La Torre di Saint-Mystère.

di Cucuzza2
(/viewuser.php?uid=108997)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Attesa. ***
Capitolo 2: *** Risata. ***
Capitolo 3: *** Successore. ***
Capitolo 4: *** Fretta. ***
Capitolo 5: *** Amnesia. ***
Capitolo 6: *** Dichiarazione. ***
Capitolo 7: *** Meritocrazia. ***



Capitolo 1
*** Attesa. ***


#1. Damigella in Difficoltà
  • Titolo: Aspetta.
  • Cliché: #1, Damigella in Difficoltà (Scalata)
  • Fandom: Professor Layton
  • Rating: G
  • Avvertenze: Het.
  • Disclaimers: Non ci guadagno un centesimo, non è successo davvero e meno male, tutta la roba non mia è della Level5.
  • Riassunto: È dura essere la ragazza di uno degli scienziati rapiti da Dimitri Allen. Specialmente se il tuo ragazzo è uno dei pochi a sapere, ed ancora più specialmente se un giorno decide di parlare.
  • Note: Per chi non ricordasse - emmiparenormale, sono apparsi per quattro battute a testa - Paige è una studentessa molto seria ma dalla voce flebile, che vive a Chinatown ed ama scrivere poesie, mentre Horace è uno scienziato del laboratorio, uno dei pochi che sa che il Layton malvagio è in realtà Dimitri Allen, strettamente minacciato dalla Famiglia perché non parli. La vicenda che racconto è estremamente surreale, non abbiatemene a male.

“Passeggia nervosamente per Chinatown.
Aspetta.
Apre i libri, cercando di studiare.
Aspetta.
Forza la sua voce flebile.
Aspetta.
Così tutti i giorni.
Aspetta.
Horace arriva nella pausa pranzo, i pantaloni bagnati fino alla caviglia. L’abbraccia.
Ma oggi no.
E Paige aspetta.
Aspetta.
 
Passa un’ora.
Aspetta.
Un’altra.
Aspetta.
C’è qualcosa che non va.
Horace non è in casa; non è al negozio di animali; non è in libreria.
Paige ha perlustrato Chinatown, ed il suo ragazzo non è lì.
Aspetta.
Non aspetta.
Corre.
 
Horace sa.
Horace non parla.
Horace sa.
 
E Paige corre, corre verso la Grande Pagoda.
È pronta a risolvere ogni enigma, pur di arrivare in cime.
Ormai lo sa, e l’ha sempre saputo; Horace è prigioniero di qualcuno di più forte.
 
- Sei sciocca, ragazzina.
Qui non ci sono scienziati. -
 
- Avogadro! Avogadro! Oh, accidenti alla mia voce... Avogadro! -
- Mi spiace, signorina, ma ora devo andare... -
 
Puff.
Sparito.
Un po’ come Horace.
Sa che non è il momento, ma scrive una breve poesia in proposito, giusto sull’orlo di un libro lasciato cadere da Avogadro e poi raccolto da lei.
Altrimenti le parole svaniranno pian piano dalla sua mente.
Puff.
- È il giusto titolo. -
Puff.
Sparito nel nulla del mondo,
di questa Londra futura
che si riversa nell’aria,
come il suono di mille campane.
 
L’ispirazione è martellante, riempirebbe pagine e pagine, ma ora deve cercarlo.
Segue le orme bagnate di Avogadro, nella speranza di trovare il laboratorio.”
 
 
“Seduto.
Aspetta.
Immobile.
Aspetta.
Stoico.
Legato ed imbavagliato.
 
- Non dovevi parlare, sporco topo di fogna. -
 
Gli scagnozzi della Famiglia l’hanno scoperto, e da lì all’imbavagliamento è passato un attimo.
Alto tradimento.
 
- Ma... Che... Cosa... Stupida! -
 
E poi, il bavaglio gli ha coperto la bocca, impedendogli di dire altro.
Ora emette mugolii sommessi.
Non si è mai sentito più sconfitto.
 
Avevo promesso di esserci sempre, per lei.
 
“Entra nella stanza, accompagnata da uno scalpiccio di zoccoli.
Paige.
Ed un cavallo.
Strappa il bavaglio di Horace, poi armeggia con le funi.
 
- Che ci fai, qui? -
- Ti salvo la pelle. -
 
- Ciao, Horace!, - nitrisce il cavallo.
- Ma parla? -
- Sì, - spiega lo scienziato. - È un Soggetto, per la precisione il quinto. -
 
Il cavallo bianco li aiuta quasi a raggiungere l’uscita.
Poi si trovano circondati.
 
