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Just
Friends ~
Capitolo 1: Situazione complicata ~
BELLA
Guardai il display del cellulare
illuminarsi,
rischiarando il buio che aveva avvolto la mia stanza.
Jacob. Jacob. Jacob. Jacob.
Il suo nome continuava ad apparire
e a sparire,
facendomi sussultare ogni volta che lo vedevo.
Perché doveva continuare
così, cavolo? Perché doveva
continuare a essere il mio incubo peggiore?
Il cellulare ricadde morto sul
comodino, segno che
aveva lasciato perdere. Presi tra le mani l’apparecchio
argenteo, digitando il
numero della mia segreteria telefonica.
“12 messaggi non
ascoltati”, comunicò la solita voce
anonima.
«Bella, ho bisogno di
parlarti. Ti prego, rispondimi:
è importante», la voce di Jacob suonava dolce,
ammaliante, ma non ci sarei
cascata. Non più.
«Bella»,
tuonò invece qualche messaggio più avanti.
«Cazzo, ti ho detto di rispondermi! Te lo sto chiedendo in
ginocchio. Rispondi
a quel cazzo di telefono, insomma!». Era incazzato, incazzato
nero.
Sussultai, spegnendo il cellulare e
abbandonandolo sul
piumone. Rimasi a fissarlo per una manciata di minuti, poi mi lasciai
andare al
dolce odore di bucato, ritrovandomi in una nuvola compatta di coperte e
lenzuola.
Ma che cosa voleva? Avevo
anch’io la mia vita da
vivere e non avrei mai permesso che quell’essere mi
schiavizzasse in una nuova
relazione amorosa. Il nostro amore aveva avuto
l’opportunità di sbocciare, di
crescere, di svilupparsi, ma era appassito, lasciandosi indietro una
schiera di
bei ricordi. Questo era stato per me la relazione con Jacob, uno dei
tanti
amori che una ventenne ha il diritto di provare. Basta. Punto. Storia
chiusa.
Avanti il prossimo.
Ma per Jacob non era
così: Jacob esigeva che io
stessi con lui, non desiderava altro. E, per questo, ovviamente, non mi
dava
pace. Non nel senso che mi minacciava, questo no, però mi
esasperava con le sue
telefonate piene di sofferenza, i suoi messaggi stracolmi di parole
strappalacrime, i suoi mazzi di fiori abbandonati nel vialetto di casa
mia. Era
il colmo pensare che un uomo grande e grosso di venticinque anni si
trovasse in
una situazione così tragica, per colpa di
un’avventura finita.
Quando provavo a parlarne con le
mie amiche, Angela e
Jessica, loro mi rispondevano: «Bella, sta tranquilla.
È una reazione normale
degli uomini che si sono trovati sbattuti fuori da una relazione che
desideravano. Gli passerà, vedrai».
Ed io ribattevo:
«Sì, ma è già passato un
anno da
quando ci siamo lasciati».
Loro alzavano le spalle e
continuavano a chiacchierare
dei fatti propri. Grazie tante, belle amiche.
Nascosi la testa sotto il cuscino,
rimanendo nel buio
più totale.
Non volevo più una cosa
del genere, non volevo
ritrovarmi a combattere contro la persona che avevo amato - anche se,
adesso,
di simile tra il ragazzo che aveva iniziato a perseguitarmi e quello
dolce che
mi faceva sentire perfetta c’era proprio poco.
No, basta, non poteva continuare
così in eterno.
Dovevo ribellarmi, cercare di togliermi quella sanguisuga di dosso.
Assolutamente.
Ma cosa avrei potuto fare?
Parlargli a quattr’occhi?
No, era escluso.
Probabilmente non avrei risolto nulla, avrei solo peggiorato la
situazione,
riempiendolo di finte speranze.
Avrei potuto…
commissionare qualcuno per riferirgli
quello che non avevo il coraggio di dirgli in faccia? Nah, mi avrebbe
creduta
una codarda.
E se… mi fossi nascosta
finché lui non si sarebbe
stufato di correre dietro ad una latitante? E se avessi cambiato nome e
mi
fossi trasferita in un’altra città, protetta dal
FBI? Oh, avanti Bella! Sii
realista! Queste cose succedono soltanto nei telefilm!
Uhm, no, così non
andava, avevo bisogno d’ispirazione.
Mi tolsi il cuscino dalla faccia ed allungai il braccio per accendere
la luce,
rimanendo sdraiata sul letto a fissare il soffitto.
Avanti, Bella, pensa, ragiona: cosa
potrebbe far
perdere le speranze di una riconciliazione a Jacob? È
ostinato, d’accordo, ma
deve esserci un punto debole, deve pur avere un tallone
d’Achille!
E pensare che Edward, il mio
migliore amico, mi aveva
sempre consigliato di stare lontana da quel tipo.
«Si vede lontano un
chilometro che non è affidabile,
Bella», diceva. «Sono sicuro che Jasper Whitlock,
quel tipo tossico-dipendente,
sia più capace di usare il cervello in confronto a
Black».
Io ridacchiavo quando arrivava a
quella parte,
convinta che stesse scherzando, poiché aveva la
capacità di rimanere
perfettamente serio anche quando sparava una delle sue. Lui abbassava
lo
sguardo e cambiava discorso. Perché non gli avevo dato
ascolto? Perché mi ero
ostinata a fare di testa mia?
Feci rimbalzare la testa sul
materasso. «Dovresti
sbattere la faccia contro il muro di cemento, non contro il
materasso», mi
sussurrò la mia coscienza. Già, non
posso darti torto, cara.
Qualcuno bussò alla
porta.
«Entra pure,
papà», esclamai.
Vidi mio padre far capolino nella
stanza. «Hey», mi
sorrise. Ricambiai in risposta.
«Allora, come
va?», domandò, sedendosi accanto a me e
poggiandomi una mano sul braccio.
«Benone»,
mentii.
Chissà se si accorse che
notai la sua smorfia di
dissenso. Non c’era che dire, mi conosceva piuttosto bene. Da
quando mia madre
se n’era andata, lasciando a mio padre la mia custodia, il
nostro rapporto era
diventato più qualcosa di conveniente per entrambi che non
un amorevole padre-figlia.
Non mi sarei mai sognata di andare
con lui a pescare
la domenica mattina, né tantomeno guardare un film insieme -
né ora, né quando
di anni ne avevo dieci.
Si poteva dire che il nostro
rapporto sembrava più
simile a quello dei vari soci di un’azienda, ecco. Ognuno
vive la sua vita, ma,
quando c’è bisogno di qualcosa, si collabora per
mantenere la tranquillità.
Nonostante tutto, però,
aveva imparato a capire i miei
segnali, come io avevo imparato i suoi. Ad esempio, quando buttava la
giacca
d’ordinanza sul divano, tirava brutta aria; al contrario, se
per raggiungere
camera mia sbattevo i piedi sui gradini della scala, lui sapeva che
avevo la
luna di traverso.
«Volevo solo dirti che ha
chiamato Jacob», esclamò
come se fosse costretto a riferire una notizia già sentita.
«Un’altra volta.
Bhe, ad essere onesti, una decina di volte».
«Uhm, bene»,
mormorai io. «Gli hai detto che ero in
palestra?».
«Ovviamente»,
sorrise complice.
Un altro aspetto positivo di mio
padre era che faceva
quello che gli dicevi senza assillarti con le sue domande.
Si alzò dal letto e si
diresse verso la porta. «Ah»,
si ricordò improvvisamente. «Ha chiamato anche
Edward, poco fa, mentre eri
ancora fuori. Mi ha detto di dirti che domani ti aspetta a pranzo al
solito
posto».
Annuii. «Grazie,
papà».
Uscì dalla stanza,
spegnendo la luce. Mi voltai verso
la finestra aperta. Guardai le luci degli altri appartamenti brillare.
Avrei voluto lasciarmi andare
completamente al sonno,
abbandonarmi all’incoscienza, eppure, una parte di me
rimaneva vigile,
continuando a ragionare su come avrei potuto porre fine a quella
situazione.
Probabilmente fu così
che mi addormentai quella notte,
pensando a come sarei riuscita a levarmi Jacob di torno.
__________
Lo so, lo so. Non
ditelo nemmeno. Non parlatemene... Da quanto tempo non
posto/non aggiorno & co.? A dire la verità, non so
nemmeno esattamente io
da quando, comunque tantissimo tempo. Già,
già, sono un totale disastro, lo sapevo già. Ad ogni modo,
adesso sono tornata =) Eh sì,
con un altra storia! E' vero, ne ho tipo un millione e mezzo da
completare e rivedere, eppure questa idea mi trapanava il cervello da
un po' di
tempo. E così, ecco così il primo capitolo. Una storia un po'
diversa da tutte quelle a cui mi ero sempre dedicata. Innanzi
tutto, i personaggi sono tutti umani (possibilità a cui non
avevo mai
minimamente pensato, prima di qualche tempo fa, ma che devo dire mi sta
piacendo mettere in pratica), e poi i caratteri dei personaggi saranno
un
tantino differenti da quelli ai quali Stephenie Meyer ci aveva
abituato. Spero che questo
primo capitolo (o comunque, la storia in generale) non annoi,
deluda, ecc. e che nonostante tutto qualcuno abbia intenzione di
seguirmi (: Che dire d'altro?
Ah, sì, se avete domande, dubbi errori da segnalare,
consigli, opinioni, fatemelo sapere, vi risponderò il prima
possibile ;D C'è
qualche buon anima che mi lascerà una piccola recensione?
Anche per dirmi
di piantarla e di dedicarmi all'ippica. Sul serio, qualsiasi cosa
questo primo
capitolo della storia vi ha trasmesso, mi piacerebbe molto sapere cosa
ne
pensate davvero. Ringrazio Elena,
che mi ha aiutato a correggere e rivedere questo capitolo, e
Alessia (questa storia è dedicata a te, non c'è
bisogno che ti ripeta il
perchè). Ora mi defilo nel
mio angolino, in attesa dei primi lanci di pomodori. Buon pomeriggio! S.
Quando
la mattina seguente mi alzai controvoglia dal letto, sembrava che un
branco di bufali impazziti mi avesse calpestato la testa fino a farla
scoppiare.
Guardai
l’orologio, poggiato sul comodino: le otto meno un quarto.
Miseriaccia,
sono in ritardo! O meglio, in ritardo pazzesco!
Balzai
giù dal letto e cominciai a raccattare i vestiti per la
stanza, vestendomi al volo con i primi indumenti che mi capitavano in
mano. Radunai in una borsa delle penne, alcuni fogli per gli appunti e
il libro di letteratura inglese.
Mi
precipitai giù per le scale, litigando con i lacci delle
scarpe da tennis.
Andai
a sbattere contro la schiena di mio padre. Entrambi cademmo per terra,
guardando l’altro più imbarazzati che mai.
«Scusa,
papà», mormorai, raccogliendo tutti gli oggetti
che, dopo lo scontro, giacevano sul pavimento
dell’anticamera.
«Siamo
di corsa stamattina, eh?», ammiccò lui, porgendomi
la mano e aiutando a rialzarmi.
«Già.
Effettivamente, sono un po’ in ritardo», abbassai
lo sguardo, dirigendomi in cucina con passo veloce. Agguantai un
biscotto e cominciai a sgranocchiarlo.
Raggiunsi
mio padre davanti alla porta d’ingresso. Raccolsi le chiavi
dal quadro, situato dietro la porta, e mi infilai la leggera giacca di
jeans. Nonostante la pioggia e l’umidità,
praticamente perenni, era primavera.
Salutai
con un cenno mio padre e mi diressi verso il mio caro e vecchio
pick-up.
Accesi
il motore addormentato, che rispose con un rombo infastidito, e mi
abbandonai alla dolce musica che la radio trasmetteva.
Mentre
guidavo alla velocità massima che il mio decrepito veicolo
poteva sopportare verso l’università di Seattle
che frequentavo, avevo una pallida ma fastidiosa sensazione che
continuava a ribollirmi in testa: sarebbe stata una giornata difficile.
Ancora non sapevo il motivo, ma lo sarebbe stata. Ne ero più
che certa.
L’ultima
lezione prima dell’uscita definitiva volò via
talmente in fretta che mi sembrò di non aver nemmeno trovato
la pagina giusta del libro che già fosse ora di riordinare
il proprio materiale; un momento prima il professor Harold parlava di
come la letteratura francese si fosse evoluta tra illuminismo e
romanticismo e un momento dopo ci diceva arrivederci e lasciava la
sala.
Guardai
imbambolata i miei compagni che radunavano velocemente i loro appunti.
Quando mi risvegliai dal mio torpore, mi affrettai, gettando dentro la
borsa tutti gli oggetti che avevo poggiato sul banco.
Percorsi
quei pochi metri che mi dividevano dall’atrio senza
particolari pensieri nella testa, solo con l’intento di
raggiungere il pick-up e dirigermi alla tavola calda dove, sin dal
terzo anno, io e Edward ci ritrovavamo per mangiare e chiacchierare in
tranquillità.
Mi
bloccai, però, quando vidi il suo
riflesso stampato sulle ampie porte a vetri d’entrata.
La
moto parcheggiata a fianco del mio pick-up, la maglietta striminzita
che metteva in mostra i muscoli. Non c’erano dubbi: era Jacob
Black.
Deglutii
rumorosamente. La mano che reggeva la maniglia si strinse
dall’ansia.
No,
non è possibile. Non anche qui. È solo un frutto
della mia immaginazione. Sto sognando, è un incubo.
“Bella,
calmati. Prendi un respiro profondo e pensa a una soluzione”.
Jacob
Black cominciò ad analizzare tutte le persone che gli
passavano a fianco, cercando di riconoscere i tratti del mio viso.
La
prima idea che mi passò per la testa fu la fuga. Dovevo
trovare un modo per svignarmela senza che lui mi vedesse. Cercavo
un’uscita alternativa: una finestra, una porta sul retro.
È
così che fanno i veri fuggitivi…
Scossi
la testa, tornando alla realtà.
“Non
puoi passare il resto della vita a fuggire da lui. Affrontalo, porca
miseria”, la mia coscienza sbottò.
«Facile
a dirsi, difficile a farsi», mormorai tra me,
impercettibilmente.
Ok,
basta, Bella, ce la puoi fare.
Presi
un respiro profondo e aprii la porta, preparandomi ad andare in pasto
alla mia peggiore palla al piede.
Camminai
a testa bassa, cercando di nascondermi il più possibile tra
la gente che come me percorreva quel tratto. Ma, purtroppo, tutti i
miei sforzi furono vani.
«Ciao,
Bella», tuonò non appena mi fui avvicinata
abbastanza al pick-up.
«Ciao»,
era una specie di ringhio soffocato quello che mi era appena uscito?!
Mi
fissò, mentre ripescavo le chiavi del pick-up dalla borsa.
«Perché
non hai risposto alle mie telefonate?», piegò la
testa da un lato, aspettando la risposta.
Strinsi
le labbra: avrei dovuto tirare fuori tutte le mie doti recitative per
nascondere la mia ennesima bugia.
Guai
a te se ti metti a ridere, Bella, e non provare ad arrossire!
Voltai
la testa verso di lui. Velai i miei occhi con una patina di stupore e
inconsapevolezza. «Telefonate?! Quali
telefonate?!».
Jacob
divenne rosso di rabbia. «Sì, Bella. Ti ho
lasciato quasi duemila messaggi in segreteria. E tu non hai mai
risposto. Né mi hai mai richiamato».
«Oh,
già», abbozzai, stringendo le chiavi tra le dita.
«Il mio cellulare deve essere morto o qualcosa del
genere».
Ci
fu qualche secondo di silenzio.
«Perché
mi eviti, Bella?», mi strinse per i fianchi, lasciandosi
andare al tono più ammaliatore che conosceva.
Mi
dimenai dalla sua presa. «Jacob, ti ricordo che noi ci siamo
lasciati già da un bel po’. Io non ti devo
più niente. E adesso lasciami andare», sbottai
convinta.
«Non
sai quanto mi manchi, Bella. I nostri momenti insieme, le nostre
uscite, i nostri baci. Mi manca tutto di te, sul serio», mi
sfiorò la guancia destra ed io rabbrividii. «Non
potremmo… riprovarci? Rimetterci insieme e vedere come va
questa volta?», propose. I suoi occhi erano diventati due
grosse palle adoratrici. Ma non avevo intenzione di cascare nella
trappola come un’ingenua.
«Jacob
Black, ascoltami bene, perché non voglio ripetertelo mai
più, non ho intenzione di ritornare con te. Questo
è quanto, ora lasciami vivere la mia vita»,
infilai le chiavi nella portiera, cercando di aprirla.
«Cos’è,»,
lui mi bloccò la mano, costringendomi a guardarlo mentre
parlava. «Sei già impegnata,
signorinella?».
Sussultai,
strabuzzando gli occhi. Signorinella? Che coraggio aveva di chiamarmi
signorinella?
Signorinella
era il termine che usava lui per definire le ragazze che lasciano
passare, uno dopo l’altro, tutti i ragazzi
dell’università nel proprio letto e, chiamandomi
in quel modo, aveva capito male. Proprio male. Decisamente male.
Lasciai
scivolare un respiro profondo fuori dalle labbra. «Signorinello»,
ringhiai, puntando un dito sul suo petto. «Mettiamo in chiaro
una cosa, non ti ucciderò in un luogo pubblico
perché non ho intenzione di finire in prigione per colpa
tua, però, se non la finisci di molestarmi, ti stacco
l’amichetto e lo appendo nell’aula magna
dell’università, ci siamo intesi? E adesso,
ARIA!». Mi voltai verso la portiera, aprendola con un colpo
secco.
«Quindi,
è così? Ti sei già messa con un altro,
eh?!», ridacchiò lui.
«Non
sono affari tuoi, Jacob!», urlai dal finestrino aperto.
«Non
me ne andrò di qui finché non me lo avrai
confessato», disse, parandosi davanti al pick-up, impedendomi
di fare manovra.
A
quel punto, la soluzione migliore sarebbe stata stenderlo come una
sardina, ma, come avevo già puntualizzato, non ci tenevo a
finire in gattabuia.
«Sì,
Jacob, d’accordo. Mi sono messa con un altro ragazzo, sei
contento, adesso?», sentii la mia voce rimbalzare
all’interno dell’abitacolo.
«Perfetto»,
disse, tirando un pugno sulla portiera. «Voglio
conoscerlo».
«Cosa?».
«Voglio
conoscerlo. Voglio conoscere questo tizio. Solo allora ti
lascerò in pace», mi lanciò un
sorrisetto ironico.
«Okay,
allora», i miei occhi si fecero due fessure. «Lo
conoscerai».
«BENE!»,
gridò.
«BENE!»,
gridai a mia volta.
Uscii
dal parcheggio e mi diressi verso la superstrada con decisione. Le mani
stringevano il volante duro con forza e ancora tremavano dalla rabbia.
Però,
più mi allontanavo dall’università,
più mi rendevo conto di una cosa: avevo confessato a Jacob
di stare con un ragazzo. Ma c’era un unico problema: io non
avevo un ragazzo.
Deglutii
rumorosamente.
Ora
non avevo solo il pensiero di togliermi Jacob di torno, ma anche quello
di trovarmi un ragazzo. E alla svelta.
__________
Aggiornamento veloce, questo. Due giorni in anticipo.
Perchè? A mia madre è venuto in mente solo adesso
di dirmi che domani mattina dobbiamo partire per un mini viaggetto. Non
ritorneremo prima di lunedì e, siccome non ho intenzione di
aggionare in ritardo sin dal secondo capitolo, ho deciso di fare questa
piccola "sorpresina"... Ta-dan.
In questo capitolo si ha la prima apparizione reale di Jacob. Che ne
pensate? Un po' troppo rompipalle? Dai, dai, sono curiosa di sapere che
impressione vi ha fatto ^^
Piccola anticipazione, il prossimo capitolo sarà POV Edward
*w* La prima occasione per entrare un po' nella mente del migliore
amico. Non state più nella pelle, vero?? LOL
Sto facendo un po' di corsa, quindi chiedo scusa per eventuali errori,
sia nel testo, sia nella presentazione - cercate di comprendermi T.T
Voglio ringraziare tutte le persone che hanno letto il capitolo
precedente, e le 7 meraviglie che hanno lasciato una piccola
recensione. Mi hanno fatto commuovere, lo ammetto! Non mi era mai
capitato di ricevere così tante recensioni, mai, e sapere che
c'è davvero gente che mi segue mi ha reso euforica! Spero di
non deludervi ;)
So che è tardi, ma una piccolissima recensione me la
lascereste lo stesso? *occhi da cucciolo* PLEASE! Ora
mi eclisso,
in attesa dei primi pareri.
Buona serata!!
S.
Sbirciai
l’ora sull’orologio appeso alla parete: le due in
punto.
Era
tardi. E Bella ancora non si era fatta vedere. Strano. Molto strano.
Non
era mai stata in ritardo quando dovevamo pranzare insieme alla tavola
calda.
Non mi aveva mai dato buca.
“Può
darsi che abbia avuto qualche contrattempo”, pensai.
“Magari doveva organizzare
un esame con un professore, oppure si era fermata un secondo in
biblioteca per
cercare un libro”. Comunque avrebbe potuto avvertirmi, senza
lasciarmi qui ad
aspettare come un deficiente, no?
Sospirai
affranto, guardando oltre la vetrata impolverata. Niente, non
c’era traccia di
Bella.
Decisi
che l’avrei aspettata comunque: tanto, non avevo molto da
fare quel pomeriggio.
Sfilai
dallo zaino il libro di architetture moderne che avevo comprato quella
mattina,
prima di dirigermi verso le lezioni. Cominciai a sfogliarlo e mi persi
nelle
curve e nelle forme che le varie parti assumevano secondo la
prospettiva con la
quale si guardavano.
Due
mani sbatterono sul tavolo dove ero seduto, facendomi sussultare e
ritornare
alla realtà. Alzai lo sguardo e incontrai i profondi occhi
di Bella che mi
fissavano. Notai immediatamente che c’era qualcosa che non
andava: i muscoli
del suo viso erano tesi, le palpebre ridotte a due fessure.
«Ho
un problema», esclamò lentamente, come se volesse
farmi assorbire per bene la
notizia.
Chiusi
il libro e lo riposi nello zaino. «Buongiorno, Bella. Mi fa
molto piacere
vedere che sei arrivata. Vuoi che ordiniamo qualcosa da
mangiare?», sorrisi.
«Sì,
sì, non fare lo spiritoso», si sedette nel posto
davanti a me. «È una cosa
seria».
Congiunsi
le braccia sul tavolo. «Spara».
«Ho
incontrato Jacob Black mentre uscivo
dall’università», confessò a
bassa voce, abbassando
lo sguardo.
Mi
irrigidii e strinsi i denti, sperando di non essere notato da Bella.
Quell’invertebrato!
Ancora non aveva intenzione
di lasciare in pace Bella, vero?!
Non
riuscivo a pensare a quanto le stesse rovinando l’esistenza
con quel
comportamento infantile. E non volevo nemmeno provarci.
Bella, perché ti
sei innamorata di quel tizio? Cosa aveva d’interessante? Ti
avevo anche
avvertito, cavolo! Perché non ti sei innamorata di
un’altra persona? Perché non
ti sei innamorata di… me?
Alzai
le spalle, mostrandomi un po’ disinteressato. «Non
è una novità».
«Non
è questo il punto, però», disse,
perforandomi le pupille con il suo sguardo.
«C’è un altro problema ben
più grande, adesso».
«E
quale sarebbe?», domandai confuso.
«Devo
trovarmi un ragazzo, al più presto»,
esclamò con voce tagliente.
Il
mio viso, come il suo, divenne una maschera di serietà.
«Dimmi cosa è successo.
Dal principio».
E
così mi raccontò nei minimi dettagli la loro
litigata, il tentativo di Jacob di
riallacciare i rapporti, la sua risposta tutt’altro che
garbata, il loro modo
di chiarire e, infine, quella specie di patto che era stato strappato
tra le
strilla.
«Questo
è quanto», chiuse il discorso, intristendosi un
poco.
«Quindi,
fammi capire», esclamai assorto. «Ti
lascerà stare solo quando gli presenterai
il tuo nuovo ragazzo, è così?».
Lei
annuì. «L’unico problema è
che non ho nessun ragazzo».
«Già,
questo è vero», assentii io.
Ci
fu un attimo di silenzio, nel quale entrambi ci guardammo in giro
pensierosi. Io
guardai lei, più che altro. La osservai mordicchiarsi il
labbro inferiore, in
cerca di una soluzione. Mi persi nei suoi occhi preoccupati, ma pur
sempre
profondissimi.
«Hai
già qualche idea?», domandai.
Scosse
la testa. «Mi ci vuole un po’ per elaborare i piani
diabolici», sorrise, ma con
una nota di preoccupazione. Ridacchiai nervosamente anche io.
Ordinammo
da mangiare i soliti piatti che prendevamo da quattro anni, ormai:
Bella il
solito piatto di ravioli, io un semplice hamburger. Mangiammo tutto in
silenzio,
ognuno nei propri pensieri.
“Cavolo,
ci mancava solo questo per far degenerare maggiormente quella
situazione già
precaria”, pensai. “Ci mancava solo quella geniale
trovata di Jacob per far
uscire ancor più di testa Bella”.
Spiai
il suo viso assorto, i suoi movimenti decisi ma distratti, persi nella
ricerca
di qualche nuova idea. Riconobbi, però, nei suoi occhi un
qualcosa.
Rassegnazione? Già, probabile.
Okay,
dovevo fare qualcosa. La dovevo aiutare questa volta, proponendo
qualcosa che
avrebbe messo fine a tutto definitivamente. Non potevo permettermi che
accettasse di sopportare per sempre quel rompipalle. Lo facevo per il
suo bene,
alla fine.
Pensa, Edward…
Mi
ridestai quando vidi entrare la squadra di football della mia scuola.
Omoni
contro i quali sarebbe stato meglio non mettersi contro, per chiunque.
L’idea
mi raggiunse come un colpo di frusta. Scossi la testa, contrariato.
No, Edward, non
puoi proporre una trovata del genere a Bella. È un fattore
di principio. Sia
per te, sia per lei. No, no, lascia perdere.
Eppure
l’idea di togliersi dai piedi quel tipo era troppo
allettante…
«Ho
un’idea», esordii. Mi sarei pentito di quello che
stavo per fare, ne ero certo.
«Comincia a guardarti in giro, a trovare il tipo giusto che
potrebbe far
perdere a Jacob le speranze».
«Tipo?»,
domandò lei confusa ma evidentemente attratta dalla
proposta.
«Non
so», alzai le spalle, osservando la gente che occupava i
tavoli accanto ai
nostri. «Prendi qualcuno come Emmett Cullen, per esempio;
sicuramente Jacob non
oserebbe andare a sbattere il muso contro un tipo come
quello».
«Già,
questo è poco ma sicuro», ridacchiò.
Iniziai a ridere, evitando di non prestare
attenzione al fatto che Bella mi stesse fissando.
Fa come se non
fosse niente…
«Edward»,
mi richiamò con dolcezza.
«Sì?»,
la voce uscì a fatica.
«Grazie»,
mormorò. Mi venne ad abbracciare e sentii il mio cuore
scalpitare come un
puledro.
Non
appena il suono del motore della mia Volvo mi travolse, mi sentii
subito
meglio. Mi lasciai andare all’odore famigliare dei sedili in
pelle, mescolato a
quello un po’ più forte del deodorante per auto.
Lasciai
scivolare via un sospiro e chiusi gli occhi.
Non
potevo credere che la mia proposta, stupida e senza senso, fosse stata
accettata da Bella con grande entusiasmo. Mi aspettavo una reazione del
tipo:
«Edward, stai scherzando? Non posso andare giro a chiedere
chi vuole diventare
il mio finto ragazzo!», oppure, «No, Edward, non se
ne parla neanche. Per
quanto questa situazione possa avermi esasperato, non
scenderò mai così in
basso!». E invece…
Feci
cascare la testa sul lato superiore del volante, sbattendo la fronte
contro la
superficie rugosa.
Perché,
perché ero così idiota? Non l’avevo
già persa abbastanza spesso?
Un’altra
testata contro il volante.
Sono innamorato di
Bella, già. Per chi non se ne fosse accorto.
E, se proprio ci
tenete a saperlo, sono innamorato di lei da quattro anni. In pratica,
da quando
ci siamo conosciuti.
Quattro anni. Sono
quattro anni che il mio cuore comincia a battere
all’impazzata quando la vedo
arrivare, che trattengo la voglia di abbracciarla, di baciarla.
Come dite? Sono
un’idiota? Bhe, mi sembrava di avervelo già detto,
no?
No, lei non lo sa.
E nemmeno se n’è accorta. Ma, da un lato, va bene
così.
Dovrei farmi
avanti, è vero, ma non ne trovo il coraggio. Ogni volta che
riesco a mettere in
piedi uno straccio di discorso, ogni volta che riesco a racimolare un
po’ di
convinzione per presentare il mio amore, arriva lei, col suo sorriso,
col suo
viso, e tutte le mie certezze crollano come dei castelli di sabbia al
vento.
Sono un cazzone. Un
cazzone innamorato. Il che è peggio.
Rialzai
la testa dal volante e lasciai che il piede sinistro cadesse
sull’acceleratore.
La macchina partì con un balzo e in un attimo mi ritrovai
sulla strada di casa.
Evitai
di pensare e mi concentrai sulle righe bianche al centro della
carreggiata.
Mi
ritrovai nel vialetto di casa mia in un secondo. La fissai, quella
piccola
casetta bianca che mia madre aveva ristrutturato da sola
l’estate dopo che mio
padre era scappato con un infermiera dell’ospedale dove
lavorava.
Uscii
dall’auto e mi diressi verso la porta, spalancandola appena
me la trovai
davanti. L’odore di zucchero e di impasto mi travolse. Mia
madre stava
cucinando.
«Ciao,
mamma», abbozzai, levandomi la giacca.
«Oh»,
vidi il suo viso tondo e arrossato sbucare fuori dalla porta della
cucina.
«Ciao, Edward». Mi sorrise cauta, ma con un sorriso
travolgente.
Mi
avvicinai alla cucina e il calore che il forno ancora emanava mi
colpì dritto
in viso. Mi sedetti su uno dei tanti sgabelli, situati lungo il
bancone.
«Cosa
stai preparando?», domandai, allungando lo sguardo.
«Biscotti
allo zenzero», trillò.
Mi
venne da sorridere, pensando a quanto stare ai fornelli la rendesse
felice o
come fosse spensierata quando controllava le sue piante nella piccola
serra che
le avevo costruito qualche estate prima. Infondo, riusciva a distrarsi
con poco
dal dolore che ancora viveva in lei.
Per
quanto cercava di nasconderlo, mi rendevo conto che essere stata
tradita
dall’uomo che più amava non la rendeva di certo al
settimo cielo, anzi. Eppure
davanti a me non si era mai abbandonata a pianti isterici o a urla
disumane;
aveva sempre cercato di mantenere un aspetto normale, decoroso, come se
tutto
andasse bene. Per proteggermi, forse.
Non
avevamo mai affrontato l’argomento, ma sapevo che entrambi
odiavamo quell’uomo
apertamente. Come era giusto che fosse.
Allungai
una mano per afferrare uno dei manicaretti appena sfornati. Sentii il
manico di
legno del mestolo sbattere contro il mio polso.
«Ahi»,
urlai, esaminando il segno rosso che aveva lasciato.
Mia
madre sorrise. «Sei sempre il solito, Edward. Forza, non fare
il bambino».
Restammo
qualche minuto in silenzio.
«Come
è andata oggi?», domandò un
po’ imbarazzata.
«Bene»,
risposi. Io e lei non eravamo dei confidenti intimi, proprio no, e
domandarci
queste cose l’un l’altro ci metteva un
po’ a disagio.
«Vado
in camera mia», dissi, raccogliendo lo zaino da terra e
dirigendomi verso il
corridoio. Mia madre iniziò a canticchiare una canzone che
non riconobbi.
Entrai
in camera, sbattendo la porta dietro di me. Abbandonai il libro di
architettura
tra la pila disordinata di progetti intrapresi e abbandonati. Rimasi a
fissare
fuori dalla finestra il nulla, rimuginando un po’ sui miei
pensieri.
Pensai
a quello che avevo passato poco prima con Bella. Non potevo credere che
quelle
parole fossero uscite veramente dalla mia bocca, eppure era
così.
Ora
dovevo solo aspettare l’ennesima scelta di Bella per capire
quale altro
sentimento represso avrei dovuto rispolverare. Rancore verso il tizio?
Rabbia
per un’altra scelta stupida di Bella?
Ma
una cosa era certa: avrei dovuto continuare a stare buono in un angolo,
continuando a nascondere i miei sentimenti. Come sempre.
“Avanti,
Edward”, mi disse una parte di me. “Non fare il
melodrammatico. Infondo, sei
bravo a reprimere le tue emozioni”.
Già, sono bravo.
__________
Ed eccolo qui, il famoso primo capitolo POV Edward. Dite la
verità, non vedevate l'ora di leggerlo, eh?! XD
Che dire, spero che la situazione di Edward si sia capita abbastanza...
