It's Quite Unheard Of!

di Ikiryuuame
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** _Capitolo 1_ ***
Capitolo 2: *** _Capitolo 2_ ***



Capitolo 1
*** _Capitolo 1_ ***




E io che non ci volevo nemmeno venire in questo stupido posto. Mai avrei immaginato che mi sarei innamorato di uno stupido, idiota, buzzurro, yankee americano…

Mi chiamo Arthur Kirkland, vivo a Londra, nella mia amatissima Inghilterra, e sono al secondo anno dell’università di Cambridge, facoltà lettere e filosofia. Esatto, frequento l’università, e devo dire che mi reputo più che bravo. La mia vita è stata sconvolta da un viaggio.
Un dannatissimo anno studio all’estero.
Tutto iniziò qualche mese fa. Una mattinata normalissima nella quale dovevo tenere un discorso a tutta la classe su Dostoevskij. Inutile dire che mi ero preparato più che bene per quel momento, molto importante per l’esame che avrei dovuto tenere qualche settimana dopo, ma qualcosa mandò a monte tutti i miei piani, costringendomi a passare ben tre ore della mia preziosa mattinata in una cavolo di aula con dei cavolo di professori che mi avevano scelto per un cavolo di scambio con un altro continente, neanche un altro stato, no, proprio un altro continente.
Sperai con tutte le mie forze che si trattasse dell’asia. Un qualsiasi stato dell’asia mi sarebbe andato bene, ma no. Lassù c’è qualcuno che odia questo povero inglese. Perché? Perché mi hanno mandato in America? A New York! Nella città che più detesto a questo mondo, nel paese che più odio…
Ecco, ora vi domanderete il perché ho accettato di fare questo viaggio. Purtroppo non mi è stata data molta scelta. O accettavo o dovevo ritirarmi. Fine della storia.
Credo di non aver mai insultato così tanto una persona nella mia testa come quella volta. Io. In America. Non ci potevo credere. Non ci volevo credere. E soprattutto, non ci volevo andare.
Partii due settimane dopo, mi avrebbe ospitato una famiglia della quale sapevo veramente poco. Speravo solo di non finire in una famiglia di killer, oppure di deficienti colossali, la le mie preghiere furono ascoltate solo in parte.
Arrivai a New York per le cinque del pomeriggio, e ad aspettarmi c’era la famiglia che mi avrebbe ospitato. Niente da ridire sulla Signora ed il Signor Jones, due persone dolcissime, forse anche troppo per i miei gusti, ma sempre disponibili a darmi una mano in questa città che ancora conoscevo poco, e il signor Jones, devo dire che ha degli ottimi gusti sia in fatto di musica che in fatto di letture. Insomma, due ottime persone anche dal punto di vista culturale, molto interessante ascoltare i loro pareri…
Ma ve l’ho detto che hanno un figlio? Si, un figlio. Frequenta ancora il liceo, nonostante abbia solo quattro anni in meno mi me quindi diciannove, è stato bocciato l’ultimo anno. Neanche è stato ammesso all’esame. Ecco, questo figlio, Alfred F. Jones, non ho la minima idea per cosa stia quella F. e non mi interessa saperlo, è la classica figura di americano fin dentro il midollo. Egocentrico, idiota, zotico, americano.
Ecco le caratteristiche che deve avere una persona per farsi odiare da me…. Ebbene, Mr America le possiede tutte!
Si presentò mollando una pacca sulla mia povera spalla, e biascicando il suo nome tra un morso a quell’hamburger disgustoso e l’altro.
Lo guardai esterrefatto per qualche secondo, chiedendomi se tutto d’un tratto l’uomo fosse regredito allo stato primordiale di scimmia, ma per mia sfortuna così non era. Subito pensai che se non fosse stato americano, sarebbe stato anche carino.
Alto, biondo con gli occhi azzurri nascosto da un paio di lenti che, finché alcuna parola non fosse uscita dalle sue labbra, gli donavano un’aria quasi intelligente, ed un sorriso che purtroppo, faceva trapelare la sua vera indole scema ed ingenua. Un bambinone, ecco cos’è Alfred.
Senza considerare di striscio il figlio dei Jones, e rivolgendo solo parole cordiali come era mio uso fare con le persone più grandi di me e che avessero un quoziente intellettivo più alto di quell’essere che in macchina mi stava seduto accanto, quindi ogni forma possibile ed immaginabile presente sul pianeta terra, giungemmo nella villetta nella quale avrei dovuto passare un anno intero della mia vita.
Niente in contrario per quanto riguarda l’abitazione accogliente, e per il quartiere fortunatamente silenzioso e tranquillo. Quello che mi fece quasi morire di infarto è che in quella casa non vi erano stanze per gli ospiti. Cosa stava a significare questo? Ebbene, avrei dovuto passare un anno, 365 giorni nella stessa stanza con quello scimmione.
Dio, se esisti, ti prego... Salvami!




