Viaggio della Mente

di patronustrip
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quando Piove ***
Capitolo 2: *** C’entra sempre il sesso ***
Capitolo 3: *** Tutta colpa della torta di zucca ***
Capitolo 4: *** Se tuo figlio ne capisce più di te ***
Capitolo 5: *** Allo Sgherro Servizievole ***
Capitolo 6: *** Il Libro della Vita ***
Capitolo 7: *** Addio ***
Capitolo 8: *** Un Viaggio della Mente ***
Capitolo 9: *** La tua seconda occasione ***
Capitolo 10: *** K.O. ***
Capitolo 11: *** Tutto il tempo passato ***
Capitolo 12: *** Buona morte ***
Capitolo 13: *** A volte capitano gli inconvenienti ***
Capitolo 14: *** Sono al limite con te ***
Capitolo 15: *** Il tradimento non fa i traditori ***
Capitolo 16: *** Noi ***
Capitolo 17: *** Tu. Io. Lucy. ***



Capitolo 1
*** Quando Piove ***


Salve popolo di EFP :) eccomi tornata, come promesso con la seconda Long Fiction H/Hr.
Prima di cominciare vorrei fare il mio solito prologo un po' borioso XD spero vogliate permettermelo.
Questa, a differenza di Nero è scritta interamente in prima persona. Inoltre mi sono lasciata molte libertà stilistiche, come il cambio di tre POV nel corso della storia, per motivazioni giustificate :) sapete che non mi piace lasciare nulla al caso.
Ho trovato molto stimolante la scrittura in prima persona perché in questa FF i sentimenti e i pensieri sono davvero importanti. E' molto malinconica e a tratti davvero romantica, e come sapete questo è un campo minato. Perciò spero di essere riuscita a districarmi bene con lo stile, e a essere entrata nei pensieri dei personaggi.
Vorrei solo dirvi che ho pianto mentre la scrivevo, e che certi argomenti trattati mi toccano da vicino. Inoltre ho iniziato a scrivere questa Long mesi prima di Nero, poi l'ho interrotta per iniziare l'altra, e l'ho ripresa per il finale più tardi.
E' strana, ma ci sono molto affezionata per via della sua particolarità. Vorrei che non vi faceste (di nuovo, ahah sì mi piace scombinare le carte :D) ingannare dalle apparenze, perché neanche questa è una FF molto normale, benché all'inizio possa sembrarlo :)
Il titolo è preso da una magnifica canzone di Giorgia, contenuta nell'album Ladra di Vento. Quando l'ho ascoltata dopo aver finito la FF ho pensato che rispecchiasse esattamente quello che volevo dire. Se volete, ascoltatela, ve la consiglio :)
Non ho altro da dire, se non: buona lettura!

ps. cambio font, giusto per non ammazzare la vista di nessuno, fatemi sapere se preferite il vecchio.


 



CAPITOLO I
Quando piove

E piove.
Dannata pioggia. Potevi smettere per un solo giorno, o almeno attendere che il nostro dolore si fosse calmato, prima di tediarci con il tuo rumore assordante, la tua umidità che ci impregna le ossa, e il grigio maledetto che porti sopra le nostre teste.
Eppure, non so se riuscirei nemmeno a sopportare un cielo azzurro, sereno, in cui gli uccellini cantano, i bambini sono fuori a giocare e le persone sorridono accompagnate dal sole. No, non lo sopporterei. Perché oggi voglio che tutti siano depressi e incazzati quanto me, quanto noi.
Voglio che oggi nessuno qui, in questa città, goda di un solo momento di gioia. Oggi è tragico.
Un maledetto, fottuto, tragico giorno.
Ginny mi stringe la mano, non ricordo nemmeno il momento lontano in cui me l’aveva stretta davvero, così forte da farmi male. Me la stringe e piange, come suo fratello. Ron.
Amico mio, è il giorno più triste delle nostre vite. E lui piange come un dannato, piange terrorizzato, piange e Hugo lo circonda con un braccio. Suo figlio, il figlio consola il padre.
Rose sta in un angolo, e in quell’angolo è così spaventata, così fragile.
Piangono tutti, piange James, piange Lily… ma Al no. Al è come me, è uguale a me.
Io non piango, non voglio. Non ci riesco. Non posso piangere, perché piangere renderebbe tutto terribilmente vero. È come se piangendo la lasciassi andare davvero. E io non voglio lasciarla andare. Non ho mai voluto lasciarla andare.
Non ho mai voluto davvero…


«PAPÀ!? »
Mi sveglio di soprassalto, vedo tutto nero, mi agito ancora di più e respirando sento l’odore acre e umido dell’inchiostro del giornale. Scocciato lo lancio a terra e vedo Al fissarmi furibondo.
«Che c’è?» Sbotto «Mi hai fatto quasi venire un infarto»
«Ma se ti ho chiamato per dieci minuti buoni, pensavo fossi morto!»
«Figlio mio, sei tanto simpatico…»
«Beh, mamma dice sempre quanto ti assomigli…» Mi risponde per le rime, togliendosi il cappotto e gettandolo su una sedia.
«Sì sì…» Borbotto alzandomi, e come ogni volta che mi sveglio mi ricordo dove sono e chi sono col semplice scricchiolio delle mie vecchie e stanche ossa. «Ohi, ohi… potrei morirne davvero accidenti…» Mi lamento tenendomi i fianchi e dirigendomi verso la cucina.
«Mh, dici sempre così, e poi ti trovo a saltellare in giardino sulla mia vecchia scopa» Sorride beffardo, sedendosi al tavolo.
Io ridacchio e mi verso un bicchiere d’acqua, sedendomi accanto a lui.
«Allora? Come va?» Gli domando grattandomi la vecchia barba incolta sul viso, conoscendo già la risposta.
«Bene, molto bene, il nuovo appartamento è stupendo, col bambino in arrivo Evangeline starà molto più comoda» Mi risponde entusiasta.
«Ah ah! E la piccola Christine come l’ha presa? E piuttosto grandicella per sopportare l’arrivo di una sorellina…» Sorrido, stuzzicandolo.
«Eh, ci sarà da combattere, è terribilmente gelosa, non capisce perché tutte le attenzione non siano più sue» Ridiamo insieme, mi piace ridere con Al, discutere con lui, punzecchiarci. Lui, più dei suoi fratelli, accende in me un sentimento di malinconia incessante, ricordandomi cosa è stata la mia vita. È come riflettersi allo specchio.
«La mamma?» Mi chiede senza pensarci.
Stringo forte il bicchiere fra le dita che, lo ammetto, ormai mi tremano un po’, e deglutisco prima di rispondere. «È … è dalla zia.»
«Ah» Lui capisce. Ecco perché adoro Albus. C’è un intenso e lungo attimo di silenzio in cui nessuno dei due sa cosa dire. Però poi, lui, che è più coraggioso di quanto lo sia mai stato io, continua: «Sono cinque mesi papà, vuoi che ti accompagni?»
«No»
«Andiamo la sera, quando non c’è nessun’altro, ho delle conoscenze al San Mungo, ci faranno entrare…»
«Ho detto di no» Concludo, usando un tono che non tiravo fuori da molto tempo, però a differenza di allora, adesso mio figlio è un uomo, è un padre di famiglia, forse migliore di quanto lo sia stato io stesso, e non si tira più indietro quando alzo la voce, ora combatte a denti stretti.
«Papà, lo sai che ogni giorno lei potrebbe…»
«Lo so»
«La zia vorrebbe che tu ci fossi»
Ed è quest’ultima frase, detta così piano, così sommessamente, che mi fa lacerare il petto. Sono mesi che mi obbligo a non piangere, sono mesi che mi dico: non farlo.
Non cederò questa volta.
«Lo so» Mi limito a ripetere.
Albus sospira e non dice più una parola.
«Fammi sapere quando la casa sarà pronta, io e la mamma vorremmo venire a far visita ad Evangeline» Dico, sbiascicando un sorriso.
Albus sorride di rimando, malinconicamente, mi fa sì con la testa e si alza, riprendendo il cappotto.
Lo indossa, e sento di nuovo calare le nuvole in lontananza, si preannuncia pioggia. Mio figlio mi saluta con un caldo abbraccio e poi sparisce di nuovo, per tornare alla sua vita. Alla sua famiglia.
La casa è tornata vuota e fredda, mi lascio tremare, come sempre. Ginny mi sgriderebbe, è una cosa che odia, una cosa che non capisce. Perché lasciarsi morire di freddo quando esistono caminetti e coperte? Ma io ho bisogno del freddo, ho bisogno di tremare, i brividi intensi mi aiutano a reprimere le lacrime, mi aiutano a non pensare. Mi aiutano a non piangere, a non morire per lei.

«Hermione, oh mio Dio…» Urla Ron. Lo urla da ore, piange da ore. I suoi figli lo tengono stretto, e Ginny mi stringe la mano ogni volta che lo sente fare così.
Io vorrei solo andarmene, vorrei solo evitare di stare in questo posto, così bianco e asettico, mentre sotto quelle lenzuola sta la persona più importante della mia vita.
Vorrei urlare anche io come Ron, vorrei spaccare tutto, rompermi qualche osso nel tentativo di farlo, andare da lei e dirle “svegliati, ti prego svegliati!”. E invece sto qui, immobile, mentre tutti hanno reazioni del tutto giustificate, mentre mia moglie si stringe a me, mentre Lily e James si abbracciano per consolarsi a vicenda, mentre Albus mi fissa intensamente e sa esattamente cosa sto pensando.
A volte sono convinto che sia quel nome ad avergli dato queste capacità su di me. Silente mi leggeva nei pensieri, sapeva sempre cosa stavo provando, Piton invece, tentava sempre di farmi il Legilimens, sì sono proprio dei nomi azzeccati… Se mi ha letto il pensiero adesso, starà sicuramente pensando “mio padre è un completo idiota”.

«Harry?»
La porta si chiude, la voce di Ginny si propaga per tutta la casa, mentre io in soffitta continuo a fissare il cielo grigio e torbido di pioggia.
Mi chiama più volte, ma continuo a non risponderle, ormai non le risponderei in nessun momento, a volte preferirei che non ci fosse. È una cosa terribile da pensare di tua moglie.
«Harry!» Eccola, ha aperto la porta della soffitta e mi guarda nervosa «Quante volte devo chiamarti?»
«Mh?» Mi volto lentamente, porgendole un’espressione confusa. Ormai si è abituata. Una volta si arrabbiava da morire, metteva il muso per giorni, a volte anche settimane. Siamo due cocciuti, e quando due cocciuti litigano non si finirebbe mai.
«Ok, ho capito, ti chiamo per la cena…» Dice senza aggiungere altro.
«Ho già mangiato» La interrompo prima che chiuda la porta. La vedo strabuzzare gli occhi, so che vorrebbe esplodere adesso, vorrebbe urlami addosso che non passiamo più tempo insieme che non siamo più come una volta. Ma dopo trent’anni della stessa solfa arriva il giorno che uno si stanca. Così lascia solo un flebile:
«Ah, ok» Ed esce dalla stanza, chiudendo la porta più forte del normale.
Con gli anni si è fatta sempre più simile a sua madre, Molly, buonanima. Parlo in termini di viso, fattezze ed espressioni. A volte mi sembra di rivedere Molly durante le riunioni dell’Ordine, o durante i Natali passati alla Tana. Stessa identica espressione, con la differenza che Arthur amava sua moglie da morire.
Mi volto di nuovo verso la finestra in cui si riflette il mio viso alla luce di un lampo lontano, un solco di rughe, le guancie scavate, la barba ispida e grigia che negli ultimi mesi ho lasciato mi coprisse il volto, nascondendomici dietro.
Quanti anni sono passati.
Mi ricordo una conversazione con Dean prima che partisse per l’Italia una trentina di anni fa. Eravamo ancora un’allegra combriccola, noi vecchi di Hogwarts. Quell’animale di Dean aveva finito per sposare una musicista incantatrice che aveva conosciuto poco dopo il suo divorzio, e così a quarantacinque anni lo vediamo saltellare per il pub dandoci l’assurda notizia. “Me ne vado in Italia!” disse proprio così. Ron si era mezzo soffocato, mentre Neville gli aveva urlato: “dov’è che vai?” E lui, Dean, tutto orgoglioso ce lo aveva ripetuto. Seamus, mancava poco e si metteva a piangere come un disperato. Così li abbiamo lasciati soli per un po’ i due amiconi, con qualche piccola battuta da parte di Ron e Neville. Ma è stato proprio alla fine della serata, mentre io e Dean percorrevamo la stessa strada per tornare a casa a piedi, che curioso gli feci questa domanda:
«Come diavolo ti è saltato in testa?» Lui mi ha sorriso, e ha confessato di non sapere bene nemmeno lui cosa stava per fare. Ma poi ha detto:
«Sai Harry, prima mi rammaricavo di tutte le cose sbagliate che ho fatto nella mia vita. Ma alla fine mi sono reso conto che tutto ha un senso, che prima o poi la vita cerca sempre di riportarti a quello che è giusto, a quello che doveva essere…»
«Mi stai dicendo che era nel tuo destino conoscere una musicista incantatrice e scappartene in Italia?»
«No, o forse sì? Non lo so Harry, ma ti assicuro che non mi sono più sentito così vivo dai tempi di Hogwarts» E così se ne partì Dean, due giorni dopo con zaino in spalla piantando tutto con la sua nuova fiamma, piantando anche la non ancora ex moglie, pratiche in sospeso per intenderci, senza farsi più sentire. Voci di corridoio dicono che viva allegramente da qualche parte in Italia, non ricordo mai dove, con una bella coppia di gemelli.
Vaffanculo Dean. Non sai nemmeno quanto ti invidio.

Alla fine sono rimasto solo in questa stanza asettica.
Siamo di nuovo soli io e te.
Parlami, vorrei dirti, dimmi qualcosa, vorrei dirti.
Sei pallida, ma sembra che tu stia dormendo. Il tuo respiro è regolare, come quando ci siamo addormentati davanti al camino mentre studiavamo quelle pratiche infinite.
Me lo ricordo come fosse ieri. Il tuo petto fare su e giù nel sonno e le tue guance rosate, accaldate dal vostro camino, che ho sempre detto a Ron “fallo controllare, non è normale che faccia così caldo”.
Sei pallida, Hermione.

E io non devo piangere.
«Signor Potter…» L’infermiera mi chiama attendendo davanti la porta «...l’orario delle visite è terminato» Annuisco, e non ti guardo nemmeno prima di uscire da lì.
Sei troppo pallida, Hermione.


Forse è per questo che non ci ho mai più messo piede lì dentro. Io, che dovevo avere un orario per vedere la mia migliore amica.
Che per i primi anni era già stato insopportabile dover essere consapevoli di far parte ormai di famiglie diverse. Di avere obblighi e doveri, confidenze da evitare, e “ormai siamo adulti” da rispettare. Mi sono spesso, soprattutto negli ultimi anni, ritrovato a guardare con disprezzo le fedi che portavamo alle dita. Su di te, su di me, su Ron e Ginny. Col tempo, ho cominciato a pensare che avessimo rovinato tutto. Come se queste cose che ci legavano il dito avessero distrutto tutto quello che eravamo. Una famiglia felice. Tutti insieme.
Io stavo bene quando eravamo noi, e non quando eravamo la famiglia Weasley e la famiglia Potter.
Quando ogni posto era casa nostra, anche una tenda umida e terrificante dentro la foresta.
E non un: “oh andiamo a casa nostra” o “ no, venite da noi, il nostro camino è eccezionale” o ancora “oddio che cena meravigliosa hai preparato Ginny” o ancora peggio “in quel divano ci abbiamo concepito Hugo” rideva lui un po’ preso dal whisky incendiario “Oh cristo, Ron…” facevo una smorfia io.
Pensavo che sarebbe stato bello chiedere lo stesso giorno entrambi la mano a Ginny e Hermione. Sì, pensavo sarebbe stato… romantico. Che così saremmo stati, ancora di più, un’unica grande famiglia.
Mi sbagliavo. Ognuno di noi aveva la sua famiglia, suo marito, sua moglie, i suoi figli. La propria vita.
“Si chiama crescere” mi aveva ammonito scherzosamente Hermione, quando glielo avevo accennato. Però poi, pochi mesi dopo, mi aveva confessato di averlo pensato anche lei. Che era tutto perfetto, i suoi figli, la vita che faceva, e che le piaceva stare con Ron ma… che le mancava qualcosa. Non avevo fatto altro che annuire e dire: “anche io”. Poi abbiamo sorriso, e nessuno dei due ne aveva mai più parlato per molti anni.
Uno spiffero d’aria mi fa rabbrividire, benedetta pioggia.

Scendo in cucina, il camino del salotto è accesso, il suo tepore mi massaggia la pelle stanca e infreddolita. Ginny è seduta da sola al tavolo, ha quasi finito di cenare, in totale silenzio.
Io mi seggo di nuovo sulla mia poltrona lasciandomi scappare un sospiro. Non so perché, ma ho come la sensazione di averle fatto credere di voler parlare.
«I dottori dicono che è stabile» Le mie mani si contraggono sulla pelle della poltrona. «Non c’è nessun miglioramento, ma è stabile. Credo sia stata una buona notizia per Ron, dovremmo andare a trovarlo…»
«Non credo ci voglia fra i piedi»
«Harry, ha bisogno di noi. È trascurato, sembra un eremita. Metà del tempo lo passa in ospedale, l’altra metà a casa, e non mangia. Se non ci fosse Rose, non so cosa farebbe…»
«Beh, vedi? Ha Rose…»
«No Harry, Rose è sposata, ha una sua famiglia, un lavoro, non possiamo costringerla a stare con suo padre mattina e sera»
«Non la costringe nessuno Ginny, è sua figlia»
«E io sono sua sorella!» Alza la voce, sbattendo la forchetta sul piatto con un tintinnio terribile per le mie povere orecchie. Ci guardiamo dritti negli occhi per un lungo istante, poi con voce tremante mi domanda: «Si può sapere cosa hai contro Ron?»
Trattengo un respiro molto profondo. «Non ho nulla contro Ron, lo sai»
«Allora perché non vuoi venire con me in ospedale, e non vuoi aiutarlo?»
«Non vuole il nostro aiuto»
«Si invece!» Alza di nuovo la voce. «E anche se non volesse lui HA bisogno di aiuto, Harry, ti prego…» Mi chiede quest’ultima cosa con voce soffocata, quasi una supplica.
«Mi dispiace, Ginny» Sussurro. Sento di nuovo la forchetta sbattere contro la porcellana del piatto. «Non riesco… non riesco proprio a sentirlo piangere per ore e urlare di sua moglie in coma in ospedale. Non ci riesco proprio…» Ammetto.
«Non è per Ron… vero? E solo per…»
«Non è Ron quello in coma.» La interrompo bruscamente.
Ancora una volta la forchetta sbatte sul piatto, e dal rumore credo l’abbia scheggiato. Non dice niente. Fissa il vuoto, con uno sguardo nervoso e in vena di pazzie. Credo abbia voglia di tirarmi il piatto in faccia, così mi preparo per attutire il colpo. Non che l’abbia mai fatto, ma c’è sempre una prima volta. Invece si pulisce le labbra col tovagliolo, si alza, prende il piatto e le posate e getta tutto nel lavello, in modo molto poco delicato, per poi salire, come ogni sera, in silenzio in camera da letto. Nello stesso momento la sento borbottare: «Almeno quando stavamo nella vecchia casa ti era impossibile evitarlo, ora…»
Fisso i miei piedi, mentre un rombo di tuono spacca in due il silenzio. Poco dopo il mio sguardo si concentra sul camino, che lentamente si spegne su sé stesso, lasciando la stanza al buio pesto della notte. E me da solo, come tante altre notti, a dormire su questa poltrona.



A giovedì :)

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Capitolo 2
*** C’entra sempre il sesso ***


Buonasera a tutti :) eccovi il secondo capitolo.
Mi dispiace che proprio i primi capitoli siano un po' corti, ma in tutta la FF hanno misure variabili, perchè devo tagliarli in certi punti perché abbiano un filo logico. A parte questo, buona lettura :)

 



CAPITOLO II
C’entra sempre il sesso

Ogni mattina so che lei aspetta che io vada via prima di alzarsi dal letto. Così, in silenzio e quatto quatto, entro in camera e prendo qualche vestito. Mi lavo e mi vesto, per poi uscire per la mia tipica passeggiata.
Scendo per Diagon Alley, una volta speravo di incontrare qualche vecchio amico per parlare, ora mi nascondo se ne vedo uno, terrorizzato all’idea che possa dire: che disgrazia, povera Hermione. Potrei prenderlo a cazzotti, così, negandogli il diritto di dire quello che pensa. Perciò ribadisco che è meglio evitarlo. L’unico a cui potrei perdonarlo è Neville, forse perché se gli dessi un cazzotto mi ritroverei sette piedi sottoterra, vista la mole che anche con gli anni è riuscito a mantenere.
Giro per Diagon Alley, con la testa china, conoscendo ormai perfino le pietre delle strade a memoria, mi concentro sui rumori tutt’intorno a me, tentando anche di ignorare la fitta al ginocchio che mi tormenta da un paio di anni ogni volta che cammino per queste vie acciottolate.
La cosa più stupida non è volere che la gente non parli di lei, ma non riuscire a fare altro che pensare a lei. Non so, sarà perché ho salvato il mondo, ma sono così presuntuoso da tentare in ogni modo, almeno nella mia testa, di trovare una soluzione. È per questo che mi concentro sul rumore incessante che riempie le vie di Diagon Alley, soprattutto d’inverno. È un rumore che alla fine, diventa un tutt’uno con i miei pensieri.

«Ma smettila!» Sorride, entusiasta.
«Dico sul serio, Rosie è bellissima, è lo è perché…?» Faccio silenzio, invitandola a finire la frase.
«Perché… perché, perché ha preso i geni della famiglia Weasley!» Continua a ridere.
«Oh, certo. Guardala, è identica a Ron eh? Hanno lo stesso naso a patata, non trovi?» Dico, indicando la bambina che dorme beata fra le sue braccia. E lei ride e ride. Adoro come ride.
«Intendevo Ginny!» Ribatte divertita.
«Ah, oh sì certo, in effetti la cosa ha un suo senso, Ginny è la sorella di Ron, ed è anche nata dopo di lui, perciò è ovvio che i suoi geni siano in tua figlia, no?» Alzo gli occhi al cielo fingendomi esasperato dalla sua (altrettanto finta) inettitudine. Lei continua a ridere. Così la guardo mentre riprende fiato, e dico: «Insomma, posso dirlo che è bella come la sua mamma?»
Hermione alza gli occhi al cielo riflettendoci su, mordendosi il labbro inferiore.
«Mmh, non so…» Mi guarda sorridendo. So che le piace da morire questo gioco, così continuo:
«Allora, ok, chiediamolo alla diretta interessata. Rose? » Mi avvicino alla bambina tendendole l’indice. La chiamo dolcemente e lei apre gli occhi, sorridendomi. «Brava, bimba. Cominciamo proprio bene…»
Hermione sorride sussurrando «Che stupido che sei»
« Ssh! Silenzio, Rosie deve sentenziare» Fingo una posa solenne. «Allora piccola, sei bella quanto la tua mamma?» La bambina mi guarda un attimo confusa, poi scoppia in una allegra risata cercando di afferrarmi l’indice. «Ecco hai visto?» Dico, mentre Rose mi tira la mano tentando di portare il dito alla bocca. «O è molto obbiettiva, o molto vanitosa…» Dico, inarcando le sopracciglia.
«Harry… » Dice Hermione, sbuffando, divertita dalle mie cretinate. Io le sorrido, e poi sospiro ammirando il cielo azzurro sopra le nostre teste.
«Amo l’autunno» Affermo, respirando la brezza leggera che alza una sottile polvere e qualche foglia secca su Diagon Alley.
«Io preferisco la primavera» Dice, sorridendo alla piccola Rose che ormai sveglia tenta di arrampicarsi sulla sua spalla.
«Lo sapevo» Sorrido, mentre la osservo battagliare con la bambina. «Dai, dalla a me…» Mi offro, ma lei nega con la testa.
«No Harry non c’è bisogno…»
«Allora fammi portare almeno la tua borsa!»
«Uff, ok…» Con una manovra degna di un ginnasta olimpico riesce a tenere fra le mani Rose, che scalcia in vena di giocare, e con l’altro braccio cerca di togliersi la borsa dal collo, così io, furbamente le prendo la bambina dalle mani. «Ehi!» Tenta di ribattere lei, mentre Rose si arrampica immediatamente sulla mia spalla ridendo.
«Ah no, è ora che mamma Herm si riposi un po’, non è vero Rosie?» Di rimando la piccola mi sorride ancora, battendo le mani. Io mi volto verso Hermione con un viso soddisfatto.
«Ok, ok, tanto l’hai sempre vinta tu» Si alza il ciuffo con uno sbuffo. Contento della vittoria cammino trionfante.
Dopo qualche passo in silenzio, lei mi sorride ancora dicendo: «Grazie per avermi accompagnato dalla pediatra, Ron non poteva proprio»
«Figurati» Dico, immerso nel gioco con la piccola Rose. «Io e Ginny impazzivamo con James per andare dal pediatra, ogni volta era un castigo divino, il minimo che si possa fare è sostenersi in certi momenti difficili, no?» Commento solenne, magari un po’ troppo, con una faccia da scemo.
«Direi di sì» Sussurra. Ci guardiamo per un istante, mentre sento la piccola Rose prendermi a schiaffi sulla guancia, tentando invano di attirare la mia attenzione. Ma proprio in quel momento un ragazzino molto di fretta corre in mezzo a noi e qualcuno sbatte contro Hermione molto violentemente, riesco a prenderla in tempo, ma vedo una signora finire col sedere a terra, dolorante, evidentemente era lei ad essersi scontrata con Hermione, che riesce a tenersi su bilanciata dall’enorme borsa, con tutta la roba per Rose. E anche se un po’ intontita pronuncia preoccupata: «Signora tutto bene?» Chinandosi ad aiutare la donna, che si alza immediatamente.
«Oh sì, mi dispiace, mi dispiace tantissimo, non si è fatta male vero?»
Hermione scuote la testa «No, non si preoccupi, e lei?»
«No no, è quel monello di mio nipote, Vincent vieni subito qui!» Urla rivolta alle nostre spalle. «Oh vi prego di scusarmi, meno male che la vostra bambina l’aveva suo marito, oh ma che angioletto che sei…» Dice rivolta a Rose, che le lancia un grande sorriso tendendole una mano.
«Oh no, noi non…» Diciamo in coro Hermione ed io, indicandoci a vicenda scuotendo la testa lievemente. Ma la signora ci saluta in tutta fretta, tornando a correre dietro il nipote.
Entrambi la guardiamo allontanarsi, per poi lanciarci uno sguardo imbarazzato, e tornare a camminare senza dire una parola per diversi minuti.


«Nonno!»
Mi sveglio dal mio torpore, sentendo qualcuno chiamarmi dal mondo reale.
«Nonno! Mamma, mamma, è il nonno! È il nonno!» Vedo uno scricciolo corrermi incontro, e lo riconosco immediatamente.
«Ehi ehi! Piccolo monello!» Lo sollevo da terra e lo abbraccio forte, stampandogli un bacio su entrambe le guance.
«Ciao papà» Lily si avvicina a me tenendo fra le braccia il piccolo Oscar, che mi saluta imbarazzato, nascondendosi nella spalla di sua madre. Mentre David mi strapazza per bene, ancora fra le mie braccia. «David non stancare il nonno» Dice Lily costringendolo a scendere.
«Uffa!» Sbuffa il ragazzino.
«Ehi, ho settantacinque anni, sto ancora in piedi da solo…» Commento, facendole fare una smorfia col viso.
«Harry!» Subito dietro di loro, con un paio di buste della spesa in mano, Micheal, il marito di Lily. Un giovane rampante scrittore che, se devo proprio essere sincero, non ho mai sopportato troppo.
«Micheal, come stai?»
«Molto bene, grazie, come vedi si fa shopping!»
«Il Natale arriva, eh?» A questa mia affermazione David comincia a saltare di gioia, e urlare:
«Natale! Natale! Natale!» Facendomi sorridere.
«Ehm, Mike, potresti prendere tu i bambini? Vorrei parlare un attimo con mio padre» Chiede velocemente a suo marito Lily, lui annuisce dicendo:
«Coraggio! Chi ha voglia di una burrobirra?»
«Io, io, io!!!» Urla David, sovraeccitato, mentre il piccolo Oscar annuisce timidamente tenendo la mano al padre.
Lily si avvicina a me, e io sentenzio: «Quante volte ti avrò detto di non dargli troppo zucchero a quel bambino?»
«Papà…» Sospira lei, tirandomi per un braccio.
Passeggiamo come quando aveva diciassette anni, prima che si diplomasse, e sento una certa malinconia, che purtroppo rovina chiedendomi: «Papà, come va con la mamma?»
«Ah, benissimo» Rispondo, ormai talmente allenato che non mi trema nemmeno più la voce.
«Papà…»
«Che c’è?»
«Papà, state “benissimo” da più di vent’anni, non credi sia ora di parlarne?»
«Non c’è niente di cui parlare»
«Mh.» Mugugna, squadrandomi per bene. Io evito di risponderle o cedere al suo sguardo accusatore. Ma poi mi frega, uscendosene con un «Sei andato dalla zia?» Spalanco gli occhi, e mi volto dall’altra parte. «Ecco! Lo vedi? Quando parlo dello mamma non senti proprio niente, non fai nemmeno finta! Ma se parlo della zia metti il muso e cominci a grugnire!»
«Io non grugnisco affatto!»
«Allora parlami della mamma»
«Ma non c’è niente di cui parlare!» Esclamo, esausto. Lei si incupisce, e forse ha ceduto. Però…
«Come al solito, parli sempre e solo con Albus, a me e James non ci rendi mai partecipi dei tuoi sentimenti»
«Questo non è vero»
«Noi vogliamo solo aiutarvi, papà!» Mi spiega concitata.
«Beh, non sono affari vostri» Dico, ritraendomi dalla sua stretta.
«Come no? Siete i nostri genitori!»
«Si è vero, ma adesso avete le vostre famiglie, ed è di quelle che dovete occuparvi…»
«Ma…»
«Niente ma. Non c’è niente di cui parlare.» Dico risoluto e nel suo sguardo vedo una ferita. L’ho ferita, sì. Lo so. Ma è fiera come sua madre, e non cederà molto facilmente.
«Va bene, ma io e James non la chiudiamo qui, siamo preoccupati per voi.»
«Ok, adesso basta con le prediche, tuo marito ti aspetta» Le rispondo, come non le ho mai risposto prima. E mi dispiace, ma non voglio davvero continuare questa discussione. Così mi guarda, afflitta a orgogliosa (proprio come sua madre). E prima di andarsene dice, a bassa voce:
«Dovresti davvero andare a trovare la zia, lei vorrebbe». E se ne va.
Lasciandomi sgomento, in quella strada affollata.

Non so quando è cominciato, ma alle volte non ci pensi nemmeno.
Altre invece sai benissimo quando cominciano. Ad esempio mi ricordo sempre quando ho cominciato ad amare le torte di zucca e anche il succo di zucca. Si lo ricordo proprio bene.
Oppure ricordo il momento in cui mi sono preso una cotta assurda per Cho Chang. Anche quello è un momento stampato nella mia testa.
Questo invece non lo so.
Quella sera Ginny si è avvicinata a me, e come tante volte mi ha sussurrato qualcosa all’orecchio, e poi ha cominciato ad accarezzarmi il petto, e a baciarmi il collo. Di solito, non ci mettevo molto, Ginny non è mai stata il tipo di ragazza acqua e sapone. No, proprio no. Ma io quella sera... quella sera no, proprio no.
Lei mi ha detto di non preoccuparmi, che succede, che uno è stanco se lavora dodici ore al giorno, e io le ho creduto. Così ci siamo riaddormentati, e lei per consolarmi è rimasta abbracciata a me tutta la notte. In realtà avrei voluto stare da solo, nella mia parte di letto ma, ehi, è il matrimonio.
Così ora uno direbbe: ma ci hai raccontato quando è cominciata! Quindi lo sai eccome! Invece no, perché credo sia una cosa più radicata, che si sia fatta strada in me col tempo, coi giorni e le ore. Però non è questo il punto…
Così, lei, da brava moglie quel’è, ha atteso qualche giorno, e io gliene sono sempre stato grato di questa sua delicatezza, almeno per questo.
Così di nuovo, lei ci riprova, qualche notte dopo, è sexy, è bella, è, come l’aveva definita Dean quando ancora era sposato, “una tigre”, beccandosi una gomitata da Ron. Lei mi bacia, si muove, mi stuzzica ma niente. Non ci sono. E non so dove sono.
«Ginny io…»
«No, non fa niente. Mi dispiace Harry, forse…» Ma la frase non l’avrebbe finita mai.
Tre notti dopo, ancora. Mi infila anche una mano nelle mutande, e io adesso dovrei essere al limite.
Dovrei.
Ma lei quella sera insiste, le prova tutte, non so se perché mi ama o perché è lei che ne ha dannatamente bisogno. Sta di fatto che ci ha provato in tutti i modi. Ma in tutti i modi non è successo.
Quella è stata la prima notte che abbiamo dormito separati.
In realtà io ho finto di dormire sulla poltrona, e sono uscito fuori a passeggiare, in quella notte d’estate. Sentivo i gufi bubolare al chiaro della luna, e per la prima volta mi sono sentito bene di notte, lontano da quel letto. E mi sono sentito anche così in colpa.
Ho anche avuto un fottuto deja-vu, non so perché. Quel gufo che bubolava mi ha messo una strana sensazione. Così ho continuato a camminare e sono arrivato fino a Diagon Alley, ma non sono riuscito a entrare in città.
Non riuscivo a concludere niente quella notte.
Ancora bubolano i gufi.


Lo faccio? No, non lo faccio. Cazzo, perché non me ne sono stato a casa stamane?
Accidenti a Lily! Ma perché non era più come…
«Signor Potter?»
Mi volto di soprassalto, e vedo Miss Forrest fissarmi stranita davanti l’entrata del San Mungo.
«Ah, buongiorno Miss» La saluto, facendo un brevissimo inchino. Lei mi sorride.
«Vuole entrare?» Mi chiede dolcemente, indicando la porta.
«Oh, io…» Sto balbettando, ma mi fissa con un sguardo così pieno di aspettative che non oso dirle no. «Sì, certo»
Entro di nuovo in quel posto che, sì sarò ripetitivo ma… asettico, seguendola fino al corridoio. Lei si volta verso di me mentre cammina, dicendomi:
«L’hanno trasferita al reparto cinque, in fondo, di là. Terza porta a sinistra, io mi preparo per il turno e la raggiungo subito»
«G-grazie.» Balbetto ancora, e mentre lei cambia direzione inoltrandosi in una stanzetta privata, io continuo per inerzia a muovermi fino al reparto cinque, terza porta a sinistra.
Mi fermo davanti a quella porta bianca come la neve, le mani ancora in tasca nel mio giubbotto poco elegante, e gli occhi fermi spalancati su quel sottile strato di legno che mi separa dalla possibile follia. Non mi sono reso conto di quanto il mio respiro si fosse accelerato, e di come le mie mani sudassero, o quanto il mio battito andasse veloce.
Sudo freddo, sono terrorizzato. Non aprirò MAI quella porta.
Se aprissi quella porta potrei morire, sarebbe troppo, sì morirei di certo. Se aprissi quella porta e la vedessi io creperei. Se apris… e la porta si apre, da sola. No, ne esce fuori un infermiere, totalmente gessato di bianco, tira un carrello e mi vede, mi fa cenno con la testa come a dire: prego è tutta sua.
E fa il terribile errore di lasciare la porta aperta per me.  Così vedo il letto, le sbarre di ferro, la coperta bianca con la forma dei suoi piedi sotto.
Deglutisco. Mi muovo per inerzia anche se niente mi ha spinto. In un attimo sono dentro, e la porta si chiude dietro di me. Fisso il muro e le finestre, non ho il coraggio di voltarmi, eppure piano piano i miei occhi si fanno strada, e così la vedo. La sua mano, i suoi capelli, il suo viso.
«Hermione» Parlo, ma la mia voce arriva da qualche posto lontano.
Sembra sempre che dorma. Così, troppo pallida, ma dorme.
Sono fermo, immobile, ma sto sudando come un pazzo. «Hermione» Ripeto ancora da chissà dove. E lo ripeto ancora e ancora e ancora. Finché cammino, mi avvicino. C’è una sedia accanto a lei in cui sono certo Ron si sarà seduto per milioni di ore. La tiro via con il piede e così… è così che io mi inginocchio, le prendo la mano fredda e continuo: «Hermione, Hermione…» Ancora, ancora, ancora. Porto la mano alla guancia. «Hermione ti prego, svegliati. Svegliati.» E così, maledizione che sia, piango e piango e piango. Non la smetto «Svegliati, ti prego, Hermione, dove sei? Herm… Herm…»
Piango, ho la gola che brucia, sento le corde vocali strapparsi nel tentativo di reprimere un urlo che soffoco sul materasso, ma lo sento lo stesso rimbombare nella mia testa. Mesi di silenzio, mesi di astinenza, dal sano e terribile urlare.
Urlo e piango. Piango e urlo. Stringo febbrilmente la sua mano, fredda.

Guardo rammaricato Ginny mentre se ne sta in un angolo con un bicchiere troppo pieno di Whisky Incendiario. Fissando la neve cadere fuori dalla finestra, estraniandosi totalmente dal resto del gruppo. Ma con la faccia truce che ha, forse è meglio così.
«Ehi James, che ha tua madre?» Sento chiedere Rose al cugino.
«No, niente, lei e papà hanno… ehm, avuto una piccola discussione»
«Ah, vabbeh, anche mia mamma e mio papà discutono spesso ma poi fanno sempre la pace!» Sorride Rose consolando il cugino che ride e la invita a rompere le scatole allo zio George.
Io sospiro, mentre osservo la Tana addobbata per bene, come ogni anno, per un altro Natale. Molly sorride mentre lei e Arthur giocano a carte con Lily, Hugo, Fred e Roxanne, che li stracciano sempre. George cerca di insegnare a James e Rose qualche trucco su come svignarsela dalle punizioni ad Hogwarts, mentre Hermione dalla cucina lo rimprovera aspramente e Angelina se la ride, Ron invece è intento in una densissima partita a scacchi con Albus, che non per vantarmi, ma è molto meglio di suo padre a questo gioco.
Così, mentre giro intorno sbirciando un po’ tutti in quell’aria di festa, finisco in cucina, dove Hermione stava accatastando tutti i piatti pronti per la sua bacchetta. Ma la precedo in silenzio, tirando fuori la mia, bisbigliando «Gratta e netta»
Sorpresa vede tutti i piatti dare inizio alla loro danza senza che lei avesse fatto niente, e voltandosi mi trova lì, alle sue spalle a ridacchiare.
«Ma che spiritoso e che gentiluomo» Dice, incrociando le braccia.
«Un connubio perfetto» Le sorrido, porgendole il mio bicchiere di burrobirra.
«Grazie» Ne prende un sorso e nel frattempo le chiedo «Allora, pare che il mio Al stia battendo Ron eh?»
«Mh, non so, l’unica in grado di batterlo è stata Rose, e ti giuro che non l’ha proprio digerita»
Sorrido, buttando un occhio ai due giocatori, e proprio in quell’attimo Al assume una posa da furbetto e fa la sua mossa, poco dopo Ron si mette una mano nei capelli e comincia ad esclamare qualcosa di poco carino che riesce a smuovere tutte le madri in casa, Ginny compresa.
«RON!» Urlano in coro, Molly, Angelina, Ginny e Hermione, che mi trapassa un timpano. Lui si ritrae, terrorizzato da tanta attenzione alle sue parolacce, ma Al si alza in piedi annunciando:
«Mamma, zie, nonna, annuncio che oggi ho battuto lo zio Ron in una partita a scacchi!»
Molly comincia ad applaudire e anche Arthur si congratula con Albus, Hermione sorride beffarda commentando:
«Ben gli sta, e con questa sono due!»
«Oh fratellino, stai perdendo stoffa in una delle poche cose che sai fare bene, eh?» Si aggiunge George.
Ginny sorride applaudendo altretanto, ma intercetta il mio sguardo un secondo e torna a fissare fuori dalla finestra. E mentre Ron incolpa Albus di avere barato, Hermione si avvicina a me e a bassa voce mi chiede:
«Qualcosa non va, Harry?»
Perso nei miei pensieri, mi risveglio, ma non sono tanto sorpreso dalla sua domanda. Lei è Hermione e Hermione si accorge di tutto.
Sorrido appena, rispondendo «Quanto mi crederesti se dicessi di no?»
«Proprio per niente» Mi dice, sorridendo anche lei, per rassicurarmi. Mi posa una mano sulla spalla restituendomi il bicchiere «Vieni» Pronuncia, invitandomi a seguirla.
Prende un paio di coperte da un vecchio armadio sul retro della casa. Me ne porge una e l’altra se la avvolge addosso. Mi fa un cenno con la testa e aprendo la porta sul retro la varca fino alla notte gelida e buia, che più di così a Natale proprio non si può.
Indosso la coperta anche io, e la seguo. Sento la neve e l’erba sotto i piedi, mentre la raggiungo, Hermione è intenta ad osservare il cielo stellato, ogni respiro le si condensa davanti.
«Allora? Cosa succede?» Mi domanda, appena riesco ad arrivarle accanto.
«Cosa? Dovremmo parlarne qui?» Le chiedo, incredulo.
«Certo! Non c’è niente di meglio di una notte gelata, e un po’ di sana burrobirra per cancellare ogni inibizione!» Esclama prendendomi il bicchiere dalla mano e bevendone un altro po’.
«Sei matta?» Chiedo battendo i denti. Lei inarca un sopracciglio riporgendomi il bicchiere.
«Avanti dai, qui non ci sente nessuno» Mi chiarisce.
«Ah, ok. Ora tutto ha più senso…»
«Harry, ti sarei grata se facessi in fretta, non è proprio il posto più comodo del mondo» Dice tremando.
«L’idea è stata tua…»
«Harry…»
«Ok, ok… solo che…»
«Ne vuoi parlare si o no?»
«Non so, è un po’… imbarazzante, credo…»
La vedo inarcare un sopracciglio, così la fisso per qualche secondo e tiro giù un sorso di burrobirra. «Ok, ma se ne parli con Ron giuro che…» Non credevo che il suo sopracciglio potesse arrivare così in alto… «Ok, ok.» Mi fermo, e penso: che diavolo sto facendo? Va bene che con Hermione parlo di tutto, ma questo? «E una questione di… cioè, io e Ginny non… insomma. Non riesc… no oddio così no, cioè… io e Ginny…» Faccio un attimo di pausa e tento di mimare con le mani ma ottengo solo di peggiorare la situazione.
«Oddio Harry dalla tua reazione sembra che tu e Ginny abbiate problemi a letto!» Dice ridendo e facendomi gelare il sangue. Devo avere una faccia piuttosto eloquente, perché smette subito di ridere spalancando gli occhi, cominciando a balbettare «Oh, OH! Oddio, scusa, non pensavo… io credevo che… cioè no…» Per un attimo la vedo spaesata, mi prende di nuovo il bicchiere dalle mani e ne trangugia gran parte in fretta e furia «Harry ti giuro io non pensavo che… ma…» E qui si blocca, pensandoci su «Ma… seriamente? Tu e Ginny?» Dice infine incredula, indicandomi.
Io inarco un sopracciglio, e annuisco lievemente con la testa «Cioè… GINNY e te?»
«Si, Hermione!» Esclamo imbarazzato, lei porta le mani avanti per scusarsi.
«Ok ok, scusa ancora» Facciamo un attimo di silenzio, in cui cerchiamo di riprenderci e lei mi porge di nuovo il bicchiere ormai quasi vuoto.
«Beh…» Cerco di continuare io «Ora lo sai»
Hermione si schiarisce la gola per poi dire semplicemente un «Già» strofinandosi le mani l’una all’altra.
«E quindi… consigli?» Ma che diavolo di domanda è? Non so cosa mi passi per la testa.
Lei tira un forte respiro, molto lungo e intenso, per poi rilasciarlo con un acuto ma sommesso rumore dalla bocca. Come a dire: l’argomento è piuttosto difficile, perché diavolo te l’ho chiesto? Tutto questo guardando un punto imprecisato, molto ma molto lontano, alle mie spalle.
«Veramente… non credo di essere la persona più adatta a dare consigli del genere…» Risponde alla fine, d’un fiato. «È un argomento su cui non credo di poterti aiutare…» Fa un sorriso tirato e imbarazzato.
«Perché?» Domando, sorpreso dalla risposta.
«Ehm, forse è il caso di rientrare?» Fa ancora quel sorriso terribilmente strascicato.
«Hermione, conosci il detto: chi la fa l’aspetti?» Le intimo ridacchiando, e lei fa una smorfia.
«Aah, maledetta me e la mia boccaccia!» Si lamenta. Io scoppio a ridere, e le porgo l’ultima sorsata di burrobirra che accetta molto volentieri anche se con un viso tutt’altro che contento.
«Allora?» La incito, beccandomi non solo uno sguardo storto ma anche il bicchiere in pieno stomaco. Dopo aver pesantemente deglutito la burrobirra, guarda altrove chiudendosi dentro la coperta.
«Beh…» Si schiarisce la gola «Diciamo che io e Ron, insomma… non va molto bene… in quel senso…»
Stranamente sento un piccolo salto al battito. Insieme ad una sorta di piacevole sensazione allo stomaco. Ma la ignoro, avrò bevuto troppa burrobirra.
«Oh…» È l’unico commento che riesco a fare. «Beh, forse è il periodo, o magari sarà normale. Forse dovremmo parlarne anche ad Arthur e Molly per sapere se…» Scherzo, e lei mi guarda storto.
«Oh certo, pubblichiamolo sul Profeta a che ci siamo.» Borbotta, anche se sento una lieve nota scherzosa nel suo tono.
«E insomma, il problema è solo quello?» Chiedo, tentando di stare serio o almeno facendo finta di sapere cosa dire in questi casi.
Lei si stringe nelle spalle e guardando in basso dice: «Credo di sì» Poi incrocia il mio sguardo e dice: «E voi?»
Faccio come lei, spallucce e ripeto «Credo di sì» Ma dentro di me so che non è vero, allora mi chiedo se anche per lei sia lo stesso.
Ci sorridiamo e dopo un attimo di silenzio in cui lei si culla dolcemente dentro la coperta, mi informa: «Ho i piedi congelati».
«Idem. Entriamo prima che ci diano per dispersi» Lei annuisce e l’avvolgo col mio braccio, sotto la mia coperta, fin dentro casa.

 



A lunedì :)

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Capitolo 3
*** Tutta colpa della torta di zucca ***


Scusate il ritardo, sono stanchissima, perciò vi auguro solo, come al solito, buona lettura :)
 



CAPITOLO III
Tutta colpa della torta di zucca

Sono seduto su questa panchina gelata da più di due ore ormai. Ho le dita ficcate nell’incavo fra gli occhi, la testa che mi si spacca a metà e gli occhiali che tra poco si deformeranno a stare ancora in questa posizione innaturale, spinti dal dorso della mia mano.
Ho pianto per un’ora. E ho come l’impressione che si sentisse anche dal corridoio e che Miss Foster non abbia volontariamente voluto disturbarmi finché non mi ha sentito smettere. Non so se ringraziarla o detestarla per questo.
Però non riesco a staccarmi da qui, sono ad un passo dall’entrata e so che tra poco potrebbero arrivare Ron, o Rose, o Lily o chissà chi altro a trovare Hermione. Ma non riesco a staccarmi da questa panchina di fronte l’entrata del San Mungo. Paradossalmente.
Forse lo sapevo, era per questo che non sono mai venuto a trovarla in questi mesi, forse sapevo che se fossi venuto non sarei più riuscito ad allontanarmi troppo da lei.
Dunque sono qui, da due ore con la stessa identica posa. Sembrerò una statua, una patetica statua.
Sto congelando, come sempre. Mi troveranno morto qui, perché non mi alzerò mai più da questa panchina. Ora so come voglio morire, voglio morire il più vicino possibile ad Hermione e non lasciarla mai da sola. Mai più.
Lo prometto.
Ma è in quel momento che dall’altra parte del mondo sento dei passi, un rumore soffice sulla neve.
Cazzo è Ron.
Lo sapevo, sapevo che sarebbe venuto e che mi avrebbe visto, e ora mi chiederà: Harry perché non entri? Vieni troviamo Hermione, vieni piangi con me, vieni ti assillerò per tutto il giorno su quanto sono sfigato ad aver perso mia moglie. Vieni dentro, vieni.
Sono proprio uno stronzo, lui è la vittima qui ed io…
«Harry? Harry Potter?» No decisamente non è la voce di Ron.
Alzo lo sguardo stanco e quasi vengo abbagliato dalla luce del sole, così ci metto un po’ a mettere a fuoco la donna che sta di fronte a me.
Capelli talmente biondi da essere indistinguibili da quelli bianchi, raccolti in uno chignon piuttosto malfermo, occhi grigi, strabuzzati, una strana collana che ha l’aria di essere piuttosto pesante e terribilmente lunga, un cappotto in patchwork bianco e rosso fiammante e un paio di piccoli occhiali rettangolari, tenuti insieme in un asta da del magiscotch rosso, talmente sulla punta del naso che sembrano voler cadere giù.
«Luna?» Domando, con la voce ancora gracchiante dal troppo urlare. Lei annuisce con vigore e mi si getta addosso.
«Per tutti i Corrabulli! Sei proprio tu, Harry!»
Vengo soffocato da suo strettissimo abbraccio, e ricambio, avendo davvero la conferma che sia lei solo per l’esclamazione iniziale.
Quando ci allontaniamo, Luna mi si siede accanto, e entrambi ci sistemiamo gli occhiali.
«Oh, quanto tempo! Come sono felice di vederti!»
«Mio Dio, come… che cosa ci fai qua? Pensavo fossi in viaggio perenne!» Domando sconvolto.
«Ah, pausa. Ho deciso di tornare a Diagon Alley, ma ti giuro… l’avrei fatto prima se avessi saputo…» Dice, rabbuiandosi improvvisamente.
«Parli di Hermione, vero?» Anche io mi scurisco immeditamente.
 «Che terribile tragedia, vengo solo adesso a trovarla, mi dispiace tantissimo…»
La vedo portarsi una mano sul viso, e tento immediatamente di calmarla.
«Ehi, no, non fare così. Vieni, andiamo dentro. Ok? »
Luna annuisce, incapace di parlare e ne rimango stranito, non l’avevo mai vista così. Mi sorprendo  nel doverla confortare, solitamente il suo temperamento bizzarro e positivo mi era stato sempre molto d’aiuto.
Non capisco come mai, ma riesco a rientrare in ospedale con Luna aggrappata al mio braccio.
Arriviamo in stanza, e quando chiudo la porta le sento dire: «Oh Hermione…» E nascondere le lacrime sotto le enormi maniche del suo cappotto di patchwork.
Rimango qui, accostato alla porta, sentendo i singhiozzi di Luna, seduta sulla sedia accanto il letto.
Passano così una ventina di minuti. Fin quando non si soffia il naso per la decima volta nel suo fazzoletto azzurro, e alzando lo sguardo su di me, domanda:
«Come stai Harry?»
Sorpreso dopo così tanto silenzio, mi trovo un po’ impacciato a risponderle.
«Oh, io… io sto bene.»
«Davvero, Harry?» Mi chiede piegando il fazzoletto umido e infilandolo di nuovo nella tasca del cappotto.
«Io… sì. Sì, davvero.» Ma so di non averla convinta.
«E Ron?»
«Ron… da quello che mi dice Ginny sembra non stare molto bene»
«Da quello che dice Ginny? Non vai più a trovare il tuo migliore amico?» Eccola Luna, dritta al punto.
«No, non proprio…» Sono quasi imbarazzato, solo Hermione e Luna riescono a farmi sentire in colpa come nessun’altro è mai riuscito.
«Io credo che tu non stia proprio bene Harry. Affatto» E dicendolo scuote la testa, con le mani al petto. E mi sento colpito al cuore, terribilmente male.
«Beh, la situazione non è delle più felici…»
Un altro po’ di silenzio, e non so come faccia ad alzarsi senza fare un minimo rumore con la sedia. Mi viene di fronte, e mi abbraccia di nuovo, stavolta con molta meno foga.
«Caro Harry, il tuo amore è davvero molto forte»
«Il mio… cosa?» Esclamo cercando di restare sempre piuttosto sommesso, per rispetto nei confronti di Hermione.
Luna si allontana da me e mi sorride dolcemente, accarezzandomi una guancia.
«Non preoccuparti andrà tutto bene. Ma adesso devo andare da Ron, devo vedere come sta lui e decidere…»
«Il mio cosa? … decidere che cosa?» Domando ancora, sempre più confuso.
«Promettimi che starai calmo, qualunque cosa succeda…»
Mi raddrizzo, andandole più vicino «Luna ma di cosa stai parlando?»
«Harry, promettimelo.»
«Luna…»
«Non posso dirti oltre. Promettimelo.» Mi guarda con quegli occhi grigi, sorridendomi pacatamente, e non so perché mi incute tanto sollievo, anche se il suo sguardo mi… perfora, e la sua mano è calda sulla mia guancia.
«Te lo prometto» Dico, fidandomi. E lei mi sorride, togliendo la mano e dicendo:
«Ci vedremo presto, credo» Così la lascio andare, restando in quella stanza ancora per qualche minuto, leggermente confuso e con la testa come un pallone.

Esco di casa, Ginny è troppo nervosa. Non mi va di passare la domenica a litigare. Meno male che ormai tutti i ragazzi sono ad Hogwarts, almeno non assistono alle allegre tirate dei loro genitori.
Sono abbastanza lontano, quando sento altre urla, stavolta non di Ginny. Mi volto in tempo per vedere, a pochi metri, Hermione uscire da casa sua urlando qualcosa di molto poco carino, credo proprio verso Ron. Sbattendo furiosamente la porta, dopo aver annunciato “ci vediamo quando avrai ripreso il senno”, testuali parole. Arrivata alla mia altezza mi nota, sobbalzando come se fosse stata colta in flagrante a fare qualcosa di male. Sbotta infastidita e volta dall’altra parte della strada, allontanandosi.
Mi guardo intorno per assicurarmi che né Ron né Ginny mi vedano, e la seguo.
«Hermione!»
«Vai via!» Mi urla, con le braccia incrociate, non degnandomi di uno sguardo, io la raggiungo e l’affianco.
«Ehi, non sono io quello con cui hai litigato!»
«No, ma potrei sempre cominciare!» Prorompe nervosissima.
Io mi fermo lasciandola andare da sola, commentando: «Ok come vuoi, ciao!» Con un tono fintamente offeso.
Faccio finta di girare i tacchi, mentre la osservo ancora, finché non si ferma e urla:
«Harry?»
Sorrido, la conosco troppo bene. La raggiungo, e mi accosto accanto a lei, di nuovo.
«Allora? Cos’è successo?»
«Ron è un idiota» Dice senza pensarci due volte «Ha la delicatezza di un elefante in un negozio…»
«… di cristalli. Già. Ti ricordi quella storia del concepimento sul divano?»
«Lasciamo perdere…»
«Esattamente.»  Chiudo il discorso, disgustato.
«Ma tu non dovresti sostenerlo? Insomma, quelle cose tipo solidarietà maschile e robe simili?» Mi domanda, sorpresa.
«Ah beh, diciamo che anche io ho qualche problemino con i Weasley al momento»
«Oh, Ginny ti ha sbattuto fuori?» Mi chiede preoccupata. Inarco un sopracciglio.
«No! Sono uscito di mia spontanea volontà! Voi donne la dovete piantare con queste manie di sbattere i mariti fuori di casa!» Dico indicandola in maniera accusatoria.
«Ah beh, se vi comportate come degli idioti, ne abbiamo tutto il diritto!»
«A me sembra che qui sia tu ad esserti sbattuta fuori di casa» Ribatto, e lei sospira.
«Ametto, ho bisogno di prendere un po’ d’aria, se stavo ancora dentro quella casa lo ammazzavo, giuro.» Lo dice con un tono così stanco che mi fa capire che la cosa è seria.
«Ehi Herm»
«Mmh?»
«Ti va un po’ di torta di zucca da Madama Rosmerta?»
Lei si volta piano, sorpresa, e poi mi sorride. «Certo».

Ci materializziamo ad Hogsmeade, e attraversiamo le sue viuzze in totale silenzio. Entrambi siamo rincuorati dal brusio che c’è la domenica, ma ancora di più dal rumore che ne I Tre Manici di Scopa è sempre di un certo livello. Ci aiuta a non sentirci pensare, beh, almeno non troppo.
Ci accomodiamo in un tavolo all’angolo, quando Madama si avvicina a noi, sempre raggiante nonostante l’età, chiedendoci l’ordinazione.
«Due torte di zucca, per piacere, e due burrobirre»
«In un lampo!» Mi sorride, e sono contento che ci sia un bel posto così nel mondo, ogni volta che ci torno. Ho una piacevole sensazione di deja-vu mentre lo penso.
«Allora? Questo elefante che cristallo ha toccato stavolta?» Domando ad Hermione, cercando di essere il più delicato possibile.
«Beh, ti ricordi la conversazione che abbiamo avuto a Natale, quattro anni fa? Quella che non abbiamo mai più nominato?»
«Ehm, una delle tante?»
«Harry! Sai: stelle, freddo, burrobirra, coperte… confessioni imbarazzanti sul matrimonio?»
«Oh sì, certo. Come dimenticarla?» Lei alza un sopracciglio, come a dirmi: non sono in vena di scherzi. «Scusa. Dai, ti ascolto»
«Bene, diciamo che è un po’ stufo… dice che sono assente, che non mi interesso più a lui, che non… EHM…» Abbasso la testa per farle capire che ho inteso. «Ecco, insomma oggi ne aveva voglia e ci ha provato tutto il tempo, nonostante gli dicessi di no. Alla fine i toni si sono… piuttosto… accesi.»
«Ho sentito un crash prima di uscire… o sbaglio?»
«Ero io, gli ho tirato un piatto…»
«Cosa?» Domando incredulo.
«Cioè l’ho tirato al muro, non a lui!»
«Uomini, è l’unico modo di trattare con loro!» Aggiunge Madama Rosmerta nel frattempo, portandoci la torta e le burrobirre.
«Ehi, io sono buono!» Esclamo fintamente indignato.
«No no, siete tutti uguali!» Dice lei facendo l’occhiolino ad Hermione.
«Donne!» Esclamo io alzando gli occhi al cielo, Hermione mi da uno schiaffo sul braccio.
«Eh insomma, questo è quanto. Tu?» Mi chiede, tagliando il primo pezzo di torta.
«Io e Ginny? Beh, la situazione è più o meno la stessa, solo che il cattivo sono io»
«Ma dai…»
«No, dico sul serio, lei non ha torto. Sono proprio uno stronzo.» Lo dico fissando il piatto e, senza rifletterci, comincio a tagliare spasmodicamente la torta in tantissimi tocchetti.
«Harry…» La sua voce è così dolce che riesce a calmarmi.
«Cioè, lei ha ragione, la tratto male. Non sono più presente, non la degno di uno sguardo. Non riesco a fare niente. E dico proprio NIENTE» Lei mi annuisce, come avevo fatto prima io con lei, per farmi capire che ha intuito. «Sono un pessimo uomo»
«No Harry, non è vero.» Cerca di consolarmi Hermione, mettendomi una mano sul braccio.
«Sì, invece, sono terribile, spero almeno di essere un buon padre…»
«Lo sei Harry. Sei un bravissimo uomo, un grande padre e sono sicuro anche un ottimo marito» Mi porta una mano sul viso, costringendomi a guardarla, sorridendomi.
Io non so che dirle, le prendo la mano e le sussurro «Grazie».

Finiamo le nostre torte in silenzio, ma ho continuato a tenerle la mano per metà del tempo. Mi rassicura averla accanto e ho sempre sperato di essere per lei almeno metà di quello che lei è per me in momenti come questo.
Continuiamo a passeggiare per Hogsmeade, e ci dirigiamo verso un piccolo parco, aperto qualche anno prima, molto accogliente e intimo. Ci sediamo in una misera staccionata di legno, in un angolo piuttosto riparato, ancora in perenne silenzio.
Mi viene da pensare che se lei ha saputo consolarmi, forse dovrei provare anche io a fare qualcosa per lei.
«Sai, Ron è proprio un idiota» Inizio.
«Che novità» Sbuffa lei, sorridendo.
«No sul serio, dovresti andare da lui e dirgli: dovresti portarmi più rispetto, altrimenti arriva Harry e te le suona di santa ragione!»
Scoppia a ridere, e almeno di questo sono contento, perché dal mio terribile tentativo di confortarla è venuto fuori qualcosa di utile.
«Ah sì?»
«Proprio così!» Annuisco vigorosamente «Non che tu non sia in grado di difenderti da sola, eh! Intesi…» Aggiungo subito sulla difensiva e lei continua a ridere.
«Grazie Harry»
«Figurati, picchio chiunque quando vuoi! Tranne Neville… no, lui mi massacrerebbe proprio…» E ancora ride e ride. A volte penso che sia la cosa che mi riesce meglio, farla sorridere quando è così giù di morale.
Le risate si affievoliscono e lei continua: «Però il problema resta»
«Già» Faccio io.
«E dunque… cosa facciamo?»
«Non lo so, proposte?» Le rispondo con una domanda. Lei mi guarda e riflette.
«Seeenti…» Sbiascica, tirandola per le lunghe «Ma se io ti dicessi che ho parlato del problema con Ginny tu cosa mi…»
«Cosa? Ginny ha parlato del nostro probl…» Salto in aria preso in contropiede.
«No no, IO ho parlato con Ginny del MIO problema, non del vostro…» Puntualizza.
«Oh, ma quindi lei sa che io so di te e Ron?» Domando terrorizzato.
«No no no! Lei sa solo che fra me e Ron c’è questo problema, tutto qui.»
«Ah, ok. Quindi non ti ha accennato niente di…» Continuo, imperterrito.
«No, anzi. Dice sempre che fra voi due è acqua di rose…» Confessa, e io ne sono sorpreso.
«Ah. Beh, dovrei essere contento, no?» Ma allora perché sono indifferente?
«Non so…»
«Eh, insomma, questo cosa c’entra?» Chiedo confuso.
«Beh lei, come sai, da’ molti consigli a riguardo, e alla fine qualcuno non è nemmeno niente male, quindi…»
«Oddio, ti prego, non dirmi cosa ti ha suggerito Ginny di fare con Ron…» Faccio finta di mettermi le mani sulle orecchie.
«Che diavolo Harry, stammi a sentire!» Urla, scherzando. Io me la rido. Un paio di bambini ci guardano strano. «Ora piantala di interrompermi!» Mi indica col dito, minacciosa.
«Ok ok»
«Allora, Ginny mi ha detto che il mio problema è una questione di attrazione fisica, secondo lei dopo anni di convivenza può succedere di avere… come dire, altri stimoli…» La fisso perplesso, pensando che mia moglie va in giro a dire cose simili alla gente. «Così mi ha detto in poche parole di fare una… esperienza con qualcuno da cui non sono attratta per ritrovare il “piacere”…» Mima le virgolette «…di stare con Ron»
«No, ALT. Mia moglie ti ha detto questo?»
«Ehm, sì»
«Mia moglie dice ad altre mogli di andare in giro a farsela con altri uomini perché è salutare?» Sbotto preso alla sprovvista.
«No Harry, fermo, aspetta. Ginny mi suggeriva solo di “baciare” qualcuno…»
«Ah, e la cosa è meno grave… peeerché?» Cantileno.
«Secondo lei baciare non è vero e proprio tradimento, soprattutto se lo fai con qualcuno che non ti piace per ravvivare un po’ le cose…» Continuo a fissarla incerto, con una faccia a metà fra lo: “stai scherzando?” e il: “CHE?”.
«Mmh, ammettiamo che sia una cazzata.» E quando lo dico noto dalla sua espressione che anche lei lo pensa «Sapere che mia moglie potrebbe andare in giro a sbaciucchiarsi qualcuno per essere attratta da me non è proprio rassicurante, però… visto come la sto trattando per ora, non me la sento di incolparla…»
«Harry, posso assicurarti che Ginny è profondamente attratta da te…»
«Mh. Ok qual è il punto?» Taglio corto ancora scettico, e del tutto indifferente alle attenzioni di Ginny verso di me.
«Cosa?»
«Il punto della questione, dove volevi arrivare?»
«Ah sì, come hai detto tu la cosa potrebbe essere una cavolata, però se ci pensi ha una sua logica…»
«E quale sarebbe?»
«Beh, se baci qualcuno da cui non sei attratto probabilmente ti ricorderai, per contrario, come era bello baciare colui o colei che ami e potresti avere di nuovo voglia di tornare da lui o lei…» Lo dice, ma non è proprio convinta.
«Mh. È una cazzata…» Ancora fa quella faccia come a dire: lo so «Però…»
«Però?»
«Se funzionasse, sarebbe un rimedio, o almeno un passo avanti»
«Esatto»
«Mah, direi che visto come stanno le cose non mi resta che trovare Mirtilla Malcontenta e chiedergli: scusa mi daresti un bacio così torno a casa a scopare come un pazzo?»
«Ehm, a parte la tua delicatezza, è proprio questa la parte che più mi tormenta.»
«Cioè?»
«Non so se riuscirei ad andare da uno estraneo, o anche solo da Neville, giusto per esempio, a chiedergli una cosa simile…» Mi spiega, terrorizzata alla sola idea.
«Stai cercando di dirmi qualcosa, Hermione?» Accenno, non pensando minimamente che la sua risposta possa essere davvero un:
«Beh, sì…» Confessa, e quando mi volto, fissandola attonito, la vedo portarsi indietro una ciocca di capelli, che è proprio la conferma più assoluta che fa sul serio.
«In altre parole, Hermione… vuoi che ci baciamo?»
«Non è che voglio! È sicuramente meno imbarazzante farlo tra di noi che con qualcun altro… non credi?»
«Non posso credere che a trentasette anni io mi riduca a cose simili…»
«Harry, ti prego. È solo un bacetto, se funziona siamo liberi»
«Ron mi ammazza…»
«Ma non lo saprà mai! Cavolo, se funziona avremo fatto un favore sia a lui che a Ginny, non credi?»
«Prenderò la tua insistenza come a dire: Harry, non sono minimamente attratta da te, ma grazie mille del favore!» A questa mia affermazione, inarca le sopracciglia, probabilmente chiedendosi se sia un completo idiota o no. Ma attende ancora la mia risposta. «Accidenti Hermione… perché mi metti sempre in situazioni assurde?» Domando, passandomi una mano sulla nuca. Un minuto buono per rifletterci su, e alla fine è come se facessi testa o croce nella mia mente. La butto lì «Ok, va bene.»
«Ah, grazie Harry…» Mi ringrazia rincuorata.
«Sì sì, ma mi devi un grande favore»
«Com’è che dicevi tu? Ah sì: Prenderò il tuo riserbo come a dire: Hermione, non sono minimamente attratto da te, perciò mi devi mille galeoni per lo sforzo!» Scherza scimmiottandomi.
«Ah, silenzio! Facciamo in fretta…» Esclamo, voltandomi verso di lei, e sento le mie mani farsi sudate e fredde. Ho la gola secca, mi mordo le labbra più volte, nervoso, sperando che il mio imbarazzo non glielo renda così terribile da non voler mai più baciare nessuno in vita sua. Così, giusto per non avere l’effetto contrario a quanto sperato.
Ci guardiamo imbarazzati per qualche istante, e capisco che se uno di noi non prende l’iniziativa resteremmo a fissarci per ore senza concludere nulla.
Ok, allora.  
Uno… mi avvicino e chiudo gli occhi.
Due… sento il suo profumo.


Tre.

Caldo, tanto caldo. Sto bruciando.
Il cuore mi schizza fuori dal petto, ma esternamente cerco di rimanere impassibile.
È solo un piccolo innocuo bacio a stampo.
Ma le sue labbra sono morbide e calde, e la cosa che mi fa andare fuori di testa è respirare così intensamente e così da vicino il suo profumo.
Adesso basta, dico a me stesso. Adesso mi allontano. Non devo fare nient’altro.
Oh cazzo. Siamo due idioti. Perché cazzo abbiamo schiuso le labbra insieme? Cazzo. Cazzo. Cazzo.
Fanculo. L’ultima cosa che volevo era sentire il sapore della torta di zucca sulle sue labbra. E il culmine è sentire la punta della sua lingua sulla mia…
CAZZO.
Mi allontano bruscamente. Tentando di dissimularlo come una cosa normale, ma credo che il mio volto, che dagli spasmi che mi manda sembra essere sconvolto, mi tradisca.
Lei è più impassibile di me, ma i suoi occhi la tradiscono, ha uno sguardo un po’ perso e il respiro accelerato.
Io mi sento male. Ho le mani gelate e sudate, il petto un colabrodo.
Non è stata una buona idea. Non è stata affatto una buona idea.
Non so da dove mi esca la voce, ma viene fuori dicendo una cosa assolutamente senza senso.
«H-Ha funzionato?»
Lei mi fissa come vedendomi per la prima volta e annuisce. «Oh sì. Sì. Ha funzionato benissimo. Io credo che… che il problema sia risolto… tu?»
«Assolutamente» No!
«Visto, Ginny aveva ragione, è stata… una buona idea…» Ma neanche se… «Io vado a casa ora. Devo far pace con Ron, tu vieni?»
«No, io… credo di aver dimenticato una cosa al pub.»
«O-ok.  Allora, grazie Harry…» Ha una voce piuttosto acuta «Alla prossima. Cioè...!» Si corregge terrorizzata che io abbia potuto fraintendere, ma io le faccio cenno di aver capito, e lei annuendo si smaterializza poco dopo.
Mi tremano le gambe.
Al pub mi siedo al bancone, e chiamo Rosmerta.
«Ti vedo sconvolto, che t’è successo?»
«No domande. Bere. Rum. Tanto Rum.»
«Ok, il primo giro lo offre la casa.» Mi sorride, gettandomi il bicchierino davanti, e ho l’impressione che sappia tutto.
Alla goccia.