- È la fine! - urla Paige, con tutto il fiato che ha in gola.
E sente qualcosa cambiare in lei.
Paige voce sottile, Paige voce piccola, Paige voce flebile.
Raccoglie una pistola da terra e spara, armata di un nuovo coraggio.
Spara, e spara ancora.
Sente qualcosa cambiare, ancora.
Ha perso e trovato qualcosa, oggi.
Le basta non perdere Horace.
Ancora.
Spara ancora.
E poi, la mano di lui.
Prende il suo posto.
Osserverà la carneficina, ma non ne sarà più parte attiva.
 
Cadaveri.
Cadaveri ovunque.
Corpi senza vita.
Cosparsi sul pavimento, in uno strano ordine del destino.
 
- Mi hai salvata. -
- No, tu hai salvato me. -
 
Ed alla fine perfino Paige accetta quel merito.
Scrive anche una poesia sulla vittoria...”
“Ma questa
è un’altra
storia.”

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Risata. ***


#7. Diamoci un Taglio
  • Titolo: Ad Hershel piaceva la sua risata.
  • Cliché: #7, Diamoci un Taglio (Scalata)
  • Fandom: Professor Layton.
  • Rating:G.
  • Avvertenze: Het; tratti comici, fluff ed angst (non è normale, lo so).
  • Disclaimers: Non ci guadagno un centesimo, non è successo davvero e meno male, tutta la roba non mia è della Level5.
  • Riassunto: Layton e Claire sono inviati ad un matrimonio. Claire indossa un vestito magnifico. Layton e Claire sono in ritardo. Don Pablo ci mette lo zampino.
  • Note: Old generation, ho!
 
- Claire, oggi stai veramente benissimo! -
Lei si sfiorò l’orlo dell’abito con una mano, poi ridacchiò.
Come sempre.
Ad Hershel piaceva la sua risata.
Calcò la mano sugli occhiali, poi alzò le spalle.
- Andiamo, il matrimonio comincerà solo fra mezz’ora. Possiamo fare un giro. -
Sorrise. Hershel invece sembrava un tantino inquieto.
- Prometti che i prossimi saremo noi. -
- Ma certo! Cosa ti fa pensare diversamente? -
Ridacchiò.
Ad Hershel piaceva la sua risata.
- N-nulla. -
- Okay, allora andia... Oh, no, ancora! -
Quel ridicolo berretto arancio era ancora appollaiato sulla testa di Hershel.
- Non ne ho altri - si giustificò.
Lei alzò gli occhi al cielo.
- Se il problema è tutto qui, allora te ne regalerò un io, così non rischierai di sfigurare! -
Hershel alzò le spalle.
- Mi fiderò. Stai davvero, davvero bene, posso credere a ragione che tu sia un’esperta nel risolvere l’enigma di cosa prendere in un negozio. -
- Ancora non demordi, eh, con questa storia degli enigmi? -
Rise.
Risero entrambi.
Poi l’occhio di Claire cadde sull’orologio regalatole da Hershel.
 
- Non parte! -
- Come? - chiese Claire, affacciandosi dentro tramite il finestrino. Hershel, seduto sul sedile di guida della Laytonmobile, sembrava nei guai.
- Non parte! -
- Ma com’è possibile? -
- Non lo so, ma forse aprendo il motore... -
Così dicendo scese in fretta dall’auto. Chiavi alla mano, si avviò verso il cofano, pronto a risolvere quell’enigma. Qualcosa si mosse nel cespuglio, ma lui non ci badò.
Girò in fretta la chiave nella serratura.
- Non c’è tempo, Hershel! -
- Fammi almeno tentare... -
- Il matrimonio comincia fra cinque minuti! -
- Cinque minuti? -
In breve stavano correndo verso il luogo della cerimonia.
Il cespuglio di prima si mosse ancora, poi ne uscì un sorridente e giovanissimo “Don Pablo”.
Ridacchiò, poi mollò un cacciavite sul cruscotto della Laytonmobile ancora aperta.
Gli sarebbe stato utile.
Anche se magari poteva approfittarne.
Saltò su e fece il giro dell’isolato. Era una macchina perfetta per impiantare un paio d’ali, magari se ne sarebbe costruita una identica...
 
