Couples di ivi87 (/viewuser.php?uid=119692)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** London ***
Capitolo 2: *** The Case ***
Capitolo 3: *** The Call ***
Capitolo 4: *** The first meeting ***
Capitolo 5: *** Booth&Bones ***
Capitolo 6: *** Confidences ***
Capitolo 7: *** Instinct ***
Capitolo 8: *** The Roommate ***
Capitolo 9: *** Revelations ***
Capitolo 10: *** Messages ***
Capitolo 11: *** The resolution of the case ***
Capitolo 12: *** Surprise ***
Capitolo 1 *** London ***
Questa storia è
stata scritta senza alcuno scopo di lucro. I personaggi non mi
appartengono.
COUPLES
#
PROLOGO - London
Londra
si vede proprio bene dal mio ufficio.
La skyline mi lascia sempre senza fiato.
Peccato
che non riesca proprio a godermela questa città. Sono
passati otto mesi ormai,
ma non c’è verso che io mi ambienti. I ricordi mi
affliggono, la malinconia mi
assale. Se almeno ci fosse Bud qui con me, riuscirebbe a strapparmi un
sorriso.
Se
almeno ci fosse lei…
Il
tenente Stevens sta bussando da qualche minuto allo stipite della
porta. Me ne
accorgo solo ora. Le dico di entrare e lei per prima cosa mi chiede se
mi sento
bene; come fa ogni giorno da quando sono arrivato qui. Del resto io non
mi
sforzo minimamente di risultare meno… apatico?
Si, è l’unico termine che
mi viene in mente.
No
che non sto bene,
per niente. Ma a lei rispondo che è tutto a posto. Mi lascia
diversi file sulla
scrivania, spiegandomi sommariamente di cosa si tratta, ma
ahimè non sento
nulla se non le risate dei figli di Bud che risuonano nella mia testa.
Soprattutto quella di Aj. Il primogenito dei Roberts è
quello a cui sono più
legato, sarei dovuto essere uno zio più presente…
se potessi tornare indietro
cambierei molte cose, anche le più piccole, le farei
diversamente. Avrei potuto
portarlo al parco di tanto in tanto per esempio. Come padrino ho fatto
decisamente pena.
Un’immagine
di Harriett con il piccolo in braccio mi torna in mente “Lui
adora lo zio
Harm…lo zio Harm e la zia Mac
sono i suoi zietti preferiti” mi disse una volta.
Già
la
zia Mac, come non adorarla? No, dai Rabb
riprenditi. Non posso pensare a lei adesso. Solo pensando ai miei amici
non ho
notato che sono di nuovo in ufficio da solo, figuriamoci se penso a
lei! No,
apri questi file e dai loro una bella occhiata, mi dico, senza troppo
successo
però. Dopo neanche qualche minuto sento un brusio provenire
dal corridoio. So
benissimo di cosa si tratta. E so anche che è solo colpa
mia. Ma non riesco
svegliarmi da questo mio torpore, Washington mi manca troppo, il Jag mi
manca
troppo. Ora dirigo uno staff tutto mio ma non ho nessuno amico, nessuno
con qui
chiacchierare, bere un caffè. Qualcuno
dell’ufficio ha provato a invitarmi a
prendere un aperitivo una volta, ma gli ho risposto così
male che da allora
nessuno mi rivolge più la parola se non per lavoro. Senza
contare le volte che
mi beccano a fissare il vuoto o a sospirare sconsolato. E dire che un
ruolo
come il mio lo sognerebbe qualunque ufficiale con un po’ di
cervello. Così da
un po’ di tempo ho notato sguardi complici tra il personale,
risolini e, come
adesso, un leggero brusio fuori dal mio ufficio. Spettegolano su di me
e direi
che fanno bene. Chi lo vorrebbe un capo così?
Immagino
che dovrei uscire a rimproverarli, a rimetterli in riga, ma non lo
faccio.
Mac
li bacchetterebbe a dovere! Penso divertito. Ma forse lei non ne
avrebbe
bisogno, sicuramente è riuscita a creare un clima favorevole
per un buon
rapporto lavorativo. Lei sarà sicuramente andata avanti per
la sua strada e io
sto qui bloccato in questo limbo! Mi dispiace, ma non è
ancora tempo per me di
andare avanti. Forse un giorno sarò
pronto e quel giorno farò una lavata di capo a tutti i miei
sottoposti. Ma non
ora. Proseguo la lettura dei file sperando di finire al più
presto. Ho bisogno
di andare in palestra, è l’unico modo per
scaricarmi un po’!
Dopo
circa un’ora decido che è tempo di andarmene da
qui. In fondo sono il capo
adesso, e non ho un orario di lavoro fisso. Per ora l’unico
lato positivo di
questo incarico è che posso andare e venire quando voglio.
Di norma resto fino
a tardi, per impedirmi di pensare e per non restare a casa da solo,
quasi mi
devono sbattere fuori a calci! Ma questa settimana è
cominciata proprio male.
Sono giorni ormai che nemmeno il lavoro cancella il ricordo dei miei
amici dai
miei pensieri. E ogni volta che penso a loro inevitabilmente penso a
lei. Il
guaio è che penso a lei anche guardando una cabina
telefonica, ormai!
Perciò
ho deciso, oggi esco prima e mi rintano in palestra. Alla Stevens
verrà un
colpo. Raduno le mie cose, ficco tutto malamente nella mia cartella e
esco dal
mio ufficio a mò di razzo. Non resisto un attimo di
più, ho l’impressione che
le pareti mi si accartoccino addosso. Fuori dalla porta trovo il
tenente
Stevens che mi fissa a bocca aperta. Sta per dire qualcosa ma io glielo
impedisco precedendola. Le auguro un buon lavoro e una buona serata e
sparisco
dalla sua vista. Entro in ascensore e dopo neanche dieci secondi lo
percepisco
nuovamente. Un leggero brusio mi arriva da dietro le porte e non posso
impedirmi si sogghignare.
NOTE
DELL'AUTRICE: spero proprio che questa ff vi piaccia perchè
mi sta davvero a cuore!
Amo alla
follia Harm e Mac ma ho pensato di scrivere qualcosa solo dal punto di
vista del ns bel capitano... e perchè non affiancargli Booth
e Bones!! mi fanno morire dal ridere insieme.. Buona lettura a tutti!!
XD
p.s. ah, per
dovere di cronaca...non è che odio gli inglesi eh, mi
serviva solo un pò di antipatia ai fini narrativi.. XD
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Capitolo 2 *** The Case ***
#
1 – The Case
Apro
la porta e getto la sacca a terra. Nell’avanzare inciampo in
uno scatolone,
oggi non è proprio giornata. Lo sposto con un calcio e mi
dirigo in camera
gettandomi sul letto. Credo che non mi alzerò fino a domani
mattina. Mi faccio
pena da solo, ma voglio solo cancellare il ricordo di questa giornata.
Nemmeno
la palestra mi ha aiutato. Non riuscivo a concentrarmi e a momenti mi
casca il
bilanciere addosso. Non infilo un pensiero coerente da settimane, ormai
e la
cosa mi irrita da morire. Ma oggi è andato tutto male
dall’ufficio alla
palestra, e di solito qui invece me la cavo ancora bene per non avere
più
vent’anni! Mi sembrava di sentire ancore le risate dei miei
ufficiali e avevo
l’impressione che tutti mi stessero a guardare. “Le
serve una mano, signore?”
mi ha chiesto uno sbarbatello quando ho perso per un secondo la presa
del
bilanciere. A me? Sono un Capitano di Vascello
degli Stati uniti
d’America, sono stato in Vietnam a cercare mio padre, ho
combattuto la guerra
del golfo, santo cielo… ma non credo che al ragazzo
interessi particolarmente.
Mi guardava come se fossi un vecchietto arteriosclerotico!
Non
ho nemmeno fame, spengo la luce sul comodino. O meglio, ci provo. Non
ho ancora
perso le abitudini di Washington, nel mio loft avevo
un’abat-jour; qui è tanto
se ho attaccato il frigorifero e fatto mettere
l’elettricità. Spengo la luce
principale e mi addormento esausto.
Sono
agitato. Mi divincolo nel letto ma non riesco a svegliarmi del tutto.
Sento un
suono lontano, un telefono. È lei, lo so. È lei
che mi chiama, ma non riesco a
prendere l’apparecchio. Il telefono si allontana sempre di
più e io mi allungo
più che posso, ma è tutto inutile. “Non
riattaccare, aspettami” mi sento gridare,
rivolto verso il telefono, sempre più lontano. E mentre
diventa un puntino
piccolissimo mi sveglio di soprassalto con il trillo del telefono che
mi
perfora un timpano.
“Pronto..”
credo di aver detto, ma la voce dall’altro capo del telefono
continua a chiedere
se c’è qualcuno in linea. Allora stavolta lo dico
più forte, uscendo
definitivamente dall’ennesimo incubo.
“Pronto”
accendo la luce nel medesimo istante in cui sollevo il ricevitore.
“Mi
scuso per l’ora, Capitano Rabb, sono il Comandante Burke,
della Polizia
Metropolitana” mi dice con un accento inglese spiccatissimo.
Scotland Yard? Alle
cinque di mattina?
Penso gettando un occhio all’orologio al mio polso. Cosa
vuole da me?
Glielo
chiedo. Vorrei risultare seccato per il disturbo recatomi, da perfetto
inglesino quale non sono, ma temo di sembrare
piuttosto un arrogante
americano che sbraita al telefono al capo del Met.
Mi
spiega, impeccabile, l’accaduto; un cadavere ritrovato, un
ufficiale di marina
sospettato. Non so perché, ma non mi suona affatto nuovo,
penso sarcastico.
Vuole
vedermi nel mio ufficio tra un’ora. Rispondo affermativamente
riacquistando il
mio tono militaresco. Riattacco, mi alzo e mi dirigo in doccia.
Sono
le sei. Il parcheggio del Jag è vuoto e ci sono pochissime
persone in strada.
La guardia di vigilanza fuori dal portone mi riconosce e mi fa il
saluto
militare. Ricambio e mostro il tesserino come vuole la prassi. In
ascensore
penso al mio sogno, devo chiamarla, lo so che devo farlo. Sognare
telefoni in
continuazione deve voler dire questo. Oppure che ho una segreta
passione per
loro e dovrei cominciare a collezionarli!
Entro
nel mio ufficio e mi distendo un attimo sulla mia sedia e ogni volta
che lo
faccio mi rammento di non cadere, come gia una volta mi
capitò. Questa volta
non potrei avere visioni su Mac.
Dall’interfono
la voce della guardia mi avvisa che il Comandante Burke è
arrivato.
“Lo
autorizzi a salire e gli spieghi a che piano arrivare” dico
premendo il
pulsante di risposta. Mi alzo e vado ad attenderlo
all’ascensore per fargli
strada.
Siamo
nel mio ufficio ora. Mi spiega nei dettagli la vicenda e mi porge il
fascicolo
della vittima. Un corpo non ancora identificato, o meglio uno scheletro
con
pochi brandelli di carne addosso, a giudicare dalle foto, è
stato ritrovato in
un parco. Leggo meglio la scheda. Non un parco
qualsiasi però, ma il più famoso di
Londra.
“Hyde
Park è indubbiamente sotto la nostra giurisdizione
Capitano.” Mi dice senza
scomporsi di un millimetro “ovviamente non ostacoleremo le
vostre indagini
legali nell’accusa di colpevolezza del vostro
marinaio”
“Presunta
colpevolezza” replico calmo guardandolo negli occhi.
Antipatico di un
automobilista che guida dalla parte sbagliata della strada e dal lato
sbagliato
della macchina, già lo hai dichiarato colpevole?
Mi
guarda torvo per averlo contraddetto. Con chi credi di avere a che
fare? Mi è
stato spiegato da subito che è necessario mantenere dei
buoni rapporti con la Polizia Londinese,
ma darvela vinta così facilmente, non rientra proprio nel
mio carattere e nei miei
principi soprattutto! Cavoli mi sento meglio. Mi sento, in parte, di
nuovo me
stesso. Forse mi serviva solo una bella sfida, per riacquistare un
po’ di
fiducia e di grinta. Mi dispiace solo che una persona ci abbia rimesso
la pelle
per questo.
NOTE
DELL'AUTRICE: Eccoci qua con il secondo capitolo!!! A presto e buona
lettura!!
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Capitolo 3 *** The Call ***
#
2 – The Call
Chiedo
alla Stevens di convocare Benton e Johns non appena saranno arrivati.
Sono i
miei due migliori avvocati per quel poco che li ho potuti conoscere.
Sono bravi
in aula, un po’ meno a trattare con i clienti.
Sono
proprio inglesi nel sangue,
da generazioni probabilmente, e parlano esattamente come Burke.
Purtroppo per
loro a volte capita che l’assistito sia italiano, piuttosto
che francese o
americano. La marina manda i suoi uomini in tutto il mondo e, quando si
è accusati
di omicidio, come in questo caso, un po’ di tatto e una
parola di conforto
permettono alla persona di rasserenarsi almeno un poco. Di calmarsi per
lo
meno, diventando molto più gestibile in aula. Se un avvocato
non ha il
controllo del proprio cliente questi potrebbe pure darsi la zappa sui
piedi
inavvertitamente. E finire in prigione per un cavillo o per aver dato
una
brutta impressione alla giuria.
Benton
e Johns sono ancora acerbi in questo senso, non sanno stabilire un
contatto con
il proprio assistito. Il mio compito sarebbe quello di correggere
questa
lacuna, ma, mi odiano pure loro. O meglio non mi sopportano, e miei bei
discorsi tanto efficaci a Washington qui si disperdono
nell’aria. Spero che
cambino presto atteggiamento o dovrò prendere seri
provvedimenti. Ma dubito che
in questo modo, susciterò in loro simpatia.
Sono
arrivati, la Stevens mi comunica che li ha fatti chiamare.
Entrano
e si piazzano davanti alla mia scrivania, ritti come pennoni. Io sono
preso
dall’incartamento e per qualche attimo li ignoro.
“E’
stato ritrovato un corpo, questa mattina, in Hyde Park”
esordisco alla fine
della mia lettura
“Un
ufficiale di marina o un marine, Signore?” chiede il tenente
Johns
“E’
un civile, per quello che ne sappiamo. Niente documenti e niente
piastrine”
rispondo passandogli i fogli.
