resa dei conti

di Amiira
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** "allora non capivo" ***
Capitolo 3: *** minacce ***



Capitolo 1
*** prologo ***


Nota dell’autrice (chiamiamola così XD): I miei ossequi a tutti cari filibustieri! Seguo POTC, e in particolar modo Jack Sparrow,  da una vita e ho scritto davvero tante fan fiction ma questa è la prima che mi sono decisa a pubblicare.
Spero che mi facciate sapere presto cosa ne pensiate così magari trovo il coraggio di postare anche le altre che ho in archivio.                                              
Mi ha sempre affascinato la storia che vi fu tra Jack e Beckett, ne ho scritto svariate versioni che attingono dalla versione originale; in questa prima Fan Fiction, dove i fatti narrati si svolgono poco dopo pirati 1, si fa più volte riferimento al passato tra i due personaggi: il rancore tra loro mai affievolitosi torna a galla e porterà entrambi a ricordare gli eventi di quelle notti di 14 anni orsono e arrivare ad una svolta finale… che dire di più… “che parlino gli attori” io mi dileguo. Buona lettura ^^

 

Il piano non poteva fallire. Ora ne avevo la certezza assoluta. Era tutto pronto. Mentre mentalmente ripassavo le mosse che avrei dovuto seguire alla lettera mi rigiravo il coltello tra le mani. Era davvero affilato… inevitabilmente fui colta dal pensiero che presto questo coltello l’avrebbe trafitto a morte e io avrei avuto la mia vendetta, la mia libertà e avrei ristabilito il mio onore. L’idea di uccidere un uomo non mi spaventava più. Avrei dovuto sentirmi nervosa o tesa, invece ciò che avvertivo nel petto era solo una calma glaciale. Ero più determinata che mai: sarebbe morto per mano mia. Non aveva possibilità di salvarsi specie ora che l’avevo in pugno. Lui si fidava di me e questo era il mio miglior vantaggio. Questo di lì a poco lo avrebbe portato alla morte. Stavo per uccidere Jack Sparrow.

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Capitolo 2
*** "allora non capivo" ***


A quei tempi ero solo una bambina che guardava il mondo con occhi ingenui. C’erano molte cose che non capivo: perché gli ufficiali della nave indossassero tutti quegli strani capelli bianchi, o perché alcune notti la nave si riempiva di uomini dalla pelle scura che parlavano una lingua strana, non capivo perché dopo dei forti boati le navi che sventolavano la bandiera col teschio affondavano davanti al nostro veliero, e non capivo perché tutti ne gioissero; quella notte, ad esempio, tutti erano felici ed esultavano perché un’enorme nave nera stava finalmente bruciando e lentamente veniva inghiottita dall’oceano… 

ma in quel periodo c’era una cosa che più delle altre non capivo e guarda caso era quella che m’incuriosiva di più: perché c’era quel ragazzo incatenato in una minuscola cella del ponte inferiore?
Se ne stava fermo tutto il giorno, seduto contro il muro, in quella minuscola cabina scura, non mangiava, non beveva, non parlava.

Mi accorsi di lui un giorno in cui un violento temporale mi costrinse a passare la giornata a bighellonare sottocoperta, ero annoiata e gironzolando qua e là, scesi tutte le rampe di scale fino ad arrivare all’ultimo ponte. Era il reparto più buio e freddo della nave, c’ ero stata solo poche volte ma da lì a quel giorno ci sarei tornata molto più spesso…

 non lo vidi subito, dovetti aspettare che i miei occhi si abituassero all’oscurità, poi, passando accanto ad una minuscola cella dal tetto basso e asfissiante, lo vidi . rimasi immobilizzata osservando la sua sagoma nel buio. Sembrava non essersi accorto di me, teneva la testa bassa e aveva lunghi capelli neri che gli ricadevano a ciuffi scombinati sul viso.
Restai a guardarlo parecchio pensando che fosse morto, ma non ero spaventata, ero solo eccitata all’idea di aver fatto questa scoperta. Di solito in una nave della compagnia delle indie non accadeva nulla d’interessante e i giorni si susseguivano monotoni.

Invece quel giorno avevo trovato quell’uomo  nella cabina… sarebbe stato il mio segreto. Mi avvicinai ancora un po’ sporgendomi tra le sbarre, allungai la mano per poterlo toccare quando lui alzò  leggermente la  testa e aprì gli occhi. Sussultai e caddi all’indietro indietreggiando per terra col cuore in gola. Per circa 10 secondi rimasi a fissarlo e ricordo che il suo viso mi colpì profondamente… aveva la faccia magra e sciupata, il labro era spaccato e gonfio e riuscivo a vedergli del sangue colargli sul mento, sembrava molto provato, ma nonostante ciò si scorgevano dei lineamenti bellissimi.  
Ma…quel che mi rimase sempre impresso furono i suoi occhi. Grandi, neri e profondi come la notte. Mi fissavano, ancora non so dire se con curiosità, divertimento o angoscia… poi mi sorrise. Io non seppi far altro che alzarmi e scappare. Ancora col cuore in gola raggiunsi la mia cabina e mi ci chiusi. Non dissi a nessuno ciò che avevo visto.

