Ashes to ashes, mouth to mouth

di bitchyheartkiller
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** Special needs (cap.2) ***
Capitolo 3: *** Knife party (cap.3) ***
Capitolo 4: *** So fast, so numb (cap.4) ***
Capitolo 5: *** Ignoreland (cap.5) ***
Capitolo 6: *** A song for the dead (cap.6) ***
Capitolo 7: *** Bullet & the bullseye (cap.7) ***
Capitolo 8: *** Tokyo blues (epilogo) ***



Capitolo 1
*** Prefazione ***


ASHES TO ASHES, MOUTH TO MOUTH


PREFAZIONE
 
E se fosse lo stesso vacillare od annegare nel proprio cordoglio?
Se l’importanza di essere diversi fosse solo apprezzata da chi lo è realmente?
Questa è la storia di un cataclisma fuggito a se stesso,un cumulo di ombre e raggi che uccidono.
Il viaggio di due entità estranee al mondo ma comunque parte di esso.
La loro colonna sonora è musica inquieta mentre si fanno il bagno nelle lacrime e ridono fino a riformarle.
La favola di un’alba e un tramonto che si cercano costantemente.
Il racconto di una chiave ed un vampiro.
Eterni.






ENJOY THE SILENCE (cap.1)

Una cascata di capelli di seta castana copre un viso senza espressione. Pozze cerulee procedono,opache,verso direzioni incerte mentre ciglia d’inchiostro si muovono impercettibilmente. Inerme. Sconvolta. Soffocatamente diafana. Stesa immobile sul cemento bagnato,tra tavole di legno spezzate, i piedi nudi,freddi. Il vestito che le hanno imposto d’indossare ancora sulle sue carni,unica certezza di ciò che è successo.
Tutto il peso del mondo sulle sue spalle. Tutta la colpa del mondo nella sua gola. Un respiro trattenuto. Un tonfo al cuore. Una stretta allo stomaco in procinto di rimettere. Immagini di una morte prematura vivono nella sua mente. E sa che sono i pochi ricordi reali che possiede. I più cruenti. I più tristi. La sua vita è iniziata con la morte. Ironico. Cinicamente criptico. Maledisce il destino sadico che ha scelto lei come sua eterna vittima. Dall’alba dei tempi. Dall’alba. Dawn. Pensa che forse è tutto collegato,che hanno unito i fili in maniera talmente pignola da creare una matassa perfetta. Inaccettabile. Guarda il corpo statico della sorella davanti a lei. Capelli biondi scompostamente adagiati sul maglioncino bianco che aveva deciso di mettere prima della battaglia. Una mano sul torace,sotto il seno minuto,l’altra sulle casse da frutta su cui è distesa. “Su cui è morta” dice una voce dentro di lei. “Per te” ripete quella voce. E lei sa. Ora finalmente comprende lo schema generale. Il fruscio degli alberi provocato dalla brezza d’inizio estate. Il moto degli insetti. Le risate delle persone,le loro lacrime. Il mare con la sua risacca. E la morte. Sempre e comunque eterna ma non per forza reale ed etimologicamente valida. Ne è la prova la sagoma dell’uomo raggomitolato ,non troppo lontano da lei,nel suo lungo spolverino di pelle nera. Le mani con le nocche sanguinanti sul suo viso affilato. I capelli scompigliati d’ un colore improbabile. Biondo-fluo. Industriale. Decolorato. Sospiri senz’aria. Singhiozzi d’acqua salata. Iridi blu diventate perle bagnate. Un vampiro. Capace di piangere e di non accorgersi dell’alba che sta proiettando luce in un momento così buio. Sempre e costantemente l’alba. Lei,in grado di cambiare il corso liquido della notte. In grado di aprire portali. Dawn. Scuote il pensiero,uccide la memoria. Corre verso di lui per ricordargli il sole. Per farlo andare via. Per salvarlo. Perché ora c’è solo lui. Gli altri non esistono. Gli altri non capiscono. “Spike” chiama,sperando in una risposta. Anche sussurrata,anche grezza,poco raffinata,ma reale. Ma lui è un muro di silenzio. Nervoso e pulsante. E allora lo scuote,gli prende le spalle tra le mani magre e urla. Straziante. Stanca. Continua a urlare. Per lui. Per svegliarlo dal suo autodistruttivo torpore. Per lei. Per la sua perdita. Per il suo nulla,la sua non-esistenza. Un battito di ciglia. Un tremito involontario. “Briciola?”. Ed incontra i suoi occhi. Zaffiri scuri. Squarciano come pugnali. Fanno innamorare o producono odio con lo stesso furore. E poi la sua voce. Una vibrazione bassa,ruvida con inflessioni morbide,dolci e un accento straniero più appuntito. Più inglese. Scaccia l’ipnosi. Deve portarlo via,trascinarlo se necessario,ma non farlo bruciare. Non lui. Non ora. Non in quel luogo già scena di un altro delitto. “Spike,ti prego,vieni via,andiamo via”. Non riconosce la sua stessa voce. Troppo flebile. Tremante. Rotta da quel pianto che non è ancora arrivato. E non capisce il perché. Ancora fermo,immobile sulle sue ginocchia. “Ti prego alzati,Spike,alzati per favore. È l’alba,non vedi,tra poco il sole ti raggiungerà e andrai a fuoco,e io ho bisogno di te,lo capisci,mi capisci cazzo?”. È un attimo,lungo un secolo,ed è in piedi. Camminano insieme,sorreggendosi a vicenda,in un silenzio rilassante. In una bolla si sapone di confortevole ignoranza. “L’ignoranza è estasi”. Fottuta voce. Suono ignobile,fuori luogo. Verità morbosa però. Arrivano a casa che è giorno. Sono passati per le fogne. Lui non reggeva più i raggi che gli penetravano la pelle. Anche se avrebbe voluto guardare di nuovo il sollevarsi del sole. Sono nell’atrio ormai da venti minuti,immobili,incollati. Quella casa ricorda loro di lei. Si immaginano che apparirà dalla cima delle scale da un momento all’altro. Farà un ghigno trattenuto a Spike un sorriso radioso a Dawn. Ma quest’ultima non è toppo sicura di questo. Non dopo quella notte. A quel pensiero la mente reagisce,si scompone. Trema un attimo per quella inflessione dal suono metallico. Respira a fondo,lei che può. Strattona il suo compare per la manica della giacca. La sua seconda pelle. Bottino di guerra. Un altro tempo. Un’altra cacciatrice. Quando non le amava ma le uccideva. Ritorna alla realtà,si volta,alza il sopracciglio sinistro,quello con la cicatrice,un altro trofeo. “Possiamo riposarci ora Briciola? Possiamo dormire?”. Velluto viola le sue corde vocali,il loro parlare. E non può negarglielo. Perché anche lei vorrebbe stare sotto lenzuola di cotone facendo finta che non sia successo niente. Lo capisce e glielo concede. Fa un cenno col capo,la sua bocca non riesce ad aprirsi in tempo. Le prende la meno. Necessità di contatto. Di sentire ancora. Gliela stringe. Caldamente fredda. Perlacea. Elegante. Anche con le unghie smaltate di nero. Soprattutto con le unghie smaltate di nero. Le scale per la sua camera. L’unica ancora utile. Le altre saranno presto coperte di una sottile polvere,si dice. Mantello della mancanza. Carburante del ricordo. Lui si toglie il lungo soprabito e i pesanti anfibi. Anche i suoi movimenti sono spenti ed ora sembra veramente morto. Come dovrebbe essere da molto più tempo. Si sdraiano sul letto. Il torace di lui contro la sua schiena,le sue mani sulla sua vita in un abbraccio disperato. Il viso cesellato nell’incavo del collo. Colonia, tabacco e il suo odore. Ghiandole olfattive che registrano ogni profumo. Una catarsi. Ma questa non è una rappresentazione teatrale. È un pugno in faccia. Baci soffici seguono la giugulare. Bisogno estremo. Ed è allora che finalmente arrivano le lacrime. Lame pungenti che scivolano roventi sulle guance bianche. Fino a raggiungerlo. Fino a stuprare anche lui. Un essere ultracentenario. La fa voltare. Battiti di un cuore morto. Si sente nuda sotto il suo sguardo. Così triste. L’avvolge cullandola tra il tessuto leggero delle lenzuola porpora. Ora il suo viso è proiettato tra i suoi pettorali senza più vita. E piange via il dolore. Piange fino ad addormentarsi. E così anche lui.