Salve a tutti! Questa qui è la prima UsUk che scrivo, e spero sinceramente di non essere andata troppo Ooc con il personaggio di Arthur visto che è la prima volta che scrivo di lui.
Volevo anche aggiungere che il rating dei capitoli salirà più andremmo avanti, non rimarrà per sempre verde, tranquilli xD
Spero in qualche recensione e mi pare di aver detto tutto. Un bacio <3

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Capitolo 2
*** _Capitolo 2_ ***




-Ehy Artie! Svegliati!!-

Una fastidiosa, fastidiosissima voce mi giunse all’orecchio proprio mentre stavo sognando la mia adorata casetta inglese, con il mio adorato cibo inglese, tutti i miei vicini di casa inglesi e lui… il mio adorato tea, ma il mio compagno di camera sembrava fin troppo ostinato a distruggere quei dolci sogni con la sua voce decisamente troppo acuta per una persona normale.
Aprii lentamente gli occhi, lasciando alla luce del giorno il permesso di investirmi totalmente, destandomi completamente da quel sonno assai poco ristoratore.
Mi alzai, come ero solito fare da due settimane a questa parte (ebbene si, era già da due settimane che vivevo in quell’ incubo che qualcuno ha il coraggio di chiamare “Viaggio studio”) mi diressi immediatamente in bagno, bisbigliando un buongiorno a quell’essere iperattivo che dormiva insieme a me, anche se ad essere corretti sono io che dormivo insieme a lui, visto che la camera era la sua.
Una normalissima camera per uno yankee quale Alfred era. Tappezzata di poster di giocatori di rugby e di baseball, altri invece rappresentavano eroi dei fumetti e dei videogiochi e su qualcuno erano anche rappresentati strani esseri che io ho sempre riconosciuto come alieni, ebbene, non ho mai avuto il coraggio ne la voglia di domandare a quella zucca vuota quello che realmente erano.
Ci misi poco a lavarmi e vestirmi visto che ormai era diventata una routine quotidiana.
Devo ammettere che all’inizio facevo fatica a trovare la mia roba in mezzo a tutta quella di Alfred, ma con l’andare avanti del tempo mi abituai completamente al suo alquanto strano concetto di ordine.
Scesi in cucina nel giro di qualche minuto, dopo essermi accuratamente vestito con i miei adorati pantaloni marroni ed il mio adorato maglioncino verde e li vi era già la famiglia Jones al completo che stava aspettando me per la colazione.
Mi sedetti al mio posto, quello che occupavo tutte le mattine, accanto allo yankee, non degnandolo nemmeno di uno sguardo, ma riservando tutta la mia attenzione ai genitori che avevo seduti davanti.
-Buongiorno-
Borbottai con ancora la voce mezza impastata dal sonno, afferrando la prima fetta biscottata ed iniziando a spalmarci il burro sopra.
-Buongiorno a te, Arthur-
Mi rispose la signora Jones, mostrandomi un enorme sorriso.
Ecco, probabilmente solo in questo i due genitori e Alfred erano simili. Quell’enorme sorriso che si dipingeva sempre sulle loro labbra e che donavano con gioia a tutti quelli che li circondavano.
-Dormito bene?-
I miei pensieri vennero interrotti dalla voce del signor Jones. Quella domanda che mi facevano tutte le mattine o uno o l’altro, ma che inevitabilmente mi veniva posta.
Annuì appena, cercando di imitare il loro stesso sorriso, ma riuscendo a creare solamente una piccola smorfia. No, non sono esattamente una di quelle persone che si definirebbero solari e con il sorriso che risplende.
Solo dopo quel piccolo scambio di battute mi voltai verso il ragazzo che mi stava seduto accanto, era decisamente troppo silenzioso quella mattina.
Ma presto anche quel mistero fu svelato. Lo beccai intento a mangiarsi una frittella quasi più grande di lui. Rimasi a fissarlo per qualche secondo, cercando di capire se stava masticando oppure si limitava a mandare giù bocconi interi, e nel frattempo mi domandavo se davvero non era un supereroe in stile Flash ma con la super velocità nell’ingozzarsi.
Scossi la testa con foga, risvegliandomi da quella specie di trans che mi aveva colpito, ed inizia a mangiare a mia volta, finendo per ultimo, ecco un’altra cosa che ho opposta allo yankee che mi sta seduto accanto. Io sono lento a mangiare. Ma molto, molto lento. Che ci posso fare se adoro gustarmi i pasti con calma? E poi mangiare piano fa venire fame più lentamente.
Come tutte le mattine aspettai che Alfred fosse pronto per uscire. Ci fosse mai una volta che non fosse in ritardo.
La strada per la scuola la percorrevamo insieme, almeno fino ad un pezzo visto che l’università distava qualche metro più in là del liceo di Alfred.