Mentre ero a letto non facevo che pensare a quel ragazzo… a quegli occhi così profondi e pieni di vita… chissà perché stava in quella cella… chissà chi era.

Il giorno dopo, il temporale non era ancora passato, tutti gli ufficiali erano impegnati in manovre più o meno complicate sul ponte e a me era stato proibito di uscire sovracoperta. Sinceramente non ne avevo il minimo interesse. Mi diressi, quasi senza accorgermene al ponte inferiore, chissà, magari il giorno prima avevo solo immaginato, ora come ora mi sembrava impossibile che in quella oscurità ci fosse qualcuno.
E invece il ragazzo era ancora lì. Stavolta mi sentì subito arrivare e alzò la testa. Io non sapevo se avere paura o no… eppure il suo volto mi ispirava simpatia…

 -salve madamigella!- mi salutò con un sorriso.

Io mi ritrassi imbarazzata, ma la paura se ne andò presto… il ragazzo aveva una bella voce, profonda e sensuale.

-sai, credo che questo non sia il posto più adatto per una dama… c’è freddo e l’odore è nauseabondo, ne convieni?- io annuì timidamente… poi mi azzardai a rispondere.

- e allora perché tu ci stai?- lui sorrise divertito. -bhè… a quanto pare c’è chi vuole che io stia qui- detto questo sentii rumore di catene, strizzai gli occhi scrutando il buio di quella cella e solo allora mi accorsi che era incatenato al muro: due ferri gli stringevano i polsi costringendoli sopra la testa.

Feci dei passi indietro spaventata.
–non avere paura piccola, non mordo mica in genere. E anche se, non potrei farti niente comunque, hai visto tu stesso che sono incatenato!-
fece tintinnare di nuovo le catene.

-io non ho paura!-
-ma certo… si vede che sei una signorina coraggiosa!-
-sei un pirata?- chiesi esitante dopo qualche momento.
Lui sorrise di nuovo –a quanto pare si- disse poi con il tono della voce più basso e lo sguardo perso nel vuoto.

-mio fratello dice che i pirati sono dei criminali che meritano tutti il patibolo.- il ragazzo tornò a guardarmi.
–tuo fratello?- annuii.
- Come ti chiami bambina?-
aspettai un po’ prima di rispondere, non ero sicura che dovessi dare tanta confidenza a un pirata… ma d’altronde pensai che dopotutto essendo dietro le sbarre e per giunta incatenato non potesse farmi nulla di male, e in ogni caso… parlare con lui mi piaceva.

-Kaoru Beckett!- risposi fiera,alzando leggermente la testa. non so se fu una mia impressione ma mi sembrò che quel ragazzo mi lanciasse un profondo sguardo indagatore . ne fui leggermente inquietata, ma poi lui sorrise e con aria di sfida mi chiese – e tu credi sempre a quel che dice tuo fratello?-
esitai un attimo e poi risposi decisa:- certo! Lui è uno dei più importanti ammiragli della compagnia delle indie- -aah…quindi credi che io meriti il patibolo?- mi guardò intensamente aspettando la risposta. Io mi sentii terribilmente imbarazzata. Ma perché gli avevo detto una cosa del genere? Non seppi che rispondere, rimasi con la testa bassa a guardare il pavimento. Poi lui cominciò a sghignazzare  –tranquilla piccola! Stavo scherzando…volevo solo prenderti in giro.-  mi sentii le guancie avvampare e ringraziai il cielo che fosse buio, cosicché lui non l’avrebbe notato.

-e tu invece come ti chiami?- chiesi dopo un po’. Quel ragazzo mi incuriosiva davvero, volevo sapere più cose possibili su di lui. –Sparrow! Capitan Jack Sparrow a vostro servizio principessa!-  fece un lieve inchino col capo e mi strappò una risata. Il suo nome mi suonava familiare, probabilmente l’avevo sentito nominare da mio fratello…

Dei rumori sopra la scala mi fecero sussultare. –credo sia meglio che tu ora vada, principessa.- lo disse mentre cercava di raddrizzarsi un po’… sembrava più serio di pochi minuti fa. Qualcuno stava scendendo le scale.

-posso tornare a trovarti?- chiesi speranzosa.

-non credo sia il caso, gioia- mi parlava distrattamente, tenendo d’occhio l’ingresso delle scale. Io non nascosi la delusione nel sentire le sue ultime parole, ma non ebbi molto tempo per restarci male: non appena udii le guardie scendere la rampa di scale, fui colta dall’impulso di non farmi vedere e corsi a nascondermi dietro una botte.
Qualcosa mi diceva che era sbagliato parlare con quel ragazzo e se qualcuno l’avesse scoperto di certo non sarebbero state rose e fiori per me.

