Capitolo 4: *** L'Annuario del Liceo ***
Capitolo 5: *** Completamente Esposto ***
Capitolo 6: *** Giorno Uno ***
Capitolo 7: *** Ci Siamo Quasi ***
Capitolo 8: *** Baciami ***
Capitolo 9: *** Conto in Sospeso ***
Capitolo 10: *** Medicazioni e Rivelazioni ***
Capitolo 11: *** Aria di Cambiamenti ***
Capitolo 12: *** Il Terzo Incomodo ***
Capitolo 13: *** Ha Funzionato ***
Capitolo 14: *** Portami a Casa ***
Capitolo 15: *** Lasciati Andare ***
Capitolo 16: *** Apri gli Occhi ***
Capitolo 17: *** E' Finita ***
Capitolo 18: *** Lacrime e Cioccolata ***
Capitolo 19: *** Confessione Irreale ***



Capitolo 1
*** Situazione complicata ***


Just Friends
 ~ Capitolo 1: Situazione complicata ~ 

BELLA

Guardai il display del cellulare illuminarsi, rischiarando il buio che aveva avvolto la mia stanza.
Jacob. Jacob. Jacob. Jacob.
Il suo nome continuava ad apparire e a sparire, facendomi sussultare ogni volta che lo vedevo.
Perché doveva continuare così, cavolo? Perché doveva continuare a essere il mio incubo peggiore?
Il cellulare ricadde morto sul comodino, segno che aveva lasciato perdere. Presi tra le mani l’apparecchio argenteo, digitando il numero della mia segreteria telefonica.
“12 messaggi non ascoltati”, comunicò la solita voce anonima.
«Bella, ho bisogno di parlarti. Ti prego, rispondimi: è importante», la voce di Jacob suonava dolce, ammaliante, ma non ci sarei cascata. Non più.
«Bella», tuonò invece qualche messaggio più avanti. «Cazzo, ti ho detto di rispondermi! Te lo sto chiedendo in ginocchio. Rispondi a quel cazzo di telefono, insomma!». Era incazzato, incazzato nero.
Sussultai, spegnendo il cellulare e abbandonandolo sul piumone. Rimasi a fissarlo per una manciata di minuti, poi mi lasciai andare al dolce odore di bucato, ritrovandomi in una nuvola compatta di coperte e lenzuola.
Ma che cosa voleva? Avevo anch’io la mia vita da vivere e non avrei mai permesso che quell’essere mi schiavizzasse in una nuova relazione amorosa. Il nostro amore aveva avuto l’opportunità di sbocciare, di crescere, di svilupparsi, ma era appassito, lasciandosi indietro una schiera di bei ricordi. Questo era stato per me la relazione con Jacob, uno dei tanti amori che una ventenne ha il diritto di provare. Basta. Punto. Storia chiusa. Avanti il prossimo.
Ma per Jacob non era così: Jacob esigeva che io stessi con lui, non desiderava altro. E, per questo, ovviamente, non mi dava pace. Non nel senso che mi minacciava, questo no, però mi esasperava con le sue telefonate piene di sofferenza, i suoi messaggi stracolmi di parole strappalacrime, i suoi mazzi di fiori abbandonati nel vialetto di casa mia. Era il colmo pensare che un uomo grande e grosso di venticinque anni si trovasse in una situazione così tragica, per colpa di un’avventura finita.
Quando provavo a parlarne con le mie amiche, Angela e Jessica, loro mi rispondevano: «Bella, sta tranquilla. È una reazione normale degli uomini che si sono trovati sbattuti fuori da una relazione che desideravano. Gli passerà, vedrai».
Ed io ribattevo: «Sì, ma è già passato un anno da quando ci siamo lasciati».
Loro alzavano le spalle e continuavano a chiacchierare dei fatti propri. Grazie tante, belle amiche.
Nascosi la testa sotto il cuscino, rimanendo nel buio più totale.
Non volevo più una cosa del genere, non volevo ritrovarmi a combattere contro la persona che avevo amato - anche se, adesso, di simile tra il ragazzo che aveva iniziato a perseguitarmi e quello dolce che mi faceva sentire perfetta c’era proprio poco.
No, basta, non poteva continuare così in eterno. Dovevo ribellarmi, cercare di togliermi quella sanguisuga di dosso. Assolutamente.
Ma cosa avrei potuto fare?
Parlargli a quattr’occhi? No, era escluso. Probabilmente non avrei risolto nulla, avrei solo peggiorato la situazione, riempiendolo di finte speranze.
Avrei potuto… commissionare qualcuno per riferirgli quello che non avevo il coraggio di dirgli in faccia? Nah, mi avrebbe creduta una codarda.
E se… mi fossi nascosta finché lui non si sarebbe stufato di correre dietro ad una latitante? E se avessi cambiato nome e mi fossi trasferita in un’altra città, protetta dal FBI? Oh, avanti Bella! Sii realista! Queste cose succedono soltanto nei telefilm!
Uhm, no, così non andava, avevo bisogno d’ispirazione. Mi tolsi il cuscino dalla faccia ed allungai il braccio per accendere la luce, rimanendo sdraiata sul letto a fissare il soffitto.
Avanti, Bella, pensa, ragiona: cosa potrebbe far perdere le speranze di una riconciliazione a Jacob? È ostinato, d’accordo, ma deve esserci un punto debole, deve pur avere un tallone d’Achille!
E pensare che Edward, il mio migliore amico, mi aveva sempre consigliato di stare lontana da quel tipo.
«Si vede lontano un chilometro che non è affidabile, Bella», diceva. «Sono sicuro che Jasper Whitlock, quel tipo tossico-dipendente, sia più capace di usare il cervello in confronto a Black».
Io ridacchiavo quando arrivava a quella parte, convinta che stesse scherzando, poiché aveva la capacità di rimanere perfettamente serio anche quando sparava una delle sue. Lui abbassava lo sguardo e cambiava discorso. Perché non gli avevo dato ascolto? Perché mi ero ostinata a fare di testa mia?
Feci rimbalzare la testa sul materasso. «Dovresti sbattere la faccia contro il muro di cemento, non contro il materasso», mi sussurrò la mia coscienza. Già, non posso darti torto, cara.
Qualcuno bussò alla porta.
«Entra pure, papà», esclamai.
Vidi mio padre far capolino nella stanza. «Hey», mi sorrise. Ricambiai in risposta.
«Allora, come va?», domandò, sedendosi accanto a me e poggiandomi una mano sul braccio.
«Benone», mentii.
Chissà se si accorse che notai la sua smorfia di dissenso. Non c’era che dire, mi conosceva piuttosto bene. Da quando mia madre se n’era andata, lasciando a mio padre la mia custodia, il nostro rapporto era diventato più qualcosa di conveniente per entrambi che non un amorevole padre-figlia.
Non mi sarei mai sognata di andare con lui a pescare la domenica mattina, né tantomeno guardare un film insieme - né ora, né quando di anni ne avevo dieci.
Si poteva dire che il nostro rapporto sembrava più simile a quello dei vari soci di un’azienda, ecco. Ognuno vive la sua vita, ma, quando c’è bisogno di qualcosa, si collabora per mantenere la tranquillità.
Nonostante tutto, però, aveva imparato a capire i miei segnali, come io avevo imparato i suoi. Ad esempio, quando buttava la giacca d’ordinanza sul divano, tirava brutta aria; al contrario, se per raggiungere camera mia sbattevo i piedi sui gradini della scala, lui sapeva che avevo la luna di traverso.
«Volevo solo dirti che ha chiamato Jacob», esclamò come se fosse costretto a riferire una notizia già sentita. «Un’altra volta. Bhe, ad essere onesti, una decina di volte».
«Uhm, bene», mormorai io. «Gli hai detto che ero in palestra?».
«Ovviamente», sorrise complice.
Un altro aspetto positivo di mio padre era che faceva quello che gli dicevi senza assillarti con le sue domande.
Si alzò dal letto e si diresse verso la porta. «Ah», si ricordò improvvisamente. «Ha chiamato anche Edward, poco fa, mentre eri ancora fuori. Mi ha detto di dirti che domani ti aspetta a pranzo al solito posto».
Annuii. «Grazie, papà».
Uscì dalla stanza, spegnendo la luce. Mi voltai verso la finestra aperta. Guardai le luci degli altri appartamenti brillare.
Avrei voluto lasciarmi andare completamente al sonno, abbandonarmi all’incoscienza, eppure, una parte di me rimaneva vigile, continuando a ragionare su come avrei potuto porre fine a quella situazione.
Probabilmente fu così che mi addormentai quella notte, pensando a come sarei riuscita a levarmi Jacob di torno.

__________

Lo so, lo so. Non ditelo nemmeno. Non parlatemene... Da quanto tempo non posto/non aggiorno & co.? A dire la verità, non so nemmeno esattamente io da quando, comunque tantissimo tempo.
Già, già, sono un totale disastro, lo sapevo già.
Ad ogni modo, adesso sono tornata =)  
Eh sì, con un altra storia! E' vero, ne ho tipo un millione e mezzo da completare e rivedere, eppure questa idea mi trapanava il cervello da un po' di tempo. E così, ecco così il primo capitolo.
Una storia un po' diversa da tutte quelle a cui mi ero sempre dedicata. Innanzi tutto, i personaggi sono tutti umani (possibilità a cui non avevo mai minimamente pensato, prima di qualche tempo fa, ma che devo dire mi sta piacendo mettere in pratica), e poi i caratteri dei personaggi saranno un tantino differenti da quelli ai quali Stephenie Meyer ci aveva abituato.
Spero che questo primo capitolo (o comunque, la storia in generale) non annoi, deluda, ecc. e che nonostante tutto qualcuno abbia intenzione di seguirmi (:
Che dire d'altro? Ah, sì, se avete domande, dubbi errori da segnalare, consigli, opinioni, fatemelo sapere, vi risponderò il prima possibile ;D
C'è qualche buon anima che mi lascerà una piccola recensione? Anche per dirmi di piantarla e di dedicarmi all'ippica. Sul serio, qualsiasi cosa questo primo capitolo della storia vi ha trasmesso, mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensate davvero.
Ringrazio Elena, che mi ha aiutato a correggere e rivedere questo capitolo, e Alessia (questa storia è dedicata a te, non c'è bisogno che ti ripeta il perchè).
Ora mi defilo nel mio angolino, in attesa dei primi lanci di pomodori.
Buon pomeriggio!
S.

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Capitolo 2
*** Patto col diavolo ***


Just Friends 
 ~ Capitolo 2: Patto col Diavolo ~ 

 
BELLA
 
Quando la mattina seguente mi alzai controvoglia dal letto, sembrava che un branco di bufali impazziti mi avesse calpestato la testa fino a farla scoppiare.
Guardai l’orologio, poggiato sul comodino: le otto meno un quarto.
Miseriaccia, sono in ritardo! O meglio, in ritardo pazzesco!
Balzai giù dal letto e cominciai a raccattare i vestiti per la stanza, vestendomi al volo con i primi indumenti che mi capitavano in mano. Radunai in una borsa delle penne, alcuni fogli per gli appunti e il libro di letteratura inglese.
Mi precipitai giù per le scale, litigando con i lacci delle scarpe da tennis.
Andai a sbattere contro la schiena di mio padre. Entrambi cademmo per terra, guardando l’altro più imbarazzati che mai.
«Scusa, papà», mormorai, raccogliendo tutti gli oggetti che, dopo lo scontro, giacevano sul pavimento dell’anticamera.
«Siamo di corsa stamattina, eh?», ammiccò lui, porgendomi la mano e aiutando a rialzarmi.
«Già. Effettivamente, sono un po’ in ritardo», abbassai lo sguardo, dirigendomi in cucina con passo veloce. Agguantai un biscotto e cominciai a sgranocchiarlo.
Raggiunsi mio padre davanti alla porta d’ingresso. Raccolsi le chiavi dal quadro, situato dietro la porta, e mi infilai la leggera giacca di jeans. Nonostante la pioggia e l’umidità, praticamente perenni, era primavera.
Salutai con un cenno mio padre e mi diressi verso il mio caro e vecchio pick-up.
Accesi il motore addormentato, che rispose con un rombo infastidito, e mi abbandonai alla dolce musica che la radio trasmetteva.
Mentre guidavo alla velocità massima che il mio decrepito veicolo poteva sopportare verso l’università di Seattle che frequentavo, avevo una pallida ma fastidiosa sensazione che continuava a ribollirmi in testa: sarebbe stata una giornata difficile. Ancora non sapevo il motivo, ma lo sarebbe stata. Ne ero più che certa.
 
L’ultima lezione prima dell’uscita definitiva volò via talmente in fretta che mi sembrò di non aver nemmeno trovato la pagina giusta del libro che già fosse ora di riordinare il proprio materiale; un momento prima il professor Harold parlava di come la letteratura francese si fosse evoluta tra illuminismo e romanticismo e un momento dopo ci diceva arrivederci e lasciava la sala.
Guardai imbambolata i miei compagni che radunavano velocemente i loro appunti. Quando mi risvegliai dal mio torpore, mi affrettai, gettando dentro la borsa tutti gli oggetti che avevo poggiato sul banco.
Percorsi quei pochi metri che mi dividevano dall’atrio senza particolari pensieri nella testa, solo con l’intento di raggiungere il pick-up e dirigermi alla tavola calda dove, sin dal terzo anno, io e Edward ci ritrovavamo per mangiare e chiacchierare in tranquillità.
Mi bloccai, però, quando vidi il suo riflesso stampato sulle ampie porte a vetri d’entrata.
La moto parcheggiata a fianco del mio pick-up, la maglietta striminzita che metteva in mostra i muscoli. Non c’erano dubbi: era Jacob Black.
Deglutii rumorosamente. La mano che reggeva la maniglia si strinse dall’ansia. 
No, non è possibile. Non anche qui. È solo un frutto della mia immaginazione. Sto sognando, è un incubo.
“Bella, calmati. Prendi un respiro profondo e pensa a una soluzione”.
Jacob Black cominciò ad analizzare tutte le persone che gli passavano a fianco, cercando di riconoscere i tratti del mio viso.
La prima idea che mi passò per la testa fu la fuga. Dovevo trovare un modo per svignarmela senza che lui mi vedesse. Cercavo un’uscita alternativa: una finestra, una porta sul retro.
È così che fanno i veri fuggitivi…
Scossi la testa, tornando alla realtà.
“Non puoi passare il resto della vita a fuggire da lui. Affrontalo, porca miseria”, la mia coscienza sbottò.
«Facile a dirsi, difficile a farsi», mormorai tra me, impercettibilmente.
Ok, basta, Bella, ce la puoi fare.
Presi un respiro profondo e aprii la porta, preparandomi ad andare in pasto alla mia peggiore palla al piede.
Camminai a testa bassa, cercando di nascondermi il più possibile tra la gente che come me percorreva quel tratto. Ma, purtroppo, tutti i miei sforzi furono vani.
«Ciao, Bella», tuonò non appena mi fui avvicinata abbastanza al pick-up.
«Ciao», era una specie di ringhio soffocato quello che mi era appena uscito?!
Mi fissò, mentre ripescavo le chiavi del pick-up dalla borsa.
«Perché non hai risposto alle mie telefonate?», piegò la testa da un lato, aspettando la risposta.
Strinsi le labbra: avrei dovuto tirare fuori tutte le mie doti recitative per nascondere la mia ennesima bugia.
Guai a te se ti metti a ridere, Bella, e non provare ad arrossire!
Voltai la testa verso di lui. Velai i miei occhi con una patina di stupore e inconsapevolezza. «Telefonate?! Quali telefonate?!».
Jacob divenne rosso di rabbia. «Sì, Bella. Ti ho lasciato quasi duemila messaggi in segreteria. E tu non hai mai risposto. Né mi hai mai richiamato».
«Oh, già», abbozzai, stringendo le chiavi tra le dita. «Il mio cellulare deve essere morto o qualcosa del genere».
Ci fu qualche secondo di silenzio.
«Perché mi eviti, Bella?», mi strinse per i fianchi, lasciandosi andare al tono più ammaliatore che conosceva.
Mi dimenai dalla sua presa. «Jacob, ti ricordo che noi ci siamo lasciati già da un bel po’. Io non ti devo più niente. E adesso lasciami andare», sbottai convinta.
«Non sai quanto mi manchi, Bella. I nostri momenti insieme, le nostre uscite, i nostri baci. Mi manca tutto di te, sul serio», mi sfiorò la guancia destra ed io rabbrividii. «Non potremmo… riprovarci? Rimetterci insieme e vedere come va questa volta?», propose. I suoi occhi erano diventati due grosse palle adoratrici. Ma non avevo intenzione di cascare nella trappola come un’ingenua.
«Jacob Black, ascoltami bene, perché non voglio ripetertelo mai più, non ho intenzione di ritornare con te. Questo è quanto, ora lasciami vivere la mia vita», infilai le chiavi nella portiera, cercando di aprirla.
«Cos’è,», lui mi bloccò la mano, costringendomi a guardarlo mentre parlava. «Sei già impegnata, signorinella?».
Sussultai, strabuzzando gli occhi. Signorinella? Che coraggio aveva di chiamarmi signorinella?
Signorinella era il termine che usava lui per definire le ragazze che lasciano passare, uno dopo l’altro, tutti i ragazzi dell’università nel proprio letto e, chiamandomi in quel modo, aveva capito male. Proprio male. Decisamente male.
Lasciai scivolare un respiro profondo fuori dalle labbra. «Signorinello», ringhiai, puntando un dito sul suo petto. «Mettiamo in chiaro una cosa, non ti ucciderò in un luogo pubblico perché non ho intenzione di finire in prigione per colpa tua, però, se non la finisci di molestarmi, ti stacco l’amichetto e lo appendo nell’aula magna dell’università, ci siamo intesi? E adesso, ARIA!». Mi voltai verso la portiera, aprendola con un colpo secco.
«Quindi, è così? Ti sei già messa con un altro, eh?!», ridacchiò lui.
«Non sono affari tuoi, Jacob!», urlai dal finestrino aperto.
«Non me ne andrò di qui finché non me lo avrai confessato», disse, parandosi davanti al pick-up, impedendomi di fare manovra.
A quel punto, la soluzione migliore sarebbe stata stenderlo come una sardina, ma, come avevo già puntualizzato, non ci tenevo a finire in gattabuia.
«Sì, Jacob, d’accordo. Mi sono messa con un altro ragazzo, sei contento, adesso?», sentii la mia voce rimbalzare all’interno dell’abitacolo.
«Perfetto», disse, tirando un pugno sulla portiera. «Voglio conoscerlo».
«Cosa?».
«Voglio conoscerlo. Voglio conoscere questo tizio. Solo allora ti lascerò in pace», mi lanciò un sorrisetto ironico.
«Okay, allora», i miei occhi si fecero due fessure. «Lo conoscerai».
«BENE!», gridò.
«BENE!», gridai a mia volta.
Uscii dal parcheggio e mi diressi verso la superstrada con decisione. Le mani stringevano il volante duro con forza e ancora tremavano dalla rabbia.
Però, più mi allontanavo dall’università, più mi rendevo conto di una cosa: avevo confessato a Jacob di stare con un ragazzo. Ma c’era un unico problema: io non avevo un ragazzo.
Deglutii rumorosamente.
Ora non avevo solo il pensiero di togliermi Jacob di torno, ma anche quello di trovarmi un ragazzo. E alla svelta.
__________

Aggiornamento veloce, questo. Due giorni in anticipo. Perchè? A mia madre è venuto in mente solo adesso di dirmi che domani mattina dobbiamo partire per un mini viaggetto. Non ritorneremo prima di lunedì e, siccome non ho intenzione di aggionare in ritardo sin dal secondo capitolo, ho deciso di fare questa piccola "sorpresina"... Ta-dan.
In questo capitolo si ha la prima apparizione reale di Jacob. Che ne pensate? Un po' troppo rompipalle? Dai, dai, sono curiosa di sapere che impressione vi ha fatto ^^
Piccola anticipazione, il prossimo capitolo sarà POV Edward *w* La prima occasione per entrare un po' nella mente del migliore amico. Non state più nella pelle, vero?? LOL
Sto facendo un po' di corsa, quindi chiedo scusa per eventuali errori, sia nel testo, sia nella presentazione - cercate di comprendermi T.T
Voglio ringraziare tutte le persone che hanno letto il capitolo precedente, e le 7 meraviglie che hanno lasciato una piccola recensione. Mi hanno fatto commuovere, lo ammetto! Non mi era mai capitato di ricevere così tante recensioni, mai, e sapere che c'è davvero gente che mi segue mi ha reso euforica! Spero di non deludervi ;) 
So che è tardi, ma una piccolissima recensione me la lascereste lo stesso? *occhi da cucciolo* PLEASE!
Ora mi eclisso, in attesa dei primi pareri.
Buona serata!!
S.

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Capitolo 3
*** L'Idiota Innamorato ***


JustFriends1

Just Friends 
 ~ Capitolo 3: L’Idiota Innamorato ~ 

EDWARD
 
Sbirciai l’ora sull’orologio appeso alla parete: le due in punto.
Era tardi. E Bella ancora non si era fatta vedere. Strano. Molto strano.
Non era mai stata in ritardo quando dovevamo pranzare insieme alla tavola calda. Non mi aveva mai dato buca.
“Può darsi che abbia avuto qualche contrattempo”, pensai. “Magari doveva organizzare un esame con un professore, oppure si era fermata un secondo in biblioteca per cercare un libro”. Comunque avrebbe potuto avvertirmi, senza lasciarmi qui ad aspettare come un deficiente, no?
Sospirai affranto, guardando oltre la vetrata impolverata. Niente, non c’era traccia di Bella.
Decisi che l’avrei aspettata comunque: tanto, non avevo molto da fare quel pomeriggio.
Sfilai dallo zaino il libro di architetture moderne che avevo comprato quella mattina, prima di dirigermi verso le lezioni. Cominciai a sfogliarlo e mi persi nelle curve e nelle forme che le varie parti assumevano secondo la prospettiva con la quale si guardavano.
Due mani sbatterono sul tavolo dove ero seduto, facendomi sussultare e ritornare alla realtà. Alzai lo sguardo e incontrai i profondi occhi di Bella che mi fissavano. Notai immediatamente che c’era qualcosa che non andava: i muscoli del suo viso erano tesi, le palpebre ridotte a due fessure.
«Ho un problema», esclamò lentamente, come se volesse farmi assorbire per bene la notizia.
Chiusi il libro e lo riposi nello zaino. «Buongiorno, Bella. Mi fa molto piacere vedere che sei arrivata. Vuoi che ordiniamo qualcosa da mangiare?», sorrisi.
«Sì, sì, non fare lo spiritoso», si sedette nel posto davanti a me. «È una cosa seria».
Congiunsi le braccia sul tavolo. «Spara».
«Ho incontrato Jacob Black mentre uscivo dall’università», confessò a bassa voce, abbassando lo sguardo.
Mi irrigidii e strinsi i denti, sperando di non essere notato da Bella.
Quell’invertebrato! Ancora non aveva intenzione di lasciare in pace Bella, vero?!
Non riuscivo a pensare a quanto le stesse rovinando l’esistenza con quel comportamento infantile. E non volevo nemmeno provarci.
Bella, perché ti sei innamorata di quel tizio? Cosa aveva d’interessante? Ti avevo anche avvertito, cavolo! Perché non ti sei innamorata di un’altra persona? Perché non ti sei innamorata di… me?
Alzai le spalle, mostrandomi un po’ disinteressato. «Non è una novità».
«Non è questo il punto, però», disse, perforandomi le pupille con il suo sguardo. «C’è un altro problema ben più grande, adesso».
«E quale sarebbe?», domandai confuso.
«Devo trovarmi un ragazzo, al più presto», esclamò con voce tagliente.
Il mio viso, come il suo, divenne una maschera di serietà. «Dimmi cosa è successo. Dal principio».
E così mi raccontò nei minimi dettagli la loro litigata, il tentativo di Jacob di riallacciare i rapporti, la sua risposta tutt’altro che garbata, il loro modo di chiarire e, infine, quella specie di patto che era stato strappato tra le strilla.
«Questo è quanto», chiuse il discorso, intristendosi un poco.
«Quindi, fammi capire», esclamai assorto. «Ti lascerà stare solo quando gli presenterai il tuo nuovo ragazzo, è così?».
Lei annuì. «L’unico problema è che non ho nessun ragazzo».
«Già, questo è vero», assentii io.
Ci fu un attimo di silenzio, nel quale entrambi ci guardammo in giro pensierosi. Io guardai lei, più che altro. La osservai mordicchiarsi il labbro inferiore, in cerca di una soluzione. Mi persi nei suoi occhi preoccupati, ma pur sempre profondissimi.
«Hai già qualche idea?», domandai.
Scosse la testa. «Mi ci vuole un po’ per elaborare i piani diabolici», sorrise, ma con una nota di preoccupazione. Ridacchiai nervosamente anche io.
Ordinammo da mangiare i soliti piatti che prendevamo da quattro anni, ormai: Bella il solito piatto di ravioli, io un semplice hamburger. Mangiammo tutto in silenzio, ognuno nei propri pensieri.
“Cavolo, ci mancava solo questo per far degenerare maggiormente quella situazione già precaria”, pensai. “Ci mancava solo quella geniale trovata di Jacob per far uscire ancor più di testa Bella”.
Spiai il suo viso assorto, i suoi movimenti decisi ma distratti, persi nella ricerca di qualche nuova idea. Riconobbi, però, nei suoi occhi un qualcosa. Rassegnazione? Già, probabile.
Okay, dovevo fare qualcosa. La dovevo aiutare questa volta, proponendo qualcosa che avrebbe messo fine a tutto definitivamente. Non potevo permettermi che accettasse di sopportare per sempre quel rompipalle. Lo facevo per il suo bene, alla fine.
Pensa, Edward…
Mi ridestai quando vidi entrare la squadra di football della mia scuola. Omoni contro i quali sarebbe stato meglio non mettersi contro, per chiunque.
L’idea mi raggiunse come un colpo di frusta. Scossi la testa, contrariato.
No, Edward, non puoi proporre una trovata del genere a Bella. È un fattore di principio. Sia per te, sia per lei. No, no, lascia perdere.
Eppure l’idea di togliersi dai piedi quel tipo era troppo allettante…
«Ho un’idea», esordii. Mi sarei pentito di quello che stavo per fare, ne ero certo. «Comincia a guardarti in giro, a trovare il tipo giusto che potrebbe far perdere a Jacob le speranze».
«Tipo?», domandò lei confusa ma evidentemente attratta dalla proposta.
«Non so», alzai le spalle, osservando la gente che occupava i tavoli accanto ai nostri. «Prendi qualcuno come Emmett Cullen, per esempio; sicuramente Jacob non oserebbe andare a sbattere il muso contro un tipo come quello».
«Già, questo è poco ma sicuro», ridacchiò. Iniziai a ridere, evitando di non prestare attenzione al fatto che Bella mi stesse fissando.
Fa come se non fosse niente…
«Edward», mi richiamò con dolcezza.
«Sì?», la voce uscì a fatica.
«Grazie», mormorò. Mi venne ad abbracciare e sentii il mio cuore scalpitare come un puledro.
 
Non appena il suono del motore della mia Volvo mi travolse, mi sentii subito meglio. Mi lasciai andare all’odore famigliare dei sedili in pelle, mescolato a quello un po’ più forte del deodorante per auto.
Lasciai scivolare via un sospiro e chiusi gli occhi.
Non potevo credere che la mia proposta, stupida e senza senso, fosse stata accettata da Bella con grande entusiasmo. Mi aspettavo una reazione del tipo: «Edward, stai scherzando? Non posso andare giro a chiedere chi vuole diventare il mio finto ragazzo!», oppure, «No, Edward, non se ne parla neanche. Per quanto questa situazione possa avermi esasperato, non scenderò mai così in basso!». E invece…
Feci cascare la testa sul lato superiore del volante, sbattendo la fronte contro la superficie rugosa.
Perché, perché ero così idiota? Non l’avevo già persa abbastanza spesso?
Un’altra testata contro il volante.  
 
Sono innamorato di Bella, già. Per chi non se ne fosse accorto.
E, se proprio ci tenete a saperlo, sono innamorato di lei da quattro anni. In pratica, da quando ci siamo conosciuti.
Quattro anni. Sono quattro anni che il mio cuore comincia a battere all’impazzata quando la vedo arrivare, che trattengo la voglia di abbracciarla, di baciarla.
Come dite? Sono un’idiota? Bhe, mi sembrava di avervelo già detto, no?
No, lei non lo sa. E nemmeno se n’è accorta. Ma, da un lato, va bene così.  
Dovrei farmi avanti, è vero, ma non ne trovo il coraggio. Ogni volta che riesco a mettere in piedi uno straccio di discorso, ogni volta che riesco a racimolare un po’ di convinzione per presentare il mio amore, arriva lei, col suo sorriso, col suo viso, e tutte le mie certezze crollano come dei castelli di sabbia al vento.
Sono un cazzone. Un cazzone innamorato. Il che è peggio.
 
Rialzai la testa dal volante e lasciai che il piede sinistro cadesse sull’acceleratore. La macchina partì con un balzo e in un attimo mi ritrovai sulla strada di casa.
Evitai di pensare e mi concentrai sulle righe bianche al centro della carreggiata.
Mi ritrovai nel vialetto di casa mia in un secondo. La fissai, quella piccola casetta bianca che mia madre aveva ristrutturato da sola l’estate dopo che mio padre era scappato con un infermiera dell’ospedale dove lavorava.
Uscii dall’auto e mi diressi verso la porta, spalancandola appena me la trovai davanti. L’odore di zucchero e di impasto mi travolse. Mia madre stava cucinando.
«Ciao, mamma», abbozzai, levandomi la giacca.
«Oh», vidi il suo viso tondo e arrossato sbucare fuori dalla porta della cucina. «Ciao, Edward». Mi sorrise cauta, ma con un sorriso travolgente.
Mi avvicinai alla cucina e il calore che il forno ancora emanava mi colpì dritto in viso. Mi sedetti su uno dei tanti sgabelli, situati lungo il bancone.
«Cosa stai preparando?», domandai, allungando lo sguardo.
«Biscotti allo zenzero», trillò.
Mi venne da sorridere, pensando a quanto stare ai fornelli la rendesse felice o come fosse spensierata quando controllava le sue piante nella piccola serra che le avevo costruito qualche estate prima. Infondo, riusciva a distrarsi con poco dal dolore che ancora viveva in lei.
Per quanto cercava di nasconderlo, mi rendevo conto che essere stata tradita dall’uomo che più amava non la rendeva di certo al settimo cielo, anzi. Eppure davanti a me non si era mai abbandonata a pianti isterici o a urla disumane; aveva sempre cercato di mantenere un aspetto normale, decoroso, come se tutto andasse bene. Per proteggermi, forse.
Non avevamo mai affrontato l’argomento, ma sapevo che entrambi odiavamo quell’uomo apertamente. Come era giusto che fosse.
Allungai una mano per afferrare uno dei manicaretti appena sfornati. Sentii il manico di legno del mestolo sbattere contro il mio polso.
«Ahi», urlai, esaminando il segno rosso che aveva lasciato.
Mia madre sorrise. «Sei sempre il solito, Edward. Forza, non fare il bambino».
Restammo qualche minuto in silenzio.
«Come è andata oggi?», domandò un po’ imbarazzata.
«Bene», risposi. Io e lei non eravamo dei confidenti intimi, proprio no, e domandarci queste cose l’un l’altro ci metteva un po’ a disagio.
«Vado in camera mia», dissi, raccogliendo lo zaino da terra e dirigendomi verso il corridoio. Mia madre iniziò a canticchiare una canzone che non riconobbi.
Entrai in camera, sbattendo la porta dietro di me. Abbandonai il libro di architettura tra la pila disordinata di progetti intrapresi e abbandonati. Rimasi a fissare fuori dalla finestra il nulla, rimuginando un po’ sui miei pensieri.
Pensai a quello che avevo passato poco prima con Bella. Non potevo credere che quelle parole fossero uscite veramente dalla mia bocca, eppure era così.
Ora dovevo solo aspettare l’ennesima scelta di Bella per capire quale altro sentimento represso avrei dovuto rispolverare. Rancore verso il tizio? Rabbia per un’altra scelta stupida di Bella?
Ma una cosa era certa: avrei dovuto continuare a stare buono in un angolo, continuando a nascondere i miei sentimenti. Come sempre.
“Avanti, Edward”, mi disse una parte di me. “Non fare il melodrammatico. Infondo, sei bravo a reprimere le tue emozioni”.
Già, sono bravo.
__________

Ed eccolo qui, il famoso primo capitolo POV Edward. Dite la verità, non vedevate l'ora di leggerlo, eh?! XD
Che dire, spero che la situazione di Edward si sia capita abbastanza... Per lui non è facile stare così vicino a Bella così, senza dirle niente e, credetemi, le cose diventeranno ancora più difficili, dopo che Bella prenderà la sua decisione. Ma non credete che le cose miglioreranno tanto velocemente! Ci vorrà ancora un bel po' prima che i due ritrovino la serenità!
Ed ora tocca a voi, cari lettori! Che ne pensate di questo personaggio? Come ve lo eravate immaginato nel corso dei precedenti due capitoli? Quello che ho descritto è tanto diverso da ciò che vi aspettavate? Sì, lo so, è parecchio differente da quello della saga, ma spero che non vi dispiaccia. 
E dopo tutto questo, cosa succederà, secondo voi?! Sono curiosa...Vediamo fin dove si spinge la vostra immaginazione (:
Voglio fare un immenso ringraziamento a tutti quelli che hanno recensito questa storia, tutti quelli che l'anno inserita tra le preferite/seguite/ricordate. So che non è molto in confronto a quello che si trova sul sito, ma per me questo è davvero tantissimo. Grazie a voi sto iniziando ad acquistare la sicurezza che non ho mai avuto. ^^
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Vi andrebbe di lasciare una recensione, anche piccola-piccola?! <3
Un grosso bacio a tutti!
Buon pomeriggio!
S.
 