-Ehy Arthur! Oggi ti toccherà tornare a casa da solo!-
Mi voltai verso Alfred il cui tono di voce sembrava stranamente abbattuto.
-Come mai?-
Domandai cercando di non dare a vedere la mia gioia nel poter passare dieci minuti in più senza quella macchinetta dalla parlantina troppo facile, per i miei gusti.
-Devo fermarmi a dei recuperi a scuola. I prof hanno detto che se non riesco a recuperare le materie che mi mancano mi bocciano anche quest’anno. Ma che noia, io non ci capisco niente di quelle materie stupide. Vorrei sapere che diamine mi serve imparare ogni stupido pensiero di tutti quei filosofi pazzi che non avevano di meglio da fare che inventarsi teorie idiote per rovinare la vita a me!-
Ora, non per giudicare l’idiozia dell’essere che mi stava camminando accanto, però, quanto può essere intelligente insultare la filosofia, davanti ad uno che la ritiene una cosa di talmente alto interesse da aver scelto quella facoltà all’università?
Esatto, assai poco intelligente.
Trattenni il fiato per qualche secondo, per evitare così ti uccidere quella sottospecie di scimmia male evoluta che osava anche solo pensare che i filosofi fossero pazzi con teorie idiote, poi stringendo forti i pugni, quasi perforandomi la carne con le unghie, decisi di rispondergli cercando di mantenere il tono più calmo possibile, cosa che non mi riuscì troppo bene…
-Caro Alfred, le devo forse ricordare che molti filosofi erano anche scienziati ed è proprio grazie a loro se al momento può vivere una vita nella pacchia più totale?
E soprattutto, è grazie a molti filosofi se si sanno tutte queste cose sull’universo che tu, razza di idiota patentato, tanto desideri esplorare, quindi smettila di dire idiozie e mettiti a studiare questa materia che sicuramente non può farti che bene!-
Lo vidi sgranare gli occhi a quella mia piccola sfuriata, ma pensavo che dopo ben due settimane avesse capito il mio carattere, ma a quanto pare era più scemo di quanto sembrasse…
-Ma… Ehy Arthur! Aspettami! Ascoltami! Fermati un po!-
Aumentai il passo così da non dover sentire le lamentele di Alfred sul fatto di avergli dato dell’idiota o di aver contradetto una delle sue teorie da eroe.
Bene, se lui era l’eroe io sarei stato il cattivo.
Sfortunatamente fui costretto a fermarmi non appena arrivammo davanti alla sua scuola.
-Allora, direi che ci vediamo a casa stasera, tanto io ormai la strada l’ho imparata. Vedi di applicarti almeno un minimo e cerca di imparare qualcosa che non può farti che bene.-
Lo vidi alzare gli occhi al cielo e sbuffare, ma feci finta di niente, non avevo per niente voglia di urlargli di nuovo qualcosa ed incominciare l’ennesimo litigio, cosa che in quelle due settimane era successo davvero troppo spesso.
Sembra uno stupido, e si impegna davvero poco per farlo, però ha la testa più dura del marmo e arriverebbe pure a studiarsi e a ripeterti la divina commedia pur di aver ragione su una qualsiasi discussione. Insomma, è il classico ragazzo intelligente, ma troppo sfaticato per poter mettere in moto il cervello anche solo per qualche secondo, giusto il tempo di dire qualcosa di sensato almeno per una volta.
