Qualche
spiegazione per questa fic:P
E' molto
sui generis, quindi se a volte vi sembra che il punto di vista salti
un po' troppo dall'uno all'altro personaggio... credetemi, è
normale, essendo nata come gioco di ruolo:P
Benché
la mia amica Sakura ed io abbiamo usato la terza persona, ognuna di
noi due curava il punto di vista dei propri... attori... così
effettivamente a volte si salta dall'uno all'altro.
Abbiamo
cercato comunque, per poter fare assumere alla fic la parvenza di una
fanfic normale, di aggiustare e rendere le cose più chiare
prima di postarla. ^^
E credo
sia venuta leggibile^^
Allora...
per farvi capire... il titolo può sembrare demenziale, ma la
fic non lo è, solo un po' comica in alcuni punti ma anche
parecchio angst in altri^^
I
personaggi sono stati così divisi.
Sakura
nelle vesti di: Touma, Shu e Byakuen
Io nelle
vesti di: Shin, Seiji e Ryo
Avvisi del
caso: momentaneamente shonen ai ma ci sarà una scena a rating
rosso più avanti^^
Che altro
dire? E' stato divertentissimo:P
Qui avete
la prima parte, ma la fic è tutta conclusa, il resto è
solo ancora da mettere a posto:P
DI
FOCHE E NOTTI AGITATE
-1-
Il sole
all'orizzonte era quasi al tramonto, l'aria tutt'attorno vibrava del
calore della primavera e il vento tra le fronde era dolce e cullante,
come un'antica ninnananna. Qualche rondine lanciava richiami nelle
vicinanze della casa, segno che l'ora del rientro era ormai giunta;
nel mezzo del prato, sdraiato come se l'erba fosse il suo più
naturale letto, vi era un ragazzo, le braccia spalancate davanti
all'infinito spezzato tra il rossore e il blu cobalto di una notte
ormai in arrivo.
La
primavera era una bella stagione, per chi tanto spesso sentiva il
cuore freddo, invitava ad accogliere dentro di sé le occasioni
per poterlo riscaldare; e Seiji aveva tanto bisogno di percepire un
po' di calore dentro di sé, era semplicemente stanco, non
sapeva spiegarsi perché, lui, tanto avvezzo a controllare il
proprio spirito e le proprie reazioni, non era improvvisamente in
grado di districare la matassa ingarbugliata dentro di lui che, tra
l'altro, si faceva intricata ogni giorno di più. E tutto da
quando quelle persone... e una tigre... avevano invaso la sua vita
facendo crollare ogni certezza. Passeggiava sul prato, le scarpe
basse e leggere gli permettevano di percepire la morbidezza
dell'erba; poi lo vide... eccola una di quelle persone... i grovigli
del cuore si intrecciarono ancora di più, in un istante.
"Perso
a rimirare le stelle?" disse con tono quasi serio, un po'
intimidito.
L'altra
figura si rigirò su se stessa e si mise prona, le braccia
intrecciate sotto il viso, gli occhi che spuntavano dal buio: visto
così sembrava proprio un bambino, incuriosito e curioso ... a
dirla tutta, anche un po' strano.
"In
realtà speravo di vedere delle stelle cadenti. Qui in campagna
il cielo non è ferito dalle luci artificiali".
Stelle
cadenti ... quello strano essere di nome Touma che aspettava qualcosa
di così romantico. Il cielo sarà stato anche il suo
regno ma, quando si sentiva parlare il piccolo del Kansai, la
razionalità era l'aggettivo più adatto alle sue
argomentazioni. Escluse le volte in cui i commenti salaci uscivano
con tanta facilità.
Seiji non
poté fare a meno di sorridere e si accucciò accanto
all'amico, un ginocchio a terra e l'altro sollevato, la mano destra
posata al suolo, l'altra raccolta sulla gamba che faceva da sostegno;
poi il sorriso si spense, perché il pensiero che l'aveva
sfiorato gli diede un brivido. Si era davvero perso a contemplare
quel viso... trovandolo carino? Sbuffò, si tormentò
nervosamente il ciuffo biondo, quindi si sedette in posizione più
comoda e rivolse al cielo i suoi occhi violetti:
“Se
le aspettiamo insieme, queste stelle cadenti, forse avremo più
fortuna... che ne dici?”
Touma
tornò supino e gli rivolse uno sguardo carico di curiosità;
poi le labbra si mossero in un sorriso divertito, quasi sbarazzino.
"La
luce che cattura le stelle ... potresti diventare il mio portafortuna
stasera".
A quelle
parole, gli occhi di Korin si staccarono subito dalla volta celeste,
ormai completamente preda della luce della notte, e tornarono a terra
accompagnate dal tonfo assordante di un battito nel petto.
"Non
guardarmi così!" aggiunse Touma strizzandogli l'occhio e
lasciandosi andare a una risata liberatoria. "Sono anni che non
vedo una stella cadente ad occhio nudo ... se ne attrai anche una
sola, diventerai il mio portafortuna ufficiale!".
C'era una
sorta di ironica malizia in quelle sue ultime parole ma, stranamente,
non vi era intento di attaccar briga.
L'unico
occhio visibile di Seiji sotto il vaporoso ciuffo si fece immenso; di
solito riusciva a tenere testa benissimo alle battute di Touma, di
qualunque stampo esse fossero. Ma questa volta c'era qualcosa di
diverso e il samurai della luce non sapeva come comportarsi di fronte
a qualcosa che, effettivamente, non capiva. Mentre lottava
spasmodicamente alla ricerca di una parola, una sola, semplice
parola, con cui ribattere, un grido emesso da una voce limpida e
acuta lo fece trasalire:
“SHU,
LA VUOI SMETTERE? ALTRIMENTI TI GIURO CHE NON ARRIVI A VEDERE LA
PROSSIMA ALBA!”
Korin si
lasciò sfuggire un sorriso; i loro due bimbi si stavano
esibendo nell'ennesimo battibecco.
"Ecco
la dolce vocina del nostro Shin ..." disse Touma alzandosi a
sedere di scatto. "Mi chiedo quale nefandezza il nostro Shu
abbia compiuto stavolta ...".
Si voltò
verso Korin e fece spallucce, sospirando. "Abbandoniamo per
stasera la nostra attesa?". Seiji fece cadere la testa, ora più
rilassato, e lasciò che una smorfia si disegnasse sulle
labbra. "Se vogliamo evitare un sicuro omicidio ...".
"Shin,
è mai possibile che te la prendi per così poco?!".
La porta
d'entrata della villa si era spalancata, lasciando uscire un fascio
di luce nel quale si stagliò la figura possente di Kongo.