Dalla mia postazione vidi due guardie aprire la cella, mentre giravano la chiave sentii Jack dire –credevo non mi fosse permessa l’ora d’aria!-  a queste parole si susseguì un tonfo sordo e un leggero gemito. –non ti è permesso fare dello spirito Sparrow, Beckett vuole vederti subito-.                                                                      Vidi che lo spinsero fuori  a forza e lo costrinsero a salire la rampa di scale.
Non so perché, ma il fatto che lo portassero da mio fratello non mi lasciava presagire nulla di buono e una sensazione d’ansia mi invase il corpo.
Chissà se lo avrei più rivisto.

Il giorno dopo provai a scendere nelle segrete, ma alla fine dell’ultima rampa di scale, la porta che conduceva la ponte inferiore era chiusa a chiave.
Un bruttissimo presentimento si insinuò nella mia mente e credetti sul serio di non avere più possibilità di parlare con quel ragazzo.

Passarono i giorni e la curiosità mi rodeva il petto.
Finalmente, una sera durante la cena decisi che la cosa più saggia da fare fosse chiedere qualche informazione a mio fratello. Negli ultimi giorni lo trovavo stranamente raggiante.
–Cutler,  devo farti una domanda.- mi decisi a dire.
– quello che vuoi, Kaoru!- mi rispose distrattamente mentre aveva il naso affondato nelle sue carte d’affari.
–tu… tu conosci Jack Sparrow?- smise di leggere e mi guardò severo.       

–scusa, chi?-  abbassò le carte e cominciò a scrutarmi.
–ehm… Jack Sparrow…- vista la sua espressione cominciavo a pentirmi di avergli  chiesto informazioni.  Si alzò, mi venne dietro e mi mise una mano tra i capelli.
–mia piccola e dolce Kaoru, posso sapere dove hai sentito questo nome?-
-io… ho sentito dei soldati che ne parlavano e… dicevano che era un pirata pericoloso…- mio fratello sorrise come sollevato –non devi preoccupartene assolutamente. So che alla tua età è facile avere paura dei pirati specie se sei in un vascello… ma credimi proprio lui non potrà mai farti del male.- sorrisi e annuì cercando di sembrare soddisfatta… invece una sensazione di gelo mi attanagliava le viscere, quel bel ragazzo con cui avevo parlato… possibile che mio fratello l’avesse fatto uccidere?

I miei dubbi si diradarono dopo sei giorni dall’ultima volta che avevo visto jack Sparrow. Riprovai a scendere nel ponte inferiore e questa volta trovai la porta aperta. Con una torcia attraversai il corridoio e mi fermai davanti la piccola e stretta cella.
Il sollievo mi inondò subito, non appena riconobbi la sagoma del ragazzo incatenato al muro.
“Allora mio fratello non l’ha ucciso!” pensai contenta. Ma il mio entusiasmo si spense ben presto. Sollevai la torcia e lo squadrai meglio:era ridotto malissimo, pallido più che mai, respirava a fatica e aveva le braccia coperte di sangue, le manette  erano troppo strette e gli facevano sanguinare copiosamente i polsi, inoltre sembrava che sul braccio destro avesse una brutta ferita, ma non vidi bene perché era rivolta contro il muro. Appena lo illuminai con la luce della torcia lui sollevò lo sguardo. –ma guarda un po’ chi si vede… non venivi a trovarmi da un pezzo- la sua voce era ridotta a un sussurro e parlava a fatica. Ero inorridita e spaventata. Lui lo lesse nei miei occhi, appoggiò la testa indietro e sussurrò:-non devo essere un bello spettacolo specie per una bambina-. –perché sei ferito?-.-credo di non stare troppo simpatico a tuo fratello.- -è stato mio fratello? ma… ma… ma lui non è cattivo… sei tu il pirata perché…- la voce mi si ruppe in gola, lo vidi appoggiare la testa al muro e dirmi con voce debole e fioca: -scusa cara, al momento non me la sento tanto di discutere… credo di aver bisogno di riposare un po’…- chiuse gli occhi e rimase immobile.
Triste e confusa tornai nella mia cabina e ancora una volta non capivo…

 

 

 

Ultimamente mi capitava spesso di ripensare a quel periodo in cui ero solo una bambina di 10 anni che non aveva idea di come muoversi nel mondo. Forse era per il fatto che avevo finalmente trovato modo di attuare il mio piano, o magari perché adesso capivo abbastanza bene come andavano le cose… era stato facile a quei tempi per Jack Sparrow ingannarmi… un gioco da ragazzi per lui. Ma oggi… oggi ero io ad ingannare lui. Io sapevo per certo come andarono le cose 14 anni fa, mio fratello mi aveva spiegato ogni cosa… ero stata ingannata e avevo combinato un disastro irreparabile di cui ancora oggi porto il peso. Ma era giunto il momento di sistemare le cose.
Adesso potevo farlo.

