Il mio diciottesimo compleanno

di _A_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un pomeriggio con zia Alice ***
Capitolo 2: *** Preparativi ***
Capitolo 3: *** Isola di Esmee ***
Capitolo 4: *** Una gita in canoa ***
Capitolo 5: *** Tramonto ***
Capitolo 6: *** Pensieri pericolosi ***
Capitolo 7: *** Triste finale ***
Capitolo 8: *** Sfogo ***
Capitolo 9: *** L' unica cosa che mi rimane di te ***
Capitolo 10: *** Volterra ***



Capitolo 1
*** Un pomeriggio con zia Alice ***


Mancava esattamente una settimana al mio diciottesimo compleanno. Non vedevo l’ora, sarei finalmente diventata maggiorenne e avrei potuto fare tutto, o quasi, quello che mi passava per la testa. Mia zia Alice era preoccupatissima per cosa mi sarei messa alla festa, a me non importava più di tanto ma per farla felice andammo a fare shopping a Port Angeles. Dopo aver visto tutti i negozi della città, decisi di comprare un abitino, era stupendo proprio come piaceva a me, ed un paio di scarpe nere, quelle che sognavo da una vita e nessuno mai mi aveva regalato dicendo sempre che ero troppo piccola per quelle scarpe. Tornate a casa, la prima persona che incontrai era mia madre Bella, che come al solito mi fissava con il suo sguardo arrabbiato. < Scusa Bella… è colpa mia lo sai ke ho un impulso sfrenato per lo shopping. Quando inizio non mi fermo più!! > < Va bene, per questa volta non fa niente. Mi fate vedere cosa avete comprato? > < Certo mamma! > Era piuttosto strano che la mamma volesse vedere cosa avevo comprato, a lei non piaceva quello che compravo insieme alla zia, anche perché lei odiava lo shopping e diceva che era inutile comprare tanti vestiti e scarpe visto ke molti non li mettevo. < Molto carino il vestito e anche le scarpe. Lo sapete mentre voi eravate e fare shopping, io sono andata al negozio di vestiti qui vicino e anche io ho comprato qualcosa per me…… spero solo che vi piaccia!! > Zia Alice guardava mamma in modo a dir poco stupito e preoccupato. Probabilmente già sapeva di cosa si trattava. < Ecco ! vi piace?...> Era un tubino nero, molto sobrio che rispecchiava lo stile di mia madre. < Si mamma nn è male. > Mi fece un sorrisone e si rivolse a mia zia. < No Bella, nn va bene ! E' troppo semplice, non puoi vestirti cos' per i 18 anni di tua figlia! > Eravamo alle solite...... < Alice ma perchè no? Sobrio, elegante è perfetto > < Come vuoi..... le scarpe? > < Pensavo a delle ballerine ... > < Si certo sobrie ed eleganti...... d' accordo, però te le compro io, non voglio ke combini altri disastri! > Scoppiai a ridere, era impossibile non farlo quando mia zia e mia madre litigavano. Qualcuno bussò alla porta : < Si può? > Era mio padre < Si, certo > < Allora, avete deciso cosa indossare per il grande giorno ? > disse in tono ironico dandomi un bacio sulla guancia. < Si più o meno > rispose mia madre. < Bene ... è già qualcosa. Nessie perchè non vai a dormire? Sei stanchissima > Non me lo feci ripetere due volte, stavo crollando, dopo un pomeriggio intero passato a fare shopping con zia Alice..... < Si in effetti è meglio che vada. Notte a tutti !! >

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Capitolo 2
*** Preparativi ***


I giorni erano passati in un lampo e il dieci settembre era arrivato senza che me ne rendessi conto. Mi svegliai con calma, avevo un fastidioso mal di testa, dovuto molto probabilmente, alla festa della sera precedente che aveva organizzato Jacob insieme ai miei amici licantropi, che purtroppo non sarebbero venuti alla festa vera e propria. Sentì che qualcuno correva verso la mia stanza. “ Buongiorno festeggiata ! “. Zia Alice… “ Buongiorno zia, ma perché sei già qui ? “ “ Oh sciocchina, ti sono venuta a prendere in modo da portarti a casa dei nonni per preparati.” Di già? Ma che ore erano? Guardai l’ orologio e vidi che segnava le 12.00. avevo dormito così tanto ? Direi di no visto che ero rientrata alle 3.00. “ Ti sbrighi Nessie? “. Mi afferrò per un braccio e quasi mi buttò dal letto. “ Zia !” “ D’ accordo, puoi venire così poi ti lavi e ti vesti quando arriviamo.” Non ebbi il tempo né di rispondere né di salutare i miei genitori, perché nel giro di due secondi mi ritrovai davanti all’ ingresso della casa dei nonni. “ Eccoci qui ! “. Annunciò entusiasta Alice. “ Ciao Renesmee! “ mi salutò la nonna dandomi un bacio sulla fronte. Salutai tutti con un cenno della mano. “ Nessie, secondo me non ci sarebbe bisogno che ti prepari, sei perfetta così come sei “ disse ironico Emmet. Ma come ero conciata? Lanciai un’ occhiata veloce allo specchio, bhe in effetti aveva ragione ero in condizioni pietose. “ Hey zio, cosa pretendi? Mi sono venuti a prendere direttamente dal letto !” La risata argentina di Alice fu sovrastata da quella più sonora di Emmet. “ Vedrete che tra poco sarà stupenda. Andiamo? “ Dopo circa tre ore l’ acconciatura era pronta. Facemmo uno spacco in modo che potessi mangiare qualcosa e riprendemmo i preparativi mentre zio Jazz, zio Emmet, papà e nonna addobbavano la casa secondo le minuziose indicazioni di zia Alice. Finalmente era tutto pronto. Io ero bellissima, la mia zietta aveva fatto proprio un bel lavoro. Avevo i capelli raccolti con alcuni riccioli che mi scendevano sul viso, Il trucco metteva in risalto gli occhi e il vestito insieme alle scarpe completavano tutto. Anche zia Alice, Rosalie, nonna e mamma erano meravigliose. Scendemmo al piano di sotto e ad attendermi trovai, in camicia bianca, giacca e pantaloni blu, Jacob. Wow non l’ avevo mai visto così elegante, era ancora più bello del solito. “ Ciao “ lo salutai. “ Buonasera signorina Renesmee” rispose prendendomi la mano per baciarla e aiutandomi a scendere l’ ultimo gradino della scala. Attraverso il mio potere gli feci notare quanto era bello vestito in quel modo e lui scoppiò a ridere. Suonò il campanello, erano arrivati i miei amici, la festa poteva avere inizio.