“Perciò
qual è il nostro incarico?” mi domanda Benton
senza attendere che io glielo
spieghi.
“Il
principale indiziato è il tenente della marina Robert
Pierce. Un’agente di
Scotland Yard l’ha arrestato mentre scappava dalla scena del
crimine”
Mentre
rispondo Johns passa i fogli anche a Benton così che li
possa leggere anche
lui. Vedo una smorfia sul suo volto dopo non molto che ha cominciato a
scorrerli. Dev’essere arrivato alla parte in cui si cita la
nazionalità del tenente
Pierce.
“Il
tenente Pierce è di New York, una volta entrato in marina
venne inviato alla
base di Guantanamo, a Cuba, e successivamente qui da noi a
Londra” spiego
attirando la loro attenzione
“Americano”
dice Benton guardando Johns con un tono non proprio professionale. Ne
educato
visto che non sono da soli, ma davanti a me, che sono il loro diretto
superiore
e oltretutto fiero di essere americano!
“Problemi
a difendere un americano tenente?” tuono alzandomi in piedi
cercando di
assomigliare il più possibile all’Ammiraglio
Cheggwidden.
Johns
e Benton scattano sull’attenti. Paonazzi.
Forse
credevano che non gli avessi sentiti, forse l’hanno fatto
apposta, non lo so e
non mi importa.
“Voi
difenderete il tenente Robert Pierce nel migliore dei modi, sono stato
chiaro?”
dico camminando attorno alla mia scrivania e posizionandomi davanti a
loro.
“Si,
signore” rispondono all’unisono come durante una
marcia dei marines.
“E
sapete perché? Non perché è americano,
inglese, italiano o arabo. Ma perché è
un ufficiale della marina militare, perché fino a prova
contraria è un uomo
innocente, e perché è il vostro dannato
lavoro!” urlo infine gongolando per
averli sgonfiati come palloncini bucati.
“Signorsì,
signore!”
Li
informo che il tenente Pierce è in stato di fermo nella
prigione di Warmwood
Scrubs e li sbatto letteralmente fuori.
Ho
bisogno di un paio di minuti per riprendermi. Non sono incline ad
arrabbiarmi
così tanto. Poggio i gomiti sulla scrivania e con le mani mi
sorreggo la
testa. E’ pesantissima.
Avrei bisogno di un altro paio di mani. Penso già a quelle
di Mac, che mi
coccolano dolcemente la testa. Il telefono suona
e mi riprendo immediatamente.
Capisco che non è con loro che dovrei prendermela ma con me
stesso. Potevo
impedirle di andare a San Diego e invece non l’ho fatto.
Potevo andare con lei
e invece non l’ho fatto. Potrei rispondere al telefono,
così la smetterebbe di
suonare… si, questo posso farlo.
E’
il comandante Burke. A quanto pare ci sono delle novità, non
sul caso però.
“Sono
appena stato informato che l’agente speciale
dell’FBI Seeley Booth si è appena
liberato dagli impegni che lo hanno portato qui a Londra e ho deciso di
affidargli il caso” ha detto al telefono
FBI?
Ho chiesto io. Mi è stato spiegato che l’agente
Booth ha tenuto un seminario su
come i metodi d’analisi di un caso e il susseguente svolgersi
dell’indagine,
differiscono tra il Bureau e lo Yard.
“Questo
non spiega come mai non ve ne occupiate voi” ribadisco io. Ho
come il sentore
che il capitano Burke voglia liberarsi di questo caso.
“La
partner dell’agente Booth è la
Dottoressa Temperance Brennan, del Jeffersonian
Institute di Washington. E’ la
migliore nel suo campo; ho pensato che sarebbe stata estremamente utile
nell’identificare il corpo in Hyde Park” esclama
Burke tronfio.
Allora
mi sbaglio. Non vuole liquidare il caso, ma usufruire dei suoi uomini
migliori.
Più o meno come ho fatto io incaricando Benton e Johns della
difesa del tenente
Pierce.
“Comandante
le assicuro che Booth e la Brennan sono una coppia eccezionale. Le
confesso
che, un altro motivo che mi ha indotto ad affidare a loro il caso
è che mi
ricordano molto lei e MacKenzie” mi sento rispondere.
“Sempre che le voci su di
voi siano vere..”
Con
la cornetta ancora in mano mi guardo all’altezza del petto.
Ho un enorme coltello
conficcato dritto nel cuore.
“Questo
per dimostrarle che lo Yard e la marina possono andare benissimo
d’accordo.
Converrà con me che un’agente dell’FBI,
oltretutto americano come lei, e
un’antropologa forense di fama mondiale, sono il meglio che
possa offrirle.”
Sono
assolutamente d’accordo, ma una curiosità mi
assale.
“Voci?”
Chiedo, controllando lo stato della mia ferita.
“Non
mi dirà che non sa di essere famoso Capitano? Le gesta sue e
del Colonnello
MacKenzie sono arrivate sin qui e le posso assicurare che sono
difficili da
scordare. Gli avvocati-pistoleri del Jag” ci canzona ridendo
“si dice che la
vostra intesa professionale superasse ogni
immaginazione” il coltello
nel mio petto comincia a rigirarsi, avanti e indietro, scavandomi un
buco nello
sterno.
“Già..”
rispondo senza fiato “Li mandi pure da Pierce allora,
così conosceranno il
tenente Benton e il tenente Johns”
Riattacco
sollevato. Il coltello non c’è più, ma
il dolore al petto è lancinante.
ANGOLO DELL'AUTRICE:
eccomi con il terzo
capitolo, scusate ma vedevo che non la leggeva nessuno
perciò avevo lasciato perdere.. ma vedo che almeno un
lettore c'è.. grazie mille!!!
spero che
continuerà a piacerti capitolo dopo capitolo!!
baci baci
Ivi87
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Capitolo 4 *** The first meeting ***
#
3 – The first meeting
Dopo
un’estenuante riunione di due ore con Benton e Johns, ora
finalmente respiro un
po’ di aria fresca.
Sono all’entrata del Metropolitan Police Service, in piedi
sugli scalini, che riesamino i fascicoli. Mi viene da ridere.
Non so ancora
come, ma sono stato assegnato al caso. Io, in prima persona, come una
volta,
come a Washington!
Sarò il difensore ufficiale di Pierce e finalmente
entrerò
di nuovo in un’aula di tribunale. Non ho capito bene come
è successo ma, a
quanto pare, i miei ufficiali hanno avuto dei problemi a collaborare
con
l’agente Booth e la
dottoressa Brennan.
Hanno definito il loro metodo
anticonvenzionale e poco professionale. Il SecNav in persona poi, ha
fatto
irruzione nel mio ufficio. Poco incline a trattare, ha affermato che la
marina
non può permettersi di non andare d’accordo con lo
Yard e l’FBI, che gli
equilibri sono precari e che è necessaria la massima
collaborazione. E non so
come, mi sono sentito di difenderli.
“Da
ambo le parti, ovviamente, signore” preciso io.
Il
SecNav mi fulmina con lo sguardo. Mi fissa, ci pensa un po’
su e poi esclama:
“Da
Washington mi sono state dette meraviglie su di lei, Capitano. Me ne
dia una
prova!” esclama con aria di sfida camminando verso di me.
Sono
perplesso, ho capito bene?
“Si
occupi lei, di Pierce! Quale miglior difesa del capo del Jag,
no?”
Si,
ho capito proprio bene, porca miseria. Cioè, da un lato non
sto nella pelle di
tornare alle mie amate indagini sul campo e alle battaglie in
tribunale.
Ma
dall’altro.. guardo Benton e Johns con la coda
dell’occhio. Ho appena soffiato
il caso a due miei ufficiali? Tecnicamente mi è stato
affidato, ma non credo
che loro la vedranno così.
“Signore,
non ne vedo il motivo, sono sicuro che i miei uomini riusciranno a
trovare il
modo di collab…” ma niente, non mi ascolta proprio.
“Ormai
ho deciso!” dice fermo “Andare d’accordo
con gli sbirri, americani o inglesi
che siano, è fondamentale. E di sicuro lei ha più
esperienza in questo!” si
pulisce gli occhiali con un fazzoletto di tela. “Comunichi il
cambiamento al
Comandante Burke e mi tenga aggiornato!” inforca gli occhiali
e se ne va
sbattendo la porta, impedendomi così di replicare nuovamente.
Guardo
i miei ufficiali, sono visibilmente sorpresi. Credo che sia la prima
volta che
accade una cosa del genere qui da loro. A Washington capitava di
continuo.
“Mi
dispiace molto, so che stavate facendo un ottimo lavoro”
dico, sentendo il
bisogno di scusarmi per il modo in cui sono appena stati trattati.
Johns
mi sorprende. Li credevo quantomeno seccati e invece sorridono.
Il
mio sguardo si fa interrogativo.
“Sono
anni che il SecNav ci tratta come burattini” mi spiega,
Benton interviene “Il
comandante che l’ha preceduta non ha mai osato contraddirlo,
lei è il primo in
tanti anni!” dice sollevato. Che fosse ora che qualcuno
gliele cantasse?
Dalle
facce stupite che avevano, di sicuro, non si aspettavano che fossi
proprio io a
farlo, visto che non metto in riga neppure il mio stuff, quando mi
parla alle
spalle.
Sorrido
anche io e ribadisco “Comunque mi dispiace davvero, se non
sbaglio però potete
tornare al caso Thorp, a cui stavate lavorando prima di
Pierce” esclamo
tornando nel mio ruolo di Capitano.
“Potete
andare” dico mentre mi accingo a cercare il bigliettino da
visita di Burke.
Johns
esce, sulla porta Benton invece si volta e mi dice
“Signore…” gli faccio segno
di parlare “Volevo solo avvertirla di una cosa” si
interrompe un attimo, poi
prosegue “La dottoressa Brennan è un
po’…strana” Ma questa
poi. Che vuol
dire strana?
“Capirà,
Signore” e poi esce.
E così mi ritrovo
fuori dal Met ad attendere
l’agente Booth e la
dottoressa Brennan. Al telefono, Burke è
rimasto un po’
sorpreso, ma ha accettato la cosa, dicendo che forse era meglio
così.
Cos’avranno mai di strano questi due? Io e Mac non eravamo
certamente strani.
Non so ancora come siano ma sicuramente sono in ritardo. Mi
è stato detto di
aspettarli qui fuori alle 14:00. E’ passato un quarto
d’ora e di loro ancora
nessuna traccia.
Della
gente passeggia serena, è una bella giornata nonostante
l’aria molto fresca.
Una coppia cammina nella mia direzione. Lui ha un completo nero con una
camicia
bianca e una cravatta con dei disegnini buffi, che ancora non
distinguo; sta
disperatamente cercando di attirare l’attenzione della donna
accanto a lui. Ma
lei è al telefono e non lo tiene minimamente in
considerazione. Anzi con una
mano cerca di evitare che le strappi il cellulare
dall’orecchio.
“Dille
che non è stata colpa mia” lo sento gridare alla
donna, mentre cammina
spazientito con le mani appoggiate ai fianchi
Si
fermano a pochi passi da me e la donna risponde “Angela,
Booth vuole che tu
sappia che non è stato lui a far scappare i due ufficiali
del Jag”
“Esatto
e dille anche..naa dammi qua” prendendole il telefono di mano
“Per
prima cosa, in questo paese non posso muovermi liberamente, secondo
è la prima
volta che lavoro con il Jag…” camminando avanti e
in dietro, tiene la mano
libera aggrappata per il pollice al passante dei suoi pantaloni.
C’è scritto Cocky
su quella cintura? ora che ci penso ho sentito bene? La donna
l’ha chiamato
Booth…
Lei,
neanche mi leggesse nella mente si volta verso di me e mi fissa. Guarda
la
divisa. Si volta di scatto verso il partner e con l’indice
comincia a
tamburellargli la spalla per chiamarlo.
“…e
terzo, quei due sono stati molto maleducati! Ehi che
fai…” lei si riprende il
telefono, sussurra qualcosa a bassa voce all’interlocutore di
là
dell’apparecchio e se lo mette in tasca.
“Mille
grazie Bones, stavo parlando!” le dice allargando le braccia.
Lei distoglie gli
occhi da lui per guardare me, un paio di scalini più su.
L’uomo
segue il suo sguardo e si volta dalla mia parte.
Non
appena mi vede e capisce chi sono, si irrigidisce. Si guardano
un’altra volta e
poi mi raggiungono.
Angolo
dell'autrice:
ebbene
sì, pubblico anche questo capitolo..mi sono detta che
è meglio accelerare un pò la cosa!!! XD
buona lettura a tutti, recensite se vi va, mi farebbe molto piacere!!
grazie mille,
baci
Ivi87
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Capitolo 5 *** Booth&Bones ***
#
4 – Booth&Bones
Ci
stringiamo le mani, imbarazzati. Loro
soprattutto, io sono divertito. E con un’occhiata capisco che
due così
difficilmente sarebbero mai potuti andare d’accordo con i
miei ufficiali
ghiaccioli.
Lui
sembra volermi dire qualcosa. Poi ci
ripensa e comincia a scendere gli scalini, seguito a ruota dalla
dottoressa
Brennan. In strada però si volta.
“Mi
dispiace per prima, Capitano, non
volevamo mancare di rispetto ai suoi uomini” dice sostenendo
il mio sguardo. E
non so perché ma già mi piace. Sento che
è una persona di cui ci si può fidare.
“Non
si preoccupi, anche loro anno avuto a
che ridire su di voi” mi limito a dire. Capisco che anche
loro avranno ricevuto
parecchie pressioni per far sì che questa collaborazione
produca i suoi frutti.
Camminiamo
per qualche metro dirigendoci
alla vettura dell’agente Booth e nel frattempo mi spiegano il
motivo del loro
ritardo. La dottoressa Brennan ha tenuto, in una libreria, la
presentazione del
suo ultimo libro e la cosa si è protratta più del
dovuto. Una lampadina mi si
accende in testa. Come ho fatto a non ricordarmene?
“Ma
certo, ne ho letto uno, sa? La ragazzina
che avevo in tutela a Washington me l’ha praticamente
imposto!” L’agente Booth
intanto apre la macchina e io salgo dietro.
La
dottoressa Brennan dal posto accanto al
guidatore si volta indietro e mi chiede se mi è piaciuto.