Per lui non è facile stare così vicino a Bella
così, senza dirle niente e, credetemi, le cose diventeranno
ancora più difficili, dopo che Bella prenderà la
sua decisione. Ma non credete che le cose miglioreranno tanto
velocemente! Ci vorrà ancora un bel po' prima che i due
ritrovino la serenità!
Ed ora tocca a voi, cari lettori! Che ne pensate di questo personaggio?
Come ve lo eravate immaginato nel corso dei precedenti
due capitoli? Quello che ho descritto è tanto
diverso da ciò che vi aspettavate? Sì, lo so,
è parecchio differente da quello della saga, ma spero che
non vi dispiaccia.
E dopo tutto questo, cosa succederà, secondo voi?! Sono
curiosa...Vediamo fin dove si spinge la vostra immaginazione (:
Voglio fare un immenso ringraziamento a tutti quelli che hanno
recensito questa storia, tutti quelli che l'anno inserita tra le
preferite/seguite/ricordate. So che non è molto in confronto
a quello che si trova sul sito, ma per me questo è davvero
tantissimo. Grazie a voi sto iniziando ad acquistare la sicurezza che
non ho mai avuto. ^^
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Vi andrebbe di lasciare una recensione, anche piccola-piccola?!
<3
Un grosso bacio a tutti!
Buon pomeriggio!
S.
Mi
sedetti sull’ultimo della scalinata che portava alle aule
superiori e lasciai
scivolare la testa tra le sbarre di metallo.
Adoravo
quell’ora buca del giovedì. E la passavo sempre
così, accoccolata sui gradini
della scala principale a fare niente.
Lasciai
vagare lo sguardo nel corridoio stracolmo di studenti e professori.
Ripensai a
quello che Edward mi aveva consigliato il giorno precedente:
“Comincia a
guardarti in giro. Trova il tipo giusto che potrebbe far perdere a
Jacob le
speranze”.
Come
se fosse facile. Dove lo potevo trovare un ragazzo che stesse al gioco
e che
potesse far scappare a gambe levate Jacob?
Sospirai,
iniziando a guardare oltre la marmaglia indistinta di persone che si
accalcavano all’entrata delle aule. Cercai di distinguere le
facce dei ragazzi
che potevano andare per quel ruolo.
Mike
Newton? Aveva frequentato la squadra di calcio maschile alle superiori
e al
terzo anno sapevo che aveva avuto anche una cotta per me. Peccato che
recentemente fosse passato all’altra sponda.
Tyler
McKellan? Al ballo del diploma era stato sbattuto fuori
perché era troppo
brillo. Aveva tutta l’aria del tipo duro, contro il quale
nessuno avrebbe
deciso di fare a pugni. Però non credo che sarei riuscita a
guardarlo con occhi
amorevoli, visto l’energumeno che era.
Uhm…
E Ray Montag? Oddio, sarebbe capace di farti a pezzi e buttarti in un
cassonetto. E Jacob non avrebbe mai abboccato se gli avessi presentato
quel
tizio. No, era escluso.
Sam
Carver! Sam sarebbe stato il tipo ideale da scegliere! Alto, muscoloso,
simpatico… No, come non detto, stava ancora con quella tipa
che si era
trasferita a Charleston l’anno prima.
Sbuffai,
abbassando lo sguardo e arrotolando intorno alle dita un filo ribelle
sul lato
della t-shirt.
«Hey!»,
esordì una vocina trillante, facendomi sobbalzare.
«Ciao,
Alice», mormorai, alzando lo sguardo verso la piccola e
minuta figura che si
trovava accanto a me.
Si
sedette al mio fianco, accavallando le gambe. «Allora, tutto
bene?», domandò.
«Sì,
alla grande», annuii, tentando di apparire convincente.
Mi
fissò con sguardo scettico. «Jacob ti sta ancora
alle calcagna, non è vero?».
La
guardai inebetita. Ma come diavolo faceva a capire come stavo da un
semplice sguardo?
Io
e Alice Brandon c’eravamo conosciute la prima volta al
secondo anno, quando ci ritrovammo
nella stessa classe di spagnolo, casualmente compagne di banco. Io
odiavo
quella materia, la odiavo profondamente. E la nostra amicizia era
iniziata
così, con lei che mi suggeriva le frasi che il prof voleva
sentirsi dire ed io
che le sorridevo debitrice. Avevamo iniziato a frequentarci e sin
dall’inizio
aveva avuto questa straordinaria capacità. E ancora oggi ne
rimanevo stupita.
Abbassai
lo sguardo, imbarazzata per la mia bugia svelata.
«Già».
«Cavolo,
ma non è possibile!», sbottò.
«Ancora con questa storia! Non ci sono stati
passi avanti?».
«Bhe,
sì, effettivamente un passo avanti c’è
stato», ammisi. «Devo trovarmi un
ragazzo».
Mi
guardò perplessa.
«Così
Jacob mi lascerà in pace», aggiunsi, tentando di
schiarire la situazione.
«Non
capisco…».
«In
pratica la situazione si è decisamente complicata in
confronto a qualche giorno
fa», e iniziai a spiegare, come avevo fatto con Edward il
giorno prima.
«Okay»,
esclamò, relegando un ciuffo di capelli neri dietro
l’orecchio. «Diciamo che
sei nella cacca fino al collo».
«Oh,
grazie mille, Alice. Davvero, il tuo aiuto ha risolto tutti i miei
problemi»,
risposi ironica.
Lei
storse le labbra in qualcosa tipo un sorriso dispiaciuto e si mise a
fissare le
piastrelle bianche del pavimento.
«Ne
hai parlato con qualcun altro?», la sua voce
spezzò il silenzio che da qualche
minuto ci aveva avvolto.
Annuii.
«Sì, con Edward Masen, il mio migliore amico.
L’ho visto ieri».
Sbatté
velocemente le palpebre per qualche secondo. «E che ti ha
suggerito?».
Alzai
le spalle. «Lui mi ha detto di darmi un’occhiata in
giro, di trovare un tipo
che possa fargli perdere le speranze definitivamente. Peccato che non
so chi
cavolo possa andare».
«Hai
in mente qualcuno in particolare?». La guardai stranita. Non
mi piaceva per
niente l’interrogatorio che mi stava facendo; sembrava che
dovessi comprare un
paio di scarpe!
«Bhe…»,
balbettai. «Pensavo a qualche tipo duro, virile, insomma che
faccia spaventare
Jacob».
«E
ti saresti buttata su qualcuno tipo Ray Montag?! Puff…
Bella, non è solo la stazza
del tuo nuovo ragazzo che farà uscire di scena Jacob! Devi
pensare a un tipo
superiore a lui, che sappia usare il cervello, che si comporti da
gentiluomo, che
sia gentile, amorevole; diciamo, il suo perfetto opposto. E poi devi
avere
confidenza con lui! Se no, come fate a comportarvi da fidanzati se vi
conoscete
appena?!», la guardai stupita. Da quando lei ne sapeva
così tanto di finti
fidanzati?
«Il
tuo discorso non fa una piega», dissi. «Ma ancora
non ho la minima idea su chi
buttarmi».
Alzò
un sopracciglio. «Ne sei davvero sicura?».
«S-sì».
Lei
sbuffò. «Oh, Bella!», e
iniziò a ridere a crepapelle.
Avete
presente come si guarda un pazzo che sta avendo una delle sue crisi?
Ecco, fu
più o meno così che esaminai Alice in quel
momento.
«Che
c’è da ridere?», domandai, ormai
pienamente convinta che Alice fosse una sorta
di pazza fuggita da un ospedale psichiatrico.
Ridacchio
per qualche altro minuto. «Spero che lo capirai presto,
Bella. Non sai quanto
lo spero».
«Capire
cosa?», domandai, con gli
occhi fuori
dalle orbite.
Mi
sorrise maliziosa. «Lascia stare».
Rimanemmo
qualche minuto in silenzio, io che la scrutavo dubbiosa e lei che
fissava innocente
il soffitto.
«Bene»,
esortò, alzandosi in piedi di fronte a me. «Ora
devo proprio andare».
La
fissai mentre si alzava e faceva una piroetta su se stessa.
«Spero
che riuscirai a trovare presto la soluzione migliore». Mi
fece l’occhiolino e
si diresse verso l’uscita
dell’università.
Rimasi
a fissare il corridoio vuoto per dieci minuti buoni, cercando di capire
l’utilità della discussione appena avuta.
Perché ero convinta che Alice mi
stesse nascondendo qualcosa?!
Fermai
il pick-up, che si spense con uno scossone, davanti al vialetto di
casa. Mi
lasciai scivolare sul sedile, esasperata dal rumore della pioggia
insistente
che batteva sui vetri.
Più
ci pensavo, più mi rendevo conto che la chiacchierata con
Alice non aveva
portato a niente. Sì, mi aveva mostrato un altro punto di
vista, mi aveva
suggerito il fatto che era meglio che scegliessi qualcuno con anche un
po’ di
cervello, che non solo un ammasso di muscoli. Ma quel fatto non mi
aveva acceso
la lampadina. Non mi aveva rivelato nessun “buon
partito” su cui buttarmi. Ero
ancora nel buio più totale.
E
poi cosa voleva dire l’affermazione “non ti viene
in mente proprio nessuno”?
Non avevo in mente nessun ragazzo a cui avrei potuto chiedere una cosa
del
genere! Non lo avevo! E questo era un bel problema, in
effetti…
Sbirciai
con sguardo scettico fuori dal finestrino. La pioggia non aveva
accennato a smettere.
Ma comunque sarei dovuta scendere, non potevo passare tutta la notte
nel
pick-up solo perché pioveva!
Mi
nascosi nel cappuccio, pronta a correre per arrivare sana e salva sulla
veranda, la mia salvezza.
Uno.
Due. Tre.
Spalancai
la portiera e mi catapultai fuori, tra le gocce assassine. Reggendo
l’estremità
del cappuccio e facendosquittire
i miei
stivali, arrivai sotto l’agognata veranda. Aprii la porta e
volai in camera
mia.
Abbandonai
la borsa in un angolo, insieme all’impermeabile e agli
stivali di gomma, e mi
diressi verso la mia libreria.
C’era
solo una cosa che in quei momenti poteva tirarmi su il morale: la
lettura. E,
precisamente, “Orgoglio e Pregiudizio”. Avrei anche
potuto buttarmi su “Cime
Tempestose” in effetti, ma non mi sentivo
dell’umore giusto per affondare nei
meandri tortuosi della mente di Heathcliff e Catherine.
Fu
in quel momento, nel momento esatto in cui la mia mano si avvicinava al
dorso
ruvido del libro di Jane Austen , che i miei occhi furono rapiti da
qualcosa di
più importante, qualcosa che probabilmente mi avrebbe
salvato la vita:
l’annuario del liceo.
Lo
sfilai con furia, facendo cadere i libri vicini sul pavimento. Che non
raccolsi.
Mi
lasciai cadere sulla sedia a dondolo e cominciai a sfogliare
rumorosamente quel
malloppo di foto e dediche.
Iniziai
a rallentare quando incontrai la sezione “Ultimo
Anno”. Guardai con attenzione
ogni piccola foto.
Mio
Dio, quanto eravamo diversi! E non
mi
riferivo solo alle toghe a dir poco imbarazzanti che ci avevano
costretto a
indossare. Quella toga! Quella specie di tovaglia blu che avevo - che
avevamo -
indossato per circa due ore. Quella roba che avevo buttato nel bidone
della
spazzatura il giorno dopo averla usata. E vogliamo parlare di quei
capellini
deficienti che ci avevano appioppato?! Insomma, eravamo maggiorenni,
diplomati
per di più!
Quante
facce che dopo il liceo non avevo più visto. Quante persone
avevo perso di
vista in due anni.
Fu
naturale fermarmi sulle due foto al centro della pagina.
Isabella Marie
Swan. Edward
Anthony Masen.
Fu
naturale anche sorridere come una vecchietta che rivive i ricordi della
sua
gioventù. Nella mia foto, la prima cosa che riuscivo a
percepire era l’odio per
quella situazione. Sguardo imbronciato, mascella contratta. Si capiva
che avrei
voluto fulminare il fotografo?!
Il
viso di Edward invece era schiarito da un sorriso sghembo, gli occhi
verdi smeraldo
invece fissavano un punto lontano.
Quanto
tempo che avevamo passato insieme, io e Edward. Quante avventure
avevamo
attraversato…
E
fu in quel momento che l’illuminazione mi colpì.
Quell’idea folgorante tanto
agognata era arrivata.
Scossi
la testa due o tre volte per assorbirla completamente.
O
mio Dio, potevo fare una cosa del genere? No, Edward non avrebbe mai
accettato.
Non si sarebbe mai buttato in questa situazione. Voglio dire, lo avrei
usato a
tempo indeterminato solo per staccarmi di dosso Jacob e non potevo
permettere
che il mio confidente più caro, l’unica persona
che aveva seguito la mia vita
da vicino, decidesse di abbassarsi a tanto.
Ma
infondo era l’unica persona che conoscevo fino infondo. Non
avevo altri su cui
poter contare.
E,
come aveva detto Alice, dovevo trovare un tipo superiore a Jacob, che
sapeva usare
il cervello, che si comportava da gentiluomo, che era gentile,
amorevole,
eccetera, e l’unico era lui, Edward.
Edward, perdonami
per quello che sto per fare, ti prego.
Raccolsi
il cellulare dalla borsa e avviai la chiamata.
Rispose
dopo due squilli. «Pronto?».
«Edward,
sono Bella», dissi, con voce un po’ tremolante.
«Ho bisogno di parlarti. Va
bene se ci vediamo domani a pranzo al solito posto?».
__________
Ebbene, ecco a voi un nuovo capitolo. Un capitolo abbastanza decisivo,
dato che Bella ha preso finalmente la sua decisione di chiedere l'aiuto
di Edward. Ed è qui che entra in campo lui stesso: cosa
farà? Deciderà di aiutare la sua migliore amica?
I suoi sentimenti per lei giocheranno a favore e contro la sua
decisione finale? Eh, quante domande ancora senza risposta...
Allora, che ne dite di questo quarto capitolo? Ve lo aspettavate
così? E' stato noiso, monotono, illeggibile, bruttissimo??
Ditemi voi, sono pronta a tutto :) Specialmente alle critiche
costruttive!
Ho notato che il capitolo scorso non ha avuto un grande risultato
rispetto ai due precedenti *me abbastanza delusa*... Spero che questo
ne ottenga di più (:
Sappiate che l'importante per me è che, anche se letto da
poca gente, la storia piaccia. Nel senso che sia gradevole alla lettura
e che (cosa che reputo importantissima) lasci qualcosa di positivo in
chi legge. Spero di riuscirci in qualche caso - fatemelo sapere (:
Come al solito, ringraziamento speciale va a tutti quelli che hanno
deciso di seguirmi, che credono in questa piccola pazzia. Abbraccio
tutte le persone che hanno recensito gli scorsi capitoli, sperando di
poterle ritrovare anche nei prossimi. Ma soprattutto un pensiero
speciale va a Giulia: la conosco ancora da poco , ma mi sta aiutando
tantissimo. La apprezzo molto anche perchè è una
bravissima scrittrice, decisamente migliore di me. QUI
trovate il suo profilo di EFP... Leggete le sue storie
perchè sono semplicemente meravigliose *_*
Bene, credo di aver finito, ora.
Sareste così gentili da lasciare una recensione? Per favore!
Ho bisogno dei vostri pareri per continuare come si deve! E poi mi
fareste felice come una pasqua! :)))))))))
Aspetto i vostri primi (e speriamo numerosi) commenti.
Un bacio,
S.
Just
Friends ~ Capitolo 5:
Completamente Esposto ~
EDWARD
«Bella»,
esclamai, non appena la vidi seduta al tavolo
affianco alla vetrata.
«Hey», mi
schioccò un sorriso nervoso. E l’ansia mi
travolse lo stomaco un’altra volta.
Per quanto avessi cercato di
mantenere la calma dopo
quella sua telefonata, dovevo ammettere che non ci ero riuscito molto.
Non
avevo chiuso occhio per tutta la notte precedente, pensando a cosa era
dovuto
il suo bisogno improvviso di parlarmi.
Avevo pensato a qualsiasi motivo,
davvero. Perfino i
più futili e i più stravaganti, ma nessuno di
questi mi era sembrato abbastanza
realistico.
Mi ero anche preparato delle
possibili conversazioni
con Bella. E questo a dimostrazione di quanto ero patetico, quando
c’era in
ballo qualsiasi cosa che la coinvolgesse.
Mi diressi velocemente verso il suo
tavolo, sedendomi
nella sedia davanti a lei.
«Volevi
parlarmi…», iniziai, accorgendomi
dell’aria
pesante che aveva colpito sia me che lei.
«Già»,
annuì lei, alzando lo sguardo e soffermandosi
sul mio viso. Ebbi un tuffo al cuore.
«Bhe, dimmi»,
congiunsi le braccia sul tavolo,
aspettando che iniziasse il suo discorso.
Distolse il suo sguardo da me e
prese un lungo
sospiro. Aggrottò le sopracciglia e le labbra si strinsero
nervose.
«Sai… sai che
dovevo trovarmi un ragazzo per togliermi
di torno Jacob, no?», mi ricordò. Annuii,
incoraggiandola a continuare. «Ecco,
ci ho pensato. Ho pensato attentamente a tutta questa situazione del
cavolo in
cui mi sono ritrovata e quello che ne consegue. Credimi, Edward, ho
preso in
considerazione di tutto e di più…».
Okay, ora potevo definirmi confuso.
Dove voleva andare
a parare? Non capivo il senso di tutte quelle parole. Sembrava come se
si
stesse scusando. Ma perché?
«Ho bisogno del tuo
aiuto, Edward», mi pregò.
«Chiedimi qualsiasi cosa,
Bella. Chiedi e ti aiuterò».
Un altro suo respiro profondo.
«Saresti disposto ad
essere il mio finto fidanzato?».
Non so esattamente cosa mi accadde.
Un momento prima
vedevo le cose in un verso e il momento dopo tutto si capovolse.
Non ero interdetto, ero qualcosa di
più. Probabilmente
ero preda di una sorta di shock momentaneo.
«Che…
Che… C-cosa?».
La vidi sussultare, serrando le
labbra. Abbassò lo
sguardo.
“Imbecille, dille di
sì. È la tua occasione. Forza!
Fatti avanti, per una volta!”, urlò la parte
più coraggiosa di me. Ma quella
parte era troppo piccola per prendere il sopravvento sul resto. Era
troppo
insignificante per decidere di fare un passo e esprimersi.
Sarebbe stato troppo facile saper
dire di sì al primo
colpo. Troppo.
Bella sospirò.
«Okay, non importa». Sviò lo sguardo.
«Sì»,
esclamai. Bella riportò lo sguardo su di me.
Dio, ti prego, dimmi che non lo sto
per fare sul
serio…
«Sì. Voglio
dire, va bene. Sarò il tuo finto ragazzo.
Te lo devo, Bella».
No, ditemi che non l’ho
appena fatto.
I suoi occhi diventarono due pozze
fuse. «Veramente
saresti disposto a fare questo per me?».
Un momento
d’esitazione… Oh, al diavolo!
«Sì, Bella.
Certo che lo farò».
«Edward»,
sospirò. «Tu sei il più caro amico che
potessi trovare». Mi sorrise teneramente.
Finì di sorseggiare la
bibita che aveva davanti e
ordinò da mangiare.
Mi sedetti sullo sgabello di pelle
e guardai i tasti
bianchi e neri.
Poggiai le dita su di essi,
sfiorandoli con la punta
dei polpastrelli. Sonicchiai distrattamente alcune note, senza
però lasciarmi
andare ad una melodia completa.
C’era solo
un’unica cosa che mi avrebbe sfogato dai
miei pensieri rumorosi, in quel momento: suonare il pianoforte. Ma,
trovatomi
davanti ad esso, nessuna delle tante canzoni che avevo imparato mi
veniva in
mente. Nemmeno una nota.
Mi strofinai le palpebre, come se
avessi bisogno di
svegliarmi da un sogno.
Perché?
Perché diavolo avevo deciso di farlo? Perché
avevo deciso di espormi in modo così sfacciato? Adesso, me
ne rendevo conto,
sarebbe stato più difficile ancora mentire e nascondermi.
Sarei rimasto
completamente esposto, senza più barriere e la cosa mi
preoccupava decisamente.
Avevo ancora paura di rivelarmi a
Bella, nonostante
fossero passati quattro anni. Non volevo farlo – anche se non
sapevo
esattamente il perché – e la decisione che avevo
preso, purtroppo, mi metteva
alle strette.
E, purtroppo, non avevo molto tempo
per prepararmi
mentalmente. Il mattino dopo avrei dovuto accompagnare Bella
all’università e,
come se non bastasse, avrei dovuto spargere la voce che noi due eravamo
ufficialmente insieme. Questi erano i patti. Ma ne sarei stato davvero
capace?
Le mie mani scivolarono inermi
lungo i fianchi.
No, non sarei mai riuscito a stare
al gioco, a
sottostare a quella mascherata.
E allora perché avevo
accettato? Non lo so.
Sentii il telefono squillare. Mi
diressi in cucina,
dove raccolsi il cordless abbandonato.
«Pronto?».
«Hey, Ed!». Era
Alice, l’amica più intima di Bella e
l’unica mia confidente fidata.
«Ciao, Alice.
È da tanto che non ci sentiamo. Come
stai?», esclamai un po’ sorpreso di risentirla.
«Bene!»,
squittì lei. «E tu, invece? Immagino benissimo,
visto che ho appena saputo la bella notizia».
Strabuzzai gli occhi.
«Cosa?».
Ridacchiò.
«Oh, Edward, è inutile che fai il finto
tonto. Ho chiamato Bella, poco fa, e lei mi ha detto
tutto…».
Certo, era ovvio.
“Spargere la voce”.
Ma non potevo mentire ad Alice, non
a lei, l’unica che
sapeva.
Già, lei era
l’unica che aveva capito il mio segreto e
che me ne aveva parlato apertamente. Era l’unica a cui era
stato costretto a
dire: “Sì, è vero, sono innamorato di
Bella”. Era l’unica che in quattro anni
di dolori e rimpianti mi aveva spronato a continuare e a non
nascondermi nel
mio guscio, come tanto avrei voluto fare.
«No, Alice»,
ammisi affranto. «Non è come sembra».
«Allora, spiegami
tu».
«Ehm», cercai
le parole giuste. «Diciamo che ho deciso
di aiutarla per risolvere una situazione po’ particolare e
complicata».
Ridacchiò.
«Cos’è, Bella ha deciso di fiondarsi su
di
te, per la scelta del suo nuovo fidanzato fasullo?».
Scostai un poco la cornetta
dall’orecchio. «E tu come
fai a saperlo?».
«Bhe, si da il caso che,
a parte conoscere la
situazione meglio delle mie tasche, abbia consigliato io a Bella di
pensare a
te…», ammise tranquilla, come se non fosse niente.
«CHE COSA?!».
Mi sforzai di abbassare la voce, dato
che mi ero praticamente messo a urlare.
«Sì»,
la sua voce continuava ad essere pacata. «In
realtà, io le avevo detto di pensare a qualcuno su cui
potesse fare
affidamento, ma era esplicito che mi riferissi a te».
«E, sentiamo,
perché avresti fatto questo?», domandai
indignato.
Sentii la sua voce irrigidirsi.
«Non potrai stare
nascosto per sempre, Edward», mi ammonì.
«Ah, è
così? Secondo te non potrei, eh? È davvero
questo quello che pensi? Bhe, ti sbagli! Non è affatto
così! Potrei anche
stramene da un lato, lasciandola in pace! È quello che sto
cercando di fare,
Alice. Bhe, almeno quello che stavo cercando di
fare. Non voglio
stravolgere tutto. E poi, che senso avrebbe? Per cosa dovrei farlo??
Alice, non
ha senso! Probabilmente, sarebbe anche inutile. Posso…
Potrei…», ma mi resi
conto che il mio discorso non teneva. Abbassai il tono di voce,
finché esso non
si esaurì completamente.
Restai senza parole. Pensai a
quanto fossi un idiota.
Ma cosa pensavo? Cosa pensavo quando avevo accettato la proposta di
Bella? Cosa
pensavo quando mi ero innamorato di lei e mi ero rifiutato di dirle
tutto? Cosa
credevo?
Realizzai che, infondo, era vero,
Alice aveva ragione.
Non potevo rimanere nascosto per sempre.
Alice sospirò esasperata
e il suono della linea libera
mi perforò le orecchie. Guardai stupito
l’apparecchio nero.
Alice Brandon mi ha appena chiuso
il telefono in
faccia…
____________
Eccomi qui, signore e signori, con un nuovissimo aggiornamento fresco
fresco.
Il capitolo decisivo, d'ora in poi la storia entrerà nel
vivo!
Eh, Edward ha accettato - come se avesse potuto rifiutare u.u
Ma, a quanto pare, i sensi di colpa lo stanno divorando.
Avrà fatto la scelta
giusta? Oppure il suo amore per Bella l'ha condotto sulla cattiva
strada? Voi
che dite al riguardo, che ne pensate? (:
Da quello che mi è parso di capire dalle recensioni del
capitolo precedente,
non tutte sono d'accordo con questa decisione e, credetemi, nemmeno io
in prima
persona sarei riuscita a fare una cosa del genere. Comunque, vi
prometto che
Edward non rimarrà incastrato in questa finta relazione per
molto... Si
ribellerà. Oh, sì, che lo farà... *ops*
E ora, solito giro di ringraziamenti. Ovviamente, alle 7 meragliose
persone che
hanno recensito il capitolo precedente - vorrei abbracciarvi una per
una,
davvero, grazie infinite!
Anche, tutta la gente che ha inserito la storia tra le
preferite/seguite/ricordate o anche chi ha semplicemente letto - mi
avete
riempito il cuore di gioia, anche se credo suoni un po' patetico detto
così.
Comunque, davvero, è una gioia per me.
E ultima ma non meno importante, un enorme GRAZIE va a Giulia,
perchè, bhe,
perchè lei è speciale, una persona fantastica. E
lei lo sa.
Ad ogni modo, ora è il vostro momento, cari lettori. Che ne
pensate del
capitolo? Vi va di farmi sapere tutto con una bella recensione? :D
Dai, dai, Please!! Ho proprio bisogno di sentirvi!
Un bacione a tutti e, se siete arrivati fin qui, vi faccio i miei
complimenti!
Siete fantastici!
Buon tardo pomeriggio!
S.
Incontrai il mio sguardo indeciso
riflesso nello specchio. Ritornai a fissare la trousse dei trucchi
abbandonata sul mobiletto accanto al lavabo. Era rimasta inutilizzata
per più di un anno, quella trousse. Non avevo avuto ragioni
valide per prenderla, aprirla e usarla, durante quei lunghi mesi.
Ma ora… ora era diverso.
Edward aveva accettato la mia
proposta. Contrariamente a quello che avevo pensato, lui aveva deciso
di aiutarmi a venir fuori da quella situazione incasinata. Dovevo
ammetterlo, mi aveva salvato, oltre che stupito. Non avrei mai creduto
che sarebbe stato disposto a sottoporsi alle voci, agli sguardi
indiscreti e, soprattutto, a Jacob.
Di certo, mi aveva liberato da un
grande preoccupazione. Ora, le cose sarebbero andate sistemandosi.
Edward e io ci saremmo presentati a tutti come fidanzati, Jacob avrebbe
fatto le valigie e sarebbe uscito dalla mia vita e sarebbe stato come
se non ci fosse mai entrato.
Purtroppo, però, le cose
non sarebbero state facili come credevo, mi rendevo conto. Non sarebbe
bastato dire in giro che stavamo insieme, dovevamo anche comportarci
come una vera coppietta, ovviamente. E questo mi preoccupava. Da
morire.
Cioè, spieghiamo, era il
fatto che avrei dovuto recitare questo ruolo con Edward che mi faceva
venire l’ansia. Sapevo che potevo fidarmi di lui, ciecamente,
ma, nonostante ciò, era difficile pensare a come avremo
dovuto modificare il nostro rapporto, da quel giorno in poi. Sarei
davvero stata capace di guardarlo con occhi adoranti? Di far palpitare
il mio cuore per il mio migliore amico?
Presi un lungo sospiro.
Rigirai il mascara tra le mani e lo
aprii.
Quando scesi al primo piano, mio
padre fissava dubbioso e stranito qualcosa fuori dalla finestra.
«Buongiorno,
papà», lo salutai.
Spostò lo sguardo su di
me. «Ciao, Bells», mugugnò, ritornando a
guardare il tratto di strada deserto davanti a casa.
Mi avvicinai a lui. «Che
succede?».
Scosse le spalle. «Niente
di che. Sto solo tenendo d’occhio quell’auto.
È parcheggiata davanti a casa nostra da un quarto
d’ora».
Era la Volvo di Edward, la
riconobbi immediatamente. L’auto color grigio metallizzato
luccicante che venerava. Riuscii a scorgere la sua figura seduta al
posto di guida, mentre reggeva il volante con le braccia tese.
«Hey, tranquillo,
Sherlock Holmes. È solo Edward. Stamattina mi accompagna a
scuola», spiegai mentre mi dirigevo in cucina a mettere
qualcosa sotto i denti.
Si appoggiò con una
spalla allo stipite della porta, incrociando le braccia al petto.
«Ah sì?».
«Già»,
borbottai con la bocca piena di una manciata di cereali.
«Oh, e… Come
mai?», domandò.
Feci spallucce.
Non potevo parlargli della
situazione incasinata che si era venuta a creare. No, era
inconcepibile. Potevo riuscire a mentire a tutti quanti, ma non potevo
permettermi di mentire a mio padre. Anche perché,
probabilmente, non avrei retto al suo sguardo. E poi il tutto era
ancora molto nebuloso.
Indossai la solita giacca di jeans
e feci un cenno di saluto a mio padre.
Uscii di casa e mi diressi verso la
Volvo metallizzata, parcheggiata lungo il marciapiede.
EDWARD
È impensabile, ecco.
Tutta questa situazione è una stupidata.
Era tutto quello che riuscivo a
pensare in quell’uggiosa mattinata di aprile.
Ero il finto ufficiale ragazzo di
Bella. A un ragazzo normale non sarebbe importato più di
tanto, soprattutto se si era proposto lui stesso per quel ruolo,
decidendo di aiutare un’amica in difficoltà.
Invece, se il ragazzo fosse stato
innamorato di quest’amica, avrebbe dovuto essere al settimo
cielo, visto che poteva ottenere, finalmente, la sua tanto agognata
occasione.
Io non mi sentivo né
euforico, né indifferente. Non sapevo esattamente cosa
provavo. In ansia, probabilmente.
Quella notte, come quella
precedente, avevo faticato a chiudere occhio, riuscendo solo a pensare
al guaio in cui mi ero infilato con le mie stesse mani. Avrei voluto
sbattere la testa contro un muro, sul serio.
E la mia coscienza non aiutava,
dato che non faceva altro che ripetermi che ero un coglione patentato.
Ed era vero. Ero un coglione di primo ordine.
Guardai fuori dal finestrino, oltre
la coltre bassa e fitta di nuvole.
Eccola. Arriva.
Vidi Bella che avanzava verso di
me, la borsa della scuola inforcata su una spalla. Sentii il cuore
rimbombare nelle orecchie.
Calmati. Edward, calmati.
Lasciai andare il volante e
abbassai lo sguardo sulle mie mani.
Sentii la portiera dal lato del
passeggero aprirsi e poi richiudersi con uno scatto. Il profumo di
Bella invase l’abitacolo.
«Buongiorno,
Edward», mormorò, sistemandosi sul sedile.
Alzai lo sguardo.
«’Giorno, Bella».
Mi bloccai un momento.
Ma… si è
truccata?
Era da… non ricordavo
nemmeno esattamente da quanto che non la vedevo truccata. Il tratto di
matita era semplice, delicato, non vistoso; le guance erano rese solo
un po’ più luminose dal fondotinta. Ma
ciò non cambiava le cose.
E porta un paio di ballerine al
posto delle solite scarpe da tennis!
Mi ridestai. Non era la vera Bella:
era la Bella della “recita”, quella che doveva
dimostrare a Jacob di essersi rifatta una nuova vita. Non era la mia
Bella: non aveva fatto quello per fare piacere a me, tutto faceva parte
del piano.
I suoi occhi mi guardavano
perplessi dietro quel leggero strato di mascara attaccato alle ciglia.
«Che c’è?».
Scossi la testa. «Niente.
Ho solo notato che ti sei truccata, stamattina».
Arrossì. Nonostante lo
strato di trucco che le copriva le guance, me ne accorsi.
«Sì».
«E che ti sei anche
“messa in ghingheri”», aggiunsi.
«Oh»,
mormorò. Abbassò gli occhi sulla sua gonna a
balze, sulla camicetta ricamata che portava sotto la solita giacca di
jeans. «Siamo in ballo, Edward. Non possiamo tirarci
indietro, dobbiamo ballare», esclamò, fissando un
punto oltre il parabrezza.