Seiji si
alzò divertito, mentre osservava il samurai della Terra che
correva verso di loro, una tigre bianca alle calcagna e, poco più
indietro, un altro ragazzo, i capelli rossi al vento.
“PRENDILO
BYAKUEN, NON LASCIARTELO SCAPPARE!”
“Addirittura
scomodare Byakuen” commentò Korin, “la scimmietta
deve averla fatta proprio grossa questa volta.”
"Byakuen, mi raccomando" gridò, alle spalle di
Korin, Touma di Tenku. "Prendilo con una sola mossa!".
La tigre,
rispondendo all'incitazione del ragazzo, emise un ruggito, mentre
Kongo lanciava un'imprecazione ben poco gentile: sarebbero bastate
solo due falcate all'animale per brancare il ragazzo e placcarlo a
terra, come in una terribile morsa di rugby. A dispetto
dell'apparenza, però, Byakuen sapeva ben dosare la propria
forza e finì semplicemente per afferrare i pantaloni di Shu,
farlo caracollare a terra e, infine, accoccolarsi sulla sua schiena.
A quella vista, Tenku non riuscì a trattenere lo scroscio di
risate che eruppero senza freno, mentre Korin nascondeva il proprio
divertimento dietro ad una mano.
Il
ragazzo che per primo aveva aizzato il felino, raggiunse il
gruppetto, un ghigno di soddisfazione dipinto sul volto e si acquattò
accanto a Byakuen e al suo prigioniero:
“Byakuen
è dalla mia parte, scimmietta e non ti lascerà andare
finché non mi restituirai quello che hai nascosto.”
“Un
altro dispetto?” infierì Korin, inginocchiandosi davanti
a Shu e posandogli una mano tra i capelli, tenendogli la testa
incollata al suolo, “ti consiglio di restituire il maltolto a
Shin, di qualunque cosa si tratti!”
"Shu,
dovresti sapere che non hai vie di scampo ..." disse infine
Touma con un ghigno che nulla prometteva di buono. "...
altrimenti ci vedremo costretti a cercare da noi quel che hai
sottratto".
Byakuen
si lanciò in un profondo e vibrante ruggito che fece tremare
il corpo stesso di Shu: con uno sforzo degno di lui, Kongo rialzò
la testa, liberandosi della presa di Korin e, con uno sbuffo, sbottò:
"Siete
veramente crudeli! In quattro contro uno solo ... anzi, cinque, visto
che Byakuen conta per due!".
La tigre
lanciò un altro ruggito, qualcosa che risuonò nell'aria
come una vera e propria risata.
“Ragazziiii”
si fece udire un'ennesima voce giovanile, seguita da un adolescente
dai capelli corvini che sbucò dall'angolo della casa, “credo
di avere trovato quello che cercava Shin!”
Dal suo
tono trapelava un misto di terrore e divertimento, quasi fosse latore
di un qualche bizzarro quanto spaventoso segreto.
Shin di
Suiko si alzò in piedi e scrutò il nuovo venuto con
sguardo interrogativo e vagamente ansioso:
“La
tua espressione non mi piace per niente, Ryo.”
“Anche
a me lascia perplesso” ridacchiò Korin, “ho la
sensazione che stia per essere firmata la condanna a morte di una
certa scimmietta.”
L'ultimo
arrivato lanciò uno sguardo curioso alle due figure stese a
terra e si lasciò sfuggire una risata.
"Byakuen,
lascialo andare, poverino ...".
"Poverino,
lui?!" Suiko gli si rivolse con un broncio degno del peggior
sdegno. "Povero me, semmai. Sono sempre l'oggetto dei suoi
giochetti ...".
A quelle
parole, Touma rincarò la dose di risate, stavolta con uno
sguardo che non piacque a nessuno.
Korin si
ritrovò a credere che, senz'ombra di dubbio, quella sua mente
tanto contorta aveva pensato a tutt'altra cosa ... pareva tanto
innocente, ma a volte la malizia usciva da quella bocca con una
semplicità a dir poco disarmante e imbarazzante.
“Cosa
ti sei metto in testa adesso?” chiese il samurai della luce,
scrutandolo con l'intensità dei suoi occhi tanto strani.
“Qualunque
cosa sia” sbottò Shin, ormai sull'orlo evidente di una
crisi isterica, “sarà meglio che stia attento pure tu,
Touma, non credo di essere in grado di sopportare anche te!”
Quindi
Suiko diede le spalle a tutti quanti e fece per allontanarsi, ma una
mano si strinse intorno al suo avambraccio.
“Eddai,
Shin-kun, non fare così, a volte esagerano, è vero, ma
ti vogliono bene, lo sai.”
“Hanno
uno strano modo di dimostrarlo, Ryo...”
Il
guerriero del fuoco osservò l'amico con ansia, perché
il suo tono si era fatto più triste, dimesso e lui non
sopportava la tristezza dei suoi amici, quella di Shin, poi, arrivava
dritta al cuore, proprio perché così raramente
condivideva i propri pesi ed era sempre tanto gentile con tutti,
anche se qualcuno, in quel gruppo variegato di teste e anime, metteva
spesso alla prova la sua pazienza.
Zittito
dall'uscita di Suiko, Touma inclinò la testa e si passò
una mano tra i capelli: ecco che l'aveva fatto ancora ... un'altra
volta e un altro passo oltre la linea. Tenere a freno la lingua non
era mai stato esattamente semplice per lui, ma quando si trattava
degli altri, le loro reazioni poco lo toccavano. Ora però, era
tutta un'altra storia. Non erano solo gli altri. Questi ragazzi erano
ben più ... Senza più altro pensiero, con uno scatto
veloce, Tenku si ritrovò al fianco di Suiko e, afferratogli il
braccio lo trascinò di corsa all'entrata, richiudendosi poi la
porta alle spalle.
I
restanti osservarono i due amici finché scomparvero
all'interno della casa, anche Byakuen si era fatto serioso, pur non
abbandonando la propria posizione; fu Ryo a fargli cenno di scendere
dal samurai di Kongo e di smetterla di usarlo come proprio cuscino.
Quando Shu ebbe finalmente agio di muoversi e di mettersi in
ginocchio, sia Rekka che Korin lo circondarono e lo assalirono di
domande:
“Si
può sapere cosa hai fatto a Shin questa volta? Che cosa gli
hai rubato? ” chiese con insistenza Seiji.
“Perché
ti diverti tanto a tormentarlo?” rincarò la dose Ryo.
"Io
non ho rubato nulla!" sbottò infuriato Shu, dimenando le
braccia attorno a sé. "Se n'è uscito dalla sua
camera prima e mi ha aggredito come un forsennato!" si
giustificò con un'aria quasi offesa. "Oh certo ... se
succede qualcosa in casa, la colpa è sempre mia ...".
