With a thousand sweet kisses

di Shatzy
(/viewuser.php?uid=8433)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno ***
Capitolo 2: *** Due ***
Capitolo 3: *** Tre ***
Capitolo 4: *** Quattro ***
Capitolo 5: *** Cinque ***
Capitolo 6: *** Uno ***



Capitolo 1
*** Uno ***


Disclaimer: i personaggi citati non mi appartengono e la storia non è stata scritta a scopo di lucro. Il titolo è ripreso da "I'll cover you", dal musical RENT. La canzone citata in questo primo capitolo è "Here comes the sun" by The Beatles.
Note: questa storia nasce da un favore che mi è stato fatto da parte di una persona che non conosco direttamente. Sono piuttosto timida e quindi non so se sarò in grado di ringraziarla a dovere, per cui ho pensato fosse meglio scrivere qualcosa.
La sua richiesta era una futurefic Klaine (e questa raccolta lo è, tranne il primo capitolo). La cosa però mi è un tantino sfuggita di mano, e alla fine ho scritto sei mini capitoli. A lei dedico il sesto, perché è quello più "future" che c'è (e che mi convince di più), ma visto che ormai ho scritto anche gli altri cinque e che tra l'altro mi sono pure stati betati ve li tenete XD
Beta: Roby <3 La beta fangirl più veloce del mondo.



With a thousand sweet kisses...            
                                      I'll cover you  





Kurt: “Di cosa sanno le labbra dei ragazzi?”
Brittany: “Di solito di salsa, talvolta di hamburger. O delle mie ascelle”.
1x18 Laryngitis




1.
Le cose da dire in quel momento sarebbero state infinite. Milioni di frasi dolci, parole romantiche, sguardi sinceri e così tanto innamorati da far sciogliere anche il cuore più restio. Oppure, in alternativa, si poteva anche non dire nulla. Assolutamente nulla.
Ciò che era certo era che in nessun caso, nemmeno il più remoto, quella era una frase da far uscire dalle proprie labbra e dal proprio cervello in un momento del genere.
“Non sanno di hamburger…”
E fu per questo che Blaine, spostandosi con più risolutezza dal viso di Kurt, riuscì a dire solo una parola.
“Eh?”
“Cosa?” gli fece eco l’altro, aprendo finalmente gli occhi e ritrovandosi davanti lo sguardo confuso del suo ragazzo. Così distante da lui, ora… Perché era così distante da lui? Che fosse uno di quei momenti in cui bisognava solo riprendere fiato? Lo sapeva, non avrebbe dovuto tentare di rimuovere tutto quello che gli aveva detto Brittany l’anno prima.
Da oltre la porta di quella stanza arrivavano attutite le note di una vecchia canzone, cosa non così strana alla Dalton – Little darling, it’s been a long cold lonely winter – ma in quel momento quella musica spensierata e solare sembrava rendere la situazione solo più imbarazzante.
“Hai appena detto che…” ricominciò Blaine, ancora confuso. “Veramente non lo so cosa hai detto. Hamburger? Hai fame? Preferisci mangiare qualcosa piuttosto che…” e lasciò la frase in sospeso, allontanandosi ancora da Kurt e mettendosi a sedere composto, assestandosi meglio la cravatta della divisa. Tuttavia, il rossore sulle guance era piuttosto evidente.
“No!” negò subito l’altro, che in quel momento avrebbe solo voluto uccidere il suo subconscio, se fosse stato possibile, per avergli riportato alla mente un episodio che avrebbe volentieri dimenticato. “Mi piaceva quello che… Insomma, che stavamo facendo…”
Blaine sorrise, sfiorandogli di nuovo le labbra. “Anche a me”. Gli prese entrambe le mani con le proprie, accarezzandole piano mentre entrambi si appoggiavano di nuovo contro quel divano che condividevano. Divano su cui a malapena ricordavano come ci erano arrivati, dopo quel primo bacio scambiato in una sala comune della scuola. Quanto tempo era passato? Minuti? Ore? Kurt sapeva solamente che cominciava ad abituarsi all’idea di vivere incollato a Blaine, e che per questo il suo cervello aveva abbassato le difese, facendogli sussurrare cose che avevano ucciso tutto quel romanticismo che invece amava così tanto.
Little darling, the smiles returning to the faces, continuava la canzone, e adesso qualche voce meno timida iniziava a cantare sopra quelle note, lungo quei corridoi riccamente decorati.
“Davvero?” si ritrovò a chiedere, socchiudendo gli occhi. Le labbra cominciavano a fargli male,  le sentiva gonfie e indolenzite, che Brittany gli avesse spiegato anche questo? Be’, poco importava al momento, baciare quell’accenno di barba che Blaine aveva sul mento era più che riposante, quasi come una carezza.
“Molto” confermò l’altro, sorridendo contro la pelle della sua guancia, mentre risaliva fino all’orecchio. Oh sì, le labbra dei ragazzi erano un milione di volte meglio di quelle delle ragazze, pensò Kurt. Meglio di qualsiasi fantasia e di qualsiasi prova contro l’interno del gomito. “Ma hai ragione” continuò Blaine. “È meglio mangiare qualcosa” affermò, alzandosi velocemente mentre cercava con lo sguardo le loro borse abbandonate sul pavimento.
“Eh?” si ritrovò a chiedere Kurt, sorpreso. Perché c’era sempre qualcosa che doveva interrompere le sue… come le aveva chiamate di fronte a suo padre? Relazioni sessuali? Meglio non pensarci.
“Si è fatto tardi, dovresti tornare a casa” gli disse, controllando l’orologio che portava sempre con sé nella tasca della divisa.
“Oh. Già”. Stupida perdita di cognizione temporale.
Blaine gli allungò la mano, permettendogli di tirarsi su con facilità dal divano e di avvicinarglisi di nuovo. “Non voglio lasciarti andare, Kurt” gli sussurrò. “Che ne dici se ceniamo insieme? Hamburger. Offro io”.  
Kurt sospirò. Non poteva nemmeno pensare a quanto fosse felice in quel momento, con Blaine che ricambiava la sua cotta, con il suo primo, vero bacio, con quel divano che non avrebbero mai più guardato nello stesso modo. E se stare con lui gli avrebbe rovinato la sua perfetta dieta, facendogli prendere qualche chilo mangiando cibi di dubbia salute e sicurezza… Be’, quel sorriso perfetto, quelle mani calde sui suoi fianchi e quelle labbra così troppo vicine al suo orecchio erano decisamente un buon compromesso.
La canzone in lontananza terminava dolcemente – And I say it’s all right, and I say it’s all right – ma erano entrambi già troppo lontani per rendersene conto. Ma tanto lo sapevano, che sarebbe andato tutto bene.  


Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Due ***


Grazie mille a Rota per il suo commento :) e a chi ha messo la storia tra i preferiti, le seguite e le ricordate (i nomi non li faccio, ma thank you anyway).
La canzone citata in questo capitolo è "This Love" dei Maroon 5.



2.

Era strano come quel bar che era sempre stato il loro luogo di ritrovo fin da quando erano solo amici ora sembrasse un posto sconosciuto. Kurt si strinse nelle spalle, reggendo con entrambe le mani il suo caffè bollente – solo un anno da quel primo bacio nella sala della Dalton, perché dava l’impressione che fossero passati secoli? –  mentre Blaine, seduto davanti a lui a quel tavolino in un angolo, giocava con una bustina di zucchero, tenendo gli occhi fissi altrove.
Una canzone allegra di qualche anno prima riecheggiava dalla radio del Lima Bean sopra il vociare delle persone – Kept playing love like it was just a game, pretending to feel the same – e nessuno dei due capiva perché un ritmo tanto movimentato e spensierato dovesse accompagnare parole così fredde.
 “Senti” Kurt ruppe quel silenzio teso quando proprio non ce la fece più. “Si tratta soltanto di spostare il nostro appuntamento a sabato, non lo voglio cancellare”.
Solo allora l’altro lo guardò, seriamente. “Vuoi rimandare?” gli chiese, pacato.
“Blaine, non farne un dramma”.
“Perché dovrei?” domandò con un tono distaccato, facendo per questo sobbalzare Kurt. “Hai solo rimandato tutti i nostri appuntamenti nell’ultimo mese. Perfino per il nostro anniversario, Kurt”.
L’altro socchiuse gli occhi al ricordo di quella serata non del tutto piacevole. “Te l’ho spiegato, non posso saltare così le prove del glee club. È per il college!”
“Lo so, ce le ho anche io, Kurt, ma è solo una questione di precedenze” sussurrò, irritato.
“Non posso permettermi una qualsiasi università come puoi fare tu, ho bisogno di quella borsa di studio. E se il signor Schuester è così gentile da lasciarmi provare fino a sera ogni volta che-”
“Ne ho bisogno anche io!” Blaine alzò leggermente la voce. “Credi che mio padre voglia pagare per tutto quello che gli chiedo? Dopo che- Anche se è passato un anno da quando stiamo-”
“Non farmene una colpa” lo avvertì l’altro.
“Non te l’ho mai fatta, Kurt” sospirò, prendendosi la testa tra le mani. “E’ solo…” provò, più calmo e con voce bassa. “È solo che quando torni a casa sei sempre troppo stanco per tutto il resto, per me, e non so se siano soltanto le prove, il problema”.
Kurt sgranò gli occhi, incredulo. “Pensi ci sia un altro? Blaine, pensi che possa interessarmi ad un altro ragazzo? È ridicolo”.  
“No. Non lo so. So solo che sono settimane che… E domani doveva essere il nostro primo appuntamento serio in un mese. Forse dovremmo prenderci una pausa” chiarì infine, sostenendo con fermezza il suo sguardo.
L’altro, dal canto suo, si sentì morire in quel preciso momento. And her heart is breaking in front of me
I have no choice cause I won't say goodbye anymore, continuava la canzone in sottofondo, ma non ci badò. Tra l’altro, il suo ragazzo la cantava decisamente meglio. “Oh mio Dio… Non ci credo. Mi stai lasciando, Blaine?” chiese, fingendo una risata. “Oh mio Dio, mi stai lasciando sul serio. In un bar. Non riesco a credere che stia accadendo a me. A noi”.
“N-no! Kurt, non ti sto…” sospirò, di nuovo, passandosi una mano sugli occhi. “Vorrei solo che tu fossi ancora sicuro di quello che provi”.
“Lo sono!” sbottò, alzando la voce di un’ottava.
“Certo…” affermò amaramente Blaine, guardando di nuovo lontano dall’altro.
Come poteva non crederlo? Come poteva anche solo lontanamente credere che…?
Kurt si alzò velocemente dalla sua sedia e senza nemmeno pensarci prese il viso di Blaine tra le mani per poi baciarlo con forza. In quel momento non gli importava della gente intorno a loro, delle occhiate, delle possibili ripercussioni per quel gesto così semplice. In quel momento c’era il suo ragazzo che dubitava dei suoi sentimenti, e ricordò che spesso i fatti erano meglio di mille parole.
Blaine si allontanò dall’altro dopo poco, alzandosi poi a sua volta, prendendo la borsa appoggiata alla sedia e uscendo dal locale. Gli rivolse un sorriso prima di sparire dalla sua vista. Un sorriso debole, breve, ma sincero.
Era pur sempre un inizio, no? O meglio, non era la fine. Era questo a cui Kurt doveva pensare, si disse.
Eppure l’unica cosa che aveva in mente erano le labbra di Blaine sulle proprie. Non avevano il minimo sapore, non aveva nemmeno toccato il suo caffè, raffreddatosi ormai sul tavolo.
Domani sarebbe stato il loro primo appuntamento dopo un mese – I’ll fix these broken things, repair your broken wings, terminava la canzone, finalmente.
Il loro primo appuntamento serio. Magari avrebbero cenato fuori in un posto elegante, visto un film romantico, si sarebbero scambiati qualche bacio mentre programmavano la loro vita al college – New York li aspettava, in fondo – e si sarebbero ripetuti fino alla nausea quanto si amavano ogni giorno di più.
Già. And make sure everything’s alright.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Tre ***


Note: visto che questa storia è ambientata nel futuro, io mi sono liberamente ispirata a ciò che ci viene detto alla fine della 2x22 (molto liberamente, visto che Dio solo sa cosa passa nella mente di Ryan Murphy... quell'uomo mi terrorizza). Non è che ci siano grandi spoiler, ma mi sono comunque basata su un particolare non indifferente che Kurt dice a Rachel durante le Nazionali a New York.
C'è anche una spruzzatina indiretta di Finchel in questo capitolo, non che sia una fiera sostenitrice della coppia visto che mi sono piuttosto indifferenti, ma insieme sono perfetti e sarebbe la giusta conclusione, per me.
Grazie come al solito a chi ha recensito <3 e a chi continua a seguire la fic.