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Capitolo 4
*** L'Annuario del Liceo ***


Just Friends 
 ~ Capitolo 4: L’Annuario del Liceo ~

BELLA
 
Mi sedetti sull’ultimo della scalinata che portava alle aule superiori e lasciai scivolare la testa tra le sbarre di metallo.
Adoravo quell’ora buca del giovedì. E la passavo sempre così, accoccolata sui gradini della scala principale a fare niente.
Lasciai vagare lo sguardo nel corridoio stracolmo di studenti e professori. Ripensai a quello che Edward mi aveva consigliato il giorno precedente: “Comincia a guardarti in giro. Trova il tipo giusto che potrebbe far perdere a Jacob le speranze”.
Come se fosse facile. Dove lo potevo trovare un ragazzo che stesse al gioco e che potesse far scappare a gambe levate Jacob?
Sospirai, iniziando a guardare oltre la marmaglia indistinta di persone che si accalcavano all’entrata delle aule. Cercai di distinguere le facce dei ragazzi che potevano andare per quel ruolo.
Mike Newton? Aveva frequentato la squadra di calcio maschile alle superiori e al terzo anno sapevo che aveva avuto anche una cotta per me. Peccato che recentemente fosse passato all’altra sponda.
Tyler McKellan? Al ballo del diploma era stato sbattuto fuori perché era troppo brillo. Aveva tutta l’aria del tipo duro, contro il quale nessuno avrebbe deciso di fare a pugni. Però non credo che sarei riuscita a guardarlo con occhi amorevoli, visto l’energumeno che era.
Uhm… E Ray Montag? Oddio, sarebbe capace di farti a pezzi e buttarti in un cassonetto. E Jacob non avrebbe mai abboccato se gli avessi presentato quel tizio. No, era escluso.
Sam Carver! Sam sarebbe stato il tipo ideale da scegliere! Alto, muscoloso, simpatico… No, come non detto, stava ancora con quella tipa che si era trasferita a Charleston l’anno prima.
Sbuffai, abbassando lo sguardo e arrotolando intorno alle dita un filo ribelle sul lato della t-shirt.
«Hey!», esordì una vocina trillante, facendomi sobbalzare.
«Ciao, Alice», mormorai, alzando lo sguardo verso la piccola e minuta figura che si trovava accanto a me.
Si sedette al mio fianco, accavallando le gambe. «Allora, tutto bene?», domandò.
«Sì, alla grande», annuii, tentando di apparire convincente.
Mi fissò con sguardo scettico. «Jacob ti sta ancora alle calcagna, non è vero?».
La guardai inebetita. Ma come diavolo faceva a capire come stavo da un semplice sguardo?
Io e Alice Brandon c’eravamo conosciute la prima volta al secondo anno, quando ci ritrovammo nella stessa classe di spagnolo, casualmente compagne di banco. Io odiavo quella materia, la odiavo profondamente. E la nostra amicizia era iniziata così, con lei che mi suggeriva le frasi che il prof voleva sentirsi dire ed io che le sorridevo debitrice. Avevamo iniziato a frequentarci e sin dall’inizio aveva avuto questa straordinaria capacità. E ancora oggi ne rimanevo stupita.
Abbassai lo sguardo, imbarazzata per la mia bugia svelata. «Già».
«Cavolo, ma non è possibile!», sbottò. «Ancora con questa storia! Non ci sono stati passi avanti?».
«Bhe, sì, effettivamente un passo avanti c’è stato», ammisi. «Devo trovarmi un ragazzo».
Mi guardò perplessa.
«Così Jacob mi lascerà in pace», aggiunsi, tentando di schiarire la situazione.
«Non capisco…».
«In pratica la situazione si è decisamente complicata in confronto a qualche giorno fa», e iniziai a spiegare, come avevo fatto con Edward il giorno prima.
«Okay», esclamò, relegando un ciuffo di capelli neri dietro l’orecchio. «Diciamo che sei nella cacca fino al collo».
«Oh, grazie mille, Alice. Davvero, il tuo aiuto ha risolto tutti i miei problemi», risposi ironica.
Lei storse le labbra in qualcosa tipo un sorriso dispiaciuto e si mise a fissare le piastrelle bianche del pavimento.
«Ne hai parlato con qualcun altro?», la sua voce spezzò il silenzio che da qualche minuto ci aveva avvolto.
Annuii. «Sì, con Edward Masen, il mio migliore amico. L’ho visto ieri».
Sbatté velocemente le palpebre per qualche secondo. «E che ti ha suggerito?».
Alzai le spalle. «Lui mi ha detto di darmi un’occhiata in giro, di trovare un tipo che possa fargli perdere le speranze definitivamente. Peccato che non so chi cavolo possa andare».
«Hai in mente qualcuno in particolare?». La guardai stranita. Non mi piaceva per niente l’interrogatorio che mi stava facendo; sembrava che dovessi comprare un paio di scarpe!
«Bhe…», balbettai. «Pensavo a qualche tipo duro, virile, insomma che faccia spaventare Jacob».
«E ti saresti buttata su qualcuno tipo Ray Montag?! Puff… Bella, non è solo la stazza del tuo nuovo ragazzo che farà uscire di scena Jacob! Devi pensare a un tipo superiore a lui, che sappia usare il cervello, che si comporti da gentiluomo, che sia gentile, amorevole; diciamo, il suo perfetto opposto. E poi devi avere confidenza con lui! Se no, come fate a comportarvi da fidanzati se vi conoscete appena?!», la guardai stupita. Da quando lei ne sapeva così tanto di finti fidanzati?
«Il tuo discorso non fa una piega», dissi. «Ma ancora non ho la minima idea su chi buttarmi».
Alzò un sopracciglio. «Ne sei davvero sicura?».
«S-sì».
Lei sbuffò. «Oh, Bella!», e iniziò a ridere a crepapelle.
Avete presente come si guarda un pazzo che sta avendo una delle sue crisi? Ecco, fu più o meno così che esaminai Alice in quel momento.
«Che c’è da ridere?», domandai, ormai pienamente convinta che Alice fosse una sorta di pazza fuggita da un ospedale psichiatrico.
Ridacchio per qualche altro minuto. «Spero che lo capirai presto, Bella. Non sai quanto lo spero».
«Capire cosa?», domandai, con gli occhi fuori dalle orbite.
Mi sorrise maliziosa. «Lascia stare».
Rimanemmo qualche minuto in silenzio, io che la scrutavo dubbiosa e lei che fissava innocente il soffitto.
«Bene», esortò, alzandosi in piedi di fronte a me. «Ora devo proprio andare».
La fissai mentre si alzava e faceva una piroetta su se stessa.
«Spero che riuscirai a trovare presto la soluzione migliore». Mi fece l’occhiolino e si diresse verso l’uscita dell’università.
Rimasi a fissare il corridoio vuoto per dieci minuti buoni, cercando di capire l’utilità della discussione appena avuta. Perché ero convinta che Alice mi stesse nascondendo qualcosa?!
 
Fermai il pick-up, che si spense con uno scossone, davanti al vialetto di casa. Mi lasciai scivolare sul sedile, esasperata dal rumore della pioggia insistente che batteva sui vetri.
Più ci pensavo, più mi rendevo conto che la chiacchierata con Alice non aveva portato a niente. Sì, mi aveva mostrato un altro punto di vista, mi aveva suggerito il fatto che era meglio che scegliessi qualcuno con anche un po’ di cervello, che non solo un ammasso di muscoli. Ma quel fatto non mi aveva acceso la lampadina. Non mi aveva rivelato nessun “buon partito” su cui buttarmi. Ero ancora nel buio più totale.
E poi cosa voleva dire l’affermazione “non ti viene in mente proprio nessuno”? Non avevo in mente nessun ragazzo a cui avrei potuto chiedere una cosa del genere! Non lo avevo! E questo era un bel problema, in effetti…
Sbirciai con sguardo scettico fuori dal finestrino. La pioggia non aveva accennato a smettere. Ma comunque sarei dovuta scendere, non potevo passare tutta la notte nel pick-up solo perché pioveva!
Mi nascosi nel cappuccio, pronta a correre per arrivare sana e salva sulla veranda, la mia salvezza.
Uno. Due. Tre.
Spalancai la portiera e mi catapultai fuori, tra le gocce assassine. Reggendo l’estremità del cappuccio e facendo  squittire i miei stivali, arrivai sotto l’agognata veranda. Aprii la porta e volai in camera mia.
Abbandonai la borsa in un angolo, insieme all’impermeabile e agli stivali di gomma, e mi diressi verso la mia libreria.
C’era solo una cosa che in quei momenti poteva tirarmi su il morale: la lettura. E, precisamente, “Orgoglio e Pregiudizio”. Avrei anche potuto buttarmi su “Cime Tempestose” in effetti, ma non mi sentivo dell’umore giusto per affondare nei meandri tortuosi della mente di Heathcliff e Catherine.
Fu in quel momento, nel momento esatto in cui la mia mano si avvicinava al dorso ruvido del libro di Jane Austen , che i miei occhi furono rapiti da qualcosa di più importante, qualcosa che probabilmente mi avrebbe salvato la vita: l’annuario del liceo. 
Lo sfilai con furia, facendo cadere i libri vicini sul pavimento. Che non raccolsi.
Mi lasciai cadere sulla sedia a dondolo e cominciai a sfogliare rumorosamente quel malloppo di foto e dediche.
Iniziai a rallentare quando incontrai la sezione “Ultimo Anno”. Guardai con attenzione ogni piccola foto.
Mio Dio, quanto eravamo diversi! E non mi riferivo solo alle toghe a dir poco imbarazzanti che ci avevano costretto a indossare. Quella toga! Quella specie di tovaglia blu che avevo - che avevamo - indossato per circa due ore. Quella roba che avevo buttato nel bidone della spazzatura il giorno dopo averla usata. E vogliamo parlare di quei capellini deficienti che ci avevano appioppato?! Insomma, eravamo maggiorenni, diplomati per di più!
Quante facce che dopo il liceo non avevo più visto. Quante persone avevo perso di vista in due anni.
Irina Rowse. Maggie Woods. Randall Wilson. Emily Young.
Fu naturale fermarmi sulle due foto al centro della pagina.
Isabella Marie Swan. Edward Anthony Masen.
Fu naturale anche sorridere come una vecchietta che rivive i ricordi della sua gioventù. Nella mia foto, la prima cosa che riuscivo a percepire era l’odio per quella situazione. Sguardo imbronciato, mascella contratta. Si capiva che avrei voluto fulminare il fotografo?!
Il viso di Edward invece era schiarito da un sorriso sghembo, gli occhi verdi smeraldo invece fissavano un punto lontano.
Quanto tempo che avevamo passato insieme, io e Edward. Quante avventure avevamo attraversato…
E fu in quel momento che l’illuminazione mi colpì. Quell’idea folgorante tanto agognata era arrivata.
Scossi la testa due o tre volte per assorbirla completamente.
O mio Dio, potevo fare una cosa del genere? No, Edward non avrebbe mai accettato. Non si sarebbe mai buttato in questa situazione. Voglio dire, lo avrei usato a tempo indeterminato solo per staccarmi di dosso Jacob e non potevo permettere che il mio confidente più caro, l’unica persona che aveva seguito la mia vita da vicino, decidesse di abbassarsi a tanto.
Ma infondo era l’unica persona che conoscevo fino infondo. Non avevo altri su cui poter contare.
E, come aveva detto Alice, dovevo trovare un tipo superiore a Jacob, che sapeva usare il cervello, che si comportava da gentiluomo, che era gentile, amorevole, eccetera, e l’unico era lui, Edward.
Edward, perdonami per quello che sto per fare, ti prego.
Raccolsi il cellulare dalla borsa e avviai la chiamata.
Rispose dopo due squilli. «Pronto?».
«Edward, sono Bella», dissi, con voce un po’ tremolante. «Ho bisogno di parlarti. Va bene se ci vediamo domani a pranzo al solito posto?».
__________

Ebbene, ecco a voi un nuovo capitolo. Un capitolo abbastanza decisivo, dato che Bella ha preso finalmente la sua decisione di chiedere l'aiuto di Edward. Ed è qui che entra in campo lui stesso: cosa farà? Deciderà di aiutare la sua migliore amica? I suoi sentimenti per lei giocheranno a favore e contro la sua decisione finale? Eh, quante domande ancora senza risposta...
Allora, che ne dite di questo quarto capitolo? Ve lo aspettavate così? E' stato noiso, monotono, illeggibile, bruttissimo?? Ditemi voi, sono pronta a tutto :) Specialmente alle critiche costruttive!
Ho notato che il capitolo scorso non ha avuto un grande risultato rispetto ai due precedenti *me abbastanza delusa*... Spero che questo ne ottenga di più (:
Sappiate che l'importante per me è che, anche se letto da poca gente, la storia piaccia. Nel senso che sia gradevole alla lettura e che (cosa che reputo importantissima) lasci qualcosa di positivo in chi legge. Spero di riuscirci in qualche caso - fatemelo sapere (:
Come al solito, ringraziamento speciale va a tutti quelli che hanno deciso di seguirmi, che credono in questa piccola pazzia. Abbraccio tutte le persone che hanno recensito gli scorsi capitoli, sperando di poterle ritrovare anche nei prossimi. Ma soprattutto un pensiero speciale va a Giulia: la conosco ancora da poco , ma mi sta aiutando tantissimo. La apprezzo molto anche perchè è una bravissima scrittrice, decisamente migliore di me. QUI trovate il suo profilo di EFP... Leggete le sue storie perchè sono semplicemente meravigliose *_*
Bene, credo di aver finito, ora.
Sareste così gentili da lasciare una recensione? Per favore! Ho bisogno dei vostri pareri per continuare come si deve! E poi mi fareste felice come una pasqua! :)))))))))
Aspetto i vostri primi (e speriamo numerosi) commenti.
Un bacio,
S.

 

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Capitolo 5
*** Completamente Esposto ***


Just Friends 
 ~ Capitolo 5: Completamente Esposto ~
EDWARD
 
«Bella», esclamai, non appena la vidi seduta al tavolo affianco alla vetrata.
«Hey», mi schioccò un sorriso nervoso. E l’ansia mi travolse lo stomaco un’altra volta.
Per quanto avessi cercato di mantenere la calma dopo quella sua telefonata, dovevo ammettere che non ci ero riuscito molto. Non avevo chiuso occhio per tutta la notte precedente, pensando a cosa era dovuto il suo bisogno improvviso di parlarmi.
Avevo pensato a qualsiasi motivo, davvero. Perfino i più futili e i più stravaganti, ma nessuno di questi mi era sembrato abbastanza realistico.
Mi ero anche preparato delle possibili conversazioni con Bella. E questo a dimostrazione di quanto ero patetico, quando c’era in ballo qualsiasi cosa che la coinvolgesse.
Mi diressi velocemente verso il suo tavolo, sedendomi nella sedia davanti a lei.
«Volevi parlarmi…», iniziai, accorgendomi dell’aria pesante che aveva colpito sia me che lei.
«Già», annuì lei, alzando lo sguardo e soffermandosi sul mio viso. Ebbi un tuffo al cuore.
«Bhe, dimmi», congiunsi le braccia sul tavolo, aspettando che iniziasse il suo discorso.
Distolse il suo sguardo da me e prese un lungo sospiro. Aggrottò le sopracciglia e le labbra si strinsero nervose.
«Sai… sai che dovevo trovarmi un ragazzo per togliermi di torno Jacob, no?», mi ricordò. Annuii, incoraggiandola a continuare. «Ecco, ci ho pensato. Ho pensato attentamente a tutta questa situazione del cavolo in cui mi sono ritrovata e quello che ne consegue. Credimi, Edward, ho preso in considerazione di tutto e di più…».
Okay, ora potevo definirmi confuso. Dove voleva andare a parare? Non capivo il senso di tutte quelle parole. Sembrava come se si stesse scusando. Ma perché?
«Ho bisogno del tuo aiuto, Edward», mi pregò.
«Chiedimi qualsiasi cosa, Bella. Chiedi e ti aiuterò».
Un altro suo respiro profondo. «Saresti disposto ad essere il mio finto fidanzato?».
Non so esattamente cosa mi accadde. Un momento prima vedevo le cose in un verso e il momento dopo tutto si capovolse.
Non ero interdetto, ero qualcosa di più. Probabilmente ero preda di una sorta di shock momentaneo.
«Che… Che… C-cosa?».
La vidi sussultare, serrando le labbra. Abbassò lo sguardo.
“Imbecille, dille di sì. È la tua occasione. Forza! Fatti avanti, per una volta!”, urlò la parte più coraggiosa di me. Ma quella parte era troppo piccola per prendere il sopravvento sul resto. Era troppo insignificante per decidere di fare un passo e esprimersi.
Sarebbe stato troppo facile saper dire di sì al primo colpo. Troppo.
Bella sospirò. «Okay, non importa». Sviò lo sguardo.
«Sì», esclamai. Bella riportò lo sguardo su di me.
Dio, ti prego, dimmi che non lo sto per fare sul serio…
«Sì. Voglio dire, va bene. Sarò il tuo finto ragazzo. Te lo devo, Bella».
No, ditemi che non l’ho appena fatto.
I suoi occhi diventarono due pozze fuse. «Veramente saresti disposto a fare questo per me?».
Un momento d’esitazione… Oh, al diavolo!
«Sì, Bella. Certo che lo farò».
«Edward», sospirò. «Tu sei il più caro amico che potessi trovare». Mi sorrise teneramente.
Finì di sorseggiare la bibita che aveva davanti e ordinò da mangiare.
 
Mi sedetti sullo sgabello di pelle e guardai i tasti bianchi e neri.
Poggiai le dita su di essi, sfiorandoli con la punta dei polpastrelli. Sonicchiai distrattamente alcune note, senza però lasciarmi andare ad una melodia completa.
C’era solo un’unica cosa che mi avrebbe sfogato dai miei pensieri rumorosi, in quel momento: suonare il pianoforte. Ma, trovatomi davanti ad esso, nessuna delle tante canzoni che avevo imparato mi veniva in mente. Nemmeno una nota.
Mi strofinai le palpebre, come se avessi bisogno di svegliarmi da un sogno.
Perché? Perché diavolo avevo deciso di farlo? Perché avevo deciso di espormi in modo così sfacciato? Adesso, me ne rendevo conto, sarebbe stato più difficile ancora mentire e nascondermi. Sarei rimasto completamente esposto, senza più barriere e la cosa mi preoccupava decisamente.
Avevo ancora paura di rivelarmi a Bella, nonostante fossero passati quattro anni. Non volevo farlo – anche se non sapevo esattamente il perché – e la decisione che avevo preso, purtroppo, mi metteva alle strette.
E, purtroppo, non avevo molto tempo per prepararmi mentalmente. Il mattino dopo avrei dovuto accompagnare Bella all’università e, come se non bastasse, avrei dovuto spargere la voce che noi due eravamo ufficialmente insieme. Questi erano i patti. Ma ne sarei stato davvero capace?
Le mie mani scivolarono inermi lungo i fianchi.
No, non sarei mai riuscito a stare al gioco, a sottostare a quella mascherata.
E allora perché avevo accettato? Non lo so.
Sentii il telefono squillare. Mi diressi in cucina, dove raccolsi il cordless abbandonato.
«Pronto?».
«Hey, Ed!». Era Alice, l’amica più intima di Bella e l’unica mia confidente fidata.
«Ciao, Alice. È da tanto che non ci sentiamo. Come stai?», esclamai un po’ sorpreso di risentirla.
«Bene!», squittì lei. «E tu, invece? Immagino benissimo, visto che ho appena saputo la bella notizia».
Strabuzzai gli occhi. «Cosa?».
Ridacchiò. «Oh, Edward, è inutile che fai il finto tonto. Ho chiamato Bella, poco fa, e lei mi ha detto tutto…».
Certo, era ovvio. “Spargere la voce”.
Ma non potevo mentire ad Alice, non a lei, l’unica che sapeva.
Già, lei era l’unica che aveva capito il mio segreto e che me ne aveva parlato apertamente. Era l’unica a cui era stato costretto a dire: “Sì, è vero, sono innamorato di Bella”. Era l’unica che in quattro anni di dolori e rimpianti mi aveva spronato a continuare e a non nascondermi nel mio guscio, come tanto avrei voluto fare.
«No, Alice», ammisi affranto. «Non è come sembra».
«Allora, spiegami tu».
«Ehm», cercai le parole giuste. «Diciamo che ho deciso di aiutarla per risolvere una situazione po’ particolare e complicata».
Ridacchiò. «Cos’è, Bella ha deciso di fiondarsi su di te, per la scelta del suo nuovo fidanzato fasullo?».
Scostai un poco la cornetta dall’orecchio. «E tu come fai a saperlo?».
«Bhe, si da il caso che, a parte conoscere la situazione meglio delle mie tasche, abbia consigliato io a Bella di pensare a te…», ammise tranquilla, come se non fosse niente.
«CHE COSA?!». Mi sforzai di abbassare la voce, dato che mi ero praticamente messo a urlare.
«Sì», la sua voce continuava ad essere pacata. «In realtà, io le avevo detto di pensare a qualcuno su cui potesse fare affidamento, ma era esplicito che mi riferissi a te».
«E, sentiamo, perché avresti fatto questo?», domandai indignato.
Sentii la sua voce irrigidirsi. «Non potrai stare nascosto per sempre, Edward», mi ammonì.
«Ah, è così? Secondo te non potrei, eh? È davvero questo quello che pensi? Bhe, ti sbagli! Non è affatto così! Potrei anche stramene da un lato, lasciandola in pace! È quello che sto cercando di fare, Alice. Bhe, almeno quello che stavo cercando di fare. Non voglio stravolgere tutto. E poi, che senso avrebbe? Per cosa dovrei farlo?? Alice, non ha senso! Probabilmente, sarebbe anche inutile. Posso… Potrei…», ma mi resi conto che il mio discorso non teneva. Abbassai il tono di voce, finché esso non si esaurì completamente.   
Restai senza parole. Pensai a quanto fossi un idiota. Ma cosa pensavo? Cosa pensavo quando avevo accettato la proposta di Bella? Cosa pensavo quando mi ero innamorato di lei e mi ero rifiutato di dirle tutto? Cosa credevo?   
Realizzai che, infondo, era vero, Alice aveva ragione. Non potevo rimanere nascosto per sempre.
Alice sospirò esasperata e il suono della linea libera mi perforò le orecchie. Guardai stupito l’apparecchio nero.
Alice Brandon mi ha appena chiuso il telefono in faccia…

____________

Eccomi qui, signore e signori, con un nuovissimo aggiornamento fresco fresco. Il capitolo decisivo, d'ora in poi la storia entrerà nel vivo!
Eh, Edward ha accettato - come se avesse potuto rifiutare u.u
Ma, a quanto pare, i sensi di colpa lo stanno divorando. Avrà fatto la scelta giusta? Oppure il suo amore per Bella l'ha condotto sulla cattiva strada? Voi che dite al riguardo, che ne pensate? (:
Da quello che mi è parso di capire dalle recensioni del capitolo precedente, non tutte sono d'accordo con questa decisione e, credetemi, nemmeno io in prima persona sarei riuscita a fare una cosa del genere. Comunque, vi prometto che Edward non rimarrà incastrato in questa finta relazione per molto... Si ribellerà. Oh, sì, che lo farà... *ops*
E ora, solito giro di ringraziamenti. Ovviamente, alle 7 meragliose persone che hanno recensito il capitolo precedente - vorrei abbracciarvi una per una, davvero, grazie infinite!
Anche, tutta la gente che ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate o anche chi ha semplicemente letto - mi avete riempito il cuore di gioia, anche se credo suoni un po' patetico detto così. Comunque, davvero, è una gioia per me.
E ultima ma non meno importante, un enorme GRAZIE va a Giulia, perchè, bhe, perchè lei è speciale, una persona fantastica. E lei lo sa.
Ad ogni modo, ora è il vostro momento, cari lettori. Che ne pensate del capitolo? Vi va di farmi sapere tutto con una bella recensione? :D
Dai, dai, Please!! Ho proprio bisogno di sentirvi!
Un bacione a tutti e, se siete arrivati fin qui, vi faccio i miei complimenti! Siete fantastici!
Buon tardo pomeriggio!
S.

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Capitolo 6
*** Giorno Uno ***


Just Friends 
 ~ Capitolo 6: Giorno Uno ~

BELLA
 
Incontrai il mio sguardo indeciso riflesso nello specchio. Ritornai a fissare la trousse dei trucchi abbandonata sul mobiletto accanto al lavabo. Era rimasta inutilizzata per più di un anno, quella trousse. Non avevo avuto ragioni valide per prenderla, aprirla e usarla, durante quei lunghi mesi.
Ma ora… ora era diverso.
Edward aveva accettato la mia proposta. Contrariamente a quello che avevo pensato, lui aveva deciso di aiutarmi a venir fuori da quella situazione incasinata. Dovevo ammetterlo, mi aveva salvato, oltre che stupito. Non avrei mai creduto che sarebbe stato disposto a sottoporsi alle voci, agli sguardi indiscreti e, soprattutto, a Jacob.
Di certo, mi aveva liberato da un grande preoccupazione. Ora, le cose sarebbero andate sistemandosi. Edward e io ci saremmo presentati a tutti come fidanzati, Jacob avrebbe fatto le valigie e sarebbe uscito dalla mia vita e sarebbe stato come se non ci fosse mai entrato.
Purtroppo, però, le cose non sarebbero state facili come credevo, mi rendevo conto. Non sarebbe bastato dire in giro che stavamo insieme, dovevamo anche comportarci come una vera coppietta, ovviamente. E questo mi preoccupava. Da morire.
Cioè, spieghiamo, era il fatto che avrei dovuto recitare questo ruolo con Edward che mi faceva venire l’ansia. Sapevo che potevo fidarmi di lui, ciecamente, ma, nonostante ciò, era difficile pensare a come avremo dovuto modificare il nostro rapporto, da quel giorno in poi. Sarei davvero stata capace di guardarlo con occhi adoranti? Di far palpitare il mio cuore per il mio migliore amico?
Presi un lungo sospiro.
Rigirai il mascara tra le mani e lo aprii.
 
Quando scesi al primo piano, mio padre fissava dubbioso e stranito qualcosa fuori dalla finestra.
«Buongiorno, papà», lo salutai.
Spostò lo sguardo su di me. «Ciao, Bells», mugugnò, ritornando a guardare il tratto di strada deserto davanti a casa.
Mi avvicinai a lui. «Che succede?».
Scosse le spalle. «Niente di che. Sto solo tenendo d’occhio quell’auto. È parcheggiata davanti a casa nostra da un quarto d’ora».
Era la Volvo di Edward, la riconobbi immediatamente. L’auto color grigio metallizzato luccicante che venerava. Riuscii a scorgere la sua figura seduta al posto di guida, mentre reggeva il volante con le braccia tese.
«Hey, tranquillo, Sherlock Holmes. È solo Edward. Stamattina mi accompagna a scuola», spiegai mentre mi dirigevo in cucina a mettere qualcosa sotto i denti.
Si appoggiò con una spalla allo stipite della porta, incrociando le braccia al petto. «Ah sì?».
«Già», borbottai con la bocca piena di una manciata di cereali.
«Oh, e… Come mai?», domandò.
Feci spallucce.
Non potevo parlargli della situazione incasinata che si era venuta a creare. No, era inconcepibile. Potevo riuscire a mentire a tutti quanti, ma non potevo permettermi di mentire a mio padre. Anche perché, probabilmente, non avrei retto al suo sguardo. E poi il tutto era ancora molto nebuloso.
Indossai la solita giacca di jeans e feci un cenno di saluto a mio padre.
Uscii di casa e mi diressi verso la Volvo metallizzata, parcheggiata lungo il marciapiede.
 
EDWARD
 
È impensabile, ecco. Tutta questa situazione è una stupidata.
Era tutto quello che riuscivo a pensare in quell’uggiosa mattinata di aprile.
Ero il finto ufficiale ragazzo di Bella. A un ragazzo normale non sarebbe importato più di tanto, soprattutto se si era proposto lui stesso per quel ruolo, decidendo di aiutare un’amica in difficoltà.
Invece, se il ragazzo fosse stato innamorato di quest’amica, avrebbe dovuto essere al settimo cielo, visto che poteva ottenere, finalmente, la sua tanto agognata occasione.
Io non mi sentivo né euforico, né indifferente. Non sapevo esattamente cosa provavo. In ansia, probabilmente.
Quella notte, come quella precedente, avevo faticato a chiudere occhio, riuscendo solo a pensare al guaio in cui mi ero infilato con le mie stesse mani. Avrei voluto sbattere la testa contro un muro, sul serio.
E la mia coscienza non aiutava, dato che non faceva altro che ripetermi che ero un coglione patentato. Ed era vero. Ero un coglione di primo ordine.
Guardai fuori dal finestrino, oltre la coltre bassa e fitta di nuvole.
Eccola. Arriva.
Vidi Bella che avanzava verso di me, la borsa della scuola inforcata su una spalla. Sentii il cuore rimbombare nelle orecchie.
Calmati. Edward, calmati.
Lasciai andare il volante e abbassai lo sguardo sulle mie mani.
Sentii la portiera dal lato del passeggero aprirsi e poi richiudersi con uno scatto. Il profumo di Bella invase l’abitacolo.
«Buongiorno, Edward», mormorò, sistemandosi sul sedile.
Alzai lo sguardo. «’Giorno, Bella».
Mi bloccai un momento.
Ma… si è truccata?
Era da… non ricordavo nemmeno esattamente da quanto che non la vedevo truccata. Il tratto di matita era semplice, delicato, non vistoso; le guance erano rese solo un po’ più luminose dal fondotinta. Ma ciò non cambiava le cose.
E porta un paio di ballerine al posto delle solite scarpe da tennis!
Mi ridestai. Non era la vera Bella: era la Bella della “recita”, quella che doveva dimostrare a Jacob di essersi rifatta una nuova vita. Non era la mia Bella: non aveva fatto quello per fare piacere a me, tutto faceva parte del piano. 
I suoi occhi mi guardavano perplessi dietro quel leggero strato di mascara attaccato alle ciglia. «Che c’è?».  
Scossi la testa. «Niente. Ho solo notato che ti sei truccata, stamattina».
Arrossì. Nonostante lo strato di trucco che le copriva le guance, me ne accorsi. «Sì».
«E che ti sei anche “messa in ghingheri”», aggiunsi.
«Oh», mormorò. Abbassò gli occhi sulla sua gonna a balze, sulla camicetta ricamata che portava sotto la solita giacca di jeans. «Siamo in ballo, Edward. Non possiamo tirarci indietro, dobbiamo ballare», esclamò, fissando un punto oltre il parabrezza.
Mi sentii morire.
Cosa pensavi, Edward? Che ti avesse domandato questo favore solo perché, infondo, gli interessavi davvero? Strinsi le labbra, reprimendo la delusione, la voglia di urlargli che per me non era solo una messa in scena, che la amavo davvero.
Illuso, sei un illuso.
Mi stavo facendo del male da solo. Perché mi ostinavo a credere che il nostro rapporto girasse in modo diverso da quello che in verità era?
Misi in moto la Volvo e mi avviai verso l’università di Bella.
 