“Almeno
abbi la decenza di non fare il finto tonto” riprese Ryo, “non
sei neanche abile a nasconderle le malefatte che fai! Potevi trovare
un nascondiglio più intelligente! Tra l'altro è tutta
bagnata, spero non sia rovinata troppo o Shin avrebbe tutte le
ragioni persino di toglierti il saluto!”
“Vorreste
farmi il favore di rendere noto anche a me di cosa si tratta?”
domandò ancora Seiji di Korin, sempre più curioso.
"Beh,
potresti illuminare anche me, allora ..." sbottò ancor
più perplesso Shu. "Visto che non ho la più
pallida idea di cosa tu stia dicendo!".
Korin e
Rekka si guardarono per un momento, poi il samurai del fuoco avvicinò
il viso all'accusato, scrutandolo intensamente.
"Non
gliel'hai presa tu?".
"Che
cosa?!".
"La
sua foca!".
"La
foca? Ma ... NO!" Il volto di Kongo si infiammò con una
vaga aria colpevole. "Io non ... io l'ho lasciata sul suo letto!
E non era ... bagnata?! Come era bagnata?".
“Era...
bagnata... sì...” borbottò Ryo tirandosi un po'
indietro con una smorfia; dopotutto Shu sembrava sincero, quasi
costernato per tutto ciò che gli era piovuto addosso. Inoltre,
per quanto dispettoso potesse essere, riflettendoci bene non avrebbe
mai rischiato di rovinare qualcosa a cui, come sapeva, Shin teneva
tanto. Un gorgoglio spinse lui e gli altri a voltarsi in direzione di
Byakuen; persino la tigre appariva, improvvisamente, sconcertata.
"Che
succede, Byakuen?" fece Ryo con aria titubante. La tigre si
sedette con aria pensosa, la coda che girava vorticosamente e lo
sguardo perso a terra: agli occhi dei ragazzi, pareva come un bambino
colto con le mani nel sacco.
"Byakuen?"
ripeté Ryo di Rekka. La tigre si alzò e raggiunse di
corsa la porta d'entrata: raspò per un attimo, poi la porta fu
aperta e la tigre balzò in avanti sorprendendo Touma e Shin.
"Byakuen,
cosa succede?" domandò Suiko con aria confusa, prima di
lasciargli lo spazio per passare. L'animale salì di fretta le
scale, come se avesse qualcosa di urgente e improrogabile da portare
a compimento.
“Ma
che gli è preso?” continuava a chiedersi Rekka,
fermandosi al fianco del compagno ed osservando la traiettoria
dell'amico felino.
Nel
frattempo, Shin e Shu si scambiarono un'occhiata, entrambi
impermalositi; l'arrabbiatura del primo non era ancora passata,
nonostante Touma avesse impiegato tutti i propri mezzi per riportarlo
alla calma, mentre il secondo si sentiva accusato ingiustamente e la
questione non gli andava, evidentemente, giù.
L'ultimo
ad entrare in casa fu Seiji, che si accostò al samurai
dell'acqua, posandogli una mano sulla spalla:
“Sai,
credo che avremo una sorpresa... temo che abbiamo preso tutti un
abbaglio questa volta..”
“E
detto da te” si levò la voce canzonatoria di Tenku.
"Touma..."
Il tono
era chiaro, chiarissimo. Stavolta Shin e Seiji si erano trovati
perfettamente sulla stessa linea d'onda.
"Non
resisti, eh?" aggiunse Ryo con in viso un'espressione buffa
nella sua serietà.
Tenku
sospirò e, ostentando tutta la naturalezza possibile, alzò
il naso verso le scale: pochi secondi dopo, riaprì la bocca
per un'esclamazione di sorpresa.
I visi di
tutti, sempre più seri, sempre più agitati, si
fissarono su Byakuen, in cima alla rampa: aveva le orecchie
leggermente curvate e la coda si muoveva appena.
“Byakuen!”
L'esclamazione
quasi angosciata di Shin fu il primo suono a levarsi, acuto, nel
gruppo, dopo ciò che avevano visto. Il samurai di Suiko si
lanciò su per la scala, si inginocchiò davanti alla
tigre e tese le mani verso l'oggetto che il felino contrito teneva
tra i denti.
“Dai,
ridammela, così la rovini!”
“Non...
ci posso... credere...” bisbigliò Ryo, “dunque, a
portarla in camera mia...”
Poi la
sua voce si alzò di qualche ottava e sollevò il pugno
verso la tigre:
“Byakuen,
ma cosa diavolo ti è saltato in mente di entrare in una stanza
altrui e servirti come se niente fosse?!”
La tigre,
dopo aver lasciato cadere il pupazzo nelle mani di Shin, si lasciò
andare ad un brontolio indispettito: questa poi! Non aveva fatto
niente di male, lui! Qualcuno aveva abbandonato quella piccola foca
tutta sola ... lui si era solo preso cura di lei. Non si lasciavano
certi tesori con così poca cura!
Gli
occhioni neri della tigre si alzarono su Suiko che, con aria un po'
imbronciata, un po' rassegnata, teneva tra le mani la povera foca
fradicia: allora gli venne spontaneo e naturale allungare il naso
verso Shin e strofinarlo sulla sua guancia. Poi fece lo stesso - ma
con più delicatezza ... quella foca era così piccola e
leggera - sul pupazzo tra le mani del ragazzo e, concludendo quella
sua mirabile richiesta di scuse, si abbandonò ad un mugolio
adorabile.
Shin
seguì i movimenti del muso del felino, come incantato e gli
venne spontaneo, quando il naso di Byakuen toccò il suo
peluche, allentare un poco la stretta, tanto da dare l'impressione
che volesse ridarglielo.
“Volevi
prenderti cura di lei, vero?”
La tigre
rispose con un lieve ringhio di assenso e Suiko non resistette alla
tentazione di gettarle le braccia al collo.
L'idillio
fu interrotto dal commento sgraziato che si levò dalla voce di
Shu:
“Magari
riservasse ogni tanto a me quella tenerezza, sono convinto che non mi
avrebbe perdonato con la stessa facilità!”
La mano
di Seiji si abbatté nuovamente sulla testa di Kongo,
accompagnata stavolta da una veloce scompigliata di capelli.
"Sappi
cogliere il momento giusto".
"E
cerca di essere adorabile come Byakuen ... beh, almeno provaci"
aggiunse sardonico Touma alle sue spalle.