Qualche isolato più in là, Claire inciampò per la quinta volta sull’orlo del vestito rosso che aveva comprato, rischiando quasi di rompere gli occhiali da sole.
Si rialzò, dolorante ma imperterrita, e ripresero entrambi a correre.
- Hershel, così non arriveremo mai da nessuna parte! -
Così, senza troppe cerimonie, portò la mano all’orlo e lo strappò con un gesto netto.
Ripresero a correre.
- Claire... -
- Hershel, lascia stare. -
- Claire... -
- Lascia stare! -
L’orlo rimase lì, sul marciapiedi, alla mercé dei passanti.
Claire ridacchiò.
Come sempre.
Ad Hershel piaceva la sua risata.
 
Dopo il matrimonio, lungo una - molto più tranquilla - passeggiata verso casa, Claire stava ancora ridacchiando.
Era notte.
- Claire, ma come fai a ridere ancora dopo una cosa del genere? -
- Andiamo, Hershel, esistono fatti ben peggiori della perdita di un vestito! Che ne so, esplosioni, gente che vuole la fine del mondo per vendetta... Cos’è quella faccia? -
Hershel tacque. Aveva un brutto presentimento.
- Avanti, ti facevo molto più razionale! Già ti vedo, fra dieci anni, che cerchi di spiegare a tuo figlio che non deve mai ipotizzare collassi della natura! -
Ridacchiò.
Come sempre.
Ad Hershel piaceva la sua risata.
- Non far fare la stessa fine al cappello che ti regalerò. -

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Successore. ***


#13. Genitori per caso
  • Titolo: Il successore di Clive.
  • Cliché: #13, Genitori per caso (Scalata)
  • Fandom: Professor Layton.
  • Rating:G.
  • Avvertenze: Baby fic.
  • Disclaimers: Non ci guadagno un centesimo, non è successo davvero e meno male, tutta la roba non mia è della Level5.
  • Riassunto: Esistono tanti tipi di carcere. Ci sono quelli classici, dove di sbattono in una cella e si ricordano di te solo quando stai quasi per morire di fame. Poi quelli duri, e quelli durissimi, ma adesso li hanno aboliti. Poi - purtroppo o per fortuna - esistono i cosiddetti “carceri amici”, che cercano di reintegrare i detenuti nella società. Alcuni detenuti si ritengono fortunati di essere lì. Altri no.
- Come ti accennavo, questo non è il classico carcere dove non si fa nulla. Primo, oggi e poi ogni mese della tua condanna dovrai sottoporti ad una visita psicologica. -
Andiamo bene.
- Dovrai lavorare, in modo da cominciare a reintegrarti nella società, e studiare, in modo da specializzarti una volta uscito da qui. -
Andiamo molto bene.
- Inoltre, per essere educato all’affettività ed alla responsabilità, ogni venerdì dovrai prenderti cura di uno degli orfani dell’istituto qui a fianco. -
Andiamo estremamente bene.
- Immagino che capirai che fine hanno fatto i suoi genitori. -
Sempre meglio.
- Oggi è venerdì. -
Ma perché non esiste la pena di morte, qui in Gran Bretagna?
 
Markus, due mesi. Genitori morti durante il recente tentativo di distruggere Londra di un pazzo.
È questo il pargolo che mi hanno affidato.
Entro nella stanza a piccoli passi.
Fà che non mi riconosca, fa’ che non mi riconosca...
Non dà segno di capire chi sono. Continua a dormire nella sua culla.
Sembra piuttosto tranquillo.
I bambini di due mesi non sanno leggere.
Questo è già un fatto positivo, ecco.
Anche se non so se è il caso di ringraziare per i due mesi del marmocchio.
 
- Come mai ha scelto me, signora Dove? -
- Chiamami Costance. -
- Perché hai scelto me, Costance? Dicono che la gente preferisce adottare i bambini da piccoli... -
- E sorbirsi i pannolini, le notti insonni e tutto il resto. È sciocco credere che piccolo sia uguale ad innocuo. -
 
