And I want you more than you could ever know.

di Back To Vegas Skies
(/viewuser.php?uid=109101)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1: I'm not one for lovesongs. ***
Capitolo 2: *** Chapter 2:"We can turn our backs on the past..." ***
Capitolo 3: *** Chapter 3: Before I met you. ***
Capitolo 4: *** Chapter 4: You've been the only one ***
Capitolo 5: *** Chapter 5: Whatever it takes ***
Capitolo 6: *** Chapter 6: ...But you came along. ***
Capitolo 7: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Chapter 1: I'm not one for lovesongs. ***


Note: Non conosco nessuna delle persone di cui parlo (porca miseria, se li conoscessi ora sarei con loro, mica a scrivere fanfiction! xD). 

La storia è legata ad una canzone dei Cobra Starship, 'The World Has Is Shine (But I Would Drop It On A Dime)', che, semmai non la conosceste, vi consiglio vivamente di ascoltare, perchè è veramente molto bella. 
Per ora il legame con la canzone non è molto chiaro, ma lo sarà nel prossimo capitolo ;)
 
Non sarà una storia molto lunga, perché sono un’incapace con le long-fic (Y), e sicuramente non ci saranno scene molto esplicite, perché sono un’incapace anche con quelle *fpalm.
 
Okay, ora leggete, e ditemi cosa ne pensate!


p.s. Gabe e
William.

And I want you more than you could ever know.

 


"I'm not one for lovesongs"


Erano un paio di giorni che lo osservava.
Gabe non sapeva spiegarsi come, ma ogni volta che William entrava in una stanza, non poteva fare a meno di guardarlo e di odiare il modo in cui camminava attirando l’attenzione o di come i jeans stretti gli fasciassero le gambe lunghissime o il modo in cui la sua voce fosse diversa quando si rivolgeva a lui.
Gli dava sui nervi. Gli dava sui nervi il modo in cui riusciva a stregare tutti, gli dava sui nervi il fatto che gli facesse quegli sguardi strani. In realtà la cosa che gli dava sui nervi più di tutto era il fatto che William avesse stregato anche lui e soprattutto che quegli sguardi strani gli piacevano (mani sudate e brividi compresi).
 

*  *  * 

 
- No, Pat! Io non sono uno fatto per le canzoni d’amore! – Piagnucolò Gabe, accartocciando l’ennesimo foglio e lanciandolo nel cestino ormai strapieno. 
- Ma in un album che si rispetti almeno una deve esserci! – replicò il biondo, con l’aria di chi la sa lunga.
- Davvero, non so nemmeno da dove iniziare. – Sospirò sconsolato.
- Non è difficile, - riprese Patrick – devi solo… Pensare a quello che provi quando ami qualcuno. Vedi, io, ad esempio, penso a quel cazzone di Pete e, boom, i testi nascono da soli.
Gabe gli sorrise. Avrebbe voluto amare anche lui qualcuno come Patrick amava Pete. Non gli importava che fosse stato una donna o un uomo, gli bastava solo qualcuno da amare e da proteggere.
Era più di una settimana che cercava di buttare giù quel pezzo, di mettere insieme le parole, ma tutto ciò che riusciva a comporre erano solo frasi che lo facevano somigliare ad un disperato depresso. Forse lo era.
 

*  *  *

 
La sera del 5 giugno, come ogni anno, bussò alla porta della grande villa di Pete. La musica già suonava alta dall’interno, e Gabe stava aspettando inutilmente da diversi minuti, sperando di essere sentito da qualcuno, finché una voce non lo fece sobbalzare.
- Ti conviene entrare dalla porta sul retro, Pete la lascia sempre aperta.
Si voltò di scatto e vide un ragazzo alto e magro che gli sorrideva. Il viso, incorniciato da capelli castani un po’ disordinati, era straordinariamente dolce e bello, gli occhi, nonostante ci fosse poca luce, sembravano scintillare.
- Oh, ciao William. – disse Gabe, sforzandosi di ricordare quanto gli stesse antipatico.
- Sei carino in viola – continuò il più alto, indicando la t-shirt dell’altro, continuando a sorridere.
- Ma io mi vesto sempre di viola. – rispose Gabe, cercando di essere il più distaccato e freddo possibile.
- Appunto. – concluse William.
Gabe arrossì violentemente, sgranando gli occhi.
- G-grazie, William. – riuscì a balbettare, mentre quasi correva verso la porta posteriore.
- Ah, Gabe!
Si fermò di scatto e si voltò.
- Si?
- Chiamami Bill, okay?
Gabe sorrise e annuì, poi si voltò e camminò, stavolta lentamente, verso la porta sul retro.
 

*  *  *

 
- Buon compleanno Pete! – gridò Gabe, abbracciando il festeggiato.
- Grazie, piccino! – gli sorrise lui, stringendolo.
- Coglione, abbiamo la stessa età! – rise, lasciando la presa.
- Sarai sempre il mio piccolo Gabriel Eduardo! – concluse Pete, schioccandogli un sonoro bacio sulla bocca e scatenando le risate di tutti (tranne che di Patrick).
William, che era appena entrato, abbracciò Pete a sua volta senza staccare gli occhi da dosso a Gabe, che si sentì nuovamente avvampare.
 

*  *  *  *  *
 

 

Non sapeva perché gli stesse antipatico, né tantomeno perché con lui Gabe fosse così dannatamente distaccato.
Eppure era sempre stato gentile con lui, gli aveva pure detto che era carino, che diamine!
Però poi gli aveva sorriso.
William sorrise a sua volta, ripensandoci, e abbassò lo sguardo sul suo drink.
Ricordò la prima volta che lo aveva visto. Era seduto sul divano del grande salotto di Pete, mentre cullava il piccolo Bronx. Aveva un’espressione così dolce mentre sorrideva al bambino e gli stringeva le manine paffute, che William aveva avuto un tuffo al cuore. Gli sfiorava il visino sussurrandogli delle parole strane, forse era spagnolo, provando a farlo addormentare.
Pete lo aveva salutato con la mano e gli aveva fatto cenno di stare in silenzio. Poi aveva detto sottovoce:
- Gabe è un portento con i bambini! È l’unico che riesce a far dormire quella peste senza avere la voglia di dargli una botta in testa!
William, troppo preso dalla scena, non aveva risposto; si era limitato ad annuire e continuare ad ascoltare quelle parole cadenzate che gli sembravano un incantesimo.
Non ricordava bene il resto, ma da quel giorno era andato a casa di Pete sempre più spesso, sperando di incontrarlo ancora.
Ma più gli stava intorno, più vedeva che con lui Gabe era diverso: non era simpatico e spigliato come con gli altri, ma silenzioso e a volte anche sgarbato, gli rispondeva a monosillabi e William aveva la sensazione che spesso cercasse di evitarlo.
 

*  *  *

 
Il giorno dopo la festa, la casa di Pete era devastata: residui di cibo e bevande ovunque, gente mezza nuda addormentata negli angoli più remoti, mobili semidistrutti, macchie e sporcizia sulle pareti. William aveva bevuto un po’ troppo, cercando di fare colpo su Gabe (che lo aveva completamente ignorato), e il risultato era stato solo un gran mal di testa e una nuova delusione. Forse non era stata una buona idea quella di ballare su un tavolo senza la maglietta. Si alzò dal letto sul quale si era buttato, strofinandosi gli occhi.
Trovò Pete che girovagava per la casa, con una tazza di caffé, cercando qualcosa di commestibile.
- ‘Giorno.
- Mh. – fu l’unica risposta che ricevette.
- Pete io ti…vorrei chiedere una cosa. Sempre se sei nelle condizioni di rispondermi – disse William, imbarazzato.
Pete sorrise e annuì, sedendosi al tavolo della cucina.
- Io…oh, ehm. Volevo chiederti se… insomma… - William era arrossito e teneva gli occhi bassi.
L’altro sbuffò spazientito, poi disse:
- Su, dimmi. Su chi hai messo gli occhi?
William arrossì ancora più violentemente, e lo guardò sconsolato.
Pete continuò:
- Mh, fammi indovinare. La biondina con l’abitino verde che ti è stata addosso tutta la sera? Oppure la sua amica, quella con le tette giganti? – Rise, guardandolo.
- No, no! Niente tette! – disse William, quasi scandalizzato – È Gabe. – concluse, così a bassa voce che l’altro lo sentì appena.
Pete gli sorrise, poi si alzò e corse ad abbracciarlo.
- Non potevi scegliere di meglio! Sarete stupendi insieme! Oh mio Dio, aspetta che lo venga a sapere Pat! – urlicchiò, stritolandolo.
William ricambiò l’abbraccio, ma oltre alla sua approvazione, aveva bisogno anche di sapere altro.
- Io… Pete lui è così…meraviglioso! Io faccio di tutto per attirare la sua attenzione, ma lui continua ad ignorarmi, senza degnarmi di uno sguardo! Perché? Cos’ho di male? È perché sono un ragazzo? Dimmelo Pete, almeno mi metto l’anima in pace! – si sfogò William, che da tempo desiderava rivelare all’amico ciò che sentiva.
- Tu non hai proprio niente di male! Cerca solo di fare in modo che ti conosca meglio. Sono sicuro che sarà pazzo di te! – gli sorrise Pete, accarezzandogli la guancia.