Mi sentii morire.
Cosa pensavi, Edward? Che ti avesse
domandato questo favore solo perché, infondo, gli
interessavi davvero? Strinsi le labbra, reprimendo la
delusione, la voglia di urlargli che per me non era solo una messa in
scena, che la amavo davvero.
Illuso, sei un illuso.
Mi stavo facendo del male da solo.
Perché mi ostinavo a credere che il nostro rapporto girasse
in modo diverso da quello che in verità era?
Misi in moto la Volvo e mi avviai
verso l’università di Bella.
«Eccoci»,
annunciai, spegnendo il motore dell’auto. «Siamo
arrivati».
Bella alzò lo sguardo.
Guardò con aria insicura il parcheggio pieno di alunni.
«Bene».
Un attimo di silenzio.
«Bhe, è chiaro
il piano, no? Dirai a tutti quelli dell’università
che sia ufficialmente insieme, ora. Va bene?», disse,
mantenendo lo sguardo sulla moltitudine di studenti che attraversavano
il parcheggio per entrare nell’edificio.
«Sì»,
mormorai.
Si voltò verso di me e
mi schioccò un bacio sull’angolo della bocca.
«Ci vediamo all’uscita, allora».
Aprì la portiera e
uscì, chiudendosela alle spalle.
Boccheggiai.
Bella mi…
aveva… dato un bacio.
Sì, certo, non un bacio
appassionato, romantico, da film, ma comunque era sempre meglio di un
semplice abbraccio – quello che da lei avevo sempre ricevuto.
Sfiorai con le dita il punto in cui
le sue labbra mi avevano toccato.
Possibile che anche solo un
così semplice gesto mi facesse battere il cuore come un
martello pneumatico? Era davvero normale l’effetto che Bella
aveva su di me? Ne dubitavo.
Era un comportamento da coglione,
da vero coglione. Ma non potevo farci niente. Avevo provato di tutto
per controllarmi, per farmela passare, ma nulla aveva funzionato.
Sospirai, cercando di ricompormi.
Riaccesi il motore e mi avviai
verso la mia università. _______________
Ed eccolo qui, un nuovo aggiornamento.
In questo capitolo, abbiamo potuto vedere come i nostri due beniamini
si sono preparati per questo giorno importante, cosa hanno pensato e i
loro dubbi e dilemmi su questa situazione non molto chiara.
Entrambi sono preoccupati per quello che accadrà in seguito.
E voi? Condividete la loro preoccupazione?
Mi scuso se questo capitolo possa essere apparso un po' lento e
"vuoto": questo, come il prossimo, saranno capitoli di passaggio, che
serviranno a capire come le cose si trasformeranno prima del colpo di
scena. Aspettatevi di tutto... XD
Quindi, che ne pensate di questo mio scritto?? Cosa credete che
accadrà d'ora in poi? Andiamo, cari lettori, fate volare la
fantasia e fatemi sapere ogni singolo pensiero che vi è
passato per la mente leggendo. (:
Tornando un secondo al capitolo scorso, vedo che la Alice
intraprendente che sbatte il telefono in faccia a Edward è
piaciuta :D Credetemi, ho riso un casino quando quella scena mi
è venuta in mente e non ho potuto non scriverla e non
inserirla nella storia! Come ogni volta,
ringrazio tutti quanti. Tutti quelli che hanno recensito sin
dall'inizio e chi, invece, è arrivato da poco (mi riempite
il cuore di gioia, sul serio), tutti quelli che mi stanno seguendo,
avendo inserito la mia storia tra le preferite/seguite/ricordate, ma
anche un ringraziamento speciale a quelli che seguono, ma che
preferiscono restare in silenzio, sperando che un giorno vi farete
vedere. E come non
menzionare Giulia?! Ormai, lo faccio sempre! Un grazie anche a lei, non
c'è bisogno che spieghi il perchè. Ma anche ad
Alessia, che adesso è in viaggio (Torna presto, tesoro. Mi
manchi! T_T) e Elena, che è a Volterra (invidia allo stato
puro ùù Torna presto anche tu!! <33). Ok, e ora, dopo
questo spazio dell'autore lungo quanto un capitolo, vi lascio campo
libero... Vi andrebbe di lasciarmi una bella recensione?? *me che cade
in ginocchio a pregarvi* Mi date questa
grande gioia??? *_____* Un bacione a
tutti quanti! A presto! S.
Ps: avete visto
il primo trailer di Bel Ami?? Che ne pensate??? *w* Secondo me,
moriremo tutte in quella sala del cinema *vaga sensazione*
EDIT: Ok, chiedo
scusa per essermi persa l'aggiornamento ieri. Avevo preparato tutto ma
quando ero pronta per postare ormai era troppo tardi (erano le 23:16
o.o"). Per cui, ecco qui questo aggiornamento, eccezionalmente
domenicale (:
Recensite in molti, mi raccomando (((((((((=
Uscii
dall’aula magna dell’università e mi
diressi a grandi passi verso l’aula della
lezione successiva.
Cercai
di non badare più di tanto agli sguardi indiscreti e ai
mormorii insistenti di
tutte le persone che occupavano il corridoio. Odiavo uscire non appena
la
campanella suonava. Tutta quella gente pettegola affacciata nel
corridoio, in
attesa di captare una storia interessante, o anche solo il pretesto per
inventarne una. Per non parlare di come fissavano colui o colei che era
preda fino
al collo di un pettegolezzo stuzzicante. Tipo me, in quel momento.
Era
come sentirsi una bestia da circo, un attrazione: tutti ti guardano
sfacciatamente, e nemmeno pensano che questo possa risultare un tantino seccante.
«Hey,
Ed! Edward!», sentii urlare dall’altro capo del
corridoio. «Edward!».
Oh, perfetto. La
gente adesso inizia anche a fermarmi. Cos’è,
vogliono che gli faccia
l’autografo?
Mi
voltai e vidi Marcus correre verso di me. Mi tranquillizzai, lasciando
andare
un sospiro di sollievo. Potevo evitare di preoccuparmi di lui, lo
conoscevo fin
troppo bene per farlo.
Marcus
era l’unica persona dei tempi del liceo che ancora sentivo e
frequentavo –
oltre a Bella e ad Alice. Ci conoscevamo fin dalle scuole elementari,
avevamo
praticamente passato tutta la nostra infanzia insieme. Ora uscivamo
qualche
volta, molto raramente, ma nonostante ciò, era sempre
bello ritrovare un amico di vecchia data.
«Ciao,
Marcus», lo salutai con un sorriso.
«Hey,
come va?», mormorò.
«Bene,
bene, non c’è male», risposi, iniziando
a scendere i gradini della scala
principale. «Tu, invece?».
Annuì,
mostrando una faccia che intendeva “né alla
grande, né d’inferno”. «Ho
saputo
la grande notizia, comunque».
Lo
guardai, aggrottando le sopracciglia. Finsi di non capire, anche se
avevo
compreso fino in fondo ciò che intendeva. E rimasi stupito,
perché Marcus ci
era sempre estraniato da gossip e pettegolezzi vari.
«Ma
sì, dai». Mi diede una gomitata in un fianco.
«Sai cosa intendo. Tu e la Swan,
eh?».
Certo,
ovviamente lo sapeva. Chi non lo sapeva, ormai?!
Erano
passate due settimane da quando io e Bella avevamo deciso di buttarci
in quella
situazione complicata. Esattamente, 13 giorni e qualche ora da quando,
contro
ogni aspettativa, avevo deciso di accettare di aiutare Bella,
accettando di
diventare il suo “fasullo” fidanzato.
Poco
tempo, non si poteva certo ammettere che avessi passato molto
convivendo in
quella relazione quasi a senso
unico.
Tanto, troppo, se invece pensavo a quanto già il mio stomaco
rodesse per colpa
delle emozioni represse.
«Eh,
già», sospirai. «Io e Bella stiamo
insieme».
«Wow.
Complimenti, amico. Sapevo che era da un po’ che le facevi il
filo».
Annuii.
«Sì, sì, infatti. Ma solo recentemente
ha ceduto».
O Gesù, ma quante
stronzate mi sto inventando?
Eh
sì, c’era anche questo da dire: la nostra
apparente relazione era fondata sulle
bugie. Nel senso che, per esempio, quando qualcuno ci domandava cosa
avremmo
fatto quella sera o nel weekend, io e Bella ci scambiavamo uno sguardo
desideroso,
pieno di malizia e ci stringevamo l’uno all’altra.
E
poi, cosa? Stavamo a casa a guardare commedie, mangiando gelato o
uscendo da
qualche parte.
Ecco,
più che bugie potevano essere considerati “doppi
sensi”: lasciavamo il discorso
in sospeso, facendo si che il nostro interlocutore intendesse
ciò che più gli
pareva, che la maggior parte delle volte era ciò che avevamo
previsto.
«Bene,
bene», diceva Bella. «Tutto sta andando per il
verso giusto». Ovvero, l’imboscata
sta funzionando.
Ma
era difficile per me. Facevo del mio meglio per non espormi troppo, per
cercare
di non farle capire ciò che realmente provavo per lei, ma
non era facile.
Che idiota, che
idiota; non solo non hai il coraggio di esternare i tuoi sentimenti
alla donna
che ami, ma per di più hai anche deciso di metterti con lei
solo per risolvere
un suo problema. Deficiente.
E
il pettegolezzo della nostra relazione continuava a girare.
Inarrestabile.
Io
e Marcus decidemmo di uscire a prendere un drink, un “happy
hour”. Accettai,
benché avevo promesso a Bella che sarei passato da lei un
po’ prima quella
sera. Le inviai un messaggio di scuse, sicuro che infondo non si
sarebbe
arrabbiata.
Ci
sedemmo in un piccolo bar, vicino all’uscita
dell’università, bevendo qualche
intruglio strano e mangiucchiando qualche stuzzichino.
Chiacchierammo
del più e del meno: dei nostri corsi
all’università, delle nostre famiglie,
degli amici che ancora frequentavamo e di quelli che invece avevamo
perso di
vista, dei nostri hobby, dei progetti per il futuro.
Ci
lasciammo con la promessa che da quel giorno in poi ci saremo visti
più spesso.
Salii
in macchina e mi diressi verso la casetta bianca, impilata in una
piccola via
in periferia di Seattle. La casa di Bella.
Ma
qualcosa, nel tragitto per arrivare a casa sua. Le luci della solita
insegna
rovinata, l’odore intenso che si sprigionava dal negozio e
che arrivava fin
sulla strada. Fermai l’auto ed entrai nel negozio. Le avrei
fatto una sorpresa.
BELLA
Il
trillo insistente del campanello mi risvegliò dal torpore
che mi aveva
catturata.
Balzai
giù dal divano e mi diressi di corsa verso la porta,
spalancandola senza
nemmeno domandare chi fosse – infondo, lo sapevo
già.
«Edward»,
sorrisi non appena me lo trovai davanti.
«Ciao,
Bella», mormorò, passandosi una mano tra i capelli
gonfi d’umidità. «Guarda un
po’».
Fece
segno col capo a ciò che reggeva con la mano destra. Un
cartone di pizza,
proveniente dalla pizzeria migliore della città.
Mi
si inumidirono gli occhi. Era da un sacco di tempo che io ed Edward non
andavamo
in quella pizzeria, la nostra pizzeria. Tutti i momenti più
importanti che
avevamo attraversato insieme erano caratterizzati dalla presenza di una
fetta
di pizza al formaggio.
Gli
sorrisi e andammo in salotto.
Accesi
la tv e ci accomodammo l’uno accanto all’altra sul
divano.
Iniziammo
a dividerci le fette di pizza, litigando con la mozzarella. E con
ciò intendo
che stavamo letteralmente combattendo
contro quello strato di roba filante.
Ci
volle un buon quarto d’ora prima di riuscire a trovare un
modo per non far
cadere tutto il condimento sul pavimento e, tra risate e prese in giro,
ci
tranquillizzammo, prestando attenzione al talk show di seconda
categoria che
trasmettevano.
«Sai,
ho incontrato Marcus, oggi…», mormorò
improvvisamente, riportandomi alla realtà.
Mi
voltai verso di lui. Aveva lo sguardo basso, fisso sulla fetta di pizza
che
teneva tra le mani. «Davvero?», chiesi realmente
sorpresa – era da un sacco di
tempo che non sentivo più parlare di lui.
«Già»,
annuì, bevendo un lungo sorso di cola dalla sua lattina.
«E indovina? Lo sa
anche lui».
Strabuzzai
gli occhi. «Mi prendi in giro?!».
«No»,
disse, alzando lo sguardo verso di me. «Se devo essere
onesto, sono rimasto
stupito anche io, quando me l’ha detto».
«Ma,
pensa», sospirai tra me. «Colui che si estraniava
da tutti i vari gossip del
liceo ha saputo di noi».
Improvvisamente,
un moto di soddisfazione mi legò lo stomaco.
Ce
la stavamo facendo. Tutto stava andando alla perfezione, nel verso
giusto, come
avevo previsto.
Tutti
sapevano di noi. Tutti conoscevano il mio nuovo amore.
Tutti…
«Che
c’è?», mi domandò Edward,
colpito dalla mia improvvisa gioia.
«Ci
siamo quasi, Edward».
Ora
che ci ripenso, credo che strabuzzò gli occhi, in quel
momento. «Cosa intendi
dire?».
«Tra
non molto, Jacob lo verrà a sapere», sorrisi
maligna. «Lo so. Lo sento».
____________________
Eccomi qui,
puntuale questa volta. (: Ebbene, altro
capitolo di passaggio. Edward e Bella hanno messo in giro la voce che
stavano insieme e quindi il pettegolezzo gira e rigira. Avete potuto
vedere che non è molto bello stare in mezzo a questa
situazione per Edward, soprattutto adesso che nessuno lo lascia
più in pace con tutti questi mormorii ed occhiate. Che situazione =|
Sinceramente, io non sarei durata nemmeno 10 secondi al posto di
Edward. Avrei preso e mi sarei nascosta la testa dentro un sacchetto di
carta. Uhm, già, forse sono un po' troppo melodrammatica... Comunque, cosa ne
pensate?? So che molti di voi vorrebbero dare un bello scapellotto a
Bella, così che si dia una svegliata e, credetemi, anche io
glielo vorrei tanto dare. Questa Bella che continua a far pensare il
nostro povero, dolce e tenero Edward... *no buono-no buono* E state attenti
perchè nel prossimo capitolo Bella farà una
proposta che Edward non potrà rifiutare... Ci
sarà il grande ed atteso colpo di scena! Curiosi? :3 Mi scuso per la
lunghezza misera e per i contenuti un po' noiosetti di questo capitolo.
Purtroppo, è la caratteristica dei capitoli di passaggio,
che, a mio parere, sono davvero inevitabili nelle storie. Sappiate solo
che la storia sta sul serio mettendo il gas, per cui preparatevi. Solito giro di
ringraziamenti. Innanzi tutto, alle 6 fantastiche buon'anime che hanno
recensito lo scorso capitolo - le vostre parole mi aprono il cuore e mi
spingono a continuare, per cui continuate a dire la vostra e a farvi
sentire; siate partecipi, perchè non mi fate nient'altro che
un gran piacere (: Ma un
riconoscimento speciale va anche alle 24 persone che hanno inserito la
storia tra le preferite, alle 5 persone tra le ricordate e alle 100che l'anno inserita tra
le seguite. Sono davvero straeuforica! Spero di poter leggere la vostra
opinione una volta o l'altra ;) E grazie anche a
tutti quelli che leggono, restando in silenzio - spero che la storia vi
piaccia ^^ Ora lascio lo
spazio a voi, cari lettori. Cosa ne pensate di questo capitolo?? E'
noioso, sconclusionato, insomma, uno schifo?? Ditemi ogni vostro
ringolo pensiero, non mi offenderò, anzi cercherò
di dare ancora di più così da rendere questa
storia migliore. Vi andrebbe di
lasciarmi una bella recensione?? Ne avrei proprio bisogno, in questo
afoso pomeriggio di fine luglio :D Please!!!!!! Un immenso
bacione a tutti voi, S.
«Potevi
almeno lasciarmi pagare parte della mia cena!», lo ammonii
ancora una volta.
«Ti
ricordo che sono il tuo fidanzato e che quindi tocca a me pagare. Fine
della
discussione», mi fece l’occhiolino.
Mi
avvicinai al suo orecchio. «Te li ridarò,
più tardi. Non ti credere…».
Mi
guardo come se avessi appena parlato arabo. «No, no, no, non
se ne parla
proprio. Te l’ho già fatto il discorso, Bella. Non
vorrai mica che un
gentiluomo come me si permetta di fare brutta figura con la propria
donzella?».
Ridacchiai
allegramente.
Era
uno spasso uscire con Edward. Come sempre.
Se
ci pensavo bene, potevo dire che infondo le cose tra noi non erano
cambiate
granché.
Bhe,
certo, le cene a lume di candela e le parole dolci che ci sussurravamo
in
pubblico non erano da considerarsi propriamente roba
da migliori amici, ma, ad ogni modo, il nostro rapporto reale – quello concreto, che
solo noi
conoscevamo - non era cambiato radicalmente rispetto a quello che avevo
pensato.
Per
noi – per me, per lo meno -, eravamo sempre isoliti, vecchi, buoni amici del liceo. Io continuavo a
considerarlo il
mio migliore amico e lui continuava a trattarmi come un tempo.
Ci
divertivamo, come avevamo sempre fatto. Non ci comportavamo in modo
diverso.
Nulla
era variato, fortunatamente. Non potevo permettermi di perdere Edward
per una
cretinata come questa.
Piuttosto,
ancora rimanevo stupita dalla sua decisione di aiutarmi con questa
storia. Non
l’avevo mai capito, e probabilmente mai ci sarei arrivata
davvero.
Uscimmo
in strada ed entrambi ci stringemmo nelle giacche per colpa del freddo.
Rabbrividii
violentemente.
Ok, lo ammetto
forse quella del mini abito non è stata una grande
idea…
Edward
mi strinse a sé, strofinando la mano sul mio braccio.
«Che
dici, ti va di fare un giro, prima di tornare a casa?», mi
sussurrò
all’orecchio.
Annuii,
in risposta. Mi andava davvero, nonostante il freddo e
l’umidità che ti perforava
le ossa. Già, forse anche per il semplice fatto che qualcuno
ci potesse vedere,
notare, riconoscere.
Era
la mia ossessione, quella, ormai, e anche Edward lo sapeva, o come
minimo
l’aveva intuito. E probabilmente fu per quello che me lo
propose.
Per
me, sapere che più gente possibile ci vedesse insieme,
così che la voce potesse
spargersi ancora di più, era una soddisfazione. Volevo che
quel pettegolezzo
arrivasse dritto dritto alle orecchie di Jacob. Non vedevo
l’ora di vedere la
sua reazione, anche se per certi versi ciò mi preoccupava.
Lui
aveva detto che mi avrebbe lasciato stare, ma chi sapeva come
funzionava la
mente di Jacob?
Guardai
Edward, che appariva tranquillo e rilassato. Naturale, come gli avevo
raccomandato di essere.
Sorrisi,
pensando che mai avrei potuto trovare qualcuno migliore di Edward,
qualcuno
capace di aiutarmi, di sostenermi, di starmi accanto come faceva lui. E
il
fatto che, anche in questa difficile situazione lui avesse deciso di
essere
dalla mia parte, era la dimostrazione che la nostra amicizia era
più forte di
tutto.
Ci
incamminammo tranquilli verso i locali vicino al mare. L’aria
pungente faceva
svolazzare la gonna dell’abito. I capelli svolazzanti di
Edward brillavano
sotto la luce gialla dei lampioni.
Le
voci un po’ brille e strascicanti dei ragazzi che uscivano
dai pub si
mescolavano, formando strani versi. Alcuni ragazzi scoppiarono a ridere
sguaiatamente; altri, con ancora in mano grosse bottiglie di birra,
ondeggiavano come foglie al vento.
Un
grosso tipo muscoloso si voltò nella nostra direzione. Ci
guardava stranito,
incuriosito quasi. O meglio, guardava me.
Improvvisamente,
mi bloccai, impietrita.
Non è lui…
Non può
essere lui…
«Bella»,
mi richiamò Edward, chiaramente preoccupato. «Cosa
c’è? Che succede?».
Ero
nel panico. Mi sentivo qualcosa più che semplicemente
terrorizzata.
Ok,
era assurdo che mi facessi prendere dalla paura. Insomma, non era
quello che volevo?
Che Jacob venisse a saperlo? Quella era la situazione migliore per
affrontarlo;
perché scappare?
Eppure,
era diverso. Era troppo facile parlare e blaterare, complottare, su
cosa avrei
fatto se me lo fossi ritrovato davanti. Era troppo facile pensarci e basta. Era agire
il problema. Ritrovarmelo davanti e trovare il coraggio di
dire “Hey, questo è il mio nuovo
ragazzo”. Lui aveva detto che mi avrebbe lasciato
stare, ma chi poteva sapere cosa gli sarebbe passato per la testa?
Mi
voltai nella direzione opposta, iniziando a camminare con passo deciso.
Edward
dovette correre per raggiungermi. «Bella, cosa sta
succedendo?», mi chiese,
prendendomi per le spalle e bloccandomi davanti a lui.
Voltai
di poco lo sguardo, così da poter vedere il gruppo di
ragazzi. Quel tipo era
ancora lì. Deglutii rumorosamente.
«Quello»,
mormorai, indicandolo con un cenno del capo. «Quel tipo che
ci stava fissando,
poco fa. È Jacob. È lui, ne sono più
che certa».
Il
suo sguardo si fece pensieroso. «Ne sei sicura?».
Annuii,
guardando l’omaccione grosso e alto. Vidi i suoi occhi
diventare due fessure.
Non ne ero sicura, ma mi parve di vedere che le sue pupille si
riempirono di
furia.
Iniziò
a camminare nella nostra direzione.
«Oh,
cazzo!», quasi gridai.
Strattonai
Edward per un braccio e iniziai a camminare velocemente verso il
parcheggio.
«Bella,
per favore, fermati!», mi richiamò Edward un paio
di volte, ma non volevo
sentire ragioni: la sensazione di panico era troppo forte per impedire
a quella
voce di sovrastarmi.
Nonostante
ciò, riuscì a bloccarmi nelle vicinanze di una
piazzetta. «Bella, si può sapere
che cazzo ti prende?», mi scrollò per le spalle.
Lasciai
andare un forte sospiro e mi resi conto di aver trattenuto il respiro
per tutto
il tempo. «Non lo so. Portami a casa, ti prego».
Lui
annuì, ma quando ci voltammo per raggiungere
l’auto, parcheggiata poco più
avanti, mi accorsi che era troppo tardi per scappare. Jacob si stava
guardando
in giro, cercando di capire se aveva seguito la strada giusta.
«Oddio»,
piagnucolai.
Era
la fine. Ci avrebbe spaccato la faccia, sia a me che ad Edward. Anzi,
era molto
probabile che prima torturasse me fino a giurargli il mio amore eterno,
mentre
gli imploravo di essere clemente con una povera creaturina che aveva
semplicemente perso la giusta via. O peggio, avrebbe potuto rapirmi e
chiudermi
in una cantina ammuffita finché non mi fossi convinta che
solo lui poteva
essere l’unico. Il solo
pensiero mi
fece venire la pelle d’oca.
Okay,
Okay. Sarebbe stato difficile, ma non potevo permettermi di mostrarmi
impaurita.
Non dovevo lasciargli intendere che avevo qualcosa da temere per colpa
sua. Io
ero nel giusto; era lui nel torto.
Ma
non potevo nemmeno aspettare che lui arrivasse lì a darci
una bella lezione.
Dovevo
macchinare qualcosa, e alla svelta, dato che ogni secondo che passava
la sua
figura imbufalita si faceva sempre più vicina.
Finché,
l’illuminazione arrivò.
«Baciami,
Edward».
EDWARD
«Baciami,
Edward».
Mi
voltai di scatto, sbigottito. «Cosa?».
No, no, non puoi
farlo. Non puoi chiedermi una cosa del genere, Bella.
«Mi
hai sentito», mormorò piano.
«È la nostra unica via di fuga».
Via di fuga? Sì,
certo, come no. Siamo in una botte di ferro, in trappola, e lei vuole
metterci
ancora più nei casini?!
Deglutii
rumorosamente. «No, no», scossi la testa nervoso.
«Bella, non… Non terrà mai
tutto ciò, non ne vale la pena. Forse, dovremmo solo
affrettarci e andare via.
Sarebbe meglio…». Ma non finii mai quella frase.
Il
viso di Bella si avvicinò al mio e, prima che potessi in
qualche modo trovare
la forza di reagire, le sue labbra furono sulle mie.
Il
mio corpo non rispose più ai miei comandi. Era come se la
mia mente, la parte
più razionale, si fosse divisa dal mio corpo, che ora faceva
per conto proprio.
Mentre la prima urlava, scalpitava perché mi dividessi da
Bella, l’altra, più
forte, si aggrappava a quel finto bacio con gli artigli. Fu per questo
che le
cinsi la vita con un braccio, stringendola ancora di più a
me. Le sue mani si incatenarono
al mio collo.
E,
d’improvviso, non esisteva più né Jacob
né l’assurda situazione per cui io e
Bella eravamo finiti insieme, c’eravamo solo noi –
e il mio amore represso che
finalmente trovava abbastanza spazio per emergere. Come avevo sempre
sognato.
Mi
baciò con passione, ma dolcemente, sfiorandomi con
leggerezza, come se avesse
paura di approfondire quel contatto.
Si
scostò da me quel tanto da guardarmi negli occhi, da leggere
la mia
espressione. Sorrise soddisfatta.
Tornò
a baciarmi tranquillamente, come fosse la cosa più giusta
del mondo. Si alzò
sulle punte, prendendo tra le dita alcune ciocche dei miei capelli e
avvicinando il mio viso ancor più al suo.
Dischiuse
di poco le labbra e il sapore intenso del suo respiro mi
trapassò.
Sentivo
il cuore rimbalzare forte contro il petto di Bella. Balzava
così forte che
riusciva a farmi tremare anche le ginocchia. Faticavo a stare in piedi,
non
potevo negarlo. Dovetti aggrapparmi a tutte le mie forze per non cadere
per
terra come un cretino.
Rimasi
imbambolato per qualche secondo, quando non sentii più il
contatto con le sue
labbra.
Quando
riaprii gli occhi, vidi lo sguardo di Bella vagare da un lato
all’altro della
piazzetta.
«Di
Jacob non c’è più traccia»,
notò sollevata. «Ce la siamo cavata per questa
volta, meno male».
I
suoi occhi scuri, ma luminosi, incontrarono i miei, ancora stralunati.
Mi prese
per mano e mi guidò verso l’auto, per tornare a
casa.
____________________
Salve a tutti voi! (:
Ho aggiornato qualche giorno in anticipo. Come mai? Mia madre non ha
bene presente l'idea di "avvertire in anticipo"... Eh già,
altro mini-viaggetto fuori programma, e io quando lo vengo a sapere?!
Questa mattina. Bello, vero? ._.
E quindi, eccomi qui, ad aggiornare in fretta e furia, per cui,
perdonatemi se doveste trovare errori o incongruenze: non sono riuscita
a ricontrollare tutto per bene. Abbiate venia.
Ebbene, ecco qui il capitolo che tanto stavate aspettando. Sorprese?
Avete voglia di ammazzarmi, vero?? Sì, vi do il permesso di
farlo, probabilmente me lo merito. Però sappiate che se mi
ammazzate adesso non saprete mai come finirà questa storia!
E voi direte "Sì, meglio. Così non ci stresserai
più con queste tute storie senza capo ne coda" e tirerete
fuori le mazze e i forconi u.u
Povero Edward, lo sto facendo soffrire non poco. Mi dispiace davvero
tanto, sul serio, davvero!
Purtroppo, non posso nemmeno confortarvi dicendovi che tutto
passerà presto: no, non sarà così.
Edward e Bella ne dovranno passare altre (molte altre) prima di
ritrovare la retta via. Ma sarà giusta, questa via?? Bha,
solo con il tempo e la pazienza di scoprirà.
Ovviamente, ringrazio sempre tutti voi, perchè continuate a
seguirmi. Le vostre recensioni mi riempiono il cuore, non
c'è nulla che mi renda più felice che sapere che
seguite questa storia volentieri. E' davvero una grande gioia per me,
sul serio. Quindi, continuate così, per favore :D
Allora, che ne pensate di questo capitolo? A parte il fatto che volete
uccidermi, ovvio. Sono riuscita ad esprirmere al meglio le emozioni di
Edward? E invece che ne pensate della reazione di Bella, non appena ha
visto Jacob?? Ditemi tutto, sono pronta a tutto :))
Bene, ora lascio lo spazio a voi. Mi lascereste qualche altra bella
recensione? Anche breve e contenente minacce di morte, ne ho davvero
bisogno :D
Avanti, avanti, avanti, per
favore **
Un bacione enorme,
S.
Ps: Come vi ho detto, domani partirò per il mini-viaggetto
di cui vi ho parlato, ma c'è un'altra cosa di cui voglio
informarvi. Il 13 agosto partirò per il mare e
starò via per due settimane, quindi fino alla fine del mese.
Ora, non ho esattamente idea di quando tornerò da questo
viaggetto, però non credo di riuscire ad aggiornare un'altra
volta prima di partire per il mare; per cui, questo è
quanto, signori: l'ultimo capitolo di questo mese. Non mi sentirete per
un po'. Mi mancherete tanto, lo ammetto.
Mando un bacio a tutti voi.
E recensite, mi raccomando!!!!!
Avete presente
quella sensazione assurda che ti rode le interiora quando
un’intera aula
d’università parla di te alle tue spalle? Ecco,
è proprio quello che sento in
questo momento.
Mi
voltai verso due ragazze, sedute alcune file più indietro di
me: ridacchiavano,
parlottando l’una con l’altra e guardando verso di
me.
Ma
non erano solo loro. Vedevo la maggior parte degli alunni nella classe
inviare
messaggi di nascosto, mentre mi lanciavano sguardi spudorati e
sogghignavano
tra loro.
C’è qualcosa
che
non va.
Anche
il professor Berty se ne accorse e più volte fu costretto a
richiamare la
classe all’attenzione. Ma ciò non bastò
a placare il parlottio generale.
Erano
tutti eccitati: li vedevo quasi saltellare sulle sedie. Gli sguardi di
tutti
vagavano da una parte all’altra dell’aula; alcune
volte incrociavano per
sbaglio il mio sguardo – più che perplesso
– e mi rispondevano con un sorriso
disinteressato e ritornavano a ridacchiare.
Decisi
di non farci tanto caso, per quanto quel comportamento generale mi
desse
parecchio fastidio.
Stavo
iniziando a non pensarci più, quando, durante la pausa tra
una lezione e
l’altra, captai alcuni pezzi di conversazione tra due
matricole.
«Ho
sentito dire che ha intenzione di venire qui a spaccare la faccia a
quel tipo
che sta con la Swan», disse la ragazza dai capelli rossi,
corti fino alle
spalle.
Strabuzzai
gli occhi non appena sentii nominare il mio nome.
Allora, è proprio
vero che sta succedendo qualcosa che mi riguarda!
«Oh,
sì!», replicò l’altra, con
atteggiamento smorfioso. «Jenny mi ha detto che le
è
stato detto personalmente da lui! Non so esattamente cosa sia successo
per
scatenare questa reazione, ma di sicuro quei due devono guardarsi le
spalle!».
Ridacchiarono
insieme, come se ci fosse davvero qualcosa di divertente.
Mi
sentii rabbrividire. Sapevo perfettamente che il tipo che era altamente incazzato con me ed Edward era
Jacob: non conoscevo nessun altro con cui avevo un “conto in
sospeso”. Oltretutto,
dopo tutto quello che era successo la sera prima, non poteva essere
nessun
altro che lui. Per certi versi, tutto ciò non mi stupiva:
sin dall’inizio, ero
certa che Jacob avrebbe reagito in modo esagerato; era comprensibile,
dopo quello
che mi aveva fatto passare. Me lo aspettavo. Ma sapere che
così mi sarei messa
nei casini, e che avrei coinvolto anche Edward, mi faceva preoccupare.
E non
poco.
Cercai
di non pensarci, di lasciar correre, visto che l’angoscia e
l’ansia mi stavano
già attanagliando lo stomaco. Ma era difficile, anche
perché sembrava che non
si parlasse d’altro. Di certo, era considerata la notizia del
giorno.
E
più le ore passavano, più le cose non
miglioravano. Anzi, peggioravano, e di
brutto, anche.
Non
potevo più nemmeno camminare tranquillamente per il
corridoio senza sentire gli
occhi di tutti puntati sulla schiena.
Decisi
di nascondermi in bagno, finché tutti quanti non fossero
entrati nelle proprie
aule. Mi ritornarono in mente i tempi duri del liceo, quando tutti
sapevano
tutto di tutti. Se venivi preso di mira da qualcuno, potevi star certo
che non
ti avrebbe mollato. Per non parlare se veniva svelato un tuo segreto
intimo e,
magari, particolarmente imbarazzante. Fortunatamente, non mi era mai
capitato di
ritrovarmi in circostanze del genere, ma quel giorno mi pareva proprio
di
essere tornata indietro nel tempo.