- Ciao, Markus, - accenno.
Il mio amato successore. Evviva.
Accenno a prenderlo in braccio. Cavoli, se è pesante! Eppure sembrava così piccolo...
- Senti, so che quando sarai grande avrai una voglia matta di distruggere Londra, ma ti consiglio caldamente di non commettere il mio stesso erro... Ma che schifo! -
Ecco perché il caro pargolo era così pesante...
Fantastico. Sulla divisa da detenuto si forma una chiazza delle dimensioni del Mar Caspio.
Verso terra gocciola un grosso affluente del Vecchio Padre Tami-... Non pensarci.
Ciliegina sulla torta e fiore all’occhiello, il marmocchio scoppia in lacrime.
Fantastico, ed adesso che cosa vorrà?
Sul tavolo, un biberon. Senza pensare lo ficco in bocca al mio caro successore. Quello inghiotte l’aria.
È vuoto.
- Cavolo, cavolo, cavolo, cavolo, cavolo! Ed adesso che si fa? -
Schizzo fuori, correndo verso il simpaticissimo organizzatore del Carcere Amico.
- Hai lasciato il bambino da solo! -
Istinti omicidi.
Piantala, Clive, devi  cercare di farti lasciare andare per buona condotta.
Respiro a fondo. Un’esitazione iniziale, poi scandisco ogni parola.
- C-come si fa a preparare il latte? -
- Adesso non ho tempo di spiegartelo. Ma ora fila dentro! E se il bambino sta facendo qualcosa di pericoloso? -
Soggetto 3, seppelliscimi con i tuoi escrementi.
- E come si cambia il pannolino? -
- Con il fasciatoio. -
- Grazie. -
Del cavolo.
Corro dentro, con la netta sensazione di essere finito in un incubo.
Vorrei essere sulla torre mobile che si autodistrugge.
Voglio morire, voglio morire, voglio morire.
Un pensiero mi colpisce, e scatto indietro.
- E... Per la divisa? -
- Tanto non l’hai pagata. -
Torno in fretta dal mio successore, che sta cominciando a vendicarsi di me sin dalla tenera età.
 
Diversi anni dopo.
Poi ho imparato, s’intende. Alla fine del carcere riuscivo perfino a cambiare un pannolino senza sbagliare nulla!
Il bambino che ho adocchiato per strada si allontana, continuando ad urlare.
- Zio, zio, mi compri le caramelle? -
Accanto a lui, un uomo. Baffi enormi e ritti in orizzontale, costante espressione di chi trama qualcosa.
- Ehi, “Don Pablo”, serve una mano? -
- Tu! Avrebbero dovuto gettarti dentro e buttare via la chia... No, Andy, fermati! -
Rido, e quello continua ad imprecare.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Fretta. ***


Nota: Salterà qualche aggiornamento, in questi giorni. Mia cugina comincia a leggere le Nc17 diventa maggiorenne.
#17. Lista Delle Cose Da Fare
  • Titolo: Voglio esserlo in fretta.
  • Cliché: #17, Lista Delle Cose Da Fare (Scalata)
  • Fandom: Professor Layton
  • Rating: G
  • Avvertenze: //
  • Disclaimers: Non ci guadagno un centesimo, non è successo davvero e meno male, tutta la roba non mia è della Level5.
  • Riassunto: Vuole diventare un gentiluomo, ed in fretta. Cinque cose da fare, apparentemente semplici, ma che potrebbero causargli un pomeriggio carico di sfiga... E se fosse tutto un piano di Descole? O no?
  • Note: Alcune scene si basano su quella dell’Eterna Diva nella quale Luke cerca di imitare Layton urlando “E quella persona è lei!” puntando ovunque il dito - e poi addosso a Layton, ovviamente.

- Vedi, Flora, se io metto la mano così... - e la portò alla visiera - Ho l’impulso di togliermi il cappello, così. - Lo sfilò e se lo rimise in testa. - Ed invece voglio fare come il professore, mettere la mano lì e non togliermi il cappe... Buon giorno, professore! Dopo vorrei dirle una cosa. -
 
- Professore, io voglio diventare un vero gentiluomo. -
- Lo so, Luke. -
- No, ma dico, voglio diventarlo adesso. -
 
Ripensandoci a due ore di distanza, Luke avrebbe preferito di gran lunga non aver mai aperto bocca, od averlo fatto per intonare un inno a Descole.
Si trovava in mano uno stupido pezzo di carta, con scritte le formidabili Cinque Cose necessarie per Diventare subito un Vero Gentiluomo, in breve le CCDG.
 
1. Risolvere l’enigma sul retro.
2. Aiutare una fanciulla in difficoltà.
3. Puntare l’indice contro Flora ed urlare che quella persona è lei.
4. Ricevere una lettera.
5. Non pronunciare mai il nome di un ortaggiomentre si svolgono i punti precedenti.
 