«Eccoci», annunciai, spegnendo il motore dell’auto. «Siamo arrivati».
Bella alzò lo sguardo. Guardò con aria insicura il parcheggio pieno di alunni. «Bene».
Un attimo di silenzio.
«Bhe, è chiaro il piano, no? Dirai a tutti quelli dell’università che sia ufficialmente insieme, ora. Va bene?», disse, mantenendo lo sguardo sulla moltitudine di studenti che attraversavano il parcheggio per entrare nell’edificio.
«Sì», mormorai.
Si voltò verso di me e mi schioccò un bacio sull’angolo della bocca. «Ci vediamo all’uscita, allora».
Aprì la portiera e uscì, chiudendosela alle spalle.
Boccheggiai.
Bella mi… aveva… dato un bacio.
Sì, certo, non un bacio appassionato, romantico, da film, ma comunque era sempre meglio di un semplice abbraccio – quello che da lei avevo sempre ricevuto.
Sfiorai con le dita il punto in cui le sue labbra mi avevano toccato.
Possibile che anche solo un così semplice gesto mi facesse battere il cuore come un martello pneumatico? Era davvero normale l’effetto che Bella aveva su di me? Ne dubitavo.
Era un comportamento da coglione, da vero coglione. Ma non potevo farci niente. Avevo provato di tutto per controllarmi, per farmela passare, ma nulla aveva funzionato.
Sospirai, cercando di ricompormi.
Riaccesi il motore e mi avviai verso la mia università.
 
_______________

Ed eccolo qui, un nuovo aggiornamento.
In questo capitolo, abbiamo potuto vedere come i nostri due beniamini si sono preparati per questo giorno importante, cosa hanno pensato e i loro dubbi e dilemmi su questa situazione non molto chiara.
Entrambi sono preoccupati per quello che accadrà in seguito. E voi? Condividete la loro preoccupazione?
Mi scuso se questo capitolo possa essere apparso un po' lento e "vuoto": questo, come il prossimo, saranno capitoli di passaggio, che serviranno a capire come le cose si trasformeranno prima del colpo di scena. Aspettatevi di tutto... XD
Quindi, che ne pensate di questo mio scritto?? Cosa credete che accadrà d'ora in poi? Andiamo, cari lettori, fate volare la fantasia e fatemi sapere ogni singolo pensiero che vi è passato per la mente leggendo. (:
Tornando un secondo al capitolo scorso, vedo che la Alice intraprendente che sbatte il telefono in faccia a Edward è piaciuta :D Credetemi, ho riso un casino quando quella scena mi è venuta in mente e non ho potuto non scriverla e non inserirla nella storia! 

Come ogni volta, ringrazio tutti quanti. Tutti quelli che hanno recensito sin dall'inizio e chi, invece, è arrivato da poco (mi riempite il cuore di gioia, sul serio), tutti quelli che mi stanno seguendo, avendo inserito la mia storia tra le preferite/seguite/ricordate, ma anche un ringraziamento speciale a quelli che seguono, ma che preferiscono restare in silenzio, sperando che un giorno vi farete vedere.
E come non menzionare Giulia?! Ormai, lo faccio sempre! Un grazie anche a lei, non c'è bisogno che spieghi il perchè. Ma anche ad Alessia, che adesso è in viaggio (Torna presto, tesoro. Mi manchi! T_T) e Elena, che è a Volterra (invidia allo stato puro ùù Torna presto anche tu!! <33).
Ok, e ora, dopo questo spazio dell'autore lungo quanto un capitolo, vi lascio campo libero... Vi andrebbe di lasciarmi una bella recensione?? *me che cade in ginocchio a pregarvi*
Mi date questa grande gioia??? *_____*
Un bacione a tutti quanti!
A presto!
S.

Ps: avete visto il primo trailer di Bel Ami?? Che ne pensate??? *w* Secondo me, moriremo tutte in quella sala del cinema *vaga sensazione*

EDIT: Ok, chiedo scusa per essermi persa l'aggiornamento ieri. Avevo preparato tutto ma quando ero pronta per postare ormai era troppo tardi (erano le 23:16 o.o"). Per cui, ecco qui questo aggiornamento, eccezionalmente domenicale (:
Recensite in molti, mi raccomando (((((((((=

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Capitolo 7
*** Ci Siamo Quasi ***


Just Friends 
 ~ Capitolo 7: Ci Siamo Quasi ~

EDWARD
 
Uscii dall’aula magna dell’università e mi diressi a grandi passi verso l’aula della lezione successiva.
Cercai di non badare più di tanto agli sguardi indiscreti e ai mormorii insistenti di tutte le persone che occupavano il corridoio. Odiavo uscire non appena la campanella suonava. Tutta quella gente pettegola affacciata nel corridoio, in attesa di captare una storia interessante, o anche solo il pretesto per inventarne una. Per non parlare di come fissavano colui o colei che era preda fino al collo di un pettegolezzo stuzzicante. Tipo me, in quel momento.
Era come sentirsi una bestia da circo, un attrazione: tutti ti guardano sfacciatamente, e nemmeno pensano che questo possa risultare un tantino seccante.
«Hey, Ed! Edward!», sentii urlare dall’altro capo del corridoio. «Edward!».
Oh, perfetto. La gente adesso inizia anche a fermarmi. Cos’è, vogliono che gli faccia l’autografo?
Mi voltai e vidi Marcus correre verso di me. Mi tranquillizzai, lasciando andare un sospiro di sollievo. Potevo evitare di preoccuparmi di lui, lo conoscevo fin troppo bene per farlo.
Marcus era l’unica persona dei tempi del liceo che ancora sentivo e frequentavo – oltre a Bella e ad Alice. Ci conoscevamo fin dalle scuole elementari, avevamo praticamente passato tutta la nostra infanzia insieme. Ora uscivamo qualche volta, molto raramente, ma nonostante ciò, era sempre  bello ritrovare un amico di vecchia data.
«Ciao, Marcus», lo salutai con un sorriso.
«Hey, come va?», mormorò.
«Bene, bene, non c’è male», risposi, iniziando a scendere i gradini della scala principale. «Tu, invece?».
Annuì, mostrando una faccia che intendeva “né alla grande, né d’inferno”. «Ho saputo la grande notizia, comunque».
Lo guardai, aggrottando le sopracciglia. Finsi di non capire, anche se avevo compreso fino in fondo ciò che intendeva. E rimasi stupito, perché Marcus ci era sempre estraniato da gossip e pettegolezzi vari. 
«Ma sì, dai». Mi diede una gomitata in un fianco. «Sai cosa intendo. Tu e la Swan, eh?».
Certo, ovviamente lo sapeva. Chi non lo sapeva, ormai?!
Erano passate due settimane da quando io e Bella avevamo deciso di buttarci in quella situazione complicata. Esattamente, 13 giorni e qualche ora da quando, contro ogni aspettativa, avevo deciso di accettare di aiutare Bella, accettando di diventare il suo “fasullo” fidanzato.
Poco tempo, non si poteva certo ammettere che avessi passato molto convivendo in quella relazione quasi a senso unico. Tanto, troppo, se invece pensavo a quanto già il mio stomaco rodesse per colpa delle emozioni represse.
«Eh, già», sospirai. «Io e Bella stiamo insieme».
«Wow. Complimenti, amico. Sapevo che era da un po’ che le facevi il filo».
Annuii. «Sì, sì, infatti. Ma solo recentemente ha ceduto».
O Gesù, ma quante stronzate mi sto inventando?
Eh sì, c’era anche questo da dire: la nostra apparente relazione era fondata sulle bugie. Nel senso che, per esempio, quando qualcuno ci domandava cosa avremmo fatto quella sera o nel weekend, io e Bella ci scambiavamo uno sguardo desideroso, pieno di malizia e ci stringevamo l’uno all’altra.
E poi, cosa? Stavamo a casa a guardare commedie, mangiando gelato o uscendo da qualche parte.
Ecco, più che bugie potevano essere considerati “doppi sensi”: lasciavamo il discorso in sospeso, facendo si che il nostro interlocutore intendesse ciò che più gli pareva, che la maggior parte delle volte era ciò che avevamo previsto.
«Bene, bene», diceva Bella. «Tutto sta andando per il verso giusto». Ovvero, l’imboscata sta funzionando.
Ma era difficile per me. Facevo del mio meglio per non espormi troppo, per cercare di non farle capire ciò che realmente provavo per lei, ma non era facile.
Che idiota, che idiota; non solo non hai il coraggio di esternare i tuoi sentimenti alla donna che ami, ma per di più hai anche deciso di metterti con lei solo per risolvere un suo problema. Deficiente.
E il pettegolezzo della nostra relazione continuava a girare. Inarrestabile.
 
Io e Marcus decidemmo di uscire a prendere un drink, un “happy hour”. Accettai, benché avevo promesso a Bella che sarei passato da lei un po’ prima quella sera. Le inviai un messaggio di scuse, sicuro che infondo non si sarebbe arrabbiata.
Ci sedemmo in un piccolo bar, vicino all’uscita dell’università, bevendo qualche intruglio strano e mangiucchiando qualche stuzzichino.
Chiacchierammo del più e del meno: dei nostri corsi all’università, delle nostre famiglie, degli amici che ancora frequentavamo e di quelli che invece avevamo perso di vista, dei nostri hobby, dei progetti per il futuro.
Ci lasciammo con la promessa che da quel giorno in poi ci saremo visti più spesso.
Salii in macchina e mi diressi verso la casetta bianca, impilata in una piccola via in periferia di Seattle. La casa di Bella.
Ma qualcosa, nel tragitto per arrivare a casa sua. Le luci della solita insegna rovinata, l’odore intenso che si sprigionava dal negozio e che arrivava fin sulla strada. Fermai l’auto ed entrai nel negozio. Le avrei fatto una sorpresa.
 
BELLA
 
Il trillo insistente del campanello mi risvegliò dal torpore che mi aveva catturata.
Balzai giù dal divano e mi diressi di corsa verso la porta, spalancandola senza nemmeno domandare chi fosse – infondo, lo sapevo già.
«Edward», sorrisi non appena me lo trovai davanti.
«Ciao, Bella», mormorò, passandosi una mano tra i capelli gonfi d’umidità. «Guarda un po’».
Fece segno col capo a ciò che reggeva con la mano destra. Un cartone di pizza, proveniente dalla pizzeria migliore della città.
Mi si inumidirono gli occhi. Era da un sacco di tempo che io ed Edward non andavamo in quella pizzeria, la nostra pizzeria. Tutti i momenti più importanti che avevamo attraversato insieme erano caratterizzati dalla presenza di una fetta di pizza al formaggio.
Gli sorrisi e andammo in salotto.
Accesi la tv e ci accomodammo l’uno accanto all’altra sul divano.
Iniziammo a dividerci le fette di pizza, litigando con la mozzarella. E con ciò intendo che stavamo letteralmente combattendo contro quello strato di roba filante.
Ci volle un buon quarto d’ora prima di riuscire a trovare un modo per non far cadere tutto il condimento sul pavimento e, tra risate e prese in giro, ci tranquillizzammo, prestando attenzione al talk show di seconda categoria che trasmettevano.
«Sai, ho incontrato Marcus, oggi…», mormorò improvvisamente, riportandomi alla realtà.
Mi voltai verso di lui. Aveva lo sguardo basso, fisso sulla fetta di pizza che teneva tra le mani. «Davvero?», chiesi realmente sorpresa – era da un sacco di tempo che non sentivo più parlare di lui.
«Già», annuì, bevendo un lungo sorso di cola dalla sua lattina. «E indovina? Lo sa anche lui».
Strabuzzai gli occhi. «Mi prendi in giro?!».
«No», disse, alzando lo sguardo verso di me. «Se devo essere onesto, sono rimasto stupito anche io, quando me l’ha detto».
«Ma, pensa», sospirai tra me. «Colui che si estraniava da tutti i vari gossip del liceo ha saputo di noi».
Improvvisamente, un moto di soddisfazione mi legò lo stomaco.
Ce la stavamo facendo. Tutto stava andando alla perfezione, nel verso giusto, come avevo previsto.
Tutti sapevano di noi. Tutti conoscevano il mio nuovo amore. Tutti…
«Che c’è?», mi domandò Edward, colpito dalla mia improvvisa gioia.
«Ci siamo quasi, Edward».
Ora che ci ripenso, credo che strabuzzò gli occhi, in quel momento. «Cosa intendi dire?».
«Tra non molto, Jacob lo verrà a sapere», sorrisi maligna. «Lo so. Lo sento». 
____________________

Eccomi qui, puntuale questa volta. (:
Ebbene, altro capitolo di passaggio. Edward e Bella hanno messo in giro la voce che stavano insieme e quindi il pettegolezzo gira e rigira. Avete potuto vedere che non è molto bello stare in mezzo a questa situazione per Edward, soprattutto adesso che nessuno lo lascia più in pace con tutti questi mormorii ed occhiate.
Che situazione =| Sinceramente, io non sarei durata nemmeno 10 secondi al posto di Edward. Avrei preso e mi sarei nascosta la testa dentro un sacchetto di carta. Uhm, già, forse sono un po' troppo melodrammatica...
Comunque, cosa ne pensate?? So che molti di voi vorrebbero dare un bello scapellotto a Bella, così che si dia una svegliata e, credetemi, anche io glielo vorrei tanto dare. Questa Bella che continua a far pensare il nostro povero, dolce e tenero Edward... *no buono-no buono*
E state attenti perchè nel prossimo capitolo Bella farà una proposta che Edward non potrà rifiutare... Ci sarà il grande ed atteso colpo di scena! Curiosi? :3
Mi scuso per la lunghezza misera e per i contenuti un po' noiosetti di questo capitolo. Purtroppo, è la caratteristica dei capitoli di passaggio, che, a mio parere, sono davvero inevitabili nelle storie. Sappiate solo che la storia sta sul serio mettendo il gas, per cui preparatevi.
Solito giro di ringraziamenti. Innanzi tutto, alle 6 fantastiche buon'anime che hanno recensito lo scorso capitolo - le vostre parole mi aprono il cuore e mi spingono a continuare, per cui continuate a dire la vostra e a farvi sentire; siate partecipi, perchè non mi fate nient'altro che un gran piacere (:
Ma un riconoscimento speciale va anche alle 24 persone che hanno inserito la storia tra le preferite, alle 5 persone tra le ricordate e alle 100 che l'anno inserita tra le seguite. Sono davvero straeuforica! Spero di poter leggere la vostra opinione una volta o l'altra ;)
E grazie anche a tutti quelli che leggono, restando in silenzio - spero che la storia vi piaccia ^^
Ora lascio lo spazio a voi, cari lettori. Cosa ne pensate di questo capitolo?? E' noioso, sconclusionato, insomma, uno schifo?? Ditemi ogni vostro ringolo pensiero, non mi offenderò, anzi cercherò di dare ancora di più così da rendere questa storia migliore.
Vi andrebbe di lasciarmi una bella recensione?? Ne avrei proprio bisogno, in questo afoso pomeriggio di fine luglio :D Please!!!!!!
Un immenso bacione a tutti voi,
S.


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Capitolo 8
*** Baciami ***


Just Friends 
 ~ Capitolo 8: Baciami ~

BELLA
 
«Potevi almeno lasciarmi pagare parte della mia cena!», lo ammonii ancora una volta.
«Ti ricordo che sono il tuo fidanzato e che quindi tocca a me pagare. Fine della discussione», mi fece l’occhiolino.
Mi avvicinai al suo orecchio. «Te li ridarò, più tardi. Non ti credere…».
Mi guardo come se avessi appena parlato arabo. «No, no, no, non se ne parla proprio. Te l’ho già fatto il discorso, Bella. Non vorrai mica che un gentiluomo come me si permetta di fare brutta figura con la propria donzella?».
Ridacchiai allegramente.
Era uno spasso uscire con Edward. Come sempre.
Se ci pensavo bene, potevo dire che infondo le cose tra noi non erano cambiate granché. 
Bhe, certo, le cene a lume di candela e le parole dolci che ci sussurravamo in pubblico non erano da considerarsi propriamente roba da migliori amici, ma, ad ogni modo, il nostro rapporto reale – quello concreto, che solo noi conoscevamo - non era cambiato radicalmente rispetto a quello che avevo pensato.
Per noi – per me, per lo meno -, eravamo sempre i  soliti, vecchi, buoni amici del liceo. Io continuavo a considerarlo il mio migliore amico e lui continuava a trattarmi come un tempo.
Ci divertivamo, come avevamo sempre fatto. Non ci comportavamo in modo diverso.
Nulla era variato, fortunatamente. Non potevo permettermi di perdere Edward per una cretinata come questa.
Piuttosto, ancora rimanevo stupita dalla sua decisione di aiutarmi con questa storia. Non l’avevo mai capito, e probabilmente mai ci sarei arrivata davvero.
Uscimmo in strada ed entrambi ci stringemmo nelle giacche per colpa del freddo.
Rabbrividii violentemente.
Ok, lo ammetto forse quella del mini abito non è stata una grande idea…
Edward mi strinse a sé, strofinando la mano sul mio braccio.
«Che dici, ti va di fare un giro, prima di tornare a casa?», mi sussurrò all’orecchio.
Annuii, in risposta. Mi andava davvero, nonostante il freddo e l’umidità che ti perforava le ossa. Già, forse anche per il semplice fatto che qualcuno ci potesse vedere, notare, riconoscere.
Era la mia ossessione, quella, ormai, e anche Edward lo sapeva, o come minimo l’aveva intuito. E probabilmente fu per quello che me lo propose.
Per me, sapere che più gente possibile ci vedesse insieme, così che la voce potesse spargersi ancora di più, era una soddisfazione. Volevo che quel pettegolezzo arrivasse dritto dritto alle orecchie di Jacob. Non vedevo l’ora di vedere la sua reazione, anche se per certi versi ciò mi preoccupava.
Lui aveva detto che mi avrebbe lasciato stare, ma chi sapeva come funzionava la mente di Jacob?
Guardai Edward, che appariva tranquillo e rilassato. Naturale, come gli avevo raccomandato di essere.
Sorrisi, pensando che mai avrei potuto trovare qualcuno migliore di Edward, qualcuno capace di aiutarmi, di sostenermi, di starmi accanto come faceva lui. E il fatto che, anche in questa difficile situazione lui avesse deciso di essere dalla mia parte, era la dimostrazione che la nostra amicizia era più forte di tutto.
Ci incamminammo tranquilli verso i locali vicino al mare. L’aria pungente faceva svolazzare la gonna dell’abito. I capelli svolazzanti di Edward brillavano sotto la luce gialla dei lampioni.
Le voci un po’ brille e strascicanti dei ragazzi che uscivano dai pub si mescolavano, formando strani versi. Alcuni ragazzi scoppiarono a ridere sguaiatamente; altri, con ancora in mano grosse bottiglie di birra, ondeggiavano come foglie al vento.
Un grosso tipo muscoloso si voltò nella nostra direzione. Ci guardava stranito, incuriosito quasi. O meglio, guardava me.
Improvvisamente, mi bloccai, impietrita.
Non è lui… Non può essere lui…
«Bella», mi richiamò Edward, chiaramente preoccupato. «Cosa c’è? Che succede?».
Ero nel panico. Mi sentivo qualcosa più che semplicemente terrorizzata.
Ok, era assurdo che mi facessi prendere dalla paura. Insomma, non era quello che volevo? Che Jacob venisse a saperlo? Quella era la situazione migliore per affrontarlo; perché scappare?
Eppure, era diverso. Era troppo facile parlare e blaterare, complottare, su cosa avrei fatto se me lo fossi ritrovato davanti. Era troppo facile pensarci e basta. Era agire il problema. Ritrovarmelo davanti e trovare il coraggio di dire “Hey, questo è il mio nuovo ragazzo”. Lui aveva detto che mi avrebbe lasciato stare, ma chi poteva sapere cosa gli sarebbe passato per la testa?
Mi voltai nella direzione opposta, iniziando a camminare con passo deciso.
Edward dovette correre per raggiungermi. «Bella, cosa sta succedendo?», mi chiese, prendendomi per le spalle e bloccandomi davanti a lui.
Voltai di poco lo sguardo, così da poter vedere il gruppo di ragazzi. Quel tipo era ancora lì. Deglutii rumorosamente.
«Quello», mormorai, indicandolo con un cenno del capo. «Quel tipo che ci stava fissando, poco fa. È Jacob. È lui, ne sono più che certa».
Il suo sguardo si fece pensieroso. «Ne sei sicura?».
Annuii, guardando l’omaccione grosso e alto. Vidi i suoi occhi diventare due fessure. Non ne ero sicura, ma mi parve di vedere che le sue pupille si riempirono di furia.
Iniziò a camminare nella nostra direzione.
«Oh, cazzo!», quasi gridai.
Strattonai Edward per un braccio e iniziai a camminare velocemente verso il parcheggio.
«Bella, per favore, fermati!», mi richiamò Edward un paio di volte, ma non volevo sentire ragioni: la sensazione di panico era troppo forte per impedire a quella voce di sovrastarmi.
Nonostante ciò, riuscì a bloccarmi nelle vicinanze di una piazzetta. «Bella, si può sapere che cazzo ti prende?», mi scrollò per le spalle.
Lasciai andare un forte sospiro e mi resi conto di aver trattenuto il respiro per tutto il tempo. «Non lo so. Portami a casa, ti prego».
Lui annuì, ma quando ci voltammo per raggiungere l’auto, parcheggiata poco più avanti, mi accorsi che era troppo tardi per scappare. Jacob si stava guardando in giro, cercando di capire se aveva seguito la strada giusta.
«Oddio», piagnucolai.
Era la fine. Ci avrebbe spaccato la faccia, sia a me che ad Edward. Anzi, era molto probabile che prima torturasse me fino a giurargli il mio amore eterno, mentre gli imploravo di essere clemente con una povera creaturina che aveva semplicemente perso la giusta via. O peggio, avrebbe potuto rapirmi e chiudermi in una cantina ammuffita finché non mi fossi convinta che solo lui poteva essere l’unico. Il solo pensiero mi fece venire la pelle d’oca.
Okay, Okay. Sarebbe stato difficile, ma non potevo permettermi di mostrarmi impaurita. Non dovevo lasciargli intendere che avevo qualcosa da temere per colpa sua. Io ero nel giusto; era lui nel torto.
Ma non potevo nemmeno aspettare che lui arrivasse lì a darci una bella lezione.
Dovevo macchinare qualcosa, e alla svelta, dato che ogni secondo che passava la sua figura imbufalita si faceva sempre più vicina.
Finché, l’illuminazione arrivò.
«Baciami, Edward».
 
EDWARD
 
«Baciami, Edward».
Mi voltai di scatto, sbigottito. «Cosa?».
No, no, non puoi farlo. Non puoi chiedermi una cosa del genere, Bella.
«Mi hai sentito», mormorò piano. «È la nostra unica via di fuga».
Via di fuga? Sì, certo, come no. Siamo in una botte di ferro, in trappola, e lei vuole metterci ancora più nei casini?!
Deglutii rumorosamente. «No, no», scossi la testa nervoso. «Bella, non… Non terrà mai tutto ciò, non ne vale la pena. Forse, dovremmo solo affrettarci e andare via. Sarebbe meglio…». Ma non finii mai quella frase.
Il viso di Bella si avvicinò al mio e, prima che potessi in qualche modo trovare la forza di reagire, le sue labbra furono sulle mie.
Il mio corpo non rispose più ai miei comandi. Era come se la mia mente, la parte più razionale, si fosse divisa dal mio corpo, che ora faceva per conto proprio. Mentre la prima urlava, scalpitava perché mi dividessi da Bella, l’altra, più forte, si aggrappava a quel finto bacio con gli artigli. Fu per questo che le cinsi la vita con un braccio, stringendola ancora di più a me. Le sue mani si incatenarono al mio collo.
E, d’improvviso, non esisteva più né Jacob né l’assurda situazione per cui io e Bella eravamo finiti insieme, c’eravamo solo noi – e il mio amore represso che finalmente trovava abbastanza spazio per emergere. Come avevo sempre sognato.
Mi baciò con passione, ma dolcemente, sfiorandomi con leggerezza, come se avesse paura di approfondire quel contatto.
Si scostò da me quel tanto da guardarmi negli occhi, da leggere la mia espressione. Sorrise soddisfatta.
Tornò a baciarmi tranquillamente, come fosse la cosa più giusta del mondo. Si alzò sulle punte, prendendo tra le dita alcune ciocche dei miei capelli e avvicinando il mio viso ancor più al suo.
Dischiuse di poco le labbra e il sapore intenso del suo respiro mi trapassò.
Sentivo il cuore rimbalzare forte contro il petto di Bella. Balzava così forte che riusciva a farmi tremare anche le ginocchia. Faticavo a stare in piedi, non potevo negarlo. Dovetti aggrapparmi a tutte le mie forze per non cadere per terra come un cretino. 
Rimasi imbambolato per qualche secondo, quando non sentii più il contatto con le sue labbra.
Quando riaprii gli occhi, vidi lo sguardo di Bella vagare da un lato all’altro della piazzetta.
«Di Jacob non c’è più traccia», notò sollevata. «Ce la siamo cavata per questa volta, meno male».
I suoi occhi scuri, ma luminosi, incontrarono i miei, ancora stralunati. Mi prese per mano e mi guidò verso l’auto, per tornare a casa.
____________________

Salve a tutti voi! (:
Ho aggiornato qualche giorno in anticipo. Come mai? Mia madre non ha bene presente l'idea di "avvertire in anticipo"... Eh già, altro mini-viaggetto fuori programma, e io quando lo vengo a sapere?! Questa mattina. Bello, vero? ._.
E quindi, eccomi qui, ad aggiornare in fretta e furia, per cui, perdonatemi se doveste trovare errori o incongruenze: non sono riuscita a ricontrollare tutto per bene. Abbiate venia.
Ebbene, ecco qui il capitolo che tanto stavate aspettando. Sorprese? Avete voglia di ammazzarmi, vero?? Sì, vi do il permesso di farlo, probabilmente me lo merito. Però sappiate che se mi ammazzate adesso non saprete mai come finirà questa storia! E voi direte "Sì, meglio. Così non ci stresserai più con queste tute storie senza capo ne coda" e tirerete fuori le mazze e i forconi u.u
Povero Edward, lo sto facendo soffrire non poco. Mi dispiace davvero tanto, sul serio, davvero!
Purtroppo, non posso nemmeno confortarvi dicendovi che tutto passerà presto: no, non sarà così. Edward e Bella ne dovranno passare altre (molte altre) prima di ritrovare la retta via. Ma sarà giusta, questa via?? Bha, solo con il tempo e la pazienza di scoprirà.
Ovviamente, ringrazio sempre tutti voi, perchè continuate a seguirmi. Le vostre recensioni mi riempiono il cuore, non c'è nulla che mi renda più felice che sapere che seguite questa storia volentieri. E' davvero una grande gioia per me, sul serio. Quindi, continuate così, per favore :D
Allora, che ne pensate di questo capitolo? A parte il fatto che volete uccidermi, ovvio. Sono riuscita ad esprirmere al meglio le emozioni di Edward? E invece che ne pensate della reazione di Bella, non appena ha visto Jacob?? Ditemi tutto, sono pronta a tutto :))
Bene, ora lascio lo spazio a voi. Mi lascereste qualche altra bella recensione? Anche breve e contenente minacce di morte, ne ho davvero bisogno :D
Avanti, avanti, avanti, per favore **
Un bacione enorme,
S.

Ps: Come vi ho detto, domani partirò per il mini-viaggetto di cui vi ho parlato, ma c'è un'altra cosa di cui voglio informarvi. Il 13 agosto partirò per il mare e starò via per due settimane, quindi fino alla fine del mese. Ora, non ho esattamente idea di quando tornerò da questo viaggetto, però non credo di riuscire ad aggiornare un'altra volta prima di partire per il mare; per cui, questo è quanto, signori: l'ultimo capitolo di questo mese. Non mi sentirete per un po'. Mi mancherete tanto, lo ammetto.
Mando un bacio a tutti voi.
E recensite, mi raccomando!!!!!