 



Ahh, ritorno alle origini con la cara vecchia torta di zucca :D
Mai, mai, mai affidarsi a teorie campate per aria XD ... o sì?
Io stessa, quando ho scritto questa scena, non ho ancora capito se Hermione non se ne è resa conto della cavolata che ha fatto o se l'ha fatto apposta... XD marpiona. Vedetela come preferite, è divertente in fondo XD
Cavolate a parte, a giovedì :D

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Capitolo 4
*** Se tuo figlio ne capisce più di te ***


Bentornati :D non ho altro da dire XD
Buona lettura ;)



CAPITOLO IV
Se tuo figlio ne capisce più di te

Non so se tornare a casa, sono ore che giro intorno al San Mungo, rimuginando su quello che ha detto Luna. Nei suoi occhi vedevo una strana luce, qualcosa che mi ha fatto credere che lei avesse una soluzione a tutto questo. Ma è impossibile. Non c’è una soluzione a questo scempio.
Sono solo un fottuto sognatore, che nonostante l’età non ha ancora imparato a discernere la realtà dall’improbabile. Ginny me lo dice sempre “Harry stai con i piedi per terra per una buona volta!”, e lei c’è riuscita, è riuscita a far crescere Lily e James come dei sognatori moderati, dannatamente pratici. Ma Albus, no Al no. Lui è come me.
Ma certo… Albus!
Faccio una brusca inversione che mi costa uno strano scricchiolio ai fianchi. E per quanto mi sia possibile tento di fare uno slalom improvvisato fra i passanti, cosa che dovrò smettere qualche minuto dopo per mancanza di fiato.
Così mi ricordo che esiste la smaterializzazione, e mi sento un cretino.
Mi ritrovo davanti la porta rossa aperta di quel piccolo palazzo in pieno centro. Vedo mobili levitare tenuti in aria dalle bacchette degli addetti ai lavori, e tante scatole sparse per le scale e i pianerottoli.
Salgo al secondo piano e come pensavo trovo la porta di casa aperta, e una donna dalla pelle candida e i capelli lunghissimi di platino dare indicazioni dettagliate al capo operario. Quando mi vede, mi fa un grandissimo sorriso - non solo con la bocca ma anche con quegli amabili occhi azzurri - che ricambio volentieri, abbracciandola.
«Oh Harry! Quanto tempo! Come stai?» Mi chiede Evangeline, raggiante e bella come il sole.
«Molto bene, grazie. Voi due? » Dico, indicando anche la grande pancia ormai molto evidente.
«Noi stiamo benissimo, vieni dentro…» La seguo, scavalcando qualche pacco «Scusa il disordine, ma ci sono così tante cose da preparare…»
«Non c’è problema, Albus?»
«Oh lui è uscito un attimo a fare una commissione per me, sai, ogni tanto mi prendono…»
«Le voglie lo so. Quando Ginny era incinta di Al, aveva le voglie più strane. Una volta sono finito a Glasgow, a comprarle un unguento strano, introvabile, che ci avevano regalato mesi prima Ron e Hermione come ricordo di un loro viaggio. Le piaceva così tanto l’odore che alla fine ho dovuto cedere»
Evangeline mi sorride, sedendosi accanto a me al tavolo della cucina. «No, io non ho voglie così strane, gli ho chiesto solo di prendere delle mele, allora lui mi ha detto: “e che ci vuole?” così ha tirato fuori la bacchetta pronto a trasfigurare con un Malum un pezzo di cartone ma io: “no, devono essere mele comprate al mercato di Hogsmeade”. Non so nemmeno perché…»
«Non c’è un perché credo…» Commento sorridendo. «Una volta ero con Hermione, le avevo portato delle pratiche in casa perché era alla fine dell’ottavo mese, quando aspettava Rose. In quella settimana Ron era in Bulgaria per una faccenda strana, non ricordo cosa, casi di sparizione credo, e prima che me ne andassi lei si volta verso di me con una faccia sconvolta, all’inizio mi sono davvero spaventato, pensavo stesse per dirmi di avere le contrazioni o partorire lì per lì! Ma poi mi dice: “Harry, ciliegie. Ora.” Io l’ho fissata sconvolto, era novembre! Dove diavolo andavo a trovarle delle ciliegie a novembre?» Evangeline scoppia a ridere, e io insieme a lei, ripensando a quel’aneddoto assurdo.
«Che poi stando a quanto dicono, le voglie delle streghe incinta sono terribili, peggio di quelle babbane» Aggiungo.
«Al ne sa qualcosa… e quindi come hai fatto?» Mi domanda curiosa, incitandomi a continuare.
«Ah guarda, non me lo scorderò mai. Che tra l’altro è successo una settimana dopo che ero tornato da Glasgow per Ginny!»
Evangeline annuisce, sorridendo «…e allora? Dai sono curiosa!»
«Eh, beh. Cosa puoi fare quando una strega ti guarda in quel modo come se volesse saltarti addosso e trasformarti in una ciliegia? La accontenti!» Evangeline scoppia a ridere, quasi con le lacrime agli occhi e io la seguo, sentendo un grande calore al petto nel ricordare questi momenti «Insomma, avevo sentito di un certo tizio a Londra (per fortuna mia) che coltivava specie di piante a richiesta anzitempo, una serra magica insomma. Così sono andato, ovviamente prima ho passato ore al Ministero per trovare informazioni su di lui, mi è costato una cifra ed era anche illegale… ma queste cose non le ho mai dette ad Hermione… e così verso le sette di sera sono riuscito a tornare da lei con un bel cesto di ciliegie di ottima qualità in mano. Era raggiante.»
«Oh Harry, sei il mio eroe!» Commenta lei commossa. «Oh scusa, che maleducata, vuoi qualcosa da bere?» Mi domanda facendo per alzarsi, io la trattengo.
«No no, sto bene. Grazie» Proprio in quel momento dal corridoio sentiamo un fischio.
«Amore, sei ancora qui?»
«E dove dovrei essere? Vieni, sono in cucina!» Urla Evangeline, facendomi l’occhiolino.
«Ho trovato quelle che cercavi, sono stato molto fort… papà?» Esclama Al, entrando nella camera.
«Ciao, si parlava proprio di voglie…» Lo saluto.
«Oh beh, tutto per Evangeline…» Dice, avvicinandosi alla moglie e dandole un bacio sulle labbra.
«Ti amo! Quante ne hai prese?» Gli chiede lei, entusasta, tendendo le mani verso il cesto.
«Due chili, così siamo a posto per un bel po’… allora papà? Come va?» Si siede vicino a noi, posando il cesto sul tavolo e togliendosi la giacca, appendendola allo schienale della sedia.
«Sto bene, volevo sapere se avevi un po’ di tempo per parlare…» Dico, cercando di rimanere impassibile, ma lui capisce immediatamente.
«Oh, certo. Vieni andiamo nel mio studio.» Da’ un altro bacio a Evangeline che nel frattempo stava incantando le mele per lavarle e tagliarle, e mi guida in quel labirinto di casse e pacchi. «C’è un po’ di casino, ma qui avremo abbastanza privacy…» Dice abbassando la voce.
Apre la porta dello studio in fondo al corridoio, e mentre me la chiudo alle spalle lui si dirige verso la finestra spalancando le tende che oscuravano la stanza. Oltrepassa la scrivania poggiandovisi, fintanto che io mi seggo in una delle poltroncine.
«Dimmi tutto…» Mi invita a parlare, rivolgendomi la sua più completa attenzione.
Io prendo un lungo respiro, e dico «Oggi sono stato dalla zia…» Abbasso lo sguardo per cercare di nascondere gli occhi rossi e gonfi che stavano per spuntarmi. Lo vedo sospirare.
«Oh papà…» Dice allentando la sua posa prima un po’ rigida. «Come stai?»
«Sto malissimo. Credo di stare per impazzire» Non riesco a trattenere la voce rotta. Lo sento sospirare ancora.
 «Mi dispiace. Hai visto lo zio Ron?»
«No» Rispondo negando con la testa. «Ho incontrato Luna»
«Luna? La zia Luna?» Mi domanda sorpreso, annuisco. «Ma erano anni che non tornava a Londra, è venuta apposta?»
«Credo di sì. Comunque l’ho accompagnata dentro, solo che… sono rimasto un po’ sconvolto da quello che mi ha detto prima di andare via…»
«Perché? Cosa ti ha detto?»
«Mi ha… come fatto intuire, non so nemmeno se ho capito bene, di avere una soluzione…»
«Cosa?» Domanda esterrefatto, chinandosi davanti a me e cercando il mio sguardo. «Papà, dici sul serio? Ma è una cosa fantastica, dobbiamo dirlo a tutti!»
«No! Lei mi ha detto che prima sarebbe dovuta passare da Ron e… non ho capito bene nemmeno questo, ha detto: “per essere sicura”, non so di cosa…»
«Ma… ti ha detto solo questo?» Domanda Al incuriosito e confuso. Scuoto il capo.
«Prima mi ha abbracciato dicendo: “Harry il tuo… amore è così grande”, non so nemmeno perché» A questa frase Albus si raddrizza, scrutandomi, come se avesse compreso più di quanto non abbia fatto io.
«E poi ti ha detto il resto?» Mi chiede per conferma, io annuisco. «Capisco…»
«Davvero?» Domando sorpreso. Mentre lui si alza per fare qualche passo avanti e indietro, riflettendo, con le mani dietro la schiena.
«Beh, tenendo conto che si tratta sempre della zia Luna, e che ho avuto sempre la sensazione che molto spesso nemmeno zio Rolf, pace all’anima sua, capisse bene cosa volesse dire… sosterrei che è ovviamente strano. Visto che si tratta di lei. Ma non credo sia capace di dire cose “totalmente” prive senso in una situazione delicata come questa…»
«Era piuttosto seria…»
«Mh. Ma seria come quando parla dei Nargilli…? O seria seria?» Chiede ironicamente.
«Davvero seria.» Puntualizzo, tranquillizzandolo.
«Ok. Beh, ha parlato di te, di amore e poi dello zio Ron. C’è un solo collegamento che potrei fare a riguardo…» Afferma, lasciando una piccola pausa a interporsi fra le due frasi, mentre si volta verso di me, intercettando profondamente il mio sguardo. Io spalanco gli occhi.
«Oh no. Non credo proprio che intendesse quello.»
«Papà…»
«No. Ci sono tanti modi per definire “amore”» Asserisco.
«Certo. C’è – forse - una possibilità per far svegliare la zia, e ne parla prima con te, che con suo marito?»
«Ma io ero lì, ci siamo incontrati per caso, non era proprio programmato!» Esclamo, ma Al non è per niente convinto.
«Anche se fosse, non era obbligata a dirti nulla senza prima aver parlato con lo zio Ron…»
«No aspetta, tu stai correndo troppo! Sei già pronto a dare per buona la tua idea sull’”amore”, magari lei intendeva affetto, magari aveva davvero una mezza idea ma non ne era sicura…»
«Ma davvero non ti ha detto nient’altro?» Mi interrompe pacato Albus. Io mi fermo riflettendoci su.
«Beh, ecco… c’è una cosa che mi ha detto… mi ha fatto promettere di rimanere calmo qualunque cosa fosse successa.»
«Uh, questo è strano… Tu, zio Ron, promessa e possibili brutte conseguenze…»
«Mi scoppia la testa…»
«Insomma, vuoi una mia teoria o sei venuto qui solo per ciarlare?» Mi ammonisce, e io lo guardo storto puntellato su un gomito. 
«Porta rispetto a tuo padre…» Lo rimprovero, con poca foga. Ma lui non mi ascolta nemmeno, con un dito sul mento ancora a girovagare per la stanza, riflettendo.
«Beh, la mia teoria è questa: ha in mente qualcosa, ovviamente qualche magia particolare…»
«Ma non ci sono magie in grado di fare cose simili…»
«Ricorda che la zia ha viaggiato per tutto il mondo, ed esistono tantissime magie che in Gran Bretagna non conosciamo…» Mi interrompe, scocciato.
«Va bene, continua…» Lo lascio finire, tenendomi il viso coperto da un palmo.
«Dunque, lei conosce questa magia, ma è una di quelle magie che possono essere portate avanti solo dal sentimento, in questo caso un grande sentimento… come quella che la nonna aveva fatto su di te, hai presente? L’amore…»
«Ma io che c’…»
«Papà…»
«Sto zitto.»
«Allora, la zia vuole parlare sia con te che con lo zio Ron, per vedere chi dei due è più adatto a questo scopo…» Continua sorridendo, contento della sua deduzione, faccio per interromperlo di nuovo ma alza leggermente la voce per sovrastarmi «Oppure…» Dice «…questa magia può essere fatta fra due persone (zia Hermione compresa) e lei è costretta a scegliere qualcuno, il più degno, solo per questo…» Detto questo si rivolge alla finestra, accarezzandosi il mento con l’indice e il pollice, riflettendo, perso nei suoi ragionamenti.
Aspetto qualche secondo per accertarmi che abbia davvero finito, poi dico:
«È un ragionamento che non fa una piega, Al. Ma ha un piccolo difetto...»
«E quale sarebbe?» Domanda, senza fissarmi, ancora perso oltre la finestra.
«Che Luna non ha assolutamente da scegliere, è ovvio che è Ron la persona adatta…»
«Non è vero. La zia Luna deve scegliere chi ama la zia Hermione. Ed evidentemente deve fare molta attenzione a…»
«Appunto! Ron ama Hermione! Io che c’entro?» A questa mia esclamazione, Albus finalmente si volta, lanciandomi prima uno sguardo esasperato e poi un altro come se volesse darmele di santa ragione.
«Papà…» Mi chiama, trattenendo il fiato, cercando di farmi intendere che per lui ho detto una gran cavolata.
«No, niente “papà”, non è…»
«Dannazione papà!» Sbotta improvvisamente, nervoso. «Dopo cinquant’anni ancora insisti con questa cosa? Se vuoi mentire alla mamma, a James, a Lily allo zio Ron e anche a te per me va bene. Ma ti prego non venire a raccontare cazzate a ME.»
«Ma cosa…»
«Accidenti papà, l’ho capito da una vita, da quando avevo tredici anni!»
«Albus…»
«Albus un corno!» Abbassa la voce, rendendosi conto di poter essere sentito da Evangeline nell’altra stanza. «Tu sei sempre stato innamorato della zia, e la zia ti ha sempre ricambiato!»
Dice d’un fiato, indicandomi, non ammettendo repliche. Si porta i capelli indietro, che gli erano caduti davanti gli occhi durante lo sfogo.
«Albus io…»
«L’ho sempre saputo. L’ho capito da solo. Lily e James una volta mi hanno accennato qualcosa, ma io gli ho detto che si sbagliavano, che vi volevate solo un gran bene… sono sicuro che ci pensano ancora, ma evitano il discorso, soprattutto per il bene della mamma. Ma io non ho mai potuto sopportare di vederti soffrire così tanto, e ti giuro, avrei tanto preferito che lasciassi la mamma, invece di farla soffrire così per anni, e di farti del male in questo modo. Avrei preferito che mio padre tirasse un po’ fuori le palle!» Urla alla fine. Esausto. Si volta, dandomi le spalle, e portandosi una mano al viso. «Avrei preferito vedervi felici e separati, piuttosto che infelici. Stare con qualcuno che non si ama deve essere terribile…»
Stringo le mani ai braccioli della poltrona. Attonito e senza parole davanti a tutto questo.
«Non è così facile Albus.»
«Lo so. So che è dannatamente difficile, ma la vita è un rischio papà…» Si volta di nuovo verso di me, con gli occhi pieni di orgoglio «…adesso io, James e Lily stiamo bene, abbiamo le nostre famiglie. La mamma si è arresa, lo ha fatto anni fa. Lily mi ha detto che una volta le ha confessato di aver preparato le valigie quando tu non eri in casa, voleva scappare. Rifarsi una vita…»
«Lo so. Ne ho trovata una nascosta dentro lo sgabuzzino… non le ho mai detto niente.»
«Ma non l’ha fatto, perché ha pensato a noi. E sono sicuro che è lo stesso motivo per cui nemmeno tu l’hai mai fatto…» Abbasso lo sguardo «E noi vi siamo grati per questo. Ma adesso basta…» Dice quest’ultima frase spossato e stanco. Senza fiato. «E ora di non pensare più a noi.» Viene davanti alla scrivania, e vi si siede sopra. Scrutandomi.
«Quindi dovrei andarmene?» Bisbiglio, alzando lo sguardo su di lui, che nel frattempo si tormenta le mani.
«Non sto dicendo questo, o meglio… non lo so. Ma vista l’opportunità credo dovresti ascoltare bene quello che la zia Luna potrebbe proporti, se sceglierà te.»
«Se sceglierà me» Sottolineo. Albus annuisce silenzioso.
Io abbasso lo sguardo sui miei piedi. Lui sulle sue mani, facendo calare un profondo silenzio.
Siamo proprio uguali.
«Ti ricordi quel giorno, al binario, il mio primo giorno di scuola?» Aggiunge a bassa voce, continuando a stuzzicarsi le mani l’una con l’altra.
«Come scordarlo» Sorrido.
«Ti ricordi della mia terribile paura di finire a Serpeverde?»
«Certo, eri terrorizzato» Ci guardiamo negli occhi sorridendo entrambi.
«Beh, tu mi dicesti che mi avresti voluto bene sempre, qualunque cosa fosse successa. Anche se avessi indossato verde e argento per sette anni della mia vita…»
«Oh sì, non proprio così ma…» Ridacchio.
«Papà. Ti sto dicendo che qualunque cosa sceglierai di fare, io ti vorrò bene per sempre. Sarai sempre mio padre.»
Sento gli occhi lucidi e un piccolo groppo in gola. «Anche io, Albus. Per sempre.»

«Signori, ora che le danze sono aperte da un bel po’ e che tutti siamo piuttosto brilli ed esausti…» Annuncia Albus, prendendosi un bell’applauso dalla folla. «Io e la mia splendida novella sposa...» Dice, stringendo la mano di Evangeline, radiosa e scintillante nel suo vestito «Avevamo pensato ad uno scambio di coppia per il prossimo giro di balli, così che tutti quelli che avranno il piacere di ballare con lei, potranno invidiarmi per il resto della loro vita!» Aggiunge, facendo scoppiare la sala in un tumulto di fischi e risate. «Ma attenzione, saremo sempre io ed Evangeline a scegliere le coppie scambiste, quindi signori, tutti in pista! Nessuno escluso, via con la musica!» Il gruppo da inizio ad un bel jazz movimentato, mentre Ginny mi prende per un braccio trascinandomi in pista.
Vedo Al e Evangeline correre in mezzo la folla dando ordini, spaccando in due coppie per poi ricomporle a loro piacimento.
«Mio figlio è pazzo…» Commento.
«È innamorato…» Mi corregge Ginny ridendo felice, mentre la faccio volteggiare. Sento Ron alle mie spalle dirmi:
«Tuo figlio è pazzo!»
Io annuisco vigorosamente, mentre sento Hermione, in coro con Ginny, ripetere:
«No, è innamorato!» Giusto in tempo per vedere passare i due sposi fra di noi, costringendoci a scambiarci.
«E non barare zio! Si balla anche con i propri fratelli!» Urla Albus, tentando di sovrastare la musica, rivolto a un Ron un po’ lamentoso quando si ritrova fra le braccia Ginny, che di rimando gli molla un piccolo calcio negli stinchi. «Che c’è?» Fa lui in difesa «Sei mia sorella! Permetti che avrei tanto preferito Angelina a te?» Ma riesce solo a beccarsi un altro calcio negli stinchi.
«Non tutti sono fortunati come me, fratellino!» Urla George volteggiando vigorosamente per tutta la sala, con Fleur fra le braccia.
«George giuro che ti ammazzo, tieni giù le mani!» Urla Bill dall’altro capo, con Angelina altrettanto preoccupata per le sorti di suo marito, invitando poi Bill a scatenarsi come il fratello, per ripicca.
«Questa è una gabbia di matti» Affermo sorridendo, schivando Bill e Angelina, che insieme a George e Fleur si sono ormai impadroniti della pista.
Hermione mi sorride, d’accordo con me.
«Mi raccomando gente! Tre balli sono d’obbligo!» Urla Evangeline, sul palco, invitando la banda continuare. Per poi scendere e prelevare (letteralmente) James costringendolo a ballare con lei.
Pieni di euforia, Hermione ed io cominciamo a darci al ballo scatenato. Tanto da meritarci i fischi e i complimenti di George e Bill.
«Mo che gronde balerino, arrì!» Dice Fleur, io scoppio a ridere, sapendo di essere terribile nel ballo. Ma mi impegno e faccio volteggiare Hermione, che ride divertita e totalmente presa dalla festa. Quando Albus da un segno alla band, il sassofonista urla: «Attenzione signori! Un casquet alle vostre signore fra tre, due, uno…!»
È una scena esilarante, vedere l’intera sala crollare verso il pavimento. Col fiatone mi trovo a pochi centimetri dal viso di Hermione, che non si aspettava certo nulla di così immediato… credo non se lo aspettasse nessuna delle donne in sala, e infatti si sono sentite diverse piccole urla tutt’attorno, compresa lei.
Entrambi con le guance accaldate e il fiato corto, ci fissiamo, ancora sorridendo. Ma è in quel momento che sento di nuovo il suo profumo così vicino a me e il suo respiro sul mio viso, sfiorarmi le labbra. Così deglutisco e anche lei ha un attimo di titubanza.
La riporto in piedi e immediatamente ci separiamo l’uno dall’altra, imbarazzati. Lei mi sorride, ancora prendendo fiato e tentando di portare qualche ciuffo ribelle di nuovo al suo posto.
«Signori, siamo a meno un ballo! Ricordate, perlomeno tre! Siate gentili con le vostre dame e per nulla gelosi, stiamo festeggiando questi due meravigliosi ragazzi!» Urla il sassofonista, riprendendo immediatamente a suonare, annunciando un lento per permettere alla folla di riprendere fiato. Vedo Bill e George smettere di rincorrersi e rallentare il passo, mentre Evangeline mi passa davanti trascinando James in qualche punto favorevole al centro della pista. Così anche Albus, tirando Molly, che esausta gli chiede un attimo di tregua.
«Forza nonna! Si vive una volta sola!»
«Lo so tesoro, ma vorrei esserci ancora stanotte…» Scherza Molly, lasciandosi trasportare dal nipote.
Hermione ed io siamo più impacciati, ci mettiamo un po’ prima di ricordare come posizionarci. E mentre le prendo la mano e metto l’altra al suo fianco sento una piccola scossa elettrica allo stomaco.
Quando in sala aveva tolto il cappotto, mostrando questo meraviglioso abito verde caderle perfettamente addosso, le avevo detto: «Sei bellissima». Ma adesso guardandola più da vicino, e forse anche con un po’ di adrenalina in corpo, che mi toglie sempre tutte le inibizioni, non riesco a non pensare a quanto sia… meravigliosa. Mi soffermo a guardarle le spalle lasciate scoperte, il collo, i capelli caderle sul viso. Ed è proprio qui che non pensando lascio il suo fianco, per scostarle una ciocca fin dietro l’orecchio, sfiorandole la fronte e la guancia. Sorpresa e titubante, mi guarda, non sapendo bene cosa fare. La mia mano torna sul suo fianco e ci muoviamo così lentamente che ho come l’impressione di essere immobile. Come se si muovesse solo il mondo intorno a noi.
Percepisco la sua mano stringersi leggermente sulla mia, finché non sento la voce di Ron dietro di me, lamentarsi perché Ginny gli ha pestato un piede. Hermione abbassa di nuovo lo sguardo, e io posso vedere alle sue spalle Albus, fissarmi intensamente. Così, quando Ginny risponde per le rime al fratello, posso anche io abbassare lo sguardo, altrove.
Il sassofonista annuncia un altro ballo, ma quando ci allontaniamo alla fine del secondo, Hermione continua a fissare il pavimento, dicendomi: «Scusa Harry, devo aver bevuto troppo, preferirei sedermi. Torno al mio tavolo…» Mi fa un mezzo sorriso, e io ricambio con un:
«Certo.»
In condizioni normali le avrei chiesto se avesse bisogno di aiuto, ma adesso capisco che forse è meglio stare per un po’ l’uno lontano dall’altra.
Albus mi fissa ancora.
Vado fuori a prendere un po’ d’aria.



Non posso spiegare quanto mi sono affezionata ad Albus solo scrivendo questa FF, è incredibile :°
a lunedì :)

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Capitolo 5
*** Allo Sgherro Servizievole ***


Scusate il ritardo, o passato la giornata a pulire casa e sono distrutta. Ho perso completamente il senso del tempo XD
Ecco a voi, buona lettura :)



CAPITOLO V
Allo Sgherro Servizievole

Stavo tornando a casa, era già passato il tramonto, quando un rumore ha attirato la mia attenzione, è stato difficile capire da dove venisse finché, con mio sommo spavento, un piccolo gufo non è venuto giù da un albero, cadendomi in testa. Ha cominciato ad agitarsi e ha piantarmi le unghiette ovunque, mi ha anche graffiato il viso un paio di volte, sbattendo le ali dappertutto, e bubolando terribilmente. Non so come, probabilmente forza della disperazione, sono riuscito a afferrarlo, con un’insana voglia di strozzarlo. Finché non ho visto il piccolo rotolo di pergamena legato alla sua zampa. Era Luna.

Vediamoci davanti all’entrata di Notturn Alley, alle undici in punto.

Così eccomi qui, a congelare davanti uno dei quartieri (se non l’unico) più malfamati di tutta Diagon Alley, in attesa di Luna, sempre in ritardo.
Mentre saltello da un piede all’altro, sento dei passi provenire dal viottolo dietro di me. Mi volto di scatto, in allerta, appena in tempo per trovarmi questo cappuccio nero davanti. Vado per saltare indietro ma una massa di capelli biondi, quasi bianchi spunta da sotto il mantello, e una faccia sorridente prende il posto del nero lugubre che la copriva.
«Ciao Harry, grazie per essere venuto»
«Luna, volevi farmi prendere un colpo?» Domando, gettando fuori l’aria trattenuta.
«Scusa, ma qui dentro bisogna adattarsi se non vuoi passare dei guai. Tieni…» Mi porge una mantella nera. «Indossa questo, ci sono certuni qui dentro a cui non stai molto simpatico…» Solo Luna potrebbe dire una cosa simile e sorridere al contempo.
Indosso il mantello, è molto pesante e sento un piacevole sollievo contro il freddo della notte. Luna continua a sorridermi, e inoltrandosi nel vicolo si porta un dito alla bocca chiedendomi di fare silenzio.
Attraversiamo questo stretto passaggio, facendoci spazio fra uomini con la faccia poco raccomandabile e un paio di tipi che conoscono abbastanza bene da sapere che è meglio evitarli. Ho mandato metà dei familiari e colleghi di questi qui al fresco, da Auror, non credo apprezzerebbero molto il mio ritorno in queste stradine.
Seguo Luna, che con mia sorpresa sembra muoversi molto bene in questo piccolo labirinto. Non guarda in viso nessuno e va dritta per la sua strada. Ci inoltriamo così in profondità, fra centinaia di scalinate semi arroccate, tutte identiche ai miei occhi, che se dovessi tornare indietro da solo non ricorderei mai da dove siamo passati. Decido di non pensarci e di concentrarmi su altro.
Sono nervoso, è da quando ho letto il suo messaggio che mi chiedo se mi abbia chiamato perché ha scelto me, o solo per mettermi al corrente. O peggio per scaricarmi. Ma quest’ultima ipotesi si sta lentamente eclissando, di certo Luna non avrebbe fatto tutta questa fatica per arrivare a dirmi: “ciao ciao Potter”.  Però parliamo sempre di Luna…
Ma ecco che finalmente in un angolo in lontananza vedo la luce fioca di un locale. Dalle finestre impolverate e dalla porta riparata più volte con tavole e mezzi di fortuna, trapassa una musica lugubre, tanti strilli e voci tipiche di un pub a Notturn Alley. Infatti, appena prima di arrivare, un ragazzo sfonda la porta, scaricato in malo modo da qualcuno all’interno.
Porto la mano alla bacchetta, e ne stringo saldamente il manico. Luna mi fa un cenno con la mano, invitandomi a seguirla facendo finta di niente, come se due  mezzi troll non stessero per duellare a sangue con quel ragazzo. Roba da tutti i giorni qui.
Faccio come dice, e avvicinandomi alla porta noto una vecchia insegna arroccata con scritto: “Lo Sgherro Servizievole”. Mai sentito prima.
Entriamo, e la luce delle lanterne appannate mi fa male agli occhi dopo tutto quel buio pesto.
Il locale puzza da morire, ma se c’è una cosa che ho imparato da Auror e a non coprirmi mai il naso quando andavo in incognito a Notturn Alley. I pazzi che stanno qui dentro hanno l’occhio lungo, e se non sei abituato alla puzza o sei un pivellino da torchiare o un povero scemo che non sa dove si trova… quindi carne da macello.
Luna sembra non farci caso, mentre io lo classifico come il posto più schifoso che abbia mai visto in quarant’anni di onorata carriera. Cerco di non prestare attenzione al tutto e di più che sembra essere depositato a terra e seguo Luna verso una porta in fondo alla stanza.
Bussa più volte, con un ritmo alquanto disarticolato, pronunciando sottovoce qualcosa di appena bisbigliato, immediatamente dopo vedo la maniglia colorarsi di azzurro, e aprirsi al suo tocco.
La seguo in fretta, e lei mi chiude la porta alle spalle. Noto di nuovo la maniglia cambiare colore, diventando, stavolta,  di un intenso rosso fosforescente.
«Non la toccherei se fossi in te» Mi intima Luna, togliendosi il cappuccio.
«Ma cosa…?» Tento di chiedere, ma decido di lasciare perdere nel momento in cui lei mi leva il copricapo e prende il mio viso fra le mani.
«Harry…»
«…sì? Luna?» Chiedo, un po’ stranito.
«Oggi mi hai promesso una cosa, adesso devo chiederti di farmi un giuramento»
«U-un giuramento?» Sono confuso, ho appena il tempo di osservare come sia conciata la stanza attorno a noi. Alla fine noto che non è nemmeno una stanza, sembra piuttosto un piccolo, buio e disordinato corridoio breve, al cui fondo si intravedono delle tende a perline da cui esce tanto fumo. Sembra di stare in un bazar.
Luna annuisce e continua: «Giura che da adesso in poi farai più del meglio che è il tuo meglio»
Sento la terra mancarmi sotto i piedi. «Ma tu… tu come…?»
«Giuralo Harry» Dice stringendomi ancora di più le mani sul viso, mentre io tento di allontanarmi per avere risposte, esterrefatto da quello che ho appena sentito.
«No, tu come fai a…»
«GIURALO.» Alza la voce. Non ho mai sentito Luna alzare la voce, ed è come se mi ipnotizzasse.
Così smetto di lottare, e non so come lei sappia… ma sa.
«Te lo giuro.» Mi arrendo alla fine.
Luna mi sorride e lasciandomi andare mi spinge delicatamente verso la fine di questo corridoio.
Sento sempre di più l’odore acre del fumo, e mi trattengo per non tossire, finché, ad un passo dalla tenda, le cui perline vedo solo adesso essere composte da tanti piccoli tondi di legno con inciso il segno dello Yin-Yang, qualcuno mi chiama:
«Entra pure, Harry James Potter» Un’altra grande nuvola di fumo bianco si apre attorno a me.

«Sì sì, va bene. Fai ridere i polli e lo sai…» Aggiungo, lanciando a Ron uno sguardo un po’ di compassione. Quando racconta una barzelletta non ci sa proprio fare.
Do un bacio a Ginny, accarezzandole il dito con la fede di fidanzamento. «Torno fra un attimo» Le dico, e lei mi sorride, annuendo con la testa.
«Non sparire però!» Esige, io la saluto con la mano, facendo lo slalom fra parenti che non conosco, ma che presto diventeranno anche miei, bambini un po’ troppo allegri e camerieri ovunque.
«Il bagno… il bagno… perché lo nascondono sempre?» Domando fra me e me, girando per i corridoi di questo stralussuoso ristorante. Finalmente vedo un’indicazione «Ah eccolo» Ma appena apro la porta sento una brezza passarmi fin sotto la camicia. Questo attira la mia attenzione e voltandomi noto la finestra di un balcone aperta, nascosta fra pesanti tende di velluto, da cui giurerei aver sentito un singhiozzo. 
Decido di pensare dopo al bagno e mi avvicino al balcone. Una folata di vento troppo forte fa alzare quel quanto basta la tenda per permettermi di notare un vestito perla, che quella sera avrei riconosciuto fra mille.
«Hermione?» La chiamo, pacatamente. Facendomi largo fra il pesante tendaggio che nasconde questo piccolo balconcino, pressoché segreto.
Lei si spaventa voltandosi di scatto. «Harry?» Ed è lì che mi si spezza il cuore.
«Hermione… ma tu stai piangendo…» Sussurro incredulo, avvicinandomi a lei. Vedo sul suo viso il trucco colato e ammazzerei Ginny. È stata un’idea sua, Hermione sta bene anche senza trucco!
«No io…»
«No?» Ripeto ironicamente, nel frattempo tiro fuori dalla tasca del mio vestito un fazzoletto bianco. «Ecco prendi, asciugati il viso…»
«No Harry, te lo rovinerei, lascia perdere io sto bene…» E nel dirlo le scappa un altro singhiozzo.
«Forse stasera pensi che io sia scemo… ma so ancora distinguere quando qualcuno sta bene o no. Prendi questo fazzoletto e piantala…» Le intimo, con dolcezza. Lei mi sorride, e sono contento che il secondo singhiozzo che le scappa sia per una risata. Lieve, ma pur sempre una risata.
Si pulisce il viso, ma fa molta fatica a togliere il trucco che le è colato dagli occhi senza specchiarsi «Aspetta aspetta, dammi qua, faccio io…» Mi offro, prendendole il fazzoletto dalle mani. Lo rivolto per bene, poi poggio una mano sulla sua nuca, che è caldissima, e con l’altra le strofino delicatamente le guance. Hermione chiude gli occhi mentre lo faccio, e confesso di sentirmi un po’ a disagio. Le tolgo alla meglio tutto il trucco che posso, e ripiego il fazzoletto per infilarlo nella tasca posteriore dei miei pantaloni.
«Come nuova!» Esclamo, sorridendole, lei mi ricambia. «Allora, cosa succede?» Domando sperando di non farla di nuovo scoppiare in lacrime.
«Mi dispiace Harry, oggi è la nostra festa di fidanzamento, ma io non riesco proprio a stare allegra.»
«Non è a me e Ginny che devi spiegarlo, ma al tuo uomo!» Aggiungo, concitato. Lei mi sorride ma vedo tanta malinconia in quel sorriso.
«Già…»
«Ehi, è Ron il problema?» Tento, un po’ sfacciato, abbassandomi a cercare i suoi occhi, nascosti.
«No, figurati. Solo che…»
«Mmh?»
«Solo che…» Sospira «Quando mi ha chiesto di sposarlo io… non ci ho pensato un attimo. Ho detto subito di sì… ma adesso sono terrorizzata!» Confessa, spalancando gli occhi.
«Perché mai?»
«Io… e se non ce la facessi? Se non fossi una buona madre? Se finissi per non amarlo più? Oddio!» Si porta entrambe le mani al viso, sconvolta da tutti questi pensieri.
«Ma perché dici così? Sei la persona più straordinaria che abbia mai conosciuto, Hermione!» Esclamo senza rifletterci due volte. Lei ricompare da sotto le sue mani «Se non ci riesci tu non ci riuscirebbe nessuno, te lo dico io.» Lei mi sorride imbarazzata, e anche poco convinta «Ahh, ma poi queste assurdi problemi mentali dovrebbe farseli Ron!»
«E perché?» Domanda incuriosita.
«Beh, di solito è l’uomo quello terrorizzato dal matrimonio, e poi guardalo, non è minimamente alla tua altezza! Ci saranno duecento persone lì dentro e sono sicura che almeno la metà si è chiesto cosa diavolo ci fa una donna affascinante come te, con uno come lui!» Scherzo, spingendomi un po’ troppo oltre, ma lei se la beve e spalanca la bocca, dandomi un ceffone sulla spalla.
«Harry James Potter! È questo il modo di parlare del tuo migliore amico? E tu invece? Cosa direbbero di te, eh?»
«Di me? Ah! Ma io sono Harry Potter!» Mi scosto il ciuffo dal viso, e le lancio un’occhiata da divo del cinema, facendole l’occhiolino. Lei prima mi guarda storto e piuttosto risoluta, ma nel mezzo di quella falsa serietà le scappa uno sbuffo che da il via ad una serie di risate, e non riesce davvero più a smettere, trascinando anche me.
«Ok Herm, cazzate a parte…» Aggiungo, asciugandomi le lacrime e riprendendo fiato. «Io non ho alcun dubbio che tu ce la farai»
«Davvero? Nessun dubbio?» Dice, appoggiandosi alla ringhiera del balcone. Io la imito e scuoto il capo.
«Proprio nessuno. Ma per essere sicurissimi, adesso mi farai un giuramento»
«Un giuramento?» Sbatte le palpebre non capendo, ma piuttosto divertita.
«Certo! Così non potrai più scappare!»
«E cosa dovrei giurarti?» Domanda con ancora uno strascico di risatine in gola.
«Giurami… che da adesso in poi farai più del meglio che è il tuo meglio» Le recito, serissimo.
«La grammatica non è il tuo forte eh?
» Continua a scherzare.
«Aha» Nego con la testa «Giuramelo.» Le metto una mano sulla spalla e la fisso intensamente negli occhi. Capisce che sono piuttosto serio.
«Ok Harry. Lo giuro» Sussurra, facendomi venire i brividi. Restiamo in silenzio, in questa posizione a fissarci negli occhi e sorriderci impercettibilmente.
Finché non sentiamo la voce di Ginny dal corridoio, che ci porta alla realtà. «Harry?» Mi chiama. Ed improvvisamente, Hermione ed io, (non so nemmeno perché) ci nascondiamo nell’angolo dietro l’anta del balcone. In attesa che lei se ne vada. «Harry? Accidenti, sparisce ogni volta…» Sento i suoi tacchi tagliare il corridoio e dileguarsi di nuovo dentro la festa. Solo allora lascio andare il respiro e percepisco il calore di Hermione su di me.  Abbracciata a me, con la testa sul mio petto, tiene gli occhi chiusi come in trance. Poi sussurra: «E tu? Tu lo giuri Harry?» Sento la sua voce rimbombarmi nel petto.
L’abbraccio stretta e dandole un bacio sulla fronte dico: «Lo giuro, Hermione.»


Scuoto la mano, tentando di diradare quella coltre di fumo bianco. Davanti a me vedo un bel tappeto persiano, tanti cuscini ricamati di mille colori e seduto su di essi… un ragazzo.
Può avere più o meno trent’anni. Ha una barba ispida che si allunga sul mento, dita affusolate piene di anelli, i capelli legati in una coda molto bassa e lasciva, dannatamente crespi. Mi sorride, lasciando andare la pipa del narghilè. Fisso quest’ultimo con grande interesse, non è la prima volta che ne vedo uno, ma questo è particolarmente decorato e colorato.
Con un solo cenno della mano mi invita a sedermi di fronte a lui.
«Come stai, Harry?» Mi chiede sorridendomi.
«Ehm, bene, grazie…»
«Molto bene…» Parla mellifluamente e porta di nuovo la pipa in bocca. Il mio primo pensiero al momento è che se non mi fidassi di Luna probabilmente a quest’ora sarei già lontanissimo da questo individuo. Al primo impatto lo considererei un po’ stralunato, e parecchio malconcio. Ma non so perché ha qualcosa che mi spinge a fidarmi di lui e stare a sentire cosa ha da dire.
«Ah, non c’è niente di meglio…» Dice gettando un’altra ampia nube di fumo bianco. Soddisfatto posa la pipa del narghilè spingendolo lontano da noi.
Si sporge verso di me, continuando a sorridermi: «Molto bene!» Esclama aprendo le braccia.
Io faccio un balzo, perché il suo modo di fare e il suo tono sono decisamente cambiati da quel che erano pochi minuti fa. «Sicuramente ti starai domandando perché Luna ti abbia portato qui...»
Annuisco, un po’ a disagio. «E sicuramente ti starai chiedendo chi diavolo sono io» Annuisco nuovamente. «Beh, credo che questa sia la cosa meno importante da sapere al momento…» Inarco le sopracciglia, un po’ confuso. «Tu hai un problema» Continua «Beh Harry, quello che devi sapere è che io posso risolvere questo problema…»
«Parli di Hermione? Davvero?» Scatto subito, impaziente.
«Alt, giovane…» Giovane? Sarò trent’anni più vecchio di lui! «…la pazienza e la calma sono la virtù dei forti» Continua a sorridermi. Sto cominciando ad innervosirmi. «Quindi tu hai un problema, che per lo più è tipico della maggior parte delle persone in questo mondo.»
«Allora perché aiutarmi, se il mio problema è così comune?» Sono troppo nervoso, devo calmarmi.
«Beh, Luna è una mia cara amica. E a quanto mi dice sembra che tu e lei abbiate un po’ smarrito voi stessi…»
«Io e Luna?» Domando incerto. Lui scuote la testa, con ancora quel mezzo sorriso sulla faccia.
«No amico, tu ed Hermione. È questo il suo nome, no?»
Mi raddrizzo su questo impossibile cumulo di cuscini, e stringo le mani. D’ora in poi starò molto attento a ciò che mi dirà «Ti ascolto»
«Vedo che hai deciso di seguirmi. Molto bene.» Si alza, e comincia a camminare per la piccola stanza, io decido di non seguirlo con lo sguardo, sono teso e preoccupato e continuo a non capire perché mi trovi qui «Caro Harry, hai seguito Luna perché avevi bisogno di un aiuto. Ma non sapevi nemmeno dove ti stava portando. Ti sei fidato di lei ciecamente, perché è tua amica. Ma di me non ti fidi, non ti ho fatto una buona impressione. Se fosse stato in un’altra occasione saresti uscito da quella porta senza nemmeno voltarti. Sei sempre stato un tipo molto istintivo. Non è vero?» Faccio silenzio, stringo le mani così forte che le nocche sono diventante totalmente bianche. «Ma adesso sei disperato. Hai assolutamente bisogno di aiuto. Faresti carte false per salvarla, è la parte migliore del tuo istinto.» Mi viene vicino e improvvisamente si china accanto a me, mettendomi una mano sulla spalla, i suoi occhi sono totalmente aperti, di un blu intensissimo. «Per questo mi piaci Harry. Io ti conosco. Il bambino che è sopravvissuto non c’è più. Tu sei un uomo diverso adesso, ma non hai mai perso il tuo istinto. Mi piaci Harry, perché tu lo usi, l’istinto.» Fa una pausa, in cui mi fissa intensamente negli occhi. Non so se dovrei dire qualcosa, sono solo molto scettico. «Vai nella direzione giusta tu. È quella la sola direzione che un uomo deve prendere!»
«Non capisco una sola parola di quello che dici»
«Oh capirai. Capirai tutto. Ascoltami…» Torna al suo posto, molto concitato «Quello che sto per dirti è di vitale importanza, perciò prestami tutta la tua attenzione.» Cerco di fare come dice, raddrizzandomi di nuovo. «Devi essere consapevole che ciò che faremo è qualcosa di molto rischioso. È il limite massimo della vita umana e della coscienza. Devi essere forte e sopportare il peso di molte decisioni che saranno irremovibili. Non esiste pentimento, non esiste rimpianto. Perché non potrai mai più tornare indietro.»
«Cos… ma che…»
«TUTTO. La tua famiglia, i tuoi figli, niente di come lo conosci adesso esisterà più se non nella tua mente, e anche da lì potrebbero svanire. Niente sarà più lo stesso. Hai capito Harry?»
«Non ho capito, perché dov…»
«Hai capito questo concetto o no?» Alza la voce per sovrastarmi.
«I-io… non so, credo di sì.»
«Solo sì o no»
«Sì. Sì, ho capito»
«Bene. E sapendo tutto questo sei disposto a rischiare?»
«Io… sono troppo confuso, non ci sto capendo niente!»
«Non posso dirti nulla se non rispondi alla mia domanda»
«Ma come faccio a dirti se sono disposto a rischiare tutta la mia vita se non so nemmeno cosa cazzo hai intenzione di fare?» Mi alzo di scatto, alzando la voce. Lui è impassibile. In questo attimo di silenzio, si sente solo il mio respiro, stringo i pugni pensando che l’unica possibilità di aiutare Hermione è andata a puttane. Era solo una cazzata.
«Siediti» Mi intima.
«No.»
«Faresti meglio a sederti» La sua voce è molto trattenuta.
«NO»
Ancora silenzio. Ci fissiamo negli occhi, lui mi sfida, e io sono solo nervoso. Dal corridoio sento dei rumori, qualcuno si muove lentamente. Credo sia Luna.
Respiro ancora a fatica, non parlerò, non mi siederò finché questo idiota non avrà capito con chi ha a che fare.
«Chi sarebbe l’idiota?» Sbotta improvvisamente. Io faccio un balzo indietro, finendo spalle al muro, istintivamente porto la mano alla tasca dove tengo la bacchetta, puntandogliela contro. Come diavolo ha fatto? «Harry, metti giù la bacchetta e ti spiegherò come “diavolo” ho fatto» L’ha fatto ancora!
«Chi… ma chi sei tu?» Ansimo terrorizzato.
«Non so se mi va di dirtelo» Dice, alzandosi tranquillo, come se non mi avesse appena letto nella testa «Non è che leggo nei tuoi pensieri, Harry. Non scherzare. È un semplice Legilimens…»
Spalanco gli occhi, e scuoto la testa convulsamente «No. No no no no, so cos’è il Legilimens, mi è stato fatto da…»
«Piton, lo so. Severus Piton.» È  il colmo.
«LUNA!» Urlo, esasperato, tirando fuori la bacchetta e puntandola contro di lui. Sento i tacchi di lei venire verso di noi e subito dopo i suoi capelli platino spuntano dalla tenda.
«Oh santo cielo Harry, metti subito giù quella bacchetta!» Esclama terrorizzata.
«Dove diavolo mi hai portato? Questo qua è…»
«Mi stai dando del pazzo?» Finisce lui per me.
Basta. Respiro a fondo e metto giù la bacchetta. «Basta, questa è una pagliacciata» Giro i tacchi sorpassando Luna, dirigendomi di nuovo verso la fine del corridoio.
«Harry!» Mi viene dietro, cercando di fermarmi. Noto la maniglia rossa fosforescente e avvicinando lievemente la mano sento un forte calore provenire dal metallo.
«Apri la porta» Le intimo risoluto.
«No!» Si interpone fra me e l’uscita, sbarrandomi la strada con le braccia aperte.
«Luna non sono proprio in vena, lasciami andare»
«Ho detto di no. Mi avevi promesso che avresti fatto il meglio del tuo meglio. L’hai promesso anche ad Hermione…» Tenta di convincermi.
«Non so come tu sappia di questa storia, ma ti prego di non nominare mai più Hermione…»
«Perché? Perché non sei in grado di ammettere che hai rotto la tua promessa?»
«IO NON HO ROTTO LA MIA PROMESSA! FACCIO OGNI GIORNO IL MEGLIO DEL MIO MEGLIO, LO FACCIO PER LEI!»
«NON È VERO! ALTRIMENTI TORNERESTI INDIETRO E FINIRESTI QUELLO CHE HAI COMINCIATO, INVECE DI SCAPPARE TERRORIZZATO DALLE CONSEGUENZE!» Urla così forte da farmi sobbalzare. Non mi aspettavo una reazione simile. «Se uscirai da questa porta, ti giuro, Harry… mi avrai deluso per sempre» Conclude con la voce rotta, abbassando lentamente le braccia per farmi passare.
«Luna…» Non so cosa dire, e non so nemmeno cosa fare. In fondo voltarmi e ascoltare cosa ha da dire quel ciarlatano non mi costerebbe un bel niente, forse.
«Va bene.» Giro i tacchi e torno nella stanza, dove quel tale mi aspetta senza fare una piega. Mi risiedo sulla pila di cuscini, e lui di nuovo di fronte a me.
«Dunque.» Comincia. «Non credo che i dissapori si siano diradati, ma ti capisco. Non è facile stare a sentire uno come me quando parla.»
«Per niente» Sentenzio, a bassa voce. Lui mi sorride, ma diversamente, è un sorriso furbo, simpatizzante.
«Devo farti una domanda e vorrei che tu la prendessi molto sul serio. Dopo che l’avrò fatta potrai andartene e rifletterci su, o non tornare più se vorrai. Oppure potrai darmi una risposta immediata. L’importante è che tu prenda questa domanda molto sul serio, e intendo davvero sul serio, sulla base di quello che ti ho detto prima.»
«Va bene» La mia voce è cupa, pesante. È come se ogni parola fosse piombo.
«Molto bene.» Ci scambiamo un ultimo sguardo, poi finalmente chiede «Quanto sei disposto a rischiare per lei?»
Il silenzio cala immediato, sento che Luna è fuori dalla porta, nascosta dalle tende, ad aspettare la mia risposta.
Se lui non mi avesse detto nulla prima, probabilmente avrei risposto “tutto” senza nemmeno rifletterci. Ma alla luce dei fatti non è così semplice decidere.
«Rifletti bene, Harry» Sussurra lui, lasciandomi poi definitivamente ai miei pensieri.
La domanda. La domanda comporta una risposta. Qual è la risposta?
Rischiare tutto, per Hermione.
Non è come al solito, in cui il tutto non è mai proprio tutto. Qui sembra essere davvero così, dalle sue parole sento che ogni scelta mi peserà sulla schiena come una valanga. Non posso sbagliare.
La risposta… James, Lily, Albus. I miei figli. Perdere i miei figli per Hermione. Ron e Ginny. Cosa accadrebbe? I miei nipoti, tutti i miei amici, tutto quello che conosco.
Ma com’è possibile perdere tutto? Si perde tutto solo con la morte… che debba morire? No, lui ha parlato del mondo… il mondo che conosco non sarà più lo stesso. Quindi un mondo ci sarà… ma quale? No Harry, concentrati! La risposta…
Una domanda comporta una risposta… una domanda comporta una risposta… una domanda comporta una risposta…
No.
Ad una domanda consegue un’altra domanda.
Lo vedo sorridere appena, non so forse me lo sono immaginato, ma sembra avere una faccia più soddisfatta.
Chi se ne frega cazzo, concentrati. Dov’eri? Ah sì.
Ad una domanda consegue un’altra domanda.
Il mio mondo è il mio tutto, è tutto quello che ho adesso. Hermione ne faceva parte, ma… la vera domanda è: quanto di quel tutto era occupato da Hermione?
Quanto di tutto questo è importante… senza Hermione?
La voce di Albus mi trapana il cervello: “Qualunque cosa sceglierai, sarai sempre mio padre.”
Ma io… io non devo scegliere. Hermione era ovunque, dovunque guardassi vedevo lei. Ogni mattino mi svegliavo, sentivo che l’avrei vista, ed ero felice. I suoi figli, i miei figli, li abbiamo vissuti insieme. Abbiamo sempre vissuto tutto insieme. Siamo sempre stati insieme. Harry e Hermione, Hermione ed Harry. Due al di fuori di tutto. Una parte del tutto separata, isolata.
La domanda…
Quanta della mia vita è occupata da Hermione?
E improvvisamente tutto ha un senso.
«Tutto» Rispondo automaticamente, spalancando gli occhi.
Lui mi sorride, compiaciuto.
«Sei dannatamente bravo. Cocciuto, ma bravo. Hermione ti ha insegnato ha usare il cervello proprio bene, eh?».
Sento che sto sorridendo, lievemente ma c’è. Un sorriso.
Sono scosso, e mi sento come se avessi appena scalato l’Himalaya. Subito un paio di braccia mi avvolgono stretto e vengo soffocato da una massa di capelli platino.
«Oh Harry, lo sapevo…» Non vorrei sbagliarmi, ma mi sembra che Luna stia piangendo.
Lui sorride e guardandomi intensamente negli occhi dice: «Il mio nome è Tiberius D'Ormesson».



Quanto amo Luna :D
A giovedì!

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Capitolo 6
*** Il Libro della Vita ***


Rieccomi!
Le risposte a tutte le vostre domande in questo complicatissimo e pesantino, capitolo XD

Buona lettura!
 



CAPITOLO VI
Il Libro della Vita

«Tiberius D'Ormesson?» Ripeto, mentre Luna si siede accanto a me strofinandosi gli occhi.
Tiberius annuisce «Sono nato nel 1879, e sono…»
«Ehi no no, aspetta un momento! 1879? Non è possibile! Avrai più o meno trent’anni!» Esclamo scettico, trattenendo a malapena una risata. Ma come se fosse la cosa più naturale del mondo, Tiberius annuisce e continua.
«Sono francese, ma conosco sette lingue…»
«Divertente… ora mi dici davvero chi sei e quanti anni hai?» Qui mi scappa una risata, sento Luna sbuffare dietro di me, mentre Tiberius mi sorride.
«Harry, Tiberius è davvero nato nel 1879, è davvero francese, anche se oramai ha perso del tutto il suo accento, ma conosce più di sette lingue, non è vero?» Domanda Luna spingendolo a sbottonarsi di più.
«Beh, non ho contato i dialetti, però sì… ho perso il conto a dire il vero…» E qui cominciano a discutere a riguardo, totalmente ignari della faccia da ebete che ho stampata in volto.
«No, un momento!» Li interrompo bruscamente, facendo calare il silenzio «Qualcuno si degna di spiegarmi?»
Tiberius scambia un’occhiata con Luna, e poi mi sorride. «Mettiti comodo Harry, abbiamo molto di cui discutere.»
Lo squadro incerto, mentre Luna si alza dicendo: «Beh, tanto vale… qualcuno ha fame?» Materializzando una brocca di acqua calda, pronta per il tè.

La sala è accogliente, ogni volta per Halloween Hogsmeade viene addobbata nel migliore dei modi. È piacevole stare al caldo dentro il locale, a bere burrobirre e chiacchierare tutti insieme. È sempre stato il mio sport preferito, dopo il Quidditch ovviamente.
«Allora, Harry, speri già in tanti dolcetti?» Mi domanda Ron sorridendo.
«E come? Da quando i ragazzi frequentano Hogwarts non c’è più scorta per noi!»
«Ma guardali, due uomini grandi e grossi che parlano di dolcetti di Halloween!» Esclama Ginny, ridacchiando in sottecchi con Hermione.
«Ti informo sorellina, che il dolcetto è una cosa sacra! Non ha età.» La ammonisce Ron.
«Manca una settimana ad Halloween, se sei così smanioso adesso, non voglio pensare cosa farai allora…» Borbotta Hermione. Ron sorride.
«Non ne hai nemmeno idea, amore» Mi strizza l’occhio.
«Oh Merlino. Un’altra volta a spaventare i vicini, Ron?» Si aggiunge Ginny.
«No, quest’anno ho in mente qualcosa di sensazionale, supererà anche George in genialità!» Risponde Ron, gonfiando il petto orgoglioso.
«Ho i miei dubbi» Sussurrano Hermione e Ginny in coro.
«Tsk… donne. Che ne capite voi!» Conclude lui, mettendo il muso. Io sghignazzo, bevendo l’ultimo sorso della mia burrobirra.
In quell’istante Ginny si appoggia su di me, costringendomi a spostare le gambe, il mio piede però ne tocca un altro di fronte a me. Sto per scusarmi con Ron, quando vedo Hermione arrossire lievemente, trattenere il fiato e abbassare lo sguardo.
È tutto il giorno che fa così e non capisco perché. Quando le ho porto la mano per aiutarla a superare una brutta pozzanghera l’ha rifiutata in malo modo, finendo perciò quasi per cascarci dentro, e così quando l’ho afferrata al volo si è alzata di scatto, ringraziandomi sommessamente, abbassando gli occhi e arrossendo, proprio come adesso. Nel frattempo era accorso anche Ron, e lei si è allontana subito da me muovendosi verso di lui, stringendogli la mano.
Un'altra volta è stata quando le ho porto la sua burrobirra, le nostre mani si sono sfiorate e lei ha ritirato molto in fretta la sua.
Molto strano.
«Oh Harry, quando facciamo una vacanza?» Mi domanda Ginny, stesa sulla mia spalla.
«Già, quando Harry?» Sghignazza Ron.
«Tu che c’entri?» Risponde tagliente Ginny, Ron sorride sornione.
«Pensavo che un’altra vacanza tutti insieme non sarebbe male, no?» Se ne esce poi improvvisamente.
«Ah, come quella volta in Irlanda?» Gli ricorda Ginny, sarcastica.
«Senti, te lo dico per l’ultima volta, non è colpa mia se i folletti sono così suscettibili!» Le risponde per le rime Ron, sventolando la sua bottiglia di burrobirra.
«Volevi barattare con loro i miei vestiti per un mucchio di galeoni!»
«Eh, ma loro non li hanno voluti…»
«Ci hanno perseguitato per GIORNI!» Alza la voce Ginny, duellando col fratello. Entrambi si guardano in cagnesco, ringhiando quasi. Io alzo gli occhi al cielo, ma non sento nessun commento provenire da Hermione così la cerco con gli occhi. La vedo pensierosa, fissare altrove fuori dalla finestra del locale, ha come l’aria di non aver sentito niente di tutta questa discussione.
«Ma tu non dici niente?» La interroga improvvisamente Ron.
«Come?» Si volta d’un tratto lei, con l’aria di chi è stata appena colta in fallo.
«Non hai sentito una parola?» Le domanda Ron, sconsolato dal fatto che lei non possa difenderlo.
«Eri così assorta. A cosa pensavi?» Chiede Ginny, ignorando i lamenti sommessi del fratello. 
«Oh…» Hermione arrossisce lievemente, e sorride impacciata «…a niente, davvero. Ero solo soprapensiero, tutto qui. Ginny le sorride e sposta il suo sguardo fuori, alla finestra.
«Sono stufa di stare qui, andiamo a fare una passeggiata nel parco?»
«Quale parco?» Domanda Ron «Il piccolo minuscolo piccinissimo parco?» Aggiunge poi, strafottente. Ginny gli fa una smorfia.
«Proprio quello, ma tu puoi rimanere qui a compiangerti, se vuoi!»
Ron ringhia, ma la mia attenzione è tutta sulla reazione di Hermione. Alla proposta di Ginny il suo viso si è improvvisamente contratto in un espressione di terrore, ma non fa in tempo a dire nulla che Ron si è già alzato, stiracchiandosi. Ginny lo segue, indossando il cappotto.
«Forza Hermione, seguiamo questa pazza di mia sorella…» Aggiunge, dando una piccola pacca sulla spalla di Hermione, indossando anche lui il giaccone.
«S-sì…» Gli risponde sommessamente lei, lanciandomi una veloce occhiata.
E allora capisco.
Entriamo nel parco, Ginny è troppo intenta a discutere con Ron per starmi appiccicata, così ci ritroviamo io ed Hermione a passeggiare l’uno accanto all’altra dietro i due litiganti.
Lei fissa a terra, tenendo gli occhi il più possibile lontano dai miei. Vorrei dirle qualcosa ma non so proprio cosa.
«Accidenti, stupide coppiette, hanno invaso tutte le panchine!» Esclama Ginny, ignorando perentoriamente Ron, che conseguentemente con un gesto della mano ci fa capire che il discorso è chiuso. Almeno per ora.
«Bah…» Sbiascica, ma voltandosi nota qualcosa «Ehi, sediamoci lì!» Indica con il dito un angolo nascosto. Solo sporgendomi riesco a notarlo ed in quell’istante il mio viso perde totalmente colore.
«Non sarà comodissimo, ma almeno stiamo all’aperto. Ehi Harry, vieni qui!» Ginny si precipita a sedersi su quella staccionata malferma, invitandomi a sedere accanto a lei. La raggiungiamo e prendiamo tutti posto l’uno accanto all’altro.
«Ah, com’è bello l’autunno!» Esclama Ginny appoggiandosi a me.
«Già» Dico io, osservando il cielo azzurro.
«Io preferisco l’estate, il freddo non lo sopporto proprio» Puntualizza Ron.
«Questo perché sei un ignorante insensibile» Lo punzecchia Ginny, io mi volto verso Ron facendogli segno di lasciar perdere.
«Godiamoci questi giorni ancora così belli, fra poco arriva l’inverno…» Aggiunge Ginny, stringendomi a sé.
«C’è una parte che mi piace dell’inverno, però…» Sovviene Ron, ripensandoci.
«Cioè?» Domandiamo in coro Ginny ed io.
«Scaldarsi sotto le coperte…» Risponde sghignazzando eloquentemente. Alzo gli occhi al cielo.
«Sei un maiale…» Lo ammonisce Ginny «Te l’avevo detto che sei un insensibile! E tu Hermione non gli dici niente?»
«Eh?» Borbotta lei, tornando improvvisamente fra di noi, come persa chissà dove.
«Ehi, tutto bene? Oggi mi sembri un po’ strana…» Le chiede Ginny preoccupata, sporgendosi oltre la mia spalla.
«No, sto bene, grazie…»
«Non mi sembra. Sai cosa ti ci vorrebbe?» Aggiunge dopo, sorridendo.
«Cosa?»
«Un bel cartone di caldarroste!» Conclude leccandosi le labbra al solo pensiero. «Offerto ovviamente dal tuo insensibile marito, per farsi perdonare le castronerie che dice!» Aggiunge poi, sghignazzando malefica.
«Ehi!» Esclama Ron, mettendo il broncio. Ginny gli sorride furbescamente e lui sospira.
«Ah, d’accordo, tanto avremo dovuto pagare sempre noi. Andiamo Harry…» Mi incita alzandosi. Io faccio per seguirlo ma Ginny mi trattiene.
«Quale parte di “offre l’insensibile Ron” non hai capito, Ron?»
«Mh, e va bene. Un cartone di castagne per tutti…» Ripete, facendo per andarsene.
«Eh no! Due!» Aggiunge Ginny.
«Cosa? Ma non le finirai mai!»
«Ginny, dai, lascia che offra anche io…» Dico, provando ad alzarmi.
«No Harry, sta giù! Vado io con quell’idiota. Se ci vai tu so che ne pagherai la metà, sei troppo buono…» Proferisce, alzandosi «E se ci va da solo, ne comprerà solo una manciata, tirchio com’è… Aspettateci, torniamo subito…» Prima di andarsene mi da un bacio e poi trotterella dietro suo fratello, che ancora si lamenta.
Li osservo svoltare l’angolo fra gli arbusti e sparire dalla vista lasciando solo una scia di urla e insulti da fratelli.
Ci metto molto poco a capire cosa succede, per poi, appena realizzato, voltarmi lentamente verso Hermione, che nel frattempo aveva nascosto metà del viso sotto la sciarpa di cotone, continuando imperterrita a fissare il terreno.
«Ehm…» Azzardo.
«Non. Parlare.» Mi zittisce subito, con la voce soffocata sotto l’indumento.
«Non posso nemmeno parlare?» Domando, infischiandomene del suo ammonimento.
«Non mi sembra che tu stia facendo silenzio» Aggiunge.
«Mh.» Mugugno, nervoso «Ma che hai oggi? Mi eviti come la peste!»
«È  il giorno adatto per evitarti come la peste»
Rifletto un attimo, sospirando «Sei imbarazzata?»
«Ah! Sai, siamo solo nell’identico posto dove un anno fa ci siamo baciati, nello stesso identico giorno, con la differenza che adesso siamo qui con mio marito e tua moglie.»
«E allora? Dov’è il problema? L’anno scorso non è successo niente e loro non lo sanno. Non capisco perché non posso avvicinarmi a te senza che scatti come faceva Grattastinchi!»
«Mi rendi nervosa» Sussurra sotto la sciarpa. Arrossendo vistosamente.
Sbatto le palpebre. «Prego?»
«Mi rendi nervosa!» Sbotta, voltandosi (finalmente) verso di me.
«Hermione, ma… sei stata tu a chiedermelo l’anno scorso! L’ho fatto perché tu me l’hai chiesto!»
«Lo so. Lo so. Lo so!» Risponde, combattuta «Ma non posso farci niente, appena ti ho visto, qui ad Hogsmeade, oggi, mi è preso il panico!»
«Senti, non hai sentito nulla mentre ci baciavamo, allora dov’è il probl…?» Mi interrompo notando la sua faccia. «Hermione, tu non hai sentito nulla mentre ci baciavamo, vero?» Ripeto molto lentamente.
«Non lo so»
«Come sarebbe a dire non lo sai?» Alzo la voce, abbassandola immediatamente, scrutando fra gli arbusti, cercando una possibile sagoma di Ron o Ginny. 
«Non lo so, Harry! Io… io non so cosa ho sentito!» Esclama, poi mi scruta e continua «E tu?»
«Io?» Ripeto come uno scemo. Lei annuisce. Ma non riesco a dire nulla, e lascio un silenzio in sospeso fra i nostri sguardi, fissi l’uno sull’altro. Non dico nulla perché ho una stupida frase che mi gira nella testa, che non voglio assolutamente esca da lì. E perché se non hai niente di intelligente da dire è sempre meglio che tu stia zitto, no?
Perché in fondo “Quello che ho provato quando ti ho baciato non l’ho mai provato, nemmeno con Ginny” non è una buona frase. Sono solo suggestioni che uno si fa, pensando di aver provato qualcosa, ma invece è tutto normale. Già, è solo una cosa psicologica.
Sì, è tutto normale.
Aspetta ancora che io dica qualcosa, ma aspetterà in eterno perché in quel momento Ron e Ginny ritornano, continuando a punzecchiarsi, con un paio di cartoni di caldarroste fra le mani.
Si siedono fra di noi come se nulla fosse accaduto, interrompendo per sempre quel silenzio e, ringraziando al cielo, anche i miei pensieri.
   
 
Siamo circondati dal caos più assoluto. Tomi polverosi, vecchi di non so quanti secoli, carte con scritte a me incomprensibili e roba che non avevo mai visto nemmeno nei compiti di Antiche Rune di Hermione. Tazze da tè vuote, facenti parte di un servizio che Luna mi confesserà aver comprato in Tibet. Le decorazioni sono proprio belle, devo ammetterlo.
«Harry? Ci sei? Presta attenzione!» Tiberius mi sveglia dal mio lieve stordimento. Al momento mi ha solo spiegato cosa fosse un enorme libro che mi stava mostrando, ma non ho capito molto bene. Credo interpretasse i sogni o roba simile. «Ripetimi quello che ho detto» Mi incastra, furbamente, sventolandomi il libro sotto il naso.
«Ehm, questo libro… è tanto vecchio e interpreta i sogni?» Butto lì, sperando di essere fortunato. Ma non lo sono, perché Luna sospira, versandosi dell’altro tè, e Tiberius si passa un mano sul viso.
«Dovrai fare meglio di così se vuoi la tua Hermione» Mi avverte, per poi pazientemente rispiegarmi «Fai attenzione. Questo libro è molto importante. Più importante delle carte che vedi qui sotto. Questo è il Libro della Vita, ne esistono solo cinque copie al mondo, di cui tre sono nelle mani di gente come me. È stato trascritto a mano dai monaci di un convento in Svizzera, nel 1300…»
«Monaci? Ma… è babbano?» Domando, stranito. Tiberius scuote la testa.
«Assolutamente no. Ma fra i monaci c’era chi era a conoscenza del mondo magico a quel tempo, alla chiesa faceva comodo, attiravano con i loro “miracoli” il popolino.»
«Ma se davano la caccia alle streghe?»
«Tutta scena amico mio, ma non è questo il punto…»
«Scusa, continua»
«Insomma, questo libro lo devi trattare bene, o ti ammazzo.» Aggiunge, sfogliandone alcune pagine «È una cosa troppo preziosa, ti spiega tutto quello che c’è da sapere sul destino e le capacità multiverse della vita.»
«Capacità mutiverse?»
«Esatto, la cosa basilare che devi sapere sulla tua vita è che non è l’unica» Mi spiega, prendendo fra le mani il primo capitolo del libro «Cioè, la tua vita è una vita. Ma non ne esiste solo una, ma molteplici che ti appartengono e che sono sempre la stessa.»
«Ehm, intendi il ciclo vitale?»
«Più o meno, ma non esattamente. La teoria del ciclo vitale fa sì che una volta morto qualcun altro cammini sulle tue ceneri e viva di esse. In pratica quando finisce la tua vita c’è ne è sempre un’altra che continua dopo. Il che è giusto, ma questo concetto comprende la teoria dei multiversi negli universi, spiegata dal capitolo settantacinque in poi. Mentre noi intendiamo soffermarci solo sui multiversi presenti in un unico universo, in questo caso il tuo. Mi segui?»
«Ehm, più o meno.»
«Il concetto in sé non è né complicato né semplice, è solo difficile da spiegare, ma tranquillo, farò del mio meglio!» Mi tranquillizza dandomi una pacca amichevole sulla spalla «Allora, il concetto basilare di questa teoria è che la tua vita consiste in una linea perfettamente retta che ha un inizio e una fine.»
«Ok…» Mi mordo le labbra, concentrato.
«Se la tua linea fosse semplicemente così, in pratica vivresti e moriresti senza variazioni nel campo stesso degli eventi.»
«Oook…»
«Stando alla teoria del ciclo, una volto morto ritorni all’inizio della tua vita, ma se la tua vita è una linea retta vivresti sempre la stessa solfa, senza alcuna variazione. Tu non ne saresti cosciente, ma se ci pensi sarebbe piuttosto tragico non poter decidere niente del proprio destino…»
«Direi di sì. Ma nella mia vita ho imparato a convivere con le scelte forzate, sono piuttosto influenzato dal “destino”…» Mimo le virgolette.
«Ma il destino esiste Harry, solo che non è come tutti se lo immaginano. Stando al Libro della Vita la Linea Retta dell’esistenza ha in realtà diverse Ramificazioni, che alle volte possono essere poche centinaia e altre volte milioni di migliaia…» Dicendo questo mi indica uno schema illustrato su due pagine, tagliate orizzontalmente a metà da una linea retta, con centinaia di ramificazioni a loro volta ramificate su loro stesse.
«Ma …» Dico, notando bene il disegno «Queste ramificazioni tornano sempre a ridosso della linea. Tiberius annuisce, Luna sorride.
«Esatto. Una volta partita una ramificazione esterna nella maggior parte dei casi ritorna alla linea creatrice.»
«E se non ci ritorna, come qua?» Indico una delle pochissime linee dello schema che fuoriesce dalla linea dritta interrompendosi bruscamente.
«Qui? Qui si muore» Dice Tiberius, indicando il punto nella pagina. 
«Come si muore?»
«Si muore. Caput. Hai finito una delle tue linee della vita.»
«Ma… perché? Ci sono più linee?» A questa mia domanda Tiberius e Luna si scambiano uno sguardo scaltro.
«Bingo.» Mi fa Tiberius «Fai attenzione: una Linea della vita è solo UNA vita. Ma questa Linea vive dentro ad un ciclo più grande che al suo interno ne può contenere miliardi, tutte identiche l’una all’altra, anche in Ramificazioni. Sono proprio queste, le Ramificazioni, infatti, a determinare il numero delle tue vite…»
«Perché?»
«Ascolta, e rifletti bene, ti faccio un esempio: devi andare da una parte, e l’unico modo per arrivarci è una lunga, lunghissima strada totalmente dritta. Ma se in questa strada ci fossero delle deviazioni, dei cartelli, autostoppisti, code e chissà che, e tu fossi, non costretto, ma comunque scegliessi di prendere le stradine secondarie che ti fanno allungare ma che alla fine ti portano sempre allo stesso punto? Tu faresti quel percorso, ma ogni volta lo potresti fare in maniera diversa»
«Ok, quindi mi stai dicendo, che la vita si ripete, arrivando sempre allo stesso punto, solo con variazioni ogni volta?»
«Esatto»
«Ma se finisce sempre uguale, perché ripetersi all’infinito?»
«Perché per “fine” si intende la Morte. Non importa come ci arrivi, ma devi morire. L’inizio è la tua nascita. Che sarà sempre uguale, non puoi nascere da un’altra madre o da un altro padre, però puoi nascere in un luogo diverso (questo dipende dalle scelte dei tuoi genitori nella loro vita). Ma devi nascere, e quando sei nato è l’inizio assoluto della tua Linea della vita, la Morte però è diversa. Lì è importante che tu muoia, non importa come.
«Ma hai detto che si può morire prima.»
«Esatto anche questo. La Morte può avvenire molto prima, perché quella è soggetta a variabili, che sono le tue scelte. Ovvero le strade (Ramificazioni) che decidi di percorrere.»
«In pratica… decidi tu come arrivare dall’altra parte della linea?» Domando, curioso.
«Sì. E quando muori, ricominci tutto da capo, potendo fare scelte diverse.»
«E se scegliessi sempre le stesse?»
«Allora il ciclo si allungherebbe»
«Quindi il ciclo ce l’ha una fine!»
«Sì, la fine è quando segui la Linea dritta e fai proprio quello che dovevi fare, senza deviazioni»
Faccio un attimo di silenzio, attonito. «No aspetta, mi stai dicendo che continuerò a vivere la mia vita a ripetizione finché non seguirò tutta la Linea dritta, senza variazioni?»
«Questo è il concetto del Libro della Vita»
«Ma allora perché mettere le Ramificazioni?»
«Un uomo non è un uomo senza il libero arbitrio, che comunque resta sempre piuttosto limitato. Perché anche se fai una scelta e crei una Ramificazione, la vita in un modo o nell’altro ti farà tornare sempre al punto di partenza. Ovvero la Linea retta.»
«Ma non ha senso allora che una Ramificazione possa interrompersi con la Morte»
«La Morte è l’unica eccezione in questo caso. Perché quando muori cadi di nuovo all’inizio della tua vita. Nella linea successiva. Ci sono molte possibilità di morire in una sola Linea della vita, dipende da cosa scegli. Tanto la Morte resta sempre e comunque il punto finale della tua linea. Perciò è indifferente come e quando. Quando succede sei arrivato! Hai fatto le tue scelte in quella Linea!»
«Mmh…» Rifletto, con la testa piena di informazioni assurde. Luna mi vede affaticato e mi porge di nuovo una tazza di tè, la ringrazio e mi rivolgo di nuovo a Tiberius, domandandogli: «Ma questo cosa c’entra con i tuoi anni, o meglio… con Hermione?»
Mi sorride, prendendo anche lui un altro po’ di tè «Al capitolo sessanta» Mi dice, porgendomi il libro. Lo prendo fra le mani, è pesantissimo, e lo sfoglio fino ad arrivare al capitolo. Leggo il titolo:
«Saltare Arbitrariamente da una Linea all’altra… COSA?» Domando, incredulo «Ma com’è possibile?»
«Beh, è possibile. Difficile sì, ma possibile. Io l’ho fatto sette volte.» 
«E come diavolo hai fatto? Sei morto?»
«Più o meno. Essendo nello stesso Ciclo, le Linee della vita sono collegate l’una all’altra. Quando arrivi ad uno stato di incoscienza molo elevata, sfiorando quasi la morte è possibile vivere a metà fra la tua vecchia Linea (quella in cui sei incosciente) e la nuova Linea. L’incoscienza però non è un vero e proprio stato di morte, confonde le cause del destino e può portarti a finire in una qualunque parte della nuova Linea. Puoi svegliarti neonato, o vecchio, o trentenne, ma la cosa più interessante dello stato di incoscienza è la capacità della mente di portare con sé tutti i ricordi precedenti. All’inizio è molto difficile, se non si è perfettamente coscienti di stare passando da una Linea all’altra si perdono totalmente tutti i ricordi della vita precedente. Infatti una volta morti, anche per il fatto di rinascere neonati e quindi in uno stadio basso di coscienza, i ricordi della nostra vecchia vita si nascondono, sostituiti da quelli di una vita nuova…»
«Ma se sei incosciente e salti da una Linea all’altra, come puoi avere ricordi della nuova Linea se la vivi partendo da metà della tua vita?»
«Perché lo spazio che si interpone fra le Linee è un tempo di vita futuro. In quello spazio si presuppone che tu sia già morto. E la Linea successiva va avanti…»
«Cioè… esistono più me in questo istante che stanno vivendo pezzi della mia vita?»
«Esatto, universi paralleli della stessa medaglia. Quando morirai in questa salterai alla Linea più bassa, che non è ancora iniziata. E le altre prima di te finiranno il loro ciclo, che avevano già iniziato.»
«Quindi… ci sono universi in cui sto morendo o sono già morto. E universi dove ho ancora undici anni?» 
«Proprio così.»
«Ok… ma non mi hai ancora detto come fai a saltare da una Linea all’altra tenendo i tuoi ricordi»
«Beh, prima di tutto devo entrare in uno stato di incoscienza molto elevata, una volta ho provato con la meditazione, ma è stato difficilissimo. Così da quel momento ho optato per il coma.»
«Cosa?»
«Esatto. Mi facevo mettere in coma, nel modo migliore o in quello peggiore, e passavo alla Linea successiva. Il difficile all’inizio è ricordarsi della tua vita precedente. Perché appena passi non sei per nulla cosciente, e vivi nel corpo della tua vita successiva. La prima volta ho avuto fortuna, mi è bastato un piccolo deja-vu per farmi strane domande che mi hanno riportato ai miei ricordi, così ho vissuto da diciottenne con una esperienza di ottantenne. La seconda volta è stato molto più semplice, ma ho notato che più si va a fondo con la coscienza e quindi più si passa fra una vita e l’altra, meno problemi si hanno poi a ricordare le vite precedenti. È la prima volta che è traumatico.»
«Ma così facendo non togli la vita al te stesso successivo? Quello di cui prendi le parti?»
«Sei sempre tu, non vedo dove sia il problema.»
«Ma cosa succede se mentre sei in coma nella vita precedente… muori?»
«Beh, può essere un problema. Se sei in coma e hai effettuato un solo passaggio da una Linea all’altra verrai risucchiato nella Linea in cui sei passato come clandestino. In pratica perdi tutti i ricordi precedenti e tornerà a prendere possesso il te stesso che hai sostituito.»
«A te è successo la prima volta?»
«No, sono passato oltre quasi subito, ho capito che più volte passi oltre meno rischio c’è di venire risucchiati dalla vita in cui vivi. Praticamente le Morti dei tuoi vecchi corpi non ti costringeranno a nessun salto. Perché la tua mente è già passata molto in profondità.»
«Forse ho capito. Ma tu hai anche parlato di… deja-vu?»
«Esatto. Sono una componente essenziale in questa teoria. Hai presente quel cretino che veniva a dirti sempre “hai avuto un deja-vu? Vuol dire che l’hai già vissuto!»
«Sì»
«Ecco. Non era affatto un cretino, aveva più ragione di quanto sapesse. Il deja-vu nasce come una superstizione, ma in realtà prende il nome proprio da questa teoria. È un criterio nato proprio da qui. Ma c’è una cosa molto divertente riguardo i deja-vu qui dentro…»
«Sarebbe?»
«Beh, non sono banalmente solo strascichi delle vite che ti porti dietro e che poi riconosci quando ne rivedi un pezzo simile o identico nella tua nuova Linea. Cioè sì, sono questo, ma hanno un ruolo molto importante. Sono degli indizi…»
«Indizi?»
«Mh mh, indizi che il destino crea per aiutarti a tornare sulla retta via. Compaiono solo quando sei andato troppo oltre, in pratica quando hai preso di nuovo una delle Ramificazioni ma…»
«...compaiono solo quando stai vivendo una cosa già vissuta, allora è come un avvertimento, per far capire al tuo corpo e alla tua mente che stai vivendo di nuovo le stesse cose, e che forse è il caso di fare delle scelte diverse. Inconsciamente riescono a influire molto sull’andazzo della nostra vita» Si aggiunge Luna, sorridendomi.
«Cioè… io ho un deja-vu quando sono lontano dalla linea retta della mia vita, e dovrei fare una scelta per ritornarci? Cioè una specie di check-point?»
«Un cosa?» Domandano in coro Luna e Tiberius
«Ehm, niente. Lasciate perdere.» Rifletto un secondo poi domando «Ma allora la vita cerca di indirizzarti alla giusta conclusione per te… e il libero arbitrio?»
«La vita ti mette davanti più possibilità, e ti avverte, ma sei tu col tuo cervellino che devi sentire cosa è giusto e cosa no»
«Ma chi è che decide tutte queste cose? Chi è che alla fine decide che le scelte che ho fatto sono giuste per me?» Chiedo, ancora perplesso e confuso.
«Ma che devi saperlo a fare? Devi solo vivere, cazzo!» Sbotta Tiberius, sghignazzando «Non è che le Ramificazioni sono cose sbagliate, sono solo… deviazioni non troppo giuste che hai preso. Ma sono sempre la tua vita!»
«Mi scoppia la testa…» Sussurro, esausto.
«Tiberius, facciamo una pausa. È stravolto…» Dice Luna, preoccupata.
«Va bene, va bene. Passami il narghilè, mi faccio una fumatina.»
Luna passa il fumo a Tiberius, che si mette comodo fra i suoi cuscini, poi viene da me, e mi invita a distendermi sul sofà lì a fianco.
«Ti porto un asciugamano bagnato, vedrai che andrà meglio» Mi dice sorridendomi.
«Grazie.» Ricambio il sorriso, sdraiandomi. Sento i muscoli della schiena rilassarsi, e vivo un profondo momento di estasi. Tutte queste informazioni mi ronzano in testa confusamente, spero che dormendoci su ritornino ai loro posti, ordinate. Luna mi poggia il panno umido e fresco sulla fronte, la ringrazio sommessamente, mentre sento di star cadendo in un sonno profondo.
Sono esausto.
Che situazione assurda.
Sto in camera con uno che ha più di sette vite e che per averli s’è fatto mettere in coma più…
Mi alzo di scatto facendo volare la pezza sul pavimento.
«Un momento... il coma!»
«Mi chiedevo quanto ci avresti messo…» Sorride contento, gettando un'altra nube di fumo bianco. Luna, che si era spaventata alla mia reazione, si porta una mano al petto sospirando rincuorata.
Ignorando il mal di testa, mi getto di nuovo davanti a Tiberius.
«Se ho capito bene, Hermione è in coma ed è in un’altra vita adesso?»
«Bingo»
«Cosa devo fare per farla svegliare?» Domando concitato, arrancando fra papiri e libri antichi.
«Ehm, se è questo che vuoi c’è un problema…» Dice, mandando occhiate a Luna.
«Perché?»
«Perché non puoi più svegliarla.»
«Ma… ma allora cosa dovrei fare? Che senso ha?» Domando deluso.
«È  per questo che ho dovuto scegliere, Harry.» Interviene Luna, alle mie spalle. Mi volto, è in piedi con le mani l’una sull’altra, leggermente in ansia. «Ho dovuto scegliere fra te e Ron, chi potesse farlo…»
«Fare cosa? Cosa?» Domando, spostando lo sguardo su entrambi. Fanno un attimo di silenzio, in cui mi lasciano bollire nel mio brodo, li fisso concitato e sconvolto. E in un attimo Tiberius dice:
«Passare oltre con lei».