Layton ridacchiava in un angolo, malgrado tutto.
Luke cominciò a prepararsi, appunti in una mano e matita nell’altra.
Girò il foglio, pronto a risolvere l’enigma.
Qual è la data di oggi?
- Che domande, - esclamò Luke. - Il professore vuole proprio aiutarmi! -
Segnò l’Uno Aprile sul retro, poi barrò la prima condizione dell’elenco, per poi passare alla seconda.
Una fanciulla in difficoltà...
- Flora, serve una mano?, - chiese di scatto il futuro gentiluomo. - Vuoi aiuto per alzarti dalla poltrona, o magari avresti voglia di caro... Cioccolato? -
- Uh, Luke, - fece lei. - Ci devo pensare. -
- Va bene, intanto passo al punto tre. -
Mentre lo leggeva, Flora sembrò illuminarsi.
- Sai, una volta qualcuno ha calpestato un’aiuola che avevo piantato... -
- ... E quella persona è lei! -
Luke puntò l’indice contro Flora. Lei divenne furibonda.
Il professore ridacchiò.
Luke sembrò non afferrare, e tagliò la terza condizione, tutto contento. Due passi su cinque erano fatti!
- Flora, hai pensato a come potrei aiutarti? -
- Lasciami in pace! -
- Va bene, se è questo che vuoi. -
Tagliò anche la seconda. Era stato più facile del previsto.
Ora, ricevere una lettera...
- Flora, mi scrivi una lettera? -
Lei tirò su col naso e si girò.
- Cavospita, ed ora che faccio? -
Gli scrivevano solo i suoi genitori. Ora doveva solo aspettare una loro lettera, e...
Corse verso la cassetta delle lettere e la aprì.
Vuota, ovviamente.
Tornò dentro. Gettò un’occhiata implorante al professore, che non diede segno di accorgersene.
Sbuffò. Per un attimo gli venne voglia di intonare sul serio un inno a Descole.
Si sedette sul divano ed incominciò a contare i secondi. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove dieci.
Era abbastanza, no?
Nulla da fare, niente lettere.
Aspettare non era mai stato il forte di Luke.
Oh, Descole, t’offrirò un fior...
Flora era in camera, e da allora non s’era più vista.
Spadaccin senza tremor...
 
Dopo aver passato così una mezz’ora buona, Luke sentì di avere avuto il lampo di genio.
Caro Luke, sono Luke. Come stai? Luke.
Scrisse così su un piccolo foglio di carta, con la sua grafia estremamente larga, e poi imbucò la “lettera” nella cassetta delle lettere del professor Layton.
Si stravaccò sul divano con espressione soddisfatta.
Uno, due, tre.
Scattò in piedi e corse fuori casa. Aprì la cassetta della posta, trepidante.
- Professore, è arrivata una lettera per me! -
- E da chi?, - chiese l’altro, trattenendo una risata.
- È firmato “Luke”! -
Il ragazzino spuntò la quarta e la quinta condizione, poi corse da Layton.
- Professore, professore, ora sono un gentiluomo! -
- Mi spiace deluderti, Luke, - disse il professore. - Ma non hai ancora risolto il mistero che si cela fra queste righe, e sulla prima in particolare. -
Luke aggrottò la fronte. Non si aspettava una sesta prova.
Cominciò a prendere appunti.
Oggi, uno Aprile...
Uno Aprile.
Pesce d’Aprile.
- Ma... Professore! -
Layton ridacchiò.
Luke alzò le spalle e, come di riflesso, si avviò a passo deciso verso la cassetta delle lettere.
 
- Professore, c’è una lettera per lei! -
 
- Caro professore, spero stia bene. Quanto a me, mi trovo in un bel pasticcio... Chiacchiere su viaggi nel tempo o giù di lì...  Il suo allievo, Luke Triton. -
- Professore, lei crede che dovremmo andare? -
- No, Luke, io non ci casco! -