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Capitolo 9
*** Conto in Sospeso ***


Just Friends 
 ~ Capitolo 9: Conto in Sospeso ~

BELLA
Avete presente quella sensazione assurda che ti rode le interiora quando un’intera aula d’università parla di te alle tue spalle? Ecco, è proprio quello che sento in questo momento.
Mi voltai verso due ragazze, sedute alcune file più indietro di me: ridacchiavano, parlottando l’una con l’altra e guardando verso di me.
Ma non erano solo loro. Vedevo la maggior parte degli alunni nella classe inviare messaggi di nascosto, mentre mi lanciavano sguardi spudorati e sogghignavano tra loro.
C’è qualcosa che non va.
Anche il professor Berty se ne accorse e più volte fu costretto a richiamare la classe all’attenzione. Ma ciò non bastò a placare il parlottio generale.
Erano tutti eccitati: li vedevo quasi saltellare sulle sedie. Gli sguardi di tutti vagavano da una parte all’altra dell’aula; alcune volte incrociavano per sbaglio il mio sguardo – più che perplesso – e mi rispondevano con un sorriso disinteressato e ritornavano a ridacchiare.
Decisi di non farci tanto caso, per quanto quel comportamento generale mi desse parecchio fastidio.
Stavo iniziando a non pensarci più, quando, durante la pausa tra una lezione e l’altra, captai alcuni pezzi di conversazione tra due matricole.
«Ho sentito dire che ha intenzione di venire qui a spaccare la faccia a quel tipo che sta con la Swan», disse la ragazza dai capelli rossi, corti fino alle spalle.
Strabuzzai gli occhi non appena sentii nominare il mio nome.
Allora, è proprio vero che sta succedendo qualcosa che mi riguarda!
«Oh, sì!», replicò l’altra, con atteggiamento smorfioso. «Jenny mi ha detto che le è stato detto personalmente da lui! Non so esattamente cosa sia successo per scatenare questa reazione, ma di sicuro quei due devono guardarsi le spalle!».
Ridacchiarono insieme, come se ci fosse davvero qualcosa di divertente.
Mi sentii rabbrividire. Sapevo perfettamente che il tipo che era altamente incazzato con me ed Edward era Jacob: non conoscevo nessun altro con cui avevo un “conto in sospeso”. Oltretutto, dopo tutto quello che era successo la sera prima, non poteva essere nessun altro che lui. Per certi versi, tutto ciò non mi stupiva: sin dall’inizio, ero certa che Jacob avrebbe reagito in modo esagerato; era comprensibile, dopo quello che mi aveva fatto passare. Me lo aspettavo. Ma sapere che così mi sarei messa nei casini, e che avrei coinvolto anche Edward, mi faceva preoccupare. E non poco.
Cercai di non pensarci, di lasciar correre, visto che l’angoscia e l’ansia mi stavano già attanagliando lo stomaco. Ma era difficile, anche perché sembrava che non si parlasse d’altro. Di certo, era considerata la notizia del giorno.
E più le ore passavano, più le cose non miglioravano. Anzi, peggioravano, e di brutto, anche.
Non potevo più nemmeno camminare tranquillamente per il corridoio senza sentire gli occhi di tutti puntati sulla schiena. 
Decisi di nascondermi in bagno, finché tutti quanti non fossero entrati nelle proprie aule. Mi ritornarono in mente i tempi duri del liceo, quando tutti sapevano tutto di tutti. Se venivi preso di mira da qualcuno, potevi star certo che non ti avrebbe mollato. Per non parlare se veniva svelato un tuo segreto intimo e, magari, particolarmente imbarazzante. Fortunatamente, non mi era mai capitato di ritrovarmi in circostanze del genere, ma quel giorno mi pareva proprio di essere tornata indietro nel tempo.
Mi sedetti sulla tazza e telefonai ad Edward. Avevo bisogno di riferirgli tutto ciò che stava accadendo: primo, perché doveva essere avvertito, secondo, perché avevo bisogno di un suo parere, di sentire il suo sostegno.
«Pronto…?», la voce simile ad un bisbiglio.
«Edward, ho bisogno di parlarti. Ti disturbo?», dissi tutto d’un fiato.
«No, no, tranquilla. È successo qualcosa? Ti sento un po’ tesa».
Bingo. Beccata. Colpita e affondata.
Mi schiarii la gola dal groppone che mi impediva di deglutire. «Sì, in effetti…», e iniziai a raccontargli tutto quello che stava accadendo. Lui mi ascoltò in silenzio, rispondendo con vari e indefiniti “uhm-uhm”, per farmi capire che ascoltava con interesse.
«Non preoccuparti, Bella», mi disse infine. «Sono convinto che siano solo pettegolezzi infondati. Non ci fare tanto caso. Ad ogni modo, sarò già lì ad aspettarti quando uscirai, così non dovrai badarci più di tanto».
Sperai che Edward avesse ragione e, per l’ennesima volta, ringraziai il cielo che mi fosse vicino.
Mentre mi avvicinavo all’aula dell’ultima lezione mi sentivo davvero più sollevata e tranquilla. Mi ero convinta che, infondo, non poteva accadere nulla di particolarmente strano. I pettegolezzi e le voci di corridoio erano sempre girate tra la gente. Probabilmente, quella che adesso veniva raccontata sul nostro conto era solo un’invenzione di qualche conoscente invidioso. Perché preoccuparsi?
Finalmente, riuscii a trovare la tranquillità e ad immergermi completamente nella lezione, accantonando in un angolo Jacob, Edward, annessi e connessi.
 
EDWARD
Mi nascosi dietro agli scaffali colmi di libroni vecchi e consumati della biblioteca della mia università, sperando di trovare almeno lì un po’ di tranquillità.
Dopo la telefonata di Bella, il mio stato d’animo era cambiato ancora.
La gioia della sera prima e del mattino si erano dissolte alla svelta, non appena ero arrivato all’università.
Eh, già, perché anche nella mia università tutti si comportavano in modo strano: sguardi curiosi, ghigni malevoli e chiacchiere, chiacchiere e ancora chiacchiere.
Anch’io, inizialmente, non ci avevo fatto molto caso, convincendomi che tutto ciò non fosse dovuto a una causa particolare, ma non potevo negare che mi sentivo un po’ a disagio. Ero diventato più nervoso, invece, dopo la chiamata, perché avevo capito che quella situazione non me la stavo semplicemente sognando, ma era più vera di quanto immaginassi.
Nonostante le avessi detto di stare tranquilla, che era tutta una montatura, non smentivo assolutamente il fatto di essere anche io preoccupato per tutto ciò.
Un gruppo di ragazze mi incrociò e si mise a sghignazzare. Come se ci fosse qualcosa di divertente…
“Solo dicerie senza capo né coda, semplicemente parole, e basta”, ricordai a me stesso.
Sperai solo che fosse vero.
 
Quando arrivai nell’ampio parcheggio dell’università di Bella, non notai nulla di anomalo. Tutto era tranquillo: insegnanti ed alunni che uscivano dalle lezioni e che si dirigevano verso le proprie auto per tornare a casa, alcune persone che si affrettavano verso il bar o la libreria situate poco lontano. Tutto tranquillo.
Riconobbi Bella che correva verso di me.
«Edward», esclamò, non appena mi fu accanto.
«Hey, Bella», le sorrisi, convincendomi ad apparire rilassato. «Visto? Tutto normale. Forza, andiamo, ci aspetta un intenso pomeriggio di studi».
Ma avevo parlato troppo in fretta.
Il rombo violento del motore di una moto ci assordì entrambi. Questa inchiodò davanti a noi, non investendoci per poco. Ed ecco che da una nuvola di fumo apparve colui che avevo sperato di non incontrare: Jacob Black. Allungò il cavalletto e si sistemò il ciuffo, afflosciato per colpa del casco.
«Ma guarda, guarda, guarda…», esordì, guardandoci dritto in faccia. «I due piccioncini che tubano amorevolmente».
«Jacob, ti prego», mormorò sommessamente Bella.
Si voltò piano verso di lei, guardandola in modo maligno. «Bella, amore mio».
La sentii rimpicciolirsi al mio fianco. La strinsi a me più forte.
«Sapete, vi ho visto ieri sera. Due dolci e teneri innamorati che si sbaciucchiano sotto un lampione. Che cosa indescrivibilmente meravigliosa», esclamò serio, ma con un che di perfido nel tono di voce. «Peccato che tutto ciò non mi stia molto bene. Sai bene che ti considero ancora la mia ragazza, Bella, quindi mi pare giusto arrabbiarmi un po’ se qualcuno se la fa con lei», mi fissò truce. Ricambiai lo sguardo.
Non sapevo esattamente perché mi stavo comportando in quel modo da duro: non lo ero mai stato, anzi, mi ero sempre tirato fuori da ogni situazione potenzialmente pericolosa. Eppure, in quella particolare circostanza, con Bella al mio fianco, avevo acquistato il coraggio che non avevo mai avuto. D’altronde, ero il suo fidanzato – anche se per finta – e il mio compito era proteggerla.
D’accordo, mi caccerò nei guai per quello che sto facendo…
L’attenzione di Jacob ritornò su Bella. «Andiamo, dolcezza, finiamola con questa storia, sai che tanto non servirà a un fico secco opporre resistenza».
«Jacob», rispose seria lei. «Tra noi è finita, punto. Mettiti il cuore in pace. Non voglio più avere niente a che fare con te».
«Dici?», i suoi occhi si fecero due fessure. Agguantò con le sue enormi mani il polso di Bella, spingendola verso di lui. Vidi Bella rabbrividire.
E in quel preciso istante qualcosa in me scattò. Era difficile spiegare cosa mi accadde esattamente –tuttora trovo complicato farlo. Fu come se sentii una scossa impetuosa pervadermi i muscoli, una sorta di impulso irrefrenabile, che mi fece balzare in avanti ed agire.
Afferrai con forza il possente braccio di Jacob. «Non provare a toccarla», ringhiai, scandendo per bene ogni singola parola.
«Altrimenti?», domandò ironico.
«Altrimenti, te la dovrai vedere con me».
Edward Anthony Masen, cosa cazzo stai dicendo? Vuoi farti ammazzare, per caso?! Non vedi che quel tipo è più grosso di te del doppio!
Già, forse la voce della mia coscienza aveva ragione, ma non potevo più tirarmi indietro, ormai.
La risata perversa di Jacob echeggiò nell’aria. «Quindi, fammi capire, tu saresti capace di darmele pur di proteggere il tuo amore? Ma, per favore!», riuscì a dire, mentre sghignazzava.
«Forza, andiamo, Bella. Non farmi perdere altro tempo con questo sfigato», continuò, trascinandola via. Provò a divincolarsi, ma senza risultato: la sua presa era troppo potente. Incrociai i suoi occhi persi, fissi nei miei, come se mi stesse pregando di fare qualcosa. Non me lo feci ripetere due volte.
Li raggiunsi di corsa. Divisi Bella dal suo aguzzino, spingendola il più lontano possibile: non volevo coinvolgere anche lei. Jacob mi guardò allibito. 
«Scusa, come mi hai chiamato?!».
E gli sferrai un pugno sul naso.
L’armadio che era cadde a terra con un tonfo, accompagnato da un grugnito indefinito: di certo, non si aspettava che reagissi con la violenza. E, detto sinceramente, non me lo aspettavo nemmeno io. Fu per questo che rimasi un attimo intontito, rendendomi conto che l’avevo fatto davvero.
Mentre realizzavo ciò che stava succedendo, non mi accorsi che Jacob si era rialzato e che, con una lunga striscia di sangue che gli attraversava le labbra, si preparava a restituirmi il colpo.
«Brutto…», abbaiò non finendo la frase, tirandomi un gancio destro.
Mi beccò sopra l’occhio, lo sentii quasi esplodere.
Rotolai accanto alla macchina, sbattendo la fronte contro il cerchione. Sentii altri colpi arrivare a destinazione, sul fianco, sulla faccia. In lontananza udivo le grida di Bella. «Basta! Smettetela! Basta!».
Non so come – soprattutto, non so dove trovai la forza – riuscii ad alzarmi e a reagire.
Schivai qualche cazzotto, in cambio lo colpii ancora un paio di volte.
Poi, ci fu solo confusione, baraonda e scompiglio. Venni strattonato via da quello stronzo per le spalle.
«Lasciala in pace, chiaro?! LASCIALA-IN-PACE!», urlai fuori di me dalla rabbia, cercando di liberarmi.
In lontananza sentii risuonare delle sirene. Il classico suono che annunciava l’arrivo della polizia.
Jacob si rialzò dolorante, ripulendosi malamente con un braccio il sangue che gli colava dal viso. «Me la pagherai, brutto bastardo! Contaci!», gridò, saltando in sella alla sua moto e dileguandosi in un rombo.
____________________

Hey, lettori e lettrici, buonasera a tutti!
Eccomi tornata a voi, al mio caro computer, alla mia connessione internet *w* Lo ammetto, mi siete mancati, tutti quanti.
Ebbene, vi presento un altro capitolo di questa storia... Come già avevo anticipato in parte nelle risposte delle recensioni del capitolo precedente, questo capitolo è abbastanza fondamentale. Innanzi tutto, è il primo incontro "faccia-a-faccia" tra Edward e Jacob, e in secondo luogo - come avete potuto leggere - in Edward inizia a scatenarsi un piccolissimo cambiamento, ma che sarà alquanto importante, quindi state attenti...
Ah, riguardo alla stesura del capitolo, inizialmente, era molto più lunga. Mi sono lasciata andare mentre lo scrivevo, lo ammetto, e, bhe, alla fine era lungo 7 pagine e mezza O.O Per cui, ho dovuto tagliarlo. Quindi considerate questa come se fosse una prima parte...
Ora, passiamo ai pareri. Si è creato proprio un bel casino, non credete? Jacob viene sempre per incasinare la situazione, eh già. Ma, che cosa ne pensate di Edward e della sua reazione per proteggere Bella? Vi ha stupito?
Insomma, per farla breve, come vi è sembrato questo capitolo?? Vi è piaciuto o secondo voi potevo fare di meglio? Avanti, me lo fate sapere con una bella recensione? :3
Solito giro di ringraziamenti. Ovviamente, tutti voi che ancora mi state seguendo così di cuore - siete la mia forza, per cui, continuate a farvi sentire assiduamente!
E a Giulia, sperando che l'Oyessa Project prenda il via al più presto. <3
Bene, ora lascio lo spazio a voi, carissimi. Mi lasciate una bella recensione nonostante l'orario tardo?? Avanti, fatemi felice!! **
Va bene, me ne vo'...
Attendendo i vostri cari - e spero numerosi - commenti...
Un bacione,
S.

 

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Capitolo 10
*** Medicazioni e Rivelazioni ***


Just Friends 
 ~ Capitolo 10: Medicazioni e Rivelazioni ~

EDWARD
Rimasi immobile nel parcheggio della scuola, mentre il suono monotono delle sirene si avvicinava sempre di più.
Non potevo – anzi, potevamo – più scappare: Jacob se l’era data a gambe, ma per noi era troppo tardi.
Ora che la lucidità e la razionalità iniziavano a prendere il sopravvento sulla rabbia iniziavo davvero a rendermi conto di ciò che avevo fatto, che avevo preso a pugni quel tipo. Cioè, proprio sul serio. Non era stata solo un’allucinazione, avevo davvero tirato fuori il lato più coraggioso di me. Mi ero fatto valere, tutto per Bella.
Ero felice di avercela fatta, di aver fatto capire a Jacob che non volevo giocare, che stavo facendo sul serio con Bella – sì, anche se lei pensava che fosse tutta una messa in scena.
Ero fiero di ciò che avevo fatto, finché non vidi la macchina della polizia entrare nel parcheggio.
Il padre di Bella scese con fare autoritario dall’auto. «Via! Via! Sgomberare! Non c’è nulla da vedere!», disse, agitando la mano verso il nutrito gruppo di curiosi che si era accerchiato per assistere al pestaggio. Controvoglia, le persone iniziarono ad allontanarsi, alle volte guardandosi indietro, per evitare di perdersi qualche punto cruciale. Di certo, era tutto quello che desideravano, vedere un ammanettamento, magari brusco e violento. Io lo desideravo un po’ meno, ecco.
«Papà!», esclamò sollevata Bella, correndo incontro al capo Swan. 
«Bella?!», la guardò stranito. «E tu cosa ci fai qui?».
Voltò il suo sguardo verso di me. Nei suoi occhi vidi aleggiare la preoccupazione.
«O mio Dio, ma che diamine è successo?», domandò sbalordito, esaminando da lontano il mio viso tumefatto.
«C’è… C’è stata una rissa», iniziò, mentre mi avvicinavo verso di loro. «Jacob è venuto qui, poi è iniziata una discussione e… e… Mio Dio, è stato tutto così improvviso».
«Salve, capo Swan», salutai non appena mi trovai al fianco di Bella.
«Santo cielo, ragazzo, sei conciato proprio male», notò.
Abbassai lo sguardo, un po’ a disagio. Bhe, non potevo dire che aveva torto.
«Jacob e Edward si sono messi a litigare. Quando Jacob mi ha preso per un polso per portarmi via la situazione è degenerata…», continuò la spiegazione. «Papà, Edward non c’entra nulla. Voglio dire, mi ha solo difeso, tutto qui».
«Hey, Bells, stai calma», esclamò, poggiandole bonariamente una mano sulla spalla. «Edward non finirà in prigione come un criminale, se è quello che vuoi sapere. Perché dovrei arrestarlo?!».
Improvvisamente mi sentii più leggero, come se avessi trattenuto il respiro a lungo e ora lo avevo lasciato andare.
Anche Bella sospirò profondamente.
«Grazie, signore», mormorai.
«Spero solo che tu abbia dato una bella lezione a quel cretino», mi strizzò l’occhio in segno d’intesa.
«Certo, può giurarci», ridacchiai sollevato.  
Ci sorrise, diede un bacio sulla fronte a Bella e risalì in macchina. «Io non ho visto nulla, d’accordo?».
Annuimmo e guardammo l’auto della polizia allontanarsi sempre più, finché non svoltò all’angolo della strada. Rimasi a fissare il vuoto, pensando che quella giornata si era trasformata nella più assurda della mia vita.
La voce di Bella mi riportò alla realtà. «Edward?! Edward, stai bene?!».
«Sì, più o meno», risposi. Sentivo ancora il sapore del sangue in bocca e mi faceva parecchio male un fianco; diciamo che non mi sentivo propriamente in formissima.
Si avvicinò a me, prendendomi per mano. Sfiorò delicatamente con le dita la mia guancia. «O mio Dio, guardati. Sei conciato malissimo».
«Però, devi ammettere che tutto ciò mi da un’aria da duro».
Rise serenamente, in maniera così spontanea che mi aprì il cuore. «Sì, sì, Schwarzenegger, certo. Come no».
Fece un respiro profondo e continuò. «Dico sul serio, Edward. Non puoi tornare a casa in questo stato. Come minimo a tua madre verrà un infarto se gli compari davanti così».
Feci spallucce. «Hai qualche idea?».
«Sì», annuii decisa. «Passi da me a darti una ripulita, poi sei libero di andartene».
«Oh, no. Bella, non ne vale la pena! Davvero, non ce n’è bisogno. Passerò dalla porta sul retro, mi nascondo sotto la felpa, trovo un modo…».
Alzò gli occhi al cielo. «Piantala di fare storie».
Mi trascinò verso la mia auto. Mi parcheggiò sul sedile del passeggero, mentre lei occupò il posto di guida. Decisi di non controbattere, tanto con Bella era una battaglia persa in partenza.
Mi lasciai andare sul sedile del passeggero, guardando le case che correvano veloci accanto a noi.
 
«Va meglio, adesso?», si affacciò in cucina dal corridoio.
«A parte per il fatto che ho il naso in ipotermia e che mi sento decisamente ridicolo, sì, grazie, decisamente meglio», risposi ironico, scostando dal viso la confezione di piselli surgelati che mi aveva messo in faccia per placare gli ematomi che cominciavano a spuntare.
Ridacchiò, iniziando a cercare qualcosa tra gli armadietti della cucina. Tra le mani teneva un arsenale da ospedale: disinfettante, cotone idrofilo e un sacco di altra roba che non riconobbi. «Non dirmi che avresti preferito una trota congelata al posto di quel pacchetto?», sorrise, scostando una sedia bianca e sedendosi accanto a me.
«A questo punto, perché non una bella bistecca cristallizzata?».
Rise ancora e mi sentii sciogliere. «Forza, vieni qui».
Prese il mio viso tra le mani e iniziò a medicarmi la ferita sul naso. Il suo viso era a pochi centimetri dal mio. Sentii il battito del mio cuore rimbalzarmi nelle orecchie.
Feci una smorfia, non appena sentii il disinfettante venire a contatto con la pelle viva della ferita.
«Ssh, stai buono», mi sussurrò.
I suoi occhi incontrarono i miei. E mi incantai. Cercai di controllare la mascella, il livello di salivazione, ma non fu facile nascondere tutto completamente.
«Tutto bene?», domandò, mordendosi il labbro.
«Ehm… Sì, sì, tutto a posto».
«Sai, ancora non ci credo a quello che è successo poco fa. Insomma, ti sei fatto spaccare la faccia. Non pensavo che tutta questa storia sarebbe finita così», cambiò discorso, abbassando lo sguardo e preparando alcuni pezzi di cotone.
«Ti stava trascinando via», le feci notare.
«Sì, lo so. Ma non pensavo sareste arrivati a questo».
«Non potevo sopportare che ti portasse via con lui», confessai, ed era vero. Non era solo parte della messa in scena. Pensavo davvero quello che avevo appena detto, ma mi resi conto che avrei dovuto correggermi perché non era quello che Bella si aspettava che dicessi. «Insomma, in quanto tuo fidanzato dovevo stare dalla tua parte, dovevo difenderti».
«La tua è stata una mossa azzardata», mi guardò dritto negli occhi. «Ma perfetta».
Credo che fu esattamente in quel momento che mi resi conto di amarla davvero. Non era una semplice cotta – anche se dopo quattro anni di sentimenti repressi avevo perso la fiducia in quell’idea.
Ero stato capace di aiutarla, di impormi, di difenderla. Ma lei poteva ricambiarmi?
«Bella», sussurrai.
Avevo bisogno di sapere che non mi avrebbe abbandonato non appena tutto ciò sarebbe finito, di sentire che per lei non ero solo un oggetto. Avevo bisogno di lei e del suo amore, anche se era finto.   
Mi avvicinai al suo viso, lentamente, quasi azzerando la distanza tra noi. Quasi…
«Ehm…», si alzò in piedi, andando a riporre il disinfettante nella credenza. Si voltò verso di me, le sue mani attanagliavano i fianchi. «Ho finito».
Ecco, lo sapevo che sarebbe successo. Non poteva essere tutto così semplice.
«D’accordo… Grazie». Mi alzai a mia volta, dirigendomi verso l’ingresso.
«Però», sentii la sua voce rimbombare. Mi voltai verso la porta della cucina e la vidi con una mano appoggiata allo stipite, mentre si sistemava un ciuffo di capelli dietro l’orecchio. «Sai, pensavo che potresti darti una ripulita, farti una doccia. Non c’è problema».
«Pensavo di tornare a casa».
La vidi abbassare lo sguardo. «Andiamo, Edward. Non fare complimenti», i suoi occhi scuri mi implorarono.
Annuii. Non so perché decisi di accettare, non so perché semplicemente non uscii da quella porta, tornandomene a casa.
«Il bagno è di sopra», disse. «Ti lascio alcuni asciugamani all’entrata e magari anche una camicia pulita».
«Sei troppo gentile».
Mi sorrise, prendendomi per mano e guidandomi al piano di sopra.  
 
BELLA
Cercai qualcosa da fare, mentre Edward era sotto la doccia, ma sembrava che ogni cosa fosse magicamente al proprio posto. Avevo bisogno di staccare la spina dai miei pensieri, ma evidentemente c’era qualcosa che remava contro questa volontà.
Mi sedetti sul letto, sbuffando. Mi stropicciai gli occhi con le dita, stressata.
Era assurdo come quella giornata si era evoluta. Era ancora più assurdo pensare a che punto era arrivata quella situazione.
Le immagini di Edward e Jacob che litigavano mi passavano ancora davanti agli occhi. E tutto ciò riusciva ad apparirmi ancora più impossibile e confuso.
Il rombo della moto di Jacob che entrava nel parcheggio, loro due che si disputavano me, Edward che si avventava rabbioso contro Jacob, i cazzotti che infine erano voltati tra loro, nonostante i miei vaghi tentativi di separarli: tutto così incoerente e paradossale, qualcosa che non mi sarebbe mai passato per la mente. Qualcosa che…
«Bella…?», qualcuno mi richiamò.
Alzai lo sguardo e vidi Edward sulla porta. Rimasi a bocca aperta.
Non fu semplicemente il fatto di ritrovarmelo davanti d’improvviso che mi lasciò imbambolata: era fermo sull’ingresso della stanza, solo con un asciugamano bianco legato in vita. Alcune gocce d’acqua gli scivolavano dai capelli e lungo il petto longilineo ma ben proporzionato. Le ferite sul suo viso erano di un intenso rosso scuro e facevano uno strano contrasto col colore dei suoi occhi verde chiaro.
«Mi spiace averti disturbato, ma non riesco a trovare altri asciugamani in bagno e mi chiedevo dove…», si bloccò improvvisamente, vedendo la mia espressione stralunata. «Che c’è?».
«Ehm… Niente, è solo che…», abbassai lo sguardo imbarazzata, rendendomi conto che se me ne fossi stata zitta sarebbe stato meglio.
«Che…?», mi incitò lui, tirando indietro alcune ciocche di capelli che gli erano scivolate sul viso.
Non potevo più tirarmi indietro. «È che sei, come dire, bello. Non me n’ero mai resa completamente conto, prima».
Strabuzzò gli occhi. «Sei sicura di star bene?», si lasciò scappare una risatina.
«Scusa, non avrei dovuto…».
«Hey, tranquilla, non è successo niente!», mi tranquillizzò con un cenno della mano.
«Anche tu sei molto attraente, Bella», aggiunse prima di voltarmi le spalle.
Sorrisi, prendendomi gioco di me. Ma come mi era venuto in mente? Era il mio migliore amico!
«Comunque», esordii prima che Edward chiudesse la porta del bagno. «Gli asciugamani sono nel terzo ripiano del secondo armadietto a destra. E ti ho lasciato una camicia pulita attaccata alla maniglia della porta». 
Schioccò la lingua, mostrandomi il pollice alzato. «E, comunque, a te andrebbe di venire a mangiare da me, stasera?», domandò.
«E tua madre?».
«Sai che per lei non è un problema», sorrise benevolo.
Annuii. «Sì, va bene».
«Così glielo spieghi tu, quello che è successo», ridacchiò, chiudendosi la porta alle spalle.
Mi ritrovai a sorridere tra me e me.
Volevo bene a Edward, lo adoravo. Era il mio migliore amico da sempre. Ero in debito con lui a vita per tutto quello che aveva fatto per me.
Quanto gli voglio bene…
____________________

*tossicchia nervosamente* Salve, gente...
Volete parlare del mio IMMENSO ritardo e del fatto che non vi ho nemmeno avvertito, nè fatto sapere un fico secco?! Ehm...Cambiamo discorso..??
No, avete ragione. E' giusto che vi spieghi il perchè del mio ritardo.
Sarebbe troppo facile dare la colpa alla scuola, al nuovo anno scolastico appena iniziato, ai professori nuovi che mi sono capitati e all'ingente ammontare ci compiti che già ci hanno dato. Sarebbe anche banale, è vero. Ma la verità è che in questo periodo ho fatto un po' fatica ad andare avanti con la storia, a scrivere i nuovi capitoli che ho in mente. Perchè? Non ne ho idea. E la cosa mi fa ancora più uscire di testa.
Questo capitolo era già preparato (l'avevo scritto quest'estate), ma ho deciso di aspettare a postarlo, così da portarmi avanti con alcuni capitoli. Ovviamente, non mi sono portata avanti di molto, però oggi ho deciso che non era giusto continuare a farvi aspettare... Ho preso un impegno e ho intenzione di rispettarlo, per quanto mi sia possibile.
Ad ogni modo, abbiate pazienza se non mi vedrete arrivare più tutte le settimane, puntuale come un orologio svizzero. Non mi sono dimenticata di voi, ne (tanto meno) ho deciso di abbandonare la storia... Sono solo un po' incasinata, tutto qui (:
Ora però passiamo al capitolo... Ho visto che il capitolo precedente vi è piaciuto! *proud*
Mi fa davvero piacere che il primo passo verso il tanto agognato cambiamento di Edward sia stato preso con interesse da tutte voi!! Insomma, stavate premendo un po' tutte quante per vedere un Edward un po' più reattivo e spero che questo vi abbia soddisfatto.
Come potete vedere, invece, in questo capitolo, Edward ha cercato di "avvicinarsi" (nel vero senso della parola) un po' di più a Bella, ma le cose non vanno esattamente come lui desidera *eheheh*
Un po' di pazienza... Solo un po' di pazienza...
E voi, invece? Cosa pensate di questo nuovo capitolo? Vi va di farmelo sapere con una bella e sostanziosa recensione? :3
Ovviamente, sono pronta a ricevere qualsiasi cosa - sì, anche insulti sul mio perenne ritardo ._.
Ok, passiamo ai ringraziamenti e alle dediche.
A tutti voi, che mi state sempre vicini - a tutti i lettori nuovi, e a quelli che mi seguono fin dall'inizio; a quelli che recensiscono tutti i capitoli, e a quelli silenziosi, che leggono senza commentare (sperando di poter sentire un vostro parere, prima o poi).
Vorrei dedicare questo capitolo a Laura, la mia nuova compagna di banco. Dopo tanto tempo, lei mi ha fatto capire che non sono io quella sbagliata, il mondo lo è. Ed, inoltre, voglio fare un piccolo pensiero speciale al fratello di Giulia: nonostante tutto quello che ha passato (insieme alla famiglia), sperando che ora possa stare meglio. <3
Bene, ora vado... I libri mi aspettano per un ultima ripassata...
Sperando di poterci risentire presto e aspettando i vostri commenti - awww non vedo l'ora di potervi leggere ** Non mi deludete **
Un bacio,
S.