Ecco, speravo non me
lo chiedesse. Potevo starmene zitto…
“Ehm..
veramente non l’ho mai finito..”
ammetto. Lo sguardo di lei si aggrotta appena. Ora anche
l’agente Booth mi
fissa. Cavoli…
“Ma
solo perché sono dovuto partire per
un’indagine e nella fretta ho dimenticato di portarlo con me.
Quando sono
tornato Mattie se l’era già ripreso” mi
affretto a dire giustificandomi. Loro
si guardano un attimo e sembrano accettare la mia spiegazione.
Io
intanto, tiro un sospiro di sollievo.
Come dire a un cuoco che ti fa schifo la sua cucina. Bravo Rabb!
E’ così che si
mantengono buoni i rapporti!
Lentamente
usciamo dal parcheggio e ci
immettiamo in strada. Vedo la dottoressa aggrapparsi saldamente
all’auto. Lui
le getta uno sguardo di…rimprovero? Ma
che succede? Perché si tiene come
se stesse per volare fuori dall’auto?
Una
frenata brusca mi fa piombare
praticamente davanti con loro…
“Mi
dispiace Capitano, ci sto ancora
prendendo la mano..” dice Booth ripartendo cautamente.
“Da
quanto lavora qui capitano?” mi chiede
lei. Non capisco il nesso, ma le rispondo ugualmente “Otto
mesi, circa”
“Non
ti sembra il caso di far guidare lui?”
dice a bassa voce al suo collega.
“No,
Bones, me la cavo benissimo!” replica
lui sussurrando come lei.
Come
possono credere che io non li senta?
“Si,
ho visto, quasi ci ammazziamo!”
“Non
è vero! E poi ci vuole solo un po’ di
pratica”
“Non
a mie spese però..”
Tossisco
attirando l’attenzione. Credo sia
meglio chiarire subito la questione.
Fermi
ad un semaforo rosso, i due si voltano
verso di me, proprio come poco fa.
“L’unica
volta che ho guidato a destra ero
in Australia e ho preso una rotonda al contrario, causando non pochi
danni”
Booth guarda la dottoressa sorridendo. Della serie
‘c’è chi è messo peggio di
me’.
Lei alza gli occhi al cielo e si rintana nel sedile.
Mentre
ci dirigiamo a Warmwood Scrubs non
posso non pensare a Benton e che forse in realtà non
è del tutto privo di
tatto.
Strani?
Strani è dire poco.
Siamo
appena usciti dalla prigione. Il
nostro colloquio con Pierce non ha portato a niente. Booth e la Brennan
lo
avevano già incontrato, con Benton e Johns, e mi hanno
confermato che si
comportò così anche allora.
Quello
che ho visto mi ha spiazzato. Un uomo
totalmente terrorizzato che non riusciva a guardarmi nemmeno negli
occhi. Ha
tenuto lo sguardo basso, fisso sul tavolo, tutto il tempo. Booth ha
tenuto una
linea morbida. Gli ha fatto presente che tacere non ci
aiuterà nelle indagini e
che se vuole tornarsene a casa è necessaria la sua massima
collaborazione. Ma
Pierce si teneva le mani strette contro la testa come a proteggersi e
continuava a dondolarsi avanti e indietro, rannicchiato, sulla sedia.
Non
abbiamo ritenuto il caso di mostrargli
le foto della vittima. Ma presto dovremmo farlo, anche solo per
smuoverlo. Sono
rimasto da solo con lui per cercare di tranquillizzarlo e impostare una
linea
di difesa. Spero proprio di non essere costretto a usare
l’infermità mentale.
Risaliamo
in macchina e questa volta mi
aggrappo anche io. Ma sembra andare un pochino meglio, frenate brusche
a parte.
Torniamo al Metropolitan perché la dottoressa possa
esaminare nuovamente il
corpo. A quanto ho capito le hanno prestato una
sala e delle
apparecchiature.
In
prigione ho visto l’agente Booth
interrogare una guardia e gliene chiedo il motivo.
“Mi
chiedevo se avesse fatto così per tutto
il tempo, la guardia ha confermato che non dorme da quando è
arrivato e non fa
che tremare” mi risponde lui serio e concentrato sulla strada.
Registro
l’informazione e, purtroppo, non riesco
ad impedirmi di formulare un pensiero poco edificante per Pierce.
“Commettere
un omicidio può averlo ridotto
in quello stato..” ipotizza Booth, praticamente parlando al
mio posto.
“Pensavo
la stessa cosa. Non sono un medico,
ma ho già sentito di casi del genere” rispondo.
Booth volge il suo sguardo
verso la dottoressa “Bones?”
Bones?
Mi
sono perso qualcosa?
Poi
ricordo che gliel’ho sentito dire già un
paio di volte ma senza darci troppo peso. Parlavano tra loro, ma adesso
l’ha
chiamata così di fronte a me. Dovrei forse chiedere
spiegazioni?
“Un
soggetto posto in condizione di stress
improvviso e/o intenso può subire una grave alterazione
delle proprie facoltà
mentali ma questo non..”
“Uccidere
una persona causa indubbiamente
una condizione di stress intensa” ne deduce Booth
“Si,
ma..” tenta di replicare lei
“
Il tenente Pierce potrebbe avere aggredito
la vittima in preda ad un litigio e, una volta accortosi di quello che
stava
facendo, è entrato in stato di shock…”
ipotizza Booth
“Ci
risiamo..” sbuffa la Brennan
“E’
un’ipotesi realistica, purtroppo”
affermo io “ma non conclusiva, agente Booth. Non lo dico solo
in rappresentanza
del mio cliente, mi creda. Non ci sono prove contro Pierce oltre al
fatto che è
stato beccato sulla scena del crimine”
Lei
si volta versa di me, con il viso
illuminato.
Che
avrò mai detto di tanto speciale?
“Hai
sentito? Le prove, Booth, I fatti, è
solo questo che conta!” gli dice con enfasi.
Mi
da l’impressione di essere un tema
ricorrente tra loro.
Lui
la guarda in tralice “Lo so Bones, non
tralasceremo niente, la verità sarà rivelata,
come piace a te, ma io devo
fare ipotesi e usare..”
“non
dire…”
“l’istinto!”
dicono insieme mentre io
dietro, non posso che sorridere.
“Odio
quando lo dici, anche se hai ragione”
dice lei, addolcendo il tono.
Ah,
Mac, in quanto a battibecchi ci
assomigliano di sicuro!
“Come
fa a dire che si tratta di una donna?”
Siamo
nel laboratorio del Metropolitan
Police Service. A quanto pare Scotland Yard si è data
parecchio da fare per
esaudire le richieste della dottoressa Brennan. Due enormi display sono
posti
di fronte al tavolo dove è stata sistemata la vittima. Beh
quello che ne
rimane… avevo già visto dei cadaveri, un paio
pure in un obitorio, ma mai una
cosa del genere. Brandelli di carne penzolano ancora dalle ossa,
è
agghiacciante per me.
La
dottoressa invece mi sembra completamente
a suo agio. Immagino sia abituata, forse anche a scenari peggiori di
questo.
Maneggia con cura e delicatezza le ossa e mi spiega quello che
è riuscita a
scoprire ieri, quando ha eseguito un primo esame delle ossa, in
presenza di
Benton e Johns.
“Dalle
dimensioni dell’osso pelvico,
Capitano. E’ più piccolo rispetto alle dimensioni
che avrebbe se la vittima
fosse un uomo.”
Me
ne sto in disparte. La dottoressa gira
continuamente in torno al tavolo citando valori mai sentiti in vita
mia. Mi
consola il fatto che nemmeno il suo partner ci capisce niente di quei
paroloni,
ma non la disturba. Interagisce con un ragazzo, nel display, che
traduce ogni
parola della dottoressa rendendola comprensibile anche a noi due.
Mi
avvicino a Booth cercando di guardare il
meno possibile il tavolo.
La
dottoressa non sembra contenta e lui se
ne accorge “Lo so che non è bravo come Zack ma
dovrai pur scegliere un altro
assistente” le dice piano.
Mi
volto a guardare lo schermo e il ragazzo
non c’è più. Al suo posto
c’è un uomo con i capelli corti e rossicci
dall’aria
simpatica che tenta di richiamare la nostra attenzione.
“Cos’hai
trovato Jack?” chiede la Brennan
“Dai
campioni che mi avete inviato ho trovato
un’enorme quantità di peli” dice
mostrandoci un piccolo vasetto.
“Peli
umani?” chiedo, ipotizzando uno stupro
“Peli
di razza canina, dalla quantità e dai
diversi tipi di follicoli, direi che erano tre Dobermann veramente
inferociti”
Decisamente
non si tratta di stupro.
“Dobermann?
Sei sicuro?” chiede la
dottoressa
“Ti
stupisci? Ne bastava uno per ridurla in
quello stato, figuriamoci tre” le risponde Booth
“I
dobermann sono cani assolutamente
pacifici e socievoli. Molto affettuosi, attenti e coraggiosi”
gli dice
continuando a sistemare le ossa.
Già,
spesso è l’uomo ad incattivirli e
aizzarli contro le persone.
Un’ipotesi
da tenere in considerazione…
Riflettendo
non mi accorgo di stare fissando
il tavolo da lavoro e stranamente, non mi sento male. Ho lo stomaco
più forte
di quel che credevo..
Non
sono un esperto ma manca di sicuro
qualcosa a questo scheletro.
“Dov’è
finita la testa?” chiedo sorpreso.
Ricordo perfettamente che nelle foto scattate sulla scena del crimine,
la testa
c’era, eccome!
“Ho
spedito il teschio al mio laboratorio a
Washington. In questo modo potremmo avere una ricostruzione molto
fedele del
volto. Jack, chiamami Angela, e fammi sapere se trovi insetti o
spore”
Guardo
molto sorpreso l’agente Booth.
Che
ce ne facciamo di insetti e spore?
“Jack
adora infilare le mani nella terra e
sezionare larve” dice scherzando verso di me
“Amico,
la mia è un’arte che non puoi
capire” gli risponde l’uomo dallo schermo
La
dottoressa li riporta alla serietà.
“Il
dottor. Hodgins è il migliore
entomologo forense esperto in spore, minerali e particolati. Grazie
alla
presenza di insetti e larve, sui resti umani, sarà in grado
di stimare l’ora
del decesso della nostra vittima” mi spiega paziente
“Esatto,
baby!” dice il dottor. Hodgins alla
Brennan. Lei gli regala un’occhiataccia e subito lui si
ricompone “ehm..si,
vado a chiamare Angela..” sparendo dalla nostra visuale.
Wow
credevo fosse solo roba da film e invece
si può fare davvero!
Fermi
un attimo, ricapitoliamo.
Noi
siamo a Londra con il corpo.
La
testa è a Washington con il team della
dottoressa.
Sono
un tantino sconcertato. Le parti di
questo corpo, già abbastanza dilaniato direi, sono
addirittura in due
continenti diversi?
Lo
credo bene che Benton e Johns avessero
avuto a che ridire. Non ho mai sentito una cosa del genere.
I
miei due colleghi però, si comportano come
se per loro la cosa fosse normale. Come se gli fosse capitato
già altre volte.
Beh, a me no però.
“E’
una cosa che fate spesso?” la dottoressa
nemmeno si volta, impegnata nell’osservare lo scheletro.
“Cosa,
Capitano?” mi chiede curioso Booth
“Separare
il teschio, dal resto del corpo. Spedirlo
per posta in un altro continente..” chiedo sicuro di me.
Sicurezza che svanisce
non appena lei si volta e mi trapassa da parte a parte con i suoi occhi
di ghiaccio.
“Non
volevo assolutamente offenderla
dottoressa, so che lei è la migliore nel suo campo.
N-
Non intendevo giudicare la sua
competenza..” mi affretto a scusarmi balbettando
“Bones,
lascia, ci penso io” le dice Booth
mettendole una mano sulla spalla “Non si preoccupi Capitano,
le assicuro che è
una procedura che usiamo di frequente e che non danneggia in nessun
modo il
teschio” ridacchia “Bones non lo permetterebbe mai!
Inoltre abbiamo avuto
l’autorizzazione dallo Yard..”
Capisco
che sanno quello che fanno! Ok, mi
fido.
Si,
sento che posso stare tranquillo. Anche
perché non posso fare altrimenti…
Mai
fare arrabbiare la dottoressa Brennan.
Devo appuntarmelo da qualche parte..
“Le
mie scuse dottoressa Brennan” dico
avvicinandomi a lei “Non sono solito a definirmi un
novellino, ma direi che in
questo campo lo sono!” sfodero il mio sorriso migliore. Mac
cedeva sempre,
quando litigavamo.
Mi
fissa un attimo, poi abbozza anche lei un
sorriso “Scuse accettate” mi dice.
“Wow,
mi avete commossa!” dice una donna dai
lunghi capelli neri, nel display.
“Angela…”
dice la Brennan voltandosi
“Ehy,
hai sentito Booth come ti ha difesa!”
le dice gongolando
Booth
sorride lusingato “Nessuno può
offendere Bones in mia presenza!” esclama inforcando gli
occhiali da sole in
perfetto stile agente segreto.
La
stanno prendendo in giro?
“Possiamo
smetterla e concentrarci sul
caso?” li riprende, appunto, lei.
“L’Angelator
ha un volto per noi?” chiede
Booth
Ok,
passo. Non chiedo niente stavolta, non
voglio nemmeno sapere che cosa diavolo è un’Angelator…
“Utilizzando
i marker che il tuo forse nuovo
assistente mi ha fornito, e considerando l’altezza, il peso,
la razza e un
margine di errore del 10%, si può dire che ho un volto per
voi” dice fiera
girando la sua cartellina verso di noi.
La
dottoressa fissa l’immagine nello schermo
e poi le ossa.
“Una
donna bianca, bionda, sul metro e
settanta e di circa venticinque anni”
Continuo
a restare sbalordito. Mai pensato
che si potessero capire così tante cose dalle nostre ossa. E
nemmeno ricrearne
il volto..
Booth
le dice di cercare il volto in
questione nel database dell’FBI per un controllo.
“Mandaci
la foto via fax e noi controlleremo
in quello di Scotland Yard” le dice.
La dottoressa spegne lo
schermo e si mette
accanto al telefono in attesa della foto.