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Amnesia. ***


#24. Ma Tu... Chi Sei?
  • Titolo: Claire, chi è costei?
  • Cliché: #24, Ma Tu... Chi Sei? (Scalata)
  • Fandom: Professor Layton
  • Rating: G
  • Avvertenze: Amnesia; OOC, OOC, OOC! If you don’t like it, don’t read it.
  • Disclaimers: Non ci guadagno un centesimo, non è successo davvero e meno male, tutta la roba non mia è della Level5.
  • Riassunto: Pausa pranzo. Layton chiacchiera con Janice, che ovviamente gli fa delle avances. « Luke, ma noi conosciamo una certa Claire? »
  • Note: È una shot cattiva, lo so. Ma quella scena di Layton che tuba con aiuta la giovane donzella Janice era squallida, punto, ed eccoci qui. L’amica di Janice è solo un’omonima, non c’entra niente con l’altra Claire.
- Lei riuscirebbe a trovare un lato romantico in un rudere. -
Il professore sorrise e le fece cenno di continuare.
- Sa? Io e Melina eravamo inseparabili, ma del nostro piccolo gruppo facevano parte anche altre giovani cantanti. Ci siamo perse di vista dopo quello che è successo l’anno scorso, ma talvolta risento ancora Chialence, o Frampie, o Claire... -
- Claire? La conosco? -
Janice scosse la testa, poi alzò le spalle.
Il professore corrugò la fronte.
- Eppure ho un certo senso di deja-vù sentendo questo nome, un momento... Luke, ma noi conosciamo una certa Claire? -
Luke alzò lo sguardo, che fissava il mare.
- In prima elementare avevo una compagna di nome Clarice, poi lei ha traslocato. Lei dice che potrebbe essere lei? -
Layton scosse il capo.
Scrisse quel nome sulla sabbia, a grandi lettere.
C h i  è  C l a i r e ?
Chissà chi era...
- Professore, ma perché lei non si toglie mai la tuba? -
A parlare era stato Luke. Layton si avvicinò a lui, specchiandosi fra le onde.
- In effetti è vero. Non ne ho la benché minima idea. -
Ridacchiò, e fece per toglierla.
Ma qualcosa lo fermò.
- È meglio di no, credo. -
- Professore?! -
- Qualcosa mi dice che non dovrei. -
- Professore..., - sussurrò Luke. - Secondo lei c’entra con Claire? -
Il professore corrugò la fronte e frugò nella propria memoria.
- No, direi proprio di no. -
- Mmh... -
- Signori,
la vostra pausa pranzo
terminerà fra pochi minuti. -
Tempo dopo.
 
- M... Melina. -
- M... Melina. -
- M... Melina. -
Furono queste le prime parole di Janice, quando ella tornò in sé.
- Professore, - incominciò Luke, guardando il compositore distrutto. - Lei... Se lo immagina? Qualcuno di morto, vedere come se morisse di nuovo... Dev’essere un incubo! -
- Hai ragione, Luke, - rispose il professore. - Per fortuna io non ho nessuna ferita non ancora rimarginata! -
 
- Professore, - intervenne Janice. - Vedo che ha sciolto ogni nodo della matassa. -
- Non è vero, Janice, non è vero. -
Tutti i presenti si fecero attenti.
- Cosa le manca per comprendere?, - intervenne Amelia, ed Emmy aggrottò la fronte.
- Solo l’ultimo tassello... Poi avrò capito tutto. -
Silenzio.
Suspense.
 
- Qui qualcuno
non me l’ha ancora detta giusta.
Non ancora.
E quella persona è lei! -
- Janice? -
 
- Professore, ma lei sa già tutto di me! Sa di Melina, del mio sacrificio, di... -
- Non parlo di te, Janice. Io parlo di Melina. Quella ragazza non me l’ha ancora detta giusta su tale Claire, ed ora non potrà più farlo. -
Abbassò lo sguardo.
Luke alzò gli occhi al cielo.
Emmy aggrottò la fronte.
Nina si ritrasse.
Amelia fece un sorrisetto.
Janice si illuminò.
- Dunque lei vuole sapere... -
- Sì, Janice. -
- Lo dica, allora. -
 
- Chi accidenti è Claire? -
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Dichiarazione. ***


#27. La Dichiarazione
  • Titolo: Poco tempo.
  • Cliché: #27, La Dichiarazione (Scalata)
  • Fandom: Professor Layton
  • Rating: G
  • Avvertenze: Nada. Ci speravi, Dream?
  • Disclaimers: Non ci guadagno un centesimo, non è successo davvero e meno male, tutta la roba non mia è della Level5.
  • Riassunto: Otto ore, otto misere ore e poi avrebbe dovuto imparare a convivere senza un pezzo di sé.
  • Note: È una storia seria. Bizzarro.
Le dieci di sera.
« Ti mancherà il professore, Luke. »
Flora regge la torcia nella mano malferma. Si avvicina alla finestra.
« È vero. »
Luke sfiora le tende. Ne apre una, e la luce della luna filtra nella stanza.
« Mmh. »
Lei spegne la torcia. Ormai lo vede in volto anche senza.
« Sai cosa mi ha detto il professore? »
« Lo so, Luke. Che anche se sarai lontano la vostra amicizia durerà comunque, come ieri e l’altro ieri ed il giorno prima ancora. »
« Anche. »
 
