Alcoholic

di Alioth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Gwen - Scotch ***
Capitolo 2: *** 2. Duncan - Cognac ***
Capitolo 3: *** Heather - Calvados ***



Capitolo 1
*** 1. Gwen - Scotch ***


Gwen * Scotch *

 

 

“Noi nuotiamo al sole ma pure se piove, siamo soli io e te amore, nell’oceano niente,  solo io e te...”

 

La canzone si interruppe proprio poco prima del ritornello, lasciando che l’aria venisse pervasa da un silenzio, per certi versi, quasi opprimente.

Gwen osservava la radio spenta con aria malinconica.

Non riusciva mai ad ascoltare fino alla fine l’intera melodia: appena udiva quella voce troppi ricordi le riaffioravano alla mente, e i sensi di colpa cominciavano subito a tormentarla.

Perché in fondo sapeva benissimo che tutto era finito unicamente per causa sua.

Era stata lei stessa l’artefice della distruzione dei suoi sogni, lei lo aveva respinto, e sempre lei aveva fatto di tutto per cancellarlo definitivamente dalla sua vita.

Riconosceva le sue colpe, e stava male.

Dio se stava male.

 

Nonostante si fosse ripromessa che non avrebbe mai pianto per un uomo, non vi era notte in cui il suo cuscino non si inumidisse.

Non vi era attimo nel quale i suoi pensieri non si rivolgessero a quegli occhi, di quel verde intenso che l’aveva sempre incantata, e a quel sorriso così dolce che le rivolgeva ogni volta che i loro sguardi si incontravano.

Perché lei era stata al centro del suo mondo, ma non era riuscita a capirlo.

O forse non aveva voluto.

 

Un’altra lacrima, l’ennesima, rigò il volto della ragazza.

Basta.

Doveva smettere di soffrire, era inutile continuare a rivangare il passato cercando di rivivere momenti che probabilmente non avrebbe più rivissuto.

Era giunto il momento di dimenticare e, se non ci riusciva da sola, sarebbe ricorsa ad un approccio più drastico, ma ugualmente efficace.

Si diresse in cucina ed aprì un piccolo armadietto in legno di mogano che stonava leggermente con l’arredamento moderno del resto della casa.

 

Dopo aver osservato con attenzione la vasta gamma di alcolici che le si presentava dinanzi estrasse dal mobile una bottiglia di Scotch e l’ appoggiò sul tavolo, si sedette e versò il liquido ambrato in un bicchiere.

Fissò con indecisione il calice di cristallo per qualche istante.

Sapeva che l’alcool non era la giusta soluzione, ma poteva essere un valido aiuto per affrontare il dolore.

Dopotutto non aveva niente da perdere.

Perché non tentare?

 

Bevve il primo sorso tutto d’un fiato.

Sentì subito un fiotto di calore invaderla dall’interno, era una sensazione piacevole e, in un certo senso, confortante.

Fu così che decise di riempire nuovamente il boccale.

Rispetto a prima bevve però con più calma, assaporando il gusto pungente e inebriante del liquore.

 

Quando il bicchiere si svuotò per la seconda volta Gwen ebbe un attimo di esitazione.

Era davvero la cosa giusta da fare?

Valeva la pena ubriacarsi per sfuggire alla depressione soltanto per una sera?

 

Mentre rifletteva, il suo sguardo si posò su una fotografia appesa al muro nella quale erano ritratti tutti i partecipanti del reality a cui aveva partecipato per ben tre stagioni.

L’immagine li raffigurava riuniti tutti insieme attorno al fuoco sull’isola Wawanakwa, ai tempi di  ‘A tutto reality l’isola’, quando erano ancora agli esordi e quando… lei e Trent erano ancora una coppia.

 

A quella vista la ragazza mosse automaticamente la mano verso la bottiglia.

Il dolore era troppo da sopportare,  lei era debole e quella scappatoia talmente allettante che risultava impossibile ignorarla.

 

Quella notte Gwen si lasciò andare: bicchiere dopo bicchiere, sorso dopo sorso.

Quando finalmente non rimase più nemmeno una goccia di quella bevanda idilliaca, la giovane crollò addormentata, il volto posato sul tavolo, la mente finalmente libera.

                                                                    Quella notte Gwen si isolò dal mondo.

 

 

 

 






* Studio Radiofonico di Ottawa* 

 

“Allora Trent, ormai sei diventato un cantantautore di successo e questa sera abbiamo avuto il piacere di ascoltare i brani del tuo nuovo album.”  disse lo speaker con voce affabile, rivolgendosi al giovane che gli sedeva di fronte.