Mi
sedetti sulla tazza e telefonai ad Edward. Avevo bisogno di riferirgli
tutto
ciò che stava accadendo: primo, perché doveva
essere avvertito, secondo, perché avevo bisogno di un suo
parere, di sentire il
suo sostegno.
«Pronto…?»,
la voce simile ad un bisbiglio.
«Edward,
ho bisogno di parlarti. Ti disturbo?», dissi tutto
d’un fiato.
«No,
no, tranquilla. È successo qualcosa? Ti sento un
po’ tesa».
Bingo.
Beccata. Colpita e affondata.
Mi
schiarii la gola dal groppone che mi impediva di deglutire.
«Sì, in effetti…», e
iniziai a raccontargli tutto quello che stava accadendo. Lui mi
ascoltò in
silenzio, rispondendo con vari e indefiniti
“uhm-uhm”, per farmi capire che
ascoltava con interesse.
«Non
preoccuparti, Bella», mi disse infine. «Sono
convinto che siano solo
pettegolezzi infondati. Non ci fare tanto caso. Ad ogni modo,
sarò già lì ad
aspettarti quando uscirai, così non dovrai badarci
più di tanto».
Sperai
che Edward avesse ragione e, per l’ennesima volta, ringraziai
il cielo che mi
fosse vicino.
Mentre
mi avvicinavo all’aula dell’ultima lezione mi
sentivo davvero più
sollevata e tranquilla. Mi ero convinta che, infondo,
non poteva accadere nulla di particolarmente strano. I pettegolezzi e
le voci
di corridoio erano sempre girate tra la gente. Probabilmente, quella
che adesso
veniva raccontata sul nostro conto era solo un’invenzione di
qualche conoscente
invidioso. Perché preoccuparsi?
Finalmente,
riuscii a trovare la tranquillità e ad immergermi
completamente nella lezione,
accantonando in un angolo Jacob, Edward, annessi e connessi.
EDWARD
Mi
nascosi dietro agli scaffali colmi di libroni vecchi e consumati della
biblioteca della mia università, sperando di trovare almeno
lì un po’ di
tranquillità.
Dopo
la telefonata di Bella, il mio stato d’animo era cambiato
ancora.
La
gioia della sera prima e del mattino si erano dissolte alla svelta, non
appena ero
arrivato all’università.
Eh,
già, perché anche nella mia università
tutti si comportavano in modo strano:
sguardi curiosi, ghigni malevoli e chiacchiere, chiacchiere e ancora
chiacchiere.
Anch’io,
inizialmente, non ci avevo fatto molto caso, convincendomi che tutto
ciò non
fosse dovuto a una causa particolare, ma non potevo negare che mi
sentivo un
po’ a disagio. Ero diventato più nervoso, invece,
dopo la chiamata, perché
avevo capito che quella situazione non me la stavo semplicemente
sognando, ma
era più vera di quanto immaginassi.
Nonostante
le avessi detto di stare tranquilla, che era tutta una montatura, non
smentivo assolutamente
il fatto di essere anche io preoccupato per tutto ciò.
Un
gruppo di ragazze mi incrociò e si mise a sghignazzare. Come se ci fosse qualcosa di divertente…
“Solo
dicerie senza capo né coda, semplicemente parole, e
basta”, ricordai a me
stesso.
Sperai
solo che fosse vero.
Quando
arrivai nell’ampio parcheggio
dell’università di Bella, non notai nulla di
anomalo. Tutto era tranquillo: insegnanti ed alunni che uscivano dalle
lezioni
e che si dirigevano verso le proprie auto per tornare a casa, alcune
persone che
si affrettavano verso il bar o la libreria situate poco lontano. Tutto
tranquillo.
Riconobbi
Bella che correva verso di me.
«Edward»,
esclamò, non appena mi fu accanto.
«Hey,
Bella», le sorrisi, convincendomi ad apparire rilassato.
«Visto? Tutto normale.
Forza, andiamo, ci aspetta un intenso pomeriggio di studi».
Ma
avevo parlato troppo in fretta.
Il
rombo violento del motore di una moto ci assordì entrambi.
Questa inchiodò
davanti a noi, non investendoci per poco. Ed ecco che da una nuvola di
fumo apparve
colui che avevo sperato di non incontrare: Jacob Black.
Allungò il cavalletto e
si sistemò il ciuffo, afflosciato per colpa del casco.
«Ma
guarda, guarda, guarda…», esordì,
guardandoci dritto in faccia. «I due
piccioncini che tubano amorevolmente».
«Jacob,
ti prego», mormorò sommessamente Bella.
Si
voltò piano verso di lei, guardandola in modo maligno.
«Bella, amore mio».
La
sentii rimpicciolirsi al mio fianco. La strinsi a me più
forte.
«Sapete,
vi ho visto ieri sera. Due dolci e teneri innamorati che si
sbaciucchiano sotto
un lampione. Che cosa indescrivibilmente meravigliosa»,
esclamò serio, ma con
un che di perfido nel tono di voce. «Peccato che tutto
ciò non mi stia molto
bene. Sai bene che ti considero ancora la mia ragazza, Bella, quindi mi
pare
giusto arrabbiarmi un po’
se qualcuno
se la fa con lei», mi fissò truce. Ricambiai lo
sguardo.
Non
sapevo esattamente perché mi stavo comportando in quel modo
da duro: non lo ero mai stato,
anzi, mi ero
sempre tirato fuori da ogni situazione potenzialmente pericolosa.
Eppure, in quella particolare circostanza, con Bella al
mio fianco, avevo acquistato il coraggio che non avevo mai avuto.
D’altronde,
ero il suo fidanzato – anche se per finta – e il
mio compito era proteggerla.
D’accordo, mi
caccerò nei guai per quello che sto facendo…
L’attenzione
di Jacob ritornò su Bella. «Andiamo, dolcezza,
finiamola con questa storia, sai
che tanto non servirà a un fico secco opporre
resistenza».
«Jacob»,
rispose seria lei. «Tra noi è finita, punto.
Mettiti il cuore in pace. Non
voglio più avere niente a che fare con te».
«Dici?»,
i suoi occhi si fecero due fessure. Agguantò con le sue
enormi mani il polso di
Bella, spingendola verso di lui. Vidi Bella rabbrividire.
E
in quel preciso istante qualcosa in me scattò. Era difficile
spiegare cosa mi accadde
esattamente –tuttora
trovo complicato farlo. Fu come se sentii una scossa impetuosa
pervadermi i
muscoli, una sorta di impulso irrefrenabile, che mi fece balzare in
avanti ed
agire.
Afferrai
con forza il possente braccio di Jacob. «Non provare a
toccarla», ringhiai,
scandendo per bene ogni singola parola.
«Altrimenti?»,
domandò ironico.
«Altrimenti,
te la dovrai vedere con me».
Edward Anthony Masen,
cosa cazzo stai dicendo? Vuoi farti ammazzare, per caso?! Non vedi che
quel
tipo è più grosso di te del doppio!
Già,
forse la voce della mia coscienza aveva ragione, ma non potevo
più tirarmi
indietro, ormai.
La
risata perversa di Jacob echeggiò nell’aria.
«Quindi, fammi capire, tu saresti
capace di darmele pur di proteggere il tuo amore? Ma, per
favore!», riuscì a
dire, mentre sghignazzava.
«Forza,
andiamo, Bella. Non farmi perdere altro tempo con questo
sfigato», continuò,
trascinandola via. Provò a divincolarsi, ma senza risultato:
la sua presa era
troppo potente. Incrociai i suoi occhi persi, fissi nei miei, come se
mi stesse
pregando di fare qualcosa. Non me lo feci ripetere due volte.
Li
raggiunsi di corsa. Divisi Bella dal suo aguzzino, spingendola il
più lontano
possibile: non volevo coinvolgere anche lei. Jacob mi guardò
allibito.
«Scusa,
come mi hai chiamato?!».
E
gli sferrai un pugno sul naso.
L’armadio
che era cadde a terra con un tonfo, accompagnato da un grugnito
indefinito: di
certo, non si aspettava che reagissi con la violenza. E, detto
sinceramente, non
me lo aspettavo nemmeno io. Fu per questo che rimasi un attimo
intontito, rendendomi
conto che l’avevo fatto davvero.
Mentre
realizzavo ciò che stava succedendo, non mi accorsi che
Jacob si era rialzato e
che, con una lunga striscia di sangue che gli attraversava le labbra,
si
preparava a restituirmi il colpo.
«Brutto…»,
abbaiò non finendo la frase, tirandomi un gancio destro.
Mi
beccò sopra l’occhio, lo sentii quasi esplodere.
Rotolai
accanto alla macchina, sbattendo la fronte contro il cerchione. Sentii
altri
colpi arrivare a destinazione, sul fianco, sulla faccia. In lontananza
udivo le
grida di Bella. «Basta! Smettetela! Basta!».
Non
so come – soprattutto, non so dove trovai la forza
– riuscii ad alzarmi e a
reagire.
Schivai
qualche cazzotto, in cambio lo colpii ancora un paio di volte.
Poi,
ci fu solo confusione, baraonda e scompiglio. Venni strattonato via da
quello
stronzo per le spalle.
«Lasciala
in pace, chiaro?! LASCIALA-IN-PACE!», urlai fuori di me dalla
rabbia, cercando
di liberarmi.
In
lontananza sentii risuonare delle sirene. Il classico suono che
annunciava l’arrivo
della polizia.
Jacob
si rialzò dolorante, ripulendosi malamente con un braccio il
sangue che gli
colava dal viso. «Me la pagherai, brutto bastardo!
Contaci!», gridò, saltando
in sella alla sua moto e dileguandosi in un rombo.
____________________
Hey, lettori e
lettrici, buonasera a tutti! Eccomi tornata a
voi, al mio caro computer, alla mia connessione internet *w* Lo
ammetto, mi siete mancati, tutti quanti. Ebbene, vi
presento un altro capitolo di questa storia... Come già
avevo anticipato in parte nelle risposte delle recensioni del capitolo
precedente, questo capitolo è abbastanza fondamentale.
Innanzi tutto, è il primo incontro "faccia-a-faccia" tra
Edward e Jacob, e in secondo luogo - come avete potuto leggere - in
Edward inizia a scatenarsi un piccolissimo cambiamento, ma che
sarà alquanto importante, quindi state attenti... Ah, riguardo alla
stesura del capitolo, inizialmente, era molto più lunga. Mi
sono lasciata andare mentre lo scrivevo, lo ammetto, e, bhe, alla fine
era lungo 7 pagine e mezza O.O Per cui, ho dovuto tagliarlo. Quindi
considerate questa come se fosse una prima parte... Ora, passiamo ai
pareri. Si è creato proprio un bel casino, non credete?
Jacob viene sempre per incasinare la situazione, eh già. Ma,
che cosa ne pensate di Edward e della sua reazione per proteggere
Bella? Vi ha stupito? Insomma, per
farla breve, come vi è sembrato questo capitolo?? Vi
è piaciuto o secondo voi potevo
fare di meglio?
Avanti, me lo fate sapere con una bella recensione? :3 Solito giro di
ringraziamenti. Ovviamente, tutti voi che ancora mi state seguendo
così di cuore - siete la mia forza, per cui, continuate a
farvi sentire assiduamente! E a Giulia,
sperando che l'Oyessa Project prenda il via al più presto.
<3 Bene, ora lascio
lo spazio a voi, carissimi. Mi lasciate una bella recensione nonostante
l'orario tardo?? Avanti, fatemi felice!! ** Va bene, me ne
vo'... Attendendo i
vostri cari - e spero numerosi - commenti... Un bacione, S.
Just Friends ~ Capitolo 10:
Medicazioni e Rivelazioni ~
EDWARD
Rimasi immobile nel parcheggio
della scuola, mentre il suono monotono delle sirene si avvicinava
sempre di più.
Non potevo – anzi, potevamo
– più scappare: Jacob se l’era data a
gambe, ma per noi era troppo tardi.
Ora che la lucidità e la
razionalità iniziavano a prendere il sopravvento sulla
rabbia iniziavo davvero a rendermi conto di ciò che avevo
fatto, che avevo preso a pugni quel tipo. Cioè, proprio sul
serio. Non era stata solo un’allucinazione, avevo
davvero tirato fuori il lato più coraggioso di me. Mi ero
fatto valere, tutto per Bella.
Ero felice di avercela fatta, di
aver fatto capire a Jacob che non volevo giocare, che stavo facendo sul
serio con Bella – sì, anche se lei pensava che
fosse tutta una messa in scena.
Ero fiero di ciò che
avevo fatto, finché non vidi la macchina della polizia
entrare nel parcheggio.
Il padre di Bella scese con fare
autoritario dall’auto. «Via! Via! Sgomberare! Non
c’è nulla da vedere!», disse, agitando
la mano verso il nutrito gruppo di curiosi che si era accerchiato per
assistere al pestaggio. Controvoglia, le persone iniziarono ad
allontanarsi, alle volte guardandosi indietro, per evitare di perdersi
qualche punto cruciale. Di certo, era tutto quello che desideravano,
vedere un ammanettamento, magari brusco e violento. Io lo desideravo un
po’ meno, ecco.
«Papà!»,
esclamò sollevata Bella, correndo incontro al capo Swan.
«Bella?!», la
guardò stranito. «E tu cosa ci fai qui?».
Voltò il suo sguardo
verso di me. Nei suoi occhi vidi aleggiare la preoccupazione.
«O mio Dio, ma che
diamine è successo?», domandò
sbalordito, esaminando da lontano il mio viso tumefatto.
«C’è…
C’è stata una rissa», iniziò,
mentre mi avvicinavo verso di loro. «Jacob è
venuto qui, poi è iniziata una discussione e…
e… Mio Dio, è stato tutto così
improvviso».
«Salve, capo
Swan», salutai non appena mi trovai al fianco di Bella.
«Santo cielo, ragazzo,
sei conciato proprio male», notò.
Abbassai lo sguardo, un
po’ a disagio. Bhe, non potevo dire che aveva torto.
«Jacob e Edward si sono
messi a litigare. Quando Jacob mi ha preso per un polso per portarmi
via la situazione è degenerata…»,
continuò la spiegazione. «Papà, Edward
non c’entra nulla. Voglio dire, mi ha solo difeso, tutto
qui».
«Hey, Bells, stai
calma», esclamò, poggiandole bonariamente una mano
sulla spalla. «Edward non finirà in prigione come
un criminale, se è quello che vuoi sapere. Perché
dovrei arrestarlo?!».
Improvvisamente mi sentii
più leggero, come se avessi trattenuto il respiro a lungo e
ora lo avevo lasciato andare.
Anche Bella sospirò
profondamente.
«Grazie,
signore», mormorai.
«Spero solo che tu abbia
dato una bella lezione a quel cretino», mi strizzò
l’occhio in segno d’intesa.
«Certo, può
giurarci», ridacchiai sollevato.
Ci sorrise, diede un bacio sulla
fronte a Bella e risalì in macchina. «Io non ho
visto nulla, d’accordo?».
Annuimmo e guardammo
l’auto della polizia allontanarsi sempre più,
finché non svoltò all’angolo della
strada. Rimasi a fissare il vuoto, pensando che quella giornata si era
trasformata nella più assurda della mia vita.
La voce di Bella mi
riportò alla realtà. «Edward?! Edward,
stai bene?!».
«Sì,
più o meno», risposi. Sentivo ancora il sapore del
sangue in bocca e mi faceva parecchio male un fianco; diciamo che non
mi sentivo propriamente in formissima.
Si avvicinò a me,
prendendomi per mano. Sfiorò delicatamente con le dita la
mia guancia. «O mio Dio, guardati. Sei conciato
malissimo».
«Però, devi
ammettere che tutto ciò mi da un’aria da
duro».
Rise serenamente, in maniera
così spontanea che mi aprì il cuore.
«Sì, sì, Schwarzenegger, certo. Come
no».
Fece un respiro profondo e
continuò. «Dico sul serio, Edward. Non puoi
tornare a casa in questo stato. Come minimo a tua madre
verrà un infarto se gli compari davanti
così».
Feci spallucce. «Hai
qualche idea?».
«Sì»,
annuii decisa. «Passi da me a darti una ripulita, poi sei
libero di andartene».
«Oh, no. Bella, non ne
vale la pena! Davvero, non ce n’è bisogno.
Passerò dalla porta sul retro, mi nascondo sotto la felpa,
trovo un modo…».
Alzò gli occhi al cielo.
«Piantala di fare storie».
Mi trascinò verso la mia
auto. Mi parcheggiò sul sedile del passeggero, mentre lei
occupò il posto di guida. Decisi di non controbattere, tanto
con Bella era una battaglia persa in partenza.
Mi lasciai andare sul sedile del
passeggero, guardando le case che correvano veloci accanto a noi.
«Va meglio,
adesso?», si affacciò in cucina dal corridoio.
«A parte per il fatto che
ho il naso in ipotermia e che mi sento decisamente ridicolo,
sì, grazie, decisamente meglio», risposi ironico,
scostando dal viso la confezione di piselli surgelati che mi aveva
messo in faccia per placare gli ematomi che cominciavano a spuntare.
Ridacchiò, iniziando a
cercare qualcosa tra gli armadietti della cucina. Tra le mani teneva un
arsenale da ospedale: disinfettante, cotone idrofilo e un sacco di
altra roba che non riconobbi. «Non dirmi che avresti
preferito una trota congelata al posto di quel pacchetto?»,
sorrise, scostando una sedia bianca e sedendosi accanto a me.
«A questo punto,
perché non una bella bistecca cristallizzata?».
Rise ancora e mi sentii sciogliere.
«Forza, vieni qui».
Prese il mio viso tra le mani e
iniziò a medicarmi la ferita sul naso. Il suo viso era a
pochi centimetri dal mio. Sentii il battito del mio cuore rimbalzarmi
nelle orecchie.
Feci una smorfia, non appena sentii
il disinfettante venire a contatto con la pelle viva della ferita.
«Ssh, stai
buono», mi sussurrò.
I suoi occhi incontrarono i miei. E
mi incantai. Cercai di controllare la mascella, il livello di
salivazione, ma non fu facile nascondere tutto completamente.
«Tutto bene?»,
domandò, mordendosi il labbro.
«Ehm…
Sì, sì, tutto a posto».
«Sai, ancora non ci credo
a quello che è successo poco fa. Insomma, ti sei fatto
spaccare la faccia. Non pensavo che tutta questa storia sarebbe finita
così», cambiò discorso, abbassando lo
sguardo e preparando alcuni pezzi di cotone.
«Ti stava trascinando
via», le feci notare.
«Sì, lo so. Ma
non pensavo sareste arrivati a questo».
«Non potevo sopportare
che ti portasse via con lui», confessai, ed era vero. Non era
solo parte della messa in scena. Pensavo davvero quello che avevo
appena detto, ma mi resi conto che avrei dovuto correggermi
perché non era quello che Bella si aspettava che dicessi.
«Insomma, in quanto tuo fidanzato dovevo stare dalla tua
parte, dovevo difenderti».
«La tua è
stata una mossa azzardata», mi guardò dritto negli
occhi. «Ma perfetta».
Credo che fu esattamente in quel
momento che mi resi conto di amarla davvero. Non
era una semplice cotta – anche se dopo quattro anni di
sentimenti repressi avevo perso la fiducia in quell’idea.
Ero stato capace di aiutarla, di
impormi, di difenderla. Ma lei poteva ricambiarmi?
«Bella»,
sussurrai.
Avevo bisogno di sapere che non mi
avrebbe abbandonato non appena tutto ciò sarebbe finito, di
sentire che per lei non ero solo un oggetto. Avevo bisogno di lei
e del suo amore, anche se era finto.
Mi avvicinai al suo viso,
lentamente, quasi azzerando la distanza tra noi. Quasi…
«Ehm…»,
si alzò in piedi, andando a riporre il disinfettante nella
credenza. Si voltò verso di me, le sue mani attanagliavano i
fianchi. «Ho finito».
Ecco, lo sapevo che sarebbe
successo. Non poteva essere tutto così semplice.
«D’accordo…
Grazie». Mi alzai a mia volta, dirigendomi verso
l’ingresso.
«Però»,
sentii la sua voce rimbombare. Mi voltai verso la porta della cucina e
la vidi con una mano appoggiata allo stipite, mentre si sistemava un
ciuffo di capelli dietro l’orecchio. «Sai, pensavo
che potresti darti una ripulita, farti una doccia. Non
c’è problema».
«Pensavo di tornare a
casa».
La vidi abbassare lo sguardo.
«Andiamo, Edward. Non fare complimenti», i suoi
occhi scuri mi implorarono.
Annuii. Non so perché
decisi di accettare, non so perché semplicemente non uscii
da quella porta, tornandomene a casa.
«Il bagno è di
sopra», disse. «Ti lascio alcuni asciugamani
all’entrata e magari anche una camicia pulita».
«Sei troppo
gentile».
Mi sorrise, prendendomi per mano e
guidandomi al piano di sopra.
BELLA
Cercai qualcosa da fare, mentre
Edward era sotto la doccia, ma sembrava che ogni cosa fosse magicamente
al proprio posto. Avevo bisogno di staccare la spina dai miei pensieri,
ma evidentemente c’era qualcosa che remava contro questa
volontà.
Mi sedetti sul letto, sbuffando. Mi
stropicciai gli occhi con le dita, stressata.
Era assurdo come quella giornata si
era evoluta. Era ancora più assurdo pensare a che punto era
arrivata quella situazione.
Le immagini di Edward e Jacob che
litigavano mi passavano ancora davanti agli occhi. E tutto
ciò riusciva ad apparirmi ancora più impossibile
e confuso.
Il rombo della moto di Jacob che
entrava nel parcheggio, loro due che si disputavano me, Edward che si
avventava rabbioso contro Jacob, i cazzotti che infine erano voltati
tra loro, nonostante i miei vaghi tentativi di separarli: tutto
così incoerente e paradossale, qualcosa che non mi sarebbe
mai passato per la mente. Qualcosa che…
«Bella…?»,
qualcuno mi richiamò.
Alzai lo sguardo e vidi Edward
sulla porta. Rimasi a bocca aperta.
Non fu semplicemente il fatto di
ritrovarmelo davanti d’improvviso che mi lasciò
imbambolata: era fermo sull’ingresso della stanza, solo con
un asciugamano bianco legato in vita. Alcune gocce d’acqua
gli scivolavano dai capelli e lungo il petto longilineo ma ben
proporzionato. Le ferite sul suo viso erano di un intenso rosso scuro e
facevano uno strano contrasto col colore dei suoi occhi verde chiaro.
«Mi spiace averti
disturbato, ma non riesco a trovare altri asciugamani in bagno e mi
chiedevo dove…», si bloccò
improvvisamente, vedendo la mia espressione stralunata. «Che
c’è?».
«Ehm… Niente,
è solo che…», abbassai lo sguardo
imbarazzata, rendendomi conto che se me ne fossi stata zitta sarebbe
stato meglio.
«Che…?»,
mi incitò lui, tirando indietro alcune ciocche di capelli
che gli erano scivolate sul viso.
Non potevo più tirarmi
indietro. «È che sei, come dire, bello.
Non me n’ero mai resa completamente conto, prima».
Strabuzzò gli occhi.
«Sei sicura di star bene?», si lasciò
scappare una risatina.
«Scusa, non avrei
dovuto…».
«Hey, tranquilla, non
è successo niente!», mi tranquillizzò
con un cenno della mano.
«Anche tu sei molto
attraente, Bella», aggiunse prima di voltarmi le spalle.
Sorrisi, prendendomi gioco di me.
Ma come mi era venuto in mente? Era il mio migliore amico!
«Comunque»,
esordii prima che Edward chiudesse la porta del bagno. «Gli
asciugamani sono nel terzo ripiano del secondo armadietto a destra. E
ti ho lasciato una camicia pulita attaccata alla maniglia della
porta».
Schioccò la lingua,
mostrandomi il pollice alzato. «E, comunque, a te andrebbe di
venire a mangiare da me, stasera?», domandò.
«E tua madre?».
«Sai che per lei non
è un problema», sorrise benevolo.
Annuii. «Sì,
va bene».
«Così glielo
spieghi tu, quello che è successo»,
ridacchiò, chiudendosi la porta alle spalle.
Mi ritrovai a sorridere tra me e
me.
Volevo bene a Edward, lo adoravo.
Era il mio migliore amico da sempre. Ero in debito con lui a vita per
tutto quello che aveva fatto per me.
Quanto gli voglio bene…
____________________
*tossicchia
nervosamente* Salve, gente... Volete parlare
del mio IMMENSO ritardo e del fatto che non vi ho nemmeno avvertito,
nè fatto sapere un fico secco?! Ehm...Cambiamo discorso..?? No, avete
ragione. E' giusto che vi spieghi il perchè del mio ritardo.
Sarebbe troppo
facile dare la colpa alla scuola, al nuovo anno scolastico appena
iniziato, ai professori nuovi che mi sono capitati e all'ingente
ammontare ci compiti che già ci hanno dato. Sarebbe anche
banale, è vero. Ma la verità è che in
questo periodo ho fatto un po' fatica ad andare avanti con la storia, a
scrivere i nuovi capitoli che ho in mente. Perchè? Non ne ho
idea. E la cosa mi fa ancora più uscire di testa. Questo capitolo
era già preparato (l'avevo scritto quest'estate), ma ho
deciso di aspettare a postarlo, così da portarmi avanti con
alcuni capitoli. Ovviamente, non mi sono portata avanti di molto,
però oggi ho deciso che non era giusto continuare a farvi
aspettare... Ho preso un impegno e ho intenzione di rispettarlo, per
quanto mi sia possibile. Ad ogni modo,
abbiate pazienza se non mi vedrete arrivare più
tutte le settimane, puntuale come un orologio svizzero. Non mi sono
dimenticata di voi, ne (tanto meno) ho deciso di abbandonare la
storia... Sono solo un po' incasinata, tutto qui (: Ora
però passiamo al capitolo... Ho visto che il capitolo
precedente vi è piaciuto! *proud* Mi fa davvero
piacere che il primo passo verso il tanto agognato cambiamento di
Edward sia stato preso con interesse da tutte voi!! Insomma, stavate
premendo un po' tutte quante per vedere un Edward un po' più
reattivo e spero che questo vi abbia soddisfatto. Come potete
vedere, invece, in questo capitolo, Edward ha cercato di "avvicinarsi"
(nel vero senso della parola) un po' di più a Bella, ma le
cose non vanno esattamente come lui desidera *eheheh* Un po' di
pazienza... Solo un po' di pazienza... E voi, invece?
Cosa pensate di questo nuovo capitolo? Vi va di farmelo sapere con una
bella e sostanziosa recensione? :3 Ovviamente, sono
pronta a ricevere qualsiasi cosa - sì, anche insulti sul mio
perenne ritardo ._. Ok, passiamo ai
ringraziamenti e alle dediche. A tutti voi, che
mi state sempre vicini - a tutti i lettori nuovi, e a quelli che mi
seguono fin dall'inizio; a quelli che recensiscono tutti i capitoli, e
a quelli silenziosi, che leggono senza commentare (sperando di poter
sentire un vostro parere, prima o poi). Vorrei dedicare
questo capitolo a Laura, la mia nuova compagna di banco. Dopo tanto
tempo, lei mi ha fatto capire che non sono io quella sbagliata, il
mondo lo è. Ed, inoltre, voglio fare un piccolo pensiero
speciale al fratello di Giulia: nonostante tutto quello che ha passato
(insieme alla famiglia), sperando che ora possa stare meglio. <3
Bene, ora vado...
I libri mi aspettano per un ultima ripassata... Sperando di
poterci risentire presto e aspettando i vostri commenti - awww non vedo
l'ora di potervi leggere ** Non mi deludete ** Un bacio, S.
Ps: Vi ricordo
del mio profilo su twitter (lo potete trovare QUI). Aggiungetemi se vi va
di sapere qualcosa di più su di me e di tenere sott'occhio i
miei progressi nella storia - e sì (perchè no?!)
anche per spronarmi a continuare e ricordarmi che voi mi state
aspettando... Solo, scrivetemi chi siete (:
I
giorni successivi al pestaggio tra Edward e Jacob le cose ritornarono
alla
tranquillità, più o meno. Forse, questo avvenne
anche perché io e Edward cercammo
di rimanere lontani, o comunque di non farci vedere costantemente in
giro, come
nostro solito. Ma, di certo, tutte le nostre precauzioni per restare in
disparte, non aiutarono i pettegolezzi ad arrestarsi. Anzi…
In
quei giorni, sembrava che l’unica cosa interessante che fosse
successa in giro
fosse il fatto che Edward e Jacob se le fossero date di santa ragione.
Non si
parlava d’altro. Un vero incubo.
Ma
la cosa che ancor più mi lasciava a bocca aperta era lo
stupore con il quale la
gente ne parlava. «Ma lo avete visto, quel Masen?
Cioè, l’ha steso! Un colpo e bam,
Black era a terra! Non l’avevo mai
visto comportarsi in una maniera del genere! Di solito se ne sta sempre
da
solo, per i fatti suoi. Cavolo, e chi se lo sarebbe mai
aspettato?!».
E
io non potevo che condividere questo sentimento generale. Ancora
adesso, a
distanza di giorni il fatto mi sembrava incredibile, impossibile,
quasi.
Continuavo a domandarmi: “Ma è successo davvero o
è stato solo un sogno
particolarmente fantasioso?”.
Ma
tutta quella situazione non mi aveva semplicemente sbalordita, ma mi
stava
facendo vedere la situazione da un’angolazione diversa:
perché Edward l’aveva
fatto? Perché si era fatto spaccare la faccia a Jacob per me? Conoscevo come le mie tasche ogni
tratto della sua personalità,
ogni sfaccettatura, ogni suo comportamento e sapevo benissimo che, in
circostanze normali, non si sarebbe mai buttato in una rissa, non era
il tipo.
Che diavolo gli era successo quel giorno, in quel preciso momento?
Per
quanto riguardava Edward, lui non sembrava essere cambiato
particolarmente,
dopo quell’episodio. Cioè, si comportava
esattamente allo stesso modo con me,
ma, come dire, lo sentivo… diverso,
in qualche modo. Appariva più sicuro, più
baldanzoso…
Abbassai
lo sguardo sul mio pranzo, una ciotola di insalata mista. Sospirai,
immergendo
la forchetta in quella massa indefinita di verdastro e sfogliando il
libro di storia
della letteratura, cercando di portarmi avanti con la barcata di studio
che
avrei dovuto terminare da lì a pochi giorni. Gli esami erano
vicini.
«Hey,
Bella», esclamò una voce familiare.
Alzai
lo sguardo e incontrai il sorriso raggiante di Edward. Le striature
rossicce
dei suoi capelli gonfi e scompigliati risaltavano maggiormente sotto le
luci
basse della biblioteca, i segni dell’incontro ravvicinato con
Jacob erano ancora
evidenti sul suo viso. Lasciò cadere una pila di libri di
architettura al
centro del tavolo, accanto alla mia borsa.
«Ciao»,
gli sorrisi di rimando.
«Scusa
il ritardo. Il professor Collins sembrava non voler più
finire la lezione,
oggi», disse, mettendosi a sedere nel posto accanto al mio.
«Tranquillo.
Anche io sono arrivata da poco», bisbigliai, mangiando
un’altra forchettata di
insalata e dando un’altra sfogliata al libro.
Edward
prese in mano il primo libro della catasta, cercò la pagina
giusta e si mise a
leggere attentamente, estraniandosi da tutto il resto. Anche lui
avrebbe dovuto
sostenere degli esami piuttosto duri, in quelle settimane.
E
così, come in ogni altra occasione difficile della nostra
vita, ci eravamo
trovati a stringere i denti e sostenerci l’uno
l’altro. E non mi riferivo solo
al fatto che ci stavamo aiutando per gli esami imminenti.
Mi
ritrovai più volte a fissarlo mentre si struggeva, cercando
di incamerare ogni
parola del testo, mentre si tormentava alcune ciocche di capelli che
gli
ricadevano sulla fronte.
Era
strano pensare che solo quattro anni prima ci conoscevamo appena e che,
se il
professor Molina non ci avesse fatto lavorare insieme nel laboratorio
di
biologia, le cose tra noi sarebbero state completamente diverse.
«Edward!
Bella!», una vocina squillante mi fece sobbalzare e ritornare
alla realtà.
«Alice»,
mormorammo all’unisono, io e Edward.
«Ah,
da quanto tempo! Come ve la passate?», urlacchiò,
mandando i miei timpani in
frantumi.
«Alice!»,
la ammonì Edward. «Siamo in una
biblioteca».
«Oh,
già, certo», replicò lei. In risposta,
scostò una sedia e si sedette tra me e
Edward.
«Allora»,
bisbigliò, sistemandosi un ciuffo di capelli corvini che gli
era scivolato sul
viso. «Ditemi tutto».