 



Prima di postarlo, ho fatto leggere questo capitolo ad un'altra persona, e mi ha detto che per lei era comprensibile. Spero lo sia anche per voi, perché l'argomento è difficile, e spiegarlo mi è costata taaaanta fatica.
A lunedì :)

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Capitolo 7
*** Addio ***


Scusate, altra domenica lontano dal pc XD ecco a voi il capitolo.
Quando ho scritto questo ho pianto.
Buona lettura, as always!



CAPITOLO VII
Addio

«PASSARE OLTRE? INTENDI DIRE MORIRE O PEGGIO FARMI ENTRARE IN COMA?»
«Harry, ascolta…» Cerca di interrompermi Luna ma io sono troppo sconvolto, parlo da solo.
«Cazzo no, sono già semi-morto una volta e mi basta, CAZZO. NO NO NO NO. Oh cazzo… cazzo. CAZZO…»
«Harry, stai calmo, calmati!»
«No cazzo, Tiberius deve esserci un altro modo, non posso… non posso portar… portare Hermio…» Mi si appanna la vista, la voce di Luna si fa sempre più ovattata e distante. Le gambe mi cedono ma non sento il botto col pavimento. Che pesantezza alla testa…

«Avevi detto che era lui, che andava bene. Che fai? Hai dimenticato tutto quello che ti ho insegnato?»
«No Tiberius, posso mettere in dubbio tante cose ma di sicuro non avrò dubbi su Harry»
«La tua risolutezza mi consola. Certo che è proprio fragilino eh…»
«Vorrei vedere te. Sapere che devi entrare in coma e non svegliarti più, non è una bella cosa qui da noi, sai? Non siamo tutti come te che ci divertiamo a giocare con la vita»
«Beh, pensala come vuoi. Sta di fatto che se vuole davvero stare con la sua Hermione questo è l’unico modo che conosco. Altrimenti può aspettare di morire e ricominciare tutto da capo. La vedrà di certo, se sono destinati come dici, non c’è niente di più sicuro.»
«Lo sono.»
«Ehi si sta svegliando!»
«Quanto chiacchierate voi due…» Borbotto, tentando di aprire gli occhi. Ringraziando al cielo la piccola lanterna in camera ha una luce così fioca da non darmi alcun fastidio. Metto a fuoco Luna e la barba ispida di Tiberius che mi sorride, come sempre.
«Allora come andiamo, giovincello?»
«Fanculo» Continuo a borbottare, mi porto le mani al viso per strofinarmi gli occhi e la testa.
«Bene direi» Scherza lui allegro, verso Luna.
«Stai bene Harry?» Mi domanda lei.
«Mh, credo di sì… che è successo?» Mi metto seduto, continuando a trascinare le parole.
«Sei svenuto, credo ti sia affaticato troppo e anche un po’ terrorizzato…» Mi informa Luna.
«Beh, ne ho abbastanza della morte…»
«Lo so» Mi sostiene, sorridendomi per rassicurarmi.
«Luna?»
«Sì?»
«Posso parlarti un attimo… da soli?» Le domando, abbassando la voce. Lei pare un po’ interdetta dalla mia richiesta ma annuisce e si volta verso Tiberius.
«Tiberius, potresti…»
«Chiamatemi quando avete finito» Blatera all’improvviso, dirigendosi verso il corridoio.
Aspetto che anche l’ultima perlina della tenda sia ferma per voltarmi verso Luna.
«Dimmi tutto» Mi precede, sistemandosi accanto a me.
«Ho un po’ di domande da farti, se non ti dispiace.» Inizio, e lei scuote il capo in senso di diniego. «La prima cosa è… come facevi a sapere del giuramento?»
Luna si morde il labbro e si sistema gli occhiali, sorridendo dice con nonchalance: «Legilimens»
«Cosa? Anche tu? Ma cos’è una mania quella di frugare nei pensieri altrui? E poi come hai fatto? Non ti ho visto usare…»
«Harry. Harry! … piano. Non ti agitare. Ti spiego subito.» Mi interrompe tentando di calmarmi, faccio un respiro profondo e la invito a continuare. «Beh, Tiberius usa questa tecnica particolare, che non ha alcun bisogno della bacchetta per essere usata. In realtà la vera tecnica prevede che vi sia un contatto fisico fra i due interlocutori, è una antica magia francese. Quando voglio leggerti nella mente devo solo toccarti, qualunque tipo di contatto, anche una carezza, e riuscirò a vedere quello che voglio. La cosa è molto più efficace del Legilimens poiché, ad esempio tu, fidandoti di me, non hai assolutamente bloccato la tua mente in quel momento…»
«In quale momento?»
«All’ospedale. Ricordi?»
Ci rifletto un attimo, e una visione di Luna che mi accarezza il volto mi passa in testa.
«Quando tu...» Dico, sfiorandomi la guancia. Lei annuisce, e subito assume un’aria dispiaciuta.
«Mi dispiace Harry, dovevo farlo. L’ho fatto anche con Ron, era l’unico modo che avevo per essere certa…»
«Ma, Tiberius non mi ha toccato quando mi leggeva il pensiero…»
«Lui è uno stadio molto avanzato. Ti ha toccato solo una volta, e nell’arco di un’ora riesce a tenere un contatto con te se stai a meno di due metri da lui. Cosa che è stata ampliata quando hai tirato fuori la bacchetta. Per lui è stato facile usarla per connettersi a te.»
«Oh, wow… Roba francese, eh…?»
«Io direi roba che conoscono in pochi…»
«Ehm, ok. Altra domanda: come hai conosciuto Tiberius?»
Luna si lascia sfuggire una risata: «È  una storia un po’ particolare. Ti dirò solo che l’ho conosciuto a Hong Kong, quando l’ho visto volevo scappare. Invece si è rivelato un’ottima guida spirituale, e un grande amico. E poi è un ottimo acquirente del Cavillo!»
«Perché è qui a Diagon Alley?»
«Beh, è un tipo che viaggia molto, ma in realtà gli ho chiesto io di venire a Londra. Appena ho saputo di Hermione gli ho domandato se poteva fare qualcosa… all’inizio ha rifiutato. Così ho cercato in tutti i modi di convincerlo ma ce l‘ho fatta solo facendo il tuo nome, che lui ha subito associato a quello di Silente.»
«Silente?»
«Sì, pare che nella sua terza vita Tiberius e Albus Silente siano stati ottimi amici. Ma la cosa gli rode un po’, perché evidentemente Tiberius faceva parte della vita “sbagliata” di Silente. Così non è più riuscito a incontrarlo.»
«Quant’è piccolo il mondo…»
«Microscopico»
Rimaniamo un attimo in silenzio, in cui rifletto sulle sue risposte e rimugino anche su quest’ultima domanda.
«Luna… Perché dovevi fare una scelta?»
Lei mi fa un lieve sorriso, sistemandosi di nuovo gli occhiali, che le erano scivolati ancora sulla punta del naso «Sapevo che l’avresti chiesto. Tiberius mi ha detto che l’unica cosa che poteva fare per me era far passare dall’altra parte qualcuno per cui fosse davvero necessario rivedere Hermione, e che avesse un contatto spirituale con lei… molto intenso. Così le uniche due persone che mi sono venute in mente siete stati tu e Ron. Voi tre eravate inseparabili. All’inizio pensavo che avrei scelto Ron, un marito e una moglie che si ritrovano è scontato... Ma quando ti ho visto, seduto su quella panchina e poi dentro l’ospedale, ho cominciato ad avere dei dubbi. Dei fortissimi dubbi. Così ti ho letto nel pensiero, e ho visto molti dei momenti che hai passato con lei, i legami che avevate, e la capacità di comprendervi al volo. Poi ho letto quelli di Ron, e tornando in ospedale quando tu eri già andato via, anche quelli di Hermione.»
«Davvero?»
«Sì. Non è stato facile, ma ce l’ho fatta. E così ho deciso.»
«Ma perché hai scelto me. Perché non Ron?»
Mi guarda come farebbe una madre al figlio che le ha appena chiesto perché il cielo è azzurro.
«Perché sei tu quello che lei vuole con sé.» Mi risponde, con un tono da: è scontato no? «Perché in qualsiasi mondo si trovi adesso, Ron è con lei, e ci sarà sempre come il caro amico che è stato. Ma lei vuole te, vuole quello che siete stati in questa vita, vuole quello che sei adesso. Non vuole ricominciare da capo...»
«Ma… ma si ricorderà di me? Se io andrò fino laggiù, lei…»
«Da qualche parte dentro di lei, c’è tutto quello che è stata in questa Linea. Ci vuole solo qualcuno che glielo ricordi.» Luna mi sorride dolcemente.
Deglutisco. Ho un nodo allo stomaco.
«Hai altre domande?» Mi chiede. Annuisco lentamente.
«Ma, se io me ne andassi, cosa succederebbe a Ron, Ginny, i miei figli…»
«Ron se la caverà, ha tanto amore intorno a sé. Ginny è forte, e forse smettere di far finta di essere la coppia felice e perfetta le farà bene. E i tuoi figli hanno le loro famiglie adesso. Harry…» Aggiunge poi, fissandomi intensamente «Questa è una strada senza ritorno, ma c’è anche una sola chance. Devi prendere una decisione.»  
Continuo a deglutire, ho la gola molto secca. Stringo i pugni sulla stoffa dei miei pantaloni, sudando freddo.
«Voglio parlare con mio figlio, Albus.» Dico in un soffio. Luna spalanca gli occhi, sorpresa.
«Al? Non lo so… cosa vuoi dirgli? Non so se Tiberius ti lascerà raccontargli tutto…»
«Non ho bisogno di raccontargli tutto, devo solo parlargli…»
Un attimo di silenzio, in cui Luna non sa cosa dire, in quel momento le perline della tenda tintinnano e l’ombra di Tiberius ne appare dal centro.
«Va bene. Va’ pure da tuo figlio.»
Gli rivolgo uno sguardo tanto grato.

Dopo aver passato la notte in quella bettola, dormendo su una pila di cuscini che mi hanno lasciato piuttosto distrutto, esco dal vicolo di Notturn Alley insieme a Luna. Appena fuori togliamo il cappuccio e lei mi fa un grande sorriso, abbracciandomi.
«Sii forte» È l’unica cosa che dice, per poi darmi un bacio sulla guancia e sparire di nuovo dentro il vicolo.
Lascio la mantella nera indosso, le strade sono gelate anche con tutti questi passanti in vena di shopping natalizio.
Dovrei essere affamato, visto che l’unica cosa che ho trangugiato da più di quindici ore sono solo un paio di tazze di tè. Ma ho lo stomaco chiuso, sigillato. Ringrazio il cielo di essere crollato dalla stanchezza stanotte, se non avessi dormito starei ancora peggio.
Fortunatamente l’ufficio di Albus non è molto lontano dal centro, e solo dopo una quindicina di minuti suono al campanello e salgo al primo piano di questa vecchia e storta palazzina adibita a uffici contabili di tutti i tipi.
«Oh Mr. Potter, buondì. Come sta?» Mi chiede Louis, il ragazzo dietro il banco ricevimenti.
«Molto bene grazie. Mio figlio Albus?»
«Certo, mi segua» Mi sorride, facendomi segno con la mano di seguirlo. Attraversiamo i vari cunicoli, fra un gran borbottare e tanto rumore di penne sulla carta.
Louis mi porta fino ad una porta in vetro, in un ufficio privato in fondo all’enorme sala. Bussa un paio di volte e apre la porta.
«Louis sono davvero pieno di grane, spero che sia importante» Dice altero Albus, chino su un mucchio di carte.
«Signore c’è qui suo padre» Risponde netto Louis, attirando subito l’attenzione di Al che alzando la testa, sorpreso, mi fissa come se fossi un fantasma.
«Papà?» Io lo saluto con un cenno del capo, e lui fa un segno a Louis, congedandolo. Quando la porta si chiude alle mie spalle, dico:
«Esimio direttore generale, spero di non averla disturbata…» Albus posa la lente che stava usando per scrutare i documenti e preoccupato mi chiede:
«L’ultima volta che sei venuto a trovarmi a lavoro era per via della zia…»Facendomi intendere la sua ansia nel vedermi lì.
«Sei sempre stato molto perspicace…» Mi si spezza la voce nel dirlo, e forse mi si spezza il cuore a vederlo lì, davanti a me, ancora parte della mia vita. Lui percepisce la mia voce rotta e si alza, girando attorno alla scrivania per venirmi vicino.
«Papà, cosa succede?» Mi fa sedere su una delle poltroncine, nell’altra si accomoda lui, fissandomi agitato.
«Ho parlato con la zia Luna» Mi basta dire questo perché il suo sguardo si tramuti in piena comprensione.
«Ha scelto te?» Non rispondo, annuisco solamente. «Ebbene? Cosa devi fare per la zia? C’è qualche speranza?»
Mi strofino il viso con la mano, e poi mi sporgo lentamente verso di lui. «Lei non si sveglierà mai più, questa è una cosa certa.»
«Ma allora… qual è la soluzione della zia Luna?» Mi domanda confuso.
«Ascolta Albus, non posso spiegarti tutto. Ma ho bisogno che tu sappia, altrimenti potrei impazzire…» Gli prendo una mano fra la mia, e lo scruto intensamente. Lui ha un’aria terrorizzata, ma mantiene il controllo di sé.
«Ti ascolto…»
«Io amo Hermione.» Albus annuisce, silenzioso come una tomba «E non c’è modo di svegliarla. Ma impazzisco se lei non è qui con me.» Annuisce ancora, lentamente «Voglio essere con lei, e la zia Luna ha trovato il modo»
«E… e come si può fare?» Fa questa domanda, ma credo abbia già intuito la mia risposta. Infatti non dico nulla, e poco dopo la sua espressione si raggela.
«Papà…» La sua voce è un soffio tremulo. Ha un attimo di smarrimento, in cui i suoi occhi saettano dappertutto. Ma lui è incredibile, perché sta immobile, fermo come una statua, controllando perfino il respiro. Improvvisamente mi chiede: «Perché mi dici tutto questo?»
«Non lo so. Forse voglio che tu stia vicino a tua madre quando me ne andrò. Oppure voglio la tua approvazione, non lo so, davvero…»
Mi fissa intensamente, forse mi sta odiando, sta odiando suo padre perché egoisticamente lo abbandonerà per sempre. Se ne andrà per sempre e non tornerà mai più. Io mi odierei, ma lui è più forte di me.
«Sarai sempre mio padre.» Sussurra intensamente, come se mi leggesse nel pensiero.
«Sarai sempre mio figlio, ovunque andrò.»
Fa ancora silenzio, fissando un punto imprecisato nel muro. «Tu e la zia sarete insieme? Ne sei… certo?»
«Abbastanza per fare questa pazzia»
«La mamma me l’aveva sempre detto che non aveva mai conosciuto nessuno come te. Pazzo come te. Qualcuno che quando ama una persona farebbe a pezzi il mondo per lei.»
«Sto facendo a pezzi il mio mondo per lei.» Sussurro fiocamente, è come se la mia voce venisse da molto molto lontano. Albus mi sorride.
«Non preoccuparti per noi. Penserò io alla mamma. Le ferite si rimarginano»
«Restano le cicatrici però…»
«L’importante è che prima o poi smettano di sanguinare.»
Gli voglio bene come non mai. In questo momento Albus ha tutto il mio amore. Mi fa capire quanto sia fortunato, quanto lui sia un pezzo di me, e quanto lo sarà per sempre.
Facciamo un momento di silenzio, interminabile. In cui gli tengo la mano, immobili come se si fosse bloccato il tempo.
Ci sveglia solo la pendola dell’orologio, che batte mezzogiorno. Come a ricordarmi che il tempo è scaduto.
Gratto sui braccioli in legno della sedia, e con molta fatica mi alzo. Albus mi segue e i nostri occhi, identici si incontrano di nuovo.
Ed è lì che vedo il suo volto contrarsi.
Mi si getta addosso, abbracciandomi fortissimo. Non dice nulla, ma lo sento, attutito dal mio mantello, piangere come un disperato, tentando in tutti i modi di trattenersi. Lo stringo a me, e improvvisamente tutti i ricordi della sua vita mi passano davanti. Piango anche io, silenziosamente, ma stringo violentemente le mie mani sul suo gilet di seta.
«Ti prego…» Lo sento inaspettatamente chiedere, soffocato sulla mia spalla «Ti prego non ti dimenticare mai di noi, ovunque andrai. Ti scongiuro…»
«Non potrei mai farlo. Figlio mio…»
«Papà…» Singhiozza fortissimo «Sii felice, o giuro che…» Lascio un singhiozzo di riso stavolta, all’idea della sua finta ma giustificata minaccia.
Non diciamo altro, e stiamo così diversi minuti, finché non lo sento calmarsi ed esaurire tutte le sue lacrime. Lentamente alleggerisce la presa sui miei vestiti, poi la morsa in cui mi stringeva, infine, prima di allontanarsi definitivamente, si asciuga le lacrime, ancora nascosto nella mia spalla, dove io non possa vederlo. Poi si allontana, ha i capelli arruffati, e sotto il rosso del pianto i suoi occhi verdi sono lo specchio dei miei.
In questo momento un piccolo calore mi rincuora il petto, perché ho la certezza che una parte di me vivrà per sempre in questa vita.
«Addio papà» Mi sussurra immobile.
«Addio Albus, mi dispiace non poter vedere tua figlia»
Lui mi sorride. «Ti conoscerà meglio di quanto credi. La tartasserò di racconti, di quanto mio padre fosse stupido e cocciuto» Abbiamo il tempo di sorridere, un’ultima volta.
«Ti voglio bene, Al.»
«Anche io papà».

Alle volte fa bene il freddo. Col cappuccio abbassato, cammino fra la gente spendendo ancora lacrime silenziose. Mi guardo intorno e vedo persone che fanno parte di una vita che fra pochi giorni, o poche ore non mi apparterà più, sono tutti sconosciuti ai miei occhi ma è come se mi importasse perfino di loro e dei gesti che compiono in questi istanti in cui calco la terra di quella che pensavo essere la vita che avrei sempre conosciuto. E nient’altro.
Quando ero giovane pensavo che mi avrebbe ammazzato Voldemort, poi il pensiero è andato a qualche pazzoide che cacciavo da Auror, e alla fine, una volta ritiratomi credevo sarei morto nel sonno, in silenzio, per compensare gli anni così accelerati e incasinati della mia vita. A volte pensavo che mi avrebbe ammazzato Ginny, per l’esasperazione. Ma mai avrei pensato di poter scegliere la mia morte. Soprattutto mai avrei pensato di poter fare qualcosa di simile, solo per lei.
Mi fermo davanti ai “Tiri vispi Weasley”, sorrido, asciugandomi le guance, ed entro.
Giro in tondo fra bambini impazziti e genitori sull’orlo di una crisi di nervi, mi soffermo a guardare le chincaglierie e le ultime pazzie di George. Poi mi sposto in un angolo, e osservo la foto dei due pazzi che hanno inventato questo posto. Impossibile distinguerli, Fred e George all’inaugurazione del negozio, ai tempi in cui a noi tutti non mancava niente, tra cui George che aveva ancora suo fratello, per non parlare del suo orecchio. Sorridevano come matti, agghindati come l’imprenditore di un circo.
Il mio sguardo si sposta alla targa che conosco a memoria: “Il divertimento è necessario come respirare - Fred Weasley co-fondatore di questo tempio dello scherzo”. E sotto: “Per sempre nei nostri cuori. Famiglia Weasley.” Mentre la leggo ripeto le parole a memoria, mimando con le labbra.
Sento di nuovo le lacrime sovvenire, decido così di spostarmi altrove, salendo le scale per cercare George. Lo trovo intento a spiegare concitatamente a un gruppo di bambini come funziona un nuovo articolo, e appena finito i ragazzini si diradano urlando e spintonandosi per chi dovrà farlo funzionare per primo.
«Vecchia volpe?» Dico, per attirare la sua attenzione.
«Oh ma guarda, il mio cognato preferito!» Mi sorride, stringendomi la mano e dandomi un veloce abbraccio con pacca sulla spalla. «Qual buon vento tira in poppa per portarti qui?»
«Tira forte questo vento, amico mio. Volevo solo vedere come te la passavi» Ho imparato solo dopo tanti anni a dare corda alle pazzie di George, lui sghignazza.
«Me la passo da Dio, amo il natale, è il periodo dell’anno più redditizio, dopo Halloween ovviamente…»
«Papà! È arrivato il carico di gomma-più-si-allunga norvegese, dove lo piazzo? Oh, zio Harry!»
Roxanne mi saluta, sorridendo, sbucando dalla scala.
«Mmh, portali in laboratorio, ci lavoro subito dopo pranzo» Le risponde George.
«Sissignore» Replica attenta Roxanne, sgusciando di nuovo di sotto, urlando ordini ai corrieri.
«È diventata una bellissima donna» Commento, sorridendo nel vederla rimproverare un corriere.
«Sono fiero dei miei ragazzi. Ma se non avessi lei qui sarai totalmente spaesato»
«Fred che combina?»
«Ha appena avuto una promozione, qui dentro non ci metterà mai più piede se continua così…»
«Forza amico. I ragazzi hanno le loro vite, e questo posto è il centro di Diagon Alley. E poi Roxanne lo editerà, no?»
«La mia Roxanne, è lei l’anima di questo posto.» Ammette, appoggiandosi alla ringhiera e osservando sua figlia lavorare intensamente.
Guardo George mentre lui non mi nota, e vedo sempre una parte della mia intera vita, chissà come sarà rivederlo dall’altra parte. Gli poso una mano sulla spalla e dico: «In bocca al lupo per tutto, amico» Lui si volta e mi sorride, e io ne approfitto per abbracciarlo.
«Ehi, come mai così sentimentale oggi?» Mi domanda, ma ricambia l’abbraccio con calore.
Appena mi allontano faccio spallucce «Non lo so. Starò invecchiando…»
«A chi lo dici, Harry. A chi lo dici.» Sorride, io ricambio e decido di andare. «Alla prossima, mi devi ancora una rivincita alle Gobbiglie!» Mi urla dalla scala.
«Puoi giurarci…» Mi si spezza la voce solo a dirlo.

Mi materializzo a casa e sento qualcuno sobbalzare e tirare un urletto spaventato. Mi volto in quella direzione e vedo Ginny con una mano al petto, fissarmi truce.
«Quante volte ti ho detto di materializzarti in giardino?»
«Scusa» Dico senza animo, mi tolgo il mantello nero e vedo che lei lo fissa con una strana smorfia in viso. Probabilmente chiedendosi da dove provenga. Non mi domanda dove sia stato tutta la notte, ormai non ci importa più dove va l’uno e l’altra. Ancora col mantello in mano, la osservo seduta nella poltrona a leggere un libro, come se io non esistessi.
«Ginny?»
«Mh?» Mugugna senza voltarsi.
«Ti va di invitare James e Lily a pranzo?»
In quell’attimo di silenzio attonito, lei si volta lentamente verso di me credendo di non aver capito bene. «Vuoi… vuoi invitare James e Lily?»
«Sì, Albus è ancora a lavoro, pensavo…»
«No, no… va bene io…»
«Mando loro un gufo» E mentre lo dico le sorrido. Lei mi fissa sbigottita, come se fossi appena tornato in vita. Non sa quanto è lontana dalla realtà questa sensazione. 
Salgo in mansarda col gufo sul braccio. Apro la finestra e lo lascio volare via. Rimango qualche secondo a fissare quel piccolo frammento di cielo azzurro farsi strada fra le nuvole uggiose.
Erano settimane che non ne vedevo un pezzo.

Aiuto Ginny a portare tutto in tavola, in attesa dei ragazzi. Che nel frattempo hanno risposto entusiasti alla mia richiesta. Lei non parla, ma ha come un’aria eterea, si trascina da una camera all’altra senza capire bene cosa stia accadendo, e io la seguo aiutandola in tutto quello che fa.
Sento le sue occhiate addosso quando non la guardo, e la sua voce strozzata dentro la bocca, costringendo sé stessa ha sopprimere quel desiderio di dirmi qualcosa, qualunque cosa.
Il campanello suona e concitatamente Ginny corre ad aprire. Sento un gran fracasso e dopo il normale silenzio pesante tipico del nostro appartamento, i bambini prendono possesso di tutta la casa.
Mi unisco a loro pregando il mio animo, in tutti i modi possibili, di non tradire i miei nervi.
«Papà!» Lily mi viene incontro abbracciandomi felice. James mi sorride, dandomi una pacca sulla spalla e un bacio sulla guancia.
«Nonno! Nonno! Nonno!» Un tripudio di bambini mi assale, prendo in braccio il più piccolo, Oscar che mi stampa un bacione sulla guancia, inumidendola tutta.
«Come stiamo piccole pesti?» Domando, inginocchiandomi e posando Oscar di nuovo a terra. David salta come un pazzo, mentre Francine, la più grande, mi sorride orgogliosa.
«Ho letto tutti i libri della mia libreria, li ho finiti oggi!»
«Ma che brava, mi ricordi terribilmente qualcuno che conosco…» Dico abbassando sempre di più la voce per non farmi sentire da Ginny.
«Oh Harry, ti trovo bene!» Mi saluta Annette, la moglie di James.
«Grazie, anche tu sei splendida»
«Harry!» Ed eccolo, Micheal, entusiasta e euforico come sempre. Entra per ultimo portando con sé la borsa piena di giochi per i bambini.
«Su, a tavola!» Ordina Ginny. James chiama Francine, e Micheal invita David a fare il bravo, per una volta. Mentre Lily prende in braccio Oscar per aiutarlo a salire sulla sedia.
«Albus?» Mi domanda Annette, mentre ci accomodiamo.
«Lavoro» Rispondo alzando il coperchio dello stufato.
«Quel ragazzo dovrebbe calmarsi, sta sempre su quelle carte…» Commenta Annette, portandosi il tovagliolo alle gambe.
«E pensare che tutti credevamo avrebbe fatto l’Auror come te, papà» Risponde James, versandosi del vino.
«Già, i soliti maschilisti. Invece sono finita a farla io e vi ho zittiti tutti» Sentenzia Lily, mentre taglia in piccoli pezzetti lo stufato per Oscar.
«La mamma è la più fortissima Auror di tutto il ministero! Yaaa!» Urla David, mettendosi in ginocchio sulla sedia e usando la forchetta come se fosse una bacchetta.
«Esatto amore mio, la più fortissima» Sorride Lily, creando una risata generale.
«Mia figlia è sempre stata un genio con la bacchetta, più di James e Albus» Ricorda orgogliosa Ginny.
«E io un genio con la scopa, mamma. Entrambi abbiamo preso le qualità migliori dai nostri genitori, no?» Si aggiunge James, interrompendo Lily nel dire qualcosa.
«Già, tesoro, ma avrei preferito che continuassi a fare il Cacciatore piuttosto che il manager dei Cannoni di Chudley…» Confessa Ginny.
«Mamma, l’imprenditoria è un ramo prolifico nel Quidditch, se continuo così potrei finire a fare il Manager della nazionale!» Questo commento di James fa alzare un coro di lamenti ironici.
«Continua a sognare, fratellone» Lo schernisce Lily. James mette il muso, ma ci pensa Micheal a riportarlo in allegria, domandandogli come procede la stagione. Facendo alzare gli occhi al cielo a Lily e Annette.
«Ed eccoli che attaccano, spero che la mamma non…» Inizia Lily, per poi interrompersi vedendo Ginny intenta in una proficua discussione con il figlio e il cognato, riguardo le strategie d’attacco migliori consigliate per i Cannoni di Chudley.
Osservo la mia famiglia, e mi sembra di essere tornato ai periodi migliori della mia vita. Prima di rendermi conto di aver commesso l’errore più grande che potessi fare, rinunciare ad Hermione.
È così crudele pensarlo adesso, mentre sono tutti seduti davanti a me a vivere un normalissimo momento in famiglia. Ma forse è proprio per questo che non si sono ripetuti eventi simili per anni, perché ogni volta che accadeva, pensavo a come sarebbe stato se ci fosse stata Hermione al posto di Ginny. E la colpa mi lacerava così tanto che non dormivo per giorni, e non riuscivo più nemmeno a guardare Ginny negli occhi senza sentirmi soffocare.
Amo i miei figli, questo per me è ineluttabile. Ma chiedermi se io abbia mai, anche solo una volta, davvero amato Ginny è un dolore troppo grande. Mi sento così in colpa nei suoi confronti.
Lily mi chiama, vedendomi assorto, e le rispondo con un sorriso, stringendole la mano e dicendole che va tutto bene. Perché deve andare bene, è l’ultimo pranzo con la mia famiglia.

Micheal prende per mano David, e mi viene incontro stringendomi la mano, ringraziandomi per la meravigliosa giornata.
«Di nulla.»
«Spero lo rifaremo!» Esclama entusiasta, ma non ho proprio voglia di mentirgli, così lo tiro a me per la mano e gli sussurro:
«Sei un ottimo padre e un ottimo marito, Mike, spero farai sempre del tuo meglio.»
Lui mi fissa un po’ sorpreso, ma con la sua solita euforia annuisce dandomi una pacca sulla spalla. «Certo! Contaci» Mi sorride un’ultima volta e strascina un assonnato David con sé, a cui do un piccolo bacio, ricambiato alla ben e meglio.
«È stato bellissimo Harry. Spero lo rifaremo presto, beh, buona serata!» Annette mi da un bacio su entrambe le guance e sgattaiola fuori con Francine alle sua spalle, che mi saluta con un bacetto casto casto sulla guancia. Io le strappo un piccolo abbraccio e la saluto dicendo:
«Leggi tantissimo, e sii sempre una persona corretta, ok?» Francine annuisce, anche se un po’ perplessa e segue la madre in giardino.
«A presto papà» Mi saluta James, tendendomi la mano. Io lo fisso un attimo, e poi lo abbraccio forte.
«Ti voglio bene, James. Sii sempre il grande uomo che sei»
Lui è piuttosto spiazzato da questa mia improvvisa dimostrazione di affetto così spinta, ma ricambia il mio abbraccio, anche se con imbarazzo, e risponde:
«Anche io ti voglio bene papà, se davvero sono un grande uomo è perché sono cresciuto con un grande uomo» Lo stringo ancora più forte, e con due pacche sulle spalle alla fine ci salutiamo e lui si unisce a sua moglie, continuando a salutarmi dal giardino, mentre Micheal attira la sua attenzione parlando ancora di Quidditch.
E infine resta Lily, che si era trattenuta un attimo parlando con Ginny, raccogliendo le cose di Oscar sparse per il pavimento. Mi viene incontro con il bambino addormentato in braccio e la borsa dall’altra parte, apre un braccio per salutarmi affettuosamente.
«Vieni qui» Le dico, abbracciandola stretta a me, come facevo quando era ragazzina e terrorizzata dal mondo.
«Oggi sei strano papà, ma strano mi piace» Mi dice, allontanandosi un poco da me, per sorridermi.
«Sei sempre più bella, figlia mia. Sei il nostro piccolo capolavoro, lo sai?» Le sussurro, accarezzandole la guancia. La vedo arrossire lievemente e chiudere gli occhi alla mia carezza.
«Grazie mille per oggi papà, è stato importante per me» Mi confida.
«Di niente, angelo mio. Promettimi solo una cosa…» Inarca un sopracciglio perplessa «Promettimi che non ti dimenticherai mai quanto ti amo, e che sarai sempre la donna forte e intelligente che sei adesso» I suoi occhi si incupiscono per un attimo.
«Papà… che succede?»
«Niente, amore mio. È tutto ok.» Faccio una fatica incredibile a dirlo senza crollare «Dai, su, promettilo»
Lily mi scruta ancora per cercare indizi di qualche presagio negativo, ma alla fine deve cedere, spinta da un lamento sommesso di Oscar fra le sue braccia. «Te lo prometto papà»
«Brava la mia bambina.» Mi chino a darle un bacio sulla guancia, e uno anche ad Oscar, sussurrandogli una piccola ninna nanna. Le sorrido e la lascio andare.
Anche alzando la mano per salutarmi, prima di andare via tutti sulla passaporta in giardino, Lily mi scruta preoccupata. Li osservo scomparire per sempre dalla mia vita, sospirando.

Dopo aver aiutato Ginny a sparecchiare, trattengo il fiato per qualche secondo per poi gettarlo immediatamente. Riprendo il mio mantello nero e lo indosso, sapendo di avere un’ultima visita da fare.
«Dove vai?» Mi domanda Ginny, per la prima volta dopo anni. Io, già con la mano sulla maniglia, ci metto un attimo a trovare il coraggio di guardarla negli occhi, poi però riesco finalmente a dirle:
«Vorrei che tu sapessi che non c’è stato giorno della mia vita in cui io non abbia sofferto come un cane per il male che ti ho fatto. Avrei voluto che tu fossi felice, ma non sono stato capace di darti altro se non tre splendidi figli.» Lei mi fissa attonita, immobile, ammutolita dalle mie parole. «Mi dispiace così tanto Ginny. Meritavi molto più di questo.» Concludo, lanciandole un ultimo sguardo per poi uscire di casa, smaterializzandomi in giardino, prima che lei potesse rincorrermi e dire qualunque cosa.
Ormai il sole sta tramontando, Tiberius starà imprecando in tutte le sette lingue che conosce.
Sono davanti a questa porta, e mi sento come un peccatore in chiesa. Ma sono le mie ultime occasioni, devo essere coraggioso e affrontare i miei demoni.
Busso tre volte, finché una voce strascicata e grezza non chiede: «Chi è? Non c’è nessuno in casa»
«Ron…» Dico, tremando «Sono io, Har…» Ma non finisco la frase che la porta si apre, e quello che vedo mi terrorizza.
«Harry?» Ron mi fissa incredulo, ha gli occhi cerchiati e l’azzurro si è spento quasi del tutto. Una barba a metà fra il rosso e il bianco gli copre il viso e gran parte delle lentiggini che gli sono rimaste con gli anni. La calvizia tipica dei Weasley gli ha lasciato una fronte alta e spaziosa come quella di suo padre. Ha indosso il pigiama, e da quel che vedo dietro di lui la casa è un vero porcile.
«Posso entrare?» Domando con garbo. Lui sbatte le palpebre diverse volte e poi mi fa spazio.
Avanza davanti a me, spostando con i piedi giornali e vestiti dal pavimento, toglie una pila di maglioni da una poltrona che ricordo molto bene: era quella di Hermione. Mi invita a sedermi.
Lui, nella sua poltrona logora, rossa, mi fissa ancora incredulo della mia presenza.
«Che ci fai qui?» Mi chiede, sembra che tremi, come se fosse perennemente sotto shock.
«Volevo vedere come stavi»
«Ecco, l’hai visto come sto. Se non avessi Rose…»
«Perché non ti dai una mossa anche tu? Non puoi sempre aspettare tua figlia no?» Ecco, lo sapevo. Tutto a puttane. Mi ero preparato un bel discorso da fargli e invece alla prima occasione lo stuzzico come non si dovrebbe fare con il cane che dorme.
«Sei qui per umiliarmi?»
«No Ron, vorrei vedere il mio mi…» Sto per dire “migliore amico” ma ripensando al fatto che tra qualche ora potrei essere con sua moglie in un'altra dimensione, cerco almeno di non fare l’ipocrita «… il mio amico darsi una svegliata e riprendere in mano la sua vita!»
«Sono solo come un cane, Harry. Hermione non c’è più, non si sveglierà più e io non so cosa fare… non sai cosa significhi…»
Stringo i pugni serratamente sui braccioli in legno della poltrona.
«Ogni volta è la stessa storia…» Digrigno i denti «.. oh povero Ron, oh povero disgraziato. “E tu Harry non sai cosa significhi e tu non ne hai idea”. Cazzo, Hermione faceva parte anche della MIA vita!»
«Ma tu non sei suo marito.» Sbotta immediatamente, come se si fosse tenuto questa frase per anni e anni nella gola. Sotto il suo sguardo martoriato dal dolore, vedo una sfida, degli occhi ancora vivi di rabbia.
«Mi dispiace Ron.» Torno indietro, so di avere esagerato.
«Già, ti dispiace. Vi ho sempre invidiati. Credevo che una volta sposati avremmo condiviso tutto io e lei, invece no. C’era sempre Harry. La vostra amicizia era un legame più forte di questo cazzo di anello che porto al dito.» Dice, alzando la mano sinistra.
«Ron…»
«Sempre escluso. C’erano cose di cui non parlava mai con me. Non facevamo più nemmeno l’amore. E quelle poche volte che capitava avevo l’impressione che non fosse con me, o peggio che pensasse a qualcun altro…» Fissa il vuoto davanti a sé, lascivo su quella poltrona.
«Non dire cazzate…» Ribatto, mesto.
Passano diversi istanti infiniti, silenziosi. Stringo così tanto le dita sul legno che sento le unghia grattarvi sopra, lasciandovi dei segni.
«Vorrei che sapesse quanto la amo…» Soffia poi, spezzando quella apparente quiete.
«Lo sa, Ron. Hermione lo sa molto bene» Dico, e nell’ennesimo silenzio che cade dopo, entrambi lasciamo andare un sospiro dall’anima. Come se ci fossimo liberati di un peso.
«Ehm… forse ho ancora del Whisky Incendiario da qualche parte…» Afferma, cominciando a fissare il pavimento.
«Credo sia quella bottiglia dietro la tua poltrona.» Gli indico il punto e lui sorride sotto la barba incolta.
«Ah, eccolo. Ora il difficile sarà trovare un paio di bicchieri puliti…» Corruga la fronte, pensando intensamente ai bicchieri.
Io sospiro, e ritrovo il mio vecchio amico, mai cambiato in cinquant’anni. Tiro fuori la bacchetta e trasmuto due giornali.
«Ah vero. La bacchetta… se solo sapessi dov’è la mia…» Borbotta, stappando la bottiglia.
Sorrido, e prendo il bicchiere dopo che vi ha versato il whisky, li alziamo per un tacito brindisi e mandiamo giù tutto d’un sorso.
Sento la gola bruciare e trattengo un colpo di tosse, mentre Ron se ne versa subito un altro.
«Sai Harry? Forse non hai tutti i torti…» Beve in un sorso un altro bicchiere «… Hermione non sarebbe molto fiera di me se vedesse cosa sono diventato… » Mi versa dell’altro Whisky e a sé la terza porzione. «Ha passato tutto il nostro matrimonio ad insegnarmi ad essere autosufficiente senza di lei, ed è così che la ripago?» Ancora un altro bicchiere alla goccia.
Butta fuori un respiro trattenuto, e poggia il bicchiere sul tavolino davanti a noi, con un tonfo.
«Basta.» Dice risoluto. «Questa non è vita…» Non lascia la bottiglia, io tengo il mio bicchiere ancora pieno a mezz’aria e lo osservo attentamente. Ma in quel suo tentativo il volto gli si tramuta in una smorfia di dolore, e subito comincia a piangere. Portandosi le mani al viso.
Poggio il bicchiere sul tavolino e mi avvicino a lui, mi chino e gli stringo una spalla, mentre singhiozza sommesso sotto le sue mani.
«Oh cazzo Harry, non so come fare… non so come fare… la mia vita è finita…»
«Non dire stupidaggini Ron, l’hai detto tu stesso. Cosa direbbe Hermione se ti vedesse così?»
«Mi ammazzerebbe» Mugugna, togliendosi le mani dal viso e asciugandosi malamente il naso con il palmo. «Ma lei era tutta la mia vita…»
«Lo so Ron. Ti capisco.» Sussurro mesto «Ma la vita continua, hai i tuoi figli e dei bellissimi nipoti…»
Lui mi guarda, tentando di asciugarsi il viso. «È vero. La mia famiglia, ho sempre loro. I miei figli, i miei fratelli, Ginny e te…» Mi si conficca una spada nel cuore, fa malissimo. Maledetto senso di colpa. «…sono un idiota» Conclude.
«Sei solo un marito che ha perso la moglie.» Aggiungo, per consolarlo. Lui annuisce.
«Già. Oddio, povera Rose…» Si porta di nuovo le mani al viso, vergognandosi. «Che inferno deve essere stato per lei.»
«Sei suo padre, Ron.»
«Sì, ma non è così che una figlia dovrebbe vedere il padre… no, basta.» Si alza di scatto. «Basta.» Fissa la bottiglia di Whisky davanti a noi, e in un impeto la prende, dirigendosi poi verso la cucina. Lo seguo perplesso, e lo trovo a svuotare tutto nel lavandino, con una viso attento e concentrato, risoluto. La butta in mezzo alla pila di piatti sporchi, poi si volta verso di me.
«Grazie Harry» Sento un'altra fitta al torace.
«Non ringraziarmi…» Sbiascico simulando un sorriso. Ma sono serio. Ron, non ringraziarmi.
Rimaniamo a fissarci, e vedo di nuovo Ron in quel volto, e l’azzurro dei suoi occhi lentamente riprendere vita.
Il colore fortemente arancio della stanza però mi desta improvvisamente. È tardi.
«Io… devo andare» Lui sembra dispiaciuto, ma non oppone resistenza.
«Ci vediamo nella mia nuova vita, allora, Harry?» Mi saluta scherzosamente.
«Oh, puoi contarci» Non sai nemmeno quanto sia vero, Ron. Nemmeno quanto.
Lo stringo in un abbraccio, e lui ricambia sorridendo. Le nostre ultime pacche sulle spalle, e poi via, fuori dalla porta. Dove negli ultimi strascichi del giorno vedo con mia sorpresa il cielo completamente privo di nuvole, tinto di un viola meravigliosamente incantevole.
Mi volto un’ultima volta verso Ron, alla porta, che mi fa un cenno con la mano. Gli sorrido, e sussurro: «Ti prego, Ron. Non odiarmi» Smaterializzandomi.



A giovedì ;)

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Capitolo 8
*** Un Viaggio della Mente ***


Caldoooo!
Buona lettura!




CAPITOLO VIII
Un viaggio della mente


«Potevi almeno mandare un gufo!» Esclama Tiberius, frustrato.
«Scusa, ma…»
«Voi e i vostri dannati sentimentalismi, li rincontrerai tutti nella tua nuova vita…»
«Non i miei figli e i miei nipoti» Proferisco deciso, fissandolo storto.
«Ah, io ho avuto cinque figli in tre vite diverse, e credo stiano tutti benissimo, che se la siano cavata molto bene anche senza di me.»
«Non siamo tutti come te, Tiberius» Lo zittisce Luna, gettando il mantello in un angolo. Mi sono scusato con lei per tutto il tragitto fino a qui. Mi ha aspettato al freddo per due ore e mezza.
«Ah, non fraintendetemi, non sono un insensibile, e tu lo sai…» Continua Tiberius, indicando eloquentemente Luna, che alza gli occhi al cielo «… dico solo che ad un certo punto della tua vita devi uscire dalla gabbia. Ti è anche dovuto da parte loro, non credi Harry? Tornare a vivere la tua vita è il più grande regalo che possano farti dopo che tu gli hai donato la loro.» Si getta indietro, sui cuscini, soddisfatto, riprendendo il narghilè. Io mi accomodo sul sofà, pensando che il suo discorso non è proprio inutile, e che si avvicina molto a quello fattomi da Albus. «Bene, ora che i convenevoli sono stati fatti portiamo a termine i nostri doveri?» Sbotta Tiberius, cercando di darci una svegliata. Luna sospira, e si trascina accanto a noi trasportando un paio di libri molto pesanti e qualche pergamena. Le do una mano, posando tutto al centro.
«Ah, molto bene…» Comincia Tiberius. Credo che “molto bene” sia una specie di tic nervoso per lui… «…vedi tutta questa roba Harry?» Mi domanda, indicando il marasma di documenti davanti a me, io annuisco «Beh, tu avresti dovuto impararli a memoria come ho fatto io a suo tempo…»
«Cosa?» Sbotto attonito. Lui sghignazza.
«Ho detto “avresti dovuto”, presta attenzione» Sospiro, rincuorato «Il problema è che ci sono dei principi fondamentali che non puoi ignorare.»
«E cioè?»
«Beh, non c’è nulla di molto pericoloso, perché parti già da una condizione orribile, quale è il coma. Quindi non è che rischi di morire o cose simili, sei già fottuto. Perciò il problema principale è farti riacquistare la memoria di questo mondo, una volta che sarai dentro… »
«Tiberius… forse è meglio spiegare ad Harry cosa faremo per farlo passare oltre. Non credi?» Lo interrompe Luna, disciplinata. Tiberius fa un cenno col capo come a dire: hai ragione, e la invita a espormi i fatti, mentre lui dà un’altra aspirata al narghilè. Ma non si stancherà mai di quel coso? «Va bene, Harry, ti spiego» Comincia Luna «… tu dovrai accedere allo stesso periodo temporale in cui si trova Hermione adesso, perciò dovrai passare oltre con un collegamento diretto alla sua mente. Per fare questo entreremo al San Mungo e ti faremo avere una connessione con lei, a questo ci penserà Tiberius. Per entrare, come sai, dovremo portarti al coma, nello stesso stadio profondo in cui si trova Hermione.»
«E come farete? Non mi prenderete mica a bastonate?» Scherzo per smorzare i toni, ma Tiberius mi butta il fumo in faccia costringendomi a tossire, Luna lo guarda storto.
«Adesso sarei tentato, ma no…» Dice, avvicinandosi a me «Userò un incantesimo inventato da me, lo compivo su me stesso ogni volta che volevo attraversare una Linea. È a metà fra uno Schiantesimo e un Avada»
Spalanco gli occhi «Ma… è sicuro? Perché se muoio va tutto… poof!» Mimo una piccola esplosione con le mani. Tiberius mi sorride.
«Fidati, è sicuro al novantacinque percento!»
«E l’altro cinque percen…»
«Trascurabili dettagli…» Mi zittisce subito, agitando la mano in modo teatrale.
«Ah.»
Luna attira la mia attenzione, facendo gesto con le mani a Tiberius di tenere il fumo dalla sua parte di stanza.
«Comunque Harry, una volta effettuato il Nirvāṇa…»
«Nirvāṇa?»
«Si, l’ha chiamato così, è piuttosto megalomane, che vuoi farci?» Mi risponde scocciata, gettando un occhio verso il diretto interessato.
«Sono un genio. Che vuoi farci?» Replica Tiberius divertito, masticando la pipa del narghilè.
Luna gli fa una faccia a metà fra un sorriso e una smorfia e poi torna a me «Dunque, come dicevo, una volta effettuato il Nirvāṇa, sarai dentro la nuova linea. Il passaggio potrà essere traumatico poiché essendo arrivato ad una certa età della tua vita così improvvisamente, e come clandestino non ancora deceduto, possiederai i ricordi della tua vecchia vita mischiati alla nuova.»
«Ok.»
«Il problema è che probabilmente non ricorderai comunque nulla di questo mondo, almeno finché qualcosa non farà svegliare il te passivo invertendo i ruoli. Proprio a riguardo, mentre tu eri via dai tuoi parenti, discutendo con Tiberius ci siamo resi conto che c’è la necessità di comunicare con te in quei momenti, perché ci sono un paio di punti da chiarire…» Luna lascia la frase in sospeso guardando Tiberius in cerca di aiuto.
«Ma, se io sarò laggiù e qui sarò in coma, come farete a comunicare con me?» Domando prima che lui possa rispondere, e infatti mi sorride, incrociando le gambe e ponendo le mani sulle ginocchia, raddrizza il busto e chiudendo gli occhi comincia a proferire:
«Ooohmmm… ooohmmmm…» Poi apre un solo occhio, per darmi un indizio.
«La meditazione?» Domando sorpreso quando vedo entrambi annuire.
«Si Harry, Tiberius ha deciso di seguirti oltre, almeno per un periodo limitato, e la meditazione profonda è l’unico modo che ha per farlo, per assicurarsi che tu abbia riacquistato la memoria e che poi gli potessi dire quando…» Luna lascia di nuovo in sospeso la frase fissandomi un po’ assente.
«Quando?» Chiedo, curioso.
«Quando vi ucciderò.» Finisce Tiberius improvvisamente. Luna chiude gli occhi, come colpita dalla violenza della frase e a me manca un battito.
«Ucciderci? Intendi me e Hermione?» Chiedo allibito.
«Esatto» Continua Tiberius serio «Io potrei anche lasciarti in coma una volta effettuato il passaggio, ma urge la necessità che qualcuno possa ricordare ad entrambi chi eravate nella vita precedente. Poiché se ti lasciassi in coma qui, e uscissi dalla mia meditazione tornando in questo mondo, tu e lei potreste vivere in coma per diversi anni ma… rifletti Harry, per quanto?»
«Si ma… saremmo passati oltre, dov’è il…»
«Forse non ti ricordi, ma ti avevo detto che una volta che il corpo lasciato nella vita precedente muore, i ricordi che hai riacquistato nella Linea successiva si perdono immediatamente. Eclissandosi. Poiché essendo tu un clandestino in quella vita, il destino cercherà violentemente di riportare tutto alla normalità. L’unica maniera che hai per sopperire a questo sfacelo è di dirmi quando e se ucciderti, così che io torni indietro a questo mondo e possa togliervi la vita, se anche Hermione vorrà, ovviamente.»
«E quindi, una volta che ci avrai uccisi tu tornerai nell’altro mondo per aiutarci a riavere in nostri ricordi?»
«No, non tornerò indietro, ucciderò prima uno di voi due, e poi vi darò due giorni di tempo, che in questo mondo corrispondono a quaranta minuti, per far sì che l’altro possa far tornare la memoria a chi è morto per primo. Allo scadere dei quaranta minuti ucciderò l’altro, così chi ha ripreso la memoria per primo potrà aiutarlo a riavere la sua. Hai capito?»
Lo fisso attonito. Con il volto contratto in una smorfia strana. È tutto così complicato e così dannatamente difficile…
«E se non ci riuscissimo? Se uno di noi due non riuscisse a far tornare la memoria all’altro in soli due giorni e ci ritrovassimo entrambi di nuovo vittime di quel tempo?»
«Te l’avevo detto che era pieno di rischi. È una continua roulette russa.»
«Ma…» Lo scruto intensamente «Come… come puoi …» Lui annuisce lentamente, capendo cosa voglio dire.
«Uccidervi? Beh… dopo più di sette vite ci sono cose che sei disposto a fare, cose che prima non avresti nemmeno immaginato. Per me è un piacere aiutarti Harry. Mi sono innamorato molte volte, ma credo di non aver mai trovato la mia… Linea. Le vera vita, insomma, e ti invidio. E poi voglio molto bene a Luna e le ho fatto una promessa. Io mantengo sempre le promesse, ad ogni costo…» Conclude sorridendo a Luna, che ricambia.
«Allora, Harry. Sei pronto?» Mi chiede lei, dopo un attimo di silenzio.
Io fisso entrambi un po’ perso, sentendo il fiato mancarmi sempre più velocemente. Non pensavo che questo momento sarebbe arrivato così in fretta.
«Sì. Facciamolo».
Tiberius mi sorride, compiaciuto, e credo che mi stia dicendo “bravo” solo con lo sguardo.  
Le strade di Londra sono vuote e lugubri a quest’ora della notte. Si sentono solo i tacchi delle nostre scarpe calpestare i ciottoli ghiacciati, i nostri respiri affannosi condensarsi ad ogni passo mentre la luna ci osserva silenziosa e piena, in un cielo limpido, che non vedevo così da moltissimo tempo. Luna ci precede, a passo svelto, trasportando alcuni libri nella borsa. È silenziosa e mi chiedo se stia deliberatamente evitando di guardarmi.
Tiberius cammina accanto a me, fissando intensamente di fronte a sé. Tutti e tre coperti da questi mantelli neri che ci mischiano al buio dei vicoli che oltrepassiamo prima di uscire sulla via principale, in cui la vera Londra si mostra a noi, più silenziosa e notturna che mai.
Guardo la schiena di Luna e poi Tiberius, o almeno quel poco di viso che riesco ad intravedere da sotto il cappuccio. Il mio sguardo cade sulla borsa in tela che tiene stretta a sé, unica macchia di colore in questo nero che ci avvolge, da cui escono numerose carte e rotoli, dei quali credo aver visto il contenuto almeno di sfuggita. Così azzardo:
«Cosa sono?» Domando, indicandoli.
In quel silenzio, lo vedo trasalire al suono della mia voce, mi rivolge lo sguardo, ma stavolta non abbozza nessun sorriso, fissandosi la mano in cui tiene stretta la borsa.
«Ah, questi… beh… sono la mia vita» Dice, tornando a sorridermi.
«Ah, sono così importanti per te?»
«No, intendevo... che qui dentro c’è scritto ogni momento della mia vita. Guarda…» Ne tira fuori uno, e lo apre davanti a me. Vedo uno schema molto simile a quello che c’era nel Libro della Vita, con una linea dritta al centro da cui partono tantissime diramazioni, in alcune vedo delle descrizioni, con date e avvenimenti.
«“1908, lascio rue de Romèn costretto da uno sfratto”» Leggo sottovoce «”1899, decido…”» Noto che il “decido” è sottolineato diverse volte «“…decido di spostarmi in Spagna per degli studi di Erbologia applicata.” Ma… sono le cose che hai fatto nella tua vita?» Domando alla fine, capendo. Tiberius annuisce.
«Un anno dopo aver eseguito il mio primo salto ho deciso di prendere nota delle mie scelte autonome e delle forzature che la vita mi metteva davanti, tentando di capire come funziona il gioco del Destino…»
«Quindi salti da una Linea all’altra… per puro studio?»
«No, in realtà la prima volta sono passato oltre per vigliaccheria, semplicemente non volevo morire. Ero molto malato e sapevo che mi restava poco da vivere, così ho tentato di mettere a frutto questa teoria. Ma poi…» Si blocca, chiudendo il rotolo, riposandolo di nuovo dentro la borsa. «… poi ho deciso di trasformarlo in un vero e proprio studio. Mi interessa sapere come girano le nostre vite e se c’è qualche minima possibilità di essere davvero liberi di scegliere in questo mondo.»
«E a che conclusioni sei arrivato?»
«Beh, ho visto come certe strade che prendessi alla fine portavano sempre allo stesso punto. O come donne di cui mi innamoravo non tornavano più nelle vite successive. Come persone che conoscevo erano sempre lì, presenti, o come luoghi che avevo visitato avessero un ruolo molto importante nella mia vita. Ma ho visto anche il ripetersi di eventi storici a cui sembra non esserci soluzione…»
«Intendi la guerra magica?» Domando, lui annuisce.
«Già. Ma vorrei evitare di parlarne, non ho dei bei ricordi al riguardo…» Chiude subito il discorso e io acconsento, anche se di malavoglia, perché avrei voluto saperne di più.
«Luna mi ha detto… che conoscevi Silente…» Sussurro, non sapendo che tasto sto andando a toccare, ma lo vedo sorridere, ridacchiando.
«Albus. Caro vecchio amico. Non ero una bella parte della sua vita, evidentemente, perché non sono più riuscito ad avvicinarmi a lui come prima. Credo che se non avessi avuto i miei vecchi ricordi non l’avrei nemmeno più incontrato dopo quella vita…»
«Come vi siete conosciuti?»
Qui ride ancora più forte. «Beh, quella volta sono rinato molto giovane, così ho piantato in asso mio padre e sono andato a vivere in Inghilterra. Ho frequentato Hogwarts per la pura e semplice curiosità di scoprire mondi diversi da quello in cui avevo vissuto fino a quel momento. Fu difficile farmi ammettere, poiché avevo appena quattordici anni, ero straniero e senza famiglia, pertanto dovetti raggirare un po’ il tutto…»
«Grifondoro?» Gli domando, certo della risposta.
«Assolutamente no. Corvonero.»
«Cosa?» Esclamo incredulo.
«Lasciando perdere la tua ignoranza in materia, in quegli anni conobbi Albus, era un tenero e rampante studentello, più giovane di me di un paio d’anni. Riconobbi in lui subito grandi capacità e grande saggezza, nonostante l’età. Divenimmo grandi amici…» Lascia sfumare la frase e vedo i suoi occhi perdersi in un tumulto di ricordi. Così capisco che forse è meglio non parlarne, e torno a fissare la luna sopra di noi.
Purtroppo la mia curiosità non tarda a farsi risentire, e dimentico del bisogno di silenzio che forse Tiberius desiderava, pongo un ulteriore interrogativo.
«Ma… c’è una cosa che non mi torna…» Domando, perplesso «Non mi hai ancora spiegato come mai tu, nato nel 1879, sembri avere trent’anni…»
Tiberius ridacchia «Ho fatto una pazzia in questa vita. Ho bevuto un po’ di elisir, rubandolo a un alchimista piuttosto famoso…»
«Flamel?!» Domando un po’ incerto e un po’ sconvolto. Lui acuisce il mio ultimo sentimento annuendo.
«Quel pazzo… per colpa sua e della mia curiosità credo resterò in questa Linea più a lungo delle altre…»
«Per me il pazzo sei tu…» Commento, scuotendo il capo e tornando a fissare davanti a me, dove Luna sta appena rallentando il passo.
«Ricorda Potter, non c’è mai un solo modo di vedere le cose, altrimenti ti mangi metà del divertimento!» Sussurra Tiberius prima di fermarsi davanti a Luna.
«Siamo arrivati» Dice lei, alzando lo sguardo verso l’edificio abbandonato, e la vetrata malconcia che nasconde l’ospedale.
Sento la gola farsi secca e il cuore accelerare il battito, Luna mi fissa intensamente preoccupata per me. Io le sorriso stiratamente cercando di non farle capire di essere terrorizzato a morte.
Tiberius ci precede portandosi un dito sulle labbra, invitandoci al più assoluto silenzio, poi prosegue verso il retro dell’edificio.
Come un qualunque ospedale, il San Mungo è aperto a qualunque ora del giorno. Gli infermieri pattugliano i corridoi e le stanze, pertanto entrare fuori orario non è così semplice. Seguiamo Tiberius nel retro, mentre io sento ogni passo farsi più pesante e le gambe tremare al solo pensiero. Ci fermiamo davanti ad una finestra, lui e Luna si guardano intorno furtivi, mentre lei prende la bacchetta dalla borsa, sussurrando qualcosa a cui non presto attenzione, troppo intento a ricacciare dentro la nausea che mi sta prendendo. Però una cosa la noto, dopo il suo incantesimo la finestra logora e sporca cambia aspetto, ripulendosi e mostrando al suo interno, invece che il tetto malconcio di prima, un buio intenso, da cui riesco a intravedere, socchiudendo gli occhi, qualche scaffale.
Luna pratica un altro incanto e la finestra si apre lentamente senza il minimo rumore, Tiberius mette le mani a conca per far salire Luna dall’altra parte che, una volta arrampicatasi oltre, impreca sommessamente, dopo esser caduta sul pavimento. Nonostante questo, rispunta velocemente dalla finestra, facendomi segno di venire avanti. Tiberius riporta le mani unite, ed io capisco di dover salire in seguito a Luna, che nel frattempo mi porge le sue braccia come sostegno.
Metto un piede fra le mani di Tiberius e sento subito Luna afferrarmi malamente le spalle e tirarmi con grande forza. Riesco in malo modo ad arrampicarmi fino a cadere sul pavimento sulla spalla sinistra, mi mordo la lingua per non imprecare contro Luna e il suo modo assurdo di fare le cose. Tiberius, più giovane (si fa per dire) di noi, scavalca senza problemi, richiudendo pacatamente la finestra dietro di sé.
Una volta in piedi, mi rendo conto di essere dentro una specie di magazzino scorte. I due mi fanno di nuovo cenno di seguirli, sorpassando diversi scaffali, fino a giungere all’uscita, dove con un semplice Alohomora Luna riesce a sbloccare la serratura.
Aprendo di pochi centimetri la porta veniamo investiti dalla luce abbagliante dei corridoi bianchi dell’ospedale. Un paio di infermieri ci sorpassano trascinando una barella e dialogando fra di loro. Vedo Luna affannarsi per cercare, in quello spiraglio minuscolo, di scrutare oltre per capire che cosa succede.
«Sembra non esserci nessuno» Bisbiglia così piano che riesco a sentirla appena.
«Allora vai!» Sussurra accoratamente Tiberius, ma Luna non si muove.
«Sei sempre il solito, abbi pazienza!» La vedo tirare fuori dalla borsa un piccolissimo specchietto che lega con un laccio già preparato sulla punta della bacchetta. «I vecchi metodi funzionano sempre!» Sussurra, strizzandomi l’occhio, trascinando lo specchio oltre il minuscolo spiraglio.
«Ma perché non mi dicevi di portare il mantello dell’invisibilità?» Bisbiglio forse troppo forte. Tiberius spalanca gli occhi.
«Tu hai un mantello dell’invisibilità? LUI HA UN MANTELLO DEL…»
«Shhh!» Sbiascica Luna piazzandogli una mano sulla bocca, continuando a fissare lo specchietto.
«E perché diavolo non l’hai portato?» Continua lui, liberandosi dalla stretta.
«Ma io che ne sapevo che avremmo espugnato un ospedale?»
«Ma dove pensavi saremmo andati? A raccogliere fragole?» Sbotta lui. Ma in questa accorata e sussurrata discussione fra me e Tiberius, Luna ha già messo via lo specchietto prima di tapparci ad entrambi la bocca.
«Via libera, per ora. Muoviamoci!» Ha un tono perentorio, quasi da madre che ha a che fare con due figli piccoli e discoli.
Io e Tiberius ci guardiamo storto, ma quatti quatti seguiamo Luna strisciando fuori dal magazzino. Faccio fatica a chiudere la porta in silenzio, e rimango indietro di qualche passo, che recupero subito appena li vedo fermarsi ad un angolo.
«Ci penso io…» Sento sussurrare Luna, in una discussione già iniziata. Tira fuori di nuovo la bacchetta e pronuncia una formula a bassissima voce. Non vedo cosa accade dietro l’angolo ma sento un forte frastuono di qualcosa di metallico cadere rovinosamente a terra.
«Maledizione! Quante volte gliel’avrò detto a quel novellino di posare i barattoli di Liquavermi con ritegno!» Odo provenire dall’altra parte del corridoio. In quel preciso istante Luna scatta in avanti attraversando il corridoio, oltrepassando un altro angolo e continuando a correre con la più discreta attenzione a non poggiare i tacchi a terra. Tiberius ed io la seguiamo di corsa e ci infiliamo di seguito a lei dentro la porta che aveva lasciato aperta per noi.
«Colloportus!» Sussurra Luna immediatamente dopo la mia entrata. Sento la porta sigillarsi, e realizzo all'istante che ci troviamo nella stanza di Hermione.
Luna e Tiberius sospirano esausti dalla tensione e sollevati dal successo. Io sento sempre di più la nausea salire, adesso che realizzo di essere nell’ultimo posto che vedrò in questa vita.
«Coraggio, non c’è tempo da perdere.» Ci incita Tiberius, sfregandosi le mani e togliendosi il mantello.
Io continuo a fissare Hermione, immobile e pallida in quel letto.
«Ehi, Harry. Tutto ok?» Sento la voce di Luna chiamarmi, riportandomi alla realtà.
«Io… credo di sì.»
«Forza! Non farti spaventare da quello che vedi, fatti coraggio pensando a quello che sarà…» Si intromette Tiberius, dicendo qualcosa che mi sveglia per davvero.
«Hai ragione» Sussurro, raddrizzandomi e deglutendo, cercando di far tornare il magone al suo posto. Mi tolgo il mantello gettandolo sopra quello di Tiberius sul letto accanto, vuoto, piazzandomi al centro della stanza. «Cosa devo fare?» Domando incerto, mentre vedo Tiberius sollevare il comodino di Hermione e spostarlo da un’altra parte.
«Adesso tu…» Sbiascica prima di posare il comodino a terra, nel modo più silenzioso possibile. «Ti sdrai su di lei, poggiando la tua fronte sulla sua…» Continua a esporre, estraendo la bacchetta e scrutandola con attenzione.
«Ehm… ok.»
«Mi serve che le vostre fronti siano ben allineate, perché dovrò praticare l’incantesimo su entrambi…»
«Ma… Hermione è già in coma, non rischi di ucciderla?»
«No. Questa cosa è molto difficile, perché la bacchetta dovrà dirigersi su di te, ma essere in contatto fisico anche con lei, altrimenti rischi di finire in una vita a parte, totalmente diversa da quella in cui si trova lei adesso. Il tempo deve essere lo stesso, altrimenti non incontrerai mai la Hermione che hai conosciuto adesso»
«O-ok. Devo farlo ora?»
«Prima qualche precisazione.» Proferisce, voltandosi verso di me. «Quando sarai entrato in coma io ti seguirò poco dopo con la meditazione. Ma non so dove potrò trovarmi in quell’istante, potrei essere a Hong Kong come potrei ritrovarmi a Londra, non ne ho idea. Quindi avrai un certo lasso di tempo in cui sarai da solo, perso in quel mondo. Io dovrò trovarti quindi potrei metterci un po’, ma se dovessi riacquistare la memoria prima ancora di incontrarci tu continua a fare quello che devi, trovare Hermione o che so io. Quando ci vedremo se non hai ancora ricordato niente ti aiuterò io a farlo, e poi decideremo come muoverci per il punto finale. Ok?»
«Va bene.» Rispondo risoluto.
«Perfetto. Sei pronto?»
«S-si. Credo di sì…» Balbetto, Tiberius mi guarda incerto, deluso dalla mia risposta.
«Se hai questa grinta, amico mio, riuscirai a riacquistare la memoria magari prima dei tuoi prossimi sessant’anni…»
«Sì, sono pronto» Rispondo di nuovo, più deciso di prima. Tiberius mi sorride.
«Ecco, proprio così. Dai, muoviamoci…» Faccio per seguirlo vicino al letto di Hermione quando una mano mi trascina altrove, e un fiotto di capelli platino mi investe.
«Arrivederci Harry…» Singhiozza la voce di Luna sotto la mia spalla.
«Ah, Luna…» Sussurro, stringendola a me un po’ disorientato. Mi ero come completamente scordato che lei sarebbe rimasta qui, era come se il mio cervello l’avesse resa un’unica parte di questa follia. «Addio Luna e grazie di tutto. Sei una vera amica…» Sussurro ancora, deglutendo il magone che si sta di nuovo facendo strada in me. Lei scuote la testa e poi mi fissa negli occhi, vedo le lacrime scenderle lentamente sulle guance pallide, e gli occhiali appannati dal respiro.
«No Harry, non è un addio. Ci rivedremo nell’altra vita, e tu resterai sempre un grande amico, forse il migliore per me…»
Annuisco. «Hai ragione. Arrivederci Luna, e grazie.» Lei mi sorride, e ci stringiamo di nuovo in un ultimo abbraccio, in cui la sento sussurrarmi.
«Vi auguro una vita felice. Harry, sii felice.» Vorrei dirle qualcosa, ma non riesco a trovare le parole per esprimere quanto grande sia quello che ha fatto per me. Così lascio che i miei occhi parlino da soli, tanto lei è Luna, capirà di certo.
Con un ultimo sorriso ci lasciamo, e lei torna in un angolo, ad asciugarsi ripetutamente le guance, senza voler lasciare che nessuna lacrima arrivi alla fine del suo cammino. Mentre mi sorride, però, capisco cosa devo dirle, così mi avvicino di nuovo a lei e le sussurro: «Abbi cura di Albus. Ti prego…» Non sembra sorpresa dalla mia richiesta, e annuisce sorridendomi.
«Finché vivrò» Risponde, in un soffio. Mimo un grazie con le labbra e ripercorro la distanza fino al letto di Hermione.
Tiberius attende, e mi fa capire con gli occhi che il tempo è debito, così a fatica e un po’ impacciatamene salgo sul letto e mi distendo sopra Hermione.
Ho ricacciato dentro il magone per Luna, e adesso devo combattere con quello per Hermione e la situazione in sé. Poggio il peso sui gomiti, e non riesco a fare a meno di scostarle i capelli dal viso, pallida come lo è stata in questi mesi. Fisso intensamente il suo volto, dicendo a me stesso che non sarà questo l’ultimo ricordo che avrò di lei, e che la rivedrò di nuovo, viva e sorridente, come è sempre stata la mia Hermione.
Trattengo il respiro e do uno sguardo a Tiberius, che annuisce sguainando la bacchetta.
Mi volto di nuovo verso Hermione, e senza pensarci le lascio un lieve e leggero bacio sulle labbra. Sono belle proprio come me le ricordavo, e così non riesco a trattenere l’unica lacrima che mi sfiora il volto.
Poggio la fronte alla sua, chiudendo gli occhi e sentendo il suo corpo sotto il mio; tremo di paura e di frenesia al contempo, per la sola idea di rivederla.
«Ti prego… ti prego…» Sussurro fiocamente, mentre percepisco la punta fredda della bacchetta di Tiberius sfiorarmi la fronte.
«Buon viaggio, Harry» Mi dice, in quell’attimo in cui mi esplode il cuore, tremo come se stessi gelando e stringo i pugni sudati sulle lenzuola. Prima di sentirgli pronunciare strane parole, una luce abbagliante e un singhiozzo strozzato di Luna soffiare: «A presto Harry…»
A presto Harry…
APrestoHarry
aprestoharry
aprestoharry aprestoharry aprestoharry aprestoharry aprestoharry aprestoharry aprestoharry

prestoharry
stoharry
harry
harry

harry

harry
harry
harry
Harry
Harry?

«Harry?»