Si svegliano che è di nuovo notte. Dopo aver sognato di lei. Sempre e comunque lei. Si trovano nella stessa posizione irrealmente immobile di quando si sono addormentati. Le alza il viso verso il suo. E la bacia castamente sulle fronte. Purezza di un killer. Non esistono più il bianco e il nero. Solo grigio. Grigio madreperla. Raffinato. Si alzano. E non si lasciano mai la mano mentre vanno giù per le scale,verso la cucina. “Non ho molta fame,sai?” dice lei,informandolo. “Come se non lo sapessi” pensa lui preparandole lo stesso la colazione. In un’ora serale non ben delineata. Seduti a tavola a bere cioccolata calda con marshmallows. Come quando c’era ancora sua madre. E quando ancora Spike era solo il cattivo della situazione.Che adorava sua madre. Il circolo vizioso si ricompone. Silenzio. Inscrutabile. Le tazze nel secchiaio. Ci penseranno in un altro momento a lavarle. Ora stanno vivendo in un mondo sospeso. Senza alcuna azione necessaria. Senza alcuno stimolo importante.
Si fanno il bagno. Insieme. “È sbagliato,è sbagliato” si ripetono a vicenda. Ma le parole muoiono tra il vapore d’acqua calda. Troppo. Niente ha più importanza. Svanita la moralità. Tutto è subconscio. Carezze che assorbono il sangue. Puliscono la pelle. Purificano l’anima. Anche se lui non la possiede. Non è mai stato importante. Almeno per Dawn. Soprattutto per Dawn. Si sfiorano come se fossero fatti di fuoco. Dita contro dita. Contro nudità esposte. Non c’è nulla di volgare o di innaturale in quello che stanno facendo. Se stanno facendo poi qualcosa,in fondo. Solo moti leggeri e soffici che lasciano un senso di solletico e di nausea post-realizzazione. Ma le farfalle nello stomaco tradiscono il suo desiderio. E riconosce lo stesso volere negli occhi dell’uomo davanti a lei. Attorno a lei. Ovunque. Ma il pensiero scivola via come è arrivato e distrattamente esce dalla vasca insieme ai suoi padroni. Tenuto al guinzaglio. Tenuti al guinzaglio. Entrambi. Un altro ostacolo insormontabile. Un altro patteggiamento. Per il senno di poi. Per una bugia chiamata etica. Per un mucchio di cazzate.
Si coccolano negli accappatoi di spugna morbida. Si asciugano le gocce e insieme ad esse la loro libido.
Si sono appena vestiti. Lei,un abitino con bretelline sottili che le arriva sopra le ginocchia. Una fine fantasia floreale su campo nero. Lui,il solito completo goth-punk. Sembra urlare sesso con quel look da bello e dannato. E questo non è un tritato modo di dire.
Suonano alla porta. Sguardi che si distolgono. Quasi imbarazzati. Presi per i capelli dalla realtà e sbattuti con forza a terra. “Vado io” ,dice lui con voce stranamente sussurrata. Guarda altrove,nota. Scende da basso con passo lento. Più lento della lentezza. Impaurito dalla paura. Di tornare a vivere. O a non vivere nel suo caso. Impugna la maniglia con gli stessi movimenti a rallentatore. Quasi dolorosi. Sofferti. Sente la sua presenza. Il suo sguardo su di lui e sulla porta che gli sta davanti. Gira un attimo la testa. In cima alle scale un viso s’intromette nella staticità della struttura artificiale. Un cenno col capo e sparisce l’angoscia. Apre la porta,finalmente. Attimi lunghi anni. Pesanti come essi. Faccia a faccia con tutto al gruppo. La Rossa,il Carpentiere,Gilda,l’ex-demone impallinato col sesso e,ovviamente,il vecchio Rupert. Tutti insieme per sapere,dopo ventiquattro ore,come sta Briciola. Fottuti ipocriti. Li fa entrare,accomodare sul divano. Incomincia l’interrogatorio e con esso le accuse,le minacce. Bastardi. E allora lei decide di entrare in scena. Passi azzardati sui gradini. Sguardo fisso sui presenti. Li fa tacere in un momento. Allunga la mano verso Spike. Lui gliela stringe. Non hanno bisogno di nient’altro per capirsi. E per farsi capire. Occhi puntati su di loro,sul loro innocuo contatto. Pietrificati. Li hanno uccisi senza muovere un dito. Bersaglio centrato. Obbiettivo raggiunto. Ora possono illudersi tranquillamente. Possono congelare il loro mondo entro quattro mura e non provare più tristezza. Perché ora comincia il viaggio senza meta. Ma saranno insieme.

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Capitolo 2
*** Special needs (cap.2) ***


SPECIAL NEEDS (cap.2)

Mesi passano statici. Un amniotico,continuo flusso temporale. La convivenza è diventata il loro modo per espiare la colpa. Lancinante. Sempre presente. Si sussurrano frasi dolci nelle orecchie. Sempre cercando di non far ricadere il dolore sull’altro. Sempre in procinto di salvarsi. Ma mai del tutto. Forse un po’ vogliono sentirsi male. L’angoscia ormai l’ hanno inglobata. È un’amica confortante con cui si possono relazionare.
Di notte si sentono risate forti. Giochi silenziosi sul divano. Mani che sfiorano carne. Solletico incessante. Finché uno dei due non decide di smettere. E allora lui la trascina sulla sua spalla. E stanno così,a volte,per ore. Abbracciati. A guardare un film o ascoltare musica. Tante,troppe volte in silenzio. A gioire soltanto del reciproco contatto. Questa è la loro unica consolazione. Appagante.
Gli altri li vedono poco. Per volontà propria. Per il fatto che non li hanno mai considerati parte della loro vita. Erano amici di Buffy –oddio,il suo nome- non loro. Certo,ogni tanto passano. Ma lo fanno per il ricordo di sua sorella,non certo per lei. Obblighi ridicoli. Insignificanti visite di convenienza. Falsità servite su un piatto d’argento. Non che le importi. Ha altro a cui pensare. A stare tra le sue braccia,per esempio.

Dormono insieme. Nel letto che una volta occupava sua madre. Vicinanza che cura. Lo stesso bisogno. Infinito. Non c’è niente di sconveniente. Lei è ancora pura come una rosa bianca o un abito di seta dello stesso colore. Ma prima o poi succederà. Oh,lo sa. Lo sente nell’aria. Lo vede nei suoi occhi quando la guarda o nei propri davanti allo specchio. Libero arbitrio. Che lei sfrutterà.
Fanno il bucato a turno. Ma qualche volta si ritrovano comunque nello scantinato. Hanno attaccato un sacco da box al soffitto. Dicono che serva per allenamento ma entrambi sanno che il suo scopo è un altro:liberatorio. Saltuariamente hanno pianto mentre tiravano calci e pugni. Viscerali.

Ora Dawn va a scuola. Non sempre,s’intende. Ci sono giorni che non vuole. O meglio, non ci riesce. Non è un problema per Spike. La lascia a casa. Gli tiene compagnia. E la compagnia non fa mai male.
Due giorni a settimana lei ha lezioni serali. Recupero obbligatorio per tutte le ore che ha perso. E lui è sempre lì ad aspettarla. Per tornare a casa insieme. Per difenderla.
Le sue compagne indagano. Chiedono chi sia. Lei non si sbottona mai. Le silura con un “è il mio mondo”. Ogni volta rimangono pietrificate sul posto. Credono che sia il suo ragazzo o qualcosa del genere. Qualcosa del genere sarebbe la definizione più appropriata.
Un braccio attorno alle spalle,quello di lei allacciato alla sua vita. Verso casa. Sempre passando per il cimitero,però. Per salutarla. Seduti ai piedi della tomba. Per poi passare a quella di Joyce. Spesso non dicono una parola. Ognuno pensa quello che vuole. Spera e si autoconvince. Non serve parlare. Completamente inutile. Lacrime retoriche.

Il venerdì e il sabato sera vanno a ballare al Bronze. Vicini. Sensuali. Disperati. La gente li guarda incuriosita. Sconvolta. Non riescono a capire che genere di rapporto li unisca. Nessun bacio a svelare l’arcano. Nemmeno una volta.
Xander una notte li ha visti danzare al ritmo di “The end” dei Doors. Sembrava che stessero facendo l’amore. Ha preso Spike da una parte. Ma è bastato che il vampiro lo guardasse un attimo per capire che non era aria e che era meglio stare zitto. Ravvivandosi i capelli è uscito di scena. Sconvolto,anche lui.
Ritorna dalla sua bambina danzante col sorriso strafottente. Innocua finzione per il benessere d’entrambi.

Le ha insegnato a guidare. Una volta ogni sette giorni la fa andare al volante della sua De Soto e l’indirizza verso la campagna. Mentre sono in macchina accende l’autoradio a tutto volume. Sex Pistols più che altro. Ma anche Nirvana,Ramones,Clash. E poi rock psicadelico. Brezza d’anni ’60. Led Zeppelin,Pink Floyd,Deep Purple. Viaggiano per la notte così. Sempre nel loro mondo. Da soli. E i sentono vivi dopo molto tempo. Ridono. E sono risate vere,finalmente. Verso la mezzanotte sono soliti rientrare. Un piacere settimanale. Come i giornali di musica che compra lei.


