~Hogwarts year 1982 – He's in here

di _Eileen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1: The Letter ***
Capitolo 2: *** Owl! ***
Capitolo 3: *** Coming to London ***
Capitolo 4: *** Diagon Alley ***
Capitolo 5: *** Mr. Adams ***
Capitolo 6: *** Meeting your future ***
Capitolo 7: *** Stupid creepy black monster called Dementor ***



Capitolo 1
*** 1: The Letter ***


Lo so, lo so, non si fanno due long-fic contemporaneamente, ma dovevo mettere in piedi quest'idea prima che me la dimenticassi.. Cercherò comunque di continuare anche l'altra.. :D

Comunque.. di cosa parla questa crossover? Parla dei nostri amati personaggi di Total Drama, che non hanno mai fatto il reality, ma che all'età di 11 anni, come tutti i maghi che si rispettano, ricevono la famosa lettera di ammissione ad Hogwarts! Qui, a volte interagiranno con il famoso maghetto occhialuto, mentre cercano di scoprire qualcosa in più su Sirius Black! (loro vanno infatti ad Hogwarts nel 1993, quando Harry è al terzo anno). Bé, spero di essere riuscita nel mio intento, ma soprattutto spero vi piaccia!

Questo robo qua sotto è solo una corta introduzione :D

HarryAndCourtney

 

~Hogwarts year 1982 – He's in here

 

1:The Letter

 

 

3 Maggio 1988 ~ Falmouth, Cornovaglia

 

Il bambino sgranò gli occhi, guardando preoccupato l'erba che si stagliava qualche metro sotto di lui. Sentì la testa cominciare a girare, vedeva il terreno avvicinarsi e poi riallontanarsi, tanto che gli venne l'urto di vomito.

Non era mai salito così in alto per scoprire se soffriva di vertigini oppure no, ma quei sintomi erano sicuramente la risposta. Ne soffriva; e parecchio.

Tesoro, scendi subito dall'albero!” sentì la voce della madre severa, ma anche un po' preoccupata, che lo chiamava.

Io non ci sono mai salito sull'albero!” rispose con voce flebile il ragazzo, chiudendo nuovamente gli occhi, e aggrappandosi più saldamente al ramo sotto di lui.

Duncan, caro, come fai a non essere salito sull'albero se ora ci sei? Scendi giù, che non è nemmeno nostro! Evita di farti vedere dal signor Jones e vieni qui!” Ora il tono era decisamente più severo di prima e Duncan sentì la rabbia salire.

Era in pericolo mortale su un ciliegio pericolante e la madre gli veniva a tirare fuori la storia del signor Jones?!

Non ci riesco, non ci riesco!” urlò istericamente il bambino, allentando la presa, perdendo definitivamente l'equilibrio.

La mia morte è vicina, pensò, mentre cadeva nel vuoto, ma non riuscì a formulare altre frasi, che era già arrivato per terra, vivo e vegeto, l'unico dolore al ginocchio e al sedere. Con un sopracciglio alzato, mi mise in piedi, con l'aiuto della madre che era accorsa preoccupata, e guardò il ramo dal quale era appena caduto. Sfiorava appena la testa della mamma, e a vederlo da quella prospettiva era tutto tranne che alto e mortale.

Duncan, tesoruccio, non fare mai più una cosa del genere, d'accordo? Potevi seriamente farti male. E ora torna a casa” Il tono era tornato il solito: freddo e severo.

Ma mamma!” mugolò il bambino spazientito “Io voglio stare in giardino!”

Allora mi toccherà stare qui a sorvegliarti” disse la donna imperiosa, mettendo le mani sui fianchi.

Ma mamma! Io voglio stare in giardino da solo.. Ormai ho sei anni sono grande! E poi devi badare a Ellis!”

Tua sorella ora dorme, Duncan. Ma hai ragione, è meglio che rientri. Basta che tu prometta che non farai più cavolate tipo salire sugli alberi”

Ma io non ci sono mai salito sull'albero” si difese il bambino, portando le mani al petto.

E allora come ci sei finito lassù?” chiese la madre seccata, squadrando il figlio dall'alto al basso.

Bé...”di colpo Duncan assunse un colorito scarlatto e pigolò piano piano

Ero andato nel giardino del signor Jones.. per.. per.. insomma però il cane mi ha visto e ha cominciato a ringhiarmi, e il secondo dopo ero sull'albero!”

La madre sbuffò,e si avviò verso casa senza degnare di un ulteriore sguardo il figlio

Queste tue bugie non me le bevo, Duncan”

Ma mamma è vero! Sono finito lassù..” le urlò dietro il bambino, prima lei sbattesse la porta

...come per magia” finì, buttandosi a peso morto sull'erba.

 

 

 

11 Luglio 1993 ~ Same place

 

Duncan si svegliò di soprassalto quella mattina, senza nemmeno sapere il perché. Non gli sembrava di aver avuto incubi, e comunque, lui non era il tipo da farsi intimidire da uno stupido mostro peloso. Si ributtò sul cuscino, scalciando via il lenzuolo con i piedi, per sentirsi un po' più fresco.

Rimase a pensare circa dieci minuti, fissando il soffitto della sua camera da letto, giungendo sempre alla stessa conclusione: andava riverniciato tutto.

A giudicare dalla luce fuori dalla finestra, erano almeno le sette del mattino, il che fece stupire ancora di più Duncan per essersi svegliato da solo ad un'ora come quella. Normalmente la madre doveva scuoterlo per mezz'ora prima che il ragazzo aprisse anche solo un occhio.

Annoiato di stare lì a non fare niente, Duncan si alzò, si stiracchiò e si avviò verso l'armadio.

Aprì lo specchio, e si schiacciò un po' i corti capelli neri che si erano scombinati durante la notte. Duncan avrebbe davvero voluto tingerli, ma la madre e il padre glielo avevano proibito categoricamente; era troppo piccolo. Duncan si infilò una delle tante e irriconoscibili magliette nere che aveva, e un paio di semplici jeans, dopodiché scese al piano inferiore della casa, dove trovò tutta la famiglia intenta a fare colazione.

Senza salutare nessuno, di diresse verso il frigo, si preparò una tazza di latte gelido, e si buttò a peso morto sulla propria sedia.

Ultimo ad essere arrivato, tocca a te andare a prendere la posta!” la vocina acuta e insopportabile della sorellina risuonò nella testa di Duncan, che sputacchiò metà del latte che aveva in bocca.

C-cosa? E perché mai? Io ci sono andato ieri!” rispose, spalancando la bocca.

Bé, da ieri la regola era un giorno per uno, però oggi io ho deciso che ci va a prendere la posta, l'ultimo che si siede per fare la colazione!” disse la ragazzina, a mento alto.

Duncan guardò stupito la sorella. Era solo una bambinetta di sei anni prepotente e antipatica, non poteva dirgli cosa fare! E soprattutto, non poteva cambiare le regole a suo piacimento! Le regole erano fatte per essere rispettate (anche se Duncan saltava spesso questo particolare), oppure per essere infrante! Non c'era gusto a cambiarle per poi rispettarle di nuovo!

Lo dice facile la nostra viziatella! Oggi vai te! Oppure mamma, o babbo.”

Io non ho nessuna nessunissima intenz...”

Per fortuna il padre si intromise, mettendo fine a quello stupido teatrino.

DUNCAN, ELLIS, BASTA! Siete veramente patetici! Non potete fare questo vocio per chi va a prendere la posta! Sapete ora che succede? Ci andate entrambi!” l'uomo era scarlatto in volto e aveva il fiatone per il gridare di prima mattina, mentre squadrava i figli con sguardo severo.

Si babbo” risposero meccanicamente i due, alzandosi dalla tavola e avvicinandosi verso l'ingresso con lo sguardo basso, e la madre si lasciò sfuggire una risatina.

Comunque è tutta colpa tua. Sei tu che l'hai fatto arrabbiare” riprese Ellis, mentre i due attraversavano il giardino e si avvicinavano alla cassetta della posta.

Duncan spalancò la bocca, decisamente stupito, mentre armeggiava con le chiavi

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Capitolo 2
*** Owl! ***


 

2:Owl!

 

Non è vero!”

E io ti dico di sì”

Cucù? È impossibile!”

Duncan squadrò la sorella dall'alto verso il basso, smettendo di ribattere per la prima volta in dieci minuti. Cosa ne sapeva lei di quello che era impossibile o no?! Solo lui era sicuro di una cosa: l'autenticità di quella lettera: se lo sentiva dentro. Però, naturalmente, la sua odiosa sorella si opposta a lui schierandosi subito dalla parte del padre e dicendo che il tutto era una stupida trovata pubblicitaria.

Non rispondi? Bene, ho vinto io” disse la bionda, mostrando la lingua al fratello maggiore e incrociando le braccia al petto.

No! Tu... tu sei solo gelosa che non sia arrivata pure a te!” replicò il ragazzo

Non è assolutamente vero!” negò la bambina, ma Duncan aveva scoperto un punto dolente.

Sei te che sei invidioso.. io.. io.. c'è un isola che ha il mio stesso nome, sono più bella di te! Di che cosa dovrei essere gelosa?”

I due erano seduti per terra, in giardino, a discutere della lettera arrivata quella mattina a Duncan. Il ragazzo scosse la testa, guardando male la sorella, che aveva ancora le braccia incrociate e il naso prontamente all'insù. Ogni volta, ogni santissima volta che non le andava a genio qualcosa, ritirava fuori quella stupidissima storia: lei aveva lo stesso nome di un'isola. Duncan non credeva ci fosse qualcosa di cui vantarsi ad avere lo stesso nome di uno sputo di terra sulle coste Americane, ma evidentemente era l'unico in famiglia a pensarla così.

E allora?” ribatté “Io mi tengo il mio nome, almeno è mio, non è lo stesso di uno stup...”

Ma si interruppe sentendo il grido acutissimo della madre provenire dalla cucina. Lanciando un'ultima occhiata alla sorellina si alzò e corse verso casa, seguito a ruota da Ellis, che si aggiustò un po' il vestitino azzurro prima di entrare in cucina.

Cosa è successo” chiese la bambina con vocina innocente, sbuffando quando si accorse di una macchia di terra su quello che era uno dei suoi vestiti preferiti. Ma quando nessuno le rispose, decise di alzare lo sguardo, e si accorse che cosa era stato a scioccare così tanto madre e fratello. Sul tavolo di cucina, in bella mostra di sé, con gli occhi sgranati e la testa leggermente inclinata di lato, stava un allocco.

La bambina spalancò gli occhi, terrorizzata, e con un urlo acutissimo scappò dalla stanza.