 

*  *  *  *  *

 


Lo spettacolo di William che ballava seminudo su un tavolo, (oltre che a fargli seccare la bocca e provare brividi lungo la schiena), era servito a ricordargli il perché gli stesse così antipatico.
Odiava quella sua mania da checca di stare continuamente al centro dell’attenzione!
Pensò alla figura da cretino che aveva fatto la sera prima, quando era quasi fuggito ed era arrossito come un coglione quando William gli aveva fatto quello stupido complimento sulla sua stupida maglietta.
Sicuramente faceva così con tutti.
Gabe era arrabbiato. Arrabbiato con William, perché era così dannatamente perfetto, arrabbiato con se stesso, perché non riusciva a fare a meno di sentirsi attratto da lui e di essere geloso delle persone che gli stavano vicine più del dovuto, era addirittura arrabbiato con Pete, perché, cacchio, era colpa sua se lo aveva conosciuto!
Non voleva finire per innamorarsi di William, era veramente troppo per lui e sapeva che ne sarebbe uscito solo ferito.
Così se n’era tornato a casa, bofonchiando una scusa improbabile, appena a metà della festa.
Non voleva vederlo più, voleva cancellare dalla sua memoria quel volto bellissimo e quei sorrisi che gli facevano tremare le gambe.

 

*  *  *

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Chapter 2:"We can turn our backs on the past..." ***


Capitolo un po’ noioso, ma è solo “di passaggio”. Nel prossimo vi divertirete u.u
Sta diventando una cosa lunghissima, e pensare che volevo finirla con questo capitolo! (ce ne saranno almeno altri due). *fpalm
Vabbè, grazie a tutte le persone che hanno letto! :)
Posterò presto il resto :D

p.s. Come nell'altro capitolo, Gabe e William.
 

We can turn our backs on the past and start over.

 
Gabe aveva deciso che non sarebbe più andato da Pete, ma non riuscì a mantenere la promessa per più di tre giorni, perché gli mancavano i suoi amici, gli mancava Bronx e soprattutto gli mancava William. Gli mancava vederselo sempre tra i piedi, sentirlo cantare in giro per la casa o ascoltare le sue battute stupide che non facevano ridere nessuno.
Gli mancava il fatto che nonostante lui fosse sempre acido e scortese con lui, William tornava sempre alla carica, chiedendogli qualcosa o cercando di includerlo nei suoi discorsi.
Bussò alla porta della villa, per la prima volta ansioso.
Pete gli aprì e lo abbracciò forte. Aveva qualcosa di strano nel modo in cui lo guardava e gli parlava, qualcosa di diverso, eppure erano solo tre giorni che non si vedevano!
Bronx gli corse incontro gridando allegramente e gli saltò in braccio.
- Ciao piccolino! Come stai?
Gli sussurrò Gabe, stringendolo dolcemente, e il bambino si limitò a poggiargli la manina sulla faccia, sorridendo.
- Non sono bellissimi insieme? – disse Pete ad alta voce, facendo rendere conto a Gabe che non erano soli.
Alzò lo sguardo e vide che William, seduto sul divano, annuiva sorridendo e sentì il suo viso andare in fiamme.
- Ciao, scusa non ti avevo visto. – balbettò, senza guardarlo in faccia.
- Fa niente. Ciao, comunque. – rispose l’altro, alzando le spalle.
- Bronx, piccolo selvaggio, vieni, andiamo a fare il bagno, che tra due ore viene a prenderti quella putt… ehm, tua madre! – li interruppe Pete, prendendo il bambino e trascinandolo, tra le proteste, al piano di sopra. – Scusate ragazzi, devo tirarlo a lucido, tra poco arriva la strega! – gridò, mentre saliva su per le scale.
Gabe si guardò le scarpe, imbarazzato.
- Io… - cominciò William, a voce bassa. - Io credo che noi abbiamo iniziato con il piede sbagliato. Cioè, - sospirò, in evidente difficoltà. – forse io ho fatto…insomma, qualcosa di male nei tuoi confronti e vorrei rimediare.
Gabe si sentiva lo stomaco attorcigliato, le parole gli morivano in gola. Poi disse:
-  No, assolutamente. Tu non hai fatto niente di male.
- Allora perché sei sempre così freddo con me? – William lo stava guardando e Gabe sentiva i suoi occhi su di sé, come se, cocenti, gli stessero attraversando la pelle.
 

* * *

 
Era felice di averglielo detto. E ora lo stava osservando, aspettando una risposta.
Ma perché ci metteva così tanto?
- S-scusa, non era mia intenzione. – balbettò Gabe.
- Allora non è una cosa voluta il fatto che mi ignori palesemente? Che io ti inseguo come un cagnolino per…ehm, fare amicizia e tu non mi degni di una parola o di uno sguardo? – La voce di William era diventata tagliente, la delusione bruciava ancora.
L’altro lo guardò, restando in silenzio. Poi disse:
- Ecco, vedi. È questo.
- Questo cosa?
- È questo che mi da fastidio di te, William. Il fatto che tu voglia piacere alle persone per forza.
- Io non voglio piacere alle persone per forza! Io volevo piacere a te per forza! – rispose William, alzando la voce, pentendosi quasi subito delle parole che erano uscite, quasi automaticamente dalla sua bocca.


 

* * *


Gabe quasi svenne dalla sorpresa. Aprì e richiuse la bocca tre volte, cercando di emettere un qualunque suono, ma i risultati furono scarsi. Forse aveva frainteso.
- C-che vuoi dire, scusa? – chiese esitante.
- Mio Dio, Gabe, sei un completo idiota! Come puoi non capire? – rispose ad alta voce l’altro, alzandosi ed andandosene, arrabbiato.
Gabe rimase con un’espressione da stupido stampata sul volto, in piedi come quando era entrato, sobbalzando al rumore della porta chiusa con violenza da William.

 

* * *

 
Nessuno l’aveva mai rifiutato. Sapeva di essere bello, bravo, simpatico e discretamente famoso: qualità che avrebbero fatto impazzire tutti. Tutti meno che lui.
Il signorino era troppo impegnato ad essere divertente e gentile con tutti per potergli prestare attenzione. Era troppo impegnato ad essere così dannatamente adorabile e dolce. E bello. E simpatico. E…bello l’aveva già detto?
Scosse la testa, per allontanare quei pensieri e ricordare il motivo per il quale era arrabbiato.
Sbuffò, camminando verso il suo piccolo appartamento soffocante. Stare così tanto tempo nella gigantesca casa di Pete lo stava abituando male.

 

* * *

 
Gabe era seduto sul divano, con gli occhi ancora spalancati e la bocca semiaperta, pensando e ripensando alle parole di William, incapace di attribuirgli un significato.
Pete scese e lo guardò, ridacchiando.
- Sai che hai proprio la faccia da scemo? – gli disse, sedendosi accanto a lui con Bronx sulle ginocchia.
- Mio Dio, Pete. Che casino.
- Non ho potuto fare a meno di ascoltare i vostri delicati toni dal piano di sopra. E devo dire che William ha ragione, sei un idiota patentato.
- Ha detto che sono un “idiota completo”.
- Quello che è. Comunque idiota resti. – rise Pete.
- Ma perché? – piagnucolò Gabe.
Pete finse di essere preso momentaneamente dai calzini del figlio, ma era chiaro che voleva semplicemente evitare di rispondere.
Poi disse:
- Dovresti conoscerlo un po’ meglio. Bill, intendo. È un ragazzo d’oro, ne vale la pena.
- Ma se adesso lui mi odia! – sbottò Gabe, incrociando le braccia al petto.
- Muovi il culo e va’ da lui. Non è un consiglio, è un fottuto ordine, Gabe. – si alzò, scribacchiò l’indirizzo su un pezzo di carta e spinse il ragazzo verso la porta con modi molto poco educati.
- Ma... – Gabe era perplesso.
- Niente ma! Lui ha provato a fare amicizia con te, tu sei stato sgarbato, ora rimedi.
 

* * *

 
Gabe camminava lentamente lungo la strada assolata, senza sapere bene perché lo stesse facendo e perché stava davvero dando ascolto a Pete, quando poteva benissimo fare dietro-front e tornarsene a casa. Ma non lo avrebbe fatto. Sapeva di essere troppo attratto da William per lasciarsi sfuggire quell’occasione. Si era accorto che lo odiava solo perché in realtà non si sentiva alla sua altezza.
Gli piaceva. Gli piaceva la sua voce, il suo viso, i suoi capelli, il fatto che fosse sempre allegro. Gli piacevano pure le sue manie da checca.  
Arrivò all’indirizzo scritto sul foglietto stropicciato e l’ansia cominciò ad attanagliargli lo stomaco.
 

* * *

 
- Cosa ci fai qui? – chiese William spiazzato, non appena si era reso conto di chi aveva bussato alla porta.
- Ciao. – disse Gabe, facendo spallucce.
- Che vuoi? – stavolta era lui ad essere sgarbato. Fanculo, gli avrebbe fatto vedere quanto era bello comportarsi così.
- Io credo chenoi possiamo lasciarci alle spalle il passato e ricominciare da capo.- sussurrò Gabe, evitando accuratamente di guardarlo.
William sorrise. Poi gli porse la mano destra e disse:
- Okay, faremo così.- si schiarì la voce e continuò - Piacere, io sono William. Ma puoi chiamarmi Bill, se ti piace di più. – continuò a sorridere verso il suo interlocutore, che lo guardava un po’  sorpreso e un po’ divertito.
 