La
guardai con occhi sbarrati. «Tutto cosa?».
Notai
Edward abbassare lo sguardo.
Alzò
gli occhi al cielo. «Bhe, tutto-tutto.
Quello che è successo di questi tempi. Voglio sentire da voi
ogni singolo particolare
di tutto ciò che è accaduto. Sapete
com’è», disse, prendendoci per le spalle
e
facendoci avvicinare a lei, così che nessun’altro
potesse sentirci. «I pettegolezzi
volano, ma non sempre è la verità quella che si
spande. Quindi, via! Ditemi la
versione ufficiale dei fatti».
Io
e Edward ci guardammo confusi, quasi cercando una risposta
l’uno negli occhi
dell’altra.
«Ehm»,
mormorammo quasi all’unisono.
«Bhe,
credo che questa volta le voci che circolano siano perfettamente
corrette»,
mormorai, guardando Edward per trovare il suo appoggio.
«Oh,
ma non mi dire», esclamò Alice, congiungendo le
mani sul petto. «Quindi hai davvero
preso a pugni Jacob, Edward?».
Lui
annuì, riabbassando lo sguardo sul suo libro. Lo vidi
arrossire fino alla punta
dai capelli. Mi stupì molto, vederlo così
imbarazzato. Solitamente, quando il
discorso arrivava a quel punto cruciale lui ne parlava tranquillamente,
certe
volte, ci scherzava anche sopra. Perché adesso di vergognava
di parlarne? Non
capivo.
Alice
gli diede un colpetto sulla spalla, ridacchiando. «Wow,
Edward. Sono davvero
sorpresa. Non eri tu quello “no alla
violenza”?».
«Ehm…
Sì, già», farfugliò.
Alice
mi rivolse uno sguardo raggiante. «Eh, Bella?! Chi non
vorrebbe un fidanzato
così?!».
Abbassai
lo sguardo, sorridendo tra me e me.
Vidi
Edward lanciare uno sguardo imbufalito ad Alice e la cosa mi fece
rimanere
ancor più di stucco. Non l’avevo mai visto
comportarsi così, specialmente con
Alice. Si era sempre trovato bene con lei, nonostante la sua natura
esuberante
e ficcanaso. Le voleva bene, tanto quanto gliene volevo io. Possibile
che
avessero litigato, lasciandomi all’oscuro di tutto? No, non
sarebbe stato da
Alice, né, tantomeno, da Edward.
«Comunque,
è da un po’ che non vi si vede in
giro…», notò, facendo volare lo sguardo
da
Edward a me.
«Uhm,
sì. Sai com’è, dopo quello che
è successo preferiamo rimanercene un po’ dietro
le quinte, giusto il tempo per riuscire ad affrontare meglio Jacob.
Perché - credo
che tu l’abbia capito bene -non è che abbiamo
proprio risolto con lui, ecco. E
poi potrebbe sempre essere che Jacob venga e gli spacchi di nuovo la
faccia»,
esclamai, rabbrividendo. Non avrei voluto vedere mai più
Edward che affrontava
Jacob con la violenza. Non era giusto nei suoi confronti. E poi, sarei
davvero
riuscita a sopportare tutto quello un’altra volta?
«Secondo
me, sbagliate…», esordì Alice,
appoggiando la schiena al bordo dello schienale
e incrociando le braccia al petto.
La
guardammo entrambi con occhi sbarrati. «Come,
scusa?»
«Non
vorrei avere un altro incontro ravvicinato con Jacob,
grazie», aggiunse Edward,
rigirandosi una penna tra le dita.
«Sì,
ovviamente è così, Edward. Ma, provate a
pensarci, se spariste improvvisamente
dopo che loro due si sono pestati, cosa potrebbe pensare la gente? Cosa
penserebbe Jacob? Che avete troppa fifa per farvi vedere in giro, per
affrontarlo. E voi non volete che
accada questo, giusto?».
Rimasi
in silenzio, soppesando le sue parole. Effettivamente, il ragionamento
di Alice
era corretto. La nostra improvvisa sparizione avrebbe sicuramente
lasciato
dietro una marea di pettegolezzi del tipo “Oh, sì,
se la sono proprio fatta addosso,
i due piccioncini”. Ed era l’ultima cosa che
volevo. Dopo tutto quello che io
ed Edward avevamo messo in piedi, non avevo intenzione di far crollare
tutto
solo per una diceria. Specialmente per Edward. Lui mi aveva aiutato
tanto,
mettendosi in gioco in prima persona, e non potevo ripagarlo
così.
Lo
guardai, cercando di cogliere un balzo nel suo sguardo, qualcosa che mi
avrebbe
costretto a lasciar perdere ed accantonare tutto, ma non fu
così.
«Alice
ha ragione», mi disse convinto.
Annuii,
prendendogli la mano che penzolava al suo fianco.
«Sì. Sì, è vero».
«Benissimo!»,
esclamò lei, alzandosi di scatto dalla sedia.
«Sono sicura che farete ciò che è
meglio!».
Acchiappò
la borsa che giaceva informe ai suoi piedi, inforcandosela in spalla.
«Ah,
comunque ero venuta ad avvertirvi: ho intenzione di fare una festa
durante le
vacanze di primavera; una bella rimpatriata di tutti gli ex alunni del
nostro
anno, per cui siete invitati. Anzi, siete obbligati
a venire».
Classico
di Alice. Feste, feste e ancora feste. Anzi, potevo definirmi un
po’ sbalordita
che non ce lo avesse detto prima: era da troppo tempo che non ne
organizzava
una.
La
guardammo allontanarsi, finchè Edward non la fermo con una
domanda. «Alice, ma
dove hai intenzione di piazzarli più di duecento ex
studenti?».
«Ho
chiesto al preside Preston se lui mi poteva dare una mano e, bhe, mi ha
dato il
permesso di utilizzare la palestra della scuola, in
via del tutto eccezionale», spiegò,
imitando alla perfezione la
voce dello storico preside del nostro liceo.
«Certo,
Alice. Ti ricordo che lui ha sempre straveduto
per te», gli fece notare ironicamente Edward.
Le
fece un sorriso malizioso, alzando le spalle. «Vi
farò sapere più avanti il
giorno esatto in ci dobbiamo ritrovare», disse, e se ne
andò.
Io
ed Edward rimanemmo in silenzio, guardandoci ogni tanto.
«Alice
ha ragione», ribadì dopo qualche minuto.
«Dobbiamo ricominciare a uscire, a
farci vedere dalla gente. Altrimenti, tutti penseranno davvero che
Jacob ci ha
spaventato a morte».
Annuii
ancora, incapace di spiccicare una parola. Nonostante sapevo che uscire
allo
scoperto sarebbe stata la cosa migliore da fare, l’idea di un
nuovo scontro tra
Edward e Jacob mi turbava non poco.
«Stasera
passo a prenderti, okay? Usciamo e facciamo qualcosa. È la
cosa migliore»,
mormorò tornando ai suoi libri.
Sotto
il tavolo, strinsi più forte la sua mano.
_______________
Buona sera a tutti (:
Eccomi qui, dopo più di tre settimane dall'ultimo
aggiornamento. Lo so, lo so. Vi avevo avvertito che le cose sarebbero
andate un po' a rilento, di questi tempi: la scuola, la palestra, vari
impegni tra cui tre feste per il mio complenno (l'ulima, esattamente
oggi), non mi hanno aiutato a dedicare abbastanza tempo alla mia storia
e me ne dispiaccio davvero molto. In quale modo, mi sto davvero
affezionando ai miei Edward e Bella e ovviamente anche a voi che
(spero) li amate con me e non poter dedicare loro il tempo adeguato mi
lascia una tristezza che non potete immaginare.
Parlando del precedente capitolo, vedo che a tutte è rimasto
impresso
l'Edward-mezzo-nudo-che-piomba-nella-stanza-facendoci-morire-d'infarto...
Sì, ammetto che la visione paradisiaca mi ha illuminato la
mente durante un caldo pomeriggio di luglio, mentre cercavo qualche
modo per refrigerarmi, al che ho pensato che un bel vampiro freddo come
il ghiaccio non sarebbe stato male. Così mi sono immaginata
un Edward senza maglietta che entrava nella mia stanza e che mi
trasportava al Polo Nord in un centesimo di secondo. In
realtà, non ci sono riuscita per niente a refrigerarmi
(anzi), però mi ha aiutato a scrivere :D Quindi ringraziate
la mia mente perversa u_u
Comunque, passando al capitolo corrente, come vi avevo già
in parte anticipato, i cambiamenti iniziano ad arrivare. Anche Bella se
n'è accorta, Edward non è più lo
stesso di prima. Però ci vorrà ancora un po' di
tempo prima che la nostra protagonista si renda conto di quello che ha
davanti. Ci vorrà un po' di tempo e un grosso problema che
forse inclinerà le cose definitivamente... Ok, basta
spoilerare u__u
Comunque, che ne pensate?? Vi va di farmelo sapere scrivendomi una
bella recensione??? :D
Ho notato che nello scorso capitolo sono un po' calate.... Vi prego,
non abbandonatemi! Continuate ad essere partecipi, perchè se
no, non c'è gusto!! E poi, lo sapete quanto mi piace
leggervi :DD
Solito giro di ringraziamenti. Ovviamente a Giulia, che mi sta vicina e
mi da una mano, nonostante i miei repentini cambiamenti d'umore -
bisognerebbe farla santa. Oltretutto, lei è anche
l'ideatrice del titolo del capitolo (non si è ancora capito
che io sono un disatro in quel campo?!) e dello splendido banner! **
Vorrei dedicare questo capitolo a tutti voi, che ancora mi seguite e vi
fate sentire, che mi sostenete. A tutti coloro che mi seguono fin
dall'inzio, a quelli che sono arrivati da poco: GRAZIE. Questo
capitolo, questa storia, è tutto per voi. <3
Ora vi lascio tranquille, ma prima... Mi lasciate una recensione, per
favore?? :3 Dai, fatemi anche voi un bel regalo di compleanno (anche se
un po' in ritardo). (:
Aspetto di leggervi.
Un bacione,
S.
Alla
fine, uscimmo, quella sera stessa. Come mi aveva promesso, mi venne a
prendere
a casa, poco dopo le otto e cinque.
«Sicura
che non sia un problema per te uscire stasera? Insomma, con
così poco
preavviso…», mi chiese non appena salii in auto
con lui.
«Mio
padre fa i turni di notte, in questi ultimi tempi», dissi.
«E poi lo sai che a
lui non importa molto di quello che faccio, basta che non sia niente
pericoloso
o fuorilegge».
Mi
sorrise sereno. «Bene, allora. Andiamo».
Non
mi volle dire dove ci stavamo dirigendo, ma vidi che era vestito
piuttosto elegantemente,
rispetto a ciò che indossava quando uscivamo normalmente.
Sperai che la gonna e
la camicetta che indossavo fossero adatte all’occasione che
Edward aveva organizzato.
Cercai
di rimanere tranquilla per tutto il tragitto, anche se iniziavo un
po’ a
preoccuparmi.
Notai
che Edward non stava guidando verso il solito quartiere, verso il
solito
ristorante e verso i soliti locali. Ci stavamo dirigendo fuori da
Seattle. Le
case, prima addossate le une alle altre, si facevano sempre
più distaccate,
diventando quasi delle rarità. In compenso, il verde e fitto
bosco che
caratterizzava lo stato di Washington riempiva tutto lo spazio
circostante.
«Dove
stiamo andando?», farfugliai, guardando rapita quel panorama
famigliare, ma che
sempre mi toglieva il fiato.
«Ti
porto in un posto speciale, stasera», annunciò
finalmente, continuando a
guardare la strada davanti a sé. «Basta posti
strani, basta uscire solo per
farci vedere. Sono il tuo ragazzo, voglio fare qualcosa per noi, per
una volta.
Solo per noi».
Gli
lanciai uno sguardo dubbioso, sollevando un sopracciglio. Lo guardai,
in attesa
di una sua risatina, di un sorriso riparatore, di un occhiolino
amichevole, ma
nulla. Parlava sul serio? Intendeva davvero ciò che aveva
detto?
Aprii
la bocca, ma le domande che volevo porgli mi rimasero incastrate tra le
corde
vocali. Decisi di lasciar correre, almeno per quel momento.
Mi
lasciai scivolare sul sedile, appoggiando la testa sul finestrino e
facendo
vagare lo sguardo attraverso le nuvole basse e dense. Ogni tanto uno
spicchio di
sole faceva capolino tra le nubi, illuminandomi le pupille e
lasciandomi
abbagliata.
Mi
risvegliai non appena sentii l’auto voltare lentamente e
fermarsi con un
sobbalzo nel parcheggio di un posto davvero incredibile.
Sul
cocuzzolo di una piccola collinetta si ergeva una grande ma modesta
casa
d’epoca, completamente ristrutturata. Dai grandi finestroni,
incorniciati da
una nuvola di stoffe color crema, si potevano distinguere chiaramente
le
persone sedute ai tavoli e i camerieri che camminavano con passo sicuro
ma cauto
da una parte all’altra dei saloni. L’ampio e curato
giardino, in parte occupato
da piccoli tavoli imbanditi, era illuminato da piccole lampade
artigianali che
conferivano un’aria decisamente romantica al tutto. Sembrava
uscito
direttamente da un catalogo per matrimoni, quel posto.
In
lontananza, oltre l’orizzonte, il tramonto brillava,
colorando di violetto le
nuvole circostanti.
«Wow»,
esclamai, senza abbastanza parole per descrivere quella bellezza.
«Non avrei
mai creduto che appena fuori città esistesse un posto
così meraviglioso».
Edward
venne ad aprirmi la portiera con un gesto elegante, prendendomi la mano
ed
offrendomi la mia giacchetta.
«Mia
madre ha ristrutturato questa casa qualche anno fa. Avrebbe voluto
tantissimo
tenerla, ma poi, cosa mai avrebbe potuto farne?! Era troppo grande per
viverci
solamente in due. Così l’ha venduta»,
confessò, stringendomi a sé, mentre
attraversavamo insieme il vialetto di ghiaia che portava
all’entrata. Le torce
che lo fiancheggiavano emanavano una sottile e calda luce rossastra.
«È
davvero splendido, comunque», mormorai, ancora troppo rapita
da quel posto
fuori dalla realtà.
«Sono
felice che ti piaccia», disse, baciandomi una tempia.
Entrammo
e rimasi ancor più meravigliata. Le sale, divise da alcuni
ampi archi in
mattoni rossicci, erano illuminate da alcune antiche lampade di
cristallo, che
pendevano a due a due dal soffitto in legno. Degli esili candelabri
erano
posati al centro di tutti i tavoli del grande salone. Decisamente
suggestivo.
Un
cameriere ci guidò verso un tavolo riservato, situato vicino
a una grande
finestra e abbastanza distanziato dal resto degli altri ospiti.
Il
panorama, da quel punto, era stupendo: il sole, che in parte ancora
faceva
capolino dalle fronde degli alberi, risplendeva nella grande sala,
illuminando
i visi di tutte le persone che stavano cenando.
«Incredibile»,
sussurrai tra me e me.
Edward
sorrise, scostandomi la sedia e facendomi sedere, come un vero
gentiluomo. «Ti
avevo detto che volevo fare qualcosa di diverso, questa sera. Sono di
parola».
Si
sedette davanti a me e i suoi occhi verdi brillarono, probabilmente
dall’emozione.
Mentre
un cameriere vestito di tutto punto ci consegnava il menu della serata,
non
riuscivo a smettere di pensare a ciò che Edward mi aveva
detto in auto.
Voglio fare
qualcosa per noi, solo per noi.
Ripensavo
a come me l’aveva detto: sinceramente, con un tono
così veritiero…
Rimasi
interdetta per qualche secondo, persa nelle mie congetture su cosa
volessero
davvero significare quelle parole. Ma mi ridestai.
Infondo, che
importanza ha? È davvero importante andare a fondo di questa
situazione? No, non
è fondamentale.
Edward
incrociò il mio sguardo e mi sorrise. Gli sorrisi di
rimando.
«Mmmh»,
mormorai, gustandomi un altro boccone di pesce. «Questo
piatto è la fine del
mondo».
«Già,
è molto buono», assentì Edward,
inghiottendo un pezzo di pane.
La
notte ormai era calata completamente e alcune stelle iniziavano a
punteggiare
il cielo scuro e immacolato. Le sfaccettature emanate dai cristalli
appesi ai
lampadari si riflettevano sulle pareti del salone, le luci delle
candele sui tavoli
traballavano, riscaldando l’atmosfera. Una melodia classica
aleggiava dal
pianoforte a coda, situato su un palchetto poco lontano da noi.
D’un
tratto, però, la tranquillità della stanza fu
spezzata dal rumore di una porta
sbattuta con violenza.
«Hey,
tu! Torna subito qui!», gridò un uomo dalle cucine.
«Un
secondo», esclamò una voce più
che
familiare. «Solo un secondo».
Un
chiacchiericcio generale, piuttosto interessato, salì dai
tavoli, mentre dei
pesanti passi attraversavano la sala.
Vidi
Edward irrigidirsi, strabuzzando gli occhi. Mi voltai anche io,
incuriosita da
quello che stava succedendo, e, quando riconobbi la persona che si
stava
dirigendo verso di noi, rimasi senza parole: Jacob, il mio ex
fidanzato, il
ragazzo che mi perseguitava, che continuava a crearci problemi, si
avvicinava
con passo spedito e con i pugni serrati a noi.
Si
parò davanti al nostro tavolo. «Edward, Bella.
Buonasera. Vi state godendo la
cena?», ci parlò con quel suo odioso tono da
superiore.
«J-Jacob…?!»,
farfugliai stupefatta. «Che… Che ci fai
qui?!».
Tutto
ciò era incredibilmente assurdo. Come aveva fatto a
trovarci? Possibile che ci
avesse seguito fin dentro al ristorante?! No, no, impossibile. Ce ne
saremmo
accorti, se fosse stato così. Ma allora, da dove diavolo era
sbucato fuori,
questa volta?!
«Io
ci lavoro qui. Insomma, ci lavoravo…»,
disse, guardando il grembiule bianco che aveva gettato a terra, vicino
alla
porta della cucina.
«Sai
cosa intendo…»,mormorai seria.
«Intendi,
perché sono venuto qui da voi? Bhe, ho una situazione da
risolvere. Non vi
ricordate?!», guardò prima me, poi Edward, in
attesa di un nostro segno. Noi non
rispondemmo, ma in compenso ci scambiammo uno sguardo sicuro, come per
assicurarci il nostro pieno sostegno.
«Jacob»,
sibilò Edward tra i denti, alzandosi in piedi.
«Vattene da qui. Adesso».
«Oh,
no. Assolutamente no», rispose, agguantando una sedia e
venendosi a sedere tra
noi. «Non ho intenzione di lasciarvi andare per tutto il
resto della serata».
Il
mio cuore perse un battito. Edward, davanti a me, diventò
pallido come un
cencio. «C-Cosa?».
Jacob
sorrise compiaciuto, soddisfatto di aver toccato un nervo dolente.
«Bhe, mi
sembrava che io e Bella avessimo fatto un patto piuttosto chiaro:
l’avrei
lasciata perdere, purché mi avesse presentato il suo nuovo
ragazzo; eh, bhe,
non è che l’altra volta ci siamo proprio
conosciuti, Masen. Per cui, colgo al
volo l’occasione per vedere come state assieme te e Bella. Se
permetti, ho
bisogno di assicurarmene in prima persona e non di starmene a sentire i
pettegolezzi che girano».
Edward
lo guardò con disprezzo, serrando la mascella.
«Quindi, cosa avresti intenzione
di fare? Restare e fare da terzo incomodo per il resto della
serata?».
«Ma
che bravo, come sei perspicace», Jacob incrinò la
testa con fare innocente.
Le
mani di Edward, cha ancora reggevano saldamente la forchetta ed il
coltello, si
serrarono possentemente. Lo guardai negli occhi: erano straripanti di
furia.
“Stai
tranquillo, Edward. Mantieni la calma”, gli dissi con lo
sguardo. Ma sembrò non
darmi ascolto.
I
suoi occhi riuscivano solo a restare incollati a Jacob, come se volesse
tenerlo
sotto stretto controllo. Mi parve di sentirlo digrignare i denti.
Abbassai
lo sguardo sul mio piatto.
C’eravamo,
il momento cruciale era giunto. Il faccia a faccia con Jacob era
arrivato al
capitolo finale. Lo svolgimento di quella serata sarebbe stato decisivo
per
tutto il mio futuro. Saremmo riusciti io ed Edward a raggiungere il
nostro
obiettivo, a farmi ottenere la libertà che tanto avevo
agognato? Oppure avremmo
fallito, facendomi ritornare alla complicata situazione iniziale? ____________________
Buon pomeriggio a tutti (:
Visto? Alla fine ce l'ho fatta ad aggiornare.
Sì, va bhe. Non mettiamoci a contare i giorni di ritardo con
cui arrivo. Ormai, l'avete capito, no? Il tempo per me scarseggia...
Già è tanto se riesco a trovare il tempo per
mangiare e per andare in bagno u.u
Purtroppo le cose si stanno facendo sempre più difficili per
me: ho sempre più impegni, sempre più studio
(pensate che il prof ci ha dato 10 pagine di definizioni di economia da
studiare a memoria - ah, ovviamente aggiungendoci il ripasso/studio di
tutta la roba vecchia .-.)... Insomma, davvero è un miracolo
che riusca ancora a trovare il tempo di stare qui.
Come già ho scritto nelle note dei precedenti capitoli, mi
dispiace tanto di non poter più seguire assiduamente questa
storia e tutto quanto: ci tengo davvero molto a tutto questo (e a voi
che mi seguite, ovviamente) e non poter dargli l'attenzione che merita
e che voi meritate è orribile.
Nonostante tutto, spero che tra poco tutta questa roba da studiare
freni un po': insomma, non ti possono tenere sotto esame per sempre,
non è vero?!
Ok, ora passiamo al capitolo... Che dire?! Finalmente ci siamo (:
Il momento che tutti stavamo aspettando è arrivato. La resa
dei conti, il faccia a faccia con Jacob è giunto agli
sgoccioli.
Ditemi, vi sareste mai aspettati un incontro così tra i due
piccioncini e il rompiscatole?!
Eh, poi vi ho anche lasciato con i dubbi questa volta. Francamente,
questo capitolo doveva essere formato anche da un altra parte, ma poi
riguardandolo mi sono resa conto che era una cosa lunghissima, quindi
ho deciso di dividerlo a metà. Eh, sì, dovrete
aspettare ancora un pochino, quindi... Ma non preoccupatevi, il
capitolo è praticamente già pronto, per cui credo
che in massimo 10 giorni sarà tra le vostre mani. (:
Ora, è il vostro turno :DDD
Cosa pensate di questo nuovo capitolo?? La situazione si
risolverà, oppure si ritornerà al punto di
partenza??
Vi va di farmi sapere tutti i vostri
pensieri/perplessità/dubbi/complimenti/insulti tramite una
bella recensione?? Ditemi qualunque cosa pensiate di questo capitolo,
di questa storia. Come ben sapete, per me è molto importante
sentirvi vicino.
Ringrazio tutte le persone che mi seguono e che mi stanno aiutando
tantissimo. Un bacione enorme alle 7 persone che hanno recensito lo
scorso capitolo e a tutti coloro che hanno aggiunto la storia tra le
preferite/seguite/ricordate *w* Grazie mille, davvero!
Un pensiero speciale va a tutte le persone vittime (dirette e
indirette) delle alluvioni in Liguria, sperando che la situazione si
risolva presto.
Ora mi rifugio nel mio solito angolino, aspettando le vostre prime
recensioni...
Un bacio a tutti,
S.
Strinsi
Bella tra le mie braccia, baciandola dolcemente sulla fronte, vicino
all’attaccatura dei suoi capelli scuri, mentre il
protagonista del film giurava
amore eterno alla donna che aveva sempre amato.
Incontrai
lo sguardo serio di Jacob, che ci teneva d’occhio,
seduto poche poltroncine lontano da noi.
Ero
incazzato, seriamente incazzato.
Insomma,
chi non lo sarebbe stato se la serata più speciale che
avevate mai organizzato
fosse stata mandata all’aria dall’ex-fidanzato
della donna che amavi di
nascosto?!
Avevo organizzato tutto, nei minimi
dettagli: cenetta romantica in un posto speciale, passeggiatina vicino
al mare
al chiaro di luna e, infine, una bella dichiarazione, ora che forse
avevo
qualche possibilità di fare centro. Un piano semplice, senza
pretese, pieno di
speranze.
Ma, alla fine tutti i miei piani andarono in fumo,visto che quel cretino di Jacob Black aveva
deciso di farci una piccola “sorpresa
fuori programma”. Lui, e la sua
stupida ossessione di controllare la vita di Bella.
Per
cui, eccoci qui, in un cinema di seconda categoria, a guardare una
commedia
romantica vecchia come Mosè e a fare i dolci fidanzatini
amorevoli per
dimostrare a Jacob che Bella si era rifatta una vita dopo di lui.
Bella
mi accarezzò con la punta delle dita il dorso della mano che
tenevo incatenata
alla sua. Appoggiò la testa sulla mia spalla, strusciando il
naso contro il mio
collo.
Che rabbia… Che
rabbia…
Il
film finì nel classico dei modi: con un bacio fuori dal
tempo sulla spiaggia,
alla luce del tramonto.
Uscimmo
dalla sala, io sempre stretto al fianco di Bella, ma che non smettevo
di
controllare con la coda dell’occhio tutti i movimenti e le
reazioni di Black.
Ad
essere onesti, ero rimasto alquanto stupito: avevo studiato Jacob per tutta la serata, ogni sua minima
smorfia, ogni suo sguardo, pronto a scattare e a rispondergli a tono.
Eppure,
non aveva lasciato trasparire niente: era rimasto in un angolo in
silenzio per
tutto il tempo, non intervenendo per niente e lasciandoci nella nostra
personale bolla d’amore. Impassibile, ci aveva guardato per
tutta la cena, per
tutto il viaggio in auto e per tutta la durata del film. Non potevo
negarlo, la
cosa mi aveva dato parecchio sui nervi, ma, paradossalmente, facevo
più fatica
a sopportare quel suo comportamento tanto maturo, che mai mi sarei
aspettato. Se
ci avesse tirato qualche frecciatina ogni tanto, avesse sospirato
annoiato,
sbadigliato – insomma, avesse mostrato una qualsiasi
reazione, probabilmente mi
sarei sentito più a mio agio; comunque, avrei saputo
cavarmela un po’ meglio,
dato che le mie aspettative avrebbero coinciso con ciò che
stava accedendo.
Incontrai
gli occhi scuri di Bella e notai che la sua espressione era alquanto
fiduciosa.
E sapevo anche il perché: se Jacob avesse abboccato alla
messa in scena, lei
sarebbe stata finalmente libera. E questo voleva dire che la nostra
finta
relazione sarebbe finita; saremmo ritornati ad essere solo amici. I vecchi, buoni amici
del liceo, e basta.
E
io? Dopo tutto quello che questa finta relazione con Bella mi aveva
dato, sarei
riuscito a nascondermi di nuovo nel mio angolo, tenendomi per me tutte
le mie
emozioni? No, ovviamente no. Non sarei mai riuscito farcela. Ma che
altro avrei
potuto fare, allora?
La
mano di Bella strinse forte la mia, come per infondermi coraggio e
speranza.
«Oh,
ma che bella commedia romanticamente strappalacrime»,
esclamò Jacob, rimasto alcuni
passi dietro di noi, mentre si stiracchiava.
Strinsi
i denti, reprimendo la voglia di prenderlo a pedate nel sedere.
Nonostante il
suo comportamento inspiegabile, il disprezzo che nutrivo nei suoi
confronti non
si era mutato. «Ma bene», quasi ringhiai.
«Allora, adesso puoi anche deciderti
di lasciarci un po’ in pace».
«Ma
la serata non è ancora finita», sbatté
le palpebre con fare innocente.
Serrai
i pugni e tentai di avvicinarmi a lui, giusto per rivoltargli quella
faccia da
idiota che si ritrovava, visto che ciò che si era beccato
qualche giorno prima
non gli era bastato.
«Basta!»,
esclamò Bella, mettendomi una mano sul petto, bloccandomi.
«È tutta la serata
che non fate altro che guardarvi in cagnesco. Vi state comportando come
due
bambini, anzi peggio. La volete
piantare un po’?!», il suo sguardo passò
veloce da me a Jacob. Io e lui ci
guardammo dall’alto in basso, senza dire una parola.
«Ora
vado un secondo in bagno; potete evitare di ammazzarvi a vicenda, nel
frattempo?», riprese, continuando a guardarci titubante.
Mi
lanciò uno sguardo di avvertimento: “Non fare
passi falsi, Edward. Non adesso,
per favore. Non rovinare tutto”.
Bella
ci voltò le spalle, allontanandosi e sparendo dietro la
porta del bagno delle
signore.
Rimasi
in piedi per qualche secondo, guardandomi la punta delle scarpe. In
quel
momento, la parola “imbarazzante” non rendeva molto
l’idea dell’aria che
aleggiava tra me e Jacob. Feci qualche passo avanti e indietro e poi mi
sedetti
sulle scale che portavano alle sale superiori, aspettando il ritorno di
Bella.
Passò
qualche minuto prima che la voce di Jacob mi fece alzare lo sguardo dal
pavimento,
riportandomi alla realtà. «È molto
legata a te».
«Che
cosa?».
«Bella,
intendo», si appoggiò con le spalle al muro
davanti a me. «È molto legata a te».
Lo
guardai in faccia, sollevando un sopracciglio. Stava scherzando?! La
sua
espressione non era sarcastica, ma sembrava quasi assorto, come se
stesse
pensando intensamente e si abbandonasse a un ragionamento ad alta voce.
Indeciso
su quale fosse la risposta migliore, annuii semplicemente. Riabbassai
lo
sguardo, deciso a non lasciarmi andare ad una conversazione seria su
quanto io
e Bella stessimo bene insieme, specialmente con quel tipo che ci aveva
fatto
penare peggio di chiunque altro.
«Siete…
uniti, voglio dire», riprese, continuando a dar voce al suo
monologo interiore.
«Si vede da come state insieme, da come vi guardate.
All’inizio avevo pensato
che aveste architettato tutto solo per farmi sparire dalla
circolazione, invece
voi due vi amate davvero…».
Rimasi
in silenzio, un po’ a disagio per aver ascoltato quelle
parole, che
probabilmente non erano nemmeno rivolte a me. Mi limitai a guardarlo,
sperando
vivamente che Bella tornasse velocemente.
«Sai,
Masen, ti avevo giudicato male», continuò,
lasciandosi andare ad un piccolo
sorrisetto. «Credevo che fossi uno dei soliti ragazzi che sta
con una ragazza
solo per portarsela a letto, ma non è così, ora
lo so».
Deglutii.
«Mi fa piacere che tu abbia avuto una così alta
considerazione di me».
Jacob
ridacchiò, alzando gli occhi al soffitto. «So cosa
pensi di me, che sono un
essere viscido, un bambino, e forse
hai ragione. Ma devi sapere che io amavo davvero Bella – e la
amo ancora. Credevo
che io e lei saremmo stati insieme per sempre, che avremo vissuto un
intera
vita l’uno al fianco dell’altra, ma quando mi sono
reso conto che le cose
iniziavano ad andare male, che tra noi non c’era
più la stessa chimica di un
tempo, ho fatto di tutto per non perderla. Mi sono aggrappato a
qualsiasi
appiglio con le unghie e con i denti per evitare di perdere
ciò che per me era
più importante. È vero, probabilmente ho
esagerato, però in quel momento tutto
quello che facevo mi pareva giusto. Dovevo combattere per non perdere
il mio
amore e non mi facevo domande su cosa fosse ben accetto e cosa non lo
fosse,
perché dovevo pensare a come rimettere insieme i pezzi miei
e di Bella», prese
un respiro profondo, scostando lo sguardo da me e facendo una pausa.
Non
avevo mai guardato tutta quella situazione incasinata dal suo punto di vista, dovevo ammetterlo.
Non mi ero mai soffermato su
come dovesse mai essersi sentito Jacob, vivendo tutto questo. Non avevo
mai
pensato a cosa dovesse aver passato lui, non avevo mai provato ad
immedesimarmi
nella sua situazione.
Avevo
sempre pensato a lui come all’antagonista di Bella, al nostro antagonista. Ora, iniziavo a
vedere il tutto sotto una luce
diversa, oggettiva, seria.
Potevo
biasimare Jacob per il suo comportamento, certo. Potevo criticarlo,
potevo
disprezzarlo, ma io al suo posto, sarei davvero riuscito a rassegnarmi,
lasciando andare l’amore della mia vita?
No,
non che non ne sarei stato capace. Avrei combattuto, non mi sarei
arreso alla
realtà. Mi sarei comportato come lui, volendolo o meno.