«Harry? Ehi, Harry…»
Mugugno, stanco e assonnato.
«Coraggio amore, anche a me piacerebbe restare così tutto il giorno…»
I suoi sussurri non mi incoraggiano. Ho sonno. Le coperte… io amo le coperte. Infatti mi ci rintano dentro, facendole chiaramente capire le mie intenzioni.
«Come preferisci. La colazione te la prepari da te però…» Sbiascica, e la sento alzarsi dal letto. Le molle cigolano mentre io apro gli occhi contrariato, sotto la luce delle persiane socchiuse e del sole che caparbio mi picchia sulla testa, anche lui, come tutti i giorni, obbligandomi ad alzarmi e abbandonare questo piccolo nido sicuro e confortevole.
«Ah, e va bene.» Getto via le coperte, sospirando e sbadigliando contemporaneamente, mentre vedo Ginny saltellare contenta, oltre la porta, in mutande e canottiera.
Mi gratto la testa, cercando le pantofole e la maglietta. Una volta indossati entrambi mi trascino giù per le scale, fino in cucina, sollevandomi i boxer, così per sicurezza.
La vedo già intenta a rimestare con pentole e tegami, estraendo la bacchetta, puntandola sulla moka.
«No no, ferma. A questa ci penso io…» Sbadiglio mentre lo dico, aumentando l’effetto rallenty che mi circonda.
«Non capisco perché ti ostini a preparare il caffè alla babbana» Ginny alza le spalle, puntando la bacchetta stavolta sul tegame pieno d’acqua e sulla padella, che iniziano rispettivamente a bollire e friggere.
«Ci sono cose che nemmeno la magia può fare bene. Il caffè è una di queste.» Affermo solenne, stringendo la moka e accendendo il fuoco, nello stesso istante qualcosa batte ripetutamente contro il vetro della finestra.
«Oh, i giornali!» Esclama Ginny, aprendo le imposte al gufo delle consegne. «C’è anche il Cavillo, il tuo giornale preferito, Harry...» Sghignazza, lanciandolo sul tavolo, verso di me.
«Abbonamento a vita gratis, che pacchia!» Commento ridacchiando, poggiandomi alla cucina.
«Oh, meno male, “primo settembre” almeno questa volta ci hanno mandato il numero giusto e non quello vecchio di tre giorni.» Commenta Ginny, slacciando lo spago che teneva stretto il Profeta.
«È quello stupido gufo. A Ron non succede mai, e lui ha una bella civetta come corriere…»
«Si Harry, le civette sono le migliori, certo…» Commenta sarcastica, dando un’occhiata al giornale. Il caffè bolle e mi volto per spegnere la fiamma, quando sento Ginny trattenere il fiato.
Ha ragione, la cosa è sconcertante «Che tragedia, povero Bruxner. Non capirò mai gesti di questo genere…» Verso il caffè nel bricco, e stranito dal silenzio improvviso mi volto verso Ginny, che mi guarda confusa. «Che c’è?» Domando.
«Ma… come fai a saperlo?»
«Cosa? Di Bruxner?» Chiedo, portando il bricco e due tazze al tavolo, sedendomi accanto a lei, che nel frattempo annuisce ancora confusa.
«Sì, come fai a saperlo è sul…»
«Che vuol dire come faccio a saperlo? Me l’hai detto tu, no?» Sorrido nel dirlo, pensando mi stia prendendo in giro. Mi verso il caffè nella tazza, Ginny nega col capo, sollevando la prima pagina del giornale davanti a me.
«No, Harry. L’ho letto solo oggi, è una notizia esclusiva, si è saputa solo da poche ore, guarda c’è scritto…» Mi porge il giornale, e leggo la notizia in prima pagina.
“Il sottosegretario del Ministero Grimous Bruxner suicida in casa propria. Trovato dalla domestica impiccato al lampadario”
Leggo una nota sopra il titolo: “Edizione speciale, ristampa dell’ultim’ora”.
Fisso un attimo confuso la pagina di giornale ancora con la tazza alla labbra. Alzo gli occhi verso Ginny che inarca le sopracciglia in attesa di risposta.
Mi schiarisco la gola, e le porgo di nuovo il giornale, sorridendole.
«Ehm, ho visto il titolo mentre lo tenevi in mano, poco fa…» Dico, sebbene sia molto perplesso. Ma nonostante lei non sembri berla, decide comunque di lasciare perdere.
Per mia fortuna viene a rompere quel silenzio glaciale un bussare impetuoso che riconoscerei fra mille.
«È aperto, Ron!» Urlo, sporgendomi indietro con la sedia. La porta si apre e i passi pesanti di Ron sul parquet dell’ingresso scricchiolano fino in cucina.
«Ehilà, buongiorno!»
«Quante volte ti dobbiamo dire che puoi materializzarti in casa?» Ribadisco io, per l’ennesima volta.
«Scusa amico, ma non vorrei trovarvi in situazioni… come dire… imbarazzanti.» Risponde Ron, sedendosi accanto a me.
«Non so cosa fate tu ed Hermione…» Ho una fitta improvvisa al cranio, così fugace da lasciarmi stordito a chiedermi se me la sono solo immaginata.
«Ehi, Harry, tutto ok?» Mi domanda Ron, preoccupato, avvicinandosi.
«Sì sì, niente ho solo.... niente.» Lo tranquillizzo, toccandomi la testa.
«Hai già fatto colazione?» Gli domanda Ginny, posando la tazza sul tavolo.
«Ehm…» Tentenna Ron per poi lasciare un sorriso eloquente.
«Come al solito. Ti prendo un piatto» Sospira lei, gettando il giornale sul tavolo.
«E comunque io ed Hermione non facciamo...» Lascia la frase in sospeso, mentre le sue orecchie prendono un preoccupante colorito paonazzo «Lei è stata quasi tutta l’estate dai suoi genitori. Quindi…» Si corregge, poi.
«Mhmh…» Commento io, ridendo. Faccio per prendere il giornale ma Ron mi precede dicendo:
«Ah, ho letto. Terribile. Chissà perché l’avrà fatto…» Si chiede, mentre Ginny gli porge il piatto pieno di bacon.
«Sai, credo che molti impiegati del Ministero siano rimasti sconvolti dalla serie di cause nei loro confronti dopo la guerra magica. Nonostante Voldemort sia stato sconfitto bisogna fare un po’ di ordine e capire chi sono i buoni e chi i cattivi. Non è semplice…» Dice Ginny, porgendomi il mio piatto.
«Si ma… uffidersi?» Continua Ron, a bocca piena.
«Lui era imputato in un processo rimasto insabbiato fino adesso, era molto vicino se non prossimo ad Azkaban…» Commento soprapensiero, tagliando il bacon con la forchetta.
«Ma Kingsley non usa più i dissennatori…» Ribatte ancora Ron, confuso.
«Ah non lo so, con o senza dissennatori Azkaban resta pur sempre una prigione… » Aggiungo.
«Tu ne sai più di quanto pensi. Quello che hai appena detto è scritto in poche righe alla fine dell’articolo. Ed è solo accennato…» Ginny mi fissa di nuovo confusa, dopo essersi seduta accanto a noi, maneggia il giornale scuotendolo davanti a me. Io glielo tolgo dalle mani, come prima, e comincio a leggere l’articolo, non capendoci più niente.
«Che… cough… intendi?» Domanda Ron, deglutendo sonoramente.
«Harry oggi è strano. Ha detto cose che non poteva sapere, visto che questa notizia è uscita poche ore fa e lui fino adesso è stato a ronfare nel letto, accanto a me.» Gli spiega Ginny.
«Magari ha letto il giornale mentre tu non guardavi, no?» Risponde semplicemente Ron.
«Ti sembra?» Ginny mi indica eloquentemente, mentre leggo voracemente l’articolo.
«Mmh» Mugugna Ron squadrandomi «Che Harry abbia imparato a leggere il futuro?» Dice poi con un marcato tono ironico, tenendosi il mento fra le dita.
«Non sei divertente Ron.» Sbotta Ginny, zittendolo «È inquietante…»
«Bah, ti preoccupai troppo. L’avrà sentito chissà dove…»
«Lascia perdere. Come non detto. Siete sempre i soliti voi due, non date mai retta a nessuno se non a voi stessi…» Conclude Ginny infine, incupendosi, prendendo a torturare il bacon con la forchetta.
Io sospiro, ma decido di fare silenzio, sono già abbastanza confuso. Metto via il giornale e inizio finalmente a mangiare anche io.
Dopo qualche secondo di silenzio, in cui il tintinnio delle nostre forchette è l’unica cosa che si sente nell’intera casa, finito il suo piatto Ginny si rivolge a Ron, prima di versarsi dell’altro caffè.
«Hermione?» Domanda, e io sento come la sensazione di stare dimenticando qualcosa.
«Mmmh. Mi sta tartassando, con questa storia di Hogwarts…» Quest’ultima frase ha un impatto strano su di me. Hogwarts? Hogwarts… c’era qualcosa con Hogwarts? Penso ripetutamente «Anzi…» Ron si volta preoccupato verso l’orologio al muro. «Devo proprio scappare, tra poco dobbiamo andare a King’s Cross, le parte il treno e se lo manca darà la colpa a me per tutta la vit… Harry ma stai bene?» Si interrompe bruscamente rivolgendomi tutta la sua attenzione, perché effettivamente no, non sto affatto bene. A metà del suo discorso sconnesso la testa ha cominciato a girarmi, aumentando gradualmente l’intensità. Adesso mi sento come su un ottovolante. Mi porto le mani al viso per far cessare questa sensazione che però non sembra voler smettere.
«Io…» Faccio fatica a parlare, la testa mi scoppia come se ci fossero troppe informazioni dentro. E sento ancora quell’impellente bisogno di ricordare qualcosa.
«Harry, mi sto preoccupando…» Ginny mi poggia una mano sulla spalla ma io mi scanso. 
«No! No… io sto…»
«Harry, cavolo, ti trascino a letto, vieni…» Ron fa per prendermi in braccio ma scanso anche lui, alzandomi di scatto e trascinando indietro la sedia, togliendo così le mani dagli occhi. Pessima scelta, perché appena lo faccio la stanza inizia a girare vorticosamente, talmente che non mi rendo conto di stare cadendo fino a quando non sento le loro urla e il pavimento gelido sulla faccia.
…e il pavimento gelido sulla faccia.
e il pavimento gelido sulla faccia. e il pavimento gelido sulla faccia. e il pavimento gelido sulla faccia.

Harryseivivohaisconfittovoldemortèincredibilenonfrequenteraiilsettimoanno?ginnyvuoisposarmi?èunmaschiolochiameremo
jamesharryhermioneaspettaunabambinoèunmaschiosichiamahugoesserepapèincredibilenoncredevoche…harrysonoincintaè
unaltromaschiettocomevuoichiamarlo?mipiacerebbericordaresilentetipiacealbus?evorreimettergliancheilnomedipiton,
albusseverus…sìmipiace,albusseveruspotterosservogliocchiverdidimiofigliotiassomigliadavverotantoharryavreteunabellissima bambinaroncomelachiamerete?hermionehagiàdecisoperroseèunbellissimonomeavremounaltrobambinoèunabellissima
feminucciavorreichamarlalilylunasarebbemoltobellomipiaceilprimogiornodiscuoladijamescheorgoglioalbusnon
preoccupartiserpeverdeandràbenequalunquecosalilyfalabravanonpestareibambinisìpapàsietegiàcosìgrandisembrai
erichevitenevopermanohermionestobaciandohermioneècosì…harryperchénonpassiamopiùtempoinsiemeginnyioè
comesenonesitessipertedormosullapoltronanonèpiùcomeunavoltapensosempreahermioneseistatalacosamiglioredella
mivitaharryhermionehaavutouninfartoèincomalsanmungosonodistruttononpossocredercinonandartenetipregoharry
nonvaipiùdaronèiltuomiglioreamicoalbusnonsocosafarepapàdevisolodecidereluna?ciaoharrysalvepotteriosonotiberi
usentreraiincomamoriraiseipronto?sìsonoprontoaprestoharry…
aprestoharryaprestoharryaprestoharry
harry
harry

Harry


 



Cliffhanger, chiedo venia a tutti coloro che li detestano, ma io li amo :D
a lunedì!

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Capitolo 9
*** La tua seconda occasione ***


Buona lettura :)



CAPITOLO IX
La tua seconda occasione

Harry.

«Harry? Harry!» La voce di Ginny mi entra nelle orecchie gradualmente, come fossero imbottite di ovatta. Apro gli occhi e vedo la luce della stanza soffusa incorniciarle il volto preoccupato.
Il volto.
Il volto di Ginny.
Mi alzo di scatto fissandola come un pazzo. Lei si ritrae.
«Harry? Che ti prende?»
«Ginny?» Domando, spostando improvvisamente lo sguardo dal suo volto al suo corpo, giovane e aggraziato, per poi muovere gli occhi da lei a tutta la stanza. «Ma… siamo a… oh cazzo questa è Grimmuld Place… non… non abbiamo abitato più qui da quando avevo vent’anni o giù di…» Sgrano gli occhi. Fisso Ginny che mi guarda preoccupata. Salto giù dal letto e corro in bagno, osservando nel tragitto le milioni di cose che avevo dimenticato. Oltrepasso la porta, ma mi fermo poco prima dello specchio. Respiro affannosamente, e solo ora mi rendo conto di quanto abbia corso senza che il mio corpo cedesse sotto le intemperie della vecchiaia. Guardo le mie gambe, robuste e forti come una volta, le mie mani, lisce, giovani e affusolate come un tempo. Il mio corpo. Chiudo la porta a chiave, e tolgo la maglietta. Non mi ricordavo nemmeno che essere così giovani fosse così… giovane.
Il mio sguardo si posa di nuovo sullo specchio, e deglutisco. Lentamente mi avvicino, chiudo gli occhi appoggiandomi al lavandino. Sento i passi di Ginny sul parquet in corridoio, e appena mi fermo davanti allo specchio lei bussa alla porta.
«Harry? Harry ti prego, stai bene? Cos’hai? Ti senti male di nuovo? Ti prego apri la porta…» Continua a parlare, mentre percepisco la maniglia piegarsi. Minaccia di andare a prendere la bacchetta e aprire con un Alohomora, e so che lo farà. Così trattengo il fiato, tentando di isolare la sua voce dalla mia testa. Apro gli occhi.
Potrei piangere.
La barba incolta lieve e leggermente visibile mi copre qualche parte del viso, sulla pelle liscia e vitale. Le guance giovani, i capelli ribelli totalmente neri. E i miei occhi, verdi accesi non più incorniciati da occhiaie e cerchi neri. La mia fronte liscia e… giovane. Il collo tonico, le spalle larghe, la schiena forte e robusta…
Potrei impazzire proprio adesso. Tiberius non mi aveva detto di fare attenzione a questa cosa, alla possibilità di impazzire di fronte alla visione di te stesso con davanti altri settant’anni o più della tua vita. Tutta da capo. Come nuova.
«Diciotto anni. Questi sono i miei diciotto anni…» Sussurro, mentre un sorriso mi piega le labbra, e cerco di trattenere una risata. Ma non ci riesco, e rido… rido come un pazzo, saltando sul gabinetto, dentro la vasca da bagno, poggiandomi sul lavandino e urlando come un pazzo. Nel frattempo sento Ginny tornare, e i suoi piedi frenare sul pavimento.
«Alohomora!» Pronuncia e la porta si spalanca davanti a me. Lei mi fissa allibita mentre salto e salto, ridendo e urlando. «Oh mio Dio Harry… ti porto al San Mungo.» Dice perentoria. Ma senza saperlo ha appena iniettato in me un altro pensiero.
«San Mungo?» Sussurro, mentre un nuovo ricordo si fa spazio nel mio cervello come un fulmine. «Hermione!» Sbraito, senza pensare che Ginny mi sta ancora fissando terrorizzata. Le corro davanti prendendola per le spalle. «Dov’è Ron?» Domando concitato.
«È… è andato via, doveva accompagnare Hermione al binario... Harry ma che….»
«Merda!» Esclamo lasciandola in tronco, correndo verso la stanza da letto.
Oggi è il primo settembre. Mio Dio sono finito proprio al primo giorno del settimo anno dopo la guerra. Qualcuno lassù mi ama.
Mi getto sull’armadio, tentando di ricordare dove tenevo tutte le mie cose, trovo un paio di pantaloni e una camicia, li indosso alla svelta insieme a calzini e scarpe trovate sotto il letto. Nel frattempo Ginny mi ha raggiunto:
«Harry ti prego, vuoi dirmi cosa ti prende? Che sta succedendo? Che c’entra Hermione?» Continua a fare domande, rincorrendomi per tutta la stanza mentre io, con ancora la lampo dei pantaloni aperta, cerco di ricordare dove tenevamo le valigie.
«Ginny dove sono le valigie?» Le domando aprendo tutte le ante.
«Cosa? Oh mio Dio Harry, che cazzo succede?» Alza la voce, sperando così di farsi sentire da me, ma ecco che trovo una vecchia valigia che ricordo essere in quella casa molto prima del nostro arrivo, mi va bene e la prendo dal retro dell’armadio, gettandola aperta sul letto. «Harry cosa fai? Te ne vuoi andare? ACCIDENTI VUOI DIRMI COSA SUCCEDE?» Urla infine gettandosi fra me e la valigia. «SEI IMPAZZITO? COSA DIAVOLO STAI FACENDO?» Mi grida in faccia, mentre io trascino dall’armadio al bagaglio vestiti e intimo totalmente a caso. Con un gesto del braccio, spingo Ginny leggermente di lato e infilo le cose nella valigia, dicendo:
«Devo prendere il treno per Hogwarts»
Ginny spalanca gli occhi «COSA?» Continua ad urlare incredula. «Perché diavolo devi andare ad Hogwarts, avevi detto che non…»
«Beh, ci ho ripensato» Ribatto senza enfasi, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Prendo un mucchio di mutande e le getto dentro al bagaglio senza farci caso. 
«Cosa? No, tu sei impazzito. Adesso ti distendi e cerchi di calmarti, perché così non…» Tenta di prendere la valigia, ma io la chiudo prima che possa toccarla. Fissandola intensamente.
«Devo prendere quel treno, Ginny. E non posso proprio perderlo.» Sono calmo, tranquillo… ho solo una fretta bestiale, mentre apro un’ultima volta  la valigia e ci ficco dentro un paio di scarpe. Provo a chiuderla, lasciando la manica di una camicia a pendere fuori, e la sollevo. È il bagaglio più leggero che mi sia mai portato dietro.
Mi dirigo verso l’uscita, ricordando di chiudere la cerniera dei pantaloni poco prima delle scale, con Ginny che ancora urla alle mie spalle.
«Mi stai forse lasciando Harry? È COSÌ E TI STAI INVENTANDO QUESTO STUPIDO MODO IDIOTA DI PIANTARMI? BEH SAI COSA TI DICO? VERRÒ AD HOGWARTS ANCHE IO ALLORA!»
«Va bene. Fai come ti pare. Io nel frattempo andrei però, ok? Magari ci vediamo là…» Una volta Hermione me lo aveva detto che quando ero di fretta mi uscivano frasi molto spesso idiote. Beh, aveva ragione. Non guardo Ginny nemmeno in faccia mentre lo dico e mi dirigo verso la porta, cercando anche, con la valigia in mano, di legarmi l’orologio al polso sinistro. «Ma guarda, non me lo ricordavo più questo orologio!» Commento, prima di chiudermi la porta alle spalle, immaginando solo pochi passi avanti la possibile faccia di Ginny, immobile e attonita sulle scale, nel vedermi scappare così d’improvviso.
Corro come un pazzo fino al primo parcheggio di Taxi che, se non ricordo male, dovrebbe esserci in quella zona. Mi fiondo in una delle prime macchine libere, trascinando con me la valigia in malo modo.
«Salve…» Ansimo.
«Buongiorno. Dove è diretto?» Mi domanda il conducente e in quel preciso istante ricordo però di non avere con me nemmeno una sterlina.
«Aehm… fa niente. Andrò a piedi, è una così bella giornata!» Gli sorrido, beccandomi un’occhiataccia. Esco dall’auto e decido di correre al primo vicolo lì vicino, materializzarmi in uno dei posti sicuri più vicini a King’s Cross.

Una volta superate le casse e i cassonetti, saltando come un grillo giusto per far sfoggio del mio vecchio (o nuovo?) corpo giovane e atletico. Attraverso la strada rischiando un paio di volte di farmi ammazzare e mi fiondo giù per le scale, fra passanti non molto contenti del mio esuberante modo di fare. Corro fino ai binari nove e dieci e con nonchalance mi poggio al muro scivolandoci dentro.
Appena dentro, con mio terrore, una fila infinita di genitori alza le braccia a salutare il treno che fischiando si muove sempre più veloce.
«Oh merda!» Esclamo, partendo in quinta. Sgusciando come un folle fra i vari parenti e controllori urlo come un forsennato: «Feeeeeeermaaaaaaaa!» Tento di aggrapparmi alla ringhiera dell’ultimo vagone, ma prima che possa afferrarlo il marciapiede del binario termina sotto di me, facendomi cadere sulla ghiaia, mentre il treno mi schizza veloce davanti.
Impreco, non proprio sommessamente. Sentendo le voci di qualcuno borbottarmi intorno, mentre mi alzo e scavalco di nuovo il gradino, prima che qualcuno possa chiedermi se mi sento bene.
Mi faccio spazio fra la folla, nervoso, tastandomi le mani doloranti, ferite lievemente dalla ghiaia. «Se solo Ginny non…» Ma non concludo la frase, mordendomi la lingua. L’ho mollata senza spiegarle nulla, anche perché non avrei proprio saputo cosa dirle, non posso biasimarla…
Mi dirigo verso l’uscita, ma il fato sembra essere dalla mia facendomi alzare la testa appena in tempo per vedere Ron uscire dal binario, rapido mi nascondo dietro una colonna in attesa di vederlo scomparire oltre il muro.
Una volta rimasto solo, seduto sopra una panchina, con la mia valigia farlocca e un terribile accostamento fra camicia e calzini, ho il tempo di disperarmi per la perdita dell’unico stramaledettotreno che mi avrebbe portato ad Hogwarts, da Hermione.
«Dovevi fare solo una cosa e l’hai anche fatta male. Bravo…» Mi congratulo con me stesso, gettando un sospiro frustrato. Il sole mi picchia in faccia, e sento il calore della fine dell’estate accarezzarmi la pelle. «Potrei sempre materializzarmi a Hogsmeade…» Sussurro totalmente distratto.
Solo dopo qualche secondo realizzo di aver detto la cosa più sensata della giornata. Prendendomi per idiota, scompaio nel nulla.
In realtà, proprio all’ultimo istante decido di fare un giro a Diagon Alley, anche per rimediare qualche galeone. Che non fa mai male.
Così eccomi nella magnificenza dell sua Main Street. Controllo l’orologio, all’arrivo del treno mancano ancora parecchie ore… un sorriso malefico mi spunta in volto…

Mi sento come un bambino in un negozio di caramelle. Dopo essere passato a ritirare alla Gringott, ho fatto un giro per Diagon Alley, comprato un gelato da Fortebraccio, fissato le vetrine, sfogliato libri al Ghirigoro, indispettito i gufi e accarezzato le civette, comprato una nuova divisa per Hogwarts… Ma il clou è stato fissare sgomento la vetrina di Ollivander, ricordando:
«La bacchetta!» Maledicendomi sommessamente, guadagnandomi ulteriori occhiatacce da parte di madri iperprotettive e padri non proprio amichevoli. «Dove diavolo l’avrò messa?» Continuo, parlando da solo, nascondendomi in un piccolo vicolo. Mi sforzo di pensare ad una soluzione, perché tornare a casa significa beccare di nuovo Ginny, e io non so proprio cos’altro dirle… così mi sforzo, finché non ricordo del «Secondo cassetto del comodino!» In uno schiocco scompaio e riappaio in camera da letto, apro velocemente il cassetto ma… non trovo nulla.
«Cosa?? Ma che diav…» Sussurro, tappandomi la bocca per non farmi sentire da Ginny. Apro gli altri cassetti freneticamente, guardo sotto il letto e dentro l’armadio. Ma nulla «Ma dove diavolo potrò mai metterla una…» Finché non mi volto e vedo qualcosa di nero fare capolino da sotto il mio cuscino. «Il cuscino? Il me di questo mondo ha strani modi di fare…» Mi rispondo infine stringendomi nelle spalle, ma proprio appena metto il piede in avanti per dirigermi verso il letto sento:
«Harry!»
Mi volto di scatto e vedo Ginny fissarmi incredula, ci guardiamo per qualche brevissimo istante, poi io faccio un balzo fino al letto, e la sento urlare qualcosa, ma non capisco cosa, perché ancora prima di toccare il materasso, solo prendendo di sbieco la bacchetta con l’indice e il medio, mi smaterializzo all’istante, ricadendo nel vicolo in malo modo.
«Ahio...» Mi lamento, massaggiandomi la spalla su cui sono caduto. «Se continuo così altro che giovinezza…» Borbotto, alzandomi e tornando sulla via principale.
Faccio volteggiare la bacchetta sul palmo e contento la infilo nella tasca posteriore dei miei pantaloni. Sospirando grato.
«Ehi, Mr. Potter se ne va in giro gongolando fra sé e sé!» Una cantilena attira la mia attenzione. Ma quella voce la riconoscerei fra milioni.
Un sorridente George mi fa un generoso inchino appena incontra il mio sguardo, a pochi passi dal suo negozio. Io lo ricambio, e lui sorpreso sghignazza:
«Siamo di buon umore Mr. Potter, lei salvatore del mondo, eccellentissimo?»
«Mh, direi di sì, oggi è una buona giornata. Sì» Annuisco, ridacchiando.
«Lieto di sentirtelo dire, perché vedo che hai lì dentro un mucchio di belle cose, fra cui… oh ma guarda!» Esclama fissando di sbieco la mia busta, decorata con lo stemma di Madama McLan. «Una divisa nuova per Hogwarts? Ma io ti vedo qui, Harry e l’espresso mi sa che…» Si fissa il polso in cui però non vi è alcun orologio «…e sì, è proprio partito!» 
«Beh, l’ho perso. Ma mi materializzerò ad Hogsmeade prima del suo arrivo…»
«Che intuito geniale, che ha lei Mr.» Mi prende in giro, facendomi l’occhiolino. «Piuttosto dove l’hai lasciata la tua gentil donzella? O meglio, mia sorella?» Completa con una rima, curioso.
«Ehm…» Ci metto troppo a rispondere, eppure dopo sessant’anni dovrei aver imparato a dire le bugie, no?
«Non mi dirai che avete…» Prende un volantino lì a fianco e lo spezza a metà, eloquente.
«Veramente… non lo so nemmeno io. Non credo che lo abbia capito lei… quindi…»
«Usate proprio tanto le parole voi due, eh?» Improvvisamente smette di fare il pagliaccio, tornando  serio.
«Mi spiace George… ti prometto che chiarirò con Ginny, ma prima…» Lo vedo inarcare le sopracciglia, piuttosto perplesso.
«George? Oh Harry, credo che i tuoi occhiali abbiano bisogno di una revisioncina. Forse devi schiarirti le idee su tutto, amico mio. Non so se andare a studiare come un pazzo per un anno intero, ad Hogwarts, possa aiutarti in questo…»
«Devo cosa?» Gli chiedo, perplesso.
«Vai ad Hogwarts, Harry?» Un'altra voce mi chiama dall’entrata del negozio, e quando mi volto sbianco improvvisamente.
«Fred?» Borbotto, fissando il gemello affacciato alla porta, venirci incontro.
«Che gli prende?» Domanda Fred a George. Io li fisso, immobile, paralizzato.
«Non lo so, è strano. Non riesce a distinguerci.» Borbotta George, fintamente triste.
«Ah, eppure, dopo tutti questi anni…» Fred si porta le mani al cuore, singhiozzando teatralmente.
«Ma forse Harry ha ragione?» Dice improvvisamente George.
«Già! Forse dovremmo chiamarci al contrario! Forse per tutti questi anni, IO sono stato Fred…» Dice Fred, o almeno quello che io credevo fosse Fred…
«Già! E forse IO sono stato George!» Dice George, o almeno quell… sì insomma.
Sono piuttosto confuso.
«Quindi… tu sei Fred?» Domando al gemello con cui ho parlato tutto il tempo.
«Mmmh. Chi lo sa?» Mi scimmiotta lui. Entrambi scoppiano a ridere mentre io invece, sento le lacrime salirmi dal petto.
«Ehi Harry, tutto ok?» Domandano in coro vedendomi turbato, strofinarmi gli occhi.
«S-sì. Tutto ok… i-io… sono solo… niente… credo di essere contento di tornare ad Hogwarts tutto qui…» Sbiascico tentando di trattenere le lacrime.
«Sei proprio messo male amico…» Mi fissa stranito Fred, George scuote il capo.
«Andiamo dentro, ti offriamo qualche dolciume sperimentale…»
«Già così ci farai da cavia!»
«Mi eravate mancati, ragazzi…» Sussurro, sorridendo come uno scemo, mentre scendo le scale con loro fino ai laboratori Weasley. Passando davanti a quel ritratto, che stavolta sulla targa dice: “La vita è tutta una burla! - Benvenuti ai Tiri vispi Weasley”.
Hanno proprio ragione, penso. Hanno proprio ragione.

Esco da quel negozio, col cuore gonfio di immagini che non vedevo da più di cinquant’anni.
Quando muore qualcuno ti fai una ragione del fatto che non potrai mai più rivederlo, che non farà più parte della tua vita. È difficile, è terribile. Ma devi continuare a vivere anche senza di lui.
La perdita di Fred, così come di molti altri membri dell’Ordine, è stata una delle parti più strazianti della mia vita. Sapere che in qualche modo ero responsabile delle loro morti mi ha tenuto sveglio per notti intere.
Così… non pensi mai che nella tua vita potrai davvero riavere le occasioni mancate che ti sono state tolte con amici o parenti deceduti. E adesso per me, rivedere i due gemelli insieme, con George di nuovo sé stesso, completo, è stato come se il mondo fosse di nuovo rinato, andato a pezzi e poi ricomposto. Come se ci fosse una soluzione alla morte.
Non posso descrivere questa sensazione, questo momento di puro senso di potere che hai, quando vedi qualcosa di fantastico, di incredibile davanti i tuoi occhi.
Ed è proprio quello che ho visto adesso.
Non ho mai riflettuto bene su quello che Tiberius mi diceva, mai, aldilà del lato tecnico e dello sforzo che facevo per capirlo appieno. Ma adesso comprendo cosa voleva dire a riguardo delle nostre scelte, che influenzano la nostra vita. E il sapere che in altre vite, magari Tonks, Lupin o Sirius e tanti altri, potranno esseri ancora vivi, mi fa sentire… appagato. Felice.
E mentre ci pensavo, il ricordo dell’Harry sopito dentro di me, a cui mi sono sostituito, mi ha fatto vedere un Fred gettarsi per salvare Angelina, quell’attimo in meno, fugace, quella decisione presa un millesimo di secondo prima, che è bastato a salvargli la vita.
Sono davvero sconvolto. Positivamente sconvolto.
Mi sento come se galleggiassi per aria, e guardo le cose come se fosse la prima volta che le vedo, ma in realtà sono sempre state la, al loro posto, aspettando di stupirmi.
La vita ha da offrirci più di quanto noi possiamo concepire.    
Trascino la valigia con me, ormai come prolungamento della mia stessa mano, e solo dopo un po’ mi rendo conto che è il tramonto. Porto l’orologio al polso, e notando l’orario sospiro, rincuorato, smaterializzandomi all’istante.

Alla stazione di Hogsmeade, cammino su e giù per il marciapiede, piuttosto agitato. La valigia e le buste buttate malamente su una panchina. Trascino i piedi, tenendo le mani in tasca, fredde, umidiccie. Terribile.
Ho la gola secca e le gambe un po’ addormentate. Per questo cammino e cammino, potrei fare così per giorni, lasciando probabilmente un segno sotto di me sulla pietra della stazione. Sono l’unico a parte il capotreno, e quando lo vedo uscire dalla sua cabina guardando l’orologio, mentre il sole davanti a noi è tramontato da diversi minuti, comincio davvero a tremare, tenendo le mani strette dentro le tasche.
Ma in quel momento un rumore di passi pesanti mi fa girare la testa, e in lontananza vedo una figura davvero unica nel suo genere.
Lanterna in mano, folti capelli e grande barba, andamento appesantito non solo dagli enormi stivali e dalla smisurata cintura che si porta dietro, ma soprattutto dalla grande, grande mole che adesso mi ha appena visto e mi corre incontro sorridendo e chiamandomi:
«HARRY!» Hagrid mi solleva da terra, stringendomi forte in un abbraccio, che mi soffoca sui suoi capelli e la sua barba. «Ma tu ci dovevi mica essere qui! Che hai cambiato idea?» Mi domanda, lasciandomi andare, dandomi le sue solite pacche pesanti sulla spalla, facendomi ammortizzare bene il colpo sulle ginocchia.
«Ciao Hagrid!» Lo saluto, entusiasta di vederlo «Sì, ho deciso di venire, sempre che la McGranitt me lo permetta, così su due piedi…» Gli sorrido e lui ha gli occhi lucidi.
«Ma certo che ci vieni a scuola, Harry. La professoressa McGranitt è la cosa migliore che Hogwarts c’ha avuto dopo Silente e te…» Mi sorride, e vedo la commozione nei suoi occhi.
«Grazie amico, speriamo bene allora…»
«Non ho dubbi, Harry. Oh quanto sono contento di vederti qui, un altro anno insieme, non posso crederci. E ora che il peggio è andato ti puoi rilassare, eh?»
«Spero di sì, anche se con i M.A.G.O…»
«Ma che ti preoccupi degli esami tu? Tu sei Harry Potter! Ci esci di sicuro con i cinque M.A.G.O. che ti servono per fare l’Auror! L’hai mica fatta la domanda poi?» Mi chiede, curioso.
«Volevo farla adesso, ma poi…» Indico con eloquenza il luogo dove ci troviamo e lui scoppia a ridere.
«C’hai ragione. Allora studia e vienimi a trovare quando vuoi, lo sai? C’ho la capanna nuova ora…» Mi continua a dare pacche leggere sulla spalla, poi un fischio eloquente attira il suo sguardo in lontananza. «Mi sa che arriva il treno… Tra un po’ ti saluto, c’ho le piccole pesti del primo da portare al lago. Ma tu e Hermione sapete dove andare, no?» Sorride sghignazzando, dirigendosi verso l’uscita della stazione ad aspettare le matricole, continuando a salutarmi e ridere contento.
Io agito la mano per ricambiarlo, anche se il nome di Hermione mi ha reso di nuovo nervoso.
Non faccio in tempo a preoccuparmi che un secondo fischio preannuncia l’arrivo imminente dell’Espresso. Trattengo il fiato fino a farmi male, mentre i vagoni sfrecciano davanti a me sempre più lentamente. Butto fuori l’aria tutta d’un fiato, quando non ce la faccio più, e proprio all’ultimo soffio sento i freni premere sulle ruote del treno, lo sbuffo ultimo e infine le porte dei vagoni aprirsi.
Dai finestrini vedo centinaia di studenti trascinarsi fino alle uscite. Molti ragazzini sono terrorizzati e tanti altri ridono e scherzano con i vecchi compagni di corso, correndo e trainando i pesanti bauli fino alle carrozze.
«Harry?» Per l’ennesima volta in una sola giornata, una voce familiare mi chiama svegliandomi dai miei sogni. Dean mi sorride avvicinandosi, portando con sé un pesante baule, con indosso la divisa di Hogwarts.
«Dean!» Esclamo, avvicinandomi a lui.
«Hermione mi aveva detto che né tu né Ron sareste venuti ad Hogwarts, che ci fai qui?» Mi chiede, incuriosito.
«Beh, cambio di programma…»
«Contento tu. Come mai non eri sul treno?» Domanda, indicando dietro di sé l’Espresso.
«Ehm… l’ho mancato di pochissimo… è stata “davvero” una decisione improvvisa, sai..»
«Tu sei matto…» Sorride Dean, dandomi una pacca sulla spalla. «Allora ci si vede a cena. A dopo!» Mi saluta, correndo dietro la folla di ragazzi e ragazze.
Osservo gli ultimi studenti scendere dai vagoni finché una figura non mi toglie il fiato, prosciugando i miei polmoni fino all’osso.
Hermione scende dal treno, aiutando un ragazzino di primo anno a trascinare giù il suo baule, sorridendogli e indicandogli dove andare per le barche. Poi lo guarda correre via e scostandosi i capelli dal viso sale i tre gradini del vagone per prendere il suo baule, rimasto indietro.
È come se mi fossi congelato. Paralizzato alla vista della cosa più bella della mia vita, lì, davanti a me, a diciotto anni, di nuovo viva e dinamica come sempre, come la ricordavo. Sto per avere uno scoppio al cuore, mentre la osservo, sempre più incredulo riguardo cosa mi sia capitato nell’arco di un solo giorno.
Sono entrato in coma, poi mi sono svegliato in una nuova vita, a diciotto anni, con nuovi ricordi, con gente morta di nuovo viva, e ora sono qui. A un passo da lei e non riesco nemmeno a muovermi per dirle…
In un attimo di panico totale ho scordato di nuovo di respirare, così butto fuori tutta l’aria per forza, costringendomi a sbloccarmi. Riprendo fiato, e mi do dell’idiota.
Non sprecherò questa vita come ho fatto con l’altra. Mai.
E con questo pensiero le mie gambe si muovono da sole, percorrendo la distanza che mi separa da lei, fino a che la voce non esce da sé… «Hai bisogno di una mano?» Domando, prendendo al volo la maniglia del pesante baule, che sicuramente conterrà decine e decine di libri.
«No grazie, ce la facc…» La vedo affaticarsi, ma riuscire comunque a portare il resto del baule sul marciapiede. E sbuffando esausta, sorridere e voltarsi verso di me per ringraziarmi prima di spalancare gli occhi, sorpresa.
«Harry!»
E sento che è l’unica voce da cui vorrei sentirlo pronunciare, per sempre.
«Ciao Herm…» La mia voce è bassa, come un ricordo. Perché quello che sto vedendo per me è un ricordo. Non il momento, ma lei. Così, con la divisa di Hogwarts, impeccabile, la spilla da Caposcuola appuntata perfettamente al petto. E i suoi occhi, meravigliosi. Sempre meravigliosi. Qualunque epoca, qualunque vita, qualunque tempo. Sempre meravigliosi.
«Cosa ci fai qui?» Mi chiede perplessa.
Mi stringo nelle spalle «Ecco io…»
«È successo qualcosa?» Domanda, improvvisamente preoccupata.
«No! Ma perché ogni volta che qualcuno mi vede pensa che deve scoppiare un’altra guerra?» Esclamo contrariato.
«Scusa, non volevo, solo che sono un po’… stupita?» La pone come una domanda, come se non sapesse nemmeno lei come sentirsi nel vedermi lì.
«Beh, ho deciso di venire ad Hogwarts, tutto qui» Rispondo semplicemente, aprendo le mani. Lei sbatte le palpebre.
«Sul serio?»
«Sì, sul serio!» Esclamo, contrariato anche dalla sua incredulità.
«E come mai non eri sul treno?» 
Sospiro «L’ho perso.»
«Un’altra volta? E come sei arrivato fin qui?... Oh non mi dire che hai incantato un’altra automobile…» Socchiude gli occhi come a prepararsi ad una terribile notizia, io inarco le sopracciglia.
«No, Herm. Mi sono solo smaterializzato. Tutto qui»
Pare sollevata dalla mia risposta, poi ci pensa su e si guarda intorno. «Non ci sono Ron e Ginny?»
Io scuoto la testa «No, a dir la verità Ron non sa nemmeno che sono qui… anche se ormai Ginny gliel’avrà detto…» Aggiungo, fissando l’orologio.
«Non lo sa?»
«No, è stata una decisione molto rapida… davvero.» Rispondo, sincero. Lei mi fissa un attimo, stupita, poi si riprende abbassandosi a afferrare la maniglia del suo baule.
«Beh, allora andiamo! Non voglio perdere le carrozze. I tuoi bagagli?» Mi domanda, accelerando il passo, trascinando il baule con sé, io le indico la panchina, con la valigia malconcia, una busta di madama McLan e una di materiale scolastico, come papiri, piume e inchiostro. Lei mi fissa incredula mentre li prendo in mano.
«Tutto qua? Altro che rapida, sei stato uno scheggia!»
Le sorrido, mentre ci dirigiamo verso le carrozze. Riusciamo a prendere l’ultima appena in tempo, in cui troviamo due studenti del secondo che ci fissano un po’ terrorizzati.
«Hai comprato una nuova divisa vedo, almeno indossa il mantello o sembrerai un clandestino.» Mi dice, risoluta come sempre, tirando fuori dalla busta il mantello della mia divisa.
«Ma io sono un clandestino, Herm. Non so nemmeno se la McGranitt mi darà il permesso di frequentare l’anno con così poco preavviso.» Pronuncio, prendendo il maglione grigio e infilandolo sopra la mia camicia verde… terribile scelta.
«Fermo, fermo! La cravatta…» Mi interrompe lei, togliendomi il maglione dalle mani, e porgendomi la cravatta.
«No, senza specchio non riesco a fare il nodo.» Commento tentando di nuovo di infilarmi il maglione, lei alza gli occhi al cielo, togliendomelo definitivamente dalle mani, e costringendomi a fissarla.
«Ci penso io, stai fermo.» Mi alza il colletto della camicia e con maestria mi fa un nodo perfetto in pochissimi secondi «Ecco fatto, dice, stringendolo quanto basta, e riabbassando il colletto. «Solo un ultimo tocco…» Prende la bacchetta e con un colpo sul mio braccio trasforma la camicia in un bel bianco.
«Ahh, ora si che va meglio» Sospiro contento, indossando (finalmente) il maglione, e sopra la mantella nera. Tutto questo sotto gli occhi attoniti dei due ragazzini di secondo anno.
«Ora sì che sembri una persona normale, Harry…» Commenta Hermione, ancora intenta a sistemarmi il colletto e il cappuccio del mantello.
«Grazie Herm, se non ci fossi tu mi sarei presentato dalla McGranitt come un barbone»
«Non dire sciocchezze. Ma tu e Ron dovreste fare molta più attenzione a quello che indossate, questi colori sono davvero terribili…» Commenta fissando disgustata il mio abbigliamento.
«Da quanto ti interessi di moda?» Gli chiedo, curioso.
«Da mai, appunto. Perciò dovresti riflettere sul fatto che una come me ti abbia detto una cosa simile…»
Sospiro, alzando gli occhi al cielo «Brucerò questi vestiti appena arrivo in dormitorio, promesso…» Facendole scoppiare una risata.
Passiamo gli ultimi istanti in carrozza, in silenzio. Mentre sento gli sguardi dei due ragazzi del secondo fissarmi intensamente e sussurrare qualcosa che sembra molto come: Harry Potter.
Beh, almeno stavolta nessuno potrà dubitare di me, della mia salute mentale o della mia capacità di salvare il mondo. No?
Sorrido in sottecchi, mentre la carrozza si ferma dietro le altre e miriadi di studenti corrono verso il portone.
«Casa» Sussurro, ammirando Hogwarts in tutta la sua imponenza, stagliarsi nel cielo limpido di questa notte.
Aiuto Hermione a trascinare il suo baule giù per la carrozza, e con un ultimo sguardo verso di essa mi sussurra all’orecchio: «Avevi ragione, i Thestral sono proprio orribili…» Annuisco, nel momento in cui attraversiamo il portone.

Aspettando l’arrivo delle matricole, lasciamo i bagagli al solito posto, e ci dirigiamo verso la Sala Grande. Alla sola idea il mio stomaco gorgoglia compiaciuto.
«Credo che dovresti parlare con la McGranitt prima dell’inizio della cena.» Pronuncia Hermione, mentre saliamo le scale.
«Ah sì? E come?» Domando, incuriosito dalla sua possibile risposta.
«Aspetta qui.» Mi ordina solamente, lasciandomi alle porte della Sala e percorrendola per intero, fino al tavolo degli insegnanti, scambiando due parole proprio con la McGranitt, che mi sembra sobbalzare lievemente sorpresa, e fissare oltre Hermione, cercandomi con gli occhi. Sospiro, incrociando le dita, e sperando che sia magnanima, quando la vedo alzarsi e girare attorno al tavolo seguendo Hermione, facendosi spazio fra la folla di studenti ansiosi di cenare.
 «Professoressa…» La saluto, con un brevissimo inchino formale. Anche per lei ho un piccolo magone al cuore, e una stretta allo stomaco. Non la vedevo da moltissimo tempo, talmente che molti di noi non sapevano nemmeno dove fosse andata dopo il suo pensionamento. Si vociferava che fosse solo Hermione ad avere contatti con lei, ma non ha mai confermato nulla di tutto questo nemmeno a me.
«Potter, ma che piacevole visita. Credevo che non avresti mai cambiato idea.»
«Beh, è stata una cosa molto…»
«Rapida sì, la signorina Granger mi ha accennato velocemente tutto a grandi linee. Beh, un po’ di preavviso non sarebbe stato sgradito, ma comunque sono molto lieta di vederti qui con noi. Entra pure, e goditi la cena. Più tardi parleremo dei dettagli…»
«Grazie, professoressa.» Le sorrido, e lei mi ricambia. Hermione dal canto suo, contenta, mi lancia uno sguardo raggiante, di quelli che se avessi avuto ancora settant’anni mi avrebbe ammazzato sul colpo.
Sospiro.
Saranno lunghi giorni.

A cena, assisto divertito allo smistamento dei nuovi studenti, e al discorso enfatico della McGranitt sulla nuova era di pace che si prospetta nel mondo magico. Noto con dispiacere che i tavoli delle case sono ancora piuttosto scarni di studenti, e mi sorprende che ci sia ancora qualche genitore non disposto a mandare il proprio figlio a lezione. Credo che comunque la maggior parte sia dovuto a studenti pigri come me, che hanno deciso di saltare perentoriamente l’ultimo anno, ma anche a molti altri di origine babbana che dopo l’olocausto causato dai Mangiamorte sono o fuggiti in paesi stranieri con le proprie famiglie, o portano ancora diffidenza nei confronti del nuovo Ministero e di tutto ciò che sia legato al mondo magico. In tal caso non potrei proprio biasimarli.
Comunque nulla po’ scalfire il mio buon umore questa sera, sono eccitatissimo, è come se avessi bevuto ettolitri di caffè. Sono di nuovo ad Hogwarts e ho un intero anno da vivere qui dentro, in santa pace. Hermione mi siede accanto, applaudendo commossa al termine del discorso della McGranitt che con un colpo delle mani da il via alla cena.
Le centinaia di pietanze che ogni anno mi deliziavano il palato sono tornate sotto i miei occhi, che quasi lacrimano dalla gioia intensa che sento esplodermi nel petto. È come essere in un sogno, nel tuo più meraviglioso sogno, ma sapere che non ti sveglierai mai più. Che è tutto reale.
«Ti vedo piuttosto energico» Mi sorride Hermione, osservandomi. Io annuisco con enfasi, mentre tento di ingoiare quattro pietanze insieme. Lei fa una smorfia di disgusto «Mh… anche piuttosto simile a Ron in questo momento…»
Deglutisco a forza bevendo un intero bicchiere d’acqua per mandare giù tutto. Poi le sorrido.
«Quante lezioni frequenterai quest’anno?»
«Oh beh, le solite. Ho sempre la mia fedele amica…» Dice, dando un colpetto alla tasca della mantella, intendendo la Giratempo.
«Il mio cuore mi chiede di dirti di riposarti e non fare le solite pazzie, come quelle che facesti al terzo anno. Ma la mia testa mi dice di evitarlo, perché tanto non mi darai ascolto…» Commento ridacchiando.
«La tua testa è molto saggia, Harry.» Sorride, mentre si versa del succo di zucca.
«Già, mi sento più maturo» Rispondo orgoglioso, sottolineando dentro di me che cinquant’anni di esperienza extra mi avrebbero fatto comodo anche prima. Mi fa un cenno con la caraffa e intuendo le porgo il bicchiere, ringraziandola mentre lo riempie.
«Ringrazia comunque il tuo cuore, perché si preoccupa sempre così tanto per me» Aggiunge infine, sorridendomi dolcemente. Ed è in quegli occhi che vedo l’Hermione che ho conosciuto, quella con cui sono cresciuto fino ad ora. La vedo, sì. Lei è lì dentro, da qualche parte, che aspetta solo me.
«Di niente, figurati.» Le ricambio il sorriso, e alzo il calice per un brindisi. Lei tintinna il suo col mio, e dico: «Al nostro ultimo anno!»
«Al nostro ultimo anno!» Ripete, prima di bere d’un sorso tutto il contenuto.

A fine cena la McGranitt mi chiama con sé, lascio Hermione e seguo la professoressa fra gli enormi corridoi di Hogwarts. Arrivati all’ufficio del direttore, noto il ritratto di Silente sonnecchiare come metà del resto dei quadri appesi al muro.
«Prego Harry, siedi pure.» Mi invita la McGranitt con gentilezza, accomodandosi nella sua poltrona, dietro la scrivania.
«Mi dispiace davvero professoressa, l’avrei avvertita solo che…» Intervengo subito, con la solita enfasi che mi distingue in questi casi, ma lei alza una mano per zittirmi.
«Ho già detto che non ci sono problemi, Potter. Non stiamo qui a rivangare sempre le solite discussioni. Come ti ho detto sono molto contenta di averti qui, e soprattutto ansiosa di vederti disputare degli ottimi M.A.G.O. per il glorioso futuro Auror che sono certa ti aspetterà. Ma non ti ho portato qui per questo. Oltre a delle inutili scartoffie burocratiche che posso benissimo sbrigare da sola, c’è un problema a cui cercavo una soluzione, e il tuo arrivo mi ha aperto uno spiraglio, sempre se vorrai accettare.»
«Mi dica, farò quello che posso» Rispondo prontamente, raddrizzandomi sulla sedia.
«Oh, tranquillo. Non è nulla di oneroso, è solo una questione di… ordine.»
«Cioè?»
«Beh, essendo questo il nostro primo anno dopo la guerra magica, i ragazzi sono ancora piuttosto scombussolati, anche i più anziani. Molti studenti del settimo anno non si sono presentati, e i ragazzini del primo sono terrorizzati.»
«Ho notato» Ridacchio.
«Ora, la signorina Granger è stata la mia prima e assoluta scelta come Caposcuola di Grifondoro…»
Entrambi assumiamo un’espressione come a dire: troppo ovvio anche solo discuterne. «…purtroppo i posti di Prefetti del settimo anno sono rimasti vacanti. Non avendo notizie dagli studenti non mi è stato possibile fare una scelta, poiché non sapevo chi di loro si sarebbe presentato, e molte delle lettere che ho inviato non hanno avuto risposta. Così ho deciso di scegliere nelle prossime settimane i Prefetti per tutte le case, ma avendo te e il signor Thomas come ottime scelte per Grifondoro, mi domandavo se non fossi disposto a prenderti questo onere.» Mi chiede infine, fissandomi negli occhi, come implorandomi di toglierla da questo impiccio. Le sorrido.
«Certamente, professoressa. Sarebbe un onore per me.» A queste mie parole, la McGranitt tira un sospiro di sollievo, col suo solito modo pacato e rispettabile di fare ogni cosa.
«Molto bene, Potter. Ti ringrazio. Domani chiamerò il signor Thomas, ma se non sarà disponibile e se non riuscissi a trovare altri candidati validi sono certa che sia tu che la signorina Granger farete un lavoro eccellente.» Dicendo questo, tira fuori dal cassetto una busta, porgendomela. «Puoi andare, credo sia tutto» Mi sorride, io la ringrazio facendole di nuovo un brevissimo inchino. Ma dirigendomi verso la porta una domanda mi sale alla gola.
«Ehm, professoressa?»
«Sì?» Risponde distratta, aprendo un calamaio.
«Il quidditch sarà…»
«A Grifondoro manca il suo capitano, Potter. Non mi deludere.» Mi interrompe, senza guardarmi negli occhi, cominciando a compilare dei moduli che credo essere le carte burocratiche della mia iscrizione. Io abbozzo un sorriso, un po’ confuso dalla risposta schietta e esco, in silenzio.

Entro nella sala comunque, il cui calore mi accoglie sempre con piacere, e che suscita in me un altro magone di commozione.
Gli studenti dei vecchi anni borbottano intensamente, e alcuni parlano con i nuovi arrivati, confortandoli. Sento diversi occhi addosso, ma non vi faccio caso più di tanto, mentre mi dirigo verso il divano davanti al camino, salutando Dean e negando col capo il suo invito ad unirmi a lui.
Trovo Hermione seduta, praticando ciò che ama di più in assoluto «L’avevo detto io che non mi avresti ascoltato. Stai già studiando?» Attiro la sua attenzione, scivolandole accanto, assaporando il calore del camino, i cuscini morbidi del divano e la compagnia di Hermione.
«No, non è per la scuola. Ma non sono riuscita a finirlo prima di venire qui, così l’ho portato con me.» Mi spiega, mettendo un segno alla pagina del libro.
«Vediamo… “Le più bizzarre e improbabili leggende narrate dall’apocalittico argonauta”. Te l’ha regalato Ron?» Le chiedo inarcando le sopracciglia, perplesso dal titolo. Lei mi guarda eloquente.
«Si nota così tanto?»
«Tutto quello che contiene: “bizzarro” e “improbabile” equivale a Ron…» Commento, facendola ridere, prendendole il libro dalle mani e posandolo sul tavolino di fronte a noi.
«Cosa c’è nella busta?» Mi domanda curiosa.
«Questa?» Domando alzando la mano «Ah niente…» Tiro fuori lentamente la spilletta dalla carta, nascondendola dentro il pugno. «Una roba da nulla, davvero» Banalizzo, ironico. Lei alza gli occhi al cielo, e impaziente mi prende la mano aprendomi il pugno. Alla vista della spilla trattiene il fiato, e le si illuminano gli occhi:
«Oh Harry! Sei Prefetto!» Esclama contentissima. Io annuisco prima che lei mi strappi dalle mani la spilla per appuntarmela impaziente al petto. «Ti sta benissimo» Sorride infine, squadrandomi per bene.
«Lo so, sto una favola» Mi pavoneggio col petto in fuori, facendola sorridere.
«Finalmente hai avuto la tua spilla…» Sospira.
«Già, c’è voluta solo una guerra magica, morire e resuscitare e… ah sì, che Ron piantasse Hogwarts.» Elenco, contando sulla punta delle dita. Hermione ride sommessamente ma poi dice:
«Visto che non è presente, posso dirti che avrei mille volte preferito te come compagno d’armi fra i prefetti?» Mi confessa.
«Davvero?» Domando, voltandomi verso di lei, puntellandomi sul gomito.
«Già. Ron non è proprio adatto  a questo genere di cose, non ha il polso fermo» Sospira, gettando la testa indietro sullo schienale del divano.
«E quindi io avrei il polso fermo?» Domando, osservandola mentre chiude gli occhi e sorride alla mia domanda.
«No. Per niente.» Risponde schietta, voltandosi verso di me. «Ma sei Harry Potter, e tutti adesso hanno paura di te…» 
«Ah grazie mille!» Commento sarcastico, mentre lei continua a prendermi in giro.
«Ma davvero, chi può sconfiggere il “grande Harry Potter?”» Quest’ultima frase la pronuncia con la voce grossa, mimando le lettere con le mani, come se guardasse un’insegna pubblicitaria «Se tiri fuori la bacchetta con uno del primo anno potresti polverizzarlo, o almeno questa è la voce che gira al momento» Conclude, spiegandomi la sua presa in giro.
«È per questo che mi sento duecento occhi puntati addosso?» Sussurro, accovacciandomi su di lei che annuisce.
«Sì, ma credevo ci avessi fatto l’abitudine.»
«Non ci si fa mai l’abitudine…» Sussurro a denti stretti. Lei sorride, e torna a chiudere gli occhi, con la testa indietro.
Mi ritrovo a fissarla ancora, intensamente. Mentre i miei occhi scendono per i contorni del suo viso e mi chiedo come possa essere stato così idiota nella mia vita precedente a non capire quanto la amassi.
«Cosa c’è?» Domanda, notando il mio sguardo su di lei. Mi sveglio come preso da un incantesimo, balbettando qualche cosa. «Oggi sei strano» Mi dice lei, fissandomi un po’ incerta. La cosa mi fa sorridere e così, dopo aver ripreso fiato, commento:
«Me lo hanno detto in molti…».

Io e Dean ci ritroviamo di nuovo nella stessa camera, in cui sembriamo essere gli unici due coinquilini. Lui si stupisce nel vedere la mia valigia scarna e piuttosto malconcia, ancora di più dopo che, aperta, riversa sul mio letto montagne informi di vestiti e mutande, più un paio di scarpe, che solo adesso mi rendo conto essere bucate alla punta.
«Mi sa che dovrai fare un po’ di compere alla prima gita a Hogsmeade, Harry» Ridacchia Dean alle mie spalle. Infilandosi il pigiama e dirigendosi verso il bagno.
«Dovrò trovare una soluzione il prima possibile, ma almeno…» Sollevo il groviglio di mutande e calzini, prima di lasciarlo ricadere sul letto «…questi sembrano essere in abbondanza.» Commento, infilando di nuovo tutto nella valigia, cercando di dargli un minimo ordine pratico.
Sono troppo stanco per pensare a queste cose, alla fine a tutto si trova una soluzione… prima o poi. Poso la valigia sotto il letto, e mi tolgo mantella, scarpe, calzini e maglione. Lanciandoli in malo modo sulla sedia accanto al letto.
Mi passo le mani sul viso, sbadigliando. E solo adesso, osservando la luce chiara della luna passare dalla finestra, mi rendo conto di quanto sia stanco.
Tutta l’eccitazione e l’adrenalina sono sfumati con la cena e col calore e il tepore del divano della sala comune, trasformandosi in puro e semplice sonno.
E adesso, dopo che la prima frenesia è scemata, la mia testa ha un attimo di calma nella sua stessa spossatezza per pensare, e questo porta in me solo dei turbamenti che fino adesso non avevo più sentito o forse avevo solo voluto ignorare.
Penso ai miei figli, i quali non rivedrò mai più e dei quali non potrò nemmeno avere una foto. Pensieri strani mi sfiorano, come l’idea di dimenticarli per sempre, dimenticare i loro volti e ciò che sono stati per me. Poi ci sono altre cose nella mia testa, cose che non ho vissuto in prima persona, ma che sembrano fare parte del me stesso a cui ho rubato la vita. Dovrei sentirmi in colpa, ma proprio non ci riesco. Sorrido di sbieco, pensando a Tiberius e a quanto mi sia avvicinato al suo pensiero, in sole quindici ore di vita in questo mondo.
Mi chiedo anche dove sarà adesso, e se starà già venendo da me, per accertarsi che io abbia recuperato la memoria. E proprio riguardo ciò mi rendo conto che forse dovrei cominciare a tentare di svegliare i ricordi di Hermione, già da domani…
Mi sta per venire mal di testa.
Dean esce dal bagno e mi augura la buonanotte, infilandosi sotto le coperte… mi sembra quasi incredibile passare una notte in dormitorio ad Hogwarts senza il russare di Ron.
Sorrido e mi distendo anche io, continuando a fissare la finestra e la luna, il cui colore mi accompagna nei ricordi, che tento di fare sempre più miei e meno lontani possibili, sforzandomi di ricordare costantemente i volti dei miei figli e ciò che meglio ricordo di loro.
Così mi addormento, lasciando i singhiozzi consumarsi silenziosi sotto la coperta.

 


NdA
Il senso più grande che volevo dare a questa FF si potrebbe riassumere tutto con Fred.
Mentre lo scrivevo alcune lacrime mi solcavano il viso, perché pensavo a quanto mi piacerebbe poter rivedere le persone defunte che ho perso nella mia vita.
A quelle volte in cui mi svegliavo e credevo di aver sognato. E quando capivo che la realtà era quella mi arrovellavo la testa cercando di trovare una soluzione alla morte, senza riflettere, guidata dalla disperazione. Come una stupida.
Se solo potessi varcare la mia Linea, e impedire a certi eventi di ripetersi. O solo rivedere qualcuno.

ANNUNCIO
Oggi parto per tornare a casa per l'estate, tornerò a Firenze verso metà settembre o giù di lì. Avrò diverse cose da fare, tra cui un trasloco che potrebbe impedirmi di inserire dei capitoli qualche volta, cercherò di essere puntualissima come al mio solito, ma nel caso vi  suggerisco di controllare spesso la descrizione della storia, lì inserirò eventuali avvertimenti di ritardo o impossibilità varie :)
A giovedì!

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Capitolo 10
*** K.O. ***


Eccomi :)
Buona lettura!



CAPITOLO X
K.O.

«Aiutami a spostarlo» Tiberius chiama Luna, riponendo di nuovo la sua bacchetta nella tasca dei pantaloni. Ma non ha risposta così si volta verso l’amica e ciò che vede non può lasciarlo indifferente.
Luna piange in quell’angolo dove si era rintanata quando aveva dato il suo ultimo saluto ad Harry, e se poco prima aveva tentato in tutti i modi di non dare a vedere la sua pena, adesso, rannicchiata sulle sue ginocchia, cercando sempre di farlo nel silenzio più assoluto, singhiozza vistosamente.
Tiberius sospira, e cerca nella manica del suo largo vestito il suo fazzoletto.
In pochi passi silenziosi è da lei, e senza dire una parola si china, accarezzandole i capelli platino, attirando la sua attenzione. Quando lei tira su col naso e incontra i suoi occhi con gli occhiali ormai caduti sulle ginocchia, appannati e bagnati, lui le rivolge un sorriso dolce e quieto. Tranquillizzante.
Porgendole il fazzoletto bianco.
Luna lo prende fra le mani e vi si nasconde il viso, non riuscendo a controllare i singhiozzi.
«Coraggio, piccola mia. È così che doveva andare…»
«Lo so. Ma non riesco comunque a smettere di pensare al fatto che sia accaduto. È così difficile lasciare andare qualcuno…» Borbotta fra una lacrima, un singhiozzo e un sospiro. Tiberius annuisce pacatamente, sedendosi accanto a lei, sul pavimento.
«Il modo in cui è accaduto è sicuramente brutale. Ma entrambi sappiamo che ora per loro andrà bene, e che in un’altra vita tu li incontrerai e sarete per sempre amici.»
«Già, ma vorrei che fosse la me di adesso a godere di quegli attimi… mi sento così stupida» Aggiunge, asciugando lentamente gli occhiali con un angolo del fazzoletto.
«Siamo esseri umani, Luna. L’amore per il prossimo è la nostra migliore debolezza» Le sorride Tiberius, porgendole la mano.
Luna inforca gli occhiali e gli ricambia il sorriso, prendendogli la mano e lasciandosi trascinare in piedi, dove, senza che lui se lo aspettasse, lo abbraccia calorosamente, dicendo: «Non smetterò mai di ringraziarti per questo.»
Anche se spiazzato, Tiberius ricambia l’abbraccio con altrettanto affetto «Per te, qualunque cosa»
«Dai…» Mormora Luna, ripiegando il fazzoletto, restituendoglielo «…dobbiamo finire»
Entrambi si avviano verso il letto, dove Harry giace addormentato abbracciato a Hermione. Luna si posiziona dalla parte opposta, nel frattempo aveva estratto la propria bacchetta, e con un Mobilicorpus aveva sollevato Harry, trascinandolo fino al secondo materasso, poggiandovelo delicatamente sopra.
«Perfetto» Sentenzia Tiberius, soddisfatto. Si era, nel frattempo, posizionato esattamente al centro dei due letti, inginocchiandosi a terra, controllando con la bacchetta la distanza fra la sua testa e quella di Hermione, e viceversa con quella di Harry. «Ci siamo» Dice a Luna che annuisce mentre prende la bacchetta che Tiberius le stava porgendo. «Ricordati, devi stare tranquilla e rilassata. Andrà tutto bene, ok?» La tranquillizza lui, sorridendole.
Luna annuisce, e mentre lui toglie la parte superiore del suo vestito, molto ingombrante, gettandola in un angolo del letto di Harry, rimanendo con una maglia araba piuttosto scarna, si posiziona sul pavimento a gambe incrociate, raddrizzando la schiena e facendo un profondo respiro. Con un ultimo cenno a Luna, chiude gli occhi e inizia a concentrarsi.
Luna nel frattempo prende entrambe le bacchette, e gira attorno a Tiberius fino a trovarsi dietro di lui. Le posiziona una a sinistra e una a destra della fronte di Tiberius, facendo incontrare rispettivamente la tempia di Harry, quella di Hermione e quella dell’uomo.
Luna sa che dovrà rimanere così finché lui non sarà riuscito a passare oltre, ma già nei palmi delle sue mani sente un calore provenire dal legno, poi una vibrazione, fino a che le spalle di Tiberius prima mosse dal respiro, diventano così lente da sembrare quasi morto.

*

Corro come se ne dipendesse della mia vita. Ho saltato pure la colazione e per questo sarò intrattabile tutto il giorno, ma… ehi, non sono più abituato ad andare a lezione.
Scivolo per almeno un metro e mezzo davanti l’aula di Trasfigurazione Avanzata. Prima di ricompormi quel quanto mi sia possibile, e bussare cortese alla porta.
«Potter, mi sembra di essere tornata indietro di sette anni. Grazie per averci fatto cortesia della tua presenza. Prego, accomodati.» Risponde la McGranitt, in tono impeccabile e purtroppo identico alla mia prima lezione. Mi scuso con un cenno del capo, e filo al primo banco accanto Hermione, che aveva messo una pila di libri sulla sedia per occuparla, fiduciosa del mio arrivo.
«Niente occhiatacce?» Sussurro di sbieco, travasando il contenuto della borsa sul tavolo, cercando di fare meno rumore possibile.
«Non ne ho bisogno, sai già cosa penso» Mormora lei, china a prendere appunti di una lezione nemmeno iniziata.
«Ah, bene. Facciamo progressi» Sbiascico, ancora senza fiato. Decido così di recuperarlo stando in perfetto silenzio per almeno tutta l’ora. La McGranitt nel frattempo, in piedi dietro la cattedra si appresta a fare uno dei suoi poderosi discorsi:
«Bene signori, come potete vedere quest’anno abbiamo mancanza sia di studenti che di insegnanti. Così, nonostante la mia nuova carica mi impedisca per regola di insegnare, mi sono trovata costretta a fare un’eccezione perché possiate continuare a studiare Trasfigurazione Avanzata. I tempi duri sono passati, ma sarà comunque necessario l’aiuto di tutti voi per riprendersi da questo ultimo anno. Confido in voi, allievi del settimo, per aiutare i più piccoli in qualunque difficoltà. Se lo farete avrete tutta la mia gratitudine. Bene. Aprite i libri a pagina cinquantotto…»
«Ehm professoressa…» Alzo la mano intimidito.
«Sì, Potter?»
«Non ho il libro di Trasfigurazione Avanzata… cioè…» Mi correggo alla fine, sussurrando «…a dire la verità non ho nessun libro»
Hermione si volta verso di me spalancando gli occhi. La McGranitt sospira.
«Davvero un ottimo inizio di anno, Potter…».