* * *

 
- Io invece sono Gabriel Eduardo, ma ormai nemmeno mia nonna mi chiama più così, quindi chiamami Gabe!
Will gli scoppiò a ridere in faccia e lui rise a sua volta. La tensione si era molto allentata e si sentiva più tranquillo.
William lo fece entrare in casa. L’appartamento era piccolo e abbastanza in disordine: pile di CD, duo o tre chitarre in giro, mensole piene di foto e di regali dei fan. A Gabe piaceva, però. Quell’ambiente era proprio come William: incasinato, ma comunque bello e piacevole.
- È carino qui! – disse sinceramente, sorridendo ancora all’altro.
 

* * *

 
Ok, si era rassegnato al fatto di essere completamente perso per Bill, ma…
Aveva avuto troppe delusioni, aveva incontrato troppe persone che lo avevano illuso e poi ferito. E se non lo avevano illuso o ferito, lo avevano ignorato. Sembrava che nessuno riuscisse a capirlo davvero. Che nessuno si accorgesse che il fatto che lui fosse simpatico e sempre allegro non significava che in realtà non potesse soffrire.
Ed ora non voleva cedere di fronte ad un paio di occhi scintillanti. Meravigliosi occhi scintillanti, si corresse mentalmente.
William era veramente troppo per lui, lo sapeva.
Si era veramente rassegnato al fatto di essere completamente perso per Bill, ma…
Non era ancora riuscito a scrivere quella dannata canzone.
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Chapter 3: Before I met you. ***


Before I met you, I used to dream you up and make you up in my mind.

 
- Pete? Devo parlarti – La voce di Gabe suonava stranamente seria.
- Dimmi pure Gabrieluccio! – sorrise l’altro, spegnendo la TV.
Gabe sospirò e si sedette accanto a lui.
-Grazie per l’altro giorno, quando mi hai mandato a casa di William. Avevi ragione, non è male e io…
- Io ho sempre ragione, cazzo! Quando ve lo metterete in testa, voi pivellini?? - Lo interruppe Pete.
- Io – riprese Gabe spazientito – volevo sapere se lui ha… qualcuna.
Pete per poco non si strozzò con la birra che stava bevendo. Cominciò a ridacchiare e a dire tra se ‘Aspetta che lo venga a sapere Pat!’, ricevendo in risposta un cuscino in faccia dall’altro.
- Cacchio, Pete, mi rispondi? – riprese poi, infastidito.
- Perché non lo chiedi a lui? Mi avete preso per un’agenzia matrimoniale? – sbottò Pete, riaccendendo la TV.
Gabe sbuffò, alzandosi e dirigendosi verso la porta.
Nessuno lo capiva.

 
 * * *


- Hey, ciao! Ti aspettavo. – gli sorrise Pete allegro, lasciandolo entrare.
- Heilà – sorrise Will di rimando, cercando di sembrare il più disinvolto possibile mentre perlustrava la casa con lo sguardo, in cerca di qualcuno (che poi era il vero motivo per cui era andato da Pete). Si rese conto che il grande salotto era vuoto e si sedette sul divano sospirando.
- Indovina un po’ chi era qui solo cinque minuti fa…
- Pat?
- Gaaabe – disse Pete in tono suadente, pronunciando il nome lentamente, godendosi l’effetto che provocava.
William si finse indifferente, ma il suo stomaco si contorse.
- E sai cosa mi ha chiesto?
Bill fece spallucce, ma bruciava di curiosità. Prese la birra mezza vuota di Pete dal tavolino che aveva davanti e ne bevve un po’, fingendosi noncurante del discorso.
- Mi ha chiesto se tu – continuò l’altro, accentuando molto l’ultima parola, facendo scattare William sull’attenti, - Hai…- ridacchiò – qualcuna.
Will lasciò cadere la bottiglia sul pavimento, con il cuore che gli batteva forte e un sorriso che gli si allargava sul viso. Abbracciò Pete, fuori di sé dalla felicità, urlicchiando frasi sconnesse e saltellando come un bambino. Ce l’aveva fatta.

 
 * * *

- Cazzo, il cappello! – L’aveva dimenticata da Pete. Tornò indietro maledicendo la sua sbadataggine.
Dopo pochi minuti (per fortuna aveva fatto poca strada), bussò alla porta della villa, sbuffando.
- Parli del diavolo… - aveva detto Pete,  scostandosi dalla porta per farlo entrare.
Gabe aggrottò le sopracciglia perplesso ed entrò. Perché cavolo Pete doveva stare parlando di lui? E poi, con chi avrebbe potut…
- Oh, ciao! – la voce di William, stranamente alta e allegra, lo fece sobbalzare.
- Ciao. – rispose sorridendo, un po’ intimidito da tanta esuberanza.
- Come mai da queste parti? – chiese Bill, senza guardarlo in faccia.
Pete ridacchiava dalla cucina.
- Io, ehm… ho dimenticato il mio cappello, prima…
- Cacchio! Il latte! Devo assolutamente comprarlo! – li interruppe Pete, infilandosi una maglietta e correndo verso la porta. Entrambi i ragazzi lo guardarono perplessi.
- Hey! È importante che io introduca una dose sufficiente di calcio nella mia dieta! – cercò di giustificarsi, uscendo in fretta e furia, lasciando Gabe e Bill ancora più perplessi.
Lo seguirono entrambi con lo sguardo, poi, una volta soli, si guardarono e Gabe si sentì bollire.
Will gli fece segno di sedersi e l’altro gli obbedì imbarazzato, occupando il posto accanto a lui. – Sai, avevo proprio ragione l’altra sera. - iniziò Bill, guardandolo – Sei veramente molto carino in viola. In realtà sei… - sorrise – molto carino e basta.
Gabe si sentì avvampare, abbassò lo sguardo, confuso.
- Oddio… grazie. Anche tu lo sei. – Bugiardo. Magari William fosse stato solo carino.
Will gli sorrise ancora e gli carezzò una guancia con il palmo della mano.
Contatto fisico. Male, molto male.
Ma non ebbe la forza di respingerlo. Se una parte di lui voleva stargli lontano, essergli al massimo amico, per paura che succedesse di nuovo, l’altra parte lo desiderava ardentemente e lo avrebbe voluto tutto per sé. E per adesso era quella seconda parte che stava avendo la meglio.
Socchiuse gli occhi, sconfitto, godendosi la sensazione della mano calda sul suo viso, il contatto della loro pelle, il profumo che emanava.
Li riaprì poco dopo, trovandosi Bill molto più vicino. Sentiva i brividi percorrergli la schiena, le ginocchia tremare e le orecchie bollenti.
- In realtà…- sussurrò Will, a pochi centimetri dal viso dell’altro – ti trovo bellissimo.
Gabe spalancò gli occhi, sorpreso.
William sorrise di nuovo e lo baciò.
 
Fu un contatto lieve, all’inizio, quasi uno sfiorarsi o una carezza delicata. Sentiva il respiro dell’altro fargli il solletico sul viso, avvertiva la mano stretta dietro la sua nuca e le dita sottili affondate nei suoi capelli corti, l’altra poggiata sul suo petto che stringeva delicatamente il tessuto della maglietta. Poi William si strinse a lui, cingendogli il collo con le braccia e aumentando la pressione sulla sua bocca. Gabe lo abbracciò e lasciò che le sue labbra si unissero a quelle dell’altro, poi le schiuse, aspettando il momento in cui, il loro, sarebbe diventato un bacio vero. Non dovette aspettare molto.
Le loro lingue si toccarono, carezzandosi ed esplorandosi, lentamente, in una confusa tenerezza.
Gabe sentiva il sapore di Will, bello e dolce, le sue braccia calde strette intorno al collo, il petto premuto contro il suo.
E aveva la sensazione che il suo cuore stesse per esplodere.

 
 * * *

Lo stava baciando. E non era un sogno. Wow.
Sentiva il cuore di Gabe contro il suo petto battere fortissimo e, felice di provocargli quella reazione, si aggrappò a lui con più forza, sorridendo sulle sue labbra e baciandolo ancora e ancora, accelerando il ritmo e rimanendo a corto di fiato.
 
Un colpetto di tosse li interruppe, facendo balzare entrambi ai lati opposti del divano, accaldati e con il respiro irregolare, le labbra ancora arrossate.
Pete guardò divertito prima Gabe, che guardava nel vuoto con l’aria sconvolta, poi William che lo stava praticamente incenerendo con lo sguardo.
Avrebbe potuto ucciderlo.
Se quel coglione di Pete non li avesse interrotti avrebbe potuto continuare a baciare Gabe per una settimana di fila. Forse anche di più.
- Mi dispiace interrompere la vostra sicuramente interessante visita dentistica, ma vorrei mettermi sul mio divano a guardare la mia TV, se non vi dispiace.
Si sedette tra di loro, incurante degli sguardi omicidi dell’amico, aprendo un pacchetto di patatine.
Will sperò gli andassero di traverso.

 
* * *

Ecco, ora era fottuto. Avrebbe sofferto di nuovo, sarebbe stato fregato di nuovo.
Voleva amare, voleva essere ancora una volta importante per qualcuno, ma non voleva che il suo cuore venisse di nuovo calpestato.
Si alzò, salutando Pete e facendo cenno a Will che lo seguisse.
- Noi, ehm, credo che dovremmo parlare.
- Vieni da me? Per parlare, ovviamente – rispose William arrossendo.
A Gabe sembrò adorabile. Non gli sembrava vero che solo pochi minuti prima era stretto tra le sue braccia, baciandolo come non baciava nessuno da secoli.
 