«Ero
convinto che nessuno potesse amare Bella quanto me»,
continuò, ammettendo ciò
che avevo sempre sospettato. «Insomma, che nessuno potesse
apprezzarla quanto
facevo io ed era per questo che continuavo a starle addosso: non volevo
che
soffrisse per qualcun’altro. Mi dispiace di avervi complicato
così tanto la
vita, non ve lo meritavate. E, sì, mi dispiace anche per
quello che è successo
l’altra volta», disse, facendo segno ai lividi che
ancora mi portavo dietro.
«La
stessa cosa vale per me», risposi, notando il segno violaceo
sotto il suo
occhio sinistro.
«Non
c’è problema. Anzi… Questo look fa
colpo sulle ragazze».
Sorrisi
e abbassai lo sguardo sulla moquette consumata.
«Dico
sul serio, comunque», disse con sguardo onesto.
«Non avrei potuto lasciare
Bella in mani migliori delle tue».
Lo
guardai stupito, incredulo quasi. Avevo capito bene?!
Alzò
le spalle, in segno di resa. «Hai vinto. Bella appartiene a
te, ora».
Aprii
la bocca, cercando di dire qualcosa, ma non mi uscì
nient’altro che un suono
strozzato.
«Voi
vi amate, è giusto che stiate insieme. Non ho il diritto di
dividervi e, poi,
io e Bella non stiamo più insieme da tanto tempo:
è normale che lei si sia
rifatta una vita, e che me ne rifaccia una anche io. Stai con lei e
amala».
Rimasi
a soppesare le sue parole. Amarla, quello che avevo sempre desiderato
fare.
Quel sentimento che avevo sempre desiderato poterle offrire
apertamente, senza
sotterfugi o segreti, senza dovermi nascondere.
Io
potevo amarla, già lo facevo. Ma lei mi avrebbe mai
accettato?
«Ora
vado», annunciò, scostandosi dalla parete e
infilandosi le mani in tasca. «Vi
ho già rovinato abbastanza la serata».
«Non
aspetti Bella?», domandai ancora scettico che avessi capito
bene.
«E
per quale motivo? Per dirle le stesse cose che ho detto a te e per
vedere la
sua reazione?», ridacchiò. «No, no.
Diglielo pure tu. Non c’è più bisogno
di
me».
Non
risposi. Lo guardai uscire dalla porta a vetri del cinema senza
voltarsi
indietro.
«Edward,
che succede? Dov’è Jacob?», la voce di
Bella mi risvegliò qualche minuto dopo.
«Se
n’è andato».
«Come
“se n’è andato”?»,
chiese dubbiosa.
«Se
n’è andato. Si è arreso. Ha detto che
non ha più intenzione di romperti con la
sua presenza», la guardai, semplicemente. «Ha
funzionato».
Il
viso di Bella divenne una maschera di gioia. «Ha
funzionato», mormorò tra sé e
sé. «Ha funzionato».
_________________________
Scusatemi.
Davvero, perdonatemi. Non avete idea di
quanto mi dispiaccia. Davvero. Tutte le mie
promesse, tutti i miei tentativi di portarmi avanti sono andati
bellamente a farsi un giro in campagna, e non sono più
tornati. Purtroppo, non
è un periodo tranquillo, anzi. Gli impegni stanno diventando
sempre più insostenibili e anche per riguardare un capitolo
ci impiego tre settimane. Poi,
sì, lo ammetto, ho avuto anche un po' di problemucci con la
scrittura: per giorni interi non sono riuscita ad aprire un file.
Perchè? Non lo so. Solo... non riuscivo a mettere
giù una parola. Ora va meglio.
Sto iniziando a scrivere anche una piccola One Shot sempre su Twilight
che spero di pubblicare al più presto :D Ora,
però, passiamo alla storia. Eccolo qui, il
capitolo che tutti stavamo aspettando. Ve lo eravate aspettate
così, tranquillo, maturo, oppure avreste preferito un altro
scontro violento tra Edward e Jacob?? XD A parte gli
scherzi, come lo avete trovato? Scontato, noioso? E, invece, come
vi è sembrato Jacob? Avete visto che in questo
capitolo gli ho concesso un po' di spazio per dar finalmente luce alla
sua vera
personalità... Cosa ne pensate? Avete cambiato idea riguardo
a lui? Bhe, sappiate che
le cose non stanno migliorando, anzi; tra qualche capitolo
accadrà l'impossibile e allora sì che
sarà difficile... Bene, ora lascio
lo spazio a voi, cari lettori (Sì, se ancora qualcuno
è rimasto). Cosa ne pensate di questo nuovo capitolo?? Non
è che mi lascereste una bella recensione così da
allietarmi la serata? :3 So che, dopo
tutto questo tempo, non dovrei neanche permettermi di venire a rompervi
con questa mia storia inutile, ma, nonostante tutto, ci tengo ancora
moltissimo e non voglio abbandonare niente, quindi non pensate
minimanete che me ne sia sparita così. Non
succederà. Dai, ora levo le
tende e vi lascio recensire in pace (: Già,
è vero, non ho ancora risposto alle recensioni del capitolo
precedente. Lo farò questa sera, promesso. Grazie, gente.
Grazie davvero. Per tutto. Per me tutto questo è davvero
moltissimo. Grazie. Un bacio, S.
Ps: Avete visto
Breaking Dawn? Cosa ne pensate??? Io, francamente, lo giudico come il
migliore della saga. Romantico, dolce, tragico, terribile... Tutto al
punto giusto. Insomma, perfetto.
Spensi
il motore dell’auto proprio di fronte alla casa di Bella,
lasciando andare un
lungo sospiro agitato.
Rimasi
qualche secondo immobile sul sedile, accarezzando con le dita il
voltante di
pelle chiara e cercando di tranquillizzarmi il più
possibile.
Mi
misi a guardare fuori dal finestrino, oltre
l’oscurità della notte, verso la
casa di Bella, verso la luce della sua finestra. Probabilmente, si
stava ancora
preparando.
Quella
sera, saremmo dovuti uscire insieme: la famosa festa di Alice era stata
organizzata, esattamente il giorno dopo dell’inizio delle
vacanze di primavera.
E, come ci aveva promesso, non ci aveva lasciato in pace,
finchè non avevamo
accettato il suo invito.
Per
quanto mi riguardava, non ero molto d’accordo sul fatto che
io e Bella ci
presentassimo ancora come coppia. Insomma, che senso avrebbe avuto
continuare
quella pagliacciata? Ormai, l’obiettivo era stato raggiunto,
Bella si era
liberata definitivamente di Jacob. Perché continuare a
prenderci gioco di
tutti, specialmente dei miei sentimenti?
«Ma,
Edward, gliel’abbiamo promesso. Non vorrai mica rimangiarti
la parola?! E poi
non possiamo certo sparire e dividerci d’improvviso, proprio
dopo che Jacob ci
ha dato il suo via libera», le sue parole risuonavano ancora
chiare nella mia
mente. Ma come potevo continuare ancora starmene fermo e buono in un
angolo, mentre
Bella continuava ad andare avanti con la sua messa in scena?
No,
non potevo più farlo. Specialmente, non dopo tutto quello
che avevo – che avevamo
- subito.
Oltretutto, io non riuscivo
più a continuare ad interpretare la parte del suo ragazzo,
mettendo
continuamente in un angolo tutti i miei sentimenti. Mi ero nascosto per
troppo
tempo per aver ancora la forza di continuare a farlo.
Ora
mi sentivo cambiato. Mi faceva strano dirlo, a me in prima persona, ma
infondo
questa era la pura verità. Non ero più lo stesso
ragazzo che, poco più di un
mese prima, andava nel panico anche solo se doveva parlare con Bella,
arrossiva
per un niente e si chiudeva a riccio ogni volta si sentiva minacciato.
Non ero
più io.
Ora,
le cose erano diverse. Avevo racimolato il coraggio che mi era sempre
mancato
e, dopo averci pensato bene e fino infondo, avevo deciso che mi sarei
messo in
gioco, per la prima volta nella mia vita. A partire da quella sera
stessa.
Sì,
esattamente. Quella sera, le avrei finalmente detto che ero innamorato
di lei,
le avrei svelato ogni mio singolo sentimento represso. Avrei smesso di
mentire
a me stesso e mi sarei comportato come era giusto che mi comportassi
fin
dall’inizio.
Bene. Adesso basta
indugiare.
Presi
un altro respiro profondo, prima di uscire dall’auto e
avviarmi verso la casa
di Bella. Camminai lentamente, un passo dopo l’altro, lungo
il vialetto di
cemento e in un momento mi ritrovai sotto la veranda illuminata. Suonai
il
campanello ed attesi che Bella venisse ad aprirmi.
«Un
momento!», la sua voce mi giunse distante, quasi ovattata.
Dei tonfi spediti mi
arrivarono alle orecchie e un attimo dopo la porta si aprì.
La
figura che mi si presentò davanti mi lasciò
completamente senza parole. Era
Bella, ma mi ci volle qualche minuto perché me ne resi
completamente conto.
I
suoi lunghi e luminosi capelli castani erano legati dolcemente in
un’alta coda
di cavallo, per poi ricadere in onde leggere sulle spalle favorendo un
effetto molto
simile ad una cascata di cioccolato.
Indossava
un vestito blu notte, corto fino al ginocchio, dal corpetto stretto e
rigido e
dalle spalline sottili. La gonna a palloncino le cadeva perfettamente
sui fianchi
rotondi, un grosso fiocco dello stesso colore dell’abito le
fasciava la vita,
intrecciandosi sulla schiena.
I
suoi occhi erano resi ancor più profondi da uno strato
omogeneo e perfetto di
trucco, le sue labbra carnose brillavano di lucidalabbra e il colore
della sua
pelle era ancor più chiaro e luminoso del solito. Sembrava
un angelo.
«Allora?
Che ne pensi?», sorrise, facendo una piroetta su se stessa.
«Sei…»,
cercai le parole giuste. «Sei meravigliosa».
Mi
guardò dritto negli occhi. Si avvicinò a me,
alzandosi sulla punta dei piedi e
sistemandomi la cravatta. «Ecco. Ora anche tu sei
perfetto», mi sussurrò
nell’orecchio.
«Bene»,
mormorò, dopo aver preso un lungo e profondo sospiro.
«Andiamo. Una festa ci
aspetta».
Mi
prese per mano e mi lasciai guidare dal rumore regolare dei suoi tacchi
sul
selciato.
Arrivammo
nel parcheggio del nostro vecchio liceo una mezz’ora dopo
l’inizio ufficiale
della festa. Come diceva Bella, quando la festa è nel suo
pieno svolgimento,
così da attirare maggiormente l’attenzione.
Ma
non era a quello a cui stavo pensando, in quel preciso momento.
Piuttosto, non
riuscivo a togliermi dalla testa tutti i momenti che io e Bella avevamo
vissuto
in quella scuola: la prima volta che ci eravamo parlati durante la
lezione di
biologia, i lunghi pranzi in caffetteria, seduti nel tavolo vicino
all’uscita
sul giardino, i pomeriggi passati nella libreria…
L’inizio del mio amore per
lei.
Era
strano trovarsi lì in quel momento, a ripensare a tutte le
cose che erano
successe dall’ultima volta che avevo messo piede in quel
parcheggio, in quella
scuola.
Camminammo
fianco a fianco verso l’entrata della palestra, mano nella
mano.
Quando
entrammo nel grande salone, rimasi senza parole. Non somigliava per
niente a come
mi ricordavo quel luogo. Al posto dei numerosi attrezzi da ginnastica,
c’erano decorazioni
e addobbi dappertutto. Dal soffitto si snodavano lunghi festoni
violacei e,
incastonati tra la stoffa voluminosa, brillavano piccole luci
stroboscopiche.
La
grande pista da ballo era illuminata da quattro fari, le cui luci
ruotavano
attorno ai ballerini, giocando quasi con loro. Nel resto della sala,
una quasi totale
oscurità rendeva l’atmosfera elegante ed intima.
«Wow»,
sussurrammo io e Bella all’unisono.
Dall’altro
capo della sala, vidi spuntare il piccolo visino di Alice. Ci fece un
cenno con
la mano e facendosi largo tra la folla accalcata vicino ai tavolini e
divanetti
che circondavano la pista da ballo, ci raggiunse. «Bella!
Edward! Finalmente
siete arrivati! Iniziavo a non sperarci più!»,
esclamò, sovrastando la musica.
Ci
abbracciò entrambi, facendoci gli onori di casa. Stette con
noi cinque minuti, giusto
il tempo per mostrarci l’enorme banco adibito a bar, poi si
volatilizzò tra la
gente che si accalcava ai tavolini.
«Bhe,
non c’è che dire», disse Bella,
sedendosi su uno sgabello, vicino al bancone.
«Alice non si è di certo risparmiata con questa
festa».
«Già»,
annuii, ordinando da bere.
Guardai
Bella sorseggiare il suo drink mentre con lo sguardo passava in
rassegna ogni
singolo viso del salone.
Era
splendida. I suoi occhi, così profondi, rispecchiavano a
pieno la sua
personalità: dolce, ma anche furba e astuta.
Incrociò il mio sguardo e mi
sorrise.
«Vieni»,
esordì all’improvviso. «Andiamo a
ballare».
Rimasi
di stucco. «Cosa? Bella, ma io non so ballare».
«Perché,
secondo te, io sì?», rise come se fosse la cosa
più naturale del mondo.
E
in un secondo ci ritrovammo sulla pista da ballo, circondati dai nostri
ex
compagni: riconobbi Marcus, Emmett, Angela, Jessica, Mike…
tutti quanti. Ci
fermammo qualche secondo a parlare, a ricordare i bei, vecchi tempi del
liceo,
quando tutto era completamente diverso da ora – per me,
perlomeno.
Ricordai
il ballo di fine anno. L’ultimo ballo di fine anno. Quando
ancora non riuscivo
a spiccicare due parole in croce senza mettermi a balbettare come un
idiota.
Ero rimasto in un angolo, guardando Bella volteggiare tra le braccia
del suo
accompagnatore, il suo fidanzato dell’epoca.
Ancora
la vedevo. E ancora sentivo la mia frustrazione come se fossero passate
appena
poche ore.
Ma
adesso le cose erano cambiate. Bella volteggiava tra le mie
braccia; non la guardavo semplicemente da lontano, ero io il
padrone della situazione.
Sentivo
il coraggio e la voglia di arrivare infondo scalpitare dentro di me.
«Bella,
devo dirti una cosa importante», gli sussurrai dolcemente in
un orecchio,
mentre eravamo impegnati a ballare sulle note di un romantico lento.
Mi
guardò con aria dubbiosa. «Dimmi.
C’è qualche problema?».
«Oh,
no. No, no. Assolutamente», la guardai negli occhi.
«Bella, io ti…».
«Edward!»,
esclamò una voce femminile alle mie spalle.
Mi
voltai e riconobbi immediatamente il volto della mia ex fidanzata,
Rosalie.
Rimasi
senza parole per un po’, incredulo di essermela ritrovata
davanti.
«R-Rosalie?».
Lei
sorrise compiaciuta. «Eh, già».
Mi
abbracciò di slancio, stringendomi a sé, come se
fossimo stati due vecchi amici
che si ritrovano dopo tanto tempo di lontananza. Io, in compenso,
rimasi rigido
come un pezzo di legno.
Mentre
ero stretto nell’abbraccio troppo entusiasta di Rosalie,
guardai istintivamente
verso Bella, che ancora mi stringeva la mano con decisione. Il suo
sguardo era colmo
di incertezza: correva da me a Rosalie, cercando una risposta. Era come
se
fosse persa.
«Ehm»,
mi schiarii la voce, staccandomi Rosalie di dosso. «Bella,
questa è Rosalie, la
mia ex-fidanzata. E, Rosalie,
questa
è Bella».
«Oh», esclamò,
guardando per la prima volta nella sua direzione. «Oh, sì. Mi ricordo
di te. Tu, tu non eri quella che stava che stava con Jacob Black, vero?».
«Ehm… Già», mormorò lei,
abbassando lo sguardo.
Presi
in mano la situazione. «Vero. Ma adesso io e lei siamo
fidanzati, lo sai?», strinsi Bella a
me, come per marcare il concetto.
Lo
sguardo sorpreso di Rosalie analizzò prima me e poi Bella,
che si era
raggomitolata al mio fianco.
«Ma non mi dire», mormorò con
quella sua vocina finta, piena di interesse, e sorridendo. «State davvero
insieme?».
Io
e Bella ci scambiammo il solito sguardo complice, sorridendoci
l’un l’altro.
Contrariamente dal solito però, la strinsi più
forte a me, baciandola sulla
fronte.
Rosalie
non distolse un attimo lo sguardo, mentre dedicavo a Bella queste
tenerezze, e
fu per questo che, al mio fianco, la sentii avvampare.
«Bene», esclamò poi, dividendo
me e Bella e parandosi al mio fianco. «Non ti dispiace se ti
frego per un
secondo il tuo fidanzato, vero, Bella? Sai, parliamo un po’,
ricordiamo i bei,
vecchi tempi… Te lo restituirò intatto, non
preoccuparti».
La
liquidò con uno sguardo. Mi spinse verso un tavolino libero,
accanto alla pista
da ballo. Mi voltai solo una volta per cercare di distinguere la figura
di
Bella tra la folla. Ma era troppo tardi. L’avevo persa di
vista.
Finii
di bere l’ultimo sorso di drink che giaceva sul fondo del
bicchiere, tentando
di rimanere attento a ciò che Rosalie sta blaterando.
Mi
aveva parlato della scuola, del suo corso alla Dartmouth per figli di
papà,
delle sue nuove amicizie, di tutto ciò che aveva combinato
da quando ci eravamo
lasciati, poco prima che conoscessi Bella.
Niente
di eccitante, solo ordinaria vita comune. O, ad ogni modo, nulla che mi
potesse
interessare davvero.
«E, poi, sai, ci
sono feste, incontri con ex-studenti… Insomma, è
tutto piuttosto eccitante…», ma smisi di
ascoltarla.
Cominciai
a guardarmi intorno, cercando Bella in ogni lato del grande salone,
senza però
incontrare i suoi profondi e luminosi occhi scuri.
«Non mi stai dando
molto ascolto, non è vero?».
Spostai
lo sguardo su di lei, che ricambiò alzando le sopracciglia e
accavallando le
gambe. «Ehm… No, in effetti
no».
Ridacchiò
tra sé, abbassando lo sguardo sul suo bicchiere, pieno solo
per metà. Passò il
dito sul bordo del bicchiere, fissando il liquido dorato contenuto
all’interno.
«Quindi, adesso, tu
e Bella, giusto?», esclamò,
spostando le sue attenzioni di nuovo su di me.
Ecco,
ora toccava a me essere tirato in ballo. Logico.
«Già, stiamo insieme», annuii, sperando
che il tutto finisse alla svelta.
«Insomma», si lasciò andare
sulla sedia. «Ho visto come la
guardi, come le stai vicino…».
Rimasi
zitto, un po’ per scoprire dove voleva andare a parare, un
po’ perché non c’era
nulla da puntualizzare.
«Sai, è la prima
volta che ti vedo così preso da una ragazza, è
per questo che sono rimasta
stupita quando vi ho visto insieme. Tu sei sempre stato così
timido,
introverso… Vederti così sicuro di te mi ha
procurato un colpo, lo ammetto!»,
sorrise spontaneamente.
«Ad esempio, non hai
mai guardato me, in quel modo», aggiunse.
Alzai
lo sguardo su di lei, sicuro di aver capito male. Ma no. Purtroppo,
avevo
capito alla perfezione.
Nei
suoi occhi chiari riuscivo a leggere solamente la sua malizia e tutti i
pensieri perversi che le passavano per la mente.
Non
riuscii a controbattere nulla, non sapevo cosa dire. Non riuscii a
muovere un
muscolo.
In
compenso, lei avvicinò la sua sedia alla mia, la sua coscia
sfiorò la mia,
facendomi venire i brividi.
«Sai, Edward», mi soffiò in un
orecchio. «Magari, possiamo
riprovarci. Sai cosa intendo… Riprovare a tornare insieme. E
non importa il
fatto che siamo lontani o che saremo impegnati con
l’università… Ti ricordi come
stavamo bene insieme, Edward? Eh, ti ricordi?», mi sfiorò
l’avambraccio con la
punta delle dita, io rabbrividii e mi scostai bruscamente. Questo,
però, non mi
impedì di ricordare.
Io
e Rosalie ci eravamo frequentati per quasi un annetto e, tenendo
presente la
media di durata dei rapporti amorosi al liceo, noi eravamo considerati
la
“coppia” per eccellenza.
Ad
essere onesti, però, io e lei non eravamo mai stati propriamente fidanzati. C’era
attrazione, ci piacevamo – molto
-, eppure tra me e lei c’era
sempre mancato qualcosa, quel qualcosa che avevo scoperto solo
frequentando
Bella.
Quando
stavo con Rosalie, pensavo di aver provato tutto, ogni singola parte
dell’amore. Invece, dopo aver conosciuto Bella ed essermi
innamorato di lei,
avevo capito… L’amore non era quello che avevo
sempre pensato di provare, era
quello che tenevo nascosto per Bella nel mio cuore.
Ed
ora? Perché ora mi stava chiedendo di tornare con lei? Era
da quando ci eravamo
lasciati, cioè dalla fine del terzo anno, che non ci eravamo
più rivolti mezza
parola. Ognuno aveva continuato a svolgere la sua vita, senza
preoccuparsi di
quella dell’altro.
Ed,
ora, perché mi diceva quelle cose, portandomi alla mente
tutti i momenti
passati insieme, tutte quelle emozioni – per quanto insincero
e inesperto il
nostro amore fosse stato - che
avevamo
condiviso, tutte le esperienze che avevamo affrontato insieme?
Perché,
perché lo stava facendo? Perché voleva farmi
tornare indietro, ai tempi del
liceo? Non capivo.
Mi
guardai in giro, in cerca di Bella, in cerca del suo aiuto. Ovviamente,
non la
vidi.
Mi
voltai verso Rosalie e l’unica cosa che mi rapì fu
il suo sguardo maligno.
Stava facendo il doppio gioco, glielo si leggeva negli occhi. Ma non
sarei
rimasto a farmi abbindolare da lei, non adesso che ero cambiato. Non
sarei
rimasto a farmi riempiere la testa di bugie, di frasi fatte, di
inconsistenze.
«Rosalie», sbottai,
alzandomi dalla sedia e guardandola dritta negli occhi. «Non
ho intenzione di
ritornare con te. Sono fidanzato con Bella adesso, hai presente?!», feci una pausa,
prendendo fiato.
«E, sai un’altra
cosa? Io sono innamorato di Bella. La amo
davvero.»
Rosalie
mi guardò per un attimo, confusa. Poi fece una risatina, e
se ne tornò seria.
«Sai
che ne penso, Edward?», ghignò malevola.
«Fa’ come vuoi, ma se… andasse storto,
io sono ancora una valida proposta,
sappilo».
Mi
sentii improvvisamente il sangue ribollire, scoppiando nei timpani.
Strinsi i
pugni e mi allontanai dalla bionda. Mi accavallai a tutte quelle
persone, a
quell’orda impenetrabile.
Non
vedevo Bella, non riuscivo a individuarla in mezzo a quel caos.
Mi
avvicinai a un gruppetto di tavoli, dalla parte opposta della stanza a
quelli
dove ero seduto poco prima, e ad alcuni divanetti di pelle rossiccia.
Mi
si bloccò un attimo il respirò. Bella era
semisdraiata su uno dei divani, con
un bicchiere di scotch in mano e l’aria leggermente
–o meglio quasi totalmente-
brilla.
«Mio
Dio, Bella. Come diavolo ti sei conciata?», le mormorai. La
feci sedere
composta e le accarezzai la fronte e le spalle.
Si
massaggiò le tempie, con aria corrucciata.
«Portami a casa Edward. Ti prego.
Portami via di qui».
Annuii.
Per quella serata avevamo dato spettacolo di noi stessi fin troppo. Ne
avevo
abbastanza.
La
sollevai dal divanetto e me la strinsi al fianco, sorreggendola con il
braccio.
Prima di uscire dal locale intravidi Rosalie sorridere malignamente,
con gli
occhi chiari che bruciavano di vendetta.
_____________________________
Salve a tutti, cari lettori e lettrici. Come state? :3
Io abbastanza bene, a parte l'influenza che mi ha costretto a stare a
letto in questi ultimi 3 giorni.
Ma è stato anche per merito di ciò che sono
riuscita a trovare un po' di tempo per riguardare il capitolo e
postarlo a voi, questo pomeriggio. (:
Prima di passare al capitolo corrente, però, voglio dedicare
un po' di spazio al capitolo precedente: sono felicissima del
risolutato che ha ottenuto! 10 recensioni, non era mai successo prima!
Non sapete quanto mi avete fatto gongolare per questo!
Sono molto felice anche del fatto che molte di voi hanno cambiato idea
sul personaggio di Jacob; era proprio l'obiettivo del capitolo
precedente, dare più spazio alla sua storia e ai suoi
pensieri e sentimenti.
Ma, ora passiamo a questo capitolo.
La festa di Alice ha avuto luogo, finalmente, e come avete potuto
vedere è stata anche un punto piuttosto cruciale: Edward
è cambiato, se n'è reso conto anche lui, Bella
sembra non essere più totalmente indifferente al suo
migliore amico come lo era all'inizio e ci mancava poco che tutta la
verità venisse a galla... Ma ecco che arriva Rosalie e
rovina tutto D:
Ma non è detta l'ultima parola. Il capitolo, infatti, non
sarebbe finito qui, solo che come al solito ho dovuto dividerlo
perchè era lungo qualcosa come 12 pagine e perfino io mi
annoiavo a rileggerlo tutto. Per cui, state pronti perchè
prima di Natale avverà un altro aggiornamento e quello
sarà l'aggiornamente decisivo (Sì, quello che
dall'inizio della storia vi dico). Già so che probabilmente
mi verrete a uccidermi con un forcone e per questo sono un tantino
preoccupata. Ma lasciamo correre; di certo, già vi
riempirò con le mie ansie e preoccupazioni per come la
prenderete nel prossimo.
Ora, è giunto il momento di lasciare lo spazio a voi, miei
cari. Che ne pensate di questo capitolo? Come avete trovato il nuovo
Edward? E Bella, invece? E, domanda più importante, che cosa
succederà nel prossimo capitolo? Sono stracuriosa di sapere
cosa vi immaginate :3
Bene, adesso mi dileguo...
Mi lascereste una bella recensione?? Dai, per favore! Fatemi felice :3
Un bacione grande a tutti,
S.
Ps: io e Giulia (Ever Lights) abbiamo iniziato a pubblicare una storia
a quattro mani: una raccolta di one shot natalizie sulle coppie della
saga di Twilight. Mi farebbe molto piace che ci faceste un salto! Ecco qui
il link (lì potrete anche trovare il link al nostro account
FB, dove potrete trovare aggiornamenti, spoiler, anticipazioni alle
nostre storie. Aggiungeteci :D ).
Accesi
il motore della Volvo ed uscii dal parcheggio, quasi senza prestare
attenzione
al resto dei ragazzi che indugiavano vicino alle auto o sullo stretto
marciapiede che girava intorno alla palestra della scuola addobbata a
festa.
Imboccai
la superstrada, diretto a casa di Bella.
Spinsi
il piede sull’acceleratore, sobbalzando non appena sentii la
risposta pronta
del motore. Francamente, mi sentivo come se stessi scappando, e, in
effetti, un
po’ era vero. Stavo
scappando, un po’
da Rosalie, un po’ dal mio strano ed incomprensibile passato
fatto di paure e
seghe mentali.
Per
quanto potesse farmi piacere passare una serata a rivedere i vecchi
amici e a
rivivere i bei tempi – e, sì, anche passare un
po’ di tempo con Bella – poteva
essere una buona idea, ma solo fino a un certo punto.
Sentii
dei mugugni giungere dai sedili posteriori. Alzai lo sguardo dalla
strada,
guardando il riflesso nello specchietto retrovisore.
Bella,
ubriaca come non mai, era sdraiata a pancia in giù,
nascondendosi la testa con
le braccia minute. I tacchi ricadevano da un lato, la lunga coda di
cavallo si
era sciolta ed ora i capelli ricadevano disordinati sulla pelle chiara
del
sedile.
Buon
Dio, che
diavolo di serata.
Per
di più, non ero nemmeno riuscito a seguire i miei piani per
la serata. Per
l’ennesima volta, la mia idea di rivelarmi a Bella era andata
tranquillamente a
puttane.
Più
ci pensavo, più una rabbia bruta mi ribolliva nello stomaco.
Strinsi le dita
intorno al volante.
Perché,
perché? Perché
ora che avevo trovato
tutto il coraggio per farlo, il destino tramava contro di me? Cosa
avevo fatto
di male per continuare a penare come un cane, mentre non facevo altro
che
desiderare Bella con tutto me stesso?
L’ennesimo
mugolio mi fece alzare lo sguardo verso lo specchietto. Cercai di non
badare alle
sue palpebre abbassate, alle sue labbra socchiuse, al suo odore dolce
di
vaniglia mescolato a quello più forte dell'alcool. Cercai di
non badare a quanto desideravo averla vicina, le sue
labbra sulle mie, finalmente mia,
senza più giochetti, segreti o sotterfugi.
Scossi
la testa violentemente, tanto che la vista ci mise qualche secondo per
rimettersi a fuoco per bene. Scacciai via ogni singolo pensiero su
Bella, su quella
merda di situazione, qualsiasi cosa avesse potuto distrarmi, e mi
focalizzai
sulla strada. Come unico obiettivo, raggiungere la casa di Bella in un
tempo
ragionevole e tornarmene a casa a piangermi addosso, come ogni santa
sera.
«Bella…!?».
Niente.
«Bella!?».
«Uhm. Edward…?!».
Le
diedi un colpetto sulla spalla; il tredicesimo, per essere precisi. «Siamo arrivati a
casa tua. Avanti, Bella, alzati».
Si
mosse un pochino, cercando di girarsi sulla schiena, invano. Un altro
mugugno.
«Forza, Bella,
alzati».
Si
stropicciò l’occhio destro. «Magari
domani».
Sbuffai,
alzando gli occhi al cielo. Uscii dalla macchina e aprii la portiera
posteriore. La tirai per i piedi, il tanto da farle penzolare le cosce
fuori
dall’auto, e la presi in braccio, raccogliendo anche i tacchi
abbandonati.
La
sentii rabbrividire, colpa del freddo della sera. Allacciò
le braccia intorno
al mio collo, aggrappandosi più forte a me.
Appoggiò
la testa sul mio petto, vicino all’incavo del collo. Respirai
a pieni polmoni
il suo odore dolcemente forte, sforzandomi di raggiungere la veranda.
La
casa di Bella era buia, nessuna luce illuminava il vialetto:
probabilmente suo
padre non era in casa.
Scostai
di poco lo zerbino ruvido, finchè un luccichio mi
balzò agli occhi.
Tombola.
Come
ogni famiglia americana, anche gli Swan tenevano una chiave sotto lo
zerbino,
per ogni evenienza.
Aprii
la porta e raggiunsi le scale alla cieca, evitando di andare a sbattere
da
qualche parte. Le salii piano, una alla volta, poggiando stabilmente un
piede e
poi facendo un altro passo.
Tra
le mie braccia, Bella iniziò a strusciare la punta del naso
contro il profilo
della mia mascella; per poco, non caddi giù dalle scale.
Allungai il passo,
preoccupato di svenire da un momento all’altro.
Raggiunsi
la camera di Bella e la posai sul letto, incapace di dire una sola
parola. Sistemai
le coperte, lasciando cadere i tacchi in un angolo, vicino al comodino.
Poi,
i fatti accaddero molto velocemente – oppure è la
mia memoria che ha registrato
il tutto come su un disco rovinato dall’usura, sfalsando le
immagini.
In
un secondo, Bella si aggrappò al mio collo, legando le sue
gambe intorno alla
mia vita. Mi alzai di scatto, sorpreso e spaventato. Posò la
sua bocca sulla
mia, schiudendo le labbra e sfiorando la mia lingua con la sua. Il suo
respiro intenso con un retrogusto di alcolico mi invase, rendendomi
inerme e incapace di
reagire. Mi baciò con passione, con desiderio –
come avevo sempre sognato, come
mai avrei potuto immaginare.
Mi
spinse verso il letto, litigando con il nodo della cravatta nera.
«Bella», riuscii a
farfugliare in un secondo di lucidità, mentre lei cercava di
focalizzarsi sui
piccoli bottoni trasparenti della camicia. «Bella, no. Fermati. Non…
non dobbiamo».
Alzò
lo sguardo, il suo viso terribilmente vicino al mio. «Lasciati andare,
Edward. Solo per una sera, lasciati andare».
Non
me lo feci ripetere due volte – o meglio, la parte che aveva
sempre desiderato
Bella, decise di farmi tacere e lasciarmi tutto alle spalle. La
ragione, la mia
coscienza continuava a ronzarmi nelle orecchie, senza sosta, sbraitando
ciò che
avrei dovuto fare. Non diedi peso a niente.