«Potevi dirmelo che non avevi libri! In biblioteca ci sono le copie a disposizione per tutti gli studenti!» Mi ammonisce Hermione, io mi stringo nelle spalle.
«Dai, alla fine non è andata così male. Ho la copia di riserva della McGranitt, magari anche qui troverò delle formule miracolose, scritte con un soprannome, che mi faranno eccellere in questa materia…»
«Ah-ah… divertente. Sei incorreggibile. Non fare pentire la McGranitt di averti dato questa!» Mi ammonisce, dando un colpetto sulla spilla da Prefetto. Io le sorrido, mentre entriamo nell’aula di Difesa contro le Arti oscure.
Notiamo immediatamente questa donna magra, bionda, con lunghi capelli raccolti in un’ampia treccia che le scende fino alla schiena, e una divisa che assomiglia terribilmente a quella di…
«Un Auror!» Sbotto senza rendermene conto, facendo girare tutti i presenti verso di me. Lascio un sorriso imbarazzato, facendo l’indifferente.
«Oh, vedo che qualcuno ha già riconosciuto la mia uniforme.» Dice la professoressa, sorridendo. «Piacere, io sono Ania Zborowski, e quest’anno vi insegnerò Difesa contro le Arti oscure. Sono polacca e nel mio paese è consuetudine far insegnare questa materia da un Auror professionista. Questo aumenta la percentuale di certezza che lo studente alla fine degli anni scolastici abbia davvero acquisito corretta conoscenza delle tecniche di difesa. Il Ministro della Magia Shacklebolt ha voluto seguire la stessa via per quanto riguarda il nuovo anno ad Hogwarts, spero quindi che ci troveremo bene insieme e che potremo sperimentare quanto basta per almeno farvi capire l’importanza di conoscere bene questa materia.»
Annuisco per tutto il discorso, essendo pienamente d’accordo con lei ma devo averlo fatto in modo piuttosto evidente, perché proprio in quell’istante lei si volta verso di me lanciandomi uno sguardo interessato. «Molto bene! Direi che possiamo cominciare, posizionatevi intorno la pedana che ho preparato, a turno testeremo le vostre capacità di difesa e attacco. Preferirei comunque che non faceste comunella fra studenti delle stesse case, ma che vi mischiaste, perché credo che almeno questo la guerra ve l’abbia insegnato, no?»
Dice, andando dritta al punto, mentre ci sistemiamo attorno la pedana che mi ricorda tanto il Club dei Duellanti, mentre gli studenti si mischiano fra di loro lanciandosi sguardi straniti. La professoressa Zborowski sale al centro della pedana e chiama i primi due per il duello.
«Bene, lei è?» Domanda la professoressa allo studente di Grifondoro.
«Neil Fingerman» Borbotta il ragazzo, piuttosto alto e mingherlino.
«E lei?»
«Zack William» Dice invece un Serpeverde dalle spalle larghe.
«Li avrò visti sì e no due volte questi qua…» Mormoro ad Hermione.
«William corteggiava la Parkinson, prima che lei gli desse un poderoso due di picche in pubblico. Da quel momento non s’è fatto più vedere molto in giro…» Mi spiega lei «Invece Fingerman si è trasferito qui al sesto anno, i suoi genitori sono Neozelandesi. Ma come fai a non ricordarti di William? Era il battitore dei Serpeverde al nostro sesto anno!»
«Non mi ricordo proprio» Sussurro, anche se sono sicuro di non averli mai visti, almeno nella mia vita precedente.
«Ma sì, probabilmente non ci hai fatto caso perché loro sono comunque più piccoli di noi di un anno, non dimenticartelo… soprattutto se duellerai.» Borbotta Hermione, fissandomi eloquente.
«Non farò del male a nessuno!» Mi giustifico, accorato. Lei ridacchia.
«Bene, uno da un lato e tu dall’altro, via.» Ordina ai due la Zborowski «Al primo turno useremo solo Stupeficium e Protego, niente trucchi e niente scherzi. Non so cosa vi abbiano insegnato fino adesso o cosa abbiate imparato per difendervi durante la guerra, ma qui siamo a scuola e il vostro avversario non sta cercando di uccidervi, quindi… fate i bravi. Al mio tre. Uno…»
«Sono proprio curioso» Ci sussurra Dean, unitosi a noi.
«Tre!»
«STUPEFICIUM!» Urlano i due in coro, purtroppo però nessuno dei due è abbastanza veloce da schivare il colpo dell’altro ed entrambi finiscono col sedere a terra in pochi attimi, in maniera piuttosto rovinosa.
«Ahio!» Mugugna qualcuno fra la folla, e anche i due ragazzi che si tastano il sedere e le spalle doloranti.
«Beh, ottimo Stupeficium, ma zero riflessi…» Sentenzia la professoressa, mentre li accompagna verso dei cuscini rossi posti ai lati della stanza. «I prossimi…» Dice, ritornando sulla pedana e scrutando la folla. «Tu.» Indica un ragazzo di Corvonero «E tu» Ecco. Proprio su di me.
«Harry ricordati… più piccoli.» Mi sussurra Hermione, scandendo ogni sillaba dell’ultima parola. Al contrario di Dean che mi fa un segno di incitamento. Io sospiro, e tiro fuori la bacchetta dalla manica della divisa.
Ma appena salgo sulla pedana, un brusio costante si alza improvviso e il ragazzo davanti a me trattiene il respiro.
«Oh no…» Dice «No, lui no…» Mormora terrorizzato. La professoressa si volta verso di lui, chiedendogli se qualcosa non va. Lui annuisce col capo, e uno dei ragazzi in sala dice:
«Certo che non va! Quello è Harry Potter, lo farà a fettine!»
«Ecco, ha sentito? Beh, magari dopo, ok?» Balbetta il ragazzo, tentando di scendere dalla pedana.
«Oh, no no, dove crede di andare signor…?» Lo rincorre la Zborowski, tentando di afferrarlo per una spalla.
«Barnaby, Francis Barnaby…» Risponde, appena sceso dalla pedana.
«Torni subito qui! Il signor Potter dovrà usare solo un Protego e uno Stupeficium, nient’altro!» Ma il Grifondoro continua a nascondersi fra la folla, terrorizzato. La Zborowski sospira, ma prima che possa dire qualcosa per convincerlo, una voce si leva fra i Tassorosso.
«Lo sfido io!» Un ragazzo, capelli ricci scuri e occhi grigi, sale spavaldo sulla pedana, scavalcandola agilmente.
«Lei sarebbe?» Gli chiede la Zborowski.
«Davis Grimm»
Sento qualche ragazza sospirare a quel nome, e contemporaneamente con la coda dell’occhio noto Hermione alzare gli occhi al cielo, scimmiottandole con una serie di smorfie. Trattengo una risata.
«Lei non ha paura di Potter?» Domanda perplessa la Zborowski.
«No, mio padre mi ha insegnato i rudimenti del duello da quando ho la bacchetta, e ogni anno mi esercitavo qui ad Hogwarts, diventerò un Auror. Perciò non ho paura di Harry Potter, posso batterlo.» Risponde sicuro di sé e ansioso all’idea di duellare. La Zborowski sorride e si volta verso di me.
«Ok, allora. Stavolta avrete un ulteriore incantesimo da poter usare, l’Expelliarmus. Al mio tre. Uno… due…» Grimm mi fissa negli occhi intensamente, posizionandosi con attenzione e precisione, io apro di poco le gambe puntando la bacchetta. Sento la folla trattenere il fiato, alcuni bisbigliare fra di loro. «TRE!»
«STUPEFICIUM!» Urla Grimm, molto velocemente. Di rimando lancio un Protego, che fa rimbalzare il suo incanto schiantandolo contro il muro, facendo crollare uno dei quadri appesi. Lui si distrae e in quel momento lancio un Expelliarmus, disarmandolo. Tutto questo nell’arco di pochi secondi.
Grimm è col fiatone, mentre la sua bacchetta cade dietro di lui, sul pavimento di marmo della sala, rimbombando nel silenzio assoluto venutosi a creare.
Un applauso solitario rompe la tensione.
«Molto bene Potter, ottimi riflessi e ammirevole uso di un incantesimo non verbale. Grazie Grimm, sono certa che sarai un ottimo duellante.» Dice, rivolta verso il Tassorosso che sconsolato si gira a riprendere la sua bacchetta.
«Vediamo di trovarti qualcun altro con cui duellare, che ne dici?» Mi domanda la professoressa, accarezzandosi il mento con le dita e squadrando tutta la folla, che si ritira sotto il suo sguardo, come impaurita.
«Lei!» Esclama puntando il dito contro un ragazzo alto e sorridente, che mi saluta.
«Neville?» Sussurro, sorpreso.
«Ciao Harry, come va?» Mi chiede, salendo sul palco con un solo balzo, e porgendomi la mano.
«Molto bene, ma tu? Che ci fai qui? Non ti ho visto a cena…» Dico confuso, ricambiando al stretta.
«Beh, sono arrivato un paio d’ore fa, una storia piuttosto lunga, magari te la racconterò dopo…» Mi risponde, sorridendomi. La Zborowski lo chiama nel suo lato, dicendo:
«Molto bene, se non ricordo male lei dovrebbe essere Neville Paciock, giusto?» Neville annuisce perplesso, probabilmente domandandosi come faccia la professoressa a sapere il suo nome.
«Da adesso potete usare tutti gli incantesimi che preferite, cercando però di non uccidervi a vicenda, che ne dite?» Ci domanda, io e Neville annuiamo concentrati, pronti a duellare. Sorridendoci beffardi.
Al tre della Zborowski, parte una raffica di incantesimi di ogni genere, e diversi Protego da parte di Neville che puntuale riesce a schivare e rimbalzare tutti i miei attacchi.
Con una serie di schiantesimi, però, lui mette a dura prova il mio Protego, ma lo colgo in un attimo di esitazione e ne approfitto urlando: «STUPEFICIUM!»
Lui riesce comunque a proteggersi ma preso alla sprovvista crea uno scudo così debole da farlo comunque rimbalzare via, anche se di poco, finendo a terra.
«Accio bacchetta!» Dico velocemente, prima che possa rialzarsi, sottraendogli la bacchetta, che aveva lasciato cadere per via del contraccolpo.
«Ah, sei sempre il migliore Harry» Si congratula con me Neville, mentre lo aiuto a rialzarsi.
«Sei forte, mi hai dato del filo da torcere!» Esclamo, restituendogli la bacchetta.
«Davvero un ottimo duello, giovani» Si complimenta con noi la Zborowski, sovrastando i borbottii venutosi a creare nella stanza.
«Devo trovarti ancora un duellante, Potter. Metti a dura prova la mia scelta…» Mi dice, mentre Neville scende dalla piattaforma, massaggiandosi ancora il sedere. «Lei, signorina... Granger? Dico bene?» Mi volto di colpo, nel sentirla pronunciare quel nome.
«Cosa? Hermione? Oh no no…» Proferisco, andando verso di loro. Mentre Hermione sale sul palco.
«Non ci sono “ma” Potter, voglio vederti duellare con qualcuno che può davvero metterti in difficoltà, e da quello che si dice in giro sembra che la signorina Granger possa farlo.» Mi risponde risoluta la Zborowski, sorridendomi furbamente.
Hermione tira fuori la bacchetta, lasciando il suo mantello a Dean. Si lega i capelli indietro e alza un sopracciglio in tono di sfida, puntando la bacchetta contro di me. Io stringo forte la mia, indeciso.
«Coraggio Potter, non avrai paura di una ragazza?» Urla uno studente fra la folla.
«Questi giochetti psicologici non attaccano con me» Gli rispondo per le rime, guardandolo storto. Hermione, ancora con la bacchetta alzata, si stringe nelle spalle fissandomi come a voler dire…
«Ehi!» Esclamo, capendo. Era un bel: “non hai speranze” quello sguardo!
«Sei pronto, Potter?» Mi domanda la Zborowski, ancora in attesa. Io mi tolgo il mantello, lanciandolo a Neville e assumo la posizione da duellante. Hermione mi sorride, e so che se lo facesse per tutto il duello mi metterebbe k.o senza incantesimi… ma così non vale!
«Signori…» Annuncia la Zborowski alla classe «…fate pure dieci passi indietro e godetevi lo spettacolo…» A questa frase la fisso un po’ confuso, ma cosa pensa? Che ci massacreremo? No, perché io non ho alcuna intenzione di…
«TRE!»
«STUPEFICIUM!» Urla Hermione, in un attimo. Lancio un Protego molto debole, preso alla sprovvista, ma riesco a tuffarmi di lato e a schivare il suo colpo. Perso nei miei pensieri non mi ero accorto che avessimo cominciato, così mi rialzo, mentre lei sta già lanciando un Expelliarmus, che riesco ad evitare, e preso da un attimo di panico scaglio un Reducto lontano da lei, che si schianta sul muro, per confonderla. Ma Hermione non si lascia intimidire e contrattacca con una serie di Stupeficium, che schivo saltando giù dalla piattaforma, nello spazio vuoto lasciato dagli altri studenti, allontanatisi davvero di una decina di passi.
Mi alzo di scatto e lancio un Expelliarmus verso Hermione che si protegge per bene, saltando però anche lei giù dalla pedana per via del contraccolpo. Entrambi ci nascondiamo in ciascun lato. Ho il fiatone, non avrei mai pensato fosse così agguerrita.
«LOCOMOTOR!» Sento pronunciarle.
Ha finito le idee? penso, ma non faccio in tempo a stupirmi che una serie di cucini rossi mi piovono addosso, di cui uno comincia a colpirmi in faccia.
Sento alcuni studenti ridere, e la voce di Neville dire «Questa non se l’aspettava proprio» tra una risata e l’altra.
Getto un ruggito di frustrazione e riprendendomi trasfiguro i quattro cuscini in Boccini, inviandoli verso Hermione che getta un urletto, sorpresa. Ma ha i riflessi più veloci dei miei perché ripigliandosi in un attimo urla: «Finite Incantatem!» Trasformando di nuovo i miei Boccini da battaglia nei cuscini rossi «Harry sei morto!» Minaccia, furiosa.
«Non direi!» La schernisco io.
«Vieni fuori! REDUCTO!» Mi intima, facendo esplodere gli altri cuscini di fronte a me in una matassa di piume bianche. Mi ritrovo totalmente spiazzato, non vedo più niente, così sono costretto a muovermi verso l’angolo per cercare di sorprenderla. E mentre le piume lentamente si diradano decido di giocare il suo stesso trucco.
«LUMOS SOLEM!» Urlo, puntando la bacchetta verso l’alto, sento tutti lamentarsi e coprirsi gli occhi, noto i capelli di Hermione spostarsi verso il pavimento, dietro l’angolo. «Nox» Mormoro, spegnendo la bacchetta e gettando di nuovo le piume all’aria con un Everte Statim.
E già pregustando la vittoria, mi muovo nell’angolo puntando la bacchetta, urlando: «EXPE…eh?» Ma davanti  a me non c’è nessuno.
«Di qua, Harry» Sento la sua voce alla mia destra, e tra la coltre piumata la vedo, cinquanta centimetri sopra di me, sulla pedana, puntarmi la bacchetta contro. «Ti arrendi?» Mi domanda, sogghignando.
«Mai!» Rispondo, divertito. Mi getto di lato sperando che le piume mi nascondano, ma lei è di nuovo più veloce di me:
« Locomotor Mortis!»
Cado a terra, le gambe immobili serrate da qualcosa di invisibile. «FINITE IN...» Sto per urlare, ma la bacchetta mi vola via colpita dall’Expelliarmus di Hermione, che nell’impeto dirada anche le piume intorno a me.
La vedo venirmi incontro, soffiando sulla punta della bacchetta come fosse una pistola e sorridere spavalda. Inginocchiandosi vicino a me.
«Ho vinto» Sussurra.
«Ti diverti eh?» Le domando e lei mi sorride, scoppiando a ridere.
Un applauso ci distrae, mentre gli studenti, (soprattutto le donne) urlano inneggiando a Hermione.
«Ottimo lavoro Granger. Potter hai trovato pane peri tuoi denti.» Dice la professoressa, venendoci incontro e congedando tutti.
«Pensavo volesse rompermeli i denti, vista lo spirito...» Commento, mentre la Zborowski mi libera dall’incanto. Mi alzo in piedi, togliendomi le piume che mi sono rimaste addosso fintanto che Hermione se la ride e la professoressa mi confessa: «Le ho chiesto io di agguerrirsi, volevo un po’ di spettacolo. Spero non ti sia dispiaciuto…» Mi domanda, stringendosi nelle spalle.
«No, affatto. È stato divertente.» Le rispondo sincero, sorridendole.
«Hermione sei grande!» Neville ci viene vicino, insieme a Dean, porgendoci le nostre mantelle.
«Grazie, ma Harry non avrebbe mai fatto sul serio con me, sono avvantaggiata» Ringrazia lei, modesta.
«Eh no, ho fatto sul serio eccome! Dopo aver visto che volevi spennarmi…» Aggiungo, avviandomi con loro verso l’uscita.
«Già Harry, “spennarti” come un po-pollo!» Mi sfotte Dean imitando il verso del pennuto.
«Eh, po-pollo tra le piu-piume!» Si aggiunge anche Neville. Mentre Hermione ride, contenta.
«Ahh, basta!» Li zittisco io, ma è tutto inutile. Ci avviamo a Erbologia, e loro (con adesso aggiunta anche Hermione) continuano a imitare il pollo, e cantilenare una nuova canzone dal titolo “Po-potter e le piu-piume del po-pollo”....

La pausa pranzo è un toccasana per me, stavo morendo di fame. Divoro tutto come se non mangiassi da settimane, con Dean e Neville fare a gara a chi trangugia di più. Hermione scuote la testa, sconsolata.
«Insomma?» Domando a Neville «Come mai sei arrivato con un giorno di ritardo?».
Lui posa il calice svuotato dal succo di zucca e riflette «Beh, io e mia nonna ci eravamo trasferiti quest’estate. Secondo lei andarcene per un po’ lontano da qui sarebbe stato molto remunerativo, così siamo andati in Francia per qualche mese»
«Oh in Francia!» Esclama Hermione, con gli occhi che brillano. «E dove vi siete trasferiti?»
«Mia nonna mi ha portato in Provenza, a Marsiglia. Ho scoperto cose di lei che non avrei mai immaginato»
«Ohh Marsiglia!» Continua a sognare ad occhi aperti Hermione, io e Dean sorridiamo a vederla così presa.
«Tu e Hermione parlerete dopo delle meraviglie della Francia. Allora? Come mai questo tuo ritardo?» Gli domanda Dean ansioso di sapere la risposta.
«Diciamo che non abbiamo trovato una bella accoglienza a casa…»
«Che intendi?» Chiedo.
«In realtà non abbiamo proprio più trovato la casa, nel senso…»
«La casa?» Chiediamo in coro, Dean, Hermione ed io, stupiti. 
«Sì, sembra che il nostro vicino, che si vanta di essere un mago sperimentale, abbia praticato un incanto un po’ particolare e la casa vi era stata risucchiata dentro, ci abbiamo messo tre settimane a ritrovarla. Era nei campi attorno Lockness, un disastro.»
«E che cosa avete fatto?» Domanda Hermione.
«Mia nonna era furiosa, minacciava di far sparire un pezzo di McFry, il mio vicino, per ripicca. Ma alla fine siamo dovuti andare al Ministero, e scomodare gli addetti del Dipartimento delle Catastrofi e degli Incidenti Magici. Ora la casa è al suo vecchio posto, ma ha diverse cose che non vanno, tra cui camera mia, che si è ridotta ad un buco di un metro per un metro. Ho dovuto dormire in cucina. Così fra addetti al Ministero e l’isteria di mia nonna sono rimasto a casa fino a ieri. Ho spedito un gufo alla McGranitt che ha mandato una carrozza a prendermi.»
«Caspita, mi dispiace tanto, Neville»
«Ah beh, ma ora sono qui, comunque non sono l’unico ad aver posticipato la partenza» Conclude sorridendo alle mie spalle.
«Ciao Harry. Lo Spittochiaro ha gettato su di te un’aura molto positiva oggi.»
«Luna!» Esclamo seguito subito dagli altri. Mi alzo e l’abbraccio calorosamente, forse troppo perché quando mi allontano lei mi sorride, ma Hermione mi guarda di sbieco, un po’ confusa.
«Come mai così affettuoso oggi, Harry?» Chiede.
«Ehm…»
«È lo Spittochiaro, Hermione. Harry è molto gioviale oggi.» Sorride Luna, cortesemente. Hermione annuisce lentamente.
«Già…» Poi torna a bere dal suo calice, credo cercando una scusa per non dire nient’altro.
«Come stai?» Domando a Luna, sorridendo.
«Credo bene.» Mi risponde lei, un po’ soprapensiero.
«Credi?»
«Sì, non sono sicura che quello che sento sia reale, potrei trovarmi ancora nel bosco e forse voi essere tutti una mia proiezione…» Continua scrutandoci, mantenendo comunque sempre quell’aria piuttosto eterea. 
«Luna si è persa nel bosco mentre cercava un paio di creaturine…» Ci spiega Neville.
«I Germinanti, Neville. Sono piccoli scavatori delle paludi. Le loro uova sono ottime contro le emicranie» Lo corregge Luna.
«Ti sei persa nel bosco?» Chiedo, un po’ preoccupato.
«Già, mio padre mi ha ammonito dicendo che per cercare i Germinanti non avrei mai dovuto indossare scarpe col tacco in legno, risuonano sul suolo facendoli scappare. Per questo secondo lui, non trovandoli, mi sono spinta sempre più in profondità nel bosco.» Continua Luna, mentre noto Hermione riempirsi il bicchiere e bervi avidamente ancora una volta.
«Ma quanto tempo sei rimasta nel bosco?»
«Mmh, quattro giorni credo, alla fine avevo una febbre terribile. Per questo ieri non mi sono presentata a scuola. Mi ha accompagnato mio padre stamattina, da Hogsmeade.»
«Oh beh, come diceva Neville, almeno adesso sei qui, no?»
«Già. Spero che passiate un buon anno, io mi diletterò tanto nell’osservare le numerose creature che sono venute fuori dagli spostamenti del terreno e delle mura durante le battaglie. Sarà divertente.»
«Da morire…» Sussurra Hermione lanciandole un sorriso sornione.
«Dovresti stare di più con Harry, i suoi influssi degli Spittochiari potrebbero farti bene, sai Hermione?» Dice infine, salutandoci in fretta e trotterellando verso il tavolo dei Corvonero. Hermione la fissa in cagnesco, mentre Dean, Neville e io tratteniamo con molta fatica le risate, sbuffando e sputacchiando.

Una volta finito il pranzo, nella piccola pausa che ci resta prima della lezione successiva, invito Hermione fuori, a prendere una boccata d’aria per sfruttare le ultime giornate di sole e caldo che rimangono dell’estate.
Respiro intensamente l’odore dell’erba e della libertà che mi ha sempre dato Hogwarts, insieme a quel piacevole senso di casa.
Il sole si staglia sul lago, mentre gli studenti si godono il suo calore, distesi sull’erba, alcuni a poltrire sulle borse altri a bagnare i piedi in acqua, chiacchierando e scherzando. Alla fine trovo molta più gente di quanto mi aspettassi, così sono costretto a portare Hermione in un luogo più riservato, dove attuare il mio piano. Attraversiamo gli alberi e ci sediamo su una serie di rocce vicino le sponde del lago. Controllo bene che non ci sia nessuno nei paraggi.
«È una giornata magnifica» Commenta lei, togliendosi il mantello e sedendosi su una roccia, stiracchiandosi.
«Già, stupenda.» Confermo, posando la mia mantella sopra la sua e accomodandomi accanto a lei. Ripasso a mente il discorso che mi sono preparato stanotte, e traggo un profondo respiro, prima di iniziare. Spero ricordi in fretta, perché senza dubbio mi prenderà per matto.
«Hermione?»
«Mh?» Mugola, ad occhi chiusi assaporando il vento. 
«Questa giornata non ti fa pensare a quando siamo andati al lago, con Ron e Ginny?» Butto lì, come avevo pianificato.
«Cosa?» 
«Ma sì, quella volta che Ron mi fece sessantatré gol a Quiddtich e io rischiai di rompermi di nuovo il braccio sbattendo contro un albero, non ricordi?»
«Ehm… non so cosa abbiate fatto tu, Ginny e Ron quest’estate, ma io non ero con voi…»
«Beh, ma allora ricorderai sicuramente quando Rose ti chiamò per la prima volta»
Lei mi fissa confusa, inarcando le sopracciglia. «Chi è Rose?»
«Rose e Hugo!» Esclamo, mi sento uno scemo. Davvero. Ma stavolta sembra aver sortito qualche effetto, perché la vedo sbattere le palpebre e toccarsi la testa.
«Non… seriamente Harry non so di cosa stai parlando»
«Ti ricordi di James, di Lily e di Albus? Albus lo ricordi, lo so che lo ricordi…» Dico, mentre il suo sguardo comincia a piegarsi con una smorfia a metà fra l’incapacità di capire e la voglia di urlarmi contro. Ma si tocca di nuovo la testa.
«Harry, non so che gioco hai in mente, ma non sono proprio in vena. Mi sta venendo mal di testa, credo…»
«Scusa, non volevo…» Sussurro, in realtà incuriosito dalla sua reazione.
«… fa niente» Mormora tenendosi la tempia destra, con gli occhi chiusi. La fisso curioso, aspettando che tutto ritorni a galla.
«Ecco, ora va un po’ meglio…» Bisbiglia, sollevata, togliendosi la mano dalla fronte. Io mi mordo la lingua per non imprecare, così sono costretto a passare al piano B.
«Sono i nomi che vorrei dare ai miei figli, sai… quelli che ti ho detto prima»
«Ma allora parlavi di questo? A volte ti spieghi come un libro chiuso, lo sai?» Mi sorride «Sono dei nomi bellissimi, Harry. Quindi tu e Ginny pensate di avere tre figli?»
«Li abbiamo già avuti, Hermione» Dico, capendo che girarci intorno non serve a molto. Probabilmente è stata in questo mondo così a lungo da aver conservato i suoi vecchi ricordi in un antro così profondo da dover essere portato allo scoperto con un po’ di violenza.
«Che stai dicendo?» Mi chiede, sorpresa dalla mia risposta.
«Sì, io e Ginny ci siamo sposati, e tu eri lì, eri la damigella d’onore di Ginny e Ron il mio testimone, insieme a Neville. Poi tu ti sei sposata con Ron, io e Ginny eravamo i vostri testimoni, insieme a Luna e Neville. Davvero non ti ricordi?»
«Harry, mi stai spaventando.» Dice, un po’ ironica, ma guardandomi di sbieco. «Sono tutti dei progetti bellissimi ma…» Qui si blocca e sbatte di nuovo le palpebre, fermandosi un secondo, un po’ intontita. «…ma avverranno. Prima o poi…»
«No, no Hermione è già successo. Tu e Ron avete avuto due bellissimi figli, Hugo e Rose… e Rose, lei che ti assomigliava così tanto. Non ti ricordi?»
«Vedo dal tuo sguardo che sei piuttosto serio… credo che andrò a chiamare Madama Chips» Dice, fissandomi, adesso davvero preoccupata «Fammi vedere se hai la febbre» Mi porta una mano sulla fronte, ma io la scanso prendendole il polso.
«No» Mi alzo e lei mi segue.
«Harry…»
«No, Hermione tu devi ricordare. Non ti ricordi Rose? I tuoi figli e io che ti dicevo sempre che lei era bella quanto te. Meravigliosa e intelligente come la sua mamma. Non te lo ricordi Hermione?» Lo sapevo. Sapevo che Tiberius aveva dimenticato di dirmi qualcosa. Non poteva essere tutto così semplice, l’Hermione che conosco è segregata in un antro che non riuscirò mai a raggiungere.
Lei mi guarda, socchiudendo gli occhi, scrutandomi per bene. Sbatte le palpebre diverse volte, e apre la bocca per dire qualcosa che però non esce. Sospira, poi mi fissa di nuovo. Così, spasmodicamente, come se fosse confusa. «Cosa senti? Ti gira la testa?» Domando speranzoso.
«No, Harry, ho solo un po’ di mal di testa, te l’ho detto. Ma non è di me che mi preoccupo, sei davvero strano, perché non vieni con me in infermeria? Forse…»
«No! Accidenti no! I tuoi figli, I TUOI FIGLI, HERMIONE. Come puoi non ricordartelo? Dannazione! Non ricordi alla festa di fidanzamento? Su quel balcone nascosto ci facemmo una promessa!» Lei continua a fissarmi, immobile «Tu avevi paura, non sapevi se sposare Ron fosse la cosa giusta. Così ti feci promettere che avresti…»
«Cosa? Fatto il meglio del mio meglio?» Sorride lei, ironica.
«Esatto!» Esclamo io, sentendo la speranza risalirmi al petto, lei spalanca gli occhi sorpresa dalla sua stessa risposta.
«Cos… no Harry io stavo solo…»
«Hermione è così, credimi.»
«Harry, come puoi chiedermi di… di credere… a quello che… che…» Balbetta, non riesce a finire le frasi, toccandosi la fronte e socchiudendo gli occhi. La vedo muoversi un po’ agitata, mentre nemmeno lei capisce cosa le stia accadendo. «I-io non so se…»
«Il bacio» Dico infine. Lei si volta verso di me.
«…che bacio?»
«Era il venticinque novembre. Tu mi chiedesti di baciarti… » Sussurro, mentre lei spalanca gli occhi. Portandosi una mano alla fronte.
«No, io non… io e te non ci siamo mai baciati Harry, questo è… ridicolo» Stavolta il suo tono è quasi ferito, un po’ severo. «Non dire più una cosa simile. Se lo sapesse Ron succederebbe…» Tenta di passarmi avanti per allontanarsi.
«È stato il bacio più bello della mia vita.» Confesso, d’un fiato. Lei si ferma improvvisamente, senza voltarsi. Le osservo la schiena e i capelli, cercando di immaginare la sua espressione, ma sento solo:
«Smettila» Prima che si chini a prendere la mantella e la borsa, per andarsene.
Mi sento sconfitto, lacerato, non posso credere di aver fallito. Allungo il braccio, e trovo il suo polso, la tiro verso di me, e mentre sta già per dire qualcos’altro, le mie labbra incontrano le sue.
Noto la sua mano alzarsi, e stringo gli occhi in attesa di un ceffone. Che non arriva, così come non arriva la sfuriata, o lo spintone che mi aspettavo. Stiamo qui. Mentre i capelli mi si drizzano sulla testa, e un brivido mi pervade, socchiudo gli occhi e noto la sua mano pronta schiaffeggiarmi, a mezz’aria, immobile.
Poi è un istante, le sue labbra scivolano dalle mie e il suo corpo cade lontano. Apro gli occhi e l’afferro istintivamente. Appena in tempo, prima che cascasse a terra. Svenuta. 

Ho deciso di non portarla in infermeria, spero che il mancamento che ha avuto sia dovuto ai ricordi riacquistati, altrimenti potrei anche aver fatto una cazzata.
Sono qui da almeno un’ora, seduto a terra, con la schiena poggiata sul masso su cui sono ancora le nostre mantelle e le borse. La tengo in braccio, rannicchiata sul mio petto, aspettando che si riprenda.
La osservo, ogni tanto preoccupato, controllando se respira ancora; le guance rosee, così diverse da quelle che ricordavo l’ultima volta che l’ho vista priva di sensi, gli occhi chiusi, immobili, e le labbra socchiuse che mi viene voglia di assaggiare ancora. Le scosto i capelli dagli occhi, accarezzandole la guancia.
E aspetto.

«Hermione?» Mormoro piano, ho paura di svegliarla, ma davvero vorrei che lo facesse, perché sto cominciando non solo a spaventarmi sul serio, ma anche a essere un po’ intorpidito dalla posizione che porto ormai da un paio d’ore. Guardo il cielo, e sospiro, mentre il sole picchia ancora forte nonostante l’ora. Ho bisogno di sgranchirmi le gambe, a fatica mi alzo, tenendola ancora in braccio, e passeggio un po’ lungo le sponde del lago. Stanco e intorpidito, con i pantaloni inumiditi dal prolungato contatto col terreno.

Credo siano passate tre ore, non so, il sole sembra più basso di prima.
Forse dovrei davvero portarla da Madama Chips, penso di nuovo, seduto sul terreno umido.
Sospiro. Sono un idiota.
Mi alzo, e decido di lasciare le nostre cose qui, sulla roccia, tornerò a prenderle più tardi.
Oltrepasso gli alberi e il prato ormai vuoto, a fatica riesco ad aprire il portone pesante di Hogwarts. Cammino sul marmo freddo, sperando di non incontrare nessuno, non vorrei pensassero al peggio…
arrivo in infermeria e chiamo Madama Chips, che sbuca da un angolo dietro uno dei divisori fra un posto letto e l’altro, appena mi vede sospira.
«Ancora qui Potter? Ed è solo il secodo giorno di scuola, cos’è successo stav…? Ma è la signorina Granger!» Esclama correndomi incontro una volta abbastanza vicina da vedere chi portavo in braccio.
«Sì, Hermione è… ehm, svenuta»
«Quand’è accaduto?» Domanda, trascinandomi ad un letto, indicandomi dove distenderla.
«Ecco… credo circa un tre ore fa»
«TRE ORE?» Urla Madama Chips, inquieta. Io arretro di un passo, dopo aver disteso Hermione sul letto.
«Ecco io… sembrava dormisse…» Mi invento, in un attimo di lucidità. Lei pare berla, e anche se continua a guardarmi storto aggiunge:
«Ma si può sapere cosa diavolo combinate voi ragazzi in questa scuola?»
Non ne sono sicuro, ma credo ci fosse un allusione un po’ particolare dietro.
«Non stavamo combinando niente! Io…»
«Sì sì, ora può andare Potter, me ne occuperò io.»
«Non potrei rimanere? Sono preocup...»
«Lei? Irresponsabile com’è? Se la lasciassi un minuto da solo con la Granger probabilmente rischierebbe di ucciderla!» Mi rimprovera, evidentemente scossa dalla mia incapacità di reazione.
«La prego Madama…»
«Fuori, Potter. O giuro che non risponderò più di me» Mi minaccia seriosa, fissandomi intensamente. Io colgo l’antifona e indietreggio, fino a trovare l’uscita e scomparire nel corridoio.

«Dannazione!» Esclamo, chiudendomi la porta del dormitorio alle spalle «Se solo avessi il Mantello!» Urlo, nervoso, dando un calcio al letto.
«Se solo avessi il Mantello…?» Neville esce dal bagno, chiudendosi la porta alle spalle incuriosito dalle mie urla.
«Che ci fai qui? Non dovevi essere a lezione?» Gli chiedo, sorpreso.
«Il mio orario finisce qui per oggi, comunque resta solo un’ora alla fine delle lezioni. Mancavate solo tu ed Hermione, che avete fatto tutto questo tempo?» Domanda, togliendosi le scarpe e sedendosi sul proprio letto.
«Ah, niente.»
«Allora perché urlavi in quel modo? A che ti serve il Mantello?»
Sospiro. «Hermione è svenuta, e Madama Chips non vuole farmi restare in infermeria con lei»
«Oh Merlino! Che le è successo?»
“Ha avuto a che fare con un idiota, ecco cosa le è successo” penso, sconfitto «Non lo so, forse è solo stanca. Aveva mal di testa…»
«Oh… speriamo si rimetta presto. Ma come mai sei senza Mantello?»
«La mia partenza è stata un po’… improvvisata, ho dimenticato tutto a casa. Scarpe comprese» Aggiungo infine, osservandomi i piedi.
«Capisco. È un bel problema, dovresti smaterializzarti, solo che qui non puoi»
«Già.» Borbotto, puntellato su un gomito.
«Prova a chiedere alla McGranitt, magari lei trova un modo…»
«E cosa le dico? Professoressa vorrei tornare a casa a prendere il mio mantello dell’invisibilità e un paio di scarpe nuove per disubbidire a Madama Chips?»
«Sono dettagli che ometterei…» Sottolinea lui. Anche io mi getto indietro sul materasso.
«L’unico modo che ho è tornare ad Hogsmeade e smaterializzarmi da lì fino a casa.»
«E come pensi di arrivarci?» Domanda Neville, sollevandosi.
«Se avessi la mia Firebolt potrei andare in volo. Mi servirebbe una scopa…»
«Sei al tuo secondo giorno di lezione e vuoi già marinare?» Ridacchia.
«Incorreggibile, eh?» Rispondo soprapensiero.
«Ehi, Harry» Mi chiama Neville «Non ho ancora capito se fai sul serio, comunque ci saranno una cinquantina di scope di riserva negli spogliatoi di Quiddtich.»
«Scope di riserva?»
«Da dove pensi che provenissero le scope con cui abbiamo volato al primo anno?» Risponde ovvio, stringendosi nelle spalle.
Spalanco gli occhi esclamando: «Neville sei la mia salvezza!».

Dean ha acconsentito ad accompagnarmi, primo vantaggio tratto dalle spille da Prefetto: niente coprifuoco per noi. Attraversiamo i corridoi e le scale ammonendo i più piccoli, rispedendoli di corsa ai loro dormitori, almeno per non dare nell’occhio, mentre ci avviamo verso l’uscita del castello, fino ad attraversare il prato di sera e raggiungere il campo da Quidditch fin dentro gli spogliatoi.
«Sicuro che non vuoi unirti alla squadra quest’anno, Dean?» Gli chiedo, col fiatone. Scendendo le scale in legno che portano sotto lo stadio di corsa.
«No, Harry, ti ringrazio per l’offerta, ma preferisco starmene al sicuro, al massimo potrei fare il commentatore.» Risponde, seguendomi.
«Sarebbe un’idea niente male, sai? Beh, se ci ripensassi, fammi un fischio.» Dico, fermandomi davanti la porta dello sgabuzzino, estraendo la mia chiave da capitano di Grifondoro. «Avrò preso il baule delle pluffe almeno una cinquantina di volte da qua dentro, ma non mi sono mai accorto delle scope.» Dico, entrando.
«L’effetto che fa una Firebolt, quando ce l’hai non ne esistono altre.» Risponde Dean, sorridendo.
«Credo di sì» Mormoro, cercando fra le scope esposte appese al muro una che raggiunga una velocità almeno decente, da non farmi volare per tutta la notte.
«Guarda questa» Attira la mia attenzione Dean «È una Comet 290, secondo me è la migliore qui in mezzo. Che ne dici?»
«Sì, potrebbe andare.» Asserisco, staccandola dal fermo e uscendo dalla stanza. Richiudo la porta alle spalle, dandole due mandate con la chiave e congedo Dean «Grazie mille, amico. Spero di non scomparire nel nulla della notte»
«Naaa, al massimo posso prendere io il tuo letto? Mi è sempre piaciuto il panorama che si vede dalla tua finestra» Scherza lui, ridendo. 
«Dovrai passare sul mio cadavere.» Gli rispondo fintamente austero. «Buonanotte, allora»
«’notte Harry, e fa’ attenzione» Mi raccomanda, salutandomi con la mano, mentre risalgo le scale fino al campo da Quidditch. Una volta fra l’erba, chiudo per bene il mantello della divisa, e sistemo la borsa a tracolla. Inforco la scopa e parto spedito.

Non sarà sicuramente la Firebolt, ma questa Comet fila proprio bene, cerco di spingere al massimo quanto posso, col vento che mi taglia la faccia, freddo e pungente. Le nuvole macchiano il nero profondo di questa notte, mentre già da lontano noto le luci di Hogsmeade.
Scendo lentamente, planando sull’acqua per non farmi avvistare da qualche barcaiolo impavido. Mi avvicino alla costa, fino al punto di attracco delle barche per Hogwarts, e lì scendo a piedi, trascinando con me la Comet fino alla ferrovia. Mi inoltro in un angolo ben riparato dove lascio la scopa ben nascosta tra il buio. Faccio un respiro profondo e mi smaterializzo.

Riconosco subito la soffitta di casa, sporca e piena di cianfrusaglie dei Black che io e Ginny avevamo spostato qui sopra per fare spazio alle nostre cose. Indosso il cappuccio nero per mimetizzarmi meglio fra le ombre. La prima cosa che devo trovare è sicuramente il Mantello, con quello potrò gozzovigliare per casa in cerca di tutto l’occorrente necessario per Hogwarts.
Noto però con piacere una serie di scatoloni con scritto “materiale di Hogwarts”. Sorrido, e allargo la borsa infilandoci dentro tutto, ringraziando l’incantesimo di Estensione Irriconoscibile, e il giorno in cui Hermione me l’ha insegnato.
«Speriamo che queste boccette di inchiostro siano ben chiuse…» Mormoro, gettandole dentro la borsa. Insieme a vecchie piume, tanti rotoli di pergamena avanzati, boccette per pozioni e perfino un piccolo calderone.
Una volta fatto questo, apro la vecchia porta cigolante per origliare di sotto, pregando che Ginny non sia in casa. Purtroppo non ho molta fortuna, anzi, sembra che le persone siano due.
Non avendo tempo da perdere so che come al solito dovrò sbrigarmela alla meno peggio. Chiudo gli occhi e cerco di ricordare dove il mio me stesso di questo mondo abbia conservato il Mantello. Un ricordo mi sfreccia davanti, improvviso. Lo studio. Il mio Mantello è appeso in quella che una volta era stata la camera di Sirius, ma che poi avevo trasformato nel mio studio.
Soddisfatto, apro leggermente la porta e cerco di passarvi in mezzo nel più assoluto silenzio. Scivolo lentamente sulle assi scricchiolanti delle scale, fino a raggiungere il corridoio del secondo piano, al buio. Le voci ora sono molto più riconoscibili:
«Se ne è andato, capisci? Mi ha piantato qui per andarsene ad Hogwarts!» Ginny.
«Sei sicura che stia bene? Quella caduta non è stata molto salutare…» Ron.
Fantastico, se mi trovano qua mi fanno la festa. Beh… sfioro la bacchetta, come a convincermi che nel peggiore dei casi sia la soluzione migliore.
Lascio perdere la loro discussione e mi concentro sulla porta in fondo al corridoio, a destra. La apro, fermando per bene il movimento della maniglia cigolante e lo scricchiolio delle assi di legno inarcate dall’umido.
Riesco ad entrare e richiudermi la porta alle spalle.
«Lumos» Sussurro. Con la punta della bacchetta mi volto a sinistra e vedo, appeso e in ottime condizioni il Mantello dell’Invisibilità. «Eccoti, amico mio.» Mormoro, prendendolo. Approfitto del momento per girare per la stanza, finché un altro ricordo non mi passa per la testa, La mappa del Malandrino si trova nel secondo cassetto a sinistra. «ah-ah!» Sussurro contento. «Bene bene, e adesso… procuriamoci dei vestiti» Sto già per andarmene, quando qualcosa attira la mia attenzione. Sulla scrivania vedo una foto, di me e Hermione abbracciati fuori da Hogwarts in una giornata di sole. I personaggi si muovono, e si guardano in un modo molto strano… «Miseriaccia…» Dico, giusto per fare un omaggio a Ron «Il mio me stesso qui è cotto di Hermione!» Sussurro accoratamente. E non è un errore, quello sguardo da pesce bollito che ho in faccia in quella foto lo conosco molto bene.
«Miseriaccia…» Bisbiglio di nuovo, trascinandomi verso la porta. Spengo la bacchetta, e indosso il mantello, sentendomi finalmente al sicuro. Esco e percorro il corridoio fino alla camera da letto.
Altri ricordi mi passano in mente, e so subito dove cercare. Prendo, stavolta con più calma, diverse paia di scarpe, qualche calzino decente, pantaloni, magliette, camicie e almeno un paio di pigiami. Maglioni e scorte per l’inverno, tutte dentro la borsa incantata, che già comincia a scricchiolare quando la muovo. Spero non sia l’inchiostro.
Una volta rifornito a dovere di vestiti e quant’altro, compreso spazzolino e rasoio, l’ultima cosa da prendere è la Firebolt. Purtroppo il ricordo che mi viene a mente non è molto vantaggioso, pare infatti che questa vita io tenga la scopa vicino l’uscita, in uno sgabuzzino poco prima del corridoio. Sospiro, e mi faccio coraggio. Scendo lentamente le scale fino al piano terra, dove Ginny e Ron continuano il loro accorato discorso su di me e la mia improvvisa follia. Gli passo di fronte , e con mio terrore noto che la porta dello sgabuzzino incriminato è molto in vista anche per gli abitanti della cucina. Sarà un’impresa.
Trattengo il respiro per paura che il solo rumore dell’aria che esce dalle mie narici possa attirare la loro attenzione, e mi posiziono di fronte la porta, poggiando la mano sulla maniglia fredda d’ottone ossidato. Deglutisco, e la inclino lentamente.
Ginny in quel momento getta un urlo frustrato, alzando la voce, a mio vantaggio. Abbasso del tutto la maniglia e cerco di infilarmi dentro lo sgabuzzino aprendo il meno possibile l’anta della porta. Letteralmente mi trascino dentro, stringendo la pancia e trattenendo il fiato. Una volta all’interno, lascio la porta socchiusa e dallo spiraglio di luce riesco a vedere la Firebolt proprio davanti a me. Sorrido, e col fiato in gola tento silenziosamente di infilarla nella borsa con il resto, pregando che niente si rompa o faccia danno. Piano piano anche tutto il manico sparisce dentro i bordi di finta pelle della mia tracolla. Permettendomi di tornare a respirare.
Rientro nei miei passi silenziosi, uscendo lentamente e richiudendo l’anta con garbo. Mentre Ginny continua la sua sfuriata con parole grosse, parlando di me al fratello. Passandogli accanto, noto Ron esasperato, gettato su una sedia, distrutto.
Contento del mio successo, faccio mente locale per essere certo di non aver dimenticato nulla e soddisfatto raggiungo la soffitta, dove mi smaterializzo di nuovo nel vicolo sul retro della stazione di Hogsmeade. 
Tiro fuori dalla borsa a mia Firebolt, dandole un bacio di bentornata, e monto subito sopra. Prendendo la Comet dal suo nascondiglio e trascinandola in volo con me, legandola saldamente ad un lato del mio mantello.
«Che fatica…» Mormoro, distrutto, una volta in volo.

A terra, rimetto la Comet 290 al suo posto, ringraziandola per l’enorme supporto. E rinfilo la Firebolt dentro la borsa, correndo verso il castello.
Ormai sono le ventitré passate, così indosso il mantello e mi avvio in infermeria. Do un’occhiata alla Mappa mentre giro per i corridoi, e noto che Madama Chips si sta appena allontanando dal letto di Hermione, per dirigersi verso il suo studio e poco dopo andare nella sua stanza. Sospiro grato.
Una volta dentro l’infermeria, chiudo la porta e noto il pesante silenzio che domina la grande sala, buia, con solo la luce della luna a rivelarla. Mi dirigo verso il letto di Hermione, non preoccupandomi dei miei tacchi rumorosi sul pavimento. La trovo ancora addormentata e mi sembra di rivivere un tremendo incubo. Prendo una sedia e mi adagio accanto a lei, ancora avvolto dal mantello, per sicurezza. Lascio però andare la borsa, poggiandola a terra. Incrocio le braccia e le gambe, in attesa. Senza dire né fare altro.
Sempre e solo in attesa.




Luna :°°°
Ahh... un bello scontro a sangue freddo XD La cosa assurda è che mesi dopo aver scritto la FF, mi ritrovai una ragazza iscritta ad un gioco di ruolo online di HP, con lo stesso nome e cognome della professoressa di Difesa Contro le Arti Oscure inventata da me XD fu un colpo!
Comunque, non so se qualcuno ci ha pensato, ma a me è venuto in mente scrivendo i capitoli finali, se ci pensiamo ogni FF nel mondo può essere considerata una Linea diversa nella vita di Harry, Hermione e Ron :D! Quindi è come se tutti scrivessimo le varie Linee di questa storia :D
Deliri a parte, a Lunedì :)


PS. Ehi Rox visto che Luna e Neville sono arrivati? :D Non posso fare a meno di loro *_*

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Capitolo 11
*** Tutto il tempo passato ***


Chiedo assolutamente perdono per il ritardissimo rispetto la mia tipica ora, purtroppo quando sono in vacanza i giorni passano tutti uguali e tendo a scambiarli fra di loro o a perdermi nel non far niente. Chiedo venia, mi metterò la sveglia nel cellulare per ricordarmi quando è mercoledì sera e domenica sera XD sorry!
Questo capitolo comunque dovrebbe farmi perdonare abbastanza :P
Buona lettura!



CAPITOLO XI
Tutto il tempo passato

Sono passate quattro ore.
Lei non si sveglia, non si muove nemmeno. Respira soltanto.
Che cosa ho fatto?
Devo aver per forza sbagliato qualcosa. Dov’è Tiberius? Perché non è qui a aiutarmi, a spiegarmi cosa diavolo devo fare per far sì che si svegli.
Ti prego Hermione, svegliati.
Sono inquieto, una gamba mi trema, e un dito picchia contro il braccio, esasperato.
Non ce la faccio più, ho gli occhi stanchi e la schiena a pezzi. Mi alzo, lasciando il Mantello sulla sedia, a quest’ora sono sicuro che Madama Chips non arriverà di certo.
Giro intorno al suo letto, sfiorando la coperta ruvida con la punta delle dita, fino alla sua mano.
La stringo forte, e sono consolato dal fatto che sia almeno calda.
Mi soffermo su di lei, come sempre. Il silenzio è così pesante che devo colmarlo con qualcosa.
Mi avvicino al suo viso e le lascio un leggero bacio sulle labbra. Forse un po’ a tradimento, ma ne avevo davvero bisogno.
Mi allontano lentamente. Quando riapro gli occhi però, uno sguardo castano mi fissa, un po’ sorpreso e tanto confuso.
«Harry…» Sussurra, con un filo di voce. Ho perso tutte le parole che potevo avere.
Hermione si mette seduta, fissandomi ancora, scrutandomi dalla testa ai piedi e socchiudendo gli occhi sul mio viso. Poi direziona il suo sguardo su tutta la sala.
«Sembra… questa è l’infermeria di Hogwarts…» Pronuncia, sopresa.
«Sì, sei svenuta…» Mormoro, quasi intimorito.
«Tu sei… così giovane…» Dice, poi, confusa, e i miei occhi si illuminano, il cuore impazzisce.
«Oh mio Dio…» Mi avvicino a lei, sedendomi sul bordo del materasso. «Hermione… Hermione ti ricordi tutto?»
«Io… non so… cosa dovrei ricordare?» Sembra venire da molto lontano, come se si fosse svegliata ora da un sonno profondissimo e senza sbocchi.
«Noi. Hermione… ricordi Rose? E Hugo? I miei figli?» Sento la voce rompersi, e le lacrime premere per uscire.
«Certo che me ne ricordo ma… tu, il tuo viso…» Mi sfiora il volto, e io prendo la sua mano trattenendola sulla mia guancia. È così calda.
Verso piccole lacrime silenziose, trattenendo i singhiozzi. Lei si avvicina a me, e mi posa l’altra mano sul volto.
«Harry, che sta succedendo? Perché piangi? Cosa… cosa ci facciamo ad Hogwarts?» Lo dice con una voce dolce, calma.
La mia Hermione.
«Sei tornata da me.» Bisbiglio, sorridendole. E quando lei mi ricambia, non capendo, ma ricambia, l’abbraccio. Abbraccio davvero la mia Hermione. Che mi stringe a sé, cercando in tutti i modi di consolarmi.
Quando ci allontaniamo lei mi fissa ancora, intensamente, scrutando ogni tratto del mio volto, accarezzandone tutti i lineamenti su cui cade il suo sguardo.
«Che magia è questa? Sembri davvero tornato a quando avevi vent’anni…»
«Diciotto. Ho diciotto anni… cioè, più o meno»
«Ti prego spiegami, non capisco. Cosa vuol dire che sono tornata da te? E perché siamo a…» Si interrompe, fissandosi la mano, per poi portarle entrambe all’altezza degli occhi, osservandole, prima il dorso e poi il palmo. Nei suoi occhi vedo lo sconcerto e la confusione. Si tocca il viso, e il suo sguardo è perso nel vuoto.
«Aspetta qui» Le dico, correndo verso l’ufficio di Madama Chips, chiuso e al buio. Lo apro con un Alohomora, e entro. Sono certo di aver visto uno specchio da queste parti. «Ah, eccolo…» Mormoro, staccando il piccolo specchio da muro appeso in un angolo della stanza. Ritorno da Hermione, che ne frattempo stava fissando attonita tutto il suo corpo. «Ecco, tieni» Le porgo lo specchio, e quando si vede, spalanca la bocca ma non dice una parola per diversi secondi.
«Cosa ci è successo? Dove siamo?» Domanda incantata dal suo riflesso nel vetro.
«È una storia molto lunga.»
Lei stacca a fatica gli occhi dallo specchio, sfiorandosi il volto, il collo e i capelli, più volte. «Sembriamo davvero ringiovaniti…»
«Noi siamo davvero giovani, Hermione» Le rispondo attirando la sua attenzione.
«Cosa?» Il suo sguardo ha assunto un’espressione turbata, e non sono sicuro che ciò che le dirò la calmerà, ma devo farlo. Perciò mi siedo accanto a lei, e le tolgo lo specchio dalle mani, posandolo sul comodino accanto al letto.
«Ti ricordi quando da babbani ci parlavano della reincarnazione?»
«S-sì…» Risponde incerta.
«Ecco…» È difficile per me trovare le parole giuste per dirlo «…più o meno potrebbe essere la base per spiegarti cosa ci è accaduto»
«Cosa stai dicendo, Harry?» La voce le trema, è terrorizzata.
«Tu sai qual è il primo principio della reincarnazione?»
La vedo annuire lentamente. «Intendi… la morte?» Risponde con un filo di voce. Io la fisso intensamente negli occhi, in silenzio e lei ha un attimo di cedimento.
«Oh mio Dio… oh mio Dio, Harry stai dicendo che siamo… siamo…» Balbetta, tremando. Io le prendo le mani, per tranquillizzarla.
«Più o meno.»
«Che significa più o meno?» Mi chiede, stringendo forte le mie mani. Sospiro.
«Riesci a ricordare… l’ultima cosa che ti è successa prima di trovarti qui?» Chiedo, e lei socchiude un po’ gli occhi per sforzarsi di capire il mio ragionamento, poi si concentra e riflette.
«Io…» Sussurra «…ricordo che mi faceva male il petto, terribilmente. Stavo piangendo, ero da sola in casa e… e poi quel dolore così forte… sono caduta a terra. Ho battuto la testa, e poi niente… non ricordo altro…» Incontra di nuovo il mio sguardo e le accarezzo il viso.
«Mettiti comoda, perché ci vorrà un po’…».

Seduti sul bordo del letto, io con lo sguardo perso sul pavimento e lei… lei. Lei con le braccia strette attorno le gambe e la fronte sulle ginocchia. I capelli la coprono, e non vedo se sta piangendo. Non singhiozza, non trema, è immobile. Il suo respiro è regolare, non fa nemmeno rumore.
Vorrei dire qualcosa, ma non riesco a capire come si senta. Ed ecco che dopo diversi minuti di silenzio, parla: «Sono… sono morta?»
«No. Cioè… no. Non sei morta.» Stavo per dire: non ancora. Pensando a ciò che mi ha detto Tiberius, ma in quell’istante mi è sembrato così egoistico e terribilmente infantile.
«Non rivedrò mai più i miei figli» Sussurra. Inspiro molto lentamente. «Non li vedrò mai più, non posso più tornare da loro. Nessuno qui sa nulla di questo, e Ron… Ron non è il Ron che abbiamo conosciuto. Nemmeno Ginny, nessuno…» Il suo tono di voce è stabile, monotono. È come persa nell’incredulità di una realtà che non potrà più cambiare. «Ma tu… tu razza di idiota!» Sbotta all’improvviso, alzando il viso in cui, sì, alcune lacrime lo hanno rigato, fissandomi con rabbia. «TU! Harry tu sei pazzo! Hai abbandonato tutto… per me! Sei pazzo!» Urla, e io indietreggio alzandomi, portando un dito alle labbra per dirle di fare silenzio, guardando dappertutto in cerca di Madama Chips. «RAZZA DI IDIOTA! PERCHÈ  L’HAI FATTO? PERCHÉ?» Si alza anche lei, ignorando totalmente la mia richiesta di abbassare il tono. Mi viene incontro, furiosa, mentre le lacrime le scendono imperterrite sul viso. Poi d’improvviso, la sua mano colpisce il mio volto. Uno schiaffo.
Il suono rimbomba per tutta la sala, in cui cala un imponente e immediato silenzio.
Immobile e sorpreso dalla situazione, volto la testa di nuovo su di lei, evitando di toccarmi la guancia che mi pulsa leggermente. Come se sapessi di meritarmelo.
Hermione mi fissa, ancora col volto contratto, ma stavolta dalla disperazione. «Perché Harry? Io non ho scelto di stare qui, ma tu… sei uno stupido…» Si porta le mani al volto, soffocando i singhiozzi che stavolta la percuotono violentemente. Mi avvicino e la stringo forte a me.
«Non avrei potuto più vivere sapendoti persa qui, da sola. Non me lo sarei mai perdonato…» Proferisco, mentre lei continua a chiamarmi stupido, con la voce soffocata fra le mani, e sul mio petto.
La cullo lentamente e impercettibilmente, posando il mento sulla sua testa, mentre il calore dell’uno e dell’altro ci calma, come se percependoci così, fisicamente, avessimo solo adesso capito che esistiamo per davvero, e che non stiamo vivendo solamente uno strano e incomprensibile sogno.
«I tuoi figli, Harry… Albus, cosa farà Albus senza di te?» Mi chiede, una volta calma, ancora accucciata a me.
Sorrido «Albus lo sa. È stato lui a dirmi di andare. Mio figlio conosce la vita meglio di come la conosca io»
«Oh, Al…» Mormora lei, soffrendo alla sola idea. Accompagnandomi nei movimenti lievi che ci cullano. «Che cosa stupida hai fatto, Harry. Te ne pentirai per sempre…»
«No. Non è vero…» Rispondo risoluto, accarezzandole i capelli.
Fa un attimo di silenzio. «È una cosa stupida…» Sussurra di nuovo. Io mi allontano da lei, contrariato.
«No, Hermione. Non è una cosa stupida, non lo è mai se si tratta di te!»
«Te ne pentirai…» Ripete, sconsolata, sentendosi in colpa.
«Non voglio mentirti. Non ti dirò che non mi mancheranno Al, James e Lily, non ti dirò che avrei voluto vedere i miei nipoti crescere. Ma non ti mentirò nemmeno dicendoti che non lo rifarei mille volte se fosse necessario. Per te.» Concludo, serio e convinto. Lei mi fissa, muta e immobile. «Mille volte, Hermione, e anche più. Morirei per te, mille volte…» Ripeto, per ribadire bene il concetto su cui si basa metà della mia vita.
Lei deglutisce, pesantemente, come quando hai quel dannato magone in gola che ti distrugge, e ti trafigge dolosamente.
«Sei uno stupido…» Mormora di nuovo, la voce rotta. Stavolta però, è un tono più leggero. È un ringraziamento impregnato di senso di colpa e gratitudine profonda. «Uno stupido…» E qui, un lieve sorriso disperato.
«Adesso sono lo stupido più fortunato del mondo.» Pronuncio a fil di labbra.
E di nuovo, come milioni di attimi infiniti nella mia vita, i nostri sguardi si pesano a vicenda, si scrutano, si completano. A volte non farei nient’altro se non guardarla, e farmi guardare da lei.
«Mi sei mancata da morire…» Sussurro, strozzato. E la parte finale di questa frase ci fa un po’ sorridere, vista la situazione. Piangiamo in silenzio, mentre lei tenta di asciugarsi le guance con le mani, io mi avvicino, istintivamente, e la fermo, posando le mie sul suo viso, asciugando ogni goccia che copiosa le scivola giù.
«Non riesco a smettere…» Sussurra, così piano da farmi rabbrividire.
«Neanche io.» Confesso. Lei mi accarezza il dorso della mano ancora intento ad asciugarle le lacrime, e poi risale sul mio viso, si avvicina dandomi un bacio sulla guancia, lento e dolce, e mi stringe a sé, fortissimo. Penso che è così che la terrò per tutta questa vita. Fortissimo. Stretta a me, se potessi, per sempre.
 
Ci stringiamo ancora, sul letto, confortandoci entrambi, sentendoci soli nell’intero universo.
Finalmente posso sfogare le mie paure represse, il bisogno che sento di rivedere di nuovo i miei figli, i miei nipoti. Di riavere indietro il mio mondo. Ma lo facciamo senza parlare, perché entrambi proviamo le stesse cose, gli stessi terrori: dimenticare per sempre il viso dei nostri cari, o quello che siamo stati. La solitudine che ci fa mancare il fiato, come un vestito troppo stretto. 
E così ci consoliamo a vicenda, accarezzandoci l’un l’altro, stretti insieme. Perché non le permetterò di consolarmi da sola, oh no. Non le permetterò di prendersi tutto il mio dolore sulle spalle perché io, a differenza sua, ho scelto di stare qui, per lei. No, non le permetterò di sentirsi in colpa per questo. Prometto che mi prenderò cura di lei, come lei si è presa cura di me per tutta la nostra vita precedente.
Così lo dividiamo questo dolore, equamente. Come avrebbe sempre dovuto essere.
Le sue mani mi accarezzano il braccio, lentamente. Io le sfioro i capelli. Questi capelli che ho sempre amato, passandomeli fra le dita li sento di nuovo, finalmente così morbidi, farmi il solletico.
Ho lasciato i miei sentimenti a mezz’aria al momento. Avrei voluto dirle subito che la amo. La amo come se ne dipendesse della mia stessa vita. Come se ogni respiro che lascio fosse un pezzo di lei che se ne va, perciò trattengo il fiato. Ho passato tutta una vita a trattenere il fiato. Piccoli pezzi di noi, lasciati correre senza voler ammettere quanto peso avessero in realtà. Piccoli grandi pezzi su cui ho imparato col tempo a forgiare tutta la mia esistenza.
«Perché piangevi?» Mormoro, impercettibilmente. E lei, come ogni volta, capisce. Capisce che non mi riferisco al pianto di adesso, ma al suo ultimo pianto, l’ultimo nell’altra vita. Però esita, e poi mi guarda. Uno sguardo che mi perfora l’anima. «D’accordo.» Dico solamente. Non è il momento.
È come se entrambi avessimo messo da parte tante cose a favore di questo istante. Un cuscino che attutisce tutto il nostro dolore, le cose che ci mancano e il doversi rendere conto di questa nuova realtà. Una cosa che funziona solo col silenzio.
E che silenzio sia.

Dorme, sfinita.
È l’alba, avrò riposato sì e no due ore. Guardo le nostre mani unite, intrecciate e caldissime l’una sull’altra. Vorrei non andarmene, ma devo. Se Madama Chips mi trova qui potrebbe uccidermi. Lascio un tenue bacio sulla fronte di Hermione e mi alzo, lentamente. Sono intontito e distrutto, prendo il mantello sulla sedia e la borsa rimasta a terra tutta la notte,  poi esco diretto ai dormitori.
Il mio orologio fa le sei del mattino, mi sento a pezzi e dentro di me c’è ancora quella sensazione terribile di solitudine.
Però penso a lei, al fatto che non fosse dispersa nel nulla. Ora è qui con me e tutto andrà meglio.
Quando arrivo in dormitorio mi getto sul letto, nel tentativo di dormire almeno un altro paio d’ore.
Dean e Neville ronfano tranquillamente, mentre io non riesco ancora chiudere occhio nonostante la notte insonne. Mi agito nel letto, con la testa piena di pensieri, fino a che, spossato, cado addormentato in un sonno profondo.

«Ehi… ehi Harry, farai di nuovo tardi a lezione…» Sento Dean chiamarmi, dandomi delle lievi pacche sulla spalla. Quando mi alzo sono confuso e frastornato, ho la testa pesante e gli occhi che protestano. Ho dormito con ancora la divisa addosso e sopra le coperte. La cravatta attorno al collo quasi mi strozza.
«Mh...» Bofonchio, con la bocca impastata «Arrivo…»
«Ma hai dormito?» Mi domanda preoccupato, noto una sagoma dietro di lui, credo sia Neville.
«Non so… che ore sono?» Mugugno, mettendomi seduto e sbattendo le palpebre ripetutamente.
«Le sette e mezzo»
«Ah, allora ho dormito due ore, più o meno…»
«Due ore!» Esclama Neville «Non ti reggerai in piedi per tutto il giorno!»
«Sei riuscito a prendere quello che ti serviva da casa?» Mi chiede Dean, versandomi un bicchiere d’acqua dalla brocca sul mio comodino, per poi porgermelo.
«Mh…sì» Prendo il bicchiere e bevo tutto d’un sorso, sentendo l’acqua fredda scivolarmi giù per la gola, ho un brivido gelido che mi da un attimo di coscienza.  
«Dai, datti una ripulita, se salti le prime lezioni la McGranitt ti rispedisce a casa… da Ginny» Aggiunge ammiccante, per darmi una motivazione in più.
«No no… ci sono ci sono... voi andate.» Gli faccio un gesto scoordinato verso la porta, e loro mi lasciano da solo, guardandosi un po’ preoccupati.
Sbadiglio vistosamente e sfrego gli occhi cercando di darmi un contegno. Mi trascino in bagno e getto la faccia sotto l’acqua gelata, trattenendo un imprecazione per quanto sia fredda, ma mi è utile, perché riesce a darmi la lucidità necessaria per sistemarmi e scendere a colazione.

Una volta al tavolo, dopo aver trascinato i piedi per tutta la scuola, sento la testa pesante e sbadiglio ogni dieci secondi. Non riuscirò mai ad arrivare a fine giornata senza crollare. E infatti, mentre fisso il mio piatto con poco interesse, la forchetta alla mano pericolosamente in bilico, i miei occhi si fanno sempre più pesanti, e ciò che sento dopo è caldo e odora terribilmente di bacon… oleoso e grasso bacon sulla mia faccia, che mi fa subito alzare il viso, di scatto, disgustato.
Mi tolgo una fetta rimasta sulla guancia, mentre Dean mi fissa scuotendo la testa, e Neville trattiene una risata. Sospiro, prendendo un tovagliolo, ripulendomi.
Deciso a distrarmi lascio perdere la colazione per qualche secondo, finché Neville, con la bocca piena, dice: «Ehi c’è Hermione, chissà come si sente».
Mi volto verso l’entrata e la vedo sotto l’enorme porta, fissare meravigliata la Sala Grande come se la vedesse per la prima volta.
Quando sposta lo sguardo verso di me, mi lascia un tenue sorriso, per poi avvicinarsi. Noto ancora che è un po’ scossa, si muove lentamente, come se stesse cercando di abituarsi a tutto questo, eppure la sua divisa è impeccabile, come se non fosse accaduto nulla.
«Ciao…» Dico, quasi sussurrando. Lei, prima mi sorride, poi si volta spalancando gli occhi verso i due di fronte a me.
«Neville… Dean… » Mormora, sorpresa.
«Ehi Hermione, come ti senti oggi?» Le chiede Dean, salutandola con un cenno della mano.
«Molto… meglio. Grazie.» Risponde, sorridendogli e accomodandosi accanto a me. Le faccio spazio sulla panca.
«Stai davvero meglio?» Domando a bassa voce, mentre lei fissa con occhi grandi il ben di Dio sul tavolo davanti a noi. E ancora, come se mi sentisse da molto lontano, si volta verso di me.
«Sì, molto meglio. Oh Harry, ma tu…» Afferma, scrutandomi il volto «Non hai dormito tutta la notte? Sei distrutto…»
«Sto bene, non preoccuparti…» Rispondo, mentre lei mi passa una mano fra i capelli, che devono essere più scombinati del solito. Questo contatto non mi aiuta, perché chiudo gli occhi sospirando, grato di questa carezza, che dalla testa arriva delicata fino alla mia guancia.
Quando riapro gli occhi,  incontro i suoi che mi chiedono scusa. Vorrei dirle di smetterla di scusarsi, ma smorzo un po’ la situazione, visto che Dean cominciava a fissarci di sottecchi, piuttosto stupito e interessato.
«Perché non mangi qualcosa? Devi rimetterti in forze» Suggerisco ad Hermione, porgendole un piatto di porridge.
«Grazie, ho una certa fame» Dichiara sorridendo, e per la prima volta da ieri notte la vedo animarsi. Prende il piatto e comincia a servirsi di tutto e di più.

«È tutto così strano» Mormora, fissando la Sala Grande ormai vuota.
«Lo so, soprattutto quando ti rendi conto di quante cose siano rimaste le stesse e quante siano cambiate»
«Ad esempio?» Chiede, stringendosi le mani fra le gambe.
Il mio viso si apre in un sorriso «Fred» Dico. Lei mi fissa perplessa.
«Fred?»
«Sì, prova a chiudere gli occhi e pensare a Fred» Le suggerisco, inarca un sopracciglio pensando la stia prendendo in giro, poi però fa come le ho detto e solo dopo pochi secondi spalanca la bocca incredula, mentre il ricordo della sé stessa di questa vita le passa per la mente. 
«Oh mio Dio.» Sussurra, con voce strozzata. I suoi occhi diventano lucidi mentre si porta le mani alla bocca.
«Sì, lo so…» Annuisco. «È assurdo.»
«È bellissimo» Dice, asciugandosi le lacrime prima che possano scenderle sulle guance. «Oh, Harry, voglio andare a trovarlo!» Esclama, saltellando da seduta.
«Ci andremo presto» Sorrido, lei annuisce, passandosi di nuovo un dito sulla palpebra, per eliminare anche l’ultima traccia di pianto, ma non fa in tempo a farlo che la sua faccia si pietrifica in un espressione attonita.
Alza lentamente lo sguardo su di me e balbetta «I miei… oh mio Dio…» Le lacrime che aveva trattenuto sgorgano fuori decise, mentre si morde le labbra e tira su col naso. Sarei preoccupato se non leggessi la felicità nei suoi occhi. «Harry… i miei genitori…» Singhiozza, mentre tenta di fermare le lacrime.
Non ci avevo pensato. Mi è inevitabile sorridere e ridere al contempo. Lei mi segue, commossa.
«Oddio è tutto… oddio…» Mormorà asciugandosi le lacrime. «Potrei impazzire…» Dice gioiendo «Devo inventarmi qualcosa… voglio vederli…» Continua a asciugarsi gli occhi.
Io sorrido «Herm, puoi fare quello che vuoi.»
Poi lei ci riflette e sbuffa ridendo «Ok, devo calmarmi… altrimenti potrei scappare da Hogwarts e correre a casa, anche adesso.» Scoppio a ridere «Mi limiterò a mandargli mooolti gufi, credo…» Conclude ridendo. C’è un minuto di silenzio in un lei ancora non riesce a capacitari della situazione. «Ma… ehi…» Mormora poi, sorridendo «Guarda guarda…» Da un colpetto alla mia spilla da prefetto.
«Mi sta bene, eh?» Mi pavoneggio, orgoglioso.
«Benissimo» Sorride, contenta.
Io mi do una pacca sulle gambe, esclamando: «Beh, allora? Andiamo a lezione?»
È sorpresa dalla frase, e ci mette qualche secondo per assorbirla, quando riesce esclama «È davvero troppo strano…»
Alzandomi le porgo la mano. Attraversiamo la sala a braccetto, ridendo. «Vedrai, per te sarà una passeggiata» Le dico.
«Davvero? Potrei decidere di frequentare i corsi che non avevo preso allora…» Mormora, riflettendo, portandosi un dito sul mento.
«Tu sei matta! Hai la possibilità di frequentare un anno, conoscendo in anticipo tutti gli argomenti delle materie e vuoi prenderti dei M.A.G.O. nelle altre? Matta…»
«È un modo per essere eclettici» Mi risponde, soddisfatta della sua idea.
«No, è un modo per essere Hermione» Ribatto, lei alza gli occhi al cielo. Ma è comunque compiaciuta dalla mia risposta. «Però… se non ricordo male ti erano rimaste davvero poche materie, anche piuttosto inutili, da frequentare… a meno che tu non voglia diventare una eminente divinatrice, potresti seguire le orme della Coo…» 
«Ok, ci ho ripensato…» Mi interrompe subito, sconvolta alla sola idea «… credo cambierò solo pochi corsi. Magari potrei tornare a frequentare Aritmanzia…»
Continuiamo così fino a lezione di Difesa contro le Arti Oscure, dove la Zborowski ci sorride animatamente quando entriamo in aula, invitandoci ad accomodarci, complimentandosi di nuovo con Hermione per lo splendido duello del giorno prima. Cosa che, una volta ricordata, renderà Hermione molto compiaciuta di sé.

Il sole mi solletica il viso, l’odore dell’erba è davvero pungente oggi. Il brusio dei ragazzi tutto intorno, ridere e scherzare, godersi la pausa pranzo, la bellissima giornata…
E le sue dita, che passano lente fra i miei capelli, mentre il calore delle sue gambe mi rende docile e mansueto. Il mio corpo si rilassa ma è come se, nonostante la stanchezza, non voglia dormire, per non perdersi nemmeno un attimo di questo fantastico momento.
Il suo profumo mi inebria, è sempre stato come un’aroma terapia. Forse perché era la conferma che lei era lì, anche quando non la vedevo.
«Pensavo saresti crollato subito dal sonno» Afferma, e la sua voce mi accarezza le orecchie.
Scuoto la testa in senso di diniego, ancora accoccolato sulle sue gambe, invitandola a non smettere con le sue stupende carezze. Sento che sorride, e i miei occhiali tirati via dalle sue mani, lentamente. Poi le sue dita passarmi sul volto e sotto gli occhi, sulle occhiaie che stamattina allo specchio erano parecchio evidenti. «Sembri stanchissimo, perché non dormi un po’?» Mi chiede, con voce dolce e preoccupata, tornando a passare le mani fra i miei capelli.
Io nego di nuovo col capo, sorridendo «Non voglio perdermi un solo istante di questo momento» Confesso. Dando un bacio sulla sua mano, ancora posata sulla mia guancia.
È dannatamente strano. Non avrei mai detto cose simili prima, le avrei sicuramente pensate, ma mai esternate così apertamente.
Infatti c’è un attimo di silenzio, in cui lei ferma le mani, e forse anche il respiro.
«Harry…» Sibila.
«Mh?» Mugugno, ancora perso nei miei sogni. Non mi risponde, così faccio per aprire gli occhi, ma proprio in quell’istante mi trovo attorniato dai suoi capelli e dall’ombra del suo viso.
Mi bacia.
Io resto immobile, col cuore che perde un battito e poi riprende a correre veloce, velocissimo.
Non riesco a muovere nemmeno le labbra, nel sentire le sue premute sulle mie, che lente poi si muovono, piano, dolcemente. Schiudo leggermente la bocca, nel momento in cui chiudo gli occhi, e sento la sua lingua sul mio labbro superiore. La mia mano destra, prima sul petto con l’altra finisce sull’erba, che stringo fino a strapparla. Lei prende il mio labbro superiore fra le sue, e continua ad accarezzarlo. Finché com’è iniziato, finisce. Come una sfumatura, lentamente e impercettibile. Mi lascia le labbra, ma è ancora così vicino al mio volto che è come se mi baciasse. I nostri respiri si sovrappongono, e qui apro gli occhi, fissando i suoi, dannatamente profondi.
Ci sono appena annegato dentro.
Si allontana da me, e con un lieve sorriso dice: «È bello… come lo ricordavo…»
Io la fisso con una faccia che deve essere terribile. Mi sento spiazzato, emozionato, eccitato, sorpreso… mi sento un idiota. Lei mi ha baciato ed io non sono riuscito nemmeno a rispondere come si deve.
«Herm…»  Balbetto, con la voce a metà. Sto per fare qualcosa, non so che cosa ma qualunque andrà bene… quando arriva Dean, interrompendoci.
«Scusate ragazzi, la McGranitt vuole che d’ora in poi i Prefetti e i Caposcuola si occupino di far rientrare tutti in aula dopo la pausa pranzo, le lezioni sono cominciate da cinque minuti e gli studenti sono ancora tutti qui. Quindi… su!» Ci chiama, invitandoci ad alzarci.
«Arriviamo subito, Dean» Gli risponde Hermione, sorridendogli. Lui ricambia e ci lascia.
Lei mi fa cenno di alzarci, e così anche se ancora scosso mi alzo in piedi.
«Hermione…» Cerco di dire, ancora col fiato mozzo.
«Andiamo, Harry. Non lasciamo Dean da solo…» Risponde, mentre prende la sua borsa, con una calma e una quiete che mi stupisce. E ancora sorride, tranquilla e per nulla imbarazzata da quello che è appena successo. Non che io lo sia, sono solo… spiazzato. E le ore di sonno mancate non contribuiscono alla mia lucidità.
E proprio mentre sto per dire qualcosa, lei lo fa di nuovo. Si avvicina a me e mi da un bacio talmente vicino alla bocca che posso sentire gli angoli delle sue labbra sulle mie, e nel momento in cui lo fa posa la sua mano sulla mia guancia, che poi scivola sulla mia spalla fino a prendere la mia mano, intrecciando le dita con le mie, trascinandomi sul prato.
Io afferro al volo la borsa, ancora a terra, con la mano libera e la seguo.
Improvvisamente sento una strana sensazione al petto, qualcosa che brucia, caldo.
Sembra felicità.

Seduto a lezione è tutto così strano. Mentre scrive, accucciata come al suo solito sulla pergamena, mi tiene la mano, sotto il tavolo, sulla mia gamba. Seduti all’ultima fila, siamo arrivati praticamente a lezione iniziata, mentre Rüf, con la solita voce monotona, spiega i fatti storici e i cambiamenti avvenuti quest’anno dopo la guerra magica, affermando che secondo lui è un avvenimento storico così rilevante che non capisce come mai non sia stato immediatamente aggiunto ai libri scolastici che ci hanno dato.
Ma nonostante io cerchi in tutti i modi di prestare attenzione alla lezione, anche solo far finta, lei trova tutti i modi per distrarmi.
Dal semplice spostarsi i capelli dal viso, trascinandoli sinuosamente fino dietro l’orecchio, al mordersi le labbra concentrata. In questo caso mi sono trovato a mordermi il labbro anche io, credendo di sentire ancora il suo sapore. Oppure quando mi desto per poi cadere rovinosamente di nuovo nei miei pensieri, perché lei mi accarezza il dorso della mano con le dita, riportandomi nel mondo dei sogni.
Mi fa impazzire.

«Sei stanco?» Domanda, mentre ci dirigiamo verso la Sala Grande per la cena.
«Mmh, forse un po’» In effetti il sonno che avevo questa mattina e stato  risucchiato interamente dal caleidoscopio di movimenti, sguardi e carezze con cui mi ha distratto lei, oggi.
Sorrido, mentre allontano la mano dalla sua per avvolgerle il braccio attorno le spalle, lei si stringe a me.
Mentre camminiamo ho una sensazione strana proprio accanto al calore che sento dentro in questo istante, è come una piccola sensazione di… mancanza. Come se non rispondere a quel bacio mi abbia lasciato la percezione di aver mancato ad un dovere, ad una promessa.
Ci penso su da tutto il giorno, in quelle pause fra un suo tentativo e l’altro di farmi diventare matto, e realizzo la soluzione a pochi passi dalla Sala Grande.
Mi fermo improvvisamente, trattenendola vicino a me, lei mi fissa, sorpresa.
«Qualcosa non va, Harry?» Domanda, mentre io osservo gli altri studenti sorpassarci, ansiosi di cenare.
Mi volto verso di lei e le sussurro «Ti va di andare ad Hogsmeade?» Propongo, sorridendo. Lei spalanca gli occhi, guardandosi intorno.
«Adesso?» Domanda, sbalordita dalla richiesta.
Annuisco «Sì, adesso. Che ne dici?»
A diciotto anni mi avrebbe preso per pazzo «Sei matto…» Infatti lo dice «… e come andiamo?» Ma a differenza di oggi, prima non avrebbe mai accettato, o forse sì… solo con più riserbo.
«L’unico modo è volare» Rispondo, mentre ci avviamo furtivamente verso le scale, dirigendoci al dormitorio.
«Oh no, no no, lo sai che non ho una grande confidenza con la scopa…» Risponde, terrorizzata alla sola idea.
«Hermione, non avrai mica intenzione di andare ad Hogsmeade a piedi? Pensi di scavalcare il cancello della scuola?»
«Uff, e va bene. Ma solo perché mi fido di te» Mette un adorabile broncio, seguendomi oltre il ritratto della Signora Grassa.
Ci diamo appuntamento in sala comune per dieci minuti dopo, e in una volta lì, con io in borsa (ancora incantata) la Firebolt e qualche galeone, sgattaioliamo sotto il mantello e usciamo di soppiatto fuori dal portone, fino al campo da Quidditch, come sempre il luogo più adatto al decollo nascosto.
Estraggo la Firebolt dalla borsa, e già Hermione mi fissa terrorizzata.
«Coraggio» Dico, porgendole la mano, che prende con esitazione.
Lascio che si sieda davanti a me, le tendo il mantello dell’invisibilità rivoltato, nel caso abbia freddo… anche se non credo sia quello il suo problema primario.
Prima di partire si stringe alla mia vita, fortissimo.
«Pronta?» Le chiedo.
«No, ma non lo sarò mai perciò parti e non… AH!» Getta un urlo, non appena mi alzo in aria senza lasciarle finire la frase, aggrappandosi a me con tutte le sue forze.
Respiro l’aria della sera e il profumo dei suoi capelli, mentre sorrido, avendo le mie due cose preferite nello stesso momento. Hermione e il volo.
«È bellissimo, non trovi?» Dico, fissando la luna che si specchia sul lago, e in lontananza le luci di Hogsmeade.
«Sicuramente… ma continuo a preferirlo da terra...» Dice, tremando. Io scoppio a ridere.
«Finiamo in fretta questo viaggio, allora»
«Cos… Harry, NO!» Urla di nuovo mentre io mi getto a capofitto verso il lago, planando sull’acqua. Urlo anche io, ma di gioia, aumentando la velocità mentre lei si stringe a me.
Quando arriviamo, e lo facciamo piuttosto in fretta vista la celerità, tocca terra con felicità, prima di venirmi a dare un pugno sulla spalla.
«Però siamo arrivati in fretta, no?» Dico, massaggiandomi la parte colpita. Lei mi guarda storto.
«Non salirò mai più sulla Firebolt con te, lo giuro!» Minaccia, mentre poso la scopa dentro la borsa.
«Non giurare cose che non puoi mantenere, Hermione!» Esclamo, lei apre la bocca per ribattere, e frustrata mi spintona, fino alla scala per la stazione di Hogsmeade. Io rido e faccio finta di scappare.
Mi sembra di essere tornato davvero un adolescente.
 