Le undici ed un quarto.
« E poi? »
« Poi, cosa? »
« Cos’altro ti ha detto il professore? »
Un istante, un singolo istante di silenzio.
Flora ne avrebbe aspettati anche cento. Per quanto la partenza di Luke fosse sempre più vicina, in quel momento se sembrava di avere tutto il tempo del mondo.
« Parlava... Degli amici d’infanzia. »
« Come te e me? »
« Come te e me. »
 
Mezzanotte meno cinque.
« Ha detto che sono qualcosa di unico. »
« Che cosa? »
« Gli amici d’infanzia. Dice che non importa se poi non si rivedono più, basta il ricordo. »
« Come i robot le persone che conoscevo a Saint-Mystère? »
« Come me e te. »
 
L’una.
« È tardi, Luke. Un vero gentiluomo ed una vera dama non fanno tardi. »
« Non sono ancora un gentiluomo. »
« Pensavo volessi diventarlo. »
Un sospiro.
« Tanto non ce la farò mai, senza il professore. »
« Non ti manca casa? »
« Sì, ma... »
« A me Saint-Mystère manca. »
« N-non ti trovi bene qui? »
« Sì, certo, ma... Tu sei qui da quattro anni, io da uno solo. »
Luke tacque. Era tardi, ma non solo come orario.
Era tardi in generale, per lui.
 
Le due, tre minuti e diciotto secondi.
« A che ora parti? »
« Alle dieci. »
Otto ore. Otto cavolo di ore e sarebbe partito.
Gli sarebbe mancato il professore.
E Flora.
Non era nemmeno sicuro che sarebbe diventato un gentiluomo.
No, continuando così non lo sarebbe diventato.
Un vero gentiluomo non piange in presenza di una signora, non...
Stava piangendo. In barba a tutto.
Otto ore, otto misere ore e poi avrebbe dovuto imparare a convivere senza un pezzo di sé.
 
Le cinque. Il sonno non arrivava.
Luke era alle prese con sé stesso.
Sapeva cosa provava, ma dirlo era immensamente inutile in quella situazione.
Cinque ore. Le ultime cinque ore. Meglio non sprecarle dormendo.
 
Le nove.
Non aveva dormito. Non avrebbe avuto senso.
Non aveva nemmeno detto quello a Flora. Nemmeno quello avrebbe avuto senso, ora che stava per andarsene.
Un’ora. Solo una.
Sessanta minuti. Solo sessanta.
Tremilaseicento secondi. Solo tremilaseicento.
« Ti amo. »
 
Le nove e mezza.
Gli ultimi trenta minuti.
Ora che l’aveva detto si sentiva anche peggio, avrebbe voluto che fosse stato prima.
Un’ora prima, un giorno prima, un mese prima.
Anche un anno prima.
Aveva poco tempo.
 
Le dieci e cinque.
Era fuori tempo. Di cinque minuti.
Lo sapeva.
« Ma io non sono ancora un gentiluomo. »

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Meritocrazia. ***


#34. Se fossi in te...

  • Titolo: Meritocrazia.
  • Cliché: #34, Se fossi in te... (Scalata)
  • Fandom: Professor Layton
  • Rating: G
  • Avvertenze: Campo vuoto. Dream lancia sonore imprecazioni.
  • Disclaimers: Non ci guadagno un centesimo, non è successo davvero e meno male, tutta la roba non mia è della Level5.
  • Riassunto: I miei occhi corrono al berretto rossiccio, appollaiato su quella che ora dovrebbe essere la mia testa. Non è stato capace di sbarazzarsi neanche di un cappello, per lei. L’amore ricade sempre su chi non lo merita. Ma il tempo dell’immeritato è finito. Ho cambiato la storia, la vita, il modo stesso di procedere del mondo.
  • Note: Dream mi ha suggerito un cognome adatto a Paul, dato che nel gioco questo non è mai citato.

 

 

 

Quando si infrangono per la scienza le leggi della natura

è necessario pagare.

E quando le si infrangono per errore?

 

 

 

Poggio un piede dopo l’altro sui gradini delle scale della Grassenheller University, rincorrendo uno studente poco più giovane di me con l’intento di curiosare.