Mi
lasciai spogliare senza fiatare, mentre accarezzavo il corpo magro ma
pieno di
Bella. Le gambe lunghe e sottili, le ginocchia un po’
sporgenti, il sedere sodo
e tondo. La perfezione.
Le
tolsi il vestito blu, che ora era diventato ingombrante. Osservai
stralunato la
sua pancia calda, il suo ombelico incavato, il suo seno racchiuso in un
reggiseno di pizzo nero.
La
guardai negli occhi e lei mi sorrise – o meglio,
così mi parve.
Si
stese sul letto, e io su di lei.
È
un sogno. È un
sogno.
Iniziai
a baciarle il viso, il collo, il seno, il ventre. La sentii iniziare ad
ansimare, le sue mani stringevano con forza i miei capelli.
Le
tolsi il reggiseno e gli slip con estrema facilità, quasi
con naturalezza,
beandomi del calore eccitante che il suo corpo iniziava ad emanare.
Ritornai
a baciarle il collo, passando poi a mordicchiale il lobo
dell’orecchio.
Trattenne
il fiato, mentre giocava con l’elastico teso dei miei boxer
scuri. Lasciai
scivolare via un respiro colmo di frenesia.
In
un lampo, mi abbassò l’unico indumento che ancora
ci divideva, lasciandolo
cadere sul pavimento, insieme al resto dei nostri vestiti.
Toccò
la mia eccitazione, guardandomi negli occhi. Ricambiai lo sguardo,
sfiorandole
con la punta delle dita i capezzoli turgidi.
«Edward»,
ansimò.
Non
ce la feci più. Lei… la mia migliore amica, colei
che avevo sempre sognato al
mio fianco, nuda, ansimante, pronta a darsi completamente a me. Mi
sentii
mancare.
Non
esitai. Agii senza pensarci troppo, lasciandomi trasportare solo dai
miei
desideri.
Mi
spinsi dentro di lei, lentamente, deciso di non perdermi nulla di quel
poco che
ricevevo.
Bella
sussultò impreparata, serrando la mano intorno alla coperta
e imprecando. Il
suo respiro rimase mozzato, bloccato in gola. Le baciai il petto, il
collo, la
mascella lentamente, mentre con un’altra spinta entrai un
po’ più in lei.
«E-Edward»,
ansimò
ancora. «Edward».
Dio,
quante volte avevo sognato Bella mentre ansimava il mio nome? Quante
volte lo
avevo pensato, per poi risvegliarmi dal sogno con una malsana voglia di
spaccarmi la testa con un martello? Tante, tantissime volte.
Ed
ora, ora che finalmente stava succedendo davvero,
non potevo credere che tutto quello fosse reale.
Liberò
le mani dal groviglio di coperte e lenzuola, iniziando ad toccarmi le
braccia
tese, le spalle, la schiena. Schiuse un po’ di più
le cosce, legando le sue
gambe all’altezza delle mie ginocchia.
Spostò
l’attenzione sul petto. Con la punta delle dita, mi
accarezzò la pelle,
partendo dall’ombelico, arrivando al collo, soffermandosi sul
mio viso.
Mi
sentii fremere. «Oddio. Oddio».
Prese
il mio viso tra le sue piccole mani, posando la sua fronte sulla mia e
facendo
sfiorare la punta del naso contro la mia guancia, contro
l’angolo della bocca.
Un'altra
spinta.
Il
mio cuore iniziò a battere come un martello pneumatico.
Sentii l’adrenalina
bruciare nelle vene.
Bella
si strinse di più contro di me, inarcando la schiena.
Schiuse la bocca e un gemito
profondo le nacque da dentro.
Le
mie mani, strette attorno ai suoi fianchi, si serrarono ancora di
più. Gemetti
anch’io.
Un’altra
spinta e affondai in lei completamente, annegando.
«Oh, Edward», quasi le mancava
la voce. «Oh, Cristo santo. Oh».
Allontanai
il bacino da lei, uscendo un poco. E poi, poi tutto
ricominciò di nuovo.
Dentro,
fuori. Dentro, fuori. Dentro, fuori.
Sempre
più veloce.
Sempre
più insostenibile, sempre più inevitabile.
Strinse
le mani attorno al mio collo, iniziando ad assecondare i miei movimenti
con il
bacino, mandandomi in estasi.
Vorrei
morire. Sto per morire.
«Bella», riuscii a
biascicare con un filo di voce. «Bella. Bella, ti amo.
Io… io ti amo».
I
suoi occhi si posarono sui miei, quasi trapassandomi. Ebbi paura, per
un
secondo. Mi aveva sentito? Aveva realizzato ciò che le avevo
detto? Come
avrebbe reagito? Mi avrebbe preso a calci? Si sarebbe fermata?
No, per
favore. Fa
che tutto ciò non finisca. Ti prego.
Il
suo respiro irregolare si infranse sul mio viso, i suoi occhi si
socchiusero.
Avvicinò il suo viso al mio e mi baciò. Un bacio
naturale, pieno di sentimento.
Ricambiai, seguendo con attenzione i suoi movimenti. Poi fu lei che
iniziò a
gestire la situazione.
Su,
giù. Su, giù. Su, giù.
Io
assecondavo.
«Oh, Edward.
E-E-Edward».
E
ancora. E ancora. E ancora.
«Bella. Dio mio,
Bella».
Passò
la punta della lingua lungo il mio collo, facendomi rabbrividire e
gemere.
Agguantai la sua mano e la strinsi forte, sforzandomi di non
stritolarla.
Gli
ansiti si fecero più frequenti, più lunghi,
più profondi, più acuti. Impossibili
da controllare.
Sentii
la testa scoppiare dal desiderio, dalla passione, dal fuoco.
Sotto le mie mani, sentii il corpo di Bella irrigidirsi.
Venimmo
insieme, esplodendo in un vortice di piacere indescrivibile.
Bella
urlò, io strinsi i denti.
Le
gambe mi cedettero. Io cedetti.
Mi
accasciai accanto a Bella, la mia mano ancora stretta nella sua. Lei si
voltò
verso di me, gli occhi semichiusi.
«Edward», sussurrò,
accoccolandosi tra le mie braccia. «Edward».
Rimasi
in silenzio, stringendola appena al mio fianco. Dopo qualche secondo,
sentii il
suo respiro calmarsi, farsi più profondo e regolare,
finchè non mi resi conto
che Bella si era addormentata.
Non
la guardai, evitai di pensare a… tutto.
Non
volevo che dopo tutto quello i rimorsi ed i sensi di colpa prendessero
il
sopravvento.
Non
subito, non
adesso. Non ancora.
Chiusi
gli occhi.
_____________________________ Io... Io non so davvero
cosa dire. Di certo, non dovrei
nemmeno permettermi di stare qui a scrivervi ora, dopo che siete
arrivate alla fine di questo capitolo. Forse, dovrei volatilizzarmi e
sparire per un po', giusto il tempo perchè non mi uccidiate.
O forse, più semplicemente dovrei dire "Bene, gente questo
è il capitolo, godetevelo". Ma non voglio lasciarvi
così... Come molti di voi avranno
inteso, questo è il capitolo di cui vi ho parlato tanto,
quello che continuavo a tirare in ballo sia nelle risposte alle
recensioni, sia nelle note del capitolo. Questa è la goccia
che farà traboccare il vaso. Ora, come di certo avrete
inteso, sono un po' nervosa a presentarvi questo capitolo: primo,
perchè non so come lo prenderete - o meglio, un'idea ce
l'ho, ma comprende impiccagioni, roghi, forconi e altri generi di
torture, e non mi va di considerarla completamente, secondo,
perchè è la prima scena di sesso che descrivo
nella mia vita di fanwriter percui sono un po' preoccupata di aver
scritto delle baggianate grosse come una casa... In ogni caso, fatemi
sapere cosa ne pensate.
Bene, che dire d'altro? Ovviamente
aspettatevi il grande cambiamento dal prossimo capitolo in poi... Le
cose non saranno più come prima, specialmente per Edward.
Curiose? :3
Un immenso GRAZIE a tutti voi che mi
leggete e che recensite. Siamo arrivati a 90 recensioni, è
un sogno!!!! Grazie mille perchè avete ancora il coraggio di
seguirmi - anche se credo che dopo questo capitolo scapperete tutti a
gambe levate lasciandomi qui da sola.
Un inchino a Giulia, che non so
come diavolo faccia a sentirmi ciarlare tutto il giorno senza annoiasi
neanche un po' - santa donna.
E voglio fare anche una parentesi
speciale a Elena - è vero, abbiamo avuto un sacco di alti e
bassi di questi tempi, ma spero che le cose si risolvano
definitivamente adesso.
Ora è il vostro turno...
Che ne pensate di questo capitolo? Vi ha sopreso, vi ha deluso? Lo
trovate scoppiettante oppure una cacca? Me lo fareste sapere tramite
recensione?? Sapete quanto mi fa piacere potervi leggere, per cui,
anche se contentiene minaccie di morte, gioirò lo stesso.
Dai, per piacere, come piccolo regalo di inizio anno :3
Non
mi resi conto pienamente di quanto avevo dormito. Due minuti, due ore,
un’intera
giornata.
Bella
era ancora abbracciata al mio fianco: nuda, indifesa, respirava
regolarmente e
profondamente, sognando beata. Il mio sguardo si posò su di
lei e non potei non
notare il suo sorriso, la sua espressione estasiata.
Mi
morsi un labbro, combattendo contro la voglia di svegliarla e di
scuoterla per
farla rinsavire.
Bella,
non ti rendi
conto? Non ti rendi conto di cosa abbiamo fatto?
Mi
voltai dall’altro lato, dandole le spalle. Lei si mosse
inquieta, mugugnando.
Non
potevo guardarla senza sentirmi in colpa per quello che era successo
quella
sera, in quei mesi. Per tutto quello che dall’inizio era
scivolato su di noi.
Se non
mi fossi
innamorato della donna sbagliata. Se non mi fossi innamorato di te,
Bella,
tutto questo non sarebbe mai accaduto.
Mi
tirai a sedere, stringendomi le gambe al petto. Dallo sconforto,
lasciai cadere
la mia testa tra le mani; sconfitto, perso.
Perché
mi ero
lasciato trascinare? Perché non mi ero opposto fermamente,
perché non avevo
puntato i piedi? Perché avevo deciso di lasciarmi andare se
sapevo che dopo
nulla sarebbe stato più come prima?
Di
nuovo, mi ritrovai a guardare Bella. La sua schiena liscia e candida,
le sue
gambe magre nascoste dal lenzuolo morbido.
Mi
alzai dal letto, incapace di dire una parola, incapace di muovere un
gesto
verso di lei, lontano da lei.
Mi
rivestii in tutta fretta e mi catapultai fuori da casa, nella luce
fredda e
annebbiata di quel mattino di fine primavera.
Camminai
veloce lungo il vialetto, i pugni serrati lungo i fianchi. Notai che
l’auto di
servizio di Charlie non era parcheggiata lungo il marciapiede:
evidentemente,
non era ancora rientrato dal turno di notte alla centrale di polizia.
Voltai
la testa di scatto, ritrovandomi davanti alla mia macchina. Salii in
tutta
fretta, sbattendo forte la portiera. Avviai il motore e la macchina
partì con
un rombo.
Mi
abbandonai al ronzio sordo che invadeva l’abitacolo, il piede
pigiato sull’acceleratore,
le mani strette attorno al volante in pelle.
Cercai
di lasciare fuori i pensieri dalla mia testa, di cadere in stato
catatonico,
come l’altra sera, per evitare di rendermi davvero conto, per
ragionare fino in
fondo su cosa fosse successo.
Ma
non ci riuscii. Le vocine della mia coscienza risuonavano nella mia
mente,
senza darmi pace, impedendomi di passare oltre.
Le
labbra di Bella
su di me.
Il suo
corpo
morbido ed accogliente a contatto con il mio.
I suoi
gemiti acuti
e profondi che si sperdono nell’aria della notte,
nell’oscurità della stanza.
Le sue
piccole mani
che mi stringono le braccia, la mia schiena, che indugiano sul mio
petto.
Io
dentro di lei.
Scossi
la testa, scacciando quelle immagini dai miei pensieri, forzandomi con
tutto me
stesso di tornare alla realtà.
Non
potevo andare avanti così, non potevo continuare a pensare,
a piangermi addosso
per quello che era successo. Non potevo, non ci riuscivo.
Strinsi
le mani attorno al volante, sussultando ed irrigidendomi. Non volevo
pensarci,
ma non riuscivo a fare altro se non ripercorrere con la mente la serata
passata, i mesi passati, gli anni passati con l’amore per
Bella nascosto con
forza nel mio cuore. Come avevo fatto a resistere? Come avevo fatto a
sopportare tutto quello senza muovere un muscolo, senza avere la forza
di fare
niente?
Ora,
guardando indietro, verso il passato da cui ero scappato, non riuscivo
a capire
perché mi ero ostinato a scappare da me stesso come un
coniglio spaventato.
Era
come se un'altra parte, una totalmente sconosciuta a quella che ora
viveva in
me, si fosse presa gioco delle mie azioni, dei miei sentimenti per
anni,
impedendo alla consapevolezza che adesso mi governava di venire a
galla, di
prendere il sopravvento su tutto. Potevo ancora sentire dibattersi in
me tutti
gli sforzi che la timidezza, la codardia metteva in pratica per
debellare il
fuoco dell’intraprendenza che iniziava a bruciare le
sterpaglie intorno al mio
cuore.
Sentii
qualcosa esplodere in me. E quell’esplosione
cambiò tutto. Almeno per me.
Ero
talmente scosso che fui costretto ad accostare e a scendere
dall’auto, se non
volevo andare a schiantarmi da qualche parte.
Mi
catapultai fuori dall’auto, incespicando nei pedali, nei miei
stessi piedi.
L’aria
pungente della notte appena passata mi frustava la faccia, svegliandomi
dai
sogni, dalle menzogne, dal passato.
Passai
le dita sul viso, tra i capelli, pigiando i polpastrelli sugli occhi,
sugli
zigomi, sulla fronte.
Da
qualche parte, in me, qualcosa si era acceso. La fiducia in me stesso,
il
coraggio - che si era sprigionato anche prima di quel momento, quando
avevo
affrontato Jacob –, la voglia di tornare a galla: tutto
ciò mi aiutò a capire
che non ero più lo stesso ragazzo che fino a qualche tempo
prima si nascondeva
all’evidenza. Non volevo più negare ciò
che provavo, mi ero stufato di
nascondermi…
Apri
gli occhi,
Edward. Svegliati. Prendi in mano le redini delle tue azioni, dei tuoi
sentimenti, della tua vita.
Perché,
perché mi ero comportato da codardo per tutto quel tempo?
Cosa diavolo mi
passava per la testa, quando il panico mi attanagliava la gola,
impedendomi di
dire una parola, di fare qualunque cosa?
Apri
gli occhi,
Edward.
Perché
avevo deciso di aggregarmi a questa pagliacciata, rimanendo schiavo
della
situazione, incapace di fare nulla?
Perché
non mi ero messo in gioco sin dall’inizio, così da
non rimanere all’oscuro per
tutto quell’inutile tempo? Era rischioso, questo lo sapevo,
lo avevo sempre
saputo, ma perché non mi ero buttato comunque?
Ripensai
alla proposta di Bella, alla sua richiesta d’aiuto. Il tono
della sua voce,
quel giorno, rasentava la disperazione, gli occhi velati di
rassegnazione. E
io, che mi ero fatto trascinare senza riuscire a mettere dei paletti,
senza
essere capace di saper dire “Basta, questo è
troppo”.
Lasciai
che una folata di vento fresco mi ripulisse la mente.
Ripercorsi
con la mente tutti i pomeriggi che io e Bella avevamo passato insieme a
guardare film, sfidarci a giochi di società, aspettando che
la voce si spargesse a macchia
d’olio, che
arrivasse alle orecchie di Jacob.Indugiai sul mio stato
d’animo in quei
momenti, deluso, abbattuto, senza nessuna speranza di successo.
Come
avevo potuto sopportare quella sensazione di assoluta sottostima, di
impotenza?
Per tutto quel tempo poi.
Ma
la situazione sarebbe cambiata. Oh, sì, per davvero.
Non
sarei più rimasto preda del genere. Mai più.
E,
tantomeno, avrei sopportato un secondo di più con quel peso
sul cuore che mi
impediva di vivere.
Risalii
in macchina con una nuova certezza che aveva preso posto dentro di me.
Sono
cambiato.
Tutto adesso
cambierà. _______________________________________ Io e le date non andiamo d'accordo,
si era capito. Sono un disatro a mantenere
impegni, ad evitare di deludervi, a seguire un filo logico. Sono un
disastro, punto. Comunque, eccomi qui, per i pochi
che ci sono ancora - sempre che ci siamo anche quelli. So che molti di voi aspettavano con
ansia questo capitolo, quello del cambiamento definitivo di Edward.
Bene, finalmente, eccolo qui. Il risveglio accanto a Bella, i
sensi di colpa che iniziano a pesare sulla sua coscienza, la fuga, lui
che finalmente realizza che non si può andare avanti
così. Qualcosa di prevedibile, insomma. Ad ogni modo, come l'avete trovato?
Certo, non è molto lungo come capitolo e, come ho
già detto, è parecchio prevedibile, ma vi piace?
Oppure, come più probabilmente sarà, lo trovate
una mezza cacchetta? E come pensate che si
evolverà la situazione, ora? Come si comporterà
Edward nei confronti di Bella? E come reagirà Bella al nuovo
Edward? Ora, passiamo ad altro... Innanzitutto, voglio scusarmi dal
più profondo del mio cuore con voi. Mi siete sempre stati
vicini, sin dall'inizio e io ora mi sento come se vi stessi un po'
trascurando. Sapete bene che tengo moltissimo a tutto e non vorrei dare
questa impressione, ma sto inziando a rendermi conto che non
può essere altrimenti. Cercherò di essere
più puntuale nei prossimi tempi e, specialmente ora che si
avvicinano le vacanze di carnevale, anche di mostrarmi più
presente. In secondo luogo, non so se avete
notato, ma ho cambiato il mio nickname. Ora sono Sanya, per tutti voi,
e, devo ammettere, che questo mi piace decisamente di più
oltre che a "sentirlo più mio". Sì, mi appartiene
di più. E, ultimo ma non meno importante,
voglio fare un immenso ringraziamento a tutti voi. Ai 52 che hanno
aggiunto la mia storia tra le preferite, ai 20 che l'hanno lasciata tra
le ricordate e ai 188 che invece la seguono. Un immenso abbraccio a
quelle 99 buon'anime che mi hanno recensito. Questi numeri mi lasciano
incredula ogni volta di più, non sapete quanto significhi
per me vedervi così numerosi!! Bene, cari lettori, anche per
questa volta vi lascio... Ricordatevi di lasciare una bella
recensione al capitolo! Forza, non vi costa molto! Solo qualche
minutino per farmi felice come una pasqua! (: Aspetto i primi vostri responsi (si
spera numerosi, nonostante il ritardo). Un bacione grande a tutti, S. Ps: prima di chiudere
definitivamente, vorrei segnalarvi una mia nuova One-Shot, Sweet
Dreams. Spero vi possa piacere! ^^ E, in ultimo, ho appena
aperto un account su FB per le mie storie di EFP (e sì,
giusto se volete sentirmi ciarlare a vanvera)... Eccolo QUI.
Aggiungetemi tranquillamente, anche se volete sapere a che punto sono
con le mie storie e come va l'ispirazione. Mi farebbe moltissimo
piacere (:
Per
la venticinquesima volta da quando mi ero svegliata, ad essere precisi.
Sospirai
dall’ansia, accostando di nuovo le tendine. Appoggiai la
schiena al muro,
lasciandomi cadere sul pavimento.
Chiusi
gli occhi.
Mi
sentivo… consumata. Sì, probabilmente
“consumata” era l’aggettivo adatto.
Avevo
passato tutto il periodo delle vacanze a riflettere su ciò
che era successo la
sera della festa, a come la situazione fosse precipitata,
definitivamente
incrinata.
Avevo
speso mattinate, pomeriggi interi pensando alle giuste parole da dire,
al modo
giusto in cui comportarmi, quando avrei dovuto affrontare Edward. Senza
successo, naturalmente.
Avevo
composto centinaia e centinaia di messaggi e di e-mail di scuse, di
spiegazione, per sfogare la rabbia, la frustrazione,
l’incapacità di fare nulla
e… quella strana ed inspiegabile sensazione che ora mi
attanagliava lo stomaco.
Avevo
pensato e ripensato a tutto quanto, fino quasi a farmi scoppiare la
testa dallo
sforzo, ma non ero riuscita a trovare una soluzione decente.
Ad
essere sinceri, era strano solo ripercorrere con la mente quella
serata.
Quando
la mattina dopo la festa mi svegliai, ci misi qualche secondo a
realizzare cosa
davvero era successo. O meglio, mi ci volle qualche secondo per capire
che le
immagini che si rincorrevano nella mia mente erano reali e non frutto
della mia
immaginazione, e che ciò che meno mi aspettavo era in
realtà accaduto.
Mi
misi a piangere come una bambina. Poi, ancora nuda, arrotolata nel
lenzuolo
bianco, rimasi a fissare il soffitto, evitando di pensare a tutto
ciò che
inevitabilmente si sarebbe alterato.
Non
volevo che l’amicizia tra me ed Edward si incrinasse, era
l’ultima cosa che
desideravo. Lui era il mio migliore amico, la persona a cui tenevo di
più, e
pensare che per un errore avrei dovuto rinunciare alla sua presenza
nella mia
vita mi pesava sul cuore come un mattone di cemento.
Forse,
forse anche
lui ha pensato le stesse cose. Probabilmente anche lui si è
reso conto che
sarebbe stupido far crollare un’amicizia solo per un
malinteso, che la
soluzione migliore è dimenticare tutto e andare
avanti…
Santo
cielo, ma chi volevo prendere in giro?! Davvero mi aspettavo che le
cose si
risolvessero così, come se nulla fosse? Ero andata a letto
con il mio migliore
amico, cavolo. Per errore, certo, ma questo non cambiava le cose. Nulla
poteva
essere più lo stesso, dopo la sera passata, e non potevo
stupirmene…
Il
mio cuore fece un balzo nel petto e quasi mi mancò il
respiro.
Prendendo
in considerazione la peggiore delle ipotesi, sarei stata pronta a
dirgli addio?
Sentii
una vaga sensazione di vertigine pervadermi tutto il corpo.
Ma
infondo, siete
amici, migliori amici, dovrà pur valere qualcosa!
Okay,
forse non avrei dovuto sentirmi così in ansia,
così preoccupata. Non avevo
ancora affrontato Edward e non potevo già farmi problemi su
quali sarebbero
state le conseguenze di una possibile discussione.
Mi
tirai in piedi, appoggiandomi con le mani al davanzale della finestra.
Vidi
la macchina grigia metallizzata di Edward aspettarmi nel vialetto.
Presi
un respiro profondo ed uscii, pronta ad affrontare ciò che
mi aspettava.
Non
accadde nulla.
Mi
ero aspettata rabbia intensa, o al contrario uno dei suoi soliti
sorrisi
amichevoli, che mostravano che tutto era risolto. Invece niente. Il
nulla più
totale.
Da
quando ero salita in auto, non mi aveva degnato minimamente di uno
sguardo, non
mi aveva nemmeno salutato.
Totale
e completa indifferenza.
Non
avevo proprio preso in considerazione questa reazione,
perché mai me la sarei
aspettata, però vedergli quell’espressione
stampata in faccia e quel modo di
fare così inusuale mi impauriva e mi angosciava di
più di qualsiasi altra cosa.
Con
la coda dell’occhio, lo guardai. Sedeva rigido, la mascella
serrata, i pugni
chiusi, serrati attorno al volante. I suoi occhi verdi, stranamente
vuoti ed
inespressivi, fissavano un punto perso oltre la strada.
Mi
guardai la punta delle dita, a disagio.
Avrei
dovuto dire qualcosa, iniziare con un discorso ad effetto che avrebbe
risolto
tutto quanto. Ma non ero mai stata brava in quel campo.
Tocca a
te, ora.
Vai, Bella, provaci. Vedi di mettere a posto la situazione.
«Edward…
riguardo ciò che è successo l’altra
sera, è tutto a posto, okay? Davvero, non
ha importanza per me. È stato un errore, ma sono sicura che
noi riusciremo a
passare oltre e andare avanti. Tutto a posto, allora, no?»,
dissi con lo
sguardo basso, incapace di guardarlo negli occhi.
Il
suo sguardo si fece più duro, non appena finii di parlare.
Le mani si serrarono
ancora di più e sul suo viso, solitamente rilassato e
sereno, comparve qualche
ruga sulla fronte. Le palpebre erano quasi serrate per la rabbia e fu
costretto
a prendere qualche respiro profondo per mantenere un contegno.
Ora
sembrava adirato. La furia, che probabilmente aveva nascosto per tutto
il
tragitto, per tutta la settimana, stava venendo a galla, esplodendo
come un
vulcano.
Non
l’avevo mai visto così rabbioso.
«Edward,
stai bene?», azzardai, pentendomene subito dopo. Con scatto
fulmineo, sterzò il
volante e accostò l’auto sul lato esterno della
strada, vicino al guard-rail.
Uscì, sbattendo la portiera con forza.
Rimasi
qualche secondo nell’auto, analizzando ogni suo
più insignificante movimento.
Ero indecisa sul da farsi: come avrei dovuto affrontare quella
situazione? Come
avrei potuto gestirla?
Se
quella settimana avevo tentato di prevedere come sarebbe stato parlarne
faccia
a faccia, nemmeno il più pessimista dei miei pronostici
avrebbe sfiorato la
tempesta che stavo per affrontare. Ero pronta?
Sospirai
ed uscii anche io, avvicinandomi a lui.
«Edward…».
Mi
interruppe. «Tutto a posto?! Credi davvero che sia tutto a
posto, solo perché
l’hai deciso tu?! No, Bella, non è tutto a posto,
al contrario!».
Rimasi
un attimo senza parole, presa in contropiede.
Che
fine aveva
fatto il dolce e spontaneo Edward? Che fine a fatto il mio migliore
amico di
sempre, la persona che credevo di conoscere meglio al mondo?
La
sua espressione era un misto di rabbia repressa da troppo tempo
e… E cosa?
Disprezzo? Odio? Non avrei saputo dirlo.
«Non
è tutto a posto, Bella», disse, in tono
più calmo, ma comunque fermo e deciso.
«Non lo è più, non dopo quello che
è successo l’altra sera».
«Edward,
non è stato niente. Ci siamo trovati a letto insieme,
d’accordo, ma questo non
cambierà le cose tra noi. Te l’ho detto, non
è niente», mi avvicinai a lui,
toccandogli la spalla.
Lui
si scostò con forza. «Bella, come può
non essere niente?! Ti rendi conto cosa
abbiamo fatto, sì o no? Due amici non possono andare a letto
insieme, è
inconcepibile. Quindi, non iniziare a fare come se non fosse niente!
Non farlo,
se ti importa della mia salute mentale».
«Ma
è così, invece!», mi avvicinai a lui,
cercando di risultare il più convincente
possibile. «È stato uno sbaglio, okay? Lo abbiamo
riconosciuto entrambi. Perché
non ci lasciamo tutto alle spalle e andiamo avanti? Perché
dobbiamo rovinare
tutto per forza?».
«Non
si tratta di rovinare tutto, dannazione!»,
sbraitò, afferrandomi per le spalle.
«Io sto solo guardando in faccia la realtà dei
fatti! Bella, come possiamo
andare avanti, dopo essere stati a letto insieme?!».
Mi
sentii mancare. Perché diceva quelle cose?!
Perché parlava in quel modo?
«Come
potremmo continuare a guardarci, a frequentarci allo stesso modo, senza
pensare
a quanto ci siamo spinti in là?».
In
un istante, tutto cambiò. Non riuscivo più a
riconoscere quel ragazzo con cui
avevo parlato per la prima volta nella lezione di biologia, che mi
aveva
sostenuto sempre, che era stato il mio braccio destro e la mia spalla.
Era come
se stessi discutendo con uno sconosciuto.
«Bella,
non possiamo più andare avanti
così…».
Trattenni
il respiro.
No, ti
prego.
«Edward,
no. Non puoi decidere di buttare via la nostra amicizia
così, con tanta
leggerezza. Non è giusto».
«Bella…».
«Non
è giusto, né per me, né per
te».
«Bella».
«Non
me lo merito, Edward».
Mi
guardò negli occhi, forse per la prima volta in quella
giornata. Lo guardai
anche io, consapevole che il mio sguardo disperato fosse alquanto
patetico.
«Mi
dispiace, Bella».
Mi
sentii morire.
Mi
sentii… Come se qualcuno mi avesse appena tirato una sberla
talmente forte da
farmi cadere per terra.
«Edward…».
«Bella,
non ce la faccio. Psicologicamente e fisicamente. Non possiamo
più essere
amici, non dopo quello che è successo».
Non
riuscii a replicare. La mia voce era stata come risucchiata in qualche
meandro
nascosto della mia gola. Sperai che l’espressione sul mio
viso bastasse a
fargli cambiare idea.
«Basta,
Bella. Non possiamo più frequentarci. Inoltre, non dobbiamo
fingere più niente,
adesso. È meglio che ognuno di noi vada avanti con la sua
vita e fine, credimi.
È meglio così».
Il
mio respiro iniziò a farsi irregolare e le lacrime a
solcarmi le guancie.
Non
farlo.
Non
aggiunse altro.
Non
dissi nulla.
Lo
guardai voltarsi, salire in auto e andare via senza muovere un dito. _______________________________________ Ci
sono, ci sono. Sono
viva. L'avreste
mai detto?! No, vero?! Lo
so, lo so, eppure sono qui. Sorpresi? Più che altro vi
immagino scocciati. Che
dirvi? Il viaggio in Inghilterra mi ha tenuto piuttosto impegnata di
questi tempi e, anche quando sono tornata, ho avuto bisogno di qualche
giorno (diciamo pure qualche settimana) per abituarmi di nuovo all'idea
di non fare colazione da Starbucks tutte le mattine, di non mettersi a
fare la coda per ogni cosa, di alzare gli occhi al cielo e non
meravigliarmi di vedere il sole. Onestamente, quel posto mi manca un
casino e spero di ritornarci prestissimo. Ma,
ovviamente, non sono qui solo per parlarvi di questo, ma per
presentarvi anche il nuovo capitolo di questa storia, quello che di
certo aspettavate con un po' di ansia (spero). Come
si può descrivere tutto ciò? Non mi vengono in
mente aggettivi positivi, ahimè. Come al solito,
d'altronde. L'idea
di scrivere di questa separazione è nella mia mente da
tempo, sin da quando ho iniziato a scrivere il primo capitolo, ma, boh,
ora che l'ho messa nero su bianco e ve la sto proponendo non mi sembra
più molto buona - più che altro non mi sembra
molto coerente con il resto della storia. Voi che dite? Forse troppo
prevedibile, oppure totalmente fuori luogo? Che
dirvi, gente, spero che vi piaccia e mi facciate sapere il vostro
parere al riguardo - sapete che per me è molto importante ^^ Passiamo
ai soliti ringraziamenti: come sempre cito Giulia, Elena, Alessia,
tutti coloro che mi sostengono e che rendono la mia vita (reale e
virtuale) splendida. Voglio ringraziare tutti quelli che recensiscono e
che mi seguono sempre, anche solo in silenzio. Colgo l'occasione per
mandare un immenso in bocca al lupo ad Aleswan per la sua situazione un
po' difficile, sperando che le cose si evolvano in meglio presto. E,
infine, voglio ringraziare dal profondo del mio cuore A. che mi ha
fatto capire che sono ancora viva, che, infondo, sono ancora io. Ora tocca a voi. Mi
lascereste una bella recensioncina succosa, succosa, giusto per rendere
la mia giornata un po' più speciale? Mi farebbe tantissimo
piacere! Nel
frattempo, posso solo dirvi a presto, assicurandovi che non
abbandonerò nulla di tutto ciò. (: Grazie
mille a tutti! Un
bacione, S.
Just
Friends ~
Capitolo 18: Lacrime e Cioccolata ~
BELLA
Fermai
il pick-up di fronte al vialetto di casa mia.
Rimasi
per un po’ aggrappata al volante consumato, facendo forza
sulle braccia, sui
pugni, come per evitare di cadere.
Guardai
per un attimo la violenta pioggia che si abbatteva sulla strada, poi
chiusi gli
occhi, lasciando andare un profondo sospiro sofferente.
Appoggiai
la schiena al sedile duro e abbandonai la testa tra le mie mani, totale
preda
della disperazione.
Ero
andata all’università di Edward quel pomeriggio.
Mi ero nascosta dietro una
delle querce che si alternavano nel parcheggio dell’edificio
ed ero rimasta lì,
ad aspettare che uscisse. Perché? Per chiarire, per fargli
cambiare idea. Per
sentire di nuovo la sua voce, solamente per vederlo.
Mi
ero preparata un discorso, per di più: uno come quelli che
si trovano nei film,
convincenti e strappalacrime, un discorso ad effetto, che avrebbe fatto
breccia
nel suo cuore, che l’avrebbe convinto a dimenticare tutto e a
far tornare le
cose come prima.