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Capitolo 3
*** Isola di Esmee ***


Era stata, di certo , la festa più lunga della storia. Zia Alice aveva decisamente esagerato, soprattutto nel finale, con la torta a due piani e i fuochi d’ artificio. Dovevo ammettere, però, che era stata strepitosa, molto più bella di quanto mi sarei aspettata. Ero stanchissima. Mentre tutti gli altri erano alle prese con i bagagli e la casa da pulire e riordinare, io mi gettai sul divano e in un attimo mi addormentai. I miei nonni mi avevano regalato un viaggio sull’ Isola di Esmee, il posto più bello che avessi mai visto, anche se non lo ricordavo molto bene . Ovviamente l’ avevo saputo soltanto un ‘ ora prima dell’ inizio della festa, cioè quattro ore prima della partenza. “ Nessie, svegliati! “. Ma che voleva mia madre?! Mi stropicciai gli occhi e mi accorsi che ero nella Volvo di papà. “ Che c’è mamma?” Dissi un po’ stizzita. “ Nessie siamo arrivati all’ aeroporto, dovresti scendere dall’ auto.”. Scesi con calma . Chissà chi mi aveva messo lì dentro mentre dormivo… Il viaggio durò un eternità. “ Uffa ! Siamo arrivati ?” dissi spazientita. “ Si Nessie, ci siamo quasi.” Disse mio padre mentre guidava il motoscafo. “ Eccoci qua !” disse dopo poco. Attraccammo e scendemmo. Davanti ai miei occhi si presentò un paesaggio straordinario: mare cristallino, sabbia bianchissima e centinaia di alberi sparsi un po’ dappertutto. “ Wow ! E’ più bella di quanto ricordassi “ “ Bhe, io non ci sono mai stato, ma a dire la verità ora che ci sono, stento a credere che possa esistere un posto così spettacolare ! “ disse Jacob incredulo. “ Devo darti ragione” aggiunse mio padre. Sistemai le valige e andai a cercare Jacob, che esattamente come pensavo, era comodamente seduto sul divano a guardare un DVD. “ Cosa guardi ?”gli chiesi. “ Un film horror. Hahaha… no scherzo, sto guardando Spiderman.” Mi sedetti accanto a lui e appoggia la testa sulla sua spalla. “ L’ avrai visto una decina di volte….” “ Si lo so, ma mi piace…”. Nel giro di due minuti dormivamo entrambi. Un tonfo ci fece svegliare. Era mio padre che aveva fatto cadere uno scatolone. “ Ops, scusate…”. I soliti attacchi di gelosia di papà, gli da fastidio che io e Jacob siamo troppo vicini. “ Avete fame ragazzi ?” disse nonna Esmee portandoci un vassoio di tramezzini. “ Si nonna, non sai quanta ! Grazie “. A me non piaceva molto il cibo umano, ma per i tramezzini facevo qualche eccezione. “ Allora, cosa vogliamo fare ?” disse entusiasta zio Emmet. Lo guardai male. “Io proporrei di dormire per almeno una decina di ore e poi se ne parla”. Sbuffò. “ Ma come sei noiosa ! Va bene non importa…” disse facendo finta di esserci rimasto male nella speranza che avrei ceduto, ma questa volta non ci riuscì. Sentivo che sarei potuta morire se avessi accettato a fare qualcosa. “ Scusate, ma io me ne vado a dormire, non posso resistere…”.

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Capitolo 4
*** Una gita in canoa ***


Sentì appena le labbra morbide di Jacob poggiarsi delicatamente sulle mie. Mi svegliai. “ Buongiorno principessa”, mi sussurrò all’ orecchio. “ Bongiorno lupacchiotto “, dissi stiracchiandomi. “ Come hai dormito ?” “ Devo dire una meraviglia. Che ore sono ? “ “ Sono le nove e venti, dunque considerando che ti sei addormentata alle 18.00, hai dormito all’ ‘ incirca quindici ore. Direi che è abbastanza…” “ Avevo un bel po’ di sonno arretrato “, mi giustificai. Mi sembrava un po’ strano che Jack fosse qui con me indisturbato. “ Jacob, ma dove sono gli altri ? “ “ sono andati in canoa “ “ e non ti hanno portato ? “ “ No perché facevo finta di dormire, in realtà volevo restare con te.”, disse con tono leggermente malizioso. “ Hahaha, sei un mostro ! “. Ridemmo entrambi. “ Va bè dai , raggiungiamoli. “ “ Uffa Nessie ! Io faccio tutto questo per te e tu rovini tutto ! “ “ Jack ! Ci perderemo una fantastica gita in canoa ! “ , protestai ironicamente. “ Certo, che dramma ! “ “ Si esatto, ora se esci mi cambio “ “ No ! “ “ Jacob, come no ? !“ “ Perché dovrei uscire, tanto siamo solo noi due..” Si infatti. Avevo la netta impressione che Jacob oggi volesse morire, ucciso magari da mio padre. “ Jacob… “ mi lamentai. “ E dai Nessie ! Non fare tante storie, cambiati che altrimenti facciamo tardi “ Mi arresi, era inutile insistere, tanto l’ avrebbe spuntata sempre lui. Cercai tra i cassetti qualcosa da mettermi e con l’ aiuto di Jacob scelsi un bikini blu con pareo abbinato e degli infradito dello stesso colore. Legai i capelli e presi la borsa mare. “ Che ne dici ? “, dissi sfilando davanti a Jacob. “ Sei perfetta .”, disse dandomi un bacio sulle labbra. Uscimmo di casa e subito vidi zia Alice che agitava le braccia per chiamarci. Ci incamminammo verso di lei. “ Ciao a tutti ! “, dissi sorridente. “ Ciao piccola Lockness! “. Le solite battute infelici di mio zio Emmett, che si beccò anche una gomitata da Rosalie. “Ciao Fitness “, risposi senza scompormi. Scoppiarono tutti a ridere, non si aspettavano una risposta così da parte mia. “ Grande Nessie ! “, disse zio Jazz dandomi il cinque. “ Allora ? “ “ Cosa ? “ , rispose mio padre. Guardai per un attimo Jacob che faceva finta di niente. Non ci capivo più niente. Che fine avevano fatto le canoe ? Erano affondate ? Mio padre iniziò a ridere come un matto. “ Papà ! “. Cavolo mi ero dimenticata che nella mia famiglia non c’ era privacy, aveva letto nella mia mente. “ Hahaha Nessie, credimi non so di cosa stia parlando “. Ma mi prendevano in giro ? “ Jacob, mi hai detto una cazzata vero ? “ “ Bhe non proprio…” “ Spiegati meglio “, dissi inferocita. “ In realtà io mi sono svegliato quando sono usciti sbattendo la porta e ho immaginato che fossero andati a fare una gita in canoa…” “ Ma tu sei un cretino ! “ Iniziarono a ridere tutti a crepapelle, anche Jacob. Non ce la feci puù e mi aggiunsi anche io. “ Guarda che però come idea non è male e ora che ci penso ne dovremmo avere un paio nel ripostiglio. “, commentò mio padre. Un sorriso riaffiorò sulle mie labbra. “ Davvero ? Dai prendiamole ! “ “ Ok, ok ! “.