3.
Ogni tanto gli piaceva guardarlo dalla porta della cucina, in silenzio, soprattutto quando Blaine era così intento e concentrato a lavare i piatti. Kurt si soffermava sulle sue spalle, sui movimenti di quelle braccia forti che adorava, su quel grembiule di spugna rosa con le stelline dorate che proprio non sapeva dove il suo ragazzo avesse trovato – era quasi convinto di aver bandito dall’appartamento tutto ciò che fosse stato comprato da Rachel.
E in quei momenti gli nasceva un sorriso dolce sulle labbra e si scopriva ancora più innamorato.
“Se non hai niente da fare potresti anche darmi una mano” gli disse Blaine, ancora voltato verso il lavello ma ben resosi conto della presenza dell’altro alle sue spalle.
Kurt rise, avvicinandosi piano. “Sei tu che hai insistito per lavare i piatti” gli fece notare, appoggiandosi al bordo del lavandino.
“Solo perché tu hai voluto cucinare tutto da solo” commentò, insistendo con più forza sul grasso di una padella.
“E non mi pare che tu te ne sia lamentato” disse, abbracciandolo alla vita e poggiando il mento sulla sua spalla, spiando l’operato di Blaine.
“Assolutamente no. La miglior cena di anniversario che abbiamo mai avuto” dichiarò convinto, sciacquando i calici di vetro che avevano usato poco prima.
Kurt sorrise contro il suo collo, provocandogli un brivido. “E allora perché non vieni in salotto? Non dovresti lasciarmi da solo proprio stasera, no?” provò, mentre dalla stanza adiacente arrivava la melodia di Everybody’s changing. Aveva davvero un debole per i Keane, ma nascondeva che fosse dovuto a una serenata ricevuta al liceo McKinley, tanto tempo prima.
Blaine sorrise a sua volta, voltando leggermente il viso e lasciando un bacio davvero poco sensuale sul suo naso. “Prima voglio finire qui, non voglio lasciare una pila di piatti sporchi per quando Rachel tornerà a casa. Perché non vai di là e ti rilassi un po’? So che domani mattina hai un esame importante” buttò lì.
“E tu come lo sai?” gridò, sorpreso.
“Si dà il caso che i tuoi compagni di corso siano i miei coinquilini, se te lo fossi dimenticato” spiegò calmo.
Kurt mormorò qualcosa a mezza voce per poi stringersi di più al suo ragazzo. “Vuoi andare via subito?”
E a quel tono a metà tra una preghiera e un lamento Blaine non sapeva proprio come reagire, soprattutto se le labbra dell’altro erano finite non si sa come sul suo collo. Di nuovo. “Non subito, tra poco”. Per fortuna tutti quegli anni di allenamento erano serviti a qualcosa.
“Blaine, sono le nove e un quarto! Non puoi andare via tra poco!” notò, allontanandosi leggermente visto che le sue attenzioni non stavano sortendo l’effetto desiderato –  ovvero fargli fare tutto quello che desiderava, come sempre.
“La prossima volta faresti meglio a rimandare il nostro appuntamento, così non avremo interruzioni” rise, lasciando il piatto ancora sporco nel lavandino e girandosi verso Kurt per guardarlo meglio. E tutto quello che poté notare furono un sopracciglio alzato e uno sguardo decisamente scettico.
“Seriamente, Blaine? Devo forse ricordarti cos’è successo l’ultima volta che ho rimandato un appuntamento?” chiese in modo retorico.
L’altro alzò gli occhi al soffitto, avvicinandosi di più. “Eravamo ancora al liceo” spiegò. “E avevi rimandato almeno venti appuntamenti” aggiunse, piccato.
“Mi hai lasciato in un bar, Blaine. Nel nostro bar preferito, ma comunque in un bar” gli ricordò, pensando a quel giorno lontano di tre anni prima e al freddo che aveva provato.
“Non ti ho mai lasciato” chiarì. “Non ero nemmeno arrivato alla mia auto nel parcheggio che già ti avevo scritto un messaggio di scuse, me lo devi proprio far ricordare?” si lamentò. “Sono tornato immediatamente indietro da te. Diciamo che non è stato uno dei momenti di cui vado più fiero… E avrei dovuto sostenerti invece che-”
“Essere geloso di qualcuno che nemmeno esisteva” puntualizzò.
“Ma da allora non hai più rimandato un appuntamento. Nemmeno quella volta in cui Rachel ti aveva chiesto di accompagnarla a vedere la prima del nuovo cast di Wicked” gli ricordò, mentre faceva scorrere le mani ancora umide sul collo dell’altro.
“Solo perché tu mi avevi regalato i biglietti e l’abbiamo vista insieme a sua insaputa – non mi bagnare i capelli!”.
“È il giusto compromesso” affermò Blaine, mentre gli baciava lentamente una guancia.
“È per questo che noi staremo insieme per sempre. Nessuno può toccare ciò che abbiamo” sussurrò Kurt, chiudendo gli occhi e lasciandosi andare sotto le attenzioni dell’altro. “Rachel stasera non torna a casa”.