Angolo
dell'autrice:
eccomi
nuovamente, Bones da subito bella mostra delle sue capacità
ed Harm si deve adeguare al loro metodo di lavoro.. arriveranno anche
le mitiche battute fuori luogo di Bones, tranquille!! XD
buona
lettura!!
Ivi87
|
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Capitolo 6 *** Confidences ***
#
5 - Confidences
Siamo
in un locale poco lontano dal Met, il
Boom Boom Café. Io e l’agente Booth sediamo
l’uno di fronte all’altro ad un
tavolo. La dottoressa Brennan è rimasta in laboratorio per
degli altri test.
“Sarebbe
stato più pratico discuterne nel
mio appartamento, ma è ancora un campo di battaglia! Ho
scatoloni sparsi
ovunque!”.
Mi
sorride lui, dicendo che non è un
problema.
Guardo
il posto, ha un che di famigliare. Il
bancone, la vetrata, i colori…
“Tutto
bene Capitano?”
“Eh?
Si mi scusi. Questo posto mi ricorda un
locale che frequentavo con i miei colleghi a Washington, il
McMurphy.” Dico con
un tono più malinconico di quello che vorrei
“Si,
lo conosco, ci andiamo anche noi quando
il Diner è chiuso” dice tranquillo sorseggiando la
sua bevanda.
Mi
viene da ridere. Non credo che Burke
avesse veramente idea di quanto questa coppia ci
somigli, in realtà.
Mi
guarda accigliato.
“Noi
andavamo al Diner quando era chiuso il
McMurphy”
Distende
il volto e mi sorride.
Viva
le coincidenze della vita.
“Posso
farle una domanda personale,
Capitano?” chiede cauto
“Solo
se leviamo di mezzo i gradi e il
‘lei’. Mi fa sentire vecchio!” rispondo
sereno.
Continuo
ad avere la netta sensazione che di
lui mi posso fidare. Ed ora, wow una domanda personale… che
vorrà mai sapere?
Forse anche io gli ispiro fiducia.
“Ok.
Solo Booth, allora”
“Solo
Rabb! Avanti spara..” non sarà poi il
domandone finale di Chi vuol essere milionario, no?
“Come
mai sei qui da otto mesi e non hai
ancora sistemato il tuo appartamento?” mi fissa e poi
sorridendo prosegue “per
la guida a destra ti capisco, a me non basterebbe un anno intero per
imparare!”
Cavoli!
Altro che domandone finale! Il mio spara
era in senso figurativo, non letterale!
“Non
sei uno che va per il sottile, eh?”
bevo un sorsone d’acqua
“Mi
dispiace, non volevo essere inopportuno”
si scusa “E’ che si nota che
c’è qualcosa che non va..”
Sospiro
forte. Butto fuori aria. Sono stanco
di tenermi tutto dentro.
“Il
trasferimento è stato inaspettato e non
sono riuscito a sistemare come avrei voluto certe questioni, prima di
partire.
Non mi sento a casa qui, perciò non ho
ancora avuto la forza di
ufficializzare la cosa, disfando i bagagli” resto sul vago,
sento già una fitta
la petto solo a pensarci. Solo con Mac mi sento a casa, ma questo
amico, non te
lo posso di certo dire.
“E’
per la tua partner? Immagino che un
distacco del genere sia destabilizzante dopo anni di lavoro in
coppia” tenta
lui, non sapendo di aver centrato in pieno il bersaglio.
Cos’è
un mago?
Ce
l’ho scritto in fronte?
Non
ho minimamente accennato a Mac, come ha
fatto capire?
Un
dubbio mi sfiora. Non è che niente
niente… lui e –come l’ha chiamata?- Bones
ci assomigliano anche in
questo? E’ per questo che mia ha capito al volo, forse anche
lui ha pensato
alla possibilità di perdere, in qualche modo, la sua partner?
“Ma
come fai a sapere che avevo una
partner?” chiedo curioso; siamo davvero così
famosi?
“Ho
sentito parlare di voi al Bureau. Il mio
capo Cullen, conosceva il vostro ammiraglio
Cheggwidden…” mi spiega evasivo
Diciamo
che la storiella degli avvocati
pistoleri si è sparsa in lungo e in largo.
Allora
che fai Rabb, vuoti il sacco?
Un
pochino..
“Si
può dire che in dieci anni, la nostra partnership
si è evoluta e da colleghi siamo diventati amici. Molto
amici, fino a non
capire se, alla fine, eravamo solo quello” vai
così, una risposta diplomatica e
non troppo specifica. Normale amministrazione per le persone che si
frequentano
per un decennio.
Ma
lui mi guarda come uno che la sa lunga
e…si, direi che non l’ha bevuta.
“Non
ti roderesti il fegato così tanto se
non sapessi con esattezza quello che provi per lei. Insomma, se una
cosa non la
sai, non la sai e non ci puoi fare niente! Ma quando la
sai…ti rode il fegato!
Soprattutto se non va come vorresti!” mi dice come se fosse
una teoria
elementare
In
effetti… sembrava straparlare ma,
dopotutto, ha un senso.
Ok,
qui rischio grosso, è meglio riprendere
il coltello dalla parte del manico. SUBITO!
“E
Bones?” perplesso Booth blocca il
bicchiere a mezz’aria.
Ah-ah!
Beccato!
Non
ti aspettavi che rilanciassi eh? So
sparare anch’io, bello…
“Bones
cosa?” fingendo di non capire
“Innanzi
tutto perché quella poveretta ha un
soprannome del genere? Che t’ha fatto di male?”
chiedo ridendo. L’ho proprio
messo in imbarazzo.
“Cosa?
Niente, non mi ha fatto proprio
niente. Che ha che non va? Studia le ossa no? Mi sembra un collegamento
semplice!”
“I
suoi colleghi nel display pero non la
chiamavano così…” dico tagliente
“Beh,
è una cosa solo mia, immagino”
risponde fissando il bicchiere.
Chissà
se si è accorto del modo in cui ha
detto ‘mia’. Sussurrandolo appena.
Si
sta facendo tardi. Sento i morsi della
fame. Spero che la dottoressa si sbrighi con quei test. Ma eccola che
entra con
dei fogli in mano.
Si
siede accanto a Booth e ci mostra la foto
della ragazza realizzata grazie a quell’apparecchio che hanno
nominato prima.
“E
i tuoi test?” chiede lui sbirciando le
sue carte
“Ho
ripulito le ossa come potevo, non avendo
le strutture adeguate, ma i segni dei morsi sulle ossa sono evidenti.
E’ stata
letteralmente sbranata!”
Ci
guardiamo un attimo tutti e tre. Che
storia raccapricciante!
Ci
dice inoltre che il database non ha
fornito ancora alcun risultato, perciò, per adesso,
accantoniamo il lavoro e
ordiniamo la cena.
Un’insalatina
insipida va più che bene.
Questo caso mi farebbe diventare vegetariano al volo, se già
non lo fossi.
Ordiniamo
e in poco tempo la cameriera ci
porta le pietanze.
Sono
così stanco. Sento improvvisamente il
peso delle ore insonni e sbuffo senza accorgermene. Mi guardano
accigliati.
“Scusate,
sono a pezzi. Non dormo da una
vita” confesso lasciando stare l’insalata.
“Il
nuovo incarico sarà stressante” dice
Booth con un sorrisino sghembo. Ovviamente non si sta riferendo
veramente
all’incarico, “ti serve solo una
vacanza..”
“Non
è il momento migliore, no?” dico
riferendomi al nostro caso. Ma lui continua a fissarmi. Nonostante
cerchi di
cambiare argomento continua a fare allusioni su me e Mac.
Cosa
sei, un segugio?
“Ha
provato con il sesso?”
La
mia mascella si schianta sul tavolo. E
pure quella di Booth, che ora fissa la dottoressa allucinato.
“Perché
mi guardate così? Con l’atto
sessuale si genera un consistente rilascio di endorfine che provocano
rilassatezza e sonnolenza. E’ un dato scientifico!”
dice alzando gli occhi al
cielo
“Perché
tutti si imbarazzano a parlare di
sesso?” si chiede, riprendendo a mangiare
“Bones,
il tatto!! Non puoi fare una domanda
del genere una persona che conosci da mezza giornata. Anche questo
è un dato
scientifico!” la incalza Booth
“Non
è vero…” protesta lei ma Booth la
interrompe e si rivolge a me questa volta
“Ti
chiedo scusa, lei parla sempre così..”
scuoto la testa e sto per dire che non c’è
problema, quando questa volta è lei
ad interrompere me.
“Credevo
di essere migliorata! Avevi detto
che ero migliorata Booth!” fissandolo preoccupata
“Infatti
sei migliorata!” ammise lui.
“Davvero?”
chiese la dottoressa rincuorata
“Certo!
Tre anni fa gli avresti chiesto SE
aveva qualcuno con cui fare sesso per rilassarsi, non semplicemente di
fare
sesso…e anzi, avresti anche infierito
sull’importanza di avere un partner
con cui praticare questo bisogno fisiologico e antropologico e via
dicendo…”
Concluse Booth gesticolando in aria.
Sto
assistendo alle comiche…
“In
effetti avrei potuto chiederglielo..”
dice la Brennan guardandomi
Non
pensi nemmeno per un secondo, di
chiedermi se ho qualcuno con cui fare sesso!
La
risposta è no. E quasi non mi ricordo
come si fa…
Ma
ti assicuro che, quando penso a te, Mac,
mi torna tutto in mente!
“Visto,
sei migliorata!” conclude lui
riprendendo a mangiare.
Torno anche io sulla mia
insalata e mi dico
che se la finisco alla svelta, poi me ne potrò tornare a
casa fra i miei
scatoloni, lontano dalle domande troppo dirette.
ANGOLO
DELL'AUTRICE :
eccoci
nuovamente alle prese con questo caso spinoso!! Harm e Booth
diventeranno amici?? A voi scoprirlo!!!
Spero
che Bones sia descritta bene, ora è decisamente migliorata
ma quando ho scritto questa ff stava passando ancora la quarta serie...
un bacione a tutti e lasciate anche un microscopico commento se vi va
;-)
Ivi87
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Capitolo 7 *** Instinct ***
#
6 – Instinct
Riattacco
il telefono soddisfatto. Mi
piacciono proprio quei due!
Booth
mi ha appena informato che dal
database dello Yard è saltato fuori un nome.
Stanno
venendo qui al Jag con i risultati.
Finalmente avrò qualcosa da dire a Benton e Johns, infatti,
anche se non
seguono più il caso, sono molto interessati al suo sviluppo.
Li ho proprio
giudicati male! Ma non ci stavo con la testa e nemmeno adesso sto
granché
meglio, ma almeno questa notte sono riuscito a dormire abbastanza
tranquillamente. Il pensiero di Booth e la Brennan che bisticciavano mi
ha
davvero rallegrato e, per una volta, non mi ha fatto pensare a me e Mac
con
tristezza, ma con una dolce malinconia che mi ha accompagnato dal
dormiveglia
al sonno profondo.
La
Stevens bussa alla porta entrando con una
tazza di caffè in mano.
Me
la porge e mi riferisce delle telefonate
di ieri pomeriggio, quando ero fuori per l’indagine.
Mi
sorride gentile e se ne torna alla sua
scrivania.
Ok. Time out. E’
vero che ho finalmente riposato, ma siamo sicuri che non
sto ancora sognando?
Questa
è la prima volta che mi porta il
caffè senza che io glielo chieda espressamente! Non mi ha
nemmeno guardato di
sottecchi con il tipico sguardo odio il mio capo e,
ora che
presto più attenzione, non sento nemmeno le consuete
risatine a cui ormai mi
stavo abituando. Allora è vero, sto proprio sognando.
Mi
alzo e faccio un giro degli uffici.
Chiedo informazioni ad un ufficiale, mi informi sugli sviluppi dei casi
più
importanti…chiedo pure al sottufficiale Taylor come va la
gravidanza, e di
solito non lo faccio perché mi ricorda Harriet e i bambini.
Ognuno
di loro è stato gentile e rispettoso.
E soprattutto sorridevano calorosamente, come quando ringrazi di cuore
qualcuno.
La
cosa diventa ancora più strana ma mi fa
piacere, almeno finchè dura questa tregua. Torno verso il
mio ufficio e vedo
Benton e Johns che si preparano per dibattere il caso Thorp in aula. Mi
fanno
il saluto per rispetto al mio grado e si avviano
all’ascensore. Io rimango lì a
guardarli andare via e comincio a capire. Devono avere detto a tutto
l’ufficio
della pessima figura che ho fatto fare al Segretario. E a quanto pare
ne sono
tutti contenti. Allora non è tutta colpa mia. Il clima
freddo e ostile si era
già creato in precedenza a causa del loro ex superiore, che
lasciava i suoi
uomini in mano al SecNav. Entro nel mio ufficio sorridendo, pensando a
quante
volte l’Ammiraglio Cheggwidden si scontrava con il SecNav
prendendo sempre le
nostre difese. Sant’uomo!
Mi
siedo e la foto che troneggia sulla mia
scrivania mi fissa. E’ lei, o meglio, siamo noi.
La
stessa foto che avevo fatto ingrandire
per regalargliela a Natale di due anni fa. Eravamo in Afghanistan e,
nonostante
le pessime circostanze in cui ci trovavamo, eravamo sereni e
soprattutto amici.
Teoricamente
lo siamo ancora. Amici,
intendo. Sereni direi proprio di no, almeno io.
Per
il primo mese di lontananza ci siamo
sentiti quasi giornalmente, telefonate, mail… E poi pian
piano è come se per un
tacito accordo avessimo smesso. Faceva troppo male. Ma adesso? Non fa
forse male?
Lo
sai che lo devi fare! ALZA – QUELLA –
CORNETTA ! ! !
Sii
uomo, per la miseria! Mi dice la mia
odiosissima vocina interiore.
Ma
come faccio? E cosa le dico dopo sette
mesi? Ehi, Mac. Come ti va?
No.
Impossibile. Ma la mia mano è sul
telefono e sta componendo il numero…
Oddio
ma che sto facendo? Il mio cuore
sembra allenarsi alla maratona di New York..
Primo
squillo.
Ciao
Mac, come stai, avevo voglia di
sentirti. Ecco, posso cominciare così.
Secondo
squillo.