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Capitolo 5
*** Tramonto ***


Il giro in canoa fu bellissimo e avemmo perfino la fortuna di incontrare dei delfini magnifici, così decisi di andarci anche nei giorni successivi. Il tempo sull’ Isola di Esme trascorreva impietosamente ed in un batter d’ occhio arrivò l’ ultimo giorno. “ Papà ma non possiamo restare un altro po’? “, lo supplicai. “ No Renesmee, purtroppo no, ma ti prometto che torneremo appena finirai la scuola.” “ Ma è un’ eternità ! “, protestai. “ Ma no ! Vedrai che non te ne renderai neanche conto .” . Mi lasciai cadere sul divano. Ero triste, volevo rimanere ancora un po’ in questo paradiso naturale. “ Dai Nessie ! Non fare così…”, cercò di scuotermi Jacob. Rimasi impassibile. “ Andiamo a vedere il tramonto ? “, mi propose. Ad un tratto mi sentì felice e piena di energia. “ Si andiamo ! “, dissi entusiasta. Vidi zio Jasper che mi guardava sorridente, era lui la causa della mia felicità. “ Eh no zio, non vale !” “ Io non ho fatto assolutamente nulla !” , disse alzando le mani. “ Si, certo…”. Alla fine cosa importava ? Stavo bene e volevo godermi appieno queste ultime ore sull’ isola. Ci sedemmo sulla sabbia e Jacob intreccio le dita della sua mano con le mie. Mi avvicinai a lui in modo da poter appoggiare la mia testa sul suo petto. Era bello restare da soli io e lui, anche perché accadeva raramente. “ E’ bellissimo”, dissi commentando quello straordinario fenomeno naturale. “ Si, è fantastico”. Mi baciò la fronte. Mi strinsi più forte a lui sfiorandogli il collo con le labbra. Rabbrividì appena. Mi stesi sulla sabbia e lui si distese accanto a me su di un fianco. Mi spostò una ciocca di capelli dal viso. “ Sei bellissima”, disse mentre premeva le labbra sulla mia mascella. “ Te ne sei accorto, eh !”, risposi scherzando stringendogli le braccia al collo. Sorrise. Con la mano seguì la piega del mio gomito, muovendosi lentamente lungo il braccio, fra le costole e la vita, seguendo i miei fianchi e giù sulle gambe, attorno al ginocchio. Si fermò lì e mi strinse piano il polpaccio. All’ improvviso mi sollevò la gamba e la posò sul suo fianco. Mi si fermò il respiro. Di solito non si concedeva gesti come quello. Sentì invadermi da un calore improvviso. Le sue labbra si muovevano sull’ incavo alla base del collo. “ Non per scatenare la tua ira, ma ti dispiacerebbe spiegarmi per quale motivo sei triste?”. Prima che potessi rispondere, prima che potessi anche solo concentrarmi per dare senso alle sue parole, si girò sul fianco e mi tirò sopra di sé. Mi prese il volto fra le mani inclinandolo verso l’ alto per potermi sfiorare il collo con le labbra. Quasi ansimavo e forse era imbarazzante, ma in quel momento non me ne importava niente. “ Perché sei triste?”, disse di nuovo. “ Secondo me non dovresti.” “ E’ troppo bello qui, non voglio tornare a casa.”, riuscì a dire. Avvicinò ancora il viso e le mie labbra si modellarono di nuovo sulle sue. Lentamente, si girò fino a poggiarsi su di me. Si teneva con attenzione per non pesarmi addosso, ma sentivo il suo corpo perfetto premere contro il mio. Il mio cuore martellava così forte che era difficile persino udire la sua risata tranquilla. “ Non sono d’ accordo.”, obbiettò. La sua lingua segnò leggera i contorni delle mie labbra. Mi girava la testa, con il respiro troppo corto e veloce. Mi sfilò la maglietta e i pantaloncini, feci lo stesso sbottonando velocemente i bottoni della sua camicia. Era il momento perfetto, sentivo di appartenergli, sentivo che era mio, sentivo di amarlo davvero.

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Capitolo 6
*** Pensieri pericolosi ***


Il sole, ormai, splendeva alto nel cielo e i suoi raggi caldi e luminosi avvolgevano la mia pelle. Aprì gli occhi. Mi resi conto che mi trovavo ancora sulla sabbia. Guardai Jacob che dormiva ancora, gli feci una carezza. Era più bello del solito. Mi persi a guardarlo, poi gli diedi un bacio leggero per svegliarlo. “ Jacob” , sussurrai dolcemente a voce bassa. “ Amore…!”, mi rispose. Non mi aveva mai chiamata così, provai un mix di emozioni fortissime. “ Jack, svegliati” “ Ma io sono sveglio”, disse con gli occhi socchiusi. Sorrisi, sembrava quasi un peluche. “ Jacob, credo proprio che dovremmo andarcene da qui…” “ Perché?”, mi chiese. “ Perché c’è tutta la mia famiglia che ci cerca…”, dissi con una punta di ironia. “ Se non sbaglio erano andati a caccia” “Ecco appunto, erano, quindi a momenti dovrebbero ritornare, se non sono già qui.”, dissi leggermente preoccupata. “ D’ accordo, andiamo…”, acconsentì. Tornammo a casa di corsa. Non c’ era ancora nessuno. “ Per un pelo…”, sospirai sollevata. Neanche il tempo di dirlo che sentì una voce squillante molto familiare. Sussultai. “ Zia !”, dissi spaventata, “ Mi hai fatto prendere un colpo!”. “ Oh, scusami piccina, non volevo”, disse accarezzandomi una spalla. “Non importa”, dissi distratta. Io e Jacob ci scambiammo uno sguardo d’ intesa, che stava a significare -Attenzione a mio padre -. Mi sforzai di non pensare a niente. Non potevo commettere un passo falso, altrimenti non osavo immaginare cosa sarebbe potuto succedere. Mi sfilai dalla presa di mia zia e mi dileguai su per le scale. Arrivata all’ ultimo gradino sentì gridare “ Renesmee!”. Oddio, era mio padre! Panico totale. “Che c’è ?”, risposi con un filo di voce. “Vieni un attimo”. Rimasi immobilizzata. Inizia a pensare ad una canzone qualunque e scesi a passo di lumaca. Mi guardavano tutti in silenzio. Guardai velocemente Jacob e mi tranquillizzai vedendo che era ancora vivo. Posai lo sguardo su mio padre. Sudavo freddo. “ Allora, uno si saluta”, disse tenendo il conto sulla punta della dita, “ Due ti avevo detto di svegliarti presto, tre sbrigati che perdiamo l’ aereo.”. Tirai un lungo respiro di sollievo. “ Si, si. Faccio subito”. L’ avevo scampata grossa. Infilai tutti i vestiti in valigia senza nemmeno piegarli, mi diedi una rinfrescata e scesi giù. “ Ecco qui !” “ Bene, andiamo”. Durante il viaggio parlai solo con zia Alice e ascoltai le canzoni del mio mp3. Avevo paura di dormire, perché avrei potuto sognare qualunque cosa. Finalmente ritornammo a casa. Ero distrutta, sembravo uno zombie. Salutai Jacob, che doveva andare dai Quileute e me ne andai a letto, dove mi addormentai il un attimo. Il mattino seguente mi sembrava tutto normale: mia mamma mi preparava la colazione in cucina e papà leggeva il giornale. Per sicurezza li salutai entrambi con un bacio al quale risposero con un sorriso. Mangiai tutto anche se non mi piaceva, non era il caso di far arrabbiare mamma, e andai a casa dei nonni, avevo convinto i miei genitori a farmi saltare un giorno di scuola per riposarmi. Quando fui sicura che mio padre era abbastanza lontano iniziai a pensare a quello che era successo con Jacob.