"Quindi
il mistero è risolto, no? Shu è perdonato e Shin
ammansito ... direi che siamo pronti per la cena!" concluse il
samurai dell'etere guadagnandosi sospiri e occhiate esasperate da
varie parti. Poi, con uno sguardo serio serio, si voltò verso
i compagni e puntò chiaramente il dito contro Shu. "Sappi
che ci hai fatto perdere dei desideri stasera!".
Il
guerriero dell'acqua scese le scale e passò accanto a Shu,
fermandosi, rigido, per qualche istante; anziché guardare il
compagno scrutava fisso davanti a sé, le labbra imbronciate e
un cipiglio che voleva essere serioso ma che, proprio perché
ostentato, risultava buffo. In realtà avrebbe voluto dire
qualcosa, ma le parole non uscivano, quindi si limitò
finalmente a degnare Kongo di un'occhiata, i pugni stretti lungo i
fianchi. Sulle sue labbra, dopo quella che parve un'eternità,
si formò un balbettio:
“Shu...”
Il
samurai di Kongo sentì la terra sotto i suoi piedi sgretolarsi
- o forse erano le ginocchia - ed il viso si infiammò delle
peggiori tempeste di fuoco.
"Dimmi
..." mugugnò lui con lo sguardo abbassato, quasi
imbarazzato dalla situazione. Sembrava quasi una confessione, così
da come erano messe le cose ... e, per quanto si considerasse una
persona aperta, non sopportava di dover assistere a quella scena che
lo stava sciogliendo letteralmente, con quegli occhi intrusi che li
guardavano. Troppo intensamente.
Anche il
volto di Suiko si abbassò; dopotutto era ancora più
timido del compagno e non era quindi meno imbarazzato dalla
situazione, eppure sentiva di dover fare qualcosa, di dover prendere
una qualche iniziativa. Tutti gli amici dovevano sapere che era
perfettamente in grado di riconoscere i propri errori e colpe.
Quindi
raccolse tutto il fiato di cui fu capace e disse, ad alta voce e
scandendo chiaramente ogni parola:
“Io...
credo di doverti delle scuse...”
Shu, al
limite del nervosismo e dell'imbarazzo, chiuse gli occhi, contò
fino a cinque e poi si diede dell'idiota. Certe cose non si dovevano
nemmeno pensare quando c'era di mezzo il proprio ragazzo. Così,
sorprendendo Shin e guadagnandosi dei sorrisi soddisfatti alle sue
spalle, finì quasi per soffocare il giovane nell'abbraccio più
tenero e goffo della storia: una delle mani si intrufolò tra
le morbide ciocche di Suiko e si perse a giocarvi con rara
delicatezza.
Touma fu
sul punto di riaprire bocca, ma Seiji fu più veloce di lui e
se lo trascinò nella sala da pranzo, quasi subito seguito da
Ryo che, dal canto suo, dovette chiamare più volte un
interessato Byakuen: cosa avesse in mente quella tigre, a volte,
proprio non lo sapeva.
“Però...”
si fece udire il bisbiglio di Shin soffocato dall'abbraccio. La
stretta si allentò.
“Però?”
lo incalzò Kongo, dandogli la possibilità di
esprimersi.
Il volto
di Shin si rese di nuovo visibile, imbronciato:
“Un
po' te le cerchi, se ti accuso è perché di solito sei
responsabile davvero.”
Kongo
stava per riaprire bocca, ma una stretta improvvisa attorno al torace
lo distolse da un probabile ulteriore danno. Contro la sua maglietta,
Shin strofinò il viso, poi la fronte e, nel mezzo del silenzio
interrotto dai battiti di un cuore in subbuglio, si levò uno
sbuffo, inevitabile inizio di una risata.
"E
ora perché ridi?!" la voce del samurai della Terra si
alzò, pericolosamente in bilico tra il lamento e
l'incredulità. La risata si acuì e Shin strinse la
maglia del compagno, come a voler sostenere quell'attimo di
improvvisa ilarità.
“Perché...
io...”
Già,
perché rideva? Era il risultato di una tensione accumulata ed
improvvisamente allentata, era l'emozione profonda del momento, era
il suo bisogno inconfessato di affetto a fargli desiderare di
crogiolarsi in quell'abbraccio tanto rude e protettivo a un tempo,
pentendosi per aver rischiato di rovinare tutto con la sua solita,
maledetta lingua che spesso e volentieri rivaleggiava con quella di
Touma.
Poi tornò
improvvisamente serio e gli occhi di Kongo si fecero immensi nel
notare come, in quegli occhi limpidi, luccicassero lacrime... forse
generate dall'ilarità? O erano lacrime reali... di dolore?
"Shin
..." mormorò Shu, un moto di tristezza a invadergli lo
stomaco, mentre una delle mani saliva verso il volto del compagno.
"Prometto che non ti farò più arrabbiare. Che
scaricherò sugli altri tutti i miei stupidi scherzi. Che ti
aiuterò quando me lo chiedi senza fare lo scansafatiche. Che
..." le parole gli morirono in bocca, quando gli occhioni
verde-blu di Suiko si richiusero e vide il viso del ragazzo
avvicinarsi al suo e rubargli un bacio veloce. Così veloce che
credette di aver sognato di averlo ricevuto: sbatté le
palpebre, imbambolato, e le labbra si morsero istintivamente in un
gesto nervoso.
“Sarebbe
meglio che tutti i tuoi stupidi scherzi non li scaricassi su nessuno,
no?” mormorò Suiko, la voce ancora incrinata, poi si
sfregò gli occhi con un braccio; quando lo riabbassò,
liberò sul volto di Shu un esile sospiro:
“E
io farei meglio a tacere... lo so...”
Osservò
gli occhi del suo ragazzo; erano blu, profondi... a prima vista
nessuno avrebbe detto che il volto di Shu fosse così tenero e
dolce, ma Shin quella dolcezza la conosceva tutta, meglio di chiunque
altro.
Ebbe
l'impressione che Kongo volesse dire qualcosa. Infatti, le labbra del
ragazzo si mossero, esitanti, il suo sguardo appariva persino
timoroso:
“Shin...
in realtà... la tua foca...
"La
mia foca ... cosa?".
"La
tua foca ... ecco ... non era ... ecco ..." Shu si passò
timidamente la mano tra i capelli, sperando in cuor suo di non
montare un altro casino per una cosa così innocente. Almeno se
lo augurava. "In realtà, io l'avevo presa ...".
Finì
in un soffio lui. Shin si irrigidì un attimo, ma controllò
l'istinto e la bocca e lo fece continuare. "E?".
"In
realtà ... stavo pensando ... oh, insomma!" Kongo sbottò,
dando le spalle al compagno con un'espressione che Touma avrebbe
definito 'da bradipo ... ma in fondo sono animali carini, no?'.