Ma
che ore sono a San Diego? Non ho fatto il
calcolo…
“Signore,
L’agente Booth e la Dottoressa
Brennan sono arrivati” mi dice il tenente Stevens, sulla
porta.
Riattacco
bruscamente.
Non
mi ero nemmeno accorto che avesse
bussato. Mi sfrego il viso e mi do dello stupido imbecille.
Perché no, anche cretino
ci sta bene.
“Li
faccia accomodare” rispondo cercando di
riacquistare un po’ di lucidità.
“Il
suo nome era Tina Forrest” esclama Booth
una volta seduto.
Mi
passano i fogli con tutti i suoi dati, e
c’è anche una foto. Impressionante, è
quasi identica al viso ricreato
olograficamente dal team della dottoressa.
“L’
impronta dentale ci ha permesso
l’identificazione del corpo” mi spiega lei.
“Perciò
abbiamo una ragazza bianca, di
ventiquattro anni studentessa di Oxford.”
Chissà
se lei e Pierce si conoscevano? O se
lui si è imbattuto nel suo corpo per caso, passeggiando al
parco..
“Posso
tenerlo? Vorrei andare a parlare
ancora con Pierce” chiedo indicando i fogli.
Bisogna
che capisca se e quanto centra il
tenente in questa storia. Altrimenti come lo difendo?
“Ma
certo, e noi andremo a fare una visitina
alla famiglia della ragazza”
Ci
alziamo tutti e tre. Ci diamo
appuntamento per pranzo nello stesso posto di ieri sera, per i
ragguagli.
Cammino
in direzione del Boom Boom Cafè. Ho
chiesto al tassista di lasciarmi un po’ più
indietro. Mi va di camminare.
Devo
schiarire le idee, l’incontro con
Pierce mi ha segnato non poco.
L’ho
trovato in uno stato pietoso, molto
peggio di ieri. Tremava e piangeva.
Ho
cercato di essere il più gentile
possibile spiegando la situazione in cui si trovava.
Rannicchiato
sulla sedia, nella stanza dei
colloqui, il tenente mi fissava.
I
suoi occhi non erano vuoti però. Capiva
quello che gli dicevo, ne sono sicuro.
Occhi
spaventati. Occhi atterriti. Occhi che
sapevano.
E’
stato in quel momento che ho capito.
Quegli
occhi avevano visto tutto. Quelli
erano gli occhi di un uomo che aveva visto un omicidio, non quelli di
chi
l’aveva commesso.
Come
spiegarlo a Booth e alla Brennan però?
Il mio istinto mi dice che l’uomo che ho davanti è
una vittima tanto quanto la povera
Forrest. Ma
come provarlo?
“Perché
si trovava accanto al corpo,
tenente?” ho provato a chiedere senza ottenere risposta.
“Robert?” riprovo,
mettendo da parte gradi e formalismi.
Lui
continua a fissarmi come a voler farmi
leggere tutto attraverso i suoi occhi. Ma il velo delle lacrime mi
impedisce di
leggervi alcunché. Se non che è innocente.
“Conoscevi
Tina Forrest?” chiedo mostrando
la foto che correda il fascicolo che mi ha lasciato Booth.
La
sua reazione a quel nome però mi spiazza.
Piange e grida forte, i singulti lo fanno tremare e cadere dalla sedia.
Chiamo
subito le guardie che lo riportano nella sua cella. Una di esse prima
gli
somministra un tranquillante.
Si,
conosceva Tina Forrest.
Sono
arrivato, entro nel locale e li cerco
con lo sguardo.
Sono
seduti l’uno di fronte all’altra,
impegnati in una conversazione.
Mi
fermo un attimo a guardarli. Stanno bene
insieme. Esteticamente parlando. Sono armoniosi. Davvero
una bella
coppia.
Per
il resto… mah, credo di avere colto qualcosa
di più di una semplice partnership
lavorativa nel loro comportamento. Ma
non saprei affermarlo con certezza. La dottoressa Brennan
dev’essere una donna
abbastanza complicata e credo che Booth – se veramente
interessato, ma mi pare
proprio di si – dovrà sudare le famose sette
camice per cavarci fuori qualcosa…
Ma
è meglio che io stia zitto. In fin dei
conti una soluzione per noi, Mac, la si poteva anche trovare e invece
ho
mandato tutto all’aria!
Booth
alza lo sguardo e mi vede. Mi fa cenno
di raggiungerli.
Mi
siedo accanto alla dottoressa e
ordiniamo.
Nell’attesa
chiedo com’è andata con la
famiglia della ragazza.
“Non
la vedevano dal giorno prima del
delitto, ma non avevano ancora denunciato la scomparsa,
poiché viveva da sola e
studiava medicina..” comincia Booth
“Orari
massacranti, a volte nemmeno tornava
a casa e rimaneva in biblioteca a studiare, perciò hanno
considerato normale
non trovarla a casa” prosegue lei
“E
immagino che durante lo studio tenesse il
cellulare spento” concludo io.
I
due annuiscono e Booth torna a parlare
“Non sapevano molto delle sue amicizie, tutti studenti come
lei, ma non
conoscevano nessuno in particolare”
“Però
lei aveva appena cominciato una
relazione con un ufficiale di marina e secondo i genitori lei era molto
coinvolta, un certo Robert” dice la dottoressa.
“Il
tenente Pierce. Quando gli ho detto il
nome della ragazza ha dato di matto, perciò ho intuito che
non si è trovato
accanto al corpo per caso, ma che si conoscevano”
“Ha
detto altro?” mi chiede Booth.
Si,
i suoi occhi mi hanno detto tantissimo.
“No.
Nient’altro…” dico invece
Lui
mi guarda, mi scruta. Non mi molla un
secondo.
“Non
mi credi?” gli chiedo sorpreso
Non
risponde. Seguita a fissarmi con lo
sguardo tipico di chi sa che non gli stai dicendo tutto.
“Booth
ci sa fare con le persone, le capisce
al volo” mi spiega la Brennan sorridendo
“Si,
me ne sono accorto!” le restituisco un
sorriso, riferendomi soprattutto sulla conversazione della sera
precedente
Lei
mi guarda perplessa, lui invece capisce
e mi accenna un sorriso.
“Tecnicamente
non ha detto altro ma… i suoi
occhi… quell’uomo non è un
assassino!”
Lei
sbuffa “E così capitano anche lei è
dotato di un istinto spiccato!” dice
arrendendosi all’evidenza.
Sempre
avuto! E ne vado molto fiero!
“Dai
Bones, ce l’hai anche tu” la rassicura
Booth prendendole una mano “Da qualche
parte…” lasciandola prontamente,
non’appena vede che me ne sono accorto.
“Io
mi baso solo sui fatti e sulle prove
empiriche, lo sai. Per l’istinto… mi fido del tuo!
E a quanto pare anche del
suo, Capitano, visto che concordano” risponde guardandoci
entrambi.
“Ah,
si?” chiedo in modo vagamente
sarcastico. Ormai credo sia chiaro a tutti e tre che io e Booth siamo
molto in sintonia.
“Siamo
stati nell’alloggio della Forrest, al
campus di Oxford” mi spiega lui.
La
dottoressa da voce alle sue parole
mostrandomi il contenuto della busta sul tavolo, accanto a lei.
“Ho
trovato vari capelli sul copriletto,
insieme a tracce di dna” mostrandomi dei contenitori, quelli
tipici della
scientifica. “Appena li avrò fatti analizzare vi
saprò dire se solo il tenente
Pierce frequentava l’alloggio”
“E
c’erano queste…” mi dice Booth
mostrandomi delle fotografie imbustate nella plastica. Foto dei due
ragazzi, la
Torres e Pierce. Anzi no, Tina e Robert.
Ci
sono loro in queste foto e… beh, si.
Sembrano davvero coinvolti. Innamorati.
Chiunque
guardando queste foto capirebbe che
Pierce non la sfiorerebbe se non con un fiore.
E non perché sono
belli e sorridenti. Spesso
dietro una persona apparentemente felice e sorridente si cela uno
spietato
assassino. Troppe volte mi è capitato. Solo una persona che
sa cos’è l’amore,
che l’ha provato, può capire. Solo una persona che
ama può riconoscere
l’amore negli occhi di questi ragazzi. Ecco cosa
c’era negli occhi di Pierce.
Ecco cosa c’è negli occhi di Booth. E da come mi
guarda credo che lui veda la
stessa cosa nei miei.
Angolo
dell'autrice:
ciao
a tutti jag/bones fan!!! ecco il sesto capitoloooo!! che dite
riuscirà Harm a chiamare Mac??
alla
prossima, manca poco alla fine!!! XD
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Capitolo 8 *** The Roommate ***
#
7 – The Roommate
Siamo
nei corridoi del Metropolitan Police
Service. Abbiamo appena fatto rapporto al Comandante Burke e sembra
soddisfatto
del nostro lavoro.
Il
suo sorrisino mi fa intuire che è
contento di averci affidato quest’indagine.
“Ho
delle novità” esordisce infine “il
tenente Malcolm Crane si è precipitato nel mio ufficio
questa mattina in preda
alla disperazione”
“L’ha
aggredita, signore?” chiede Booth
“No,
no, era solo sconvolto…” si passa una
mano fra i capelli “vedete, il tenente Crane è
tornato stamattina da una
missione in Afghanistan, apprendendo solo ora dell’accusa di
omicidio di
Pierce…” spiegò Burke.
“Si
conoscevano bene?” chiede la dottoressa
“Molto
bene, direi, se ha reagito così…” ne
deduco, io.
Burke
ci scruta uno a uno “Sono compagni di
stanza…e migliori amici…”
Ci
guardiamo tutti, comprensivi.
Torni
da una missione in cui corri il
rischio di perdere la vita e scopri che il tuo migliore amico,
l’unico che ti
capisce veramente, è accusato di omicidio.
Farebbe
saltare i nervi a chiunque!
“Vi
avverto che non sarà un interrogatorio
facile, il tenente ha un diavolo per capello!”
Appunto.
Il
tenente Crane è nella stanza degli
interrogatori da ormai tre ore. È nervoso e vuole delle
risposte. Noi siamo
dietro il vetro ad osservarlo.
Si
mette le mani nei capelli, tamburella con
le dita, si alza e si siede continuamente.
E’
chiaramente provato e spaventato.
Impossibile non vederlo.
Controllo
i miei due colleghi. Booth la
pensa come me, ne sono certo.
La
dottoressa…beh, con lei è tutto più
difficile.
Non
gli toglie gli occhi di dosso e pare che
stia eseguendo una radiografia completa solo con lo sguardo.
“Sei
pronto?” mi chiede
Booth
“Sono
pronto”. La dottoressa ci guarda
uscire, poi torna a fissare il tenente da dietro il vetro.
Entriamo
nella stanza, nemmeno il tempo di
chiudere la porta che il ragazzo ci inveisce contro.
“Come
diavolo potete pensare che Robert
abbia potuto fare una cosa del genere!!”
“Tenente
si sieda immediatamente o sarò
costretto ad ammanettarla!” gli intima Booth
Il
tenente si siede, ma non cambia
atteggiamento.
“Sono
il capitano Rabb” intervengo “e sono
qui per fare il possibile per scagionare il tenete Pierce”
ottengo l’effetto di
calmarlo un poco.
“Tenente,
vogliamo la verità, come lei, per
questo ci deve aiutare” esclama Booth.
Fargli
credere che siamo dalla parte di
Pierce e che non lo riteniamo colpevole è la strada giusta,
il tenente si
ammorbidisce domanda dopo domanda.
“Conosceva
la signorina Tina Forrest?”
“Si,
era la ragazza di Robert, del tenente
Pierce…me l’ha presentata circa due mesi fa. Era
simpatica…” fissando il tavolo
“come è…”
“Tina
è stata…divorata da dei Doberman” dice
piano Booth guardandolo negli occhi.
E
lo guardo anche io. Quegli occhi si velano
subito di lacrime e di disgusto.
“Com’
era il loro rapporto? Andavano
d’accordo?” chiedo cercando di spostare
l’attenzione del tenente.
“Si
amavano, capitano”
“Mai
nessun litigio? Qualche bisticcio?”
prova Booth
“Tina
studiava quasi ventiquattr’ore al
giorno e Robert era spesso in missione. Le assicuro che quando
riuscivano a
vedersi non pensavano certo a litigare…”
Sicuramente
si dedicavano ad altre attività,
logico.
“Va
bene, Malcolm, pensaci bene: Robert non
si è mai lamentato di questa situazione? Non ha mai preteso
di più di qualche
incontro fugace?”
“Robert
diceva sempre che erano giovani e
che per adesso andava bene così. Era fiero degli studi di
Tina, la aiutava…”
“A
studiare?” chiedo. Il tenente mi guarda
perplesso.
“Cosa?
No, no, Robert non ci capiva niente
di tutte quelle formule mediche” ridendo al pensiero, poi
ritorna serio “la
aiutava economicamente, la facoltà di medicina è
molta cara”
Io
e Booth ci guardiamo. I soldi sono sempre
un buon movente per… beh, per tutto.
Entriamo
a passo di carica nell’ufficio
assegnato a Booth. Lui si getta sul telefono. La dottoressa si siede di
fronte
alla scrivania e afferra il cellulare.
Mentre
parlano io comincio a tirare un po’
le somme. Pierce sosteneva economicamente la sua ragazza. Non
avrà potuto fare
granché, ma vivendo nella base non doveva preoccuparsi di
vitto e alloggio,
perciò qualcosa sicuramente riusciva a racimolare.
E
la famiglia di Tina? Non l’aiutava? Il
tenente Pierce potrebbe essersi indebitato con gente poco
raccomandabile?
“Il
dna, e i capelli trovati nell’alloggio
di Tina Forrest appartengono solo al tenente Pierce” dice la
dottoressa
riponendo il cellulare in tasca.
Niente
di nuovo. Ma almeno possiamo
escludere il delitto passionale.
Con
uno sguardo ci intendiamo e aspettiamo
che anche Booth riattacchi.
“Tina
Forrest ha saltato l’ultima retta
dell’università” dice unendo le mani
sulla scrivania “a breve avremo i
resoconti dei suoi movimenti bancari”
“A
quanto pare l’aiuto di Pierce non era
sufficiente” ne deduce la dottoressa
“Già,
non è molto alta la paga di un tenente
della marina, pur vivendo nella base e quindi non avendo un
appartamento da
mantenere, non poteva darle molto..” spiego annuendo.