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Capitolo 7
*** Triste finale ***


La mattina passò velocemente. Nel pomeriggio andai a trovare una mia amica, Giselle, alla quale raccontai quello che mi era successo. “ Oddio Nessie ! Non ci credo!”. “ Guarda nemmeno io…” Squillò il cellulare: era mio padre. “ Pronto?” “ Renesmee scendi sono qui sotto.” Mi affacciai alla finestra della camera e lo vidi che parcheggiava proprio davanti al cancello. “ D’ accordo arrivo.”, risposi sbuffando. “ Giselle è mio padre, devo andare”, dissi dispiaciuta. Il tempo passava sempre troppo in fretta quando mi divertivo. “ Di già? Però vienimi a trovare più spesso.” “ Va bene, comunque ci vediamo domani a scuola…” Salutai i suoi genitori ed entrai velocemente in macchina. “ Ciao papà”, lo salutai, “ Non sei venuto un po’ troppo presto?” “Direi di no, visto che non posso lasciarti troppo tempo da sola.” Cosa intendeva dire? “ Perché, papà? Che vuoi dire?”, risposi innervosita. “ Ne parliamo più tardi”, rispose con freddezza glaciale. Forse avevo capito. Avevo commesso un’ ingenuità enorme. Arrivammo a casa. Sembrava che nessuno sapesse nulla. “ Ciao Nessie! Ti sei divertita?”, mi chiese zia Rose. “ Si, moltissimo”, risposi senza troppa convinzione. “ Come mai sei così agitata? E’ successo qualcosa?”, chiese Jasper che evidentemente aveva captato le mie emozioni. Ebbi un attimo di esitazione. Non sapevo cosa rispondergli. “ No, no, niente”, tagliai corto, mentre guardavo mio padre che continuava a fissarmi seduto sul divano. “ Ho capito, Edward sei stato tu che l’ hai fatta arrabbiare, vero?”, disse un po’ ironico. “ Jacob dov’ è?”, disse mio padre ignorando completamente la domanda di Jasper. “ Dovrebbe arrivare a momenti”, rispose mia madre, un po’ stupita per la domanda. Il mio cuore mancò un battito. Stava succedendo esattamente quello che temevo e non sapevo come fare. Mio padre aveva letto nella mente di Giselle e adesso sapeva tutto. “ Senti papà…”, stavo cercando di spiegargli, ma proprio in quel momento Jacob suonò alla porta e mia madre si precipitò ad aprire. “ Buonasera!”, salutò allegro come sempre. “ Ciao Jacob”, rispose calmissimo mio padre alzandosi dal divano. Feci un passo avanti. “ Accomodati, credo che dovremmo chiarire un po’ di cose”. Jacob si sedette sul divano, non capendo minimamente quello che stava accadendo. Mi guardò, ma evitai il suo sguardo. Non avevo il coraggio di guardarlo dopo quello che avevo combinato. Diedi un’ occhiata veloce al resto dei componenti della mia famiglia e mi accorsi che anche loro non ci stavano capendo nulla. Cercavo di mandare dei segnali di aiuto a Jasper senza risultato. “ Allora, questo tramonto com’ è stato?”, alluse mio padre rivolgendosi a Jack. “ Molto bello”, lo anticipai io. “ Soprattutto se ci mettiamo tutto il resto”, disse guardando più intensamente Jacob. Adesso anche lui sapeva dove voleva arrivare mio padre. “ Papà cosa diamine vuoi!”, dissi perdendo la pazienza. “ Jacob, non ti dovevi permettere, non dovevi neanche pensarci lontanamente a fare quello che hai fatto!”, disse alzando il tono della voce. “ Ah si? E perché? Io la amo più della mia stessa vita e so quello che faccio!”, rispose Jacob alzandosi dal divano. “ No mi interessa! Credevo di essere stato abbastanza chiaro, ma probabilmente non capisci!” “ Papà smettila!”, gridai, “ Non puoi decidere tu la mia vita!”. Ormai avevo completamente perso il controllo, gridavo e piangevo. “ Renesmee, tu non capisci…”, disse quasi con un sussurro. “ Certo! Qui non capisce nessuno! Lasciami libera di fare quello che voglio, fammi vivere!”. Non riuscivo a smettere di piangere. Mio padre abbassò lo guardo, “E’ quello che cerco di fare, ma questo non autorizza Jacob ad approfittarsene”, lo disse a voce bassissima, marcando solo leggermente le ultime parole. “ Hey, calma! Che cosa è successo Edward?!”, disse mia madre avvicinandosi a me. “ Jacob e Renesmee hanno fatto l’ amore”, disse tentennando. Mia madre a momenti sveniva, rimase immobile come pietrificata. “ Mi dici cosa c’è di male?”, gli chiesi cercando di controllare il tono di voce. “ Sei troppo piccola…”, rispose senza esserne sicuro. “ Questo lo decido io! E poi parli proprio tu!”. Sapeva cosa intendevo. Era un punto debole quell’ argomento. Contrasse la mascella. “ Renesmee è una cosa diversa e non voglio che capiti lo stesso a te”. “ Edward, non farla più lunga di quello che è!”, disse zia Rosalie irritata. “ Edward, Renesmee ha ragione, devi lasciarla libera di vivere nuove esperienze, non puoi proteggerla per sempre e questo lo sai anche tu.”, intervenne Carlisle. Mio padre scuoteva il capo. “ Vieni tesoro, andiamo.”, disse Alice prendendomi per il braccio e trascinandomi per le scale. “ Jacob, da questo momento, dimenticati completamente di Renesmee.”, disse mio padre in tono che non ammetteva repliche. Sentì la porta chiudersi. Tutt’ intorno a me si fece buio.