“L'avevi...
presa?”
Il tono
di Suiko vibrò di tensione; perché quando tutto
sembrava perfettamente a posto, quando tra loro il clima tornava ad
essere perfetto, quella scimmia testona riusciva a rovinare sempre
tutto? Aveva davvero voluto fargli un dispetto allora? Aveva voluto
trovare il modo di ferirlo?
E se così
era, perché aveva lasciato perdere?
“Shu-uu-u,
ti stai inguaiando di nuovo?” cantilenò dall'altra
stanza una voce ben nota.
"Touma!"
replicò stizzito Shin, mentre dall'uscio che conduceva alla
sala, sbucava il capo corvino di Tenku. Questi ignorò Suiko,
mentre puntò tutta la sua attenzione sulla figura girata di
Kongo.
"Shu,
perchè non glielo dici?".
"Dirmi
cosa?!" ribattè Suiko con un dente ben più che
avvelenato.
"Avanti,
diglielo... è tanto spudoratamente più semplice farlo
che andarsi a complicare la vita così ...".
"Touma,
vuoi spiegarmi che accidenti stai dicendo?!".
Ormai il
samurai dell'acqua era pronto a qualsiasi cosa, prima fra tutti
scaraventare il primo oggetto contundente che trovasse sulla sua
strada su quella lingua ingombrante che era Tenku. Secondo, saltare
addosso a Shu. Letteralmente.
***
Gli era
sfuggito... aveva girato un attimo gli occhi e Touma era sgusciato
via dal suo controllo come un'anguilla.
Sì,
perché Seiji non se lo toglieva dalla testa, il guerriero di
Tenku andava sorvegliato, costantemente e con la massima attenzione:
non si poteva mai sapere dove quella lingua incapace di interagire
con persone... normali... potesse andare a colpire, senza volerlo...
e dove quel naso da bambino curioso e desideroso di scoprire...
qualunque fosse il campo di indagine... avrebbe potuto andarsi a
ficcare.
Avevano
lasciato da soli Shin e Shu per permettere loro di chiarirsi e
sperava che lo stesso Touma avesse compreso la necessità di
una tale decisione; non poteva essere andato a disturbarli, non
poteva credere che fosse indelicato fino a quel punto.
Mentre
Ryo era intento ad aiutare Nasty a preparare la tavola e Byakuen
contemplava con interesse quanto veniva messo sulla tovaglia, Seiji
di Korin tornò sui propri passi per andare a controllare che
nel soggiorno non stesse accadendo nulla di spiacevole.
Ed eccolo
lì ... come un cucciolo che punta una preda troppo grande e
pericolosa per lui: il naso che si girava tra una pericolosa orca e
una scimmia che prendeva le sembianze di un gorilla in amore. Lui, il
gatto molesto e impiccione di mezzo.
"Avanti,
diglielo ..." lo sentì miagolare, con quella punta di
saccenza e quel gusto di risanatore dei torti. La mano di Seiji
giunse prima delle parole e lo agguantò al collo della felpa,
come si agguanta un gattino che ne ha appena combinate una delle sue.
"Touma,
sei un moccioso molesto!" si ritrovò ad esplodere Korin.
Gli occhi blu di Tenku si voltarono grandi e orgogliosi verso di
lui, mentre incrociava le braccia.
“AL
DIAVOLO, SEIJI, NON SEI MICA MIO PADRE!” urlò Touma in
faccia a Korin, poi borbottò, più a bassa voce, “ah
no... forse, caso mai, mia madre...”
Seiji
sentì un'ondata di acido risalire lungo le viscere, con il
desiderio di esplodere all'esterno nella prima, autentica
imprecazione volgare della sua esistenza. Eppure riuscì a
trattenersi come sempre, ma strinse il colletto della maglia con tale
energia che Touma venne quasi sollevato da terra.
Il
samurai della luce, senza lasciargli riprendere fiato, non lo degnò
tuttavia della minima considerazione e si rivolse invece agli altri
due amici:
“Non
fate caso a lui, qualunque scemenza stesse dicendo, me lo porto
subito via.”
E così
fece, per la felicità dei due samurai rimasti. Passò
solo qualche secondo, prima che Shin riaprisse bocca.
"Mi
dici che cosa volevi fare?".
"...".
"Prima
che ti torca il collo per ottenere una risposta!".
A quel
punto, Kongo mandò al diavolo quel rimasuglio di timidezza e
di orgoglio rimastigli e si volse verso il compagno, coprendo con
poche falcate la distanza che li separava.
"Un
regalo Shin, accidenti ... pensavo di farti un regalo!".
Il volto
di Shu si abbassò a terrà, così che la frangia
coprisse interamente lo sguardo.
"Avevo
pensato che... dato che non rimarremo sempre assieme ... volevo che
avessi qualcosa che ... ti ricordasse di me ...".
Il cuore
di Suiko gli balzò in gola e il ragazzo lasciò ricadere
le braccia, il corpo improvvisamente scosso da tremiti
incontrollabili: non sapeva cosa, nelle parole e nell'atteggiamento
di Shu, gli facesse più male, se il rammarico dipinto sul suo
volto per essere stato ingiustamente accusato o se il fatto che, per
primo, avesse esternato quello che generava in tutti un malinconico
senso di attesa. Era logico che non avrebbero potuto vivere tutti
insieme per sempre, avevano le loro case, le loro famiglie, i loro
impegni... eppure nel gruppo aleggiava una domanda inespressa: Arago
era sconfitto, per fortuna, le tenebre non costituivano più
una minaccia immediata... cosa ne sarebbe stato, però, dei
Samurai Troopers?
Si
sarebbero separati... e tutto come prima? Come se non fosse accaduto
niente?
“Non
posso piangere” pensò
spasmodicamente Suiko, “non
posso mettermi di nuovo a frignare come un bambino, cosa penseranno
di me?”
Ma,
mentre così rifletteva, una mano salì agli occhi, nel
vano tentativo di arginare la nuova ondata di lacrime; tremava così
forte che temeva di cadere.
Avrebbe
trovato il coraggio di lasciarli? Di lasciare Shu, il suo sostegno,
la persona con cui più si era aperto, forse, dal giorno in cui
suo padre gli aveva detto addio? La persona alla quale, dopo tanti
anni, aveva concesso di guardare dentro la sua anima, finalmente
qualcuno cui poteva realmente aggrapparsi, qualcuno da cui venire
protetto, dopo anni in cui si era imposto di controllare questo suo
incolmabile bisogno d'affetto?
“Shu...”
guaì in un singhiozzo, la mano ancora premuta sugli occhi.