“In
tutto questo mi chiedo: come mai, questa
mattina, la famiglia di Tina non ci ha parlato dei problemi economici
della
figlia?” chiede allusivo Booth.
“Torniamo
a parlare con loro e lo sapremo”
conclude la Brennan.
Un
cellulare squilla. È il mio turno di
rispondere al telefono.
Riattacco
e finalmente ho delle buone
notizie.
“Era
la prigione, pare che Pierce si sia
calmato e abbia cominciato a ragionare”
esclamo con enfasi.
“Grande.
Domani noi torneremo dalla famiglia
Forrest e lei dal tenente Pierce e speriamo di trovare qualcosa di
utile!” dice
un po’ seccato.
“Nemmeno
io vado pazzo per queste situazioni
di stallo…”
“Mentre
aspettiamo di esaminare i resoconti
bancari cosa facciamo?” chiede lei impaziente.
Il
viso di Booth si apre in un sorriso…
“Beh, Bones…”
Lo
sguardo consapevole di lei mi fa intuire
che ha già capito dove vuole arrivare.
“…si
deve pur mangiare…” dice infine
alzandosi.
“Lo
immaginavo!” risponde la dottoressa.
Si
alza a sua volta e lo segue. Io mi accodo
in silenzio.
“Perché
lo hai chiesto allora?”
“Speravo
che per una volta mettessi il tuo
stomaco da parte” superandolo indispettita
“Lavoro
meglio a stomaco
pieno…Bones…aspettaci!”
Il
battibecco è durato lungo tutti i
corridoi del Met, l’ascensore e la hall del palazzo. Poi in
strada si sono
accorti di me. Booth accenna un sorriso di scuse mentre la dottoressa
è già
alla macchina.
Mentre
Booth fa scattare le portiere io
tolgo il volantino infilato sotto i nostri tergicristalli.
“Ehi
guardate, hanno aperto un karaoke bar,
potremmo farci un panino qui?”
e indico
il foglio giallo.
“NO!!”
rispondono entrambi, all’unisono.
Ok
che non tutti amano la musica ma una
reazione del genere non me l’aspettavo!-
“Non…non
si deve per forza cantare…” certa
gente è proprio stonata o si imbarazza a cantare in
pubblico, lo posso capire…
e comunque era solo un posto come un altro per mangiare velocemente e
tornare
in ufficio.
La
dottoressa non mi risponde, sale in
macchina pallidissima, sbattendo la portiera. L’agente Booth
fissa per un
secondo la portiera poi torna a rivolgermi lo sguardo
“Scusaci… è meglio
lasciare stare… mangeremo nel nostro albergo…va
bene se ti riporto al Jag?”
Fermi
un attimo. Si stanno sbarazzando di
me? La cosa mi puzza, lui l’ha capito ma non vuole domande.
Ce l’ha scritto in
faccia.
“Certo,
va benissimo” tanto il segretario
vorrà un rapporto dettagliato sull’indagine.
Vorrà
dire che il panino me lo mangerò in
ufficio.
Angolo dell’autrice:
eccoci col settimo capitolo!!!
ne mancano solo due!!!!
ho introdotto il karaoke per
ricollegare la sparatoria a Booth alla fine della terza serie, spero
sia uscito un bel capitolo!!
bacioni a tutte e mille grazie
a chi lascia un commento!!! XD
Ivi87
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Capitolo 9 *** Revelations ***
#
8 – Revelations
Tra
pochi minuti una guardia mi porterà il
tenente Pierce per un nuovo colloquio. Sono ottimista: hanno detto che
ha
cominciato a parlare, mi sembra già un ottimo passo avanti.
Forse
l’unico se dai Forrest Booth e la
Brennan non trovassero niente.
Ieri
sera, mentre chattavo con Mattie, sono
arrivati i resoconti sui movimenti bancari di Tina e Booth mi ha subito
informato. Io invece ho inoltrato al segretario della marina la stessa
richiesta, ma per il conto di Pierce e poter così eseguire
una verifica
incrociata dei due conti.
Sento
la cella aprirsi. La guardia lo tiene
per un braccio e lo scorta fino alla sedia di fronte a me. Poi
l’agente esce e
si piazza dietro la porta.
Lo
sguardo di Pierce è totalmente differente
dall’ultimo nostro incontro.
Non
c’è più niente in quegli occhi. Sono
rassegnati.
“Tenente,
si ricorda di me? Sono il Capitano
Rabb” chiedo gentile
Pierce
annuisce senza guardarmi.
“E’
necessario che lei mi dica come sono
andate le cose”
Alza
lo sguardo e lo punta nel mio. Gli
occhi sono pieni di lacrime.
“Non
tiri mai più fuori quelle foto” mi dice
con un soffio di voce scoppiando a piangere.
Ora
mi sento in colpa, ma dovevo farlo! So
che dovevo.
“Mi
dispiace per la sua perdita, tenente”
“Non
l’ho persa, resterà qui
per sempre” gettandosi con forza una
mano sul petto.
Io
ti capisco, ti capisco davvero, sono
anche stato al tuo posto, ma tu mi devi parlare!
“Certamente…”
lo assecondo “sappiamo che la
aiutavi a pagarsi l’università, un gesto molto
galante. Non tutti lo farebbero”
attacco infine.
Ma
non sortisco nessun effetto.
“I
genitori di Tina non l’aiutavano?”
Una
smorfia di disprezzo segna il suo volto
per pochi secondi.
“No?
Tenente?” lo sprono
“Quelli
non si sarebbero accorti della
situazione economica di Tina nemmeno se fosse andata in giro vestita di
stracci. Vivevano nell’illusione di avere una figlia chirurgo
che li rendesse orgogliosi,
non si disturbavano a chiedere se le servisse una mano” dice
pacatamente,
dandomi l’impressione di essere assente. Spento.
“Tina
non chiedeva niente?”
“Era
troppo orgogliosa, voleva fare da sola
e non pesare su di loro”
“Però
da te ha accettato dei soldi…”
Mi
interrompe subito però, con una smorfia
“L’ho dovuta costringere…”
Booth
ieri sera mi ha detto che le ultime
due rate della retta risultano pagate in ritardo perciò
è qui che interviene
Pierce e risana il debito.
“Le
sarà costato molto…” estraggo un foglio
dalla mia cartellina “ha fatto molti
spostamenti…” mostrandogli i suoi
movimenti bancari.
“Non
era un peso per me, vivo alla
base…vivevo…” intristendosi, se
possibile, ancora di più
“E
bastavano i tuoi risparmi?” alza gli
occhi spaventato come se avessi toccato un nervo scoperto.
Colpito.
“Tenente?
Ha dovuto cercare i soldi da
qualche altra parte?”
Inutile.
Non risponde più a nessuna domanda.
È chiaramente terrorizzato da qualcosa.
O
da qualcuno.
“Ha
chiesto soldi a qualcuno? Tenente lo
faccia per Tina!”
E
affondato.
Booth
è bravo con le persone? Beh se fosse
qui concorderebbe con me solo guardando lo sguardo che ha assunto ora.
Non sono
più occhi vuoti. Sono pieni di terrore, ora.
Un
tipo di terrore molto comune, purtroppo.
Il
terrore delle persone che finiscono in
mano agli strozzini.
Mi
siedo al nostro tavolo, al Boom
Boom Cafè. Il mio tentativo di variare
locale è stato snobbato, ieri sera, ma non mi do per vinto.
Non
si era nemmeno ancora seduto che già
aveva attaccato a parlare di lavoro.
Non
crederai che me ne sia dimenticato vero?
E
per tutto il pasto Booth ha sviato il mio
sguardo.
Sorseggia
un po’ d’acqua e poi riparte con
la descrizione della loro mattinata.
“Dicevo?
Ah si, perciò capisci? Non solo non
avevano la minima idea di che guai passasse la figlia, ma non si sono
neppure
insospettiti quando un uomo, uno sconosciuto, ha bussato alla loro
porta
chiedendo di Tina”
“Abbastanza
ingenui direi..”
“e
stando a quello che ti ha detto- o meglio
non detto- Pierce, era sicuramente lo strozzino” prosegue
nervosamente.
“Ha
lasciato un avvertimento a Tina: paga o
ci va di mezzo la tua famiglia!”
“E
la loro auto…” risponde distrattamente.
“Come?”
che c’entra l’auto?
“Il
mese scorso i genitori di Tina hanno
dovuto comprare un auto nuova perché quella che avevano
è stata distrutta a
colpi di mazza da Baseball!” mi informa Booth
“E
non hanno sospettato niente?” chiedo
basito
“No,
credono sia opera di qualche vandalo
del quartiere…”
Entrambi
scuotiamo la testa.
“Grazie
al cielo una cosa, però, l’hanno
notata” mi guarda trionfante “il nostro uomo
è claudicante!”
Però,
niente male… quanti mai saranno gli
strozzini che zoppicano a Londra?
Booth
mi vede pensieroso “è un disturbo
della deambulazione che porta a zoppicare” sottolinea
Rido
“Avevo capito, stavo solo pensando che
non ci saranno molti strozzini claudicanti a Londra”
Ora
è imbarazzato “Oh, scusa, io…
è che
Bones l’aveva puntualizzato, allora…”
“A
proposito, dov’è la dottoressa?” chiedo
incuriosito.
“Sta
controllando con gli squints i
registri di
ospedali e farmacie.
Dice che una persona claudicante ha bisogno di molti controlli e di
dosi
massicce di Vicodin..”
Annuisco
“Certo, chiaro. Che è successo ieri
sera?” domando tutto d’un fiato sperando di
coglierlo di sorpresa.
Ecco
che fa lo sguardo da ebete. Mio caro,
sono anni che nego i miei sentimenti, sono un esperto ormai…
“Cosa?
Non capisco…” tergiversa lui
Ok…
“Ieri sera, tu che volevi cenare, io che
propongo il karaoke, voi che date di matto…”
così hai capito?
“Noi..
no, noi non abbiamo dato di matto,
non ci andava e basta…” risponde sempre
più nervoso.
“A
me siete sembrati parecchio agitati”
aspetto inutilmente altre risposte “Booth?”
Lui
prende un grosso respiro. Il suo volto
ora è serio “Mi hanno sparato in un karaoke bar,
l’hanno scorso, ho dovuto
fingere la mia morte per motivi di sicurezza nazionale e Bones non
l’ha presa
affatto bene… diciamo che non è un posto che
amiamo troppo…”
È
ufficiale: mi sento in colpa.
“Io…mi
dispiace, non dovevo insistere…”
Per
un po’ non parliamo, così ho il tempo di
riflettere sulle sue parole.
Si
è dovuto fingere morto. Però, credevo
succedesse solo da noi al Jag…
Immagino
non sarà stata una passeggiata per
la sua collega; non voglio nemmeno pensare a cosa farei io, se ti
credessi
morta, Mac.
Un
brivido mi percorre la schiena e scuoto
la testa per cancellarne il pensiero.
Mi
manchi. Da morire. Ma almeno so che stai
bene. Mattie mi ha raccontato che prendi anche qualche lezione di
surf… mi
piacerebbe tanto vederti!
“Hai
detto che tu e la tua collega siete
stati partners per dieci anni giusto?” mi chiede
interrompendo l’immagine di te
in muta aderente su una tavola, fra le onde.
“Già,
circa…” lo osservo attento.
“Immagino
che sarete diventati amici…”
“Beh,
si. Mac è senza dubbio la mia migliore
amica”
“Una
persona con cui riesci a confidarti e a
dire cose che ad altri non riusciresti mai a dire?”
Credo
di avere capito il punto…
“Se
c’è qualcosa che vuoi sapere, chiedi e
basta” dico sorridendo.
Abbozza
anche lui un sorriso “Voi due siete…
si , insomma…” alludendo con gli occhi.
“Si
e no, direi” più onesto di così non
potrei essere
“Di
solito è o si o no” puntualizza lui
“Se
rivolgessi la stessa domanda a te, in
tutta onestà, non risponderesti la stessa cosa?”
mi guarda come se l’avessi
colto in fallo.
“Si
vede che anche voi… beh per lo meno tu,
confesso che la dottoressa mi risulta difficile da decifrare..”
ammetto ridendo
“Non
sei riuscito a risolvere la vostra
situazione vero? È per questo che non sei felice?”
“Platonicamente,
è stata la miglior relazione
che abbia mai avuto. In realtà… un completo
disastro” scuoto la testa desolato
“Ed è quasi tutta colpa mia…”
“Devi
chiamarla, Harm” mi dice usando il mio
nome per la prima volta “sono sicuro che non aspetta
altro”
Fisso
il tavolo sconsolato. Come se non lo
sapessi…
“Probabilmente
lei ora sta nella tua stessa
situazione. Sta male come te. È questo che vuoi?”
“No,
certo che no. Voglio che sia felice!”
rispondo senza nemmeno pensarci.
“Allora
chiamala e non farla stare male”
dice come se fosse la cosa più facile del mondo
Il
solo pensiero mi rende nervoso: MA COME
CAVOLO SIAMO FINITI A PARLARE DI ME?
“Per
voi c’è una soluzione, ti devi solo
fare coraggio” rigirando il bicchiere tra le mani
“per noi… beh, è ancora
troppo presto…” poi, con un ghigno divertito
“ma non ho intenzione di aspettare
dieci anni…”
Mi
viene da ridere. Felice di esserti da
esempio, amico.
La
dottoressa sopraggiunge all’improvviso.
Nemmeno l’avevo vista entrare!
Resta
in piedi, poggia i palmi delle mani
sul tavolo e ci guarda raggiante. Volta la testa da un capo
all’altro del
tavolo, sorridendo vistosamente. Mi accorgo solo ora di quanto sia
bella.
Guardo
Booth. Spero davvero che a te vada
meglio…
“Allora
Bones? Ci spieghi?” scatta Booth al
quarto sorriso della collega. Forse anche un po’ innervosito
per la nostra
conversazione. Se la dottoressa fosse arrivata qualche secondo
prima…
“Risultano
solo una ventina di persone claudicanti a Londra” esordisce
soddisfatta
Io lo
sono un po’ meno, speravo in soli due o tre casi.