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Capitolo 8
*** Sfogo ***


Riuscivo a percepire solo delle voci confuse e lontane che piano piano si facevano più; chiare. Aprì appena gli occhi e vidi che accanto a me c' erano quasi tutti. " Tesoro, come stai?", mi chiese zia Rose visibilmente preoccupata. Ero un po' intontita. Mi tirai su mettendomi a sedere sul letto e stropicciandomi gli occhi. " Bene", risposi di impulso. Allungai il collo e mi accorsi che ero nella mia cameretta a casa dei nonni, non potei fare a meno di posare il mio sguardo sulla soglia della porta, dove c' era mio padre che mi osservava. In quel preciso istante mi si formò un nodo alla gola e gli occhi iniziarono inevitabilmente ad inumidirsi. “ Voglio rimanere un po’ sola. Vi dispiace andare di là?”, chiesi con voce leggermente tremante. Senza dire nulla uscirono tutti immediatamente e nella mia stanza calò un silenzio assordante. Quello che poco fa mi sembrava un incubo, da cui bastava semplicemente svegliarsi per far tornare tutto alla normalità, si trasformò brutalmente in realtà. Nella mia testa tornarono violente, le ultime parole che mio padre aveva detto a Jacob e il rumore della porta che si chiudeva. Non riuscivo a crederci, a rassegnarmi. Continuavo a chiedermi il perché. Non trovai spiegazioni, ma riuscì soltanto a sentirmi in colpa per essere stata tanto stupida e ingenua. Cercai il cellulare e composi il numero di Jack. Non rispose nessuno. Mi sentì ancora una volta cadere nel vuoto. Ero stremata, questa giornata era stata fin troppo lunga. Mi addormentai con il cellulare in mano, nella speranza che squillasse. Dormì poco e male. Mi svegliai presto e avvertì un forte mal di testa. Andai in camera di zia Alice per prendere dei vestiti, visto che i miei stavano a casa mia e io non avevo la minima intenzione di tornarci. Scesi al piano di sotto. Seduto sul divano a guardare distrattamente la TV c’ era Jasper. Andai a sedermi accanto a lui. “ Ciao, piccina!”, mi disse abbracciandomi. “ Ciao, zio”. Jasper per me era fondamentale. Con lui potevo aprirmi e confidarmi liberamente, senza aver paura di essere giudicata o fraintesa. Riusciva , oltre che a calmarmi, a capirmi e a darmi dei consigli preziosissimi che si rivelavano sempre azzeccati. Passavamo ore a parlare di qualsiasi argomento e il tempo scorreva senza che me ne accorgessi minimamente. “ Lo sai che è prestissimo?”, chiese Jasper. “ Si, ma non riesco a dormire e poi devo andare a scuola.”, gli risposi appoggiando la testa sulla sua spalla. Avevo bisogno di essere abbracciata e coccolata e di sentirmi dire che tutto si sarebbe risolto, proprio come quando ero piccola. “ Hai visto che bel vestito che indosso?”, dissi ironicamente. “ Si, si, è veramente bello e non so perché, ma mi è familiare…”, rispose sorridendo e riuscendo a farmi ridere. “ Zio, ma tu credi che riuscirò a rivedere Jacob?”, domandai tornando triste. “ Nessie, io ne sono certo! Probabilmente tuo padre si è comportato così, e ha detto quelle cose, perché voleva proteggerti, ma ora spero che sia riuscito a capire che non può sempre farlo.” “ Io sto malissimo!”, dissi combattendo contro le lacrime che scendevano inesorabili dai miei occhi. “ Lo so, Nessie, ma adesso cerca di calmarti, prova a pensare ad altro. Vedrei che presto tutto si risolverà…”, mi disse asciugandomi gli occhi. “ Grazie zio…”, sussurrai. “ Non dirlo neanche, quando vuoi, io sono sempre qui.” In un attimo zia Alice comparse davanti a noi, facendomi come al solito prendere uno spavento. “ Zia!!!!” “ Scusami, ti fatto di nuovo spaventare…” “ Non importa”, dissi paziente. “ Ti accompagno a scuola?” “ Si, ma con la Porche gialla. Ok?” “ Va bene, vada per la mia bellissima Porche.” Salutai Jazz e presi le mie cose. Arrivammo a scuola con molto anticipo e aspettai i miei compagni all’ ingresso. Le ore passavano velocemente e anche la mia tanto odiata ora di matematica mi sembrò volare. Nell’ intervallo scambiai qualche chiacchiera con i miei amici, ma non riuscivo a non pensare a Jack e a quello che era successo. Ovunque guardassi vedevo il vuoto. All’ ultima ora la professoressa di chimica ci trattenne. “ Ragazzi, devo comunicarvi che tra un mese ci sarà un viaggio culturale , in cui visiteremo le principali città dell’ Europa. Dovete dare la vostra adesione entro domani, massimo dopodomani e non oltre. Sono stata chiara?!”. Viaggi scolastico, tra un mese, in giro per l’ Europa? Si era proprio quello che mi ci voleva. Riuscivo a percepire solo delle voci confuse e lontane che piano piano si facevano più chiare. Aprì appena gli occhi e vidi che accanto a me c’ erano quasi tutti. “ Tesoro, come stai? “, mi chiese zia Rose visibilmente preoccupata. Ero un po’ intontita. Mi tirai su mettendomi a sedere sul letto e stropicciandomi gli occhi. “ Bene”, risposi di impulso. Allungai il collo e mi accorsi che ero nella mia cameretta a casa dei nonni, non potei fare a meno di posare il mio sguardo sulla soglia della porta, dove c’ era mio padre che mi osservava. In quel preciso istante mi si formò un nodo alla gola e gli occhi iniziarono inevitabilmente ad inumidirsi. “ Voglio rimanere un po’ sola. Vi dispiace andare di là?”, chiesi con voce leggermente tremante. Senza dire nulla uscirono tutti immediatamente e nella mia stanza calò un silenzio assordante. Quello che poco fa mi sembrava un incubo, da cui bastava semplicemente svegliarsi per far tornare tutto alla normalità, si trasformò brutalmente in realtà. Nella mia testa tornarono violente, le ultime parole che mio padre aveva detto a Jacob e il rumore della porta che si chiudeva. Non riuscivo a crederci, a rassegnarmi. Continuavo a chiedermi il perché. Non trovai spiegazioni, ma riuscì soltanto a sentirmi in colpa per essere stata tanto stupida e ingenua. Cercai il cellulare e composi il numero di Jack. Non rispose nessuno. Mi sentì ancora una volta cadere