La strada verso l’appartamento di Bill fu abbastanza imbarazzante. Nessuno dei due sapeva cosa dire o come comportarsi.
Una volta arrivati, Will si chiuse la porta alle spalle e Gabe si schiarì la voce.
- Io… tu mi… mi piaci molto, Bill. Abbastanza più di molto, in verità.
William sorrise, avvicinandosi per baciarlo di nuovo, ma Gabe, appellando a tutta la sua forza di volontà, si scostò.
- Vorrei solo sapere se hai intenzione di… insomma, prendermi in giro. Mi è già successo, non voglio che si ripeta.
Abbassò lo sguardo, imbarazzato.
- Prima di conoscerti – iniziò William sospirando – di solito immaginavo o sognavo qualcuno  proprio come te, pensando al fatto che sarebbe stato impossibile trovare qualcuno chefosse riuscito ad essere come il ragazzo che immaginavo o sognavo. Poi sei arrivato tu. Non potrei mai prenderti in giro.
Gabe si gettò tra le sue braccia, ridendo, Will lo strinse a sé e si baciarono di nuovo, in piedi, al centro della stanza.
E stavolta nessuno li avrebbe interrotti.
 
 

 * * *

 
 

 
NOTE:
Mi sa che sta storia me la sto scrivendo e leggendo da sola LOL
AnyWay, mi piace e la finirò.
Per fortuna la tortura scuola sta finendo e spero di avere più tempo e non dovermi ridurre a scrivere di notte *fpalm*
Vabbeè, sperò che alle 3-4 anime che stanno seguendo questa fic (e che ringrazio di cuore) sia piaciuto il capitolo :D
Si comincia a capire il motivo per il quale il nostro Saporta non è più il solito cazzone tamarro che tutti conosciamo u.u
Ah, e amo Pete. Alla follia. Just sayin’.
 
Alla prossima! <3

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Chapter 4: You've been the only one ***


And all I ever wanted was to be understood, you’ve been the only one who could.

 
Gabe gli teneva una mano tra I capelli, l’altra sul viso, mentre lo baciava.
Sentiva le braccia di Will sui suoi fianchi e le mani che gli percorrevano delicatamente la schiena.
Poi qualcosa lo bloccò.
E se Will voleva solo portarselo a letto? Se lo avesse fatto innamorare  e poi lo avesse scaricato?
Però con quello che gli aveva detto solo qualche momento prima, forse  poteva stare tranquillo.
Ma anche lui gli aveva detto cose simili, eppure…
- Hey, tutto bene? – la voce di Bill lo scosse.
- No, non può succedere di nuovo! – disse, più a se stesso che all’altro, che lo guardava preoccupato.
No, non doveva succedere. Non di nuovo. Se l’era promesso: niente più amore, niente più dolore, niente più lacrime.
- Cos’è che non deve succedere? – Will gli accarezzava una guancia con dolcezza.
Gabe si nascose il viso tra le mani.
- Non puoi capire, Bill. Non… noi non possiamo andare avanti. Non puoi capire.
- Certo che posso capire!
- No. – ripetè Gabe, guardandolo negli occhi.
- Tu hai solamente paura, Gabe. Hai paura di soffrire, di essere abbandonato, perché chissà chi coglione cieco e stupido ha lasciato che succedesse!
Gabe lo ascoltava stupito. Nessuno sapeva, neanche Pete. Ma allora Will come poteva…
- Non puoi lasciare che questo ti condizioni per sempre! – continuò Bill – Da qualche parte ci sarà sempre qualcuno pronto ad amarti… - gli prese le mani e le strinse nelle sue, poi lo guardò negli occhi, sorridendo.
- Non devi avere paura, non pretenderò nulla da te. Io posso capirti, Gabe – ripetè quasi in tono supplichevole – dammi solo la possibilità di farlo.
 

* * *

 
Tutto quello che aveva sempre voluto era di essere capito.E Will era stato l’unico ad esserne capace.
Anche se lo conosceva da poco, anche se all’inizio gli era sembrato un cazzone, anche se era così bello da intimidirlo.
Sorrise e lo abbracciò forte, sussurrandogli un “Grazie” tra i capelli disordinati e che, Gabe constatò con piacere, erano anche morbidi e profumati.
Avrebbe voluto dirgli quanto dopo solo pochi giorni lo reputava dolce, meraviglioso e adorabile, ma era riuscito solo a balbettare quel misero “Grazie” a mezza voce. Così gli prese il viso tra le mani e lo baciò, cercando di fare del suo meglio.
Lo avrebbe ringraziato a modo suo.
 

* * *
 

Era la prima volta che Gabe prendeva l’iniziativa di baciarlo e Will ne rimase piacevolmente sorpreso. Gabe aveva spostato le mani e lui poteva sentirne le dita attorcigliate tra i suoi capelli.
Si strinse di più a lui, aggrappandosi alla sua maglietta, cercando di stare dietro al ritmo incalzante che l’altro stava dando al bacio.
Le loro lingue si muovevano frenetiche, provocandogli una serie di scosse elettriche che gli percorrevano tutto il corpo ogni qualvolta si incontravano e si accarezzavano.
Si staccavano solo per respirare, per pochi secondi, ricominciando subito dopo, ancora più bramosi delle labbra dell’altro.
- Wow – disse Will sorridendo, non appena Gabe si era fermato per riprendere fiato.
- Già, wow – sorrise a sua volta Gabe, ricominciando a baciarlo con ancora più trasporto di prima.
Dove voleva arrivare? Will era confuso.
Gabe lo spinse verso il muro, continuando a baciarlo quasi con violenza e, quando la schiena raggiunse la parete, si avvicinò ulteriormente, premendo il suo corpo contro quello di Will, che aveva perso momentaneamente tutto il suo spirito di iniziativa, troppo sorpreso dall’improvvisa intraprendenza dell’altro per fare qualcosa. Si limitava ad assecondarne i movimenti. Gabe si sistemò contro di lui, mettendo una gamba tra quelle di Bill, che rimase nuovamente privo di ogni facoltà.
Lasciò che gli baciasse il colo, che risalisse a torturargli le labbra e poi di nuovo giù…
 

* * *
 

Gli dispiaceva essere partito così in quarta, ma Will lo istigava, davvero. Era così bello e così fottutamente sexy e dolce allo stesso tempo che non aveva saputo resistere dopo le parole che gli aveva detto. E poi ora, così accaldato e un po’ arrossito era ancora più bello, sexy e dolce, e questo sicuramente non aiutava a smettere.
Con un grande sforzo, smise di baciargli il collo e lo guardò. Sì, era veramente stupendo.
Will schiuse gli occhi e lo guardò a sua volta, sorridendogli e accarezzandogli i capelli.
- Sei bellissimo – gli sussurrò Gabe, con il respiro un po’ affannato e le labbra ancora rosse.
 

* * *

 
Will lo attirò di nuovo a sé, facendo collidere nuovamente le loro labbra in un bacio dolcissimo, poi gli sfilò la maglietta senza trovare resistenza e lasciò che l’altro facesse lo stesso con la sua.
Il corpo di Gabe era così… sexy.
Si vergognò di se stesso e della sua magrezza di fronte a quegli addominali perfetti, che cominciò a sfiorare con la punta delle dita.
Si lasciò sfuggire un “Oh, Wow” di fronte a quel ben di dio. Gabe gli sorrise e ricominciò a baciarlo.
Prima le labbra, poi il collo, poi il petto e a Will sfuggì qualche gemito quando arrivò all’ombelico. Se tutto sembrava così perfetto adesso, figuriamoci dopo.
 

* * *
 

Cominciò a baciargli il basso ventre, prima lentamente poi, notando il rigonfiamento nei pantaloni dell’altro, sempre con più energia. In effetti, anche i suoi di pantaloni erano dolorosamente stretti. Gli morse delicatamente un fianco (cacchio, quei fianchi!), poi si rialzò per cercare di nuovo le sue labbra e iniziando, non senza difficoltà, a slacciargli a cintura dei jeans. Aprì lentamente la zip, sentendolo rabbrividire, giocherellò con l’elastico dei boxer, poi introdusse delicatamente una mano all’interno del tessuto.
- O-oddio, Gabe… - sussurrò Will, aggrappandosi a lui e a Gabe sembrò che il suo nome, scandito dalle sue labbra, suonasse come la più dolce delle parole (e cazzo, lo eccitava da morire).
Per poco non gli venne un infarto quando fu lui ad infilargli una mano nei jeans.
Si muovevano seguendo lo stesso ritmo, prima piano poi sempre più forte.
In un momento di lucidità, si ritrovò a pensare che forse avrebbe dovuto finirla lì, era già abbastanza, si conoscevano da una settimana dopotutto!
Rallentò i movimenti della mano,cercando di fermarsi (anche se un’altra parte del suo corpo, momentaneamente controllata da William, era di tutt’altro parere), ma come avrebbe potuto smettere con Bill tutto sudato, avvinghiato a lui (e con la mano nelle sue mutande), che all’orecchio gli pregava di continuare, di non fermarsi e di prenderlo lì contro il muro?
Ovviamente obbedì.
E mentre lo sentiva gridare, mentre lo baciava e lo accarezzava e si sentiva un’unica cosa con lui, avvertì dentro di sé una felicità che non aveva provato per molto, troppo tempo.
 