Quel
singhiozzo fece da richiamo e Shu si ritrovò, colto dal
panico, ad osservare impotente grosse lacrime scendere da dietro
quella mano.
Davvero
... quando lo vedeva così, in quel modo ... pensava che le
parole non avessero abbastanza forza per esprimere l'affetto, la
costernazione, il dispiacere, le scuse. A dire la verità,
quando guardava quel ragazzino implodere ed esplodere a piccole e
trattenute ondate, come se non potesse permettere, non agli altri di
vedere... ma a se stesso di mostrare il fianco, un momento di
debolezza o solo una lacrima... Shu si sentiva perso. Completamente.
Non sapeva dove sbattere la testa, quando Shin era così.
Riteneva che anche l'abbraccio più sentito e sincero non
sarebbe servito a nulla per colmare quel momento di infinita
tristezza ... sentiva, ecco che le sentiva ... lì a pizzicare,
prepotenti e sfottenti ... a bussare a una porta che detestava
aprire. Perché le lacrime non si addicevano alla Terra.
“EHY,
COLOMBINI, NON AVETE INTENZIONE DI VENIRE A MANGIARE? SHU, GUARDA CHE
NON TE NE LASCIO!”
Ryo,
Seiji, Nasty e Byakuen sussultarono allo strillo irriverente di Touma
e Korin si voltò per mollargli uno scappellotto non proprio
delicato dietro la nuca, suscitando nel samurai dell'etere una
lamentosa protesta.
Ryo, dopo
aver rivolto un sorriso divertito a quello che era diventato un
genere di scenette ormai abituali, lanciò un'occhiata alla
porta chiusa della cucina:
“Però...
in effetti ci stanno mettendo un po' troppo. Andrà tutto
bene?”
"Ryo,
lasciamoli fare. Se interveniamo noi o, peggio, baka no Touma qui, si
intrufola in fatti non di sua competenza"
Alle
parole di Korin, Tenku fece un'espressione talmente scandalizzata e
scioccata che Nasty e Byakuen risero di gusto.
"Finiamo
solo per allungare le cose. Diamogli tempo e spazio" concluse il
biondino lanciando un'ultima occhiata al samurai dell'Etere.
Nell'altra
stanza i due ragazzi, a pochi passi l'uno dall'altro, non si
guardavano nemmeno negli occhi ora: era così tetro quel
pensiero galleggiante sulla loro testa che, forse, temevano, nel
guardarsi, di incontrare il pianto dell'altro e allora dare vita a
una vera e propria valle di lacrime.
“Dì
qualcosa Shu... ti prego... dì qualcosa tu...”
pensava febbrilmente Suiko, non ce la faceva ad essere forte, non in
quel momento. Aveva fatto il forte da una vita, aveva imparato a
contrastare i propri cedimenti, si era appropriato delle virtù
di un degno guerriero samurai, ma la verità era una sola: lui
non era altro che un ragazzino di quindici anni e i sentimenti erano
quanto più contava, in verità, nel suo cuore.
Era così
per tutti loro, il Male era stato sconfitto, da quando era piccolo
aveva adempiuto ad un dovere autoimposto perché sua madre e
sua sorella non si preoccupassero di nulla e fossero degne di lui.
Non aveva, in fondo, il diritto di dare ascolto ai propri sentimenti,
una volta tanto? Non avevano, tutti loro, quel diritto?
Abbassò
il braccio, smise di strofinarsi gli occhi; avrebbe accettato il
proprio pianto e voleva vedere quello di Shu... la sua commozione,
voleva che anche lui si sentisse libero di esprimere tutto ciò
che aveva dentro.
Fissò
i propri occhi lucidi e arrossati sul guerriero di Kongo e lo vide
con lo sguardo basso, l'atteggiamento tanto simile a quello di un
cucciolo bastonato che gli fece il medesimo effetto di Byakuen quando
era stato colto in fallo con la sua fochina di pezza.
Un passo
dopo l'altro, lenti e un po' esitanti, colmò la distanza che
li separava e le sue mani si allungarono, si posarono sulle guance di
Shu e si spostarono fin sulla nuca, a giocare con i suoi capelli
scuri arruffati:
“Shu...
guardami... dai...”
Shu
sospirò, più di una volta, come se con l'aria volesse
respirare anche il coraggio e la forza di cui aveva bisogno, ora.
Strinse forte i denti, imponendo alla propria testa di alzarsi e
quelle dita che passavano sulla sua nuca furono uno stimolo
necessario, indispensabile, perché tornasse a rimirare gli
occhi blu mare del suo Torrente.
Eccolo,
penso Suiko. Ecco il volto più vero e candido ... e
incredibilmente tenero del mio Shu. E' qui, in questi occhi che
brillano pericolosamente di stelle ... è sulle sue guance,
arrossate, coperte di lacrime e frementi di tutto ... è qui
... su queste sue labbra che si mordono per non lasciare uscire
nemmeno un singulto. E' lui. E' il mio unico, incredibile Shu.
A lui
doveva tanto, forse troppo, all'inizio di quella loro pazzesca
avventura, non avrebbe mai pensato che un semplice incontro avrebbe
significato tanto; la sua mente era tutta concentrata sull'impresa
che il fato gli aveva imposto di compiere e si impegnava a mascherare
la paura che lo stringeva dentro come una morsa, facendo spesso e
volentieri il buffone... come Shu del resto... i pagliacci del
gruppo... quella era la superficie di entrambi... e i reciproci
crolli in privato quando, da soli, nella stanza che Shu aveva lottato
per dividere con lui, si erano aperti, confidati e confessati... di
essersi innamorati l'uno dell'altro, di aver trovato, l'uno
nell'altro, un porto sicuro nel quale rifugiarsi in caso di bisogno,
“Tuttavia
è vero soprattutto per me” rifletté,
“per lui è così
facile aprirsi... mentre io...”
Il pensiero si mutò in parole pronunciate con voce rotta:
“Shu...
non restare in silenzio... ho paura...”
Di cosa aveva paura? Non erano esattamente quelle le parole che
avrebbe voluto dire, ma erano uscite, in tutta la loro drammatica
realtà. Sapeva bene di cosa aveva paura: era tutto finito e le
loro strade si sarebbero divise, come poteva accettarlo dopo tutto
quel che era nato tra loro? Shu l'avrebbe dimenticato? Si sarebbe
trovato altri amici... altri amori con cui condividere il resto della
sua esistenza?
“Io
invece... non posso immaginare... di poterci riuscire... senza di lui
non sarò mai più nulla.”
"Come ci riesci?" furono le prime parole di Shu a udirsi,
inaspettatamente.
Shin scosse la testa, un po' sollevato a sentire la sua voce, ma
confuso da quella domanda.