 

 

La nave virò leggermente a tribordo, mi deliziai della piacevole sensazione del veno tra i capelli e del profumo della salsedine che apriva i polmoni. era mattina presto e la nave cominciava lentamente a svegliarsi. Così come il suo capitano. Vidi Jack sul ponte molto presto quella mattina, mangiava una mela parlando con Gibbs, da lontano gli porsi i miei ossequi. Poco dopo mi fu accanto.

-Mss Rainey, lei è supposta essere un’esperta di rocce, n’è vero?- non mi aspettavo questa domanda.

–bhè… si è esatto, ma…-

-secondo lei sarebbe possibile trovare dell’Ossidiana nei dintorni della Costa Argentadas?- 

-in teoria, essendo l’ossidiana di origine vulcanica…-

-si o no, cara? Non amo le elaborate digressioni teoriche, comprendi?!-

Ogni cosa che diceva m’infastidiva, la sua arroganza, la sua sfacciataggine, il suo tono sarcastico… tutte le volte che mi era vicino l’unico pensiero che mi aiutava a sopportare la sua presenza era il sapere che di lì a poco l’avrei visto morire.

-direi di si, Capitano!-

-eccellente! Visto Gibbs?! Rotta per costa Argentadas! Io e la Rainey scendiamo a terra. Gibbs, raduna altri 3 uomini!- si allontanò tutto contento.

Anche io dal canto mio gioivo dentro. Tutto andava come previsto.

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Capitolo 3
*** minacce ***


-te lo prometto: non ti deluderò- mio fratello mi squadrava con occhi gelidi, ma io sostenni il suo sguardo. – certo che non mi deluderai, Kaoru… anche perché sai bene che se dovessi farlo un’altra volta, la compagnia delle Indie, la mia stessa reputazione, perderebbe ogni qual si voglia credibilità…- fece una pausa prima di aggiungere –re Giorgio ha investito molto su questa impresa, non possiamo permetterci di fallire. e ad essere sincero… non sono ancora tanto convinto che tu sia la persona giusta per una missione del genere… non mi sembri pronta…
-non è vero Cutler: sai che posso farlo! Seguirò il piano come previsto e te lo consegnerò… riparerò al mio errore di 14 anni fa, puoi fidarti.-
-non è un avversario facile, potrebbe ingannarti come…
-ero solo una stupida bambina a quel tempo! Non… non commetterò lo stesso errore. Ci fu una lunga pausa di silenzio in cui lui mi osservò ponderando il da farsi.
-e sia!- acconsentì alla fine con mio sommo sollievo.
-ma ricorda: lo voglio vivo! Solo dopo che avrò conferito con lui potrai ucciderlo come ti pare. Mi sono spiegato?-
-farò come vuoi-
Feci per uscire, ma lui aggiunse: - Kaoru… non dimostrarti nuovamente un pessimo investimento.-

Senza replicare uscii dal suo  ufficio e mi diressi nei miei alloggi per prepararmi al viaggio. Non potevo permettermi di sentirmi offesa dalle sue parole: sapevo che aveva ragione… anni fa, fu tutta colpa mia.
 
***
 
Ripensavo spesso all’ultima conversazione che avevo avuto con mio fratello, mi aiutava a trovare la massima determinazione. Portare a termine il mio incarico era l’unico modo per riscattarmi ai suoi occhi. Era l’unico familiare che avevo al mondo, non potevo non volergli bene, e non riuscivo a tollerare lo sguardo di disprezzo col quale da quella fatidica notte, ogni giorno mi guardava. Sapevo che per lui ero solo un peso, sapevo che non gli avevo portato niente di buono, sapevo che da allora mi detestava… ma promisi a me stessa che di lì a poco mi avrebbe guardato con occhi diversi e sarebbe stato fiero di me.
Attuare la prima parte del piano non era stato complicato: avevo  rintracciato Sparrow a nord delle piccole Antille, trovarlo non fu un problema: mio fratello seguiva le sue mosse da anni, sapeva già che in quell’autunno avrebbe navigato nell’Atlantico, ad est dell’America centrale.
Per avere maggior dettagli pagai profumatamente alcuni marinai (il denaro non mi mancava mica) e approfittai di svariati passaggi a bordo di navi più o meno sontuose. Riuscii a intercettarlo a Virgin Gorda (una delle isole vergini britanniche). Già da due giorni si diceva che la Perla Nera avesse fatto porto a poche leghe lontano dalla costa nord, ma mai mi sarei aspettata di avere la fortuna d’imbattermi così presto nella ciurma.