Decidiamo di cenare da Madama Rosmerta, che vedendoci scuote il capo e si porta un dito alle labbra facendo finta di non sapere della nostra innocua fuga da Hogwarts.
Il locale è pieno a quest’ora e troviamo un tavolo per due, piuttosto appartato per pura fortuna.
Mentre ceniamo continuiamo a tenerci la mano, come se non riuscissimo a smettere di toccarci, come se lasciandoci avessimo il terrore di tornare di nuovo alla nostra vecchia vita, lontani e divisi.
Mi chiede come mi sia svegliato qui, e quando le racconto di Ginny mi fissa stupita.
«Cosa!?» Dice «L’hai piantata in asso, così? Senza spiegarle nulla?»
«No, non è vero… le ho spiegato, le ho detto che andavo ad Hogwarts…» Tento di rispondere, lei inarca le sopracciglia.
«Harry, Ginny non ti ha fatto nulla. Dovresti tornare a casa a spiegarle tutto…»
«Tutto cosa? Che vengo da un'altra dimensione, che in realtà ho settant’anni, anzi novanta se contiamo i diciotto aggiunti in questa vita, e che sono morto per venire a prendere te, rimasta in coma? No, non credo funzionerebbe…» Ironizzo, facendo finta di pensarci su.
«Harry, comportati da persona matura…»
«Ehi, so che ho diciotto anni ma giuro, penso come un settantenne, eh…» Continuo a scherzare, mandando giù l’ultimo boccone. Lei mi fissa scuotendo al testa.
«Harry…»
«Dai Hermione, non ho la più pallida idea di cosa dirle, e comunque anche tu hai le tue grane…»
«Cioè?»
«Beh, Ron. Perché se non ci hai fatto caso anche in questa vita abbiamo lo stesso problema dell’altra.» Sostengo, lei aggrotta la fronte confusa, e mi fa sospirare «Ci siamo baciati.» Puntualizzo, nel caso non avesse ancora afferrato.
«Oh beh, se per te questo continua ad essere un problema. Per me non lo è, e stamattina l’ho capito… Ho capito che qui potevo rimediare a tutti i miei errori, dal momento in cui non ho visto l’anello attorno il mio dito.» Dice, mostrandomi la mano sinistra. Poi prende la mia e la solleva, per mostrarmela «E anche tu Harry, qui non c’è ancora un anello. Siamo in tempo, non possiamo commettere gli stessi errori. Non possiamo avere segreti con loro comportandoci come se fosse sbagliato tutto quello che anche solo pensiamo. Almeno in questa vita dobbiamo essere onesti fin dal principio.»
«Siamo sempre stati fedeli, Hermione. Non possiamo rimproverarci niente nei loro riguardi…» Ribatto, ma sono comunque poco convinto.
«Lo credi davvero, Harry? Non è tradimento pensare al tuo migliore amico quelle poche e rare volte che ti concedi a tuo marito, per non fargli mancare almeno questo?» Confessa, io spalanco gli occhi «Non è tradimento non parlare più con lui, per l’immensa voglia che avevi di parlare con qualcun altro? Non è tradimento mentirgli per non dirgli quante volte ci vedevamo o sentivamo in una giornata? Non è tradimento baciare un altro e scoprire che…»
«…che quel bacio era tutto quello che desideravi» Finisco io per lei. Che mi guarda immobile, e poi continua, lentamente.
«Non è tradimento… avere un infarto perché, a settant’anni, capisci di aver sposato la persona sbagliata? Che quello che provavi non era solo un’infatuazione passeggera. Che ormai era troppo tardi per rimediare? Che avevi perso metà della tua vita per questo?» Dice alla fine, facendo calare un silenzio gelido, nonostante il brusio delle persone presenti attorno a noi.
Stringo la forchetta con forza. «Hermione…» Sussurro, col fiato mozzo. I suoi occhi diventano lucidi, ma continua a mantenere una posa fiera, immobile, fissandomi.
«Questo è tradimento, Harry. E io non voglio ricominciare da capo.» Sussurra, con la voce strozzata. Le prendo la mano, stringendola.
«Non succederà. Dirò tutto a Ginny, cercherò di essere il meno brutale possibile. Te lo prometto.» Le sorrido nel dirlo, ammettendo quanto a volte io possa essere insensibile, senza volerlo.
Annuisce, ricambiandomi il sorriso. «Non riesco a vederti piangere, mi si stringe il cuore…» Mormoro, avvicinando la mia sedia alla sua, lei poggia la testa sulla mia spalla, tirando su col naso.
«Scusa.»
«No, non ti scusare. Io non ho mai frignato tanto come queste due settimane in tutta la mia vita…» Scherzo, facendola ridere. Le accarezzo le punte dei capelli «Ehi…» Sussurro, nel mentre.
«Mh?» Risponde con un mormorio lei.
«Prendiamo una fetta di torta di zucca?» Propongo, lei mi fissa stupita alzando le sopracciglia, poi sorride calorosamente.

Fissiamo in silenzio lo spiazzo vuoto davanti a noi, dove un mucchio di terra e di erbaccia ricopre incostante il terreno. Una staccionata malmessa divide quello che in futuro diventerà probabilmente il piccolo parco che conoscevamo, e che ha cambiato la nostra vita.
«Sembra così desolato…» Sibila lei, continuando a fissarlo. Annuisco e mi dirigo verso la staccionata. «Che fai?» Mi chiede, vedendomi scavalcarla.
«Beh, entro…» Rispondo evidente.
«Ma… Harry è una proprietà privata!» Dice, guardandosi intorno. Io alzo un sopracciglio.
«Non ti fai problemi a marinare Hogwarts per un appuntamento romantico, e ti crea problemi scavalcare un recinto?» Pronuncio, sempre più ovvio. Lei si morde le labbra, socchiudendo gli occhi e inspirando. Ammettendo la sconfitta.
«Ah, al diavolo…» Dice, seguendomi di corsa e scavalcando senza troppi complimenti.
«In questo stato non sembra poi così piccolo» Constato, camminando in mezzo agli alberi ancora non potati né recintati.
«Già.» Hermione mi segue, scostando rami e superando cespugli. «Quindi…» Chiede, appena dietro di me «Questo è un “appuntamento romantico”?» Dalla voce sento che sorride.
«Beh… credo di sì.» Rispondo, voltandomi appena, sorridendo a mia volta «Non si porta una ragazza fuori dalla scuola, clandestinamente, per qualcosa di meno. No?»
«Posso risponderti: “beh… credo di sì?”» Dice, imitandomi.
«Ah-ah…» Rido sarcastico, mentre lei sghignazza, seguendomi ancora fra gli alberi.
Ma non posso più aspettare. Mi volto verso di lei e le porgo la mano, trascinandola verso di me, sussurro a fior di labbra «Sì. È un appuntamento romantico.»
La bacio. Lentamente, senza perdermi nulla di quello che sento. Il calore delle sue labbra, le sue mani sulle mie spalle, le nostre lingue che si toccano, si sfiorano. Mordo lievemente il suo labbro superiore, e la percepisco sorridere mentre lo faccio. Accarezzo le sue labbra con le mie, sospiriamo, tratteniamo il respiro. Non voglio smettere, è stato così… agognato. E come la prima volta sento il sapore della torta di zucca su di lei, e il suo profumo così vicino, da entrarmi nell’anima.
Sentirla sospirare mentre ci baciamo, sussurrare qualcosa di indefinito...
Ma ci manca il respiro, e così ci allontaniamo anche se mai troppo, le nostre fronti si toccano mentre riprendiamo fiato.
«Questo bacio… l’ho aspettato tutta la vita…» Sussurra, incontrando i miei occhi.
«Scusa… ci ho messo un po’…» Rispondo, ed entrambi ridiamo, continuando a restare abbracciati, con le fronti unite.
Una musica in lontananza proviene da un locale lì vicino.
«Conosco questa canzone…» Sussurra Hermione, che nel frattempo aveva già cominciato a dondolare a tempo. Mormora il ritornello trattenendo le parole fra le labbra. Pacatamente. Io sorrido, accompagnandola nel suo lento cullare. Prendo la sua mano e inizio a ballare, lei mi sorride. Le faccio fare una giravolta un po’ improvvisata, probabilmente andando anche fuori tempo, quando ritorna da me vedo una luce nei suoi occhi, e non posso credere che quella luce sia per me. È la sensazione più bella che abbia mai provato. Adesso mi sento completo, il calore nel mio petto è più forte, e non c’è più nessuna mancanza, tranne forse…
«Ti amo da morire…» Le dico, mentre balliamo «… è tutta la vita che voglio dirtelo.» Sembra strano, ma la vedo arrossire lievemente, mentre sorride e mi accarezza la guancia col dorso delle dita.
«Pensavo di non dirtelo mai più… ti amo anche io, Harry. Da tutta una vita. » Mi lascia un bacio tenue e caldo, mentre lo sussurra, e ancora balliamo e balliamo. «Grazie, per essere tornato da me.» Dice infine a fior di labbra, facendomi venire la pelle d’oca.
«Mille volte…» Rispondo, ricordando il discorso che le feci la notte prima. Lo dico in un sussurro così lieve da sentirsi a stento, sfiorando appena le labbra con le sue, fino a solleticarmi.
E in un altro bacio il mondo rallenta. Dopo tutti questi anni non abbiamo più fretta, il tempo non esiste più come una volta, è tutto così lento, calmo.
Se una cosa ti manca per tutto quel tempo quando la trovi puoi avere due possibilità: divorarla con una fame vorace, impetuosa che spazza via ogni possibilità di godersi i singoli istanti, oppure assaporare lentamente il frutto della tua pazienza, con intelligenza e senno di poi.
È così che stiamo facendo adesso, lasciando le nostre labbra cercarsi da sole, baciare dove vogliono e seguire il ritmo che preferiscono. Tra sorrisi tenui esploriamo i piccoli gesti, le invisibili sensazioni passeggere che in gran parte dei casi sono così veloci e sfuggevoli da non essere nemmeno percepite nella matassa di sensazioni incontrollabili.
Io le sento. Le sto sentendo proprio adesso, farsi largo una dietro l’altra, mentre la mia mente si chiede come sia possibile attendere così tanto tempo qualcosa senza impazzire. Dare di matto.
Sono così preso dal suo tocco che sentirla allontanarsi, anche di poco è come una secchiata d’acqua gelata, nonostante la sua fronte sia ancora sulla mia. Apro gli occhi, confuso, come svegliato da un sonno profondo e intenso, e vedo i suoi ricambiarmi lo sguardo.
Finalmente felice.




E' parecchio Fluff questo capitolo vero?
Domanda, fareste mai quello che ha fatto Harry per amore?
A giovedì!

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Capitolo 12
*** Buona morte ***


Rigrazio tutti per i meravigliosi commenti :) sono sempre felicissima che le mie storie colpiscano dritto dove volevo, e che mi facciano perdonare i ritardi :D
Buona lettura!



CAPITOLO XII
Buona morte

Tornati ad Hogwarts, ci siamo separati con riluttanza, ognuno nel proprio dormitorio. Ma ero così stanco e distrutto, sentivo urlare il mio corpo chiedendomi di riposare.
Così adesso, dopo una notte di sonno ristoratore, sono pronto ad affrontare un altro giorno nel pieno delle mie forze.
Stringo bene il nodo alla cravatta e mi guardo allo specchio, sorridente e goliardico come non ricordavo nemmeno di poter essere.
Scendo i gradini del dormitorio a due a due e saluto Dean e Neville con entusiasmo, tanto da farli preoccupare «Hermione?» Domando, ancora sorridente.
«Ha detto di dirti che ti aspetta fuori, vicino il lago, ma… Harry!» Esclama Dean, vedendomi balzare a metà della sala subito dopo le sue parole «Tutto bene?» Mi chiede, scrutandomi.
Annuisco «Mai stato meglio, amico mio».
Sorpasso il ritratto e alcuni ragazzini del primo, ho la musica in testa e tutto il mio corpo sembra muoversi a ritmo di questo stile, che non saprei proprio come definire.
Passo davanti la Sala Grande, e mi sembra quasi di poter sentire il profumo della colazione provenire dalle cucine.
E poi il sole, l’erba sotto le scarpe fare quel rumore così distensivo. Non c’è nessuno sul prato, e alzando gli occhi mi copro il viso dal giovane sole del mattino, per notare la sagoma di lei vicino alle sponde del lago, sotto un albero che conosciamo molto bene, un posto dove abbiamo passato metà dei nostri pomeriggi oziosi, un tempo.
Le vado incontro, ricambiandole il sorriso. E così, lievemente e quasi sospeso in aria arrivo da lei.
«Ciao…» Sussurro. Mi sento davvero tornato adolescente, un ragazzo che non sa controllare i propri sentimenti e le proprie emozioni.
Lei non dice niente, adombrata dalla frescura di quest’albero, fra le mani un libro che chiude con uno schiocco e poi, alzando lo sguardo su di me, mi chiede con un dito di scendere accanto a lei. Mi inginocchio, ma non faccio in tempo a sedermi che lei abbandona il libro sul prato prendendomi per la nuca, baciandomi. Non riesco a trattenere un mugolio di piacere.
«Questo sì che è dare il buongiorno…» Una voce accanto a noi ci fa sobbalzare. Mi volto di scatto per vedere un uomo molto vecchio, con la barba bianca folta tagliata alla ben’e meglio cerchiargli il viso, occhiaie profonde e lunghi capelli bianchi crespi, raccolti in una coda allentata, vestiti luridi e malconci e due profondissimi e imperscrutabili occhi blu.
«Lei chi è?» Sbotta Hermione, preoccupata, alzandosi. Io spalanco gli occhi, nel tentativo di mettermi in piedi. Il vecchio sorride, e gli occhi gli si illuminano.
«Tiberius?» Mormoro, incredulo.
Lui annuisce e accenna un inchino. «In carne e vecchiaia, ragazzo»
«Dove diavolo eri finito!» Esplodo, una volta confermato il mio dubbio.
Arrancando porta le mani avanti «Giovane, non hai idea di cosa ho passato» Della voce che ho sentito nella mia vecchia vita è rimasto solo un lieve accenno sotto lo stridere stanco delle sue corde vocali. «Mi sono risvegliato nel carcere di Bucarest, ci ho messo un po’ a venirne fuori…»
«Che cosa?» Domando alzando la voce, totalmente sconvolto.
«A quanto pare devo aver offeso non so chi o fatto non so cosa, però so parlare il Rumeno!»
«Come diavolo hai fatto ad uscire?» Continuo a chiedere, sentendo Hermione affiancarmi.
«Beh, dopo tutti questi anni qualche trucchetto l’ho imparato anche io, più che altro ci ho messo un po’ a trovarti, non riuscivo a capire in che anno fossimo finché non sono evaso e non ho trovato qualche santo che mi ha aiutato. Poi facendo due più du…» Inizia a tossire violentemente, ma si riprende subito, scusandosi «Ho preso un po’ di freddo, quella cella era terribile. Comunque! Dicevo, facendo due più due ho capito che dovevi essere qui. Hai avuto fortuna ragazzo, quanti anni hai?»
«Ehm… diciotto» Rispondo titubante.
«Ah, che meraviglioso periodo per risvegliarsi dopo un salto. Io invece non mi ricordavo che la vecchiaia potesse essere così opprimente.» Dice, sorridendo anche se con una nota di dolore, toccandosi la schiena curva. Nota Hermione e le sorride. «Che piacere rivederti finalmente in salute!» Commenta, porgendole la mano, che lei prende un po’ ansiosa.
«Harry, lui è… Tiberius? Quello che…» Mi chiede lei, scrutandolo.
«In persona, signorina!» Risponde esclamando allegramente con la voce rauca. «Forse non è quello che si aspettava, ma le assicuro che la mia mente vale molto di più del mio povero corpo.» Nel dirlo si volta verso Hogwarts «Oh, cara vecchia scuola. Quanti ricordi» Sussurra, malinconico. Facciamo un minuto di silenzio, in cui io ed Hermione ci lanciamo sguardi a metà tra il preoccupato e l’incerto. Fin quando Tiberius non ci fa (nuovamente) saltare in aria battendo le mani e esclamando: «Non abbiamo più tempo da perdere!» Si vola verso di noi, arrancano zoppo da una gamba. «Allora Harry, vedo che sei riuscito meravigliosamente a trovare la tua memoria ma anche a ridarla ad Hermione, ottimo lavoro ragazzo» Mi da un pacca sulla spalla.
«Grazie, ma…»
«Quindi non resta che fare l’ultima cosa, allora dimmi, ne avete discusso? Hai deciso cosa fare?»
«Fare cosa?» Chiede Hermione, precedendomi, io le sorrido nervoso, mentre Tiberius alza gli occhi al cielo, sospirando.
«Non glielo hai ancora detto?» Domanda lui, scrutandomi.
«Veramente…»
«Cosa doveva dirmi?» Chiede nuovamente Hermione, avvicinandosi e lanciandomi un’occhiata torva. Tiberius si raddrizza come può e schiarisce la voce.
«Harry» Mi rimprovera con voce severa.
«Ecco io… non…» Non so esattamente cosa stia balbettando, ma non so proprio cosa dire. Mi sento solo un grande idiota. Mi volto verso Hermione, sospirando, dispiaciuto.
Lei mi fissa con un sopracciglio inarcato aspettando una mia speigazione.
«Vieni con me» Le dico, spingendola delicatamente lontano da Tiberius, chiedendogli con lo sguardo qualche minuto, lui alza gli occhi al cielo esasperato ma mi fa cenno di andare. «Credo che dovresti sederti» Suggerisco ad Hermione a bassa voce, il suo sguardo si fa preoccupato.
«Harry, si può sapere cos’hai “dimenticato” di dirmi?» Mima le virgolette con le dita, senza dare ascolto al mio consiglio.
Traggo un profondo respiro, come se dovessi gettarmi nell’acqua gelata. «Ecco… c’è una complicazione di cui non ti ho parlato…»
«Sarebbe?»
«Tiberius non è venuto qui solo per accertarsi che sia tu che io avessimo ricordato tutto…» Mi siedo sull’erba, improvvisamente mi sento stanco e spossato, evito di guardarla negli occhi mentre si accomoda accanto a me. «Fare il salto in un'altra vita, come lo abbiamo fatto noi, tramite il coma, comporta una complicazione. Se morissimo nella nostra vita precedente qui perderemmo tutti i ricordi che abbiamo, e i noi stessi che abbiamo sostituito… beh, si riprenderebbero la loro vita. In pratica non…»
«Non ricorderemmo più niente di quello che siamo stati» Conclude lei per me, con lo sguardo perso nel vuoto. Io annuisco.
«È per questo che Tiberius è qui, lui… ha una soluzione per questo. Se uno di noi due… muore per primo, l’altro avrà il tempo di ricordargli chi è stato, e così…»
«L’altro potrà fare lo stesso con lui. Mi stai dicendo che… il piano di Tiberius è ucciderci?» Mi interrompe arrivando seccamente al punto.
«Sì. Esatto…» Sussurro, sostenendo lo sguardo.
Il silenzio si fa pesante, nonostante il frusciare fresco del vento tra le foglie degli alberi e il cinguettio degli uccelli.
Hermione fissa il prato, persa nei suoi pensieri. La vedo irrigidire il volto e cercare in tutti i modi di arrovellarsi il cervello per trovare una soluzione migliore a tutto questo.
«Non ci sveglieremo più, vero?» Domanda.
«No»
«Non c’è proprio la più piccola possibilità di tornare indietro?» Sussurra, con la voce rotta.
Nego lentamente col capo «No».
Torna di nuovo a fissare l’erba deglutendo un pesante magone e chiudendo gli occhi per pensare.
Vedo Tiberius passeggiare sulle rive del lago nero, buttando un occhio su di noi ogni tanto.
«Come hai potuto dimenticarti di dirmi una cosa simile?» La voce di Hermione, tagliente, mi riporta su di lei. I suoi occhi mi fissano rabbiosi.
«I-io… non lo so. Tu eri così sconvolta in infermeria, che ho pensato fosse meglio non aggravare le cose. Pensavo che te l’avrei detto appena fossi stata meglio, ma…»
«Ma cosa?» Alza la voce, fulminandomi con lo sguardo.
«Hermione, io non…» Balbetto, la colpa mi divora.
«Ho bisogno di un momento» Sbiascica improvvisamente, portandosi  una mano alla bocca, alzandosi e correndo via verso il castello.
«Hermione!» Urlo, mi alzo per raggiungerla ma una voce mi ferma.
«Lasciala andare.» Ordina Tiberius, apparso improvvisamente alle mie spalle, fissando il portone del castello dove Hermione è scomparsa dalla nostra vista.

È passata un’ora, Tiberius mi ha lasciato da solo a fissare l’acqua del lago incresparsi e specchiare il sole che piano piano si è fatto sempre più caldo.
Adesso giro per i corridoi vuoti di Hogwarts, mentre sento il brusio delle lezioni dentro le varie aule. Non vado in dormitorio, perché sono certo non sia lì e nemmeno in sala comune. In biblioteca nemmeno a parlarne, avrà sicuramente cercato un luogo molto più appartato.
Salgo così l’ultimo gradino della torre di Astronomia e trovo la vecchia e consunta porta di legno socchiusa, lasciare passare un sottile spiraglio di luce. Sospiro, mentre la spingo con le mani cercando di non fare il minimo rumore, e la trovo lì, seduta sul bordo della finestra a fissare fuori, pensierosa.
Chiudo con un leggero scatto la porta dietro di me e resto qui, so già che mi ha sentito arrivare.
E infatti rompe il silenzio: «È stupido, vero?»
«Cosa?» Chiedo, rimanendo dove sono.

«Tutto questo, cioè… il mio comportamento.»
«Perché?»
«Avrei dovuto semplicemente dire di sì, in fondo non rivedremo mai i nostri figli, non ci sveglieremo mai…» Dice l’ultima frase come un sussurro, debolissimo e quasi impercettibile.
So che adesso posso avvicinarmi, così aspetto di esserle accanto, prima di risponderle.
«Perché dici così? La tua reazione non è stata stupida »
Non mi guarda ancora negli occhi, continuando a fissare il cielo azzurro dal vetro opaco e sporco della finestra. «Lo credi?» Mi chiede con una nota ironica nella voce. «Invece lo è stato. Però… anche se so che non potrò mai più tornare indietro, è come se avessi terribilmente paura. Paura di sapere che saremo morti, e che quello che ci teneva legati alle nostre vite precedenti scomparirà per davvero, definitivamente. E per sempre…»
«Questo non è stupido, Hermione.» Dico, sorridendole dolcemente. Lei sorride altrettanto ancora evitando di incrociare il mio sguardo.
«Tu hai già deciso, vero?» Chiede, con voce sommessa. Annuisco, anche se so che non può vedermi.
«Sì, ho deciso dal momento in cui Luna e Tiberius mi hanno parlato di questa possibilità.»
Finalmente si volta, guardandomi.
«Che terribile punizione, Harry… i nostri figli…» Sussurra a voce rotta, mentre gli occhi le si riempiono di lacrime silenziose.
«Beh, non so se definirla una punizione, in fondo abbiamo un’altra vita davanti…» Tento di smorzare i toni, riesco a malapena a farla sorridere ma nonostante questo mi lancia comunque uno sguardo di disapprovazione. Sospiro, accarezzandole una guancia, lei si appoggia alla mia mano. «Hermione, so cosa vuoi dire. Tu non hai scelto, ma io sì. E forse questo è il prezzo da pagare per non essere stato abbastanza coraggioso nella mia vita e non aver lottato per quello che provavo…» Le sorrido, alzandole il volto per farle incontrare il mio sguardo, facendole intendere che mi riferivo a lei.
Finalmente sorride, asciugandosi le lacrime.
«Mi sono sempre chiesta…» Dice, deglutendo il magone «… come è possibile mancare di così poco l’amore della tua vita, quando ce l’avevi così vicino…» Conclude, sbuffando dal riso, come malamente divertita dall’ironia della sorte.
«Me lo sono chiesto anche io. Tante volte» Le asciugo una lacrima, passando il dito sulla sua guancia calda.
«Possiamo restare qui ancora un po’?» Mi domanda, appoggiandosi ancora alla mia mano.
«Certo.» Sussurro, facendomi spazio accanto a lei, abbracciandola. Lei si accovaccia a me come se sentisse freddo, stringendomi le mani e appoggiandosi alla mia spalla. Le do un bacio sulla fronte e la sento sospirare, grata.

Hermione stringe la mia mano fortissimo, mentre ad ogni passo ci avviciniamo a Tiberius, sulle rive del lago. Seduto su una roccia a gettare pietre sull’acqua, ci osserva mentre ci fermiamo davanti a lui e non dice una parola, scrutando il mio sguardo con i soliti occhi blu profondo che sembrano volerti scavare dentro. Sorride sotto la ispida barba bianca, come sempre, in attesa che io parli.
«Abbiamo deciso. Crediamo sia meglio che vada io per primo» Proferisco, deciso. Hermione mi stringe ancora di più la mano, ormai sento le dita formicolarmi.
«Molto bene»             Proferisce Tiberius, compiaciuto. Si alza a fatica tenendosi sempre la schiena e zoppicando si dirige verso di noi, rivolgendo tutta la sua attenzione su Hermione «Non so se questo scriteriato te l’ha detto, ma hai solamente due giorni di tempo per fargli ritornare la memoria, altrimenti…»
«Lo so. Farò del mio meglio» Risponde Hermione, ancora a voce rauca.
«Brava ragazza» Sghignazza Tiberius, poi si volta verso di me e mi sorride, malinconicamente. «Beh, Harry. Questo è un addio.»
«Credo di sì…» Balbetto, per l’ennesima volta in poche ore. Tiberius mi poggia una mano sulla spalla, annuendo con la testa.
«Spero potrai trarre da questa esperienza tutto il meglio. Non sprecarla, ti prego.»
«Non lo farò.» La mia voce si spezza «Non so come ringraziarti…» Sono commosso, non so se lui ha davvero capito che genere di regalo mi ha fatto con le sue pazzie.
«Segui il mio consiglio e mi avrai ringraziato come si deve. E… Hermione?» Conclude, voltandosi verso di lei.
«Sì?»
«Ti prego, mettigli un po’ di sale in zucca a questo insensato e passionale idiota»
Hermione sorride «Non lo so. Forse è proprio per questo che mi piace…» Risponde, le sorrido, e ci parliamo con gli occhi.
«Adesso è ora che vada, prima che Luna dia di matto.»
«Salutamela ti prego!» Esclama Hermione accorata «Dille che le sarò per sempre grata, e non la dimenticherò mai…»
«…e che stiamo bene» Aggiungo io.
Tiberius sorride, mentre si siede sull’erba, pronto per la meditazione.
«Lo farò.» Mi rivolge un altro sguardo «Addio Harry»
«Addio, amico mio» Ancora e ancora ci sorridiamo, fino a quando chiude gli occhi perdendosi nei meandri del suo subconscio.

Dall’alto delle rive più vicine ad Hogwarts, in piedi sotto il nostro albero, Hermione ed io osserviamo Tiberius svegliarsi dalla meditazione, guardarsi intorno confuso, alzandosi e chiedendosi probabilmente cosa ci faccia lì. Ci nascondiamo alla sua vista, mentre parla da solo grattandosi la nuca. Infine, con un’alzata di spalle, velocemente sparisce in uno schiocco.
Passa un istante di silenzio, in cui il mio cuore ha il tempo di prendere una poderosa accelerata. Mi volto verso Hermione, che già mi stava fissando con l’ansia negli occhi.
«Andrà bene» Dico, per rassicurarla, in realtà per convincere me stesso. Se non riuscissi più a ricordare tutto questo sarebbe stato inutile, e entrambi saremmo di nuovo persi in un oblio infinito. Stavolta separati e lontani per sempre.
Lei annuisce «Certo che andrà bene» Mi tiene forte le mani, sorridendo nervosa. Ma i miei palmi sono umidi e gelati, mentre deglutisco per la settima volta. Sorrido anche io, contratto dall’agitazione.
«Ti amo.» Dico, e mi viene dall’anima.

*

Luna salta indietro terrorizzata e presa in contropiede, facendo volare a terra entrambe le bacchette, mentre Tiberius si alza di scatto, arrancando un po’ annichilito dalla posizione scomoda.
«Allora?» Chiede nervosa, raccogliendo distrattamente le bacchette dal pavimento gelido. «Li hai trovati?»
«Certo che li ho trovati! Sarei mai tornato altrimenti?» Risponde brusco lui, tentando di sgranchirsi le gambe.
«E… come stanno? Hermione?» Domanda Luna, avvicinandosi preoccupata.
«Stanno bene, calmati. Harry è stato bravo, ti salutano. Hermione mi ha detto di dirti che non ti dimenticherà mai, e che non sa come ringraziarti. Stanno bene.» La rassicura, stiracchiandosi. Luna trae un sospiro di sollievo prima di ricordarsi che la parte peggiore deve ancora venire, spalanca gli occhi, che incredibilmente così riescono a sembrare più grandi del solito. «E quindi? Cos’hanno deciso? Vogliono davvero che tu…» Chiede impaurita, mimando il gesto della bacchetta con le mani.
Tiberius sospira soddisfatto, dopo aver ridato vita alle proprie gambe, e annuisce. «Sì, Harry sarà il primo. Dammi la bacchetta, prima facciamo meglio è, non vorrei che ci scoprissero.» Dice, dando una veloce occhiata nervosa alla porta. Luna pare turbata, ma gli porge comunque la bacchetta. Seguendolo con lo sguardo mentre si porta al lato del letto di Harry, inspirando profondamente.
«Forse è meglio che ti volti» Proferisce Tiberius verso di lei.
Luna annuisce, mentre i suoi occhi si fanno lucidi «Sì, credo di sì. Tiberius?» Lo chiama, prima che lui possa voltarsi di nuovo. «Potresti…» Si indica le orecchie, e lui capisce al volo.
«Certo» Risponde, prima di sparare un incantesimo Muffliato. Lei gli sorride grata, e ancora con lo sguardo terrorizzato e pieno d’ansia si volta tornando nell’angolo dove, nonostante l’incantesimo, si copre le orecchie e chiude gli occhi con il viso rivolto al muro, tremando.
Tiberius nel frattempo, fissa il volto vuoto di Harry, profondamente addormentato. Inspira nuovamente tutta l’aria che possono contenere i suoi polmoni, e puntandogli la bacchetta contro sussurra a fil di voce «Felice vita, Harry».

*

«Baciami» Pronuncio senza rendermene conto, stringendo le sue mani. Hermione mi sorride, facendomi coraggio con lo sguardo, e si avvicina poggiando le sue labbra calde sulle mie, che devono essere gelate al confronto. Lenta, mi consola così, facendomi sentire quanto sia vicina. Non so come ci riesca ma il mio corpo si rilassa, e le mie mani si allentano. Forse è davvero il suo profumo.
Il suo profumo.

*

Lo sento irrigidirsi, per poi cadermi accanto a peso morto. Il cuore mi sale in gola, letteralmente, mentre tento di trattenerlo a fatica, facendomi male ad un braccio.
«Harry!» Urlo quando cade sull’erba con un tonfo. Lo rivolto e gli prendo il viso fra le mani. È gelido. «Harry! Ti prego svegliati…» Supplico, dandogli piccoli schiaffi alle guance.
Ma eccolo, mugugna qualcosa portandosi una mano alla testa, sul punto dov’è caduto. Apre gli occhi e mi guarda.
In fondo non è stato così terribile, se pensiamo che io sono svenuta per quasi un giorno intero, penso, rassicurandomi.
«Hermione?» Chiede, con voce roca, guardandosi intorno spaesato.
«Come ti senti?» Gli domando, ancora inquieta.
«Cos’è successo?» Mi scruta, incuriosito «Perché porti la divisa di Hogwarts?»
Sorrido «Beh, perché siamo ad Hogwarts.» Rispondo, ma forse ho fatto male, perché spalanca gli occhi mettendosi seduto velocemente, fissando il paesaggio e poi alzando gli occhi sul castello.
«No… non può essere…» Proferisce incredulo e alzandosi indica il castello a bocca aperta. «No io… io ero con Ginny e Ron, stavamo facendo colazione e… parlando di te…» Punta il dito su di me. «Tu dovevi andare ad Hogwarts! Non io… io dovevo preparare la domanda per Auror…» Sbiascica, voltandosi di nuovo verso il castello. Si porta una mano alla testa «Sono… confuso»
Mi mordo il labbro. Cosa si dice in questi casi? Evidentemente non porta nulla della memoria di Harry in questi tre giorni, il che forse è un bene. Gli sorrido.
«Non ti ricordi?» Chiedo, facendo la vaga «Sei caduto e hai battuto la testa, forse hai una leggera amnesia…» Butto lì, poco convinta che possa funzionare.
«Cosa?» Domanda infatti, dubbioso.
«Ma sì, se non ti ricordi deve per forza essere così. Oggi è il quattro settembre, hai deciso di venire a scuola per l’ultimo anno perché non pensavi di passare gli esami di Auror senza i tuoi M.A.G.O, così hai preparato le valigie e preso il treno con me all’ultimo minuto…» Tutti questi anni con Ron mi hanno fatto diventare molto brava ad improvvisare sulle fesserie. Lui continua a tenersi la testa confuso, e a fissarmi come se avessi appena bestemmiato. Continuo a sorridere, tentando di sembrare il più naturale possibile.
«Forse dovrei andare da Madama Chips…» Pronuncia, fissandosi il palmo con cui si teneva la fronte, come in cerca di tracce di sangue.
«Ti fa molto male?» Domando, avvicinandomi per dare un’occhiata.
«No, non proprio. Però magari lei ha qualcosa per migliorare la mia amnesia…» Non posso crederci, ha funzionato!
«Ehm, sì. Forse sì, vieni…» Lo accompagno verso il portone del castello quando una voce grossa attira la nostra attenzione.
«Ehi Hermione! Che c’ha Harry?» È Hagrid. Ho un salto al cuore a vederlo, mentre si avvicina a noi col suo passo pesante.
«Hagrid…» Sussurro, con gli occhi lucidi.
«Vi ho visto da laggiù, mi sembri un po’ affaticato amico, tutto bene?» Domanda sorridendo ad Harry, che lo saluta vago con la mano libera.
«Ciao Hagrid…» Faccio fatica a trattenere la commozione nel rivederlo dopo così tanto tempo, non avevo nemmeno più pensato che lui fosse qui, ad Hogwarts. Dopo tutti questi anni… «Harry ha sbattuto la testa, lo stavo portando infermeria…» Spiego, con la voce rotta. Ma quanto piango oggi?
«Oh, mi dispiace amico, beh riprenditi. Dirò a Ginny di cercarti lì allora…» Dice dando una delle sue solite pacche sulla spalla di Harry, che sprofonda di dieci centimetri.
«Ginny?» Chiedo invece io, incuriosita dalla sua risposta.
«Sì, Ginny e Ron, li sto andando a prendere adesso alla stazione di Hogsmeade. Perbacco tutti insieme di nuovo come una volta, mi viene da piangere!» Esclama gorgogliando di felicità. Il mio viso si fa più pallido.
«G-Ginny e Ron?» Balbetto, come un disco rotto. Hagrid smette di rallegrarsi aggrottando le sopracciglia.
«Sì, mi hanno mandato un gufo ieri. A te e Harry no? Mica volevano farvi una sorpresa? Oh Hermione mi dispiace un sacco!» Si scusa, dispiaciuto «Non ce lo dire a Ginny e Ron, non voglio che si arrabbiano. Certo però potevano scrivermelo nel messaggio, io mica sono così sveglio!» Esclama infine, ridendo scherzoso.
«No… tranquillo, non lo dirò di certo. Fidati di me.» Sorrido, così falsa da sentirmi male.
«Hermione…» Harry mi chiama, con una voce preoccupante. Quando mi volto lo vedo pallido come un cencio, e con lo sguardo vacuo. «Credo di stare per…» Trattiene un conato improvviso e il suo colorito da pallido diventa verdognolo.
«Oh! Oh cielo! Scusa Hagrid, a dopo!» Urlo, trascinando Harry di corsa dentro la scuola, sotto gli occhi straniti e preoccupati del gigante che dice qualcosa che non afferro, troppo presa dall’affrettarmi per evitare che Harry sputi fuori l’anima proprio qui, in corridoio.
Lui mi segue reggendosi a me, tenendosi strettissima una mano sulla bocca, adesso il suo colorito tende al giallo.
«Dai, ci siamo quasi…» Lo incito, percorrendo gli ultimi metri, e spalancando la porta dell’infermeria con una pedata. Mi becco pure una sgridata da Madama Chips sotto il rumore metallico di qualcosa rovesciatosi a terra.
«Signorina Granger!» Esclama dal fondo della sala, raccogliendo il vassoio evidentemente cadutole dallo spavento, davanti al letto di uno studente sportosi incuriosito dal fracasso.
«Madama Chips! La prego, Harry sta…» Troppo tardi. Chiudo gli occhi esasperata. Mentre lo sento piegarsi sul pavimento e tossire furiosamente, come se volesse rigettare anche lo stomaco.
«Oh Merlino!» Esclama la donna, correndo con i tacchi a schioccare nell’eco di tutta la sala, per poi chinarsi su di lui, massaggiandogli la schiena.
Ringraziando al cielo Harry non aveva fatto colazione, altrimenti sarebbe stato molto peggio di così, penso accucciandomi anche io accanto a lui, notando come il suo viso stavolta sia tendente al rosso e riflettendo su come forse potrebbe raggiungere nuovi picchi di colore durante tutta la giornata.
Aiuto Madama Chips a trascinarlo sul letto più vicino una volta che i conati si sono interrotti, e lo guardo gettarvisi come una salvezza.
«Ma si può sapere cosa diavolo combinate voi studenti in questa dannata scuola?» Mi domanda severa e incredula, aiutando Harry a togliersi le scarpe. Le sorrido, nervosa, mentre slaccio la cravatta di lui allentandogli la morsa del colletto.
«Grazie» Sbiascica Harry, buttandosi sul cuscino.
«Cosa è successo?» Chiede Madama, aiutandomi a coprirlo con le lenzuola.
«È svenuto e a battuto la testa sul prato…»
«Sul prato? Cosa stavate combinando voi due? Prima lei e adesso anche Potter. Signorina Granger, davvero, non so cosa pensare.»
«È davvero sicura di volerlo sapere?» Domando, rischiando un po’. Lei mi fissa di sbieco per un attimo poi scuote il capo impercettibilmente.
«No, credo proprio di no.» Risponde, mentre visita Harry, porgendogli delle domande a cui lui risponde con parole vaghe come: quattro giorni, Hogwarts, testa e amnesia.
Nel frattempo il mio occhio cade curioso alla finestra, dove tre figure stanno attraversando il prato, salendo dall’approdo delle barche. Una molto grossa, Hagrid, e gli altri due con i capelli rossi riconoscibili a qualunque distanza. Ron e Ginny.
«Oh merda…» Impreco, senza rendermene conto.
«Signorina Granger!» Mi rimprovera di nuovo Madama Chips. Io le sorrido imbarazzata, scusandomi. Ma appena la vedo voltare l’angolo verso il suo studio torno a fissare il prato, adesso vuoto, sussurrando accoratamente: «Merda, merda, merda!»




Ahi ahi... fine della pacchia, non gli lascio mai più di un capitolo per respirare a questi due...
Ed ecco il terzo cambio di POV, come dicevo all'inizio della FF non ero molto sicura di questi continui cambi di punti di vista, ma mi era inevitabile, e sopratutto non riesco a non scrivere Hermione POV :D mi piace troppo!
A Lunedì! :)

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Capitolo 13
*** A volte capitano gli inconvenienti ***


Dopo il fallito tentativo di una drabble divenuta flash-fic XD mi getto di nuovo nel mio consueto, che mi riesce decisamente meglio :D
Avete tentato di accedere a Pottermore? Io ci provo stanotte :D
Buona lettura!



CAPITOLO XIII
A volte capitano gli inconvenienti

Mi distruggo le mani, camminando come una pazza davanti la porta dell’infermeria, in corridoio. Sono uscita con l’intento di… non so nemmeno di cosa. So solo che tra poco Ron e Ginny saranno qui e io non ho la più pallida idea di cosa fare. Ho solo due giorni per far tornare la memoria ad Harry, che in quelle pessime condizioni chissà quando si riprenderà, e intanto devo tenere lontana Ginny e badare a Ron. Continuo ad imprecare sommessamente, cercando nel suono dei miei tacchi che scalpitano una compagnia favorevole ai pensieri, che filano veloci e frastornati.
Guardo l’orologio al polso, ormai è quasi ora di pranzo. Se fossimo rimasti in quella dannata torre per qualche minuto in più adesso non mi troverei in questa situazione.
La porta dell’infermeria si apre e la testa di Madama Chips spunta fuori: «Ha intenzione di restare qui fuori a fare un solco nel pavimento?» Mi chiede, invitandomi così ad entrare.
Noto che il pavimento è di nuovo pulito, mentre ci avviciniamo al letto di Harry.
«Gli ho dato qualcosa per la nausea e un po’ di ghiaccio per la testa, ma per il resto non mi sembra ci sia niente che non va. Forse ha avuto uno choc, perché fisicamente non ha nulla a parte un piccolo bozzo sulla fronte.» Mi spiega Madama.
«Ma adesso sta meglio?» Chiedo dubbiosa, notando Harry tenersi il ghiaccio su mezza faccia, sorridermi un po’ vacuo.
«Sì, ma sarà stordito per un po’, ha rimesso di nuovo mentre eri fuori, così gli ho dato qualcosa di forte. Potrebbe essere un po’… innocuo. Almeno per una volta» Aggiunge infine, lanciando uno sguardo eloquente e impaziente a Harry. «Mi trova nel mio ufficio» Mi informa poi, prima di sparire dietro le tende, tirandole un po’, come a volerci dare… privacy. Sorrido a quel gesto e mi domando se in fondo non fosse chiaro a tutti quello che provavamo l’uno per l’altra anche nella nostra vecchia vita. A tutti tranne che a noi... ovviamente.
«Come stai Harry?» Gli chiedo, sedendomi accanto a lui.
«Molto meglio ‘mione» Risponde a voce impastata, facendomi sorridere. «Dovrei prenderla un po’ più spesso questa possione, ha un effetto fantassshtico» Sbiascica, sorridendo con lo sguardo perso. Io nego col capo, sorridendo a mia volta e allungando la mano per prendere la sua, quando la porta dell’infermeria si apre cigolando, e un ciuffo rosso entra timido.
«Si può?» Domanda Ron, incerto, prima che Ginny lo spinga avanti con la forza.
«Certo che sì, idiota! È l’infermeria mica l’ufficio della McGranitt» Dice, chiudendo la porta, e guardandosi intorno, ma Ron la precede, notandomi.
«Hermione!» Esclama contento, venendomi incontro. Io sorrido nervosa.
«Ehm, ciao Ron…» Non so quanto ci metterò ad abituarmi all’idea di vedere tutti di nuovo così giovani. È una delle sensazioni più strane che abbia mai provato, sembra di vivere costantemente in un sogno.
«Non sei sorpresa di vederci?» Mi chiede un po’ perplesso, rallentando il passo, Ginny dietro di lui da un’occhiata al letto di Harry.
«Ho incontrato Hagrid poco fa, mi ha detto che eravate qui…» Spiego, torturandomi le mani.
«Ah…» Dice Ron, un po’ abbattuto, forse dispiaciuto che la sua sorpresa sia stata rovinata. Comunque il suo dispiacere dura poco, perché aumenta di nuovo il passo sorridendomi e aprendo le mani verso di me… e il mio volto «Mi sei mancata» Confessa, dolcemente, tentando di prendermi il viso fra le mani per baciarmi, io lo spingo lontano, sgusciando via nel modo più ingenuo e dolce che conosco, continuando a sorridere. «Sì, anche tu…» Dico, anche se noto il suo viso un po’ confuso. Fortunatamente Ginny comincia ad urlare verso Harry, salvandomi: «Te lo meriti! Sì esatto! Questo è proprio quello che TI MERITI per quello che mi hai fatto! Se non ci fossi già ti avrei fatto finire io in infermeria, oh stai pur certo! Sono solo triste che qualcuno mi abbia preceduto!» Urla nervosa, puntando il dito contro un Harry che nel frattempo fissava altrove, fra le nuvole. Noto che si tiene ancora il ghiaccio sull’occhio e ne approfitto per allontanarmi da Ron girando attorno il letto per togliergli la borsa gelata dalla mano, dicendo dolcemente «Direi che può bastare…» Lui mi sorride ancora con quell’espressione inebetita dalla pozione.
«Si può sapere che ha? Sembra rincretinito» Domanda secca, Ginny. «Non che non lo fosse anche prima…» Aggiunge, acida.
Ron si avvicina. «Miseriaccia, amico, mi stai facendo preoccupare.» Fissa sgomento Harry, infilandosi le mani in tasca.
«Madama Chips gli ha dato una pozione, ha battuto la testa e ha… diciamo, rigettato metà stomaco sul pavimento dell’infermeria.» Spiego, causando una smorfia di disgusto a Ron e un sorriso compiaciuto a Ginny.
«Ben ti sta!» Esclama ancora verso Harry, che inerme le sorride, salutandola come se la vedesse per la prima volta. «Bah, non c’è neanche gusto» Pronuncia infine Ginny, incrociando le braccia, contrariata dal fatto di non poter litigare come si deve con Harry.
«Beh, visto che non si muoverà da qui, che ne dite di andare a mangiare? Sto morendo di fame» Suggerisce Ron, ravvivando l’atmosfera. Io sorrido, ricordandomi uno dei motivi per i quali ho accettato di sposarlo.
«Sei sempre il solito. Sai pensare solo con lo stomaco» Borbotta Ginny, comunque precedendolo verso l’uscita.
«Sciupo molte energie, ho bisogno di recuperarle.» Si giustifica Ron, seguendola, tenendosi la pancia. 
«Ah sì? E come? Pensando troppo?» Lo punzecchia ironica lei.
«Non ti rispondo neanche.» Conclude lui, fermandosi alla porta e voltandosi verso di me «Tu non vieni Hermione?» Mi chiede, aspettandomi.
«Sì, arrivo subito» Rispondo in automatico, persa com’ero nei miei pensieri. Faccio per allontanarmi quando sento la mano di Harry trattenere la mia. Con sorpresa mi fermo e lo vedo sorridermi, sono intenerita dalla sua espressione quando improvvisamente dice: «Ti amo, ‘mione»
Spalanco gli occhi e getto uno sguardo nervoso alla porta dove Ron e Ginny mi aspettano battibeccando ancora fra di loro, poi di nuovo su Harry e i suoi vacui occhi verdi, abbassandomi per sussurrare.
«Harry?» Chiedo, non rendendomi conto che la domanda posta così è proprio sciocca. E infatti annuisce come a dire: sì sono io. Mi do della stupida e riformulo «Harry, ti sei ricordato?» Ma purtroppo lui nega con la testa, con quel sorriso un po’ perso sul viso. Sospiro.
«Ti amo» Ripete di nuovo più piano, quasi discreto. Sospiro sconfitta non sapendo come gestire la situazione, eppure… quegli occhi verdi, anche se persi, hanno un’intensità particolare, mi fissano così profondamente quasi come…
«Oh-mio-Dio…» Drammatizzo, spalancando di nuovo gli occhi «Tu sei davvero innamorato di me… anche qui!»
«Hermione, ti muovi!» Mi chiama Ron, spazientito.
«Si!» Gli rispondo, abbandonando la mano di Harry che ancora mi teneva stretta, lanciandogli un ultimo sguardo per sicurezza… Sì, è proprio cotto di me.
Posso dirlo con un po’ d’orgoglio? Ma sì…

Non mi era mancato il trangugiare rumoroso di Ron durante i pasti ad Hogwarts, è una caratteristica che non ha mai abbandonato, nemmeno nei nostri primi appuntamenti o durante le prime cene da sposini. Non ha mai fatto nemmeno il vago e innocuo tentativo di far colpo su di me comportandosi per una volta come un perfetto ed educato gentiluomo. Beh, io la chiamavo “sincerità”, era sé stesso sempre e comunque, e forse era proprio questo che tanto amavo di lui all’inizio. Già, all’inizio.
Ho rimuginato tantissimo sui miei sentimenti per Ron, l’ho fatto così tanto che ne sono diventata succube. Succube dei miei maledetti sensi di colpa, a tal punto da diventare isterica, da passare notti chiusa in bagno a piangere, non capendo perché c’era quel vuoto lacerante che mi divorava dentro. Soprattutto ignorando la risposta che il mio cuore dava sempre, quel pulsare insistente del nome di Harry in un sussurro nella mia testa.
Ron non è mai stato un cattivo marito, un cattivo uomo, anzi. È stato un padre affettuoso e comprensivo, un po’ iperprotettivo nei confronti di Rose forse, ma perdonabile, un bravissimo nonno, anche se abbiamo spesso avuto discussioni su quanti dolci dava ogni volta ai bambini.
Sospiro, mentre adesso lo guardo ingozzarsi soddisfatto e spensierato, senza quelle occhiaie e quegli zigomi incavati che erano diventare parte del suo volto, durante le notti insonni passate a litigare, a discutere, alla sua frustrazione nel non capire perché, nonostante la nostra meravigliosa famiglia, io non fossi felice.
Dio, come mi si stringe il cuore, è una morsa terribile e dolorosa. Posso sentire di nuovo le lacrime pungere ai lati degli occhi.
Si accorge del mio sguardo insistente su di lui, deglutisce un grosso boccone e mi chiede: «Cosa c’è? Ho qualcosa sulla faccia?» Domanda preoccupato, tastandosi il volto.
«Sì, la tua faccia» Risponde Ginny, sghignazzando. Lui la guarda torvo facendole la linguaccia, mentre io scoppio a ridere. Una meravigliosa risata liberatoria, che ricaccia giù le lacrime e mi riapre il cuore.
Sorrido ancora, mentre Ron mi chiede se mangio tutto quello che ho nel piatto. Scuoto il capo e gli porgo i miei avanzi.
Pensoa che grande padre e ottimo marito sarà, a quanto la donna che conquisterà il suo cuore sarà fortunata, e che se fossi stata meno egoista avrei potuto capire quanto lasciarlo andare sarebbe stato il regalo migliore che avrei mai potuto fargli. Donandogli una vita felice e migliore di quella che insieme non abbiamo saputo vivere. Mai, non commetterò mai più gli stessi errori.
«Quell’imbecille di Harry si rimetterà presto?» Domanda Ginny spingendo il piatto vuoto lontano da sé.
«Ehm, non saprei, Madama Chips non mi ha detto nulla a riguardo» Rispondo, accennando un vago sorriso.
«Uff» Sospira, puntellandosi sui gomiti.
«Andiamo Ginny, Harry non ti ha lasciato, è solo impazzito temporaneamente. Vero Hermione?» La rassicura Ron, voltandosi verso di me e chiedendomi un sostegno. Io spalanco gli occhi, che dire?
«Ehm, io… non so esattamente com’è andata… ecco.» Menzogna, pura pura menzogna!
«Non c’è molto da dire: mi ha mollata, piantata in asso, lasciata come uno stoccafisso, congedata senza onore, estirpata alla radice e… e quant’altro di umiliante ti venga in mente!» Mi spiega Ginny accorata, piuttosto offesa. Ron alza gli occhi al cielo.
«Ginny, abbiamo fatto questo discorso milioni di volte, se Harry avesse voluto lasciarti l’avrebbe detto chiaro e tondo, non sarebbe sicuramente fuggito a gambe levate per Hogwarts!» Continua Ron, fissandomi di nuovo per conferma, io annuisco vigorosamente, anche se sento di avere una faccia allucinata «È per questo che ti ho trascinata qui, perché sia lui a dirtelo chiaro e tondo, così che possa metterti il cuore in pace, accidenti!» Conclude esasperato. Ma la sorella non sembra molto convinta.
«Bah, comunque sia è un idiota. Appena si sveglia lo prendo a calci, e cercherò di beccare i punti dove fapiù male…» Sottolinea infine, facendo rabbrividire Ron.
«Sì, beh, se avremo abbastanza tempo» Puntualizza poi lui, guardando l’orologio al polso.
«C’è sempre tempo per picchiare Harry» Aggiunge Ginny, astiosa.
«Ma… perché? Non siete venuti per frequentare le lezioni?» Domando curiosa.
«Assolutamente no!» Esclama Ron quasi inorridito alla sola idea. «Stiamo qui solo per un paio di giorni, la McGranitt ci fa dormire nelle stanze libere dei dormitori, anche se sembrava un po’ astiosa, nella sua risposta ha scritto: “Va bene, ma questa è l’ultima volta, signor Weasley! Hogwarts non è un albergo dove gli studenti possono andare e venire a loro piacimento”» Dice, imitando un tono stridulo molto lontano da quello severo e austero della McGranitt «Non capisco perché, ma almeno ha accettato...» Si stringe nelle spalle, per poi dare un’occhiata in giro «Certo che ci sono davvero pochi studenti quest’anno» Commenta, allungando il collo. «Ehi! Neville e Dean!» Esclama poi, notandoli piuttosto lontani da noi che, purtroppo arrivati in ritardo, siamo stati costretti a relegarci all’estremità del tavolo. «Vado a salutarli» Ci informa, scavalcando la panca e correndo verso il centro della sala.
Lo guardo andar via, mentre il silenzio cade assoluto fra me e Ginny, che ancora puntellata sul gomito fissa un punto imprecisato persa nei suoi pensieri.
Anche su di lei ho avuto tanti rimorsi di coscienza, forse principalmente per il fatto di essermi allontanata come “amica” subito dopo che lei ed Harry si sono sposati. O magari l’aver pensato moltissime volte che forse non era la donna giusta per lui, e che forse io avrei saputo ascoltarlo meglio. Ecco, dopo pensieri come questi come non si può sbattere la testa contro il muro del pianto, ripetutamente? Non è proprio roba da migliore amica avere pensieri maligni come questo, o un senso di nausea e fitte allo stomaco ogni volta che capivo (o mi lasciava intendere) che lei ed Harry avevano avuto una intensa notte di sesso matrimoniale, come lo chiamava lei. Ancora adesso se ci penso mi si stringe lo stomaco.
Più che altro era vedere Harry, costantemente spossato e stanco di tutti quei litigi, di tutte le urla, di dormire su una poltrona e… di sé stesso. Sì, lui che sentiva su di sé tutte le colpe del suo matrimonio, portandole come ogni volta nella sua vita portava tutti i mali del mondo, per così dire, prendendosene l’onere.
Sospiro, e il mio pensiero va subito all’Harry in infermeria, delirante e regresso all’età di cinque anni. Improvvisamente una fretta del diavolo mi assale, come se sentissi il tempo scorrere veloce e il ticchettio del mio orologio da polso farsi costante e nervoso, assomigliando terribilmente alla voce di Tiberius che mi sussurra martellante nelle orecchie: il tempo passa, il tempo passa! Tic tac tic tac… Così inizio ad agitarmi, e tento di svicolarmi da questa situazione che sta diventando più imbarazzante che altro.
«Ehm… io avrei lezione dopo, quindi salirei su in dormitorio a prendere il materiale» Borbotto senza rifletterci troppo. Ginny punta lo sguardo su di me, e non so perché ho un brivido gelido su per la schiena quando lo fa.
«Come vuoi. Tanto Ron ne avrà ancora per molto.» Dice senza entusiasmo, indicando con la testa il fratello, intento in un’accesa discussione con Neville e Dean.
«Ok, allora a dopo.» Sorrido, filando via il più in fretta possibile.
Praticamente mi do alla fuga. Dopo aver oltrepassato il portone della Sala Grande corro all’impazzata verso l’Infermeria. Arrivata lì, assumo una posa di nonchalance e sorrido a Madama Chips, avvicinandomi al letto di Harry che, ancora sveglio, canticchia qualcosa fissando il tetto della sala: «Due più due fa quattro. Quattro più quattro fa otto, quattro più otto fa quarantotto…»
Inarco le sopracciglia con un’espressione sconvolta e il mio sguardo cade su madama Chips come a chiederle: che diavolo ha dato ad Harry… veramente? Lei alza le spalle e sgattaiola verso il suo studio.
Mi avvicino a lui, che appena mi nota mi sorride con gli occhi languidi allungando una mano verso di me.
«Hermione!» Esclama «Sono così contento che sei qui» Viva la grammatica, yuhu! Madama Chips gli ha fuso il cervello.
«Ciao Harry, come stai?» Domando inutilmente, prendendogli la mano, è caldissimo.
«Molto meglio. E tu?» Faccio per rispondere ma lui sbuffa ridendo sommessamente quasi imbarazzato e continua «Ma che lo chiedo a fare. Tu stai sempre bene e sei sempre bellissima» Lo vedo arrossire, e non so se provare un grande senso di tenerezza o una voglia sanguinaria di uccidere Madama Chips.
«Grazie Harry, anche tu stai benissimo» Rispondo, praticamente mentendo, dando un’occhiata malevola alla porta dello studio di Madama. «Senti, avrei una cosa da chiederti…» Dico ad Harry, chinandomi di soppiatto su di lui.
«Qualunque cosa per te, Hermione» Mi risponde, continuando a sorridere.
«È una cosa molto importante. È importante per noi, Harry. Dovresti sforzarti di ricordare una cosa, una cosa che è successa tantissimo tempo fa…»
«Che cosa?» Chiede, aggrottando la fronte. Io sorrido benevola, scostandogli la frangia dalla fronte, e continuando ad accarezzargliela mentre parlo.
«Ti ricordi del nostro primo bacio?» Butto lì, tenendogli la mano. Harry spalanca gli occhi.
«I-io non ti ho mai baciata…» Balbetta, deglutendo per l’imbarazzo.
«Sì invece, è stato tanto tempo fa, al parco…»
«No… me lo ricorderei. Non si dimentica una cosa così…» Ha la voce da bambino, dannatamente perso nella parte più docile e impaurita di sé. Giuro che l’ammazzo, sì! È meglio che quell’infermiera si trovi un’infermiera!
Improvvisamente un lampo di genio mi passa per la mente. Sorrido scaltra e sussurro:
«Allora, ti piacerebbe provare?»
I suoi occhi si fanno grandi e i polmoni senza fiato. «C-cosa?»
Annuisco, e sorridendo mi chino su di lui, coprendo tutta la luce con i miei capelli. Lui trema quasi, preso in contropiede, ma mi lascia fare. Quando mi alzo e vedo i suoi occhi fissarmi increduli, l’unica cosa che riesce a dire è:
«Wow…» I suoi occhi lucidi mi sorridono estasiati e poi diventano fessure che mi scrutano «Ma io… noi…» Come se cercasse nella sua mente l’attimo in cui ha rivissuto questa sensazione. Evviva!... ma non ho nemmeno il tempo di felicitarmi della cosa o anche solo di sperare di esserci riuscita, perché a distrarci arriva un urlo agghiacciante.
«LO SAPEVO!» Rimbomba per tutta la sala. Tremendamente, maledettamente proveniente dai miei incubi peggiori, in tutte quelle notti in cui mi svegliavo sognando che lei sapeva, e che questi occhi che adesso mi fissano con furia cieca, mi avrebbero tormentato per tutta la vita.
Ginny è immobile sulla soglia.




Chiedo perdono per il capitolo corto, e forse anche un po' inutile, i capitoli di passaggio esistono ahimé, ma come dicevo devo tagliarli in certi punti altrimenti perdono senso.
Chiedo perdono anche per il cliffhanger... l'ennesimo. *scappa lasciando una scia di fumo*
Mancano solo 4 capitoli alla fine!
PS. ehi è il cap 13! Beh allora ci sta che sia un po' sfigato XD ok basta caxxate :D
A giovedì! :)

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Capitolo 14
*** Sono al limite con te ***


Inserisco questo capitolo mercoledì sera perché sono molto stanca dalla dura giornata, e non vorrei addormentarmi e svegliarmi domani mattina verso mezzogiorno senza aver adempiuto al mio dovere u_ù!
Credo che questo capitolo farà dimenticare gli altri due cortini cortini :D e un po' asciutti.
Buona lettura!



CAPITOLO XIV
Sono al limite con te

«Tu… io lo sapevo che tu…»
«Obliviate!» Esclamo presa dal panico, colpendola in pieno, intanto che a passo pesante e minaccioso si avvicinava verso di me. Non ricordo nemmeno come e quando ho preso la bacchetta in mano.
Il silenzio cade improvviso e lugubre, mentre sento solo il mio respiro affannoso e gli scricchiolii della bacchetta che tengo stretta troppo forte fra le dita. Poi il cigolare delle molle del letto di Harry che senza fiato si sporge per vedere Ginny distesa a terra, svenuta, commentando:
«Oh capperi, Herm…».
Sospiro, tremando ancora per la paura del diavolo che Ginny mi ha messo spuntando fuori in quel modo. Mi chino e la prendo fra le braccia, tentando di posarla sul letto dopo quello di Harry. Mi guardo intorno, l’altro ragazzo, due file dopo di noi, dorme profondamente, mentre la porta dello studio di Madama Chips resta ancora chiusa, tranquilla. Butto fuori l’aria trattenuta, maledicendo Ginny per il suo tempismo, poi mi volto verso Harry.
«Allora, hai ricordato qualcosa?» Suona un po’ maleducato, esasperato quasi.
«Ehm… veramente no. Ma Hermione… hai obliviato Ginny!»
Alzo gli occhi al cielo, se non fosse entrata in quel momento esatto forse sarei riuscita a ridare la memoria ad Harry. Mi passo una mano sugli occhi e nascondo la bacchetta.
«Se si sveglia tu non hai visto niente…» Ordino ad Harry, che ancora scruta Ginny, perplesso e preoccupato.
«Ma…»
«Non costringermi ad obliviare anche te» Lo minaccio, stringendo gli occhi. In realtà non lo farei, ma non conosco altra via in questo momento per convincerlo. Lui deglutisce, annuisce e si infila di nuovo sotto le coperte. Bene.
In realtà non è bene, penso mentre esco a passo pesante dall’infermeria. Non è per niente bene!
Se l’effetto di quella… cosa, che gli ha dato Madama Chips non scompare entro domani avremo dei grossi problemi. Alle volte pensavo a come sarebbe stato rivivere l’adolescenza, ma adesso che lo sto facendo non è proprio una gran bella idea. Quindi che almeno mantenessimo la nostra maturità, accidenti!
Sto per imprecare fra i denti, quando una mano mi si poggia sulla spalla facendomi (ancora!) sobbalzare.
«Woah! Hermione, stai calma… mi sembri un po’ nervosetta…» È Ron. Mi sorride al suo solito modo e scarico a terra metà della tensione che stavo accumulando.
«Oh, accidenti… scusa, sono un po’ su di giri al momento.»
«E si vede, miseriaccia! Stai di nuovo frequentando duecento lezioni?» Mi domanda, scherzando. Io sorrido.
«Sì, più o meno.»
«Sei sempre la solita, ti va una passeggiata?» Me lo propone col sorriso sulle labbra e io non riesco a dirgli di no.

Camminiamo per il prato, mentre gli studenti si godono i pochi minuti che restano della pausa pranzo, e noto come stranamente Ron faccia silenzio, si torturi le mani e forse… sudi anche un po’.
Tento di non dare a vedere di essermene accorta, ma la cosa mi fa riflettere, visto che ricordo tutti i momenti in cui aveva quella faccia nervosa e un po’ tendente al disperato.
La prima volta è stato quando mi ha confessato i suoi sentimenti, in realtà quando mi ha detto ti amo per la prima volta. Lì pensavo avrei dovuto portarlo all’ospedale tanto era pallido.
La seconda volta è stato quando mi ha chiesto di “farlo”, testuali parole. Insomma la nostra prima volta. Un’esperienza traumatica, lo giuro, talmente che preferirei non ricordarlo e obliviare dalla mia mente quei terribili… ehm, sette minuti? O erano cinque? Eravamo giovani, e tanto impacciati.
La terza volta è stato quando mi ha chiesto di sposarlo.
Quindi non mi sorprenderebbe se adesso mi chiedesse qualcosa del genere.
Mi sfugge una risatina trattenuta, no, ma che vado a pensare.
«Hermione?» Pronuncia tremando «Vorrei parlarti…» Tombola! Mannaggia a me e a quando ho sempre ragione.
Mi indica una roccia lontano da sguardi indiscreti, e Dio mio se sto agonizzando all’idea che voglia sul serio chiedermi di sposarlo. Non so proprio cosa farei, ho il terrore che potrei scoppiargli a ridere in faccia per l’agitazione, ricordando come sono stati gli ultimi cinquant’anni della mia vita con lui, e che sarebbe piuttosto divertente (forse) elencargli come sarà la nostra vita insieme e che nomi daremo ai nostri figli, e perfino “dove” li concepiremo - letto e divano, molto classico, a differenza di Harry e Ginny che, stando a quanto mi diceva lei, li hanno concepiti rispettivamente in cucina, nella vasca da bagno e “oh-mio-dio” alla festa di fidanzamento di un collega di Harry, ripeto: oh-mio-dio, anche se la mia reazione è stata più o meno: mmh, quanto mi piacerebbe concepire “qualcosa” ad una festa di fidanzamento di qualcuno… con Harry. - Cosa stavo dicendo? Ah sì… già, potrebbe essere divertente (raccontare a Ron tutto questo), se in realtà non fosse del tutto terrorizzante.
Mi siedo, pacata e in attesa della bomba che sono sicura ha intenzione di lanciarmi. E mi rendo conto che mentre lui continua a camminare avanti e indietro torturandosi le nocche, tentando di scrocchiarle anche se ormai non c’è più nulla da scrocchiare, io nel frattempo sto cominciando a pensare a un mucchio di possibili posti dove mi piacerebbe davvero concepire un piccolo noi con Harry. Mi do una calmata e torno alla realtà.
«Ron…?» Decido di chiamarlo, preoccupata per il pericoloso colorito rosso fuoco che hanno preso le sue orecchie.
«Hermione» Dice improvvisamente fissandomi, deglutisce e trattiene il fiato «Ci ho pensato a lungo, e io credo che per noi sia davvero una buona cosa…» Inarco le sopracciglia «Harry e Ginny lo fanno, e Ginny è più piccola di noi, quindi forse non è poi una così cattiva idea. Sia chiaro non ti sto mettendo fretta!» Esclama improvvisamente portando le mani avanti. Io lo fisso confusa. Ma che diavolo…?
«Ron… cosa… ehm, cosa stai cercando di…» Balbetto, perché il suo discorso suona un po’ ambiguo, e non vorrei davvero che stesse per chiedermi… quello.
«Vorrei che andassimo a vivere insieme.» Butta lì improvvisamente, senza respirare. Io getto il fiato, sorrido grata a non so chi e mi porto una mano al petto rincuorata.
«Oh… oddio, allora è questo?» Sussurro, non a lui, a me stessa più che altro o al fato che ogni tanto si prende il gioco di me.
«Allora?» Mi chiede, rosso adesso anche in viso. Io gli sorrido.
«Ron…» Ma non faccio in tempo a cominciare che lui si inginocchia davanti a me.
«Harry e Ginny lo fanno già da un po’ e…»
«Veramente Harry e Ginny non vivono insieme, tua madre non ha voluto perché lei è ancora minorenne, ma si è praticamente trasferita a Grimmuld Place per tutta l’estate…» Puntualizzo un po’ acida, già, forse mi ha sempre dato fastidio il fatto che si fosse praticamente “ficcata” in casa di Harry fin da ragazzina. Ron sbatte le palpebre preso in contropiede. «E poi io sarò ad Hogwarts per i prossimi nove mesi…» Continuo, tentando di dirgli di no senza dirgli di no. Lui aggrotta la fronte, come se non avesse pensato a questo piccolo e innocuo dettaglio.
«Già…» Mormora fra sé «Ma poi potremmo! Io avrei il tempo di cercare una casa e così quanto tornerai da Hogwarts ti trasferirai e insieme…» Lui parla e parla, mentre io cerco di sfoggiare una faccia neutra, nel frattempo la mia mente corre a velocità forsennata fra i peggiori pensieri che mi possano pervadere in questo momento. Perché Harry ed io non possiamo avere una santa-normale-tranquilla-fottuta vita insieme? Eh? Perché? Perché ci deve sempre essere qualcosa o qualcuno che ci impedisce la nostra fottuta vita insieme? Io credo che ce la siamo meritata, già ce la siamo meritata questa fottuta vita insieme. Dopo sessant’anni a comportarci da bravi sposi, un po’ isterici sì, ma comunque fedeli, da bravi genitori e da bravi tutto. Una cazzo di vita insieme in santa pace proprio non si può? O dovremmo sempre, anche in questa vita, continuare ad avere la gente fra le palle? No, perché proprio non mi va. Proprio non…
Devo calmarmi. E me lo ricorda l’intensità della stretta delle mie mani sulla gonna e sulle ginocchia, mi sto facendo male e forse mi sono anche tagliata leggermene il palmo con le unghie.
No. No, no e poi no!
«…insomma cosa ne dici?» Conclude Ron, guardandomi speranzoso con le mani sulle mie ginocchia. Improvvisamente quel contatto mi da fastidio, e mi sento così meschina e stupida a sentire una repulsione del genere nei confronti del suo tocco.
«Ron… io…» Sussuro flebile, gli dirò di no adesso. Gli dirò tutto, gli dirò che…
Ma inaspettatamente, una maturità improvvisa si fa spazio in questo giovane Ron, e avrei preferito che non accadesse. «Io… so che sei spaventata, Hermione. Lo sono anche io. Ma ti giuro che ho intenzioni serie con te, io ti amo, e voglio passare il resto della mia vita con te.» Oh mio Dio, no. «Vedrai, saremo felici, saremo la coppia più… Hermione?» Eccoli, eccoli cazzo. Quei maledetti occhi azzurri che mi hanno ricordato ogni giorno della loro vita quanto mi amassero. Eccoli, così maledetti. Così… nel giusto. Da farmi sentire in colpa ogni minuto della mia esistenza. E io che speravo di non vederli mai più.
Piano piano il mio respiro si mozza, soffocandomi.
La vista si appanna sotto le lacrime intense e pesanti che si fanno spazio sul mio viso, mentre trattengo i gemiti di dolore con una mano piantonata a forza sulle labbra. Lui mi guarda, spaesato, terrorizzato dalla mia reazione. Io mi sento solo male, mi viene quasi da vomitare.
«Oh Ron!» Singhiozzo sofferente, ho tante cose che vorrei dirgli, ma non mi esce una sola parola sensata. Mentre tento di alzarmi lui vuole aggrapparsi a me, ma lo allontano. Ho il cuore a pezzi. Non vedo più niente, mi brucia la gola e la mano serrata attorno le labbra mi fa male. Mi sento soffocare, ancora, è come se fossi chiusa in una piccola scatola con un solo piccolo e minuscolo foro per l’aria.
«Hermione cosa succede, perché fai così?» Mi domanda terrorizzato mentre mi getto vicino un albero, nel vano tentativo di andarmene, ma lui me lo impedisce. Piango, piango come una disperata, mentre lo guardo come se tutta la sua famiglia fosse morta e fossi stata io a ucciderla.
«Ron…» È l’unica cosa sensata che riesco a dire «Perdonami…» E corro via, spintonandolo lontano da me.
Non so se qualcuno lo ha mai provato. Sentire il cuore prendere fuoco, una combustione spontanea, e non di quelle piacevoli, non come l’amore. Una sensazione fisica, un dolore feroce.
È questo che sto provando adesso. Mentre piango e la mia voce roca si fa spazio fra i corridoi e le scale gelide di Hogwarts, mentre il fuoco del mio cuore in fiamme si propaga su per la gola, fino cervello, divorandomi come mai in vita mia.
E le sue parole, le parole di Ron: io ti amo e saremo felici per sempre, sono la benzina che lo alimenta.
Perdonami Ron.