“Passami quella spatola verde,Spike!”.
Guarda in giro. Vede l’oggetto contundente sul tavolino vicino al telefono.
“Passerotto,mi puoi spiegare che cazzo ci fa uno sbatti-uova vicino alla maledetta cornetta? Sbatterti fino alla morte mentre parli con quello sfigato del Carpentiere?” tono saccente,sempre. Anche quando l’argomento è uno stupido arnese da cucina o le rare telefonate con Xander e gli altri.
“Non sai quanti utilizzi può avere una spatola sbatti-uova…”.
La frase rimane sospesa a mezz’aria. E quello che sembra solo uno stupido scherzo si tramuta in qualcosa di più pericoloso: un doppio senso. Sotto parole di miele condensato. Perché le ha dette lei. E la sua bocca color fragola. Lui arcua le sopracciglia. Indurisce la mascella. Così che i suoi zigomi siano ancora più pronunciati. È il suo viso da sgomento. Lei lo nota e cerca di rimediare. Perché il sesso è un argomento da non affrontare. Rimarrebbero incastrati negli ingranaggi. E sarebbero fottuti. In tutti i sensi. E allora non ci sarebbero più sorelle di cacciatrici morte da proteggere e vampiri-babysitter che preparano colazioni.
“Oh,Big Bad,stavo solo scherzando. Togliti lo sguardo da caccia e ritira le zanne. C’è una vergine qui..e poi..”.
A lui si addolcisce il viso.
”E poi,Dolcezza,più dolce della tua quasi torta fatta male?”
“Non è fatta male e poi tu non è che hai dato un grande aiuto..è solo..”
“Un –solo- e un –cosa-?”
“Oh,maledizione! Non posso farci niente,ok?stavo solo pensando che mi sarebbe piaciuto aver la mia prima volta con te…non con qualche cazzo di Mr. Ormone dell’ultimo anno! Capito? Soddisfatto?”
Si volta. Per non guardarlo in faccia. Per non vedere il rifiuto dipinto sul suo viso. Non lo sopporterebbe. Non ne sarebbe in grado. Sono sempre a un passo dalla meta. Carezze allusive. Baci agli angoli della bocca. Abbracci notturni. Balli proibiti. E bagni insieme. Oddio, il suo corpo. Conosce ogni centimetro di pelle bianca,ogni cicatrice. Particolari di una vita precedente che l’affascinano. Che l’attirano.
Deve sapere. Deve riuscire a decifrare il suo sguardo. Penetrare il suo stupore.
Si gira con una lentezza vibrante. E in un attimo le ginocchia sono gelatina. E le farfalle nello stomaco si stanno uccidendo. Insistentemente. Pochi secondi e il mondo è rovesciato. Polvere di stelle sotto teche di vetro scintillanti. E le piace. Le piace moltissimo.
Quello che si erano ripromessi di non fare sta avvenendo davanti ai loro occhi chiusi nell’intento di baciarsi. Lingue che si cercano. Ballerine sul palco dell’ignoto. È mangiarsi. Assecondare i loro istinti di sopravvivenza. Hanno bisogno di questo. Di stimoli fisici. Di mutare il dolore in amore.
Si staccano dal loro bacio disperato. E non hanno capacità o voglia di parlare. Tutto è già stato detto in quei minuti di libido.
L’abbraccia. Le sta facendo quasi male. Ma tutto quello che lei sente è il suo profumo e le mani attorno al suo corpo fragile.
Col suo sapore ancora in bocca lo prende per un braccio e lo tira verso le scale. Gli fa un cenno con gli occhi indicando il piano di sopra. Lui scuote il capo,si allontana. Ha paura. Paura di ferirla. Di farle male,ancora. Paura di loro due insieme. Perché sarebbe purezza. E dovrebbe essere perfetto.
“Di cosa hai paura?”
“Io..non posso Briciola”
“Perché? Ascolta,lo voglio,ok? Sentirti,intendo. Ho bisogno di sentire ancora,Spike…e non posso più aspettare. È passato un anno,ormai. So che anche tu lo desideri. Lo vedo nei tuoi occhi ogni volta che mi guardi. E lo vedo anche nei miei. Lo penso veramente. Ti voglio,Will!”
“Piccola,sono un vampiro,per Dio! Tu sei tutta purezza e scintillio,io,un fottuto killer!”
“Ho perso i miei sogni infantili quando mia sorella è saltata da quella torre,e tu hai perso la tua furia omicida quando l’ hai conosciuta,se questo non è troppo ridicolo. Non m’interessa ciò che sei. Guarda me,sono solo una mistica bolla d’energia verde,sai? Il mondo non è solo bianco e nero,c’è anche il grigio…alcune perle sono grigie e tu sei una di loro..e ti amo per questo”.
Secondi di silenzio leggero. Sente lacrime formarsi nei suoi occhi. E non se ne capacita.
Bloccato da questa rivelazione agognata da troppo tempo.
Bocca impastata tenta vacillante d’emettere suoni non troppo smorzati.
“Ti amo anch’io,Dawn,e lo sai”.
Sussurri rassicuranti. Si dirigono verso la loro camera. Accendono candele. Luce soffusa e calda. Pj Harvey canta dallo stereo melodie lente con voce roca. Pillole d’amore soffocato. Tutto il ritmo che a loro serve per staccare le pareti del mondo conosciuto a morsi.

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Capitolo 3
*** Knife party (cap.3) ***


KNIFE PARTY (cap.3)

Capelli lungo cuscini bianchi. Gambe nude accavallate. Ancora stretti in procinto di svegliarsi. Palpebre che incespicano tra il sonno e la veglia. Mettono a fuoco lentamente. Movimenti progressivi alla ricerca dell’altro e sospiri nel trovare ciò che stanno cercando.
“Buon giorno,Sunrise!”.
Un bacio a fior di labbra. Una stretta al cuore. Sanno che quello che è successo è un punto di non ritorno. Ma non se ne pentono. Basta rimpianti. Basta rimorsi. Solo bolle di sapone e petali di rose mentre acqua riscalda la loro pelle. Non vogliono pensare più a niente. Mai più. Solo alla vicinanza dei loro corpi. Dipendenza morbosa e quasi infantile. Ma così dolce. Non vogliono più nascondersi. E gli altri hanno ormai perso ogni diritto su di loro. Se mai l’ hanno avuto. Non importa.

Per la notte stellata. Tetto di speranze incerte. Di altre morte. Può essere che anche lei li stia osservando dagli stessi puntini luminosi che fanno vibrare il manto nero del cielo. Forse non sarà contenta di saperli insieme. Ma forse,solo forse,sta sorridendo. E lei preferisce immaginarsela così. Come l’ultima volta che la vista ridere. Più di un anno fa. Molto,troppo tempo fa. Quando ancora la sua vita era zucchero filato e smalto rosa-baby.

C’è l’homecoming tra poco. Non ha ricevuto nessun invito. Ma sa già chi sarà il suo cavaliere. Non un principe azzurro,ma del colore dell’ossidiana. Agognata voglia di vedere le cheerleaders crepare d’invidia. Vederle trotterellare verso di lui per attaccare bottone. E osservare le loro facce sbiancare mentre le manda a farsi fottere con il più efficace giro di parole sarcastiche mai esistito. E allora godrà. E le guarderà dall’alto. Almeno una volta.

Stanno andando a comprare il vestito. Negozi aperti fino alle nove di sera in occasione delle feste natalizie. Sta un’ora chiusa nel camerino uscendo solo per fare piroette danzanti ed effervescenti davanti a Spike. Lui sorride vastamente ogni volta. Fino all’ultima prova. Seta nera che fascia il suo corpo. Pizzo dello stesso colore. Tormento per la vista. Tormento di voglie. Gli si illuminano gli occhi e la bocca si schiude. Allora lei capisce che è quello ciò che vuole. Perché è quello ciò che vuole anche lui.
“Sei bellissima,Passerotto”.
“Grazie”.
Arroscise e non sa neanche lei il perché. L’ ha vista nuda. Ma diventa pudica in un momento. Per i complimenti. Mai fatti. È sempre stato un linguaggio retorico,il loro. Mai espresso a voce alta. Sempre con gesti. Con il linguaggio del corpo.
Paga il conto. Escono dal negozio mano nella mano. Tra fasci di luce colorati e festoni multicolore. Il momento della sua vendetta sta per arrivare.

Una settimana dopo,fresca di bagno,va per indossare l’abito. Shampoo e schiuma alla fragola aleggiano nell’aria. Davanti alla toletta a truccarsi. Specchiarsi. Rosso sangue la sua bocca. Nero il contorno degli occhi. Come i suoi capelli d’altronde. Tinta fatta il giorno prima. Per lui. Per lei.
Quando scende dalle scale il mondo si ferma. Gli muore il respiro in gola. Se di respiro si può parlare. Lo sguardo è fisso. Una venere nera. La sua. Completamente sua,finalmente. È alla sua altezza. E tocca a lei baciarlo. Lui non ne ha la forza.
“Dai Spike,dì qualcosa!”.
“Io..bloody hell,Cucciolo,sei davvero tu o ho ingoiato centomila maledette pillole e non ci ho neanche fatto caso?”.
“Si sono io stupido uomo cockney!adesso andiamo prima che pensi veramente che tu sia fatto!”.
Nessuna limousine ad attenderli. Ma lui ha messo a lucido la De Soto e per lei è perfetto.

Arrivano prima gli urli di Corey Taylor che loro. Stupide fighettine con i loro quarterbacks a braccetto guardano lo spettacolo schifate.ma quando lui esce,tutte le oche diventano delle bombe di ormoni impazzite. Bello e dannato. Letteralmente. Con quel passo lento e sinuoso mentre va ad aprire l’altra portiera. Mano nelle mano l’aiuta a scendere. E allora la vedono. Lei,un’outsider. In’idiota qualsiasi. E lui. Invidia lancinante per loro. Vendetta sfavillante per lei. Deve essere servita fredda,è vero. E non c’è niente di meglio che un bello schiaffo in faccia per renderla dolce.