Duncan, tuttavia, parve decisamente incuriosito dall'arrivo del rapace e cercò di avvicinarcisi, finché non fu fermato da un grido della madre, schiacciata nello stretto spazio tra il frigorifero e il muro.

Mamma” replicò tranquillo Duncan, trattenendo a stento le risate, nel vedere la donna così impaurita “è mezzogiorno passato, non ti sembra un po' strano per un gufo entrare nelle case? Voglio solo sapere cosa ci fa qui.. e poi mi pare abbia qualcosa nel becco...”

Aspetta che lo venga a sapere tuo padre!” lo minacciò lei, senza però osare agire in prima persona dovendo quindi uscire dal suo nascondiglio.

Papà ora non c'è” disse semplicemente il ragazzo, facendo un altro passo verso il tavolo dove stava l'animale, ma questo spiccò il volo e si avvicinò al bambino, lasciandogli cadere una busta ai piedi. Dopodiche, con un orribile suono gutturale, fece dietrofront e uscì dalla finestra, dalla quale evidentemente era anche entrato.

Quel giorno le cose non procedevano normalmente: strane buste, gufi in pieno giorno che portavano lettere passando dalle finestre. Ma anche se fossero passati dalla porta o dal camino Duncan l'avrebbe comunque ritenuto strano. Sempre con uno sguardo interrogativo e un sopracciglio alzato, il ragazzo si chinò per raccogliere l'involucro e lo girò per vedere l'indirizzo: la stessa di quella mattina.

Una parte di lui se l'era immaginato, l'aveva sperato, però l'altra parte, quella più coscienziosa -e più odiata da Duncan-, si chiedeva come fosse possibile che un allocco gliela avesse portata e come il mittente avesse saputo che la prima era stata distrutta.

'Semplice' disse l'altra vocina nella testa di Duncan 'Se era l'ammissione per una scuola di magia, tutto è possibile, no?' 'Forse. Ma questo non spiega come mai sia arrivata con un gufo. E se fosse tutta una presa di giro, come dice babbo?' riprese l'altra voce. 'ma io so che tu non lo pensi veramente. Andiamo, sarebbe proprio uno scherzo di cattivo gusto poi, no?' 'Si però...'

Duncan scosse la testa, mettendo fine a quella stupida conversazione nel suo cervello.

Il ragazzo continuò a guardare la busta, senza però osare aprila... All'apparenza era così bianca e innocente, ma aveva paura che all'interno ci fosse scritto a caratteri cubitali qualcosa tipo 'AHAH CI SEI CASCATO, IMBECILLE!', quindi si limitò a fissare l'indirizzo, così preciso e inequivocabile, mordicchiandosi il labbro inferiore.

La madre uscì dal suo 'nascondiglio' e appoggiò una mano una mano sulla spalla del figlio e gli chiese con voce zuccherosa : “Oh Duncan.. Il gufetto ti ha portato una letteruccia? Perché non la dai a mamma, che così la legge, hm?” Il bambino alzò lo sguardo verso la donna, storcendo la bocca in una smorfia di disgusto: come mai si rivolgeva a lui come se parlasse a Ellis?

Come se si fosse sentita chiamata, la bambina entrò in cucina, guardandosi attorno preoccupata e scostandosi una ciocca bionda dal viso.

Se..se n'è andato quel mostro?”

Ellis, andiamo, non era un mostro, solo un gufo!” esclamò Duncan esasperato “Ehi, mamma!” urlò poi, cercando di riprendersi la lettera che la madre gli aveva sottratto, ora che aveva abbassato un po' la guardia. La donna si avvicinò il foglio fino ad averlo a pochi millimetri dalla punta del naso, e cominciò a leggere con un espressione concentrata, le labbra sottilissime e le sopracciglia abbassate. Arrivata al secondo rigo, però, sobbalzò stupita e abbassò lo sguardo sul figlio, che guardava avidamente la lettera, coi pugni chiusi.

Roteò gli occhi alla vista del figlio così voglioso di quello stupido pezzo di carta e ricominciò a leggere, sempre molto concentrata.

Senti figliolo” esclamò ad un certo punto la donna, facendo sobbalzare Duncan “Io.. io non mai sentito parlare di questo postaccio .. o di questo Simpente o quello che è... aspettiamo che torni babbo e sentiamo lui, okay?”

No!” urlò subito il bambino; sapeva già come avrebbe reagito il padre.

Senti” disse la donna con tonno freddo e distaccato “Aspetti tuo padre, oppure butto via questo fogliaccio e ti chiudo in camera fino alla fine delle vacanze. Ora non fiatare, vattene da questa stanza, e aspetta, che in un ora papà dovrà essere qui!”

 

* * *

 

Duncan credeva che quella fosse stata l'ora più lunga della sua vita. E se tutti dicevano che le ore erano tutte lunghe uguali, si sbagliavano di grosso. Il ragazzo guardò per l'ennesima volta l'orologio al polso, per scoprire che erano passati quaranta secondi dall'ultima volta. Sbuffò sonoramente e si rigirò sul letto; ora guardava il soffitto. C'era una crepa enorme che attraversava tutto il muro e arrivava fino alla lampada, notò il ragazzo, facendo una smorfia.

Duncan passò altri dieci minuti a guardare un ragno tessere la sua tela in un angolo della stanza, finché non sentì la voce cavernosa del padre provenire dal piano inferiore. Si alzò di scatto dal letto, procurandosi una fitta non trascurabile al collo, e si precipitò giù per le scale.

Il signor Evans era fermo sull'uscio di casa, discutendo animatamente con un omino piccolo e grassoccio, che tentava di entrare a tutti i costi.

Scusi.. Questa è la mia casa, e io non ho nessuna intenzione di far entrare uno sconosciuto come lei, inoltre...”

Mi scusi tanto, signor Evans” ripeté l'omino, rigirandosi un capello a punta tra le mani “Ma è un fatto di estrema importanza.. ho un urgente bisogno di parlare con il signorino Duncan...”. Il signor Evans sgranò gli occhi, più che arrabbiato ora decisamente terrorizzato, e esclamò con vocina piccina piccina, che non ci si sarebbe mai aspettato di sentire da un uomo corpulento come lui:

Cosa ne sa lei di mio figlio? Io...io la denuncio! È un miracolo che non l'abbia già fatto!” fece per richiudere la porta, ma l'omino mise un piede nel mezzo, esclamando:

Signore, suvvia, sia ragionevole!”

Duncan era rimasto immobile tutto il tempo, e aveva assistito alla scena a bocca aperta: un perfetto sconosciuto cercava di entrare in casa loro solo per parlare con...lui? Che fosse collegato agli avvenimenti di quella mattina? Scosse la testa, per risvegliarsi dai suoi pensieri e si accorse che il padre stava avendo la meglio e che era quasi riuscito a buttar fuori l'intruso. Alzò le spalle, scese le scale, si avvicinò all'atrio e si mise dietro il signor Evans, in modo che l'omino potesse vederlo.

Oh, eccoti qui signorino!” esclamò infatti questi poco dopo, battendo le grandi mani rosee, come un bambino particolarmente felice che riceve in dono il regalo tanto desiderato.

B-buongiorno” salutò Duncan, ora un po' più preoccupato “Mi voleva parlare?”

Certamente, signorino Duncan” esclamò quello, facendo passare un braccio nello spiraglio della porta e stringendo calorosamente la mano al ragazzo “Willy Wiggenweld, molto lieto”

Duncan annuì flebilmente, rispondendo alla stretta di mano “Duncan Evans”

Naturalmente. Ora, se mi è permesso, signor Evans, le sarei molto grato se mi facesse entrare per scambiare due parole con suo figlio. E gradirei avere anche l'attenzione vostra e di vostra moglie.”

A quel punto il signor Evans capì che era inutile continuare a discutere, e nel suo profondo era curioso di sapere che cosa volesse dirgli di così importante un perfetto sconosciuto, così aprì la porta del tutto e si affacciò in cucina. “Margaret cara, potresti venire un attimo? È urgente, grazie”

Si udì un tramestio di pentole e Duncan vide madre e sorella uscire in corridoio. Willy si presentò subito, prendendo la mano della signora Evans e stringendole calorosamente la mano

Buongiorno signora Evans, buongiorno, molto piacere. Ciao piccolina!” aggiunse rivolgendosi a Ellis, che mise il broncio sentendosi chiamare 'piccolina'. “Scusate per essere entrato in casa così, senza preavviso, ma..è riguardo le lettere arrivate a vostro figlio”

Aspetti un momento” lo interruppe il signor Evans toccandosi il mento “Le lettere? Vuol dire che ne è arrivata più di una?

Si caro.. ne è arrivata un'altra proprio un'ora fa...e cosa significano?” chiese la signora Evans rivola a Willy, gli occhi sgranati.

Proprio quello che c'è scritto sopra” disse Willy Wiggenweld con un gran sorriso “Il signorino Duncan, qui presente, è stato ammesso alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts!”

Scuola di magia? E che cosa vuol dire?” chiese Ellis

Mi pare ovvio. Tuo fratello è un mago”

Il tempo parve fermarsi. Un grande sorriso solcò il volto di Duncan e nella stanza calò il silenzio, rotto poco instanti dopo dalla voce sprezzante della sorella: “Che cosa vuol dire che è un mago, scusa? Lui non può...” disse con una smorfia. Willy spalancò gli occhi, non si aspettava certo una domanda del genere!

Bé..” balbettò “lui è un mago. Sai.. può fare delle magie” agitò la mani nell'aria, come se avesse una bacchetta invisibile, speranzoso.

Forte!” ruggì Duncan entusiasta “e come faccio?”

Bé, per questo devi andare a Hogwarts, la scuola. Lì potrai imparare a controllare la magia e...a usarla al meglio”

Wow” sospirò Duncan, guardandosi intorno con aria sognante. La madre era in lacrime di gioia e si teneva un fazzolettino davanti alla bocca, mentre il padre sorrideva compiaciuto, stringendo la spalla del figlio; l'unica che non sembrava contenta dell'avvenimento era Ellis. “Non credo che mio fratello possa essere un mago.. Io non credo a questa roba” disse

Willy sospirò, e tirò fuori dalla tasca un lungo bastoncino liscio e nero. Alla vista stupita di Duncan, si girò verso di lui e spiegò: “Questa è una bacchetta. Ogni mango ha la sua. È fondamentale, sta a vedere” si guardò intorno, individuò le stoviglie ancora sporche della colazione e esclamò: “Gratta e netta!”. Immediatamente le tazze diventarono splendenti e asciutte.

Wow..” esclamò sognante Margaret.

Wow sì..” dissero insieme Duncan e Paul, il signor Evans.