Claustrofobia.
No.
Un attimo di follia.
Ecco, forse.
Sto cercando di dare un nome alla pazzia che mi ha colto oggi con Ron. Che ha lasciato qualche segno dentro di me, ma che lenta si spegne diventando solo un brutto ricordo ogni ora che passa.
Piuttosto credo di avergli causato uno di quei traumi giovanili che ti porti dietro per tutta la vita. Da adesso Ron non chiederà più ad una donna di convivere con lui.
Insomma sono riuscita anche qui a rovinargli la vita, ma che meraviglia…
Un pizzico nella gola a questo pensiero. Tossisco, per mandarlo via. È tutto il pomeriggio che fa così, il mio corpo reagisce ai pensieri e io lo sopprimo. Mi sono anche data un paio di schiaffi.
Una pazza.
Sospiro, sono chiusa nella Stanza delle Necessità da quando sono scappata via da Ron, vagavo in cerca di un posto sicuro, in cui nessuno avrebbe potuto trovarmi, e quando ho visto la porta comparirmi davanti mi ci sono gettata dentro come una disperata. Mi sono ritrovata in questa stanza dal parquet scuro, un letto matrimoniale comodo con delle morbidissime coperte, e un paio di finestre che danno sul panorama di Hogwarts. Tutto qui. Un letto, l’unica cosa di cui avevo bisogno. Un posto dove rifugiarmi a dormire, dove infilarmi sotto le coperte a convincermi che il resto del mondo non esista.
Tutto qui. Un letto e un buon odore di parquet stagionato.
Ha funzionato però, adesso sono più calma, sono fuori le coperte seduta tranquilla sul bordo del letto ha rimuginare su cosa avrei potuto dirgli, invece di quella sceneggiata da quattro soldi, che faccio ancora fatica a capire. Tutto sarebbe stato meglio di un pianto e urla disperate. Magari un semplice: No, Ron , sai… tu sei ancora un ragazzino mentre io ho il quadruplo della tua età, si lo so, li porto bene… O magari un: Ron, non posso.
Ecco, non ci voleva mica tanto. Perché ho dovuto scioccarlo così?
Lancio un sospiro frustrato e mi copro il viso con le mani. È inutile essere vecchi o giovani, si è sempre incapaci di affrontare determinate situazioni.
Tiro su col naso e guardo fuori la finestra. Il tramonto è passato da un po’, lasciando quel colore violetto meraviglioso, quello che ti fa sapere che il sole è ancora lì da qualche parte nel tuo emisfero, anche se le prime stelle cominciano a mostrarsi. Penso ad Harry e al fatto che l’ho abbandonato in infermeria in quelle pessime condizioni, mentre manca meno di un giorno allo scadere del mio tempo.
Mi viene un piccolo brivido al solo pensiero, non augurerei nessuno di conoscere l’ora della propria morte, nemmeno se hai un'altra prospettiva di vita. È sempre… terrificante.
Sento che è il momento di uscire da qui, uscire e andare a fare quello che devo. Riportare Harry qui con me, dire a Ron che non lo amo, litigare furiosamente con lui e poi con Ginny. Sospiro.
Non ce la faccio, non posso uscire da qui. Sono una vigliacca, è tutta la vita che evito queste cose, e anche adesso che dovrebbe essere tutto più semplice non riesco a fare quello che dovrei.
Tiro di nuovo su col naso.
Sobbalzo, quando lo schiocco della maniglia della porta si spande per tutta la stanza. Mi volto di scatto, e osservo l’anta aprirsi titubante e un profilo familiare farvi capolino.
«È permesso?» I suoi occhi verdi mi colpiscono al cuore, e non sono mai stata tanto felice di vederli sbucare così d’improvviso.
«Harry…» Sussurro sorpresa, lui mi sorride richiudendo la porta, e sapere che dopo il suo scatto è svanita nel nulla dall’altra parte del corridoio mi da un senso di pace e benessere. Meravigliosa solitudine.
«Ho pregato di non spuntare in qualche posto strano, tipo la stanza dei giochi di qualche coppietta o cose simili…» Dice sorridendo, ma percosso comunque da un brivido a quel pensiero. Si avvicina a me.
«Come hai fatto a…» Sto per chiedergli, ma mi precede.
«Sapevo che non eri in dormitorio né in biblioteca, ho controllato nella torre di astronomia ma più che disturbare una lezione non ho fatto, così…» Alza le spalle ovvio, chiedendomi con un cenno se si può accomodare accanto a me. Annuisco e mi sposto. Sento il suo peso muovere tutto il letto, mentre si siede silenziosamente, e questo semplice gesto mi da un calore al petto molto diverso da quello che ho provato oggi con Ron. Mi sento… al sicuro.
«L’effetto della pozione è passato vedo…» Noto con piacere, sorridendogli, tastandogli lievemente il piccolo livido sulla fronte.
«Oh, ti prego non voglio parlarne, mi ha lasciato un saporaccio in bocca per un bel po’ e vaghi ricordi di… strane cose che ho detto e fatto…» Commenta strizzando gli occhi disgustato, scoppio a ridere come non facevo da tempo, poi noto che mi fissa con un sopracciglio inarcato «Ma sai… non è stato tutto così… disgustoso.» Mi lancia un sorriso malizioso e io ridacchio.
«Oh Harry, mi dispiace forse sono stata un po’… indelicata» Commento, pentita della mia irruenza e dell’aver conciato male Ginny… ok, solo della mia irruenza.
«Non devi mai scusarti quando mi baci» Lo dice così imprevedibilmente e con un tono così… mi fa venire i brividi per tutto il corpo, perciò fissandolo negli occhi mi accorgo che quel verde lo conosco da molto più tempo di quanto in realtà ne dimostri, spalanco gli occhi e sussurro: «H-Harry?» Il mio Harry.
«Ciao Herm…» Mi saluta, sorridendomi e annuendo. Gli salto addosso, abbraciandolo fortissimo, col cuore che mi batte a mille.
«Oh grazie al cielo!» Esclamo, assaporando il suo profumo e la fisicità che adesso emana.
«Mi assento per qualche ora e mi trovo drogato, con un bernoccolo, Ginny in infermeria, Ron sconvolto e tu chiusa da sola in una stanza segreta. Ma soprattutto: Ron e Ginny ad Hogwarts! Ma che diavolo è successo?» Elenca tutto senza prendere fiato e contando sulla punta delle dita, io mi mordo il labbro inferiore portandomi indietro una ciocca di capelli.
«Ecco, diciamo che ho avuto qualche piccolo problema… ma tu! Quando hai ripreso la memoria?» Gli chiedo, cercando di svicolare per un po’ dalle peripezie del giorno.
«Beh, quando l’effetto della disgustosa pozione di Madama Chips è terminato, Ginny era seduta sul bordo del suo letto e mi fissava, quando ha capito che ero di nuovo in me ha cominciato a parlare di noi, del nostro rapporto, di quanto fossi insensibile e di come l’avessi piantata a casa senza dire una parola, lì ho iniziato ad avere qualche fitta alla testa, ma è solo quando mi ha baciato che ho ricordato tutto…»
«Lei… che cosa!?» Alzo la voce, sconvolta. 
«Hermione… ci ho fatto tre figli con Ginny, non puoi davvero essere gelosa di un bacio ingenuo e innocuo…» Commenta piuttosto ovvio e calmo. È divertente stuzzicarlo però.
«Mpf! No che non lo sono» Dico, alzando il naso. Lui sospira «Eh, insomma?» Lo incito poi a continuare.
«Insomma dopo aver baciato te baciare Ginny non è proprio il massimo…» Sorrido, compiaciuta. So che l’ha detto per farsi perdonare, ma che posso farci, le sue lusinghe funzionano. «…così sono ri-svenuto, per la gioia di Madama Chips, per circa un altro paio d’ore. Quando mi sono svegliato Ginny non era più in infermeria e sono sgusciato via a cercarti.» Mi prende la mano, sorridendomi. Mi sento meglio solo guardandolo.
«Quindi… hai visto Ron?» Domando, irrigidendomi al solo pensiero. Lui annuisce lievemente, in silenzio.
«Sì, non ne era molto sicuro, ma diceva che tu l’avevi lasciato. È vero?» Mi chiede, scrutando il mio volto.
«Beh, non l’ho detto, ma forse il mio attacco isterico è stato più eloquente di mille parole.»
«Attacco isterico?» Adesso lo vedo, più preoccupato, avvicinarsi a me e tentare di incrociare il mio sguardo.
«Ecco… lui ha…» Oh no, non di nuovo. Singhiozzo, maledetta me. «Ha cominciato a parlare di andare a vivere insieme, di quanto mi amasse e volesse passare la sua vita con me, ed io… io non…» Tiro su col naso molto forte, tengo gli occhi chiusi e ricaccio in dentro le lacrime più che posso. «Non ce l’ho fatta.» Dico infine. Fissando il verde degli occhi di Harry attendere la fine del mio sfogo. La sua mano calda sulle mie spalle mi accarezza lentamente, confortandomi. Non dice una parola, non ce ne è bisogno. Mi calmo, respirando intensamente. Lui attende che anche il mio ultimo singhiozzo sia svanito, per dire:
«Ho lasciato Ginny.»
Mi volto di scatto «Cosa? Quando?»
«Poco prima di venire qui. L’ho incontrata per i corridoi, mi ha braccato per un po’, parlando di noi, chiedendomi spiegazioni. Così l’ho portata in un’aula vuota, e gliel’ho detto.»
«Cosa le hai detto?» Sussurro a voce strozzata.
«Non le ho parlato di te. Non voglio che Ron ti accusi di tradimento prima di sapere tutto. O forse non voglio che mi picchi…» Ridacchia, smorzando i toni «… anche se essere massacrato da lui forse potrà allentare un po’ il mio senso di colpa.»
«Non voglio che Ron ti picchi…» Dico, decisa e un po’ arrabbiata per qualcosa che Ron non ha ancora fatto e non so nemmeno se farà.
«Se vorrà farlo vorrei che tu non lo fermassi.» Mi chiede, serio, con lo sguardo fisso sui miei occhi.
«Harry ma…» Non finisco la frase, però. Perché ho capito che niente lo smuoverà da questa sua decisione. «Ok.» Sussurro.
Dopo un minuto di silenzio, continua. «Comunque, ho detto a Ginny che ho capito di non amarla come avrei voluto. E che lei merita qualcuno che possa renderla felice, perché io so che non sarò mai in grado di farlo. Che qualunque cosa accada vorrei che non mi vedesse mai come un nemico, o un bastardo. Ma che, anche se decidesse di odiarmi, se avesse mai bisogno di me io ci sarò sempre per lei.» Sospira, e conclude «Mi ha mollato un ceffone, ha urlato, mi ha mollato un altro ceffone e poi è scappata via» Sorride malinconicamente. Però lo vedo, è rincuorato.
Gli prendo il volto fra le mani e lo bacio. Poi lo stringo in un abbraccio stretto, e di conforto.
«Non è facile.» Dico.
«No. Ma mi sento… meglio.» Restiamo l’uno nel calore dell’altra per qualche altro secondo.
«È stato orribile» Mormoro con le labbra premute sopra la sua spalla, l’immagine degli occhi di Ron, così innamorato di me, così speranzoso, vagano nella mia testa come un lama. E fanno male.
«Avrei davvero… voluto amarlo. Ricambiare il sentimento che provava per me, dargli quello che… che si meritava. Io…» Sto piangendo di nuovo, ma Harry non sbuffa, non è impaziente, mi stringe silenziosamente, ascoltando tutto quello che ho da dirgli. «… io mi sento così in colpa.» Stringo le dita sulla sua camicia e mi lascio andare. Mentre singhiozzo senza freno, confesso tutto quello che non ho mai detto a nessun altro, tutto quello che per cinquant’anni mi sono tenuta dentro. Lasciando che arrugginisse dentro di me, come un cancro. Gli racconto dei momenti in cui Ron si era comportato da marito perfetto, da uomo innamorato, e di tutte le volte in cui io non riuscivo a provare nulla più che un semplice affetto, molto forte, certo… ma non era amore.
Non so se sentire me che parlo di Ron e di quanto mi amasse possa fare bene ad Harry, ma non riesco a fermarmi. Non riesco a smettere. Fino a che: «I-io… mi domandavo, mi chiedevo con tutte le forze: “perché Ron. Perché non riesco ad amarti come…»
«… come amo lei?» Finisce la frase per me, come se l’avesse ripetuta sottovoce con me. Giro il volto appena per incrociare il suo sguardo. Lo vedo soprapensiero ripensare a la sua vita con Ginny, esattamente come io penso alla mia con Ron. Agli stessi pensieri, alle stesse esigenze, alla stessa rabbia, la stessa paura, lo stesso senso di colpa.
Sbatto le palpebre piene di lacrime, e ne percepisco ancora due cadere lungo la mia guancia, sono calde e fastidiose.
Poso le mie labbra sulle sue, e sento il sapore salato delle mie lacrime mischiarsi con il suo. E mentre sfioro la sua lingua con la mia, mi rendo improvvisamente conto che non c’è più nessun marito da tradire, nessuna moglie da cui nascondersi, nessuno sguardo da evitare, nessun bambino a cui dovere la propria maturità.
Con questa nuova prospettiva il mio corpo si libera da ogni sentimento stridente, per lasciare spazio al desiderio.
E mentre assaggio il suo labbro superiore con più ingordigia del dovuto, mi rendo conto di quanto mi piaccia. Mi rendo conto di quanto mi sia trattenuta in questi anni, e di quante volte ho soppresso il pensiero stesso di trascinarlo con me in soffitta, durante il pranzo di natale magari, e dimostrargli quanto pensassi a lui continuamente. Nel piccolo momento in cui riprendiamo fiato, mi siedo a cavalcioni sopra di lui, e quando apre gli occhi, capisco che anche lui ha avuto i miei stessi pensieri, tutti i pranzi di natale, tutte le passeggiate solitarie, tutti i compleanni o gli anniversari. Tutta la vita. Il pensiero però è sfuggente, veloce, perché sono di nuovo sulle sue labbra. Anzi, sul suo viso.

Quasi tutti gli uomini che conosco dicono: “quanto vorrei averla”, e sì, la maggior parte di loro parla esclusivamente di sesso, sono pochissimi quelli che con “averla” intendono per tutta la vita.
Io stesso con Ginny, le prime volte che la vidi a scuola durante l’adolescenza, così attraente e seducente, pensai quelle identiche parole. Ma col tempo mi sono reso conto che l’amore vero non è sii mia, ma un: prendimi.
E in tutti questi anni ho capito che desideravo solo una cosa, che Hermione mi prendesse.
No, non sto parlando solo di sesso. Sto parlando di tutto.
Io volevo essere suo e di nessun altro. Non volevo dedicare la mia vita a nessun altro, forse solo i miei figli, certo…  ma in quel modo, quello in cui diventi suo, quello poteva averlo solo lei.
Ho sempre voluto essere suo. Avrei voluto sempre dirle: sono qui, fai di me quello che vuoi.
Adesso sto ansimando, mentre lei mi bacia tutto il viso, con le sue labbra così… morbide e calde. Mentre le sue dita affondano nei miei capelli, sottili e aggraziate. Al suo odore così attraente per me, e così follemente… Hermione.
Il suo corpo è caldo, e il suo bacino è sopra il mio. No, non è un sogno stavolta.
Non c’è niente. Niente, niente, niente che non va. Forse solo il mio autocontrollo.

Appena lo sento avvicinarsi al mio collo, solo al contatto del suo respiro sulla mia pelle, ho un sussulto. Quando poggia le labbra il fiato mi manca letteralmente. Gemo.
Non posso gemere solo perché mi sta baciando il collo, o qui ne morirò.
Tento di riprendermi quanto basta da intrufolare le mie dita fra il suo colletto per slacciargli la cravatta. Ansimo, mentre lui continua a scendere fino alle mie spalle, spostando il colletto della camicia senza troppi riguardi. Solo il pensiero che sia lui, Harry, quello sotto di me adesso, la cui eccitazione mi sembra abbastanza chiara, basta a farmi uscire di senno. Riesco a strappargli la cravatta dal collo e in quel momento, in cui lui si allontana dall’incavo della mia spalla, ci guardiamo.

Sappiamo entrambi cosa stiamo per fare, e non possiamo credere che… possiamo farlo. Tra un respiro e l’altro, fissando i suoi occhi, mi scappa un sorriso. Nello stesso istante lo fa anche lei. Sorride.
Il sorriso si trasforma in una breve risata, in cui i nostri occhi restano fermi gli uni sugli altri. Ormai lei è aggrappata ai miei capelli, e mi sta così vicino che ogni suo ansimo diventa il mio. E ci fissiamo, ci fissiamo. È come se il nostro desiderio fisico più grande in questo istante sia guardarci fino a morire l’uno nell’altro. Perché il nostro corpo si renda conto chi è davvero la persona che abbiamo addosso in questo momento.
Il nostro è un sorriso da: non posso credere che sia davvero tu.
Senza smettere di guardarci, la trascino distesa, fra le coperte fresche, che mi danno una piacevole sensazione di accoglienza.
E anche così, continuiamo ancora a fissarci. Lo desidero come mai, ma non riesco a smettere di accarezzargli il viso, guardarlo negli occhi. E sorridere.
Ed è col sorriso sulle labbra e la quiete nella testa che torniamo a baciarci. Più lentamente, più in profondità. Le mie dita scivolano sulla sua camicia disfatta, segnando con le unghia il contorno delle sue spalle. Rabbrividisce, e il suo sorriso si allarga sopra le mie labbra, contagiandomi.
La sua mano sale lenta accarezzandomi la gamba, poi i fianchi e risalendo aperta sul mio ventre, fino a toccare il mio seno. Ho uno spasmo, in cui lascio andare un altro gemito. Maledetta me! Devo smetterla di fare così…

Ho avuto un attimo in cui la pressione del mio sangue ha fatto un balzo troppo irruento. Ho dovuto trattenere un gemito, quando la mia mano ha raggiunto il suo seno e si è fermata lì. Non sono un ragazzino, dovrei sapermi controllare. E anche se sono anni che ormai non facevo più… l’amore (posso chiamarlo così?) con Ginny, non avevo mai sentito niente di così… vivo.
Le bacio il collo e sento che la camicia sta diventando qualcosa di insopportabile, le slaccio i bottoni uno per uno, e quando riesco a togliergliela, non posso più trattenermi: «Oh mio dio.» Sussurro ad un pelo dalla sua pelle. La sento ridere.

Mi tolgo la cravatta che nella fretta aveva dimenticato. Il mio sorriso è a metà fra l’imbarazzo e la malizia. Non sono mai stata a letto con nessun altro al di fuori di Ron, e anche con lui non avevo mai provato questo impellente desiderio. Harry sta già scendendo con una serie di baci da mozzarmi il fiato fino al mio ventre, ma lo prendo per le spalle e faccio no con la testa. Mentre gli slaccio i bottoni della camicia, ricordandogli che se mi spoglio io voglio che si tolga tutto anche lui. 
Dio mio, mi sento tornata una adolescente piena di ormoni… beh, effettivamente  lo sono.

Mentre mi priva della camicia le osservo il viso, arrossato dal caldo e dall’eccitazione, i capelli scombinati e gli occhi lucidi e maliziosi. Mi fa mancare il fiato ogni volta, ogni attimo che passiamo insieme ho l’impressione che diventi sempre più bella, sempre più affascinante.
L’aiuto a togliermi l’indumento e con ancora la mano dentro la manica sinistra, sussurro a un pelo dal suo viso: «Non mi sono mai pentito di amarti, nemmeno un attimo della mia vita, sei sempre stata l’unica cosa di cui non ho mai avuto rimorso.» Rimaniamo così, come sospesi. Io con un mano incastrata nella camicia, e lei con gli occhi fissi sui miei.

A volte mi chiedevo se non sarebbe stato meglio dire a Ron che credevo di essere innamorata di Harry, e che per il bene nostro e della nostra famiglia forse avremmo potuto trasferirci il più lontano possibile da lui. Ma ogni volta non ci riuscivo, non riuscivo ad immaginarmi una vita senza di lui. Senza il pensiero costante di lui, la sua presenza, i suoi occhi, la sua voce e il suo corpo. Non ce la facevo. E ora lo guardo, mentre mi confessa queste cose stupende, senza nemmeno rendersi conto, probabilmente, dell’effetto che mi fa.
«Nemmeno io» Sorrido.

Sorrido anche io, e do uno strattone alla camicia per liberarmene, poi torno a baciarla, e scendo finalmente sul suo petto, mentre la libero del reggiseno e col cuore in gola bacio dappertutto.

Mi mordo il labbro già quando il suo petto nudo tocca il mio, ho sentito il suo cuore accelerato e il calore intenso che emana in questo momento. Lascio passare le mie unghia sulla sua nuca e sulla sua spalla mentre gioca col mio autocontrollo, baciandomi e toccandomi ovunque.

Mi piace. Mi piace il sapore che ha e il fatto che la sua pelle sia così calda. Bacio e mordo come se volessi mangiarla. Credo di averle lasciato qualche segno un po’ ovunque. Le ho già tolto le scarpe, e ho tolto anche le mie in malo modo, credo che una sia ancora sul letto. Le sfilo le calze e lo faccio accarezzandole tutte le gambe, le mie mani tremano. Lei mi sorride compiaciuta, ancora di più quando tiro giù la cerniera della gonna. Sfilandola.
Ho l’impellente esigenza di vederla nuda. Voglio vedere tutto quello che Ron ha visto ogni giorno della sua vita, è uno dei tanti motivi per i quali avrei voluto massacrarlo di botte ogni giorno.
Una volta che anche la gonna cade a terra ho giusto il tempo per farmi salire ulteriormente la pressione, perché lei mi salta addosso facendomi sdraiare supino, mentre sorride, sopra di me.

Sei così bello. Penso, e la mia lingua passa leggermente sulla sua bocca, riesco a fargli lasciare un sussulto di piacere finalmente. Gli lancio uno sguardo e mentre le mie mani mi precedono sul suo petto, mi chino a baciargli il collo, voglio che gli resti il segno. Adoro quello che sento sotto i miei palmi adesso, è tutto quello che avrei voluto toccare, sempre.

Fisso il tetto come se fosse la mia ancora di salvezza, mentre sento la sua bocca baciarmi la spalla poi il petto, ripetutamente, oh mio dio cosa sta facendo con la lingua?, poi il ventre… le sue mani però sono già ai bordi dei mie pantaloni, hanno abbassato la cerniera e slacciato il bottone e la cintura. Mi da un morso sulla pancia, facendomi balzare «Ehi!» Esclamo divertito, lei sorride, e si scosta i capelli indietro, con un gesto che potrebbe uccidermi più del fatto che lo abbia fatto praticamente nuda. Mi sfila i pantaloni e li getta via con un sorriso trionfante. Poi le calze.
Viene di nuovo sopra di me, lascio scorrere le mie mani sul suo corpo mentre mi scosta i capelli dalla fronte, mi lancia un’occhiata e poi da un bacio alla mia cicatrice.
Chiudo gli occhi, per la pelle d’oca che mi ha dato questo gesto, e per sentire meglio le sue labbra sulla fronte e tutto il suo corpo sul mio.

Senza vestiti è ancora meglio. Lo sento dappertutto.
Ha gli occhi chiusi, mentre la mia mano sta ancora giocando con il suo ciuffo. Li riapre con un sospiro, fissandomi intensamente. Percepisco il suo tocco sul mio fianco, accarezzarmi, e l’altra mano scostarmi i capelli dal viso. Adesso il tempo rallenta ancora.
Mi avvicina a sé e mi bacia, lento. Mi spinge verso i cuscini, senza smettere di baciarmi, e si distende sopra di me. Io gli accarezzo i capelli, li sento solleticarmi le dita, mentre con l’altra mano ero già sui suoi boxer pronta a tirarli giù. La sua mano è sopra le mie mutande, con due dita già dentro l’elastico. Facciamo tutto così lentamente che ho paura possa essere la fine dell’ennesimo sogno.
Ed ecco che anche gli ultimi indumenti finiscono sul pavimento. Lui trattiene il fiato fra le mie labbra, mentre apro le gambe e lasciamo sfumare il nostro lungo e lentissimo bacio per guardarci ancora.

Ho il cuore che esplode.
«I tuoi occhi mi uccidono» Mormoro senza riflettere, col fiato cortissimo e una voce che non è la mia. Lei sorride come sa fare, e prende le mie mani, intrecciando le nostre dita.
Mi spingo in avanti lentamente. Ricordo che per lei in questa vita è la prima volta perciò non voglio farle male, se posso. I nostri visi si sfiorano mentre entro in lei. Il respiro mi si mozza in gola.

Ho perso un battito e il fiato. Ho chiuso gli occhi e inarcato la schiena. «Oddio…» Sussurro.
Harry stringe la mia mano e torna a guardarmi. Mi chiede con gli occhi se mi ha fatto male, io nego col capo, e lo bacio. Lui sorride, e a un pelo dal mio viso inizia a spingere. Lentamente e profondamente.

A ogni spinta mi si svuotano i polmoni.
Non era mai stato così forte, non avevo mai sentito tutto questo.
È da uscire pazzi. Ancora di più se Hermione ti guarda, con quelle espressioni e quel viso accaldato e grato, con nelle orecchie i suoi gemiti. Gemo anche io, nemmeno questo mi era mai successo, almeno non in questo modo. Ma come faccio se lei è così… se fa così, se si muove così, se si morde le labbra chiudendo gli occhi e sorridendo. Se non riesco a pensare a nient’altro se non al fatto che sto facendo l’amore con lei, dopo tutta una vita passata a agognarlo.

Mi guarda contento e spaesato allo stesso tempo, e se non fossi troppo intenta a urlare forse potrei dirgli che è straordinario. C’è una parte di me che geme solo per come mi guarda, per il fatto che lui mi guarda mentre lo stiamo facendo. Mentre facciamo l’amore. Harry ed io.
Solo pensare questo basta ad eccitarmi ancora di più.
«Harry…» Riesco a dire, e poi sorrido. Già, sorrido. Mentre inarco la schiena e mi lascio andare.
Lui sorride dietro di me, e poi cominciamo a ridere insieme. Col fiato mozzo e tra un gemito e l’altro, ridiamo.

Poso la fronte sulla sua, mentre mi muovo sempre più veloce. Lei si aggrappa alle mie spalle ancora più vicina al mio viso, sempre ridendo. La stringo a me più che posso.

Ma la risata lascia definitivamente spazio ai gemiti, e non ho più il controllo del mio corpo, vedo Harry trattenere il fiato e chiudere gli occhi, li chiudo anche io finché non lo sento. Un piacere fortissimo salire dal mio ventre e espandersi per tutto il mio corpo come una scarica elettrica. Urlo, non riesco a trattenermi, e poi… perché dovrei?
Ho avuto pochi orgasmi nella mia vita, e la maggior parte di questi perché pensavo ad Harry. Non è una cosa molto carina da dire, almeno nei confronti di Ron. Era uno dei motivi per i quali non amavo parlare di sesso nella mia vita precedente.

«Oh mio Dio…» Non ho mai invocato tanti santi come quelli che mi ha fatto implorare lei oggi. Paragonando gli altri a questo mi sono dovuto chiedere se avevo mai avuto un vero orgasmo in tutta la mia vita. Mi tremano le braccia e cado con il volto sull’incavo della sua spalla, ansimando.

Mi abbandono, stremata. Mi è ritornato il sorriso sulla faccia e qualche mugolio soddisfatto in gola.
Harry mi fa il solletico con il suo respiro sul collo, infilo di nuovo le dita fra i suoi capelli umidi e con l’altra lo stringo a me. Riesco a dargli un bacio sulla fronte, nonostante la posizione scomoda, lui ricambia dandomene uno sul collo e stringendomi la mano.
«Cinquant’anni…» Sussurro.  
«Sei…» Lo sento sussurrare attutito dal cuscino e dalla mia spalla. «…famelica» Dice ridacchiando.
Io scoppio a ridere. E sento di non riuscire a smettere, mentre Harry si alza sui gomiti e continua a prendermi in giro, facendomi anche il solletico.

Scherzo, rido con lei, come se non fosse stata la nostra prima volta dopo tutta una vita. Come se lo avessimo sempre fatto, senza imbarazzo né altro.
Abbiamo questi corpi giovani e pieni di energie. Forse dobbiamo di nuovo farci l’abitudine.
Intanto rido.




Devo dire che ho rivalutato tantissimo il personaggio di Ron proprio mentre scrivevo questa FF, e mi ci sono affezionata davvero :) mi dispiace davvero tanto, ci sto male ancora adesso nel rileggere quella scena.
Per me il sesso/fare l'amore è un momento in cui corpo, anima e mente si uniscono, dolce e essenziale. Se poi è agognato ancora meglio. Permettetemi di amare questa scena e di esserne orgogliosa, anche se magari a voi potrebbe non piacere. :)
A lunedì!
Giusto per i curiosi, sono quasi alla fine di un'altra long fiction XD sono pazza? Eh sì.

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Capitolo 15
*** Il tradimento non fa i traditori ***


Siamo a 80 commenti! Oh oh!
:D grazie a tutti coloro che seguono le mie storie, e commentano lasciando i loro pareri e i loro suggerimenti.
Vi adoro.
Buona lettura!



CAPITOLO XV
Il tradimento non fa i traditori

Lascio scorrere la punta del mio indice per tutto il suo petto. Leggera.
Mi piace da impazzire.
Non so che ore sono e non me ne importa. Così come non mi importa del fatto che non abbiamo dormito, praticamente… per niente.
Eppure non mi sento stanca, né spossata. È come se avessi un moto nel corpo, una sorta di elettricità dentro, che mi tiene incredibilmente viva.
Mi mordo il labbro inferiore. È così bello.
E caldo. Lo percepisco mentre apro il palmo e lo appoggio delicatamente sul suo petto. Il suo cuore batte regolare, e il respiro si sente lieve, profondo. Dorme.
Sarei troppo crudele se lo svegliassi di nuovo? Le mie guance si colorano, le sento. Sarà l’imbarazzo o il desiderio che ho di lui?
Ma chi se ne frega…
Mi sporgo, e poggio le mie labbra sulle sue labbra. Sì, le sue labbra. Quelle che mi ero rassegnata a non assaporare mai, figuriamoci immaginarle toccare e baciare ogni parte del mio corpo. E intendo ogni parte.
E viceversa.
Non ricordavo che la felicità potesse avere il sapore di un semplice bacio. Così come non credevo possibile che dopo centinaia di baci se ne potessero desiderare ancora.
Lui mugugna assonnato, mentre sono ancora poggiata alle sue labbra, e mi muovo lentamente, con un sorriso malizioso che mi accompagna ormai da tutta la notte e sembra non volerne sapere di andarsene. Lui, stanco come mai, povero (e il mio sorriso si allarga), non ne vuole sapere, così prendo a dargli piccoli e veloci, anche se delicati, baci. Finalmente ottengo una reazione.
Aggrotta le sopracciglia, ancora con gli occhi chiusi, e mi tira a sé col braccio.
«Ma tu non dormi mai?» Mormora fra le labbra, mentre io continuo a baciarlo.
«Ho dormito un paio d’ore…» Tralascio il resto della frase: “e sono anche troppe”, non vorrei dargli l’impressione di quelle donne… sapete, quelle. Quelle che non ce la fanno a starsene troppo lontane dagli uomini… sì quelle. Per metterla in modo garbato.
Ma il mio problema non sono gli uomini. È lui. E appena lo penso gli mordo delicatamente il labbro superiore. Dai, Harry… Si lamenta la piccola, perversa me, dentro.
E pensare che fino a diverse ore fa non sapevo nemmeno di avere una piccola perversa Hermione dentro di me. Ridacchio, a questo pensiero.
La mia risatina lo fa incuriosire, apre a malapena un occhio per scrutarmi. «Cosa ridi?» Mormora a fatica fra le sue e… sì, anche le mie labbra. Non vuoi proprio darmi soddisfazione, eh?
«No, nulla. Ho fatto solo fatto un’interessante scoperta questa notte…» Gli spiego, con un finto tono da niente.
Vedo la sua bocca incurvarsi in un lieve sorrisetto malizioso «Quale?» So già cosa sta pensando.
«Mmh… non vantarti troppo» Dico, fintamente piccata. Non è vero, non starmi a sentire. Vantati quanto ti pare. Vantati.
«Ma io non mi riferivo a me…» Risponde, e il suo sorrisetto malizioso si apre ancora di più. Ah, eccolo. Ho scoperto anche il piccolo perverso Harry dentro di lui.
Decide di svegliarsi finalmente, è esausto, ma mi accontenta. Grazie.
Ma quando apre gli occhi il mio corpo impazzisce e tutti gli impulsi che avevo cambiano. Si evolvono.
I suoi occhi verdi, spettacolari, spettacolari occhi verdi, mi mozzano il fiato. E esattamente come la sua bocca, li ho sentiti sopra di me ovunque, tutta la notte. Poi però, tornavano sempre sui miei. E io non riuscivo più a capire nulla, immersa in milioni di sensazioni a me sconosciute. Tutta la mia libido impetuosa - sì, impetuosa - si trasforma quando lo guardo negli occhi, e diventa di nuovo: tutto l’amore che provo per Harry. E non c’è nessun’altro modo in cui io possa chiamarla.
E infatti quando apre gli occhi, smetto di stuzzicarlo perversamente, e spalanco la bocca, come stupita di vederlo. Gli poggio una mano sulla guancia e lo accarezzo.
Lui mi sorride, e mi passa le dita fra i capelli. Ogni volta che lo fa chiudo gli occhi e mi godo il suo tocco.
«Harry…» Sussurro, tornando a incrociare il suo sguardo. Lui mi fissa, curioso. «Ti amo.»
Lo dico di nuovo, per l’ennesima volta. Perché ogni volta mi sembra di doverlo ribadire, come se non fosse abbastanza chiaro che  sono pazza di lui. Totalmente, assurdamente, incredibilmente, pazza di lui.
Forse sono un po’ nevrotica, perché ho ancora addosso il terrore di svegliarmi e scoprire che è tutto un sogno.
Ma poi, lui mi sorride e mi bacia. E io so, per un altro giorno, che non mi sveglierò.
Che saremo ancora noi due. Per un altro giorno.
Solo noi due.
Ma giusto per confermare si inchioda alle mie labbra, sorridendo.
«Ti ho mai detto quanto mi piacciano da morire le tue labbra?» Si muove piano, mentre si sposta sopra di me. «E il tuo naso?» Mi da un bacio sulla punta del naso, io rido stringendo gli occhi, divertita. «E i tuoi occhi… oddio, i tuoi occhi…» Scherza, baciandomi tutto il viso, mentre sento di nuovo le guance arrossire «E le tue mani?» Mi prende la mani e me le bacia. «E la tua pancia? Oh sì, la tua pancia» Dice poi, in un sussulto di contentezza, mentre si china mi da un bacio e un morso vicino l’ombelico.
«Ahi!» Esclamo, ridendo.
E poi, risale di nuovo sul mio viso, e mi guarda di nuovo negli occhi. L’avevo detto, no? che torna sempre lì.
«Mi piace tutto di te.» Si avvicina piano a un pelo dalla mia bocca. «Io amo tutto di te.»
Si china lentamente, e mi bacia.
Giusto per confermare, nuovamente, un altro giorno.

Ci mettiamo un po’ a vestirci, ma a malavoglia dobbiamo cedere ai richiami dei nostri stomaci affamati.
Io provo l’ebbrezza e la meravigliosa sensazione di annodargli la cravatta. Sì, lo so. È una cosa stupida ma avrei sempre voluto farlo. E lui insiste per fare lo stesso con la mia.
Prima di uscire dalla stanza, Harry prende in mano la maniglia e mi guarda.
So cosa vuole dirmi, e cosa sta pensando. Ron e Ginny sono là fuori, e quando apriremo quella porta torneremo nel caos e non saremo più solo noi. Ma noi dentro a tutto il resto. E stavolta non si scherza, oggi si volta una pagina e si inizia a scrivere un’altra storia. Definitivamente.
Gli prendo la mano e intreccio le mie dite alle sue, stringendole.
Usciamo dalla porta, lasciandoci il nostro piccolo e temporaneo nido alle spalle.
Ho il cuore in gola, perché io devo ancora chiarirmi con Ron, e tutti e due non sappiamo che reazione avranno entrambi a saperci insieme.
L’orario è appena in tempo per la fine della colazione, ma il mio stomaco cede al nervosismo quando entro in Sala e scorgo Ron a rimestare svogliatamente il cibo nel piatto con una forchetta. Ginny è accanto a lui, non ha neanche il piatto davanti. La sua espressione è di odio puro, o semplice dolore, mentre fissa davanti a sé con le mani fra le gambe, immobile.
Io e Harry allontaniamo le nostre mani l’una dall’altra e ci facciamo coraggio con un’occhiata.
Andiamo avanti verso di loro, e nella sala poco affollata per l’ora tarda, Ginny ci mette poco ad accorgersi di noi. Anche da qui riesco a vedere i suoi polmoni prendere quantità enormi d’aria, e le sue guance colorarsi di rosso, furente.
«Cosa vuoi?» Sbotta verso Harry, quando siamo abbastanza vicini per sentire. Ron si sveglia di soprassalto, come se fosse stato, fino a quel momento, in un limbo perduto chissà dove. Quando si volta e mi vede, il suo colorito diventa più pallido di prima. Non dice nulla.
Harry fissa Ginny, non parla, perché secondo il nostro tacito accordo questo è il mio turno.
«Ron…» Dico, fissandolo negli occhi «Avrei bisogno di parlarti.»
Lui boccheggia un attimo, e i suoi occhi si perdono di nuovo nel vuoto. Ginny mi lancia un’occhiata gelida e scrutatrice, poi il suo sguardo passa ad Harry e i suoi occhi si trasformano in due fessure.
«Oh mio… no, non posso crederci» Pronuncia con un tono di voce disgustato. Ha capito.
Ron invece, annuisce flebilmente «D’accordo» Mormora così piano che quasi faccio fatica a sentirlo. Io mi avvio in fretta, prima che Ginny possa cominciare ad urlare. Non voglio che Ron si senta umiliato e scaricato in mezzo ai suoi vecchi compagni. Lo sento venirmi dietro, mentre Ginny ha cominciato a alzare la voce contro Harry.
Porto Ron nel parco, e trovo un albero isolato. Quando mi volto a guardarlo lui fissa per terra ed è come stretto fra le sue spalle, nella posizione che adottava sempre quando si sentiva insicuro e disarmato. Non posso non provare un po’ di tenerezza a vederlo in questo modo, è così lontano dall’uomo con cui sono cresciuta.
«Ron io…» Tento di iniziare, ma lui si intromette.
«No. Ho capito. Ieri è stato fin troppo chiaro.» La voce flebile è scomparsa per fare posto ad una determinata rassegnazione.
«Non volevo che andasse così»
«Non volevi lasciarmi?» Domanda incrociando i miei occhi, è arrabbiato, e la sua domanda è del tutto sarcastica.
«Non volevo che succedesse così» Crudele e diretta. Ma non posso mentirgli. Non voglio farlo mai più.
Lui sorride con cattiva rassegnazione «Non capisco perché. Che cosa è successo nell’arco di qualche giorno che ti ha fatto cambiare così? Oppure volevi già lasciarmi?» Mi fissa intensamente.
«Io…»
«La domanda è sbagliata, scusa. Quello che intendevo in realtà è: quando hai capito che non mi amavi?» Mi interrompe bruscamente, riponendo la frase con un sarcasmo pungente, straziato.
Deglutisco. Nonostante la mia vera età non riesco a tenere testa ad un giovane Ron ferito.
Io ho amato Ron. L’ho amato davvero. Ero così contenta di essere venuta a capo di una relazione che si è trascinata incerta per tutti quegli anni. Così contenta di aver capito che posto dargli nel mio cuore, invece che lasciarlo vagare fra la frustrazione e l’incapacità di capirsi, nonostante il bene che ci volessimo.
Ma quanti tipi di amori esistono al mondo?
Alla fine ho capito. C’è chi sceglie le persone da amare, e chi sceglie il tipo di amore da vivere.
L’amore che provavo per Ron non era il mio tipo di amore. Finché non ho messo un piede fuori dal cerchio. Fuori da Ron e me, e ho scoperto un luogo diverso, in cui ero stata immersa per tutta la vita, ma non avevo mai guardato davvero.
Così appagata dallo stare insieme, noi tre, i soliti tre, che quando siamo diventati due, per esigenze di famiglia e della vita, ho sentito l’acqua alla gola per la mancanza di Harry. Non per la sua mancanza fisica, ma per la mancanza di… noi. Di quello che eravamo stati fino a quel momento.
L’Harry a cui non potevo più stringere per troppo tempo la mano davanti ai nostri consorti, davanti ai nostri figli. L’Harry a cui non potevo più accoccolarmi, per stare più tranquilla. L’Harry a cui non potevo raccontare tutto quello che succedeva in casa. In casa Weasley.
Cosa rispondere? La verità. «Ti ho amato Ron. Davvero» Lui deglutisce pesantemente, scettico. «Ma non sarò mai capace di amarti come…»
«L’AMMAZZO! IO L’AMMAZZO!» Un urlo distrugge tutto il silenzio del parco. Entrambi ci voltiamo e dal portone del castello escono Harry e Ginny. Lui la segue tentando di fermarla, lei piange e urla disperata. Estrae la bacchetta, viene verso di me e me la punta addosso.
Lo fa davvero. Un lampo esce dalla sua bacchetta, non è un Avada, ma farà male lo stesso. Non ho il tempo di scansarmi che sento Ron darmi una spinta violenta, spostandomi lontano.
«GINNY!» Urla, prendendo la sorella fra le braccia e bloccandole la mano in cui teneva la bacchetta. Mi alzo in piedi, con l’erba sulle mani e sulle ginocchia, respiro a fatica mentre Harry viene verso di me, aiutandomi ad alzarmi. Fisso Ron trattenere Ginny, urlandole di calmarsi.
«TRADITORI! TRADITORI!» Fa lei, piangendo e dimenandosi. Ron alza lo sguardo su di noi, poi spalanca gli occhi. Capendo.
Sento il sangue gelarsi e l’impulso di piantarmi davanti a Harry, terrorizzata che gli salti addosso per picchiarlo, e a quello sguardo attonito Harry si irrigidisce, pronto alle sue ire.
Ma non succede nulla. Ron non salta addosso ad Harry, non lo picchia, non inveisce contro di lui. Fa di peggio.
Abbassa lo sguardo e soffre in silenzio. Ginny continua a dimenarsi, ma in poco tempo, esausta, si lascia andare alla stretta del fratello, soffocando il pianto sulla sua spalla.
Ed eccoli lì.
Fratello e sorella. Le vittime della nostra stupidaggine.
Si tengono stretti e soffrono in silenzio, mostrandoci cos’abbiamo fatto. Finché Ron non alza gli occhi e ci fissa entrambi. Conosco quello sguardo. È lo sguardo di chi si sente tradito e umiliato.  Furioso, vorrebbe picchiare Harry, massacrarlo; ma poi, negli stessi occhi, c’è anche l’altro sguardo. Un Ron consapevole che ciò che aveva sempre temuto non erano solo incubi, ma realtà. Un Ron che voleva darci la colpa ma non ci riusciva, in fondo.
Il mio dolore non è descrivibile. Ti prego. Ti prego fa qualcosa. Mi ritrovo a pensare. Preferirei finire in mezzo la rissa. Preferire finire con un occhio e uno zigomo neri nel tentativo di allontanarlo da Harry o di difendermi dalle ire di Ginny. Preferirei che sfogassero tutta la loro rabbia.
Piuttosto che guardarci e sentirsi traditi. In silenzio.
«Andiamo, Ginny» Le sussurra Ron. La trascina con sé verso l’entrata del castello, senza più guardarci.
Sto tremando. Forse per paura, forse per la tensione. O forse perché i miei muscoli lottano fra di loro perché vorrei inseguirli e parlare di nuovo con loro. Ma non ci riesco.
Dentro di me non avrei mai voluto che andasse così. Ma è andata. E lasciarli da soli con il loro dolore è molto meglio che implorare la loro pietà, il perdono. Forse un giorno torneremo come una volta, o almeno a parlarci. Ma adesso dobbiamo scontare la nostra pena e dare loro il diritto di odiarci.
Quando entrambi spariscono dietro il portone, Harry prende la mia mano stringendola forte. Scoppio in lacrime e mi abbandono nel suo abbraccio per molto, molto tempo.

Non è stata una bella notte.
Tra Ginny e Ron e il pensiero che domani Hermione perderà di nuovo la memoria, il mio corpo si è rifiutato di dormire, se per questo anche di cenare.
Mi volto per l’ennesima volta su un fianco, tra i rumori dei gufi nella notte e il respiro regolare di Dean e Neville.
Il mio problema più impellente è Hermione.
Non so come farò a farle ricordare tutto. È già stato difficile la prima volta. La bacerò di nuovo, ci proverò. Sperando che funzioni ancora.
Sono terrorizzato. Nell’arco di due giorni ho gli stessi pensieri che avevo prima.
È stata così tanto tempo qui, troppo.
Basta!
Mi urla la testa. Non devo fare così, non devo preoccuparmi. Andrà bene.
Andrà bene.
Diavolo! Non funziona. Mi getto il cuscino in faccia, ma sento solo la sgradevole sensazione di calore e umido del mio respiro. Fa qualcosa accidenti, inventati qualcosa di sicuro! Sei o no un uomo? Un dannatissimo uomo di settantacinque anni, no? Ce l’hai il cervello o no?
No, il cervello è una caratteristica di Hermione.
Un rumore mi fa sobbalzare, mi è sembrato di sentire bussare alla porta. Possibile?
Ma il silenzio è profondo, e credo di essermi immaginato tutto.
Invece rieccolo. Quel lieve e a malapena udibile bussare, proviene proprio dalla porta della stanza. Mi guardo intorno per vedere se Dean o Neville sono svegli, ma niente, russano come treni, poi mi alzo e vado alla porta.
I suoi meravigliosi occhi castano chiaro mi guardano un po’ imbarazzati. «Ciao…» Sussurra, abbozzando un sorriso.
«Ciao» Le rispondo, contento di vederla. Ci fissiamo un attimo, e ci capiamo subito.
Le faccio un cenno con la testa chiedendole di aspettare, poi torno al mio letto e tolgo la coperta, lasciando il lenzuolo, avvolgendola attorno al mio braccio e sopra la mia spalla. Prendo anche il cuscino, per sicurezza.
Mi lascio dietro la stanza, chiudendo con cautela la porta, mentre Hermione mi prende il cuscino dalle mani. Ci guardiamo negli occhi, e io le cingo le spalle mentre scendiamo in sala comune.
Ho il maledetto vizio di non usare le pantofole, così rischio sempre di scivolare dalle scale di marmo, camminando solo con i calzini. Lei mi guarda i piedi e scuote il capo, me l’avrà detto duecento volte. Sorrido.
Ci dirigiamo verso il divano e mi aiuta a sistemare alla ben e meglio la coperta, in modo che copra tutti e due. Ci stringiamo l’uno accanto all’altra, lei si è portata la bacchetta dietro e con un colpo riaccende il camino. Sento subito il calore del fuoco sopra la pelle. Le do un bacio sulla tempia, mentre si sistema davanti a me, dandomi le spalle. Trascino la coperta su entrambi, e le cingo la vita, la sua mano si posa sulla mia, stringendomi le dita.
«Buonanotte, Harry» Sussurra.
«Buonanotte, Hermione».

Non so se abbiamo dormito. Se lei ha dormito.  
Io no di certo. Ho l’immagine di quel fuoco stampata nella testa talmente l’ho fissato durante la notte.
Alle prime luci dell’alba, la sento muoversi un po’ e parlare.
«Harry.»
«Mmh?» Mugugno.
«Ho scritto delle note nel mio diario su tutto quello che è successo, tutto. Di noi, dei nostri figli. Di Ron, di Ginny…» Fa una pausa, probabilmente ripensando al giorno prima «Sui matrimoni, su Luna e su Tiberius. Credo che dovrebbe essere sufficiente…»
Vorrei dirle che forse poteva dirmelo prima, e magari un paio di ore di sonno sarei riuscito a farle. Ma vorrei anche dirle che…
«Non so se ti ho mai amato tanto come in questo momento» L’avevo detto no? Il cervello è decisamente una qualità esclusiva di Hermione.
Lei, in ogni modo, mi stringe la mano «Sono comunque spaventata…» Sussurra, fiocamente.
Le do un altro bacio sulla tempia «Anche io.» Però adesso sorrido «Anche se credo che tu abbia risolto il problema prima che si ponesse».
«Lo spero.»
La stringo più forte a me, e mi auguro che riusciremo a dormire almeno un paio d’ore. «Dormi un po’, adesso» Sussurro piano, al suo orecchio.

*

Albus fissa quei corpi esanimi, immobile e silenzioso sulla porta della stanza.
Il mattino seguente è stato chiamato, insieme ai suoi fratelli, d’urgenza al San Mungo, dove Harry Potter, suo padre, è stato trovato defunto nella stanza di sua zia, Hermione Granger, anche lei defunta improvvisamente durante la notte.
Lui è stato il primo ad arrivare. È scappato di casa al mattino presto, pochi minuti dopo che il gufo aveva bussato alla sua finestra. Lasciando Evangeline a letto, sconvolta.
Dentro di sé lo sapeva. Non aveva chiuso occhio tutta la notte.
Ma adesso che si trova in quella stanza, con un Guaritore che gli parla e gli infermieri tutt’intorno, concitati e attoniti, non riesce a ragionare lucidamente.
Il dottore parla e parla. Gli fa domande anche a voce piuttosto alta, chiedendogli se sapeva che suo padre aveva istinti suicidi, o il motivo per il quale avrebbe voluto farlo. Gli parla di indagini, di Auror, di cause legali.
Ma Albus vede solo suo padre morto, disteso nel letto accanto la donna che ha amato per tutta la sua vita, in silenzio.
In quel momento il suo volto si contrae in una smorfia di dolore. Le prime vere lacrime cadono silenziose sul suo viso, ma anche così contratto si riesce a vedere quel sorriso che gli solca le labbra.
«Addio papà…» Mormora soffocato dal magone.
Ci vogliono solo venti minuti perché tutti, James, Lily e sua madre, lo zio Ron, Rose e Hugo, arrivino in ospedale.
È James, che è sempre stato il più retto e cerebrale di tutti, che ascolta il Guaritore e cerca di dare senso a quello che dice.
«Mio padre? Suicidarsi?» Domanda, sconvolto. Lily piange come una disperata, aggrappata al letto.
Almeno gli infermieri hanno la cortesia di stare contro la parete, mentre la famiglia piange lo shock della perdita. Il Guaritore invece, continua a parlare. Finché lo zio non gli urla di uscire dalla stanza, e “che non me ne fotte niente delle cause, esca fuori di qui, io ho perso mia moglie e il mio migliore amico”.
Albus osserva la scena, in silenzio, quasi in un angolo a parte. Ha avuto un contatto con Lily e James, ma ora sono tutti attorno i due defunti.
L’unica che sembra non muoversi è proprio sua madre.
Immobile e intorpidita vicino la porta, fissa suo marito con uno sguardo così pieno di sentimenti da essere indecifrabile. Ma Albus nota le sue mani contratte, così strette da tremare. In quel momento Lily getta un altro urlo disperato, attirando l’attenzione di tutti. È ancora piegata su suo padre, mentre James la tiene stretta a sé.
Rose piange sopra sua madre, con un contegno molto più tipico di chi sapeva che sarebbe accaduto, o forse si era ritrovato a sperarlo, per amore di lei e di loro stessi. Hugo è in silenzio a contemplare la propria madre, ai piedi del letto, stringendo convulsamente la pedata in metallo. Lo zio Ron, invece, è in ginocchio con la mano di sua moglie sulla guancia, la tiene stretta e piange, singhiozzando vistosamente. Mormora parole che Albus per discrezione tenta di ignorare.
Ma in stanza manca qualcuno. Sua madre non c’è più.
Si avvia verso la porta e si sporge per i corridoi. Due infermieri stanno ancora sostando lì vicino, in attesa che la famiglia si sia calmata abbastanza da poter continuare il loro lavoro, Albus esce dalla camera e percorre i corridoi, nella direzione in cui crede sia più plausibile possa essere andata sua madre.
La trova all’ingresso. Fuori nella strada babbana, appoggiata alla brutta e consunta vetrina del magazzino. Braccia incrociate e sguardo duro e fisso su un punto infinito verso il marciapiede.
«Mamma…» La chiama piano. Avvicinandosi.
Lei si riprende bruscamente, evidentemente non l’aveva nemmeno notato. «Al…»
Albus vorrebbe dire qualcosa ma non può di certo dire “tutto ok?”, così resta lì a fissare la madre. Solo dopo qualche minuto sospira, e la spinge delicatamente verso una panchina vuota e un po’ arrugginita lì vicino. Lei si lascia condurre senza sforzo, persa nei meandri della sua mente.
Albus le si siede accanto continuando a fissarla in silenzio, attendendo che parli.
Una folata di vento alza della polvere, scostando i capelli di lei che, con ancora lo sguardo fisso al pavimento, finalmente dice qualcosa.
«È tornato da lei.» La sua voce è nervosa e arrabbiata. Non versa neanche una lacrima. «Lui è tornato da lei.»
«Mamma…» Cerca di svegliarla Albus, preoccupato per la sua condizione. Non crede che lei sappia davvero cosa suo padre ha fatto, piuttosto pensa che sia una sorta di convinzione che lei ha, nei confronti di quello che sembra un suicidio. In fondo però, è come se lo fosse.
«Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei.» Continua, ignorandolo, come se parlasse da sola «Qualsiasi. Ma non posso nemmeno incolparlo, no. Perché lui per me ha fatto tutto.» Albus nota come le mani di sua madre si stringano più convulsamente sulle gambe. «Lui è stato impeccabile. Non gli si può dire nulla. Niente. Tutti quelli che erano i suoi doveri… certo, quelli.» Gli occhi di lei cominciano a vorticare per la strada, come ansiosi «Come puoi… come puoi incolpare qualcuno di non amarti? Non si può, Albus… non si può.» Nega col capo. «Non puoi. Non puoi fargli una colpa l’aver scelto di restare con te tutta la vita. Non puoi.» Il suo volto si contrae in una smorfia di dolore che scoppia finalmente nelle lacrime. Albus si avvicina a lei e le avvolge le spalle «Ma io non ci riesco. Non riesco a non fargli una colpa l’avermi messa sempre al secondo posto nel suo cuore. Non riesco a smettere di pensare a quante volte avrei voluto che lei… che lei… » Il suo pianto si fa furioso e talmente forte che non riesce più neanche a parlare. Si stringe a lui, soffocando i gemiti sulla sua spalla.
Albus chiude gli occhi, ascoltando il dolore della madre. Inspirando l’odore dei suoi capelli a lui così familiare, e che aveva sempre associato all’odore di casa.
Eppure, mentre lei gli piange sulla spalla e tutti i passanti li guardano preoccupati, indecisi se fermarsi o meno, Albus si sente in colpa. Non crede di poter essere la persona adatta a confortare sua madre, né tanto meno la spalla su cui piangere.
Ha sempre creduto, negli anni, che suo padre avesse dimostrato sia coraggio che stupidità nel rinunciare a sua zia. Che forse lasciarsi prima sarebbe stata la cosa migliore per tutti, per evitare disastri come questo. Era stato lui a dire a suo padre: vai, e non poteva stare lì in quel momento a dire a sua madre che stava male per questo. Perché non era vero.
Odiava l’essere una delle cause per cui lei stava soffrendo così, per cui tutti stavano soffrendo così. Ma il vedere suo padre sempre… malato, gli aveva fatto capire che la vita non può essere sprecata continuamente facendo la cosa giusta. Perché è utopistico è un po’ stupido pretendere di sapere quale sia “la cosa giusta”.
Non è felice di non vedere mai più suo padre. Per lui era una colonna e un punto di riferimento che non potrà mai più sostituire. Avrebbe preferito che sua figlia lo conoscesse, e che lo amasse come lui lo ha amato.
Ma non si scherza col destino.
«Mi dispiace, mamma» Sussurra, anche se il significato di quelle parole nella sua testa è tutt’altro.
In quell’istante, dei passi dietro di lui attirano la sua attenzione più di tutti gli altri. Sembrano scanditi da un tacco di legno duro, e ad ogni colpo ci sono numerosi bracciali o collane che tintinnano. Si volta appena, e sente anche sua madre alzare la testa.
«L-Luna…» Singhiozza. Forse è sorpresa, ma non si può dire visto che il dolore ha preso posto, con prepotenza, sul suo viso.
Albus guarda la zia, e si scambiano un’occhiata che dice tutto senza parlare.

«Ha sofferto?» Domanda solo dopo diversi lunghi minuti di silenzio, poggiato al muro sporco di quel vicolo nascosto, con la zia davanti, a fissarlo mesta, le mani nelle grandi tasche di quello strano cappotto.
«No. Se ne è andato in pace.» Risponde lei.
Albus fa di nuovo un lungo silenzio. «E felice» Aggiunge poi.
Luna si muove, prendendo un lungo respiro «Non era felice di lasciarvi, Albus.»
Lui accenna un sorriso, annuendo piano «Lo so.» Deglutisce, tenendo dentro il magone. «Ma adesso è dove doveva essere. E io sono felice per lui e per mia zia. Il destino gli ha dato un’altra possibilità, e se non l’avesse colta credo che... non avrebbe più avuto il mio rispetto»
«Albus…» Lei tenta di avvicinarsi, un po’ indecisa.
«Lui sarà… sempre mio padre. Sono fiero di lui… sono fiero… » Dice, ma ha la gola talmente strozzata che le parole gli muoiono in gola.
«Piangi Albus. Fallo per te» Luna accende la miccia con queste parole e lui sente il pianto salire ed esplodere così irruento da causargli un conato soppresso.
Piange, piegandosi in due, sostenendosi alle ginocchia con le mani. Piange, mentre lei gli passa la mano sulla schiena. Piange alzandosi e stringendola fortissimo in un abbraccio.
Piange con lei. Insieme a lei.
Quelle lacrime che non verserà mai più.  

In stanza non piange più nessuno, non urla più nessuno. Adesso vi è lo stato del silenzio.
Lily siede in una sedia nell’angolo della stanza, muovendo ritmicamente il piede della gamba accavallata, fissando un punto infinito. James si tiene il viso fra le mani, con la fronte poggiata al muro. Hugo e Rose sono seduti accanto al letto di Hermione, mentre Ron e Ginny si tengono per mano, seduti in fondo la stanza.
Luna è ai piedi del letto di Harry, le mani poggiate sulla pedata in metallo, testa china e occhi chiusi, come se pregasse.
Albus sta in piedi vicino la porta, le braccia incrociate, lo sguardo duro e la stanchezza che solo un momento come quello può darti.
Dopo quasi due ore di attesa ecco, finalmente, che il Guaritore ritorna con un documento bollato in mano, e concitato entra nella stanza, attirando l’attenzione di tutti.
I respiri vengono trattenuti, e l’unico suono diventa il fiato mozzo del dottore che annuisce e abbozza un sorriso.
«I risultati del Prior Incantatum sulla bacchetta del signor Potter sono negativi…» Tutti lasciano andare un respiro, qualcuno mormora: grazie… «Non ha praticato nessun Avada Kedavra, l’ultimo incantesimo fatto sembra un innocuo Lumos. Inoltre dai risultati delle analisi risulta negativo alla presenza di veleni o pozioni, così anche la signora Weasley»
«Oh Merlino, grazie… grazie» Dice Ron, portandosi il viso alle mani, tremando e piangendo.
Lily e James si stringono a vicenda, mentre lei versa delle lacrime silenziose.
Albus e Luna si scambiano un’occhiata.
«Quindi vostro padre è prosciolto dalla accusa di omicidio, e escludiamo quindi definitivamente anche il suicidio.» Finisce il Guaritore rivolto a Albus, Lily e James.
Al guarda sua madre, con una mano sul viso e lacrime silenziose solcarle le guance, mentre Lily le va vicino e la stringe a sé.
«Lo sapevo… lo sapevo, mamma, che papà non avrebbe mai fatto nulla di simile… lo sapevo…» Sussurra Lily, in lacrime.
«Ma… allora cos’è successo?» Domanda James, non capendo. Ron, Hugo e Rose alzano la testa.
Il Guaritore scuote il capo «A dirvela tutta non lo sappiamo.»
«Come sarebbe?» Dice James, accorato.
«Le assicuro, signor Potter, che abbiamo fatto tutte le analisi necessarie, il cuore di suo padre e anche quello di sua zia si sono fermati. È l’unica spiegazione.»
«E come c’è finito mio zio qui? Insomma l’ospedale non dovrebbe essere chiuso al pubblico di notte?» Domanda Hugo, concitato, alzandosi e andando verso il dottore.
«Sentite, non abbiamo trovato segni di forzature, né segni che la bacchetta di vostro padre abbia praticato magie del genere, perciò non sappiamo assolutamente cosa sia accaduto.»
«Che si sia materializzato?» Domanda Rose.
«No, da escluderlo. Di notte vi è il blocco per le materializzazioni. L’unico posto accessibile è la Hall, ed è impossibile che nessuno l’abbia visto» Nega il Dottore convinto.
«Allora ce lo ha portato qualcuno» Ipotizza James. Luna stringe le mani attorno al metallo della pedata del letto di Harry. Le orecchie di Albus fremono.
Tutti dentro la stanza si voltano verso James.
«James, ma che dici?» Chiede Lily, perplessa.
«No invece ha ragione, è la spiegazione più plausibile.» Ribatte Hugo, riflettendo.
«Ma chi mai avrebbe potuto fare una cosa simile…?»
«Qualcuno li avrebbe uccisi?»
«Ma perché avrebbero dovuto farlo?»
Il tumulto di voci e supposizioni si fa sempre più largo in quello che prima era stato un luogo dedito al silenzio. Hugo e James parlano freneticamente con il Guaritore, mentre Lily, Rose e Ginny asseriscono sopra di loro, domandandosi il perché delle loro teorie.
Albus e Luna vedono Ron ancora seduto nella sua sedia, fissare un punto vuoto e sospirare.
Lei gli si avvicina insieme al nipote.
«Ron…» Dice Luna, sedendosi accanto a lui, nel posto prima occupato da Ginny. Lui pare svegliarsi e sposta il volto nella sua direzione.
«Luna» Risponde semplicemente, con una voce stanca e flebile.
«Zio… stai bene?» Gli chiede Albus, preoccupato.
Ron ci riflette un attimo «Io… non lo so.» Albus e Luna si guardano, e attendono che sia lui a continuare. «Hermione è morta. Harry è morto. Ho perso due delle persone più importanti nella mia vita nello stesso istante. Eppure non riesco a capire… non riesco a sentire nient’altro che un dolore sordo. Ora sono tutti qui, a chiedersi come sia successo e a me sembra che non me ne importa in fondo. Perché qualunque cosa si scopra non li riporterà indietro, non torneranno mai più. Quindi… non lo so. Non so come sto.»
Luna gli prende la mano e la stringe forte. Albus annuisce mesto, mentre gli altri dietro di lui continuano a parlare e urlare. Improvvisamente Ron parla di nuovo «Harry era venuto da me, ieri, e mi ha detto delle cose… era come se lui… lo sapesse. Credete che James abbia ragione? Che qualcuno lo abbia… cioè…» Non finisce la frase. Albus trattiene un respiro per poi lasciarlo andare lento.
«Non lo so zio…»
Luna continua a non dire niente, lascia perfino andare la mano di Ron, e inizia a fissare altrove.
«Comunque sia, quello che importa è che Harry non si sia suicidato… non credo che sarei riuscito a sopravvivere ad una cosa simile» Continua Ron. «Per quanto riguarda Hermione, beh… in fondo lo sapevamo tutti…» La voce gli usce lievemente incrinata, e respira profondamente per aggiustare il tono. «Forse era destino che se ne andassero insieme. Sono sempre stati così… loro. Sempre loro.»
Al fissa l’espressione dello zio e sente il cuore spaccarsi. «Andrà tutto bene, zio.» Dice, senza sapere perché.
Ron si volta verso di lui e lo fissa sorpreso, poi abbozza un sorriso «Lo so Al. Grazie…» Ma nonostante la sua voce apparentemente calma, dai suo occhi azzurri escono lacrime silenziose.
Non smetterà di piangere fino a sera.

Alla fine James chiamò gli Auror, aprendo così un caso di rapimento e/o assassinio.
Nessuno della famiglia, tranne lui e Hugo volevano questo, ma niente avrebbe potuto fermarli. Era il loro modo di affrontare il dolore, dissero Lily e Rose dei loro fratelli.
Ma nonostante tutto, anche adesso che Al guarda suo fratello e il cugino parlare animatamente con gli Auror, continua a non essere contento del loro comportamento.
«Non preoccuparti» Dice Luna, avvicinandosi a lui «Non scopriranno niente» Lo rassicura.
«Non è questo il mio problema. Mi fido di te…» Risponde lui, continuando a fissare il fratello con aria torva «Vorrei solo che la smettesse sempre di fare così… almeno durante la morte di nostro padre.»
«Ognuno ha il suo modo di vivere le cose, Al. Credo che James stia soffrendo come tutti, se non di più.»
«Lo so. Ma mi fa comunque incazzare…»
Luna sospira. «Dagli tempo. Un giorno vi ritroverete a parlare di tutto questo, e scoprirai di lui il lato che non ha tirato fuori oggi.»
«Lo spero.» Pronuncia sconsolato, poi sente una mano sulla sua spalla, Luna gli sorride malinconicamente.
«Io vado, Al.» Lo abbraccia e gli stampa due grandi baci su entrambe le guance. «Verrò al funerale.» Gli sussurra nell’orecchio, continuando a stringerlo.
Al annuisce. «Grazie» Mormora infine, come se lo avesse trattenuto per tutto questo tempo.
Lei scuote il capo e gli prende il viso fra le mani. «Tuo padre mi ha chiesto di prendermi cura di te, Al. Ma non so se hai più bisogno dell’aiuto di qualcuno, ormai… sei un uomo» Lui le sorride, per quanto si possa sorridere in una situazione simile.
«Avrò sempre bisogno di te, zia.» Le stringe i polsi, mentre lei gli tiene ancora il viso fra le mani.
Si abbracciano un’altra volta, e poi si salutano.
Al guarda quel cappotto in patchwork rosso allontanarsi, mentre i tacchi risuonano nell’androne e i bracciali tintinnano come al solito. Sorride, adesso capisce perché suo padre avesse insistito così tanto nel chiamare Lily con quel secondo nome.
Quella strana donna è colei che ha cambiato il destino di suo padre e di sua zia.
Colei che gli ha donato la felicità.
«Grazie» Ripete, guardandola scomparire oltre la porta.
E ora che ci pensa è proprio un bel nome. Quella sera ne avrebbe parlato con Evangeline, sicuramente la sua proposta le sarebbe piaciuta.
Luna.




Un capitolo un po' pesante :\ non è stato facile.
Ahimé ahimé.

ATTENZIONE
Questo mercoledì inizieremo ufficialmente il trasloco, pertanto è possibile che io inserisca il prossimo capitolo giovedì pomeriggio, connettendomi con una chiavetta.
Mi scuso per l'inconveniente, a presto!

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Capitolo 16
*** Noi ***


Sono riuscita a rimediare il pc e la chiavetta! :) anche questa volta il capitolo arriva in perfetto orario XD (a parte i giorni in cui mi dimentico che giorno è... ehm)
Vista qualche stella cadente? Io ne ho beccate 5 o 6 in questa settimana :)
Buon ferragosto a tutti!
Buona lettura ;)

 



CAPITOLO XVI
Noi

Sono passati due mesi.
Hogwarts è stata fredda, pesante e al contempo confortante.
Il mio ritorno di memoria è stato molto più veloce e meno traumatico del primo. Harry mi ha costretto ad andare nella mia stanza a leggere il mio diario, e quando l’ho fatto (anche se pensavo di farlo visitare da qualche Guaritore specializzato in psicologia) è finito tutto lì. Boom.
Ci avessimo pensato prima.
Per il resto, come dicevo, Hogwarts: fredda, pesante e forse anche confortante.
Confortante per tenerci lontano da Ron e Ginny. L’idea che dobbiamo stare qui è la nostra scusa per non porci il problema. Per non sentire l’esigenza di chiederci se forse non sarebbe il caso di provare a rimettersi in contatto con loro.
Entrambi sappiamo, però, che non potremo mai avere la prima parola in tutto questo. Non più.
Non ci resta che attendere.
Due mesi. Che non sono passati in fretta.
All’inizio, così scioccati da tutto, facevamo fatica anche a baciarci senza sentirci in colpa. Non abbiamo più dormito insieme, né tanto meno fatto l’amore.
Poi un giorno Harry è venuto da me, trovandomi in mezzo alla biblioteca, nel tavolo più nascosto di tutti. Non ho mai capito come facesse, ma sapeva sempre dove ero. E non usava mai la Mappa.
Ho alzato gli occhi dal libro e come tanti giorni prima di quello, in silenzio, abbiamo preso a fissarci. Poi però ha allungato la mano e mi ha accarezzato la testa. Si è chinato verso di me, e mi ha baciato. Credevo fosse l’ennesimo piccolo bacio incerto che ci scambiavamo da quel giorno.
Ma si è mosso lento, accarezzando piano la mia bocca. Ho sentito una scossa elettrica al corpo, e il desiderio riaccendersi incerto da qualche angolo, dove l’avevo tenuto buono. Eppure, mentre schiudevo di poco le labbra, mi sono tirata indietro. Ma stavolta lui non era d’accordo.
«No…» Ha sussurrato, sfinito dalla situazione e ha ripreso le mia labbra fra le sue, tirandomi a sé.
Ma di nuovo il mio corpo fece per scostarsi nel momento in cui stava per cedere. Ho scosso il capo, e ho nascosto il viso lontano da lui. Era ancora vicinissimo, potevo sentirlo respirare.
Ma Harry non si è arreso.
Si è alzato, e ha girato intorno a al tavolo per sedersi accanto a me, e guardarmi per bene in viso. Mi fissava intensamente, fino a che non si è avvicinato talmente da sentire l’odore della sua pelle. A un pelo dalla mia bocca. Non si è mosso, non ha detto nulla né fatto altro. Solo… aspettava.
Aspettava che il mio conflitto interno passasse. Che il viso di Ron disgustato e tradito, se non poteva svanire, almeno sbiadisse nella mia mente. Che fossimo di nuovo solo noi due. Harry e Hermione.
Ho tentato di ignorarlo, ma era così vicino, così deciso a far cessare il mio senso di colpa, che ho sospirato. Un piccolo lieve sospiro, che ha battuto contro le sue labbra, tornando da me. La mia testa si è inclinata, quasi impercettibilmente, ed ero di nuovo sulla sua bocca.
Ci muovevamo, incontrandoci, cercandoci. Desiderandoci. Ho avvolto le mie mani sulle sue spalle, e lui mi ha cinto la vita. E anche se quando ci siamo separati, nel nostro sguardo c’era ancora la delusione e la tristezza, sapevamo che almeno eravamo di nuovo liberi di amarci. Lui mi ha abbracciato, e io ho respirato intensamente, per ricordarmelo tutte le volte che saremo stati di nuovo lontani, il suo magnifico odore.

Neville, Dean e Luna non hanno mai fatto domande.
Non hanno mai chiesto cosa fosse successo con Ron o Ginny. Anche perché guardandoci era piuttosto chiaro. Ma non hanno mai voluto sapere nulla, nessun pettegolezzo, nessun chiacchiericcio. Anzi, sono quelli che hanno zittito mezza scuola dopo che si era saputo di noi, e tutti già parlavano a vanvera.
Gli amici.
Anche adesso, mentre camminiamo per le vie innevate di Hogsmeade, la settimana prima di Natale, e loro sono così allegri, mentre io e Harry ci teniamo per mano, tra i guanti. È come se fosse stato così da sempre.
«Diavolo…» Dice Dean concitato  «…devo assolutamente prendere delle caramelle, ne sono dipendente. E tu Hermione, mi aiuterai a sceglierle!» Mi punta il dito contro, improvvisamente. Inserendomi in una discussione in cui non avevo preso parte fino a quel momento.
«Io?» Domando, indicandomi «E perché diavolo dovrei essere io a …»
«Perché così pronuncia Dean il Grande, muoviti, andiamo.» Risponde tirandomi per un braccio, lascio la mano di Harry e Dean pare ricordarsi di lui in quel momento «Non fatturarmi Harry, è solo per poco.» Aggiunge poi.
Harry annuisce. «Nessun problema. Credo che le farà bene un giretto a Mielandia»
«Ma… ma sei matto? Che cosa ci vado a …» Tento di replicare.
«Vai Hermione e divertiti!» Mi saluta Luna, Neville mi fa “ciao” con la mano, sorridendo.
«Ma siete tutti impazziti?» Domando urlando, perché ormai Dean mi ha già ficcato dentro la folla di Mielandia, con foga.