Booth la
guarda di sottecchi come se si aspettasse dell’altro, infatti
la dottoressa
coglie la sua occhiata e prosegue “otto di queste sono in
prigione, cinque
lavorano all’estero, sei sono anziani residenti in case si
riposo”
Booth
ora le sorride radioso “Ne resta uno, Bones. Ce
l’hai fatta, l’hai trovato!”
Si
alza e le da il cinque, poi si ricordano
di me e si risiedono, imbarazzati.
ANGOLO
DELL’AUTRICE:
Allora
ragazze mie, rettifico, mancano 2
capitoli più l’epilogo alla fine!!! Scusate
l’errore..XD
Che
mi dite di questo capitoletto??? Spero che
vi piaccia come gli altri!!!
Alla
prossima!!!! XD
Buona
lettura,
Ivi87
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Capitolo 10 *** Messages ***
#9
– Messages
“Avete
mai rischiato la vita? Intendo
insieme…” domando dopo aver letto la cartella
clinica trovata dalla Brennan
“Si”
risponde subito, poi ci pensa su un
attimo “A dire il vero da quando lavoriamo insieme la
percentuale è decisamente
aumentata”, poi con un sorriso aggiunge “e tieni
conto che ero un ranger…”
“Anche
io e Mac finivamo sempre nei guai…”
dico vagamente. Chissà perché ho cominciato
questo discorso?
“Questo
vi avrà uniti..” mi guarda cercando
una conferma
“Assolutamente”
“Esatto,
è normale nella nostra situazione”
Lo
guardo intensamente. Me la sono
raccontata anche io tantissime volte questa storiella, ma lavoro o non
lavoro,
pericolo o non pericolo siamo irrimediabilmente innamorati cotti.
Si
appoggia alla porta a vetri del
laboratorio. Si volta appena per vederla lavorare al tavolo, mentre
predispone
le ossa per la sepoltura.
“Lo
sai, Mac una volta mi ha seguito fino in
Russia per aiutarmi a trovare mio padre, e mi ha trovato quando ero
disperso
nell’oceano nonostante tutti mi dessero per morto e le
ricerche erano state
abbandonate. Ha corso un sacco di pericoli per me” mi guarda
attento, si scosta
dalla porta, fa un passo verso di me, cercando ci capire dove voglio
arrivare
“Un’altra ancora, invece, io ho mollato una festa a
casa dell’ammiraglio per
salvarla da un maniaco e mi sono dimesso dal Jag per poterla andare a
salvare
in Paraguay da morte certa.” Faccio una pausa, non sono
ricordi piacevoli
“Posso citarti altre venti situazioni come questa ma non
cambia il fatto che
noi lo sappiamo bene perché abbiamo agito così.
Non centrano ne il lavoro, ne
l’amicizia e non è stato nemmeno il pericolo o le
difficoltà ad unirci…”
Ora
annuisce. Ha capito il punto.
“E’
stato l’amore” dice Booth in un soffio,
con un mezzo sorriso.
“E’
stato l’amore a fare cosa?” chiede la
dottoressa spuntando, dalla porta a vetri, alle sue spalle.
Io
rimango di sasso e sono sicuro di essere
leggermente arrossito per l’imbarazzo.
Booth
invece è verde dallo spavento. Proprio
quella sfumatura di verde che ti colora il viso quando parli di una
persona e
quella come per magia ti spunta alle spalle e tu temi che abbia sentito
tutto.
“Gesù,
Bones!” esclama infine
La
dottoressa sembra tranquilla, forse solo
un po’ incuriosita dal nostro parlottare.
“Allora?
È stato l’amore a fare cosa?”
Domanda fissando Booth con fare indagatorio.
Oddio,
e adesso che gli risponde?
Mi
guarda per un secondo e poi spara la
balla…
“Pierce
giusto? Pagava l’università… a
Tina…
no? Si, insomma per amore.. dicevamo questo..”
allentandosi
la cravatta.
“Questo
punto l’avevamo già chiarito, mi
sembra..” ci guarda perplessa.
“Infatti
siamo d’accordo tutti quanti, tu
che mi dici Bones?” le dice tutto d’un fiato
spingendola verso la macchinetta
del caffè.
Esita
un attimo sicura di essersi persa
qualcosa “Quelle ossa non possono dirci altro, sono pronte
per la cerimonia
funebre”
“Sbrighiamoci
allora ad acciuffare…” riapro
la cartellina “…questo Nathan Hawkins allora,
così potremo celebrare il
funerale e Tina avrà un po’ di pace”
Booth
è d’accordo “Noi andiamo con i
rinforzi a casa sua, tu che fai vieni con noi?”
“Torno
al Jag, cercherò di ottenere un
mandato per far assistere Pierce
all’interrogatorio” può essere
l’unico modo
per scoprire la verità. Deve solo confermare che Hawkins
è lo strozzino.
La
dottoressa mi squadra “Ottima idea…” e
lo
dice come se fosse stupita della mia intelligenza.
Booth
non mi lascia rispondere e la trascina
letteralmente verso l’uscita del laboratorio.
“L’hai
detto come se fino ad ora lo avessi
ritenuto uno stupido, te l’ho detto un milione di volte che
non sei l’unica
persona intelligente al mondo…” le sussurra, ma
non così a bassa voce da non
essere sentito.
“Ma
sono sicuramente la più
intelligente…” ribatte lei.
Lo
vedo allargare le braccia esasperato e
sparire con lei dietro l’angolo.
Ah
Mac, li adoreresti.
La
testa mi fa male da morire. Sono cinque
dannati minuti che aspetto la Stevens con la mia aspirina. Ma dove
diavolo si è
cacciata?
Sono
di umore pessimo. Le cose si stanno
dilungando parecchio.
Credevamo
di essere a una svolta, ma come al
solito le cose si sono complicate.
Ore
fa ero nero di rabbia.
“Capitano,
non so come siete abituati voi in America, ma qui da noi ai carcerati
non è
permesso fare delle scampagnate…” ha
risposto il segretario alla mia richiesta
di far assistere Pierce all’interrogatorio di Nathan Hawkins.
Credevo
avesse capito che non è il caso di
continuare con questo atteggiamento.
Molto
garbatamente
ho fatto presente che sarebbe stato sempre sotto la mia
custodia e con due guardie della prigione come scorta. E oltretutto
diciamocelo: dove mai potrebbe scappare Pierce, visto che lo portiamo
alla sede
di Scotland Yard? Circondato da un centinaio di agenti, un agente
dell’FBI e
un’antropologa forense che, a sentire Booth, sa benissimo
difendersi da sola.
“…oltretutto,
Signore, dimostreremo che noi della marina ci fidiamo dello Yard, che
mettiamo
un nostro uomo nelle loro mani… l’ha detto lei che
dobbiamo essere
collaborativi…”
finisco così la mia arringa. Meglio che in tribunale! Lo
sento da come respira al telefono che vorrebbe trucidarmi. Quello che
importa è
che abbia acconsentito.
Purtroppo
però non ho fatto in tempo a
rallegrarmi.
Mentre
ingurgitavo l’aspirina, che a quanto
pare era difficilissima da trovare, Booth mi ha chiamato al cellulare:
nessuna
traccia dello strozzino nella sua abitazione. Probabilmente si
è sentito
scoperto e se l’è data a gambe levate.
Lo
yard con Booth e la Brennan sono partiti
alla ricerca di Hawkins da ore ormai.
Controllo
il fax. Ore fa ero nero? Ora sono incazzato
nero!
Hawkins
non si trova e il mandato per Pierce
non è ancora arrivato. Che schifo.
Non
che mi serva a tanto il mandato. Non
posso di certo far assistere Pierce all’interrogatorio di
Hawkins se
quest’ultimo è irreperibile,
ma so
che lo troveranno presto. Booth non è uno che molla. E per
allora vorrei essere
pronto e fiondarmi alla prigione per prelevare il tenente con quel
maledetto
pezzo di carta in mano! Ma quanto mai ci vorrà per produrre
un documento??
Hawkins
ha vita breve: nel giardino
posteriore della sua casa c’era una recinzione apposita per
cani con tre cucce
e tre ciotole. Tu guarda le coincidenze. Il dottor Hodgins
dovrà solo confermare
che i peli di cane prelevati dalla dottoressa - e già
spediti – combacino con
quelli trovati su Tina Forrest. Pierce dovrà solo indicare
che lui è lo
strozzino a cui deve i soldi e il gioco è fatto!
La
testa mi fa ancora male. Troppi pensieri
e preoccupazioni.
L’occhio
mi cade nuovamente sulla nostra
foto in Afghanistan. Sorrido guardandoti.
Dio
se sei bella. Mi sento invadere da
un’ondata di tenerezza e serenità. E le parole di
Booth mi tornano alla mente.
Al
diavolo tutto!
Alzo
la cornetta e compongo il suo numero di
casa, sapendo bene che Mac è ancora in ufficio. Faccio un
compromesso con me
stesso. Non sono pronto a parlarle. Ma posso sempre lasciare un
messaggio in
segreteria no?
Respiro
a fondo un paio di volte. Questa
volta non riattaccherò. Sono sufficientemente maturo per
poter parlare ad una
segreteria telefonica!
“Ciao…sono
Harm…” deglutisco a forza.
Sufficientemente maturo, come no… “…
io…ecco… volevo sapere come stai… non
ci
sentiamo da tanto…” e poi inaspettatamente
“…mi manchi…”.
Ok,
posso ritenermi fiero di me stesso. Non
è come se le avessi parlato veramente, ma…
Insomma,
già così ho rischiato l’infarto!
All’inizio
mi sembravo uno scemo e pure
balbuziente. Poi mi sono tranquillizzato. Tutt’al
più cancella i messaggi e non
mi richiama.
Dio
spero di no.
“L’avrai
annoiata a morte” mi dico “certo
che non ti richiama!”.
In
effetti il terrore iniziale poi è svanito
e ho cominciato a sparare parole a mitraglietta raccontandole a grandi
linee
della nuova indagine e dei miei due nuovo colleghi.
Le
sembrerò sicuramente uno stupido. Uno
stupido che lascia quattro messaggi di fila.
Il
bip continuava ad interrompere il mio
sproloquio!
Le
ho pure detto che il Boom Boom Cafè mi
ricorda il McMurphy, patetico.
Quando
rientrerà dal lavoro si scompiscerà
dalle risate…diventerò un buffone ai suoi occhi.
Il
trillo del fax mi riscuote, grazie al
cielo.
Non
mi piace la piega che hanno preso i miei
pensieri. Devo essere più ottimista!
L’ha
detto anche Booth che dovevo chiamarla,
in fondo.
Mi
dirigo verso il mobile attendendo il
pezzo di carta.
Perfetto,
il mandato è regolare ed effettivo
da subito.
Guardo
l’orologio: le 21:30. Ciò vuol dire
che a San Diego sono le 12:30.
Orrore.
E se stesse per tornare a casa per
il pranzo e sentisse subito i messaggi? So che abita vicino alla sede
del Jag
perciò può darsi che a volte torni a casa a
mangiare.
Oddio.
Credevo di avere più tempo per
metabolizzare la cosa…
Perché
non ci ho pensato prima? Diamine e se
adesso richiama subito? No, troppo presto, starà ancora
ridendo di me…
Lo
squillo del telefono mi fa girare di
scatto.
Non
ci posso credere…
Sudo
da morire, e mi si è chiusa la gola.
Che faccio?
La
Stevens bussa leggermente e si affaccia
sulla porta: “Il comandante Burke, signore. Sulla linea
due”. Riesco solo ad annuire.
Il
tenente esce e io mi allargo a forza
colletto e cravatta per paura di svenire.
Note
dell’autrice:
una
ola per Harm che è riuscito a parlare ad
una segreteria telefonicaaaa!!!! XD
e
che dire di Bones? Delicata come sempre!!
XD
il caso è quasi
risolto, alla prossima
ragazze!! XD
bacioni
Ivi87
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Capitolo 11 *** The resolution of the case ***
#
10 – The resolution of the case
Sto
per condurre il tenente Pierce al
Metropolitan Police Service. Mezz’ora fa Booth e gli agenti
dello Yard a lui assegnati
hanno beccato Hawkins all’aeroporto, in procinto di
svignarsela alle Barbados.
Al
tenente ho raccontato che lo stiamo
trasferendo per motivi di sovraffollamento. È banale ma non
mi è venuto in
mente altro. Tanto non credo che ci abbia fatto caso. Probabilmente il
dolore
che sente non passerà mai. Mi sento così in pena
per lui.
E’
quasi mezzanotte quando arriviamo fuori
dalla sede del MET.
“Cosa?
Perché siamo qui?” mi chiede
spaventato
“Solo
burocrazia..per il trasferimento da
una prigione all’altra…” adduco poco
convinto, lo ammetto.
Odio
mentirgli. Non ad un uomo ridotto così.
Ma
se sapesse la verità non aprirebbe più
bocca. Ho bisogno di vedere la sua reazione nel momento esatto in cui
vedrà
Hawkins al di là del vetro.
I
due sottufficiali lo tengono per le
braccia e lo scortano all’interno.
Io
li seguo e nel frattempo prendo il
cellulare e comunico a Booth che siamo arrivati.
Entriamo
nella stanzetta dietro il vetro. La
dottoressa è già li che ci aspetta.
Pierce
la guarda appena e poi riabbassa velocemente
lo sguardo.
“Questo
non è un trasferimento, vero?” dice
esausto “Perché non mi lasciate in pace? Tina
è morta ormai, non c’è più
niente
che posso fare!”
“Può
mandare in galera il suo assassino!”
dico deciso
“Questo
non me la riporterà indietro”
“Però
può impedire che muoia la donna di
qualcun altro” la dottoressa si avvicina a Pierce sostenendo
il suo sguardo.
La
porta della sala interrogatori si apre e
Booth spinge dentro un Hawkins molto contrariato.
Pierce
sbarra gli occhi terrorizzato. “Lo vede
quell’uomo?” prosegue la dottoressa
“Quello che ha fatto a Tina, lo rifarà
ancora e ancora. E ancora.”
Non
è poi così male con le persone, in fin
dei conti.
Pierce
solleva le mani ammanettate per
coprirsi il volto.
“Ci
aiuti a sbatterlo dentro. Cosicché non
possa mai più fare del male a nessuno”
Il
tenente abbassa le mani e mi guarda “Me
lo promette?”