Wow un corno!” urlò Ellis sull'orlo delle lacrime. “Che cosa c'è, tesorino? Non sei contenta per il tuo fratellone?” chiese la madre stringendola forte

È solo invidiosa” disse Duncan ridendo “Puoi tenerti il tuo bellissimo nome da isola americana, sorellina!” Questo fece singhiozzare Ellis ancora di più, mentre il sorriso si allargava sul volto di Duncan.

 

 

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Capitolo 3
*** Coming to London ***


-Coming to London-
 

  
Il ragazzo chiuse per un momento gli occhi acquamarina, sperando che così potesse concentrarsi meglio sul discorso dell’uomo. Gli girava terribilmente la testa, e le cose stavano procedendo troppo velocemente per i suoi standard: aveva appena scoperto di essere un ragazzo fuori dal comune, un ragazzo capace di fare magie, che poteva sistemare il mondo a proprio piacimento in un batter d’occhio…
Chiudere gli occhi era stata una pessima idea: si stava perdendo nei suoi pensieri e non stava ascoltando nulla.. Duncan li aprì di scatto , ritrovandosi davanti il volto paffuto di Willy Wiggenweld.
I due erano seduti in salotto, su due poltrone, e il signor Wiggenweld gli stava spiegando tutto e di più sul mondo dei maghi.
“Duncan…Hai capito una parola di quello che ho detto?” intervenne l’uomo, una volta accortosi della faccia spaesata del ragazzo.
“Ehm” balbettò quello, vergognandosi un po’ nel dire che si era perso più o meno… tutto il discorso. Poi, mordicchiandosi il labbro inferiore, si convinse con un bel sospiro e fece un cenno negativo con la testa.
Willy Wiggenweld sbuffò esasperato “Dove sei rimasto?”
“Al ‘Buongiorno Duncan, adesso devo darti qualche dritta sul mondo dei maghi’”. L’uomo ridacchiò, alzando gli occhi al cielo “Una volta ad Hogwarts cerca di essere più attento! Comunque…” sospirò a fondo e ricominciò a spiegare: “Hogwarts è una scuola di magia, questo credo che tu l’abbia capito.” Duncan annuì vigorosamente, incitandolo poi a continuare, ormai sveglio e voglioso di sapere. “Bene, allora…Prima di tutto dovrai procurarti il materiale, che troverai a Diagon Alley, Londra. Ti ci porterò io, insieme alla tua famiglia, poi laggiù starai con loro. Per comprare tutto il necessario dovrai andare alla Gringott, la banca, e fare il cambio valuta dei soldi babbani con quelli magici…Bè, poi devi prendere il treno per andare a scuola, tutti i dettagli sono del biglietto dentro la busta. Bene, credo sia tutto… Ci vediamo il 20 luglio qui, vi accompagnerò a Diagon Alley, adesso devo proprio andare.. a presto, Duncan!” si alzò di scatto, sistemandosi la cravatta arancione e stringendo la mano al ragazzo, che lo accompagnò nell’atrio, dove trovò il resto della famiglia intento a confabulare.
Willy Wiggenweld rivolse un sorriso radioso a Margaret, e strinse calorosamente la mano al signor Evans, informandolo sul fatto che sarebbe tornato entro la settimana dopo.
“Ciao piccoletta!” esclamò poi con voce acuta, battendo una mano sulla testa di Ellis, che, avendo appena finito di piangere, non fu contenta di quell’azione.
 
* * *
 
Quei tre giorni passarono molto più velocemente di quanto Duncan si fosse aspettato.
Dalla mattina successiva Ellis aveva cambiato strategia: non piangeva più sorrideva a Duncan in modo beffardo, adorando chiamarlo ‘ragazzo anormale’.
“Sei solo gelosa!” esclamò di botto lui la mattina del venti,  squadrando la sorella dall’alto in basso, mettendo le mani sui fianchi.
“Non è vero” rispose lui in un tono per niente convincente. Duncan stava per ribattere, ma in quel momento suonò il campanello e il ragazzo si precipitò al piano di sotto, dove trovò i genitori intenti ad accogliere Willy Wiggenweld.
“Ciao Duncan.. Picc..”
“Io mi chiamo ELLIS!!!” sbraitò la bambina furiosa, alle spalle del fratello. Il ragazzo roteò gli occhi, si avvicinò al signor Wiggenweld e gli strinse amichevolmente la mano. Non ci poteva credere: tutto ciò stava accadendo veramente!
Willy fece un grande sorriso, e invitò la famiglia Evans a uscire e ad accomodarsi nella sua auto.
Il viaggio fu terribile. Willy Wiggenweld era totalmente incapace di guidare, e teneva un piede fisso sull’acceleratore, procedendo a zig-zag. “Scu..Scusate tanto” biascicò, mentre evitava per un pelo la macchina davanti. “Non sono molto abituato a usare la macchina…” Duncan avrebbe voluto chiedergli che cosa usava allora per spostarsi, ma aveva paura di vomitare se avesse aperto la bocca, perciò rimase zitto e sprofondò ancora di più nel sedile.
Arrivarono a Londra stremati, e si fermarono in un piccolo bar per mangiare. A dir la verità solo il signor Wiggenweld pranzò, tutti i componenti della famiglia Evans avevano un colorito verdognolo e, tenendosi la mano sullo stomaco, dissero di non avere fame.
Verso le tre del pomeriggio si erano ormai ripresi, e, anche se un po’ pallidi e smunti, erano ansiosi si seguire il signor Wiggenweld nella loro prima esperienza magica.
“Ecco, seguitemi per di qua…” disse Willy imboccando una strada sulla destra. “Quando manca?” chiese stanca Ellis, trascinando i piedi “ho camminato troppo. Non. Ce. La. Faccio. Più.”
“Tranquilla, tranquilla, signorina Ellis, siamo arrivati.” Willy si girò sul posto, e indicò sorridendo un punto alle proprie spalle. Dopo un minuto di imbarazzo, il signor Evans chiese cautamente  “Mi scusi, signor Wiggenweld, io vedo solo dei cassoni per la spazzatura.”
“Diamine è vero!” esclamò quello, battendosi la mano sulla fronte. “Protezione anti-babbani”
“Anti-che?”
“Babbani. Persone non magiche. Proprio come voi!”
“Non è un termine molto carino, sa?” continuò la signora Evans freddamente.
“Non l’ho mica inventato io” rispose quello con un’alzata di spalle “Quello che vedete voi babbani sono dei cassonetti, i maghi, invece, vedono…”
“Un bar piuttosto squallido?” Tutti si girarono a bocca aperta, increduli che a parlare fosse stata Ellis.
 
 
 
Okay…wooho!.. finalmente ci sono. Capitolo particolarmente corto, lo so, ma tra mare, mare e…mare ero concentrata su altro… ;)
Colpo di scena finale..eheheh… Per quanto anche io odi Ellis, non potevo essere così crudele… xD… Grazie ancora a chi si prende la briga di leggere questa storia.. Presto comincerà la vera avventura Hogwartsiana e finalmente entreranno in gioco anche gli altri personaggi Questa fic l’aggiornerò molto più spesso (attenzione, molto spesso per il MIO standard… xD), mentre ‘Just you wait’ passerà in secondo piano...… Bene, passo e chiudo, see ya! R&R!
{Hac 


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Capitolo 4
*** Diagon Alley ***


 

 

Diagon Alley

 

 

Duncan guardò a bocca aperta la sorella; tutto ciò era profondamente ingiusto!

Ellis, dal canto suo, rimase inizialmente un po’ perplessa dal fatto che tutti la stessero fissando con tanto stupore. Cosa aveva detto di sbagliato?!

Wow, signorina Evans, è davvero… inaspettato” esclamò allegro Willy Wiggenweld, battendo allegramente le mani e precedendo gli altri nel bar.

Che cosa voleva dire?” sussurrò la ragazza al fratello, da un angolo della bocca, perplessa.

Che anche tu sei una ‘ragazza anormale’. Contenta adesso?” sbuffò Duncan spazientito, alzando gli occhi al cielo.

Ellis sobbalzò. Cosa cosa cosa? Anche lei, come il fratello, era una ragazza anorm… speciale in grado di usare la magia? Wow. Scuotendo la testa, si risvegliò dai suoi pensieri e si prese teatralmente la punta del naso. “Che razza di posto… Eww! C’è una puzza terribile!” Duncan le mise sgarbatamente una mano sulla bocca e la spinse in uno sgabuzzino ancora più squallido del resto del bar, dove erano radunati i genitori e Willy.

Perfetto!” disse gioviale quest’ultimo, mentre i coniugi Evans squadravano torvi il figlio, che alzò semplicemente le spalle con aria innocente.

Allora Duncan… E anche tu a questo punto” continuò in modo sbrigativo, indicando Ellis. “dietro questo muro c’è Diagon Alley, dove troverete tutti gli armamentari magici che vi servono. Ricorda… Ricordate quello che faccio.”

Tirò nuovamente fuori dalla tasca la bacchetta liscia e nera, e cominciò a picchiettarla sul muro, borbottando: “Questo qui, poi quest’altro, terzo da sinistra, adesso ne lasci due e vai a questo, Ecco fatto.”

Dopo qualche secondo uno dei mattoni cominciò a vibrare finché non cadde a terra. Successivamente, tutti i mattoni circostanti si contorsero e si girarono, fino ad ottenere un buco abbastanza grande da far passare tutti quanti.

Bene, bene, bene” disse Willy Wiggenweld soddisfatto, entrando nel buco e trovandosi all’inizio di una strada affollata. “Diagon Alley, semplice da ricordare.”

Duncan aprì la bocca stupefatto e seguì Willy attraverso il buco. Si guardò intorno: i negozi brulicavano di maghi vestiti nei modi più strani, intenti a chiacchierare o a sbirciare le vetrine stracolme di oggetti come bacchette magiche, calderoni impilati di varie forme e misure e ‘Piante carnivore domestiche docili e amichevoli’.

Il ragazzo era ancora intento a guardarsi attorno stupito, che sentì a malapena il signor Wiggenweld che gli poggiava una mano sulla spalla, borbottando:

Io devo proprio scappare, signorino Evans, quindi, laggiù c’è la Gringott, la banca… dopodiché potrai comprare tutto quello che ti serve… Arrivederci!” e senza aggiungere altro, si girò e rientrò nel buco del muro, che si richiuse subito dopo alle sue spalle, Il quartetto rimase un attimo immobile, guardando perplesso il muro, dopodiché, il signor Evans scosse vigorosamente la testa, e invitò la famiglia ad andare verso la banca, dall’altra parte della strada.

Duncan voleva sbrigarsi ad entrare laggiù, così da poter comprare tutto quella roba in esposizione. Certo, però, poteva anche prendere qualcosa in anticip…”

Duncan, vieni qui” il ragazzo sospirò, allontanandosi da un banco che vendeva piccoli calderoni dorati, e seguì la madre all’interno dell’edificio bianco come la neve.