* * *

 
Si misero sul divano, stanchi e sudati.
- Credo che dovrei farmi una doccia – disse Gabe, poco convinto, stringendo Bill a sé.
- Io credo di no, invece – replicò quello tranquillamente, accarezzandogli la pancia.
Gabe sorrise e si stese, tirando Bill sopra di sé e, baciandolo ancora, lo abbracciò forte e gli carezzò i capelli umidi di sudore.
- Resta qui con me, Gabe.- si sentì sussurrare dall’altro, che aveva poggiato la testa sul suo petto.
- Certo che resto, dove vuoi che vada? – rispose sorridendo, sfiorandogli la spalla nuda.
- Io intendevo, – riprese l’altro, già mezzo addormentato – resta qui con me per sempre.
Gabe rimase sorpreso e non rispose.
La paura si affacciò di nuovo dentro di lui, ricordandogli quello che Bill gli aveva fatto dimenticare poco prima.
- Io so che sei tu quello giusto per me, Gabe. Vorrei tanto che fosse lo stesso anche per te… - aggiunse piano, e si addormentò prima che l’altro potesse dire qualcosa.
 
 

* * *

 
Si svegliò qualche ora dopo, stretto a Gabe, che dormiva ancora.
Si sollevò leggermente per guardarlo. Sembrava così tranquillo, così sereno, così dolce, che non poté fare a meno di sorridere e lasciargli un bacio leggero sulle labbra.
Era lui quello giusto, lo sentiva, ne era sicuro.
E se per lui non era la stessa cosa non aveva importanza, sarebbe riuscito a farsi amare, in un modo o nell’altro.
Sentì il telefono squillare e si alzò borbottando, andando a rispondere solo per non svegliare Gabe.
- Pronto? – rispose sottovoce.
- Hey, mio dolce petalo di rosa! Volevo sapere com’è andata!
- Cazzo, Pete, lo sapevo che eri tu che rompevi!
- Razza di frocetto irriconoscente, dovresti baciarmi i piedi! – Rise Pete, fingendosi offeso.
- Hai ragione, scusa – rispose Will ridendo, sempre a voce bassa.
- Perché bisbigli? C’hai un morto in casa?
- Veramente c’è Gabe che dorme e non voglio che…
- Sei davvero così noioso? – lo canzonò Pete.
- Ehm, in realtà noi…
- Te lo sei già portato a letto?! Vedo che stai imparando!
- In teoria non era proprio il letto – ridacchiò Bill.
- Risparmiami i particolari, dolcezza, sei in vivavoce e c’è Bronx, non vorrei imparasse certe cose prima del tempo… Magari tra un anno o due! – disse Pete, ridendo di nuovo.
Bill vide Gabe muoversi sul divano e sorrise.
- Ora devo andare, Pete. Magari più tardi io… cioè, noi passiamo da te, okay?
- Noi? Oddio, Will, sento puzza di relazione seria! – si finse sconvolto, ma l’altro non raccolse la sua provocazione e lo liquidò in fretta.

 

* * *

 
- Hey – sussurrò Gabe, abbracciandolo da dietro con dolcezza.
Will sorrise.
- Ha chiamato Pete, ci  ha invitati da lui più tardi. – disse poi, dopo averlo baciato velocemente.
- Ci?
- Cazzo, ma che avete tutti contro la seconda persona plurale?
- No, è che… insomma, detta così, suona come se noi due fossimo… una sorta di… coppia.
Bill si staccò dall’abbraccio, deluso e lo guardò torvo.
- Prima dici che non devo prenderti in giro e poi ti sconvolgi se penso a noi due come una coppia?
- Hai ragione, scusami. – disse Gabe, abbassando lo sguardo – è solo che… è strano. Scusa, non volevo…
A Will sembrò adorabile, sorrise e gli prese il viso tra le mani, baciandolo con delicatezza.
- Allora dovrai abituartici, mio caro – gli soffiò sulle labbra, prima di andare verso il bagno facendogli cenno di seguirlo, sorridendo maliziosamente.
 

* * *

 
- Ho quasi voglia di farmi un’altra doccia – disse ridendo, guardando Bill che si rivestiva.
Si sentiva un adolescente arrapato, ma cacchio, era lui a provocarlo!
- Io invece ho fame e in frigo c’è il deserto. Ordino qualcosa?
- Nah, usciamo. Magari dopo passiamo anche da Pete, ti va?
Will sorrise e annuì.

 
* * *

 
Senza pensarci, quasi come si trattasse di qualcosa di abituale, lo tenne per mano mentre camminavano per strada. Gli piaceva la sensazione delle loro dita intrecciate e sticazzi se la gente li guardava. Will, dal canto suo, era raggiante e gli camminava accanto sorridendo.
Cenarono al ristorante cinese e, una volta usciti, si era fatto buio.
- Gabriel – una voce strascicata, dal forte accento spagnolo, li riportò alla realtà.
Gabe si voltò di scatto, avrebbe riconosciuto quella voce tra mille.
- Miguel – sussurrò, con lo stomaco attorcigliato e le gambe che gli tremavano.
 

* * *

 
Un ragazzo alto, con i capelli castani e un piercing al labbro, si trovava di fronte a loro. Aveva una canotta nera che gli aderiva al petto scolpito e dei pantaloni larghi a vita bassa. La cosa che colpì di più Will furono gli occhi: nonostante la luce fioca del lampione, riuscì a vedere che erano di un castano molto chiaro, quasi dorati, simili a quelli di un gatto, ma stranamente magnetici.
Era molto molto bello, ma a Bill veniva in mente la parola “viscido” ogni qualvolta i penetranti occhi color ambra del ragazzo sconosciuto incontravano i suoi.
Strinse più forte la mano di Gabe.
- Chi è? – chiese il ragazzo con tono sprezzante, indicando Bill.
- Non ti interessa – rispose freddo Gabe.
- Es guapo. È la tua nuova bambolina?
Viscido, pensò di nuovo Will.
- Lasciami in pace, Miguel. Vattene.
Il ragazzo sembrò non ascoltarlo, i suoi occhi stavano ancora indugiando su Bill, che rabbrividì.
Poi guardò di nuovo Gabe.
- È una fortuna che passasi aqui, Gabriél. Avevo proprio bisogno di un altro piccolo favore…
- Quando ti ho fatto l’ultimo piccolo favore hai detto che saresti sparito – rispose Gabe, abbassando la voce.
- E invece no. E spero para ti che non ci siano problemi, altrimenti potrebbe succedere qualcosa a questo bel niño... – fece per allungare una mano verso Bill, ma Gabe gli si parò davanti, furioso.
- Non osare sfiorarlo! Capito?!
- Gracias, Gabriél. Mi hai appena rivelato un tuo nuovo punto debole – disse il ragazzo, ridendo.
- L-lui non c’entra niente! Lascialo stare!
Will guardava la scena sbigottito, senza sapere cosa fare.
Quel ragazzo gli metteva paura.
- T-ti farò tutti i favori che vuoi, ma ti prego, lascia lui fuori da questa storia! – riprese Gabe, quasi in lacrime.
- Così va bene. Spero che non debbano più succedere incidenti per fartelo capire. Adiòs, Gabriél. Ti telefonerò al più presto per il favore…
Prima di voltarsi, guardò William e sussurrò – A presto, pequeño.
Will rabbrividì di nuovo e lo guardò allontanarsi.
- Torniamo a casa, Bill. Per favore. – La voce di Gabe suonava flebile e impaurita, la mano stretta a quella di Will era sudata. E tremava.

 
* * *

 
 
 
 
 
 Note:
 
Questo capitolo è stato un parto! D:
Per non dire quella schifezza di scena mezza hot (ci ho messo ventordici ore a scriverla) xD
Vabbè, grazie ancora a tutte le persone che stanno leggendo questa storia, a chi la sta seguendo e a chi l’ha recensita. <3
Come credo abbiate capito, quel viscido di Miguel (il nome da telenovela era d’obbligo LOL) c’entra qualcosa con il “cambiamento” del nostro eroe (xD).
Per quanto riguarda il resto, diciamo che so che è una storia abbastanza “classica”, ma spero vi piaccia ugualmente ._. (io personalmente mi sto divertendo molto a scriverla :D)
Perdonate l’eccessiva presenza di scene zuccherose, ma scrivo quello che in realtà non faccio e che vorrei fare mi piacciono.
 
Vi voglio bene <3
Ros.
 
P.S. Cacchio, è già il 4° capitolo! o.ò Menomale che doveva essere corta *fpalm*
 
P.P.S. Grazie mille a mia sorella per le parole in spagnolo! xD
 
P.P.P.S. Scusate il ritardo, ma ho avuto problemi di connessione T.T
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Chapter 5: Whatever it takes ***


And whatever it takes, I’m gonna make my way home.

 

- Non mi va di parlarne, okay?
Will annuì, preoccupato.
Chi era quel tipo? Cosa voleva da Gabe?
Decise di non far trasparire queste sue paure, cercando di mostrarsi tranquillo agli occhi dell’altro.
- Perché non andiamo a dormire? – suggerì.
- Vuoi che…vuoi che vada a casa? – Gabe sembrava spaventato.
- Il mio letto è abbastanza grande per tutti e due – disse Will, come se fosse stata la cosa più naturale del mondo, tirandolo verso la camera da letto.
 