“Eh?” chiese, perplesso, tornando a guardarlo negli occhi. “L’hai minacciata o cosa? Non perderebbe mai l’occasione di fare ulteriore esercizio vocale dopo cena, la sento ogni giorno visto che tra il vostro appartamento ed il mio c’è solo un muro, che purtroppo è quello della camera di Rachel”.
“Diciamo che Finn sarebbe potuto casualmente venire a conoscenza della cronologia del suo computer, se stasera lei non avesse trovato un altro alloggio” ammise, sentendosi veramente poco colpevole.
Blaine, che non voleva indagare oltre, gli sorrise e tornò a preoccuparsi della pelle del suo collo, riprendendo a baciarlo.
“Mh… Ha detto che per l’ultimo anno di college vuole cambiare appartamento” farfugliò Kurt. “Rachel, intendo”.
Blaine si fermò di nuovo, guardandolo. “Ti lascia da solo in questo posto così grande?” ironizzò, ben conoscendo le tre stanze che lo componevano.
“Magari potremmo…” cominciò, ma si bloccò subito, incerto. L’altro notò il rossore sulle sue guance, ma non disse nulla, trovandolo adorabile come al solito. “Se ti va, potremmo… Tu non vuoi vivere con me?” si ritrovò a chiedere, improvvisamente spaventato.
“Cosa? Kurt, certo che voglio vivere con te” lo tranquillizzò, e proprio non sarebbe mai riuscito ad abituarsi ai suoi repentini cambi d’umore.
“Bene! Quindi è deciso!” esultò, e se non avesse preferito tenere le mani sui fianchi di Blaine probabilmente le avrebbe battute insieme entusiasta.
“Deciso cosa?” si ritrovò a chiedere l’altro, che capiva sempre meno i ragionamenti del suo ragazzo.
“È l’occasione giusta per rimodernare questo appartamento. Domani comprerò qualche rivista adeguata, quest’anno va molto il pervinca, si intonerebbe molto bene a quel tappeto color melanzana che ti chiederò di comprarmi per il mio compleanno” cominciò, mentre Blaine scuoteva la testa rassegnato. “E ovviamente spariranno tutte le cose orribili con cui Rachel ha arredato – se di arredamento si può parlare – la casa, a partire da questo orrendo grembiule, Blaine, non so come tu abbia avuto il coraggio di indossarlo. Anche se almeno copre quei pantaloni che chiaramente non sono quelli che abbiamo comprato insieme la scorsa settimana, ma che chiaramente sono quelli che ti avevo detto di buttare”.
Blaine a quel punto non riuscì a trattenersi, passandogli scherzosamente una mano sul viso. Una mano ancora bagnata e piana di sapone, visto che non era riuscito a finire di lavare i piatti. Ma decise che l’urlo disperato di Kurt valesse qualsiasi cosa, anche passare la serata del proprio anniversario a sistemare la cucina di Rachel Berry.
“Blaine, se hai intenzione di rovinare la mia pelle sappi che combatterò fino alla morte!” si lamentò, tentando di spostarsi.
L’altro gli passò le dita sulle labbra – e rabbrividirono entrambi leggermente a quel contatto – ma non demorse. “E guerra sia” ridacchiò.
E doveva ammetterlo, Kurt era forte quando voleva – solo quando voleva, ricordava bene come avevano dovuto chiamare Finn dall’Ohio per aiutarlo a portare a casa le valigie durante lo scorso Natale (anche se pensava che ci fosse lo zampino di Rachel sotto e che fosse tutta una scusa colossale) – ma lui non era da meno, soprattutto se era in ballo il suo onore. E come ex solista di un coro scolastico il suo onore era molto alto, così come il suo orgoglio. E poi toccare in quel modo la pelle di Kurt gli piaceva da impazzire, era inutile non ammetterlo.
“Sai che vestire fuori moda è un motivo di divorzio? Dovresti seriamente pensarci, Blaine” gli disse a un certo punto l’altro, mentre era finito non sapeva bene come incastrato tra il lavandino e il suo ragazzo.
“Prima dovresti farmi ubriacare così tanto da convincermi a sposarti, Kurt” gli rispose con un sorrisetto.
A quel punto l’espressione scioccata sul viso di Kurt era qualcosa di talmente impagabile che Blaine non riuscì a trattenere la risata. Una sonora risata. Nei suoi confronti.
E quando Kurt capì di essere stato preso in giro – l’ultima di una lunga serie di volte –  arrossì furiosamente. “Fai pure, ma sappi che stavolta ti lascerò in balia di Rachel Berry se cominci di nuovo a succhiarle la faccia!” tentò di controbattere, inutilmente .
Provò ad allontanarsi ma non ci riuscì, ovviamente, perché Blaine lo teneva stretto contro di sé e lo baciava con tutta la passione di cui era capace – ed era tanta.
E alla fine pensò che non aveva bisogno di riposarsi più di tanto per il suo esame importante del giorno dopo, tanto sarebbe stato perfetto come al solito, e che le labbra di Blaine, che non poteva assaporare bene perché aveva un velo di sapone per piatti sulla bocca, grazie a quello stupido attacco alla perfezione della sua pelle di poco prima… beh, le labbra di Blaine avevano la precedenza su tutto. Come sempre.