 

* * *

 

Duncan fu felice di uscire dall’edificio candido con le tasche che straripavano di monete d’oro e d’argento: si era accorto che la sterlina valeva molto più di quei.. come era che si chiamavano?, e sorrise beffardo in direzione dei negozi lì vicino.

Duncan, allora, che cosa devi comprare?” chiese docilmente la madre al figlio, mettendo una mano sulla spalla del marito, che continuava a borbottare indistintamente cose del tipo: “Che razza di monete” o “Piccoli esseri inquietanti dalle dita oblunghe.”

Duncan annuì leggermente, lo sguardo fisso su una vetrina con così tanta gente attorno che non si capiva nemmeno cosa vendesse,

Tirò fuori dalla tasca la lettera stropicciata e prese un secondo foglio, dove era scritto tutto l’occorrente.

 

SCUOLA DI MAGIA E STREGONERIA

DI HOGWARTS

Uniforme

Gli studenti del primo anno dovranno avere:

Tre divise da lavoro in tinta unita (nero)

Un cappello a punta in tinta unita (nero) da giorno

Un paio di guanti di protezione (in pelle di drago o simili)

Un mantello invernale (nero con alamari d’argento)

 

Libri di testo

Tutti gli allievi dovranno avere una copia dei seguenti testi:

Manuale degli incantesimi, volume I, di Miranda Gadula

Storia della magia, di Bathilda Bath

Tutto di più sulla magia teorica, di Ian O’Findor

Tutte le pozioni per principianti, di Zoroak Zott

Gli animali fantastici: dove trovarli, Newt Scamandro.

Primo impatto con la trasfigurazione, di Eveeline March

Mille erbe e funghi magici, di Phyllida Spore

Preparazione pratica e completa per l’autodifesa magica, di Quentin Jokes

 

Altri accessori

1 bacchetta

1 calderone (in peltro, misura standard 2)

1 set di provette di vetro o di cristallo

1 telescopio

1 bilancia d’ottone

 

Duncan sospirò, da dove poteva cominciare? Ridiede un’ulteriore scorsa veloce alla lettera. Aspetta. Perché doveva comprare così tante cose?! Un mago non aveva una bacchetta punto e basta? Doveva anche comprarsi dei libri e studiare?

Confermando la propria ipotesi, ovvero che una bacchetta era davvero l’unica cosa utile, decise di andare a comprare quella come prima cosa.

Si incamminò per la strada principale, guardandosi intorno alla ricerca di un negozio che avrebbe fatto al caso suo, seguito a ruota dai genitori e da Ellis, che urlò spaventata tirando furiosamente la manica della giacca della madre, e indicando pietrificata con la mano libera ‘L’emporio dei gufi’.

Finalmente Duncan trovò quello che cercava: una ragazzina bionda (che doveva avere più o meno la sua età) usciva da un negozio angusto e apparentemente sporco, strillando di gioia a pieni polmoni e agitando freneticamente la bacchetta, evidentemente appena comprata, sotto il naso dell’amica.

Si! Finalmente ho una bacchetta tutta mia! Cavolo, ma hai visto quanto è carina, hai visto, Heath, hai visto?”

Magnifico Linds, adesso andiamo” replicò l’altra freddamente, spostandosi una ciocca di capelli neri dietro l’orecchio e allontanandosi frettolosamente.

Duncan le seguì con lo sguardo, mentre entrava lui stesso nel piccolo vecchio negozio. La sua prima impressione fu quella di un posto abbandonato da tempo, dove nessuno aveva osato mettere piedi per anni: “Che schifo, che razza di posto lurido è questo?” il commento aspro della sorella fece da eco ai suoi pensieri.

Buongiorno ragazzi” un uomo piuttosto vecchio e dall’aria stanca, con due enormi occhi sbiaditi e lucidi, uscì dall’ombra con un sussurro.

Duncan, tuttavia, si limitò ad annuire svogliato, mentre si guardava attorno.

Il negozio era pieno di scaffali, sui quali c'erano migliaia di scatole, contenenti le bacchette. L'uomo si girò verso i genitori e disse: “La bacchetta è per vostro figlio vero? Strano però, non mi ricordo di avervi mai visto..babbani?”

Cos...?! Emh, sì, cioè volevo dire, già, babb.. quella cosa lì.” disse il signor Evans, riprendendosi dopo una stilettata lanciatagli dalla moglie. “Grazie signor...”

Olivander.”

Grazie signor Olivander. Lui è nostro figlio, Duncan Evans. Duncan, vieni qui”. Il ragazzo raggiunse la madre e chiese svogliato: “Allora, la bacchetta, dove è? Posso sceglierla?”

Duncan” cominciò Olivander con un tono di voce particolarmente sommesso, guardando il ragazzo con uno sguardo fisso e inquietante.

È la bacchetta che sceglie il mago, ricordatelo. Adesso però devo prenderti delle misure, poi vedremo quale bacchetta ti sceglierà.” Duncan sbuffò; evidentemente a quel vecchio la solitudine aveva fatto male. Quando tornò con un metro in mano, e cominciò a misurargli la distanza dal ginocchio alla punta del naso o dall'occhio sinistro fino all'alluce destro, ne era più sicuro.

Mh.. vedo, vedo” disse il mago, dopo aver misuratogli la distanza dall'ascella alla caviglia. “Perfetto, allora!” lasciò il metro (e un Duncan sempre più perplesso), mentre saliva su uno scaleo, prendeva una scatolina e la porgeva a Duncan.

Ecco” disse compiaciuto Olivander “Olmo e piuma di fenice, sette pollic..no, no è evidente che non è adatta.” strappò la bacchetta dalla mano di Duncan, che rimase immobile a bocca aperta. “Provi questa... abbinamento che mi piace! Perché no? Ecco signor Evans.. ebano e crine d'unicorno, 7 pollici e mezzo, rigida. “ Duncan la prese confuso e l'agitò flebilmente e improvvisamente sentì un calore invadergli tutto il corpo. “Sì, sì, perfetto, Duncan Evans, questa è la bacchetta che l'ha scelta” esclamò il mago Olivander “..fanno sette galeoni.” Duncan ripose con cura il suo nuovo 'bastoncino' in tasca e gli porse -anche se con riluttanza- sette monete d'oro che aveva imparato a riconoscere come galeoni.

Signore, signore!” esclamò Ellis, che stranamente era rimasta zitta e ferma per tutto il tempo “e io? Anche io voglio una bacchetta!” urlò, saltellando freneticamente sul posto e agitando le braccia.

Mi dispiace deluderla, ragazza mia, ma un mago può essere pronto a portare la bacchetta solo all'età di undici anni. Fino ad allora la magia non è controllabile e schizza autonomamente fuori dal mago, in particolar modo nei momenti in cui questi è in difficoltà. Sono sicuro che anche lei si è resa conto che queste cose le succedono.”

Ellis sgranò gli occhi terrorizzata. Evidentemente non le era mai successo niente di ricollegabile alla magia. Lei non si era trovata su un albero, mentre scappava dal cane del vicino, a lei non le si erano improvvisamente ripuliti e ricuciti i vestiti dopo una giornata passata nel fango con gli amici, lei non aveva sfornato un dolce perfetto e cotto al punto giusto, dopo averlo lasciato a cuocere per più di sei ore, mentre giocava alla Play Station e la madre era fuori...

Allora perché Willy Wiggenweld aveva detto che anche lei era una strega? Perché poteva vedere il paiolo magico?

Duncan, tesoro, vieni” il ragazzo si risvegliò dai suoi pensieri e seguì la famiglia sbuffando uno “Smettila di chiamarmi così”, lanciando poi un'occhiata gelida alla sorella. “Allora, dove andiamo?” chiese il padre con una punta d'irritazione mentre guardava i maghi -rigorosamente vestiti con lunghi abiti colorati e cappelli a punta- girovagare per le vie di Diagon Alley.

Bé” disse la madre, indicando un negozio sulla destra.

Penso che là troveremo il calderone e le provette..possiamo cominciare da lì, no?” aggiunse, rivolgendo un sorriso radioso alla famiglia, che la fissò con un sopracciglio alzato e un'espressione arrabbiata. Per fortuna si intromise Ellis, a rompere quel silenzio fastidioso: “Mamma, che schifo! Lì dentro vendono interiora di topo! Tutto sanguinolento! Ewww!” accennò ad una piccola strega tarchiata che era appena uscita dal negozio, tenendo a distanza di sicurezza un sacchetto dal quale gocciolava una strana sostanza verdognola. Ellis rabbrividì. “No. Mi rifiuto si entrare là dentro. Mi fa troppo schifo.” disse decisa, mettendo il naso all'insù e incrociando le braccia. “Voglio andare là invece” indicò la vetrina ancora piena di gente, accanto alla Gringott.

Certo dolcezza mia” disse il signor Evans, prendendo in mano la situazione per evitare una 'scenata alla Ellis' in pubblico.

Io e mamma ti portiamo a vedere quel negozio e casomai compriamo qualcosina, d'accordo? Credo che Duncan possa cavarsela da solo in farmacia. Su Duncan, dacci la lista, ecco bravo, grazie... Andiamo adesso”. Duncan alzò gli occhi al cielo mentre porgeva la lettera al padre borbottando “Certo che ce la faccio da solo”. Sbuffò sonoramente ed entrò nel negozio, venendo accolto da un agghiacciante tintinnio all'aprire della porta.

C'erano un paio di persone in coda: una vecchia signora con un abito giallo canarino e una ragazzina che doveva avere la sua età.

Finalmente la signora-in-giallo al bancone finì e mentre si allontanava, Duncan cercò di passare avanti alla ragazza dai capelli castani che era in fila.

Scusa, vado di fretta!” disse brusco, dandole una spinta di lato e raggiungendo per primo il bancone. Quella con uno strozzato “oh”, cadde all'indietro, andando a sbattere contro la signora dal cardigan giallo, facendole rovesciare il sacchetto appena comprato, pieno di una strana melma viola scuro, che fece due capriole in aria, prima di cadere perfettamente sulla testa della ragazza.

Aaah!” urlò quella toccandosi disgustata i capelli “Che schifo, non ci posso credere!” si alzò in piedi, fumante di rabbia,e indicò minacciosamente Duncan. “Tu, sei stato tu che mi hai spinto!” urlò con tutto il fiato che aveva in gola.

Duncan non riuscì a trattenere una risatina: quella ragazzina credeva davvero di intimorirlo? Era proprio ridicola, soprattutto con tutta quella gelatina che cadeva dai suoi capelli a terra con dei sonori 'plof'.