Salgono la scalinata della palestra.una favola dell’ottocento. Quando è vissuto lui. Il suo mondo in versione cyber-punk. Oltraggioso.
Arrivano nella sala da ballo. Addobbi natalizi. Finta neve agli angoli delle pareti,delle vetrate. L’unico modo di vederla in California. Chiudendo gli occhi e immaginandosela.
Ritmi impietosi soffocati da risate cristalline. Gioventù che si diverte. Generazione di fenomeni da baraccone. Lui la guarda.
“Vuoi ballare cucciolo?”.
Non risponde ma sorride,raggiante. E la sua sicurezza allora vacilla. Ma solo per un attimo. La porta verso la pista. “best sunday dress” delle Hole come lenta dolce-amara colonna sonora. Continuando,poi,con “Pale blue eyes” dei Velvet Underground. Che descrive i colori dei loro occhi. Zaffiri tristi. Perle impolverate. E allora,per non piangere su quello che hanno perso e quello che hanno trovato,si baciano. Un bacio che rinchiude lacrime amare. Si sbranano per non cadere per terra con le mani sul viso. E ora la musica non esiste più. Le mille facce che li circondano diventano macchie sfumate. Solo loro e nient’altro.
Tatto estremo. Sensi diluiti in bisogno. Ma lei necessita il respiro. Cosa che lui si è dimenticato da molto tempo. Si allontana e lo guarda. Perfettamente imperfetto. Il ballo d’inverno si è trasformato in un altro modo per cadere nei loro clichès personali.
“Dunque,amore,tutti I bei propositi,il vestito,il ballo e finiamo a piangerci addosso? Non c’è pericolo! Mantieni gli occhi asciutti e continua a volteggiare sulla pista!” “Ricordi quelle inutili,fottute,cheer-maledette-leaders?dobbiamo far loro il culo,Briciola,giusto?”.
“Giusto,e sono pronta a farle sentire stupide puttane con dei cazzo di pompons ..far loro provare ciò che sono realmente..e questo le porta a un nuovo livello di stupidità,penso!”.
“Ricorda,Cucciolo,tu stai solo aprendo loro gli occhi! Sei una maledetta Madre Teresa di Calcutta,amore,stai facendo del bene! Lasciami essere il tuo papa!”.
E finalmente ridono. Cambi d’umore repentini. Immaginarsi Spike vestito di bianco su un balcone dello stesso colore tentando di fare sermoni,la fa piegare a mezzo dalle risa. Assurdo e fuori luogo. Quasi sacrilego. Un papa-vampiro con i capelli alla Billy Idol.
“Che hai amore?”.
“Oh,niente!”.
Non riesce neanche a respirare ormai.
“Niente di niente! Solo tu vestito come un uomo di chiesa?! Disgustoso”.
Sorride anche lui a quella visione di se stesso.
“Solo un po’ ,si,ma potrei essere il papa più bello di tutti i tempi,pensaci!”.
“Si,si,come vuoi! Questa conversazione è sempre peggio!”.
“Bene,allora possiamo continuare a ballare?”.
“Certo mio cavaliere dall’armatura scintillante!”.
“Si,vedi,Biscotto,questa è quasi peggio di quella del papa!”.
E continuano,attaccati,a volteggiare. Musica rock che condisce il momento. Alle volte fanno delle richieste al dj. Altre vanno a bere del paunch che lui ha già pensato bene di correggere con la sua fedele fiaschetta di Bourbon. Gli sembra di riavere diciotto anni. Da umano. Certo,questo non è il ballo d’apertura alla società,ma bensì un ballo di metà anno,ma l’effetto è più o meno lo stesso. Eccetto che si sta divertendo molto più ora di che in quell’occasione alla fine dell’ottocento in un’Inghilterra industriale al carbone.
I tempi sono cambiati. E lui ha visto questo mutamento davanti ai suoi occhi. In prima persona. L’avvenuta dell’auto. L’invenzione della tv. La musica rock. Le inserzioni giovanili. I miti. Due guerre mondiali. Sono avvenute più cose nel ‘900 che in tutti gli altri secoli. E anche se da una parte essere un vampiro può essere una maledizione,dall’altra permette di vivere le evoluzioni e questo,è un privilegio per pochi. Gli ha permesso di conoscere Dawn. Di innamorarsene. Ed è riconoscente a Dru per questo. Certo,gli ci è voluto un secolo per trovare la donna giusta ma alla fine ci è riuscito. È sempre stato lento in queste cose. E non ne fa segreto.
Il ballo va avanti. I ricordi affluiscono prepotenti. D’effetto.

Circoncisione di timori. Acquavite leggiadra sulle loro teste. Non sentono la fine pioggia mentre s’incamminano verso la macchina. Verso il loro mondo al sapor di nicotina. Accende il motore e così “The hunger” dei Distillers. Promesse vaganti in quegli urli squarcianti. Brody Dalle e la sua bocca piena. Rossetto disfatto. Come la sua voce. Potenza in carta vetrata. Lucidità illogica. Per sempre in quelle note si sono cercati durante quell’estate infinita.
È il loro tacito accordo. Il loro sfiorarsi indiscriminato. Distrutti i sorrisi di plastica,riscoprono la violenza appena entrano in camera. Ma è una violenza dolce. Voglia di combattere per aversi. Guardarsi con una punta di terrore mentre bocche insaziabili si trovano. Mani che colpiscono a fondo con solo una carezza. Non c’è nessuno ad ascoltarli. Li assorderebbero con il loro non troppo tacito coito.
“I’ll be your lover, I’ll be forever, I’ll be tomorrow, anything when I’m heigh”, canta il primo Manson. Quando ancora non si tagliava per I soldi. Ma giusto per il gusto di farlo. Per dimostrare di non sentire niente. Come aveva fatto lei dopo aver saputo di essere la Chiave. Le ha lasciato una cicatrice d’avorio. Un ricordo perlaceo del suo non essere nulla. La lama affondato nella carne come le zanne di Spike in quell’istante. Mentre sta succhiando via la sua linfa vitale dal suo collo nudo. Il morso del possesso. Così terribilmente eccitante. Così dolorosamente delizioso. Zuccherato di aggressività. E lei è ben felice di essere sua per sempre.
La sveglia dal quel sogno offuscato un violento orgasmo al gelato. Freddo. Glaciale nel suo calore spumoso. Nervi che si paralizzano per poi rilassarsi dopo pochi secondi.
Si distendono sul letto matrimoniale soddisfatti e stanchi dalla loro danza accattivante. Per poi addormentarsi abbracciati.

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Capitolo 4
*** So fast, so numb (cap.4) ***


SO FAST, SO NUMB (cap.4)

Ha cominciato a fumare. Psicologicamente utile per smorzare l’angoscia. Anche se è un’eccitante. Si ricorda che quand’era più piccola odiava anche il solo odore del tabacco. E odiava Spike essendo fumatore. Accanito,oltretutto. Ma all’epoca non capiva il fatto che a lui non potesse importare di meno. I suoi polmoni erano già morti. Ma in questo momento si ritrova con una sigaretta tra le labbra laccate. Aspira il fumo dolciastro delle Winston blue. Ha provato quelle che fuma lui ma sono troppo pesanti. Scivolano in gola in modo esageratamente caldo e goffamente tossisce ogni volta. E allora ha optato per una marca più leggera. E ora,sdraiata sul letto coperta solo da un lenzuolo di seta, con il portacenere alla sua destra,aspetta il calar del sole. E con esso lui. Tra fumo condensato.

I bagagli sono fatti. Vestiti multicolore in quantità industriale impacchettati in due valigie grigio scuro. Hanno deciso di proseguire il loro vivere in un posto che non sia Sunnydale. “Sunnyhell”, ricorda Spike. Nessun legame li obbliga a restare. Lei non c’è più da troppo tempo. E da troppo tempo la stanno piangendo. È il momento di cambiare aria. Basta tornare a casa ricoperti di muco o sangue di demoni. Basta raccontare balle per spiegare il perché il proprio ragazzo non viene mai all’uscita da scuola. “Sta lavorando,sai?”, “Ha la pelle più sensibile del mondo!”, “Sta facendo un sonnellino”, “è in Giappone per un viaggio di lavoro?!”. Vabbè,nessuno l’ ha mai bevuta ma è già qualcosa. E basta,basta Scoobies. Che provano a fregarsene ma ogni volta falliscono miseramente. Stupidamente. Solamente non li importa. Tutto qui.
La casa non è in vendita. Una settimana prima Spike ha fatto una telefonata ad Angel e,dopo svariate imprecazioni tipicamente britanniche per cui era quasi necessario un traduttore simultaneo,è riuscito a convincerlo a fare in modo che casa Summers restasse intatta e soprattutto loro.
“Quella stupida checca! Il Flagello dei miei coglioni,ecco cos’è!” ,è stato il suo commento appena ha messo giù la cornetta. Non andranno mai d’accordo. Lo sanno entrambi. Ma alla fine lei sa un’altra cosa. Che c’è una sorta di rispetto reciproco sotto tutte quelle prese per il culo.
Con i bagagli nel baule guardano per l’ultima volta alle loro spalle. Niente lacrime. Ne hanno già versate troppe. Un’infinità di volte.
“Andiamo,Briciola,vieni con me nell’Isola che non c’è dove non ti dovrai mai,mai più preoccupare delle cose da grandi!”.
Ecco da quand’è che lo ama. Da quando le aveva detto che adorava la favola di Peter Pan,tanti anni fa. Da quel momento ha sempre voluto essere la sua Wendy. E fuggire dalla realtà,come stanno facendo adesso,per costruirne un’altra propria.
“Mai è un periodo di tempo terribilmente lungo!”,dice lei interpretando la parte.
“Anche -per sempre-,ma sopravvivo!”,risponde lui,secco.
Lo bacia e poco dopo sono in macchina.
Turni al volante che si susseguono inesorabilmente. Di giorno lei. Di notte lui. Per ovvie ragioni. Spike ha ripitturato di nero i finestrini e il lunotto di dietro e ha aggiunto una comoda tendina dello stesso colore che fa da separé tra i posti per i passeggeri e la parte davanti dell’abitacolo. Così che il sole non possa entrare. Una comoda cuccetta anti-autocombustione. Per non ritrovarsi con un bel mucchietto di cenere come compagno di viaggio.