“C’è un’ultima cosa che però vorrei chiederti, e che probabilmente si domandano anche i nostri ascoltatori: a chi ti ispiri per scrivere questi testi, chi è la musa ispiratrice che ti ha talmente conquistato da farti scrivere canzoni dal significato così profondo e passionale?”

Il moro impiegò qualche istante prima di rispondere, ma alla fine si decise a parlare: “Ogni singola parola, ogni nota, tutto quello che ho realizzato in questi anni, è dedicato alla ragazza che mi ha incantato dalla prima volta in cui l’ho vista. Spero che lei possa sentirmi in questo momento, perché voglio che sappia che l’amore che provo per lei non è mai scomparso. Ti amo Gwen, ti amo ancora.”

 

 

                               

 

 

 

Ma la radio, in quella casa, è spenta ormai da tempo.

Il silenzio culla il sonno di una ragazza addormentata, celando le parole che invece avrebbero potuto salvarla dalla sua agonia.

 

 

 


 

 




NDA

Oddio la mia prima Trent x Gwen *-* Non siete emozionati anche voi ? * Osserva desolata una palla di sterpi che le rotola davanti*

Allora, scleri a parte, so benissimo che questa storia non avrà molto  successo per i seguenti motivi:

-punto primo, perché è la mia prima one-shot sulla coppia TxG

-punto secondo, perché credo sia piuttosto noiosa…ma è uno sfogo, elaborato e scritto all’una di notte quindi chiedo pietà.

Le critiche sono ben accette e, come sempre, a voi lettori l’ardua sentenza!

Baci,

Bonnie.

   

 


**La frase iniziale è una strofa che Trent dedica a Gwen durante una puntata di TDI, giusto per rendere il tutto un po’ più realistico ;D

 

 


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Capitolo 2
*** 2. Duncan - Cognac ***


Duncan * Cognac *
 
 


 

"Io sono innamorata di te! Perché non vuoi capirlo?"

"Jodie, siamo troppo diversi, tra noi non potrebbe mai funzionare"

"Ma George, io non amo altri che te e farei di tutto per…"

 


                                                                                                                                                                                                                                                                                               *Click*

 

Duncan spense la televisione, un’espressione lievemente schifata dipinta sul volto.

Non riusciva a capacitarsi del perché dovessero mandare in onda quegli orrendi sceneggiati persino la sera della Vigilia di Natale.

Aveva passato in rassegna tutti i canali e, con suo grande disappunto, si era imbattuto solamente in stupide soap-opera e cartoni animati.

Nemmeno uno straccio di film dell’orrore o, per lo meno, qualcosa di abbastanza movimentato che non lo facesse annoiare a morte.

Dopotutto non avrebbe potuto aspettarsi diversamente: quello era un giorno di festa, dedicato interamente ai bambini e alla famiglia, di certo non il clima più adatto per trasmettere lungometraggi riguardanti uccisioni e squartamenti.

Sospirò rassegnato e diede un’occhiata al grande orologio a pendolo che si trovava sulla parete di fronte a lui.

Le lancette segnavano un quarto d’ora a mezzanotte.

Nonostante cominciasse a sentirsi piuttosto stanco, si diresse con passi strascicati verso la sala da pranzo: la tavola era già stata apparecchiata e le pareti abbellite con delle ghirlande ed altri vistosi addobbi.

Non era mai stato una persona particolarmente accurata e fissata con l’estetica ma, in quell’occasione, non poteva fare a meno di assicurarsi in continuazione che tutto fosse assolutamente perfetto.

Ogni anno, più precisamente il 25 dicembre, invitava da lui tutti gli ex concorrenti con cui aveva partecipato, per ben tre stagioni consecutive, al reality che li aveva resi conosciuti in tutto il Canada.

L’idea di passare il Natale in compagnia gli piaceva e, sebbene di tempo ne fosse passato davvero molto, nessuno era mai mancato a quella sorta di appuntamento annuale.

Complici erano sicuramente la voglia di ritrovarsi, parlare e ricordare insieme il passato, anche se Duncan era sicuro che il reale motivo fosse un altro: non volevano che restasse solo.