Ps: Vi ricordo del mio profilo su twitter (lo potete trovare QUI). Aggiungetemi se vi va di sapere qualcosa di più su di me e di tenere sott'occhio i miei progressi nella storia - e sì (perchè no?!) anche per spronarmi a continuare e ricordarmi che voi mi state aspettando... Solo, scrivetemi chi siete (: 

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Capitolo 11
*** Aria di Cambiamenti ***


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 ~ Capitolo 11: Aria di Cambiamenti ~

BELLA

I giorni successivi al pestaggio tra Edward e Jacob le cose ritornarono alla tranquillità, più o meno. Forse, questo avvenne anche perché io e Edward cercammo di rimanere lontani, o comunque di non farci vedere costantemente in giro, come nostro solito. Ma, di certo, tutte le nostre precauzioni per restare in disparte, non aiutarono i pettegolezzi ad arrestarsi. Anzi…
In quei giorni, sembrava che l’unica cosa interessante che fosse successa in giro fosse il fatto che Edward e Jacob se le fossero date di santa ragione. Non si parlava d’altro. Un vero incubo.
Ma la cosa che ancor più mi lasciava a bocca aperta era lo stupore con il quale la gente ne parlava. «Ma lo avete visto, quel Masen? Cioè, l’ha steso! Un colpo e bam, Black era a terra! Non l’avevo mai visto comportarsi in una maniera del genere! Di solito se ne sta sempre da solo, per i fatti suoi. Cavolo, e chi se lo sarebbe mai aspettato?!».
E io non potevo che condividere questo sentimento generale. Ancora adesso, a distanza di giorni il fatto mi sembrava incredibile, impossibile, quasi. Continuavo a domandarmi: “Ma è successo davvero o è stato solo un sogno particolarmente fantasioso?”.
Ma tutta quella situazione non mi aveva semplicemente sbalordita, ma mi stava facendo vedere la situazione da un’angolazione diversa: perché Edward l’aveva fatto? Perché si era fatto spaccare la faccia a Jacob per me? Conoscevo come le mie tasche ogni tratto della sua personalità, ogni sfaccettatura, ogni suo comportamento e sapevo benissimo che, in circostanze normali, non si sarebbe mai buttato in una rissa, non era il tipo. Che diavolo gli era successo quel giorno, in quel preciso momento?
Per quanto riguardava Edward, lui non sembrava essere cambiato particolarmente, dopo quell’episodio. Cioè, si comportava esattamente allo stesso modo con me, ma, come dire, lo sentivo… diverso, in qualche modo. Appariva più sicuro, più baldanzoso…
Abbassai lo sguardo sul mio pranzo, una ciotola di insalata mista. Sospirai, immergendo la forchetta in quella massa indefinita di verdastro e sfogliando il libro di storia della letteratura, cercando di portarmi avanti con la barcata di studio che avrei dovuto terminare da lì a pochi giorni. Gli esami erano vicini.
«Hey, Bella», esclamò una voce familiare.
Alzai lo sguardo e incontrai il sorriso raggiante di Edward. Le striature rossicce dei suoi capelli gonfi e scompigliati risaltavano maggiormente sotto le luci basse della biblioteca, i segni dell’incontro ravvicinato con Jacob erano ancora evidenti sul suo viso. Lasciò cadere una pila di libri di architettura al centro del tavolo, accanto alla mia borsa.
«Ciao», gli sorrisi di rimando.
«Scusa il ritardo. Il professor Collins sembrava non voler più finire la lezione, oggi», disse, mettendosi a sedere nel posto accanto al mio.
«Tranquillo. Anche io sono arrivata da poco», bisbigliai, mangiando un’altra forchettata di insalata e dando un’altra sfogliata al libro.
Edward prese in mano il primo libro della catasta, cercò la pagina giusta e si mise a leggere attentamente, estraniandosi da tutto il resto. Anche lui avrebbe dovuto sostenere degli esami piuttosto duri, in quelle settimane.
E così, come in ogni altra occasione difficile della nostra vita, ci eravamo trovati a stringere i denti e sostenerci l’uno l’altro. E non mi riferivo solo al fatto che ci stavamo aiutando per gli esami imminenti.
Mi ritrovai più volte a fissarlo mentre si struggeva, cercando di incamerare ogni parola del testo, mentre si tormentava alcune ciocche di capelli che gli ricadevano sulla fronte.
Era strano pensare che solo quattro anni prima ci conoscevamo appena e che, se il professor Molina non ci avesse fatto lavorare insieme nel laboratorio di biologia, le cose tra noi sarebbero state completamente diverse.
«Edward! Bella!», una vocina squillante mi fece sobbalzare e ritornare alla realtà.
«Alice», mormorammo all’unisono, io e Edward.
«Ah, da quanto tempo! Come ve la passate?», urlacchiò, mandando i miei timpani in frantumi.
«Alice!», la ammonì Edward. «Siamo in una biblioteca».
«Oh, già, certo», replicò lei. In risposta, scostò una sedia e si sedette tra me e Edward.
«Allora», bisbigliò, sistemandosi un ciuffo di capelli corvini che gli era scivolato sul viso. «Ditemi tutto».
La guardai con occhi sbarrati. «Tutto cosa?».
Notai Edward abbassare lo sguardo.
Alzò gli occhi al cielo. «Bhe, tutto-tutto. Quello che è successo di questi tempi. Voglio sentire da voi ogni singolo particolare di tutto ciò che è accaduto. Sapete com’è», disse, prendendoci per le spalle e facendoci avvicinare a lei, così che nessun’altro potesse sentirci. «I pettegolezzi volano, ma non sempre è la verità quella che si spande. Quindi, via! Ditemi la versione ufficiale dei fatti».
Io e Edward ci guardammo confusi, quasi cercando una risposta l’uno negli occhi dell’altra.
«Ehm», mormorammo quasi all’unisono.
«Bhe, credo che questa volta le voci che circolano siano perfettamente corrette», mormorai, guardando Edward per trovare il suo appoggio.
«Oh, ma non mi dire», esclamò Alice, congiungendo le mani sul petto. «Quindi hai davvero preso a pugni Jacob, Edward?».
Lui annuì, riabbassando lo sguardo sul suo libro. Lo vidi arrossire fino alla punta dai capelli. Mi stupì molto, vederlo così imbarazzato. Solitamente, quando il discorso arrivava a quel punto cruciale lui ne parlava tranquillamente, certe volte, ci scherzava anche sopra. Perché adesso di vergognava di parlarne? Non capivo.
Alice gli diede un colpetto sulla spalla, ridacchiando. «Wow, Edward. Sono davvero sorpresa. Non eri tu quello “no alla violenza”?».
«Ehm… Sì, già», farfugliò.
Alice mi rivolse uno sguardo raggiante. «Eh, Bella?! Chi non vorrebbe un fidanzato così?!».
Abbassai lo sguardo, sorridendo tra me e me.
Vidi Edward lanciare uno sguardo imbufalito ad Alice e la cosa mi fece rimanere ancor più di stucco. Non l’avevo mai visto comportarsi così, specialmente con Alice. Si era sempre trovato bene con lei, nonostante la sua natura esuberante e ficcanaso. Le voleva bene, tanto quanto gliene volevo io. Possibile che avessero litigato, lasciandomi all’oscuro di tutto? No, non sarebbe stato da Alice, né, tantomeno, da Edward.
«Comunque, è da un po’ che non vi si vede in giro…», notò, facendo volare lo sguardo da Edward a me.
«Uhm, sì. Sai com’è, dopo quello che è successo preferiamo rimanercene un po’ dietro le quinte, giusto il tempo per riuscire ad affrontare meglio Jacob. Perché - credo che tu l’abbia capito bene -non è che abbiamo proprio risolto con lui, ecco. E poi potrebbe sempre essere che Jacob venga e gli spacchi di nuovo la faccia», esclamai, rabbrividendo. Non avrei voluto vedere mai più Edward che affrontava Jacob con la violenza. Non era giusto nei suoi confronti. E poi, sarei davvero riuscita a sopportare tutto quello un’altra volta?
«Secondo me, sbagliate…», esordì Alice, appoggiando la schiena al bordo dello schienale e incrociando le braccia al petto.
La guardammo entrambi con occhi sbarrati. «Come, scusa?»
«Non vorrei avere un altro incontro ravvicinato con Jacob, grazie», aggiunse Edward, rigirandosi una penna tra le dita.
«Sì, ovviamente è così, Edward. Ma, provate a pensarci, se spariste improvvisamente dopo che loro due si sono pestati, cosa potrebbe pensare la gente? Cosa penserebbe Jacob? Che avete troppa fifa per farvi vedere in giro, per affrontarlo. E voi non volete che accada questo, giusto?».
Rimasi in silenzio, soppesando le sue parole. Effettivamente, il ragionamento di Alice era corretto. La nostra improvvisa sparizione avrebbe sicuramente lasciato dietro una marea di pettegolezzi del tipo “Oh, sì, se la sono proprio fatta addosso, i due piccioncini”. Ed era l’ultima cosa che volevo. Dopo tutto quello che io ed Edward avevamo messo in piedi, non avevo intenzione di far crollare tutto solo per una diceria. Specialmente per Edward. Lui mi aveva aiutato tanto, mettendosi in gioco in prima persona, e non potevo ripagarlo così.
Lo guardai, cercando di cogliere un balzo nel suo sguardo, qualcosa che mi avrebbe costretto a lasciar perdere ed accantonare tutto, ma non fu così.
«Alice ha ragione», mi disse convinto.
Annuii, prendendogli la mano che penzolava al suo fianco. «Sì. Sì, è vero».
«Benissimo!», esclamò lei, alzandosi di scatto dalla sedia. «Sono sicura che farete ciò che è meglio!».
Acchiappò la borsa che giaceva informe ai suoi piedi, inforcandosela in spalla. «Ah, comunque ero venuta ad avvertirvi: ho intenzione di fare una festa durante le vacanze di primavera; una bella rimpatriata di tutti gli ex alunni del nostro anno, per cui siete invitati. Anzi, siete obbligati a venire».
Classico di Alice. Feste, feste e ancora feste. Anzi, potevo definirmi un po’ sbalordita che non ce lo avesse detto prima: era da troppo tempo che non ne organizzava una.
La guardammo allontanarsi, finchè Edward non la fermo con una domanda. «Alice, ma dove hai intenzione di piazzarli più di duecento ex studenti?».
«Ho chiesto al preside Preston se lui mi poteva dare una mano e, bhe, mi ha dato il permesso di utilizzare la palestra della scuola, in via del tutto eccezionale», spiegò, imitando alla perfezione la voce dello storico preside del nostro liceo.
«Certo, Alice. Ti ricordo che lui ha sempre straveduto per te», gli fece notare ironicamente Edward.
Le fece un sorriso malizioso, alzando le spalle. «Vi farò sapere più avanti il giorno esatto in ci dobbiamo ritrovare», disse, e se ne andò.
Io ed Edward rimanemmo in silenzio, guardandoci ogni tanto.
«Alice ha ragione», ribadì dopo qualche minuto. «Dobbiamo ricominciare a uscire, a farci vedere dalla gente. Altrimenti, tutti penseranno davvero che Jacob ci ha spaventato a morte».
Annuii ancora, incapace di spiccicare una parola. Nonostante sapevo che uscire allo scoperto sarebbe stata la cosa migliore da fare, l’idea di un nuovo scontro tra Edward e Jacob mi turbava non poco.
«Stasera passo a prenderti, okay? Usciamo e facciamo qualcosa. È la cosa migliore», mormorò tornando ai suoi libri.
Sotto il tavolo, strinsi più forte la sua mano.
_______________

Buona sera a tutti (:
Eccomi qui, dopo più di tre settimane dall'ultimo aggiornamento. Lo so, lo so. Vi avevo avvertito che le cose sarebbero andate un po' a rilento, di questi tempi: la scuola, la palestra, vari impegni tra cui tre feste per il mio complenno (l'ulima, esattamente oggi), non mi hanno aiutato a dedicare abbastanza tempo alla mia storia e me ne dispiaccio davvero molto. In quale modo, mi sto davvero affezionando ai miei Edward e Bella e ovviamente anche a voi che (spero) li amate con me e non poter dedicare loro il tempo adeguato mi lascia una tristezza che non potete immaginare.
Parlando del precedente capitolo, vedo che a tutte è rimasto impresso l'Edward-mezzo-nudo-che-piomba-nella-stanza-facendoci-morire-d'infarto... Sì, ammetto che la visione paradisiaca mi ha illuminato la mente durante un caldo pomeriggio di luglio, mentre cercavo qualche modo per refrigerarmi, al che ho pensato che un bel vampiro freddo come il ghiaccio non sarebbe stato male. Così mi sono immaginata un Edward senza maglietta che entrava nella mia stanza e che mi trasportava al Polo Nord in un centesimo di secondo. In realtà, non ci sono riuscita per niente a refrigerarmi (anzi), però mi ha aiutato a scrivere :D Quindi ringraziate la mia mente perversa u_u
Comunque, passando al capitolo corrente, come vi avevo già in parte anticipato, i cambiamenti iniziano ad arrivare. Anche Bella se n'è accorta, Edward non è più lo stesso di prima. Però ci vorrà ancora un po' di tempo prima che la nostra protagonista si renda conto di quello che ha davanti. Ci vorrà un po' di tempo e un grosso problema che forse inclinerà le cose definitivamente... Ok, basta spoilerare u__u
Comunque, che ne pensate?? Vi va di farmelo sapere scrivendomi una bella recensione??? :D
Ho notato che nello scorso capitolo sono un po' calate.... Vi prego, non abbandonatemi! Continuate ad essere partecipi, perchè se no, non c'è gusto!! E poi, lo sapete quanto mi piace leggervi :DD
Solito giro di ringraziamenti. Ovviamente a Giulia, che mi sta vicina e mi da una mano, nonostante i miei repentini cambiamenti d'umore - bisognerebbe farla santa. Oltretutto, lei è anche l'ideatrice del titolo del capitolo (non si è ancora capito che io sono un disatro in quel campo?!) e dello splendido banner! **
Vorrei dedicare questo capitolo a tutti voi, che ancora mi seguite e vi fate sentire, che mi sostenete. A tutti coloro che mi seguono fin dall'inzio, a quelli che sono arrivati da poco: GRAZIE. Questo capitolo, questa storia, è tutto per voi. <3
Ora vi lascio tranquille, ma prima... Mi lasciate una recensione, per favore?? :3 Dai, fatemi anche voi un bel regalo di compleanno (anche se un po' in ritardo). (:
Aspetto di leggervi.
Un bacione,
S.
      



 

 

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Capitolo 12
*** Il Terzo Incomodo ***


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 ~ Capitolo 12: Il Terzo Incomodo ~

BELLA

Alla fine, uscimmo, quella sera stessa. Come mi aveva promesso, mi venne a prendere a casa, poco dopo le otto e cinque.  
«Sicura che non sia un problema per te uscire stasera? Insomma, con così poco preavviso…», mi chiese non appena salii in auto con lui.
«Mio padre fa i turni di notte, in questi ultimi tempi», dissi. «E poi lo sai che a lui non importa molto di quello che faccio, basta che non sia niente pericoloso o fuorilegge».
Mi sorrise sereno. «Bene, allora. Andiamo».
Non mi volle dire dove ci stavamo dirigendo, ma vidi che era vestito piuttosto elegantemente, rispetto a ciò che indossava quando uscivamo normalmente. Sperai che la gonna e la camicetta che indossavo fossero adatte all’occasione che Edward aveva organizzato.
Cercai di rimanere tranquilla per tutto il tragitto, anche se iniziavo un po’ a preoccuparmi.
Notai che Edward non stava guidando verso il solito quartiere, verso il solito ristorante e verso i soliti locali. Ci stavamo dirigendo fuori da Seattle. Le case, prima addossate le une alle altre, si facevano sempre più distaccate, diventando quasi delle rarità. In compenso, il verde e fitto bosco che caratterizzava lo stato di Washington riempiva tutto lo spazio circostante.
«Dove stiamo andando?», farfugliai, guardando rapita quel panorama famigliare, ma che sempre mi toglieva il fiato.
«Ti porto in un posto speciale, stasera», annunciò finalmente, continuando a guardare la strada davanti a sé. «Basta posti strani, basta uscire solo per farci vedere. Sono il tuo ragazzo, voglio fare qualcosa per noi, per una volta. Solo per noi».
Gli lanciai uno sguardo dubbioso, sollevando un sopracciglio. Lo guardai, in attesa di una sua risatina, di un sorriso riparatore, di un occhiolino amichevole, ma nulla. Parlava sul serio? Intendeva davvero ciò che aveva detto?
Aprii la bocca, ma le domande che volevo porgli mi rimasero incastrate tra le corde vocali. Decisi di lasciar correre, almeno per quel momento.
Mi lasciai scivolare sul sedile, appoggiando la testa sul finestrino e facendo vagare lo sguardo attraverso le nuvole basse e dense. Ogni tanto uno spicchio di sole faceva capolino tra le nubi, illuminandomi le pupille e lasciandomi abbagliata.
Mi risvegliai non appena sentii l’auto voltare lentamente e fermarsi con un sobbalzo nel parcheggio di un posto davvero incredibile.
Sul cocuzzolo di una piccola collinetta si ergeva una grande ma modesta casa d’epoca, completamente ristrutturata. Dai grandi finestroni, incorniciati da una nuvola di stoffe color crema, si potevano distinguere chiaramente le persone sedute ai tavoli e i camerieri che camminavano con passo sicuro ma cauto da una parte all’altra dei saloni. L’ampio e curato giardino, in parte occupato da piccoli tavoli imbanditi, era illuminato da piccole lampade artigianali che conferivano un’aria decisamente romantica al tutto. Sembrava uscito direttamente da un catalogo per matrimoni, quel posto.
In lontananza, oltre l’orizzonte, il tramonto brillava, colorando di violetto le nuvole circostanti.
«Wow», esclamai, senza abbastanza parole per descrivere quella bellezza. «Non avrei mai creduto che appena fuori città esistesse un posto così meraviglioso».
Edward venne ad aprirmi la portiera con un gesto elegante, prendendomi la mano ed offrendomi la mia giacchetta.
«Mia madre ha ristrutturato questa casa qualche anno fa. Avrebbe voluto tantissimo tenerla, ma poi, cosa mai avrebbe potuto farne?! Era troppo grande per viverci solamente in due. Così l’ha venduta», confessò, stringendomi a sé, mentre attraversavamo insieme il vialetto di ghiaia che portava all’entrata. Le torce che lo fiancheggiavano emanavano una sottile e calda luce rossastra.
«È davvero splendido, comunque», mormorai, ancora troppo rapita da quel posto fuori dalla realtà.
«Sono felice che ti piaccia», disse, baciandomi una tempia.
Entrammo e rimasi ancor più meravigliata. Le sale, divise da alcuni ampi archi in mattoni rossicci, erano illuminate da alcune antiche lampade di cristallo, che pendevano a due a due dal soffitto in legno. Degli esili candelabri erano posati al centro di tutti i tavoli del grande salone. Decisamente suggestivo.
Un cameriere ci guidò verso un tavolo riservato, situato vicino a una grande finestra e abbastanza distanziato dal resto degli altri ospiti.
Il panorama, da quel punto, era stupendo: il sole, che in parte ancora faceva capolino dalle fronde degli alberi, risplendeva nella grande sala, illuminando i visi di tutte le persone che stavano cenando.
«Incredibile», sussurrai tra me e me.
Edward sorrise, scostandomi la sedia e facendomi sedere, come un vero gentiluomo. «Ti avevo detto che volevo fare qualcosa di diverso, questa sera. Sono di parola».
Si sedette davanti a me e i suoi occhi verdi brillarono, probabilmente dall’emozione.
Mentre un cameriere vestito di tutto punto ci consegnava il menu della serata, non riuscivo a smettere di pensare a ciò che Edward mi aveva detto in auto.
Voglio fare qualcosa per noi, solo per noi. 
Ripensavo a come me l’aveva detto: sinceramente, con un tono così veritiero
Rimasi interdetta per qualche secondo, persa nelle mie congetture su cosa volessero davvero significare quelle parole. Ma mi ridestai.
Infondo, che importanza ha? È davvero importante andare a fondo di questa situazione? No, non è fondamentale.
Edward incrociò il mio sguardo e mi sorrise. Gli sorrisi di rimando.
 
«Mmmh», mormorai, gustandomi un altro boccone di pesce. «Questo piatto è la fine del mondo».
«Già, è molto buono», assentì Edward, inghiottendo un pezzo di pane.
La notte ormai era calata completamente e alcune stelle iniziavano a punteggiare il cielo scuro e immacolato. Le sfaccettature emanate dai cristalli appesi ai lampadari si riflettevano sulle pareti del salone, le luci delle candele sui tavoli traballavano, riscaldando l’atmosfera. Una melodia classica aleggiava dal pianoforte a coda, situato su un palchetto poco lontano da noi.
D’un tratto, però, la tranquillità della stanza fu spezzata dal rumore di una porta sbattuta con violenza.
«Hey, tu! Torna subito qui!», gridò un uomo dalle cucine.
«Un secondo», esclamò una voce più che familiare. «Solo un secondo».
Un chiacchiericcio generale, piuttosto interessato, salì dai tavoli, mentre dei pesanti passi attraversavano la sala.
Vidi Edward irrigidirsi, strabuzzando gli occhi. Mi voltai anche io, incuriosita da quello che stava succedendo, e, quando riconobbi la persona che si stava dirigendo verso di noi, rimasi senza parole: Jacob, il mio ex fidanzato, il ragazzo che mi perseguitava, che continuava a crearci problemi, si avvicinava con passo spedito e con i pugni serrati a noi.
Si parò davanti al nostro tavolo. «Edward, Bella. Buonasera. Vi state godendo la cena?», ci parlò con quel suo odioso tono da superiore.
«J-Jacob…?!», farfugliai stupefatta. «Che… Che ci fai qui?!».
Tutto ciò era incredibilmente assurdo. Come aveva fatto a trovarci? Possibile che ci avesse seguito fin dentro al ristorante?! No, no, impossibile. Ce ne saremmo accorti, se fosse stato così. Ma allora, da dove diavolo era sbucato fuori, questa volta?!
«Io ci lavoro qui. Insomma, ci lavoravo…», disse, guardando il grembiule bianco che aveva gettato a terra, vicino alla porta della cucina.
«Sai cosa intendo…»,  mormorai seria.
«Intendi, perché sono venuto qui da voi? Bhe, ho una situazione da risolvere. Non vi ricordate?!», guardò prima me, poi Edward, in attesa di un nostro segno. Noi non rispondemmo, ma in compenso ci scambiammo uno sguardo sicuro, come per assicurarci il nostro pieno sostegno.
«Jacob», sibilò Edward tra i denti, alzandosi in piedi. «Vattene da qui. Adesso».
«Oh, no. Assolutamente no», rispose, agguantando una sedia e venendosi a sedere tra noi. «Non ho intenzione di lasciarvi andare per tutto il resto della serata».
Il mio cuore perse un battito. Edward, davanti a me, diventò pallido come un cencio. «C-Cosa?».
Jacob sorrise compiaciuto, soddisfatto di aver toccato un nervo dolente. «Bhe, mi sembrava che io e Bella avessimo fatto un patto piuttosto chiaro: l’avrei lasciata perdere, purché mi avesse presentato il suo nuovo ragazzo; eh, bhe, non è che l’altra volta ci siamo proprio conosciuti, Masen. Per cui, colgo al volo l’occasione per vedere come state assieme te e Bella. Se permetti, ho bisogno di assicurarmene in prima persona e non di starmene a sentire i pettegolezzi che girano».
Edward lo guardò con disprezzo, serrando la mascella. «Quindi, cosa avresti intenzione di fare? Restare e fare da terzo incomodo per il resto della serata?».
«Ma che bravo, come sei perspicace», Jacob incrinò la testa con fare innocente.
Le mani di Edward, cha ancora reggevano saldamente la forchetta ed il coltello, si serrarono possentemente. Lo guardai negli occhi: erano straripanti di furia.
“Stai tranquillo, Edward. Mantieni la calma”, gli dissi con lo sguardo. Ma sembrò non darmi ascolto.
I suoi occhi riuscivano solo a restare incollati a Jacob, come se volesse tenerlo sotto stretto controllo. Mi parve di sentirlo digrignare i denti.
Abbassai lo sguardo sul mio piatto.
C’eravamo, il momento cruciale era giunto. Il faccia a faccia con Jacob era arrivato al capitolo finale. Lo svolgimento di quella serata sarebbe stato decisivo per tutto il mio futuro. Saremmo riusciti io ed Edward a raggiungere il nostro obiettivo, a farmi ottenere la libertà che tanto avevo agognato? Oppure avremmo fallito, facendomi ritornare alla complicata situazione iniziale?
____________________

Buon pomeriggio a tutti (:
Visto? Alla fine ce l'ho fatta ad aggiornare.
Sì, va bhe. Non mettiamoci a contare i giorni di ritardo con cui arrivo. Ormai, l'avete capito, no? Il tempo per me scarseggia... Già è tanto se riesco a trovare il tempo per mangiare e per andare in bagno u.u
Purtroppo le cose si stanno facendo sempre più difficili per me: ho sempre più impegni, sempre più studio (pensate che il prof ci ha dato 10 pagine di definizioni di economia da studiare a memoria - ah, ovviamente aggiungendoci il ripasso/studio di tutta la roba vecchia .-.)... Insomma, davvero è un miracolo che riusca ancora a trovare il tempo di stare qui.
Come già ho scritto nelle note dei precedenti capitoli, mi dispiace tanto di non poter più seguire assiduamente questa storia e tutto quanto: ci tengo davvero molto a tutto questo (e a voi che mi seguite, ovviamente) e non poter dargli l'attenzione che merita e che voi meritate è orribile.
Nonostante tutto, spero che tra poco tutta questa roba da studiare freni un po': insomma, non ti possono tenere sotto esame per sempre, non è vero?!
Ok, ora passiamo al capitolo... Che dire?! Finalmente ci siamo (:
Il momento che tutti stavamo aspettando è arrivato. La resa dei conti, il faccia a faccia con Jacob è giunto agli sgoccioli.
Ditemi, vi sareste mai aspettati un incontro così tra i due piccioncini e il rompiscatole?!
Eh, poi vi ho anche lasciato con i dubbi questa volta. Francamente, questo capitolo doveva essere formato anche da un altra parte, ma poi riguardandolo mi sono resa conto che era una cosa lunghissima, quindi ho deciso di dividerlo a metà. Eh, sì, dovrete aspettare ancora un pochino, quindi... Ma non preoccupatevi, il capitolo è praticamente già pronto, per cui credo che in massimo 10 giorni sarà tra le vostre mani. (:
Ora, è il vostro turno :DDD
Cosa pensate di questo nuovo capitolo?? La situazione si risolverà, oppure si ritornerà al punto di partenza??
Vi va di farmi sapere tutti i vostri pensieri/perplessità/dubbi/complimenti/insulti tramite una bella recensione?? Ditemi qualunque cosa pensiate di questo capitolo, di questa storia. Come ben sapete, per me è molto importante sentirvi vicino.
Ringrazio tutte le persone che mi seguono e che mi stanno aiutando tantissimo. Un bacione enorme alle 7 persone che hanno recensito lo scorso capitolo e a tutti coloro che hanno aggiunto la storia tra le preferite/seguite/ricordate *w* Grazie mille, davvero!
Un pensiero speciale va a tutte le persone vittime (dirette e indirette) delle alluvioni in Liguria, sperando che la situazione si risolva presto.
Ora mi rifugio nel mio solito angolino, aspettando le vostre prime recensioni...
Un bacio a tutti,
S.

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Capitolo 13
*** Ha Funzionato ***


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 ~ Capitolo 13: Ha Funzionato ~

EDWARD

Strinsi Bella tra le mie braccia, baciandola dolcemente sulla fronte, vicino all’attaccatura dei suoi capelli scuri, mentre il protagonista del film giurava amore eterno alla donna che aveva sempre amato.
Incontrai lo sguardo serio di Jacob, che ci teneva d’occhio, seduto poche poltroncine lontano da noi.
Ero incazzato, seriamente incazzato.
Insomma, chi non lo sarebbe stato se la serata più speciale che avevate mai organizzato fosse stata mandata all’aria dall’ex-fidanzato della donna che amavi di nascosto?!
Avevo organizzato tutto, nei minimi dettagli: cenetta romantica in un posto speciale, passeggiatina vicino al mare al chiaro di luna e, infine, una bella dichiarazione, ora che forse avevo qualche possibilità di fare centro. Un piano semplice, senza pretese, pieno di speranze. Ma, alla fine tutti i miei piani andarono in fumo,  visto che quel cretino di Jacob Black aveva deciso di farci una piccola “sorpresa fuori programma”. Lui, e la sua stupida ossessione di controllare la vita di Bella.
Per cui, eccoci qui, in un cinema di seconda categoria, a guardare una commedia romantica vecchia come Mosè e a fare i dolci fidanzatini amorevoli per dimostrare a Jacob che Bella si era rifatta una vita dopo di lui.
Bella mi accarezzò con la punta delle dita il dorso della mano che tenevo incatenata alla sua. Appoggiò la testa sulla mia spalla, strusciando il naso contro il mio collo. 
Che rabbia… Che rabbia…
Il film finì nel classico dei modi: con un bacio fuori dal tempo sulla spiaggia, alla luce del tramonto.
Uscimmo dalla sala, io sempre stretto al fianco di Bella, ma che non smettevo di controllare con la coda dell’occhio tutti i movimenti e le reazioni di Black.
Ad essere onesti, ero rimasto alquanto stupito: avevo studiato Jacob per tutta la serata, ogni sua minima smorfia, ogni suo sguardo, pronto a scattare e a rispondergli a tono. Eppure, non aveva lasciato trasparire niente: era rimasto in un angolo in silenzio per tutto il tempo, non intervenendo per niente e lasciandoci nella nostra personale bolla d’amore. Impassibile, ci aveva guardato per tutta la cena, per tutto il viaggio in auto e per tutta la durata del film. Non potevo negarlo, la cosa mi aveva dato parecchio sui nervi, ma, paradossalmente, facevo più fatica a sopportare quel suo comportamento tanto maturo, che mai mi sarei aspettato. Se ci avesse tirato qualche frecciatina ogni tanto, avesse sospirato annoiato, sbadigliato – insomma, avesse mostrato una qualsiasi reazione, probabilmente mi sarei sentito più a mio agio; comunque, avrei saputo cavarmela un po’ meglio, dato che le mie aspettative avrebbero coinciso con ciò che stava accedendo.
Incontrai gli occhi scuri di Bella e notai che la sua espressione era alquanto fiduciosa. E sapevo anche il perché: se Jacob avesse abboccato alla messa in scena, lei sarebbe stata finalmente libera. E questo voleva dire che la nostra finta relazione sarebbe finita; saremmo ritornati ad essere solo amici. I vecchi, buoni amici del liceo, e basta.
E io? Dopo tutto quello che questa finta relazione con Bella mi aveva dato, sarei riuscito a nascondermi di nuovo nel mio angolo, tenendomi per me tutte le mie emozioni? No, ovviamente no. Non sarei mai riuscito farcela. Ma che altro avrei potuto fare, allora?
La mano di Bella strinse forte la mia, come per infondermi coraggio e speranza.
«Oh, ma che bella commedia romanticamente strappalacrime», esclamò Jacob, rimasto alcuni passi dietro di noi, mentre si stiracchiava.
Strinsi i denti, reprimendo la voglia di prenderlo a pedate nel sedere. Nonostante il suo comportamento inspiegabile, il disprezzo che nutrivo nei suoi confronti non si era mutato. «Ma bene», quasi ringhiai. «Allora, adesso puoi anche deciderti di lasciarci un po’ in pace».
«Ma la serata non è ancora finita», sbatté le palpebre con fare innocente.
Serrai i pugni e tentai di avvicinarmi a lui, giusto per rivoltargli quella faccia da idiota che si ritrovava, visto che ciò che si era beccato qualche giorno prima non gli era bastato.
«Basta!», esclamò Bella, mettendomi una mano sul petto, bloccandomi. «È tutta la serata che non fate altro che guardarvi in cagnesco. Vi state comportando come due bambini, anzi peggio. La volete piantare un po’?!», il suo sguardo passò veloce da me a Jacob. Io e lui ci guardammo dall’alto in basso, senza dire una parola.
«Ora vado un secondo in bagno; potete evitare di ammazzarvi a vicenda, nel frattempo?», riprese, continuando a guardarci titubante.
Mi lanciò uno sguardo di avvertimento: “Non fare passi falsi, Edward. Non adesso, per favore. Non rovinare tutto”.
Bella ci voltò le spalle, allontanandosi e sparendo dietro la porta del bagno delle signore.
Rimasi in piedi per qualche secondo, guardandomi la punta delle scarpe. In quel momento, la parola “imbarazzante” non rendeva molto l’idea dell’aria che aleggiava tra me e Jacob. Feci qualche passo avanti e indietro e poi mi sedetti sulle scale che portavano alle sale superiori, aspettando il ritorno di Bella.
Passò qualche minuto prima che la voce di Jacob mi fece alzare lo sguardo dal pavimento, riportandomi alla realtà. «È molto legata a te».
«Che cosa?».
«Bella, intendo», si appoggiò con le spalle al muro davanti a me. «È molto legata a te».
Lo guardai in faccia, sollevando un sopracciglio. Stava scherzando?! La sua espressione non era sarcastica, ma sembrava quasi assorto, come se stesse pensando intensamente e si abbandonasse a un ragionamento ad alta voce.
Indeciso su quale fosse la risposta migliore, annuii semplicemente. Riabbassai lo sguardo, deciso a non lasciarmi andare ad una conversazione seria su quanto io e Bella stessimo bene insieme, specialmente con quel tipo che ci aveva fatto penare peggio di chiunque altro. 
«Siete… uniti, voglio dire», riprese, continuando a dar voce al suo monologo interiore. «Si vede da come state insieme, da come vi guardate. All’inizio avevo pensato che aveste architettato tutto solo per farmi sparire dalla circolazione, invece voi due vi amate davvero…».
Rimasi in silenzio, un po’ a disagio per aver ascoltato quelle parole, che probabilmente non erano nemmeno rivolte a me. Mi limitai a guardarlo, sperando vivamente che Bella tornasse velocemente.
«Sai, Masen, ti avevo giudicato male», continuò, lasciandosi andare ad un piccolo sorrisetto. «Credevo che fossi uno dei soliti ragazzi che sta con una ragazza solo per portarsela a letto, ma non è così, ora lo so».
Deglutii. «Mi fa piacere che tu abbia avuto una così alta considerazione di me».
Jacob ridacchiò, alzando gli occhi al soffitto. «So cosa pensi di me, che sono un essere viscido, un bambino, e forse hai ragione. Ma devi sapere che io amavo davvero Bella – e la amo ancora. Credevo che io e lei saremmo stati insieme per sempre, che avremo vissuto un intera vita l’uno al fianco dell’altra, ma quando mi sono reso conto che le cose iniziavano ad andare male, che tra noi non c’era più la stessa chimica di un tempo, ho fatto di tutto per non perderla. Mi sono aggrappato a qualsiasi appiglio con le unghie e con i denti per evitare di perdere ciò che per me era più importante. È vero, probabilmente ho esagerato, però in quel momento tutto quello che facevo mi pareva giusto. Dovevo combattere per non perdere il mio amore e non mi facevo domande su cosa fosse ben accetto e cosa non lo fosse, perché dovevo pensare a come rimettere insieme i pezzi miei e di Bella», prese un respiro profondo, scostando lo sguardo da me e facendo una pausa.
Non avevo mai guardato tutta quella situazione incasinata dal suo punto di vista, dovevo ammetterlo. Non mi ero mai soffermato su come dovesse mai essersi sentito Jacob, vivendo tutto questo. Non avevo mai pensato a cosa dovesse aver passato lui, non avevo mai provato ad immedesimarmi nella sua situazione.
Avevo sempre pensato a lui come all’antagonista di Bella, al nostro antagonista. Ora, iniziavo a vedere il tutto sotto una luce diversa, oggettiva, seria.
Potevo biasimare Jacob per il suo comportamento, certo. Potevo criticarlo, potevo disprezzarlo, ma io al suo posto, sarei davvero riuscito a rassegnarmi, lasciando andare l’amore della mia vita?
No, non che non ne sarei stato capace. Avrei combattuto, non mi sarei arreso alla realtà. Mi sarei comportato come lui, volendolo o meno.
«Ero convinto che nessuno potesse amare Bella quanto me», continuò, ammettendo ciò che avevo sempre sospettato. «Insomma, che nessuno potesse apprezzarla quanto facevo io ed era per questo che continuavo a starle addosso: non volevo che soffrisse per qualcun’altro. Mi dispiace di avervi complicato così tanto la vita, non ve lo meritavate. E, sì, mi dispiace anche per quello che è successo l’altra volta», disse, facendo segno ai lividi che ancora mi portavo dietro.
«La stessa cosa vale per me», risposi, notando il segno violaceo sotto il suo occhio sinistro.
«Non c’è problema. Anzi… Questo look fa colpo sulle ragazze».
Sorrisi e abbassai lo sguardo sulla moquette consumata. 
«Dico sul serio, comunque», disse con sguardo onesto. «Non avrei potuto lasciare Bella in mani migliori delle tue».
Lo guardai stupito, incredulo quasi. Avevo capito bene?!
Alzò le spalle, in segno di resa. «Hai vinto. Bella appartiene a te, ora».
Aprii la bocca, cercando di dire qualcosa, ma non mi uscì nient’altro che un suono strozzato.
«Voi vi amate, è giusto che stiate insieme. Non ho il diritto di dividervi e, poi, io e Bella non stiamo più insieme da tanto tempo: è normale che lei si sia rifatta una vita, e che me ne rifaccia una anche io. Stai con lei e amala».
Rimasi a soppesare le sue parole. Amarla, quello che avevo sempre desiderato fare. Quel sentimento che avevo sempre desiderato poterle offrire apertamente, senza sotterfugi o segreti, senza dovermi nascondere.
Io potevo amarla, già lo facevo. Ma lei mi avrebbe mai accettato?
«Ora vado», annunciò, scostandosi dalla parete e infilandosi le mani in tasca. «Vi ho già rovinato abbastanza la serata».
«Non aspetti Bella?», domandai ancora scettico che avessi capito bene.
«E per quale motivo? Per dirle le stesse cose che ho detto a te e per vedere la sua reazione?», ridacchiò. «No, no. Diglielo pure tu. Non c’è più bisogno di me».
Non risposi. Lo guardai uscire dalla porta a vetri del cinema senza voltarsi indietro.
«Edward, che succede? Dov’è Jacob?», la voce di Bella mi risvegliò qualche minuto dopo.
«Se n’è andato».
«Come “se n’è andato”?», chiese dubbiosa.
«Se n’è andato. Si è arreso. Ha detto che non ha più intenzione di romperti con la sua presenza», la guardai, semplicemente. «Ha funzionato».
Il viso di Bella divenne una maschera di gioia. «Ha funzionato», mormorò tra sé e sé. «Ha funzionato».
_________________________