 Mi trovavo nei pressi del mercato principale del paese, intenta a fare provviste, quando cominciai ad avvertire una certa agitazione nell’aria.
Mentre indugiavo intorno alla bancarella delle spezie, due soldati mi passarono accanto a passo di marcia. Silenziosamente e senza farmi notare , cominciai  a seguirli: ero curiosa di sapere perché quella mattina le strade pullulavano di agenti della marina. Vestita come una dama, non attiravo molto l’attenzione su di me, quindi potei cogliere qualche frammento di discussione.
-…gli serviranno delle provviste. Dopo mesi per mare è al mercato che io verrei come prima cosa! Non mi stupirei di avvistar presto qualche pirata, qua intorno.-
- ma sentitelo! A chi vuoi prendere in giro, sappiamo tutti che la prima cosa che faresti una volta messo piede a terra sarebbe dirigerti ad un buon bordello come si deve! –
-avanti! E dire che ci provo a passar per un uomo per bene!-
I due  presero a sghignazzare sguaiatamente; io, dal canto mio, ero disgustata: e questi sarebbero gentiluomini della marina britannica? Chiaro poi che girassero voci sul calo di prestigio dell’esercito.
-In effetti- riprese uno dei due – non mi stupirei se lo stesso capitan Sparrow facesse rotta verso una casa del piacere in ansi tutto!-
-e già! Ma che vuoi farci… ci tocca controllare il mercato e…-
“perfetto!” pensai subito, allora erano vere le voci: Jack Sparrow si trovava davvero su quell’isola!
Dovevo sbrigarmi: mi sarei procurata abiti da uomo e poi avrei fatto in modo che mi prendesse nella ciurma. 

Ci misi un paio d’ore per sistemare tutto: tornai alla locanda in cui temporaneamente alloggiavo, raccolsi le mie cose nella modesta sacca da viaggio che mi portavo dietro, comprai gli abiti da uomo e li indossai. Ero pronta, mancava solo di trovare il mio bersaglio. Stavo giusto per dirigermi al porto quando notai squadriglie di militari correre verso il forte. Mi avvicinai ad un paio di  anziane signore che chiacchieravano animatamente all’angolo della vecchia strada e m’informai sulle ultime notizie.
-cosa è successo, mi chiedi signorina? Ma come, non hai sentito la baraonda?-
-altroché se l’ho sentita, ma ne ignoro le cause…-
-Jack Sparrow! Si dice che i soldati siano riusciti ad arrestarlo e che ora si trovi al forte.-
In quel momento impallidii. Se Sparrow si fosse trovato sotto il controllo della marina, tutto il mio piano sarebbe andato in fumo. Dovevo consegnarlo a mio fratello. Non potevo rischiare che subisse un processo veloce e lo impiccassero subito. A Cutler serviva vivo.
-senti a me, Geltrude, se la marina è riuscita a prendere quel pirata, quando in genere non riesce nemmeno a cavare via un topo finito in una trappola per topi, io prendo i voti!-
-allora ti preparo la tonaca sorella!-
Le signore continuarono a chiacchierare animatamente, ridendo e scherzando.
Io voltai i tacchi e sparii in direzione del forte pensando a un modo possibile per potermi avvicinare a quel dannato Pirata.
La soluzione mi piovve tra le mani.

Passai accanto a un drappello armato e assistetti ad una scena curiosa: i soldati stavano arrestando un tale dai modi non del tutto nobili, che urlava e scalciava giurando di non essere un pirata.
-perché quello sguardo assorto?- mi chiese un giovane pescatore che mi si era fermato accanto, mentre io ero intenta a osservare la scena.
-perché arrestano quell’uomo?- mi limitai a domandare.
-bhè, a quanto sembra i soldati arrestano ogni persona sospetta. Credo che la ciurma di Jack Sparrow sia sparpagliata nell’isola, e vogliono assicurarsi di sbatterne dentro il più possibile.-
Non mi trattenni dal sorridere: avevo la mia strategia: mi sarei fatta arrestare! Ecco come avvicinarmi al Pirata.

Ignorai il pescatore e corsi a cercare dei soldati. Il mercato ne era pieno.

Feci in modo che vedessero chiaramente le mie azioni e fingendo nonchalance,  caricai un bel po’ di provviste all’interno della mia sacca, non curandomi minimamente di pagare il dovuto. Mi mossi come per allontanarmi quando udii ciò che volevo sentire: il venditore si accorse di me e cominciò ad urlare: -ehi tu ferma! Le devi pagare quelle!-
Lo guardai negli occhi, sorrisi e iniziai a correre. –ferma! A ladro! Al ladro! Soldati!-
Nel giro di pochi secondi alcuni soldati cominciarono a corrermi dietro tra botti, prosciutti e carretti merce. svoltai per una strada che sapevo essere un vicolo cieco. I soldati mi circondarono. Ero deliziosamente priva di vie di fuga.
Alzai le braccia come segno di resa.
-Bene bene.- Fece uno di loro puntandomi contro la baionetta.
-signori, mi sa che ne abbiamo presa un’altra.- risero.
-ti conviene parlare subito, ragazza! Fai parte della ciurma di Jack Sparrow?-
Esitai un attimo squadrandoli in viso.
-si!- dissi semplicemente.
-mettetela ai ferri e conducetela al forte con gli altri poi cercate di…. Ehm… uh!-