Un vero e proprio controsenso data la sua natura misantropa e solitaria, eppure, sebbene fosse riluttante ad ammetterlo, la loro presenza lo rasserenava e lo aiutava a colmare, almeno un po’, quel senso di vuoto e di tristezza aveva invaso il suo cuore e che continuava a tormentarlo, non lasciandogli nemmeno un attimo di pace. 

Sul volto dell’uomo comparve un sorriso amaro e colmo di malinconia.

Dieci anni.

Erano passati dieci lunghi anni, eppure il dolore era sempre lì, lo seguiva come un’ombra, si insinuava nella sua mente e gli logorava l’anima.

Sebbene quella sofferenza fosse ormai diventata parte di lui, aveva imparato a conviverci, riuscendo a rendere la sua esistenza sopportabile quel tanto che bastava perché non rischiasse di sprofondare nella depressione.

 

                                                                      Lei non gliel’avrebbe mai perdonato.

 

 Appena quest’ultimo pensiero sfiorò la sua mente Duncan si riscosse e, con gli occhi stranamente lucidi, finì di sistemare alcune decorazioni per poi avviarsi in camera da letto.

Una volta lì, raggiunse l’imponente armadio di mogano situato dall’altra parte della stanza e, dopo averlo aperto, vi estrasse una bottiglia blu cobalto che posò sul comodino insieme ad piccolo bicchiere di cristallo.

Con movimenti estremamente lenti ed esitanti versò il liquido dal colore dorato, nel calice, riempiendolo fino all’orlo.

Quindi si sedette alla scrivania ed iniziò a sorseggiare il liquore, assaporando ogni sfumatura di quel gusto così intenso e particolare.

Aveva sempre avuto una particolare predilezione per gli alcolici.

L’alcool era una delle poche cose che riuscivano a mandarlo completamente in estasi.

Forse anche troppo.

Da ragazzo quella sostanza inibitrice lo aveva rovinato: una semplice birra con gli amici si era trasformata in un interminabile circolo vizioso, in cui la dipendenza aveva avuto la meglio su di lui.

Uscirne era stata una delle prove più dure di tutta la sua vita, ma ce l’aveva fatta.                                                                                                 

                                                                                                                         Grazie a lei.


Lei lo aveva sempre sostenuto, era stata il suo punto di riferimento, pronta a sorreggerlo e ad aiutarlo in ogni momento di debolezza e sconforto.

Quante volte avevano litigato per quel motivo, quante volte lei lo aveva aspettato alzata nel cuore della notte, per poi vederlo tornare completamente ubriaco e ridotto ad uno straccio.

Ma non si era mai persa d’animo e, quando si sposarono, le cose cominciarono ad andare meglio.

Le crisi d’astinenza diminuirono e la vita, per Duncan, cominciò a riacquistare un senso.

Talmente orgogliosa del suo successo, lei aveva deciso di fargli un regalo.

Ogni sera gli concedeva di gustarsi un bicchiere di Cognac, come premio per il suo impegno e per la sua costanza.

“ Così adesso non sarò più l’unico amore della tua vita” gli aveva detto scherzosamente mentre lo osservava ammirare bottiglia contenente il tanto amato liquore.

Poi lei se n’era andata, la morte gliel’aveva portata via, lasciandolo solo.

Un alcolico come unica consolazione. Ma se l’era fatto bastare.

Il solo aroma di quella bevanda gli portava alla mente il suo volto, la sua pelle ambrata, i suoi occhi scuri.

Era come se fosse ancora lì con lui, come se non se ne fosse mai davvero andata.

 

I sordi rintocchi dell’orologio lo ridestarono da quel malinconico viaggio nei ricordi.

Mezzanotte.

Era incominciato il Natale.

 

 

Per la seconda volta in quella sera il viso dell’uomo si stirò in un sorriso, questa volta però colmo di amore e dolcezza.

Posò il bicchiere e prese tra le mani la fotografia che si trovava sul tavolo: ritraeva lui e Courtney il giorno delle loro nozze, entrambi sorridenti, stretti un abbraccio colmo di affetto.

Duncan portò la cornice vicino al volto, tanto che le labbra arrivavano quasi a sfiorarla, e con un sussurro quasi inudibile disse : “Buon Natale Principessa.”

E, nonostante non potesse vederla, era sicuro che anche lei stesse sorridendo.



 





NDA

 

Ma saaaaalve!

Guardate un po’ chi è tornata?
Ebbene sì, Bonnie è di nuovo fra voi, con una storia ancora più smielata e sdolcinata della precedente.
Quale gioia! (……)

Ehm, forse è il caso di sorvolare.