Note: vorrei fare una piccola precisazione sul capitolo. Sono la prima ad urlare di felicità all'idea di Kurt&Blaine a NY, e spero tanto che accada davvero, ma non so se sarà possibile una loro convivenza. Il problema si chiama Burt. Secondo me i nostri due piccioncini dovranno passare sul suo freddo cadavere prima di avere il permesso di vivere insieme XD Ho quindi pensato a un'alternativa: Kurt e Rachel vivranno insieme (lo so, è irrealistico, si ucciderebbero dopo due ore), Blaine e gente varia di cui non mi importa nulla vivranno da un'altra parte. Che poi siano due appartamenti vicini è una cosa del tutto casuale, non c'entra niente il fatto che Kurt sia furbo.
So che c'è una fanfic lunghissima che riguarda Kurt, Blaine e Rachel a NY, ma non ho ancora avuto modo di leggerla, quindi non so come Kikisinger abbia sistemato le cose tra loro.

Cosa ci sarà nella cronologia del computer di Rachel? La mia beta dice fanfic slash su Wicked. Sarebbero femslash visto che il cast è quasi tutto femminile (a meno che Fiyero e il mago non ci nascondano qualcosa), ma da Rachel me lo aspetterei anche io XD Meglio che resti un mistero.


A proposito di esami di Kurt, se qualcuna sta affrontando la maturità faccio un grosso in bocca al lupo :) io la sto affrontando indirettamente e ricordo bene il carico emotivo enorme. Spero che il capitolo possa alleviare le vostre sofferenze almeno per dieci minuti :D Non sarà la stessa cosa che sentirlo da Blaine, ma vi dico comunque "Coraggio".

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Quattro ***


Note: la canzone citata è "Non, je ne regrette rien" di Edith Piaf (tra l'altro fa parte della colonna sonora di Inception <3). Il sottofondo musicale francese durante i momenti di intimità è decisamente da Kurt, quella parte della 1x18 mi ha fatto morire :D
In questo capitolo c'è un riferimento alla fanfic "So, what about the future?" di RobyLupin, che consiglio di leggere <3
Spero questa storia continui a piacervi :)



4.