* * *

 
Gabe sorrise e si lasciò trascinare.
Per ora tutto quello che voleva era stare tra le braccia di Will senza pensare a niente.
Will... Ora aveva messo in pericolo anche lui.
Non bastava quello che era già successo?
Si spogliò e si infilò sotto il copriletto leggero, poggiando la testa sul petto dell’altro, che lo cullava e gli carezzava i capelli, stringendolo forte.
 

* * *

 
- Oh mio Dio! Cosa cazzo ti è successo??
- Mi ha r-riempito di botte… - la voce di suo fratello suonava flebile, le lacrime gli rigavano il viso, la maglietta era sporca di fango e sangue.
- Aiuto! Cazzo, qualcuno chiami una fottuta ambulanza! – le lacrime cominciarono a scendere sulle sue guance, il senso di colpa si allargava come una voragine nel suo petto.
- E-erano cinque, f-forse sei… Lui diceva: “D-dì a q-quello stronzo di tuo fratello – un conato di vomito lo interruppe, poi riprese – c-che così impara a n-non mantenere le promesse!”- un nuovo conato lo scosse. Piangeva, si reggeva le costole, gridava di dolore. E Gabe piangeva con lui.
- Cosa ti ha fatto? Dimmelo! – urlò tra le lacrime, mentre le sirene dell’ambulanza cominciavano a sentirsi da lontano.
- Calci, p-pugni… P-poi… - singhiozzò - mi… ha abbassato i pantaloni e… - pianse più forte, Gabe gli reggeva la testa, piangendo con lui. Era impossibile. Non poteva aver fatto davvero quelle cose. Non Miguel. Non ad un ragazzino di 15 anni!
-“Guarda! G-Guarda cosa piace f-fare a tuo fratello!” gridava e mi faceva male, Gabe, tanto male e… c’era sangue…
 

* * *

 
Gabe si agitava nel sonno e Will era sicuro che c’entrasse qualcosa l’incontro fatto poco prima.
- No! Non può essere! – gridò poi l’altro, sobbalzando e mettendosi seduto con gli occhi sgranati.
- È stato solo un incubo – cercò di rassicurarlo, abbracciandolo. 
Gabe annuì e si strinse a lui, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo.
- Ora prova a dormire, okay? Ci… ci sono io qui.
Gabe sorrise e gli lasciò un piccolo bacio, prima di sistemarsi di nuovo sul suo petto.
 

* * *

 
- È stato… bello dormire con te. Sei comodo – disse Gabe a William da dietro il suo tazzone di caffé.
Will gli sorrise, mentre imburrava un toast.
- Senti, Gabe, so che forse non ne vuoi parlare, ma… chi era quel ragazzo di ieri sera?
Gabe si sentì raggelare.
Sapeva che Bill prima o poi glielo avrebbe chiesto.
- È una storia lunga…
- Ascolterò. Abbiamo tempo, no?
Gabe sospirò, rassegnato al fatto che avrebbe dovuto parlare per un bel po’.
 

* * *

 
- Vedi, Bill, io conosco Miguel da secoli. Siamo cresciuti insieme, nello stesso quartiere, e le nostre madri erano migliori amiche. Da piccoli, nessuno voleva giocare con noi perché eravamo un po’ spagnoli, avevamo l’accento strano… così lui faceva il prepotente con tutti. Io gli stavo dietro come un cagnolino, perché lo vedevo come quello “tosto” dei due, mentre io ero la “femminuccia” che passava il tempo chiuso in camera sua a suonare. Crescendo non è che le cose siano cambiate molto. Tranne per il fatto che, insomma… - sospirò – io ho perso la testa per lui. È stata la prima persona su cui mi sono fatto una sega! – rise, ma era una risata vuota, atona, priva di allegria.
- Mi ero rassegnato al fatto che non sarei mai stato corrisposto, finché, una sera di sei anni fa, lui era ubriaco e mi ha baciato. Il giorno dopo, da sobrio, mi ha detto che, insomma, gli era piaciuto, che lui era bisessuale, che gli piacevo e che se volevo potevamo metterci insieme. Ovviamente accettai. Con lui mi sentivo bene, mi sentivo amato. Dopo un anno siamo andati a vivere insieme e sembrava ancora meglio! Lo… lo amavo così tanto… - si nascose il viso tra le mani e Bill si sentì sprofondare.
- Poi ha iniziato a farsi. Roba pesante. Allora è cambiato… è diventato ancora più violento, e non solo con gli altri come lo era sempre stato, ma anche con me. Soprattutto con me.
Diceva che mi amava e io ci credevo, mi fidavo di lui, speravo che un giorno avrebbe smesso, si sarebbe ripulito e avremmo potuto vivere per sempre felici e contenti.
E intanto lui mi trattava male, spesso siamo giunti alle mani, mi chiedeva dei soldi e io glieli davo, perché lo amavo, cazzo, e non lo volevo nei guai! -
Will lo ascoltava, quasi in lacrime. Non sapeva se per la gelosia nei confronti di quel ragazzo spregevole che aveva rubato il cuore a Gabe o per il dolore che sentiva nel sentirlo così distrutto.
- Poi ho conosciuto Pete, ho cominciato a farmi strada nel mondo della musica. Mi sono fatto dei nuovi amici, perché da quando stavo con lui, tutti mi evitavano. Sai, Miguel non è una “buona compagnia” da frequentare e i suoi di amici non sono proprio gente per bene – sorrise, guardando il pavimento.
- Ho capito che la vita non era solo lui, che potevo uscire da quella storia che mi stava solo torturando. Così, anche se lo amavo ancora, ho provato a lasciarlo. È stata una tragedia!
Stava perdendo il suo finanziatore principale! Prima ha provato a impietosirmi, piangendo e strappandosi i capelli, urlando che mi amava e che si sarebbe ucciso se lo avessi lasciato.
E io, che da imbecille continuavo ad amarlo, mi sono fatto fregare ancora e ho resistito qualche altro mese. Poi però è arrivata l’estate del nostro primo tour. E lui assolutamente non voleva farmi partire. “Tre mesi senza di te? Come posso fare?” gridava, arrabbiato. Non era senza di me che non poteva farcela, era senza i miei soldi, ovviamente. Ma io non lo immaginavo neanche, perchè avevo ancora la speranza che lui mi amasse ancora, che era la droga a parlare.
Però poi, quando mi ha fatto un occhio nero la sera prima di partire, ho capito.
Una volta tornati in città, ho affittato un nuovo appartamento. Mi ha trovato dopo una settimana. Era furioso! – si nascose di nuovo il viso tra le mani – Mi ha distrutto tutti i mobili. Poi si è scagliato contro di me. Ha detto che io lo avevo illuso, che gli avevo giurato di amarlo, che il nostro amore sarebbe durato per tutta la vita, che ora lui era perso senza di me. Mi feci impietosire di nuovo, perché, Cristo, ero così dannatamente stupido da sentire ancora qualcosa per lui! Così gli diedi i soldi che era venuto a chiedermi (sì, perché ovviamente era venuto per quello) e gli promisi che lo avrei aiutato anche se non stavamo più insieme.
Poi, una volta, mi ha chiesto più di mille dollari. Erano veramente troppi e ho deciso di non darglieli. Grave errore. Mi disse che me l’avrebbe fatta pagare cara, che io volevo il suo male, che lui aveva tanti amici e che dovevo stare attento anche solo a camminare per strada. Non diedi peso a quello che aveva detto, ancora credendo che lui provasse qualcosa per me e che quelle parole erano date dalla droga.
Finché…  - Will vide una lacrima scendere sul viso dell’altro. – Finché non ha riempito di botte mio fratello di 15 anni. Erano cinque, tutti su di lui. Lo ha pestato a sangue, gli ha rotto un braccio e qualche costola. Ah, e lo anche inculato. A sangue.
Bill si coprì la bocca, sgranando gli occhi. Poi si alzò e lo abbracciò forte, baciandolo prima sulla fronte e poi sulle labbra, cercando di confortarlo.
- Perché…perché non lo hai denunciato?
- Te l’ho detto, ha tanti amici, è in un brutto giro. Ho paura di quello che potrebbe succedere alle persone che amo. È… è un pazzo! Potrebbe trovarli da qualche altra parte i soldi, invece ha scelto di torturare me! Ha preso questa fissazione ed è stata colpa mia, perché io ho lasciato che succedesse! La droga gli ha fottuto il cervello!
Gabe piangeva, Will lo strinse ancora più forte e sospirò. Era una situazione di merda, ma ne sarebbero usciti.
- Ora sei con me, non devi avere paura! Comunque vada, andrà tutto bene.
Gabe gli sorrise, tra le lacrime e lo baciò.
- Grazie, mio piccolo supereroe.- sussurrò divertito - Comunque vada, troverò la mia strada.

 

* * *

 
- Piccoli stronzi, vi abbiamo aspettato tutta la sera ieri! Se sapevamo che ci avreste dato buca avremmo cominciato a scopare da prima, uhuh – ridacchiò Pete, ricevendo una gomitata da Patrick, che era un po’ più riservato nel divulgare notizie riguardanti la sua vita sessuale.
Gabe e Will risero, senza però rispondere.
Era grato a Bill per non aver nominato Miguel per il resto della giornata.
Quel ragazzo riusciva proprio a capirlo.
 