Pff.. No, senti, è che...oddio guardati..cioè, scusa, scusa, davvero” Il ragazzo si ricompose subito, alla stilettata fredda e intrisa d'odio che la ragazza gli aveva appena lanciato. “Bene io” disse, sottolineando molto quest'ultima parola “Vado a fare i miei acquisti da un'altra parte. A mai più rivederci!” disse, con tutta la dignità che riusciva a tirar fuori -che, data la sua situazione era molto più elevata di quello che ci si potava aspettare- e uscì dal negozio col mento alto e la gelatina ancora gocciolante sulla fronte e sulle spalle.

 

 

* * *

 

...Inoltre vendeva un sacco di vestiti per quello sport, e tantissime scope volanti! Ti rendi conto? Erano magnifiche: tutte lucenti e perfette, non come in quei film stupidi sulle streghe... Dopodiché mamma ci ha costretto ad andare in libreria, non ti dico che noia... l'unica nota divertente è stata quando è entrato un ragazzino che ha comprato un libro cannibale e...”

Sembra magnifico, Ellis, adesso chiudi il becco.” la zittì Duncan, con un sopracciglio alzato. Sinceramente, gli dava un po' fastidio il fatto che la sorella fosse andata a gironzolare e a vedere scope volanti quando lui era stato in una puzzolente farmacia a comprare provette e calderone.

Anzi, a dir la verità non gli importava niente di quello che faceva la sorella, proprio per niente.

Allora tesoro, abbiamo comprato quasi tutto.” disse la madre, guardando prima la lettera e poi gli oggetti in mano al marito. “Ti manca un animaletto, quale vuoi?” Un gattino?”

Il ragazzo storse la bocca “Io non voglio nessun animale; non voglio stargli dietro!” Non so stargli dietro sarebbe meglio.

Sei sicuro tesoruccio? Niente di niente?”

Duncan stava per ribattere, dicendo che ormai era grande e non voleva essere chiamato tesoruccio, ma la sorella lo interruppe.

Mamma...” cominciò con voce tremante “non avete mica intenzione di comprare un gufo, vero?”

Che c'è, piccola Ellis, hai paura di un piccolo adorabile gufetto postino?” la stuzzicò Duncan. Lei incrociò le braccia, offesa “Non ho detto che ho paura!”

Duncan si lasciò scappare una risatina “Sai, mi ricordi una ragazzina che ho incontrato laggiù al negozio...” buttò lì.

Simpatica e carina?” chiese Ellis con gli occhi che le brillavano. “No. Una principessina piena di sé. “

Ellis si rabbuiò.

 

 

 

A/N

 

Cioè, ciao *saluta con la mano *

È una vita che non aggiorno, nevvero? Comunque adesso sono tornata! YAAAY!

Prima di tutto, dedico il capitolo a Y_ALE_Y , perché voleva tanto che aggiornasi! :3 Tutta tuo, caVo!

Comunque, ci tenevo a precisare che questa crossover sarà un po' diversa dalle altre che ci sono su Harry Potter. Ovvero, la mia storia sarà completamente parallela a quella di Harry, e li farò 'incontrare' solo quando la Row è così geniale da scrivere cose del tipo 'Andò a sbattere contro uno del primo anno.' Ecco, sostanzialmente questo. :3

Poi, per i cognomi di Duncan e per gli altri personaggi (che arriveranno tra breve) mi sono complessata davvero tanto, ma sono soddisfatta del risultato. Come per le bacchette, le scelgo con precisione, soprattutto grazie all'aiuto di Pottermore (*----*). La cosa deprimente è che dopo ore passate a decidere una bacchetta per Dunkie, scopro che quando Harry va da Olivander per la prima volta ne prova una così. >.< Okay, sto divagando... A presssssssssto!

P.s. Per chi vuole , “Just you wait” , è in fase di scrittura-ricopiatura, e tra un po' dovrei aggiornare anche quella :3

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Capitolo 5
*** Mr. Adams ***



 Mr. Adams

 

...Le notizie riguardo il nuovo evaso sono davvero scarse, possiamo solamente affermare con certezza che l'uomo, Sirius Black, è estremamente pericoloso, armato, e pronto a uccidere. Pertanto chiediamo di non...”

Duncan sbuffò sonoramente, appoggiando stanco la testa contro il finestrino dell'auto, ancora appannato per via della brina formatasi durante la notte.

Diede un'occhiata veloce all'orario indicato dalla radio della macchina del padre, che continuava a blaterare notizie su un maniaco evaso: 8.27

Grugnì sconfortato e si lasciò sprofondare nel sedile posteriore, socchiudendo appena gli occhi. Si era alzato decisamente presto per i suoi standard, considerando il fatto che erano in macchina da più di un'ora.

Un improvviso gracchiare lo fece destare di soprassalto, costringendolo a girarsi verso la fonte del rumore, alla sua sinistra.

Stai zitto, stupido uccellaccio!” esclamò arrabbiato, enfatizzando la cosa con un gesto della mano.

Duncan!” lo rimproverò subito la madre, girandosi verso di lui dal suo sedile del passeggero. “Non ti comportare così nei confronti del tuo nuovo animaletto! Anche loro hanno dei sentimenti, sai? Perché lo hai voluto comprare se non gli dimostri affetto?!”

Duncan stava per controbattere ma si fermò; molto probabilmente la madre non avrebbe accettato volentieri la risposta 'Perchè era il più grosso del negozio e quando Ellis l'ha visto è quasi scoppiata a piangere', così si limitò ad alzare gli occhi al cielo e si chinò senza aggiungere altro verso il grande baule marrone ai suoi piedi, tirando fuori un piccolo sacchettino viola, etichettato dalla scritta dorata “Biscottini gufici”.

Aprì il pacchetto, ne tirò fuori un piccolo biscotto quadrato e lo mise tra le sbarre della gabbia del gufo, appoggiata sul sedile accanto al suo.

Ecco, tieni piccolino” sussurrò con un tono di voce improvvisamente (ed inaspettatamente) dolce.

L'animale inclinò appena la testa di lato, sgranando i grandi occhi gialli, per poi afferrare con foga il cibo che gli veniva offerto, beccando anche le dita del ragazzo.

AHIA!” imprecò Duncan ritirando il dito sanguinate e succhiandoselo appena. “Vaff...”

DUNCAN!!” lo interruppe la madre appena in tempo, girandosi di nuovo e guardandolo storto. “Non ti permetto di usare queste parole in mia presenza! Poi, potresti offendere...” si fermò appena, di nuovo calma, e rimase pensierosa per un momento.

Ma, amorino caro, non hai ancora dato un nome al tuo nuovo dolce gufo?” chiese, sedendosi poi correttamente al suo posto.

Duncan finse un conato di vomito dietro lo schienale, rispondendo poi scontroso “No, e non credo che gliene darò mai uno. Non mi importa più di tanto.”

Respirò a fondo, e si appoggiò al finestrino, guardando fuori il paesaggio che scorreva velocemente sotto ai suoi occhi; ancora tutto era immerso nel verde, proprio come nella parte della Cornovaglia che aveva appena lasciato.

Prese un bel respiro e riformulò la domanda alla madre per l'ennesima volta:
“Mamma, siamo arrivati?”
La madre sospirò esasperata, scuotendo leggermente la testa. “Duncan, me l'hai chiesto almeno dieci minuta fa. Non siamo arrivati, manca più di un'ora.”

Il ragazzo sbuffò annoiato, mandando la testa all'indietro contro lo schienale, socchiudendo appena gli occhi acquamarina, sperando intensamente che quell'ora verso Londra passasse il più velocemente possibile.

 

* * *

 

Papà... sei sicuro che sia questo il posto?”

Certo, stai tranquillo, a momenti dovrebbe arrivare, tesorino” rispose la signora Evans al posto del marito, che aveva alzato gli occhi al cielo quando il figlio gli aveva posto per la quinta volta quella domanda.

Duncan sbuffò, avvicinando il pesante baule a sé e sedendocisi sopra. Una volta arrivati alla stazione di King's Cross a Londra, il terzetto -più il gufo- era rimasto all'entrata per una mezz'ora buona, aspettando un certo Brendon Adams, che, come aveva detto Willy Wiggenweld per telefono al signor Evans, avrebbe aiutato Duncan a raggiungere il treno per la scuola, apparentemente nascosto 'a causa dei babbani'.

Che dite? Chiamo mia madre per sentire come sta Ellis? O forse è ancora troppo presto...” intervenne Margaret, senza però ottenere nessuna risposta.

Paul guardò nuovamente l'orologio, battendo nervosamente il piede a terra.

Improvvisamente un uomo alle loro spalle di schiarì teatralmente la voce, chiedendo brusco “Siete la famiglia Evans? E tu, sei Duncan?”

Il ragazzo interpellato annuì appena, rispondendo allo sconosciuto con una faccia altrettanto dura.

Perfetto. Sono Brendon Adams, ti accompagnerò al binario; muoviti.” Fece per prendere Duncan per un polso ma la madre lo fermò, stritolando il figlio in un abbraccio.

Tesoro, mi mancherai tantissimo! Scrivimi spesso, adesso che hai il tuo gufetto. Ogni giorno okay? Oh, amore, il nostro Dunkino diventa grande!”

Mamma!” urlò in tono soffocato il povero Duncan, cercando di staccarsi dall'abbraccio della madre. “Per favore, lasciami, lasciami, non respiro!”

La madre lo lasciò andare, per poi stampargli un grande bacio sulla guancia e salutando lodevolmente Brendon Adams. Duncan sorrise appena e salutò con la mano il padre, per poi essere trascinato malamente verso il binario da Brendon.

Ehi, ehi, te. Non mi trascini così, chiaro?” disse il ragazzo, mettendo subito in chiaro la questione. Non gli piaceva essere trattato così.

L'uomo si girò e lo squadrò storto “Senti, bello, io oggi non dovevo essere qui ad accompagnare un semplice maghetto qualsiasi. Mi era stato affidato un compito molto più importante. E invece sono venuto qui per accompagnare te, quindi ho tutti i diritti per essere adirato.” Guardò l'ora e sobbalzò, accelerando il passo.

Muoviti ragazzino, o farai tardi.”

Mi muovo, mi muovo. Ma si può sapere dove dobbiamo andare?! Tutto questo casino per arrivare a scuola?!” esclamò esasperato il ragazzo, faticando nel portare sa solo baule e gabbia. Si erano fermati accanto all'arcata che divideva il binario numero nove dal binario numero dieci.

Zitto.”