Il soldato si era interrotto. Mi girai e capii perché, dietro di lui, un uomo completamente incappucciato, avvolto in un lungo mantello, lo aveva preso alle spalle e gli premeva una lama sulla gola. Era appena spuntato da dietro l’angolo del vicolo e aveva preso alle spalle il soldato.
-voi della marina siete una razza assolutamente bizzarra: posso capire mentire per accaparrarsi gloria e rispetto, osando addirittura mettere in giro la voce di aver catturato ME, ma…. Capitemi se vi dico che tirate troppo la corda se pretendete che nessuno si accorga che avete catturato un Intera ciurma… del tutto falsa!  Poi, in questo modo, io che figura ci faccio?-
Tutti erano ammutoliti e guardavano il soggetto con un misto di curiosità e angoscia. Io avevo riconosciuto subito la voce. Sebbene fossero passati 14 anni, e l’ultima volta che la sentii era molto più fioca e debole, capii subito che sotto il mantello c’era Jack Sparrow.
Di fatti, non appena il cappuccio gli cadde indietro, ecco quel volto che avevo imparato ad odiare,  quegli occhi neri che riuscivano ancora ad inquietarmi.

-bene gente, Sarò adorabilmente breve! Potete vantarvi di avermi catturato quanto e come vi pare, io e la mia ciurma saremmo già lontani da qui sta notte, ma… vedete la cosa fastidiosa è che voi state mettendo sottochiave una città e… bhè, sapete, la cosa non mi turberebbe mica più di tanto ma… si dia il caso che non riscuoterei più tanto successo se si pensasse che bastino una decina di caricature di soldati per mettere fine alla ciurma della perla nera. Già domani  si parlerà  della mia grande evasione, quando sarò sulle coste a sud… ma se dite di aver arrestato tutti i miei uomini risulterei al fine poco credibile e perderei i vantaggi del mio buon nome!-
Fece una pausa corrucciando le labbra, ma, visto che nessun altro aveva di che aggiungere, concluse il suo discorso:
-pertanto, sono tenuto ad informarvi che se non rilascerete tutti gli uomini da voi ingiustamente catturati, dovrò bombardare la città sta notte. Quindi… bhè signori, a voi la scelta!- i militari si guardarono allarmati.
-ah! Credo che per il momento porterò con me questo soldatino- accennò al soldato che teneva sottotiro con la spada.
- se sta notte i prigionieri saranno liberi, libererò anche il vostro e ora…- cominciò ad arretrare lentamente, poi, accennò un breve inchino –i miei ossequi signori!-
Sparì dietro l’angolo trascinandosi la guardia.
Due secondi dopo rispuntò con un’espressione corrucciata e pensierosa dipinta in volto. Mi piantò gli occhi addosso e inclinò il capo.
-sapete, potreste cominciare con la signorina qui presente… tanto per dimostrami che avete capito almeno in linea massima il forbito discorso che ho appena elegantemente annunciato.-
Restò in attesa. I giovani soldati sembravano confusi e ammutoliti non sapevano che fare.
-sai, magari se glielo dici tu potremmo sperare di ottenere risultati migliori- sussurrò Jack all’orecchio del soldato che aveva in ostaggio. Quello terrorizzato incalzò i compagni ad abbassare le armi e liberare i prigionieri a partire da me.
Quelli dopo un po’ si decisero.
-Oh! Visto che Bravi!- esclamò Jack.
Mi allontanai dai soldati e andai dietro il pirata che sorridente disse rivolto ai soldati.
-arrivederci di nuovo!-
Si sistemò il cappuccio sul volto e girò velocemente l’angolo e facendomi segno di seguirlo. Camminammo nelle stradine laterali e più isolate poiché girare con un agente della marina terrorizzato come ostaggio di certo avrebbe attirato l’attenzione. Lui non mi rivolse la parola… mi chiedevo se rammentasse che ero dietro di lui.
Non so che effetto mi fece stare accanto all’uomo che sapevo di dover uccidere. Ero calma e glaciale. Fosse stato per me l’avrei aggredito sul momento e gli avrei tagliato la gola… ma così non avrebbe avuto un minimo di senso.
Dopo 5 minuti di cammino entrammo in una vecchia taverna, piccola e buia. Una volta dentro Sparrow si tolse il mantello e spinse il marinaio prigioniero tra le mani di tre uomini che si erano alzati per accoglierlo. Io rimasi in disparte.
-allora jack? Pensi che abboccheranno?- chiese uno di loro al capitano.
-signor Gibbs! Avete scordato forse chi sono?- rispose quest’ultimo fingendo un’espressione offesa.
-ehm.. no! Capitano!- il pirata sembrava spiazzato!
-bene! Allora perché mi fai domande sciocche? Dovresti sapere che ogni cosa ideata da me è… perfetta!- accompagnò le ultime parole con un gesto altezzoso del capo. Gibbs sospirò.
-confido che domattina il signor Ereus sarà pronto per riceverci.  Nel frattempo tenete d’occhio il soldato e ordinatemi un doppio rum.-
Detto questo si diresse verso le scale che conducevano al piano superiore, dove si trovavano gli alloggi. Appena mi passò accanto sembrò ricordarsi della mia presenza, e con un cenno della testa mi invitò a seguirlo.