Coooomunque, sono piuttosto depressa per l’inizio della scuola ( ancora tre anni, aiuto) per cui lo stato d’animo con cui scrivo non è proprio dei migliori, da qui la nascita di questa altamente insignificante fan fiction.

Prometto che quelle che seguiranno saranno decisamente più allegre e non vi faranno venire voglia di buttarvi giù da un ponte ;)

Prossimo liquore……… Calvados e il protagonista, beh lascio spazio alla vostra immaginazione ( anche se non è difficile da indovinare).

Con la speranza che questa storiucola non vi abbia fatto poi così schifo, vi saluto.

Baci,

Bonnie.

 

 

Post Scriptum : Quindici recensioni per lo scorso capitolo?! Ma io vi adoro! Grazie, grazie e ancora grazie! Il vostro parere conta davvero molto per me!

 

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Capitolo 3
*** Heather - Calvados ***



 


 Heather * Calvados *

 

 

      *ambientato dopo il finale della seconda stagione*

 

 

 

 

“Dammene un altro”
Era già l’ottava volta, nel giro di un’ora, che Heather ripeteva quella frase.
Fasciata in un elegante abito da sera, i capelli corvini raccolti in uno chignon spettinato, se ne stava rannicchiata su uno dei tanti sgabelli del bar, i 
gomiti appoggiati al bancone, intenta a fissare,  con sguardo perso,  il bicchiere vuoto che le stava davanti.
L’anziano barista, che per tutta la sera aveva lanciato alla giovane occhiate colme di compassione, sospirò pesantemente mentre si apprestava a 
versarle dell’altro Gin.
"Non guardarmi così” disse la ragazza, lievemente irritata “Non sono ancora ubriaca”.
Prese il bicchierino e lo buttò giù d’un fiato.
“O almeno non abbastanza” si corresse poi in un sussurro velato.
 Erano passati quasi due mesi dalla fine della seconda stagione di A Tutto Reality.
Otto settimane dalla conclusione di un incubo. Un orrendo, terrificante, interminabile incubo.
Al solo ricordo il suo corpo fu scosso da un brivido mentre, sulle labbra, si faceva strada una smorfia disgustata.
Tempo, fatica e lacrime (senza contare i seri danni recati alla sua splendida chioma) impiegati in uno sforzo che non aveva portato a nulla, se non ad una
miserabile ed umiliante sconfitta.
E pensare che ci era andata così vicina, aveva potuto sentire il profumo della vittoria, lasciandosi completamente inebriare dall’idea di mettere le mani su
quel premio così allettante e straordinariamente accessibile.
Eppure aveva fallito.
Forse era stata fregata dall’eccessiva sicurezza, oppure dalla fin troppo salda convinzione di avercela fatta, o magari dal karma…
“Serata movimentata, eh chica?”
Una voce, tremendamente vicina al suo orecchio, la fece sobbalzare, distraendola per qualche istante dai suoi pensieri.
Voltò la testa di scatto ritrovandosi a pochi centimetri dal bel volto abbronzato di un perfetto sconosciuto.
“Come hai detto?” chiese,  un tono a metà tra il sorpreso e l’indispettito.
“Non penserai seriamente di ubriacarti con dell’insulso Gin vero?
Madre de dios, un po’ di rispetto per il buon nome degli alcolici, se vuoi darti alla pazza gioia almeno fallo come si deve..” continuò imperterrito il giovane,
ignorando completamente la domanda .
“Mi rifiuto categoricamente di farmi impartire lezioni di enologia da chicchessia, tanto meno da estranei!” sbottò Heather, sempre più  seccata, lanciando
al suo interlocutore uno sguardo esasperato.
Quello, per tutta risposta, corrugò la fronte in un’espressione fintamente contrariata.
“Come, non mi hai riconosciuto? Ti facevo un po’ più sveglia chica..” disse, mentre sul suo viso si faceva strada un ghigno che di venne ancora più ampio
alla vista dell’espressione furibonda che stava assumendo la ragazza di fronte a lui.
Prima che quest’ultima si scatenasse in tutta la sua furia decise di riprendere la parola e di presentarsi
“Mi chiamo Alejandro Burromuerto, a breve tuo  acerrimo avversario.” le fece l’occhiolino, tendendole la mano.
Se prima Heather aveva iniziato a provare un lieve senso di antipatia per quell’individuo tanto avvenente quanto  irritante, ora poteva affermare con 
certezza di detestarlo.
Non appena  lo aveva sentito pronunciare il proprio nome tutti i ricordi che aveva provato a reprimere nei meandri della sua mente erano ritornati a galla.
Si erano visti poche settimane addietro, quando Chris aveva avuto la brillante idea di organizzare una “simpatica” sfida  per decidere i partecipanti della 