-Va bene. E tu vedi di non studiare troppo che se no ti si fonde il cervello!-
Ed ecco di nuovo quella fastidiosissima risata che ormai sentivo ininterrottamente. No, Alfred non sa fare altro… Beh, almeno non potevo lamentarmi che fosse una persona depressa, però era terribilmente rumoroso.
Mi passai una mano tra i capelli spettinati e feci un cenno di saluto all’altro che ricambiò velocemente, prima di catapultarsi a scuola, visto che la campanella era già suonata da un pezzo.
Sempre in ritardo. Sempre!
Finalmente potei godermi quell’attimo di pace, la strada non era molta, ma il silenzio (per quanto ce ne possa essere in quella città chiassosa da morire) o per essere corretti, l’assenza di quella voce incessante nell’orecchio era probabilmente il momento che più preferivo durante la giornata.
Non appena giunsi dinnanzi alla facoltà, rimasi qualche secondo ad osservare il grande edificio.
Non assomigliava nemmeno un po alla mia adorata scuola inglese, la gente era totalmente diversa, persino l’edificio sembrava quasi costruito da un alieno. Ecco, stavo anche iniziando a pensare come Mr. America.
Scossi velocemente la testa, allontanando quei pensieri che proprio non mi si addicevano e varcai la soglia di quell’enorme cancello.
Fortunatamente imparai presto a ricordarmi l’orario e soprattutto dove erano sistemate tutte le aule, ci impiegai così molto poco a raggiungere il luogo dove avrei iniziato con due sane ore di filosofia.
Non appena varcai la soglia dell’aula, ancora completamente vuota, mi diressi verso il posto che ero solito occupare da quando avevo iniziato a frequentare, sperando che il mio affezionatissimo compagno di banco “il nulla” continuasse a farmi compagnia, ma quel giorno qualcosa aveva deciso che la mia vita era troppo semplice per non essere stravolta dall’arrivo di un altro pazzo.
Fu la prima persona ad entrare dopo di me. Non l’avevo mai visto prima, e a quanto pare nemmeno lui visto che mi fissò per parecchi secondi.
Non ci avevo ancora parlato, non sapevo nemmeno il suo nome è già non lo potevo sopportare.
Avete presente quei fighetti con i capelli lunghi fino alla spalla, il sorriso che avrebbe steso qualsiasi ragazza, tre quintali di profumo da far venire il voltastomaco a chiunque e vestito di tutto punto?
Ecco, questa cosa aveva avuto la brillante idea di sedersi vicino a me.
Ora io dico, c’era un’aula vuota.
Un’enorme aula vuota!
L’avevo fulminato con lo sguardo, avevo cercato di assumere l’aria più truce che i miei poveri muscoli facciali potessero sopportare, e lui che fa?
Ovviamente si avvicina e si siede.
Pensai che probabilmente qualche rotella mancava sotto quella massa di capelli biondi.
A vederlo più da vicino non era poi così male però. Mi ricredetti non appena aprì bocca.
-Bonjour, non ti ho mai visto da queste parti, sei nuovo? Mi chiamo Francis Bonnefoy, e tu?-
Cosa c’è di peggio di un americano in America?
Ma ovviamente un francese in America.
E a me, povero inglese che la sfiga aveva designato come sua vittima prediletta, erano toccati entrambi.




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