"A fare cosa?".
"A non aver paura ... quando piangi ...".
Suiko riabbassò il capo, un poco deluso da quelle parole: lui
non aveva cosa ...?!
"Io ho paura Shu ... ne ho sempre, ma ...".
"Ti invidio ..." una guancia di Kongo scivolò su
quella di Suiko e le loro lacrime si mescolarono in una scia salata.
"Io sono bravo a ridere e scherzare ... ad arrabbiarmi e a
mettere il muso, ma ... non sono bravo, proprio per niente ... a
piangere come te".
"Bravo ...?". Shin spalancò gli occhi, credendo di
aver sentito male. "Shu, ma cosa dici?".
Il samurai dell'acqua deglutì, colto da un senso di
soffocamento; era spiazzato e non sapeva come reagire a quelle
parole... né come prenderle. Non gli era affatto chiaro se Shu
le intendesse come un complimento o l'esternazione di quel che
riteneva un difetto. Tuttavia, le loro lacrime che si fondevano
insieme, le coccole che il compagno gli stava riservando...
Perché doveva sentirsi così insicuro? Perché
tanto spesso metteva in discussione la propria medesima virtù?
Era bello quell'abbraccio, gratificante, gli colmava il cuore... ma
aveva bisogno che Shu lo rassicurasse, ancora di più... perché
avrebbe potuto essere l'ultimo... avrebbe potuto essere un abbraccio
d'addio.
Appoggiò la fronte sulla spalla di Kongo, si abbandonò
contro di lui come se gli mancasse il terreno sotto i piedi e Shu
venne colto alla sprovvista nel percepire il peso del suo ragazzo che
gravava completamente contro il suo corpo, tanto che si destabilizzò
un po'. Ma era forte e riprese subito il controllo, lasciando che
Suiko si affidasse del tutto alla sua presa salda.
“Bravo
a piangere? Oh... Shu...” si mise a singhiozzare Shin, “ho
il terrore di perderti, lo capisci?”
Le ultime parole furono quasi un grido, una disperata invocazione.
"La parola addio non dovrebbe esistere tra noi!".
Come un fulmine o, forse, una stella cadente, Tenku no Touma fece
l'ennesima comparsa nello spazio vitale dei due ragazzi: le mani
aggrappate agli stipiti della porta, la bocca contratta in una
smorfia e gli occhi, stavolta, latori di una tristezza e di una
rabbia quasi incontenibile. Shin e Shu si bloccarono, l'uno nelle
braccia dell'altro, spiazzati e sconvolti da quell'apparizione simile
a un oni imperioso: Tenku tremava in ogni fibra, come se l'energia
delle stelle che gli fluiva dentro volesse scoppiare e inondare
tutto, purificare ogni cosa, lavare via ogni lacrima, cancellare ogni
torto, ogni parola sbagliata.
"La parola addio non deve esistere tra di noi ... noi siamo
amici ... siamo ... molto di più ..." la voce si abbassò,
per poi rialzarsi selvaggia e potente. "Se per voi il mondo è
tutto qui e non vedete nulla di più, allora siete davvero dei
bambini!".
Ed eccole, piccole piccole, trattenute con mano esperta negli occhi,
mentre le guance si coloravano di fiamme e impertinenza. "Voi
siete il mio mondo ... e tu, Shin ... e tu, Shu ... siete uno il
mondo dell'altro".
Gli occhi brillarono del fulgore delle stelle e Touma si sentì
detentore di una verità unica, assoluta e inconfutabile.
"Può forse una distanza materiale separarci davvero dagli
amici? Se desideri essere accanto a qualcuno che ami, non ci sei
forse già?".
Shin lasciò cadere una mano lungo il fianco, mentre l'altra
restava saldamente aggrappata a Shu; non smise di piangere, ma erano
lacrime pacate adesso, lo sguardo ricolmo di emozioni fisso sul
samurai dell'etere che, dopo aver gettato fuori quel fiume di parole
contenenti un universo intero di significati, ora restava fermo, le
mani che afferravano convulsamente il legno cui si appigliavano e
respirava con affanno, come se avesse compiuto uno sforzo devastante.
Ma ciò che colpì maggiormente Suiko furono le
lacrime... anche Touma piangeva... erano tre bambini, in piedi, a
guardarsi, specchiando negli occhi gli uni degli altri la propria
personale angoscia, che diventava comunitaria, unica.
“Touma...”
mormorò Shin, colpito, commosso, devastato interiormente da
ciò che era accaduto a tutti loro nel giro di così poco
tempo.
Seiji non si era neanche accorto del movimento di Touma, non si era
reso conto che Tenku si era avvicinato alla porta con il chiaro
intento di origliare e, quando voltò nuovamente lo sguardo
verso di lui, il samurai che faceva della razionalità e della
praticità estreme la propria bandiera, si stava lanciando, con
ansia e foga, nel più sentito ed intenso dei discorsi. Il
cuore di Seiji si strinse, gli era chiaro cosa stava accadendo: pian
piano stavano venendo fuori le loro paure... l'incertezza che a tutti
provocava, nell'animo, la loro ormai prossima separazione.
Si voltò a guardare Ryo e lo vide immobile, in piedi, anche
lui a fissare Touma, negli occhi lacrime che erano pronte ad uscire.
Sollevò una mano e se la portò alla guancia: la trovò
umida. Non si era reso conto prima che lui stesso, già da
parecchi istanti, stava piangendo... e stranamente non se ne stupì,
né se ne fece un problema.
Seiji e Ryo si avvicinarono, allora, al compagno che, quasi
ansimante, se ne stava ora silenzioso come un bambino in castigo:
Seiji allungò una mano e la passò sulla testa corvina
di Tenku e, per la prima volta, lo fece con una tenerezza quasi
sconcertante.
"Dovremmo essere più sinceri tra di noi ..." mormorò
Ryo, un sorriso malinconico sulle labbra e una mano che tentava di
asciugare il disastro che gli scorreva ancora sul viso. "Tenerci
tutto per noi ... fa male".
I compagni annuirono, mentre Byakuen, compresa l'atmosfera, osservava
la scena dall'esterno.
Eccoli lì i cinque cuccioli ... dalle zanne affilate e
precise, ma dai modi ancora talmente maldestri da sembrare teneri
micetti.
Era così difficile anche solo formulare il pensiero della
distanza per loro, eppure ... gli esseri umani erano proprio strani.