Le luci soffuse delle candele, i calici riempiti di vino rosso da cui era stato bevuto soltanto un sorso – i ventuno anni li avevano raggiunti da tempo, ma l’alcool ricordava loro troppe brutte sensazioni –, un mazzo di rose rosse che Kurt si era ostinato a voler comprare, e dei cioccolatini che Blaine si era ostinato a voler comprare. Ma le note delicate cantate in francese dalla melodica voce di Edith Piaf che uscivano dal lettore CD e si diffondevano nella stanza silenziosa erano la ciliegina sulla torta.
Kurt rilassò le spalle, lasciandosi sprofondare sul divano, e spostò la testa da un lato, permettendo a Blaine di baciarlo più facilmente sul collo. Gli passò le mani sulle braccia, accarezzandolo fino alle spalle in movimenti lenti e misurati, mentre intuiva le labbra dell’altro risalire dolcemente fino al suo mento. Avvertì un brivido quando percepì il respiro di Blaine sul suo orecchio, e gli strinse i capelli per tenerlo lì e avere qualche altra attenzione - come se gliene avesse mai fatte mancare.
C’est payé, balayé, oublié” mormorò Kurt, cantando sopra le parole della canzone con la sua voce chiara. “Je me fous du passé” sorrise.
Sentì Blaine sorridere contro la sua tempia, prima di tornare a guardarlo dritto negli occhi. Gli aveva poggiato la fronte contro la sua, facendo aderire meglio i loro corpi; sapeva che per Kurt quella vicinanza non era mai troppa, ormai aveva imparato le cose che gli piacevano di più –  e soprattutto il modo più veloce di fare pace.
“Non ti importa più del passato?” gli sussurrò, scendendo a baciargli piano uno zigomo e poi una guancia, mentre con la mano gli accarezzava i capelli. “Amo quando parli in francese, è talmente sexy”.
E lo sapeva, eccome se Kurt lo sapeva.
Si limitò però a sorridere, facendo scorrere una gamba contro quella di Blaine, lasciandosi sfuggire un sospiro quando l’altro gli baciò l’angolo della bocca. “Pensavo di essere sexy sempre” gli disse, beandosi del mugolio di assenso che l’altro aveva soffocato contro il suo collo. “Blaine, gradirei una risposta intelligibile”.
“Sei bellissimo” chiarì quindi, rialzandosi a guardarlo, non curandosi di quanto i suoi capelli ricci fossero spettinati. E nonostante tutto i suoi occhi non mentivano, per questo quando Kurt se ne accorse decise che poteva considerarlo perdonato – anche perché sarebbe stato difficile nascondergli di essere arrossito. “Sei bellissimo, Kurt, e non riesco a smettere di pensare che presto sarai…” ma si bloccò, mentre un pensiero gli increspava la pelle della fronte. “Perché quello era un , giusto? Intendo, quello di oggi pomeriggio al Lima Bean…”
L’altro roteò gli occhi e per quanto gli dispiacque si spostò, sciogliendosi dall’abbraccio e tornando seduto composto sul divano della sua stanza.
“Dove vai?” chiese preoccupato Blaine, sedendosi subito accanto a lui e prendendogli la mano. “Preferivo quello che stavamo facendo prima” gli fece sapere dolcemente, riavvicinandosi al suo viso.
Ma Kurt fu più veloce e si allontanò, fintamente scandalizzato. “Blaine! Ci sono mio padre e Carole al piano di sotto, non mi sembra il momento adatto per certe cose!”
L’altro sbuffò alzando gli occhi al cielo, in un modo così lontano dal suo comportamento sempre impeccabile ma così stranamente vicino al gesto che vedeva fare quotidianamente a Kurt. Evitò tuttavia di fargli notare che certe cose le aveva volute cominciare proprio lui come valido metodo per farsi perdonare l’uscita di quel pomeriggio.
Continuò a tenere la mano nella sua, stringendola leggermente, e alla fine gli disse con un sorriso smagliante: “E allora? Perdonato?”
Kurt sospirò in quel modo teatrale che amava tanto fare, per l’appunto, come a pensarci ancora un attimo anche se aveva preso una decisione ore prima. “Mi hai chiesto di sposarti così all’improvviso... In un bar. Ok, era il nostro bar, ma era sempre e comunque un- Blaine!”
“Mh?” domandò l’altro, riemergendo pigramente dal collo di Kurt. “Era un sì, vero?” evidenziò con un sorriso sornione.
“Mh. Domani comunque torniamo a New York, dovremmo finire di preparare le valigie” disse con fare pratico, solo per togliersi certe idee dalla testa ed evitare di arrossire più di quanto già non fosse, ignorando con difficoltà i fiori, i cioccolatini, i calici di vino e la musica che ancora faceva loro da sottofondo.
“Possiamo farlo dopo” decise per lui, passando un braccio attorno alla vita di Kurt e attirandolo a sé. “E per dopo intendo domani” precisò, spingendolo di nuovo sui cuscini del divano e riprendendo a baciarlo da dove si era fermato.
“Immagino…” rispose divertito, lasciandosi andare a tutte quelle dolci coccole. Il suo ragazzo - e da quel pomeriggio futuro marito - era davvero bravo in questo. Futuro marito… suonava proprio bene, si disse, ridendo compiaciuto tra sé e sé. “Però devi smetterla, la prossima volta cosa farai? Mi dirai di aspettare un bambino mentre bevi tranquillamente il tuo caffè al Lima Bean?”
Blaine si limitò a mordergli il collo, facendolo sussultare, sorpreso. “Troverò il modo di curare questo trauma da bar” gli disse, sussurrando al suo orecchio con quel suo tono profondo che faceva impazzire Kurt nel giro di un nanosecondo. “Anzi, credo di averlo già trovato…” e lasciò in sospeso la frase,  risalendo con le labbra fino al mento, sempre più vicino alla bocca, con lentezza esasperante, mentre con le dita gli accarezzava una guancia e l’altra mano scendeva sulla sua pancia e scivolava sul divano.
“E sarebbe…?” si ritrovò a chiedere, notando quanto la sua voce si fosse abbassata.
“Cioccolata” esultò, prendendo rapidamente un cioccolatino dal tavolino accanto a loro e infilandolo nella bocca aperta per lo stupore di Kurt.
Kurt, sì. Che rischiò di morire soffocato in quel momento. “Sei impazzito?” sbottò, tentando di sollevarsi. “Non la mangio questa roba!” finì con voce stridula.
L’altro si limitò a ridacchiare, soprattutto notando che quel cioccolatino il suo ragazzo lo aveva ingoiato senza fare troppe storie. Gli passò le dita sulle labbra, guardandolo poi seriamente negli occhi azzurri, e Kurt si ritrovò senza fiato, di nuovo.
“Le tue dita sanno di cioccolato” pigolò, cercando un contatto maggiore con il corpo di Blaine, portando una mano alla sua nuca e avvicinandolo al suo viso.
Blaine gli baciò una guancia, indugiando più a lungo del dovuto sulla sua pelle delicata, chiudendo gli occhi e riaprendoli l’attimo dopo, per guardarlo di nuovo.
Non, rien de rien. Non, je ne regrette rien” cantò Kurt, sottovoce, sulle note finali della canzone, mentre l’altro ora gli baciava delicatamente il lato della bocca. Si ritrovò a fissarlo, perdendosi in quegli occhi scuri e innamorati che fin troppo spesso, anche dopo tutti quegli anni, gli facevano mancare un battito. “E comunque era un sì”.
E Kurt pensò che al mondo non poteva esistere nulla di più bello del suo ragazzo – futuro marito –  a pochi centimetri dal suo viso, che gli sorrideva in quel modo, e che lo amava in quel modo.
Poi Blaine si chinò quel poco che bastava per arrivare alla sua bocca. “Car ma vie, car mes joies, aujurd’hui ça commence avec toi” gli sussurrò prima di baciargli le labbra.
E capì che niente, niente, sarebbe mai stato più bello di quel bacio, anche se aveva ancora il sapore di cioccolato impastato nella sua bocca.