Scusatemi. Davvero, perdonatemi.
Non avete idea di quanto mi dispiaccia. Davvero.
Tutte le mie promesse, tutti i miei tentativi di portarmi avanti sono andati bellamente a farsi un giro in campagna, e non sono più tornati.
Purtroppo, non è un periodo tranquillo, anzi. Gli impegni stanno diventando sempre più insostenibili e anche per riguardare un capitolo ci impiego tre settimane.
Poi, sì, lo ammetto, ho avuto anche un po' di problemucci con la scrittura: per giorni interi non sono riuscita ad aprire un file. Perchè? Non lo so. Solo... non riuscivo a mettere giù una parola.
Ora va meglio. Sto iniziando a scrivere anche una piccola One Shot sempre su Twilight che spero di pubblicare al più presto :D
Ora, però, passiamo alla storia.
Eccolo qui, il capitolo che tutti stavamo aspettando. Ve lo eravate aspettate così, tranquillo, maturo, oppure avreste preferito un altro scontro violento tra Edward e Jacob?? XD
A parte gli scherzi, come lo avete trovato? Scontato, noioso?
E, invece, come vi è sembrato Jacob? Avete visto che in questo capitolo gli ho concesso un po' di spazio per dar finalmente luce alla sua vera personalità... Cosa ne pensate? Avete cambiato idea riguardo a lui?
Bhe, sappiate che le cose non stanno migliorando, anzi; tra qualche capitolo accadrà l'impossibile e allora sì che sarà difficile...
Bene, ora lascio lo spazio a voi, cari lettori (Sì, se ancora qualcuno è rimasto). Cosa ne pensate di questo nuovo capitolo?? Non è che mi lascereste una bella recensione così da allietarmi la serata? :3
So che, dopo tutto questo tempo, non dovrei neanche permettermi di venire a rompervi con questa mia storia inutile, ma, nonostante tutto, ci tengo ancora moltissimo e non voglio abbandonare niente, quindi non pensate minimanete che me ne sia sparita così. Non succederà.
Dai, ora levo le tende e vi lascio recensire in pace (:
Già, è vero, non ho ancora risposto alle recensioni del capitolo precedente. Lo farò questa sera, promesso.
Grazie, gente. Grazie davvero. Per tutto. Per me tutto questo è davvero moltissimo. Grazie.
Un bacio,
S.

Ps: Avete visto Breaking Dawn? Cosa ne pensate??? Io, francamente, lo giudico come il migliore della saga. Romantico, dolce, tragico, terribile... Tutto al punto giusto. Insomma, perfetto.

 

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Capitolo 14
*** Portami a Casa ***


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 ~ Capitolo 14: Portami a Casa ~

 

EDWARD
 
Spensi il motore dell’auto proprio di fronte alla casa di Bella, lasciando andare un lungo sospiro agitato.
Rimasi qualche secondo immobile sul sedile, accarezzando con le dita il voltante di pelle chiara e cercando di tranquillizzarmi il più possibile.
Mi misi a guardare fuori dal finestrino, oltre l’oscurità della notte, verso la casa di Bella, verso la luce della sua finestra. Probabilmente, si stava ancora preparando.
Quella sera, saremmo dovuti uscire insieme: la famosa festa di Alice era stata organizzata, esattamente il giorno dopo dell’inizio delle vacanze di primavera. E, come ci aveva promesso, non ci aveva lasciato in pace, finchè non avevamo accettato il suo invito.
Per quanto mi riguardava, non ero molto d’accordo sul fatto che io e Bella ci presentassimo ancora come coppia. Insomma, che senso avrebbe avuto continuare quella pagliacciata? Ormai, l’obiettivo era stato raggiunto, Bella si era liberata definitivamente di Jacob. Perché continuare a prenderci gioco di tutti, specialmente dei miei sentimenti?
«Ma, Edward, gliel’abbiamo promesso. Non vorrai mica rimangiarti la parola?! E poi non possiamo certo sparire e dividerci d’improvviso, proprio dopo che Jacob ci ha dato il suo via libera», le sue parole risuonavano ancora chiare nella mia mente. Ma come potevo continuare ancora starmene fermo e buono in un angolo, mentre Bella continuava ad andare avanti con la sua messa in scena?
No, non potevo più farlo. Specialmente, non dopo tutto quello che avevo – che avevamo -  subito. Oltretutto, io non riuscivo più a continuare ad interpretare la parte del suo ragazzo, mettendo continuamente in un angolo tutti i miei sentimenti. Mi ero nascosto per troppo tempo per aver ancora la forza di continuare a farlo.
Ora mi sentivo cambiato. Mi faceva strano dirlo, a me in prima persona, ma infondo questa era la pura verità. Non ero più lo stesso ragazzo che, poco più di un mese prima, andava nel panico anche solo se doveva parlare con Bella, arrossiva per un niente e si chiudeva a riccio ogni volta si sentiva minacciato. Non ero più io.  
Ora, le cose erano diverse. Avevo racimolato il coraggio che mi era sempre mancato e, dopo averci pensato bene e fino infondo, avevo deciso che mi sarei messo in gioco, per la prima volta nella mia vita. A partire da quella sera stessa.
Sì, esattamente. Quella sera, le avrei finalmente detto che ero innamorato di lei, le avrei svelato ogni mio singolo sentimento represso. Avrei smesso di mentire a me stesso e mi sarei comportato come era giusto che mi comportassi fin dall’inizio.
Bene. Adesso basta indugiare.
Presi un altro respiro profondo, prima di uscire dall’auto e avviarmi verso la casa di Bella. Camminai lentamente, un passo dopo l’altro, lungo il vialetto di cemento e in un momento mi ritrovai sotto la veranda illuminata. Suonai il campanello ed attesi che Bella venisse ad aprirmi.
«Un momento!», la sua voce mi giunse distante, quasi ovattata. Dei tonfi spediti mi arrivarono alle orecchie e un attimo dopo la porta si aprì.
La figura che mi si presentò davanti mi lasciò completamente senza parole. Era Bella, ma mi ci volle qualche minuto perché me ne resi completamente conto.
I suoi lunghi e luminosi capelli castani erano legati dolcemente in un’alta coda di cavallo, per poi ricadere in onde leggere sulle spalle favorendo un effetto molto simile ad una cascata di cioccolato.  
Indossava un vestito blu notte, corto fino al ginocchio, dal corpetto stretto e rigido e dalle spalline sottili. La gonna a palloncino le cadeva perfettamente sui fianchi rotondi, un grosso fiocco dello stesso colore dell’abito le fasciava la vita, intrecciandosi sulla schiena.
I suoi occhi erano resi ancor più profondi da uno strato omogeneo e perfetto di trucco, le sue labbra carnose brillavano di lucidalabbra e il colore della sua pelle era ancor più chiaro e luminoso del solito. Sembrava un angelo.
«Allora? Che ne pensi?», sorrise, facendo una piroetta su se stessa.
«Sei…», cercai le parole giuste. «Sei meravigliosa».
Mi guardò dritto negli occhi. Si avvicinò a me, alzandosi sulla punta dei piedi e sistemandomi la cravatta. «Ecco. Ora anche tu sei perfetto», mi sussurrò nell’orecchio.
«Bene», mormorò, dopo aver preso un lungo e profondo sospiro. «Andiamo. Una festa ci aspetta».
Mi prese per mano e mi lasciai guidare dal rumore regolare dei suoi tacchi sul selciato.
 
Arrivammo nel parcheggio del nostro vecchio liceo una mezz’ora dopo l’inizio ufficiale della festa. Come diceva Bella, quando la festa è nel suo pieno svolgimento, così da attirare maggiormente l’attenzione.
Ma non era a quello a cui stavo pensando, in quel preciso momento. Piuttosto, non riuscivo a togliermi dalla testa tutti i momenti che io e Bella avevamo vissuto in quella scuola: la prima volta che ci eravamo parlati durante la lezione di biologia, i lunghi pranzi in caffetteria, seduti nel tavolo vicino all’uscita sul giardino, i pomeriggi passati nella libreria… L’inizio del mio amore per lei.
Era strano trovarsi lì in quel momento, a ripensare a tutte le cose che erano successe dall’ultima volta che avevo messo piede in quel parcheggio, in quella scuola.
Camminammo fianco a fianco verso l’entrata della palestra, mano nella mano.
Quando entrammo nel grande salone, rimasi senza parole. Non somigliava per niente a come mi ricordavo quel luogo. Al posto dei numerosi attrezzi da ginnastica, c’erano decorazioni e addobbi dappertutto. Dal soffitto si snodavano lunghi festoni violacei e, incastonati tra la stoffa voluminosa, brillavano piccole luci stroboscopiche.
La grande pista da ballo era illuminata da quattro fari, le cui luci ruotavano attorno ai ballerini, giocando quasi con loro. Nel resto della sala, una quasi totale oscurità rendeva l’atmosfera elegante ed intima. 
«Wow», sussurrammo io e Bella all’unisono.
Dall’altro capo della sala, vidi spuntare il piccolo visino di Alice. Ci fece un cenno con la mano e facendosi largo tra la folla accalcata vicino ai tavolini e divanetti che circondavano la pista da ballo, ci raggiunse. «Bella! Edward! Finalmente siete arrivati! Iniziavo a non sperarci più!», esclamò, sovrastando la musica.
Ci abbracciò entrambi, facendoci gli onori di casa. Stette con noi cinque minuti, giusto il tempo per mostrarci l’enorme banco adibito a bar, poi si volatilizzò tra la gente che si accalcava ai tavolini.
«Bhe, non c’è che dire», disse Bella, sedendosi su uno sgabello, vicino al bancone. «Alice non si è di certo risparmiata con questa festa».
«Già», annuii, ordinando da bere.
Guardai Bella sorseggiare il suo drink mentre con lo sguardo passava in rassegna ogni singolo viso del salone.
Era splendida. I suoi occhi, così profondi, rispecchiavano a pieno la sua personalità: dolce, ma anche furba e astuta. Incrociò il mio sguardo e mi sorrise.
«Vieni», esordì all’improvviso. «Andiamo a ballare».
Rimasi di stucco. «Cosa? Bella, ma io non so ballare».
«Perché, secondo te, io sì?», rise come se fosse la cosa più naturale del mondo.
E in un secondo ci ritrovammo sulla pista da ballo, circondati dai nostri ex compagni: riconobbi Marcus, Emmett, Angela, Jessica, Mike… tutti quanti. Ci fermammo qualche secondo a parlare, a ricordare i bei, vecchi tempi del liceo, quando tutto era completamente diverso da ora – per me, perlomeno.
Ricordai il ballo di fine anno. L’ultimo ballo di fine anno. Quando ancora non riuscivo a spiccicare due parole in croce senza mettermi a balbettare come un idiota. Ero rimasto in un angolo, guardando Bella volteggiare tra le braccia del suo accompagnatore, il suo fidanzato dell’epoca.
Ancora la vedevo. E ancora sentivo la mia frustrazione come se fossero passate appena poche ore.
Ma adesso le cose erano cambiate. Bella volteggiava tra le mie braccia; non la guardavo semplicemente da lontano, ero io il padrone della situazione.
Sentivo il coraggio e la voglia di arrivare infondo scalpitare dentro di me.
«Bella, devo dirti una cosa importante», gli sussurrai dolcemente in un orecchio, mentre eravamo impegnati a ballare sulle note di un romantico lento.  
Mi guardò con aria dubbiosa. «Dimmi. C’è qualche problema?».
«Oh, no. No, no. Assolutamente», la guardai negli occhi. «Bella, io ti…».
«Edward!», esclamò una voce femminile alle mie spalle.
Mi voltai e riconobbi immediatamente il volto della mia ex fidanzata, Rosalie.
Rimasi senza parole per un po’, incredulo di essermela ritrovata davanti.
«R-Rosalie?».
Lei sorrise compiaciuta. «Eh, già».
Mi abbracciò di slancio, stringendomi a sé, come se fossimo stati due vecchi amici che si ritrovano dopo tanto tempo di lontananza. Io, in compenso, rimasi rigido come un pezzo di legno.
Mentre ero stretto nell’abbraccio troppo entusiasta di Rosalie, guardai istintivamente verso Bella, che ancora mi stringeva la mano con decisione. Il suo sguardo era colmo di incertezza: correva da me a Rosalie, cercando una risposta. Era come se fosse persa.
«Ehm», mi schiarii la voce, staccandomi Rosalie di dosso. «Bella, questa è Rosalie, la mia ex-fidanzata. E, Rosalie, questa è Bella».
«Oh», esclamò, guardando per la prima volta nella sua direzione. «Oh, sì. Mi ricordo di te. Tu, tu non eri quella che stava che stava con Jacob Black, vero?».
«Ehm… Già», mormorò lei, abbassando lo sguardo.
Presi in mano la situazione. «Vero. Ma adesso io e lei siamo fidanzati, lo sai?», strinsi Bella a me, come per marcare il concetto.
Lo sguardo sorpreso di Rosalie analizzò prima me e poi Bella, che si era raggomitolata al mio fianco.
«Ma non mi dire», mormorò con quella sua vocina finta, piena di interesse, e sorridendo. «State davvero insieme?».
Io e Bella ci scambiammo il solito sguardo complice, sorridendoci l’un l’altro. Contrariamente dal solito però, la strinsi più forte a me, baciandola sulla fronte.
Rosalie non distolse un attimo lo sguardo, mentre dedicavo a Bella queste tenerezze, e fu per questo che, al mio fianco, la sentii avvampare.
«Bene», esclamò poi, dividendo me e Bella e parandosi al mio fianco. «Non ti dispiace se ti frego per un secondo il tuo fidanzato, vero, Bella? Sai, parliamo un po’, ricordiamo i bei, vecchi tempi… Te lo restituirò intatto, non preoccuparti».
La liquidò con uno sguardo. Mi spinse verso un tavolino libero, accanto alla pista da ballo. Mi voltai solo una volta per cercare di distinguere la figura di Bella tra la folla. Ma era troppo tardi. L’avevo persa di vista.
 
Finii di bere l’ultimo sorso di drink che giaceva sul fondo del bicchiere, tentando di rimanere attento a ciò che Rosalie sta blaterando.
Mi aveva parlato della scuola, del suo corso alla Dartmouth per figli di papà, delle sue nuove amicizie, di tutto ciò che aveva combinato da quando ci eravamo lasciati, poco prima che conoscessi Bella.
Niente di eccitante, solo ordinaria vita comune. O, ad ogni modo, nulla che mi potesse interessare davvero.   
«E, poi, sai, ci sono feste, incontri con ex-studenti… Insomma, è tutto piuttosto eccitante…», ma smisi di ascoltarla.
Cominciai a guardarmi intorno, cercando Bella in ogni lato del grande salone, senza però incontrare i suoi profondi e luminosi occhi scuri.
«Non mi stai dando molto ascolto, non è vero?».
Spostai lo sguardo su di lei, che ricambiò alzando le sopracciglia e accavallando le gambe. «Ehm… No, in effetti no».
Ridacchiò tra sé, abbassando lo sguardo sul suo bicchiere, pieno solo per metà. Passò il dito sul bordo del bicchiere, fissando il liquido dorato contenuto all’interno.
«Quindi, adesso, tu e Bella, giusto?», esclamò, spostando le sue attenzioni di nuovo su di me.
Ecco, ora toccava a me essere tirato in ballo. Logico.
«Già, stiamo insieme», annuii, sperando che il tutto finisse alla svelta.
«Insomma», si lasciò andare sulla sedia. «Ho visto come la guardi, come le stai vicino…».
Rimasi zitto, un po’ per scoprire dove voleva andare a parare, un po’ perché non c’era nulla da puntualizzare.
«Sai, è la prima volta che ti vedo così preso da una ragazza, è per questo che sono rimasta stupita quando vi ho visto insieme. Tu sei sempre stato così timido, introverso… Vederti così sicuro di te mi ha procurato un colpo, lo ammetto!», sorrise spontaneamente.
«Ad esempio, non hai mai guardato me, in quel modo», aggiunse.
Alzai lo sguardo su di lei, sicuro di aver capito male. Ma no. Purtroppo, avevo capito alla perfezione.
Nei suoi occhi chiari riuscivo a leggere solamente la sua malizia e tutti i pensieri perversi che le passavano per la mente.
Non riuscii a controbattere nulla, non sapevo cosa dire. Non riuscii a muovere un muscolo.
In compenso, lei avvicinò la sua sedia alla mia, la sua coscia sfiorò la mia, facendomi venire i brividi.
«Sai, Edward», mi soffiò in un orecchio. «Magari, possiamo riprovarci. Sai cosa intendo… Riprovare a tornare insieme. E non importa il fatto che siamo lontani o che saremo impegnati con l’università… Ti ricordi come stavamo bene insieme, Edward? Eh, ti ricordi?», mi sfiorò l’avambraccio con la punta delle dita, io rabbrividii e mi scostai bruscamente. Questo, però, non mi impedì di ricordare.
Io e Rosalie ci eravamo frequentati per quasi un annetto e, tenendo presente la media di durata dei rapporti amorosi al liceo, noi eravamo considerati la “coppia” per eccellenza.
Ad essere onesti, però, io e lei non eravamo mai stati propriamente fidanzati. C’era attrazione, ci piacevamo – molto -, eppure tra me e lei c’era sempre mancato qualcosa, quel qualcosa che avevo scoperto solo frequentando Bella.
Quando stavo con Rosalie, pensavo di aver provato tutto, ogni singola parte dell’amore. Invece, dopo aver conosciuto Bella ed essermi innamorato di lei, avevo capito… L’amore non era quello che avevo sempre pensato di provare, era quello che tenevo nascosto per Bella nel mio cuore.
Ed ora? Perché ora mi stava chiedendo di tornare con lei? Era da quando ci eravamo lasciati, cioè dalla fine del terzo anno, che non ci eravamo più rivolti mezza parola. Ognuno aveva continuato a svolgere la sua vita, senza preoccuparsi di quella dell’altro.
Ed, ora, perché mi diceva quelle cose, portandomi alla mente tutti i momenti passati insieme, tutte quelle emozioni – per quanto insincero e inesperto il nostro amore fosse stato -  che avevamo condiviso, tutte le esperienze che avevamo affrontato insieme?
Perché, perché lo stava facendo? Perché voleva farmi tornare indietro, ai tempi del liceo? Non capivo.
Mi guardai in giro, in cerca di Bella, in cerca del suo aiuto. Ovviamente, non la vidi.
Mi voltai verso Rosalie e l’unica cosa che mi rapì fu il suo sguardo maligno. Stava facendo il doppio gioco, glielo si leggeva negli occhi. Ma non sarei rimasto a farmi abbindolare da lei, non adesso che ero cambiato. Non sarei rimasto a farmi riempiere la testa di bugie, di frasi fatte, di inconsistenze.
«Rosalie», sbottai, alzandomi dalla sedia e guardandola dritta negli occhi. «Non ho intenzione di ritornare con te. Sono fidanzato con Bella adesso, hai presente?!», feci una pausa, prendendo fiato.
«E, sai un’altra cosa? Io sono innamorato di Bella. La amo davvero.»
Rosalie mi guardò per un attimo, confusa. Poi fece una risatina, e se ne tornò seria.
«Sai che ne penso, Edward?», ghignò malevola. «Fa’ come vuoi, ma se… andasse storto, io sono ancora una valida proposta, sappilo».
Mi sentii improvvisamente il sangue ribollire, scoppiando nei timpani. Strinsi i pugni e mi allontanai dalla bionda. Mi accavallai a tutte quelle persone, a quell’orda impenetrabile.
Non vedevo Bella, non riuscivo a individuarla in mezzo a quel caos.
Mi avvicinai a un gruppetto di tavoli, dalla parte opposta della stanza a quelli dove ero seduto poco prima, e ad alcuni divanetti di pelle rossiccia.
Mi si bloccò un attimo il respirò. Bella era semisdraiata su uno dei divani, con un bicchiere di scotch in mano e l’aria leggermente –o meglio quasi totalmente- brilla.
«Mio Dio, Bella. Come diavolo ti sei conciata?», le mormorai. La feci sedere composta e le accarezzai la fronte e le spalle.
Si massaggiò le tempie, con aria corrucciata. «Portami a casa Edward. Ti prego. Portami via di qui».
Annuii. Per quella serata avevamo dato spettacolo di noi stessi fin troppo. Ne avevo abbastanza.
La sollevai dal divanetto e me la strinsi al fianco, sorreggendola con il braccio. Prima di uscire dal locale intravidi Rosalie sorridere malignamente, con gli occhi chiari che bruciavano di vendetta.
_____________________________

Salve a tutti, cari lettori e lettrici. Come state? :3
Io abbastanza bene, a parte l'influenza che mi ha costretto a stare a letto in questi ultimi 3 giorni.
Ma è stato anche per merito di ciò che sono riuscita a trovare un po' di tempo per riguardare il capitolo e postarlo a voi, questo pomeriggio. (:
Prima di passare al capitolo corrente, però, voglio dedicare un po' di spazio al capitolo precedente: sono felicissima del risolutato che ha ottenuto! 10 recensioni, non era mai successo prima! Non sapete quanto mi avete fatto gongolare per questo!
Sono molto felice anche del fatto che molte di voi hanno cambiato idea sul personaggio di Jacob; era proprio l'obiettivo del capitolo precedente, dare più spazio alla sua storia e ai suoi pensieri e sentimenti.
Ma, ora passiamo a questo capitolo.
La festa di Alice ha avuto luogo, finalmente, e come avete potuto vedere è stata anche un punto piuttosto cruciale: Edward è cambiato, se n'è reso conto anche lui, Bella sembra non essere più totalmente indifferente al suo migliore amico come lo era all'inizio e ci mancava poco che tutta la verità venisse a galla... Ma ecco che arriva Rosalie e rovina tutto D:
Ma non è detta l'ultima parola. Il capitolo, infatti, non sarebbe finito qui, solo che come al solito ho dovuto dividerlo perchè era lungo qualcosa come 12 pagine e perfino io mi annoiavo a rileggerlo tutto. Per cui, state pronti perchè prima di Natale avverà un altro aggiornamento e quello sarà l'aggiornamente decisivo (Sì, quello che dall'inizio della storia vi dico). Già so che probabilmente mi verrete a uccidermi con un forcone e per questo sono un tantino preoccupata. Ma lasciamo correre; di certo, già vi riempirò con le mie ansie e preoccupazioni per come la prenderete nel prossimo.
Ora, è giunto il momento di lasciare lo spazio a voi, miei cari. Che ne pensate di questo capitolo? Come avete trovato il nuovo Edward? E Bella, invece? E, domanda più importante, che cosa succederà nel prossimo capitolo? Sono stracuriosa di sapere cosa vi immaginate :3
Bene, adesso mi dileguo...
Mi lascereste una bella recensione?? Dai, per favore! Fatemi felice :3
Un bacione grande a tutti,
S.

Ps: io e Giulia (Ever Lights) abbiamo iniziato a pubblicare una storia a quattro mani: una raccolta di one shot natalizie sulle coppie della saga di Twilight. Mi farebbe molto piace che ci faceste un salto! Ecco qui il link (lì potrete anche trovare il link al nostro account FB, dove potrete trovare aggiornamenti, spoiler, anticipazioni alle nostre storie. Aggiungeteci :D ).    

 

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Capitolo 15
*** Lasciati Andare ***


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 ~ Capitolo 15: Lasciati Andare ~

EDWARD

Accesi il motore della Volvo ed uscii dal parcheggio, quasi senza prestare attenzione al resto dei ragazzi che indugiavano vicino alle auto o sullo stretto marciapiede che girava intorno alla palestra della scuola addobbata a festa.
Imboccai la superstrada, diretto a casa di Bella.
Spinsi il piede sull’acceleratore, sobbalzando non appena sentii la risposta pronta del motore. Francamente, mi sentivo come se stessi scappando, e, in effetti, un po’ era vero. Stavo scappando, un po’ da Rosalie, un po’ dal mio strano ed incomprensibile passato fatto di paure e seghe mentali.
Per quanto potesse farmi piacere passare una serata a rivedere i vecchi amici e a rivivere i bei tempi – e, sì, anche passare un po’ di tempo con Bella – poteva essere una buona idea, ma solo fino a un certo punto.
Sentii dei mugugni giungere dai sedili posteriori. Alzai lo sguardo dalla strada, guardando il riflesso nello specchietto retrovisore.
Bella, ubriaca come non mai, era sdraiata a pancia in giù, nascondendosi la testa con le braccia minute. I tacchi ricadevano da un lato, la lunga coda di cavallo si era sciolta ed ora i capelli ricadevano disordinati sulla pelle chiara del sedile.
Buon Dio, che diavolo di serata.
Per di più, non ero nemmeno riuscito a seguire i miei piani per la serata. Per l’ennesima volta, la mia idea di rivelarmi a Bella era andata tranquillamente a puttane.
Più ci pensavo, più una rabbia bruta mi ribolliva nello stomaco. Strinsi le dita intorno al volante.
Perché, perché? Perché ora che avevo trovato tutto il coraggio per farlo, il destino tramava contro di me? Cosa avevo fatto di male per continuare a penare come un cane, mentre non facevo altro che desiderare Bella con tutto me stesso?
L’ennesimo mugolio mi fece alzare lo sguardo verso lo specchietto. Cercai di non badare alle sue palpebre abbassate, alle sue labbra socchiuse, al suo odore dolce di vaniglia mescolato a quello più forte dell'alcool. Cercai di non badare a quanto desideravo averla vicina, le sue labbra sulle mie, finalmente mia, senza più giochetti, segreti o sotterfugi.
Scossi la testa violentemente, tanto che la vista ci mise qualche secondo per rimettersi a fuoco per bene. Scacciai via ogni singolo pensiero su Bella, su quella merda di situazione, qualsiasi cosa avesse potuto distrarmi, e mi focalizzai sulla strada. Come unico obiettivo, raggiungere la casa di Bella in un tempo ragionevole e tornarmene a casa a piangermi addosso, come ogni santa sera.
 
