LA COINCIDENZA CI FARA'
INCONTRARE
(2010)
Alla mia amica Nina,
Che è stata l'unica ad incitarmi
a scrivere in tutti questi anni.
01.L’incontro
Quando entrai nel liceo
"Pascal" , il corridoi che portava nel laboratorio di fisica mi
sembrò infinito.
Ero in ritardo e questo bastava
a farmi innervosire. Era tutta colpa di mio padre, come al solito. Infastidita,
arricciai il naso. Mi sarebbero toccati altri tre mesi di agonia prima di avere
la tanto desiderata macchinina.
Tutta rossa per la vergogna
aprii la porta, un forte odore d’alcool puro m’invase stordendomi. Con l’area
un po’ spaesata cominciai a cercare un posto a sedere. Erano tutti occupati
tranne uno in seconda fila accanto ad un ragazzo con gli occhi verdi, che mi
fece cenno di sedermi lì.
“Oh mamma” dissi tra me e me,
ma ubbidii senza tante storie e ancor di più imbarazzata mi sedetti.
La lezione procedeva noiosa
come previsto, quando all'improvviso mi ritrovai un bigliettino tra le mani.
-molto interessante la lezione, non trovi?-
Io, sorridendo, risposi di si e
gli dissi che mi avevano costretta a seguire quel corso di potenziamento e che
avrei volentieri sprecato il mio tempo in maniera diversa.
Un pretesto stupido come questo
bastò per avviare la conversazione.
Arrivati quasi a fine lezione
ancora non sapevo il suo nome, questo dettaglio rendeva il tutto ancora più
interessante e misterioso.
La professoressa, vedendoci
distratti, gli fece una domanda impossibile per coglierlo in fallo. Io sbiancai
preoccupata, ma lui diede la risposta con un tono calmo e quasi di sfida.
«Bravo Ian»
rispose irritata la donna.
Estasiata dal suono del suo
nome, gli scrissi: -quindi è questo il tuo nome! È bellissimo-. Lui sorrise e scrisse
–e il tuo?-
Prima che potessi rispondere
suonò la campanella che segnava la fine di quella lunga lezione.
Risposi «Gloria» con un filo di
voce. Lui sorrise nuovamente ed uscì dalla stanza.
Il giorno dopo raccontai
emozionata alle mie amiche dei bigliettini che mie ero scambiata con quel
ragazzo. Mi sembrava così surreale, che non ero troppo convinta di averlo vissuto
veramente.
La mia infinita timidezza per
una volta non mi aveva bloccato.
Ero piacevolmente colpita dai
suoi modi di fare eleganti, dal suo gesticolare educato, dal suo parlare
deciso, dalla sua intelligenza e specialmente dai suoi occhi.
Per circa un mese passammo
tutti i giovedì e venerdì pomeriggio a parlare scrivendoci bigliettini e
riuscii ad ottenere qualche informazione in più.
Finalmente avevo il suo numero,
anche se, a quanto pare, non aveva quasi mai il telefono con sé.
Scoprii che si era iscritto
nella mia scuola a metà dell'anno precedente e che andava in II F.
Tutta soddisfatta un sabato
mattina alla ricreazione, dopo l'obbligatorio resoconto con le mie amiche, uscii
a fare un giro.
In pieno corridoi mi raggiunse
un ragazzo minuto, che mi porse un biglietto e un fiore, dicendomi che erano da
parte di 'uno' e indicò la classe alle sue spalle.
Sbalordita e emozionata mi
sporsi oltre questo ragazzino e vidi che davanti all'aula si trovava Ian che mi sorrideva.
Non feci in tempo a realizzare
l'idea che si era già girato e si era allontanato.
Non trovai il coraggio di
ringraziarlo fino al giovedì successivo durante quel corso che cominciavo a non
detestare più.
Presi l'iniziativa io, sapendo
che toccava a me: 'Voglio ringraziarti
per il biglietto e per il fiore è stato un pensiero molto gentile :) '
'Volevo sentirtelo dire però'
rispose.
Era vero, ci eravamo rivolti la
parola pochissime volte, le nostre discussioni erano tutte per iscritto o si
limitavano ad occhiate.
Mi scusai pentita di averlo
evitato durante la settimana e gli chiesi cosa potevo fare per rimediare.
Lui senza dire niente mi prese
la mano sotto il banco e la stinse per tutta l'ora rimanente.
Sentivo il calore della sua
pelle a contatto con la mia, quasi mi sembrava di percepire il suo profumo che
sapeva di lavanda.
Dal giorno dopo finirono le
conversazioni con i bigliettini, ma non ebbi il tempo di rimpiangere perché
erano state sostituite da lunghe ore passate a contemplarlo mano nella mano.
Il corso era quasi giunto
al termine, era questione di poche ore di lezione e poi non avrei più avuto il
pretesto per rivederlo.