Duncan aprì la bocca indignato, per replicare il fatto che nessuno poteva dargli ordini in quel modo, ma l'uomo riprese la parola per primo. “Senti, ti ho già detto di non parlare. Cavolo, se solo fossi stato più gentile con il capo, a quest'ora sarei io ad accompagnare Harry Potter a scuola. Brutti tempi, povero ragazzo, ha bisogno di una sorveglianza speciale...”

Cosa? Chi diavolo è...” cominciò Duncan curioso, ma Brendon lo spinse contro il muro, esclamando “Ecco, adesso!” e il ragazzo lo attraversò...

...Potter?” Duncan concluse la frase in un sussurro, guardando a bocca aperta lo spettacolo che aveva davanti. Un gigantesco treno a vapore di un color rosso fuoco svettava sotto il cartello “Binario 9 ¾: Espresso per Hogwarts”

Bene, eccoci arrivati. Questo treno ti porterà dritto a scuola, bla bla bla, dove passerai il resto dell'anno scolastico eccetera, eccetera, mi tocca ripetere sempre le solite cose... Ti conviene sbrigarti, la partenza è prevista tra dieci minuti” e con questo Brendon si allontanò, riattraversando senza scrupoli la barriera, apparentemente così solida.

Duncan scosse violentemente la testa, risvegliandosi e avviandosi a una delle numerose entrate, borbottando sconcertato qualcosa che somigliava molto a “Tutta questa cosa per la scuola?”

 

 

 

N/A

Olè, nuovo capitolo^^

Corto, lo so, ma mi sento abbastanza produttiva

in questo periodo, quindi cercherò di aggiornare il più

presto possibile. Sempre che la scuola me lo permetta...

Dal prossimo capitolo entreranno ufficialmente gli altri personaggi..

Bé, non proprio tutti... lo scoprirete! :3

 

È inutile dirvelo, ma un tempo il nome di Brendon era Piccione.

Già, si doveva chiamare Piccione Adams, ma, naturalmente,

sono passata ad un nome più...umano, ecco.

E con questa noticina, rendo felice una mia amica.

Comunque, Piccione Adams forevaH!

_Eileen

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Capitolo 6
*** Meeting your future ***


 Meeting your future

 

Duncan si lasciò sfuggire un'altra imprecazione quando il pesante baule gli cascò nuovamente sul piede.

Stupida...roba...inutile!” sbuffò riuscendo finalmente ad issarlo sul treno e, storcendo visibilmente il naso, gli tirò un possente calcio, lasciando che quello scivolasse per un po' nel corridoio. Purtroppo l'avventato calcio di punta aumentò il dolore al piede del ragazzo, che andò a recuperare il baule saltellando su un piede solo e mordendosi la lingua.

Si girò appena sulla destra e individuò uno scompartimento vuoto. 'Figo, ne ho uno tutto per me!' pensò entusiasta e fece per aprire lo sportello.... dove si scontrò con la mano di una ragazza che evidentemente stava per fare la stessa cosa.

Oh, ehm, vai pure prima tu” disse lei cortesemente, rivolgendogli un gran sorriso. Duncan scrollò le spalle e entrò per primo, lasciandosi cadere pesantemente sul sedile accanto al finestrino. La ragazza entrò subito dopo, appoggiò il baule lì vicino e si affacciò nuovamente in corridoio, spostandosi dal viso una ciocca di capelli biondi che le era uscita dalla coda.

Gwen! Vieni qui, ho trovato un posto!” rientrò nello scompartimento e sorrise di sbieco a Duncan. “Non ti dispiace, vero?”. Lui scosse leggermente la testa, mentre la suddetta Gwen entrava sbuffando nello scompartimento.

Finalmente Bridg, non ce l'avrei fatta a portarmi questo coso dietro ancora a lungo.” disse, accennando al baule che trasportava con fatica, Si sedette nel posto di fronte a Duncan e chiuse gli occhi, massaggiandosi le tempie. “Cavolo, ho già sonno” mormorò, mentre il treno cominciava a muoversi, sputacchiando fumo. I tre rimasero per un po' di tempo in silenzio, finché fuori dal finestrino non si videro solo i campi coltivati, al che 'Bridg' sbottò con un “Suvvia!” e porse la mano destra a Duncan, rivolgendogli un sorriso da orecchio a orecchio.
“Ciao, io sono Bridgette.”
Duncan alzò un sopracciglio, interdetto. Di solito non salutava le persone con una stretta di mano, perciò rispose alle bionda con un semplice ghigno e un piccolo cenno della testa. “Duncan.”

Bridgette annuì e tirò indietro la mano, accettando il fatto che il ragazzo non gliela avesse stretta. “E' un piacere Duncan; lei invece è Gwendolyne.”
La ragazza chiamata spalancò gli occhi e si rivolse acida all'amica. “Posso presentarmi anche da sola, sai? E quante volte ti devo dire di non chiamarmi Gwendolyne” fece una smorfia nel pronunciare questo nome “ma solo Gwen. Ciao Duncan” sorrise al ragazzo, guardandolo di sottecchi.
“Gwen” ripeté lui, allungandosi sul sedile all'indietro e mettendo le mani incrociate sopra la testa per trovare una posizione più comoda.

I tre ricaddero nuovamente in un silenzio fastidioso, anche se solo Bridgette sembrava nono sopportare l'atmosfera. A dir la verità, Duncan e Gwen se la stavano prendendo comoda e si stavano rilassando senza problemi.

Oh, ehm, Duncan? È il primo anno a Hogwarts anche per te, giusto?”. Il ragazzo staccò lo sguardo dal finestrino e si concentrò sulla ragazza. Bridgette aveva lunghi capelli biondi raccolti in una coda alta e indossava una larga felpa grigio scuro, che faceva risaltare i suoi occhi color verde chiaro.
Duncan annuì leggermente. “Già, quanto anni dobbiamo passare in questa scuola? Non sono molto informato...”

Sette. O sei, se vuoi, ma sarebbe meglio sette.” rispose Bridgette, rilassandosi un po' e lasciandosi cadere sul divanetto, ora che avevano trovato un argomento su cui conversare.

Se Duncan avesse avuto dell'acqua in bocca, sicuramente l'avrebbe sputata tutta per lo stupore. Dritto in faccia a Gwen.

S..sette?” balbettò spaurito “come posso resistere altri sette anni di scuola..?”

Non sembri molto entusiasta” si intromise improvvisamente Gwen, ridacchiando appena. Gwen era piuttosto diversa dall'amica; i lunghi capelli capelli neri lisci come spaghetti le cadevano dolcemente sulle spalle e spiccavano più del normale per via della sua pelle così innaturalmente bianca. La ragazza aveva un paio di jeans scuri e, nonostante la stagione inoltrata, una semplice maglietta a mezze maniche, nera anch'essa.

Anzi, sembri piuttosto stupito.. Non lo sapevi? Insomma, pensavo che tutti sapessero di Hogwarts..” continuò a domandare, rivolta più a se stessa che al ragazzo.

Gwen...” cominciò cauta Bridgette, ma poi si interruppe poiché Duncan aveva cominciato la sua spiegazione.

A dir la verità no, non so proprio niente di questo posto. Solo che è una scuola, bella forza, eh?” ridacchiò ironicamente “Dopotutto, io e mia sorella -fece una smorfia a questa parola- abbiamo scoperto nemmeno un mese fa di essere maghi perchè i miei genitori sono... sono.. come è che li chiamate?”
“Babbani?” domandò Gwen con una voce acuta particolarmente eccitata.

Ecco, proprio quelli!” Duncan annuì vigorosamente, facendo alla ragazza segno di pollici in su.

Gwen si morse un attimo il labbro inferiore, pensierosa, dopodiché il suo sguardo si illuminò e guardò Duncan con profonda ammirazione.

Wow! Non avevo mai parlato con un Mezzosangue prima d'ora!”
“GWEN!” esclamò Bridgette, coprendosi la bocca inorridita. “Non essere scortese con chi hai appena conosciuto!” La ragazza si concentrò sull'amica che l'aveva appena sgridata, dimenticandosi completamente di Duncan.

Si può sapere che cosa ho detto di sbagliato ora, Bridg?” domandò esasperata, mettendo le mani sui finachi.

L..l'hai chiamato Mezzosangue! Solo perchè questa tua parola viene usata in modo eccessivo in casa tua, non vuol dire che ne puoi fare un abuso anche fuori!”

Bridgette, piantala, sembri mia madre; come vedi mica si è offeso!” sbuffò Gwen secca, indicando con la mano destra il ragazzo nominato, ma senza staccare gli occhi dalla bionda.

Lo so Gwen, ma guardalo, probabilmente non sa nemmeno cosa significa, inoltre...”
“Ragazze... RAGAZZE!” urlò Duncan riuscendo finalmente ad ottenere l'attenzione delle due litiganti. “Potreste evitare di parlare di me come se non ci fossi?”

Le due si ricomposero in fretta, annuendo in segno di scusa.

Perdonala” pigolò Bridgette. “Viene da un'antica famiglia di Purosangue e le hanno evitato ogni contatto con... quelli come te, i cosiddetti Nati Babbani.*

Duncan scosse le testa, corrugando la fronte. “Babbani, Mezzosangue, ma come diavolo parlate voi due!?”

Gwen si batté una mano sulla fronte, mormorando un “Certo che con te bisogna cominciare proprio dalle basi...”

Non sei divertente, Gwendolyne”. A questo la ragazza smise di prendere in giro Duncan, abbassando lo sguardo e sbuffando, e Duncan avrebbe potuto giurare di averle sentito mormorare una scusa.

Allora. Un Purosangue è un mago che discende da una famiglia di soli maghi da moltissime generazioni. Tipo me e Gwen.” cominciò a spiegare Bridgette, rivolgendo un grande sorriso al ragazzo.

Il viaggiò proseguì sostanzialmente bene, e Duncan si ritrovò a parlare con facilità sia con Gwen che con Bridgette, nonostante fossero delle ragazze.

Certo, quest'ultima si era eccessivamente preoccupata quando Duncan le disse che aveva lasciato il suo gufo nel vagone animali senza nemmeno un po' di cibo, ma per il resto era una ragazza dolce e simpatica.

Duncan, dimmi, tu hai qualche animale?” gli aveva chiesto la bionda dopo un'oretta di viaggio, vogliosa di carpire informazioni sul ragazzo. Duncan aveva annuito svogliato e le aveva risposto con un frettoloso: “Sì, un gufo. O una civetta. Non so bene che cosa sia, e non è che me ne importi più di tanto a dir la verità.” A Bridgette si erano illuminati gli occhi e, dopo aver detto entusiasta di avere un meraviglioso gufo grigio, aveva cominciato a chiedere a Duncan consigli sull'alimentazione corretta per l'animale, cosa che lui non gradì affatto.