Lo
so, lo so, non si dovrebbero mai fare
questo tipo di promesse ma… “Lo prometto,
Robert”
Volge
un ultimo sguardo al vetro. Hawkins
sbraita che vuole un avvocato e che non abbiamo il diritto di
trattenerlo.
Pierce lo guarda come se volesse bucare il vetro con lo sguardo e
saltargli
addosso. So che lo farebbe. E, personalmente, credo che lo lascerei
fare.
“E’
cominciato tutto due mesi fa. Tina non
ce la faceva più a pagare l’università
così le ho dato una mano. Avrei fatto
qualsiasi cosa per lei…”
“Ma
nemmeno con il suo contributo economico
riuscivate a coprire le spese, giusto?” chiede la Brennan
Il
tenente scuote la testa “una persona che
credevo amica mi ha confidato di avere avuto in prestito dei soldi da
Hawkins e
che non pretendeva di riaverli subito e senza interessi..”
Io
e la dottoressa ci lanciamo uno sguardo
eloquente.
“E’
stato stupido crederci, lo so, ma non
potevo permetterle di lasciare gli studi; questa persona bazzicava
l’università
di Tina, diceva di essere un fuori corso, in realtà era uno
scagnozzo di
Hawkins che ci aveva puntati!”
“Puntati?”
domanda perplessa.
Il
tenente ha le lacrime agli occhi e non
riesce a risponderle.
“Cercava
potenziali vittime bisognose di un
prestito e si è guadagnato la loro fiducia”
intervengo.
“Invece
dopo una settimana Hawkins ha
preteso il triplo dei soldi che ci aveva prestato” esclama
asciugandosi le
lacrime.
“E
quando non avete potuto pagare ha
minacciato i genitori di Tina sfasciandogli
l’automobile” conclude la
dottoressa.
“Si,
quello è stato il primo avvertimento,
poi…” scoppia in singhiozzi.
È
chiaro che non c’è stato un secondo
avvertimento.
“Lo
so che è dura, ma deve andare avanti” lo
sprono.
“Avevamo
appuntamento al parco. Eravamo
riusciti a racimolare qualcosa e volevamo dimostrargli la nostra buona
volontà..ma lui si è presentato con i suoi
scagnozzi e i con i suoi tre
doberman. Quando ha visto che non avevamo tutto il
denaro…”
“Ve
li ha aizzati contro. Ma lei come ha
fatto a rimanere illeso?” chiedo perplesso
Il
tenente scuote nuovamente la testa,
restando in silenzio.
“Come
è andata?” domanda la Brennan in un
soffio
“Loro
mi tenevano fermo, volevano che
guardassi…” non riuscì a dire altro. Si
accasciò a terra tremando.
Mi
volto verso la dottoressa: ha gli occhi
lucidi e una mano sulla bocca. Fissa al vetro Booth e Hawkins
nell’altra
stanza. Vorrei dirle qualcosa per confortarla, ma non sono molto bravo
in
queste cose. Poi me ne accorgo. Sta fissando solo Booth, solo lui. E
credo che
il filo dei suoi pensieri sia simile ai miei…
…Dio
Mac se ti accadesse una cosa del genere…
Poco
dopo si riscuote, mi indica l’altra
stanza e io annuisco. Capisco che vuole avvertire Booth. Faccio un
cenno alle
guardie che rimettono in piedi Pierce. Basta per questa notte.
Usciamo
dall’edificio e lo riporto in cella,
in attesa del processo.
Dopo
una notte popolata unicamente da incubi
sto per varcare la soglia del Jag. Voglio avere assolutamente notizie
da Booth.
Svolto
l’angolo a passo di carica e
attraverso il parcheggio. Alzo lo sguardo verso l’ingresso e
sorrido. Sono già
qui ad aspettarmi. Probabilmente non sono andati a dormire.
“Non
sei contento di vederci Rabb?” mi
chiede Booth sorridendo
“Dipende
se Hawkins ha confessato..”
“Ha
confessato” conferma lui “Intorno alle
quattro di mattina..” dice con fare meno divertito.
“Andate
a riposare allora, a me aspetta un
processo da preparare”
Sorridiamo
alla mia battuta. Probabilmente
la nostra collaborazione finisce qui.
Un
po’ mi dispiace.
“E’
stato un piacere, agente Booth” dico
tendendo la mano.
Aspetto
che lui la afferri e poi mi rivolgo
alla sua destra “Dottoressa Brennan”
Lei
mi regala un sorriso caldo “speriamo di
averle riportato un pezzetto di Washington” esclama infine.
Sono
sorpreso. Che ne sa lei che mi manca
Washington? Avevo accennato la cosa solo a Booth. Lo guardo di sbieco e
la sua
faccia da schiaffi mi sorride imbarazzato.
Va
bene ho capito. Anche io e Mac in fondo
ci dicevamo sempre tutto.
“Si…
è stato bello” lascio la presa e mi
avvio all’entrata.
Mi
volto un attimo per guardarli un’ultima
volta. Sono di spalle. Quelle della dottoressa si avvicinano di
più “Era un
segreto? Perché non me l’hai detto
Booth?” la sento domandare
“Credevo
non ce ne fosse bisogno…”
Ah, questa volta sono io che
alzo gli occhi
al cielo, entrando nell’edificio.
Angolo
dell'autrice:
eccoci
quasi alla fine di questa storia. il prossimo sarà l'epilogo
e poi mi toccherà spuntare la casella 'completa'.
spero
che vi abbia tenuto compagnia come l'ha tenuta a me scriverla!
Al
prossimo ultimo ns appuntamento!!
Ivi87
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Capitolo 12 *** Surprise ***
#
EPILOGO – Surprise
Sorseggio
una birra al nostro tavolo.
Anzi, d’ora in poi sarà solo il mio
tavolo.
Sono
proprio una bella coppia. Mi stavo
abituando ad averli intorno. Era bello parlare con qualcuno che non mi
odiasse,
come il mio staff.
Per
fortuna le cose al Jag sono migliorate.
Forse proprio grazie a quei due. Mi hanno portato una ventata
d’aria fresca.
Aria fresca da Washington. Proprio non riesco a non pensarci.
Oggi
è sabato. Il locale si riempie
velocemente.
Lei
non ha ancora richiamato. D'altronde
sono trascorsi solo due giorni dai miei orribili messaggi.
Può
darsi che si sia presa del tempo per
riflettere… infondo io ho impiegato mesi per telefonare,
sarebbe legittimo che
lei ci mettesse mesi a rispondere.
Sbuffo
sconsolato. Sono di nuovo solo.
Occorre
cominciare ad ammettere la verità.
Quello che è successo a Pierce mi ha lasciato un segno
indelebile. Non posso
sprecare altro tempo!
Ti
voglio Mac, ho bisogno di te. Con me.
Non
posso più starti lontano.
Ho
deciso: se non mi richiamerai, verrò io
da te!
“Pensieri?”
una voce mi fa tornare sulla
terra.
Una
voce che conosco troppo bene ormai e che
mi fa sorridere.
“Non
dovresti essere in volo per l’America?”
domando facendo cenno di accomodarsi
“Bones
aveva ancora una libreria in cui
presentare il suo libro, così ho pensato di farmi un ultimo
giro per Londra”
risponde stiracchiandosi sulla sedia “partiamo questa
sera”
“Posso
offrirti il pranzo?” chiedo
sorprendendolo.
“Il
cibo non si rifiuta mai. Posso chiedere
il perché?”
“Mi
sento in debito…” ammetto
“Nei
miei confronti? E perchè mai?”
Perché
sei stato il primo amico che ho avuto
da otto mesi a questa parte…
“Diciamo
che d’ora in poi, sai quella vocina
che ti sussurra all’orecchio…” cerco di
spiegarmi
“Quella
della tua coscienza?” mi domanda
perplesso
“Si,
esatto, d’ora in poi credo che avrà il
suono della tua voce. Sarai il mio grillo parlante!”
Booth
ride “Ecco, questo non me l’avevano
mai detto!”
“Grazie,
Booth” dico sinceramente
“Davvero,
non so di cosa mi devi
ringraziare, comunque sia…prego!”
La
cameriera ci raggiunge e finalmente
ordiniamo.
“A
proposito, sono io che mi devo scusare.
Per ieri mattina…” dice con aria
colpevole.
Non
capisco. Cerco di ricordare.
“Per
aver detto a Bones… non stavamo spettegolando,
giuro. Voleva sapere perché eri strano…”
Ah
ero io quello strano, dei tre?
“E
le hai detto che mi mancava Washington?
Mi facevi fare una figura più bella se le dicevi che
è una donna a mancarmi e
non una città, no?”
“Non
credere, non è una che si lascia
impressionare con poco…”
Dai?
Non l’avrei mai detto..
Le
pietanze arrivano e cominciamo a
mangiare. In silenzio. Assorti.
“Lascio
Londra” esordisco infine,
lasciandolo con la forchetta a mezz’aria “Vado da
lei” e non posso credere di
dirlo ad alta voce. Mi sento così bene nel momento stesso in
cui le parole mi
escono dalla bocca.
“Davvero?
L’hai chiamata?” mi domanda
curioso
“Si.
Cioè, le ho lasciato diversi messaggi
in segreteria”
“Diversi?”
chiede preoccupato
“Quattro.
Di fila.” Mi ride praticamente in
faccia “Lo so, sono patetico”
“No,
no, amico. Sei riuscito a dirle quello
che volevi, almeno?”
“Le
ho detto che mi mancava, poi mi è preso
il panico e ho parlato a vanvera per il resto del tempo”
ammetto sconsolato “le
ho pure fatto una descrizione completa e dettagliata di questo posto,
del nostro
tavolo…”
“Ho
capito, sei andato nel pallone…”
interrompendo il mio delirio. Grazie al cielo!
“Ti
ha richiamato?” chiede poi circospetto
“Non
ancora, ma sono passati solo due
giorni..”
“Ti
chiamerà!” mi assicura
“Potrebbe
anche non farlo…potrebbe essere
andata avanti con la sua vita…”
“Ti
chiamerà, vedrai!”
“Come
puoi esserne sicuro?!”
Ci
pensa su un attimo poi mi risponde “Sono
o non sono il tuo grillo parlante?”
Rido
istintivamente. Mai incontrato un personaggio
del genere. E di gente ne ho conosciuta tanta!
“Dai…”
mi guarda tutto contento “quello che
conta è che ti sei fatto coraggio, hai fatto il primo passo
e l’hai chiamata.
Dai, dai qua..” e alza il pugno complice, verso di me.
Oddio,
quanti anni saranno che non lo
faccio? Ricambio il gesto, come al liceo.
Ci
rimettiamo a mangiare. Ora è lui che ha
qualcosa da dire.
“Sai,
questo caso… ci ha avvicinati ancora
di più…” mi dice fissando il suo piatto.
Poi
alza lo sguardo per vedere se ho capito.
Annuisco.
Certo che ho capito. “Forse non se
n’è ancora accorta ma…quello che senti
per lei, lo sente anche lei per te.
Questa è la mia impressione” e continuo
tranquillamente a mangiare. Te lo dovevo.
“Grazie”
mi sento dire.
Con
uno sguardo ci accordiamo sul cambiare
argomento. Basta piagnistei, ci vuole qualcosa di più virile!
“Hai
sentito cos’hanno combinato i Red
Socks??!!”
Dopo
essermi fatto raccontare da Booth i
trascorsi delle squadre Americane che qui a Londra
fatico a seguire, ora siamo al bancone, in
attesa di pagare.
Prendo
il portafogli, dato che offro io e
nell’estrarre i soldi mi fermo a guardare la foto di Mac, Jen
e Mattie, che ho
ricevuto per e-mail il mese scorso. La campanella alla porta del locale
suona
avvisando l’entrata di un cliente e sento come una forza che
mi spinge a
voltarmi.
Un
profumo inconfondibile mi sfiora i sensi.
Non
riesco a vedere. C’è della gente alla
porta che mi blocca la visuale.
Eppure
il mio cuore batte all’impazzata. Se
lo sente che qualcosa sta per cambiare.
Finalmente
un paio di persone escono. Altre
entrano e si accomodano. Ora l’entrata è libera.
Solo
una donna resta in piedi accanto alla
porta, guardandosi introno.
Credo
di essere uno stoccafisso in mezzo al
locale ma non me ne importa niente.
Il
mio cuore lo sapeva! Ma come ha fatto a
trovarmi?
Poi
ricordo: due minuti di messaggio
sprecato nella descrizione del Boom Boom Cafè.
Grazie
al cielo, aggiungerei!
Mac
cerca tra i tavoli con lo sguardo e poi
mi vede al bancone. Impalato a fissarla con occhi sgranati e bocca
aperta. Non
mi stupirei se avessi anche un po’ di bava alla bocca.
È
una visione celestiale. Cristo! Più il
tempo passa più diventa bella!
Abbronzata
e con i capelli più lunghi e
mossi. Le foto non le rendono assolutamente giustizia.
Mi
sorride un po’ imbarazzata, toccandosi i
capelli nervosamente.
Non
posso credere che sia qui!!
Sento
qualcuno scuotermi “EHI? HARM?” Booth
mi passa una mano davanti agli occhi, ma non riesco a distoglierli da
lei “Che
ti prende?” poi si volta seguendo il mio sguardo e la vede.
“Wow!
Chi è?” domanda colpito.
Ora
è riuscito a catturare la mia
attenzione? Chi è? Quanto tempo ho per rispondere?
Come
posso farti capire chi è per me. Cos’è
lei per me, senza cadere nel melenso e nel banale.
Come
posso fartelo veramente capire.
Lo
fisso intensamente per un secondo. Poi mi
avvio verso di lei con la gioia sul volto.
Passandogli
accanto sussurro: “…Lei è la
mia Bones…”
FINE
Angolo
dell’autrice:
E
con immenso
dispiacere che spunto la casella “completa”
nell’aggiungere questo ultimo
capitolo di Couples! La coppia Harm e Mac l’abbiamo amata per
dieci lunghe
serie, la coppia Bones e Booth è ancora work in progress,
chissà cosa ci
rivelerà la settima serie!
Un
bacione a tutti
coloro che mi hanno seguita in questa avventura! Spero vi sia piaciuto
il
viaggio! XD
Se
voleste leggere
anche di un’altra coppia favolosa, vi aspetto anche nella
sezione “Castle –
detective tra le righe” ;-)
Con
affetto,
Ivi87
|
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