nuova stagione.
Anche il suo volto era divenuto improvvisamente più familiare, impossibile dimenticarsi di quegli occhi, così magnetici, profondi e…perfidi.
Sì, perfidi era l’aggettivo più adatto per definirli. Degli occhi perfidi e dannatamente belli.
Si riscosse.
Ignorando volutamente  il  saluto rivoltole, sorrise a sua volta, squadrando il giovane con aria di malcelata sufficienza.
“Perdonami, tendo a dimenticare i dettagli insignificanti. Colpa mia.”
Lo sguardo sornione di Alejandro vacillò leggermente di fronte a quella risposta così acida e tagliente ma, denza lasciar trasparire nessuna emozione, si sedette tranquillamente sullo sgabello più vicino.
“Permettimi di rimediare allora” sussurrò suadente, attirando l’attenzione del barista ed indicandogli una bottiglia bordeaux posta all’interno di una teca in
vetro al di là del bancone.
L’uomo annuì e si apprestò  a prenderla  per poi versarne il contenuto in due bicchieri, canticchiando un allegro motivetto.
“Ottima scelta signore, se posso permettermi” aggiunse ossequioso porgendo i calici al ragazzo che rispose con un compiaciuto cenno del capo.
“Alla salute allora” disse, il boccale sollevato come a voler simulare un brindisi.
Tutto quell’entusiasmo pareva però non essere affatto ricambiato da Heather che osservava allibita il liquore che le era appena stato offerto.
“Posso sapere, di grazia, chi ti ha dato il permesso di ordinare al posto mio ?” chiese, cercando di dominare i suoi  istinti omicidi.
 “Mi sono preso la libertà di viziare un po’ le tue papille gustative, cara. Questo  è il nettare degli dei, decisamente al di sopra  qualsiasi altro alcolico, e 
senz’altro migliore di quella sorta di vodka diluita “ replicò allora Alejandro, alludendo ai bicchierini vuoti di fianco al braccio della giovane.
Quest’ultima  osservò scettica l’etichetta dell’imponente bottiglia:  la scritta Calvados spiccava sulla superfice cartacea, messa in risalto dalle rifiniture 
dorate che la decoravano, nettamente in contrasto con il colore scuro del vetro.
“Non intendo andarmene finché non l’avrai assaggiato, quindi provalo o sarai costretta a sopportarmi per tutta la sera, non che la cosa mi dispiaccia
ovviamente..” continuò l’aitante spagnolo, osservandola divertito.
Senza nemmeno aspettare la fine della frase Heather si portò il liquido ambrato alla bocca,  lasciandosi inebriare per qualche istante dal suo aroma 
pungente.
Appena  bevve il primo sorso una piacevole sensazione di torpore la invase, insinuandosi giù per la gola fino allo stomaco.
Improvvisamente si sentiva accaldata e, per qualche strano ed ignoto motivo, serena.
Evidentemente  quel connubio di emozioni afrodisiache si doveva essere riflesso almeno in parte sul suo viso, perché il sorriso di Alejandro si era ampliato
notevolmente, rendendo i suoi lineamenti, se possibile, ancora più gradevoli.
Lo prendo per  un apprezzamento”  disse, ammiccando soddisfatto in direzione delle gote arrossate della ragazza, che, senza nemmeno rendersene 
conto, si ritrovò a ridacchiare sommessamente.
Si sentiva sicura come non le accadeva da tempo e quella che, fino a quel momento, aveva considerato come un’esasperante presenza era divenuta 
l’oggetto principale del suo interesse.
Più lo osservava più sentiva le guance imporporarsi e il caldo aumentare.
La sua mente annebbiata stava abbandonando ogni tipo di difesa, lasciandosi guidare più dall’istinto che dalla logica.
Cosa che non poteva assolutamente accedere, specialmente in un simile frangente.
Spaventata da quell’insolito momento di debolezza si alzò di scatto, con il chiaro intento di allontanarsi immediatamente dal bar, prima di perdere 
definitivamente il controllo.
Purtroppo per lei però le gambe, ancora intorpidite come tutto il resto del corpo, non reggendo al quello scatto così repentino ed improvviso, si 
afflosciarono facendole perdere l’equilibrio.
Una salda stretta intorno alla vita le impedì di rovinare a terra, consentendole di appoggiarsi nuovamente al bancone per riacquistare un minimo di 
stabilità.
Per la seconda volta nella stessa sera la voce di Alejandro le giunse terribilmente vicina all’orecchio “ Sarà il caso di chiamare una taxi, chica, non mi 
sembri affatto in grado di reggerti in piedi.”
“Sei sagace” rispose sarcastica la giovane, che però si vide comunque costretta ad accettare l’offerta.   
 