* * *

 
- Non voglio che tu esca da solo! Assolutamente NO!
Era la prima volta in tre settimane che Gabe alzava la voce con lui.
Si bloccò sulla porta, sbigottito.
Il viscidonon si era fatto vivo, eppure Gabe continuava ad essere in ansia.
- So badare a me stesso. – rispose secco.
- Non è questo il punto!
Will inarcò le sopracciglia, perplesso.
- Non voglio che ti succeda qualcosa, ti prego – disse piano l’altro, senza guardarlo.
Bill quasi si sciolse.
Quel ragazzo in sole tre settimane gli aveva mandato il cervello in tilt.
Ormai vivevano insieme, anche se Gabe non si decideva a lasciare definitivamente il suo appartamento.
Will, dal canto suo, era felice di non dover più assediare la casa di Pete per vederlo, adorava averlo nel suo letto, baciarlo e coccolarlo, adorava vederlo assonnato e arruffato la mattina, adorava il fatto che avevano fatto sesso praticamente in ogni angolo dell’appartamento, adorava persino ascoltarlo parlare o guardarlo dormire.
Sorrise e si sedette accanto a lui sul divano.
- Non posso stare con un peso sul cuore pensando a te da solo per strada con – deglutì - lui in giro! Cerca di capirmi! Dopo quello che è successo a mio fratello non puoi aspettarti che io stia…
- Ti amo, Gabe – sussurrò Will, guardandolo.
Gabe rimase con la bocca semi-aperta e la mano con sui stava gesticolando ferma a mezz’aria.
- Co-cosa?
- Ti amo – ripeté, sorridendogli dolcemente.
L’altro non rispose, forse lo aveva preso troppo alla sprovvista.
- Ci tenevo solo a fartelo sapere – disse sempre sorridendo Will, mentre si alzava.

 
* * *

 
Gabe sentiva il cuore battergli all’impazzata dopo quelle due semplici parole.
Trattenne Will per un braccio e lo tirò delicatamente verso di sé.
Lo baciò, ripercorrendo la sensazione della prima volta in cui le loro labbra si erano toccate, sul divano nel grande salotto di Pete.
Gli venne in mente la prima volta in cui avevano dormito insieme, stretti l’uno all’altro, il modo in cui si tenevano per mano quando uscivano, la gelosia che lo prendeva quando qualcuno (ragazza o ragazzo che fosse) lo guardava, le carezze, gli abbracci, il batticuore, i sorrisi che riservava solo per lui, i loro corpi nudi e sudati, e ancora la sicurezza che provava e la voglia cieca di proteggerlo ad ogni costo, il desiderio di averlo solo e unicamente per sé.
E sentì di amarlo.
Non come aveva amato Miguel, perché questo non era amore a senso unico.
Bill non lo ripagava in violenza e paura, Bill non lo ricattava, Bill non gli imponeva il suo amore. Bill lo amava e basta. E glielo aveva appena detto.
 

* * *

 




Note:
Capitolo rivelazione! LOL
Mio Dio, ma non sono troppo teneri-dolcini-adorabili? çVç (soprattutto Bill çVVVç) *sta diventando una sentimentalona D:*
Coooooomunque. Diciamo che ora è tutto più chiaro (spero ._.) e quel viscido di Miguel è un viscido D:
Vabbè, basta xD
Ringrazio ancora chi sta leggendo\seguendo la storia <3
Mi sto impegnando seriamente a scriverla .-. [e continua ad allungarsi inesorabilmente xD Qualcuno mi fermi AhAhAh]
 
Ok, vi amo <3
Ros. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Chapter 6: ...But you came along. ***


Not long ago I gave up hope, but you came along.
You gave me something I could hold on to.

 

 Era una mattina piovosa quando sentì il cellulare di Gabe squillare e lo vide rispondere e poi sbiancare improvvisamente.
- Metti in vivavoce – sussurrò. Aveva capito subito di chi si trattava. Gabe obbedì e la voce di Miguel risuonò metallica in tutta la stanza.
- Come va, Gabrielito?  
- Andava meglio prima – rispose l’altro in modo secco.
- Esta mañana siamo acidi?
Gabe non rispose, si limitò a deglutire.
- Como està la tua principessina? – riprese l’altro, beffardo. Gabe strinse forte la mano che teneva intrecciata in quella di Will.
- Quanto ti serve? – tagliò corto poi.
Il viscido sospirò dall’altro capo.
- Quattro - Cinquemila.
Will si girò di scatto verso Gabe, facendo energicamente segno di no con la testa.
- No. N-Non te li darò. – tremava.
- Ricordi cosa è successo l’ultima volta che mi hai risposto così? Eh, Gabrièl?
- Niente da fare. Ho chiuso con te, trovati qualcun altro – la voce di Gabe stava acquistando sicurezza, forse anche a causa della rabbia suscitata da quei ricordi.
- Porqué? Non mi ami più? – chiese l’altro ironico.
- No.
Quella risposta fu pronunciata con così tanta sicurezza e decisione che Will sentì il cuore liberarsi di un enorme, gigantesco peso.

 

* * *

 

- Ne se proprio sicuro? – la voce di Miguel suonava un po’ meno spavalda.
- Come la morte.
Per la prima volta, dopo anni, gli stava tenendo testa.
Forse perché, dopo anni, solo adesso si stava rendendo conto che davvero non lo amava più.
E poi c’era Will… No, non doveva farsi vedere da lui come una bambina impaurita. Doveva essere forte, coraggioso, proprio come l’uomo che Will meritava.
- Ora lasciami in pace, okay? Non voglio sentirti né vederti mai più!
L’altro lo osservava sbigottito.
- Ten cuidado lo que haces, Gabrièl!
La voce di Miguel sibilò spaventosa nella stanza, ma Gabe era troppo compiaciuto di se stesso per curarsene. Doveva stare attento a quello che faceva, così lo aveva minacciato Miguel, ma non se ne curava. Ora era solo felice di aver dimostrato a Will quello che lui valeva davvero.
 

 

* * *
 

Erano passati tre giorni. Tre giorni in cui aveva navigato nell’ansia, tre giorni che sobbalzava ogni volta che un passante lo urtava o semplicemente gli camminava troppo vocino. Ma non era successo niente.
Che le parole di Gabe avessero funzionato?
Tuttavia, cominciava a sentirsi più sereno.
- Buongiorno – sussurrò, vedendo che anche l’altro si stava svegliando, stiracchiandosi tra le lenzuola aggrovigliate intorno al suo corpo nudo.
- Mmh. ‘Giorno amore – biascicò poi quello, prima di dargli un bacio.
Will era rimasto bloccato, con un sorrisetto ebete stampato sulla faccia.
- Che c’è? – chiese Gabe, aggrottando le sopracciglia.
- Dimmelo di nuovo – disse sottovoce, senza guardarlo.
- Buongiorno?
- Idiota – disse Bill sorridendo, prima di saltargli addosso e attorcigliarsi con lui tra le lenzuola.
- Mi hai chiamato amore – gli sussurrò poi con un sorriso a trentadue denti, mettendosi sopra di lui.
- Mi hai chiamato amore – ripetè sottovoce, prima di baciarlo con trasporto, lasciandolo senza fiato.
- Devo ricordarmi di chiamarti così più spesso! – disse l’altro sorridendo nel bacio.
Will gli morse il labbro e lo tirò sopra di sé.

 

 

* * *
    

Era stupendo baciarlo, sentire i loro corpi l’uno contro l’altro, guardarlo adesso mentre era steso sotto di lui, con i capelli tutti sparsi sul cuscino e un sorriso dolcissimo.
- Ti… Ti amo, Bill – sussurrò arrossendo.
Il volto dell’altro si illuminò. Gabe sentiva il cuore battere come un martello nel suo petto.
Forse Bill non lo capiva, ma questo era un gigantesco passo.
L’unica persone a cui l’aveva detto prima di lui gli aveva reso la vita un inferno.
 

 

* * *
 

 

- Anche io ti amo e… - rispose, sfiorandogli il viso con dolcezza – sono felice che, insomma, sia lo stesso ance per te.
Gabe si sistemò accanto a lui, stringendolo forte.
- C’è una cosa che voglio dirti – sussurrò, lasciandogli un bacio sul petto.
- Dimmi pure.
- Sai… io… Non molto tempo fa – cominciò a dire piano - non avevo niente, avevo perso anche la speranza, ma poi… sei arrivato tu. All’inizio mi stavi sulle scatole – ridacchiò – ma, poi… mi hai dato qualcosa a cui potermi aggrappare. Se non fosse stato per te io non proprio come sarei potuto andare avanti…
Bill lo baciò sulla fronte e gli sorrise.
Forse Gabe non lo sapeva, ma lui davvero lo amava e avrebbe fatto qualunque cosa per lui
.