nel vuoto. Ero stremata, questa giornata era stata fin troppo lunga. Mi addormentai con il cellulare in mano, nella speranza che squillasse. Dormì poco e male. Mi svegliai presto e avvertì un forte mal di testa. Andai in camera di zia Alice per prendere dei vestiti, visto che i miei stavano a casa mia e io non avevo la minima intenzione di tornarci. Scesi al piano di sotto. Seduto sul divano a guardare distrattamente la TV c’ era Jasper. Andai a sedermi accanto a lui. “ Ciao, piccina!”, mi disse abbracciandomi. “ Ciao, zio”. Jasper per me era fondamentale. Con lui potevo aprirmi e confidarmi liberamente, senza aver paura di essere giudicata o fraintesa. Riusciva , oltre che a calmarmi, a capirmi e a darmi dei consigli preziosissimi che si rivelavano sempre azzeccati. Passavamo ore a parlare di qualsiasi argomento e il tempo scorreva senza che me ne accorgessi minimamente. “ Lo sai che è prestissimo?”, chiese Jasper. “ Si, ma non riesco a dormire e poi devo andare a scuola.”, gli risposi appoggiando la testa sulla sua spalla. Avevo bisogno di essere abbracciata e coccolata e di sentirmi dire che tutto si sarebbe risolto, proprio come quando ero piccola. “ Hai visto che bel vestito che indosso?”, dissi ironicamente. “ Si, si, è veramente bello e non so perché, ma mi è familiare…”, rispose sorridendo e riuscendo a farmi ridere. “ Zio, ma tu credi che riuscirò a rivedere Jacob?”, domandai tornando triste. “ Nessie, io ne sono certo! Probabilmente tuo padre si è comportato così, e ha detto quelle cose, perché voleva proteggerti, ma ora spero che sia riuscito a capire che non può sempre farlo.” “ Io sto malissimo!”, dissi combattendo contro le lacrime che scendevano inesorabili dai miei occhi. “ Lo so, Nessie, ma adesso cerca di calmarti, prova a pensare ad altro. Vedrei che presto tutto si risolverà…”, mi disse asciugandomi gli occhi. “ Grazie zio…”, sussurrai. “ Non dirlo neanche, quando vuoi, io sono sempre qui.” In un attimo zia Alice comparse davanti a noi, facendomi come al solito prendere uno spavento. “ Zia!!!!” “ Scusami, ti fatto di nuovo spaventare…” “ Non importa”, dissi paziente. “ Ti accompagno a scuola?” “ Si, ma con la Porche gialla. Ok?” “ Va bene, vada per la mia bellissima Porche.” Salutai Jazz e presi le mie cose. Arrivammo a scuola con molto anticipo e aspettai i miei compagni all’ ingresso. Le ore passavano velocemente e anche la mia tanto odiata ora di matematica mi sembrò volare. Nell’ intervallo scambiai qualche chiacchiera con i miei amici, ma non riuscivo a non pensare a Jack e a quello che era successo. Ovunque guardassi vedevo il vuoto. Alla ultima ora la professoRiuscivo a percepire solo delle voci confuse e lontane che piano piano si facevano più; chiare. Aprì appena gli occhi e vidi che accanto a me c' erano quasi tutti. " Tesoro, come stai?", mi chiese zia Rose visibilmente preoccupata. Ero un po' intontita. Mi tirai su mettendomi a sedere sul letto e stropicciandomi gli occhi. " Bene", risposi di impulso. Allungai il collo e mi accorsi che ero nella mia cameretta a casa dei nonni, non potei fare a meno di posare il mio sguardo sulla soglia della porta, dove c' era mio padre che mi osservava. In quel preciso istante mi si formò un nodo alla gola e gli occhi iniziarono inevitabilmente ad inumidirsi. “ Voglio rimanere un po’ sola. Vi dispiace andare di là?”, chiesi con voce leggermente tremante. Senza dire nulla uscirono tutti immediatamente e nella mia stanza calò un silenzio assordante. Quello che poco fa mi sembrava un incubo, da cui bastava semplicemente svegliarsi per far tornare tutto alla normalità, si trasformò brutalmente in realtà. Nella mia testa tornarono violente, le ultime parole che mio padre aveva detto a Jacob e il rumore della porta che si chiudeva. Non riuscivo a crederci, a rassegnarmi. Continuavo a chiedermi il perché. Non trovai spiegazioni, ma riuscì soltanto a sentirmi in colpa per essere stata tanto stupida e ingenua. Cercai il cellulare e composi il numero di Jack. Non rispose nessuno. Mi sentì ancora una volta cadere nel vuoto. Ero stremata, questa giornata era stata fin troppo lunga. Mi addormentai con il cellulare in mano, nella speranza che squillasse. Dormì poco e male. Mi svegliai presto e avvertì un forte mal di testa. Andai in camera di zia Alice per prendere dei vestiti, visto che i miei stavano a casa mia e io non avevo la minima intenzione di tornarci. Scesi al piano di sotto. Seduto sul divano a guardare distrattamente la TV c’ era Jasper. Andai a sedermi accanto a lui. “ Ciao, piccina!”, mi disse abbracciandomi. “ Ciao, zio”. Jasper per me era fondamentale. Con lui potevo aprirmi e confidarmi liberamente, senza aver paura di essere giudicata o fraintesa. Riusciva , oltre che a calmarmi, a capirmi e a darmi dei consigli preziosissimi che si rivelavano sempre azzeccati. Passavamo ore a parlare di qualsiasi argomento e il tempo scorreva senza che me ne accorgessi minimamente. “ Lo sai che è prestissimo?”, chiese Jasper. “ Si, ma non riesco a dormire e poi devo andare a scuola.”, gli risposi appoggiando la testa sulla sua spalla. Avevo bisogno di essere abbracciata e coccolata e di sentirmi dire che tutto si sarebbe risolto, proprio come quando ero piccola. “ Hai visto che bel vestito che indosso?”, dissi ironicamente. “ Si, si, è veramente bello e non so perché, ma mi è familiare…”, rispose sorridendo e riuscendo a farmi ridere. “ Zio, ma tu credi che riuscirò a rivedere Jacob?”, domandai tornando triste. “ Nessie, io ne sono certo! Probabilmente tuo padre si è comportato così, e ha detto quelle cose, perché voleva proteggerti, ma ora spero che sia riuscito a capire che non può sempre farlo.” “ Io sto malissimo!”, dissi combattendo contro le lacrime che scendevano inesorabili dai miei occhi. “ Lo so, Nessie, ma adesso cerca di calmarti, prova a pensare ad altro. Vedrei che presto tutto si risolverà…”, mi disse asciugandomi