Una di quelle monotone mattine,
Ian si presentò alla ricreazione. Io, per una volta
sicura di me, gli andai incontro tranquilla.
Dopo averlo salutato con un
sonoro bacio sulla guancia, lui mi chiese se mi andava di fare una passeggiata.
Io ammutolita, annuii.
Camminammo tranquilli.
Iniziammo a parlare del più e del meno, come se ci conoscessimo da dieci anni
invece che da quasi tre mesi.
Notai solo allora che con me
non si era mai dimostrato timido e riservato.
Gli piaceva passare
inosservato, non gli interessavano gli sguardi delle altre ragazze che, quando
era arrivato a scuola, lo guardavano ammaliate.
Lui viveva costantemente nel
suo mondo e sembrava che io fossi riuscita a rientrarvi.
Cercai di vincere la mia
timidezza e gli strinsi la mano.
Mi sentivo sicura di quel che
facevo, non c'era più timore dei miei gesti. Sembrava che sapessi proprio cosa
fare e come comportarmi.
Era riuscito ad abbattere la
mia barriera d’insicurezza e paura, non potevo che essergli grata.
A metà di un racconto, quasi
noioso, si bloccò e io ne approfittai per chiedergli di cosa mi voleva
realmente parlare.
Nella seconda parte della
conversazione sembrava che stesse cercando di prendere tempo, si rese conto che
me ne ero accorta.
«Per la verità volevo invitarti
ad andare al cinema sabato. È uscito un nuovo film che sembra essere
interessante» disse guardandomi perplesso.
«Accetto volentieri, mi va
proprio di andare al cinema» gli sorrisi e mentre riprendemmo a camminare.
Al suono di quella odiosa
campanella, Ian mi riaccompagnò al secondo piano.
I corridoi scarni di quella
scuola erano vuoti e accompagnavano il grigio di quella giornata, ma nonostante
tutto non riuscirono a trasmettermi la loro tristezza.
Mi fermai all'angolo prima del
bagno delle ragazze, da dove sentivo provenire la voce delle mie amiche.
Gli sorrisi e l'abbraccia, lui
ricambiò dandomi un bacio tra i capelli e poi si allontanò.
Aspettai che scendesse le
scale, con le mani in tasca e con l'andatura tranquilla di chi non ha fretta di
andar via, e raggiunsi il resto del gruppetto in bagno.
Il sabato successivo ci vedemmo
al cinema Tiffany dove trasmettevano un film dell'orrore per niente adatto per
una prima uscita.
Disgustati da quelle scene
senza senso, lui mi portò fuori.
"Era ora!" pensai,
«Film azzeccatissimo! La prossima volta scelgo io!»
dissi facendolo ridere.
«Va bene! Devo ammettere che
non andavo al cinema da molto tempo» disse come per scusarsi.
«Non importa. Ora ce ne siamo
scappati prima del tempo ed è meglio lasciar perdere questo film dalla trama
impossibile da ripetere!» dovevo lasciar perdere le frasi lunghe più di due
proposizioni, mi ero persa nelle mie stesse parole. Immancabilmente arrossii.
Sorrise e mi propose di passare
da un bar lì vicino dove facevano un'ottima cioccolata calda.
Accettai. Quel posto sapeva
molto d’antico, l'odore che emanava era di pulito e di caffè tostato messi
assieme.
Parlammo per un po' davanti ad
una bella tazza fumante e poi uscimmo a passeggiare davanti le vetrine dei
negozi che ormai erano chiusi.
Le nubi coprivano i colori
caratteristici del tramonto, l'arancione si faceva strada a stento in qualche
punto, ma ai mie occhi l'atmosfera era lo stesso meravigliosa.-
Tornati davanti al cinema,
senza dire una parola, si avvicinò e mi baciò.
Fu solo per un attimo, sentii
le sue labbra fredde posarsi sulle mie e il suo respiro sul mio volto.
Senza che potessi obbiettare, mi
sussurrò all'orecchio: «Ci rivediamo Gloria» e si allontanò.
Il mese successivo lo passai
tutto il tempo a rivivere quella scena immaginando che tutto il mondo fosse
rosa e fiori , che nessun pericolo potesse intralciare la mia felicità.
Ovviamente mi sbagliavo e una
triste verità era in arrivo.
Ci vedevamo molto spesso da me,
anche solo per studiare.
Si era guadagnato la fiducia di
mia madre e la stima di mio padre che vedevano di buon occhi i nostri pomeriggi
davanti al dizionari di latino o alla calcolatrice.
Ian era una persona fantastica, un vero genio incompreso.
La sua media era vertiginosa e
studiare con lui mi faceva sentire la persona più inutile, stupida e senza
futuro di questo mondo.
I risultati non si fecero
attendere, la mia media era migliorata in due o tre materie e noi eravamo
ancora più uniti e intimi.
Ero felice.