“Ehi, fermati!”

Lui in tutta risposta si volta, mettendo in mostra la giacca rosa ed il sorriso smagliante da canaglia.

Riprende a correre, lasciandomi intendere che i miei rimproveri non lo sfiorano nemmeno e che non è dotato dell’elementare capacità di decifrare le parole “Vietato” ed “entrare”, affisse con cura certosina all’ingresso del secondo laboratorio.

Il classico studentello che vuole solo farmi andare su tutte le furie.

Eppure sta già per laurearsi.

Supero il laboratorio al quale ho dedicato la stragrande maggioranza del mio tempo, quello degli studi sui viaggi nel tempo. Faccio un cenno a Bill ed evito di controllare se dentro si trova anche Claire, così da non avere la tentazione di interrompermi e lasciare l’altro laboratorio in balia di Paul “L’ Idiota” McMurdo.

Corro ancora, ed ovviamente urto qualcuno. Si tratta di un giovane, alto più o meno quanto me.

“M-mi scusi,” tartaglio, e vado per affrettarmi, ma l’altro mi ferma e posa una mano sulla mia spalla.

“Va di fretta?,” chiede, educato.

Sollevo lo sguardo, e mi rendo conto dell’identità dell’universitario.

“Sì!” sbotto, poi mi avvio di nuovo per il corridoio a passo svelto, giusto in tempo per vedere lo spregiudicato imbucarsi nel laboratorio - peraltro ancora in prova - per lo scambio dei corpi.

“No!,” esclamo, poi mi avvio anch’io verso l’ingresso.

“Signor Allen...,” incomincia Layton, ma io non presto orecchio alle sue parole.

Sento i suoi passi seguirmi nel locale, mentre io lo ripercorro con lo sguardo.

Cavi elettrici rivestono fittamente le pareti. Sul pavimento, due ampi segnali denotano la posizione dei due soggetti coinvolti. Un generatore è collocato all’angolo del vano.

Il mio sguardo corre solamente ora al bottone rosso, ed è proprio su quello che Paul McMurdo posa il proprio indice, e poi pressa.

“No!”

Sotto i miei piedi noto solo adesso una x. Spero intimamente che Layton non si trovi proprio sull’altra, adesso...

Rumore di elettroni in movimento, poi per un secondo non vedo più nulla.

 

Sono Dimitri Allen. Sono Hershel Layton.

 

Avrei potuto avere la situazione in mano, dato che sono l’unico in grado di invertire lo scambio, ed invece ora sto fuggendo per il corridoio, arrancando dentro ad un corpo che non mi appartiene.

Mi fermo solo ad una lunga finestra, appoggiato sulla maniglia, ansante.

Respiro, piano, e mi rendo conto solo ora di un particolare che avevo trascurato.

Ha funzionato.

Io e Bill non abbiamo ancora tentato, dunque non potevo esserne certo.

 

Effettuare lo scambio di corpi

su due soggetti profondamente diversi comporta il rischio

del subentrare di effetti collaterali.

 

Io e Bill siamo l’antitesi l’uno dell’altro. Non avrebbe funzionato senza errori.

Non avrebbe potuto funzionare senza errori.

 

Io e Layton, invece...

 

Osservo ancora il mio riflesso sul vetro, il mio profilo appena sbiadito, del quale riesco a distinguere appena i tratti principali.

I miei occhi corrono al berretto rossiccio, appollaiato su quella che ora dovrebbe essere la mia testa.

 

Non è stato capace di sbarazzarsi neanche di un cappello, per lei.

L’amore ricade sempre su chi non lo merita.

 

Ma il tempo dell’immeritato è finito.

Ho cambiato la storia, la vita, il modo stesso di procedere del mondo.

E non me ne pento. Sovvertire la natura è esattamente ciò che cercavo di fare da anni con le ricerche sui viaggi nel tempo.

 

Claire mi ama.

 

Non importa se non è legata davvero a me, non importa se un circolo senza fine mi intrappolerà nelle sue spire. Ma Layton non commetterebbe mai un atto del genere.

 

Claire mi ama.

 

 

 

 

Effettuare lo scambio di corpi

su due soggetti profondamente diversi comporta il rischio

del subentrare di effetti collaterali.

Come la Follia.

 

 

Perché sì, in fondo io ed Hershel Layton siamo sempre stati due soggetti profondamente diversi.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=741047