gli occhi. “ Grazie zio…”, sussurrai. “ Non dirlo neanche, quando vuoi, io sono sempre qui.” In un attimo zia Alice comparse davanti a noi, facendomi come al solito prendere uno spavento. “ Zia!!!!” “ Scusami, ti fatto di nuovo spaventare…” “ Non importa”, dissi paziente. “ Ti accompagno a scuola?” “ Si, ma con la Porche gialla. Ok?” “ Va bene, vada per la mia bellissima Porche.” Salutai Jazz e presi le mie cose. Arrivammo a scuola con molto anticipo e aspettai i miei compagni all’ ingresso. Le ore passavano velocemente e anche la mia tanto odiata ora di matematica mi sembrò volare. Nell’ intervallo scambiai qualche chiacchiera con i miei amici, ma non riuscivo a non pensare a Jack e a quello che era successo. Ovunque guardassi vedevo il vuoto. All’ ultima ora la professoressa di chimica ci trattenne. “ Ragazzi, devo comunicarvi che tra un mese ci sarà un viaggio culturale , in cui visiteremo le principali città dell’ Europa. Dovete dare la vostra adesione entro domani, massimo dopodomani e non oltre. Sono stata chiara?!”. Viaggi scolastico, tra un mese, in giro per l’ Europa? Si era proprio quello che mi ci voleva. Riuscivo a percepire solo delle voci confuse e lontane che piano piano si facevano più chiare. Aprì appena gli occhi e vidi che accanto a me c’ erano quasi tutti. “ Tesoro, come stai? “, mi chiese zia Rose visibilmente preoccupata. Ero un po’ intontita. Mi tirai su mettendomi a sedere sul letto e stropicciandomi gli occhi. “ Bene”, risposi di impulso. Allungai il collo e mi accorsi che ero nella mia cameretta a casa dei nonni, non potei fare a meno di posare il mio sguardo sulla soglia della porta, dove c’ era mio padre che mi osservava. In quel preciso istante mi si formò un nodo alla gola e gli occhi iniziarono inevitabilmente ad inumidirsi. “ Voglio rimanere un po’ sola. Vi dispiace andare di là?”, chiesi con voce leggermente tremante. Senza dire nulla uscirono tutti immediatamente e nella mia stanza calò un silenzio assordante. Quello che poco fa mi sembrava un incubo, da cui bastava semplicemente svegliarsi per far tornare tutto alla normalità, si trasformò brutalmente in realtà. Nella mia testa tornarono violente, le ultime parole che mio padre aveva detto a Jacob e il rumore della porta che si chiudeva. Non riuscivo a crederci, a rassegnarmi. Continuavo a chiedermi il perché. Non trovai spiegazioni, ma riuscì soltanto a sentirmi in colpa per essere stata tanto stupida e ingenua. Cercai il cellulare e composi il numero di Jack. Non rispose nessuno. Mi sentì ancora una volta cadere nel vuoto. Ero stremata, questa giornata era stata fin troppo lunga. Mi addormentai con il cellulare in mano, nella speranza che squillasse. Dormì poco e male. Mi svegliai presto e avvertì un forte mal di testa. Andai in camera di zia Alice per prendere dei vestiti, visto che i miei stavano a casa mia e io non avevo la minima intenzione di tornarci. Scesi al piano di sotto. Seduto sul divano a guardare distrattamente la TV c’ era Jasper. Andai a sedermi accanto a lui. “ Ciao, piccina!”, mi disse abbracciandomi. “ Ciao, zio”. Jasper per me era fondamentale. Con lui potevo aprirmi e confidarmi liberamente, senza aver paura di essere giudicata o fraintesa. Riusciva , oltre che a calmarmi, a capirmi e a darmi dei consigli preziosissimi che si rivelavano sempre azzeccati. Passavamo ore a parlare di qualsiasi argomento e il tempo scorreva senza che me ne accorgessi minimamente. “ Lo sai che è prestissimo?”, chiese Jasper. “ Si, ma non riesco a dormire e poi devo andare a scuola.”, gli risposi appoggiando la testa sulla sua spalla. Avevo bisogno di essere abbracciata e coccolata e di sentirmi dire che tutto si sarebbe risolto, proprio come quando ero piccola. “ Hai visto che bel vestito che indosso?”, dissi ironicamente. “ Si, si, è veramente bello e non so perché, ma mi è familiare…”, rispose sorridendo e riuscendo a farmi ridere. “ Zio, ma tu credi che riuscirò a rivedere Jacob?”, domandai tornando triste. “ Nessie, io ne sono certo! Probabilmente tuo padre si è comportato così, e ha detto quelle cose, perché voleva proteggerti, ma ora spero che sia riuscito a capire che non può sempre farlo.” “ Io sto malissimo!”, dissi combattendo contro le lacrime che scendevano inesorabili dai miei occhi. “ Lo so, Nessie, ma adesso cerca di calmarti, prova a pensare ad altro. Vedrei che presto tutto si risolverà…”, mi disse asciugandomi gli occhi. “ Grazie zio…”, sussurrai. “ Non dirlo neanche, quando vuoi, io sono sempre qui.” In un attimo zia Alice comparse davanti a noi, facendomi come al solito prendere uno spavento. “ Zia!!!!” “ Scusami, ti fatto di nuovo spaventare…” “ Non importa”, dissi paziente. “ Ti accompagno a scuola?” “ Si, ma con la Porche gialla. Ok?” “ Va bene, vada per la mia bellissima Porche.” Salutai Jazz e presi le mie cose. Arrivammo a scuola con molto anticipo e aspettai i miei compagni all’ ingresso. Le ore passavano velocemente e anche la mia tanto odiata ora di matematica mi sembrò volare. Nell’ intervallo scambiai qualche chiacchiera con i miei amici, ma non riuscivo a non pensare a Jack e a quello che era successo. Ovunque guardassi vedevo il vuoto. Alla ultima ora la professoressa di chimica ci trattenne. "Ragazzi, devo comunicarvi che tra un mese ci sarà un viaggio culturale , in cui visiteremo le principali città della Europa. Dovete dare la vostra adesione entro domani, massimo dopodomani e non oltre. Sono stata chiara?!". Viaggi scolastico, tra un mese, in giro per l' Europa? Si era proprio quello che mi ci voleva. ressa di chimica ci trattenne. "Ragazzi, devo comunicarvi che tra un mese ci sarà un viaggio culturale , in cui visiteremo le principali città della Europa. Dovete dare la vostra adesione entro domani, massimo dopodomani e non oltre. Sono stata chiara?!". Viaggi scolastico, tra un mese, in giro per l' Europa? Si era proprio quello che mi ci voleva.