Per fortuna Gwen si era accorta della frustrazione del ragazzo, che non si curava di essere minimamente interessato all'argomento, e aveva tirato una gomitata amichevole nello stomaco della bionda, informandola che stava stressando assai sia lei che Duncan, dal momento che non gliene fregava niente a entrambi dei cibi per i volatili da compagnia.

Duncan fu molto più sollevato quando arrivò il carrello del pranzo. La vecchia signora si avvicinò fiacca al loro scompartimento, mormorando flebilmente “Qualcosa dal carrello cari?”

Solo in quel momento Duncan si rese conto di quanto avesse fame. Benché non fosse il tipo da avere molte amiche femmine, il tempo a chiacchierare con Bridgette e Gwen era passato velocemente e piacevolmente, estraniando il ragazzo da un qualunque gorgoglio allo stomaco.
Quello che offriva la vecchia strega come 'pranzo' non era proprio quello che si era aspettato Duncan, ma i tre furono contenti di ingozzarsi dei dolciumi più strani.

Gwen e Duncan scossero vigorosamente la testa quando Bridgette annunciò loro che andava nel vagone animali per dare da mangiare al suo gufo, Mr Eligaldo, cogliendo l'occasione per nutrire anche quello di Duncan, proponendogli di unirsi a lei.

Solo quando calò la notte, e fuori dal finestrino non si vedeva altro che il buio, il treno inchiodò improvvisamente.

Che è successo, siamo arrivati?” esclamò Bridgette, non riuscendo a trattenere l'entusiasmo.

Gwen schiacciò il naso sul finestrino appannato, lasciando aloni sul vetro col suo respiro. “Non saprei, non si vede niente qui..né una luce, né...nulla” In quel momento, la lampadina all'interno dello scompartimento tremolò appena, prima di spegnersi completamente. “Ecco, appunto”

Duncan cominciò a sentire il respiro pensante e a ogni boccata d'aria che prendeva lasciava nell'aria una nuvoletta di condensa...perché tutto questo freddo improvviso?!

Non.. non avete freddo pure voi?” balbettò Gwen, davanti a lui, riscaldandosi la spalla con una mano, mentre con l'altra cercava di aprire il suo baule per tirare fuori una felpa.

Sì, si congela...” confermò Bridgette flebilmente, ma sia Duncan che Gwen furono in grado di sentirla. Improvvisamente la porta di scatto, lasciando intravedere solo una figura non bene definita ferma sull'uscio dello scompartimento. Bridgette trattenne rumorosamente il respiro.

Oh. Oh, niente. A quanto pare la luce è andata via dappertutto.” disse una voce dolce, che ricordava terribilmente una bambina, al terzetto a mo' di scusa.

Con gli occhi che si stavano ormai abituando all'oscurità, Duncan riuscì a distinguere la sagoma di una ragazza dai lunghi capelli che le ricadevano morbidi sulla schiena ferma sulla porta dello scompartimento. “Avevi ragione tu Heather” aggiunse quella, voltata verso il corridoio.

Gwen, Duncan e Bridgette erano rimasti zitti tutto il tempo, ma prima che quest'ultima potesse aprire la bocca per chiedere alla sconosciuta se aveva bisogno di qualcosa, sentirono riecheggiare una voce che si avvicinava.

Ovvio che avevo ragione io. Se la luce fosse andata via solo nel nostro scompartimento non credi che avremmo potuto vedere le altre?”

Oh, oh già” convenne l'altra, sempre con la sua voce da bambina.

Improvvisamente il freddo si fece più intenso e l'aria più pesante. Duncan sentiva un grande dolore al petto e prendere nuove boccate d'aria diventava sempre più difficile. Gli girava la testa e sentiva a malapena l'urlo della ragazza che...

...Urlo della ragazza?!

Spalancò gli occhi, dimenticandosi quando li aveva chiusi e scosse la testa, cercando ci concentrarsi.

Dalle ombre più solide davanti a lui si rese conto che le due ragazze dovevano essere entrate e quella con la voce da bambina stava strillando a pieni polmoni.

Ehi, ehi, EHI! Cavolo ragazza, datti una calmata!” questa volta era stata Gwen a parlare, e Duncan non poteva che darle ragione. Che motivo c'era di urlare tanto?!

Si può sapere che ti è preso?” domandò Bridgette.

La ragazza non rispose, ma indicò tremante la porta dello scompartimento, dove una strana figura inquietante svolazzava a venti centimetri da terra. La testa di Duncan stava per scoppiare, e si sentì improvvisamente triste e depresso, come non lo era mai stato in vita sua. Sentì qualcuno singhiozzare.

Poi, finalmente la figura si allontanò lentamente, portandosi via con se il freddo pungente e la tristezza.

Duncan non aveva la minima idea di che cosa fosse quella... cosa, ma prima che potesse chiederlo a qualcuno, la ragazza dal grido facile gli capitombolò addosso, mozzandogli il fiato per l'ennesima volta.

Oh no! Lasciami stare! Diamine ragazza, che cosa vuoi da me?” farfugliò, respirando normalmente quando qualcuno gliela scrollò di dosso con decisamente poca grazia.

Ehi, stai più attenta, non puoi saltare in braccio a lui così!” Gwen.

Che c'è? Ti dà noia?” Amica della ragazza-bambina.

Ha ragione lei, non è piacevole se una persona ti salta addosso così, vero Duncan?” Bridgette.

Beh, dipende dai modi...” balbettò piano il ragazzo.

E comunque non dà fastidio a me.” puntualizzò Gwen, strascicando le parole, come se non si volesse far sentire.

Cosa non dà fastidio?” chiese la ragazza-dalla-voce-infantile.

Improvvisamente la luce dello scompartimento si riaccese, mostrando ai ragazzi le facce delle due intruse.

Una, che Duncan identificò come la 'voce acuta' aveva lunghi capelli biondi che le incorniciavano il viso sul quale era stampata un'espressione di incredulità, e indossava un vestito azzurro chiaro che si intonava ai suoi occhi da cerbiatta dello stesso colore.

L'altra invece, era alta e aveva lunghi capelli neri, ma molto meno lucenti di quelli di Gwen, raccolti in una semplice cosa bassa.

Niente Lins, lascia perdere” mormorò quest'ultima, sedendosi accanto a Duncan e facendo segno all'amica bionda di sedersi accanto a lei.

Gwen inarcò un sopracciglio e storse la bocca contrariata, ributtandosi pesantemente nel posto accanto a Bridgette.

E... voi siete?” chiese dopo un po', quando il treno aveva ricominciato a muoversi normalmente ma le due non davano l'impressione di volersi muovere dal loro scompartimento.

La mora alzò svogliatamente lo sguardo dalle sue unghie curate e guardò Gwen con aria di superiorità. “Heather Kay” disse prima di tirare una gomitata nel fianco dell'amica. “Lindsay, quella tizia laggiù vuole sapere il tuo nome”

La bionda rivolse un grande sorriso a Gwen, che stava guardando truce Heather, lanciando la mano in aria con entusiasmo “Oh, oh, io lo so! Sì, mi chiamo Lindsay!”

Col silenzio che cadde in quel momento, Duncan, che già ne aveva abbastanza di quella tensione, sentì l'avvicinarsi di una tipica lite femminile e sbuffò contrariato. “Io sono Duncan, lei è Gwen e lei è Bridgette. Fine della storia. Non avete uno scompartimento voi?” disse, indicando prima una ragazza e poi l'altra quando aveva fatto i loro nomi, per poi appoggiare la testa sul finestrino freddo.

Heather si alzò di scatto, prendendo per la mano la bionda e mandando una stilettata gelida in direzione di Gwen e Duncan. “Andiamocene Linds, evidentemente qui non siamo apprezzate” sottolineò con particolare enfasi l'ultima parola, prima di girarsi facendo sbattere i lunghi capelli neri, e uscendo a testa alta dallo scompartimento, seguita a ruota da Lindsay.

Appena fu uscita, Bridgette si sporse in avanti per controllare che fosse abbastanza lontana, prima di prendere la parola.

Quella ragazza non mi è piaciuta molto a prima vista...” mormorò, spostandosi una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio.

Né Duncan né Gwen, però le risposero, perchè avevano trattenuto rumorosamente il fiato eccitati quando si erano accorti che il treno si era fermato e fuori dalla finestrino si vedevano le luci di una città.

Siamo arrivati”

 

 

A/N.
Ogni tanto c'è anche la gente che aggiorna le crossover! :D Lo so, lo so, sono secoli che non mi faccio sentire, quindi spero che apprezzerete questo capitolo bello lungo (troppo? xD). Comunque, finalmente, (FINALMENTE!) sono ufficialmente entrate in scena Gwen, Bridgette, Heather e Lindsay... -Duncan beato insieme alle donne! :3-
Scherzi a parte, ho il terrore di essere andata OOC, quiiiiindi, se c'è qualcosa che non vi torna non esitate a farmelo notare!
Alla prossima, _Eileen.
♥ 

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Capitolo 7
*** Stupid creepy black monster called Dementor ***


Stupid creepy black monster called Dementor

 
Il treno si fermò con un assordante cigolio, che fu però coperto dal chiacchiericcio di tutti gli studenti che si affollavano verso le uscite, trascinandosi dietro baule e gabbie con animali. Risultato: tra grida entusiaste, tubare di gufi e rumori vari, Duncan sentì a malapena quello che Bridgette gli stava urlando a soli due metri di distanza. Riuscì però ad intuire cosa volesse dire quando la bionda lo prese per un polso e lo portò di peso in fondo al treno, nel vagone animali.
“Duncan, non posso credere che tu ti sia dimenticato di nuovo del tuo gufo, guardalo è così carino!” sbottò lei, mettendo un dito nella gabbia e grattando la testa dell'animale che stava dormicchiando pacificamente.
“Bridgette, piantala! Vorrei uscire da questa scatola di metallo prima che si rimetta in moto verso Londra!” Gwen aveva seguito i due, e ora era appoggiata allo stipite della porta, con le braccia incrociate. “E poi non hai sentito cosa ha detto l'altoparlante poco prima? Dobbiamo lasciare i bagagli qui, stai tranquilla, nessuno farà del male al tuo Mr. Eligaldo”
Duncan annuì con entusiasmo, contento che la ragazza fosse venuta a salvarlo da quella scomoda situazione. Lo scambio di opinioni sugli animali però durò poco, e i tre ragazzi furono costretti ad uscire in fretta e in furia dal treno, che stava già cominciando a sbuffare, pronto a partire verso la capitale.
All'esterno, la pioggia cadeva copiosamente e Duncan, Gwen e Bridgette non rimasero altro tempo fermi al binario a bagnarsi: si rifugiarono sotto una tettoia lì vicino, zuppi da capo a piedi, ma troppo concentrati a scrutare le figure tra le gocce di pioggia per curarsene. O meglio, le avrebbero scrutate se ce ne fossero state.
Nessuno. La stazione di Hogsmeade -così l'aveva chiamata Bridgette appena erano scesi- era completamente deserta.
Probabilmente, per via della pioggia, tutti si erano affrettati verso la scuola, lasciando soli ed infreddoliti tre poveri ragazzi del primo anno.
“E adesso dove dobbiamo andare?” esclamò la bionda con un filo di voce, lasciando trapelare la sua agitazione.
“E io che ne so! Non sono mai stata qui prima d'ora.” le rispose Gwen da un angolo della bocca, fissando ad occhi sgranati la strada deserta davanti a sé. “Duncan, vai a chiedere informazioni!”
Il ragazzo scosse deciso la testa “Anche se ci fossimo persi non chiederei mai aiuto a  nessuno! E poi non vedo a chi potremmo chiedere delle informazioni. Propongo di andare da quella parte!” esclamò con uno strano ghigno dipinto sul volto, indicando una strada battuta del recente passaggio di una carrozza.
Gwen assottigliò gli occhi, indecisa sul da farsi; sotto la luce pallida del lampione la sua pelle cadaverica risaltava molto di più, tanto da sembrare innaturale. Dopodiché scrollò le spalle divertita e annuì con decisione “Al momento non vedo altre vie d'uscita, quindi... okay!”
Duncan lanciò un pungo in aria, elettrizzato all'idea di trasgredire una di quelle che probabilmente era una regola della scuola.
 