Entrammo in una cabina alquanto spoglia, non fosse stato per una piccola brandina di legno e una lampada ad olio.
Feci per girarmi verso di lui ma mi ritrovai una pistola puntata alla tempia.
M’immobilizzai. Che mi avesse riconosciuto? No, era fuori discorso… troppo tempo era passato.
-che significa?- 
-senti bambina, sono alquanto stanco e sta sera ho intenzione di spassarmela da vero furfante di mare e per di più di sotto ho un doppio rum che mi aspetta, quindi non buttiamola per le lunghe e dimmi a che gioco giochi.-
-io non vi capisco messere!-
-quindi deduco che per voi sia un’aspirazione normale e quotidiana passare le giornate in galera con l’accusa di pirateria, che implica necessariamente la morte tramite impiccagione… e la qual cosa mi risulta ancora più strana alla luce del fatto che entrambi sappiamo… che non è così. Non sei un membro della mia ciurma. Perché allora mentire ai soldati?-
-mi stavate spiando?-
-nossignore! Io spiavo i soldati! Mi serviva un ostaggio come hai ben potuto constatare tu stessa… fortuna volle che un’improbabile ladra mi abbia dato un ottimo pretesto…. idea deliziosa quella di scegliere di rubare proprio quando orde di soldatini invadono le strade… per di più senza nemmeno prestare attenzione al venditore… quindi… o sei davvero una ladra imbranata e alquanto sciocca, oppure… magari andare in prigione era davvero la tua aspirazione.-
Rimasi in silenzio. Lui fece scattare il calcio della pistola.
-volete spararmi signore?-
-già!- rispose con un sorriso divertito. –non posso mica far aspettare un doppio rum per futili motivi.-
-avete ragione…- dissi infine.
-aspiravo all’arresto-
Sorrise soddisfatto e annuì. –e come mai, se posso chiederlo?-
-voi!-
-prego?-
-il mio obbiettivo eravate voi.-
-immaginavo…sono un uomo molto ricercato sai…- sembrò perdere improvvisamente interesse nella conversazione. Si vede che aveva ottenuto ciò che voleva. Sorridendo sotto i baffi mise via la pistola e si mosse come per uscire dalla stanza, ma prima che potesse farlo gli urlai:
-dovete prendermi nella vostra ciurma, Capitano!-
-ahah! Non ne ho la minima intenzione milady.-
Si voltò, io repentina uscii il mio pugnale, e aggredendo Sparrow alle spalle lo spinsi al muro gli puntai la mala del coltello alla gola premendo forte, anche più del necessario. Rimase sorpreso: non si aspettava un attacco. Restò a fissarmi per poi dire:
-quando avevi detto che ero il tuo obbiettivo…suppongo non fosse da intendersi in senso positivo.-
-il senso è questo capitano: le voci girano, e il fatto che voi vi troviate a Virgin Gorda è la prova che le voci per una volta sono vere. Voi state cercando il tesoro di Sant’Orsola!-
-sai cara…un pirata sta sempre cercando un tesoro ma…-
Spinsi ancora più forte il coltello affilato contro la sua gola, la lama si tinse leggermente di rosso e lui smise di parlare.
-non prendetemi in giro signore, poco fa avete anche nominato Ereus… non v’è dubbio che siete interessati a quel tesoro… sapete che per trovarlo vi serve qualcuno che conosca bene le rocce? Le grotte della legenda non si possono esplorare senza una valida guida!-
-e voi sareste una valida guida?-
-potete scommetterci la nave!-
-e a voi cosa ne verrebbe?-
-il 10%! Come minimo, mi occorre denaro… tanto denaro per sistemare affari personali. E in oltre vi è la gloria della scoperta… aggiungete questo al fatto che non ho un luogo a cui far ritorno.-
Lui mi fisso per pochi istanti.
-ma fai sul serio ragazza? Sai che vuol dire imbarcarsi in una nave pirata?-
-sono determinatissima…Capitano. Prendetemi nella ciurma e vi aiuterò a trovare quel tesoro.-
Senza alcun motivo si mise a ridere. –pensi che minacciandomi possa ottenere ciò che vuoi?- irritata perché dava mostra di non prendermi sul serio gli tirai una forte ginocchiata nella parte bassa dello stomaco. Sentii che gli tolsi il respiro e tentò di piegarsi leggermente ma col coltello gli tenevo la testa piantata all’indietro.
-capitano… mi spiace ma non scherzo:  conosco i miei rischi e sono pronta ad accettarli. Vi offro il mio aiuto per la vostra impresa chiedendo in cambio solamente di farne parte. In caso di un vostro rifiuto sappiate che non mi farò scrupoli a uccidervi qui ed ora.-
Il suo sguardo si era fatto serio e concentrato. Attendevo risposta. Poi lui si mosse veloce: colpendomi le gambe con un calcio mi fece scivolare, afferrò il coltello che tenevo in mano e sbattendomi a terra me lo puntò alla gola. Aveva rovesciato la situazione in un attimo lo guardai furiosa.
-sai cara, non sono le minacce che mi convinceranno a prenderti nella mia ciurma… ma semplicemente il fatto che non ho nulla da perdere e… riconosco che mi ci vuole un Geologo, e visto che me n’è appena piovuto uno tra le mani… perché rifiutare? Ma sappi gioia… che dovrai moderare un po’ i tuoi toni da zitella bisbetica o non durerai tre giorni: puntami di nuovo un coltello alla gola e io non ci sto niente a sbarazzarmi di te… comprendi?-
Annuii.
-brava carina! Ora se vuoi scusarmi…- si alzò, conficco il coltello a un niente dal mio orecchio e uscì senza aggiungere altro con una strana andatura ondeggiante.
Ero confusa… mi aveva preso alla sprovvista ed era riuscito ad avere la meglio su di me in un niente, era davvero in gamba… ma dopo tutto…gioivo: ero riuscita ad entrare nella sua ciurma. Presto avrei avuto io totalmente la meglio su di lui… presto.
Mi ricomposi e scesi anch’io di sotto per mangiare qualcosa.
 Mi sedetti in disparte e mentre gustavo la mia minestra annacquata lasciai correre lo sguardo tra quella marmaglia di cafoni  rozzi e sgangherati. Doveva esserci gran parte della sua ciurma là dentro. Da lontano, individuai Sparrow seduto in un tavolo dall’altro lato della sala. stava chiacchierando col marinaio di prima… Gibbs. Si portò alle labbra una bottiglia e bevve con gusto. Quell’immagine mi riportò ad un’immagine assai simile di 14 anni prima.