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Capitolo 9
*** L' unica cosa che mi rimane di te ***


I giorni passavano lentamente. Continuavo a stare dai nonni, non parlavo con mio padre da almeno un mese i miei rapporti sociali si limitavano alle sei ore di scuola.
Riuscì a riprendermi un po’ anche grazie al permesso ottenuto per la gita scolastica, che, tra l’ altro, aveva provocato parecchi diverbi in famiglia.
Per tutto questo tempo non vidi né sentì Jacob, ogni giorno che passava credevo o forse speravo inutilmente di dimenticarlo e immaginavo che lui, in qualche modo, si fosse fatto una nuova vita anche se tutto questo mi lacerava.
“Nessie ! “
“Che c’è zia?”
“Hai voglia di uscire?”
Non risposi, sapevo esattamente dove Alice voleva andare a parare.
“ Cosa intendi esattamente per uscire?”
“Bhe né più né meno di ciò che significa…”.
Mi guardò con un’  espressione che ormai conoscevo a memoria e che, nonostante i numerosi tentativi di ignorarla, riusciva sempre a farmi cedere.
“ Va bene…”, mi arresi
“ D’ accordo! Preparati, ti aspetto in garage”.
Mi aggiustai soltanto i capelli e andai da Alice che era già al voltante della sua Porche.
“ Destinazione?”, chiesi allacciandomi la cintura di sicurezza.
“ Port Angeles, nei migliori negozi di griffe, ovviamente”, rispose facendomi l’ occhiolino.
“ Come immaginavo”, sospirai.
“ Tesoro, domani parti e non posso permetterti di mettere in valigia solo un paio di jeans e delle magliette vecchie!”
Scossi la testa, la maglietta più “ vecchia” risaliva a circa due settimane fa e i jeans erano tutti nuovissimi.
Arrivammo a Port Angeles e dopo aver girato tutti i negozi della città, ritornammo a casa con l’ auto piena di buste.
“ Zia, temo che tutte queste cose non entreranno nella mia valigia”
“ Non è una problema, te ne ho comprata una nuova capientissima e anche molto leggera così potrai mettere tutto quello che vuoi e in più non avrai problemi all’ aeroporto”.
Sorrisi, non saprei come fare senza la mia zietta.
“ Caspita, avete fatto grandi spese a quanto pare”, disse Emmet che era alle prese con la sua jeep.
“Si, si e invece tu stai tentando ,per l’ ennesima volta, di riparare la tua macchina, a quanto pare…”
“Direi di si, ma questa volta sono sicuro che tornerà come nuova”
Io ed Alice ci scambiammo un’ occhiata eloquente.
“ Vabbè zio ci dai una mano?”
Prima che avesse il tempo di rispondere, zia lo sommerse di buste.
“ Grazie Emmet…”, disse ironicamente
“Prego, non c’è di che”
Entrammo in casa.
“ Buonasera!”, dissi salutando tutti.
“ Emmet, porta tutto di sopra”, ordinò zia Alice
“ Ehi nanetta, non sono il tuo facchino!”.
“Non mi importa! Fai come ti ho detto, sbrigati!”
Risi. Era divertentissimo vedere battibeccare i miei zii.
 “ Che avete comprato?”, chiese Rosalie
“ Tanti bellissimi vestiti che ti faremo vedere dopo”, rispose Alice.
Guardai l’ orologio.
“ Zia ma è tardissimo! Dobbiamo preparare la valigia e tantissime altre cose!”, dissi agitata.
“ Renesmee, stai calma! Che ci sto a fare io?”
Mi  tranquillizzai  subito. 
“ D’ accordo, allora io vado di sopra a chiamare le mie amiche, così ci organizziamo”
Andai in camera mia e mi stesi sul letto. sentì qualcosa di duro sotto il cuscino. Vidi che era una scatola. L’ aprì. Dentro c’ era una lettera.
Decisi di non leggerla perché capì dalla calligrafia che era di Jacob. Come aveva fatto a metterla in camera mia senza essere scoperto?. 
La lasciai sul comodino e lo chiamai. dopo parecchi squillami rispose.” Pronto?”
Restai in silenzio per qualche secondo , poi riattaccai.
Ero una vigliacca! Non avevo il coraggio di parlargli.
Speravo con tutto il cuore che lui mi chiamasse, ma non lo fece. Ero certa che provava le mie stesse emozioni.
Mi convinsi che forse era meglio così.
Mi addormentai abbracciata al lupacchiotto di peluche che mi aveva regalato al mio compleanno e che aveva il suo stesso profumo. Era l’ unico modo per sentirlo vicino a me.

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Capitolo 10
*** Volterra ***


Nei giorni successivi visitammo alcune delle città europee più famose.

Erano tutte bellissime, rimanevo a bocca aperta ammirando gli splendidi monumenti, le strade e le piazze di Londra, Barcellona, Parigi.

La notte dormivo sole poche ore, ma in compenso, mi divertivo tantissimo.

La tappa più attesa da tutti era Firenze, una delle principali città d’ Italia.
Carlisle me l’  aveva descritta come una delle città più belle del mondo ed ero curiosissima di visitarla,in più, zia Alice, mi aveva raccomandato di dare uno sguardo alle vetrine dei numerosissimi negozi griffati, d’ altronde si sa, l’ Italia è anche la patria dell’ alta moda.
Il primo giorno di tour era stato davvero stancante, infatti la sera crollammo tutte.
Il programma del giorno seguente prevedeva la visita di Volterra, una cittadina poco distante da dove ci trovavamo. Ricordavo di averne sentito parlare a casa, anche se non so a cosa si riferissero.
Una volta arrivati trovammo ad attenderci una guida turistica,
una bellissima ragazza con i capelli nero corvino raccolti in uno chignon, gli occhi di un colore stranissimo, sembravano viola e la  bocca rossa e carnosa. Era davvero meravigliosa, quasi eterea, non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso, e neanche i miei compagni maschi. “ Salve ragazzi”, disse con una voce che ricordava quasi la melodia soave di uno strumento musicale.
“ Salve”, rispose la nostra prof.
“ Io sono Heidi e sono la vostra guida turistica”, disse sfoggiando un sorriso smagliante.
“ Oh, magnifico!”, rispose gentilmente la professoressa.
“ Molto bene!, allora, se siete d’accordo, inizierei subito dal monumento che sorge alla vostra destra. Seguitemi.”
Sembrava una specie di chiesa con accanto un campanile. Su una targa era incisa la scritta “ Palazzo dei Priori”, anche questo nome mi era familiare, e ora che ci pensavo assomigliava ad un edificio raffigurato in uno dei quadri di Carlisle.
La guida iniziò la spiegazione mentre ci dirigevamo verso l’ ingresso. A differenza degli altri monumenti sovraffollati dai turisti, questo appariva semivuoto.
Lì dentro faceva abbastanza freddo, e non so perché, ma iniziavo a sentirmi leggermente inquieta.
Mentre scendevamo le scale, arrivò un’ altra ragazza che aveva più o meno la nostra età, se non qualche anno in meno, anche lei bellissima.
Ci stavamo dirigendo verso la sala principale del palazzo, detta anche “ Sala del troni”.
Appena entrammo fummo sovrastati dalla maestosità dell’ ambiente, era a forma esagonale con tre troni di legno intarsiati d’ ora disposti l’ uno accanto all’ altro.
In piedi, dietro ai troni, c’ erano due ragazzi e una ragazza che  sembravano essere le guardie del corpo di coloro che vi erano seduti.
L’ uomo al centro si alzò e si avvicinò con moltissima eleganza a noi. “Buongiorno ragazzi!”, disse con così tanto entusiasmo da farlo sembrare sfacciatamente finto.
“Benvenuta madame”, proseguì baciando il dorso della mano della prof.
“Io sono Aro, e loro sono Caius e Marcus”, disse indicando gli altri due uomini sui troni.
L’uomo biodo, Caius, mi guardava in modo singolare, distolsi subito lo sguardo e mi concentrai, invece, su Marcus che aveva l’ aria di essere terribilmente annoiato.
Era una situazione alquanto strana, credevo di aver già visto queste persone, ma quando?
“Ciao, tu sei…?”, disse Aro che era ad un passo da me.
Deglutì rumorosamente, le mie mani iniziarono a sudare e il mio cuore a battere più veloce, era come se il mio sesto senso mi stesse avvertendo di un pericolo. Ignorai questi segnali.
“Renesmee”, risposi con voce un po’ instabile.
“Molto piacere”, disse Aro tendendomi la mano.
Mi limitai a sorridergli e lui un tantino imbarazzato continuò con le presentazioni.
All’ improvviso la mia mente fu travolta da un’ illuminazione agghiacciante, e se fossero tutti vampiri?


Scusatemi ci ho messo un po' di tempo per aggiornare la storia, ma dovevo trovare il tempo e le idee per farlo. Da adesso entriamo nel vivo del racconto, quindi seguitela e fatemi sapere come la trovate. un bacio a tutti !!!!

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