Il motel è scrauso. Letti già usati da migliaia di persone. Sempre e comunque di passaggio. Anime in pena o semplicemente in cerca di un posto per la notte. Per loro è lo stesso. Non importa. La moquette è verde tiziano. Acceso. Insolito. Si abituono in fretta. Agiscono di conseguenza. Si tolgono i vestiti ormai di tre giorni e vanno verso la piccola doccia. Rinfrescante. Necessaria. Gocce che seducenti vagano per il loro corpo. Esperte mani colgono ogni contorno. Seviziano leggere. Impertinenti. Il seno pieno,il suo sesso giovane. Le labbra carnose. Geme,contro il muro piastrellato da motivi floreali. Piacere a sfottere via il dolore. Essenziale. Solitario. Uccisore. Dopo la lava gentilmente. Fa scorrere il sapone sulla sua pelle chiara. Porcellana modellabile. Soffice. Lui la sovrasta ma ogni volta che lo guarda si rende sempre più conto di quanto sia alla sua portata. Non è altissimo ed è leggero,scattante. Un fascio di nervi. Di spigoli. Che lei conosce. Che lei possiede.
Dopo poco sono stesi a letto. Innocui nella loro banalità. Leggono fumando stancamente una sigaretta. Lui, Jack Keurac, “On the road” ,classico della Beat Generation. Le pagine consumate e ingiallite tradiscono gli anni e le ripetute letture. Mentre “Tokyo blues,Norwegian Wood” di Haruki Murakami campeggia nelle mani di Dawn appoggiato alle ginocchia magre. Una storia di solitudine,amore e morte. Forse,inconsciamente, l’ ha comprato per questo. Per rispecchiarsi in qualcosa. Qualcosa di diverso del suo riflesso.


New York d’ inverno. Fiocchi di neve si fanno strada tra nuvole pesantemente bianche fino a liquefarsi al suolo. Il giubbotto nero di lana grossa tradisce il freddo che prova. Le mani in tasca,rosse per il gelo. In città da tre mesi e ancora non se n’è abituata. Lui l’abbraccia solenne. Un gesto di marineria affettuosa. Anche se il suo corpo è a temperatura ambiente e non può riscaldarla in nessun modo. Ma è comunque confortante sapere che ci sarà sempre al suo fianco. Per sempre.
“Vuoi andare a prendere qualcosa da bere,Cucciolo?”.
“Sì,forse mi scalderà un po’!”.
Escono dal Central Park per avvicinarsi ad un pub all’angolo conosciuto poco tempo fa. Il gestore è alla mano e non fa domande. Ottimo. Ordinano due birre alla spina. Siedono al tavolino in fondo,contro il muro. Lontano da occhi indiscreti.
“Sai,Spike,delle volte mi sembra che siamo solo dei sopravvissuti. Altre,persone che cercano la felicità senza mai trovarla. Sempre,vago nell’incertezza.”
Lui induge. Poi la guarda. Le prende le mani tra le sue.
“Noi siamo solo noi,amore. Un’alba e un tramonto. Due complementari in cerca di noi stessi. Buffo,no? Siamo rimasti solo noi eppure continuiamo a cercarci. Forse non ne verremmo mai fuori. È come giocare a rimpiattino con la propria immagine.”
“Ma a me piace,anche se sembra tutto così sfumato…L’unico momento in cui mi trovo è quando sei dentro di me. Allora mi trasformo in un pezzo unico. Mi sento reale,finalmente.”
Si guardano complici. Mani intrecciate sopra il tavolo d’ebano intarsiato. Un attimo palpabile. Vibrante. Loro.

Il loro appartamento è a pochi isolati di distanza,all’ultimo piano di un palazzo vecchio stile. Lo hanno comprato grazie a una parte dei soldi che Spike aveva lasciato fruttare in una banca durante tutta la sua non-vita.
L’ambiente è confortevole,eclettico. Ci sono scritte sui muri violetti,cuscini eccentrici,più che altro di peluche e particolari lampadari di vetro lavorato che pendono dal soffitto. Il letto è alto,non ampissimo, un due piazze con la testata in ferro battuto. La cucina è costituita da un angolo cottura e una penisola ma solitamente mangiano sul tavolino della piccola sala o sul divano porpora mentre guardano la tv. Il bagno è munito di una vasca di porcellana bianca sorretta da piedi di leone,abbastanza larga. A volte la cospargono di sali minerali e bagnoschiuma alla frutta per poi tuffarcisi dentro e giocare con le bolle.
Sembrano due bambini quando accantonano l’angoscia. Brillano d’innocenza falsa. Ma le regole sono queste e le devono accettare. È il loro più grande merito e il loro più grande limite.

Assuefatti dal proprio rivestimento di finzione,la notte si divertono ad esseri semplicemente loro stessi. Amano menar le mani,gradiscono i vicoli bui e qualche bel demone o similari. Schiena contro schiena,armati di paletti di legno,sempre all’erta. La forza di Dawn,col passare del tempo,è notevolmente aumentata. Né lei né Spike si spiegano il perché. Rimangono ignari,sicuri che prima o poi risolveranno l’enigma. Lei è solamente felice. Capace finalmente di sfogare sensazioni represse aiutando il suo compare. Incessantemente delizioso.

Nel chiacchiericcio post-caccia,però,non si accorgono di due occhi giallo oro. Che li scrutano avidi. Morbosi. La luce verde accecante che proviene da quella ragazza dalla pelle levigata non può suggerirgli che il palese. Si tratta della sua agognata Chiave. E lui conosce la serratura infernale che dovrà aprire. Di nuovo.
Sparisce com’è arrivato,in un battito di ciglia,mentre loro continuano a ridere di una battuta stupida detta da uno Spike sorprendentemente sereno. Inconsciamente.

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Capitolo 5
*** Ignoreland (cap.5) ***


IGNORELAND (CAP.5)

L’inseguimento della bestia sta per sfiorare le due settimane. Ma loro,dolorosamente ignari,continuano ad arrivare a casa soddisfatti e sereni. E come sempre,dopo la doccia insieme al battito di farfalle,si devono una calda cioccolata in tazza. Rilassati si guardano negli occhi,sempre un po’ più vivi,mentre si avvicinano lentamente. Naturalmente.
Il demone li segue combattuto tra istinto e logica. La bocca cosparsa di zanne si apre in un sorriso di ferro. Raggelante. Nel momento in cui si gode lo spettacolo osè davanti a sé,trasuda. E un po’ invidia.
Ormai conosce usanze,odori, sguardi,movenze,tecniche. Ha creato schemi nella sua testa orribile. Oscena. Il Piano. Con tanto di lettera maiuscola. È cosciente della propria forza. La propria semi-divinità. La tangibile superiorità contro un solo vampiro e una ragazzina incurante del suo potenziale. Ne è sicuro. Completamente certo.
Ma il loro passato -oh- quello non lo sospetta neanche. E il loro legame lo sta notevolmente sottovalutando.

Passano giorni sempre uguali. Ma mai per loro. Ogni alba è una speranza in più per sopravvivere. Ma il demone è stanco d’osservare solamente. Vuole avere ciò che gli serve. Il più presto possibile.
Gli prudono le mani deformi. Affilate. E questo non è mai un buon segno.

La possibilità d’agire gli si presenta davanti. Si stanno recando al “Pit Trap”,un locale eccessivo nella parte oscura della città. Dove lui non è considerato pericoloso. Vanno insieme per mano. I capelli di lei lasciano scie color onice nell’aria satura d’umidità della sera primaverile. Fine marzo. Sempre un po’ più temperato. Un po’ più caldo. O un po’ meno freddo –suggerisce una voce nella sua testa.
Li guarda entrare. E fa lo stesso,dopo poco,dalla porta secondaria. Con la sua forza non ha problemi a sfondarne il metallo.
Loro si avvicinano al bancone. Ordinano da bere. Sa già cosa prenderanno. Birra chiara,media,per lui. Caipiroska alla fragola per lei. Si siedono al tavolo all’angolo. Sempre lontano dal rumore della folla. Della mischia. Staranno li con le mani intrecciate finché non avranno voglia di ballare. Fasciati. Sulla pista multicolore.
E quello sarà il momento. Per uccidere lui. Sudiciume inferiore. E per rubare lei. Chiave effervescente. Forza cosmica. Sarà sua. Il mondo deve essere inghiottito. Deve scomparire. Il mondo deve andare a farsi fottere. Per sempre.
Mentre “Nightswimming” dei R.E.M imperversa tra le loro braccia,la spada vibra. Metallo medioevale contro pelle bianca. Già morta.
Lei se lo ritrova tra le braccia. Che cerca un respiro che non trova. Che non esiste. E quando lui si abbassa lo vede. L’uccisore. Verde squamoso che fascia braccia forti. Oscene.
Mentre urli si diffondono nella sala,sgomitando per uscire,guarda il suo amante steso per terra. Disfatto. E sente un potere primordiale. Potente. Scorrere in lei. Istintivamente scavalca il corpo supino al suolo e sferra un calcio roteante alla testa troppo tonda del demone. Lo tramortisce. Lo rovescia. Cade sui tavoli di legno dietro di lui. Spaesato. Non lo aveva calcolato. Il potere della cacciatrice. Ma ora lo percepisce. Fluire in lei. Come un fiume di sangue in piena. Rosso rubino. Purissimo. Come quello di sua sorella. Morendo,l’ ha trasformata in lei. Ora sono uguali. Uniche. Una cosa sola.
E questo lo spaventa. Lo fa tremare di brividi ghiacciati. Gli fa imperlare di sudore la schiena già viscida.
E poi vede il vampiro tirarsi su. Faticamene. Ma ora è in piedi con un ghigno tra solita strafottenza e dolore.
Crede che sia un demone qualunque? Impudente. Lo hanno preso di sorpresa,certo. Ma è bastato un minuto per risvegliarsi dallo sgomento.
Li guarda dall’alto dei suoi due metri. Piccole cimici. Due mocciosi che si credono eroi. Lui farà loro del male. Tanto male.
Si butta a capofitto sulla testa platinata. La riempie di fendenti di spada,di pugni. Tutto in un battito di ciglia.
Lei non riesce a fare a meno di guardare. Non riesce a capacitarsene.
Poi lucidità impietosa la scuote violentemente. Ed è lì che tutto comincia a tremare. Sgretolarsi piano. Poi all’improvviso.
Una bolla di energia concentrata nelle sue piccole mani di porcellana. Lo fissa negli occhi giallo-piscio. Innaturale. E pensa a quelli di un altro. Ora chiusi per il dolore.
La bomba esplode e lo investe in pieno. Il suo potere è fuori schema.
Se non è solo una cacciatrice o una Chiave cos’è diventata?
L’attimo di distrazione permette a Dawn di recuperare il suo compagno in nero. Lo sorregge insistente. E con le poche forze rimaste scivolano via. Nella notte lucida.
Troppo chiara. Deve far presto. È quasi giorno.