Traduzione:
C’est payé, balayé, oublié. Je me fous du passé
“E’ stato pagato, spazzato via, dimenticato, non mi importa del passato.”

Non, rien de rien. Non, je ne regrette rien
“No, niente di niente, non rimpiango niente”

Car ma vie, car mes joies, aujurd’hui ça commence avec toi
“Perché la mia vita, la mia gioia, oggi comincia con te”

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Cinque ***


Note: sono un pochino in ritardo, ma ecco qui il capitolo. L'ultimo arriverà prestissimo, visto che poi devo sparire per un po'.
Grazie ancora a tutte quelle che hanno commentato :) siete dolcissime come la Klaine <3 Spero vi piaccia anche questo capitolo.



5.

Appena richiusero la porta alle loro spalle si addossarono entrambi contro di essa, lasciando la presa sulle loro valigie; si sedettero poi per terra, vicini, fissando l’ingresso e il salotto della loro nuova casa, emettendo un sospiro nello stesso istante.
Blaine poggiò la tempia contro quella di Kurt, mentre quest’ultimo gli prendeva la mano nella sua. “Siamo a casa…”
“Ed è ancora tutta intera”.
“Kurt, hai minacciato chiunque di non avvicinarsi mentre eravamo in luna di miele, e sei stato particolarmente convincente” spiegò, mentre un rossore d’imbarazzo andava diffondendosi sulle guance dell’altro. Blaine sorrise, scivolando piano fino a mettere la testa sulle gambe di Kurt. “Jetlag” disse soltanto, come se fosse una scusa per rimanere in quella posizione.
“Hai dormito per tutto il viaggio di ritorno” evidenziò Kurt, ma la sua mano corse involontariamente tra quei capelli ricci.
Il silenzio della loro casa nuova non era pesante, si ritrovarono a pensare. L’avevano comprata subito, innamorandosene all’istante, e l’avevano finita di arredare poco prima del loro matrimonio, in modo che li potesse accogliere appena tornati dal viaggio di nozze – Parigi, Kurt era stato intransigente.
“Non è vero” si ribellò pigramente Blaine, strofinando una guancia sulla sua coscia. “Mi sono svegliato quando quella hostess voleva attentare all’onore di mio marito”.
E si ritrovarono ad arrossire come due ragazzini per quanto quella parola suonasse bene. Quasi familiare.
“Quella povera ragazza voleva solo offrirmi un succo di frutta, Blaine, e ci ha fatto le sue più vive congratulazioni quando gli hai detto – urlato – che eravamo sposati” spiegò con tutta la pazienza possibile.
“Mpf” mugolò l’altro, chiudendo gli occhi e stringendo la stoffa dei pantaloni di Kurt, che ovviamente guardò la cosa con enorme preoccupazione. Aveva idea di quanto tempo ci volesse per stirarli?
Eppure sospirò, continuando a passare dolcemente le dita tra i capelli di Blaine, rilassandosi a sua volta. “Dovremmo alzarci da qui” sussurrò dopo qualche minuto di completo silenzio.  
L’altro si girò in modo da poterlo guardare negli occhi, alzando un braccio fino a toccargli una guancia. “Spaventato?”
“Un po’” ammise subito, calmandosi leggermente grazie a quella carezza.
Blaine fece un mezzo sorriso, tirandogli scherzosamente la pelle del viso. “Di aver commesso un errore?”
“Cosa?” tentò di dire Kurt, liberandosi da quella presa. “No! È solo che… una casa nuova, una vita nuova… E sono felice, ecco” ammise, arrossendo in quel modo adorabile che non era cambiato di una virgola da quando avevano solo sedici anni.
“Anche io” gli disse, allungando anche l’altro braccio verso il suo viso e facendolo avvicinare a lui, ancora sdraiato. Kurt si limitò a chiudere gli occhi per un momento, indugiando leggermente contro la mano sinistra dell’altro. Poi si sorrisero, prima che Blaine gli baciasse la punta del naso.
“Ora dovremmo davvero alzarci. Sistemare le nostre cose, preparare la cena, organizzare la giornata di domani” cominciò Kurt, mentre l’altro emetteva un suono a metà tra la pigrizia e la frustrazione. “E fare una doccia, magari”.
“Mi piace fare la doccia” ammise Blaine, con un tono che doveva sembrare seducente, ma che risultò piuttosto assonnato.
“Lo spero bene, Blaine, o sono ancora in tempo per annullare il matrimonio” lo prese in giro, tirandogli leggermente quei capelli con cui amava giocare. Ma l’altro, per tutta risposta, spostò la testa indietro, contro la sua mano, mostrandogli il collo.
Kurt sospirò, ancora. Non era il momento.  
“Non hai motivo di essere spaventato, Kurt” gli disse poi. “Per ogni giorno della nostra vita sappi che laverò i piatti dopo i pasti, visto che mi hai vietato di cucinare, e porterò sempre in lavanderia tutti i pantaloni e le camicie che ti rovinerò stringendoli troppo. E ogni mattina ti sveglierò con una canzone diversa, una importante nella nostra storia, e domani sappi che inizierò con la prima, quella che ha segnato il nostro incontro, che poi è rimasta la migliore-”
“Non stiamo per iniziare la nostra prima discussione, vero, Blaine?” lo ammonì Kurt. E sembrava davvero minaccioso.
“… Ti preparerò sempre il tuo caffè preferito” continuò imperterrito. “Posso anche portartelo direttamente dall’Ohio se vuoi, anche se viviamo a New York” fece una pausa. “A New York. Viviamo a New York. Insieme” ripeté.
E al diavolo chi non aveva mai creduto in loro e nei loro sogni.
Kurt sorrise, accarezzandogli la guancia con la mano sinistra. Blaine ne approfittò per lasciargli un bacio sul palmo, e poi sull’anulare, contro quella fede lucente con cui lo aveva sposato appena due settimane prima.
“Va bene, ma per ora voglio solo che ti alzi” gli disse poi.
Blaine lo avvicinò di nuovo al suo viso. Gli diede un bacio leggero sulle labbra, e a Kurt tornò in mente una discussione vissuta almeno dieci anni prima. E non sapeva perché si fosse ricordato un discorso del genere, con una ragazza – con una ragazza con cui stava pomiciando, per giunta – proprio in quel momento, mentre suo marito gli dava il primo bacio nella loro nuova casa, ma ricordò Brittany, e il seminterrato della casa dei suoi genitori, e le sue domande ingenue e inesperte.
E mentre Blaine lo teneva stretto a sé come se non volesse lasciarlo andare mai più, pensò che lui fosse diverso. Le sue labbra non sapevamo mai di hamburger, o di salse, o di qualsiasi altra cosa. Le sue labbra sapevano soltanto di Blaine, e di Kurt, e di loro due insieme.
E seduti in quel modo scomodo sul pavimento della loro nuova casa, nel silenzio complice che li avvolgeva – nessuna musica, per una volta – Kurt capì che anche se Blaine lo avesse baciato mille volte in tutto, o mille volte in un giorno, o mille volte al secondo, non gli sarebbe bastato mai.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Uno ***