Faticavano a comprendere quanto quelle distanze materiali non fossero
altro che un gioco di illusioni della loro tristezza: in fondo, erano
stati gli stessi esseri umani a trasformare le enormi distanze in
tragitti così brevi da passare inosservati. E questi cinque
cuccioli si disperavano per una distanza ... quando i loro cuori
erano lì, stretti l'uno all'altro, incapaci di muoversi senza
che l'altro battesse e accompagnasse il loro moto continuo. I cuori,
no, quelli non erano mai lontani.
Touma restò in un primo tempo rigido, immobile, quando le mani
dei due compagni cominciarono ad accarezzarlo, ad asciugargli le
lacrime come se davanti a loro ci fosse Jun anziché un giovane
della loro età, quindi sorprese Seiji con una mossa
inaspettata: si lasciò andare ed affondò contro il suo
petto, nascondendo in esso completamente il volto. Korin fu così
colpito che non reagì subito, ma poi allargò le proprie
braccia e le richiuse su di lui, poggiando la fronte sulla nuca,
lasciando che le ciocche un po' disordinate di Tenku gli
solleticassero la pelle del viso.
Ryo non poté fare a meno di sorridere di fronte a quella scena
e si allontanò un poco, quasi sentendosi di troppo in un certo
senso; anche se sapeva benissimo che, tra loro, nessuno era di
troppo, perché erano una cosa sola, non importava la distanza,
Touma aveva avuto ragione nel dirlo.
Eppure sentiva, dentro di sé, che tra il cucciolo del Kansai e
il discendente di Masamune Date permaneva qualcosa di non detto... e
che avrebbero assolutamente dovuto chiarire, prima di salutarsi.
Sgusciò tra loro, nel soggiorno, e gli occhi caddero sulle
altre due figure incollate l'una all'altra, intente ad osservare la
scena con tante domande dipinte sui volti.
Il sorriso di Rekka si accentuò: la situazione tra Shin e Shu
era diversa, si erano aperti l'un l'altro, lo sapeva. Ciò di
cui avevano bisogno loro, era una reciproca sicurezza e riteneva che
Touma avesse avuto il merito di fornire una spinta in questo senso.
Lingua lunga Tenku, dopotutto, non parlava sempre a sproposito.
Si avvicinò ai due, fino a posare le mani sulle loro spalle.
“Ryo...”
mormorò Shu.
“Ryo...”
gli fece eco Shin, quasi simultaneamente.
Il samurai del fuoco avrebbe riso: erano entrati talmente in sintonia
i loro due adorabili pagliacci che, a volte, giungevano a parlare
insieme, facendosi coro a vicenda.
“Shin-kun...
mi spieghi come potrebbe, Shu, fare a meno di te? Come potrebbe
accettare di perderti?”
Suiko sussultò, poi il suo viso ancora sconvolto si abbassò,
la mano si strinse in un pugno. Ma subito dopo la portò al
viso, a stropicciarsi un occhio:
“So
di essere un idiota...”
“Non
è vero” gli rispose Ryo, “sei solo stato il primo
ad esprimere apertamente quella che era la paura di tutti noi.”
Si volse quindi verso Kongo che, fino a quel momento, era rimasto
come passivo; colui che di solito era il più espansivo e
passionale sembrava subire più di tutti lo smarrimento di
quella situazione.
“Non
è vero, Shu? Shin non è una persona che si possa
smettere di amare facilmente.”
Gli occhi di Kongo si fissarono in quelli di Ryo, un po' persi, poi
riacquistarono a poco a poco lucidità e una fiamma conosciuta
divampò per poi chetarsi in una piccola e avvolgente
fiammella.
"Io non smetterò di amarlo mai, che sia chiaro!"
sbottò, ritrovando quella verve che da sempre lo
caratterizzava tanto bene e lo rendeva agli occhi di tutti forse una
scimmietta, ma la più coraggiosa e amabile, appassionata e
scavezzacollo. "Shin, sappi che non smetterò!"
Il volto, in preda ad una ritrovata euforia, si incollò a
quello di Suiko, prima di esprimere ancora qualche parola, stavolta,
per i compagni.
"E anche voi ... sarete sempre parte di me, in ogni istante e in
ogni luogo. Al diavolo le distanze!" Shu afferrò con foga
le mani di Shin e le strinse tra le sue, dove si persero. "Farò
anche salti mortali, se sarà necessario ... hanno sempre
tentato di dividerci e non ce l'hanno fatta. Touma ha ragione"
una buffa espressione gli si dipinse sul volto, quando lo vide di
spalle, ancora avvinghiato al corpo di Korin. "Le distanze non
ci divideranno mai, non noi ...".
Le gambe di Shin cedettero, neanche il ragazzo sapeva spiegarsi
perché e si ritrovò a scivolare a terra, con le mani
che si aggrappavano alla felpa di Shu e la fronte affondata nel
morbido tessuto. Ryo fece per intervenire, ma Shu lo precedette e si
inginocchiò insieme a Suiko, stringendolo a sé, mentre
il ragazzo aveva ripreso a singhiozzare, soffocando le parole sul
petto del compagno:
“Grazie
Shu... grazie...”
Ryo li guardò, indeciso sul da farsi, poi non resistette e si
acquattò vicino a loro, avvolgendoli entrambi: era convinto
che non li avrebbe disturbati in quel momento, che quegli istanti
fossero per tutti, nessuno escluso.
Ed infatti Kongo e Suiko accettarono quella stretta, il loro capo, il
leader tanto tenero che vegliava su di loro, come loro vegliavano
costantemente su di lui.
“Ogni
volta che ne sentirete il bisogno” esordì Rekka con tono
carezzevole, “io lo verrò a sapere e correrò da
voi, dovunque vi troviate.”
Poi, fu un istante ed i tre, stretti nell'abbraccio, si ritrovarono a
terra, avvolti da un manto bianco e nero, baciati da una lingua
ruvida ma tenera e gioiosa allo stesso tempo: il peso di Byakuen non
sembrò nemmeno toccarli, tanto era gentile e affettuosa
l'ondata di emozioni che la tigre cercava di trasmettere. Alle loro
spalle, giunsero due distinte risate, lievi e innocenti, cariche solo
di una spirale infinita d'affetto.
E ora era lui il cucciolo? Ma sì, che importava ... forse era
più facile per tutti se ad accompagnarli era un compagno un
po' cucciolo e un po' adulto ... Era più semplice arrivare al
cuore da piccoli, abbandonare ai timori le incertezze e le
indecisioni: seguire l'istinto, in fondo, era per lui la cosa più
normale, quella in cui poteva dirsi anche maestro indiscusso. Seguire
l'istinto poteva essere un rischio, ma poteva anche donarti le
emozioni più reali e belle. L'istinto, forse, era un
abbandonarsi. Ma abbandonarsi ad un amico era l'atto più
coraggioso ... ed esaltante.
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