Trova un posto. Una casa abbandonata. Murales. Giornali come decoro. Fanzines di vecchi concerti sulle pareti sgretolate dagli anni.
Anche lui sarebbe così se non fosse diventato vampiro? Un ammasso di polvere e devastazione e…vecchiaia?
Non vuole pensarci. Scaccia l’idea e cerca un giaciglio. Lo trova al secondo piano. Anche scale scrause da fare. Maledizione!
Lo adagia sul lenzuolo lacero. Fatiscente.
“Briciola?”,dice lui dolcemente. Con aria troppo interrogativa. Come se cercasse qualcosa che non riesce a vedere anche se è sotto al suo naso.
“Sì,amore?”,risponde,conscia del fatto che è la prima volta che si rivolge a lui in quel modo.
Gli occhi emaciati di Spike si allargano un attimo di più al suono di quelle cinque lettere. Finalmente.
“Oh,Cucciolo,allora è questa la fine di tutto?”.
Lei sobbalza. E urla d’istinto. Tradita.
“No! Tu non vai da nessuna parte senza di me,capito? Me l’ hai promesso,Spike,ricordi? Quella sera sul portico della nostra vecchia casa..tu me l’ hai giurato! E io non ti lascio morire o rimorire così,cazzo!”
“Già,è vero..”,pensa lui,distratto dalla visione offuscata e dall’emorragia che lo sta uccidendo.
“Sto perdendo troppo sangue,piccola..ti sarò solo d’intralcio..scappa,lasciami qui”.
Si volta verso di lei. La sta pregando con i suoi cieli. Occhi di zaffiro. Ma lei resiste. Si scompiglia i capelli neri vernice con le mani smaltate. In preda al panico.
Il suo sguardo lo trafigge all’improvviso.
“Mordimi”.
Un sussurro. Un solo respiro. E lo uccide all’istante. Lo drena di ogni forza.
Ora ride. Sempre più forte. Isteria. Paura. Inquietudine.
“Stai scherzando,vero?”,riesce a dire tra i denti.
Ma basta guardarle i contorni del viso. Tirato. Convinto. Mortalmente (è questa la parola CHIAVE, no?) convinto. Letteralmente.
E allora il sorriso nevrotico si spegne come si è acceso. La poca luce sembra svanire del tutto. Il suo corpo trema. E tra un colpo di tosse e un giramento di testa,per la copiosa fuga di emoglobina,riesce quasi a urlare.
“No!”
“Ma,Spike,pensaci,per l’amor di Dio,è la nostra unica possibilità! Io da sola non potrò mai farcela!..devi salvarci entrambi,ancora”.
“Salvarti,salvarti,dici?come potrei salvarti facendoti morire?”.
Ha quasi le lacrime agli occhi. Crisalidi di luce pronti a cadere. Fantasmi del passato mentre si guarda le mani. Consumate. Ma ancora perfette.
“io vivrò con te per sempre,ti sembra poco? Tu hai bisogno di nutrirti assolutamente e il mio sangue è più forte di qualunque altro. E tu lo sai”.
È ancora incerto,se ne accorge. Intreccia le dita con le sue. Sguardi che s’incontrano. Si perdono nell’abisso blu,uno dell’altro. Questo tocco. Grazia che spiazza.
Lo sente vacillare. Combattere contro sé stesso. Disperatamente.
D’un tratto la tira verso il letto. Con violenza dolce. Che sia il demone o l’umano a prevalere non ha importanza. Succede tutto in un attimo. La sua mente registra lentamente. Sente le sue zanne avorio dentro al collo. Mentre diventano corallo.
Si aggrappa a lui. A peso morto. Le forze pian piano scemano. E lei non si è mai sentita meglio. Sta per riposare,finalmente. In un’atmosfera di zucchero filato.
Riceve l’ultimo bacio mozzafiato. Dopo non avrà più fiato da mozzare. Dopo sarà solo notte. Il suo stesso nome potrebbe ucciderli entrambi. L’unica sua luce sarà lui.  

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Capitolo 6
*** A song for the dead (cap.6) ***


A SONG FOR THE DEAD (cap.6)

Apre gli occhi e la loro camera da letto le si presenta davanti,spiazzandola. Si sveglia stralunata. Spossatezza impensata. Ma forza nuova. Resuscitata in lei da potere vibrante. Mortale. Tutto le appare diverso. Più,come dire,preciso. Ha altri occhi,lo sente.
Si volta a destra. E lui è lì,al suo capezzale. Chissà da quanto tempo.
Ringrazia il cielo,metaforicamente parlando,di non aver dovuto uscire dalla tomba. Come ha fatto l’uomo addormentato a un soffio da lei più di un secolo fa. I suoi arti non sono graffiati. Ma semplicemente più pallidi. Diafani.
Accarezza la mano laccata di nero. Un tocco leggero. Come una piuma. Lo sbattimento  delle sue lunghe ciglia scure è immediato. La guarda. Preoccupazione nei suoi lineamenti. Lo rassicura con un sorriso. Sincero. Anche se lieve. Lui le sposta una ciocca di capelli di velluto dietro l’orecchio destro. Un gesto semplice. Ma così tenero. Speciale.
“Come ti senti,amore?”.
Tutto ad un fiato. Il suo animo non si è del tutto placato. Situazione sconveniente,la sua. E lei sa anche perché. Colpa. Scritta a lettere cubitali. L’ ha tradita. Buffy,intende. Ha ucciso la sua sorellina e per questo si disprezza. Apertamente. Aspramente.
Ma basta un momento di pura pace. La guarda e vede solo tranquillità. Come se fosse un fatto che doveva accadere. Inevitabilmente. E che lei,forse,voleva che accadesse. Morbosamente. Lo ha sempre amato fino a questo punto?
Fissa le sue iridi ghiacciate e si risponde di sì. Lei lo ha sempre voluto. Desiderato. Bramato. Fino allo spasmo. Lui è suo.
“Finché starò con te starò bene,Spike”.
La guarda tremante e poi china il capo in segno di approvazione.
Lei si alza lentamente mettendosi a sedere sul letto. Schiena contro ferro battuto. Ma non prova più freddo.
“Vorrei del sangue,Spike,e una brioche,se possibile”.
Sogghigna. Lo dice con tutta la sicurezza del mondo. Naturalmente. E lui non può fare a meno di ridere. La paura scemate quasi del tutto.
Va ad aprire il frigo. Prende una tazza nera con una scritta in rosso I’M THE BIG BAD. Stupido ricordo di una serata al mercatino delle pulci. La mette nel microonde per un minuto. Poi la porge a Dawn recuperandole anche un cornetto al cioccolato. Quelli che lei aveva comprato la mattina. Quando ancora poteva ammirare il giorno.
Lei gli sorride. Per poi mostrare il viso orrendo. Deforme. Mostruoso. Del demone.
Si sta nutrendo. E lui sta morendo. Di nuovo. La trova perfetta nella sua imperfezione. Anche se gli mancano i suoi occhi ghiacciati. Terribilmente.

Vorrebbe solo aver potuto scegliere. Rivedere la ragazzina che era stata. Spigliatezza adolescenziale. Un cumulo di movimenti veloci. Guizzanti. Le mani mai ferme. Gesticolanti.
Se la rimembra contenta. Solare. Mentre ora vedrà solo la luna. Per tutta l’eternità. E questo per colpa sua.
Immagina di nuovo quella memoria preziosa. Prima di quell’estate infinita. Quando la cacciatrice –Buffy,sovviene- non c’era più. Quando lei era diventata silenzio e tristezza. E l’unica cosa che cercava erano braccia attorno alla schiena fragile. Le sue.
Scaccia il pensiero. Il suo viso è tornato bianco e morbido. E non ci sono più lenti diaboliche a guardarlo. C’è solo lei. Distesa. Pacata. Eterea.
Parla all’improvviso. Soffio di parole.
“Allora,ora sono pronta per uccidere?”.
Lui la osserva,sgomento. Sente che profuma ancora di fragola. Ma c’è qualcos’altro ormai a perforargli l’olfatto. Un odore malizioso. Subdolo e stagnante. La fragranza di morte. Che ora la possiede. La circonda come un’aurea. Come una dolce amante vogliosa.
Gli prende le mani lunghe tra le sue. Lo guarda seria. Lo fissa. Oceano contro oceano. Un flusso di onde schiumose. Veritiere.
“Stavo parlando del demone,amore. Tranquillizzati,hai i muscoli tutti tesi”.
La ringrazia dolcemente. Lo spirito si placa dentro il suo cuore. Le vertigini di spuma,che lo avevano sbattuto giù dal palco,si dissolvono. Ora,è di nuovo attore. È ancora lui a tenere le redini.