Ultimo capitolo :) Grazie mille a chi ha seguito questa storia fino alla fine (soprattutto a chi invece di studiare per gli esami era qui a leggere =P).
E grazie ancora a Roby per il betaggio ultraveloce e a Lucia, santa donna, che non so se leggerà mai ma che ringrazio lo stesso per ovvi motivi, e perché ora ho capito che scrivere su commissione mi leva la fatica di pensare all'idea di base, e visto che sono pigra questa cosa mi piace parecchio.




6.

A volte si svegliava all’improvviso durante la notte, e ci metteva qualche secondo prima di mettere a fuoco dove si trovasse, rilasciando un respiro che non sapeva di star trattenendo; a volte appena prima di addormentarsi stringeva forte la mano di Blaine, e la teneva contro il suo petto fino alla mattina seguente. A volte semplicemente aveva paura. Paura che stesse vivendo uno dei suoi sogni ricorrenti di adolescente, e che appena avesse aperto gli occhi si sarebbe ritrovato a dover affrontare un’altra giornata qualsiasi in quel terribile liceo di quella terribile città sperduta in Ohio, ricominciando tutto da capo.
Per questo si ritrovava spesso a fissare in silenzio scene del genere dalla porta della camera, braccia incrociate al petto, fianco poggiato contro lo stipite e un sorriso aperto sulle labbra.
“Per quanto pensi ancora di rimanere lì a guardarmi senza far niente?” gli disse Blaine, senza sollevare lo sguardo da ciò che stava facendo. Sembrava sempre sapere dove fosse Kurt, anche se non lo vedeva, anche se non lo sentiva.
L’altro infatti sospirò per poi avvicinarglisi. Si sedette sul divano accanto al marito, sbirciando oltre il suo braccio. “Sta bene?” chiese, apprensivo.
Blaine sbuffò divertito. “Certo che sta bene. Sta benissimo. Non è mai stata meglio” assicurò, lasciando che poggiasse il mento sulla sua spalla. “Potevi dormire ancora un po’, ormai dovresti fidarti. Non l’ho più fatta cadere” lo prese in giro, aggiungendo subito uno “Scherzavo!” notando l’occhiataccia di Kurt.
Tornò quindi a quel piccolo esserino avvolto in una calda copertina rosa tra le sue braccia. La loro bambina. Elizabeth. Due mesi e un cappellino giallo con i ponpon sulla testa – perché quest’anno è di moda e s’intona perfettamente con il colore rosa della sua culla. A volte Blaine pensava che Kurt sarebbe seriamente impazzito nel riempire il guardaroba dello loro figlia. Be’, non che lui fosse da meno.
“Lasciamela tenere un po’” si lamentò, posando una mano sul gomito di Blaine per spostarlo leggermente e avere una visuale migliore.
“Sta bevendo il suo latte, Kurt, è già complicato tenere lei con un braccio con la paura di farle male e il biberon con l’altra mano in equilibrio precario senza che anche tu mi faccia pressione” chiarì.
L’altro rise, scoccandogli un sonoro bacio sulla guancia. “Rilassati, amore, se faranno un’audizione per il papà migliore del quartiere il secondo posto ce l’hai assicurato” tentò di tranquillizzarlo. “Perché ovviamente il primo è il mio” evidenziò, mentre Blaine alzava gli occhi al soffitto.
Kurt poi si accoccolò meglio contro la sua spalla, continuando a guardare la bimba finire il suo pasto. “Non pensi che mi somigli?” sussurrò. “Quello è sicuramente il mio naso. E quelle sono sicuramente le tue orecchie, Blaine. Ci somiglia!” esultò, fiero della sua scoperta.
Blaine ridacchiò, posando il biberon quasi vuoto sul pavimento e stringendosi al petto la figlia. “Kurt, temo sia del tutto impossibile, anche solo per sbaglio. Si chiama eredità genetica, e non ha la nostra” lo prese in giro.
Kurt mise il broncio, dandogli una pacca non tanto amorevole sul braccio. “Lo so. Ma penso ci somigli lo stesso” s’impuntò, e la risata sincera dell’altro era un chiaro segno che gli dava ragione. “È bellissima”  commentò un attimo dopo, allungando un braccio fino ad accarezzarle piano una guancia.
“Assolutamente”.
“È la cosa più bella che potesse capitare nella nostra vita” ammise, continuando a guardare la bambina mentre si addormentava contro il petto di uno dei suoi due papà.
Blaine si scostò lentamente solo per poterlo guardare meglio negli occhi. “La seconda” gli disse, fissandolo eloquentemente e sorridendogli, facendolo arrossire – e lo sapeva che flirtare in quel modo era il suo punto debole.
“La seconda” ripeté allora Kurt, ancora leggermente imbarazzato, protendendosi verso il suo viso e sfiorandogli le labbra con le proprie.
Non che Blaine si lasciò sfuggire l’occasione, ricambiando più che volentieri il bacio, facendo maggiore pressione e rimanendo lì, fermo contro quella bocca che amava, respirando la sua aria contro la sua pelle, per poi tentare di approfondire il contatto; ma quando sentì il sorriso di Kurt aprirsi sotto le sue labbra si allontanò, guardandolo con un broncio adorabile. “Che c’è di così divertente?”
E l’altro evitò di pensare ai riccioli ribelli che scendevano scomposti sulla fronte di Blaine dopo una notte probabilmente insonne, o alla tuta grigia dell’università che più volte gli aveva rimproverato di buttare, ora sporca di latte su una manica e chissà che altro sulla spalla opposta, o a quello sguardo profondo che gli riservava – a lui, e a lui soltanto – fin dalla prima volta, fin da Teenage Dream cantata alla Dalton, ma che perdeva tutto il suo fascino se si teneva tra le braccia una bambina che aveva appena avvertito di aver digerito bene.
“Le tue labbra…” rispose soltanto Kurt.
“Che hanno?”
“Sanno di latte” ammise, e si lasciò andare a una sonora risata – non tanto sonora, per non svegliare la figlia – notando il rossore improvviso sulle guance di Blaine.
L’altro infatti spostò subito lo sguardo, tentando di nascondere l’imbarazzo. “Dovevo pur essere sicuro di cosa farle mangiare”.
“Blaine” lo riprese, respirando e calmandosi dalle risate. “Basta che senti la temperatura del latte sulla pelle del polso, non c’è bisogno di berlo”.
“Volevo assicurarmi che fosse buono!” rispose piccato. “Se le vengono altri mal di pancia rimani tu sveglio tutta la notte con lei” s’infervorò, stringendo le labbra ed evitando ancora di guardarlo.
“Va bene, va bene” accordò, stringendosi ancora di più a lui e poggiando di nuovo la testa sulla sua spalla.
Rimasero così per qualche minuto, guardando solo il lento respirare della bambina, i suoi pugni chiusi, le guance paffute, quella carnagione rosea che lasciava intravedere le vene, e si ritrovarono a fantasticare su come sarebbe stata, su che carattere avrebbe avuto, sul suo musical preferito, su come poteva essere la sua voce, su che canzoni avrebbe cantato per loro dopo cena, sul colore dei suoi occhi, sul tono della sua risata, e stranamente solo su una cosa erano entrambi d’accordo: sarebbe stata bellissima. Perché era loro. E tutto ciò che era loro era bellissimo.
“Mercedes ha detto che sarebbe passata stasera e temeva che Rachel si sarebbe aggregata, come sempre, ma stavolta non ho intenzione di far entrare in casa mia, né tantomeno nel guardaroba firmato di mia figlia, qualsiasi capo d’abbigliamento regalatoci da quella maniaca dei vestiti fuori moda. A proposito di stranezze, se Wes e David si ripresentano di nuovo insieme ad un orario improponibile come le sei del mattino comincerò a credere che ci nascondano qualcosa, e non mi importa nulla del volo che hanno dovuto prendere per farci una sorpresa e del fuso orario. Oh, e mio padre e Carole saranno a pranzo da noi questo fine settimana, sto pensando di sfruttare il libro di cucina francese che mi hai regalato lo scorso mese, e-”
“Ti amo”.
Blaine lo aveva guardato negli occhi con quello sguardo sincero che lo faceva sciogliere ancora dopo tutti quegli anni, anche con i capelli spettinati, la maglia sporca e la bambina tra le braccia.
Certe cose non sarebbero mai cambiate, ed erano proprio quelle a fargli credere che tutto ciò che avevano costruito non era un sogno, e che non si sarebbe mai più risvegliato adolescente, in Ohio, lontano da Blaine. Non era più possibile.
E per questo sorrise.
“Ti amo anche io”.


FINE







Nota finale: ero molto indecisa sul nome della bimba. Ho passato in rassegna tutti i musical citati da Kurt, ma niente. Wicked ha nomi troppo strani, mentre RENT ha un perfetto Angel - che adoro - ma... ehm... no, non potevo usarlo, e gli altri personaggi femminili non vanno bene. Ho pensato quindi a Gypsy, a Rose... ma no, nemmeno quello, perché non le auguro una vita così, alla piccola Hummel-Anderson. E quindi ho lasciato perdere i musical e ho pensato a Kurt che si firma con "Elizabeth" come secondo nome, e chissà se quello è davvero il nome della madre (non ci credo che sia il suo vero secondo nome, Burt non avrebbe mai messo al suo primogenito un nome da donna XD) o un nome a caso scelto dal gusto di Kurt. Rimarrà un mistero (grazie, RIB, vi amo alla follia quando fate così). Io intanto ne approfitto senza vergogna.


Se volete lasciarmi un commento almeno per l'ultimo capitolo sarebbe una cosa carina e gradita. Risponderò a tutti il prima possibile, sperando di non perdere la capacità di parola dopo la - ehm - vacanza massacrante che andrò a fare.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=742734