 
***
 
 
A discapito di ogni buon senso, continuavo a scendere ogni giorno nel ponte inferiore per vedere il Pirata.
Avevo il terrore di venir scoperta ma… un po’ per la noia, un po’ per la curiosità, quel ragazzo rappresentava per l’unica cosa interessante su quella nave e correvo con piacere ogni rischio.
Ma… forse il rischio più grosso era un altro:
Giorno dopo giorno parlava sempre di meno e lo vedevo sempre più debole.
-ma per quanto dovrei continuare a stare qui sotto?-  chiesi un pomeriggio.
-vorrei tanto saperlo anch’io. – la sua voce mi faceva accapponare la pelle. Era fioca… quasi impercettibile. Lo osservai attentamente: era pallido e sciupato più che mai, le braccia ricoperte di sangue e le labbra tutte spaccate. Respirava a fatica. Mi sentivo stranamente colpevole e volevo che ci fosse qualcosa che potessi fare per aiutarlo.
-tu devi aver fatto arrabbiare parecchio mio fratello…- costatai quasi tra me e me.
-scusa piccola… mi sa che anche oggi dovremo interrompere qui la conversazione… ho la gola un tantino secca… non credo di poter essere molto loquace.-
Ecco cosa potevo fare per lui!
- gola secca? Aspetta un po’-
Corsi via e ritornai poco dopo con una borraccia piena d’acqua.
-hai sete?- sollevò la testa e quasi gli si illuminarono gli occhi. Allungai il braccio tra le sbarre a appoggiandogli la borraccia alle labbra lo aiutai a bere. Finì tutta l’acqua in pochi secondi.
-woow! Ma da quanto non bevevi?-
-saranno stati… ormai 3 giorni… forse- disse amaramente. La sua voce mi sembrava vagamente migliorata. Mi sorrise. –grazie piccola!-
-prego! domani vedrò se riuscirò a portarti anche qualcosa da mangiare. Ora però devo andare a lezione di piano. Ci vediamo domani!-
Lo salutai e me ne andai, contenta per averlo aiutato e anche un po’ eccitata per aver disobbedito alle regole di mio fratello e aver fatto amicizia con un pirata.

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