 

 
* * * * *

- Hola, bel fiorellino – Quella voce. Quella cazzo di voce di merda.
Will si girò di scatto, facendo un balzo all’indietro.
Miguel gli stava davanti, con un sorriso beffardo sul volto e gli occhi da gatto fissi su di lui.
- Cosa vuoi da me? – chiese poi Bill, dopo aver raccolto tutto il coraggio che aveva a disposizione.
Era solo uscito per andare da Pete, erano le dieci del mattino! Neanche a quell’orario innocuo poteva stare tranquillo? Eppure erano passate due settimane…
Miguel sospirò e cercò di avvicinarsi, ma Bill indietreggiava.
- Che vuoi? – ripetè, stavolta con meno fermezza.
- Voglio che tu dica a quella puttana del tuo uomo che se non mi da quello che gli ho chiesto dovrà pagarne le conseguenze – si fermò e sorrise malevolo.
- Perché non ci lasci in pace, eh? – la voce gli tremava, aveva iniziato a sudare e sentiva il cuore martellargli in petto.
Ma la paura lasciò presto spazio alla rabbia sorda e pulsante che provava per quell’individuo che aveva rovinato la vita dell’uomo che amava.
Ripensò alle parole di Gabe, alle sue raccomandazioni sul non-uscire-da-solo-ti-prego e si rammaricò di non averle ascoltate.
- Io ho bisogno di quei soldi, cazzo! – Miguel cominciava a scaldarsi, alzando parecchio la voce e attirando l’attenzione di numerosi passanti.
- Lasciaci stare! Cercali da un’altra parte! Perché li vuoi da lui?
L’altro sembrò calmarsi un po’.
- Gabrielito è l’unica persona che mi abbia mai amato. Anche quando mi servono i soldi per farmi, è l’unico che mi aiuta senza giudicare, senza fare domande – rispose a voce bassa, lasciando Will sorpreso da quel cambiamento repentino.
- L-lui non ti ama più – si decise a dire, dopo qualche momento di incertezza – e..e ora devo andare. Addio – concluse, quasi scappando via.
- Aspetta.
Will deglutì, girandosi lentamente.
- Faresti meglio a sparire, bellezza. Tra poco ti accorgerai che lui ama solo me e tu non sei nessuno. Quindi, togliti dalle palle. Mi dispiacerebbe rovinare questo bel faccino… - gli sfiorò una guancia e Bill cercò di scostarsi.
- N-Non mi toccare!
- Ora non c’è Gabrièl a proteggerti, principessa. Lascialo a me e andrà todo bien
- Non toccarmi!
- E cosa fai se ti tocco, eh? Tanto c’è già lui che ti tocca. Ma lui è il tuo ragazzo, lui ti ama! È questo che credi bambolina? Eh? – lo spinse con violenza, facendolo cadere a terra.
- Lui rimarrà per sempre mio. – concluse, prima di sputare per terra e andarsene senza voltarsi – e portatemi i soldi.

 

 

* * *
 

    
- Amore, sei già tornato? – gridò Gabe dalla cucina, sentendo la porta dell’ingresso chiudersi con forza.
- È meglio – continuò – cominciavi già a mancarm… Cosa cazzo è successo??
Gli occhi di Will erano gonfi di pianto, il volto rigato di lacrime. Corse da lui e lasciò che gli si gettasse tra le braccia.
Ascoltò con attenzione il suo racconto, avvertì la sua paura.
Ma non era la paura di Miguel a spaventarlo, era la paura di perdere lui che sembrava terrorizzarlo.
- Io amo solo te, capito? Non metterti in testa strane idee!
- Ma… come – Will tirò su con il naso – posso competere con lui! È stato il tuo primo amore, e poi… lo hai amato per tutto quel tempo! Come posso essere sicuro che davvero non lo ami più?
- Come puoi pensare che io continui ad amare una persona del genere?
Will alzò lo sguardo, cercando gli occhi dell’altro.
- Io amo solo te. – ripetè Gabe – e non lascerò che nessuno ti faccia del male.
   

 * * *
 

 

Aveva passato il segno.
Aveva davvero passato il segno.
Non Will. Tutti, ma non Will.
Aspettò che il suo ragazzo si addormentasse sul divano e uscì, dopo aver preso una decisone che sapeva di aver dovuto prendere molto, molto tempo prima.
 

 

* * *
 

- L’ho denunciato.
- Tu cosa hai fatto? – Will si alzò di scatto dal divano.
- Ho raccontato tutto alla polizia. Di mio fratello, delle minacce, dei soldi, di te. Che liberazione! – Gabe sorrideva radioso.
- Non doveva avvicinarsi a te. Ha fatto un gigantesco errore – continuò, abbracciandolo.
- Ma…
- No, Bill, non ho paura – ed era così. Non aveva paura. Si sentiva forte, si sentiva libero.
Aveva amato Miguel, gli aveva voluto bene prima come amico, poi come fidanzato. Per questo non aveva mai avuto il coraggio di denunciarlo. Sapeva che Miguel aveva avuto una vita difficile, sapeva che la maggior parte dei suoi comportamenti erano dati dalla droga o dalla mancanza di essa. Ma come poteva ancora provare pietà o affetto per lui dopo tutto quello che aveva fatto?
Ormai lo aveva chiuso in un cassetto, il ricordo del loro amore.
E aveva buttato via la chiave.
 
 









Note:
E anche questa storia giunge al termine çVç
Un po’ mi dispiace, però D:
Comunque, ci sarà un epilogo, perché non credete che io mi sia scordata della canzone! U.u

Vabbè, grazie ancora a chi ha letto!
 
A presto <3
Ros

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Epilogo ***


EPILOGO
 
- Buon anniversario, amore mio - sussurrò all' orecchio di Will, svegliandolo.
- Hey - bofonchiò l'altro - auguri anche a te.
- Cacchio, è già un anno che mi sopporti? - riprese Gabe ridendo.
- Beh, si, in effetti...
- Stronzo! - rise ancora, saltandogli addosso e baciando ogni pezzettino di pelle che trovava.
- Vuoi vedere il mio regalo? - sorrise poi Bill, dopo l'ennesimo bacio.
- Uhuh, già a prima mattina?
- Idiota, dico sul serio!
- Però neanche l'altra idea mi dispiaceva...- sussurrò Gabe sulle sue labbra.
Will rise, poi lo scostò e si mise seduto.
Si tolse con delicatezza il cerotto enorme che aveva sul polso (che aveva giustificato con un "mi sono scottato") e mostrò il braccio a Gabe.
- Guarda, è una B, ma se giro un po' il polso così...
- Oddio, non dirmi che... È una G!
Will annuì sorridendo, Gabe gli saltò al collo e lo baciò.
- Cioè, tu... sei meraviglioso e... Oh, ti amo! - diceva, quasi in lacrime.
- Ora tocca a te.
- Oh, si - annuì Gabe - un attimo.
Si alzò e uscì dalla camera, rientrò pochi secondi dopo con la chitarra sottobraccio e si sedette sul letto di fronte all'altro.
- Vedi, prima di conoscerti, avevo iniziato a scrivere una canzone d'amore.
Bill sorrise.
- Ma non sapevo cosa diavolo metterci perchè, cazzo, non sapevo nemmeno cosa cavolo era l'amore!
Gabe lo guardò negli occhi e sorrise a sua volta.
- Ora lo so. - sussurrò, arrossendo lievemente - E beh... insomma, durante quest'anno ci siamo detti delle cose, altre le ho pensate, altre invece sono successe e basta...  Okay, non so che altro dire, quindi ascolta e dimmi cosa ne pensi.
Bill annuì, avvicinandosi di più a lui.
 
La voce di Gabe risuonava in tutta la camera e ogni parola di quella canzone sembrava toccare Will nel profondo.
Sorrise, immerso nei ricordi.
Ricordò la sua corte spietata a gabe, quanto si sentisse frustrato nel vedere che lui lo ignorava, ricordò la sensazione che aveva provato nel trovarselo lì impalato davanti alla porta di casa sua che gli chiedeva di ricominciare da capo.
Ricordò i suoi tentativi di fargli capire il suo interesse e, l’emozione del loro primo bacio.
Ricordò Miguel, ricordò la paura, ricordò le lacrime.
Ma soprattutto ricordò quanto fosse squallida la sua vita senza Gabe e quanto quel ragazzo gliel’avesse cambiata.
“…And I want you more than you could never know”, concluse Gabe, sorridendo, visibilmente imbarazzato. , con gli occhi bassi.
Poi alzò lo sguardo.
Bill piangeva, silenzioso.
- Fa così schifo? – chiese Gabe sorridendo, posando la chitarra sul pavimento accanto al letto.
- Cazzo, è…così stupenda che sto piangendo come una ragazzina innamorata! – disse, asciugandosi gli occhi arrossati – Forse lo sono…
Gabe si gettò su di lui, stringendolo forte.
- Mi piacciono di più i ragazzini innamorati però… - sussurrò, facendo sfiorare la punta dei loro nasi.
Will rise, poi lo baciò.
- La canzone è bellissima – bisbigliò – Ti amo.
- Anche io ti amo, mia piccola checca – rispose l’altro, beccandosi un cuscino in piena faccia.
- Però adesso – continuò, sorridendo – è il momento dell’altro regalo…
 
* * *
 
 
 
 
Note:
Fine ç_ç
Mi è venuto quasi il diabete scrivendo LOL
 
Cooomunque, per quanto riguarda la faccenda del tatuaggio di Bill, io una G ce la vedo davvero! *si, lo sa che è malata, sorridete e annuite*
 
Grazie a chi ha letto questa storia fino alla fine e non ha tentato il suicidio dopo AHAH e vabbè, fatemi sapere se la storia vi è piaciuta (anche se non vi è piaciuta, non mi offendo ._.)
 
Goodbyee <3
Ros
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=713381