 

 

 

 Una volta di fronte alla portiera del veicolo Heather biascicò l’indirizzo all’autista e si apprestò a salire nel piccolo abitacolo.
"Aspetta un istante"
Al richiamo di Alejandro si voltò, lo sguardo stanco colmo di riconoscenza.
“Senti, apprezzo molto quello che hai fatto, sei stato gentile ad accompagnarmi fin qui e a chiamare il
Taxi, non tutti lo avreb....”
Un paio di labbra si posò improvvisamente sulle sue, ponendo fine a quell’inutile fiume di parole.
Fu un bacio leggero, delicato e casto ma ,non per questo, meno travolgente.
Pochi secondi di idillio nei quali la mente di entrambi si azzerò completamente cedendo il passo all’emozione che, pulsante, si faceva sempre più accesa 
nei loro cuori.
Si staccarono quasi subito, nessun abbraccio, nessuna carezza, nemmeno un saluto.
Solo un ultimo sguardo, prima che il richiudersi della portiera  interrompesse definitivamente quel contatto.
Un modo come un altro per dirsi addio, oppure un semplice arrivederci.
 
 

 

 



La luce del giorno filtrava attraverso le tende sottili.
Heather si era svegliata con un gran mal di testa.
I suoi vestiti puzzavano d’alcool, gli occhi le bruciavano e, per quanto si sforzasse, non riusciva a ragionare lucidamente, la mente troppo occupata dai 
ricordi della sera precedente.
Si guardò intorno.
La stanza era come l’aveva lasciata, ordinata e pulita, tranne per il capotto, che giaceva abbandonato scompostamente sul letto.
Da una delle tasche spuntava un piccolo pezzo di carta che attrasse subito la curiosità della ragazza.
Avvicinatasi lo sfilò da sotto il lembo di stoffa e  lo avvicinò al viso.
Si trattava di un piccolo biglietto, scritto di fretta  ma dallo stile inconfondibile.
Probabilmente Alejandro l'aveva fatto scivolare all'interno del soprabito qualche istante prima che lei salisse in auto.   

 “Mi auguro che il tuo palato sia stato adeguatamente soddisfatto e, se per caso non ci dovessimo rivedere prima dell’inizio del reality, ti consiglio di prepararti.
Una volta lì,  non  ci sarà nessun taxi a sottrarti al tuo destino
.”
 
Ancora una volta le labbra di Heather si distesero in sorriso.
Le erano sempre piaciute le sfide
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autrice:
 
*parte un coro di Alleluia*
Ebbene sì, incredibile  ma  vero io  ho aggiornato!
 Dopo circa 6 mesi sono di nuovo qui, con uno schifo bello e buono a mo’ di scusa.
Uhm, davvero il massimo.
Beh, miei cari, come ho già detto in precedenza la divinità della scrittura mi ha abbandonata al mio destino, per cui questo è quel che passa al convento ^^’
Non preoccupatevi comunque, provvederò a darle caccia per farmi restituire un po’ del mio pseudo talento *imbraccia fucile*.
Ok mi dileguo che forse  è meglio.
Prometto che mi rifarò viva con qualcosa di più.. come dire, umano, al più presto.
Tanti baci carichi d’affetto a tutti quanti! (sì perché, nonostante tutto, sono coccolosa <3)
P.S. Doveva essere un POV Alejandro, ma è venuto fuori un mix ambiguo allora ho preferito attribuire il liquore alla nostra cattiva preferita per rendere un po' più intrigante l'insieme (almeno quello..)
 
 
Dedicato a delle care ragazze che hanno avuto una pazienza immane e hanno sopportato tutti i miei falsi allarmi..la cara Nackros, l’incoraggiante Piratessa e la fedele Sarafornasiero (con la quale mi scuso sentitamente per la luuuungherrima attesa)

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