«Bella…!?».
Niente.
«Bella!?».
«Uhm. Edward…?!».
Le diedi un colpetto sulla spalla; il tredicesimo, per essere precisi. «Siamo arrivati a casa tua. Avanti, Bella, alzati».
Si mosse un pochino, cercando di girarsi sulla schiena, invano. Un altro mugugno.
«Forza, Bella, alzati».
Si stropicciò l’occhio destro. «Magari domani».
Sbuffai, alzando gli occhi al cielo. Uscii dalla macchina e aprii la portiera posteriore. La tirai per i piedi, il tanto da farle penzolare le cosce fuori dall’auto, e la presi in braccio, raccogliendo anche i tacchi abbandonati.
La sentii rabbrividire, colpa del freddo della sera. Allacciò le braccia intorno al mio collo, aggrappandosi più forte a me.
Appoggiò la testa sul mio petto, vicino all’incavo del collo. Respirai a pieni polmoni il suo odore dolcemente forte, sforzandomi di raggiungere la veranda.
La casa di Bella era buia, nessuna luce illuminava il vialetto: probabilmente suo padre non era in casa.
Scostai di poco lo zerbino ruvido, finchè un luccichio mi balzò agli occhi.
Tombola.
Come ogni famiglia americana, anche gli Swan tenevano una chiave sotto lo zerbino, per ogni evenienza.
Aprii la porta e raggiunsi le scale alla cieca, evitando di andare a sbattere da qualche parte. Le salii piano, una alla volta, poggiando stabilmente un piede e poi facendo un altro passo.
Tra le mie braccia, Bella iniziò a strusciare la punta del naso contro il profilo della mia mascella; per poco, non caddi giù dalle scale. Allungai il passo, preoccupato di svenire da un momento all’altro.
Raggiunsi la camera di Bella e la posai sul letto, incapace di dire una sola parola. Sistemai le coperte, lasciando cadere i tacchi in un angolo, vicino al comodino.
Poi, i fatti accaddero molto velocemente – oppure è la mia memoria che ha registrato il tutto come su un disco rovinato dall’usura, sfalsando le immagini.
In un secondo, Bella si aggrappò al mio collo, legando le sue gambe intorno alla mia vita. Mi alzai di scatto, sorpreso e spaventato. Posò la sua bocca sulla mia, schiudendo le labbra e sfiorando la mia lingua con la sua. Il suo respiro intenso con un retrogusto di alcolico mi invase, rendendomi inerme e incapace di reagire. Mi baciò con passione, con desiderio – come avevo sempre sognato, come mai avrei potuto immaginare.
Mi spinse verso il letto, litigando con il nodo della cravatta nera.
«Bella», riuscii a farfugliare in un secondo di lucidità, mentre lei cercava di focalizzarsi sui piccoli bottoni trasparenti della camicia. «Bella, no. Fermati. Non… non dobbiamo».
Alzò lo sguardo, il suo viso terribilmente vicino al mio. «Lasciati andare, Edward. Solo per una sera, lasciati andare».
Non me lo feci ripetere due volte – o meglio, la parte che aveva sempre desiderato Bella, decise di farmi tacere e lasciarmi tutto alle spalle. La ragione, la mia coscienza continuava a ronzarmi nelle orecchie, senza sosta, sbraitando ciò che avrei dovuto fare. Non diedi peso a niente.
Mi lasciai spogliare senza fiatare, mentre accarezzavo il corpo magro ma pieno di Bella. Le gambe lunghe e sottili, le ginocchia un po’ sporgenti, il sedere sodo e tondo. La perfezione.
Le tolsi il vestito blu, che ora era diventato ingombrante. Osservai stralunato la sua pancia calda, il suo ombelico incavato, il suo seno racchiuso in un reggiseno di pizzo nero.
La guardai negli occhi e lei mi sorrise – o meglio, così mi parve.
Si stese sul letto, e io su di lei.
È un sogno. È un sogno.
Iniziai a baciarle il viso, il collo, il seno, il ventre. La sentii iniziare ad ansimare, le sue mani stringevano con forza i miei capelli.
Le tolsi il reggiseno e gli slip con estrema facilità, quasi con naturalezza, beandomi del calore eccitante che il suo corpo iniziava ad emanare.
Ritornai a baciarle il collo, passando poi a mordicchiale il lobo dell’orecchio.
Trattenne il fiato, mentre giocava con l’elastico teso dei miei boxer scuri. Lasciai scivolare via un respiro colmo di frenesia.
In un lampo, mi abbassò l’unico indumento che ancora ci divideva, lasciandolo cadere sul pavimento, insieme al resto dei nostri vestiti.
Toccò la mia eccitazione, guardandomi negli occhi. Ricambiai lo sguardo, sfiorandole con la punta delle dita i capezzoli turgidi.  
«Edward», ansimò.
Non ce la feci più. Lei… la mia migliore amica, colei che avevo sempre sognato al mio fianco, nuda, ansimante, pronta a darsi completamente a me. Mi sentii mancare.
Non esitai. Agii senza pensarci troppo, lasciandomi trasportare solo dai miei desideri.
Mi spinsi dentro di lei, lentamente, deciso di non perdermi nulla di quel poco che ricevevo. 
Bella sussultò impreparata, serrando la mano intorno alla coperta e imprecando. Il suo respiro rimase mozzato, bloccato in gola. Le baciai il petto, il collo, la mascella lentamente, mentre con un’altra spinta entrai un po’ più in lei.
«E-Edward», ansimò ancora. «Edward».
Dio, quante volte avevo sognato Bella mentre ansimava il mio nome? Quante volte lo avevo pensato, per poi risvegliarmi dal sogno con una malsana voglia di spaccarmi la testa con un martello? Tante, tantissime volte.
Ed ora, ora che finalmente stava succedendo davvero, non potevo credere che tutto quello fosse reale.
Liberò le mani dal groviglio di coperte e lenzuola, iniziando ad toccarmi le braccia tese, le spalle, la schiena. Schiuse un po’ di più le cosce, legando le sue gambe all’altezza delle mie ginocchia.
Spostò l’attenzione sul petto. Con la punta delle dita, mi accarezzò la pelle, partendo dall’ombelico, arrivando al collo, soffermandosi sul mio viso.
Mi sentii fremere. «Oddio. Oddio».
Prese il mio viso tra le sue piccole mani, posando la sua fronte sulla mia e facendo sfiorare la punta del naso contro la mia guancia, contro l’angolo della bocca.
Un'altra spinta.
Il mio cuore iniziò a battere come un martello pneumatico. Sentii l’adrenalina bruciare nelle vene.
Bella si strinse di più contro di me, inarcando la schiena. Schiuse la bocca e un gemito profondo le nacque da dentro.
Le mie mani, strette attorno ai suoi fianchi, si serrarono ancora di più. Gemetti anch’io.
Un’altra spinta e affondai in lei completamente, annegando.
«Oh, Edward», quasi le mancava la voce. «Oh, Cristo santo. Oh».
Allontanai il bacino da lei, uscendo un poco. E poi, poi tutto ricominciò di nuovo.
Dentro, fuori. Dentro, fuori. Dentro, fuori.
Sempre più veloce.
Sempre più insostenibile, sempre più inevitabile.
Strinse le mani attorno al mio collo, iniziando ad assecondare i miei movimenti con il bacino, mandandomi in estasi.
Vorrei morire. Sto per morire.
«Bella», riuscii a biascicare con un filo di voce. «Bella. Bella, ti amo. Io… io ti amo».
I suoi occhi si posarono sui miei, quasi trapassandomi. Ebbi paura, per un secondo. Mi aveva sentito? Aveva realizzato ciò che le avevo detto? Come avrebbe reagito? Mi avrebbe preso a calci? Si sarebbe fermata?
No, per favore. Fa che tutto ciò non finisca. Ti prego.
Il suo respiro irregolare si infranse sul mio viso, i suoi occhi si socchiusero. Avvicinò il suo viso al mio e mi baciò. Un bacio naturale, pieno di sentimento. Ricambiai, seguendo con attenzione i suoi movimenti. Poi fu lei che iniziò a gestire la situazione.
Su, giù. Su, giù. Su, giù.
Io assecondavo.
«Oh, Edward. E-E-Edward».
E ancora. E ancora. E ancora.
«Bella. Dio mio, Bella».
Passò la punta della lingua lungo il mio collo, facendomi rabbrividire e gemere. Agguantai la sua mano e la strinsi forte, sforzandomi di non stritolarla.
Gli ansiti si fecero più frequenti, più lunghi, più profondi, più acuti. Impossibili da controllare.
Sentii la testa scoppiare dal desiderio, dalla passione, dal fuoco. Sotto le mie mani, sentii il corpo di Bella irrigidirsi.
Venimmo insieme, esplodendo in un vortice di piacere indescrivibile.
Bella urlò, io strinsi i denti.
Le gambe mi cedettero. Io cedetti.
Mi accasciai accanto a Bella, la mia mano ancora stretta nella sua. Lei si voltò verso di me, gli occhi semichiusi.
«Edward», sussurrò, accoccolandosi tra le mie braccia. «Edward».
Rimasi in silenzio, stringendola appena al mio fianco. Dopo qualche secondo, sentii il suo respiro calmarsi, farsi più profondo e regolare, finchè non mi resi conto che Bella si era addormentata.
Non la guardai, evitai di pensare a… tutto.
Non volevo che dopo tutto quello i rimorsi ed i sensi di colpa prendessero il sopravvento.
Non subito, non adesso. Non ancora.  
Chiusi gli occhi.
_____________________________

Io... Io non so davvero cosa dire.
Di certo, non dovrei nemmeno permettermi di stare qui a scrivervi ora, dopo che siete arrivate alla fine di questo capitolo. Forse, dovrei volatilizzarmi e sparire per un po', giusto il tempo perchè non mi uccidiate. O forse, più semplicemente dovrei dire "Bene, gente questo è il capitolo, godetevelo". Ma non voglio lasciarvi così...
Come molti di voi avranno inteso, questo è il capitolo di cui vi ho parlato tanto, quello che continuavo a tirare in ballo sia nelle risposte alle recensioni, sia nelle note del capitolo. Questa è la goccia che farà traboccare il vaso.
Ora, come di certo avrete inteso, sono un po' nervosa a presentarvi questo capitolo: primo, perchè non so come lo prenderete - o meglio, un'idea ce l'ho, ma comprende impiccagioni, roghi, forconi e altri generi di torture, e non mi va di considerarla completamente, secondo, perchè è la prima scena di sesso che descrivo nella mia vita di fanwriter percui sono un po' preoccupata di aver scritto delle baggianate grosse come una casa... In ogni caso, fatemi sapere cosa ne pensate.
Bene, che dire d'altro? Ovviamente aspettatevi il grande cambiamento dal prossimo capitolo in poi... Le cose non saranno più come prima, specialmente per Edward. Curiose? :3
Un immenso GRAZIE a tutti voi che mi leggete e che recensite. Siamo arrivati a 90 recensioni, è un sogno!!!! Grazie mille perchè avete ancora il coraggio di seguirmi - anche se credo che dopo questo capitolo scapperete tutti a gambe levate lasciandomi qui da sola.
Un inchino a Giulia, che non so come diavolo faccia a sentirmi ciarlare tutto il giorno senza annoiasi neanche un po' - santa donna.
E voglio fare anche una parentesi speciale a Elena - è vero, abbiamo avuto un sacco di alti e bassi di questi tempi, ma spero che le cose si risolvano definitivamente adesso.
Ora è il vostro turno... Che ne pensate di questo capitolo? Vi ha sopreso, vi ha deluso? Lo trovate scoppiettante oppure una cacca? Me lo fareste sapere tramite recensione?? Sapete quanto mi fa piacere potervi leggere, per cui, anche se contentiene minaccie di morte, gioirò lo stesso. Dai, per piacere, come piccolo regalo di inizio anno :3
Bene, ora mi defilo...
Auguro a tutti buone feste e un stupendo 2012!!
Un bacio,
S.
 

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Capitolo 16
*** Apri gli Occhi ***


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 ~ Capitolo 16: Apri gli Occhi ~

EDWARD

Aprii gli occhi.
Non mi resi conto pienamente di quanto avevo dormito. Due minuti, due ore, un’intera giornata.
Bella era ancora abbracciata al mio fianco: nuda, indifesa, respirava regolarmente e profondamente, sognando beata. Il mio sguardo si posò su di lei e non potei non notare il suo sorriso, la sua espressione estasiata.
Mi morsi un labbro, combattendo contro la voglia di svegliarla e di scuoterla per farla rinsavire.
Bella, non ti rendi conto? Non ti rendi conto di cosa abbiamo fatto?
Mi voltai dall’altro lato, dandole le spalle. Lei si mosse inquieta, mugugnando.
Non potevo guardarla senza sentirmi in colpa per quello che era successo quella sera, in quei mesi. Per tutto quello che dall’inizio era scivolato su di noi.
Se non mi fossi innamorato della donna sbagliata. Se non mi fossi innamorato di te, Bella, tutto questo non sarebbe mai accaduto.
Mi tirai a sedere, stringendomi le gambe al petto. Dallo sconforto, lasciai cadere la mia testa tra le mani; sconfitto, perso.
Perché mi ero lasciato trascinare? Perché non mi ero opposto fermamente, perché non avevo puntato i piedi? Perché avevo deciso di lasciarmi andare se sapevo che dopo nulla sarebbe stato più come prima?
Di nuovo, mi ritrovai a guardare Bella. La sua schiena liscia e candida, le sue gambe magre nascoste dal lenzuolo morbido.  
Mi alzai dal letto, incapace di dire una parola, incapace di muovere un gesto verso di lei, lontano da lei.
Mi rivestii in tutta fretta e mi catapultai fuori da casa, nella luce fredda e annebbiata di quel mattino di fine primavera.
Camminai veloce lungo il vialetto, i pugni serrati lungo i fianchi. Notai che l’auto di servizio di Charlie non era parcheggiata lungo il marciapiede: evidentemente, non era ancora rientrato dal turno di notte alla centrale di polizia.
Voltai la testa di scatto, ritrovandomi davanti alla mia macchina. Salii in tutta fretta, sbattendo forte la portiera. Avviai il motore e la macchina partì con un rombo.
Mi abbandonai al ronzio sordo che invadeva l’abitacolo, il piede pigiato sull’acceleratore, le mani strette attorno al volante in pelle.
Cercai di lasciare fuori i pensieri dalla mia testa, di cadere in stato catatonico, come l’altra sera, per evitare di rendermi davvero conto, per ragionare fino in fondo su cosa fosse successo.
Ma non ci riuscii. Le vocine della mia coscienza risuonavano nella mia mente, senza darmi pace, impedendomi di passare oltre.
Le labbra di Bella su di me.
Il suo corpo morbido ed accogliente a contatto con il mio.
I suoi gemiti acuti e profondi che si sperdono nell’aria della notte, nell’oscurità della stanza.
Le sue piccole mani che mi stringono le braccia, la mia schiena, che indugiano sul mio petto.
Io dentro di lei.
Scossi la testa, scacciando quelle immagini dai miei pensieri, forzandomi con tutto me stesso di tornare alla realtà.
Non potevo andare avanti così, non potevo continuare a pensare, a piangermi addosso per quello che era successo. Non potevo, non ci riuscivo.
Strinsi le mani attorno al volante, sussultando ed irrigidendomi. Non volevo pensarci, ma non riuscivo a fare altro se non ripercorrere con la mente la serata passata, i mesi passati, gli anni passati con l’amore per Bella nascosto con forza nel mio cuore. Come avevo fatto a resistere? Come avevo fatto a sopportare tutto quello senza muovere un muscolo, senza avere la forza di fare niente?
Ora, guardando indietro, verso il passato da cui ero scappato, non riuscivo a capire perché mi ero ostinato a scappare da me stesso come un coniglio spaventato.
Era come se un'altra parte, una totalmente sconosciuta a quella che ora viveva in me, si fosse presa gioco delle mie azioni, dei miei sentimenti per anni, impedendo alla consapevolezza che adesso mi governava di venire a galla, di prendere il sopravvento su tutto. Potevo ancora sentire dibattersi in me tutti gli sforzi che la timidezza, la codardia metteva in pratica per debellare il fuoco dell’intraprendenza che iniziava a bruciare le sterpaglie intorno al mio cuore.
Sentii qualcosa esplodere in me. E quell’esplosione cambiò tutto. Almeno per me.
Ero talmente scosso che fui costretto ad accostare e a scendere dall’auto, se non volevo andare a schiantarmi da qualche parte.
Mi catapultai fuori dall’auto, incespicando nei pedali, nei miei stessi piedi.
L’aria pungente della notte appena passata mi frustava la faccia, svegliandomi dai sogni, dalle menzogne, dal passato.
Passai le dita sul viso, tra i capelli, pigiando i polpastrelli sugli occhi, sugli zigomi, sulla fronte.
Da qualche parte, in me, qualcosa si era acceso. La fiducia in me stesso, il coraggio - che si era sprigionato anche prima di quel momento, quando avevo affrontato Jacob –, la voglia di tornare a galla: tutto ciò mi aiutò a capire che non ero più lo stesso ragazzo che fino a qualche tempo prima si nascondeva all’evidenza. Non volevo più negare ciò che provavo, mi ero stufato di nascondermi…
Apri gli occhi, Edward. Svegliati. Prendi in mano le redini delle tue azioni, dei tuoi sentimenti, della tua vita.
Perché, perché mi ero comportato da codardo per tutto quel tempo? Cosa diavolo mi passava per la testa, quando il panico mi attanagliava la gola, impedendomi di dire una parola, di fare qualunque cosa?
Apri gli occhi, Edward.
Perché avevo deciso di aggregarmi a questa pagliacciata, rimanendo schiavo della situazione, incapace di fare nulla?
Perché non mi ero messo in gioco sin dall’inizio, così da non rimanere all’oscuro per tutto quell’inutile tempo? Era rischioso, questo lo sapevo, lo avevo sempre saputo, ma perché non mi ero buttato comunque?
Ripensai alla proposta di Bella, alla sua richiesta d’aiuto. Il tono della sua voce, quel giorno, rasentava la disperazione, gli occhi velati di rassegnazione. E io, che mi ero fatto trascinare senza riuscire a mettere dei paletti, senza essere capace di saper dire “Basta, questo è troppo”.
Lasciai che una folata di vento fresco mi ripulisse la mente.
Ripercorsi con la mente tutti i pomeriggi che io e Bella avevamo passato insieme a guardare film, sfidarci a giochi di società, aspettando che la voce si spargesse a macchia d’olio, che arrivasse alle orecchie di Jacob. Indugiai sul mio stato d’animo in quei momenti, deluso, abbattuto, senza nessuna speranza di successo.
Come avevo potuto sopportare quella sensazione di assoluta sottostima, di impotenza? Per tutto quel tempo poi.
Ma la situazione sarebbe cambiata. Oh, sì, per davvero.
Non sarei più rimasto preda del genere. Mai più.
E, tantomeno, avrei sopportato un secondo di più con quel peso sul cuore che mi impediva di vivere.
Risalii in macchina con una nuova certezza che aveva preso posto dentro di me.
Sono cambiato.
Tutto adesso cambierà.
_______________________________________

Io e le date non andiamo d'accordo, si era capito.
Sono un disatro a mantenere impegni, ad evitare di deludervi, a seguire un filo logico. Sono un disastro, punto.
Comunque, eccomi qui, per i pochi che ci sono ancora - sempre che ci siamo anche quelli.
So che molti di voi aspettavano con ansia questo capitolo, quello del cambiamento definitivo di Edward. Bene, finalmente, eccolo qui.
Il risveglio accanto a Bella, i sensi di colpa che iniziano a pesare sulla sua coscienza, la fuga, lui che finalmente realizza che non si può andare avanti così. Qualcosa di prevedibile, insomma.
Ad ogni modo, come l'avete trovato? Certo, non è molto lungo come capitolo e, come ho già detto, è parecchio prevedibile, ma vi piace? Oppure, come più probabilmente sarà, lo trovate una mezza cacchetta?
E come pensate che si evolverà la situazione, ora? Come si comporterà Edward nei confronti di Bella? E come reagirà Bella al nuovo Edward?
Ora, passiamo ad altro...
Innanzitutto, voglio scusarmi dal più profondo del mio cuore con voi. Mi siete sempre stati vicini, sin dall'inizio e io ora mi sento come se vi stessi un po' trascurando. Sapete bene che tengo moltissimo a tutto e non vorrei dare questa impressione, ma sto inziando a rendermi conto che non può essere altrimenti. Cercherò di essere più puntuale nei prossimi tempi e, specialmente ora che si avvicinano le vacanze di carnevale, anche di mostrarmi più presente.
In secondo luogo, non so se avete notato, ma ho cambiato il mio nickname. Ora sono Sanya, per tutti voi, e, devo ammettere, che questo mi piace decisamente di più oltre che a "sentirlo più mio". Sì, mi appartiene di più.
E, ultimo ma non meno importante, voglio fare un immenso ringraziamento a tutti voi. Ai 52 che hanno aggiunto la mia storia tra le preferite, ai 20 che l'hanno lasciata tra le ricordate e ai 188 che invece la seguono. Un immenso abbraccio a quelle 99 buon'anime che mi hanno recensito. Questi numeri mi lasciano incredula ogni volta di più, non sapete quanto significhi per me vedervi così numerosi!!
Bene, cari lettori, anche per questa volta vi lascio...
Ricordatevi di lasciare una bella recensione al capitolo! Forza, non vi costa molto! Solo qualche minutino per farmi felice come una pasqua! (:
Aspetto i primi vostri responsi (si spera numerosi, nonostante il ritardo).
Un bacione grande a tutti,
S.

Ps: prima di chiudere definitivamente, vorrei segnalarvi una mia nuova One-Shot, Sweet Dreams. Spero vi possa piacere! ^^ E, in ultimo, ho appena aperto un account su FB per le mie storie di EFP (e sì, giusto se volete sentirmi ciarlare a vanvera)... Eccolo QUI. Aggiungetemi tranquillamente, anche se volete sapere a che punto sono con le mie storie e come va l'ispirazione. Mi farebbe moltissimo piacere (:

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Capitolo 17
*** E' Finita ***


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 ~ Capitolo 17: È Finita ~

BELLA
Guardai fuori dalla finestra. Di nuovo.
Per la venticinquesima volta da quando mi ero svegliata, ad essere precisi.
Sospirai dall’ansia, accostando di nuovo le tendine. Appoggiai la schiena al muro, lasciandomi cadere sul pavimento.
Chiusi gli occhi.
Mi sentivo… consumata. Sì, probabilmente “consumata” era l’aggettivo adatto.
Avevo passato tutto il periodo delle vacanze a riflettere su ciò che era successo la sera della festa, a come la situazione fosse precipitata, definitivamente incrinata.
Avevo speso mattinate, pomeriggi interi pensando alle giuste parole da dire, al modo giusto in cui comportarmi, quando avrei dovuto affrontare Edward. Senza successo, naturalmente.
Avevo composto centinaia e centinaia di messaggi e di e-mail di scuse, di spiegazione, per sfogare la rabbia, la frustrazione, l’incapacità di fare nulla e… quella strana ed inspiegabile sensazione che ora mi attanagliava lo stomaco.
Avevo pensato e ripensato a tutto quanto, fino quasi a farmi scoppiare la testa dallo sforzo, ma non ero riuscita a trovare una soluzione decente.
Ad essere sinceri, era strano solo ripercorrere con la mente quella serata.
Quando la mattina dopo la festa mi svegliai, ci misi qualche secondo a realizzare cosa davvero era successo. O meglio, mi ci volle qualche secondo per capire che le immagini che si rincorrevano nella mia mente erano reali e non frutto della mia immaginazione, e che ciò che meno mi aspettavo era in realtà accaduto.
Mi misi a piangere come una bambina. Poi, ancora nuda, arrotolata nel lenzuolo bianco, rimasi a fissare il soffitto, evitando di pensare a tutto ciò che inevitabilmente si sarebbe alterato.
Non volevo che l’amicizia tra me ed Edward si incrinasse, era l’ultima cosa che desideravo. Lui era il mio migliore amico, la persona a cui tenevo di più, e pensare che per un errore avrei dovuto rinunciare alla sua presenza nella mia vita mi pesava sul cuore come un mattone di cemento.
Forse, forse anche lui ha pensato le stesse cose. Probabilmente anche lui si è reso conto che sarebbe stupido far crollare un’amicizia solo per un malinteso, che la soluzione migliore è dimenticare tutto e andare avanti…
Santo cielo, ma chi volevo prendere in giro?! Davvero mi aspettavo che le cose si risolvessero così, come se nulla fosse? Ero andata a letto con il mio migliore amico, cavolo. Per errore, certo, ma questo non cambiava le cose. Nulla poteva essere più lo stesso, dopo la sera passata, e non potevo stupirmene… 
Il mio cuore fece un balzo nel petto e quasi mi mancò il respiro.
Prendendo in considerazione la peggiore delle ipotesi, sarei stata pronta a dirgli addio?
Sentii una vaga sensazione di vertigine pervadermi tutto il corpo.
Ma infondo, siete amici, migliori amici, dovrà pur valere qualcosa!
Okay, forse non avrei dovuto sentirmi così in ansia, così preoccupata. Non avevo ancora affrontato Edward e non potevo già farmi problemi su quali sarebbero state le conseguenze di una possibile discussione.
Mi tirai in piedi, appoggiandomi con le mani al davanzale della finestra.
Vidi la macchina grigia metallizzata di Edward aspettarmi nel vialetto.
Presi un respiro profondo ed uscii, pronta ad affrontare ciò che mi aspettava.
 
Non accadde nulla.
Mi ero aspettata rabbia intensa, o al contrario uno dei suoi soliti sorrisi amichevoli, che mostravano che tutto era risolto. Invece niente. Il nulla più totale.
Da quando ero salita in auto, non mi aveva degnato minimamente di uno sguardo, non mi aveva nemmeno salutato.
Totale e completa indifferenza.
Non avevo proprio preso in considerazione questa reazione, perché mai me la sarei aspettata, però vedergli quell’espressione stampata in faccia e quel modo di fare così inusuale mi impauriva e mi angosciava di più di qualsiasi altra cosa.
Con la coda dell’occhio, lo guardai. Sedeva rigido, la mascella serrata, i pugni chiusi, serrati attorno al volante. I suoi occhi verdi, stranamente vuoti ed inespressivi, fissavano un punto perso oltre la strada.
Mi guardai la punta delle dita, a disagio.
Avrei dovuto dire qualcosa, iniziare con un discorso ad effetto che avrebbe risolto tutto quanto. Ma non ero mai stata brava in quel campo.
Tocca a te, ora. Vai, Bella, provaci. Vedi di mettere a posto la situazione.
«Edward… riguardo ciò che è successo l’altra sera, è tutto a posto, okay? Davvero, non ha importanza per me. È stato un errore, ma sono sicura che noi riusciremo a passare oltre e andare avanti. Tutto a posto, allora, no?», dissi con lo sguardo basso, incapace di guardarlo negli occhi.
Il suo sguardo si fece più duro, non appena finii di parlare. Le mani si serrarono ancora di più e sul suo viso, solitamente rilassato e sereno, comparve qualche ruga sulla fronte. Le palpebre erano quasi serrate per la rabbia e fu costretto a prendere qualche respiro profondo per mantenere un contegno.
Ora sembrava adirato. La furia, che probabilmente aveva nascosto per tutto il tragitto, per tutta la settimana, stava venendo a galla, esplodendo come un vulcano.
Non l’avevo mai visto così rabbioso.
«Edward, stai bene?», azzardai, pentendomene subito dopo. Con scatto fulmineo, sterzò il volante e accostò l’auto sul lato esterno della strada, vicino al guard-rail. Uscì, sbattendo la portiera con forza.
Rimasi qualche secondo nell’auto, analizzando ogni suo più insignificante movimento. Ero indecisa sul da farsi: come avrei dovuto affrontare quella situazione? Come avrei potuto gestirla?
Se quella settimana avevo tentato di prevedere come sarebbe stato parlarne faccia a faccia, nemmeno il più pessimista dei miei pronostici avrebbe sfiorato la tempesta che stavo per affrontare. Ero pronta?
Sospirai ed uscii anche io, avvicinandomi a lui.
«Edward…».
Mi interruppe. «Tutto a posto?! Credi davvero che sia tutto a posto, solo perché l’hai deciso tu?! No, Bella, non è tutto a posto, al contrario!».
Rimasi un attimo senza parole, presa in contropiede.
Che fine aveva fatto il dolce e spontaneo Edward? Che fine a fatto il mio migliore amico di sempre, la persona che credevo di conoscere meglio al mondo?
La sua espressione era un misto di rabbia repressa da troppo tempo e… E cosa? Disprezzo? Odio? Non avrei saputo dirlo.
«Non è tutto a posto, Bella», disse, in tono più calmo, ma comunque fermo e deciso. «Non lo è più, non dopo quello che è successo l’altra sera».
«Edward, non è stato niente. Ci siamo trovati a letto insieme, d’accordo, ma questo non cambierà le cose tra noi. Te l’ho detto, non è niente», mi avvicinai a lui, toccandogli la spalla.
Lui si scostò con forza. «Bella, come può non essere niente?! Ti rendi conto cosa abbiamo fatto, sì o no? Due amici non possono andare a letto insieme, è inconcepibile. Quindi, non iniziare a fare come se non fosse niente! Non farlo, se ti importa della mia salute mentale».
«Ma è così, invece!», mi avvicinai a lui, cercando di risultare il più convincente possibile. «È stato uno sbaglio, okay? Lo abbiamo riconosciuto entrambi. Perché non ci lasciamo tutto alle spalle e andiamo avanti? Perché dobbiamo rovinare tutto per forza?».
«Non si tratta di rovinare tutto, dannazione!», sbraitò, afferrandomi per le spalle. «Io sto solo guardando in faccia la realtà dei fatti! Bella, come possiamo andare avanti, dopo essere stati a letto insieme?!».
Mi sentii mancare. Perché diceva quelle cose?! Perché parlava in quel modo?
«Come potremmo continuare a guardarci, a frequentarci allo stesso modo, senza pensare a quanto ci siamo spinti in là?».
In un istante, tutto cambiò. Non riuscivo più a riconoscere quel ragazzo con cui avevo parlato per la prima volta nella lezione di biologia, che mi aveva sostenuto sempre, che era stato il mio braccio destro e la mia spalla. Era come se stessi discutendo con uno sconosciuto.
«Bella, non possiamo più andare avanti così…».
Trattenni il respiro.
No, ti prego.
«Edward, no. Non puoi decidere di buttare via la nostra amicizia così, con tanta leggerezza. Non è giusto».
«Bella…».
«Non è giusto, né per me, né per te».
«Bella».
«Non me lo merito, Edward».
Mi guardò negli occhi, forse per la prima volta in quella giornata. Lo guardai anche io, consapevole che il mio sguardo disperato fosse alquanto patetico.
«Mi dispiace, Bella».
Mi sentii morire.
Mi sentii… Come se qualcuno mi avesse appena tirato una sberla talmente forte da farmi cadere per terra.
«Edward…».
«Bella, non ce la faccio. Psicologicamente e fisicamente. Non possiamo più essere amici, non dopo quello che è successo».
Non riuscii a replicare. La mia voce era stata come risucchiata in qualche meandro nascosto della mia gola. Sperai che l’espressione sul mio viso bastasse a fargli cambiare idea.
«Basta, Bella. Non possiamo più frequentarci. Inoltre, non dobbiamo fingere più niente, adesso. È meglio che ognuno di noi vada avanti con la sua vita e fine, credimi. È meglio così».
Il mio respiro iniziò a farsi irregolare e le lacrime a solcarmi le guancie.
Non farlo.
Non aggiunse altro.
Non dissi nulla.
Lo guardai voltarsi, salire in auto e andare via senza muovere un dito.  
_______________________________________

Ci sono, ci sono.
Sono viva.
L'avreste mai detto?! No, vero?!
Lo so, lo so, eppure sono qui. Sorpresi? Più che altro vi immagino scocciati.
Che dirvi? Il viaggio in Inghilterra mi ha tenuto piuttosto impegnata di questi tempi e, anche quando sono tornata, ho avuto bisogno di qualche giorno (diciamo pure qualche settimana) per abituarmi di nuovo all'idea di non fare colazione da Starbucks tutte le mattine, di non mettersi a fare la coda per ogni cosa, di alzare gli occhi al cielo e non meravigliarmi di vedere il sole. Onestamente, quel posto mi manca un casino e spero di ritornarci prestissimo.
Ma, ovviamente, non sono qui solo per parlarvi di questo, ma per presentarvi anche il nuovo capitolo di questa storia, quello che di certo aspettavate con un po' di ansia (spero).
Come si può descrivere tutto ciò? Non mi vengono in mente aggettivi positivi, ahimè. Come al solito, d'altronde. 
L'idea di scrivere di questa separazione è nella mia mente da tempo, sin da quando ho iniziato a scrivere il primo capitolo, ma, boh, ora che l'ho messa nero su bianco e ve la sto proponendo non mi sembra più molto buona - più che altro non mi sembra molto coerente con il resto della storia. Voi che dite? Forse troppo prevedibile, oppure totalmente fuori luogo?
Che dirvi, gente, spero che vi piaccia e mi facciate sapere il vostro parere al riguardo - sapete che per me è molto importante ^^
Passiamo ai soliti ringraziamenti: come sempre cito Giulia, Elena, Alessia, tutti coloro che mi sostengono e che rendono la mia vita (reale e virtuale) splendida. Voglio ringraziare tutti quelli che recensiscono e che mi seguono sempre, anche solo in silenzio. Colgo l'occasione per mandare un immenso in bocca al lupo ad Aleswan per la sua situazione un po' difficile, sperando che le cose si evolvano in meglio presto.
E, infine, voglio ringraziare dal profondo del mio cuore A. che mi ha fatto capire che sono ancora viva, che, infondo, sono ancora io.
Ora tocca a voi. Mi lascereste una bella recensioncina succosa, succosa, giusto per rendere la mia giornata un po' più speciale? Mi farebbe tantissimo piacere!
Nel frattempo, posso solo dirvi a presto, assicurandovi che non abbandonerò nulla di tutto ciò. (:
Grazie mille a tutti!
Un bacione,
S.