Il bacio al sapore di emo-cioccolata lo prende di sorpresa. Inizia una danza vecchia come il tempo stesso. Bella come sempre. Ma nuova per loro. Ora sono due pari. Vampiro contro vampiro. Non stanno facendo soltanto l’amore. Stanno facendo l’amore scopando. Contro muri imbiancati rendendoli nulli. Stanno salvando vittime dalle macerie di un palazzo mai caduto. Loro stessi.

Le mutandine di pizzo nere sono per terra,ai piedi del letto. Altri vestiti sparsi per la piccola camera di carta stagnola. Modellabile. Loro due distesi con gli occhi socchiusi. Il mondo è fuori. Pensano solo al tocco reciproco. Alle poche parole scambiate. Sussurrate nelle orecchie. Lui si volta e prende le Marlboro dal comodino. Lei segue il suo gesto e si accende una sigaretta del suo pacchetto. Stancamente. Movimenti eleganti che ha copiato da lui. Il suo mentore. Protettore. Amico. Amante. Una salita importante,speciale.
“Non mi scapperai mai più”,biascica lei mentre soffia fuori il fumo dalla bocca.
È seria. Diretta. Tanto da far male.
Lui la guarda di sott’occhi. Osserva il profilo perfetto. Terribilmente maturo per la sua età. Oramai congelata.
“Sarà bellissima per sempre”,pensa. E questo lo consola. Rincuorandolo.
Non risponde alla domanda di lei. Le prende la mano e se la porta alle labbra sottili. Ne bacia le estremità affusolate. E lei,muta,annuisce. Compiaciuta della conferma silenziosa. Un’espressione così sua. Sempre prima le azioni. I sentimenti che traspirano dagli occhi. Istinto. Una creatura così imperfettamente perfetta. Da scioglierla completamente appena la sfiora.
“Domani lo uccideremo,Cucciolo. Domani sarà veramente un altro giorno. E non è per parafrasare Rossella maledetta O’Hara!”.
Vecchie battute filo-televisive. Come una volta. Quando guardavano “Passions” insieme. In una cripta confortevole. Con tanto di TV via cavo. Abusiva,ovviamente. Abusiva come lui. -Come sé stessa- le ricorda sempre quella fottuta voce. Assidua. Irritante.
Non è più di questo mondo. Se poi lei ne abbia mai fatto parte. Sono degli universi paralleli. Degli ignoti. Ma non le importa. Era comunque una cosa che doveva essere fatta. Non avrebbe potuto morire sapendo che lui sarebbe stato ancora lì. Fuggevole alla morte. Anche del suo amore.
“Sì,Spike,domani lo uccideremo”,puntualizza statica. Quasi cattiva.

Ideano il piano. Con ghigni severi. Sarà la vittima sacrificale del loro potere. Il loro primo premio. Vincitori della coppa,finalmente.
“Il mio re di coppe giocherà un po’ con voi”.
Gli ricorda lei,Drusilla. Antico splendore. Così lontano. Offuscato. Quasi sbiadito. E pensare che era tutto all’epoca. Il suo unico scopo. Il suo sire. Doveva essere lei. Ma poi tutto è cambiato. Ha girato la carta e lei,ora,non c’è più.
Adesso c’è solo Dawn. Bellezza giovane. Forte. Sicura. Eterea.

Le menti continuano a lavorare,instancabili. Fino ad addormentarsi,esauste.

Il demone digrigna i denti. Dolore. Sempre presente. Che non lo fa dormire.
Quella maledetta ragazzina l’ ha conciato per le feste.
Vicino al cuore uno squarcio. Che non cessa a martoriarlo.
Si sta nutrendo di occhi umani di continuo. Ha bisogno di cibo per riabilitarsi. Velocemente. Spera che entro il giorno seguente sia in forma. Pronto per fargliele pagare. Alla Chiave che diventerà sua,pensa. E a quell’inutile vampiro dai capelli improbabili.
Si stende con fatica sul letto fatiscente. Logoro. Chiude gli occhi disumani. All’improvviso il suo respiro già spasmodico diventa completamente innaturale. Anche per un demone Taraka.

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Capitolo 7
*** Bullet & the bullseye (cap.7) ***


BULLET & THE BULLSEYE (cap.7)

Susseguono ore. Flebili. Ingannevoli per la loro calma artificiale. Agonizzante.
Sono alla ricerca d’indizi. Orme. Prove inconfutabili. Tonnellate di libri campeggiano sul grande tavolo di mogano.
“Ci vorrebbe Giles”,pensa lei mentre sfoglia pagine ingiallite dal tempo.
Sono anni che non sente gli amici di sua sorella. E mai le sono mancati così tanto. Puro egoismo. Paura vibrante. Ma sicurezza nella propria forza. Assurdamente.
Senza essere vista e fermata con un bacio sfrontato,scruta il suo compagno con la coda dell’occhio. Viso cesellato. Da schiaffi.
“Trovato”,quasi urla lui. Una contentezza strana. Un misto tra la felicità d’avere trovato quello che stavano cercando e il pensiero funereo dell’ormai inevitabile lotta.
La guarda. Il sorriso aperto. Reale.
Prende il libro in mano. Lo poggia sulle ginocchia. Come tanti anni fa. Dentro al Magic Box. Mentre lei scopriva di non esserci. Di non esistere. Solo immagine e somiglianza.

“Demone Taraka del terzo livello demoniaco. Vive sottoterra e si nutre di occhi. Aggressivo ma lucido. Non fa niente per il proprio divertimento,per il proprio compiacersi,ma sempre per un fine preciso”.
Si fa serio. Sicuro oramai del perché li ha attaccati. Improvvisamente. Poi riprende,con voce bassa,roca.
“C’è una profezia,Dawn”.
La guarda serio. Dal basso verso l’alto.
“Nel mese dei fiori,nella prima notte senza luce,il mangia-occhi diventerà il padrone,l’unico occhio del mondo. La Chiave sarà il mezzo,l’inferno lo scopo”.
Si ferma con lo sguardo sulle parole nefaste. Sull’inchiostro scuro. Maledetto.
Trema. Nervoso,instabile. Lei cerca di non far trasudare i suoi sentimenti di disperazione. Delusione. Debolezza. Non ne ha più la forza. Vuole tranquillità. Qualche vampiro,qualche demone minore,sì. Uccisioni che fanno bene. Che spezzano la routine. Per sfoghi di ogni sorta. Ma non vuole essere ancora la causa la causa del male. Della morte. Si ricorda sua sorella. Il discorso su quella torre. Il suo ultimo sorriso. Il suo sacrificio. Il corpo morto disteso a terra. Esamine. E il pianto. Il senso di colpa costante.

Ora c’è lui. E non può smettere di amarlo per salvarlo. Non ci riesce. È qualcosa di più grande. Grida anima e sangue. Lo sente sotto la pelle. Dentro allo stomaco. Al cuore. È ovunque.
Comincia a ridere. Prima sommessamente,poi,sempre più forte. Istericamente. Improvvisamente lacrime feroci. Insistenti. Prepotenti. Che sfociano in uno strazio agonizzante. Vermiglio.
Sussulta convulsamente. Sconforto in dosi massicce. Pericoloso.
Comincia a parlare. Urlare,quasi. Con la voce rotta dal pianto. Una lametta in gola. Un buco in testa.
“No!”,comincia. Sempre più alta,stridula.
“No,basta!Basta morte,crisi,sopravvivenza! Uccidimi Spike! E fallo bene stavolta!”.
Lui le risponde con un abbraccio.stretta potente. Ferma. Decisa. E dolce come caramello.
“Shh,Passerotto,calmati. Io sono qui. Sempre qui per te. E non potrei mai ucciderti, neanche per salvare il mondo. Perché tu hai salvato me”.
Tra i singhiozzi snervanti. Togli-respiro. Un debole vibrare di corde vocali.
“E tu hai salvato me,Spike”.
Continuano ad assaporare uno il profumo della pelle dell’altro. A sciogliersi nel rispettivo tocco.
“Non voglio che muori anche tu”.
Gli si aprono gli occhi. Sconvolti. Ora sa cosa teme,cosa la uccide. Il pensiero della perdita. La sua. E in qualche modo ne è orgogliosamente contento. Maschilmente egoista.
“Io non morirò mai,sarò sempre tuo”.
“Giura”. - È  speranza quella che sente nella sua voce sempre più normale?-
“Giuro,Briciola,giuro”.

Riaprono il libro di prima. Leggono i particolari del Taraka.
Vivono sottoterra. Ma non nelle fogne come ci si aspetterebbe. La tana se la fanno con le proprie mani. In spazi verdi. Ampi. Dove possono trovare vittime. Tante.
Si guardano nello stesso momento. Con la stessa idea in mente. Parlano all’unisono.
“Central Park”.
Prendono i soprabiti adagiati sul divano ed escono velocemente facendoli svolazzare nell’aria.