«Forza, muoviamoci» Fa Neville, tirandomi per la manica, mentre Hermione scompare dentro il negozio affollato.
Mi avvio, Luna e lui mi seguono con i passi a soffocarsi sulla neve.
«Che posto avevi in mente, Harry?» Mi chiede Luna. Io cerco fra le vetrine e le insegne, quella che avevo visto il week end prima, di sfuggita, e pubblicizzata sul Profeta la settimana prima ancora.
«Eccolo!» Esclamo, appena lo scorgo dietro un angolo. Rischio di scivolare sulla neve, ma mi riprendo, mentre corro, non so nemmeno perché, fino all’entrata del negozio. Neville e Luna mi sono dietro, lei si lascia scivolare sulla neve per almeno un metro. Sorrido a quel suo gesto.
«Harry ma…» Dice Neville sorpreso, appena legge l’insegna. Ma io sono già dentro.
Il campanello della porta tintinna al mio ingresso, Luna è dietro di me e osserva intorno curiosa. Neville chiude la porta, e più che curioso sembra spaesato, così mi sta accanto cercando con la sua mole di non urtare nessun espositore. Arrivo al bancone in fondo al negozio, dove la luce è fioca e si staglia sulla luminosità dei diamanti e metalli preziosi. Al banco non c’è nessuno, così suono il campanello.
Luna si è piantata di fronte la vetrina delle pietre, le più colorate e strane. Le osserva incantata, poi si china in ginocchio a fissare anche quelle ai piani inferiori. Neville, dopo aver circoscritto il luogo con lo sguardo, posa i suoi occhi perplessi sui miei, si avvicina per sussurrare. «Ehm, Harry… vuoi regalarle un gioiello?» Domanda.
Sorrido, mentre il proprietario si avvicina al bancone. «Non proprio» Rispondo in un altrettanto sussurro. Mi volto e vedo l’uomo, piuttosto in ghingheri, osservarmi inarcando un sopracciglio.
«Se volete informazioni, il proprietario del pub qui accanto conosce la zona molto meglio di me» Dice, prevenuto, indicando oltre la porta.
Ecco, questo lo odio. Quando sei giovane hai un mucchio di vantaggi, è vero, ma l’ignoranza di certi adulti mi fa venire il voltastomaco. Tento di ricordarmi perché sono qui e sopprimo l’istinto di mandarlo a quel paese. «Vorrei vedere degli anelli, per cortesia. Anelli di fidanzamento» Dico senza il minimo segno di titubanza. Mi sento allegro. Neville spalanca la bocca, mentre il commesso mi guarda un po’ stranito, dando un’occhiata alla mia giacca e alla mia maglietta. Come cercando di vedere se ho intenzione di vendermele per pagargli l’anello. Sento Luna venirmi accanto.
«Mi scusi, forse non ha capito molto bene. Il mio amico qui le ha chiesto di vedere alcuni anelli di fidanzamento per la sua ragazza» Luna, ti amo. Te l’ho già detto? Magari non davanti a Hermione, potrebbe arrabbiarsi… oppure condividere il pensiero?
Il proprietario ci fissa arricciando le labbra, quasi disgustato «Signorina, con tutto il garbo possibile, ho come la sensazione che voi non sappiate dove…»
«Lo sappiamo. “Damon Perxin, il re dei gioielli.”» Rispondo, citando a memoria la pubblicità che ho strappato dal giornale.
Lui fa un sorriso a metà tra il compiaciuto e lo scettico «Allora non credo che capiate che questo posto è un posto d’alta classe. Le paghette di tre studenti non pos…»
Ok, mi sono ufficialmente rotto. Sospiro e porto la mano alla fronte, alzandomi il ciuffo. Non mi piace farlo, ma questo tizio non la pianterà mai. Infatti, mentre sta parlando, volta distrattamente lo sguardo su di me e sulla mia cicatrice. Improvvisamente il suo volto sbianca e le parole gli muoiono in gola.
Lascio andare la frangia che lui è già scappato dietro la porta del magazzino per prendere gli anelli.
«Sei proprio sicuro che sia questo il posto in cui vuoi comprare l’anello ad Hermione? Mi sembra così intriso di negatività…» Commenta Luna. Neville annuisce.
In realtà ci stavo già pensando da me. Avevo scelto questo posto perché c’era scritto che era il migliore, e io voglio solo il meglio per Hermione. Solo che… non so se comprare un anello costosissimo, in un luogo privo d’anima, sia la cosa giusta da fare.
«No… andiamocene» Rispondo mesto.
Siamo già fuori, accecati di nuovo dal bianco della neve, quando mi prendo per idiota. Ho aspettato l’ultimo week end prima delle vacanze per decidermi a comprarle l’anello. Lancio un calcio alla neve.
«Che ne dici di andare da Pernico Piano?» Mi chiede Neville, io rabbrividisco.
«Ehm… no. Non… non mi piace Pernico» Mento, in realtà non posso e non voglio andarci. Lì ho comprato l’anello di fidanzamento per Ginny, ed ero anche insieme a Ron, mentre lui comprava il suo per Hermione. Se volessi andare nel posto che ha segnato la nostra vita con una data precisa, potrei direttamente andare a buttarmi nella tomba di Voldemort. E poi non voglio riciclare nulla per Hermione. Siamo già vecchi e riciclati noi, di seconda mano insomma, e non è una bella sensazione.
Sconfitto e desolato, mi avvio insieme a Neville e Luna di nuovo nei pressi di Mielandia.
«Dai Harry, potrai sempre darglielo dopo Natale, no?» Mi consola lei, avvicinandosi e fissandomi con i suoi grandi occhi azzurri.
Le sorrido. In realtà non vorrei. Non ce la faccio più ad aspettare. Ogni volta che lei mie dice “Ti amo” io vorrei dirle: sposami. Ma non mi piace farlo senza avere un anello in mano.
Voglio darglielo a Natale così che quando passeremo i prossimi insieme, non sarà per noi solo il ricordo dei Natali passati con le nostre famiglie. I nostri figli, Ron o Ginny. Ma sarà un nuovo ricordo, il ricordo di quando le ho chiesto di sposarmi.
In quel momento la vedo uscire con Dean dal negozio, entrambi con due buste enormi piene di dolci, una ciascuno. Hermione ha l’aria perplessa e un po’ irritata, viene verso di me con lo sguardo di fuoco.
«Tu…» Mormora indicandomi, e so già cosa mi aspetta tra qualche ora. Dean ride e mastica le caramelle mentre mi lancia uno sguardo allusivo, ma Neville però risponde al mio posto, scuotendo lievemente il capo. Dean sembra deluso, oltre guardare il suo sacchetto chiedendosi cosa diavolo ci farà con tutta quella roba.
Mi dispiace, amico.
Andiamo da Madama Rosmerta a prendere una burrobirra e qualcosa da mettere sotto i denti. Il locale è strapieno come al solito, ma in quel momento sette ragazzi lasciano il tavolo e noi ci fiondiamo a prenderlo. Luna arriva per prima, allungando le gambe su almeno tre sedie, per tenerci il posto mentre scavalchiamo la folla.
Io e Hermione ci sediamo nella panca all’angolo, circondata dalle sedie degli altri. Dean e Luna si siedono accanto, dalla parte di Hermione, Neville dalla mia.
«Sentite, io non mangerò mai tutta-questa-roba…» Dice Hermione poggiando la sua busta di Mielandia al centro del tavolo, scandendo l’ultima frase, fissandomi torva. Io mi schiarisco la voce, facendo finta di non averci fatto caso «Quindi servitevi pure».
Neville non se lo fa ripetere due volte, è già con il braccio infilato fino al gomito nel sacchetto, mentre prende manciate di caramelle e se la infila in bocca. Hermione ed io lo fissiamo sconvolti.
«Fe sh’è? Avedo fade» Deglutisce, capendo di non essere comprensibile «Avevo fame…» Mormora piano poi, imbarazzato.
Ci vogliono almeno quindici minuti prima che Madama Rosmerta riesca a venire al nostro tavolo per prendere le ordinazioni.
«Uff, salve ragazzi. Scusatemi ma oggi è il delirio» Si giustifica, portandosi una ciocca di capelli, scappata nella foga, dietro l’orecchio. Puntella la penna sul taccuino, e ci sorride. «Ditemi tutto.»
«Burrobirra e… questo c’è oggi?» Domanda Neville, indicando sul piccolo e consunto menù appoggiato al tavolo. Rosmerta annuisce.
«Oh sì, il pasticcio lo facciamo tutti i giorni»
«Ne prendo due.» Dice, sorridendo. Hermione continua a fissarlo incredula. «Che c’è? Ve l’ho detto, ho fame!»
«Io prendo una burrobirra e un Panino Stregato» Dice Dean, portandosi alla bocca un ape frizzola dal sacchetto sul tavolo, ormai a metà.
«Io vorrei, gentilmente, una burrobirra e un’insalata» Ordina Luna con la sua solita voce garbata.
«Torta di Zucca e burrobirra» Facciamo in coro io e Hermione. Sento che mi stringe la mano sotto il tavolo. Lo fa ogni volta che veniamo qui, ai Tre Manici di Scopa, e prendiamo la Torta di Zucca.
«Bene, le cinque burrobirre in arrivo subito. Per il resto… tra un po’ temo» Dice, dispiaciuta guardando il caos attorno.
«Aspetteremo.» Risponde Neville sorridendo. Lei gli ricambia il sorriso, lasciandogli una carezza sulla testa, poi si avvia verso il bancone e urla le ordinazioni.
«Abbiamo fatto colpo, eh?» Sghignazza Dean, Neville raggiunge subito un colorito paonazzo.
«Ma che Madama Rosmerta abbia sempre avuto un debole per lui lo sanno tutti» Replica Hermione sorridendo.
«Già Neville, sei un ragazzo così carino, ancora mi chiedo come mai nessuna ragazza ti abbia chiesto di uscire» Si inserisce Luna, e fra di noi cala il silenzio. Lei nemmeno se ne accorge.
Neville balbetta, confuso «M-mi… mi stai chiedendo di uscire c-con te?» Chiede, alzando il dito flebile, per indicarla.
Luna pare scuotersi un attimo per quella domanda. Tutti noi la fissiamo, mentre arrivano le nostre Burrobirre. «Veramente non intendevo questo. Però se ti fa piacere…» Risponde lei, sorridendo come al solito.
Hermione alza gli occhi al cielo. Falso allarme. Io sorrido, e Dean scuote la testa. Madama Romserta posa l’ultima Burrobirra proprio davanti a Neville, e poi dice «Ah, se tu avessi qualche anno di più stai certo che ti chiederei di uscire senza nemmeno pensarci» E ci lascia, dando un affettuoso buffetto sulla faccia di Neville, che diventa ancora più rossa di prima.
Passano pochi secondi, poi Hermione, Luna, Dean e io scoppiamo a ridere.
Quando ci siamo ripresi, e il colorito di Neville è tornato più o meno il solito, Hermione mi batte una mano sul braccio, chiedendomi di passare.
«Vado un attimo in bagno» Mi dice, io mi alzo e Neville si sposta per farla uscire. Quando la vedo scomparire oltre l’angolo dove, da quello che avevo notato entrando, sembra esserci una lunga fila, qualcuno mi chiama alle mie spalle. 
«Ehi, Harry» Mi volto, è Rosmerta, indica con un dito la porta d’ingresso «Qualcuno chiede di te» Poi torna al suo servizio.
Mi sporgo quanto posso e fra un passaggio e l’altro di persone riesco a vedere una donna piuttosto robusta, con una bandana legata alla fronte, in maniche corte… maniche corte a dicembre?
Mi alzo perplesso, Neville mi lascia passare, prima che possa sentire Luna sbattermi contro, quando mi fermo impedito dalla folla.
«Che fai?» Domando.
«Ti seguo» Risponde semplicemente, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
«Ehm… ok» Riesco ad uscire dal pub, e una folata di vento gelido mi taglia la faccia. Ho lasciato il cappotto dentro, Luna invece, intelligentemente, ha portato il suo e vi si stringe. «Chiedeva di me?» Domando alla donna corpulenta, che mi fissa come divertita.
Annuisce «Certo che sì. Se un cliente come te scappa io non me lo lascio mica sfuggire così facilmente»
«Ehm… come scusi?» Domando perplesso.
La donna mi tende la mano callosa, sorridendo. E come se avesse mosso l’aria, sento il suo odore di bruciato e metallo «Damon Perxin, molto lieta di conoscerti Harry»
Spalanco gli occhi. No, non può essere. «Come scusi?» Ripeto, come un disco rotto. Sto congelando e saltello da un piede all’altro, la mia pazienza e la mia concentrazione non sono proprio al massimo.
Lei si porta le mani ai fianchi «Sono io Damon Perxin. Sì lo so, i miei genitori non ci sapevano fare molto con i nomi…» Aggiunge alla fine, vedendo la mia faccia sconvolta. Luna invece, pare divertita e come al solito sorride. «Mi sembra che tu stia congelando, vieni. Abbiamo un affare di cui discutere» Mi fa cenno con la mano di seguirla, avviandosi per la stradina. Io guardo l’entrata del Pub, e non riesco nemmeno a scorgere il nostro tavolo, talmente è pieno.
«Ci stai ancora pensando? Muoviti!» Mi allerta Luna, spingendomi. Questa ragazza deve essere la mia coscienza.
Entriamo in un piccolo edificio, attraversando una porta in legno massiccio dipinta alla ben’e meglio. Appena Damon la apre, un gran calore esce dall’entrata, investendomi in pieno. Non ci metto molto a fiondarmi dentro.
Il posto è piccolo, ma è chiaro che si tratta di un’officina. Tavoli e attrezzi ovunque, grossi pezzi di pietre grezze, minerali e metalli sono ammucchiati in un angolo, sotto il tavolo più largo. Al centro c’è un grande forno dove, dentro un crogiolo, del metallo che sembra oro, sta fondendo. A quel calore i miei muscoli si rilassano e sono più predisposto all’ascolto.
«Allora, August mi ha detto che volevi vedere degli anelli, non è vero?» Oh mio Dio, allora è davvero Damon Perxin!
«Ehm, sì. Ma…»
«Mi dispiace che quell’idiota ti abbia fatto scappare via, ma sai, nessuno sa che Damon Perxin sono io e lui se ne approfitta. Comunque gran parte della gente che viene qui per comprare i miei lavori vuole essere adulata, e August è il migliore in questo. Purtroppo non succede spesso che degli studenti vengano in una gioielleria così costosa a comprare gli anelli di fidanzamento per le loro ragazze… anche perché non sono molto sicura che i ragazzi della tua età sappiano cosa sia davvero il matrimonio…» Dice, poggiandosi ad un tavolo da lavoro, incrociando le braccia. Mi sorride.
Vorrei dirle: mi creda io lo so.
Luna si toglie il cappotto, comincia a far caldo anche per me. «Dai torna in negozio, August è lì che ti aspetta con i pezzi migliori» Mi indica una porta secondaria, e così capisco che siamo nel retrobottega della gioielleria.
Sono confuso «Perché è venuta a cercarmi?» Se risponde: perché sei Harry Potter, alzo i tacchi e scappo via. Giuro.
Sorride «Perché quell’imbecille di August non capisce niente di questo mestiere. Io faccio miracoli con i metalli e le pietre, con ciò che la terra sputa fuori dal suo ventre. E metà di questi vanno in mano a damerini o imbecilli dell’alta classe per cui sono solo un altro gioiello nella loro collezione.» Scuote il capo «Purtroppo senza galeoni non si può fare un mestiere del genere. Così non potevo farmi sfuggire un cliente come te. Non capita tutti i giorni che un ragazzo venga qui e mi chieda la roba più costosa per la sua ragazza. Così, se questa ragazza ricorderà questo anello per tutta vita… diavolo fa per me!… anzi, non capita mai.» Aggiunge poi, ripensandoci e corregendosi. Sento il sorriso incurvarmi il volto automaticamente. «E poi sei Harry Potter.» Scherza, ridacchiando. Sì lo so, ho detto che me ne sarei andato, ma il prologo era già abbastanza per me, e a quanto pare anche per Luna che batte le mani concitata, precedendomi verso la porta che da al negozio.
August è dietro il bancone e attende in silenzio, imbarazzato. Luna scorge tutti gli anelli fermati nel rettangolo di velluto nero e mi lancia uno sguardo gioioso. Io le sorrido e le vado accanto, cominciando a scrutare tutto quel ben di Dio.
Sono tanti. Alcuni sono grandi, altri hanno diamanti di tutte le forme e dimensioni. Altri ancora si intrecciano in ghirigori esagerati. Luna me ne indica uno.
«Che ne dici di questo?» L’anello è di oro bianco, porta un piccolo diamante in cima, ed è inciso con minuscoli decori a forma di foglie. Un lavoro di incisione magistrale.
«Mmh… è bello, ma non so» Rispondo, incerto.
«Devi esserne convito al centocinquanta percento, ragazzo» La voce di Damon ci fa alzare la testa, è poggiata alla porta del retrobottega e mastica una pipa spenta. Si avvicina e scruta gli anelli.
«Questo. Oro puro ventiquattro carati. Incisione a mano libera – niente bacchetta – con aggiunta di argento. Forza e prosperità» Mi indica l’anello, poi passa ad un altro. «Questo. Oro rosa e diamanti. Passione» Passa ad un altro «Questo qui, platino con pavé di diamanti. Per sempre insieme.»
Sbatto le palpebre confuso, porto la mano avanti per fermarla. «Cosa sono queste cose che dici…? Significati?»
Lei annuisce «Sì. Ogni volta che creo un gioiello penso prima a quello che vorrei fargli dire. Così lo creo in base al significato che voglio dargli.»
Una luce mi si accende nella testa. «E se io volessi… commissionarti l’anello?»
Damon sorride, con la pipa spenta ancora fra i denti. «Adesso ragioniamo».

Non riuscirò mai a capire come mai i bagni delle donne siano sempre così affollati, mentre gli uomini riescono a fare tutto in pochi secondi. Faccio una smorfia, pensando alle possibili risposte che potrei darmi, così decido di sorvolare il quesito. Sorpasso la moltitudine di gente che affolla il pub e torno al mio posto quando noto, con sorpresa, che né Harry né Luna sono al tavolo. Dean e Neville mi fissano.
«Dov’è Harry? Luna?» Domando, prima ancora di avvicinarmi. Ma Neville è già in piedi per farmi prendere posto.
Dean dice «Ehm, Luna voleva assolutamente andare a comprare un… un…»
«Un cappotto a strisce per il suo gufo» Risponde Neville continuano per lui. 
«Un… cosa?» Chiedo, credendo di non aver capito bene.
«Sì. Un cappotto a strisce per il suo gufo. Secondo lei potrebbe soffrire di freddo ogni volta che consegna la posta d’inverno» Continua  Dean.
«Hermione, pensi di sederti o dovrò restare così… ehm, per molto?» Mi domanda titubante Neville.
«Oh sì, scusa.» Dico, prendendo posto, Neville si accomoda di nuovo «Ma non ho capito. Cosa c’entra Harry?» I due si lanciano uno sguardo.
«Ecco, Luna ha voluto portare Harry con sé, secondo lei lui ha un grande…»
«Feeling. Un grande feeling con gli animali e quindi poteva scegliere meglio di lei il cappotto adatto al suo gufo.» Li fisso attonita e confusa. Ma che gli prende a tutti oggi? Poso la mano sulla panca, e sento il cappotto di Harry sotto il palmo.
«Perché diavolo ha lasciato qui il suo cappotto? Fuori ci sono tre gradi sotto zero! È sempre il solito… scusami Neville» Dico, chiedendogli di uscire. Ma lui non si muove, e lancia occhiate nervose a Dean. «Neville?» Ripeto, sperando che non abbia sentito. In quel momento Madama Rosmerta arriva con le nostre ordinazioni.
«Ecco qui. Belle calde… tutto ok?» Domanda, fissandoci perplessa. Dean annuisce vigorosamente e lei fa spallucce, tornando a lavoro.
«Neville.» Ripeto, cominciando a perdere la pazienza. Lui prende un respiro profondo, mentre sento Dean aprire la bocca per dire qualcosa, ma l’altro lo precede con la voce piuttosto acuta.
«Hermione… ti ho mai detto quanto sei carina?»
Dean si sbatte una mano sul viso mentre le guance di Neville si colorano vistosamente.

«Questa è la lista dei materiali che abbiamo. Scegli pure con calma» Damon mi porge un libricino consunto, e quando lo sfoglio vedo tutti i dettagli su ogni pietra e ogni metallo. Esempi di lavorazioni, incisioni e fusioni.
«Che lavoro affascinante» Mormora Luna persa nel suo mondo.
Accanto ad ogni pietra c’è scritta la sua composizione chimica e biologica, e anche una breve storia con il significato che l’uomo le ha sempre attribuito. Noto che alcune note sono state aggiunte con una grafia veloce e stilizzata, quasi in ogni pagina. Sembrano descrizioni di significati e motivi che a volte collimano e altre no, con l’ideologia descritta nella pagina.
Ad esempio nell’ematite, che riporta la ideologia di “sangue della terra” e pietra del vigore fisico, energico e mentale, le note in aggiunta dicono: cuore, passione ma anche violenza.
Nell’onice, definita come pietra dell’autostima, le note riportano: eleganza e discrezione.
«Non leggere quella roba. Guarda solo la pietra» Mi dice improvvisamente Damon, accendendo finalmente la pipa.
«Come… ma pensanvo che… » Balbetto, confuso.
«Io leggo quella roba perché devo. Tu non farlo, vai a sensazione. Devi creare un gioiello che significhi qualcosa per te. Non per qualcun altro che è arrivato prima. Le pietre e i metalli sono l’anima della terra, nessuno può dirgli cosa sono e cosa rappresentano. Se vuoi farlo, se vuoi convincerle che sei degno, devi essere più duro di loro. Possederle e farle tue. Falle tue.»
Il suo discorso mi colpisce come uno schiaffo. Sfoglio le pagine del libro, non prestando più attenzione alle scritte, ma solo alle pietre. Sono così variegate e variopinte che mi soffermo su ciascuna per cercare di capire. Ma Damon, mi interrompe di nuovo «No. Non sforzarti. Lo capirai… lo capirai.»
Annuisco e continuo a cercare, arrivo al capitolo sui metalli. Tutte le classi dell’oro, tutte le forme dell’argento e poi… eccolo. Mi copisce subito e non ci penso due volte.
«Questo» Il mio indice si ferma sulla pagina.
«Oh, Harry…» Mormora Luna stupefatta.
Damon sorride. «Ottima scelta.» Sbuffa il fumo dall’angolo della bocca. «Perché?»
Domanda poi, e io ho un attimo di turbamento. «Scusa ragazzo, non sono un’impicciona. Ma devo saperlo se vuoi che faccia un lavoro sentito» Ride, portandosi la pipa di nuovo alla bocca.
Sento i loro occhi puntati su di me, soprattutto quelli di Luna che attendono ansiosi la mia risposta.
Mi sento un po’ imbarazzato.
«Beh…» Deglutisco «Credo perché… è come lei» Sorrido «Quelli che non sanno guardare lo scambiano per del semplice argento, ma in realtà è il metallo più prezioso del mondo. È così delicato e puro da mischiarsi fra tutti…  ma quando ci fai attenzione ne rimani ammaliato, e devi ammattere che… stupido com’eri da guardare solo l’oro o le pietre più comuni, non ci avevi mai fatto caso a quanto fosse… meraviglioso, distinto e puro.»
Luna mi guarda incantata, credo abbia gli occhi lucidi. Improvvisamente mi abbraccia, strizzandomi senza farmi respirare.
«Sapevo che eri innamorato di Hermione, ma non credevo così… Harry sei più sensibile di quello che dai a vedere!»
«G-grazie…» Rispondo sarcastico, tentando ti repirare.
«Leggi qui» Damon ci interrompe, sorridendo, Luna mi lascia andare e si fionda sulla pagina che lei indicava.
Mi chino sul libro e leggo dal punto in cui mi ha segnato.

Di tuffi i metalli preziosi, il platino è sicuramente il più prezioso. È il più raro, il più puro, il più resistente; è il più importante da ogni punto di vista; ed è il più difficile da lavorare (ma a chi sa farlo, offre possibilità espressive assolutamente uniche). La preziosità esclusiva del metallo bianco, peraltro, non è soltanto quella oggettiva, materiale; essa è determinata principalmente da valenze immateriali, da uno straordinario complesso di elementi emozionali.

Un sorriso mi si stampa sulla faccia. È lei. Luna mi saltella accanto, emozionata.
«Voglio questo. Voglio un anello di platino» Dico, sicuro di me, indicandolo.
Damon mi sorride sempre più contenta. «E come lo vuoi?»
Non ho bisogno di rifletterci su «Semplice. Come una fede nuziale babbana. Un semplice anello di platino.»
«Vuoi inciso qualcosa dentro?» Mi domanda, mentre August prende appunti accanto a lei.
A questo ci devo pensare per un attimo. «Io…» Poi un’illuminazione mi colpisce «Voglio scriverci un numero. Sessantaquattro» Luna mi fissa perplessa, non capendo, ma non chiede nulla.
Lei annuisce «Come vuoi» Poi mi guarda seria e dice «Ora mi dispiace interrompere questo momento romantico, ma gli affari sono affari. Sai che questo anello ti verrà a costare un occhio della testa e forse anche un rene, vero?»
Luna spalanca la bocca, preoccupata, mi fissa per vedere la mia reazione. Io sorrido «Non importa. Riesci a consegnarmelo prima di Natale?»
«Certo, te lo spedisco via gufo ad Hogwarts?» Domanda, chiudendo il libro e mettendoselo sotto braccio.
«Sì, sarebbe magnifico.» 
«Puoi anche pagarmi la prossima volta che torni ad Hogsmeade, tanto non c’è rischio di non trovarti…» Sghignazza, masticando la pipa. Sorrido.

Non so se sentirmi presa per stupida, e se loro pensano davvero che io lo sia.
«Cosa sta succedendo qui?» Domando concitata, mentre Neville continua a sorridermi imbarazzato.
Dan mi guarda «Niente, ehm… Neville aveva perso una scommessa con me e così gli ho detto di dirti questo come penitenza.»
Inarco le sopracciglia, scettica «Ah ok, allora ora non avrà problemi ad alzarsi e lasciarmi passare» Metto più enfasi nelle ultime due parole, spingendolo con le gambe. Ma lui imperterrito non si muove.
«N-non posso, Hermione… ho… ho perso anche una scommessa con Harry e questa è la mia penitenza, quindi…»
«Neville, tesoro, se non ti togli immediatamente dai piedi giuro che ti faccio saltare in aria.» Dico fintamente tranquilla con una voce melliflua, estraendo la bacchetta dalla tasca del cappotto. Neville la guarda terrorizzato, Dean spalanca gli occhi.
«No, non lo farai mai…» Mormora sdrammatizzando.
«Visto che siamo in tema: scommettiamo?» Faccio per puntare la bacchetta contro la sedia di Neville, avendo solo intenzione di lanciargli un innocuo Descendo, giusto per farlo cadere, quando qualcuno arriva alle mie spalle.
«Che sta succedendo qui?»

Domando perplesso fissando Hermione mentre punta la bacchetta contro Neville, contratto per lo spavento e con gli occhi ben strizzati. Lei mi fissa per bene, ma stranamente non posa la bacchetta.
«Dove eri?» Domanda, con voce che agli altri potrebbe apparire la solita, ma io lo sento, sì, il tono, quello lo conosco molto bene.
«Con Luna» Rispondo ovvio, in attesa di capire se Dean e Neville si erano inventati una scusa credibile.
«Hai trovato quel cappotto per il tuo gufo, Luna?» Domanda Dean, prontamente. Luna capisce al volo e mentre prende posto dice:
«No, non avevano nulla che mi piacesse.» Sbuffa e fa la faccia delusa. Che attrice incredibile!
«Posso sedermi o hai intenzione di fatturarmi?» Domando ad Hermione, indicando la bacchetta. Lei continua a fissarmi di sbieco, forse sta tentando di praticare il Legilimens su di me.
Neville mi fa passare, grato come non mai della mia presenza, così mi siedo di nuovo accanto a lei, facendo finta di nulla.
«Sei piuttosto allegro» Mi dice Hermione. Dannazione, non sono mai riuscito a nasconderle nulla. Eh no, amore, stavolta non l’avrai vinta.
Scrollo le spalle «Dici? Non saprei…» Pianto i miei occhi sulla torta, evitando di guardarla.
Non mi fa più domande, ma sento che ha capito qualcosa. Spero solo non sia così chiaro.

Se voleva comprarmi un regalo di nascosto poteva farsi accompagnare da Neville e lasciare qui Luna. Almeno lei sa mentire come si deve.
Eppure non ha nulla nelle mani e nelle tasche, forse se lo farà spedire a scuola? Probabile.
Ah! Harry, appena mi darai il regalo faremo un bel discorso su come nascondere alla tua ragazza certe cose. Così mi togli tutto il divertimento, accidenti, penso mentre prendo una fetta di torta dal suo piatto anche se la mia è ancora intatta. Lui alza gli occhi al cielo, senza ribattere. È un vizio che non mi toglierò mai.

 



Il prossimo sarà l'ultimo :) cercherò di inserirlo in orario ma, come al solito, se non lo trovate la mattina, di sicuro lo inserirò di pomeriggio. Chiedo ancora scusa, ma è un periodo caotico, come dicevo, sono in pieno trasloco e domenica/lunedì è Ferragosto.
A presto!
PS. La descrizione del platino l'ho presa da un sito, al momento non ho il link a portata di mano, magari lo posto nel prossimo capitolo :)

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Capitolo 17
*** Tu. Io. Lucy. ***


Ecco l'ultimo capitolo. Anche questa Long Fiction è finita.
Vorrei ringraziare tutti i lettori, e coloro che hanno commentato :) non smetterò mai di dirvi quanto l'affetto che provate e dimostrate nei confronti delle mie storie, mi renda felice e appagata. Quanto mi diate coraggio a scrivere e voglia di far leggere i miei lavori, ho già tanti spunti per le prossime FFs, e siete voi che me le tirate fuori :D Vi amo.
Grazie dal profondo del mio cuore. Buon ferragosto a tutti.
Buona lettura.

PS. In un momento ci sarà una canzone, per coloro che vorranno ascoltarla possono andare qui
e sentire questa magnifica versione :)
 


 

CAPITOLO XVII
Tu. Io. Lucy.

Il castello è una meraviglia.
Ogni volta lo rivedo e ogni volta mi stupisce. Ma a distanza di così tanti anni non ricordavo più che fosse così magico, o forse sono io che sono solo emozionata all’idea di passare il mio primo vero Natale sola con Harry. Avrei sempre voluto farlo, perché purtroppo per me sono una di quelle persone che amano il Natale, e cosa c’è di meglio della tua festa più amata, con la persona più amata?
Dio mio, come divento stucchevole in questo periodo. Povero Harry sarà costretto a sopportarmi per tutti questi giorni mentre sarò un guazzabuglio di pace, di miele e armonia tutto il tempo. Se mi vedessi da fuori, giuro, mi ucciderei.
Eppure sono felicissima, dopo che sono arrivati i bambini il Natale è diventato un momento tutto per loro, e per noi da passare con loro. Non che mi dispiacesse, figuriamoci, adoravo poter fare la scema tutto il tempo facendo finta che fosse solo per via dei miei figli, ed era anche una scusa per Ron per festeggiare.
Harry invece non mi era mai sembrato molto entusiasta del Natale. Certo, riusciva a essere più stupido di me quando stava in mezzo ai bambini, ma per il resto non era mai così preso dalla festa. Invece stavolta sembra particolarmente allegro, non vorrei sembrare troppo vanitosa ma… e se fossi io il motivo di tutta questa contentezza?
Sono tutta un brodo di giuggiole.
Sì, mi ucciderei.
Come se l’avessi chiamato, lo sento arrivare dal dormitorio scendendo in fretta i gradini e venendo verso di me, come al solito seduta nel divano a leggere «Accidenti…» Si lamenta, sconsolato. Ecco lo sapevo, ho parlato troppo presto…
«Cosa c’è?» Domando, chiudendo il libro.
«Sono rimasti tre ragazzi e credo anche una ragazza.» Si siede accanto a me, sprofondando nel divano.
«E quindi?» Inarco le sopracciglia, non capendo.
Lui spalanca gli occhi «Hermione… tu, io, dormitorio vuoto… hai presente? Dai che ci arrivi…»
Alzo gli occhi al cielo e riapro il libro, sospirando. Me lo porto vicinissimo al viso solo per non fargli vedere che sto sorridendo e arrossendo… eppure ho una certa età. «Forse potrei convincerli ad andarsene, sì… gli dirò che è entrato uno dei ragni della foresta proibita, vedrai come filano via…»
«Harry…» Lo ammonisco, ma solo di facciata, perché dentro penso potrebbe essere un’ottima idea.
«Aspettami qui» Dice lui senza sentirmi, correndo di nuovo verso il dormitorio, salendo le scale due gradini per volta.
Se ci riesce avrei già un posto in mente… mi mordo il labbro scivolando sul divano, sospirando accaldata, lasciando andare il libro sul viso giusto per continuare a coprire la mia faccia ebete, quando dei tacchi e il rumore pesante di qualcosa che cade, attirano la mia attenzione.
Tolgo il libro dalla faccia e vedo una ragazza (credo del primo) uscire concitata dal dormitorio femminile trascinando il pesante baule dietro di sé.
«Aspettatemi!» Urla, non so a chi ma urla, evidentemente in ritardo per le carrozze. Alzo la bacchetta e il suo baule si solleva in aria. Lei getta un urletto, spaventata.
«Così farai più in fretta» Dico, e solo in quel momento si accorge di me. Mi lancia uno sguardo grato e corre via trascinando il suo baule volante oltre il buco del ritratto.
Sorrido soddisfatta tornando al mio libro «Meno uno».
Dopo soli cinque minuti tre ragazzi scendono concitati e contenti dal dormitorio maschile, tutti e tre con i bauli pronti dietro che li seguono galleggiando. Sono tutti e tre ragazzi del sesto anno.
«Che scemo, non credevo che potesse arrivare a tanto!»
«E per cosa poi? Passare tutte le vacanze da solo? Chissà che avrà in mente…»
«Ehm ragazzi…» Uno di loro mi nota e chiama gli altri due, tirando la manica del mantello a quello più vicino.
«Ohh...» Fa l’altro, annuendo.
«Capisco…» Sussurra il terzo, sghignazzando, continuando a mormorare cose che non recepisco, mentre escono dal ritratto.
I passi di Harry per le scale mi distraggono dal fissare stranita l’entrata della sala Comune. Il suo viso è soddisfatto e goliardico.
«Come diavolo hai fatto?» Domando sconvolta. Lui si lascia andare sul divano, e mi sorride furbo.
«Niente, gli ho solo detto che gli avrei fatto fare un giro sulla Firebolt e forse fatti entrare in squadra… forse.» Scrolla le spalle, sghignazzando. Io tiro in dentro tutta l’aria che posso, se ha messo me davanti la sua Firebolt… «Ora però c’è quella ragazz…» Fa per dire, ma io lo tiro verso di me e pianto le mie labbra sulle sue.
«È andata via poco fa… non c’è più nessuno.» Sussurro allontanandomi di poco. Lui è inizialmente preso in contropiede, ma presto assume un’espressione molto, molto maliziosa.

Non avrei mai pensato di poter essere così spensierato. Forse mai nella mia vita sono riuscito a pensare così poco, con così leggerezza. Lo so che i nostri problemi non sono finiti, che Ron e Ginny ci odiano e non sappiano nemmeno se ci perdoneranno mai. Che questo potrebbe voler dire anche la fine di ogni nostro rapporto con la famiglia Weasley. Che siamo ancora tormentati dai fantasmi di quello che è stato, dei nostri figli, e di un futuro totalmente nuovo davanti, che per quanto fantastico possa essere, quando sai cosa ti aspetta diventa piuttosto spaventoso. So che le nostre paure e le nostre difficoltà esisteranno sempre, ma so anche che saremo insieme, e che insieme riusciremo a sopravvivere a qualunque cosa.
Ogni tanto vedo che mi guarda di soppiatto, da dietro uno dei suoi soliti libri, oppure quando pranziamo con i professori, la McGranitt e quei sei studenti rimasti in tutta la scuola. Spero vivamente che dopo il casino al pub non abbia capito che le ho preso un anello, non riuscirei a farmi una ragione dell’aver rovinato una cosa simile. No, non è possibile.
Inoltre sono anche frastornato da tutto questo. Lei ha preso le sue cose e si è trasferita nella mia stanza. Ogni notte mi addormento col suo profumo accanto, col suo calore e il suo respiro, e mi ci risveglio tutte le mattine. Con la sua mano attorno la mia vita, oppure sulla mia. Ci laviamo insieme, facciamo colazione insieme… stiamo sempre insieme. Non avrei mai pensato fosse così fantastico tutto questo.
Sono in paradiso.
Piuttosto, è già il ventitré sera e io sto cominciando a sentirmi agitato, l’anello non è ancora arrivato, e se devo essere sincero non le ho preso nessun’altro regalo.
Questo pensiero mi fa entrare in uno stato di shock psicologico.
Oddio… e se dicesse di no?
Non avevo pensato a questo.
La fisso di soppiatto mentre è distesa in pigiama accanto a me, nel mio letto, e sfoglia il Profeta, lanciando ogni tanto occhiatacce e commenti a bassa voce ad articoli che non le piacciono, o sono semplicemente scritti da Rita Skeeter. Ancora adesso non capisco perché si ostini a leggere quella spazzatura.
«Harry, tutto bene?» Mi domanda, accorgendosi del mio sguardo.
«Oh sì… sì, tutto bene.» Abbozzo un sorriso, lei alza le spalle e torna a leggere.
No, non va più tutto bene. Dannazione.
Sono un idiota.
Ho dato per scontato il fatto che lei avrebbe accettato, come il fatto che l’anello le sarebbe piaciuto. Comincio a sudare freddo. Avrei dovuto comprarle un altro regalo per qualsiasi evenienza, almeno per scongelare la tensione dopo il suo “no, non mi sento pronta” oppure il suo “ma sei matto? Dopo cinquant’anni di matrimonio col tuo migliore amico pensi che voglia ricadere in una trappola simile?”… ok, magari se rispondesse così non credo ci sarebbe spazio per i regali, piuttosto per una discussione molto, molto accesa.
Sono un cretino.
Tento di controllare il mio respiro e di calmarmi. Ok, ok, va tutto bene. Ormai ci sono dentro e non posso più tornare indietro, devo darle quell’anello e stare solo a vedere cosa accadrà.
«Sono talmente interessante da dover essere fissata così intensamente?» Chiede, notando di nuovo il mio sguardo su di lei.
Sorrido. «Sempre» Mi avvicino e le do un piccolo bacio sulle labbra.
Com’è che si dice? Ah sì… quel che sarà sarà.

È il ventiquattro mattina. Le mani mi sudano così tanto che non riesco a tenere la forchetta in mano. La McGranitt mi fissa stranita, mentre la posata mi cade dalle mani per la terza volta.
«Potter, ti vedo un po’ agitato o sbaglio?» Mi domanda, io sorrido, con un pezzo di bacon che mi è rimasto incastrato in gola.
«Sarà solo un’impressione, professoressa» La forchetta mi cade di nuovo dalle mani.
Anche Hermione mi fissa, preoccupata. Ringraziando al cielo un ragazzo di Tassorosso, che da quello che ho appreso in questi giorni dovrebbe chiamarsi Neil, mi salva da una sua possibile domanda.
«Ehi Harry, io e gli altri pensavamo di andare a fare una partita a palle di neve oggi pomeriggio, voi siete con noi?»
Io sorrido, un bel modo di scaricare la tensione «Per me va bene, Herm?» Mi volto verso di lei.
«Ad una sola condizione» Fa, con sguardo furbo «Voglio giocare contro Harry»
«Ehi! Ma perché?» Domando, mentre Neil accetta e entrambi si stringono la mano.
«Ehi ragazzi abbiamo la Granger in squadra!» Urla Neil agli altri due compagni, che esultano con un’ola improvvisata. Hermione sorride compiaciuta.
«Mi sento tradito» Mormoro fintamente offeso.
«Così è più divertente, sarà uno spasso schiacciarti» Afferma allegra e sicura di sé.
«Non sarei così spavalda se fossi in te…»
«So che dovrei essere imparziale, ma… fagli vedere chi comanda, Granger.» Si intromette la McGranitt tornando a sorseggiare il suo tè.
Spalanco gli occhi. «Ma... professoressa!»
Hermione ridacchia.
«Ehi Potter!» Mi chiama un ragazzo del terzo, mi sporgo dalla fila e lui alza il pugno in segno di vittoria «Gliela facciamo vedere noi!» Altri due ragazzi e una ragazza si sporgono per unirsi al coro. Io sorrido e mi volto verso Hermione.
«Ride bene chi ride ultimo» Commento, spavaldo.
«Vedremo» Sorride lei.
In quel momento, a interrompere le nostre occhiate di sfida, un grosso e grasso gufo entra nella Sala, spargendo neve ovunque. Si piazza proprio davanti a me, sul tavolo, con un tonfo tale da far saltare metà dei piatti.
«Ma che… Potter, ma…?» Esclama la McGranitt prendendo appena in tempo la sua tazza di tè, prima che le si rovesciasse addosso.
«Di chi è questo bestione?» Finisce Neil per lei. Osservando con occhi increduli l’enorme gufo.
«Chi è che ti scrive la vigilia di Natale?» Mi domanda Hermione sbirciando la zampa dell’animale, che tiene un piccolo pacchetto ben sigillato.
«Tantissime persone, sai... sono famoso» Rispondo malizioso, nascondendo la mia immensa gratitudine per l’arrivo di qust’enorme creatura. Hermione alza gli occhi la cielo. «Grazie mille» Dico al gufo, staccandogli il pacco dalle zampe, lui chiurla e vola via, sbattendo le grosse ali, mandando a terra diversi bicchieri e scombinando i capelli di tutti. Hermione lo fissa interrogativamente, sistemandosi le ciocche scomposte. Poi i suoi occhi cadono curiosi sul pacchetto. «Cos’è? Chi te lo manda?»
«Ah niente. Avevo ordinato un nuovo lucido per il manico della scopa.» Mento spudoratamente, facendo spallucce. Intanto nascondo il pacco dalle sue mani.
«E da quando consegnano la vigilia di Natale?» Domanda lei, poco convinta.
«Mmh… sono molto efficienti» Non credevo che arrivasse così tardi, non ho avuto il tempo di inventarmi di meglio! Lei continua a sporgersi appena per fissare il pacco lontano da lei, ma poi ci rinuncia, e mi lancia solo occhiate sospette.

Mi chiudo in bagno e strappo, con ansia, la carta dal pacchetto. Ne esce fuori una scatolina di cartone, e quando la apro dentro trovo un biglietto di Damon.

Il migliore anello che abbia mai forgiato. In bocca al lupo e buone feste!

Sorrido. «Crepi» Rimetto il biglietto dentro la scatola e tiro fuori un involucro di carta marrone, avvolto con dello scotch magico. Strappo tutto e trovo una bellissima scatola in velluto bianco con sopra inciso il nome dell’oreficeria di Damon, la tengo fra le dita con delicatezza per paura di rovinarla, e accarezzo piano il velluto prima di aprirla.
Spalanco la bocca. L’anello sembra brillare di luce propria, così candido e bianco. Lo sollevo con attenzione e noto che gli è stato legato, con un laccetto sottile e bianco, un piccolo foglietto ripiegato in più parti. Tengo l’anello fra l’indice e il pollice e incuriosito apro il biglietto. Sono sorpreso, ma sorrido scuotendo la testa, dentro vi è scritta l’intera descrizione del platino, tratta dal libro che Damon mi ha fatto leggere e all’angolo un timbro di qualità con il simbolo dell’oreficeria. Ripiego il foglio, e torno ad osservare l’anello.
È una meravigliosa fede, abbastanza bombata a dire il vero. Ha un suo carattere.
Dentro c’è inciso in un segno elegante: sessantaquattro.
Sorrido, sono commosso.
È meraviglioso.
Me lo porto alle labbra e lo bacio.
Portami fortuna.

La rincorro come un matto in mezzo la neve, con le gambe che urlano dalla fatica, e il fiato corto condensarsi davanti a me. Abbiamo tutti la faccia paonazza dal freddo. Lancio palle di neve a raffica tanto velocemente che dimentico perfino di appallottolare la neve, e alcune si frammentano a metà strada, spargendosi ovunque. Lei ride, nascondendosi fra gli alberi e dando direttive agli altri.
Improvvisamente mi trovo tre ragazzi attorno. «Oh no.» Mormoro prima di venire colpito da una raffica di palle gelate. La neve mi si infila anche dentro il cappotto.
Sento Hermione gettare un urlo, e la raffica smette. Ci voltiamo tutti verso di lei, mentre il mio team le fa la stessa cosa. Sghignazzo.
«ALL’ATTACCOOO» Urlo spietato, spingendo Neil sulla neve e mettendogliene un sacco sulla testa. Lui arranca e sputa, cercando di difendersi. Gli altri due sono troppo impegnati a tenere a bada i miei.
Quando Neil riesce a liberarsi io sono già scappato via. Il mio obbiettivo è un altro.
Mi inoltro fra gli alberi e la cerco. Cammino piano e provo a contenere il respiro mozzo quanto posso, quando una palla di neve mi centra in piena nuca, colandomi giù per il colletto.
«Argh!» Urlo, tentando di togliermi più neve possibile, contorcendomi e rabbrividendo mentre le gocce gelate mi cadono giù per la schiena. Mi volto, Hermione è piegata in due dalle risate, mentre raccoglie ancora neve e tenta di tirarmela, ma non le riesce per il troppo ridere. «Ah sì?» Mormoro concitato. Le vado vicino, e infilo le mani nella neve, tirandone su un quantitativo esagerato. Lei, ancora piegata in ginocchio a terra, appena mi vede spalanca gli occhi e tenta di scappare. Ma io le sono già sopra, intrappolandola con le gambe. Purtroppo la neve ancora fresca cade completamente dalle mie mani, coprendoci entrambi.
«Sei un idiota!» Mi dice ridendo e togliendosi la neve dalla faccia e da dove può. Io scuoto la testa, scrollando i capelli, ho gli occhiali tutti bagnati, ma lei non può scappare, sono ancora sopra le sue gambe e le sorrido malizioso. Mentre prendo manciate di neve e gliele spiaccico in faccia e sulla testa. «Aaah! Harry!» Urla, prendendone anche lei e tirandomela addosso. Sono così pieno di neve che comincio a gelare. Ma non mi arrendo, le prendo i polsi e tento di fermare quella cascata di neve che mi arriva in faccia. Lei ride come mai, ho gli occhiali totalmente appannati e bagnati, non vedo niente.
Lei ride e ride. Il suono della sua risata mi manda in paradiso. Le poggio i polsi alla neve e mi avvicino al suo viso, la sua risata va diminuendo in piccoli fiochi rumori più la distanza diminuisce.
Il calore del suo viso appanna i miei occhiali. La bacio.
Le sue labbra sono fredde, ma dentro caldissime. Abbiamo entrambi il fiatone, perciò prendiamo piccoli respiri veloci, ma non ci allontaniamo. Sento che lascia un lieve mugolio e dopo mi da un piccolo morso. Io sorrido.
«Ehm, Hermione…» Chiama qualcuno. Alzo la testa e anche lei guarda in alto, allungando il collo per vedere meglio. Neil e gli altri due sono a pochi metri da noi e fissano la scena indecisi. «Non so… vuoi che lo facciamo fuori o che vi lasciamo da soli?»
Hermione ride, io la fisso perplesso. «Ho detto che avremo vinto, no?» Risponde infine. Spalanco gli occhi, giusto in tempo per beccarmi una palla di neve in faccia, tra le urla di battaglia degli altri tre.
Mi ritrovo seppellito sotto la neve, con Hermione che mi guarda vittoriosa. Io ho da replicare.
«Se il mio nemico è anche la mia più grande debolezza non è una battaglia equa!»
Lei fa no con la testa, inginocchiandosi per venirmi vicino «La guerra è guerra» Commenta, scombinandomi i capelli.
Ok, sono fradicio, ho perso e sto congelando. Ma resta comunque adorabile.
Dopo una sana, meravigliosa, rinvigorente, ma soprattutto calda doccia, arrivo in sala grande per la cena della vigilia un po’ in ritardo. Dopo essere stato quasi dieci minuti sepolto nella neve è un miracolo che non mi sia beccato una polmonite.
Hermione è già in sala mentre discute animatamente con gli altri della loro incredibile vittoria.
«E così, facendo sfoggio delle immancabili doti femminili, ho messo Harry nel sacco» Commenta, apposta. Vedendomi arrivare. Io lascio un sorriso irritato, ma solo per finta.
«Non mi pare che alle tue immancabili doti dispiacesse il modo in cui mi sono fatto mettere nel sacco...» Commento, salendo i gradini fino al tavolo dei professori. Hermione mi fa una linguaccia, gli altri ridacchiano.
«Ti senti meglio? Mi dispiacerebbe se ti prendessi un raffreddore» Dice poi, mentre mi accomodo accanto a lei, le sorrido.
«Sì, ho solo una fame bestiale»
Sorride, contenta. Mi si avvicina e mi da un bacio sulla guancia. Credo sia una scusa per il trattamento da dittatore di poche ore prima.
«Accetto il suo armistizio, madame» Commento solenne, lei scoppia a ridere e mi da una spinta.
Quando tutti i professori arrivano al tavolo la cena ha inizio.
In realtà, nonostante avessi tanta fame, appena ho visto le vivande comparire sul tavolo il mio stomaco si è contratto, dimezzando i suoi ruggiti. È come se si fosse preventivamente preparato al nervosismo che sarebbe arrivato dieci minuti dopo, nel rendermi conto che da lì a quattro ore avrei chiesto ad Hermione di sposarmi. Ed eccomi di nuovo con le mani gelide e sudate.
Qualcuno penserà che soffro di fobia da pranzo, perché la forchetta riprende a cadermi ripetutamente dalle mani.
«Harry, sei sicuro di stare bene?» Mi domanda Hermione preoccupata, dopo essersi lanciata per l’ennesima volta uno sguardo interrogativo con la McGranitt.
«I-io… sì, sì… sono solo, ehm, stanco. Sono stanco, sai… oggi è stato piuttosto faticoso» Rispondo, con un altro pezzo di carne incastrato in gola. Forse dovrei diventare vegetariano.
Hermione non si convince «Fammi sentire» Mi mette una mano sulla fronte, e inarca le sopracciglia. «Sei gelido e… sudato. Forse dovresti tornare in camera…» Dice, dubbiosa.
«No, Herm. Ti assicuro sto bene, te l’ho detto sono solo…» Nervoso? Sto morendo? Qualcuno mi getti di nuovo fra la neve per piacere. «... stanco» Le sorrido. Non so nemmeno con quale forza.
«Ok, ma dimmelo se ti senti male» Mi da un altro bacio sulla guancia e torna a mangiare.
Bevo una sorsata piena di succo di zucca, per mandare giù il blocco alla gola.
Lancio occhiate sbieche ad Hermione per tutta la cena, mentre parla animatamente con la McGranitt, scherza con Neil e gli altri o racconta dei terribili articoli che ha letto la sera prima sul Profeta. Io cerco di controllare la tensione, mentre nella mia testa ronza una sola frase: non dire di no. Ti prego. Il risultato? Sono rimasto in silenzio per quasi tutta la cena. Hermione se ne è accorta, e mi squadrava in continuazione. Ma ad ogni sua domanda io continuavo a dirle che stavo bene e che non avevo nulla di strano. A parte una fede nuziale su in camera.
Finalmente la tanto agognata fine di questa cena arriva, ci salutiamo tutti dandoci la buonanotte e augurandoci buon Natale in anticipo, Neil e gli altri mi salutano dicendo che domani potremo provare un’altra partita magari per la rivincita. Io sorrido, ma tento di non aprire la bocca per paura di vomitare. Hermione saluta la McGranitt affettuosamente, e le augura buon Natale e buona notte. Poi viene verso di me, ma la professoressa mi chiama.
«Potter puoi concedermi un minuto?»
Io mi volto verso Hermione, lei mi fa un cenno e dicendomi che mi aspetta in Sala Comune.
Io e la McGranitt rimaniamo l’uno di fronte l’altra, mentre lei attende che anche l’ultimo studente sia uscito dalla sala, poi si volta verso di me sorridendo. Sembra… orgogliosa?
«Volevo solo augurarti in bocca al lupo, Potter»
Io spalanco gli occhi. «Cos… e lei come…?»
«Damon è una mia grande amica, conosco bene Firberto, il suo gufo.» Sorride, contenta forse più per avermi scoperto che per altro.
«I-io…»
«Conosco molto bene anche i suoi lavori, e mi sorprende che un ragazzo della tua età abbia l’occhio così fine.» Si indica lo smeraldo incastonato alla sua tunica «Questo è un regalo suo»
«Oh, wow… io… ehm…» Sono imbarazzato.
Lei mi mette una mano sulla spalla e se ne porta una al petto «Harry, sai che voglio bene ad entrambi. Ma è mio dovere di insegnate avvertirti che se farai qualcosa per distrarre la signorina Granger dai suoi M.A.G.O. ti darò la punizione più cruenta che tu abbia mai sopportato…» A metà della frase torna al suo solito sguardo severo, e io rimango immobile. Attonito.
«Ehm… non ho capito… lei non vuole che io…» Mi indico, e lei scuote il capo.
«Per Merlino, certo che no!» Esclama, come sentendosi offesa da quello che ho detto «Ma ci tenevo a precisarlo, tutto qui.»
Io sorrido «Professoressa, non farei mai niente che impedisse ad Hermione di diventare il nuovo Ministro della Magia»
Lei sorride «Vedo che la pensiamo allo stesso modo, Potter. E ora su, va… ti aspetta una lunga serata» Mi fa un cenno verso la porta, ancora sorridendo. Io ricambio e le auguro buon Natale, scappando di corsa verso il dormitorio.

Credo che quello fosse il modo della McGranitt di dirmi: fai soffrire Hermione e ti spezzo in due come uno stecchino. Le ire della McGranitt sarebbero nulla in confronto a Voldemort, credo…
Entro nella Sala Comune con il magone di nuovo su per la gola. Proprio ora che avevo ripreso un colorito naturale, accidenti.
Trovo Hermione seduta sul divano a tenere il tempo con la testa, mentre una musica suona nell’aria. Mi volto stranito, e vedo un vecchio giradischi sopra il tavolo della sala.
«E quello dove l’hai preso?» Chiedo, indicandolo, avvicinandomi al divano.
«Me l’ha dato Gazza» Risponde sorridendo, mentre noto che muove anche i piedi a ritmo.
«Gazza? E che diavolo ci fa Gazza con un giradischi?» Mi domando, grattandomi la nuca perplesso.
«Ah piantala e siediti, l’ho preso per un momento speciale, mancano solo cinque minuti al nostro primo Natale insieme, da soli.» Dice sorridendo, picchiettando col dito sul suo orologio da polso. Io le sorrido e il panico si trasforma improvvisamente in semplice nervosismo ansioso. Mi chino e le do un bacio.
«Torno subito, vado a prendere il tuo regalo» Lei sorride contenta, sembra una bambina.
Salgo le scale a grandi falcate, e quando sono in camera apro la valigia trattenendo il fiato. Srotolo il mantello dell’invisibilità, fino a far finire la scatoletta di velluto dritta nella mia mano. Quando la vedo lascio andare il fiato, e la stringo forte.
«Ci siamo.»
Scendo l’ultimo gradino stringendo il pugno attorno la scatolina che tengo dentro la tasca dei pantaloni. È ancora seduta sul divano, con il fuoco che scoppietta e le illumina il contorno del viso. I suoi capelli brillano.
È meravigliosa, e ancora non riesco a crede di stare per chiedere a qualcosa di così stupendo di entrare nella mia – seconda - vita per sempre.
Il giradischi è spento, così le vado vicino, poggiando piano i piedi, per non rompere quel magnifico silenzio. Noto che sul tavolino di fronte a lei c’è una scatola, è bianca e con un solo piccolo fiocco blu in cima, sarà alta almeno cinquanta centimetri. Le vado dietro e le do un bacio sulla testa.
«Ehi…» Dice sorpresa «Mi chiedevo dove fossi finito» Sorride, mentre io faccio il giro del divano per sedermi accanto a lei.
«È mio quello?» Domando puntando l’indice contro la grande scatola bianca. Lei lo guarda un attimo, mordendosi le labbra, poi annuisce. Perché stasera sembra ancora più bella del solito? «E... posso aprirlo?» Chiedo, sporgendomi lentamente con le mani protese, fissandola. Lei ci pensa un attimo poi scuote il capo.
«No» Sussurra.
«E perché no?» Chiedo, curioso.
«Perché prima devo dirti una cosa.»
Oh, ok… sta sorridendo, non è nulla di grave. Ma sì, razza di imbecille. Vorrei sbattermi una mano sulla fronte.
«Ti ascolto» Rispondo tenue, mettendomi comodo. Le nostre voci sono così pacate, e i nostri gesti così lenti che sembra di essere stati risucchiati in un vortice di tempo assolutamente estraneo al resto. Perfino il fuoco sembra rallentare. Lei prende un respiro e si avvicina a me fino a toccare la mia gamba con la sua.
«Harry…» Sussurra, la sua voce è calda, rassicurante e nei suoi occhi vedo il riflesso del fuoco. Il mio corpo si sta assopendo in tutto questo benessere e pace. «… so di averlo già detto, ma vorrei che tu mi ascoltassi.» Fa una pausa e capisco che attende un mio cenno. Annuisco. «Quello che tu hai fatto per me… è in assoluto la più grande pazzia che qualcuno potesse fare…»
«Hermione…» Mi porta una mano davanti la bocca per zittirmi, ci metto un attimo ma capisco, e annuisco di nuovo. Lei molla la presa.
«La più grande pazzia, Harry. La più stupida.» Lo dice con il sorriso, ma malinconico «Ma… tu l’hai fatto perché… perché mi ami.» I suoi occhi diventano lucidi, ma nel suo viso continua a brillare un sorriso «Io… avevo capito da tempo ormai che fra me e te c’era…» Sbuffa, non riuscendo a continuare. Non la interrompo. «Io ti amo. L’avevo capito da tempo, il mio cuore l’aveva capito. E forse avevo anche capito che tu mi amavi, o almeno che tra di noi c’era una… chimica, se così si può dire, particolare…»
«Dì pure straziante.» Azzardo, senza trattenermi. Lei sorride.
«Sì, è vero. Era straziante.» Il suo sguardo cambia improvvisamente, così forte da farmi sentire tutta la sua intensità addosso. «Ma non avrei mai immaginato che tu mi amassi così… tanto, da fare una cosa simile per me.» Trattine un respiro «E saperlo… mi ha… Harry, io ti amo più della mia stessa vita.» Mi prende il viso fra le mani «Ma non c’è giorno in cui io non pensi a quello che hai rinunciato per me.»
«Hermione non…»
«No. No, è così, e mi sento impotente. Non posso ridarti i tuoi figli, non posso ridarti i tuoi nipoti, né Ron…»
«Ron è qui…»
«Non è lo stesso, lo sai Harry…» Fa un pausa. Metto le mie mani sulle sue, ancora sul mio viso. «Così ho cercato un modo per poterti ridare quello che avevi perso. O meglio… conservarlo.» Stringo gli occhi, cercando di capire «La memoria è labile. Lo sappiamo entrambi. Ma c’è un modo per preservarla, e viverla ogni volta che vuoi.»
La fisso confuso, mentre toglie le mani dal mio viso e lancia uno sguardo al pacco davanti a noi. È un invito ad aprilo. Le lancio un’occhiata e capisco che non dirà nient’altro finché non lo farò.
Mi avvicino lentamente e tolgo con delicatezza il fiocco blu, strappo la carta, continuando a mandare occhiate verso di lei, che impassibile mi osserva. Infine resta solo il cartone, ha l’apertura nella parte superiore, così scosto i quattro lembi e quando vedo il contenuto resto a bocca a perta.
«Buon Natale, Harry» Dice in un sussuro. Ma io sto ancora fissando incredulo l’interno del pacco. Infilo le mani e tiro fuori il pesante bacile di pietra. Nel posarlo sul tavolino sento le mie dita toccare le incisioni tutt’intorno. Incisioni perfette in rune antiche. Lo osservo ammaliato, dentro è ancora vuoto, e sembra che mi guardi, che voglia parlarmi. Io resto immobile, probabilmente ho ancora la bocca aperta.
Un pensatoio.
Mi ha regalato un pensatoio. Un pensatoio.
Sento le lacrime pungermi i bordi degli occhi, ma tento di trattenerle, perché probabilmente non smetterei mai più di piangere. Sfioro i bordi della pietra fredda con le dita.
«Lo hai… lo hai fatto tu?» Chiedo con la voce rotta, non staccando gli occhi di dosso dalla pietra.
«Sì. Anni fa avevo letto come si crea nel mio libro di Antiche Rune. Non è molto semplice, spero che funzioni come dovrebbe.» La sento sporgersi verso di me.
«Hermione…» Mormoro, commosso come mai in tutta la mia vita.
Ero terrorizzato. Terrorizzato all’idea di perdere i miei ricordi, essi sono tutto quello che mi resta dei miei figli e dei miei nipoti, di quello che siamo stati e che ci ha fatto diventare quello che siamo oggi. E lei ha creato un pensatoio per me, perché niente di tutto quello andasse perduto.
Riesco a voltarmi e guardarla, mi fissava già da tempo, sentivo il suo sguardo addosso. Non riesco a dire nulla, tutto mi sembra superfluo. Mi sporgo e l’abbraccio, così stretta che nemmeno io riesco a respirare per qualche istante.
«È tutto quello che posso fare…» Mi sussurra all’orecchio.
Soffre ancora per tutto questo, e io non vorrei che fosse così. Mi allontano da lei e le prendo il viso fra le mani, i suoi occhi sono lucidi.
Vorrei dirle mi hai dato tutto, ma non riesco ancora a parlare, così le do un bacio.
Quando mi allontano, nei suoi occhi leggo che ha capito, e che non dovrò aggiungere nulla. Le scosto una ciocca di capelli dietro l’orecchio e sorrido.
Tiro fuori la scatola dalla tasca, e prima ancora che lei possa dire qualcosa è già aperta davanti a noi.
«Oh mio dio…» Sussurra lei, portandosi una mano alla bocca. Guarda stupita l’anello, poi ride e poi di nuovo torna a fissarlo. Guarda me e infine prende la scatola, con ancora l’altra mano sulle labbra. Torna a ridere, felice. «E io che credevo che… oh mio dio» La sua risata mi echeggia nelle orecchie come il suono che vorrei sentire per il resto della mia vita. Curiosa prende l’anello fra le mani e legge il contenuto del bigliettino allegato. La vedo perdersi velocemente nelle parole, poi trattenere il fiato, ripetendo «Oh mio dio…» A bassa voce. Sembra un attimo interdetta da quello che ha letto, osserva l’anello con ancora più interesse, ma è stupita. «Harry è…» Credo che abbia trattenuto un altro “oh mio dio”.
«Dimmi di sì» Pronuncio, senza toglierle gli occhi di dosso.
Lei è ancora stupita da tutto questo e ci mette un po’ a parlare. Poi chiude gli occhi sorridendo.
«Pensavo fosse scontato» Risponde, si china e mi da un bacio leggero sulle labbra. Poi ad un pelo dal mio viso dice «Ti avevo già detto di sì tanto tempo fa.».
«Allora perché sei così stupita?» Chiedo, divertito.
«Io… non credevo lo facessi… così presto» Marca le ultime parole con un’enfasi allegra. Poi nota l’interno dell’anello. La sua fronte si corruga, mentre lo porta vicino agli occhi. «Sessantaquattro?» Alza lo sguardo ad incrociare il mio.
Annuisco e le prendo l’anello dalle mani. «Gli anni che ci ho messo a chiedertelo da quando ci siamo conosciuti» Rispondo, mentre le infilo l’anello al dito della mano sinistra. Noto che rabbridisce a quel contatto. «Gli anni che abbiamo vissuto insieme, e in cui la mia vita è stata perfetta perché c’eri tu.»
Lei trattiene il fiato e credo sia arrossita anche. «Sai, non credo riuscirò a sopravvivere a lungo con te che ti comporti così tutta la vita…» Dice, osservando con interesse l’anello al dito.
Inarco un sopracciglio «Così come?»
«Così… Harry» Me lo sussurra di nuovo ad un pelo dalle mie labbra, prima di baciarmi a lungo, e con tanta intensità.

*

«Mi fai il solletico» Sussurra trattenendo una risata.
«Shh» Mormoro io, puntandomi un dito sulle labbra. «Altrimenti non sento niente». Chiudo gli occhi e la sento ancora ridacchiare, mentre mi passa una mano fra i capelli e sul viso, rabbrividisco ancora a quel contatto. Il suo ventre è caldo e morbido, mentre poggio l’orecchio e attendo.
Eccolo che si muove, mi arriva un calcio dritto sulla guancia. «Aho!» Esclamo alzando la testa di scatto, Hermione ride.
«Non dire che non te l’avevo detto.»
«Non pensavo fosse così forte…» Commento masaggiandomi la guancia. Però voglio rifarlo, così mi chino di nuovo, e poggio ancora la testa sulla pancia di Hermione. Lei sospira e torna a infilare di nuovo le mani nei miei capelli. È tutto così perfetto.
Il caldo è lieve, si sta bene, dalla finestra entra una calda brezza primaverile, mentre il sole lontano si prepara per riposarsi.
Perfetto.
Distesi in questo divano.
Perfetto.
Ancora un movimento, sorrido. «Wow…» Sussurro.
«Canta di nuovo quella canzone, l’altro giorno le piaceva.» Mi chiede lei dandomi un colpetto sul naso.
Alzo di poco la testa, con uno sguardo interrogativo «Quale canzone?»
«Sai, quella… nei vecchi dischi di mio padre, c’era quella che ti piaceva tanto. Non mi ricordo il titolo…»
«Ah sì…» Sorrido capendo, poi però nego col capo «No, oddio, potrei spaventarla, sai che non so cantare»
«Non è vero, non sei poi tanto male. Dai, che le piace, vedrai come scalcia…» Mi sorride, e ogni volta riesce sempre a convicermi. Ricambio il sorriso, e poggio di nuovo la testa sulla sua pancia, mentre l’accarezzo con la mano. Cerco di ricordare il motivo nella mia testa, e poi inizio a canticchiare l’inizio con la bocca chiusa «If you ever change your mind, about leavin', leavin' me behind… well, baby, bring it on home… bring it on home to me, yeah» Sento Hermione ridacchiare di nuovo, devo essere proprio stonato.
«I know I laughed, when you left… but now I know I only hurt myself but I'll be forgiven if you» Canta lei improvvisamente, sollevo sguardo sorridendo, sorpreso.
Cantiamo insieme il ritornello poi ancora «I'll give you jewelry and money too, that ain't all that ain't all I'd do for you, if you would only» Eccola. Ha di nuovo scalciato, la sento sulla mia mano, mentre sono vicino il viso di Hermione, e continuaiamo cantare.
«You know I'll always…»
«Be your slave»
«'Til I'm buried»
«Buried in my grave»
«But I'm forgiven if you…»
La guardo e le sorrido, le do un bacio lieve e sussurro «Yeah…»
«Yeah...» Mormora, accarezzandomi il volto, poi sapalanca gli occhi. «Ohi!» Si tocca la pancia, io mi scosto. Sorride, contenta «Direi che le è piaciuta!».
Sono felice.
Tutto perfetto.

*

Nessuno mi ha chiesto se voglio entrare. Eppure ero sicuro di aver visto tanti film in cui un infermiere, il dottore o qualcuno chiedeva al marito di entrare. No?
Passeggio nervoso dietro la porta della sala, pregando che un santo cristiano venga da me e mi spinga dentro dicendomi che posso assistere.
Non si sente nulla, dannazione, che diavono hanno fatto lì dentro, un incantesimo muffliato? Cosa sta succedendo? Come sta Hermione, cazzo!
Stringo le mani così forte che non me le sento nemmeno, aggredisco ogni infermiere che passa chiedendogli di mia moglie. Ma metà di loro non sanno nemmeno di cosa sto parlando.
Ma quanto ci mette un bambino a nascere?
Ok, giuro che tra cinque secondi entro dentro quella sala sfondando la porta.
Cinque, quattro, tre, due…
«Harry…» Avevo già preso la rincorsa, quando qualcuno mi distrae. Chi diavolo è? Non lo vede che sono im…
Mi volto e spalanco la bocca. Gli occhi azzurri di Ron mi perforano.
Non lo vedo da quattro anni.
Il mio cervello si prende un attimo per elaborare «R-Ron?» Balbetto, credendo di sbagliarmi.
Lui è nervoso e si tiene ad una certa distanza, abbassa lo sguardo, imbarazzato «Come sta?».
Non posso crederci.
Ron è qui. Il mio migliore amico è qui.
«I-io… non lo so, non mi dicono niente…» Rispondo, incerto, dando uno sguardo veloce alla porta.
«Che stronzi…» Dice lui. E io non riesco a trattenere un sorriso.
«Già…» Pronuncio, non smettendo di fissarlo.
Lo vedo che è in imbarazzo, dal modo in cui tiene la testa incassata fra le spalle. Ha una corta barba ispida sul viso, e i capelli più lunghi di quando l’ho visto quell’ultima, triste volta.
Senza che io chieda niente, dice «Ginny non… non se la sentiva di venire.»
Annuisco, comprendendo. Lui fa un attimo di silenzio, poi si siede nella fila di sedie davanti la sala parto, poggiando i gomiti alle ginocchia. «Beh mi sa che non ci resta che aspettare, non credi?»
Io continuo a fissarlo, e credo che mi stia chiedendo di piantarla. Ma non ci riesco.
Mi esce solo un «Grazie» Lui fa un gesto con la mano, come a dire “nulla”.

Hermione è impazzita quando l’ha visto.
Ci sono state lacrime, abbracci e tanti, tanti baci.
Io li ho lasciati soli e sono andato a vedere mia figlia.
«Ciao» Sussuro dal vetro, picchiettando piano con l’indice. In mezzo la fila di neonati piuttosto frastornati c’è lei.
La nostra bambina.
Le lacrime mi salgono agli occhi. Ancora non riesco a credere di aver fatto qualcosa di così bello con lei, con Hermione.
Non posso credere di averlo fatto con lei. Lei, lei e solo lei.
«Ciao…» Continuo a sussurrare mentre mi asciugo le lacrime «Ciao, Lucy. Sono Harry, sono il tuo papà» Tiro su col naso, mentre sollevo il minuscolo peluche che le ho preso mesi fa, ansioso per questo giorno. Guardo la piccola, morbida e pelosa civetta che ho fra le mani e mi mordo le labbra, la muovo piano vicino al vetro e con la voce strozzata dico «Ehi guarda… si chiama Edvige..» Deglutisco «Era la mia migliore amica sai? Lei… lei ti proteggerà…» Le lacrime mi scendono piano, mentre una risata di felicità mi pervade. Guardo mia figlia muoversi oltre il vetro, e sorrido di nuovo. «Ehi Lucy…» Un’altra piccola risata, soffocata dal pianto «Lucy “nel cielo coi diamanti”…» Sorrido «Scusa… papà è un po’ fissato coi Beatles sai?». Mi asciugo una lacrima.
La mia vita è perfetta.

*

Ogni anno con Harry, dopo aver messo a letto Lucy, c’erano dei giorni in cui la sera veniva dedicata a qualcuno.
Aprivamo una bottiglia di vino rosso e brindavamo al compleanno di uno dei nostri figli o nipoti.
Non facevamo altro, solo ricordarli. Entrambi ci chiedevamo cosa fossero diventati, cosa stessero facendo in quell’istante, ma non ne parlavamo mai per paura di morire dalla nostalgia. Io, soprattutto, avevo paura per Harry.
Ma lui si dimostrava sempre forte, mi diceva sempre quando andava a fare un giretto fra i suoi ricordi, nel pensatoio. Mi è capitato di accompagnarlo diverse volte.
Ne abbiamo preso uno anche per me, anni dopo.
Avere due vite. Ancora oggi è tutto così assurdo.
Eppure è tutto quello che ho sempre desiderato.
È tutto perfetto.
La nostra bambina è perfetta.
Ha i miei occhi castani, i capelli ricci e neri, ed è cocciuta come suo padre, già adesso, a pochi anni.
Quando la guardo vedo Harry e me. Non vedo Ron, non vedo Ginny. Vedo noi.
La nostra vita, la nostra seconda occasione.
Il nostro futuro.
Intenso, agognato, benedetto dal fato, futuro.
A volte penso che era così che doveva andare. Che se ci fossimo trovati prima, se non fossimo stati vigliacchi, impauriti dalle conseguenze o altro, tutto questo non sarebbe successo. Lucy non sarebbe mai nata e noi non avremo mai imparato nulla. Non avremmo quelle ferite che ci rendono come siamo, non ci guarderemo ogni volta come se fosse l’ultimo meraviglioso attimo, non fisseremo il cielo consapevoli di tutto quello che abbiamo.
Sì, ogni giorno che passa mi convinco che tutto questo ha un senso.
È tutto perfetto.

*

«Secondo te è possibile che la McGranitt ce l’abbia ancora con me?» Domanda Harry, indossando il mantello e camminando lungo il lago. Il castello si alza pesante sulle nostre teste. Mi chiudo i bottoni fino al collo, infreddolita da una folata di vento.
«Oddio, Harry, me lo chiedi sempre. È passato parecchio non credi?»
«Sì, ma ho come la sensazione che continui a pensare che non sei andata a lavorare al Ministero per colpa mia…» Pronuncia, incerto.
Alzo gli occhi al cielo. «Nessuno si aspettava che né tu né io lavorassimo al Ministero. Però se è come dici perché non glielo chiedi?»
«Ho paura che mi licenzi.» Dice scherzando, ma neanche tanto in fondo.
Schiocco le labbra «Ma dai, Harry. Dove lo trova un altro insegnante di Difesa che ha combattuto e sconfitto Voldemort?»
Lui ci riflette su «Dici che è una garanzia aver salvato il mondo?» Mi chiede, mentre saliamo sulla carrozza per Hogsmeade.
«Mi sembra un’assicurazione più che una garanzia.» Rispondo prendendo posto vicino a lui, sistemandomi i guanti. «Piuttosto secondo te come l’ha presa quando le abbiamo chiesto di tornare a casa alle fine di ogni lezione, invece che restare ad Hogwarts?» Domando. Lui scrolla le spalle.
«Mi è sembrata tranquilla, del resto non possiamo lasciare Lucy da sola con una babysitter, e non ci penso proprio a portarla a Hogwarts» Ribatte poi, convinto.
«Invece mi è sembrata dispiaciuta quando le ho detto che volevo lasciare il corso di Aritmanzia, ma mi prendeva davvero troppo tempo...» Dico, un po’ amareggiata.
«Hai sempre Antiche Rune. E poi scusa, appena Lucy diventa più grande, potrai riavere quella cattedra, no?»
«Mah, si vedrà. Magari ti soffio il posto per Difesa!» Esclamo, schernendolo.
Inarca un sopracciglio perplesso «Non avevi detto che salvare il mondo era un’assicurazione?»
«Ehm, sì, amore» Rispondo piano, battendogli una mano sul ginocchio, rassicurante.
«Ma come devo fare con te?» Domanda mentre la carrozza si ferma, aprendo le porte.
«Ti amo proprio perché mi sopporti.» Commento, scendendo sul prato pieno di foglie secche e colorate. Lo sento sospirare.
«Ah, prima che mi dimentichi…» Mi dice, ricordandosi. Mentre ci avviamo verso la stazione di Hogsmeade. «Ron mi ha mandato un gufo stamattina, ha detto che la festa a sorpresa per Fred e Angelina è lunedì.»
«Ah perfetto, costringerò Luna ad accompagnarmi nella scelta del regalo per Angelina. Tu e gli altri cosa farete per Fred?»
«Non lo so. Spero tanto che a Ron non venga qualche idea malasana, come fu per Neville, ti ricordi?»
Stringo gli occhi, disgustata «Oddio, sì. Non avevo mai creduto di poter vedere Luna sconvolta, ma Neville era davvero distrutto da quella “serata-soli-uomini”. In tal caso… buona fortuna» Gli appoggio una mano sulla spalla e lui ride sarcasticamente.
«Ceniamo fuori stasera?» Mi domanda poi, prendendomi la mano.
Inarco le sopracciglia e sospiro «Ho capito… appena siamo a casa chiamo mia mamma e le chiedo di tenere Lucy per un altro paio d’ore. Ma non di più!» Esclamo, puntandogli il dito contro. Lui ride e mi cinge le spalle, dandomi un bacio sulla fronte.
«Un paio d’ore saranno sufficienti.» Sussurra.
Qualche passo più in là, gli tengo la mano che ha attorno alle mie spalle, sospiro e lo guardo, contenta. «Buon anniversario Harry» Mormoro, allungandomi verso di lui.
«Buon anniversario, Herm.» Risponde, baciandomi.



Lo so, è stato un capitolo davvero zuccheroso. Spero vi sia piaciuto comunque :)
Alla prossima avventura che, se tutto va bene, arriverà su EFP molto presto!
Grazie a tutti.

ps. Anche qui Harry è un grande fan dei Beatles (siccome adoro Lucy in the sky with diamond, quando l'ho sentita, un giorno, non ho potuto fare a meno di pensare alla loro bambina :D) mi piace mantenere le caratteristiche delle mie versioni dei personaggi, mi aiuta ad avere di loro una visione completa e coerente :D Forse anche Lucy tornerà! Chissà :D

 

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