 

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Capitolo 18
*** Lacrime e Cioccolata ***


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 ~ Capitolo 18: Lacrime e Cioccolata ~

BELLA
Fermai il pick-up di fronte al vialetto di casa mia.
Rimasi per un po’ aggrappata al volante consumato, facendo forza sulle braccia, sui pugni, come per evitare di cadere.
Guardai per un attimo la violenta pioggia che si abbatteva sulla strada, poi chiusi gli occhi, lasciando andare un profondo sospiro sofferente.
Appoggiai la schiena al sedile duro e abbandonai la testa tra le mie mani, totale preda della disperazione.
Ero andata all’università di Edward quel pomeriggio. Mi ero nascosta dietro una delle querce che si alternavano nel parcheggio dell’edificio ed ero rimasta lì, ad aspettare che uscisse. Perché? Per chiarire, per fargli cambiare idea. Per sentire di nuovo la sua voce, solamente per vederlo.
Mi ero preparata un discorso, per di più: uno come quelli che si trovano nei film, convincenti e strappalacrime, un discorso ad effetto, che avrebbe fatto breccia nel suo cuore, che l’avrebbe convinto a dimenticare tutto e a far tornare le cose come prima.
Ma avevo sbagliato tutto: non appena lo vidi uscire dall’università, diretto alla sua macchina, insieme al suo gruppo di amici, tutta la mia sicurezza, tutti i preparativi che mi ero fatta crollarono in un batter d’occhio. Ero risalita in macchina e mi ero diretta verso casa con le lacrime agli occhi.
Perché, perché dovevo essere così stupida? Perché, ogni volta che decidevo di affrontarlo a testa alta, fallivo miseramente, tornandomene a casa con la testa china? Perché dovevo comportarmi da codarda tutte le volte che provavo a mettere a posto la situazione?
Mi coprii gli occhi con le mani, premendo con decisioni i polpastrelli sulle palpebre. Ma non servì a nulla: le lacrime arrivarono lo stesso.
Non era la prima volta che provavo a fare il primo passo, no. Ci avevo provato ogni giorno nel corso di quelle ultime tre settimane, da quando Edward aveva chiuso completamente con me.
Ci avevo provato davvero, in ogni modo, eppure non era finita mai bene. Gli avevo mandato infiniti messaggi, l’avevo chiamato un sacco di volte, ma sempre nessuna risposta. Avevo perfino tentato di affrontarlo faccia a faccia, senza essere nemmeno degnata di uno sguardo da parte sua.
Ero sempre stata costretta ad andarmene via, con la coda tra le gambe, ancora più mortificata per quello che era successo. Per quello che io avevo fatto succedere.
Ma, forse, era giusto così: dopo tutto quello che gli avevo fatto passare, forse il minimo che potesse fare era lasciarmi in un angolo, piangente e sanguinante.
Forse me lo meritavo. Potevo considerarla come una sorta di punizione divina per aver sfruttato e sottostimato l’amicizia più importante che avessi.
Sapevo che mi ero comportata da stupida con Edward, che forse avevo approfittato fin troppo della sua gentilezza smisurata, della sua amicizia nei miei confronti, ma affrontare l’idea di non poter più godere dei momenti che passavamo insieme, di essere costretta a rinunciare al mio confidente più fidato, mi faceva star male più di ogni altra cosa. Era qualcosa che non riuscivo nemmeno a concepire nei miei incubi peggiori.
Eppure stava accadendo.
Un forte tuono coprì un mio singhiozzo particolarmente violento.
Però, Edward aveva ragione: non potevamo andare avanti dopo essere andati a letto insieme.
Non era fattibile, ma io non ero pronta, non ero preparata a dirgli addio. Non ero pronta ad affrontare la sua rabbia. Non ero pronta a sopportare che mi lasciasse sola, non ero pronta a pensare a lui lontano da me.
Non ero pronta a lasciar andare via il mio migliore amico.
Guardai le mie mani, le punte delle mie dita, bagnate dalle lacrime.
Come potevo essere stata così idiota, così egoista? Come avevo potuto anche solo minimamente pensare che una situazione così incasinata come quella che era venuta a crearsi potesse essere dimenticata con uno schiocco di dita?
Ero davvero stata così presuntuosa da credere che potessi non preoccuparmi di nulla con lui, decidere di fare qualsiasi cosa, non badando alla netta linea che avrebbe portato alla nostra separazione?
Come avevo potuto rovinare tutto?
I singhiozzi diventarono più forti, più frequenti.
Il pianto divenne impossibile da frenare.
E continuai a piangere, mentre la pioggia continuava a cadere dal cielo.
 
Qualcuno picchiettò con le nocche sul finestrino del pick-up. «Bella?».
Riconobbi subito a chi apparteneva quella voce: Alice.
«Bella, tutto okay?».
Asciugai le lacrime, che ancora correvano copiose sulle mie guance. Presi un respiro profondo, mentre combattevo per abbassare completamente il finestrino. «Alice, ciao».
Si appoggiò alla portiera con le braccia, il suo viso infilato dentro l’abitacolo. «Hey, Bella,  va tutto bene?».
«Sì», mentii, cercando di scacciare il groppo che mi attanagliava la gola, invano. Ma tutte le dighe, che mi ero costruita attorno per contenere il dolore, crollarono.
Ricominciai a piangere senza freno, come una fontana. I singhiozzi si rincorrevano l’un l’altro, impedendomi quasi di respirare.
«Oh, Bella», mormorò, aprendo la portiera e avvicinandosi a me. «Bella, ssst. Non piangere così. Vedrai passerà tutto. Ssst, tranquilla».
Ma ciò non mi calmò assolutamente, anzi, cominciai a singhiozzare più intensamente di prima.
Lasciai cadere la testa sulla sua spalla, le braccia abbandonate lungo i fianchi e mi feci cadere nella disperazione più completa.
Alice non disse più nulla, rimase nel silenzio più completo. L’unica cosa che fece fu abbracciarmi dolcemente, tenendomi vicina a lei il più possibile, le sue mani minute ad accarezzarmi la testa.
Non so quanto rimanemmo abbracciate, io che ancora piangevo disperata e lei che mi consolava silenziosamente, accarezzandomi i capelli. Qualche minuto, forse, oppure una, due ore. Non me ne resi conto finchè sentii gli occhi aridi, incapaci di piangere anche solo una lacrima in più. I singhiozzi continuarono ad opprimermi la gola, bloccandomi il respiro.
«Bella, calmati adesso», mi mormorò, le sue piccole mani posate sulle mie guance calde di pianto. «Calma, respira profondamente. Ora entriamo in casa, ti preparo una bella tazza di cioccolata e mi spieghi bene che è successo».
Annuii, incapace ancora di parlare per via dei pesanti singhiozzi.
Alice mi fece scendere dal pick-up lentamente, afferrandomi per le braccia, quasi come una bambina, e mi diresse verso la porta di casa mia il più velocemente possibile, evitando i goccioloni di pioggia che ancora cadevano dal cielo.
Aprii la porta quasi in trance e, non appena si spalancò, Alice mi guidò verso il divano del salotto, facendomi sedere comodamente tra i cuscini e arrotolandomi una coperta di pile attorno alle spalle.
La vidi volare in cucina, dalla quale uscì qualche minuto dopo, portandosi dietro un’enorme tazza di porcellana bianca.
Me la porse e subito fui investita dal profumo dolce e ammaliante del cioccolato e da quello più pungente della cannella. Una nuvola delicata di panna decorava il tutto, strabordando perfino dalla tazza immacolata.
Sorrisi appena in segno di ringraziamento e guardai le mie dita fredde strette attorno alla tazza.
Alice si sedette accanto a me sul divano, con le gambe accavallate sul tessuto consunto. «Bene, Bella. Ora mi dici cosa sta succedendo, per filo e per segno».
Abbassai gli occhi sulla tazza, guardando i cerchi di panna sciogliersi nella cioccolata. Mi morsi il labbro, scacciando via le lacrime che ancora si ribellavano tra le mie palpebre.
Presi un respiro profondo e le raccontai tutto, dal principio. Da come, dopo che avevo parlato con lei quel giorno, sulle scalinate dell’università, avevo deciso di buttarmi su Edward per la scelta, perché tra tutti quelli che conoscevo, lui era l’unico di cui potevo fidarmi ciecamente.
Le raccontai per bene dei primi giorni di messa in scena, di come avevamo lasciato che la voce si spargesse senza pietà, diventando il pettegolezzo più ghiotto dell’università.
Le riferii di ciò che era successo dopo che Edward e Jacob si erano picchiati nel parcheggio, di come eravamo riusciti ad aggirare la situazione e a sbarazzarci definitivamente di lui.
E, infine, le parlai della serata della festa, di come io e Edward eravamo finiti a letto insieme e di come poi la situazione tra me e lui fosse precipitata, distruggendosi totalmente.
«Oh, cielo», mormorò Alice, quando finii di raccontare. «Che situazione».
Abbassai lo sguardo sulla tazza, con la vista offuscava. Vidi una lacrima cadere nella cioccolata.
«Oh, Bella», si avvicinò a me, mentre le lacrime e i singhiozzi mi sopraffecero. Mi abbracciò forte, stringendomi per le spalle; io appoggiai la testa sulla sua spalla ossuta, i suoi capelli corti mi solleticavano la guancia.
«E sai, sai qual è la cosa che mi da più fastidio in assoluto?», biascicai con la voce impastata dal pianto. «È che a causa di tutta questa diavolo di situazione che ho perso il mio migliore amico, la persona a cui tengo di più. Ed è tutta colpa mia».
Mi sciolsi ancora in un pianto incontrollato, che Alice nemmeno tentò di placare.
«Sai cosa, Bella?», mi disse, quando si accorse che le mie lacrime erano finite. «Non posso lasciarti sola in un momento così delicato, ne, tanto meno, tu puoi rimanere qui e dormire tranquillamente nella tua stanza, non dopo quello che è successo…».
«Quindi?», domandai io, scostandomi da lei e asciugandomi il viso con il dorso della mano.
«Quindi ti rapisco».
Sollevai un sopracciglio. «Come mi rapisci?».
«Sì, ti rapisco», iniziò a gongolare per la novità. «Tu vieni da me a passare un po’ di tempo, rimani a dormire da me per qualche giorno… Come i vecchi tempi, insomma. Solo che, in più, cerchiamo di sistemare per bene questa matassa».
Abbassai lo sguardo sul vecchio divano.
Alice aveva ragione, me ne rendevo conto. In quelle settimane era stato più che difficile sopportare tutto: l’università, i ricordi, il senso di colpa perenne, la mancanza di Edward, di qualcuno che almeno lontanamente mi potesse capire. E poi era arrivata lei, quel terremoto di ragazza, che si era offerta di aiutarmi in quella situazione. Come potevo rifiutare l’aiuto di un’amica?
«Okay, d’accordo, verrò con te».
Il suo viso si aprì in un grosso sorriso. «Fantastico! Vai a prendere qualche vestito e il beauty-case, io ti aspetto qui tra dieci minuti».
Sorrisi anche io e corsi al piano superiore a prepararmi.
In effetti, le ero grata. Le ero grata perché, nonostante tutto, lei mi era sempre stata vicina, mi aveva sempre supportato e spronato, consigliato e indirizzato verso la scelta migliore.
Sì, potevo esserle solo totalmente grata.
Uscii dalla mia stanza sbattendo la porta e mi precipitai in cucina, dove mi preoccupai di lasciare un biglietto a Charlie in bella vista sul tavolo della cucina.
Guardai Alice. «Andiamo».
Salterellò al mio fianco e insieme uscimmo di casa.
Salimmo sulla sua auto e ci allontanammo piano, lasciando alle spalle tutto quello che più mi faceva male.
_________________________________________________

Io... Io non dovrei nemmeno più farmi vedere da queste parti.
Da quanto non aggiorno? Moltissimo.
E stavolta non si parla di settimane, ma di mesi. Interi, lunghissimi mesi, senza che io mi sia fatta viva.
Mi dispiace. Davvero.
So che, ormai ho detto questa frase già tantissime volte, che mi sono scusata un capitolo dietro l'altro per i miei continui ritardi, che sempre ho fatto promesse di essere più puntuale, di spicciarmi e pubblicare.
Il punto è che non ce l'ho proprio fatta. E vi spiego anche il perchè.
Questi mesi sono stati davvero intensissimi. In realtà, è meglio che dica che questi 9/10 mesi sono stati intensissimi.
Sono cambiata tanto in questo periodo, forse non rendendomene nemmeno conto. E con 'cambiata', intendo proprio modificata nel profondo. Non in peggio, assolutamente, anzi, il cambiamento è stato in meglio. E' stato qualcosa che aspettavo da tempo.
Sono passata dall'essere la ragazzina insicura, timida, sofferente, senza vita sociale, senza amici, sempre dietro al pc o ai libri a una ragazza diversa. Non ho messo totalmente da parte la mia insicurezza, la mia timidezza, ma ora sono un po' più sicura, più aperta nei confronti degli altri, del mondo.
Inoltre, il mio cuore ha iniziato a battere per un'altra persona. Una persona reale, non un libro, un fandom o personaggi lontani quanto irreali. Una persona che vuole intraprendere un destino un po' particolare, non molto tranquillo e sereno e che mi sta facendo rimanere preda di un angosciosa pena già da un po'.
Tutto questo mi ha impedito di scrivere, ma c'è anche un'altra cosa.
Ho iniziato a scrivere mentre stavo passando un periodo un po' buio e, lo ammetto tranquillamente, la scrittura mi è stata di supporto: era l'unica valvola di sfogo che avevo, quindi non appena c'era qualcosa che non andava, qualche pensiero troppo rumoroso da tenere a bada (praticamente sempre), mi chiudevo nella mia bolla e scrivevo, scrivevo, scrivevo. Ora, invece, che le cose sono più tranquille e che io sto decisamente meglio, non sento più molto spesso questo bisogno di mettermi ed entrare nella testa dei personaggi e raccontare la loro storia. E questo mi da i nervi, perchè scrivere è una delle cose che più adoro fare nella mia vita.
Alla luce di questo, devo dire che è un miracolo se sono riuscita a finire questo capitolo - specialmente perchè ho scritto qualcosa come due pagine e mezza in due giorni.
E, quindi, ecco a voi questa mezza schifezza - perchè, diciamocelo, poteva essere scritto molto, molto meglio. Ma, comunque...
Allora, che ne pensate? La situazione, come avete ben visto, è caduta piuttosto in basso. Bella è molto dispiaciuta per tutto quello che è successo, però sa che non sarà facile sistemare le cose con Edward. E poi quest'arrivo quasi inaspettato di Alice, che - ve lo anticipo - porterà qualche novità...
Comunque, ci tenevo anche a dirvi che, insieme a questo, mancano 3 o 4 capitoli alla fine di questa storia. Sì, avete capito bene, non manca molto e questa FF (o sofferenza) sarà finita per tutti - già so che mi scapperà la lacrimuccia :')
Prima dei saluti finali, passiamo al solito giro di ringraziamenti.
Un pensiero speciale a tutte le persone che mi stanno vicine: Elena, Alessia (la madrina), Giulia e le sue videochiamate che mi sollevano l'umore, Ania, che è così dolce e gentile con me (e che mi ha anche aiutato a scegliere il titolo per il capitolo), Laura e a quanto mi mancano le giornate passate accanto a lei, ed - ultimo ma non meno importante - ad A. che mi fa battere il cuore e anche morire di angoscia - sperando che ricominci presto a farsi sentire.
E, infine, un grazie dal più profondo del mio cuore a tutti voi che, nonostante tutto, ancora ci siete. In questo periodo ho riletto tutte le vostre recensioni, tutto ciò che mi avete scritto riguardo questa storia e non nego di essermi emozionara non poco. Per cui, grazie, grazie di tutto. <3
In ultimo, vi link il mio profilo FB, se volete aggiungetemi pure (solo scrivetemi chi siete (; ) e vi lascio anche il link alla mia libreria di aNobii, se vi interessa vedere cosa leggo :)
Bene, ecco quindi alla fine di queste note..
Vi andrebbe di scrivermi qualche recensione e farmi sapere cosa pensate di questo capitolo?? Mi piacerebbe moltissimo leggervi, specialmente dopo tutto questo tempo di totale assenza. Fatemi emozionare :')
Grazie, grazie ancora a tutti voi.
Buona serata e un bacio,
S.
 

 

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Capitolo 19
*** Confessione Irreale ***


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Just Friends 
 ~ Capitolo 19: Confessione Irreale ~

BELLA
La massa confusa e gocciolante dei capelli corvini di Alice spuntò dalla porta del bagno. «Che facciamo, ordiniamo una pizza stasera?».
«Sì, direi che è una buona idea. Non vorrai mica ripetere l’esperienza dell’altro giorno, vero?», soffocai una risata.
Alice ridacchiò, portandosi una mano alla bocca e stringendo l’orlo dell’asciugamano con l’altra. «No, appunto», rispose, non appena riacquistò la calma. «Ci pensi tu?».
Sorrisi pacifica. «Certo».
Sentii la porta del bagno chiudersi e, pochi minuti dopo, il rumore intenso del phon per capelli attivarsi.
Stare con Alice mi stava facendo bene. Erano passati solo cinque giorni dal mio arrivo a casa Brandon, eppure già le cose erano cambiate radicalmente: da quasi zombie senza alcuna voglia di andare avanti, stavo riassumendo un aspetto più umano, più normale. Avevo abbandonato il muso e la maschera di perenne tristezza che mi portavo addosso da settimane e avevo ricominciato a sorridere, a ridere spensieratamente, a divertirmi, senza portarmi dietro quel pressante peso sulle spalle.
La differenza tra la ragazza triste e disperata che aveva varcato per la prima volta la porta di casa sua e quella che ora viveva con Alice era decisamente lampante agli occhi di tutti.
Alice non faceva parola di questo cambiamento, anche se, si vedeva lontano chilometri, anche lei ne era sollevata.
Ma non era semplice: capitava, a volte, che lo sconforto e la tristezza riprendessero il sopravvento e, allora, tutti i miei sforzi per risorgere sembravano vani. Sentivo le lacrime pizzicare sulle guance e un profondo nodo alla gola otturarmi il respiro.
Però avevo Alice, e lei bastava a farmi sentire meglio. Quando mi vedeva abbattermi particolarmente, mi prendeva per mano, proponendomi una nuova attività oppure soltanto mettendosi a raccontarmi qualche aneddoto o a ciarlare senza fine, così da tenermi la mente occupata e permettermi ancora di ricominciare.
Come due giorni fa, quando mi aveva trascinato in un giro di shopping sfrenato per la città e finendo bloccate in un piccolo bar, dove parlammo per più di due ore, o come il giorno precedente, quando avevamo deciso di provare a prepararci la cena da sole a base di pasta al ragù e arrosto, riducendo tuttavia la pasta in una massa collosa e informe e l’arrosto in un mucchietto duro fumante e abbrustolito.
Ma, comunque, era dura, specialmente per quanto riguardava il mio inconscio.
La notte, infatti, difficilmente i miei problemi mi davano tregua, anzi, mi tormentavamo profondamente. Dal più stupido ricordo che la mia memoria andava a ripescare, ai sogni più complicati, quelli che dovevi cercare di interpretare con l’aiuto del libro di Freud, trovavo sempre un riferimento a ciò che era accaduto tra me e Edward, a quello che ci aveva fatto dividere. Nei miei sogni, riuscivo ancora a sentire chiaramente la sua voce dirmi che era finita, vedevo distintamente la sua figura slanciata allontanarsi da me per non tornare mai più indietro. E poi, tutte le immagini della nostra amicizia, ormai perduta: noi ai tempi del liceo, i gruppi di studio, le uscite insieme, le risate, l’università, il suo aiuto per risolvere la situazione con Jacob e, infine, il disastro.
Sospirai profondamente, cercando di liberare la mente da quei pensieri che mi avrebbero sicuramente fatto star male. Mi alzai dal letto a baldacchino di Alice, poggiando sul comodino il blocco degli appunti sul quale cercavo di studiacchiare qualcosa, giusto per non rimanere indietro – anche se ultimamente riuscivo a fare poco o niente.
Scesi le scale e mi diressi indisturbata al grande salotto diviso dalla cucina da un semplice gradino e da un piccolo muretto dove erano appoggiati vasi contemporanei dai colori particolari.
Era una fortuna avere la casa tutta per sé, ma per Alice questo non era un problema. I suoi genitori erano sempre stati impegnati nei loro viaggi d’affari, sin da quando la conoscevo al liceo, quindi lei era sempre stata al quanto libera di fare ciò che voleva e di invitare chiunque le andasse a casa propria.
Raccolsi il cordless dal divano del salotto e composi il numero della pizzeria d’asporto della zona, ordinando due pizze semplici e due bibite.
Rimasi per un po’ seduta sul divano, fissando fuori dalla finestra i nuvoloni scuri che si avvicinavano inesorabilmente alla città. Poi, sentii la suoneria del mio cellulare rimbombare dalla camera da letto, dove lo avevo abbandonato. Mi alzai di fretta e corsi subito in stanza, con il cuore in gola. Le mie speranze, però, s’infransero come bicchieri di cristallo sul pavimento, quando lessi il numero sul display dell’apparecchio: mio padre.
«Pronto, papà?», mormorai cautamente.
«Bella? Cielo, finalmente rispondi!», lo sentii sospirare di sollievo.
«Sì, scusa. Alice mi ha tenuto un po’ occupata».
«Certo, ovviamente. Ma, dimmi, come stai, ora?», sembrava seriamente preoccupato.
Non l’avevo molto informato riguardo alla situazione che si era venuta a creare – sin dall’inizio ero sempre stata molto restia a dirgli qualunque cosa riguardasse il piano mio e di Edward per sbarazzarci di Jacob -, ma, ovviamente, quando mi aveva visto troncare di netto i rapporti con il mio migliore amico e, per di più, iniziare a star male come un cane, si era iniziato a insospettire e a crucciare.
«Sto bene, meglio, direi. Stare con Alice mi sta facendo bene», risposi nel tono più convincente che riuscii a farmi uscire.
Un altro sospiro. «Bene, bene, sono contento».
Una lunga pausa nella quale riuscii a percepire perfettamente le domande silenziose che voleva pormi, le spiegazioni che pretendeva ricevere. Rimase nel silenzio più completo.
«Ehm… Hai già idea di quando tornerai a casa?», domandò infine, smorzando il tono laconico che si era andato creando.
«In realtà, no, ancora non ci ho pensato».
Dall’altro capo, sentii mio padre irrigidirsi.
Capivo bene che era abbattuto da tutto quella situazione difficile, dalla mia reazione tutt’altro che ragionevole, dalla mia fuga quasi inspiegabile, ma intuivo ancor meglio che la cosa che più lo faceva star male era il fatto che non potesse far nulla per aiutarmi, che fosse completamente inerme in quella situazione, che, davanti al dolore della figlia, non potesse far nulla per mitigare la sua pena.
«Ma presto, papà. Non ho intenzione di stare via ancora per molto», mi affrettai ad aggiungere.
«Capisco, capisco. Non c’è problema».
Ora ero io che feci una pausa, esitante. «Edward si è fatto sentire?».
«No, Bella, mi dispiace. Non ci sono notizie di Edward».
Annuii, sospirando profondamente. In quel momento sentii la porta del bagno sbattere e i passi leggeri di Alice entrare nella camera.
«Ora ti devo salutare, papà. Ci sentiamo presto, d’accordo? Ti voglio bene», chiusi la comunicazione, non lasciandogli nemmeno il tempo di replicare.
Alice si sedette sul letto e, con la sua euforia travolgente, mi riportò alla realtà, facendomi abbandonare la pesantezza di quegli ultimi minuti.
 
Sedute sul grande divano del salotto, mangiavamo le enormi fette di pizza direttamente dal cartone unto consegnatoci dal pony express.
La tv trasmetteva una vecchia sitcom, dove una famiglia un po’ strampalata ne passava di tutti i colori. Era divertente, per lo meno, aiutava a svuotare la mente.
Io e Alice ridevamo spensieratamente, finchè il grande amico d’infanzia di una delle figlie non decise di spifferare tutte le sue emozioni alla diretta interessata, portando alla puntata una nuova ventata di problemi.
Alice spense l’apparecchio prontamente.
«Alice, come mai hai spento il televisore?», domandai, non capendo il perché del suo gesto.
Sospirò affranta, quasi rassegnata.
Iniziai a preoccuparmi. E se, mentre io riuscivo solo a occuparmi del mio cuore ferito, Alice nascondesse dei problemi magari più gravi? Ero davvero così cieca da non accorgermi nemmeno se la mia amica più cara stesse soffrendo?
Le posai una mano sulla spalla. «Alice, tutto bene?».
Mi guardò con espressione seria e composta, un’espressione che raramente gli avevo visto sul viso. «Bella, credo sia ora di parlare bene di quello che è successo con Edward».
Mi irrigidii. Le mie funzioni mentali, per un attimo, si bloccarono e rimasi lì, immobile, aspettando che il mio cervello si rimettesse lentamente in moto.
«Come?».
«Mi hai capito bene», ripeté. «Dobbiamo parlare di te e di Edward».
Scossi immediatamente la testa, con foga, come una bambina capricciosa. «No, Alice, no. Non ora, non adesso».
«E quando, allora?», alzò le braccia, con rabbia.
«Mai, Alice, mai. Non voglio toccare l’argomento», risposi, abbassando lo sguardo.
Corrucciò il labbro. «Perché?».
«Perché…», cercai le parole. «Perché al momento mi farebbe solo male. Perché sto cercando di andare oltre e ripensare a quello che è successo non mi aiuterebbe per niente. Perché ormai è un capitolo chiuso e voglio smetterla di vivere nel passato. È tutto finito, capisci? Non posso più tornare indietro, e il rimorso che provo è già abbastanza grande, senza che tu me lo ricordi».
«Bella…».
Mi alzai dal divano, visibilmente scocciata. «E io che pensavo che volessi aiutarmi».
«Ma ti sto aiutando, dannazione!», sbraitò, posizionandosi davanti a me, come a non farmi andare oltre. Mi prese il viso tra le mani, stringendolo forte. «Bella, perché sei così cieca?».
Aprii la bocca, pronta a ribattere a tono, ma un flash nella mia mente mi fece fermare.
Un secondo…
Le parole di Alice mi risuonarono un attimo nella mente.
Perché sei così cieca?
Mi resi conto subito che non si riferiva al fatto che fossimo finiti a letto assieme e che lui, dopo, mi avesse abbandonato come uno straccio. C’era dell’altro.
Alice si rese conto del lampo di consapevolezza che mi brillò negli occhi. Mi lasciò andare il viso lentamente e si lasciò cadere sull’immenso divano chiaro. Prese un cuscino e se lo mise sulla pancia, rimanendo immobile a fissare nel vuoto.
Ora la certezza che c’era qualcosa di più era forte e chiara.
«Alice», la richiamai, rimanendo in piedi. «Alice, cosa intendevi, chiedendomi perché fossi così cieca?».
Abbassò lo sguardo, giocherellando con l’orlo del cuscino. Non mi rispose.
«Alice», alzai la voce, tentando di dargli un’aria autoritaria. «C’è dell’altro, vero? C’è qualcosa che io non so e che mi stai tenendo nascosto. Ho ragione?».
Annuì, dopo una lunga ed estenuante pausa. «Non ti sei ancora resa conto di niente, non è vero? È così ovvio, eppure tu non ci sei mai arrivata…».
«Di cosa stai parlando?».
«Bella», fece una pausa. «Edward è innamorato di te».
«Edward è innamorato di te, è sempre stato innamorato di te. Sin da quando vi siete conosciuti, al liceo, moriva pur di passare un po’ di tempo in tua compagnia, e non si è mai lamentato, ha sempre accettato quel poco che gli davi a testa bassa. Non ti ha mai raccontato nulla per paura di perderti, ha aspettato e aspettato, ma tu non ti sei mai svegliata».
Ero totalmente senza parole. Era seria? No, no. Non poteva dire sul serio. «Mi stai prendendo in giro…».
Sospirò. «È incredibile come non ti sia accorta mai di niente, mentre era palese che Edward provasse qualcosa per te. Se n’erano resi conto tutti, tutti, meno che tu».
Sentii la rabbia crescermi dentro, pian piano, come un fuoco ben alimentato. «Alice, non hai il diritto di trattarmi in questo modo, di prendermi in giro così. Sei meschina! Io sto male, e tu ti inventi un amore di Edward nei miei confronti che non c’è mai stato. Cos’è, non ti basta vedermi soffrire così? Vuoi che rimpianga ancora di più la fine di quest’amicizia? Beh, sappi che sono già più che mortificata dell’accaduto!».
«Bella, guarda che sono completamente seria, non ti sto prendendo in giro…», tentò di riprendere in mano la situazione, ma non la lasciai nemmeno finire.
«Sai che ti dico, Alice? Grazie per aver rovinato così la serata, e grazie per avermi distrutto l’umore. Seriamente, grazie. Ero venuta da te per cercare di avere un conforto, non per sentirmi riferire bugie su bugie. Grazie davvero, grazie tante».
Me ne uscii incazzata nera e salii nella camera degli ospiti, sbattendo forte i piedi ad ogni gradino della scala.
Mi sdraiai sul letto a pancia in giù, nascondendo la testa sotto i cuscini.
Ero ancora del tutto confusa. Perché Alice si era comportata in quel modo? Perché mi aveva detto quelle cose? Che gusto c’era a mentirmi in quel modo, a prendermi in giro su una situazione così delicata, su sentimenti così personali e intimi? Non capivo, non riuscivo a schiarirmi le idee.
Presi sonno così, mentre cercavo di comprendere lo strano comportamento di Alice di quella sera.

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Toc-toc. Sorpresa.
Eh, ditelo, ditelo che non mi aspettavate qui così presto. :D
Vi ho fatto penare mesi e mesi per mostrarvi quattro righe sconclusionate e ora, in poche settimane, vi presento un capitolazzo, sempre sconclusionato uguale, ma di quattro pagine e mezza di lunghezza! Onestamente, ci sono rimasta di stucco anche io quando ho completato la scrittura e la revisione del capitolo, ma devo dire che sono anche un po' felice - se sono riuscita a scrivere così in fretta, magari il periodo delle attese è finito, no?
Anche se, sì, non ha molto senso esultare per questo, dato che manca un solo capitolo più l'epilogo alla fine della storia. Se ci penso, mi viene già il magone :'(
Ma non abbandoniamoci a pensieri tristi ora, pensiamo, piuttosto, a parlare di questo capitolo vero e proprio.
Partendo dal fatto che probabilmente avrete voglia di uccidermi tutti, visto e considerato come è finito il capitolo (e non potrei certo biasimarvi visto che ho creato proprio una Bella-testa-di-rapa), parliamo però dello svolgimento. Finalmento il capitolo della svolta! Sì, è vero, Bella non ha accettato l'idea, ma Alice ha messo in chiaro la situazione, facendola iniziare a pensare a una condizione che mai aveva creduto possibile.
Il prossimo, a questo punto, sarà ancora più fondamentale di questo, certamente. (*spoiler* Si avrà finalmente il faccia-a-faccia tra Bella e Edward).
Ora, però, lascio a voi la parola! Che ne pensate di questo capitolo? Probabilmente, molti di voi si aspettavano qualcosa del genere, è stato all'altezza delle vostre aspettative? Come giudicate il comportamento di Alice? E la reazione di Bella? Ricordate, sono sempre aperta ad ogni giudizio e ad ogni critica. :)
Ora passiamo ai ringraziamenti. Ovviamente, devo ringraziare ognuno di voi dal più profondo del mio cuore. Specialmente dopo il lungo periodo di stop che mi ero costretta a sopportare, sono stata piuttosto felice e sollevata di vedere che, nonostante tutto, voi ancora ci siete. Credetemi, è stata una grande gioia anche vedere tutta la vostra comprensione alla specie di stato/sfogo che vi ho scritto.
Quindi un bacio a tutti voi, alle 64 persone che l'hanno inserita nelle preferite, alle 22 nelle ricordate e alle 234 nelle seguite. E, chiaramente, anche a quelle buon anime così pazienti che recensiscono! Mi illuminate le giornate, sì, sì.
Voglio fare un ringraziamento speciale anche a tutti quelli che mi si sono dimostrati vicini di questi tempi, a tutti quelli che si sono fatti sentire, esponendomi le loro idee ed emozioni riguardo alla storia. Sono stati un aiuto specialissimo per me.
Okay, ora basta con i ringraziamenti e lascio lo spazio alle vostre recensioni.
Dai, dai, fatemi gioire con le vostre recensioni! Mi fa sempre tanto piacere leggerle *w*
Un bacione a tutti,
S.  

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