Lei passeggia da sola. Esca. Verme. Ha tacchi alti per farsi sentire meglio. Punte aguzze. Casuali armi. Lui la controlla da dietro un cespuglio. Nero nel nero. Invisibile. La luce è poca. Ma lui ha la sua vista notturna. Pericolosa. invidiabile.
Cammina un altro po’. Il parco è grande. Troppo. Spera che il demone sia in casa. Che la percepisca. Che la cacci.
Si siede su una panchina di legno con schienale. Ci sono scritte multicolore. Uniposka arcobaleno sulle assi. Nomi sconosciuti. Anche se troppo comuni. Si perde per un attimo. Nel suo silenzio personale. Ci sono solo stelle a sovrastarla. Sorride loro. Sorride a lei. Biascica parole lievi. Segreti tra sorelle. Che riguardano perdite,amore e dolore.
Poi lo scorge. Ad un tratto. Sente Spike irrigidirsi. Ma è solo una sensazione interna. Empatica. Niente di udibile. Nessun crepitio di foglie. O spezzamento di rami. Solo una conoscenza privata. Speciale.
“Guarda,guarda chi c’è qua,seduta in mezzo al mio territorio”.
Fa vedere i denti mentre sorride. Si scorgono le gengive. Piene. Gonfie.
È ancora lontano ma la sua figura si staglia in mezzo allo spazio. Altezza importante. Lei accavalla le gambe facendo sfrigolare la gonna corta. Sensuale. Non curante. Alla Sharon Stone di “Basic Instinct”. Ma lei le mutandine le ha. Sottili,di pizzo nero,ma le ha. Il demone la squadra compiaciuto. Quasi stranito.
Nota qualcosa. Qualcosa che stona. Che lo mette in agitazione. Sente la forza della Cacciatrice. La luce della Chiave. Il suo potere smeraldo. Ma vi è una sfumatura estranea proveniente dalla piccola figura seduta con non-chalance a una decina di metri da lui. È anch’essa qualcosa di antico. Pericoloso. -Sembra quasi..no,non è possibile..o sì?-. si ritrae per il pensiero improvviso. Per il timore della verità.
“Hai già finito di blaterare? Ti credevo più loquace..mi hai deluso!”,dice lei in un ghigno.
Poi la vede muoversi in un lampo. Troppo velocemente. C’è un qualcosa di oscuro in lei,ora. Il bianco e il nero convivono. Pacificamente. Aberrante. Da far gelare il sangue.
È a un soffio da lui. Vicina all’orecchio amorfo la sua bocca. Piena. Graffiante.
“Boo!”.
Lui trema. Un brivido improvviso giù per la schiena liquida. Acquosa.
Lai si discosta subito. Gli è davanti. I suoi occhi lo fissano. Proprio questi lo preoccupano. Stanno diventando un blu sempre più profondo. Più abissale. Poi ad un tratto sono gialli,oro. Quasi come i suoi. Il suo viso,il suo viso è diventato tenebra. E ora ha veramente paura. È troppo forte. Lo sente fino nelle viscere. Ma per scamparne deve combattere. Per poi fuggire lontano. Ma sono solo pensieri di sopravvivenza. Conosce il suo destino. Sarà ucciso a sangue freddo da una donna con la langerie da stupro e le labbra rosso rubino. Dolce morte violenta. Ma non voluta.
La situazione doveva essere opposta. Pazienza.

Le sta per tirare un calcio ma qualcosa lo blocca. Una luce accecante l’avvolge. Ma è diversa da quella precedente che gli ha infettato il cuore facendoci un buco vicino. Ora è viola. La parte vampirica ha alimentato la fiamma,cambiandola. In qualcosa di peggio. Di terribile.
- È stato il platinato. Quell’idiota. Chissà dove si trova ora. Che fine ha fatto. Forse è morto? Ucciso dalla sua stessa creatura?-.
Si perde nei quesiti insensati mentre ammira quella meraviglia. Vibrante. Fisica. Che sarebbe dovuta essere sua. La sua Distruzione. La sua falce della morte.

Spike,avvolto nella pelle nera,scruta la scena adagiato contro una quercia secolare. È come vedere un film. Mancano solo i pop-corn. Poi vede la luce bruciante scaraventarsi sul Taraka,buttandolo giù,lontano. Contro un bidone dell’immondizia. Frantumandolo. Fracassandolo. E smette di ridere.
Lei è diventata veramente potente. Enorme. Una volontà inaudita. Una fisicità elegante. Una magia e un potere immensi. È l’essere più mortale che lui abbia mai visto. Ed è sua. Per fortuna.

All’improvviso un boato. Frastornante. Il demone ha alzato sulla testa lo stesso pattume su cui è caduto. E sta urlando violentemente. Lo tira addosso a Dawn. Lei non fa in tempo a difendersi e vi rimane incastrata sotto. Ed è in questo preciso momento che lui esce allo scoperto. Da dietro il demone,senza farsi sentire.
“Allora,amico,è così che tratti la mia signora?”.
Non lo fa rispondere. Non ammette nessuna replica. Soprattutto da lui. Soprattutto su di lei. Gli tira un pugno in pieno volto. E poi una ginocchiata nel presunto stomaco. Furente.
Il demone cade a terra sputando liquido nero. Il suo sangue,parrebbe.
“Non posso neanche mangiarti. Mi fa schifo solo il colore!”.
Poi va ad aiutare Dawn. Le solleva il peso dalla gamba. E la fa alzare porgendole la mano.
“Tutto bene,Cucciolo?”.
Lei annuisce. Si scrutano sorridendosi. Poi si voltano. Attaccati uno all’altra. E fissano la loro fonte di disturbo. Languidamente. Con macabra bramosia. Come predatori. Poi infantilmente si prendono per mano e con passo felino s’incamminano verso il demone. Che ormai aspetta solo il colpo finale.
Volti della caccia appaiano al suo cospetto. Feroci.
Tra le mani di lei una luce divina. Infernale. Tra le dita di lui una katana. Lucida. Sotto il lungo soprabito il demone non l’aveva notata. Ma ora sente la sua lama avvicinarsi. Letale come le loro zanne.
Scattano veloci. Fluidamente. Rapidi come lampi celesti. Angeli della morte venuti per punirlo. Per la sua intrusione. La sua impudenza sfacciata. Non voluta.
Si scaraventano su di lui. Sente un fuoco invaderlo. Bruciarlo. Scuoiarlo. E tagli che lo lacerano. Liquido che scende. Sciogliendosi nelle fiamme. Soprannaturali.
Mentre esala l’ultimo respiro vede uno sguardo complice tra i suoi uccisori. Amore. Il suo unico rimpianto. Poi chiude le palpebre esauste. Ed è il buio. Eterno.

Loro traggono un respiro. Per lui non necessario. Ma comunque desiderato. Si baciano. Lentamente. Si prendono nuovamente per mano. Vanno verso casa. Verso il tepore di lenzuola di seta che profumano di rose selvatiche. Verso il loro stare insieme.

Stelle danzanti nello stomaco. Un abisso di passione. Di bellezza. Di disperazione. Ed estasi. Amore.
Scompaiono nella prima notte di molte altre. Insieme.

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Capitolo 8
*** Tokyo blues (epilogo) ***


TOKYO BLUES (epilogo)

30 anni dopo

La folla sgomenta. Luci al neon. Ovunque. Feriscono gli occhi. Incessantemente.
I bambini non giocano più per strada. I cinema sono morti. Esistono mini sale dove si vedono dvd con amici. Prenotazioni.
È tutto artificiale. Tutto uguale. Ma tutto diverso. Tokyo ingloba ogni cosa. Funge da filtro multicolore. Disarma la realtà. Un teatro cyber-punk di occhi a mandorla e manga. Tecnologia che straripa dagli argini. Sostanza povera. Forma esagerata.

Due figure si stagliano tra la folla. Camminando abbracciati,con passo suadente,avanzano nei loro abiti scuri. Neri. Notturni.
Risate argentine che spezzano il rumore. Alimentandolo. Due bellezze secolari. Eterne. Per sempre.
Seguono con lo sguardo un ragazzo sui vent’anni in un vicolo. Esistono ancora.
Lo attaccano al muro. Forzatamente. Il loro viso si deforma. Due paia di occhi gialli lo perforano. Il terrore è palpabile. Sguainano le zanne lucide. Perlacee. Per poi affondarle nella pelle adolescenziale davanti ai loro sguardi insistenti. Vogliosi.
Sangue che infetta le loro bocche avide. Ora,sollevate dal sapore metallico.
Ancora frastornati dall’estasi del morso e pieni del suo nutrimento,si staccano dalla giugulare gravida ritornando al loro viso cesellato. Stupendo. Etereo.
Non l’ hanno ucciso. Si fermano sempre prima. Succhiando solo l’essenziale. E solo se necessario.

Il corpo dell’uomo si accascia al suolo,scosso.
“Puoi smettere di tremare adesso,amico. La tua paura non mi serve più!”.
Adora essere ancora il cattivo della situazione. Quella sensazione di potenza. Superiorità netta. Il cacciatore e la preda. Un legame antico. Da sempre esistito. E lui ne è il padrone. E vuole continuare ad esserlo.

Le si china vicino al ragazzo facendo tintinnare i capelli ossidiana nell’aria estiva. Gli schiocca un bacio a fior di labbra.
“Grazie per il cibo”,ride piano.
Il ragazzo sviene. Con il proprio sangue stampato in bocca.
“Andiamo,Spike,voglio andare ad acchiappare un pesciolino rosso!”.
Voltandosi,si dirigono avvinghiati verso la festa popolare. Ci sono ancora kimoni e yukata. Canti centenari e luci soffuse. Un mondo a parte in mezzo a cartelloni pubblicitari fluorescenti. A parte come due esseri immortali. Due vampiri. Che sprigionano potere e amore. Per sempre.

-THE BITTER END-

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