Ma
avevo sbagliato tutto: non appena lo vidi uscire
dall’università, diretto alla
sua macchina, insieme al suo gruppo di amici, tutta la mia sicurezza,
tutti i
preparativi che mi ero fatta crollarono in un batter
d’occhio. Ero risalita in
macchina e mi ero diretta verso casa con le lacrime agli occhi.
Perché,
perché dovevo essere così stupida?
Perché, ogni volta che decidevo di
affrontarlo a testa alta, fallivo miseramente, tornandomene a casa con
la testa
china? Perché dovevo comportarmi da codarda tutte le volte
che provavo a mettere
a posto la situazione?
Mi
coprii gli occhi con le mani, premendo con decisioni i polpastrelli
sulle
palpebre. Ma non servì a nulla: le lacrime arrivarono lo
stesso.
Non
era la prima volta che provavo a fare il primo passo, no. Ci avevo
provato ogni
giorno nel corso di quelle ultime tre settimane, da quando Edward aveva
chiuso
completamente con me.
Ci
avevo provato davvero, in ogni modo, eppure non era finita mai bene.
Gli avevo
mandato infiniti messaggi, l’avevo chiamato un sacco di
volte, ma sempre nessuna
risposta. Avevo perfino tentato di affrontarlo faccia a faccia, senza
essere
nemmeno degnata di uno sguardo da parte sua.
Ero
sempre stata costretta ad andarmene via, con la coda tra le gambe,
ancora più
mortificata per quello che era successo. Per quello che io
avevo fatto succedere.
Ma,
forse, era giusto così: dopo tutto quello che gli avevo
fatto passare, forse il
minimo che potesse fare era lasciarmi in un angolo, piangente e
sanguinante.
Forse
me lo meritavo. Potevo considerarla come una sorta di punizione divina
per aver
sfruttato e sottostimato l’amicizia più importante
che avessi.
Sapevo
che mi ero comportata da stupida con Edward, che forse avevo
approfittato fin
troppo della sua gentilezza smisurata, della sua amicizia nei miei
confronti, ma
affrontare l’idea di non poter più godere dei
momenti che passavamo insieme, di
essere costretta a rinunciare al mio confidente più fidato,
mi faceva star male
più di ogni altra cosa. Era qualcosa che non riuscivo
nemmeno a concepire nei
miei incubi peggiori.
Eppure
stava accadendo.
Un
forte tuono coprì un mio singhiozzo particolarmente
violento.
Però,
Edward aveva ragione: non potevamo andare avanti dopo essere andati a
letto
insieme.
Non
era fattibile, ma io non ero pronta, non ero preparata a dirgli addio.
Non ero
pronta ad affrontare la sua rabbia. Non ero pronta a sopportare che mi
lasciasse sola, non ero pronta a pensare a lui lontano da me.
Non
ero pronta a lasciar andare via il mio migliore amico.
Guardai
le mie mani, le punte delle mie dita, bagnate dalle lacrime.
Come
potevo essere stata così idiota, così egoista?
Come avevo potuto anche solo
minimamente pensare che una situazione così incasinata come
quella che era
venuta a crearsi potesse essere dimenticata con uno schiocco di dita?
Ero
davvero stata così presuntuosa da credere che potessi non
preoccuparmi di nulla
con lui, decidere di fare qualsiasi cosa, non badando alla netta linea
che
avrebbe portato alla nostra separazione?
Come
avevo potuto rovinare tutto?
I
singhiozzi diventarono più forti, più frequenti.
Il
pianto divenne impossibile da frenare.
E
continuai a piangere, mentre la pioggia continuava a cadere dal cielo.
Qualcuno
picchiettò con le nocche sul finestrino del pick-up.
«Bella?».
Riconobbi
subito a chi apparteneva quella voce: Alice.
«Bella,
tutto okay?».
Asciugai
le lacrime, che ancora correvano copiose sulle mie guance. Presi un
respiro
profondo, mentre combattevo per abbassare completamente il finestrino.
«Alice,
ciao».
Si
appoggiò alla portiera con le braccia, il suo viso infilato
dentro l’abitacolo.
«Hey, Bella, va
tutto bene?».
«Sì»,
mentii, cercando di scacciare il groppo che mi attanagliava la gola,
invano. Ma
tutte le dighe, che mi ero costruita attorno per contenere il dolore,
crollarono.
Ricominciai
a piangere senza freno, come una fontana. I singhiozzi si rincorrevano
l’un
l’altro, impedendomi quasi di respirare.
«Oh,
Bella», mormorò, aprendo la portiera e
avvicinandosi a me. «Bella, ssst. Non
piangere così. Vedrai passerà tutto. Ssst,
tranquilla».
Ma
ciò non mi calmò assolutamente, anzi, cominciai a
singhiozzare più intensamente
di prima.
Lasciai
cadere la testa sulla sua spalla, le braccia abbandonate lungo i
fianchi e mi feci
cadere nella disperazione più completa.
Alice
non disse più nulla, rimase nel silenzio più
completo. L’unica cosa che fece fu
abbracciarmi dolcemente, tenendomi vicina a lei il più
possibile, le sue mani
minute ad accarezzarmi la testa.
Non
so quanto rimanemmo abbracciate, io che ancora piangevo disperata e lei
che mi
consolava silenziosamente, accarezzandomi i capelli. Qualche minuto,
forse,
oppure una, due ore. Non me ne resi conto finchè sentii gli
occhi aridi,
incapaci di piangere anche solo una lacrima in più. I
singhiozzi continuarono
ad opprimermi la gola, bloccandomi il respiro.
«Bella,
calmati adesso», mi mormorò, le sue piccole mani
posate sulle mie guance calde
di pianto. «Calma, respira profondamente. Ora entriamo in
casa, ti preparo una
bella tazza di cioccolata e mi spieghi bene che è
successo».
Annuii,
incapace ancora di parlare per via dei pesanti singhiozzi.
Alice
mi fece scendere dal pick-up lentamente, afferrandomi per le braccia,
quasi
come una bambina, e mi diresse verso la porta di casa mia il
più velocemente
possibile, evitando i goccioloni di pioggia che ancora cadevano dal
cielo.
Aprii
la porta quasi in trance e, non appena si spalancò, Alice mi
guidò verso il
divano del salotto, facendomi sedere comodamente tra i cuscini e
arrotolandomi
una coperta di pile attorno alle spalle.
La
vidi volare in cucina, dalla quale uscì qualche minuto dopo,
portandosi dietro
un’enorme tazza di porcellana bianca.
Me
la porse e subito fui investita dal profumo dolce e ammaliante del
cioccolato e
da quello più pungente della cannella. Una nuvola delicata
di panna decorava il
tutto, strabordando perfino dalla tazza immacolata.
Sorrisi
appena in segno di ringraziamento e guardai le mie dita fredde strette
attorno
alla tazza.
Alice
si sedette accanto a me sul divano, con le gambe accavallate sul
tessuto
consunto. «Bene, Bella. Ora mi dici cosa sta succedendo, per
filo e per segno».
Abbassai
gli occhi sulla tazza, guardando i cerchi di panna sciogliersi nella
cioccolata. Mi morsi il labbro, scacciando via le lacrime che ancora si
ribellavano tra le mie palpebre.
Presi
un respiro profondo e le raccontai tutto, dal principio. Da come, dopo
che
avevo parlato con lei quel giorno, sulle scalinate
dell’università, avevo
deciso di buttarmi su Edward per la scelta, perché tra tutti
quelli che
conoscevo, lui era l’unico di cui potevo fidarmi ciecamente.
Le
raccontai per bene dei primi giorni di messa in scena, di come avevamo
lasciato
che la voce si spargesse senza pietà, diventando il
pettegolezzo più ghiotto
dell’università.
Le
riferii di ciò che era successo dopo che Edward e Jacob si
erano picchiati nel
parcheggio, di come eravamo riusciti ad aggirare la situazione e a
sbarazzarci
definitivamente di lui.
E,
infine, le parlai della serata della festa, di come io e Edward eravamo
finiti
a letto insieme e di come poi la situazione tra me e lui fosse
precipitata,
distruggendosi totalmente.
«Oh,
cielo», mormorò Alice, quando finii di raccontare.
«Che situazione».
Abbassai
lo sguardo sulla tazza, con la vista offuscava. Vidi una lacrima cadere
nella cioccolata.
«Oh,
Bella», si avvicinò a me, mentre le lacrime e i
singhiozzi mi sopraffecero. Mi
abbracciò forte, stringendomi per le spalle; io appoggiai la
testa sulla sua
spalla ossuta, i suoi capelli corti mi solleticavano la guancia.
«E
sai, sai qual è la cosa che mi da più fastidio in
assoluto?», biascicai con la
voce impastata dal pianto. «È che a causa di tutta
questa diavolo di situazione
che ho perso il mio migliore amico, la persona a cui tengo di
più. Ed è tutta
colpa mia».
Mi
sciolsi ancora in un pianto incontrollato, che Alice nemmeno
tentò di placare.
«Sai
cosa, Bella?», mi disse, quando si accorse che le mie lacrime
erano finite. «Non
posso lasciarti sola in un momento così delicato, ne, tanto
meno, tu puoi
rimanere qui e dormire tranquillamente nella tua stanza, non dopo
quello che è successo…».
«Quindi?»,
domandai io, scostandomi da lei e asciugandomi il viso con il dorso
della mano.
«Quindi
ti rapisco».
Sollevai
un sopracciglio. «Come mi rapisci?».
«Sì,
ti rapisco», iniziò a gongolare per la
novità. «Tu vieni da me a passare un po’
di tempo, rimani a dormire da me per qualche giorno… Come i
vecchi tempi,
insomma. Solo che, in più, cerchiamo di sistemare per bene
questa matassa».
Abbassai
lo sguardo sul vecchio divano.
Alice
aveva ragione, me ne rendevo conto. In quelle settimane era stato
più che
difficile sopportare tutto: l’università, i
ricordi, il senso di colpa perenne,
la mancanza di Edward, di qualcuno che almeno lontanamente mi potesse
capire. E
poi era arrivata lei, quel terremoto di ragazza, che si era offerta di
aiutarmi
in quella situazione. Come potevo rifiutare l’aiuto di
un’amica?
«Okay,
d’accordo, verrò con te».
Il
suo viso si aprì in un grosso sorriso.
«Fantastico! Vai a prendere qualche
vestito e il beauty-case, io ti aspetto qui tra dieci
minuti».
Sorrisi
anche io e corsi al piano superiore a prepararmi.
In
effetti, le ero grata. Le ero grata perché, nonostante
tutto, lei mi era sempre
stata vicina, mi aveva sempre supportato e spronato, consigliato e
indirizzato
verso la scelta migliore.
Sì,
potevo esserle solo totalmente grata.
Uscii
dalla mia stanza sbattendo la porta e mi precipitai in cucina, dove mi
preoccupai di lasciare un biglietto a Charlie in bella vista sul tavolo
della
cucina.
Guardai
Alice. «Andiamo».
Salterellò
al mio fianco e insieme uscimmo di casa.
Salimmo
sulla sua auto e ci allontanammo piano, lasciando alle spalle tutto
quello che
più mi faceva male.
_________________________________________________
Io... Io non dovrei nemmeno più farmi vedere da queste
parti.
Da quanto non aggiorno? Moltissimo.
E stavolta non si parla di settimane, ma di mesi. Interi,
lunghissimi mesi, senza che io mi sia fatta viva.
Mi dispiace. Davvero.
So che, ormai ho detto questa frase già tantissime volte,
che mi sono scusata un capitolo dietro l'altro per i miei continui
ritardi, che sempre ho fatto promesse di essere più
puntuale, di spicciarmi e pubblicare.
Il punto è che non ce l'ho proprio fatta. E vi spiego anche
il perchè.
Questi mesi sono stati davvero intensissimi. In realtà,
è meglio che dica che questi 9/10 mesi sono stati
intensissimi.
Sono cambiata tanto in questo periodo, forse non rendendomene nemmeno
conto. E con 'cambiata', intendo proprio modificata nel profondo. Non
in peggio, assolutamente, anzi, il cambiamento è stato in
meglio. E' stato qualcosa che aspettavo da tempo.
Sono passata dall'essere la ragazzina insicura, timida, sofferente,
senza vita sociale, senza amici, sempre dietro al pc o ai libri a una
ragazza diversa. Non ho messo totalmente da parte la mia insicurezza,
la mia timidezza, ma ora sono un po' più sicura,
più aperta nei confronti degli altri, del mondo.
Inoltre, il mio cuore ha iniziato a battere per un'altra persona. Una
persona reale, non un libro, un fandom o personaggi lontani quanto
irreali. Una persona che vuole intraprendere un destino un po'
particolare, non molto tranquillo e sereno e che mi sta facendo
rimanere preda di un angosciosa pena già da un po'.
Tutto questo mi ha impedito di scrivere, ma c'è anche
un'altra cosa.
Ho iniziato a scrivere mentre stavo passando un periodo un po' buio e,
lo ammetto tranquillamente, la scrittura mi è stata di
supporto: era l'unica valvola di sfogo che avevo, quindi non appena
c'era qualcosa che non andava, qualche pensiero troppo rumoroso da
tenere a bada (praticamente sempre), mi chiudevo nella mia bolla e
scrivevo, scrivevo, scrivevo. Ora, invece, che le cose sono
più tranquille e che io sto decisamente meglio, non sento
più molto spesso questo bisogno di mettermi ed entrare nella
testa dei personaggi e raccontare la loro storia. E questo mi da i
nervi, perchè scrivere è una delle cose che
più adoro fare nella mia vita.
Alla luce di questo, devo dire che è un miracolo se sono
riuscita a finire questo capitolo - specialmente perchè ho
scritto qualcosa come due pagine e mezza in due giorni.
E, quindi, ecco a voi questa mezza schifezza - perchè,
diciamocelo, poteva essere scritto molto, molto meglio. Ma, comunque...
Allora, che ne pensate? La situazione, come avete ben visto,
è caduta piuttosto in basso. Bella è molto
dispiaciuta per tutto quello che è successo, però
sa che non sarà facile sistemare le cose con Edward. E poi
quest'arrivo quasi inaspettato di Alice, che - ve lo anticipo -
porterà qualche novità...
Comunque, ci tenevo anche a dirvi che, insieme a questo, mancano 3 o 4
capitoli alla fine di questa storia. Sì, avete capito bene,
non manca molto e questa FF (o sofferenza) sarà finita per
tutti - già so che mi scapperà la lacrimuccia :')
Prima dei saluti finali, passiamo al solito giro di ringraziamenti.
Un pensiero speciale a tutte le persone che mi stanno vicine: Elena,
Alessia (la madrina), Giulia e le sue videochiamate che mi sollevano
l'umore, Ania, che è così dolce e gentile con me
(e che mi ha anche aiutato a scegliere il titolo per il capitolo),
Laura e a quanto mi mancano le giornate passate accanto a lei, ed -
ultimo ma non meno importante - ad A. che mi fa battere il cuore e
anche morire di angoscia - sperando che ricominci presto a farsi
sentire.
E, infine, un grazie dal più profondo del mio cuore a tutti
voi che, nonostante tutto, ancora ci siete. In questo periodo ho
riletto tutte le vostre recensioni, tutto ciò che mi avete
scritto riguardo questa storia e non nego di essermi emozionara non poco. Per cui, grazie, grazie di tutto. <3
In ultimo, vi link il mio profilo FB, se volete aggiungetemi pure
(solo scrivetemi chi siete (; ) e vi lascio anche il link alla mia
libreria di aNobii,
se vi interessa vedere
cosa leggo :)
Bene, ecco quindi alla fine di queste note..
Vi andrebbe di scrivermi qualche recensione e farmi sapere cosa pensate
di questo capitolo?? Mi piacerebbe moltissimo leggervi, specialmente
dopo tutto questo tempo di totale assenza. Fatemi emozionare :')
Grazie, grazie ancora a tutti voi.
Buona serata e un bacio,
S.
La
massa confusa e gocciolante dei capelli corvini di Alice
spuntò dalla porta del
bagno. «Che facciamo, ordiniamo una pizza stasera?».
«Sì,
direi che è una buona idea. Non vorrai mica ripetere
l’esperienza dell’altro
giorno, vero?», soffocai una risata.
Alice
ridacchiò, portandosi una mano alla bocca e stringendo
l’orlo dell’asciugamano
con l’altra. «No, appunto», rispose, non
appena riacquistò la calma. «Ci pensi
tu?».
Sorrisi
pacifica. «Certo».
Sentii
la porta del bagno chiudersi e, pochi minuti dopo, il rumore intenso
del phon
per capelli attivarsi.
Stare
con Alice mi stava facendo bene. Erano passati solo cinque giorni dal
mio
arrivo a casa Brandon, eppure già le cose erano cambiate
radicalmente: da quasi
zombie senza alcuna voglia di andare avanti, stavo riassumendo un
aspetto più
umano, più normale. Avevo abbandonato il muso e la maschera
di perenne
tristezza che mi portavo addosso da settimane e avevo ricominciato a
sorridere,
a ridere spensieratamente, a divertirmi, senza portarmi dietro quel
pressante
peso sulle spalle.
La
differenza tra la ragazza triste e disperata che aveva varcato per la
prima
volta la porta di casa sua e quella che ora viveva con Alice era
decisamente
lampante agli occhi di tutti.
Alice
non faceva parola di questo cambiamento, anche se, si vedeva lontano
chilometri,
anche lei ne era sollevata.
Ma
non era semplice: capitava, a volte, che lo sconforto e la tristezza
riprendessero il sopravvento e, allora, tutti i miei sforzi per
risorgere
sembravano vani. Sentivo le lacrime pizzicare sulle guance e un
profondo nodo
alla gola otturarmi il respiro.
Però
avevo Alice, e lei bastava a farmi sentire meglio. Quando mi vedeva
abbattermi
particolarmente, mi prendeva per mano, proponendomi una nuova
attività oppure
soltanto mettendosi a raccontarmi qualche aneddoto o a ciarlare senza
fine,
così da tenermi la mente occupata e permettermi ancora di
ricominciare.
Come
due giorni fa, quando mi aveva trascinato in un giro di shopping
sfrenato per
la città e finendo bloccate in un piccolo bar, dove parlammo
per più di due ore,
o come il giorno precedente, quando avevamo deciso di provare a
prepararci la
cena da sole a base di pasta al ragù e arrosto, riducendo
tuttavia la pasta in
una massa collosa e informe e l’arrosto in un mucchietto duro
fumante e
abbrustolito.
Ma,
comunque, era dura, specialmente per quanto riguardava il mio
inconscio.
La
notte, infatti, difficilmente i miei problemi mi davano tregua, anzi,
mi
tormentavamo profondamente. Dal più stupido ricordo che la
mia memoria andava a
ripescare, ai sogni più complicati, quelli che dovevi
cercare di interpretare
con l’aiuto del libro di Freud, trovavo sempre un riferimento
a ciò che era
accaduto tra me e Edward, a quello che ci aveva fatto dividere. Nei
miei sogni,
riuscivo ancora a sentire chiaramente la sua voce dirmi che era finita,
vedevo distintamente
la sua figura slanciata allontanarsi da me per non tornare mai
più indietro. E
poi, tutte le immagini della nostra amicizia, ormai perduta: noi ai
tempi del
liceo, i gruppi di studio, le uscite insieme, le risate,
l’università, il suo
aiuto per risolvere la situazione con Jacob e, infine, il disastro.
Sospirai
profondamente, cercando di liberare la mente da quei pensieri che mi
avrebbero
sicuramente fatto star male. Mi alzai dal letto a baldacchino di Alice,
poggiando sul comodino il blocco degli appunti sul quale cercavo di
studiacchiare qualcosa, giusto per non rimanere indietro –
anche se ultimamente
riuscivo a fare poco o niente.
Scesi
le scale e mi diressi indisturbata al grande salotto diviso dalla
cucina da un
semplice gradino e da un piccolo muretto dove erano appoggiati vasi
contemporanei dai colori particolari.
Era
una fortuna avere la casa tutta per sé, ma per Alice questo
non era un problema.
I suoi genitori erano sempre stati impegnati nei loro viaggi
d’affari, sin da
quando la conoscevo al liceo, quindi lei era sempre stata al quanto
libera di
fare ciò che voleva e di invitare chiunque le andasse a casa
propria.
Raccolsi
il cordless dal divano del salotto e composi il numero della pizzeria
d’asporto
della zona, ordinando due pizze semplici e due bibite.
Rimasi
per un po’ seduta sul divano, fissando fuori dalla finestra i
nuvoloni scuri
che si avvicinavano inesorabilmente alla città. Poi, sentii
la suoneria del mio
cellulare rimbombare dalla camera da letto, dove lo avevo abbandonato.
Mi alzai
di fretta e corsi subito in stanza, con il cuore in gola. Le mie
speranze,
però, s’infransero come bicchieri di cristallo sul
pavimento, quando lessi il
numero sul display dell’apparecchio: mio padre.
«Pronto,
papà?»,
mormorai cautamente.
«Bella?
Cielo, finalmente rispondi!», lo sentii sospirare di
sollievo.
«Sì,
scusa. Alice mi ha tenuto un po’ occupata».
«Certo, ovviamente.
Ma, dimmi, come stai, ora?», sembrava seriamente preoccupato.
Non
l’avevo molto informato riguardo alla situazione che si era
venuta a creare –
sin dall’inizio ero sempre stata molto restia a dirgli
qualunque cosa
riguardasse il piano mio e di Edward per sbarazzarci di Jacob -, ma,
ovviamente, quando mi aveva visto troncare di netto i rapporti con il
mio
migliore amico e, per di più, iniziare a star male come un
cane, si era
iniziato a insospettire e a crucciare.
«Sto bene, meglio,
direi. Stare con Alice mi sta facendo bene», risposi nel tono più
convincente che
riuscii a farmi uscire.
Un
altro sospiro. «Bene, bene, sono
contento».
Una
lunga pausa nella quale riuscii a percepire perfettamente le domande
silenziose
che voleva pormi, le spiegazioni che pretendeva ricevere. Rimase nel
silenzio
più completo.
«Ehm… Hai già
idea
di quando tornerai a casa?», domandò infine,
smorzando il tono laconico che si era
andato creando.
«In realtà, no,
ancora non ci ho pensato».
Dall’altro
capo, sentii mio padre irrigidirsi.
Capivo
bene che era abbattuto da tutto quella situazione difficile, dalla mia
reazione
tutt’altro che ragionevole, dalla mia fuga quasi
inspiegabile, ma intuivo ancor
meglio che la cosa che più lo faceva star male era il fatto
che non potesse far
nulla per aiutarmi, che fosse completamente inerme in quella
situazione, che,
davanti al dolore della figlia, non potesse far nulla per mitigare la
sua pena.
«Ma presto, papà.
Non ho intenzione di stare via ancora per molto», mi affrettai ad aggiungere.
«Capisco, capisco. Non
c’è problema».
Ora
ero io che feci una pausa, esitante. «Edward si è fatto
sentire?».
«No, Bella, mi
dispiace. Non ci sono notizie di Edward».
Annuii,
sospirando profondamente. In quel momento sentii la porta del bagno
sbattere e
i passi leggeri di Alice entrare nella camera.
«Ora ti devo
salutare, papà. Ci sentiamo presto, d’accordo? Ti
voglio bene», chiusi la
comunicazione, non lasciandogli nemmeno il tempo di replicare.
Alice
si sedette sul letto e, con la sua euforia travolgente, mi
riportò alla realtà,
facendomi abbandonare la pesantezza di quegli ultimi minuti.
Sedute
sul grande divano del salotto, mangiavamo le enormi fette di pizza
direttamente
dal cartone unto consegnatoci dal pony express.
La
tv trasmetteva una vecchia sitcom, dove una famiglia un po’
strampalata ne
passava di tutti i colori. Era divertente, per lo meno, aiutava a
svuotare la
mente.
Io
e Alice ridevamo spensieratamente, finchè il grande amico
d’infanzia di una
delle figlie non decise di spifferare tutte le sue emozioni alla
diretta
interessata, portando alla puntata una nuova ventata di problemi.
Alice
spense l’apparecchio prontamente.
«Alice, come mai hai
spento il televisore?», domandai, non capendo
il perché del suo gesto.
Sospirò
affranta, quasi rassegnata.
Iniziai
a preoccuparmi. E se, mentre io riuscivo solo a occuparmi del mio cuore
ferito,
Alice nascondesse dei problemi magari più gravi? Ero davvero
così cieca da non
accorgermi nemmeno se la mia amica più cara stesse soffrendo?
Le
posai una mano sulla spalla. «Alice, tutto bene?».
Mi
guardò con espressione seria e composta,
un’espressione che raramente gli avevo
visto sul viso. «Bella, credo sia
ora di parlare bene di quello che è successo con Edward».
Mi
irrigidii. Le mie funzioni mentali, per un attimo, si bloccarono e
rimasi lì,
immobile, aspettando che il mio cervello si rimettesse lentamente in
moto.
«Come?».
«Mi hai capito bene», ripeté. «Dobbiamo parlare di
te e di Edward».
Scossi
immediatamente la testa, con foga, come una bambina capricciosa. «No, Alice, no. Non
ora, non adesso».
«E
quando, allora?», alzò le
braccia,
con rabbia.
«Mai, Alice, mai.
Non voglio toccare l’argomento», risposi, abbassando lo sguardo.
Corrucciò
il labbro. «Perché?».
«Perché…», cercai le parole.
«Perché al momento
mi farebbe solo male. Perché sto cercando di andare oltre e
ripensare a quello
che è successo non mi aiuterebbe per niente.
Perché ormai è un capitolo chiuso
e voglio smetterla di vivere nel passato. È tutto finito,
capisci? Non posso
più tornare indietro, e il rimorso che provo è
già abbastanza grande, senza che
tu me lo ricordi».
«Bella…».
Mi
alzai dal divano, visibilmente scocciata. «E io che pensavo
che volessi
aiutarmi».
«Ma
ti sto aiutando, dannazione!», sbraitò,
posizionandosi davanti a me, come a non
farmi andare oltre. Mi prese il viso tra le mani, stringendolo forte. «Bella, perché sei
così cieca?».
Aprii
la bocca, pronta a ribattere a tono, ma un flash nella mia mente mi
fece
fermare.
Un secondo…
Le
parole di Alice mi risuonarono un attimo nella mente.
Perché sei
così
cieca?
Mi
resi conto subito che non si riferiva al fatto che fossimo finiti a
letto
assieme e che lui, dopo, mi avesse abbandonato come uno straccio.
C’era
dell’altro.
Alice
si rese conto del lampo di consapevolezza che mi brillò
negli occhi. Mi lasciò
andare il viso lentamente e si lasciò cadere
sull’immenso divano chiaro. Prese
un cuscino e se lo mise sulla pancia, rimanendo immobile a fissare nel
vuoto.
Ora
la certezza che c’era qualcosa di più era forte e
chiara.
«Alice», la richiamai,
rimanendo in piedi. «Alice, cosa
intendevi, chiedendomi perché fossi così cieca?».
Abbassò
lo sguardo, giocherellando con l’orlo del cuscino. Non mi
rispose.
«Alice», alzai la voce,
tentando di dargli un’aria autoritaria. «C’è
dell’altro, vero? C’è qualcosa che io
non so e che mi stai tenendo nascosto. Ho ragione?».
Annuì,
dopo una lunga ed estenuante pausa. «Non ti sei ancora resa conto di
niente, non
è vero? È così ovvio, eppure tu non ci
sei mai arrivata…».
«Di cosa stai
parlando?».
«Bella», fece una pausa. «Edward è innamorato
di te».
«Edward
è innamorato di te, è sempre stato innamorato di
te. Sin da quando vi siete
conosciuti, al liceo, moriva pur di passare un po’ di tempo
in tua compagnia, e
non si è mai lamentato, ha sempre accettato quel poco che
gli davi a testa
bassa.
Non ti ha mai raccontato nulla per paura di perderti, ha aspettato e
aspettato,
ma tu non ti sei mai svegliata».
Ero
totalmente senza parole. Era seria? No, no. Non poteva dire sul serio. «Mi stai prendendo
in giro…».
Sospirò.
«È incredibile come non
ti sia accorta mai di niente, mentre era palese che Edward provasse
qualcosa
per te. Se n’erano resi conto tutti, tutti,
meno che tu».
Sentii
la rabbia crescermi dentro, pian piano, come un fuoco ben alimentato.
«Alice, non hai il
diritto di trattarmi in questo modo, di prendermi in giro
così. Sei meschina!
Io sto male, e tu ti inventi un amore di Edward nei miei confronti che
non c’è
mai stato. Cos’è, non ti basta vedermi soffrire
così? Vuoi che rimpianga ancora
di più la fine di quest’amicizia? Beh, sappi che
sono già più che mortificata
dell’accaduto!».
«Bella, guarda che
sono completamente seria, non ti sto prendendo in giro…», tentò di
riprendere in mano la situazione, ma non la lasciai nemmeno finire.
«Sai che ti dico,
Alice? Grazie per aver rovinato così la serata, e grazie per
avermi distrutto
l’umore. Seriamente, grazie. Ero venuta da te per cercare di
avere un conforto,
non per sentirmi riferire bugie su bugie. Grazie davvero, grazie tante».
Me
ne uscii incazzata nera e salii nella camera degli ospiti, sbattendo
forte i
piedi ad ogni gradino della scala.
Mi
sdraiai sul letto a pancia in giù, nascondendo la testa
sotto i cuscini.
Ero
ancora del tutto confusa. Perché Alice si era comportata in
quel modo? Perché
mi aveva detto quelle cose? Che gusto c’era a mentirmi in
quel modo, a
prendermi in giro su una situazione così delicata, su
sentimenti così personali
e intimi? Non capivo, non riuscivo a schiarirmi le idee.
Presi
sonno così, mentre cercavo di comprendere lo strano
comportamento di Alice di
quella sera.
__________________________________________
Toc-toc. Sorpresa.
Eh, ditelo, ditelo che non mi aspettavate qui così presto. :D
Vi ho fatto penare mesi e mesi per mostrarvi quattro righe
sconclusionate e ora, in poche settimane, vi presento un capitolazzo,
sempre sconclusionato uguale, ma di quattro pagine e mezza di
lunghezza! Onestamente, ci sono rimasta di stucco anche io quando ho
completato la scrittura e la revisione del capitolo, ma devo dire che
sono anche un po' felice - se sono riuscita a scrivere così
in fretta, magari il periodo delle attese è finito, no?
Anche se, sì, non ha molto senso esultare per questo, dato
che manca un solo capitolo più l'epilogo alla fine della
storia. Se ci penso, mi viene già il magone :'(
Ma non abbandoniamoci a pensieri tristi ora, pensiamo, piuttosto, a
parlare di questo capitolo vero e proprio.
Partendo dal fatto che probabilmente avrete voglia di uccidermi tutti,
visto e considerato come è finito il capitolo (e non potrei
certo biasimarvi visto che ho creato proprio una Bella-testa-di-rapa),
parliamo però dello svolgimento. Finalmento il capitolo
della svolta! Sì, è vero, Bella non ha accettato
l'idea, ma Alice ha messo in chiaro la situazione, facendola iniziare a
pensare a una condizione che mai aveva creduto possibile.
Il prossimo, a questo punto, sarà ancora più
fondamentale di questo, certamente. (*spoiler* Si avrà
finalmente il faccia-a-faccia tra Bella e Edward).
Ora, però, lascio a voi la parola! Che ne pensate di questo
capitolo? Probabilmente, molti di voi si aspettavano qualcosa del
genere, è stato all'altezza delle vostre aspettative? Come
giudicate il comportamento di Alice? E la reazione di
Bella? Ricordate, sono sempre aperta ad ogni giudizio e ad
ogni critica. :)
Ora passiamo ai ringraziamenti. Ovviamente, devo ringraziare ognuno di
voi dal più profondo del mio cuore. Specialmente dopo il
lungo periodo di stop che mi ero costretta a sopportare, sono stata
piuttosto felice e sollevata di vedere che, nonostante tutto, voi
ancora ci siete. Credetemi, è stata una grande gioia anche
vedere tutta la vostra comprensione alla specie di stato/sfogo che vi
ho scritto.
Quindi un bacio a tutti voi, alle 64 persone che l'hanno inserita nelle
preferite, alle 22 nelle ricordate e alle 234 nelle seguite. E,
chiaramente, anche a quelle buon anime così pazienti che
recensiscono! Mi illuminate le giornate, sì, sì.
Voglio fare un ringraziamento speciale anche a tutti quelli che mi si
sono dimostrati vicini di questi tempi, a tutti quelli che si sono
fatti sentire, esponendomi le loro idee ed emozioni riguardo alla
storia. Sono stati un aiuto specialissimo per me.
Okay, ora basta con i ringraziamenti e lascio lo spazio alle vostre
recensioni.
Dai, dai, fatemi gioire con le vostre recensioni! Mi fa sempre tanto
piacere leggerle *w*
Un bacione a tutti,
S.