* * *

 
Dopo un po', quando la pioggia era diminuita, Gwen e Duncan, ormai esasperati, riuscirono a convincere un'ostinata Bridgette ad andare a scuola da soli, cosa che per tutto il tempo si era rifiutata di fare per via del sentiero buio.
“Andiamo, un po' di spirito avventuriero!” esclamò il ragazzo entusiasta, mentre camminava all'indietro sulla strada fangosa, per guardare in faccia le due ragazze che lo seguivano lentamente.
“Ho sempre desiderato fare un giro per un bosco, ma mamma me lo ha sempre proibito. Sono sicuro che i boschi magici sono pieni zeppi di strane creature pronte a saltarti addosso e succhiarti via ogni singola goccia di vita, finché non diventi floscio e vuoto come un...”
“Duncan!” esclamò Gwen, interrompendo la fantasia del ragazzo. “Non sei d'aiuto” concluse, rassicurando l'amica che si era fermata di botto, con gli occhi spalancati. Duncan sbuffò scocciato, girandosi e seguendo la strada tracciata dai solchi delle carrozze.
Continuarono a camminare per un po' lungo la strada bagnata, guidati dagli occasionali lampioni e dalla luce della luna che faceva capolino tra le nuvole scure, quando Gwen si fermò improvvisamente.
“Cosa c'è? Perché ti sei fermata? Ormai siamo arrivati!” esclamò Bridgette indicando il cancello principale del castello ormai visibile ad un centinaio di metri da loro. Gwen scrollò le spalle e riprese a camminare “Nulla. Mi sembrava di aver visto qualcosa laggiù, probabilmente però mi sono sbagl-”
“No” la interruppe Duncan, con uno strano tono di voce che non era da lui. “Avevi ragione; lo vedo pure io”
Assottigliarono tutti e tre gli occhi, riuscendo a scorgere delle sagome scure che si fondevano col buio della notte. Svolazzavano a circa venti centimetri dal suolo, lasciando che il vento smuovesse i loro lunghi mantelli neri. Eppure, notò Duncan, quelle figure sembravano stranamente incorporee … che fossero fatte di buio solido?
Poi, improvvisamente, un terribile urlo lo risvegliò per la seconda volta dai suoi pensieri, solo che questa volta proveniva da Bridgette.
La bionda stava indicando con un dito tremante una delle figure particolarmente illuminata dalla luce della luna, dal cui mantello fuorusciva una mano putrefatta e scheletrica …
Duncan spalancò la bocca, a metà tra lo stupore e il terrore quando riconobbe quelle orribili creature. Che cosa ci facevano al cancello della scuola? Fece qualche passo indietro, ma ora che li aveva notati non poteva ignorare il freddo pungente che gli arrivava fino alle ossa, né le strane immagini che gli stavano inondando il cervello. Il giorno il cui il suo cane Peter era scappato di casa, quello in cui si era rotto una gamba ed era dovuto rimanere fermo per settimane …
Scosse la testa e si risvegliò da quei brutti ricordi solo quando Bridgette gli si attaccò ad un braccio sussurrando: “Ho freddo!”
Duncan se la scrollò di dosso con un gesto assai poco carino e urlò a lei e a Gwen, che era rimasta immobile tutto il tempo con lo sguardo ghiacciato: “Ehi, ehi! Dobbiamo escogitare un piano e non farci sopraffare da questi strani … esseri neri”
Trovarono tutti e tre la forza di muoversi e si allontanarono il minimo indispensabile dal loro raggio d’azione, rifugiandosi nel sottobosco, nonostante le numerose lamentele di Bridgette.
“Okay” disse Duncan deciso un attimo dopo “Non so cosa siano quelle creature e che cosa ci facciano qui, ma non mi piacciono per niente”
“Siamo venuti fin quaggiù per escogitare un piano” esclamò Gwen, ignorando Bridgette che le stava attaccata al braccio come una sanguisuga. “Ne hai per caso uno?”
L’entusiasmo di Duncan scese di botto. “Ancora no, però … Ecco! Ci sono! Io non mi fido per niente di quelle cose e dubito siano delle guardie della scuola: sarebbero troppo inquietanti.” Il ragazzo strinse la mano a pugno, colto da una nuova energia.
“Signore, adesso vi mostro di cosa è capace un semplice ragazzo della Cornovaglia.” disse con un ghigno, prima di sfilarsi la cravatta dell’uniforme scolastica dal collo e mettendosela sulla fronte, a mo’ di fascia.
“Ecco il piano” mormorò, una volta condotto Gwen e Bridgette dietro un albero in vicinanza dei Mostri Bui, come lui li aveva soprannominati. Il freddo si impossessò subito di lui, ma Duncan fece di tutto per scacciare i cattivi ricordi e concentrarsi invece sul discorso che stava per fare.
“Dunque, noi cominciamo a tirare delle cose contro di loro; sassi, rametti, quello che trovate va bene. I Mostri Bui saranno sicuramente intimiditi dalla nostra potenza e se ne andranno a gambe levate, e noi a quel punto corriamo verso il cancello e entriamo. Li ho visti svolazzare prima, non mi sono sembrati moto veloci, quindi li batteremo di sicuro … Che ne dite?”
“Si può fare, basta che ti togli la cravatta dalla testa, sei ridicolo” scherzò Gwen, mostrando un ghigno perfetto che lasciò Duncan parecchio compiaciuto.
La ragazza dai capelli neri fu la prima a prendere una pietra da terra e a scagliarla contro gli esseri-dai-mantelli-svolazzanti, ma purtroppo il sasso non arrivò a destinazione, fermandosi solo a qualche metro da lei.
“Adesso tocca a me!” urlò Duncan entusiasta, dando l’impressione di divertirsi sempre di più, prendendo un sasso da terra e lanciandolo con forza verso uno dei mostri fermo davanti all’ingressi principale.
La pietra non lo colpì per un pelo, ma il Mostro Buio si accorse comunque della presenza del terzetto nascosto dietro l’albero.
Probabilmente per via della tensione che si era formata mentre il sasso era ancora in aria, il mostro era riuscito a captare la paura e la successiva delusione dei tre.
“Duncan? Si stanno avvicinando a noi!” disse Bridgette dopo tanto di tempo di silenzio, con la voce strozzata.
“Questo … questo non era previsto” balbettò spiazzato il moro, sentendosi le gambe molli “Si passa direttamente alla fase due … correte!
Con uno scatto da corridore tutti e tre corsero verso il cancello principale; Duncan vedeva solo le sbarre di ferro che si avvicinavano sempre di più, ignorando il resto del mondo che lo circondava. Gwen arrivò un paio di secondi prima di lui e cercò di aprire l’enorme cancello, ma con scarso successo: non c’erano maniglie da forzare e quello sicuramente non era il tipo di cancello che poteva essere scavalcato.
“E adesso?” mormorò la bionda, osservando le due figure nere che avevano fatto dietrofront e volavano decisi verso di loro. Gli altri due scossero la testa, indietreggiando il più possibile, finché non andarono a sbattere la schiena contro il cancello inespugnabile. La paura si impossessò completamente dei tre ragazzi, privandoli di ogni ricordo felice, di ogni calore corporeo, di ogni capacità di movimento.
“Oh, finalmente vi siete presi la briga di venire, voi tre. Il Preside era piuttosto preoccupato” disse una voce gracchiante alle loro spalle. Duncan non fece in tempo a girarsi che il cancello si spalancò dietro di lui, facendolo capitombolare a terra con un tonfo sordo.
“Forza, entrate” mormorò l’uomo, alzando la lanterna che aveva in mano all’altezza del viso. Era piuttosto basso, brutto, dal viso sfigurato e con un ghigno malevolo sul volto che lo rendeva ancora più inquietante.
“Sembra vada di moda non prendere i mezzi appostiti per arrivare a scuola, eh? Anche l’anno scorso due mocciosi hanno fatto come voi … Speriamo non diventi un’abitudine”
Duncan sobbalzò quando sentì qualcosa che gli si strusciava sulle caviglie e fece un salto all’indietro. Sospirò sollevato, quando si rese conto che si trattava solo di un, seppur terribilmente magro e inquietante, gatto.
“Io sono il custode di questa scuola, seguitemi dentro. Oh, non credo che vi appenderanno nei sotterranei per i pollici, ma posso sempre sperare che vi riserbino una punizione adeguata” gongolò l’uomo, avviandosi verso il castello. Duncan lanciò un’occhiata di sfuggita a Gwen e Bridgette che avevano la sua stessa espressione stampata sul volto: interdetta e impaurita allo stesso tempo.
Mentre si avviava verso il castello, Duncan arrivò alla conclusione che come primo giorno di scuola non fosse stato dei migliori.
 

 
 
 
 
 
 
 
A/N Buonsalve. Perdonate il terribile ritardo di … parecchi mesi, ma non avevo mai tempo per mettermi a scrivere ^-^ Spero di pubblicare il prossimo capitolo presto, ora che non c’è la scuola e l’Ispirazione si fa finalmente sentire.
Grazie mille a tutti quelli che ancora leggono questa crossover, vi amo tanto *O*
_Eileen. 

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